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Full text of "Opere di Giorgio Vasari"

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THIS  BOOK  IS  NOT  TO  BE  SOLD 
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OPERE 

DI 

GIORGIO  VASARI 

PITTORE  E  ARCHITETTO 
ARETINO 


V  O  L    V  M  B    IL 


FIRENZE 

PRESSO   S.   AUDIN,    E  C 

LIBRAJ 

nr  MBKCàTo  rooTo  m  faccia  TACcamcciA  *" 
MDGCCXXII. 


f3  <^/iA^X,  /^f^. 
Harvard  University. 
Romance  Langiiages  Library 


A  harvar:- 

UNIVERSITY 
LIB^RY 


PROEMIO 


Q. 


.  uando  io  presi  primieramente  a  deBcrìyere 
queste  TÌte ,  non  fu  mia  intenzione  fere  una  nota 
degli  artefici  ed  uno  inyentario,diròcoM,  dell'o- 
pere loro  y  né  giudicai  mai  degno  line  di  queste 
noiie  non  so  come  belle,  certo  lunghe  e  fastidiose 
fatiche  ,  ritrotare  il  numero  ed  i  nomi  e  le  patrie 
loro ,  ed  insegnare  in  che  città  e  in  che  luogo  ap- 
punto di  esse  si  troyassino  al  presente  le  loro 
pitture  o  sculture  ò  fabbriche  ;  che  questo  io  lo 
arci  potuto  fare  con  una  semplice  tavola,  scnxa 
interpoire  in  parte  alcuna  il  giudizio  mio  .  Afa 
cedendo  che  gli  scrittori  delle  istorie^  quelli  che 
per  comune  consenso  hanno  nome  di  avere  scritto 
con  miglior  giudizio ,  non  solo  non  si  sono  con- 
tentati di  narrare  semplicemente  i  casi  seguiti  , 
ma  con  ogni  diligenza  e  con  maggior  curiosità 
che  hanno  potuto, sono  iti  investigando  i  modi  ed 
i  mezzi  e  le  vie  che  hanno  u^ate  i  valenti  uo« 
mini  nel  maneggiare  V  imprese,  e  sonsi  inge(;nati 
di  toccare  gli  errori ,  ed  appresso  i  bei  colpi  e 
ripari  e  partiti  prudentemente  qualche  volta 
presi  ne'govei*nì  delle  faccende  ,  e  tutto  quello 
insomma  che  sagacemente  o  trascuratamente  , 
con  prudenza  o  con  pietà  o  con  magnanimità 
hanno  in  esse  operato  ,  come  quelli  che  cono- 
scevano la  istoria  essere  veramente  lo  specchio 
della  vita  umana  ;  non  per  narrare  asciuttamente 


i  oaBÌ  iMOoni  a  nu  princrpe ,  o  d' una  repabbliei, 
ma  per  avrertire  i  giudici  ,  i  consigli ,  i  partiti  , 
ed  i  maneggi  degli  uomini  y  casione  poi  delle  fe- 
lici ed  infelici  azioni;  il  cbe  e  proprio  l'anima 
dcir  istoria ,  e  quello  che  in  vero  insegna  TiTere, 
e  fa  gli  uomini  prudenti,  e  cbe  appresso  al  pia- 
cere die  si  trae  del  vedere  le  cose  passata  come 
presenti ,  è  il  yero  fine  di  quella.  Per  la  qual 
cosa  avendo  io  preso  a  scriyer  la  istoria  de'nobi- 
lissimi  artefici  per  giovare  all'arti ,  quanto  m- 
tiscono  le  forze  mie ,  ed  appresso  per  onorarle  , 
ho  tenuto  quanto  io  poteva  ,  ad  imitazione  di 
cosi  valenti  uomini  ,  il  medesimo  modo  ;  e  mi 
i»ono  ingegnato  non  solo  di  dire  quel  cbe  hanno 
fatto ,  ma  di  scegliere  ancora  discorrendo  il  me- 
gliodal  buono  e  l'otti mo  dal  migliore  ,  e  notare 
un  poco  diligentemente  i  modi ,  le  arie  ,  le  ma- 
niere y  ì  tratti  y  e  le  fantasie  de'  pittori  e  degli 
scultori  y  investigando ,  quanto  pi&  diligente- 
mente ho  saputo ,  di  far  conoscere  a  quelli  che 
questo  per  se  stessi  non  sanno  fare  le  cause  e  le 
radici  delle  maniere  e  del  miglioramento  e  peg- 
gioramento delle  arti  accaduto  in  divei'si  tempi 
e  in  diverse  persone  •  £  perché  nel  principio  di 
queste  vite  io  parlai  delia  nobiltà  ed  antichità  di 
esse  arti  ,  quanto  a  questo  proposito  si  richiede- 
va ,  lasciando  da  parte  molte  cose  di  che  io  mi 
sarei  potuto  servire ,  di  Plinio  e  d'altri  autori , 
se  io  non  avessi  voluto  contro  la  credenza  forse 
di  molti  lasciar  libero  a  ciascheduno  il  vedere  le 
altrui  fantasie  ne' propri  fonti  y  mi  pare  che  e'  si 
convenga  fare  al  presente  quello  che  y  fuggendo 
il  tedio  e  la  lunghezza  mortai  nemica  dell  atten- 
zione ,  non  mi  fu  lecito  fare  allora  ,  cioè  aprire 
più  diligentemente  l'animo  e  intensione  mia  ,  e 


mostrare  a  che  fine  io  abbia  diriio  attesto  corpo 
delle  yite  in  tre  parti.  Bene  é  Tero^ctie  quantun» 

2 uè  la  graodezca  delle  arti  nasca  in  alcuno  dalla 
iligenta  ,  in  un  altro  dallo  studio  ,  in  questo 
dair  imitazione,  in  quello  dalla  cognizione  delle 
science  che  tutte  porgono  aiuto  a  queste ,  e  in 
chi  dalle  predette  cose  tutte  instieme  o  dalla 
parte  maggiore  di  quelle  :  io  nientedimanco  per 
aTcre  nelle  yite  de'  particolari  ragionato  abtm- 
stanxa  de'  modi ,  dell*  arte  ,  delle  maniere  ,  e 
delle  cagioni  del  bene  e  meglio  ed  ottimo  ope- 
rare di  quelli  9  ragionerò  di  questa  cosa  general- 
mente ,  e  più  presto  della  qualità  de' tempi,  che 
delle  persone  distinte  e  dirise  da  me  y  per  non 
ricercarla  troppo  minutamente  in  tre  parti ,  o 
YOgliamole  chiamare  età  ,  dalla  rinascita  di  que- 
ste arti  sino  al  secolo  che  noi  TÌTÌamo,  per  quella 
manifestissima  differenza  che  in  ciascuna  A  loro 
ri  conosce  .  G)nciossiachè  nella  prima  e  più  an- 
tica si  sia  Tcduto  queste  tre  arti  essere  state 
molto  lontane  dalla  loro  perfezione  ,  e  come  che 
elle  abbiano  avuto  oualcosa  di  buono  ,  essere 
stato  accompagnato  oa  tanta  imperfezione  ,  che 
e 'non  merita  per  certo  troppa  gi*an  lode.  Anco- 
raché per  ayer  dato  principio  e  yia  e  modo  al 
meglio  che  seguitò  poi ,  se  non  fnsse  altro  y  non 
si  può  se  non  dirne  bene  é  darle  un'  pò*  più  glo- 
ria y  che  ,  se  si  avesse  a  giudicare  con  la  perfetta 
vegola  dell'  arte  ,  non  hanno  meritato  T  opere 
stesse  .  Nella  seconda  poi  si  regflono  manifesto 
esser  le  cose  migliorate  assai  e  nell'  invenzioni  e 
nel  condurle  con  più  disegno  e  con  miglior  ma- 
uiere  e  con  maggior  diligenza  ,  e  cosi  tolto  via 
quella  ruggine  delia  vecchiaia  e  quella  goffezza 
e  spropoi^zioiie  o]ie  la  gi^ossezxa  di  quel  tempo  le 


^ 


sivera  recalu  «iddoséo .  Ma  chi  ardirà  di  dire  ,  m 
quei  tempo  essersi  trovato  uno  in  ogni  cosa  per- 
fetto f  e  che  abbia  ridotto  le  cose  al  termiae  di 
oggi  e  d' invenzione  e  di  disegno  e  di  coiorit-j  ?  e 
ohe  abbia  osservato  io  sfuggire  dolcemente  delle 
figure  con  la  scurità  del  qolore  y  che  i  lumi  siano 
rimasti  solamente  in  su  i  rilievi  y  e  siiailmonte 
abbia  osservato  gli  straf  >ri  e  certi  fini  straoixli* 
nari  nelle  statue  di  marmo  ,  come  in  quelle  si 
vede  ?  Questa  lode  certo  è  tocca  alla  terza  età  ; 
nella  quale  mi  par  potere  dir  sicuramente  che 
r  ai*te  abbia  fatto  quello  ,  che  ad  una  imitatrice 
delia  natura  è  lecito  poter  fare  ,  e  che  ella  sia 
salita  tanto  alto,  che  più  presto  si  abbia  a  temere 
del  calare  a  basso ,  che  sperare  oggi  mai  più  au^ 
gumento  •  Queste  cose  considerando  io  meco 
medesimo  attentamente  y  giudico  che  sia  una 
proprietà  ed  una  particolare  natura  di  auesie 
arti  ,  le  quali  da  uno  umile  principio  vadino  a 
poco  a  poco  migliorando  y  e  analmente  perven- 
ghino  al  colmo  della  perfezione.  E  questo  me  lo 
fa  credere  il  vedere  essere  intervenuto  quasi 
questo  medesimo  in  altre  fa  cu  Ita;  che  per  esserle 
fi-a  tutte  le  arti  liberali  un  certo  che  di  parenta- 
do y  è  non  piccolo  argnmento  che  e* sia  vero  .  Ma 
nella  pittura  e  scultuia  in  altri  tempi  debbe  es- 
sere accaduto  questo  tanto  simile ,  che  se  e'  si 
scambiassino  insieme  i  nomi,  8are])bono  appunto 
i  medesimi  casi .  Imperocché  e'  si  vede  (  se  e'  si 
ha  a  dar  fede  a  coloro  che  furono  vicini  a  quei 
tempi,  e  potettono  vedere  e  giudicare  delle  feti- 
che  degli  antichi  )  le  statue  di  Ganaco  esser  mol- 
to dure  e  senza  vivacità  o  moto  alcuno  ,  e  però 
assai  lontane  dal  vero  ;  e  di  onelle  diCalamide  si 
dice  il  medesimo  y  benché  russerò  alquanto  più 


dolci  che  le  predette.  Vmne  toì  Mirone  cbe  non 
imito  affatto  affatto  la  Terità  della  natura ,  ma 
dette  alle  tue  opere  tanta  proporzione  e  srazìa , 
cbe  elle  si  potevano  ragioneTolmente  cBiamar 
beile  .  Succesae  nel  terzo  grado  Policleto  e  gli 
altri  tanto  celebrati ,  i  quali ,  come  si  dice  e  cre- 
dere 8i  debbe  »  interamente  le  Cécero  perfette . 
Questo  medesimo  progresso  dovette  accadere 
nelle  pitture  ancora ,  percbè  e'  si  dice  y  e  Terisi- 
mihnente  si  ba  a  pensare  cbe  fusse  così,  nelFop^ 
re  di  quelli  cbe  con  un  solo  colore  dipinsero  ,  e 
però  furono  cbiamati  Monocromati ,  non  essere 
stata  una  gran  perfezione .  Dipoi  nelle  opere  di 
Zeusi  e  di  Pplignoto  e  di  Timante  o  degli  altri  y 
cbe  solo  ne  messono  in  opera  quattro  y  si  lauda 
in  tutto  i  lineamenti  e  i  dintorni  e  le  forme  y  e 
senza  duBbio  yi  si  doveva  pure  desiderare  qual 
cosa  .  Ma  poi  in  Erione ,  Nicomaco,  Protogene  , 
ed  A  pel  le  e  ogni  cosa  perfetta  e  bellisfiima  e  non 
•i  può  immaginar  meglio  ,  avendo  essi  dipinto 
non  solo  le  forme  e  gli  atti  de'  corpi  eccellentis* 
eimamente ,  ma  ancora  gli  affetti  e  le  passioni 
dell*  animo  .  Ma  lasciando  ire  questi ,  cbe  biso- 
gna referirsene  ad  altri  e  molte  volte  non  con- 
vengono i  giudizi ,  e  cbe  è  peggio  y  né  i  tempi  , 
ancoracbè  io  in  ciò  seguiti  i  migliori  autori  y 
vengbiamo  a'  tempi  nostri ,  dove  abbiamo  V  oc* 
cbio  assai  miglior  guida  e  giudice  cbe  non  è 
V  oreccbio  .  ^on  u  vede  egli  chiaro  quanto  mi- 
glioramento e  acquisto  fece  y  per  cominciarsi 
da  un  capo ,  V  ar^tettura  da  Buscbetto  Greco 
ad  Arnolfo  Tedesco  ed  a  Giotto  ?  Veggansi  le 
fablniche  di  que'  tempi  ,  i  pilastri  y  le  colonne  ^ 
le  base  y  ì  capitelli,  e  tutte  le  comici  con  i  mem- 
bri diffoi-mi ,  eome  n'  è  in  Fiorenza  in  S.  Maria 


del  Fiore ,  e  nell'  iocroftlaturft  dì  fuori  dì  S.  Gicv 
▼anni  y  a  S.  Miniato  al  Monte  ,  nei  Tescovado  di 
Fiesole  j  al  Duomo  di  Milano  ,  a  S.  Vitale  di  Ra«" 
Tenna  ,  a  S.  Maria  Maggiore  di  Roma  ^  e  al  Duo* 
mo  Tecchio  fuori  d*  Ai^sbo  ;  dove,  eccettuato 
quel  poco  di  buono  rimasto  de'  frammenti  anti- 
chi ,  non  v\  é  cosa  che  abbia  ordine  o  fattezza 
buona .  Ma  quelli  certo  la  .migliorarono  assai, 
e  fece  non  poco  acquisto  sotto  di  loro  ;  percb^ 
%  la  ridussero  a  migliore  proporzione  y  e  fecero 
le  lor  fabbriche  non  solamente  stabili  e  gagliar- 
de, ma  ancora  in  qualche  parte  ornate  :  certo  è 
nientedimeno  che  gli  ornamenti  loro  furono  con- 
fusi e  molto  imperfetti ,  e-  per  dir|a  cosi ,  non 
con  grande  ornamento  .  Perchè  nelle  colonne 
non  osservarono  quella  misura  e  proporziono 
che  richiedeva  1'  arte  ,  né  distinsero  oMine  ch« 
fosse  più  dorico ,  che  Corinto  o  ionico  o  toscano^ 
ma  alla  mescolata  con  urta  loro  regola  senza 
regola  y  facendole  grosse  grosse  o  sottili  sottili 
come  tornava  lor  meglio.  £  le  invenzioni  fi»rono 
tutte  parte' di  lor  cervello  ,  parte  del  resto  delle 
anticaglie  vedute  da  loro  .  E  facevano  le  piane 
parte  cavate  da  il  buono  e  parte  aggiuntovi  lor 
fantasie  ,  che  rizzate  con  le  muraglie  avevano 
un'  altra  forma .  Nientedimeno  chi  comparerà  le 
cose  loro  a  quelle  dinanzi  y  vi  vedrà  migliore 
ogni  cosa  ,  e  vedrà  delle  cose  che  danno  dispia- 
cere in  qualche  parte  a'  tempi  nostri,  come  sono 
alcuni  tempietti  di  mattoni  lavorati  di  stucchi  a 
S.  Gio.  Laterano  di  Roma .  Questo  medesimo 
dico  della  scultura  ,  la  quale  in  quella  prima  età 
della  sua  rinascita  ebbe  assai  del  buono  ,  perché 
fuggita  la  maniera  gofifa  greca  eh'  era  tanto  roz- 
za ,  che  teneva  ancora  più  della  cava  cbe  dell' 


9 

ingegno  degli  artefici,  essendo  quelle  lora  stutne 
intere  senza  pieghe  o  attitudine  o  moTensa  aU 
cullale  proprio  da  chiamarsi  statue;  dove  essendo 
poi  migliorato  il  disegno  per  Giotto  ,  molti  mi- 
gliorarono ancora  le  figure  de'  marmi  e  delle 
pietre ,  come  fece  Andrea  Pisano  e  Nino  suo 
fig;liuolo  e  gli  altri  suoi  discepoli  y  che  furono 
tnolto mcj^lio  che  i  primi,  e  storaonopiù  le  loro 
fltatne  e  dettono  loro  migliore  attitudine  assai  ; 
come  que'  due  sanesi  Agostino  ed  Agnolo  ,  che 
feciono  ,  come  si  è  detto ,  la  sepoltura  di  Guido 
vesooTo  di  Arcuo  ,  e  qne'Tedeschi  che  feciono 
la  facciata  d  Orvieto .  V edesi  adunque  in  questo 
tempo  la  scultura  essersi  un  poco  migliorata  e 
dato  qualche  forma  migliore  alle  figure,  con  più 
bello  andar  di  pieghe  di  panni ,  e  qualche  testa 
con  migliore  aria  ,  certe  attitudini  non  tanto 
intere,  ed  infine  cominciato  a  tentare  il  buono  ; 
ma  avere  tuttavolta  mancato  d' infinite  parti 

E  non  esser  in  quel  tempo  in  gran  perfezione  il 
agno  ,  né  Teoersi  troppe  cose  dì  buono  da 
potere  imitare  .  Laonde  que'  maestri  che  furono 
in  questo  tempo  ,  e  da  me  sono  stati  messi  nella 
prima  parte  ,  meriteranno  quella  lode,  e  d' esser 
tenuti  in  quel  conto  che  meritano  le  cose  l'atte 
da  loro ,  purché  si  consideri,  come  anche  quelle 
d^egli  arcnitetti  e  de*  pittori  di  que'  tempi ,  che 
non  ebbono  innanzi  aiuto  ed  ebbono  a  trovare  la 
Tia  da  per  loro  ;  ed  il  principio ,  ancoraché  pic- 
colo ,  é  degno  sempre  di  lode  non  piccola .  Non 
eorse  troppo  miglior  fortuna  la  pittura  in  questi 
tempi  ;  se  non  ebe  essendo  allora  più  in  uso  per 
la  divóaiòne  de'  popoli ,  ebbe  più  artefici  e  per 
eraesto  fece  più  evidente  progresso  ,  che  quelle 
«II»  •  Cdsl  si  vede  cbe  la  maniera  greca  prima 


tm 


coi  principio  di  Gimabue  ^poi  con  T  aiuto  di 
Giotto -si  spense  in  tutto,  e  ne  nacque  una  nuova, 
la  quale  io  Tolentieri  chiamo  manieni  di  Giotto , 
pei^hé  fu  trorata  da  lui  e  da'  suoi  discepoli ,  « 
poi  universalmente  d<i  tutti  venerata  ed  imitata  • 
£  si  vede  in  questa  levato  via  il  profilo  che  ri- 
cigneva  per  tutto  le  figure  ,  e  quegli  occhi  spi- 
ritati e  piedi  ritti  in  punta  e  le  mani  aguxze,  e  ìì 
non  avere  ombre  ed  altre  mostruosità  diq«e'Gr«« 
ci  y  e  dato  una  buona  grazia  nelle  teste  e  mor- 
bidezza nel  colorito .  £  Giotto  in  particolare 
fece  migliòri  attitudini  alle  sue  figure  ,  e  mostre 
qualche  principio  di  dare  una  vivezza  alle  tesie^ 
e  piegò  i  panni  che  tiaevano  più  alla  natura  , 
cbe  non  quegli  innanzi,  e  scoperse  in  parte  qual 
cosa  dello  sfuggire  e  scortare  le  figure  .  Oltre  a 
questo  e^li  diede  principio  agli  affetti,che  si  co- 
noscesse in  parte  il  timore  ,  la  speranza ,  V  ira  , 
e  lo  amore  ;  e  ridusse  a  una  morbidezza  hi  sua 
maniera,  che  prima  era  e  ruvida  e  scabroaa  ;  # 
se  non  fece  gii  occhi  con  quel  bel  girare  cbe  fa 
il  vivo  ,  e  con  la  fine  de'  suoi  lagrimatoi,  e  i  ca- 
pelli morbidi  e  le  barbe  piumose  ,  e  le  mani 
con  quelle  sue  nodature  è  muscoli ,  e  gì'  ignudi 
come  il  vero  ;  scusilo  la  difiicultà  dell'  arte  e  il 
non  aver  visto  pittori  migliori  di  lui ,  e  pigli 
ognuno  in  quella  povertà  dell*  arte  e  de'  tempi 
la  bontà  del  giudìzio  nelle  suie  istorie  ,  1'  osser- 
vanza dell'  arie  ,eV  obbedienza  di  un  naturale 
molto  facile  ;  perché  pur  si  vede  che  le  figure 
obbedivano  a  quel  cne  elle  avevano  a  fare  :  e 
perciò  si  mostra  cbe  egli  ebbe  un  giudizio  molto 
buono  ,  se  non  perfetto  ;  e  questo  medesimo  al 
vede  poi  negli  altri ,  come  in  Taddeo  Gaddi  nel 
colorito  ,  il  quale  é  più  dolce  ed  ha  più  forza ,  o 


ri 


dette  migliori  ÌDcamaiioni  e  colore  ne'  panni ,  t 
più   gagliardezza  ne'  moti  alle  sue   figure  .  In 
Simon  ^'anese  si  Tede  il  decoro  nel  coinpor  le 
«torie  y  in  Stefano  Scimmia  ed  in  Tommaso  suo 
figlia(»io  y  che  arrecarono  erande  utile  e  perfe- 
zione al  disegno  ed  intenzione  alla  prospettiva, 
e  lo  sfumare  ed  unire   de* colori,  riservando 
sempre  la  maniera  di  Giotto .  Il   simile  feciono 
nella  pratica  e  destrezza  Spinello  Aretino,  Pani 
suo  figliuolo  ,  Jacopo  di  Casentino,  Antonio  Ve- 
niziano ,  Lippo  e  Gheraitlo  Stai  nini  ,  e  gli  altii 
pittori  che  lavorarono  dopo  Gioito  ,  seguitando 
la   sua  aria,  lineamento  ,  colorito  ,  e  maniera  , 
ed  ancora  migliorandola  qualclie  poco  ;  ma  non 
tanto  pèròy  che  e'  paresse  che  la  vdlessìno  tirare 
ad  altro  segno  .La<»nde  chi  considererà  questo 
mio  discorso ,  vedrà  queste  tre  ai  ti  fin  qui  essere 
state  come  dire  abbozzate  ,  e  mancar  loro  assai 
di  quella   perfezione  che  elle  meritavano  ;  e 
certo  se  non  veniva  meglio ,  poco  giovava  questo 
miglioramento  ,  e  non  era  da  tenerne  troppo 
eonto  .  Pie  voglio  che  alcuno  creda  che  io  sia  si 
grosso  ne  di  si  poco  giudizio,  che  io  non  conosca 
che  le  cofe  di  Giotto  e  di  Andrea  Pisano  e  Nino 
e  degli  altri  tutti  ,  che  per  la  similitudine  delle 
maniere  ho  messi  insieme  nella  prima  parte ,  m 
elle  si  compareranno  a  quelle  di  coloro  che  dopo 
loro  hanno  opeiato  ,  non  meriteranno  lode  stra- 
ordinaria né  anche  mediocre  :  uè  è  che  io  non 
abbia  ciò  veduto  ,  quando  io  gli  ho  laudati  .  Ma 
chi  considererà   la  qualità   di  que' tempi  ,  la  ca- 
restia degli  artefici,  la  difTicultà  de'  buoni  aiuti, 
le  terrà  non  belle  ,  come  ho  detto  io  ,  ma   mira- 
colose ;  ed   arò  piacere  infinito  di  vrdrre  i  pri- 
mi principj  e  quelle  scintille  di  buono  che  nelle 


IX 


Suture  e  sculture  eominciaTano  a  risuscitare» 
on  fu  certo  la  vittorìa  di  L.  Marzio  jn  Spagna 
tanto  grande  ,  che  molte  non  aressìno  i  Romani 
delle  mafigiori .  Ma  avendo  rispetto  al  tempo,  al 
luogo  y  al  caso  y  alla  persona  e  al  numero  ,  ella 
fu  tenuta  stupenda  ,  ed  ancor  oggi  pur  degna 
disile  lodi ,  che  infinite  e  grandissime  le  sono 
date  dagli  scrittori.  Cosi  a  me  per  tutti  i  soprad* 
detti  rispetti  è  parso  che  e'meritino  non  solamen- 
te d' essere  sci*ittì  da  me  con  diligenza  ,  ma  lau- 
dati con  quello  amore  e  sicurtà  che  io  ho  fatto. 
£  penso  che  non  sarà  stato  fastidioso  a'  miei  ar- 
tefici r  aver  udite  queste  lor  vite  e  considerato 
le  lor  maniere  e  lor  modi  j  e  ne  ritrarranno 
forae  non  poco  utile  ;  il  che  mi  sia  carissimo  e 
lo  reputerò  a  buon  premio  delle  mie  fatiche  , 
nelle  quali  non  ho  cerco  altro  che  far  loro  y  in 
quanto  io  ho  potuto  ,  utile  e  diletto. 

Ora  poi  che  noi  abbiamo  levate  da  balia  ,  per 
un  modo  di  dir  cosi  fatto  y  queste  tre  arti ,  e  ca- 
vatele dalla  fanciullezza ,  ne  viene  la  seconda 
età  ,  dove  si  vedrà  infinitamente  mi|;liorato  ogni 
cosa  ;  e  la  invenzione  piò.  copiosa  di  figure  ,  più 
ricca  d' ornamenti  ;  ed  il  diseano  più  fondato  e 
più  naturale  verso  il  vivo  ;  ed  inoltre  una  fine 
nelP  opre  condotte  con  manco  pratica  ,  ma  pen- 
satamente con  diligenza  ;  la  maniera  più  leggia- 
dra ,  i  colori  più  vaghi  ,  in  modo  che  poco  ci  re- 
sterà a  ridurre  osni  cosa  al  perfetto  ,  e  che  elle 
imitino  appunto  la  verità  della  natura  .  Perché 
prima  con  lo  studio  e  con  la  diligenza  dei  gi^an 
Filippo  Brunelleschi  1'  architettura  ritrovò  le 
misure  e  le  proporzioni  degli  antichi  y  così  nelle 
colonne  tonde  ,  come  ne*  pilastri  quadri  e  nelle 
cantonate  rustiche  e  pulite  >  e  allora  si  distinse 


N 


li 


orilìne  per  ordine  ,  e  fecesi  vedere  la  differeiisa 
che  era  tra  loro  :  ordiooMÌ  cbc  le  cose  andassino 
per  regola  »  seguitaMino  con  più  ordine  ,  e  fus- 
Bino  spartite  con  mÌBura  :  crebbesi  la  tbrsa  ed  il 
fondamento  al  disegno  ,  e  deitesi  alle  cose  una 
buona  crasia  ,  e  lecesi  conoscere  T  eccellenza 
di  queir  arte  :  ritrovossi  la  bellcua  e  varietà 
de'  capitelli  e  delle  cornici  in  tal  modo ,  che  si 
vide  le  piante  de'  tcmpj  e  degli  altri  suoi  edifisj 
esser  benissimo  intese  ,  e  le  fabbriche  ornate  , 
magnifiche  I  e  proporziona tissime  ,  come  ti  vede 
nella  stupendissima  macchina  della  cupola  di 
S.  Maria  del  Fiore  di  Fiorenza,  nella  belirzza  e 
grazia  della  sua  lanterna  ,  tielP  ornata  varia  e 

frazìosa  chiesa  di  S.  Spirito  ,  e  nel  non  manco 
elio  dì  quella  edifizio  diS.  Lorenzo  ;  nella  btz- 
zarrissima  invenzione  del  tempio  in  otto  facce 
degli  Angioli ,  e  nella  ariosissima  chiesa  e  con* 
vento  della  Badia  di  Fiesole  ,  e  nel  magi^fico  e 
grandissimo  principio  del  palazzo  de  Pitti  ; 
oltra  il  comodo  e  grande  edilizio  che  Francesco 
di  Giorgio  fece  nel  palazzo  e  chiesa  del  Duomo 
di  Urbino ,  ed  il  fortissimo  e  ricco  castello  di 
Napoli ,  e  lo  inespugnabile  castello  di  Milano , 
senza  molte  altre  fabbriche  notabili  di  quel  tem- 
po ;  ed  ancora  che  non  ci  fusse  la  finezza  e  una 
certa  grazia  e^quisita,  e  appunto  nelle  comici,  e 
certe  pulitezze  e  leggiadrie  nello  intaccar  le  fo- 
ci ie  e  far  certi  stremi  ne'  fogliami  ed  altre  per- 
ftfzioni  che  furon  dipoi ,  come  si  vedrà  nella 
terza  parte,  dove  seguiteranno  quelli  che  faran- 
no tutto  quel  dì  perfetto  nella  giazia,  nella  fine, 
e  nella  copia ,  e  nella  prestezza,  che  non  feciono 
gli  altri  architetti  veccni  ;  nondimeno  elle  si  pos- 
«ODO  sicuramente  chiamar  bella  e  buone  .  Noft 


•4 

le  chiamo  già  perfette ,  perché  veduto  poi  me- 
glio in  questa  ai*te,  mi  par  potere  ragionevol- 
mente allermare  che  le  mancava  qualcosa  .  E 
sebbene  e'  vi  è  qualche  parte  miracolosa ,  e  della 
quale  ne*  tempi  nostri  per  ancora  non  si  é  fatto 
meglio,  né  peravventura  si  farà  in  que'  che  ver- 
ranno ;  come  verbigrazia  la  lantenia  della  cupo- 
la di  S.  Maria  del  Fiore  ,  e  per  grandezza  essa 
cupola  ,  dove  non  solo  Filippo  ebbe  animo  di 
paragonar  gli  antichi  ne'  corpi  delle  (iibbriche  , 
ma  vincerli  nel!' altezza  delle  muraglie  ,-  pur  si 
parla  universalmente  in  genere  ,  e  non  si  aebbe 
d:illa  perfezione  e  bontà  d'  una  cosa  sola  argo- 
mentare r  eccellenza  del  tutto  •  Il  che  della 
pittura  ancora  dico  e  della  scultura  ,  nelle  quuli 
si  vede  ancora  oggi  cose  rarissitac  de'  maestri  di 
questa  seconda  età  :  come  quelle  di  Masaccio  nel 
Carmine  che  fece  uno  ignudo  die  trema  del  fred- 
do, ed  In  altre  pitture  vivezze  e  spiriti,  ma  in 
genere  e*  non  aggiunsouo  alla  perfezione  de'  ter- 
zi, de*quali  parleremo  al  suo  tempo,  bisognan- 
doci qui  ragionare  de' secondi  ;  i  quali ,  per  dire 
prima  degli  scultorì>molto  si  allontanarono  dalla 
maniera  de'  primi  e  tanto  la  migliorarono,  che 
lasciorno  poco  ai  terzi.  Ed  ebbono  una  lor 
maniera  tanto  più  graziosa  ,  più  naturale  ,  più 
ordinata  ,  di  più  disegno  e  proporzione  y  che  le 
loro  statue  cominciarono  a  parere  presso  che 
persone  vìve,  e  non  più  statue  come  le  prime  ; 
come  ne  fanno  fede  quelle  opere  che  in  quella 
rinnovazione  della  maniera  si  lavorarono  ,  come 
si  vedrà  in  questa  seconda  parte,  dove  le  figiuv 
di  Jacopo  dalla  Quercia  sanese  hanno  più  moto 
e  più  grazia  e  più  disegno  e  diligenza  ;  quelle  di 
Filippo  più  bel  rieercare  di  muscoli  e  miglior 


i5 


E*oporzk>ne  e  pia  gioditio ,  6  coti  quelle  <1e'ior0 
scepoli  .  Ma  più  vi  aggiunse  Lorenso  GLilierti 
neiV  opera  delie  porte  di  S.  Giovanni,  dove  mo- 
strò invenzione  y  ordine  >  maniera  y  e  disegno  , 
clie  par  che  le  sue  figure  si  muovino  ed  ab- 
bìano  l'anima  .  Ma  non  mi  risolvo  in  lutto  ,  an- 
coraché fnsse  ne'Ior  tempi  Donato  ,  se  io  me  lo 
▼oglia  metter  fra  i  terzi ,  restando  V  opre  sue  a 
paragone  degli  antichi  buoni ,  dirò  bene  che  in 
questa  parte  si  può  chiamar  luì  regola  degli  altri 
per  aver  in  se  solo  le  parti  tutte  y  che  a  una  a 
una  erano  sparte  in  molti  ;  poiché  e'  ridusse  in 
moto  le  sue  figuie  y  dando  loro  una  certa  viva- 
cità e  prontezza  ,  che  posson  stare  e  con  le  cos« 
moderne  e  y  come  io  dissi  y  con  le  antiche  mede- 
«imamente .  Ed  il  medesimo  augumento  lece  in 
questo  tempo  la  pittura  ,  della  quale  V  eccellen- 
tissimo Masaccio  Ictò  in  tutto  la  maniera  di 
Giotto  nelle  teste  y  ne*  panni  y  ne'  casamenti , 
negl' ignudi  9  nel  colorito ,  negli  scorti  che  egli 
rinnovo ,  e  messe  in  luce  quella  maniera  moder- 
na che  fu  in  que*  tempi  e  sino  a  oggi  é  da  tutti 
ì  nostri  artefici  seguitata  ,  e  di  tempo  in  tempo 
con  miglior  grazia  y  invenzione  y  ornamenti  y  ar- 
ricchita ed  abbellita  ;  come  particolarmente  si 
vedrà  nelle  vite  di  ciascuno  ,  e  si  conoscerà  una 
nuova  maniera  dì  colorito  y  di  scorci  y  d'attitudi- 
ni naturali  ;  e  molto  più  espressi  i  moti  dellani- 
nio  ed  i  gesti  del  coi'po  y  con  cercare  di  appres- 
sargli più  al  vero  delle  cose  naturali  nel  disegno  ; 
e  le  arie  del  viso  che  somigliassino  interamente 
gli  uomini,  sicché  fussino  conosciuti  per  chi 
eglino  èrano  fatti .  Così  cercarono  far  quel  che 
vedevano  nel  naturale,  e  non  più,  e  cosi  vennono 
ad  esser  più  considerate  e  meglio  intese  le  cose 


i6 


loro  ;  e  questo  diede  loro  ardimento  di  metter 
regola  alle  prospettire  e  farle  scortar  appunto  , 
come  faocTano  di  rilieyo  naturali  e  in  propria 
forma ,  e  così  andarono  osserrando  V  ombre  e  ì 
lumi,  gli  sbattimenti  e  le  altre  cose  difficili,  e  le 
composizioni  delle  storie  con  piìi  propria  simili- 
tudine, e  tentarono  Ceire  i  paesi  più  simili  al  re- 
ro ,  e  gli  alberi ,  l'erbe ,  i  fiori ,  V  arie ,  i  nuvoli 
edalU'e  cose  della  natura ,  tanto  cbe  m  potrà 
dire  arditamente  che  queste  arti  siano  non  solo 
allevate,  ma  ancora  ridotte  nel  fiore  della  lor 
gioventù,  e  da  sperare  quel  frutto  che  interven- 
ne dipoi,  e  che  in  breve  elle  avessino  a  venire 
alla  loro  perfetta  età . 

Daremo  adunque  con  l' aiuto  di  Dio  principio 
alla  vita  di  Jacopo  dalla  Quercia  sanese  ,  e  poi 
agli  altri  architetti  e  scultori ,  fino  a  che  per- 
verremo a  Masaccio  ;  il  quale  per  essere  stato  il 
primo  a  migliorare  il  disegno  nella  pittura,  mo- 
strerà quant*  obbligo  se  gli  deve  per  la  sua  nuo- 
va rinascita  .  E  poi  che  ho  eletto  Jacopo  soprad- 
detto per  onorato  principio  di  questa  seconda 
parte,  seguitando  V  ordine  delle  maniere ,  verri 
aprendo  sempre  colle  vite  medesime  la  difficultà 
di  si  belle  ^  difficili ,  ed  onoratissime  arti . 


F 


VITA 
DI  IACOPO  DALLA  QUERCIA 

SCULTORE  SANESK. 


a  adunque  Iacopo  di  maestro  Piero  di  Filip- 
po dalla  Quercia  y  luogo  del  contado  di  Siena , 
scultore  il  primo  dopo  Andrea  Pisano ,  V  Orga-> 
gna,  e  gli  altri  di  sopra  nominati ,  che  operando 
nella  scultura  con  maggiore  studio  e  diligenza  , 
cominciasse  a  mostrare  che  si  poterà  appressare 
alla  natura,  ed  il  primo  che  desse  animo  e  spe- 
ranza agli  altri  di  poterla  in  un  certo  modo  pa- 
reggiare. Le  prime  opere  sue  da  mettere  in  conto 
furono  da  lui  fatte/  in  Siena  ^  essendo  d' anni  di- 
ciannove con  questa  occasione  ;  avendo  i  Sane- 
si  r  esercito  fuori  contra  i  Fiorentini  sotto  Gian 
Tedesco  nipote  di  Saccone  da  Pietramala  e  Gio- 
vanni d'Azzo  Ubaldini  capitani,  ammalò  in  cam^ 
pò  Giovanni  d' Azzo  ;  onde  portato  a  Siena  vi  si 
mori;  perché  dispiacendo  la  sua  morte  ai  Sanesi 
gli  feciono  fare  nelFessequie ,  che  furono  onora- 
tissime  j  una  capanna  di  legname  a  uso  di  pira- 
mide,  e  sopra  quella  poiTe  di  mano  di  Iacopo  la 
statua  di  esso  Giovanni  a  cavallo  maggior  del  vi< 
VO9  fatta  con  molto  giudizio  e  con  invenzione; 
avendo  (  il  che  non  era  stato  fatto  insino  allora  ) 
troTato  Iacopo  per  condurre  quellopera  il  modo 
di  fare  V  ossa  del  cavallo  e  della  figura  di  pezzi 
di  legno  e  di  piane  confitti  insieme,  e  fasciati  poi 
di  fieno  e  di  stoppa  ,  e  con  funi  legato  ogni  cosa 
strettamente  insieme  ,  e  sopra  messo  terra  me- 
scolata con  cimatura  di  panno  lano^  pasta  e  colla. 

Voi,.  IL  > 


l8  ?ÀRTB    SECONDA 

Il  qual  modo  di  fare  fu  Teramente  ed  è  il  mielior 
di  tutti  gli  altri  per  simili  cose:  perchè  sebbene 
r  opere  che  in  questo  modo  si  fanno  sono  in  ap* 
parenza  grari ,  riescono  nondimeno,  poi  che  son 
fatte  e  secche,  leggieri,  e  coperte  di  bianco  simi- 
li al  marmo  e  molto  vaghe  au*occhio,  siccome  fu 
la  detta  opera  dì  Iacopo.  Al  che  si  aggiugne,  che 
le  statue  fatte  a  questo  modo  e  con  le  dette  me- 
scolanze non  si  fendono,  come  farebbono  se  fu8« 
sero  di  terra  schietta  solamente  •  Ed  in.  questa 
maniera  si  fanno  oggi  ì  modelli  delle  sculture 
con  grandissimo  comodo  degli  artefici ,  che  me* 
diante  quelle  hanno  sempiH;  l' esemjHo  innanzi  e 
le  siuste  misure  delle  sculture  che  fanno;  di  che 
si  aere  arere  non  piccolo  obbligo  a  Iacopo  che, 
secondo  si  dice,  ne  fu  inventore.  Fece  Iacopo  do- 
po questa  opera  in  Siena  due  tavole  di  legno  di 
tielio,  intagliando  in  quelle  ie  figure ,  le  barbe  , 
ed  i  capelli  con  tanta  pacienza, che  fa  a  Tedeile 
una  maraviglia.  £  dopo  queste  tavole,  che  furo- 
no messe  in  Duomo ,  fece  di  marmo  alcuni  pro- 
feti lion  molto  grandi  che  sono  nella  facciata  del 
detto  Duomo;  nell'opera  del  quale  averebbe  con- 
tinuato di  lavorare ,  se  la  peste,  la  fame,  e  le  di- 
scordie cittadine  de'Sanesi ,  dopo  aver  più  Tolte 
tumultuato,  non  avessero  malcondotta  quelU 
città,  e  cacciatone  Orlando  Malevolti,  col  àvore 
del  quale  eia  Iacopo  con  riputazione  adoperato 
nella  patria.  Partito  dunque  da  Siena  sì  condusse 
per  mezzo  d'alcuni  amici  a  Lucca,  e  quivi  a  Pau- 
lo Gurnigi  che  n'  era  Signore,  fece  per  la  moglie 
che  poco  innanzi  era  morta  nella  chiesa  di  S. 
Martino  una  sepoltura;  nel  basamento  della  qua- 
le condusse  alcuni  putti  di  marmo  che  reggono 
mn  festone  tanto  pulitamente  ^  che  parevano  di 


TITA    DI  IACOPO  DALLA  QUtRClA      19 

•àme;  e  nella  cassa  posta  sopra  il  detto  basamen- 
to fece  con  in6nita  diligensa  l' immagine  della 
moglie  d'esso  Paulo  Guinigi  che  dentro  ti  fu  sa«> 
polta;  e  a'  piedi  di  essa  fece  nel  medesimo  sasso 
un  cane  di  tondo  rilièvo ,  per  la  frde  da  lei  por*» 
tata  al  marito.  La  qaal  cassa,  partito  o  piuttosto 
cacciato  cbe  fa  Paulo  V  anno  14^9  di  Lucca  ,  • 
che  la  città  rimase  libera ,  fu  leTata  di  quel  luo- 
\    (O ,  e  per  V  odio  che  alia  memoria  del  Guinigio 

Krtarano  i  Lucchesi  quasi  dei  tutto  rovinata  . 
ire  la  reverenza  che  portarono  alla  bellezza 
della  figura  e  di  tanti  ornamenti  li  rattenne,  e  fa 
cagione  che  poco  appresso  la  cassa  e  la  figura 
furono  con  diligenza  all'entrata  della  porta  deU 
la  sagrestia  colloca  te,  dove  al  presente  sonore  lA 
cappella  dei  Guinigio  fatta  della  comunità  .  la- 
C(»po  intanto  avendo  inteso  che  inFiorenza  Tartè 
de'  Mercatanti  di  Calimara  voleva  dare  a  far  di 
bronzo  una  delle  porte  del  tempio  di  S.  Giovan- 
ni, dove  aveva  la  prima  lavorato,  come  si  è  det- 
to, Andrea  Pisano  ,  se  n'era  venuto  a  Fiorenza 
per  farsi  conoscere ,  atteso  massimamente  che 
cotale  lavoro  si  doveva  allogare  a  chi  nel  fare 
una  di  quelle  storie  di  bronzo  avesse  dato  di  se  e 
della  virtù  sua  miglior  saggio . 

Venuto  dunque  a  Fiorenza  fece  non  pure  il 
modello ,  ma  diede  finita  del  tutto  e  pulita  una 
molto  ben  condotta  storia ,  la  quale  piacque  tan- 
to, cbe  se  non  avesse  avuto  per  concorrenti  gli 
eccellentissimi  Donatello  e  Filippo  Brunelleschi, 
i  quali  in  verità  nei  loro  sai  sai  lo  superarono^  sa- 
rebbe tocco  a  lui  a  far  quel  lavoro  di  tanta  im- 
portanza. Ma  essendo  andata  la  bisogna  altra- 
mente, egli  se  n'andò  a  Bologna,  dove  col  favore 
di  Giovanni  Ben^ivogli  gli  fu  dato  a  fare  di  mar- 


M  PARTE   sccòiiroA 

Dio  dagli  operai  di  S.  Petronio  la  porta  princj<« 

Eie  di  qaella  chiesa ,  la  quale  egli  seguitò  di 
forare  d'ordine  tedesco  per  non  alterare  il 
modo  che  già  era  stato  cominciato  y  riempiendo 
doTC  mancava  lordine de'pilastiì  che  reggono  la 
cornice  e  l'arco,  di  storie  laTorate  con  infinito 
amore  nello  spatio  di  dodici  anni  che  egli  mise 
in  quell'opera  ;  doye  fece  di  sua  mano  tutti  i  fo- 
gliami e  1  ornamento  di  detta  porta  con  quella 
maggiore  diligensa  e  studio  che  gli  fu  possibile  . 
I^ei  pilastri  che  reggono  V  architrave ,  la  cornice» 
e  TarcO)  sono  cinque  storie  per  pilastro,  e  cinque 
neirarchitiave,  cne  in  tutto  son  quindici.  Nelle 
quali  tutte  intagliò  di  bassorilievo  istorie  del  Te- 
^lamento  vecchio, cioè  da  che  Dio  creò  l'uomo 
insino  al  diluvio,  e  V  arca  di  Noè ,  facendo  gran- 
dissimo giovamento  alla  scultura  ;  perché  dagli 
antichi  insino  allora  non  era  stato  chi  avesse  lavo- 
rato di  bassorilievo  alcuna  cosa  ;  onde  era  quel 
modo  di  fare  piuttosto  perduto  che  smarrito. 
Heirarco  di  questa  porta  fece  tre  figure  di  mar- 
mo grandi  quanto  il  vivo  e  tutte  tonde ,  cioè  una 
nostra  Donna  col  putto  in  collo  molto  bella ,  S. 
Petronio  ed  un  altro  santo  molto  ben  disposti  e 
con  belle  attitudini  ;  onde  i  Bolognesi ,  cne  non 
pensavano  che  si  potesse  fare  opera  di  marmo  , 
non  che  migliore ,  eguale  a  quella  che  Agostino 
ed  Agnolo  Sanesi  avevano  fatto  di  maniera  vec- 
chia in  S.  Francesco  all'  aitar  maggiora  nella 
loro  città ,  restarono  ingannati,  vedendo  questa 
di  gran  lunga  più  bella .  Dopo  la  quale  essendo 
ricerco  Iacopo  di  ritornare  a  Lucca ,  vi  andò  ben 
volentieri  ;  e  vi  fece  in  S.  Friano  per  Federigo  di 
maestro  Trenta  del  Veglia  in  una  tavola  di  mar- 
mo una  Vergine  col  figliuolo  in  braccio,  S.  Ba- 


VITA  DI  UflOVO  DALLA  QUnCIA      ai 

•tiano,  S.  Lacia,  S.  Icronimo,  e  S.  Giamoiido  con 
buona  maniera  graxia  e  disegno  ;  e  da  basso  nella 
predella  di  meuo  rìltero  sotto  ciascun  santo  aU 
cuna  storia  della  vita  di  quello  ;  il  cbe  fìi  cosa 
molto  vaga  e  piacerole,  avendo  Iacopo  con  beU 
r  arte  fatto  sfuggire  le  figure  in  su'  piani ,  e  nel 
diminuire  più  basse.  Similmente  diede  molto  ani<- 
mo  agli  altri  d'acquistare  alle  loro  opere  graxia 
e  bellezza  con  nuoTÌ  modi ,  avendo  in  due  lapide 
grandi  di  bassorilievo  per  due  sepolture  ritratto 
di  naturale  Federigo  padrone  dell'opera  e  la  mo* 
glie .  nelle  quali  lapide  sono  queste  parole  :  Hoc 
opus/ecit  Jacoòus  magistri  Pciri  de  Senis  i4^a. 
Venendo  poi  Iacopo  a  Firenze ,  gli  operai  di  S. 
Maria  del  Fiore  per  la  buona  relazione  avuta  di 
lui  gli  diedero  a  fare  di  marmo  il  firontespizio  cbe 
è  sopra  la  porta  di  quella  cbiesa ,  la  quale  va  alla 
Nunziata  :  dove  egli  fece  in  una  mandorla  la  Ma- 
donna la  quale  da  un  coro  d'angeli  è  portata  so- 
nando eglino  e  cantando  in  cielo  ,  con  le  più  bel- 
le movenze  e  con  le  piili  belle  attitudini,  vedendo- 
si cbe  banno  moto  e  fierezza  nel  volare,  cbe  fun- 
sero insino  allora  state  fatte  mai.  Similmente  la 
Madonna  é  vestita  con  tanta  grazia  ed  onestà, cbe 
non  fli  può  immaginare  meglio ,  essendo  il  girare 
delle  piegbe  molto  bello  e  morbido,  e  vedendosi 
neMembi  de' panni  cbe  vanno  accompagnando 
r  ignudo  di  quella  figura  ,  che  scuopre  coprendo 
ogni  svoltare  di  membra  ;  sotto  la  quale  Madonna 
è  un  S.  Tommaso  cbe  riceve  la  cintola.  Insomma 
questa  opera  fu  condotta  in  quattro  anni  da  Ia- 
copo con  tutta  quella  maggior  perfezione  che  a 
lui  fu  possibile  ;  perciocché  oltre  al  disidcrio  che 
aveva  naturalmente  di  far  bene ,  la  concorrenza 
di  Donato^  di  Filippo  ;  m  di  Lorenzo  di  Bartolo 


aa  PAKTSSSeONDA 

de' quali  già  si  rederano  alcune  opere  molto  lo- 
date,  lo  sforzarono  anco  da  vantaggio  a  fere  aueU 
lo  che  fece  ;  il  che  fu  tanto  ,  che  anco  oggi  e  dai 
moderni  arte  Gei  guardata  questa  opera  come  co« 
ta  rarissima.  Dair  altra  banda  della  Madonna  di- 
rimpetto a  S.  Tommaso  fece  Iacopo  un  orso  che 
monta  in  sur  un  pero ,  sopra  il  quale  capriccio 
come  si  disse  allora  molte  cose  y  così  se  ne  potreb* 
be  anco  da  noi  dire  alcune  altre  y  ma  le  tacerò 
per  lasciare  a  ognuno  sojn'a  cotale  invenzione 
credere  e  pensare  a  suo  modo.  Disiderando  dopo 
ciò  Iacopo  di  rivedere  la  patria ,  se  ne  tornò  a 
Siena ,  dove  arrivato  che  fu ,  se  gli  porse  secondo 
il  disiderio  suo  occasione  di  lasciare  in  quella  di 
•e  qualche  onorata  memoria  •  Perciocché  la  Si- 
gnoria di  Siena  risoluta  di  fare  un  ornamento 
ricchissimo  di  marmi  al  T  acqua  che  in  sulla  piaz^ 
sa  avevano  condotta  Agnolo  ed  Agostino  senesi 
Tanno  i343  allogarono  quellopera  e  Iacopo  per 
prezzo  di  duemila  dugento  scudi  d'oro:  onde  egli, 
fatto  un  modello  e  fatti  venire  i  marmi ,  vi  mise 
mano  e  la  fini  di  fare  con  molta  sodisfa zione 
de'  suoi  cittadini,  che  non  più  Iacopo  dalla  Quer- 
cia ,  ma  Iacopo  dalla  Fonte  fu  poi  sempre  chia- 
mato. Intagliò  dunque  nel  mezzo  di  quest'opera 
la  gloriosa  Vergine  Maria  avvocata  particolare 
di  quella  città  un  poco  maggiore  dell'altre  figure  ; 
e  con  maniera  graziosa  e  singolare .  Intorno  poi 
fece  le  sette  virtù  teologiche,  le  teste  delle  qua- 
li, che  sono  delicate  e  piacevoli  y  fece  con  nel* 
r  aria  e  con  certi  modi  y  che  mostrano  che  egli 
cominciò  a  trovare  il  buono,  le  dìfficultà  del- 
l' arte  y  e  a  dare  srazia  al  marmo ,  levando  vie 
quella  vecchiaia  che  avevano  insino  allora  usato 
gli  scoltoiu ,  fitcendo  le  loro  figure  intere  e  senza 


TITA  DI  UCOK>  DALLA   QUtRCIA      23 

L  g;razia  al  inondo;  laddore  Iacopo  le  fece  raor> 
bidè  e  carnose ,  e  fini  il  marmo  con  pacienza  e 
delicatezza .  Feoevi  oltre  ciò  alcune  storie  del 
Testamento  yecchio,  cioè  la  creazione  de* primi 
parenti  e  il  mangiar  del  pomo  Tietato ,  dove  nella 
figura  della  femmina  si  vede  un*  aria  nel  viso 
•)  bella  ed  una  grazia,  ed  attitudine  della  persona 
tanto  reverente  verso  Adamo  nel  porsergli  il  po- 
mo j  cbe  non  pare  che  possa  ricusarlo  :  senza  il 
rimanente  dell'opera ,  cne  è  tutta  piena  di  beilis* 
sime  considerazioni  e  adomata  di  bellissimi  fan- 
ciuUetti  ed  altri  ornamenti  di  leoni  e  di  lupe , 
insegne  della  città ,  condotti  tutti  da  Iacopo  con 
amore,  pratica,  e  giudizio  in  spazio  di  dodici  anni. 
Sono  di  sua  mano  similmente  tre  storie  bellissime 
di  bronzo  della  vita  di  S.  Gio:  Battista  di  mezzo 
rilievo,  le  quali  sono  intomo  al  battesimo  di  S. 
Giovanni  sotto  il  Duomo ,  ed  alcune  figure  ancora 
tonde  e  pur  dì  bronzo  alte  un  braccio ,  che  sono 
fra  r  una  e  V  altra  delle  dette  istorie ,  le  quali  so* 
no  veramente  bella  e  degne  di  lode .  Per  queste 
opere  adunque ,  come  eccellente ,  e  per  la  nontA 
della  vita ,  come  costumato,  meritò  Iacopo  essere 
dalla  Signoria  di  Siena  fotto  cavaliere,  e  poco  dopo 
operaio  del  Duomo .  Il  quale  uffizio  esercitò  di 
■aaniera,  che  né  prima  né.  poi  fu  quell'opera  me- 
glio governata,  avendo  egli  in  quel  Duomo,  seb- 
bene non  visse  poi  che  ebbe  cotal  carico  avuto  se 
non  tre  anni,  fatto  molti  acconcimi  utili  ed  ono- 
revoli. E  sebbene  Iacopo  fu  solamente  scultore , 
disegnò  nondimeno  ragionevolmente ,  come  ne 
dimostrano  alcune  carte  da  lui  disegnate  cbe  so- 
no nel  nostro  libro,  le  quali  paiono  piuttosto  di 
mano  d'un  miniatore  che  d'uno  scultore;  e  il  ri- 
tratto suo  fatto  ^  eome  quello  eha  di  sopra  si  ve- 


24  PARTE     S^COìKhX 

de  I  bo  avuto  da  maestro  Domenico  Beecafanoii 
pittore  sanese  ,  il  quale  mi  ha  assai  cose  raccon- 
tato della  virtù,  bontà,  e  gentilezza  di  Iacopo:  il 
quale  stracco  dalle  fatiche  e  dal  continuo  lavo- 
rare si  morì  finalmente  di  anni  sessantaquattro , 
ed  in  Siena  sua  patria  fu  dagli  amici  suoi  e  pa- 
renti ,  anzi  da  tutta  la  città  pianto  ed  onorata- 
mente sotterrato.  E  nel  vero  non  fu  se  non  buona 
fortuna  la  sua,  che  tanta  virtù  fusse  nella  sua  pa- 
tria nconosciuta;  poiché  rade  volte  addiviene  che 
i  virtuosi  uomini  siano  nella  patria  universalmen- 
te amati  ed  onorati . 

Fu  discepolo  di  Iacopo  Matteo  scultore  luc- 
chese ,  che  nella  sua  città  fece  T  anno  t444  ?^^ 
Domenico  Caligano  lucchese  nella  chiesa  dr  S. 
Martino  il  tempietto  a  otto  facce  di  marmo,  do- 
ve è  r  immagine  di  santa  Croce,  scultura  stata 
miracolosamente ,  secondo  che  si  dice ,  lavorata 
da  Niccodemo  uno  de'  settantadue  discepoli  del 
Salvatore  ;  il  qual  tempio  non  è  veramente  se 
non  molto  bello  e  proporzionato .  Fece  il  mede-» 
Simo  di  scultura  una  fisura  d'  un  S.  Bastiano  di 
marmò  tutto  tondo  di  braccia  tre,  molto  bello 

Fer  essere  stato  fatto  con  buon  disegno  con  bei- 
attitudine  e  lavorato  pulitamente.  É'  di  sua  ma> 
no  ancora  una  tavola  ,  dove  in  tre  nicchie  sono 
tre  figure  belle  affatto ,  nella  chiesa  dove  si  dice 
essere  il  corpo  di  S.  Regolo ,  e  la  tavola  simil- 
mente che  è  in  S.  Michele  ,  dove  sono  tre  figure 
di  maimo,  e  la  statua  paiimente  che  è  in  su'l  can- 
to della  medesima  chiesa  dalla  banda  di  fuori , 
aioè  una  nostra  donna ,  che  mostra  che  Matteo 
andò  sforzandosi  di  paragonare  Iacopo  suo  mae* 
stro . 

{Niccolo  Bolognese  ancora  fu  discepolo  di  la-». 


VITA  M  IACOPO  DALLA   Q17E1ICIA      s5 

oopo  e  condusse  a  fine,  essendo  imperfetta,  diri* 
namente  fi-a  l'altre  cose  l'arca  di  marmo  piena  di 
«torie  e  figure,  che  già  fece  Niccola  Pisano  a  Bo- 
logna, doTC  è  il  corpo  di  S.  Domenico  .  £  ne  ri* 
portò  oltre  V  utile  questo  nome  d' onore ,  che  fu 

Fot  sempre  chiamato  maestro  Niccolò  delFArca* 
ini  costai  queir  opera  V  anno  1460  ,  e  fece  poi 
nella  facciata  del  palazzo  doTe  sta  oggi  il  Legato 
di  Bologna,una  nostra  Donna  di  bronco  alta  quat- 
tro braccia,  e  la  pose  su  l'anno  147^*  Insomma  fa 
costui  valente  maestro  e  degno  discepolo  di  Ia- 
copo dalla  Quercia  sanese  « 


VITA 
DI      NICCOLO' 

ARSTUfO  SCULTORE. 


Jr  a  De'medesimi  tempi  e  nella  medesima  facul- 
tà  della  scultura  y  e  ^ju^^i  della  medesima  bouti 
nell'arte  ,  Niccolò  di  Piero  cittadino  aretino ,  al 
quale  quanto  fu  la  natura  liberale  delle  doti  sue^ 
cioè  d' ingegno  e  di  TiTacitè  d'animo ,  tanto  fu 
anraiin  la  rortuna  de 'suoi  beni.  Costui  dunque  per 
essere  pOTcro  compagno  e  per  avere  alcuna  in- 
giuria ricevuta  dai  suoi  più  prossimi  nella  pa» 
tria  j  si  parti  per  venirsene  a  Firenze  d' AreAso, 
dove  sotto  la  discinlioa  di  maestro  Moccio  scul- 
tore sanese,  il  quale,  come  si  è  detto  alti^ove,  La- 
vorò alcune  cose  in  Arezao ,  aveva  con  molto 
frutto  atteso  alla  scultura  >  eomeccbè  non  fusse 
detto  maestro  Moccio  molto  eccellente .  £  cosi 
arrivato  JNiccolò  a  Firenae  >  da  prima  lavorò  per 
molti  mesi  qualunque  cosa  gli  venne  alle  mani , 
si  perché  la  povertà  ed  il  bisogno  V  assassina va« 
no,  e  sì  per  la  concorrenza  d'alcuni  siovani ,  che 
con  molto  studio  e  fatica  gareggiando  virtuosa- 
mente, nella  scultura  s'eseicitavano.  Finalmente 
essendo  dopo  molte  fatiche  riuscito  Niccolò  assai 
buono  scultore,  gli  furono  fatte  Cure  dagli  operai 
di  S.  Maria  del  Fiore  per  lo  campanile  due  sta- 
tue, le  quali  essendo  in  quello  poste  verso  la  ca- 
nonica, mettono  in  mezzo  quelle  che  fece  poi 
Donato,  e  furono  tenute,  per  non  si  essere  vedu- 
to di  tondo  rilievo  meglio,  ragicmevoli.  Partito 


\ 


2^  P  ART  E    SECOKB  A 

poi  di  Firenze  per  la  peste  dell'anno  i383  se 
n'andò  alla  patria ^  dove  trovando  che  per  la  det- 
ta peste  gii  uomini  della  fraternità  di  Santa  Ma- 
ria della  Misericordia ,  della  quale  si  è  di  sopra 
ragionato ,  avevano  molti  beni  acquistato  per 
molti  lasci  stati  fatti  da  diverse  persone  della  cit- 
tà, per  la  divozione  che  avevano  a  quel  luogo  pio 
ed  agli  uomini  di  quello,  che  senza  tema  di  niun 
pericolo  in  tutte  le  pestilenze  governano  gV  in. 
iermi  e  sotterrano  i  morti ,  e  che  perciò  voleva- 
no fare  la  facciata  di  quel  luogo  di  pietra  bigia 
per  non  avere  comodità  di  marmi ,  tolse  a  fare 

r*  luogo  stato  cominciato  innanzi  d'ordine  te- 
o,  e  lo  condusse,  aiutato  da  molti  scarpellini 
da  Settignano,  a  fine  perfettamente,  facendo  di 
sua  mano  nel  mezzo  tondo  delia  facciata  una  Ma^ 
donna  col  figliuolo  in  braccio  e  certi  angeli  che 
le  tengono  aperto  il  manto  ,  sotto  il  quale  pare 
che  si  riposi  il  popolo  di  quella  città, per  lo  quale 
intercedono  da  basso  in  ginocchioni  S.  Laurenti- 
noePergentino.  In  due  nicchie  poi  che  sono  dalle 
bande  fece  due  statue  di  tre  braccia  Tuna  ,  cioè 
S.  Gregorio  papa  e  S.  Donato  vescovo  e  protet- 
tore di  quella  città  con  buona  grazia  e  ragione- 
vole maniera.  E  per  quanto  si  vede,  aveva  quan- 
do fece  queste  opere,  già  fatto  in  sua  giovanezza 
sopra  la  porta  del  vescovado  tre  figure  grandi  di 
teira  cotta,  che  oggi  sono  in  gran  palle  state  con- 
suraate  dal  ghiaccio;  siccome  è  ancora  un  S.  Lu- 
ca di  macigno  stato  fatto  dal  medesimo  mentre 
era  giovanetto  e  posto  nella  facciata  del  detto 
vescovado.  Fece  similmente  in  Pieve  alla  cappel- 
la di  S.  Biagio  la  figura  di  detto  santo  di  terra 
cotta  bellissima  ,  e  nella  chiesa  di  S.  Antonio  lo 
Messo  santo  pur  di  rilievo  e  di  terra  cotta^  ed  un 


VITA     1>I     NICCOLÒ  29 

altro  santo  a  sedere  uopra  la  porta  dello  spedale 
dì  detto  luogo.  Mentre  faceva  queste  ed  alcune 
altre  opere  simili,  roTinando  per  un  terremoto  le 
mura  del  borgo  a  San  Sepolcro,  fu  mandato  per 
l^iccolò,  accio  facesse,  siccome  fece  con  buon 
giudizio  il  disegno  di  quella  muraglia,  che  riuscì 
molto  meglio  e  più  forte  cbe  la  prima  .  E  cosi 
continuando  di  lavorare  quando  in  A  rezzo  quan- 
do ne'  luoghi  convicini ,  si  stava  JNiccolò  assai 
quietamente  ed  agiato  nella  patria  .  Quando  la 
guen*a  capital  nimica  di  queste  aiti  fu  cagione 
cbe  se  ne  partì ,  perché  essendo  cacciati  da  Pie- 
tramala  i  figliuoli  di  Piero  Saccone  ed  il  castello 
rovinato  insino  ai  fondamenti,  era  la  città  d'Arez- 
zo ed  il  contado  tutto  sottosopra;  perciò  dunque 
partitosi  di  quel  paese  Niccolo  se  ne  venne  a  Fi- 
renze, dove  altre  volte  aveva  lavorato,  e  fece  per 
gH  operai  di  Santa  Maria  del  Fiore  una  statua 
di  braccia  quattro  di  marmo,  che  poi  fu  posta  alla 
porta  principale  di  quel  tempio  a  man  manca  . 
Nella  quale  statua,  che  é  un  Vangelista  a  sedere, 
mostrò  Niccolò  d' essere  veramente  valente  scul- 
tore e  ne  fu  molto  lodato,  non  si  essendo  veduto 
insino  allora,  come  si  vide  poi,  alcuna  cosa  mi- 
gliore tutta  tonda  di  rilievo .  Èssendo  poi  con- 
dotto a  Roma  di  ordine  di  papa  Bonifazio  IX 
fortificò  e  diede  miglior  forma  a  Castel  S.  Angio- 
lo, come  migliore  di  tutti  gli  architetti  del  suo 
tempo .  £  ritornato  a  Firenze,  fece  in  sul  canto 
d'Or  S.  Michele  che  è  verso  Tarte  della  lana  per  i 
maestri  di  zecca  due  figurette  di,  marmo  nel  pi- 
lastro sopra  la  nicchia ,  dove  è  oggi  il  S.  Matteo 
che  fu  fatto  poi ,  le  quali  furono  tanto  ben  fatte 
ed  in  modo  accomodate  sopra  la  cima  di  quel  ta- 
jkernacolO)  che  furono  allora  e  sono  state  sempre 


3o  ^AKTXSBGOIfDA 

poi  molto  lodate,  e  parve  che  in  quelle  à^mncàs. 
ce  Niccolò  se  stesso ,  non  avendo  mai  fatto  cosft 
migliore  •  Insomma  elleno  sono  tali,  che  possono 
«tare  a  petto  ad  ogni  altra  opera  simile  ;  onde 
n'acquistò  tanto  credito  ,  che  meritò  essere  nel 
numero  di  coloro  che  furono  in  considerazione 
per  fare  le  porte  di  bronzo  di  S.  Giovanni  ;  seb- 
bene fatto  il  saggio  rimase  a  dietro,  e  furono  al- 
logate, come  si  dirà  al  suo  luogo,  ad  altri .  Dopo 
queste  cose  andatosene  Niccolò  a  Milano  fu  fatto 
capo  neir  opera  del  Duomo  di  quella  città ,  e  vi 
fece  alcune  cose  di  marmo  che  piacquero  pur  as- 
sai. Finalmente  essendo  dagli  Aretini  richiamato 
alla  patria,  perché  facesse  un  tabernacolo  pel  Sa- 
gramento,  nel  tornarsene  gli  fu  fòrza  fermarsi  in 
Bologna  e  fare  nel  convento  deTrati  Minori  la  se- 
poltura di  Papa  Alessandro  V,  che  in  quella  città 
aveva  Bnito  il  corso  degli  anni  suoi.  £  comecché 
egli  molto  ricusasse  quell'opera,  non  potette  pe- 
ro non  condescendere  ai  preghi  di  M.  Lionardo 
Bruni  aretino  che  era  stato  molto  favorito  segre- 
tario di  quel  pontefice .  Fece  dunque  Niccolo  il 
detto  sepolcro,  e  vi  ritrasse  quel  papa  di  natura- 
le .  Ben  é  vero  che  per  la  incomodità  de'  marmi 
ed  altre  pietre  fu  fatto  il  sepolcro  e  gli  ornamen- 
ti di  stucchi  e  di  pietre  cotte ,  e  similmente  la 
statua  del  papa  sopra  la  cassa ,  la  quale  é  posta 
dietro  al  coro  della  detta  chiesa.  La  quale  opera 
finita  si  ammalò  Niccolò  gravemente,  e  poco  ap- 

Sresso  si  morì  d'anni  sessantasette  e  fu  nella  me- 
esitna  chiesa  sotterrato  Tanno  14179  ed  il  suo 
ritratto  fu  fatto  da  Galasso  ferrarese  suo  ami- 
cissimo, il  quale  dipigneva  a  que'tempi  in  Bolo- 
gna a  concorrenza  di  Iacopo  e  Simone  pittori 
bolognesi  e  d' un  Gristofano,  non  se  se  ferraresa 


yiTA  DI  NICCOLO'  3f 

ùf  come  altri  dicono,  da  Modena;  i  anali  tutti  di» 
pinaero  in  una  chiesa  detta  la  Casa  di  Messo  fuor 
della  porta  di  S.  Mammalo  molte  cose  a  fresco . 
Gristofano  fece  da  una  banda,  da  cbe  Dio  fa  Ada- 
mo insino  alla  morte  di  Mosè ,  e  Simone  e  Iaco- 
po trenta  storie,  da  cbe  nasce  Cristo  insino  alla 
cena  cbe  fece  con  i  discepoli.  E  Galasso  poi  fece 
la  passione,  come  si  vede  al  nome  di  ciascuno  cbe 
Ti  è  scritto  da  basso  .  E  queste  pitture  furono 
fatte  Tanno  i4o4*  Dopo  le  quali  m  dipinto  il  re- 
sto della  cbiesa  da  altri  maestri  di  storie  di  Dn- 
yidde  assai  pulitamente  .  £  nel  rero  queste  così 
fatte  pitture  non  sono  tenute  se  non  a  ragione  in 
molta  stima  dai  Bolognesi ,  sì  percbè  come  Tec- 
cbie  sono  ragioneToli,  e  sì  percbè  il  laToro  essen- 
dosi mantenuto  fresco  e  Tirace,  merita  molta  lo- 
de .  Dicono  alcuni  cbe  il  detto  Galasso  lavori 
anco  a  olio  essendo  Tecchissimo,  ma  io  né  in  Fer- 
rara né  in  altro  luogo  ho  trovato  altri  lavori  di 
suo  cbe  a  fresco .  Fu  discepolo  di  Galasso  Co- 
sine, cbe  dipinse  in  S.  Domenico  di  Ferrara  una 
cappella  ,  e  gli  sportelli  cbe  serrano  l'organo  del 
Duomo,  e  molte  altre  cose  cbe  sono  migliori  cbe 
Don  furono  le  pitture  di  Galasso  suo  maestro.  Fa 
Niccolò  buon  disegnatore  ,  come  si  può  vedere 
nel  nostro  libro,dove  è  di  sua  mano  un  Evangeli- 
sta e  tre  teste  di  cavallo  disegnate  bene  affatto  . 


•         • 


VITA. 
DI       DELLO 

FITTOR  FIORENTinO* 


debbene  Dello  iìoi*eiitiDo  ebbe  mentre  Tisse  ed 
ba  nvuto  sempre  poi  nome  di  pittore  solamente , 
e^^li  attese  nondimeno  anco  alla  scultura ,  anù  le 
prime  opere  sae  furono  di  scnlturay  essendo  che 
fece  molto  innanzi  che  cominciasse  a  dipignere, 
di  terra  cotta  nell'arco  che  è  sopra  la  porta  della 
chiesa  di  S.  Maria  Nuova  una  Incoronasione  dì 
nostxa  Donna  ,  e  dentro  in  chiesa  i  dodici  Apo- 
stoli ;  e  nella  chiesa  de'Servi  un  Cristo  morto  in 
grembo  alla  Vergine  ,  ed  altre  opere  assai  per 
tutta  la  città.  Ma  vedendo  ^  oltre  che  era  capric- 
cioflo  j  che  poco  guadagnava  in  far  di  terra,e  che 
la  ftua  povertà  aveva  di  maggior'  aiuto  bisogno  , 
si  risolvette  avendo  buon  disegno  d'attendere  al- 
la pittura  ,  e  gli  rìqsci  agevolmente  j  perciocché 
imparò  presto  a  colorire  con  buona  pratica  ,  co- 
me ne  dimostrano  molte  pitture  fatte  nella  sua 
città  9  e  massimamente  di  figure  piccole  ^  nelle 
quali  egli  ebl)e  miglior  gi*aùa  che  nelle  grandi 
assai .  La  qai^l  cosa  gli  venne  molto  a  proposito  » 
perche  usandosi  in  que'  tempi  per  le  camere  de' 
cittadini  cassoni  grandi  di  legname  a  uso  di  se- 
polture e  con  altre  varie  fogge  ne'  coperchi,  nin- 
no era  che  i  detti  cassoni  non  facesse  dipignere  : 
ed  oltre  alle  storie  che  si  facevano  nel  corpo  di- 
nanzi e  nelle  teste^in  su  i  cantoni  e  talora  altrove, 
si  facevano  fare  1'  armeovvet*o  insegne  delle  ca- 
FoL  JL  3 


34  PARTE     SECONDA. 

ifftte .  E  le  storie  che  nel  corpo  dinanzi  si  facera- 
no  erano  per  lo  più  di  favole  tolte  da  Ovidio  e 
da  altri  poeti  y   ovvero  storie   raccontate  dagli 
istorici  greci  o  latini  y  e  similmente  cacce,  gio- 
stre ,  novelle  d' amore ,  ed  altre  cose  somiglianti, 
secondo  che  meglio  amava  ciascuno.  Il  di  dentro 
poi  8Ì   foderava  di  tele  o  di  drappi ,  secondo  il 
grado  e  potere  di  coloro  che  sii  facevano  fare, 
per  meglio  conservarvi  dentro  le  veste  di  drappo 
ed  altre  cose  preziose .  £  che  è  più ,  si  dipigne- 
vano  in  cotal  maniera  non  solamente  i  cassoni  , 
ma  i  lettucci ,  le  spalliere  ,  le  comici  che  rici* 
gnevano  intomo,  ed  altri  cosi  fatti  ornamenti  da 
camera  che  in  qae'tempi  magnificamente  si  usa- 
vano ,  come  infiniti  per  tutta  la  città  se  ne  pos- 
sono vedere .  £  per  molti  anni  fu  di  sorte  questa 
eosa  in  uso ,  che  eziandìo  i  più  eccellenti  pittori 
in  COSI  fatti  lavori  si  esercitavano  senza  vergo- 
gnarsi ,come  oggi  molti  farebhono,  di  dipignere 
e  mettere  d'oro  simili  cose  .  £  che  ciò  sia  vero  , 
si  è  veduto  insino  a'  giorni  nostri ,  oltre  molti 
altri ,  alcuni  cassoni  ,  spalliere  ,  e  comici  nelle 
camere  dd  magnifico  Lorenzo  vecchio  de'Medi- 
ci  y  nei  quali  era  dipinto  di  mano  di  pittori  non 
mica  plebei  ,  ma  eccellenti  maestri  tutte  le  gto- 
str;?  *  t  >rn(*amenti ,  cacce  y  feste ,  ed  altri  spet- 
tacoli fatti  ne'  tempi  suoi  con  giudizio  ,  con  in- 
venzione ,  e  con  arte   maravigliosa  •  Delle  quali 
cose  se  ne  vogliono  non  solo  nel  palazzo  e  nelle 
case  vecchie  de'  Maidici  ,  ma  in  tutte  le  più  no- 
tili case  di  Firenze  ancora  alcune  reliquie  .  E  ci 
sono  alcuni  che  attenendosi  a  quelle  usanze  vec- 
chie, magnifiche  veramente  ed  orrevolissime , 
non  hanno  si  fatte  cose  levate  per  dar  luoso  agli 
ornamenti  ed  usanze  moderne .  Dello  ^nque 


ytlTk     DI     DILLO  36 

^nrnmA^  molto  pratico  e  buon  pittore ,  e  massi- 
maTii^nte  y  come  si  è  detto,  in  farpiUure  piccola 
con  molta  graiia ,  per  molti  anni  con  suo  molto 
utile  ed  onore  ad  altro  non  attese  che  a  laTorara 
e  dipignere  cassoni ,  spalliere  y  lettncci ,  ed  altri 
ornamenti  della  maniera  che  si  è  detto  di  sopra, 
intanto  che  si  può  dire  eh'  ella  fosse  la  sua  prin- 
cipaie  e  propria  professione .  Ma  perché  niuna 
cosa  di  questo  mondo  ha  fermessa  né  dura  lungo 
tempo  quantunque  buona  e  lodevole  ,  da  quei 
primo  modo  di  fare  assottigliandosi  gì'  ingegni  | 
«i  venne  non  è  molto  a  far  ornamenti  pi  A  ricchi , 
ad  agi'  intagli  di  noce  messi  d*oro  che  fanno  rio» 
ehissimo  ornamento  ,  ed  al  dipignere  e  colorirà 
a  olio  in  simili  masserizie  istorie  bellissime ,  ch« 
hanno  fatto  e  fanno  conoscere  cosi  la  magni&* 
cenxa  de'cittadinì  che  l'usano,  come  reccellensa 
de'  pittori .  Ma  per  venire  all'  opere  di  Dello ,  il 
quale  fu  il  primo  che  con  diligenza  e  buona  pra* 
tica  in  sì  fatte  opere  si  adoprasse  ,  ecli  dipinse 
particolarmente  a  Giovanni  de'  Medici  tutto  il 
loinfmento  d'  una  camera  ,  che  fu  tenuto  coca 
Teramente  rara  ed  in  quel  genere  bellissima  , 
eome  alcune  reliquie  ,  che  ancora  ce  ne  sono  , 
dimostrano  .  £  Donatello  essendo  giovanetto  di- 
cono che  gli  aiutò ,  facendovi  {di  sua  mano  con 
stucco ,  gesso  ,  colla  ,  e  matton  pesto  alcune  sto^ 
rie  ed  ornamenti  di  basso  rilievo ,  che  poi  messi 
d'  oro  accompagnarono  con  bellissimo  vedere  le 
storie  dipinte  /  e  di  questa  opera  ed  altre  molte 
simili  fa  menzione  con  lungo  ragionamento  Drea 
Genuini  nella  sua  opera  ,  della  quale  si  è  detto 
di  sopra  abbastanza  •  £  perchè  di  queste  cosa 
vecchie  é  ben  fatto  serbare  qualche  memoria  , 
nel  palazzo  del  Signor  Duca  0)simo  n'  ho  fait^ 


S6  PARTB     SKCORDA 

conserrare  alcune  e  di  mano  propria  di  Detto  ^ 
dove  sono  e  saranno  sempre  degne  d' essere  con- 
siderate,  almeno  per  gli  abiti  rar)  di  qae'tempìy 
cosi  da  nomini  come  da  donne  che  in  essasi  yeg- 
giono  .  Layorò  ancora  Dello  in  fresco  nel  chio* 
stro  di  S.  Maria  NoTcUa  in  un  cantone  di  yerde- 
terra  la  storia  d' Isac  qnando  dà  la  benedizione 
a  Esan .  £  poco  dopo  questa  opera  essendo  con- 
dotto in  Ispagna  al  senrigio  del  re  »  Tenne  in 
tanto  credito  ,  che  molto  piili  disiderare  da  al- 
cuno artefice  non  si  sarebbe  potuto  •  £  sebbene 
non  si  sa  particolarmente  che  opere  (acesse  in 
queste  parti ,  essendone  tornato  ricchissimo  ed 
onorato  molto  ,  si  può  giudicare  eh'  elle  fussero 
assai  e  belle  e  buone  .  Dopo  qualche  anno  essen- 
do stato  delle  sue  fatiche  realmente  rimunerato. 
Tenne  capriccio  a  Dello  di  tornare  a  Firenze  per 
ùlv  Tedere  agli  amici ,  come  da  estrema  poTcrtà 
fosse  a  gran  rìcchexze  salito  .  Onde  andato  per 
la  licenza  a  quel  re  ,  non  solo  V  ottenne  grazio- 
samente (  comecché  Tolentieri  V  aTrebbe  ratte- 
unto  se  fusse  istato  in  piacere  di  Dello  )  ma  per 
maggior  segno  di  gratitudine  fu  fatto  da  quel 
libéralissimo  re  cavaliere  .  Perchè  tornando  a 
Firenze  per  ayere  le  bandiere  eia  confermazione 
de'  privilegi ,  gli  furono  denegate  per  cagione  di 
Filippo  Spano  degli  Scolari ,  che  in  quel  tempo, 
come  gran  siniscalco  del  re  d'  Ungheria  ,  torni 
Tittorioso  de'  Turchi .  Ma  avendo  Dello  scritto 
subitamente  in  Ispagna  al  re  dolendosi  di  questa 
ingiurìa  ,  il  re  scrisse  alla  Simona  in  favore  di 
lui  si  caldamente ,  che  gli  tu  senza  contralta 
conceduta  la  desiderata  e  doTuta  onoranza .  Di- 
cesi che  tornando  Dello  a  casa  a  cavallo  con  le 
bandiere  vestito  di  broccato  ed  onorato  dalla  Si- 


Vita   t>i    DfeLLO  3^ 

gtM>rta  ,  fn  proTerbiato  nel  passare  per  Vacche* 
reccia  y  dorè  allora  erano  molte  botteghe  d'ore* 
fici  f  da  certi  domestici  amici  che  in  giorentÀ 
r  averano  conosciuto  i  o  per  ischerno  o  per  pia^ 
ccTolessa  clie  lo  facessero  ,  e  che  egli  rirolto 
doTe  ateva  udito  la  toce  ,  fece  con  ambe  le 
mani  le  fi  che,  e  senza  dire  alcuna  cosa  passò  via; 
sicché  quasi  nessuno  se  n'  accorse ,  se  non  9é 
quegli  stessi  che  TayeTano  uccellato.  Per  questo 
e  per  alti  i  segni ,  che  gli  fecero  conoscere  che 
nella  patria  non  meno  si  adoperata  contro  di  lui 
r  intidia  ,  che  già  s'  aTcsse  fatto  la  malignità 
quando  era  poverissimo  ,  deliberò  di  tornarsene 
in  Ispagna  •  E  cosi  scritto  ed  aruto  risposta  dal 
re  ,  se  ne  tornò  in  quelle  parti ,  dorè  fu  riccTuto 
con  favore  grande  e  veduto  poi  sempre  volen- 
tieri ,  e  dove  attese  a  lavorare  e  vivere  come 
signore  >  dipignendo  sempre  da  indi  innanzi  col 
grembiule  di  broccato.  Cosi  dunque  diede  luogo 
air  invidia  y  ed  appresso  di  qdbl  re  onoratamene 
te  visse  :  e  mori  d'anni  quarantanove,  e  fu  dai 
medesimo  fatto  seppellire  onorevolmente  con 
questo  epitaffio  : 

Delius  eques  Fiorentinus 

Pieiurae  arie  percdehris 

Regisque  Hispaniarum  liberaiiiaie 

Et  ornamtniis  amplissimus. 

S-  T.  T.  L, 

If on  fu  Dello  molto  buon  disegnatore  y  ma  fu 
bene  fra  i  primi  che  cominciassei'o  a  s<y>prir  con 


38  »AaTB    ssceN»A 

qualche  gioilizio  i  raasooli  ne'corpi  ignadi  y  e^ 
me  si  vede  in  alcuni  disegni  di  chiaroscuro  fatti 
da  lui  nel  nostro  lihro  .  Fu  ritratto  in  S.  Maria 
Novella  da  Paolo  Uccello  di  chiaroscuro  nella 
storia  dove  Noè  è  inebriato  da  Cam  suo  figliuola* 


4o  PARTE     SECOffDA 

perché  rimessa  la  stima  di  quella  dall'una  parte 
e  Taltra  in  Donato,  credevano  al  fermo  i  consoli 
di  queir  aile ,  che  egli  per  invidia,  non  Ta vendo 
fatta  ,  la  stimasse  molto  meno  che  s*  ella  fusse 
sua  opera  .  Ma  rimasero  della  loro  credenza  in- 
cannati y  perciocché  Donato  giudicò  che  a  Nanni 
fusse  molto  piìli  pagata  la  statua  che  egli  non 
aveva  chiesto  .  Al  qual  giudisio  non  volendo  in 
modo  ninno  starsene  t  consoli ,  gridando  diceva* 
no  a  Donato  :  Perché  tu  che  facevi  questa  opera 
per  minor  presso,  la  stimi  più  essendo  di  man 
d'  un  altro,  e  ci  strigni  a  dargliene  più  che  egli 
stesso  non  chiede?  e  pur  conosci,  siccome  noi 
altresì  facciamo  ,  eh'  ella  sarebbe  dpUe  tu^ 
mani  uscita  molto  migliore  .  Rispose  D(mnto  ri* 
dendo:  Questo  buon  uomo  non  é  nell'aite  quello 
che  sono  io  ,  e  dura  net  lavorare  molto  più  fa- 
tica di  me  :  però  sete  forzati  volendo  sodisfar- 
lo ,  come  uomini  giusti  che  mi  parete ,  pagarlo 
del  tempo  che  vi  ha  speso  :  e  cosi  ebbe  effetto  il 
lodo  di  Donato,  nel  quale  n'avevano  fatto  com- 
promesso d'accordo  ambe  le  parti.  Questa  opera 
posa  assai  bene  e  ha  buona  grazia  e  vivezza  nella 
testa  ;  i  panni  non  sono  crudi  e  non  sono  se  non 
bene  in  dosso  alla  figura  accomodati.  Sotto  que- 
sta nicchia  sono  in  un'  tiltra  quattro  santi  di 
marmo  ,  i  quali  furono  fatti  fare  al  med^imo 
Nanni  dall'  arte  de'  fabbri  ,  legnaiuoli ,  e  mun^- 
tori  :  e  si  dice  che  avendoli  finiti  tutti  topdi  e 
spiccati  V  uno  dall'  altro  e  murata  la  nicchia  , 
che  a  m^la  fatica  non  ve  ne  entravano  dentro  se 
non  tre ,  avendo  egli  nell'  attitudini  loro  ad  al- 
cuni aperte  le  braccia  ;  e  che  disperato  e  mal- 
contento ,  pregò  Donato  che  volesse  col  consi- 
glio suo  riparare  alla  disgrafia  e  poca  avverten- 


▼ITA  m  vàsnn  d'ant.  di  banco    41 

sa  sua  ,  e  cbe  Donato  ridendosi  del  caio,  ditae  : 
Se  tu  prometti  di  pacare  una  cena  a  me  ed  a 
tbUi  i  miei  giovani  di  nottega ,  mi  dà  il  cuore  di 
fare  entrare  i  santi  nella  nicchia  senta  fastidio 
nessuno  ;  il  che  avendo  Nanni  promesso  di  l'are 
hfin  volentieri,  Donato  lo  mando  a  pigliare  certe 
misure  a  Prato  ed  a  fare  alcuni  altri  negozi  di 
pochi  giorni .  £  cosi  essendo  JManni  partito^  Do- 
nato con  tutti  i  suoi  discepoli  e  gartoni  andato- 
sene al  lavoro 9  scantonò  a  quelle  statue  a  chi  le 
•palle  ed  a  chi  le  braccia  talmente  y  che  facendo 
luogo  r  upa  ali  altra  le  accostò  insieme >  facendo 
apparire  una  mano  sopra  le  spalle  d  una  di  loro* 
£  cosi  il  giudizio  di  Donato  avendole  unitamente 
commesse,  ricoperse  di  maniera  Terrore  di  Nan- 
ni ,  che  murate  ancora  in  quel  luogo  mostrano 
indizi  manifestissimi  di  concordia  e  di  fratellan- 
sa  ,  e  chi  non  sa  la  cosa  non  si  accorge  di  quelL' 
errore.  Nanni  trovato  nel  suo  ritomo  che  Donato 
aveva  corretto  il  tutto  e  rimediato  a  ogni  disor- 
dine,  gli  rendette  grazie  infinite,  e  a  lui  e  suoi 
creati  pa^ò  la  cena  di  buonissima  voglia  .  Sotto 
S  piedi  di  questi  quattro  santi  uelT  ornamento 
d<»  tabernacolo  è  nel  marmo  di  mezzo  rilievo 
una  storia ,  dove  uno  scultore  fa  un  fanciullo 
molto  pronto  ,  e  un  maestro  che  mura  ccn  due 
che  r aiutano,  e  queste  tutte  figurine  si  veggiono 
molto  ben  disposte  ed  attente  a  quello  che  (anno. 
Nella  faccia  di  S.  Maria  del  Fiore  è  di  mano  del 
medesimo  dalla  banda  sinistra  entrando  in  chie- 
sa per  la  porta  del  mezzo  uno  evangelista  ,  che 
secondo  que' tempie  ragionevole  figura.  Stimasi 
ancora  ,  eh*»  il  S.  Lo  che  è  intorno  al  detto  ora- 
torio d'Or  8.  Michele ,  stato  fatto  fare  dall'  arte 
de' maniscalchi ,  sia  di  mano  del  medesimo  Nan- 


4a  paete    seconda 

ni,  e  coA  il  tabernacolo  di  marmo  ;  nei  basamen- 
to d  *1  quale  è  da  basso  in  nna  storia  S.  Lo  ma- 
niscalco cbe  ferra  un  cayallo  indemoniato,  tanto 
ben  fatto ,  che  ne  meritò  Nanni  molt4  lode  ;  ma 
in  altre  opere  T avrebbe  molto  maggiore  meri- 
tata e  conseguita  ,  se  non  si  fusse  morto  ,  come 
fece ,  giovane  .  Fu  nondimeno  per  queste  poche 
oper«  tenuto  Nanni  ragionevole  scultore  ;  e  per- 
chè era  cittadino,  ottenne  molti  afficj  nella  sua 
patria  Fiorenza ,  e  perchè  in  quelli  ed  in  tutti 
gli  altri  affari  si  portò  come  giusto  uomo  e  ra* 
gionevole ,  fu  molto  amato  .  Mori  di  mal  di 
fianco  r  anno  i43o  e  di  sua  età  quarantttette  , 


VITA 

DI  LUCA  DELLA  ROBBIA 

scultohe  fiorentino. 

jS  acque  Luca  dalla  Robbia  scultore  fiorenlin© 
r  anno  i388  nelle  case  de'  suoi  antichi,  che  sono 
•otto  la  chiesa  di  S.  Barnaba  in  Fiorenza:  e  fu  in 
quelle  alleTato  costumatamente,  insino  a  che  non 
pure  leggere  e  scrivere,  ma  far  di  conto  ebbe,  se- 
condo il  costume  de'più  deTiorentini,  per  quan- 
to gli  faceva  bisogno  apparato.  £  dono  fu  dal  pa- 
dre messo  a  imparare  l'arte  deirorence  con  Leo- 
nardo di  ser  Giovanni ,  tenuto  alloi|i  in  Fiorenza 
il  miglior  maestro  che  fusse  di  queir  arte .  Sotto 
costui  adunque  avendo  imparato  Luca  a  disegna- 
re ed  a  lavorare  di  cera  ,  cresciutogli  T  animo,  si 
diede  a  fare  alcune  cose  di  marmo  e  di  bronzo  le 
quali  essendodi  riuscite  assai  bene,  furono  cagio- 
ne che  abbandonato  del  tutto  il  mestier  dell'  ore- 
fice egli  si  diede  di  maniera  alla  scultuia,  che 
mai  faceva  altro  che  tutto  il  giorno  scarpellare 
e  la  notte  disegnare.  E  ciò  fece  con  tanto  studio, 
che  mplte  volte  sentendosi  di  notte  agghiadare 
i  piedi,  per  non  partirsi  dal  disegno  si  mise  perii- 
scaldarli  a  tenerli  in  una  cesta  di  bruscioli ,  cioè 
di  quelle  piallature  che  i  legnaiuoli  levano  dal- 
l'asse quando  con  la  pialla  le  lavorano.  Ne  io  di 
ciò  mi  maraviglio  punto,  essendo  che  ninno  nuà 
divenne  in  Qualsivoglia  esercìzio  eccellente,  il 
quale  e  caldo  e  gelo  è  fame  e  sete  ed  altri  disagi 
jion  cominciasse  ancor  fanciullo  a  sopportare; 


4i  PARTE    SECONDA 

laonde  sono  coloro  d.el  tutto  ingannati,  i  quali  si 
ayyisano  di  potere  negli  agi  e  con  tutti  i  comodi 
del  mondo  ad  onorati  ^radi  pervenire  ;  non  dor- 
mendo ,  ma  vegghiimdo  e  studiando  continua-^ 
mente  s'acquista.  Aveva  a  mala  pena  quindici  an- 
ni Luca,  quando  insieme  con  altri  ffio  vani  scultori 
fu  condotto  in  A.rimini  per  Tare  alcune  figure  ed 
altri  ornamenti  di  marmo  a  Sigismondo  di  Pan- 
dotto  Maiatesti  Signore  di  quella  città ,  il  quale 
allora  nella  chiesa  di  S.  Francesco  diceva  lare 
una  cappella  y  e  per  la  moglie  sua  già  morta  una 
sepoltura .  Nella  quale  opera  diede  onorato  sag- 
gio del  saper  suo  Luca  in  alcuni  bassìrilievi  che 
ancora  vi  si  veggiono;  prima  che  fusse  dagli  ope- 
rai di  S.  Maria  del  Fiore  richiamato  a  FirenEC^do- 
Te  fece  per  lo  campanile  di  quella  chiesa  cinque 
storiette  di  marmo,  che  sono  da  quella  parte  che 
e  verso  la  chiesa ,  le  quali  mancavano  secondo  il 
disegno  di  Giotto,  accanto  a  quelle  dove  sono  le 
sciense  ed  arti,  che  già  lece,  come  si  è  detto,  An- 
drea Pisano.  Nella  pritna  Luca  fece  Donato  che  in- 
segna la  gramatica,  nella  seconda  Platone  ed  Ari- 
stotile per  la  filosofia  ,  nella  terza  uno  che  suona 
un  liuto  per  la  musica ,  nella  quarta  un  Tolo- 
meo per  l'astrologia,  e  nella  quinta  Euclide  per  la 
geometria  .  Le  quali  storie  per  la  pulitezza,  gra- 
zia e  disegno  avanzarono  d' assiti  le  due  fotte  da 
Giotto,  come  si  dis^e ,  dove  in  una  per  la  pittura 
Apelle  dipigne,  e  neir  altra  Fidia  per  la  scultura 
lavora  con  lo  scarpello.  Perlochè  i  detti  operai , 
che  oltre  ai  meriti  di  Luca  furono  a  ciò  fare  per- 
suasi da  M.  Vieri  de'  Medici  allora  gran  cittadino 
popolare,  il  quale  molto  amava  Luca,  gli  diedero 
a  fare  l'anno  i4o5  l'ornamento  di  marmo  del- 
l' organo,  che  grandissimo  faoeya  allora  far  l'ope- 


7 

VITA  m  ÌMCk  DELLA  ROBBIA  45 

f»  per  metterlo  Aopra  U  porta  della  sagirslìa  di 
detto  tempio.  Della  quale  opera  fece  Luca  nel  Imi* 
sainento  in  alcune  storie  i  cori  della  musica  che 
in  Tarj  modi  cantano;  e  yi  mise  tanto  studio  e  co- 
sì bene  gli  riuscì  quel  lavoro,  che  ancora  che  sia 
alto  da  terra  sedici  hraccia  ^  si  scorge  il  goniiare 
della  gola  di  chi  canta  y  il  battere  <klle  mani  da 
cbi  regge  la  nmsica  in  su  le  spalle  de'  minori,  ed 
in  Fomnia  diverse  maniere  di  suoni ,  canti ,  balli 
ed  altre  auoni  piacevoli  che  porge  il  diletto  della 
mu^ca  .  Sopra  il  cornicione  ]toì  Ai  questo  orna- 
mento fece  Luca  due  figur^s  di  metallo  dorate  , 
cioè  due  angeli  nudi  condotti  lyolto  pulitameutey 
siccome  è  tutta  l' opera  che  fu  tenuta  cosa  rara  : 
sebbene  Donatello  che  poi  lece  l'or n amento  deU 
r  altro  organo  che  è  dirimpetto  a  questo ,  fece  ii 
suo  con  molto  più  giudizio  e  pratica  che  non 
aveva  fatto  Luca,  <^ome  si  dirÀ  al  luogo  suo,  per 
avere  egli  queir  opera  condotta  quasi  tutta  io 
bozze  e  non  finita  pulitamente,  accioccbé  appa» 
risse  di  lontano  assai  meglio,  come  fa,  che  quella 
di  Luca  ;  la  quale  sebbene  è  fatta  con  buon  ditie- 
gno  e  diligensa,  ella  fii  nondifneno  con  la  sua  pu- 
iitezsa  e  finimento,  che  Tocobio  per  la  lon^nanza 
la  perde  e  non  la  scorge  bene ,  come  si  fa  quella 
di  Donalo  quasi  solamente  abbozzata .  Alla  quat 
cosa  dcono  molto  avere  avvertenza  gli  artenci  ^ 
perciocché  la  sperienza  fa  coj»o6oere  che  tutte  le 
cose  che  vanno  lontane,  o  siano  pitture  o  stano 
sculture  o  qualsivoglia  altra  somigliante  cosa, 
hanno  più  fierezza  e  maggior  forza  se  sono  una 
bella  bozza  che  se  sono  finite;  ed  olti^  che  la 
lontananza  fa  quest'eletto  ,  pare  anco  che  iielU 
bozze  molte  volte,  nascendo  in  un  subito  dal  fu« 
roi*e  dellaite,  si  esprima  il  suo  concetto  in  pochi 


46  PARTB    SECO^TDA 

«K>1pi  j  e  che  per  contrario  lo  stento  e  la  trappa 
diligenza  alcuna  fiata  toglie  la  forza  ed  il  sapere 
a  coloro  che  non  sanno  mai  levare  le  mani  daU 
Fopera  che  fanno.  E  chi  sa  che  l'arti  del  disegno, 
per  non  dir  la  pittura  solamente ,  sono  alla  poe<- 
sia  simili ,  sa  ancora  che,  come  le  poesie  dettate 
dal  furore  poetico  sono  le  rere  e  le  huone  e  mi- 
gliori che  le  stentate  ,  cosi  l'opere  degli  uomini 
eccellenti  nell'  arti  del  disegno  sono  migliori  , 
quando  sono  fatte  a  un  tratto.dalla  forza  di  quel 
fiirore,  che  quando  si  ranno  ghiribUtando  appo- 
co a  poco  con  iste  nt ci  e  con  fatica  ;  e  chi  ha  da 
principio,  come  si  dee  avere,  nella  idea  quello  che 
vuol  fare,  cammina  sempre  risoluto  alla  perfe- 
zione Con  molta  agCToiezza.  Tuttavia  perchè 
gringegni  non  sono  tutti  d'una  stampa,  sono  ad- 
cuni  ancora,  ma  rari,  che  non  fanno  bene  se  non 
adagio.  E  per  ticere  de'pittori,  fra  i  poeti  si  dice 
che  il  reverendissimo  e  d>ttissimo  Bembo  penò 
tilora  a  far  un  sonetto  molti  mesi  e  forse  anni , 
se  a  coloro  si  può  d'edere  che  raffermano;  il  che 
non  è  gran  Ditto  che  avvenga  alcuna  volta  ad  aU 
cuTii  uomini  delle  nostre  arti.  Ma  per  lo  pia  è  la 
reg:>la  in  contrario,  come  si  é  detto  di  sopra;  co- 
mecché il  volgo  migliore  giudichi  una  certa  deli- 
catezza esteriore  ed  apparente  ,  che  poi  manca 
nelle  cose  essenziali  ricoperte  dalla  diligenza,  che 
il  buono  fatto  con  i^figione  e  giudizio,ma  non  così' 
di  fuori  ripulito  e  lisciato.  Ma  per  tornare  a  Lu- 
ca, finita  la  detta  opera  che  piacque  molto,  gli  fu 
allogata  la  porta  di  bronzo  della  detta  sagrestia; 
nella  quale  scompartì  in  dieci  quadri,cioè  in  cinque 
per  parte,  con  fare  in  ogni  quadratura  delle  can- 
tonate neir  oiiiamento  una  testa  d'  uomo  :  ed  in 
ciascuna  testa  variò;  facendovi  gioirmi ,  vecchi  , 


TITA  DI  LUCA  DELLA  ROBBIA  4ff . 

éi  mezza  etii^  e  chi  con  la  barba-  e  chi  raso,  ed  in- 
somma in  diyersi  modi  tutti  belli  in  quel  genere^ 
onde  il  telaio  di  quell'opera  ne  restò  ornai  issi  mo. 
^elle  storie  poi  de'qua^i  fece^Nner  cominciarmi 
di  sopra,  la  Madonna  col  figliuolo  in  braccio  con 
bellissima  grazia  ,  e  nell'altro  Gesù  Ciisto  clic 
cfsce  del  sepolcro.  Disotto  a  questi  in  ciascuno  dei 
primi  quattro  quadri  è  una  figura,  cioè  un  Evan- 
gelica, e  sotto  questi  i  quattro  Dottori  della  cbie- 
sa  cbe  in  yarie  attitudini  scrivono .  £  tutto  que^ 
sto  lavoro  è  tanto  pulito  e  netto ,  cbe  è  una  ma- 
raviglia, e  fa  conoscere  cbe  molto  giovò  a  Luca 
essere  stato  orefice  .  Ma  perchè  fatto  egli  conto 
dopo  queste  opere  di  quanto  gli  fusse  venuto 
nelle  mani,  e  del  tempo  che  in  (arie  aveya  speso, 
conobbe  che  pochissimo  aveva  avanzato  e  che 
la  fatica  era  stata  grandissima  ,  si  risolvette  di 
lasciare   il  marmo  ed  il  bronzo  ,  e  vedere  se 
maggior  frutto  potesse  altronde  cavare .  Perché 
considerando  che  la  terra  si  lavorava  agevolmen- 
te e  con  poca  fatica,  e  che  mancava  solo  trovare 
un  modo,  mediante  il  quale  l'opere  che  di  quella 
si  facevano  si  potessono  lungo  tempo  conservare^ 
andò  tanto  ghiribizzando,  cbe  trovò  modo  da  di- 
fenderle dall'  ingiurie  del  tempo  :  perchè  dopo 
avere  molte  cose  esperimentato,  trovò  che  il  dar 
loro  una  coperta  d' invetiiato  addosso ,  fatto  con 
stagno,  terraghetta,  antimonio,  ed  altri  minerali 
e  misture  cotte  al  fìioco  d'una  fornace  apposta  , 
faceva  benissimo  quest'effetto  e  faceva  l'opere  di 
terra  quasi  eterne.  Del  qual  modo  di  fare  ,  come 
quello  che  ne  fu  inventore,  riportò  lode  grandis- 
sima e  glie  ne  avranno  obbligo  tutti  i  secoli  che 
Terranno.  Essendogli  dunque  riuscito  in  ciò  tutto 
quello  cbe  <fesiderava,  volle  che  le  prime  opere 


48  PARTE    SBC  O  HDA 

fossero  qaelte  che  sono  nell'  arco  che  è  sopra  la 
]>orta  di  bronzo,  che  egli  sotto  l'organo  di  S.  Ma* 
ria  del  Fioi^  aveva  fatta  per  la  sagrestia  ,  nelle 
quali  fece  una  Resurresione  di  Cristo  tanto  hella 
in  quei  tempo,  che  posta  su,  fu  come  cosa  vera- 
mente rara  ammirata.  Da  che  mossi  ideiti  ope- 
rai, voUono  che  Tarco  della  porta  deiraltim  sagrf;* 
stia  ,  dove  aveva  fatto  Donatello  V  ornamento  di 

Suell'altro  organo,  fusse  nella  medesima  maniera 
a  Luca  ripieno  di  simili  figure  ed  opere  di  terra 
cotta,  onde  Luca  vi  fece  un  Gesù  Cristo  che 
ascende  in  cielo  molto  hello.  Ora  non  bastando  a 
Luca  questa  bella  invenzione  tanto  vaga  e  tanto 
utile ,  e  massimamente  per  ì  luoghi  dorè  sono 
acque,e  dove  per  l'umido  o  altre  cagioni  non  han- 
no luogo  le  pitture,  andò  pensando  più  oltre ,  e 
dove  faceva  le  dette  opere  di  terra  semplicemen- 
te bianche,  vi  aggiunse  il  modo  di  dare  loro  il  co* 
lore  con  maraviglia  e  piacere  incredibile  d'<»gnu«- 
no.  Onde  il  magnifico  Piero  di  Cosimo  de'MdLici, 
ira  i  primi  che  facessero  lavorar  a  Luca  cose  di 
terra  colorita,  gli  fece  fare  tutta  la  volta  in  mezzo 
tondo  d'uno  scrittoio  nel  palazzo  edificato,  come 
si  dirà,  da  Cosimo  suo  padre,  con  varie  fantasie, 
ed  il  pavimento  similmente,  che^u  cosa  singola- 
re e  molto  utile  per  la  state.  Ed  é  certo*  una  ma- 
raviglia, che  essendo  la  cosa  allora  molto  difficile, 
e  bisognando  avere  molti  avvertimenti  nel  cuo- 
cei^  la  terra,  che  Luca  conducesse  quesli  lavori  a 
tanta  perfezione,  che  cosi  la  volta  come  il  pavi- 
mento paiono  non  di  molti  ma  d'un  pezzo  solo  • 
La  fama  delle  quali  opere  spargendosi  non  pui*e 
per  Italia  ma  per  tutta  l'Europa,  erano  tanti  co- 
loro che  ne  volevano ,  che  i  mercatanti  fiorentini 
facendo  continuamente  lavorare  a  Luca,  con  suo 


ynk  DI  xix:i  bzlla  i^obbia        49 

moi^ntìie  ne  mandavano  per  tutto  il  mondo . 
£  fwrché  egli  solo  non  poteva  al  tutto  supplire, 
levò  dallo  scarpello  Ottaviano  ed  Agostino  suoi 
fi'atelli,  e  li  mise  a  fiuredi  qve^i lavori;  itci  quali 
€gli  insieme  con  esso  loro  guadagnavano  molto 
più  f  che  insino  allora  con  lo  scarpello  fatto  non 
avevano:  perciocc4ii  oltre  all'opere  che  di  loro 
farono  in  Frauoia  ed  Ispagna  mandate ,  lavora- 
rono ancoi'a  molte  cose  in  Toscana ,  e  particolare 
«ente  al  detto  Piero  de'  Modici  nella  chiesa  di 
S.  Miniato  a  Monte  la  volta  della  cappella  di 
oMurmo ,  clie  posa  «opra  quattro  coionne  nel  mes- 
so deUa  chiesa,  iacendovi  un  jiartimento  di  ot- 
taogolt  bellissimo.  Ma  il  più  notabile  lavoro  che 
in  questo  genere  uaeisse  delle  mani  loro  fu  nella 
medesima  chiesa  la  volta  della  cappella  di  S.  la- 
eof>o>  dove  è  sotterrato  41  cardinale  di  Poi  togal- 
lo  ;  nelia  quale,  ^ebbene  è  sen^a  spigoli ,  lecere 
in  quattro  loodi  Bc'eantimii  quattro  Evangelisti^ 
e  uei  meftco  della  volta  in  un  tondo  lo  Spirito 
Sa  Ilio  9  riempiendo  il  resto  de*  vani  a  scaglie  che 
^ra«o  seeoodo  la  volta  e  diminuiscono  a  poco  a 
poco  Inalilo  al  c^tro,*  di  maniera  che  non  si  può 
in  quel  ^eneve  veder  meglio,  né  cosa  murata  e 
coinnsessa  con  più  diligenui  di  questa  .  Nella 
chiesa  poi  di  S.  Piero  Buonconsiglio  sotto  mer- 
cato vecchio ,  fece  io  un  archetto  sopra  la  porta 
hi  fioatra  donaa  con  alcuni  angeli  intorno  molto 
vivaci.  £  sop^a  uaa  porta  d' una  eh iesina  vicina  a 
h,  Pier  Maggiore  in  un  tneszo  tondo  un'altra 
madonna  ed  sdcuiii  angeliche  sono  tenuti  bellis- 
simi .  £  nel  capitolo  similmente  di  S.  Croce,  fatto 
dulia  iamigliade'Paazi  e  d'  ordine  di  Pippo  di 
ser  Brune llesco  ^  fece  tutti  gì' invetriati  di  ligure 
che  dentilo  e  Ì«Hi  vi  si  veggiono.  £d  in  Ispagna 


5o  PA  RTE    SECONDA 

^i  dice  che  mandò  Luca  al  re  alcune  figure  di 
tondo  rilievo  molto  belle  ^  insieme  con  alcuni 
laroii  di  marmo .  Per  Napoli  ancora  fece  in  Fio* 
renza  la  sepoltura  di  marmo  all'  Infante  fratello 
del  duca  di  Galayria  con  molti  ornamenti  d' in- 
Tetriati ,  aiutato  da  Agostino  suo  fratello . 

Dopo  le  quali  cose  cercò  Luca  di  trovare  il 
modo  di  dipignere  le  figui-e  e  le  storie  in  sul  pia- 
no di  terra  cotta  per  dar  ytta  alle  pitture,  e  ne 
fece  sperimento  in  un  tondo  che  è  sopra  il  taber- 
nacolo de 'quattro  santi  intomo  a  Or  S.  Michele, 
nel  piano  del  quale  fece  in  cinque  luoghi  gl'istm- 
meoti  ed  insegne  dell'arti  de' fabbricanti  con  or- 
namenti bellissimi.  E  due  altri  tondi  fece  nel 
medesimo  luogo  di  rilievo;  in  uno  per  l'arte  degli 
speziali  una  nostra  Donna ,  e  nell' altro  per  la 
mercatansia  un  giglio  sopra  una  balla  che  ha  in- 
torno un  festone  di  frutti  e  foglie  di  varie  sorte 
tanto  ben  fatte ,  che.  paiono  naturali  e  non  di 
terra  cotta  dipinta.  Fece  ancora  per  M.  Benozzo 
Federighi  vescovo  dì  Fiesole  nella  chiesa  di  S. 
Branca  zio  una  sepoltura  di  marmo ,  e  sopra  quel- 
la esso  Federigo  a  giacere  ritratto  di  naturade,  e 
tre  altre  mezze  figure.  E  nell'ornamento  de' pi- 
lastri di  quell'opera  dipinse  nel  piano  certi  festo- 
ni a  mazzi  di  frutti  e  foglie  si  vive  e  naturali,  che 
col  pennello  in  tavola  non  si  farebbe  altrimenti 
a  olio  :  ed  in  vero  questa  opera  è  maravigliosa  e 
rarissima ,  avendo  in  essa  Luca  fatto  i  lumi  e 
r ombre  tanto  bene,  che  non  pare  quasi  che  a 
fuoco  ciò  sia  possibile.  E  se  questo  artefice  fusse 
vivuto  più  lungamente  che  non  fece,  si  sarebbo- 
no  anco  vedute  maggior  cose  uscire  delle  sua 
mani  ;  perchè  poco  prima  che  morisse  aveva  co- 
minciato a  fare  storie  e  figure  dipinte  in  piano, 


\nk  M  urei  DELLA  ROBBIA  5l 

jkìle quali  yidi  già  io  alcnnt  pezti  in  casa  sua,  clie 
mi  fanno  credere  che  ciò  gli  sarebbe  agevolmente 
riuscito,  se  la  morte ,  che  quasi  sempre  rapisce  i 
migliori  quando  sono  per  fare  qualche  gioTa- 
mento  ai  mondo ,  non  1  ayesse  levato  prima  che 
bisogno  non  era  di  vita . 

Rimase  dopo  Luca,  Ottaviano  ed  Agostino  suoi 
fratelli;  e  d^Agostino  nacque  un  altro  Luca  che  fa 
ne' suoi  tempi  litteratissimo. Agostino  dunque  se- 
guitando dopo  Luca  l'arte,  fece  in  Perugia  Vanno 
1461  la  facciata  di  S.  Bernardino,  e  dentroyi  tre 
ftoiie  di  basso  rilieyo  e  quattro  figure  tonde  mol- 
lo ben  condotte  e  con  delicata  maniera  ;  ed  in 
questa  opera  pose  il  suo  nome  con  queste  parole } 

AUGUSTim  FLOREIITmi  LAPICIDA;. 

Della  medesima  famiglia  Andrea  nipote  di  Lu- 
ca layorò  di  marmo  benissimo,  come  si  vede  nella 
cappella  di  S.  Maria  delle  Grazie  fuor  d'Aresso, 
dove  per  la  comunità  fece  in  un  grande  ornamento 
di  marmo  molte  figurette  e  tonde  e  di  messo  ri- 
lievo; in  un  ornamento,  dico,  a  una  Vereine  di 
mano  di  Farri  di  Spinello  aretino,  il  meaesimo 
fece  di  terra  cotta  in  quella  città ,  la  tavola  della, 
cappella  di  Puccio  di  Magio  in  S.  Francesco,  e 
quella  della  Circoncisione  per  la  famiglia  de'Bac- 
ci.  Similmente  in  S.  Maria  in  Grado  è  di  sua  mano 
ana  tavola  bellissima  con  molte  figure ,  e  nella 
compagnia  della  Trinità  all'aitar  maggiore  è  di 
sua  mano  in  una  tavola  un  Dio  Padre  che  sostiene 
con  le  braccia  Cristo  crocifisso  circondato  da  una 
moltitudine  d'angeli ,  e  da  basso  S.  Donato  e  S. 
Bernardo  ginocchioni.  Similmente  nella  chiesa 
ed  in  altri  luoghi  del  sasso  della  Vernia  fece  molte 
tavole ,  che  si  sono  mantenute  in  quel  luogo  de- 
serto ,  doye  DÌuna  pittura  né  ancne  pochissimi 


52  FA&TE    SECONDA 

anni  si  sarebbe  consenrata .  Lo  stesso  Aodi^ea  la-» 
vorò  in  Fiorenza  tutte  le  figure  che  sono  nella  log- 
gia dello  spedale  di  S.  Paolo  di  terra  invetriata 
che  sono  assai  buone,  e  similmente  i  putti  che  fa- 
sciati e  nudi  sono  fra  un  arco  e  V  altro  ne' tondi 
della  loggia  dello  spedale  degl' Innocenti ,  i  quali 
tutti  sono  reramente  mirabili,  e  mostrano  la  gran 
Tirtù  ed  arte  d*  Audi*ea ,  sensa  molte  altre  ansi 
infinite  opere  che  fece  nello  spano  della  sua  TÌta, 
che  gli  durò  anni  ottantaquattro .  Mori  Andrea 
r  anno  i528^  ed  io  essendo  ancor  fanciuUoi  par- 
lando con  esso  lui ,  gli  udii  dire ,  anzi  gloriarsi , 
d'essersi  trovato  a  portar  Donato  alla  sepoltura, 
e  mi  ricordo  che  quel  buon  vecchio  di  ciò  ragio* 
nando  n'  aveva  vanagloria.  Ma  per  tornare  a^uca, 
egli  fu  con  gli  altri  suoi  seppellito  in  S.  Pier  Mag- 
giore nella  sepoltura  di  casa  loro; e  dopo  lui  nel- 
la medesima  fu  riposto  Andrea,  il  qual  lasciò  due 
figliuoli  frati  in  S.  Marco  stati  vestiti  dalrev^endo 
fra  Girolamo  Savonarola,  del  quale  furono  sempre 
quei  delia  Robbia  molto  divoti,  e  lo  ritrassero  in 

Suella  maniera  che  ancora  oggi  si  vede  nelle  me- 
aglie.  Il  medissimo  oltre  i  detti  due  frati  ebbe 
tre  altri  figliuoli,  Giovanni  che  attese  all'arte  e 
che  ebbe  tre  figliuoli ,  Marco,  Lucantonio,  e  Si- 
mone che  morirono  di  peste  Tanno  iSay  essendo 
in  buona  espettazione:  e  Luca  e  Girolamo  che 
attesone  alla  scultura .  De'  quali  due  Luca  fu 
molto  diligente  negl'invetriati,  e  fece  di  sua  ma- 
no ,  oltre  a  molte  altre  opere ,  i  pavimenti  delle 
logge  papali  che  fece  fare  in  Roma  con  ordine  di 
Raiiaello  da  Urbino  Papa  Leone  X  e  quelli  an- 
cora di  molte  camera  dove  fece  l' imprese  di  quel 
pontefice.  Girolamo  che  era  il  minore  di  tutti  at- 
tese a  lavorare  di  marmo  e  di  terra  e  di  bronzo. 


TITA  DI  iJJCk  I>Kr.LA  ROniA  Sì 

e  già  era,  per  k  coi^correiita  dì  Iacopo  Sansovi^ 
no,  Baccio  Baikihielliy  ed  altri  maestri  de'  suoi 
tempii  fattosi  Talentoomo,  quando  da  alcuni  mer- 
catanti iorentini  fu  condotto  in  Francia  ,  dove 
fece  molte  opere  per  lo  re  Francesco  a  Madri , 
luogo  non  mollo  lontano  da  Parigi,  e  particolare 
aaeiite  un  pjEilaéeo  con  molte  figure  ed  altri  orna- 
menti d'una  pietra  che  è  come  fra  noi  il  gesso  di 
Volterra ,  ma  di  miglior  natura ,  perché  e  tenera 

J Bando  si  laTora  ,  e  poi  col  tempo  diventa  dura, 
avori  ancora  dt  terra  molte  cose  in  Orliens  e 
per  tutto  quel  regno  fere  opere  ,  acquistandosi 
fama  e  bonissiine  facultà .  Dopo  queste  cose  ìn- 
*  tendendo  che  in  Fiorenza  non  era  rimaso  se  non 
Luca  suo  fratello ,  trovandosi  ricco  e  solo  al  ser- 
vigio del  re  Franceaco,  condusse  ancor  lui  in  quel- 
le parti  per  lasciarlo  in  credito  e  buono  avvia- 
mento ;  ma  il  fatto  non  andò  così  :  perchè  Luca 
in  poco  tempo  vi  si  morì ,  e  Girolamo  di  nuovo 
ffi  trovò  solo  e  senza  nessuno  de' suoi  :  perché  ri- 
•otutosi  di  tornare  a  godersi  nella  patria  le  ric- 
chezze che  si  aveva  con  fatica  e  sudore  guada- 
gnate,  ed  anco  lasciare  in  quella  qualche  memo- 
ria f  si  acconciava  a  vivere  in  Fiorenza  T  anno 
i553;  quando  fu  quasi  forzato  mutar  pensiero; 
perchè  venendo  il  Duca  Cosimo  ,  dal  quale  spe- 
rava dovere  essere  con  onor  adoperato ,  occupato 
nella  guena  di  Siena , se  ne  tornò  a  morire  in 
Francia ,  e  la  sua  casa  non  solo  rimase  chiusa  e 
la  famiglia  spenta^ma  restò  l'arte  priva  del  vero 
modo  di  lavorare  gl'invetriati  ;  perciocché  seb- 
bene dopo  loro  si  è  qualcuno  esercitato  in  quella 
joi^di  scultura,  non  è  però  nìuno  giammai  a 
gran  pezza  anivuto  all' eccellenza  di  Luca  vcjc- 
chio^ d'Andrea,  e  degli  altri  di  quella  rami({lia- 


54  PARTE    SECONDA 

Onde  se  io  mi  sono  disteso  in  questa  materia  forse 
pììk  che  non  pareva  che  bisognasse^  scusimi  ognu- 
no  9  poiché  Tayer  trovato  Luca  queste  nuove 
sculture ,  le  quali  non  ebbero,  che  si  sappia,  gli 
antichi  Romani,  richiedeva  che ,  come  ho  fatto , 
se  ne  ragionasse  a  lungo  •  £  se  dopo  la  vita  di 
Luca  vecchio  ho  succintamente  detto  alcune 
cose  de' suoi  descende. nti  che  sono  stati  insino 
aggiorni  nostri,  ho  cosi  fatto  per  non  avere  altra 
volta  a  rientrare  in  questa  materia.  Luca  dunque 
passando  da  un  lavoro  ad  un  altro,  e  dai  marmo 
al  bronzo  e  dal  bronzo  alla  terra ,  ciò  fece  non 
per  infingardaggine,  né  per  essere,  come  molti 
sono,  fantastico,  instabile,  e  non  contento  del-* 
l' arte  sua,  ma  perché  si  sentiva  dalla  natura  ti- 
rato a  cose  nuove,  e  dal  bisogno  a  uno  esercizio 
secondo  il  gusto  suo  e  di  manco  fatica  e  più 
guadagno .  Onde  ne  venne  arricchito  il  monoo  e 
Farti  del  diseguo  d' un'arte  nuova,  utile,  e  bel- 
lissima ,  ed  egli  di  gloria  e  lode  immortale  e  per- 
petua .  Ebbe  Luca  Douissimo  disegno  e  grazioso, 
come  si  può  vedere  in  alcune  carte  del  nostro  li- 
bro lumeggiate  di  biacca  ,  in  una  delle  quali  è 
il  suo  ritratto  fatto  da  lui  stesso  con  molta  dili- 
genza ,  guardandosi  in  una  spera  • 


\ 


VITA 
DI     PAOLO     UCCELLO 

PITTORE  FIOlUCllTmO» 


Jr  aolo  Uccello  sarebbe  stato  il  più  leggiadro  e 
capriccioso  inffegno  cbe  avesse  aTiito  da  Giotto 
ìoqnè  r  arte  della  pittura  ,  fé  egli  si  fuf«e  affa- 
ticato tanto  nelle  figure  ed  animali,  quanto  egli 
si  affaticò  e  perse  trtnpo  nelle  cose  di  prospetti-» 
Ta  ,  le  quali  ancorcbe  sieno  ingegnose  e  belle  y 
cbi  le  segue  trcjpo  fuor  di  misura  getta  il  tem* 
pò  dietro  al  tempo  ,  affatica  la  natura  ,  e  Tinge-^ 
gno  empie  di  difficultà  ,  e  bene  spesso  di  fertile 
e  facile  lo  fa  tornar  sterile  e  difficile  ,  e  se  ne 
cava  (  da  cbi  piA  attende  a  lei  cbe  alle  figure  ) 
la  maniera  secca  e  piena  di  profili , il  cbe  genera 
il  Toler  troppo  minutamente  tritar  le  cose  :  oltre 
ebe  bene  spesso  si  dm  nta  solitario ,  strano ,  ma- 
linconico,  e  povero,  come  Paolo  Uccello,  il 
quale  dotato  dalla  natura  d' un  ingc  gno  scfiftico 
e  sottile  ,  ncn  ebbe  altre  diletto  ,  cbe  d' invffti-P 
gare  alcune  cose  di  prosy  ettÌTa  dilBcili  ed  im- 
possibili ;  le  quali  ancorcbe  capricciose  (usuro 
e  belle ,  V  impedirono  nonrlimono  tanto  nelle  fi- 
gure, cbe  poi  inveccbiando  sempre  le  fece  peg- 
gio. E  non  è  dubbio  cbe  cbi  cun  gli  studi  troppo 
terribili  violenta  la  natura,  sebbf  ne  da  un  canto 
egli  assottiglia  V  ingegno  ,  tutto  quel  cbe  fa 
non  par  mai  fntto  con  quella  facilità  e  grazia  , 
cbe  naturalmente  fanno  coloro  cbe  temperata- 
mente con  una  considerata  intelligenza  piena  di 


56  FARTE    SECO. X  DA 

giudizio  mettono  i  colpi  aluoghi  loro,  fuggenda 
certe  sottilità  che  più  presto  recafto  addosso 
air  opere  un  non  so  che  di  stento  ,  di  secco  ,  di 
difiicile)  e  di  cattiva  maniera  che  muove  a  com- 
passione clii  le  guarda  ,  piuttosto  che  a  maravi- 
glia ;  attesoché  i'^ingegno  vuol  essere  affaticato, 
quando  V  intelletto  ha  voglia  di  operare  e  che  1 
furore  é  acceso  ;  percliè  allora  si  vede  uscirne 
parti  eccellenti  e  divini ,  q  concetti  maraviglioai. 
Paolo  dunque  andò  senza  intermettere  mai  tem- 
po alcuno  dietro  sempre  alle  cose  deli'  arte  più 
difficili ,  tanto  che  ridusse  a. perfezione  il  modo 
di  tirare  le  prospettive  dalle  piante  de'casamenti 
e  da*  profili  degli  edilizj  ,  condotti  insino  alle 
cime  delle  cornici  e  de'  tetti  y  per  via  dell'  inter- 
secare le  linee  9  facendo  eh'  elle  scortasstno  e 
diminui^ino  al  centro,  per  avere  prima  fermato 
o  alto  o  basso  dove  voleva  .la  veduta  dell'occhio; 
e  tanto  insomma  si  adoperò  in  queste  difficultà., 
che  introdusse  via  ,  modo,  e  regola  di  mettere 
le  figure  in  su'  piani  dove  elle  posano  i  piedi ,  e 
di  tiiauo  iu  mano  dove  elle  scoilassino  ,  e  dimi- 
nuendo a  proporzione  sfuggissino  ;  il  che  prima 
si  andava  facendo  a  caso  .  Trovò  similmente  il 
modo  di  girare  le  crociere  e  gli  archi  delle  volte, 
lo  scortare  dc'palchi  con  gli  sfondati  delle  travi, 
le  colonne  tonde  per  far  in  un  canto  vivo  del 
muro  d' una  casa  eoe  nel  canto  si  ripieghino  ,  t 
tirate  in  prui^ petti  va  rompano  il  canto  ,  e  lo  fac- 
cia per  il  piano  ;  per  le  quali  considerazioni  si 
ridusse  a  starsi  solo  e  quasi  salvatico  senza  molte 
pratiche  le  settimane  ed  i  mesi  in  casa  ,  senza 
lasciarsi  vedere  .  Ed  avvensachè  queste  fussino 
cose  difficili  e  belle ,  s'egli  avesse  speso  quel 
tempo  nello  studio  delle  figure  ,  ancorché  le,  fa- 


VITA  M  MOLO  VCCVU.Ò  5f 

I  con  assai  buon  disegno,  l'avrebbe  condotte 
dei  tutto  perfettifisime  ;  ma  conduuiuiido  ìi  tnii- 
po  in  questi  ghiribizu,  si  trovò  mentre  clic  vis- 
se più  povero  che  (amoso .  Onde  Donatello 
scurtore  suo  amicissimo  gli  disse  molte  volte  ^ 
mostrandogli  Paolo  mazzoccbi  a  punte  e  a  quadri 
tirati  in  prospettiva  per  diverge  vedute,  e  palle  a 
aettaiiiadue  facce  a  punte  di  diamanti,  e  in  ogni 
faccia  brucici]  avvolti  cu  per  li  bastoni  e  altre 
bizzarrie  ,  in  che  apendeva  e  consumava  il  tem- 
po :  Eh  Paolo ,  questa  tua  prospettiva  ti  fa  la- 
sciare il  certo  per  V  incerto:  queste  hono  cose 
che  non  servono  se  non  a  questi  che  fanno  le 
tarsie  ;perbiocchè' empiono  i  fregi  di  biiicioli , 
di  chiocciole  tonde  e  quadre,  e  d' altie  cose  si- 
mili .  Le  pitture  prime  di  Paolo  furono  in  fresco 
in  una  nicchia  bislunga  tirata  in  prospettiva 
nello  spedale  di  Lelmo,cioè  un  S.  Antonio  Abate 
e  S.  Cosimo  e  Damiano  che  lo  mettono  in  jwez- 
zo.  In  Annalena  monastero  di  donne  fece  due 
figure;  e  in  S. Trinità  sopra  alla  porta  sinistra 
dentro  alla  chiesa  %  in  fresco  storie  di  S.  France- 
sco, cioè  il  ricevere  delle  stimate  ,  il  riparare 
•Ha  chiesa  reggendola  con  le  spalle  ,  e  lo  abboc- 
carsi con  S.  Domenico.  Lavoro  ancora  in  S.  Ma- 
ria Maggiore  in  una  cappella  allato  alla  porta  del 
fianco  che  va  a  S.  Giovanni  dove  è  la  tavola  e 
predella  di  Masaccio  una  Nunziata  in  fresco  , 
nella  qual  fece  un  casamento  degno  di  conside- 
razione ,  e  cosa  nuova  e  difficile  in  quei  tempi  , 
per  essere  stata  la  prima  che  si  mostrasFe  con 
bella  maniera  agli  artefici ,  e  con  grazia  e  pro- 
porzione mostrando  il  modo  dì  fare  sfuggire  le 
linee,  e  fare  che  in  un  piano  lo  spazio  che  è  poco 
e  piccolo  acquisti  tanto  ;  che  paia  assai  lontano 


58  PARTE    SECONDA 

e  largo  y  e  coloro  che  con  giud^ìo  sanno  a  qvte^ 
sto  con  grazia  aggiugnere  l'ombre  a*8u>i  luoghi 
ed  i  lumi  con  colori ,  fanno  senza  dubbio  cne 
l'occhio  s' insanna  ,  che  pare  che  la  pittura  sia 
TÌTa  e  di  riliero .  E  non  2j;li  bastand)  questo  , 
Tolle  anco  mostrare  maggiore  difficultà  in  alcune 
colonne  che  scortano  per  Tia  di  prospettiva  y  le 
quali  ripiegandosi  rompono  il  canto  vivo  della 
volta'  d  3Ve  sono  i  quattro  Evangelisti ,  la  qual 
cosa  fu  tenuta  bella  e  difficile  ;  ed  in  vero  Paolo 
in  quella  professione  fu  ingegnoso  e  valente  • 
Lavorò  anco  in  S.Miniato  fuor  di  Fiorenza  in  un 
chiostro  di  verdeterra  ed  in  parte  colorito  le  vite 
de'  santi  Padri  ,  nelle  quali  non  osservò  molto 
r  unione  di  fare  d'un  solo  colore  9  come  si  deono 
le  storie  ;  perchè  fece  i  campi  azzurri ,  le  città  di 
color  rosso  ,  e  gli  edificj  variati  secondo  che  sii 
parve  ;  ed  in  questo  mancò  ,  perchè  le  cose  cne 
si  fingono  di  pietra  non  possono  e  non  deono  es-> 
aere  tinte  d*  altro  colore.  Dicesi  che  mentre  Pao- 
lo lavorava  questa  opera,  un  abate  che  era  allora 
in  quel  luogo,  gli  faceva  mangiar  quasi  non  altro 
che  formaggio.  Perchè  essend  )gli  venuto  a  noia, 
deliberò  Paolo,  come  timido  ch'egli  ei'a ,  di  non 
vi  andare  piò  a  lavorare  ;  onde  facendolo  cercar 
l'abate ,  quando  sentiva  d'>mandarsi  da'  frati  non 
voleva  mai  essere  in  casa  ;  e  se  per  avventura 
alcune  coppie  di  quell'ordine  scontrava  per  Fio- 
renza ,  si  dava  a  correre  quanto  piò  poteva  da 
essi  fuggendo .  Per  il  che  due  di  loro  piò  curiosi 
e  di  lui  piò  giovani  lo  raggiunseri  un  giorno,  e 
gli  domandarono  per  qual  cagione  egli  non  tor* 
nasse  a  finir  V  opera  cominciata  ,  e  perchè  veg- 
gcndo  frati  si  fuggisse  ?  Rispose  Paolo  :  Voi  mi 
avete  rovinato  in  modo  ^  che  non  solo  fuggo  da 


yiTk  DI  PAOLO  UCCELLO  5$ 

T0Ì9  ma  non  posso  anco  praticare  né  passare  do* 
Te  siano  legnaiuoli ,  e  di  tutto  è  stato  causa  la 
poca  discrezione  dell'  abate  vostro ,  il  quale  fra 
torte  e  minef>tre  fatte  sempre  con  caci'»  ini  ha 
messo  in  corpo  tanto  ibrmaggio^clie  io  ho  paura, 
essendo  già  tutto  cacio ,  di  non  esser  messo  in 
opera  per  mastrice  ;  e  se  più  oltre  continuassi , 
non  sarei  più  forse  Paolo  ,  ma  cacio.  I  frati  par- 
titi da  lui  con  risa  grandissime  dissero  ogni  cosa 
all'  abate ,  il  quale  fattolo  tornare  al  lavoro  ,  gli 
ordinò  altra  vita  che   di  formaggio  .  Dopo  di- 

Jinse  nel  Carmine  nella  cappella  di  S.  Girolamo 
e'  Pugliesi  il  dossale  di  S.  Cosimo  e  Damiano . 
In  casa  de*  Medici  dipinse  in  tela  a  tempera  al- 
cane  storie  di  animali ,  de' quali  sempre  si  dilet- 
tò,  e  per  farli  bene  vi  mise  grandissimo  studio  ; 
e  cbe  è  più  j  tenne  sempre  per  casa  dipinti  uc- 
celli y  gatti  y  e  cani,  e  ci' ogni  sorta  di  animali 
strani  che  potette  aver  in  disegno,  non  potendo 
tenerne  de  vivi  per  esser  povero  ;  e  perchè  si 
dilettò  più  degli  uccelli  che  d'altro,  fu  cognomi- 
nato Paolo  Uccelli .  £  in  detta  casa  fra.  V  altre 
storie  d' animali  fece  alcuni  leoni  che  combat- 
tevano fra  loro,  con  movenze  e  fierezze  tanto 
terribili  che  parevano  vivi .  Ma  coe^a  rara  era 
fra  l'altre  una  storia ,  dove  un  serpente  combat- 
tendo con  un  leone  mostrava  con  movimento 
gagliardo  la  sua  6erezza  ed  il  veleno  che  gli 
schizzava  per  bocca  e  per  gli  occhi ,  méntre  una 
contadinella  eh 'è  presente  gu^'rda  un  bue  fatto 
in  iscor^o  bellissimo ,  del  quale  i^'è  il  disegno 
proprio  di  mano  di  Paolo  nel  nostro  libro  de'  di- 
segni ;  e  similmente  della  villanella  tutta  piena 
di  paura  ed  in  atto  di  correre  ,  fuggendo  dinanzi 
9.  quegli  animali.  Sono  vi  similmente  certi  pastori 


6»  PARTE     SEC  ONDA 

molto  naturali ,  ed  un  paese  che  fu  tenuto  coaa 
molto  bella  nel  suo  tempo,  e  nell*  altre  tele  fece 
alcune  mostre  d'  uomini  d' arme  a  carallo  di 
que'  tempi  con  assai  ritratti  di  naturale .  Gli  fa 
tatto  poi  allogagi.'me  nel  chiostro  di  8.  Maria 
Novella  d  alcune  storie:  le  prime  delle  quali  so- 
no quandi)  s*  entra  di  chiesa  nel  chiostro  :  la 
creazion  degli  animali  con  rario  e  infinito  nu- 
mero d'  acquatici  ,  terrestri,  e  rotatili.  £  perchè 
era  capricciosissimo  e,  come  si  è  detto  ,  si  dilet^ 
tava  grandemente  di  far  bene  gli  animali  ^  mo* 
strò  in  certi  leoni  che  si  rogliono  mordere  quan- 
to sia  di  superbo  in  quelli  ,  ed  in  alcuni  cervi  e 
daini  la  velocità  ed  il  timoi^  ;  oltre  che  sono  gli 
uccelli  ed  i  pesci  con  le  penne  e  squamme  vivis^ 
simi  ;  fecevi  la  creazione  dell'uomo  e  della  fem*< 
mina  ,  ed  il  peccar  loro  con  bella  maniera  ,  af- 
faticata e  ben  condotta  .  Ed  in  questa  opera  si 
dilettò  far  gli  alberi  di  colore  ,  i  quali  allora 
non  era  costume  di  f^r  molto  bene:  cosi  ne'  paesi 
egli  fu  il  primo  che  si  guadagnasse  nome  fra  i  vec- 
chi di  lavorare  e  quelli  ben  condurre  a  più  per- 
fezione y  che  non  avevano  fatto  gli  altri  pittori 
innanzi  a  lui  ;  sebbene  di  poi  è  venuto  chi  gli  ha 
fatti  più  perfetti  :  perché  con  tanta  fatica  non 
potè  mai  aar  loro  quella  morbidezza  né  quella 
unione  che  è  stata  data  loro  a'  tempi  nostri  nel 
colorirli  a  olio  .  Ma  fu  ben  assai  che  Pàolo  coti 
r  ordine  della  prospettiva  gli  andò  diminuendo 
e  ntraendo  ,  come  stanno  quivi  appuntò  ,  facen- 
dovi tutto  quel  che  vedeva  ,  cioè  campi ,  arati, 
fossa  ti, ed  altre  minuzie  dellanatura  cbeihqaella 
sua  maniera  secca  e  tagliente  ;  laddove  se  egli 
avesse  scelto  il  buono  delle  cose  ,  e  messo  in 
opera  quelle  parti  appunto  che  tornano  beat  i^ 


VITA  DI  PAOLO  CCCETJ.O  G» 

piUtt)*a  y  «irebboiio  «tati  del  tutto  perfettis^tInì• 
Finito  eh'  ebbe  questo  ,  lavorò  nel  medesimo 
ehiostro  sotto  due  storie  dì  mano  d'altri  ,  e  più 
basao  feee  il  diluvio  con  V  arca  di  Noe  ,  ed  in 
essa  con  tanta  felica  e  con  tant'arte  e  diligensa 
lavorò  i  morti ,  la  tem pesta ,  il  furore  de'  venti  y 
i  lampi  delle  saette,  il  troncar  degli  alberi  y  e  la 
paura  degli  uomini  ,  cbe  piik  non  si  può  dire.  Ed 
in  iscorio  fece  in  prospettiva  un  morto  al  quale 
un  corbo  gli  cava  gli  occhi ,  ed  un  putto  anne* 
gato  y  che  per  aver  il  corpo  pieno  d' acqua  fa  di 
quello  un  arco  grandissimo.  Dimostrovvi  ancora 
varj  affetti  umani  j  come  il  poco  timore  de  IT  ac- 
qua in  due  cbe  a  cavallo  combattono ,  e  V  estre-> 
ma  paura  del  morire  in  una  femmina  e  in  un 
maschio  che  sono  a  cavallo  in  su  una  bufola  ,  la 

rie  per  le  parti  di  dietro  empiendosi  d'  acqua  y 
disperare  in  tutto  coloro  di  poter  salvarsi  : 
opera  tutta  di  tanta  bontà  eA  ecoel lenza ,  che  gli 
acquistò  gi*andissima  fama .  Diminuì  le  figure 
ancora  per  via  di  linee  in  prospettiva  ,  e  fece 
maEzocchi  ed  altre  cose  in  taT  opera  certo  bel- 
lissime .  Sotto  questa  storia  dipinse  ancora  Tine- 
briazione  di  Noe  col  dif^pregio  di  Cam  suo  figliuo- 
lo ,  nei  quale  ritrasse  Dello  pittore  e  scultore 
fiorentino  suo  amico ,  e  ^em  e  lafet  altri  suoi  fi- 
gliuoli che  lo  ricuoprc  no ,  mostrando  espo  le  sue 
vergogne .  Fece  quivi  parimente  in  prospettiva 
una  botte  cbe  gira  per  ogni  lato ,  cosa  tenuta 
molto  bella  ;  e  cosi  una  pergola  piena  d'  uva  ,  i 
cui  legllamidi  piane  squadrate  vanno  diminuen- 
do al  punto  ;  ma  ingannossi ,  perchè  il  dimi- 
nuire del  piano  di  sotto  ,  dove  posano  i  piedi 
le  figure^  va  con  le  linee  della  pergola,  e  la  bot- 
te non  va  con  le  medesime  linee  che  sfuggono  ; 


62  PARTE    SECONDA. 

onde  mi  sono  marayìgUato  assai ,  che  ubo  tanto^ 
accurato  e  diligente  facesse  un  errore  cosi  nota<* 
bile  .  Feceyi  anco  il  sacrifizio  con  V  arca  aperta 
tirata  in  prospettiva  con  gli  ordini  delle  stanghe 
neir  altezza  partita  per  ordine  y  dove  gli  uccelli 
stavano  accomodati ,  i  quali  si  veggono  uscir 
fuora  volando  in  iscoilo  di  più  ragioni  j  e  nell'  a- 
na  si  vede  Dio  Padre  che  appare  sopra  al  sagri- 
fìzio  che  fa  Noè  con  i  figliuoli;  e  questa  di  quante 
figure  fece  Paolo  in  questa  opera  è  la  più  diffi- 
cile; perchè  vola  col  capo  in  scorto  verso  il  mu- 
ro ,  ed  ha  tanta  forza  ,  cne  pare  che  il  rilievo  di 
quella  figura  lo  buchi  e  lo  sfondi .  Ed  oltre  ciò 
ha  quivi  Noè  attorno  molti  diversi  ed  infiniti 
animali  bellissimi  .  In  somma  diede  a  tutta  que- 
sta opera  morbidezza  e  grazia  tanta  ,  che  eli' è 
senza  comparazione  superiore  e  misliore  di  tutte 
r  altre  sue ,  onde  fu  non  pure  allora  ,  ma  oggi 
grandemente  lodata .  Fece  in  S.  Maria  del  Fioi'e 
per  la  memoria  di  Giovanni  Acuto  inglese  capi* 
tano  de'  Fiorentini,  che  era  morto  V  anno  1893  , 
un  cavallo  di  terra  verde  tenuto  bellissimo  e  di 
grandezza  straordinaria  ,  e  sopra  quello  V  im- 
magine di  esso  capitano  di  chiaroscuro  di  color 
di  verde  terra,  in  un  quadro  aito  braccia  dieci 
nel  mezzo  d*  una  facciata  della  chiesa,  dove  tirò 
Paolo  in  prospettiva  una  gran  cassa  da  morti  , 
fingendo  ch^  '1  corpo  vi  fusse  dentro  ;  e  sopra  vi 
pose  r  immagine  di  lui  armato  da  capitano  a 
cavallo .  La  quale  opera  fu  tenuta ,  ed  è  ancora 
cosa  bellissima  per  pittura  di  quella  sorta  ;  e  se 
Paolo  non  avesse  fatto  che  quel  cavallo  muovo 
le  gambe  da  una  banda  sola  ,  il  che  naturalmen- 
te I  cavalli  non  fanno ,  perclìè  cascherebbono 
(  il  che  foi^e  gli  avvenne,  perchè  non  era  avvezzo 


VITA  DI  PAOLO  UCCELLO  63 

a  caTalcare  ,  ne  pratici  con   caTallì  y  come  con 
gli  altri  animali  )  y  sarebbe  questa  opera  perfet- 
tissima  ;  perché  la  prospettiva   di  quel  cavallo 
che  è  grandissimo;  è  molto  bella;  enei  basamen- 
to vi  sono  queste  lettere  :  PAULl  urcEixi  OPUS  . 
Fece  nel  medepimo  tempo  e  nella  medesima  eli  io- 
sa di  colorito  la  sfera  dell'  ore  sopra  alla  porta 
principale  dentro   la  cbiesa  ,  con  quattro  teste 
ne' canti   colorite  in  fresco  .  Lavorò  anco  di  co- 
lore di  verde  terra  la  loggia  che  e  volta  a  ponente 
sopra  r  orto  del  nionasterio  diagli  Angeli  y  cioè 
sotto  ciascun'  arco  una  stòria  de'  fatti  di  S.  Be- 
nedetto Abate,edellepiù  notabili  cose  della  sua 
vita  insino  alla  morte  ;  dove  fra  molti  tratti  che 
vi  sono  bellissimi ,  ve  n'ha  uno  dove  un  mona- 
stei'io  per  opera  del  demonio   rovina  ,  e  sotto  i 
sassi  e  legni  rimane  un  frate  moi*to.  ^è  è  manco 
notabile  la  paura  d*un  altro   monaco  ,  che  fug- 
gendo ha  i  panni  che  girando  intomo  all'ignudo, 
svolazzano  con  bellissima  grazia  ;  nel  che  destò 
in  modo  l'animo  agli  artefici ,  che  eglino  hanno 
poi  seguitato  sempre  questa  maniera  .  E'  bellis-» 
sima  ancora  la  fie^ra  eli  S«  Benedetto  ,  dove  egli 
con   giiivitik   e  aevozione  nel  cospetto  de'  suoi 
monaci  risuscita   il  frate  morto .  Finalmente  in 
tutte  quelle  storie  sono  tratti  da  essere  conside- 
rati ,  e  massimamente  in  certi  luoghi  y  dove  sono 
tirati  in  prof^pettiva  in  fino  agii  embrici  e  tegoli 
del  tetto  .E  nella  morte  di  8.  Benedetto,  mentre 
i  suoi  monaci  gli  fanno  1'  esequie  e  lo  piangono, 
sono  alcuni  infermi  e  decrepiti  a  vederlo  molto 
beili .    E'  da  considerare  ancora  che  fra  molti 
amorevoli  e  divoti  di  quel  santo  vi  è  un  monaco 
vecchio  c9ki  due  grucce  sotto  le  braccia  y  nel 
quale  si  vede  un  affetto  mirabile  ;  e  forse  spe* 


i>4  PARTE    SECOITDA 

ratiKu  di  riaver  La  sanità  .  In  questa  opera  nott 
»on(>  pacM  ili  colore  né  molti  casamenti  o  pro^ 
spettile  difficili ,  ma  sì  bene  gr<in  disegno  e  del 
buono  assai .  In  molte  case  di  Firenze  sono  assai 
quadri  in  prospettiva  per  vani  di  tettucci ,  letti  , 
ed  altre  cose ,  piccoli  di  mano  del  medesimo;  ed 
in  Gualfonda  paiticolarmente  nell*  orto  ,  che  era 
de'  Bartolini  e  in  un  terrazzo,  di  sua  mano  quat- 
tro storie  in  legname  piene  di  guerre,  cioè  cavalli 
e  uomini  armati  con  portature  di  que'  tempi 
bellissime  ;  e  fra  gli  uomini  è  ritratto  Fao lo  Or- 
sino y  Ottobuono  da  Parma  ,  Luca  da  Canale  ,  e 
Carlo  Malatesti  Signor  di  Ri  mini  y  tutti  capitani 
generali  di  quei  tempi  .  E  i  detti  quadri  furono 
a'  nostri  tempi ,  perché  erano  guasti  ed  avevano 
patito  ,  fatti  racconciai'e  da  Giuliano  Bugiardini, 
che  piuttosto  ha  loro  nociuto  che  giovato  .  Fu 
condotto  Paolo  da  Donato  a  Padova  ,  quando  vi 
lavorò  >  e  vi  dipinse  nell*  entrata  della  casa  d^t* 
Vitali  di  verde  teira  alcuni  giganti  che  ,  secondo 
ho  trovato  in  una  lettera  latina  che  scrive  Giro- 
lamo Campagnolo  a  M.  Leonico  Tomeo  filosofo, 
sono  tanto  belli,  che  Andrea  Mantegnane  fiìceva 
grandissimo  conto  •  Lavorò  Paolo  in  fresco  la 
volta  de'  Peruzzi  a  triangoli  in  prospettiva  ,  ed 
in  su  i  cantoni  dipinse  nelle  quadratui*e  i  quat- 
tro elementi  >  ed  a  ciascuno  lece  un  animale  a 
proposito  :  alla  teiTa  una  talpa  ,  all'acqua  un 
pesce  ,  al  fuoco  la  salamandra  ,  ed  all'  aria  il  ca- 
maleonte che  ne  vive  e  piglia  ogni  colore  .  £ 
perché  non  ne  aveva  mai  veduti ,  fece  un  cam- 
mello che  apre  la  bocca  ed  inghiottisce  aria  , 
empiendosene  il  ventre  :  simplicita  certo  grai»- 
dissima  ,  alludendo  per  lo  nome  del^ammelloa 
un  animale  che  è  simile  a  un  ramarro  secco  e 


TIT4  DI  FAOLO  UCCVLLO  65 

«le«oH>9  eòi  ftreitna  bestiaccia  disadatta  e  gran^ 
dc^.  Orandì  (iirtoiio  Teramente  le  faiicfae  di  Paolo 
nellli'pittuni ,  avendo  diaecnato  tanto^cbe  lasciò 
tf  stioi  parenti ,  secondo  che  da  loro  medesimi 
bo  ritratto  ,  le  casse  piene  di  disegni .  Ma  sel>. 
liiien«  il  disegnare  è  assai  y  meglio'é  nondimeno 
DEt(*tteite  in  opei^  poiché  hanno  maggior  Tita 
r  opcflN!  che  le  carte  disegnate .  E  sebbene  nel 
iMMtro'libTo  de*  disegni  sono  assai  cose  di  figare, 
di  proapHiire ,  d'uccelli ,  e  d'  animali  belli  a 
maraviglia  ,  di  tutti  è  migliore  un  maxcoccbio 
tirato  con  linee  sole  tanto  bello  y  che  altro  ch« 
lapRciensa  di  Fbi^Io  non  T  avrebbe  condotto  . 
Amò  Paulo,  sebbene  era  persona  stratta,  la  virtù 
degli  artefici  suoi  ;  e  percnè  ne  rimanesse  ai  po- 
steri memoria  ,  ritrbsse  di  sua  mano  in  una  ta- 
^a  lunga  cinque  uomini  segnalati ,  e  la  teneva 
ì«  easa  per  meincria  loro:  V  uno  era  Giotto  pit- 
tore ,  per  il  lume  e  vrincipio  dell'arte  ;  Filippo 
4K  serBiiinnelleschi  il  s€^condo  per  l'architettura; 
Donatello  per  la  scultura  ;  e  se  stesso  per  la 
prospettiva  ed  ammali  ;  e  per  la  mattematlca 
Giovanni  Manetti  suo  amico,  col  quale  conferiva 
assai  e  ragionava  delle  cose  di  Euclide  .  Dicesi 
lAie  essendogli  dato  a  fare  sopra  la  porta  di  S. 
Tofnmaso  in  mercato  vecchio  lo  stesso  santo  , 
che  a  Cristo  cerca  la  piaga  ,  che  egli  mise  in 
qtH^ir  opera  tutto  lo  studio  che  seppe  ,  dicendo 
che  voleva  mostrar  in  quella  quanto  val^a  e 
sapeva  ;  e  così  fece  fare  una  serrata  di  tavo- 
le, acciò  nessuno  potesse  vedere  l'opera  sua 
se  non  quando  fusse  finita .  Perchè  scontrandolo 
un  giorno  Donato  tutto  solo  ,  gli  disse  :  £  che 
opera  sia  questa  tua  ,  che  cosi  serrata  la  ti('ni  ? 
Al  qual  rispondendo  Paolo  disse  :  Tu  vedrai ,  t 
Voi.  IL  5 


tì6  P ARTK    SCCON  DA 

basta .  Non  lo  volle  astringer  Donato  a  dir  pia 
oltre,  pensando,  come  era  solito  ,  vedere  ,  quan- 
do fosse  tempo ,  qualche  miracolo  .  Trovandosi 
poi  una  mattina  Donato  per  comperar  irutte  in 
mercato  vecchio  ,  vide  Paolo  che  scopriva  1'  o- 
pera  sua  ;  perchè  salutandolo  cortesemente  fa 
dimandato  da  esso  Paolo  ,  che  coriosamente  de- 
siderava udirne  il  giudizio  suo  ,  quello  che  eli 
paresse  di  quella  pittura .  Donato,  guardato  cne 
ebbe  1*  opera  ben  bene ,  disse  :  Eh  Paolo,  ora 
che  sarebbe  tempo  di  coprire  ,  e  tu  scuopri .  Al- 
lora contristandosi  Paolo  grandemente  ,  si  senti 
avere  di  quella  sua  ultima  fatica  molto  più  bia- 
simo ,  che  non  aspettava  di  averne  lode  ;  e  non 
avendo  ardire ,  come  avvilito,  d' uscir  più  fuora, 
si  rinchiuse  in  casa ,  attendendo  alla  prospetti- 
va ,  che  sempre  lo  tenne  povero  ed  intenenrato 
ìosino  alla  morte  .E  cosi  divenuto  vecchissimo, 
e  poca  contentezza  avendo  nella  sua  vecchiaia  , 
si  morì  r  anno  ottantatreesimo  della  sua  vita  nel 
1432,  e  fu  sepolto  in  S.  Maria  Novella. 

Lasciò  di  se  una  figliuola  che  sapeva  disegna- 
re,  e  la  moglie  ,  la  qual  soleva  dire  che  tutta  la 
notte  Paolo  stava  nello  scrittoio  per  trovar  i  ter- 
'  mini  della  prospettiva  ,  e  che  quando  ella  lo 
chiamava  a  dormire  ,  egli  le  dieeva  :  Oh  che 
dolce  cosà  è  questa  prospettiva!  Ed  in  vero  s'ella 
fu  dolce  a  lui ,  ella  non  fu  anco  se  non  cara  ed 
utili  per  opera  sua  a  coloro  che  in  quella  sk  sono 
dopo  lui  esercitati . 


■'■'V:  ir.it  '^iv-i 


VITA 
DI    LORENZO     GHIBERTI 

PITTOR   FIORENTINO. 

