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•-;/
ORLANDO FURIOSO
DI MESSER
LODOVICO AIIIOSTQ
CONSERVATO NELLA SUA EPicA INTEGRITÀ
|S AEGÀTO ID V3Q
DELLA STUDIOSA GIOVENTÙ
dall'abate
GIOVACCHINO AVESANI
VERONESE
CON UTILI ANNOTAZIONI
TÒMO TERZO
FIRENZE
IMPRESSO NELLA TIPOGRAFIA
all' insegna
DJ S. BERNARDO ABATE
]tfDCCCXXIiL
■jU'i
i/.J
ARGOMENTO
DEL CANTO XX.
apologia e laude delle donne sia in arme o in lettere. Mar"
fisa si dà a conoscere al guerriero dell* isola col quale ha
combattuto; ed egli a lei e a* compagni , tra* quali Astolfo
viene in cognizione lui esser Guidon Selvaggio parente suo ;
onde pieno di giubbilo lo abbraccia e accarezza . Ma quello
all' incontro via più s* attrista per la crudele alternativa di
dovere o perire egli , se vinto ^ o esser morto un di loro che
sia perdente; e condannati i compagni alla schiavi ìu . Mar-*
fisa braveggia da sua gran pari . Si conviene di uscir di là
tutti per via di forza . Fatto apparecchio allo scampo si dà .
principio air impresa con gran coraggio . Le donne già
folte in piazza , per dove er' uopo passare , avvedutesi del
disegno saettano sì fortemente *, ed ingrossano intorno ai
fuggiaschi, che veduto il pericolo maggiore d' ogni difesa,
Astolfo dà fiato al corno incantato e sbaragliti e à tutta le-m
na precipita in iscompiglio e ampia fuga , non che le nimi^
che femmine , allo stesso modo gì' impauriti compagni, che
rifugiatisi al porto salpan senza dimora : ond' egli rimasto
solo è costretto intraprendere il viaggio di terra . Essi ap^
prodano a Marsiglia . Marfisa si congeda da loro : che vuo^
le andare separata . Essi preso cammino insieme e giunti a
un castello sono traditi nel sonno dal perfido signor di quel
loco j e costretti a comperare la libertà con un barbaro giU"
ramento . Marfisa viaggiando così alla (Ventura s* ifieontra
in Gabrina , che andava fuggiasca a piedi dalla spelonca
de'laàrij dove Orlando liberato aveva Isabella, e pregata }
^
la toglie in groppa , e di lì a poco apparisce ih su la via Pi^
nabtllo con la leziosa sua donna , la quale veduto il brutto
viso della vecchia ne fa le smorfia e le beffe èli che sdegnata
Marfisa vuol con la lancia provare al suo cavaliere eh' è
dessa anzi più avvenente di lei ^ a patio di toglierle ^ vincen-
do , veste e cavallo . Pinabello va rovescioni . Gabrina ha le
vesti e il cavallo . Colei sì bellamente vestita parca prii brut-
ta • Cavalcando più oltre s' appresenta Zerbino , a cui tocca
per la steìsa cagione piii dura sorte che a Pinabello , poiché
abbàttalo da Marfisa fu obbligato di essere cavalier di Ga*
brina » La rìa vecchia venuta in suspicione di chi e' si fosse ^
gli accenna di saper cose della sua» sposa Isabella da lui
pianta siccome morta ; ed ella afferma esser viva ; ma per
macerarlo non vuol dir più .
e A In TO XX.
Jje donne antiche burnivo mirabìl cose
Fatto nell'arnie e nelle sacre muse y
£ dlior opre belle e gloriose
Gran lume in tutto il mondo si diffuse :
Arpalice e Gammilla son famose ,
Perchè in battaglia erano esperte ed use; .
' Sa£fo e Corinna perchè furon dotte
Splendono illustri ^ e mai non ifeggion notte .
Le donne som venute in eccellenza
Di ciascun^ arte ove hanno posto cura y
£ qualunque all' istorie abbia avvertenza
Ne sente ancor la fama non oscura ;
Se'l mondo n' è gran tempo stato senza ,
Non però sempre il mal' influsso dura:
£ forse ascosi lian lór debiti onori
L^ invìdia ^ o il non saper degli scrittori •
Ben mi par di veder che a) sécol nostro
Tanta virtù fra belle donne emerga y .
Che può dare opra a carte et ad inchiostro y
Perchè nei futuri anni si disperga ;
£ perchè y odiose lingue, il mal dir vostra
Con vostra eterna in&mia si sommerga y
£ le lor lode appariranno in guisa,
Che dr gran lunga avapzeran MarGsa •
6 C il NT O XX.
Or pur tornando a lei : questa donzella
»Al cavalier che le usò cortesia
Deir esser suo nou nega dar novella ,
Quando esso a lei voglia contar chi sia: ' ^
Sbrigassi tosto del suo debito ella ,
Tanto il nome di lui saper desia :
Io son f disse , Marfisa : e fu assai qdesto;
Che si sapea per tutto il mondo il resto •
h' altro comincia , poi che tocca a lui ^
Con più proemio a darle di sé conto, v
Dicendo : io credo che ciascun di vui
Abbia della mia stirpe il nome in pronto ; '
Che non pur Francia e Spagna e i vicin sui ,
Ma r India V Etiopia e il freddo Ponto .
Han chiara cognizion di Ghiaramonte ,
Onde uscii cavalier che uccise Almonte ,
6
E quél che a Cliiariello e al re Mambrino
Diede la morte e il regno lor disfece:
Di questo sangue, dove neir Eusino
L'Istro ne yien con otto corna o diece ,
Al ^uca Amone , il qnal già peregrino
Yi capitò, la madre mia mi fece:
E r^^ino è ormai eh' io la lasciai dolente
Per gire in Francia a ritrovar mia gente •
. 7 . \
Ma non potei finire il mio viaggio,
Gilè qua mi spinse un tempestoso Noto :
. Son dieci mési o più che stanza v' baggio ,
Glie tutti i giorni e tutte Tore noto :
!Nominato son io Guidon Selvaggio ,
Di poca prova ancora e poco noto : ,
Ma qualche fama al mondo io pur avrei ^
S' esser potessi ^o' fratelli miei .
*■
CANTO XX.
8 •
Guidon qui fin€ralla risposta pose , ^
E maledi tjfiel giorno per isdegno
Il qual dei dieci cavalier' le odiose
Spòglie li diede ed a goder quel regno ;
Astolfo stette a udire e si nascose
Tanto, che si fé' certo a più d'un segno
Che, cóme détto avea , questo Guidone
Era figliuol del suo parente Amon»,
Poi lì soggiunse ) io sono il duca inglese
Il tuo cugino Astolfo, ed abbracciollo,
E con atto amorevole e cortese
Non senza sparger lagrime bariollo :
Caro parente mio , non più palese
Tua madre ti potea por segno al cai Io :
Che a farne fede che tu sei de' nostri
Basta ii Valor che con la spada mostri.
IO
Guidon che altrove avHa fatto gran festa
D'aver trovato un si stretto parente ,
Quivi r ac<;olse con la faccia mesta ,
Perchè fu di vedervelo dolente ;
Se vive , sa che Astolfo schiavo reèta ,
^è il termine è piiì là che '1 di seguente ;
Se fia libero Astolfo , ne muor esso j
Si che il ben d' tino è il mal delPaltro espressa.
Il
Lì duo! che gli altri taralierì àncora
. Abbia, vincendo, a far sempre Captivi ;
Né pia, quando €Sso in quel contrasto mnota%
Potrà giovar che servitii Ini* schivi j
Ma sola dèi periglio u.scita fuoi'a
Sarà Mat'fisa , se a fiaccarlo drfìvi i
E gli altri ttitti con obbrobHof e danno
Nel regno femmlttil schiari saranno ,
8 CANTO XX/
12
Dair altro* canto ave^ l'acerba etade
La cortesia e il valor del giovanetto
D' amore intenerito e di pfetade
Tanto n Marfisa ed ai compagni il petto ;
Che con morte di lui lor libertade
* Esser dovendo^ avean quasi a dispetto:
E se Marfisa noH può far con manco
Che uccider lui y vuol essa ìnorir anco .
Ella disse a Guidon : vientenè iusiepiei
Con noi che a riva forza Uscirem' quinci : .
Deh ! rispose Guidon , lascia ogni speme
Di mai più uscirne' o perdi meco o vinci: *
Ella soggiunse : il min cor .mai non teme
Di non dar fine a cosa che cominci ,
!Nè trovar so la più sicura strada
Di quella ove mi sia guida la spada . -
Tal nella piazza ho il tuo valor provato ,
Che , %' io son teco , ardisco ad ogni impresa •
Quando la turba intorno allo steccato
Sarà domane in sul teatro ascesa ;
Io vo' che V uccidjam per ogni lato
O vada in fuga o cerchi far difesa : .
E che indi ai lupi agli avoltoi del. loco
Lasciamo i corpi , e la cittade al foco.
i5
Soggiunse a lei Guidon : tu m' avrai pronto •
A seguitarti ed a morirti a canto :
Ma vivi rimaner non facciam conto ,
Bastar ne pnò di vendicarsi alquapto ;
Che spesso dieci mila in piazza conto
Del popol fent^minile , ed altrettanto
Besta a guardare e porto e rocca e mura ,
]Nè alcuna via d' uscir trovo sicura .
CAN^O XX. 9
Disse Marfisa : e, molto più sieno elle ' !
Degli uomini che Serae ebbe d' intorno ,
. £ sìeno più dell' anime ribelle
Che uscir del ciel con lor perpetuo scorno :
Se tu sei meco , o almen non aie con quelle ;
Tutte le voglio uccidere in un giorno :
Guidon soggiunse ; io non ci so via alcuna
Che a Taler n' abbia ^ se non vai quest' una •
Ne può sola salvar ^ se' ne succede ,
Quest' una eh' io dirò , eh' or mi sovviene :
Fuor che alle donne uscir non si concede
Né metter piede in su le salse arene ; '
£ per questo commettermi alla fede
D'una fida mia, ancella mi conviene^
Del cui perfetto amor fatto ho sovente
Più prova dncor eh' io non farò al presente •
Questa non men di me quinci desia
Prender la foga a salvamento meco :
Che per me dice di sperar che fia
Salva con tutte quel che torrà seco ;
£lla nel porto o fusta o saettia
Farà ordinar ^ mentre è ancor T aer cieco ^
Che i nlai^inari vòstri troveranno
. Acconcia a navigar ^ come vi vanno •
Dietro a me tutti in un drappel ristretti
Cavalieri , mercanti e galeotti ,
Che meco ad albergar in queti tetti
Dalla sorte crudel foste «ridotti ,
Avrete a farvi ampio sentier coi petti ^
Se del nostro cammin siamo interrotti :
Cosi spero , àjutandoci le Spade ^
Ch' io vi trarrò della crudel cittade .
IO CktCtÓ tt.
» IO ^
.Tu fa come ti par , disse Marfisa^
Ch'io son per me d'*uscir di qui sicura ;
Più facil fia che di mia mano uccisa
La gente sìa eh' è dentro a queste mura ; '
, Che mi veggia fuggire o in altra guisa
Alcun possa notar eh' abbia paura .
Yo' us«ir di giorno, e sol per forza d' arme ,
.Che per ogni altro modo obbrobrio parmt.
2r
S'io ci fossi per donna conosciuta ,
So che avrei dalle donn* onore e pregiò ,
E volentieri io ci sarei tenuta
£ tra le prime forse del collegio ;
Ma con costoro essendoci venuta ,
Non ci vo' d'essi aver più privilegio :
Troppo error foni eh' io mi stessi o andassi
Libera^ gli altri in servitù lasciassi ;
Queste parole ed altre seguitando >
Mostrò Marfisa che '1 rispetto soto
Ch'avea al periglio de' compagni , quando
Potria loro il suo ardir tornare in duolo^
La tenea , che con alto e memorando
Segno d' ardir non assalia lo stuolo :
, E per questo a Guidon lascia la cura
D' usar la via che più li par sicura ^
Guidone appresso con Ateria parìa ^
Così la fida donna aveva nome^
Né bisogno gli fu di stimolai^la
A dispor tutto ed a levar le some i
Cercò in porto una Fusta e fec^ armarla ,
Ordinando a nocchieri il tempfo e il come ,
E fingea di voler sui primi albori
Varar da terra a corseggiar di fuori .
e ANTO XI. If
£Ila avea fatto nel palazzo innaiHi
Spade e lance arreear, corazze e scudi ^
Onde^armar sì potessero i mercanti
E ì galeot^ eh' erau mezzo ignudi.
Altri doriM'o ed altri ster vegghianti
Compartendo tra lor gli ozi e gli studi :
Spesso guardando^ e pur con V arme indosso^
Se r Oriente ancor si facea rosso .
25
Dal duro volto della terra il sole
Non toUea ancora il velo oscuro ed atro ;
Appena aveaja Licaonia prole
*Per li solchi del ciel vol(o V aratro ;
Quando il femmineo stuol, ehe veder vuole
11 tìi; della battaglia, empi il teatro,
Qome ape del suo claustro empie la soglia
Che mutar regno al novo tempo voglia .
Di trombe di tambur ' di suon di corni
11 popol risonar fa cielo e terra ;
Cosi citando il suo signor che torni
A terminar là cominciata guerra :^^
Aquilante e Grifon stavano adorni
Delle lor arme, e il duca d'Inghilterra
Guidon Marfiua e Sansonetto e tutti
Gli altri chi a piedi , e chi a cavallo instruUr .
27
Per scender dal palazzo al mare e al porto
La piazza traversar si convenia ^
Né v' era altra cammin lungo né corto ^
Così Guidon disse alla compagnia . .
E poi che di ben far niolto conforto
Lor diede, entrò senza romore in via ,
£ nella piazza dove il popolo era
S' appresentò con più di cento in schiera <
7^
la . CANTO XX.
Molto affrettando i suoi compagni, andava
Guidone air altra porta «per uscire ;
Ma la gran moltitudine ch^ slava *
Intorno armata e sempre atta a ffrir«
Pensò f come la vide <:he menati
Seco auegli altri ', che volea fuggire ;
£ tutt' a un tratto agli archi suoi ricorse^
E parte onde a' uscia venne ad opporse .
Guidone e gli altri cavalier' gagliardi ,
E sopra tutti lor Marfisa forte ,
Al menar delle man' non furon tardi , .
E molto fer per isforzar le porte ;
Ma tanta e tanta copia era de' dardi
Che con ferite dei compagni e morte
Piaveano lor di sopra e d' ogn' intorno , ^
G^e al fin temean d' averne danno e. scorno .
D' ogni guerrier V usbergo era perfetto ;
Che se non era , avean più da temere :
Fu morto il destrier sotto a Sansonetto ;
Quel di Marfisa v' ebbe a rimanere :
Astolfo tra sé disse ^ ora che aspetto
Ghe mai mi possa il corno più valere ?
Io vo' veder y poiché non giova spada ,
S' io so col corno assicurar la strada •
Come ajutar nelle fortune estreme
Sempre si suol , si pone il corno a bocca :
Par che la terra e tutto il mondo treme
Quando V orribil suon nell' aria scocca :
Si nel cor della gente il timor preme ,
Ghe per disio di fuga si trabocca
Giù del teatro sbigottita e smorta^
IVon che lasci la guardia della porta ,
OANTO XX. i3^
Gome talor si gftta e sì periglia
E da finestre e da s.ublime loco
U es terreni tta 3ubito famiglia
Che vede appresso e d' ogn- iotorno il foco ^
Che mentre le tenea gravi le ciglia
Il pigro sonno /crebbe a poco a poco ;
Cosi y messa la vita in abbandono ,
Ognun foggia lo spaventoso suono «
33
Di qua ^ di là, di su di giù smarrita
Surge la turba e di fuggir procaccia :
Son più di mille a un tempo ad ogni uscita ,
Cascano a monti e V una V altra impaccia :
In tanta calca perde altra la vita , v
Da palchi e da finestre altra si schiaccia :
Più d' un braccio si rompe e d' una testa ,
Di che altra morta altra storpiata resta -
Il pianto e '1 grido insino al ciel saliva
P' alta mina misto e di fracasso :
Affretta , ovunque il suon del corno arriva ,
La turba spaventata in fuga il passo:
Se udite dir che d' ardimento priva
La vii plebe si mostri e di cor basso ^
Non vi maravigliate ; che natura
£ della lepre aver sempre paura •
35
Ma che direte del già tanto fiero
Cor di Marfisa e di Guidon selvaggio?
Dei due giovani figli di Oliviero
Che già tanto onorarò il lor ligqaggio ?
Già centd mila avean stimati un zero ,
E in fuga w se ne van senza coraggio ,
Come conigli o timidi colombi
\ A cui vicino alto romor rimbombi ^
i4 CANTO XX.
.36
Così noce va ai suoi come a gli strani
La forza che nel còrno era incantata ;
Sansonetto Guidone e i duo germani
Fug^on dietro a MarQsa spaventata:
Né fuggendo ponilo ir tanto lontani y
Che lur non sia V orecchia anco intronata ;
Scorre ÀstoHb la Terra in ogni lato
Dando via sempre al corno maggior fiata.
37
Chi scese al mare e chi poggiò ^l monte
JB chi tra i boschi ad uccultar si venne :
Alcuna senza mai volger la fronte
Fuggir pév dieci dì non si ritenne :
Uscì in ,tal punto alcuna fuor del ponte ,
Cbe in vita sua mai più non vi rivenne :
3gombraro in modo e piazze e. templi e case^
Che quasi vota la città rimase «
38 ^ .
Mai fisa e il buon Guidone e i due fratelli
£ Sansonetto pallidi e tremanti
Fuggiano in verso il mare ^ e dietro a quelli
Fuggiano ì marinari e i mercatanti ,
Ove Aleria trovar'^ che fra i castelli
Loro avea un leg bo apparecchiato inoanti:
Quindi poi che in gran fretta li raccolse ,
Die i remi a l' acqua ed ogui vela sciolse «
.59
Dentro e d' intorno il Duca la cittade
Avea scorsa dai colli in fina, a V onde :
Fatto avea vote rimaner le strade ;
Ognun lo fugge ognun se gli nasconde:
Molte trovate fur , che per viltade
^ S' eran gittate in parli oscure e immonde ;
£ molte ; non sapendo ove s' andare ,
Messesi a nuoto ed aflfogate in mare 4
\
CANTO TX. iS
Per trovare i compagni il Duca viené^
Che 5Ì credea di riveder sai molo :
Si volge intorno e le deserte arene
. Guarda per tutto , e non v^ appare un solo :
liCvapiù gli occhi , e in alto a vele piène -
Da sé lontani andar li vede a volo ;
Si che gli convien fare altro disegno
Al suo cammin ^ /poi che partito è il legno*
luasciamolo andar pur , ne vi rincrescsi
Che tanta strada far debba soletto
Per terra d' infedeli e barbaresca ,
Dove mai non si va senza sospetto 2
Non è periglio alcuno , onde non esca
Con quel spo corno ^ e n' ha mostrato effetto ;
£ dei compagni suoi pigliamo cura ,
Che in mar fuggiah tremando di paura .
A piena vela si cacciaron lungo
Da'la crudèle e sanguinosa spiaggia ,
"Ei poi che di gran lunga non li giunge
1/ Qrribil suon che a spaventar più gli aggia ;
Insolita vergogna si li punge ,
Ghe^ come un foco^ a tutti il viso raggia :
L' un non ardisce mirar l'altro^ e stasai
Tristo e isenza parlar con gli occhi bassi .
Passa il nocchiero al suo viaggio intento
£ Cipro e Ròdi ^ e giù per V onda Egea
Da sé vede fuggire isole cento
Col perigtiqso capo di Maleà */
£ con {Propizio ed immutabil vento
Asconder vede la greca Morea. :
Volta Sicilia . e per lo mar tirreno
Costeggia dell' Italia il lito ameno .
i6 CANTO XX,
44
£ sopra Luna ultimamente sorse ^
Dove lasciato avea la sua famiglia ^
bio ringraziando^ che '1 pelago corse
Senza più danno, e il noto li to piglia:
Quindi un noccliier trovar' per Francia sciorse
Il qual di venir seco li consiglia ^
E nel suo legno ancor quel di montaro
Ed a Marsiglia in breve si trovaro.
45
Quivi non era Bradamante allora
Che aver solea governo del paese :
Che se vi fosse , a far seco dimora
Gii avria sforzati con parlar Cortese :
Sceser nel lito, e la medesim' ora
Dai quattro cavalier! congedo prese
Marfisa , e da la donna del Selvaggio ,
£ pigliò a la ventura il suo viaggio r
4*
Dicendo , che lodevole non era
Ch' andasser tanti cavalieri insieme ;
Che gli storni e i colombi vannoo in schiera -
I daini i cervi e ogni animai che teme ;
Ma r audace falcon l'aquila altera,
Che neir ajuto altrui non metton speme , .
Orsi tigri leon' soli ne vanno ,
Che di più forza alcun timor non hanno .
Nessun degli altri fu di quel pensiero ,
Si ciie a lei sola toccò a far partita :
Per mezzo i boschi e per strano sentiero '
Dunqu' ella se ,n' andò sola e romila :
Grifone il bianco ed Aquilante il nero
Pigliar' con gli altri duo la via più trita ,
£ giunsero a un castello il di seguente,
Dove albergati fur cortesemente.
CANTO XX. 1
*^
Gorteseménie , dico , in apparenza ,
Ma tosto vi sentir contrario efletto:
Che il signor del Castel benevolenza
Fìngendo e cortesia lor die ricetto ;
E poi la notte y che sicuri senza
TiniQr dormiau , li fé' pigliar nel letto :
Ve prima li lasciò ^ che d'osservare
Una costuma ria li fé' giurare .
Ma vo' seguir la bellicosa donna^
Prima , signor^ che di costor più dica:
Passò Druenza il Rodan(^e la Sonna ,
E venne a pie d' uqa montagna aprica ;
Quivi lungo un torrente in i^sgra^onua
Vide vanire una femmina antica ,
Che stanca e lassa era di lunga via^.
Ma via piy afQitta di malinconia .
Questa è la vecchia che solea servire
Ai malandrin nel cavernoso .mante. ^
Là dove alta Giustizia fé' venire
A dar lor morte il paladino ponte;
La vecchia y che timor ha di morire
Per le cagion che poi vi sarau conte ,
Già molti di va per via oscura e fosca ^
Fuggendo ritrovar chi la conosca .
5i
Quivi d^ estrano cavalier sembianza
L'jebbe Marfisa all'abito e all'arnese:
E per ciò non fuggi , com' avea usanza
Fuggir dagli altri eh' eran del paese ;
Anzi con sicurezza e eoa baldanza
${ fermò al guado e. di lontaa l'attese:
Al guado del torrente ove trovolla ,
La vecchia le usci incontra e salutolla .
i8 C A N T O XX:
Poi la pregò che $eco oltra quell* acqiid
Nell' altra ripa in groppa la portasse :
Marfisa che gentil fti da che nacque,
Di là dal fiun^icel seco la trasse ,
E portarla anche un pezzo non le spiacque
' Fin che a miglior cammin la ritornasse
Fuor d' un gran fango , e al fin di quel seutierq
Si videro air incontro qn cavaliero.
53
Il cavalier su ben guernita sella
Di lucid' arme e di b.ei panni ornato
Verso il fiume vegia da una donzella
^ da un solo scudiero accompagnato :
La dqnna eh' avea seco era assai bella j^
Ma d'altiero sembiante e poco grato ,
Tu^ta d' orgoglio e di fastidio piena ,
Del cavalier ben degna che la mena.
Pinabello un de' conti masanzesi
£ra quel cavalier eh' ella avea seco ,
Quel medesmo che dianzi a pochi mesi
Bradamante gittò nel cavo speco;
Quei sospir , quei singulti cosi accesi
Quel pianto che lo fé' già quasi cieco «
Tuito fu per costei ch'or seco avea>
Che 1 Negromante allor gli ritenea.
55
Ma ppi che fq levato di sul colle
L' incantato castri del vecchio Atlante 4
£ che potè ciascqno ire ove volle
Pt,T opra e per virtù di Brada mante '^'
Costei ardente fiuo alle midolle
Di comparir sua donqa come innante j^
Si tornò a Pinabello, e in compagnia
Da un castello ad uo altro or «e iie gia^
^
I
e ANTO XX. iQ
56 ^
E siccome vezzosa era e mal usa ^
Quando vide la vecchia di Marfisa ,
Non si potè tenere a bocca chiusa
Di non la motteggiar con beffe e risa ;
Marfisa altiera, appresso a cui non s'usa
Sentirsi oltraggio in qual si voglia guisa,
. Rispose d'ira accesa alla donzella
Che di lei quella vecchia era più bella .
£ che al suo cavalier volea provallo
Con pattò di poi torre a lei la gonna
E il palafren ch'avea, se da qivallo
Gittava il cavalier di ehi era donna ;
Pinabel che faria tacendo fallo,
Di risponder con Y arme non assonna :
Piglia. lo scudo e Tasta e il destrier gira,
Poi vien Marfisa a ritrovar con ira.
58
Marfisa incontra juna gran lancia afferra
E nella vista a Pinabet4' arresta ,
E si stordito lo riversa in terra
Che tarda un' ora a rilevar la testa ;
Marfisa vincitrice della guerra
Fé' trarre a quella giovane la vesta ,
Ed ogni altro ornamento le fé' torre ,
E ne fé' il tutto alla sua vecchia porre «
E di quel giovanile abito v^lse
Che. 9Ì vestisse e se ne ornasse tutta ,
E fé' che il palafreno anco si tolse
Che la giovane avea quivi condutta ;
Indi al preso cammin con lei si volse.
Che quanto era più ornata era più brutta:
Tre giorni se n' andar per lunga strada
S^nza far cosa onde a parlar m' accada .
IO CANTO XX.