Xl  on  è  dubbio  y  cbe  in  tutte  le  città  coloro  che 
con  qualche  TÌrtù  vengono  in  qualche  fama  fra 
gli  uomini,  non  siano  il  più  delle  volte  un  santis* 
Simo  lume  d'esempio  a  molti  che  dopo  lor  nasco- 
no ed  in  quella  medesima  età  vivono,  oltra  le  lòdi 
infinite  e  lo  straordinaria  premio  eh'  essi  viven- 
do ne  riportano.  JNé  è  cosa  che  più  desti  gli  ani- 
mi delle  genti  e  faccia  parere  loro  men  faticosa 
la  disciplina  degli  studi,  che  V  onore  e  1'  utilità 
che  si  cava  poi  dal  sudore  delle  virtù;  percioc- 
ché elle  rendono  facile  a  ciascheduno  ogni  im- 
presa  difficile,  e  con  maggiore  impeto   fanno 
accrescere  la  virtù  loro,  quundo  con  le  lode  del 
mondo  s' inalzano.  Perche  infiniti  che  ciò  sento- 
no e  veggono  sì  mettono  alle  fatiche,  pervenire 
in  grado  di  meritare  quello  che  veggono  aver 
meritato  un  suo  compat riotta,  e  per  questo  anti- 
camente o  si  premiavano  con  ricchezze  i  virtuo- 
si, o  si  onoravano  con  trionfi  ed  immagini.  Ma 
perchè  rade  volte  è  che  la  virtù  non  sia  perse- 
guitata dair  invidia,  bisogna  ingegnarsi,  quanto 
si  può  il  più,  eh'  ella  sia  da  una  estrema  .eccel- 
lenza superata,  o  almeno  fatta  gagliarda  e  forte 
a  sostenere  gì'  impeti  di  quella,  come  ben  sep- 
pe e  per  meriti  e  per  soitc  Lorenzo  di  Cione  Gm- 
ncrti,  altrimenti  di  Bartoluccio,  il  quale  meritò 
da  Donato  scultore  e  Filippo  Brunellesvhi  ar-^ 


68  ^AATS    ftBCOlVDA 

clùtetto  e  scaltore,  eccellenti  artefici,  essere  po- 
sto nel  luoffo  loro,  conoscendo  essi  in  rerità,  aiw 
Cora  che  il  senso  gii  strignesse  forse  a  fare  U 
contrario,  che  Lorenzo eì'a  mialiore  maestro  di 
loro  nel  getto.  Fu  veramente  ciò  gloria  di  quel- 
li e  confusione  di  molti,  i  quali  presumendo  di 
se  si  mettono  in  opera  ed  occupano  il  luogo  del- 
r  altrui  rirtù,  e  non  facendo  essi  frutto  alcuno, 
ma  penando  mille  anni  a  fare  una  cosa ,  sturbano 
ed  opprimono  la  scienza  degli  altri  con  maligni- 
tà e  con  invidia.  Fu  dunque  Lorenzo  figliuofo  di 
Bartoluccio  Ghibei*ti,e  dai  suoi  primi  anni  impar  ò 
V  arte  dell'  orefice  col  padre,  il  quale  era  eccel- 
lente maestro  e  gì'  insegnò  quel  mestiere,  il  qua- 
le da  Lorenzo  fu  preso  talmente,  eh'  egli  lo  fa- 
ceva assai  meglio  ohe  1  padre.  Ma  dilettandosi 
molto  pi&  dell'  arte  della  scultura  e  del  disegno, 
maneggiava  qualche  volta  colori,  ed  alcun'  altra 
gettava  figurette  piccole  di  bronzo,e  le  finiva  con 
molla  grazia.  Dilettossi  anco  di  contraffare  i  co- 
ni delle  medaglie  antiche^  e  di  naturale  nel  suo 
tempo  ritrasse  molti  suoi  amici.  E  mentre  egli 
con  Bartoluccio  lavorando  cercava  acquistare  in 
quella  professione,venne  in  Fiorenza  la  peste  l'an* 
no  i4oo,  secondo  che  racconta  egli  medesimo  in 
un  libro  di  sua  mano  dove  ragiona  delle  cose  del« 
r  arte,  il  quale  è  appresso  al  R.  M .  Cosimo  Bar- 
toli  gentiluomo  fiorentino:  alla  quale  peste  ag- 

Jiuntesi  alcune  discordie  civili  ed  altri  travagli 
ella  città,  gli  fu  forza  partirsi  ed  andarsene  in 
compagnia  d' un  altro  pittore  in  Romagna,  dove 
in  Àrimini  dipinsero  al  signor  Pandolfo  Malate-* 
sti  una  camera  e  molti  altri  lavori,  che  da  lor  fu- 
rono con  diliffcnza  finiti  e  con  sodisfazione  di 
quel  signore,  che  ancora  giovanetto  si  dittttava 


yiTA  m  IX»SVZO  GBIBULTI        Og 

RÌ  delle  COM  del  difegno.  Non  restando  perciò 
hi  quel  mentre  Lorenso  di  studiare  le  cose  del 
disegno  né  di  lavorare  di  rilieyo  cera,  stucchi ,  ed 
altre  cose  simili,  conoscendo  egli  molto  bene  che 
si  fatti  rilieri  piccoli  sono  il  disegnare  degli  scul- 
tori, e  ciire  sensa  cotale  disegno  non  si  può  da  lo- 
ro condurre  alcnna  cosa  a  perfe sione.  Ora  non 
essendo  stato  molto  fuor  della  patria  cessò  la  pe- 
sUlenca,  onde  la  signoria  di  Fiorenza  e  l'arte  dei 
mercatanti  deliberarono  (  avendo  in  quel  tenipo 
la  scultura  gli  artefici  suoi  in  eccelienca,  così  fo- 
restieri come  Fiorentini  )  che  si  dovesse,  come 
si  era  già  molte  volte  ragionato,  fare  V  altrp  due 
porte  di  S.  Giovanni,  tempio  antichissimo  e  prin- 
cipale di  quella  città.  E  ordinato  fra  di  loro  che 
si  facesse  intendere  a  tutti  i  maestri  che  erano  te- 
nuti migliori  in  Italia ,  che  comparìssino  in  Fio- 
rensa  per  fare  esperimento  di  loro  in  nna  mostra 
d'una  storia  di  bronco,  simile  a  una  di  quelle  che 
già  Andrea  Pisano  aveva  fatto  nella  prima  por- 
ta, fìi  scrìtto  questa  deliberazione  da  Bartoluccio 
a  Lorenzo  che  in  Pesaro  lavorava,  confortandolo 
a  tornare  a  Fiorenza  a  dar  saggio  di  se:  che  que« 
sta  era  una  occasione  da  farsi  conoscere  e  da  mo- 
strare r  ingegno  suo:  oltra  che  e'  ne  traorebbe 
si  fatto  utile,  che  né  T  uno  né  V  altro  arebbono 
mai  più  bisogno  di  lavorare  pere.  Moasero  V  ani- 
mo di  Lorenzo  le  parole  di  Bartoluccio  di  manie- 
ra 9  die  quantunque   il  signor  Pandolfb  ed  il 
pittore  e  tutta  la  sua  corte  gli  facessìno  carezze 
-grandissime,  prese  Lorenzo  da  quel  signore  li- 
•cenza  e  dal  pittore,  i  quali  pur  con  fatica  e  di- 
spiacere loro  io  lascinron  partire ,  non  giovando 
me  promesse  né  accrescere  provvisione,  parendo 
a  Loranzo  ognora  milk  anni  di  tornare  aFioren- 


.70  F  A  R  T  B     S  E  C  O  N  0  Ar 

ZB»  partitosi  dunque,  felicemente  alla  sua  patrjif 
si  ridusse.  Erano  già  comparsi  molti  forestieri,  e 
fattosi  conoscere  a'consoli  deli'  arte,  da'qualifur- 
rono  eletti  di  tutto  il  numero  sette  maestri,  tre 
Fiorentini  e  gli  altri  Toscani,  e  fu  ordinato  loro 
una  provvisione  di  danari,  e  che  fra  un  anno  cia- 
scuno dovesse  aver  finito  una  storia  di  bronco  del- 
la medesima  grandezza  cli'ei*aDO  quelle  della 
prima  porta  per  saggio.  Ed  elessero  che  dentro 
si  facesse  la  storia  quando  A  braam  sacrifica  Isac 
suo  figliuolo,  nella  quale  pensarono  dovere  avere 
i  detti  maestri,Ghe  nM>sti*are  quanto  alle  difficultà 
dell'arte,  per  essere  storia  che  ci  va  dentro  paesi, 
ignudi,  vestiti ,  ed  animali ,  e  si  potevano  far  le 
prime  figure  di  rilievo  e  le  seconde  di  meszo  e  le 
terze  di  basso.  Furono  i  concorrenti  di  questa  ope- 
ra Filippo  di  ser  Brunellesco,  Donato  e  Lorenzo 
di  Bartoluccio  Fiorentini,  e  Iacopo  dalla  Quercia 
sanese,  e  Niccolò  d'Arezzo  suo  ci-eato,  Francesco 
di  Vandabrina,  e  Simone  da  Colle  detto  de'bron- 
zi,  ì  quali  tutti  dinanzi  a*  consoli  premessero  da- 
re condotta  la  storta  nel  tempo  detto.  E  ciascuno 
alla  sua  dato  principio  ,  con  ogni  studio  e  dili- 
genza mettevano  ogni  lor  forza  e  sapere  per  pas- 
sare d* eccellenza  V  un  l'altro  ,  tenendo  nascoso 
quel  cbe  facevano  segretissimamente  per  non 
raffrontare  nelle  cose  medesime.  Solo  Lorenzo  ^ 
che  aveva  Bartoluccio  che  lo  guidava  e  gli  faceva 
far  fatiche  e  Inolti  modelli  innanzi  che  si  risol- 
vessino  di  metterne  in  opera  nessuno ,  di  conti- 
nuo menava  i  cittadini  a  vedere ,  e  talora  i  fore* 
8tiei*i  che  passavano, se  intendevano  del  mestiero, 
per  sentire  l'animo  loro;  i  quali  pareri  furon 
cagione  eh'  egli  condusse  un  modello  molto  ben 
lavorato  e  senza  nessun  difetto.  £  così  fatte  It 


YltA  DI  lX>KnrZO  GIIIBCftTI         71 

liKtee  e  pittatolo  di  broDso ,  Tenne  benissimo  ; 
onde  egli  con  Bartoinccio  suo  padre  lo  rinettò 
con  amore  e  pasienza  tale,  che  non  si  poteva  con«- 
diirre  n^  finire  meglio .  £  venuto  il  tempo  che  n 
'aveva  a  vedere  a  paragone,  fu  la  sua  e  le  altre  di 
quei  maestri  finite  del  tutto  e  date  a  giudizio  del- 
l'arte de'mercatanti.  Perché  vedute  tutte  da'con- 
soU  e  da  molti  altri  cittadini ,  furono  diversi  i 
pareri  che  si  fecero  sopra  di  ciÀ .  Erano  concorsi 
ui  Fiorenza  molti  forestieri,  parte  pittori  e  parte 
scultori,  ed  alcuni  orefici,  i  quali  furono  chiamati 
dai  consoli  a  dover  dar  giudizio  di  queste  opere 
insieme  con  gli  altri  di  quel  mestiere  che  abitava* 
no  in  Fiorenza.Il  qual  numero  fu  di  trentaquat- 
trò  persone ,  e  ciascuno  nella  sua  arte  peritis- 
simo; e  quantunque  fustino  in  fra  di  loro  ditfe« 
renti  dì  parere ,  piacendo  a  chi  la  maniera  di  uno 
a  chi  quella  di  un  altro ,  si  accordavano  nondime* 
no  che  Filippo  di  ser  Brunellesco  e  Lorenzo  di 
Bartoluccio  avessino  e  meglio  e  più  copiosa  di 
-figure  migliori  composta  e  finita  la  storia  loro  che 
non  aveva  fatto  Donato  U  sua ,  ancora  che  anco 
in  quella  fusse  gran  dise|^no .  In  «pel  la  di  Iacopo 
dalla  Quercia  erano  le  figure  buone,  ma  non 
avevano  finezza ,  sebben  erano  fatte  con 'disegno 
e  diligenza .  L'opera  di  Francesco  di  Vanda- 
brina  aveva  buone  teste  ed  era  ben  rinetta,  ma 
^era  nel  componimento  confusa.  Quella  dì  Si- 
mon da  Colle  era  un  bel  getto ,  perché  ciò  fare 
era  sua  arte ,  ma  non  aveva  molto  disegno .  Il 
saggio  di  Niccolò  di  Arezzo,  che  era  fatto  con 
buona  pratica ,  aveva  le  figure  tozze  ed  era  mal 
rinetto .  Solo  quella  storia  che  per  sagcio  fece 
Lorenzo,  la  quale  ancora  si  vede  dentro  alrudien- 
za  dell'  arte  de*  mercatanti ,  era  in  tutte  le  par- 


72  FARTE    S;BCOirDf 

ti  perfettissima:  aTQf»  tutta  l'op^ppa  disefpia^ 
€d  era  benbsimo  composta  ;  le  figure  di  auella 
maniera  erano  svelte  e  &tte  con  graaia  ed  atti- 
tudini bellissime,  ed  era  finita  con  tanta  dilig^n.- 
sa ,  che  pareva  iktta  non  di  getto  e  rinetta  con 
ferri 9  ma  col  fiato.  Donato  e  Filippo  visto  iadif 
ligensa  che  Liorenso  aveva  usata  nell'  opera  sua^ 
si  tiraròn  da  un  canto  9  e  .{«irlando  fra  loro,  ri- 
solverono che  r  opera  dovesse  darsi  a  Lorenao; 
parendo  loro  che  il  pubblico  ed  il  privato  sair^bbe 
meglio  servito ,  e  Lorcnao  assendo  giovanetto  , 
che  non  passava  venti  anni,  avrebbe  nello  eser*- 
citarsia  fare  in  quella  prufesfiione  que 'frutti  mag- 
giori che  prometteva  la  bella  storia ,  che  egli  a 
giudiaio  loro  aveva  più  degli  altri  eccellente- 
mente condotta,  dicendo  che  sarebbe  stato  piut- 
tosto opera  invidiosa  a  levargliela ,  che  non  era 
virtuosa  a  {arigliela  avere  • 

Gominciancio  dunque  Lorena  l'opera  di  quel- 
la porta  per  quella  clie  è  dirimpetto  ali  '  open»  di 
S.  Giovanni ,  fece  per  una  parte  di  quella  un  te» 
laio  grande  di  legno  quanto  aveva  a  esser  ap- 
punto f  scorniciato  e  con  gli  ornamenti  delle  te- 
ste in  su  le  quadi^ture  intorno  allo  sparti  mento 
de  vani  delle  storie»  .e  con  que' fregi  ciàe  a«dava«> 
no  intorno .  Dopoifatta  e  secca  la  forma  con  ogni 
diligenxa  in  una  stanza  ohe  aveva  compro  di- 
rimpetto a  S.  Maria  Nuova,  dove  è  oggi  lo  spe- 
dale de'tessitori  che  si  chiamaTA  l'Aia ,  feoe  una 
fornace  grandissima,  la  quale  mi  ricordo  avjer 
veduto,  e  gettò  di  metallo  il  detto  telaio.  Ma  .co» 
me  volle  la  sorte  non  venne  bene;  perché  4)oiio- 
seiuto  il  disordine ,  senza  perdersi  d'animo  o  sgo- 
mentarsi ,  fatta  l'altra  forma  con  prestezza  senza 
ohe  niuno  lo  sapesse ,  lo  rigettò  e  venne  beniisU 


yiTk  W  LOlXinEO  GUBIETI  fi 

Me.  OnSe  woà  aoSò  Mgaitaiido  tutta  ropera,  get- 
tando «ciatcttna  ftoria  4a  |»er  «e  y  e  rìmetteiioole 
iMAte  ftb'ei'ano  al  luogo  ano.  E  lo  apartimenta 
deirktarìe  fu  ainiiiea  quello  cbe  aveTa  già  fatto 
Andrea  Pisano  nella  ^ina  porta  che  gli  dit»egni 
Gifitto^  iaceDdovi  'venti  atorie  del  Teatamente 
auoro^  ed  in -otto  vani  fimìli  a  quelli  leguitando 
le  fdeMe  istorie .  Da  pie  Hece  i  quattro  £yangeii8ti 
due  fìer «porta ,  e  con  i  quattro  dottori  della  chic- 
aa  «el  fuedeaimo  laodo,  i  quali  sono  differenti  fra 
Invadi  attitudini  edi  panni  :  chi  scrive,  chi  legge, 
altri  ffiensa ,  e  vamti  l'un  dall'  altro  si  mostrano 
netta  W  pronteaza  moka  ben  condotti.  Oltre  che 
nel  'telaio  deironaamento  riquadrato  a  (quadri 
intorno  alle  storie  ir*  é  una  fregiatura  di  foglie 
duellerà  e  d'altre  ragioni  trameczate  poi  da  cor- 
nici ,  ed  in  a»  ognitoantonata  una  testa  d'uomo  o 
di  feumina  tutta  toaida  figurate  per  profeti  e  si- 
liiUe  f  cbe  aono  molto  belle  e  nella  loro  Tarietà 
mostrano  la  bontà  dell'ingegno  di  Lorenao.  So- 
fra  i  Dottori  ed  ETangelisti^ià  detti  ne'quattro 
quadri  da  pie  seguita  dalla  banda  di  verso  S.  Ma- 
ria del  Fiore  il  priucipio;  e  quivi  nel  primo  qua- 
dro é  r  Annunziaaione  di  nostra  Donna  y  dove 
^li  finse  neirattitudine  di  essa  Vergine  uno  spa- 
vento ed  un  subito  timore  storcendosi  con  graaia 
j>er  la  venuta  dell'Angelo.  Ed  a  lato  a  questa 
lece  il  naacer  di  Cristo  y  dnve  é  la  nostra  Donna 
che  avendo  partijrito  sta  a  giacere  riposandosi  ; 
ewi  Giuseppe  che  contempla  i  pastori  e  gli  an- 
geli cbe  cantano .  Nell'aHra  a  lato  a  questa,  cbe 
e  raltra  parte  della  porta ,  a  un  medesimo  nari 
seguita  la  storia  della  venuta  de* Magi,  e  il  loro 
adorar  Cristo  dandogli  i  tributi,  dov'  è  la  corte 
dm  li  aefuita  con^avidliad  altvi«rne«i  fatta  con 


74  PARTB    sccaiTtf A 

grande  ingegno .  E  cosi  allato  a  questa  è  il  gaù 
disputare  nel  tempio  fra  ì  dottori ,  nella  quale  è 
non  meno  espressa  i  ammirazione  e  Tudienza  che 
danno  a  Cristo  i  dottori, che  lallegrezza  di  Ma-' 
ria  e  Giuseppe  ritroTandolo .  Seguita  sopra  que- 
tte,  ricominciando  sopra  l' Annunziazione,  la  sto- 
ria del  battesimo  di  Cristo  nel  Giordano  da  Gio-» 
▼anni ,  dove  si  conosce  nreg^l  atti  loto  la  riTerenza 
dell'uno  e  la  fede  dell' altro.  Allato  a  questa 
seguita  il  diavolo  che  tenta  Cristo,  che  spaventato 
per  le  parole  di  Gesù  fa  un'attitudine  spaventosa, 
mostrando  per  quella  il  conoscere  che  egli  è  fi- 

fliuolo  di  Dio.  Allato  a  questa  nell'altra  banda 
quando  egli  caccia  del  tempio  i  venditori, 
mettendo  loro  sottosopra  gli  argenti ,  le  vittime, 
•le  colombe  ,  e  le  altre  mercanzie  ;  nella  quale 
sono  le  figure ,  che  cascando  l' una  sopra  l'altra , 
hanno  una  erazia  nella  fuga  del  cadere  molto 
bellae  considerata.  Seguitò  Lorenzo  allato  a  que- 
sta il  naufragio  degli  Apostoli,  dove  S.  Pietro 
uscendo  della  nave  che  affonda  nell' a ccp&a ,  Cri- 
sto lo  solleva.  £' questa  storia  copiosa  di  varj  ge- 
sti negl'Apostoli  che  aiutano  la  nave,  e  la.  fede 
di  S.  Pietro  si  conosce  nel  suo  venire  a  Cristo . 
Kicomincia  sopra  la  stona  del  battesimo  dall'al- 
tra parte  la  sua  trasfigurazione  nel  monte  Ta- 
bor  ,  dove  Lorenzo  espresse  nelle  attitudini 
de'  tre  Apostoli  lo  abbagliare  che  fanno  le  cose 
celesti  le  viste  dei  mortali  ;  siccome  si  conosce 
ancora  Cristo  nella  sua  divinità  col  tenere  la  testa 
alta  e  le  braccia  aperte  in  mezzo  d'Elia  e  di  Mosé. 
Ed  allato  a  questa  è  la  resurrezione  del  morto 
Lazzaro,  il  quale  uscito  del  sepolcro  legato  i  pie- 
di e  le  mani ,  sta  ritto  con  maraviglia  de'  circo- 
stanti ;  evvi  Marta  e  IMUtrla  Maddalena  che  baeia 


TITA  M  LORENZO  GfllBCRTI  75 

f  piedi  del  Signore  con  umiltà  e  rererenea  gran^ 
dissima.  Seguila  allato  a  questa  nell'altra  parte 
della  porta  quando  egli  ya  in  su  lasìno  in  Gerusa* 
lem,e  che  i  figliuoli  degli  Ebrei  con  varie  attitu- 
dini gettano  le  Teste  per  terra  e  gli  ulivi  e  le 
palme 9  oltre  agli  Apostoli  che  seguitano  il  SaU 
Tatore:  ed  allato  a  questa  è  la  cena  degli  Apostoli 
bellissima  e  bene  spartita  ^  essendo  finti  a  una 
tavola  lunga  meui  dentro  e  mezEÌ  fuori .  Sopra 
la  storia  della  Trasfigtirazione  comincia  l'adora- 
zione nell'orto ,  dove  si  conosce  il  sonno  in  tre 
varie  attitudini  degli  Apostoli.  £d  allato  aquesta 
seguita  quando  egli  é  preso  e  die  Giuda  lo  hacia^ 
dove  sono  molte  cose  da  considerare,  per  e8^•ervi 
e  gli  Apostoli  cbe  fuggono  e  i  Giudei  <  be  nel  pi- 
gliar Cristo  fanno  atti  e  forze  gagliardissime. 
Jieir  altra  parte  aliato  a  questa  è  quan<!o  egli  è 
legato  alla  colonna ,  dove  è  la  figura  di  Gesù 
Cristo  cbe  nel  duolo  delle  battiture  si  storce  al- 
quanto con  una  attitudine  compassionevole, ol- 
irà cbe  si  vede  in  quei  Giudei  cbe  lo  flagellano 
una  rabbia  e  vendetta  molto  terribile  per  i  gesti 
che  fanno.  Seguita  allato  a  questa  quando  lo 
menano  a  Pilato,  e  che  e'si  lava  le  mani  e  lo  sen- 
tenzia alla  croce.  Sopra  l'adorazione  dell'orto 
dallalira  banda  nell'ultima  fila  delle  storie  è  Cri- 
sto cbe  porta  la  croce  e  va  alla  morte  menato  da 
una  furia  di  soldati,  i  quali  con  strane  attitudini 
•par  ebe  lo  tirino  per  forza;  oltre  il  dolore  e  pian- 
to cbe  fanno  co'  gesti  quelle  Marie,-  cbe  non  \t 
vide  meglio  chi  fu  presente.  Allato  a  questa  fece 
Cristo  crocifisso,  ed  in  terra  a  sedere  con  atti  do- 
lenti e  pien  di  sdegno  la  nostra  Donna  e  S.  Gio- 
vanni Evangelista.  Seguita  allato  a  questa  nell'aU 
•  tra  parte  la  sua  RcsurresioAej'Ove  addormentate 


\ 


76  l»AKTCSECOÌ^DA 

le  guavdie  dal  tuono  stanne  come  maifiief  meatne 
Cristo  va  in  alto  con  un 'attitudine,  che  bea  ,p«re 
glorificato  4ieUa  perfeziane  delle  belle  «nenunra., 
fiitto  dalla  ingegnosissìnM  industria  di  Iiovenae  « 
Neirultiino  yano  é  la  Tenuta  dello  Spirito  Santo, 
dorè  sono  atteoaioni  ed  attitudini  dokissHoae  in 
toioro  che  lo  lioevono.  £  fu  condotto  q^uetto  la^ 
▼oro  a  quella  line  e  perfezione ,  sensa  risparmio 
alcuno  di  fatiche  e  cu  tempo ,  che  possa  darsi  a 
opera  di  metallo  ;  considerando  che  le  membra 
degli  ignudi  hanno  tutte  le  parti  bellissime,  «d  i 
panni  ancora  òhe  tenessero  un  poco  dello  andare 
▼occhio  di  yerso  Giotto,  vi  è  dentro  nondimeno 
un  tutto  che  va  in  verso  la  maniera  dei  moderni^  j 

e  si  reca  in  quella  grandezza  di  figure  una  certa 
grazia  molto  leggiadra.  £  nel  vero  i  componime»»  ] 

ti  di  cìafìcuua  stpria  sono  tanto  onlinati  e  be«- 
ne  spartiti,  che  meritò  conseguire  quella  ladde 
maggÌQfe,.che  da  principio  gli  aveva  data  f!ilip»  ; 

pò,  È  così  fu  oBoratissi  inamente  fra  i  suoi  ckta^ 
dini  riconosciuto  y  e  da  loro  e  dagli  artefici  ter« 
razzani  ^  forestieri  sommamente  lodato.  Costò 

Iuert'opera  fragli  ornamenti  di  fuori,  che  san  pur 
i  metallo,  ed  intagliatovi  festoni  di  frutti  e  ani- 
mali, ventiduemila  fiorini,  e  pesò  la  porta  di  me- 
tallo trenfcaquafitro  migliaia  di  libbre.  Finita  que- 
st'opera pai*ve  a  consoli  dell'  arte  de'  mercatanti 
esser  serviti  molto  bene,  e  per  le  lode  daiegU  da 
ognuno-deliberarono  che  facesse  Lorenzo  inun  pi- 
iastro  fuori  di^rsanvuokele  in  una  di  quelle  nio- 
cbie,  che  è  quella  che  volta  ira  i  cinuttorì ,  mM 
statua  di  bronzo  di  guatlro  braccia  e  nieszo  in 
memoria  di  S.  Gio.  Battista,  la  quale  e^  pnaoir- 
piò,  né  la  staccò  mai,  che  «gli  la  rese  finita:  cfa» 
fu  ed  è  opeiu  molto  kdata,  cdinqtieUaziel 


vvtk  DI  Louitso  amtiam       77 

lo  fece  nn  fregio  di  lettere,  scrìvendoTi  il  suo  no- 
me .  Ib  qnest'  opera,  la  qitale  fu  poste  sa  V  anno 
14149  si  vide  comineiata  la  buona  maniera  mo- 
derna nella  testa,  in  un  braccio  che  par  di  carne, 
e  nelle  mani  ed  in  tutte  V  attitudini  della  figura. 
Onde  fu  il  primo  che  comineiasae  a  imitare  le  co- 
se degli  antichi  Romani;  dèlie  quali  fu  molto  stu« 
dioso ,  come  esser  dee  chiunque  disidera  di  bene 
operare.  E  nel  fhmtisspizio  di  quel  tehemacoio  si 
proTÀ  a  far  di  mutaioo,  fheendbfi  dentro  un  mes* 
ao  profeta.  Era  giA  creaetute  la- fama  di  Lorenzo 
per  tutta  Italia  e  fuori  dell'artificiosissimo  magi- 
stero nel  getto  ;  di  mamem  ehe  avendo  Iacopo 
della  Fonte  ed  il  Vecchìetlo  Sanese  eDonato  fat- 
to per  la  Signoria  di  Siena  nel  loro  S.  Giovanni 
alcune  storie  e  figure  di  broBEOfChe  dovevano  or- 
nare il  Battesimo  di  quei  tempio,  e  avendo  visto 
i  Sanesiropere  di  Lorensoin  Fiorenza,  si  conven- 
nono  con  seco  e  gli  feciono  ùire  due  storie  della 
-vita  di  S.  Gio.  Battiste  •  In  una  fece  quando  egli 
J>attezzò  Cristo ,  accompagnandola  con  molte  fi- 
gure ed  ìgnode  e  vestite  molto  riccamente,  e  neU 
Faltra  quando  S.  Giovanna  é  preso  e  menato  a 
Erode.  Nelle  quali  storie  superò  e  vinse  gli  altri 
che  avevano  fatto  l'altre;  onae  ne  fu  sommamen- 
te lodato  da'Sanesi  e  dasli  altri  che  le  veggono . 
Avevano  in  Fiorenza  a  tare  una  statua  i  maestri 
della  Becca  in  una  di  quelle  nicchie  che  sono  in- 
torno a  Orsanmichele  dirimpetto  air  arte  della 
lana,  ed  aveva  a  esser  un  S.  Matteo  d  altezza  del 
S.  Giovanni  sopraddetto;  onde  l'allogarono  a  Lo- 
renzo ,  che  la  condusse  a  perfezione  e  fu  lodata 
molto  più  che  il  S.  Giovanni ,  avendola  fatta 
più  alla  moderna.  La  quale  statua  fu  cagione ^ 
elle'  i  consoli  dell*  arte  della  lana  deliberarono 


78  PARTE    SECONDA 

che  e'  facesse  nel  medesimo  laoffo  nell'  altra  nic-^ 
chia  allato  a  quella  una  statua  di  metallo  mede- 
simamente ,  che  fusse  alta  a  Ha  medesima  prò*' 
porzione  dell*  altre  due  in  ficrsona  di  S.  Stefano 
foro  avvocato,  ed  egli  la  condusse  a  fine,  e  diede 
una  vernice  al  bromo  molto  bella.  La  quale 
statua  non  manco  satisfece ,  che  avesser  fatto 
r  altre  opere  già  lavorate  da  lui .  Essendo  gene- 
rale de'  frati  Predicatori  in  quel  tempo  maestro 
Lionardo  Dati ,  per  lassare  di  se  memoria  in  S. 
Maria  Novella ,  dove  egli  aveva  fatto  professio- 
ne^  ed  alla  patria,  fece  fabbricare  a  Lorenzo  una 
^polturadi  bronzo,  e  sopra  quella  se  a  giacere 
morto  ritratto  di  naturale;  e  aa  questa,  che  pia- 
cque e  fu  lodata,  ne  nacque  una  che  fu  fatta 
fare  in  S.  Croce  da  Lodovico  degli  Àlbizi  e  da 
Niccolò  Valori.  Dopo  queste  cose  volendo  Cosimo 
e  Lorenzo  de'  Medici  onorare  i  corpi  e  le  reliquie 
d*'/  tre  martiri  Proto,  Iacinto  ,  e  Nemesio,  fattili 
venire  di  Casentino ,  dove  erano  stati  in  poca  ve- 
n orazione  molti  anni ,  fecero  fare  a  Lorenzo  una 
cassa  di  metallo,  dove  nel  mezzo  sono  due  angeli 
di  bassorilievo  che  tengono  una  ghirlanda  d'uli- 
vo: dentro  la  quile  sono  i  nomide'detti  martiri. 
£  in  detta  cassa  fecero  porre  le  ditte  reliquie,  e 
la  collocai'onj  nella  chiesa  del  monastero  degli 
Angoli  di  Firenze  con  queste  parole  da  basso  dal- 
la banda  della  chiesa  de 'monaci  intagliate  in  mar- 
mo :  Clan'ssf'mf  viri  C  ìstn  is  et  Laurent ius  fra^ 
tresaeglectasd'uSa^ctorum  reliq'i'as  martyrum 
religioso  studio  oc  fidfli sfiniti  picttUe  suis  sufn^ 
ptibus uereis  loctU's  coni  n l m  coUadasque  cU" 
rarunt.  £  dalla  bandi  di  fu>ri ,  che  riesce  nella 
chiesetta  verso  la  strada,  sotto  un'arme  di  palle 
tono  nel  marmo  intagliate  queste  altre  parole  : 


yvtk  Di'LOMorzo  ghibeatj        79 

ffìc  condita  suni  corpora  sanciorum  Christi 
martyrum  Prothiet  ffyacinlhi^  et  Nemesii  Ann. 
Dom,  1438.  £daqiiesta,cb e  riuscì  molto  onore- 
▼ole  ,yenne  volontà  agli  operai  di  S.  Maria  del 
Fiore  di  far  fare  la  cassa  e  sepoltura  di  metallo  per 
mettervi  il  corpo  di  S.  Zanooi  vescoTO  di  Firenze, 
la  quale  fu  di  grandezza  di  braccia  tre  e  mezzo  e 
alta  due;  nella  anale  fece,  oltra  il  garbo  della 
cassa  con  diversi  e  varj  ornamenti,  nel  corpo  di 
essa  cassa  dinanzi  una  storia,  quando  esso  S.  Za- 
nobi  risuscita  il  fanciullo  lasciatogli  in  custodia 
dalla  madre ,  morendo  esli  mentre  cbe  ella  era 
in  peregrinaggio.  In  un'altra  v'è  quando  un  altro 
è  morto  dal  carro,  e  quando  e'  risuscita  l'uno 
de'  due  filmigli  mandatogli  da  S.  Ambruogio^cbe 
rimase  morto  uno  in  su  le  Alpi,  1'  altro  v'  é  cbe 
se  ne  duole  alla  presenza  di  S.  Zanobi ,  cbe  ve- 
nutogli compassione  disse:  Va',  cb'e 'dorme:  tu  Io 
troverai  vivo.  £  nella  parte  di  dietro  sono  sei  an- 
gioletti che  tengono  una  ghirlanda  di  foglie  di  ol- 
mo, nella  quale  sono  lettere  intagliate  in  memoria 
e  lode  di  quel  santo.  Questa  opera  condusse  esli 
e  fini  con  ogni  ingegnosa  fatica  ed  arte,  siccné 
ella  fu  lodata  straordinariamente  come  cosa  bel- 
la .  Mentre  che  Topcre  di  Lorenzo  ogni  giorno  ac- 
crescevano fama  al  nome  suo,  lavorando  e  serven- 
do infinite  persone ,  cosi  in  lavori  di  metallo,  co- 
me d'argento  e  d'oro,  capitò  nelle  mani  a  Gio- 
vanni figliuolo  di  G>simo  de'Medici  una  cornino- 
la assai  grande ,  dentrovi  lavorato  d' intaglio  in 
cavo  quando  Apollo  fa  scoiticare  MarFia,  la  qua- 
le, secondo  cbe  si  dice,  serviva  già  a  Nerone  Im- 
peratore per  suggello  ;  ed  essendo  per  il  pezzo 
della  pietra  cb'  era  pur  grande  e  per  la  maravi- 
glia dello  intaglio  in  cavo  cosa  rara ,  Giovanni  la 


8o  PARTE  sseontt^À 

diede  a  Lorenco,  cbe  gli  faceste  intorno  d'orina 
ornamento  intagliato;  ed  esso  penatovi  molti  me* 
si  y  lo  finì  del  tutto ,  facendo  un'opera  non  mea 
bella  d' intaglio  attorno  a  quella,  cbe  si  fosse  la 
bontà  e  perfesione  del  cavo  in  ouella  pietra  .  La 
quale  opera  fu  cagione  ch'egli  d'oro  e  d'argento 
lavorasse  molte  altre  cose,  cbe  oggi  non  si  ritro- 
yano»  Fece  d*oro  medesimamente  a  Papa  Marti-^ 
no  un  bottone  cb'  egli  tenera  nel  piviale ,  con 
figure  tonde  di  rìlicTo ,  e  fra  esse  gioie  di  gran* 
di'isimo  prezzo,  cosa  molto  eccellente.  £  cosi  una 
mitra  maraTigliosissima  di  fogliami  d'oro  strafo^ 
rati,  e  fra  essi  molte  figure  pìccole  tutte  tonde  j 
che  furono  tenute  bellissime;  e  ne  acquistò,  oltra 
al  nome ,  utilità  grande  dalla  liberalità  di  quel 
pontefice.  Venne  in  Fiorensa  l' anno  1439  Paps 
I^ugenio  per  unire  la  Chiesa  greca  colla  romana  , 
dove  si  fece  il  Concilio;  e  visto  l'opere  di  Loren-« 
zo  e  piaciutogli  nen  >manco  la  presenza  sua ,  che 
si  facessino  quelle,  gli  fece  fare  unfa  mitra  d*  oro 
di  peso  di  libbre  quindici  e  te  perle  di  libbre  cin- 
que e  messo,  le  quali  erano  stimate  con  ie  gioie  in 
essa  legiite  trentamila  ducati  d  oro.  Dicono  che  in 
detta  opera  erano  sei  perle  come  nocciuole  avel- 
lane, e  non  si  può  immaginare,  secondo  che  s' è 
vistopoi  in  un  disegno  di  quella,  le  più  belle  biz- 
zarrie di  legami  nelle  sioiee nella  varietà  di  molti 
putti  ed  altre  figure  che  serviviino  a  molti  varj  e 
graziati  ornamenti  ;  della  quale  ricevette  infinite 
grazie  e  per  se  e  yer  gli  amici  da  quel  pontefice, 
oltra  il  primo  pagamento.  Aveva  Fiorenza  ricevuti 
te  tante  lodi  per  l'opere  eccellenti  di  questo  inge* 
gn  '>8Ìssimo  artefice,  che  e*fu  deliberato  da  '  consoli 
dell'aite  de'mercatanti  di  farli  allogazione  della 
terza  porta  di  S.  Giovanni  di  metallo  medesiiifìa«» 


«teiite  .  E  quaotuDuae  quella  che  prima  aire? a 
fatta  r  aresse  d'  ordune  loro  seguitata  e  condotta 
con  r  ornamento  che  segue  intorno  alle  figure  e 
che  fascia  il  telaio  di  tutte  le  porte,  simile  a  quel- 
lo d'Andrea  Pisano,  visto  quanto  Lorenzo  1  aye- 
▼a  avanzato ,  risolverono  i  consoli  a  mutare  la 
porta  di  mezzo>  dove  gm  quella  d' Andrea,  e  met- 
terla all'altra  porta  eh' è  dirimpetto  alla  Miseri- 
cordia ;  e  che  Lorenzo  facesse  quella  di  nuovo 
Er  porsi  nel  mezzo,  giudicando  ch'egli  aves<«  a 
-e  tutto  quello  sforzo  che  egli  poteva  maggior 
in  quell'arte:  e  se  gli  rimessono  nelle  braccia,  di- 
cendo che  gli  davano  licenza  che  e'  facesse  in  quel 
modo  che  voleva  o  che  pensasse  che  ella  tornai 
se  più  oniata,  più  ricca,  più  perfetta,  e  più  bel- 
la che  potesse  o  sapesse  immaginarsi  ;  né  guar-* 
dasse  a  tempo  né  a  spesa,  acciocché  cosi  com'egli 
aveva  superatogli  altri  statuari  pei*  insino  allora, 
superasse  e  vincesse  tutte  l'altre  opere  sue . 

Cominciò  Lorenzo  detta  opera ,  mettendovi 
tutto  quel  sapere  maggiore  eh'  egli  poteva  :  e 
cosi  scomparti  (letta  porta  in  dieci  quadri  ,  cin- 
que per  parte ,  che  rimasono  i  vani  delle  storie 
un  braccio  ed  un  terzo,  e  attorn9  per  ornamento 
del  telaio  che  rìcigne  le  storie  sono  nicchie  in 
quella  parte  ritte  e  piene  di  figure  quasi  tondo  , 
,  il  numero  delle  quali  è  vcnti,e  tut^e  boli  issi  me  ; 
come  un  Sansone  ignudo  che  abbracciato  uufi 
colonna  con  una  mascella  in  mano  mostra  quel- 
la perfezione,, che  maggior  può  mostrare  cosa 
fatta  nel  tempo  degli  antichi  ne'  loro  Ercoli  o 
.  di  bronzi  o  di  marmi  ;  e  come  £a  testimonio  un 
Josué,  il  quale  in  atto  di  locuzione  par  .che  parli 
allo  esercito  ;  oltra  molti  profeti  e  sibille  adorni 
r  uno  e  r  altro  in  varie  maniere  di  panni  per  il 
roi.  IL  6 


6l  PARTE    SECONDI 

dosso  e  di  acconciatore  di  capo  ,  di  capelli ,  ed 
altri  ornamenti  y  oltra  dodici  figure  che  sono  a 

5 lacere  nelle  nicchie  che  ricingono  V  ornamento 
elle  storie  per  il  trayerso:  facendo  in  sulle  crocie- 
re delle  cantonate  in  certi  tondi  teste  di  femmine 
e  di  giovani  e  di  yecchi  in  numero  trentaquattro , 
fra  le  quali  nel  mezzo  di  detta  porta  Ticino  al  nome 
suo  intagliato  in  essa  è  ritratto  Bartoluccio  suo 
padre  ,  cn'  è  quel  più  vecchio ,  ed  il  pi&  giovane 
e  esso  Lorenzo  suo  figliuolo  maestro  di  tutta  l'o- 
pera ;  oÌti*a  a  infiniti  fogliami  e  comici  e  altri 
ornamenti  fatti  con  grandissima  maestria  •  Le 
storie  y  che  sono  in  detta  porta ,  sono  del  Testa- 
mento vecchio  :  e  nella  prima  è  la  creazione 
d'  Adamo  e  d'  Eva  sua  donna,  ouaii  sono  per- 
f<^ttissima  mente  condotti  ;  vedendosi  che  Loren- 
zo ha  fatto  che  sieno  di  membra  più  belli  che 
egli  ha  potuto  ;  volendo  mostrare  ,  che  come 
quelli  di  mano  di  Dio  furono  le  più  belle  figure 
che  mai  fussero  fatte,  cosi  auesti  di  suo  avessino 
a  passare  tutte  T  altre  eh  erano  state  fatte  da 
lui  neir  altre  opere  sue  :  avvertenza  certo  gran- 
dissima •  E  così  fece  nella  medesima  quand'  ei 
mangiano  il  pomo,  ed  insieme  quand 'e'  son  cac- 
ciati di  paradiso  ,   le  qu^l  fiffure  in  quegli  atti 
rispondono  ali*  effetto  prima  del  peccato ,  cono- 
scendo la  loro  vergogna  ,  coprendola  con  le  ma- 
ni ,  e  poi  nella  penitenza  ,  quando  sono  dall'An- 
gelo fatti  uscir  fuori  di  paradiso  .  Nel  secondo 
quadro  è  fatto  Adamo  ed  Eva  che  hanno  Gain 
ed  Abel  pìccoli  fanciulli  creati  da  loro  ;  e  cosi  vi 
sono  ouando  delle  primizie  Àbel  fa  sacrifizio  e 
Gain  delle  men  buone  ;  dove  si  scorge  negli  atti 
di  Gain  V  invidia  contro  il  prossimo  ,  ed  in  Abel 
Tamore  in  verso  Iddio  e  quello  che  è  di  singoiar 


VITA  M  LOMNZO  «HUERTI  8S 

lielleua  è  il  reder  Caio  arare  la  terra  con  nn 
par  di  buoi ,  i  quaJi  nella  fatica  dei  tirare  al 
giogo  r  aratro  paiono  yeri  e  naturali;  co«icom*è 
il  medesimo  Abel  y  che  guardando  il  bestiame  , 
Gain  gli  dà  la  morte  ;  dorè  si  Tede  quello  con 
attitudine  impietosissima  e  crudele  con  un  ba- 
stone ammassare  il  fratello  in  si  fatto  modo^che 
il  bronao  medesimo  mostra  la  languidecsa  delle 
membra  morte  nella  bellissima  persona  d'Abel  ; 
e  cosi  di  bassoriliero  da  lontano  è  Iddio  cbe  do- 
manda a  Gain  quel  che  ha  fatto  d' Abel ,  conte- 
nendosi  in  ogni  quadro  gli  effetti  di  quattro  sto- 
rie .  Fiffurò  Lorenzo  nel  terso  quadi*o  come  Noè 
esce  deir  aica  j  la  moglie  co*  suoi  figliuoli  e  fi- 
gliuole e  nuore,  ed  insieme  tutti  gli  animali 
così  Telatili  come  terresti  i ,  i  quali  ciascuno  nel 
suo  genei-e  sono  intagliati  con  quella  maggior^ 
perfeùone  che  può  V  arte  imitar  la  natura  , 
vedendosi  Tarca  aperta  e  le  stragi  in  prospettiva 
di  bassissimo  rilievo  ,  che  non  si  può  esprimere 
la  grazia  loro  :  oltre  che  le  figure  di  Noè  e  degli 
altri  suoi   non  possono  esser  più  vive  né  più 

ferente  y  mentre  facendo  egli  sacrifizio  ,  si  vede 
*  ai*co  baleno  ,  segno  di  pace  fra  Iddio  e  Noè  • 
Ma  molto  più  eccellenti  di  tutte  V  altre  sono  y 
dov'  egli  pianta  la  vigna  ed  inebriato  del  vino 
mostra  le  vergogne,  e  Cam  suo  figliuolo  lo  scher- 
nisce .  £  nel  vero  uno  che  dprma  non  può  imi- 
tarsi meglio  ,  vedendosi  lo  abbandona  mento 
delle  membra  ebbre  ,  e  la  considerazione  ed 
amore  degli  altri  due  figliuoli  che  lo  rìcuoprono 
con  bellissime  attitudini.  Oltre  che  v*  è  la  botte 
ed  i  pampani  e  gli  altri  ordigni  della  vendem- 
mia 9  {atti  con  avyertmza  ed  accomodati  in  certi 
luoglhi  che  non  impediscono  la  stpria,  ma  le  fan* 


84  PARTE    SECONDA. 

no  un  ornametito  bellbsirno.  Piacque  a  Lorenz» 
lare  nella  quarta  storia  V  apparire  de' tré  Angeli 
nella  ralle  di  Mambre ,  e  faeendr)  quelli  simili 
r  uno  air  altro  ,  si  yede  quel  santissimo  ▼ecchio 
adorarli  con  un'  attitudine  di  mani  e  di  volto 
molto  propria  e  vivace  ;  oltre  che  egli  con  af- 
fetto molto  bello  intagliò  i  suoi  servi,  che  a  pie 
del  monte  con  un  asino  aspettano  Abraam  che 
era   andato  a  saciificare  il   figliuolo  .-  il  quale 
stando  ignudo  in  su  l'altare,  il  padre  con  il  brac- 
cio in  alto  cerca  fare  V  obbedienza  ,  ma  è  impe- 
dito dall'Angelo  ,  che  con  una  mano  lo  ritiene  e 
con  r  altA  accenna  dov'  è  il  montone  da  far  sa- 
crifizio y  e  libera  Isac  dalla  morte.  Questa  storia 
è  veramente  bellissima ,  perchè  fra  l'altre  cose 
si  vede  differenza  grandissima  fra   le   delicate 
membra  d' Isac  e  quelle  de'  servi  più  robusti  , 
in  tanto  che  non  pare  che  vi  sia  colpo  ,  che  non 
sia   con  arte   gi\)ndissima   tirato  .  Mostrò  anco 
avanzar  se   medesimo  Lorenzo  in  quest'  opera 
nelle  difficultà  de'  casamenti  ,  e  quando  nasce 
Isac ,   Jacob  ed   Esaù  ,  o  quando  Esaù  caccia. 
p(*r  htv  la  volontà  del  padre ,  e  Jacob  ammae- 
strato da  Rebecca  porge  il  capretto  cotto,  aven- 
do la  pelle  intorno  al  collo ,  mentre  è  cercato  da. 
'  Isuc  ,  il  quale  gli  dà  la  benedizione.  Nella  quale 
storia  sono  cani  bellissimi  e  naturali  ,  oltra  le 
figure  che  fanno  quello  effetto  istesso  che  Jacob 
ed  Isac  e  Rebecca  ne  Ili  lor  fatti   quando  eran 
vifi  facevano .  Inanimito  Lorenzo  per  lo  studio 
dell'  arte  che  di  continuo  la  rendeva  più  facile , 
tentò  r  ingegno  suo  in  cose  più  arti  fi  zi  ose  e  dif- 
ficili ;  onde  fece  in  questo  sesto  quadro  Josef 
messo  da'  suoi  fratelli  nella  cisterna  ,  e  quando 
Io  vendono  a  que'  mercanti ,  «  da  loro  è  aonat# 


VITA  DI  LOftKNZO  GHIBEETI  SS 

a  Faracme ,  al  quale  interpreta  il  nogoo  della 
tàme  y  e  la  provvi(4t>iie  per  rimedio ,  e  gli  onori 
fatti  a  Josei'da  Faraone .  ^iiuilmente  yi  è  quan«- 
do  Jacob  manda  i  suoi  figliuoli  per  il  grano  in 
Egitto  f  e  che  riconosciuti  da  lui  li  fa  ritornare 
per  il  padre.  Nella  quale  storia  Lorenzo  fece  un 
tempio  tondo  girato  in  prospettiva  con  una  diiil- 
culra  grande  ,  nel  quale  son  dentro  6gure  in  di- 
Tersi  modi  che  caricano  grano  e  farine ,  ed  aniiii 
straordinari .  Parimente  vi  è  il  convito  che  fa 
loro  y  ed  il  nascondere  la  coppa  d*  oro  nel  sacco 
a  Beniamin  ,  e  V  essergli  trovata  ,  e  come  egli 
abbraccia  e  riconosce  i  fratelli  .  La  quale  istoria 
per  tanti  affetti  e  varietà  di  cose  9  e  tenuta  fra 
tutte  r  opere  la  più  degna,  la  più  difficile  ,  e  la 
più  bella  . 

£  veramente  Lorenzo  non  poteva  ,  avendo  si 
bello  ingegno  e  si  buona  grazia  in  questa  ma- 
niera di  statue  ,  fare  che  quando  gli  venivano 
in  mente  i  componimenti  delle  storie  belle  ,  e' 
non  facesse  bellissime  le  figure ,  come  appare  in 
auesto  settimo  quadro; dove  egli  figura  il  monte 
dinai,  e  nella  scmmità  Moisè  che  da  Dio  riceve 
le  leggi  riverente  e  inginocchioni .  A  mezzo  il 
monte  é  Josuè  che  V  aspetta  ,  e  tutto  il  popolo  a 
piedi  impaurito  per  i  tuoni  saette  e  tremuoti  in 
attitudini  diverse  fatte  con  una  prontezza  gran- 
dissima .  Mostrò  appresso  diligenza  e  grande 
amore  nell'  ottavo  quadro,  dov'egli  fece  quando 
Josuè  andò  a  Jerico  ,  e  volse  il  Giordano,  e  pos« 
i  dodici  padiglioni  pieni  delle  dodici  tribù ,  fi- 
gure molto  pronte  ;  ma  più  belle  sono  alcune  di 
bassorilievo  ,  quando  girando  con  l'arca  intorno 
alle  mura  della  città  predetta  ,  con  suono  di 
trombe  rovinano  le  mura,  e  gli  Ebrei  pigliano 


86  PAH  TE    SECONDA 

lerico  ;  nella  quale  è  diminuito  il  paese  ed  ab- 
bassato sempre  con  osserranza  dalle  prime  figu- 
re  ai  monti  ,  e  dai  monti  alla  città  ,  e  dalla  citt4 
al  lontano  del  paese  di  bassissimo  rilievo  ,  con- 
dotta tutta  con  una  gran  perfezione  .  £  percbc 
Lorenzo  di  giorno  in  giornr)  si  fece  pi&  pratico 
in  queir  arte,  si  vide  poi  nel  nono  quadro  la  oc- 
cisione  di  Golia  gigante  ,  al  quale  David  taglia 
la  testa  con  fanciullesca  e  nera  attitudine  ,  e 
rompe  lo  esercito  dei  Filistei  quello  di  Dio  ,dove 
Lorenzo  fece  cavalli ,  carri  y  ed  altre  cose  da 
guerra  .  Dopo  fece  David  che  tornando  con  la 
testa  di  Golia  in  mano ,  il  popolo  lo  incontra  so- 
nando e  cantando  ;  i  quali  affetti  soìi  tutti  propri 
e  vivaci .  Restò  a  far  tutto  quel  che  poteva  Lo- 
i*enzo  nella  decima  ed  ultima  storia  ,  dove  la 
regina  Sabba  visita  Salomone  con  grandissima 
corte  ;  nella  qual  pai*te  fece  un  casamento  tirato 
in  prospettiva  molto  bello,  e  tutte  V  aitile  figure 
simili  alle  predette  storie  ,  oitra  gli  ornamenti 
degli  architravi  che  vanno  intomo  a  dette  porte, 
dove  son  frutti  e  festoni  fatti  con  la  solita  bontà. 
Nella  quaF  opera  da  per  se  e  tutta  insieme  si  co« 
nosce,  qu^^nto  il  valore  e  lo  sforzo  d'uno  artefice 
statuario  possa  nelle  figure  quasi  tonde,  in  quelle 
mezze  ,  nelle  basse  ,  e  nelle  bassissime  operare 
eon  invenzione  ne'  componimenti  delle  ngure , 
e  stravaganza  dell'  attitudini  nelle  femmine  e 
ne'  maschi ,  e  nella  varietà  de'  casamenti ,  nelle 
prospettive ,  e  nell'  avere  nelle  graziose  arie  di 
ciascun  sesso  parimente  osservato  il  decoro  in 
tutta  l'opera,  ne' vecchi  la  gravità,  e  ne* giovani 
la  leggiadria  e  la  gi*azia  .  Ed  in  vero  si  può  dire 
che  questa  opera  abbia  la  sua  perfezione  in  tutte 
le  cose^  e  che  eUa  sia  la  più  beli'  opera  del  mon- 


TiTA  DI  LO&KRZO  GHIBSIITI         87 

io  y  e  che  si  sia  tìsU  mai  fra  gli  antichi  e  ma* 
demi.  £  ben  debbe  essere  yeramente  lodato  Lo- 
renxo,  dacché  un  giomoMichelagnolo  Buonarro- 
ti fermatosi  a  rader  questo  laToro  ^e  dimandato 
2ttel  cbe  glie  ne  paresse  ,  e  se  queste  porte  enin 
elle  f  rispose  :  Elle  son  tanto  beile^  eh'  elle  sta- 
rebbon  bene  alle  porte  del  paradiso  :  lode  vera- 
mente  propria ,  e  detta  da  chi  poteva  giudicarle. 
E  ben  le  potè  Lorenxo  condurre  y  ayendori , 
dall'  età  sua  di  Tenti  anni  che  le  cominciò ,  layo- 
rato  su  quaranta  anni  con  fatiche  ria  più  cbt 
estreme . 

Fu  aiutato  Lorenzo  in  ripulire  e  nettare  que* 
st'  opera  y  poiché  fu  gettata  ,  da  molti  allora 

SloTani  y  che  poi  furono  maestri  eccellenti ,  cioè 
a  Filippo  Brunelleschi  y  Masolino  da  Panicale, 
l^iccolo  Lamberti  01  elici  y  Farri  Spinelli  y  An- 
tonio Filareto  y  Paolo  Uccello ,  Antonio  del  Poi- 
laiuolo  che  allora  era  giovanetto  ,  e  da  molti 
altri  i  quali  praticando  insieme  intorno  a  quel 
lavoro  y  e  conferendo  come  si  fa  stando  in  com- 

CI  gnia  y  giovarono  non  meno  a  se  stessi  cbe  a 
orenzo.  Al  quale  >  oltre  al  pagamento  che  ebbe 
da'  consoli  y  donò  la  Signoria  un  buon  podere 
vicino  alla  badia  di  Settimo.  l<fé  passò  molto  cbe 
fu  fatto  de'  Signori  ed  onorato  del  supremo  ma- 
gistrato della  città  .  JìeI  cbe  tanto  meritano  di 
essere  lodati  i  Fiorentini  di  gratitudine  ,  guanto 
biasimati  di  essere  stati  verso  altri  uomini  eccel- 
lenti della  loro  patria  poco  grati.  Fece  Lorenzo, 
dopo  questa  stupendissima  opera  y  V  ornamento 
dì  bronzo  alla  porta  del  medesimo  tempio- che  é 
dirimpetto  alla  Misericordia  con  quei  maravi- 
gliosi  fogliami ,  i  quali  non  potette  finire  y  so- 
pnggiugnendogU  inaspettatamente  la  morte , 


88  PARTE    SECONDA 

quando  dava  ordine  ,  e  già  aveva  quasi  fatto  il 
modello  ,  di  rifare  la  detta  porta  cbe  già  aveTa 
falla  Andrea  Pisano  ,  il  quale  modello  è  oggi 
andato  male  ,  e  lo  vidi  già  y  essendo  gioyanejtto , 
in  borgo  A.ilegri ,  prima  che  dai  discendenti  di 
Lorenzo  fusse  lasciato  andar  male  . 

Ebbe  Lorcnso  un  figliuolo  chiamato  Bonac- 
ttorso,  il  quale  finì  di  sua  mano  il  fregio  e  queii' 
ornamento  rimaso  imperfetto  con  grandissima 
diligenza  ;  queir  ornamento  ,  dico  ,  il  quale  è  la 

Siù  rara  e  maravigliosa  cosa  cbe  si  possa  veder 
i  bronzo.  Non  fece  poi  Bonaccorso,  perchè  morì 
giovane  ,  molte  opere  ,  come  arebbe  fatto  ,  es- 
sendo a  lui  rimaso  il  segreto  di  gettare  le  cose  in 
modo  che  venissono  sottili ,  e  con  esso  la  spe- 
rienza  ed  il  modo  dUl  straforare  il  metallo  in  quel 
modo  che  si  veggiono  essere  le  cose  lasciate  da 
Lorenzo  ,  il  quale  oltre  le  cose  di  sua  mano  ,  la- 
sciò agli  eredi  molte  anticaglie  di  marmo  e  di 
bronzo  ,  come  il  letto  di  Policleto  ,  eh'  era  cosa 
rarissima  ,  una  gamba  di  bronzo  grande  quanto 
é  il  vivo^  ed  alcune  teste  di  femmine  e  di  maschi 
con  certi  vasi  stati  da  lui  fatti  condurre  di  Grecia 
con  non  piccola  spesa  .  Lasciò  parimente  alcuni 
torsi  di  figure  e  altre  cose  molte  ,  le  quali  tutte 
furono  insieme  con  le  facultà  di  Lorenzo  man- 
date male,  e  paiate  vendute  a  M.  Giovanni  Gaddi 
allora  cherico  di  Camera ,  e  fra  esse  fu  il  detto 
Ietto  di  Policleto  e  V  altre  cose  migliori .  Di 
Bonaccorso  rimase  un  figliuolo  chiamato  Yetto* 
rio ,  il  quale  attese  alla  scultura  ,  ma  con  poca 
profitto,  come  ne  mostrano  le  teste  che  a  Napoli 
fece  nel  palazzo  del  Duca  di  Gravina  ,  che  non 
sono  molto  buone,  perché  non  attese  mai  all'ar- 
te con  amore  né  con  diligenza. ,  ma  si  bene  a 


TITA  M  LORCmO  GRIBERTI  89 

mandare  in  malora  le  fecullé  ed  altre  cose  che  gli 
furono  lasciate  dal  padre  e  dall'  arolo  .  Final- 
mente andando  sotto  Papa  Paolo  III.  in  Ascoli 
per  architetto,  nn  suo  servitore  per  rubarlo  mia 
notte  lo  scannò  ;  e  così  spense  la  sua  famiglia  , 
ma  non  già  la  fama  di  Lorenso  che  TÌverd  in 
etemo. 

Ma  tornando  al  detto  Lorenso  ,  egli  attese 
mentre  visse  a  piA  cose,  e  dilettossi  della  pittura 
e  di  lavorar  di  vetro  ;  ed  in  Santa  Maria  del 
Fiore  fece  quegli  occhi  che  sono  intorno  alla 
cupola  9  eccetto  uno  che  e  di  mano  di  Donato  y 
che  è  quello  dove  Cripto  incorona  la  nostra  Don- 
na .  Fece  similmente  Lorenzo  li  tre  che  sono 
sopra  la  porta  principale  di  essa  S.  Maria  del 
Fiore  y  e  tutti  quelli  delie  cappelle  e  delle  tri- 
bune ;  così  r  occhio  della  facciata  dinanzi  di  S. 
Croce  .  In  Arezzo  fece  una  finestra  per  la  cap- 
pella maggiore  della  Pieve  ,  dentrovi  la  incoro- 
nazione di  nostra  Donna  ;  e  due  altre  figure  per 
Lazzaro  di  Feo  di  Baccio  mercante  ricchissimo  ; 
ma  perchè  tutte  furono  di  vetri  viniziani  cari- 
chi di  colore  ^  fanno  i  luoghi  dove  furono  poste 
anzi  oscuri  che  no.  Fu  Lorenzo  dato  per  com- 
pagno al  Biunellesco  quando  gli  fu  allogata  la 
cupola  di  S.  Maria  del  Fiore  ;  ma  ne  fu  poi  le- 
Tato  y  come  si  dirà  nella  vita  di  Filippo . 

Scrisse  il  medesimo  Lorenzo  un'  opera  volga- 
re ,  nella  quale  trattò  di  molte  varie  cose  ,  ma  si 
fattamente  che  poco  costrutto  se  ne  cava  .  Solo 
vi  è  per  mio  giudizio  di  buono  ,  che  dopo  avere 
ragionato  di  molli  pittori  antichi  y  e  particolar- 
mente di  quelli  citati  da  Plinio  ,  fa  menzione 
brevemente  di  €imabue  ,  di  Giotto  ,  e  di  molti 
aitridi  quei  tempi ,  %  ciò  fece  con  molto  pi& 


go  PARTE    SECOtiDA 

hneviti  che  non  doveva  ,  non  per  altra  cagione  ^ 
che  per  cadere  con  bel  modo  in  ragionamento 
di  se  atesso  e  raccontare  y  come  fece  >  minuta- 
mente a  una  per  una  tutte  le  opere  sue .  Né  ta- 
ceri che  egli  mostra  il  lilnro  essere  stato  fiitto 
da  altri  y  e  poi  nel  processo  dello  scrivere,  come 
quegli  che  sapea  meglio  disegnare ,  scarpellare  f 
^  e  gettare  di  bronco  che  tessere  storie,  parlando 
di  se  stesso  dice  in  prima  persona  :  io  feci ,  io 
dissi  y  io  faceva  e  diceva  .  Finalmente  pervenuto 
air  anno  sessantaquattresimo  della  sua  vita ,  as« 
salito  da  una  grave  e  continua  feblure  si  mori , 
lasciando  di  se  fama  immortale  nell*  opere  che 
egli  fece  e  nelle  penne  degli  scrittm  ;  e  fu  ono- 
revolmente sotterrato  in  S.  Croce.  Il  suo  ritratto 
è  nella  porta  principale  di  bronzo  del  tempio  di 
S.  Giovanni  nel  fregio  del  meszo,  quando  è  chiu- 
sa ,  in  un  uomo  calvo  ,  ed  a  lato  a  lui  è  Barto- 
luccio.suo  padre  ,  ed  appresso  a  loro  si  leggono 
queste  parole  :  LAURENTII  Cionis  de  Ghibertu 
mira  arte  fabricatum  .  Furono  i  disegni  di  Lo- 
renzo eccellentissimi ,  e  fatti  con  gran  rilievo  , 
come  si  vede  nel  nostro  libro  Ae  disegni  in  un 
Evangelista  di  sua  mauo  ,  ed  in  alcuni  altri  di 
chiaroscuro  bellissimi . 

Disegnò  anco  ragionevolmente  Bartoluccio  suo' 
padre,  come  mostra  un  altro  Evangelista  di  sua 
mano  in  sul  detto  libro,  assai  men  buono  che 

2uello  di  Lorenzo .  I  quali  disegni  con  alcuni  di 
riotto  e  d'  altri  ebbi ,  essendo  giovanetto ,  da 
Vettorio  Ghibei*ti  V  anno  i5a8,  e  gli  ho  sempre 
tenuti  e  tengo  in  venerazìone,e  perchè  sono  belli 
e  per  memoria  di  tanti  uomini  .  E  se  quando  io 
aveva  stretta  amicizia  e  pratica  con  Vettorio ,  io 
avessi  quello  conosciuto  che  ora  conosco,  mi  sa- 


VITà  DI  LORINCO  GHIBERTT  91 

ycbbe  agerolmente  Tenuto  fatto  d*  arere  ayuto 
molte  altre  coae  che  furono  di  Lorenzo  Tera- 
mente  bellissime  .  Fra  molti  yersi  che  latini  e 
▼oigarì  sono  stati  fatti  in  diversi  tempi  in  lo<le  di 
Lorenzo  ,  per  meno  essere  noiosi  a  chi  legge  ci 
basterà  porre  qui  di  sotto  gP  infrascritti  : 

Dum  cernii  valvas  auraio  ex  aere  nttentes 
In  tempio  Michael  Angelus ,  oòstupuit  : 

Ationitusque  dia ,  sic  alia  sileniia  rupit  : 
O  diyinum  opus  !  Ojanua  digna  polo  ! 


A.r,  '^'TuZZ^J'O   IDA  IFAKir.^ir.i: 


VITA 
DI  MASOLINO  DA  PANICALE 

PITTOR  FIORENTlNa 


IjrraDdtMimo  Teramente  credo  cbe  sia  il  oon^ 
tento  di  coloro  che  8i  arTÌcinano  al  sommo  grado 
Stella  scienza  in  che  si  affaticano  ,  e  coloro  pari- 
mente cbe  oltre  al  diletto  e  piacere  cbe  sentono 
"rirtttosamente  operando,  godono  qnalcbe  frutto 
delle  lor  faticbe,  viirono  TÌta  sensa  dubbio  quieta 
e  felicissima  .  E  se  per  caso  aTTienè  che  uno  nel 
corso  felice  della  sua  yita ,  camminando  alla 
perfezione  d'una  qualcbe  scienaa  o  arte,  sia  dalla 
morte  sopraTrenuto^non  rimane  del  tutto  spenta 
la  memoria  di  lui ,  se  si  sarà  per  conseguire  il 
Tero  fine  dell'  arte  sua  loderolmente  affaticato  . 
Laonde  dee  ciascuno  quanto  yaò  fatigare  per 
conseguire  la  perfezione  ;  percné  sebbene  è  nel 
mezzo  del  corso  impedito ,  si  loda  in  lai,  se  non 
l'opere  cbe  non  ba  potuto  finire ,  almeno  V  otti- 
ma intenzione  ed  il  sollecito  studio  cbe  in  quel 
poco  cbe  rimane  è  conosciuto .  Masolino  da  Pa- 
nicale  di  Valdelsa  ,  il  qual  fu  discepolo  di  Lo- 
renzo di  Bartoluccio  Gbiberti  ,  e  nella  sua  fan- 
ciullezza buonissimo  orefice ,  e  nel  lavoro  delle 
porte  il  miglior  rinettatore  che  Lorenzo  avesse , 
in  nel  fare  i  panni  delle  fiffure  molto  destro  e 
Talento  ,  e  nel  rinettare  ebbe  moHo  buona  ma^ 
niera  ed  intelligenza  .  Onde  nel  cesellare  fece 
con  più  destrezza  alcune  ammaccature  morbi- 
damente ,  cosi  nelle  membra  uinane  come  nei 


94  PARTI    aiiiOIfSA 

Sanili .  Diedesi  costai  alla  pittura  d'  età  d'  atitii 
iciannove  ed  in  quella  si  e^rcitò  poi  sempre  , 
imparando  il  colorire  da  Gherardo  dello  Star* 
nina  •  £d  andatosene  a  Roma  per  studiare^  men* 
tre  die  tì  dimorò  fece  la  sala  di  casa  Orsina 
Tccchìa  in  monte  Giordano:  poi  per  un  male  che 
Taria  gli  faceva  alla  testa  tornatosi  a  Fiorenza, 
fece  nel  Carmine  allato  alla  cappella  del  Crocir 
fisso  là  figura  del  S.  Pietro  che  vi  si  Tede  anco- 
ra ;  la  quale  essendo  dagli  artefici  lodata  ,  fu 
cagione  che  gli  allogarono  in  detta  chiesa  la  cap* 

Sella  de'  Brancacci  con  le  storie  di  S.  Pietro  p 
ella  quale  con  gran  studio  condusse  a  fine  uni^ 
parte  ,  come  nella  rolta  ,  dove  sono  i  quattro 
ETangelistì  e  doTC  Cristo  toglie  dalle  reti  An- 
drea e  Pietro  y  e  dopo  il  suo  piangere  il  peccato 
fatto  quando  lo  nego ,  ed  appresso  la  sua  predi- 
cazione  per  conrertire  i  popoli .  FeccTi  il  tem» 

Pastoso  naufragio  degli  Apostoli  ,  e  quando  S. 
ietro  libera  dal  male  Petronilla  sua  bgliuola  . 
E  nella  medesima  storia  fece  quando  egli  e  Gio- 
vanni vanno  al  tempio  y  dove  innanzi  al  portico 
è  quel  povero  infermo  che  gli  chiede  la  limosina, 
al  quale  non  potendo  dare  né  oro  né  argento,  col 
segno  della  croce  lo  libera.  Son  fatte  le  figure 
per  tutta  queir  opera  con  molta  buona  grazia  , 
e  dato  loro  grandezza  nella  maniera  ^  morbidezza 
ed  unione  nel  colorire ,  e  rilievo  e  forza  nel  di- 
segtìo  .  La  quale  opera  fu  stimata  molto  per  la 
novità  sua^  per  V  osservanza  di  molle  parti  che 
ei*ano  totalmente  fuori  della  maniera  di  Giotto: 
le  quali  storie  sopraggiunto  dalla  morte  lasciò 
imperfette  •  Fu  persona  Ma&olino  di  buonissimo 
ingegno,  e  m)lto  unito  e  facile  nelle  sue  pitture, 
le  quali  con  diligenza  •  con  grand'  amora  a  fine 


TITA  m  MASOLlIfO  DA  PÀNlCALE      95 

iA  TegffOBo  condotte .  Questo  studio  e  questa  to- 
iontà  d' affaticarsi  cb*  era  in  lui  del  continoTO,  gli 
generò  una  cattila  complessione  di  corpo ,  la 
quale  innanzi  al  tempo  gli  terminò  la  rita ,  e 
troppo  acerbo  lo  tolse  al  mondo .  Morì  Masolino 
giovane  d'età  d'anni  trentasette, troncando  l'as* 
pettazione  cbe  i  popoli  are  va  no  concetta  di  lui  . 
Furono  le  pitture  suer  circa  l'anno  i44o*E 
Paolo  ScbiaTo  y  cbe  in  Fiorenza  in  sul  canto 
de'  Gori  fece  la  nostra  Donna  con  le  figure  cbe 
scortano  i  piedi  in  su  la  cornice,  s'incegnò  molto 
di  seguir  la  maniera  di  Masolino  :  1'  opere  del 
quale  avendo  io  molte  volte  considerato ,  trovo 
la  maniera  sua  molto  variata  da  quella  di  coloro 
cbe  furono  innanzi  a  lui ,  avendo  egli  aggiunto 
maestà  alle  figure  ,  e  fatto  il  panneggiare  mor<. 
bido  e  con  belle  falde  di  piegtie  .  Sono  anco  le 
teste  delle  sue  figure  molto  migliori  cbe  1*  altre 
fatte  innanzi ,  avendo  egli  trovato  un  poco  me- 

flio  il  girare  degli  Occbi,  e  nei  corpi  molte  altre 
elle  parti .  £  percbé  egli  cominciò  a  intender 
benel'  ombre  ed  i  lumi  ,  percbé  lavorava  di  ri- 
lievo f  fece  benissimo  molti  scorti  difficili ,  come 
fi  vede  in  quel  povero  cba  cbiede  la  limosina  a 
S.  Pietro  y  u  quale  ba  la  gamba  cbe  manda  in 
dietro  tanto  accordata  con  le  linee  de'  dintorni 
nel  disegno  e  1'  ombre  nel  colorito  j  cbe  pare 
eh'  ella  veramente  bucbi  quel  muro  .  Cominciò 
similmente  Masolino  a  fare  ne'  volti  delle  fem- 
mine Tarie  più  dolci,  ed  ai  giovani  gli  abiti  piA 
leggiadri  cbe  non  avevano  fatto  gli  artefici  vec- 
chi ,  ed  anco  tirò  di  prospettiva  ragionevolmen- 
te .  Ma  quello  ,  in  cbe  valse  più  cbe  in  tutte  l'al- 
tre cose ,  fu  nel  colorire  in  fresco  ;  percbé  egli 
ciò  fece  tanto  bene  ,  cbe  le  pitture  sue  sono  sfu- 


9^  F  ARTE   5  ECOKDA 

mate  ed  unite  con  tanta  grazia,  che  le  carni  ha», 
no  quella  maggior  morbidezza  che  si  può  im* 
maginare  .  Onde  se  avesse  aTuto  T  intera  perfe- 
zione del  disegno  ,  come  avrebbe  forse  avuto  se 
fusse  stato  di  più  lunga  vita  ,  si  sarebbe  costui 
potuto  annoverare  fra  i  migliori  :  perché  sono 
l'opere  sue  condotte  eoa  buona  grazia ,  hanno 
grandezza  nella  maniera,  morbidezza  ed  union t 
nel  colorito ,  ed  assai  rilievo  e  forza  nel  disegno, 
sebbene  non  é  in  tutte  le  parti  perfetto  • 


VITA 
DI    FARRI    SPINELLI 

PITTOR  ARETINO. 


X  ani  di  Spinello  Spinelli  dipintore  aretina 
ateodo  imparato  i  primi  principj  dell* arte  <lallo 
itesso  suo  padre,  per  inezso  di  M.  Lii>nard^  Bra«» 
ni  aretino,  condotto  in  Firenze  ,  fu  ricevutor  da 
Lorenzo  Ghiberti  nella  scuola  ,  dove  molti  ({io* 
vani  Botto  la  sua  disciplina  impara  vano  {  e  per- 
chè allora  si  rinettarano  le  porte  di  S.  GioTanni, 
fu  messo  a  lavorare  inturno  a  quelle  fig^re  ia 
compagnia  di  molti  altri  y  covom  si  è  detto  di  so- 
pra .  ^ei  che  fare  presa  amicizia  eoa  Masolino 
da  Panica  le  ,  perchè  gli  piaceva   il  suo  modo  di 
disegnare  ,  l'andò  in  molte  cose  imitando  ,  sicco* 
me  fece  ancora  in  parte  la  maniera  di  Don  Lo* 
renzo  degli  Angeli  .  Fece  Farri   le  sue  figure 
molto  più  svelte  e  lunghe  che  niun  pittore  che 
fusse  stato  innanzi  a  lui ,  e  dove  gli  altri  le  fanno 
il  più  di  dieci  teste  ,  egli  le  fece  d*  undici  e  tal- 
volta di  dodici  ,  né  perciò  avevano  disgrazia  , 
comecché  fossero  sottili  e  facessero  sempre  arco 
o  in  sul  lato  destro  o  in  sul  manco  ,  perciocché  , 
siccome  pareva  a  lui ,  avevano  ,  o  lo  diceva  egli 
stesso  ,  più   bravura  .  Il  panneggiare  de'  panni 
fu  sottilissimo  e  copioso  ne*  lembi ,  i  quali  alle 
sue  figure  casca^vano  di   sopra  le  braccia  insino 
attorno  ai  piedi .  Color)  benissimo  a  tempera  , 
ed  in  fresco  perfettamente  ;  e  fu  egli  il  primo 
ehe  nel  lavorare  in  fresco  lasciasse  il  fare  di  yet» 
Fot.  IL  7 


98  PARTE    SECONDA 

daccio  sotto  le  carni ,  per  poi  con  rossetti  di  co* 
lor  di  carne  e  cbiariscuri  a  uso  d*  acquerelli  ye<* 
larle  ,  siccome  aveva  fatto  Giotto  e  gli  altri  vec- 
chi pittori  ;  anzi  usò  Farri  i  colori  sodi  nel  far 
le  mestiche  e  le  tinte  y  mettendoli  con  molta  di- 
screzione dove  gli  parea  che  meglio  stessono  f 
cioè  i  chiari  nel  più  alto  luogo  ,  i  mezzani  nelle 
bande  ,  e  nella  fine  de'  contorni  gli  scuri .  Gol 
qual  modo  di  fare  mostrò  nell'opere  più  facilità, 
e  diede  più  lunga  vita  alle  pitture  in  fresco  ; 
perchè  messi  i  colori  ai  luoghi  loro  y  con  un 
pennello  grossetto  e  molliccio  le  univa  insieme  , 
e  faceva  Topere  con  tanta  pulitezza  ,  che  non  si 
può  disiderar  meglio,  ed  i  coloriti  suoi  non  han- 
no paragone .  Essendo  dunque  stato  Pan*i  fuor 
delia  patria  molti  anni,  poiché  fu  morto  il  padre 
fu  dai  suoi  richiamato  in  Arezzo  ,  laddove  oltre 
molte  cose  ,  le  quali  troppo  sarehhe  lungo  rac- 
contare ,  ne  fece  alcune  degne  di  non  essere  in 
ninna  guisa  taciute  .  Nel  Duomo  vecchio  fece  in 
fresco  tre  nostre  Donne  variate  ,  e  dentro  alla 
principal  porta  di  quella  chiesa  entrando  a  man 
manca  dipinse  in  fresco  una  storia  del  B.Tomma- 
suolo  romito  dal  Sacco,  ed  uomo  in  quel  tem- 
po di  santa  vita;  e  perchè  costui  usava  ai  portare 
in  mano  uno  speccnio  dentro  al  quale  vedeva  , 
secondo  eh'  egli  affermava  ,  la  passione  di  Gesù 
Cristo ,  Farri  lo  ritirasse  in  quella  storia  inginoC'- 
chioni  e  con  quello  specchio  nella  destra  mano  , 
la  quale  egli  teneva  levata  al  cielo  ;  e  di  sopra 
facendo  in  un  trono  di  nuvole  Gesù  Cristo  ed 
intomo  a  lui  tutti  i  misterì  della  passione ,  fece 
con  hellissima  arte  che  tutti  riverberavano  in 
quello  specchio  sì  fattamente  ,  che  non  solo  il  B. 
Tommasmolo^ma  gli  vedeva  ciascuno  che  quella 


YITA  DI  FABKI  SPIUELLl  99 

pittura  miraTa  •  La  quale  invensione  certo  At 
capricciosa  ,  difficile  y  e  tanto  bella,  che  ha  inse- 
guato  a  cbi  è  venuto  poi  a  contraffare  molte  com 
per  via  di  speccbi .  Ne  tacerò  ,  poicbè  sono  in 
questo  proposito  venuto  ,  quello  che  operò  que- 
sto santo  uomo  una  volita  in  Arezzo  ,  ed  ^  4^^ 
sto  :  non  restando  egli  di  affaticarsi  continua- 
mente per  ridurre  gli  Aretini  in  concordia  ,  ora 
predicando  e  talora  predicendo  molte  disaweiw 
ture  ,  conobbe  finalmente  che  perdeva  il  tempo. 
Onde  entrato  un  giorno  nel  palazzo  dove  i  Ses- 
janta  si  ragunavano  ,  il  detto  beato  ,  che  ogni  di 
gli  vedeva  far  consiglio  e  non  mai  deliberar  cosa 
che  (usse  se  non  in  danno  della  città  ,  quando 
vide  la  sala  esser  piena  ,  s'  empiè  un  gran  lembo 
della  veste  di  carboni  accesi ,  e  con  essi  entrato 
dove  erano  i  Sessanta  e  tutti  gli  altri  magistrati 
della  città,  gli  gettò  loro  fra  i  piedi,  ardita  mente 
dicendo  :  Signori ,  il  fuoco  è  fra  voi  ,  abbiate 
cura  alla  rovina  vostra  ;  e  ciò  detto  si  partì  . 
Tanto  potette  la  simplicità  e  ,  come  voile  Dio  y 
il  buon  ricordo  di  quel  sant'  uomo  ,  che  quello 
che  non  avevano  mai  potuto  le  predicazioni  e  le 
minacce  ,  adoperò  compiutamente  la  detta  azio- 
ne :  conciofussecbè  uniti  indi  a  non  molto  insie^ 
me,  governarono  per  molti  anni  poi  quella  città 
con  molta  pace  e  quiete  d'ognuno.  Ma  tornando 
a  Farri,  dopo  la  detta  opera  dipinse  nella  chiesa 
e  spedale  di  S.  Gristofano  accanto  alla  compa- 
gnia della  Nunziata  per  mona  Mattea  de'  Testi 
moglie  di  Carcascion  Florinaldi  ,  che  lasciò  a 
quella  chiesetta  bonissima  entrata  ,  in  una  cap- 
pella a  fresco  Cristo  crocifisso  ,  ed  intorno  e  da 
capo  molti  angeli  che  in  una  certa  aria  oscura 
volando  piangono  amaramente  :  a  pie  della  ero- 


too        rARTE  Aecouda 

ce  SODO  da  una  banda  la  Maddalena  e  l'altre  Ma- 
rie che  tengono  in  braccio  la  nostra  Donna  tra- 
mortita y  e  dall'  altra  S.  Iacopo  e  S.  Cristofano  • 
Nelle  facce  dipinse  S.  Caterina ,  S.  Niccolò , 
la  Nunùata ,  e  Gesù  Cristo  alla  colonna  ;  e  sopra 
la  porta  di  detta  chiesa  in  un  arco  una  Pietà  ,  S. 
Giovanni  y  e  la  nostra  Donna .  Ma  quelle  di  dcn-. 
tro  sono  ,  dalla  cappella  in  fuori ,  state  guaste  > 
e  r  arco,  per  mettere  una  porta  di  macigno  mo- 
derna ,  fìi  roTinato ,  e  per  fare  ancora  con  V  en- 
trate di  quella  compagnia  un  monasterio  per 
cento  monache  .  Del  quale  monasterio  aveva 
fatto  un  modello  Giorgio  Vasari  molto  conside- 
rato ;  ma  è  stato  poi  alterato  j  anzi  ridotto  in 
malissima  forma  da  ehi  ha  di  tanta  fabbrica  a- 
Yuto  indegnamente  il  governo;  essendo  che  bene 
spesso  si  percuote  in  certi  uomini,  come  si  dice^ 
saccenti  che  per  lo  più  sono  ignoranti  j  i  quali 
per  parere  d' intendere  si  mettono  arrogante- 
mente molte  volte  a  voler  far  T  architetto  e  so- 
praintendere  ,  e  suastano  il  più  delle  volte  gli 
ordini  ed  i  modelli  fatti  da  coloro  ,  che  consu- 
mati negli  studi  e  nella  pratica  del  fare  y  archi- 
tettano ffiudiziosamente  ,  e  ciò  con  danno  de'po» 
steri  y  che  perciò  vengono  privi  dell'  utile  ,  co- 
modo ,  bellezza  ,  ornamento  y  e  grandezza  che 
nelle  fabbriche  y  e  massimamente  che  hanno  a 
servire  al  pubblico  y  sono  richiesti .  Lavorò  an- 
cora Farri  nella  chiesa  di  S.  Bernardo  mona- 
sterio de'  monaci  di  Monte  Oliveto  dentro  alla 
porta  principale  due  cappelle  che  la  mettono  in 
mezzo  .  In  quella  che  e  a  man  ritta  intitolata 
alla  Trinità  fece  un  Dio  Padre  che  sostiene  con 
le  braceia  Cristo  crocifisso,  e  sopita  è  la  colomba 
dello  Spirito  Santo  io  un  coro  d'  angeli ,  ed  in 


VITA  DI  PARIU  SPINELLI-  lOi 

una  faccia  della  medesima  dipinse  a  fresco  alcuni 
M  santi  perfettamente  .  Nell'altra  dedicata  alla 
nostra  Donna  è  la  natività  di  Cristo,  ed  alcune 
ièmmine  che  in  una  tinelletta  di  legno  lo  lavano 
eoa  una  grasia  donnesca  troppo  bene  espressa  • 
Vi  sono  anco  alcuni  pastori  nel  lontano  che 
(«ardano  le  pecorelle  con  abiti  rusticali  di  quei 
tempi  f  molto  pronti  ed  attentissimi  alle  pai-ole 
dell  Ab^Io,  che  dice  loro  che  vadano  in  Nas^ 
calette.  rieìV  altra  faccia  è  l'adoraxione  de'Magi 
con  carriaggi  9  cammelli ,  giraffe  ,  e  con  tutta  la 
corte  di  que'  tre  re  ,  i  quali  offerendo  reverente- 
ttiente  i  loro  tesori  j  adorano  Cristo  in  grembo 
aila  madre  .  Fece  oltre  ciò  nella  volta  ed  in  aU 
coni  frontespisi  di  fuori  alcune  storie  a  fresco 
bellissime.  Difesi  cke  predicando,  mentre  Farri 
faceva  quest*  opera  ,  fra  Bernardino  da  Siena 
frate  di  S.  Francesco  ed  uomo  di  santa  vita  in 
Arezzo  ,  e  avendo  ridotto  molti  dei  suoi  frati  al 
vero  vivere  religioso  ,  e  convertite  molte  altre 
persone  ,  che  nel  far  loro  la  chiesa  di  Sargiano 
fece  fare  il  modello  a  Farri  :  e  che  dopo  avendo 
inteso  che  lontano  dalla  città  un  miglio  si  face- 
vano molte  cose  brutte  in  un  bosco  vicino  a  una 
fontana  ,  se  n'  andi  là  seguitate  da  tutto  il  po- 
polo d'  Arezzo  una  mattina  con  una  gran  croce 
di  legno  in  mano,  sieoome  costumava  di  portare^ 
e  che  fistta  una  solenne  predica ,  fece  disfar  la 
fonte  e  tagliar  il  bosco  ,  e  dar  principio  poco 
dopo  a  uua  cappelletta  che  vi  si  niblM'ic&  a  ono- 
re di  nostra  Donna,  con  titolo  di  S.  Maria  delle 
Grazie  ;  dentro  la  quale  volle  poi  che  Farri  di^ 
pignesse  di  sua  mano  ,  come  fece  ,  la  Vergine 
gloriosa,  che  aprendo  le  braccia  cuopre  col  suo 
manto  tiiUo  il  popolo  d'  Arezzo  •  La  quale  San- 


163  PARTE    SC€ONDA 

tissima  Vergine  ha  poi  fatto  e  fa  di  contintio  in 
quel  luogo  molti  miracoli  .  In  questo  luogo  ha 
fatto  poi  la  comunità  d'  Arezzo  fare  una  bellis- 
sima chiesa  ,  ed  in  mezzo  di  quella  accomodata 
la  nostra  Donna  fatta  da  Farri  ,  alla  quale  sono 
stati  fatti  molti  ornamenti  di  marmo  e  di  figure 
attorno  e  sopra  V  altare  ,  come  si  è  detto  nelU 
Tita  di  Luca  della  Robbia  e  di  Andrea  suo  nipo- 
te y  e  come  si  db'à  di  mano  in  mano  nelle  vite  di 
coloro  r  opere  de'  quali  adornano  quel  santo 
luogo .  Farri  non  molto  dopo  ,  per  la  divozione 
che  aveva  in  quel  santo  uomo ,  ritrasse  il  detto 
S.  Bernardino  a  fresco  in  un  pilastro  grande  del 
Duomo  vecchio  :  nel  qual  luogo  dipinse  ancor  in 
una  cappella  dedicata  al  medesimo  quel  santo 

Slorificato  in  cielo ,  e  circondato  da  una  legione 
'  angeli  con  tre  mezze  figure  ,  due  dalle  bande 
che  erano  la  Facienza  e  la  Foverti  ,  ed  una  so-i 
pra  eh'  era  la  Castità  ;  le  quali  tre  virtù  ebbe  in 
sua  compagnia  quel  santo  insino  alla  morte  • 
Sotto  i  piedi  aveva  alcune  mitrie  da  vescovi  • 
cappelli  da  cardinali ,  per  dimostrare  che  facen- 
dosi beffe  del  motido  ,  aveva  cotali  dignità  di- 
spregiatele sotto  a  queste  pitture  era  ritratta  1« 
città  d'  Arezzo  nel  modo  che  ella  in  que'  tempi 
si  trovava.  Fece  similmente  Farri  fuor  del  Duo- 
mo per  la  compagnia  della  Nunziata  in  una  cap- 
pel  letta  ovvei*o  maestà  in  fresco  la  nostra  Don« 
na,  che  annunziata  dalT  Angelo  per  lo  spavento 
tutta  *  si  torce  ;  e  nel  cielo  della  volta  che  é  a 
crociere  fece  in  ogni  angolo  due  angeli  ,  che 
volando  in  aria  e  facendo  musica  con  varj  stru- 
menti ,  pare  che  s'accordino  e  che  quasi  si  senta 
dolcissima  armonia  ;  e  nelle  facce  sono  quattro 
santi ,  cioè  due  per  lato.  Ma  quello  in  cne  mo- 


VITA  DI  FARRI  SPIUELLI  lo3 

gtrò  di  aTcre  Tarlando  espresso  il  suo  concetto  , 
ai  vede  ne'  due  pilastri  che  reggono  V  arco  di- 
nanzi ,  dove  è  1'  entrata  ;  perciocché  in  uno  è 
una  Carità  bellissima  che  affettuosamente  allatta 
un  figliuolo  ,  a  un  altro  fa  festa ,  ed  il  terso  tien 
per  la  mano;  nelFaltro  è  una  Fede  con  un  nuovo 
•modo  dipinta  ,  avendo  in  una  mano  il  calice  e  la 
croce;  e  nel!'  altra  una  tassa  d'acqua  la  quale 
versa  sopra  il  capo  d*  un  putto  ,  facendolo  cri- 
stiano ;  le  quali  tutte  figure  sono  le  migliori 
senza  dubbio  che  mai  fiicesse  Farri  in  tutta  la 
sua  vita,  e  sono  esiandio  appresso  i  moderni  ma« 
ravigliose  .  Dipinse  il  medesimo  dentro  la  città 
nella  chiesa  di  S. Agostino  dentro  al  coro  de'frati 
molte  figure  in  fresco^che  si  conoscono  alla  ma- 
niera de'  panni  ed  all'  essere  lunghe  ,  svelte  ,  e 
torte ,  come  si  è  detto  di  sopra  .  Nella  chiesa  di 
S.  Giustino  dipinse  in  fresco  nel  tramesso  un  S. 
Martino  a  cavallo  che  si  taglia  un  lembo  della 
veste  per  darlo  a  un  povero  ,  e  due  altri  santi  • 
Nel  vescovado  ancora  ,  cioè  nella  facciata  d'  un 
muro  ,  dipinse  una  Nunsiata  che  oggi  è  messo 
guasta  per  essere  stata  molti  anni  scoperta.  Nella 
pieve  della  medesima  città  dipinse  la  cappella 
che  è  oggi  vicina  alla  stansa  dell'opera,  la  quale 
dair  umidità  é  stata  quasi  del  tutto  rovinata  • 
£*  stata  grande  veramente  la  disgrasia  di  questo 
povero  pittore  nelle  sue  opere  ;  poiché  quasi  la 
maggior  parte  di  quelle  o  dair  umido  o  dalle  ro* 
Vine  sono  state  consumate.  In  una  colonna  tonda 
di  detta  pieve  dipinse  a  fresco  un  S.  Y incensio , 
ed  in  S.  Francesco  fece  per  la  famiglia  de'  Vi- 
viani  intomo  a  una  Madonna  di  messo  rilievo 
alcuni  santi ,  e  sopra  nell'  areo  gli  Apostoli  che 
xii^evono  le  Spirito  Santo  :  nella  volta  alcuni 


io4  FAATK    SCCOVUA, 

altri  santi ,  e  da  un  iato  Cristo  con  la  croce  in 
spalla  cbe  Tersa  dal  costato  sangue  nel  calice  ^ 
ed  intorno  a  esso  Cristo  alcuni  angeli  molto  ben 
fatti.  Dirimpetto  a  questa  fece  per  b  compagnia 
degli  searpelliiii  ^  muratori ,  e  legnaiuoli  ni;lla 
loro  cappella  de'  quattro  Santi  incoronati  una 
nostra  Donna ,  i  detti  santi  con  gli  strumenti 
di  quelle  arti  in  mano  ^  e  di  sfitto  pure  in  TrescHi 
due  storie  de  fatti  loro  ,e  quand  i  sono  decapi» 
tati  e  gettati  in  mare  .  Nella  quale  opera  sono 
attitudini  e  forze  iM'llissime  in  coloro  che  si  le- 
yano  que*  corpi  inhaeenti  sopra  le  spalle  per 
poi'tar^li  ai  mare  ^  vi^dcntli».^]  in  loio  prontezza 
CTivacità.  Dipinse  ancora  inS.  Domenico  vicino 
air  aitar  maggiore  nella  facciata  ij-stra  una  no» 
itra  Donna  ,  S.  Antonio  ,  e  S.  IVtccolò  a  fresco 
perla  famiglia  degli  Alberti  da  Catenaia ,  del 
qual  luogo  erano  signori  ,  prima  cbe  rovinato 
quello  9  venissero  ad  abitare  Arezzo  eFii*enze  : 
e  che  siano  una  medesima  cosa  lo  dimostra  Tar^ 
me  degli  uni  e  degli  altri  die  è  la  medesima  . 
Ben  e  vero  cbe  oggi  quelli  d*  Arezzo  non  degli 
Alberti ,  ma  da  Catenaia  sono  cbiamati,  e  quelli 
di  Firenze  non  da  Catena ia  ,  ma  degli  Alberti  • 
£  mi  ricorda  aver  veduto  ed  anco  letto  cbe  la 
liadia  del  Sasso  ^  la  quale  era  n<'il  Alpe  di  Cate« 
naia  e  cbe  oggi  è  rovinata  e  ridotta  più  a  bass« 
verso  Amo ,  fu  dagli  stessi  Alberti  edificata  alla 
congiTgaziofke  di  Camaldoli  ,  e  oggi  la  possiede 
il  raonasterio  degli  Angoli  di  Firenze ,  e  la  rìco^ 
nofce  dalla  detta  famiglia  cbe  in  Firenze  è  no* 
bilissima .  Dipinse  Farri  nell*  udienza  vecchia 
della  fraternità  di  S.  Maria  della  Misericordia 
una  nostra  Donna  cbe  ba  sotto  il  manto  il  popò» 
lo  d'Arezzo^  nel  quale  ritrasse  di  naturale  quelli 


VITA  IH  PAIIEI  6PiNffXU  |«5 

die  allora  gOYemaTaod  quei  l«o([0  pio  con  abiti 
indo66e  secondo  1*  usan&t*  di  que  tempi  ;  e  fia 
essi  uno  cLìamato  Braccio  ,  clie  oggi  ,  quando  «i 
|)arJa  di  lui  ^  e  chiamato  Lait^aro  lUcco,  il  quaW 
luor)  J*  dnuo  i4si2  e  lasciò  tutte  le  «uè  riccliccse 
€  t'acuita  a  quel  luogo  ,  che  le  dispensa  in  sei  vi* 
tfio  de'  poveri  di  Dio ,  esercitando  le  sante  opera 
della  misericordia  con  molta  carità  •  Da  un  lata 
mette  in  meazo  que^tH  Madonna  S.  Gregorio 
Papa  y  e  dall'  altro  S.  Donato  rescovo  e  pruUii*- 
tore  del  po}K)lo  aretino  •  £  perchè  furono  in 
questa  opeia  benissimo  serviti  da  Pam  ,  colora 
che  allora  reggevano  quella  fraternità  gli  fecicH 
no  fare  una  tavola  a  tempera  una  nostra  Donn% 
col  figliuolo  in  brac*cio  ,  aleuni  angeli  che  gU 
aprono  il  manto,  sotto  il  quale  è  il  detto  popolo, 
e  da  basso  S.  Laurenlino  e  Pergentiuo  martiri. 
La  qual  tavola  si  mette  ogni  anno  fuori  a  dì  due 
di  Giugno  ,  e  vi  ai  pota  sopra  ,  poi  che  è  stata 
portata  dagli  uomini  di  detta  compagnia  solen- 
uemente  a  processione  insino  alla  chiesa  di  detti 
aanti  ,  una  cassa  d'  argento  lavorata  da  Forsore 
crefice  fratello  di  Parri ,  dentro  la  quale  sono  i 
corpi  di  detti  Santi  Lanrentino  e  Pcigentino  s  si 
mette  fuori  dico ,  e  si  fa  il  detto  altare  sotto  una 
coperta  di  tende  in  sul  canto  alla  Croce  ^dove  è 
la  detta  chiesa  ,  peri:hè  essendo  ella  piccola,  noo 
potrebbe  capire  il  popolo  che  a  quel  la  festa  con*, 
corre  •  La  predella  y  sopra  la  quale  posa  la  detta 
tavola  f  contiene  di  figure  piccole  il  martirio  di 
qne'  due  santi  tanto  ben  fatto  ,  che  è  certo  per 
cosa  |wccoki  ona  maraviglia.  E'  dì  mano  di  Parri 
nel  borgo  a  piano  sotto  Io  sporto  d'  una  casa  un 
tabernacolo ,  dentro  al  quale  è  una  Nuotiata  in 
6reseo  che  «  motto  lodata  ;  e  nella  compagni!^ 


I0&  PARTE    SECONDA 

\ 

de'  puraccioli  a  S.  Agostino  fé'  in  fresco  lina  9. 
Caterina  Tergine  e  martire  beUissima  :  simiU 
mente  nella  chiesa  di  Murielle  alla  fraternità 
de'  cherici  dipinse  uira  S.  Maria  Maddalena  di 
tre  braccia  ,  e  in  S.  Domenico,  doye  all'  entrare 
della  porta  sono  le  corde  delle  campane,  dipinse 
la  cappella  di  S.  Niccolò  in  fresco  ,  dentroyi  un 
Crocifisso  grande  con  quattro  figure  ,  layorato 
tanto  bene  che  par  fatto  ora .  Neil'  arco  fece 
due  storie  di  S.  Niccolò  ,  cioè  quando  getta  le 
palle  d'  oro  alle  pulzelle  e  quando  libera  due 
dalla  morte  ,  dove  si  vede  il  carnefice  apparec- 
chiato a  tagliare  loro  la  testa  molto  ben  fatto . 
Mentre  che  Farri  faceva  quest'  opera  ,  fu  assal- 
tato da  certi  suoi  parenti  armati  con  i  quali  pia- 
tiva non  so  che  dote  ;  ina  perché  vi  sopraggiun- 
sono  subito  alcuni  ,  fu  soccorso  di  maniera  ,  che 
non  gli  feciono  alcun  male  ;  ma  fu  nondimeno  , 
secondo  che  si  dice  ,  la  paura  eh'  egli  ebbe  ca- 
gione ,  che  oltre  al  fare  le  figure  pendenti  in  sur 
un  lato  9  le  fece  quasi  sempre  da  indi  in  poi  spa- 
ventaticce  .  £  perchè  si  trovò  molte  fiate  lacero 
dalle  male  lingue  e  dai  morsi  dell'  invidia  ,  fece 
in  questa  cappella  una  storia  di  lingue  che  ab- 
bruciavano, e  alcuni  diavoli  che  intorno  a  quelle 
^cerano  fuoco  ;  in  aria  era  un  Cristo  che  le  ma- 
lediceva ,  e  da  un  lato  queste  parole  :  A  LINGUA 
DOT.OSA  .  Fu  Farri  molto  studioso  delle  cose 
dell*  arte  e  disegnò  benissimo  ,  come  ne  dimo- 
strano molti  disegni  che  ho  veduti  di  sua  mano, 
e  particolarmente  un  fregio  di  venti  storie  della 
vita  di  S.  Donato  fatto  per  una  sua  8oi*eUa  che 
ricamava  eccellentemente  ;  e  si  stima  lo  faces- 
se ,  perchè  s' avesse  a  fare  ornamenti  all'  aitar 
maggiore  del  vescovado.  E  nei  nostro  libro  sono 


vttjl  di  pabri  spinello         I«7 

alcune  carte  eia  luì  disegnate  di  penna  molto 
}>ene  .  Fn  ritratto  Farri  da  Marco  da  Moniepul* 
ciano  discepolo  di  Spinello  nel  chiostro  di  S.  Ber* 
nardo  d*Areuo.  Visse  anni  cinqnantafei,  e  si 
abbreTÌò  la  vita  per  essere  di  natura  malinconi- 
co,  solitario,  e  troppo  assiduo  negli  studi  dell'ar- 
te e  al  lavorare .  Fu  sotterrato  in  S.  Agostino  nel 
medesimo  sepolcro  dove  era  stato  posto  Spinello 
'SUO  padre,  e  recò  dispiacere  la  sua  morte  a  tutti 
j  virtuosi  che  di  lui  ebbono  cognixione . 


l'lA.7.AJCVìi 


VITA. 
DI  MASACCIO  DA  S.  GIOVANNI 

IM  VALDARNO  PITTOES. 

J-j  costume  della  natura  y  qaauclo  ella  Ta  una 
persona  molto  eccellente  in  alcuna  professione , 
molte  Tolte  non  la  far  sola  j  ma  in  quel  tempo 
medesimo  e  vicino  a  quella  fame  un  altra  a  sua 
concorrenca ,  a  cagione  che  elle  possino  giova- 
re r  una  air  altra  nella  virtù  e  nella  emulazio. 
ne.  La  qual  cosa  oltra  il  siugolar  giovamento  di 
quegli  stessi  che  in  ciò  concorrono  ^  accende  an- 
cora oltra  modo  gli  animi  di  chi  viene  dopo 
queir  età,  a  sforzarsi  con  ogni  studio  e  con  ogni 
industria  di  pervenire  a  quello  onore  e  a  quella 
gloriosa  reputazione»  che  ne'passati  tutto  il  gior- 
no altamente  sente  lodare .  E  che  questo  sia  il 
veroylo  aver  Fiorenza  prodotto  in  una  medesima 
età  Filippo,  Donato,  Lorenzo,  Paolo  Uccello,  e 
Masaccio  eccellentissimi  ciascuno  nel  genere  suo, 
non  solamente  levò  via  le  rozze  e  gotte  maniere 
mantenutesi  fino  a  quel  tempo,  ma  per  le  beile 
opere  di  costoro  incitò  ed  accese  tanto  gli  animi 
di  chi  venne  poi,  che  l'operare  in  questi  mestie- 
ri si  è  ridotto  in  quella  grandezza  ed  in  quella 
perfezione  che  si  vede  ne*  tempi  nostri .  Di  che 
abbiamo  noi  nel  vero  obbligo  grande  a  que*  pri- 
mi, che  mediante  le  loro  fatiche  ci  mostrarono  la 
vera  via  da  camminare  al  grado  8U|»*emo.  E 
quanto  alla  maniera  buona  delle  pitture ,  a  Ma- 
saccio masaimamente,  per  avera  egli,  come  disi- 


!!•  »A&TB    SECONDA 

deroso  d'acquistar  fama,  considerato,  non  essen- 
do la  pittura  altro  che  un  contraffar  tutte  le  cose 
della  natura  vive,  coi  disegno  e  co'  colorì  sempii- 
cernente  come  ci  sono  prodotte  da  lei ,  che  colui 
che  ciò  più  perfettamente  consegue  si  può  dire 
eccellente;  la  qual  cosa,  dico,  conosciuta  da 
Masaccio,  fu  cagione  che  mediante  un  continuo 
studio  imparò  tanto),  che  si  può  annoverarr  fra 
i  prìmi ,  che  per  la  maggiore  parte  leyassìno  le 
durezze,  imperfezioni ,  e  difficultà  dell'  arte ,  e 
che  egli  desse  principio  alle  belle  attitudini,  mo- 
Tenze,  fierezze,  e  Tivacità ,  ed  a  un  certo  rilievo 
yeramente  proprio  e  naturale,  il  che  infìno  a  lui 
non  aveva  mai  fatto  niun  pittore .  E  perché  fa 
di  ottimo  giudizio ,  considerò  che  tutte  le  figu- 
re che  non  posavano  né  scortavano  coi  piedi  in 
sul  piano ,  ma  stavano  in  punta  di  piedi,  manca- 
vano d*ogni  bontà  e  maniera  nelle  cose  essenzia- 
li, e  coloro  che  le  fanno  mostrano  di  non  intender 
lo  scorto.  £  sebbene  Paolo  Uccello  vi  si  era  mes- 
so ,  ed  aveva  fatto  qualche  cosa ,  agevolando  in 
parte  questa  difficultà,  Masaccio  nondimeno,  va- 
riando in  molti  modi ,  fece  molto'  meglio  gli  scor- 
ti e  per  ogni  sorte  di  veduta,  che  niun  altro  che 
ìnsino  allora  fusse  stato  ;  e  dipinse  le  cose  sue 
con  buona  unione  e  morbidezza ,  accompagnan- 
do con  le  incarnazioni  delle  teste  e  degl'  ignudi 
i  colori  de' panni,  i quali  si  dilettò  di  fare  con  po- 
che pieghe  e  facili ,  come  fa  il  vivo  e  naturale;  il 
che  é  stato  di  grande  utile  agli  artefici ,  e  ne 
merita  esser  commendato,  come  se  ne  fusse  stato 
inventore  :  perché  in  vero  le  cose  fatte  innanzi  a 
lui  si  possono  chiamar  dipinte,  e  le  sue  vive,  ve- 
raci ,  e  naturali,  allato  a  quelle  state  fatte  dagli 
altri.  L'origine  di  costui  tu  da  castello  S.  Gio- 


TITA  DI  MASACCIO  DA  8.  GIOVANin     Iti 

Tàtìtìi  di  Valdamo,  e  dicono  che  quiri  si  reggono 
ancora  alcune  figure  fatte  da  lui  nella  sua  prima 
fanciuilecEa .  Fu  pei*sona  astrattissima  e  molto  a 
caso,  come  quello  che  avendo  fisso  tutto  l'animo 
e  la  volontà  alle  cose  dell'  arte  sola,  si  curaya  po« 
co  di  se  e  manco  di  altrui.  £  perchè  e  non  votle 
pensar  giammai  in  maniera  alcuna  alle  cure  o 
cose  del  mondo,  e  non  che  altro,  al  vestire  stesso, 
non  costumando  riscuotere  i  danarr  da' suoi  de- 
hìtori,  se  non  quando  era  in  bisogno  estremo,  per 
Tommaso,  che  era  il  suo  nome,  fu  da  tutti  detto 
Masaccio, non  già  perchè  eTusse  vizioso,  essendo 
egli  la  bontà  naturale ,  ma  per  la  tanta  straccu* 
rataggine ,  con  la  quale  niente  di  manco  era  egli 
tanto  amorevole  nel  fare  altrui  servizio  e  piacere , 
che  più  oltre  non  può  bramarsi .  Cominciò  V  arte 
nel  tempo  che  Masolino  da  Panicale  lavorava  nei 
Carmine  di  Fiorenza  la  cappella  de'  Brancacci , 
seguitando  sempre  quanto  e' poteva  le  vestigie  di 
Filippo  e  di  Donato ,  ancoraché  V  arte  fusse  di- 
Versa  ,  e  cercando  continuamente  nell*  operare  di 
fiire  le  figure  vivissime  e  con  bella  prontezza  alla 
similitudine  del  vero .  £  tanto  modernajnente 
trasse  fuori  degli  altri  i  suoi  lineamenti  ed  il  suo 
dipignere,  che  l'opere  sue  sicuramente  possono 
stare  al  paragone  con  ogni  disegno  e  colorito  mo- 
derno. Fu  studiosissimo  nello  operare  e  nelle  dif- 
fìcultà  della  prospettiva, artifìzioso  e  mirabile, 
come  si  vede  in  una  sua  istoria  di  figure  piccole, 
che  oggi  è  in  casa  Ridolfo  del  Ghirlandaio,  nella 
quale  oltra  il  Cristo  che  libera  lo  indemoniato , 
sono  casamenti  bellissimi  in  prospettiva  tirati 
in  una  maniera,  che  e' dimostrano  in  un  tem- 
po medesimo  il  di  dentro  ed  il  di  fuori,  per  ave- 
re egli  presa  la  loro  veduta  non  in  faccia ,  ma  in 


Ila  PARTE     SECOTVDA 

m  le  cantonate  per  maggior  difficaltà .  Cercò  più 
degli  altri  maestri  di  i*are  gli  iguudi  e  gli  scoiti 
nelle  figure  poco  usati  avanti  di  lui.  Fu  laciiissi* 
mo  nel  far  suo  ^  ed  é,  come  si  è  detto ,  molto 
semplice  nel  panneggiare.  £'  di  sua  mano  una  ta- 
vola iatta  a  tempera ,  nella  quale  è  una  nostra 
Donna  in  grembo  a  S.  Anna  col  figliuolo  in  collo, 
la  quale  tavola  è  oggi  in  S.  Ambrogio  di  Firenze 
nella  cappella  che  è  allato  alla  porta  che  va  al 
parlatorio  delle  monache .  Nella  chiesa  ancora  di 
S.  Niccolò  di  là  d'Amo  è  nel  tramesxo  una  tavvda 
di  mano  di  Masaccio  dipinta  a  tempera ,  nella 
quale  oltre  la  nostra  Donna,  che  vi  è  dall'angelo 
annunziata ,  vi  è  un  casamento  pieno  di  colonne 
tirato  in  prospettiva  molto  bello;  perchè  oltre  al 
disegno  delle  linee  che  è  perietto ,  lo  fece  di  ma^ 
niera  con  i  colori  sfuggire ,  che  a  poco  a  poco 
abbagliatamente  si  perde  di  vista  ;  nel  che  mo- 
strò assai  d'intender  la  prospettiva.  Nella  badia 
di  Firenze  dipinse  a  fresco  in  un  pilastro  dirim* 
petto  a  uno  di  quelli  che  reggono  Tarco  dell' ai- 
tar maggiore  S.lvo  di  Brettagna,  figurandolo  den- 
tro a  una  nicchia  ,  perchè  i  piedi  scortassino  alla 
veduta  di  sotto  ;  la  qual  cosa  non  essendo  sì  bene 
stata  usatii  da  altri,  gli  acquistò  non  piccola  lode: 
e  sotto  il  dt'tto  santo  sopra  un'altra  cornice  gli 
fece  intorno  vedove,  pupilli,  e  poveri,  che  da  quel 
sant)  srmo  nelle  loro  bisogne  aiutati.  In  S.  Maria 
Novi.'lla  nncorn  dipinse  a  tresco  sotto  il  tramezzo 
della  chiesa  una  Trinità  che  è  posta  sopra  l'aitar 
di  S.  Ignazio,  e  la  nostra  Dmna  e  S.  Giovanni 
Eviingjlista  che  la  mettono  in  mezzo  ,  contem- 
pla lul  i  Cristo  crocifisso .  Dalle  bande  sono  gi- 
nn*!; hi. miì  due  figure ,  che ,  per  quanto  si  può 
giudicare  y  sono  ritratti  di  coloro  che  la  feciono 


TITA  DI  MASACCIO  DA  S.  GIOyAKIfl     ii3 

£ptgneTe;ma  si  scorgono  poco,  essendo  ricoperti 
da  un  ornaniento  messo  d' oro.  Ma  quello  cne  ti 
è  bellissimo ,  oltre  alle  figure ,  é  una  Tolta  a 
mena  botte  tirata  in  prospettira,  e  spartita  in 
quadri  pieni  di  rosoni  che  aiminuiscuno  e  scorta- 
no così  bene ,  cbe  pare  che  sia  bucato  quel  muro. 
Dipinse  ancora  in  8.  Maria  Maggiore  accanto  alla 
porta  del  fianco ,  la  quale  va  a  S,  Giovanni,  nella 
tavola  d*  una  cappella  una  Giostra  Donna  y  S.  Ca- 
terina, e  S.  Giuliano  y  e  nella  predella  fece  alcuna 
figure  piccole  della  vita  di  S.  Caterina ,  e  S.  Giu- 
liano che  ammazza  il  padre  e  la  madre  ;  e  nel 
messo  fece  la  natività  di  Gt^ii  Cristo,  con  quella 
semplicità  e  vivezza  cbe  era  sua  propria  nel  la- 
vorare .  Nella  chiesa  del  Carmine  di  Pisa  in  una 
tavola  cbe  è  dentro  a  una  cappella  del  tramez- 
zo è  una  nostra  Donna  col  figliuolo,  ed  a  piedi  so- 
no alcuni  angioletti  cbe  suonano ,  uno  de'  quali 
sonando  un  liuto,  porge  con  attenzione  l'orecchio 
all'  armonia  di  quel  suono .  Mettono  in  mezzo  U 
nostra  Donna  S.  Piero,  S.  Gio:  Battista',  S.  Giu- 
liano, e  S.  Niccolò,  figure  tutte  molto  pronte  e 
vivaci.  Sotto  nella  predella  sono  di  figure  piccolo 
storie  della  vita  di  quei  santi ,  e  nel  mezzo  i  tre 
magi  cbe  offeriscono  a  Cristo;  ed  in  questa  parte 
sono  alcuni  cavalli  ritratti  d;il  vivo  tanto  belli,  cbe 
non  si  può  meglio  desiderare;  e  gli  uomini  della 
corte  di  que'tre  re  sono  vestiti  di  varj  abiti  cbe  si 
usavano  in  que' tempi.  £  sopra  per  finimento 
di  detta  tavola  sono  in  più  quadri  molti  santi 
iutoi^no  a  un  Crocifisso.  CreaeFÌ  cbe  la  figura 
d'un  santo  in  abito  di  vcscoto  ,  cbe  è  in  quella 
chiesa  in  fresco  allato  alla  porta  che  va  nel  con- 
vento, sia  di  mano  di  Masaccio;  ma  io  tengo  per 
fermo  che  ella  sia  di  mano  di  fra  FiUppo  suo  di- 
Fot.  IL  » 


tl4         PAIiTK    seco  NDJl 

ftepolo.  Tcomato  da  Pisa  larorò  in  Fiorenza  una 
taTola,  dentroyi  un  maschio  ed  una  femmina  ignu- 
di quanto  il  tìvo,  la  quale  si  trova  oggi  in  casa 
Palla  Rucellai .  Appresso  non  sentendosi  in  Fio- 
renca  a  suo  modo,  e  stimolato  dalla  affezione  ed 
amore  dell' arte ,  deliberò  per  imparare  e  supe- 
rar gli  altri  andarsene  a  Roma,  e  così  fece.  Equiyi 
acquistata  fama  grandissima,  lavorò  al  cardmale 
di  S.  Clemente  nella  ^iesa  di  S.  Clemente  una 
eappella^  dorè  a  frésco  fece  la  passione  di  Cristo 
co'ladroni  in  croce,  e  le  storie  m  S.  Caterina  mar- 
tire .  Fece  ancora  a  tempera  molte  tavole,  che 
ne*travagU  di  Romk  si  son  tutte  o  perse  o  smarri- 
te .  Una  nella  chiesa  di  S.  Maria  Maggiore  in  una 
cappelletta  vicina  alla  sagrestia,  nella  quale  sono 
quattro  santi T&nto  ben  condotti ,  che  paiono  di 
rilievo,  e  nel  mezzo  S.  Maria  della  Neve,  ed  il  ri- 
tratto di  Papa  Martino  di  naturale ,  il  quale  con 
una  zappa  disegna  i  fondamenti  di  quella  chiesa, 
ed  appresso  a  lui  é  Sigismondo  II.  imperatore. 
Considerando  quest'opera  un  giorno  Michelagno- 
lo  ed  io ,  egli  la  lodò  molto,  e  poi  soggiunse ,  co- 
loro essere  stati  vivi  ne'  tempi  di  Masaccio  .  Al 
3uale,  mentre  in  Roma  lavoravano  le  facciate 
ella  chiesa  di  S.  Janni  per  Papa  Martino,  Pisa- 
nello  e  Gentile  da  Fabbriano  n'avevano  allogato 
una  parte,  quando  egli  avuto  nuove  che  CosinM» 
de'  Medici,  dal  quale  era  molto  aiutato  e  favori-» 
to,  era  stato  richiamato  dall'  esilio,  se  ne  tornò 
à  Fiorenza,  dove  gli  fa  allogato ,  essendo  morto 
Masolino  da  Panicale  che  l'aveva  cominciata,  la 
cappella  de'  Brancacci  nel  Carmine ,  alla  quale 
prima  che  mettesse  mano,  fece  come  per  aaggio 
il  S.  Paolo  che  e  presso  alle  corde  delle  campane, 
per  mostrare  il  miglioramento  che  egli  aveva 


TITA  DI  MASACCIO  M  S.  aiOVANNI   f  i5 

latto  Dell'  arte .  E  dimoitrò  reramente  infinita 
bontà  in  questa  pittura,  conoiscendosi  nella  testa 
4i  quel  santo,  il  quale  é  Bartok>  di  Angioiino  An- 
gioliifi  ritratto  ili  naturale,  una  terrihiliiÀ  tanto 
grande ,  che  e'uare  che  la  «ola  |»arola  inalici)!  a 

Suesta  figura.  È  cbi  non  conobbe  8.  Paulo,  guar- 
andò  questo,  retkà  ouel  dabbene  della  civjlità 
romana  insieme  con  fa  invitta  foitejLaa  di  qu«U 
V  animo  diyinis^imo  tutto  intento  alle  cure  della 
lede .  Mostrò  ancora  in  questa  pittura  inedeiiima 
r  intelligenza  di  scortare  le  veoiite  di  aotto  in  su, 
che  fu  yerameute  maiaYÌgtiosa ,  come  amiaris^e 
ancor  oggi  ne' piedi  stessi  di  detto  apostoK> ,  per 
una  difficultà  Ucilitata  in  tutto  da  lui,  rispetto  a 
quella  goffa  maniera  Tcccbia  che  faceva ,  come 
io  dissi  poco  di  sopra,  tutte  le  figure  in  punta  di 
piedi  :  la  qual  maniera  durò  sino  a  lui  senia  che 
altri  la  correggesse  >  ed  egli  solo  e  prima  di  ogni 
altro  la  ridusse  al  buono  del  dì  d'oggi.  Accadde 
mentre  che  e*  lai^^^uTa  in  questa  opera,  che  e'  fu 
consagiQta  la  detta  chiesa  del  Carmine,  b  Ma* 
•accio  in  memoria  di  ciò  di  verde  terra  dipinse 
di  chiaro  e  scuro  sopra  la  porta  che  va  in  con- 
vento dentro  nel  chiostro  tutta  la  sagra  come 
ella  fu:  e  ri  ritrasse  infinito  numero  di  cittadini  in 
mantello  ed  in  cappuccio ,  che  vanno  dietro  alla 
processione  ;  fra  i  quali  lece  Filippo  di  ser  Bru- 
nellesco  in  aoccoli,  Donatello,  MaaoJino  da  Patti- 
nale stato  suo  maestro,  Antonio  Brancacci  che  gli 
fece  far  la  cappella,  IHiccolò  da  Ucsano,  Giovun- 
ni  di  Bicci  de' Medici,  Bartolomineo  Valori,  i 
quali  sono  anco  di  mano  del  medesimo  in  casa  di 
Simon  Corsi  gentiluomo  fiorentino.  Aitrassevi 
similmente  Lorenso  Ridolfi  che  in  que' tempi 
era  ambasciatore  per  la  repubblica  fiorentina  a 


Ii6  PAKTE    SECONDA 

Yinezia  ;  e  non  solo  Vi  ritrasse  i  gentiluomini 
sopraddetti  di  naturale ,  ma  anco  la  porta  del 
convento  ed  il  portinaio  con  le  chiavi  in  ma|io . 
Questa  opera  veimmente  ha  in  se  molta  perfezio- 
ne y  avendo  Masaccio  saputo  mettere  tanto  bene 
in  sul  piano  di  quella  piazca  a  cinque  e  sei  per 
fila  r  ordinanza  di  quelle  genti  che  vanno  dimi- 
nuendo con  proporzione  e  giudizio ,  secondo  la 
veduta  deirocchio,  che  è  proprio  una  maraviglia; 
e  massimamente  che  vi  si  conosce ,  come  se  fos- 
sero vivi>  la  discrezione  che  egli  ebbe  in  far  que- 
gli uomini  non  tutti  di  una  mistura  ,  ma  con  una 
certa  osservanza ,  che  distingue  quelli  che  son 
piccoli  e  grossi  dai  grandi  e  sottili;  e  tutti  posano 
1  piedi  in  sur  un  piano  j  scortando  in  fila  tanto 
bene,  che  non  fanno  altrimenti  i  naturali .  Dopo 
questo  ritornato  al  lavoro  della  cappella  de'Bran- 
cacci,  seguitando  le  storìe  di  S.  Piero  comincia- 
te da  Masolino  ,  ne  finì  una  parte ,  cioè  V  istoria 
della  cattedra,  il  liberare  gì  infermi,  suscitare  i 
morti  9  ed  il  sanare  gli  attratti  con  T  ombra  nel- 
r  andare  al  tempio  con  S.  Giovanni.  Ma  tra  l'al- 
tre notabilissima  apparisce  quella  dove  S.  Piero 
per  pagare  il  tributo  cava  per  commissione  di 
Ci'isto  ì  danari  del  ventre  del  pesce;  perchè  oltra 
il  vedersi  quivi  in  un  apostolo  che  è  nell*  ultimo 
nel  <|uale  è  il  ritratto  stesso  di  Masaccio  fatto 
da  lui  medesimo  allo  specchio  tanto  bene ,  che 
par  vivo  vivo  ,  vi  si  conosce  V  ardir  di  S.  Piero 
nella  dimanda,  e  rattenzi<»ne  degli  apostoli  nelle 
varie  attitudini  intomo  a  Cristo ,  aspettando  la 
resoluzione  con  gesti  si  pronti,  che  veramente 
appariscono  vivi  ;  ed  il  S.  Piero  massimamente , 
il  quale  nell 'a  Sfaticarsi  a  cavare  i  danari  del  ven- 
tile del  pesce  y  ha  la  testa  focosa  per  lo  stare  chi- 


VITA  DI  MALACCIO  DA  8.  GIOVANNI     117 

■aio;  e  molto  più  quando e'paga  il  tributo,  dove 
8Ì  Tede  l'affetto  df^i  contare  e  la  sete  di  colui  che 
riscuote,  che  sì  guarda  i  danari  in  mano  con  gran- 
dissimo piacere.  Dipinsevi  ancora  la  resurrezione 
del  figliuolo  del  re  fatta  da  S.  Piero  e  S.  Paolo  , 
ancoraché  per  la  morte  d' esso  Masaccio  restasse 
imperfetta  1*  opera ,  che  fu  poi  finita  da  Filippi- 
no .  Neir  istoria  dove  S.  Piero  battezza  si  stima 
crande mente  un  ignudo  che  triema  tra  gli  altri 
Battezzati,  assiderando  di  freddo,  condotto  con 
bellissimo  rilievo  e  dolce  maniera,  il  quale  dagli 
artefici  e  yccchi  e  moderni  é  stato  sempre  teno- 
io  in  riverenza  ed  ammirazione;  per  il  che  da  in- 
finiti diseffnatori  e  maestri  continuamente  sino  al 
di  d'oggi  e  stata  frequentata  questa  cappella:  nel- 
la quale  sono  ancora  alcune  terte  Tiyissime  fì 
tanto  belle,  che  ben  si  può  dire  che  nessuno  mae- 
stro di  quella  età  si  accostasse  tanto  ai  moderni 
quanto  costui .  Laonde  le  sue  fatiche  meritano 
infinitissime  lodi,  e  massimamente  per  avere  egli 
dato  ordine  nel  suo  magistcrio  alla  bella  manie- 
ra de'tempi  nostri.  E  che  questo  sia  il  vero,  tutti 
i  più  celebrati  scultori  e  pittori  che  sono  stati  da 
lui  in  qua,  esercitandosi  e  studiando  in  questa  cap- 
pella sono  divenuti  eccellenti  e  chiari ,  cioè  fra 
Giovanni  da  Fiesole,  fra  Filippo  ,  Filippino  che 
la  finì ,  Alesso  Baldov inetti ,  Andrea  dal  Casta- 
gno, Andrea  del  Yerrocchio,  Domenico  del  Gril- 
hindaio,  Sandbro  di  Botticello,  Lionardo  da  Vinci, 
Pietro  Perugino,  fra  Bartolommeo  di  San  Marco, 
Mariotte  Aloertinelli ,  ed  il  divinissimo  Michela- 
gnolo  Buonarroti;  Raffaello  ancora  da  Urbino  di 
quivi  trasse  il  principio  della  bella  maniera  sua, 
il  Granacelo,  Lorenzo  di  Credi,  Ridolfo  del  Gril- 
laudaio,  Andrea  del  Sarto^  il  Rosso  ;  il  Francia- 


Il8  PAKTE    SECONDA 

ciabigto,  Baccio  Bandinelli,  Alonso  Spngnuolo, 
Iacopo  da  Pontorino  ,  Pierino  del  Vaga  ,  e  Tote 
del  Naniiata;  ed  insomma  tntti  coloro  che  hanno 
cercato  imparare  quella  arte,  sono  andati  a  impa- 
rar sempi*e  a  questa  «appella,  ed  appi^endere  i 
precetti  e  le  regole  del  far  bene  dalle  Ggure  di 
Masaccio.  E  se  io  non  ho  nominati  molti  forestieri 
e  molti  Fiorentini  che  sono  iti  a  studiare  a  detta 
cappella,  batiti  che  dove  corrono  i  capi  dell'arte, 
quivi  ancora  concorrono  le  membra.  Ma  con  tut- 
to che  le  cose  di  Masaccio  siano  state  sempre  in 
cotanta  riputazione,  egli  é  nondimeno  opinione  f 
anzi  pur  credenza  ferma  di  molti,  che  egli  aTreb- 
be  fatto  ancora  molto  maggior  frutto  nell'  arte , 
se  la  morte,  che  di  ventisei  anni  ce  lo  rapi ,  non 
ce  lo  aTesse  tolto  così  per  tempo.  Ma  o  fuMeTin- 
▼idia,  o  fuss^jpure  che  le  cose  buone  comunemen^ 
te  non  durano  molto,  e'si  mori  nel  bel  del  fiorire, 
ed  andossene  si  di  subito,  che  e*  non  mancò  chi 
dubitasse  in  lai  di  veleno,  assai  più  che  per  altro 
accidente . 

Dieèsi  che  sentendo  la  morte  sua  Filippo  di 
ser  Brunellesco,  disse:  Ifoi  abbiamo  fatto  in  Ma- 
saccio una  grandissima  perdita  ;  e  gli  dolse  infi- 
nitamente, essendosi  affaticato  gran  pezzo  in  mo- 
strargli molti  termini  di  prospettiva  e  d*architet« 
tura.  Fu  sotterrato  nella  medesima  chiesa  dei 
Carmine  Tanno  i44^»'  ^  sebbene  allora  non  gli  fu 
posto  sopra  il  sepf)lcro  memoria  alcuna,  per  esse» 
re  stato  poco  stimato  vivo,  non  gli  è  però  manca- 
to dopo  la  morie  chi  lo  abbia  onorato  di  questi 
epitaffi: 


VITA  DI  MASACCIO  DA  S.  GIOVANNI   1 19 

D'  ANNIBAL  CARO. 

Finsi y  et  la  mia  pittura  al  ver  fu  pari; 
L' atteggiai j  Vai^vivaij  le  diedi  U  moto; 
Le  diedi  affetto .  Insegni  il  Buonarroto 
A  tutti  gli  altri  e  da  me  solo  impari . 

DI  FABIO  SEGNI. 

Invida  cur  Lachesis  primo  sub  flore  fuventae 
Pollice  discindis  stamina  funereo  P 

Hoc  uno  occiso  innumeros  occidis  Apelles  : 
Picturae  omnis  obit ,  hoc  obeunte  y  lepos , 
ffoc  Sole  extincto  extinguuntur  sederà  cuncta* 
ffeu  !  decus  omne  perii  hocpereunte  simul. 


"^7. 11^  "'j .'"".  r^Tj-.-T 


VITA 
DI  FILIPPO  BRUNELLESCHI 


SCULTORE    C    ARCHITETTO 
FiORKNTlNa 


M. 


Lolti  sono  creati  dalla  natura  pìccoli  di  per- 
sona e  di  fattezse  ,  che  hanno  l'animo  pieno  di 
tanta  grandezza  ed  il  cuore  di  f\  smisurata  terri» 
bilitàyche  se  non  cominciano  cose  difficili  e  quasi 
impossibili  y  e  quelle  non  rendono  6nite  con  ma- 
raTiglia  di  chi  le  vede  y  mai  non  danno  requie 
alla  Tita  loro  ,  e  tante  cose  ^  quante  V  occasione 
mette  nelle  mani  di  questi  y  per  vili  e  basse  che 
elle  si  siano  y  le  fanno  essi  aiyenìre  in  pregio  e 
altezza.  Laonde  mai  non  si  domerebbe  torcere  il 
muso  y  quando  è'  incontra  in  persone  che  in 
aspetto  non  hanno  quella  prima  grazia  o  Temi-. 
sta  y  che  doyrebbe  dare  la  natura  nel  Tenire  al 
mondo  a  chi  opera  in  qualche  virtù  y  perchè  non 
è  dubbio  che  sotto  le  zolle  della  terra  sa  ascon- 
dono le  Tene  dell*  oro  .  E  molte  Tolte  nasce  in 
questi  che  sono  di  sparutissime  forme  tanta  gè- 
neiosità  d' animo  e  tanta  sincerità  di  cuore ,  che 
sendo  mescolata  la  nobiltà  con  esse ,  non  può 
sperarsi  da  loro  se  non  grandissime  maraTtglie  ; 

Sercioccfaè  e'si  sforzano  di  abbellire  la  bmttecza 
el  corpo  con  la  Tirtù  dell'  ingegno,  come  aper- 
tamente si  yide  in  Filippo  di  ser  Brunellesco  , 
sparuto  della  persona  non  meno  che  messer  Fo- 
rese da  Ra batta  e  Giotto  y  ma  d*  ingegno  tanto 
clefato ,  che  ben  sì  può  dire  che  e'  ci  fu  donalo 


I2a  P  ART  E    SBCOK&A 

dal  cielo  per  dar  nuoTa  forma  alla  archìtettara, 
già  per  centinaia  d'  anni  smanila  j  nella  quale 
gii  uomini  di  quel  tempo  in  mala  parte  molti 
tesori  ayeTano  spesi,  facendo  fabbricbe.  senza 
ordine ,  con  mal  modo,  con  trìsto  disegno  j  con 
stranissime  invenzioni,  con  disgraziatissima  gra- 
zia ,  e  con  peggior  ornamento .  E  Tolie  il  cielo  ^ 
essendo  stata  la  terra  tanti  anni  senza  uno  animo 
egregio  ed  uno  spirito  divino,  che  Filijppo  la- 
sciasse al  mondo  di  se  la  maggiore ,  la  più  alta 
fabbrica  e  la  più  bella  di  tutte  V  altre  fatte  nei 
tempo  de'  moderni  ed  ancora  in  quello  degli  an- 
ticbi ,  mostrando  cbe  il  valore  negli  artefici  to- 
scani ,  ancoraché  perduto  fusse  ,  non  perciò  era 
morto  .  Adomollo  alti*esi  di  ottime  virtù  ,  fra  le 
quali  ebbe  quella  dell'  amicizia  sì  ,  che  non  fu 
inai  alcuno  più  benigno  né  più  amorevole  di  lui. 
fiei  giudicio  era  netto  di  passione  ,  e  dove  e'  ve- 
deva il  valore  degli  alti^ui  meriti,  deponeva  Tutil 
suo  e  r  interesse  degli  amici .  Conobbe  se  stesso, 
ed  il  grado  della  sua  virtù  oemunicò  a  molti ,  ed 
il  prossimo  nelle  necessità  sempre  sovvenne  • 
Dichiarossi  nimico  capitale  de'  vizi,  ed  amatore 
di  coloro  che  si  esercitavono  nelle  virtù .  Non 
spese  mai  il  tempo  in  vano  ,  che  o  per  se  o  per 
r  opei«  d'  altri  nelle  altrui  necessita  non  s*  attii^ 
ticasse  j  e  «ammioando  gli  amici  visitasse  «  sem- 
pre sovvenisse  . 

Dicesi  che  in  Fiorenza  fu  uomo  di  bnonisaima 
fama  e  di  itaolti  lodevoli  costumi  e  fattivo  nelle 
faccende  sue  j  il  cui  nome  era  ser  Brunellesoo  di 
Lippo  Lapi  ,  il  quale  aveva  avuto  1'  avolo  suo 
chiamato  Cambio  cbe  fu  litterata  persona  ,  e  il 
quale  nacque  di  un  fisico  in  que'  tempi  anolto 
fiimoso^Aominaio  maestro  Ventura  Baehenoi* 


TltA  DI  riLiyPO  BUONCLLtSCHI       l!»3 


Togliendo  dunqae  ser  Brunellesco  peidonna  i 
gioyunecoftuiuatìssima  della  nohii  (aniiglia  d^ 
gli  Spini, per  parte  della  dote  ebbe  in  pagamen- 
to una  casa,  doTe  egli  e  i  suoi  figliuoli  abitarono 
fino  alla  morte  ,  la  quale  è  potta  dirimpetto  a  S. 
Michele  Berteldi  per  fianco  in  un  biscanto  pas- 
sato la  piazza  dogli  Agli  .  Ora  mentre  obe  egli  si 
efsercitara  così  e  TiTcrasi  lietamente  ,  gli  nacque 
r};nBO  1377  un  figliuolo,  al  quale  pose  nome  Fi- 
lippo per  il  pndre  suo  già  m<Mrto  ,  della  quale 
nascita  fece  quell'  allegrecEa  cbe  maggiore  pote- 
rà .  Laonde  con  ogni  accuratezea  gì'  insegnò 
nella  sua  puerizia  i  primi  principj  delle  lettere  , 
nelle  quali  si  mostrava  tanto  ingegnoso  e  di  spi- 
rito elevato  ,  che  teneva  spesso  sospeso  il  oerve^ 
lo  ,  quasi  cbe  in  quelle  non  curasse  venir  molto 
perfetto  ,  anzi  pareva  che  egli  andasse  col  pen*- 
stero  e  cose  di  maggior  utilità  .  Per  il  che,  ser 
Bninellesco  che  desiderava  eh'  egli  facesse  il 
mestier  suo  del  notaio  o  quel  dei  tritavolo  ,  ne 
prese  dispiacere  grandissimo .  Pure  veggendolo 
continuamente  esser  dietro  a  cose  irfgegnoee 
d' arte  e  di  mano  ,  gli  fece  imparare  V  abbaco  e 
Scrivere ,  e  dipoi  lo  pose  air  arte  deli'  orefice , 
acciò  imparasse  a  disegnare  con  uno  amico 
tuo  .  E  fu  questo  con  molta  sodisfazione  di  Fi- 
lippo ;  lì  quale  cominciato  a  imparare  e  mettere 
in  opera  le  cose  di  quella  arte ,  non  passò  molti 
anni,  che  ee^i  legava  le  pietre  fini  meglio  che  ar^ 
tefice  vecchio  di  quel  mestiero.  Esercitò  il  niello 
e  il  lavorare  grosserie  ,  <come  alcune  figure  d'ai^ 

Sento  che  sono  due  mezzi  profeti  posti  nella  testa 
elloaltare  di  S.  Iacopo  di  Pistoia  tenute  bellissi- 
me ,  fktte  da  lui  all'  opera  di  quella  città  ;  ed 
'^pcre  di  b«HÌriUavt ,  dove  mostrò  intenderfi 


124  PA&TE     SBCONDA 

tanto  di  quel  mestiero  ,  che  era  forca  che  '1  sao 
ingegno  passasse  i  termini  di  quella  arte.  Laonde 
avendo  preso  pratica  con  certe  persone  studiose , 
cominciò  a  entrar  colia  fantasia  nelle  cose  de' 
tempi  e  de'  moti  ,  de'  pesi  e  delle  ruote  y  come 
si  posson  far  girare  e  da  che  si  muovono  ,  e  cosi 
lavorò  di  sua  mano  alcuni  orinoli  bonissimi  e 
beilis.^'imi .  Non  contento  a  questo  ,  neil'  animo 
se  gli  destò  una  voglia  della  scultura  grandissi- 
ma ;  e  tutto  venne  ,  poiché  essendo  Donatello 
giovane  tenuto  valente  in  quella  ed  in  espctta- 
sione  grande  ,  cominciò  Filippo  a  praticare  seco 
del  continuo, ed  insieme  per  le  virtù  Tun  dell'al- 
tro si  posono  tanto  amore,  che  l'uno  non  pareva 
che  sapesse  vivere  senza  l'altro.  Laonde  Filippo, 
che  era  capacissimo  di  più  cose  ,  dava  opera  a 
molte  professioni ,  né  molto  si  esercitò  in  quelle, 
che  egli  fu  tenuto  fra  le  persone  intendenti  bo- 
nissiiuo  architetto ,  come  mostrò  in  molte  cose 
che  servirono  per  acconcimi  di  case  :  come  al 
canto  de'  Ciai  verso  mercato  vecchio  la  casa  di 
Apollonio  Lapi  suo  parente,  che  in  quella  ,  men- 
tre egli  la  faceva  murare ,  si  adoperò  grande- 
mente }  e  il  simile  fece  fuor  di  Fiorenza  nella 
torre  e  nella  casa  della  Petra ia  a  Castello  .  Nei 
palazzo  dove  abitava  la  signoria,  ordinò  e  sparti, 
dove  era  V  ufizio  degli  ufi  zia  li  di  monte  ,  tutte 
quelle  stanze  ,  e  vi  fece  e  porte  e  finestre  nella 
maniera  cavata  dallo  antico  ,  allora  non  usatasi 
molto  per  esser  T  architettura  rozzissima  in  To- 
acana.  Avendosi  poi  in  Fiorenza  a  fare  per  i  frati 
di  S.  Spirito  una  statua  di  8.  Maria  Maddalena 
in  penitenza  ,  di  legname  di  tiglio  per  portar  in 
una  cappella,  Filippo,  che  aveva  fatto  molte 
cosette  piccole  di  scultura  ;  desideroso  a^ost^r^ 


Vm  DI  FILIPPO  BRt71llLLE9CHI      ll5 

elle  ancora  nelle  cose  grandi  era  per  rins ciré  , 
prese  a  far  detta  figura  ;  la  qual  finita  e  meKsa 
in  opera,  fu  tenuta  cosa  molto  bella,  ma  nelTìn* 
cenaiopof  di  quel  tempio  Tanno  1471  abbrucia 
insieme  con  molte  alti-e  cose  notabili  .  Attese 
molto  alla  prospettiva  ,  allora  molto  in  male  uso 
per  molte  ialsità  cbe  vi  si  facevano  ,  nella  quale 
perse  molto  tempo ,  per  fino  cbe  egli  trovò  da  se 
un  modo  cbe  ella  potesse  venir  giusta  e  peifctta, 
cbe  fii  il  levarla  con  la  pianta  e  profilo  e  per  via 
della  intersegaeione  ;  cosa  veramente  ingegnosis* 
sima  ed  utile  all'  arte  del  disegno  .  Di  questa 
prese  tanta  vagbezza  y  cbe  di  sua  mano  ritrasse 
la  piazza  di  S.  Giovanni  con  tutti  quegli  sparti- 
menti  della  incrostatura  murati  di  niaiTni  neri  e 
biancbi  che  diminuivano  con  una  grazia  singola- 
re ;  e  similmente  fece  la  casa  della  Misericordia 
con  le  bottegbe  de'cialdonai  e  la  volta  deTecori, 
e  dair  altra  banda  la  colonna  di  S.  Zanobi .  La 
qual  opera  essendogli  lodata  dagli  artefici  e  da 
chi  aveva  giudizio  in  quell'  arte ,  gli  diede  tanto 
animo,  cbe  non  stette  molto  cbe  egli  mise  mano 
a  un'  altra  ,  e  ritrasse  il  palazzo  ,  la  piazza  ,  e  la 
loggia  de'  Signori  insieme  col  tetto  de' Pisani,  e 
tutto  quel  cbe  intomo  si  vede  murato ,  le  quali 
opere  Turon  cagione  di  destare  V  animo  agli  altri 
artefici,  cbe  vi  attesono  dipoi  con  grande  studio. 
£gli  particolarmente  la  insegnò  a  Masaccio  pit- 
tore allor  giovane  molto  suo  amico  ;  il  quale  gli 
fece  onore  in  quello  cbe  gli  mostrò  ,  come  ap- 
pare negli  edinz]  dell'  opere  sue.  Né  restò  ancora 
di  mosti*arla  a  quelli  cbe  lavoravano  le  tarsie  j 
cbe  é  un'  arte  di  commettere  legni  di  colori ,  e 
tanto  gli  stimolò  ,  cbe  fu  cagione  di  buono  uso 
e  molte  eose  utili   obe  si  foce  di  quel  ma- 


126  PÀUTI     SECONDA 

cisierìo  y  ed  allora  e  poi  »  di  molte  cose  occel* 
feoti  che  hanno  recato  e  fama  e  utile  a  Fiorenia 

Er  molti  anni  •  Tornando  poi  da  studio  messer 
oio  dal  Poico  Toscaneliiy  ed  una  sera  troran» 
io^ì  in  un  orto  a  cena  con  certi  suoi  amici ,  inviti 
Filippo,  il  quale  uditolo  raoionare  dell'arti  mat- 
tematiche ,  prese  tal  CimiTiariti  con  seco  ,  die 
egli  imparò  la  geometria  da  lui  ;  e  sebbene  Fi- 
lippo non  are  va  lettere  ,  gli  rendeva  si  ragione 
di  tutte  le  cose  con  il  naturale  della  prurtica  es- 
perienza y  che  molte  volte  lo  cooTondeva .  £  co^ 
•eguitandk)  dava  opera  alle  cose  della  scrittufa 
cristiana,  non  restando  d'intervenire  alle  dispute 
ed  alle  prediche  delle  persone  dotte;  delle  quali 
faceva   tanto  capitale  per  la   mirabii  memoria 
sua  9  che  M.  Paolo  predotto  celebrandolo ,  usava 
dire  che  nel  seniit'e  arguir  Filippo  gli  pareva  un 
nuovo  S.  Paolo  *  Diede  ancora  molta  opera  in 
euefeto  tempo  alle  cose  di  Dante  ,  le  quali  furon 
da  lui  bene  intese  circa  i  aiti  e  le  misure,  e  spesso 
nelle  comparazioni  allegaiìdolo ,  se  ne  seiTÌva 
De*  suoi  ragionamenti  ;  uè  mai   col  pensiero  fa- 
ceva altro  cbe   macchinare  e  immaginarsi  cose 
ingegnose  e  difìiiciii,  né  potè  trovar  mai  ingegno 
che  più  lo  satisfacesse  che  Donato,  con  il  quale 
domesticamente  confabulando  ,  pigliavano  pia« 
cere  Tuno  dell'  altro  ,  e  le  difficultÀ  del  mestiero 
conferivano  insieme.  Ora  avendo  Donato  in  quei 
giorni   finito  un  Crocifisso  di  legno,  il  quale  fu 
posto  in  Santa  Croce  di  Fiorenza  sotto  la  storia 
del  fanciullo  ahe  risuscita  S.  Francesco  dipinto 
da  Taddeo  Gaddi^  volle  Donato  pi£;liarne  parere 
eon  Filippo  ,  ma  se  ne  penti.;  perchè  Filippo  gli 
rispose,  ch'egli  aveva  messo   un  contadino  in 
ai*oce  ;  onde  ne  nacque  il  detto  di;  Ti/gli  del  le-^ 


VITA  DI  FILIPPO  BRimvrxvseHi    taf 

gno  e  fanne  uno  tu  j  come  largamente  si  ragì<ffNi 
nella  TÌta  di  Donato.  Per  il  che  Filippo,  ìl.<|uale 
ancorché  fiiMc  provocato  a  ira ,  mai  si  acUraTa 
per  GOf^a  che  gli  fusse  detta  ,  stette  cheto  molti 
mesi  ,  tanto  che  condusse  dì  legno  vn  Crocifìsso 
della  medesima  grandezza,  di  tal  bontà  e  si  coi» 
artc>  disegno  e  diligenza  laToni tocche  nel  man^ 
dar  Donato  a  casa  innanzi  a  lui ,  quasi  ad  ingan- 
no (  perchè  non  sa  pera  che  Filippo  avesse  futto 
tale  opera  ) ,  un  grembiule  che  egli  aveva  pieno 
di  uova  e  di  cose  per  desinare  insieme  gli  cascò, 
mentre  lo  guardava  uscito  di  se  per  la  maravi^ 
glia  y  e  per  V  ingegnosa  ed  artifisiosa  maniera 
che  aveva  usato  Filippo  nelle  gambe,  nel  torso, 
e  nelle  bi*accia  di  detta  figura,  disposta  ed  unita 
talmente  insieme,  che  Doluto,  oltra  il  cliiamarn 
vinto  ,  lo  predicaYa  per  nairacolo  :  la  quaFopera 
è  oggi  posta  in  S.  Maria  Novella  fra  la  cappella 
degli  Strozzi  e  dei  Bardi  da  Yemio  ,  lodata  an« 
Cora  dai  moderni  infinitamente  .  Laonde  vistosi 
la  virtù  di  questi  maestri  veramente  eccellenti , 
fu  lor  fetto  allogazione  dair  arte  de'  beccai  e 
dall'arte  de'  linaioli  di  due  figure  di  marmo  da 
farsi  nelle  lor  nicchie  che  sono  in  tomo  a  Or  S« 
Michele  ,  le  quali  Filippo  lasciò  fare  a  Donato 
da  se  solo  ,  avendo  preso  altre  cure  ,  e  Donato  le 
condusse  a  perfezione  •  Dopo  queste  cose  l'anno 
i4oi  fu  deliberato  ,  vedendo  la  scultura  essere 
salita  in  tanta  altezza  ,  di  rifare  le  due  porte  di 
bronzo  del  tempio  e  battisterio  di  S.  Giovanni , 
perchè  dalla  morte  d' Andrea  Pisano  in  poi  non 
avevano  avuti  maestri  che  TaYessino  sapute  con- 
durre .  Onde  fatto  intendere  a  quegli  scultori 
che  erano  allora  in  Toscana   V  animo   loro  ,  fu 
mandato  per  essi ,  e  dato  loro  provvisione  ed  un 


138  PARTS    SECONDA 

anno  eli  tempo  a  fere  una  storia  per  ciascuno  : 
fra  i  quali  furono  richiesti  Filippo  e  Donato  di 
dovere  ciascuno  dì  essi  da  per  se  fare  una  storia 
a  concorrenza  di  Lorenzo  Gniberti^e  Iacopo  della 
Fonte,  e  Simone  da  Colle,  e  Francesco  di  VaU 
dambrina,  e  Niccolò  d' Arezzo  .  Le  quali  storie 
finite  r  anno  medesimo  ,  e  venute  a  mostra  in 
paragone  ,  furon  tutte  bellissime  ed  intra  se  dif- 
iereuti  :  chi  era  ben  disegnata  e  mal  lavorata  , 
come  quella  di  Donato  ;  e  chi  aveva  bonissimo 
disegno  e  lavorata  dilifien temente,  ma  non  spar- 
tito bene  la  storia  col  diminuire  le  figure  ,  come 
aveva  fatto  Iacopo  dalia  Quercia  ;  e  chi  fatto 
invenzione  povera  e  figure  minute ,  nel  modo 
che  aveva  la  sua  condotta  Franceso  di  Valdam- 
brina;  e  le  peggio  di  tutte  erano  quelle  di  Nicco- 
lò d'  Arezzo  e  di  Simone  da  Colle  :  e  la  migliore 
quella  di  Lorenzo  di  Cione  Ghibei*ti  ,  la  quaU 
aveva  in  se  disegno ,  diligenza,  invenzione,  arte, 
e  le  figure  molto  ben  lavorate  .  Ne  gli  era  però 
molto  inferiore  la  storia  di  Filippo  ,  nella  quale 
aveva  figurato  un  Abraam  che  sacrifica  Isac,  ed 
in  quella  un  servo  ,  che  mentre  aspetta  Abraam 
e  che  l'asino  pasce  ,  si  cava  una  spina  di  un  pie- 
de ,  che  merita  lode  assai .  Venute  dunque  le 
storie  a  mostra  ,  non  si  satisfacendo  Filippo  e 
Donato  se  non  di  quella  di  Lorenzo ,  lo  giudica- 
rono piò  al  proposito  di  queir  opera  ,  che  non 
erano  essi  e  gli  altri  che  avevano  fatto  le  altre 
storie  .  £  cosi  a'  consoli  con  buone  ragioni  per- 
suasero che  a  Lorenzo  l'opera  allogassero  ,  mo- 
strando che  il  pubblico  ed  il  privato  ne  sarebbe 
servito  meglio.  E  fu  veramente  questo  una'' 
bontà  vera  d'amici  e  una  virtù  senza  invidia,  ed 
un  giudizio  sano  nel  conoscere  se  stessi  ;  onde 


VITA  DI  FILIPPO  BRUNELLESCHI      129 

]più  lode  meritarono ,  che  se  V  opera  ^rtSBÌnm 
condotta  a  perfeuone.  Felici  spiriti  !  cLe  menlrt 
giovavano  V  imo  all'  altro ,  Sf^devano  nel  lodare 
le  fatidie  altrui .  Quanto  inielici  sono  ora  i  no- 
stri !  cbe  mentre  che  nuocono  ,  non  sfottati,  cre- 
pano d' invidia  nel  mordere  aiti^ui  .  Tu  da'  con- 
soli pregato  Filippo cho dovesse  farei'  opera  in- 
sieme con  Lorenzo  ,  ma  egli  non  volle  ,  avendo 
animo  di  volere  essere  piuttosto  primo  in  una 
sola  arte  ,  cbe  pari  o  secondo  in  quell'  opera  • 
Per  il  cbe  la  storia  cbe  aveva  lavorata  di  bronzo 
donò  a  Cosimo  de'  Medici ,  la  qual  egli  col  tem- 
po fece  mettere  iu  sagrestia  vecchia  di  S.  Loren- 
zo  nel  dossale  dell'  altare ,  e  quivi  si  trova  al 
presente  ;  e  quella  di  Don;ito  fu  messa  nell'  arte 
del  Cambio  .Fatta  l' allogagione  a  Lorenzo  Ohi- 
berti  y  furono  insieme  Filippo  e  Donatole  risoU 
verono  insieme  partirsi  di  Fiorenza  ed  a  Roma 
star  qualche  anno  y  per  attender  Filippo  all'ar- 
chitettura e  Donato  alla  scultura.  A  che  fece 
Filippo  per  voler  esser  superii>re  ed  a  Lorenzo  ed 
a  Donato,  tanto  quanto  fanno  Tarcbitettura  più, 
necessaria  all'utilità  degli  uomini,  cbe  la  scultu- 
ra e  la  pittura .  £  venduto  un  podere tto  eh'  egli 
aveva  a  Settignano,di  Fiorenza  partiti  a  Roma  si 
condussero  :  nella  quale  vedendo  la  grandezza 
degUedifiz)e  la  perfezione  de'  corpi  de'  tempj  , 
stava  astratto  cbe  pareva  fuor  di  se  .  £  cosi  dato 
ordine  a  misurar  le  cornici  e  levar  le  piante  di 
quegli  edifiz) ,  egli  e  Donato  continuamente  se- 
guitando y  non  perdonarono  né  a  tempo  né  a 
spesa  ,  né  lasciarono  luogo  cbe  eglino  ed  in  Ro- 
ma e  fuori  in  campaana  non  vedessino^  non  mi- 
surassino  tutto  quello  che  potevano  avere  che 
Susse  buono  .  £  perchè  era  Filippo  sciolto  dalla 
FoL.  II.  9 


l3ò  PARTE    SECONDA 

cure  familiari ,  datosi  in  preda  agli  studi ,  noit 
8Ì  curava  di  suo  mangiare  o  dormire  ;  solo  l' in- 
tento suo  era  l'  architettura  che  già  era  spenta  , 
dico  gli  ordini  antichi  buoni ,  e  non  la  tedesca  e 
barbara ,  la  quale  molto  n  usava  nel  suo  tempo . 
Ed  aveva  in  se  due  concetti  grandissimi  ;  T  uno 
era  il  tornare  a  luce  la  buona  architettura  ,  cre- 
dendo egli  f  ritrovandola  y  non  lasciare  manco 
memoria  di  se    che  fatto  si  aveva  Gimabue  e 
Giotto  ;  r  altro  di  trovar  modo  ,  se  e'  si  potesse , 
a  voltare  la  cupola  di  S.  Maria  del  Fiore  di  Fio- 
renza y  le  difficultà  delia  quale  avevanp  fatto  si , 
che  dopo  la  morte  di  Arnolfo  Lapi  non  ci  era 
stato  mai  nessuno  a  cui  fusse  bastato  V  animo  , 
senza  grandissima  spesa  d'armadure  di  legname, 
poterla   volgere  .  Non  conferì  però  mai  questa 
sua  intenzione  a  Donato  né  ad  anima  viva  ;  né 
restò  y  che  in  Roma  tutte  le  difficoltà  che  sono 
nella  Eitonda  egli  non  considerasse  y  siccome  si 
poteva  voltare  .  Tutte  le  volte  nell'antico  aveva 
notato  e  disegnato  y  e  sopra  ciò  del  c<mtinuo  stu- 
diava ;  e  se  per  avventura  jeglino  avessino  tro- 
vato sottsnati  pezzi  di  capitelli ,  colonne^  comi- 
ci y   e  basamenti  di  edifiz] ,  eglino  mettevano 
opere  e  gli  facevano  cavare  per  toccare  il  fondo. 
Per  il  che  si  era  sparsa  una  voce  per  Roma,quan« 
do  eglino  passavano  per  le  strade ,  che  andavano 
vestiti  a  caso  ,  gli  chiamavano  quelii  del  tesoro; 
credendo  i  popoli,  che  fussino  persone  che  atten- 
dessino  alla  geomanzia  per  ritrovare  tesori  :  e 
di  ciò  fu  cagione  V  avere  eglino  trovato  un  gior- 
no una  brocca  antica  di  ten*a  piena  di  medaglie. 
Vennero  manco  a  Filippo  i  denari  ,  e  si  andava 
riparando  con  il  legare  gioie  a  orefici  suoi  amici, 
ch'erano  di  prezzo  ;  e  cosi  si  rìmase  solo  in  R«- 


VITA  DI  FILIPPO  BRUNU^LESCHI       i3l 

tea ,  perché  Donato  a  Fiorenza  se  ne  tornò  ,  ed 
e^lì  con  maggiore  studio  e  fatica  che  prima  dic«- 
tro  alle  rovine  di  quelle  fabbi  iche  di  continuo  si 
esercitava  .  Né  restò,  che  non  fusse  disegnata  da 
lui  ogni  sorte  di  fabbrica  y  tempj  tondi  e  quadri, 
a  otto  facce ,  basiliche,  acquid(»tti,  bagni ,  archi, 
colisei ,  anfiteatri  ,  ed  ogni  tempio  di  mattoni , 
da' quali  caro  le  cignature  ed  incatenature  ,  • 
co^  il  girarli  nelle  volte  ;  tolse  tutte  le  collega- 
xioni  e  dì  pietre  e  d' impernature  e  di  morse ,  ed 
investigando  a  tutte  le  pietre  grosse  una  buca  nel 
mezzo  per  ciascuna  in  sottosquadra  ,  trovò  esser 
quei  ferro ,  che  è  da  noi  chiamato  la  ulrWila  , 
con  che  si  tira  su  le  pietre  ,  ed  egli  lo  rinnovò  • 
messelo  in  uso  dipoi  .Fu  adunque  da  lui  messo 
da  parte  ordine  per  ordine  ,  dorico  ,  ionico  ,  e 
corintio  ;  e  fu  tale  questo  studio  ,  che  rimase  il 
•oo  ingegno  capacissimo  di  poter  vedere  nella 
immaginazione  lioma  ,  come  ella  stava  quando 
non  era  rovinata  .  Fece  V  aria  di  quella  città  un 
poco  di  novità  Tanno  1407  a  Filippo  ,  onde  egli 
consigliato  da'  suoi  amici  a  mutar  aria  ,  se  ne 
tornò  a  Fiorenza;  nella  quale  per  l'assenza  sua 
si  era  patito  in  molte  muraglie ,  per  le  quali  die- 
de egli  alla  sua  venuta  molti  disegni  e  molti  con-* 
sigli .  Fu  fatto  il  medesimo  anno  una  ragunata 
d'architettori  e  d'ingegneri  del  paese  sopra  il 
modo  del  voltar  la  cupola, dagli  operai  di  S.  Ma- 
ria del  Fiore  e  da'  consoli  dell'  arte  della  lana  ; 
intra  i  quali  intervenne  Filippo  ,  e  dette  consi- 

Silo  ,  eh'  era  necessario  cavare  1'  edifìzio  fuori 
el  tettoie  non  fare  secondo  il  disegno  di  Arnolfo, 
ma  fare  un  fregio  di  braccia  quindici  di  alt*  zza, 
e  in  mezzo  a  ogni  faccia  fare  un  occhio  gi^i.vie  ; 
perche  oltra  che  lererebbe  il  peso  fixor  della 


l3a    "        PARTS    SCCOlfdA 

Spalle  delle  tribane  ,  verrebbe  la  cupola  a  toU 
tai^si  più  facilmente  ;  e  cosi  se  ne  fece  modelli  e 
si  messe  in  esecusione  .  Filippo  dopo  alquanti 
mesi  riavuto  ,  essendo  una  mattina  in  sulla  pia»* 
sa  di  S.  Maria  del  Fiore  con  Donato  ed  altri  ar« 
tefici  y  si  ragionava  delle  antichità  oelle  cose 
delia  scultura ,  e  raccontando  Donato  che  quan- 
do e*  tornava  da  Roma  aveva  fatto  la  strada  dft 
Orvieto  per  veder  quella  facciata  del  duomo  di 
marmo  tanto  celebrata  ,  lavorata  di  mano  di  di- 
versi maestri,  tenuta  cosa  notabile  in  que 'tempi; 
e  che  nel  nassar  poi  da  Cortona  entrò  in  pieve  e 
vide  un  pilo  antico  bellissimo  >  dove  era  una  sto- 
ria di  marmo ,  cosa  allora  rara  ;  non  essendosi 
dissotterrata  quella  abbondansa  che  si  è  fatta 
ne*  tempi  nostri.  E  così  seguendo  Donato  il  mo- 
do che  aveva  usato  quel   maestro  a  condurre 
queir  opera y  e  la  fine  che  vi  era  dentro  insieme 
con  la  perfesione  e  bontà  del  magisterio  ,  acce- 
sesi Filippo  di  una  ardente  volontà  di  vederlo, 
che  COSI,  come  egli  ei*a  in  mantello  ed  in  cappuc- 
cio ed  in  zoccoli,  senza  dir  dove  andasse  si  paitl 
da  loro  a  piedi  ,  e   si  lasciò  portare  a  Cortona 
dalla  volontà  ed  amore  che  portava  all'  arte  ;  e 
veduto  e  piaciutogli  il  pilo ,  lo  ritrasse  con  la 
penna  in  disegno  e  con  quello  toi*nò  a  Fiorenza  » 
senza  che  Donato  o  altra  persona  si  accorgesse 
che  fusse  partito ,  pensando  che  e'  dovesse  dise* 
gnare  o  ranUisticare  qualcosa  .  Cosi  tornato  in 
Fiorenza  gli  mostrò  il  disegno  dei  pilodalni  con 
pazienza  ritratto  ,  per  il  che  Donato  si  maravi- 
gliò assai,  vedendo  quanto  amore  Filippo  portava 
air  arte.  Stette  poi  molti  mesi  in  Fioranza,  dove 
egli  faceva  segretamente  modelli  cdingegni  tutti 
per  1'  opera  della  cupola  »  stando  tuttavia  con 


VITA  DI  FILIPPO  BRUNELLEStHI       l35 

gli  artéfici  in  »»  le  baie  ;  che  allora  fece  egli 
quella  burla  del  Grasso  e  di  Matteo  ;  e  andando 
bene  spesso  per  suo  diporto  ad  aiutare  Lorenzo 
Ghiberti  a  rinettar  qualche  cosa  in  sulle  porte  • 
Ma  toccogli  una  mattina  la  fantasia  ^  sentendo 
che  si  r^gionara  dei  far  protrisione  d' ingegneri 
che  Toltassero  la  cupola  ,  si  ritornò  a  Roma , 
pensando  con  più  riputasione  avere  a  esser  ri- 
cerco di  fnora  ,  che  non  arebbe  fatto  stando  in 
Fiorenza.  Laonde  trovandosi  in  Boma^  e  venuto 
in  considerazione  1'  opera  e  V  ingegno  suo  acu- 
tissimo per  aver  mostro  ne' ragionamenti  suoi 
quella  sicurtà  e  queir  animo  che  non  aveva  tro- 
vato negli  altri  maestri ,  i  quali  stavano  smarriti 
insieme  coi  muratori ,  perdute  le  forze  y  e  non 
pensando  poter  mai  trovar  modo  da  voltarla  né 
legni  da  fare  una  travata  che  fusse  sì  forte ,  che 
reggesse  1'  armadura  ed  il  peso  di  si  grande  edi- 
fizio  ,  deliberati  vederne  il  fine  ,  scrissono  a  Fi- 
lippo a  Roma  con  pregarlo  che  venisse  a  Fioren- 
za :  ed  egli  che  non  aveva  altra  voglia  ,  molto 
cortesemente  tornò.  £  raenniitosi  alla  sua  ve- 
nuta r  ufizio  degli  operai  di  S.  Maria  del  Fiore 
ed  i  consoli  dell'arte  della  lana^dissono  a  Filippo 
tutte  le  difficultè  dalla  maggiore  alla  minore  ctie 
facevano  i  maestri  y  ì  quali  erano  in  sua  presenza 
neirudienza  insieme  con  loro.  Per  il  che  Filippo 
disse  queste  parole  :  Signori  operai  ,  e'  non  è 
dubbio  che  le  cose  grandi  hanno  sempre  nel  con« 
dursì  difficultà  ;  e  se  ninna  n*ebbe  mai ,  questa 
vostra  r  ha  maggiore  ,  che  voi  per  avventura 
non  avvisate  ;  perciocché  io  non  so  che  né  anco 
gli  antichi  voltassero  m^i  una  volta  si  terribile 
come  sere  questa  :  ed  io  che  ho  molte  volte  pen- 
Mta  ftll*  ann«4iiire  di  dentio  e  di  fuori ,  e  come 


l34  PATaE     SECONDA 

81  sia  per  poterTÌ  larorare  sicuramente  ,  non  mt 
sono  mai  saputo  risolvere  ,  e  mi  sbigottisce  non 
meno  la  larghezza  che  1*  altezza  dell*  edifizio  ; 
perciocché  se  ella  si  potesse  girar  tonda  y  si  po« 
trebbe  tenere  il  modo  che  tennero  i  Romani  nel 
^voltare  il  Panteon  di  Roma^  cioè  la  Ritonda;  ma 
qui  bisogna  seguitare  lotto  facce  ,  ed  entrare  in 
cattale  ed  in  morse  di  pietre^che  sarà  cosa  molto 
difficile .  Ma  ricordandomi  che  questo  è  tempio 
sacrato  a  Dio  e  alia  Vergine ,  mi  confido  che  fa- 
cendosi in  memorìa  sua,  non  mancherà  d' infon- 
dere il  sapere  dove  non  sia  ^  ed  aggiugnere  le 
forze  e  la  sapienza  e  V  ingegno  a  chi  sarà  autore 
di  tal  cosa  .  Ma  che  posso  io  in  questo  caso  gio- 
varvi ,  non  essendo  mia  T opera  ?  Bene  vi  dico  , 
che  se  ella  toccasse  a  me ,  risolutissimamente  mi 
basterebbe  l'animo  di  trovare  il  modo  che  ella  si 
volterebbe  senza  tante  difficultà  ;  ma  io  non  ci  ho 
pensato  su  ancor  niente  :  e  volete  che  io  vi  dica 
D  modo?  Ma  auando  pure  le  S.  V.  delibereranno 
eh'  ella  si  volti ,  sarete  forzati  non  solo  a  fai*e 
esperimento  di  me  y  che  non  penso  bastare  a 
consigliare  sigi*an  cosa,ma  a  spendere  ed  ordinare 
che  fra  un  anno  di  tempo  a  un  dì  determinato 
Tengano  in  Fiorenza  architettori  non  solo  toscani 
e  italiar^  ,  ma  tedeschi  e  francesi  e  d'  ogni  na- 
zione ,  e  proporre  loro  questo  lavoro  y  acciocché 
disputato  e  risoluto  fra  tanti  maestri  9  si  cominci 
e  si  dia  a  colui  che  più  dirittamente  darà  nel  se* 
gno,  o  avrà  miglior  modo  e  giudizio  per  fare  tal 
opera  ;  ne  vi  saprei  dare  io  altro  consiglio  né 
miglior  ordine  dì  questo  .  Piacque  ai  consoli  e 
agli  operai  l'ordine  e  il  consiglio  di  Filippo  ;  ma 
arebbono  voluto  che  in  questo  mentitegli  ave»- 
5e  fatto  un  modello^  e  cne  ci  avesse  pensato  su* 


ynk  DI  FILIPPO  BRUlfKLLiaCRI       l35 

^a  egli  mostraTa  di  non  curarseDe  9  ansi  presa 
licenta  da  loro,  disse  esser  sollecitato  con  lettere 
a  tornare  a  Roma  .  ATTedutisi  dunque  i  consoli 
che  i  priegbì  loro  e  degli  operai  non  erano  ba» 
atanti  a  fermarlo  9  lo  i'eciono  pregare  da  molti 
amici  suoi  ;  e  non  si  piegando  ,  una  mattina  che 
fa  a  di  26  di  Maggio  14*7  9  gU  fecero  gli  operai 
wao  stanziamento  di  una  mancia  di  danari,  i  quali 
si  trovano  a  uscita  a  Filippo  ne'  libri  dell'  opera, 
e  tutto  era  per  agevolarlo  •  Ma  egli  saldo  nel  suo 
proposito^partitosi  pure  di  Fiorenza  se  ne  tornò  a 
Koma^dove  sopra  tal  lavoro  di  continuo  studiòyor- 
dinandosie  preparandosi  per  il  fine  di  tale  opera, 
pensando,  come  era  certamente,  che  altri  che  rgli 
non  potesse  condurre  tale  opera.  Ed  il  consiglio 
dato  del  condurre  nuovi  architettori  non  l'aveva 
Filippo  messo  innanti  per  altro  ,  se  non  perchè 
eglino  Fassino  testimoni  del  grandissimo  ingegno 
suo,più  che  perchè  e'pensasse  che  eglino  avessino 
ad  aver  ordine  di  voltar  quella  tribuna,e  di  pigi  lare 
tal  carico  che  era  troppo  difficile.E  cosi  si  consami 
molto  tempo  innanii  che  fossero  venuti  auegli  ar- 
chitetti dei  lor  paesi ,che  eglino  avevano  ai  lontano 
fatti  chiamare  con  ordine  dato  a'mercanti  fioren* 
tini  che  dimoravano  in  Francia ,  nella  Magna ,  in 
Inghilterra,  ed  in  Ispagna,  i  quali  avevano  com- 
missione di  spendere  ogni  somma  di  danari  per 
mandare  e  ottenere  da  que'  principi  i  più  espe- 
rimentati e  valenti  ingegni  che  lusserò  in  quelle 
regioni .  Venuto  Tanno  14^0  furono  finalmente 
ragunati  in  Fiorenza  tutti  questi  maestri  oltra- 
montani e  cosi  quelli  della  Toscana,e  tutti  ffTin^ 
I legnosi  artefici  di  disegno  fiorentini ,  e  cosi  Fi- 
ippo  tornò  da  Roma.  Ragunaronsi  dunque  tutti 
jieir  opera  di  S.  Maria  del  Fiore;  presenti  icon- 


f36  FARTE    S1SC0VDA 

soli  e  gli  operai  insieme  con  una  scelta  ii  citta* 
dinì  i  più  ingegnosi,  acciocché  udito  sopra  que* 
sto  caso  r  ani  :)0  di  ciascuno ,  si  lisolyesse  il  ma* 
do  di  voltare  questa  tiibuna  •  Chiamati  dunque 
neir  udienza  ,  udirono  a  uno  a  uno  1'  ani  [no  di 
tutti  e  V  ordine  che  ciascuno  architetto  sopra  di 
ciò  avera  pensato  .  £  fu  cosa  bella  il  sentir  le 
strane  e  diverse  opinioni  in  tale  materia  /  per- 
ciocché chi  diceva  di  far  pilastri  murati  dal  pia* 
no  della  terra  per  volgervi  su  gli  archi  e  tenere 
le  travate  per  reggere  il  peso  ;  altri  eh'  egli 
era  bene  voltarla  di  spugne  ,  acciò  fosse  pi& 
lesgteri  il  peso  ;e  molti  si  accordavano  a  lare  un 
pilastro  in  mezzo  e  condurla  a  padiglione  ,  co- 
me quella  di  S.  Giovanni  di  Pi'>renza  ;  e  non 
manca  chi  dicesse  che  sarebbe  stato  bene  em- 
pierla di  terra  e  mescolare  quattrini  fra  essa,  ac- 
ciocché volta  ,  dessino  licenza  che  chi  voleva 
di  quel  terreno  potesse  andare  per  esso  ,  e  cosi 
in  un  subito  il  popolo  lo  portasse  via  senza  spe- 
sa. Solo  Filippo  disse  che  si  poteva  voltarla  senza 
tanti  legni  e  senza  pilastri  o  (eiTa  ,  con  assai  mig- 
liore spesa  di  tanti  archi  y  e  fecilis^imamente 
senza  armadura.  Parve  a*  consoli  che  stavano  ad 
aspettare  qualchebel  modo  ed  agli  operai  ed  a  tut- 
ti que*cittadini  che  Filippo  avesse  detto  una  cosa 
da  sciocchi  ,  e  se  ne  feciono  beffe  ,  rìdendosi  dì 
lui  y  e  si  volgono  e  gli  dissono  che  ragionasse  di 
altro ,  che  quello  era  un  modo  da  pazzi  ,  come 
era  egli.  Perché  parendo  a  Filippo  di  essere  ofRs- 
so,  disse:  Signori,  considerate  che  non  e  possibile 
volgerla  in  altra  maniera  che  in  questa  ;  e  an^ 
corché  voi  vi  ridiate  di  me  ,  conoscerete  (  se 
non  volet' essere  ostinati  )  non  doversi  né  potersi 
fur  m  altro  modo .  Ed  è  necessarie  ,  volendota 


•indurre  nei  modo  eh'  io  ho  peniMito ,  eh'  ella  si 

t;iri  coi  sesto  di  quarto  aeuto  e  facciasi  doppia  , 
'  una  Tolta  di  dentro  e  1'  altra  di  fuori  in  modo^ 
ehe  fra  V  una  e  1'  altra  si  cammini  ^  e  in  «uh 
cantonate  degli  angoli  delle  otto  fiiccecon  le  mor- 
se di  pietra  s'incateni  la  fabbrica  per  la  erosses^ 
aa  y  e  similmente  eon  catene  di  legnami  di  quer- 
cia si  giri  per  le  facce  di  quella.  Ed  è  necessario 
pensare  a'  lumi ,  alle  scale  ,  ed  ai  condotti ,  àore 
I  acque  nel  piovere  nossino  uscire  .  £  nessuno 
di  Toi  ba  pensato  ,  che  bisogna  aTTertire  cbe 
si  possa  fare  i  ponti  di  dentro  per  fare  t  musaici 
ed  una  infinita  di  cose  difficili;  ma  io  cbe  la  veg- 
go Tolta  ,  conosco  cbe  non  ci  é  altro  modo  né 
altra  via  da  poter  volgerla  y  che  questa  ch'io 
ragiono.  £  riscaldato  nei  dire,  quanto  e'  cercava 
facilitare  il  concetto  suo  ,  acciocché  eglino  lo 
intendessino  e  credessino ,  tanto  veniva  propo- 
nendo niA  dubbi ,  che  gli  faceva  meno  credere , 
e  tenerlo  una  bestia  ed  una  cicala.  Laonde  licen- 
ziatolo parecchie  volte,  ed  alla  fine  non  volendo 
partire,  fb  portato  di  peso  dai  donzelli  loro  fuori 
deir udienza,  tenendolo  del  tutto  pazzo.  Il  quale 
«corno  fu  cagione  che  Filippo  ebbe  a  dire  noi  ^ 
ehe  non  ardiva  passare  per  hiogo  alcuno  della 
cittÀ  ,  temendo    non  fusse  detto  :   Vedi  colà 

Sei  pazzo  .  Restati  i  consoli  nelP  udienza  con- 
ni e  dai  modi  de'  primi  maestri  difficili ,  • 
dall'  ultimo  di  Filippo  ,  a  loro  sciocco  ,  paren- 
do loro  che  e'  confondesse  quell'  opera  con  due 
cose  ,  1'  una  era  il  farla  doppia ,  che  sarebbe 
ftator  pur  grandissimo  e  sconcio  peso  ,  l' altm 
[  il  farla  senza  armadura  ;  dall'  altra  parte  Filip- 
po ,  che  tanti  anni  aveva  speso  neeli  studi  per 
avere  questa  opera  ,  non  sapeva  cbe  si  hre  f  e 


l3Ì  PARTE    SECONDA  A 

fu  tentato  partirsi  di  Fiorenza  più  volte  •  Pure 
▼olendo  yiacere  ,  gli  bisognava  armarsi  di  pa^ 
cienza  y  avendo  egli  tanto  di  vedere  j  che  cono- 
sceva i  cervelli  di  quella  città  non  stare  molto 
fermi  in  un  proposito.Averebbe  potuto  mostrare 
Filippo  un  modello  piccolo  che  aveva  sotto  :  ma 
non  volle  mostrarlo  y  avendo  conosciuto  la  poca 
intelligenza  de'  consoli  j  V  invidia  degli  artefici  , 
e  la  poca  stabilità  de'  cittadini  che  favorivano 
chi  uno  e  chi  r  altro  ,  secondo  cbe  più  piaceva  a 
ciascuno  .  £d  io  non  me  ne  maraviglio  ^  facendo 
in  (|uella  città  professione  ognuno  di  sapere  in 
questo  ,  quanto  i  maestri  esercitati  fanno  :  co- 
me che  pochi  siano  quelli  ,  che  veramente  in- 
tendono ;  e  ciò  sia  detto  con  pace  di  coloro  cbe 
sanno.  Quello  dunque  che  Filippo  non  aveva 
potuto  fare  nel  magistrato  cominciò  a  trattar  in 
disparte  >  favellando  ora  a  questo  consolo  ora  a 
queir  operaio  e  similmente  a  molti  cittadini  , 
mostrando  parte  del  suo  disegno  ,  li  ridusse  che 
si  deliberarono  a  fare  allogazione  di  questa  opera 
o  a  lui  o  a  uno  di  que'  forestieri .  Per  la  qual 
cosa  inanimiti  i  consoli  e  gli  operaia  que'  citta- 
dini /si  ragunarono  tutti  insieme  y  e  gli  archi- 
tetti disputarono  di  questa  materia  ;  ma  furono 
con  ragioni  assai  tutti  abbattuti  e  vinti  da  Filip- 
po ;  dijve  si  dice  che  nacque  la  disputa  dell'uovo 
in  questa  forma  .  Eglino  arebbono  voluto  che 
Filippo  avesse  detto  V  animo  suo  minutamente 
e  mostix>  il  suo  modello  ,  come  avevano  mostro 
essi  il  loro  ;  il  che  non  volle  fare  y  ma  propose 
questo  a'  maestri  e  forestieri  e  terrazzani ,  che 
chi  fermasse  in  sur  un  marmo  niano  un  uovo 
ritto,  quello  facesse  la  cupola  ;  eoe  quivi  si  ve- 
drebbe l'ingegno  loro .  Tolto  dunque  un  uovo  ^ 


ynk  DI  FIUPPO  ftACNELLEflCHI       15$ 

lotti  que'  maestri  si  proyarono  per  farlo  star  riU 
to ,  ma  nessuno  trovò  il  modo .  Onde  essendo 
detto  a  Filippo  ehe  lo  fermasse  f  egli  con  grazia 
lo  prese  9  e  datogli  un  colpo  del  culo  in  sul  pi^no 
del  marmo  lo  fece  star  ritto.  Romoreggiando  gli 
artefici  cbe  similmente  arebbono  saputo  Cara 
essi ,  rispose  loro  Filippo,  ridendo  y  che  gli  a- 
rebbono  ancora  saputo  voltare  la  cupola ,  ve- 
dendo il  modello  o  il  disegno  .  £  cosi  fu  risoluto 
eh'  egli  avesse  carico  di  condurre  questa  opera  , 
e  dettogli  cbe  ne  informasse  meglio  i  consoli  « 
gli  operai  .  Andatosene  dunque  a  casa  y  in  sur 
un  foglio  scrìsse  V  animo  suo  più  apertamente 
che  poteva  ^  per  darlo  al  magistrato  in  questa 
forma  :  Considerato  le  difficultà  di  questa  lab- 
brica  ,  magnifici  signori  operai ,  trovo  cbe  non  si 
può  per  nessun  modo  volgerla  tonda  perfetta  , 
atteso  cbe  sarebbe  tanto  grande  il  piano  di  sopra 
dove  va  la  lanterna  y  che  mettendovi  peso  rovi- 
nerebbe presto  .  Però  mi  pare  cbe  quegli  archi- 
tetti cbe  non  hanno  l' occhio  ali*  eternità  della 
fabbrica ,  non  abbiano  amore  alle  memorie  ,  raè 
sappiano  per  quel  che  elle  si  fanno .  £  però  mi 
risolvo  girar  cQ  dentro  questa  volta  a  spicchi, 
come  stanno  le  facce  ,  e  ciarle  la  misura  e  il  sesto 
del  quarto  acuto  ;  perciocché  questo  é  un  sesto 
cbe  cirato  ,  sempre  pigne  allo  in  su  ;  e  caricatolo 
con  la  lanterna  ,  V  uno  con  V  altro  la  farà  dura- 
bile. £  vuole  esser  grossa  nella  mossa  da  pie  brac- 
cia tre  e  tre  quarti ,  e  andare  piramidalmente 
strignendosi  di  fuora  per  fino  dove  ella  si  serra 
e  dove  ha  a  essere  la  lanterna  .  £  la  volta  vuole 
essere  congiunta  alla  grossezza  di  braccia  uno  e 
un  quarto  .  Poi  farassi  dal  lato  di  fuora  un'altra 
.irolta  cbe  da  pie  sia  grossa  braccia  due  e  mesco  ^ 


t 


Y4è  PARTE    SECONDA 

per  conserTare  quella  di  dentro  dall'  acqua  ;  I4 
quale  anco  piramidalmente  diminuisca  a  pro^ 
porzione  in  modo  ,  che  si  congiunga  al  principio 
della  lanterna  ,  come  V  altra ,  tanto  cne  sia  in 
cima  la  sua  grossezza  dnoi  terzi .  Sia  per  ogni 
angolo  uno  sprone,che  saranno  otto  in  tutto ,  ed 
in  ogni  faccia  due  ,  cioè  nel  mezzo  di  quella,  che 
Tengono  a  essere  sedici  ;  e  dalla  parte  di  dentro 
e  di  fuori  nel  mezzo  di  detti  angoli  in  ciasche-» 
duna  faccia  siano  due  sproni,  ciascuno  grosso  da 

Ìììè  hraccia  quattro  .  E  lunghe  Ta|dano  insieme 
e  dette  due  yolte  piramidalmente  tnurate  ,  insi- 
no  alla  sommità  dell'  occhio  chiuso  dalla  lanter- 
ne per  eguale  proporzione  .  Facciansi  poi  venti- 
quattro sproni  con  le  dette  volte  murati  intorno, 
e  sei  archi  di  maci£;ni  forti  e  lunghi  bene  spran- 
gati di  ferri ,  i  quali  sieno  stagnati;  e  sopra  detti 
macigni  catene  di  ferro  che  cinghino  la  detta  vol- 
ta con  loro  sproni.  Hassi  a  murare  di  sodo  senza 
vano  nel  principio  V  altezza  di  braccia  cinque  ed 
un  quarto ,  e  dipoi  seguitar  gli  sproni  :  e  si  di- 
vidino  le  volte  .  Il  primo  e  secondo  cerchio  da 
pie  sia  rinforzato  per  tutto  con  macigni  lunshi 
per  il  traverso,  sicché  1'  una  volta  e  Taltra  della 
cupola  si  posi  in  su  i  detti  macigni  .  E  nella  al- 
tezza d'ogni  braccia  nove  delle  dette  volte  siano 
volttcciuole  tra  l'uno  sprone  e  l'altro  con  catene 
di  legno  di  quercia  grosse  ,  che  leghino  i  detti 
aproni  che  reggono  fa  volta  di  dentro  ;  e  siano 
coperte  poi  dette  catene  di  quercia  con  piastre 
di  ferro  per  Tamor  delle  sa  li  te.G  li  sproni  murati 
tutti  di  macigni  e  di  pietra  forte ,  e  similmente 
k  facce  della  cupola  tutte  di  pietra  forte,  legate 
con  gli  sproni  fino  all'  altezza  di  braccia  venti- 
quattro, e  da  indi  in  tu  m  muri  di  mattoni  ovve* 


VITA  DI  FIUPPO  nVNELLSSCHI       l4t 

ro  di  spagne ,  secondo  clie  sì  delibererà  per  chi 
r  avrà  a  Ure  ,  più  leggieri  che  egli  potrà  .  Fae- 
GiRsi  di  fuori  un  andito  sopra  gli  occhi  y  che  sia 
di  sotto  ballatoio  con  parapetti  fttrafi)rati  d'  al« 
tezzst  di  braccia  due  alVavrenante  di  qu«^lii  delle 
tribunette  di  sotto,  o  veramente  due  anditi  Tuno 
sopra  r  altro  in  sur  una  cornice  bene  ornata  ;  é 
l'andito  di  sopra  sia  scoperto.  L'acque  della  cu** 
pola  terminino  in  su  una  ratta  di  marmo  larga 
un  terso,  e  getti  1'  acqua  y  dare  di  pietra  forte 
sarà  murato  sotto  la  ratta  .  Facciansi  otto  coste 
di  marmo  agli  angoli  nella  superficie  della  cu- 
pola di  fuori  grossi  come  si  richiede  ,  ed  alti  un 
nraccio  sopra  la  cupola  ,  scorniciato  a  tetto,  lar- 
go braccia  due ,  cne  ri  sia  del  colmo  e  della 
gronda  da  ogni  parte.  Muoyansi  piramidali  dalla 
mossa  loro  per  infino  alla  fine.  Murinsi  le  cupo- 
le nel  modo  di  sopra  ,  senza  armadure  per  sino  a 
braccia  trenta  ,  e  da  indi  in  su  in  quel  modo  che 
sarà  consigliato  per  que'  maestri  che  V  avranno 
a  murare  ;  perché  la  pratica  insegna  quel  che 
■i  ha  a  seguire  .  Finito  che  ebbe  Filippo  di  scri- 
vere quanto  di  sopra ,  andò  la  mattina  al  magi- 
strato ,  e  dato  loro  questo  foglio ,  fu  considerato 
da  loro  il  tutto  ;  e  ancoraché  eglino  non  ne  falsi- 
no capaci ,  vedendo  la  prontezE»  dell*  animo  di 
Filippo  ,  e  che  nessuno  degli  altri  architetti  non 
andava  con  miglior  gambe ,  per  mostrare  egli 
una  sicurtà  manifesta  nel  suo  dire  col  replicnra 
sempre  il  medesimo  in  sì  fatto  inodo,  che  pareva 
certamente  che  egli  ne  avesse  volte  dieci,  tiratisi 
da  parte  i  consoli  consultarono  di  dargliene  ;  ma 
che  avrebbono  voluto  vedere  un  poco  di  spe- 
riensa,  come  si  poteva  volger  questa  volta  senza 
armadujra  ,  perchè  tutte  T  altre  cose  approvava- 


l4a  PAKTS     SECONDA 

no .  Ai  quale  disiderio  Tu  favorevole  la  fortana  ; 
perchè  avendo  già  voluto  Bartolommeo  Barba- 
dori  i'ar  fare  una  cappella  in  S.  Felicita  ,  e  par- 
latone con  Filippo  y  egli  v'  aveva  messo  mano  e 
fatto  voltar  senza  armadura  quella  cappella  che 
i  nello  entrare  in  chiesa  a  man  ritta ,  dove  è  la 
piladeir  acqua  santa  pur  di  sua  mano  ;  e  simil- 
mente in  quei  dì  ne  fece  voltare  un*  altra  in  S. 
Iacopo  sopr*  Amo  per  Stiatta  Ridolfi  allato  alla 
cappella  dell'  aitar  maggiore  ;  le  quali  furono 
cagione  che  gli  fu  dato  più  credito  che  alle  pa-« 
role  .  E  cosi  assicurati  i  consoli  e  gli  operai  per 
lo  scritto  e  per  l' opera  che  avevano  veduta ,  gli 
allogarono   la  cupola ,  facendolo  capomaestro 

Srincipale  per  partito  di  fave.  Ma  non  gliene  ob- 
ligarono  se  non  braccia  dodici  d'  altezza  ^  di- 
cendogli che  volevano  vedere  come  riusciva  T  o- 
pera  j  e  che  riuscendo  come  egli  diceva  loro , 
non  mancherebbono  fargli  allogagione  del  resto. 
Parve  cosa  strana  a  Filippo  il  vedere  tanta  du- 
rezza e  diffidenza  ne'  consoli  e  operai  ^  e  se  non 
fusse  stato  che  sapeva  che  egli  era  solo  per  con- 
durla y  non  ci  avrebbe  messo  mano  .  Pur  come 
disideroso  di  conseguire  quella  gloria ,  la  prese  ^ 
e  di  condurla  a  fine  perfettamente  si  obbligò  • 
Fu  fatto  copiare  il  suo  foglio  in  su  un  libro,dove 
il  provveditore  teneva  i  debitori  e  i  creditori 
de'  legnami  e  de'  marmi  ,  con  V  obbjigo  sud- 
detto ;  facendogli  la  provvisione  medesima  per 
Sartito  di  quelle  paghe  che  avevano  fino  allora 
ate  agli  altri  capimaestri .  Saputasi  V  allogazio- 
ne fatta  a  Filippo  per  gli  artefici  e  per  i  citta- 
dini ,  a  chi  pareva  bene  e  a  chi  male,  come  sem- 
pre fu  il  parere  del  popolo  e  degli  spensierati  e 
«egli  invidiosi .  Mentre  che  si  faceva  ^le  provvt- 


VITA  DI  FILIPPO  mUTOSLLllSCHI      l43 

sfolli  per  cominciare  a  murare  ,  si  desti  su  una 
setta  fra  artigiani  e  cittadini,  e  fatto  testa  a  con- 
soli e  agli  operai  y  dissono  che  si  era  corsa  la  co* 
sa  ,  ecbe  un  lavoro  simile  a  questo  non  doveva 
esser  fatto  per  consiglio  di  un  solo  ,  e  die  se  e- 
glino  fttssin  privi  di  uomini  eccellenti ,  come 
èglino  ne  avevano  abbondanza ,  saria  da  perdo- 
nare loro  ,  ma  che  non  passava  con  onore  della 
cittÀ  y  perchè  venendo  qualche  disgrazia  j  come 
nelle  fabbriche  suole  alcuna  volta  avvenire  y  po- 
tevano essere  biasimati ,  come  persone  che  trop- 
po gran  carico  avessino  dato  a  un  solo  ,  senza 
considerare  il  danno  e  la  vergosiia  che  al  pub- 
blico ne  potrebbe  risultare  j  e  che  però  per  af- 
frenare  il  furore  di  Filippo  era  bene  aggiugnerli 
un  compagno  .  Era  Lorenzo  Ghiberti  venuto  in 
molto  credito  per  aver  già  fatto  esperienza  del 
suo  ingegno  nelle  porte  di  S.  Giovanni  ;  e  che 
e'  fusse  amato  da  certi  che  molto  potevano  nel 
governo  ,  si  dimostrò  assai  chiaramente  ;  perchè 
nel  vedere  tanto  crescere  la  gloria  di  Filippo , 
sotto  spezie  di  amore  e  di  affezione  verso  quella 
fabbrica^  operarono  di  maniera  appresso  de'coiv- 
soli  e  degli  operai  ,  che  fu  unito  com})agno  di 
Filippo  in  quest'  opera  .  In  quanta  disperazione 
e  amaritudine  si  trovasse  Filippo,  sentendo  quel 
che  avevano  fatto  gli  operai  si  conosce  da  questo 
eh'  e'  fu  per  fuggirsi  da  Fiorenza  ;  e  se  non  fusse 
«tato  Donato  e  Luca  dalla  Robbia  y  che  lo  con- 
fortavano y  era  per  uscire  fuor  di  se .  Veramente 
empia  e  crudel  rabbia  è  quella  di  coloro  che  ac- 
cecati dair  invidia  pongono  a  pericolo  gli  onori  e 
le  belle  opere  per  la  gara  deiramhizione;  da  loro 
certo  non  restò,  che  Filippo  non  ispezzasse  i  mo- 
delli ,  abbruciasse  i  disegni,  e  in  men  di  meiz  ora 


l44  PARTB     SECOVDà 

Srecipìtasse  tutta  quella  fatica  che  arerà  con- 
otta  in  tanti  anni .  Gli  operai  scusatisi  prima 
con  Filippo ,  lo  confortarono  a  andare  innanzi , 
che  lo  inventore  ed  autore  di  tal  fabbrica  era 
egli  e  non  altii;  ma  tutta  Tolta  fecero  a  Lorenzo 
il  medesimo  salario  che  a  Filippo .  Fu  seguitato 
l'opera  con  poca  rogiia  di  lui ,  conoscendo  are- 
re  a  dui*are  le  fatiche  eh'  e'  ci  facera,  e  poi  avere 
a  dividere  V  onore  e  la  fama  a  messo  con  Loren* 
so  .  Pure  messosi  in  animo  y  che  troverebbe 
modo  che  non  durerebbe  troppo  in  quest'opera, 
andava  seguitando  insieme  con  Lorenzo  nel  me- 
desimo modo  che  stava  lo  scritto  dato  agli  ope- 
rai .  Destossi  in  questo  mentre  nell'  animo  di  Fi- 
lippo un  pensiero  di  volere  fare  un  modello  che 
ancora  non  se  n'  era  fatto  nessuno  ;  e  così  messo 
mano  ,  lo  fece  lavorare  a  un  Bartolommeo  le- 
gnaiuolo che  stava  dallo  Studio  >  Ed  in  quello  , 
come  il  proprio  misurato  appunto  in  quella  gran- 
dezza ,  fece  tutte  le  cose  difficili  y  come  scale  al- 
luminate e  scure ,  e  tutte  le  sorte  de'  lumi,  por- 
te, e  catene  y  e  speroni  :  e  vi  fece  un  pezzo  d' or- 
dine del  ballatoio.  Il  che  avendo  inteso  Lorenzo, 
cercò  di  vederlo,  ma  perchè  Filippo  gliene  negò, 
venutone  in  collera,  diede  ordine  di  (are  un  mo- 
dello egli  ancora  ,  acciocché  e'  paresse  che  il  sa- 
lario che  tirava  non  Cusso  vano  ,  e  che  ci  fussa 
per  qual  cosa  .  De' quali  modelli  quel  di  Filippo 
fu  pagato  lire  cinquanta  e  soldi  quindici ,  com^ 
si  trova  in  uno  stanziamento  al  libro  di  Migliore 
di  Tommasoa  di  3  di  Ottobre  nel  i4'9>ed  a  uscita 
di  Lorenzo  Ghiberti  lire  trecento  per  fatica  e 
spesa  fatta  nel  suo  modello  ;  causato  ciò  dall'  a- 
micizia  efavcire  che  egli  aveva  più,  che  da  utilità 
ù  bisogno  che  ne  avesse  la  labbrica . 


VITA  DI  nUPPO  BRURXLLE^HI   l45 

Durò  questo  tormento  in  .«u£;li  occhi  di  Filip- 
po per  fino  al  14^6  ^  chiainaindo  coloro  Lorenzo 
parimente  che  Filippo  inventori:  lo  qual  distur- 
Bo  era  tanto  potente  nell'animo  di  Filippo ,  che 
egli  riveva  con  grandissima  passione.  Fatto  adun-* 
^e  Tarie  e  nuoTe  immaginaftioni ,  deliberò  al 
tutto  di  levarselo  dattorno ,  conoscendo  quanto 
e'valesse  poco  in  quell'opera.  Aveva  Filippo  fatto 
voltare  già  intorno  la  cupola  fra  Tuna  volta  e 
l'altra  dodici  braccia,  e  quivi  avevano  a  mcttorFÌ 
su  le  catene  di  pietra  e  di  legno;  il  che  per  essere 
eosa  difficile  y  ne  volle  parlare  con  Lorenzo ,  per 
tentare  se  esli  avesse  considerato  questa  dilHcnU 
tà.  £  trovollo  tanto  digiuno  circa  Io  avere  pensa- 
to a  tal  cosa,  che  e'rispose  che  la  rimetleva  in  lui, 
come  inventore.  Piacque  a  Filippo  la  rispot^ta  di 
Lorenxo,  parendogli  cne  questa  fusse  la  via  di  far- 
lo allontanare  dal  l'opera, e  da  scoprire  che  non  era 
di  quella  intelligenza  che  lo  tenevano  gli  amici 
SUOI  ed  il  favore  che  lo  aveva  mesiio  in  quel  luogo. 
Dopo  essendo  già  fermi  tutti  i  muratori  dell'ope- 
ra, aspettavano  di  dovere  cominciare  sopra  le 
dodici  braccie  e  fai*  le  volte  ,  e  incatenarle .  Es- 
sendosi cominciato  a  strignere  la  cupola  da  som- 
mo ;  per  lo  che  fare  erano  forzati  fare  i  ponti,  ac- 
ciocché ì  manovali  e  muratori  potessero  lavorare 
senza  pericolo;  attesoché  T altezza  era  tale,  che 
sol  amente  guardando  ali 'ingiù  faceva  paura  e  sbi- 

Sttimento  a  ogni  sicuro  animo  ;  sta  vasi  dunque 
i  muratori  e  dagli  altri  maestri  ad  aspettare 
il  modo  della  catena  e  de'  ponti ,  bé  risolvendosi 
niente  per  Lorenzo  né  per  Filippo,  nacque  una 
mormonizione  fra  i  muratori  e  gli  altri  maestri , 
non  vedendo  sollecitare  come  prima  :  e  perdio 
essi ,  che  povere  persone  erano ,  vivevano  sopra 

FOL.   Il  IO 


l46  PÀKTfi    SECOirOA 

le  ior  braccia  y  e  dabitayano  cbe  né  alI'iiM  né 
all'altro  bastasse  l'animo  di  andare  più  su  colf 
quell'opera,  il  meglio  che  sapevano  e  potevaiio 
andavano  trattenendosi  per  la  fabbrica ,  ristop- 
piundo  e  ripulendo  tutto  ouel  che  era  marato  si- 
no allora.  Una  mattina  intra  le  altre  Filippo  noo 
capitò  al  lavoro ,  e  fasciatosi  il  capo  entrò  nel 
letto;  e  continuamente  gridando  si  fece  scaldare 
t  igUeri  e  panai  con  una  sollecitudine  grande^  fin- 
gondo  avere  mal  di  fianco.  Intesa  questo  i  mae- 
stri che  stavano  aspettando  V  ordine  di  quel  che 
avevano  a  lavorare^mandarono  a  Lorenzo  qaelm 
lo  che  avevano  a  seguire.  Rispose  che  l'oinline 
era  di  Filippo ,  e  che  bisognava  aspettare  lui.  Fu 
chi  gli  disse:  Oh  non  sai  tu  l'animo  suo?  Si,  disse 
Lorenzo,  ma  non  farei  niente  senza  esso.  E  que- 
sto io  disse  inescusazion  sua,  che  non  avendo  vi- 
sto il  modello  di  Filippo  ,  e  non  gli  avendo  mai 
dimandato  che  ordine  e'  volesse  tenere ,  per  non 
parer  ignorante  stava  sopra  di  se  nel  parlare 
di  questa  cosa ,  e  rispondeva  tutte  parole  dub- 
bie f  massimamente  sapendo  essere  in  questa 
opera  contro  la  volontà  di  Filippo.  Al  quale  du- 
rato già  pia  di  due  giorni  il  male ,  e  andato  a  ve- 
derlo il  provveditore  dell'opera  e  assai  capomae- 
stri  muratori,  di  continuo  gli  domandavano  che 
dicesse  quello  che  avevano  a  fare.  Ed  egli  ;  Voi 
avete  Lorenzo  :  faccia  un  poco  egli  ;  né  altro  si 
poteva  cavare.  Laonde  sentendosi  questo,  nacque 
parlamenti  e  giudizi  di  biusi  ino  grandi  sopra  que* 
sta  opera.  Chi  diceva  che  Filippo  si  era  messo  nel 
letto  per  il  dolore  che  non  gli  nastava  l'animo  di 
voltarla,  e  che  si  pentiva  d'essere  entrato  in  bai* 
lo:  ed  i  suoi  a miciJo  difendevano,  dicendo  essere, 
seppure  era,  il  dispiacei-e>  la  villania  dell' avergli 


\ 


TITA  DI  FILIPPO  BRUNELLESCHI   ì^J 

dato  Lorenzo  per  compagno  ;  ma  cl)c  il  suo  èra 
mai  di  fianco  caasato  dal  molto  faticarsi  per  l'o- 
nera .  Cori  dunque  romoreggiandosi  eiti  fermo  i( 
laToro,  e  quasi  tutte  le  opere  de'muratori  e  scar- 
pe! lini  si  stavano,  e  mormorando  contro  a  Loren- 
zo ,  dicevano  :  Basta  che  egli  é  buono  a  tirare  il 
aalartOy  ma  a  dar  ordine  che  si  lavori ,  no.  O  se 
Filippo  non  ci  f ussero  se  egli  avesse  mal  lungo  , 
oome  farebbe  egli?  Che  colpa  è  la  sua,  se  egli  sta 
male?  Gli  operai  vistosi  in  vergogna  per  qiitsta 
pratica,  deliberarono  d'andare  a  trovar  Filippo; 
e  aiTivati,  confortatolo  prima  del  male,  gli  dico- 
no in  quanto  disordine  si  trovava  la  fabbrica,  ed 
io  quanto  travaglio  gli  avesse  messo  il  mal  suo . 
Per  il  che  Filippo  con  parole  appassionate  e  dalla 
finzione  del  male  e  dal!  amore  dell'opera:  Oh  non 
ci  è  egli,  disse,  Lorenzo?  Che  non  fa  egli?  Io  mi 
maraviglio  pur  di  voi .  Allora  gli  risposono  gli 
operai:  £'  non  vuol  far  niente  senza  te .  Rispose 
Varo  Filippo:  lo  farei  ben  io  senza  lui .  La  qual 
risposta  argutissima  e  doppia  bastò  loro;  e  parti- 
ti ,  conobbono  che  egli  aveva  male  di  voler  far 
solo.  Mandarono  dunque  amici  suoi  a  cavarlo  del 
letto  con  intenzione  di  levar  Lorenzo  dell'opera. 
£  così  venuto  Filippo  in  su  la  fabbrica,  vedendo 
lo  sforzo  del  favore  in  Lorenzo,  e  che  egli  arebbe 
li  salario  senza  far  fatica  alcuna  ,  pensò  a  un  al- 
tro modo  per  scornarlo  e  per  pubblicarlo  intera- 
mente per  poco  intendente  in  quel  mesliero  ;  e 
fece  questo  ragionamento  agli  operai ,  predente 
Lorenzo  :  Signori  operai ,  il  tempo  che  ci  è  pre- 
stato di  vivere^  se  egli  stesse  a  posta  nostra  come 
il  poter  morire  ,  non  è  dubbio  alcuno  che  molte 
cose  che  si  cominciano  resterelibono  finite  ,  dove 
elleno  rimangono  imperfette.  Il  mio  accidente  del 


t 


i48  p  A  are  s  E  e  o  N  D  àr 

male  cTic  ho  passato  poters  tormi  la  rìta  e  fer^ 
mare  quest*  opera  ;  però  acciocché  se  mai  pi&  io 
aiurnalassi  o  Lorenzo,  che  Dio  ne  lo  guardi,  poss^ 
l'uno  o  L'altro  seguitare  la  sua  parte,  ho  pensato 
che ,  così  come  ie.signorìe  vostre  ci  hanno  diviso 
il  salario  ,  ci  dividano  ancora  1*  opera,  acciocché 
spronati  dal  mostrare  ognuno  quel  che  sa ,  possa 
sicuramente  acquistare  onore  ed  utile  appresso  a 
questa  repubblica.  Sono  adunque  due  cose  ledif- 
hcili  che  al  pi*esente  si  hanno  a  mettere  in  ope* 
ra  :  1'  una  è  i  ponti ,  peixhè  i  muratori  possano 
murare  ,  che  hanno  a  servire  dentro  e  di  fuori 
dvilla  fabbrica,  dov'è  necessario  tener  su  uomini^ 
idre,  e  calcina,  e  che  vi  si  possa  tener  su  la  bar* 
ra  da  tirar  pesi  e  simili  altri  strumenti:  e  T al- 
trui è  la  catena  che  si  ha  a  mettere  soprale  dodici 
braccia,  che  venga  legando  le  otto  facce  delia- 
cupola  ed  incatenando  la  fabbrica  sì,  che  tutto  il 
pesi>  che  di  sopi*a  si  pone  strinsa  e  serri  di  manie- 
1^  ,  che  non  sforzi  o  allarghi  il  peso ,  anzi  eguaU 
m'unte  tutto  lo  edifizio  resti  sopra  di  se.  Pigli  Lo- 
renz;» adunque  una  di  queste  parti,  quale  egli  più 
laoi! mente  credei  eseguire,  che  io  l'altra  senza 
di'hciiltà  mi  proverò  di  conduire,  acciò  non  si 
perda  più  tempo.  Ciò  udito,  fu  sforzato  Lorenzo 
non  ricusare  per  1'  onore  suo  uno  di  questi  lav  o« 
ri ,  e  ancora  che  mal  volentieri  lo  facesse  ,  si  ri- 
solvè a  pigliar  la  catena,  come  cosa  più  facile ,  fi- 
dando.si  ne'  consigli  de'muratori,  ed  in  ricordarsi 
che  nella  volta  di  S.  Giovanni  di  Fiorenza  era  una 
catena  di  pietra,  dalla  anale  poteva  trarre  parte, 
se  non  tutto  l' ordine  .  È  così  l'  ano  messo  mano 
a*  p  mti,  l'altro  alla  catena  ,  V  uno  e  1*  altro  finì . 
£r  m  >  i  ponti  di  FiUppo  fatti  con  tanto  ingegno 
e  industria,  che  fu  tenuto  veramente  in  questo  il 


VITA  DI  FIUVPO  UtUIVXLLKSCfil    i4q 

contrario  di  quello  che  per  lo  addietro  molti  si 
erano  itnmagiiiatì;  perche  così  sicuramente  vi  la- 
Torayano  i maestri  e  tirayano  pesi  e  vistavano  si- 
curit  come  se  nella  piana  terra  fussino;  e  ne  rimase 
i  modelli  di  detti  ponti  neiropera.  Fece  Lorenzo 
in  una  dell'  otto  facce  la  catena  con  grandissima 
difficttltà  ;  e  finita,  fu  dagli  operai  fatta  vedere  a 
Filippo  ,  il  quale  non  disse  loro  niente  .  Ma  cHin 
certi  amici  suoi  ne  ragionò ,  dicendo  che  biso- 
gnava altia  legatura  che  quella  ,  e  metterla  per 
altro  verso  che  non  avevano  fatto,  e  che  al  poso 
che  vi  andava  aopra  non  era  sufficiente ,  pei  che 
non  stringeva  tanto  che  fusse  abbastanza  :  e  che 
la  provvisione  che  si  dava  a  Lorenzo,  era  insieme 
con  la  catena  che  egli  aveva  fatta  murare  gittata 
via.  Fu  inteso  V  umore  di  Filippo,  e  gli  fu  com» 
messo,  che  e'mostrasse  come  si  arebhe  a  fare  che 
tal  catena  adoperasse.  Onde  av<  ndo  egli  già  fatto 
disegni  e  modelli  subito  gii  mostrò;e  veduti  dftgli 
operai  e  dagli  altri  maestri ,  fu  conoFciuto  in  che 
errore  erano  cascati  per  favorire  Lorenzo  ;  e  vo- 
lendo mortificare  questo  errore  e  mostrare  che 
conoscevano  il  buono,  feciono  Filippo  governato- 
re e  capo  a  vita  di  tutta  la  fabbrica,  e  che  non  si 
facesse  cosa  alcuna  in  quell'opera  se  non  il  voler 
suo.  £  per  mostrare  di  riconoscerlo,  gli  donaro- 
no cento  fiorini,  stanziati  per  i  consoli  ed  operai 
sotto  dì  i3d'  Agosto  1428,  per  mano  di  Lorenzo 
Paoli  notaio  deir  opera  a  uscita  di  Gherardo  di 
M.  Filippo  Corsini:  e  gli  feciono  provvisione  per 
partito  di  fiorini  cento  Tanno  per  sua  provvigione 
a  vita  .  Cori  dato  ordine  a  far  camminar  la  fah. 
brica ,  la  seguitava  con  tanta  obbedienza  e  con 
tanta  accuratezza,  che  non  si  «arehbe  murata  unti 
pietra  che  non  Tavcase  voluta  vedere.  Diiii'dJtia 


l5o  PARTKSECOITDA 

parte  Lorenzo  troTaadk>si  vinto  e  tjtuisi  srergo-» 
gnato,  fu  da  'suoi  amici  favoribo  ed  aiutato  talmen- 
te,  che  tirò  il  salario  y  mostrando  che  non  poterà 
essere  casso  per  insino  a  tre  anni  di  poi .  Faceva 
Filippo  di  continuo  per  ogni  minima  cosa  disegni 
e  modelli  di  castelli  da  murare  ed  edifizj  da  tirar 
pesi.  Ma  non  per  questo  restavano  alcune  perso- 
ne malotiche  amici  di  Lorenzo  di  farlo  disperare  , 
eotk  tutto  il  dì  farli  modelli  contro  per  concorren- 
za y  in  tanto  che  ne  fece  un  maestro  Antonio  da 
Yerzelli  e  altri  maestri  y  favoriti  e  messi  innanzi 
ora  da  questo  cittadino  ed  ora  da  quell  altro,  mo« 
strando  la  volubilità  loro ,  il  poco  sapere  e  il 
manco  intendere ,  avendo  in  man  le  cose  perfette 
e  mettendo  innanzi  l'imperfette  e  disutili.  Erano 
già  le  catene  finite  intorno  intorno  all'otto  facce> 
edi  muratori  inanimiti  lavoravano  gagliardamen- 
te; ma  sollecitati  da  Filippo  più  che'l  solito,  per 
alcuni  rabbuffi  avuti  nei  murare  e  per  le  cose  che 
accadevano  giornalmente  se  lo  era  no  recato  a  noia: 
onde  mossi  da  questo  e  da  invidia  ,  si  strinsono 
insieme  i  capi  Scendo  setta,  e  dissono  che  eri 
faticoso  lavoro  e  di  pericolo,  e  che  non  voleva n 
volgerla  senza  gran  pagamento  ,  ancorché  più 
4el  solito  loro  fusse  stato  cresciuto,  pensando  per 
cotal  via  di  vendicarsi  con  Filippo  e  fare  a  se  uti- 
le. Dispiacque  agli  operai  questa  cosa  ed  a  Filippo 
similmente ,  e  pensatovi  su ,  prese  paitito  un  sa- 
bato sera  di  licenziarli  tutti.  Coloro  vistisi  licen- 
ziare, e  non  sapendo  che  fine  avesse  ad  avere 
questa  cosa,  stavano  di  mala  voglia;  quando  il  lur 
nedì  seguente  messe  in  opera  Filippo  dieci  Lom- 
bardi, e  con  lo  star  quivi  presente  dicendo:  Fa 'qui 
così,  e  fa'  qua;  gl'istrul  in  un  giorno  tanto,  che  ci 
lavorarono  molte  settimauc.JDaU'altn  pitfte  i  m«* 


VITA  M  PILOTO  BftUIfBLLEKHI   l5l 

Mèorì  iF«ggeii4o8Ì  licemiati  e  tolto  il  laToro,  e 
fiitto  loro  quello  scorno,  non  adendo  lavori  tanto 
«tili  «filanto  quello ,  messono  inezsani  a  Filippo 
che  ritomereboono  Tolentieri ,  raccomandanf losi 
qaanto  e'poteyano.  Cosi  li  tenne  molti  di  in  su  la 
corda  del  non  li  yoler  pigliare,  poi  li  rimesse  con 
minor  salario  che  eglino  non  avevano  in  prima: 
e  cosi  dorè  pensarono  ayansare  persono,  e  con  il 
mendicarsi  contro  a  Filippo  feciono  danno  e  tìU 
lania  a  se  stessi.  Erano  giA  fermi  i  romori,  e  Te- 
nuto tuttavia  considerando  nei  vf  der  volger  tanto 
agevolmente  quella  fabbrica  1*  ingegno  di  Filip- 
po,  e  si  teneva  già  per  quelli  cbe  non  avevano 
passione,  lui  aver  mostrato  quell'animo,  cbe  for- 
se nessun 'architetto  antico  o  moderno  nell'opere  ' 
loro  aveva  mostro  ;  e  questo  nacaue,  percbè  egli 
cavò  fuori  il  suo  modello,  nel  quale  furono  vedu- 
te per  ognuno  le  grandissime  considerasioni  cbe 
egli  aveva  immaginatosi  nelle  scaie,  nei  lumi  den- 
tro e  fuori,  cbe  non  si  potesse  percuotere  nei  bui 
per  le  paure:  e  quanti  diversi  appoggiatoi  di  fer- 
ri,  cbe  per  salire  dove  era  la  ertesta  erano  posti, 
€on  considerazione  ordinati;  oltra  cbe  egli  aveva 
per  fin  pensato  ai  ferri  per  fare  i  ponti  di  dentro, 
se  mai  si  avesse  a  lavorarvi  o  musaico  o  pitture  ; 
e  similmente  per  avere  messo  nei  luogbi  men  pe- 
ricolosi le  distinzioni  degli  smaltitoi  dell'acque, 
dove  elleno  andavano  coperte  e  dove  scoperte;  e 
seguitando  con  ordine  bucbe  e  diversi  apertoi , 
acciocché  i  venti  si  rompessino,  e  i  vapori  inf^ìe- 
me  con  i  tremoti  non  potessino  far  nocumento , 
mostrò  qaanto  lo  studio  nel  suo  stare  a  Roma 
tant'  anni  eli  avesse  giovato .  Appresso  conside- 
rando quello  cbe  egli  aveva  Catto  nelle  augnatu- 
re, incrostature,  commettitore,  e  legazioni  di 


l52  FART«    SECONDA 

pietre,  feceva  tremare  e  temette  a  pensare  che  aa 
solo  ingegno  fusse  capace  di  tanto,  quanto  era 
dÌTcntato  quel  di  Filippo .  Il  quale  di  continuo 
crebbe  talmente,  che  nessuna  cosa  fu,  quantun- 
que  difficile  e  aspra  ,  la  quale  egli  non  rendesse 
ucile  e  piana;  e  lo  mostrò  nel  tirare  i  pesi  per 
via  di  contrappesi  e  ruote,  che  un  sol  bue  tirava 
quanto  arobbono  appena  tirato  sei  paia.  Era  già 
cresciuta  la  fabbrica  tanto  alto,  che  era  uno  scon* 
eio  grandissimo  salito  che  uno  vi  era  innanzi  che 
si  venisse  in  terra  ;  e  molto  tempo  perdevano  i 
maestri  nello  andare  a  desinare  e  bere,  e  gran  di- 
sagio per  il  caldo  del  giorno  pativano.  Fu  adun- 
que trovato  da  Filippo  ordine  che  si  aprissero 
osterie  nella  cupola  con  le  cucine,  e  vi  si  vendesse 
il  vino;  e  così  nessuno  si  pai*tiva  del  lavoro ,  se 
non  la  sera;  il  che  fu  a  loro  comodità  ed  all'opera 
utilità  grandissima.  Era  si  cresciuto  l'animo  a  Fi- 
lippo, vedendo  Topera  camminar  forte  e  riuscire 
con  felicità,  che  di  continuo  si  affaticava,  ed  egli 
stesso  andava  alle  fornaci  dove  si  spianavano  i 
mattoni,  e  voleva  vedere  la  teri'a  e  impastarla,  e 
cotti  che  erano,  li  voleva  scerre  di  sua  mano  cod 
somma  diligenza .  £  nelle  pietre  agli  scarpellìni 
guardava  se  vi  erano  peli  dentro,  se  eran  dure,  • 
dava  loro  i  modelli  delle  ugnature  e  commetti- 
ture di  legname  e  di  cera,  o  cosi  fatti  di  rape ,  e 
similmente  faceva  de'fen*a menti  ai  fabbri.  £  tro- 
vò il  modo  de'gangheri  col  capo  e  degli  arpioni , 
e  facilitò  molto  l'architettura;  la  quale  certamen- 
te per  lui  si  ridusse  a  quella  perfezione,  che  for- 
se ella  non  fu  mai  appresso  i  Toscani.  Era  Tanno 
14^3  Firenze  in  quella  felicità  ed  allegrezza  che 
poteva  essere,  quando  Filippo  fìi  tratto  pei*  il 
quai'tiere  di  S.  Giovanni  per  maggio  e  giugno 


TITA  DI  FJIJ9F0  Blll»IELLESCHI  l53 

de'  Signori^  essendo  tratto  per  il  quartiere  diS. 
Croce  gonfaloniere  di  giustizia  Lapo  ^ireolini  : 
e  se  si  troTB  registrato  nel  priorista ,  Filippo  scr 
Brnnellesco  Lippi,  niuno  se  ne  dee  maravigliare, 

Serchè  fu  cosi  chiamato  da  Lipposuo  avolo^e  non 
e'  Lapi,  come  si  doTCTa:  la  qual  cosa  si  vede  nel 
detto  priorista  che  fu  usata  in  infiniti  altri ,  co- 
me ben  sa  chi  V  ha  veduto  o  sa  T  uso  di  que'  tem- 
pi. Esercitò  Filippo  queir  ufiicio^e  così  alti  i  ma- 
gistrati eh'  ebbe  neila  sua  città^neqikali  con  un 
giudizio  gravissimo  sempre  si  governo  .  Restava 
a  Filippo  9  vedendo  già  cominciare  a  chiudere  le 
due  volte  verso  l' occhio  dove  ji  ve  va  a  cominciare 
la  lanterna  (sebbene  egli  aveva  fatto  a  Roma  ed  in 
Fiorenia  pia  modelli  di  terra  e  di  legno  dell'uno 
e  de  ir  aitroy  ^fae  non  s' erano  veduti  ),  a  risolversi 
finalmente,  quale  e'  volesse  mettere  in  opera.  Per 
il  che  deliberatosi  a  terminare  il  ballatoio,  ne  fe- 
ce diversi  disegni  che  nell'  opera  rimasono  dopo 
la  morte  sua ,  i  quali  dalla  trascurataggine  di 
que'  ministri  sono  oggi  smarriti.  £d  ai  tempi  no- 
stri, perché  si  finisse^  si  fece  un  pezzo  dell'  una 
dell'  otto  Iacee,  ma  perchè  disuniva  da  quell'or- 
dine, per  consiglio  di  Michelagnolo  Buonarroti  fu 
dismesso  e  non  seguitato.  Fece  anco  di  sua  mano 
Filippo  un  modello  della  lanterna  a  otto  facce, 
misurato  alla  proporzione  della  cupola,  che  nel 
rero  per  invenzione  e  varietà  ed  ornato  riusci 
molto  bello.  Vi  fece  la  scala  da  salire  alla  palla 
che  era  jcosa  divina;  ma  perchè  aveva  turato  Fi- 
lippo con  un  poco  di  legno  commesso  di  sotto  do- 
ve s' entra,  nessuno,  se  non  egli,  sapeva  la  salita. 
Ed  ancora  che  e'  fusse  lodato  ed  avesse  già  abbate 
tute t'*  invidia  el'  arroganza  di  molti,  non  potè 
però'  tenere  nella  veduta  di  questo  modello  che 


t54  PAKTS    SCCOITBA, 

tutti  i  maestri  che  erano  in  Fiorenza  non  si  met- 
tessero a  fame  in  diversi  modi:  e  fino  a  una  don- 
na di  casa  Caddi  ardi  concorrere  in  giudizio  con 
^elio  che  aveva  fatto  Filippo.  Egli  nientedime- 
no tuttavia  si  rideva  dell'  altrui  presunzione:  e 
lugli  detto  da  molti  amici  suoi  che  e'  non  dovesse 
mostrare  il  modello  suo  a  nessun'  artefice,  ac- 
ciocché eglino  da  quello  non  imparassero;  ed  es- 
so rispondeva  loro  che  non  era  se  non  un  solo  il 
Tero  modello,  e  gli  altri  erano  vani.  Alcuni  altri 
maestri  avevano  nei  loro  modello  posto  delle  par- 
ti di  quel  dì  Filippo;  ai  quali  nel  vederlo  Filippo 
diceva:  Quest'  altro  modello  che  costui  farà  sarà 
il  mio  proprio.  Era  da  tutti  infinitamente  lodato; 
ma  solo  non  ci  vedendo  la  salita  per  ire  alla  pal- 
la, apponevano  che  fusse  difettoso.  Gonciusera 
nondimeno  gli  operai  di  fargli  allogazione  di  detta 
opera,-con  patto  però  che  mostrasse  loro  la  sali- 
ta :  per  il  cne  Filippo  levato  nel  modello  quel 
poco  di  legno  che  era  da  basso,  mostrò  in  un  pi- 
lastro la  salita  che  al  presente  si  vede  in  forma 
di  una  cerbottana  vota,  e  da  una  banda  un  canale 
con  staffe  di  bronzo,  dove  1'  un  piede  e  poi  1'  al- 
tro ponendo  s'  ascende  in  alto.  E  perché  non  eb- 
be tempo  di  vita  per  la  vecchiezza  di  potere  tal 
lanterna  veder  finita,  lasciò  per  testamento  ch« 
tal  come  stava  il  modello  murata  fiisse  e  come 
aveva  posto  in  iscritto;  altrimenti  protestava  che 
la  fabbrica  ruinerebbe,  essendo  volta  in  quarto 
acuto,  che  aveva  bisogno  che  il  peso  la  caricasse 
per  farla  più  forte.  Ilqual  edifìcio  non  potè  egli 
innanzi  la  morte  sua  vedere  finito,  ma  si  bene  ti- 
ratone, su  parecchie  braccia.  Fece  ben  lavorare  e 
condurre  quasi  tutti  i  marmi  che  vi  andavano  ; 
de'  quali  nel  vederli  condotti  i  popoli  stupivano. 


die  fune  potsibile  eh'  egli  Tolease  che  tanto  péso 
andasM  lopra  quelle  Tolta  •  Ed  era  opinione  di 
molti  ingegnosi  eh'  ella  non  tuste  per  reggere ,  e 
pareva  loro  una  yan  ventura  eh'  egli  r  aresae 
condotta  in  aio  quivi,  e  che  egli  era  un  tentare  Dio 
a  caricarla  si  forte.  Filippo  sempre  se  ne  rife ,  • 
preparate  tutte  le  macchine  e  tutti  gli  ordigni  che 
avevano  a  servire  a  murarla,  non  perse  mai  tem» 
p  o  con  la  mente  di  antivedere,  preparare,  e  prov- 
vedere a  tutte  le  minuterie,  infine  che  non  si  scan- 
tonasaino  i  marmi  laTorati  nel  tirarli  su;  tanto  che 
si  murarono  tutti  gli  archi  de'  tabernacoli  co*  ca- 
stelli di  legname;  e  dei  resto,  come  si  disse,  v'  era- 
no scritture  e  modelli.  La  quale  opera  quanto  sia 
bella,  ella  medesima  ne  fa  fede,  per  essere  d*  al- 
tcEsa  dal  piano  di  terra  a  quello  della  Ihntema 
braccia  cento  cinquanta  quattro,e  tutto  il  tempio 
della  lanterna  braccia  trentasei,la  palla  di  rame 
braccia  quattro,la  croce  braccia  otto.in  tutto  hrac- 
eia  dugeDtodue,'e  si  può  dir  certo  che  gli  antichi 
non  andarono  mai  tanto  alto  con  le  lor  fohbrìche 
né  si  messone  a  un  rischio  tanto  grande,  che  egli- 
no volessino  combattere  col  ciclo,  come  par  ve- 
ramente ch'ella  combatta,  veggendosi  fila  estol- 
lere in  tant'  altezza,  che  i  monti  intorno  a  Fio- 
rensa  paiono  simili  a  lei*  £  nel  vero  pare  che  il 
cielo  ne  abbia  invidia, poiché  di  continuo  le  saette 
tutto  il  giorno  la  percuotono.  Fece  Filippo,  men- 
tre che  quest'opera  si  lavorava,  molte  altre  fab- 
briche, lequali  perordinequi  sotto  narreremo. 

Fece  di  sua  mano  il  modello  del  capitolo  in 
S.  Croce  di  Fiorenaa  per  la  famiglia  de'  Pazii , 
cosa  varia  e  molto  bella ,  e  '1  modello  della  casa 
de'  Busini  per  abitazione  di  due  famiglie,  e  simil- 
mente il  modello  della  casa  e  della  loggia  de 


t56  PARTE    8«COir»A       A 

'Innocenti^  la  volta  della  quale  sensa  armaXanr 
^tt  condotta  ;  modo  che  ancora  oggi  si  osserva  per 
ognuno.  Dioesi  che  Filippo  fu  condotto  a  MiUmo 
per  fare  al  duca  Filippoinari^i  il  modello  d'una 
lortesza ,  e  che  a  Francesco  della  Luna  amicis- 
simo suo  lasciò  la  cura  di  questa  fabbiica  degl'In - 
Bocenti  :  il  quale  Francesco  fece  il  ricignimento 
d*  uno  architrave  che  corre  a  basso  di  sopra  j  il 
quale  secondo  Tarchitettura  è  falso  ;  onde  tornato 
Filippo  e  sgridatolo  perchè  tal  cosa  avesse  fatto, 
rispose  averlo  cavato  dal  tempio  di  S.  Giovanni , 
ohe  è  antico.  Disse  Fihppo:  Un  error  solo  è  in 
quello  edifizìoy  e  tu  l'hai  messo  in  opei^a.  Stette  il 
modello  di  questo  edificio  di  manodi  Filippo  mol- 
ti anni  nell'  arte  di  Por  santa  Maria ,  tenutone 
molto  conto  per  un  restante  della  fabbrica  che  si 
aveva  a  finire.' oggi  è  smarrito.  Fece  il  modello 
della  badia  de*  canonici  regolari  di  Fiesole  a  Cosi» 
mo  de' Medici ,  la  quale  è  molto  ornata  architet- 
tura, comoda  ed  allegra,  ed  insomma  veramente 
magnifica .  La  chiesa ,  le  cui  volte  sono  a  botte , 
è  sfogata,  e  la  sagrestia  ha  i  suoi  comodi,  siccome 
ha  tutto  il  resto  del  monasterio.  E  quello  che  im-* 
porta,  è  da  considerare,  che  dovendo  egli  nella 
scesa  di  quel  monte  mettere  quello  edifizio  in  pia- 
no, si  servì  con  molto  giudicio  del  basso  facendovi 
cantine  ,  lavatoi,  forni,  stalle,  cucine,  stanze  per 
legne,  ed  altre  tante  comodità ,  che  non  è  possi- 
sibila  veder  meglio  ;  e  così  mise  in  piano  la  pianta 
dell'  edifizio  ,  onde  potette  a  un  pari  fare  poi  le 
logge,  il  refettorio,  l'infermeria,  il  noviziato,  il 
dormentorio,  la  libreria,  e  l'altre  stanze  princi- 
pali d'un  monasterio.  II. che  tutto  fece  a  sue  spese 
il  magnifico  Cosimo  de' Medici,  sì  per  la  pietà  che 
sempre  in  tutte  le  cose  ebbe  verso  la  religione 


VITI  t>t  ttuVPÒ  hKW^ttkscm    ìSj 

Cristiana  y  e  si  per  raiFesione  che  portava  a  àcm 
Timoteo  da  Verona  eccellentissimo  predicatore 
di  quell'ordine;  la  cui  conversazione  per  meglio 
poter  godere ,  fece  anco  molte  stanze  per  se  prò- 

£io  in  quel  monasterio,  e  ri  abitava  a  suo  corno- 
.  Spese  Cosimo  in  questo  edifizìo,  come  si  reée 
in  una  inscrizione,  cento  mila  scudi .  Disegnò  si- 
milmente il  modello  della  fortezza  di  Yiooplsa- 
no,  ed  a  Pisa  disegnò  la  cittadella  vecchia,  e  per 
lui  fu  fortificato  il  ponte  a  mare  ,  ed  egli  simil- 
mente diede  il  disegno  alla  cittadella  nuova ,  del 
chiudere  il  ponte  con  le  due  torri .  Fece  simil- 
mente il  modello  della  fortezza  del  porto  di  Pe- 
saro ;  e  ritornato  a  Milano,  disegnò  molte  eose per 
il  Duba  e  per  il  duomo  di  detta  città  ammaestri 
di  quello  .  Era  in  questo  tempo  principiata  b 
chiesa  di  S.  Lorenzo  di  Fiorenza  per  ordine  de 'po- 
polani ,  i  quali  avevano  il  priore  fatto  capomae- 
stro  di  quella  fabbrica  ,  persona  che  faceva  pro- 
fessione d'intendersi,  e  si  andava  dilettando  del- 
l' architettura  per  passatempo .  E  già  avevano  co- 
mincia tata  fabbrica  di  pilastri  di  mattoni, quando 
Giovanni  di  Bicci  de  'Medici,  il  quale  aveva  pro*- 
messo  a 'popolani  ed  al.  priore  di  far  fare  a  suespe- 
se  la  sagreftia  ed  una  cappella,dirde  desinare  una 
mattina  a  Filippo  ,  e  dopo  molti  ragionamenti 
gli  dimandò  del  principio  di  S.  Lorenzo,  e  quel 
che  gli  pareva  .  Fu  costretto  Filippo  da'prieghi 
di  Giovanni  a  dire  il  parer  suo,  e  per  dirgli  il  ve- 
ro lo  biasimò  in  molte  cose ,  come  ordinato  da 
persona  che  aveva  forre  più  lettere  che  sperienza 
di  fabbriche  di  quella  sorte.  Laonde  Giovanni  di- 
mandò Filippo  se  si  poteva  far  jcosh  migliore  e  di 
più  bellezza  «  a  cui  Filippo  disse:  ^enza  dubbio; 
e  mi  maraviglio  Jà  voi ,  che  essendo  capo ,  non 


l5S  PARTE    SEGOIfDA 

diate  bando  a  parecchie  migliaia  di  scadi>  e  ft^ 
ciate  uo  corpo  di  chiesa  con  le  parti  coiiTenienti 
ed  aL  luogo  ed  a  tanti  nobili  sepoltuari,  che  ve- 
dendoTÌ  cominciare,  seguiteranno  le  ior  cappelle 
con  tutto  quel  che  potranno,  e  massi mameii te 
che  altro  ricordo  di  noi  non  resta,  salyo  ie  mu<- 
raglie  che  rendono  testi  mnnio  di  chi  n'  è  stato  aiu 
tore  centinaia  e  migliaia  d'anni.  Inanimito  Gio« 
Tanni  dalle  parole  di  Filippo,  deliberò  fare  la  sa* 
grestia  e  la  cappella  maggiore  insieme  con  tutto 
il  corpo  della  cniesa  ,  sebbeiie  non  volsono  con* 
correre  altri ,  che  sette  casati  appunto ,  perchè 

SU  altri  non  averano  il  modo ,  e  furono  questi: 
londinelli,  Ginori,  dalla  Stufa,  Neroni,Ciai, 
MarignoUi ,  MartelU ,  e  Marco  di  Luca  ;  e  queste 
eappelie  si  aTerano  a  fare  nella  croce.  La  sasra» 
stia  fu  la  prima  cosa  a  tirarsi  innanzi ,  e  la  chie- 
sa poi  di  mano  in  mano.  £  per  la  lunghezza  della 
chiesa  si  renne  a  (x>ncedere  poi  di  mano  in  mano 
le  altre  cappelle  a'cittadini  pur  popolani.  Nom 
fu  finita  di  coprire  la  sagrestia ,  che  Giovanni 
de' Medici  passò  all'altra  vita,  e  nmase  Cosimo 
suo  figliuolo  :  il  quale  avendo  maggior  animo  che 
il  pa£*e,  dilettandosi  delie  memorie,  fece  segui- 
tar questa ,  la  quale  fu  la  prima  cosa  ch'egli  fa- 
cesse mmrare,  e  gli  recò  tanta  dilettazione,  che 
egli  da  quivi  innanzi  sempre  fino  alla  morte  fece 
murare.  Sollecitava  Cosimo  questa  opera  con  più 
caldezza ,  e  mentre  s'imbastiva  una  cosa ,  (Diceva 
fi  nireTalira.  £d  avendo  preso  per  ispasso  questa 
opera,  ci  stava  quasi  del  contimio,  e  causò  la  sua 
sotlecitndiue  che  Filippo  fornì  ia  sagrestia  eDo- 
nato  fece  gli  stucchi,  e  così  a  quelle  porticciuole 
romamento  di  pietra  eie  porte  di  bronzo.  E  fece 
fiir  la  sepoltura  di  Giovanni  suo  padre  sotto  una 


VITA  DI  FiLmo  B&UrnSLLIISCIil     iSf 

mnn  tavola  di  marmo  retta  da  cpiattro  balaiutri 
in  meszo  della  sagrestia ,  dove  si  parano  i  preti  ; 
e  per  quelli  di  casa  sua  nel  medesimo  luogo  fece 
separata  la  sepoltura  delie  femmine  da  quella 
de'  maschi^ed  in  una  delie  due  stanzette  che  met- 
tono in  meno  i  aitare  delia  detta  sagrestia  fece  in 
un  canto  un  pozso  ed  il  luogo  per  un  layamani, 
ed  insomma  in  questa  fabbrica  si  Tede  ogni  cosa 
fatta  con  molto  giudizio.  AreTano  Giovanni  e 

Ìjaegli  altri  ordinato  fare  il  coro  nel  mezzo  sotto 
a  tribuna,  €k>simo  lo  rimutò  col  voler  di  Filippo, 
che  fece  tanto  maggiore  la  cappella  grande,  che 
prima  era  ordinata  una  nicchia  più  piccola,  che 
e'  Ti  si  potette  fiire  il  coro  come  sta  al  presente  ; 
e  finita,  rimase  a  fare  la  tribuna  del  mezzo  ed  il 
restb  della  chiesa  ;  la  qua!  tribuna  ed  il  resto  non 
si  Toltò  se  non  dopo  la  morte  di  Filippo.  Que* 
ata  chiesa  è  di  lunghezza  braccia  cento  quaran» 
taquattro  e  ▼!  si  reggono  molti  errori,  ma  Sia  gli 
altri  quello  delie  colonne  messe  nel  piano  senza 
mettervi  sotto  un  dado;^  che  fosse  tanto  aito  quan- 
to era  il  piano  delie  basi  de' pilastri  posati  in  su 
le  scale  ;  cosa,  che  al  vedere  il  pilastro  più  corto 
che  la  colonna ,  fa  parere  zoppa  tutta  queir  ope* 
ra  :  e  di  tutto  furono  cagione  i  consigli  di  chi  rir 
mase  dopo  lui  che  avevano  invidia  al  suo  nome  i 
ye  che  in  vita  gli  avevano  fatto  i  modelli  contro  , 
de 'quali  nientedimeno  erano  stati  con  sonetti  fatU 
da  1  ilippo  svergognati,  e  dopo  la  morte  con  que.. 
sto  se  ne  vendicarono  non  solo  in  quest'opera,  ma 
in  tutte  quelle  che  rimasono  da  lavcM'arsi  per  lo* 
ro.Lasciò  il  modello  e  parte  della  calonaca  de'pre- 
ti  di  esso  5.  Lorenzo  finita ,  nella  quale  fece  ìì 
chiostro  lungo  braccia  cento  quarantaquattro  . 
Mentre  che  questa  &bbrica  si  lav orava j.^o^simo 


100  PARTE     SECONDA 

de* Medici  voleva  fat  fare  il  suo  palazzo;  e  cori 
ne  disse  T animo  suo  a  Filippo  ,  che  posta  ogni 
altra  cura  da  canto,  ^li  foce  un  bellissiino  e  sran' 
modello  per  detto  palazzo,  il  quale  situar  voleva 
dirimpetto  a  S.  Lorenzo  sulla  piazza  intomo  in- 
toiiio  isolato.  Dove  l'artifìcio  di  Filippo  s'era  tal- 
mente operato,  cbe  parendo  a  Cosimo  troppo  son^ 
tuosa  e  gran  fabbrica  ,  più  per  fuggire  V invidia 
che  la  spesa,  lasciò  di  metterla  in  opera.  E  mentre 
che  il  modello  lavorava  ,  soleva  dire  Filippo  che 
ringraziava  la  sorte  di  tale  occasione ,  avendo  a 
fare  una  casa ,  di  che  aveva  avuto  desiderio  molti 
anni,  ed  essersi  abbattuto  a  uno  che  la  voleva  e 
poteTa  fare. Ma  intendendo  poi  là  resoluzione  di 
Cosimo  che  non  voleva  tal  cosa  mettere  in  opera; 
con  isdegno  in  mille  pezzi  ruppe  il  disegno.*  Ma 
ben  si  pentì  Cosimo  di  non  avere  seguito  il  dise- 
gno di  Filippo, poiché  egli  ebbe  fatto  queir  altro 
il  qual  Cosimo  soleva  dire  che  non  aveva  mai  fa- 
vellato ad  uomo  di  maggior  intelhgenza  ed  ani- 
mo di  Filippo.  Fece  ancoi:a  il  modello  del  bizzar- 
rìssimo  tempio  degli  Angeli  per  la  nobile  famiglia 
degli  Scolari,  il  quale  rimase  imperfetto  e  nella 
maniera  che  oggi  si. vede,  per  avere  i  Fiorentini 
spesi  i  danari,  che  perciò  erano  in  sul  monte ,  in 
alcuni  bisogni  della  città  o ,  come  alcuni  dicono, 
nella  guerra  che  già  ebbero  co*  Lucchesi ,  nella 
quale  spesero  ancora  i  danari  che  similmente  era- 
no stati  lasciati  per  far  la  Sapienza  da  Niccolò  da 
Uzznno,  come  ki  altro  luogo  si  è  a  lungo  racconta- 
to. £  nel  vero  se  questo  tempio«degli  Angeli  si  fi- 
niva secondo  il  modello  del  Brunellesco  ,egii  era 
delle  più  rare  cose  d'Italia,  perciocché  quello 
che  se  ne  vede  non  si  può  lodar  abbastanza .  Le 
carte  tlella  pianta  e  del  finimento  del  quale  tem- 


VITA  DI   FILIPPO    BRUNELLCSCHI    l6l 

pio  a  otto  facce  di  mano  di  Filippo  è  nel  nostro 
libro  con  altri  disegni  del  medesimo.  Ordinò  »ji- 

'  co  Filippo  a  M.  Luca  Pitti  fuor  della  porta  a  S. 

♦  Niccolò  di  Fiorenza  in  un  luogo  detto  Rucinno 
un  ricco  e  magnifico  palazzo,  ma  non  gid  a  gran 
}'pzza  gimile  a  quello  cl)e  per  lo  medesimo  co- 
minciò in  Firenze  e  condusse  al  secondo  finestra to, 
con  tanta  grandezza  e  mni^nificenza,  che  d'opera 
toscana  non  si  è  anco  veduto  il  più  raro  né  ilpiù. 
magnifico .  Sono  le  porte  di  questo  doppie  ,  la 
luce  braccia  sedici,  e  la  larghezza  otto;  le  prime 
e  le  seconde  finestre  simili  in  tutto  alle  poite 
medesime;  le  volte  sono  doppie,  e  tutto  Tedifìzio 
in  tanto  artifizioso,  che  non  si  può  immaginar  né 

>  più  bella  né  più  magnifica  architettura.  Fu  ese- 
cutore di  questo  palazzo  Luca  Fancelli  arcliitet- 


to  fiorentino  che  fece  per  Filippo  molte  fabbri- 
che ,  e  per  Leon  Battista  Alberti  la  cappella 
maggiore  della  Nunziata  di  Firenze  a  Lodovico 


Gonzo ga,  il  quale  lo  condusse  a  Mantova,  dov*e- 
gli  vi  fece  assai  opere ,  e  quivi  tolse  donna  e  vi 
visse  e  morì  ,  lasciando  gli  eredi  che  ancora  dal 
«uo  nome  si  chiamano  i  Luchi .  Questo  palazzo 
comperò  non  sono  molti  anni  rillustrissiraa  Sig. 
Leonora  di  Toledo  Duchessa  di  Fiorenza  per 
consiglio  deirillustrissimo  Sig.  Duca  Cosimo  suo 
consorte,  e  vi  si  allargò  tanto  intorno ,  che  vi  ha 
fatto  un  giardino  gi*andissimo  parte  in  piano  e 
parte  in  monte  e  parte  in  costale  l'ha  ripieno  con 
bellissimo  órdine  di  tutte  le  sorti  arbori  dome- 
stici e  salvatichi,  e  fattovi  amcnissimi  boschetti 
d' infinite  sorte  vcrzure  che  verdeggiano  d' ogni 
tempo,  per  tacere  Tacque,  le  fonti,  i  condolti,  i 
vivai,  le  frasconaie,  e  le  spali iere,ed  altre  infinite 
cuf^e  veramente  da  magnanimo  principe,  le  quali 
Fou  IL  li 


l62  PARTE    SECONDA 

tacerò,  perchè  non  è  possibile  che  chi  non  le  Vede 
le  possa  immaginar  mai  di  quella  gi^andezsa  e 
bellezza  che  sono.  £  di  vero  al  Duca  Cosimo  non 

Soleva  Tenire  alle  mani  alcuna  cosa  più  degna 
ella  potenza  e  grandezza  deiranimo  suo  di  que* 
sto  palazzo  ;  il  quale  pare  che  veramente  fusse 
edificato  da  M.  Luca  Pitti  per  sua  Eccellenza  II- 
lustrissiina  col  disegno  del  Bmnellesco.  Lo  lascia 
M.  Luca  imperfetto  per  li  travagli  eh'  egli  ebbe 
per  conto  dello  stato,  e  gli  eredi  perchè  non  ave- 
vano modo  a  finirlo,  acciò  non  andasse  in  rovi« 
na ,  furono  contenti  di  compiacere  la  Signora 
Duchessa ,  la  quale  mentre  visse  vi  andò  sempre 
spendendo,  ma  non  però  in  modo  che  potMse 
sperare  di  così  tosto  finirlo .  Ben  è  vero  che  se 
ella  viveva,  era  d'animo,  secondo  che  già  intesi , 
di  spendervi  in  un  anno  solo  quaranta  mila  du- 
cali  per  vederlo ,  se  non  finito ,  a  benissimo  ter« 
mine.  E  perchè  il  modello  di  Filippo  non  si  è 
trovato,  n*  ha  fatto  fare  sua  Eccellenza  un  altro 
a  Bartolommeo  Ammannati  scultore  ed  architet- 
to eccellente ,  e  secondo  quello  si  va  lavorando , 
e  già  è  fatto  una  gran  parte  del  cortile  d*  opera 
rustica  simile  al  di  fuori.  E  nel  vero  chi  conside- 
ra la  grandezza  di  quest'  opera ,  stupisca  come 
Solesse  capire  neiringegno  di  Filippo  cosi  gran- 
e  edifizio  ,  magnifico  veramente  non  solo  nella 
facciata  di  fuorì,  ma  ancora  nello  spartimento  di 
tutte  le  stanze.  Lascio  stare  la  veduta  eh'  è  bel- 
lissima, e  il  quasi  teatro  che  fanno  l' amenissime 
colline  che  sono  intorno  al  palazzo  versò  le  mu- 
ra; perchè,  come  ho  detto,  sarebbe  troppo  lungo 
voler  dime  a  pieno  ,  né  potrebbe  mai  niuno  che 
noi  vedesse  immaginarsi  quanto  sia  a  qoalsivo* 
glia  altro  regio  edifizio  superiore  • 


TiTi  m  mAno  bkdnelleschi   i6S 

Diceti  ancora  che  gì'  ingi^gni  del  paradiso  di 
S.  Felice  in  piassa  nella  detta  città  furono  tro« 
rati  da  Filippo  ,  per  fare  la  rapprcscDtaxione 
OTvero  festa  della  Nuutiata  in  quel  modo  che 
anticamente  a  Fircnce  in  quel  luogo  si  costuma^ 
Ya  di  fai*e.  La qual  cosa  invero  era  niaraTigliosa , 
•  dimostraTa  1*  ingegno  e  V  industria  di  chi  ne 
fu  inventore .  Perciocché  si  vedeva  in  alto  un 
eiek>  pieno  di  ftgure  vive  moversi  y  ed  una  infi- 
nità di  lumi  quasi  in  un  baleno  scoprirsi  e  rico- 
prirsi •  Ma  non  voglio  che  mi  p»ia  fatica  rac- 
ttoniare  come  gì'  ingegni  di  quella  macchina  sta- 
vano per  appunto  ,  atteso  ehe  ogni  cosa  è  an- 
data male  j  e  sodo  gli  uomini  spenti  che  ne  sape* 
vano  ffleio'M^i'®  p^r  esperienze  ,  senza  speranza 
che  s' abbiano  a  rifare^  abitando  oggi  quei  luogo 
non  piA  monaci  di  Camaldoii ,  come  facevano  , 
ina  le  monache  di  S.  Pier  martire  ;  e  massima- 
mente ancora  essendo  stato  guasto  quello  del 
Carmine, perchè  tirava  giù  i cavalli  chenggono 
il  tetto  .  Aveva  dunque  Filippo  per  questo  ef- 
fetto frfli  ^e  legni  ,  di  que'  che  reggevano  il 
tetlo' della  eli iesa  ,  accomodata  una  mezza  palla 
tonda  a  uso  di  scodella  vota,  ovvero  di  bacino  da 
barbiere  rimhoceata  ali'  ingiù  ,  la  quale  mezza 
palla  era  di  tavole  sottili  e  legsieri  confitte  a 
una  stella  di  ferro  che  girava  il  sesto  di  dotta 
mezza  palla ,  e  strigncvano  verso  il  centra  che 
era  bilicato  in  mezzo ,  dove  era  un  grande  anello 
di  ferro  inComo  al  quale  girava  la  stella  de*  ferri 
che  reggevamo  la  mezza  palla  di  tavole  .  £  tutta 
questa  maccliina  era  retta  da  un  legno  d*  abeto 
gagliardo  e  bene  armato  di  ferri  ,  il  quale  era 
sfttraversaa*  cavalli  del  tetto  ;e  in  questo  legno 
«ra  confitto  ranello  ehe  teneva  sospesa  e  bilicata 


|64  PARTE    SECONDA 

la  m^zza  palla  ,  la  quale  da  terra  parerà  yera* 
mente  un  cielo.É  percnèella  aveva  da  pie  nell'or^ 
lo  di  dentro  certe  base  di  legno  tanto  grandi  e 
non  più  che  uno  vi  poteva  tenere  i  piedi,  e  ali* al- 
tezza d*  un  braccio  pardi  dentro  un  altro  ferro y 
si  metteva  in  su  ciascuna  delle  dette  basi  un  iìin- 
cìuìio  di  circa  dodici  anni ,  e  col  ferro  alto  un 
braccio  e  mezzo  si  cigneva  in  guisa  y  che  non  «- 
rebbe  potuto  ,  quando  anco  avesse  voluto ,  ca- 
scare .  Questi  putti ,  che  in  tutto  erano  dodici  , 
essendo  accomodati ,  come  si  è  detto  ,  sopra  le 
base  ,  e  vestiti  da  angeli  con  ali  dorate  e  capelli 
di  matasse  d*  oro  ,si  pigliavano  quando  era  tem* 
pò  per  mano  V  un  Taltro ,  e  dimenando  le  brac- 
cia pareva  che  ballassino  ,  e  massimamente  gi- 
rando sempre  e  movendosi  la  mezza  palla  ;  den- 
tro la  quale  sopra  il  capo  degli  angeli  erano  tre 
giri  ovver  ghirlande  di  lumi  accomodati  con 
certe  piccole  lucernine  che  non  potevano  versa- 
re ,  i  quali  lutili  da  terra  parevano  stelle  y  e  le 
mensole  essendo  coperte  di  bambagia  parevano 
nuvole  .  Del  sopraddetto  anello  usciva  un  ferro 
grossissimo  y  il  quale  aveva  accanto  un  altro 
anello  y  dove  stava  appiccato  un  canapetto  sot- 
tile che  ,  come  si  dirà  ,  veniva  in  terra  .  £  per- 
chè il  detto  ferro  grosso  aveva  otto  rami  che  gi- 
ravano in  arco  quanto  bastava  a  riempiere  il 
vano  della  mezza  palla  vota  y  e  il  fine  di  ciascun 
ramo  un  piano  grande  quanto  un  tagliere  y  po- 
sava sopra  ogni  piano  un  putto  di  nove  anni  in 
circa  ben  legato  con  un  ferro  saldato  nell'altezza 
del  ramo  ;  ma  però  in  modo  lento  y  che  poteva 
voltarsi  per  ogni  verso  .  Questi  otto  angeli  retti 
dal  detto  feiTO ,  mediante  un  arganetto  che  si 
allentava  a  poco  a  poco^  ealavano  dal  vano  deU% 


TITA  DI  FILIPPO  BRUinCLLKSCHI       l65 

■lineza  palla  fino  sotto  al  oiano  de'  legni  piani 
cVie  reggono  il  tetto  otto  oracela ,  di  maniera 
eh'  erano  essi  veduti,  e  non  toglievano  la  vednta 
dogli  angeli  ch'erano  intomo  al  di  dentro  della 
niezxa  palla  .  Dentro  a  questo  mazzo  degli  otto 
angeli,  che  così  era  propriamente  chiamato,  era 
una  mandorla  di  rame  vota  dentro ,  nella  quale 
erano  in  molti  huchi  certe  lucernine  messe  in 
sur  un  ferro  a  guisa  di  cannoni,  le  quali, quando 
una  molla  che  si  abbassava  era  tocca  ,  tutte  si 
nascondevano  nel  voto  della  mandorla  di  rame  , 
e  come  non  si  aggravava  la  detta  molla  ,  tutti  i 
lumi  per  alcuni  buchi  di  quella  si  vedevano  ac- 
cesi .  Questa  mandorla  la  quale  era  appiccata  a 
quel  canapetto ,  come  il  mazzo  era  arrivato  al 
luogo  suo,  allentato  il  picciol  canapo  da  un  altro 
arsanetto  ,  si  moveva  pian  piano  e  veniva  sul 
palco  ,  dove  si  recitava  la  festa  ;  sopra  il  qual 
palco ,  dove  la  mandorla  aveva  da  posarsi  ap- 
punto ,  era  un  luogo  alto  a  uso  di  residenza  con 
quattro  gradi ,  nel  mezzo  dei  quale  era  una  bu- 
ca ,  dove  il  ferro  appuntato  di  quella  mandorla 
veniva  a  diritto  ;  ea  essendo  sotto  la  detta  resi- 
denza un  uomo  ,  arrivata  la  mandorla  al  luogo 
suo  ,  metteva  in  quella  senza  esser  veduto  una 
chiavarda,  ed  ella  restava  in  piedi  e  ferma.  Den- 
tro la  mandorla  era  a  uso  d  angelo  un  giovinetto 
di  quindici  anni  in  circa  cinto  nel  mezzo  da  un 
ferro  e  nella  mandorla  da  pie  chiavardato  in  mo- 
do, che  non  poteva  cascare;  e  perchè  potesse  in- 
genocchiarsi  era  il  detto  ferro  di  tre  pezzi ,  onde 
ingenocehiandosi  entrava  l'un  nell'  altro  agevoU 
mente  .  £  così  quando  era  il  mazzo  venuto  giù  e 
la  mandorla  posata  in  sulla  residenza  ,  chi  met- 
t«iia  la  chiavarda  alla  mandorla  schiavava  anco 


106  P  A  ATC    SECONDA 

il  ferro  che  reggerà  1'  angelo  ,  onde  égli  iitcit« 
camminava  per  lo  palco ,  e  giunto  doye  era  U 
vergine,  la  Faiutava  ed  annunziava  .  Poi  tornate 
nella  mandorla  e  raccesi  i  lumi  che  al  suo  uscir* 
ne  s'  erano  spenti  ,  era  di  nuovo  chiavardato  il 
ferro  che  lo  reggeva  da  colui  cbe  sotto  non  era 
veduto  y  e  poi  allentato  quello  che  la  teneva 
air  era  ritii^ata  su  ,  mentre  cantando  gli  angeli 
del  mazzo  e  quelli  del  cielo  cbe  giravano ,  face« 
vano  che  quello  pareva  propriamente  un  para* 
diso  ;  e  massimamente  cbe  oltre  al  detto  coro 
d'angeli  ed  al  mazzo ,  era  accanto  al  guscio  della 
palla  un  Dio  Padre  circondato  d' angeli  simili  a 
quelli  detti  di  sopra,  e  con  ferri  accomodati  dì 
maniera  che  il  cielo  ,  il  mazzo ,  il  Dio  Padre  ,  la 
mandorla  con  infiniti  lumi  e  dolcissime  musiche 
rappresentavano  il  paradiso  veramente .  A  cbe 
si  aggiugneva  che  ,  per  potere  quel  cielo  aprire 
e  serrare,  aveva  fatto  fare  Filippo  due  gran  porte 
di  braccia  cinque  T  una  per  ogni  verso  ,  le  quali 
per  piano  avevano  in  certi  canali  curri  di  ferro 
ovvero  di  rame ,  e  i  canali  erano  unti  talmente  y 
che  ,  quando  si  tirava  con  un  arganetto  un  sot- 
tile canapo  ch'era  da  ogni  banda  ,  s'apriva  o  ri* 
sen*avay  secondo  che  altil  voleva,  ristrignendosi 
le  due  parti  delle  porte  insieme  o  allargandosi 
per  piano  mediante  i  canali .  E  queste  cosi  fatt# 
porte  facevano  duoi  effetti  ;  l'uno  ,  che  quando 
erano  tirate  per  èsser  gravi  facevano  remore  a 
guisa  di  tuono ,  l'altro,  perchè  servivano,  stando 
chiuse ,  come  nalco  per  acconciare  gli  angeli  e 
accomodar  l' altre  cose  che  dentro  facevano  di 
bisogno.  Questi  dunouecosi  fatti  ingegni  e  molti 
altri  furono  trovati  da  Filippo  ;  sebMne  akoni 
altri  affermano  eh'  egli  erano  stati  troTati  molte 


TITA  DI  FILIPPO  IRONILLESCHI       167 

prima  •  G>nianqiie  sia  ,  è  stato  beo  ragionarne  , 
poiclié  in  tutto  ae  n'é  dismesso  l'uso.Ma  tornando 
a  esso  Filippo  j  era  talmente  cresciuta  ia  fama  e 
il  nome  suo  ,  che  di  lontano  era  mandato  per  lui 
da  chi  avera  bisogno  di  far  fabbriclie  ,  per  avere 
disegni  e  modelli  di  mano  di  tanto  uomo  ,  e  si 
adoperayano  perciò  amicizie  e  inrzii  grandissimi. 
Onde  infra  gli  altri  disiderando  il  marcbese  di 
filantoa  d*  arerlo  j  ne  scrisse  alla  Signoria  di  Fi- 
rense  con  grande  istanza  ,  e  cosi  da  quella  gli  fu 
mandato  la  ,  dove  diede  disegni  di  fare  argini  in 
sul  Po  r  anno  i445  ^  alcune  altre  cose  ,  secondo 
la  TolontÀ  di  quel  principe  cbe  lo  accarezzò  in- 
finitamente ^usando  dire  cbe  Fiorenza  era  tanto 
degna  d' arere  Filippo  per  suo  cittadino,  quanto 
egli  d*  aver  si  nobile  é  bella  città  per  patria  • 
Similmente  in  Pisa  il  conte  Francesco  Sforza  e 
Niccolò  da  Pisa  restando  vinti  da  lui  in  certe 
fortificazioni ,  in  sua  presenza  lo  commendaro- 
no ,  dicendo  che  se  ogni  stato  avesse  un  uomo 
simile  a  Filippo  ,  si  potrebbe  teper  sicuro  senza 
arme  .  In  Fiorenza  diede  similmente  Filippo  il 
disegno  della  casa  di  Barbadori  allato  alla  torre 
de'Kossi  in  borgo  S.  Iacopo  cbe  non  fu  messa 
in  opera  ;  e  cosi  anco  fece  il  disegno  della  casa 
de'  Giuntini  in  sulla  piazza  d'  Ognissanti  sopra 
Amo .  Dopo ,  disegnando  i  capitani  di  parte 
Guelfa  di  Firenze  di  fare  uno  edifizio,e  in  quello 
una  sala  ed  una  udienza  per  quel  magistrato ,  ne 
diedero  rura  a  Francesco  della  Luna  ,  il  quale 
cominciato  V  opera  y  V  aveva  già  alzata  da  terra 
dieci  braccia  e  fattovi  molti  errori  ,  quando  ne 
fu  dato  cura  a  Filippo  ,  il  quale  ridusse  il  detto 

E  lazzo  a  quella  forma  e  magnificenza  cbe  si  ve- 
.  Nel  che  fare  ebbe  a  competere  con  il  detto 


l6S  PAKTK    SECONDA 

Francesco  cbe  era  da  molti  favorito  ,  siccome 
sempre  fece  mentile  cbe  risse ,  or  conquesto 
ed  or  con  quello  y  che  facendogli  guerra  lo  tra- 
vagliarono sempre ,  e  bene  spesso  cercarano  di 
farsi  onore  con  i  disegni  di  lui  ;  il  quale  in  fine  si 
ridusse  a  non  mostrare  alcuna  cosa  ed  a  non  fi- 
darsi di  nessuno .  La  sala  di  questo  palazzo  oggi 
non  serve  più  ai  detti  capitani  di  Parte  ,  perchè 
avendo  il  diluvio  dell'  anno  i  SSy  fatto  gran  dan- 
no alle  scritture  del  monte ,  il  signor  Duca  Cobi- 
mo ,  per  maggior  sicurezza  delle  dette  scritture 
cbe  sono  di  grandissima  importanza  ,  ba  ridotte 
quelle  e  il  magisti^ato  insieme  nella  detta  sala .  £ 
acciocché  la  scala  vecchia  di  questo  palazzo  ser- 
va al  detto  magistrato  de'  capitani  j  il  quale  ,  se^ 
paratosi  dalla  detta  sala  cbe  serve  al  monte ,  si  è 
in  un*  altra  parte  di  quel  palazzo  ritirato,  fu  fat- 
ta da  Giorgio  Vasari  di  commessione  di  Sua  Ec- 
cellenza la  comodissima  scala  cbe  ogffi  va  in  su 
la  detta  sala  del  monte.  Si  è  fatto  similmente  col 
disegno  del  medesimo  un  palco  a  quadri,  e  fattolo 
posare  ,  secondo  V  ordine  di  Filippo  ,  sopra  al- 
cuni pilastri  accanala  ti  di  macigno  . 

Era  una  quaresima  in  S.  Spirito  di  Fiorenza 
stato  predicato  da  M.  Francesco  Zoppo  allora 
molto  erato  a  quel  popolo  ,  e  raccomandato 
molto  il  convento ,  lo  studio  de'  giovani,  e  parti- 
colarmente la  chiesa  arsa  in  que'  di  ;  onde  i  capi 
di  quel  quartiere  Lorenzo  Ridolfi,  Bartolommeo 
Corbinelli  ,  JNeri  di  Gino  Capponi ,  e  Goro  di 
Stagio  Dati,  ed  altri  infiniti  cittadini  ottennero 
dalla  Signoria  di  ordinare  che  si  rifacesse  la  chie- 
sa di  S.  Spirito,  e  ne  feeiono  provveditore  Stoldo 
Frescobaldi  •  Il  quale  per  lo  interesso  che  egli 
aveva  nella  chiesa  vecclùa  ,  cbe  la  cappella  • 


VITA  DI  HLIPPO  BRUNELLEScni       169 

l'altare  maggiore  era  di  cana  loro^  vi  durò  gran- 
dissima fatica  ;  anzi  da  principio  ,  innanzi  che  si 
fussioo  riscossi  i  danari  j  secondo  che  erano  tas- 
sati i  sepultuari  e  chi  ci  aveva  cappelle ,  egli  di 
suo  spese  molte  migliaia  di  scudi  de'  quali  fu 
rimborsato  •  Fatto  dunque  consiglio  sopra  di 
ciò  9  fu  mandato  per  Filippo  ,  il  quale  facesse  un 
modello  con  tutte  quelle  utili  e  onorevoli  parti 
che  si  potesse  e  convenissero  a  un  tempio  cri- 
stiano ;  laonde  egli  si  sforzò  che  la  pianta  di 
Snello  edifizio  si  rivoltasse  Ciipo  piedi ,  percbò 
esiderava  sommamente  die  la  piuzza  arrivasse 
lungo  Arno  ,  acciocché  tutti  quelli  che  di  Geno- 
va e  della  Riviera  e  di  Lunigiana  e  del  Pisano  e 
del  Lucchese  passassero  di  quivi ,  vedessino  la 
'  magnificenza  ai  quella  fabbrica;  ma  perché  certi 
per  non  rovinare  le  cose  loro  non  voUono  y  il  de- 
siderio di  Filippo  non  ebbe  efletto  «Egli  dunque 
fece  il  modello  della  chiesa ,  e  insieme  quello 
deir  abitazione  de'  frati  in  quel  modo  che  sta 
oggi .  La  lunghezza  della  chiesa  fu  braccia  cen- 
tosessantuno  e  la  larghezza  braccia  cinquanta- 
quattro, e  tanto  ben  ordinata  ,  che  non  si  può 
fare  opera  per  ordine  di  colonne  e  per  altri  or- 
namenti I  né  più  ricca  né  più  vaga  né  più  ariòi^a 
di  quella  .  £  nel  vero  se  non  Tusse  stato  dalla 
maladizione  di  coloro  che  sempre  9  per  parere 
d'intendere  più  che  gli  altri  y  guastano  i  principj 
belli  delle  cose  ,  sarebbe  questo  oggi  il  più  per- 
fetto tempio  di  cristianità;  così  come  per  quanto 
egli  é  y  é  il  più  vago  e  meglio  ^spartito  di  qualun- 
que altro ,  sebbene  non  é  secondo  il  modello 
stato  seguito  9  come  si  vede  in  certi  principi  di 
fuori  che  non  hanno  seguitato  V  ordine  del  di 
dentro^  come  pare  che  il  modello  volesse  che  le 


17»  PARTC    SECONDA 

porte  ed  il  ricìgnimento  delle  finestre  facesse . 
Sonri  alcuni  errori ,  che  gli  tacerò  y  attribuiti 
a  lui ,  i  quali  si  crede  che  egli,  se  V  avesse  segui- 
tato di  fabbricare ,  non  gli  arebbe  comportati  ; 
poiché  ogni  sua  cosa  con  tanto  giudixio  y  discre- 
«ione  9  ingegno  ,  e  arte  areva  rid(>tta  a  perfexio^ 
ne  .  Quest'  opera  lo  rendè  medesimamente  per 
uno  ingegno  veramente  divino  . 

Fu  Filippo  facetissimo  nel  suo  ragionamento 
e  molto  arguto  nelle  risposte  ,  come  fu  quando 
egli  Tolle  mordei*e  Lorenzo  Ghiberti  che  arerà 
compero  un  podere  a  monte  Morello  chiamato 
Leprìano ,  nel  quale  spendeva  due  rolte  più  che 
non  ne  caVara  entrata  ,  che  venutogli  a  fastidio 
lo  vendè.  Domandato  Filippo  qual  fusse  la  mi-* 
glior  cosa  che  facesse  Lorenzo ,  pensando  forse  ' 
per  la  nimicizia  elisegli  dovesse  tassarlo,  rispose: 
Vendere  Leprìano  .  Finalmente  divenuto  già 
molto  vecchio,  cioè  di  anni  sessantanove,  V  anno 
1446  a  dì  16  d'Aprile  se  n'  andò  a  miglior  vita  ^ 
dopo  essersi  affaticato  molto  in  far  quelle  opere 
che  gli  fecero  meritate  in  terra  nome  onorato,  e 
conseguire  in  cielo  luogo  di  quiete .  Dolse  infini- 
tamente alla  patrìa  sua  ,  che  lo  conobbe  e  lo  sti« 
mò  molto  più  morto  che  non  fece  rivo  ,  e  fu 
seppellito  con  onoratissime  esequie  ed  onore  in 
Santa  Maria  del  Fiore  ,  ancoracriè  la  sepoltura 
sua  fusse  in  S.  Marco  sotto  il  pergamo  verso  la 
porta  ,  doy'  è  un'  arme  con  due  foglie  di  fico  e 
certe  onde  verdi  in  campo  d'  oro  ,  per  essere  di-* 
icesi  i  suoi  del  Ferrarese  ,  cioè  da  Ficaruolo  ca-« 
stello  in  sul  Po ,  come  dimostrano  le  foglie  che 
denotano  il  luogo,  e  Tonde  che  significano  il  fiu- 
me .  Piansero  costui  infiniti  suoi  amici  artefici , 
e  massimamente  i  più  poveri,  i  quali  di  continuo 


yiTA  M  flLlTFO  BlimKLLVCHI      Iff 

beneficò .  G>rì  damiiie  crÌ8tiaii»»ente  tif  endo  , 
lasciò  al  mondo  odore  della  bontà  sua  e  delle 
egregie  sue  virtù. Panai  che  se  gli  poMa  attribuì-* 
re  ,  che  dagli  anticbi  Greci  e  da'  Romani  in  qua 
non  sia  stato  il  più  raro  ne  il  più  eecellentt*  di 
ini  :  e  tanto  più  merita  lode  ^quiinto  ne'  tempi 
suoi  era  la  maniera  tedesca  in  yenerazione  per 
tutta  Italia  e  dagli  artefici  vecchi  esercitata ,  co- 
me in  infiniti  edifici  si  Tede .  Egli  ritroTÒ  lecor«> 
nici  antiche  i  e  1* ordine  toscano, corintio  ,  dori* 
co  9  e  ionico  alle  primiere  forme  restituì  .  Ebbe 
nn  discepolo  dal  Borgo  a  Buggir.no,  detto  il  Bttc«* 
giano  y  il  qaale  fece  T  acquaio  della  sagrestia  al 
S.BeparataGan  certi  fanciulli  che  gettano acqua^ 
e  fece  di  marmo  la  testa  del  suo  imicstro  ritratta 
di  naturale,  cheju  posta  dopo  la  sdF morte  in 
S.  Maria  del  Fiore  alia  porta  a  iman  destra  en« 
trando  in  chiesa  ;  dove  ancora  e  il  sottoscritta 
epitaffio  mesaovi  dal  pubblico  per  onorarlo  dopo 
b  morte  ,  coai  come  egli  viro  aveva  onorato  la 
patria  sua . 

D.  S- 
Qùantmm  PhiHppus  architectnt  arie  Daedalea 
valuen'i ,  cum  hmu$  celeberrimi  templi  mira 
iesiudo ,  tum  pluret  aliae  divino  ingvnio  ab  eo 
adinventae  machinae  documento  esse  possunt. 
Quapropter  ob  eximiin  mi  animi  dotetj  singu^ 
laresqae  uirtuies,xrKal. Ma) asanno uecccxur 
ejus  È.  M.  corpus  in  kae  kumo  supposita  grata 
patria  sepeliri  jussit  . 

Altri  niente  di  manco  per  onorarlo  ancora  mag- 
giormente gli  hanno  aggiunti  questi  altri  due  : 

PhiUppo  Brunellesco  Aniiquae  arckiiecturae 
initauraiori  S.  P.  Q.  F.  Civi  suo  benemerenti. 


XJi  TAHTE    S«:CON0A 

CìOi  Battista  Strozzi  fece  quest'  altro  : 

Tal  sopra  sasso  sasso 

Di  giro  in  giro  eternamente  io  strussi  : 

Cile  così  passo  passo 

Alto  girando  al  del  mi  ricondussi  . 

Furono  ancora  suoi  discepoli  Domenico  dal 
lago  di  Lugano,  Geremia  da  Cremona  che  lavorò 
di  bronzo  benissimo,  insieme  con  uiio  Schiavone 
die  fece  assai  cose  in  V inezia  .  Simone  che  dopo 
aver  fattti  in  Or  S.  Michele  per  V  arte  degli  spe- 
ziali quella  Madonna  ,  morì  a  Vicovaro ,  facendo 
un  gran  lavoro  al  conte  di  Tagliacozzo  ,  Antonio 
e  Niccolò  Fiorentini ,  che  feciono  in  Ferrara  di 
ntctallo  t&ì  cavallo  di  bronzo  per  il  Duca  Borso 
Tanno  i4&i , ed  altri  molti,  de 'quali  troppo  lungo 
sarebbe  fare  particolar  menzione  .  Fu  Filippo 
male  avventurato  in  alcune  cose  :  perchè  oltre 
che  ebbe  sempre  con  chi  combattere  ,. alcune 
delle  sue  fabbriche  non  ebbono  al  tempo  suo  e 
non  hanno  poi  avuto  il  loro  fine  .  E  fra  V  altre 
fu  gran  danno  chei  monaci  degli  Ans'ili  non  po- 
tessero y  come  si  è  dett  ) ,  finire  quel  tempio  co- 
minciato da  lui  ;  poiché  dopo  avere  eglino  speso 
in  quello  che  si  vede  più  di  tremila  scudi,  a  va  ti 
parte  dall'Arte  dei  mei*ca tanti  e  parte  dal  monte 
in  sul  quale  erano  i  danari ,  fu  dissipato  il  capi- 
tale y  e  la  fabbrica  rimase  e  si  sta  imperfetta  • 
Laonde ,  cr>me  si  disse  nella  vita  di  Niccolò  da 
lizzano  y  cìii  per  cotal  via  disidera  lasciare  di 
ciò  memorie 9  faccia  da  se  mentre  che  vive  ,  e 
non  si  filli  di  nessuna  .  E  quello  che  si  dice  di 

Suesto ,  si  potrebbe  dire  di  molti  altri  edifizj  or- 
inati da  Filippo  Bruoelleschi. 


ir.'OI^rATTIiw^IL'O^ 


VITA 
DI      DONATO 

SCULTORE  FIOAENTIMO. 

XJonalo ,  il  quale  fu  cliiainato  dai  suoi  Dona- 
tello e  così  si  sottoscrisse  in  alcune  delle  sue 
opere  j  nacque  in  Firenze  V  anno  i38S.  £  dan- 
do opera  all' aite. del  disegno ,  fu  non  pure  scul- 
tore rarisfimo  e  statuario  maraviglioso,  ma  pi'a- 
tico  negli  stucchi ,  valente  nella  prospettiva,  e 
nel r architettura  molto  stimato  ;  f'd  ebhono  l'o- 
pere sue  tanta  grazia  ,  disegno  ,  e  bontà  ,  ch'esce 
iurono  tenute  più  simili  ali* eccellenti  opere  de- 
gli antichi  Greci  e  Romani  j  che  quelle  di  qua- 
lunque altro  lusse  giammai .  Onde  a  gran  ragio- 
ne ^e  gli  dà  grado  del  primo  che  mettesse  in  buo- 
no uso  r  invenzione  delle  storie  ne*  bassiri lievi  ; 
i  quali  da  lui  furono  talmente  operati ,  che  alla 
considerazione  che  egli  ebbe  in  quelli ,  alla  faci- 
lità ^rd  al  roagisterio  si  conosce  che  n*  ebbe  la 
vera  intelligenza  e  eli  fece  con  bellezza  più  che 
ordinaria  ;  percioccité  non  che  alcuno  artefice  in 
questa  parte  lo  vincesse  y  ma  nell'  età  nostra  an- 
cora ncn  è  chi  V  abbia  paragonato  .  Fu  allevato 
Donatello  dalla  fanciullezza  in  casa  di  Ruberto 
Ma  liei  li ,  e  per  le  bue  ne  qualità  e  per  lo  studio 
della  virtù  sua  non  solo  meritò  d'essere  amato 
da  lui  y  ma  ancora  da  tutta  quella  nobile  fami- 
clia  .  Lavorò  nella  gioventù  sua  molte  cose , 
delie  quali,  perchè  furono  molte  ,  non  si  tenne 
.ip^an  conto  .  Ma  quello  che  gli  diede  nome  e  lo 


174  PARTE    SKCOUDA 

fece  per  quello  eh'  egli  era  conoscere ,  (o  una 
JPf unziata  di  pietra  di  inaciguo  ,  che  in  S.  Croce 
in  Fiorenza  fu  posta  all'altare  e  cappella  de'Ca- 
yalcanti ,  alla  quale  fece  un  ornato  di  componU 
luento  alla  grottesca  con  basamento  Tario  ed  at- 
torto e  finimento  a  quartotondo,  aggiugnendovi 
sci  putti  rhe  reggono  alcuni  festoni,  i  quali  pare 
che  per  paura  delFaltezza,  tenendosi  abbracciati 
fan  Taltro,  si  assicurino.  Ma  sopra  tutto  grande 
ingegno  e  arte  mostrò  nella  figura  della  Vergi- 
ne ,  la  quale  impaurita  dall*  tinprorfiso  apparire 
del r  angelo  9  muore  timidamente  con  dolcezsa 
la  persona  a  una  onestissima  reyerenza^con  bel- 
lissitna  grazia  rivolgendosi  a  chi  la  saluta  ;  di- 
maniera  che  se  le  scorge  net  riso  quella  umiltà  e 
gratitudine,  che  del  non  aspettato  dono  si  deve  a 
clii  lo  fa  ,  e  tanto  più ,  quanto  il  dono  è  maggio- 
re .  Dimostri  oltra  questo  Donato  ne'  panni  di 
essa  Madonna  e  dell'  angelo  lo  essere  bene  rigi- 
rati e  maestrcTolmente  piegali  ,  e  col  cercare 
l'ignudo  delle  figure,  come  e'tentara  di  scoprire 
la  bellezza  degli  antichi,  stata  nascosa  già  cotanti 
anni  ;  e  mostro  tanta  facilità  ed  artifizio  in  que- 
8t'  opera  ,  che  insomma  più  non  si  può  dal  dise- 

Snoe  dal  giudizio,  da  Ilo  scarpello  e  dalla  pratica 
isiderare  .  Nella  chiesa  medesima  sotto  il  tra- 
mezzo a  lato  alia  storia  di  Taddeo  Gaddi  fece 
con  straordinaria  fatica  un  Crocifisso  di  legno,  il 
quale  quando  ebbe  finito ,  parendogli  aver  fatto 
una  cosa  rarissima  ,  lo  mostrò  a  Filippo  di  ser 
Brunellesco  suo  amicbsimo  per  arerne  il  parere 
suo;  il  quale  Filippo  che  per  le  parole  di  Donato 
aspettala  di  vedere  molto  miglior  cosa  ,  come  lo 
Tide  ,  sorrise  alquanto  .  Il  che  vedendo  Donato  y 
Io  pregò  per  quanta  amicizia  era  fra  loro  che 


t 


VITA    DI    DONATO  173 

^ieiie  dicesse  il  parer  suo  ;  percbè  Filippo  ch« 
liberalissiino  era  rispose,  c^e  gii  pareva  che  egli 
aresse  messo  in  croce  un  contadino  ,  e  non  un 
corpo  simile  a  Gesà  Cristo  ,  il  quale  fu  delica- 
tissimo ed  in  tutte  le  paili  il  pii\  perfetto  aomo 
che  nascesse  giammai .  Udendosi  mordere  Do» 
nato  e  pia  a  dentro  che  non  pensava  dove  spe- 
rava essere  lodato  ,  rispose  :  Se  cosi  focile  f usse 
fare  come  giudicai^  y  il  mio  Cristo  ti  parrebbe 
Cristo  e  non  un  contadino  ;  però  piglia  dei  le- 
gnose pruova  a  farne  uno  ancor  tu,  Filippo  sema 
7ÌÙ  farne  parola  tornato  a  casa,  senxa  eoe  alcuno 
o  sapesse  mise  mano  a  fare  un  Crocifisso;  e  cer- 
cando d'  avanzare,  per  non  condannai*  il  proprio 
giudizio  y  Donato  ,  lo  condusse  dopo  molti  mesi 
a  somma  perfezione  .  £  ciò  iBttto,  invitò  una 
mattina  Donato  à  declinar  seco,  e  Donato  accettò 
r  invito  ;  e  cosi  andando  a  casa  di  Filippo  di 
compagnia,  arrivati. in  mercato  vecchio,  Filippo 
comperò  alcune  cose ,  e  datole  a  Donato  ,  disse: 
Avviati  con  queste  cose  a  casa  ,  e  lì  aspettami  , 
che  io  ne  vengo  or  ora.  Entrato  dunque  Donato 
in  casa ,  giunto  che  fa  in  terreno ,  vide  il  Croci- 
fisso di  Filippo  a  un  buon  lume  ,  e  fermatosi  a 
considerarlo ,  lo  trovò  cosi  perfettamente  finito, 
che  vinto  e  tutto  pieno  di  stupore  ,  come  fuor  di 
se  9  aperse  le  mani  che  tenevano  H  grembiule , 
onde  cascatogli  l' uova  il  formaggio  e  V  altre 
robe  tutte  9  si  vei-sò  e  fracassò  of^i  cosa  ,  ma 
non  restando  però  di  far  le  maraviglie  e  star  co- 
me insensato  ,  sopraggiunto  Filippo ,  ridendo 
disse  :  Che  disegno  è  il  tuo  Donato  ?  che  desine- 
remo noi  y  avendo  tu  versato  ogni  cosa  ?  Io  per 
me,  rispose  Donato  ,  ho  per  istamani  avuta  la 
paite  mia  :  sa  tu  vnoi  la  tua ,  pigliatela .  Ma  non 


tj6  FAKT£SEC0K1>A 

più;  a  te  ^  conceduto  fare  i  Cristi  ed  a  me  t  con- 
tadini . 

Fece  Donato  nel  tempio  di  S.  Giovanni  della 
medesima  città  la  sepoltara  di  papa  Giovannr 
Coscia  stato  deposto  del  pontificato  dal  Concilio 
Cofitanziesc  j  la  quale  gli  fu  fatta  fare  da  Cosimo 
de'  Medici  amicissimo  del  detto  Coscia  ;  ed  in 
essa  fece  Donato  di  sua  mano  il  morto  di  bronzo 
dorato  ,  e  di  marmo  la  Speranza  e  Carità  che  vi 
sono  ;  e  Miche lozzo  creato  suo  vi  fece  la  Fede  . 
Yedesi  nel  medesimo  tempio ,  e  dirimpetto  a 
quest*  opera  di  mano  di  Donato  una  S.  Maria 
Maddalena  di  legno  in  penitenza  molto  bella  e 
molto  ben  fatta  ,  essendo  consumata  dar  digiuni 
e  dall' astinenza,  in  tanto  che  pare  in  tutte  te 
parti  una  perfezione  di  notomia  benicsimo  intesa 
per  tutto.  In  mercato  vecchio  sopra  una  colonna 
di  granito  è  di  mano  di  Donato  una  Dovizia  di 
macigno  forte  tutta  isolata ^  tanto  ben  fatta  che 
dagli  artefici  e  da  tutti  gli  uomini  intendenti  è 
lodata  sommamente  .  La  qual  colonna  ,  sopra 
cui  é  questa  statua  collocata  ,  era  già  in  S.  Gio- 
vanni ,  dove  sono  V  altre  di  granito  che  sosten- 
gono r  ordine  di  dentro,  e  ne  fu  levata  ed  in  suo 
cambio  postavi  un'altra  colonna  accanalata  , so- 
pra la  quale  stava  già  nel  mezzo  di  quel  tempio 
la  statua  di  Marte ,  che  ne  fu  levata  quando  i 
Fiorentini  fiu*ono  alla  Cede  di  Gesù  Cristo  con- 
vertiti .  Fece  il  medesimo  ,  essendo  ancor  giova- 
netto ,  nella  facciata  di  S.  Maria  del  Fiore  un 
Daniello  profeta  di  marmo  ,  e  dopo  un  S.  Gio- 
vanni  Evangehsta  che  siede,  di  braccia  quattro 
e  con  semplice  abito  vestito  ,  il  quale  è  molto 
lodato  .  Nel  medesimo  luogo  si  vede  in  sul  can- 
tone per  la  faccia  che  rivolta  per  andare  nella 


TITA    DI    DONATO  177 

TÌa  ie\  Cocomero  ,  nn  vecchio  fra  due  colonne» 
piÀ  simile  alla  maniera  antica  che  altra  cosa 
che  di  Donato  si  possa  vedere,  conoscendosi  nel- 
la testa  di  quello  i  pensieri  che  arrecano  gli  anni 
a  coloro  che  sono  consumati  dal  tempo  e  dalla 
fatica. Fece  ancora  dentro  la  detta  chiesa  ruma- 
mento  deir  organo  che  è  sopra  la  porta  defila  sa- 
grestia vecchia  con  quelle  figure  abbozzate  ,  co^ 
me  si  è  detto  y  che  a  guardarle  pare  veramente 
che  siano  vive  e  si  muovano  .  Onde  di  costui  si 
può  dire  che  tanto  lavorasse  col  giudizio  quanto 
con  le  mani  ;  attesoché  molte  cose  si  lavorano  e 
paiono  belle  nelle  stanze  dove  son  fatte,  clic  poi 
cavate  di  quivi  e  messe  in  un  altro  luogo,  e  a  un 
altro  lume  o  più  alto  ,  fanno  varia  veduta  e  rie^ 
•cono  il  contrario  di  quello  che  parevano .  Lad- 
dove Donato  faceva  le  sue  figure  di  maniera  che 
nella  stanza  dove  lavorava  ,  non  apparivano  la 
metà  di  quello  che  elle  riuscivano  migliori 
ne'  luoghi  dove  eir  erano  poste  .  Nella  sacrestia 
nuova  pur  di  quella  chiesa  fece  il  disegno  di  quei 
fanciulli  che  tengono  i  festoni  che  girano  intorno 
al  fregio  f  e  cosi  il  disegno  delle  figure  che  si  fé- 
ciono  nel  vetro  dell'  occhio  che  è  sotto  la  cupo- 
la ,  cioè  quello  dov'  è  l'incoronazione  di  nostra 
Donna;il  quale  disegno  è  tanto  migliore  di  (juclli 
che  sono  negli  altri  occhi  y  quanto  mani  testa- 
mente  si  vede.  A  S.  Michele  in  orto  di  detta  città 
lavorò  di  marmo  per  T  arte  de'  beccai  la  statua 
del  S.  Piero  che  vi  si  vede  ,  figura  savissima  e 
mirabile  y  e  per  l'arte  de'  linaiuoli  il  S.  Marco 
Evangelista  ,  il  quale  avendo  egli  tolto  a  fare 
insieme  con  Filippo  Brunelleschi ,  finì  poi  da 
se,  essendosi  cosi  Filippo  contentato  .  Questa  fi- 
gura fu  da  Donatello  con  tanto  giudizio  lavorata, 
FoL.  IL  l'i 


178  PARTE    SECONDA     , 

che  essendo  in  terra  ,  non  conosciuta  la  bonUt 
sua  da  chi  non  areya  giudizio,  fu  per  non  essere 
dai  consoli  di  quell*  arte  lasciata  porre  in  opera  y 
per  il  che  disse  Donato  che  gli  lasciassero  met- 
terla su  y  che  volerà  mostrare  j  laTorandoyi  at- 
torno ,  che  un'  altra  figura  e  non  più  quella  ri- 
tornerehhe  .  £  cosi  fatto  y  la  turò  per  quindici 
giorni ,  e  poi  sensa  altrimenti  averla  tocca  la 
scoperse  ,  riempiendo  di  maravislia  ognuno . 

Airarte  de'corazzai  fece  una  ngura  di  S.Gior- 
gio aimato  vivissima  y  nella  testa  della  quale  si 
conosce  la  bellezza  nella  gioventù,  Fanimoed  il 
valore  nelle  armi,  una  vivacilt  fieramente  terri- 
bile,edun  maraviglioso  gesto  di  muoversi  dentro 
a  quel  sasso  .  £  certo  nelle  figure  moderne  non 
s'è  veduta  ancora  tanta  vivacità  né  tanto  spirito 
in  marmo  ,  quanto  la  natura  e  V  arte  opero  con 
la  mano  di  Donato  in  questa  .  £  nel  basamento 
che  resge  il  tabernacolo  di  quella  lavoròdi  mar- 
mo in  basso  rilievo  quando  egli  ammazza  il  ser- 
pente ,  ove  è  un  cavallo  molto  stimato  e  molto 
lodato.  Nel  irontispizio  fece  di  basso  rilievo 
mezzo  un  Dio  Padre  ;  e  dirimpetto  alla  chiesa 
di  detto  oratorio  lavorò  di  marmo  e  con  Jl'  ordine 
antico  detto  corintio  y  fuori  d' ogni  maniera  te- 
desca ,  il  tabernacolo  per  la  MercataKzia  ,  per 
collocare  in  esso  due  statue  y  le  quali  non  volle 
fare,  pcròhè  non  fu  d'accordo  del  prezzo .  Que- 
ste figure  dopo  la  morte  sua  fece  di  bronzo  ,  co- 
me si  dii'à  ,  Andrea  del  Verrocchio  .  Lavorò  di 
'  marmo  nella  facciata  dinunzi  del  campanile  di 
S.  Maria  del  Fiore  quattro  figure  di  braccia  cin- 
que ,  delle  quali  due  ritratte  dal  naturale  sono 
nel  mezzo ,  r  una  è  Francesco  Soderini  giovane, 
e  1'  altra  Giovanni  di  Bardacelo  Cherichini  oggi 


▼  ITA    DI    DONATO  179 

aominato  il  Zuccone:  la  quale  per  essere  tenuta 
cosa  rarissima  e  bella  quanto  nessuna  che  fu  ces- 
se mai  ,  soleya  Donato  y  quando  voleva  giurare 
fi  che  si  gii  credesse  y  dire  :  Alia  fé  eh'  io  porto 
al  mio  Zuccone:  e  mentre  che  lo  lavorava,  guar- 
dandolo 9  tuttavia  gli  diceva  :  Favella  ,  favella  y 
che  ti  venga  il  cacasangue  .  E  dalla  parte  di 
Terso  la  canonica  sopra  la  porta  del  campanile 
fece  uno  Abraam  che  vuole  sacrificare  Isac  ed 
un  altro  profeta  y  le  quali  fìgure  furono  poste  in 
mezzo  a  due  aitile  statue  .  Fece  per  la  Signoria^ 
di  quella  città  un  getto  di  metallo  che  fu  locato 
in  piazza  in  uno  arco  della  loggia  loro  y  ed  é 
Giudit  che  ad  Oloferne  taglia  la  testa  ,  opera  di 
grande  eccellenza  e  magisterio  y  la  quale  y  a  chi 
considera  la  semplicità  del  di  fuori  ne  ir  abito  e 
nello  aspetto  di  Giudit,  manifestamente  scuopre 
nel  di  dentro  V  animo  grande  di  quella  donna  e 
Io  aiuto  di  Dio,  siccome  nellaria  di  esso  Oloferne 
il  vino  ed  il  sonno,e  la  morte  nelle  sue  membra, 
che  per  avere  perduti  gli  spiriti  si  dimostrano 
fredde  e  cascanti.  Questa  fu  da  Donato  talmente 
condotta ,  che  il  getto  venne  sottile  e  bellissimo; 
ed  appresso  fu  rinetta  tanto  bene  ,  che  maravi- 
glia grandissima  è  a  vederla  .  Similmente  il  ba- 
samento ,  eh*  è  un  balaustro  di  granito  con  sem- 
plice ordine  ,  si  dimostra  ripieno  di  grazia  ed 
agli  occhi  gi*ato  in  aspetto  ;  e  sì  di  questa  opera 
si  soddisfece  ,  che  volle  ,  il  che  non  aveva  fatto 
neir  altre  ,  porvi  il  nome  suo  ,come  si  vede  in 
quelle  parole  Donatelli  opus.  Trovasi  di  bronzo 
nel  cortile  del  palazzo  di  detti  signori  un  David 
ignudo  quanto  il  vivo  eh'  a  Golìa  ha  troncato  la 
testa  ,  e  alzando  un  piede  sopra  esso  Io  posa  ,  ed 
ha  nella  destra  una  spada  ;  la  qual«  figura  é 


l8o  PARTE    SECONDA 

tanto  naturale  nella  vivacità  e  nella  morbidezzai 
che  impossibile  pare  agli  artefici  che  ella  non  sia 
formata  sopra  il  vivo,  ^tava  già  questa  statua  nel 
cortile  di  casa  Medici ,  e  per  lo  esilio  di  Cosimo 
in  detto  luogo  fu  portata .  Oggi  il  Duca  Cosimo, 
avendo  fatto  dove  era  questa  statua  una  fonte  , 
la  fece  levare  y  e  si  serba  per  un  altro  cortile  che 
firandissimo  disegna  fare  dalla  paiate  di  dietro 
del  palazzo, cioè  dove  £ià  stavano  i  leoni.  E'  po- 
sto ancora  nella  sala,  dove  èloriuolodi  Lorenzo 
della  Volpaia ,  dalla  mano  sinistra  un  David  di 
marmo  bellissimo  che  tiene  fra  le  gambe  la  testa 
morta  di  Golia  sotto  i  piedi ,  e  la  fromba  ha  in 
mano  con  la  quale  l' ha  percosso.  In  casa  Medici 
nel  primo  cortile  sono  otto  tondi  di  marmo ,  do- 
ve sono  ritratti  cammei  antichi  e  rovesci  di  me- 
daglie ,  ed  alcune  storie  fatte  da  lui  molto  belle, 
i  quali  sono  mui'ati  nel  fregio  fra  le  finestre  e 
r  architi^ve  sopra  gli  archi  delle  logge  .  Simil- 
mente la  restaurazione  d'  un  Marsia  in  mai*mo 
bianco  antico  posto  aH'  uscio  del  giardino  ,  ed 
una  infinità  di  teste  antiche  poste  sopra  le  porte 
restaurate  e  da  lui  acconce  con  ornamenti  d*  ali 
e  di  diamanti,  impresa  di  Cosimo ,  a  stucchi  be- 
nissimo lavorati .  Fece  di  granito  un  bellissimo 
vaso  che  gettava  acqua  :  e  al  giardino  de'  Pazzi 
in  Fiorenza  un'  altro  simile  ne  lavorò  che  mede- 
simamente getta  acqua  .  Sono  in  detto  palazzo 
de'  Medici  madonne  di  marmo  e  di  bronzo  di 
bassorilievo ,  e  altre  storie  di  marmi  di  fì(^ure 
bellissime  e  di  schiacciato  rilievo  maraviglioso  . 
£  fu  tanto  1'  amore  che  Cosimo  portò  alla  virtù 
di  Donato  ,  che  di  continuo  lo  faceva  lavorare  ; 
ed  allo  incontro  ebbe  tanto  amore  terso  Cosimo 
Donato ,  che  ad  ogni  minimo  suo  cenno  indovi- 


VITA     DI    DONATO  i8f 

naya  tatto  quel  che  voleTa ,  e  di  continuo  Io  ub-* 
bidÌTa  .  Dicesi  che  un  mercante  genoTese  fece 
fare  a  Donato  una  testa  di  bronzo  quanto  il  tìto 
bellissima,  e  per  portarla  lontano  sottilissima  ,  e 
cbe  |Y€r  mezzo  di  Cosimo  tale  opra  gli  fu  alloga- 
ta .  Finitala  adunque  9  volendo  il  mercante  so- 
disfarlo ,  gli  parve  cbe  Donato  troppo  ne  chie- 
desse ,  perche  fu  rimesso  in  Cosimo  il  mercato  ; 
il  quale  fattala  portare  in  sul  cortile  di  sopra  di 

3uel  palazzo  y  la  fece  porre  fra  i  merli  che  guar- 
ano  sopra  la  strada  ,  perchè  meglio  si  vedesse . 
Cosimo  dunque  volendo  accomodare  la  differen- 
za, trovò  il  mercante  molto  lontano  dalla  chiesta 
di  Donato  ;  perché  voltatosi,  disse  eh*  era  troppo 
poco  .  Laonde  il  mercante  ,  parendogli  troppo  , 
diceva  che  in  un  mese  o  poco  più  lavorata  l'aveva 
Donato  j  e  che  gli  toccava  pi&  d'  un  mezzo  fio- 
rino per  .giorno  .  Si  volse  aUora  Donato  con  col- 
lera ,  pirendogli  d' essere  offeso  troppo  ,  e  disse 
al  mercante  che  in  un  centesimo  d' ora  averebbe 
saputo  guastare  la  fatica  e  '1  valore  d'uno  anno  ; 
e  dato  d'urto  alla  testa  subito  su  lai  strada  la  fece 
minare  ,  della  quale  se  ne  fer  molti  pezzi  ,  di-* 
cendogli  che  ben  mostrava  d'  essere  uso  a  mer- 
catar  fagiuoli  e  non  statue.  Perchè  egli  pentitosi, 
gli  volle  dare  il  doppio  più  perchè  la  rifacesse,  e 
Donato  non  volle  persue  promesse  né  perprieghi 
di  Cosimo  rifarla  giammai .  Sono  nelle  case  dei 
Martelli  di  molte  storie  di  marmo  e  di  bronzo  ^ 
e  infra  gli  altri  un  David  di  braccia  tre ,  e  molte 
altre  cose  da  lui  in  fede  della  servitù  e  dell'amore 
cbe  a  tal  famiglia  portava  donate  liberalissima- 
mente, e  particolarmente  un  S.  Giovanni  tutto 
tondo  di  marmo  finito  da  lui  di  tre  braccia  d'al- 
tezza f  co^  rarissima  ^  oggi  in  casa  gli  eredi  di 


i82  PARTE    SECONDA 

Kuheito  Martelli ,  del  quale  fu  fatto  un  fidei- 
comniisso^  che  ne  impegnare  né  Tendere  né  do- 
nare si  potesse  senza  gran  pregiudi  zio,  per  testi- 
monio  e  fede  delle  carezze  usate  da  loro  aDonato^, 
e  da  esso  a  loro  in  riconoscimento  della  rirtù  sua^ 
la  quale  per  la  protezione  e  per  il  comodo  aruto 
da  loro  aveya  imparata .  Fece  ancora^  e  fu  man- 
data a  Napoli  y  upa  sepoltura  di  marmo  per  uno 
arcivescovo  che  é  in  S.Àngelo  di  Seggio  di  Nido, 
nella  quale  son  tre  figure  tonde  che  la  cassa  del 
morto  con  la  testa  sostengono ,  e  nel  corpo  della 
cassa  é  uua  storia  di  basso  rilievo  sì  bella  ,  che 
infi  nitc  lode  se  le  convengono.  Ed  in  casa  del  conte 
di  Maialone  nella  città  medesima  é  una  testa  di 
cavallo  di  mano  di  Donato  tanto  bella,  che  molti 
la  credono  antica .  Lavorò  nel  castello  di  Prato 
il  pergamo  di  marmo  ,  dove  si  mostra  la  cintola; 
nello  sparti  mento  del  quale  un  ballo  di  fanciulli 
intiiglio  si  belli  e  si  mirabili ,  che  si  può  dire  che 
non  meno  mostrasse  la  perfezione  dell'  arte  in 
questo  y  che  e'  si  facesse  nelle  altre  cose  •  Di  più 
fece  per  reggimento  di  detta  opera  due  capitelli 
di  bronzo  ,  uno  dei  quali  vi  é  ancora,  e  V  altro 
dagli  Spagnuoli  che  quella  terra  misero  a  sacco 
fu  portato  via  .  Avvenne  che  in  quel  tempo  la 
Signoria  di  Vincgia,  sentendo  la  fama  sua,  man- 
dò per  lui,  acciocché  facesse  la  memoria  di  Gat- 
tamelata  nella  città  di  Padova  ;onde  egli  vi  andò 
ben  volentieri ,  e  fece  il  cavallo  di  bronzo  che  è 
in  sulla  piazza  di  S.  Antonio ,  nel  quale  si  dimo- 
stra lo  sbuffamento  ed  il  fremito  del  cavallo ,  ed 
il  grande  animo  e  la  fierezza  vivacissimamente 
espressa  dall'arte  nella  figura  che  lo  cavalca  .  E 
dimostrossi  Donato  tanto  mirabile  nella  gran- 
dezza del  getto  iu  proporzioni  ed  in  bontà ,  che 


VITA    DI    DONATO  l83 

TeraiDente  si  può  agguagliare  a  ogni  antico  arte- 
fice in  movenza  ,  disegno ,  arte ,  proporzione ,  e 
diligenza  .  Perchè  non  solo  fece  stupire  allora 
que'  che  lo  videro  ,  ma  ogni  persona  cne  al  pre- 
sente lo  vede  .  Per  la  qual  cosa  cercarono  i  Pa- 
dovani con  ogni  via  di  Tarlo  lor  cittadino ,  e  con 
ogni  sorte  di  carezze  fermarlo  -,  e  per  intratte- 
nerlo gli  allogarono  alla  chiesa  de'  frati  Minori 
nella  predella  dello  aitar  maggiore  le  istorie  di 
S.  Antonio  da  Padova  ,  le  quali  sono  di  bassori- 
lievo e  talmente  con  giudicio  condotte  ,  che  gli 
uomini  eccellenti  di  quell*  arte  ne  restano  ma- 
ravigliati e  stupiti  y  considerando  in  esse  i  belli  e 
variati  componimenti  con  tanta  copia  di  strava- 
ganti figure  e  prospettive  diminuiti .  Similmente 
nel  doss$ne  dello  altai*e  fece  bellissime  le  Marie 
che  piangono  il  Cristo  morto  ;  e  in  casa  d'  un 
de'  conti  Capodilista  lavorò  una  ossatura  d*  un 
cavallo  di  legname  che  senza  collo  ancora  oggi 
ai  vede  y  nella  quale  le  commettiture  sono  con 
tanto  ordine  fabbricate  ,  che  chi  considera  il 
modo  di  tal  opera,  giudica  il  capriccio  del  suo 
cervello  e  la  grandezza  dello  animo  di  quello.  In 
un  monastero  di  monache  fece  un  S.  Sebastiano 
di  legno  a'  preghi  d'un  cappellano  loro  amico  e 
domestico  suo,  che  era  Fiorentino,il  quale  gliene 
portò  uno  eh'  elle  avevano  vecchio  e  goffo ,  pre- 

f^andolo  che  e'  lo  dovesse  fare  come  quello  .  Per 
a  qual  cosa  sforzandosi  Donato  d'  imitarlo  per 
contentare  il  cappellano  e  le  monache,  non  potè 
far  sì  ,  che  ancoi*a  che  quello  che  goffo  era 
imitato  avesse  ,  non  facesse  nel  suo  la  bontà  e 
r  artificio  usato .  In  compagnia  di  questo  molte 
altre  figure  di  teiTa  e  di  stucco  fece  ;  e  di  un 
cantona  d' un  pezzo  di  marmo  vecchio  ,  che  le 


l84  VAATE    SECONDA 

dette  monache  in  un  loro  orto  averano  ,  ricavò 
una  molto  bella  nostra  Donna  .  £  similmente 
per  tutta  quella  città  sono  opre  di  lui  infinitis* 
sime  ;  onde  essendo  per  miracolo  quiyi  tenuto  e 
da  ogni  intelligente  lodato  ,  si  delinerò  di  Tolcr 
tornare  a  Fiorenza  ,  dicendo  che  se  più  stato  ri 
fosse  ,  tutto  quello  che  sapeva  dimenticato  s'  a- 
yrebbe,  essendovi  tanto  lodato  da  ognuno  ;  e  che 
Tolentieri  nella  sua  patria  tornava  per  esser  poi 
colà  di  continuo  biasimato ,  il  qua!  biasimo  gli 
dava  cagione  di  studio  e  conseguentemente  di 
gloria  maggiore  .  Per  il  che  di  Padova  partitosi, 
nel  suo  ritorno  a  Yinegia  ,  per  memoria  dellk 
bontà  sua  ,  lasciò  in  dono  alla  nazione  fiorentina 
per  la  loro  cappella  ne'  frati  Minori  un  S  Gio: 
Battista  di  legno,  lavorato  da  lui  con  diligenza  e 
studio  grandissimo .  Nella  città  di  Faenza  lavorò 
di  legname  un  S.  Giovanni  ed  un  S.  Girolamo 
non  punto  meno  stimati  che  l'altre  cose  sue.  Ap- 
presso ritoiTiatosene  in  Toscana,  fece  nella  pieve 
di  Montepulciano  una  sepoltura  di  marmo  con 
una  bellissima  storia  ;  ed  in  Fiorenza  nella  sa- 
grestia di  S.  Lorenzo  un  lavamani  di  marmo , 
nel  quale  lavorò  parimente  Andrea  Verrocchio  ; 
ed  in  casa  di  Lorenzo  della  Stufa  fece  teste  e  fi- 
gure molto  pronte  e  vivaci.  Partitosi  poi  da  Fio- 
renza a  Roma  si  trasferì,  per  cercar  d' imitare  le 
cose  degli  antichi  più  che  potè,  e  quelle  stndian- 
do,lavorò  di  pietra  inquel  tempo  un  tabernacolo 
del  Sacramento  che  oggidì  si  trova  in  S.  Pietro . 
Ritornando  a  Fiorenza  e  da  Siena  passando, tolse 
a  fare  una  porta  di  bronzo  per  il  battistero  di  S. 
Giovanni:  ed  avendo  fatto  il  modello  di  legno,  e 
le  forme  di  cera  quasi  tutte  finite  ed  a  buon  ter- 
mine con  la  cappa  condottele  per  gitt&rle  ,  vi 


riTA  DI  doitìlto         i85 

tiipitò  Bemardetto  di  mona  Papera  orafo  fioren- 
tino amico  e  domestico  suo,  il  quale  tornando  da 
Roma  seppe  tanto  fare  e  dire  ,  che  o  per  sue  bi- 
sogne o  per  altra  cagione  ricondusse  Donato  a 
Firenze, onde  quell'opera  rimase  imperfi  ttn^anzi 
non  cominciata.  Solo  restò  nell  Opera  dtl  Duomo 
di  quella  città  di  sua  mano  un  S.  Gio:  Battista  di 
metallo,  al  quale  manca  il  braccio  dc^tro  dal  go- 
mito in  su  :  e  ciò  si  dice  ayer  fatto  Donato  per 
non  essere  stato  sodisfatto  dell'  intero  pagamen- 
to. Tornato  dunque  a  Fii*ense  layorò  a  Cosimo 
de'  Medici  in  S.  Lorenzo  la  sagrestia  di  stucco  , 
cioè  ne'peducci della  Tolta  quattro  tondi  co'cam- 

1>idì  prospettiva  parte  dipinti  e  parte  di  bassiri- 
ievi  di  storie  degli  Evangelisti:  ed  in  detto  luogo 
fece  due  porticelledi  bronzo  di  bassorilievo  bel- 
lissime, con  gli  apostoli  co'  martun  e  confessori, 
e  sopra  quelle  alcune  niccbie  piane  ,  den trovi 
neir  una  un  S.  Lorenzo  ed  un  S.  Stefano  ,  e 
nell'  altra  S.  Cosimo  e  Damiano  .  Nella  crociei*a 
della  cbìesa  lavorò  di  stucco  quattro  santi  di 
braccia  cinaue  l' uno  ,  i  quali  praticamente  sono 
lavorati  .  Ordinò  ancora  i  pergami  di  bronzo 
dentrovi  la  passione  di  Cristo ,  cosa  che  ha  in  se 
disegno  ,  forza  ,  invenzione  ,  e  abbondanza  di  fi- 
gure e  casamenti  ;  quali  non  potendo  egli  per 
vecchiezza  lavorare,  nnl  Bertoldo  suo  creato  ed 
a  ultima  perfezione  li  ridusse  .  A  S.  Maria  del 
Fiore  fece  due  colossi  di  mattoni  e  di  stucco  ,  t 

3ualì  son  fuora  della  chiesa  posti  in  sui  canti 
elle  cappelle  per  ornamento.  Sopra  la  porta  di 
S.  Croce  si  vede  ancor  og{;i  finito  di  suo  un  S. 
Lodovico  di  bronzo  di  cinque  braecia,  del  quule 
essendo  incolpato  che  fosse  gctffo  e  forse  la  maiico 
buona  cosa  che  avesse  fatto  mai ,  rispose  che  a 


ib(i  PARTE    SECONIb  A 

liello  stadio  tale  Tareva  fatto,  esseDdo  egli  stato 
un  goffo  a  lasciare  il  reame  per  farsi  frate.  Fece 
il  medesimo  la  testa  della  moglie  del  detto  Co- 
simo de'  Medici  di  bronzo  ,  la  quale  si  serba 
nella  guardaroba  del  Sig.  Duca  Cosimo  y  dove 
sono  molte  altre  cose  di  bronzo  e  di  marmo  di 
mano  di  Donato  ;  e  fra  1'  altre  una  nostra  Donna 
col  figliuolo  in  braccio  dentro  nel  marmo  di 
schiacciato  rilieyo  j  della  quale  non  è  possibile 
vedere  cosa  più  bella  ,  e  massimamente  avendo 
un  fornimento  intorno  di  storie  fatte  di  minio  da 
fraBernardo  che  sono  mirabili,come  si  dirà  al  suo 
luogo.  Di  bronzo  ha  il  detto  Sig.  Duca  di  mano 
di  Donato  un  bellissimo ,  anzi  miracoloso  Croci- 
fìsso nel  suo  studio,  dove  sono  infinite  anticaglie 
rare  e  medaglie  bellissime.  Nella  medesima  guar« 
daroba  è  in  un  quadro  di  bronzo  di  bassoriliero 
la  passione  di  nostro  Signore  con  gran  numero 
di  figure ,  ed  in  un  altro  quadro  pur  di  metallo 
un'  altra  crocifissione  .  Similmente  in  casa  degli 
eredi  di  Iacopo  Capponi,  che  fu  ottimo  cittadino 
e  vero  gentiluomo,  e  un  quadro  di  nosti-a  Donna 
di  mezzo  rilievo  nel  marmo,  che  é  tenuto  cosa  ra« 
rissima  .  M.  Antonio  de'  Nobili  ancora ,  il  quale 
fu  depositario  di  sua  Eccellenza  ,  aveva  in  casa 
un  quadro  di  marmo  di  mano  di  Donato  nel 
quale  è  di  bassorilievo  una  mezza  nostra  Donna 
tanto  bella  ,  che  detto  M.  Antonio  la  stimava 
Guanto  tutto  V  aver  suo  ,  né  meno  fa  Giulio  suo 
ngliuolo  giovane  di  singoiar  bontà  e  giudizio,  ed 
amator  de 'virtuosi  e  di  tutti  gli  uomini  eccellen^ 
ti .  In  casa  ancora  di  Gio:  Battista  d' Agnol  Doni 
gentiluomo  fiorentino  è  un  Mercurio  di  metallo 
di  m^no  di  Donato  alto  un  braccio  e  mezzo,  tutto 
tondo  e  vestito  in  un  certo  modo  bizzan*o  ,  il 


▼  ITA51DONATO  187 

muje  è  Terameute  bellissimo,  e  non  inen  raro 
che  i'  altre  cose  che  adornano  la  sua  bellissima 
casa .  Ha  Bartolommeo  Condì ,  del  quale  si  è  ra- 

S'onato  nella  vita  di  Giotto  y  una  nostra  Donna 
mezzo  rilievo  fatta  da  Donato  con  tanto  amore 
e  diligenza  ,  che  non  è  possibile  yeder  meglio, 
né  immaginarsi  come  Donato  scherzasse  neirac- 
conciatura  del  capo  e  nella  leggiadria  dell'abito 
cb'  eir  ha  indosso  .  Parimente  M.  Lelio  Torelli 
primo  auditore  e  segretario  del  Sig.Duca,  e  non 
meno  amator  di  tutte  le  scienze ,  yirtù  ,  e  pro- 
fessioni onorate  ,  che  eccellentissimo  iuriscon- 
milto ,  ha  un  quadro  di  nostra  Donna  di  marmo 
di  mano  dello  stesso  Donatello  ;  del  quale  chi 
Tolesse  pienamente  raccontare  la  vita  e  V  opere 
che  fece  ,  sarebbe  troppo  più  lunga  storia ,  che 
non  è  di  nostra  intenzione  nello  scrivere  le  vite 
de*  nostri  artefici;  perciocché  non  che  nelle  cose 
grandi  delle  quali  si  è  detto  abbastanza  ,  ma  an- 
cora a  menomissime  cose  dell*  arte  pose  la  ma- 
no, facendo  arme  di  casate  ne' cammini  e  nelle 
facciate  delle  case  de'  cittadini  ,  come  si  può 
vederne  una  bellissima  nella  casa  de'Somraai  che 
é  dirimpetto  al  fornaio  della  Vacca  .  Fece  anco 
per  la  famiglia  de'  Maitelli  una  cassa  a  uso  di 
zana,  fatta  di  vimini ,  perchè  servis&e  per  sepol- 
tura ì  ma  è  sotto  la  chiesa  di  S.  Lorenzo,  perché 
di  sopra  non  appariscono  sepolture  di  nessuna 
sorte  ,  se  non  i  epitailio  di  quella  di  Cosimo 
de'  Medici,  che  nondimeno  ha  la  sua  apritura  di 
sotto  come  V  altre.  Dicesi  che  Simone  fratello  di 
Donato ,  avendo  lavorato  il  modello  della  sepol- 
tura di  Papa  Martino  V.  ,  mandò  per  Donato  , 
che  la  vedesse  innanzi  che  la  gettasse  ;  onde  an- 
dando Donato  a  Roma  ,  vi   si  trovò  appunto 


f8H  PARTE    SECONDA 

quando  tì  eraGìsmondo  Imperatore  per  riceYere 
la  corona  da  Papa  Eugenio  IV ;  perche  fu  forzato 
in  compagnia  di  Simone  adoperarsi  in  fare  l'ono- 
ratissimo  apparato  di  quella  festa  ,  nel  die  si 
acquistò  fama  ed  onore  grandissimo.  Nella  gnar- 
daro))a  ancora  del  Sig.  Guidobaldo  duca  a'  Ur- 
bino è  di  mano  del  medesimo  una  testa  di  marmo 
I>ellissima  ,  e  si  stima  che  fusse  data  agli  ante- 
cessori di  detto  duca  dal  magnifico  Giuliano 
de'  Medici;  quando  si  tratteneva  in  quella  corte 
piena  di  yii*tuosissimi  signori .  Insomma  Donato 
fu  tale  e  tanto  mirabile  in  ogni  azione  ,  che  e'  si 
può  dire  che  in  pratica  in  giudizio  ed  in  sapere, 
sìa  stato  de'  primi  a  illustrare  V  arte  della  scul- 
tura e  dei  buon  disegno  ne'  moderni  :  e  tanto 
più  merita  commendazione  ,  quanto  nel  tempo 
suo  le  antichità  non  erano  scoperte  sopra  la  ter- 
ra ,  diille  colonne  ,  ì  pili  ,  e  gli  archi  trionfali  in 
fuora  .  Ed  egli  fu  potissima  cagione  che  a  Cosi- 
mo de'  Modici  si  destasse  la  volontà  dell'  intro- 
durre a  Fiorenza  le  antichità  che  sono  ed  erano 
in  casa  Medici ,  le  quali  tutte  di  sua  mano  ac- 
conciò .  Era  libéralissimo ,  amorevole,  e  corte- 
se, e  per  gli  amici  migliore  che  per  se  medesimo: 
né  miii  stimò  danari,  tenendo  quegli  in  una  sporta 
con  una  fune  al  palco  appiccati ,  onde  ogni  suo 
lavorante  ed  amico  pigliava  il  suo  bisogno  senza 
dirgli  nulla  .  Passò  la  vecchiezza  allegrissima- 
mente ,  e  venuto  in  decrepità  ,  ebbe  ad  essere 
soccorso  da  Cosimo  e  da  altri  amici  suoi ,  non 
potendo  più  lavorare  .  Dicesi  che  venendo  Cosi- 
mo a  morte  lo  lasciò  raccomandato  a  Piero  suo 
figliuolo  ,  il  quale  ,  come  diligentissimo  esecu- 
tore della  volontà  di  suo  padre,  gli  donò  uri  po- 
dere in  Cafaggiuolo  di  tanta  rendita ,  che  e*  ne 


yiTA    DI    DONATO  l8g 

poterà  Tirere  comodamente.  Di  che  fece  Donato 
festa  grandissima  ,  parendogli  essere  con  questo 
più  che  sicuro  di  non  ayere  a  morir  di  fame.  Ma 
non  io  tenne  però  un  anno,  che  ritornato  a  Piero, 
glielo  rinunziò  per  contratto  pubblico  ,  affer- 
mando che  non  voleva  perdere  la  sua  quiete  per 
pensare  alla  cifra  famigliare  ed  alla  molestia  del 
contadino,  il  quale  ogni  terzo  di  gli  era  intorno, 
quando  perche  il  Tento  sii  aveva  scoperta  la  co- 
lombaia j  quando  perche  gli  erano  tolte  le  bestie 
dal  comune  per  le  gravezze  ,  e  quando  per  la 
tempesta  che  gli  aveva  tolto  il  vino  e  le  frutte  ^ 
delle  quali  cose  era  tanto  sazio  ed  infastidito  , 
eh'  e'  voleva  innanzi  morir  di  fame  ,  che  avere  a 
pensare  a  tante  cose.  Rise  Piero  della  semplicità 
di  Donato  ;  e  per  liberarlo  di  questo  affanno  , 
accettato  il  podere  che  cosi  volle  al  tutto  Dona- 
to y  gli  assegnò  in  sul  banco  suo  una  provvisione 
della  medesima  rendita  o  più,  ma  in  danari  con- 
tanti ,  che  ogni  settimana  sii  erano  pagati  per  la 
rata  che  gli  toccava  ;  del  che  egli  sommamente 
si  contentò  :  e  servitore  ed  amico  della  ca^a  de' 
Medici  visse  lieto  e  senza  pensieri  tutto  il  restante 
della  sua  vita;  ancorché  condottosi  ad  ottantatre 
anni  si  trovasse  tanto  parletico ,  che  e'  non  po- 
tesse più  lavorare  in  maniera  alcuna  ,  e  si  con- 
ducesse a  starsi  nel  letto  continovamente  in  una 
povera  casetta  che  aveva  nella  via  del  Cocomero 
vicino  alle  monache  di  S.  Niccolò  ;  dove  pri^gio- 
rando  di  giorno  in  giorno  e  et  disumandosi  a  poco 
a  poco ,  si  mori  il  dì  i3di  Dicembre  ì/\66y  e  fu 
sotterrato  nella  chiesa  di  S.  Lorenzo  vicino  alla 
sepoltura  di  Cosimo  ,  come  egli  stesso  aveva  or- 
dinato, a  cagione  che  cosi  gU  iusse  vicino  U  corpo 


igo  PARTK     SECONIbA 

gìA  morto,  come  viro  sempre  gli  era  stato  presso 
con  r  animo . 

Dolse  infinitamente  la  morte  sua  a'  cittadini , 
«gli  artefici ,  ed  a  chi  lo  conobbe  vivo  .  Laonde 
per  onorarlo  più  nella  morte  che  e'  non  avevano 
fatto  nella  vita ,  gli  fecero  essequie  onoratissime 
nella  predetta  chiesa  ,  accompagnandolo  tutti  i 
pittori ,  gli  architetti  ,  gli  scultori  ,  gli  orefici , 
e  quasi  tutto  il  popolo  di  quella  città  ,  la  quale 
non  cessò  per  lungo  tempo  di  componere  in  sua^ 
lode  varie  maniere  di  versi  in  diverse  lingue  , 
de'  quali  a  noi  basta  por  questi  soli  chs  di  sotto 
si  leggono . 

Ma  prima  che  io  venga  agli  epitaffi,  non  sarà 
se  non  bene  eh'  io  racconti  di  lui  ancor  questo  . 
Essendo  egli  ammalato,  poco  innanzi  che  si  mo- 
risse r  andarono  a  trovare  alcuni  suoi  parenti , 
e  poi  che  V  ebbono  ,  come  s'usa ,  salutato  e  con- 
fortato ,  gli  dissero  che  suo  debito  era  lasciar 
loro  un  podere  che  egli  aveva  in  quel  di  Pi-ato , 
ancorché  piccolo  fusse  e  di  pochissima  rendita  , 
e  che  di  ciò  lo  pregavano  strettamente.  Ciò  udito 
Donato,  che  in  tutte  le  sue  cose  aveva  del  buono, 
disse  loro  :  Io  non  posso  compiacervi  ,  parenti 
miei ,  perchè  io  voglio  ,  e  cosi  mi  pare  ragione- 
vole ,  lasciarlo  al  contadino  che  l'  ha  sempre  la- 
vorato e  vi  ha  durato  fatica  ,  e  non  a  voi ,  che 
senza  avergli  mai  fatto  utile  nessuno  ,  né  altro 
che  pensar  d'  averlo,  vorreste  con  questa  vostra 
visita  che  io  ve  lo  lasciassi  :  andate  che  siate  be- 
nedetti .  £  in  verità  così  fatti  parenti  ,  che  non 
hanno  amore  se  non  quanto  è  l'utile  o  la  spe- 
ranza di  quello  ,  si  deono  in  questa  guisa  trat- 
tare «  Fatto  dunque  venire  il  notaio ,  lasciò  il 


TITA    DI    DONATO  191 

detto  podere  al  laroratore  die  sempre  V  aTcya 
lavorato,  e  che  forse  nelle  bisogne  sue  si  era  me- 

Slio  9  che  que'  parenti  fatto  non  avevano  y  verso 
i  se  pollato  .  Le  cose  dell'  arte  lasciò  ai  suoi 
discepoli ,  i  quali  furono  Bertoldo  scultore  fio- 
rentino che  r  imitò  assai ,  come  si  può  vedere  in 
una  battaglia  in  bronzo  denomini  a  cavallo  molto 
bella  ,  la  quale  è  oggi  in  guardaroba  del  Sig. 
Duca  Cosimo  ;  Nanni  d'Anton  di  Banco  che  mori 
innanzi  a  lui ,  il  Rossellino  ,  Disiderio  ,  e  Velia- 
no  da  Padoa  ;  ed  insomma  dopo  la  morte  di  lui 
si  può  dire  che  suo  discepolo  sia  stato  chiunque 
ha  voluto  far  bene  di  rilievo  .  Nel  disegnar  fu 
risoluto,  e  fece  i  suoi  disegni  con  sì  fatta  pratica 
e  fierezza  ,  che  non  hanno  pari,  come  si  può  ve- 
dere nel  nostro  libro  ;  dove  ho  di  sua  mano  dise- 
gnate figure  vestite  e  nude  ,  animali  che  fanno 
stupire  chi  gli  vede  ,  ed  altre  così  fatte  cose  bcl- 
hssime.  Il  ritratto  suo  fu  fatto  da  Paolo  Uccello, 
come  si  è  detto  nella  sua  vita  .  Gli  epitaffi  sono 
questi  : 

Sculptura  II.  M.  a  Fìorentinìs  fieri  i^oluit 
Donatello  ,  utpote  hominij  qui  ei,  quod  jamdiu 
optìmis  artificibusy  multisque  saeculis,  tum  no^ 
hilìtalis  tum  nomini s  acquisitum  fuerat  ,  inju" 
riave  tempor.  perdidcrat  ipsa  ,  ipse  unus  una 
i^ita  infiniti sq  uè  operibus  cumulati  ss.  restituente 
et  patriae  benemerenti  hujus  restitutae  virtutis 
palmam  reportarit . 
Excudit  nemo  spiranti  a  molli us  aera  : 

yera  cano  :  cernes  mar  mora  wVa  loqui . 
Graecorum  silcat  prisca  admirabilis  aetas 

Compedibus  statuas  continuasse  Rhodon  . 
JPlectere  namque  magis/uerant  haec  vincula  di- 

htius  egregias  artijicis  statuas  .  gna 


192  PARTE    SECONDA 


Quanto  con  dotta  mano  alla  scultura 
Giàfeccr  molti ,  or  sol  Donato  ha  fatto  .• 
Renduto  ha  vita  a'  marmi ,  affetto  ,  ed  atto  : 
Che  pia,  se  non  parlar  ,  può  dar  natura  ? 

Delle  opere  di  costui  restò  cosi  pieno  il  mon- 
do j  che  bene  si  può  affermare  con  verità  ,  nes- 
suno artefice  ayer  mai  lavorato  più  di  lui.  Impe* 
rocche  diit'ttnndosid'  ogni  cosa  ,  a  tutte  le  cose 
mise  le  mani  senza  guardare  che  elle  fossero  o 
Tili  o  di  pregio.E  fu  nientedimanco  necessarissi- 
mo alla  scultura  il  tanto  operare  di  Donato  in 
qualunque  spezie  di  figure  tonde,  mezze,  basse  , 
e  bassissime  ;  perché  siccome  ne'  tempi  buoni 
degli  antichi  greci  e  romani  i  molti  la  fecero  ve- 
nir perfetta  ,  così  egli  solo  con  la  moltituditie 
delle  opere  la  fece  ritornare  perfetta  e  maravi- 
gliosa  nel  secol  nostro  .  Laonde  gli  artefici  deb- 
bono riconoscere  la  grandezza  dcir  ai*te  più  da 
costui ,  che  da  qualunque  altro  che  sia  nato  mo- 
dernamente ,  avendo  egli  ,  oltra  il  facilitare  le 
difficultà  dell'  arte  con  la  copia  delle  opre  sue  , 
congiunto  insieme  la  invenzione,  il  disegno  ,  la 
pratica  ,  il  giudizio  ,  ed  ogni  alti*a  parte  che  da 
uno  ing(*gno  divino  si  possa  o  debba  mai  aspet- 
tare .  Fu  D  mato  resolutissimo  e  presto,  e  con 
somma  facilità  condusse  tutte  le  cose  sue  ,  ed 
operò  sem prema!  assai  più  di  quello  che  e'  pro- 
mise . 

lliiTiase  a  Bertoldo  suo  creato  ogni  suo  lavoro, 
e  massimamente  i  pergami  di  bronzo  di  S.  Lo- 
renzo ,  che  da  lui  furono  poi  rinetti  la  maggior 
parte,  e  cond  >tti  a  quel  termine  che  e*  sì  veggo- 
no in  detta  chiesa . 


VITA    DI    DONATO  igS 

Mon  tacerò  che  avendo  il  dottissimo  e  molto 
reverendo  Don  Vincenzio  Borghini  ,  del  quale 
si  è  di  sopra  ad  altro  proposito  ragionato  ,  messo 
insieme  in  un  gran  libro  infiniti  disegni  d'  ecceU 
lenti  pittori  e  scultori, così  antichi  come  moder- 
ni ,  egli  in  due  carte  dirimpetto  1'  una  all'  altra, 
dove  sono  disegni  di  mano  di  Donato  e  di  Miche- 
lagnolo  Buonarroti  ^  ha  fatto  nell'ornamento  con 
molto  giudìzio  questi  due  motti  greci  :  a  Donato: 
'^H  ^wvtf TOC  Bovctfffari^si^ed  a  Michelagnulo: 
ti  Boycùffcaròq  AqjvutÌ^sì  che  in  Latino  suona- 
no :  j4ut  Donatus  Bonarrotum  exprimìt  et  re- 
fert  j  aut  Bonarrotus  Donatum;  e  nella  nostra 
lingua  :  O  lo  spirito  di  Donato  opera  nel  Buo- 
narrotOj  o  quello  di  Buonarroto  anticipò  di  op€* 
rmre  in  Donato . 


roz.  II.  i3 


'•,.;,.  O'" 


VITA 
DI  MICHELOZZO  MICHEL02ZI 

SCULTORE  Z  ARCHITETTO 
FIORENTINO . 


Ì3e  chiunque  in  questo  mondo  wìre  credesse 
d'tiyerea  vivere  quando  non  si  può  più  operare, 
Bon  si  conduiTebbooo  molti  a  mendicare  nella  lo» 
ro  yecchiezxa  quello  che  senza  risparmio  alcuno 
consumarono  in  |;io ventù ,  quando  i  copiosi  e  lur« 
ghi  guadagni  j  accecando  il  vero  discorso,  li  face* 
vano  spendere  oltre  il  Insogno  e  molto  più  che 
non  conveniva  .  Imperocché  atteso  quanto  mal 
volentieri  é  veduto  chi  dal  molto  e  venuto  al  po- 
co y  deve  ognuno  ingegnarsi,  onestamente  però  e 
con  la  via  del  mezzo ,.  di  non  avere  in  vecchiezza 
a  ihendicare.  E  chi  farà  come  Michelozzoil  quale 
in  questo  non  imitò  Donato  suo  maestro ,  ma  sib- 
bene  nelle  virtù ,  isiverà  onoratamente  tutto  il 
tempo  di  sua  vita  ,  e  non  avrà  bisogno  negli  ulti- 
mi anni  d'andarsi  procacciando  miseramente  il 
vivere . 

Attese  dunque  Michelozto  nella  sua  giovanez- 
za con  Donatello  alla  scultura  ed  ancora  al  dise- 
gno ,  e  quantunque  gli  si  dimostrasse  difficile , 
s'andò  sempre  nondimeno  aiutando  con  la  terra 
con  la  cera  e  col  marmo  di  maniera ,  che  nell'opre 
eh'  egli  fece  poi  mostrò  sempre  ingegno  e  gran 
virtù.  Ma  in  una  avanzò  molti  e  se  stesso,  cioè  che 
dopo  il  Brunellesco  fu  tenuto  il  più  ordinato  ar- 
ehitettore  de* tempi  suoi,  e  quello  che  piA  agia* 


196  PARTS     SECONDA 

ta mente  dispensasse  ed  accomodasse  T abitazioni 
de* palazzi,  conventi ,  e  case,  e  quello  che  con 

5 ih  giudizio  le  ordinasele  meglio^ome  a  suo  luogo 
iremo .  Di  costui  si  valse  Donatello  molti  anni , 
perchè  aveva  gian  pratica  nel  lavorare  di  marmo 
e  nelle  cose  de*  getti  di  bronzo ,  come  ne  fa  fecte 
in  S.  Giovanni  di  Fiorenza  nella  sepoltui^a  che  fu 
fatta ,  come  si  disse ,  da  Donatello  por  Papa  Gio- 
yanni  Coscia,  perché  la  maggior  parte  fu  con- 
dotta da  lui ,  e  vi  si  vede  ancora  di  sua  mano  una 
statua  di  braccia  due  e  mezzo  d'una  Fede  che 
t'  è  di  marmo  molto  bella,  in  compagnia  d'  una 
Speranza  e  Carità  fatta  da  Donatello  della  mede* 
sima  grandezza,  che  non  perde  da  quelle .  Fece 
ancora  Michefozzo  sopra  alla  porta  della  sagre* 
stia  ed  opera  dirimpetto  a  S.Giovanni  un  S.Gio- 
Tannino  di  tondo  rilievo,  lavorato  con  diligenza,  il 
qual  fu  lodato  assai.  Fu  Michelozzo  tanto  fami- 
liare di  Cosimo  de'  Medici,  che  conosciuto  l'in- 
gegno suo ,  gli  fece  fare  il  modello  della  casa  e 
paìiìzzo  che  è  sul  canto  di  via  Larga  di  costa  a  S. 
Giovannino,  parendogli  chequello  che  aveva  fat- 
to, come  si  disse,  Filippo  di  ter  Brunellescofus- 
se  troppo  sontuoso  e  magnifico,  e  da  recargli  fra 
i  suoi  cittadini  piuttosto  invidia,  che  grandezza  o 
orna  monto  alla  città,  o  comodo  a  se.  Per  il  che  pia- 
ciutogli quello  die  Miclielozzo  avea  fatto,  con 
suo  ordine  lo  fece  condurre  a  perfezione,  in  quel 
m'Klo  che  si  vede  al  presente  ,  con  tante  utili  e 
belle  comodità  e  graziosi  ornamenti  quanto  si 
vedr ,  i  quali  hanno  maestà  e  grandezza  nella 
semplicità  loro.  E  tanto  più  merita  lode  Miche- 
lozzo, quanto  questo  fu  il  primo  che  in  quella 
città  fusse  stato  fatto  con  ordine  moderno,  e  che 
avesse  in  se  uno  spartimento  di  stanze  utili  e  beU 


VITA  DI  HICHELOZZO  MICHELOZKI   197 

ttsslmti.  Le  cantine  sono  carate  meste  sotto  ter<* 
ra  cioè  quattro  braccia  ,  e  tre  sopita  per  amore 
de'  lumi,  e  accompagnate  da  canove  e  difipense  • 
hei  primo  piano  terreno  sono  due  coitili  con 
logge  magnitìcbcy  nelle  qua! L rispondano  salotti, 
camere,  anticamere,  scrittoi,  dentri,  stufe,  cuci- 
Be,  pozzi,  scaie  segrete  e  pubbliche  agiati^sime; 
e  sopra  ciascun  piano  sono  abitazioni  ed  appar- 
tamenti per  una  famiglia,  con  tutte  quelle  como« 
dita  che  possono  bastare  nt^n  cbe  a  un  cittadino 
privato,  com'era  allora  G>simo,  ma  a  qualsi<« 
voglia  splendidissimo  ed  onora tic^fiimo  re ,  onde 
attempi  nostri  vi  sono  alloggiati  comodamente  re, 
imperatori ,  papi  e  quanti  illustrissimi  principi 
sono  in  Europa ,  con  inBnita  lode  cosi  della  rna- 
snificenza  di  Cosimo,  come  della  eccellente  virt& 
di  Micbelozzo  nelF architettura.  Essendo  l'anno 
14^3  Cosimo  mandato  in  esilio,  Micbelozzo  cbe 
lo  amava  infinitamente  e  gli  era  fedelissimo , 
fpontaneamente  lo  accompagni  a  \  inezia,  e  se- 
co volle  sempre  mentre  vi  stt^tte  dimorare:  lad- 
dove oltre  a  molti  disegni  e  modelli  cbe  vi  fece 
di  abitazioni  private  e  pubbliche,  ornamenti  per 
gli  amici  di  Cosimo  e  per  molti  gentiluomini, 
fece  per  ordine  ed  a  spese  di  Cosimo  la  libreria 
del  monasterio  di  S.  Giorgio  maggiore ,  luogo 
de'  monaci  Neri  di  S.  lustina ,  cbe  fu  finita  non 
solo  di  muraglia,  di  banchi,  di  legnami,  ed  'altri 
ornamenti,  ma  ripiena  di  molti  libri.  E  questo  fu 
il  trattenimento  e  lo  spasso  di  Cosimo  in  quel- 
l'esilio, dal  quale  essendo  l'anno  1 434  richiamato 
alla  patria,  tornò  quasi  trionfante,  e  Micbelozzo 
con  esso  lui .  Standosi  dunque  Michelozzo  in 
Fiorenza  ,  il  palazzo  pubblico  della  signoria  co- 
minciò a  minacciare  rovina,  perehè  alcune  co- 


'iCjfd  PARTE    SECON0A, 

4onne  del  cortile  pativano,  o  fusse  ciò  pefclii  3 
ti'oppo  peso  di  sopra  le  oarìcasse,  oppure  il  fonda* 
mento  debole  e  bieco,  e  forse  ancora  percbé  era<i' 
no  di  pezzi  mal  commessi  e  mal  murati  ;  ma 
qualunque  di  ciò  Tassella  cagione,  ne  fu  dato  cura 
a  Miehelozzo,  ti  quale  Tolentieri  accettò  rimpr&» 
sa,  perchè  hi  Vinezia  presso  a  S.  Barnaba  aveva 
provveduto  a  un  pericolo  simile  in  questo  modo* 
Un  gentiluomo,  il  quale  aveva  una  casa  che  sta- 
va m  pericolo  di  rovinare,  ne  diede  la  cura  a  Mi- 
che lozzo  ;  onde  egli ,  secondo  che  già  mi  disse 
Michelagnolo  Buonarroti,fatto  fare  segreta  menta 
una  colonna  e  messi  a  ordine  puntelli  assai;  cac-r 
^iò  il  tutto  in  una  barca,  ed  in  quella  entrato  cod 
alcuni  maestri ,  in  una  notjte  ebbe  puntellata  la 
casa  e  rimessa  la  colonna.  Michelozzo  dunque  da 
questa  sperienza  fìitto  animoso  riparò  al  perìcO' 
lo  del  palazzo,  e  fece  onore  a  se  ed  a  chi  t'aveva 
iavorìto  in  fargli  dare  cotal  carico ,  e  rifondò  e 
rifece  le  colonne  in  quel  modo  che  oggi  stanno  : 
avendo  fatto  prima  una  travata  spessa  di  puntel- 
li e  di  legni  grossi  per  lo  ritto,  che  reggevano  le 
centine  degli  archi  fatti  di  pancone  di  noce  per  le 
volte ,  che  venivano  del  pari  a  reggere  unita^ 
mente  41  peso  che  prima  sostenevano  le  colonne; 
ed  a  poco  a  poco  cavate  quelle  che  erano  in  pez- 
bì  mal  commessi,  rimesse  di  nuovo  Tal  tre  di  pezzi 
lavorate  con  diligenza  ,  in  modo  che  non  patì  la 
fabbrica  cosa  alcuna  né  mai  ha  mosso  un  pelo.  E 
perché  si  riconoscessino  le  sue  colonne  dall'altre, 
ne  fece  alcune  a  otto  facce  in  su'  canti  con  capi« 
telli  che  hanno  intagliate  le  foglie  alla  foggia  mo- 
derna, ed  altre  tonde  le  quali  molto  bene  si  ri- 
conoscono dulie  vecchie  che  già  vi  fece  Arnolfo* 
Popo;  per  «onsiglio  di  Michelozzo^  da  chi  gover- 


VITA  01  mcnLOKKO  McniLOSSl  199 

luita  Allora  la  città  fu  ordinato  che  si  dorease  aii« 
eora  sopra  gli  archi  di  quelle  colonne  scarìcareed 
«lieggerire  il  peso  di  quelle  mura  che  ti  erano,  e 
rifar  di  nuovo  tutto  il  cortile  dagli  archi  in  su  con 
ordine  di  finestre  alla  moderna,  simili  a  quelle 
che  per  Cosimo  aveva  fatto  nel  cortile  del  palai- 
sode'Medici,e  che  si  sgraffisse  a  ho£si  perle  mu- 
ra pei*  mettervi  que'  sigli  d' oro  che  ancora  vi  si 
veggono  al  presente:  il  che  tutto  fece  far  Miche* 
loKKO  con  prestezsa,  facendo  al  diritto  delle  fine- 
atre  di  detto  cortile  nel  secondo  ordine  alcuni  ton* 
di  che  variassino  dalle  finestre  suddette,  per  dar 
lume  alle  stanae  di  mecso  che  aon  sopra  alle  pri- 
me, dov'è  oggi  la  sala  de'Dugento*  Il  terao  piano 
poi,  dove  abitavano  i  signori  ed  il  gonfaloniere  5 
fece  più  ornato,  snartendo  in  fila  dalla  parte  di 
verso  S.  Piero  Scneraggio  alcune  camere  per  i 
signori,  che  prima  dormivano  tutti  insieme  in  una 
medesima  stanza;  le  quali  camere  furono  otto  per 
I  signori,  ed  unamaggioreper  il  gonfaloniere,  che 
tutte  rispondevano  in  un  andito  che  aveva  le  fin»» 
atre  sopra  il  cortile.  £  di  sopra  fece  un  altro  ordine 
di  stanze  comode  per  la  famiglia  del  palazzo ,  in 
una  delle  quali,  dove  è  oggi  la  depositerìa ,  è  ri« 
tratto  ginocchioni  dinanzi  a  una  nostra  Donna 
Carlo  figliuolo  del  Re  Roberto  Duca  di  Galavria 
di  mano  di  Giotto.  Vi  fece  similmente  le  camere 
de*  donzelli)  tavolaccini,  trombetti ,  musici ,  pif* 
feri,  mazzieri,  oomandatori,  ed  araldi,  e  tutta 
r  altre  stanze  che  a  un  cosi  fatto  palazzo  si  ri* 
chiedono.  Ordinò  anco  in  cima  del  ballatoio  una 
cornice  di  pietre  che  girava  intomo  al  cortile,  ed 
appresso  a  quella  una  conserva  d' acqua  che  si 
ragunava  quando  pioveva  per  far  gittar  fonti  po^ 
siicoe  a  certi  tempi.  Fece  ur  ancora  Michelozzo 


I- noconoiifie  della  capf^Ua  dove  s' ode  là  messa  » 
ed  appref  so  a  quella  molte  stanse,e  palchi  riccbis- 
siini  dipiDti  a  gigli  d  oro  in  campo  azzurro  ;  ed 
alle  stanze  di  sopra  e  di  sotto  di  quel  palazzo  fe- 
ce fare  altii  palchi,  e  ricoprire  tutti  i  vecchi  che 
yi  erano  stati  fatti  innanzi  all'antica;  ed  insomma 
gli  diede  tutta  quella  perfezione  che  a  tanta  fab- 
brica si  conveniva.  £  Tacque  dt'-pozzi  fece  che  si 
conducevano  insìno  sopra  rultimo  piano ,  e  che 
con  una  ruota  si  attignevano  più  agevolmente 
•che  non  si  fa  per  l'ordinario.  A  una  cosa  sola  non 
potette  r  ingegno  di  Michelozzo  rimediare  y  cioè 
alla  scala  pubblica^  perchè  da  principio, fu  maU 
intesa  ,  posta  in  mal  luogo,  e  fatta  malagevole, 
erta  e  senza  lumi  con  gli  scaglioni  di  legno  dal 
primo  piano  in  su .  S' affaticò  nondimeno  di  ma* 
niei^  y  che  ali*  entrata  del  cortile  fece  una  salita 
di  scaglioni  tondi ,  ed  una  porta  con  pilastri  di 
jùetra  forte  e  con  bellissimi  capitelli  intagliati  dì 
sua  mano  ,  ed  una  cornice  architravata  doppia 
con  buon  disegno,  nel  fregio  della  quale  accomo« 
dò  tutte  r  arme  del  comune;  e ,  che  è  più ,  fece 
tutte  le  scale  di  pietra  forte  insino  al  piano  dove 
stava  la  signoria,  e  le  fortificò  in  cima  ed  a  mez* 
«ocon  due  saracinesche  per  i  casi  de 'tumulti;  ed 
a  sommo  della  scala  fece  una  porta  che  si  chia^^ 
maya  la  catena  ,  dove  stava  del  continuo  un  ta- 
▼olacGÌno  che  apriva  e  chiudeva,  secondo  che  gli 
era  commesso  da  chi 'governava.  Riarmò  la  torre 
del  campanile ,  che  era  crepata  per  il  peso  di 
quella  parte  che  posa  in  falso ,  cioè  sopra  i  bec^ 
catelli  di  verso  la  piazza ,  con  cigne  grandissime 
di  feiTo.  £  finalmente  bonificò  e  restaurò  di  ma- 
niera questo  palazzo ,  che  ne  fu  da  tutta  la  città 
commendatole  fatto,  oltre  agli  altri  premi,  di  eoi* 


▼ITA.  Al  MKHBLOZZO  MlCHSLOZZl  2Qt 

legio,  il  male  magistrato  è  in  Fireose  onoreTole 
molto  •  £  86  a  qualcuno  paresse  die  io  ini  fus&i 
4D  questo  forse  più  disteso  che  bisogno  non  era  , 
ne  merito  scusa,  perclié  dopo  aver  mostrato  nel- 
la Tita  d'Arnolfo  la  sua  prima  edificazione  ,  che 
fu  ranno  10989  fatta  fuor  di  squadra  ed  ogni  la- 
ragionevole  misura  con  colonne  dispari  nei  cor- 
tile, archi  crandi  e  piocolii  scale  mal  comode,  e 
staoxe  biecne  e  sproporzionate ,  faceva  bisogno 
che  io  dimostrassi  ancora  a  qual  termine  lo  rìdu- 
cesse  1*  ingegno  e  giudizio  di  Michelozzo,  sebbe- 
ne anch' egli  non  raccomodò  in  modo  che  si 
potesse  agiatamente  abitarvi ,  né  altrimenti  c)ie 
con  disagio  e  scomodo  grandissimo.  Essendovi  fi- 
naliAente  venuto  ad  abitar  l'anno  i538  il  Sig. 
Buca  Cosimo ,  cominciò  S.  Eccellenza  a  ridiulo 
a  miglior  forma,  ma  perchè  non  fu  mai  inteso  né. 
saputo  eseguire  il  concetto  del  duca  da  quegli  ar- 
chitetti che  in  quell'opera  molti  anni  lo  servirono, 
egli  si  deliberò  di  vedere  se  si  poteva,  senza  gua- 
stai^ il  vecchio  nel  quale  era  pur  qualcosa  di 
buono ,  racconciare ,  facendo ,  secoiido  che  egli 
aveva  nello  aninu),  le  scale  e  le  stanze  soomode  e 
disagiose  con  migliore  ordine  comodità  e  pi'o- 
porzione . 

Fatto  dunoue  venire  da  Roma  Giorgio  Vasari 
pittore  ed  arcnitetto  aretino  il  quale  serviva  Pa- 
pa Giulio  III,  gli  diede  commissione  che  non  so- 
lo accomodasse  le  stanco  che  aveva  fatto  co- 
minciare neir  appartato  di  sopra  dirimpetto  alla 
Siazza  del  grano  ,  come  che  rispetto  alla  pianta 
1  sotto  f ussero  bieche  ,  ma  che  ancora  andasse 
pensando  se  quel  palazzo  s#  potesse ,  senza  gua- 
stare quel  che  era  fatto,  ridurre  di  dentilo  in 
modo  che  per  tutto  si  camminasse  da  una  parte 


%fn  »ARTS     SEGONBA 

ftU'alira^  e  dalFun  luogo  all'altro  pernia  di  Bcal# 
segiTte  e  pubbliche  e  più  piane  che  si  poiteBse  • 
Giorgio  adunque,  mentre  che  le  dette  stanne  co* 
minciate  si  adornavano  di  palchi  messi  d'oro  e  di 
storie  di  pitture  a  olio  ,  e  le  facciate  di  pitture  a 
fresco ,  ed  in  alcune  altre  si  layorara  di  stucchi  , 
levò  la  pianta  di  tutto  quel  palazzo  e  nuovo  e 
Teccbio  che  lo  gira  intomo  :  e  dopo,  dato  ordine 
con  non  piccola  fatica-e  studio  a  quanto  voleva 
fnre ,  cominciò  a  ridurlo  a  poco  a  poco  in  buona 
forma,  e  a  riunire,  senza  guastare  quasi  punto  di 
quello  che  era -fatto,  le  stanze  disunite,  che  prima 
erano  quale  alta  e  quale  bassa  ne  Spiani.  Ma  per- 
chè il  signor  duca  vedesse  il  disegno  del  tutto,  in 
spazio  di  sei  mesi  ebbe  condotto  un  modeHo  di 
legname  ben  misurato  di  tutta  ouella  macchina, 
che  piuttosto  ha  forma  e  grandezza  di  castello 
che  di  palazzo.  Il  quale  modello  essendo  piacin-* 
to  al  duca,  si  è  secondo  quello  unito  e  fatto  mol- 
te comode  stanze  e  scale  agiate  pubbliche  e  se- 
grete che  rispondono  in  su  tutti  i  piani  j  e  per 
cotal  modo  rendute  libere  le  sale  che  erano  come 
una  pubblica  strada,  non  si  potendo  prima  salire 
di  sopra  senza  passar  per  mezzo  di  quelle ,  ed  il 
tutto  si  è  di  varie  e  diverse  pitture  magnifica* 
mente  adomato;  ed  in  ultimo  si  é  alzato  il  tetto 
delld  sala  grande  più  di  quello  eh'  egli  era  dodici 
braccia  .  Bimanierachè  se  Arnolfo,  Michelozzo , 
e  gli  altri  che  dalla  pnma  pianta  in  poi  vi  lavo* 
rarono  ritornassero  in  vita,  non  lo  riconoscereb* 
bono,  anzi  credere bbono  che  fusse  non  la  loro  > 
^a  una  nuova  muraglia  e  un  altro  edifizio . 