60 •
Il quarto giorno un cavalier trovare
Che venia in fretta galoppando soIqi
Se di saper chi sia forse v' è caro ,
Dicovi eh' è Zerbin di re fi|[liuolo ;
Di virtfu esempio e di bellf^zza raro ,
Che sé stesso rodea d' ira e di duolo
Di non aver potuto far vendetta
D' un che gli avea gran cortesia interdetta •
6i
Zerbino indarno per la selva corse
Dietro o quel suo che gli |ivea fatto oltraggio t
Ma si a tempo colui seppe via torse ,
Si seppe nel fuggir prender vantaggio ^
Si il bosco e si una nebbia lo soccorse
eli' avea offuscato il mattutino raggio;
Che di man di Zerbin si levò netto ,
Fin che l' ira e il furor gli usci del petto •
Non potè , ancor che Zerbin fosse irato ,
Tener vedendo quella vecchia il riso :
Che gli parea dal giovanile ornato
Troppo diverso il brutto antico viso;
Ed a MarGsa che le venia a lato
Di3se: guerrier, se tu sei pien d'ogni avvisQji
Cl^e damigella di tal sorte guidi ,
Che npn temi trovar chi te la invidi.
Avea la donna , se la crespa buccia
Può darne indizio ^ più della Sibilla :
£ parea . cosi ornata , una bertuccia
Quando per-4iiover fiso alcun vestilla ^
Ed or più brutta par che si cdrruccia ,
£ he dagli occhi l'ira le sfavilla :
Che a donna non sì fa maggior dispetto ,
Gkie quando o vecchia p birulU le vìea detto ;^
\
CANTÒ X* . sr
Mostrò turbarsi l' inclita donzella •
Per prenderne piacer , come si prese :
E rispose a Zerbin : mia donna è bella ^
£ Jbelia più che tU non sei cortese ;
Come eh' io creda che la tua favella
Da quel che sente V animo non scese :
Tu fingi non conoscer dua beltado
Per escusar la tua somma viltade .
£ chi sana quel cavalier che questa
Sì giovane e si bella ritrovasse
Senza più compagnia nella foresta ,
£ ad esserle campion non s' affrettasse 1
Si ben ) disse Zerbin , teco s' assesta ^
Che saria mal ch'alcun te la levasse :
Ed io per me non son cosi indiscreto
Che te ne privi mai^ stanne pur lièto ;
66
Se in altro conto aver>aoi a far meco^
Di quel ch'io vaglio son per sfarti mostra^
Ma per costai non mi tener si cieco ,
Che solam^ente far voglia utia giostra }
O brutta o bella sia | testisi teco ^
Non vo' partir tanta amicizia vostra ;
Ben vi siete accoppiati • io^ giurerei^ ,
Coni' ella è bella tu gagliardo sei^
Soggiùnse a lui Marfisà : al tuio dispetto
Di levarn^i costei provar convienti >
]N"ou vo' patii* eh' un si leggiadro aspe£to ^
Abbi vedtitdj è gùadaghar hol lenti;
Rispose a lei Jlefbini hoU ma a che effe t te/
L' uoua si ^t^ìta a péiigìid è ài tormenti /
Per riportarne ùiia irittotia pòi /
Che giovi al tinto, è'i viiicitorc ahtìói.
^1 CANTO XX.
Se non ti par questo partito buono^
Te ne do' un altro i, e ricusar noi dei ^
Disse a Zerbiu Marfisa : che a' io sono
Vinto da te , m' abbia a restar costei ;
Ma s' io te vinco, a for«a te la dono:
Dunque proviam chi de'star senza lei ,
Se perdi , converrà che tu le faccia
Compagnia sempre ovunque andar le piaccia»
69
E cosi sia , Zerbin rispose, e volse
A pigliar campo subito il cavallo:
Si levò su le staffe e sì raccolse
Fermo in arcione, e per non dare in fallo
Lo scudo in mezzo alla donzella colse ;
Ma parve urtasse un monte di inetallo:
Ed ella in guisa a lui toccò V elmetto ,
Che stordito il mandò di sella netto .
Troppo spiacque a Zerbin Tesser caduto ^
Che in altro scontro mai più non gii avvenne/
£^n' avea mille e mille egli abbattuto,
Ed a perpetuo scorno se lo tenne;
Stette per lungo spazio in terra mulo,
E più gli dolse , poi che gli sovvenne
Ch' avea promesso e che li convenia
Aver la brutta vecchia in compagnia.
Tornando a lui la vincitrice in sella
Disse ridendo: questa t'appresento:
E quanto più la veggio e grata e bella.
Tanto eh' ella sia tua più mi contento ;
Or tu in mio loco sei campion di quella :
Ma la tua fé non se ne porti il vento :
Che per sua guida e scorta tu non vada ,
Come hai promesso, ovunque-audar le aggrada.
CANTÒ XX. 23
Senza appettai* risposta urta il destriero
Per la foresta e subito s'jmbo^ca :
£erbiii che la stimava un cavalierò
Dice alla vecchia: fa' eh 'io lo conosca ,
—^ Ed ella non gli tiene ascoso il vero
Onde sa che che lo 'ncehde e che T attosca:
Il colpo fu di man d' una donzella
Che t' ha fatto-vòtar ^ disse la sella.
. .73
Pel suo valor costei debitamente
Usurpa a' cavalièri e scudo e lancia :
fi venuta è pur dianzi d' Oriente
Per assaggiare i paladin' di Francia ;
Zerbin di questo tal vergogna sente ,
Che non pur tinge di rossor La guancia :
Ma restò poco di tk)n farsi rosso
Seco ogni pezzo d' arine eh' avea indosso .
i 74
Mónta a cavallo è se steàso rampogna,^
Che non seppe tener strétte le cosce :
Tra se la Vecchia ne sorride , e agogna-
Di stinatilarlo è di più dargli angosce ;
Li ricorda che andar seco bisogna ,
E Zerbin j che obbligato si conosce ,
Le orécchie abbassa ^ come vinto è stancò
Destrier ch'ha in bocca il fren^ gli sproni al fianco.
• 75
£ sospirando : Oimè ! Fortuhal fella ;
Dicea ', che cambio è questo che tu fai ?
Colei che fu sópra le belle bèlla ^
Ch* esser meco dofvea^ levata iti' hai ;
Ti par che ìli Iciogo ed iti tistov dì quella
Si debba por costei eh' ora mi dai ?
Stare in dahnó del tutto èri liien male ;
Che fare un cambiò tanto disti|[ùal^ « v
aA CANTO XlC.
76: . .
Colei , che dì bellezza e di virtuli
Unqua non ebbe e non avrà mai pare.
Sommersa e rolla Ira gli seogli acuti
Hai data ai pesci ed agli augei del mare;
"e costei che dovria già aver pasciuti
Sotterra i vermi , hai tolta a preservare
Dieci o vent' anni più che ilon dovevi ,
Per dar più peso a li mie' affanni grevi .
77
Zerbin cosi parlava : né men tristo
In parole e in sembianti esser parea
Di questo novo suo sì odioso acquisto^
Che della donna che perduto avea ;
La vecchia ancor che non avesse visto
Mai più Zerbin , per quel eh' ora dicea ,
S'avvide esser colui di che notizia j
Le diede già Isabella di Galizia •
Se vi ricorda quel ch'avete udito^ ,
Costei dalla spelonca ne veniva,
Dove Isabella che d' amor ferito
Zerbino avea, fu molti di captiva;
Più volle ella le avea già riferito
Come lasciasse la paterna riva f
E come rotta in mar dalla procella
Si salvasse alla spiaggia <li Rocella .
79
E si spesso dipinto di Zerbino
Le avea il bel viso e le fattezze conte ,
Ch'ora udendol parlare, e più vicino
Gli occhi alzandoli meglio nella fronte;
Vide esser quel, per cui sempre meschino
Fu d' Isabella il cor nel cavo monte :
Che di non veder lui più si lagnava.
Che d' esser fatta ai malandrini schiava •
«ANTO XX. 5
80
tid vecchia , dando alle parole udienza
Che con sdegno e con duol Zerbino verta ^
S' avvede ben ch'egli ha falsa credenza
Che sia Isabella in mar rotta e sommersa ;
E bench' ella del certo abbia scienza ,
Per non lo rallegrar , pur la perversa
Quel che far lieto lo potria li tace ^
È sol li dice quel^^fae li dispiace.
81
Odi tu y gli diss' ella, tu che sei
Cotanto altier , che si mi scherni e sprezzi 1
Se sapessi che nova ho di costei
Che morta piangi , mi faresti vezzi ;
Ma più tosto che dirtelo ^ torrei
Che mi strozzassi o fessi in mille pezisi:
Dove s* eri ver me più mansueto ,
Forse aperto t' avrei questo secret#.
.8%
Come il mastin , che con furor s' avventa
Addosso al ladro : ad acchetarsi è presto
Che quello o pane o cacio gli appresenta ^
che fa incanto appropriato a questo ^
Così tosto Zerbino umil diventa ,
£ vien bramoso di sapere il resto
Che la vecchia li accenna , che di quella
Che morta piange , li sa dir novella .
83
£ volto a lei con più piacevol faccia ,
La supplica^ la prega, e la scongiura
Per gli uomini , e per Dio che non li taccia
Quanto ne sappia , o buona o ria ventura ;
Cosa non udirai che pro ti faccia .
Disse la vecchia pertinace e dura :
Non è Isabella , come credi, morta ,
Ma viva sì , eh' a' morti invidia porta .
j
V
ìb cantò ti.
Gli' è capitata in questi pochi giorni
Per tua ventura a certi ladri in nianof j
Che tosto la levar' di quei contorni
Per condurla a uno speco assai lontano j
t^edi àe puoi sperar eh' ella ti l^orni :
Gh' io ti dica di piò lo speri in vano :
Sol per darti martoro ho detto questo /
JNè a costo di morir ti dirò il resto.
85
Dove r avea veduta domandolle
Zerbino e quando; nia nulla n' invola :
Che la vecchia ostinata mai non voile
A quel che ha detto aggiunger più parola :
Prima Zerbin le fece un parlar molle;
Poi miuacciolle di tagliar la gola :
Ma tutto è in van ciò che minaccia e prega ;
Che non puà far parlar la brutta strega .
86
Lasciò là lingua a V ultimo in riposo
Zerbin , poiché il parlar li giovò poco,
Per quel che udito avea tanto affannoso
Che non trovava il coi* nel'petto loco,
' D' Isabella trovar si desioso
Che saria per vederla ito nel foco :
Ma non poteva hndar più che volesse
Colei ; poiché a Marfisa lo promesse »
87
£ quindi per solingo e strano calle
Dove a lei piacque fu Zerbin condotto :
Né per o poggiar monte o scender valle
Mai si guardare in faccia o si fer motto ,
Ma poi eh' al Mezzodì volse le spalle
Il vago sol y fu il lor silenzio rotto
Da un cavalier , cHe nel cammìn scontraro /.
Quel che seguì MÌV altro canto è chiaro*
^1
ANNOTAZIONI AÌ CANTO XX.
Se. I nelle sacre muse ; nella poesia ; frase famigliare.
St. ivi . Jrpalice e Camilla, Arpalice fa figlia d'an rè
di Tracia , la quale , sendo stato suo padre in battaglia scon-
fìtt) e preso da' Geti , postasi aita tebta di un nuovo esercito ,
die una g|aD rotta a' nimici e io liberò . Camilla fu figlia di
uo re de^Volsci guerriera e capitana di sue truppe , e com-
battendo fu uccisa da Arunte trojano nella guerra tra Turnoi
ed Enea.
Come la tuba di Virgilio suona .
St. i\^i. Saffo e Corinna: poetesse greche . 11 tempo
tion ha potuto estinguer la fama di queste due donne. )1 me-
tro saffico vendica dall' oblivione la pridria , che fu inventri-
. ce di versi in nuova foggia tessuti , e dal suo nome chiamati
saffici . Le Corione è scritto che fulron tre , tebana una, una
téspia y corintia la terza . Si può credere che 1' Autore ac«
cenni qui la tebana , di cui dicesi eh' abbia vitìto Pindaro
nel certame de' versi j senza iperò far a sapere di quanto fino
gusto e ^i quanta imparzialità fossero dotati li giudici .
^st. 4* Io son , disse , Marfisa , eju assai questo ; Che si
sapéaper tutto il mondo il resto : esempio di stile conciso
succoso ed anche sublime > e mirabilmente adattato al carat-
tere di Marfisa •
st, 'j. stanza (^' aggio: poco usato in voce di lio dal verbof
ai^ere ,
st. 14. ardisco ad. Così il Bocc. No«. 11. 9: non ardi^
l'ano ad ajutarlo . £ Petr. Son. li.
Che paventosamente a dirlo ardisco .
st, \S. Degli uomini che Serse ebbe d' intorno ,r k\\xì
leggono ebbe già intorno . Ebbe Serse un' armata di numero
prodigiosa , se non gliel' accrebbono i greci storici per ag-
grandir le vittorie della nazione .
st* iQ.saettia: legno leggiero , così nominata-lbrse o
dalla velocità o dalla forma .
st, ivi. come w vanno : tosto che , quando .
st, 19. ampio: ampio. Latinismo. Casa Lett. y. ben fa
ampia fede.
st. 25. tollea e lolle ama meglio l'Ariosto che tcgliea
toglie .
st, ivi . la licaonia prole : le due costellazioni dell' Orse
maggiore e minore , dal cui greco lor nome Arktos , il polo
sartico è contrassegnato . La mitologia insegna che la mag-
giore"^ fu Calisto figlia di Licaone, e la minore Arcade fìgliuol
di Calisto trasportati da Giove iii cielo .
st. ivi. Per li solchi del del volto V atatto : cioè rivolta
i8
ti carro ò V aratro come qai dice il I^oets , per dare a dieiré
che è il suo scomparire . Sono composte le due costel)azii»nJ
pi sette stelle ^ cinque delle quali locate in giiisà che pòrTcrO
lag fi àfitroDomi e farou dette formare an carro ; altre daé
nnnnzi rappre.<;entare due buoi ; onde tutto ciò si nomina il
carro di Boote , che è il bifolco aggiuntovi come guida ;
Ìj* Allegoria del Para trover // solchi dèi cielo pare che oiesi
alcun poco di secentismo .
st, ivi. del suo cldustro : bf Ha metafora dì aWèaré e la-
tinismo usato da D^trìte Pnrg. C xixn. t 97.
In cerchio le facexfan di sé claustro .
St. 28. alta a ferire : spedita ^ iii acconcio , in atto , ap-
postata .
st, 3f. scocca , esce come uno strale via dalla coccar •
Dante Purg. C vi. ▼. 1 3o.
Molti han giustizia in cuor , ma tardi scoccà
Per non venir sema consiglio ali arco .
st. Z'i. si gitta e si periglia . Questo bel verbo poetico
perigliarsi non 6i è abbiittuto a farsi vedere a' vocabolari.
si. ivi. V estem-fatta subito famiglia . BeUissimo verso
di terrore e di affretta men to. Né la spaventata né la intimo^
rita ne la impaurita Subita famiglia supplirebbono a quel
latinismo esteri e fai ta^ che non è stato ricotto da' vocabolari!
st, 3i. Di qui fino alla st. 4^ è una bella amplificazione
dello spavento formata dalla così detta Enumerazione d* èf"
felli .
st. ^1. aggia : abbia .- poco usato .
st, 4^* capo di Màlea . Promontorio ventoto delta La-
conia •
st. ivi. Asconder vede : iti luogo di ascondersi : modo
singolare che merita osservazione .
st. ivi. Folta Sicilia : modo singolare pur questo : s' ag,.
gira da lato intorno delia Sicilia .
st. ^4* sci orse , sciorre efcioglier^i partire.
st. 46. di più forza \ di maggioi- fo^za : maniera usafta
altre volte .
st. 48. Una costuma : coàta^é usanza . Dante Infer.
C XX ix. V. 1*7.
E Niùcolò che la costuma ricca
Del garofano prima discoperse .
st. ^S. innante : avanti . Manca nel Voc. Fior, ma r
trova ne| Voc. £d. Ver. con esempio dell'A.ramanni. Colt 1/
I. V. 950.
. . .... dubbioso sembri
Tra bellezza e valor chi vada innante v
£ Frane. Sacch. L. I7. 11.
Se ti vuoi fare innante
Puoilo provar 'n eslanle .-
29
Ifi. 56. i^ezzosa ; in sen^o peggiorativo schizzinosa .
ft» 63. Groziosa Prqsopografìa . Più delia Sibilla , s' ìqo
tende anni .
si. 64 Lepida Ironia cominciata gi& alla $t. 62 y. 7 ^ •
die tratto tratto ripiglia .
sti 75. in n'stor. in compenso.
sL 80. rotta e summer ja , e di sopra st. 76 ▼. 3 soni'-
mersa e rotta. Io ho rotto , w ruppi in mare si trova bens\
comuneDiente : ma io soi}o o fui rotto non s' è veduto finora
^e pon che presso 1' Ariosto .
st, ivi. del certo • dì cì4 cb* è ce|rtamente avvmiuto .
st* 8t mi scherni i mi schernisci ; per aatorità poetica .
st. Sa. E uien bramoso : diventa .
st. H5 ma nulla n inyola : non paò ricoglierrie motto ,
non può rubai'gline che .
st. 86. lo promesse : promise , e cosi messe in luogo di
mise\ privilegi pc»eticl .
st. 87 Ne per o poggiar monte o scender i*alle : n^ o per
monte e he si alzasse incontro al lor viaggio o per adimarsi di
valle , che vai auanto ne per salire che facesser di munte , n$
per iseendere l ne facessero iif valle .
st. ivi. // vago 50/ .Qui 1' ppitet'> vago è in senso di a^-
girantesi . Peti*. Son, 84:' vago fra i rami ovunque vuof
(n' adduce.
1 /
\
\
CANTO XXI.
ARGOMENTO
Etopeja della fede impromessa . Zerbino obbligatosi man^
iien parola , difendendo Gabrina stata moglie di Argeo sì--
gnor d' un castello in Servia contra Ernionide che la i^uoi
morta . Ermonide abbattuto e gravemente ferito da Zer^
bino , come può in tale stato , gli narra che un suo fratello
nomato Filandro da colei fu calunniato presso il marito ,
il quale di subita ira acceso y lo assalì e prese e condannol-
lo a perpetua prigione. Di poi la perfida con altra frode ,
fa sì , che senza saperle e intendenao anzi tutt' altro egli
uccide a tradinitnto Argeo col quale avutati le rie macchi-
nazioni di colei mssuto era amicissimo . Dopo ciò per colmo
di mali costringe con le minacce di obbrobriosa morte Filan^
dro a sposarla ; di che sempre tristo egli venutone e malatic-
cio , e però cadutole in odio ; pensa ella a spacciar sene col
veleno . Si conviene tt grandi promesse con un medico avaro
scheja e porge la mortifera medicina . Ma la furba donna
per toglier via il testimonio e V artefice del misfatto , Iq ob-
bliga a dover egli fe^r prima il saggio della pozione . to scel-
lerato bee : si vuol sottrarre di la per aver ricorso a contrav*
veleni . Gabrina lo ferma a forza .• disperato palesa il delit-
to comune , e spirando tien dietro a Filandro • Gabrina fu
imprigionata per dover essere bruciata viva \_ma campò dal-
la carcere non si sa come . Con questa giunta di buone opere
e de"* meriti di Gabrina Zerbino seguitando il viaggio per
mezzo il bosco ode gridi e strepito e botte d* armi . D* onde
e che ciò fosse è accennato nelle prime stanze del canto so-^
guente . ÌVV/ canto XXUl . St, 89 si ripiglia la storia di f 24^*1
^i due viaggiatori così mal accoppiati .
N
è fune intorto crederò che stringa
Soma così né cosi legno chiodo ,
Gon^e la fé che una belT alma cinga
Del suo tenace indissolubil nodo ;
Né da gli anlichi par che si dipinga
La santa Fé vestita in altro modo ,
Che d' un vel bianco che la copra tutta ,
Che un sol punto un sol neo la può far brutta^
e A NTO XXL, :{i
2
^jà fede unqua non deve essser corrotta ,
data a un solo o data insieme a mille j
^ cosi in una selva in una grotta
Lontan da^e cittadi e dalle ville ^
Come dinanzi a' tribunali in frottj^
Di testimou' di scritti e di postille;
Senza giurare o segno altro piìj espresso ^
Basti una volta che $' abbia promesso.
3
Qqella servò , come servar si debbe ,
In ogn' impresa il cavalier Zerbino ^
E quivi dimostrò che conto n' ebbe ,
Quando si tolse dal proprio cammino
Per andar con costei ^ la qual gl'iacrebbe
Come s' avesse il morbo si vicino
O pur la morte stiessa ^ ma potea
Più ebe '1 disio quel che promesso ave^.
4
pissi di lui che di vederla sotto
La sua condotta tanto al cor li preme ^
Che n' arrabbia di duol né le fa motto
£ vanno muti e taciturni insieme .
Dissi che poi fu quel silenzio rotto ^
Che al mondo il sol mostrale rote estreme^
Da un cavalierQ avventuroso errante
Che in mezzo, del cammin lor si fé* innante.
5
^a vecchia che conobbe il cavaliero ,
Ch*era nomato Ermonide d'Olanda^
Che per insegna ha nello scudo nero
Attraversata una vermiglia banda ,
Posto l'orgoglio e quel sembiante altero^
Umilmente a Zerbin si raccomanda •
E li ricorda quel ch'esso promise
Alla guerriera ch'in sua man la mise*
^
32 CANTO XXI.
6 .
Perchè di lei nimico e di sua gente
Era il gaerrier che contra lor venia:
Ucciao ad essa avea il padre innocènte
£d un fratel che solo al mondo avìa :
E tuttavolta far del rimanente
Come degli altri il traditor disia ,
Fin di'? alla guardia tua , donna ^ mi senti ,
J>icea Zerbin , non vo'che tu paventi..
Come più presso il Cavalier si specchia
In quella faccia che si in odio gli era ;
O di combatter meco t* apparecchia ,
Gridò con voce minacciosa e fiera ^
O lascia la difesa della vecchia
Che di mia man secondo il merlo pera :
Se combatti per lei^ rimarrai morto ,
Che così avviene a chi s' appiglia al torto .
Zerbin cortesemente a lui risponde ,
Ch'egli è desir di bassa e mala sorte ,
Ed a cavalleria non corrisponde
Che cerchi dare ad tina donna morte ;
Se puf combatter vuol, non &i nasconde^
Ma che prima consideri che importe ,
Che un cavalier , com* era egli , gentile
Voglia por man nel sangue femminile.
Queste li disse e più parole in vano,
E fu bisogno al fin venire ai fatti ,
Poi che preso abbastanza ebbon del piano.
Tornarsi incontra a tutta briglia ratti.
Non van si presti ì razzi fuor di mano
Che al tempo son' delle allegrezze tratti;
Come andare» veloci i due destrieri
Ad incontrare insieme i cavalieri <,
»*«
/
CANTO XXI. . 33
Brmonìde d' Olanda segnò basso ,
Che per passare il destro fianco attese;
Ma la sua deboi lancia andò in fracasso,
E poco ii cavalier di Scozia offese.
Hon fu già l'altro colpo vano e casso;
Ruppe lo scudo e si la spalla prese
Che la forò dall' uno all'altro lato,
£ riversar fé' Eraionìde sul prato •
1 1
Zerbin che si pensò d'averlo uccìso.
Di pietà vinto scese in terra presto
£ levò Telmo dallo smorto viso:
£ quel guerrier, come dal sonno desto,
Senza parlar guardò Zerbino^ fiso,
E pòi gli disse: non m*e già molesto
Ch'io sia da te abbattuto, ohe ai sembianti
Mostri esser fior de' cavalieri erranti.
Ma ben mi duol che questo per cagione
D'una femmina perfida m'avviene,
A cui non so come tu sia campione;
Che, troppo al tuo valor 6i disconviene;
£ quando tu sapessi la cagione
Che a vendicarmi di costui mi mene ;
Avresti, ognor che rimembrassi, affanno
D*aver per campar lei, fatto a me danno.
E se spirto a bastanza avrò nel petto
Ch' io ^1 possa dir , ma del tontrario temo^
Io ti farò veder che in ogni effetto
Scellerata è costei più che in estremo.
Io ebbi già un frate! che giovanetto
D' Olanda si parti d'onde noi semio ,
E si fece d' £raclio cavaliero ,
Che allur lenea de' Greci il soo^mo impero.
>•> w
54 CANTO XXt
• .^ ; '^ \
Quivi divenne intrinseco e fratelk>
D'un cortese baron di quella Corte,
Che nei confin di Servìa ayea un castello
Di sito ameno e di muraglia forte;
Numossi Argeo collii y di eh' io. fanello y
Di questa iniqua fenainina consorte,
La quale egli amò si, che passa il segno
Ch' a un uo^m si conv^nia come lui degno •
Ma costei più volubile ^ che foglia
Quando T autunno è più priva d' umore ^
Che '1 freddo vento gli alberi ne spoglia ^
E le soffia , dinanzi al suo furore;
Verso il marito <:aagiò tosto voglia
Che fisso qualche tempo ebbe nel core,
£1 volse ogni pensiero ogni desio '
D' acquistar per amante il fratel mio •
Ma riè si saldo air impeto marino
L* Àcroceranuo d* infamato nome ,
Né sta sì duro incoutr'a 3orea il pino
Che rinnovato ha più di cento chiome;
Che quanto appar fuor dello scoglio alpino ,
Tanto, sotterra ha le radici; come
Il . mio fratello a' preghi di costei
Nido di tutti i vizi infandi e rei.
»?
Or , come avviene a un cavalier arditi)
Che cerca briga e la ritrova spesso^
Fu in una impre^ il mio fratel ferito
Mollo al Castel del suo compagno appresso ,
Dove venir, sénz' aspettare invito
Solea, fosse o non fosse Argeo con esso:
E dentro a quel per riposar fer mosse
Tl^nto che del suo mal libero fosse.
M
CANTO. XXL 35
HeiHr' egli quivi si giacea fu audato
Argea da luuge a c^rta sua bisogna :
Questb strega d'amore ha il cor piagato,
E farsi amar dal mio fratello agogna ;
Ma il m,Ì0 buono fratel culto sdegnato
Le fa il viso dell' arine e la ramppgna:
Sceglie alfiii per Uscir di noja a pieno
Di molti mal quel«che gli parve meno.
Tra molti piai gli p^i'ye el^ger questo,
Lasciar d' Argeo T intrinsichezza antiqua.,
Lungi andar si, che non sia manifesto
Mai più il suo nome alla femminn iniqua;^
Bjsnchè duix) li fosse, era più onesta.