Ma  tornando  oggìrfliai  a  Michelozzo,  dico,  che 
èssendo  dato  ai  frati  di  S.  Domenico  da  Fiesole 
la  chiesa  di  S.  Giorgio,  non  vi  stettooo  «è  non  da 


tlTA  DI  MICHCLMZO  MlCHELOZZI    lo3 

inecEO  luglio  in  circa  insibo  a  tutto  gennaio  ; 
perchè  avendo  ottenuto  per  loro  Cosimo  de' Me- 
dici e  Lorenzo  suo  fratello  da  Papa  Eugenio  U 
chiesa  e  convento  dì  S.  Marco ,  dove  prima  sta-> 
vano  monaci  Salvestrini,  e  dato  loro  in  quel  cam- 
bio S.  Giorgio  detto,  ordinarono ,  come  inclinati 
molto  alla  religione  ed  al  servigio  e  culto  divino, 
che  secondo  il» disogno  e  modello  di  Micbelozzo 
ti  facesse  il  detto  convento  di  S.  Marco  tutto  di 
nuovo  e  amplissimo  e  magnifico ,  e  con  tutte 
quelle  comodità  che  i  detti  frati  sapessono  mi- 
gliori disiderare .  A  che  dato  principio  V  anno 
1437,  la  prima  co^a  si  fece  quella  parte  che  ri- 
iponde  sopra  il  refettorio  vecchio  dirimpetto  alle 
Italie  del  duca,  lequali  fece  già  murare  il  duca  Lo- 
renzo de'Medici;  nel  qual  luogo  furono  fatte  venti 
eelle,  messo  il  tetto ,  e  al  refettorio  fatti  i  forni-* 
menti  di  legname,  e  finito  nella  maniera  che  si 
sta  ancor  oggi .  E  per  allora  non  si  seguitò  pia 
oltre,  per  stare  a  vedere  che  fine  dovesse  avere 
mna  lite  che  sopra  il  detto  convento  aveva  mosso 
centra  i  frati"  di  S.  Marco  un  maestro  Stefano 
generale  di  detti  Salvestrini  ;  la  quale  finita  in 
lavore  de 'detti  frati  di  S.  Marco,  si  ricominciò  a 
•eguitare  la  muraglia.  Ma  perchè  la  cappella 
mageiore  stata  edificata  da  ser  Pino  Bonaccorsi 
era  dopo  venuta  in  una  Donna  de'Caponsacchì  e 
da  lei  a  Mariotto  Banchi ,  sbrigata  che  fu  sopra 
ciò  non  so  che  lite  ,  Mariotto  donò  la  detta  cup-» 
pelia  a  Cosimo  de'Medici  avendola  difesa  e  tolta 
ad  Agnolo  della  Casa,  al  quale  V  avevano  o  data 
o  venduta  i  detti  Salvestrinr;  e  Cosimo  airìncon- 
irò  diede  a  Mariotto  perciò  cinquecento  scudi  • 
Dopo  avendo  similmente  comperato  Cosimo  dal- 
la compagnia  dello  Spirito  Santo  il  sito  dove  è 


ao4  PAHTE     SECONDA. 

Oggi  il  coro,  fu  fatto  la  cappella,  la  tribuna, ed  A 
coro  con  ordine  di  Mickelozso,  e  fornito  di  tutto 
punto  Tanno  i4%*  Dopo  fu  fatta  la  libreria  1ud« 
ga  braccia  ottanta  e  larga  diciotto  tutta  in  Tolta 
di  sopra  e  di  sotto,  e  con  sessantaquattro  banchi  di 
legno  di  cipresso  pieni  di  bellissimi  libri.  Àppres* 
so  sì  diede  fine  al  doriuentorio  riducendolo  in  for- 
ma quadra, ed  insomma  al  chiostro,  e  a  tutte  le  co* 
modissime  stanze  di  quel  convento  ,  il  quale  si 
crede  che  sia  il  meglio  inteso  e  più  bello  e  più 
comodo  per  tanto  che  sia  in  Italia  ,  n^ercè  della 
virtù  ed  industria  di  Michelozxo,  che  lo  diede  fini- 
to del  tutto  r  anno  i45a.  Dicesi  che  Cosimo  spe* 
se  in  questa  fabbrica  trentasei  mila  ducati,  e  che 
mentre  si  murò  diede  ogni  anno  ai  frati  trecen- 
tosessantasei  ducati  per  il  vitto  loro.-  della  edifi- 
cazione e  sagrazione  del  qual  tempio  si  leggono . 
in  uno  epitaffio  di  marmo  sopra  la  porta  cne  va 
in  sagrestia  queste  parole  : 

Cum  hoc  templuni  Marco  Ei^angelistae  dica^ 
tuoi  magnificis  sumptibus  CL  f\  Cosmi  MedicU 
iandtm  absoliUum  esset ,  Eugenius  i^uartus  Ro^ 
manus  Ponti/ex  maxima  Cardinalium,  Archita 
piscoporuniy  Episcoporum^  aliorumque  sacerdo* 
tumfrequentia  comitatuSyid  celeberrimo  Epipha» 
niae  die  solemni  more  servato  consecras^it.  Tutn 
eiiam  quotannis  omnibus ,  qui  eodem  die  festa 
annuas  statasque  consecrationis  ceremonias  co» 
ste  pieque  celebraveriniy  s^iserinls^e  tempori  slueti' 
dis  peccai is  suis  debiti  septem  annos  totidemque 
quadragesimas  apostolica  remisit   auctoritale 

A*  M.  ecce.    XLll. 

Sirailuiente  fece  far  Cosimo  col  disegno  di  Mi- 
chelozzo  il  noviziato  di  S.  Croce  di  Firenze,  la 
«appella  del  medesimo,  e  l'entrata  che  va  di  chie- 


TITA  BI  MICHltOZZO  MICHILOZZI  3o5 

M  allft  sagrestia  y  al  detto  nOTÌziato,  ed  alle  scale 
del  dormentorio;  la  belleExa,  comodità ,  ed  orna* 
mento  delle  quali  cose  non  è  inferiore  a  ninna 
delle  muraglie,  per  quanto  eli' è,  che  facesse  fare 
il  yeramente  magnifico  Cosimo  de' Medici ,  o  che 
mettesse  in  opera  Miclielozzo:  ed  oltre  all'altre 
cose,  la  porta  che  fece  di  macigno  ,  la  quale  Ta 
di  chiesa  ai  detti  luoghi ,  fu  in  que'  tempi  molto 
lodata  per  la  novità  sua  e  per  il  frontespizio  mol- 
to ben  fatto,  non  essendo  allora  se  non  pochissi- 
mo in  uso  r  imitare  y  come  quella  fa ,  le  cose  an- 
tiche di  buona  maniera  .  Fece  ancoia  Cosimo 
de' Medici  col  consiglio  e  disegno  di  Michelozzo 
il  palazzo  di  Cafaggiuolo  in  MageUo,  riducendolo 
a  guisa  di  fortezza  co'i  fossi  intomo ,  rd  ordinò 
i  poderi ,  le  strade ,  i  giardini ,  e  le  fontane  con 
boschi  attorno  y  ragnaie,  e  altre  cose  da  yille 
molto  onorate  ;  e  lontano  due  miglia  al  detto  pa- 
lazzo in  un  luogo  detto  il  Bosco  a  fra  ti  fece  col 
parere  del  medesimo  finire  la  fabbrica  d'un  con- 
Tento  per  i  frati  de 'Zoccoli  di  S.  Francesco,  che 
è  cosa  bellissima.  Al  Trebbio  medesima  mente 
fece,  come  si  vede,  molti  altri  acconcimi .  £  si- 
milmente lontano  da  Firenze  due  miglia,  il  pa- 
lazzo della  villa  di  Careggi,  che  fu  cosa  magnìfica 
e  ricca  ;  dove  Michelozzo  condusse  l'acqua  per 
la  fonte  che  al  presente  yi  si  vede .  £  per  Gio- 
Tanni  figliuolo  di  Cosi  mode' Medici  fece  a  Fieso- 
le il  medesimo  un  altro  magnifico  ed  onorato  pa- 
lazzo ,  fondato  dalla  parte  di  sotto  nella  scoscesa 
del  poggio  con  gi'anciissima  spesa ,  ma  non  senza 
grande  utile,  avendo  in  quella  parte  da  basso  fat- 
to volte,  cantine,  stalle,  tinaie,  ed  altre  belle  e  co- 
mode abitazioni  ;  disopra  poi  oltre  le  camere, 
eale,  ed  altre  stanze  ordinarie ^  ve  ne  fece  alcune 


300  PA&TX     SXCOlfDà 

perliLri,  e  alcune  altre  per  la  musica  ;  ìb80b«- 
ma  mostrò  in  questa  fabbrica  MichelosEso  quanto 
▼alesse  neirarchttettura;  perché  oltre  quello  che 
si  è  detto,  fu  murata  di  sorte ,  che  ancorché  sia. 
in  su  quel  monte ,  non  ha  mai  gettato  un  pelo . 
Finito  questo  palazzo ,.  vi  fece  sopra  a  spese  del 
medesimo  la  chiesa  e  convento  de*  frati  diS«<7Ì« 
rolamo  quasi  nella  cima  di  quel  monte.  Fece  il 
medesimo  Michelozzo  il  disegno  e  modello  che 
mandò  Cosimo  in  lerusalem  per  l'|ospiiio  che  là 
fece  edificare  ai  pellegrini  che  vanno  al.  sepolcro 
di  Cristo.  Per  la  facciata  ancora  di  S.  Pietro  di 
Roma  mandò  il  disegno  per  sei  finestre  che  vi  si 
feciono  poi  con  Tarme  di  Cosi  mode 'Medici,  delle 
ouali  ne  furono  levate  tre  a'di  nostri,  e  fatte  rifare 
da  Papa  Paolo  IH  con  Tarme  di  casa  Farnese.  Do- 
po intendendo  Cosimo  che  in  Ascesi  a  S.  Maria 
degli  Angeli  si  pativa  d'acque  con  grandissimo  in- 
comodo de 'popoli  che  vi  vanno  ogni  anno  il  primo 
dì  d'Agosto  al  pei*dono,  vi  mandò  Michelozzo  ^ 
il  quale  condusse  un'acqua  che  nasceva  a  mez*- 
zo  la  costa  del  monte  alla  fonte ,  la  quale  ricoper- 
se con  una  molto  vaga  e  ricca  loggia  posta  sopra 
alcune  colonne  di  pezzi  con  Tarme  di  Cosimo;  e 
drento  nel  convento  fece  a'frati,purdi  commes- 
sione  di  Cosimo,  molti  acconcimi  utili;  iquali  poi 
il  magnifico  Lorenzo  dei  Medici  rifece  con  mag« 
giur  ornamento  e  più  spesa,  facendo  porre  a  quel<* 
la  Madonna  la  sua  immagine  di  cera  che  ancor 
vi  si  vede .  Fece  anco  mattonare  Cosimo  la  strada 
die  va  dalla  detta  Madonna  degli  Angeli  alla  cittÀ; 
ne  si  parti  Michelozzo  di  quelle  parti ,  che  fece 
il  disegno  della  cittadella  vecchia  di  Perugia.  Tor- 
nato finalmente  a  Firenze,  fece  ai  canto  de'Tor- 
naquinc^  la  casa  di  jGiovanni  Tornabuooi  quasi 


VITA  DI  mCBXLOttO  MlCftCLOZZl     ao^ 

in  tatto  simile  al  palaszo  che  aveTa  fatto  a  Cosi- 
mo,  eccetto  che  la  facciata  non  è  di  bozzi  né  con 
comici  aopra  ,  ma  ordinaria  .  Morto  Cosimo ,  il 
quale  aye^a  amato  Micbelozco  quanto  si  può  un 
caro  amico  amare,  Piero  suo  figliuolo  gli  fece  fare 
di  marmo  in  S.  Miniato  in  sul  monte  la  cappel- 
la dov'è  il  Crocifisso,  e  nel  mezzo  tondo  dell'arco 
dietro  alla  detta  cappella  intagliò  Michelozzo  un 
fe  Icone  di  bassorilievo  col  diamante ,  impresa  di 
Cosimo  suo  padre,  che  fu  opera  veramente  bel- 
lissima. Disegnando  dopo  queste  cose  il  mcdesi* 
mo  Piero  de' Medici  far  la  cappella  della  Nun- 
ziata tutta  di  marmo  nella  chiesa  de'Servi,  volle 
che  Micheltizzo  già  vecchio  intoi-no  a  ciò  gli 
dicesse  il  parer  suo,  si  perchè  molto  amava  la  vir- 
tù di  quelluomOySÌ  perche  sapeva  quanto  fedele 
amico  e  servi tor  fusse  st^to  a  Cosimo  suo  padre . 
Il  che  avendo  fatt>  Michelozzo,  fu  dato  cura  di 
lavorarla  a  Piagno  di  Lapo  Partigiani  scultore  da 
Fiesole ,  il  quale  in  ciò  fare ,  come  quello  che  in 
poco  spazio  volle  molte  cose  racchiudere ,  ebbe 
molte  considerazioni.  Reggono  questa  cappella 
quattro  colonne  di  marmo  alte  braccia  nove  in 
circa ,  fatte  con  canali  doppi  di  lavoro  Corinto,  e 
con  le  base  e  capitelli  variamente  intagliati  e  dop- 
pi di  membra .  Sopra  le  colonne  posano  archi  tra- 
rre ,  fregio ,  e  cornicione ,  doppi  similmente  di 
membri  e  dolutagli  e  pieni  di  varie  fantasie,  e 
particolarmente  d'imprese  e  d'arme  de* Medici  e 
di  fogliami.  Fra  queste  ed  altre  cornici  fatte  per 
un  altro  ordine  di  lumi  è  un  epitaffio  grande,  in- 
tagliato in  marmo  bellissimo.  Di  sotto  per  il  cielo 
di  detta  cappella  frale  quattro  colonne  è  uno 
spartimento  di  marmo  tutto  intagliato  e  pieno  di 
fi^alti  lavorati  a  fuoco  •  di  musaico  in  varÌQ 


^o8  PAKTX    SCCOUDA 

fantasie  dì  color  d'oro  e  pietre  finì.  Il  piano  del 
parimento  è  pieno  di  porfidi ,  serpeotini^  mi- 
schi ^  e  d'altre  pietre  rarissime  con  bell'ordine 
commesse  e  compartite.  La  detta  cappella  si 
chiude  con  uno  ingraticolato  intorno  di  coixloni  di 
bronzo,  con  candelieri  di  sopra  fermati  in  un  or* 
namento  di  marmo  y  che  fa  Dellissimo  finimento 
al  bronzo  ed  ai  candelieri,  e  dalla  parte  dinanzi 
l'uscio  che  chiude  la  cappella  è  similmente  di 
bronzo  e  molto  bene  accomodato  •  Lasciò  Piero 
che  fusse  fatto  un  lampanaio  intomo  alla  cappel- 
la di  trenta  lampadi  d'  argento,  e  cosi  fu  ratto; 
ma  perchè  furono  guaste  per  V  assedio ,  il  Sig. 
.  Duca  gid  molti  anni  sono  diede  ordine  che  si  ri- 
facessero ,  e  già  n'  è  fatta  la  maggior  parte,  e  tut- 
tavia si  va  seguitando  ;  ma  non  perciò  si  è  restato 
mai,  seconda  che  lasciò  Piero,  di  avervi  tutto 
quel  numero  di  lampade  accese,  sebbene  non  sono 
•tate  d'argento,  dacché  furono  distrutte  in  poi* 
A  questi  ornamenti  aggiunsePagno  up  grandissimo 
giglio  di  rame  che  esce  d'un  vaso,  il  quale  posa 
in  suir  angolo  della  cornice  di  legno  dipinta  a 
messa  d*  oro  che  tiene  le  lampade  ;  ma  non  però 
reggo  questa  cornice  sola  cosi  gran  peso;  percioc- 
ché il  tutto  vien  sostenuto  da  due  rami  del  giglio 
che  sono  di  ferro  e  dipinti  di  verde ,  i  quali  sono 
impiórabati  nell'angolo  della  cornice  di  marmo^ 
tenendo  gli  altri  che  sono  di  rame  sospesi  in  aria* 
La  qua  1  opera  fu  fatta  veramente  con  giudizio  ed 
invenzione  ,  onde  è  degna  di  essere ,  come  bella 
e  capricciosa ,  molto  lodata.  Accanto  a  questa 
cappella  ne  fece  un'altra  verso  ilchiostix),  la  qua- 
le serve  per  coro  ai  frati  con  finestre  che  pigliano 
il  lume  dal  cortile ,  e  lo  danno  non  solo  alia  detta 
eappella,'  ma  ancora,  ribattendo  diilmpetto  in  duo 


VITA  DI  mìCETLOT^O  MICUELOZZi     lo^ 

finestre  simili,  alla  stanza  dell'organetto  die  è 
accanto  alla  cappella  di  marmo.  Nella  faccia  del 

guai  coro  è  un  armario  grande  ,  nel  quale  si  ser- 
ano l'argenterie  della  ^iunziata;  ed  in  tutti  que- 
sti ornamenti  e  per  tutto  è  Tarme  e  V  impresa 
de' Medici.  Fuor  della  cappella  della  Nunziata  e 
dirimpetto  a  quella  fece  il  medesimo  un  luttii- 
nario  grande  di  bronzo  alto  bisaccia  cinque  ;  ed 
all'entrar  di  chiesa  la  pila  dell'acqua  benedetta 
di  marmo ,  e  nei  mezzo  un  S.  Giovanni  che  è  cosa 
bellissima.  Fece  anco  sopra  il  banco  ,doTe  i  (Va- 
ti Tendono  le  candele  ,  una  mezza  nostra  Donna 
di  marmodi  mezzo  rilicTO  col  Figliuolo  io  |n*nc'- 
cio  e  grande  quanto  il  naturale  molto  divota;  e 
un'altra  simile  nell'opera  di  S.  Maria  del  F  iore 
dove  stanno  gli  operai . 

Lavorò  anco  ragno  a  S.  Miniato  al  Tedesco 
alcune  figure  in  compagnia  di  Donato  suo  mae- 
stro essendo  giovane;  ed  inLucca  nella  chieda  diS. 
Mai  tino  fece  una  sepoltui:a  di  marmo  'dirimpetto 
alla  cappella  del  Sagramento  per  M.  Piero  JVoce- 
ra  che  v'  è  ritratto  di  naturale.  Scrive  nel  vige- 
simo  quinto  libro  della  sua  opera  il  Filarete,  che 
Francesco  Sforza  Duca  quarto  di  Milano  donò  al 
magnifico  Cosimo  de'  Medici  un  bellissimo  palaz- 
zo in  Milano,  e  che  egli  per  mostrare  a  quel  Du- 
ca quanto  gli  fusse  grato  sì  fatto  dono,  non  solo 
l'adornò  riccamente  di  marmi  e  di  legnami  inta«« 
gliati,  ma  Io  fece  maggiore,  con  ordine  di  Miche- 
lozzo,  che  non  era,  braccia  ottantasette  e  mezzo^ 
dove  prima  era  braccia  ottantaquattro  solamen- 
te. Ed  oltre  ciò  vi  fece  dipignere  molte  cose,  e  par- 
ticolarmente in  una  loggia  le  storie  della  vita  di 
Traiano  Imperatore.  Nelle  quali  fece  fare  in  al- 
cuni ornamenti  il  ritratto  d' esso  Francesco  Sfor« 
FoL.  IL  i4 


»I#  PAUTX    SECOirm 

£a,la  Sig. Bianca  soa  consorte  e  duchessa,  ed  i  fi* 
gliuoli  loro  parimente  con  molti  altri  signorie 
grandi  uomini,  e  similmente  il  ritratto  d'otto  im- 
peratori, a'  quali  ritratti  aggiunse  Micbelozzo 
quello  di  Cosimo  fatto  di  sua  mano.  E  per  tutte 
le  stanze  accomodò  in  diversi  modi  V  arme  di  Co* 
•imo  e  la  sua  impresa  del  falcone  e  diamante.  E 
le  dette  pitture  furono  tutte  di  mano  di  Yincen* 
ciò  di  Zoppa,  pittore  in  quel  tempo  ed  in  quel 
paese  di  non  piccola  stima. 

Si  troTa  che  i  danari  che  spese  Cosimo  nelU 
restauraiione  di  questo  palazzo,  furono  pagali 
da  Pigello  Portinari  cìttadin  fiorentino,  il  quale 
allora  in  Milano  goTernava  il  banco  e  la  ragione 
di  Cosimo,  ed  abitava  in  detto  palazzo.  Sono  in 
Genova  di  mano  di  Micbelozzo  alcune  opere  di 
marmo  e  di  bronzo,  ed  in  altri  luoghi  molte  altre 
che  si  conoscono  alla  maniera.  Ma  basti  aver  deb* 
io  insin  qui  dì  lui,  il  quale  si  morì  d*anni  sessan- 
totto, e  fu  nella  sua  sepoltura  sotterrato  in  5.Mar« 
€Ó  di  Firenze.  Il  suo  ritratto  è  di  mano  di  fra  Gio-> 
Tanni  nella  sagrestia  di  S.Trinita nella  figura  d'un 
Nicodemo  vecchio  con  un  cappuccio  in  capo  che 
scende  Cristo  di  croce. 


\ 


/  / 


X 


VITI 

D'ANTONIO    FILARETE 

£ 

DI   SIMONE 

jCtJLTOai   FlOREIfTlMI» 


l3e  Papa  Eugenio  IV  quando  deliberi  farà 
di  bronco  la  porta  di  S.  Pitfiro  di  Kouia  ^  aycsse 
&tto  diligenza  in  cercare  d'ayere  uomini  ecceU 
lenti  per  qnei  laroro ,  siccome  ne'  tempi  suoi 
arebbe  ageToimente  potuto  fare,  essendo  vivi 
Filippo  di  ser  Brunellesco,  Donatello ,  ed  altri 
artefici  rari  y  non  sarebbe  stata  condotta  queU 
l' opera  in  cosi  sciaurata  maniera  ,  come  ella  si 
Tedfe  ne' tempi  nostri.  Ma  forse  interyenne  a 
hù  come  molte  ▼olte  suole  ayyenire  a  una  buo- 
na parte  de' principi  ^  che  o  non  s*  intendono  del- 
l' opere,  o  ne  prendono  pochissimo  diletto .  Ma 
se  considerasaono  di  quanta  importanza  sia  il 
fare  stima  delle  pei^sone  eccellenti  nelle  cose 
pubbliche  per  la  fama  che  se  ne  lascia  y  non  sa«- 
rebbono  certo  cosi  trascurati  né  essi  né  i  loro 
ministri  ;  perciocché  chi  s*  impaccia  con  artefici 
Tili  ed  inetti  y  de  poca  yita  ali  opere  ed  alla  fa- 
ma; senza  che  si  fa  ingiuria  al  pubblico  ed  al  se- 
colo in  che  si  é  nato ,  credendosi  risolutamente 
da  chi  yien  poi  y  che  se  in  quella  età  si  fossero 
troyati  migliori  maestri,  quel  principe  si  sarebbe 
piuttosto  di  quelli    scryito  che  degl'  inetti  e 


ail  PARTE    SEC  017  DA 

plebei  .  Essendo  danqae  creato  pontefice  l'anno 
143 1  Papa  Eugi^nio  IV,  poiché  intese  che  i  Fio- 
rentini faceyrìno  fere  le  porte  di  S.  Giovanni  a 
Lorenzo  Ohi herti, venne  in  pensiero  di  Toh^r  fare 
similmente  di  bronzo  una  di  quelle  di  S.  Pietro; 
ma  perchè  n  jn  s'  inte:ndcYa  di  cosi  fatte  cose,  ne 
diede  cura  ai  suoi  ministri;  appresso  ai  quali  ab- 
bono tanto  favore  Antonio  Fi larete  allora  gio- 
cane e  Simone  fratello  di  D'ansito,  ambi  scultori 
fiorentini ,  che  queir  opera  fu  allogata  l^ro  . 
Laonde  me8*^oyi  mano  ,  penarono  dodici  anni  a 
finirla  ;  e  sebbene  Pap»  Eng.-nio  si  fu&gì  di  Ro^ 
ma  e  fu  molto  trayacliato  per  rispett  ide'c'mciljy 
coloro  nondimeno  che  avevano  la  cura  di  .^.Pie*- 
tro  ft'cero  di  maniera,chp  non  fu  quell  opera  tra- 
lasciata. Fece  dunque  il  Filarete  in  questi  opera 
uno  sparti  mento  semplir^e  e  di  bassorilievo  ,  cioè 
in  ciascuna  part^  due  figui*e  ritte ,  di  sopra  il 
Salvatore  e  la  M»d(mna  ,  e  di  sotto  S.  Piero  e 
S.  Paolo  ,  ed  a  pie  del  S.  Piero  in  ginocchioni 
quel  papa  ritratto  di  naturale  .  Parimente  sotto 
ciascuna  figura  è  una  storie tta  dei  santo  che  è 
di  sopra  .  Sotti»  S.  Piero  é  la  sua  crocifissione  e 
sotto  S.  Paolo  la  decollazione  ;  e  così  sotto  il 
Salvntore  e  la  Madonna  alcune  azioni  della  vita 
loro.E  dalla  banda  di  dentro  a  pie  di  detta  porta 
fece  Antonio  per  suo  capriccio  una  storie  tta  di 
bronzo  ,  nella  quale  ritrasse  se  e  Simone  ed  i  di- 
scepoli suoi,  che  con  un  asino  carico  di  cose  da 
godere  vanno  a  spasso  a  una  vig;na  .  Ma  perché 
nel  detto  spazio  di  dv>dici  anni  non  lavorarono 
sempre  in  sulla  di^tta  porta  ,  fecero  ancora  in  S. 
Pietro  alcune  sepolture  di  marmo  di  papi  e  -car- 
dinali ,  che  eono  andate  nel  fare  la  chiesa'  nuova 
per  terra  .  Dopo  queste  opere  fu  condotto  Àn^ 


VITA  DI  AHTON IO  Plt ARSTE  E  SlMOm   2l3 

Ionio  a  Milano  dal  Duca  Francesco  Sforsa  ffon^ 
falonieT  allora  di  : .  Chiesa ,  per  aver  egli  Tedute 
V  opere  sue  in  Roma  y  per  fare  ,  coiue  lece  ,  col 
.disegno  suo  1*  albergo  de'  poyerì  di  Dio  ,  clic  è 
uno  spedale  che  serve  per  uomini  e  dinne  infcr- 
mi;  e  per  i  putti  innocenti  nati  non  legittima* 
mente.  L*  appartato  dogli  uoujìni  in  quesito  luo- 
.go  é  per  ogni  verso  ,  essendo  in  cicce  ,  hinccia 
centosessanta  ed  altrettanto  quello  delle  d'ime. 
La  larghe2£a  è  braccia  sedie  i  j  e  nelle   quattro 

Quadrature  che  circondano  le  croci  di  ciascuno 
i  questi  appartati  sono  quattro  cortili  circon* 
dati  di  portici  ,  logge  ,  e  stanne  per  U5o  dello 
tpedalingo  ,  ufficiali ,  serventi ,  e  ministri  dello 
spedale  molto  comodi  ed  utili  ;  e  da  una  bunda 
è  un  canale  dove  corrono  continuamente  acque 
per  servigi  dello  spcdale,eper  macinare  con  non 
piccolo  utile  e  comodo  di  qrnel  luogo ,  come  si 
può  ciascuno  immaginare  .  rra  uno  spedale  e 
r  altro  è  un  chiostro  largo  per  un  verso  braccia 
ottanta  e  per  V  altro  cento  sessanta  ,  nel  mezzo 
del  quale  è  la  chiesa  in  modo  accomodata  ,  che 
serve  all'  uno  ed  all'altro  appartato.  E  per  dirlo 
brevemente  ^  è  questo  luogo  tanto  ben  fatto  ed 
ordinato  y  che  per  simile  non  credo  che  ne  sia  un 
altro  in  tutta  Europa  .  Fu ,  secondo  che  scrive 
esso  Filarete  ,  messa  la  prima  pietra  di  quetta 
fabbrica  con  solenne  processione  di  tutto  il  clero 
di  Milano  9  presente  il  Duca  Francesco  Sforza  , 
la  signora  Biancamaria  ,  e  tutti  i  loro  figliuoli , 
il  Marchese  di  Mantova  ,  e  T  ambasci  odor  del 
He  Alfonso  d*  Aragona  con  molti  altri  signori  • 
E  nella  prima  pietra  che  fu  messa  ne'fondamenti, 
e  cosi  nelle  medaglie  erano  queste  parole.  Frari' 
qìscìas  Sj'ortia  Dux  IV  «fui  amissum  per  prae^ 


ftT4  PARTE    S^COVDk 

eessorum  obltum  urbis  imperium  recupera¥it  ^ 
hocmunas  Christi  pauperibus  dedit  fì^ndas^hque 
MccccLVU.  die  XII.  jipril.  Furono  poi  dipinte 
nei  portico  queste  storie  da  maestro  Vincenzio 
di  Zoppa  lombardo  per  non  essersi  troyato  in 
que'  paesi  miglior  maestro.  Fu  opera  ancora  del 
medesimo  Antonio  la  chiesa  maggiore  di  Berga- 
mo, fatta  da  lui  con  non  manco  diligenza  e  giu« 
di  zio  che  il  sopraddetto  spedale  .  E  perché  si  di- 
lettò anco  di  scrivere ,  mentre  che  queste  sue 
opere  si  facevano  scrisse  un  libro  diviso  in  tre 
parti  ;  nella  prima  tratta  delle  misure  di  tutti 
gli  edifìzj  y  e  di  tutto  quello  fa  bisogno  a  voler 
edificare  ;  nella  seconda  del  modo  deiredificare, 
ed  in  che  modo  si  potesse  fare  una  bellissima  e 
comodissima  città  ;  nella  terza  fa  nuove  forme 
d'  edifìzj,  mescolandovi  così  degli  antichi  come 
de'  moderni  :  tutta  la  quale  opera  é  divisa  in 
ventiquattro  librile  tutta  storiata  di  figure  di  sua 
mano  .  £  comecché  alcuna  cosa  buona  in  essa  si 
ritruovi  ,é  nondimeno  per  lo  più  ridicola  e  tanto 
sciocca  ,  che  per  avventura  è  nulla  più  .  Fu  de- 
dicata da  lui  r  anno  1464  al  magnifico  Piero  di 
Cosimo  de'  Medici,  ed  oggi  é  fra  le  cose  dell'  Il- 
lustrissimo Sig.  Duca  Cosimo  .  £  nel  vero  ,  se 
poiché  si  mise  a  tanta  fatica,  avesse  almeno  fatto 
memoria  de'  maestri  de'  tempi  suoi  e  dell'  opere 
loro ,  si  poti'ebbe  in  qualche  parte  commendare; 
ma  non  vi  se  ne  trovando  se  non  poche,  e  quelle 
sparse  senza  ordine  per  tutta  1'  opera  e  dove 
meno  bisognava  ,  ha  aurato  fatica ,  come  si  dice^ 
per  impoverire  e  per  esser  tenuto  di  poco  giudi- 
zio in  mettersi  a  far  quello  che  non  sapeva  .  Ma 
avendo  detto  pur  assai  del  Filarete  ,  é  tempo 
eggtmai  che  io  torni  a  Simone  iì*atelio  di  Dona€o> 


VITA  DUNTOmaPlLAKETC  E  DI  SlMONC  2t5 

il  quale  dopo  V  opera  della  porta  fece  di  bronsa 
la  sepoltura  di  Papa  Martino  .  Similmente  fece 
alcQirì  getti  che  andarono  in  Francia  ,  e  molti 
che  non  si  sa  dove  siano  .  Nella  chiesa  degli  £r« 
mim  al  canto  alh  macine  di  Firenze  ,  £ce  un 
Crociffssoda  portare  a  processione  grande  onanto 
il  rivo ,  e  perché  fusse  pie  leggiero ,  lo  lece  di 
sughero  .  hi  S.  Felicita  lece  una  ^.  Maria  Madi- 
da lena  in  penitenza  di  terra  alta  braccia  tre  0 
mezzo  con  beihi  proporzione  y  e  con  scoprire  i 
muscoli  di  sorte  y  che  mostra  d' intender  molto 
bene  la  notomia  .  Lavora  ne'  Servi  ancora  perla 
compagnia  della  Nunziata  una  lapida  di  marmo 
da  sepoltura  ,  commettendovi  dentro  una  figura 
di  marmo  bigio  e  bianco  a  guisa  di  pittura ,  sic- 
come di  sopra  si  disse  aver  fatto  nel  Duomo  di 
Siena  Duccio  Sanese  ,  che  fu  molto  lodata  .  A. 
Prato  il  graticolato  di  bronzo  della  cappella 
della  Cintola  :  a  Forlì  fece  sopra  la  porta  della 
calouaca  di  bassorilievo  una  nostra  Donna  con 
due  Angeli  :  e  per  M.  Giovanni  da  Riolo  fece  in 
S.  Francesco  la  cappella  della  Trinitè  di  mezzo 
rìlievo;e  a  Rimini  fece  per  Sigismondo  Malatesti 
nella  chiesa  di  S.  Francesco  la  cappella  di  S.  Si- 
gismondo 9  nella  quale  sono  intagliati  di  marmo 
molti  elefanti ,  impiesa  di  quel  Signore  •  A  M« 
Bartolommeo   àScamisci     canonico   della  pieve 
d'  Arezzo  mandò  una  nostra  Donna  col  figlinolo 
in  braccio  di  terra  cotta  e  certi  angeli  di  mezzo 
rilievo  molto  ben  condotti  ,  la  quale  è  oggi  in 
detta  pieve  appoggiata  a  una  colonna  .  Fer  lo 
battesimo  similmente  del  vescovado  d'  Arezzo 
lavorò  in  alcune  storie  di  bassorilievo  un  Cristo 
battezzato  da  ^.  Giovanni  .  In  Fiorenza  fece  di 
marmo  la  sepoltura  di  M«  Orlando  de'  Medie! 


%l6  PARTE     SECONDA 

nella  chiesa  della  Nunziata .  Finalmente  d'  anni 
cinquantacinque  rendè  T  anima  al  Signore  che 
glie  Tareva  data  .  I^è  molto  dopo  il  Filarete  , 
essendo  tornato  a  Roma  ,  si  mori  d'  anni  sessan- 
tanoYe  e  fu  sepolto  nella  Minerva ,  dove  a  Gio- 
vanni Foccora  assai  lodato  pittore  ayeya  fatto 
ritrarre  Papa  Eugenio  ,  mentre  al  suo  servizio 
in  Roma  dimorava  .  Il  ritratto  d'  Antonio  è  di 
sua  mano  nel  principio  del  suo  libro ,  dove  inse- 
gna a  edi6care .  Furono  suoi  discepoli  Yarrone 
e  Niccolò  Fiorentini ,  che  feciono  vicino  a  Pon- 
temoUe  la  statua  di  marmo  per  Papa  Pio  II 
quando  egli  condusse  in  Roma  la  testa  di  S. 
Andrea:  e  per  ordine  del  medesimo  restaurarono 
Tigoli  quasi  dai  fondamenti^  ed  in  S.  Pietro  fé- 
eiono  r  ornamento  di  marmo  che  è  sopra  le  co- 
lonne delia  cappella,  dove  si  serba  la  detta  testa 
di  S.  Andrea  ;  vicino  alla  qual  cappella  è  la  se- 

Joltura  del  detto  Papa  Pio  di  mano  di  Pasquino 
a  Montepulciano  discepolo  del  Filarete  e  di 
Bernardo  Ciuffagni,  che  lavorò  a  Rimini  in  S. 
Francesco  una  sepoltura  di  marmo  per  Gismondo 
Mal  atesti ,  e  vi  fece  il  suo  ritratto  di  naturale  y 
e  alcune  cose  ancora , secondo  che  si  diceria 
Lnjcca  ed  in  Mantova . 


:ìQ'  :.:^a  kA'Iau'J- 


VITA 
DI  GIULIANO  DA  MAIANO 

SCCLTORC    E    ARCHITETTO 
FIORENTINO. 


N, 


OD  piccolo  errore  fanno  que'  padri  di  fami- 
glia che  non  lasciano  fare  nella  fanciullezza  il 
corso  della  natara  agi'  ingegni  de'  figliuoli  ,  e 
che  non  lasciano  esercitarli  in  quelle  facnltà  che 
più  sono  secondo  il  gusto  loro.  Perocché  il  vole- 
re volgerli  a  quello  che  non  va  loro  per  lanimo, 
è  un  cercar  manifestamente  che  non  siano  mai 
eccellenti  in  cosa  nessuna  ;  essendo  che  si  vede 
quasi  sempre  y  che  coloro  che  non  operano  se- 
condo la  voglia  loro  y  non  fanno  molto  profitto 
in  qualsivoglia  esercizio  .  Per  T  opposito  quelli 
che  seguitano  lo  instinto  della  natura  vengono  il 
più  delle  volte  eccellenti  e  famosi  nelF  arti  che 
fanno,  come  si  conohhe  chiaramente  in  Giuliano 
da  Maiano  ,  il  padre  del  quale  essendo  lunga- 
mente vivuto  nel  poggio  di  Fiesole ,  dove  si  dice 
Maiano ,  con  lo  esercizio  di  squadra tore  di  pie- 
tre y  si  condusse  finalmente  in  Fiorenza,  dove 
fece  una  bottega  di  pietre  lavorate  y  tenendola 
fornita  di  que'  lavori  che  sogliono  improvvisa*- 
mente  il  più  delle  volte  venire  a  bisogno  a  chi 
fabbrica  qualche  cosa  .  Standosi  dunque  in  Fi- 
renze y  gli  nacque  Giuliano  y  il  quale  y  perché 
parve  col  tempo  al  padre  di  lìuono  ingegno  ,  di- 
segnò di  farlo  notaio  y  panendoglì  che  lo  scarpeU 
lare,  come  aveva  fatto  egli,  fusse  troppo  iaticoso 


Sl8  PARTE    SECONDA 

esercizio  e  di  non  molto  utile:  ma  non  gli  Tenne 
ciò  fatto;  perchè  sebbeneandò  un  pezso  Giuliano 
alla  scuola  di  grammatica, non  ri  ebbe  mai  il  ca- 
po ,  e  per  consesuenza  non  vi  fece  frutto  nessu- 
no ;  anzi  fuggenaosene  più  volte  ,  mostrò  d'aver 
tutto  l'animo  volto  alla  scultura  ,  sebbene  da 
principio  si  mise  all'  arte  del  legnaiuolo  e  diede 
opera  al  disegno. Dicesi  che  con  Giusto  e  Minore 
maestri  di  tarsie  lavorò  i  hanchi  delia  sagrestia 
della  Nunziata,  e  similmente  quelli  del  coro  che 
è  allato  alla  cappella  ,  e  molte  cose  nella  badia 
di  Fiesole  ed  in  &.  Marco,  e  che  perciò  acquista- 
tosi nome  ,  fu  chiamato  a  Pisa  ,  dove  lavorò  in 
Duomo  la  sedia  che  é  accanto  all'aitar  maggiore, 
dove  stanno  a  sedere  il  sacerdote  e  diacono  e 
suddiacono  •  quando  si  canta  la  messa  ;  nellat 
spalliera  della  quale  fece  di  tarsia  con  legni  tinti 
ed  ombrati  i  tre  profeti  die  vi  si  veggiono.  Nel 
dai  fare  ,  servendosi  di  Guido  del  Sei'vellino  e 
di  maestro  Domenico  di  Mari  otto  legnaiuoli  pi- 
sani ,  insegnò  loro  di  maniera  T  arte  ,  che  poi 
feciono  così  d' intaglio  come  di  tarsie  la  mag- 
gior parte  di  quel  coro  ,  il  quale  a'  nostri  dì  è, 
stato  finito  ,  ma  con  assai  miglior  maniera,  da 
Battista  del  Cervelliera  Pisano,  uomo  veramente 
ingegnoso  e  sofistico  .  Ma  tornando  a  Giuliano  , 
egli  lece  gli  armari  della  sagrestia  di  S.  Maria 
del  Fiore  ,  che  per  cosa  di  tarsia  e  di  rimessi  fu- 
rono tenuti  in  quel  tempo  mirabili .  £  così  se- 
guit'findo  Giuliano  d'attender  alla  tarsia  ,  ed  alla 
scultura  ed  architettura,morì  Filippo  di  serBru*- 
ncllesco  ;  onde  messo  dagli  operai  in  laogo  suo  ^ 
incrostò  di  marmo  sotto  la  volta  della  cupola  le 
fregiature  di  marmi  bianchi  e  neri  che  sono  in- 
torno agli  occhi.  Ed  in  sulle  cantonate  fece  i  pi*- 


TITA  DI  CIULUNO  DA  IIAIA50     21$ 

lafliri  eli  marmo  ,  soprt  i  quali  furono  meni  poi 
da  Baccio  d*  Agnolo  1'  architrave,  fresio,  e  cor-i 
Bice  j  come  di  sotto  si  dirà  •  Vero  é  cbe  costai , 
per  qnanto  si  fede  in  alcuni  disegni  di  sua  mano 
che  sono  nel  nostro  lihro  ;  TolcTa  fare  altro  or- 
dine di  fregio  ,  cornice  >  e  hailatoio  ,  con  alcuni 
ikrontespizi  a  ogni  faccia  dell'  otto  della  cupola  ^ 
ma  non  ebhe  tempo  di  metter  ciò  in  opera,  per* 
che  tra  portato  dal  lavoro  d'  oggi  in  domani  ,  si 
mori  %  Ma  innanai  che  ciò  fosse  ,<#ndato  a  Napo» 
li,  fece  a  Poggio  reale  per  lo  re  Alfonso  1  archi- 
tettura di  quel  magnifico  palazzo  con  le  beilo 
fimti  e  condotti  che  sono  nel  cortile .  £  nella 
cittÀ  similmente  e  per  le  case  de'  gentiluomini 
e  per  le  piazze  fece  disegni  di  molte  fontane  con 
belle  e  capricciose  inTenzioni.Ed  il  detto  palazzo 
di  Poggio  reale  fece  tutto  dipignere  da  Piero  del 
Donsello  e  Polito  suo  fratello  .  Di  scultura  pa- 
rimente fece  al  detto  re  Alfonso  allora  Duca  di 
CalaTTÌa  nella  sala  grande  del  castello  di  Napoli 
sopra  una  porta  di  cbsntro  e  di  fuori  storie  di  bas- 
aoriiiero ,  e  la  porta  del  castello  di  marmo  d*  or- 
dine corintio  con  infinito  numero  di  figure ,  e 
diede  a  queir  opera  forma  d'arco  trionfale,  doye 
le  storie  ed  alcune  Tittorie  di  quel  re  sono  scol- 
pite di  marmo .  Fece  similmente  Giuliano  V  or- 
namento della  porta  CapoTana  ,  ed  in  quella 
molti  trofiéi  variati  e  belli:  onde  meritò  che  quel 
re  gli  portasse  grand'  amore  ,  e  rimunerandolo 
altamente  delle  fatiche  ,  adagiasse  i  suoi  discen- 
denti. £  perchè  aveva  Giuliano  insegnato  a  Be- 
nedetto suo  nipote  V  aite  delle  tarsie  ,  V  archi- 
tettura, e  a  lavorar  qualche  cosa  di  marmo,  Be- 
nedetto si  stava  in  Fiorenza  attendendo  a  lavorar 
di  tarsia  ,  perché  gli  apportava  maggior  guada- 


sao  t*AllTC    SEGOtCDA 

gno  che  V  altre  arti  Don  fa  cerano ,  ijaando  Gia<« 
liano  da  M.  A.iitonio  Rosetlo  Aretino  segretario 
di  PapaPaolo  II  fu  chiamato  a  Roma  al  servizio 
di  quel  pontefice  ;  dove  andato ,  gli  ordinò  nel 
primo  cortile  del  palazzo  di  S.  Pietro  le  logge  di 
treyertino  con  tre  ordiiii  di  colonne  ;  la  prima 
nel  piano  da  basso  ,  dove  sta  oggi  il  piombo  ed 
altri  uffizi  ;  la  seconda  di  sopra  ,  dove  sta  il  Da- 
tario ed  altri  prelati  ;  e  la  terza  ed  ultima,  dove 
sono  le  stanze  che  rispondono  in  sul  cortile  di  S. 
Pietro,  le;quali  adornò  di  palchi  dorati  ed* altri 
ornamenti  .  Furono  fatte  similmente  col  suo  di- 
segno le  logge  di  marmo  dove  il  papa  da  la  be- 
nedizione ;  li  che  fu  lavoro  gi*andissimo  ,  come 
ancor  oggi  si  vede .  Ma  quello  che  egli  fece  di 
stupenda  maraviglia  più  che  altra  cosa  ,  fu  il 
palazzo  che  fece  per  quel  papa  insieme  con  la 
chiesa  di  S.  Marco  di  Roma  ,  dove  andò  una  in- 
finità di  trevertini  che  furono  cavati ,  secondo 
che  si  dice ,  di  certe  vigne  vicine  all'  arco  di 
Costantino  ,  che  venivano  a  essere  contrafforti 
de' fondamenti  di  quella  parte  del  colosseo  eh'  è 
oggi  rovinata  ,  forse  per  aver  allentato  quel!'  e- 
difizio .  Fu  dal  medesimo  papa  mandato  Giug- 
liano alla  Madonna  di  Loreto  ,  dove  rifondò  e 
fece  molto  maggiore  il  corpo  di  quella  chiesa  , 
che  prima  era  piccola  e  sopra  pilastri  alla  salva- 
tica  y  ma  non  andò  più  alto  che  il  cordone  che 
vi  era  ;  nel  qual  luogo  condusse  Benedetto  suo 
nipote  ,  il  quale  ,  come  si  dirà  ,  voltò  poi  la  cu- 
pola .  Dopo  essendo  forzato  Giuliano  a  tornare  a 
Wapoli  per  finire  1'  opere  incominciate,  gli  fu  al- 
logata dal  re  Alfonso  una  porta  vicina  al  ca^t pi- 
lo ,  dove  andavano  più  d  ottanta  figure,  le  quali 
avevaBenedctto  a  lavorar  inFiorenza;nia  il  tutto 


^ITÀ  DI  GIULIANO  DA  MAIANO     TU 

per  la  morte  di  quel  re  rimase  imperfetto  jcnt 
sono  ancora  alcune  reliquie  in  Fiorenza  nella 
Misericordia,  e  alcune  altre  n'erano  al  canto 
alla  macine  attempi  nostri,  le  quali  non  so  dove 
oggi  si  ritrovino  .  Ma  innanxi  che  morisse  il  re  , 
mori  in  Napoli  Giuliano  di  età  di  settanta  anni , 
e  fu  con  ricche  essequie  molto  onorato  ,  avendo 
il  re  fatto  vestire  a  bruno  cinquanta  uomini  che 
r  accompagnarono  alla  sepoltui'a,  e  poi  dato  or* 
dine  che  gli  fusse  fatto  un  sepolcro  di  marmo  * 
Bimase  Polito  neir  avviamento  suo  ,  il  quale 
diede  fine  a'  canali  per  V  acque  di  Poggio  reale; 
e  Benedetto  attendendo  poi  alla  scultura,  passò 
in  eccellenza  ,  come  si  airà  ,  Giuliano  suo  zio  , 
e  fu  concon^ente  nella  giovanezza  sua  d'  uno 
scultore  che  faceva  di  tena,  chiamato  Moda  nino 
da  Modena  ,  il  quale  lavorò  al  detto  Alfonso  una 
Pietà  con  infinite  figure  tonde  di  terra  cotta  co- 
lorite ,  le  quali  con  grandissima  vivacità  furono 
condotte  e  dal  re  fatte  porre  nella  chiesa  di  Monte 
Oliveto  di  Napoli, monasterio  in  quel  luogo  ono- 
ratissimo  ;  nella  quale  opera  è  ritratto  il  detto 
re  in  ginocchioni ,  il  quale  pare  veramente  più 
che  vivo  ;  onde  Modanmo  fu  da  lui  con  granais- 
simi  premi  rimunerato  .  Ma  morto  che  fu  ,  come 
si  è  detto ,  il  re  ,  Polito  e  Benedetto  se  ne  ritor- 
narono a  Fiorenza ,  dove  non  molto  tempo  dopo 
se  n'  andò  Polito  dietro  a  Giuliano  per  sempre  • 
Furono  le^culture  e  pitture  di  costoro  circa  gli 
anni  di  nostra  salute  i447* 


VITA 
DI  PIERO  DELLA  FRANCESCA 

DAL  BORGO  A  S.  SEPOLCAO 
PITTORE. 

JLnfelici  8ono  Teramente  coloro  ebe  affaticai^ 
dosi  Begli  studi  per  giovare  altrui  e  per  lasciare 
di  se  fama  ,  non  sono  lasciati  o  dall',  infirmiti  o 
dalla  morte  alcuoa  Tolta  condun*e  a  perfezione 
l' opere  che  hanno  cominciato  .  £  bene  spesso 
ayriene  che  lasciandole  a  poco  meno  che  &iiite  o 
a  buon  termini^^sono  usui*pate  dalla  pix?8unzione 
di  coloro  che  cercano  di  ricoprire  la  loro  pelle 
d' asino  con  le  onorate  spoglie  del  leone  .  £  scb- 
I>ene  il  tempo,  il  quale  si  dice  padre  della  TcritA, 
o  tardi  o  per  tempo  manifesta  il  vero  y  non  è 

Serò  che  per  qualche  spazio  di  tempo  non  sia 
efraudato  dell'onore  che  si  deve  alle  8ue  faticlie 
colui  che  ha  operato;  come  avvenne  a  Piero  della 
Francesca  dal  Borgo  a  S.  Sepolcro  .  11  quale  es-* 
sendo  stato  tenuto  maestro  raro  nelle  difiicultÀ 
de'  corpi  regolari,  e  neiraritmetica  e  geometria, 
non  potette,  sopraguiunto  nella  vecchiezza  dalU 
cecità  corporale  e£Ilu  fine  della  vita,mandare  in 
luce  le  virtuose  fatiche  sue  ed  i  molti  libri  scritti 
da  lui,  i  quali  nel  Borgo  sua  patria  ancor  si  con- 
servano .  Sebbene  colui  che  doveva  con  tutte  le 
forze  ingegnarsi  di  accrescergli  gloria  e  nome , 
pei*  aver  appreso  da  lui  tutto  quello  che  sapeva, 
come  empio  e  maligno  cercò  d  annullare  il  nome 
di  Piero  suo  precettore  ,  e  usurpar  queir  ono- 


^24  PARTE    SECONDA 

re  ,  che  a  colui  solo  si  doveva  per  se  stesso  , 
pubblicando  sotto  suo  nome  proprio  ,  cioè  di  fra 
Luca  dal  Borgo,  tutte  le  fatiche  di  quel  buon 
vecchio,  il  quale  ,  oltre  le  scienze  dette  di  sopra, 
fu  eccellente  nella  pittura  .  Nacque  costui  nel 
Borgo  a  S.  Sepolcro,  che  oggi  è  città  ma  non  già 
allora  ,  e  chiamossi  dal  nome  della  madre  della 
Francesca ,  per  essere  ella  restata  gravida  di 
lui  quando  il  padre  e  suo  marito  mori ,  e  per 
essere  da  lei  stato  allevato  e  aiutato  a  pervenire 
ài  grado  che  la  sua  buona  sorte  gli  dava  .  Attese 
Pietro  nella  sua  giovanezza  alle  mattematiche  , 
ed  ancora  che  di  anni  quindici  fusse  in  diritto  a 
essere  pittore  ,  non  si  ritrasse  però  mai  da  quel- 
le: anzi  facendo  maraviglioso  frutto  ed  in  quelle 
e  nella  pittura  ,  fu  adoperato  da  Guidooaldo 
Feltro  duca  vecchio  d'  Urbino  ,  al  quale  fece 
molti  quadri  di  figure  piccole  bellissimi  ,  che 
sono  andati  io  gran  parte  male  in  più  volte  che 
quello  stato  è  stato  travagliato  dalle  guerre.  Vi 
sì  conservarono  nondimeno  alcuni  suoi  scritti  di 
cose  di  geometria  e  di  prospettive  ,  nelle  quali 
non  fu  inferiore  a  niuno  de'  tempi  suoi  né  forse 
che  sia  stato  in  altri  tempi  giammai  ,  come  ne 
dimostrano  tutte  V  opere  sue  piene  di  prospetti- 
ve ,  e  particolarmente  un  vaso  in  modo  tirato  a 
quadri  e  facce  ,  che  si  vede  dinanzi  ,  di  dietro  , 
e  dagli  lati  il  fondo  e  la  bocca:  \\  che  è  certo  cosa 
stupenda, a  vendo  in  quello  sotti  l  mente  tiratoogni 
minuzia,e  fatto  scortare  il  girare  di  tutti  que'cir- 
coli  con  molta  grazia  .  Laonde  acquistato  che  si 
ebbe  in  quella  corte  credito  e  nome  ,  volle  farsi 
conoscere  in  altri  luoghi  ;  onde  andato  a  Pesaro 
ed  Ancona  ,  in  sul  più  bello  del  lavorare  fu  dal 
duca  Borso  clj^iamato  a  Ferrara,  dove  nel  palazzo 


VITA  DI  PIERO  PELLA  PIUKCESCA     dl5 

dipinse  molte  camere ,  che  poi  furono  roTinatd 
dal  duca  Ercole  veccbio  per  ridurre  il  palazzo 
alla  moderna  ;  di  manieracLè  in  quella  città  non 
é  rìmaso  di  man  di  Piero  se  ncn  una  cappella 
in  S.  Agostino  larorata  in  fresco,  ed  anco  quella 
é.  dalla  umidità  mal  condctta  .  Dopo  essendo 
condotto  a  Roma  per  Papa  Piccola  V,  lavorò  in 
palazzo  due  storie  nelle  camere  di  sopra  a  con- 
conenza  di  Bramante  da  Milano,  le  quali  furono 
similmente  gettate  per  terra  da  Papa  Giulio  II 
percliè  Raffaello  da  Urbino  yi  dipignesse   la  pri- 

5 ionia  di  S.  Piero  y  ed  il  miracolo  del  corporale 
i  Bobena  ,  insieme  con  alcune  altre  che  aTe?a 
dipinte  Bramantino  pittoi e  eccellente  de' tempi 
suoi  .  £  percLé  di  costui  ncn  pofso  Ecrivere  la 
vita  ne  l'opere  particolari  per  essere  andate  ma- 
le ,  non  mi  pana  fatica,  poitliè  tiene  a  proposito, 
far  memoria  di  costui ,  il  quale  nelle  dette  opere 
che  furono  gettate  per  terra  aveva  fatto,  secondo 
che  ho  sentito  ragionare,alcune  teste  di  naturale 
si  belle  e  si  ben  condotte,  che  la  sola  parola  man* 
cava  a  dar  loro  la  vita .  Delle  quali  teste  ne  sono 
assai  venute  in  luce,  perché  Raffaello  da  Urbino 
le  fece  ritrarre,  per  avere  l' effìgie  di  coloro  che 
tutti  furono  gran  personaggi  ;  perchè  fra  essi  era 
JNiccolò  Fortebraccio  ,  Curio  VII  re  di  Francia  , 
Antonio  Colonna  principe  di  Salerno,  Francesco 
Carmignuola  ,  Giovanni  Vitellesco  ,  Bessarione 
cardinale  ,  Francesco  Spinola  ,  Battista  da  Can^ 
ne  io  ;  i  quali  tutti  ritratti  furono  dati  al  Giovio 
da  Giulio  Romano  discepolo  ed  erede  di  Raffaello 
da  Urbino  ,  e  dal  Giovio  posti  nel  suo  museo  a 
Como .  In  Milano  sopra  la  porta  di  S.  Sepolcro 
ho  veduto  un  Cristo  morto  di  mano  del  medesir* 
mo  fatto  in  iscorto^nel  quale  ancoraché  tutta  ki 
Fot.  Ih  i5 


226  PARTE    SECONDA 

Sittura  non  sia  più  che  un  braccio  i'  altezza  ,  si 
imostra  tutta  la  lunghezza  dell'  impossibile 
fatta  con  facilità  e  con  eiudizio .  Sono  ancora  di 
sua  mano  in  detta  città  in  casa  del  marche8Ìn& 
Ostanesia  camere  e  logge  con  molte  cose  larora- 
te  da  lui  con  pratica  e  grandissima  forza  negli 
scorti  delle  ficure  ;  e  fuori  di  porta  Versellina 
Ticino  al  castello  dipinse  a  certe  stalle  oggi  ro- 
vinate e  guaste  alcuni  servidori  che  strigliavano 
cavalli ,  fra  i  quali  n'era  uno  tanto  vivo  e  tanto 
ben  fatto  ,  che  un  altro  cavallo  ,  tenendolo  per 
vero,  gli  tirò  molte  coppie  di  calci.  Mh  tornando 
a  Piero  della  Francesca  ,  finita  in  Roma  V  opera 
sua  ,  se  ne  tornò  al  Borgo ,  essendo  morta  la 
madre  ;  e  nella  pieve  fece  a  fresco  dentro  alla 
porta  del  mezzo  due  santi  che  sono  tenuti  cosa 
bellissima .  Nel  convento  de'  frati  di  S.  Agostino 
dipinse  la  tavola  dell'aitar  maggiore  che  fu  cosa 
molto  lodata :ed  in  fresco  lavorò  una  nostra  Ddd- 
na  della  misericordia  in  una  compagnia  ,  ovvero 
come  essi  dicono  y  confraternita  ;  e  nel  palazzo 
de'  conserva  dori  una  resurrezione  di  Cristo  y  la 
quale  è  tenuta  dell'  opei*e  che  sono  in  detta  città 
e  di  tutte  le  sue  la  migliore .  Dipinse  a  S.  Maria 
di  Loreto  in  compagnia  di  Domenico  da  Vinegia 
il  principio d'  un'opera  nella  volta  della  sagre- 
stia ;  ma  perchè  temendo  di  peste  la  lasciarono 
imperfetta  ,  ella  fu  poi  finita  da  Luca  da  C(Jt^ 
tona  discepolo  di  Piero  y  come  si  dirà  al  suo  luo- 
go .  Da  Loreto  venuto  Piero  in  Arezzo  dipinse 
per  Luigi  Bacci  cittadino  aretino  in  S.  Francesco 
la  loro  cappella  dell'  aitar  maggiore  y  la  volta 
della  quale  era  già  stata  cominciata  da  Lorenzo 
di  Bicci  ;  nella  anale  opera  sono  storie  della  cro- 
ce y  dacché  i  figliuoli  d'  Adamo  sottèraadolo>  gli 


yiTÀ  M  PISRO  DMSAJL  FftAlffiBSCA     417 

pOD^Dtoo  sotto  la  Uligva  il  teme  dell'  albero  ,  di 
èhe  poi  nacque  il  detto  legno  y  intioo  oli'  età I ta- 
stone di  essa  croee  latta  da  Eraclio  Imperadore» 
il  quale  portandola  in  •«  la  spalla  a  piedi  e  scaU 
sOf  entra  con  essa  in  lerusalein;  drive  sono  molte 
beile  eonsiderauotii  e  attitudini  degne  d'  esser 
lodate ,  come  Terbigraxia  gli  abiti  dèlie  donne 
della  reina  Saba  condotti  con  maniera  dolce  e 
■uova  f  molti  ritratti  di  naturale  antichi  e  tìvìs- 
timi  yun  ordine  di  colonne  corintie  dÌTÌnamen« 
te  misurate  y  un  Yillano  che  appoggiato  con  le. 
mani  in  su  la  yanga  ,  sta  con  tanta  prontessa  u 
udire  parlare  S.  £lena  mentre  le  tire  croci  si 
dissotterrano  ,  òhe  non  è  possibile  migliorarlo  • 
li  molto  ancora  è  benisfiimo  latto  cbe  al  toccar 
della  croce  resuscita ,  e  la  letizia  similmente  di 
S.  EIcna  ,  con  la  maraviglia  de'  circostanti  cbe 
s' inginocchiano  ad  adorare .  Ma  sopra  ogni  altra 
considerazione  e  d' ingegno  e  d'  arte  è  lo  avere 
dipinto  la  notte  ed  un  angelo  in  iscorto,  cbe  ve~ 
nendo  a  capo  all'  ingiù  a  portare  il  segno  deilai 
vittoria  a  Costantino  cbe  dorme  in  un  padiglione 
guardato  da  un  cameriere  e  da  alcuni  armati 
oscurati  dalie  tenebre  della  notte  ^  con  la  stessa 
luce  sua  illumina  il  padiglione ,  f^ì  armati ,  e 
tutti  i  dintorni  con  grandissima  discrezione  ; 
perché  Pietro  ùi  conoscere  in  questa  oscurità  ^ 
quanto  importi  imitare  le  cose  verone  lo  andarle 
togliendo  dal  proprio  :  il  cbe  avendo  egli  fatto 
benissimo ,  ha  dato  cagione  ai  mudtfrni  di  segui- 
tarlo f  e  di  venire  a  quel  grado  sommo  dove  si 
Teggiono  ne'  tempi  no5tri  le  cose .  In  questa  me- 
desima storia  espresse  efficacemente  in  una  bat« 
taglia  la  paura  y  V  animosità  y  la  destrezza  y  la 
forza  y  e  tutti  gli  altri  affetti  che  in  coloro  ti  pos^ 


m9  FARTE    SBC SUDA 

Bono  considerare  clie  combattono;  e  gli  accidenti 
parìmeote  >  con  una  strage  quasi  incredibile  di 
feriti  y  di  cascati  y  e  di  morti  :  ne' quali  per  aver^ 
Pietro  contraffatto  in  fresco  Tarmi  che  lustrano, 
merita  lode  grandissima,  non  meno  che  per  a^er. 
fatto  nell'  altra  faccia  y  dove  è  la  fuga  e  la  som« 
mersione  di  Massenzio  y  un  gruppo  di  caralli  in 
iscorcio  cosi  maraTigliosamente  condotti ,  che 
rispetto  a  que'tempi  si  possono  chiaoMre  troppo 
belli  e  troppo  eccellenti .  Fece  in  questa  mede- 
sima storia  un  mezzo  ignudo  e  mezzo  resti to 
alia  saracina  sopra  un  cavallo  secco,  molto  ben 
rìtrorato  di  notomia  poco  nota  nelT  età  sua  • 
Onde  meritò  per  qnest'  opera  da  Luisi  Bacci 
(il  quale  insieme  conCarlo  ed  altri  suoi  fratelli  e 
molti  Aretini  y  che  fiorivano  allora  nelle  lettere, 
quivi  intorno  alla  decollazione  d*uiì  re  ritrasse  ) 
essere  largamente  premiato ,  e  di  essere,  siccome 
fu  poi  sempre  ,  amato  e  rererito  in  quella  città  , 
k  quale  aveva  con  T  opere  sue  tanto  illustrata  • 
Fece  anco  nel  vescovado  di  detta  città  una  S.  Ma* 
ria  Maddalena  a  fresco  allato  alla  porta  della  sa- 
grestia, e  nella  compagnia  della  Nunziata  fece  il 
segno  da  portare  a  processione.  A  S.  Maria  delle 
Grazie  fuor  della  terra  in  testa  d'  un  chiostro  in 
una  sedia  tirata  in  prospettiva  un  S.  Donato  in 
pontificale  con  certi  putti  ,e  in  S.  Bernardo  ai 
monaci  di  monte  Olivete  un  S.  Vincenzio  in  una 
nicchia  alta  nel  muro  che  è  molto  dagli  artefici 
stimato  .  A  Sargiano  lu<^o  de'  frati  Zoccolanti 
di  S.  Francesco  fuor  d'  Arezzo  dipinse  in  una 
eanpella  un  Cristo  che  di  notte  ora  nelT  orto 
bellissimo.  Lavorò  ancora  in  Perugia  molte  cose 
«he  in  quella  città  si  ves^giono;  come  nella  chiesa 
delle  donne  di  S  JLntonio  da  Padoa  in  una  tavola 


yrrk  di  ymo  msLLA  nuNesscA    %^ 

«    tempera  una  nostra  Donna  col  figliuolo  in 

grembo  9  S.  Francesco  ,  S.  Lisabetta  ,  S.  Gio: 
attist^  ,  e  S.  Antonio  da  Padoa  ;  e  di  sopra  una 
Nunziata  bellissima  con  un  angelo  che  par  pro- 
prio cbe  Tenga  dal  cielo  ,  e  che  è  più>  una  pro- 
spettiva di  colonne  cbe  diminuiscono,  bella  af- 
fatto .  Nella  predella  in  istorie  di  figure  piecole 
è  S.  Antonio  cbe  risuscita  un  putto ,  S.  Lisabetta 
cbe  saWa  un  fanciullo  caecato  in  un  posto,  e  S. 
Francesco  cbe  ricere  le  stimate  .  In  S«  Ciriaco 
d'  Ancona  all'  altare  di  S.  Giuseppe  dipinse  in 
una  storia  bellissi^ia  lo  sposalizio  di  nostra 
Donna  . 

Fu  Piero  ,  come  si  è  detto  ,  studiosisiimo 
dell'  arte  ,  e  si  esercitò  assai  nella  prospettiva  ^ 
ed  ebbe  buonissima  cognizione  d' Euclide  ,  in 
tanto  cbe  tutti  i  migliori  giri  tirati  ne'  corpi  re«* 
golai^i,  egli  meglio  cbe  altro  geometra  intese  , 
ed  i  maggior  lumi  che  di  tal  cosa  ci  siano  sono 
dì  sua  mano  ;  percbè  maestro  Luca  dal  Borga 
frate  di  S.  Francesco,  cbe  scrisse  de'  corpi  rego* 
kri  di  geometria  ,  fu  suo  discepolo  ;  e  venuto 
Piero  in  veccbiezza  ed  a  morte  ,  dopo  avere 
scritto  molti  libri,  maestro  Luca  detto,  usurpan- 
doli per  se  stesso  li  fece  stampare  come  suoi , 
essendogli  pervenuti  quelli  alle  mani  dopo  la 
morte  del  maestro.  Usò  assai  Piero  di  far  modelli 
di  terra  ,  ed  a  quelli  metter  sopra  panni  molli 
con  infinità  di  piegbe  per  ritrarii  e  servirsene  . 
Fu  discepolo  di  Piero  Lorentino  d'Angelo  areti* 
no ,  il  quale  imitando  la  sua  maniera  ,  fece  in 
Arezzo  molte  pitture  ,  e  diede  fine  a  quelle  cbe  < 
Piero  lasciò  ,  sopravvenendogli  la  morte  ,  im- 

Krfette .  Fece  fiorentino  in  fresco  vicino  al  S. 
»nato  cbe  Piero  lavorò  nella  Madonna  dello 


33»  PAATC3BCUIIDA 

Graftìe  «Idune  storie  iì  S.  Donato  y  ed  io  molti 
altri  luoghi  di  qudÌ4  citlà  e  tiiniluoieiite  "dd 
contacio  moltissime  cose  ,  e  perchè  non  ti  stara 
biqì  e  per  aiutare  la  sua  famiglìa>che  in  que'tem- 

Si  era  motta  novera .  Dipinse  il  medesimo  nella 
etta  chiesa  aelle  Grafie  una  aloria^  dorè  papa 
Sisto  IV  in  me^so  al  cardinal  di  Manioa  ed  al 
cardinal  Picooloipint ,  che  fu  poi  Papa  Pio  ili, 
concede  a  quel  luogo  un  perdono  ;  nella  cruale 
storia  ritrasse  Lorentino  di  naturale  e  giaocciiioni 
Tommaso  Marxi,  Piero  Traditi,  Donato  Aoeselli, 
e  Giuliano  Nardi,  tutti  cittadini  aretini  ed  operai 
di  <mel  luogo.Fece  ancora  nella  sala  del  pafasEo 
de' Priori  litntttodi  naturale  Gulét>Uo  cardinale 
da  Pietramf  la  ,  il  yescovo  Gugiielmiuo  degli  U-» 
bertioi ,  M.  Angelo  All>ergotti  dottor  di  leggo , 
•  molte  altre  opere  che  sono  sparsa  per  ^uàlà 
cittì  .  Dicevi  che  essendo  Ticino  a  carnovale  y  i 
figlinoli  di  Lorentino  lo  pre§;avano  che  ainmaa* 
sasse  il  poi*co9  siccome  si  costuma  in  quel  paese; 
6  che  non  avendo  egli  il  modo  da  comprarlo , 

Sii  dicevano  :  Non  avendo  danari ,  come  fareta 
ahbo  a  comperare  il  porco  ?  A  che  rispondeva 
Lorentino:  Qualche  santo  ci  aiuterà.  Ma  avendo 
ciò  detto  più  volte,  e  non  comparendo  il  pprco^* 
n*  avevano  ,  passando  la  stagione  ,  perduta  la 
speranea ,  quando  finalmente  gli  capitò  alle  miw 
ni  un  contadino  dalla  Pieve  a  Quarto,  che  per 
sodisfare  un  voto  voleva  far  dipignere  un  SaH 
Martino ,  ma  non  aveva  altro  assegnamento  per 
pagai-e  la  pittura  ,  che  un  porco  che  valeva  ciqN 
que  lire  .  lYovtindo  costui  Lorentino  ,  gli  disso 
che  voleva  fai^e  il  S.  Martino,  ma  che  non  aveva 
altro  assegnamento  che  il  porco .  Convenutisi 
dunque^Lorentinogli  fece  il  santo^edil  contadino 


yrtk  DI  PIEKO  DKLLA  FRAKCCSCA       23 1 

a  lui  menò  il  porco;ccoFÌ  il  santo  proTride  il 
porco  ai  poTf l'i  figliuoli  di  qiiffto  pittore .  Fu 
suo  difcepolo  ancora  Piero  da  Castel  della  PieTe 
che  fece  un  arco  fopra  5.  Agostino  ,  ed  alle  mo- 
nache di  S.  Caterina  d'  Aieiio  un  8.  Uibano  , 
oggi  ito  per  terra  per  rifare  la  cliiesa.  Similmente 
fu  suo  errato  Luca  Signe  relli  da  Ccrtona  y  il 
quale  gli  fece  pia  che  tutti  gli  altri  onore  .  Piero 
Éorgbese^le  cui  pitture  furono  intorno  agli  anni 
14589  d'anni  sessanta  per  un  cataiTo  accecò  ,  e 
COBI  Tisse  insino  all'  anno  ottantasci  della  sua 
vita.Lasciò  nel  Borgo  bonissime  facultè  ed  alcune 
case  cbe  egli  stesso  si  aveva  edificate ,  le  quali 

Fer  le  parti  furono  arse  e  rovinate  Fanno  i536 . 
u  sepolto  nella  cbiesa  maggiore  ^  cbe  già  fu 
deir  ordine  di  Camaldoli  ed  oggi  é  vescovado  , 
onoratamente  da'  suoi  cittadini.  I  libri  di  Pietro 
sono  per  la  maggior  parte  nella  libreria  del  se- 
condo Federigo  duca  d' Urbino  ,  e  sono  tali  y  cbe 
meritamente  gli  banno  acquistato  nome  del  mi^ 
glior  geometra  cbe  fusse  n«'  tempi  suoi . 


VITA 
DI  FRA  GIOVANNI  DA  FIESOLE 

dell'  ordini  de'  FRATI  PREDICATORI 

PITTORE. 


X:  rate  GioTannì  Angelico  da  Fiesole ,  il  quale 
fii  al  secolo  chiamato  Guido ,  essendo  non  meno 
stato  eccellente  pittore  e  miniatore  che  ottimo 
religioso ,  merita  per  Tuna  e  per  T  altra  cagione 
che  di  lui  sia  fatta  onoratissima  memoria.  Costui 
sebbene  arebbe  potuto  comodissimamente  stare 
al  secolo,  ed  oltre  quello  che  avera,  guadagnarsi 
ciò  che  aTcsse  Tolute  con  queir  arti  che  ancor 
gioTinetto  benissimo  (ar  sapeva  ^  Tolle  Dondime> 
no  per  sua  sodisfazione  e  quiete,  essendo  di  natu- 
ra posato  e  buono  ,  e  per  salyare  V  anima  sua 
princivaJ  mente,  farsi  religioso  dell'ordine  de 'fra- 
ti Preaicatori  ;  perciocché  sebbene  in  tutti  gli 
stati  si  può  servire  a  Dio,  ad  alcuni  nondimeno 
pare  di  poter  meglio  salvarsi  ne'monasteri  che  al 
secolo.  La  qual  cos^  quanto  ai  buoni  succede  fe- 
licemente, tanto  per  lo  contrario  riesce  a  chi  si 
fa  religioso  per  altro  firie ,  misera  veramente  ed 
infelice .  Sono  di  mano  di  fra  Giovanni  nel  suo 
convento  di  S.  Marco  di  Firenze  alcuni  libri  da 
coro  miniati  tanto  belli ,  che  non  si  può  dir  niù, 
ed  a  questi  simili  sono  alcuni  altri  cne  lascio  in 
S.  Domenico  da  Fiesole -con  incredibile  diligenza 
lavorati .  Ben  è  vero  che  a  far  questi  fu  aiutato 
da  tt»  sua  maggior  fratello  che  era  similmente 


a34  FARTI    SECONDA 

miniatore  ed  a^sai  ef;ercjtato  nella  pittura  .  Una 
delle  prime  opere  che  facesse  questo  buon  Padre 
di  pittura  y  fu  nella  Certosa  di  Fiorenza  una  ta- 
vaìiSk  ebe  fu  posta  nella  maggior  cappella  del  -car- 
dinale degli  Acciaiuoliy  dentro  la  quale  è  una 
nostra  Donna  col  figliuolo  in  braccio  e  con  alcu- 
ni angeli  a'  piedi  che  suonano  e  cantano  molto 
belli^  e  dagli  lati  sono  S.  Loreiizo,  S.  Maria  Mad- 
dalena, S.Zanobi,  e  S.  Benedetto;  e  nella  predella 
sono  di  figure  piccole  storiette  di  que'santi  fal^tf 
con  iiitUiita  diligenza.  Nella  crociera  di  detta 
cappella  aooo  diie  altre  tavole  di  mano  dal  me- 
deainao;  in  una  i  la  incoronazione  di  nostra  Don^ 
na,e  ntrll'aitra  un^  Madonna  con  due  santi,  i^tta 
con  aczan*i  ofatramarini  iMllissimi. Dipinse  do^ 
fo  nel  tronesco  di  S.  Maria  ly-ivella  in  fresoa 
aocaajto  alla  poita  dirimpetto  al  coro  S.  Dome- 
«ioo,  ^.^atarina  .da  Siena,  e  S.  Piero  4narti<6,  ed 
aiotne  stoiietbe  piccole  nella  cappella  deU'inc^*. 
ronazione  di  nostra  Donna  nel  detto  iramci^zo  • 
In tola.faoe nei  portelli  die cliiuderano  lorgano 
veocbio  una  ifunsiata,  che^oggi  in  convento  di-p 
rim petto  alla  porta  dól  dormentorio  da  basto  fra 
l'un  cfaioslro  e  l'altro.  JPn  questo  Padre  per  i  me* 
riti  tuoi  in  modo  amato  da  Cosimo  de^Medici,  oh^ 
avendo  egli  fatto  mtirare  ia  chiesa  e  convento  di 
6.  Macco,  gli  feee  dipignene  in  una  Caccia  dei  ca-* 

£:olo  tutta  la  Pasaione  diGes^Giisto,  e  dall'uno 
'  lati  tutti  i  tanti  che  sono  ttati  capi  e  fonda* 
tori  di  religioni ,  metti  e  piangenti  a  pie  della 
croce,  -e  dall'  altro  un  $.  Marco  Evangelista  in^ 
toimo  alla  Madre  del  éigUuol  di  Di  >  venutasi  me- 
no nel  vedere  il  Salvatore  dd  mondo  crocifisso  ; 
intorno  alia  quale  sono  le  Marie  che  tutte  dolenti 
1q  sottengono  e  i  SS.  Cosimo  e  Dftmiano .  Diceij^ 


\ITA  DI  nU  «lOTANNl  DA  FIXIOLl  %ÌS 

«^e  nella  Ggura  del  S.  Cosimo  fra  GioTaìuai  rìtras* 
se  di  naturale  Nauni  d^Aotonìo  di  Banco  scultore 
ed  amico  suo.  Di  sotto  a  questa  opera  fece  in  un 
(regio  sepia  la  spalliera  un  albero  cheba  S.  Do- 
Qitnico  a')!Ìedi,  ed  in  certi  tondi  cbe  circondano 
i  rami  tutti  i  papi ,  cardinali ,  yescoyi ,  santi ,  e 
maestri  in  teologia  cbe  aveya  avuto  insino  aUo~ 
ra  la  religione  sua  de'frati  Predicatori.  Nella  qua- 
le opera 9  «liutendolo  i  frati  con  mandare  per  essi 
in  diversi  luogbi  9  fece  molti  ritratti  di  naturale, 
^be  furono  quf'sti:  S.  Domenico  in  mezzo  cbe  tie- 
ne i  rami  del  l'albero,  Papa  InnocrnxioV  franse- 
se^il  bea  te  Ugcrne  primo  cardinale  diqueirordine» 
il  b€at(>PaolcFiorenljnopatiiarca,S.Antoninoar- 
civesccvo  fiorentinoyil  GiordanoTedeseo  secondo 
generale  di  quelTordine,  il  bcato^iccolò,  il  beato 
B emigio  fiorentino, Boninsc gno Fiorentino majw 
tire ,  e  tutti  questi  sono  a  man  destra  :  a  sinistra 
poi  Benedetto  II  trivisanc.  Giandomenico  cardi- 
nale fiorentino,  Pietro  da  Palude  patriarca  iero- 
aolimitano,  Alberto  Magno  tedesco,  il  beato  Bai- 
me  lido  da  Catalogna  terzo  generale  dell'  ordine, 
il  beate  Gli  iure»  Fiorentino  provine  iale  romano,  S. 
Vincenzio  di  \alenza,e  il  beato  BrrnardoFieren* 
tino;le  quali  tutte  teste  sono  verameiite  graziosa 
#  molto  belle  i  Fece  poi  nel  primo  cbiostro  so- 
pra certi  mezf  ì  t<  ndi  molte  figure  a  frcfco  bel- 
lissime, edunCrccifisso  ccn  S.  Domenico  appiedi 
molto  lodato:  e  nel  dormentorio,  oltre  molte  al- 
tre cofe  per  le  celle  e  nella  facciata  de*muri,  una 
fttoria  del  Testamento  nuovo,  bella  quanto  più 
non  si  può  dii/p.  Ma  particolaim ente  e  nella  a  ma-> 
ravi^Ua  la  tavola  dell'  aitar  maggiora  di  queUi^ 
chiesa,  percbè  oltre  cbe  la  Madonna  muove  a  di* 
vosiove  chi  la  guarda  per  la  semplicità  sua,^  chfi 


^36  PARTE    FECONDA 

t  santi  che  le  sono  intorno  sono  simili  ;i  lei  ^  la 
predella  nella  quale  sono  storie  del  martirio  di  S*- 
Cosifno  e  Damiano  e  degli  altri  è  tanto  ben  fatta, 
che  non  é  possibile  immaginarsi  di  poter  veder 
mai  cosa  fatta  con  più  diligenza,  né  le  pii\  deli- 
cate o  meglio  intese  (igurine  di  quelle.  Dipinse 
similmetite  a  S.  Domenico  di  Fiesole  la  tavola 
deir  aitar  maggiore:  la  qual  perchè  forse  pareva 
che  si  guastasse,  è  stata  ritocca  da  altri  maestri 
e  peggiorata:  Ma  la  predella  ed  il  ciborio  del  Sa* 
cramento  S'>nosi  meglio  mantenuti,  ed  infinite  fi-' 
gurine  che  in  una  gloria  celeste  vi  si  veggiono 
sono  tanto  belle,  che  paiono  veramente  di  para- 
diso, né  può  chi  vi  si  accosta  saziarsi  di  vederle. 
In  una  cappella  della  medesima  chiesa  è  di  sua 
mano  in  una  tavola  la  nostra  Donna  annunziata 
dàir  Angelo  Gabbriello;  con  un  profilo  di  viso 
tanto  devoto,  delicato,  e  ben  fatto,  che  par  vera- 
mente non  da  un  uomo,  ma  fatto  in  paradiso;  e 
nel  campo  del  paese  è  Adamo  ed  Eva,  che  furo- 
no cagione  che  della  Vergine  incarnasse  il  Re- 
dentore. Nella  predella  ancora  sono  alcune  sto- 
riette  bellissime.  Ma  sopra  tutte  le  cose  che  fece 
fra  Giovanni,  avanzò  se  stesso  e  mostrò  la  somma 
virtù  sua  e  V  intelligenza  dell'  arte  in  una  tavo-  . 
la  che  è  nella  medesima  chiesa  allato  alla  porta 
entrando  a  man  manca,  nella  quale  Gesù  Cristo 
incorona  la  nostra  Donna  in  mezzo  a  un  coro 
d'  angeli  e  in  fra  una  moltitudine  infinita  di  santi 
e  sante,  t^nti  in  numero,  tanto  ben  fatti,  e  con  si 
varie  attitudini  e  diverse  arie  di  teste,  che  incre- 
dibile piacere  e  dolcezza  si  sente  in  guardarle  , 
anzi  pare  che  que'spiriti  beati  non  possino  esse- 
re in  cielo  altrimeute,  o  per  meglio  dire,  se  aves- 
sero corpo^  non  potrebbono,  perciocché  tutti  r 


VITA  Di  FKA  GIOVANNI  DA  FIBSOLE  ^87 

sunti  e  le  sante  che  yi  sono  non  solo  sono  TÌTÌe 
con  urie  delicate  e  dolci,  ma  lutto  il  colorito  di 
aueli'  opera  par  che  sia  di  mano  di  un  santo  o 
d'  un  angelo,  come  sono;  onde  a  gran  ragione  fu 
sempre  chiamato  questo  da  hen  religioso  frale 
Giovanni  Angelico,  ^'ella  predella  poi  le  storie 
che  vi  sono  della  nostra  Donna  e  di  S.  Domenico 
sono  in  quel  genere  divine,  e  io  per  me  posso  con 
verità  alfermare,  che  non  veggio  mai  questa  opte- 
rà che  non  mi  paia  cosa  nuova,  né  me  ne  parto 
mai  sazio.  Nella  cappella  similmente  della  l^un- 
ziata  di  Firenze,  che  fece  (are  Piero  di  Cosimo 
de'  Medici,  dipinse  gli  sportelli  dell'  ai  mario  do- 
ve sUtnno  r  argenterie,  di  lii;ure  pìccole  condot- 
te con  molta  diligenza.  Lavorò  tante  cose  questo 
padre  che  sono  per  le  case  de'  cittadini  di  Firen- 
ze, che  io  resto  qualche  volta  maravigliato,  co- 
me tanto  e  tanto  hene  potesse,  eziandio  in  molti 
anni,  condurre  perfettamente  un  uomo  solo.  U 
mollo  reverendo  Don  Vincenzio  Borghini  spe- 
dai ingo  degr  Innocenti  ha  di  mano  di  questo  pa- 
'  dre  una  nostra  Donna  piccola  hellissima,  e  Bar- 
toloramco  Condì,  amatore  di  queste  arti  al  pari 
di  qualsivoglia  altro  gentiluomo,  ha  un  quadro 
gi*aude,  un  piccolo,  ed  una  croce  di  mano  del  me- 
dc!-imo.  Le  pitture  ancoia  che  sono  nell'  arco 
sopra  la  porta  di  S.  Dome  nico  sono  del  medesi- 
mo; e  in  S.  Trinità  una  tavola  della  sagrestia  do- 
ve è  un  deposto  di  croce  ,  nel  quale  mise  tanta 
diligenza,  che  si  può  fra  le  migliori  cose  che  mai 
face.«se  annoverare.  In  S.  Francesco  fuor  della 
porta  a  S.  Miniato  è  una  ?(unziata,  e  in  S.  Malia 
piovclla,  oltre  alle  cose  dette,  dipinse  di  storie 
piccole  il  cereo  pasquale  ed  alcuni  reliquieriche 
nclic  maggiori  solennità  si  pongono  in  £uir  alta^ 


d38  PARTE     3EC0NDA 

ra.  Nella  baclia  della  medesima  crttÀ  fece  sopra 
una  porta  del  chiostro  un  S.  Benedetto  che  ac- 
cenna silensìo.  Fece  a*Linaiaoli  una  tarola  che  è 
nell*  uffizio  deli'  arte  loro:  e  in  G  >rtona  un  ar* 
chetto  sopra  la  porta  della  chiesa  del  l'ordine  suo^ 
e  similmente  la  tavola  dell'  aitar  maggiore.  In 
Orvieto  cominciò  in  una  volta  della  cappella 
della  Madonna  in  duomo  certi  profeti  y  che  p<yl 
furono  finiti  da  Luca  da  Cortona.  Per  la  compa- 

gnia  del  Tempio  di  Firenze  fece  in  una  tavola  un 
risto  morto,  e  nella  chiesa  de' monaci  degli  An- 
geli un  paradiso  ed  un  inferno  di  figure  piccolo, 
nel  quale  con  bella  osservanza  fece  i  beati  bellis- 
simi e  pieni  dì  giubbilo  e  di  celeste  letizia,  ed  i 
dannati  apparecchiati  alle  pene  dell'  inferno  in 
varie  guise mestÌ88iini,e  portanti  nel  volto  impres- 
so il  peccato  e  demerito  1 01*0;  i  beati  si  veggiono 
entrare  celestemente  ballando  per  la  porta  dei 
paradiso,  ed i  dannati  dai  demani  all'inferno  nel- 
l'eterne pene  strascinati  .^Questa  opera  è  in  detta 
chiesa  andando  verso  l'  aitar  maggiore  a  man 
ritta,  dove  sta  il  sacerdote,quando  si  cantano  le 
messe,  a  sedere  .  Alle  m  quache  di  S.  Piero  mar- 
tire che  oggi  stanno  nel  monasterio  di  S.  Felice 
in  piazza,  il  quale  era  dell'  ordine  di  Camaldoli, 
fece  in  una  tavola  la  nostra  D  mna,  S.  Gio.  Bat- 
tista, S:  Domenico,  S.  Tommaso,  e  S.  Piero  mar- 
tire con  figure  pit;cole  assai .  Si  vede  anco  nel 
tramezzo  di  S.  Maria  Nuova  una  tavola  di  sua 
mano.  Per  questi  tanti  lavori ,  essendo  chiara 
])er  tutta  italta  la  fama  di  fra  Giovanni,  Pap« 
Piccola  V  mandò  per  lui ,  ed  in  Roma  gli  fece 
fare  la  cappella  del  palazzo,  dove  il  papa  ode  la 
messa,  con  un  deposto  di  croce  ed  alcune  storie 
di  S0  Lorenzo  bellissime >  e  mininr  alcuni  libri. 


\1TA  IH  FRA  GIOVANNI  DA  ^tSOLK  tl3$ 

ehe  sono  bellissimi .  Nella  MiliertA  ^ece  It  U- 
Tola  dell*  aitai*  ttiag^iore  ed  iitia  Noiiftiata)  che 
ora  é  accanto  alla  cappella  grande  appoggiata  ad 
nn  muro.  Fece  anco  per  il  detto  papa  la  cap)jella 
de!  Sacramento  in  palatzo ,  cliè  fu  poi  roYÌiiatA 
da  Paolo  III  per  dirisiarti  le  fxmlé^  nella  quatt 
opera ,  che  era  eccelletite  in  quella  maniera  soay 
arcTa  lavorato  in  fresco  alcune  storie  della  tità 
di  Gesù  Cristo, e  fattori  molti  ritratti  di  naturale 
di  persone  segnalate  di  que' tempii  i  quali  per 
aVtentura  sarebbono  oggi  perduti ,  se  il  Gìotìo 
non  aresse  fattone  ricavar  questi  per  il  suo  mii<^ 
seo  :  Papa  Nicola  V ,  Federigo  Imperatore  che 
in  quel  tempo  venne  in  Ititlia ,  frate  Antonino  cke 
fu  poi  arcirescoTO  di  Firrute ,  il  Biondo  da  For* 
n,  e  Ferrante  d'Aragoua.  E  perebé  al  papa  panr* 
fra  Giovanni,  siccome  era  -veramente,  persona 
di  santissima  vita ,  quieta  e  modesta ,  vacando 
l'arcivescovado  in  quel  fetnpodi  Firenie  l'aveva 
giudicato  degno  di  quel  gfado,  quatodo  intéYiden-' 
do  ciò  il  detto  frate ,  supplicò  a  sua  Santità  cbe 
provvedesse  d'un  altro,  percicccliè  non  si  sen- 
tirà atto  a  governar  popoli;  ma  cbe  aret^do  la 
sua  religione  un  frate  amorevole  de' povert,  dot- 
tissimo ,  di  governo  ,  e  timorato  dS  Dio ,  sa- 
rebbe in  lui  molto  meglio  quella  dignità  colloca-» 
ta  che  in  se.  H  papa  sentendo  ciò  e  ricordandosi 
che  quello  che  diceva  era  ver^>,  gli  fc€te  la  grazia 
liberamente  ;  e  cosi  fti  fatto  arcitescoto  di  Fio* 
renza  frate  Antonino  dell'  ordine  de'Predlca*- 
tori  ,  uomo  veramente  per  santità  e  dottrina 
chiarissimo y  ed  insamma  tale,  che  meritò  cbé 
Adriano  VI  lo  canouizasse  a'tempi  nostri.  FVk 
gran  bontà  quella  di  fra  Giovanni, e  nel  vero  cosa 
rarissima ,  concedere  una  dignità  ed  uno  ouorè 


24o  VAKTE     SECONDA 

carico  cosi  crande  a  se  offerto  da  un  sommo  poiv? 
tefice  9  a  colui  che  egli  con  buon  occhio  e  since- 
rità di  cuore  ne  giudicò  molto  più  di  se  degno. 
Apparino  da  questo  santo  uomo  i  religiosi  de'tem- 

Si  nostri  a  non  tirarsi  addosso  quei  carichi  che 
egnamente  non  possono  sostenere,  ed  a  cedergli 
a  coloro  che  degnissimi  ne  sono.  E  volesse  Dio,  per 
tornare  a  fra  Giovanni,  sia  detto  con  pace  de 'buo- 
ni, che  cosi  spendessero  tutti  i  religiosi  uomini 
il  tempo ,  come  fece  questo  padre  veramente  an- 
gelico, poiché  spese  tutto  il  tempo  della  sua  vita 
in  servigio  di  Dio  e  benefizio  del  mondo  e  del 
prossimo.  £  che  più  si  può  o  deve  disiderare,  che 
acquistarsi  vivendo  santamente  il  regno  celeste , 
«  virtuosamente  operando  etema  fama  nel  mon- 
do? £  nel  vero  non  poteva  e  non  doveva  discen- 
dere una  somma  e  straordinaria  virtù ,  come  lu 
quella  di  fira  Giovanni ,  se  non  in  uomo  di  san- 
tissima vita  ;  perciocché  devono  coloro  che  in 
cose  ecclesiastiche  e  sante  s' adoperano  essere 
ecclesiastici  e  santi  uomini,  essendo  che  si  vede, 
quando  cotali  cose  sono  operate  da  persone  che 
poco  credono  e  poco  stimano  la  religione ,  che 
spesso  fanno  cadere  in  mente  appetiti  disonesti 
e  vofflie  lascive,  onde  nasce  il  biasimo  dell'opere 
nel  disonesto,  e  la  lode  nell'artificio  e  nella  vir- 
tù •  Ma  io  non  vorrei  già  che  alcuno  s'ingannasse 
intei*peti^ndo  il  goffo  ed  inetto ,  devoto  ;  ed  il 
bello  e  buono,  lascivo;  come  fanno  alcuni,  i  quali 
vedendo  figure  o  di  femmina  o  di  giovane  un 
poco  più  vaghe  e  più  belle  ed  adorne  che  l'or- 
dinario, le  pigliano  subito  e  giudicano  per  lascive; 
non  si  avvedendo  che  a  gran  torto  dannano  il  buon 
giudizio  del  pittore,  il  quale  tiene  i  santi  e  san- 
te >  che  sono  celesti,  tanto  più  belli  della  natm'a 


VITA  DI  FRA  GIOVANKI  DA  FIE80LC  %^i 

mortale,  quanto  avaiita  il  cielo  la  terrena  beU 
lezi^a  e  l'opere  nostre:  e  che  é  peggio^  scuoprono 
l'animo  loro  infetto  e  ooiTotto,  cavando  male  e 
voglie  disoneste  di  quelle  cose,  delle  quali,  se 
e'fussino  amatori  deilonestOy  come  in  quel  loro 
selo  sciocco  Togliono  dimostrare,  verreblie  loro 
disiderio  del  cielo  e  di  farsi  accetti  al  creatore  di 
tutte  le  cose ,  dal  quale  perfettissimo  e  bellissimo 
nasce  ogni  pexCexione  e  nellezza .  Che  farebbotfio^ 
o  é  da  credere  che  facciano  questi  cotali ,  se  dóve 
fossero  osono  bellezze  vive,  accompagnate  da  la- 
scivi costumi ,  da  parole  dolcissime ,  da  movi-^ 
menti  pieni  di  grazia,  e  da  occhi  che  rapiscono 
i  non  ben  saldi  cuori,  si  ritrovassero  o  si  ritrova- 
no, poiché  la  sola  immagine  e  quasi  ombra  del 
bello  cotanto  li  comn^ove  ?  Ma  non  perciò  vorrei 
che  alcuni  credessero ,  che  da  me  fussero  appror 
vate  quelle  figure  ehe  nelle  chiese  sono  dipinte 
poco  meno  che  nude  del  tutto  ;  perché  in  cotali 
si  vede  che  il  pittore  non  ha  avuto  quella  consi- 
derazione che  doveva  al  luogo  .  Perchè  quando 
.  pure  si  ha  da  mostrare  quanto  altri  sappia  ,8Ì  deve 
lare  con  le  debite  circostanze ,  ed  aver  rispetto- 
alle  persone,  a' tempi,  ed  ai. luoghi .  Fu  fra  Gio^* 
vanni  semplice  uomo  e  santissimo  ne'suoi  costu- 
mi ,  e  questo  faccia  segno  della  bontA  sua  ,  chi» 
volendo  una  mattina  Papa  Niccpia  V  dargli' desi^ 
Dare,  si  fece  coscienza  di  mangiar  della  carne  sen- 
sa  licenza  del  suo  priore ,  non  pensando  aH'au« 
torità  del  pontefice .  Schivò  tutte  le  ariosi  del 
mondo ,  e  puramente  e  santamente  vivendo  fu 
de' poveri  tanto  amico,  quanto  penso  che  sia  ora 
l'anima  sua  del  cielo.  Si  esercitò  continuamente 
nella  pittura,  né  mai  volle  lavorare  altre  cose  che 
di.  santi .  Potette  esser  ric<;o  e  non  senecurò,ao«i 


^^1  PAKTS     SECONDA 

usava  dire  che  la  vera  ricchezza  Don  è  altro  ch« 
contentarsi  del  poco.  Potette  comandare  a  molti 
e  non  voile  ,  dicendo  esser  men  fetica  e  manco 
errore  ubbidire  altrui .  Fu  in  suo  arbitrio  avere 
dignità  ne* frati  e  fuori,  e  non  le  stimò,  afferman- 
do  non  cercare  altra  dignità  y  che  cercare  di  fug- 
gire l'inferno  ed  accostarsi  al  paradiso.  E  di  vero 
3ual  dignitÀ  si  può  a  quella  paragonare ,  la  qual 
ovrebbono  i  religiosi ,  anzi  pur  tutti  gli  uomini 
cercare ,  e  che  in  solo  Dio  e  nel  vivere  virtuosa* 
mente  si  ritrova  ?  Fu  umanissimo  e  sobrio ,  e  ca- 
stamente vivendo  dai  lacci  del  mondo  si  sciolse, 
usando  spesse  fiate  di  dire  che  chi  faceva  que- 
st'arte y  aveva  bisogno  di  quiete  e  di  vivere  senza 
pensieri  ;e  che  chi  ^a  cose  di  Cristo ,conGrÌ8to  deve 
star  sempre .  Non  fu  mai  veduto  in  collera  tra  i 
frati  f  il  che  grandissima  cosa  e  quasi  impossibile 
mi  pare  a  credere;  e  sogghignando  semplicemente 
aveva  in  costume  d* ammonire  gli  amici.  Con 
amorevolezza  incredibile  a  chiunque  ricercava 
opere  da  lui  diceva ,  che  ne  facesse  esser  contento 
il  priore,  e  che  poi  non  mancherebbe .  Insomma 
fu  questo  non  mai  abbastanza  lodato  Padre  in  tut- 
te 1  opere  e  ragionamenti  suoi  umilissimo  e  mode- 
sto y  e  nelle  sue  pitture  facile  e  devoto;  ed  i  san- 
ti che  e^li  dipinse  hanno  più  aria  e  somiglianza 
di  santi,  che  quelli  di  qualunque  altro  •  Aveva 
per  costume  non  ritoccare  né  racconciare  mai  al- 
cuna sua  dipintura ,  ma  lasciarle  sempre  in  quel 
modo  che  erano  venute  la  prima  volta,  per  crede- 
re, secondo  ch*egli  diceva,  che  cosi  fusse  la  vo- 
lontà di  Dio .  Dicono  alcuni  che  fra  Giovanni  non 
arebbe  messo  mano  ai  pennelli,  se  prima  non 
avesse  fatto  orazione .  Non  fece  mai  Crocifisso 
che  non  si  bagnasse  le  gote  di  lagrime;  onde  si 


VITA  DI  FRA  GIOTANNI  DA  FIISQLE  ^43 

«lonosce  nei  Tolti  e  neirattitudini  delle  sue  figure 
la  bontà  del  sincero  e  grande  animo  suo  nella  re- 
ligione cristiana.  Mori  d'anni  scMantotto  nel 
t4^5,  e  lasciò  suoi  discepoli  fienozzo  Fiorentino 
che  imiti  sempre  la  sna  maniera ,  Za nobi  Strozzi 
che  fece  ooadri  e  tavole  per  tutta  Fiorenza  per 
le  case  de  cittadini,  e  particolarmente  una  tavola 
posta  oggi  nel  tramezzo  di  S.  Maria  I>IoTella  allato 
a  quella  di  ira  Giovanni,  e  una  in  S.  Benedetto 
monasterio  de*monaci  di  Camaldoli  fuor  della 
porta  a  Pinti ,  oggi  rovinato,  la  quale  è  al  pre- 
sente nel  monasterio  degli  Angeli  nella  chiesetta 
di  S.  Michele ,  innanzi  che  si  entri  nella  princi- 
pale >  a  man  ritta  andando  verso  T aitare ,  appog* 
giata  al  muro  ;  e  similmente  una  tavola  in  S.  Lu» 
eia  alla  cappella  de'PÌasi,ed  un'altra  in  S.Romeo; 
ed  in  guardaroba  del  duca  è  il  ritrattodìGiovanni 
di  Bicci  de'Medici  e  quello  di  Bartolommeo  Va- 
lori in  uno  stesso  quadro  di  mano  del  medesimo» 
Fu  anco  discepolo  di  fra  Giovanni  Gentile  dm 
Fabriano  e  Domenico  di  Michelino ,  il  quale  in 
Sé  Apollinare  di  Firenze  fece  la  tavola  air  aliare 
di  S.Zanobi  ed  altre  molte  dipinture.  Fu  sepolto 
tra  Giovanni  dai  suoi  frati  nella  Minerva  di  Roma 
lungo  l'entrata  del  fianco  appresso  la  sagrestia  in 
un  sepolcro  di  marmo  tondo,  e  sopra  esso  egli  ri- 
tratto di  naturale.  Nel  marmo,  si  legge  intagliato 
questo  epitaffio  : 

Non  mihi  sii  laudi jtjttoéteramsfrtut alter  ApelUSy 
Scd  (fuod  lucra  tuis^  omnia ,  Christe^  dabam  x 

Altera  nam  iern's^  opera  extant ,  altera  cacio  • 
Urbs  me  Joanntmflos^  tulii  Etruriae , 

Sono  di  mano  di  fra  Giovanni  in  Santa  Maria 
del  Fiore  due  grandistimi  libri  miniati  divina- 


244  PARTE    SECONDA 

mente,  i  quali  sono  tenuti  con  molta  renerazione 
e  riccamente  adomati ,  né  si  Teggiono  se  non 
ne'  giorni  solennissimi  . 

Fu  ne'  medesimi  tempi  di  fra  Giovanni  cele- 
bre e  famoso  miniatore  unAttavante  Fiorentino, 
del  quale  non  so  altro  coenome ,  il  quale  fra 
molte  altre  cose  miniò  un  SiTio  Italico  cne  è  oggi 
in  S.  Giovanni  e  Paolo  di  Vinesia  ;  della  quale 
opera  non  tacerò  alcuni  particolari,  si  perchè 
sono  desni  d'  essere  in  cognizione  degli  artefici  , 
sì  perche  non  si  troya  eh*  io  sappia  altra  opera 
di  costui  ;  né  anco  di  questa  ayerei  notizia  ,  se 
Taffezione  che  a  queste  nobili  arti  porta  il  molto 
rey.  Af .  Cosimo  Bartoli  gentiluomo  fiorentino  non 
mi  avesse  di  ciò  dato  notizia,  acciò  non  stia  come 
sepolta  I^  virtù  di  Attayante.In  detto  libro  dunque 
la  figura  di  Silio  ha  in  testa  una  celata  cristata 
d' oro  ed  una  corona  di  lauro ,  indosso  una  co- 
razza azzurra  tocca  d'  oro  all'  antica,  nella  man 
destra  un  libro,  e  la  sinistra  tiene  sopra  una  spa- 
da corta .  Sopra  la  corazza  ha  una  clamide  rossa 
affibbiata  con  un  gruppo  dinanzi  e  gli  pende 
dalle  spalle  fregiata  d' oro  ,  il  rovescio  della 
quale  clamide  apparisce  cangiante  ,  e  ricamato 
a  rosette  d' oro.  Ha  i  calzaretti  gialli ,  e  posa  in 
sul  pie  ritto  in  una  nicchia .  La  figura  ,  che  dopo 
in  questa  opera  rappresenta  Scipione  AfFricano  , 
ha  indosso  una  corazza  gialla  ,  i  cui  pendagli  e 
maniche  di  colore  azzurro  sono  tutti  ricama  ti 
d'oro .  Ha  in  capo  una  celata  con  due  aliette  e  d 
un  pesce  per  cresta  .  L'effigie  del  giovane  è  bel- 
lissima e  bionda, ed  alzando  il  destro  braccio  fie- 
ramente ha  in  mano  una  spada  nuda ,  e  nella 
stanca  tiene  la  guaina  che  e  rossa  e  ricamata 
4'  oro ,  Le  calze  sono  di  color  verde  e  semplici; 


TITA  M  FRA  «lOTANNI  DA  FIESOLS       ^45 

«  la  clamide  che  è  auurra  ,  ha  il  di  dentro  rosao 
tK)n  un  fregio  attomod*oro^  ed  aggruppata  avanti 
«Ila  fontanella ,  lascia  il  dinanzi  tutto  aperto  , 
cadendo  dietro  con  bella  grasia  .  Questo  giovane 
che  è  in  una  nicchia  di  mischi  verdi  e  bertini  con 
calzari  aiznrri  ricamati  d'  oro  ,  guarda  con  fe- 
rocità inestimabile  Annibale  che  gli  é  all'incon- 
tro neir  altra  faccia  del  libro  •  £'  la  figura  di 
questo  Annibale  d' etA  d' anni  trentasei  in  circa, 
^a  due  crespe  sopra  il  naso  a  guisa  di  adirato  e 
stizzoso  9  e  guarda  ancor  esso  fiso  Scipione  .  Ha 
in  testa  una  celala  gialla  ,  per  cimiero  un  drago 
verde  e  siallo  ,  e  per  ghirlanda  un  serpe .  Posa 
in  sul  pie  stanco^d  alzato  il  braccio  destro,  tie- 
ne con  esso  un'  asta  d*un  pilo  antico  ovvero  par- 
tigianetta  .  Ha  la  corazza  azzurra  ed  i  pendagli 
parte  azzurri  e  parte  già  11  i,  con  le  maniche  can- 
gianti d'azzurro  e  rosso,  ed  i  calzaretti  gialli.  La 
clamide  è  cangiante  di  rosso  e  giallo  aggruppata 
in  sulla  spalla  destra  e  foderata  di  verde  ,  e  te- 
nendo la  mano  stanca  in  sulla  spada,  posa  in  una 
nicchia  di  mischi  gialli  ,  bianchi  e  cangianti  . 
Neir  altra  faccia  è  Papa  Niccola  V  ritratto  di 
naturale  con  un  manto  cangiante  pagonazzo  e 
rosso  e  tutto  ricamato  d*  oro. .  £'  senza  barba  in 
profilo  afifatto^e  guarda  verso  il  principio  dell'o- 
pera che  è  dirincontro ,  e  con  la  man  destra 
accenna  verso  quella,  quasi  maravigliandosi .  La 
nicchia  è  verde  ,  bianca  e  rossa  .  ^'el  fregio  poi 
sono  certe  mezze  figurine  in  un  componimento 
fiitto  d*  ovati  e  tondi  ed  altre  cose  simili  con  una 
infinità  d' uccelletti  e  puttini  tanto  ben  fatti , 
che  non  si  può  più  disiderare.  Vi  sono  appresso 
in  simile  maniera  Annone  Cartaginese  ,  Asdru- 
bale,  Lelio ,  Massinissa  ,  C.  Salinatore  ,  Nerone  ;, 


a46  FAKTB    SBCOUDA 

Sempronio  ,  M.  Marcello,  Q.  Fabio  >  l'altro  Sci- 
pione  ,  e  Vibio  .  Nella  fine  del  libro  si  rede  un 
Maii;e  sopra  una  carretta  antica  tirata  da  due 
cavalli  rossi  ;  ha  in  testa  una  celata  rossa  e  doro 
con  due  ali*  tte  ,  nel  braccio  sinistro  uno  scudo 
antico  che  lo  sporge  innansi,  e  nella  destra  una 
spada  nuda  .  Posa  sopra  il  pie  manco  solo  ,  te* 
nendo  V  altro  in  aria  .  Ha  una  corassa  all'  antica 
tutta  rossa  e  d'  oro  ,  e  simili  sono  le  calse  ed  i 
calzaretti .  La  clamide  é  a  ssurra  di  sopra  ,  e  di 
sotto  tutta  yerde  ricamata  d' oro  .  La  carretta  è 
coperta  di  drappo  rosso  ricamato  d' oro  con  una 
banda  d'  ermellini  attorno  y  ed  é  posta  in  una 
campagna  fiorita  e  verde  ,  ma  fra  scogli  e  sassi  » 
e  da  lontano  si  vede  paesi  e  città  in  un'aere  d'as* 
curro  eccellentissimo  .  Neil'  altra  faccia  un  Net- 
tuno gioyaue  ha  il  vestito  a  guisa  d'  una  camicia 
lunga ,  ma  ricamata  attorno  del  colore  che  é  la 
ten*etta  verde .  La  carnagione  è  pallidissima  • 
Nella  destra  tiene  un  tridente  piccoletto  e  con  la 
sinistra  s'alza  la  vesta.  Posa  con  amendue  i  piedi 
sopra  la  carretta^che  è  coperta  di  rosso  ricamato 
d'oro  e  fregiato  intoiiio  di  zibellini.  Questa  car- 
retta ha  quattro  ruote  ,  come  quella  del  Marte  , 
ma  è  tirata  da  quattro  delfini:  son vi  tre  ninfe 
marine  ,  due  putti  ,  ed  infiniti  pesci  fatti  tutti 
d'  un  acquerello  simile  alla  terretta  ,  e  in  aere 
bellissime  .  Vi  si  vede  dopo  Cartagine  disperata, 
la  quale  è  una  donna  ritta  e  scapigliata  ,  e  di 
sopra  vestita  di  verde ,  e  dal  fianco  in  giù  aperta 
la  veste,  foderata  di  drappo  rosso  ncamato  d'oro; 
per  la  quale  apritura  si  viene  a  vedere  un'  altra 
veste,  ma  sottile  e  cangiante  di  paonazzo  e  bian- 
co .  Le  maniche  sono  rosse  e  d*  oro  con  certi 
sgonfi  e  svolazzi  che  fa  la  vesta  di  Sopra  •  Forge 


TITA  DI  FM  GIOVAnìf  I  DA  FllflOU       247 

Im  mano  stanca  Terso  Roma  che  Tè  all'  incontro, 
quasi  dicendo  .••Cbe  tuoi  tu  ?  lo  ti  risponderò  . 
É  nella  destra  ha  una  spada  nuda  ,  come  infu- 
riata .  I  calibri  sono  azturri ,  e  posa  sopra  uno 
scoslio  in  rae^£o  del  mare  circondato  da  un*aria 
Jiellissima  .  Roma  è  una  gioTane  lanto  bella 
quanto  può  uoim^  immaginarsi ,  scapigliata  con 
certo  trecce  fatte  con  infinita  grjumr ,  e  Testita 
di  rosso  puramente  con  un  solo  ricamo  da  piede. 
Il  roTcscio  della  Teste  è  giallone  la  Teste  di  sotto 
che  per  l'aperto  si  Tede  e  di  cangiante  paonazzo 
e  bianco  .  l  caUari  sono  Terdì.  Isella  man  destra 
ba  uno  scettro  ,  nella  sinistra  un  mondo ,  e  posa 
ancora  essa  sopra  uno  scoglio  in  meizo  d'un  aere 
cbe  non  può  essere  più  bello .  Ma  sebbene  io  mi 
sono  ingegnato,  come  ho  saputo  il  meglio  ,  di 
mostrare  con  quanto  artifizio  fussero  queste  fi- 
gure da  AttaTante  laTorate  ,  ninno  creda  però 
cbe  io  abbia  detto  pure  una  parte  di  quello  cbe 
si  può  dire  della  bellezza  loro  y  essendo  cbe  per 
cose  di  que'  tempi ,  non  si  può  di  minio  Teder 
meglio  nò  laToro  fatto  con  piò  inTcnzione  ,  giu- 
dizio e  disesno:  e  sopratutto  i  colori  non  possono 
essere  più  belli  né  più  delicatamente  ai  luogbi 
loro  posti  con  grasiosissima  grazia  « 


LS-iTlT  3AT?  AL:1iBI}^v'; 


VITA 
DI  LEON  BATTISTA  ALBERTI 

ARCHITETTO  FIORKNTIKO. 


vJTtimdnrixna  comoditi  arrecano  le  lettere  nni^ 
TerFalmente  a  tutti  quegli  artefici  che  di  auelle 
si  dilettano  ,  ma  pai*ticolarmente  agli  scultori , 
pittori  «d  uicbitrtti  ,  aprendo  la  Tia  ail'  inTcn^ 
£ÌoDÌ  di  tutte  l'opere  che  si  fanno,  sema  che  non 
può  essere  il  giudiiio  perfetto  in  una  persona 
(ahhia  pur  naturole  a  suo  modo)  la  quale  sia  pri- 
vata dell'  accidentale,  cioè  della  compagnia  delie 
buone  lettere  ;  perchè  chi  non  sa  che  nel  situare 
'gli  edifizj  bisogna  filose  fica  mente  schifare  la  gra- 
Yccza  de  Tenti  pestiferi ,  la  insalubrità  deiraria , 
i  puzzi  e  sapori  deiracaue  crude  e  non  salutife- 
re ?  Chi  non  conosce  ,clie  bisogna  con  matura 
considerazione  sapere  o  fuggire  o  apprendere 
per  se  solo  ciò  che  si  cerca  mettere  in  opera  , 
senza  aTere  a  raccomandarsi  alla  mere  é  deir  al- 
trui teorica  ,  la  quale  separata  dalla  pratica  ,  il 
più  delle  volte  giova  assai  poco?  Ma  quando  elle 
ai  abbattono  per  avventura  a  esser  insieme,  non 
è  cosa  che  più  si  convenga  alla  vita  nostra  ,  si 
perché  l'arte  col  mezzo  della  scienza  diventa 
moko  più  perfetta  e  più  ricca,  sì  perchè  i  consi- 
gli e  gli  scrìtti  de'dotti  artefici  hanno  in  se  mag- 
gior efficacia  e  magffior  credito ,  che  le  parole  o 
r  opere  di  coloro  che  non  sanno  altro  che  ub 
semplioe  «aercizio  ,  o  bene  o  male  che  se  lo  fac- 
ciano. £  che  tutte  queste  cose  siano  vere,  si  tede 


35o  l»ÀltTE     flECOlVDA 

manifestamente  in  Leon  Battista  Alberti,  il  qua- 
le per  avere  atteso  al  la  lìngua  latina  e  dato  opera 
air  architettura  ,  alla  prospettiva  ,  ed  alla  pit* 
tura  y  lasciò  i  suoi  libri  scritti  di  maniera  ,  che 
per  non  essere  stato  fra  gli  artefici  moderni  chi 
le  abbia  saputo  distendere  con  la  scrittura ,  an- 
corché infiniti  ne  siano  stati  più  eccellenti  di  lui 
nella  patria  ;  e  si  erede  comunemente  )  tanta 
forza  nanno  gli  scritti  suoi  nelle  penne  e  néitb 
lingue  de'  dotti  )  che  egli  abbia  «avanzato  tutti 
coloro  che  hanno  avanzato  lui  con  T  operare  • 
Onde  sì  vede  per  esperienza,  quanto  alla  fama 
ed  al  nome  ,  che  fra  tutte  le  cose  gli  scritti  sono 
di  maggior  forza  e  di  maggior  vita  ;  atteso  che  i 
libri  agevolmente  vanno  per  tutto  e  per  tutto  si 
acquistano  fede  y  pur  che  siano  veritieri  e  senza 
menzogne.  Non  è  maraviglia  dunque^  se,  più  che 
per  r opere  manuali,  è  conosciuto  per  le  scrit* 
ture  il  famoso  Leon  Battista  ;  il  quale  nato  in 
Fiorenza  della  nobilissima  famiglia  degli  Alber- 
ti ;  della  quale  si  è  in  altro  luogo  ragionato ,  at- 
tese non  solo  a  cercare  il  mondo  e  misurare  le 
antichità ,  ma  ancora ,  essendo  a  ciò  assai  incli- 
nato y  molto  più  allo  scrivere  che  air  operare  • 
Fu  bonissimo  aritmetico  e  geometrico  y  e  scrisse 
del  l'architettura  dieci  li  bri  in  lingua  latina  pub- 
blicati da  lui  nel  i485,ed  oggi  si  leggono  tradotti 
in  lingua  fiorentina  dal  rev.  M.  Cosimo  Bartoli 
preposto  di  S.  Giovanni  di  Firenze  •  Scrisse  delia 

Sittura  tre  libri  oggi  tradotti  in  lingua  toscana 
a  M.  Lodovico  Domenichi:  fece  t  un  trattato 
de'  tirari  ed  ordini  di  misurar  altezze  ,  i  libri 
della  vita  civile  ,  ed  alcune  cose  amorose  in  pro- 
sa ed  in  versi  ;  e  fu  il  primo  che  tentasse  di  ri- 


VITA  DI  LIOH  BATTISTA  ALBSETI        %Sl 

durre  i  Tersi  rolgari  alla  misura  de'  ktini ,  c<^ 
me  si  Tede  in  quella  sua  epistola  t 

Questa  ptr  eMrcma  miserabile  pistola  mando 
A  te  che  spregi  miseramente  noi  : 

Capitando  Leon  Battista  a  Roma  |al  tempo  di 
Hiecola  V,che  ateya  col  suo  modo  di'faLbricare 
messo  tutta  Boma  sottosopra  ,  diteone ,  per 
mezzo  del  Biondo  da  Forlì  suo  amicissimo ,  ia- 
miliare  del  papa  ,  che  prima  si  consigliaTa  nelle 
cose  di  arcbitettura  con  Bernardo  Bossellino 
scultore  ed  architetto  fiorentino  ,  come  si  diià 
nella  yita  d'Antonio  suo  fratello  .  Costui  ayendo 
messo  mano  a  rassettare  il  palazzo  del  papa  ed 
«  fare  alcune  cose  in  S.  Maria  Maggiore  ,  come 
Tolle  il  papa 9  da  indi  innanzi  si  consigliò  sempre 
con  Leon  Battista  :  onde  il  pontefice  col  parere 
deir  uno  di  questi  duoi  y  e  coli'  eseguire  dell'  al- 
tro, fece  molte  cose  utili  e  degne  di  esser  lodate; 
come  furono  il  condotto  dell'  acqua  Vergine  , 
il  quale  j  essendo  guasto  ,  si  racconciò  >  e  si  fece 
la  fonte  in  sulla  piazza  de'  TreTi  con  quegli  or- 
namenti di  marmo  che  tì  si  yeggiono  ,  ne'  quali 
aono  r  arme  di  quel  pontefice  e  del  popolo  ro- 
mano .  Dopo  andato  al  Sig.  i^igifmondo  Malate* 
sti  d'  Arimini  ,  gli  fece  il  modello  della  chiesa  di 
S«  Francesco,  e  quello  della  facciata  particolar- 
mente che  fu  fatta  di  martzii ,  e  cosi  la  rivolta 
della  banda  di  verso  mezzo  giorno  con  archi 
grandissimi ,  e  sepolture  per  uomini  illu«tri  di 
quella  città  •  Insomma  ridusse  quella  fabbrica 
in  modo  che,  per  cosa  soda  ,  eli'  è  uno  de'  pia 
famosi  temp]  a' Italia  •  Dentro  ha  sei  cappelle 
kellisaimc  ^  una  delle  quali  dedicata  a  S.  leroni- 


25a  P  AKtt    SÌLtOftÙA 

mo  è  molto  ornata  ,  serbandosi  in  essa  molte  Té« 
liquie  Tenute  di  GerusHiem  .  Nella  medesima  è 
la  sepoltura  del  detto  8ig.  Sigismondo  e  quella 
della  moglie  fatte  di  marmi  molto  riccamente 
Tanno  i^fìo ,  e  sopra  una  è  il  ritratto  di  esso 
Signore  ,  ed  in  altra  parte  di  quell*  opera  quello 
di  Leon  Battista  .  L'  anno  poi  1457  che  fu  tro^ 
rato  V  utilissimo  modo  di  stampare  i  libri  da 
Giovanni  Guittemberg  Germano  ,  trovò  LieoB 
Battista' a  quella  similitudine  per  via  d'uno  stru- 
mento il  modo  di  lucidare  le  prospettive  natu* 
rali  e  diminuire  le  figure  ,  ed  il  modo  parifnente 
da  poterenduiTc  le  cose  piccole  in  maggior  for- 
ma e  r  ingrandi  rie  :  tutte  cose  capricciose  y  utili 
air  arte  ,  e  belle  affatto  .  Volendo ,  ne'  tempi  di 
Leon  Battista  ,  Giovanni  di  Paolo  Rucellai  fare 
a  sue  spese  la  facciata  principale  di  S.  Maria  No- 
vella tutta  di  marmo,  ne  parlo  con  Leon  Battista 
suo  amicissimo ,  e  da  lui  avuto  non  solamente 
consiglio  ,  ma  il  disegno  ,  si  risolvette  di  volere 
ad  osni  modo  far  queir  opera  per  lasciar  di  se 
quella  memoria  ;  e  così  fattovi  metter  mano  ,  fu 
finita  Tanno  1477  con  molta  sodisfasione  dell'u- 
niversale 9  a  cui  piacque  tutta  T  opera  ,  ma  par- 
ticolarmente la  porta  ,  nella  quale  si  vede  che 
durò  Leon  Battista  più  che  mediocre  fatica  .  A. 
C  »simo  Rucellai  lece  similmente  il  disegno  del 
palazzo  y  eh'  egli  fece  nella  strada  che  si  chiama 
la  Vigna  ,  e  quello  della  loggia  che  gii  è  dirim- 
petto, nella  quale  avendo  girati  gli  archi  sopra 
le  colonne  strette  nella  faccia  dinanzi  e  nelle  te- 
ste ,  perchè  volle  seguitai'e  i  medesimi  e  non 
fare  un  arco  solo,  gli  avanzò  da  ogni  banda  spa- 
f.io  ;  onde  fu  forzato  fare  alcuni  risalti  ne'  canti 
di  dentro .  Quando  poi  volle  girare  l' arco  della 


.     VITA  DI  LEON  BATTISTA  ALBCRTI     %5S 

Tolta  di  dentro  ,  veduto  non  potere  dargli  il  se- 
sto del  meczo  tondo  die  veniva  stiacciato  e  goffO| 
si  risolvette  a  girare  in  su  i  canti  da  un  ris<ilto 
air  altro  certi  archetli  piccoli  ,  mancandogli 
quel  giudizio  e  disegno ,  che  Fa  apertamente  co- 
noscere che  oltre  alia  scienza  bisogna  la  pratica; 
perché  il  giudizio  non  hi  può  mai  far  pei*ietto  , 
se  la  scienza  operando  non  si  mette  in  ieratica  . 
Dicesi  che  il  medesimo  fece  il  disegno  della  casa 
ed  orto  de'  medesimi  Rucellai  nella  via  della 
Scala  ;  la  quale  è  fatta  con  molto  giudizio  e  c<^ 
medissima  ,avrndo  oltre  agli  altri  molti  agi, due 
logge^una  volta  a  mezzogiorno  e  l'altra  a  ponen- 
te, amendue  bellissime  e  fatte  senza  archi  sopra 
le  colonne  ;  il  qual  modo  é  il  vero  e  proprio  che 
tennero  gli  antichi;  perciocché  gli  architravi  che 
son  posti  sopra  i  capitelli  delle  colonne  spiana- 
no  ,  laddove  non  può  una  cosa  quadra ,  come 
sono  gli  archi  che  girano  ,  posare  sopra  una  co^ 
lonna  tonda  ,  che  non  posino  i  canti  in  falso  • 
Adunque  il  buon  modo  di  f»re  vuole  che  sopre 
le  colonne  si  posino  gli  architravi ,  e  che  quando 
si  vuol  girare  archi ,  si  facciano  pilastri  e  noo 
colonne.  Per  i  medesimi  Rucellai  in  questa  stessa 
maniera  fece  Leon  Battista  in  S.  Brancazio  una 
cappella  che  si  regffe  sopra  gli  architravi  grandi 
posati  sopra  due  colonne  e  due  pilastri ,  forando 
sotto  il  muro  della  chiesa  ,  che  è  cosa  difficile 
ma' sicura;  onde  questa  opera  è  delle  migliori 
che  facesse  questo  architetto.  Nel  mezzo  di  que- 
sta cappella  è  un  sepolcro  di  marmo  molto  oeu 
.fatto  in  forma  ovale  e  bislungo,  simile  ,  come  in 
esso  si  legge  ,  al  sepolcro  di  Gesù  Cristo  in  Ge- 
rusalem  .  JNe'  medesimi  tempi  volendo  Lodovico 
Gonzaga  marchese  di  Mautoa  &re  nella  Nunziata 


^5i  FAKTZ    SECONDA 

de*  Serri  di  Firenze  la  tribuna  e  cappella  mag^ 
eiore  coi  disegno  e  modello  di  Leon  Battista, 
tatto  rovinar  a  sommo  di  detta  chiesa  una  cap* 
pella  quadra  cbe  vi  era  vecchia  e  non  molto 
grande  dipinta  ali'  antica  ,  fece  la  detta  tribuna 
capricciosa  e  difficile  a  guisa  d'un  tempio  tondo 
circondato  da  nove  cappelle ,  che  tutte  sirano  in 
arco  tondo ,  e  dentro  sono  a  uso  di  nicchia  ;  per 
lo  che  reggendosi  gli  archi  di  dette  cappelle  in 
su  i  pilastri  dinanzi,  vengono  gli  ornamenti  deli' 
arco  di  pietra  y  accostandosi  ai  muro  ,  a  tirarsi 
sempre  indietro  per  appoggiarsi  ai  detto  muro  , 
cbe  secondo  l'andare  della  tribuna  eira  in  con* 
trario  ;  onde  quando  i  detti  archi  delie  cappelle 
si  guardano  dagli  iati, par  cbe  caschino  indieti'o^ 
e  che  abbiano ,  come  hanno  in  vero ,  disgrazia  y 
sebbene  la  misura  è  retta  ed  il  modo  di  fare  dif- 
ficile .  £  in  vero  se  Leon  Battista  avesse  fuggito 
Suesto  modo ,  sarebbe  stato  meglio,  perché  seb* 
ene  è  malagevole  a  condursi,  ha  disgrazia  nelle 
cose  piccole  e  grandine  non  può  riuscir  bene  .  E 
cbe  ciò  sia  vero  nelle  cose  gi'andi ,  1*  arco  gran- 
dissimo dinanzi,  cbe  da  l' entrata  alla  detta  tri- 
buna dalla  parte  di  fuori  è  bellissimo ,  e  di  den- 
tro ,  perche  bisogna  cbe  giri  secondo  la  cappella 
che  e  tonda  ,  pare  che  caschi  ali'  indietro  e  cbe 
abbia  estrema  disgrazia.  Il  cbe  forse  non  arel>- 
be  fatto  Leon  Battista ,  se  con  la  scienza  e  teo- 
rica avesse  avuto  la  pratica  e  la  sperienza  nell'o- 
perare  ;  perché  un  altro  arebbe  fuggito  quella 
difficultà,e  cercato  piuttosto  la  grazia  e  maggior 
bellezza  dell'  edifizio  .  Tutta  questa  opera  in  se 
per  altro  é  bellissima  ;  capricciosa  ,  e  aifficile  ;  e 
non  ebbe  Leon  Battista  se  non  grande  animo  a 
Toltare  in  que'  tempi  quella  tribiuia  nella  ma- 


▼ITA  DI  LEON  BATTUTA  ALvÈRTI     i55 

hfera  cliefece.  Dal  medesimo  Lodovico  Marche- 
se condotto  poi  Leon  Battista  a  Mantoa^fece  ^>er 
Ini  il  modello  delia  chiesa  di  S.  Andrea  e  d'  al- 
cune altre  cose  ;  e  per  la  via  d'  andare  da  Man- 
toa  a  Padoa  si  veggiono  alcuni  tempj  fatti  se- 
condo la  maniera  di  costui .  Fu  esecutore  de'di- 
sesni  e  modelli  di  Leon  Battista  Saltestro  Fan- 
celli fiorentino  architetto  e  scultore  ragionevo- 
le :  il  quale  condusse  ,  secondo  il  voler  di  detto 
Leon  Battista ,  tutte  V  onere  che  fece  lare  in 
Firenze  con  giudizio  e  diligenza  strUàrdinaria  : 
ed  in  mieili  di  Mantoa  un  Luca  Fiorentino  y  che 
abitando  poi  sempre  in  quella  città  e  morendo- 
vi lasciò^  il  nome  ,  secondo]  il  Filarete ,  alla  fa« 
miglia  de'  Luchi  che  vi  è  ancor  oggi .  Onde  fa 
non  piccola  venture  la  sua  a  Ver  amici  che  inton- 
dessino  ,  sapessino  e  voléssino  servire,  percioc* 
che  non  potendo  gli  architetti  star  sempre  in  sul 
lavoro ,  e  loro  di  grandissimo  aiuto  un  fedele  ed 
amorevole  esecutore  ,  e  se  niuno  mai  lo  seppe , 
lo  so  io  benissimo  per  lunga  prova  . 

Nella  pittura  non  fece  Leon  Battista  Opere 
grandi  ne  molto  belle  ;  conciossiachè  quelle  che 
si  vèggiono  di  sua  mano^che  sono  pocliissime,non 
hanno  molta  perfezione  ;  né  è  gran  fatto,  perchè 
egli  attese  più  agli  studi  che  al  disegno  •  Pur 
mostrava  assai  bene  disegnando  il  suo  concetto , 
come  si  può  vedere  in  alcune  carte  di  sua  mano 
che  sono  nel  nostro  libro;  nelle  quali  è  disegnato 
il  ponte  Sant'Agnolo,  ed  il  coperto  che  col  dise- 
gno suo  vi  fu  fatto  a  uso  di  loggia  per  difesa  del 
sole  ne'  tempi  di  state,  e  delle  pioggìe  e  de'venti 
r  inverno  ;  la  quaF  opera  gli  fece  far  Papa  Pic- 
cola V,^che  aveva  disegnato  farne  molte  altre  si- 
mili per  tutta  Boma  ^  ma  la  morte  vi  s' interpo- 


.1^.  I>    ^•'^-.c^^.. 


VITA 
DI    LAZZARO    VASARI 

ARETINO  PITTORE. 


vXrande  èveramente  il  piacere  di  coloro  che 
trovano  qualcuno  de'  suoi  maggrori  e  della  pro«» 
pria  famiglia  essere  stato  in  una  qualche  profes- 
sione,  o  a  arme^  o  di  4cttere>o  di  pittura  o  qual- 
sitoglia  altro  nobile  esercizio  singolare  e  famoso. 
E  quegli  uomini  che  nell'  istorie  trovano  esser 
fatta  onorata  menzione  d'alcuno  de'  suoi  passati^ 
hanno  pure  ,  se  non  altro  >  uno  stimolo  alla  vir« 
tu,  ed  un  freno  che  li  rat  tiene  dal  non  fare  cosa 
indegna  di  qui^a  famiglia  che  ha  avuto  uomini 
illustri  e  cliiarissimi  .  Ma  quanto  sia  il  piacere  j 
come  dissi  da  principio  ,  lo  provo  in  me  stesso  ^ 
avendo  trovato  fra  i  miei  passati  Lazzaro  Vasari 
essere  stato  pittore  famoso  ne'  tempi  suoi;  non 
f  olamente  nella  sua  patria  ma  in  tutta  Toscana 
àncora  .  E  ciò  non  certo  senza  cagione^  come  no* 
irei  mostrar  chiaramente,  se ,  come  ho  fatto  ae- 
fili  altri  f  mi  fusse  lecito  parlare  liberamente  di 
lui .  Ma  perchè  essendo  io  nato  del  sangue  suo  , 
fi  potrehoe  agevolmente  credere  che  io  in  lodan-* 
dolo  passassi  i  termini^lasciando  da  parte  i  meriti 
suoi  e  della  famiglia ,  dirò  semplicemente  quello 
che  io  non  posso  e  non  debbo  in  ninn  modo  ta- 
cere ,  non  volendo  mancare  al  vero,  donde  tutta 
pende  l'istoria.  Fu  dunque  Lazzaro  Vasari  pittor 
aretino  amicissimo  di  Pietro  della  Francesca  dal 
3orgo  a  San  Sepolcro,  •  sempre  praticò  con  esso 


358  PARTESECONDA 

lui  ,  mentre  egli  larorò  j^cTme  si.  è  detto  9  in 
Arezzo  .  Né  gli  fu  cotale  amicizia  ,  come   spesso 
addpriene  ,  se  non /di  giora mento  cagijne  ;  per- 
ciocché dove  prima  Lazzaro  attendeva  solamen- 
te a  far  figure  pìccole  per  alcune  cose  y  secondo 
che  allora  si  costumava,  si  di**de  a  far  cose  mag- 
giori mediante  Piero  della  Francesca  .  £  la  pri- 
ma opera  in  fresco  fu  in  S.  Domenico  d'  Arezzo 
nelU  secondi^  cappella  a  man  manca  entrando  in 
chiesa  un  S.  Vincenzio  ,  a  pie  del  quale  dipìnse 
inginocrhioni  se  e  Giorgio  suo  figliuolo  gioTa- 
netto  in  abiti  onorati  di  que*  tempi, che  si  racco-» 
mandano  a  quel  santo  ,  essendosi  il  giovane  con 
un  coltello  inavvertentemente  percosso  il  viso. 
Nella  quale  opera,  sebbene  non  e  alcuna  inscri- 
zione, alcuni  ricordi  nondimeno  de' vecchi  di. 
casa  nostra  erarmechevié  de' Vasari  fanno 
che  così  si  crede  fermamente  .  Di  ciò  sarebbe 
senza  dubbio  stato  in  quel  convento  memoria  | 
ma  perché  molte  volte  per  \  soldati  sono  andate 
male  le  scritture  e  ogni  altra  cosa,  non  me  ne 
iparaviglio  .  Fu  la  maniera  di  Lazzaro  tanto  si- 
mile a  quella  di  Pi(  tro  B  )rghese  ,  cbe  pochissi- 
ma differenza  ft*a  l*  una  e  T  altra  si  conosceva.  £ 
perché  pel  suo  tempo  si  costumava  assai   dipì- 
finere  nelle  barde  de*  cavalli  vari  lavori  e  parti- 
menti  d' imprese  ,  secondo  che  coloro  erano  ch« 
le  portavano  ,  fu  in  ciò  Lazzaro  bonissimo  mae<r 
stro  ,  e  massimamente  essendo   suo  proprio  far 
figurine  piccole   con  ìnr»lta  grazia  ,  le   quali  in 
cotalì  arnesi  molto  betie  si  accomodavano.  La- 
vorò Lazzaro  per  Niccolò  Piciinino  e  per  gli  suoi 
foldati  e  capitani  molte  cose  piene  di  storie  e 
d'  imprese  che  furono  tenute   in   pregio  e   con 
tanto  ^uo  util^i  cbe  fmrono  cagione  /mediante  il 


VITA  I>1  LAZEARO  VASAHI  25c) 

fnadagno  che  ne  traeva,  che  egli  ritirò  in  Arez- 
zo una  gran  parte  de'  suoi. fratelli ,  i., quali ,  at- 
tendendo alle  misture  de  Vasi  di  terra,  abitavano* 
in  Cortona .  Tiro^si  parimfiite  in  casa  Luca  Si- 
^norelU  da  Cortona  suo  nipote  nato  d' una  sua 
sorella  y  il  quale  essendo  di  buono  ingegno  »  ac- 
conciò con  Pietro  Borghese  ,  ai^cip  imparasse 
Tarte  delia  pittura  ;  il  che  benissimo  gli  na- 
sci ,  come  al  suo  luogo  si  dirà  .  Lazzaro  dun- 
Iue  attendendo  a  studiare  continuamente  le  cose 
eli'  arte  y  si  fece  ogni  giorno  più  eccellente  ^ 
come  ne  dimostrano  aicuni  disegni .  di  sua  mano 
molto  buoni  che  sono  nel  nostro  libro.  £  perchè 
molto  si  compiaceva  in  certe  cose  naturali  e 
piene  d'  affetti ,  nelle  quali  esprimeva  benissimo^ 
il  piagnere  7  il  ridere  ,  il  gridare ,  la  paura  ,  il 
tremito  ,  e  certe  simili  cose  ,  per  lo  più  le  sue 
pitture  son  piene  d*  invenzioni  così  fatte  ,  come 
si  può  vedere  in  una  cappellina  dipinta  a  fresco 
di  sua  mano  in  S.  Gimignano  d' Arezzo  ;  nella 
cpiale  è  «n  Crocifisso ,  la  nostra  Donna  ,  S.  Gio« 
vanni  e  la  Maddalena  a  pie  della  croce  y  che  in 
varie  attitudini  piangono  cosi  vivamente  ,  che 

Sii  acquistarono  credito  e  nome  fra  i  suoi  citta- 
ini  ..Dipinse  in  sul  drappo  per  la  compagnia  di 
S.  Antonio  della  medesima  città  un  gonfalone 
che  si  porta  a  propessione ,  nel  quale  fece  Gesù 
Cristo  alla  colonna  nudo  e  legato  con  tanta  vi<>- 
vacità  ,  che  pair  che  tremi ,  e  che  tutto  ristretto 
nelle  spalle  soiferisca   con   incredibile  umilt4  e 

Sacienza  le  percosse  che  due  Giudei  gli  danno  ; 
e'  quali  uno  recatosi  in  piedi  gira  con  ambe  le 
mani ,  voltando  le  spalle  verso  Gesù  Cristo  in 
Atto  crudelissimo  ;  l'altro  in  profilo  ed  in  punta 
^li  pie  s'alza  ,  e  strignendo  con  le  mani  la  sferzi^ 


aOo  PARTE    SECOKDÀ^ 

e  digri^ando   i  denti ,  mena  con  tonta  rabliia  , 
che  più  non  si  può  dire  .  A  qUesti  due  dipinse 
Latzaro  16  vestimenta  stracciate  pei*  meglio  di- 
mostrare rignudo,bastandogli  in  un  cèrto  mod«5 
ricoprire  le  vergogne  loro  è  le  meno  onesrte  par* 
ti  .  Questa  opera  essendo  durata  in  sul  drappo 
(^i  che  certo  mi  maraviglio  )  tanti  anni  ed  insino 
a  oggi  ,  fu  per  la  sua  bellezza  e  bontà  fatta  ri- 
trarre dagli  uomini  di  qiielta'compagAia  dal  prio* 
re  Franzese  ,  come  al  suo  luogo  ragioneremo  • 
Lavorò  anco-  Lazzaro  a   Perugia   nella  chiesa' 
de'Servi  in  una  cappella  accanto  «(Ila  sagrestia  al- 
cune storiedella  nostra  Donna  ed  un  Crocifisso; 
é  nella  pieve  di  Montepulciano  una  predella  di 
'figure  piccole;  in  Castiglione  Aretino  una  tavoU 
a  tempera  ih  S.  Francesco,  e  altre  molte  cose  y 
che  per  non  esser  lungo  non  accade  raccontare; 
e  particolarmente  di  figure  piccole  molti  cassoni 
che  sono  per  le  case  de'  cittadini.  E  nella  parte 
guelfa  di  Fiorenza  si  vede  fra  gli  armamenti  vec- 
chi alcune  barde  fatte  da  lui  molto  ben  lavorate. 
Fece  ancora  per  la  compagnia  di  S.  Bastiano  in 
un  gonfalone  il  detto  santo  alla  colonna  e  certi 
angeli  che  lo  coronano;  ma  oggi  è  guasto  e  tutto 
consumato  dal  tempo .  Lavorava  in  Arezzo  nei 
tempi  di  Lazzaro  finestre  di  vetro  Fabiano  Sas- 
soli aretino,  giovane  in  quello  esercizio  dì  molta 
intelligenza  ,  come  ne  fonVio  fede  V  opere  che 
sono  di  suo  nel  vescovado  ,  badia  ,  pieve  ,  ed  al- 
tri luoghi  di  quella  città  ;  ma  non  aveva  mtdto 
disegno  e  non  aggiugneva  a  gran  pezzo  a  quelle 
che  Farri  Spinelli  faceva.  Perchè  deliberando, 
siccome  ben  sapeva  cuocere  i  vetri ,  commetter- 
si i  e  armargli,cosi  voler  fare  qualche  opera  che 
ii&se  anco  di  ragionevole  pittura  ,  si  fece  &re  * 


ìnXA,Dl  LAZZARO  VASAJU  a&i 

Laccavo  idae  cartoni  a  sua  fantasia  per  fare  due 
finestre  alla  lyiadoona  delle  Grazie.È  ciò  avendo 
ottenuto  da  Lazzaro  cbe  amico  suo  e  cortese  ar- 
tefice era ,  fece  le  dette  finestre  e  le  condusse  di 
maniera  belle  e  ben  fatte,  che  non  banno  da  ver* 
gognarsi  da  molte  .  In  una  é  una  nostra  Donna 
molto  bella  ,  e  nelT  altra  ^  la  quale  è  di  gran 
iuii£a  migliore,  è  ^na  resurrezione  di  Cristo  cbe 
ha  dinanzi  al  sepolcro  un  armato  in  iscorto ,  che 

Cr  essere  la  finestra  piccola ,  e  per  conseguento 
pittura,  è  maraviglia  ooi^e  in  si  poco  spazio 
possano  apparire  quelle  figure  così  gì  andi.  Molte 
altre  cose  potrei  dire  di  Lazzaro,  il  quale  dise- 
g^ò  benissimo  ,  come  si  può  vedere  in  alcune 
carte  del  nostro  libro;  ma,percbè  cosi  mi  par  beb 
latto  ,  le  tacerò . 

Fu  Lazzaro  persona  piacevole  ed  argutissimo 
nel  parlare,  ed  ancora  che  fusse  molto  dedito  ai 
piaceri ,  non  però  ti  partì  mai  dalla  vita  onesta  • 
Visse  anni  settantadue  e  lasciò  Giorgio  suo  fi- 
gliuolo ,  il  quale  attese  continuamente  all'antì* 
chità  de*  vasi  di  terr#  aretini  ;  e  nel  tempo  che 
in  Arezzo  dimorava  M.  Gentile  Urbinate  vesco- 
vo di  quella  cittA,  ritrovò  i  modi  del  colore  rosso 
jt.  nero  ie'  vasi  di  terra  ,  che  insino  al  tempo  del 
re  Porsena  i  vecchi  aretini  lavorarono  .  Ed  egli  » 
che  industriosa  persona  era  ,  fece  vasi  grandi  al 
tomo  d'  altezza  d'un  braccio  e  mezzo ,  i  quali  in 
casa  sua  si  veggiono  ancora.  Dicono  che  cercan- 
do egli  di  vasi  in  un  luogo,  dove  pensava  che  gli 
.antichi  avessero  lavorato,trovò  in  un  campo  di 
teiera  al  ponte  alla  Galciarella  ,  luogo  cosi  chia- 
mato ,  sotto  teiTa  tre  braccia  tre  arclii  delle  for- 
naci antiche,  e  intorno  a  essi  di  quella  mistura  e 
molti  vasi  rotti  e  degrintieri  quattro,i  quali,'an« 


aSa  ?  Alt  TE    SECONDA 

dando  in  Arezzo  il  magnifico  Lorenzo  de'Medicf, 
da  Giorgio  per  introduzione  del  vescovo  gli  ebbe 
in  dono  ;  onde  furono  cagione  e  principio  deliba 
servitù  che  con  quella  feticisshna  casa  poi  sem- 
pre tenne .  Lavorò  Giorgio  benissimo  di  rrlievo, 
come  si  può  vedere  in  casa  sua  in  alcune  teste  di 
sua  mano .  Ebbe  cinque  figliuoli  maschi ,  i  quali 
tutti  fecero  V  esercizio  medesimo  y  e  tra  loro  fu- 
rono buoni  artefici  Lazzaro  e  Bernardo  che  gio- 
vinetto morì  a  Roma  .  £  certo ,  se  la  morte  non 
lo  rapiva  cosi  tosto  alla  casa  sua  ,  per  V  ingegno 
che  destro  e  pronto  si  vide  in  lui,  egli  averebba 
accresciuto  onore  alla  patria  sua  .  Morì  Lazzaro 
vecchio  nel  ì^5iy  e  Giorgio  suo  figliuolo ,  essen- 
do di  sessantotto  anni ,  nel  i4B4  y  e  furono  se- 
polti amendue  nella  pieve  d'  Arezzo  appi^  della 
cappella  loro  di  S.  Giorgio,  dove  in  loue  dì  Laz- 
zaro furono  col  tempo  appiccati  questi  versi  : 

Areiii  exultet  tellus  clarissima  :  namqueest 
Rebus  in  angustis  y  in  tcnulque  labor  . 

Vix  operum  istius partes  cognoscere possisi 
Myrmecides  iaceai  :  Callicratcs  sileat . 

Finalmente  Giorgio  Vasari  ultimo ,  scrittore 
della  presente  storia  y  come  grato  de'  benefizi 
che  riconosce  in  gran  parte  dalla  virtù  de'  suoi 
maggiori ,  avendo  ,  come  si  disse  nella  vita  di 
Piero  Laurati  y  dai  suoi  cittadini  e  dagli  operai  e 
canonici  ricevuto  in  dono  la  cappella  maggiore 
di  detta  pieve  ,  e  quella  ridotta  nel  termine  che 
si  è  detto,  ha  fatto  nel  mezzo  del  coro  che  è  die- 
tro air  altare  una  nuova  sepoltura,  ed  in  quella, 
trattole  donde  prima  erano  ,  fatto  riporre  Tossa 
di  detti  Lazzaro  •  Giorgio  vecchi ,  e  quelle  pari- 


nrA  hi  LAZZARO  TASAftt  idi 

f 
mente  di  tutti  gli  altri  che  sono  stati  di  detta  Ta^ 
mitrila  cosi  femmine  come  mascLi  ^  e  così  fatto 
nuoTo  sepolcro  a  tutti  i  discendenti  della  casa 
de 'Vasari  .  li  corpo  similmente  della  madre  ch# 
morì  inFirenxe  ranno  1 557,  stato  in  deposito 
alcuni  anni  in  S.GroGe,ha  fatto  porre  nella  detta 
sepoltura  y  «iccome  ella  desideraya  y  con  Anto^ 
nio  suo  marito  e  padre  di  lui ,  che  mori  insia 
Tanno  i5ij  di  pestilenza  .  E  nella  predella  che 
è  sotto  la  tavola  dì  detto  altare  sono  ritratti  di 
naturale  dal  detto  Giorgio ,  Lacxaro  e  Giorgio 
secchio  suo  aTolo,  Antonio  suo  padre^  e  M.  Mad« 
dalena  de*  Tacci  sua  madre  .  £  questo  sia  il  fine 
della  Tita  di  Lauaro  Vasari  pittore  aretino  • 


»      >V  ■1?'     '^     ''■•^    ■"   -^     -r 


VITA 
.D'  ÀNtaNELLO  DA  MESSINA 

■  PÌTTORK 

AilvMiidb  io  odnildevoweco  medesimo  le  dive»- 
-«eqìiaHlà^de' benèfici  ediitiiìche  hanno  fatto 
*É4l'^àri<fJde«li' pittar»  toolti  nraeitri  «bc  hanno 
<éeMili«o  ^erta  seconda  maniera ,  «ou  posso , 
•«édifti^tìtelM-oJ^perajéionìjse  nenoJMamarliye- 
*hMiM**e  itìdttBlriosif  ^^cecllentiravendo  eglino 
i*iii«rtsfcnttrtetìte  eiercato'di  ridurre  in  miglior  gra- 
•*>!rf«i«tìfa,  senaa pensare  a *siqpoo spesa  oad 
«ftl<*tfn  ^!o¥o  «fctèrewo  partioolBre.  Segmtandosi 
•  lidé^tìwe^i  «d«petare  in  su  le  trfrole  ed  in  su  le 
'telé'né^  dlWa  cobrito  the  a  tempeira,  ilflual  nio- 
ido'totdtìifttóhto'da  Glmabue  V  amio  itiSo  nello 
•«Ifet^  egU  con-q^le'Oeci,  e  seguitato  poiJa  Giot- 
ffo  e  dagli  tflWdeVàU  "'*  ÌBSino'»4|ui  i^agiona- 
•to,<i  a^ddtaicònlifiuando  il  med»imo  J^odo  di 
^tfe;  «ebbén*  eènoseeYfttto  gli  artéfici  che  nelle 
'toitfiiTe  rf  Ifetopbfa  tnanéavano  F  opere  d' una  cer- 
tatiiei'bldeiwa  e  virocità,  che  arcbbe  potuto  ar- 
•*C«iire,trtWW*dola,  piùgracia  al  disegno,  Taghet- 
*iaÀl^tolb^toy(^  maggior  facilità  nell-uniiei  colon 
^hfrsieiiie,)^Y^t1do  ^glhio  sempre  msatodi  tratteg- 
•gttre  PòpWe'  loro  per  punta  solamente  di  pen- 
-nblloiMa  «èhbeAe  molti  aveTano,  sofisticando, 
tìcrcato  dr  tal  cosa  >  non  però  aveva  ninno  trovato 
imòdo the  buono  fusse, neppurusando  vernice  li- 
'quìda  o  riltTa  sorte  di  colori  mescolati  nelle  tem- 
pere. E  fra-  mcrfti,  che  eotali  cose  o  altre  simili 


7.66  PA.HTS     SCCOHDA. 

proTarono ,  ma  in  yano,  furono  A  lesso  BaMo^ 
vinetti  ;  Pesello,  e  molti  altri,  a  ni  uno  de'  quali 
riuscirono  V  opere  di  iiuella  bellezza  e  bontà  che 
si  erano  immaginati.  £  quando  anco  a  vessino 
quello  die  cercavano  trovato,  mancava  loro  il 
modo  di  fare  che  le  figure  in  tavola  posassino  co^ 
me  quelle  che  si  fanno  in  muro,  ed  il  modo  an- 
cora di  poterle  lavare  senza  che  se  n'  andasse  jl 
colore  e  eh*  elle  reggessero  nell'  essefe  maifeg- 
giate  ad  ogni  percossa:  delle  quali  cose,  ràga<« 
nandosi  buon  numero  d' artefici,  avevano  senza 
•frutto  -molte  volte  disputato.  Questo  medesimo 
di<iderio  avevano  molti  elevati  ingegni  che  at- . 
tendevano  alla  pittura  fuor  d' Italia,  cioè  i  pittori 
tutti  di  Francia,  Spagna  ,  Alemagna,  e  d*  altre 
Provincie.  Avvenne  dunq^ue  stando  le  cose  in  que* 
sti  termini,  che  lavorando  in  Fiandra  Giovanni 
da  Bruggia  pittore  in  quelle  parti  molto  stimato 
per  la  buona  pratica  che  si  aveva  nei  merliero 
acquista to,che  si  mise  a  provare  diverse  sorti  di 
colori,  e  come  quello  che  si  dilettava  dell'  alchi- 
mia, a  far  di  molti  oli  per  far  vernici ,  ed  altre 
cose  secondo  i  cervelli  degli  uomini  sofistichi,  co- 
me egli  era.  Ora  avendo  una  volta  fi"a  l' altre  dui^ 
rato  grandissima  fatica  in  dipignere  una  tavola^ 
poiché  r  ebbe  con  molta  di  igenza  condotta  a  fi- 
ne, le  diede  la  vernice  e  la  mise  a  seccarsi  al  sole^ 
come  si  costuma.  Ma  o  perchè  il  caldo  futiise  vio- 
lento o  forse  mal  commesso  il  legname  o  male 
stagionato,  la  detta  tavola  si  aperse  in  sulle  com- 
mettiture di  mala  sorte.  Laonde  veduto  Giovan- 
ni il  nocumento  che  le  aveva  lattici  caldo  del  so- 
le^ deliberò  di  far  si,  che  mai  più  gli  fareblie  il 
sole  così  gi*an  danno  nelle  sue  opere.  E  cosi  re* 
catosi  non  meno  a  noia  la  vernice  che  il  lavorare 


▼ITA  D' ANTONELLO  Di  MESSINA    267 

a  tempera,  cominciò  a  pensare  di  trovar  raod» 
di  fare  una  sorte  di  Tcrnìce,  che  seccasse  all'om- 
l>ra  senza  mettere  al  sole  le  sue  pitture.  Onde 
poiché  ebbe  molte  cose  sperimentate  e  pui*e  e 
mescolate  insieme,  alla  fine  trovò  che  l'olio  di  se- 
me di  lino  e  quello  delle  noci,  fra  tanti  che  n'  are* 
ya  provati,  erano  più  seccativi  di  tutti  gli  altiù. 
Questi  dunque  bolliti  con  altre  sue  misture  gli 
fecero  la  vernice  che  egli  anzi  tutti  i  pittori  del 
mondo  avevano  lungamente  disiderato.  Dopo 
fatto  sperienza  di  molte  altre  cose  ,  vide  che  il 
mescolare  i  colorì  con  queste  sorti  d'oli  dava  lo- 
ro una  tempera  molto  forte,  e  che  secca  non  so* 
lo  non  temeva  1'  acqua  altrimenti, ma  accendeva 
il  colore  tanto  forte,  che  gli  dava  lustro  da  per  se 
senza  vernice;  e  quello  che  pi&  gli  parve  mirn-- 
l)ile,  fu  che  si  univa  meglio  che  la  tempera  infi- 
nitamente. Per  cotale  invenzione  rallegrandosi 
molto  Giovanni  ,  siccome  era  ben  ragionevole  j 
diede  principio  a  molti  lavori,  e  n'  empiè  tutte 
quelle  parti  con  incredibile  piacere  de*  popoli  ed 
utile  suo  grandisfiimo,  il  quale  aiutato  di  giorno 
in  gioiiio  dalla  sperienza  andò  facendo  sempre 
cose  maggiori  e  migliori.  Sparsa  non  molto  dopo 
la  fama  dell'  invenzione  di  Giovanni  non  solo  per 
la  Fiandra,  ma  per  V  Italia  e  molte  altre  parti 
del  mondo,  mise  in  disiderio  grandissimo  gli  ar- 
tefici di  sapere  in  che  modo  egli  desse  all'  opere 
sue  tanta  perfezione.  I  quali  artefici,  perchè  ve- 
devano r  opere  e  non  sapevano  quello  che  egli 
si  adoperasse,  erano  costrcUi  a  celebrarlo  e  dar- 
gli lode  immortali,  e  in  un  medesimo  tempo  vir- 
tuosamente invidiarlo;  e  massimamente  che  egli 
per  un  tempo  non  volle  da  niuno  esser  veduto  la- 
Torare,  né  insegnare  a  nessuno  il  segreto.  Ma  di- 


26d  PARt\S     SECONDA 

Tenuto  Teccbìo,  ne  fece  grasia  finalmente  a  Rug- 
gieri daBrttggia  suo  creatole  Rucgì^ri  ad  Àusse 
suo  discepolo  ed  agli  altri,  de'quali  si  parlò^  dove 
si  ragiona  del  colorire  a  olio  nelle  cose  di  pittu^ 
ra.  Ma  contuttociò,  sehbene  i  mercanti  ne  face- 
vano incetta  e  ne  mandavano  per  tutto  il  moQdo 
a  principi  e  gran  personaggi  con  loro  molto  uti- 
le, la  cosa  non  usciva  di  Fiandra.  £  ancoraché 
cotali  pitture  avessero  in  se  queir  odore  acuto 
che  loro  davano  i  colori  e  gli  oli  mescolati  ànsie-» 
me,  e  particolarmente  quando  erana  nuove,  onde 
pareva  che  fusae  possibile  conoscerli,  non  però  si 
trovò  mai  nello  spazio  di  molti  anni.  Ma  essendo 
da  alcuni  Fiorcntini,cfae  negoziavano  in  Fiandra 
ed  in  Napoli,  mandata  al  re  Alfonso  I  di  Napoli 
una  tavola  con  molte  figure  lavorata  a  olio  da 
Giovanni,  la  quale  per  la  bellezza  delle  figure  e 
per  la  nuova  invenzione  del  colorito  fu  a  quel 
re  carissima ,  concorsero  quanti  pittori  erano 
in  quel  regno  per  vederla  e  da  tutti  fu  som* 
mamente  lodata.  Ora  avendo  un  Antonello  da 
Messina,  persona  di  buono  e  desto  ingegno  ed  ac- 
corto molto  e  pratico  nel  suo  mestiero,  atteso  mol- 
ti anni  al  diseguo  in  Roma,  si  era  prima  ritirata 
in  Palermo  e  quivi  lavorato  molti  anni,  ed  in  ul- 
timo a  Messina  sua  patria,  dove  aveva  con  lopere 
confermata  la  buona  opinione  che  aveva  il  paese 
suo ,  della  virtù  che  aveva  di  benissimo  dipigne*^ 
re .  Costui  dunque  andando  una  volta  per  sue  bi- 
sogne di  Sicilia  a  Napoli ,  intese  che  al  4etto  re 
Alfonso  era  venuta  di  Fiandra  la  sopraddetta 
tavola  di  mano  di  Giovanni  da  Bruggia  dipinta  a 
olio  per  si  fatta  maniera ,  che  si  poteva  lavare , 
reggeva  ad  ogni  percossa,ed  aveva  in  se  tutta  per- 
fezione. Parche  iatta  opera  di  vederla^  ebbono 


TITA  D'AIVTORELLO  DA  MESSINA  76^ 

tutìtafoTia  in  lui  la  ▼iTaciUk  de'oolori  e  la  bellezza 
ednoione  di  quel  dipìnto,  che  messo  da  parte  ogni 
altro  negozio  e- pensiero,  Bendando  in  Fiandra;  e 
in  Bruggia  pervenuto,  prese  dimestichexza  gran- 
dissima noi  detto  Giovanni ,  facendogli  presene 
te  di  molti  diaegni  alla  maniera  italiana  e  d'altre 
cose .  Talmente  che  per  questo ,  per  l' osservan* 
ra  d'Antonello,  e  per  trovarsi  esso  Giovanni  ^\k 
vecoliio,  si  contentò  ohe  Antonello  vedesse  l'or- 
dine àfiì  suo  oèlorìre  a  olio  ;  onde  egli  non  si  parti 
di  quel  luogo  ,  che  ebbe  benissimo  appreso  quel 
modo  di  colorire  che  tanto  disiderava .  Né  dopo 
molto  efiMiendo  Giovanni  morto ,  Antonello  se  ne 
ton)ò  di  Fiandra  per  riveder  la  sua  patria  e  per 
far  l' Italia  pnrlecipe  di  cosi  utile,  bello,  e  como- 
do segreto .  B'  stato  poehi  mesi  a  Messina ,  se 
n*ando  a  Vineziav  dove,  per  essere  persona  molto 
dedita  a^piaoeri  e  tutta  venerea,  si  risolvè  abitar 
sempre  e  quivi  fibire  la  sua  vita,  dove  aveva  tro- 
Tato  un  mod<»  di»  vivere  appunto  secondo  il  suo 
gufato .  Perché  messo  mano  a  lavorare ,  vi  fece 
molti  quadrfa  oHo,  secondo  che  in  Fiandra  aveva 
imparato,  elke  ^ono  sparsi  per  le  case  de* genti- 
luomini àk  qu«Ua  eittà  ;  i  quali  per  la  novità  di 
quel  lavoro^  vi  furono  stimati  assai .  Molti  ancora 
ne  fece  che  férono  mandati  in  diver^  luoghi.  Alla 
fine  avendosi  egli  quivi  acquistato  fama  e  gran 
nome,  gli  fu  ftitVa  allogazione  d'una  tavola  che 
andava  ìwSi,  Cassano^  parrocchia  di  quella  città, 
la  qual  tavola  iWda  Antonello  con  ogni  suo  sa- 
pere e  senza  risparmio  dì  tempo  lavorata.  £  fi- 
nita, per  la  novità  di  quel  colorire  e  per  la  bel- 
lezza delle  figure,  avendole  fatte  con  buon  di- 
segno ,  fìi  commendata  molto  e  tenuta  in  pregio 
grandissimo.  £d  inteso  poi  il  nuovo  segreto  che 


^1fì  PARTE     SECO'VI^À 

«gli  avera  in  quella  città  di'Fiandrb  portato,  fo 
sempre  amato  e  carezzato  da  que  tuaguifici  geiu 
tiluomini  quanto  durò  la  sua  vita . 
.  Fra  i  pittori  che  allora  erano  io  credito  in  Vi- 
nezia  era  tenuto  molto  eccellente  un,  maestra 
Domenico .  Costui  >  arrirato  Antonello  in  Vene-» 
zia  y  gli  fece  tutte  quelle  carenze. e  cortesie  che 
maggiori  si  possono  fare  a  un  carissimo  e  dolce 
amico.  Per  lo  che  Antonello,  che  non  volle  esser 
vinto  di  cortesia  da  maestro  Domenico^  dopo  non 
molti  mesi  gr  insegnò  il  secreto  e  modo  di  'colorU 
ve  a  olio.  Della  qual  cortesia  ed  amorevolezza 
straordinaria  niun'  altra  gli  sarebbe  potuta  esser 
più  cara ,  e  certo  a  ragione ,  poiché  per  quella, 
siccome  immaginato  si  era,  fu  poi  sempre  nella 
patria  nu)lto  onorato.  £  certo  coloro  sono  ingan* 
nati  in  di  grosso  che  pensano  ,  essendo  a  varis- 
simi anco  di  quelle  cose  che  loro  non  Costano  ^ 
dover  essere  da  ognuno  per  i  loro  begli  occhi , 
come  si  dice  ,  serviti  •  Le  cortesie  di  maestro 
Domenico  Viniziano  cavarono  di  mano  d' Anto* 
nello  quello  che  aveva  con  sue  tante  fatiche  e 
sudori  procacciatosi ,  e  quello  che  forse  per 
grossa  somma  di  danari  non  averebbe  a  niun  altro 
conceduto.  Ma  perchè  di  maestro  Domenico  si 
dirà  quando  ila  tempo,  quello  che  lavorasse  in 
Firenze,  e  a  cui  fusse  liberale  di  quello  che 
avca  da  altri  cortesemente  ricevuto,  dico  che  Aor- 
tonello  dopo  la  tavola  di  S.  Cassano  fece  molti 
quadri  e  ritratti  a  molti  gentiluomini  viniziani; 
e  M.  Bernardo  Vecchietti  fiorentino  ha  di  sua 
mano  in  uno  stesso  quadro  S.  Francesco  e  S.  Do- 
menico molto  belli.  Quando  poi  gli  erano  state 
allogate 'dalla  Signoria  alcune  storie  in  palazzo, 
te  quali  uou  avevano  voluto  C9ticedere  a  FruH-. 


VITA'  D'ANTONELLO  DA  MESSINA   371 

•éscor^i'MfofiMgfiol^  Veronese,  ancoraché  nioliif 
CitsBe  ctftio  favorito  M  duca  di  Mantoa ,  egli  si 
ammalò  di  mai  di  puntale  si  mori  d'anni  qnaran^ 
tanoTo «énta  a¥«re  pur  memo- man^  all'opera. 
Fu  dagli  afteficì  nell'esseqnie  molto  onorato  per 
il  dono  fatto  all'arte  della  iio^Ta  maniora  ài  co^ 
lonre>  come* testifica  questo  epitaffio; 

D.         O.        M. 

Antonius  pictor,  praecipuum  Me$sanae  suae 
et  Siciliae  totius  ornamenlum  ,  hac  humo  con^ 
tegitur  .  Non  solum  suispicturìs^  in  quibus  sin» 
gtUare  artifici um  et  i^enustas  fuit ,  sed  et  quod 
coloribus  oleo  nù scendi s  splendo  rem  et  perpetui'^ 
totem  primus  italicac  picturae  contulit  summo 
semper  artificium  studio  celcbratus. 

Binerebbe  la  morte  d'Antonello  a  molti  suoi 
amici ,  e  particolarmente  ad  Andi'ca  Riccio  scul- 
tore ,  che  in  Vinczia  nella  corte  del  palazzo  della 
Signoria  lavorò  di  marmo  le  due  statue  che  si 
veggiono  ignude  di  Adamo  e  Era,  che  sono  te- 
nute belle*.  Tale  fu  la  fine  d'Antonello,  al  quale 
deono  certamente  gli  artefici  nostri  avere  non 
meno  obbligazione  dell'aver  portato  in  Italia  il 
modo  di  colorire^ a  olio,  che  a  GioTanni  da  Brug- 
^  già  d'averlo  trovato  in  Fiandra  ,  avendo  l'uno  e 
r  altro  beneficato  e  arricchito  quest'arte.  Perchè 
mediante  questa  invenzione  sono  venuti  di  poi  si 
eccellenti  gii  aitefici  >  che  hanno  potuto  far  qua- 
si vive  le  loro  figure .  La  qual  cosa  tanto  più 
debbe  essere  in  pregio ,  quanto  manco  si  trova 
scrittore  alcuno  che  questa  maniera  di  colorire 
assegni  agli  antichi.  E  se  si  potesse  sapere  the 
olla  non  fosse  stata  veramente  appresso  di  loro> 


2^2  PARXE     SECONDA 

•▼ai>zerebhe  pure  qiietto  secolo  TecoeUeniedel» 
ranitco  in  questa,  perfezione .  Ma  perdio  skooki* 
me  non  si  dice  cosa  che  noo  sia.  stato  altra  volta 
detta  9  COSI  forse  noo  si  ut  cosa  obe  f  >rse  nan  sia 
stata  fatta ,  me  la  pasierò  senaa  dir  altro.  £  Io-, 
dando  somma  mento  colono  »  cke  oHre.  ali  disegna 
aggiungono  semm^e  airai)to.qttalfi)te«oti^y,4^ten- 
dcrò  a  scrivere  dcgSi  altri,* 


VITA 
DI  ALESSO  BALDOVINETTI 

PITTORS  FIORENTINO. 


H. 