Che sodisfare a qualche voglia obliqua, .
che accular la moglie ai suo signore .
Da cui fu amata a par del proprio cori^.
11 delle sue ferite ancora infermo
L'arme si veste e del castel si pacte,
E con animo va costante e &rmo
Di non mai più. tornare in quella parte;
Ma non gli vai ; eh' ogni difesa e scherma ,
Gli dissipa Fortuna con nova arte:
Ecco il marito che ritorna intanto «
£ trova ìà moglier che fa gran piautO;^
ai
£, scapigliata è con la faccia rossa ,
E, le domanda di che sia turbata;
Prima eh! ella a rispondere sia mossa.^
Pregar si lascia più d'.una^^ fi^ta ,
Pensando tuttavia come si.po^l^a ,
Vendicar di colui erbe V ha lasciala :
E ben convenne al suo ^nubile ingegno
Cangiar l'amore in subiUn^^degM^*
^
3fi Cìnto XXI.
Deh ! disse al fine , ò che il gran caso ascotitfa
Ch'era per avvenir nella tua absenza ?
Non è amico colui , ma un mostro immondo
A cui donasti la tuu confiden:^ ;
Che tentò, benché in van, di porre in fondo
La mia fede il tuo onor , la mia ìnnocensu :
]B air atroce tuo oltraggio e al rischio mio.
Starai tu in pace e fremerò sol io l
Se r amicizia contra il ver ti sforsa,
£é albi moglie tua tu credi manco,
Credi ^ lui , cbe via fugge ora a gran fersa :
I^on è lontano, é il puoi raggiunger ancow
O tu dammi vendetta , o tu la scoriSa
Sciogli al mio spirto di più star qui stanco..
Argeo le creile ed altro non aspetta ,
IVIa piglia Tarme e c:orre a far vendetta «
E come quel cb' avea il paese noto ,
. Lo giunse cbe non fa troppo lontano i
Che '1 mia &*atello debole ed egroto
Sejiza sospetto se ne già pian piano}
£ bi*e temente in uri luogo remoto
Pose per vendtearsene in lui mano:
!Nou tiova il fiMitel mio scusa cbe vagKa ,
Che in somma Argeo con lui vuol la battaglia^.
Era . r un sa4i'o e pien di novo sdegno ,
Infermo T altro ed aM* usanza amico, ;
" Si cb' ebbe il fratel mio p<Ko ritegno -
Contro al compagno fattoli nemico:
Dunijue Filandro di tal aorte indegno ,
Deir infelice giovine ti dico,
Gisì avea nome, non soffrendo il pesoi
Di sì lieiti battaglia ^ restp preso ,
iéANTo xxr. àf
|Vofi piaccia a Dio che mi conduca d tale
Il mio giusto furore e il tuo demerto,
Li disse Argeo, che mai sia micidiale
Di te che amava ; e me tu amavi certo:
fieiichè nel fin me V hai mostrato male.
Pur voglio a lutto il ti^ondo fare aperto
Cfae^ comìe fui nel tempo delT amore ,
Così neir odio son di te migliore •
Per altro modo punirò il tuo fallo ,
Che le mìe man* piò nei tuo sangue porre :
Cosi dicendo fece sul cavallo
Di verdi r.imi una bara comprri^é,
E quasi morto in q^uelia riportai lo
Dentro ai castello in una chiusa torre:
Dove in perpetuo per punizionf"^
Condannò riunocente'a star prigixaié;'
Non però eh' altra cosa a^vessè manco ^
Che la libertà prima del partire y
Pèrcliè nel resto ^ come sciolto e fVauco
Vi comandava e si facea ubbidirle:
Ma non essendo ancor 1' animo stanco
Di questa ria del suo pensipr fornire:
Quasi ogni giorno alla prigion \etìiv£l^,
Che avea le chiavi > e a 6uo piacer V apriva .
É movea sempre al mio fratello assalti ^
E con maggior audacia che di prima :
Questa rozzezza tua , dicea , che vaiti ^
Poiché perfidia per tutto é* egtima 7
O che trionfi gloriosi ed alti
O che superbe spoglie e prèda opicrta
O che. merito alfin te ne rì.stilta ,
Se come a ttddiiore ognun t' inèulta 7
38 CANTO XXI.
3o
'Quanto utilmente quanto con tuo onore
M' avresti dato quell' amor che volli !
Di questo si ostinato tuo rigore
La gran mercè > che tu guadagni , or tolli ;
In prigion sei ; né crederne uscir fuore
Se la durezza tua prima non molli : ^
Ma quando non mi spregi, io farò trama
Di raquistarti e libertade e fama .
3i
No , non disse Filandro , aver mai spene
Che non sia come suol mia vera fede ;
Se ben contra ogni 4cbito mi avviene
Ch' io ne riporti si dura mercede ,
£ di tne creda il mondò men che bene ;
Basta che innauti a Quel che'l tutto vede
E^ mi può ristorar di grazia eterna ,
Chiara la mia innocenza si discerna •
3a
Se non basta che Argeo mi tenga preso.
Tolgami ancor questa nojosa vita ;
Nun mi sarà già il premio in ciel conteso
Beila buon'opra qui poco gradita^
Fors' egli , che da me si chiama offeso , .
Quando sarà ijuest' anima partita ,
S'avvedrà poi d' avermi fatto torto
E piangerà il fedel compagno morto^
,33
Stette sei mesi che non volse il piede
La nialadetta donna alla prigione ^
• Di che il miser Filandro e spera e credè
Che costei più non gli abbia affezione ;
Ecco Fortuna al mal propizia diede
A questa scellerata occasione
Di metier fin con memorabil male.
Al suo cieco appetito irrazionale •
• 5»
CANTO XXI- 3q
Antica nimicizia avea il marito
Con un baroli detto Morando il bello ,
Che Don v' èssendo Argeo, spesso era ardito
Di correr solo e siti dentro al castello ;
Ma se Argeo.v' era , non tenea lo ^nvito ,
JVè s' accostava a dieci miglia a quello ,
Or , per poterlo indur che ci yeiiiase ,
D' ire in Geru6|alem per voto disse .
Disse d'andare ; e partesi che ognuno
Lo vede e fa di ciò spargeì:* le grida; ^^
Né il suo pensier^ fuor che la moglie, alcuno
Puote saper; che sòl di lei si fida ;
Torna poi nel castella alTaer bruno,
Né mai , se non la notte , ivi s' annida ,
£ con mutate insegne al novo albore,
Senza vederlo alcun , sèmpre esce ftiore. <
Se ne va in questa e in quella parte errando
E volteggiando al suo cartellò intorno ,
Per pur veder se il Credulo Morando
Volesse far , come solea , ritorno, ; ^
Stava il di tutto alla foresta , e quando
fjella marina vedeà ascoso il giórno,
\enia al castellò , e per nascose pòrte
Lo togliea dentro l'infedel consorte.
Crede , ciascun , for che V inìqua nioglie:,
Che molte miglia Argeo lontan si trote :
Dunque il tempo opportuno ella si toglie ;
ÀI fratel mio ^a con malizie liove ^
Ha di lagrime a tutte le sue voglie t
Un nembo , che dagli occhi al seri le piove ;
t)ove potrò ì dicea , trovar ajutò
Che iù tùttò^ rònòr imo hHii sia pérdùió[ .
4o . CANTO XXI.
58
E col mio quel del hiio marito insieme?
Il qual , se foss,e qui , non temerei,
Tu conosci Morando ; e sai se teme,
Quando Argeo non ci sente , uomini e dei ,
Questi or pregando or minacciando estreme
Prove fa tuttuvia , ne alcun de' miei
Lascia che non contamini per farmi
Onta è disnor, né so s'io potrò aitarmi .
* 39
Or eh' ha inteso il partir del mìo consorte
E che al ritorno non sarà si presto ,
Ha avuto ardir d' entrar neija mia corte
Senz* altra scusa e senz* altro pretesto ,
Che se ci fosse il mio signor per sorte ^
Non sol non avria audacia di far questo ;
Ma non si terria ancor punto sicuro
D'appressarsi a tre miglia a questo muro .
Non si convien , disse Filandro , tale
Prologo a me per Argeo mio disposto :
JMarrami pur quel che tu vuoi , che ^ quale
Sempre fui , di sempr' esser ho proposto ;
E benché a torto io ne riporti male ;
A lui non ho questo peccato imposto:
Per lui son pronto andare anco alla morte,
Escami contro il mondo e la mia sorte .
Rispose l'empia, io voglio che tu spenga
Colui che tanto il nostro mal procura ^
Se tìa che, come suole, anch' oggi venga
In sull'uri eh' è più la notte oscura;
Farò che sicurìssimp si tenga-
Né* pensier a gfuardarsi abbia ne cura :
. E luUul dentro con parlare umano
Te lo darò tutto sprov\isto in mano.
^
Canto xxi. 4t
k te non gl^ayerà prima aspettartne
Nella camera niia^ dove non luca,
Tanto che dispogliar gli faccia Tarme
,E quasi nudo in man te lo conduca ;
Così la moglie conducesse parme
Il suo marito alla tremenda buca :
Se per dritto costei moglie s'appella
Più che furia infernal crudele e fella .
43
Poi che la notte scellerata venne ,
Fuor trasse il mio fratel con V arme in mano ^
È nell'oscura camera lo tenne
Fin che tornasse il miser cartellano ;
Come s' era ordinato il tutto avvenne :
Cbe'l consìglio del mal va raro in vano:
Cosi Filandro il buon Argeo percosse ,
Che si pen.sp che quel Morando fosse •
44 . „
Con esso un colpo il capo fesse e il collo ,
Ch'elmo non v'era e non vi fu riparo:
Pervenne Argeo senza pur dare un crollo
• Della misera vita al fine amaro; •
F. tal r uccise che mai non pensoUo
Né mai Tavria creduto . caso raro!
. Che cercando giovar, fece all' amico
Quel che di peggio non si fa al nemico .
45 . .
Poscia che Argeo non conosciuto giacque ,
Rendè a Gabrina il mio fratel la spada ;
Gabrina è il nóme di costei che nacque
Sol per, tradire ognun che in man le cada ;
Ella> che il ver fin a quell'ora nacque/
Vuol che Filandro a riveder ne vada
Col lume in mano il morto ond'egli è reo,
E li dimostra il suo compagno Arg«o .
< • n
4i CANTO til
% gli minaccia poi , se tion condente
iiÀlle sue nozze e al lungo suo desire^
Or che del primo nodo è fatta esente ,
E lesi ostina ancor di contraddire;
Che lo farà vituperosamente
Come assassino e traditor morire : >
E li ricorda che sprezzar la fama
Non de') sebben la vita sì poco ama .
f . 47
f^ien di paura e di dolor rimase *
Filandro poi che del suo error s' accorse :
Quasi il primo furor li .persuase "■
D'uccider questa ^ e stette, un pezzo in forse?
E se noli che nelle nimiche case
Si ritrovò , che la ragion soccorre :
Non si trovando avere altr' arme in mano ,
Coi 4euti là stracciava a brano a brano .
Come neir aitò, niar legno talora
Che da diie venti sia percosso e vinto ,
Ch' ora uno innanzi 1' ha mandato , ed ora
Un altro al primo termine respinto,
È Than girato da poppa e da prora ,
Dal più possente al On resta sospinto :
Cosi Filandro tra molte contese
Questa furia in isposa al fin si prese.
Bagioii Ir dimostrò '1 pericol grande,
Pllre il morir, del fine infame e so22o,
Se l'omicidio nel Castel si spande ,.
E del pensare il termine gli è mo^s^o ;
Yoglra o non voglia , al fin convien ch^ raande
Il boccone a alarissimo nel gozzo ;
]^ filialmente neirafHiitp core
Più della ostiuazion potè il timore .
CANTO xxr. ù
ti timor del supplicio infame e brutto
Prometter fece con mille scongiuri
Che faria dì Gabrina il voler tutto.
Se di quel loco si partian sicuri ;
Cosi poi che a quel seguo fu condutto
Che spòso fusse^ uscirou di quei mqri : '
Cosi Filandro a noi, fece ritorno
Di sé lasciando in Grecia infamia e scorno .
5i
E portò nel cor fissò il sdo compagno
Che cosi scioccamente ucciso avea ,
Per far con sua gran noja empio gèùidagnQ
l!>'una Progne crudel d'una Medea ;
E se la fedfi e ii giuramento , magno
£ duro freno y non Io ritenea :
Come al sicuro fu , morta V avrebbe ,
Ma quanto più si puote in odio TebBe.
jNon fu da indi in qua rider mai visto,
Tutte le sue parole erano meste :
Sempre sospir' gli uscian del petto tristo ,
Ed «ra divenuto un nuovo Oreste
Poi che la madre uccise e il sacro Egisto ,
E chele nitrici furie ebbe moleste:
£ senza mai cessar tanto V afflisse
Questo dolor, clie inferaio al letto il lìsse.
53
^r questa meretrice , che si pensa
Quanto a quest' altrq suo poco sia grata,
Muta la fiamma gtà d'amore intensa
In odio , in ira ardente ed arrabbiata ;
Né meno è contra il mio fratello accensa
Che fosse contr'Argeo la scellerata ,
E dispone tra sé levar dal mondo,
Come il primo marito, anclie il secondo.
. /
1,
'^.
44 CANTO XXt
54
tJo iti^dico tl*ovò d* iuganiiì pieno
Sufficiente ed atto a simil uopo •
Che sapea tiiegliu uccider di venenò,
' Che risanar gt' inférmi di scilopo;
£ gli promise innanzi più , die meno
Di quel che dimandò , donargli , dopo
L'aver lui con ntiortifi^ra liqui^re
Levatole dagli occcht il suo signore.
.55
Già in mia presenza e d' altre più persone
Venia col tosco in mano il vecchio ingiuslOji
Dicendo eh' era buona pozione
Da ritornare il mio flatel robusto.
Ma Gabrina con nova invenzione ^
Pria che V infermo ne turbasse il gusto ^
Per torsi il consapevole d'appresso,
O per non darli quel eh' avea promessa.
56
La man gli prese, quando appunto dava
La tazza doye il tosco era celato,
Dicendo: iugiust£|mente è, sé ti grava
Gh' io tema per costui eh' ho tanto amato ;
Voglio esser certa che bevanda prava
Tu non li dia né 'succo avvelenato ; .
«
E per questo mi par che '1 beveraggio
Non gli babbi a dui% se non ae fai tu il saggii
Come pensi , signor, che rimanesse
Il miscr vecchio conturbato allora.?
La brevità del tempo sì 1* oppresse ,
Che pensar non potè che meglio fora:
Pur, per non dar m:iga|ior sospetto, elesse
Il calice gustar senza dimora ,
£ r infermo seguendo una tal fede^
Tutto il resto pigliò che se li diede •
«ANTO XXI. 43
Come sparvier , che nel piede grifagno
Tenga la starna e sia. per trarne pasto |
Bai can che 01 Lenea fido compagno
Ingordamente è soppraggiunto e guasto ;
Cosi, il medico intento al rio guadagno
D'onde speì*ava aiuto ebbe contrasto:
Qdi dì somma audacia esempio raro I
£ cosi avvenga a ciascun altro avaro*
59
f'oruito questo , s* era il vecchro messo ,
Per ritornare alia sua stanza in via,
Ed asap qualche medicina appresso
Che lo salvasse dalla peste ria ;
Mn da Gabrina non li fu concesso ,
Dicendo non voler che andasse^ pris|
Che'l succo nello stomaco digesto
Il suo valor facesse manifesto •
60
Pregar non vai né far di premio offerti^
dhe lo voglis^ lasciar quindi partire ;
|1 disperato 9 poi che vede certa
La morta sua he. la poter fuggire^
Ai circostanti fa la cosa aperta,
Kè la seppe costei troppo coprire ;
E cosi quel che fece agli altri spesso
Quel buon medico^ alfin fece a sé stésso.
61
C seguitò con l'alma quella ch'era
Già di mio frate caniminata innanzi:
Hoì circostanti , che la cosa vera
Del vecchio udimmo che fé' pochi avanzi^
Pigliammo questa abbominevol fera
Più crudel di qualunque in selva stanzi ,
• £ la serrammo in tenebroso loco
l^er coudaouarla ai meritato foco ^
\
^. CANTO XXK
Questo Erxnonide disse , e più voleva.^
Seguir com' ella di prigion levoasi :
Ma il dolor della piaga si l'aggreva ,
Che pallido uell'erba riversossi ;
Intanlo due scudier che seco aveva
Fallo una bara avean di rami grossi:
Erraonicle si fece in q[uella porre ,
Cli' indi altramente non si pote^ torre .
63
2erbin col cavalier fece sua scusa ,
Che gr increscea d' avergli fatto offesa :
Ma j come pur tra cavalieri s* osa ,
Colei che venia seco avea difesa ;
Ch' aliramente sua fé' saria confusa :
Perchè quando in sua guardia V avea presa ,
Promise a sua possanza di salvarla
Con Ir' ognun che venisse a disturbsirla •
ti se in^altro potea gratiQcargli ,
Prontissimo offertasi alla sua voglia :
Rispose il cavalier che ricordargli
Sol vuol j che da Gabrina si discioglia
Prima ch'ella abbia cosa a macchinargii ^
Di eh' esso indarno poi si penta e doglia :
Gabrina tenne sempre gli occhi bassi ,
Perchè non ben risposta al vero dassi •
65
Con la vecchia 2erbin quindi partisse
Al già promesso debito viaggio,
£ tra sé tutto il di la maledisse ,
Che fur li fece a quel barone oltraggio :
Ed or che, pél gran mal che gli ne disse
Chi lo sapea , di lei fu ijiistrutto e saggio ; .
Se prima V avea a qoja e a dispiacere ,
Or r odia si che nonJa può vedere.
V
CANTO XXt. 4*
fllla , che di Zerbin sa 1' odio a pieno
^ ^iè in mala volonià vuol esser vinta ,
Un' oncia a Ini non ne riporta meno ,
La tien di quarta e la rifa di quinta :
Nel cor era gonfiata di veleno ,
Ne nel viso altramente era di{ìiata :
Dunque nella concordia eh' io vi dico
Xeneaii lor via per mezzo il bosco antico •
67
Ecco j volgendo il sol verso la sera ^
• Udirou gridi e strepiti e percosse ,
Cl|0 facean segno di battaglia fiera
Che y quanto era il romor , vicina fosse :
Zerbino per veder la cosa eh' era ^
Verso il romore con fretta si moss^ :
Non fu Giibrina lenta a seguitarlo/
pi quel che avvenne s^ir altro canto io parlo.
c
48
ANNOTAZIONI AL CANTO IXl.
St I. intorio; così le prime stampe ; ni si Tede per
^ttfil rugioDe gli editori che Tenner dopo abbiano cambia-
to il testo ohe s' aTvicina più a' tempi in chn 1' opera soa
correggeTa T Autore istes^o , leTando intorto e sostitoen-
doTÌ inforno che e Toce meno significante } alla qaale o ar-
ditv:zza o inscenza degli editori fu sentir^ con grazia dei
buoni colpi un erudito e piacevole annotatore , a cai sia-,
mo tal Tolta e .sempre ricpnoscpnti.
St. ivi. Che d' un vel bianco : è proprio quella di
Orazio Lib. I Od. J5 :
O Di^a gratum .....
. . . alita rara fid(fs ; . »^
ytfkata panno
St. 3. die conico n* ebl^e : che conto, che sCicn^ ne
fece .
St. 4* ^ cor lìprf^me . Di qaesio Terbo col terzo case
abbiaiso anche esernpio in D^nte Purg. C V. t. 4^.
Questa gente , che preme a noi , è motta*
St. ivi. Dissi che poi : quel poi deve riferirsi al cbe
seguente nel Terso dopo , onde formasi V avT. poiché : spez-
aalùra di cui si diletta V Autore qua e là con grazia.
St. ìtì. casfaliero avventuroso: Tenturiere^ cercator d'av-
Tenture. I vocabolari non recano esempio di altro autore»
lua supplisce 1* Ariosto usandolo anche altra voUa.
St. 6 avia i avea ; disusato.
St. IO. vano e casso : voto senza effetto.
St. 19. mi mene : adopera qui V Autore it modo sog-i
^untiTO; il luogo dell'indicazione alla foggia Ialina.
St. i5. 11 terzo e il quarto Terso di questa stante
aTTiluppano il sentimento , né dicono punto piji o me-
glio de' primi du«,
St. i6. L Acrocrauno d'infamato nome. Alludesi al
verso d' Orazio Lib. I. Od. i.
SÌ€ te Diva ....*.
Infames scopulos Acrocerauma*
St. j vi. /Via stOt si duro incontro a Borea il pino ec.
Ac velati annosam valido cuni rotore tfuercum.
Alpini Eoreae nunc hinc nunc Jlatibus illinc
Artiere inter se certant
Ipsa haeret scópulis , et quantum vertice ad aura$
Bftherias , tantum radice in Tartara tendit.
Virg. Aen- L IV; v. 44 ••
St i8. Di molti mal* : mali. Cosi id questo com»
49
Bel primo verfO della Stanta segutnte il Poeta si vale della
liceosa annessd alla saa prolèsdone.
St. «4- egrolo: malato. Latìiiismo rioeTato da amendae
i Tocabolari con qaest' unico esempio.
St a5. poco ritegno : poco contrasto poca difesa.
St. 3o, non molli : non ammollisci dal Terbo moUire
poco osato , ma eh' è in lingua.
SX* 3». disnor : disonore. Petr. Cans. XXXV.
• • • fermo in campo
Starò ; eh* egli è disnor morir fuggendo.
9t. 46. s^ituperosamente t è ano di que' paroloni che sono
•Iti y come qui , a indicare grandezza sia in bene o in male.
St. 47* E se non che nelle nimìcke caseec. e se non cha
la ragione lo soccorse o ajutollo ad aTTertire che si tr<>?«Ta
nelle nimiche case ; questo è il senso netto di que* due Torsi
•▼▼iluppati ed oscuri. Altri forse avria detto.
E se non eh* esser tra quell* empie case
Troppo in gran rischio a l'animo gli occorse.
£ cosi e maglio avria saputo , volendolo y l'Ariosto dire ; ma
non rha detto : a comodo forse degli annotatori , che potes-
aero essi pure dir qualche cosa in favore delle iluove edizioni.
St. 5i. P rogue e Medea i nomi di donne in&mi presso
a' poeti per mostruosa barbarie.
St. 52. Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra ,
Ja quale fu da lui morta per ayergli el'a ucciso suo padre ^
del qoal matricidio fu tocco e travolto nella fantasia si , che
£ireTagli di vedersela sempre di e notte intorno con serpi •
ci a punirlo.
St. 53. accensay infiammata, latinismo adottatolo poe«
aia. Petr. Canz.X Vili.
E interrompendo quelli spirti accensi :
• cosi in altre occasioni lo stesso aut.
St. 55. Pria che V infermo nfi turbasse il gusto .• pria
che dalla qualità del sapore si potesse turbar l'infermo e so*
spettar male ; sembra che gusto sia il caso retta
St 57« che meglio fora ; qual partito sarebbe mingilo.
St. 58- guasto : questa voce è costretta qui a signi ficaro
distaphato dal cane , che gli guasta il disegno di mangiarsi la
preda,
St Si. in selva stanzi i dimori^ dal Terbo «#ai}ai^r«,
Frane. Sacch. rira. 6i.
E se nei capo cano ho gli anni ascolti /
Non è che Amor talvolta in me. non stami,
St. 65 partisse s si partì. ^
St ivi. saggio : consapevole. Dante Purg. C V. t. Tf*
Corsero 'acontra noi e dimandarne ;
-Di vostra co ndizion fatene saggi*
4
CANTO XXII.
ARGOMENTO ^
Si scusa da prima il Poeta del n%ale che detto ha di 6a^^
orina - poi accenna ciò che av^a cominciato a dire rieir ul»
fima Stanza ^ del canto anttcede^te. Interrompe per ripi-
gliare la storia di Astolfo , che timjasto solo nelV isola delle
' donne , prese la yia di terra , e varcato molto paese , s' im^
barcò in Fiandra per l*^ Inghilterra, Da questa , va e smon-
ta in Francia ; e nel traversare d' ana foresta incappa nei
nuovi inganni di Atlante. Avvedutosene ricorre al libretto
datogli da Logistilla , in cui è scritto il rimedio contra
ogn* incantesimo ; e ^tentre e sul valersene, viene assafitOi
da tutti gli affatturati illusi del Mago. Astolfo da fiato ai
corno e manda in rotta ben lunge e tutti gli assalitori e lo
. slesso mago. Mette in pezzi e a fracasso le malie tutte che
sosteneano H palagio incantato che ivi era ; ed acquista e
trae sfxo V Ippogrifo, che fuggitosi già da Ruggiero , r//or-
nato era ad Atlante. In quella fuga e scombuglio di cava-
lieri e di donne ghe andavano senza saper dove , vennero tf
caso a incontrarsi ed a riconoscersi Bradamar^te e Ruggie^
ro ; e trattalo ii%sien^e di batteiiirrio e nozze e a una badia
ineamminàtisi , vien loro innanzi dolentissima donna che
li scongiura di ajuto ad un giovinetto in pericolo d'essere
bruciato vivo. Neil* andare a soccorrerìp passano tid un
castello , dove riconosciuto tfa pradqmqnte il tjaditor suo.
Pinabello che n' era signore , furiosamente lo assalta euC"
c/de intanto qhe Ruggiero combatte contra quattro cavalier
ri, che sosteneano per giuramento fatto a quel magamele ^
la nuova usanza di togfie^e a qualunque venturiero l' arme
e. a sua donna le belfe ye^ti. In uno scontro di lancia si
squarcia a caso quel velo ^^e asconde lo scudo incantato di
Ruggiero , or\dt folgoro^ , e al, solito come morti rimasero
quanti ivi erano, Ruggiero poi cercando intorno con gli oCr
chi non vede più Bradftmante , la quale in quel frattempo^
ftyea ammazzato nel vicin bosco il no Pinabello , e ciò fai-'
to non seppe né potè ella pia tornarsi dove avca lascicelo,
Ruggiero,
• \
\
CANTO XXII.
^. '■■' .",> ■ . I » »»
vJortesi donne e grate al vostro amante,
Voi che d' un solo amor sete contente^
Come che certo sia fra tante e tante
Che rarissime siate in questa mente ;
Non vi dispiaccia quel che io dissi innante,
Quando contra Gabripa fui si ardente ;
£ se ancor, son per spendervi alcuii verso
Di lei biasmandu V animo perverso.
Ella era tale: e,, come imposto fummi
Da chi può in me , non preterisco il vero;
Per questo io non oscuro gli onor summi
D'una e d'un' altra eh' abbia il cor sincero:
.Quel , che il Maestro suo per trenta nummi
XUede t'Giudei, non nocque a Gianni o a Piero;
Ned' Ipermestra è la fama men bella ,
. Se ben di tante inique era sorella :
Per una che biasm^r cantando ardisco ;
Che l'/ytdinata istoria così vuole ,
Lodarne incontra cento m' offerisco ,
£ far lor virtù chiara piti che 'isole ,
Ala tornando al lavor che vario ordisco, .
Che a molti , lor mercè, grato esser suole;
Del cavalier di Scozia io vi dicea
. Che un alto grido appresso udito avea ,
C4NTO XXIf.
■ 4 '.
I^ra dqe montagne entrò in un stretto callo
Onde uscia il grido \ e non fa molto ini|antft •
Cbe giunse doye in una chiusa valle
Si vide un cavaljer mojrto da vanto :
Chi sia 4irò ; ma prima dar le «palle
A Francia voglio e girmene in Levante ^
Tanto eh' io trovi Astolfo paladino
Che per Ponente avea pfeso il canimino, •
5
Io Io lasciai nella città crudele,
Onde col suon del formidabil corno
^vea cacciato il popolo infedele
E gran periglio tpUosi d' intorno ,
Ed a' compagni fatto alzar le vele
• E dal litp fuggir pon grave «corno ,
Or seguendo di lui dico che prese
La via d' ^rmenia p usci di quel paese •
E 4opo alquanti giorni in Ifatalia
Trovossi , e in verso Mursia il panim^n tenne ^
Qnde continuando la «qa via
Di qua dal mare iq Tracia ^e ne venne :
Lungo il I)ani|bio andò per V Ungheria ,
£ come avesse il suo desti*ier le penne,
I Mòfarv] e i Boemi passò in meno
Di venti giorni e |a Franconia e il Reno.
7
Per la selva d' Ardenna in Aquisgrana barca :
piunsé e in Brabante, e in Fiandra al fiq s'im-
X* aria che soffia verso Tramontana
La vela in guisa in su la prora carca ,
Che a mez^o giorpo Astolfo non lontana
Vede Inghilterra , ove qel ^ito varca :
Salta a cavallo e ip tal modo lo punge,
Che a Londra quella sera ancora giunge *
X
tk^TÓ XXìt 53
Quivi sentendo poi cfae'l vecchio Òltonè
Già molti n^esi innanzi era in Parigi ^
£ che dL»ovo quasi ogni barone
Avea imitato i suoi degni vestigi ;
D' andar sùbito in Fi*ancia si dispone
E così torna al porto di Tamigi ;
Onde con le véle alte uscendo fuorà
Verso Calessio fé drizzar la prora .
Un ventolin , che leggermente air orza
Ferendo avea adescato il legno all' onda y
A poco a poco cresce e si rinforza ,
Poi- vien sìf che al nocchìer ne soprabbonda :
Che li vòlti la poppa al fin è forza ,
Se non , gli caccerà sotto la sponda :
Fer la schienai del mar tien dritto il légno ,
£ fa cammin diverso al suo disegno .
IO
Or corre a destra or a' sinistra nfi'ano
li qua di là dove fortuna spinge ,
£ piglia terra al fin pressò a Roano :
£ come prima al dolce lito attinge ;
Fa rimetter la siella a Rabicano ,
£ tutto s* arma e la spada si cinge :
Prende il cammino, ed ha seco quél corno
Che gli vài più che mille uòmini intorno.
£ giunse traver^liindo óna foresta
A pie d' un colle ad una chiara fonte \
Neir ora che il monton di pascer resta
Chiuso in capanna o sotto un cavo moiité:
E dal gran caldo e dalla sete infesta
Vinto si trasse V elmo dalla fronte:
Legò il destrier tra le più spesse fronde ,
E poi venne per bére alle fresche òàde«
N
44 CàATÓ Xilt.
Mqn àvea messo ancor le labbra in molle ^
Che un villauel che v* era asco^ appresso
Sbuca fuitr ci' una macchia e il Hestrier lolle ^
Sopra vi sale e se ne va cuti esso :
Aiilolfo il romor sente e il capo estolle,
£ poi che il danno suo vede si espresso ,
Lascia la fonte ^ e sazie senza bere
Gli va dietro correndo a pio potere.
Quel ladro non si stende a tutto corso ;
Che dileguato si saria di botto ;
Ma f or lentando or raccogliendo il morso ^
Se ne va di galoppo e di buon trotto:
Escon del bosco dopo un gran discorso ^
£ r uno e V altro alfin si fu ridotto
Là , dove tanti nobili baroni
£ran senza prigion più che prigioni.
Dentro il palagio il villanel si caccia \
Con quel destrier che i venti al coi'so adegua:
Forza è che Asltolfo , il qual lo scudo impaccia
L' elmo e V altr' arme ^ di lontan lo segua :
Pur giunge anch' egli; e tutta quella traccia
Che fin qui avea seguita s^ dilegua;
Che piij né Rabican né il ladro vede ,
£ gira gli occhi e in damo affretta il piede*
i5
Affretta il piede e va cercando in Tano
£ le logge e le camere e le sale :
Ma per trovar il perfido villano
Di sua fatica nulla si prevale :
I7cn sa dove abbia ascoso Rabicano ,
Quel suo veloce sopra ogni animale ;
£ senza frutto alcun tutto quel giorno
Cercò di su , di giì^ dentro e di' ìntorna/
.tu ti TO ttn. 15
"fi
Confuso « lasso d' aggirarsi tanto ,
S'avvide che quei loco era incautato ;
E dèi libretto eli' avea sempce decanto ^
Cbe Logistilia in India gli avea dato
Acciò elle ricadendo in nuovo incanto
Potesse aitarsi , si fu ricordato ,
Air indice ricorse , è vide tosto
A quante carte era il riniedic^osto ;
t)el palaz'/o incautato era diffuso
Scritto nel libro , e v' eran scritti i modi
Di fare il mago rimaner confuso
£ a tutti quei prigìon disciOrre i nodi .
Sotto la soglia era Uno spirto chiuso
Che facea quest' inganni e queste frodi }
£ levata la pietica ov' è sepolto ,
Per lui sarà il palazzo in fumo Jciolto^
Desideroso' di condurre a fine
Il Falaidin sì gloriósa impresa
Kon tarda più che il braccio non iuchine
A provar quanto il grave marmò pesa :
Come Atlante le man vede vicine
Per far che l' arte sua sia vilipesa ;
Sospettoso di quel che può avvenire
Lo va con novi incanti ad assalire.
19
Lo fa conile diaboliche sue larve
Parer da quel diverso che solea :
Gigante ad altriy ad altri un villan parve
Ad altri un cavalier di faccia rea ,
Ognun in quella forma , in che gli apparve
Nel bosco il Mago , il Paladin védea i
Sì che per riaver qUel che gli tolse
Il mago , ùgnunia al Paladin si volse .
56 CANT 6 XTLth
ao
Ruggier Gradasso Iroldo Bradaniante
Brandimarte Prasildo e altri guerrieri
In questo novo error si fero innante
Per distrugger il Duca accesi e fieri j
, Ma ricordossi il corno in quello istante^
Che fé loro abbassrar gli animi altieri ,
Se non si soccorrea col grave suono ,
Morto^ era il Paladin senza perdono •
ai
Ma tosto che si pon quel corno a bocca ,
E fa sentire intorno il suono orrendo }
A guisa di colombi quando scocca
Lo scoppio, vanno i cavalier fuggendo^
Noti meno al Negra monte fuggir tocca ,
Non men fuor della tana esce temendo ,
Pallido e sbigottito se ne slunga
Tanto che 1 suono orrifail non lo giunga v
sa
Fuggi il guardian coi suoi prigioni , e dopa
Delle stalle fuggir molti cavalli ;
Cll^ altro che fune a ritenerli era uopo^
E seguirò ì padron per vari calli .
In casa non restò gatta né topo
Al soon che par che dica , dalli dalli ,
Sarebbe ito con gli altri Rabicano ,
Se non che all' uscir veane al Duca in oiamy.
a3
Astolfo;, poi eh' ebbe cacciato il Mago ,
Levò di su la soglia il grave sasso ,•
E vi ritrovò sotto alcuna imnfógo ^ -
Ed altre cose che di scriver lasso :
£ di distrugger quello incanto vago^
Di ciò che vi trovò fece fracasso ,
Come li mostra il libro che far debbia y
E si sciolse il palazzo ia fumo e in nel^ift».
Ckìti 6 Xtit Sf
QdiTÌ trovò chef di càteoa d' ortf
Di Ruggiero il cavallo era legato i
Parlo di quel che 1 Negromante moro
Pi^r mandarlo ad Alcina gli avea dato ^
A cui poi Logistilla fé il lavoro
Del freno , ond' era in Francia ritornato^
E girato dall' India ali* Inghilterra
Tutto avea il lato destro della terra •
Hon 80 se vi ricorda che la brìglia ^
Lasciò attaccata air arbore , qdel gtoroto
Che lesta da Ruggier spari la figlia
Di Galafroue con sua doglia e scorno^
Fé il volante destrier , con meraviglia
Di chi lo vide , al mastro suo ritorno ^
£ con lui stette in fin al giorno sempref
Che deir incanto fur rotte le tempre .
jHon potrebbe esser stato più giocondo
D' altra avventura Astolfo che di questa ;
Che, per cercar la terra e il mar , secondo
Ch'avea desi r /quel che a cercar gli resta
£ girar tutta in pochi giorni il mondo
Troppo Vjenia questo Ippogrifo a sesta |
Sapea egli ben quanto a portarlo era atto;^
Che r avea altrove assai provato in fatta •
a?
Quel giorno in India lo p^rovò « che tolto »
Dalla savH) Melissa fu di mano
A ({tiella scellerata, che travolto
Gli avea in mrirto silvestre il viso umano ^
E ben vide e notò, come raccolto
Li fu sotto la briglia il capo vano
Da Logistilla , e vide come istrutto
Fosse Róggier di £irlo aadar per tutto','
5» CANTO tit*.
Fatto disegno T Ippogrifo torsi;
La sella sua che presso avea li messe ^
E gli fece^ levando da più morsi
Una edsa ed un' altra , un che lo resse ;
Cbé dei destrier che in fuga erano corsi }
Quivi attaccate eran le briglie spesse ,
Ora un pensier di Rabicano solo
Lo fa tardar che non si leva a volo.
D'amar quel Rabicano avea ragione;
Che non era un miglior per correr lancia ,
£ l'avea dalFestrènoa regione
Dell'India cavalcato insin in Francia,
Pensa egli molto, e in somma si disponef
Darne piuttosto ad un suo amico mancia ,
Che lasciandolo* quivi in su la strada
Se r abbia il primo che a passarvi accada 4
Stava mirando se vedea venire
-Pél bosco o cacciator alcun villana
Da cui far si potesse indi seguire
A qualche terra , è trarvi Rabicano :
Tutto quel giorno fin all'apparire
Dell'altro stette riguardando in vano,
L' altro mattin , eh' era ancor Y ster fosco f
Veder li parve un cavalier pel bosca.
3i
Ma mi bisogna , a' io vo dirvi il resto ,
Ch' io trovi Ruggier prima e Bradamante .
poi che si tacque il corno , e cb^ da questa
Loco la bella coppia fu distante;
Guardò Ruggiero, e fu a eoBOscep presta
Quel che fin qui gli avea nascoso Atlante,
Fatto avea Atlante che fin a queir ora:
Tra Icr non s'eran conosciuti a^ora .^
CÀifTÓ Xilf.
Bijggier riguarda Bradamante, ed ell^
Riguarda lui con alta maraviglia^
£ pria che il labbro sciolga' la favella |
Il cor d'entrambi parla in su le ciglia ,
Buggier la data fede rinovella y
E la sua fede a lui d' Amon la figlia {
£ dolca lor di tanti di perduti ;
Che non s'erano mai riconosciuti ^
33
Èradaniante disposta di far quanto
Fossa fare verso uom tergine saggia.
Si che r animo casto e '1 pudor santo
Alcuna macchia a soflferir non aggia ;
Dice a Ruggiero che col padre intanto
Trattar si vuol perchè V affar non caggia |
La faccia domandar per buoni mezzi
Al padre Amon ^ ma prima si battessi •
Buggier I che tolto avria aon solamente
Viver cristiano per amor di questa ^
Com'era stato il padre , e anticamente
L ' Avult> e tutta la sua stirpe onesta ^
Ma per farle piacere^ immantinente
Data le avria la vita che gli resta ;
Non che nell'acqua , disse, ma nel fòco
Per tuo amor porre il capo mi fia poco •
35
Per battezzarsi adunque^ indi per apoaa
La donna aver , Ruggier si mise in via
Guidando Bradamante a Vallombrosa y
Cosi fu nominata una badia
Bieca e bella né men religiosa
£ cortese a chiunque vi venia ^
£ trovaro all' uscir della foresta
Donna che molto era nel viso metU^
iSó CANTÒ XXil.
^^
Ruggier , ebe sempre uman sempre cortése
£ra a ciasc^uo , ma più alla doDuà mdlLtf }
Come le belle lagrime comprese
Cader rigando il delicato trotto ,
N' ebbe pietadé , e di desir s' accese
Jii saper il suo affanno : ed a lei volto'
Dopo onefifto saluto domandolle
Perchè avea si di pianta il viso motte.
Ed ella alzando i begli ùmidi rai
UmaAissimamente lì cispose:
£ la' ca'gion de' suoi penosi guai ,
Poi che le domandò > tcrtta gli espose':
Gentil sìgn<ìt*^ diss' ella , intenderai
Che queste gnafice son si lagrìmose
Per la pietà che a un giovinetto porto ,*
Ch'oggi presso' di qui uà spento a (orto;
1) giovinetto ad una figlia aveaf
Del re Marsilio tutto il cor rivotlo ,
lia qual non meno a lui fede facea
B' ugual fiamma d'amoi^e in petto accolto;
£ com' ei batteszata esseì^^volea ;
Che da gran tempo il desiava molto: )
Ma si secreta trama esser non pùnte ^'
Che a lungo alcun non la discopra énoté .
Se ne accorse uóo , e né parlò con dui p
Li dui con altri in fin che al re fu detto:
La fiinciulla a un véron da pressò a Aui
(Consigliava V al trier col giovinétto ;
Un sergente del re viene , e amendui
Divisamente fa porre in distretto ^
Kè credo per tótt'oggi ch'abbia spazio
n giovin che non mòra in pena e in strazia /
tEANTO XXn. §f
40
F]aggita me tie son per non vedere
Tal crudeltà ^ che vivo F arderanno:
ìfè co«a mi pqtrel^be, più dolere
(Glie * fsiccia di si b<el giovane il danno;
Me potrò aver giammai tanto piacere ,
Phe non si volga spbito ip affando
Chef della credei/ fiamoia nii rio^embri ,
Ch' ab]>ia are^i i belli e 4^^'^^^^ membri •
4^
^radamante pde> e par c^e a^sai le prema
Questa novella e inolto il cor le apnuoi :
Me par che non per qpel dannalo tt^ma.
Che se fosse uno de* fratelli suoi -,
Me certo la paura in tutto scema
Era di causa, com^ io dir<s| poi:
Si volse ell^ a Ruggierq ^ disse: parme
Che in favor di costici sien |e nostr*arme.
4^
^ disse a quella mest^ : io ti conforto
Che tu vegga di porci entro alle mura:
Che sp-'il giovane ancor non avran morto ^
Più nop r accideran : stanne sicura ;
• Ru^iero avjei^o il cor benigno scorto
Della sua donna e la pifstosa cura^
Sentì tutto infiammarsi di d^^^ire
Di noif la^ciarp il giovane iporìre.
43 ;
Ed alla ^^^pna, a cuj ^^^\i occhi cade
Un rio di piando, dice: or che s'aspetta?
Soccorrer qui , nop lagrimare acpade :
Fa che oye è questo tuo pur tu ci metta \
Di mille lance trar^ di mil)e spade
Tel promettiam, purché ci n^eni in fretta:
Ma studia il passo più che p^o^ : cb^ tavd^
Mon sia V aita ^ ^ intanto il focQ X^Lvà^ .
i% CANTO XXII. -
44
II' alto parlare e la' fiera sembiapsa
Di quella «oppia a maraviglia ardita
Ebbon di tornar forza la operativa
Colà , d' ònd' era già tutta fuggita ;
Ma perch' ancor più «he la lontananza ^
Temeva il ritrovar la yia impedita,
E che saria per questo indarno pres9»
Stava la donna in se tutta soppesa •
Poi disse allor : facendo noi la via
Che dritta e piana va fin a quel loco ,
Credo che a tempo vi si giugneria ,
Che non sarebbe ancorii acceso il fuoco :
Ma gir convien per così torta e ria ,
Che il termine d* un giorno saria poca
A riuscirne , e quando vi saremo
Che troviam morto il giovane nn tenace
46
TE» perchè non andiam, disse Ruggiero ,
Per la più corta ? e la donna rispose:
Perchè un Castel de' conti da Pontiero
Tra via si trova / ove un co^tunie pose
Non son tre giorni ancora , iniquo e ùe^a
A^ cavalieri e a donne avventurose
Pinabello, il peggior uomo che viva'
Figliuol del conte Anselmo d' Altativa.
Quindi né cavalier né donna passa
Che se ne vada senza ingiuria e danni :
TJ uno e V altro a piò resta ; ma vi lassa
\ Il guerrier V arme e la donzella i panni ;
Miglior cavalier lancia non abbassa ,
£ non abbassò in Francia già mult'anni^
Di quattro che giurato hanno al castello
J^a legge mantener di Pinabello.
CANTO XXir. 03
4»
Gpnie r usanza , che non è più antiqua
Pi tre di , cominciò vi vo narrare }
E sentirete se fu dritta a obliqua
Cagion che i cavalier fece giurare:
Piuabello ha ju^n». donna cosi inìqua
Cosi bestì^, che ài mondo è senza pare,
Che con kii^ non so dove^ addando un giorno
Ritrovò un cavalier che le fé scorno ,
49
Jì cavalier^ perchè da lei beffato
Fu d'una vecchia che portava in groppa,
Giostrò con Pinabel ch'era dotato
Di poca forza e di superbia troppa y v
Ed abbattello, e lei smontar nel prato
Fece, e provò se andava dritta o zoppa;
Lasciolla a piede, e fé della gonnella
J)i lei vestir ran^tica damigella*
5o
Quella che a pie rimase, dispettosa
E di vendetta ingorda e sitibonda,
Congiunta a Pinabel, che d'ogni cosa
Dove sia da mal far bene la seconda ,
If è giorno mai ne notte mai riposa ,
E dice che non Ga mai più gioconda ,
Se mille cavalieri e mille donqe
Kon mette a piedi: e lor toUe arme e gonne.
5i
Giunsero il dì medesmo, come accade ,
Quattro gran cavalieri ad un suo loco^
Li quai di rimotissime contrade
Venuti in queste parti eran di^aco}
pi tal valor, che non ha nostra etade
. Tanti dltri buoni al bellicoso gioco,
Aquilante Grifone e Sansonetto
^d un Guidon Selvaggio giovanetto.
**
«4 CAUTO jxn.
Pinabel con tembiaote aisai cortese
Al cartel , eh' io y' ho detto , li raccoke i
La notte poi tutti nel letto prese ,
E presi tenne, e prima noq li sciolse;
Che li fece giurar eh' un' anno e un niese ^
Questo fu appunto il termine che tolse ,
Sariano qqivi , e spoglierebbon filanti
Vi capitasson cavalieri erranti •
53
E le donzelle eh' avesson con loro
Porriano a piede e tòrrianlor le Testi:
Cosi giurar 9 e cos/costretti foro
A.d osservar , b^chè turbati e mesti ;
Non par che fin a qui contra costoro
Alcun possa giostrar che a pie non restia
E capitati vi sono infiniti
. Che a pie e aenz' arme se ne son partiti •
È ordine tra lor che chi per sorte
Esce fuor prima , vada a correr solo ^
Ma se trova il nimico cosi forte
Che resti in sella e getti lui nel suolo ;
Sono obbligati gli altri insin a morte
Pigliar r impresa tutti ili l|no stuolo :
Vedi or 9 se ciascun d^ e3s\ è cosi buono ,
Quel eh' esser de', se tqtti insieme sono .
poi non conviene alla importanzia nostra
Che ne vieta ogni indugio ogni dimora ^
Che punto vi fermii|te j^ quella giostra :
E presuppongo che vinciate ancora;
Che vostra s|lta presenzia lo din\ostra:
Ma non è cosa da fare in un*^ ora :
fld è gran diibbio che/1 giovane s arda
Se tutto oggi a' soccorrerlo si tarda.
CANTO XXII. 65
56
Disse Ruggier : non riguardiamo a questo ;
Facciam ìììà quel che si può far per nui :
Abbia chi regge il ciel cura del resto ^
£ le sorti ordinar lasciamo a lui:
Ti fia per questa giostra manifesto
Se buoni siamo d' ajutar colui
Che con si iniqua crudeltade e pazza
Si vuol ardere vivo in su la piazza.
Senza risponder altro la donzella
Si mise per la via eh' era più corta :
Più di tre miglia non andar per quella ,
Che si trova ro al ponte ed alla porta
Dove si perdon 1^ arme e la gonnella ,
E della vita gran dubbio si porta :
Ài primo apparir lor di sulla rocca
£ chi a due botti la campana tocca.
58
Ed ecco della porta con gran fretta
Trottando s^un ronzino un vecchio uscio ^
E quel venia gridando : aspetta aspetta ,
Restate olà , che qui si paga il fio :
E se r usanza non vi è stata detta
Che qui si tien , or ve la vo' dir io ;
£ contar loro incominciò di quello
Costume che serbar fa Pinabella»
Poi seguitò volendo dar consigli,
Com' era usato agli altri cavalieri :
Fale spogliar la donna ^ dicea , figli,
E voi 1* arme lasciateci e i destrieri ,
E Don vogliate mettervi a' perigli
jy andar incontra a tai quattro guerrieri,^
Per tutta vesti armi e cavalli s'iianno:
JLa vita sol mai non ripara it danao.
66 C4NTQ Xl^TI.
I^oii più 5 difse Ruggier, non più ; eh' in sctcif^
Del tutto iuforipatissniiQ, e (jut yenni
per far prova di me , se cosi buono
Di fatli son, come nel cor mi tenni:
Arnie vesti e cavallo altrqi non dono,
S' altro ijun s^oto che minacce e cenni:
E 60 ben certo ancor che per parole
11 mio compagno le sue dar non vuole»
6c
iià tu fa che senz' altro io vegga in fronte
Quei che ne voglion torre arme e cavallo ;.
Cli'abbiam da passar anco quel n\ontei
£ qui non si può far troppo intervallo.
Rispose il vecchio: eccoti fuor del ponte
Chi vien per farlo ^ e non lo disse in faUo^
Gh' un cjvalier n' uscì , che sopravveste
Vermiglie avea di bianchi Qor contesto*
Bradamante pregò molto Ruggiero
Che le laticiasse in cortesia l'assunto
Di gìttar dalla sella il cavaliero ,
Ch'aveajli fiori il bel vestir trapunto;
Ma non poilà impetrarlo , e fu mestiere
4 lei far ciò che Ruggier volse appunto^:
Egji voUe Tiimpresa tutta avere,
£ Bradamante «i stesse a vedere.
63
Ruggiero al vecchio domandò^ cl\i foss^.
Questo primo che uscia fi^o^ 4^11^ portaci
£ Sansouetlo, disa^^ cl^e {e russe
Vesti conosco e i b,iaachi^or che porta:
L' uno di qua Y altro di là si mosse
Senza parlarsi , ^ fu l' indugia corta ;{
Che s'andaro a trovar coi ferri bassi
Mollo afF^etLa^d^'i lor destrieri i pas^i.
calNto xxir. 67
In questo mezzo della rocca usciti
£raa con Pinabel molti pedoni^
Presti per levar V arme ed espediti
jU cavalier che usciali fuor degli arcioni :
Veoiansi incontra i cavalieri arditi
Fermando in su le rjeste i gr^n laociodi
Grossi due palmi di nativo cerre^
Che quasi erano uguali insino al ferro.
Di tali n' àvea più d'una decina
Fatto tagliar di su lor ceppi vivi
Sansouetto a una selva indi vicina ,
E portatone .due per giostrar quivi :
Aver scado e corazza adamantina
Bisogna ben che le percosse schivi :
Aveane fatto dar tosto che venne
L' uno a-Ruggier , V altro per sé ritenne.
66
Con questi che passar dovean le incudi ,
Si ben ferrate avean le punte estreme.
Di qua e di là fermandoli a gli scudi ,
A mezzo il cor^o si scontraro insieme :.
Quel di Ruggiero^ che i demoni ignudi
Fece sudar , poco del colpo teme :
Dello scudo vo dir che fece Atlante
Delle cui forale io v' ho già det^o innante.
67
Io v' ho già detto che con tanta forza
1/ incantato splendor negli occhi fere ,
Che al discoprirsi ogni vecluta ammorza ^
E tramortito V uom fa rimanere :
Perciò, s'un gran bisogno no lo sfoi^za ,
D' un vel coperto lo solea tenere :
Sì crede ch'apco impenetrabil fosse, >^
Poi che a questo scontrar nulla si mosse.
01 CANTO XXIL
68
L' akro eh' ebbe l' arteBce men dotta %
Il gravissimo colpo non soSi;rse :
G)me tocco da fulmine, di botto
Die loco al ferro , e per mezzo, s' aperte :.