La  tanta for^a  la  nobiltà  dellarte della  pìttu* 
ranche  molti  nobili  uomini  si  sono  partiti  dall'arti 
nelle  quali  sarebbono  potuti  riccnissinii  diyeni-. 
re ,  e  dalla  inclinazione  ì^rM  contra  il  volere 
de'  padri ,  banno  seguito  T  appetito  loro  natu- 
rale y  e  datisi  alla  pittura  o  alla  scultura  o  altro 
somigliante  esercizio  .  £  per  vero  dire  ,  chi  sti- 
mando le  ricchezze  quanto  si  deve  e  non  più^  ha 
perline  delle  sue  azioni  la  virtuosi  acquista  altri 
tesori  y  che  1*  argento  e  Toro  non  sono;  senza  clie 
non  temono  mai  niunadi  quelle  cose  che  in  breve 
ora  ne  spogliano  di  queste  ricchezze  terrene,  che 
più  del  dovere  scioccamente  sono  dagli  uomini 
stimate  .  Ciò  conoscendo  AIqsso  Baluovinetti , 
da  propria  volontà  tirato  ,  abbandonò  la  mer- 
canzia a  che  sempre  avevano  atteso  i  suoi  ^  e 
nella  quale  esercitandosi  onorevolmente  si  ave- 
vano acquistato  ricchezze  e  vivuti  da  nobili  cit- 
tadini ,  e  si  diede  alla  pittura  ,  nella  quale  ebbe 
3uesta  proprietà  di  benissimo  contraffare  le  cose 
ella  natura  ,  come  si  può  vedere  nelle  pitture 
di  sua  mano  .  Costui  essendo  ancor  fanciullettOy 
quasi  contra  la  volontà  del  padre ,  che  arebbe 
voluto  che  egli  avesse  atteso  alla  mercatura  ,  si 
diede  a  disegnare, ed  in  poco  tempo  vi  fece  tanto 
profitto  ,  che  il  padre  si  contentò  H  lasciarlo 
•eguire  la  inclinazione  della  natura.  La  Tìt.;«,« 
rol.  IL  *-«^prima 


274  PARTE     SECONDI 

Opera  che  lavorasse  a  fresco  A  lesso  fu  in  S.  Ma* 
ria  Nuova   la  cappella  di  S.  Gilio  ,  cioè   la  fac- 
ciata diiian^i  9  la  quale  fu  in  quel  tempo  molto 
lodata  ,  perchè  fra  1*  altre  cose  vi  era  un  S.  Egi- 
dio tenuto  bellissima  figura .  Fece  siiuiimente  a 
tempera  la  tavola  maggiore  ,  e  la  cappella  a  fre- 
sco diS.  Trinità  per  M.Gherardo  eM.  Bongianni 
GianfìgUazzi^onoratissimi  e  ricchi  gentiluomini 
fiorentini,  dipignendo  in  quella  alcune  storie  del 
Testamento  vecchio  ,  le  quali  Alesso  abbozzò  a 
fresco  e   poi  fini  a  secco  ,  temperando  i  colori 
con  rosso  d' uovo  mescolato  con  vernice  liquida 
fatta  a  fuoco;*la  qual  tempera  pensò  che  dovesse 
le  pitture  difendere  dall'  acqua  ;  ma  ella  fu  di 
maniera  forte ,  che  dove  ella  fu  data  troppo  ga- 
gliarda si  è  in  molti  luoghi  l'opera  scrostata  :  e 
così  dove  egli  sì  pensò  aver  trovato  un   raro  e 
bellissimo  segreto  ,  rimase  della  sua  openione 
ingannato  .   Ritrasse  costui  assai  di  naturale  ,  e 
dove  nella  detta  cappella  fece  la  storia  della  reina 
Saba  che  va  a  udire  la  sapienza    di  Salomone  , 
ritrasse  il  magnifico  Lorenzo  de'  Medici  che  fu 
padre  di  papa  Leone  X  ,  Lorenzo  dalla  Volpaia 
eccellentissimo  maestro  d'orinoli  cottimo  astro- 
logo, il  quale  fu  quello  che  fece»  p*T  il  detto  Lo* 
renzode'M edici  il  bellissimo  orinolo  che  ha  oggi 
il    S.  duca  Cosimo  in  palazzo,  nel  quale  oriuoio 
tutte  le  ruote  dei  l'ianeti  camminano  di  conti- 
nuo ;  il   che  è  cosa  rara  ,  e  la   prima   che  fussc 
mai  fatta  di  questa  mstniera  .  hvìV  altra  storia 
che  è  dirimpetto  a  questa   ritrasse  A  lesso,  Luigi 
Guicciardini  il  vecchio  ,  Luca  Pitti  ,  Diotisalvl 
Neroni  ,  Giuliano  de'  Medici  padre  di  papa  Cle- 
mente  VII  ,  ed    accanto   al  pilastro  di    pietra 
GhcThvàQ  Gianfiglias^i  veechiQ  e  M*  Bonjjiapui 


YITA  DI  ALKS50  BÀLDOVINBTTI     275 

«araliere  con  una  Testa  azzurra  indosfo  e  una 
collana  al  collo  ,  e  Jacopo  e  Giovanni  della  me* 
desima  famielia  •  Accanto  a   questi  è  Filippo 
Strozzi  vecchio,   M.  Paolo  astrologo  dal  Pozzo 
Tosca nelli .  Nella  volta  sono  quattro  patriarchi, 
e  nella  tavola  una  Trinità ,  e  S.  Giovanni  GuaU 
berto  inginocchioni  con  un  altro  santo  .  I  quali 
tutti  ritratti  si  riconoscono  benissimo,  per  essere 
simili  a  quelli  che  si  veggiono  in  altre  opere ,  e 
particolarmente  nelle  case  dei  discendenti   loro 
o  di  gesso  o  di  pittura  .  Mise  in  questa  opera 
Alesso  molto  tempo  ,  perchè  era  pazientissimo 
e  voleva  condurre  l'opere  con  suo  agio  e  comodo. 
Disegnò  molto   bene ,  come  nel   nostro  libro  si 
vede^un  mulo  ritratto  di  naturale  ,  dov'  è  fatto 
il  girare  de'  peli  per  tutta  la  persona  con  molta 
pacienza  e  con  bella  grazia  .  Fu  A  lesso  diligen- 
tissiroo  nelle  cose  sue ,  e  di  tutte  le  minuzie 
che  la  madre  natura  sa  fare  ,  si  sforzò  d' essere 
imitatore .  Ebbe   la  maniera  alquanto  secca  e 
crudetta  ,  massimamente  ne'  panni  .  Dilettossi 
molto  di  far  paesi ,  rìtraendoli  dal  vivo  e  natu* 
rale  ,  come  stanno  appunto  .  Onde  si  veggiono 
nelle  sue  pitture  fiumi,  ponti,  sassi,  erbe,  &ntti  , 
vìe  ,  campi ,  città  ,  castella  ,  arena  ,  ed  altre  in- 
finite simili  cose.  Fece  nella  Nunziata  di  Firenze 
nel  cortile  dietro  appunto  al  muro  ,  dove  è  di- 
pinta la  stessa  Nunziata  ,  una  storia  a  fresco  e 
ritocca  a  secco ,  nel  quale  è  una  natività  di  Cri- 
sto fatta  con  tanta  fatica  e  diligenza,  che  in  una 
capanna   che  vi  è  si  potrebbono   annoverar  le 
fila  e  i  nodi  della  paglia.  Vi  contraffece  ancora 
in  una  rovina   d'  una  casa   le   pietre  muffate  e 
dulia  pioggia  e  dal  ghiaccio  logore  e  consumate^ 


276  PARTE    SECONDA 

con  una  radice  d*  ellera  grossa  cbe  rtcuopre  nxìu 
parte  di  quei  muro,  nella  quale  è  da  considerare 
che  con  lunga  pacienza  fece  d*  un  color  verde  il 
ritto  delle  foglie  e  d' un*  altro  il  rovescio  y  come 
fa  la  natura  né  piik  né  meno  ;  e  oltra  ai  pastori 
vi  fece  una  serpe  ovvero  biscia  cbe  cammina  su 
per  un  muro  naturalissima  .  Dicesi  cbe  A  lesso 
s' affaticò  molto  per  trovare   il   vero   modo  del 
musaico,  e  cbe  nun  gli  essendo  mai  riuscito  cosa 
cbe  valesse  ,  gli  capitò  finalmente  alle  mani  un 
tedesco  cbe  andava  a  Roma  alle  perdona nze  ;  e 
cbe  alloggiandolo  ,  imparò  da  lui  interamente  il 
modo  e  la  regola   di  condurlo  ,  di  maniera  cbe  . 
essendosi  messo  poi  arditamente  a  lavorare  in  S, 
Giovanni  sopra  le  porte  di  bronzo ,  fece  dalla 
banda  di  dentro   negli  ardii  alcuni   angeli  cbe 
tengono  la  testa  di  Cristo  .  Per  la  quale  opera 
conosciuto  il  suo  buon  modo  di  fare,  gli  fu  ordi- 
nato dai  consoli  dell'  arte  de'  mercatanti  cbe  ri- 
nettasse e  pulisse  tutta  la  volta  di  quel  tempio  , 
stata  lavorata  ,  come  si  disse,  da  Andrea  Tafi  ; 
percbè  essendo  in  molti  luogbi  guasta ,  aveva 
bisogno  d'essere  rassettata  e  racconcia  .  Il  cbe 
fece  Alesso  con   amore  e  diligenza  ,  servendosi 
in  ciò  d' un  edifizio  di  legname  cbe  gli  fece  il 
Cecca,  il  quale  fu  il  migliore  architetto  di  queir 
età.  Insegnò  A  lesso   il  magisterio  de'musiaicia 
Domenico  Ghirlandaio,  il  quale  accanto  a  se  poi 
lo  ritrasse  nella  cappella  de'  Tornabuoni  in  S, 
Maria  Piovella,  nella  storia   dove  Giovaccbino  è 
cacciato  del  tempio  nella   figura  d'.un  vecchio 
raso  con  un  cappuccio  rosso  in  testa  .  "Visse  Ales* 
#0  anni  ottanta  ,  e  quando  cominciò  ad  avvici- 
narsi alla  vecchiezza  ,  come  quello  ch«  voleva 


VITA  DI  ALII90  BÀLDOVINCTTI       S77 

foto*  con  ftnimo  quieto  attendere  agli  studi  della 
tua  profefSMonc  ,  siccome  fanno  spesso  molti  uo* 
mini,  si  commise  nello  spedale  di  S.  Paolo.  £d  a 
eagione  ft^rse  d*  esservi  ricevuto  più  Volentieri  e 
meglio  trattato  (  potette  anco  essere  a  caso)  fece 
portare  nelle  sue  stanze  del  detto  spedale  un 
tfran  cassone  ,  sembiante  facendo  che  dentro  ri 
fnsse  buona  somma  di  da  mi  ri  ;  perché  così  cre- 
dendo che  fusse  ,  lo  speda lingo  e  gli  altri  mini- 
stri ,  i  quali  sapevano  che  egli  aveva  fetto  allo 
spedale  donazione  di  qiy  lunque  cosa  si  trovasse 
alla  morte  sua,  gli  facevano  le  maggiori  carezze 
del  mondo  •  Ma  venuto  a  morte  A  lesso  vi  si 
trovò  dentro  solamente  disegni,  ritratti  in  carta, 
ed  un  libretto  che  insegnava  a  far  le  pietre  del 
musaico  y  lo  stucco  ,  ed  il  modo  di  lavorare  •  Ni 
fu  gran  fatto  y  secondo  che  si  disse  ,  che  non  si 
trovassero  danari  y  perchè  fìi  tanto  cortese  ,  che 
ninna  cosa  aveva  che  cosi  non  fusse  degli  amici  , 
come  sua  • 

Fu  suo  discepolo  il  Graffione  fiorentino  y  che 
sopra  la  porta  degrinnocenti  fece  a  fresco  il  Dio 
Padre  con  quegli  angeli  che  vi  sono  ancora.  Di- 
cono che  il  magnifico  Lorenzo  de'  Medici  ragio- 
nando un  di  coi  Graffione,  che  era  uno  strava- 
gante cervello  y  gli  disse  :  Io  voglio  far  fare  di 
musaico  e  di  stucchi  tutti  gli  spigoli  della  cupola 
di  dentro  ;  e  che  il  Graffione  rispose  :  Voi  non  ci 
avete  maestri .  A  che  replicò  Lorenzo  :  Noi  ab- 
biam  tanti  danari  y  che  ne  faremo  ;  il  Graffione 
subitamente  soggiunse  :  £h  Lorenzo  ,  i  danari 
non  fìinno  maestri  y  ma  i  maestri  fanno  i  danari. 
Fu  costui  bizzarra  e  fantastica  persona  :  non 
mangiò  mai  in  casa  sua  a  tavola  che  fusse  appa- 


978  »AATS    SXCOVDl 

lacchiate  d'  altro  che  dì  suoi  cartoni  y  e  noà 
dormi  id  altro  letto  che  in  un  cassone  pien  di 
paglia  senza  lenzuola  .  Ma  tornando  ad  A  lesso  , 
•gli  fini  r  arte  e  la  yita  nel  i44S>  e  fu  dai  suoi 
parenti  €  cittadini  sotterrato  onorayolmente  • 


/ 


3^ 


VITA 
DI  VELLANO  DA  PADOVA 

SCULTORE. 


X  anto  grande  è  la  fona  del  contraffare  con  a« 
more  e  studio  alcuna  cosacche  il  più  delle  volte^ 
essendo  bene  imitata  la  maniera  a'una  di  queste 
nostre  arti  da  coloro  che  nel  1  Vipere  di  qualcuno 
ti  compiacciono  y  sì  fattamente  somiglia  la  cosa 
che  imita  quella  che  è  imitata  ,  che  non  si  di- 
scerné y  se  non  da  cbi  ha  più  che  buon  occhio, 
alcuna  differenza  ;  e  rade  Tolte  atviene  che  un 
discepolo  amorerole  non  apprenda  almeno  in 

Sran  parte  la  maniera  del  suo  maestro  •  Veliano 
a  Padora  s' ingegnò  con  tanto  studio  di  con* 
traffare  la  maniera  ed  il  fare  di  Donato  nella 
•cultura  y  e  massimamente  ne*  bronzi ,  che  ri- 
mase in  Padova  sua  patria  erede  della  viitÀ  di 
Donatello  Fiorentino  ,  come  ne  dimostrano  l'o- 
pere sue  nel  Santo;  dalle  quali  pensando  quasi 
offnuno  che  non  ha  di  ciò  cognizione  intera 
eh'  elle  siano  di  Donato  y  se  non  sono  avvertiti 
restano  tutto  giorno  ingannati  .  Costui  dunque 
infiammato  dalle  molte  lodi  che  sentiva  dare  a 
Donato  scultore  fiorentino  che  allora  lavorava 
in  Padova,  e  dal  disiderio  deli*  utile  che  median- 
te reccellenza  dell'opere  viene  in  mano  de'buo- 
ni  artefici,  si  acconciò  con  esso  Donato  per  im- 
parar la  scultura  ,  e  vi  attese  di  maniera  y  che 
con  l'aiuto  di  tanto  maestro  conseguì  finalmenta 
l' intento  suo  j  onde  prima  che  Donatello  partisse 


l8o  PAUTK    SECONDA 

di  Padova  finite  V  opere  sue  aveva  taVito  acqui* 
sto  fatto  nel!'  arte  ,  che  già  era  in  buona  aspet- 
tazione e  di  tanta  speranza  appresso  al  maestro^ 
che  meritò  che  da  lui  gli  fussero  lasciate  tutte  le 
masserizie  ^  i  disegni ,  e  i  modelli  delle  storie  , 
che  f^ì  avevano  a  fare  di  bronzo  intorno  al  coro 
del  Santo  in  quella  città. La  qual  cosa  fu  cagione 
che  partito  Donato  y  come  si  è  detto ,  fu  tutta 
queir  opera  pubblicamente  allogata  al  Vellaiio 
nella  patria  con  suo  molto  onore  .  Egli  dunquél 
fece  tutte  le  storie  di  bronco  che  sono  nel  coro 
del  Santo  dalla  banda  di  fuori ,  dove  fra  l'altre  é 
la  storia  quando  Sansone  abbracciata  la  colonna 
rovina  il  tempio  de'  Filistei ,  dove  si  vede  con 
ordine  venir  giù  i  pezzi  delle  royìne ,  e  la  morte 
di  tanto  popolo,  ed  inoltre  la  diversità  di  molte 
attitudini  in  coloro  che  muoiono,  chi  per  la  ro^ 
vina  echi  per  la  paura ;il  che  maravigliosamente 
espresse  Vellano.  Ne\  medesimo  luogo  sono  al- 
cune cere  ed  ì  modelli  di  queste  cose  ,  e  cosi  al- 
cuni candelieri  di  bronzo  lavorati  dal  medesimo 
con  molto  eiudizio  ed  invenzione.  £  per  quanto 
si  vede  ,  ebbe  qur sto  artefice  estremo  disìderie 
d'  arrivare  al  srgno  di  Donatello  ,  ma  non  vi  ar- 
rivò ,  perchè  si  pose  colui  troppo  alto  in  un'arte 
difficilissima  .  £  perchè  Vellano  si  dilettò  anco 
dell'  archit(*ttura  ,  e  fu  più  che  ragionevole  ifi 
quella  professione  ,  andato  a  Roma  al  tempo  di 
papa  PhoIo  Yiniziano  Tanno  ì^GJI,  per  il  quale 
pontefice  era  architettore  nelle  fabbriche  del 
Vaticano  Giuliano  da  Maiano,fu  anch'egli  ado- 
perato a  molte  cose  ,  e  fra  V  altre  opere  che  vi 
fece,  sono  di  sua  mano  Tarme  che  vi  si  veggionc 
di  quel  pontefice  col  nome  appresso  .  Lavori 
ancora  al  palazzo  di  S.  Marco  molti  degli  orna** 


VITA  DI  TCLLARO  DÀ  PADOVA       a8l 

menti  di  mella  fàbbrica  per  lo  medesimo  papa, 
la  testa  del  quale  è  di  mano  di  Yeliano  a  oommo 
le  scale  •  Disegnò  il  medesimo  per  quel  luogo  un 
Cortile  stupendo  con  una  salita  di  scale  comode 
e  piaceroK  ;  ma  ogni  cosa ,  sopravvenendo  la 
morte  del  pontefice  ,  rimase  imperfetta .  I^el 
qual  tempo  che  stette  in  Roma  il  Vellano  ,  fece 

5»er  il  detto  P^^P*  e  per  altri  molte  cose  piccole 
t  marmo  e  di  oronfco  ;  ma  non  l' ho  potute  rio* 
irenire  .  Fece  il  medesimo  in  P«*ugia  una  statua 
di  bronco  maggiore  che  il  vivo ,  nella  quale  fi-* 
euro  di  naturale  il  detto  papa  a  sedere  in  ponti-^ 
Scale  ,  e  da  pie  vi  mise  il  nome  suo  e  i  anno 
che  ella  fu  fatta  ;  la  qual  figura  posa  in  una  nic-> 
chia  di  piA  sorte  pietre  lavorate  con  molta  dili- 
ceiiza  fuor  della  porta  di  S.  Lorenao,  che  è  il 
duomo  di  ouella  città .  Fece  il  medesimo  molte 
medaglie,  delle  quali  ancora  si  veggiono  alcune, 
e  particol armento  quella  di  quel  papa  ,  e  quelle 
d'Antonio  Rosello  aretino,  e  di  Battista  Platina 
ambi  di  quello  segretari .  Tornato  dopo  queste 
cose  Vellano  a  Padoa  con  bonissimo  nome  y  era 
in  pregio  non  solo  nella  propria  patria  ,  ma  in 
tutta  la  Lombardia  e  Marca  Trìvisana ,  si  perchè 
non  eran  insino  allora  stati  in  quelle  parti  artefici 
eccellenti  ,  sì  perché  aveva  bonissima  pratica 
nel  fondere  i  metalli .  Dopo  essendo  già  vecchio 
Vellano ,  deliberando  la  Signoria  di  Vinegia  che 
si  facesse  di  bronzo  la  statua  di  Bartolommeo  da 
Bergamo  a  cavallo ,  allogò  il  cavallo  ad  Andrea 
del  Vcrrocchio  fiorentino  e  la  figura  a  Vellano  • 
La  qual  cosa  udendo  Andi'ea  che  pensava  che  a 
lui  toccasse  tutta  V  opera  ,  venne  in  tanta  colle- 
ra ,  conoscendosi ,  come  era  in  vero  ,  altro  mae- 
stro che  Vellano  non  era  j  che  fracassato  e  rotto 


aÌ2  PARTE    SEeOlTDA 

tutto  il  modello  che  già  ayeTa  finito  del  earall^y 
te  ne  venne  a  Firenze.M a  poi  essendo  richiamato 
dalla  Signoria  che  gli  diede  a  fare  tutta  l'operai 
di  nuoTO  tornò  a  finirla  .  Della  qual  cosa  prese 
Vellano  tanto  dispiacere,  che  partito  di  Vinegia 
senza  far  motto  o  risentirsi  di  ciò  in  niuna  ma- 
niera 9  se  ne  tornò  a  Padoa  y  dove  poi  visse  il  ri* 
manente  della  sua  vita  onoratamente  ,  conten- 
tandosi deir  opere  che  aveva  fatto  e  di  essere  , 
come  fu  sempre,  nella  sua  patria  amato  ed  ono- 
rato .  Mori  d' età  d'anni  novantadue,  e  fu  sotter- 
rato nel  Santo  con  queir  onore  che  la  sua  virtù , 
avendo  se  e  la  patria  onorato  ,  meritava  .  Il  suo 
ritratto  mi  fu  mandato  da  Padoa  da  alcuni  amici 
miei  che  V  ebbono,  per  quanto  mi  avvisarono  , 
dal  dottissimo  e  reverendissimo  cardinal  Bembo, 
che  fu  tanto  amatore  delle  nostre  arti ,  quanto  in 
tutte  le  più  rare  virtù  e  doti  d'nnimo  e  di  corpo 
fu  sopra  tutti  gli  altri  uomini  deU'  età  nostra  •€* 
cellentissimo  • 


T.  7  ■  ^' 


VITA. 
DI    FRA  FILIPPO  LIPPI 

PITTORE  FIORENTINO. 


Jr  ra  Filippo  ài  Tommaso  Lippi  carmelitano  ^ 
iiquaienacqueinFioreuEa  in  una  contrada  detta 
Ardiglione  sotto  il  canto  alla  Cuculia  dietro  al 
convento  de'  frati  Carmelitani  y  per  la  morte  di 
Tommaso  suo  padre  restò  povero  fanciullino 
d'  anni  due  senza  alcuna  custodia^  essendosi  an- 
cora morta  la  madre  non  molto  dopo  averlo  par- 
torito .  Rimaso  dunque  costui  in  governo  d  una 
mona  Lapaccia  sua  sia  sorella  di  Tommaso  suo 
padre  ,  poiché  V  ebbe  allevato  con  suo  disaqio 
grandissimo,quando  non  potette  più  sostentarlo^ 
essendo  egli  già  di  ott'  anni  y  lo  fece  frate  jiel 
sopraddetto  convento  del  Carmine  ;  dove  stan- 
dosi, quanto  era  destro  ed  ingegnoso  nelle  azioni 
di  mano ,  tanto  era  nella  erudizione  delle  lettere 
grosso  e  male  atto  ad  imparare  ;  onde  non  volU 
applicarvi  lo  ingegno  mai  ,  né  averle  per  ami-^ 
cne.  Questo  putto  ,  il  quale  fu  chiamato  col  no- 
me dei  secolo  Filippo  ,  essendo  tenuto  con  gli 
altri  in  noviziato  e  sotto  la  disciplina  del  maestro 
della  grammatica, pur  per  vedere  quello  che  sa- 
pesse fare  y  in  cambio  di  studiare  non  faceva  mai 
altro  che  imbrattare  con  fantocci  i  libri  suoi  e 
degli  altri  ;  onde  il  priore  si  risolvette  a  dargli 
ogni  comodità  ed  agio  d' imparare  a  dipignere  . 
Era  allora  nel  Carmine  la  cappella  da  Masaccio 
nuovamente  stata  dipinta  y  la  auaU  y  perciocché 


SR4  PARTE    ^  CCONOA 

bellissima  era,  piacerà  molto  a  fra  Filippo;1aofl« 
de  ogni  giorno  per  suo  diporto  la  frequentava  f 
e  quivi  esercitandosi  del  continovo  in  compagnia 
di  molti  giovani  che  sempre  vi  disegnavano ,  di 
gran  lunga  gli  altri  avanzava  di  destrezza  e  di 
sapere^  di  maniera  che  e'  si  teneva  per  fermo 
che  e'  dovesse  fare  coi  tempo  qualche  maravi- 
gliosa  cosa.Ma  negli  anni  accrhi^non  che  ne*ma- 
turi ,  tante  lodevoli  opere  fece,  che  fu  un  mira* 
colo  .  Perché  di  li  a  poco  tempo  lavorò  di  verde 
terra  nel  chiostro  vicino  alla  Sagra  di  Masaccio 
Un  papa  che  conferma  la  regola  de'Carmelitani^ 
ed  in  molti  luoghi  in  chiesa  in  più  pareti  in  fre- 
sco dipinse  ,  é  particolarmente  un  S.  Gio:  Batti-» 
ita  ed  alcune  storie  della  sua  vita  ;  e  così  ogni 
giorno  facendo  meglio  ,  aveva  preso  la  mano  di 
Masaccio  si  y  che  le  cose  sue  in  modo  simili  a 
quelle  faceva  y  che  molti  dicevano  lo  spirito  di 
Malaccio  essere  entrato  nel  corpo  di  fra  Filippo . 
Fece  in  un  pilastro  in  chiesa  la  figura  di  S.  Mar-^ 
zia  te  presso  all'  drgano  y  la  quale  gli  arrecò  in- 
finita fama  y  potendo  stare  a  paragone  con  le 
cose  che  Masaccio  aveva  dipinte;  perii  chesen-* 
titosi  lodar  tanto  per  il  grido  d*  ognuno,  animo- 
samente si  cavò  r  abito  d' età  d*  anni  diciassette. 
£  trovandosi  nella  Marca  d'Ancona,  diportando- 
si un  giorno  con  certi  amici  suoi  in  una  barchetta 
per  mare,fbTono  tutti  insieme  dalle  fìiste  de'Mo» 
Tì  che  per  quei  luoghi  scorrevano  preste  menati 
in  Barberia^e  messo  ciascuno  di  loro  alla  catena 
e  tenuto  schiavo  ;  dove  stette  con  molto  disagio 
per  diciotto  mesi .  Ma  perchè  un  giorno,  avendo 
egli  molto  in  pratica  il  padrone  ,  gli  venne  co- 
modità e  capriccio  di  ritrarlo ,  preso  un  carbone 
spento  del  fuoc<^ ,  con  quello  tutto  intero  lo  r»- 


VITA  DI  FllA  FILIPPO  LIPPI  285 

tnis$e  co'  suoi  abiti  indosso  alla  moresca  lu  un 
muro  bianco  .  Onde  essendo  dagli  altri  scbiavi 
detto  questo  al  padrone  ,  percbè  a  tutti  un  mi- 
racoio  parerà  ,  non  s'  usando  il  disegno  né  la 
pittura  in  quelle  parti  y  ciò  fu  causa  della  sua 
liberazione  dalla  catena  y  doTe  per  tanto  tempo 
era  stato  tenuto  .  Veramente  è  gloria  di  questa 
Tirtù  grandissima  cbe  uno  ,  a  cui  è  conceduto 
per  legge  di  poter'  condennare  e  punire  ,  faccia 
tutto  il  contrario  :  anzi  in  cambio  di  supplicio  e 
di  morte  y  s' induca  a  far  carezze  e  dare  libertà  « 
Avendo  poi  lavorato  alcune  cose  di  colore  al 
detto  suo  padrone  ,  fu  condotto  sicuramente  a 
Napoli  ,  dove  egli  dipinse  al  re  Alfonso^  allora 
duca  di  Calavria,  una  tavola  a  tempera  nella 
cappella  del  castello  dove  oggi  sta  la  guardia  • 
Appresso  gli  venne  volontà  di  ritornare  a  Fio* 
renza  y  dove  dimorò  alcuni  mesi  ,  e  lavorò  alle 
donne  di  S.  Ambruogio  all'altare  maggiore  una 
liellissima  tavola  ,  la  quale  molto  grato  lo  fece  a 
G>simo  de' Medici, cbe  per  questa  cagione  diven- 
ne suo  amicissimo  .  Fece  anco  nel  capitolo  di  S. 
Croce  una  tavola  ,  e  un'  altra  che  fu  posta  nella 
cappella  in  casa  Medici  y  e  dentro  vi  fece  la  na- 
tività di  Cristo  :  lavorò  ancora  per  la  moglie  di 
Cosimo  detto  una  tavola  con  la  medesima  nati- 
vità di  Cristo  e  S.  Gio;  Battista  ,  per  mettere 
all'  ermo  diCamaldoli  in  una  delle  celle  de'  ro- 
miti, cbe  ella  aveva  fatta  fare  per  sua  divozione 
intitolata  a  S.  Gio:  Battista  ;  ed  alcune  storiette 
cbe  si  mandarono  a  donare  da  Cosimo  a  papa 
Eugenio  IV  Vini zìano.  Laonde  fra  Filippo  molta 
grazia  di  quest'  opera  acquistò  appresso  il  papa  • 
Dicesi  cb  era  tanto  venereo ,  cbe  vedendo  donne 
^e  gli  piacesaero  ,  se  ie  poterà  ayere  y  ogni  sua 


286  PARTE    SECONDA 

facultc\  cIon<')to  le  areLbe,  e  non  potendo  per  via 
di  mezzi  y  ritraemiole  in  pittura  con  ragiona- 
menti la  fiamma  del  suo  amore  intiepidiva  .  £d 
era  tanto  perduto  dietro  a  questo  appetito  ,  cbe 
air  opere  prese  da  lui  quando   era  in   questo 
umore  ,  poco  o  nulla  attendeva.  Onde  una  volta 
fra  r  altre  Cosimo  de'  Medici   facendogli  fare 
un'  opera  in  casa  sua,  Io  rinchiuse,  perchè  fuori 
a  perder  tempo  non  andasse .  Ma  egli  statoci  già 
due  giorni ,  spìnto  da  furore  amoroso  ,  anzi  be- 
stiale, una  sera  con  un  paio  dì  forbici  fece  alcune 
liste  de'  lenzuoU  del  letto  ,  e  da  una  finestra  ca- 
latosi ,  attese  per  molti   giorni  a'  suoi  piaceri  • 
Onde  non  lo  trovando  e  facendone  Cosimo  cer- 
care ,  al  fine  pur  lo  ritornò  al  lavoro  ,  e  d'  allora 
in  poi  gli  diede  libertà  che  a  suo  piacere  andasse^ 
pentito  assai  d'  averlo  per  lo  passato  rinchiuso, 
pensando  alla  pazzìa  sua  ed  al  pericolo  che  po- 
teva incoiTcre .  Per  il  che  sempre  con  carezze 
s'ingegnò  di  tenerlo  per  l'avvenire  ;  e  cosi  da  lui 
fu  servito  con  più  prestezza  ,  dicendo   egli  che 
l'eccellenze  degl'  ingegni  rari  sono  forme  celesti 
e  non  asini  vetturini .  Lavorò  una  tavola  nella 
chiesa  di  S.  Maria  Primerana  in  su  la  piazza  di 
Fiesole  ,  dentrovi  una  nostra  Donna  annunziata 
da  ir Apgelo, nella,  quale  è  una  diligenza  grandis- 
sima,e  nella  figura  dell'angelo  tanta  bellezza  che 
e'  pare  veramente  cosa  celeste.  Fece  alle  mona* 
che  delle  Murate  due  tavole  ,  una  della  Annun- 
ziata po^ta  allo  aitar  maggiore ^  l'altra  nella  me- 
desima chiesa  a  un  altare  ,  dentrovi  storie  di  S. 
B('nedetto  e  dì  S.  Bernardo  ;  e  nel  palazzo  della 
Signoria  dipinse  in  tavola  un' Annunziata  sopita 
una  polla  ,  e  similmente  fece  in  detto  palazzo 
«u  b.  Bernardo  so^ra  un'  altia  porta  ;  €  nella 


VITA  DI  FRA  FILIPPO  UPPI  187 

sagrestia  di  S.Spirìto  di  Fioreii£a  una  tavola  con 
una  nostra  Donna  ed  angeli  d'attorno  e  santi  da 
lato  j  opera  rara  e  da  questi  nostri  maestri  stata 
sempre  tenuta  in  granai>sima  venerazione  . 

In  S.Lorenzo  alla  cappella  degli  operai  lavori 
una  tavola  con  un'altra  Annunziata,  ed  a  quella 
della  Stufa  una  che  non  è  finita  .  In  S.  Apostolo 
di  detta  cittÀ  in  una  cappella  dipinse  in  tavola 
alcune  figura  intomo  a  una  nostra  Donna  :  ed  in 
Arezzo  a  M.  Carlo  Marsuppini  la  tavola  della 
cappella  di  S.  Bernardo  ne'  monaci  di  Monte 
Oliveto  con  la  incoronazione  di  nostra  Donna  e 
molti  satiti  attorno  ,  mantenutasi  così  fresca, che 

5 are  fatta  dalle  mani  di  fra  Filippo  al  pi^esente  ; 
ove  dal  sopradetto  M.Carlo  gli  fu  detto^che  egli 
avvertisse  alle  mani  che  dipigneva,perchè  molto 
le  sue  cose  erano  biasimate  .  Per  il  che  fra  Fi<- 
lippo  nel  dipignere  da  indi  innanzi,  la  maggior 
parte  o  con  panni  o  con  altra  invenzione  rico-» 
perse  per  fuggire  il  predetto  biasimo.Nelln  quale 
opera  ritrasse  di  naturale  detto  M.Carlo.  Lavorò 
in  Fiorenza  alle  monache  di  Anna  lena  una  tavola 
d'  un  presepio  ;  ed  in  Padova  si  veggono  ancora 
alcune  pitture .  Mandò  di  sua  mano  a  Roma  due 
storiette  di  figure  picciole  al  cardinal  Barbo  ,  le 
quali  erano  molto  eccellentemente  lavorate  e 
condotte  con  diligenzia  .  E  certamente  egli  con 
maravigliosa  grazia  lavorò  e  finitissimamente 
unì  le  cose  sue  ,  per  le  quali  sempre  dagli 
artefici  in  pregio  ,  e  da'  moderni  maestri  è 
stato  con  somma  lode  celebrato  ,  e  ancora  , 
mentreché  1'  eccellenza  di  tante  sue  fatiche  la 
voracità  del  tempo  terrà  vive  9  sarà  da  ogni  se- 
colo  avuto  in  venerazione  .  In  Prato  ancora  vi- 
•ÌQo  a  Fiorenza  ,  dove  aveva  alcuni  parenti  #  in 


^88  PARTE    SEC0MD4 

«ompagnia  di  fra  Diamante  del  Carmine  stato 
suo  compagno  e  noTixio  insieme  ,  dimorò  molti 
mesi ,  lavorando  ner  tutta  la  terra  assai  cose  . 
Essendogli  poi  dalle  monache  di  S.  Margherita 
data  a  fare  la  tavola  dell*  aitar  maggiore,  mentre 
vi  lavorava  ,  gli  veiiiie  un  giorno  veduta  una  fi- 
gliuola di  Francesco  Buti  cittadin  fiorentino  y  la 
quale  o  in  serhanza  o  per  monaca  era  quivi  in 
serbanza  .  Fra  Filippo  dato  d'  occhio  alla  Lu- 
crezia 9  che  cosi  era  il  nome  della  fanciulla  ,  la 
quale  aveva  bellissima  eraaia  ed  aria  ,  tanto  o- 
però  con  le  monache ,  che  ottenne  di  farne  un 
ritratto  per  metterlo  in  una  figura  di  nostra 
Donna  per  V  opra  loro.  £  con  questa  occasione 
innamoratosi  maggiormente  y  fece  poi  tanto  per 
via  di  mezzi  e  di  pratiche  y  che  egli  sviò  la  Lu« 
crezia  dalle  monachete  la  menò  via  il  giorno  ap* 
punto  ch*ella  andava  a  vedere  mostrar  la  cintola 
di  nostra  Donna  y  onorata  reliquia  di  quel  ca- 
ttello .  Di  che  le  monache  molto  per  tal  caso 
furono  svergognate,  e  Francesco  suo  padi*e  non 
fu  mai  più  allegro  e  fece  ogni  opera  per  riaver- 
la ;  ma  ella  o  per  paura  o  per  altra  cagione  non 
volle  mai  ritornare ,  anzi  starsi  con  Filippo  y  il 
quale  n'  ebbe  un  figliuol  maschio  che  fu  chia- 
mato Filippo  egli  ancora,  e  fu  poi ,  come  il  pa- 
di*e  ,  molto  eccellente  e  famoso  pittoi*e  .  In  S. 
Domenico  di  detto  Prato  sono  due  tavole  ed  una 
nostra  Donna  nella  chiesa  di  S.  Francesco  nel 
tramezzo  ,  il  quale  levandosi  di  dove  prima  era, 
per  non  guastarla  tagliarono  il  muro  dove  era 
dipinto ,  ed  allacciatolo  con  legni  attorno  ,  lo 
tra  portarono  in  Una  parete  della  chiesa  ,  dove  si 
vede  ancora  oggi .  £  nel  Ceppo  di  Francesco  di 
Harco  sopra  un  pozzo  in  un  cortile  é  una  tavo* 


TITA  DI  FRA  FILIPPO  LIPPI  26^ 

letta  dì  man  del  medesimo  col  ritratto  di  dett« 
Francesco  di  Marco  autore  e  fondatore  di  quelU 
casa  pia.  È  nella  pieTe  di  detto  castello   fece  ia 
una  tavolina  sopra  la  porta  del  fianco  salendo  U 
ira  le  la  morte  ai  S.  Bernardo  ,  che  rende  la  sa<^ 
nità  toccando  la  bara  a  molti  storpiati;  dorè  sona 
frati  che  piangono  il   loro  morto  maestro  ^  eh'  i 
cosa  mirabile  a  vedere  le  belle  arie  di  teste  nell% 
mestizia  del  pianto  con  artificio  e  naturale  simi* 
litudine  contraffatte  .  Sonvi  alcuni  panni  di  co« 
colle  di    frati  che  hanno  bellissime  pieghe  e  me- 
ritano infinite  lodi  per  lo  buon  disegno ,  colori- 
to,  componimento,  e  per  la  grazia  e  proporzio- 
ne  che  in  detta  opra  si  yedc  ,  condotta  dalla  de-* 
licatissima  mano  di  fra  Filippo  .  Gli  fu  allogato 
dagli  operai  della  detta  |>icve  ;  per  ayere  memo** 
ria  di  lui ,  la  cappella  dell'  aitar  maggiore  di 
detto  luogo  ^doye  mostrò  tanto  del  valor  suo  io 
questa  opera  ,  eh'  oltra  la  bontà  e  l' artificio  di 
essa  ,  vi  sono  panni  e  teste  mirabìlisicime  .  Fec« 
in  questolavoro le  figure  maggiori  del  vivo, do* 
ve  introdusse  poi  negli  altri  artefici  moderni  il 
modo  di  dar  grandezza  alla   maniera  d'oggi. 
Sonvi  alcune  figure  con  abbigliamenti  in  quel 
tempo  poco  usati  y  dove  cominciò  a  destare  gli 
ani  Oli  delle  genti  a  uscire  di  quella  semplicità  » 
che  piuttosto  vecchia  che  antica  si  può  nomina- 
re .  In  questo  lavoro  sono  le  storie  di  S.  i^tefano, 
titolo  Ili  detta  pieve  ,  partite  nella  faccia  della 
banda  destra  ,  cioè  la  dìsputazione,  lapidazione; 
e  morte  di  detto  protomartire  ,-  nella  faccia  del 
quale  disputante  contro  i  Giudei  dimostrò  tanto 
zelo  e  tanto  fervore  ,  che  egli  è  cosa  di /liei  le  od 
immaginarlo  ,  non  che  ad  esprimerlo,  e  nei  volti 
e  nelle  varie  attitudini  di  esù  Giudei  V  odio ,  I# 
yoL.  IL  19 


ag«  PARTE    SECONDA 

•degno  y  e  la  collera  del  vedersi  Tinti  da  lui .  Sic* 
coiiie   più  apertamente  amora  fece  apparire  la 
bestialità  e  la  rabbia   in  coloro  cbe   l'uccidono 
con  le  pietre,  avendole  afferrate  chi  grandi  e  chi 
piccole  j  con  uno  strignere  di   denti  orribile  e 
con  gesti  tutti  crudeli  e  rabbii)«;i.  E  nientedimeno 
infra  sì  terribile  as«»alto  S.  Stefano  sicurissiiiio  a 
col  viso  loTdto  di  ciclo  si  dimostra  con  grandis- 
sima carità  e  fervore  supplicare  all'  eterno  Pa- 
dre per  quegli  stessi  che  lo  uccid'»no:  con^id'.Ta-* 
sioni  certo  belli^si)lle  ,e   da  far  conoscere  altrui 
quanto  vaglia  lu  invenzione  ed  il  saper  esprimere 
gli  affetti  nelL*  pitture;  il  che' si  bene  osservò  co- 
stui, cìie  in  coloro  che  sotterrano  S.  Stefano  fece 
attitudini  sì  dolenti ,  e  alcune  teste  sì  afflitte  e 
dirotte  nel  piantoxhe  e 'non  é  appena  possibile  di 
«lardarle  senza  commuoversi .  Dall'altra  banda 
lece  la  natività  ,  la  predica,  il  battesimo,  la  cena 
d'Erode  ,  e  la  decollazione  di  S.  Giovanni  fiatti-i 
ita  ,  dove  nella  faccia  di  lui  predicante  si  conor 
Bce  il  divino  spirii»,e  nelle  turbe^che  ascoltano, 
i  diversi  movimenti  e  T  allegrezza  e  rafflizione, 
così  nelle  donne  come  negli  uimiini  ,   astratti  • 
sospcFì  tutti  negli  ammaestramenti  di^\Giovan-> 
ni .  Nel  bntt esimo  si  riconosce  la  bellezza   e  la 
bontà  ,  e  nella  cena  di  Erode  la  maestà  del  con» 
Tito,  la  destrezza  di  Erodiade,  lo  stupon;  de Von«- 
Titati ,  e  lo  attristamento  fuori  di  maniera  nel 
presentarsi    la  te^ta  tagliata  dentro  al  bacino  • 
Yecgonsi  intorno  al  c(mvito  infinite  figure  con 
molto  belle  attitudini,e  ben  condotte  e-  di  i  anni 
e  di  prie  di  visi  ,tra  i  quali  ritrasse  allo  specchio 
se  ^  tesso  ve^tito  di  nero  in  abito  da  prelato,ed  il 
tfuo  discepolo   fra  Diamante  dove    sì  piange  S» 
Stefano  •  Ed  in  vero  questa  opera  fu  la  più  eccel- 


VITA  DI  FRA  FILIPPO  LlPPi  391 

lente  dì  tutte  le  cose  sae,  si  per  le  considerazioni 
dette  di  sopra  y  e  sì  per  aver  fatte  le  iì^urc  al- 
quanto maggiori  cbe  il  vivo  ;  il  che  dette  animo 
a  chi  venne  dopo  lui  di  ringrandire  la  maniera  • 
Fu  tanto  per  le  sue  buone  qualità  stimato ,  che 
molte  cose^che  di  biasimo  erano  alla  vita  sua, fu- 
rono ricoperte  mediante  il  grado  di  tanta  virtù  • 
Bi trasse  in  questa  opera  M.  Carlo  figliuolo  na- 
turale dì  Cosimo  de'  Medici  ,  il  quale  era  allora 
Jroposto  di  quella  chiesa,   la  quale  fu  da  lui  e 
alla  sua  casa  molto  beneficata.  Finita  che  ebbe 
quest'  opera,  Tanno  \^6'ò  dipinse  a  tempera  una 
tavola  per  la  chiesa  di  S.  Iacopo  di  Pistoia ,  den- 
trovi  una  Nunziata  molto  bella  per  M.  Iacopo 
Bellucciyil  qual  vi  ritrasse  di  naturale  molto  vi- 
vamente. In  casa  di  Pulidoro  Bracciolini  è  in  un 
quadro  una  natività  di  nostra  Donna  di  sua  ma- 
no ;  e  nel  magistrato  degli  Otto  di  Firenze  è  in 
un  mezzo  tondo  dipinto  a  tempera  una  nostra 
Donna  col   figliuolo  in  braccio  .  In  casa   Lodo- 
vico Capponi  in  un  altro  quadro  una  nostra  Don- 
na bellissima,ed  appresso  di  Bernardo  Vecchietti 
gentiluomo  fiorentino,  e  tanto  virtuoso  e  da  be- 
ne quanto  più  non  saprei  dire  ,  è  di  mano  del 
medesimo  in  un  quadretto  piccolo  un  S.  Agostino 
che  studia  bellissimo .  Ma  molto  meglio  e  un  S. 
leronimo  in  penitenza  della  medesima  grandez- 
za  in  guardaroba  del  Duca  Cosimo  .  E  se  fra 
Filippo  fu  raro  in  tutte  le  sue  pitture,  nelle  pic- 
cole superò  se  stesso  ,  perché  le  fece  tanto  gx^a- 
ziose  e  belle  ,  che  non  si  può  far  meglio  ,  come 
si  può  vedere  nelle  predelle  di  tutte  le  tavole  che 
fece  .  Insomma  fu  egli  tale  ,  che  ne'  tempi  suol 
ninno  lo  trapassò  ,  e  ne'  nostri  pochi  :  e  Miche* 
lagnolo  i'  ha  non  pur  celebrato  sempre^  ma  imi- 


393  PARTE     SECONDA 

tato  in  molte  cose  .  Fece  ancora  per  la  chiesa  di 
S.  Domenico  vecchio  di  Perugia,  che  poi  è  stata 

I>o8ta  air  aitar  maggiore  y  una  tavola  dentrovi 
a  nostra  Donna  ,  8.  Piero  ,  S.  Paolo,  S.  Lodoyi« 
co  9  e  S.  Antonio  abate  .  M.  Alessandro  degli  A- 
lessandri,  allora  cavaliere  ed  amico  suo,  gli  fece 
Are  per  la  sua  chiesa  di  villa  a  Yincigliata  nel 
poggio  di  Fiesole  in  una  tavola  un  S.  Lorenzo  ed 
altri  santi ,  ritraendovi  lui  e  dua  suoi  figliuoli  • 
Fu  fra  Filippo  molto  amico  delle  persone  allegre 
e  sempre  lietamente  visse.  A  fra  Diamante  fece 
imparare  Tarte  della  pittura  ,  il  quale  nel  Car- 
mine di  Prato  lavorò  molte  pitture  ,  e  della  ma- 
niera sua  ,  imitandola  assai,  si  fece  onore,  perchè 
e'  venne  a  ottima  perfezione  •  Stette  con  fra  Fi- 
lippo in  sua  sioventii  Sandro  Botticello ,  Pisello, 
Iacopo  del  Sellaio  fiorentino,  che  in  S.  Friano 
fece  due  tavole  ed  una  nel  Carmine  lavorata  a 
tempera ,  ed  infiniti  altri  maestri ,  ai  quali  sem- 
pre con  amorevolezza  insegnò  V  arte  .  Delle  fa- 
tiche sue   visse  onoratamente ,  e  straordinaria- 
mente spese  nelle  cose  d'  amore  ,  delle  quali  del 
contìnuo  mentre  che  vFsse  fino  alla  morte  si  di- 
lettò .  Fu  richiesto  per  via  di  Cosimo  de' Medici 
dalla  comunità  di  Spoleti  di  fare  la  cappella 
nella  chiesa  principale  della  nostra  Donna  ,  la 

Suale  lavorando  insieme  con  fra  Diamante  con- 
usse  a  honissimo  termine ,  ma  sopravvenuto 
dalla  morte  non  la  potette  finire.  Perciocché  di- 
cono chr,  essendo  egli  tanto  inclinato  a  questi 
suoi  beati  amori ,  alcuni  parenti  della  donna  da 
lui  amata  lo  fecero  avvelenare.Fini  il  corso  del- 
la vita  8ua  fra  Filippo  di  eìÀ  d'anni  cinquanta- 
sette nel  1438,  ed  a  fra  Diamante  lasciò  in  gover- 
no per  testaflieuto  Filippo  suo  figliuolo;  il  quale 


VITA  DI  FRA  riUPPO  LIPPI         I9S 

AiAcialIo  di  dieci  anni  imparando  V  arte  dn  un 
DiamaDjte  ,  seco  se  ne  tornò  a  Fiorenza,  portan-» 
dosene  fra  Diamante  trecento  ducati  che  per 
r  opera  fatta  si  restarano  ad  avere  dalla  comu-^ 
mtà  ;  de  quali  comperati  alcuni  beni  per  se  prò» 
prio  y  poca  parte  fece  ai  fanciullo  .  Fu  acconcio 
Filippo  con  Sandro  Botticello  tenuto  allora  mae* 
stro  bonissimo  ;  ed  il  vecchio  fu  sotteriato  in  un 
sepolcro  di  marmo  rosso  e  bianco  ,  £itto  porre 
dagli  Spoletioi  nella  chiesa  che  e'  dipigneva  . 
Dolse  la  morte  sua  a  molti  amici  y  ed  a  Cosimo 
de*  Medici  particolarmente  ed  a  papa  Eugenio  f 
il  quale  in  vita  sua  volle  dispensarlo  che  potesse 
avere  per  sua  donna  legittima  la  Lucrezia  ài 
Francesco  Buti ,  la  quale  per  potere  far  di  se  e 
deli*  appetito  suo  come  gli  paresse  >  non  si  volse 
curare  a'  avere .  Mentre  cnc  Sisto  IV  viveva , 
Lorenzo  de'  Medici  (atto  ambasciator  da'  Fio* 
Xentinifece  la  via  di  Spoleti  per  chiedere  a  quella 
comunità  il  corpo  di  n*a  Filippo  per  metterlo  in 
S.  Maria  del  Fiore  in  Fiorenza  :  ma  gli  fu  rispo» 
sto  da  loro  che  essi  avevano  carestia  d' ornamen- 
to^ e  massimamente  d'uomini  eccellenti,  perchè 
per  onorarsi  gliel  domandarono  in  grazia  ,  ag- 
giugnendo  che  avendo  in  Fiorenza  infiniti  uo- 
mini  famosi  e  quasi  di  supere  hio  ,  che  e'  volesse 
fare  senza  questo  ,  e  così  non  V  ebbe  altrimenti. 
Bene  è  vero  che  deliberatosi  poi  di  onorarlo  in 
quel  miglior  modo  eh'  e'  poteva  ,  mandò  Filip- 
pino suo  figliuolo  a  Roma  al  cardinale  di  Napoli 
per  fargli  una  cappella  .  Il  quale  passando  da 
Spoleti ,  per  commissione  di  Lorenzo  fece  fargli 
una  sepoltura  di  marmo  sotto  V  organo  e  sopra 
la  sagrestia,  dove  spese  cento  ducati  d'  oro  ,  i 
quali  pagò  Nofri  Tornaboni  maestro  dei  banco 


9g\  PARTE    SECONDA 

de'  Medici  ;  e  da  M.  Agnolo  PolÌEiano  gli  feee 
faie  il  presente  epigramma  intagliato  in  detta 
sepoltura  di  lettere  antiche  : 

Condfius  hic  ego  sum  picturae  fama  Philippusn 

Nulli  ignota  nieae  est  srati  a  mira  manua  • 
Artifices  potai  digitis  animare  colores  , 

Sperata  jue  anìmosfallere  \^oce  dia  . 
Tpsa  nieis  stupuit  natura  espressa  figurisy 

Mcqae  suisjassa  est  artibus  esstparem. 
Marmoreo  tumulo  Medicei  Laureniius  hic  me 

Condidit  f  ante  humili  polvere  tectus  eram  • 

Disegnò  fra  Filippo  benissimo  ,  come  si  può  re- 
dere  nel  nostro  libro  di  disegni  de'  più  famosi 
dipintori  ,  e  particolarmente  in  alcune  carte  do- 
rè é  disegnata  la  tayola  di  S.  Spirito  ^  ed  in  altre 
dove  é  la  cappella  di  Prato  • 


"rA^I'^     :<'ij.'::lAlT'Q)  ;;•     ;, 


VITA 

DI  PAOLO  ROMANO 

E  DI  MAESTRO  MINO 

SCULTORI 
E     Dt 

CHIMENTI   CAMICIA 

ARCHITETTO. 


lingue  ora  che  noi  parliamo  di  Paolo  Romano  n 
di  Mino  del  Regno  coetanei  e  delia  medei^ima 

Srofessione  j  ma  molto  differenti   nelle  qualità 
e'  costami  e  doll'arte:  perché  Paolo  fa  modesto 
ed  assai  ralente  ,  Mino  di  molto  minor  valore  , 
ma  tanto  prosnntnoso  ed  arrogante  ,  che  oltre  il 
far  suo  pirn  di  superhia  ,  con  le  parole  ancora 
alzava  raor  di  modo  le  proprie  fatiche.  Nel  farsi 
allogazione  da  Pio  li  pontefice  a  Paolo  scaitnre 
roToan  ^  d*  una  ficura  ,  egli  tanto  per  invidia  lo 
ttimitlò  ed  infesto! lo,che  Paolo  il  quale  era  buo- 
na od  umilissima  persona  fu  sforzato  a  risentirsi. 
Laonde  Mino  sbuffando  con  Paolo  ,  voleva  gio- 
care TTiille  ducati  a  fare  una  figura  con  esso  lui; 
e  questo  con  grandissima  prosunzione  ed  auda- 
cia diceva ,  conoscendo  egli  la  natura  di  Paolo 
che  non  voleva  fastidi ,  non  credendo   egli  che 
tal  partito  accettasse.  Ma  Paolo  accettò  V  invito^ 
e  Mino  meuo  pentito ,  solo  per  onore  tuo  centv 


ì 


496  l^ARTC     SECONBA 

ducati  giuoco.  Fatta  la  figura  fu  dato  a  Paolo  il 
▼ante  y  come  raro  ed   eccellente  eh'  egli  era  ,  e 
Mino  fu  scorto  per  quella  persona  neir  arte,che 
più  con  le  parole  che  con  Topre  Taleva  .  Sono  di 
mano  di  Mino  a  Monte  Gassino  ^  luogo  de'  mo« 
naci  JVeri  nei  regno   di  Napoli,  una  sepoltura j 
ed  in  Napoli  alcune  cose  di  marmo  ;  in  Roma  il 
S.  Pietro  e  S.  Paolo  che  sono  a  pie  delle  scale  di 
S.  Pietro  ,  ed   in  S.  Pietro  la  sepoltura  di  papa 
Paolo  II .   £  la  figura  che  fece  Paolo  a  concor* 
renza  di  Mino  fu  il  S.  Paolo  che  ali*  entrata  del 
ponte  S.  Anffeio  su  un  basamento  di  marmo  si 
Tede  ;  il  quale  molto  tempo  stette  innanzi  alla 
cappella  di  Sisto  IV  non  conosciuto .  Avvenne 
loi  che  Clemente  VII  pontefice  un  giorno  diede 
'  occhio  a  questa  figura,  e  per  essere  egli  di  tali 
cserciz)  intendente  e  giudicioso,gli  piacque  moU 
io.  Per  il  che  egli  deliberò  di  far  fare  un  S.  Pie- 
tro della  grandezza  medesima  ,  ed  insieme  alla 
entrata  di  ponte  Sant'Angelo  ,  dove  erano  dedi- 
cate a  questi  apostuli  due  cappelletto  di  marmo  9 
levar  quelle  che  impedivano  la  vista  al  castello ^ 
e  mettervi  queste  due  statue  . 

Si  legge  f^^ir  opera  d' Antonio  Filarete  ,  che 
paolo  fu  non  pure  scultore  ma  valente  orefice,  e 
che  lavorò  in  parte  i  d.) dici  Apostoli  d'argento 
che  innanzi  al  sacco  di  Roma  si  tenevano  sopri^ 
r  ^Itar  della  cappella  papale  ;  nei  quali  lavorò 
ancora  Niccolò  della  Guiirdia  e  Pietro  Paolo  da 
Todi ,  che  furono  discepoli  di  Paolo  e  poi  ragio- 
nevoli maestri  nella  scultura,  come  si  vede  nelle 
sepolture  di  papa  Pio  II  e  del  III,  nelle  quali  so- 
no i  di.*tti  duoi  pontefici  ritratti  di  naturale.  E 
di  mano  dei  medesimi  si  veggiono  in  medaglia 
tre  amperadori  ed  altri  personaggi  grandi.  £  il 


^TA    01    fkOLO    ROMANO  197 

detto  Paolo  fece  unastatua  d*  un  uomo  armato 
a  cavailo^che  oggi  è  per  tena  in  S.rietro  Ticino 
alla  cappella  di  8.  Andrea.  Fu  creato  di  Papìo 
lÀncristoforo  romano  che  iu  vaiente  scultore , 
e  sono  alcune  opere  di  sua  mano  in  Santa  Maria 
XrasteTere  ed  altrove . 

Chimenti  Camicia ,  del  quale  non  si  sa  altro 
quanto  ali*  origine  sua  se  non  che  fu  fiorentino, 
stando  al  servigio  del  re  d'  Ungheria  gli  fece  pa- 
lazzi ,  giardini ,  fontane  y  tempj ,  fortezze ,  ed 
altre  molte  muraglie  d' importanza  ,  con  orna- 
menti y  intagli  9  palchi  lavornti  y  ed  altre  simili 
fpse  che  furono  con  molta  diligenza  condotti  da 
faccio  Cellini  •  Dopo  le  quali  opere  Chimenti , 
come  amorevole  della  patria  ,  se  ne  tornò  a  Fi- 
renze y  ed  a  Baccio  che  là  si  rimase  mandò,  per- 
chè le  desse  al  re^  alcune  pitture  di  mano  di  Ber- 
to linaiuolo  y  le  quali  furono  in  Ungheria  tenute 
hellissime  e  da  quel  re  molto  lodate.  Il  qual  Berto 
(  non  tacerò  anco  questo  di  lui  )  dopo  aver  molti 
quadi'i  con  hella  maniera  lavorati  che  sono  nelle 
case  di  molti  cittadini  >  sì  morì  appunto  in  sul 
fiorire,  troncando  la  buona  speranza  che  si  aveva 
di  lui  •  Ma  tornando  a  Chimenti ,  egli  stato 'nou 
molto  tempo  in  Firenze,  se  ne  tornò  iu  Ungheria, 
dove  continuando  nel  servizio  del  re  ,  prehe,  an- 
dando su  per  ilDanuhioadar  disegni  di  mulina, 
per  la  stracchezza  un'  infermità  che  in  pochi 
giorni  lo  condusse  alT  altra  vita.  L*  opere  di  que- 
sti maestri  fui'ouo  nel  1470  in  circa  . 

Visse  ne' medesimi  tempi  ed  abitò  Roma  al 
tempo  di  papa  Sisto  IV  Baccio  Pintelli  fiorenti- 
no,  il  qual  per  la  buona  pratica  che  ebbe  nelle 
cose  d' architettura  meritò  che  il  detto  pnpa  in 
ogni  sua  impresa  di  fabbriche  se  ne  servisse.  Fu 


398  »ARTS    SCCONVA 

fatta  dunqae  col  disegno  dì  costui  la  cliiesa  é 
convento  di  iSanta  Maria  del  Popolo^ed  in  quella 
alcune  cappelle  con  molti  ornamenti ,  epartico* 
larmente  quella  di  Domenico  della  Rovere  car« 
dinaie  di  S.  Clemente  e  nipote  di  quel  papa  .  Il 
medesimo  fece  fare  col  disegno  di  Baccio  un  pa<^ 
lajEzo  in  Borgo  vecchio  ,  cbe  fu  allora  tenuto 
multo  belio  e  ben  considerato  edi tizio  .  Fece  il 
medesimo  sotto  le  stanze  di  Niccola  la  libreria 
miiggi'ire;  ed  in  palazzo  la  cappella  detta  di  Si- 
sto ,  la  quale  è  ornata  dì  Inaile  pitture .  Rifece 
similmente  la  fabbrica  del  nuovo  spedale  di  S. 
Spirito  in  Sassia  ,  la  quale  eraT  anno  1471  ai^a 
quasi  tutta  da'  fondamenti  ,  aggiugnendovi  una 
lunghissima  loggia  e  tutte  quelle  utili  comodità 
che  si  possono  disiderare  .  E  dentro  nella  lun- 
ghezza dello  spedale  fece  dipignere  storie  della 
vita  di  papa  Sisto  dalla  nascita  insino  alla  fine  di 
quella  fabbrica  ,  anzi  insino  al  fine  della  sua  vi- 
ta .  Foce  anco  il  ponte  cbe  dal  nome  di  quel 
pontefice  e  detto  ponte  Sisto  ,  che  fa  tenuto  o- 
pera  eccellente  ,  per  averlo  fatto  Baccio  sì  ga- 
gliardo di  spalle  e  cosi  ben  carico  di  peso,cb'egli 
e  fortissimo  e  benissimo  fondato .  Parimente 
r  anno  del  giubbileo  del  147 5  fece  molte  nuove 
chiesette  per  Roma  che  si  conoscono  alT  arme 
di  papa  Sisto  ,  ed  in  particolare  S.  Apostolo  ,  S. 
Pietro  in  Vincula  ,  e  S.  Sisto  .  Ed  al  cardinal 
Guglielmo  vescovo  d'  Ostia  fece  il  modello  della 
sua  chiesa  e  della  facciata  e  delle  scale  in  quel 
modo  che  oggi  si  veggiono.Aflermano  molti  che 
il  disegno  della  chiesH  di  S.  Pietro  a  Montorio 
in  Roma  fu  di  mano  di  Baccio  ,  ma  io  non  posso 
dire  con  verità  d*  avere  trovato  che  cosi  sta  .  La 
qual  chiesa  fu  fabbricata  a  spese  del  re  di  Porto- 


VITA  DI  PA0Ì.0  ROMAirO  299 

gallo  I  quasi  nel  medesimo  tempo  die  la  nazione 
spagnuoia  fece  fare  in  Roma  la  chiesa  di  S.  la-' 
copo.  Fu  la  virtù  di  Baccio  tanto  da  quel  ponte* 
lice  stimata  ^  che  non  avrebbe  fatta  cosa  alcuna 
di  muraglia  senza  il  parere  di  lui .  Onde  V  anno 
1480  intendendo  che  minacciava  rovina  la  chiesa 
e  convento  di  S.  Francesco  d' Ascesi  y  vi  mandò 
Baccio,  il  quale  facendo  di  verso  il  piano  un  pun« 
tone  gagliardissimo, assicurò  del  tutto  quella  ma- 
ravigliosa  fabbrica  ;  ed  in  uno  sprone  fece  porre 
la  statua  di  quel  pontefice ,  il  quale  non  molti 
anni  innanzi  aveva  fatto  fare  in  quel  convento 
medesimo  molti  appartamenti  di  camere  e  sale 
che  si  riconoscono  ,  oltre  ali*  esser  magnifiche  ^ 
all'arme  che  vi  si  vede  del  detto  papa .  E  nel 
cortile  n'  è  una  molto  maggior  che  V  altre  con 
alcuni  Tersi  latini  in  lode  d  esso  papa  Sisto  IV,  il 
qual  dimostrò  a  molti  segni,  aver  quel  santo  laof* 
go  in  molta  venerazione . 


VITA. 
D'  ANDREA  DAL  CASTAGNO 
DI   MUGELLO 

X  DI 

DOMENICO  VINIZIANO 

PITTOai. 

Ve  uanto  sia  biasimevole  in  una  persona  eccel» 
lente  il  vizio  della  invidia  che  in  nessuno  durereb- 
be ritroTarsi,  e  quanto  scellerata  ed  onibil  cosm 
il  cercare  sotto  spezie  d'  ana  simulata  amicizia 
spegnere  in  altri  non  solamante  la  fama  eia  glo- 
ria ,  ma  la  vita  stessa  ,  non  credo  io  certamente 
che  ben  sia  possibile  esprimersi  con  parale,  vin- 
cendo la  scelleratezza  del  fatto  ogni  virtà  e  for« 
za  di  lingua  ancoraché  eloquente.  Per  il  che  srn- 
za  altrimc  nti  distendermi  in  questo  discorso,  dirò 
solo  che  ne'  si  fatti  alberga  spii  ito,  non  dirò  inu- 
mano e  fero,  ma  crudele  in  tutto  e  diabolico,  tan- 
to lontano  da  ogni  virtù,  che  non  solamente  non 
sono  più  uomini,  ma  ne  animali  ancora  uè  drgni 
di  viveie.  Gonciosiaché  quanto  la  emulazione 
e  la  concorrenza  ,  che  virtuosamente  operando 
cerca  vincere  e  soverchiare  i  da  più  di  se  per 
acquistnrsì  gloria  e  onore,  è  cosa  lodevole  e  da 
essere  tenuta  in  pregio,  come  necessaria  ed  utile 
al  mondo;  tanto  per  T  oppo.^to  e  molto  più  me- 
rita biasimo  e  vituperio  la  sceleratissima  invidia, 
(;hc  non  sopportando  onore  o  pregio  in  altrui ,  si 


302  PARTE     SECONDA 

dispone  a'privar  dì  vita  clii  ella  non  può  spoglia- 
re della  gloria,  come  fece  lo  sciaurato  Andrea  dal 
Castagno;  la  pittura  e  disegno  del  quale  fu  per  il 
vero  eccellente  e  grande  ,  ma  molto  maggiore  il 
rancore  e  la  invidia  che  e'  portava  agli  altri  pit- 
tori ,  di  maniera  che  con  le  tenehre  del  peccato 
sottendo  e  nascose  lo  splendordella  sua  virtù.Co- 
stui  per  esser  nato  in  una  piccola  villetta  detta  il 
Castagno  nel  Mugello  contado  di  Fireiae  ,  se  la 
prese  per  suo  cognome,  quando  venne  a  stare  in 
Fiorenza,  il  che  successe  in  questa  maniera.  Es- 
sendo egli  nella  prima  sua  fanciullezza  riiiiaso 
senza  padre,fu  raccolto  da  un  suo  zio  che  lo  ten- 
ne motti  anni  a  guardare  gli  armenti,  per  veder- 
lo pronto  e  svegliato  e  tanto  terrihile,  che  sape- 
va far  riguardare  non  solamente  le  sue  hestiuole^ 
ina  le  pasture  ed  ogni  altra  cosa  che  attenesse  al 
suo  interesse.  Continuando  adunque  in  tale  eser- 
cizio, avvenne  che  fuggendo  un  giorno  la  piog- 
gia, fì  ahbattè  a  caso  in  un  luogo  dove  uno  di 
questi  dipintori  di  contado  che  lavorano  a  poco 
pregi  j  dipigneva  un  tabernacolo  d' un  contadino: 
onde  Andrea,  che  mai  più  non  aveva  veduta  si- 
mil  cosa,  assalito  da  una  subita  maraviglia  ,  co- 
minciò attentissimamente  a  guardare  e  conside- 
rare la  maniera  di  tale  lavoro,  e  gli  venne  subito 
un  desiderio  grandissimo  ed  una  voglia  si  spasi- 
mata di  queir  aite,  che  senza  mettere  tempo  in 
mezzo  cominciò  per  le  mura  e  su  per  le  pietre 
co'carboni  o  con  la  punta  del  coltello  a  sgraffia- 
re ed  a  disegnare  animali  e  figure  sì  fatta  mente, 
che  e'  moveva  non  piccola  maraviglia  in  chi  le 
vedeva  .  Cominciò  dunque  a  correr  la  fama  tra' 
contadini  di  questo  nuovo  studio  di  Andrea  ; 
onde  pei*venendo  (  come  volle  la  sua  veutui*a  ) 


VITA  DI   ARDREA  DAL  CASTAGNO        3o3 

questa  cosa  agli  orecchi  d'  un  gentiluomo  fio- 
rentino chiamato  Bernard*  tto  de*  Medici ,  che 
quivi  aveva  sue  possessioni  ,  volle  conoscere 
questo  fanciullo .  £  vedutolo  finalmente  ed  udi- 
tolo ragiìnare  con  molta  prontezza,  lo  dimandò 
se  egli  farehbe  volentieri  V  urte  del  dipintore  • 
E  rispondi^ndogU  Andrea  ,  che  e'  non  potrebbe 
avv  nirgli  cosa  pi&  grata  ,  né  che  quanto  questa 
mai  gli  piacesse^  a  cagione  che  evenisse  perfetto 
in  quella  ne  lo  menò  con  seco  a  Fiorenza  ,  e  con 
uno  di  que'  mae>trì  che  erano  allora  tenuti  mi- 
gliori lo  acconciò  a  lavorare.  Per  il  che  seguendo 
Andrea  V  arte  della  pittura  y  ed  agli  studi  di 
quella  datosi  tutto  ,  mostrò  grandissima  inttlli* 
genza  nelle  difiicultà  deirarte,  e  massimamente 
nel  disegno  .  Mi;n  fece  già  così  poi  nel  colorire  le 
sue  opere  ,  le  quali  facendo  alquanto  crudeltà 
ed  aspre ,  diminuì  gran  parte  della  bontà  e  gra- 
zia di  quelle,  e  massimamente  una  certa  vaghez* 
za  che  nel  suo  colorito  non  si  ritrova  .  Era  ga- 

fliardissimo  nelle  movenze  delle  figure,  e  terri^^ 
»ilc  nelle  teste  de'  maschi  e  dello  femmine  ,  fa- 
cendo gravi  gli  aspetti  loro  e  con  buon  disegno  • 
Le  opere  di  man  sua  furono  da  lui  dipinte  nel 
principio  della  sua  giovanezza  nel  chiostro  di  S. 
Miniato  al  Monte  ,  quando  si  scende  di  chiesa 
per  andare  in  convento,  dove  colorì  a  fresco  una 
storia  di  .^.  Miniato  e  S.  Cresci  ,  quando  dal  pa- 
dre e  dalla  madre  si  partono  .  Erano  in  S.  13en(^ 
detto,  bellissimo  monasterio  fuor  della  porta  a 
Pinti ,  molte  pitture  di  mano  d*  Andrea  in  un 
chiostro  ed  in  chiesa,  delle  quali  non  accade  ùw 
menzione  ,  essendo  andate  in  terra  per  V  assedio 
di  Firenze  .  Dentro  alla  città  nel  iiionasterio  de' 
monaci  degli  Angeli  nel  primo   chiostro  dirim- 


3<)4  PARTE    SECONDA 

petto  alla  porta  principale  dipinse  il  Crocifissa 
(  che  vi  è  ancor  oggi } ,  la  nostra  Donna ,  S.  Gio- 
vanni ,  S.  Benedetto  ,  e  S.  Romualdo  .  £  nella 
testa  del  chiostro  che  è  sopra  V  orto  ne  fece  un 
«Uro  simile,  yariando  solamente  le  teste  e  poche 
altre  cose  .  In  S.  Trinità  allato  alla  cappella  di 
maestro  Luca  fece  un  S.  Andrea .  A  Legnaia  di- 
pinse a  Pandolfo  Pandolfìni  in  una  sala  molli 
uomini  illustri  ;  e  per  la  compagnia  del  Van- 
gelista un  segno  da  portare  a  processione  tenuto 
Lenissimo.  Ne'  Serri  di  detta  città  lavorò  in  fre- 
sco tre  nicchie  piane  in  certe  cappelle  :  T  una  è 
3 nella  di  S.  Giuliano  dove  sono  storie  della  vit^ 
'  esso  santo  con  buon  numero  di  figure ,  ed  un 
cane  in  iscorto  che  fii  molto  lodato  .  Sopra  que- 
sta nella  cappella  intitolata  a  S.  Girolamo  dipinse 
quel  santo  secco  e  raso  con  buon  disegno  e  mol- 
ta fatica:  e  sopra  vi  fece  una  Trinità  con  un  Cro- 
cifisso che  scoila  ,  tanto  ben  fatto  ,  che  Andrea 
meiita  per  ciò  esser  molto  lodato ,  avendo  con- 
dotto gli  scorti  con  molto  miglior  e  più  modèrna 
maniera  ,  che  gli  altri  innanzi  a  lui  fatto  non 
avevano  .  Ma  questa  pittura ,  essendovi  stato  po- 
sto sopra  dalla  famiglia  de'  Montaguti  una  tavo- 
la ,  n(«n  si  può  più  vedere  .  Nella  terza  che  è  al- 
lato a  quella  che  è  sotto  V  organo  ,  la  quale  fece 
fare  M.  Orlando  de' Medici ,  dipinse  Lazzaro  y 
Marta,  e  Maddalena.  Alle  moniiche  di  S.  Giu- 
liano fece  un  Crocifisso  a  fresco  sopra  la  porta  , 
una  nostra  Donna,  un  S.  Domenico  ,  un  S.  Giu« 
liano  ,  ed  un  S.  Giovanni  ;  la  quale  pittura  ,  che 
è  delle  migliori  che  facesse  Andrea  ,  è  da  tutti 
gli  artefici  universalmente  lodata  .  Lavorò  in  S. 
Croce  alla  cappella  de' Cavalcanti  un  S.  Gio. 
Battista  ed  un  S.  Francesco  cke  sono  tenute  bo* 


TITA  M  AHDRIA  DAL  CASTAGNO       So5 

Mwime  Agore  ;  ma  ^ello  che  fece  stupire  gli 
•rtefici  fìi^cbe  nel  chiostro  nnoro  del  detto  coiw 
▼entOyCloéin  testa  dirimpetto  alla  porta ,  dipinse 
à  freseo  un  Cristo  battuto  alla  colonna  beilissU 
mo  9  &cendotri  una  loggia  con  colonne  in  prò» 
•petttya  eon  crociere  di  tolte  a  liste  diminuite  # 
le  pareti  commesse  a  mandorle  con  tant'  arte  e 
eon  tanto  studio ,  che  mostrò  di  non  meno  in« 
tendere  le  difficultA  della  prospettiva  ,  che  si  fa- 
cesse il  disegno  nella  pittura  .  Nella  medesima 
storia  sono  belle  e  aforzatissime  T  attitudini  di 
coloro  che  flagellano  Cristo ,  dimostrando  cosi 
essi  nei  Tolti  l'odio  e  la  rabbia ,  siccome  pacienia 
ed  umiltà  Gesù  Cristo ,  nel  corpo  del  quale  ar* 
tandellato  e  stretto  con  funi  alla  colonna  para 
che  Andrea  tentasse  di  mostrare  il  patir  aella 
carne ,  e  che  la  divinità  nascosa  in  quel  corpo 
serbasse  in  se  un  certo  splendore  di  nobiltà  y  dal 
quale  mosso  Pilato  che  siede  tra'suoi  consiglieri 
pare  che  cerchi  di  trovar  modo  per  liberar  lo.Ed 
in  somma  è  cosi  fatta  questa  pittura ,  che  s'ella 
non  fusse  stata  graffiata  e  euasta  ,  per  la  poca 
cura  che  l'è  stita  avuta  ,  da'  &nciulii  ed  altra 
persone  semplici ,  che  hanno  sgraffiate  le  teste 
tutte  e  le  braccia  e  quasi  il  resto  della  persona 
de'  Giudety  come  se  cosi  avessino  vendicato  rio* 
giuria  del  nostro  Signore  contro  di  loro ,  ella  sa- 
rebbe certo  bellissima  tra  tutte  le  cose  d'  An- 
drea; al  quale  se  la  natura  avesse  dato  gentileasa 
nel  colorire  y  come  ella  gli  diede  invenzione  # 
disegno  y  egli  sarebbe  veramente  stato  tenuto 
inaraviglioso .  Dipinse  in  S.  Maria  del  Fiore 
l' immagine  di  Niccolò  da  Tolentino  a  cavallo , 
e  perchè  lavorandola  y  un  fiinciullo  che  passavu  ' 
dimenò  la  scala  >egU  venne  in  taikta  collera,  co- 
FoL.  IL  M 


3o6  I^ARTE     S  SCONCA 

me  bestiale  uomo  ch'egli  era,  che  soeso  gli  corM 
dietro  insino  al  canto  cle^  Passi .  Fece  ancora  nel 
cimiterio  di  5.  Maria  ^uova  in  fra  l'Oi^sa  uu  S« 
Andrea  che  piacque  tanto  ,  che  gli  fu  fatto  poi 
dipigiiere  nel  refettorio^  dorè  iseryigialied  altri 
ministri  mangiano,  la  cena  di  Cristo  con  gli  Apo-. 
ttoli  ;  per  lo  che  acauibtato  grasia  con  la  casa 
de'  Portinari  e  con  lo  spedalinco ,  fu  datogli  a 
dipignere  una  parte  della  cappella  maggiore,  es* 
Bendo  stata  allogata  V  altra  ad  Alesso  BaldoTÌ-« 
netti,  e  la  tersa  al  molto  allora  celebrato  pitterò 
Domenico  da  Vinesia ,  il  quale  era  stato  condot* 
to  a  Firenze  per  lo  nuovo  modo  che  egli  aveva 
di  colorire  a  olio.  Attendendo  dunque  ciascuno  di 
eostoro  all'opera  sua, aveva  Andrea  grandissima 
invidia  a  Domenico,  perchè  sebbene  si  conosceva 
pii\  eccellente  di  lui  nel  diseguo ,  aveva  nondi- 
meno per  male  che  essendo  forestiero  ,  egli  fusse 
da'  cittadini  caresxato  e  trattenuto;  e  tanta  ebbe 
forza  in  lui  perciò  la  collera  e  lo  sdegno,  che  co- 
minciò andar  pensando  o  per  una  o  per  altra  via  di 
levataselo  dinanzi.E  perchè  era  Andrea  non  meno 
sagace  simulatore  che  egregio  pittore  ,  allegro 
quando  voleva  nel  volto  ,  della  lingua  spedito  , 
e  d'animo  fiero  ,  ed  in  ogni  azione  del  corpo  , 
cosi  com'  era  della  diente  ,  risoluto  ,  ebbe  cosi 
fatto  animo  con  altri  come  con  Domenico,  usan- 
do neir  opere  degli  artefici  di  segnare  nascosa*- 
mente  col  graffiare  dell'  ugna  ,  se  errore  vi  co- 
nosceva .  E  quando  nella  sua  giovanezza  furono 
in  qualche  cosa  biasimate  V  opere  sue  ,  fece  a 
cotali  biasimatori  con  percosse  ed  altre  ingiurie 
conoscere  ,  che  pape  va  e  voleva  sempre  in  qua** 
lunaue  modo  vendicarsi  delle  ingiurie  . 
Ma  per  dire  aicuna  cosa  di  Dom^pico  ,  prima 


TITA  M  AND&CA  DAL  CiSTAGVO       807 

ehe  Tengbiamo  all'  opera  della  cappella,  a  Tanti 
cheTenisse  a  Firenze  egli  avera  nella  sagnestia 
di  S.  Maria  di  Loreto  in  compagnia  di  Piero  delia 
Francesca  dipinto  alcune  cose  con  molta  grazia, 
che  r  avevano  fatto  per  fama  y  oltre  qaello  che 
a?  era  fatto  in  altri  luoghi  (  come  in  Perugiii  una 
camera  in  casa  de'  BagHoni  che  oggi  è  rovinata) 
conoscere  in  Fiorenza,  dove  essendo  poi  chiama- 
to ,  prima  che  altro  facesse,  dipinse  in  sul  canto 
de'  Carnesecchi  nell*  angolo  aeile  due  rie  che 
Tanno  i'una  alla  nuoTa  ,  l'altra   alla  vecchia 

Eiazza  di  S.  Maria  NoTclla  ,  in  un  tabernacolo  a 
'esco  una  nostra  Donna  in  mezzo  d' alcuni  san» 
ti  ;  la  qual  cosa ,  perchè  piacque  e  molto  fu  lo^ 
data  da  cittadini  e  dagli  artelici  di  que'  tempi , 
fu  cagione  che  s'  accendesse  maggiore  sdegno  ed 
invidia  nel  maladetko  animo  d'  Andrea  contra  il 
poTero  Domenico .  Perchè  deliberato  di  far  con 
inganno  e  tradimento  quello  che  senza  suo  ma- 
nifesto pericolo  non  potcTa  fere  alla  scoperta  ,  si 
finse  amicissimo  d'esso  Domenico,  il  quale,  per- 
chè buona  persona  era  ed  amorevole  ,  cantava  di 
musica  e  si  dilettava  di  sonare  il  liuto ,  lo  rice« 
vette  volentieri  in  amicizia ,  pa  reudogli  Andiea 
persona  d' Ingegno  e  sollazzevole  •  £  così  conti- 
nuando questa  da  un  lato  vera  e  dall'  altro  finta 
amicizia,  ogni  notte  si  trovavano  insieme  a  far 
buon  tempo  e  serenate  a  loro  innamorate;  di  che 
molto  si  dilettava  Domenico  ;  il  quale  amando 
Andr(>a  daddovero ,  gì*  insegnò  il  modo  di  colo- 
rire a  olio,  che  ancora  in  Toscana  non  si  sapeva. 
Fece  dunque  Andrea  ,  per  procedere  ordinata- 
mente, nella  sua  facciata  della  cappella  di  S. 
Maria  Nuovii  una  Nunziata  che  è  tenuta  bellis- 
sima, per  avere  egli  in  queir  opera  dipinto  Tav- 


3o8  FARtE    SECOUDA 

gelo  io  aria, il  che  non  si  era  insino  allorfl  trstfto^ 
Ma  molto  più  beli'  opera  è  tenuta  dorè  fece  la 
nostra  Donna  che  sale  i  gradi  del  tempio ,  sopra 
i  quali  figurò  molti  poreri  ,  e  fra  gli  altrì  uno 
che  con  un  boccale  da  in  su  la  testa  ad  un  altro; 
e  non  solo  questa  figura  ,  ma  tutte  1'  altre  Sona 
belle  affatto  ,  a?eiidoie  egli  lavorate  con  molto 
studio  ed  amore  per  la  concorrenza  di  Domeni-* 
co  .  Vi  si  Tede  anco  tirato  in  prospettiva  in  mes*' 
»o  d'  una  piazea  un  tempio  a  otto  facce  isolato  e 
pieno  di  pilastri  e  nicchie  ,  e  nella   facciata  di« 
Danzi  benissimo  adornato  di  figure  finte  di  mar* 
mO)  e  intomo  alla  piazza  è  una  Tarietà  di  bellis- 
«imi  casamenti ,  i  quali  da  un  lato  ribatte  V  om^ 
bra  dei  tempio  mediiinte  il  lume  del  sole  ,  con 
molto  bella, difiicile  ed  artificiosa  considerazio- 
ne .  Dall'altra   parte  fece  maestro  Domenico  a 
olio  Gioacchino  che  visita  S.  Anna  sua  consorte» 
e  di  sotto  il  nascere  di  nostra  Donna,  fingendovi 
una  camera  molto  ornata  ed  un  putto  che  batte 
col  martello  V  uscio  di  detta  camera  con  molto 
buona  grazia  .  Di  sotto  fece  lo  sposalizio  dVssa 
Vergine  con  buon  numero  di  ritratti  di  naturale, 
fra  i  quali  è  M.  Bernai-detto  de'  Medici  conesta- 
bile  ae*  Fiorentini  con  un  berrettone  ro?so,  Ber- 
nardo Guadagni  che  era  gonfaloniere.  Folco  Por- 
tinarì  ,  ed  altri  di  quella  femiglia  .  Vi  fece  anco 
un  nano  che  rompe  una  mazza  molto  vivace,  ed 
alcune  femmine  con>  abiti  indosso  vaghi  e  gra- 
ziosi  fiior  di  modo  ,  secondo  che  si  usavano  in 
que'  tempi  .  Ma  quest*  opera  rimase  imperfetta 
per  le  cagioni  che  di  sotto  si  diranno .  Intanto 
aveva   Andrea  nella  sua  facciata  fatto  a  olio  la 
morte  di  nostra  Donna  ,  nella  quale  per  la  detta 
concorrenza  di  Domenico  •  per  esser  tenuto 


VITA  91  inati  ML  tknjLorxo     3q^ 

quello  cb'  agli  era  Teramenie ,  si  Tede  fatto  ocmi 
Ancredibile  dili^eoaa  io  iscorto  un  cataletto  dei>* 
ti*0TÌ  la  Vergine  morta ,  il  quale  y  ancoraché  non 
$ia  più  cbe  un  braccio  e  messo  di  lunghezia  , 
pare  tre.Intorno  le  «ono  gli  Apostoli  fatti  in  una 
maniera^cbesebbeuefii  conosce  neWisi  loro  l'ai !«•- 
grezza  di  veder  esaer  portata  la  loro  Madonna  in 
cielo  da  Gesù  Grif  to,  tì  si  conosce  ancora  l'ama* 
f  itudìne  del  rimanere  in  ten  a  aens'  eiaa  •  Tra 
essi  A  postoli  fono  alcuni  angeli  cbe  tengono  lami 
accesi  con  bell'aria  di  teste  e  al  ben  condotti , 
che  si  conosce  eh'  egli  cosi  bene  seppe  maneg* 
giare  i  colorì  a  olio,  comeDomenico  suo  concor«> 
rente .  Ritrasee  Andi«a  in  queste  pitture  di  na^ 
turale  M.  Rinakio  degli  Albiazi^  Puccio  Pucci  f 
H  Fai  gay  accio  cbe  fu  cagione  della  liberazione 
di  Cosimo  de'  Medici  insieme  con  Federiso  Ma* 
lerolti  cbe  teneva  le  chiavi  dell*  alber^petto  • 
Parimente  ri  ritrasse  M.  Bernardo  di  Domemco 
della  Volta  spedalingo  di  quel  luogo  inginoccbio- 
ni  cbe  par  vivo^  in  un  tondo  nel  principio  deli'o* 
:pera  se  stesso  con  viso  di  Giuda  Scariotto,  come 
£gli  era  nella  presenza  e  ne*  fatti .  Avendo  don* 
que  Andrea  condotta  quest'opera  a  bonissimo 
termine  ,  accecato  dalr  invidia  per  le  lodi  che 
alla  virtù  di  Domenico  udiva  dare ,  si  deliberò 
levarselo  d'attorno  :  e  dopo  aver  pensato  molte 
vie  y  una  ne  mise  in  esecuzione  in  questo  modo  • 
lina  sera  di  state.  9  siccome  era  solito  j  tolto  Do- 
menico il  liuto ,  ù^  di  Santa  Maria  Nuova  la- 
nciando Andrea  nella  sua  camera  a  disef^are^non 
avendo  egli  voluto  accettar  l'invito  d*andar  seoo 
a  spasso  con  mostrare  d*  avere  a  fare  certi  d'iFC* 
^ni  d'importanza .  Andato  dunque  Domenico  da 
iie  solo  a'suoi  piaceri^  Andrea  sconosciuto  si  mise 


3ie  PARTS    àCCONVA 

ad  aspettarlo  dopo  on  canto  ;  ed  anrirando  a  lui 
Domenico  nel  tornarsene  a  casa,  gli  sfondò  con  - 
certi  piombi  il  liuto  e  lo  stomaco  in  un  medesi* 
mo  tempo.  Ma  non  parendogli  d'  averlo  anco 
acconcio  a  suo  modo,  con  i  medesimi  lo  percossa 
in  su  la  testa  malamente ,  poi  lasciatolo  in  ter* 
ra  si  tornò  in  Santa  Maria  Nuova  alla  sua  stanca^ 
e  socchiuso  l'uscio,  si  rimase  a  disegnare  in  quel 
modo  che  da  D(>menico  era  stato  lasciato.  Intanto 
essendo  stato  sentito  il  rumore,  erano  corsi  i  ser^ 
vigiaU  ,  intesa  la  cosa  ,  a  chiamare  e  dar  la  mala 
nuova  .allo  stesso  Andrea  micidiale  e  traditore  : 
il  qual  corso  dove  erano  gli  altrì  intomo  a  Do- 
menico y  non  si  poteva  consolare  né  restar  di  di- 
sre:  Oimè  frate!  mio,  oimè  fratel  mio  !  Final- 
mente Domenico  gli  spirò  nelle  braccia ,  né  si 
ceppe  per  diligenza  che  fusse  fatta  ,  chi  morto 
r  avesse  ;  e  se  Andrea  venendo  a  morte  non  V  a-^ 
vesse  nella  confessionA  manifestato  ,  non  si  sa- 

Ì>rebbe  anco .  Dipinse  Andrea  in  S,  Miniato  fra 
e  torri  di  Fiorenza  una  tavola  ,  nella  quale  è 
una  Assunzione  di  nostra  Donna  con  due  figure: 
ed  alla  nave  a  Lanchetta  fuor  della  porta  alla 
Croce  in  un  tabernacolo  una  nostra  Donna  .  La- 
vorò il  medesimo  in  casa  de'  Carducci ,  oggi  dei 
Pandolfini ,  alcuni  uomini  famosi ,  parte  imma-i 

fuati  e  parte  ritratti  di  naturnle  .  Fra  questi  è 
ilippo  Spano  degli  Scolari  ,  Dante  ,  Petrarca, 
il  Boccaccio  ed  altri .  Alla  Scarperia  in  Mugello 
dipinse  sopra  la  porta  del  palazzo  del  vicario 
una  carità  ignuda  molto   bella  ,  che  poi  è  stata 

fnasta.  L'  anno  1478  quando  dalla  famiglia  de' 
azzied  altri  loro  aderenti  e  congiurati  fu  morto 
in  Santa  Maria  del  Fiore  Giuliano  de*  Medici  e 
Lorenzo  suo  fratello  ferito  9  fu  deliberato  dalla 


tlTA  DI  ANDRIA  DAL  CASTA^IVO       3ll 

Signoria,  cbe  tutti  quelli  della  congiura  fucino 
come  traditori  dipinti  nella  facciata  del  palagio 
del  Podestà  ;  onde  essendo  questa  opera  offerta 
ad  Andrea ,  egli ,  come  serTitore  ed  obbligato 
alla  casa  de*  Medici  ,  l'accettò  molto  ben  yoTen* 
tierì  ;  e  messoTÌsi  y  la  fece  tanto  bella  cbe  fu  uno 
stupore  ;  né  si  potrebbe  dire  quanta  arte  e  giu- 
dizio si  conosceva  in  que'  personaggi  ritratti  per 
lo  più  di  naturale,ed  impiccati  per  i  piedi  in  stra- 
ne attitudini  e  tutte  Tarie  e  bellissime  .  La  qual 
opera  percbé  piacque  a  tutta  la  città  ,  e  partico- 
larmente agi'  tptendenti  delle  cose  di  pittura  ^  fu 
CBffione  cbe  da  quella  in  poi  ,  non  pi&  Andrea 
dai  Castagno  ,  ma  Andrea  degl'  Impiccati  fiisse 
chiamato .  Visse  Andrea  onoratamente,  e  perchè 
spendeva  assai  e  pailicolarmente  in  vestire  ed  in 
stare  onorevolmente  in  casa ,  lasciò  poche  facuU 
tà,  quando  d'  anni  scttantuno  passò  ad  altra  vita. 
Ma  perchè  si  riseppe  poco  dopo  la  morte  sua 
r  impiétà  adoperata  verso  Domenico  che  tanto 
V  amava,  fu  con  odiose  essequie  sepolto  in  Santa 
Maria  Nuova,  dove  similmente  era  stato  sotter- 
rato l'infelice  Domenico  d'  anni  cinquantasei^  e 
r  opera  sua   cominciata  in  Santa  Maria  Nuova 
rimase  imperfetta  e  non  finita   del  tutto  ,  come 
aveva  fatto  la  tavola  drlV  aitar  maggiore  di  S. 
Lucìa  de*Bardi;  nella  quale  è  condotta  con  molta 
diligenza  una  nostra  Donna  col  figliuolo  in  brac- 
cio ,  S.  Giovanni  Battista  ,  S.  Niccolò  ,  S.  Fran- 
cesco e  S.  Lucia  .  La  qual  tavola  aveva  poco  in- 
nanzi che  fusse  morto  ali*  ultimo  fine  perfetta- 
mente  condotta  .  Furono  discepoli  d'  Andrea 
Iacopo  del  Corso  che  fu  ragionevole  maestro  ^ 
Pisanello  ,  il  Marchino  ,  Fiero  del  Pollaiuolo  y  e 
Giovanni  da  Rovezzano . 


\ 


VITA 
DI  GENTILE  DA  FABRIANO 

X  DI 

VITTORE  PISANELLO  VERONESE 

PlTTOai. 


vJTrandiflttmo  Tantagglo  lia  chi  resta  in  ubo  «t* 
▼iamento  dopo  la  morte  d'uno  che  si  abbia  con 
qualche  rara  rirtù  onore  procacciato  e  £iina:  per- 
ciocché senza  molta  fetica^aolo  che  segniti  in 
qualche  parte  le  restigie  del  maestro,  perriene 
quasi  sempre  ad  onorato  fine ,  dove  se  per  se  so* 
lo  aresse  a  perrenire ,  bisognerebbe  piA  lungo 
tempore  fatiche  maggiori  assai.  Il  che»  oltr« 
molti  altri ,  si  potette  vedere  e  tWbcare ,  come  si 
dice,  con  mano  in  Pisano  oTTero  Pisanellopittora 
Veronese:  il  quale  essendo  stato  molti  anni  in  Fio- 
renza con  Andrea  dal  Castagno, ed  arendo  l'opero 
di  lui  finito,  dopo  che  fu  morto,  ^'acquistò  tanto 
credito  col  nome  d'Andrea, che  Tenendo  in  Fio^ 
renza  Papa  Martino  V  ne  lo  menò  seco  a  Roma, 
dorè  in  S.  Giovanni  Léterano  gli  fece  fare  in  fres- 
co alcune  storie  che  sono  Taghissime  e  belle  al 
possibile;  perch'egii  in  quelle  abbondanti^ima- 
mente  mise  una  sorte  d'azzurro  oltramarino  da- 
togli dal  detto  Papa,  si  bello  e  si  colorito,  che 
non  ha  ayuto  ancora  paragone.  Ed  a  concorrenza 
di  costui  dipinseGentile  da  Fabriano  alcune  altre 
storie  sotto  alle  sopraddette,  di  che  ùl  menzion» 


^f4  FARTE     SECONDA 

il  Platina  nella  vita  di  quel  Pontefice  ,  il  quale 
narra  che  ayendo  fatto  rifare  il  payimento  di  S. 
Giovanni  Laterano  ed  il  palco  ed  il  tetto.  Gen- 
tile dipinse  molte  cose,  ed  in  fra  l'altre  figure  di 
terretta  tra  le  finestre  in  chiaro  e  scuro,  alcuni 
profeti,chesono  tenuti  le  migliori  pitture  di  tutta 
quelPopera.  Fece  il  medesimo  Gentile  infiniti 
larori  nella  Marca ,  e  particolarmente  in  Agoh- 
hio  ,  dire  ancora  se  ne  reggiono  alcuni ,  e  simil- 
mente per  tutto  lo  stito  d' Urbino.  Lavorò  in  S. 
GiiVanni  di  Siena,  ed  in  Fiorenza  nella  sagrestia 
di  S.  Trinità  fece  in  una  tavola  la  storia  de  Magi, 
nella  quale  ritrasse  se  stesso  di  naturale.  Ed  in 
S.  Niccolò  alla  porta  a  S.  Miniato  per  la  famiglia 
dc/Quuratesifece  la  tavola  del  l'aitar  ma  ggiore,che 
di  quante  cose  ho  veduto  di  mano  di  costui  a  me 
senza  dubbio  pare  la  migliore  ;  perchè  oltre  alla 
nostra  Donna  e  molti  santi  che  le  sono  intorno 
tutti  ben  (ìitti,  la  predella  di  detta  tavola,  piena 
di  storie  della  vita  di  S.Niccolò  di  fi  aure  piccole^ 
non  può  essere  più  bella  né  meglio  latta  di  queU 
lo  che  eirè.  Dipinse  in  Roma  in  Santa  Maria  Nuo- 
va sopra  la  sepoltura  del  Cardinal  Adi  mari  fio- 
rentino ed  arcivescovo  di  Pisa,  la  quale  è  allato  a 
quella  di  Papa  Gregorio  IX,  in  un  archetto  la  no- 
stra Donna  col  figliuolo  in  collo  in  mezzo  a  S.  Be- 
nedetto e  S.  Giuseppe;  la  qual  opera  era  tenuta 
in  pregio  dal  divino  Michelagnolo ,  il  quale  par- 
lando di  Gentile ,  usava  dire  che  nel  dipignere 
aveva  avuto  la  mano  simile  al  nome.  In  Perugia 
fece  11  medesimo  una  tavola  in  S.  Domenico 
molto  bella,  ed  in  S.  Agostino  di  Bari  un  Croci- 
fisso dintornato  nel  legno  con  tre  mezze  figurs 
belUssime ,  che  sono  sopra  la  porta  del  coro. 
Ma  tornando  a  Vittore  Pisano,  le  cose  che  di 


tlTA  ti  GENTILE  DA  FÀBllIÀNO  3i5 

lui  si  sono  di  sopra  raccontate  furono  scritte  da 
noi  senzn  più;  quando  la  prima  volta  fu  stam- 
pato questo  nostro  libro  ,  perchè  io  non  ave- 
va ancora  dell'opere  di  questo  eccellente  arte- 
fice quella  cognizione  e  quel  ragguaglio  che  ho 
avuto  poi .  Per  avvisi  dunque  del  molto  reve- 
rendo e  dottissimo  Padre  (i*a  Marco  de' Medici 
veronese  deirordine  de' frati  Predicatori,  sicco- 
me ancora  racconta  il  Biondo  da  Forlì,  dove  nella 
sua  Italia  illustrata  parla  di  Verona ,  fu  co- 
stui In  eccellenza  paria  tutti  i  pittori  dell'età 
sua,  come,  oltre  T opere  raccontate  di  sopra  , 
possono  di  ciò  fare  amplissima  fede  molte  altre 
che  in  Verona  sua  nobilissima  patria  si  veggio*- 
no,  sebbene  in  parte  quasi  consumate  dal  tempo. 
E  perchè  si  dilettò  particolarmente  di  fare  anima- 
li ,  nella  chiesa  di  S.  IVastasia  di  Verona  nella 
cappella  della  famiglia  de' Pellegrini  dipinse  un 
S.  Eustachio  che  fa  carezze  a  un  cane  pezzato 
di  tanè  e  bianco,  il  quale  co'  piedi  alzati  ed  ap- 
poggiati alla  gamba  di  detto  Santo  si  rivolta  col 
capo  in  dietro,  quasi  che  abbia  sentito  rumore, 
e  fa  questo  atto  con  tanta  vivezza,  che  non  lo 
farebbe  meglio  il  naturale.  Sotto  la  qual  figura 
si  vede  dipinto  il  nome  d  esso*Pisano,  il  quale  usò 
di  chiamarsi  quando  Pisano  e  quando  Pisa  ne  Ilo , 
come  si  vede  e  nelle  pitture  e  nelle  medaglie  di 
9ua  mano.  Dopo  la  detta  figura  di  S.  Eustachio, 
la  quale  è  delle  migliori  che  questo  artefice  la- 
vorasse e  veramente  bellissima ,  dipinse  tutta  la 
facciata  di  fuori  di  detta  cappella,  dall'altra 
parte  un  S.  Giorgio  armato  d'armi  bianche  fatte 
d'argento,  come  in  quell'età  non  pur  egli,  ma 
tutti  gli  altri  pittori  costumavano  :  il  quale  S. 
Giorgio,  dopo  aver  morto  il  dragone^volendo  ri- 


jiì6  PARTE     SECONDà 

mettere  la  spada  nel  fodero, alzala  mano  diritta 
che  tien  la  spada  già  con  la  punta  nel  fodero ,  ed 
abbassando  la  sinistra  y  accioccbè  la  maggior  di- 
stanza gli  fìiocia  agevolezza  a  infoderar  la  spada 
che  è  lunga  y  fa  ciò  con  tanta  grazia  e  con  s» 
bella  maniera 9  che  non  si  può  Teder  meglio:  • 
Michele  Sanmichele  reronese  architetto  delia 
illustrissima  Signoria  di  Vinezia  e  persona  inten- 
dentissima  di  queste  belle  arti,  fu  pi&  Tolte  yi- 
Teodo  veduto  contemplare  queste  opere  di  Vit* 
tore  con  maraviglia ,  e  poi  dire  che  poco  meglio 
si  poteva  vedere  del  S.  Eustachio,  del  cane,  e  del 
S.  Giorgio  so'pradetto.  Sopra  1'  arco  poi  di  detta 
cappella  é  dipinto  quando  S*  Giorgio ,  ucciso  il 
dragone ,  libera  la  figliuola  di  quei  re,  la  quala 
ii  vede  vicina  al  santo  con  una  veste  lunga  se- 
condo r  uso  di  que'  tempi;  nella  qual  parte  é  ma» 
ravigliosa  ancora  la  figura  del  medesimo  S.  Gior- 
gio, il  quale  armato  come  disopra,  mentre  è  per 
rimontar  a  cavallo,  sta  volto  con  la  persona  e  con 
la  faccia  verso  il  popolo ,  e  messo  un  pie  nella 
staffa  e  la  man  manca  alla  sella ,  si  vede  quasi  in 
moto  di  salire  sopra  il  cavallo  che  ha  volto  la 
groppa  verso  il  popolo ,  e  si  vede  tutto,  essendo 
in  iscorcio  in  piccolo  spazio  benissimo.  E  per  dir* 
lo  in  una  parola  non  si  può  senza  infinita  mara- 
viglia,anzi  stupore^contemplare  quest'opera  (atta 
con  disegno,  con  grazia,  e  con  giudizio  stra- 
ordinario. Dipinse  u  medesimo  Pisano  in  S.  Fer* 
mo  Maggiore  di  Verona ,  chiesa  de'  frati  di  S. 
Francesco  conventuali  nella  cappella  de*Brcnzo- 
ni  a  man  manca,  quando  s'entra  per  la  porta  prin- 
cipale di  detta  chiesa,  sopra  la  sepoltura  della 
resuiTezione  del  Signore  fatta  di  scultura,  e 
secondo  que'tempi  molto  bella;  dipinse  dico,  per 


^'ITA  DI  GENTILE  DA  FABRIANO  3lJ 

<(rna mento  di  quell'opera  la  Vergine  annunziata 
dall'Angelo  y  le  quali  due  figure  che  sono  toc- 
che d' oro^  secondo  Tuso  di  que'tempi^  sono  bel- 
Kssime,  siccome  sono  ancora  certi  casamenti 
molto  ben  tirati ,  ed  alcuni  piccioli  animali  ed 
uccelli  sparsi  per  l' opera ,  tanto  propri  e  rivi , 
quanto  è  possinile  immacinarsi.  11  medesimo 
vittore  fece  in  medaglioni  di  getto  infiniti  rittat- 
li  di  prìncipi  de'  suoi  tempi ,  e  d'altri  dai  quali 
poi  sono  stati  fatti  molti  quadri  di  ritratti  in  pit* 
tura.  E  Monsignor  Giovio  in  una  lettera  volgare 
che  egli  scrire  ai  Sig.  Buca  Cosimo^  la  quale  si 
legge  stampata  con  molte  altre,  dice  parlando  di 
Vittore  Pisano,  queste  parole:  Costui  fu  ancora 
prestantissimo  neli*cpera  de'bassirilieviy  stimati 
difficilissimi  daeli  artefkiy  perchè  sono  il  mezzt^ 
tra  il  piano  delle  pitture  e7  tondo  delle  statue, 
E  perciò  si  veggiono  di  sua  mano  molte  lodate  me* 
daglie  di  gran  principi  ^  fatte  in  forma  maiu" 
scola  della  misura  propria  di  quel  riverso  che 
zi  Guidi  mi  ha  mandato  del  cavallo  armato:fra 
le  quali  io  ho  quella  del  gran  Re  Alfonso  in 
zazzera  con  un  riverso  d'una  celata  capitanale^ 

Ìfuella  di  Papa  Martino  con  rarme  di  casa  Co* 
ònna  per  riverso ,  quella  di  Sultan  Maomette 
che  prese  Costantinopoli^  con  lui  medesimo  a 
cavallo  in  abito  turchesco  con  una  sferza  in 
mano ,  Sigismondo  Malatesta  con  un  riverso  di 
Madonna  Isotta  d'Arìmino^  e  Niccolò  Piccinino 
con  un  berrettone  bislungo  in  testa  col  detto  ri- 
verso del  Guidi ,  il  quale  rimando .  Oltra  que^ 
sto  ho  ancora  una  bellissima  medaglia  di  GiO'^ 
vanni  Paleologo  Imperatore  di  Costantinopoli , 
con  quel  bizzarro  cappello  alla  grecanica  che 
i^nlevano  portare  gP  imperatori ^  e  fu  fatta  da 


3l8  PAEtE     SECONDA 

esso  Pisano  m  Fiorenza  al  tempo  del  Concilio 
d'Eugenio ,  ove  si  trovò  il  prtfaXo  Tinperadore  , 
i'Ae  ha  per  riverso  la  croce  diC risto  sostentata  da 
due  mani  y  verbi  grazia  dalla  latina  y  e  dalia 
greca.  In  sin  qui  il  Giovio  con  quello  che  seguita. 
Mitrasse  unco  in  medaglia  Filippo  de'Medici  Arci» 
vescovo  di  Pisa,  Braccio  da  M ontone^  Giovati  Ga*^ 
leazzo  Visconti, Carlo  Malatesta  Signor  d'Ari  mino, 
Giovan   Caracciolo  gran  Siniscalco  di  Napoli  , 
Borso  ed  Ercole  da  Este ,  e  molti  altri  signori  • 
uoiiiiiii  segnalati  per  arme  e  per  lettere.  Costui 
molilo  per  la  fama  e  riputazione  sua  in  quest'  ar- 
te essere  celebrato  da  grandissimi  uomini>  e  rari 
scrittori  ;  perchè  oltre  quello  che  ne  scrisse  il 
Biondo ,  come  si  è  detto  ,  fu  molto  lodato  in  un 
poema  latino  da  Guerino  vecchio  suo  compatri- 
otta  e  grandissimo  letterato  e  scrittore  di  que'tem- 
pi,  del  qual  poema,  che  dal  cognome  di  c<istui  fu 
intitolato  il  Pisana  del  Guerino,  fa  onorata  men- 
zione esso  Biondo.  Fu  anco  celebrato  dallo  Stroz- 
zi vecchio,  cioè  da  Tito  Vespasiano  padre  del- 
l' altro  Strozzi,  ambiduoi  poeti  rarissimi  nella 
lingua  latina;  il  padre  dunque  onorò  con  un  bel- 
lissimo epigramma,  il  quale  è  in  stampa  con  gli 
altri,  la  memoria  di  Vittore  Pisano;  e  questi  so- 
no i  frutti  che  dal  viver  virtuosamente  si  trag- 
gono. Dicono  alcuni  che  quando  costui  impara- 
va r  arte,  essendo  giovanetto  in  Fiorenza  dipinse 
nella  vecchia  chiesa  del  Tempio,  che  era  dove  è 
Oi^gi  la  cittadella  vecchia,  le  istorie  di  quel  pelle- 
grino a  cui,  andando  a  S.  Iacopo  di  Galizia,  mise 
la  tigiiuola  d*  un  oste  una  tazza  d'  argento  nella 
ta^ca,  perchè  fusse  come  ladro  punito,  ma  fu  da 
6.  icicopo  aiutato  e  ricondotto  a  casa  salvo;  nella 
quar  opera  mostrò  Pisano  dover  riuscire,  comt 


VITA  DI  GENTILE  DA  FABRIANO  3 19 

fece, eccellente  pittore.  Finalmente  assai  ben  yee- 
chio  passò  a  miglior  Tita.  E  GenUle  avendo  la- 
Torato  molte  cose  in  Città  di  Castello,  si  condus- 
se  a  tale,  essendo  fatto  parletico,  che  non  opera ra 
più  cosa  buona.  In  ultimo  consumato  dalla  vec- 
cbiezza,  trovandosi  d'  ottanta  anni  si  mori.  Il  ri- 
tratto di  Pisano  non  ho  potuto  aver  di  luogo  nes- 
suno. Disegnarono  ambidui  questi  pittori  molto 
bene,  come  si  può  vedere  nel  nostro  lib^o^ 


T^Cl7-  2.: 


VITA. 

DI   PESELLO   E  FRANCESCO 
PESELLI 

PITTORI  nOEENTINl. 


JLiare  Tolte  suole  avvenire  che  i  discepoli  dei 
ipaestri  rari^  se  osservano  i  documenti  di  quellii 
non  divengano  molto  eccellenti  ;  e  che  seppur* 
nou  se  li  lasciano  dopo  le  spalle  ,  non  li  pareg<* 

fino  almeno,  e  si  agguaglino  a  loro  in  tutto  • 
'erchè  il  sol  lecito  fervore  della  imitazione  con 
Tassiduità  dello  studio,  ha  forza  di  pareggiare  la 
virtù  di  chi  gii  dimostra  il  vero  modo  deir  ope- 
rare; laonde  vengono  i  discepoli  a  farsi  tali,  eh 'e' 
concorropo  poi  co'  maestri  e  gli  avanzano  age- 
volmente ,  per  e^ser  sempre  poca  fatica  lo  ag- 
giugnere  a  quello  che  è  stato  da  altri  trovato .  £ 
che  questo  sia  il  vero,  Francesco  di  Pesello  imitò 
t^ilmente  la  maniera  di  (ra  Filippo  ,  che  se  la 
i^orte  non  ce.  lo  toglieva  cosi  acerbo  ,  di  gran 
lunga  lo  superava.  Gonoscesi  ancora  cbe  Pesello 
imitò  la  maniera  d*  Andrea  dal  Castagnole  tanto 
p/ese  piacer  del  contraffare  animali  e  di  tenerne 
sèmpre  in  casa  vivi  dogpi  specie,chee'fcce  quelli 
si  pronti  e  vivaci ,  cbe  in  quella  professione  noa 
ebbe  alcuna  nel  suo  tempo  cbe  gli  facesse  para** 
fione  .  Stette  fino  all'  etÀ  di  trent'  anni  sotto  la 
disciplina  d'  Andrea  ,  imparando  da  lui ,  e  di- 
venne bonissimo  maestro.  Onde  avendo  dato 
buon  saggio  del  saper  suo ,  gli  fu  dalla  àSignoiia 
VoL.JI.  Il 


339  PARTE    SSCONDà 

di  Fiorenza  fatto  dipignere  una  tavola  a  tempem 
quando  i  Magi  offeriscono  a  Cristo  ,  che  fu  col- 
locata a  mezza  scala  del  loro  palazzo  ;  per  la 
quale  Pesello  acquistò  gran  fiima  ,  e  massima- 
mente  avendo  in  essa  fatto  alcuni  ritratti ,  e  fra 
gli  altri  quello  di  Donato  Acciainoli.  Fece  anco- 
ra alla  cappella  de*  Cavalcanti  in  S.  Croce  sotto 
la  Nunziata  di  Donato  una  predella  con  figurine 
piccole  ,  dentro  vi  storie  di  S.  Niccolò .  £  lavorò 
in  casa  de' Medici  una  spalliera  d*  animali  molto 
l>ella  y  ed  alcuni  corpi  di  cassoni  con  storietto 
piccole  di  ciostre  di  cavalli  ;  e  veggonsi  in  detta 
casa  sino  al  di  d'  oggi  di  mano  sua  alca  ne  tele 
di  leoni  i  quali  s'  affacciano  a  una  grata  ^  che  pa« 
iono  vivissimi ,  ed  altri  ne  fece  fuori ,  e  simil- 
mente uno  che  con  un  serpente  combatte  ;  e 
colori  in  un'  altra  tela  un  bue  ed  una  volpe  con 
altri  animali  molto  pronti  e  vivaci;  ed  in  8.  Pier 
Maggiore  nella  cappella  degli  Alessandri  fece 
quattro  storiette  di  figure  piccole  di  S.  Piero  ,  di 
S.  Paolo ,  di  S.  Zanobi  quando  resuscita  il  fi- 
gliuolo della  vedova ,  e  di  S.  Benedetto  ;  ed  in  S. 
Maria  Maggiore  della  medesima  città  di  Firenze 
fece  nella  cappella  degli  Orlandini  una  nostra 
Donna,  e  due  altre  figure  bellissime  ;  ai  fanciulli 
della  compagnia  di  S.  Giorgio  un  Crocifisso  ,  S. 
Girolamo  ,  e  S.  Francesco  ;  e  nella  chiesa  di  S. 
Giorgio  in  una  tavola  una  Nunziata  ;  in  Pistoia 
nella  chiesa  di  S.  Iacopo  una  Trinità  y  S.  Zeno , 
e  S.  Iacopo  ;  e  per  Firenze  in  casa  de'  cittadini 
sono  molti  tondi  e  quadri  di  mano  del  medesimo. 
Fu  persona  Pesello  moderata  e  gentile,  e  sempre 
che  poteva  giovare  agli  amici  ,  con  amorevolez- 
iw  e  volentieri  lo  faceva  .  Tolse  moglie  giovane , 
•4«hbepe  Francesco  detto  PeselUnosuo  figliuola 


TITA  DI  PESCLLO  E  FR.  PESELLI.        3i3 

ohe  attese  alla  pittura  ,  imitando  gli  andari  di 
fra  Filippo  inGnitamente.  Costui  se  pii\  tonijio 
▼iveva  ,  per  quello  che  si  conosce  ,  arebbe  fatto 
molto  più  eh'  egli  non  fece  ^  jpercbè  era  studioso 
lieir  arte  né  mai  restava  ne  di  né  notte  di  dise- 
gnare .  Perché  si  vede  ancora  nella  cappella  del 
noviziato  di  S.  Croce  sotto  la  tavola  di  fra  Filip* 
pò  una  maravigliosissima  predella  di  figure  pic- 
cole^ le  quali  paiono  di  roano  di  fra  Filippo.EgU 
fece. motti  quadretti  di  figure  piccole  per  Fio- 
renza, ed  in  quella  acquistato  nome ,  se  ne  mori 
d*anni  trentnno,percbe  Pesello  ne  rimase  d- (len- 
te ,  né  molto  stette  che  lo  segui  d' anni  settata* 
taiette  . 


VITA. 
DI      BEN0220 

PITTORE  FIORENTINO. 


Villi  cammina  con  le  fatiche  perla  strada  della 
▼irtù  ,  ancoracLè  ella  sia  (  come  dicono  )  e  sas- 
sosa e  piena  di  spine  ,  alla  fine  della  salita  si  ri- 
troTa  pur  finaimt-nte  in  un  largo  piano  con  tutta 
le  bramate  felicilà  .  E  nel  liguardare  a  basso  , 
Teggendo  i  cattivi  pa^si  con  periglio  ffltti  da  Ini  p 
ringrazia  Dio  che  a  salramento  ve  Tha  condotto; 
e  con  grandissimo  contento  suo  benedice  quelle 
faticLe  che  già  tanto  gli  rincreFcevano  .  E  cosi 
ristorando  i  passati  afianni  con  la  letizia  del  bene 
presente  ,  senza  fatica  si  affatica  per  far  cono- 
scere a  chi  lo  guarda  ,  come  i  caldi  9  i  geli  ^  i 
sudori  9  la  fame  ,  la  sete  >  e  gì'  incomodi ,  che  si 

Stiscono  per  acquistare  la  virtù,  liberano  altrui 
Ila  povertà  e  io  conducono  a  quel  sicuro  e 
tranquillo  stato  ^dovc  con  tanto  contento  suo  lo 
affaticato  Benozzo  Gozzoli  si  riposò .  G^t-tui  fu 
discepolo  deirAngelico  fra  Giovanni,  e  a  ragione 
amato  da  lui  ,  e  oa  cbi  lo  conobbe  tenuto  pra- 
tico di  grandissima  invenzione  e  molto  copioso 
negli  animali ,  nelle  prospettive  ,  ne'  paesi ,  e 
negli  ornamenti  •  Fece  tanto  lavoro  nelFetà  sua^ 
cbe  e'  mostrò  non  essersi  molto  curato  d'  altri 
diletti  ;  e  ancorché  e'  non  fusse  molto  eccellente 
a  comparazione  di  molti  cbe  lo  avanzarono  di 
disegno  ,  superò  nientedimeno  col  tanto  fare 
tutti  gli  altri  dell'  età  sua  ;  perchè  in  tanta  mol- 


225  PARTE    SECOIVBA 

tihidine  di  opere  gli  vennero  fatte  pure  detir 
buone.  Dipinse  in  Fiorenza  nella  sua  gioyanczxs 
alla  compagnia  di  S.  Marco  la  tavola  delP  altare, 
ed  in  S.  Friano  un  transito  di  S.  leronimo,  eh'  ò 
stato  guasto  per  acconciare  la  facciata  della  cLie- 
sa  lungo  la  strada  .  Nel  palazzo  de'  Medici  fece 
in  fresco  la  cappella  con  la  storia  de'  Magi,  ed  a 
Roma  in  Araceli  nella  cappella  de'  Cesarini  le 
storie  di  S.  Antonio  da  Padova  ,  dove  ritrasse  di 
naturale  Giuliano  Cesarini  cardinale  ed  Antonio 
Colonna.  Similmente  nella  torre  de'  Conti,  cioè 
8opra  una  porta  sotto  cui  si  passa,  fece  in  fresco 
una  nostra  Donna  con  molti  santi;  ed  inS.  Maria 
Maggiore  all'  entrar  di  chiesa  per  la.  porta  prin« 
cipale  fece  a  man  ritta  in  una  cappella  a  fresco 
molte  figure  che  sono  ragionevoli  .  Da  Roma 
tornato  Benozzo  a  Firenze,  se  n'andò  a  Pisa^  do- 
ve lavorò  nel  cimiterio  che  è  allato  al  Duomo  , 
detto  Campo  Santo,  una  facciata  di  muro  lunga 
quanto  tutto  V  edifizio ,  facendovi  storie  del  Te- 
stamento vecchio  con  grandissima  invenzione  .  E 
si  può  dire  che  questa  sia  veramente  mi*  opera 
terribilissima  ,  vergendosi  in  essa  tutte  le  storie 
della  creazione  del  mondo  distinte  a  giorno  per 
giorno  .  Dopo  l' arca  di  Noè  ,  l' inondazione  del 
diluvio  espressa  con  bellissimi  componimenti  e 
copiosità  di  figure  .  Appresso  la  superba  edifica- 
zione della  torre  di  JVembrot ,  V  incendio  di  So- 
doma e  dell'altre  città  vicine ,  l'istorie  d'Abramo 
nelle  quali  sono  da  considerare  affetti  bellissimi, 
perciocché  sebbene  non  aveva  Benozzo  molto 
singular  disegno  nelle  figure  ^  dimostrò  nondi- 
meno r  arte  efficacemente  nel  sacrifizio  d'Isaac, 
per  avere  «situato  in  iscorto  un  asino  pei:  tal  ma- 
niera ,  che  si  volta  per  ogni  banda  ;  il  che  é  te- 


ttTilDIBlBNOZed  Ì2f 

Anto  eosa  bellissima .  Segue  appresso  il  nascere 
dì  Mese  con  que'  tanti  seeiii  e  prodigj  ,  insino  a 
che  trasse  il  popolo  suo  d'  Egitto  e  io  cibò  tanti 
anni  nel  deserto .  Aggiunse  a  queste  tutte  le  sto* 
He  ebree  insino  a  David  e  Salomone  suo  ilgliuo^ 
lo  ,  e  dimostrò  Teramente  Benozio  in  questo  la*- 
Toro  un  animo  più  che  grande  ;  perchè  dove  sì 
grande  impresa  arebbe  giustamente  fatto  paura 
a  una  legione  di  pittori ,  egli  solo  la  fece  tutta  • 
la  condusse  a  peiTezìone  ;  dimanierachè  avendo* 
ne  acquistato  fama  grandissima  ,  meritò  che  nel 
mezzo  dell'opera  gli  fussc  posto  questa  epigram- 
ma: 

Qtad  spectas volHcrespisceSyCt  monslraferariirrt^ 

Et  viridcs  sihas  acthertasqitc  domos  ? 
Et  pueros ,  juvenes ,  mattes ,  canosque  parentesi 

Queh  semper  vìvum  spi  rat  in  ore  decus  ? 
Non  haec  taoi  variis  finxit  simulacrajiguris 

Natura  ingenio  faetibus  apta  suo  : 
Est  opus  artiflcis  :  pinxit  viva  ora  Benoxus  : 

O  superi  vivos  jundite  in  ora  sonós. 

Sono  in  tutta  quest'opera  sparsi  infiniti  ritratti 
di  naturale;  ma  perche  di  tutti  non  si  ha  cogni- 
zione, dirò  quelli  solamente  che  io  vi  ho  cono* 
scinti  d' importanza^e  quelli  di  che  ho  per  qual- 
che ricordo  cognizione. Nella  storia  dunque  dove 
la  reina  Saba  va  a  Salomone  è  ritratto  Marsilio 
Ficino  fra  certi  prelati ,  TArgiropolo  dottissimo 
greco  ,  e  Battista  Platina  ,  il  quale  aveva  prima 
ritratto  in  Roma,  ed  egli  stesso  sopra  un  cavallo 
nella  Rgura  d' un  vecchiotto  raso  con  una  ber- 
retta nera  che  ha  nella  piega  una  carta  bianca  > 
forse  per  seguono  perchè  ebbe  volenti  di  scriver- 
vi dentri  il  nome  suo.  iNella  medesima  città  di 


3^8  FXRTE    SECO^D'A 

Pisa  alle  monache  di  S.Benpd^to  a  ripa  d'Arn(» 
dipinse  tutte  le  storie  della  vita  di  quel  santo  ;  è 
nella  compagnia  de' Fiorentini  ,  che  allora  era 
dov'  è  ogf^i  il  monasterio  di  S.  Vito  ,  similmente^ 
la  tavola  e  molte  altre  pitture .  ^el  duomo  die- 
tro alla  sedia  dell' arcÌTescoTO  in  una  tavoletta 
a  tempera  dipinse  un  S.  Tommaso  d'Aquino  con 
infinito  numero  di  dotti  che  disputano  sopra  l'o^ 

fere  sue  ;  e  fra  gli  altri  vi  è  ritratto  papa  Sisto 
y  con  un  numero  di  cardinali  e  molti  capi  e 
generali  di  diversi  ordini;  e  questa  é  la  più  finita 
e  meglio  opera  che  facesse  mai  Benozzo  .  In  S. 
Caterina  de'  frati  Predicatori  nella  medesima 
città  fece  due  tavole  a  tempera,  che  benissimo 
si  conoscono  alla  maniera  :  e  nella  chiesa  di  S» 
Niccola  ne  fece  similmente  un'  altra^  e  due  in  Se 
Croce  fuor  di  Pisa  .  Lavorò  anco  ,  quand'  era 
giovanetto  y  nella  pieve  di  S.  Gimisnano  l'altare 
di  S.  Bastiano  nel  mezzo  della  chiesa  riscontro 
alla  cappella  maggiore  ;  e  nella  sala  del  consiglio 
flono  alcune  figure,  parte  di  sua  mano  e  parte  da 
lui  essendo  vecchie  restaurate  ;  Ai  monaci  di 
Monte  Oli  veto  nella  medesima  terra  fece  un  cro- 
cifisso ed  altre  pitture:  ma  la  migliore  opera  che 
in  quel  luogo  facesse  ,  fu  in  S.  Agostino  nella 
cappella  maggiore  a  fresco  storie  di  S.  Agostino, 
cioè  dalla  conversione  insino  alla  morte  ;  la  qual 
opera  ho  tutta  disegnata  di  sua  mano  nel  nostro 
libro  -y  insieme  con  molte  carte  delle  storie  so- 
praddette di  Campo  Santo  di  Pisa  .  In  Volterra 
ancora  fece  alcune  opere  delle  quali  non  accade 
far  menzione  .  £  perchè  quando  Benozzo  lavora 
in  Roma  vi  era  un  altro  dipintore  chiamato  Me- 
lozzo  y  il  quale  fu  da  Forlì,  molti  che  non  sanno 
più  che  tanto  avendo  tn^vato  scritto  Melozio  e 


flTADIBENOZZO  $29 

14scontrftto  i  tempi,  hanno  creduto  cbe  quel  Me- 
lozzo  Toslia  dir  Benozzo  ,  ma  sono  in  errore  ; 
perebé  il  detto  pittore  fu  ne'  medesimi  tempi,  e 
lu  molto  studioso  delle  cose  dell'  arte ,  e  paili- 
colarmente  mise  molto  studio  e  diligenza  ^n  fare 
gfi  scorti ,  come  si  può  vedere  in  S.  Apostolo  di 
Roma  nella  tribuna  dell'  aitar  maggiore,  dove  in 
un  fregio  tirato  in  prospettiva  per  ornamento  di 
queir  opera  sono  alcune  figure  che  colgono  uve 
ed  una  botte  cbe  banno  molto  del  buono.  Ma  ciò 
si  vede  più  apertamente  nell'Ascensione  di  Gesù 
Cristo  in  un  coro  d' angeli  cbe  lo  conducono  in 
cielo  ,  dove  la  figura  di  Cristo  scorta  tanto  bene, 
cbe  pare  cbe  bucbi  quella  volta; ed  il  simile  fan- 
no gli  angeli  ,cbe  con  diversi  movimenti  girano 
per  lo  campo  di  queir  aria  .  Parimente  gU  apo- 
stoli cbe  sono  in  terra  scortano  in  diverse  attitu- 
dini tanto  bene  ,  cbe  ne  fu  allora ,  e  ancora  è  lo- 
dato dagli  artefici  cbe  molto  banno  imparato 
dalle  fatiche  di  costui  ;  il  quale  fu  grandissimo 
prospettivo  ,  come  ne  dimostrano  i  casamenti  di- 
pinti in  quest'opera,  la  quale  gli  fu  fatta  fare  dal 
cardinale  Riario ,  nipote  di  papa  Sisto  IV  dal 
quale  fu  molto  rimunera to.Ma  tornando  a  Bènoz- 
zo,  consumato  finalmente  dagli  anni  e  dalle  fati- 
che ,d*anni  settantotto  se  n'andò  al  vero  riposo  nel* 
la  città  di  Pisa,  abitando  in  una  casetta  che  in  si 
lunga  dimora  vi  si  aveva  comperata  in  Carraia  di 
S.  Francesco  :  la  qual  casa  lasciò  morendo  alla 
sua  figliuola  ;  e  con  dispiacere  di  tutta  quella 
città  fu  onoratamente  seppellito  in  Camposanto 
con  questo  epitaffio  cbe  ancora  si  legge  : 

Hic  iumutus  est  Benotii  Fiorentini^  qui  proxi- 
me  has  pinxit  historiasi  hunc  silfi  Pisanor. 
donavit  humaniCas  laccccLXXVUi. 


33o  PARTS    SECONDA 

Tisse  Benozzo  costumatissimamente  sempre  € 
da  vero  cristiano,  consumando  tutta  la  vita  sua  in 
esercizio  onorato  :  per  il  che  e  per  la  buona  ma- 
niera e  qualità  sue  lungamente  fu  ben  veduto  in 
quella  cittA.  Lasciò  dopo  se  discepoli  suoiZanobi 
Macliiavelli  fiorentino  e  altri  ^  de' quali  non  ac- 
oude  far  altra  memoria . 


VITA 
DI  FRANCESCO  DI  GIORGIO 

SCULTOnE  ED  AECHITETTO 
S    DI 

LORENZO    VECCHIETTO 

SCULTORE  E  PITTORE 
5  A  N  E  S  I. 

Jl  rancesco  di  Giorgio  Sanese ,  il  quale  fa  sciil-i 
tore  ed  architetto  eccellente,  fece  i  due  angeli  di 
bronzo  che  sono  in  su  T  aitar  maggiore  del  duo- 
mo di  quella  città  ,  i  quali  furono  veramente  un 
bellissimo  gettone  furon  poi  rinetti  da  lui  mede- 
timo  con  quanta  diligenza  sia  possibile  immagi- 
narsi .  £  ciò  potette  egli  fare  comodamente  ,  es- 
sendo persona  non  meno  dotata  di  buone  facultà 
che  di  raro  ingegno  j  onde  non  per  avarizia ,  ma 
per  suo  piacere  layoraya,  quando  bene  gli  veniva 
e  per  lasciar  dopo  se  qualche  onorata  memoria  . 
Diede  anco  opera  alla  pittura,  e  fece  alcune  cose, 
ma  non  simili  alle  sculture  .  Neil'  architettura 
ebbe  grandissimo  giudizio  ,  e  mostrò  di  molto 
bene  intender  quella  professione  ^  e  ne  può  far 
ampia  fede  il  palazzo  che  egli  fece  in  Urbino  al 
duca  Federico  Feltro,  i  cui  spartimenti  sono 
fatti  con  belle  e  comode  considerazioni  ,  e  la 
stravaganza  delle  scale  ;  che  sono  bene  intese  » 


352  PARTE     SECONDA 

• 
)>iaceToli  più  che  altre  cbe  Fassino  state  fette  in* 
lino  al  suo  tempo .  Le  sale  sono  grandi  e  magni- 
fiche ,  e  gli  appai^amenti  delle  camere  utili  ed 
onorati  fuor  di  modo  ;  e  per  dirlo  in  poche  pa- 
role, è  cosi  bello  e  ben  fatto  tutto  quel  palazzo  , 
quanto  altro  che  insin  a  ora  sia  stato  fatto  giam- 
mai .  Fu  Francesco  grandissimo  ingegnere ,  e 
massimamente  di  macchine  da  guen*a ,  come 
mostrò  in  un  fregio  che  dipinse  di  sua  mano  nel 
detto  palazzo  d'  Urbino,  il  quale  é  tutto  pieno  di 
simili  cose  rare  appartenenti  alla  guen*a. Disegnò 
anco  alcuni  libri  tutti  pieni  di  cosi  fatti  ìnstru- 
menti,  il  miglior  de'quali  ha  il  Sig.  duca  Cosimo 
de'  Medici  fra  le  sue  cose  più  care  •  Fu  il  mede- 
simo tanto  curioso  in  cercar  d' intender  le  mec- 
chine  ed  instrumenti  bellici  degli  antichi,e  tanto 
andò  inyestigando  il  modo  degli  antichi  anfitea- 
tri e  d'  altre  cose  somiglianti  ^  eh'  elleno  furono 
cagione  che  mise  manco  studio  nella  scultura , 
ma  non  però  gli  furono  né  sono  state  di  manco 
onore  che  le  sculture  gli  potessino  essere  state  ; 
per  le  quali  tutte  cose  fu  di  maniera  grato  al 
detto  duca  Federigo  ,  del  qual  fece  il  ritratto  • 
in  medaglia  e  di  pittura,  che  quando  se  ne  tornò 
a  Siena  sua  patria,si  ti*OTÒ  non  meno  essere  stato 
onorato  che  beneficato .  Fece  per  papa  Pio  II 
tutti  i  disegni  e  modelli  del  palazzo  e  vescovado 
di  Pienza  patria  del  detto  papa  ,  e  da  lui  fatta 
città  e  del  suo  nome  chiamata  Pienza,  che  prima 
era  detta  Corsignano:  cbe  furono  per  quel  luogo 
magnifici  ed  onorati  quanto  potessino  essere  ;  e 
così  la  forma  e  fortificazione  di  detta  città  ,  ed 
insieme  il  palazzo  e  loggia  pel  medesimo  ponte- 
fice ;  onde  poi  sempre  visse  onoratamente  ,  e  fu 
nella  sua  città  del  supremo  magistrato  de'Siguori 


"VITA  Dt  FlUnCESCO  DI  GIORGIO  333 

onorato.  Ma  peryenato  finalmente  all'etA  d'anni 
qnarantasette  si  morì .  Furono  le  sue  opere  in* 
torno  al  1480.  Lasciò  costui  suo  compagno  e 
carissimo  amico  Iacopo  GozEereilo ,  il  quale  at- 
tese alla  scultura  ed  all'architettura  ,  e  fece  al- 
cune figure  di  legno  in  Siena ,  e  d'arcbitettura 
S.  Maria  Maddalena  fuor  della  porta  a  Tufi, 
la  quale  rimase  imperfetta  per  la  sua  morte  :  e 
noi  gli  aTcmo  pur  questo  obbligo  :  che  da  lui  si 
ebbe  il  ritratto  di  Francesco  sopraddetto ,  il 
quale  fece  di  sua  mano .  Il  quale  Francesco  me- 
rita che  gli  sia  avuto  grande  obbligo  yer  avere 
facilitato  le  cose  d*  architettura  ,  e  recatole  più 
giovamento  cbe  alcun  altro  avesse  fatto  da  Fi- 
lippo di  ser  Brunellesco  insino  al  tempo  suo  . 

Fu  sanese  e  scultore  similmente  molto  lodato 
Lorenzo  di  Piero  Vecchietti ,  il  quale  essendo 
prima  stato  orefice  molto  stimato,  si  diede  final- 
mente alla  scultura  ed  a  gettar  in  bronzo,  nelle 
quali  arti  mise  tanto  studio,  che  divenuto  eccel- 
lente, gli  fu  dato  a  fare  di  bronzo  il  tabernacolo 
dell'  aitar  maggiore  del  duomo  di  Siena  sua  pa- 
tria,coh  quelli  ornamenti  di  marmo  che  ancor  vi 
si  veggiono  .  Il  qual  getto,  che  fu  mirabile,  gii 
acquistò  nome  e  riputazione  grandissima  per  la 
proporzione  e  grazia  ch'egli  ha  in  tutte  le  parti. 
£  chi  bene  considera  questa  opera  ,  vede  in  essa 
buon  disegno  ,  e  che  l'artefice  suo  fu  giudizioso 
e  pratico  valentuomo  •  Fece  il  medesimo  in  un 
bel  getto  di  metallo  per  la  cappella  de'  pittori 
sanesi  nello  spedale  grande  della  Scala  un  Cri- 
sto nudo  che  tiene  la  croce  in  mano  ,  d'  altezza 
quanto  il  vivo  ;  la  qual  opera  come  venne  benis- 
simo al  getto ,  COSI  fu  rinetta  con  amore  e  dìli- 
genza  .  Nella  medesima  casa  nel  peregrinario  i 


334  PARTE    SECONDA 

una  storia  dipinta  da  Lorenzo  di  colcM*!  ;  e  so- 
pra la  porta  di  S.  Giovanni  un  arco  con  figure 
lavorate  a  fresco  .  Similmente  perchè  il  battesi- 
mo non  era  finito ,  vi  lavorò  alcune  figurine  di 
bronzo  ,  e  vi  fini  pur  di  bronzo  una  storia  co- 
minciata già  da  Donatello.  Nel  qual  luogo  aveva 
ancora  lavorato  due  storie  di  bronzo  Iacopo 
della  Fonte ,  la  maniera  del  quale  imitò  sempre 
Lorenzo  quanto  potette  maggiormente  .  Il  qual 
Lorenzo  condusse  il  detto  battesimo  all'  ultima 
perfezione  j  ponendovi  ancora  alcune  figure  di 
bronzo  gettate  già  da  Donato ,  ma  da  se  finite 
del  tutto  j  che  sono  tenute  cosa  bellissima.  Alla 
loggia  degli  ufficiali  in  Banchi  fece  Lorenzo  di 
marmo  all'  altezza  del  naturale  un  S.  Piero  ed 
un  S.  Paolo  lavorati  con  somma  grazia  ,  e  con- 
dotti con  buona  pratica  .  Accomodò  costui  tal- 
mente le  cose  che  fece,  che  ne  merita  molta  loda 
così  morto  come  fece  vivo.  Fu  persona  manin- 
conica  e  solitaria  e  che  sempre  stette  in  conside- 
razione ,  il  che  forse  gli  fu  cagione  di  non  più 
oltre  vivere ,  conciossiacbè  di  cinquantotto  anni 
passò  air  altra  vita .  Furono  le  sue  opere  circa 
ranno  i48g(« 


ìTv'^.  ^^  .';".  ^'.,. 


VITA 
D'ANTONIO    ROSSELLINO 

SCm^TORE  FIORENTINO 
E  Di 

BERNARDO  SUO  FRATELLO. 


JC  u  Tcramentc  sempre  cosa  lod^Tole  e  virtuosa 
la  modestia  e  1'  essere  ornato  di  gentilezza,  e  di 
quelle  rare  virtù  cbe  agevolmente  si   ricono* 
scono  neir  onorate  azioni  d'  Antonio  Rossellino 
scultore;  il  quale  fece  la  sua  arte  con  tanta  gra- 
zia, che  da  ogni  suo  conoscente  fu  stimato  assai 
più  che  uomo  ,  ed  adorato  quasi  per  santu  per 
quelle  ottime  qualità  ch'erano  unite  alla  virtù 
sua.  Fu  chiamato  Antonio,  il  Rossellino  del  Pro- 
consolo :  perchè  e'  tenne  sempre  la  sua  bottega 
ixì  un  luogo  che  così  si  chiama  in  Fiorenza  .  Fu 
costui  si  dolce  e  sì  delicato  ne'  suoi  lavori ,  e  di 
finezza  e  pulitezza  tanto  perfetta,  che  la  manie* 
ra  sua  giustamente  si  può  dir  vera  e  veramente 
chiamare  moderna  .  Fece  nel  palazzo  de'  Medici 
Itt  fontana  di  marmo  che  è  net  secondo  cortile  , 
nella  quale  sono  alcuni  fanciulli   che  sbarrano 
delfini  che  gettano  acqua  ,ed  è  finita  con  som- 
ma grazia  e  con  maniera  diligentissima  .  Nella 
chiesa  di  S.  Croce  alla  pila  dell'acqua  santa  fece 
la  sepoltura  di  Francesco  Nori, e  sopra  quella  una 
nostra  Donna  di  bassorilievo,  ed  un'  altra  nostra 
Douna  in  casa  d«'  Tomabuoni;  e  molte  altre  cosf 


336  PARTE    SECONDA 

mandate  fuori  in  dÌTerse  parti^  siccome  a  Lione 
di  Francia  una  sepoltura  di  marmo.  A  S.Miniato 
al  Monte  ,  monasterio  de*  monaci  bianchi  fuori 
delle  mura  di  Fiorenza,  gli  fu  fatto  fare  la  se- 
poltura dét  cardinale  di  Portogallo  ,  la  qu^ale  si 
maraTigliosamente  fu  condottada  lui  e  con  dili- 
genza ed  artifizio  così  grande  ^  che  non  s' ima- 
gini  artefice  alcuno  di  poter  mai  yedere  cosa  al- 
cuna, die  di  pulitezza  o  di  grazia  passare  la  possa 
in  maniera  alcuna  .  £  certamente  a  cbi  la  consi- 
dera pare  impossibile  ,  non  che  difficile,  cb*  ella 
«ia  condotta  così:  vedendosi  in  alcuni  angeli  ohe 
▼i  sono  tanta  grazia  e  bellezza  d'  arie  ,  di  papni, 
e  d'  artifizio,  che  e'  non  paiono  pia  di  marmo  , 
ma  vivissimi .  Di  questi  T  uno  tiene  la  corona 
della  verginità  di  quel  qardii^ale ,  il  quale  si  dice 
che  mori  vergine  ;  l'altro  la  palma  della  vittoria, 
che  egli  acquistò  contra  il  mondo.E  fra  le  molte. 
cose  artifiziosissime  che  vi  sono  ,  vi  n  vede  un 
arco  di  macigno  che  regge  uqa  cortina  di  marmo 
aggruppata  tanto  netta ,  cIiq  fra  il  bis^nco  del., 
marmo  ed  il  bigio  del  macignp  ^lia.pare  molto. 
pii\  simile  al  vero  panno  che  al  marmo .  In*  su  la. 
cassa  del  corpo  sono  alcuni  fanciulli  veramente 
bellissimi ,  ed  il  morto  stesso ,  con  una  nostra 
Donna  in  un  tondo  lavorata  molto  bene. La  cassa 
tiene  il  garbo  di  quella  di  porfido  che  è  in  Roma 
sulla  piazza  della  llitonda.  Questa  sepoltura  del 
cardinale  fu  posta  su  nel  i45c) ,  e  tanto  piacque 
la  forma  sua  e  T  architettura  della  cappella  al 
duca  di  Malfi  nipote  di  papa  Pio  II ,  che  dallc^ 
mani  del  maestro  medesimo  ne  fece  fare  in  Napoli 
un'  altra  per  la.  donna  sua,  simile  a  questa  in 
tutte  le  cose  fupii  che  nei  morto.  Di  più  vi  fece, 
una  tavola  di  una  natiyità.4i Cristo  nel  pre^pioj 


VITA  u'  Airroifio  rossellini        337 

COTI  un  ballo  d'angeli  in  sa  la  capanna ,  che  can- 
tano a  bocca  aperta  in  nna  maniera  y  che  ben 
pare  cbe  dal  nato  in  fuori  y  Antonio  desse  loro 
ogni  altra  movenza  ed  affetto  con  tanta  grafia  e 
con  tanta  pulitezza , cbe  più  operare  non  possono 
nel  marmo  il  fen*o  e  V  ingegno  .  Per  il  cne  sono 
state  molto  stimate  le  cose  sue  da  Micbelagnold 
e  d'ri  tutto  il  restante  degli  artefici  più  cbe  ec- 
cellenti .  Nella  pieve  d'  Empoli  fece  di  marmo 
un  S.  Bastiano  che  é  tenuto  cosa  bellissima;  e  di 
questo  a  verno  un  disegno  di  sua  mano  nel  nostro 
nbro  ,  con  tutta  V  architettura  e  figure  della 
cappella  detta  di  S.  Miniato  in  Monte,ed  insieme 
il  ritratto  di  lui  stesso .  Antonio  finalmente  si 
morì  in  Fiorenza  d'  etA  d*  anni  quarantasei,  la- 
sciando un  suo  fratello  architettore  e  scultore 
chiamato  Bernardo;  il  quale  in  Santa  Croce  fpc« 
di  marmo  la  sepoltura  di  M.  Lionardo  Bruni 
Aretino  che  scrisse  la  storia  fiorentina,  e  fu  quel 
gran  dotto  che  sa  tutto  il  mondo  .  Qursto  Ber- 
nardo fu  nelle  cose  d'architettura  molto  stimato 
da  papa  Niccola  V ,  il  quale  V  amò  assai  e  di  lui 
si  servì  in  moltissime  opere  cbe  fece  nel  suo 
pontificatole  più  averebbp  fatto,se  a  auell'òpere 
che  aveva  in  animo  di  far  quel  pontefice  ,  non  si 
fusse  interposta  la  morte.Gli  fece  dunque  rifare, 
secondo  che  racconta  Giannozzo  Manetti,la  pias« 
za  diFabriauo^l'annocheperla  postevi  stette  al- 
cuni mesi^e  dove  era  stretta  e  malfatta  la  riallargò 
e  ridusse  in  buona  forma  , facendovi  intorno  in- 
torno un  ordine  di  botteghe  utili  e  molto  comodo 
e  belle .  Ristaurò  appresso  e  rifondò  la  chiesa  di 
S.  Francesco df'lla  detta  terra  che  andava  in  ro- 
vina. A  Gualdo  rifece,  si  può  dir  di  nuovo  con 
r  aggiunta  di  belle  e  buone  fabbritbe^la  cbiesa 
roi.  IL  23 


338  PARTE    SECONDA 

di  S«  Benedetto .  In  Ascesi  la  cLiesa  di  S.  Fran- 
cesco, cbe  in  certi  luoghi  era  rovinata  ed. in  certi 
altri  minacciava  rovina,  rifondò  gagliardamente 
e  ricoperse .  A  Civitaveccbia  fece  molti  belli  e 
magnifici  edifizj  .  A  Civita  castellana  rifece  me- 
glio che  la  tersa  parte  delle  mura  con  buon  gar- 
bo .  A  Narni  -  rifece  ed  ampliò  di  belle  e  buone 
muraglie  la  fortezza  .  A  Orvieto  fece  una  g^*nn 
fortezza  con  un  bellissimo  palazzo  ,  opera  di 
grande  spesa  e  non  minore  miagnificenza.A  Spo- 
leti  similmente  accrebbe  e  fortificò  la  fortezza  , 
faceodoTÌ  dentro  abitazioni  tanto  belle  e  tanto 
comode  e  bene  intese  ,  che  non  si  poteva  veder 
meglio .  Rassettò  i  bagni  di  Viterbo  con  gran 
spesa  e  con  animo  regio ,  facendovi  abitazioni  , 
cbe  non  solo  per  gli  am)nalalicUe  giornalmente 
andavano  a  bagnarsi  sarcbbono  state  i-ecipienti , 
ma  ad  ogni  gran  principe  .  Tutte  queste  opere 
^ece  il  detto  pontefice  col  disegno  di  Bernardo 
fuori  della  città. In  Roma  rista  uro  ed  in  molti  luo« 
ghi. rinnovò  le  mura  della  città,  che  per  la  maa- 
gior  parte  erano  rovinate  ,  aggiugncndo  loro  al- 
cune torride  comprendendo  in  queste  una  nuova 
iortifioazione  che  fece  a  Castel  S.  Angelo  di  fuo- 
ra,e  molte  stanze  ed  ornamenti  cbe  fece  dentro. 
Parimente  aveva  il  detto  pontefice  in  animo,e  la 
maggior  parte  condusse  a  buon  termine ,  di  re- 
staurare e  riedificare  ,  secondo  che  più  avevano 
di  bisogno  ,  le  quaranta  chiese  delle  stazioni  già 
instituite  da  S.GregoTio  I ,  che  fu  chiamato,  per 
soprannome  ,  Grande .  Cosi  restaurò  S,  Maria 
Trastevere  ,  S.  Pi-assedia ,  S.  Teodoro,  S.  Pietro 
in  Vincula  ,  e  molte  altre  delle  minori  .  Ma  con 
i|iaggiore  aniruo,  ornamento  ,  e  diligenza  fece 
questo  in  sei  delle  Sette  maggiori  e  principali  • 


VITA  D'  ANTOmO   ROSSELLINI       339 

«toè  S.  Giovanni  Laterano  y  S»  Maria  Mi^ggiore  , 
S.  Stefano  in  Celio  [nonte,  S.  Apostolo  9  S.  Pao- 
lo ,  e  S.  Loi*enzo  extra  muros  ;  non  dico  di  S* 
Pietro,  percbè  ne  fece  impresa  a  parte,  il  mede« 
Simo  ebl>e  animo  di  ridurre  in  fortezza  e  fare  co- 
me una  città  appartata  il  Vaticano  tutto  ,  nella 
quale  disegnava  tre  vie  che  si  dirizzavano  a  S. 
Pietro,  credo  dove  è  ora  Borgo  vecchio  e  nuovo > 
le  quali  copriva  di  logge  di  qua  e  di  là  con  hot-, 
teghe  co modissì tue,  separando  l'arti  più  nobili  e 
più  ricche  dalle  minori,  e  mettendo  insieme  eia* 
scuna  in  una  via  da  per  se  ;  e  già  aveva  fatto  il 
toiTione  tondo ,  che  si  chiama  ancora  il  torrione 
di  Niccola .  £  sopra  quelle  botteghe  e  logge  ve- 
nivano case  magnifiche  e  comode  e  fatte  con  bel- 
lissima architettura  ed  utilissima,  essendo  dise- 
gnate in  modo  che  erano  difese  e  coperte  da 
tutti  que'  venti  che  sono  pestiferi  in  Roma ,  e 
levati  via  tutti  gì* impedimenti  o  d'acque  o  di 
fastidi  che  sogliono  generar  mal  aria  .  £  tutto 
arerebbe  finito,ogni  poco  più  che  gli  fusse  stato 
conceduto  di  vita  il  detto  pontefice  ,  il  qual  era 
d'  animo  grande  e  risoluto,  ed  intendeva  tanto  > 
che  non  meno  guidava  e  reggeva  gli  artefici  ^ 
eh' eslino  lui  ;  la  qual  cosa  fa  che  le  imprese 
grandi  si  conducono  facilmente  a  fine,  quando  il 
padrone  intende  da  per  se  ,  e  come  capace  può 
risolvere  subito;  dove  uno  irresoluto  ed  incapace 
nello  star  fra  il  sì  ed  il  nò,fni  var  j  disegni  e  opi- 
nioni lascia  passar  molte  volte  inutilmente  il 
tempo  senza  operare  .  Ma  di  questo  disegno  di 
Niccola  non  accade  dir  altro ,  dacché  non  ebbe 
effetto.  Voleva  oltre  ciò  edificare  il  palazzo  pa- 
pale con  tanta  magnificenza  e  grandezza  e  con 
tante  comodità  e  vaghezza,  che  e'fusae  per  l'uno 


S4o  PARTE     SECONDA 

•  per  l'altro  conto  il  più  bello  emaggior  edifi&||^ 
di  cristianità  ;  Tolendo  cbe  seryisse  non  solo  alla 
persona  del  sommo  pontefice  capo  de'  Cristiani  , 

•  non  solo  al  sacro  collegio  de'  cardinali ,  che 
essendo  il  suo  consiglio  ed  aiuto  ,  gli  arebbono  a 
esser  sempre  intorno  ,  ma  che  ancora  yi  stessino 
comodamente  tutti  i  negozj ,  spediuoni ,  e  giu-> 
disj  della  corte/ dorè  ridotti  insieme  tutti  gli  uf- 
fizj  e  le  corti ,  arebbono  fatto  una  magnificenza 
e  grandezza 9  e ,  se  questa  voce  si  potesse  usare  in 
simili  cose  ,  una  pompa  incredibile  ,  e  che  è  più 
infinitamente ,  aveva  a  ricevere  imperadori ,  re, 
duchi  y  ed  altri  principi  cristiani ,  che  o  per  fac- 
cende loro  o  per  divozione  visitassero  quella  san- 
tissima apostolica  sede  .  £  chi  a^edera  che  egli 
volesse  fìii*vi  un  teatro  per  le  coronazioni  de'pon- 
tefici  ?  ed  i  giardini ,  logge  e  acquidotti ,  fonta- 
ne ,  cappelle  y  librerie,cd  un  conclave  appartato 
bellissimo?  Insomma  questo  (  non  so  se  palazzo, 
casteNO)  o  città  debbo  nominarlo  )  sarebbe  stata 
la  più  superba  cosa  che  mai  iìisse  stata  fatta 
dalla  creasione  del  mondo,  per  quello  che  si  sa, 
insino  a  oggi.Che  grandezza  stata  sarebbe  quella 
della  santa  chiesa  romnna ,  veder  il  sommo  pon- 
tefice e  capo  di  quella  avere  y  come  in  un  famo- 
sissimo e  santissimo  monasterio ,  raccolti  tutti  i' 
ministri  di  Dio  che  abitano  la  città  di  Roma!  Ed 
in  quello,  quasi  un  nuovo  paradiso  terrestre , 
vivere  vita  celeste ,  angelica  ,  e  santissima  ,  con 
dbre  esempio  a  tutto  il  cristianesimo  ed  accender 
gl4  animi  degl'  infedeli  al  vero  culto  di  Dio  e  di 
Gesù  Cristo  benedetto  !  Ma  tanta  opera  rimase 
imperfetta ,  anzi  quasi  non  cominciata  per  la 
morte  di  quel  Pontefice ,  e  quel  poco  che  n*  è 
f^tlo  f  si  qoBosce  all'  arme  sua ,  o  che  egli  usava 


TITA  D'  ANTOmO  lOSSEUNl         34 1 

per  arme  j  che  erano  due  chiaTÌ  intrarenate  in 
campo  rosso .  La  quinta  delle  cinque  cose  che  il 
medesimo  aveva  in  animo  di  fare  y  era  la  chiesa 
di  S.  Pietro  ^  la  quale  aveva  disegnata  di  far« 
tanto  grandetta  nto  ricca  e  tanto  ornata ,  che  me- 

Slio  é  tacere  che  metter  mano  per  non  poter  mai 
ime  anco  una  minima  parte  ,  e  massimamente 
essendo  poi  andato  male  il  modello  e  statone 
fatti  altri  da  altri  architettori.  E  chi  pure  voles- 
se in  ciò  sapere  interamente  il  grand'  animo  di 
papa  Niccola  V ,  legga  quello  che  Giannosso 
Manetti  nobile  e  dotto  cittadin  6orentino  scrisse 
minutissimamente  nella  vita  di  detto  pontefice  ; 
il  quale ,  oltre  gli  altri ,  in  tutti  i  sopraddetti  di- 
segni si  servi,  come  si  é  detto  y  dell'  ingegno  • 
molta  industria  di  Bernardo  Rosseliini ,  Antonio 
frartel  del  quale ,  per  tornare  oggimai  donde  mi 
partii ,  con  si  bella  occasione  lavorò  le  sue  scul- 
ture circa  Tanno  1490.  E  perché  quanto  piÀ 
r  opere  si  veglione  piene  di  diligenza  e  di  diffi- 
cultÀ ,  gli  uomini  restano  più  ammirati  >  cono- 
scendosi  massimamente  queste  due  cose  ne'  suoi 
lavori  j  merita  eeli  e  fama  e  onore  ,  come  esem- 
pio certissimo ,  donde  i  moderni  scultori  hanno 
potuto  imparare  come  si  deono  far  -le  statue  che 
mediante  le difficultà  arrechino  lode  e  fa  ma  gran- 
dissima. Gonciossiachp  dop>  Donatello  aggiunse 
egli  all'  ai*te  della  scultura  una  certa  pulitezia  e 
fine  9  cercando  bucare  e  ritondare  in  rDi«niera  le 
sue  figure,  eh*  elle  appariscono  per  tutto  e  tond« 
e  finite  ;  la  qual  cosa  nella  scultura  infino  allora 
non  si  era  veduta  si  perfetta  ;  e  per<hè  e^li  ]iri- 
mo  r  introdusse  ,  dopo  lui  nell'  età  seguenti  • 
nella  nostra  appare  maravigliosa. 


.-^• 


^'^:-:::- ;:]'A:;:^T'm:^.^ 


VITA. 
DI  DESIDERIO  DA  SETTIGNANO 

SCTJLTO&K. 


G, 


rrandissimo  obbligo  banno  al  cielo  e  alla  na- 
tura coloro  cbe  senza  fatiche  partoriscono  le 
cose  loro  con  una  cei*ta  grazia  ,  cbe  non  si  può 
dare  alle  opere  cbe  altri  fa^nè  per  istudio  né  per 
imitazione  ;  ma  é  dono  yeitimente  celeste  che 
pioye  in  maniera  su  quelle  cose  cbe  elle  portano 
sempre  seco  tanta  leggiadrìa  e  tanta  gentilezza  , 
cbe  elle  tirano  a  se  non  solamente  quelli  che  in- 
tendono il  mestiero  y  ma  molti  altri  ancora  che 
non  sono  di  quella  professione .  E  nasce  ciò  dalla 
facilità  del  buono,  che  non  si  rende  aspro  e  duro 
agli  occhi  y  come  le  cose  stentate  e  fatte  con  dif- 
ficultà  molte  Tolte  si  rendono .  La  qual  grazia 
e  simplicitè  y  che  piace  uniyersal  mente  e  da 
ognuno  è  conosciuta  y  hanno  tutte  V  opere  che 
fece  Desiderio  y  il  quale  dicono  alcuni  che  fu  da 
Settignano  luogo  Ticino  a  Fiorenza  due  miglia  y 
alcuni  altri  lo  tengono  Fiorentino  ;  ma  questo 
rileya  nulla  ,  per  essere  si  poca  distanza  da  un 
luogo  all'altro.Fu  costui  imitatore  della  maniera 
di  Donato ,  quantunque  dalla  natura  avesse  egli 
grazia  grandissima  e  leggiadrìa  nelle  teste  .  E 
veggonsi  r  arie  sue  di  femmine  e  di  fanciulli  con 
delicata  ,  dolce  e  vezzosa  maniera^  aiutate  tanto 
dalla  natura  y  che  inclinato  a  questo  lo  aveva  y 

3uanto  era  ancora  da  lui  esercitato  V  ingegno 
eirarte.Feoe  nella  sua  giovanezza  il  basamento 


344  PARTE    SECONDA 

del  David  di  Donato  cb'  è  nel  palazzo  del  daca 
dì  Fiorenza  y  nel  quale  Desiderio  fece  di  marma 
alcune  arpie  bellissime  edalcuni  Titicci  di  bronzo 
molto  graziosi  e  bene  intesi:  e  nella  facciata  della 
casa  de'GianfSgliazzi  un'arme  grande  con  uv 
lione  bellissima,  e  altre  cose  di  pietra  le  quali 
sono  in  detta  città .  iPece  nel  Carmine  alla  cap- 

Eella  de'  Brancacci  uno  angiolo  di  legno,  ed  in  S. 
orenzo  finì  di  marmo  la  cappella  del  Sacru- 
paento  y  la  qual'  egli  con  molta  diligenza  cun- 
dusse  a  perfezione.  Eravi  un  fanciullo  di  mai  ino 
tondo,  ilqual  fu  levatu  e  oggi  si  motte  in  sull'ai* 
tare  per  le  feste  della  natività  di  Cristo  per  cosa 
mirabile  >  in  cambio  dtl  quale  ne  fece  un  altro 
Baccio  da  Montelupo  di  marmo  pure  ,  cbe  sta 
continuamente  sopra  il  tabernacolo  del  ^'acra- 
mento .  In  S.  Maria  PJovella  fece  di  marmo  la 
sepoltura  della  beata  Villana  con  certi  angioletti 
graziosi  ,  e   lei  tì  ritrasse  di  naturale   clie  non 

Sar  morta ,  ma  cbe  dcu'ma  ;  e  nelle  monaclie 
elle  Murate  sopra  una  colonna  in  un  tabcrna-. 
cok)  una  nostra  Donuf^  piccola  di  leggiadra  e  gra- 
ziata maniera  ;  onde  1'  una  e  V  altra  cosa  e  in 
grandissima  stima  e  in  bunissiuio  pregio  .  Fece 
ancora  a  S.  Piero  maggiore  il  tabernacolo  del 
Sacramento  di  marmo  con  la  solita  diligenza j  ed 
ancoraché  in  quello  non  siano  figure  ,  e'  vi  si 
vede  peròuna]>ella  maniera  eduna  grazia  infini- 
ta y  come  neir  altre  cose  sue .  Egli  similmente  di 
marmo  ritrasse  di  naturale  la  testa  della  Marietta 
degli  Strozzi ,  la  quale  essendo  bellissiaia  ,  gli 
riuscì  molto  eccellente  .  Fece  la  sepoltura  di  M. 
Carlo  Marsuppini  aretino  in  S.  Croce,  la  quale 
non  solo  in  quel  tempo  fece  stupire  gli  artefici  e 
le  persone  intelligenti  che  la  guardarono  y  ma 


\1TA  DI  DESIDERIO  DA  SETTIGNÀNO   345 

qnelU  ancora  che  al  presente  la  reggono ,  se  ne 
mara?igliano  j  doye  egli  avendo  lavorato  in  una 
cassa  ibglianii ,  benché  uu  poco  spinosi  e  seccbi^ 
per  non  essere  allora  scoperte  molte  antìcbità  ^ 
furono  tenuti  cosa  bellissima  .  Ma  fra  l'altre 
parti  che  in  detta  opera  sono,  vi  si  veggono  al^ 
cune  ali  che  a  una  nicchia  fanno  ornamento  a 
pie  della  cassa  ,  che  non  di  marmo,  ma  piumose 
si  mostrano  ;  cosa  difficile  a  potere  imitare  nel 
marmo ,  attesoché  ai  peli  e  alte  piume  non  può 
lo  scarpello  aggiugnere  •  Evvi  di  marmo  una 
nicchia  grande  più  vira  ^  che  se  d'  osso  proprio 
fosse.  Sonyi  ancora  alcuni  fanciulli  ed  alcuni  an- 
geli condotti  con  maniera  bella  e  Tirace  :  simil- 
mente è  di  somma  bontà  e  d' artificio  il  morto 
su  la  cassa  ritratto  di  naturale;  ed  in  un  tondo  una 
nostra  Donna  di  bassorilievo  lavorato ,  secondo 
la  maniera  di  Donato ,  con  giudixio  e  con  grazia 
mirabilissima  :  siccome  sono  ancora  molti  altri 
bassirìlievi  di  marmo  eh'  egli  fece  ,  delli  quali 
alcuni  sono  nella  guardarobba  del  Sig.  Duca 
Cosimo  >  e  partico  aimente  in  un. tondo  la  testa 
del  nostro  Signore  Gesù  Cristo  e  di  S.  Gio:  Bat- 
tista quando  era  fanciulletto  .  À  pie  della  sepol* 
tura  del  detto  M*  Carlo  fece  una  lapida  grande 
per  M.  Giorgio  dottore  fiimoso  e  segretario  della 
Signoria  di  Fiorenv»  con  un  bassorilievo  molto 
bello  y  nel  quale  è  ritratto  esso  M.  Giorgio  con 
abito  da  dottore  ,  secondo  l'usanza  di  que  tempi* 
Ma  se  la  morte  si  tosto  non  toglieva  al  mondo 
quello  spirito  che  tanto  egregiamente  operò , 
arcbbe  sì  per  V  avvenire  con  la  esperienza  e  con 
lo  studio  operato,  che  vinto  avrebbe  d'art(>  tutti 
coloro  die  di  grazia  aveva  superati  .  Troncogli 
la  morte  il  filo  della  vita  nell'età  di  ventotto  an* 


346  PARTE    SCCONBA 

ni  ;  perchè  molto  ne  dolse  a  tutti  quelli  che  sti^ 
ma  vano  dover  vedere  la  perfezione  di  tanto  ìn« 
gegno  nella  vecchiezza  di  lui ,  e  ne  rimasero  più 
che  storditi  per  tanta  perdita  .  Fu  da'  parenti  e 
da  molti  amici  accompagnato  nella  chiesa  de'Ser* 
TI,  continuandosi  per  molto  tempo  alla  sepoltura 
sua  di  mettersi  infiniti  epigrammi  e  sonetti  :  del 
numero  de 'quali  mi  è  bastato  mettere  solamente 
questo  : 

Come  vide  natura 

Dar  Desiderio  ai  freddi  marmi  s^ita^ 

E  poter  la  scultura 

Agguagliar  *sua  bellezza  alma  e  infinita  ; 

Si  fermò  sbigottita 

£  disse:  ornai  sarà  mia  gloria  oscura. 

E  piena  d'alto  sdegno 

Troncò  la  i^ita  a  così  beli*  ingegno  • 

Ma  in  van  ,  che  se  costui 

Die  vita  eterna  ai  marmi y  e  i  marmi  a  lui. 

Furono  le  sculture  di  Desiderio  fatte  nel  i4H5  . 
Lasciò  abbozzata  una  S.  Maria  Maddalena  in 
penitenza,  la  quale  fu  poi  finita  da  Benedetto  da 
Maiano ,  ed  é  oggi  in  S.  Trinità  di  Firenze  ,  en- 
trando in  chiesa  a  man  destra  ,  la  quale  figura  è 
bella  quanto  più  dir  si  possa .  Nel  nostro  libro 
sono  alcune  carte  disegnate  di  penna  da  Deside- 
rio bellissime,  ed  il  suo  ritratto  si  é  avuto  da  al- 
cuni suoi  da  Settignano  . 


JLA   I?1IB»'^:07^.3 


VITA 
DI    MINO    DA   FIESOLE 

SCULTORE. 


Q. 


.  uando  gli  artefici  nostri  non  cercano  altro 
neir  opere  che  fanno  ,  che  imitare  la  maniera 
dei  loro  maestro  o  d*  altro  eccelLeiIte.^  del  quale 

Siaccia  loro  il  modo  dell'  operare  o  nell*  attìtu* 
ini  delle  6gure,o  nell'arie  delle  teste  o  nel  pie- 
gheggiare  de*  panni ,  e  studiano  quelle  solamen- 
te ,  sebbene  col  tempo  e  con  lo  studio  le  fanno 
simili ,  non  arrivano  però  mai  con  questo  solo 
alla  perfezione  dell'  arte;  avTengficfaè  manifestis- 
simamente si  vede  cbe  rare  Tolte  passa  innanzi 
chi  cammina  sempre  dietro;perchè  la  imitazione 
della  natura  è  ferma  nella  maniera  di  quello  ar- 
tefice I  che  ha  fatto  la  lunga  pratica  diventare 
maniera .  Gonciossiachè  l'imitazione  é  una  ferma 
arte  di  fare  appunto  quel  cbe  tu  fai ,  come  sta  il 
più  bello  delie  cose  della  natura ,  pigliandola 
schietta  senza  la  maniera  del  tuo  maestro ,  o 
d'  altri,  i  quali  ancora  eglino  ridussero  in  manie* 
ra  le  cose  che  tolsero  dalla  natura  .  £  sebben 
pare  cbe  le  cose  degli  artefici  eccellenti  siano  co- 
se naturali  o  Terisimili  ,  non  è  che  mai  si  possa 
usar  tanta  diligenza  che  si  faccia  tanto  simile  , 
che  elle sieno  com'essa  natura  ;  né  ancora  sce- 
gliendo le  migliori ,  si  possa  fare  composizion  di 
coi  pò  tanto  perfetto  che  V  arte  la  trapassi  :  e  se 
questo  è  y  ne  segue  che  le  cose  tolte  da  lei  fa  le 
pitture  e  le  sculture  perfette  ;  e  chi  studia  siret- 


■■ 


35o  PÀRTie    SCCONDA 

me  y  ancorché  fussino  quosi  a  un  tempo  ,  ella  è 
senza  dubbio  di  mano  di  Mino  da  Fiesole  .  Ben 
è  vero  che  il  detto  Mino  del  Reame  vi  fece  alcu- 
ne figurette  del  basamento  che  si  conoscono  ;  se 
'però  ebbe  nome  Mino ,  e  non  piuttosto  >  come 
alcuni  affermano  ,  Dino  .  Ma  per  tornare  al  no- 
stro ,  acquistato  clie  egli  si  eboe  nome  in  Roma 
per  la  detta  sepoltura  e  per  la  cassa  che  fece 
nella  Minerva  e  sopra  essa'  di  marmo  la  statua 
di  Francesco  Tornabuoni  di  naturale  y  che  è  te- 
nuta assai  bella,  e  per  altre  opere ,  non  iste 
molto  eh*  egli  con  buon  numero  di  danari  avan- 
zati, a  Fiesole  se  ne  ritornò  e  tolse  donna .  Né 
molto  tempo  andò ,  eh'  egli  per  servigio  delle 
donne  delle  Murate  fece  un  tabernacolo  di  mar- 
mo di  mezzo  rilievo  per  tenei^i  il  Sacramento  , 
il  quale  fu  da  lui  con  tutta  quella  diligenza  ch'ei 
sapeva  condotto  a  perfezione  :  il  qual  non  aveva 
ancora  murato ,  quando  inteso  le  monache  di  S. 
Ambruogio(le  quali  erano  desiderose  di  far  fare 
un'ornamento  simile  neir invenzione,  ma  più 
ricco  S'ornamento  per  tenervi  dentro  la  santis- 
sima reliquia  del  miracolo  del  Sacramento  )  la 
sufficienza  di  Mino  ,  gli  diedero  a  fare  quel  l'ope- 
ra ,  la  quale  egli  fìnì  con  tanta  diligenza  ,  che 
satisfatte  da  lui  quelle  donne  gli  died  >no  tutto 
quello  che  e'  dimandi»  per  prezzo  di  queir  ope- 
ra :  e  cosi  poco  di  poi  prese  a  fare  una  tavoletta 
con  figuiied'  una  nostra  Donna  col  figliuolo  in 
braccio  messa  in  mezzo  da  S.  Lorenzo  e  da  S. 
Lionardo  di  mezzo  rilievo ,  che  doveva  servire 
per  i  preti  o  capitolo  di  S.  Lorenzo,  ad  istanza  di 
M.  Diotisalvi  Neroni  ;  ma  è  rimasta  nella  sagre- 
stia della  Badia  di  Firenze  .  Ed  à  que*  Monaci 
fece  un  londo  di  marmo  ,  dentro  vi  una  nostra 


ylTA  DI  MINO  DA  FIESOLE  35f 

Bonfia  dì  rilievo  col  eno  figliuolo  in  collo ,  qaal 
posono  sopra  la  porta  principale  che  entra  in 
chiesa  ;  il  quale  piacendo  molto  all'  universale  f 
la  fattogli  allogazione  ài  una  sepoltura  per  il 
magnifico  M.  Bernardo  cavaliere  de'  Giugni ,  il 
quale  per  essere  stato  persona  onorevole  e  molto 
stimata  meritò  questa  niemoria  da'  suoi  fratelli. 
Condusse  Mino  in  questa  sepoltura  ,  oltre  alla 
cassa  ed  il  morto  ritrattovi  di  naturale  sopra  , 
una  Giustizia  ,  la  quale  imita  la  maniera  di  De- 
siderio molto,  se  non  avesse  i  panni  di  quella  un 
poco  tritati  dall'  intaglio  ;  la  quale  opera  fu  ca« 
gione  che  1'  a  ha  te  e'  monaci  della  Badia  di  Fi- 
renze ,  nel  qual  luogo  fu  collocata  la  detta  se- 
poltura ,  gli  dessero  a  far  quella  del  conte  Ugo 
figliuolo  del  marchese  Uberto  di  Madeborgo  ,  il 
quale  lasciò  a  quella  Badia  molte  facultà  e  pri- 
vilegi :  cosi  desiderosi  d'  onorarlo  il  più  eh'  e' 
potevano,  feciono  fare  a  Mino  di  marmo  di  Gir- 
rara  una  sepoltura  ,  che  fu  la  più  hella  opera 
che  Mino  facesse  mai  ;  perchè  vi  sono  alcuni 
putti  che  tengono  V  arme  di  quel  conte  ,  che 
stanno  molto  arditamente  e  con  una  fanciullesca 
grazia ,  e  oltre  alla  figura  del  conte  morto  con 
r  efRgie  di  lui  eh'  egli  fece  in  su  la  cassa  ,  è  in 
mezzo  sopra  la  hara  nella  faccia  una  figura  d'una 
Carità  con  certi  putti,  lavorata  molto  diligente- 
mente ed  accordata  insieme  molto  bene .  Il  si- 
mile si  vede  in  una  nostra  Donna  in  un  mezzo 
tondo  col  putto  in  collo,  la  quale  fece  Mino  più 
simile  alla  maniera  di  Desiderio  che  potette  ;  e 
se  egli  avesse  aiutato  il  far  suo  con  le  cose  vive 
ed  avesse  studiato ,  non  é  dubbio  chVgli  arehbe 
fatto  grandissimo  profitto  neli'  arte  .  Costò  que- 
sta sepoltura  a  tutte  sue  spese  lire  miUeseicente 


36là  PARTE    SECONDA 

é  la  fin)  nel  r48r  ;  della  qvale  acquistò  molto  o* 
Dore ,  e  per  questo  gli  fu  allog^ito  a  fare  nel  ve* 
scorado  di  r  ieiu>le  a  una  oappella  vicina  alla 
maggiore  a  man  dritta  salendo,  un'altra  sepol- 
tura per  il  vescovo  Lionardo  Salutati  vescovo 
di  detto  ]u(^o  ;  nella  quale  egli   lo  ritrasse  iu 

E on  ti  ficaie  simile  al  vivo  quanto  sia  possibile  • 
'ece  per  lo  medesimo  vescovo  una  testa  d*  un 
Cristo  di  marmo  grande  quanto  il  vivo  e  molto 
ben  lavorata  ,  la  quale  fra  1*  altre  cose  deirere- 
dita  rimase  allo  spedale  degP  Innocenti ,  ed  oggi 
r  ha  il  molto  reverendo  D.  Vincenzio  Borghini 
priore  di  quello  spedale  fra  le  sue  più  care'  cose 
di  questuar  ti,  delle  quali  si  diletta  quanto  più 
noti  saprei  dire  .  Fece  Mino  nella  pieve  di  Prato 
un  pergamo  tutto  di  marmo ,  nel  quale  sono 
storie  di  nostra  Donna,  condotte  con  molta  dili- 
geuaa  e  tanto  ben  commesse ,  che  queir  opera 
par  tutta  d*  un  pezzo.  E*  questo  persamo  in  sur 
un  canto  del  coro ,  quasi  nel  mezzo  della  chiesa^ 
sopra  certi  ornamenti  fatti  d'  ordine  dello  stesso 
Mino,  il  qutfle  fece  il  ritratto  di  Piero  di  Loren* 
zo  de'  Medici  e  quello  della  moglie  naturali  e 
simili  affatto  .  Queste  due  teste  stettono  molti 
anni  sopra  due  porte  in  camera  di  Piero  in  casa 
Medici  sotto  un  mezzo  tondo  ;  dopo  sono  state 
ridotte  con  molt' altri  ritratti  d'uomini  illustri 
di  detta  casa  nella  c^arrdaroba  del  Sig.  Duca 
Gosioao.  Fece  anco  una  nostra  Donna  di  marmo, 
«h'é  oggif  nell'udienza deU'arte de Tabbricanti;ed 
«Perugia  mandò  una  tavola  di  marmo  a  M.  Ba- 

Slione  Kibi,  che  fu  posta  in  S.Piero  alla  cappella 
el  Sagramento,la  qua!  opera  è  un  tabernacolo  in 
mezzod'unS.  Giovaiini,e  d'un  8.  Girolamo,  che 
tono  due  buone  figure  di  mezzo  rilie  vo.NelDuomo 


VITA  m  MINO  DA  FIESOU  352 

a  Volterra  parimente  è  di  sva  mano  il  taberna- 
colo delSagramento  e  dae  angeli  che  lo  mettono 
in  messo  tanto  ben  condotti  e  condiligensa^cba 
è  questa  opera  meritamente  lodata  4a  tutti  gli 
artefici  •  Finalmente  Tolendo  un  giorno  Mino 
muorere  certe  pietre ,  si  affaticò ,  non  arendo 
quegli  aiuti  che  gli  biaognaTano ,  di  maniera  che 

5 resa  una  calda  se  ne  morì ,  e  fu  nella  calonaca 
i  Fiesole  dagli  amici  e  parenti  suoi  onorcTol* 
mente  seppellito  Tanno  i4H6.Il  ritratto  di  Mino 
è  nel  nostro  libro  de'di.^gni  non  so  di  cui  mano^ 
perchè  a  me  fa  dato  con  alcuni  disegni  fatti  col 
piombo  dallo  stesso  Mino ,  che  sono  assai  belli  • 


Fot.  IL  2^ 


'L'0'Riì.r:s'::^  cjtsta 


VITA 
DI    LORENZO    COSTA 

RRRAEESS  PITTOÈs. 


l3ebbene  in  Toscana  più  cbe  in  tutte  V  aìirm 
proTincie  d' Italia  e  forse  d'  Europa  si  sono  sem- 
pre esercitati  gli  uomirti  nelle  cose  del  disegno , 
non  è  per  questo  che  nell'  aitile  prorincie  non  si 
•ia  d'  cani  tempo  risvegliato  qualche  ingegno 
che  nelle  medesime  professioni  sia  stato  raro  ed 
•ccellente ,  come  si  è  fin  qui  in  molte  vite  dimo- 
strato ,  e  niù  si  mostrerà  per  V  avvenire  •  Ben'  i 
vero  che  dove  non  sono  gii  studj  e  gli  uomini  per 
usanza  inclinati  ad  imparare  y  non  si  può  né  cosi 
tosto  né  cosi  eccellente  divenire  ,  come  in  quei 
luoghi  si  fa  ,  dove  a  concorrenza  si  esei'citano  ^ 
studiano  gli  arteÉci  di  continuo .  Ma  tosto  cbe 
uno  o  due  cominciano^ pare  che  sempre  avvenga 
che  molti  altri  (  tanta  torca  ha  la  virtù  )  s' inge- 
gnino di  seguitarli  con  onore  di  se  sttssi  e  delle 
patrie  loro .  Lorenzo  Costa  Ferrarese  ^  essendo 
da  natura  inclinato  alle  cose  della  pitturale  sen-* 
tendo  esser  celebre  e  molto  reputato  in  Toscana 
fira  Filippo  f  Benocso ,  ed  altri ,  se  ne  venne  in 
Firenze  per  vedere  l' opere  loro  ;  e  qua  arrivato^ 
perchè  molto  gli  piacque  la  maniera  loro  ,  ci  si 
fermò  per  molti  mesi  >  ingegnandosi  quanto  po- 
tette il  più  d' imitarli ,  e  particolarmente  nel  ri^ 
^trarre  di  naturale  ;  il  cbe  così  felicemente  gli 
riuscì  y  che  tornato  alla  patria  (  sebbene  ebbe  la 
maniera  un  poco  secca  e  taglieute),  vi  fece  molte 


356  P  A  RTK    SECONDA 

opere  lodevoli ,  come  si  pao  Tedere  nel  cor# 
della  chiesa  di  S.  Domenico  in  Ferrara  che  è 
tutto  di  sua  mano  ;  doTe  si  conosce  la  diligenEa 
che  egli  usò  nell'arte,  e  che  egli  mise  molto  stu- 
dio nelle  sue  opere.  £  nella  cuardaroba  del  Sig. 
Duca  di  Ferrara  si  Teggiono  di  mano  di  costui  m 
molti  quadri  ritratti  di  naturale  che  sono  henis* 
•imo  fatti  ;  e  molto  simili  al  vivo  .  Similmente 
per  le  case  de'  gentiluomini  sono  opere  di  sua 
mano  tenute  in  molta  venerasione  .  A  Rarenna 
nella  chiesa  di  S.  Domenico  alla  cappella  di  S. 
Bastiano  dipinse  a  olio  la  tavola  y  e  a  fresco  al- 
cune  storie  che  furono  molto  lodate.  Di  poi  con- 
dotto a  Bologna  dipinse  in  S.Petronio  nella  cap- 
pella de'  Mariscotti  in  una  taTola  un  S.  Bastiano 
saettato  alla  colonna  con  molte  altre  figure  ;  la 
qual'  opera ,  per  cosa  larorata  a  tempera  y  fu  la 
migliore  che  infino  allora  fusse  stata  fatta  in 

3|uella  città  .  Fu  anco  opera  sua  la  taTola  di  S. 
eronimo  nella  cappella  de*  Castelli,  e  parimente 
quella  di  S.  Vincenzio  che  è  similmente  lavorata 
a  tempera  nella  cappella  de*  Grifoni,  la  predella 
della  quale  fece  dipignere  a  un  suo  creato ,  che 
si  portò  molto  mesTio  che  non  fece  égli  nella 
iaTola,come  a  suo  luogo  si  dirà  .  Nella  medesi^ 
ma  città  fece  Lorenzo  e  nelbt  chiesa  medesima 
alta  cappella  de*  Rossi  in  una  taTola  la  nostra 
Donna ,  S.  Iacopo.,  S.  Giorgio ,  S.  Bastiano  ,  e 
S.  Girolamo  ;  la  qua) 'opera  è  la  migliore  t  di  pi4 
dolfoe  maniera  di  qualsiTOglia  altra  che  costui 
ftioesse  giammai .  Andato  poi  Lorenio  ài  serri* 
ffio  del  Sia.FrancescoGonsagamarcbebe  di  Man- 
toa  ,  gli  dipinse  nel  palazzo  di  S«  Sebastiano  in 
una  camera  lavorata  parte  a  guasco  e  parte  a 
èlio  molte  storie  .  biana  à  la  nuurehesa  Isatell^ 


VITI  M  UOMMmO  COSTA  357 

•Hratla  di  liahinile  cbe  fca  eeeo  molte  signore 
cbe  con  Tarj  suoni  canlando  fiinno  dolce  armo- 
nia .  In  un'  allra  è  la  dea  Latona  cbe  conTerte  » 
iecondo  la  fatola»  certi  tillani  in  ranocdbi.  Nella 
tersa  i  il  raarobese  Francesco  condotto  da  Erco- 
le per  la  via  della  TÌrtù  sopra  la  cima  d*an  monte 
consecrato  ali'  eternitA .  In  un  altro  quadro  si 
Tede  il  medesimo  marebese  sopra  un  piedestallo 
trionfante  con  un  bastone  in  mano ,  e  intorno  gli 
sono  molti  signori  e  servitori  suoi  con  stendardi 
in  mano  tutti  lietissimi  e  pieni  di  giubbilo  per  la 
grandessa  di  lui  ;  fra  i  quali  tutti  è  un  infinito 
numero  di  ritratti  di  naturale  .  Dipinse  ancora 
nella  sala  grande ,  dove  oggi  sono  i  trionB  di 
mano  del  Mantegna  y  ine  quadri  ^  eioé  in  eia* 
•cuna  testa  uno .  Nel  primo  cbe  è  a  gosEzo  sono 
molti  nudi  cbe  fiinno  fuocbi  e  sacrifizi  a  Ercole; 
«d  in  questo  è  ritratto  di  natarale  il  marchese  eoo 
tre  suoi  figliuoli  f  Federigo ,  Ercole  y  e  Ferrante, 
che  poi  sono  stati  griindis^iml  ed  illustrissimi  si- 

Snori.  Vi  sonosimilmente  alcuni  ritratti  di  gran 
onlie  •  Néilaltroy  cbe  fu  fktto  a  olio  molti  aitoi 
dopo  il  primo  e  che  fu  quasi  dell*  ultime  cose 
4^be  dipignesse  Lorenzo ,  é  il  marchese  Federigo 
£itto  uomo  con  un  bastone  in  msno  ^  coraD  gene^ 
rale  di  Santa  Cbiesa  sotto  LeoneX^ed  intomo  tfli 
sono  molli  signori  ritratti  dal  Costa  ditiaturaYe. 
In  Bologna  nel  palazzo  di  M.GioTanili  BentivogU 
dipinse  il  medesimo  a  con^Dorrenza  di  molti  altri 
anilestri  alcune  stanze ,  delle  ouali  per  essere  an- 
date per  terra  con  la  retina  di  quel  palazzo  non 
si  farà  altra  menziooe^Non  lascerò  sia  didire  che 
deir  opere  cbe  fece  per  i  Bentivogli  rimase  solo 
in  piedi  la  cappella  cbe  egli  fece  a  M.  Giovanni 
in  S,IacopO|dove  in  due  «torio  dipinse  due  trioni 


358    ,  tARTE    SE'GOllll^A 

tenuti  bellissimi  con  molti  ritratti.  Fece  aneoii 
S.  GioTanni  in  Monte  l'anno  1497  a  Iacopo  Che*» 
'dilli  in  una  cappella, nella  quale  volle  dopo  mon> 
te  essere  sepolto  ,  una  tavola  dentrovi  la  nostra 
Donna  ,  S.  Giovanni  Evangelista  j  S.  Agostino 
ed  altri  santi.  In  S.  Francesco  dipinse  in  una  ta* 
vola  uìia  JNativitÀ ,  S.  Iacopo,  e  S.  Antonio  da  Pa« 
dova .  Fece  in  S.  Piero  per  Domenico  GarganelU 
centilttomo  Bolognese  il  principio  d'una  cappella 
oeliissima  ;  ma  qualunque  si  fìisse  la  cagione  y 
fatto  cke  ebbe  nel  cielo  di  quella  alcune  figure  y 
la  lasciò  imperfetta  e  a  fatica  cominciata .  la 
Mantoa  oltre  l'opere  che  vi  fece  per  il  marchese, 
delle  quali  «i  è  favellato  di  sopra,  dipinse  in  S. 
Salvestroin  una  tavola  la  nostra  Donna  e  da  una 
banda  S.  Salvestro  che  le  ra<;comanda  il  popolo 
di  qnella/cittÀ ,  dair  altra  S.  Bastiano,  S.  Paolo  9 
S.  Lisabetta  ,  e  S.  leronimo  ;  e  per  Quello  cbo 
«'intende,  fu  collocata  la  detta  tavola  in  quella 
chiesa  dopo  la  morte  del  Costa ,  il  quale  avendo 
finita  la  su»  vita  in  Mantoa ,  nella  quale  città  90^ 
no  poi  stati  sempre  i  suoi  discendenti^  volle  in 
questa  chiesa  aver  per  se  e  per  li  suoi  successori 
la  sepoltura .  Fece  il  medesimo  molte  altre  pit« 
ture,  delie  quali  non  si  dirà  altro,  essendo  aona* 
stansa  aver  fatto  memoria  delle  migliori.  Il  suo 
ritratto  'ho  avuto  in  Mantoa  da  Fermo  Ghisom 
pittor  eccelletrte,  che  mi  affermò  quello  esser  dS 
propria  mano  del  Costa  ;  il  quale  *disegnò  ragio*- 
nevolmente,  comesi  può  vedere  nel  nostro  Iibr6 
in  una  carta  di  penna  in  caitapecoiti ,  dove  é  il 
giudizio  di  Salomone,  e  un  8.  Girolamo  di  chia- 
roscuro, che  sono  molto  ben  fatti . 

Furono  discepoli  di  Lorenzo  Ercole  da  Ferra- 
ra suo  compatriotta;del'quale  si  scrìverà  di  sotto 


ttTA  BI  ìMBXtO  coìta  iSg 

li  Tita,  eLodoTlco  Malino  tlinilmeiite  feirarett, 
del  filale  sono  molte  opere  nella  sua  patria  ed  in 
ftltn  luoghi ,  ma  la  migliore  che  ri  facetae  fa 
ima  tayola>  la  ^ale  è  nella  chiesa  di  S.  France» 
•co  di  Bologna  4n  una  cappella  ticina  alia  porta 

Jrìncipale,  nella  quale  e  quando  Gesù  Cristo  di 
odici  anni  disputa  co'  dottori  nel  tempio .  Im- 
parò anco  i  primi  principj  dai  Costa  il  Dosso 
Tccchio  da  Ferrara ,  dell'  opere  del  quale  si  fari 
menaioneal  luogo  suo.  E  questo  é  quanto  sii 
potuto  ritrarre  deUa  rita  ad  opere  di  Lorenio  Con 
tta  fi^nrartsc  • 


y 


VITA 
DI       £RCOL£ 


OtbhoM  «loU»  ìiummibì  obeLoreaso  Costo  mo- 
?ii8«»  Ercole  F«mrV8é  emo  discepolo  era  iti  bo- 
lii«s|]Bocre4ito>  e  ha  elùaniato  in  molti  luoghi  a 
ItTOrate»  noB  fMrò  (  il  die  di  rado  suole  avTeni» 
ve  )  T^e  abbaMònar  mai  il  suo  maestro,  e  piut- 
toUoi  si  copieiitò  dft  star  ooq  esso  lui  con  medio- 
ere  guadagno  e  lede^  ohe  da  per  se  con  utile  o 
eredito  maggiore  %  La  quale  gratitudine  (guanto 
IMQO  oggi  negli  uomini  si  ritroTa^  tanto  prà  me^ 
ftìHk  d'esser  perciò  Ercole  lodato;  il  quale  eono^ 
seotidoM  obbligalo  a  Loreneo ,  pospose  ogni  suo 
oooiod0  ak  ▼otere  di  lui ,  e  gli  fis  come  fratello  e 
figliuolo  inldiio  air  estrenio  della  yita  .  Costui 
dwime  avendo  miglior  disegno  cbe  il  Costa , 
di|>inse  sotto  la  tsnrola  da  lui  fatta  in  S.  Petronio 
nella  cappeUcì  di  S.  Vinocnaio  alcune  storie  di 
figure  pioeole  a  tempera  tanto  bene  e  con  si  bella 
»  Mona  nianiera>obcaoiié  quasi  possibile  reder 
magtloy  uè  ìnaginarsi  k  fatica  e  diligensa  cbe 
Ercole  ▼!  vose;  laddove  è  molto  miglior  opera  la 

Ksdrila  CM  la  tavola,  le  quali  amendue  furono 
te  in  un  medesimo  tempo  vìvente  il  Costa  . 
Dopo  la  morte  del  quale  fu  messo  Ercole  da  Do- 
menico Grarganelli  a  finire  la  cappella  in  S.  Pe- 
tronio, cbe  ,  come  si  disse  di  sopra,  aveva  Lo- 
Yenao  cominciato  e  fisttone  piociola  parte.Ercole 
dunque  al  qunle  davt  peroià  il  detto  Domenico 


563  pàute  SECONDA 

quattro  ducati  il  mese,  e  le  spese  a  lai  ed  a  im 
garzone  e  tutti  i  colorì  che  neU'  opera  areTano 
a  porsi ,  messosi  a  laTorar  finì  quell'  opera  per 
si  fatta  maniera,  che  pasaÀ  il  maestro  suo  di  gran 
luDga  ,  cosi  nel  disegno  e  colorito  ^  come  nella 
iuTenùone.  Nella  pnina  parte  orvero  feccia  è  la 
Crocifissione  di  Cristo  fatta  con  molto  giudizio  ^ 
perciocché  oltre   il  Cristo  ,  che  tì  si  Tede  tàk 
jnorto ,  TÌ  è  benissimo  espresso  il  tumulto  de' 
Giudei  Tenuti  a  vedere  il  Messia  in  croce ,  e  tra 
essi  è  una  diversità  di  teste  naraTigliosa;  nel  che 
si  vede  che  Ercole  con  «raaidissimo  stadio  cercò 
Jii  farle  tanto  differenti  runa  dall'altra,  che  n^ii 
.si  somigiiassino  in  cpsa  alcuna.  Sonovi  anche  al- 
cune figure  che  scoppiando  di  dolore  nel  pianto, 
assai  chiaramente  dimostrano  quanto  egli  ceiw 
casse  d' imitare  il  vero  •  £vvi  lo  svenimento 
delia  Madonna  eh*  i  pietosissimo ,  ma  molto  pi4 
sono  le  Marie  versa  di  lei  ;  perchè  siTegglono 
tutte  compassionevoli  e  nell'aspetto  tanto  piene 
(di  dolore  ,  quanto  appena  è  possibile  imeginaif- 
si,  nel  vedersi  morte  innanzi  le  piùeareooee^he 
altri  abbia  e  stare  in  perdita  delle  seconde .  Tra 
r  altre  cose  notabili  anooi*a  ^e  vi  sono ,  vi  éan 
Longino  a  cavallo  sopra  uo^  bestia  iecoa  in  iscor- 
to  che  ha  rilievo  grandissimo ,  e  in  lui  si  conosoe 
la  impietà  neli'  avere  aperto  il  costato  di  Cristo, 
e  la  penitenza  e  conversione  nel  trovarsi  rallami- 
nato.  Similmente  in  strana  aUitodine  figinrò  al- 
cuni soldati  che  si  giuocano  la  veste  di  Crìsto  con 
modi  bizzarri  di  volti  ed  abbigliamenti  di  veiftiti* 
àSono  anco  ben  fatti  e  con  belle  invenzioni  i  Isr- 
droui  che  sono  in  croce  ;  è  perche  si  diplettòEi^ 
cole  assai  di  fare  scorti,!  quali  quando  sono  beiito 
intesi  sono  bellissimi ,  egli  lece  in  quell'  opera 


rvtk  m  ncoLE  tcuarese     idi 

m  boMbIo  a  camallo  che^lerate  ie  gambe  dinanai 
in  alto  9  Yiene  in  fuori  di  maniera  che  pare  di 
riliero  :  e  perchè  il  yento  fa  piegare  una  oandie^ 
ra  cbe  egli  tiene  in  mano ,  per  sostenerla  fa  una 
forca  bellissima  .  Fecevi  anco  un  S.  GioTanni 
cbe  rinvolto  in  un  lenzuolo  si  fugge  •  I  soldati 
parimente  cbe  sono  in  quest'  opera  sono  benis» 
«imo  àitti ,  e  con  le  più  naturali  e  proprie  mo- 
Tenae  cbe  akre  figure  che  insino  allora  fusaono 
state  Tedute  ;  le  quali  tutte  attitudini  e  forse  , 
che  quasi  non  si  possono  far  meglio ,  mostrano 
cbe  Ercole  aye^a  grandissima  intelligenaa  e  ai 
affaticava  nelle  cose  dell'  arte  . 

Fece  il  medesimo  nella  facciata  cbe  è  dirim- 
petto a  questa  il  transito  di  nostra  Donna  ^  la 
E  ale  è  dagli  apostoli  circondata  con  attitudini 
llissime  ,  e  fra  essi  sono  sei  persone  ritratte  di 
naturale  tanto  bene^  cbe  quelli  cbe  le  conobbero 
affermano  cbe  elle  sono  TiTissìme.  Bitraase  anco 
nella  medesima  opera  se  medesimo  e  Domenico 
Garganelli  padrone  della  cappella  ^  il  quale  per 
ramare  cbe  portò  aErcole  e  per  le  lodi  cbe  sentì 
dare  a  quell'  onera  ,  finita  cbe  ella  fu^  gli  donò 
mille  lire  di  boiognini .  Dicono  cbe  Ercole  mise 
nel  laToro  di  questa  opera  dodici  anni ,  sette  in 
condurla  a' fresco  e  cinque  in  ritoccarla  a  secco . 
Ben  é  vero  cbe  in  quel  mentre  fece  alcune  altra 
cose  )  e  particolarmente  y  che  si  sa  ,  la  predella 
deir  aitar  maggiore  di  S.  Giovanni  in  Monte  , 
nella  quale  fece  tre  storie  della  pQssion  di  Cri- 
vto .  E  perchè  Ercole  fu  di  natura  fantastico  ,  e 
massimamente  quando  laTorava^  avendo  per  co- 
stume che  ne  pittori  uè  altri  lo  vedessero ,  fu 
molto  odiato  in  Bologna  dai  pittori  di  quella  cit^ 
M^i  quali  per  invidia  hanno  aempre  portata  odif» 


Sa(  pkKTT  swconnàt 

ai  foreslieri  che  vi  tono  stati  condotti  a  lattorava^ 
ed  il  medesimo  fanno  anco  aloona  Toita  fra  lor» 
stessi  nelle  concorrenze  ;  benché  qmesto  è  ^asi 
particolar  tìsìo  de*  professori  di  qneste  nostra 
arti  in  tatti  i  laoghi .  S'accordarono  dunque  una 
ToUa  alenai  pittori  bolognesi  con  mn  legnaiuolo» 
«  per  messo  suo  si  rinchiusero  in  chiesa  vicina 
alla  cappella  che  Ercole  laroraya  ;  e  la  notte  sor 
gnente  entrati  in  quella  per  forca ,  non  pure  non 
si  contentarono  di  veder  l' opera  ,  il  che  dorema 
bastar  loro  ,  ma  gli  rubarono  tutti  i  cartoni  »  gli 
.schisai  j  i  disegni ,  ed  ogni  altra  cosa  che  Ti  em 
di  buono  .  Per  la  qual  cosa  si  sdegnò  di  maniem 
Ercole  ,  che  finita  V  opera  si  partì  di  Bologna 
sensa  punto  dimorarri ,  e  seoo  ne  menò  il  Dnca 
Tagliapietra  scultore  molto  nominato  y  il  qnaln 
in  dotta  opera  che  Ercole  dipinse  intagliò  di  mar- 
mo que'bellissimi  fogliami  che  sono  nel  parapetto 
dinanci  a  essa  cappella  ,  ed  il  quale  fece  poi  in 
Ferrara  tutte  le  bnestredi  pietra  delpalaaso  del 
duca  che  sono  bellissime .  Ercole  dunque  infe«- 
stidito  finalmente  dallo  star  fuori  di  casa  ,  se  no 
stette  poi  sempre  in  Ferrara  in  compagnia  di  co* 
lui  e  fece  in  quella  citti  molte  opere .  Piacerà  « 
Ercole  il  vino  straordinariamente,  perchè  sposa» 
inebriandosi  fa  cagione  di  aooortarsi  la  vita  y  la 
quale  arando  condotta  senaa  alcun  male  inaino 
agli  anni  quaranta  j  gli  cadde  un  giorno  la  goo- 
ci(»la  di  maniera ,  che  in  poco  tempo  gli  tolse  la 
TÌta  .  Lasciò  Guido  Bolognese  pittore  suo  crena- 
to ,  il  quale  Tanno  149^9  come  si  Tede  dorè  poa« 
il  nome  suo  sotto  il  portico  di  S.  Piero  a  Bolo»- 
gna  ,  fece  a  fresco  un  Crocifisso  con  le  Marie  f  i 
ladroni ,  caralli  ^ed  altre  figure  ragioneroU  •  E 
perchÀ  egli  disideraTa  sommamanta  di  TaniM 


YITA  DI  IBCOLB  FURARISB       365 

•timaio  in  qaella  cittàycome  era  italo  il  sao  mae* 
atro  y  studio  tanto  e  si  sottomise  a  tanti  disagi , 
che  si  mori  di  trentacinque  anni .  E  se  si  fusse 
messo  Guido  a  imparare  V  arte  da  fanciuUeasa , 
come  tì  si  mise  d' anni  diciotto ,  arebbe  non  pur 
pareggiato  il  suo  maestro  senza  fatica  ,  ma  pas- 
satolo ancora  di  gran  lunga  ;  e  nel  nostro  libro 
sono  disegni  di  mano  di  Ercole  e  di  Guido  molt« 
ben  iatti  e  tijratt  con  graaia  e  buona  maniera. 


VITA 
DI  IACOPO,  GIOVANNI 

£ 

GENTILE    BELLINI 

PITTORI   VINIZIAMI 


Xje  cose  che  sono  fondate  nella  virtù ,  ancorché 
il  principio  paia  molte  Tolte  basso  e  vile  ,  ranno 
sempre  m  alto  di  mano  in  mano,  ed  insino  a  che 
elle  non  son  arrivate  al  sonuno  della  gloria  ,  non 
8i  arrestano  né  posano  giammai;  siccome  chiara- 
mente  potette  vedersi  nel  debile  e  basso  princi- 
pio della  casa  de*Bellini,  e  nel  grado  in  che  ven- 
ne poi  mediante  la  pittura  •  Adunque  Iacopo 
Bellini  pittore  ^iniziano  essendo  stato  discepolo 
di  Gentile  da  Fabriano  nella  concorrenza  che 
egli  ebbe  con  quel  Domenico,  che  insegnò  il  co- 
lorire a  olio  ad  Andrea  dal  Castagno  ,  ancor  che 
molto  si  affaticasse  per  venire  eccellente  nell'ar- 
te, non  acquistò  pero  nome  in  quella,  se  non  do- 
po la  partita  di  Vinezia  di  esso  Domenico  .  Ma 
poi  ritrovandosi  in  quella  città  senza  aver  con- 
corrente che  lo  pareggiasse ,  accrescendo  sempre 
in  credito  e  &ma ,  si  fece  in  modo  eccellente,  che 
egli  era  nella  sua  professione  il  maggioi^  e  più 
reputato  .  Ed  acciocché  non  pure  si  conservasse, 
ma  si  facesse  maggiore  nella  casa  sua  e  ne'  suc- 
cessori il  nome  acquistatosi  nella  pittura  ,  ebbe 
due  figliuoli  inclinatissimi  all'  arte  e  di  bello  e 


368  FÀRTE     SECONDA 

buoDo  ingegno^runo  fu  Giovanni  e  l'altro Genti«- 
le^al  quale  pose  così  nome  per  la  dolce  memoria 
che  teneva  iliGentiie  da  Fabriano  stato  suo  nuie- 
stro  e  come  padre  amorevole .  Quandi  dunque 
furono  alquanto  cresciuti  i  detti  due  figtiu<ài , 
Iacopo  stesso  iriseguò  loro  con  ogni  diligensa  i 

Frincjpj  del  disegno  .  Ma  non  passò  molto,  che 
uno  e  l' altro  avanzò  il  padre  di  gran  lunsa  ;  il 
quale  di  ciò  rallegi*andosi  molto  j  sempre  gi'ina- 
niiuiva  j  mostrando  loro  che  disidcrava  che  egli- 
no, cornivi  Toscani  fìra  loro  medesimi  portavano 
il  vanto  di  far  forza  per  vincersi  l' un  V  altro  , 
secondo  che  venivano  ali*  arte  di  mano  in  mano^ 
cosi  Giovanni  vincesse  lui,  e  poi  Gentile  V  uno  # 
r  altro,  e  cosi  successi vainente .  Lie  prime  once 
che  diedero  fama  a  Iacopo  ,  furono  il  ritratto  ^ 
Giorgio  Cornaro  e  di  Caterina  i<eina  di  Cipro  ; 
una  tavola  che  egli  mandò  a  Verona  ,  dentrovi 
la  passione  di  Giusto  con  molte  figure,  fra  le  quali 
ritrasse  se  stesso  di  fiiutui*ale  ;  e  una  storia  detta 
croce ,  la  mtale  si  dice  essere  nella  scuola  di  San 
Giovanni  Evangelista  ;  le  quali  tutte  e  molte  aU 
tre  furono  dipinte  da  lac«ipo  con  V  aiuto  de'  fi* 
gliuoli  :  e  questa  ultima  storia  fu  fatta  iu  tela  , 
siccome  si  è  quasi  setnpi*e  in  quella  cittA  costu- 
mato di  fare  ,  usandoviiti  poco  dipign^re,  come 
si  fa  altrove,  in  tavole  di  legname  d'  albero  da 
molti  chiamato  oppio  e  da  alcuni  gatlice;  il  qua- 
le legname,  che  fa  per  lo  più  lungo  i  fiumi  o  aU 
ti'e  acque,  é  dolce  alfatto  e  mirabile  per  dipi- 

Snervi  sopra ,  perchè  tiene  molto  il  fermo  quan- 
o  si  commette  con  la  mnstrice  .  Ma  in  Venezia 
non  si  fanno  tavole,  e  facendosene  alcuna  volta, 
non  si  adopera  altro  legname  che  d'  abeto  ,  di 
che  à  quella  città  abboiidantisaima,per  ri^^petto 


TITA  DI  iJLOOBOfiìOi  E  GKMTILC  BELLINI  36$ 

del  fiume  Adige  che  ne  cooduce  grandissima 
quantità  di  terra  tede8ca;8eD£a  che  anco  ne  viene 
pure  assai  di  SchiaTonia.Si  costuma  dunque  assai 
in  V  inezia  dipignere  in  tela  ,  o  sia  perchè  non  si 
fende  e  non  intarla ,  o  perchè  si  possono  Care  U 
pitture  di  che  grandeisa  altri  vuole ,  o  pure  per 
la  comodità,  come  si  disse  altrove ,  di  mandarle 
comodamente  dove  altri  vuole  con  pochissima 
spesa  e  fatica  .  Ma  sia  di  ciò  la  cagione  qualsivo- 

S^lia^  Iacopo  e  Gentile  feciono^come  di  sopra  si  è 
letto,le  prime  loro  opere  in  tela  ;  e  poi  Gentile 
da  per  se  alla  detta  ultima  storia  della  croce  n  ag-* 
giunse  altri  sette  ovvero  otto  quadri ,  ne'  quali 
dipinse  il  miracolo  della  croce  di  Cristo  ch^ 
tiene  per  reliquia  la  detta  scuola  ;  il  quale  mira- 
colo fu  questo  :  Essendo  gettata  per  non  so  che 
caso  la  detta  croce  dal  ponte  della  Paglia  in  ca* 
nale  y  per  la  reverensa  che  molti  avevano  al  le- 
gno che  vi  è  della  croce  di  Gesù  Cristo  ,  si  get- 
tarono in  acqua  per  ripigliarla, ma  come  fu  vo- 
lontà di  Dio,  ninno  fu  degno  di  poterla  pigliare , 
eccetto  che  il  guardiano  di  quella  scuola  .  Gen- 
tile adunque  figurando  questa  storia ,  tirò  in  pro- 
spettiva in  sul  canale  grande  molte  caselli  ponte 
alla  Paglia  y  la  piazza  di  S.  Marco  j  ed  una  lunga 
processione  denomini  e  donne  che  sono  dietro  al 
clero.  Similmente  molti  gettati  in  acqua,  altri 
in  atto  di  gettarsi ,  molti  mexzo  sotto  ,  ed  altri 
in  altre  maniere  ed  attitudini  hellissime;  e  final- 
mente vi  fece  il  guardiano  detto  che  la  ripiglia  ; 
nella  quaP  opera  in  vero  fu  grandissima  la  fatica 
e  diligensa  di  Gentile  ,  considerandosi  T  infinità 
delle  figure ,  i  molti  ritratti  di  naturale ,  il  dimi- 
nuire delle  figure  che  sono  lontane,  ed  i  ritratti 
particolarmente  di  quasi  tutti  gli  uomini  che  ai- 


370  FAHTI    SECONDA 

lora  erano  di  miella  scuola  ottcto  compagDÌa;ej| 
in  ultimo  vi  ò  rattucon  molte  belle  considera  zio* 
ni  quando  si  ripone  la  detta  croce;  le  quali  tutte 
storie  dipinte  ne'  sopraddetti  qua^  di  tela  arre- 
carono a  Gentile  grandissimo  nome .  Ritiratosi 
poi  affatto  Iacopo  da  se  >  e  cosi  ciascuno  de'  fi-!> 

Sliuoli,  attendeva  ciascuno  di  loro  agli  studi 
eir  arte  .  Ma  dì  Iacopo  non  farò  altra  menzio- 
ne, perchè  non  essendo  state  Topere  sue,  rispetto 
a  quelle  de'  figliuoli ,  straordinarie ,  ed  essendo- 
si ,  non  molto  dopo  che  da  lui  si  ritirarono  i  fi- 
gliuoli ,  morto  ,  giudico  esser  molto  meglio  ra« 
gionare  a  lunso  di  Giovanni  e  Gentile  solamente, 
Non  tacerò  già  che  sebbene  si  ritirarono  questi 
fi'atelli  a  TÌrere  ciascuno  da  per  se ,  nondi- 
meno si  ebbero  in  tanta  reverenza  V  un  l'altro 
^d  ambidue  il  padre,che  sempre  ciascuno  di  loro 
celebrando  V  altro  si  faceva  inferiore  di  meriti, 
e  cosi  modestamente  cercavano  di  sopravanzare 
1'  un  r  altro  non  meno  4n  bontà  e  cortesia  che 
|ieir  eccellenza  dell*  arte .  Le  prime  opere  di 
Giovanni  furono  alcuni  ritratti  di  naturale  che 

Siacquero  molto ,  e  pailicolarmente  quello  del 
oge  Loredano  ,  sebbene  altri  dicono  esser  stato 
Giovanni  Mozzenigo,  fratello  di  quel  Piero  che 
fu  doge  molto  innanzi  a  esso  Loredano .  Fece 
dopo  Giovanni  una  tavola  nella  chiesa  di  S.Gio- 
vanni air  aitare  di  S.  Caterina  da  Siena ,  nella 
quale,  che  è  assai  grande,  dipinse  la  nostra  Don-r 
pia  a  sedere  col  putto  in  collo ,  S.  Domenico ,  S. 
leronimo  ,  S,  Caterina  ,  S.  Orsola  ,  e  due  altre 
vergini  ,  ed  a'  piedi  della  nostra  Donna  fece  tre 
putti  ritti  che  cantano  a  un  libro  bellissimi  .Di 
ffopra  fece  lo  sfondato  d'  una  volta  in  un  casa- 
m^f^to  che  è  vfkol\o  bello  ;  la  qual  opera  fu  detlcf 


VITA  DI  lÀCOPOjGIO:  E  CINTILE  BELLINI  371 

migliori  che  (vose  stata  fatta  ìnsino  allora  in  Ve- 
nesia.  Nella  chiesa  di  S.  lobhe  dipinse  il  me- 
desimo air  aitar  di  esso  santo  una  tavola  con 
molto  disegno  e  bellissimo  colorito;  nella  quale 
fece  in  mezzo  a  sedere  un  poco  alta  la  nostra 
Donna  col  putto  in  collo,  e  S.Iobbe  e  S.  Bastia- 
no nudi,  ea  appresso  S.Domenico,  S.  Francesco, 
S.  Giovanni , e  S.  Agostino,  e  da  basso  tre  putti 
che  suonano  con  molta  grazia  ;  e  questa  pittura 
fu  non  solo  lodata  allora  che  fd  vista  di  nuovo  , 
ma  è  stata  similmente  sempre  dopo  ,  come  cosa 
bellissima  .  Da  queste  lodatissime  opere  mossi 
alcuni  gentiluomini  ,  cominciarono  a  ragionare 
che  sarebbe  ben  fatto  ,  con  V  occasione  di  cosi 
rari  maestri ,  fare  un  ornamento  di  storie  hell^ 
sala  del  gran  consiglio  ,  nelle  auali  si  dipignc«^ 
«ero  le  onorate  magni6cenze  della  loro  maravi*- 

f;liosa  città,  le  grandezze,  le  cose  fatte  in  guerra, 
'imprese  ed  altre  cose  somiglianti  degne  di  esse** 
re  rappresentate  in  pittura  alia  memoria  di  co-^ 
loro  che  venissero,  acciocché  ali*  utile  e  piacere 
che  si  trae  dalle  storie  che  si  leggono  ,  si  aggiu- 
gnesse  trattenimento  all'occhio  ed  all'intelletto 

f parimente  ,  nel  vedere  da  dottissima  mano  fatte 
'  imagini  di  tanti  illustri  signori,  e  1*  opere 
egregie  di  tanti  gentiluomini  dignissiml  d'eterna 
fama  e  memoria  .  A  Giovanni  dunque  e  Gentile, 
che  ogni  giorno  andavano  acquistando  maggior- 
mente, fu  ordinato  da  chi  reggeva  che  si  allogas- 
ae  quest'  opera  ,  e  commesso  che  quanto  prima 
se  le  desse  principio  .  Ma  è  da  sapere  che  Anto- 
nio y iniziano,  come  si  disse  nella  vita  sua, molto 
innanzi  aveva  dato  principio  a  dipignere  la  me- 
desima sala  ,  e  vi  aveva  fatto  una  grande  storia  , 
quando  dall*  invidia  d'alcuni  maligni  fuforzat# 


37^  PARTY    SECÓNDA 

•  partirsi  ,  e  non  seguitare  altramente  quelU 
ODoratissima  impresa  .  Ora  Gentile,  o  per  ayere 
miglior  modo  e  più  pratica  nel  dipignere  in  tela 
cbe  a  fresco ,  o  qualunque  altra  8i  fusse  la  ca« 
gione  y  adoperò  di  miiniei*a  ^che  con  facilità  ot^ 
tenne  di  fare  queii'  opera  non  in  fresco  ma  in 
tela  ,  E  così  messoTÌ  mano,  nella  prima  fece  il 
papa  ohe  presenta  al  doge  un  cero  ,  perché  io 
portasse  nella  solennità  di  processioni  che  s'aye* 
▼ano  a  fare  ,  Nella  quale  opera  ritrasse  Gentile 
lutto  il  di  fuori  di  S«  Marco,  ed  il  detto  papa  fece 
ritto  in  pontificale  con  molti  prelati  dietro  ,  e 
aimilmente  il  doge  diritto  accompagnato  da  molti 
senatori  .In  uq*  altra  parte  fece  prima  quando 
y  imperatore  Barbarossa  riceve  benignamente  i 
legati  vini^iani  ,  e  dipoi  quando  tutto  sdegnato 
•i  prepara  alla  guerra,doTe  sono  bellissime  pros- 
Detti ?e  ed  infiniti  ritratti  di  naturale,condotticoa 
Ionissima  grafia  ed  in  gran  numero  di  figure  • 
Jfeir  altra  che  seguita  dipinse  il  papa  che  con* 
forta  il  doge  ed  i  signori  veneviani  ad  armare  a 
comune  spesa  trenta  galee  per  andare  a  combat-, 
lere  con  Federigo  Barbarossa  ,  Stassi  questo  pa«r 

Ja  in  una  sedia  pontificale  in  roccetto ,  ed  ha  «l 
oge  accanto  e  molti  senatori  abbasso;ed  anco  in 
onesta  parte  ritrasse  Gentile  ma  in  altra  maniera 
la  pia^M  e  (a  facciata)  di  S.Marco,ed  il  mare  con 
tanta  moltitudine  d*  uomini ,  che  è  proprio  una 
maravis^lia .  Si  vede  poi  in  un'  altra  parte  il  me^ 
Aesimo  papa  ritto  e  in  pontificale  dare  la  bene* 
dizione  al  doge  ,  che  armato  e  con  molti  soldati 
dietro  pare  che  vada  all'  impresa  ,  Dietro  a  esso 
doge  si  vede  in  langa  processione  infiniti  genti- 
li^omini ,  e  nella  medesima  parte  tirato  in  prò. 
«p^tUra  U  iKila»«o  e  S,  Marco  ;  e  quella  i  dcUe 


tftaone  opere  che  si  reggiano  di  matio  di  Gentile^ 
sebbene  pare  che  in  queir  altra,  dove  si  rappre« 
tenta  una  battaglia  navale,  KÌa  più  ìnTenEione  » 

Cr  esservi  on  naniero  infinito  di  galee  che  com-* 
ttono  ed  ana  ouantiti  d*uomini  incredibile;ed 
insomma  per  ▼eael*vi6i  che  mostrò  di  non  inten- 
dere meno  le  guerre  marittime  che  le  cose  della 
pittura. E  certo  l'aver  fatto  Gentile  in  questa  o-» 
pera  numero  di  galee  nelhi  battaglia  intrigate  ^ 
soldati  che  combattono  ,  barche  in  prospettiva 
diminuite  con  ragione,  bella  ordina nca  nel  com* 
battere  ,  il  furore  ,  la  forsa ,  la  difesa  ,  il  ferirà 
de*  soldati,  diverse  maniere  di  morire,  il  fendere 
deir  acqua  che  fanno  le  galee  ,  la  confusiont 
dell'  onde ,  e  tutte  le  sorti  d'  armamenti  marit» 
limi  ;  e  cerio,  dico ,  non  mostra  l'aver  fatto  tan- 
ta diversitA  di  cose  ,  se  non  il  grande  animo  di 
Gentile  >  l'artifisio  f  rinvenzione,  ed  il  giudisio^ 
essendo  ciascuna  cosa  da  perse  benissimo  fatta  ^ 
e  parimente  tutto  il  composto  insieme .  In  un'ai* 
tra  storia  fece  il  papa  che  riceve  accaressando* 
lo  il  doge  che  toma  con  la  desiderata  vittoria  ^ 
donandogli  nn  anello  d'  oro  per  isposare  il  ma« 
re,siccome  hanno  fatto  e  fanno  ancora  ogni  anno 
i  successori  suoi  in  segno  del  tero  e  perpetuo 
dominio  che  di  esso  hanno  meritamente  •  £*  in 
questa  parte  Ottone  figlhioio  di  Federico  Barba*» 
tXMwa  ritratto  di  naturale  in  ginocchioni  innansl 
al  papa ,  e  come  dietro  al  doge  sono  molti  soldati 
armati  ,  cosi  dietro  al  papa  sono  molti  cardinali 
e  gentiluomini.  Appariscono  in  questa  storia  8o« 
lainente  le  poppe  delle  galee  ,  e  sopra  la  capita-* 
na  é  una  Vittoria  finta  d'oro  a  sedere  con  una 
eorona  in  testa  ed  uno  scettro  in  mano  • 
Dall'altre  parti  della  sala  furono  allogate  le 


S74  FARTC     SBCOR0Ì 

storie  che  yì  andavano  a  GioTatini  fratèllo  dt 
Gentile;  ma  perché  l*ordin^  delie  cose  che  vi 
fece  y  dependono  da  quelle  fatte  in  gran  parte 
ma  non  finite  dal  Viyarino^  è  bisogno  che  di 
costui  alquanto  si  ragioni.  La  parte  dunque  della 
sala  che  tion  fece  Gentile  ^  fu  data  a  fare  parte 
a  Giovanni  e  parte  al  detto  Vivarino,  acciocché 
la  concorrenza  fusse  cagione  a  tutti  di  meglio 
operare .  Onde  il  Vivarino  messo  mano  alla  parte 
che  gli  toccava ,  fece  accanto  all'  ultima  storia 
di  Gentile  Ottone  sopraddetto  che  si  offerisce  al 
papa  ed  a*  Vini£iani  d' andare  a  procurare  la 
pace  fra  loro  e  Federigo  suo  padre  y  e  che  otte- 
liutola  si  parte,  licenziato  in  sulla' fede.  In  qne* 
«ta  prima  parte,  oltre  all'altre  cose  che  tutte 
sono  degne  di  considerazione,  dipinse  il  Vivari« 
no  con  bella  prospettiva  un  tempio  aperto  con 
scalee  e  molti  personaggi  ;  «e  dinanzi  al  papa  , 
che  è  in  sedia  circondato  da  molti  senatori ,  e  il 
detto  Ottone  in  ginocchioni  che  giurando  obbliga 
la  sua  fede .  Accanto  a  questa  fece  Ottone  arri« 
vato  dinanzi  al  padre  che  lo  riceve  lietamente, 
ed  una  prospettiva  di  casamenti  bellissima,  Bar* 
|>aros8a  in  sedia  e  il  figliuolo  ginocchioni  che 
fili  tocca  la  mano  accompagnato  da  molti  genti- 
luomini viniziani  ritratti  di  naturale  tanto  be- 
ne ,  che  si  vede  che  egli  imitava  molto  bene  la 
natura*  Averebbe  il  povero  Vivarino  con  suo  mol- 
to onore  seguitato  il  rimanente  della  sua  parte; 
ma  essendosi ,  come  piacque  a  DiO)  per  la  fatica 
e  per  essere  di  mala  complessione,  morto,  non  an* 
do  più  oltre;  anzi  perchè  né  nnco  questo  che  ave- 
vH  fatto  aveva  la  sua  perfezione ,  bisognò  che 
Giovanni  Bellini  in  alcuni  luoghi  lo  ritoccasse. 
.   Aveva  in  tanto  egli  ancora  .dato  principio  a 


Vita  di  lAG0K>|G10iS  gentile  BELUHl  ìjì 

^attró  istorie  y  che  ordiiiatamente  seguitano  le 
iopraddette .  Nella  prima  fece  il  detto  papa  in  S* 
Marco,  ritraendo  la  detta  chiesa  come  stava  ap-* 
punto  y  il  quale  porge  a  Federigo  Barbarossa  a 
iMciare  il  piede  ^  ma  quale  si  fusse  la  cagione  | 
questa  prima  storia  di  Giovanni  fu  ridotta  molto 
più  vivace  e  sensa  comparatone  migliore  dall'ec* 
cellentissimo  Tiziano.  Ma  seguitando  Giovanni 
le  sue  storie,  fece  nell'altra  il  papa  che  dice  mes* 
sa  in  S.  Marco  ^  e  che  poi  in  mezzo  del  detto  im- 
peratore e  del  doge  concede  plenaria  e  perpetua 
indulgenza  a  chi  visita  in  certi  tempi  la  det<* 
ta  chiesa  di  S.  Marco  y  e  particolarmente  per 
r  Ascensione  del  Signore.  Vi  ritrasse  il  di  dentro 
di  detta  chiesa  ed  il  detto  jpapa^o  sulle  scalee  che 
escono  di  coro  in  pontincale  e  circondato  da 
molti  cardinali  e  gentiluomini ,  i  quali  tutti  fan^* 
no  questa  una    copiosa  ^  ricca ^  e  hella  storia* 
Neir  altra  che  è  di  sotto  a  questa  si  vede  il  papa 
in  roccetto,  che  al  doge  dona  un'ombrella,  dopa 
averne   data  un*  altra  all'  imperatore  ,  e  serba- 
tone due  per  se.  Neirultima  che  vi  dipinse  Gio* 
vanni  si  vede  papa  Alessandro  ^  l'imperatore,  ed 
il  doge  giugnere  a  Roma ,  dove  fuot  delia  jporta 
gli  è  presentato  dal  clero  e  dal  popolo  romane 
otto  stendardi  di  vari  colori  e  otto  trombe  d' ar^ 
gentOy  le  quali  egli  dona  al  dòge,  acciò  l' abbia 
per  insegna  egli  ed  t  successori  suoi.  Qui  rìtras* 
ae  Giovanni  Roma  in  prospettivi^  alquanto  lonta* 
na,  cran  numero  di  cavalli,  infiniti  pedoni,  molta 
bandiere,  ed  altri  seeni  d'allegrezza  sopra  Castel 
S.  Agnolo .  E  perchè  piacquero  infinitamente 

2ueste  opere  di  Giovanni ,  che  sono  veramente 
ellissime ,  si  dava  appunto  ordine  di  fargli  fare 
«tutto  il  restante  di  quella  sala ,  quando  si  mori  | 


X 


Ìj6  PARTB     fCe-ONBA 

essendo  già  Tecchio .  Ma  perché  insin  qui  non  ik 
i  d'altro  che  della  sala  ragionato  per  non  inter* 
rompere  le  storie  di  quella,  ora  tornando  alquan^ 
io  addietro  y  diciamo  che  di  mano  del  medesimo 
6i  yeggiono  molte  opere  j  ciò  sono  una  taTola  che 
é  oggi  in  Pesaro  in  S.  Domenico  ali*  aitar  rnae* 
gfore;  nella  chiesa  di  S.  Zaccheria  di  Yinezia  alla 
cappella  di  S.  Girolamo  è  in  una  tavola  una  no>» 
itra  Donna  con  molti  santi  condotta  con  gran 
diligenza,  ed  un  casamento  fatto  con  molto  giudi* 
ciò  ;  e  nella  medesima  città  nella  sacrestia  de'fra- 
ti  Minori,  detta  la  Ca  grande,  n'e  un'altra  di 
mano  del  medesimo  fatta  con  bel  disegno  e  buona 
ipaaniera  ;  una  similmente  n'è  in  S.  Michele  di 
Murano,  monasterìo  de'monaci  GamaldoleBsi;ed 
in  S.  Francesco  della  Vigna ,  dorè  stanno  frati 
del  Zoccolo ,  nella  chiesa  vecchia  era  in  un  qua* 
dro  un  Cristo  morto  tanto  bello,  che  que'signort, 
essendo  quello  molto  celebrato  a  Lodovico  XI 
re  di  Francia,  furonoquasi  forzati,  domandandole 
egli  con  istanza  ,  sebbene  mal  volentieri  a  com- 
piacemelo  ;  in  luogo  del  quale  ne  fu  messo  un 
altro  col  nome  del  medesimo  Giovanni ,  ma  non 
éosl  bello  né  così  ben  condotto  come  il  primo  f 
ie  credono  alcuni  che  questo  ultimo  per  lo  più 
fusse  lavorato  da  Girolamo  Mocetto  creato  di 
Giovanni^  Nella  confraternita  parimente  di  S.Gi* 
rolamo  é  un-^opera  del  medesimo  Bellino  di  figu« 
re  piccole  molto  lodate  ;  ed  in  casa  M.  Giorgio 
Cornaro  è  un  quadro  similmente  bellissimo,  den- 
trovi  Cristo ,  Gleofes ,  e  Luca .  Nella  sopraddet- 
ta sala  dipinse  ancora,  ma  non  già  in  quel  tem« 
•  pò  medesimo ,  una  storia  quando  i  Viniziani  ca» 
vano  del  monasterìo  della  Carità  non  so  che  papa, 
il  quale  fuggitosi  io  Viaegia,  aveva  aaseosamente 


YITA  W  ìAtOPÙ,ClOi  E  GENTILC  BELLINI  3yj 

fierTÌto  per  cuoco  molto  tempo  ai  monaci  di  que  1 
monasterio;  Della  quale  storia  sono  molte  figure^ 
ritratti  di  naturale  ^  ed  altre  figure  bellissime  . 
Non  molto  dopo  essendo  in  Turchia  poitati  da 
un  ambasciatore  alcuni  ritratti  al  Gran  turco , 
recarono  tanto  stupore  e  maravigHa  a  quello  ìm-* 
peratore ,  che  sebbene  sono  fra  loro  per  la  legge 
maumettana  proibite  le  pitture,  l'accettò  non- 
dimeno di  bonissima  Togiia  y  lodando  sen^ a  fine 
il  magisterio  e  Tartefice:  e  che  è  pie,  chiese  che 
gli  fusse  il  maestro  di  quelli  mandato.  Onde  con- 
siderando  il  senato  che  per  essere  GioTanni  iti 
età  ,  che  male  poterà  sopportare  disagi ,  senza 
che  non  Tolerano  prirare  di  tant'uomo  la  loro 
città ,  arcndo  egli  massimamente  allora  le  mani 
nella  aia  detta  sala  del  gran  consiglio,  si  risolve- 
rono di  mandarvi  Gentile  suo  fratello,  consi- 
derato che  farebbe  il  medesimo  che  Giovanni. 
Fatto  dunque  mettere  a  ordine  Gentile,  sopra 
le  loro  galee  lo  condussono  a  salvamento  in 
Costantinopoli  :  dove  essendo  presentato  dal  ba- 
lio della  signorìa  a  Maumetto ,  fu  veduto  vo* 
Jentierì  e  come  cosa  nuova  molto  accarezzato,  e 
massimamente  avendo  egli  presentato  a  quel 
principe  una  vaghissima  pittura  che  fu  da  lui 
ammirata,  il  quale  quasi  non  poteva  credere 
che  un  uomo  mortale  avesse  in  se  tanta  quasi 
divinità  che  potesse  esprìmere  s)  vivamente  1« 
cose  della  natura .  Non  vi  dimorò  molto  Gentile^ 
che  rìtrasse  esso  tmperator  Maumetto  di  natura* 
le  tanto  bene,  che  era  tenuto  un  miracolo  :  il 
quale  imperatore  dopo  aver  vedute  molte  spe- 
nenze  di  quell'  arte ,  dimandò  Gentile  se  gli  da- 
ira  il  cuor  di  dipignere  se  medesimo ,  ed  avendo 
Gentile  risposto  che  d ,  bod  passò  molti  giorni 


iyS  t>  A  R  T  S     8  E  e  O  N  D  A 

che  si  ritrasflie  a  una  spera  tanto  proprio  >  elié, 
pareva  vivo;  e  portatolo  al  signore^  fu  tanta  U 
maraviglia  che  di  ciò  si  fece^  che  non  poteva  sa 
tion  iinaginarsi  che   egli  avesse  qualche  divi-* 
no  spirito  addosso  ;  e  se  non  fusse  stato  che,  co* 
me  si  è  detto  y  è  per  legge  vietato  fira'  Turchi 
quell'esercizio,  non  aTerebhe  quello  imperator 
mai  licenziato  Gentile .  Ma  o  per  dubbio  che  non 
•i  mormorasse  o  per  altro,  fattolo  venir  un  giorno 
a  se,  lo  fece  grimieramente  ringraziar  delle  cor* 
tesie  usate ,  ed  appresso  lo  lodò  maravigliosa-* 
i^ente  per  uomo  eccellentissimo;  poi  dettogli  che 
domandasse  che  grazia  Tolesse ,  che  gli  sarebbe 
senza  fallo  conceduta ,  Gentile  f  come  modesto  e 
da  bene ,  niente  altro  chiese ,  salvo  che  una  let- 
tera di  favore ,  per  la  qOale  lo  raccomandasse  al 
serenissimo  senato  ed  illustrissima  signoria  di 
Vmezia  sua  patria  ;  il  che  fu  fatto  quanto  più 
caldamente  si  potesse ,  e  poi  con  onorati  doni  e 
dignità  di  cavaliere  fu  licenziato.  £  fra  l'altre 
cose  che  io  quella  partita  gli  diede  quel  signore 
olti'e  a  molti  privilegi ,  gli  fu  posta  al  collo  una 
catena  lovorata  alla  turchesca  di  peso  di  scudi 
dugento  cinquanta  d' oro,  la  qual  ancora  si  trova 
appresso    agli  eredi    suoi  io  Vinezia  .  Partito 
Gentile  df  Costantinopoli,  con  felicissimo  yiag- 
fiio  tornò  a  Vinezia,  dove  fu  da  Giovanni  suo 
fratello  e  quasi  da  tutta  quella  città  con  letizia 
ricevuto ,  rallegrandosi  ognuno  degli  onori  che 
alla  sua  virtù  avere  fatto  Maumetto .  Andando 
poi  a  fare  reverenza  al  doge  ed  alla  signoria,  fu 
veduto  molto  volentieri  e  commendato,  per  aver 
egli  secondo  il  disiderio  loro  molto  sodisfatto 
a  queir  imperatore  :  e  perchè  redesse  quante 
conto  tenevano  delle  lettere  di  quel  pincipe  che 


VltÀ  1>I  IAGOM9  ÒIOì  t  GENTILE  KELLmt  i^f^ 

Y  ovetti  raccomandato ,  gli  ordinarono  una  prof'* 
tisione  di  dugento scudi  l'anno,  che  gli  fu  p&* 
igatii  tutto  il  tempo  di  sua  vita.  Fece  Gentile  dopo 
il  suo  ritorno  poche  opere.  Finalmente  essendo 
già  vicino  all'età  di  ottanta  anni^  dopo  aver  fatte 
queste  e  molte  altre  opere ,  passò  all'  altra  vita^ 
e  da  Giovanni  suo  (rateilo  gli  iìidato  otiorato  se* 
polcro  in  S.  Giovanni  e  Paolo  l'anno  i5oi.  Ri- 
maso  Giovanni  vedovo  di  Gentile,  il  òuale  aveva 
sempre  amtfto  tenerissimamente,  ando^  ancorché 
fusse  vecchio,  lavorando  qualche  cosa,  e  passane 
dosi  tempo  :  e  perché  si  era  dato  a  far  ritratti  di 
naturale ,  introdusse  usanza  in  ^quella  città,  che 
chi  era  in  qualche  grado  si  faceva  o  da  lui  o  da 
altri  ritrarre  ;  onde  in  tutte  le  case  di  Y inezia 
sono  molti  ritratti ,  e  in  molte  de'  gentiluomini 
si  veggiono  gli  avi  e  padri  loro  insitio  in  quar- 
ta generazione,  ed  in  alcune  più  nohili  molto 
più  oltre:  tisanza  certo  che  è  stata  sempre  lo- 
devolissima ,  eziandio  appresso  gli  antichi .  £■  chi 
non  sente  infinito  piacere  e  contento,  oltre  Tor- 
re voloz  za  ed  ornamento  che  fanno  >  in  vedere 
Timagini  de'  suoi  maggiori  ,  e  massimamente 
se  per  i  governi  delle  repubbliche ,  per  opere 
egregie  fatte  in  guerra  ed  in  pace,  se  per  lettere 
o  per  altra  notabile  e  segnalata  virtù  sono  stati 
chiari  ed  illustri  ?  £d  a  che  altro  fine ,  come  ai 
è  detto  in  altro  luogo ,  ponevano  gli  antichi  le 
ìmagini  degli  uomini  grandi  ne'luoghi  pubblici 
con  onorate  inscrizioni,  che  per  accendere  gli  ani- 
mi di  coloro  che  venivano  alla  virtù,  ed  alla  glo- 
ria ?  Giovanni  dunque  ritrasse  a  M.  Pietro  Bem- 
bo, prima  che  andasse  a.  star  con  Papa.  Leone 
X,  una  sua  innamorata  cosi  vivamente  ^  che 
madté  esser  da  lui  ^  siccome  fu  Simon  Sanafr 


38o  FAKTfi    St^COBTDA 

dal  primo  Petrarca  6orentino  ,  da  ^esto  MCOft« 
do  ¥  inizia  no  celebrato  nelle  sue  rime ,  come  ìb 
quel  sonetto  : 

O  imagine  mia  celeste  epura , 

dove  nel  principio  del  secondo  quadernario  dice» 

Credo  che  7  mio  Beilin  con  largura 

e  quello  che  seguita  .  £  che  maggior  premio 
possono  gli  arte  Gei  nostri  disiderare  delle  lor 
fatiche  ,  che  essere  dalle  p^nne  de*  poeti  illustri 
celebrati  ?  siccome  é  anco^stato  i'  eccellentissimo 
Tiziano  dal  dottissimo  M.  Gio? anni  della  Casa  in 
quel  sonetto  che  comincia  : 

Ben  veggo  io ,  Tiziano ,  in/orme  nuove  ; 

ed  in  queir  altro  : 

«S'ozi  queste  Amor  le  vaghe  treccie  bionde  . 

Non  fu  il  medesimo  Bellino  dal  fiiroosissimoArio^ 
sto  nel  principio  del  XXXlli  canto  d'  Orlando 
Furioso  ira  i  migliori  pittori  della  sua  età  anno* 
Yerato  ?  Ma  per  tornare  all'  opere  di  Giovanni  ^ 
cioè  alle  principali ,  perché  troppo  san*!  lungo 
s' io  volessi  far  menzione  de'quadri  e  de'  ritratti 
che  sono  per  le  case  de'  gentiluomini  di  Vinezia 
ed  in  altri  luoghi  di  quello  stato  ,  dico  che  feca 
in  Arimino  al  Sig.  Sigismondo  Malatesti  in  un 
quadro  grande  una  Pietà  con  due  puttini  ehe  la 
reggono  f  la  quale  è  oggi  in   8.  Francesco  di 

Suella  città .  Fece  anco  fru  gli  altri  il  ritratto  di 
^rtolommeo  da  Liviano  capitano  dp'ViniyÌADÌ« 
Ebbe  Giovanni  molti  discepoli  ,  perchè  a  tutti 
con  amorevolezza  insegnava  ,  fra  i  quali  fo  già 
scsiaata  ano}  tono  Jaoopo  da  Montagna  eh*  imitè 


VITA  DI  UCOPOyUOc  S  GENTILE  BELLINI  3S| 

molto  la  eoa  maniera  ,  per  quanto  mostrano  V  o» 
pere  me  che  si  veggìono  in  PadoTa  ed  in  Vine<« 
«a.  Ma  più  di  tutti  T  imitò  e  gli  fece  onore  Rou« 
dinelioda  Ravenna^del  quale  si  servi  molto  Gio* 
Tdnni  in  tutte  le  sue  opere  .  Costui  fece  in  S« 
Domenico  di  Ravenna  una  tavola  ,  e  nel  duomo 
un*  altra  che  è  tenuta  molto  bella  di  quella  ma« 
niera  .  Ma  quella  che  passò  tutte  V  altre  opere 
sue ,  fu  quella  che  fece  nella  chiesa  di  S.  Gioì 
Battista  nella  medesima  città  ,  dove  stanno  frati 
Carmelitani ,  nella  quale ^  oltre  la  nostra  Donna, 
fece  nella  figura  d'  un  S.  Aiberto*loro  frate  una 
testa  bellissima  ,  e  tutta  la  figura  lodata  molto  * 
Stette  con  esso  lui  ancora^sebben  non  fece  molto 
frutto ,  Benedetto  Coda  da  Ferrara  che  abitò  in 
Ariminiy  dove  ftice  molte  pitture,  lasciando  dopo 
se  Bartolommeo  suo  figliuolo  che  fece  il  medesi» 
mo.Dicesi  che  ancoGiorgione  da  Castelfranco  at- 
tese all'arte  con  Giovanni  ne'suoi  primi  principi, 
e  così  molti  altri  e  del  Trevisano  e  Lombardi , 
de' quali  non  accade  far  memoria.  Finalmente 
Giovanni  essendo  pervenuto  all'  età  di  novanta 
anni ,  passò  di  male  di  vecchiaia  di  questa  vita , 
lasciando  per  V  opere  fatte  in  Vinezia  sua  patria 
e  fuori  eterna  memoria  del  nome  suo:  e  nella  me-' 
desima  chiesa  e  nello  stesso  deposito  fu  egli  ono- 
ratamente sepolto  f  dove  egli  aveva  Gentile  suo 
fratello  collocato .  Né  mancò  in  Venezia  chi  eoa 
sonetti  ed  epigrammi  cercasse  di  onorare  lui 
morto  ,  siccome  aveva  egli  vivendo  se  e  la  sua 
patria  onorato  .  Ne'  medesimi  tempi  che  questi 
Bellini  vissono  o  poco  innanzi  »  aipinse  molte 
cose  in  Vinezia  Giacomo  Marzone  ,  il  q^ttfe  fra 
r  altre  fece  in  S.  Lena  alla  cappella  dellTssun- 
zion«  ia  Vergine  con  una  palma  j  S«  Benedetto  | 


36l  PJKKTE    8IÌC0ITDA' 

S.  Lena ,  e  S.  Giovanni ,  ma  colla  maniera  Teo- 
chia  e  con  le  figure  in  punta  di  piedi,  come  usa* 
Tano  i  pittori  cne  furo  al  tempo  di  Bartolom* 
mto  da  Bergamo  • 


VITA 
DI    COSIMO    ROSSELLI 

PITTOR    FIORENTINO 

If  JLoIte  persone  sbeffando  e  schernendo  altrui  | 
si  pascono  d'uno  ingiusto  diletto,che  il  più  dell# 
Tolte  torna  loro  in  danno  ,  quasi  in  quella  stessa 
maniera  che  fece  Cosimo  Rosselli  toriiare  incapo 

10  scherno  a  chi  cercò  di  avvilire  le  sue  fatiche  . 

11  qual  Cosimo  ,  sebl)ene  non  fa  nel  suo  tempo 
molto  raro  ed  eccellente  pittore  ,  flirono  nondi- 
meno 1'  opere  sue  ragionevoli  .  Costui  nella  sua 
giovancEza  fece  in  Fioretta  nella  chiesa  di  S. 
Ambruogio  una  taTolacheè  aman  ritta  entrando 
in  chiesa  j  e  sopra  l'arco  delie  monache  di  S.  Ia- 
copo dalle  Murate  tre  figure .  Lavorò  anco  nella 
chiesa  de'  Servi  pur  di  Firence  la  tavola  della 
cappella  di  S*  Barbara  j  e  nel  primo  cortile  in^ 
san  zi  che  s*  entri  in  chiesa  lavorò  ivi  fresco  la 
storia  y  quando  il  beato  Filippo  pigha  V  abito 
della  nostra  Donna  .  A'  monaci  di  Cestello  fere 
la  taTola  dell'  aitar  maggiore,  ed  in  una  cappella 
della  medesima  chiesa  un'  altra  :  e  similmente 
quella  che  é  in  una  chiesetta  sopra  il  Bernardino 
accanto  air  entrata  di  Cestello.  Dipin<«e  il  segno 
ai  fanciulli  della  compagnia  del  detto  Bernardi- 
no ,  e  parimente  quello  della  compagnia  di  S. 
Gio/gio  ,  nel  quale  è  un'  Annunziata  .  Alle  so- 
praddette monache  di  S.  Ambruogio  (lece  la  cap- 

rilla  del  miracolo  delSagramento;la  quale  opera 
assai  buona, e  delle  fue  che  sono  in  Fiorenza  è 
tenuta  la  migliore  ;  nella  anale  fece  una  proces- 
fiope  finta  io  luila  piazza  di  detta  chiesa  ^  dova 


384  FARTE    SECONDA 

il  TescoTO  porta  il  tabernacolo  del  detto  miraci* 
lo ,  accompagnato  dal  clero  e  da  una  infinità  di 
cittadini  e  donne  con  abiti  di  que'  tempi.  Di  na- 
turale ,  oltre  a  molti  altri  ,  ri  è  ritratto  il  Pico 
della  Mirandola  tanto  eccellenteiuente ,  cbe  pare 
non  ritratto  ma  vivo.  In  Lucca  fece  nella  cblesa 
di  S.  Martino  entrando  in  quella  per  la  porta 
«ninore  della  facciata  principale  a  man  ritta  , 
quando  Niccodemo  fabbrica  la  statua  di  S.  Cro- 
ce ,  e  poi  quando  in  una  barca  é  per  terra  con« 
dotta  per  mare  Terso  Lucca  ;  neua  qual  opera 
sono  molti  ritratti  e  specialmente  quello  di  Paolo 
Guinigi  ,  il  quale  cayò  da  uno  di  terra  fatto  da 
Iacopo  della  Fonte  ,  quando  fece  la  sepoltura 
della  moglie.  In  S.M^co  diFireuEe  alla  cappella 
de*  tessitori  di  drappo  fece  in  una  tarola ,  nel 
mezzo  S.  Croce,  e  aagli  lati  S.  Marco  y  S.  Gip: 
Evangelista,  S.  Antonino  arcivescoyo  di  Firen* 
9 e  ,  ed  altre  figure  .  Chiamato  poi  con  gli  altri 
pittori  airopera  che  fece  Sisto  IV  pontefice  nella 
cappella  dal  palazzo  in  compagnia  di  Sandro 
Botticello,  di  Domenico  Ghirlandaio,  dell'Abate 
di  S.  Clemente ,  di  Luca  da  Cortona  ,e  di  Piero 
Perugino,  tì  dipinse  di  sua  mano  tre  storie,  nelle 
quali  fece  la  sommersione  di  Faraone  nel  mar 
rosso ,  la  predica  di  Cristo  ai  popoli  luugo  il 
mare  di  Tiberiade ,  e  T  ultima  cena  degli  Apo- 
stoli col  Salvatore  ;  nella  quale  fece  una  tavola 
a  otto  facce  tirate  in  prospettiva ,  e  sopra  quell% 
in  otto  facce  simili  il  palco  cbe  gira  in  otto  an- 
goli ,  dove  molto  bene  scortando  ,  mostrò  d*  in« 
tendere  quanto  gli  altri  quest'  arte  .  Dicesi  cbe 
il  papa  aveva  ordinato  un  premio  ,  il  quale  si 
aveva  a  dare  a  chi  meglio  in  quelle  pitture  aves- 
|e  a  gii^di^io  A*  eifio  pontefice  9perata.  Finite 


VITA  DI  cosmo  ROMÈLU  385 

dunque  le  storie  Andò  sua  Santità  a  vederle  , 
ouando  ciascuno  de'  pittori  si  era  iiig(;gnato  di 
&r  sì ,  che  meritasse  ii  detto  premio  e  I'  onore  . 
Areva  Cosimo  9  sentendosi  debole  d' invenzione 
e  di  disegno ,  cercato  di  occultare  il  suo  difetto 
oon  far  coperta  ali'  opera  di  finissimi  azzurri  oU 
tramariui  e  d'acri  Tiraci  colori  e  con  molto  oro 
ilivminata  la  storia,  onde  né  albero,  né  erba,  n« 
panBO,nè  nuToio  vi  era  che  lumeggiato  non  fus*' 
se  j  fiicendosi  a  credere  che  il  papa  ,  come  poco 
di  c{ueir  arte  intendente  ,  dovesse  perciò  dare 
a  lui  il  premio  delia  vittoria.  Venuto  il  giorno 
ohe  si  doveva n<n*  opere  di  tutti  scoprire  ,  fu 
veduta  anco  U  sua  ,  e  con  molte  risa  e  motti  da 
tutti  eli  aìtri  artefici  schernita  e  beflata  ,  uccel- 
landolo tutti  in  cambio  d'avergli  compassione  . 
Ma  gii  scherniti  finalmente  furono  essi;  percioc- 
ché que'  colori ,  siccome  si  era  Cosimo  imagi- 
nato  y  a  un  tiatto  cosi  abbagliarono  gli  occhi  del 
papa  che  non  molto  s' intendeva  di  simili  cose  , 
ancoraché  se  ne  dilettasse  assai ,  che  giudicò  Co- 
simo avere  molto  meglio  che  tutti  gli  altri  ope- 
rato .  E  cosi  frittogli  dare  il  premio  ,  comandò  v 
agii  altri  che  tutti  coprissero  le  loro  pitture  dei  9 
ini«;liori  azzurri  che  si  trovassero  e  le  toccassino 
d'  oro ,  acciocché  fussero  simili  a  quelle  di  Co- 
simo nel  colorito  e  neii'  essere  ricche  .  Laonde  i 
poveri  pittori  disperati  d'  avere  a  soddisfare  alla 
poca  intelligenza  del  Padre  santo  ,  si  diedero  a 
guastare  quanto  avevano  fatto  di  buono  .  Onde 
Cosimo  si  rise  di  coloro  che  poco  innanzi  si  era- 
no riso  del  fatto  suo.  Dopo  tornatosene  a  Firen^ 
ze  con  qualche  soldo  ,  attese  vivendo  assai  agia- 
tamente a  lavorare  al  solito,  avend<^  in  sua  com- 
pagnia quel  Piero  che  fu  f  «mpre  chiamato  Pier» 
roi.  IL  25 


386  PARTE    SECOND  À 

di  Cosimo  suo  discepolo,  il  qaale  gli  aiatò  laTO*' 
rare  a  Eoma  nella  cappella  di  Sisto,  e  tì  fec* 
oltre  all'  altre  cose  un  paese ,  doye  è  dipinta  la 
predica  di  Cristo ,  che  è  tenuta  la  miglior  cosa 
che  tì  sia.  Stette  ancor  seco  Andrea  di  Cosimo 
ed  attese  assai  alle  grottesche .  Essendo  final*» 
mente  Cosimo  vivuto  anni  sessantotto  ,  consa- 
mato  da  una  lunga  inQrmità  si  morì  1'  anno 
1434»  e  dalla  compagnia  del  Bernardino  fu  sep- 

Selli to  in   S.  Croce  .  Dilettossi  costui   in  modo 
eir  alchimia  che   tì  spese  Tana  mente  ,  come 
fanno  tutti  coloro  che  t'  attendono  ,  ciò  che  egli 
aTCTa;  intanto  che  tìto  lo  consumò,ed  allo  stre- 
mo r  aTCTa  condotto  d'agiato  che  egli  era,  poTC* 
rissimo .  Disegnò  Cosimo  benissimo  ,  come  si 
può  Tcdere  nel  nostro  libro,  non  pure  nella  car- 
ta doTC  è  disegnata  la  storia  della  predicasione 
sopraddetta  che  fece  m  Ha  cappella  di  Sisto,  ma 
i^ncora  in  molte  altre  f^tte  di  stile  e  di  chiaro- 
scuro  *  Ed  il  suo  ritratto  aTcmo  nel  detto  libro 
di  mano  d*  Agnolo  di  Donnino  pittore  e  suo  ami- 
cissimo, il  quale  Agnolo  fu  molto  diligente  nelle 
cose  sue ,  come  oltre  ai  disegni  si   può  vedere 
'.  nella  loggia  dello  spedale  di  Bonifazio,  doTe  nel 
peduccio  d'  una  Tolta  è  una  Trinità  di  sua  mano 
a  fresco,  ed  acqanto  alla  porta  del  detto  spedale 
doTC  oggi  stanno  gli  abbandonati ,  sono  dipinti 
dal  medesimo  certi  poTeri  e  lo  spedaliere  che  gli 
raccetta  molto  ben  fatti ,  e  similmente  alcune 
donne .  Visse  costui  stentando  e  perdendo  tutto 
il  tempo  dietro  ai  disegni  sen^a  mettere  in  opera, 
ed  in  ultimo  si  morì  essendo  poTero  quanto  più 
non  si  può  essere .  Di  Cosimo ,  per  tornare  a  lui, 
non  rimase  altri  che  un  figliuolo  ,  il  quale  fa 
muratore  e  architetto  ragioocTol^  . 


:/^.     ('%<''.' A. 


VITA 
DEL       CECCA 

mOEGMERl  FIORENTINO. 

l3e  la  necessità  noD  avesse  sforzati  gli  uomim 
ad  essere  ingegnosi  per  la  utilità  e  comodo  pro- 
prio ,  non  sarebbe  l'architettura  divenuta  si  ec- 
cellente e  raaravigliosa  nelle  menti  e  nelle  opero 
di  coloro  f  che  per  acquistarsi  ed  utile  e  fama  si 
sono  esercitati  m  quella  con  tanto  onore,  quanto 
giornalmente  si  rende  loro  da  chi  conosce  il  buo- 
no .  Questa  necessità  primieramente  indusse  la 
fabbriche  ,  questa  gli  ornamenti  di  quelle,  que- 
sta gli  ordini ,  le  statue  ,  i  giardini ,  i  bagni  ,  e 
tutte  quell'altre  comodità  suntuose  che  ciascuno 
brama  e  pochi  posseggono  rquesU  nelle  menti 
degli  uomini  ha  eccitato  la  gara  e  le  concorrenze 
non  solamente  degli  edifiEJ  ,  ma  delle  comodità 
di  quelli .  Per  lo  che  sono  stati  fovfiati  gli  arte- 
fici a  divenire  industriosi  negli  ordini  de'  tirali, 
nelle  macchine  da  guerra,negli  edifiaj  da  acque, 
ed  in  tutte  quelle  avvertenze  ed  accorgimenti,chc 
sotto  nome  d' ingegni  e  di  architetture ,  disordi- 
nando gli  avversari  ed  accomodando  gli  amici , 
fanno  e  bello  e  comodo  il  mondo  .  E  qualunque 
sopra  gli  altri  ha  saputo  fare  queste  cose  ,  oltra 
lo  essere  uscito  d'  ogni  sua  noia  ,  sommamente 
è  stato  lodato  e  pregiato  da  tutti  gli  altri ,  come 
al  tempo  de'padrì  nostri,  fu  il  Cecca  Fiorentmo, 
al  quale  ne'  dì  suoi  vennero  in  mano  molte  cose 
e  molto  onorate^  ed  io  quelle  si  portò  egli  tanto 


388  paute  seconda 

l>«ne  nel  servigio  della  patria  saa,  operando  con 
rispiarmo  e  sodisfazione  e  grazia  de*  suoi  citta- 
dini y  che  le  ingegnose  e  industriose  fatiche  sue 
lo  hanno  fatto  famoso  e  chiaro  fra  gli  altri  egregi 
e  lodati  artefici .  Diòesi  che  il  Cecca  fu  nella  sua 
giovanezza  legnaiuolo  buonissimo  ,  e  perchè  egli 
aveva  applicato  tutto  lo  intento  suo  a  cercare  di 
«apere  le  difficultà  degli  ingegni ,  come  sr  può 
eondurre  ne' campi  de'  soldati  macchine  da  mu- 
raglie j  scale  da  salire  nelle  città  j  arieti  da  rom^* 
pere  le  mura  ,  difese  da  riparare  i  soldati  per 
combattere ,  ed  ogni  cosa  che  nuocere  potesse 
agi',  inimici ,  e  auelle  che  a*  suoi  amici  potessero 
giovare  ;  essendo  egli  persona  di  grandissima 
utilità  alla  patria  sua  ,  meritò  che  la  signoria  di 
Fiorenza  eli  desse  provvisione  continua  •  Per  il 
che  quando  non  si  combatteva  andava  per  il  do- 
minio rivedendo  le  fortezze  e  le  mura  delle  cittA 
e  castelli  ch'erano  deboli^ o  a  quelli  dava  il  mo- 
do de'  ripari  e  d'  ogni  altra  cosa  che  bisognava  • 
picesi  che  le  nuvole  che  andavano  in  Fiorenza 
per  la  festa  di  S.  Giovanni  a  processione  ,  cosa 
certo  ingegnosissima  e  bella  ,  furono  inrenzione 
del  Cecca  ,  il  quale  allora  che  la  città  usava  di 
fare  assai  feste  y  era  molto  in  simili  cose  adope«- 
rato  .  £  nel  vero ,  come  che  oggi  si  siano  cotali 
feste  e  rappresentazioni  quasi  del  tutto  dismesse, 
erano  spettacoli  molto  belli ,  e  s«  ne  faceva  non 
pure  nelle  compagnie  ovvero  iratemite ,  ma 
ancora  nelle  case  private  de'  gentiluomini ,  t 
quali  usavano  di  far  certe  brigate  e  compagnie , 
ed  a  certi  tempi  trovarsi  allegramente  insieme^e 
fra  essi  sempre  erano  molti  artefici  galantuomi- 
ni che  servivano  ,  oltre  all'  essere  capricciosi  e 
piaceyoU  ,  a  f«ir  gii  apparati  di  notali  feste  •  Ma 


,-\ 


YITADtLCfeCCA  38f| 

Ara  l'  altre  ,  quattro  solennissime  e  pubbliche  ai 
facevano  quasi  ogni  anno ,  cioè  una  per  ciascun 
quartiere  ^  eccetto  S.  Giovanni ,  per  la  festa  del 
quale  si  faceva  una  solennissima  processiona 
eome  si  dirà;  S.  Maria  Novella  quella  di  & 
Ignazio,  5.  Croce  quella  di  S.  Bartolomuieo  detto 
S.  Baccio  ,  8.  Spirito  quella  dello  6ipJVito  santo  ^ 
ed  il  Carmine  quella  deli' Ascensione  del  Signora 
e  quella  dell*  Assunstone  di  nostra  Donna  •  La 

2uale  festa  dell*  Ascensione  j  perché  dell'  altre 
'  importanza  si  è  ragionato  o  si  ragionerà ,  era 
bellissima  ;  conciofiissecfaé  Cristo  era  levato  di 
sopra  un  monte  benissimo  fatto  di  legname  da 
una  nuvola  piena  d'  angeli  e  portato  in  un  cielo^ 
lasciando  gli  apostoli  in  sul  monte  j  tanto  ben 
frtto  j  che  era  una  maraviglia ,  e  massimamente 
essei\do  alquanto  maegiore  il  detto  cielo  ebe 
ouello  di  S.  Felice  in  Piazza,  ma  quasi  con  i  me- 
oesimi  ingegni.  £  perchè  la  detta  chiesa  dei  Car* 
mine,  dove  questa  rappresentazione  si  faceva,  è 
più  larga  assai  e  più  alta  che  quella  di  S.  Felice^ 
oltre  quella  parte  che  riceveva  il  Cristo,  si  acco- 
modava alcuna  volta  .  secondo  che  pareva  ,  un 
altro  cielo  sopra  la  tribuna  maggiore, nel  quale, 
alcune  ruote  grandi  fatte  a  guisa  d'  arcolai ,  che 
dal  centro  alla  superfìcie  movevano  con  bellissi- 
mo ordine  dieci  giri  per  i  dieci  cieli,  erano  tutti 
pieni  di  lumicini  rappresentanti  le  stelle  ,  acco- 
modati in  lucernine  di  rame  con  una  scbiodatu- 
ra,  che  sempre  che  la  ruota  girava  restavano  in 
piombo,  nella  maniera  che  certe  lanterne  fanno 
che  oggi  si  usane  comunemente  da  ognuno.  Di 
questo  cielo,  che  era  veramente  cosa  bellissima, 
uscivano  due  canapi  grossi  tirati  dal  ponte  ovve^ 
ro  tramecso  che  è  in  detta  chiesa,  sopra  il  quaJa 


Spo  PARTE     SCCOlTDl 

fi  facera  la  festa  ,  ai  quali  erano  infnnate  per 
ciascun  capo  d*  una  braca  ,  come  si  dice  ^  due 
piccole  taglie  di  bronco  cbe  reggevano  un  ferro 
ritto  nella  base  d'  un  piano  y  stupra  il  quale  sta- 
vano due  angeli  legati  nella  cintola,  che  ritti  ve- 
Divano  contrappcsati  da  un  piombo  che  avevano» 
sotto  i  piedi  j  e  un  altro  che  era  nella  base  del 

{>iano  di  sotto  dove  posavano  ,  il  qudle  anco  gli 
acevà  venire  parimente  uniti  .Ld  il  tutto  era 
coperto  da  molta  e  ben  acconcia  bambagia  che 
faceva  nuvola,  piena  di  cherubini ,  serafini ,  ed 
altri  angeli  così  fatti  di  diversi  colori  e  molto  be«* 
fie  accomodati.  Questi,  allentandosi  un  canapetto 
di  80|pra  nel  cielo  ,  venivano  siù  per  i  due  mas* 
fiiori  in  sul  detto  tramezzo  ,  dove  si  recitava  la 
festa  ;  e  annunziato  a  Cristo  il  suo  dover  salire 
in  cielo  o  fatto  altro  uffizin,perchè  il  ferro  dov'e- 
rano legati  in  cintola  era  fermo  nel  piano  ,  dove 
posavano  i  piedi  e  si  giravano  intoino  intorno^ 
quando  erano  usciti  e  quando  ritornavano ,  no- 
tevan  far  riverenza  e  voltarsi  secondo  che  bi- 
sognava ;  onde  nel  tornar  in  su  si  voltavan  verso 
ilcielO)  e  dopo  erano  per  simile  modo  ritirati  in 
alto .  Questi  ingegni  dunque  e  queste  invenzioni 
si  dice  che  furono  del  Cecca  ,  perchè  sebbene 
molto  prim:ì  Filippo  Brunellescni  n'aveva  fatto 
de'  cosi  fatti  ,  vi  furono  nondimeno  con  molto 
giudizio  molte  cose  aggiunte  dal  Cecca  .  £  da 
queste  poi  venne  in  pensiero  al  ìnedesimo  di  fare 
le  nuvole  che  andavano  per  la  città  a  processio- 
ne ogni  anno  In  vigilia  di  S.  Giovanni,  e  V  altre 
cose  che  bellissime  si  facevano  .  E  ciò  era  cura 
di  costui  ,  per  essere  ,  come  si  è  detto ,  persona 
che  serviva  il  pubblico.  Ora  dunque  non  sarà  se 
non  bene  con  questa  occasione  dire  alcune  cose 


▼  ktADfeLCfeetA  3g% 

lAne  in  detta  festa  e  processioDe  si  facerano  ,  ac- 
ciò he  passi  ai  posteri  memoria  ^  essendosi  oggi 
per  la  maggior  parte  dismesse  .  Primiera  mente 
«dunque  la  piazza  di  S.  Giovanni  si  copriva  tutta 
di  tele  azzurre  piene  di  gigli  grandi  fatti  di  tela 
gialla  e  cucitivi  sopra  y  e  nel  mezzo  erano  in  al* 
cuni  tondi ,  pur  di  tela  e  grandi  braccia  dieci , 
r  arme  del  popolo  e  comune  di  Firenace  y  quella 
de'  capitani  di  parte  guelfa  ed  altre;  ed  intorno 
intomo  negli  estremi  del  detto  cielo,  che  tutta  la 

Siazza^comecchè  grandissima  sia  Ricopriva,  pen^ 
evano  drappelloni  pur  di  tela  dipinti  di  varie 
imprese  ,  d  armi  di  masistrati  e  d'arti, e  di  molti 
leoni  che  sono  una  dell  insegne  della  città  .Que- 
sto cielo  ovvero  coperta  cosi  fatta  era  alto  dtL 
terra  cb*ca  Venti  braccia  ,  posata  sopi*a  gagliar- 
dissimi canapi  attaccati  a  molti  ferri  che  ancor 
si  veggiono  intorno  al  tempio  di  S.  Giovanni  , 
nella  tacciata  di  S.  Maria  del  Fiore ,  e  nelle 
case  che  sono  per  tutto  intorno  intorno  alla  det- 
ta piazza  ;  e  fra  V  un  canapo  e  l'altro  erano  funi 
che  similmente  sostenevano  quel  cielo  ,  che  per 
tutto  era  in  modo  armato ,  e  particolarmente  in 
su  gli  estremi  ,  di  canapi  ,  di  funi,  e  di  soppanni 
e  fortezze  di  tele  doppie  e  canevacci ,  che  non  i 
possibile  imaginarsi  meglio  .  E  che  è  più  y  era 
in  modo  e  con  tanta  diligenza  accomodata  ogni 
cosa  ,  che  ancoraché  molto  fussero  dal  vento  , 
che  in  quel  luogo  può  assai  d' ogni  tempo  come 
sa  ognuno  ,  gonfiate  e  mosse  le  vele  y  non  però 
potevano  essere  sollevate  né  sconce  in  modo  nes- 
suno .  Erano  queste  tende  di  cinque  pezzi ,  per- 
chè meglio  si  potesseix)  maneggia re,ma  poste  su, 
tutte  si  univano  insieme  e  legavano  e  cucivano 
di  maniera^  che  pareva  «n  pezzo  solo.  Tre  pezzi 


391  PARTE    SECONDA 

copriyano  la  piazza  e  lo  spazio  che  è  fra  S.  Gio^ 
tanni  e  S,  Maria  del  Fiore  ,  e  quello  del  me*- 
zo  aveva  a  dirittura  dell/e  porte  principali,  detti 
tondi  con  V  arme  del  comune  ,  e  gli  altri  do^ 
pezzi  coprivano  dalle  bande ,  uno  di  verso  la  Mi- 
sericordia e  Taltro  di  verso  la  canonica  ed  operft 
di  S.  Giovanni .  Le  nuvole  poi ,  che  di  varie  sortì 
fi  facevano  dalle  compagnie  con  diverse  inven- 
zioni ,  si  facevano  generalmente  a  questo  modo  • 
Si  faceva  un  telaio  quadro  di  tavole  alto  bracci* 
due  in  circa ,  che  in  su  le  teste  aveva  quattro  ga- 
gliardi piedi  fatti  a  uso  di  trespoli  da  tavola  ed 
incatenati  a  guisa  di  travaglio.  Sopra  questo  te- 
laio erano  in  croce  due  tavole  larghe  braccia  uno, 
che  in  mezzo  avevano  una  buca  di  mezzo  braccio^ 
nella  quale  era  uno  stile  alto  sopra  cui  si  acco- 
modava una  mandorla  ,  dentro  la  quale,  che  era 
tutta  coperta  di  bambagia,  di  cherubini,  e  di  la- 
mi e  altri  ornamenti ,  era  in  un  ferro  a  traverse 
posta  o  a  sedere  o  ritta  ,  secondo  che  altri  vole- 
va ,  una  persona  che  rappresentava  quel  santo  | 
il  quale  principalmente  da  quella  compagnia 
come  proprio  avvocato  e  protettore  si  onorava; 
ovvero  un  Cristo  ,  una  Madonna,  un  S.  Giovanni 
o  altro  ,  i  panni  della  quale  figura  coprivano  il 
ferro  in  modo  che  non  si  vedeva.  A  questo  me- 
desimo stile  erano  accomodati  ferri,  che  girando 
più  bassi  e  sotto  la  mandorla  ,  facevano  quattro 
o  più  o  meno  rami  simili  a  quelli  d' un  albero  , 
che  negli  estremi  con  simili  ferri  aveva  per  cia- 
scuno un  piccolo  fanciullo  vestito  da  angelo  ;  e 
questi ,  seconda  che  volevano  ,  giravano  in  sul 
terrò  dove  posavano  i  piedi,  che  era  gangherato* 
£  di  cos)  (atti* rami  «i  facevano  talvolta  due  o  tre 
ordini  d*an^eli  o  di  sunti  ;  secondo  che  quello 


TtTA    DSL    CECCA  39^ 

«ra  che  si  ayera  a  rappresentare .  E  tutta  que« 
ita  macchÌDae  lo  stile  edi  ferri^cbe  talora  faceva 
un  giglio  9  talora  un  albero  e  spesso  una  nuvola 
0  aìtra  co«a  simile  ,  si-copriva  di  bambagia  e  » 
come  si  è  detto  j  di  cherubini  ,  serafini ,  stelle 
d*  oeo  y  ed  altri  ornamenti .  £  dentro  erano  £ac« 
cfaini  o  villani  che  la  portavano  sopra  le  spalle  , 
i  quali  si  mettevano  int<  rno  intorno  a  quella  ta- 
vola che  noi  abbiam  chianiato  telaio,  Della  quale 
erano  confitti  sotto,  dove  il  peso  posava  sopra  le 
spalle  loro  ,  guanciali  di  cuoio  pieni  o  di  piuma 
o  di  bambagia  o  d'  altra  cosa  simile  che  accon- 
sentisse e  fusse  morbida  •  E  tutti  gì'  ingegni  e  le 
salite  ed  altre  cose  erano  coperte,come  si  e  detto 
di  sopra  ,  con  bambagia  che  faceva  bel  vedere  j  e 
si  cniamavano  tutte  queste  macchine  nui^oie  » 
Dietro  venivano  loro  cavalcate  d'  uomini  e  di 
sergenti  a  piedi  in  varie  sorti  ,  secondo  la  storia 
che  si  rappresentava,  nella  maniera  che  o^gi 
vanno  dietro  a'carri  o  altro  che  si  faccia  in  cam- 
bio delle  dette  npvole,della  maniera  delle  quali 
ne  ho  nel  nostro  libro  de 'disegni  alcune  di  mano 
del  Cecca  molto  ben  fatte  e  ingegnose  veramente 
e  piene  /di  helle  considerasioni.  Con  T  invenzione 
del  medesimo  si  facevano  alcuni  santi  che  anda- 
va no  o  erano  portati  a  processione ,  o  morti  o  in 
jrarj  modi  tormentati .  Alcuni  parevano  passaci 
da  una  lancia  o  da  una  spada^  altri  aveva  un  pu- 
gnale nella  gola  ,  ed  altri  altre  cose  simili  per  la 
persona  ^  Del  qua!  modo  di  fare ,  perché  oggi  è 
notiflsimo  che  si  fa  con  spada  ,  lancia  ,  o  pugnale 
rotto  che  con  un  cerchietto  di  ferro  sia  da  cia- 
scuna parte  tenuto  stretto  e  di  riscontro  ,  leva- 
tone a  misura  quella  parte  che  ha  da  parere  fitta 
iielhi  persona  del  ferito,  non  ne  dirò  altro:  bastn 


394  PARTE    SECONDA 

che  per  lo  pia  si  trova  che  furono  inteiizioiie 
del  Cecca  .  I  {giganti  simiimente  che  in  detta  fe-« 
sta  andavano  attorno  si  facevano  a  questo  modo* 
Alcuni  molto  pratichi  nell 'andar  in  su  i  trampoli 
o  y  come  si  dice  altrove  in  su  le  zanche  ,  ne  fìice» 
vano  fare  di  quelli  che  erano  alti  cinque  e  sei 
braccia  da  terra  ,  e  fasciatigli  e  acconcigli  in 
modo  con  maschere  grandi  ed  altri  abbigliamenti 
di  panni  o  d*  arme  finte  y  che  avevano  membra 
e  capo  di  gigante,  vi  montavano  sopra,  e  destra- 
mente camminando  ,  parevano  veramente  gi« 
ganti  ;  avendo  nondimeno  innanzi  uno  che  so- 
steneva una  picca  ,  sopra  la  quale  con  una  mano 
si  appoggiava  esso  ffigante,  ma  per  sì  fatta  guisa 
pero  y  che  pareva  cne  quella  picca  fusse  una  sua 
arme,  cioè  o  mazza  o  lancia  o  un  gran  battaglio, 
come  quello  che  Morgante  usava,  secondo  i  poeti 
romanzi  ,  di  portare  .  £  siccome  i  giganti ,  cosi 
si  facevano  anche  delle  gigantesse  ,  che  certa- 
mente facevano  un  bello  e  maraviglioso  vedere. 
Gli  spiritelli  poi  da  questi  erano  differenti ,  per- 
chè senza  avere  altro  che  la  propria  forma  anda<^ 
vano  in  su  i  detti  trampoli  alti  cinque  e  sei  brac- 
cia ,  in  modo  che  parevano  proprio  spiriti  ;  » 
questi  anco  avevano  innanzi  uno  che  con  una 
picca  gli  aiutava .  Si  racconta  nondimeno  che 
alcuni  j  eziandio  senza  punto  appoggiarsi  a  cosa 
veruna  ,  in  tanta  altezza  camminavano  benissi- 
mo .  £  chi  ha  pratica  de'  cervelli  fiorentini , 
so  che  di  questo  non  si  farà  alcnna  maraviglia  ; 
perchè  lasciamo  stare  quello  da  Montughi  di  Fi- 
renze f  che  ha  trapassati  nel  salire  e  giocolare 
sul  canapo  quanti  insino  a  ora  ne  sono  stati  y  chi 
ba  conosciuto  uno  che  si  chiamava  Ruvidino  ,  il 
quale  mori  non  sono  anco  dieci  anni ,  sa  che  il 


VITA    DEL    CECCA  3^5 

tàlire  ogni  altesza  sopra  un  canapo  o  fune  ,  it 
saltar  dalle  mura  di  Pirente  in  terra^  e  andare  itt 
su  trampoli  molto  più  alti  che  quelli  detti  di  so- 
pra ,  gli  era  così  agerole,  come  a  ciascuno  cam- 
minare per  lo  piano  .  Laonde  non  é  maraTigUa 
se  gii  uomini  di  que'  tempi  y  che  in  cotaìj  cose  o 
per  presso  o  per  altro  si  esercitavano  y  facevano 
quelle  che  si  sono  dette  di  sopra  o  maggiori 
pose  . 

Non  parlerò  d' alcuni  ceri  che  si  dipignevano 
in  varie  fantasie^  ma  goffi  tanto,  che  hiinno  dato 
il  nome  ai  dipintori  plebei ,  onde  si  dice  alle  cat- 
tive pitture  :  Fantocci  da  ceri;  perchè  non  mette 
conto- Dirò  bene  che  al  tempo  del  Cecca  questi 
furono  in  gran  parte  dismessi ,  ed  in  vece  loro 
fatti  i  carri  ^che  simili  ai  trionfali  sono  oggi  in 
uso  .  Il  primo  de'  quali  fu  il  cero  della  Moneta  , 
il  quale  fo  condotto  a  quella  perfezione  che  oggi 
si  vede?  quando  ogni  anno  per  detta  festa  è  man- 
dato fuori  dal  mae$ti*i  e  signori  di  secca  con  un 
S.  Giovanni  in  cima  e  molti  altri  santi  ed  angeli 
da  basso  e  intomo  rappresentati  da  persone  vi- 
ve  .  Fu  deliberato  non  è  molto  che  se  ne  facesse 
per  ciascun  castello  che  offerisce  un  cero  ,  e  na 
furono  fatti  insino  in  dieci  per  onorare  detta  fe- 
sta magnificamente  ;  ma  non  si  seguitò  per  gli 
accidenti  che  poco  poi  sopravvennero.  Quel  pri- 
mo dunque  della  zecca  fu  per  ordine  del  Cecca 
fiitto  da  Domenico  ,  Marco  ,  e  Giuliano  del  Tas- 
sOy  che  allora  erano  de'primi  maestri  di  legname 
che  in  Fiorenza  lavorassero  di  quadro  e  d' inta- 
glio ;  a  in  esso  sono  da  esser  lodate  assai  y  oltre 
air  altre  cose  y  le  ruote  da  basso,  che  si  schioda- 
no per  potere  alle  svolte  de' canti   girare  quello 
«dinzio  e  accomodarlo   di  maniera  ,  che  scrolli 


SgG  PAKTC    SECONDA 

meno  cbe  sia  possibile  ;  e  massimamente  per  r]« 
•petto  di  coloro  che  di  sopra  vi  stanno  legati  « 
Fece  il  medesimo  un  edificio  per  nettare  e  rac- 
conciare il  musaico  della  tribuna  di  S.GioTanni, 
che  si  girava  ,  alzava  ^  abbassava  ,  ed  accostava 
secondo  che  altri  voleva,  e  con  tanta  agevolezza^ 
che  due  persone  lo  potevano  maneggiare  ;  1« 
qual  cosa  diede  al  Cecca  reputazione  grandissi* 
ma  .  Costui ,  quando  i  Fiorentini  avevano  Teser^ 
cito  intomo  a  Piancaldoli ,  con  ì*  ingegno  suo 
fece  si  che  i  soldati  vi  entrarono  dentro  per  vìa 
di  mine  senza  colpo  di  spada  .  Dopo  seguitando 
più  oltre  il  medesimo  esercito  a  certe  altre  ca- 
stella f  come  volle  la  mala  sorte ,  volendo  egli 
misurare  alcune  altezze  in  un  luogo  difficile  9  fu 
ucciso  ;  perciocché  avendo  messo  il  capo  fiior 
del  muro  per  mandar  un  filo  abbasso  ,  un  prete 
che  era  fira  gli  avversari  9  J  quali  più  temevano 
r  ingegno  del  Cecca  che  le  forze  di  tutto  il  cam- 
po,<scaricatogli  una  balestra  a  panca  ,  gli  con- 
ficcò di  sorte  un  verrettone  nella  testa  ,  che  il 
poverello  di  subito  se  ne  mori .  Dolse  molto  a 
tutto  r  esercito  ed  ai  suoi  cittadini  il  danno  e  la 
perdita  del  Cecca  ;  ma  non  vi  essendo  rimedio 
alcuno  ,  ne  lo  rimandarono  in  cassa  a  Fiorenza, 
dove  dalie  sorelle  gli  fu  data  onorata  sepoltura 
in  S.  Piero  Schera^gio  ;  e  sotto  il  suo  ritratto  di 
marmo  fu  posto  lo  infrascritto  epitaffio  : 

Faòrum  magister  Cicca  ^  nattis  oppidis  vel 
obsidendis  ve/  tuendìsyhic/acet.  Plxitan*XX\XX 
mr.ns.  iv  dies  XI  v  .  Obiit  prò  patria  telo  ictus  • 
Piac  sororu  monumentum/ecerunt  vcccGXeiX* 


''^■-z.^:^:iiL3.:}^ 


VITA 
VDI    DON   BARTOLOMMEO 
ABATE  DI  S.  CLEMENTE 

HINIATORK  E  PITTORC 


R. 


Lade  volte  guole  avvenire,  che  chi  è  d*  ani*, 
mo  buono  e  di  vita  esemplare  non  sia  dal  cielo 
provveduto  d'  amici  ottimi  e  di  abitazioni  ono- 
rate, e  che  per  i  buoni  costumi  suoi  non  sia  vi- 
vendo in  venerazione  e  morto  in  grandissimo 
disiderio  di  chiunque  V  ha  conosciuto  ,  come  fu 
D.  Bartolommeo  della  Gatta  abate  di  S.  C!e-* 
mente  d'  Arezzo  il  quale  fu  in  diverse  cose  ec-^ 
celiente  q  costumatisimo  in  tutte  le  sue  azioni . 
Costui,  il  quale  fu  monaco  degli  Angioli  di  Fh*en- 
zedeir  ordine  di  Camaldoli,  fu  nella  sua  giova- 
nezza, forse  per  le  cagioni  che  di  sopra  si  dissono 
nella  vita  di  Don  Lorenzo,  miniatore  singolaris- 
fimo  e  molto  pratico  nelle  cose  del  disegno  ,  co- 
me di  ciò  possono  far  fede  le  miniature  lavora-* 
te  da  lui  per  i  monaci  di  S.  Fiore  e  Lucilla  nel- 
la badia  u'  Arezzo,  ed  in  particolare  un  messale 
che  fu  donato  a  papa  Sisto  ,  nel  quale  era  nella 
prima  carta  delle  segrete  una  passione  di  Cristo 
D^llissima  ;  e  quelle  parimente  sono  di  sua  mano 
che  sono  in  S.  Martino  duomo  di  Lucca  .  Poco 
dopo  le  quali  opere  fu  a  questo  padre  da  Mariot- 
to  Maldoìi  Aretino  generale  di  Ca  ma  Idoli,  e  delr 
la  stessa  famiglia  che  fu  quel  Maldolo ,  il  quale 
donò  a  S.  Bomualdo  institutore  di  quell'ordine  il 
iuoj^o  e  sito  di  Camaldoli,  che  si  cbiamaya  alio*. 


3g9  ^ARTE      SECONDA 

ra  campo  di  Maldolo,  data  la  detta  badia  dì  S. 
Clemente  d'  Arezzo;ed  egli,come  grato  delhene* 
fizio,  lavorò  poi  molte  cose  per  lo  detto  generale 
e  per  la  sua  religione  .  Venendo  poi  la  peste  del 
1468  per  la  quale  senza  molto  praticare  si  stava 
r  abate,  siccjme  facevano  anco  molti  altri, in  ca- 
sa, si  diede  a  dipignere  figure  grandi,  e  vedendo 
che  la  cosa  secondo  il  disiderio  suo  gli  riusciva^ 
cominciò  a  lavorare  alcune  cose;  e  la  prima  fa 
un  S.  Rocco  che  fece  in  tavola  ai  rettori  della 
fraternità  d' A.rezzo  che  è  oggi  nell'  udienza  do- 
ve si  ragunano,  la  quale  fig.ura  raccomanda  alla 
nostra  Donna  il  popolo  aretino;  ed  in  questo  qua- 
dro ritrasse  la  piazza  della  detta  città  e  la  casa 
pia  di  quella  fraternità  con  alcuni  becchini  che 
tornano  da  sotterrar  morti.  Pece  anco  un  altro  S. 
B.OCC0  similmente  in  tavola  nella  chiesa  di  S.Pie- 
ro, dove  ritrasse  la  città  d*  Arezzo  nella  forma 
Sroprìa  che  aveva  in  quel  tempo,  molto  diversa 
a  quella  che  è  oggi,  e  un  altro,  il  quale  fu  mol- 
to migliore  che  li  due  sopraddetti,  in  una  tavola 
che  è  nella  chiesa  della  pieve  d'  Arezzo  alla  cap- 
pella de'Lippi;  il  quale  S.  Rocco  è  una  bella  e 
rara  figura  e  quasi  la  meglio  che  mai  facesse ,  e 
la  testa  e  le  mani  non  possono  essere  più  belle  né 
più  naturali.  Nella  medesima  città  d' Arezzo  fe- 
ce in  una  tavola  in  S.  Piero  dove  stanno  frati 
de' Servi  un  Agnolo  Raffaello,  e  nel  medesimo 
luogo  fece  il  ritratto  del  beato  lacoprìFilippo  da 
Piacenza. Dopo  condotto  a  Roma  lavorò  una  sto- 
ria nella  cappella  di  papa  Sisto  in  compagnia  di 
Luca  da  Goilona  e  di  Pietro  Perugino  ;  e  tornato 
in  Arezzo  fece  nella  cappella  de'  Gozzari  in  ve- 
scovado un  S,  Girolamo  in  penitenza ,  il  quale 
ftsasendo  magro  e  raso  e  con  gli  occhi  fermi  atteu- 


TITA  DI  DON  BARTOLOMMCO  399 

tissimameiite  nel  Cropifisso ,  e  percuotendosi  il 
petto,  fa  benissimo  conoscere  quanto  V  ardor  d'a- 
more in  quelle  consumatissiine  carni  possa  trava- 
gliare la  verginità  .£  per  queir  opera  fece  un  sasso 
erandtssimo  con  alcune  altre  grotte  di  sassi ,  fra 
ìe  rotture  delle  quali  fece  di  6gure  piccole  mol- 
to graziose  alcune  storie  di  quel  santo.  Dopo  in  S. 
Agostino  lavorò  per  le  monache,  come  si  aice.del 
terzo  ordincyin  una  cappella  a  fresco  una  corona- 
zione di  nostra  Donna  molto  lodata  e  molto  ben 
fatta,  e  sotto  a  questa  in  un'altra  cappella  un' As- 
sunta con  alcuni  angeli  in  una  gran  tavola  molto 
bene  abbigliati  di  panni  sottili  ;  e  questa  tavola ^ 
per  cosa  lavorata  a  temperale  molto lodata,ed  in 
vero  fu  fatta  con  buon  disegno  e  condotta   con 
diligenza  straordinaria.  Dipinse  il  medesimo  a  fre- 
sco nel  mezzo  tondo  cbe  è  sopra  la  porta  della 
chiesa  di  S.  Donato  nella  fortezza  d' Arezzo ,  la 
nostra  Donna  col  figlio  in  collo,  S.  Donatole  S. 
Giovanni  Gualberto,  che  tutte  sono  molto  belle 
figure.  Nella  badia  di  S.Fiore  in  detta  città  è  di  sua 
mano  una  cappella  all'entrar  della  chiesa  per  la 
porta  principale  ,  dentro  la  quale  è  un  S.  Bene* 
nedetto  ed  altri  santi  fatti  con  molta  grazia  e 
con  buona  pratica  e  dolcezza  .  Dipinse  simil* 
niente  a  Gentile  Urbinate  vescovo  aretino  mol- 
to suo  amico ,  e  col  quale  viveva  quasi  sem- 
pre nel  palazzo  del  vescovado ,  in  una  cappella 
un  Cristo  morto,  ed  in  una  loggia  ritrasse   esso 
vescovo,  il   suo  vicario,  et  ser  Matteo   Fran- 
cini  suo  notaio  di  banco  che  gli  legge  una  bollar- 
vi   ritrasse  parimente   se  stesso  ed  alcuni  ca- 
nonici di  quella  città .  Disegnò  per  lo  medesimo 
vescovo  una  loggia  che   esce  di  palazzo  e  va 
in  vescovado  a  piano   con  la  chiesa  e  palaz*. 


4oo  PARTE     SECONDA 

20  :  ed  a  mezzo  di  questa  avcTa  disegnato  q[uel 
Teseo To  furc  a  guisa  di  cappella  la  sua  sepol- 
tura ed  in  quella  essei-e  dop'>  la  morte  sotter- 
rato ,  e  così  la  condusse  a  buon  termine  ;  nm 
sopravrenuto  dalla  morte  rimase  imperfetta; 
perché  sebbene  lasciò  che  dal  suceessor  suo  fusse 
finita,  non  se  ne  fece  altro^come  il  più  delle  volte 
avviene  dell' opere  che  altri  lascia  che  siano  fatte 
in  simili  cose  dopo  la  morte.  Per  lo  detto  ve- 
scoYo  fece  l'abate  nel  duomo  vecchio  una  bella 
e  giMn  cappella  ;  ma  perchè  ebbe  poca  vita  non 
accade  altro  ragionarne.  Lavorò  oltre  questo  per 
tutta  la  città  in  diversi  luoghi  come  nel  Cariui- 
ne  tre  figure ,  e  la  cappella  delle  monache  di  S. 
OrMna,ed  a  Castiglione  Aretino  nella  pieve  di  S. 
Giuliano  una  tavola  a  tempera  alla  cappella  del- 
l'aitar  maggiore,  dove  è  una  nostra  Donna  bel- 
lissima e  S.  Giuliano  e  S.  Mi  che!  agnolo,  figure 
Biolto  bene  lavorate  e  condotte,  e  massimamente 
il  S.  Giuliano,  perchè  avendo  affisati  gli  occhi  al 
Cristo  che  è  in  collo  alla  nostra  Donna,  paro 
4she  molto  s'affligga  d'  aver  ucciso  il  padre  e  la 
madre.  Similmente  in  una  cappella  poco  di  sotto 
è  di  sua  mano  un  portello  che  soleva  stare  a  un 
orgauo  vecchio,  nel  quale  è  dipinto  un  S.  Michele 
tenuto  cosa  maravigtiosa ,  ed  in  braccio  d'una 
donna  un  putto  fasciato  che  pur  vivo.  Fece  in 
Arezzo  alle  monoiche  delle  Murate  la  cappella 
dell'aitar  maggiore,  pittura  certo  mojto  lodata: 
ed  al  Monte  S.  Savino  un  t.ibernacolo  dirimpetto 
al  palazzo  del  cardinale  di  Monte  che  fu  tenuto 
bellissimo  ;  ed  al  Borgo  S.  Sepolcro,  dove  è  oggi 
il  vescovado ,  fece  una  cappella  che  gli  arrecò 
lode  ed  utile  i;i*andissiino .  Fu  D.  Clemente  per- 
sona ch(^ e bbei' ingegno  atto  a  tutte  le  cose,  ed 


VITA  OI  DON  ftiRTeiiOMHEO  4Qt 

•hre  «U'^ifera  gma  «himìóO)  fece  orgwi  ài  jféiom^ 
ko  ài  fiVA  niMio»  «d  in  S.  Oknneoieo  ae  fece  uno 
a  cartone  che  «i  é  eem^Mne,  nmiitenuto  dolce  e 
buono ^  ed  ha  S.  Cléoiente  n'era  un  diro  pur  di 
ma  mano,  il  qnaleera  in  aito,  ed  aTera  la  taata* 
tnra  da  basso  al  pian  del  cero:  -e  tierto  conbeU% 
eonsideraxkine;  perchè  aTendo ,  secondo  la  atta* 
lità  del  hiogo  )  podM  monnei ,  Tolem  ehe  1  or* 
^nteta  cantane  e  tonaaie.  E  perché  qnesta  abate 
amaTa  la  ina  relìgieney  come  vero  ministro  e  non 
dinipatore  delle  cose  dì  Dio,  bonifici  molto  «jnel 
kiogo  di  muraglie  e  di  pittore,  e  paitioolarmeDte 
rifece  la  cappella  nuggiore  delia  ana  obieea  eque!- 
la  tutta  dipinse,  ed  in  dna  niocbie  che  la  mett&- 
Tano  in  mesco  dipinse  in  nna  un  S.Rocco,  e  neU 
Taltra  nn  S.  Bnrtoicmimeo,  le  qnati  insieme  con 
la  chiem  sono  royinate.  Ma  tornando  all'abate  il 
qnale  fn  buono  e  ooatnmato  religioso,  egli  lasciò 
ano  discepolo  nella  pittura  Matteo  Lappoli  Are- 
tino che  la  ralente  e  pratico  dipintole,  come  ne 
dimostrano  T  opere  cne  jono  ai  sun  mano  in  Sr 
▲goatino  nella  cappelln  di  S.  Bastiano,  dove  in 
«na  niccbia  é  esso  santo  Gstto  di  riHero  dal  me- 
desimo ,  ed  intonso  gli  sodo  di  pittura  S.  Biagio, 
S.  Rocoa,  S.  Antonio  da  Padova  e  S.  Bernardino^ 
e  nell'arco  della  oappeMa  è  x»iia  Nnnsiata,  e  nella 
▼dta  i  qnaètro  E^rangetisti  la*roF»ti  a  fresco 
puUtamenle.  Di  mano  di  costui  è  in  un'altra  cap- 
pella a  ireseita  man  «isnca  entrando  per  la  por- 
dei  fianoo  in  detta  chiesa  ia  NatÌ¥ÌtÀ  «e  4a  nostra 
Dofuna  «nnatinata  doli'  angelo ,  «ella  figura  del 
^juale  angelo  Htraase  Ginlian  Baod  allora  giova- 
ne di  beliisttma  ttria;e  sopra  ladetta  porta  di  inori 
fece  una  Nunziata  in  mecio  a  S.  Piero  e  S.  Paolo, 
cilraendo  nel  ^olto  d^a  Madamw  ila  madre  di  M. 
FoL.  IL  a6 


ioa  PARTE     SSC0KD4 

Pietro  Aretino  famonsuiiio'poeUuIiiS.Fniiioi8eo 
alia  cappella  di  S.  Bamardino  fece  iu  um  taTolm 
esso  saDto  che  par  tìto  j  e  tanto  é  bello ,  che  egli 
à  la  miglior  figura  che  costui  facesse  mai.  In  tg- 
•coTado  fece  nella  cappella  de'Pietramalescbi  in 
vn  quadro  a  tempera  un  S.  Ignasio  bellissimo  ^ 
ed  in  piere  all'  entrata  della  porta  di  sopra  ch« 
risponde  in  piazza  un  S.  Andrea  ed  un  S.  Bastia- 
no ;  e  nella  compagnia  della  Trinità  con  bella  in- 
▼enzione  fece  per  Buoninsegna  Buoninsegni  Are- 
tino un*  opera  che  si  può  fira  le  migliori  che  mai 
fiftcesse  annoTcrare ,  e  ciò  fti  un  Crocifisso  sopra, 
un  altare  in  mezzo  di  un  S.  Maiiino  e  S.  Rocco, 
ed  a  pie  ginocchioni  due  figure,  una  figurata  per 
un  poTero  secco ,  macilente ,  e  malissimo  Te- 
atito  j  dal  quelle  usciyano  certi  rasai  che  diritta- 
mente  andaTano  alle  piaghe  del  Salyatore,  men- 
tre esso  santo  lo  guardaya  attentissimamente  i 
e  V  altra  per  un  ricco  restito  di  porpora  e  bisso 
e  tutto  rubicondo  e  lieto  nel  Tolto,  i  cui  raggi 
Dell'adorar  Cristo  parca ,  sebbene  gli  uscivano 
del  cuore  come  al  poTero ,  che  non  andassero 
dirittamente  alle  piaghe  del  Crocifisso,  ma  ca- 
gando ed  allargandosi  per  alcuni  paesi  e  campa- 
gne piene  di  grani,  biade,  bestiami,  giardini  ed 
altre  cose  simui,  e  che  altri  si  dbtendessero  in 
mare  Terso  alcune  barche  cariche  di  mercanzie  ^ 
ed  altri  finalmente  Terso  certi  banchi ,  doTC  si 
cambiaTano  danari:  le  quali  tutte  eosafurono  da 
Matteo  fatte  con  giudìzio,  buona  pratica,  e  molta 
diligenza ,  ma  fim>no  per  fare  una  cappella  non 
molto  dopo  mandate  per  terra.  In  picTC  sotto  il 
pergamo  fece  il  medesimo  un  Cristo  con  la  croce 
^r  M.Lionardo  Albergotti. 
Fu  discepolo  similmente  delFahate  di  S.  Qftr 


VITA  DI  DON  BARTOLOMMIO         408 

mente  un  frate  de' Serri  aretino  che  dipinse  dì 
colori  la  iiicciata  della  casa  de'Beiichini  d'Àres* 
so,  ed  in  S.  Piero  due  cappelle  a  fresco ,  l' una 
allato  all'altra.  Fu  anche  discepolo  di  D.  Bar- 
tolommeo  Domenico  Pecori  Aretino ,  il  quale 
fece  a  Sargiano  in  una  taTola  a  tempera  tre  G- 

Snre,  ed  a  olio  per  la  compagnia  di  S.  Maria  Mad* 
alena  un  gonfalone  da  portare  a  processione 
molto  bellone  per  M.  Presentino  Bi sdomini  in 
picTC  alla  cappella  di  S.  Andrea  un  quadro  d'una 
S.  Apollonia  simile  al  di  sopra^  e  fini  molte  cose 
Jasciate  imperfette  dal  suo  maestro^  come  in  S* 
Piero  la  tayola^di  S.  Bastiano  e  Fabiano  con  la 
Madonna  per  la  famiglia  de'  Benucei ,  e  dipinse 
nella  chiesa  di  S.  Antonio  la  tavola  dell'aitar 
maggiore ,  doT'é  una  nostra  Donna  molto  devota 
con  certi  santi;  e  perchè  detta  nostra  Donna 
adora  il  figliuolo  che  tiene  in  grembo,  ha  fiuto 
che  un  angioletto  ingin'ócchiato  di  dietro  sostiene 
nostro  Signore  con  un  guanciale,  non  lo  potendo 
reggere  la  Madonna  che  sta  in  atto  d' orazione  a 
mani  giunte .  Nella  chiesa  di  S.  Giustino  dipinse 
a.M.  Antonio  Roteili  una  cappella  de'Magi  in 
Cresco ,  ed  alla  compagnia  della  Madonna  in  pie* 
Te  una  tavola  grandissima,  dote  fece  una  nostra 
Donna  in  aria  col  popolo  aretino  sotto ,  dove  ri- 
trasse molti  di  naturale  ;  nella  quale  9pera  gli 
aiutò  un  pittore  spagnuolo  che  coloriva  bene  a 
olio  ed  aiutava  in  questo  a  Domenico ,  che  nel 
colorire  a  olio  non  aveva  tanta  pratica  qiianto 
nella  tempe^;  e  con  V  aiuto  del  medesimo  con-» 
dusse  una  tavola  per  la  compagnia  della  Trinità, 
dentrovi  la  circoncisione  di  nostro  Signore  tenuta 
cosa  molto  buona,  e  nell'orto  di  S.  Fiore  in  fresco 
nn  lìfoU  me  tangere  .  Ultimamente  dipinse  nei 


4o4  PA.RTS     SECOVDi 

vescovado  per  M.  Donato  MaraelU  primifftrio 
«ma  taToia  con  molte  figure,  c<Mi  buona  inv enn 
sione  e  buon  disegno,  e  gnm  rìlieTOi  pbe  g|U  feet 
dlora  e  sempre  onore  grandissimo  ;  nella  quale 
opera  essendo  assai  Teccbio ,  chiamò  in  aiuto  il 
Capanna  pìltor  sanese  ragionerei  maestfo ,  clm 
a  Siena  fece  tante  facciate  di  chiaroscuro  a  t#nt^ 
tavole  ;  e  se  fosse  ito  per  vita  ,  si  fiio«va  molto 
onore  nell'  arte  y  secondo  che  da  quel  poco  cka 
aTCTa  fatto  si  può  giudicare  .  krewm  DomenicQ 
fiitto  alla  fraternità  d'  Aresso  un  bffcldsccbuao  di«v 
pinto  a  olio  ,  cosa  ricca  e  di  grande  spesa  ,  il 
quale  non  ha  molti  anni  che  piystato  per  fare 
in  S.  Francesco  una  rappresentasione  diS.  Già* 
Tanni  e  Paolo  per  adornarne  un  paradiso  Ticinp 
al  tetto  della  chiesa  ,  esseii^osi  dalla  gran  copia 
de*  lumi  acceso  il  fuoco  y  arse  in«eme  con  quel 
che  rappresentava  Dio  Padre  y  che  per  esser  le<v 

rto  non  potette  fuggire,  come  fecero  gli  angiov 
j  e  con  molti  paramenti  e  con  gran  danno 
degli  spettatori  ;  i  quali  spaventati  dairincendio 
volando  con  furia  uscire  di  chiesa  ,  mentre  o*» 
gnuno  vuole  essere  il  primo,  nella  calca  ne  seop^ 
piò  intorno  a  ottanta,  che  fu  cosa  molto  cpmjpas^ 
sionevole  :  e  questo  baldacchino  fu  poi  riiatto 
con  maggior  riechessa  e  dipinto  da  Giorgio  Va* 
sari .  Diedesi  poi  Domenico  a  fere  finestre  di  ve^ 
tro  ,  e  di  sua  mano  n'  erano  %re  in  vescovado  ^ 
che  per  le  guerre  furon  rovinate  dairartiglieria. 
Fu  anche  creato  del  medesimo  Angelo  di  Lo^ 
l'entino  pittore,  il  quale  ebbe  assai  buono  mgòm 
gno. Lavorò  l'arco  sopra  la  porta  di  &  Domenico, 
e  se  fesse  stato  aiutato, sarebbe  fettosi  benissimo 
maestro.^Morl  l'abate  d' anni  ottantatre,  e  lasciò 
imperfetto  il  tempio  della  npstra  Donna  delio 


viri.  Dt  OOK  BA&TOLOMiaO  4o5 

Cacrime  del  quale  ayeTa  fatto  il  modello ,  ed  il 
quale  è  poi  da  diversi  stato  finito  .  Merita  dun- 
que costui  di  esser  lodato  per  miniatore ,  archi- 
tetto,  pittore,  e  musico*.  Gli  fu  data  dai  suoi 
monaci  sepoltura  in  S.  Clemente  sua  badia  ,  e 
tanto  sono  state  stimate  sempre  V  opere  sue  in 
detta  eitti ,  che  sopra  il  sepolcro  suo  si  leggono 
questi  Tersi  : 

Pinttebai  docie  Zéusis ,  conJebai  et  aedes 
Jncon  y  Pan  capripes.  ^fislula  prima  tua  est . 

JVbn  tamen  est  vobis  mecum  certaverit  ullus  .* 
Quae  tresfecUtis  ,  unicus  haec/acio  . 

Mori  nel  1461  avendo  aggiunto  all'  arte  della 

!  ottura  nel  miniare  quella  bellezza  che  si  vede  in 
utte  le  sue  cose  j  come  possono  far  fede  alcAno 
carte  di  sua  mano  che  sono  nel  nostro  libro  ;  il 
cui  modo  di  far  ha  imitato  poi  Girolamo  Patloa- 
none'  mini  che  sono  in  alcuni  libri  di  S.  Maria 
Muova  di  Firenze  ,  Gherardo  miniatore  fioren- 
tino che  fu  anco  chiamato  Vanto  ,  del  quale  si  è 
in  altro  luogo  ragionato  ,  e  dell'  opere  sue  cho 
sono  in  Venezia  particolarmente  ,  avendo  pun- 
tualmente posta  una  nota  mandataci  da  certi 
gentiluomini  da  Venezia  ;  per  sodisfazione  de' 
quali  y  poiché  avevano  durata  tanta  fatica  in  ri- 
trovar quel  tutto  che  quivi  si  legge  y  ci  conten- 
tammo che  fusse  tutto  narrato ,  secondo  che 
aveano  scritto  ;poicbè  di  vista  non  ne  poterò  dar 
giudizio  proprio  • 


VITA 

DI      GHERARDO 

tfiHiirou  FioaENTino. 

•  V  eramenle  cbe  ii  tette  le  cote  perpetue  ehe 
iì  Deiiuio  con  colori ,  nearana  più  redta  alle  per* 
cotte  de'  Tenti  e  deir  acque  che  il  masaico.  E 
ben  lo  conobbe  in  Fiorenza  ne'  tempi  tuoi  Lo« 
vento  tecchio  de'  Medici ,  il  quale  ,  come  per<* 
tona  di  tpirito  e  tpeculatore  delle  memorie  an- 
tiche j  cercò  di  rimettere  in  uso  quello  che  molti 
anni  era  stato  natcoto  ;  t  perchè  gi*andemente 
ti  dilettava  delle  pitture  e  delle  sculture ,  non 
potette  anco  non  allettarsi  del  musaico .  Laonde 
venendo  che  Gherardo  alloira  miniatore  e  cer^ 
▼elio  tofistico  cercava  le  difficuHÀ  di  tal  magi^ 
itero,  come  persona  ohe  tempreaiutò  quelle  per«* 
ione  in  chi  Tederà  qualche  teme  e  principio  di 
ipirito  e  d'ingegno,  lo  £iTorì  grandemente*  Onde 
mestolo  in  compagnia  di  Domenico  del  Ghù-lan* 
daìo ,  gli  fece  fare  dagli  operai  di  S.  Maria  del 
Fiore  allogasioiie  delle  cappelle  delle  crociere  f 
e.  per  la  prima  di  quella  del  Sagramento  >  doT'  è 
il  corpo  di  S.  Zanobi .  Per  lo  eoe  Gherardo  at-» 
iottigliando  l' ingegno  arebbe .  fbtto  con  Dome*» 
»ioo  mirabilissime  -cose  y  se  la  morte  non  tì  si 
iosse  interposta,  come  si  può  giudicare  dal  prin^^ 
cipio  della  detta  cappella  che  rimase  imperfetta. 
Fu  Gherardo ,  oltre  al  musaico ,  gentilissimo 
miniatore ,  e  tm  anco  figure  grandi  in  muro  ;  »- 
fiior^dla  poita  aUn  Croce  è  Ui  fresco  un  taber«* 


4o8  rA&T*    SCGO^ir»^ 

nacolo  di  saa  manose  un  altro  n'è  in  Fiorensa  a 
sommo  della  via  La^ga  niolto  lodatole  nella  fìio^ 
ciata  della  chiesa  di  6.  Gilio  ,a  S.  Maria  NupTa 
dipinse  aotto  le  Aorie^li  Loreteo  dtBicciy  dÀv'  i  ' 
la  consegrazione  di  auella  chiesa  fatta  da  papa 
Martino  V ,  quando  il  meàtmxAó  papa  da  l'abito 
allo  spedalingo  e  molti  pririlegi  ;  nella  quale 
storia  erano  molto  meno  figure  di  quello  ^1|B 
fi^ieva  eh'  ella  nchwdelée  ^  fber  jossdre.  teamet- 
xate  da  un  tahef  naeoby  dantra  al  quale  ara  mm 
nostra  Donna ,  ohe  ultimamente  è  stata  levata 
da  D.  Isidoro  Montaguto  modernsi  apeéaiing»  di 
quel  luogo^per  rifanri  una  portapnncipale  deilu 
casa  y  e  sI^otì  falt»  rid&pigoere  dn  Fraifeeaaeo 
BHm  pittore  fiorentino  giovane  il  restante  di 
quella  storia .  Ma  per  tornare  «"Gteitardo  y  non 
sarabhe  tfuasi  state  possibile  qhe  nn  maeitro  ben 

Ematico  avesse  &tto  ^  ae  non  oon  molta  &tiiea  ^ 
ligenaa ,  quello  che  egli  feoé  in  quell-  opem 
benissieie  lavorata  in  fresoe*  liei  medessno  ape# 
dale  miniò  Gherardo  per  iaebsesa  no*  infiniti  di 
librì  j  e  alcuni  per  S.  Maria  dd  Eiore  diFioien^t 
sa  >  ^  alcuni  altri  per  Mattia  Gorrino  re  d*Un«^ 
ghei*ia;  iquali,  aopravtenuta  la  inorte  del  detto 
De  ^ànsieme  con  attrt  di  mano  di  Vanta  e  d'  altri 
maestri  che  per  lo  detto  re  lavesTavane  in  Fie« 
renea^funeno  pagati-e  peesi  dal  niagni&coliomk» 
IO  de  '  Medici,  e  posti  nel  tuimero  di  qneUi  tantn 
nominati  che iprèpafavane  per  Inr  la  libreria^  e 

£t  da.  papa  Clemente  Vii  fu  fiabbrioafta ,  ed  em 
I  duna  Gosiido  si  dà  ondisvdi  {mUKoàee .  Ma. 
di  maestro  di  minio  divenuto  ,  'OiMie  ai  è  dette , 
pfettoré,  oltre  l'iepers  flette^  fece  inini  #ran 
eartone  alcune  figusn  a^aodi  per  i  VengeUsti 
efae  di  musaioe  aveva  a  ine  natta  tegpelladi  & 


VIVA  »i  ersft'ARDo     409 

Bmmhl  B  prima  A9  gli  iaite  fktU  fare  dal  m»* 
fià&c^I^ovonsodc'MedieiraHogamnie  A  detta 
«a|ipella,  per  mostrare  ebe  lOteMb^a  la  €oia  del 
nmaaìt» ,  a  che  aapava  ^uf  aeosa  compagno  » 
iéee  «na  tetta  gsnmde  dì  S  JEanoM  qoaata  il  yìto; 
la  qwlc  rimato  i|i  8.  Maria  del  Flore ,  e  ti  metla 
MB'gior»!  più  tolenDi  in  tuli'altare  di  detto-santo 
è  in  altro  luogo  9  eptne  eota  rara .  Mebire  che 
Itiherarde  aodwva  q«ette  cote  laTomnda,  fnrono 
recate  in  PioroMui  eloueo  ttampe  di  maniera 
ledeaoa  fiMe  da  Martino  e  da  Alberto  I>ero  j 
perohA  piaoendagH  .molto  q«ella  torte  d' inta-* 
glio  y  si  mite  col  bulino  a  intagliare,  e  rìti*a«te 
alcune  di  quelle  calate  benissimo ,  come  ti  può 
▼eder  in  certi  peui  cbe  ne  tono  nel  nostro  libro 
intieme  con  alcuni  ditegnidi  mano  del  medesimo. 
Dipinte  Gberardo  molti  quadri  cbe  furono  man- 
dati di  fuori,  de' quali  uno  n'  è  in  Bologna  nella 
cbieta  di  S.Domenico  alla  cappella  di  S.  Caterina 
da  Siena,  dentrovì  etsa  tanta  benissimo  dipinta. 
£  in  S.Marco  di  Firenze  fece  sopra  la  tavola  del 
Perdono  un  mezzo  tondo  pieno  di  figure  molto 
graziose.  Ma  quanto  todisfaccTa  costui  agli  altii, 
tanto  meno  sodisfaceTa  a  se  in  tutte  le  cose,  ec- 
cetto nel  musaico;  nella  qual  sorte  di  pittura  fu 
più  tosto  concorrente  cbe  compagno  a  Domeni- 
co Gbirlandaio .  £  te  fusse  più  lungamente  tì- 
Tuto  ,  tarebbe  in  quello  divenuto  eccellentissi- 
mo ,  percbè  vi  dur^ya  fatica  volentieri ,  e  aveva 
trovato  in  gran  parte  i  segreti  buoni  di  quell'ar- 
te .  Yogliouo  alcuni  cbe  Attavante  ,  altrimenti 
Vanto  miniator  fiorentino  ,  del  quale  si  è  ragio- 
nato di  sopra  in  più  d'  un  luogo ,  fiisse ,  siccome 
fìi  Stefiino  similmente  miniatore  fiorentino  ,  di- 
scepolo di  Gherardo  ;  ma  io  tengo  per  fermo  , 


4iù  P  ▲  ft  T  S    S I  e  O  KB  A 

rUpetto  air  eMere  stato  Pano  e  l'altro  invìi 
floedesimo  tempo  ,  che  Attarante  fosse  piuttosto 
amico»  compagno,  e  coetaneo  di  Gherairao ,  che 
4i6cepolo.Mori  Gherardo  essendo  assai  ben  oltn 
con  gU  anni ,  lassando  a  Stefiino  suo  discépolo 
tutte  le  cose  sue  dell'  arte  •  Il  quale  Stefano  noai 
medito  dopo  datosi  airarofaitettura,  lasciò  il  mU 
niare  e  tutte  le  cose  soe  appartenenti  a  ^uel 
mestiere  al  Boccardino  Teccoio  ,  il  qoal  mimò  In 
maggior  parte  de'  libri  che  sono  nella  badia  J&. 
Firenae.Mori  Gherardo  d' anni  sessantatre,  e  In- 
rono  le  opere  sue  intorno  agli  anni  di  nostra  sa«* 
late  i470« 


VITA 
DI  DOMENICO  GHIRLANDAIO 

PITTOKS  FIOKKNTlIfa  . 


D. 


'omenico  di  Tommaso  del  Gbìrlaodaio  ^  il 
quale  per  la  Tirtù  e  per  la  grandezsa  e  per  la 
moltitudine  dell'  opere  ti  può  dire  uno  de'  prilla 
cipali  e  più  eccellenti  maestri  dell'età  sua  ,  -fit 
dalla*  natura  fatto  per  essere  pittore ,  e  per  quc« 
sto  non  ostante  la  disposizione  m  contranodi 
ehi  r  aTea  'fi  custodia  (  che  molte  Tolte  impe* 
disco  i  grandissimi  fiotti  degl'  ingegni  nostri , 
occupandoli  in  cose  dorè  non  sono  atti  y  deria»- 
doli  da  quelle  in  che  sono  naturati)  ,  seguendo 
V  instinto  naturale,  fece  a  se  grandissimo  onore 
ed  utile  all'  arte  ed  ai  suoi ,  e  fu  diletto  grande 
della  età  sua  .  Questi  fu  posto  dal  padre  air  arte 
sua  deirorafo,nella  quale  egli  era  più  che  ragio» 
■eTole  maestro;  e  di  sua  mano  erano  la  maggior 
parte  de'  Toti  d'  argento  che  già  si  cdnflerravaoo. 
neir  armario  della  Nunziata, e  le  lampane  d'  vr* 
gento  della  cappella  ,  tutte  disfatte  nell'  assedio 
della  città  ranno  i5a9  .  Fu  Tommaso  il  primo 
efae  troTasse  e  mettesse  in  opera  quell'omamente 
del  capo  delle  fanciulle  fiorentine  >  che  si  chia« 
mano  ghirlande  ^  donde  ne  acquistò^ il  nome  del 
Ghirlandaio  y  non  solo  per  esserne  lui  il  primor 
inventore  y  ma  per  averne  anco  fatto^un  numero, 
infinito  e  di  rara  hellezza  ;  tal  che  non  pareit 
ptacessino  se  non  quelle  che  della  sua  bottega 
lessero  uscite  ^P^stodunque  all'  arte  deli'orcib 


/ 


4x2  PAETK    $%CÙff1^Jk 

ce^non  piacendogli  qaella,  non  restò  di  coniinii# 
di  disegnare .  Percké  «ssendlo  egli  dotato  dalia 
natura  d'uno  spirito  perfetto  e  d'un  gusto  mira* 
bile  e  giudieioso  nella  pitCara^^aantaBOtte  orafo 
nella  sua  fanciuilezsa  fosse  ,  sempre  al  disesno 
attendendo  ,  4<enne  si  pronto  e  presto  e  facile  4 
che  molti  dicono  che  ,  mentre  che  ali*  orefice 
dimoraya^  ritraendo  ocni  persona  che  da  bott^j» 
passava  ,  U  fieiceTa  suìto  somigliare  ^  come  ne 
&nno  fede  anooira  neU' capere  sue  infiniti  ritraiti 
che  sono  di  similiboMlini  TiTÌsslme .  Furono  le 
sue  prime  pittwre  in  Ognissanti  la  cappella  de* 
Veapncci  ,  dov'  i  un  Gcieto  morto  ed  alcuni  san-* 
ti  )  e  sopra  un  arco  una  Misericordia^  neUa.cpiaka 
i  il  ritratto»  di  Ajacrigo  Yespuoei  cheifece  le  u« 
Tigauoni  deli'  India  ;  e  uà.  refettorio  di  detta 
kiìogo  £ece  nn  cenacolo  a  firesco.  Dipano  iaS< 
Croce  all'  entrata  ddla  chiesa  a-  maa  deahra  la 
storia  di  S.  Paolino;  onde  acqvialando  £sm« 
grandissima  e  in  ctedito  tenuto ,  a  FraneesCtt 
Sessetti  larovò  in  S.Trinita  una  cappella  con  isto« 
rie  di  S.  Franscesco  ,  la  ^ale  opera  è  mirabile 
mente  eondottai^e  da  luiooa  gnuta^con  pnlkenni 
e  con  axnc»  laTorata  v  In  questa  contimeoe  egli 
e  ritrasse  il  ponte  a  S.  Trinità  col  palano  degli 
Spinta  fingendo  nella  prima &coia  la  storia  di  S* 
Francesco^  quando  apparisce  in  aria  e  resnseita 
quel  BaineiaUo;  dove  si  tede  in  quelle  donne  che 
K>  yegffono  resuscitare^  il  dolore  della  mort&  nel 
portarlo  alla  sepoltura,  e  rallegre»sa  e  la  mare- 
Tìglta  nella  sua*  resurresione  ;  eontraffeeeti  i 
frati  che  escon  di  chiesa  co'  becchini  dietro  aU« 
croce  per  sotterrarlo  ^  fatti  molto  naturalmente; 
e  cosi  altre  figure  che^  si  mararigliano  di  quello 
effetto  ,  che  noa*  danno  altrmi  poco  piaeerse  de*- 


TITA  DI  DOmmcO  «DUlLAirdAlO      4l3 

re  tono  ritratti  Maso  degli  Ailnsii ,  M.  Agnolo 
Acciainoli  I M*  Palla  SìWikeì  »  notabili  cittadini 
•  nelle  istorie  diqiiella  citte  assai  nominati  *  In 
un'  altra  fece  quando  S.  Francesco  presente  il 
▼icatio  rifiuta  la  erediti  a  Pietro  Beraardone  suo 
padre  »  e  piglia  V  abito  di  saeco ,  clgaendost  con 
la  corda  :  e  nella  fiiecia  dei  messo  quando  egli 
Ta  a  Roma  a  papa  Onorio  a  ia  confermar  la  re- 
gola  sua  I  presentando  di  Gennaio  le  rose  a  quel 
pontefice;  nella  quale  storia  finse  la  sala  dei  con* 
cistoro  co'cardinali  cbe  sederano  intorno,e  certe 
scalee  cbe  faltrano  in  quella,  accennando  certe 
messe  figure  ritratte  di  naturale  ed  accomodane 
doTÌ  ordini  d*  appoggiatoi  per  la  salita*  ;  e  ira 
quelli  ritrasse  il  magnifico  Lorenso  Tccchio  de' 
Medici .  Dipiuaeri  medesimamente  quando  S. 
Francesco  riocTe  le  stimate  ,  e  nell'  ultima  fece 
quando  egli  è  morto  e  cbe  i  frati  lo  piangono  ; 
UOTC  si  Tede  un  frate  cbe  gli  baeia  le  mani  ,  il 
quale  effetto  non  si  può  esprimer  meglio  nella 
pittura  t  scusa  che  eW  é  un  tcscoto  parato  con 
gli  occhiali  al  »aso  che  gli  canta  la  Tigilia ,  che 
il  non  sentirlo  solamente  lo  dimostra  dipinto  « 
Ritrasse  in  due  quadri  che  mettono  in  messo  la 
tavola  Francesco  Sassetti  ginocchioni  in  uno  y  e 
•ell'altro  madonna  Nera  sua  donna  ed  i  suoi  fi* 
gliuoli  (  ma  questi  nell'  istoria  di  sopra  dorè  si 
resuscita  il  mnciullo  )  con  certe  belle  giorani 
della  medesima  famiglia  ,  di  cui  non  ho  potuto 
ritroTar  i  nomi ,  tutte  con  gli  abiti  e  portatore 
di  quella  età  ,  cosa  che  non  è  di  poco  piacere . 
Oltre  eh'  e'  fece  nella  Tolta  quattro  sibille  y  e 
fuori  della  cappella  un  ornamento  sopra  Tarco 
nella  faccia  dinansi  con  un»  storia  y  dentrori 
quando  La  sibilla  Tiburtina  fece  adorar  Cristo  a 


4l4  PARTS    SECONDA 

OttaTÌano  imperatore  y  che  per  opera  in  fresctf 
è  molto  inraticamente  condotta  e  con  una  alie^- 
grezza  di  colorì  molto  Taghi.  Ed  insieme  accom-* 
pagnò  questo  iaroro  con  una  tayola  pur  di  sua 
mano  laTorata  a  tempera  ,  quale  ha  de&tro 
una  natÌTità  di  Cristo  da  fieir  maraTigliare  ogni 
persona  inteliigeofte  i  dorè  ritrasse  se  medesimo 
e  fece  alcune  teste  dì  pastori  che  sono  tenute 
cosa  divina  .  Della  quale  sibilla  e  d*  altre  cose 
di  queir  opera  sono  nel  nostro  libro  disegni  beU 
Kssimi  fatti  di  chiaroscuro,  e  particolarmente  la 
prospettiva  del  ponte  a  S.  Trinità  .  Dipinse 
a'  frati  Insesuati  una  tavola  per  l' aitar  mag« 
giore  con  alcuni  santi  ginocchioni,  cioè  S.  Giu- 
sto TcscoTO  di  Volterra  che  era  titolo  di  quella 
chiesa,  S.  Zanobi  vescovo  di  Firenze  ,un  Angela 
Raffaello^ed  un  S.  Michele  armato  di  bellissima 
armàdure  ,  ed  altri  santi  :  e  nel  vero  merita  in 
questo  lode  Domenico ,  perchè  fu  il  primo  cha 
cominciasse  a  contraffar  con  i  colori  alcune  guar«^ 
nizioni  ed  ornamenti  d*oro  che  insino  allora  non 
si  erano  usatele  levò  via  in  gran  parte  quelle  firegia» 
ture  che  si  facevano  d'oro  a  mordente  o  a  bolo,  la 
quali  erano  pii\  dadrappelloni  che  da  maestri  buo- 
ni.Ma  più  che  l'altre  6gure,è bella  la  nostraDonna 
che  ha  il  figliuolo  in  collo  e  quattro  angioletti 
attomo.Questa  tavola, che  per  cosa  a  tempera  non 
potrebbe  meglio  esser  lavorata ,  fu  posta  allora 
fuor  della  porta  a  Pinti  nella  chiesa  di  que'frati; 
ma  perchè  ella  fu  poi,  come  si  dirà  altrove,  rovi- 
nata,eirè  oggi  nella  chiesa  di  8*  Giovannino,den- 
tro  alla  porta  a  S.PierGattolini  dove  è  il  conven-r 
to  di  detti  Ingesuati  •  E  nella  chiesa  di  Cestello 
fece  una  tavola  finita  da  David  e  Benedétto  suoi 
•rateili  ydentrovi  la  visitazione  di  nostra  Donna- 


JTTA.  Dt  DOHCNICO  e^SIALANDAIO       4i5 

non  alcune  teste  di  femmine  raghissime  e  bellis*» 
sime .  N(^iia  chiesa  degl'Innocenti  fece  a  tempera 
una  taTola  de'  Magi  molto  lodata  ;  nella  quale 
sono  te^te  bellissime  d'aria  e  di  fisonomia  varìe^ 
eosl  di  gtoTani  come  di  Tecchi ,  e  particolar- 
mente nella  testa  della  nostiii  Donna  si  conosce 
quella  onesta  bellezsa  e  grazia  ^  che  nella  ma- 
dre del  figliaci  di  Dio  può  esser  fatta  dall'  arte  ; 
ed  in  S.  Marco  al  tramezzo  della  chiesa  un'altra 
tavola  ^  e  nella  foresteria  un  cenacolo  ^  con  dili- 
genza l'uno  e  l'altro  condotto:  ed  in  casa  di  Gio- 
Tanni  Tomabuontun  tondo  con  la  storia  de'Magi 
fatto  con  diligenza  ;  allo  Speda  letto  per  Lorenzo 
Tecchìo  de*  Medici  la  storia  di  Vulcano  ,  dorè 
laTorano  molti  ignudi  fabbricando  con  Te  mar- 
stella  saette  a  Giove  ;  e  in  Fiorenza  nella  chiesa 
d'  Ognissanti  >  a  concorrenza  di  Sandro  di  Bot<p 
tienilo  ,  dipinse  a  fresco  un  S.  Girolamo  ,  che 
oggi  é  allato  alla  porta  che  va  in  coro ,  intomo 
alquale  fece  una  infinità  d 'instrumenti  e  di  libri 
da  persone  studiose .  Questa  pittura  insieme  con 
quella  di  Sandro  di  Botticelle ,  essendo  occorso 
a'  firati  levare  il  coro  del  luogo  dove  era  y  è  stata 
allacciata  con  ferri  e  traportata  nel  mezzo  della 
chiesa  senza  lesione,  in  questi  propri  giorni  che 
queste  vite  la  seconda  volta  si  stampano . 