Die loco al ferro , e quel trovò di sotto
Il braccio^ che assai mal si ricoperse ,
Sì che ne fu ferito Sansonetto,
E della sella tratto a suo dispetto;
^ questo il primo fu di quei compagni
Che quivi mantenean l'usanza fella ,
Che delle spoglie altrui non fé guadagni j^
£ che alla giostra usci fuor della sella:
Convien chi ride anco talor si lagni ^
E fortuna talor trovi ribella :
Quel della rocca replicando il botto j,
Ne fece a gli altri cavalieri motto.
S'era accostato Pinabello intanto
A Brada man te per saper chi fusse
Colui y che con prodezza e valor tanto.
Il cavalier del suo Castel percusse :
La giustizia di Diq^ per darli quanto
Era U marito sup^ ve lo condusse
Su quel destrier medesimo che innante
Tolto avea per inganno a Aradam9ixte^
_ . 7»
fornito appuotoiera l'ottavo mese
Che cop lei ritrovandoci a camolino ^
Se vi ricorda , questo maganzese
La gittò nella toìnba di Merlino,
Quando da morte uo ramo la difese
Che ceco cadde^ anzi il suo buon destino,:
F' trassene y credendo nello speco
ph' ella fosse aepolta , il des^trier seco •
CANTÒ XXII. te
'/a
pradamante conosce il suo cavallo ^
E coiiosce per lui V iniquo conte :
£ poi ch'ode là voce e Viciào hallo
Con maggior attenzion mirato in fronte ;
Questo è il traditor , disse, sen^a fallo ,
Che plrocacciò di farmi oltraggio ed onte :
Ecco il peccato suo che Tha condotto
Ove avrà de' suoi hierti.il premio tutto«
Il minacciare e il por mano alla spada
Fa tutto un tempo è lo avventarsi a quello :
Ma innanzi tratto gli levò la strada ,
Che non potè fuggir veì*so il castello ;
Tolta è la speme che a salvar si vada >
Come volpe alla tana , Pinabello;
Egli gridando senza mai far testa
Fuggendo si cacciò per la foresta.
Pallido e sbigottitd il nàiser sprona )
Che posto ha nel fuggir V ultima speme ;
L'aninàoSa donzella di Dorddna
Gli ha il ferro ai fianchi e lo percoté e pretbè ;
Vien con lui sempre e mai non V abbandona ;
Grand' è il remore e il Bosco intorno gemei;
Nulla al Castel di questo anco s'intende,
Però che ognuno a Ruggier solo attende:
&li aiiri tré caVàlier della fortez^
Intanto erano usciti in sulla via ^
Ed aVean secò quella male avvezza /
Che v' avea posto la costurna ria ;
A ciascun di lor tre y che '1 morir prezzai
Pili che aver vita che con biasmo sia ,
Di vergogna arde il viso e il cor di duolo,*
Che ta nti ad assalir vadano un aoìo:
[
7# CANTO XXir.
La inviperata donna , ch'avea fatto
Per quella iniqua usanza ed osserva ria
Il giuramento lor ricorda é ii patto
Ch'easi fatto le avean di vendicarla ;
Se sol con questa lancia te li abbatto ,
Perchè mi vuoi con altre accompagnarla ?
Dicea Guidon Selvaggio, e s'io non mento,
Levami il capo poi , eh' io son contento.
77
Cosi dicea Grifon , così Aquilante ;
Giostrar da solo a sol volea ciascuno,
E preso e morto rimanere innante
Che incontra un sol volere andar più d' uno;
La donna dióea loro ; a che far tante
Parole qui senza profitto alcuno 7
Per torre a colui l'arme io v'ho qui tratti,
Non per far nuove leggi e nuovi patti.
Quando io v'avea in prigione era da Tarme
Queste scuse , e non ora che son tarde ;
Voi dovete il preso ordine servarme.
Non vostre lingue far vane e bugiarde j
Ruggier gridava lor; eccovi Tarme
Ecco il destrier eh' ha nuova e sella. e barde,
I panni della donna eccovi ancora;
Se ii volete., a che più far dimora?
La donna del caste! da un lata preme ,
Ruggier dall' altro li chiama e rampogna
Tanto che a forza si spiccaro insieme,
Ma nel viso infiammati di vergogna ;
Dinanzi apparve T uno e l'altro seme
£lel marchese onorato di. Boro<)gna ;
Ma Guidon di'* più grave ebbe il cavallo
Yeuia lor dietro cou poco intervallo.
fcÀWftO XXlf. yj
dòn la niedesim' asta , con cHé avpà
Sansonetto abbattalo^ Rii^gi^r viene
Coperto lo scudo che solea
Atlante aver su ì monti di Pi rene ;
Dico quello incantalo che splend«a
Tanto, che uaiaiìa vista noi sostiene,
A cui Ruggier per T ultimo* soccorso
Sei più gravi perigli avea ricorso»
. Si
Benché sòl tré fiate bisognoUi ,
E certo in gran periglio, dsariie il lume ;
Le pripie due quando dai regni molli
Si trasse a più lodetole costume ,
La terza quando t deilti aial satoll'i
Lasciò dell'Orca alle marine spume,
Che dovean divorar k disolata
Angelica sili lido al mar legata.
Fuor che queste tré volte , tutto '1 resto
Ld tenea sotto un telo in modo ascoso ,
Che a discoprirlo esser potea ben presto
Che del suo ajuto fosse bi.sognoso ;
Quivi alla giostra he venia con questo ,
Compio v'ho detto ancor ^ cosi animoso,
Che quei tré cavalier che vedea innanti
Manco téiùea che pargoletti infanti,
AUggier scontra Grifone óve la jpenna
Dello scudo alla vista si congiùnge ;
Quel di cader da ciascun lato accenna ,
Ed alfin cade e resta al destrier lunga ;
Mette' allò scudo a lui Grifon V antenna ,
Ma pet traterso e non per dritto giunge ;
t perchè lo trovò forbito e netto,
L'andò strisciando e fé contrario effetto.
^1 CANTO Xill.
Ruppe il velo e squarciò che gli copria
Lo spaventoso ed incantato lampo^
Al cui splendor cader si convenia
G)n gli occhi cieci^ e non vi s'ha alcun scampo:
Aquilante che a par seco venia *
Stracciò Tavaazo e fé' lo scudo vampo:
Lo splendor ferì gli occhi ai <fue fratelli
Ed a Guidon che correa dopo quelli .
85
Chi di qua , chi di là cade, per terra :
Lo scudo non pur lor gli occhi abbarbaglia ,
Ma fa che ogni altro senso attonito erra :
Ruggier che non sa il fin della battaglia ,
Volta il cavallo , e nel voltare afferra
La spada sua che si ben punge .e taglia ,
E nessun vede che gli sia all'incontro}
Che tutti eran caduti a quello scontro •
86
I cavalieri e insieme quei che a piede
Erano usciti e cosi le donne anco
£ non meno i destrieri in guisa vedej
Che par che per morir battano il fianco:
Prima si maraviglia , e poi s' avvede
Che '1 velo ne pendea dal Iato manco;
Dico il velo di seta, ili che solea
Chiuder la luce di quel caso rea.
Presto si volge", e nel voltar cercando
Con gli occhi va l'amata sua guerriera,
E vien là dove era rimasa quando
La prima giostra cominciata s'era:
Pensa che andata sia , non la trovando,
A vietar che quel giovane non pera ,
Per dubbio ch'ella ha forse che non s'ard»
In questo mezzo che a giostrar si tarda*
Cìnto xtiì.
88
f^fa gli altri che giacean vede la donila^
La donna che V avea quivi guidato :
Dinanzi se la pon , si come assonna ,
E via cavalca tuito conturbato;
i)' un manto eh' essa avéa sópra la gonnl
Poi ricoperse lo scudo incantato^
E i sensi riaver le fece , tosto
Che '1 nocivo splendore ebbe nascosto.
Via se ne va Riìggier con faccia rossa
Che per vergogna di levar non osa ,
Li par che ognuno improvérar gli possa
Quella vittoria poco gloriosa ;
Gh' emenda poss^ io fare , onde rimossa
Mi sia una colpa tanto obbrobriosa ?
Che ciò eh' io vìnsi mai y fu per favore ,
Diran ^ d' incanti e non per mio valore^
Mentre così pensando seco giva ,
Venne in quel che cei*cava a dar di cózto}
Che in' mezzo delh strada soprarriva
Dove profondo era cavato un pozzo ;
Quivi r armento alia calda ora estiva
Si ritraea poi gli' avca pieno il gozzo ;
Disse Ruggier ; or provveder bisogna
Che non mi facci , ^udo , più vergogna.
Più non starai tu meco ; e questo sia
L'ultimo biasmo eh' lu d' averne al mondo j
Cosi dicendo , smonta iella tia ,
Piglia una grossa pietra è di gran pondo
E la lega allo scudo , ed ambi invia
Per l'alto pozzo a ritrovarne il fondo ^
£ dice ; costà giù statti sepulto,
£ teco stia sempre il mio obbrobrio acciiltflr^
jf4 tAKTTd XSII.
U pozzo è cava e pieno al sommo d' ao<{ùé,
' Greve è lo snido e quella pietra greve ;
Non sì fermò fin che nei fondo giacque:
Sopra si rbiuse il liquor molle e lieve;
Il nobìl atto e di splendor non tacque
La vaga fama e divulgollo in breve ,
E di'fomot n'empì sonando il corno
E Francia e Spagna e le province intorno.
93
Poi che di voce, in voce si fé questa
Strana avventura in tutto il mondo ùnta j
Molti guerrier si niisero a l' inchiesta
£ di parte vicina e di remota ;
Ha non sapean qual fosse la foresta
Dove nel puzzo il sacro scftdo nuota ,
Che la donna che fé Tatto palese
Dir mai non volle il pozio tìè il paese.
Al partir che Rnggier fé dai castello ,
Dove avea vinto con poca battaglia ;
Che i quattro gran campion di Pinabella
Fece restar come uomini di paglia :
Tolto lo scudo, avea lavato quello^
Lume che gli occhi egli animi abbarbaglia:
E quei che giacinti eran come morti ,
Pieni di maraviglia, eràn risorti.
liè per tutto qtTel giorno si favella
Altro fra lor che c/ello strano caso,
£ come fu che ciascun d' essi a quella
Orribil luce vint^ era rimaso :
Mentre parlan diquesto , là novella'
Vien lor di Pina)lel giunto a V occaso ;
Che Pinabello è taorto hanno T avviso ^
Ma non sanno però chi V abbia ucciso.
CANTÒ XX». ^5
96
li* ardita firadamante in questo mezzo
Giunto avea Pinabello a un passo stretto >
E cento volte gli avea fin a mezzo
Messo il brando pei fianchi e per lo petto:
Tolto eh' ebbe dal mondò il puzzo e il Ic^zzd
Che tutto intorno avéa il pae^e insetto ;
Le spalle al bo^co testimonio vols<*
Con quél destrier che già il fellon le tolstf^
Volle tornar dove lasciato avea
Boggier j tìè seppe mai trovar la strada ;
Or per valle or per monte s'avvolgea;
Tutta quasi cercd quella contrada )
Non volle mai la sua fortuna rea
Che via trovasse ^ onde a Ruggier si vada ^
Questo altro canto ad ascoltare aspettò
Chi della istoria mia prende diletto*
i*«MM«MMMa«MM«IMrtMM
AIfNOT\2!lONI AL CANTO XXiL
4^^ 1» gli onor* summi. Latinismo sfuggito agli editorr
Ae' Vocabolari. Dante Infer. C. 7 ▼. 119.
E /anno pullular ^uest* acefua al summo .
1^/. ivi. trenta nummi. Voce par essa latiiia ma regi*
strata in amendue i vocabolari con però questo solo esempio
dell' Ariosto . £ osservabile ana vòlta per sempre che la poe«
sia é debitrice in alcuni incontri ora di on certo decoro è or
di sostegno e di grazia ancora e di avvenevolezza alla intro-
duzione fatta da autorevoli autori di latine voci nel toscano
idioma .
\ St. ikfi. Tpermestra*. sorella' di quaranta nove figlie di
Banao le quali assassinarono in una notte tatti i l«ro mariti^
ed ella salvò il suo .
St, g, tfe non , gli caccerà sotto la sponda^ Quello. g/i ^
terzo caso e si riferisce al nocchiero , quarto cbmo è la spon*
da^ primo caso iAitxt^gfik^ il vento ch^ ioprabbijnda '^ fit
affenderà il kgifo •
7* . ... V >;•
St. IO. jél dolce liió attinge : approda . Pr. jaeop. T. t;
fto. 5*
PaMsa H del lutto stellato ,
Ed attinge allo sperare .
Altri leggono il dolce lito attinge : tocca .
St. ì ', Non avea messo ancor te èabbra in molle x doé
atea immerso le labbra nell' acqua .
^ ' St, li. dopo Un gran discoì'so\ dopo ayer molto ag-*
girato.
Sti i5. mdla si prevale*, niente profitta.
St. i^» era diffuso scritto; diffuso è qai aTrerbio;
difliisametìte. Così a modo di aTferbio dicesi ; parlò chiaro
•ehietto osearo , andò dritto difilato; e di quest' altìma Toce
Il Voc. Ed. Ver. apporta il seguente esempio decisiro. Lasc.
Parent, i. i .H. Ella ne verrd difilato a voi .
1^/. 21. Èe ne slunga: si dilunga s' allontana. £ un lomi-
bardisrao aiicbe del Bet'ni ricevuto nel Voc. Fior.
St, 22. In casa non restò gatta né topo. Questo Terso
ècandolexzò già qualche ipocundrìco, e fuvvi chi seriamente
Scrisse contro a questo sdrucciolar del Poeta allo stil troppo^
timìle e famigliare. Per altro la diseriìone della città riraasà
perfino senaa gatti né topi non può essere portata piò in là ;
è r Ariosto , quando glie ne venga il taglio , fa sempre à
tnodo della piacevol sua indole « e lascia dire^
St. 33. vago : desioso.
St. ivi. fece fracasso : fece in petzi minò distrusse.
St. 26. a setta : in acconcio al bisogno. Metafora tratte
dallo strumento meccanico della sesta o seste o compasso*
the dir piaccia.
St. 28. li nteise : gli potè.
St. 29. Se /' abbia il primo che a passarvi accada :
cui accada passarvi: sintassi particolare e forse vtAco 6
idiotismo.
St. ^o. Che faccia di sì bel giovine il danno ; di quello
ciìe mi addolori il male di sì bel giovine.
St. 43* l^^ studia il passo. Studiare il passo è affret-
tarlo. Così Dante Purg. C. XXVI l v. 62,
Non v' arrestate , ma studiate il passo.
St. 44* ^Ifl^ofì di tornar forza la speranza ; ebbero
forza di richiamare la speransa. Quel ierso per là mala sua
tessitura fu riprovato gii da' censori.
St. 46 A' cavalieri e donne avventurose ; cavalieri av-
venturieri e donne avventuriere. L'uno e l'altro vocabola-»
rio non danno che questo solo esempio dell' Ariosto.
St. 49> ^ provò se andava dritta o zoppa. Vedi 1' an-
tiot. St. XXIl.n. II.
Sti S2. Fi capitasson , e St; seguente eh' avesson ; par«^
f7
^icolarìtà di desinenze poetiche in luogo di eapitasser^L
^vesserò.
Si. 57. E chi a due botti la campana toccai è chi topr
ea la campana a martello.
òV. 59. La uita sol mai non ripara il danno ; estinta
fion li ravTÌTa uè f\ res^^^a.
St' 61. intt rifallo *, intrattenimento.
fit, 6S, indugia \ ìtìóìì^o dìinor^,
St, 66. 1 demoni ignudi ^ come i ciclopi di Virg. Eneide
1^. Vili. Y 425
Brontesque Steropesqueet nudus membra Pyracmon^
St, 70. pereusse ; latinismo ; p^TCosse.
St. 79. /' uno e V altro seme ; gli due figli A.qailante ^
e Grifone già nominati.
St,ì\\. dai regni molli ; di A Icina C. Vi I.
Sf. Sa. «5st;r ^ore<f ben presto Che \ in rect dj hc^
presto , tosto che.
St. 8B. 5I come assonna : ti addormentata com' ella è \
pella €|oal gaiea usò Dante lo ft^s» Terbo. Farad. G. VU*
verso i3-
jda quella reverenza pke s* if^lonna
Di tutto me , pur per B e per ICE
Ufi richiama come r uom eh* assonna»
S(. 90. A dar 4^ cozzo j a incontrarsi. . Dante Farg.
C. ?:VI. T. IO.
Sì come ciego va dietro a sua guida
Per non smarrirsi e per non dar di cozzo.
Sembra però che la propria significazione di (|\iella forn\%
^ dire sia di tartar nella intoppo.
St. 93. nuota ; propriamente no , ma t^ol intender^
«he é in moUe.
Sf» 94* ^^^^ uomini di paglia ; detto piaceyoline^tf^
CANTO XXHl-
ARGOMENTO
Cài mal Ja male aspetti^ eom* a^s^eniUo è a Pina hello sot^
preso e ucciso da Bradamante , eh* egli si credeva aver
morta e seppellita nella spelonca. Di colui i^ndicata ritor-^
Ha addietro per dos^e a^ea lasciato Ruggiero; ma non le
vie^/atto (ti ritrovarlo. Incontrasi in quella ^ece in Astol^
fo j che divennlo signore dell* Jppogri/o e volendo valersene
a gir per l' aria , Te consegna a custodire il suo Rabicano ,
e su V. altro si leva a volo. Ella tuttavia rintracciando né
riuscendole mai V intento d'aver spia di Ruggiero , quando
da ultimo pensava recarsi aV allombrosa, dove avria dovuto
esservisi egli avviato ; è costretta rinutitrrsi in Montalbano,
Non si potendone partir ella poi^ manda a quella badia
la sua Ippalca guidando a mano il frontino . cavallo tan^
to caro a Ruggiero e riccamente da lei guarnito ; ma Ro"
domonte a mezzo il cammino sopravvenendole , se lo toglie
e via passa. Zerbino con Gabrina giungono là dove giacea
U cadavere di Pinabello. Costei lo dinimzia al padre di
ini conte Anselmo come uccisore del figlio ; Zerbino e pre-^
so perciò e condotto al supplicio. Orlando da un vicin pog'
fio , dov' era arrivato con Isabella , veduto quello appa--
recchio di morte , s' accosta , e saputone da Zerbino i stèsso
4Pom* era il fatto y mena le mani a strage de* Maganztii ;
lo libera' t è gli consegna la tanto da lui lagrimata sua spo»
sa creduta morta.. Ite congratulazioni e le allegrezze del
fausto incontro sono interrotte da Mandricardo che viene
€ si batte con Orlando , e lungi assai trasportato dal ca^*
vallo rimastogli senza briglia ; se ne provvede levandole a
quello su cui Gabrina di là passava. Orlando noi veggen-^
do ricomparire , s'accomiata dalli due sposi , e dopo molta
averlo cercato per affrontarsi , un tiì alfine si posa su l'er-
be fresche presso ad un rio poco distante da* pastorali abi»
turi. Condottovi dai Poeta 9 incomincia qui V ammirabile
intreccio e successione di eause , ^ìH^ peggior dell* altra y
per cui l* infelice da prima ondeggia fra speranze e timo'
ri ; poi da questi alla disperazione , indi passa al furore
di smisurata pazzia , della quale sì noverano alcuni efftt"
ti in questo , e altri leggonsi nel canto seguente.
/
If
c| ik N T o xitin
Volte il ben far seuza il t^up premio 69 :
T^ se è pur «enz^ , a I men non te oe accada
Morte Ile danno ne ignominia ria ;
Chi nuoce altrui, tardi o per tempo cad^
11 debjto a scontar che non s' obliai ;
Dice il proverbio che a trovar si yaano
Qli uomini spessore i monti ^ fermi stanno^
Or vedi quel che a Pinabello avviene
Per essersi .pprtato iniquamente :
E giunto in somma alle dovute pene
Dovute e giuste alla sua ingiusta mente;
£ Dio , che le più volte non sostiene
Veder patif*e a torto un innocente ,
Salvò la dolina e salverà ciascuno
Che d'ogni fellonia viva digiuno •
3
Credette Pinabel questa donzella
Già d' aver morta e colà giù sepulta :
Uè la pensava mai veder ; non eh' elU
Qli avesse a tor degli error suoi la multa.
Né il ritrovarsi in mezso le castella
Del padre in ^Icun util gli risuUa:
Quivi Altaripa era tra i monti fieri
Vicina al lenitorio di Pontieri.
•o CANTO XXin.
Tenea quell' Altaripa il vecchio conte
Anselmo, di chi usci questo malvagio^
Che per fuggir le man di Ghiaramonte,
D'amici e di soccorso ehbe disagio:
Lia donna al traditore a pie d' un monte
Tolse l'indegna vita a suo grand' agio;
Che d'altro ajuto quel non si provvede^
Che d'alti gridi e di chiamar mercede^ •
5
Morto ch'ella ehbe il falso cavaliero
Che lei voluto avea già porre a morte.
Volse tornare ove lasciò Ruggiero;
Ma non lo consenti sua dura sorte ;
Che la fé traviar per un sentiero ,
Che la portò dov'era spesso e forte
Do Ve più strano e più solingo il hosco.
Lasciando il sol già il mondo a l' aer fosca
6
fiè sapendo ella ove potersi altrove
La notte riparar , si fermò quivi
Sotto le frasche in su l'erhette nove.
Parte dormendo fin che il giorno arrivi ^^
Parte mirando ora Saturno or Giove
Venere e Marte e gli altri erranti divf;
Ma sempre o vegli o dorma con la mente
Contemplando Ruggier come presente.
7
Spesso di cor prefondo ella sospira
Di pentimento e di dolor compunta ,
Ch'ahbia in lei più che amor potuto Tira:
L'ira^ dicea , m' ha dal mio an^or disgiunta :
Al men ci avessi io posto alcuna mira ,
Poi ch'avea pur la mala impresa assunta^
Di saper ritornar d' ond' io veniva ;
Che ben fui d' occhi e di memoria priva !
CAKTO XXIIK 8i
Queste ed altre parole ella non tacque ,
E molte più ne ragionò col core:
Il vento intanto di sospiri e Tacque
Ì)i pianto facean pioggia e di dolore :
Dopo una lunga aspèttazion pur nacque
In Oriente il desiato albore;
Ed «Ha prese il suo destrier che intorno
Giva pascendo , ed andò contra il giorno.
Ne molto andò che si trovò all' uscita
Del bosco , ove pur dianzi era il palagio ,
Là dove molti di Tavea schernita
Con tanto error V incantator malvagio :
RitrovQ quivi Astolfo, che fornita
La briglia all'Ippogrifo avea a grand' agio^
E stava in gi:an pensier di Rabicano
Per non saipisre a chi lasciarlo in mano.
10
A caso lo trovò che fuor di testa
L' elmo allor s' avea tratto il Paladino ;
Sì che tosto, che usci della foresta ,
Bradamantc ccMXobb^ il suo cugino;
Di lontan salutoUo, e con gran festav
Li corse e l' abbracciò poi più vicina
E nominossi ed alzò la visiera
E chìai:amente fé yeden chi ella. era...
iljfon potea Astolfij ritrovai persona^
A chi il suo Rabican meglio lasciasse y
Perchè dovesse averne guardia buona
E renderglielo poi come tornasse,
Dells^ figlia del duca di Dordona :
E parvegli che Dio glie la mandasse :
Vederla yolentier sempre solea ,
Ala pel bisogjao/oc più ch'egli n'avea..
6
»v CANTO, XXflL
Pa poi che due o Ire vt^lte ritornali
Fraternamente ad abbracciar si foro,,
£ si fur l'uno e l'altro domandati
Con molta affezion dell'esser loro;
Astolfo disse : ormai se dei pennati
Vo'l paese cercar, troppo dimoro;
Ed aprendo alla donna il suo pensiero,
Veder le fece il volator destriero.
Jk lei non fu di molta meraviglia
Veder^ spiegare a quel destrier le pennf ;|;
Che altra volla y reggendoli la briglia
Atlante incantator, contra le venne
E le fece doler gli occhi e le ciglia ;
Sì fisse dietro a quel volar le tenne
Quel giorno che da lei Ruggier lontano
Portato fu per cammin lungo e strano,.
«4
Astolfo disse a lei che le volea
Dar Rabican che sì nel corso aflfretta ,
Che se scocca ndot 1* arco si movea ,
Si solca lasciar dietro la saetta,
E tutte Tarme ancor quante n'avea;
Che vuol che a Mont' Alban gliele rimetta.,^
E glie le serbi fin al suo ritorno ;
Che non gli fanqo or di bisogno intornoi^
Volendosene andar per l'aria a volo
Aveasi a far quanto potea più. lieve;
Taensi la sparla e il corno, ancor che solò,
IV^siargli il corno ad ogni rischio deve :
Bradamanle la lancia, che il figliuola.
Porlo di Galafrone, anco riceve:
I^a lancia che di quanti ne percote
Fa le stelle Fó-star subita vote.
e ^ N T O XXm. 81
Salito Astolfo sul destrier volante
Lo fa mover per Taria lento lenta;
Indi lo caccia si, che Bradamante
Ogni vista ne perde in un momento :
Cosi si parte col pilota innante
Il nocchier che gli scògli teme e il vento ;
£ poi che '1 porto e i liti a dietro lassa ,
Spiega' ogni vela e innanzi ài venti passa^
lia donna poi che fu partito il Duca,
Riniase in gran travaglio della meiìte ;
Che non sa come a Mont' A.Ibiin condor
L' armatura e il destrier del suo parente
Però che '1 cor le coce e le ma nuca
L'ingorda voglia e il desiderio ardente
Di riveder Ruggii, clie se non prima,
A Yailombrosa ritrovarlo stima.
Stando quivi sospesa per ventura
Si vide innanzi giungere un villana.
Dal qual fa. rassettar quell'armatura
Come si puote e por su Rabicano;
Poi di menarsi dietro li die cura
I due Cavalli , un carco e V altro a mana :
Ella n'àvea due prima , eh' avea quella
Sopra ilqùàl kvò, l'altro a Pinabello,
I)i Vallombrosa pensò, far la strada ;
Che trovar quivi il suo Ruggiero ha spen
Ma qual più breve a qual miglior vi vad;^
Poco discerné è d' ir errando teme ;
II villan non avea della contrada
Pratica molta, ed erreranno insieme:
i
Pur andare a ventura ella si messe
Dove pensò che 1 loco esser dovesse.