Dipinse  ancora  V  arco  sopra  la  porta  di  Sant« 
Maria  Ughi ,  ed  un  tabemacolino  all'arte  de'  li- 
naiuoli ;  similmente  un  S.  Giorgio  molto  bello 
che  ammazza  il  serpente  nella  medesima  cliiesa 
d'Ognissanti.  E  per  il  vero  egli  intese  molto  bene 
il  niodo  del  dipianere  in  muro  e  facilissimamente 
lo  lavorò ,  essendo  nientedimanco  nel  comporre 
le  sue  cose  molto  leccato .  Essendo  poi  chiamato 
a  Rema  da  papa  Siato  I Y  a  dipignere  con  al^-i 


4l6  PAETK    SECONDA 

maestri  la  sua  cappella,  ti  diplfise  aaando  Cristo 
cbiama  a  se  dalle  reti  Pietro  ed  Ajidrea,  e  la  Re- 
surresione  di  esso  Gesù  Cristo,  della  quale  oggi  è 
guasta  la  maggior  parte  per  essere  ella  aopra  la 
porta  9  rispetto  allo  averrisi  ayuto  a  rìnietter  un 
architraye  che  rovitiò .  Era  in  questi  tempi  me- 
desimi io  Roma  Francesco  Tomabuoni  onorato 
e  ricco  mercante  ed  amicissimo  di  Domenico  ^ 
al  quale  essendo  lùorta  la  donna  sopra  parto , 
come  s'è  detto  in  Andrea  Verroccbio,  ed  avendo 
per  onorarla  ;  come  si  conrenia  alla  nobiltà  loro, 
fattole  fare  una  sepoltura  nella  Minerva,  Tolle 
anco  che  Domenico  dipignesse  tutta  la  fiaiccia 
dove  ell'era  sepolta  ;  ed  .oltre  a  questo  ti  facesso 
una  piccola  tavoletta  a  tempera.  Laonde  in  quel- 
la parete  fece  Quattro  storie';  due  di  S.  Giovanni- 
Battista  e  due  della  nostra  Donna,  le  quali  vera- 
mente gli  furono  allora  molto  lodate.  £  pra^vò 
Francesco  tanta  dolcezsa  nella  pratica  di  Durne* 
nicoycfae  tornandosene  quello  a  Fiorenaa  eoa 
onore  e  con  danari ,  lo  raccomandò  per  lettere  a 
Giovanni  suo  parente,  scrivendoli  quanto  e' lo 
avesse  servito  oene  in  quell'operaie  quanto  U 
papa  fusse  satisfatto  delle  sue  pitture  .Le  quali 
cose  udendo  Giovanni ,  cominciò  a  disegnare  di 
metterlo  in  qualcbe  lavoro  magnifico  da  onorare 
la  memoria  di  se  medesimo  e  d'  arrecare  a  Do- 
menico fama  e  guadagno .  Era  per  avventura  in 
S.  Maria  Novella  ,  convento  de'  frati  Predi- 
catori ,  la  cappella  maggiore  dipinta  gi&  da  An- 
drea Orgagna  ,  la  quale  per  essere  stato  mal  co- 
perto il  tetto  della  volta  era  in  pi&  parti  guasta 
dall'  acqua  .  Per  il  che  già  molti  cittadini  V  ave- 
vano voluta  rassettare  ovvero  dipicnerla  di  nuo- 
vo :  ma  i  padroni ,  che  erano  quelu  delU  lami- 


TITA  DI  DOMSmCO  GHIllLANDAIO      417 

glia  de'  Ricci ,  non  se  n'erano   mai  contentati  ^ 
non  potendo  essi  far  tanta  spesa  ne  volendosi  ri-* 
«okere  a  concederla  ad  altrui  che  la  facesse^  per 
non  perdere  la  jurisdizione  del  padronato  ed  il 
segno  detrarrne  loro  lasciatugU  dai  loro  antichi. 
Giovanni  adunque  desideroso  che  Domenico  gli 
facesse  questa  memoria,  si  mise  intomo  a  questa 
pratica  tentando  diverse  vie  ,  ed  in  ultimo  pro- 
mise a'  Ricci  far  tutta  quella  spesa  egli ,  e  che  li 
ricompenserebbe  in  qualcosa  e  farebbe  metter 
r  arme  loro  nel  più  evidente  ed  onorato  luogo 
che  (usse  in  quella  cappella  .  £  cosi  rimasi  d'ac- 
cordo, e  fattone  contratto  e  instrumento  molto 
stretto  del  tenore  ragionato  di  sopra  ,  logò  Gio« 
vanni  a  Domenico  quest'  opera  con  le  storie  me- 
desime che  erano  dipinte  prima  ,  e  fecero  che  il 
prezzo  fusse  ducati  millcdugento  d'  oro  larghi  , 
ed  in  caso  che  i'  opera  gli  piacesse  ,  fussino  du- 
gento  più .   Per  lo  che  Domenico  mise  mano 
all'opera,  né  restò  che  egli  in  quattro  anni  V  eh^ 
he  finita  ;  il  che  fu  nel    i4B5   con  grandissima 
satisfazione  e  contento  di  esso  Giovanni;  it  quale 
chiamandosi  servito  e  confessando  ingenuamente 
che  Domenico  aveva  guadagnati  i  dugento  du- 
cati del  più  ,  disse  che  arebbe  piacere  che  e'  si 
contentasse  del  primo  pregio  ;  e  Domenico  ,  che 
molto  più  stimava  la  gloria  e  V  onore  che  le  rie* 
chczze  ,  gli  largì  subito  tutto   il  restante  ,  after- 
mando  che  aveva  molto  più  caro  lo  avergli  satis- 
fatto, che  lo  essere  contento  del  pagamento.  Ap- 
presso Giotanni   fece  fare  due  armi  grandi  di 
pietra  ,  Tuna  de*  Tornnquinci ,  l'altra  de'  Tor- 
nabnoni ,  e  metterle  ne*pilastri  fuori  d'essa  cap- 
pella ,  e  neir  arco  altre  arme  di  delta  famiglia 
divisa  in  più  nemi  e  più  arme  ^  cioè ,  olire  alle 
FoL,  Il  27 


4r8  >A]ITE     SECONDA 

due  dette  y  Giacliinotti  j  Popolesclii  y  Marabotti» 
ni ,  e  Cardinali.  E  quando  poi  Domenico  fec« 
la  tavola  dell*  altare  y  nell'  ornamento  dorato 
sotto  un  arco  per  fine  di  qaella  tavola,  fece 
mettere  il  tabernacolo  del  Sacramento  bellissi- 
mo ,  e  nel  frontispizio  di  quello  fece  uno  scudic- 
ciuolo  d'  un  qnaito  di  braccio  ,  dentrovi  Tarme 
de'  padroni  detti  ,  cioè  de'  Ricci .  Ed  il  bello  fa 
allo  scoprire  della  cappella  ;  perchè  questi  cer- 
carono con  gran  romore  dell'  arme  loro,  e  final- 
mente non  ve  la  vedendo  ,  se  n'andarono  al  ma- 
gistrato degli  Otto  y  portando  il  contratto  .  Per 
il  che ,  mostrarono  i  Tomabuoni  esserri  posta 
nel  piÀ  evidente  ed  onorato  luogo  di  quell'  ope»> 
ra  ;  e  benché  quelli  esclamassero  che  ella  non  si 
vedeva,  fu  lor  detto  che  eglino  avevano  il  torto, 
e  che  avendola  fatta  metter  in  cosi  onorato  luo-» 
go  ,  quanto  era  quello  ,  essendo  vicina  al  Santis- 
simo Sagramento  ,  se  ne  dovevano  contentare  • 
E  così  m  deciso  che  dovesse  stare  per  quei  ma- 
gistrato, come  al  presente  si  vede  .  Ma  se  questo 
paresse  ad  alcuno  fuor  delle  cose  della  vita  che 
si  ha  da  scrivere,  non  gli  dia  noia  ;  perchè  tutto 
ara  nel  fine  del  tratto  della  mia  penna  ,  e  serve  , 
se  non  ad  altro  ,  a  mostrare  quanto  la  povertà  è 
preda  delle  ricchezze,  e  che  le  ricchezze  accom- 
pagnate dalla  prudenza  conducono  a  fine  e  senza 
pìasimo  ciò  che  altri  vuole  • 

Ma  per  tornare  alle  beli*  opere  di  Domenico  , 
sono  in  questa  cappella  primieramente  nella 
volta  i  quattro  Evangelisti  maggiori  del  natura- 
le ,  e  nella  parete  della  finestra  storie  di  S.  Do- 
pienico,  e  S.  Pietro  martire,  e  S.  Giovanni  quan- 
do va  al  deserto  ,  e  la  nostra  Donna  annunziata 
dall'  angelo  ,  e  molti  santi  avvocati  di  Fiorenza 


VITA  DI  DOMENICO  GBlRliANOAlO      419 

ginocchioni  sopra  le  finestre  ,  e  dappiè  t'  è  ri* 
tratto  di  naturale  GioTanni  Tomabuoni  da  man 
ritta  e  la  donna  sna  da  man  sinistra ,  che  dicono 
esser  molto  naturali  .  Nella  facciata  destra  sono 
sette  storie  scompartite  j  sei  di  sotto  in  quadri 
grandi  quanto  tien  la  facciata  ,  ed  una  ultima  di 
sopra  larga  quanto  son  due  istorie  e  quanto  ser- 
ra l'arco  della  Tolta  ,  e  nella  sinistra  altrettante 
di  S.  Gio:  Battista  .  La  p-ima  della  facciata  de^ 
stra  é  quando  GioTacchino  fu  cacciato  del  tem^ 
pio  ;  dove  si  Tede  nel  Tolto  di  lui  espressa  la  pa- 
•lenza  ,  come  in  quel  di  coloro  il  dispregio  e 
r  odio  che  i  Giudei  aTCTano  a  quelli  ^  che  senza 
aTere  figliuoli  veniTano  al  tempio  :  e  sono  in 
questa  storia  dalla  parte  Terso  la  finestra  quattro 
uomini  ritratti  di  naturale  ;  l'-uno  de' quali , 
cioè  quello  che  è  Tecchio  e  raso  e  in  cappuccio 
Tosso^ ,  è  Alesso  BaldoTiiietti  maestro  di  Dome- 
nico nella  pittura  e  nel  musaico  .  \J  altro  che 
è  in  capelli  e  che  si  tiene  una  mano  al  fianco  ed 
ha  un  mantello  rosso  e  sotto  una  Tcsticciuola  az« 
surra  y  è  Domenico  stesso  maestro  dell'  opera 
ritrattosi  in  uno  specchio  da  se  medesimo.Quel- 
Io  che  ha  una  zazzera  nera  con  certe  labbra 
grosse  è  Bastiano  da  S.Gemignano  suo  discepolo 
e  cognato  ;  e  T  altro  che  Tolta  le  spalle  ed  ha  un 
berrettino  in  capo  j  è  DaTidde  Ghirlandaio  pit- 
tore suo  fratello  ;  i  quali  tutti  per  chi  gli  ha  co- 
nosciuti si  dicono  esser  Tera mente  tìtì  e  natura- 
K  .  Nella  seconda  storia  è  la  natiTità  della  nostra 
Donna  fetta  con  una  diligenza  grande  ,  e  tra  le 
altre  cose  notabili  che  egli  tì  fece ,  nel  casamen- 
to o  prospettica  è  una  finestra  che  dà  il  lume 
a  queUa  camera,  la  quale  inganna  chi  la  guarda. 
Oltra  questo,  mentre  S.  Anna  è  nel  letto  e  cert^ 


4ao  PARTK    SSC0ND4 

donne  la  yisitano  ,  potè  alcune  femmine  clie  k. 
yano  la  madonna  con  gran  cara  ;  chi  mette  ac- 
aua  I  chi  fa  le  fiisce  y  chi  &  un  aeirisio ,  c)ii  nt 
fa  un  altro  ;  e  mentre  ognuna  attende  al  suo  , 
Ti  è  una  femmina  che  ha  in  collo  quella  puttina, 
e  ghignando  la  &  rìdere  con  una  graua  donne- 
sca degna  yeramente  di  un'  opera  Bimile  a  que- 
sta j  oltre  a  molti  altri  affetti  che>ono  in  ciascu- 
na figura  .  Nella  tersa  ,  cbe  è  la  prìma  sopra  ,  è 
quando  la  nostra  Donna  saelie  i  gradi  del  tem- 
pio 9  dor'  è  un  casamento  cne  si  allontana  assai 
ragionevolmente  dall'  occhio  ;  oltra  ch«  Y*è  uno 
ignudo  cbe  gli  fu  allora  lodato  per  non  se  ne  usar 
molti  y  ancorché  e'  non  vi  fusse  quella  intera 
pei*fcsione|Come  in  quelli  che  si  sonGutti  ne'tem- 
pi  nostri,  per  non  essere  eglino  tanto  eccellenti . 
Accanto  a  questa  è  lo  sposalizio  di  nostra  Don- 
na,  dorè  dimostrò  la  collera  di  coloro  che  si  sfo- 
gano nel  rompere  le  verghe  che  non  fiorirono 
come  quella  di  Giuseppe  ;  la  quale  storia  è  co- 

8 iosa  di  figure  in  uno  accomodato  casamento  . 
iella  quinta  si  veggono  arrivare  i  Magi  in  Bel- 
telem  con  gran  numero  di  uomini  j  cavalli ,  e 
dromedari^  e  altre  cose  vane  ;  storia  certamente 
accomodata.  £d  accanto  a  questa  è  la  sesta  ,  la 
quale  è  la  crudele  impietà  fatta  da  £rode  agl'In-i. 
nocenti  y  dove  si  vede  una  baruffa  bellissima  di 
femmine  e  di  soldati  e  cavalli  che  le  percuotono 
ed  urtano*£  nel  wero  di  quante  storie  vi  si  vede 
di  suo  y  questa  é  la  migUoi*e ,  perchè  ella  è  coiw 
dotta  con  giudisio,  con  ingegno  ed  arte  grande  • 
Conoscevisi  V  impia  volontà  di  coloro  che  co- 
mandati da  Erode  sen^a  rìguaVdare  le  madri 
uccidono  miei  poveri  fanciullini ,  fra  i  quali  si 
vede  uno  cne  ancora  appiccato  alla  poppa  mw9^ 


VITA  ti  Donuaco  ohiklaivdaio  4ai 

rie  per  le  (erìte  ricevute  nella  gola  y  onde  snggei 
per  non  dir  bere  >  dal  petto  non  meno  sangue 
che  latte  ;  cosa  Teramente  di  sna  natura  ,  e  per 
Cflser  fatta  nella  maniera  eh'  ella  è  y  da  tornar 
^ta  la  pietà  dove  ella  fuBse  ben  morta  :  cttì 
«ncora  un  soldato  che  ha  tolto  per  forca  un 
putto  y  e  mentre  correbdo  con  quello  se  lo  strin^ 
gè  m  sul  petto  per  ammassarlo  ^  se  gli  vede  ap* 
piccata  a'capelli  la  madre  di  quello  con  grandis- 
sima rabbia  ,  e  facendogli  fare  arco  della  schie- 
na,fa  che  si  conosce  in  loro  tre  effetti  bellissimi, 
uno  è  la  morte  del  putto  che  si  Tede  crepare  ; 
i' altro  l'i  inpietà  del  soldato  che^  per  ^  sentirsi 
tirare  si  stranamente ,  mostra  V  affetto  (lei  ven* 
dicarsi  in  esso  putto  :  il  terso  è  che  la  madre  nel 
Yeder  la  morte  del  figliuolo  ,  con  furia  e  dolore 
e  sdegno  cerca  che  quel  traditore  non  parta  sensa 
pena  ;  cosa  Teramente  più  da  filosofo  mirabile 
di  gittdiftio  che  da  pittore  .  Soutì  espressi  molti 
'altri  affetti ,  che  chi  li  guarda  conoscerà  sensa 
dubbio  questo  maestro  essere  stato  in  quel  tem- 
po eccellente  .  Sopra  questa  nella  settima  ,  che 
Sigila  le  due  storie  e  cigne  l'arco  della  Tolta  y  è 
transito  di  nostra  Donna  e  la  sua  Assunsione 
con  infinito  numero  d'  angeli  ,  ed  infinite  figure 
e  paesi  ed  altri  ornamenti ,  di  che  egli  soleTa 
abbondare  in  quella  sua  maniera  facile  e  pratica. 
Dair  altra  faccia  ,  doTe  sono  le  storie  di  S.  Gio- 
Tanni ,  nella  prima  é  quando  Zaccheria  sacrifi- 
cando nel  tempio ,  l'angelo  gli  appare^  e  per  non 
credergli  ammutolisce  ,  nella  quale  storia  mo- 
strando che  a'  sacrifiii  de'  tempj  concorrono 
sempre  le  persone  più  notabili ,  per  farla  più 
onorata  ritrasse  un  ouon  numero  di  cittadini 
fiorentini  che  go^rnaTano  allora  queUo  stato  : 


423  PARTE    SECeiVDA 

e  pcatìcolarmente  tutti  quelli  di  casa  Tornaba^ 
ni)  i  giovani  ed  i  yecchi.  Oltre  a  qjae8to,per  mo- 
strare che  quella  età  fioriva  in  ogni  sorte  di  Tir- 
tù  e  massimamente  nelle  lettere,  fece  in  cercLio 
quattro  mezzf?  figure  che  ragionano  insieme  ap- 
piè delia  Istoria  ,  i  quali  erano  i  più  scienziati 
uomini  che  in  que'  tempi  si  trovassero  in  Fioren- 
za ,  e  sono  questi  :  il  primo  è  M.  Marsilio  Ficino 
che  ha  una  veste  da  canonico ,  il  secondo  con  un 
mantello  rosso  ed  una  becca  nera  al  collo  èCristo- 
fa  no  Landino  ,  e  Demetrio  Greco  che  se  gli  vol- 
ta; e  in  mefzzo  a  questi,  quello  che  alza  alquanto 
una  mano  è  M.  Angelo  Poliziano ,  i  quali  son 
vivissimi  e  pronti .  Seguita  nella  seconda  aliato 
a  questa  la  visitazione  di  nostra  Donna  e  S«  £li« 
sahettH  ,  nella  quale  sono  molte  donne  che  l'ac- 
compagnano con  portature  di  quei  tempi ,  e  fra 
loro  fu  ritratta  la  Ginevra  de'  fienci  allora  bel- 
lissima fanciulla  .  Nella  terza  storia  sopra  alla 
priiua  è  la  nascita  di  S.  Giovanni  nella  quale  è 
una  avvertenza  bellissima  ,  che  mentre  S.  Elisa- 
betta è  in  letto  ,  e  che  certe  vicine  la  vengono  a 
vedere  e  la  balia  stando  a  sedei*e  allatta  il  bam- 
"bino  ,  una  femmina  con  allegrezza  gniene  chiede 
per  mostrare  a  quelle  donne  la  novità  che  in  sua 
vecchiezza  aveva  fatto  la  padrona  di  casa;  e  fi- 
nalmente vi  è  una  femmina  che  porta  all'usanza 
fiorentina  frutte  e  fiaschi  dalla  villa  ,  la  quale  è 
molto  bella  .  Nella  quarta  allato  a  questa  è  Zac- 
chcria  che  ancor  mutolo  stupisce  con  intrepido 
animo  che  sia  nato  di  lui  quel  putto  ;  e  mentre 
gli  è  dimandato  del  nome  ,  scrive  in  sul  ginoc- 
chio aihsando  gli  occhi  al  figliuolo,  il  quale  « 
tenuto  in  collo  da  una  femmina  con  reverenza 
postasi  ginocchione  innanzi  a  lui  ,  e  segna  eoa 


VITA  DI  D0»tCl7(C0  CiflftLAfCDAlO  4^ 

la  penna  in  sui  foglio  i  Giovanni  sarà  il  suo  no^ 
tue  y  non  senza  ammirazióne  di  molte  altre  figu'»' 
re  f  che  pare  che  stiano  in  foi*se ,  se  egli  è  rero  d 
nò.  Seguita  la  quinta  quando  e'predica  alle  tur«- 
be^  nella  quale  storia  si  conosce  queirattcnzione 
che  danno  i  popoli  nello  udir  cose  nuoVc^  e  mas«> 
stmamente  nelle  teste  degli  Scribi  che  ascoltano 
GioTanni  ,  i  quali  pare  che  con  un  certo  modo 
del  tì^  sbeffino  quella  legge  y  anzi  l'abbiano  in 
odio  ;  doTe  sono  ritti  ed  a  sedere  maschi  e  fem^ 
mine  in  direrse  fogge.  Nella  sesta  si  vede  S.  Gid^ 
Tanni  battezzare  Cristo  ,  nella  -«reyerenza  del 
quale  mostrò  interamente  la  fede  che  si  debbe 
avere  a  Sagramento  tale  :  e  perchè  questo  noit 
fu  senza  grandissimo  frutto  ,  yi  figurò  molti  gii 
ignudi  e  scalzi  che  aspettando  d'esser  battezzati, 
mostrano  la  fede  e  la  yoglia  scolpita  nel  yìso  f 
ed  in  fra  gli  altri  uno  che  si  cava  una  scarpetta^ 
rappresenta  la  prontitudine  istessa  .  Neil'  ulti^ 
tna  y  cioè  nell'arco  accanto  alla  yolta  y  è  la  son- 
tuósissima cena  di  Erode  ed  il  ballo  di  Erodiade 
con  infinità  di  seryi  che  fanno  diversi  aiuti  in 
quella  storia  ;  oltre  la  grandezza  d'  uno  edifizio 
tirato  in  prospettiva  y  che  mostra  apertamente 
la  virtù  di  Domenico  insieme  con  le  dette  pit« 
ture  .  Condusse  a  tempera  la  tavola  isolata  tut> 
ta  ^  e  le  altre  figure  che  sono  ne'  sei  quadri ,  che 
oltre  alla  nostra  Donna  che  siede  in  aria  col  fi- 
gliuolo in  collo  e  gli  altri  santi  che  gli  sono  in*» 
tomo  y  oltra  il  S.  Lorenzo  ed  il  S.  Stefano  che 
sono  interamente  vive  ,  al  S.  Vincenzo  e  S.  Pie-» 
tro  martire  non  manca  se  non  la  parola  .  Vero  è 
che  di  questa  tavola  ne  rimase  imperfetta  una 
parte  mediante  la  morte  sua  ;  perchè  avctido 
egli  già  tiratola  tanto  innanzi ,  che  e*  non  le 


4^4  TkKTE    SEQOITDA 

mancara  altro  che  il  finire  certe  figare  dalli 
banda  di  dietro  doT'èlaresorrexione  di  GrìstOi 
e  tre  figure  che  sono  in  que'  quadri  y  finb*ono 

£oi  il  tutto  Benedetto  e  Davidde  Ghirlandai  suoi 
*atelli .  Questa  cappella  fu  tenuta  cosa  faeliissi* 
ma  ,  grande  9  aarbata  ,  e  vaga  per  la  rivacità 
dei  colori,  per  la  pratica  e  pulitessa  del  maneg* 
giarli  nel  moro,  e  per  il  poco  essere  stati  ritoc* 
chi  a  secco  ^  oltra  la  invensione  e  colloca  lione 
delle  cose  .  E  certamente  ne  merita  Domenico 
lode  grandissima  per  ogni  conto,  e  massimamente 
per  la  Tivesza  delle  teste ,  le  quali  per  essere  ri- 
tratte di  naturale  rappresentano  a  chi  Terrà  1^ 
▼ivissime  effigie  di  molte  persone  segnalate  •  E 
pel  medesimo  Giovanni  Tomabuoni  dipinse  al 
Casso  Maccherelli  sua  Tilla  poco  lontano  dalla 
cittA  una  cappella  in  sul  fiume  di  Tersolle  »  oggi 
mezza  rovinata  per  la  vicinità  del  finme,la  quale 
ancorché  stata  molti  anni  scoperta  ,  e  continua* 
mente  bagnata  dalle  piogge  ed  arsa  da'  soli ,  si  è 
difesa  in  modo  che  pare  stata  al  coperto ,  tanto 
▼ale  il  lavorare  in  fresco ,  quando  è  lavorato 
bene  e  con  giudizio,  e  non  ritocco  a  secco .  Fece 
ancora  nel  palazzo  della  signoria,nella  sala  dov'è 
il  maraviglioso  orologio  di  Lorenzodella  Volpa* 
ia  ,  molte  figui'edi  santi  fiorentini  con  bellissimi 
adornamenti .  E  tanto  fu  amico  del  lavoiare  e 
di  satisfare  ad  ognuno,  che  egli  aveva  commesso 
a'  garzoni  che  e'  si  accettasse  qualunque  lavoro 
che  capitasse  a  bottega  ,  sebbrDe  {ussero  cerclii 
da  paniere  di  donne  ;  perchè  non  li  volendo  fare 
essi ,  li  dipignprebbe  da  se  ,  acciocché  nessuno  si 
partisse  scontento  dalla  sua  bottega  .  Dolevasi 
bene  quand  >  aveva  cure  familiari ,  e  per  questa 
dette  a  David  suo  fratello  ognt  peso  di  spendere^ 


TlTA.m  DOMENICO  GHIRLANDAIO  4i$ 

dicendogli  t  Latòia  lavorare  a  me  >  e  tu  provve-» 
di  f  che  ora  ebe  io  ho  cominciato  a  conoscere  il 
modo  di  auett'arte  ^  mi  duole  che  non  mi  sia  aU 
logato  a  cUpìgnere  a  storie  il  circuito  di  tutte  le 
mura  delle  città  di  Fioreoa^  :  mostrando,  così 
animo  invitti^ stmo  e  risoluto  in  ogni  asione.  La- 
vorò a  Lucca  in  S.  Martino  una  tavola  di  S.Tte- 
irò  eS.  Paolo.  Alla  badia  di  Settimo  fuor  di 
Fioi^nsa  lavorò  la  facciata  dalla  maggior  cap^ 
pella  a  iVeseo ,  e  nel  trameszo  della  chiesa  due 
tavole  a  tempera  .  lu  Fiorenza  lavorò  ancora 
molti  tondi ,  quadri ,  e  pitture  diTcrse  ^  che  non 
si  rìveggnno  altrimenti  per  essere  nelle  case  de* 
yrarticolari .  In  Pisa  fece  la  nicchia  del  duomo 
air  aitar  maggiore  y  e  lavorò  in  molti  luoghi  di 
quella  città  ,  come  alla  facciata  deli'  opera  , 
quando  il  re  Carlo  ritratto  di  naturale  racco- 
manda Pisa  ,  ed  in  S.  Girolamo  a'  frati  Gesuati 
due  tavole  a  tempera  ,  quella  dell'  aitar  mag- 
giore ed  un*  altra .  Nel  qual  luogo  ancora  è  di 
mano  del  medeumo  in  un  quadro  S.  Rocco  e  S. 
Basti» no  y  il  quale  fu  donato  a  que'  padri  da  non 
so  ohi  de'  Medici  ;  onde  essi  vi  hanno  perciò  ag« 
giunta  r  arme  di  papa  Leone  X  •  Dicobo  che 
ritraendo  anticaglie  di  Roma  y  archi  ,  terme  ,  co- 
lonno  ,  colisei ,  aguglie  ,  anfiteatri,  e  acquidotti, 
era  si  giusta^nel  disegno,  che  le  faceva  a  occhio 
senza  regolo  o  seste  e  misure  :  e  misurandole 
dappòi  ètte  che  V  aveva  ,  erano  giustissime , 
oome  se  e*  le  avesse  misurate  ;  e  ritraendo  a  oc- 
chio il  coliseo ,  vi  fece  una  figura  ritta  appiè  , 
che  misurando  quella  ,  tutto  V  edificio  si  misu- 
rava :  e  fattone  esperienza  da'  maestri  dopo  la 
Dkorte  sua  ,  si  ritrovò  giustissimo.  Fece  a  S.  Ma« 
ria  Nuova  nel  cimiterio  aopra  una  porta  un  S. 


4i6  PARTC    SECONDA 

Michele  in  fresco  armato  belUssimo^con  rìTerW' 
raiiode  di  armatare  poco  usate  iiinansi  a  lai  ; 
ed  alla  badia  di  Passignano,  laogo  de'  monad  di 
Yallombrosa ,  lavorò  in  compagnia  di  Dayid  suo 
fratello  e  di  Bastiano  da  S.  Gemignano  alcune 
cose  ;  dove  trattandogli  i  monaci  male  del  rirere 
innanzi  la  Tenuta  di  Domenico^  si  richiamarono 
air  abate ,  pregandolo  che  meglio  servire  li  fa» 
cesse  ,  non  essendo  onesto  che  come  manovali 
fossero  trattati .  Promise  loro  ì*  abate  di  farlo  , 
e  scusossi  che  questo  più  avveniva  per  ignoransa* 
de'  forestiei^ai  che  per  malisia  .  Venne  Domeni- 
co y  e  tuttavia  si  continuò  nel  medesimo  modo  ; 
per  il  che  David  trovando  un'  altra  volta  l'abaw 
te  y  si  scusò  y  dicendo  che  non  faceva  questo  per 
conto  suo  y  ma  per  li  meriti  e  pei*  la  virtù  del 
suo  fratello  .  Ma  lo  abate  y  come  ignorante  ch'e- 
gli era  ,  altra  risposta  non  fece  .  La  sera  dunque 
postisi  a  cena  y  venne  il  forestieraio  con  un'  asse 
piena  di  scodelle  e  tortaoce  da  mailigoldi  pur  nel 
solito  modo  che  1*  altre  volte  si  faceva  .  Onde 
David  salito  in  collera  rivoltò  le  minestre  a ddos« 
so  al  frate  ,  e  preso  il  pane  eh'  era  su  la  tavola  e 
avventandoglielo  y  lo  percosse  di  modo,  che  mal 
vivo  alla  cella  ne  fu  pollato .  Lo  abate  y  che  già 
era  a  letto  y  levatosi  e  corso  al  rumoi^  y  credette 
che  'l  monistero  rovinasse  ;  e  trovando  il  frate 
mal  concio  y  cominciò  a  contendere  con  David  • 
Per  il  che  infuriato  David  gli  rispose  y  che  se  gli 
togliesse  dinanzi,  che  valeva  più  la  virtù  di  Do- 
menico che  quanti  abati  porci  suoi  pari  furon 
mai  in  quel  monistero .  Laonde  1*  abate  ricono- 
sciutosi ,  da  quell'ora  innanzi  s*  ingegnò  dì  trat«> 
tarli  da  valenti  uomini  come  egli  erano .  Finitft 
r  opera  ,  tornò  a  Fiorenza  ^  e  al  signor  di  Carpi 


yiTk  la  DomKico  eHOLiqDAio  ^^f 

dipifise  una  taTola  ,  e  un'altra  Dentando  a  RimU 
no  al  sig.  Carlo  Malatesta  ,  che  la.  fece  porre 
nella  sua  cappella  in  S.  Domenico  .  Questa  ta- 
vola fu  a  tempera  con  tre  figure  Lellissime  e  con 
istori<ìtte  di  sotto  ^e  dietro  figure  di  bronco  fin* 
te  con  disegno  e  arte  grandissima  .  Due  altre 
tavole  fece  nella  badia  di  S.  Giusto  fuor  di  YoU 
terra  dell'  ordine  di  Camaldoli  ;  le  quali  tavole» 
fihe  sono  belle  affatto ,  gli  fece  fare  il  magnifico 
Lorenzo  de'  Medici  :  perciocché  allora   avev« 

Suella  badia  in  commenda  Giovanni  cardinale 
e'  Medici  suo  figliuolo  che  fu  poi  papa  Leone  « 
La  qual  badia  pochi  anni  sono  ha  restituita  il 
molto  rev.  M.  Gio:  Battista  Bava  da  Volterra  » 
che  similmente  V  aveva  in  commenda,  alla  detta 
congregazione  di  Camaldoli .  Condotto  poi  Do- 
menico a  Siena  per  mezso  del  mafiu^fìco  Loren- 
zo de*Medici,che  gli  entrò  mallevadore  a  quest'o- 
E  era  di  ducati  ventimila,  tolse  a  fiire  di  musaico 
i  facciata  del  duomo  ;  e  cominciò  a  lavorare 
con  buqno  animo  e  miglior  maniera  .  l^la  pre- 
jrenuto  dalla  morte  ,  lasciò  V  opera  imperfetta  ; 
come  per  la  morte  del  predetto  mag^iiicp  Lo- 
renzo rimase  imperfetta  io  Fiorenza  la  (^appella 
di  S.  /anobi  ,  cominciata  a  lavorare  di  musaico 
da  Domenico  in  compagnia  di  Gl^erardo  minia- 
tore .  Vedesi  di  mano  di  Domepico  sopra  ouella 
porta  del  fianco  di  S.  Maria  del  Fiore  clie  va 
%'  Servì  una  Nunziata  di  musaico  l^elUssima  , 
della  quale  fra'  maestri  moderi^^  d^  musaico  non 
s'è  veduto  ancor  meglio  .  Usava  dire  Domenico^ 
la  pittura  essere  il  disegno  ,  e  la  vera  pittura  per 
la  eternila  essere  il  musaico.  Stette  seco  in  com<» 
piignia  a  imparare  Bastiano  Mainardi  da  S.  Gi«- 
uii|iipano  ^  il  quale  in  fresco  era  divenuto  molti» 


428  PAfttlE    SECO  UBA 

pratico  foirMtrò  ài  ^lla  mankra  ;  ftr  H  cfaa 
andando  con  l)oioenico  a  S.  Gimignaìio  >  dìt>Hi« 
aero  a  com^pagiiia  la  cappella  di  S.  Fina,  la  cpial^ 
è  co^  bella .  Onde  per  la  serrìtA  e  gentilesaa  di 
Bastiano ,  sendosi  cosi  bene  portato ,  gindicA 
Domenico  che  e'  fisase  degno  d' avere  una  saa 
sorella  per  moglie  y  e  così  V  amicizia  lóro  fa 
cambiata  in  parentado:  liberaiilÀ  di  amw^T^le 
maestro  riinuneratore  delle  virtù  del  discepolo 
acquistate  con  le  (etiche  dell'  arte .  Fece  Dmne- 
nìco  dipigiterè  ai  detto  Bastiano  y  facendo  non^ 
dimeno  esso  il  caltene  y  in  S.  Croce  nella  cap« 
pella  dei  BanonceUi  e  Bandini  una  nostra  Donna 
che  ta  in  cielo,  ed  a  basso  S.Tommaso  che  rice^ 
te  la  cintola  y  il  quale  è  bel  lavoro  a  fresco .  E 
Domenico  e  Batstiano  insieme  dipinsono  in  Siena 
nel  palasro  degli  Spannocchi  in  una  camera 
molte  storie  di  figure  piccole  a  tempera  ;  ed  in 
Pisa  y  oltre  alla  nicchia  già  detta*  del  Duomo  , 
tutto  l'arco  di  quella  Cappella  piena  d'angeli ,  e 
parimente  i  portelli  che  chiuggono  l'orbano; 
e  cominciarono  a  mettere  d  oro  il  palco .  Quan* 
do  poi  in  Pisa  ed  in  Siena  s'  aveva  a  metter  mano 
a  grandissime  opere  y  Domenico  ammalò  di  gra* 
vissima  febbre ,  la  pestiiensa  della  quale  in  cin- 
que giorni  gli  tolse  la  vita  .  Essendo  infermo  , 
gli  mandarono  que*  de*  Tomabuoni  a  donara 
cento  ducati  d'  oro ,  mostrando  1'  amicisia  e  la 
familiarità  sua ,  e  la  servitù  che  Domenico  a 
Giovanni  ed  a  quella  casa  avea  sempre  portata  « 
Visse  Domenico  anni  quarantaquattro,  e  fu  eoa 
molte  lagrime  e  con  pietosi  sospiri  da  David  e  da 
Benedetto  suoi  fi^telli  e  da  Ridolfo  suo  figliuolo 
con  belle  esequie  seppellito  inS.  Maria  Novella ^ 
e  fu  tal  perdita  di  molto  dolore  agli  amici  fuai» 


VITA  DI  DOBIElflCO  QHlRUUlDiiO  4^9 

Percbè  intesa  la  morte  di  lui ,  molti  eccellenti 

Sittori  forestieri  scrissero  a'  suoi  parenti  dolen- 
osi  della  sua  acerbissima  morte.  Restarono  suoi 
discepoli  David  e  Benedetto  Ghirlandai ,  Bastia* 
no  Mainardi  da  S.  Gimignano  ^  e  Michelagnolo 
Buonarroti  Fiorentino^Francesco  Granaccio,  ^ic* 
colò  Cieco ,  Jacopo  del  Tedesco ,  Jacopo  dellln- 
daco  ;  Baldino  Baldinelli ,  e  altri  maestri  tutti 
Fioi-entini .  Mori  nel  i493. 

Arricchì  Domenico  l'arte  della  pittura  del 
musaico  più  modernamente  lavorato  che  non 
fece  nessun  Toscano  d'infiniti  che  si  provai^no, 
come  lo  mostrano  le  cose  fiitte  da  lui,  per  poche 
ch'elle  si  siano .  Onde  per  tal  ricchesza  e  me- 
moria nell'arte,  merita  grado  ed  onore,  ed  essere 
eelebrato  con  lode  straprdinarìa  dopo  la  morte . 


a:  ""lì)!. 


VITA 
DI  ANTONIO  E  PIERO  POLLAIUOLI 

PirrOBI  K  SCULTO&I  FIOaBNTIHK 


M. 


Lolti  di  animo  Tile  cominciano  còse  basse  j  ai 
quali  crescendo  poi  V  animo  con  la  tìtìù,  cresce, 
aiicora  la  forza  ed  il  valore ,  di  maniera  che  sa- 
lendo a  maggiori  imprese,  aggiungono  Ticino 
al  cielo  co'  bellissimi  pensieri  loro  ;  ed  inalzati 
dalia  fortuna  si  abbattono  bene  spesso  in  un 
principe  buono,  che  troyandosene  ben  servito,  è 
forzato  remunerare  in  modo  le  lor  fatiche,  che  i 
posteri  di  quelli  ne  sentano  largamente  ed  utile 
e  comodo.  Laonde  questi  tali  camminano  in 
questa  vita  con  tanta  gloria  alla  fine  loro,  che  di 
se  lasciano  segni  al  mondo  di  maraviglia ,  come 
fecero  Antonio  e  Piero  del  PoUaiuolo  molto  sti- 
mati ne'  tempi  loro,  per  quelle  rare  virtù  che  si 
avevauQ  con  la  loro  industria  e  fatica  guadagna- 
te. JNacquero  costoro  nella  città  di  Fiorenza  po- 
chi anni  V  uno  dopo  l' altro,  di  padre  assai  basso 
e  non  molto  agiato;  il  quale  conoscendo  per 
molti  segni  il  buono  ed  acuto  ingegno  de'  suoi 
figliuòli ,  né  avendo  il  modo  a  indirizzargli  alle 
lettere ,  pose  Antonio  all'  arte  dell'  orefice  con 
Bai'tbluccio  Ghiberti .maestro  allora  molto  eccel- 
lente in  tale  esercizio,  e  Piero  mise  al  pittore  con 
Andrea  del  Castagno,  che  era  il  meglio  allora  di 
Fiorenza.  Antonio  dunque  tirato  innanzi  da  £ar- 
toluccio,  olti-a  il  legare  le  gioie  e  lavorare  a  fuo- 
co smalti  d' argento,  era  tenuÉo  il  più  valente  cIkì 


432  PARTS    SECONDA 

maneggiasse  ferri  in  quell'arte .  Laonde  Lorenao 
Olii  berti,  che  allora  laToraTa  le  porte  di  S.  Gio* 
T.ioni,  dato  d' occhio  alla  maniera  d^Antonio,  lo 
tirò  al  lavoro  suo  in  compagnia  di  molti  altri 
giovani;  e  postolo  intorno  ad  uno  di  que'  festoni 
che  allora  aYCTa  tra  mano,  Antonio  tì  fece  sa 
una  quaglia  che  dura  ancora  tanto  bella  e  tanto 
peiTetta,  che  non  le  manca  se  non  il  yolo.  Non 
consumò  dunque  Antonio  molte  settimane  in 
questo  esercizio,  che  e'  fu  conosciuto  per  il  me- 
glio di  tutti  qne'che  yì  laToravano  di  disegno  • 
di  pazienta,  e  per  il  fio.  ingegnoso  e  più  diligen- 
te che  vi  fusse .  Laonde  crescendo  la  Tnrt&  e  la 
fama  sua,  si  parti  da  Bartoluccio  e  da  Lorenzo,ed 
in  Mercato  nuovo  in  quella  citti  aperse  da  se  una 
bottega  di  orefice  magnifica  ed  onorata  ,  e  molti 
anni  seguitò  T  arte,  disegnando  continuamente • 
facendo  di  rilievo  cere  e  altre  fantasie  che  in  bre» 
ve  tempo  lo  fecero  tenere,  come  egli  era,  il  prin* 
cipale  ai  quello  esercizio .  Era  in  questo  tempo 
medosimo  un  altro  orefice  chiamato  Maso  Fini- 
guerra,  il  quale  ebbe  nome  straordinario ,  e  me- 
ritamente; che  per  lavorare  di  bulino  e  fere  di 
nirllo  non  si  ei^  veduto  mai  chi  in  piccoli  o  gran- 
di  spazi  facesse  tanto  numero  di  figure  ,  quante 
ne  luceva  egli,  siccome  lo  dimostrano  ancora 
eerte  Paci  lavorate  da  fui  in  S.  Giovanni  di  Fio- 
renza, cfm  istorie  minutissime  della  passione  di 
Cristo.  G'istui  disegnò  benissimo  e  assai,  e  nel  U- 
hff)  nostro  v'è  di  molte  carte  di  vestiti,  ignudi,  e 
di  storie  disognate  d' acquerello.  A  concorrenza 
di  costui  fece  Antoni»  alcune  istorie  dove  lo  pa- 
ragonò nella  diligenza  e  superotto  nel  disegno  • 
Per  lu  qual  cosa  i  consoli  dell'arte  dei  mercatan- 
%ì,  vedendo  la  eeeelMnza  di  Antonio^  deliberarona 


ynk  D'iNTOino  %  pisro  poixaiuou  432 

tra  loro  che  adendosi  a  fare  di  argento  alcune 
istorie  nello  altare  di  S.  Giovanni ,  siccome  da 
Vari  maestri  in  diversi  tempi  sempre  era  stato 
usanza  di  iare,  che  Antonio  ancora  ne  lavorasse  ^ 
e  cosi  fu  fatto;  e  riuscirono  queste  sue  cose  tanto 
eccellenti,  che  elle  si  conoscono  fra  tutte  l'altre 
per  le  migliori:  e  furono  la  cena  d'Erode  e  il  bai* 
lo  d' Erodiade;  ma  sopra  tutto  fu  bellissimo  il  S. 
Giovanni  che  è  nel  mezzo  dell'altare  tutto  di  ce- 
sello e  opera  molto  lodata.  Per  il  che  gli  aRoga- 
rono  i  detti  consoli  i  candellieri  d' argento  di 
braccia  tre  l'uno  e  la  croce  a  proporzione  ;  dove 
egli  lavorò  tanta  roba  d 'intaglio,  e  la  condusse  a 
tanta  perfezione ,  che  e  da  forestieri  e  da'terraz- 
sani  sempre  é  stata  tenuta  cosa  maravigUosa.  Du- 
rò io  questo  mestiero  infinite  fatiche  si  ne 'lavori 
che  e'&ce  d'oro,  come  in  quelli  di  smalto  e  di 
argento .  In  fra  le  quali  sono  alcune  Paci  in  S. 
Giovanni  bellissime,  che  di  colorito  a  fuoco  sono 
di  sorte,  che  col  pennello  si  potrebbono  poco  mi- 
gliorare;ed  in  altre  chiese  di  Fiorenza  e  di  Roma 
e  altri  luoghi  d' Italia  si  veggono  di  suo  smalti 
miracolosi .  Insesnò  quest'  arte  a  RIazzingo  Fio- 
rentino ed  a  Giuliano  del  Facchino  maestri  ra- 
gionevoli,e  a  Giovanni^urini  Sanese  che  avanzò 
questi  suoi  compagni  assai  in  questo  mestiero,  del 
quale  da  Antonio  di  SaWi  in  qua  (  che  fece  di 
molte  coae  e  buone,  come  una  croce  grande  d'ar- 
gento nella  b^dia  di  Fiorenza  ed  altri  lavori)  non 
a'  è  veduto  |(ran  fetto  cose  che  se  ne  possa  far 
conto  straordinario  .  Ma  e  di  queste  e  di  quelle 
de'  PoUaiuoli  molte,  per  i  bisogni  della  città  nel 
tempo  della  guerra,  sono  state  dal  fuoco  destrut- 
te e  guaste.  Laonde  conoscendo  egli  che  quell'ar- 
ie non  dava  molta  vita  alle  fatiche  de' suoi  artc- 
Foi.IL  a8 


434  PARTE    SECONDA 

fici)  si  risoWè  per  desiderio  di  più  lunga  memo- 
ria non  attendere  più  ad  essa  ;  e  cosi  avendo  egli 
Piero  suo  fratello  che  attendeva  alla  pittura^ 
si  accostò  a  quello  per  imparare  i  modi  del  ma- 
neggiare ed  adoperare  i  colori,  parendogli  un'ar- 
te tauto  differente  dall'  oreGce,  che  se  egli  non 
«Tesse  cosi  prestamente  resoluto  d'  abbandonare 
quella  prima  in  tutto,  e'  sarebbe  forse  stata  ora, 
che  e'nou  arebbe  voluto  esservisi  voltato.  Per  la 
qual  cosa  spronato  dalla  vergogna  più  che  dall'u- 
tile,appresa  in  non  molti  mesi  la  pratica  del  colo- 
rire^diventò  maestro  eCcellente:ed  unitosi  in  tutto 
con  Piero,  lavorarono  in  compagnia  di  molte  pit- 
ture, fra  le  quali  per  dilettarsi  molto  del  colorito 
fecero  al  cardinale  di  Portogallo  una  tavola  a  olio 
in  S.  Miniato  al  Monte  fuori  di  Fiorenza,  la  qua- 
le fu  posta  su  laltar  della  sua  cappella  ;  e  vi  di- 
pinsero dentro  S.  Iacopo  Apostolo,  S.  Eustachio, 
e  S.  Vincenzio  che  sono  stati  mollo  lodali;  e  Pie- 
ro particolarmente  vi  fece  in  sul  muro  a  olio,  il 
che  aveva  imparato  da  Andrea  dal  Castagno,nelle 
quadrature  degli  angoli  sotto  V  architrave  dove 
girano  i  mezzi  tondi  degli  archi, alcuni  prò  feti  ;ed 
in  un  mezzo  tondo  una  Nunziata  con  tre  figure  ; 
ed  a'capitani  di  Parte  dipinse  in  un  mezzo  tondo 
una  nostra  Donna  col  figliuolo  in  collo  ,  ed  un 
fregio  di  serafini  intorno  pur  lavorato  a  olio.  Di- 
pinsero ancora  in  S.  Michele  in  Orto  in  un  pila- 
stro in  tela  a  olio  un  Angelo  Raffaello  con  Tobia, 
e  fecero  nella  Mercatanzia  di  Fiorenza  alcune 
Virtù  in  quello  stesso  luogo,  dove  siede  prò  tri- 
bunali il  magistrato  di  quella.  Ritrasse  di  natura- 
le M.Poggio  segretario  della  signoria  di  Fiorenza, 
che  scrisse  l'istoria  fiorentina  dopo  M.  Liouardo 
d'Arezzò;eM.Giannofzo  Man«tti  persona  dotta  o 


VITA  D'ANTONIO  E  PIERO POLLAlUOLI  435 

stimata  assai,  nel  medesimo  luogo  dove  da  altri 
maestri  assai  prima  erano  ritratti  Zanobi  da  Stra- 
da poeta  fi  or  enti  no, Domenico  Acciaiuoli^ed  alti'i 
nel  proconsolo;  e  nella  cappella deTucci a  S.Se- 
bastiano de'Servi  fece  la  tavola  dell'altare,  cbe  è 
cosa  eccellente  e  rara,  dove  sono  cavalli  mirabili^ 
jgnudi,e  figure  bellissime  in  iscorto,ed  il  S.Seba- 
stiano stesso  ritratto  dal  vivo,cioè  da  Gino  di  Lo- 
ao  vico  Capponi;  e  fu  quest'operaia  più  lodata 
che  Antonio  facesse  giammai.  Conciossiacbè  per 
andare  egli  imitando  la  natura  il  più  che  e*pote- 
va,  fece  in  uno  di  quei  saettatori,  che  appoggia- 
tasi la  balestra  al  petto  sì  china  a  terra  per  cari- 
carla ,  tutta  quella  forza  che  può  porre  un  forte 
di  braccia  in  caricare  qnelP  istrumento  ;  impe- 
rocché e'  si  conosce  in  lui  il  gonfiare  delle  vene 
e  de'muscoli  ed  il  ritenere  del  fiato  per  fare  più 
forza .  E  non  è  questo  solo  ad  essere  condotto 
con  avvertenza  ,  ma  tutti  gli  altri  ancora  con 
diverse  attitudini  assai  chiaramente  dimostrano 
r  ingegno  e  la  considerazione  che  egli  aveva  po- 
sto in  quest'  opera  ,  la  qual  fu  certamente  cono- 
sciuta da  Antonio  Pucci  che  gli  donò  per  questo 
trecento  scudi ,  aÉFermando^  che  non  gli  pagava 
appena  i  colori,  e  fu  finita  V  anno  i^jS.  Crebbe- 
gli  dunque  da  questo  ranimo,ed  a  S.  Miniato  fra 
le  Torri  fuor  della  porta  dipinse  un  S.Cristofano 
di  dieci  braccia,  cosa  molto  bella  e  modernamente 
lavorata,e  di  quella  grandezza  fu  la  più  propor- 
zionata figura  che  fusse  stata  fatta  fino  a  quel 
tempo.Poi  fece  in  tela  un  Crocifisso  con  S.Anto- 
ni iio,il  quale  è  posto  alla  sua  cappella  inS.Marco. 
In  palazzo  della  signoria  di  Fiorenza  lavorò  alla 
porta  della  Catena  un  S.  Gio.Battista  ;  ed  in  casa 
Medici  dipinse  a  Lorenzo  vecchio  tr«  Ercoli  in  tre 


436  PARTIS     SECONDA. 

quadri  cbe  sono  di  cinque  braccia,  l'uno  de'quali 
Kcoppia  A.nteo  fieura  beliissimai  nella  quale  pro- 
priamente si  vede  la  forza  d' Ercole  nello  stri, 
gnere,  che  i  muscoli  della  figura  ed  i  nervi  di 
quella  sono  tutti  raccolti  per  far  crepare  AntcO| 
e  nella  testa  di  esso  Ercole  si  conosce  il  digrigna- 
re de 'denti  accordato  in  maniera  con  l'altre  par* 
tiycbesino  alle  ditade'piedi  s'alzano  perla  forza. 
I^é  usò  punto  minore  avvertenza  in  Anteo ,  cbc 
stretto  dalle  braccia  d'Ercole  si  vede  mancare  e 
perdere  ogni  vigore ,  ed  a  bocca  aperta  render 
IO  spirito.  L'altro  ammazzando  il  leone  y  gli  ap« 
punta  il  ginocchio  sinistro  al  petto^ed  afferrata  la 
jK>cea  del  leone  con  amendae  le  sue  mani ,  ser« 
rando  i  denti  e  stendendo  le  braccia  ,  lo  apre  e 
sbarra  per  viva  forza ,  ancorché  la  fiera  per  sua 
difesa  con  gli  unghioni  malamente  gli  graffi,  le 
braccia.  Il  terzo  che  ammazza  l'idra  e  veramente 
cosa  maravigliosa ,  e  massimamente  il  serpente 
il  colorito  del  quale  così  vivo  fece  e  si.  propria-i- 
mente^che  più  vivo  far  non  si  può.Quivi  si  vede 
il  veleno,  il  fuoco  ,  la  ferocità  ,  V  ira  con  tanta 
prontezza,  che  merita  esser  celebratole  da'buoni 
artefici  in  ciò  grandemente  imitato.  Alla  com- 
pagnia di  S.  Angelo  in  Arezzo  fece  da  un  lato  un 
Crocifisso  f  e  dall'  altro  in  sul  drappo  a  olio  un 
S.  Michele  che  combatte  col  serpe  tanto  bello  , 
quanto  cosa  di  sua  mano  si  possa  vedere;  perchè 
v'  è  la  figura  del  S.  Michele  che  con  una  bravu- 
ra affronta  il  serpente ,  stringendo  i  denti  ed  in- 
crespando le  ciglia  f  che  veramente  pare  disceso 
dal  cielo  per  far  la  vendetta  di  Dio  centra  la  su- 
perbia di  Lucifipro,  ed  è  certo  cosa  maravigliosa. 
Egli   s' intese  degl'  ignudi   piÀ  modernamente 
che  fatto  non  avevano  gli  altri  maestri  innanzi  a 


VITA  D^  ANTONIO  XPmoVOLtAlUÒLl  437 

loi  y  e  scortici  molti  nomini  per  federe  la  noto* 
mia  lor  sotto ,  e  fa  primo  a  mostrare  il  modo  di 
cercare  i  muscoli  ^  che  ayessero  forma  ed  ordine 
nelle  figure  ;  e  di  quelli  tutti  cinti  d'  umi  catena 
intaglio  in  rame  una  battaglia,  e  dopo  quella 
fece  altre  stampe  con  molto  migliore  intaglio 
che  non  aTCvano  fetto  gli  altri  maestri  eh'  erano 
stati  innatiKi  a  lui .  Per  queste  cagioni  adunque 
Tenuto  famoso  infra  gli  artefici  y  morto  papa  Si** 
sto  IV,  fu  da  Innocenzio  suo  successore  condotto 
a  Roma ,  dorè  fece  di  metallo  la  sepoltura  di 
detto  Innocensio  y  nella  quale  lo  ritrasse  di  na« 
turale  a  sedere  nella  maniera  che  stava  quando 
data  la  benedÌEÌone  y  che  fu  posta  in  S.  Pietro  ; 
e  quella  di  papa  Sisto  detto ,  la  quale  finita  con 
grandissima  spesa,  fu  collocata  questa  nella  cap* 
pella  che  si  chiama  dal  nome  di  detto  pontefice» 
con  ricco  ornamento  e  tutta  isolata,  e  sopra  essa 
è  a  giacere  esso  papa  molto  hen  fatto ,  e  quella 
d*  Innocenzio  in  S.  Pietro  accanto  alla  cappella» 
doT*  è  la  lancia  di  Cristo .  Dicesi  che  disegnò  il 
medesimo  la  fabbrica  del  palaszo  di  Belvedere 

£r  detto  papa  Innocenzio ,  sebbene  fu  condotta 
altri ,  per  non  aver  egli  molta  pratica  di  mu» 
rare .  Finalmente  essendo  fatti  ricchi ,  morirono 
poco  r  uno  dopo  r  altro  amendue  questi  fratelli 
nel  i498>eda'parenti  ebbero  sepoltura  in  S.  Pie- 
ro in  Vincula  ;  ed  in  memoria  loro  allato  a  Un 
porta  di  meszo  a  man  sinistra  entrando  in  chiesa 
furono  ritratti  ambidue  in  due  tondi  di  marmo 
con  questo  epitai&o  ; 

Jntomus  Pìdlariìis  patria  Florentinus  picior 
insignis  y  qui  duor.  pont,  Xisti  et  Innocentii , 
«erta  monimciU*  miroopific.  expneésit  refamiL 


43S  PÀRTC    SBC0K6A 

composita  ex  tesi.kic  secum  Peiro f r  atre  eondi  * 
yopiit.  Fixit  an.  LXXIL  Obiit  an.  saL  ALI  IO. 

Il  medesimo  fece  di  bassoriliero  in  metallo 
una  battaelia  di  nudi  che  andò  in  Ispagna,molto 
bella  ,  delia  quale  n'  è  una  impronta  di  gesso  in 
Firenze  appresso  tutti  gli  artefici .  E  si  trovò 
dopo  la  morte  sua  il  disegno  e  modello  ,  che  « 
Lodovico  Sforza  egli  aveva  fatto  per  la  statua  a 
cavallo  di  Francesco  Sforza  duca  di  Milano  ,  il 
quale  disegno  è  nel  nostro  libro  in  due  modi  :  ia 
uno  egli  ha  sotto  Verona  ,  neir  altro  egli  tutto 
armato  e  sopra  un  basamento  pieno  di  battaglie 
fa  saltare  il  cavallo  addosso  a  un  armato  ;  ma  la 
cagione  perchè  non  mettesse  questi  disegni  in 
opera  non  ho  già  potato  sapere .  Fece  il  mede- 
simo alcune  medaglie  bellissime,  e  fra  V  altre  in 
una  la  congiura  de'  Pazzi ,  nella  quale  sono  le 
teste  di  Lorenzo  e  Giuliano  de'  Medici  y  e  nel 
riverso  il  coro  di  S«  Maria  del  Fiore  e  tutto  il 
caso  come  passò  appunto .  Similmente  fece  le 
medaglie  d' alcuni  pontefici  y  ed  altre  molte  co- 
le che  sono  dagli  artefici  conosciute  . 

Aveva  Antonio  quando  mori  anni  settantadue 
e  Pietro  anni  sessautacinque  .  Lasciò^  molti  di- 
scepoli ,  e  fra  gli  altri  Auorea  Sausovino  .  Ebbe 
nel  temjpo  suo  felicissima  vita  ,  trovando  pontc- 
^i  ricchi,  e  la  sua  città  in  colmo  che  si  dilettava 
di  virtù;  perchè  molto  fu  stimato  ;  dove  se  forse 
avesse  avuto  contrari  tempi,  non  avrebbe  fatto 
que'  frutti  che  e'  fece  ,  essendo  inimici  molto  i 
travagli  alle  scienze  delle  quali  gli  uomini  fanno 
professione  e  prendono  diletto .  G)l  disegno  di 
costui  furono  fatte  per  S.  Giovanni  di  Fiorenza 
dae  tpnicelle  ed  una  pianeta  e  piyiale  di  broc-« 


VITA  D'ANTONIO  E  PIEEO  POLU^ITJOLI     43$ 

calo  riccio  sopra  riccio  tessuti  tutti  d*  un  pesco 
senia  alcuna  cucitura  ,  e  per  fregi  ed  ornamenti 
di  quelle  furono  ricamate  le  storie  delia  vita  di 
5.  Giovanni  con  sottilissimo  magisterio  ed  arte 
da  Paolo  da  yerona,dÌTÌno  in  quella  professione 
e  sopra  ogni  altro  ingegno  rarissimo  y  dal  quale 
non  furono  condotte  manco  bene  le  figure  eoa 
r  ago  y  che  se  le  avesse  dipinte  Antonio  col  pen- 
nello ;  di  che  si  debbe  avere  obbligo  non  medio-» 
ere  alia  virtù  dell'  uno  nel  disegno  ,  ed  alla  pa* 
cienza  dell'  altro  nel  ricamare.  Durò  a  condursi 
quest*  opera  anni  ventisei  ;  e  di  questi  ricami 
&tti  col  punto  serrato ,  che  oltre  all'  esser  più 
durabili  appare  una  propria  pittura  di  pennel- 
lo ,  ne  è  quasi  smarrito  il  buon  modC  y  usandosi 
oggi  il  punteggiare  più  largo  y  che  è  manco  du- 
rabile e  men  vago  a  vedere  • 


.€ 


VITA 
DI   SANDRO  BOTTICELLO 

PlTTOaS  FiOlUENTINiK 

Il  e'mctlesimi  tempi  del  magnifico  Lofcn«o  vrc»- 
cbio  de'Medici,  che  fti  reram«iite  per  le- persone 
d'ingegno  un  secol  d'  oro,  fiori  ancora  Alerflan* 
droy  chiamato  alluso  noetro  Sandro,  e  detto  di 
Botticelle  prr  la  caaìone  che  appretto  Tedremo. 
Costui  fu  figliuolo  di  Mariano  Filipepi  cittadino 
fiorentino  ,  dal  quale  diligentemente  allcTato  e 
fatto  istruire  in  tutte  quelle  cose  clie  usanza  è 
d'  insegnarsi  a'  fanciulli  in  quella  età  prima 
che  e'  si  pongano  alle  botteghe  ,  ancoraché  age- 
▼olmeute  apprendesse  tutto  quello  che  e'  roìe* 
Ta^era  nientt  dimanco  inquieto  sempre  né  si  con- 
tentava di  scuola  alcuna  di  lesgere  ,  di  scriTere  » 
o  d'abbaco  ;  di  maniera  che  il  padre  infastidito 
di  questo  cernei  lo  sì  stravagante  y  per  disperato 
lo  pose  all'orefice  con  un  suo  compare  chiamato 
Botticello  9  assai  competente  maestro  allora  in 
quel!'  arte  .  Era  in  quell'  età  una  dimestichezza 
grandissima,  e  auasi  che  una  contiuova  pratica 
tra  gli  orefici  cu  i  pittori ,  per  la  quale  Sandro  , 
che  era  destra  persona  e  si  era  volto  tutto  al  di«* 
segno ,  invaghitosi  della  pittura  y  si  dis-pose  voU 
gersi  a  quella  .  Per  lo  che  aprendo  i'  animo  suo 
al  padre ,  da  lui,  che  conobbe  la  inclina zione  di 
quel  cervello,  fu  condotto  a  fra  Filippo  del  Car- 
mine eccellentissimo  pittore  allora,  ed  acconcio 
«eco  a  imparare  comf  Sandro  itesso  desider^iva» 


443  PIRTE    SECONDA 

Datosi  danque  tutto  a  quell'  arte  y  seguitò  ed 
imitò  si  fattamente  il  maestro  suo ,  che  fra  Fi- 
lippo gli  pose  amore ,  ed  inseguogli  di  manie- 
ra ,  che  e'  pervenne  tosto  ad  un  grado  cbe  nes- 
suno lo  arebbe  stimato  .  Dipinse  essendo  gioya- 
netto  nella  Mercatanzia  di  Fiorenza  una  ibrtezza 
fra  le  tavole  delle  Virtù  che  Antonio  e  Piero  del 
Pollaiuolo  lavorarono .  In  S.  Spirito  di  Fiorenza 
fece  una  tavola  alla  cappella  de*  Bardi,  la  quale 
è  con  diligenza  lavorata  e  a  buon  fine  condotta  ^ 
dove  sono  alcune  olive  e  palme  lavorate  con 
sommo  amore .  Lavorò  nelle  Convertite  una  ta- 
vola a  quelle  monache^  ed  a  quelle  di  S.Bamaba 
zimilmente  un'altra  .  In  Ognissanti  dipinse  a  fre- 
sco nel  tramezzo  alla  porta  che  va  in  coro  per  i 
Yespucci  un  S. Agostino,  nel  quale  cercando  egli 
allora  di  passare  tutti  coloro  che  al  suo  tempo  di- 
pinsero, ma  particolarmente  Domenico  Ghirlan- 
daio cbe  aveva  fatto  dali* altra  banda  un  S.  Gi- 
rolamo ,  molto  s'  affaticò  ;  la  qual'  opera  riasci 
lodatissiiua,  per  avere  egli  dimostrato  nella  testa 
di  quel  santo  quella  profonda  cogitazione  ed  acu- 
tissima so ttiff Trezza, che  suole  essere  nelle  perso- 
ne sensate  ed  astrette  continuamente  nella  inve- 
stigazione di  cose  altissime  e  molto  difficili.Que- 
fita  pittura  ,  come  si  è  detto  nella  vita  del  Ghir- 
landaio ,  quest'anno  i564  ^*  sta^  mutata  dal 
luogo  suo  salva  ed  intera  .  Per  il  che  venuto  in 
credito  e  in  riputazione  ,  dall'  arte  di  Porta  S* 
Maria  gli  fu  fatto  fare  in  8.  Marco  una  Incoro* 
nazione  di  nostra  Donna  in  una  tavola  ed  un  coro 
d'  angeli,  la  quale  fu  molto  ben  disegnata  e  con- 
dotta da  lui .  In  casa  Medici  a  Lorenzo  vecchio 
lavorò  molte  cose,  e  massimamente  una  Palladi 
su  una  impresa  di  bronconi  che  buttavano  fao« 


VITA  DI  SANDRO  BOiriCELlX)  445 

oo  ,  la  quale  dipiuse  grande  quanto  il  yWo,  ed 
ancora  un  S.  ìiiebastiano  .In  S.  Maria  Mag- 
giore di  Fiorenza  è  una  Pietà  con  figure  piccola 
allato  alla  cappella  de'  Panciaticbi  molto  bella  . 
Per  la  città  in  diverse  case  fece  tondi  di  sua  ma- 
no ,  e  femmine  ignùde  assai ,  delle  quali  oggi 
ancora  a  Castello  y  villa  del  duca  Cosimo  ,  sono, 
due  quadri  figurati ,  T  uno  Venere  cbe  nasce,  e 
quelle  aure  e  venti  che  la  fanno  venire  in  terra 
con  gli  amori ,  e  così  un*  alti'a  Venere  cbe  le 
Grazie  la  fioriscono,  dinotando  la  primavera  ;  le 
quftlì  da  lui  con  grazia  si  veggono  espresse.  Nella 
via  de'  Servi  in  casa  Giovanni  Vespucci  oggi  di 
Fiero  Salviati ,  fece  intorno  a  una  camera  motti 
quadri  cbiu$i  da  ornamenti  di  noce  per  ricigni- 
mento  e  spalliera  con  molte  figure  e  vivissime  e 
belle  .  Similmente  in  casa  Pucci  fece  di  figure 
piccole  la  novella  del  Boccaccio  di  Nastagio  d&- 
gli  Onesti  in  quattro  quadri  di  pittura  molto 
vaga  e  bella,  ed  in  un  tondo  V  Epifania.  Ne'  mo- 
naci di  Cestello  a  una  cappella  fece  una  tavola 
d'  un'  Annunziata  .  In  S.  Pietro  Maggiore  alla 
porta  del  fianco  fece  una  tavola  per  Matteo  Pal- 
mieri con  infinito  numero  di  figure  ,  cioè  l'As- 
sunzione di  nostra  Donna  con  le  zone  de'  cieli 
come  son  figurate  ,  i  patrìarcbi ,  i  profeti ,  gli 
apostoli  ,  gli  evangelisti ,  i  martiri,  i  confessori, 
i  dottori,  le  vergini  ,  e  le  gerarcbie  ,  e  tutto  col 
disegno  datodi  da  Matteo  ,  cb'era  litterato  e 
valentuomo  ;  la  quale  opera  egli  con  maestria  e 
finitissima  diligenza  dipinse  .  Evvi  ritratto  a  pie 
Matteo  inginocebioni  e  la  sua  moglie  ancora  • 
Ma  con  tutto  cbe  quest'  opera  sia  bellissima  e 
cbe  ella  dovesse  vincere  la  invidia  ,  furono  però 
alcuni  malevoli  e  detrattori ,  cbe  non  potendo 


444  PAHTE    SCCORDA 

dannarla  in  altro,  dissero  clie  e  Matteo  e  Sandro 
graremente  vi  averaiìo  peccato  in  eresia  ;  il  che 
se  è  rero  o  non  rero ,  non  se  ne  aspetta  il  ^iadì« 
zio  a  me  ;  basta  che  le  figure  che  Sandro  ti  fece 
veramente  sono  da  lodare  per  la  fatica  che  e'du- 
rò  nei  girare  i  cerchi  de'  cieli,  e  tramezzare  tra 
figure  e  figure  d'  angeli  e  scorci  e  redute  in  di* 
versi  modi  diversamente  ,  e  tutto  condotto  con 
buon  disegno  .  Fu  allogato  a  Sandro  in  questo 
tempo  una  tavoletta  piccola  di  figure  di  tr« 
quarti  di  braccio  V  una  ,  la  quale  fu  posta  in  S. 
Maria  Novella  fra  le  due  porte  nella  facciata 
principale  della  chiesa  neil'  entrare  per  la  porta 
del  mezzo  a  sinistra,  ed  cvvi  dentro  T adorazione 
de'  Magi  ,  dove  si  vede  tanto  affetto  nel  primo 
vecchio,  che  baciando  il  piede  al  nostro  Signore 
e  struggendosi  di  tenerezza ,  benissimo  dimostra 
avere  conseguita  la  fine  del  lunghissimo  suo 
viaggio  .  £  la  figura  di  questo  re  è  il  proprio  ri- 
tratto di  Cosimo  vecchio  de'  Medici,  di  quanti 
a'  dì  nustri  se  ne  Htrovano,  il  più  vivo  e  più  na- 
turale. Il  secondo,che  è  Giuliano  de'Medici  padre 
di  papaClementeyiI,sì  vede  che  intentissimo  con 
l'animo  divotamente  rende  riverenza  a  quel  put» 
to  ,  e  gli  assegna  il  presente  suo  .  Il  terzo  ,  che 
inginocchiato  egli  ancora  pare  che  adorandolo 
gli  renda  grazie  e  lo  confessi  il  vero  Messia  ,  è 
Giovanni  figliuolo  di  Cosimo  .  Né  si  può  descri- 
vere la  bellezza  che  Sandro  mostrò  nelle  teste 
che  vi  si  veggono,  le  quali  con  diverse  attitudini 
son  girate  ,  quale  in  faccia ,  quale  in  profilo  ^ 
quale  in  mezzo  occhio,  e  qpial  chinata^  ed  in  più 
altre  maniere  e  diversità  d'  arie  di  giovani  ,  di 
vecchi ,  con  tutte  quelle  stravaganze  che  posso- 
no  far  conoscere  la  perfezione  del  suo  magbtfi!* 


VITA  DI  SANDRO  BOTTICELLO         445 

rio  ;  aTendo  egli  distìnto  le  corti  dì  tre  re  di  raa« 
niera,  che  e'sì  comprende  quali  siano  i  serridori 
deli'  uno  e  quali  deir  altro  :  opera  certo  mira- 
bilissima 9  e  per  colorito,per  disegno^e  per  comv 
ponimento  ridotta  sì  bella  che  ogni  arte&ct 
ne  resta  oggi  maravigliato. Ed  allorra  gli  arrecò 
in  Fiorenza  e  fuori  tanta  fama,  che  papa  Sisto  IV 
avendo  fatto  fabbricare  la  cappella  in  palazzo 
di  Roma  e  volendola  diniguere  y  ordinò  che  egli 
ne  divenisse  capo  :  onde  in  quella  fece  di  sua 
mano  le  infrascritte  storìe  ;  cioè  quando  Cristo  è 
tentato  dal  diavolo ,  quando  Mosè  ammazza  lo 
Egizio  e  che  riceve  bere  dalle  figlie  di  Jetro  Mar 
dianite ,  similmente  quando  sacrificando  i  fi<« 
gliuoli  d'Aron  venne  fuoco  dal  cielo  ;  ed  alcuni 
santi  papi  nelle  nicchie  di  sopra  alle  storie  • 
Laonde  acquistato  fra*  molti  concorrenti,  ch« 
seco  lavorarono  e  Fiorentini  e  di  altre  città  , 
fama  e  nome  maggiore  ,  ebbe  dal  papa  buona 
somma  di  danari ,  i  quali  ad  un  tempo  destrutti 
e  consumati  tutti  nella  stanza  di  Roma,  per  vi- 
vere a  caso  come  era  il  solito  suo ,  e  finita  in- 
sieme quella  parte  che  gli  era  stata  allogata  ,  e 
scopertala  ,  se  ne  tornò  subitamente  a  Fioren- 
sa  ;  dove  per  essere  persona  sofistica ,  comentò 
una  parte  di  Dante,  e  figurò  lo  Inferno  e  lo  mise 
in  stampa, dietro  al  quale  consumò  di  molto  tem- 
po ;  per  il  che  non  lavorando ,  fu  cagione  d' in- 
finiti disordini  alla  vita  sua  .  Mise  in  stampa  an- 
cora molte  cose  sue  di  disegni  ch'egli  aveva  fatti, 
ma  in  cattiva  maniera,  perchè  V  intaglio  era  mal 
fatto  ;  onde  il  meglio  che  si  vegga  di  sua  mano 
è  il  trionfo  della  Fede  di  fra  Girolamo  Savona- 
rola da  Ferrara;  della  setta  del  quale  fu  in  guisa 
partigiano ,  che  ciò  fu  causa  che  egli  abbando- 


446  PARTKSECONDA 

nando  il  dipignere  ,  e  non  arendo  entrate  da  vi- 
Yere  ,  precipitò  in  disordine  grandissimo  .  Per- 
cioccbè  essendo  ostinato  a  quella  parte,  e  facen- 
do yCome  si  chiamavano  allora  ,  il  piagnone,  si 
diriò  dal  lavorare  ;  onde  in  ultimo  si  trovò  vec- 
chio e  povero  di  sorte ,  che  se  Lorenzo  de*  Me- 
dici menti*e  che  visse  ,  per  lo  quale  oltre  a  mol- 
te altre  cose  aveva  assai  lavorato  allo  Spedalet- 
to  in  quel  di  Volterra  ,  non  V  avesse  sovvenuto, 
e  poi  gli  amici  e  molti  uomini  da  bene  stati  affe- 
zionati alla  sua  virtù  ,  si  sarebbe  quasi  morto  di 
fame.  £*  dì  mano  di  Sandro  in  S.  Francesco  fuor 
della  porta  a  S.  Miniato  in  un  tondo  una  Ma- 
donna  con  alcuni  angeli  grandi  quanto  il  viro , 
il  quale  fu  tenuto  cosa  bellissima  .  Fu  Sandro 
persona  molto  piacevole  ,  e  fece  molte  burle  a* 
suoi  discepoli  ed  amici ,  onde  si  racconta  che  a- 
Tendo  un  suo  creato  che  aveva  nome  Biagio  , 
fatto  un  tondo  simile  al  sopraddetto  appunto  per 
venderlo,  che  Sandro  lo  vendè  sci  fiorini  d*oi*o 
a  un  cittadino ,  e  che  trovato  Biagio  gli  disse  :  lo 
ho  pur  finalmente  venduto  questa  tua  pittui*a  ; 
pero  si  vuole  stasera  appiccarla  in  alto ,  perchè 
averà  miglior  veduta ,  e  dimattiaa  andare  a  casa 
il  detto  cittadino  e  conduilo  qua,  acciò  la 
reggia  a  buon'  aria  al  luogo  suo,  poi  ti  annoveri 
i  contanti.  Oh  quanto  avete  ben  fatto  ,  maestro 
mio  y  disse  Biagio  ;  e  poi  andato  a  bottega  mise 
il  tondo  in  luogo  assai  ben  alto  ,  e  partissi .  In- 
tanto Sandro  e  Iacopo,  che  era  un  altro  suo  di- 
scepolo ,  fecero  di  carta  otto  cappucci  a  uso  di 
cittadj^oi ,  e  con  la  cera  bianca  gli  accomodarono 
sopra  le  otto  teste  degli  angeli  che  in  detto  tondo 
erano  intorno  alla  Madonna .  Onde  venuta  la 
mattina  ,  eccoti  Biagio  che  ha  seco  il  cittadino 


VI9^  DI  SÀIVDKO  BOTTICELLO  447 

che  aveTa  compera  la  pittura  9  e  sapeva  la  bur- 
la .  Ed  entrati  in  bottega  ^  alzando  Biagio  gli 
occhi  ,  yide  la  sua  Madonna  non  in   mezzo  agli 
angeli ,  ma  in  mezzo  alla  signoria  di  Firenze 
starsi  a  sedere  fi'a  que*  cappucci  ;  onde  volle  co- 
minciare a  gridare  e  scusarsi  con  colui  che  l'aTC- 
va  mercatata  ;   ma  vedendo  che  taceva  ,  anzi 
lodava  la  pittura ,  se  ne  stette  anch'esso.  Final- 
mente andato  Biagio  col  cittadino  a  casa  ebbe  il 
pagamento  de'  sei  fiorini  y  secondo  che  dal  mae- 
stro era  stata  mercatata  Ja  pittura  ;  e  poi  tornato 
a  bottega  ^  quandi»  appunto  Sandro  e  Iacopo 
avevano  levati  i  cappucci  di  carta  ,  vide  i  suoi 
angeli  essere  angeli  e  non  cittadini  in  cappuccio: 
porche  tutto  stupefatto  non  sapeva  che  si  dire  • 
Pur  finalmente  rivolto  a  Sandro  disse  :  maestro 
mìo ,  io  non  so  se  io  mi  sogno  o  se  gli  è  vero  » 
Questi  angeli  ,  quando  io  venni  qua ,  avevano  i 
cappucci  rossi  in  capo  ,  ed  ora  non  gli  hanno  , 
che  vuol  dir  questo  ?  Tu  sei  fuor  di  te  ,  Biagio  , 
disse  Sandro.  Questi  danari  t'hanno  fatto  uscire 
del  seminato.  Se  cotesto  fosse  ,  credi  tu  che  quel 
cittadino  V  avesse  compero  ?  Gli  è  vero  ,  sog- 
giunse Biagio  y  che  non  me  n'  ha  detto  nulla , 
tuttavia  a  me  pareva  strana  cosa  .  Finalmente 
tutti  gli  altri  garzoni  furono  intorno  a  costui  e 
tanto  dissono,  che  gli  fecion  credere  che  fussino 
stati  capogiroli .  Venne  una  volta  ad  abitare  al- 
lato a  Sandro  un  tessitore  di  drappi,  e  rizzò  ben 
otto  telai  y  ì  quali  quando  lavoravano  ,  facevano 
non  solo  col  romore  delle  calcele  e  ribattimento 
delle  casse  assordare  il  povero  Sandro  ,  ma  tre- 
mare tutta   la  casa  ,  che  non  era  più  gagliarda 
di  muraglia  che  si  bisognasse  ;  donde  fra  per 


45o  PAftTC    SJBeOKDi. 

phe  portano  a  processione  i  frati  di  S.  Mar{% 
Kòréila  ,  tutto  di  suo  disegno  •  Meriti  dunque 
Sandro  gran  lode  in  tutte  le  pitture  che  fece , 
nelle  quali  volle  mettere  diligenza  e  farle  con 
amore ,  oome^ce  la  detta  tarda  de'  Magi  di 
S,  Maria  NoTella  y  la  quale  è  maraTigliosa. 
%'  molto  bello  ancora  un  piociol  tondo  di  sua 
mano  che  si  vede  nella  camera  del  priore  degli 
angeli  di  Firenze  ,  di  figure  piccole  ,  ma  gra« 
fiose  molto  e  fiitte  con  bella  considerazione. 
Della  medesima  crandezza  che  è  la  detta  ta« 
▼ola  de'  Magi ,  n*  ha  una  di  mano  del  medesimo 
M.  Fabio  Segni  gentiluomo  fiorentino ,  nella 
quale  è  dipinta  la  Calunnia  d'  Apelle  y  bella 
Ijuanto  possa  essere  .  Sotto  la  quale  tavola  y  la 
quale  egli  stesso  donò  ad  Antonio  Segni  suo  ami- 
cissimo y  si  leggono  oggi  questi  versi  di  detto  Mt 
Pabio  : 

Jfndicié  quemf/uam  nt falso  iaedere  ienteni 
Terrarum  reges  y  parva  tabella  monet. 

fluic  simiiem  Aegjrpti  regi  donavit  Aptlles  % 
flexfuii  fi  difnui  n^nnere  y  munus  ce, 


/ 

VITA 
DI  BENEDETTO  DA  MARANO 


SCULTORE    ED    ARCHITETTO 
FIORENTINO. 


B 


benedetto  da  Maiano  scultore  fiorentino  essen- 
do ne'  suoi  primi  anni  intagliatore  di  legname  ^ 
fu  tenuto  in  quello  esercizio  il  più  ralente  mae- 
stro che  tenesse  ferri  in  mano ,  e  particolarmen- 
te fu  ottimo  artefice  ir^quel  modo  di  fare  ,  che  , 
come  altrove  si  è  detto  ,  fu  introdotto  al  tempo 
di  Filippo  Brunellescbi  e  di  Paolo  Uccello  y  di 
commettere  insieme  legni  tinti  di  diversi  colori 
e  farne  prospettive  ,  fogliami  ^  e  moite  altre  di- 
verse faVitasie.  Fu  dunque  in  questo  artifizio 
Benedetto  da  Maiano  nella  sua  giovanezza  il 
miglior  maestro  che  si  trovasse  ,  come  aperta- 
mente ne  dimostrano  molte  opere  sue  che  in  Fi- 
renze in  diversi  luoghi  si  yeggiono  y  e  partico- 
larmente tutti  gli  armari  della  sagrestia  di  S. 
Maria  del  Fiore  ,  finiti  da  lui  la  maggior  parte 
dopo  la  morte  di  Giuliano  suo  zio,  che  son  pieni 
di  figure  fatte  di  rimesso  e  di  fogliami,  e  d*  altri 
laYori  fatti  con  magnifica  spesa  ed  artifizio.  Per 
la  novità  dunque  di  quest'  arte  venuto  in  gran- 
dissimo nome ,  fece  molti  lavori  che  fiu'ono 
mandati  in  diversi  luoghi  ed  a  diversi  principi , 
e  fra  gli  altri  n'ebbe  il  re  Alfonso  di  Napoli  un 
fornimento  d'uno  sci»ittoio,  fatto  fare  per  ordine 
di  Giuliano  zio  di  I^erìedetto  che  serviva  il  dotto 
re  nelle  cose  d'arcbitettura^dove  esso  Benedetto 


453  PARTE    SEGOHDA 

ti  trasferì  ;  ma  non  gli  piacendo  la  stanca ,  se  ne 
topiò  a  Firenze  ,  dove  avendo  non  molto  dopo 
laroratp  per  Mattia  Corvino  re  d'  Ungl^eria,  eoe 
aveva  nella  sua  corte  molti  Fiorentini  e  si  dilet* 
tava  di  tutte  le  cose  rare ,  un  paio  di  casse  con 
difficile  e  bellissimo  magisterio  di  legni  commes-i» 
si  j  si  deliberò  j  essendo  con  molto  favore  cbia« 
mato  da  quel  re,  di  volere  andarvi  per  ogni  mo- 
do; perche  fasciate  le  sue  casse  e  con  esse  entrato 
in  nave  y  se  n'  andò  in  Ungheria  ;  là  dove  &tto 
reverenjKa  a  quel  re  y  dal  quale  fu  benignamente 
ricevuto^fece  venire  le  dette  casse,  e  quelle  &tte 
sballare  alia  presenta  del  re  che  molto  desidera^ 
va  di  vederle ,  vide  che  V  umido  dell'  acq^ia  e  1 
mucido  del  mare  aveva  intenerito  in  modo  ia 
colla  j  che  nell'  aprire  gì'  incerati  quasi  tutti  i 
pesri  che  erano  alle  casse  appiccati  caddero  in 
terra;  onde  se  Benedetto  rimase  attonito  ed  am- 
mutolito per  la  presenza  di  tanti  signod  >  osnu* 
no  se  lo  pensi .  Tuttavia  messo  il  lavoro  ins^me 
U  meglio  che  potette  j  fece  che  il  re  rimase  assai 
aodis&tto  .  Ma  egli  nondimeno  recatosi  a  noia 
quel  mestiere,  non  lo  potè  più  patire  perla  ver* 
gogna  che  n'aveva  ricevuto .  £  cosi  messa  dà 
canto  ogni  timidità  si  diede  alla  scultura  ,  nella 
C|uale  aveva  di  già  a  Loreto  ,  stando  con  Giù* 
}iano  suo  iEÌo  ,  ftitto  per  la  sagrestia  un  lavamani 
con  certi  angeli  di  marmo  :  nella  quale  arte  pri- 
ma che  partisse  d' Ungheria  fece  conoscere  a 
quel  re^  che  se  era  da  principio  rimase  con  Ter- 

fdgna  y  la  colpa  era  stata  dell'esercizio  che  era 
asso,  e  non  dell'  ingegno  suo  che  era  alto  e  pel* 
legrino  ,  Fatto  dunque  che  egli  ebbe  in  quelle 
parti  alcune  cose  di  terra  e  di  marmo  che  molto 
piacquero  acquei  re;  se  ne  (orni  »  Fireii;s»^ 


YITA  m  BSmDCTTO  DA  If AlAlfO    450 

Aott  non  8Ì  tosto  fu  giunto  ,.cbe  gli  fa  dato  dai 
Signori  a  fare  l'ornamento  di  marmo  della  porta 
della  lor'udiensa ,  dove  fece  alcuni  fanciulli  che 
con  le  braccia  reggono  certi  festoni  molto  belli  • 
Ma  sopra  tutto  fu  bellissima  la  figura  che, è  nel 
messo  y  d'  un  S.  Giovanni  giovanetto  di  due 
braccia ,  la  quale  è  tenuta  coca  singolare  •  Ed 
accioccbè  tutta  queir  opera  fusse  di  sua  mano  p 
&ce  i  legni  cbe  serrano  la  detta  porta  egli  stesso^ 
e  vi  ritrasse  di  legni  commessi  in  ciascuna  parto 
una  figura  ,  cioè  in  una  Dante  e  nelF  altra  il 
Petrarca  ;  le  quali  due  figure  >  a  cbi  altro  non 
avesse  in  cotale  esercizio  veduto  di  man  di  Bene* 
dettp  y  possono  far  conoscere  quanto  egli  fosse 
in  quello  raro  e  eccellente  ;  la  quale  udienza 
a'  tempi  nostri  ha  fatta  dipignere  il  Signor  duca, 
CSosimo  daFraocesco  Saiviati^come  al  suo  luogo 
si  dirà.  Dopo  fece  Benedetto  in  S.  Maria  ìio^ 
velia  di  Fiorenza,  dove  Filippino  dipinsela  cap- 
pella ,  una  sepoltura  di  marmo  nero  ,  in  un 
tondo  una  nostra  Donna^e  certi  angeli  con  molta 
diligenza  per  Filippo  Strozzi  veccnio^  il  ritratto 
del  quale  che  vi  fece  di  marmo  è  oggi  nel  suo 

E  lazzo  .  Al  medesimo  Benedetto  fece  &r« 
»renzo  vecchio  de'  Medici  in  S.  Maria  del 
Fiore  il  ritratto  di  Giotto  pittore  fiorentino  j  a 
lo  collocò  sopra  I*  epitaffio ,  del  quale  si  è  di  so« 
pra  nella  vita  di  essoGiotto  abbastanza  ragiona- 
to ^  la  quale  scultura  di  marmo  è  tenuta  ragìo* 
nevole  •  Andato  poi  Benedetto  a  Napoli  per  es« 
ser  morto  Giuliano  suo  zio ,  del  quale  egli  era 
erede  i  oltre  alcune  opere  che  fece  a  quei  re  | 
fece  per  il  conte  di  Terranova  in  una  tavola  di 
marmo  nel  monasterio  de*  monaci  di  Monte  01i«* 
veto  una  Nunziata  con  certi  santr  a  fancioUi  in« 


434  P  A  R  T  K    S  E  C  0  K  d  A 

Ìx>nio  bellissimi  che  reggono  certi  festoni,  e 
nella  predella  di  detta  opera  fece  molti  bassiri- 
lievi  con  buona  maniera  .  In  Faenza  fece  un» 
bellissima  sepoltura  di  marmo  per  il  corpo  di  S« 
Savino ,  ed  in  essa  fece  di  bassorilievo  sei  storie 
della  vita  di  quel  santo  con  molta  invenzione  e 
disegno  ,  così  ne'  casamenti  come  nelle  figure , 
di  maniera  cbe  per  questa  e  per  altre  opere  sue 
fu  conosciuto  per  uomo  eccellente  nella  scultu- 
ra .  Onde  priipa  cbe  partisse  di  Romagna  gli  fu 
fatto  fare  il  ritratto  Ai  GtUeotto  Malatesta.lPece 
ancOy  non  so  se  prima  o  poi ,  quello  d'  Enrico 
VII  re  d' Inghilterra,  secondo  che  n'aveva  avuto 
da  alcuni  mercanti  fiorentini  un  ritratto  in  carta, 
k  bozza  de'  quali  due  ritratti  fu  trovata  in  casa 
sua  con  molte  alti^  cose  dopo  la  sua  morte  .  Bi- 
tumato finalmente  a  Fiorenza  ,  fece  a  Pietro 
Meilini  cittadin  fiorentino  ed  allora  ricchissi- 
mo  mercante  in  S.  Croce  il  pergamo  di  marmo 
che  vi  si  vede  y  il  qual  è  tenuto  cosa  rarissima  e 
bella  sopra  ogni  altra  che  in  quella  maniei'a  sia 
mai  stata  lavorata  ,  per  vedersi  in  quello  lavo- 
rate le  figure  di  marmo  nelle  storie  di  S.  Fran- 
cesco con  tanta  bontà  e  diligenza^che  di  marmo 
non  si  potrebbe  più  oltre  disiderare  ;  avendovi 
Benedetto conmolto  artifizio  intagliato  alberi  f 
sassi  y  casamenti  y  prospettive  y  ed  alcune  cose 
maravigliosamente  spiccate  y  ed  olti*e  ciò  un  ri- 
battimento di  terra  di  detto  pergamo  che  serve 
per  lapida  di  sepoltura  fatto  con  tanto  disegno , 
che  egli  é  impossibile  lodarlo  abbastanza.  Dicesi 
che  egli  in  fare  quest'  opera  ebbe  difiicultà  con 
gli  operai  di  S.  Croce  y  perchè  volendo  appog- 
giare detto  pergamo  a  una  colonna  che  regge 
alcuni  degli  archi  «he  sostengono  il  tetta  j  •  fo- 


tiri  DI  niflDXTTO  DA  MAUKO     J^&Ì 

falre  la  detta  colonna  per  farti  la  scala  e  l'entrate 
ài  pergamo  ,  essi  non  yolerf ano  y  dubitando  cha 
ella  non  s' indebolisse  tanto  col  racuo  della  8a<« 
lita  9  cbe  il  peso  non  la  sforzasse  con  gran  rovina 
d' una  pai^e  di  quel  tempio .  Ma  avendo  dato  8Ì-« 
curtà  il  Mellino  che  V  opera  si  finirebbe  senza 
alcun  danno  della  chiesa  ,  finalmente  furono 
contenti .  Onde  avendo  Benedetto  sprangato  di 
fuori  con  fasce  di  bronzo  la  colonna ,  cioè  quella 
pai*te  che  dai  pergamo  in  giù  è  ricoperta  di  pie^ 
tra  forte  y  fece  dentro  la  scala  per  salire  al  per' 
camo  ,  e  tanto  quanto  egli  ifc  bucò  di  dentro  f 
l'ingrossò  di  Cuora  con  detta  pietra  forte  in  quella 
maniera  che  si  vede ,  e  con  stupore  di  chiunqua 
la  vede  condusse  quest'  opera  a  perfezione  y  mo-» 
strando  in  ciascuna  parte  ed  in  tutta  insiema 
quella  maggior  bontà  che  può  in  simil  opera  de-» 
siderarsi .  Affermano  molti  che  Filippo  Strozzi 
il  vecchio  volendo  fare  il  suo  palazzo,  ne  volle  il 
parere  dì  Benedetto  che  gliene  fece  un  modello^ 
e  che  secondo  quello  fu  cominciato  y  sebbene  fu 
seguitato  poi  e  finito  dai  Cronaca  ,  morto  esso 
Benedetto  y  il  quale  avendosi  aoduistato  da  vi-» 
vere ,  dopo  le  cose  dette  non  voile  fare  altro 
lavoro  di  marmo  i  Solamente  fini  in  S.  Trinità 
la  Si  Maria  Maddalena  stata  cominciata  da 
Desiderio  da  Settignano  y  e  fece  il  Crocifisso  cbe 
è  sopra  1*  altare  di  S.  Maria  del  Fiore  ed  alcuni 
altri  simili .  Quanto  all'  architettura,  ancoraché 
mettesse  mano  a  poche  cose^  in  quelle  liotidime^ 
no  non  dimostrò  manco  giudizio  che  nella  scul«» 
tura  y  e  massimamente  in  tre  palchi  di  grandis-* 
sima  spesa ,  che  d' ordine  e  col  consiglio  suo  fu-« 
irono  fatti  nel  palazzo  della  Signoria  di  Firenze  « 
li  pri4N  fu  il  palco  dulia  sàia  che  oggi  si  dica 


456  PARTE     SECONDA 

de'  Dugento ,  sopra  la  quale  aretidosi  a  fare  Bori 
una  sala  simile  ma  due  stanze  ,  cioè  Una  sala  ed 
una  dadienza  ,  e  per  conseguente  avendosi  a  fare 
un  muro  non  mica  leggieri  del  tutto  y  e  dentrovi 
una  porta  di  marmo^  ma  di  ragionevole  grossez* 
ta  f  non  bisognò  manco  ingesno  o  giudizio  di 

Snello  che  aveva  Benedetto  a  fare  un'  opera  così 
tta  •  Benedetto  adunque  per  non  diminuire  la 
detta  sala ,  e  dividere  nondimeno  il  di  sopra  in 
due  j  fece  a  questo  modo  .  Sopra  un  legno  grosso 
un  braccio  e  lungo  quanto  ia  larghezza  deHa 
sala  ne  commesse  un  altro  di  due  pez^i  9  di  ma- 
niera che  con  la  grossezza  sua  alzava  due  terzi 
di  braccio  ;  «  negli  estremi  ambi  due  benissimo 
eonfitti  ed  incatenati  insieme  facevano  accanto  al 
muro  ciascuna  testa  alta  due  braccia  ;  e  le  dette 
due  teste  erano  intaccate  a  ugna  in  modo,  cbe 
vi  si  potesse  impostare  un  arco  di  mattoni  doppi 
grosso  un  mezzo  braccio  »  appoggiatolo  ne'  fian- 
chi ai  muri  principali  .  Questi  due  legni  adun- 
Sue  erano  con  alcune  incastrature  a  guisa  di 
enti  in  modo  con  buone  spranghe  di  ferro  uniti 
ed  incatenati  insieme^  che  di  due  legni  venivano 
a  essere  un  solo  .  Oltre  ciò  avendo  fatto  il  det- 
to arco  ,  acciò  le  dette  travi  del  palco  non 
avessero  a  reggere  se  non  il  muro  dall'  arco  in 
giù  y  e  1'  arco  tutto  il  rimanente  y  ap|ticcò  dav- 
vantaggio  al  detto  arco  due  grandi  staffe  di  fer« 
rocche  inchiodate  gagliardamente  nelle  detta 
travi  da  basso  ,  le  reggevano  e  reggono  di  ma- 
niera  y  che  quando  per  loro  medesime  non  ba- 
stassero y  sarebbe  atto  l'arco,  mediante  le  detta 
catene  stesse  che  abbracciano  il  trave,  e  sono 
due  ,  una  di  qua  e  una  di  là  dalla  porta  di  mar- 
mo ^  a  reggere  molto  maggior  peso  cheanon  è 


VITA  01  BENZDETTO  DA  VAIANO*     45f 

quello  del  detto  muro  ,  che  è  di  mattoni  • 
grosso  nn  mesto  braccio  :  e  nondimeno  fece  la- 
vorare nel  detto  muro  i  mattoni  pev  coltello  e 
eentinato  y  che  Tenira  a  pigner  ne'  canti  ,  doT« 
era  i  1  sodo,  e  rimanere  più  stabile .  £d  in  questa 
maniera ,  mediante  il  buon  giudisio  di  Benedet- 
to y  rimase  la  detta  sala  de'  Dugento  neHa  sua 
gi*andeiza  ,  e  sopra  nei  medesimo  spazio  con  un 
tramezzo  di  muro  tì  si  fece  la  sala  che  si  dw« 
deirOriuolo,e  l'udienza  dove  è  dipinto  il  trion» 
fo  di  Gammillo  di  mano  del  Salviati.  Il  soffittato 
del  qual  palco  fu  riccamente  laTorato  e  inta^ 

f;liato  da  Marco  del  Tasso  y  Domenico,  e  Giu« 
iano  suoi  fratelli  y  che  ficee  similmente  quelki 
della  sala  dell'Orinolo  e  quello  dell'udienza  •  B 
perché  la  detta  porta  di  marmo  fu  da  Benedetta 
fatta  doppia  ,  sopra  T  arco  della  porta  di  dentro^ 
avendo  già  detto  del  di  fuori  y  fece  una  Giustizia 
di  marmo  a  sedere  con  la  palla  del  mondo  in  una 
mano  ,  e  nell'  altra  una  spada  con  lettere  intor- 
no air  arco  che  dicono  :  Diltgite  jusiitiam  qui 
judicatis  terram  .  La  quale  opera  tutta  fu  con«« 
dotta  con  maraTÌgliosa  diliffenza  ed  artifizio .  Il 
medesimo  alla  Madonna  delle  Grazie  y  che  è 
poco  fuor  d' Arezzo  ,  facendo  un  portico  e  una 
salita  di  scaie  dinanzi  alla  porta  ,  nel  portico 
>  mise  gli  archi  sopra  le  colonne  y  ed  accanto  al 
tetto  girò  intomo  intorno  un  architraTe,  fregio, 
e  cornicione  y  ed  in  quello  fece  per  gocciolatoio 
una  ghirlanda  di  rosoni  intagliati  di  macigno 
ohe  sportano  in  fuori  un  braccio  e  un  terzo  ; 
talmenteché  fra  V  aggetto  del  frx>ntone  della  go- 
la di  sopra,  ed  il  dentello  e  uotoIo  sotto  il  goc- 
otolatoio ,  fa  braccia  due  e  mezzo  ,  che  aggiun- 
tovi il  mezzo  braccio  che  fanno  i  tegoli  ^  ui  un 


458  PARTE     SECONDA 

tetto  di  braccia  tre  intorno,  bello  9  ricco ,  util«  j 
ed  ingegnoso.  Nella  quaropera  è  quel  suo  artifi-» 
sic  degno  d*  esser  molto  considerato  dagli  arte-» 
ficiycbe  Tolendo  che  questo  tetto  sportasse  tanto 
in  fuori  senza  modiglioni  o  mensole  che  lo  reg^ 
cessino ,  fece  que'  lastroni  dorè  sono  i  rosoni 
mtagliati  tanto  grandi ,  che  la  metà  sola  spor^ 
tasse  in  fuori ,  e  Y  altra  metà  restasse  murata  di 
sodo  ;  onde  essendo  cosi  contrappesati ,  potetto- 
no  reggere  il  resto  e  tutto  q'uelio  che  di  sopra  si 
aggiunse ,  come  ha  fatto  sino  a  oggi  senza  disa-« 
gio  alcuno  di  quella  fabbrica .  £  perchè  non  TO' 
leva  che  questo  cielo  apparisse  di  pezzi ,  come 
•gli  era  y  riquadrò  pezzo  per  pezzo  d' un  comi- 
ciamento  intomo  che  veniva  a  far  lo  sfondato 
del  rosone  y  che  incastrato  e  commesso  bene  « 
cassetta  >  univa  V  opera  di  maniera  9  che  chi  la 
vede  la  aiudica  d*un  pezzo  tutta  .  Nel  medési- 
mo luogo  tece  fare  un  palco  piano  di  rosoni  messi 
d'  oro  j  che  è  molto  lodato .  Avendo  Benedetto 
compero  un  podere  fuor  di  Prato  a  uscire  per  la 
porta  Fiorentina  per  venire  in  verso  Firenze ,  e 
non  più  lontano  dalla  terra  che  un  mezzo  mi<« 
glio  >  fece  in  sulla  strada  maestra  accanto  alla 
porta  una  bellissima  cappelletta  ,  ed  in  una  nic- 
chia una  nostra  Donna  col  figliuolo  in  collo  di 
terra  lavorata  tanto  bene ,  che  cosi  fatta  senza 
altro  colore  è  bella  quanto  se  fusse  di  marmo. 
Cosi  sono  due  angeli  y  che  sono  a  sommo  per  or-» 
namento,  con  un  candelliere  per  uno  in  mano  • 
Kel  dossale  dell'altare  è  una  Pietà  con  la  nostra 
Donna  e  S.  Giovanni  di  marmo  bellissimo  .  La- 
sciò anco  alla  sua  morte  in  casa  sua  molte  cose 
abbozzate  di  terra  e  di  marmo .  Disegnò  Bene^ 
detto  molto  bene  y  come  si  può  vedere  in  alcune 


VITA  DI  BENEDETTO  DA  MAIANO       4% 

carte  del  nostrp  libro .  Finalmente  d'  anni  citi* 
quantaquattro  sì  inori  nel  i49^9  ^  ^^  onoreTo!- 
niente  sotterrato  in  S.  Lorenzo  ;  e  lasciò  cb« 
dopo  la  vita  d'  alcuni  suoi  parenti  tutte  le  su« 
facultà  fucino  della  compagnia  del  Bigallo  . 

Mentre  Benedetto  nella  sua  giovanezza  lavorò 
dì  legname  e  dì  commesso  ,  furono  suoi  concor* 
renti  Baccio  Cellinì  piffero  della  Signorìa  di  Fi- 
renze ,  il  quale  lavorò  di  commesso  alcune  cose 
A*  avorio  molto  belle  ,  e  fra  V  altre  un  ottangolo 
dì  figure  d' avorio  profilate  di  nero  bello afiatto^ 
il  quale  è  nella  guardaroba  del  duca.  Parimente 
Qirolamo  della  Cecca  creato  di  costui  e  piffero 
ancb'  egli  della  Signoria  lavorò  ne'  medesimi 
tempi  pur  di  commesso  molte  cose  .  Fu  nel  me-> 
desimo  tempo  David  Pistoiese  ,  cbe  in  S.  Gio* 
vanni  Evangelista  dì  Pistoia  fece  all'  entrata  del 
coro  un  S.  Giovanni  Evangelista  di  rimesso  >  o- 

5 era  più  di  gran  fatica  a  condursi  cbe  di  gran 
isegno  .  E  parimente  Gerì  Aretino  ,  cbe  fece  il 
coro  ed  il  pergamo  di  S. Agostino  d'Arezzo  de 'me- 
desimi rimessi  di  legnami  di  figure  e  prospetti- 
ve .  Fu  questo  Gerì  molto  capriccioso  ,  e  fece  di 
canne  di  legno  un  organo  perfettissimo  di  dol-> 
cezza  e  soavità  /cbe  è  ancor  oggi  nel  vescovado 
d'  Arezzo  sopra  la  porta  della  sagrestiai  mante- 
nutosi nella  medesima  bontà  ,  cbe  è  cosa  degna 
di  maraviglia  ,  e  da  luì  prima  messa  in  opera. 
Ma  nessuno  dì  costoro  né  altri  fìi  a  gran  pezzo 
eccellente  quanto  Benedetto  ;  onde  egli  merita 
fra  i  migliori  artefici  delle  sue  professioni  d'  m- 
ser  sempre  annoverato  e  lodato , 


VITA 
DI   ANDREA  VERROCCHIO 

PITTOES  SCULTORE  ED  AECHITETTO 

FIORENTINO. 

Andrea  del  Veirocchio  Fiorentino  (u  ne'tempi 
suoi  orefice  y  prospettivo,  scultore,  intagliatore  ^ 
pittare,  e  musico.  Ma  in  vero  neiFarte  della 
scultura  e  pittura  ebbe  la  maniera  alquanto  du« 
ra  e  crudetta,  come  quello,  che  con  infinito  stu* 
dio  se  la  guadagnò  più,  che  col  benefizio  o  &« 
cilità  della  natura  .  La  qual  facilità  sebben  gli 
fusse  tanto  mancata  quanto  gli  avaniò  studio  e 
diligensa ,  sarebbe  stato  in  queste  arti  ecceUen* 
tissimo,  le  quali  a  una  somma  perfezione  Tor» 
rebbono  congiunto  studio  e  natura;  e  dove  V  un 
de'  due  manca,  rade  volte  si  perviene  al  colmo; 
•ebben  lo  studio  ne  porta  ^co  la  maggior  parte^ 
41  quale  perchè  fu  in  Andina ,  quanto  in  alcuno 
altro  mai,  grandissimo,  si  mette  fra  i  rari  ed  ec« 
cellenU  artefici  dell'arte  iiostra .  Questi  in  gio* 
vanezza  attese  alle  scienze,  e  particolarmento 
alla  goemetria.  Furono  Catti  da  lui,  mentre  at- 
tese air  orefice,  oltre  a  molte  altre  cose ,  alcuni 
bottoni  da  piviali,  che  sono  in  S.  Maria  del  Fio* 
re  di  Fiorenza  ;  e  di  grosserie ,  particolarmente 
una  tazza,  la  forma  della  quale  piena  d'animali, 
di  fogliami,  e  d'altre  bizzarrie  va  attorno ,  ed  è 
da  tutti  gli  orefici  conosciuta;  ed  un'altra  pari-^ 
mente,  dove  è  un  ballo  di  puttini  molto  bello  • 
Per  le  quali  opere  avendo  dato  saggio  di  se  9  gU 


Jfi2  YARTE     SECONDA 

fa  dato  a  fare  dall'arte  de'mercatanti  due  storie 
A*  argento  nelle  teste  deli^  altare  di  S.  Giovanni, 
jLelle  fualiy  messe  che  furono  in  opera,  acquistò 
lode  e  nome  grandissimo .  Mancavano  in  questo 
tempo  in  Roma  alcuni  di  quegli  apostoli  grandi, 
che  ordinariamente  solevano  stare  in  sul!'  altare 
della  cappella  del  papa  con  alcune  altre  argen- 
terie state  disfatte;  per  il  che,  mandato  per  An- 
drea, gli  fu  con  gi'an  favore  da  papa  Sisto  da- 
to a  fare  tutto  quello  che  in  ciò  hisognava;  ed, 
egli  il  tutto  condusse  con  molta  diligenza  e  giu- 
dizio a  perfezione.  In  tanto  vedendo  Andrea  che 
delle  molte  statue  antiche  ed  altre  cose  che  si 
trovavano  in  Roma  si  faceva  gi*andissima  stima, 
e  che  fu  fìitto  porre  quel  cavallo  di  bronzo  dal 
|Nipa  a  S.  Gio:  Luterano  ;  e  che  de  fra  gin  en- 
ti, non  che  delie-  cose  intere  che  ogni  di  si 
b'ovavano,  si  fabcfsl^ cónto,  deliberò  d' attendere 
alla  scultura;  e  còsi  abbandonato  in  tutto  V  ore«^ 
fice,si  mise  a  gettare  di  bronzo  alcune  fìgurette, 
che  gli  furono  molto  lodate  ;  laonde  preso  mag- 
gior animo,  si  mise  a  lavorare  di  marmo  .  Onde 
essendo  morta  sopra  parto  in  que'  giorni  la  mo- 
glie di  Francesco  Tornabuoni ,  il  marito ,  che 
mdlto  amata  l'aveva,  e  morta,  voleva  quanto  po- 
teva il  più  onorarla,  diede  a  fare  la  sepoltura  ad 
Andrea,  il  quale  sopra  una  cassa  di  marmo  inta- 
gliò in  una  lapida  la  donna ^l  partorire,ed  il  pas- 
sare all'altra  vita  ;  ed  appresso  in  tre  figure  fece 
tre  virtù ,  che  furono  tenute  molto  belle  ,  per  la 
prima  opera  che  di  marmo  avesse  lavorato  :  là 
quale  sepoltura  fu  posta  nella  Minerva  ^  Ritor- 
nato poi  a  Firenze  con  danari ,  fama  ed  onore , 
gli  fu  (Utto  fare  di  bronzo  un  David  di  braccia 
Oac  •  mez£0^  il  quale  finito^  fu  posto  iu  palazzo 


VITA  DI  ANBAKA  VERA  OCCHIO       4^3 

«1  sommo  della  scala ,  dove  stava  la  catena ,  con 
sua  molta  lode  .  Mentre  che  egli  conducera  la 
detta  statua,  fece  ancora  quella  nostra  Donna  di 
marmo  che  è  sopra   la  sepoltura  di  M.  Lio-i 
nardo  Bruni  Aretino  in  S.  Croce,  la  quale  lavorò, 
essendo  ancora  assai  giova  ne,  per  Bernardo  Ros^ 
sellini  architetto  e  scultore ,  il  quale  condusse 
di  marmo,  come  si  è  detto  ,  tutta  quell'opera  • 
Fece  il  medesimo  in  un  quadro  di  marmo  una 
nostra  Donna  di  mezzo  rilievo  dal  mezzo  in  su 
col  figliuolo  in  collo,  la  quale  gii  era  in  casa 
Medici,ed  oggi  è  nella  camera  della  duchessa  di 
Fiorenza  sopra  una  porta,  come  cosa  bellissima* 
Fece  anco  due  teste  di  metallo  ,  una  d'  Alessan- 
dro Magno  in  profilo  ,  1*  altra  d'  un  Dario  a  suo 
capriccio  pur  di  mezzo  rilievo  e  ciascuna  da  per 
se,  variando  l'un  dall'altro  ne*cimieri  nellarma'» 
dure,  ed  in  ogni  cosa;  le  quali  amendue  furono 
mandate  dal  magnifico  Lorenzo  vecchio  de' Me- 
dici al  re  Mattia  Corvino  in  Ungheria  con  mol- 
te altre  cose ,  come  si  dirà  al  luogo  suo .  Per  le 
quali  cose  avendo  acquistatosi  Andrea  nome  di 
eccellente  maestro ,  e  massimamente  in  molte 
cose  di  metallo  delle  quali  egli  si  dilettava  mol- 
to ,  fece  di  bronzo  tutta  tonda  in  S.  Lorenzo  la. 
sepoltura  di  Giovanni  e  di  Piero   di  Cosimo 
de' Medici,  dove  è  una  cassa  di  porfido  ,  retta  da 
quattro  cantonate  di  bronzo,  con  girari  di  foglie 
molto  ben  lavorate  e  finite  con  diligenza  gran- 
dissima ;  la  quale  sepoltura  è  posta  fra  la  cap- 
pella del  Sagramento  e  la  sagrestia,  della  qual 
opera  non  si  può  né  di  bronzo  né  di  getto  far 
meglio,  massimamente  avendo  egli  in  un  mede- 
*  Simo  tempo  mostrato  l'ingegno  suo  nelF  archi- 
tettura, per  aver  la  detta  sepoltura  collocata 


464  »  A  HTS    SECONDA 

neir  apertura  d'ona  finestra  larga  braccia  cin«  ' 
que,  e  alta  dieci  in  circa,  e  posta  sopra  un  basa- 
mento  che  divide  la  detta  cappella  del  Sagra- 
mento  dalla  sagrestia  vecchia.  £  sopra  la  cassa 
per  ripieno  dell'  apertura  insino  alla  volta  fec» 
una  grata  a  mandorle  di  cordoni  di  bronzo  na- 
taralissimi  con  ornamenti  in  certi  luoghi  d' al- 
cuni festoni  ed  altre  belle  fantasie  tutte  notabili 
e  con  molta  pratica,  giudisio,ed  invenzione  con-» 
dotte.  Dopo  avendo  D  matello  per  lo  magistrato 
de'  Sei  della  mercanzia  fatto  il  tabernacolo  •  di 
marmo,  che  è  oggi  dirimpetto  a  S.  Michele  nell' 
oratorio  di  esso  Orsau  michele, ed  avendo  visi  a  Fare 
un  S.  Tommaso  di  bronzo  che  cercasse  la  piaga 
tt  Cristo ,  ciò  per  allora  non  si  fece  altrimenti  ; 
perchè  degli  uomini  che  avevano  cotal  cura  al- 
cuni volevano  che  lo  facesse  Donatello  ,  ed  altri 
LoremoGhiberti.Essendosi  dunque  la  cosa  stata 
cosi  insino  a  cheD>nato  e  Lorenzo  vissero^furono 
finalmente  le  dette  due  statue  allogate  adA.ndrea, 
il  quale  fattone  i  modelli  e  le  forme  ,  le  gettò,  • 
Tennero  tanto  salde ,  intere ,  e  ben  fatte  che  fu 
un  bellissimo  getto.  Onde  messosi  a  rinettarle  e 
finirle,  le  ridusse  a  quella  perfezione  che  al  pre- 
sente si  vede,  che  non  potrebbe  esser  maggiore  ; 
perchè  in  S.  Tommaso  si  scorge  la  increoulità  e 
la  troppa  voglia  di  chiarirsi  del  fatto ,  ed  in  nu 
medesimo  tempo  V  amore,  che  gli  fa  con  bellis- 
sima maniera  metter  la  mano  al  costato  di  Cri-» 
sto;  ed  in  esso  Cristo ,  il  quale  con  libéralissima 
attitudine  alza  un  braccio,  ed  aprendo  la  veste  , 
chiarisce  il  dubbio  dell*  incredulo  discepolo ,  è 
tutta  quella  gprazia  e  divinità ,  per  dir  così ,  che 
può  r  arte  dar  a  una  figura  •  E  V  avere  Andrea 
ambedue  queste  figure  vestite  di  bellissimi  c/Jm»- 


VITA    DI  ANDREA  VKRliOCCHIO  465 

«e  accomodati  panni  fa  conoscere  che  egli  no^ 
meno  sapeva  questa  arte,  che  Donato,  Lorenzo, 
e  gli  altri  che  erano  stati  innanzi  a  lui;  onde  ben 
meritò  questa  opera  d'  esser  in  un  tabernacolo 
latto  da  Donato,  collocata  ,  e  di  essere  stata  poi 
sempre  tenuta  in  pregio  e  grandissima  stima , 
Laonde  non  potendo  la  fama  di  Andrea  andar  più 
oltre  ne  più  crescere  in  quella  professione,  come 
persona  a  cui  non  bastava  in  una  sola  cosa  esse- 
re eccellente  ,  ma  desiderava  esser  il  medesimo 
in  altre  ancora,  mediante  lo  studio  voltò  Tanimo 
alla  pittura,  e  così  fece  i  cartoni  d'una  battaglia 
d'ignudi  disegnati  di  penna  molto  bene  per  farli 
di  colore  in  una  facciata.  Fece  similmente  i  car* 
toni  d'alcuni  quadri  di  storie,  e  dopo  li  cominciò 
a  metter  in  opera  di  colori  ;  ma  qual  si  fusse  la 
cagione,  rimasero  imperfetti .  Sono  alcuni  dise- 
gni di  sua  mano  nel  nostro  libro,  fatti  con  molta 
pacienza  e  grandissimo  giudizio,  infra  i  quali  sa- 
no alcune  teste  di  femmina  con  bell'arie  ed  ac- 
conciature di  capelli,  quali  per  la  sua  bellezza 
Lionai'do  da  Vinci  sempre  imitò  .  Sonvi  ancora 
due  cavalli  con  il  modo  delle  misure  e  centine 
da  farli  di  piccioli  grandi,  che  vengano  propor- 
zionati e  senza  errori  :  e  di  rilievo  di  terra  cotta 
è  appresso  di  me  una  testa  di  cavallo  ritratta 
dairantico,  cbe  è  cosa  rara;  ed  alcuni  altri  pure 
in  carta  n'ba  il  molto  reverendo  Don  Vincenzio 
Borghini  nel  suo  libro,  del  quale  si  è  di  sopra 
ragionato;  e  fra  gli  altri  un  disegno  di  sepoltura 
da  lui  fatto  in  Vinegia  per  un  doge, ed  una  storia 
de'  Magi  cbe  adorano  Cristo,  ed  una  testa  d'una 
donna  finissima  quanto  si  possa,dipinta  in  carta. 
Fece  anco  a  Lorenzo  de'Medici  per  la  fonte  del-% 
Voi.  IL  3e 


466  PAKTE    SECOITDA 

la  villa  a  Gareggi  an  putto  di  bronzo  che  strozzt 
on  pesce,  il  quale  ha  fatto  porre  ,  come  oggi  st 
vede,  il  Sig.  duca  Cosimo  alla  fonte  che  è  nel 
cortile  del  suo  palazzo^  il  qual  putto  è  meramen- 
te maraTìgtioso.  Dopo  essendosi  finita  di  miirare 
la  cupola  di  vS.  Maria  del  Fiore,  fu  risoluto  dopo 
molti  ragionamenti  che  si  facesse  la  palla  di  ra- 
me, che  aveva  a  esser  posta  in  cima  a  quell'edi* 
fìzio ,  secondo  V  ordine  lasciato  da  Filippo  Bru- 
nelleschi:  perchè  datone  la  cura  ad  An^ea^  egli 
la  fece  alta  braccia  quattro  e  posandola  in  sor  un 
bottone,  la  incatenò  di  maniera, che  poi  vi  si  po- 
tè mettere  sopra  sicuramente  la  croce  ;  la  quale 
opera  finita',  fu  messa  su  con  grandissima  festa  e 
piacere  de'  popoli .  Ben  è  vero  che  bisognò  usar 
nel  farla  ingegno  e  diligenza,  perchè  si  potesse  ^ 
come  si  fa  ,  entrarvi  dentro  per  di  sotto ,  ed  an- 
co neir  armarla  con  buone  fortificazioni ,  acciò 
i  venti  non  le  potessero  far  nocumento  .  £  per- 
chè Andrea  mai  non  si  stava,  e  sempre  o  di  pit- 
tura o  di  scultura  lavorava  qualche  cosa,  e  qual- 
che volta  tramezzava  l'un  opera  con  T altra, 
perchè  meno,  come  molti  fanno,  gli  venisse  una- 
stessa  cosa  a  fastidio,  sebbene  non  mise  in  opera 
ì  sopraddetti  cartoni ,  dipinse  nondimeno  alcune 
cose,  e  fra  l'altre  una  tavola  alle  monache  di  S. 
Domenico  di  Firenze  ,  nella  quale  gli  parve  es- 
sersi portato  molto  bene;  onde  poco  appresso  ne 
dipinse  in  S.  Salvi  un'altra  a'frutidi  Vallombro- 
sa  ,  nella  quale  è  quando  S.  Giovanni  battezza 
Cristo;  e  in  quest'opera  aiutandogli  Lionardo  da 
Vinci  allora  giovanetto  e  suo  discepolo,  vi  colorì 
un  angelo  di  sua  mano,il  quale  era  molto  meglio 
ehe  r  altre  cose.  Il  che  fu  cagione  ,  che  Andrea 
n  risolvette  a  non  voler  toccare  più  pennelli^ 


VITA  DI  ANDREA   VERROCCHIO  467 

poiché  Lionardo  cosi  gioranctto  in  quell'  arte  si 
era  portato  molto  meglio  di  lui . 

Avendo  danque  Cosimo  de'  Mèdici  avuto  di 
Boma  molte  anticaglie  ,  aveva  dentro  alla  porta 
del  suo  giardino  ovvero  cortile  che  riesce  nella 
via  de'Ginori,  fatto  porre  un  hellissimo  Marsia 
di  marmo  bianco  impiccato  a  un  tronco  per  do- 
vere essere  scorticato  ;  perchè  volendo  Lorenzo 
suo  nipote  ,  al  quale  era  venuto  alle  mani  un 
torso  con  la  testa  d*un  altro  Marsia  antichissimo 
e  molto  più  bello  che  V  altro  e  di  pietra  rossa  , 
accompagnarlo  col  primo ,  non  poteva  ciò  fare  , 
essendo  imperfettissimo.  Onde  datolo  a  finire  ed 
acconciare  ad  Andrea  ,  egli  fece  le  gambe  ,  le 
cosce  ,  e  le  braccia  che  mancavano  a  questa  fi- 
gura di  pezzi  di  marmo  rosso  tanto  bene  ,  che 
Lorenzo  ne  rimase  sodisfa ttissimo,  e  la  fece  por- 
re dirimpetto  all'  altra  dati*  altra  banda  aella 
porta  .  Il  quale  torso  antico  fatto  per  un  Marsia 
scorticato  fu  con  tanta  avvertenza  e  giudizio 
lavorato  ,  che  alcune  vene  bianche  e  sottili  che 
erano  nella  pietra  rossa  vennero  intagliate  dati' 
artefice  in  luogo  appunto  ,  che  paiono  alcuni 
picco!»  nerbicini  che  nelle  figure  paturali,  quan- 
do sono  scorticate  ,  si  veggono  .  Il  che  doveva 
farp.ìrerè  quell'  opera,  quando  aveva  il  suo  pri- 
miero pulimento,  cosa  vivissima  .  Volendo  in- 
tanto i  Vinizisini  onorare  la  molta  virtù  di  Bar- 
tolommeo  daBergamo,mediante  il  quale  avevano 
avuto  molte  vittorie,  per  dare  animo  agli  altri, 
udita  la  fama  d'Andrea  lo  ccndussero  a  Vinezia, 
dove  gli  fìi  dato  ordine  che  facesse  di  bronzo  la 
«tatua  a  cavallo  di  quel  Capitano  per  porla  in 
sulla  piazza  di  S.  Giovanni  e  Paolo.  Andrea  dun- 
que fatto  il  modello  del  cavallo;  aveva  comiR- 


47»  PARTE     SECOH^DJ^ 

sepoltara  di  ser  Micliele  di  Cione ,  dorè  sopra  tk 
liipidu  sono  intagliate  queste  |mrole  : 

Ser  Mlchaelis  de  Ciani s,  et  suorum; 

ed  appresso  : 

Sic  ossa  j acent  Andreae  Verrockii  qui  obiit 
Fenetiis  McccCLXXXViil. 

Si  dilettò  assai  Andrea  di  formare  di  gesso  da  far 
presa^  cioè  di  quello  che  si  fa  d  una  pietra  dolce 
la  quale  si  cava  in  quel  di  Voiten^a  e  di  ^iena  , 
ed  in  altri  molti  luoghi  d' Italia;  la  quale  pietra 
éotta  al  fuoco,  e  poi  pesta  e  con  V  acqua  tiepida 
impastata  y  diviene  tenera  di  sorte  ,  che  se  ne  fa 
quello  che  altri  vuole  ,  e  dopo  rassoda  insieme 
ed  indurisce  in  modo^che  vi  si  può  dentro  gettar 
figure  intere .  Andrea  dunque  usò  di  formare 
con  forme  cosi  fatte  le  cose  naturali,  per  poterle 
con  più  comodità  tenere  innanzi  e  imitarle , 
cioè  mani  ,  piedi  ,  ginocchia  ,  gambe,  Braccia  , 
e  torsi.  Dopo  si  cominciò  al  tempo  suo  a  formare 
le  teste  di  coloro  che  morivano,  con  poca  spesa; 
onde  si  vede  in  ogni  casa  di  Firenze  sopra  i  cam- 
mini, usci ,  finestre,  e  cornicioni  inGniti  di  detti 
ritratti  tanto  ben  fatti  e  naturali  che  paiono 
vivi .  £  da  detto  tempo  in  qua  si  è  seguitato  e 
seguita  il  detto  uso ,  che  a  noi  è  stato  di  gran 
comodità  per  avere  i  ritraiti  di  molti ,  che  si 
sono  posti  nelle  storie  del  palazzo  dei  duca  Co- 
simo.E  di  questo  si  deve  certo  aver  grandissimo 
obbligo  alia  virtù  d*  Andrea  ,  che  fu  de'  primi 
che  cominciasse  a  metterlo  in  uso  . 

Da  questo  si  venne  al  fare  imagini   di  più 

f perfezione  non  pure  in  Fiorenza  ,  ma  in  tutti  i 
uoghi  dove  sono  divozioni  e  dove  concoiTone 


VITA  DI  kVÙBJU.  VBUOCCHIO       474 

persone  a  porre  roti  e  ,  come  ri  dice  ,  miracoli , 

5er  avere  alcuna  grazia  riceVuto .  Perciocché 
ore  prima  si  facevano  o  picc(di  d'  argento  o  in 
tayolucce  solamente  ovvero  di  cera  e  goffi  affat- 
to,  si  cominciò  al  tempo  d'  Andrea  a  fargli  in- 
molto miglior  maniera;  perche  avendo  egli  stret- 
ta dimestichezza  con  Orsino  ceraiuolo  ,  il  quale 
in  Fiorenza  aveva  in  queir  arte  assai  huon  giu- 
dizio f  gV  incominciò  a  mostrare  come  potesse 
in  quella  farsi  eccellente  .  Onde  Tenuta  1*  occa- 
sione per  la  morte  di  Giuliano  de'  Medici  e  per 
lo. pericolo  di  Lorenzo  suo  fratello  stato  ferito  in. 
S.  Maria  del  Fiore ,  fu  ordinato  dacli  amici  e 
parenti  di  Lorenzo  che  si  facesse,  rendendo  della 
sua  salvezza  grazie  a  Dio  ,  in  molti  luoghi  Ti- 
magine  di  luì.  Onde  Orsino  fra  laltre  con  laiuto 
ed  ordine  d'Andrea,ne  condusse  tre  di  cera  gran- 
di quanto  il  vivo ,  facendo  dentro  T  ossatura  di. 
legname,  come  altrove  si  è  detto,  ed  intessuta  di 
canne  spaccate  ricoperte  poi  di  panno  incerato 
con  heliissìme  pieghe  e  tanto  acconciamente  , 
che  non  si  può  veder  meglio  ne  cosa  più  slmile 
al  naturale .  Le  teste  poi ,  m^ni  ,  e  piedi  fece  di 
cera  più  grossa  ,  ma  vote  dentro  e  ritratte  dal 
vivo  e  dipinte  a  olio  con  quelli  ornamenti,  di  ca- 
pelli ed  altre  cose, secondo  che  bisognava,  natu- 
rali e  tanto  ben  fatti,  che  rappresentavano  non 
più  uomini  di  cera  ,  ma  vivissimi ,  cpme  si  può 
▼edere  in  ciascuna  delle  dette  tre,  una  delle  quali 
è  nella  chiesa  delle  monache  di  Chiarito  in  via  di 
S.  Gallo  dinanzi  al  Crocifisso  che  fa  miracoli.  E 
questa  figura  é  con  quel!'  abito  appunto  che  a- 
veva  Lorenzo,quando  ferito  nella  gola  e  fasciato 
si  fece  alle  finestre  di  casa  sua  per  esser  veduto 
dal  popolo  che  là  era  corso  per  vedere  se  fusse 


47»  PARTE    SECONDA 

TITO ,  come  dìsideraTa  ,  o  «e  pur  morto  per  far- 
ne Tendetta  .  La  seconda  figura  del  medesimo  e 
in  lucco  ,  abito  drile  e  proprio  de'  Fiorentini ,  e 
questa  è  nella  chiesa  de'  Servi  alla  Nnuxiata  so- 
pra la  porta  minore  ,  la  quale  é  accanto  ai  desco 
doTC  si  Tende  le  candele  .  La  terza  fu  mandata 
a  S.  Maria  degli  Angeli  d'Ascesi,  e  posta  dinanzi 
a  quella  Madonna  ;  nel  qual  luogo  medesimo  , 
eome  già  si  è  detto,  esso  Lorenzo  de 'Medici  fece 
mattonare  tutta  la   strada  che  cammina  da  S. 
Maria  alla  porta  d'Ascesi  che  Ta  a  S.  Francesco, 
e  parimente  restaurare  le  fonti  che  Cosimo  suo 
aTolo  aTCTa  fatto  fare  in  quel  luogo.  Ma  tornan- 
do alle   imagini   di  cera,  sono  di  mano  d'Orsino 
nella  detta  chiesa  de'  Servi  tutte  quelle  che  nel 
fondo  hanno  per  segno  un  O  grande  con  un  R 
dentrovi  ed  una  croce  sopra,  e  tutte  sono  in  mo- 
do belle  ,  che  pochi  sono  stati  poi  che  l'abbiano 
paragonato  .  Quest'  arte  ancoraché  si  sia  mante- 
nuta TiTa  insino  a'  tempi  nostri  ,  è  nondimeno 
piuttosto  in  declinazione  che  altrimenti ,  o  per- 
chè sia  mancata  la  dÌTOzione,  o  per  altra  cagione 
che  si  sia  .  Ma  per  tornare  al  Verrocchio ,  egli 
laTorò  ,  oltre  alle  cose  dette  ,  Crocifissi  di  legno 
ed  alcune  cose  di  terra  ,  nel  che  era  eccellente  , 
come  si  vide  ne'roodelli  delle  storie  che  fece  per 
Taltare  di  S.  GioTanni,  ed  in  alcun»  putti  bellis- 
simi ,  e  in  una  testa  di  S.  Girolamo  che  é  tenuta 
maravigliosa  .  E'  anco  di  mano  del  medesimo  il 
putto  dell' oriuolo  di  Mercato  nvorocke  ha  le 
J)raccia  schiodate  in  modo  che  alzandole  suona 
1'  ore  con  un  martello  che  tiene  in  mano  ;  il  che 
fu  tenuto   in  que'  tempi  cosa  molto  bella  e  ca- 
pricciosa.E  questo  il  fine  sia  della  TÌta  d'Andrea 
Verrocchio  scultore  eccellentissimo.  Fu  ne'tem- 


YITA  DI  ANDREA  TERROCCHIO       4y3 

pi  d*  Andre»  Benedetto  BogUoni  y  il  quale  da 
una  donna,  che  uscì  di  casa  Andrea  della  Rob- 
bia, ebbe  il  segreto  degl'  invetriati  di  terra , 
onde  fece  di  quella  maniera  molte  opere  in  Fio- 
renza e  fuori  y  e  particolarmente  nella  chiesa 
de'  Serri  vicino  alla  cappella  di  S.  Barbara  «n 
Cristo  che  resuscita  con  certi  angeli ,  che  per  ^ 
cosa  di  terra  cotta  invetriata  è  assai  beli*  opera. 
In  S.  Brancazio  fece  in  una  cappella  un  Cristo 
morto  ;  e  sopra  la  porta  principale  della  chiesa 
di  S.  Pier  Maggiore  il  mezzo  tondo  che  vi  si  ve- 
de .  Dopo  Benedetto  rimase  il  segieto  a  Sunti 
Buglioni ,  che  solo  sa  oggi  lavorar»  di  questa 
sorte  sculture . 


VITA 
DI   ANDREA    MANTEGNA 

PITTORE  MANTOVANO. 


Ve  uanto  possa  il  premio  nella  Tirtù  ,  colui  che 
opera  'vìHuosamente  ed  è  in  qualche  parte  pre-' 
jniato  lo  sa  ;  perciocché  non  sente  né  disagio  né 
incomodo  ne  fatica  ,  quando  ne  aspetta  onore  e 

Semio ,  e  che  è  più  y  ne  diviene  ogni  giorno  più 
iara  e  più  illustre  essa  virtù  .  Bene  e  vero  che 
non  sempre  si  trova  chi  la  conosca  e  la  pregi  e  la 
rimuneri  y  come  fu  quella  riconosciuta  d'Andrea 
Mantegna  ,  il  quale  nacque  d*  umilissima  stirpe 
nel  contado  di  Mantoa  ;  ed  ancora  che  da  fan- 
ciullo  pascesse  gli  armenti,  fu  tanto  inalzato 
dalla  sorte  e  dalla  virtù  ,che  meritò  d'  esser  ca- 
▼alier  onorato  ,  come  al  suo  luogo  si  dirà  .  Que- 
sti essendo  già  grandicello,  fu  condotto  nella  cit- 
tà ,  dove  attese  alla  pittura  sotto  Iacopo  ^quar- 
cione  pittore  padoano  ,  il  quale  ,  secordo  che 
scrive  in  una    sua   epistola  latina  M.  Girolamo 
Campagnuola  a  M.Leonico  Timeo  filosofo  gre- 
co ,  nella  quale  gli  dà  notizia  d*  alcuni  pittori 
vecchi  che  servirono  quei  da  Carrara  Signori  di 
Padova  ,  il  quale  Iacopo  se  lo  tirò  in  casa  ,  9 
poco  appresso  conosciutolo  di  hello  ingpgno,  se 
lo  fece  ngliuolo  adottivo.  £  perchè  si  conosceva 
lo  Squarcione  non  esser  il  più  valente  dipintore 
del   mondo  ,  acciocché    Andrea  imparasse  più 
oltre  che  non  sapeva  egli  ,  lo  esercitò  assai  in 
c^se  di  gesso  formate  da  statue  antiche  ;  ed  in 


47f>  PARTE    SECONDA 

Ìaadrì  di  pittoi*e  ,  che  in  tela  si  fece  Tenire  di 
iyersi  luoghi  ,  e  particolarmente  di  Toscana  e 
di  Roma  .  Onde  con  questi  si  fatti  ed  altri  modi 
imparò  assai  Andrea  nella  sua  gioranezza  .  La 
concorrenza  ;jncora  di  Marco  Zoppo  Bolognese, 
e  di  Dario  da  Trevisi  e  di  Niccolò  Pizzolo  Padoa- 
no  discepoli  del  suo  adottivo  padre  emaestro,gli 
fu  di  non  piccolo  aiuto  e  stimolo  ali*  imparare  . 
Poi  dunque  che  ebbe  fatta  Andrea  ,  allora  che 
non  aveva  pia  che  diciassette  anni  y  la  tavola 
dell'  aitar  maggiore  di  S.Sofia  di  Padoa,  la  qua* 
le  pare  fatta  da  un  vecchio  ben  pratico  e  non  da 
un  giovanetto  y   fu   allogata  allo  Squarcione  la 
cappella  di  S.  Gristofano  che  è  nella  chiesa  de' 
frati  Eremitani  di  S.  Agostino  in  Padoa,  la  quale 
egli  diede  a  fare  al  detto  Niccolò  Pizzolo  ed  An- 
drea .  Niccolò  vi  fece  un  Dio  Piidre  che  siede  in 
maestà  in  mezzo  ai  Dottori  della  Chiesa  y  che 
furono   poi   tetmte  non  manco  buone   pitture 
che  Quelle  che  vi  fece  Andi^ea  .  £  nel  vero  se 
Niccolò  che  fece  poche  cose  y  ma  tutte  buone  y  si 
fusse  dilettato  della  pittura  quanto  fece  dell'ar- 
me  ,  sarebbe  stato  eccellente  y  e  forse  molto  piilt 
vivuto   che   non    fece  ;  conciofusseché  stando 
sempre  in  sull*  armi  ed  avendo  molti  inimici  y  fu 
un  giorno  che  tornava  da  lavorare  affrontato  e 
morto  a  tradimento  .  Non  lasciò  altre  opere,  che 
io  sappia  y  Niccolò  ,  se  non   un  altro  Dio  Padre 
nella  cappella  di  Urbano  Perfetto.  Andrea  dun- 
que rimaso  solo,  fece  nella  detta  cappella  i  quat- 
tro Vangelisti   che  furono  tenuti   molto  belli  • 
Per  questa  ed  altre  opere  cominciando  Andrea 
a  essere   in  grande   aspettazione ,  ed  a  sperarsi 
che  dovesse  riuscire  quello  che  riuscì  ,  tenne 
modo  Iacopo  Bellino  pittore  viniziano  padre 


VITA  DI  ANDREA  MANTEGNA       477 

di  Gentile  e  di  GioTanni  e  cpncorrente  dellp 
Squarcione,  che  esso  Andrea  tolse  per  moglie 
una  sua  figliuola  e  sorella  di  Gentile  .  La  qual 
cosa  sentendo  lo  Squarcione  si  sdegnò  di  maniera 
con  Andrea ,  che  furono  poi  sempre  nimici  ;  e 
quanto  lo  Squarcione  per  T  addietro  areva  sem- 
pre lodate  le  cose  d'Andrea ,  altrettanto  da  indi 
in  poi  le  biasimò  sempre  pubblicamente, e  sopra 
tutto  biasimò  senza  rispetto  le  pitture  che  An-p 
drea  ayeya  &tte  nella  detta  cappella  di  S.  Cri- 
stofanoy  dicendo  che  non  erano  cosa  buona, 
perchè  aveva  nel  farle  imitato  le  cose  di  marmo 
antiche  j  dalle  quali  non  si  può  imparare  la  pit- 
tura perfettamente  ;  perciocché  i  sassi  hanno 
sempre  la  durezza  con  esso  loro,  e  non  mai 
quella  tenera  dolcezza  che  hanno  le  carni  e  le 
cose  naturali  che  si  piegano  e  fanno  diversi  mo- 
vimenti, aggiugnendo  che  Andrea  arebbe  fatto 
molto  meglio  quelle  figure  e  sarebbouo  state  più 
perfette  ,  se  avesse  fattole  di  color  di  marmo ,  e 
non  di  que'  tanti  colori  ;  perciocché  non  avevano 
quelle  pitture  somiglianza  di  vivi ,  ma  di  statue 
antiche  di  marmo  o  d' altre  cose  simili .  Queste 
cotali  reprensioni  punsero  l'animo  d'  Andrea  ; 
ma  dall'altro  canto  gli  furono  di  molto  giova- 
mento 9  perché  conoscendo  che  egli  diceva  in 
gran  parte  il  vero,  si  diede  a  ritrarre  persone  vi- 
ve,  e  vi  fece  tanto  acquisto  >  che  in  una  storia 
che  in  detta  cappella  gli  restava  a  fare ,  mostrò 
che  sapeva  non  meno  cavare  il  buono  delle  cose 
vive  e  naturali ,  che  di  quelle  fatte  dall'arte.  Ma 
con  tutto  ciò  ebbe  sempre  opinione  Andrea,  che 
le  buone  statue  antiche  fussino  più  perfette  e 
avessinopiù  belle  parti  che  non  mostra  il  na- 
turale ;  attesoché  quelli  eccellenti  maestri ,  se- 


47^  PARTE     SECONDA 

•ondo  che  e'  giadìcaya  e  gU  pareva  rcderc  'm 
quelle  statue ,  aveano  da  molte  persone*  Tire 
cavato  tutta  la  perfezione  della  natura,  la  quale 
di  rado  in  un  corpo  solo  accozza  ed  accompagna 
insieme  tutta  la  bellezza  ;  onde  è  necessario  pi^ 
gliame  da  uno  una  parte  e  da  un  altro  un*altra, 
ed  oltre  a  questo  gli  parevano  le  statue  più  ter- 
minate e  più  tocche  in  su'  muscoli  ,  vene,  nervi, 
ed  altre  particelle,  le  quali  il  natura  le,  coprendo 
con  la  tenerezza  e  morbidezza  della  carne  certe 
crudezze  ,  mostra  talvolta  meno  ,  se  gid  non 
fusse  un  qualche  corpo  d'  un  vecchio  o  di  molto 
estenuato ,  i  quali  corpi  però  sono  per  altri  ri- 
spetti dagli  artefici  fuggiti.  £  st  conosce  di  que- 
sta opinione  essersi  molto  compiaciuto  nel  l'ope- 
re sue ,  nelle  quali  si  vede  in  vero  la  maniera  un 
poohetto  tagliente  ,  e  che  tira  talvolta  più  alla 
pietra  che  alla  carne  viva  .  Comunque  sia  in 
questa  ultiilia  storia  ,  la  quale  piacque  infinita- 
mente ,  ritrasse  Andrea  lo  Squarcione  in  una  fi- 
guraccia corpacciuta  con  una  lancia  e  con  una 
spada  in  mano.  Vi  ritrasse  similmente  Noferi  di 
M.  Palla  Strozzi  Fiorentino  ,  M.  Girolamo  dalla 
Valle  medico  eccellentissimo,  M.  Bonifazio  Fu- 
zimeliga  dottor  di  leggi,  Niccolò  orefice  di  papa 
Innocenzio  Vili  ,  e  Baldassarre  da  Leccio  suoi 
amicissimi ,  i  quali  tutti  fece  vestiti  d' arme 
bianche  brunite  e  splendide  come  le  vere  sono, 
e  certo  con  bella  maniera  .  Vi  ritrasse  anco  M. 
Bonramino  cavaliere  e  un  certo  vescovo  d'Un- 
gheria uomo  sciocco  afiatto,  il  quale  andava 
tutto  giorno  per  Roma  vagabondo,  e  poi  la  notte 
si  ri  duceva  a  dormire  come  lebe^tieper  le  stalle. 
Vi  ritrasse  anco  Marsilio  Pazzo  nella  perdona  del 
«amefice  che  taglia  la  testa  a  S.  Iacopo  ,  •  s»* 


VITA  DI  AimilEA  MANTCSKA        479 

milmente  8e  stesso  .  Insomma  qaesta  opera  gli 
acquistò  per  la  bontà  sua  nome  grandissimo  • 
Dipinse  anco  »  mentre  faceva  questa  cappella , 
una  tavola  che  fu  posta  in  S.  lustina  air  aitar  di 
S.  Luca  :  e  dopo  lavorò  a  fresco  l' arco  che  è 
sopra  la  porta  di  S.  Antonino,  dove  scrisse  il  no- 
me suo  .  Fece  in  Verona  una  tavola  per  V  altare 
di  S.  Grìstofano  e  di  S.  Antonio^  ed  al  canto  della 

£  lazza  della  Paglia  fece  alcune  figure  .  In  S. 
[aria  in  Organo  ai  frati  di  MonteOliveto  fece  la 
tavola  dell'  aitar  maggiore  che  è  bellissima  ,  e 
similmente  quella  di  S.  Zeno  ;  e  fra  l'altre  cose  y 
stando  in  Verona ^  lavorò  e  mandò  in  diversi  luo* 

Shi  de*  <juadri  ,  e  n'  ebbe  uno  V  abate  della  ba- 
ia di  Fiesole  suo  amico  e  parente  ,  nel  quale  è 
una  nostra  Donna  dal  mezzo  in  su  col  figliuolo 
in  collo  ed  alcune  teste  d'  angeli  che  cantano  > 
fatti  con  grazia  mirabile  ;  il  qual  quadro  è  oggi 
nella  libreria  di  quel  luogo  ,  e  fu  tenuta  allora 
e  sempre  poi  come  cosa  rara  ;  e  perchè  aveva  y 
mentre  dimorò  in  Mantoa  9  fatto  gran  servitù 
con  Lodovico  Gonzaga  marchese  ,  quel  Signore, 
che  sempre  stimò  assai  e  favori  la  virtù  d'An- 
drea ,  gli  fece  dipignere  nel  castello  di  Mantoa 
per  la  cappella  una  tavoletta  ,  nella  quale  sono 
storie  di  figure  non  molto  grandi,  ma  bellissime. 
.  Mei  medesimo  luogo  sono  molte  figure,cfae  scor- 
tano al  di  sotto  in  su,  grandemente  lodate ,  per- 
chè sebbene  ebbe  il  modo  del  panneggiare  cru- 
detto  e  sottile,  e  la  maniera  alquanto  secca,  vi  st 
vede  nondimeno  ogni  cosa  fatta  con  molto  arti- 
fizio e  diligenza .  Al  medesimo  marchese  dipinse 
nel  palazzo  di  S.  Sebastiano  in  Mantoa  in  una 
sala  il  trionfo  di  Cesare ,  che  è  la  miglior  cosa 
che  lavorasse  mai .  In  questa  opera  si  vede  con 


48a  PARTt    SECÒlfDA 

ordine  bellissimo  situato  nel  trionfo  la  belleùa 
e  r  ornamento  dei  carro  ^  colui  die  TÌtnpera  il 
trionfante  ,  i  parenti ,  i  profumi  ^  gì'  incensi ,  i 
sacrifizi ,  i  sacerdoti ,  ì  tori  pel  sacrificio  coro- 
nati y  e'  prigioni ,  le  prede  fette  da'  soldati ,  l'or- 
dinanza  delle  squadre ,  i  lioianti  y  le  spoglie  ,  le 
Tittorie  ,  e  le  città  e  le  roecbe  in  vari  carri  con- 
traffatte con  una  infinità  di  trofei  in  suir  aste  ; 
e  varie  armi  per  testa  e  per  indosso ,  arconcia- 
ture^  ornamenti,  e  vasi  infiniti;  e  tra  la  moltita- 
dine  degli  spettatori  una  donna  che  ha  per  la 
mano  un  putto ,  al  qual'  essendosi  fitto  una  spi- 
na in  un  pi^ ,  lo  mostra  egli  piangendo  alla  ma- 
dre con  modo  grazioso  e  molto  naturale.  Costo i, 
come  potrei  aver'  accennato  altrove ,  ebbe  in 
questa  istoria  una  bella  e  buona  avvertenza,  che 
avendo  situato  il  piano  dove  posavano  le  figu- 
re più  alto  che  la  veduta  dell' occhio  ^  fermo  i 
pieai  dinanzi  in  sul  primo  profilo  e  linea  del  pia^ 
no  y  facendo  sfuggire  gli  altri  più  a  dentro  di 
mano  in  mano,  e  perder  della  veduta  de'  piedi  e 
gambe  ,qnanto  richiedeva  la  ragione  del  la  veduta; 
e  così  delle  spoglie, vasi, ed  altri  istrumenti  ed  or- 
namenti fece  veder  sola  la  parte  di  sotto  e  perder 
<|uella  di  sopra  ,  come  di  ragione  di  prospettiva 
SI  conveniva  di  fare  ;  e  questo  medesimo  osservò 
con  gran  diligenza  ancora  Andrea  degl'Impiccati 
nel  cenacolo  che  é  nel  refettorio  di  S.  Maria 
Nuova.  Onde  si  vede  che  in  quella  età  questi  va- 
lenti uomini  andarono  sottilmente  investigando  e 
con  grande  studio  imitando  la  vera  proprietà 
delle  cose  naturali  .  £  per  dirlo  in  una  parola  , 
non  potrebbe  tutta  questa  opera  esser  né  più 
bella  né  lavorata  mefllio  ;  onde  se  il  marchese 
amava  prima  Andrea,  ramò  poi  sempre  ed  onorò 


VITA   DI  A:yDIlEA   MANTIIGNA       4»i 

molto  maggiorinente.  E  cbeé  più,  egli  ne  venne 
in  tal  fama,  che  papa  InnocenzioVIU  udita  l'ec- 
cellenza di  costui  nella  pittura  e  l'altre  buone 
qualità  di  che  era  maravigliosfiniente  dotato  , 
mandò  per  lui  y  acciocché  egli ,  essendo  finita  di 
fabbricare  la  muraglia  di  Delvedei^,  sicconic  fa- 
terà fare  a  molti  altri,  1  adornasse  delle  sue 
pitture.  Andato  dunque  a  Roma  con  molto  esser 
favorito  e  raccomandato  dal  marchese  ,  che  per 
maggiormente  onorarlo  lo  fece  cavaliere  ,  fii  ri- 
cevuto amorevolmente  da  quel  pontefìce ,  e  da- 
tagli subito  a  fare  una  picciula  cappella  che  è  in 
detto  luogo;  la  quale  con  diligenza  e  con  amore 
lavorò  così  minutamente,eheela  voltae  le  mura 
paiono  piuttosto  cosa  miniata  che  dipintura*,  e  le 
maggiori  figure  che  visieno  sono  sopra  Taltare, 
le  quali  egli  fece  in  fresco  come  1'  altre  ,  e  sono 
S.  Giovanni  che  battezza  Gristo^d  intorno  sono 
popoli  che  spogliandosi  fanno  segno  di  yolcrai 
battezzare  .  £  fra  gli  altri  vi  è  uno  ,  che  volen- 
dosi cavare  una  calza  appiccata  per  il  sudore 
alia  gamba  ,  se  la  cava  a  rovescio,  attraversan- 
dola air  altro  stinco  con  tanta  furza  e  disagio  ^ 
che  r  una  e  V  altro  gli  appare  manifestamente 
nel  viso  ;  la  qual  cosa  capricciosa  recò  a  chi  la 
vide  in  que'tempi  maraviglia.  Dicevi  che  il  detto 
papa  per  le  molte  occupazioni  che  aveva  non 
dava  cosj  spesso  danari  al  Mantegna  ,  come  egli 
arebbe  avuto  bisogno,  e  che  perciò  nel  dìpignere 
in  quel  lavoro  alcune  virtù  di  teiretta  ,  fra  l'al- 
tre vi  fece  la  Discrezione. Onde  andato  un  giorno 
il  papa  a  vedere  V  opra ,  dimandò  Andrea  che 
figura  fussc  quella  ;  a  che  rispose  Andrea:  ell'è 
la  Discrezione.  Soggiunse  il  pontefice:  se  tu  ^ 
vuoi  che  ella  sia  bene  accompagnata  y  falle  ae« 
VoL.  IL  3i 


482  PÀRTX    SfiGOlTDA 

iNinto  la  Paciensa.  Intese  il  dipintore  mielloche 
perciò  coleva  dire  il  santo  Padre,  e  mai  più  fece 
motto  .  Finita  l'opera  ,  il  papa  con  ouoreToli 
premj  e  molto  favore  lo  rimandò  al  duca  .  Men- 
tre che  Andrea  stette  a  lavorare  in  Roma  y  oltre 
la  detta  ca ppel la ,  dipinse  in  un  quadretto  piccolo 
una  nostraDonna  col  figliuolo  in  collo  che  dormCi 
e  nel  campo,che  è  una  montagna, fece  dentro  a  cer- 
te grotte  alcuni  scarpellinichc  cavano  pietre  per 
diversi  lavori  tanto  sottilmente  e  con  tanta  pa* 
cienza,  che  non  par  possibile  che  con  una  sottil 
punta  di  pennello  si  possa  far  tanto  bene;  il  qual 
quadro  è  oggi  appresso  Tlllustriss.  Sig.  D.France- 
Beo  Medici  principe  di  Fiorenza^il  quale  lo  tiene 
fra  le  sue  cose  carissime  .  Nel  nostro  libro  è  in 
un  mezzo  foglio  reale  un  disegno  di  mano  d'An- 
drea finito  di  chiaroscuro,  nei  quale  é  una  Judit 
che  mette  nella  tasca  d*  una  sua  schiava  mora 
la  testa  d*  Oloferne  ,  fatto  d'  un  chiaroscuro 
Don  più  usato  ,  avendo  egli  lasciato  il  foglio 
bianco,  che  serve  per  il  lume  della  biacca  tanto 
Dettamente  ,  che  vi  si  veggiono  i  capelli  sfilati  e 
r  altre  sottigliezze ,  non  meno  che  se  fussero 
stati  con  molta  diligenza  fatti  dal  pennello.Onde 
ti  può  in  un  certo  modo  chiamar  questo  piutto- 
sto opera  colorita  che  carta  disegnata  .  Si  di- 
lettò il  medesimo  ,  siccome  fece  il  Pollaiuolo,  di 
far  stampe  di  rame  ,  e  fra  l'altre  cose  fece  i  suoi 
trionfi  ;  e  ne  fu  allora  tenuto  conto,  perchè  non 
si  era  veduto  meglio  .  E  fra  V  ultime  cose  che 
fece,  fu  una  tavola  di  pittura  a  S.  Maria  della 
Vittoria ,  chiesa  fabbricata  con  ordine  e  disegno 
Ìl  Andrea  dal  marchese  Francesco  ,  per  la  vit- 
toria avuta  in  sul  fiume  del  Taro  ,  essendo  egli 
generale  del  eampo  de'VineziaDi  oontra  aTraii- 


VITA  DI  ANftECA  tfANTlSG!VA         483 

oe8Ì;nelIa  aual  tavola,  che  fu  lavorata  a  tempera 
e  posta  ali  aitar  maggiore  9  è  dipiota  la  nostra 
Donna  col  patto  a  sedere  sopra  un  piedestallo^  e 
da  basso  sono  S.  Michela gnolo ,  S.Anna  e  Gioac- 
chino che  presentano  esso  marchese,  ritratto  di 
naturale  tanto  bene  che  par  vivo, alla  Madonna 
che  gli  porge  la  mano .  La  quale  come  piacque 
e  piace  a  chiunque  la  vide ,  cosi  sodisfece  di 
maniera  al  mardiese  ,  che  egli  liberalissima- 
mente premiò  la  virtù  e  fatica  d'Andrea,  il  quale 
potè  ,  mediante  i'  essere  stato  riconosciuto  dai 
principi  di  tutte  le  sue  opere^tenere  insino  all'ul- 
timo onoratamente  il  grado  di  cavaliere.Furono 
concorrenti  d'Andrea  Lorenzo  da  Lendinara  ,  il 
quale  fu  tenuto  in  Padova  pittore  eccellente  y  e 
lavorò  anco  di  terra  alcune  cose  nella  chiesa  di 
S.  Antonio  ,  ed  alcuni  altri  di  non  molto  valore. 
Amò  egli  sempre  Dario  daTrevisi  e  Marco  Zop- 
po Bolognese ,  \et  essersi  allevato  con  esso  loro 
sotto  la  disciplina  dello  Squarcione  ;  il  quale 
Inarco  fece  in  Padova  ne'  frati  Minori  una  log- 
gia che  serve  loro  per  capitolo,ed  inPesaro  una 
tavola  che  è  oggi  nella  chiesa  nuova  di  S.  Gio- 
vanni Evangelista,  e  riti  asse  in  un  quadro  Guido 
Baldo  da  Montefeltro  ,  quando  era  capitano  de' 
Fiorentini .  Fu  similmente  amico  del  Mantegna 
Stefano  pittor  ferrarese  ,  che  fece  poche  cose 
ma  ragionevoli;  e  di  sua  mano  si  vede  in  Padoa 
r  ornamento  dell'  arca  di  S.>  Antonio  ,  e  la  Ver- 
gine Maria  che  si  chiama  del  Pilastro  .  Ma  per 
tornare  a  esso  Andrea  egli  murò  in  Mantoa  e 
dipinse  per  uso  suo  una  bellissima  casa  la  quale 
ti  godette  mentre  visse  ;  e  finalmente  d'  anni 
sessantasei  si  morì  nel  i5i7,  e  con  esequie  ono- 
rate fu  sepolto  in  S.  Aadrea  ;  e  alla  sua  aepoltu*- 


484  FAETE    SE6  0NDA 

ra  9  sopra  la  quale  egli  è  ritratto  di  broBzo  ,  fu 
posto  questo  epitaffio  : 

Esse  parem  hunc  noris,  si  non  praeponisyj4pelli, 
Jenea  Mantineae  qui  simulacra  vides. 

Fu  Andrea  di  sì  gentili  e  lodevoli  costumi  in  tut- 
te le  sue  azioni,  che  sarà  sempre  dì  lui  memoria 
non  solo  nella  sua  patria  ma  in  ^tto  il  mondo  ; 
onde  meritò  esser  da  11' Ariosto  crebra to  non  me* 
no  per  i  suoi  gentilissimi  costumi,  che  per  1*  ec- 
cellenza della  pittura ,  dove  nel  principio  del 
XXXlli  canto  annoverandolo  &a  i  più  illustri  pit- 
tori de'  tempi  suoi ,  dice  : 

Leonardo ,  Andrea  Mantegna  ,  Gian  Bellino . 

Mostrò  costui  con  miglior  modo,  come  nella  pit- 
tura si  potesse  fare  gli  scorti  delle  figure  al  di- 
sotto in  su  ;  il  che  fu  certo  invenzione  difficile  • 
capricciosa  ;  e  si  dilettò  ancora  ,  come  si  è  deU 
to ,  d*  intagliare  in  rame  le  stampe  delle  figure, 
che  è  comodità  veramente  sincularissima  ,  e 
mediante  la  quale  ha  potuto  vedere  il  mondo 
non  solamente  la  Baccaneria,  la  battaglia  de 'mo- 
stri marini,  il  deposto  di  croce, il  seppellimento 
di  Cristo  ,  la  resurrezione  con  Longino  e  con  S. 
Andrea,  opere  di  esso  Mantegna,  ma  le  maniere 
ancora  di  tutti  gli  artefici  che  sono  stati  • 


"'-'"•■  G     ILiZIIi-'^Z 


F 

ì 


'     VITA 
DI    FILIPPOLIPPI 

PITTORE  FIORENTINO. 

„  u  in  questi  oiedesimi  tempi  in  Firenze  pittore 
i  bellissimo  irì^es^no  e  di  vaghissima  invenzione 
'ilippo  figliuolo  di  fra  Filippo  del  Cannine  ,  il 
uale  seguitando  nella  pittura  le  Testigiédel  pa- 
re morto  ,  f u  tenuto  ed' ammaestrato  ,  essendo 
ancor  giovanetto  ,  da  Sandro  Botticello  ,  non 
ostante  che  il  paì'e  ,  venendo  a  morte  ,  lo  rac- 
comandasse a  fra  Diamante  suo  amicissimo  6 
Oliasi  fralello..  Fu  dunque  di  tanto  ingegno  Fi- 
lippo e  di  si  copiosa  invenzione  héiia  pittura  e 
(anto  bizzarro  e  nuovo  ne*  suoi  ornamenti  ,  che 
fi|  il  primo  il  quale  ai  moderili  mostrasse  il  nuo- 
vo modo  eli  variare  gli  ati'tl  ,  è  che  abbellisse 
ornatamente  cori  veste  ailtiche  succinte  le  sue 
figure  ..  Fii  primo  ancora  a  dar  luce  alle  grotte- 
sche cl^e  somiglino  Tanticbe,  e  le  mife  in  opera 
di  terrfetta  e  colorite  in  frégi  con  più  disegno  e 
grazia  •che  gì*  fnnanzi  a  lui  tatto  non  avevano  . 
Onde  tùma'ravigliosa  cosa  a  vedfere  gli  strani 
capricci  che  egli  espresse  nella  pittura  .  £  che  è 
più  9  non  lav<>rp  mai  opera  alcuna  ,  nella  quale 
delle  eosè  lahticjié  di  Roma  con  gran  studio  non 
•i  servasse  in  vasi ,  calzari ,  trofei ,  bandiere,  ci- 
mieri,  ornamenti  di  tempj  ,  abbigliamenti  di 
ìportatùre  da  capo  ,  strane  fc^gge  da  dosso  ,  ar- 
matu],*è  ,  scimitarre  ,  spade  ,,  toghe  ,  manti  ,  ed 
Mire  tante  cose  diverse  e  Bellc^  che  grandissimo 


|Sp  PARTE     SB.C6NDA 

e  sempiterno  obbligo  se  gli  debbe  ,  per  aTen 
egli  in  questa  parte  accresciuta  beilessa  e  or« 
namenti  al]* arte  .  Costui  nella  sua  prima  giò- 
Tentù  diede  fine  alla  cappella  de'  Brancacci  nel 
Carmine  in  Fiorenza,  cominciata  da  Masoiino  e 
non  del  tutto  finita  da  Masaccio  per  essersi  mor« 
to .  Filippo  dunque  le  diede  di  sua  mano  l'ulti- 
ma  perfezione  ,  e  vi  fece  il  resto  d'  una  storia 
che  mancava ,  dove  S.  Piero  e  Paolo  risuscitano 
il  nipote  dell*  imperatore  ;  nella  figura  del  qual 
fiinciullo  ignudo  ritrasse  Francesco  Granacct 
pittore  allora  giovanetto;  e  similmente  M.  Tom- 
maso  Soderìni  cavaliere  ,  Piero  Guicciardini 
padre  di  M.  Francesco  che  ha  saetto  le  storie  , 
Piero  del  Pugliese  ,  e  Luigi  Pulci  poeta  ;  pari- 
mente Antonio  Pollaiuolo  e  se  stesso  così  giovane 
come  era  ,  il  che  non  fece  altrimenti  nel  resto 
della  sua  vita  ,  onde  non  si  è  potuto  avere  il  ri- 
tratto di  lui  d'  età  migliore  ;  e  nella  storia  che 
segue  ritrasse  Sandro  Botticello  suo  maestro  e 
molti  altri  amici  e  grand'  uomini ,  e  infra  gli  al- 
tri il  Raggio  sensale  ^  persona  d' ingegno  e  spi- 
ritosa molto  y  quello  che  in  una  conca  condusse 
di  rilievo  tutto  V  inferno  di  Dante  con  tutti  i 
«creili  e  partimenti  delle  bolgie  e  del  posso  i 
misurate  appunto  tutte  le  figure  e  minutie,  che 
da  quel  gran  poeta  furono  ingegnosissimamente 
immaginate  e  descritte ,  che  fu  tenuta  in  questi 
tempi  cosa  maravigliosa  .  Dipinse  poi  a  tempera 
nella  cappella  di  Francesco  del  Pugliese  alle 
Campora  ,  luogo  de'  monaci  di  Bama  fuor  di 
Firenze,  in  una  tavola'  un  S.  Bernardo  al  quale 
apparisce  la  nostra  Donna  con  alcuni  angeli , 
mentre  egli  in  un  bosco  scrive  ;  la  qual  pittura 
in  alcune  «ose  é  tenuta  mirabile  ,  come  ìb  sassi^ 


•VITA    DI  FILIPPO  LrPFI       487 


% 


libri  y  erbe  y  e  simili  cose  cbe  dentro  tì  fece  • 
Oltreché  tì  ritrasse  esso  Francesco  di  naturale 
tanto  bene ,  cbe  non  pare  che  gli  manchi  se  non 
la  parola  .  Questa  tavola  fa  levata  dì  quel  luogo 
per  r  assedio  ,  e  posta  per  conservarla  nella  sa- 

S restia  della  badia  di  Fiorenza  .  In  S.  Spirito 
ella  medesima  città  lavorò  in  una  tavola  la  no- 
stra Donna  ,  S.  Martino  ;  S.  I^iccolò ,  e  S.  Cate- 
rina per  Tanai  de'Nerli.  Ed  in  S.  Brancazio  alla 
cappella  de'Rucellai  una  tavola^ed  in  S.Raffaello 
un  Crocifisso  e  due  figure  in  campo  d'oro .  In  S. 
Francesco  fuor  della  porta  a  S.  Miniato  dinanzi 
alla  sagrestia  fece  un  Dio  Padre  con  molti  fan- 
ciulli ;  ed  al  Palco  y  luogo  de'  frati  del  Zoccolo 
fuor  di  Prato  y  lavorò  una  tavola  ;  e  nella  terra 
fece  neir  udienza  de'  priori  in  una  tavoletta 
molto  lodata  la  nostra  Donna  y  S.  Stefano  ^  e  S« 
Gio:  Battista  .  In  sul  canto  al  Mercatale  pur  di 
Prato  dirimpetto  alle  monache  di  S.  Margherita 
vicino  a  cei*te  sue  case  fece  in  un  tabernacolo  a 
fresco  una  bellissima  nostra  Donna  con  un  coro 
di  serafini  in  campo  di  splendore;  ed  in  quest'o- 
pera ,  fra  l'altre  cose  y  dimostrò  arte  e  bella  av- 
veii:enza  in  un  serpente  che  è  sotto  a S. Marghe- 
rita tanto  strano  ed  orribile  y  cbe  fa  conoscere 
dove  abbia  il  veleno  y  il  fuoco  ,  e  la  morte  ;  e  il 
resto  di  tutta  1'  opera  è  colorita  con  tanta  fre- 
schezza e  vivacità  y  che  merita  perciò  essere  lo- 
dato infinitamente  .  In  Lucca  lavorò  parimente 
alcune  cose ,  e  particolarmente  nella  chiesa  di 
S.  Ponziano  de  frati  di  Monte  Olivato  una  ta- 
vola in  una  cappella  ,  nel  mezzo  della  quale  in 
'  una  nicchia  è  un  S*  Antonio  bellissimo  di  rilievo 
di  mano  d'  Andrea  Sansovino  scultore  eccellen- 
tissimo .  Essendo  Filippo  ricerco  d'  andare  in 


488  P  A  H  t  E     S  È  €  O  N  1>  A^ 

Ungheria  al  re  Aìattia  ,  non  rolle  aiidatvi ,  ift 
in  nuel  cambio  lavorò  in  t'irciizè  per  quel  re 
due  tavole  molto  belle  cbe  gli  furono  mandate  , 
in  una  delle  quali  ritrasse  quél  re  ,  secondo  cKe 
gli  mostrarono  le  medai^lic  .  Mandò  anco  certi 
lavori  a  Genoa  ,  e  fece  a  Èolosna  in  S.  Dòme- 
iiico  allato  alla  cappella  delT  aitar  maggiore  a 
man  sinistra  io  una  tavola  un  &  Bastiano  ,  cbe 
fu  cosa  degna  di  molta  lode  .  A  Tahai  de'  Kerli 
fece  un'altra  tavola  di  S.  Sai  vadore  fuor  di  Fio- 
renza ,  e  a  Piero  del  Pugliese  amico  suo  lavorò 
una  storia  di  figure  piccole  condotte  con  tanta 
arte  e  diligenza  ,  che  volendone  un  altro  citta- 
dino una  simile  ,  glie  la  dinegò  ,  c(icehdo  esser 
impossibile  farla  .  Dopo  queste  opere  fece ,  pre- 

Sto  da  Lorenzo  vicchio  de'Mcdici , per  Olivieri 
rafia  cardinale  napolitano  amico  suo  una 
grandissima  opera  in  Roma,  là  do  ve' andando  per 
ciò  fare^  passò,  come  volle  esso  Lorenzo,dfa  Spo- 
leto, per  dar  ordine  dì  far  fare  a  fra  Filippo  suo 
padre  una  sepoltura  di  marmo' a  spese  di  Loren- 
zo ,  poiché  non  aveva  potuto  dagli  Spoìctini  ot- 
tenere il  corpo  di  quello  per  condurlo  a  Firen- 
ze :  e  così  disegno  Filippo  la  detta  sepoltura 
con  bel  garbo  ,  e  Lorenzo  in   su  quel  disegno  la  | 

fece  fare,  come  in  altro  luogo  s*è  detto,sontuosa  i 

e  bella  .  Condottosi  poi  Filippo  a  Roma  fece  al 
detto  cardinale  Caraffa,  nella  chiesa  della  Mi- 
nerva una  cappella  ,  nella  quale  dipinse  storie 
della  vita  di  S.  Tommaso  a  Aquino  ^  ed  alcune 
poesie  molto  belle  ,  che  tutte  lurono  da  lui,  il 
quale  ebbe  in  questo  sempre  propizia  la  natura^ 
ingegnosamente  trovate.  Vi  si  vede  dunque, 
dove  la  Fede  ha  fatto  prigiona  V  Infedeltà,  tutti 
gli  eretici  ed  infedeli.  Similmente  com«  sotte  la 


VITA  »I  FILIPPO  tll'PI         48f) 

Speranza  èia  fiìsperazìo^e  ,  cosi  Vi  sono  molte 
4tltre  fhi^  the  quel  vfzior,  the  i  foro  bontrario, 
liann'o'  soggiogato .  Iti  atia  diisjbdià  è  S.. Tommaso 
ili  cattedra  ,  che  clff-^tìde  Pa  chiesa  da  uria  scuola 
d'eretici,  ed  ìiA  ^otto  come  vinti  Sabcllio  ,  Ario, 
Avérroe  ,  é  àfltri  tiltti  coh  graziosi  abiti  in  dns- 
s6  ;  della  quale  stotiif  né  abbiarhd.  di  propria 
Aiatio  di  Fiiljipo  nel  liosfro  librò  de'  disegni  il 
proprio  ,  con  alcuni  altri  del  mcdcsirrid  ,  éìtti 
Con  tanta  pràtica'  che  noti  si  ipiiò  taiglloi^are.  Er- 
rì  anco  quando  orando.  S.  tortìrtiaso,  gli  dice  il 
CroeiGsso:  J^ène  scripsiiti  demb,  Thonia;  j?d  un 
compagno  di  lui  ^  ébe  utiendo  qufel  trocjfisso 
còsi  parlare  ,  '  sia  stripeftrtttt  è  qnasi  fàor  «i  se  w 
Itella  tii^òla  è  ta  térgfrfe'  dtiitiipzik(yì  iU  Girb-' 
B/ielIó',  e  nella  P^iccìd  r/if^àndzìtìné  m  ^itetfei  iii 
cielo  è  i  dodiòi  Apostoli  interno  hlfeépolcro'  ;  la 
tìùale  ò'péra  tutta  tii  c'd  è  iet/ilW  mciltd  eoc(tlen-i 
te  ,'e  pfcr  IHvòfo  ih  TtycÒ^Mìk  i^cHAtiirtièiìie  . 
t^i  è  ifitrritl!^  di  fiatùrblc'4l'<lc(tò  ÒlIvJrni  Caraffa 
èarditiafe'e  Vesfcovo  d^tfà  ,  il  <^nlèfli  In  que- 
sta èa^pelW  «óriér/rfib  Vmùtì  ì3i  f ,  e  dòpo  con- 
dótto a  J^apóli' ròrPi^ròòplo' . 
'  iitòviyatb'Fììlp^'ò  in  Fidrfiixa  ,  prése  a  tsire 
èùxì  ^uò  cò'fcorfó  ,  e  li 'conficele'  /  la  cafjipelfa  di 
pilipflo  Si^oJzx  ^^eÌ!hio"ì^S.  iUth  Ì*oVellai  mi 
fatto  il  òiefo  ,  gli  bisòg[iiò  t^òlnc^ie  à  Ronid  ,  dovè 
fece  perii  d'etfo  caldina  ffc  uh?i  sepoltura  di  stuc- 
èbi  ;  e  di  gés'sò  iti  'ììììó  spai:t'imf  nto  deffa  detta 
chiesa  una  òdppelliiia  atlaTtó  a'ViU^(fa,ed'aÌtre  ù^ 
gure  ,  d'erte  (jtuili  R affaci r5i>ò' de (GABo'siió  dì*- 
scepolo  né  laVofi  élcunè.  t'U  stimata  fo  Sòprad* 
detta  cajjpelfà  cfa  maesti*0  Laiizilago  Pàdoano  é 
dà  Antonio  dettò  Antonia^sò  Romano^  pittori 
amendue  dtf'  àli|lioti  che  tuèiero  allora  m  Re- 


490  ]PAATB   $ICON04     , 

ma ,  dae  mila  ducati  d' oro  senza  le  spese  degli 
azzurri  e  de'  garzoni  :  la  quale  somma  riscossa 
che  ebbe  Filippo  se  ne  tornò  a  Fiorenza ,  dove 
finì  la  detta  cappella  degli  Strozzi ,  la  quale  fu 
tanto  bene  condotta  e  con  tanta  arte  e  disegno  j 
cb'  ella  ÙL  maravigliare  chiunque  la  vede  pei*  la 
novità  e  varietà  delle  bizzarrie  che  vi  sono:  uo« 
mini  armati ,  temp]  ,  vasi  y  cimieri ,  armadure  , 
trofei ,  aste  ,  bandiere ,  abiti  ,  calzari  ,  aocon» 
ciature  di  capo ,  veste  sacerdotali ,  e  altre  cose 
con  tanto  bel  modo  condotte  ,  che  merita  gran- 
dissima commendazione.Ed  in  questa  opera, do  ve 
è  la  resurrezione  di  Drusiana  per  S.  Gio:  Evan- 
gelista f  si  vede  mirabilmente  espressa  la  mara- 
viglia che  si  fanno  i  ch*costantt  nel  vedere  un 
uomo  rendere  la  vita  a  una  defunta  con  un  sem- 
plice segno  di  croce  ,  e  più  che  tutti  gli  altri  si 
maraviglia  un  sacerdote  ovvero  filosofo  che  sia  y 
che  ha  un  vaso  in  mano  ,  vestito  all'  antica.  Pa- 
rimente in  questa  medesima  storia  »fra  molta 
donne  diversamente  abbigliate  si  vede  un  putto, 
che  impaurito  d'  un  cagnolino  spagnuolo  pezziu 
to  di  rosso  che  V  ha  preso  co'  denti  per  una  fa- 
scia, ricprre  intomo  alla  madre,  ed  occultandosi 
fra  i  panni  di  quella  ,  pare  che  non  meno  tema 
d*  esser  morso  dal  cane  ,  che  sia  la  madre  spa- 
ventata e  piena  d'  un  certo  orrore  per  la  resur- 
rezione di  Drusiana .  Appresso  ciò  ,  dove  esso  & 
Qioyanni  bolle  nell*  olio  ,  si  vede  la  collera  del 
giudice  che  comanda  che.il  fuoco  si  faccia  mag- 
giore, ed  il  riverberare  delle  fiamme  nel  viso  di 
chi  soffia ,  e  tutte  le  figure  sono  fatte  con  belle  e 
diverse  attitudini.  Meli'  altra  faccia  è  S.  Filippo 
nel  tempio  di  Marte  ,  che  ùl  uscire  di  sotto  V  al- 
tura il  serpente  che  uccisU  col  puzzo  il  figliuola 


VITA  DI  FILIPPO  LIPPI        49;^ 

del  re  ;  e  dove  in  certe  scale  finse  il  pittore  h^ 
buca  per  k  ^uaie  usci  di  sotto  r  altare  il  ser* 
pente ,  vi  dipinse  la  rottura  d'  uno  scagliona 
tanto  bene,  clie  volendo  una  sera  uno  de*  garso- 
ni  di  Filippo  riporre  non  so  che  cosa  ,  accii 
non  fusse  veduta  da  uno  che  picchiava  per  eiii» 
trare ,  corse  alla  buca  cosi  in  fretta  per  appiat« 
tarvela  dentro,  e  ne  rimase  ingannato.  Dimostri 
anco  tanta  ai1«  Filippo  nel  serpente ,  che  il  vele- 
no, il  fetore  ^  ed  il  fuoco  pare  piuttosto  naturale 
che  dipinto.  £'  anco  molto  iodata  la  invenzione 
della  storia  neiressere  quel  santo  crocifisso,  per- 
chè egli  s' imaginò ,  per  quanto  si  conosce ,  che 
egli  in  terra  fusse  disteso  in  sulla  croce  ,  e  poi 
cosi  tutto  insieme  alzato  e  tirato  in  alto  per  via 
di  canapi  e  funi  e  di  punteli!  ;  le  quali  funi  e 
canapi  sono  avvolte  a  certe  anticaglie  rotte  ,  « 
pezzi  di  pilastri  e  iinbasamenti  ,  e  tirate  da  al- 
cuni ministi'i.  Dair  altro  lato  regge  il  peso  della 
detta  croce  e  del  santo  che  vi  è  sopra  nudo ,  da 
una  banda  uno  con  una  scala  con  la  quale  1'  h« 
inforcata  ,  e  dair  altra  un  altro  con  un  puntello 
sostenendola  insino  a  cbe  due  altri ,  fatto  lieva  a 

Siè  del  ceppo  e  pedale  d  essa  croce,  va  bilicando 
peso  per  metterla  nella  buca  fatta  in  terra 
dove  aveva  da  stare  ritta ,  che  più  non  è  possi- 
bile né  per  invenzione  né  per  disceno  ne  per 
quale  si  voglia  altra  industria  o  artifizio  far  me- 
glio .  Sono  vi  oltre  ciò  molte  grottesche  e  altre 
cose  lavorate  di  chiaroscuro  simili  al  manno  e 
fette  stranamente  con  invenzione  e  disegno  bel- 
lissimo. Fece  anco  ai  frati  Scopetini  a  S.  Donato 
fuor  di  Fiorenza,  detto  Scopeto,  al  presente  ro- 
vinato ,  in  una  tavola  i  Magi  cbe  offeriscono  a 
Cristo^finil^  «on  molta  diligenza;  e  Ti  ritrasse  in 


49^  PARTE    SECÓiibA. 

figura  d' npo  astrologo  che  Ha  in  matìo  niì  qua* 
drantQ  Pier  Francesco  veccliio  cle'Medici  figlino- 
fo  di  Lorenzo.'d^  Bicci ,  e  slmilmente  GioTanni 
padre  del  Sig., Giovanni  de*  Medici  ,  e  un  altro 
I^ier  Francesco  di  esso  Sig.  Giovanni  fra  tèi  lo^  ed 
altri  segnalati  personaggi  .  Sono  in  cjuest*  opera 
Mori,  Indiani,abiti  stranamente  acconci,  ed  una 
capanna  bizzarris^ima  .  Al  Poggio  a  Calano  co- 
minciò per  Lorenzo  de'  Medici  un  sacrifizio  a 
fresco  in  una  loggia  ,  che  rimase  imperfetto  .  E 
per  le  moia  eli  e  di  S.  leronìmo  sopra  la  costa  a 
S.  Giorgio  in  Firenze  cominciò  là  tavola  dell'ai- 
tar maggiore,  che  dopo  la  morte  sua  fu  dà  Alon- 
so Berugbetta  Spagnuolo  tirata  assai  bene  in- 
nanzi ;  ma  poi  finita  del  tutto  ,  essendo  egli  an- 
dato in  Ispagna  ^  da  altri  pittori  .  Fece  nel  pa- 
lazzo della  Signoria  la  tavola  della  sala  dove  sta- 
vano, gli  Otto  di  pratica ,ed  il  disegno  d'  un'altra 
tavola  grande  con  V  ornamento  per  fa  sala  del 
consìglio  jf  il  qual, disegno  ,  morendosi  ,  iion  co- 
minciò altramente^  mettere  in  opera  ,  sebbene 
tu  intagliato  V  ornainento  .^il  quale  è  oggi  ap- 
presso maestro  Baccio  Baldini  if'iorehtino  fisico 
eccellentissimo  ed  amatore  di  tiitte  le  virtù. Fece 
per  1^  chiesa  della  badia  di  Firenze  un  S.  Gi- 
i;iqlamo  bellissimo  .  Cominciò  ai  fiati  della  Nun- 
ziata per  r  aitar  maggiore  un  deposto  di  croce  , 
e  fini  le  figure  dai  mezzo  in  su  solamente,  perché 
sopraggiunto  da  febbre  cructelissima^e  da  quella 
streitczza  di  gola  che  volgarmente  si  chiama 
f\pi:iniuwkia  ^  in  pochi  giorni  si  mori  di  quaran- 
tacinque anni.  Onde  essendo  sempre  stato  cor- 
tese, afl'aiilfe  ,  e  geritile  ;  fu  pianto  da  tutti  co- 
croche  T  avevano  conosciuto,  e  particolar- 
mente dalla  gioventù  di  questa  sua  nobile  città, 


{ 


VITA  Di  FILIPPO  LIPPI         49$ 

#he  nelle  feste  pubbliche ,  mascberate  ,  e  altri 
spettacoli  si  servi  sempre  con  molta  sodisfazione 
deUIngegno  ed  invenzione  di  Filippo^cbe  in  cosi 
fatte  cose  non  ha  ayuto  pari .  Anzi  fu  tale  in 
tutte  le  sue  azioni ,  che  ricoperse  la  macchia 
(  qualunque  ella  si  sìa  }  lasciatagli  dal  padre  ,  la 
ricoprì  ,  dico  ,  non  pure  con  V  eccellenza  della 
sua  arte  y  nella  quale  non  fu  ne'  suoi  tempi  in- 
feriore a  nessuno ,  ma  con  vivere  modesto  e  ci- 
Tile^  e  sopra  tutto  con  Tesser  cortese  ed  amore- 
vole ;  la  qual  virtù  quanto  abbia  forza  e  potere 
in  conciliarsi  gli  animi  universalmente  di  tutte  le 
persone  7  coloro  il  sanno  solamente  che  l'hanno 
provato  e  prova no.El^be  Filippo  dai  figliuoli  suoi 
sepoltura  inS.MicheleBisdomini  a  dì  i3  d*Aprile 
i5o5  .  £  mentre  si  portava  a  seppellire  si  serra- 
rono tutte  le  botteghe  nella  via  de*  Servi ,  come 
neir  essequie  de'  principi  uomini  si  suol  fare  al- 
cuna  volta .  Furono  discepoli  di  Filippo  y  ma 
non  lo  pareggiarono  a  gran  pezzo  ,  Baffaellino 
del  Garbo  che  fece  ,  come  si  dirà  al  luogo  suo  , 
molte  cose  ,  sebbene  non  confermò  V  opinione  e 
speranza  che  di  lui  si  ebbe  vivendo  Filippo  ed 
essendo  esso  Raffaeliino  ancor  giovanetto.  £  però 
non  sempre  sono  i  finitti  simili  ai  fiori  chesiveg- 
giono  nella  primavera  .  Non  riuscì  anco  molto 
valente  Niccolò  Zoccolo  ,  o  come  altri  lo  chia- 
marono ,  Niccolò  Cartoni,  il  quale  fu  similmente 
discepolo  di  Filippo,  e  fece  in  Arezzo  la  facciata 
che  è  Bopra  l'altare  di  S.Gio:  Decollato,  ed  in  S. 
Agnesa  una  tavolina  assai  ben  lavorata,  e  nella 
badia  di  S.Fiora  sopra  un  lavamani  in  una  tavola 
un  Cristo  che  chiede  bere  alla  Samaritana  ,  e 
molte  altre  opere,  che  per  essere  state  ordinarie 
■on  si  raccontano . 