•4 CAK.Taxxni.
Pk.quji di là si volse , né per^ojasi.
lacontrù.niai da domandar la via :
Si trovò, uscir del bosco in sulla nona..
Po ve uii caste] ppco lontan scopria
11 qual la cima a un mouticel corona :
Lo mira , e Mont* Alban le par che sia ;
Ed eira certo Mont' Albano , e in quello
Avea la madre ed alcun st\o fratello.
ai ' '
Come la donna conosciuto ba il Ipco.,
Nel cor s'attrista q^ più eh* io non so dire^
Sarà scoperta se si ferma un poco
ISè più le sarà lecito partire ;
Se non si parte , V amoroso foco
L' arderà sì , che le farà morijre ;
Non vedrà più Buggier né farà cosa
Di qujel eh' era ordinata a VallombrusjEi, ^^
Slette alcpanto a pensar ; poLsi risolse
Di voler dare a Mout^ Alban le spalle,
£ verso la badia pur sì rivolse ;
Che quindi ben sapea qual era il calle ;^
Ma sua fortuna , o buona o trista , volse
Che prima eh' elja ^scisse della valle
Scoutcasise Alardo uiji de' fratelli sui ,
Né tempo, di celarsi ebbe da lui •
a3
Veniva da partir gli alloggiamenti
Per, quel contado a' cavalieri e a' fanti ;,
Che ad istanzia di Carlo nove genti
Fatto avea delle terre circostanli ;
1 saluti e i fraterni abbracciamenti
Con le grate accoglienze andaro.innanti,
E poi di molte cose a paro a paro
Tra lor parlando in Mont' Alban tornaro,^
CANTO XXUT. 9Ì
c^trò la bella donna in Mont' Albano ,
Dove ravea coil lagrìmosa guancia
Beatrice mollo desiata iti va fio
E fattone dercar per tutta Francia:
Or quivi i baci 'e il giunger matto a niarió
Di tutta laTamiglia hott far ciancia ;
Che tutto ijuel lignaggio era d'amore
llaro esempio non mea che di valore.
Ifon potendo ella andar, fece pensiero
Che a Vallòntibro^a altri in suo nome aildasàé
Immantinènte ad kvvisar Ruggiero
Della cagion che andar lei non lanciasse 3
E lui pregar, s' era pregar Sestiero ,
Che quivi per suo aiiior si battezza^jse,
E poi venisse a far q\iàhto era detto, ,
Si che si dedàe ài matrimonio effetto i
; -^^^ -
Pel medesimo messo fé disec^hò
Di mandare a Ruggier il suo cavallo ^
Che gli solea tanto esser caro , e degno
D' eissergli caro era bon senza fallo ;
Che non s' avria trovato in tutto '1 regnò
Dei saraèih ìiè sotto il signor gallo
Pili bel destrier di questo o più gagliardo j
Eccètto BrigliadoV solo e fiajardo;
Buggiér quel dì che troppo audace scése
Suir Ippogrifo e verso il ciel levosse,
Lasciò Frontino, è Bradamante il prese ,
ì^'rontiho; che '1 destrier cosi liomosse .
MandoUo a Moht' Albano, e a buone spè^é
Tener lo fece fe niai non cavaìcosse
Se non per breve spazio e a pìcciol passo}
Si cb^ èra più che mai lucido e grasso < ,
86 CANTO XXIIL
Ogni sua donna tosto ogni donzella'
Pon seco in opra y e con sotti 1 lavoro
Fa sopra seta candida e morèlla 7
Tesser ricamo di finissim'oro:
E di quel copre ed orna briglia e sella
Del buon destrier , poi sceglie una di loro
* Figlia di GallitreGa sua nutrice ^
D' ogni secreto suo fida uditrice •
Quanto Rnggier T ek*a nel core impresso
Mille volte narrato avea a costei :
La beltà la virlude i modi d^ esso
- Esaltato le avea fin sopra i dei:
A se e biamolla e disse : miglior messo
A tal bisogno elegger non potrei.
Che di te^ più fido uè più saggio
Imbasciator, Ippalca mia y non aggio •
3o
Ippalca la dozella era nomata :
Va , le dice , e le insegna ove de* gire >
E pienamente poi V ebbe informata
Di quanto avesse al suo signor^ a dire,
E far la scusa se non era andata
Al monaster, c\\e non fu per mentire )
Ma che Forturia che di noi potea
Più che noi stessi da imputar s'avea «
Montar la fece s* un ronzino, e in mano
La ricca brìglia di Frontin le messe:
E se si pazzo alcuno o si villano
Trovasse che levar glie lo volesse;
Per fargli a una parola ilcervel sano^
Di chi fosse il destrier sol gli dicesse ;
Che non sapea si ardito cavaliero ,
Che non tremasse al nume di Ruggiero «
Tiì molle cose T ammonisce e molle
Glie trattar con Ruggiero abbia in sua voce ;
Xe quai poi eli* ebbe Ippalca ben raccolte ^
Si pose in via né più dimora fece:
Per strade e campi e selve oscure e folte
Cavalcò delle miglia più di diece;
'Che non fu a darle noja chi venisse
Kè a domandarla pur dove ne gisse •
% mezzo il giorno nel calar d' un monte
In una stretta è raalagevol via
Si venne ad incontrar con Rodomonte
Che armato un picciol nano e a pie segala {
Il Moro alzò ver* lei l'altera fronte
E bestemmiò l'eterna Gerarchia ,
Poi che isi bel destrier sì bene ornato
Non avea in man d' un cavalier trovato .
Avea giurato che '1 primo cavallo
Torria per forza che tra via incontrasse :
Or questo è stato il primo è trovato hallo
Più bello è più per lui che mai trovasse :
Ma torlo a una donzella li par fallo ^
E pur agogna averlo e in dubbio sUsiàé^
Lo mira lo contempla e dice spésso ,
Deh ! perchè il suo signor non e con ^ssù :
35
Deh ! ci foss' egli , li rispose Ippalcà ,
Che ti furia cangiar forse pensiero :
Assai più dir te vai chi lo cavalca
Né lo pareggia al móndo altro guerrriero^
Chi è f le disse il Moì'ò , che sì calca
L'onor altrùi ? tìSpos' ella : Ruggiero;
È quel soggiunse : adunque il destrier vogliòj
Poi che a Ruggier sì gran campion lo toglio ^
88 CANtO XXm.
36
11 qual se sarà ver, come tu parli ,
Che sìa si forte e più d' ogni altro raglia ^
?Ioii che il destrier, ma la vettura darli
Converrammi , e in suo arbitrio fia la taglia^
Che Rodomonte io sono hai da narrarli ^
£ che se pur vorrà meco battaglia ,
Mi troverà ; che ovunque io vada o stia ,
Mi fa sempre apparir la luce mia .
Dovunque io vo si gran vestigio resta ^
Che non lo lascia il fulmine magggiore ,
Cosi dicendo avea tornate in testa
Le redine dorate al corridore ,
Sopra vi salta y e lagrimosa e mesta
Rimane Ippalca , e spinta dal dolore
Minaccia Rodomonte e li dice onta ;
Non r ascolta egli è su pel poggio montai
38
Per quella via dove lo guida il nano
Per trovar Ms^ndricardo e Doralice ,
Gli viene Ippalca dietro di lontana
£ lo bestemmia sempre e maledice^
Ciò che di questo avvenne altrove è piano ^
Turpin che tutta questa istoria dice
Fa qui digresso , e torna in quel paese
Dove fu dianzi morto il Maganzese ^
Dato avea appena a quel loco le spalle
La figliuola d' Amon che in fretta già,
Che v'arrivò Zerbin per altro calle
Con la fallace vecchia in compagnia ^
£ giacer vide il corpo nella valle
Del cavalier che non si sa chi sia ,
Ma come quel eh' era cortese e pia
Ebbe pietà del caso acerbo e rio ;
CANTO XilII. H
4o
Giaceva Pinabello in terra ispetito
Versando il sangue per tante ferite ,
Ch' esseìr doveailo assai se più di cento
Spade in sUa inorte si fossero unite :
Il cavalier di Scoria non fu lento
Per r orme che di fresco eran scalpiti
A porsi in avventura se potea
Saper chi V omicidio fatto avea .
4»
Ed a Gabrina dice che V aspette ^^
Che senza indugio a lei farà ritorno j
Ella presso al cadavero si mette
E fissamente Vi pon gli occhi intorno >
Perchè se cosa v' ha che le dilette^
]^on vuol che un morto invan più ne 6ia adorno}
Come colei che fu , tra V altre note ,
Quanto avara esser più femmina puote«
4^
Se di portarne il furto ascosamente
Avesse avuto rtiodo o alcuna speme^
La sopravvesta fatta riccatìieiité
Gli avrebbe tolta e le beli' arme insième;
Ma quel che può celarsi agevolmente
Si piglia , e il resto sin al cor le preme :
Fra r altre spoglie un bel cinto levonne,
E se ne legò i fianchi in fra due gonne é
43
Poco dopo arrivò Zerbin eh' avea
Seguito invan di Bradamante i passim
Perchè trovò il sen tier che si torcea
In molti rami <ih' ivano alti e bassi j
E poco ornai del giorno rimanea.
Né volea al buio star tra quelli sassi ;
E per trovare albergo , die le spalle
Con r empia vecchia alla funesta valiti
^ e A N T Ó XXHfv
^ . , 44
Quindi presso -a due miglia ritrovaró
Un gran casiel, che fu dello Àltariva>
Dove per star la notte si ferniaro
Che già a gran volo verso il ciel saliva ;
Non vi ster mollo che un lamento amard
Le orecchie da ogni parte lor feriva ;
È veggon lagrimar da tutti gli occhi^
Come la cosa a tutto il popol tocchi •
45
Zerbino domandonne^ e li fu detto
Che venut' ers^ al conte Anselmo avvisò )
Che fra due monti in un sentiero stretto
&iarea il suo figlio Pinabello ucciso ;
Zerbin per non ne dar di sé sospetto,
Di ciò si finge novo è abbassa il viso ;
Ma pensa beU che $enza dubbio sia
Quel eh' egli trovò morto in sulla via ;
46
Dopo non molto la bara funebre
Giunse a splendor di torci e di facellé
Là dove fece le slrida più crebre
Con un batter di man gire alle stelle ^
£ con piò vena fuor delle palpebre \^
Le lagrime inondar per le mascelle;
Ma più dell'altre nubilose ed atre
Era la faccia del misero pat re.
Mentre apparecchio si facea solenne
Di grandi esequie e di funebri pompe ^
Secondo il modo ed ordine che tenne
L'usanza antica e che ogni età corrompe j
Da parte del signor un bando vende ^
Che tosto 11 popolar strepito rompe
È promette gran premio a chi dia avviso
Chi stato sia che gli abbia il figlio uccise^;
CANTO XlllL òt-.
Di ypce In voce e d' una in altra orecchia
li grido e il J)aiido per la tèrra scorse , '
,Fin tlie r udì la scellerata vecchia
Che di rabbia avanzò le tigri e r<;r5e ;
E quindi alla ruina s'apparecchia
Di Zerbino , o per l'odio che gli ha forse
O per vantarsi pur che sola priva
D'umanitade in uman corpo viva.
O fosse pur per guadagnarsi il premio,
A ritrovar n'andò quel signor mesto >
E dopo un verisimil suo proemio ,
Li disse che Zerbin fatto avea questo j
E quel bel cinto si levò di gremio , ^^
Che il miser padre a riconos^cer presto |'
Appresso il testimonio e tristo ufiicio
Deir empia vecchia , ebbe per chiaro indiciOè
5o
E lagrimando, al ciél Ifeva le mani
Che il.figliuol non sarà senza vendetta:
Fa circondar V albergo ai terrazzani ^
Che lutto il popol s ò levato in fretta ,
Zerbin, che gì' inimici aver lontani
Si,,crede e. questa ingiuria non aspetta
Dal conte Anselmo che si chiama offeso
Tanto da lui, nel primo sonno è preso i
5i
£ quella notte in tenebrosa parte
Incatenato e in gravi ceppi messo: *
Il soie ancor non ha le luci sparte,
Che r ingiusto supplicio è già commésso
Che nel loco medesimo sì sqUarte
Dove fu il mal eh" hanno imputato ad essdi
Altra esamina in ciò non si facea ^
Bastava che 'l signor cosi credea«
^i CANTÒ XXTIf.
Poi elle r altro mattin la bella aurora
L^ aer seren fé biaDCo e rosso e giallo ^
Tutto il popol gridando : mora mora ,
Vien per punir Zerbin del non suo fallo {
liO sciocco vulgo r accompagna fuora
Senz'ordine chi a piede e chi a Cavallo:
E il cavalier di Scozia d capo chino
Ne rien legato a' uh pic'ciol ronzino .
53
Ma l)io , che sjpesso gì' innocenti a jota
Né lascia mai chi in sua bontà si fida^
Tal difesa gli avea già provveduta ,
Che Dou v' è dubbio più eh' oggi s' uccida :
Quivi Orlando artivò^ la cui venuta
Alla via del suo scampo li fu guida :
Orlando giù nel pian vide la gente
Gke traea a morte il cavalier dolente ì
Era con lui (quella fanciulla, quella
Che ritrovò nella selvaggia grotta i
Del re GalegO la figlia Isabella
In poter già dei malandrin condotta
Poi che lasciato atrea nella procella
Del turbolento mar la nate rotta ,
Quella che più vicino al core avea
Questo Zerbin , che V alma onde viveà ;
55
Orlando se Tavea fatta compagna
Poi che della caverna la riscosse :
Quando costisi li vide alla campagna
Domandò Orlando chi la turba fosse ;
Non so, diss' egli , e poi su la montagna
Lasciolla e verso il pian ratto si mosse;
Guardò Zerbino, ed alla vista prima
Lo giudicò baron di molta ^tima ;
CANTO xml. ^
56
fi &ttosegli appresso dimandollp
Per che cagione e dove il meiiin preso :
{^«vò il dolente catralier il collo ,
£ meglio avendiril Paladino intese ,
Rispose il vero, e cosi ben narroUo
Che meritò dal Conte esser difesa :
3ene avea il Cqnte alle paroie scojrto
Ch'era innoceate e che moriva a ^orto •
/ . 57
C poi che intese che commesso questo.
Era 4^1 conte ^ns^lpao, d'ÀU^riv^ y
Fu certo, eh' era torto manifesto^
Ch' altro da quel fellon mai non deriva ;
Ed oltre a ciò, 1' uno era all' altro infesta
Per r antichissima odio che bolliva
Tra il sangue di Maganza e di Chiarnaont^ ^
E tra lor eran morti e dapni ed onte • ,
58
Slegata il Qayalier , gridò , canaglia ,
Il Conte a' masnadieri , o chj io y* uccido :
Chi è costui che sì gran colpi taglia ,
Rispose un che parer yolle più fido ^
Se di cera noi fossimp.o dj pa|[lia ,
£ di foco egl i y assai fora quel grido ,
E venne contra il paladin di Francia^
Orlando contra lui chinò la lancia.
La lucente armatura il Maganzese ,
Che levata la notte avea Zerbiné.
E postasela indosso , non difese
Contro l' aspro incontrar del Paladino ;
Sopra la destra guancia il ferro prese ^ ^
L' elmo non piiasò già, perch'era fino;
Ma tanto fu della percossa il crollo ,
Che la vta gU tpjse e ruppe il collo . y; ;
^ CINTO XZIII
^ ' 68
dosi reso il colore alla sua bella
I7on hene asciutta ancora umida guancia j^
A lui dell'alta corlesia favella
Che le avea usal^a il paladio di Francia ;
Gerbino , che tenea questa donzella
Con la sua vita pari a una bilancia,
Si gitta a pie del conte e quello adoca ,
Geme a chi gU ha due vite date a un' orat«^
Molti ringraziamenti e molte offerte
Erano per seguir tra i cavalieri ,
Se non udian sonar le vie coperte
Dagli arbori di frondi oscuri e ileri ;
Presti alle teste lor eh' eran scoperte
Posero gli elmi e presero i destrieri :
Ed ecco un cavaliero e una donzella
Lor sopra vvien , che appena erano in iella .:
Era questo guerrier quel Mandricardo
Che dietro Qrlando in fretta si condusse
Per vendjicar Al^irdo e Manilardo ,
Che 1 Paladja con gran valor percusse },
Quantunque poi lo seguitò più tardo^.
Che Doralice in suo poter ridusse^
La quale avea con un troncon di cerro.
Tolta a cento guerrier carchi di ferro^.
Kon sapea il Saracin però che questo ,
Ch' egli seguia , fosse il signor d'Anglante :
Ben n' avea indizio e segno manifesta
Ch'esser dovea gran cavaliero errante;
A lui mirò più che a ^erbina, e presto
Gli andò con gli occhi did capo alle piante :-
E i dati contrassegni ritrovando ^
pisse : tu se' colui qti' iq vq cerraudq «
CANTO XXHL 97
Sono ornai dieci giorni , It soggiunse ,
Che di cercar nun lascio i tuoi vestigi ;
Tanto la &nia stimolommi e punse
Che di te venne al campo di Parigi ^
Quando a fatica un vivo sol vi giunse
Di mille che mandasti a' regni stigi p
£ la strage contò che da te venne
Sopra i Norìzi e quei di Tremiseniie,
7S'
)(on fui y come lo seppi , a seguir leuto^
E per vederti e per provairti appresso :
E perchè m' informai del givrrnimenta
Ch' hai sop^ Y arme ; io so che tu sei de$&^ ;
E se non V avessi aipico e che fra centa
Per celarti da me ti fossi messo;
Il tuo fiero sembiante mi farla
Chiaramente yeder che tu quel sia.
|7on si può 9 li risponde Orknda, dire
s Che cavalier non sii d^ alto valore , '
Però che sì magnanimo desire
Non mi credo albergasse in umil cerOj^
Se 1 volermi veder ti fa venii«^
Yo' che mi vegghì dentro, come foore j,
Mi leverò questo elmo dalle tem^xie,
Acciò che a punto il tuo desir s' adempie «.
9la poi che ben m' avaai veduto in faccia ,,
▲U'allnro desiderio, aacota attendi. ,
Resta che alla cagiea tu satis&ccia
Che fa che dentro questa via, mi prendi ^
Che veggia se i^ yalor mìo si con&ccia
A quel sembiacite fi.er che si commendi ^
Qrsùf disse il Pagano 9 al rimanente ,
Q\e al primo ho aatkfsit^ intieramente ^
7
!»> GANTaXXlUf
11 Cont^ tuttavia dal capo al piede
Ya cercando il Pagan tutto coq gli occHi :
Mira aoibi i Giincly ^ i^di ì! arciou ; nè.vedji;
jPender uè qua né. là maz^ impatacchi , -
I^i domanda di che ^rine ai provvede ,
Sis avvien cUp con. la lancia in fjiUo tocchi •
Rispose queii., non m? pigliar, tu, cura j
Cosi a ociolt' altri ho. ancor iiitto. paura •
b.o sacramenta di noli cinger apadii.»
Fin eh' io, non tolgo Duriud^a^ al Gp^tei^ ,
£ cercando Ip VvO per ugni strada ^
perchè pi il d' una posta meco «qonte^
Lo giurai » se d' iiiterderlo t' aggrada ,_
Quando n^i posi quest' eliQp alla fronte,
11 qual con tutte Paltr'arme ch'io porto.
Era d" Ettor che già millVanni è morto •
78
I^a apada sola maupa alle h|ipn' arme p
Come r.ub^ta fu non ti so. dire f
Or che la porti il Paladino pannai
E di qi^ viene ch«'eg}i ha si grande acdiriai^
Ben penso., S9 eoa lui pesto, accoaiiurmf^
Fargli il mill tolto o^niai reatituìre ,
Cercolo. ancor ; che vendicar disip
Il;.racQ$i^ .4gricau;genìtor mia.
Orlaudo a tradicpento li die. mprte 1^
Ben so elle aoo po^ea f^rlo altramente.;
1.1 Conte più non tacque e gridò Corte 9,
E tu e qualunque il^^cet se ne m^nte ,
Ma quel che cerchi t! è venutp in sprte, ..
Ip sono Orlando, e upciail giu^tameutej^
E questa è quella spada che tu cerchi ^
Che ina s*J^ se con yirtiH U Wprchi •. ,
e A. N T O XXUI. ^
Quantunque sia debitamente mia y
Tra noi per gentilezza fili co|ì tenda :
Né yoglio in questa pugna eh' ella sia
Più tua chjB mia ; ma a un arbore s* appenda :
Levala tu liberamente, via ,
Se ayvien che tu cn' uccida oche mi prenda.
Cosi dicendo , Ikiridaoa prese
E in mesuBo il campo a un arbuscel T appese.
81 .
Già r un dair altro è. dipartito lunge
Quanto sarebbe un mea^o tratto d' arco :
Già y uno contra l'altro il destrier punge ^
Uè delle lente redini gli è parca,
Già Tuno e V altro di gran qolpo. aggiunge
Dove per Telmo la veduta ha varco,
Parvero T aste al rompersi di gelo ,
E in mille schegge andar, volando al cielo
li' una e V altr^ asta è forza che si spezzi,
Cft^e non vc^lion piegarsi i cavalieri,,
I cavalier che tornano coi pezzi
. Che ^n restati appressa i ealci intieri.
Quelli ) che sempre Cur nel ferro avvezzi,^
Or , come due yiUaa per sdegno fieri
Kel partir acque o. termini de' prati ^
Fan crudel zuffa di due pali armati «.
81
Ifon stanne Faste a q^uattro^eoJpi salde; .
E mancan nel fiiror di queiUa pugna, «
Di qua e di là si fan. V ire più calde ,
Né da ferir lor resta altro che pugna , .
Schiodano piastre e stcaccian maglie e £ildf
Purché la man dove s'aggraJ^ giugni 9
Non desideri alcun > perchè: più vaglia ^
Marlel più grave o più dura tenaglia^
Vm, CA.KTA XXItt.
^me pq^ il- Saracii) rftrovar sesto.
J)i, fiuir con sqo ppore il $ero ipvito.7* ■
Pazzia sarebbe il perder tempo in questo ^
die. nuoce al feritor più che al ferito:
Aodp al)e strette ^^^no e T aUro.^ e presto,
li re pagano Ofhndo, ebh^ ghermito:
1^0 stri'o|e al petto , e crede fiir le prove
Che.nopra Àn|eo fé giì^ U-figliuol-di Giovo, .
\o piglia, coó^m^o) to impeto. a traverso:
Quando lo spinge e quando a sé lo tira..
Ed è nella gran collera sì iijimerw ,
Che ove resti h briglia poco, niìra:
Sta. VI se raccolto Orlando e ne va. verso
IV suo vantaggio e aHa vittoria aspira i.
Li pon la cauta man sopra le ciglia
Del cavallo j( e cader ne Qi labpigUa^
ì^ Saraqinp o|^i pp(;er vi meHe
Che lo soffi)gbi 9 dell' arcion lo avella.^
Kegli qrti il Conte ha le ginocchia strette^
Né in questa parte vuol piegar, ne in quella.^
Per quel tirar che fa il Pagan , costrette.
Le cinghje éQn^ d' abbn^doiiar la «.ella;;
Orlando è in terra e appena, set coupsce.,
Ch^ i pi^di ^a in staffisi e stringe aiicorleco8C%
87
^on ciuet-Tomoc che un sacco d'arme, cado.
Risùona il Conte qome il campo tocca;
11 destrier che. alla testfi in libi^tadt ,
Quello a chi tolto, il Ireno ena di bocca ^
Non più, niirai|do i boschi che le ii^rado^ ^
Con rovinoso corso si trabocca
Spinto di qua e di là dal timor cieco j^
E Afandricardo se ne porta, seipq.
CANTO XXlfL ti>
Dqralice^ che Tede la sua guida
Uscir del campo e torlesi d'appresso
E inai resta rìie sehza si coÀ&da,
Dietro correndo il sìio rontià gli ha rn e ssòì
Il Pagan per orgoglio al destrier grid.l ^
]£ con mani e con piedi il batte Spesso ^
£ , còme non sia l>estià • lo minaccia
Percbi ài fermai e tuttavia -più il caccia.
lia bestia ch'era dpa ventola è [idi tra ,
Senta gtiardar^i ai pie cot*re à trayerso :
'Già corso aVeà tré niij^lia e seguiva olirà
Se un fosso a cruel desir non era aV versi
Che senza aver nel fondo o Iettò ò coltra ^
Hicevò r imo e T altro ih sé riVersò :
pie Mandricardo.^ in terrà à^pra percossa >
l(è però ài fiaccò né òi t*uppe ossaci
univi di terma^ il corridore al fihbt
tta non si può guidar ; che noù M freno :
il Tàrtaro lo (ien preso nel crml^ ,
E tutto è di furore e d' ìv^ pieno :
Pensa è npn sa quel che ai far destine :
Pongli la briglia del tàìo palafreno ^
La donna li dicéà ; clie non è mólto
Il mio feróce ò sia poi freno o sciolto:
Al Baraci Q parea discortesia
.La próferta. accettar di Darà lice ;
Ma fr^ li farà aver per altìra via
Fortuna a' suoi d^àii ìiiòltb fautrice;
^uivi Gabrihà scelleVàU invia,
t^he^ poi che di Zerkin fu traditrice/ .
ÌPuggià f càiàé la lupa che lontani
bda V'ekiiÌ*b il cacciatore e i cani;
\
i«a CANTO XXUt.
Ella avea ancora indosso la gonnella
C quei medesmi giovenil' ornati^
Che furp alla vezzosa damigella
Di Pinabel, per lei vestir, levati;
Ed avea il palafreno anco di quella
Dei buon del mondo e degli avvantaggiati }
La vecchia sopra il Tartaro trovosse
Che ancor non s' era accorta che vi fosse.
L' abito gìoVanil mosse la figlia
Di Stordilano e Mandricardo a riso^
Vedeudoìu a colèi che rassimiglia
A un babbuino ^un bertuccione in viso)
ilisegna il Saracin torle la briglia
Pel suo destriero ; e riusci V avvisò ;
Toltogli il morso il palafren minaccia ^
Li grida lo spaventa e in fuga il caccia«
Quel fugge per la selva e seco poi'ta
La quasi morta vecchia di patirà
Per valli e monti e per via dritta e torta
Per foci e per pendici alla ventura ;
Ma il parlar di costei sì non m' importa ,
Gh' io non debba d' Orlando aver più cur^y
Che alla sua sella ciò ch'era di guasto
Tutto ben racconciò senza contrasto.
Rimontò sul destriero e stè gran pezzo
A riguardar che'l Saracin tornasse;
Né '1 vedendo apparir volse da sezza
Egli esser quel che a ritrovarlo andasse'^
Ma come costumato e bene avvezzo ,
Non prima il Paladin quindi si trasse >
Che con dolce parlar grato e cortese
Buona licenza da gli amanti prese;
2erbiti di ^uel partir molto si dolse ,
Di tenerezza .ne piaiigèa Isabella ;
Yoleano ir seco; ma il Conte non volse .
lior compagnia, bench'era bdona e bella;
£ con questa tagion se ne disciólse ;
Che a guetrier non è infamia sopra quella ^
Che quando cerchi on suo nemiòo, preudA
Gompaglio cbe Tajuli e che 4 difenda.
97
^Li preeò f^oi^ che quando il Saracino
Prima che in Ini si riscontrasse In lóro>
Gii dicesse!* che Orlando' aVria vicino
Ancor fre giorni per quel tenitório ,
' Ma che dojpò sarebbe il siìty cammino
Verso le iùsegùé dei bèi Gigli d'orò)
Per esser eòa T esercitò di Cariò,
Perchè , volendo!, sappia ónde chianiarlo.
yùelli prproiìser fatlo volétì lieti ,
E questa e ogni altra cosa al suo comando ,
Fero cammin divèrso i cavalieri ^
Di qua Zerbin e di là il conte Orlando ,
Prima che pigli il cotite altri sentieri
All' arbor tohé é a se ri pòse il brando ,
£ dove meglio col pagan peiisòsse
Di potérsi itìcontrare il destrier mosse^
, ^ 99 , ,
Lo strano corno che teline il cavallo
Del Saracin nel bosco senza via^
Fece clie Orlando andò dtae giorni in fililo^
Né io trovò lìè potè averne spia ,
Giunse ad un rivo che parea cristallo,
Nelle coi éponde un bel pratel fioria
t)i nativo color vago b dipinto,
È di tnoiti e belli arbori distinto^
io4 CANTÒ XXIlt
lOO
/
ti merigge fiicea grato T orezzo
Al duro armento ed al pastore ignudo ^
Sì che né Orlando sentia alcun ribrezzo! |
G)n la corazza avea Telmo e lo scudo ^
Quivi egli entrò per riposarvi in mezzo >
£ v' ebbe travaglioso albergo e crudo
. E più che dir si possa empio soggiorno ,
Queir infelice e sfortunato giorno.
IDI
Volgendosi ivi ititorno vide scritti
Molti arbuscelli in sulT ombrosa riva :
Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti ^
Fu certo esser di man della sua diva ,
Questo era un di quei lochi già descritti ^
Ove sovente con Medor veniva
Da casa del pastor iodi vicina
La bella donna del Gatai regina.
D'Angelica e Medor con vari nodi
LegHti4>nomi e in cento loqhi vede:
Quante lettere son , tanti son chiodi
Coi quali Amore il cor gli punge e fiede ;
Va col peosier cercando in mille modi
Non creder quel clfe al suo dispetto crede :
Ch' altra Angelica sia creder si sforza
Ch'abbia scriver voluto in quella scorza/
Poi dice : conosco io pur queste note «
Di tali io n'ho tante vedute e lette:
Finger questo Medoro ella si puole ,
Forse che a me questo cognome mette ;
Con tali opinion dal ver remote.
Usando fraude a sé me.desmoy stette
Nella speranza il maj^ contento Orlanda^»
Che si seppe a sé stesio ir procacciando^/
è AM to tini. t^i
104
Ha sempre pia raccende e più rinnova
Quanto spegner più cerca il rio sospetto ì
- Come r incauto àugel che si ritrova
In ragna o in tìsco aver dato di petto ^
Quanto più batte V ale e più si prova
Dì disbrigar , più vi si lega stretto ,
Orlando viene ove s' incurva il monte
A guisa d' arco in su la chiara fonte •
io5
Àveano in sa V entrata il lubgo adórno
Coi piedi storti édere e viti erranti :
Quivi soleano il più cocente giorno
Novellare tra lor gli sposi aitianti ;
V aveano i nomi ler dentro e d' intornia
Più che in altro dei luoghi circostanti
Scritti f qual con carbone e qual con gessi
E qual con punte di coltelli impresso •
106
Il mesto conte à pie (Juivi discese ,
E vede in su Y entrata della grotta
Parole assai che di sua man distese
Medor avea , che parean Scritte allotta ì
E che troppo a ciascun &cean palese
Come Anglslith al 6n s' era condotta
A stringere con lui nodo di sposa ,
Ed in arabo scritta èra tal chioika:
107
Liete piante verdi erbe e litrìpid' ai^qùe
Spelonca opaca e di fredde oinbre grata j
Dove la bella Angelica , che nacque
Di Galafron , da molti ih vaìio amata ^
Per volontà del Cielo si compiacque
Meco dei sacri nodi esser legata :
Io povero liedor ricompensarvi
D' altro non posso > che d' OfnOt^ lòdarii^
Io0 CAUTO xttt
fe di pì'egare ogni sigiìore amante
fe cavalieri e damigelle e ognuna
Persona , o paesana o viandante •
Che qui stia volontà roelii o fortuna ;
CbeaU'erbe all'oimbra airantròalrio alle piintti.
Dica : benigno abbiate e sole e luna ,
E delle ninfe jl. coro che proveggta ^
Che nogi conduta a Vói pastor inai greggia .
L'arabico sermone intendea il conte
Orlando cosi ben come il latino:
Fra molte lingue e molte ch'area pronte,
JProntissima atea quella il paladino : *
£ gli schivò più volte e danni ed onte
Che si trovò tra il popol Saracino:
Ma non si vanti èie già n' ebbe frutto ,
Che un dann.0 or n'à che può scontargli il tuttil
IIÓ
Tre volte è qUsttro e tei lesse lo àcritto
|uelIo infelice e pur cercando in vano
Ihe non vi fosse quel che v' era scrino ^
sempre lo vedea più ehnh» e piano;
Ed ogni volta in meszo al petto afflitto
Stringersi il cor sentia con fredda mano :
Rimase al fin con gli occhi e con la mente
Fissi nel sasso ^ al sadso indifferente.
Iti
t*u allohi per iiscir del setitimento ,
Si tutto in preda del dolor si lasda :
Credete a chi n' ha fiitto eàperimehto ,
Che questo è il dtiol che tutti gli altri paàia^
Caduto gli era sopra il petto il mento.
La fronte priva di baldahza e ba^sa :
jfè potè aver ;, che il duoÌ V occupò tanto j
AII9, querele voce umore al pianto.
CANTO Xint. téf
112
tuMmpetuosa doglia en tro rimase *
Glie volea tutta uscit con troppa fretta :
Cosi veggiam réstatj^ acqua nei Vasé
Che largo il Ventre e la bocca abbia stretta 1
. Che nel voltar che si fa in su la base ,
L' umor che vorria uscir tanto s' affretta
.£ neir angusta vìa^ tanto s' intrica ,
Che a goccia a goccia fuori esce a fatica.
Ili
t^oi ritorna in se alquanto , e pensa come
Possa ^sser che non sia la cosa Vera:
Che TOglia alcun cosi infamare il nome ^
Della sua doiltia é crede e brama è spera ^
O gravar lui d' insopportabìl some
Tanto di gelosìa , che se ne pera ,
Ed abbia quel , sia chi si voglia Stato ^
Molto la man di lei bene imitato.
ii4
tu cosi poca it) cosi debol speme
Sveglia gli spirti e li rinfranca uri poco \
Indi al suo Brìgliadoro il dorso premei
Bando già il sole alla sorella loeo:
Mon molto va che dalle vie supreme
Dei tetti uscir vede il vapor del foco y
Seiite cani abbajar muggire armento ^
Viene alla \illa e piglia alloggia mentoi
i.i5
Languido smoh|a e lascia Brigliadòro
A un diVreto garzon che n' abbia cura :
Altri il disarrha , altri gli sprohi d'orò
Gli levaj altri a forbir va r armatura:
,Era <]uesta la casa ove Medoro
Giacque ferito e v'ebbe alta* ventura i
Colcarsi Orlando e noti cenar domandai
t>ì dolor sazio e non d'altra vivanda^
\fà éARTO XXIII.
ybanto più cerea ritrovar qaiete ,
Tanto riCroya pVù travaglio e pena;
Che deir odiato acritlo ogni parete
Ogni ùscio, ogni finestra vede piena :
Chibder ne vuol , poi lieo le labbra clieté )
Che teme non si far tro|ipd àeredà.
Troppo chiara la co^ia i che di nebbia
Cerca offuscar pel'chè hdn nuòcer debbia.
^ocb li giova usa fraude a sé stesso^
Che senza dimandarne è chi ne parla ;
Il pastor che lo vede cosi oppresso
l)a sua tristizia e che vorria levarla ;
L'istoria nòta a éè, cliè dicéa spesso
ÌDi qiìe' due amanti à chi volèà ascoltarla }
Che a molti dilettevole fu a udire.
br incominciò sentoà rispetto A dire,
ìi8
iCoai' esso à' preghi d' Angelica Bella
Portato avea Medoro alla sda villa
Ch'era ferito gravemente, e ch'ella
Curò la piaga è iti {>ochi dì gdarillà :
Ma che nel cor d' lida nlaggior di - quelli!
Lei feri Amore, è di poca Scintilla
L' accese tanto è sì cocente foco ,
Che ù' ardea tutta è noii trovava locò;
E senta aver riatto ch'ella fùsse
Figlia dei maggior re ch'abbia' il Levante^
Ì9a troppo arbòT costretta A condusse
A farsi móglie d' tiii poirerp firn te:
All'ultimo l'istoria si condusse
Che '1 pastor fé portar ìa gemma innante; .
Ch'alia sua dipartenza per itiercedé,
JDel buono albergo- Angelica li elicti^;
CANTO JEXm.
itio
Questa conclusion fui la sicure
Cbé 1 capo a un colpo gli levQ.d^l collo ,
Poi che d' ipnunierabil Inaiti t^re
Si vide il inanigoldo A^ntior satollo;
"Celar si j^tudia Orlati4o il du,olo , e pure
Quel gli 1^ £>rza e male ajsfconder puoMo;
Per lagrime e spspir^ da bpcca ^ d' oeciù
CouYicn^ voglia oQ^ì vogHa^ alin che scocciai
121
poi che allargare il freno al dolor puote ^
Che resta solo e senz' altrui rispetto ,
Giù da^i occhi rigando per le gote
Sparge un fiun)e 41 l^griipe sul petto}
Sospira e gem^ , e va con ^pe^ei ruote
Di qua di là tcilto cercando il letto;
£ più éi^ro à' uo Sjafj^o e più pungente^
Che se fosse d^ urtics^ s<^ io sente.
\a tanto aspro travaglio li soccorre ,
Che nel medesmo letto in che giaceva
L' in|[ra^ 4^n^a venutasi a porre
Gol suo sppAp pi^ vplte esser doveva :
Koi| alt^aìneate or quella piun^a si borre
Kè cop. minor presl^af^ ^e nei le.^a.j^
Che dell^erfa^ U viUan , che s'«ra mesw -
Per chiuder gli occhi , e vegga il serpe appresso^
l^uel letto quella casa quel pastore
Immantinente in taut^odio gli casca,
G^e ^nas^ aspettar luna o che F albore.
Che va dinanzi al i^^ovo giorno nasca ;
piglia r arme e il destriero e4 esce fuore
per mezzo il bosco alla più osciira frasca ;^
P quando |h>ì gli è ayVi^ d' esser solo ,
.(x)n gri4i ed urli apre le porte al duolo^ ^
y
tt9 CANTO XXIIL
pi pianger mai , mai di gridar non resta j^
Né la notte né 1 di ài d^ mai pace ;
Fugge cittadi e borghi e alla foresta
Sui terren nudo al discoperto giace:
Bi se si maraviglia eh' abbia in testa .
Una fontana d' acqua si vivace ;
£ come sospirar possa mai tanta,
E spesso dice a aè cosi nel pianto.
125
Queste non aon più lagrime che fuore
Stilla da gU occhi con si larga vena :
Non suppliron le lagrime al doloqe ;
Finir che a mezso era il dolore a pena :
Dal foco spinto ora il vitale umore
Fugge per quella via che a gli ecchi mena j^
Ed è quel che si versa ; e trarrà insieme
Il dolore e la vita all' orq estreme.
Questi che it^di^ioikp. del mio tormento,
Sospir non sano > ne i sospir son tali :
Quelli Iian tregi^i talora : io mai non senta..
Che '1 petto mia men la sua pena esali ;
Amor che m'arde* il cor £i <|ttesto venta.
Mentre dibatte intorno al fo^o Tali:.
Amor I con che miracolo lo £ii ^
Che 'n foco '1 freghi e noi consumi mai^
TSon son , non sona ìp quel che pajo in visa :
Quel eh' or^ Orlando è morto ed è sotterra:
La sua donna ingratissima l'ha uccisa ;
Si mancando di fé gU ha fótta ga^(:2^ :
lo son 1a spirto suo da lui diviso^
Che in questa inferno tormen^ndosi erra^
Perchi^ con V ombra ^ ia ^ che; sola avanza ^
Esempia a chi in Amor pone speranza^ i
V .
CANTO XXlIt iM
1^ bo$.co errò tutta la uotte il Conte , .
Jg alia spuntar della diurna fiaoiina
liO tornò il suo deaiin sopra la fiinte
Dove Medoro insculse Tepigraiiiaiia ^
Veder V ingiuria st|a scritta nel monte
ti' accese sì , che in lui non resta drànaaifl^
Che non iibsse odio rabbia ipa e furore ;
M.è più indugiò che trasse il brando fooré^
Tagliò lo scritto, e. il sasso , e fino al cielo .
A volo alzar fé le minute schégge: : ■
Infelice quell* antro ed ogni atelo '
In cui Medoro e Angelica ai legge!
Così restar quel di, eh' ombra uè gelo.
A' pastor mai non daran più né a gregge ^
^ quella fonte già sì chiara e pura
Da cotauta ira fu poco sicura ,
i3o
Che rami e ceppi e tronchi e/sas^i e >iollé
I4on cessò di gittar nelle beirond^e..
Fin che da spmmp ad iiQO si turbolle
Che non furo mai più chiare ne rapadiSy
E stanco alGue alfin. di sudor molle..
Poi che la lena Tinta non risponde
Allo sdegno I al grave^ odio , «ir.aiiieQtè ira^^
Cade SiìJ prato, e verso il ciel solp^a. -.
Afliiitto e staUtCò al fin cade nell' erbe ^ ""
£ ficca gli occhi al cielo e npn fa mpCto
Senza cibo e dorniir cosi si serba |> •
Che '1 sole espe tre volte e torna sp^e^
Di crescer npn ceasò, la pena aoeirha^
Che fuor del sennp.al fin T ebbe condotto |^
Jl quarto di da gran furor commosso
1^ maglie, e piastre si stracciò di dosso.
' 4
St. .<}. Piir am^are a ventura Ma d m^sse: at- pose
acl antliire alia ventara . Messe in luogo di mise lo asa altre
yolte il Poi'U 9 e taoe 1* a<^ o T a aircome qui e «ome nei
C. XV ni. st. i4H. /mi seguir non bada , non indngis^.
st, -27. 56'e5£ iS'ti /^ ippogrifo . Atulò sopra , salì montò .-
quelito è ceriniQciUc il sei»so pei- quanto il vrrho scentà&re
stfinbri dire altramente ; Scender sopra v^\e andare addoss »
assalire . Qo.cc. No.v. 171. 4>^* X«ui quatUo potè allo scendertr
sopra Osbech sollecitò*
. »t. 36 cÀc si céUkd L^ onore altrui? eli e è tanto h1 di
sopra deir altrui gloria .
st. ^^, altros^ è pìa^oi è diciiiarato.
st. ivi . ft'(i tfuji dipresso , digre6fii(>Ji« , possa ad altro.
st. 4'* <^^*^ /^ dilette i le piaccia. Dt^l ▼««rbo ditettare iti
significazione di ricev<er« dHeit» e pia^.^ere «congiunto e \
terzo caso ci li a teseiapio nel Voc. Fior. E^li questo creden-
do e dilettandogli » Qoo. Ilov. *i5. i8. e altro ne ag^iugne
il Voc- ed. Ver. Vit. SS, PP* a. 332. non vi è dilettato tii
vfidere I0 bellezza ?
'st. ivi. Come colei che fu tra l* altre note. Sefnbra m
prima vista che vaglia dire tra l'altre per avarìsìa f«imose •'
tpa è riputato più giu^^to che quel note sia tacche niaechie
di vizi 9 e si sottintenda che aveva. Dante Pttrg. C. XU v, 34«
Ben si dee loi*o atar lavar le note .
st« 4). il resto $ir^ al cor le preme .<« s' aecuora di iMin »•
^ter togliere il restante . fi verno premere giunto al tevs^
C9S0 si trova anco i^ Dante Purg. G» V. v. i43. •
Questa grnfe , che preme a noi y ^ molta .
st. 46. le strìda più crebre i più spesse frequenti . Lati*
nismo usato da Dant« Par..C. XIX* ▼• 69.
Di chefacei quistion cotanto crebra %
e da altri a piacere .
st. ivi. dffl misero patre . Di quest? voce si veggono
parecchi esempi nel Voc. Ed. Ver. tra gii altri , di Dante
ii)fer. G- XiX* ▼« pry*
Che da te prese il primo ricco patre . Ed il Voc. EA
Pitt. 17^3 di Fr. Jacop . T. VI. s. 14.
fien veggio ch^ ama il figlio
li pietre per natura .
L' aspro liogi^uiggio si confà ai tetri oggetti di questa Stanca .i
st 4d- di gremio ; voce Ialina : grembo . Non danno i
vocabolari altro ^setnpio di qtiesta voce trasportata dall', Ca-
lore i^cconciafuente in toscano ad arriecbire la rima sdruccio*
a. *
st- 5i. e già commesso : comandato .
s^t. 54- Qel turbolento m^r, altri vogliono che s' abbia
a figgere truculento , e sospettano di cambiamento fatto nel
V ^ o testo . Qui parlasi di naufragio , alla, qual cij'costaasi^
n5
•on ▼iene aI mare on epiteto più sigfiiftcaRte e più forte come
è iruQiiLento . S<mi> voci amendue iutine : la prioia e ammessa
He* Tocabori , e sperasi di vedere a tecnpo suo la seconda nel
Voc Ed Ver.
si. 5S. dimandolio . Dimandare , come èqui,«i trova
anco in 0«inie evi quarto caso . Puro. C. U y. 1 19:
pai g/nit coni V un poco ebài ri tratto
fj occhio . per dimandar lo duca rw'o •
at. 66 /7 idt'sta . Così anco Dante Jnfer. G. Vi. ▼• f)6^
Quando s^rrà Lot nimica podestà .
st. 71 percnsse . latmisiiio , in luogo òi percosse. .
st. ivi Qi^t poi di questo verso si ri ferisce al che del y^t"
9o segut^te .
St. ivi. 5' adempiei s' adempia; licenia poetica poco
usata .
st 77. Perchè pia d' una posta meco sconte . Posta di-
cono i vocaboi.iri è anco quella somma che si espone e si av-
ventura nel gioco . Qui lo scontare più d' una posta , semlira
che accepni il psig^r più d' un debito .
st. 81. di gran colpo aggiunge con un gran colpo arrjviu
Petr. Son. i8ì.
Che né ingegno né lingua al vero aggiugne.
st. 83 Purché la man dove s* aggraffi giugna: ter«a
{>er8ona del verb * impersonalmente pas:>ivu aggraffare, che è
afferrare prendere violentemente .
st. 89. spaventosa . pnurosa . 1 vocabulàri non ne danno
altro esempio . . *
st. hi. poltra \ pigra lenta. Dante* Purg. G. XXiV-
T. i35.
Come fan bestie spaventose e poltre .
st. ivi. coltra. Goitre coperta da letto. H Poeta si é
qui osiinato a vincere Im ritrosii) disila ri'iia a qualunque con-
sto . Per altro se in O.mte Infer. G. XXIV. v, 4B, ove leg-
«esi
che seggendo in pi unta
In fama^ non si vicn né sotto coltre ,
se qae.sta voce coltre si pretendesse usata in plurale, s».
rehbe aUtra nel singolare.. Il Pittori nella sua Ed. del
Voc. 1783 per far servii^io all'Ariosto, che non ne abbt-
sugna , cita il verso di Daiité scrivendo ;
Che senza aver tìel fondo o letto o coltra.
Ma le due altre rime obbligate della Terxina sono oltre è
spoltre.
st. 9j. e degli avvantaggiati ; de* mialiori de* più co-
si. 95. ^^/À^a//io ; bertuccione scimfii.i.itla8ciinmtow%
st. ^. da sczzo^ da ultimo alia Une.
« /
>
itflr
«il. loa. fi merigge /kceà gi^aio t' or*ezo , merif^f^m rtifNi
rigs*io e meriggia , iutt' uno. Orezo è Tentolino. Dal Isiti-
fio uura 4 che è pur toscano vocubolo , si fa ora , da orc^
orezo ed oreza j come disse Dante Purg. C. XXIV. ▼. t 60.
Che Jè sentir d' ambrosia /' oreza.
Il senso de* primi quattro versi è che quella frescura i*ri|
Luonn tanto al pastore in camicia emù n to a Orlando la
corazza , ohe difen<ftei^alo dalT irrigidire.
st. 1104 indiffcretitex niente diverso , simibe affatto. (
rocabolaVi non hanno altro asempio dr ootaj senso, fuor
^he qqesto.
%ié \ ì'ò. O gravar hU d^ ins opportahil^ome. Tanto di
gtiosìa che se ne pera i mettasi quo! tanto appresso gra^
%'ar ', il senso è piano, o gravar tanto Ini ec.
st \%o. fu la secure in vece «di scure; latinismo ac-
cettato da M^^ <^<rusca ,* che non né allega altri esempi.
' st ìvì^ asconder pùollo .* puoi nasconderlo.
st. 1 3o. Poi che la lena scinta non risponde : oon c<^ir-
risponde. Petr. Son. Sg.
S* al principio risponde il fine e *k mezzo* Dajitc Infer.
C. XXX. y S\.
Che l Sfiso non risponde alla venèraja.
(t i33. V arme sue tutte »...
Avean pel bosco dì/ferente albergo : frase impropria.
stivi. Che della piai della ma|;giorei sottintendesi
grande.
st. i33. né scure né bipenne. La differenza tra scura
e bipenne sarh per avventura che questa colpisca in due
guise , come aoc^enna k greca parola anjistomos anceps ,
a due tagli , o da due colpi diversi , ciò che la semplice
•cure non fa. *
st. 134. ebuli o aneài : pinntereltis ortrtisi » guisa d' er«
bi»ggio cofine i finocchi ai quali s'assomiglia l'itnc^to che va
pronuncitelo , secondo la Crusca, con la è Urga : ma secciu4o
lo Spada{()ra con la e stretta ; e forse con mai^gior ragiono
tale essendo la pronuncia di tutti i snstantivi in eto.
st. ivi. ilici : latinisn^o , e voce sfuggita a^ Vocabolari ;
l7/c«r è lo stesso che l' ilex latino , elee leccio.
st. ivi. ur^/cAef. 1 vocabolari. non appresero questo lati-
nismo o 0^1 curarono ; ma le migliori edizioini la colsero.
st. 1 35. Cile V* abbia pei; lunghezza a fastidire ; recar-
vi fastidio e no)a ; dappoiché anco in questa significazione è
«dopava lo da buoni autori il verbo fastidire , Bembo Pros.
a. 79 : Le due dell* ultima e dell* innanzi penultima sillaba
iige\fqtmenie fastidiscono e s{^zi^y/tj/ijiono» E Fr. Giord. Prc-
d. K. Ao« pjensar^o ad altro che afustidit<^ o^auesti o ((tubm
li accattatam^nit * ' ^
CANTO XXIV.
ARGOMENTO
Saggio aifviso a doversi guardare dalla, passioffis antó"
f>osa. Orlando veruUone furioso dà- in pazzie sempre pia
rovinose e insensate» Ztr*òino e Isabella incCfittansi per
cammino con Alntonio eCorebo , due fidi che menano
a catena lo sciaurato Odorico , SopraM$fiene Gabrina
pnrtatas^i sul cai^alìo sfrenatole da luandricardo, Zerbi-
no la consegna a Odorico^ pena la vita e a patto di
doverle essere cavallette. Da costui ella fU poi impiccati ,
e poco dopo ^ costui da Alntonio. Zerbino e Isabella se-
guono tuttavia cercando traccia di Orlando , e arriimiio
dove uscito affatto di senno avea lanciato (fuà e td spai-
dm , elmo , coraiza , e abbandonato BrigUad^^. Fiordi «
ligi che andava in cerca del suo- Brandimar(e , sopra0^
giugne a questo doloroso spettacolo. Si conipone un tra-
Jeo di queW ari)ìe. Pe/^ mala 'SoHe tàpitti Maridrréardoy
che a prima giunta dispicca appunto e togliesi la fhmo"
sa spada Durindana^ Zerbino lo sgrida , e minaccia :
si battono crudel mente ; e Herbino ne muore pei* le fé»
rite tra le braccia della sua sposa , di eh* ella dispera-
la , morendosi vuol seguirlo. Ma un santa ariacóreta la
sana di que' deliri e le si fa guida verso un divoto mo-
nistero a Marsiglia^ Mandricardo fermatasi a riposare
vede Rodomonte scenderò di rincontì*é. SI minate/ a no ,
si martellano di gran colpi con varia sorte. Dori/ lice si
frammette per lo avviso di un messo giunto daL campo
ohe chiama i due rivali a noeeorrere A^ramànie a$^
sediato da Carlo nelle trincee.
c
àI\\ mette il pie su V amorosa pania ,
Cercbi ritrario e non v' inverdii V aie ;
Che non è in somma Amor s^ non insania
A giudizio de' Savi universale;
£ sebben ^ cpme Orlando , ognun non smania,
Suo furor mostra a qualch' altro segnale,
£ qua! è di pa/zia segno più espresso^
Che per altri voler perder sé stesso ? , ,
\
ii8 CANTO XXIV.