VITA 
DI  BERNARDINO  PINTXJRICCHIO 

PITTORX  VIRUGINO.     ^ 


ì^iccome  sono  molti  alatati  dnlla  foitnna  senam 
essere  di  molta  Tirtù  dotati ,  cosi  per  io  contra* 
rio  sono  infiniti  quei  Tirtnosi  clie  da  contraria  • 
nemica  fortuna  sono  perseguitati.  Onde  si  cono* 
sce  apertamente  che  eli'  ha  per  Ggliuoli  coloro  ^ 
che  senza  V  aiuto  d'  alcuna  virtù  dependono  da 
lei  ;  poiché  le  piace  che  dal  suo  favore  sieno 
alcuni  inalzati ,  che  per  via  di  meriti  non  sareb- 
bono  mai  conosciuti  :  il  che  si  vide  nel  Pinturìc^ 
^  chio  da  Perugia,  il  cpiale  ancorché  facesse  molti 
lavori  e  fosse  aiutato  da  diversi  y  ebbe  nondime* 
no  molto  maggior  nome  che  le  sue  opere  non 
meritarono  ;  tuttavia  egli  fu  persona,  che  ne'ia- 
Tori  /grandi  ebbe  molta  pratica  ,  e  che  tenne  di 
continovo  molti  lavoranti  nelle  sue  opere.Aven- 
do  dunque  costui  nella  sua  prima  giovanezza  la- 
vorato molte  cose  con  Pietro  da  Perugia  8U<> 
maestro ,  tirando  il  terzo  di  tutto  il  guadagno 
che  si  faceva ,  fu  da  Francesco  Piccolomini  car- 
dinale chiamato  a  Siena  a  dipignere  la  libreria 
stata  fetta  da  papa  Pio  II  nel  duomo  di  quella 
città .  Ma  è  ben  vero  che  gli  schizzi  e  i  cartoni 
di  tutte  le  storie  che  egli  vi  fece  furono  di  mano 
di  Raffaello  da  Urbino  allora  ffiovinetto,  il  quale 
era  stato  suo  compagno  e  condiscepolo  appresso 
al  detto  Pietro ,  la  maniera  del  quale  aveva  he-* 
nissimo  appresa  il  detto  Raffaello  ;  e  di  questi 


496  FAKTB    ^SCOND'A 

cartoni  se  ne  vede  ancor  oggi  uno  in  Siena  y  ed 
alcuni  schizzi  ne  sono  di  man  di  Raffaello  nel 
nostro  libro  .  Le  storie  dunque  di  questo  laro- 
ro^  nel  quale  fu  aiutato  P|ntiM\iccbio  da  molti 

f;arEoni  e  lavoranti  tutti  della  scuola  di  Pietro  , 
urono  divise  in  dieci  quadri .  Nel  primo  è  di- 
finto  quando  detto  papa  Pio  II  nacque  di  Silvio 
iccolomini  e  di  Vittoria  ,  e  fu  chiamato  Enea 
r  anno  ]4o5  in  Valdorcia  pel  castello  dì  Cord- 
gnanoy  che  oggi  si  chiama  Pienza  dal  nome  suo, 

ET  essera  stata  poi  da  lui  edificata  e  fatta  città. 
1  in  questo  quadro  sono  ritratti  di  naturale 
il  detto  Silvio  e  Vittoria.  Nel  medesimo  è  quan- 
do con  Domenico  cardinale  di  Capranica  pas- 
fa  TAlpe  piena  di  ghiacci  e  di  neye  per  andare 
al  concilio  in  Basilea  .  Nel  secondo  è  quando  il 
concilio  manda  esso  Enea  in  motte  legazioni  j 
cioè  in  Argentina  tre  volte,  a  Trento  ,  a  Costa  a- 
xa  j  a  Francofordia  ,  ed  in  Savoia  .  Nel  terzo  é 
quand<>  il  medesimo  Enea  è  mandato  oratore  da 
Felice  antipapa  a  Federigo  IH  imperatore  ,  ap- 
presso al  quale  fu  di  tanto  merito  la  des^trezza 
deir  ingegno,  V  eloquenza  e  la  grazia  d'  Eoea  , 
che  da  esso  Federigo  fu  coronato  (com e  poeta}di 
lauro  y  fatto  protonotario,  ricevuto  fru  gli  amici 
fuoi  y  e   fatto  prim^  segretario .   Nel  quarto  e 

?uando  fu  mandato  da  esso  Federig  t  ad  Eugenio 
V ,  dal  quale  fu  fatto  vescovo  di  Trieste  e  poi 
arcivescovo  di  Siena  sua  patria  .  Nella  quinta 
storia  è  quando  il  medesimo  imperatole  volendo 
venire  in  Italia  a  pigliare  la  corona  dell'imperio, 
manda  Enea  a  Telamone  porto  de*  Sanesi  a  rin- 
contrare Leonora  sua  moglie  che  veniva  di  Poi> 
toga  Ho .  Nella  sesta  va  Enea  mandato  dal  detto 
imperatore  a  Calisto  IV  per  indurlo  a  far  guerra 


VITA  DI  BERNARDINO  PlNTUHiecMlO    ^tjj 

ai  Turchi;  ed  in  auesta  parte  si  vede  che  il  detto 

Sontefice  ,  essendo  travagliata  Siena  dal  conto 
i  Pitigliano  e  da  altri  per  colpa  del  re  Alfonso 
di  Napoli ,  lo  manda  a  trattare  la  pace  ;  la  qual« 
ottenuta  ,  si  disegna  la  guerra  centra  gli  Oiien^ 
tali  f  ed  egli  tornato  a  Roma ,  e  dal  detto  ponte- 
fice fatto  cardinale  .  Nella  settima  ,  morto  Ca- 
listo, si  Tede  Enea  esser  creato  sommo  ponte  6ce 
e  chiamato  Pio  II .  Nell'ottava  ta  il  papa  a  Man- 
tova al  concilio  per  la  spedizione  centra  i  Tur- 
chi ,  dove  Lodovico  marchese  lo  riceve  con  a  p- 
{mrato  splendidissimo  e  magnificenza  incredi  hi- 
e  .  Nella  nona  il  medesimo  mette  nei  catalogo 
de'  santi  e  ,  come  si  dice  ,  canonizza  Caterina 
Sanese  monaca  e  santa  donna  dell'  ordine  de  fra- 
ti Predicatori  .  Nella  decima  ed  ultima  pre]>a- 
rando  papa  Pio  un'armata  grossi  esima  con  raìu- 
to  e  favore  di  tutti  i  principi  cristiani  coirtrn  i 
Turchi,  si  muore  in  Ancona,  ed  un  romito 
dell'  eremo  di  Caroa Idoli ,  santo  uomo  ,  yede 
1'  anima  d*  esso  pontefice  in  quel  punto  steste 
che  muore,  come  anco  si  legge  ,  essere  da  angeli 
portata  in  cielo  .  Dopo  si  yede  nella  medesima 
storia  il  corpo,  del  medesimo  essere  da  Ancona 
portatp  a  Roma  con  orrevole  compagnia  d'infi- 
niti signori  e  prelati ,  che  piangono  la  morte  di 
tanto  uomo  e  di  si  raro  e  santo  pontefice  ;  la 
quale  opera  è  tutta  piena  di  ritratti  di  naturale, 
che  di  tutti  sarebbe  lunga  stoiia  i  nomi  raccon- 
tare ,  ed  è  tutta  colorita  di  fi  pi  e  vivacissimi  co- 
lori ,  e  fatta  con  Tari  ornamenti  d'oro  ,  e  molto 
ben  considerati  spartimenti  nel  cielo  ;  e  sotto 
ciascuna  storia  è  uno  epitaffio  latino  che  narra 
quello  che  in  essa  si  contenga  .  hi  questa  libre- 
ria fu  eondotto  dal  detto  Francesco  Piccolomini 
Fot.  IL  3a 


498  FARTI    SSCONBA 

•ardinale  e  suo  nipote ,  e  messe  in  mezzo  della 
stanza  le  tre  Grazie  che  tì  sono  di  marmo  anti- 
nhe  e  l^ellissime  ,  le  quali  furono  in  que*  tempi 
le  prin^e  antica  glie  che  fussono  tenute  in  pregio. 
Mon  essendo  apco  a  fatica  6nita  questa  libreria, 
nella  quale  sono  tutti  i  libri  che  lasciò  il  detto 
Pio  II ,  fu  creato  papa  il  detto  Francesco  cardi- 
nale nipote  del  detto  pontefice  Pio  li,  cbe  per 
memoria  del  zio  tolle  esser  chiamato  Pio  Ili .  Il 
medesimo  Piuturìccbio  dipinse  in  una  grandis- 
alma  storia  sopra  la  porta  della  detta  libreria , 
cbe  risponde  in  duomo  ,  grande  ,  dico  ,  quanto 
tiene  tutta  la  facciata  ,  la  coronazione  di  detto 
papa  Pio  III  pon  molti  ritratti  di  naturale,  e 
3otto  y'ì  si  leggono  queste  parole  t 

Pius  III  Senensis ,  Pii  II  nepos  MDIII  Sep^ 
tembris  XX !  aperiis  elecfus  suffragiis  ^  octavo 
Octobrìs  curonatus  est . 

Avendo  ti  Pinturiccbio  lavorato  in  Roma  al 
tempo  di  papa  Sisto  y  quando  stava  con  Pietro 
Perugino,aveva  ftitto  servi t&  con  Domenico  della 
Bovere  cardinale  di  S.  Clemente  ,  onde  avendo 
il  detto  cardinale  fatto  in  Borgo  vecchio  un  moU 
to  bel  palazzo,  volle  cbe  tutto  lo  dipignesse  esso 
Pinturiccbio,  e  cbe  facesse  nella  facciata  V  arme 
di  papa  Sisto  tenuta  da  due  putti  .  Fece  il  me- 
desimo nel  palazzo  .di  S.  Apostolo  alcune  cose 
Kr  Sciarra  Colonna .  £  non  molto  dopo  ,  cioè 
nno  i484>  Innocenzio  Vili  Genovese  ^li  fece 
dipignere  alcune  sale  e  logge  ne)  palazzo  di  Bel- 
vedere ,  dove  A'a  l'altre  cose  ,  siccome  volle 
esso  papa  ,  dipinse  una  loggia  tutta  di  paesi ,  e 
▼i  ritrasse  Roma  ,  Milano  ,  Genova  ,  Fiorenza  , 
Vinezia ,  e  Napoli  alia  maniera  deTiammingfaii 
|)bf  come  coea  ìnsino  allora  non  pia  usata,  pi3C« 


VITA  DI  BERNARDINO  PIim&lllCCHfO      ^(J^ 

quero  assai  ;  e  nel  medesimo  luogo  dipinse  una 
nostra  Benna  a  fresco  all'entrala  delta  porta 
principale  .  In  S.  Pietro  alla  cappella  doT'  è  la 
lancia  che  passò  il  costato  a  Gesù  Cristo,  dipinse 
in  una  tavola  a  tempera  per  il  detto  Innocenzio 
VII!  la  nostra  Donna  maggior  che  il  tìto  .  £ 
nella  chiesa  di  S.  Maria  del  Popolo  dipinse  due 
cappelle,  nna  per  il  detto  Domenico  della  Ro- 
Tcre  cardinale  di  S.  Clemente ,  nella  qnale  fu 
poi  sepolto  ,  e  r  altra  a  Innocensio  Cibo  >cardi- 
naie  ,  nella  qunle  ancb'egli  fu  poi  sotterrato;  ed 
in  ciascuna  di  dette  cappelle  ritrasse  i  detti  Car- 
dinali che  le  fecero  fare.E  nel  palazzo  del  papa 
dipinse  alcune  stanze  che  rispondono  sopra  il 
cortile  di  S.  Pietro  ,  alle  quali  sono  state  pochi 
anni  sono  da  papa  Pio  IV  rinnoyati  i  palchi  e  le 
pitture  .  Nel  medesimo  palazzo  gli  fece  dipigne- 
re  Alessandro  VI  tutte  le  stanze  dorè  abitara  , 
e  tutta  la  torre  Borgia  ,  nella  quale  fece  istorie 
dell'  arti  libei*aii  in  una  stanza,  e  larorò  tutte  le 
volte  di  stucchi  e  d' oro.  Ma  perché  non  avevano 
il  modo  di  fare  gli  stucchi  in  quella  maniera  che 
si  fanno  oggi,  sono  i  detti  ornamenti  per  la  ma^ 
gior  parte  guasti.  In  detto  palazzo  ritrasse  sopra 
la  porta  d'una  camera  la  Sig.  Giulia  Farnese 
nel  volto  d'  una  nostra  Donna  ,  e  nel  medesimo 

Suadro  la  testa  d'  esso  papa  Alessandro  che  1'  a- 
ora  .  Usò  molto  Bernardino  di  fare  alle  sue  pit- 
ture ornamenti  di  ulievo  messi  d'oro,  p^r  sodis- 
fare alle  persone  che  poco  di  quelP  arte  inten- 
devano ,  acciò  avessono  maggior  lustro  e  ve- 
duta ,  il  che  è  cosa  goffissima  nella  pittura  •  A- 
vendo  dunque  fatto  in  dette  stanze  una  storia  di 
S. Caterina  ,  figurò  gli  archi  di  Roma  di  rilievo 
e  le  figure  dipinte^di  modo  che  estendo  innanzi 


5oo  PARTS    SZCOKDA 

le  figure  e  dietro  i  casamenti ,  Tengono  pia  in- 
nanzi le  cose  che  diminuiscono  ,  che  quelle  che 
secondo  I'  occhio  crescono  :  eresia  grandissima 
nella  nostra  arte  •  In  Castello  S.  Angelo  dipinse 
infinite  stanze  a  grottesche  ,  ma  nel  torrione  dt 
basso  nel  giardino  fece  istorie  di  papa  Alessan- 
dro, e  vi  ritrasse  Isabella  regina  cattolica ,  Nic- 
colò Orsino  conte  di  Pitigliano,  Gianiacomo 
TriuUi  con  molti  altri  parenti  ed  amici  di  detto 
papa, ed  in  particolaie  Cesare  Borgia, il  fratello 
e  le  sorelle  ,  e  molti  virtuosi  di  que'  tempi .  A. 
Monte  Olivetodi  Napoli  alla  cappella  di  Paoo 
Tolosa  è  di  mano  del  Pinturicchio  una  tatolt 
d*  un*  Assunta  .  Fece  costui  infinite  altre  opere 
per  tutta  Italia  ,  che  per  non  essere  molto  ec- 
cellenti ,  ma  di  pratica  ,  le  porrò  in  silenwo. 
Usava  dire  il  Pinturicchio,  che  il  macgior  rilie- 
TO  che   possa  dare  un  pittore  alle  figure,  era 
1*  avere  da  se  senxa  saperne  grado  ai  principi  o 
ad  altri.Lavorò  anco  inPerugÌ8,ma  poche  cose. 
In  Araceli  dipinse  la  cappella  di  S.  Bernardino, 
e  in  S.  Maria  del  Popolo,  dove  abbia m  detto 
che  fece  le  due  cappelle  ,  fece  nella  volta  della 
cappella  maggiore  i  quattro  Dottori  del  la  Chiesa. 
Essendo  poi  all'  età  di  cinquantanove  anni  per- 
venuto ,  gli  fu  dato  a  fare  in  S.  Francesco  di 
Siena  in  una  tavola  una  Natività  di  nostra  Don- 
na ,  alla  quale  avendo  messo  mano ,  gli  conse- 
gnarono i  firati  una  camera  per  suo  abitare  ,  e 
Sliela  diedero  ,  siccome  volle ,  vacua  e  spedita 
el  tutto ,  salvo  che  un  cassonaccio  grande  ed 
antico  ,  e  perchè  pareva  loro  troppo  sconcio  a 
tramutarlo  .  Ma  Pinturicchio  ,  come  strano  e 
fantastico  uomo  che  egli  era  ,  ne  fece  tanto  ro- 
more  «tante  volte,  che  i  firati  fi^m^ntesi  mi- 


VITA  DI  BSUNÌlRDINO  nutuiiociuo    So  t 

iero  per  disperati  a  lerario  Tia  ;  e  fa  tanta  la 
loro  ventura,  che  nel  cavarlo  fuori  si  ruppe  un 
asse,  nella  quale  erano  cinquecento  ducati  d'oro 
di  camera  ,  della  qual  cosa  prese  Pinturicchio 
tanto  dispiacere  e  tanto  ebbe  a  male  il  bene  di 
que'  poTerì  frati ,  che  più  non  si  potrebbe  pen- 
sare; e  se  n'  accorò  di  maniera ,  non  mai  pensan- 
do  ad  altro  ,  che  di  quello  si  mori .  Furono  le 
sue  pitture  circa  Tanno  i5i3.  Fu  suo  compagno 
ed  amico,  sebbene  era  più  vecchio  di  lui,  Bene^ 
detto  Buon6glio  pittore  perugino  ,  il  quale  mol- 
te cose  lavorò  in  Roma  nel  palazzo  del  papa 
con  altri  maestri  .  Ed  in  Perugia  sua  patria 
fece  nella  cappella  della  Signoria  istorie  della 
vita  di  S.Ercolano  vescovo  e  protettore  di  quel* 
la  città  ,  e  nella  medesima  alcuni  miracoli  fatti 
da  8.  Lodovico  .  In  S.  Domenico  dipinse  in  una 
tavola  a  tempera  la  storia  de *Ma gì, ed  in  un'altra 
molti  santi.  Nella  chiesa  di  S.  Bernardino  dipinse 
un  Cristo  in  aria  con  esso  S.  Bei*nardino  ,  ed  un 
popolo  da  basso.  Insomma  fu  costui  assai  stima- 
to nella  rua  patria  ,  innanzi  che  venisse  in  co« 
gntziòne  Pietro  Perugino .  Fu  similmente  amico 
di  Piuturicchio  e  lavorò  assai  cose  con  esso  lui 
Gei'ino  Pistoiese ,  che  fu  tenuto  diligente  colori- 
tore ed  assai  imitatore  della  maniera  di  Pietro 
Perugino,  con  il  quale  lavorò  insin  presso  alla 
morte  .  Costui  fece  in  Pistoia  sua  patria  poche 
cose  .  Al  Borgo  S.  Sepolcro  fece  in  una  tavola  a 
olio  nella  compagnia  del  Buon  Gesù  una  Circon- 
cisione che  é  ragionevole.  Nella  pieve  del  mede- 
simo luogo  dipinse  una  cappella  in  fresco ,  ed 
in  sul  Tevere  pe^  la  strada  che  va  ad  Anghiari 
fece  un'altra  cap;^ila  pur  a  fresco  per  la  comu^ 
tìità  ;  ed  in  quel  medesimo  luogo  in  S.  Lorenzo^ 


502  .PARTB    SSCONDA 

badìa  de'  monaci  di  Camaldoli ,  fece  un'  altra 
cappella  :  mediaute  le  quali  opere  fece  cosi  lun- 
ga stanca  al  Biirgo  ,  cfie  quasi  se  1'  etesse  per 
patria  .  Fu  costui  persona  meschina  nelle  cose 
dell'  arte  :  durava  grandissima  fatica  nel  lavo- 
rare, e  penava  tanto  a  condurre  uu  opera  ,  che 
era  uno  stento . 

Fu  ne'fnodesimi  tempi  eccellente  pi ttire  nella 
città  di  Fuligno  Niccolo  Alunno  ;  perchè  n:>n  si 
costumando  molto  di  colorire  a  olio  innanzi  a 
Pietro  Perugino,  molti  furono  tenuti  valenti  uo- 
mini ,  che  pui  non  riuscirono.  Niccolò  dunque 
•odiyfece  assai  nell'  opere  sue  ,  perchè  sehbene 
non  lavorò  se  non  a  tempera,  perché  faceva  alle 
tue  figure  teste  ritratte  dal  naturale  e  che  pai-e* 
rsLUn  vive  ,  piacque  assai  la  sua  maniera  .  In  S. 
Agostino  (li  Fuligno  é  di  sua  mano  in  una  tavola 
una  Natività  di  Cristo,  ed  una  predella  di  figure 
piccole.  In  Ascesi  fece  un  goiifiilone  che  si  poiia 
a  processione  ,  nel  duomo  la  tavola  dell'  aitar 
maggiore  ,  ed  in  S.  Francesco  un'  altra  tavola  . 
Ma  la  miglior  pittura  che  mai  lavorasse  Niccolò, 
fu  una  cappella  nel  duomo,  dove  fra  l'altre  cose 
vi  è  una  Pietà  e  due  angeli  che  tenendo  due  torce 
piangono  tanto  vivamente  ,  che  io  giudico  che 
ogni  altro  pittore  quanto  si  voglia  eccellente 
arehbe  potuto  far  poco  meglio  .  A  S,  Maria  de- 
gli Angeli  in  detto  luogo  dipinse  la  fecciati  e 
molte  aiti*e  opere  ,  delle  quali  non  accade  far 
menzione  ,  bastando  aver  tocche  le  migliori .  E 
questo  sia  il  fine  della  vita  di  Pinturicchio  ,  il 
quale  ,  fra  l'altre  cose  ,  sodisfece  assai  a  molti 
principi  e  signori ,  perchè  dava  presto  1' opei^ 
finite  ,  siccome  disiderano ,  sebbene  per  av- 
ventura manco  buone  >cho  chi  la  fa  adagio  <s 
consideratamente . 


■:--y,,-^.    -z--".}.   \  ' 


VITA. 
DI    FRANCESCO    FRANCIA 

BOLOGNISE  OREFICI  K  PITTORE. 

X!  rancesco  Francia,  il  quale  nacque  in  Bologna 
l'anno  i45o  di  persone  artigiane  ,  ma  assai  co-« 
starnate  e  da  bene ,  fu  posto  nella  sua  prima 
fanciullezs^a  all'orefice;  nel  quale  esercizio  ado« 

Aerandosi  con  ingegno  e  spirito  ,  si  fece  cresceUr 
o  di  persona  e  a'  aspetto  tanto  ben  proporsio^ 
nato  y  e  della  conTersazione  e  nel  parlare  tanto 
dolce  e  piacevole  ,  cbe  ebbe  forca  di  tenere  alle- 
gro e  senza  pensieri  col  ^uo  ragionamento  qua- 
lunque fusse  più  malineùoico  ;  per  lo  cbc  fu  non 
solamente  amato  da  tutti  coloro  che  di  lui  eb- 
bono  cognizione  ,  ma  ancora  da  molti  principi 
italiani  ed  altri  signori.  Attendando  dunque>men- 
tre  stava  all'oiefice  ^  al  disegno ,  in  quello  tanto 
si  compiacque^cbe  svegliando  V  ingegno  jy  mag* 
giori  cose  ,  fece  in  quello  grandissimo  profitto  ) 
come  per  molte  cose  lavorate  d'argento  in  Ìdo1o«ì 
gna  sua  patria  si  può  vedere ,  e  particolarmente 
in  alcuni  lavori  eli  niello  eccellentissimi  :  nella 
qual  maniera  di  fare  mise  molte  volte  nello  spa^ 
ftio  di  due  dita  d'altezza  e  poco  più  lungo  venti 
figurine  proporzionatissime  e  belle  .  Lavorò  di 
smalto  ancora  molte  cose  d' argento  cbe  andaro- 
no male  nella  rovina  e  cacciata  de'  Bentivogli  . 
£  per  dirlo  in  una  parola,  lavorò  egli  qualunque 
cosa  può  far  quell'arte,  meglio  cbe  altri  facesse 
giammai.Ma  quello  di  che  egli  si  dilettò  sopram- 


Sai  PARTE    SECONBA 

YDorlo  e  in  che  (a  eccellente  y  fu  il  far  coni  per 
medaglie  ,  nel  che  fu  ne'  tempi  suoi  singularissi« 
mo  ,  come  si  può  Tedere  in  alcune  che  ne  fece  , 
irir  è  naturalissima  la  testa  di  papa  Giulio  11 , 
che  stettono  a  paragone  di  quelle  di  Garadisso. 
Oitra  che  fece  le  medaglie  dei  Sig.Giovanni  Ben- 
tiTogli ,  che  par  rivo  ,  e  d' infiniti  principi ,  i 
quali  nel  passaggio  di  Bolt»gn>  si  fermayana,  ed 
Égli  faceva  le  medaglie  ritratte  in  cera ,  e  poi 
finite  lo  madri  de'  coni  le  mandava  loro  :  di  che 
oltra  la  immortalità  della  fama  ,  trasse  ancora 
presenti  grandissimi  .  Tenne  continuamente  i 
mentre  eh'  ei  visse  ,  la  secca  di  Bologna  ,  e  fece 
le  stampe  di  tutti  i  coni  per  quella  nel  tempo 
che  i  Bentivogli  regg^'vano ,  e  poi  che  se  n'an- 
darono ancora  ,  mentre  che  visse  papa  Giulio  ; 
come  ne  rendono  chiarezza  le  monete  che  il 
Papa  gittò  nella  entrata  sua  ,  dove  era  da  uni 
banda  la  stia  testa  naturale  e  dall'  altra  queste 
lettere:  BononiapfrJulium  a  tyranno  liberata 
£  fu  talmente  tenuto  eccellente  in  questo  me- 
sti ero  ,  che  durò  a  far  le  stampe  delle  monete 
€no  al  tempo  di  papa  Leone.  £   tanto  sono  in 

!  pregio  le  impronte  de'  coni  suoi,  che  chi  ne  ha 
e  stima  tanto ,  che  per  danari  non  se  ne  può 
avere  .  Avvenne  che  il  Francia  desideroso  di 
maggior  gloria,  avendo  conosciuto  Andrea  Man- 
tegna  e  molti  altri  pittori ,  che  avevano  cavato 
della  loro  arte  e  facultà  ed  onori ,  deliberò  pro- 
vare se  la  pittura  gli  riuscisse  nel  colorito ,  a- 
vendo  egli  sì  fitto  disegno  ,  che  e'  potr*va  com- 
parire largamente  con  quelli .  Onde  dato  ordine 
a  farne  prova,  fece  alcuni  ritratti  ed  altre  cose 
piccole  ,  tenendo  in  casa  molti  mesi  persone  dei 
mestiero  che  gF  insegnassino  i  modi  e  i'  ordine 


TITA  bl  FAAIfCESCO  FRÀNCIA  5o5 

del  colorire,  di  maniera  che  égli  che  areTa  giii» 
diiio  molto  buono,  yrì  fé  la  pratica  nrestamente, 
e  la  prima  opera  che  egli  facesse  y  ui  una  tavola 
non  molto  grande  a  M.  Bartolommeo  Felicini , 
che  la  pose  nella  Minericordia  ,  chiesa  fuor  di 
Bologna  ,  nella  qual  tavola  è  una  nostra  Donna 
a  seder  sopra  una  sedia  con  molte  altre  figure  a 
con  il  detto  M.  Bartolommeo  ritratto  di  natura- 
le,  ed  è  lavorata  a  olio  con  grandissima  diligen- 
ca  ;  la  qual  opera  da  lui  fatta  1'  anno  i49^)  piac* 
que  talmente  in  Bologna,  che  M.  Giovanni  Ben- 
tivogli  desideroso  di  onorar  con  1'  opere  di  que-- 
sto  nuovo  pittore  la  cappella  sua  in  S.  Iacopo 
di  quella  città  ,  gli  fece  fare  in  una  tavola  una 
nostra  Donna  in  aria  e  due  figure  per  lato  con 
due  angioli  da  basso  che  suonano  ;  la  qualopera 
fu  tanto  ben  condotta  dal  Francia  ,  che  merita 
da  M.  Giovanni ,  oltra  le  lodi ,  un  presente  ono- 
ra tissimo.  Laonde  incitato  da  questa  opera  mon- 
signore de'  Bentivogli  gli  fece  fare  una  tavola 
per  r  aitar  maggiore  della  Misericordia  ,  che  fìi 
molto  lodata,  dentrovi  la  natività  di  Cristo,  dove 
oltre  al  disegno  che  non  è  se  non  bello,  V  inven- 
zione e  il  colorito  non  sono  se  non  lodevoli .  Ed 
in  questa  opera  fece  monsignore  ritratto  di  na- 
turale molto  simile ,  per  quanto  dice  chi  lo  co- 
nobbe ,  ed  in  quello  abito  stesso  che  egli  vestito 
da  pellegrino  tornò  di  lerusa lemme  .  Fece  si- 
milmente in  una  tavola  nella  chiesa  della  Nun- 
ziata fuor  della  porta  di  S.  Mammolo  quando  la 
nostra  Donna  è  annunziata  dall'angelo,  insieme 
con  due  figure  per  lato  ,  tennta  cosa  mollo  he% 
lavorata  .  Mentre  dunque  per  l'opere  del  Fran- 
cia era'  cresciuta  la  fama  sua  deliberò  celi ,  sic- 
eome  il  lavorare  a  olio  gli  aveva  date  mma  «d 


5o6  PARTE     SECONDA 

utile  j  cosi  di  redere  se  il  medesimo  gli  riuscita 
nel  iaToro  in  fresco .  ArcTa  fatto  M.  Giovanni 
BenliTogli  dipigoere  il  suo  palazzo  a  diversi 
maestri  e  ferraresi  e  di  Bologna  ed  alcuni  altri 
modanesi  ;  ma  vedute  le  prove  del  Francia  a 
fresco  ,  deliberò  che  egli  vi  facesse  una  storia  in 
una   facciata  d*  una  camera  dove  egli  abitava 

Ìer  suo  uso,  nella  quale  fece  il  Francia  il  campo 
i  Oloferne  armato  in  diverse  guardie  a  piedi  ed 
a  cavallo  che  guardavano  i  paaielioni  :  e  mentre 
che  erano  attenti  ad  altro^  si  vedeva  il  sonnolen- 
to Oloferne  preso  da  una  femmina  succinta  in 
abito  vedovile  y  la  quale  con  la  sinistra  tene- 
va i  capelli  sudati  per  il  calore  del  vino  e  del 
tonno  y  e  con  la  destra  vibrava  il  colpo  per  uc- 
cidere il  nemico  ;  mentre  che  una  serva  vecchia 
con  crespe  ed  aria  veramente  da  serva  fidatissi- 
ma  y  intenta  negli  occhi  della  sua  ludit  per  ina« 
nimirla ,  chinata  giù  con  la  peraiona  teneva  bas- 
sa una  sporta  per  ricevere  in  essa  il  capo  del  son- 
nacchioso amante  :  storia  che  (a  delle  più  belle 
e  meglio  condotte  che  il  Francia  facesse  mai;  la 
anale  andò  per  terra  nelle  rovine  di  quello  edi- 
nzio  nella  uscita  de'  Bentivogli ,  insieme  eoa 
un'  altra  storia  sopita  questa  medesima  camera  , 
contraffatta  di  color  di  hronso  y  d'  una  disputa 
di  filosofi  molto  eccellentemente  lavorata  ed  es- 
pressovi il  suo  concetto  .  Le  quali  opere  furono 
cagione  che  M.Giovanni  e  quanti  eran  di  quella 
casa  lo  amassino  e  onorassino ,  e  dopo  loro  tutta 
quella  città  .  Fece  nella  cappella  di  S.  Cecilia 
attaccata  con  la  chiesa  di  S.  Jacopo  due  storie 
lavorate  in  fresco  ;  in  una  delle  quali  dipinse 
quanc^o  la  nostra  Donna  è  sposata  da  Giusep- 
pe ,  e  neir  altra  la  morte  di  S.  Cecilia  ,  tenuta 


VITA  DI  F&AKCESCO  FRANCIA  Soy 

cosa  molto  lodata  da'  Bolognesi .  E  nel  Tero  il 
Francia  prese  tanta  pratica  e  tanto  animo  nel 
▼eder  camminar  a  perfezione  V  opere  che  egli 
Tolera  y  che  e'  larorò  molte  cose  che  io  non  ne 
farò  memoria^  bastandomi  mostrare  a  chi  vorrà 
▼eder  T  opere  sue  ,  solamente  le  più  notabili  a 
le  migliori  .  Né  per  questo  la  pittura  gì'  impedì 
mai  che  egli  non  seguitasse  e  la  zecca  e  le  altre 
cose  delle  medaglie,  come  e' faceva  sino  al  prin- 
cipio .  Ebbe  il  Francia  ,  secondo  che  si  dice  , 
grandissimo  dispiacere  della  partita  di  M.  Gio: 
Bentivogliy  percnè  avendogli  fatti  tanti  benefizi 
gli  dolse  infinitamente  ;  ma  pure  ,  come  savio  e 
costumato  che  egli  era  ,  attese  all'  opere  sue  . 
Fece  dopo  la  partita  di  quello  tre  tavole  che 
andarono  a  Modena  ,  in  una  delle  quali  era 
quando  S.  Giovanni  battezza  Cristo  ,  nelT  altra 
una  Nunziata  bellissima  ,  e  nell'  ultima  una  no- 
stra Donna  in  aria  con  molte  figure  ,  la  qual  fu 
posta  nella  chiesa  de'frati  dell'Osservanza.Spar- 
tasi  dunque  per  cotante  opere  la  fama  di  così 
eccellente  maestro  ,  facevano  le  città  a  gara  per 
aver  dell'  opere  sue  .  Laonde  fece  egli  in  Parma 
ne'  monaci  Neri  di  S.  Giovanni  una  tavola  con 
un  Cristo  morto  in  grembo  alla  nostra  Donna  ^ 
ed  intorno  molte  figure,  tenuta  universalmente 
cosa  bellissima  ;  perchè  trovandosi  serviti  i  me- 
desimi frati ,  operarono  ch'egli  ne  facesse  un'al- 
tra a  Beggio  di  Lombardia  in  un  luogo  loro' , 
dov'  egli  lece  una  nostra  Donna  con  molte  figu- 
re .  A  Cesena  fece  un'  altra  tavola  pure  per  la 
chiesa  di  questi  monaci  ,e  vi  dipinse  la  Circon- 
cisione di  Ciiisto  colorita  vagamente .  Né  vollero 
avere  invidia  i  Ferraresi  agli  altri  circonvicini  , 
anzi  deliberati  ornare  delle  fatiche  del  Francia 


5ò8  parti:   seconda 

Si  loro  duomo ,  gli  allogarono  una  tarola  cbe  ti 
fece  8Q  ao  gran  numero  di  figure  ,  e  la  iatitola- 
^  rono  la  tavola  di  Ognissanti .  Fecene  in  Boloona 
una  in  S.  Lorenzo,  con  una  nostra  Donna  e  due 
figure  per  banda  e  due  putti  sotto^molto  lodata* 
Ne  ebbe  appena  finita  questa  ,  che  gli  conirenne 
farne  un'  altra  in  S.  lobbe  con  un  Crocifisso  e 
S.  lobbe  ginocchioni  a  pie  della  croce  e  due 
figure  dalati .  Era  tanto  sparsa  la  fama  e  l'opere 
di  questo  artefice  per  la  Lombardia^  che  fu  man* 
dato  di  Toscana  ancora  per  alcuna  cosa  di  suo , 
come  fu  da  Lucca  ,  dove  andò  una  tavola  den- 
trovi  una  S.  Anna  e  la  nostra  Donna  con  molte 
altre  figure  ,  e  sopra  un  Cristo  morto  in  grembo 
alla  madre  ;  la  quale  opera  è  posta  nella  chiesa 
di  S.  Fridiano ,  ed  è  tenuta  aa'  Lucchesi  cosa 
molto  degna  .  Fece  in  Bologna  per  la  chiesa 
della  Nunziata  due  altre  tavole,  che  fuixin  molto 
diligentemente  lavorate  r  e  così  fuor  della  porta 
a  Strà  Castione  nella  Misericordia  ne  fece  un'al- 
tra a  requisizione  d'  una  gentildonna  de'  Man- 
zuoli^nella  quale  dipinse  la  nostra  Donna  col  fi- 
gliuolo in  collo  y  S.  Giorgio  9  S.  Ciò:  Battista, 
8.  Stefano  ,  e  S.  Agostino  con  un  angelo  a'  piedi 
che  tiene  le  mani  giunte  con  tanta  grazia  ,  che 
par  proprio  di  paradiso  .  Nella  compagnia  di  S. 
Francesco  nella  medesima  cittÀ  ne  fece  un'altra, 
e  similmente  una  nella  compagnia  di  S.  leroni- 
mo  .  Aveva  sua  dimestichezza  M.  Polo  Zambec- 
caro  ,  e  come  amicissimo  ,  per  ricordanza  di  lui 
gli  fece  fare  un  quadro  assai  grande ,  dentrovi 
una.  natività  di  Cristo ,  che  è  molto  celebrata 
delle  cose  che  egli  fece  ;  e  per  questa  cagione  M. 
polo  gli  fece  dipignere  due  figure  in  fresco  alla 
sua  villa  molto  belle  .  Fe«a  ancora  in  fires«o  una 


YITA  DI  fKkVCtSCO  FAAKCIA  5o9 

itoria  molto  leggiadra  in  casa  di  M.  leronimo 
Boiogiìino  con  molte  yarie  e  beliissime  figure  ; 
le  quali  opere  tutte  insieme  gli  avevano  recato 
una  riverenza  in  quella  città  ,  cbe  v'  era  tenuto 
come  un  Dio .  £  quello  cbe  glie  V  accrebbe  in 
infinito  fu  cbe  il  duca  di  Urbino  gli  fece  dipi- 
gnere  un  par  di  barde  da  cavallo  ,  nelle  quali 
fece  una  selva  grandissima  d' alberi  cbe  vi  era 
appiccato  il  fuoco,  e  fuor  di  quella  usciva  quan- 
tità grande  di  tutti  gli  animali  aerei  e  teirestriy 
ed  alcune  figure,  cosa  terribile,  spaventosa  e  ve- 
ramente bella,  cbe  fu  stimata  assai  per  il  tempo 
consumatovi  sopra  nelle  piume  degli  uccelli  e 
nelle  altre  sorti  d'  animali  terrestri,  oltra  le  di- 
versità delle  frondi  e  rami  diversi  cbe  nella  va- 
rietà degli  alberi  si  vedevano  :  la  quale  opera  fu 
riconosciuta  con  doni  di  gi'an  valuta  per  satisfa- 
re alle  faticbe  del  Francia  :  oltracnè  il  duca 
sempre  gli  ebbe  obbligo  per  le  lodi  che  egli  ne 
ricevè  .  Il  duca  Guido  Baldo  parimente  ba  nella 
sua  guardaroba  di  mano  dei  medesimo  in  un 
quadro  una  Lucrezia  Romàna  da  lui  molto  sti- 
mata con  molte  altre  pitture,  delle  quali  si  farà, 
quando  sia  tempo  ,  menzione ,  Lavorò  dopo 
queste  una  tavola  in  S.  Vitale  ed  Agricola  alloal- 
tare  della  Madonna  ,  cbe  vi  è  dentro  due  angeli 
che  suonano  il  liuto  molto  belli  .  Hon  conterò 

§ià  i  quadri  cbe  sono  sparsi  per  Bologna  in  casa 
i  que*  gentiluomini ,  e  meno  la  infinità  de'  ri- 
tratti di  naturale  cbe  egli  fece  ,  perchè  troppo 
sarei  prolisso  .  Basti  che  mentre  che  egli  era  in 
cotanta  gloria  e  godeva  in  pace  le  sue  fatiche 
era  in  Roma  Rafiaello  da  Urbino  ,  e  tutto  il 
giorno  gli  venivano  intorno  molti  forestieri  ,  e 
fra  gli  altri  molti  gentiluomini  bolognesi  per 


5lO  PART£    SECOMDik 

▼edere  l*  opere  di  quello .  E  percbè  egli  aTTien« 
il  pi&  delle  tolte  jCbe  ognuno  loda  Tolentieri 
gì'  ingegni  di  casa  sua,  cominciarono  questi  Bo- 
lognesi con  RafTaello  a  lodare  1'  opere  ,  la  vita  y 
e  le  virtù  del  Francia  ;  e  così  feciono  tra  loro  a 
parole  tanta  amicizia,  che  il  Francia  e  Raffaello 
si  salutarono  per  lettere  .  Ed  uditoci  Francia 
tanta  fama  delle  divine  pitture  dì  Raffaello ,  de- 
aiderava  veder  V  opere  sue  ;  ma  già  vecchio  ed 
agiato  si  godeva   la  sua  Bologna  .  Avvenne  ap- 

Sresso  che  Raffaello  fece  in  Roma  per  il  cardinal 
e'  Pucci  Santi  Quattro  una  tavola  di  S.  Cecilia 
che  si  aveva  a  mandare  in  Bologn»  per  porsi 
in  una  cappella  in  S.  Giovanni  in  Monte  ,  dove 
è  la  sepoltura  della  beata  Elena  dall'  Olio  ,  ed 
incassata  la  dirizzò  al  Francia  ,  che  come  ami- 
co glie  la  dovesse  porre  in  sull'altare  di  quella 
cappella  con  V  ornamento  ,  come  V  aveva  esso 
acconciato  .  Il  che  ebbe  molto  caro  il  Francia 
per  aver  a  gip  di  vedere  ,  siccome  avea  tanto  di- 
6tderato>  l'opere  di  Raffaello.  Ed  avendo  aperta 
la  lettera  che  gli  scriveva  Raffaello ,  dove  e'  lo 
pregava  ,  se  cifusse  nessun  graffio,  che  e'  l'ac- 
conciasse ,  e  similmente  conoscendoci  alcuno 
errore  come  amico  lo  coiTeggesse,  fece  conal- 
Ici^rezza  grandissima  ad  un  buon  lume  trarre 
della  cassa  la  detta  tavola  .  Ma  tanto  fu  lo  stu- 
pore che  e'  ne  ebbe  ,  e  tanto  grande  la  maravi- 
glia ,  che  conoscendo  qui  l'error  suo  e  la  stolta 
Sresnnzione  della  folle  credenza  sua  ,  si  accorò 
i  dolore  ,  e  fra  brevissimo  tempo  se  ne  morì  . 
Era  la  tavola  di  Raffaello  divina  e  non  dipinta, 
ma  viva  e  talmente  ben  fatta  e  colorita  da  lui  , 
che  fra  le  belle  che  egli  dipinse  mentre  visse  y 
ancorachi  tutte  siano  miracolose  ;  ben  poteva 


TITA  DI  FltlNOBSCO  riUNClA  5lC 

chiamarsi  rara  .  Laonde  il  Francia  messo  morto 
per  il  terrore  e  per  la  bellezza  delia  pittura, cb« 
era  presente  agli  occhi ,  ed  a  paragone  di  quelle 
che  intorno  di  sua  roano  si  vedevano^tutto  smar- 
rito ,  la  fece  con  diligepsa  porre  in  S.  Giovanni 
in  Monte  a  quella  cappella  dove  doveva  stare  , 
ed  entratosene  fra  pochi  di  nel  letto  tutto  fuori 
di  se  stesso,  parendogli  esser  rimasto  quasi  null^ 
neir  arte,  a  petto  a  quello  che  egli  credeva  e  ch« 
egli  era  tenuto  ,  di  dolore  e  malinconia  ,  come 
alcuni  credono ,  si  mori  ;  essendogli  avvenute 
nel  troppo  fisamente  contemplare  la  vivissima 
pittura  di  Raffaello,  quello  che  al  Fivizzano  nel 
vagheggiare  la  sua  bella  morte  »  della  quale^ 
scritto  questo  epigramma  : 

Me  veram  pictor  dix^inus  mente  recepii  . 

jidmota  est  operi  deinde  perita  manu$  • 
Dumque  opere  in  facto  dtfigit  lumina  pictor 

Intentus  nimiuni ,  palluit  et  mori  tur  • 
Viva  igitur  sum  mors^non  mortua  mortis  imago, 

Sifungor,  quo  morsfungitur  ,  officio. 

Tuttavolta  dicono  alcuni  altri,  che  la  morte  sua 
fu  sì  subita  ,  che  a  molti  segni  appari  piuttosto 
veleno  o  gocciola,  che  altro.  Fu  il  Francia  uomo 
savio  e  regolatissimo  nel  vivere  e  di  buone  for- 
se :  e  morto,  fu  sepolto  onoratamente  dai  suoi 
figliuoli  in  Bologna  l'anno  iSitf. 


TU  r^;  ^i  V  "  r:  t]  x-j^ 


VITA 
DI    PIETRO    PERUGINO 

F  I  T  T  O  K  E. 

Uì  quanto  benefizio  sia  agl'ingegni  alcuna  yìÀ^ 
ta  la  povertà  I  e  quanto  ella  sia  potente  cagione 
fU  fargli  venir  perfetti  ed  eccellenti  in  qualsivo* 
glia  {acuità  ^  assai  chiaramente  si  può  veJere 
nelle  asioni  di  Pietro  Perugino; il  quale  partitosi 
dalle  estreoae  calamità  di  Perugia  e  condottosi  a 
Fiorenaa  ,  desiderando  col  mezzo  della  virtù  di 
pervenire  a  qualche  grado  ,  stette  molti  mesi  , 
non  avendo  altro  letto  y  poveramente  a  dormire 
in  una  cassa ,  fece  della  notte  giorno,  e  con  gran- 
dissimo fervore  continuamente  attese  allo  studio 
della  sua  professione  ;  ed  avendo  fatto  l'abito  in 
quello  9  nessuno  altro  piacere  conobbe ,  che  di 
affaticarsi  sempre  in  queir  arte  e  sempre  dipi- 
gnere .  Perchè  avendo  sempre  dinanzi  agli  occhi 
il  terrore  della  povertà  ,  faceva  cose  per  guada- 
gnare ,  che  e'  non   arebbe  forse  guardate^  s« 
avesse  avuto  da   mantenersi;  e   per  avventura 
tanto  gli  arebbe  la  ricchezza  chiuso  il  cammino 
da  venire  eccellente  per  la  virtù  ^  quanto  glielo 
aperse  la  povertà   e  ve  lo  spronò  il  hisoeno  , 
disiderando  venire  da  si  misero  e  basso grado^se 
e' non  poteva  al  sommo  e  supremo  ,  aduno  al- 
meno dove  egli  avesse  da  sostentarsi.Per  questo 
non  si  curò  egli  mai  di  freddo ,  di  fame ,  di  di- 
sagio ,  d' incomodità  ,  di  fatica  ,  né  di  vergogna 
per  potere  vivere  un  giorno  in  agio  a  riposo,  di- 
fot.  IL  33 


.     j(i4  ^ART^    SECOFDA 

•endo  sempre  e  qas^si  in  prorerbio ,  che  dopo  il 
cattiTO  tempo  è  necessarìo  che  e'renga  ii  buono, 
e  che  quandb  è  buon  tempo  y  si  fabbricano  le 
case  per  potervi  stare  al  coperto  quando  e'  bi- 
sogna. Ma  perchè  meglio  si  conosca  il  progresso 
di  questo  artefice  y  cominciandomi  dal  suo  prin- 
cipio,  dico ,  secondo  la  pubblica  fama,  che  nella 
città  di  Perugia  nacque  ad  una  povera  persona 
da  Castello  della  Pieve  ,  detta  Gristofano  ,  un  fi- 
gliuolo y  che  al  battesimo  fVi  chiamato  Pietro  ;  il 
quale  allevato  fra  la  miseria  e  lo  stento  y  fu  dato 
dal  padre  per  fattorino  a  un  dipintore  di  Peru- 
gia ,  il  quale  non  ora  molto  valente  in  quel  me- 
stiero  ,  ma  aveva  in  gran  venerazione  e  Tarte  e 
gli  uomini  che  in  quella  erano  eccellenti .  Ni 
mai  con  Pietro  faceva  altro  che  dire  ,  ^  quanto 
guadagno  ed  onore  fiisse  la  pittura  a  chi  nen  la 
esercitasse  ;  e  contandoli  i  premi  già  degli  anti- 
iehi  e  de'  moderni ,  confortava  Pietro  allo  studio 
di  quella  .  Onde  gli  accese  V  animo  di  maniera  » 
che  gli  venne  capriccio  di  volere  (  se  la  fortuna 
lo  volesse  aiutare  )  essere  uno  di  quelli .  E  però 
spesso  usava  di  domandare  ,  qualunque  cono- 
sceva essere  stato  per  lo  mondo  ,  in  che  parte 
meglio  si  facessero  gli  uomini  di  quel  roestiero  , 
e  particolarmente  il  suo  maestro  ,  il  quale  gli 
rispose  sempre  di  un  medesimo  tenore ,  cioè 
che  in  Firenze  più  che  altrove  venivano  gli 
uomini  ))erfetti  in  tutte  V  arti ,  e  specialmente 
nella  pittura ,  atteso  che  in  quella  città  sono 
spronati  gli  uomini  da  tre  cose  ;  1*  una  dal  biasi- 
mare che  fanno  molti  e  molto  y  per  far  quell'a- 
ria gì'  ingegni  iibei-i  di  natura  e  non  contentarsi 
universalmente  dell'  opere  pur  mediocri ,  ma 
sempre  più  ad  onore  del  buono  e  dei  belio  ,  cb^ 


VITA  DI  PIETRO  PftRUGmO  Si  il 

R  rispetto  del  facitore  considerarle  ;  1'  altra, che 
a  volervi  vivere,  bisogna  essere  indastrioso  ,  il 
cbe  non  vuole  dire  altro  che  adoperare  coiiti- 
nnamente  V  ingegno  ed  il  giudizio  ,  ed  essere  ac^ 
corto  e  presto  nelle  sue  cose,  e  finalmente  saper 
guadagnare ,  non  avendo  Firenze,  paese  largo 
ed  abbondante ,  di  maniera  che  e'  possa  dai  le 
spese  per  poco  a  chi  si  sta  ,  come  dove  si  trova 
del  buono  assai .  La  terza  ,  che  non  può  forse 
manco  dell'  altre  »  è  una  cupidità  dì  gloria  ed 
onore ,  che  queir  aria  genera   grandissima   in 
quelli  d'  ogni  professione ,  la  qual  in  tutte   le 
persone  che  hanno  spirito  non  consente  che  gli 
uomini  vogliano  stare  al  pari  y  non  che  restare 
in  dietro  a  chi  e'  veggono  essere  uomini ,  come 
tono  essi ,  benché  li  riconoscano  per  maestri  , 
anzi  gli  sforza  bene  spesso  a  deMoerar  tanto  la 
propria  grandezza ,  che  se  non  sono  benigni  di 
natura  o  savi ,  riescono  maldicenti ,  ingrati ,  e 
sconoscenti  de'  benefizi.  £'  ben  vero,  che  quan- 
do r  uomo  vi  ha  imparato  tanto  che  basti ,  vo- 
lendo ùkT  altro  che  vivere  come  gli  animali  gior- 
no per  giorno  e  desiderando  farsi  ricco,  bisogna 
partirsi  di  quivi  e  vender  fuora  la  bontà  dell'  o« 
pere  sue,  e  la  riputazione  di  essa  città  ,  come 
fanno  i  dottori  quella  dei  loro  studio.  Perchè 
Firenze  fa  degli  artefici  suoi  quel  che  il  tempo 
delle  sue  cose  ,  che  fatto,  se  le  disfà  e  se  le  con- 
suma a  poco  a  poco .  Da  questi  avvisi  dunque  e 
dalle  persuasioni  di  molti  altri   mosso  ,  venne 
Pietro  in  Fiorenza  con  animo  di  fiirsi  eccellente,* 
e  bene  gli  venne  fatto,Goncios8Ìachè  al  suo  tem- 
po le  cose  della  maniera  sua  furono  tenute  in 
pregio  grandissimo  •  Studiò  sotto  la  disciplina 
i*  Andi*ea  Verrocchio,  e  U  prime  sue  figure  fa* 


5l6  ^AUTS    FECONDA. 

rono  fuor  della  porta  al  Prato  in  S.Martino  alle 
monache,  oggi  ruiuato  per  le  guerre.  Ed  in  Ga- 
ma  Idoli  un  8.  Girolamo  in  muro  allora  molto 
stimato  da'Fiorentini  e  con  lode  messo  innanzi  , 
per  aver  fatto  quel  santo  vecchio  magro  ed  asciai, 
io  con  gli  occhi  fisso  nel  Crocifisso  e  tanto  con* 
sumato  y  che  pare  una  notomia,  come  si  può  re- 
dere  in  uno  cavato  da  quello  che  ha  il  già  detto 
Bartolommeo  Gondi  •  Venne  dunque  in  pochi 
anni  in  tanto  credito  9  che  deli'  òpere  sue  s'em- 
piè non  solo  Fiorenza  ed  Italia  ,  ma  la  Francia , 
la  Spagna  y  e  molti  altri  paesi  j  dove  elle  furono 
mandate  •  Laonde  tenute  ie  cose  sue  in  riputa- 
zione e  pregio  grandissimo,  cominciarono  i  mer- 
canti a  fare  incetta  di  quelle  ed  a  mandarle  fuori 
in  diversi  paesi  con  molto  loro  utile  e  guadagno. 
Lavorò  alle  donne  di  S.  Chiara  in  una  tavola  un 
Cristo  morto  con  si  vago  colorito  e  nuovo ,  che 
fece  credere  agli  artefici  d' avere  a  essere  mara- 
yiglioso  ed  eccellente  .  Veggonsi  in  questa  ofertL 
alcune  hellissime  teste  di  vecchi ,  e  similmente 
certe  Marie  y  che  restate  di  piagnere  ,  conside» 
rano  il  morto  con  ammirazione  ed  amore  straor- 
dinario ;  oltreché  vi  fece  un  paese  che  fu  tenu- 
to allora  hellissimo  y  per  non  si  esser  ancora  tc- 
dttto  il  vero  modo  di  farli  come  si  è  veduto  poi. 
Dieesi  che  Francesco  del  Pugliese  volle  uare 
alle  dette  monache  tre  volte  tanti  danari,  quanti 
elle  avevano  pagato  a  Pietro  y  e  fame  far  loro 
una  simile  a  quella  di  mano  propria  del  medesi- 
mo ,  e  che  elle  non  voUono  acconsentire,  perchè 
Pietro  disse  che  non  credeva  poter  queUa  para- 
gonare. Erano  anco  fuor  della  porta  a  Pinti  nel 
convento  de-^^i  Gesuati  molte  cose  di  man  di 
Pietro;  ma  perchè  oggi  la  detta  chieda  e  convento 


VITA  DI  pivTKo  PERuemo       Sif 

SODO  rovinati,  non  TogUo  che  mi  paia  fasica  con 
questa  occasione,  prima  che  io  più  oltre  in  que- 
sta TÌta  proceda,  dirne  alcune  poche  cose.  Que- 
sta chiesa  dunque,  la  quale  fu  architettura  d'An* 
tonio  di  Giorgio  da  Settignano  ,  era  lunga  hrac* 
eia  quaranta  e  larga  venti.  A  sommo  per  quattro 
scaglioni  ovvero  gradi  si  saliva  a  un  piano  di 
braccia  sei ,  sopra  il  qual  era  1'  aitar  maggiore 
con  molti  ornamenti  di  pietre  intagliate,  e  sopra 
iidetto  aitare  era  posta  con  ricco  ornamento  una 
tavola  ,  come  si  e  detto  ,  di  mano  di  Domenico 
Ghirlandaio.  Amezso  la  chiesa  era  un  tramezzo 
di  muro  con  una  porta  traforata  dai  mezzo  in  su,U 
quale  mettevano  in  mezzo  due  altari,  sopra  eia-* 
scuno  de'  quali  era ,  come  si  dirà ,  una  tavola  di 
mano  di  Pietro  Perugino  ,  e  sopra  la  detta  porta 
era  un  bellissimoCrociff  sso  di  mano  di  Benedetto 
daMaiano  messo  in  mezzo  da  una  nostraDonna  ed 
un  S.Giovanni  di  rilievo,e  dinanzi  al  detto  piano 
dell'altare  maggiore,  appoggiandosi  a  detto  tra- 
mezzo ,  era  un  coro  di  legname  di  noce  e  d' or- 
dine dorico  molto  ben  lavorato,  e  sopra  la  porta 
principale  della  chiesa  era  un  altro  coro  che  po- 
sava sopra  un  legno  armato  ,  e  di  sotto  faceva 
palco  ovvero  soffittato  con  bellissimo  spartimen- 
to  e  con  un  ordine  di  balaustri, che  faceva  sponda 
al  dinanzi  del  coro  che  guardava  verso  V  aitar 
maggiore  ;  il  qual  coro  era  molto  comodo  per 
r  ore  della  notte  ai  frati  di  quel  convento,  e  per 
fieire  loro  particolar  orazioni ,  e  similmente  per 
i  giorni  fenati .  Sopra  la  porta  principale  delia 
chiesa  ,  che  era  fatta  con  bellissimi  ornamenti 
di  pietra  ed  aveva  un  portico  dinanzi  in  sulle  co- 
lonne che  copriva  insin  sopra  la  porta  del  cou'- 
vento^era  in  un  mezzo  tondo  unS.Giusto  vescovo, 


5l8  PARTE    SECONDA 

in  mezzo  a  due  angeli  di  mano  di  Gherardo  mt^ 
niatore,molto  beilo;  e  ciò  perchè  la  detta  chiesa 
ara  intitolata  a  detto  S.  Giusto,  e  là  entro  si 
serbava  da  que' frati  una  reliquia,  cioè  un  brac- 
cio di  esso  santo  .  AH'  entrare  di  quel  convento 
«ra  uu  picciul  chiostro  di  grandezza  appunto 
quanto  la  chiesa  ,  cioè  lungo  braccia  quaranta  e 
largo  venti  ;  gli  archi  e  volte  del  quale  ,  che  gi- 
ravano intorno,  posavan  sopi^  colonne  di  pietra, 
che  facevano  una  spaziosa  e  molto  comoda  log- 
gia intorno  intorno .  Nel  mezzo  del  cortile  di 
questo  chiostro ,  che  era  tutto  pulitamente  e  di 
pietre  quadre  lastricato,  era  un  bellissimo  pozzo 
con  una  loggia  sopra  ,  che  posava  similmente 
sopra  colonne  di  pietra ,  e  faceva  ricco  e  bello 
ornamento  .  £d  in  questo  chiostro  era  il  capi- 
tolo de'  frati ,  la  porta  del  fianco  che  entrava  in 
chiesa  ,  e  le  scale  che  salivano  di  sopra  al  dor- 
mentorio, ed  altre  stanze  a  comodo  de'frati .  Di 
là  da  questo  chiostro  a  dirittura  della  poita 
principale  del  convento ,  era  un  andito  fungo 
quanto  il  capitolo  e  la  camarlingheria ,  e  che  ri- 
spondeva in  un  altro  chiosb'o  maggiore  e  più 
bello  che  il  primo  .  E  tutta  questa  dirittura  , 
cioè  le  quaranta  braccia  della  loggia  del  primo 
chiostro  ,  r  andito  ,  e  quella  del  secondo  face- 
vano un  riscontro  lunghissimo  e  bello  ,  quanto 
più  non  si  può  dire,  essendo  massimamente  fuor 
dei  detto  ultimo  chiostro  e  nella  medesima  dirit- 
tura una  viottola  dell'  orto  lunga  braccia  du- 
gento  ;  e  tutto  ciò  venendosi  dalla  prìncipal 
porta  del  convento  faceva  una  veduta  maravi- 
gli osa  .  Nel  detto  secondo  chiostro  era  un  refet- 
torio lungo  braccia  sessanta  ,  e  largo  diciotto 
con  tutte  quella  accomodate  stanze  e ,  come  di- 


VITA  DI  PIITRO  P2RUG1N0  5l9 

90IÌO  i  frati  y  officine  che  a  un  si  fatto  conyento- 
si  richiedcTano  .  Di  sopra  era  un  dormentorio  ^ 
guisa  di  T  ,  una  parte  del  quale,  cioè  la  princi- 
pale e  diritta  ,  la  quale  era  braccia  sessanta  y 
era  doppia  ,  cioè  arerà  le  celle  da  ciascun  iato  , 
ed  in  testa  in  uno  spazio  di  quindici  braccia  un 
oratorio ,  sopra  Taltare  del  quale  era  una  tarola 
di  mano  di  Pietro  Perugiuo  y  e  sopra  la  porta  di 
esso  oratorio  era  un'  altra  opera  in  fresco ,  come 
si  dirà  y  di  mano  dei  medesimo  ;  ed  al  medesimo 
piano  y  cioè  sopra  il  capitolo  ,  era  una  stania 
grande  ,  dorè  starano  que'  padri  a  fare  le  fine- 
stre di  retroycon  i  fornelli  ed  altri  comodi  che  a 
cotale  esercizio  erano  necessari  .  E  perchè  men- 
tre risse  Pietro  y  celi  fece  loro  per  molte  opere 
i  cartoni  y  furono  i  larori  che  fecero  al  suo  tem- 
po tutti  eccellenti .  L'  orto  poi  di  questo  con- 
rento  era  tanto  bello  e  tanto  ben  tenuto  e  con 
tanto  ordine  le  riti  intorno  al  chiostro  e  per  tutto 
accomodate  y  che  intorno  a  Firenze  non  si  po^ 
ter  a  reder  meglio  •  Similmente  la  stanza  dorè 
ttillarano ,  secondo  il  costume  loro,acque  odori- 
fere e  cose  medicinali,  arerà  tutti  quegli  agi 
che  più  e  migliori  si  possono  imaginare  .  In- 
somma quel  courento  era  de'  belli  e  bene  acco- 
modati eoe  fussero  nello  stato  di  Firenze  ;  e  pe- 
rò ho  voluto  farne  questa  memoria  y  e  massima- 
mente essendo  di  mano  del  nostro  Pietro  Peru- 
gino la  maggior  parte  delle  pitture  che  ri  erano. 
Al  qual  Pietro  tornando  oramai,  dico,  che  dell'o- 
pere che  fece  indetto  conrento  non  si  sono  con- 
•errate  se  non  le  tarole,  perchè  quelle  larorate 
a  fìesco  furono  per  lo  assedio  dì  Firenze  insie- 
me con  tutta  quella  fabbrica  gettate  per  terra , 
e  le  tarole  portata  alla  porta  a  S.  Pier  Gattolini^ 


$M  rAKfS    SECONDA 

dorè  ai  detti  frati  fu  dato  luogo  nella  chiesa  « 
convento  di  S.  Giovannino.Le  due  tavole  adun- 
que cbe  erano  nel  sopraddetto  tramezzo,  eraiu» 
di  man  di  Pietro,  e  in  una  era  un  Cristo  nell'or- 
to e  gli  Apostoli  cbe  dormono,  ne'  quali  mostrò 
Pietro  quanto  vaglia  il  sonno  centra  gli  affanni 
e  dispiaceri,  a  vendo  li  figurati  dormire  inattitu- 
dini molte  agiate.  £  nell'altra  fece  una  Pietà  , 
cioè  Cristo  in  grembo  alla  nostra  Donna  con 
quattro  figure  intorno  non  men  buone  cbe  T  al- 
tre della  maniera  sua  ,  e  fra  V  altre  cose  fece 
il  detto  Cristo  morto  cosi  intirizzato  ,  come 
se  e'  fusse  stato  tanto  in  croce  ,  che  lo  spazio 
•d  il  freddo  1'  avessino  ridotto  cosi  ,  onae  lo 
fece  reggere  a  Giovanni  ed  alla  Maddalena  tutti 
afflitti  e  piangenti  .  Lavorò  in  un'altra  tavola 
un  Crocifisso  con  la  Maddalena  ed  ai  piedi  S.Giro- 
lamo, S.  Gio:  Battista,  ed  il  beato  Giovanni  Co- 
lombini fondatore  di  quella  religione,  con  infinita 
diligenza .  Queste  tre  tavole  banno  patito  assai', 
e  sono  per  tutto  negli  scuri  e  dove  sono  T ombre 
crepate  ;  e  ciò  avviene,  perché  quando  si  lavora 
il  primo  colore  cbe  si  pone  sopra  la  mestica  (per- 
cioccbé  tre  mani  di  colori  si  danno  V  uno  sopi-a 
r  altro  )  non  è  ben  secco ,  onde  poi  col  tempo  nei 
seccarsi  tirano  per  la  grossezza  loro ,  e  vengono 
ad  aver  forza  di  fare  que'  crepati,  il  che  Pietro 
non  potette  conoscere,  perchè  appunto  ne' tempi 
suoi  fi  cominciò  a  colorire  bene  a  olio.  Essenao 
dunque  dai  Fiorentini  ni  cito  commendate  l'opere 
dì  Pietro,  un  priore  del  medesimo  convento  aegli 
Ingesuati  che  si  dilettava  dell'arte ,  gli  fece  fare 
in  un  muro  del  primo  chiostro  una  Natività  coi 
Magi  di  minuta  maniera ,che  fu  da  lui  con  vagbec- 
za  e  puUtaiza  grande  a  ptr£rtto  fine  condolla; 


TITA  DI  PimO  PSRtJOIKO  5il  f 

iote  era  an  numero  infinito  di  teste  Tariate ,  e 
rìtratti  di  naturale  non  pochi  y  fra  i  quali  era  la 
testa  d' Andrea  del  Verroccbio  suo  maestro.  Nel 
medesimo  cortile  fece  un  fregio  sopra  gli  archi 
delle  colonne  con  teste  quanto  il  tìto  molto  ben 
condotte  ;  delle  quali  era  una  quella  del  detto 
priore  tanto  yiva  e  di  buona  maniera  lavorata , 
che  fu  giudicata  da  peritissimi  artetìci  la  miglior 
<iosdL  che  mai  facesse  Pietro;  al  quale  fu  fatto  fare 
nell'altro  chiostro  sopra  la  porta  che  andava  in 
refettorio  una  storia,  quando  papa  Bonifazio  con- 
ferma l'abito  al  beato  Giovanni  Colombino,  nella 
quale  ritrasse  otto  di  detti  frati ,  e  vi  fece  una 
prospettiva  bellissima  che  sfuggiva ,  la  quale  fu 
molto  lodata  e  meritamente ,  perché  ne  faceva 
Pietro  professione  particolare.  Sotto  a  questa  in 
un*  altra  storia  cominciava  la  natività  di  Cristo 
con  alcuni  angeli  e  pastori,  lavorata  con  freschis- 
simo colorito ,  e  sopra  la  porta  del  detto  oratorio 
fece  in  un  arco  tre  mezze  figure,  la  nostra  Donna, 
tS.  Girolamo,  ed  il  beato  Giovanni  con  sì  bella 
maniera,  che  fu  stimata  delle  migliori  opere  che 
mai  Pietro  lavorasse  in  muro.  Era,  secondo  che 
io  udii  già  raccontare ,  il  detto  priore  molto  ec- 
cellente in  fare  gli  aizurri  oltramarini ,  e  però 
avendone  copia ,  volle  che  Pietro  in  tutte  le  so- 
praddette opere  ne  méttesse  assai  ;  ma  era  non« 
dimeno  sì  misero  e  sfiducciato,  che  non  si  fidando 
di  Pietro,  voleva  sempre  esser  presente  quando 
egli  azzurro  nel  lavoro  adoperava.  Laonde  Pie- 
tro, il  quale  era  di  natura  intero  e  da  bene  e  non 
desiderava  quel  d' altri  se  non  mediante  le  sue 
fatiche,  aveva  per  male  la  diffidenza  di  quel  prìo- 
re,  onde  pensò  di  farnelo  vergognare;  e  così  presa 
una  calinalla  d' acqua;  imposto  che  aveva  o  pan- 


ÌM  PÀKTSSICONDJk 

ni  o  altro  che  voleva  fare  di  azzurro  e  bianca  ^ 
faceva  di  mano  in  mano  al  priore  ^  che  con  mi- 
seria tornava  ai  sacchetto^  mettere  roltramarìna 
nell'alberello y  dove  era  acqua  stemperata;  dopo 
cominciandolo  a  mettere  in  opera,  a  ogni  due 
pennellate  Pietro  risciacquava  il  pennello  nella 
catinella  ;  onde  era  più  quello  cne  neir  acqua 
rimaneva  y  che  quello  che  egli  aveva  messo  in 
opera:  ed  il  priore  che  si  vedeva  votar  il  sacchetto 
ed  il  lavoro  non  comparire^  spesso  spesso  diceva: 
Ob  quanto  oltramarino  consuma  questa  calcina! 
Voi  vedete  ;  rispondeva  Pietro.  Dopo  partito  il 
priore  y  Pietro  cavava  V  oltramarino  che  era  nel 
fondo  della  catinella  y  e  quello ,  quando  gli  parve 
tempo ,  tendendo  al  priore ,  gli  disse:  Padre, que- 
sto e  vostro  :  imparate  a  fidarvi  degli  uomini  da 
bene  che  non  ingannano  mai  chi  si  fida  ;  ma  sib- 
bene  saprebbono,  quando  volessero,  ^ingannare 
gli  sfiducciati ,  come  voi  siete .  Per  queste  dun- 
que ed  altre  molte  opere  venne  in  tanta  fama 
]rietro  cbe  fu  quasi  sforzato  a  andare  a  Siena , 
dove  in  S.  Francesco  dipinse  una  tavola  grande 
che  fu  tenuta  bellissima,  e  in  S.  Agostino  ne 
dipinse  un'altra,  dentrovi  un  Crocifisso  con  alcu- 
ni santi.  E  poco  dopo  questo  a  Fiorenza  nella 
chiesa  di  S.  Gallo  fece  una  tavola  di  S.  GiiH>lamo 
in  penitenzia  che  oggi  é  in  S.  Iacopo  tra' Fossi, 
dove  detti  frati  dimorano  vicino  al  canto  degli 
Alberti.  Fu  liattogli  allogazione  d'un  Cristo  morto 
con  S.  Giovanni  e  la  Madonna  sopra  le  scale  della 
porta  del  fianco  di  S.  Pier  Maggiore ,  e  lavorollo 
in  maniera,  che  sendo  stato  all'acqua  ed  al  ven- 
to, s'  i  conservato  con  quella  freschezza  coma 
se  pur  ora  dalla  man  di  Pietro  fosse  finito.  Cer- 
tamente i  colori  furono  dalla  intelligenza  di  Pie* 


TITA  DI  Plirko  PlRUGllfCh         5^3 

lYo  coDOBciuti ,  e  così  il  fresco  come  l' olio  ;  onde 
obbligo  gli  hanno  tutti  ì  periti  artefici ,  che  per 
suo  mezzo  hanno  cognizione  de'  lumi  che  per  U 
sue  opere  si  veggono.  In  S.  Croce  in  detta  città 
fece  una  FietA  col  morto  Cristo  in  colio  e  due 
figure  che  danno  maraviglia  a  vedere ,  non  la 
bontà  di  quelle,  ma  il  suo  mantenersi  sì  viva  e 
nuova  di  colori  dipinti  in  fresco.  Gli  fu  allogato 
da  Bernardino  de'  Rossi  cittadin  fiorentino  un 
S.  Sebastiano  per  mandarlo  in  Francia  y  e  furono 
d'accordo  del  prezzo  in  cento  scudi  d*oro;  la 

Juale  opera  fu  venduta  da  Bernardino  al  re  di 
'rancia  quattrocento  ducati  d' oro .  A  Y ailom- 
brosa  dipinse  una  tavola  per  lo  aitar  maggiore , 
e  nella  certosa  di  Pavia  lavorò  similmente  una 
tavola  a  que' frati.  Pipinse  al  cardinal  Carafia 
di  Napoli  nello  Piscopio  allo  aitar  maggior  una 
assunzione  di  nostra  Donna  e  gli  Apostoli  ammi- 
rati intorno  al  sepolcro  ;  ed  all'  abate  Simone  dei 
Oraziani  al  Borgo  a  S.  Sepolcro  una  tavola  gran- 
de,  la  quale  fece  in  Fiorenza^chc  fu  portata  in 
S.  Gilio  del  Borgo  sulle  spalle  de'  facchini  con 
spesa  grandissima.  Mandò  a  Bologna  a  S.  Gio- 
vanni in  Monte  una  tavola  con  alcune  figure  ritte^ 
edunaMadonna  inaria.Percbè  talmente  si  sparse 
la  fama  di  Pietro  per  Italia  e  fuori ,  che  e'  fu  da 
Sisto  IV  pontefice  con  molta  sua  gloria  con- 
dotto a  Roma  a  lavorare  nella  cappella  in  com- 
pagnia degli  altri  artefici  eccellenti  ;  dove  fece  la 
storia  di  Cristo  quando  dà  le  chiavi  a  S.  Pietro, 
in  compagnia  di  Don  Bartolommeo  della  Gatta 
abate  di  S.  Clemente  di  Arezzo ,  e  similmente  la 
natività  e  il  battesimQ  di  Cristo,  e  il  nascimento 
di  Mos^,  quando  dalla  figliuola  di  Faraone  è  ri- 
pescato nella  eestella  ;  e  nella  medeaima  faccia 


5^4  PARTE    SECONDA 

dove  è  l' altare  7  fece  la  tavola  in  muro  con  Tas* 
Giunzione  della  Madonna^  dove  ginocchioni  ri- 
trasse  papa  Sisto.  Ma  queste  opere  furono  man- 
date a  terra  per  fare  la  facciata  del  Giudizio  del 
diTin  Micbelagnolo  a  tempo  di  papa  Paolo  III. 
Lavorò  una  volta  in  torre  Borgia  nel  palazzo  del 
pipa  con  alcune  storie  di  Cristo  e  fogliami  di 
chiaroscuro ,  i  quali  ebbero  al  suo  tempo  nome 
straordinario  di  essere  eccellenti .  In  Roma  me-> 
desimamente  in  S.  Marco  fece  una  storia  di  due 
martìri  allato  al  Sacramento ,  opera  delle  buone 
che  egli  facesse  in  Roma.  Fece  ancora  nel  palazzo 
di  S.  Apostolo  per  Sciarra  Colonna  una  loggia  ed 
altre  stanze,  le  quali  opere  gli  misero  in  mano 
grandissima  quantità  di  danari.  Laonde  risola- 
tosi a  non  stare  più  in  Roma ,  partitosene  con 
buon  favore  di  tutta  la  corte ,  a  Perugia  sua  p* 
tria'  se  ne  tornò,  ed  in  molti  luoghi  della  città  fini 
tavole  e  lavori  a  fresco ,  e  particolarmente  in 
palazzo  una  tavola  a  olio  nella  cappella  de'Si* 
gnori ,  dentrovi  la  nostra  Donna  ed  altri  santi . 
A  S.  Francesco  del  Monte  dipinse  due  cappelle 
a  fresco  ;  in  una  la  storia  de  Magi  che  vanno  a 
offerire  a  Cristo ,  e  nell*  altra  il  martirio  di  alcani 
frati  di  S.  Francesco,  i  quali  andando  ai  Soldano 
di  Babilonia  furono  occisi .  In  S.  Francesco  del 
convento  dipinse  similmente  a  olio  due  tavole;  in 
una  la  resurrezione  di  Cristo,  e  nell'altra  S.  Gio- 
vanni Battista  ed  altri  santi.Nella  chiesa  de'Servi 
fece  parimente  due  tavole  ;  in  una  la  trasfigu- 
razione del  nostro  Signore,  e  nell'altra,  chei 
accanto  alla  sagrestia ,  la  storia  de'  Magi .  Ma 
perché  queste  non  sono  di  quella  bontà  che  sono 
l'altre  cose  di  Pietro,  si  tien  per  fermo  ch'elle 
siano  delle  prime  opere  che  facesse.  InS.  Loreme 


VITA  DI  PIETRO  PSROGIN*  5l5 

V 

duomo  della  medesima  città  i  di  mano  di  Pietri 
nella  cappella  del  Crocifisso  la  nostra  Donna,  S* 
GioTanni  e  l'altre  Marie ,  S.  Lorenzo ,  S.  Iacopo 
ed  alti'i santi.  Dipinse  ancora  all'altare  del  Sacra* 
mento,  dote  sta  riposto  l'anello  con  che  fu  sposata 
la  Vergine  Maria  ,  lo  sposai  isio  di  essa  Vergine. 
Dopo  fece  a  fresco  tutta  Tudiensa  del  Cambio,  cioè 
nel  partimcnto  della  Tolta  i  sette  pianeti  tirati  so- 
pra  certi  carri  da  diversi  animali ,  secondo  l'uso 
▼ecchio  ;  e  nella  facciata  quando  si  entra  dirioi* 
petto  a  Ila  porta  la  natività  e  la  resurresione  di  Cri-* 
sto;  ed  in  uiui  tavola  un  S.  Gio:  Battista  in  m«a£0 
a  certi  altri  santi.  I*ÌeUe facciate  poi  dalle  bande 
dipinse  secondo  la  maniera  sua  Fabio  Massimo, 
Socrate ,  Numa  Pompilio  ,  F.  Cammillo  ,  Pita« 
gora,  Traiano,  L.  Sicinio,  Leonida  Spartano ^^ 
Orazio  Cocle ,  Fabio  ,  Sempronio ,  Pericle  Àte-* 
niese,  e  Qinciniìato;  nell'altra  facciata  fi^ce  i  pro- 
feti Isaia,  Moisè,  Daniel,  David,  leremia,  Salo- 
mone, e  le  sibille  Eritrea,  Libica,  Tiburtina , 
Deifica  e  l'altre  ;  e  sotto  ciascuna  delle  dette 
figure  fece  a  usodi  motti  iu  scrittura  alcune  cose 
che  dissero,  le  quali  sono  a  proposito  di  quel  luo* 
go .  Ed  in  uno  ornamento  lece  il  suo  ritratto  che 
pare  vivissimo,  scrivendovi  sotto  il  nome  suo  in 
questo  modo  : 

Petrus  Perusìnus  egregius  pietor  , 
Perdita  si fuerat spingendo  àie  retuli t  artem: 
Sinunquam  imperita  esset  hactenusy  ipse  dedita 
AnnoD.  i5oo. 

Quest* opera,  che  fìi  bellissima  e  lodata  più 
che  alcun'  altra  che  da  Pietro  fusse  in  Perugia 
lavorata ,  é  oggi  dagli  uomini  di  quella  città  per 
memoria  d' un  si  lodato  artefice  della  patria  loro 


536  PARTE    SSCOMDA 

tenuta  in  pregio.  Fece  poi  il  medesimo  neìltt 
•biesa  di  S.  Agostino  alla  cappella  maggiore  in 
una  tavola  grande  isolata  e  con  ricco  ornamento 
intomo  y  nella  parte  dinanzi  S.  GioTanni  che  bat- 
tezaa  Cristo ,  e  di  dietro  ,  cioè  dalla  banda  che 
risponde  in  coro,  la  natività  di  esso  Cristo,  nelle 
teste  alcuni  santi,  e  nella  predella  molte  storie 
di  figure  piccole  con  molta  diligenza;  ed  in  detta 
chiesa  fece  per  M.  Benedetto  Calerà  una  tavola 
alla  cappella  di  S.  Niccolò .  Dopo  tornato  a  Fi- 
renze lece  ai  monaci  di  Cestello  in  una  tavola 
S.  Bernardo,  e  nel  capitolo  un  Croci fisso,la  nostra 
Donna,  S.  Benedetto,  S.  Bernardo,  e  S.  Giovanni. 
Ed  in  S.  Domenico  da  Fiesole  nella  seconda  cap- 

KUa  a  man  ritta  una  tavola ,  dentrovi  la  nostra 
>nna  con  tre  figure ,  fira  le  quali  un  S.  Bastiano 
è  iodatissimo.  Aveva  Pietro  tanto  lavorato  e  tanto 
gli  abbondava  sempre  da  lavorare,  che^^etteva 
in  opera  bene  spesso  te  medesime  cosa  ;  ed  era 
talmente  la  dottrina  dellarte  sua  ridotta  a  ma- 
niera,ch' e*  faceva  a  tutte  le  figure  un*  aria  mede- 
sima .  Perchè  essendo  venuto  già  Michela gnolo 
Buonarroti  al  suo  tempo,  desiderava  grandemente 
Pietro  vedere  le  figure  di  quello ,  per  lo  grido 
che  gli  davano  gli  artefici.  È  vedendosi  occultare 
la  grandezza  di  quel  nome ,  che  con  sì  gran  prin- 
cipio per  tutto  aveva  acquistato,  cercava  molto 
•on  mordaci  parole  offendere  quelli  che  opera- 
vano. E  per  questo  meritò,  oltre  alcune  brut- 
ture fattegli  dagli  artefici ,  che  Michelagnolo  in 
pubblico  gli  dicesse  ch'egli  era  goffo  nell'arte. 
Ma  non  potendo  Pietro  comportare  tanta  infa- 
mia, ne  furono  al  magistrato  degli  Otto  tutti  due, 
dove  ne  rimase  Pietro  con  assai  poco  onore .  in- 
tanto i  frati  de' Servi  di  Fiorenza  avendo  volontà 


VITA  DI  PIETRO  PERUGINO  Say 

dì  ayerela  tavola  del  lo  aitar  maggiore, che  fu8S€ 
fatta  da  persona  famosa,  e  avendola  mediante 
la  partita  di  Lionardo  da  Vinci  che  se  n*era  ito  in 
Francia ,  renduta  a  Filippino,  egli  quando  ebbe 
fatto  lu  metà  d'una  di  due  tavole  che  v'anda- 
vano, passò  di  questa  all'altra  vita;  onde  i  frati 
per  la  fede  che  avevano  inPietro  gli  feciono  allo- 
gazione di  tutto  il  lavoro.  Aveva  Filippino  finito 
in  quella  tavola  ,  dove  egli  faceva  Cristo  deposto 
di  croce ,  i  Nicodemi  che  lo  depongono ,  e  Pietro 
seguitò  di  sotto  lo  svenimento  aella  nostra  Donna 
ed  alcune  altre  figure.  E  perchè  andavano  in 
questa  opera  due  tavole,  che  V  una  voltava  in 
verso  il  coro  de'frati  e  T  altra  in  verso  il  corpo 
della  chiesa ,  dietro  al  coro  si  aveva  a  porre  il 
deposto  di  croce ,  e  dinanzi  l'assunzione  di  nostra 
Donna  ;  ma  Pietro  la  fece  tanto  ordinaria ,  che 
fu  messo  il  Cristo  deposto  dinanzi  e  l'Assunzione 
dalla  banda  del  coro:  e  queste  oggi  permettervi 
il  tabernacolo  del  Sacramento  sono  state  T  una 
e  l'altra  levate  via,  e  per  la  chiesa  messe  sopra 
certi  altri  altari,  e  rimaso  in  quell'opera  sola- 
mente sei  quadri ,  dovQ  sono  alcuni  santi  dipinti 
da  Pietro  in  certe  nicchie .  Diccsi  che  quando 
detta  opera  si  scoperse,  fu  da  tutti  i  nubvi  arte- 
fici assai  biasimata ,  e  particolarmente  perchè  si 
era  Pietro  servito  dì  quelle  figure  che  altre  volte 
era  usato  mettere  in  opera  ;  dove  tentandolo  gli 
amici  suoi  dicevano  che  affaticato  non  s'era  ,  e 
che  aveva  tralasciato  il  buon  modo  dell'operare 
o  per  avarizia  o  per  non  perder  tempo;  ai  quali 
Pietro  rispondeva:  Io  ho  messo  in  opera  le  figure 
altre  volte  lodate  da  voi ,  e  che  vi  sono  infinita- 
mente piaciute  .  Se  ora  vi  dispiacciono  e  non  le 
lodate,  che  ne  posso  io?  Ma  coloro  aspramente 


523  PARTE    FECONDA 

•on  sonetti  e  pubblicbe  Tillanie  lo  saettaran». 
Onde  egli  già  Tecchtu  partitosi  ila  F'iorenxa  9 
tornatosi  a  Perasia,  condusse  alcuni  lavori  a  fre- 
sco nella  chiesa  di  S.  Severo,  monasterio  dfiU\ir- 
dine  di  Cainaldoli,  uePqual  luogo  aveva  RailHella 
da  Urbino  giovanetto  e  suo  discepolo  fatto  alcune 
figure,  come  nella  sua  vita  si  dirà.  Lavorò  simil- 
mente al  Montone,  alla  Fratta ,  ed  in  molti  altri 
luoghi  del  contado  di  Perugia,  e  particolarmente 
in  Ascesi  a  S.  Maria  degli  Angeli ,  dove  a  fresco 
fece  nel  muro  dietro  alla  cappella  della  Madonna 
cbe  risponde  nel  coro  de'  frati ,  un  Cristo  in  croce 
con  molte  figure.  £  nella  chiesa  di  S.Piero,  badia 
de'monaciNeri  in  Perugia,dipin8e  all'altare  mas- 
giore  in  una  tavola  grande  T  Ascensione ,  con  gli 
Apostoli  a  basso  cbe  guardano  verso  il  cielo; 
nella  predella  della  quale  tavola  sono  tre  storie 
con  molta  diligenza  lavorate ,  cioè  i  Magi  ^  il 
battesimo  e  la  ressurrezione  di  Cristo; la  quale 
tutta  opera  si  vede  piena  di  belle  fatiche ,  intanto 
ch'eiré  la  migliore  di  quelle  che  sono  in  Perugia 
di  man  di  Pietro  lavorate  a  olio  .  Cominciò  il 
medesimo  un  lavoro  a  fresco  di  non  poca  imjpor- 
tanza  a  Castello  della  Pieve ,  ma  non  lo  noi. 
Soleva  Pietro ,  siccome  quello  che  di  nessuno  si 
fidava ,  neir  andare  e  tornare  dal  detto  Castello 
a  Perugia  portare  quanti  danari  ayeva  sempre 
addosso;  perchè  alcuni,  aspettandolo  a  un  passo, 
lo  rubarono  ;  ma  l'accomandandosi  egli  molto , 
gli  lasciarono  la  vita  per  Dio:  e  dopo  adoperando 
mezzi  ed  amici,  che  pur  n'aveva  assai,  riebbe 
anco  gran  parte  de' detti  danari  che  gli  erano 
stati  tolti  ;  ma  nondimeno  fu  per  dolore  vicino 
a  morirsi .  Fu  Pietro  persona  di  assai  poca  reli- 
gioney  e  non  se  gli  potò  mai  far  creder»  Timmorta- 


VITA  DI  PIETRO  PEaUGlKO  Sag 

lità  dell'anima:  anzi  con  parole  accomodate  al 
fiuo  cervello  di  porfido  ostinatissimamente  ricusò 
ogni  buona  via.  Aveva  ogni  sua  speranza  ne 'beni 
della  fortunale  per  danari  arebhe  fatto  ogni 
male  contratto.  Guadagnò  molte  ricchezze^  e  in 
Fiorenza  murò  e  comprò  case  ;  ed  in  Perugia  ed 
aCastello  dellaPieve  acquistò  molti  beni  stabili. 
Tolse  per  moglie  una  bellissima  giovane  e  n'ebbe 
figliuoli,  e  si  dilettò  tanto  che  ella  portasse  leg- 
giadre acconciature  e  fuori  ed  in  casa,che  si  dico 
ch'egli  spesse  volte  l'acconciava  di  sua  mano. 
Finalmente  venuto  Pietro  in  vecchiezza  d' anni 
settantotto  fini  il  coi-so  della  vita  sua  nel  Castello 
della  Pieve^  dove  fu  onoratamente  sepolto  Tan» 
no  j524. 

Fece  Pietro  molti  maestri  di  quella  maniera 
e  uno  fra  gli  altri  che  fu  veramente  eccellentis- 
simo f  il  quale  datosi  tutto  agli  onorati  studi  della 
pittm^a,  passò  di  gran  lunga  il  maestro ,  e  questo 
fu  il  miracoloso  Raffaello  Sanzio  da  Urbino  ,  il 
quale  molti  anni  lavorò  con  Pietro  in  compagnia 
di  Giovanni  de' Santi  suo  padre.  Fu  anco  disce- 
polo di  costui  il  Pinturiccnio  pittor  perugino ,  il 
quale  come  si  è  detto  nella  vita  sua^  tenne  sempre 
la  maniera  di  Pietro.Fu  similmente  suo  discepolo 
Rocco  Zoppo  pittor  fìorcntino,di  mano  del  quale 
ha  in  un  tondo  una  nostra  Donna  molto  bellaFi- 
lippoSalviati^ma  èben  vero  eli' ella  fu  finita  del 
tutto  da  esso  Pietro  .Lavorò  il  medesimo  Rocco 
molti  quadri  di  Madonne  ,  e  fece  molti  ritratti , 
de'  quali  non  fa  bisogno  ragionare;  dirò  bene  che 
ritrasse  in  Roma  nella  cappella  dìSisto,Gìrolamo 
Riario  e  F.  Pietro  cardinale  di  S.  Sisto.  Fu  anco 
discepolo  di  Pietro  il  Montevarchi,  che  in  S.  Gio- 
vanni dì  Valdarno  dipinse  molte  opere  ^  e  partii» 

rol.  IL  34 


I90  PÀITS   «SCORDA 

colwrmeDte  nella  Madonna  l*Ì8tori«deI  miracolo 
del  latte.  Lasciò  ancora  molte  opere  in  Monte» 
Turchi  9ua  patria.  Imparò  parimente  da  Pietro 
0  jstette  assai  tempo  seco  Cerino  da  Pistoia ,  del 
quale  si  é  ragionato  nella  Tita  del  Pintoriccliio^ 
e  oos)  anco  Baccio  Ubertino  Fiorentino,  il  quale 
fu  dilingentissimo  cosi  nel  colorito  come  nel  di« 
pegno,  onde  molto  se  ne  servì  Pietro.  Di  mano  di 
eastui  é  nel  nostro  libro  un  disegno  d' un  Cristo 
buttato  alla  colonna  fatto  di  penna  ^  che  è  con 
molto  Taga . 

Di  questo  Eaccio  fu  fratello  ,  e  similmente 
discepolo  di  Pietro ,  Francesco  che  fìi  per  so« 
prpnnome  detto  il  Bacchiacca  ,  il  quale  fa  diU» 
gentissimo  maestro  di  figure  piccole  ,  come  li 
può  Tederà  in  molte  opere  state  da  lui  layorate 
in  Firenze  ,  e  massimamente  in  casa  Gio;  Marii 
Benintendt  ed  in  casa  Pier  Francesco  Borgherì* 
Ili.  Dilettossi  il  Baccbiacca  di  &r  grottescbe; 
onde  al  Si^. duca  Cosimo  fece  uno  studiolo  pieno 
d>nimali  e  d'erbe  rare  ritratte  dalle  naturali, 
che  sono  tenute  bellissime  :  oltre  ciò  fece  i  car* 
tQui  per  molti  p^nni  d'  arasso ,  che  poi  furono 
tmuti  di  seU  da  maestro  Giovanni  Rosto  Fiam» 
mingo  per  le  stanze  del  palazzo  di  sua  Eccellen^ 
i;at  Fu  ancora  discepolo  di  Pietro  GioTanni  Spa- 
guuolo  detto  per  soprannome  lo  Spagna^  il  quale 
«olorl  u^eglio  che  nessun  ajtro  di  coloro  che  la. 
fciò  Pietro  dopo  |a  sua  morte;  il  quale  GìoTsnnl 
dopo  Pietro  si  sarebbe  fermo  in  Perugia  ,  M 
r  invidia  delittori  di  quella  città  troppo  niinici 
49  forestieri  non  Ta  vessino  perseguitato  di  sorte, 
ohe  sii  fu  for^a  ritirarsi  in  Spoleto  ;  dove  per  la 
bontà  e  virtù  sua  fu  datoffli  donna  di  buon  san- 
KM  •  frtto  di  quella  patria  cittadino  ;  nel  qual 


VITA  DI  PIRKO  PBRUSmO         S3t 

laogo fece  molte  opereyesimilinente  in  tutte  l'al- 
tre città  deir  Umbria;  ed  ìd  Ascesi  dipinte  la  ta^ 
Tola  della  cappella  di  S.Caterina,  nella  chiesa  dì 
•otto  di  S*  Francesco  per  il  cardinale  Egidio 
Spagnuolo  ,  e  parimente  una  in  8.  Damiano.  la 
S.  Maria  degli  Angeli  dipinse  nella  cappella  pio* 
cola  9  dove  mori  S.  Francesco  ,  alcune  meztm 
figure  grandi  quanto  il  naturale  ,  cioè  alcuni 
compagni  di  S.  Francesco  ed  altri  santi  molto 
Tiraci  j  i  quali  mettono  in  messo  un  8.  France- 
sco di  rilievo.  Ma  fra  i  detti  discepoli  di  Pietro 
miglior  maestro  di  tutti  fu  Andrea  Luigi  d'Asce* 
si  9  chiamato  V  Ingegno^  il  quale  nella  sua  prima 
giovanossa  concorse  con  Raffaello  da  Urbino 
sotto  la  disciplina  di  esso  Pietro ,  il  quale  l'ado- 
però sempre  nelle  niù  importanti  pitture  che  fa- 
cesse f  come  fu  neir  udienza  del  Cambio  di  Pe- 
rugia ,  dnye  sono  di  sua  mano  figure  bellissime , 
in  quelle  che  lavorò  in  Ascesi ,  e  finalmente  a 
Roma  nella  cappella  di  papa  i^isto  ;  nelle  quali 
tutte  opere  diede  Andrea  taf  saggio  dì  se  ,  cne  si 
aspettava  che  dovesse  di  gran  lunsa  trapassare 
il  suo  maestro  .  £  certo  cosi  sarebbe  stato  ,  ma 
la  fortuna  y  che  quasi  sempre  agli  alti  principj 
volentieri  s' oppone  ,  non  lasciò  venire  a  perfe- 
zione r  Ingegno  ;  perciocché  cadendogli  un  tra- 
bocco di  scesa  negli  occhi  j  il  misero  ne  divenne^ 
con  infinito  dolore  dì  chiunque  lo  conobbe^cieoo 
del  tutto  .  il  qual  caso  ,  dignissimo  di  compat- 
BÌanCf  udendo  papa  Sisto,  come  quello  che  amò 
sempre  i  virtuosi,  ordinò  che  in  Ascesi  gli  fusse 
ogni  anno  ,  durante  la  vita  di  esso  Andrea  ,  pa« 
gata  una  provvisione  da  chi  là  maneggiava  P  ett*« 
trate .  £  così  fu  fatto  insino  a  ehe  egli  si  mori 
d' anni  ottantasei . 


SS%  9kKrX    SECONDA 


Farono  medesimamente  discepoli  di  Pietro  • 
Perugini  anch'  eglino  Eusebio  S.  Giorgio  che 
dipinse  in  S.  Agostino  la  tavola  de'  Magi ,  Do? 
menico  di  Paris  j  che  fece  molte  opere  in  Pera- 
già  ed  attorno  per  le  castella  y  seguitato  da  Qra- 
«io  suo  fratello  ;  parimente  Gian  Piccola  ,  che 
in  S.Francesco  dipinse  in  una  tavola  Cri.sto  nell' 
orto ,  e  la  tavola  d  Ognissanti  in  S.  Domenico 
alla  cappella  de'  Baglioni ,  e  nella  cappella  del 
Cambio  istorie  di  S.  Gio:  Battista  in  fresco;  Be- 
nedetto Caporali  altrimente  Bitti ,  fu  anch' egli 
discepolo  di  Pietro  ,  e  di  sua  mano  sono  ìu  Peni- 
gia  sua  patria  molte  pitture  ;  e  neirarchitetturt 
a'  esercitò  di  maniera  y  che  non  solo  fece  molte 
opere  y  ma  cementò  Vitruvio  ,  in  quel  modo 
che  può  vedere  ognuno  ,  essendo  stampato  :  nei 
quali  studi  lo  seguitò  Giulio  suo  6gliaolo  pitton 
perugino.Ma  nessuno  di  tanti  discepoli  pai-agoni 
mai  la  diligenxa  di  Pietro  ne  la  graaia  che  ebbe 
nel  colorire  in  quella  sua  manierarla  quale  tanto 
piacque  al  suo  tempo,che  vennero  molti  di  Fnn- 
eia  y  di  Spagna,  d'  A^lemagna  e  d'altre  provincie 
per  impararla  .  E  dell'  opere  sue  si  fece  ,  come 
si  è  detto  f  mercanzia  da  molti  che  le  mandarono 
in  diveBsi  luoghi ,  innanzi  che  veiiisse  la  maniera 
di  Michelagnolo;  la  quale  avendo  mostro  la  yen 
e  buona  via  a  queste  arti,  l'ha  condotte  a  quella 
perfezione ,  che  nella  terza  seguente  parte  si 
vedrà  ;  nella  quale  si  tratterà  deli'  eccellenza  e 
perfezione  dell'  arte ,  e  si  mostrerà  agli  artefici 
ohe  chi  lavora  e  studia  continuamente  ,  e  non  a 

|jhifi|)izzi  o  capricci ,  lascia  opera  ,  e  si  acquista 

pqina ,  facilità  9  ed  amici , 


VITA 
Di  vittore  StìARl^ACClA, 

ZD  ALTIU  PITTORI  YINIZUNI 
B  LOMBARDI 

Xjgli  SÌ  eoDosee  e^preèsameotej  òhe  quando  at^ 
cuni  de'nostri  artefici  cominciano  in  nna  qualche 
provincia, che  dopo  ne  seguono  molti  l'un  dopo 
raltro^e  molte  Tolte  ne  sono  in  uno  stesso  tempa 
infiniti  ;  perciocché  la  gara  e  V  emulazione  b 
l'avere  avuto  dependen»a  ehi  da  uno  e  chi  da  uji 
altro  maestro  eccellente  ,  è  cagione  die  con  pia 
fatica  cercano  gli  artefici  di  superare  runTaltro 
quanto  possono  maggiormente .  £  quando  anco 
molti  dependpno  da  un  solò  j  subito  che  si  divi^* 
dono  o  per  mòrte  del  maestro  o  per  altra  cagio^ 
ne  ,  subito  tiene  anco  divisa  in  loro  la  volontà  ; 
onde  per  parere  ognuno  il  mi^iore  e  capo  di  se 
cerca  di  mostrare  il  valor  suo.  Di  molti  dunque^ 
che  quasi  in  un  medesimo  tempo  e  in  una  stessa 
provincia  fiorirono ,  de'  quali  non  ho  potute 
sapere  né  posso  scrivere  ogni  particolare ,  dird 
brevemente  alcuna  cosa  per  non  lasciare  ,  tro- 
vandomi al  fine  della  seconda  parte  di  questa 
mìa  opera ^  indietro  alcuni,  che  si  sono  affaticati 

Ser  lasciar  il  mondo  adofno  dell'  opere  loro  i 
e'  quali ,  dico  ^  oltre  al  non  aver  potuto  avei^ 
l'intero  della  vita ,  non  ho  anco  potuto  rinveiiiré 
i  ritratti  y  eccetto  quello  dello  Scarpaccia  ,  ch# 
per  questa  cagione  no  fatto  capo  degli  altri  <  k^ 


534  1»A&TS   «seoMOA 

cettisi  dunque  ìd  questii  parte  quello  che  if 

F)8Ro  j  poicnè  non  poRsu  quello  eoe  io  Torrei  • 
urono  adunque   nella  Marca  Trivisana  ed  in 
Louibardia  nello  spazio  dì  molti  anni  Stefano 
Veronese  ,  Aldt^ieri  da  Zevio  ,  Iacopo  DavaDso 
Bolognese,  Sebeto  da  Verona,  laoobello  de  Flo- 
re ,    Guariero  da  Padova  ,  Giusto  e  Girolamo 
Cainpa^nutila  ,  Giulio  suo  figliuolo  ,  Vinceniio 
Bresciano  ,  Vittore,  Sebastiano,  e  Lazzaro  Scar« 
paccia  Vineziani  ,  Vincenzio  Catena ,  Luigi  Vi- 
trarini ,  Gio;  Biittii'ta    da  Conigliano  ,  Marco 
Baf^arini ,  GioT«nnett'>  Cordegliagbi  ,  il  Bastiti, 
Bartolomnieo  Vivarino  ,  Giovanni   Mansueti , 
Vittore  Bellino  ,  Bartolotnmeo    Montagna  da 
Vicenza  ,  Benedetto  Diana  ,  e  Giovanni  Buon- 
consigli  con  molti  altri ,  de*  quali  non  accado 
6re  ora  menzione  i 
E  per  cominciarmi  dal  primo  dicoycbe  Stebao 
Veronese  ,  del  quale  dissi  alcuna  cosa  nelb  vite 
d*AguoloGaddi,fu  più  die  ragionevole  dipintore 
de'  tempi  suoi  ;  e  auando  Donatello  lavorava  ia 
Padova ,  come  nella  sua  vita  si  è  già  detto ,  sa* 
dando  una  volta  fra  T  altre  a  Verona,  restò  ma- 
ravigliato deir  opere  di  Stefano,  affermando  cbe 
la  eose  cbe  egli  aveva  fatto  a  fresco  ,  erano  le 
migliori  cbe  inaino  a  que' tempi  fussero  in  quel- 
le parti  state  lavorate  .  Le  prime  opere  di  costai 
furono  in  S.  Antonio  di  Verona  nel  tramesso 
della  cbiesa  in  una  testa  del  muro  a  man  maaci 
sotto  il  girare  d'  una  volta  ,  e  furono  una  nostri 
Donna  col  figliuolo  in  braccio  ,  e  S.  Iacopo  eS. 
Antonio  cbe  la  mettono  in  mezzo.  Questa  open 
è  tenuta   anco  al  presente  bellissima  inqaelli 
/  citili  per  una  certa  prontezza  cbe  sì  vede  nelle 
detttt  figure  f  e  particolarmanta  usile  leste  fatti 


^nrk  tu  YttTOltlB  SCAlf  AifiClA       ÌìS   * 

I  «OH  molta  graEia .  In  S*  Niceolò  j  cliiesa  fèìU 

mente  e  parrocchia  di  oueila  città  j  dipinse  a 
fresco  un  S*  Niccolò  che  è  bellissimo,  e  nella  Tia 
f  di  S.  Polo  che  Ta  alla  porta  del  Vescovo  nella 

I  facciata  d^  una  casa  dipinse  la  Vergine  con  certi 

angeli  molto  belli  ed  un  S.  Cristotano  ,  e  nella 
I  Tia  del  Duomo  sopra  il  muro  della  chiesa  di  S* 

^  Consolata  in  uno  sfondato  fatto  nel  muro  dipin«» 

•e  una  nostra  Donna  ed  alcuni  uccelli  y  e  partii 
colarmente  un  pavone ,  sua  impresa  .  In  S.  £u-« 
I  femia  y  convento  de'  frati  Eremitani  di  S.  Ago» 

^  atino  ,  dipinse  sopra  la  porta  del  fianco  un  S.  A*^ 

gostino  con  due  altri  santi  ;  sotto  il  manto  del 
quale  S.  Agostino  sono  assai  frati  e  monache  del 
suo  ordine .  Ma  il  pi&  bello  di  quest'  opera  sono 
due  profeti  dal  mexzo  in  su  grandi  quanto  il 
^  vivo  ,  perciocché  hanno  le  pi&  belle  e  più  vivaci 

teste  elle  mai  facesse  Stefano  ;  ed  il  colorito  di 
'  tutta  Fonerà ^per  essere  stato  con  diligenza  lavo-^ 

rato,  si  e  mantenuto  bello  insino  a'  tempi  nostri^ 
'  non  ostante  che  sin  stato  molto  percosso  dall'ac-» 

'  que^  da'  venti^  e  dal  ghiaccio}  e  se  questa  opera 

tasse  stata  al  coperto  ,  per  non  V  avere  Stefano 
'  ritocca  a  secco,  ma  usato  diligenza  nel  lavorarla 

bene  a  fresco  ,  ella  sarebbe  ancora  bella  e  viva 
'  '   come  gli  uscì  delle  mani  ,  dove  è  pure  un  poco 

*  guasta  .  Fece  poi  dentro  alla  chiesa  nella  cap- 

^  pella  del  Sagramento  ,  cioè  intorno  al  taberna'* 

*'  colo ,  alcuni  angeli  che  volano ,  una  parte  de^ 

f  quali  suonano  ,  altri  cantano,  e  altri  incensano 

»'  il  Sagramento  ;  ed  una  figura  di  Gesù  Cristo  f 

che  egli  dipinse  in  cima  per  finimento  del  taber** 
r  nacolo;  da  basso  sono  altri  angeli  che  lo  reggono 

con  veste  bianche  e  lunehe  insino  appiedi ,  cha 
I  quasi  finiscono  in  nutoie  ;  la  qt&al  maniera  fo 


\ 


536  PARTE    SECONDA 

]propria  di  Stefano  nelle  6gare  degli  angeli ,  I 

guaìì  fece  sempre  molto  nel  Tolto  graziosi  e  di 
eliissima  aria  •  In  questa  medesima  opera  è  da 
un  lato  Sant'  Agostino  e  dall'  altro  S.  leronimo 
in  figure  grandi  quanto  e  il  naturale  ;  e  questi 
con  le  mani  sosteng  «no  la  chiesa  di  Dio  ,  quasi 
mostrando  che  ambidue  con  la  dottrina  loro  di- 
fendono la  Santa  cliicsa  dagli  eretici  e  la  sosten- 
gono .  Ni  ila  medesima  chiesa  dipinse  a  fresco 
in  un  pilastro  della  cappella  maggiore  una  5. 
Eufemia  con  bella  e  graziosa  aria  di  tìso  ^eti 
scrisse  a  lettere  d  oro  il  nome  soo  ^  parendogli 
forse  n  come  è  in  effetto  ,  eh*  ella  fosse  una  delle 
migliori  pitture  che  avesse  fatto  ;  e  secondo  il 
costume  suo  ,  vi  dipinse  un  pavone  bellissimo, 
«dappresso  due  lioncini,  i  quali  non  sono  molto 
beili  j  perchè  non  potè  allora  vederne  de'  natu- 
rali, come  fece  il  pavone .  Dipinse  ancora  in 
una  tavola  del  medesimo  luogo  y  siccome  si  co- 
stumava in  que'tempi,raolte  figure  dal  mezzo  in 
su  y  cioè  S.  I^iccola  da  Tolentino  ed  altri  ;  e  la 

Sredella  fece  piena  di  storie  in  figura  piccole 
ella  vita  di  quel  santo  .  In  S.  Fermo,  chiesa 
della  medesima  città  dei  frati  di  S.Francesco  nel 
riscontro  dell'  entrare  per  la  porta  del  fianco, 
fece  per  ornamento  d'un  deposto  di  croce  dodici 
profeti  dal  mezzo  Jn  su  grandi  quanto  il  natu- 
rale ,  ed  a'  piedi  loro  Adamo  ed  Eva  a  giacere , 
ed  il  suo  solito  pavone,  quasi  contrassegno  delle 
pitture  fatte  da  lui.  Il  medesimo  Stefano  dipinse 
in  Mantova   nella  chiesa  di  S.  Domenico  alla 

{)orta  del  Martello  una  bellissima  nostra  Donna, 
a  testa  della  qua  le, per  aver  avuto  bisogno  i  pa- 
dri di  mmvireinquel  luogo,  hanno  con  diligenza 
posta  nel  tramszzo  della  chiesa  alla  cappella  di 


VITA  DI  VITTORE  SCARPACCIA       53^ 

S  Orsola  che  è  della  famiglia  de'  Recuperati  « 
dove  sono  alcune  pitture  a  fresco  di  mano  <lel 
medesiiDo .  £  nella  chiesa  di  S.  FranceM:o  sono, 
quando  si  entra  a  man  desti-a  della  porta  princi- 
pale y  una  fila  di  cappelle  murate  già  dalla  nobil 
famiglia  della  Ramma  ,  in  una  delle  quali  è  di« 
pinto  nella  volta  di  mano  di  Stefano  i  quattro 
Evangelisti  a  sedere  ^  e  dietro  alle  spalle  loro 
per  campo  fece  alcune  spalliere  di  rosai  con  uno 
intessuto  di  canne  a  mandorle  e  variati  alberi 
sopra  ed  altre  verdure  piene  d'uccelli ,  e  parti- 
colarmente di  pavoni  :  vi  sono  anco  alcuni  an- 
geli bellissimi .  In  questa  medesima  chiesa  di- 
pinse una  S.  Maria  Maddalena  grande  quanto  il 
naturale  in  una  colonna  ,  entrando  in  chiesa  a 
man  ritta  .  £  nella  strada  detta  Rompilania 
della  medesima  città  fece  a  fresco  in  un  fronte- 
spizio d'una  porta  una  nostra  Donna  col  figliuolo 
in  braccio  ed  alcuni  angeli  dinanzi  a  lei  inginoc- 
ehioni,  ed  il  campo  fece  d' alberi  pieni  di  frutte. 
£  queste  sono  V  opere  ch^  si  trova  essere  state 
lavorate  da  St«fano>  sebben  si  può  credere  ,  es- 
sendo vivuto  assai ,  che  ne  facesse  molte  altre  . 
Ma  come  non  ne  ho  potuto  alcun'  altra  rinve- 
nire,  cosi  né  il  cognome  né  il  nome  del  padre  né 
il  ritratto  suo  né  altro  particolare  .  Alcuni  afifer- 
mano  che,  prima  che  venisse  a  Firenze,  egli  fu 
discepolo  di  maestro  Liberale  pittore  veronese  : 
ma  questo^on  importa  ;  basta  che  imparò  tutt^ 
quello  che  in  lui  fu  di  buono  in  Fiorenza  da  A- 
gnolo  Caddi . 

Fu  della  medesima  città  di  Verona  Aldigieri 
da  Zevio,  famigliarissimo  de 'Signori  della  Scala, 
il  quale  dipinse ,  oltre  a  molte  altre  opere,  la 
sala  grande  del  palazzo  loro ,  nella  quale  oggi 


538  PAATS    SECaH»4 

abita  il  podestà  j  bcendoTi  la  guerra  di  Gerost* 
lemme ,  secondo  che  è  scritta  da  loseffo  ,  nellk 
quale  opera  mostri  Aldiaieri  arande  animo  • 
giudisio  y  spartendo  nelle  tacce  di  quella  sala  da 
ogni  banda  una  storia  con  un  ornamento  solo 
cne  la  ricigne  attorno  attorno  •  Nel  quale  orna» 
mento  posa  dalla  parte  di  sopra  ,  quasi  per  fine  p 
un  partimento  di  medaglie  f  nelle  quali  si  crede 
che  siano  i*itratti  di  naturale  molti  uomini  sa» 
gnalati  di  quei  tempi ,  ed  in  particolare  molti  di 
que*  Signori  della  ^Scala  ;  ma  perché  non  se  ne 
ta  il  Tero  ,  non  ne  dirò  altro  .  Dirò  bene  che  AU 
di^ieri  mostrò  in  questa  opera  d  avere  ingegno  • 

E'udisio  ed  inrenzione,  avendo  considerato  tutte 
cose  che  si  possono  in  una  guerra  d'importansA 
considerare.  Oltre  ciò  il  colorito  si  è  molto  bene 
mantenuto  .  E  ft-a  molti  ritratti  di  g^andi  uomi-» 
ni  e  letterati  ;  tì  si  conosce  quello  di  M.  Fran-» 
Cesco  Petrarca  . 

Iacopo  Avanzi  pittore  bolognese  fu  nell'opere 
di  questa  sala  concorrente  d  Aldigieri ,  e  sotto 
le  sopradette  pitture  dipinse  similmente  a  fresce 
due  trionfi  bellissimi  e  con  tanto  artifiaio  e  buo* 
na  maniera^  che  afferma  Girolamo  Campagnuola 
che  il  Mantegna  li  lodava  come  pittura  rarissi- 
ma .  Il  medesimo  Iacopo  insieme  con  Aldigieri  e 
Sebeto  da  Verona  dipmse  in  Padova  la  cappelle 
di  S.  Giorgio  che  è  allato  al  tempio  di  5.  Anto- 
nio y  secondo  che  per  lo  testamento  era  stato  la- 
sciato drti  marchesi  di  Carrara.  La  parte  di  sopra 
dipinse  Iacopo  Avanzi,  di  sotto  Aldigieri  alcune 
storie  di  S.  Lucia  ed  un  Cenacolo  ,  e  Sebeto  vi 
dipinse  storie  di  S.  Giovanni.  Dopo  tornati  tutti 
e  tre  questi  maestri  in  Verona  dipinsero  insieme 
in  aasa  de*  conti  Serenghi  un  par  di  noase  con 


bei 


VITA  W  TlTTORE  SCARPACCIA       539 

i^oUi  ritratti  ed  abiti  di  qae' tempi ,  cbe  dì  tutte 
V  opere  di  Iacopo  Avanu  fu  tenuta  la  migliore. 
Ma  perché  di  lui  é  fatto  mensione  nella  vita  di 
Miceolò  d'Arezzo  per  V  opere  cbe  fece  in  Bolo- 
|[nB  a  concorrenza  di  Simone  ,  Cristofano,  e  Ga« 
lasso  pittori ,  non  ne  dirò  altro  in  questo  luogo  . 
In  Venezia  ne'  medesimi  tempi  fVi  tenuto  in 
•regio ,  sf'bbene  tenne  la  maniera  fireca  ,  laco* 
«elio  de  Flore,  il  quale  in  quella  citta  fece  opere 
assai  y  e  particolarmente  una  tavola  alle  mona* 
cbe  del  Corpus  Domini  cbe  i  posta  nella  lor 
cbiesa  all'  aitar  di  S.  Domenico.  Fu  concorrente 
di  costui  Giromin  Morzone  cbe  dipinse  in  Vine- 
zia  ed  in  molte  cittA  della  Lombardia  assai  cose  y 
ma  percbè  tenne  la  maniera  vecchia  e  fece  le  sue 
figure  tutte  in  punta  di  piedi,  non  diremo  di  lui, 
•e  non  cbe  è  di  sua  mano  una  tavola  nella  chiesa 
di  S.  Lena  all'  altare  deli'  Assunzione  con  molti 
santi. 

Fu  molto  miglior  maestro  di  costui  Guarie- 
ro  pittor  padovano  ,  il  quale  oltre  a  molte  altre 
cose  dipinse  la  cappella  maggiore  de'  frati  Ere- 
mitani di  Sant'Agostino  in  Fadoa  ,  ed  una  cap- 
pella ai  medesimi  nel  primo  chiostro  ;  un*  altra 
cappelietta  in  casa  d'Urbano  Perfetto,  e  la  sala 
degi'  Imperatori  romani ,  dove  nel  tempo  di  car- 
novale vanno  gli  scolari  a  danzare  .  Fece  anco  a 
fresco  nella  cappella  del  podestà  della  città  me- 
desima alcune  storie  del  Testamento  vecchio . 

Giusto  pittore  similmente  padovano  fece  fuor 
della  chiesa  del  vescovado  nella  cappella  di  S. 
Gio:  Battista  non  solo  alcune  storie  ciei  vecchio 
e  nuovo  Testamento,  ma  ancora  le  revela zioni 
dell'  Apocalisse  di  S.  Giot  Evangelista  ;  e  nella 
pvtedi  sopra  teca  in  un  paradiso  con  belle  eoa- 


|i4o  PA&T£S«COtVbA 

•ìderagioni  molti  cori  d'angeli  ed  altri  omametoiir 
Nella  chiesa  di  S.  Antonio  Utotò  a  fresco  la  capu 

Sella  di  S.  Luca  ;e  nella  chiesa  degli  Eremitani 
i  S.  Agostino  dipinse  in  una  cappella  V  arti  li-» 
Ì]^rali,  ed  appressso  a  quelle  le  rirtù  e  i  vixi  ;  e 
così  coloro  che  per  le  virtù  sono  stati  celebrati^ 
come  quelli  che  per  i  visi  sono  in  estrema  mise- 
ria rovinati  e  nel  profondo  dell*  inferno.  Lavora 
anco  in  Padora  a'tempi  di  costui  Stefiino  pittore 
ferrarese ,  il  quale,  come  altrote  si  è  detto,  om& 
di  yarie  pitture  la  cappella  e  V  arca  dove  è  il 
corpo  di  S.  Antonio  ,  e  così  la  Vergine  Maria 
detta  del  Pilastro  .  Fu  tenuto  in  pregio  ne'  me* 
desimi  tempi  Vincenzio  pittore  bresciano  ,  se- 
condo che  racconta  il  Filarete  e  Girolamo  Cam-» 
pagnuola,anch'eg1i  pittore  padovano  e  discepolo 
dello  Squarcione  i  Giulio  poi  figliuolo  di  Giro- 
lamo dipinse  ,  miniò  e  intagliò  in  rame  molta 
belle  cose  cosi  in  Padova  ,  come  in  altri  luoghi  « 
Nella  medesima  Padova  lavorò  molte  cose  JNic- 
colò  Moreto  che  risse  ottanta  anni  e  sempre  e^ 
sercitò  V Sirie  i  ed  oltre  a  questi ,  molti  altri  cho 
ehbono  dependenza  da  Gentile  e  Gio:  Bellini.  Ma 
Vittore  Scarpaccia  fu  veramente  il  primo  che 
fra  costoro  facesse  opere  di  conto  j  e  le  sue  pri- 
me opere  furono  nella  scuola  di  S.  Orsola ,  dorè 
in*  tela  fece  la  maggior  parte  delle  storie  che  vi 
sono  della  vita  e  morte  di  quella  santa  ;  le  fati«^ 
che  delle  quali  pitture  egli  seppe  si  ben  condur- 
re e  con  tanta  diligenza  ed  arte  ,  che  n'  acquistò 
nome  di  molto  accomodato  e  pratico  maestro  t 
il  che  fu  f  secondo  che  si  dice  >  cagione  che  la 
nazione  milanese  gli  fece  fare  ne' frati  Minori 
una  tavola  aHa  cappella  loro  di  S.Ambrogio  con 
4nolte  figure  a*  tempra  .  Nella  chiesa  di  S*  Ab« 


TITA  DI  VITTOKE  SCAAFÀCCU        5T^I 

tODÌo  all'  altare  di  Cristo  risuscitato  ,  dove  di- 
pinse quando  egli  apparisce  alla  Maddalena  ed 
altre  Marie  ,  fece  una  prospettiva  di  paese  Ion«» 
tano  che  diminuisce  molto  bella  .  In  un'  altra 
cappella  dipinse  la  storia  de'  Martiri^  cioè  quan- 
do lurono  crocifissi  j  nella  quale  opera  fece  me- 
glio che  trecento  figure  fra  ^andi  e  piccole,  ed 
inoltre  cavalli  e  alberi  assai  ,  un  cielo  aperto  ^ 
diverse  attitudini  di  nudi  e  vestiti ,  molti  scorti  y 
e  tante  altre  cose  y  e  si  può  vedere  eh'  egli  non 
la  conducesse  se  non  con  fatica  straordinaria  , 
Nella  chiesa  di  S.  {oh  in  Canareio  all'altare  dell» 
Jifadonna  fece qaando  ella  presenta  Cristo  picco- 
lino  a  Simeone  ;  dove  f  gli  figurò  essa  Madonnsi 
ritta  e  Simeone  col  piviale  in  mezzo  a  due  mini- 
stri vestiti  da  cardinali:  dietro  alla  Vergine  sono 
due  donne ,  una  delle  quali  ha  due  colombe  j  e 
da  basso  sono  tre  putti  che  supnano  un  liuto  , 
una  storta,  e  una  lira  ovvero  viola;  ed  il  colorito 
di  tutta  la  tavola  è  molto  vago  e  bello  .  E  ne) 
vero  fu  Vittore  molto  diligente  e  pratico  mae- 
stro j  e  molti  quadri  che  sono  di  sua  mano  in 
Vinezia  e  ritratti  di  naturale  e  altro  sono  molto 
stimati  per  cose  fttte  in  que'tempi .  Insegnò  co- 
stui r  arte  a  due  suoi  fratelli  cne  V  imitarono 
assai  9  r  uno  fu  Lazzaro  e  l'altro  Sebastiano  ,  dì 
mano  de'  quali  è  nella  chiesa  delle  monache  dì 
Corpus  Domini  ali'  altare  della  Vergine  una  ta- 
vola y  dove  ella  è  a  sedere  in  mezzo  a  S.  Cateri- 
na e  S.  Marta  con  altre  sante,  e  due  angeli  che 
tuonano  e  una  prospettiva  di  casamenti  per  cam- 
po di  tutta  r  opera  molto  bella  ,  della  quale 
fi*  avemo  i  propri  dischi  di  mano  di  costoro  ne) 
liostro  libro , 


5^2  PÀftTE     SXCONDA 

Fu  anco  pittore  ragioDerolo  ne'  tempi  di  co* 
ttoro  Vincenxio  Catena  ,  che  molto  pia  si  ado« 
però  in  fare  ritratti  di  naturale  ,  che  in  alcuna 
altra  sorta  di  pitture  :  e  in  vero  alcuni  che  si 
Teggiono  di  sua  mano  sono  maraTÌgltosi  ,  e  tm 
gli  altri  quello  di  un  Tedesco  de'  Fucheri,  per* 
fona  onorata  e  di  conto  che  allora  stava  in  Vi- 
nesia  nel  fondaco  de*  Tedeschi ,  fu  molto  viTa* 
mente  dipinto  . 

Fece  anco  molte  opere  in  Venezia  quasi  ne' 
medesimi  tempi  Gio:  Battista  da  ConigUano  di* 
scapolo  di  Gio:  Bellino,  di  mano  del  quale  è  nella 
detta  chiesa  delle  monache  delCorpus  Domini  una 
tavola  all'altare  di  S.  Piero  Martire,  dove  è 
detto  santo ,  S.  Niccolò,  e  S.  Benedetto  con  una 
prospettiva  di  paesi ,  un  angelo  che  accorda  una 
cetera  ,  e  molte  figure  piccole  più  <jie  ragione* 
Toli:  e  se  costui  non  ftts«e  morto  giovane,  si  può 
credere  che  arebbe  paragonato  il  suo  maestro . 
«  Non  ebbe  anco  se  non  nome  di  buon  maestro 
nell'arte  medesima  e  ne'  medesimi  temni  Marco 
Basarini ,  il  quale  dipinse  in  \  enexia,  dove  nac- 

3ur*  di  padre  e  madre  Gi*eci  ,  in  8.  Francesc<» 
(Ila  Vigna  in  una  tavola  un  Cristo  deposto  di 
Croce  ;  e  nella  chiesa  di  S.  lob  in  un'  altra  ta- 
vola un  Cristo  nell'oito  ,  e  a  basso  i  tre  apostoli 
che  dormono ,  e  S.  Francesco  e  5.  Domenico 
con  due  altri  santi.  Ma  quello  che  più  fu  lodato 
di  questa  opera  ,  fu  un  paese  con  molte  figurine 
latte  con  buona  grazia  .  Nella  medesima  chiesa 
dipinse  V  istesso  Marco  S.  Bernardino  sopra  un 
iasso  con  altri  santi . 

.Giannetto  Cordegliaghi  fece  nella  medesima 
città  infiniti  quadii  da  camera ,  anzi  Dob  attese 


VITA  DI  VITTQJUS  aCARFACCIA       543 

^pu8Ì  «d  altro  :  e  nel  yero  ebbe  in  cotal  sorte  di 
pittura  una  maniera  molto  delicata  e  dolce  j  é 
migliore  assai  che  quella  de'  sopraddetti . 

Dipinse  costui  in  8.Pantaleone  in  una  cappella 
accanto  alla  maggiore  8.  Pietro  che  disputa  con 
due  altri  santi ,  i  quali  hanno  in  dos^o  bellissimi 
panni  e  sono  condotti  con  bella  maniera  . 

Marco  Bassiti  fu  quasi  ne'  medesimi  tempi  m 
buon  conto ,  ed  è  sua  opera  una  gran  tavola  in 
Vinexia  nella  chiesa  de'  frati  dì  Certosa  ,  nella 

Iuale  dipinse  Cristo  in  mexxo  di  Piero  ed'  Àu- 
rea nel  mare  diXiberiade  ed  i  figliuoli  di&be«- 
deo  f  facendovi  un  braccio  di  mare  ,  un  monte  , 
e  parte  d*  una  città  con  molte  persone  in  figure 
piccole  .  Si  potrebbono  di  costui  molte  altra 
opere  raccontare  ;  ma  basti  aver  detto  di  questa 
cbe  è  la  migliore . 

Bartolommeo  Vi  varino  da  Murano  si  porti 
anch'  egli  molto  bene  nell'  opere  che  fece^come 
si  può  vedere ,  oltre  molte  altre  ,  nella  tavola 
che  fece  all'  altare  di  S.  Luigi  nella  chiesa  di  S« 
Giovanni  e  Polo  ,  nella  quale  dipinse  il  detto  S. 
Luigi  a  sedere  col  piviale  indosso  ,  S.  Gregorio, 
S.  Bastiano  ,  e  S.  Domenico  ;  e  dall'altro  lato 
S.  Niccolò,  S.  Girolamo  ,  e  S.  Rocco,  e  sopra 
questi  altri  santi  infino  a  messo  • 

Lavorò  ancora  benissimo  le  sue  pitture  ,  e  si 
dilettò  molto  di  contraffare  Cose  naturali ,  figure 
e  paesi  lontani,  Giovanni  Mansueti  eheyi in it arido 
assai  l'opere  di  Gentile  Bellino,  fece  in  Vinexia 
molte  pitture  .  £  nella  scuola  di  S.  Marco  in  te* 
sta  dell'udienxa  dipinse  un  S.  Marco  che  pndica 
in  sulla  piaxxa  ,  ritraendovi  la  facciata  della 
chiesa,  e  fra  la  moltitudine  degli  uomini  e  delle 
donila  ohe  l  aicoltaoo  »  Xurcm  ^  Greci ,  e  volli 


544  PARTJE     SECONDA 

d'uomini  dì  diverse  nazioni  con  abiti  strare gaiv» 
ti .  Nel  medesimo  luogo  ,  dove  fece  in  un'  altra 
storia  S.  Marco  cbe  sana  un  infermo  j  dipinse 
una  prospettiva  di  due  scale  e  molte  logge  .  In 
un  altro  quadro  vicino  a  questo  fece  un  5.  Mar- 
co che  converte  alla  fede  di  Cristo  una  infinità 
di  popoli,  ed  in  questo  fece  un  tempio  aperto  ,  e 
sopra  un  altare  un  Crocifissole  per  tutta  Topem 
diversi  personaggi  con  bella  varietà  d'arie  d'a- 
biti e  di  teste . 

Dopo  costui  seguitò  di  lavorare  nel  medesima 
luogo  Vittore  Bellini  ,  cbe  vi  fece  ,  dove  in  una 
storia  S.  Marco  è  preso  e  legato  ,  una  prospet- 
tiva di  casamenti  cbe  è  ragionevole  e  con  assai 
iìgure  ,  nelle  quali  imitò  i  suoi  passati  .  Dopo 
costoro  fu  ragionevole  pittore  BartolommeoMon- 
tagnaVicentino^cbe  abitò  sempre  inVinezia  e  vi 
fece  molte  pitture:ed  in  Padova  dipinse  una  ta- 
vola nella  cbiesa  di  S.  Maria  d'Artone .  Pari- 
mente Benedetto  Diana  fu  non  meno  lodato  pit- 
tore cbe  si  fussero  i  soprascritti,  come  infra  l'al- 
tre sue  cose  lo  dimostrano  1*  opere  cbe  sono  di 
sua  mano  in  Vinezia  in  S.  Francesco  della  Vi- 
gna y  dove  all'  altare  di  S.  Giovanni  fece  esso 
santo  ritto  in  mezzo  a  due  altri  santi  cbe  banno 
in  mano  ciascuno  un  libro . 

Fu  anco  tenuto  in  grado  di  buon  maestro  Gio- 
vanni Bonconsìgli,  cbe  nella  cbiesa  di  S.Giovan- 
ni e  Paolo  air  altare  di  S.  Tommaso  d'Aquino 
dipinse  quel  santo  circondato  da  molti ,  ai  quali 
legge  la  Scrittura  Sacra  ,  e  vi  fece  una  prospet- 
tiva di  casamenti  cbe  non  è  se  non  lodevole.  Di- 
morò anco  quasi  tutto  il  tempo  di  sua  vita  in 
Vinezia  Simon  Bianco  scultore  fiorentino  e  TuU 
lio  Lomjiardo  molto  pratico  intagliatore , 


VITA  DI  VITTORE  SCARPACCIA       545 

In  Lombardia  parimente  sono  stati  eccellenti 
Bartolommeo  demento  da  Reggio  ed  Agostino 
Basto  scultori;  e  nell'  intaglio  Iacopo  Dayanzo 
Milanese  e  Gasparo  e  Girolamo  Misceroni .  In 
Brescia  fu  pratico  y  e  yalentuomo  nel   lavorare 
in   fresco  Vincenzio  Verchio  y  il  quale  per  le 
belle  opere  sue  s'acquistò  grandissimo  nome 
nella  patria  .  Il  simile  fece  Girolamo  Romanino 
bonissimo  pratico  e  disegnatore ,  come  aperta-i 
mente  dimostrano  i'  opere   sue  fatte  in  Brescia 
ed  intorno  a  molte  miglia.Nè  fu  da  meno  di  que- 
sti ,  anzi  gli  passò  y  Alessandro  Moretto ,  delica- 
tissimo ne'  colori  e  tanto  amico  della  diligenza  y 
quanto  V  opere  da  lui  fatte  ne  dimostrano  .  Ma 
tornando  a  Verona  ,  nella  quale  città  sono  fio- 
riti ed  oggi  fioriscono  più  cbe  mai  eccellenti  ar- 
tefici ,  vi  furono  già  Francesco  Bonsìgnori  e 
Francesco  Caroto  eccellenti  ;   e  dopo  maestro 
Zeno  Veronese  y  cbe  in  Àrimini  lavorò  la  tavola 
di  S.  Marino  e  due  altre  con  molta   diligenza  . 
Ma  quello  cbe  più  di  tutti  gli  altri  ha  fatto  al- 
cune figure  di  naturale  che  sono  maravigliose  y 
è  stato  il  Moro  Veronese  ovvero  y  come  altri  lo 
chiamano,  Francesco    Turbido  ;  di  mano  del 
quale  è  oggi  in  Vinezia  in  casa  Monsignor  de' 
Martini  il  ritratto  d' un  gentiluomo  da  Gà  Ba- 
do varo  ;figur  a  to  in  un  pastore  che  par  vivissimo  e 
può  stare  a  paragone  di  quanti  ne  sono  stati  fatti 
in  quelle  parti  .Parimente  Battista  d'Angelo  ge- 
nero di  costui  è  così  vago  nel  colorito  e  pratico 
nel  disegno  y  che  piuttosto  avanza  cbe  sia  infe- 
riore al  Moro .  Ma  perchè  non  è  di  mia  inten- 
zione parlare  al  presente  de'  vivi,  voglio  cbe  mi 
basti ,  come  dissi  nel  principio  di  questa  vita  y 
avere  in  questo  luogo  d'  alcuni  ragionato ,  de' 
FoL,  IL  35 


S4G^  PARTE    SECONDA 

(jualì  non  ho  potato  sapere  così  minatamente  l« 
▼ita  ed  ogni  particolare;  acciò  la  virtù  e  meriti 
loro  da  me  abbiano  almeno  tutto  quel  poco  ohe 
io  ,  il  quale  molto  vorrei ,  posso  dar  loro  • 


VITA 

DI  UCOPO  DETTO  L'  INDACO 

piTTonx. 


I 


acopo  detto  l' Indaco^  il  quale  (a  discepolo  dt 
Domenico  del  Ghirlandaio  ed  in  Roma  lavorò  con- 
Fiuturicchio  ;  fa  ragionevole  maestro  ne'  tempi 
suoì;e  sebbene  non  fece  molte  cose^queile  nondi- 
meno cbe  furono  da  lui  fatte  sono  da  esser  con»- 
menda te.Mè  è  gran  fatto  che  non  uscissero  se  non 
pochissime  opere  delle  sue  mani  ,  perciocché 
essendo  persona  faceta  ,  piacevole  ,  e  di  buon 
tempo  y  alloggiava  pochi  pensieri  e  non  voleva 
lavorare  y  se  non  auando  non  poteva  far  altro  ; 
e  perciò  usava  di  aire  che  il  non  mai  fare  altro 
che  affaticarsi  senza  pigliarsi  un  piacere  al  mon«* 
do  y  non  era  cosa  da  Cristiani .  Praticava  costui 
molto  dimesticamente  con  Michela  gnolo  ;  per- 
ciocché quando  voleva  «^ueir  artefice,  eccellen- 
tìssimo sopra  quanti  ne  lurono  mai^ricrearsi  da- 
gli studi  e  dalle  continue  fatiche  del  corpo  e 
della  mente ,  niuno  gli  era  perciò  più  a  grado 
né  più  secondo  l' umor  suo  j  che  costui .  Lavora 
Iacopo  molti  anni  in  Koma  ;  o  per  meglio  dire 
stette  molti  anni  in  Roma  ,  e  vi  lavorò  pochissi- 
mo. E*  di  sua  mano  in  quella  città  nella  chiesa 
di  S.  Agostino  entrando  in  chiesa  per  la  porta 
della  facciata  dinanzi  a  man  ritta  la  prima  cap-. 
pella  y  nella  volU  della  quale  sono  gli  Apostoli 
tihe  ricevono  lo  Spirito  Santo ,  e  di  sotta  sonai 


548  PARTE    SECONDA 

nel  maro  dae  storie  di  Cristo  ;  nell'  una  quando 
toglie  dalle  reti  Pietro  ed  Andrea  ,  e  nelr  altra 
la  cena  di  Simone  e  di  Maddalena ,  nella  quale 
è  un  paleo  di  legno  e  di  trari  molto  ben  contraf- 
fatto .  Isella  tayola  della  medesima  cappella ,  la 
quale  egli  dipinse  a  olio  >  è  un  Cristo  morto  ,  la- 
Torato  e  condotto  con  molta  pratica  e  diligenza. 
Parimente  nella  Trinità  di  Roma  è  di  sua  mano 
io  una  taroletta  la  coronaaione  di  nostra  Donna. 
Ma  che  bisogna  o  che  si  può  di  costui  altro  rac« 
(x>ntare  ?  Basta  che  quanto  fu  vago  di  cicalare , 
tanto  fu  sempre  nimico  di  larorare  e  del  dipi- 
gnere .  £  perchè ,  come  si  è  detto  y  si  pìgliaTa 
piacer  M ichelagnolo  delle  chiacchiere  di  costui 
t  delle  burle  che  spesso  facera  y  lo  tonerà  quasi 
sempre  a  mangiar  seco.  Ma  essendogli  un  giorno 
venato  costui  a  fastidio  ,  come  il  più  delle  Tolte 
Tengono  questi  colali  agli  amici  e  padroni  loro 
col  troppo  e  bene  spesso  fuor  di  proposito  e  sen- 
sa  discrezione  cicalare  ,  perchè  ragionare  non  si 
può  dire  ,  non  essendo  in  simili  per  lo  più  né 
ragione  né  giudizio  ,  lo  mandò  Michelagnolo , 
per  lerarselo  dinanzi  allora  che  ayera  forse  altra 
fantasia  ,  a  comperare  de'  fichi  ;  ed  uscito  che 
Iacopo  fu  di  casa  ,  gli  serrò  Michelagnolo  l'uscio 
dietro  con  animo  ,  quando  tomaya  ,  di  non  gli 
aprire  •  Tornato  dunque  V  Indaco  di  piazza , 
a  aTTide,  dopo  arer  picchiato  un  pezzo  la  porte 
in  yano ,  che  Michelagnolo  non  ToWa  aprirgli  ; 
perchè  Tenutogli  collera  ,  prese  le  foglie  ed  i 
fichi  e  fattone  una  bella  distesa  in  sulla  soglia 
della  porta  ,  si  parti  ,  e  stette  molti  mesi  che 
non  Tolle  ferellare  a  Michelagnolo  .  Pure  finaU 
mente  rappattumatosi ,  gli  fu  più  amico  che 


TITA  DI  UeOK)  DSTTO  x!  IHDACO     5^% 

xiai .  Finalmente  essendo  tecchio  di  sessantotU 
anni  si  mori  in  Roma . 

Non  dissimile  a  Iacopo  fu  un  sno  fratello  mi- 
nore chiamato  per  proprio  nome  Francesco  j  e 
poi  per  soprannome  anch'  egli  V  Indaco  ,  che  fu 
similmente  dipintore  pia  che  ragionerole .  JNon 
gli  fa  dissimile  y  dico ,  nel  larorare  più  che  mal 
Tolentieri  e  nel  ragionare  assai  j  ma  in  onesto 
aranzaya  costui  Iacopo  ,  perchè  sempre  oicera 
male  d'  ognuno  e  1  opere  di  tutti  gli  artefici 
hiasimara  .  Costui  dopo  avere  alcune  cose  layo- 
rate  in  Montepulciano  e  di  pittura  e  di  terra , 
fece  in  Arezzo  per  la  compagnia  della  Nunziata 
in  una  tavoletta  per  V  udienza  una  Nunziata  ,  ed 
un  Dio  Padre  in  cielo  circondato  da  molti  angeli 
in  forma  di  putti .  £  nella  medesima  città  fece^ 
la  prima  volta  che  vi  andò  il  duca  Alessandro  ^ 
alla  porta  del  palazzo  de'  Signori  un  arco  trion- 
fale bellissimo  con  molte  figure  di  rilievo  ;  e 
parimente  a  concorrenza  d' altri  pittori^  che  as- 
sai altre  cose,  per  la  detta  entrata  del  duca  la- 
vorarono j  la  prospettiva  d' una  commedia  che 
fu  tenuta  molto  bella  .  Dopo  andato  a  Roma  , 
Quando  vi  si  aspettava  V  imperatore  Carlo  V^  vi 
lece  alcune  figure  di  terra  ,  e  per  il  popolo  ro- 
mano un'  arme  a  fresco  in  Campidoglio  ,  che  fu 
molto  lodata.  Ma  la  miglior  opera  che  mai 
uscisse  dalle  mani  di  costui  e  la  più  lodata  ,  fu 
nel  palazzo  de*  Medici  in  Roma  per  la  duchessa 
Margherita  d' Austria  uno  studiolo  di  stacco 
tanto  hello  e  con  tanti  ornamenti ,  che  non  è 
possihil  veder  meglio  ;  né  credo  che  sia  in  un 
certo  modo  possibile  far  d' argento  quello  ,  che 
in  quest'  opera  l' Indaco  fece  di  stacco  .  Dalle 


55o         PÀRTK    SECONDA 

Saali  cose  si  fa  giadixio  che  9  se  costai  si  fosse 
i  Iettato  di  lavorare  ed  avesse  esercitato  l'inde- 
{[DO  f  egli  sarebbe  riuscito  eccellente  .  Disegnò 
•"rancesco  assai  bene ,  ma  molto  meglio  Iacopo, ^ 
come  si  può  vedere  nel  nostro  libro  • 


VITA 
DI   LUCA  SIGNORELLI 

DA  CORTONA  PITTOHE* 


XJuca  Signorelli  pittore  eccellente  y  del  quale 
secondo  l'ordine  de  tempi  deremo  ora  parlarne^ 
fa  ne'  suoi  tempi  tenuto  in  Italia  tanto  famoso  a 
l'opere  sue  in  tanto  pregio,  quanto  nessun  altro  in 
<malsiyoglia  tempo  sia  stato  giammai;  perchè  nel- 
1  opere  che  fece  di  pittura  mostrò  il  modo  di  &re 
g L'ignudi^  e  che  si  possono,  sì  bene  con  arte  e  diffi- 
cultà ,  far  parer  yivi.  Fu  costui  creato  e  discepolo 
di  Pietro  dal  Borgo  a  S.  Sepolcro,  e  molto  nella  sua 
giovanezza  si  sforzò  d' imitare  il  maestro  anzi  di 
passarlo.  Mentre  che  lavorò  in  Arezzo  con  esso  lui 
tornandosi  in  casa  di  Lazzaro  Vasari  suo  zio,  come 
s'è  detto,  imitò  in  modo  la  maniera  di  detto  Pietro^ 
che  quasi  Tuna  dall'altra  non  si  conosceva.  Le  pri- 
me opere  di  Luca  furono  in  S.  Lorenzo  d' Arezzo 
dove  dipinse  Tanno  1472  a  fresco  la  cappella  di  S. 
Barbara,  ed  alla  compagnia  di  S.  Caterina  in  tela 
a  olio  il  segno  che  si  porta  a  processione  ;  simil- 
mente quello  della  Trinità,ancora che  non  paia  di 
mano  di  Luca ,  ma  di  esso  Pietro  dal  Borgo.  Fece 
in  S.  Agostino  in  detta  città  la  tavola  di  S.  IVic-*^ 
eoi  a  da  Tolentino  con  istoriette  bellissime  con- 
dotta da  lui  con  buon  disegno  ed  invenzione  ;  e 
nel  medesimo  luogo  fece  alia  cappella  del  Sagra- 
mento  due  angeli  lavorati  in  fresco.  "NeìÌB.  chiesa 
di  S.  Francesco  alla  cappella  degli  Accolti  fece 
per  M.  Francesce  dottore  di  legge  una  tavola  9 


55l  PARTE    SCCOITDA. 

nella  quale  ritrasse  esso  M.  Francesco  ed  alcune 
sue  parenti .  In  questa  opera  è  un  S.  Michele  che 
pesa  l'anime  y  il  quale  è  mirabile  »  e  in  esso  à 
conosce  il  saper  diLuca  nello  splendore  deirarmi, 
nelle  reverberazioni,  ed  insomma  in  tutta  l'opera. 
Gli  mise  in  mano  un  paio  di  bilance,  nelle  quali 
gì' ignudi  che  vanno  uno  in  su  e  l'altro  in  giù 
sono  scoili  bellissimi.  £  fra  l'altre  cose  ingegnose 
che  sono  in  questa  pittura,  vi  è  una  figura  ignuda 
benissimo  trasformata  in  un  diavolo ,  al  quale  un 
ramarì*o  lecca  il  sangue  d'una  ferita.  Yi  è  oltre  ciò 
«na  nostra  Donna  col  figliuolo  in  grembo,  S,  Ste- 
6no,  S.  Lorenzo,  una  S.  Caterìna,  e  due  angeli 
che  suonano,  uno  un  liuto  e  l'altro  un  ribecchino, 
e  tutte  sono  figure  vestite,  ed  adomate  tanto  che 
è  maraviglia.  Ma  quello  che  vi  è  pi&  miracolose 
i  la  predella  piena  di  figure  piccole  de'firati  di 
detta  S.  Caterina  .  In  Perugia  ancora  fece  molte 
opere,  e  fra  l'altre  in  duomo  per  M.  Iacopo  Van- 
nucci  Cortonese  vescovo  di  quella  città  una  tavo- 
la ,  nella  quale  è  la  nostra  Donna ,  S.  Onofrio,  S. 
Erodano ,  S.  Gio?  Battista  ,  e  S.  Stefano ,  ed  un 
angelo  che  tempera  un  liuto  bellissimo  •  A  Vol- 
terra dipinse  in  fresco  nella  chiesa  di  S.  Francesco 
^Bopra  r  aitare  d' una  compagnia  la  circoncisione 
del  Signore  che  è  tenuta  bella  a  maraviglia,  seb- 
bene il  putto  avendo  patito  per  l'umido,  fu  rifatto 
dal  Sodoma  molto  men  bello  che  non  era .  £ 
nel  vero  sarebbe  meglio  tenersi  alcuna  volta  le 
cose  fatte  da  uomini  eccellenti  piuttosto  mezzo 
guaste ,  che  farle  ritoccare  a  coi  sa  meno .  In 
S.  Agostino  della  medesima  città  fece  una  tavola 
a  tempora  e  la  predella  di  figure  piccole ,  con 
istorie  della  passione  di  Cri sto,che  è  tenuta  bellt 
straordinariamente.  Al  Monte  a  S.  Maria  dipinst 


TITA  DI  LUCA  SIGNOEZLLI.  553 

a  quei  signori  in  una  tavola  un  Cristo  morto  ,  e 
a  Città  di  Castello  in  S.  Francesco  una  natività  di 
Cristo  y  ed  in  S.  Domenico  in  un*  altra  tavola  un 
S.  Bastiano.  In  S.  Margherita  di  Cortona  sua 
patria  y  luogo  de'  frati  del  Zoccolo  ^  un  Cristo 
morto  y  opera  delle  sue  rarissima  ;  e  nella  com- 
pagnia del  Gesù  nella  medesima  città  fece  tre 
tavole,  delle  quali  quella  che  é  allo  aitar  maggiore 
èmaravigliosa,  dove  Cristo  comunica  gli  Apostoli 
e  Giuda  si  mette  V  ostia  nella  scarsella .  £  nella 
pieve  y  oggi  detta  il  Vescovado  dipinse  a  fresco 
nella  cappella  del  Sagramento  alcuni  profeti  gran* 
di  quanto  il  vivo,  ed  intorno  al  tabernacolo  alcuni 
angeli  che  aprono  un  padiglione  y  e  dalle  bando 
un  S.  leronimo  ed  un  S.  Tommaso  d'Aquino. 
All'aitar  maggiore  di  detta  chiesa  fece  in  una 
tavola  una  beUissima  Assunta  y  e  disegnò  le  pit- 
ture deir  occhio  principale  di  detta  chiesa  ,  che 
poi  furono  messe  in  opera  da  Stagio  Sassoli  d'A- 
rezzo .  In  Castiglione  Aretino  fece  sopra  la  cap- 
pella del  Sacramento  un  Cristo  mollo  con  le 
Marie,  ed  in  S.  Francesco  di  Lucignano  gli  spor- 
telli d'un  armario,  dentro  al  quale  sta  un  albero- 
di  coralli  che  ha  una  croce  a  sommo  .  A  Siena' 
fece  in  S.  Agostino  una  tavola  alla  cappella  di 
S.  Cristofano ,  dentrovi  alcuni  santi  che  mettono 
in  mezzo  un  S.  Cristofano  di  rilievo .  Da  Siena 
venuto  a  Firenze  così  per  vedere  l'opere  di  quei 
maestri  che  allora  vivevano,  come  quelle  di  mol- 
ti passati,  dipinse  a  Lorenzo  de*Mediciin  una  tela 
alcuni  Dei  ignudi  che  gli  furono  molto  commen- 
dati ,  e  un  quadro  di  nostra  Donna  con  due  pro- 
feti piccoli  di  terretta,  il  anale  è  oegi  a  Castello 
villa  del  duca  Cosimo  :  e  l'  una  e  r  altra  opera 
donò  al  detto  Lorenzo ,  il  quale  non  volle  mai 


554  PAKTE     SECONDA 

da  niuno  esser  vinto  in  esser  liberale  e  magnifico. 
Dipinse  ancora  un  tondo  di  una  nostra  Donna  y 
che  è  nella  udienza  de'  capitani  di  parte  Guelfa 
bellissimo.  A.  Chiusuri  in  quel  di  Siena  ^  luogo 
principale  de' monaci  di  Monte  Olivete  y  dipinse 
in  una  banda  del  chiostro  undici  storie  della  vita 
e  fatti  di  S.  Benedetto.  £  da  Cortona  mandò 
deir  opere  sue  a  Montepulciano ,  a  Foiano  la 
tavola  dell'aitar  maggiore  che  è  nella  pieve ,  ed 
in  altri  luoghi  di  Yaldìchiana  .  Nella  Madonna 
d'Orvieto,  chiesa  principale ,  fini  di  sua  mano 
la  cappella  che  già  vi  aveva  cominciato  fra  Gio- 
vanni ila  Fiesole  ;  nella  quale  fece  tutte  le  storie 
della  fine  del  mondo  con  bizzarra  e  capricciosa 
invenzione:  angeli,  demoni,  rovine,  terremuoti, 
fuochi,  miracpli  d'Anticristo,  e  molte  altre  cose 
simili;  oltre  ciò  ignudi,  scorti,  e  molte  belle  figu« 
re  ,  immaginandosi  il  teiTore  che  sarà  in  quello 
estremo  e  tremendo  giorno.  Pcrlochè  destò Vani- 
mo  a  tutti  quelli  che  sono  stati  dopo  lui ,  onde 
hanno  poi  trovato  agevoli  le  difficultà  di  quella 
maniera .  Onde  io  non  mi  maraviglio  se  l' opere 
di  Luca  furono  da  Michelagnolo  sempre  somma- 
mente lodate,  né  se  in  alcune  cose  del  suo  divino 
Giudizio  che  fece  nella  cappella,  furono  da  luì 
gentilmente  tolte  in  parte  dall'invenzioni  di  Luca, 
come  sono  angeli,  demoni,  V  ordine  de*  cieli,  e 
altre  cose,  nelle  quali  esso  Michelagnolo  imitò 
r  andar  di  Luca,  come  può  vedere  ognuno.  Ri- 
trasse Luca  nella  sopraddetta  opera  molti  amici 
tuoi  e  se  stesso,  Niccolò,  Paolo,  e  Vittellozzo  Vi- 
telli, Giova  n  Paolo  ed  Orazio  Baglioni,edalti*iche 
non  si  sanno  i  nomi.  In  Santa  Maria  di  Loreto  di- 
pinse a  fi*esco  nella  sagrestia  i  quattro  Evangeli- 
sti, i  quattro  Dottori;  edaltiùsantiche  sono  molto 


VITA  DI  LUCA  SIG^OKELU.         555 

belli;  e  di  questa  opera  fu  da  papa  Sisto  liberal- 
mente rimunerato.  Dicesi,  che  essendogli  siato 
occiso  in  Cortona  un  iigiiuoio  che  egli  amaTft 
molto,  bellissimo  di  volto  e  di  persona.  Luca  così 
addolorato  lo  fece  spogliare  ignudo ,  e  con  gran- 
dissima costanza  d'animo  senza  piangere  o  get- 
tar lacrima  lo  ritrasse ,  per  vedere  sempre  che 
volesse,  mediante  T  opera  delle  sue  mani,  quello 
che  la  natura  gli  avea  dato  e  tolto  la  nimica 
fortuna.  Chiamato  poi  dal  detto  papa  Sisto  a 
lavorare  nella  cappella  del  palazzo  a  concor- 
renza di  tanti  pittori,  dipinse  in  quella  due  sto- 
rie ,  che  fra  tante  son  tenute  le  migliori .  L' una 
è  il  testamento  di  Mosè  al  popolo  ebreo  nel- 
l'avere veduto  la  terra  di  promissione  ,  e  l'altra 
la  morte  sua  .  Finalmente  avendo  fatte  opere 
quasi  per  tutti  i  principi  d' Italia,  ed  essendo  già 
vecchio,  se  ne  tornò  a  Cortona,  dove  in  que'suoi 
ultimi  anni  lavorò  più  per  piacere  che  per  altro, 
come  quello  che  avvezzo  alle  fatiche  non  poteva 
ne  sapeva  starsi  ozioso.  Fece  dunque  in  detta  sua 
vecchiezza  una  tavola  alle  monache  di  S.  Mar- 
gherita d'Arezzo,  ed  una  alla  compagnia  di  S.  Gi- 
rolamo, parte  della  qua  le  pagò  M.  Niccolò  Gamur- 
rinidottor  di  legge  auditor  di  Ruota  ,  il  quale  in 
essa  tavola  è  ritratto  di  naturale  inginocchioni 
dinanzi  alla  Madonna  ,  alla  quale  lo  presenta  un 
S.  Niccolò  che  è  in  detta  tavola  :  sonovi  ancora 
S.  Donato  e  S.  Stefano ,  e  più  abbasso  un  S.  Gi- 
rolamo ignudo'  ed  un  David  che  canta  sopra  un 
salterio:  vi  sono  anche  due  profeti i  quali ,  per 
quanto  ne  dimostrano  i  brevi  che  hanno  in  mano, 
trattano  della  Concezione.  Fu  condotta  quest'o- 
pera da  Cortona  in  Arezzo  sopra  le  spalle  degli 
uomini  di  quella  compagnia;  e  Luoa  cosi  vec(;hi» 


556  PAATt    sceOKDA. 

come  era,  rolle  renire  a  metterla  ra,  ed  in  parte 
a  riredere  gli  amici  e  parenti  suoi.  E  perchè  allog- 
giò in  casa  de'  Vasari ,  dorè  io  era  piccolo  fan- 
ciullo d'  otto  anni ,  mi  ricorda  che  quel  buon 
▼ecchio,  il  qoale  era  tutto  grasioso  e  pulito,  aren- 
do  inteso  dal  maestro  che  m' insegnara  le  prime 
lettere,  che  io  non  attendeTa  ad  altro  in  ìscuola 
che  a  far  figure ,  mi  ricorda ,  dico ,  che  Toltosi 
ad  Antonio  mio  padre,  gli  disse:  Antonio,  poiché 
Giorgino  non  traligna,  fa' eh' egli  impari  a  dise- 

Jnnr^  in  ogni  modo ,  perché  quando  anco  atten- 
esse alle  lettere  ,  non  gli  può  essere  il  disegno, 
siccome  è  a  tutti  i  galantuomini,  se  non  d'utile, 
d' onore ,  e  di  giovamento .  Poi  riTolto  a  me  che 
gli  stava  diritto  innanù,  disse:  Impara,  parentino. 
jDisse  molte  altre  cose  di  me ,  le  quali  taccio , 
perché  conosco  non  avere  a  gran  peczo  confer- 
mata r  opinione  che  ehbe  di  me  quel  buon  vec- 
chio. E  perchè  egli  intese,  siccome  era  vero,  che 
il  sangue  in  sì  gran  copia  m' usciva  in  quell  età. 
dal  naso ,  che  mi  lasciava  alcuna  volta  tramor- 
tito ,  mi  pose  di  sua  mano  un  diaspro  al  collo  con 
infinita  amorevolezza  ;  la  qual  memoria  di  Luca 
mi  starà  in  etemo  fissa  nell  animo*  Messa  al  luogo 
suo  la  detta  tavola,  se  ne  tornò  a  Cortona  accom- 
pagnato un  gran  peszoda  molti  cittadini  ed  amici 
e  parenti ,  siccome  meritava  la  virtù  di  lui ,  che 
visse  sempre  piuttosto  da  signore  e  gentiluomo 
onorato,  che  da  pittore.  Ne*medesimi  tempi  aven- 
do  a  Silvio  Passerini  cardinale  di  Cortona  murato 
un  palazzo  un  mezzo  miglio  fuor  della  citte  Be« 
nedetto  Caporali  dipintore  perugino,  il  quale 
dilettandosi  dell'architettura  aveva  poco  innanzi 
cementato  Yitruvio,  volle  il  detto  cardinale  che 
quasi  tutto  si  dipigness«  •  Perché  messovi  mane 


VITA  DI  LUCA  SIGNORIILLI.  55^ 

Benedetto  con  V  ahito  di  Maso  Papacello  Corto- 
nese,  il  qualeerasuo  discepolo  ed  aveTa  anco  iin^ 

5 arato  assai  da  Giulio  Romano  y  come  si  dirà  ,  e 
a  Tommaso^ed  altri  discepoli  e  garsoni^non  ri- 
finò  f  che  Tebbe  quasi  tutto  dipinto  a  fresco.  Ma 
▼olendo  il  cardinale  avenri  anco  qualche  pittura 
dì  mano  di  Luca  y  egli  così  vecchio  ed  impedito 
dalparletico  dipinse  a  fresco  nella  facciata  dell'al- 
tare della  cappella  di  quel  pala  zzo  quando  àS.  Gio: 
Battista  battezza  il  Salvatore  ;  ma  non  pottete 
finirla  del  tutto,  perchè  mentre  l' andava  lavo- 
rando y  si  morì  y  essendo  vecchio  d' ottantadue 
anni.  Fu  Luca  persona  d  ottimi  costumi,  sincero, 
ed  amorevole  con  gli  amici ,  e  di  conversazione 
dolce  e  piacevole  con  ognuno,  e  sopra  tutto  cor» 
tese  a  chiunque  ebbe  bisogno  dell'  opera  sua,  e 
facile  nell'insegnare  a'suoi  discepoli.  Visse  splen- 
didamente e  si  dilettò  di  vestir  bene.  Per  le  quali 
buone  qualità  fu  sempre  nella  patria  e  fuori  in. 
somma  venerazione .  Cosi  col  fine  della  vita  di 
costui, che  fu  nel  1 5a  i ,  porremo  fine  alla  seconda 
parte  di  queste  vite  ,  terminando  in  Luca  come 
in  quella  persona  che  col  fondamento  del  disegno 
e  degli  ignudi  paiticolarmente ,  e  con  la  grazia 
della  invenzione  e  disposizione  delle  storie,  aperse 
alla  maggior  parte  degli  arteBci  la  via  all'ultima 
perfezione  dell'arte,  alla  quale  poi  poterono  dar 
cima  quelli  che  seguirono ,  de'  quali  noi  ragio- 
neremo per  innanzi. 


flSZ  DELLA  SECONDA  PARTE, 


INDICE 

BELLE  VITE  CONTENUTE  NEL  PRESENTE  VOLUME. 


Proemio Pag.      S 

Iacopo  della  Quercia  pittor  sanese     .  •  •  >>     17 

Niccolò  Aretino  scultore  .   .  * ^^     27 

Dello  pittor  fiorentino „     SJ 

I^anni  d* Antonio  di  Banco  scul.  fiorentino  ,>     89 
Luca  della  Robbia  scultore  fiorentino    .  ,,    4^ 
Paolo  Uccello  pittore  fiorentino     ....,,     55 

Lorenzo  Ghiber ti  scultore  fiorentino.  .  .  „    67 
Masolino  da  Fanicale  pittor  fiorentino   .  yy     93 
Parri  Spinelli  pittor  aretino  .......;,     97 

Masaccio  da  S.  Gio:  di  Valdarno  pittore    ,;  109 
Filippo  Brunellescbi  scultore  e  architetto 

fiorentino     j,  121 

Donato  scultore  fiorentino v   ^7^ 

Micfaelozzo  Michelozzi  scultore  e  archi- 
tetto fiorentino „  195 

Antonio  Filarete,e  Simone  scultori  fior.    ,,211 
Giuliano  da  Maiano  scult,  e  architetto  fior.  99  a  1 7 
Pietro  della  Francesca  dal  Borgo  a  S.  Se- 
polcro pittore „  223 

Fra  Giovanni   da  Fiesole  dell'  ordine  de 

frati  Predicatori  pittore     ,,233 

Leon  Battista  Alberti  architetto  fiorentino,^  249 

Lazzaro  Vasari  aretino  pittore „  257 

Antonello  da  Messina  pittore     „  265 

A  lesso  Baldovi  netti  pittore  fiorentino  .  .  „  273 

Vellano  da  Padova  scultore „  279 

Fra  Filippo  Lippi  pittore  fiorentino    .  .  „  283 
Paolo  Romano ,  e  Maestro  Mino  scultori  , 

e  Chimenti  Camicia  architetto     .  .  „  sqS 
Andrea  dal  Castagno  di  Mugello  e  Dome- 
nico Yiniziano  pittori     •   ......,;  3o  1 


*  <' 


t    • 


!^o' 


Centile  da  Fabriano  e  Vittore  t^itanello  #  '• 

Veronese  pittori    ..........  ,^  3 13 

Peselio  e  Francesco  Peselli  pittori  fiorent.,,  32 1 

BcDoiEO  pittore  fiorentiniv ,^  3^5 

Francesco  di  Giorgio  scultore  ed  architet- 
to  e  Lorenzo  Vecchietto  scultore  e 

pittore  sanesi.  .  .  .^ ,,  o3i 

Antonio  Rossellino  scultóre  fiorentino  >  e 


Bernardo  suo  fratello >j  33 


j 


Desiderio  da  Settignano  scultore    ....,,  343 

Mino  da  Fiesole  scultore „  34? 

Lorenzo  Costa  ferrarese  pittore ,,  355 

Ercole  Ferrarese  pittore .  „  36r 

Iacopo  9  Giorannì  e  Gentile  Bellini  pittori 

viniziani ^ ,,  SGj 

Cosimo  Rosselli  pittor  fiorentino  •....,,  3H3 

Cecca  ingegnere  fiorentino  .,......'.„  3^7 

Don  Bartolornmeo  abate  di  S.  Clemente 

miniatore  e  pittore j>  3f)7 

Gherardo  miniatore  fiorentino „  4"7 

Dxnenico  Ghirlandaio  pittor  fiorentino  .  ^i  4i' 
Antonio  e  Piero  Poli^iuoli  pittori  e  scul- 
tori fiorentini    .  «  v^  ^ ,,  4^^ 

Sandro  Botticello  pittore  fiorentino  .  .  .  „  4^' 
Benedetto  daMaiano  scul.  ed  arch.  fioren.,,  4^i 
Andrea  Verrocchio  pittore  scultore  ed  ar- 
chitetto fiorentino „  46t 

A'^drea  Mantegna  pittore  mantoyano  .  *  ,,  4?^ 

Fi'ipptì  Lippr  pittore  fiorentino „  4^ 

Bernardino  Pinturicchio  pittor  perugino  „  4c)5 
Fr.ineescoFrancia  bolognese  orefice  Cpitt.  ,,  5o3 
Pietro  Perugino  pittore  .,....,•..„  5i3 
Vittore  Scarpaccia  ed  altri   pittori  vini- 

zi'ini  e  lombardi ,,  533 

Tacopj  (b'tto  V  Induco  pittore ,>  Sij 

Luca  Signorelli  da  Cortona  pittore    «  •  •  >>  55i 


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