Vari gli effetti son ; ma la pazzia
E tutt^ una però che li fa uscire ; «
Gli è come unagran selva, ove la via
Conviene a forza a chi vi va fi|ilire :
Chi su chi gid , chi qua chi là travia ;
Per concluder in somma iu vi vo dire :
A chi in Amor s' invecchia , oltre ogni pena^
Si convengono i ceppi e la catena; .
3
Ben mi si potria dir ; frate tu vai ' *
L'altrui mostrando e non vedi il tuo fallo:
Io vi rispondo che comprendo assai
Or cbf di mente ho lucido intervallo ,
Ed ho gran cura, e spero farlo ornai.
Di riposarmi e d' uscir fuor del ballo :
Ma tosto far, come vorrei , noi posso;
Che U male è penetrato in fin all'osso.
4 . . .
Signor, nell'altro Canto io vi direa
Che'l forsennato e furioso Orlando ^
Trattesi'r arine e sparse al campo avea,
Squarciati i panni e via gittato il brando
Svelte le piante , e risourir/ficea
I cavi si»#.r e l'alte selve; quando
Alcun' pastori al suon trasse in quel lato
Lor stella o qualche lur grave peccato.
5
Viste del pazzo le incre<libil prove
Poi piif da presso e la possanza estrema,
Si voltan per fuggir, ma non sanno ove,
Siccome avviene in subitanea téma :
11 pazzo dietro lor* ratto si move ,
Uno ne piglia e del capo lovficema
Con la' facilità che torria alcuno'
* Dall' arbor pome o vago fior dal pruno*
CA.HTO XXIV. «IO
6
Per una gamba il grave Iponco prese ^
£ qwello usò per snazsa addosso al resto »
In terra un pajo addormentato slese |
Cb' al no?istìiiiio di Ibrse sia desto :
Gli altri sgomllraro solato il paese ,
Gb* ebbon il piede e il buon avviso presto ^
Noìk saria stato il paszò a seguir lento,
Se DOD ck' ora già toUo al loro arnae»tif.
: 7 .
Gli agricoltori accorti a gli altrui esempli
Lascian xm canapi aratri e naarre e &lci }
Chi monta sulle case e chi sui templi ,
( Poi che oon son sicuri oloai né salci )
Onde r orrenda furia sì. contempli ;
Che a pugni ad urti a morsi a graffi a caki
Cavalli e buoi tiompe fracassa e strugge ;
£ be» è corridor- chi da lui fugge.
Già potrestiB sentir eon»e rimbonìbe
L' alto romor nelle propinque ville
D' urli e di corni e rusticane trombe,
E più spesso che d' altro il suon di scpillé :
£ con apuntoni ed arebi.e apiedi e froiiibe
Veder dai monti sdrucciolarne mille ,
Ed altrettanti andar da basso ad »l'to
Per fave al paazo uu viUauesco' aasaitob
Qual venir sìatel Ael salso iHo rcmda<.
Mossa dal r Àusiro cbe a principio soherzat-^
Che maggior della prima è la secii^od» ,
E con più forza- j^i ^guie la terza ;
Ed Ogni V4^1lé pili Tumore id!»bo«rda^
E neir airei^a più stende la sferz» ;
Tal con(/ra< (^4Mido V empia turbs eréséè^
Che già da balsw scenda- e di. v«rlll: evie.
ft<io e A N t O XXIV.
Fece -mofir dieci persone e diece
Che senza ordine alcun gli andaro in nuuM)
E questo chiaro esperimento fece-
Gli' era assai più sieur starne lontano ;
Trar laiigue da quel corp8 a nessun lece ;
Obe lo fere e percote il ferro in vano ;
Al conte il re del ciel tal grazia diede
Per porlo a guardia di sua santa fede,
• ^ II
Era a periglio di morire Orlando ^
Sfi fosse di morir stato capace;
Potea iftipatar ch'era a gittate il brando ^
E poi voler senz' arme esser audace ^
La turba già s'andava ritirando
Vedendo ogni suo colpo uscir fallaee ,
Orlando , poi che più nessun l' attende.
Terso nn borgo di case il cammin prende.
12
Dentro non vi trovò picciol né grande ;
Che il borgo ognun per tema avea lasciato |
V* erano ili copia pavere vivande
Convenienti a un pastorale stato ;
SewMi il pane discerner dalle ghiande.
Dal digiuuo' e dall' impeto cacciato ,
Le mani e il dente lasciò andar di botto
In quel che trovò prima o crudo o cotto.
i3 I
£ quindi errando per tutto il paese ,
Dava la caccia agli uomini e alle fere ;
E scorrendo pei boschi talor presa
I capri anelli e le damme leggiere;
Spesso con orsi e con cinghiai contese ,
£ con man nude li pose a giacere;
£ di lor carne con tutta la spoglia
Più volte il ventre empi con fiera voglia.
CANtò XtlV. m
Di qua di là di su di giù diacorre
Per tutta Frantia, e uà giorao a un ponte arrifii
SottQ cui largo • pieno d'acqua corre
tJti fiume d' alta e diflCosceèa, riva :
Edificata a un canto avea ulia totte^
Che d'pgu' intorno di lontan acoprtva:
Quel che fé quivi avete altrove a udire ;
Che di Zerbin mi convien prima dire. \
Zerbin, da poi che Orlando fu partito ,
Dimorò alquanto , e poi prede il sentiero
Che '1 Paladino innanzi gii àvea trito ,
E mosse a passo lento il suo destriero :
Non credo che due niìgliaanco fosse ito.
Che trar vide legato un cavaliero
Sopra un picciol ronzino , e d'ogni lato
La guardia aver d' un cavaliero armato.
Zerbin questo prigion conobbe tosto
Che gli fu appresso y e così fé Isabella:
Era Odorico il Biscaglin , che posto
Fu come lupo a guardia delF agnella :
L' avea a tutti gli amici suoi preposto
Zerbino in confidargli la donzella,
Spefaudo che la fede , che nel resto
Sempre avea avuta ,. avesse ancora in questo*
•7
Cofaì'era appunto quella cosa stata
Venia Isabella raccontando allotta:
Come nel palischermo fu salvata
Prima ch'avesse il mar la nave ruttai
La irriverenza da Odorico usata^
£ come tratta poi fosse ^rUsT grotta ;
Né giunta ya anco alfin di quel sermone.
Che trarre il malfattor vide prigione.
t^« CANTO IXIV.
I due che m mezzo avean preso Odorico^
D' lsal>ella notizia ebbono vera ,
£ j^* avTiaaro^ il cavalier^ amico
Esser lo sposo suo , cbe appresso V j^ta j
Ma più, che nello scudo il seguo antico
Vider dipiato di saa stirpe altera :
E. trovar' poi che guardar meglio il viso ,
Che s'era al vero apposto il loro avviso.
Saltaro a piedi , e eoo apèrte braccia
Correndo se n' andar versq Zerbino ^
E r aUMTacciaro , ove il maggior s' abbraccia ,
Col capo nu3o e col ginocchio chino:
Zerbili guardando V uno e V altro in faccia ,
Vide esser Tun Corebo il Biseaglino
Almonio V altro , cW .egli avéa mandati
Con Odorico in sul navilio armali.
20
Almonio disse: poiché piacela Dio
La sua mercè , che sia Isabella teco ^
Io posso ben comprender, signor mio,*
Che nulla cosa nova ora t' arreco ,
£ vedi la cagion che questo rio
Fa che cosi legato vedi meco ,, ~
Che da costei , qual ti tramiasse offesa^
Tutta a' avrai la vera istoria appresa.
E come dal malvagio io fui schernito ,
Ora dir non importa^ e ciò che fei ,
E come per sua fraode fti impedito
Di scender nello schifo inaiem. con. lei j
Ma come siamo poi venuti a lito
E cercalo d' intorno ^ sentir dei>
E scoperto il delitto e eoatui prepo;
Che non puoi d* altra p^r (e averlo isut&sa ^
e A If t O XXm ÀI
9a
*Non molto poi che*dìlifogai:a é^em
Con qiiel fellone e tolta a noi dt ^ìéìày
Raddoppiò la ièatpèsta ognor piur fiera ,
«. Glie mare ed aria e ci«l mesc% e contrista
.Di vento e pioggia e gelo e d' ombra nem ,
Metter si può co' gran prodigi in lista
Cotne^ apertosi il legno ed iti al fondo.
Fortuna ci soccorse e ifscioimo al motido.
. . ^^ .
E come volle il ciel , proprio a qnel lido
Notando ci portò prospera un' onda ;
Ed entrati in un bosco alzammo il gndb
> A veder se v'ha alcun che ci risponda;
O se solo è di' belve ospizio e nido;
E di dove piò spessa era la fronda
Vediamo un pastorello a noi venire.
Che parea averci alcuita cosa^ a drre.
Costui ci ricontò quel che a te duetto
E meglio avrà la tua gentil consorte,
Se sdegno y se dolor se n' ai:se*il pett^
Disio d'alta vendetta acerbo e fotte.
Non si può dir così , eh' ogni concetto
Minor non sia di quel che il caso porte:
Ci risolviamo al fin di tener dietro^
A questo mostro abbominosò e tetra;
2S
E il ciel ne amò di taiito , che tra ria
Coulez'A^ avemmo che in discaglia et?a it»
Alla Corte d' Alfonso , e si copria
Con altro nome et} abito mentito;
Ma non era a iioi duro il porgli spia ,
Foste pur misto in popolo infinito.
Fu scorto : È desso , io grido , e tostamente
Lo costringo a battaglia il dì segctente.
/
La giustizia del Re che il loco'franctf
Della pugna mi diede ^ e la ragione^
Ed, oltre alla ragion, la Fortuna anco
Che spesso la vittoria ove vuol pone ,
Mi giovar si, che di me potè manco
Il traditore ; onde fu mio prigione ;
11 Re , udito il suo fallo , mi concessa!
Di poter farne quanto mi piacesse*
Non r ho Tdluto uccider né lasciarlo;
Ma , come vedi , trarloti in catena ,
Perchè vo che a te stia di giudicarlo
Se morire o tener si deve in pena :
L'aver inteso eh' eri appresso a Carlo,
£ 1 desir di trovarti qui mi mena :
Ringraaio Dio che mi fa in questa pi|rte ^
Dove lo sperai meno , osa trovarle.
Ringraziolo anco ehe la tua Isabèlla
Io veggo , e non so come , che teco hai ,
Di cui per opi*a del fellon novella
Pensai cl^e non avessi ad udir mai.
Zerbino ascolta Almonio e non favella
Fermando gli occhi in Odorico as9ai ^
Mon si per odio, come che gì' incresce
Che a si ma fin tanta amicia^ia gli esce.
Finito ch'ebbe À.lmonio il suo sermone-,
Zerbin riman gran peszo sbigottito
Che chi d' ogni altro men n* avea cagione
Sì espressamente il possa aver tradito.
Ma poi che d' una lunga ammirazione
Fu sospirando finalmente uscito ,
Al prigion domandò se fosse vero
Quel che àvea di lui de^to il cavaliero i
ClNtÒ XXIV. M
Confessdllo Odonco ; e poi yiggiunse ,
Che saria lungo a ricontarvi il tutto;
Che tanta doglia il cor poi li conpunse ,
Che n' ebbe qua.si a rimaner distrutto •
Se mai per preghi ira di cor si emunse.
Se umiltà di parlar fece mai frutto;
Quivi far lo dovea; che ciò che mova
Di cor durezza or Odorico trova.
il
Pigliar di tanta ingiuria alta vendetta
Tra il si Zerbino e il nò resta confuso:
Il veder il demerito lo alletta
A far che sia il fellon di vil!a escluso ;
Il ricordarsi T amicizia stretta ,
Oh* era istata tra lor per si lungo uso •
Con l'acqua di pietà l'accasa rabbia
Nei cor gli spegne e vuol che pietà a* abbia^»^
Mentre stava cosi Zerbino in forse
Di liberare o di menar captiVo
O pur il disleal dagli occhi torse
Per morte òppur tenerfo in pena vivo.
Quivi ringhiando il palafreno corse ;
^ Che Mandricardo avea di briglia privo.
£ vi portò la vecchia che vicino
A morte dianzi avea tratto Zerbino.
33
lì palafren, che udito di lontano
Avea questi altri , era tra lor venuto
E Ic) vecchia portatavi, che in vano^
Venia piangendo e domandando ajut»;
Come 2^erbin lei vide, alzò la mano
Al ciel che si l^ienigno gli era suto, *
Che datogli in arbitrio avea que'Viui
Che soli odiati esser dovean da lui. '
V» CANTO XXIV.
.34
Zerbin .fa ritener la ni<tla veccbis
Taqio che pensi qi|el che debba farne:
Tagliarle il tia«o e i' uua e V altra orecchia
Pei»«a , ad e^mpio a' malfattori darue.;
Ppi li pare assai oieglia se apparecchia
Un paata «gli avvoltoi di quella carne ^
Pupizian divierse tra sé vulve|
£ cosi iiualnieate si risolve.
35
Si rivolta ai compagni e /lice ; io SOQ0
l>i lasci;^r vivo il disleal couteo^ct^
Che se io lutto non merita perdono^
Non merita anco si crudel iormepiof
« Che yiya che slegato, sia li dono,
Pero ch'esser d'Àmur la colpa sento;
£ facilmente ogni scusa s'anirqette,
j Quund<^ in Amor la colpa si riflette.
36
Amor ha yòlto sotto sopra spesso
Senno piy salda che non ha costui ,
£d ha condotto a vie maggior eccesso
;pi questo ch'ha oltraggiato tutti u\ii:
Ad Odorico dev'esser rimesso:
Punito esser d^hbo io cki^ cieco fui, •
Cieco a dargliene iojipresa e non poc mente
Ghe'l foco arde la p;iiglia facihuepte.
Poi mirando Odorìco: io vo che sia»
Li .disse, dql tuo error la peniteii^,
GI^ la vecchia abbi un anuQ ili compagnia ^
Né di lasciarla mai ti sia licenaa j
Ma, notte r giorno ove ta vada o stia
Un' ora mai non te ne trovi senaa ,
£ ^1 a .morte sia da te dil^isa
Contri f iascup che vogl farle oifesa»
CANTO XXIV. fi7
38
Vò 69 <da lei ti aarà comatidato ,
Cbe pigli contra ognun eontesa « guerra :
Vo in questo tempo che tu aia obbligato
Tutta Francia cercar di terra in terra.
Cosi dicea Zerbin; che pel peccato
Meritando Odorico andar sotterra ,
Questo era porli innanti un' altra Fossa
Che fia gran soi*te che schÌTar lo possa.
'Tante donne tanti uomini traditi
Avea la recchia e tanti offesi e tanti ,
Che chi sarà, con lei non senza liti
- Potrà passar de' cavalieri erranti :
Cosi di par saranno ambi puniti ^
.Ella de^suoi commessi errori innanti,
Egli di tome la difesa a torto ;
Ne molto potrà andar che non sia morto.
Di dover serbar questo Zerbin diede
Ad Odorico un giuramento forte
Con patto che , se mai rompe la fede
E ette innanzi gli capiti per sorte ,
Senza udir preghi e averne più mercede
Lo debba far morir di cruda morte:
Ad Almonìo e a Corebo poi rivolto,
Fece Zerbio che fu Odorico sciolto.
Corebo, consentendo Almonlo^ sciolse
Il traditore alfin , ma non in fretta;
Che air uno e alP altro esser turbato dolse
Da si desiderata sua vendetta:
Quindi partissi il disleale e tolse
In compagnia la vecchia maladetta :
Non si legge in Turpin che n'avvenisse'^
Ma vidi già un autor che più ne aerisi.
is8 GàNTO XXIV»
Scrive r aatwe , il cui nome mi tacci» ^
Che ooa furo lontani una giornaU^
Che per torsi Odorico quello impaccio^
Contra \)gni patto ed ogni fede data
Ài collo di Ga brina gittò un laccio
E che ad un olmo la lasciò impiccata ,
£ che indi a un anno , ma non dice il loco^
Almonio a lui fece il mede^mo gioco.
Zerbin, che dietro era venuto all'orma
Del Paiadìn ne perder. la vorrebbe.
Manda a dar di aè nuove. alla aua torma
Che atar sen^ gran dubbio non ne debbe ;
Almonio manda ^ di più coae informa ,
Che liiQgo il tutto a raccontar sarebbe ,
Almenio manda e. a li^i Coreho appresso ,
Ne tien 9 fuor che Isabella^ altri con esspK
44
Tant' era jl' amor gi*aade che Zerbino ,
£ non minor del suo quel che Isabella
Port.ava al virtuoso paladina ,
Tanto il desir d! intender U novella
Ch'egli avesse trovato il Saracino
Che del destrier lo trasse con la scolla ;
Che non farà all' eserciio riturno ,
Se non finito che sia il terzo giorno.
Il termine che. Orlando aspettar disse
Il cavalier che ancor non porta spada,:
Jiotx è alcun luogo dove il Conte gisse >
Che Zerbin pel medesitao non vad^.:
Giunse alfin tra que|[li arbori che ^crisse^
là ingrata donoa uq poco fupr di strada ^
£ con la fonte e col vicino sasso
'lutti li ritrovo messi in fracasso^ .
CANTO XXrV. »a9
YeJe Ionian non sa che luminoso ,
E trova la corazza esser del Conte ^
E trova Telmo poi , non quel famoso'
Cile armò già il capo alTafTricano /l||pnan te-
ll destrier nella selva più nascoso
Sente annitrire e lera al suon la fronte^
£ vede Brigliiidor pascer per l' erba ^
Che dair artlòn pendente il freno serba.
47
Durindana cercò per la foresta
£ fuor la vide d^ fodero starse :
Trovò, ma in pezzi , ancor la sopravvesta
Che in cento lochi il miser conte sparse :
Isabella e Zerbintcon faccia mesta
Stanno mirando e iioo san che pensarsi:
Pensar potrian tutte le cose j eccetto
Che fosse Orlando fuor dell' intelletto.
Se di sangue vedessino una goccia ,
Creder potrian che fosse stato morta:
Intanto lungo Ja corrente doccia
Vider venire un pastorello smorto:
Costui pur dianzi avea di su la ro<:cia
L'alto furor dell' infelice scorto ;
Come Tarme gittòr squarciossi i panni
Pastori uccise e fé milT altri danni»
Costui ricliiesto da Zerbin , gli diede-
Vera iiiformazion di tutto questo :
Zerbin si maraviglia e a pena ircrede> .
E tuttavia a' ha indizio manifesto :
Sia come vuole, eg4i discende a piede
Pien di pietade e lagrimoso e mesto,,
£ raccogliendo da diversa parte
Le reliquie ne va. eli' erano sparte.
9
i3v CANTO XXI?.
Del palafren diftcende anco [«làb^ltd ,
E va queir arme ridocett/lu ihsierMé:
Ecco lor sopravviene una drmaelh
Dol«|»te in rista e di cor spesso gente :
Se mi domanda alcun chi sia , e percb'elli
Così s'affligge e che dolor la preme;
Io ^i risponderò eh' è Piordiligi
Che deUo sposo suo cerca i vésligk
5i
_ •
Da Brandi marte senia farle motto
Lasciata fu nella cittìi di Carlo^
Dov'eUa Taspettò sei m^esi od otto;
h quando àlfin non vide ritorrrarlo ^
Da un mare air altro si mise t^n salto
Pitene e TAIpe e per tutto a cercarli>:
L'andò cercando in ogni parte, fuofe
Che al palazzo d- Atlante incantatore.
Se fosse stata a quel)' ostel d' Allan<(e •
Veduto con Gradasso andare errando
L' avrebbe con Ruggier eoii Brada mante
E con Ferra» prìmu e oon Orlan.do:
Ma poi che caccio Astolfo il Negromante
Col suon del corno orribile e mirando ^
Brandinoarte tornò verso Pariqft,
Ma non sapéa già questo Fiordiligì.
Com' io vi dico^ sopraggiunta a <iaso
A quei duo amanti Fturdiligi b<?ila ,
Conobbe Tarme e Brigliador rimaso
Senza il padrone e col freno alia sella;
Vide con gli occhi il miserabil caso^
E n' ebbe per udita anco novella ;
Che similmente il pastorel narrolle
Aver veduto Orlando correr folle.
CANTÒ XXIV %ÌM
Qaivi Zerbio tatte raguiia Tairniey
E ne fa come un bel trofeo s' un pino:
E volendo Vietar che non se n' arme
Cayalier paesan ne peregrino ;.
Scrive nel verde ceppo in breve carole i
Arraatara d' Orlatido Paladino;'
Come volesse dir: nessun la mora ,
Che star non possa con Orlando a provai
55
Finita cb' ebbe la iodevoi opra^
Tornara a rimontar sul soo dlstriero ;
Ed ecco Mandricardo arrivar sopra ,
Che , visto il pin di quelle spoglie altien>^
Lo prega che la cosa gli discopra :
E quel K narra » come ha inteso, il vero^:
Allora il t-e pA^an lieto non badti ,
. Che viene al pino e He leva la spada.
56
Dacendo.;.alctm non me ne può^ riprendere ^
Non è puf oggi ch'io F ho. fatta mia.;
Ed il posisessd giustamente prendene^
Ne posso in ogni parte ovunque sia;
Orlando, che temea quella difendere^
S'ha finto paz20 e Fba gittata "via;
iVIa quando stia vìkà pur cosi scusi.
Non deve far eh* io mia ragion non usù
2erbiho il lui gtidav^ ; non la torre,
O pensa non l'aver sen&a quìstìone;, ,
Se togliesti cosi 1' alieni d'EttdiTe,
Tu le hai di furto, più ct>e di ragione^
Séùt' altro dir l' un sopra l' akro corre ^
D' animò e di tirtù gran paragone ^ .
Di cento colpi già rimbomba i) suono^.
Né betie ancoc nella battaglia sobo p.
iS2 CANTO XXfV.
58
^ Di prestezza Zerbin pare una fiamnui
A torsi ovunque Durindana cada ;
Di qua di là saltar come una damma
Fa il suo destrier dove ò miglior la strada ;
£ ben convien cbe non ne perda dramma ,
Che andrà ^ se un tratto il coglie quella spada:
' A ritrovar gl'innamorati spirti
Cb'empion la selva degli ombrosi mirti.
Come il veloce can cbe'l porco assalta ,
Che fuor del gregge errar vegga nei campi ,
Lo va aggirando e quinci e quindi salt<l ,
Ma quello attende che una volta inciampi;
Cosi y se vien la spa(ia o bassa od alta ^
Sta mirando Zerbin come ne scampi:
Come la vita e Tonor salvi a un tempo
Tien sempre V occhio e fere e fugge a tempa
60
Dair altra parte, ovunque il Saracino.
La fera spada vibra o piena >q vota ,
Sembra fra due montagne un v^nto alpina
Che una frondosa selva il Marzo Vcota ,
Ch' ora la caccia a terra a capo chino ,
Or gli spezzati rami in aria rota :
Benché Zerbin più colpi e fugga e schivi ,
Non può schivare al6n eh' un non gli arrivila
61
, Non può schivare alGne un gran fendente
Che tra 'l brando e lo scudo entra sul petto j
Grosso r usbergo e grossa pariaiente
Era la piastra e '1 pan^eron perfetto ,
Pur non gli steron contra , ed ugualmente
Alla spada crudel dieron ricetto :
Quella tagliò calando ciò che prese ,
La corazza e Tarcion fin su V arnese^
Canto* XXIV. ?33
1^ se non che fu scar^io il colpo n1quai>tor|
Per mezzo lo fehdea come una canna :
Ma penetra nel vivo appena tanto ^
Che po.co più che la pelle gli danna ;
La non profonda piaga è lunga quanto
Non si roìsureria con una spanna ; -
Le lucid' arm» il caldo sangue irriga
Per sin al pie di rubiconda riga.
63
Cosi talora un bel purpureo nastro
veduto partir tela d' argento ,
O tingere il candor dell'alabastri»
Rosata striscia in mensa o u\ pavimento^
Quivi poco a Zerbin vale €sser mastro
Di guerra ed aver forza e più ardimento ,
Che dì fiiiezza d*arme e di possanza
Il re di Tartdi'ia troppo l'avanza.
64
Fu quest^ colpo del Pagan maggiore
In appirrenza che fosse in effetto;
Tal (^he Isabella se ne sente il core
Fendere iti mezzo alTagghiaceiato petto:
Zerbin pien d'ardimento e di valore
Tutto s'infiamma d'ira di dispetto:
£ quanto più ferire a du(? man puote
Jn mezzo l'elmo il Tartaro peri^uut^,
63
Quasi sul collo del destrier piegosse
Per l'aspra botta il Saracin superbo;
E quando l^^Uno senza incanto fosse ,
Partito il capo gli avria ìì colpo acerbo:
Con poco differir ben vendicosse ,
Né diìsse; a un'altra volta io te la serbo:
£«la spada gli alzò verso 1' elmetto,
Sperandosi tagliarlo infin al petto.
tSl CANTO XXIV.
m
Zerbìny che tenea l' occhio ove la inentB ^
T^restt) il cdTallo alla man destra volae:
Non si presto però, ébe la tagliente
Spada fuggisse che lo 8cudo colse;
Da sotnmo ad imo ella il parti ugualmente ^
E di sotto il bracctal roppe e disciolse
E l«i ferì nel braccio y e p«i V arnese
Spezzolli e nella coscia anco gli scese •;
Zrrbin di<}ua di "là cerca ogni via ,
f4è mai di quel che vuol cosa gli avviene :
Che l'armatura sopra cui feria
Un picciol segno pur non ne ritietie;
Dair altra parte il re di Tartaria
Sopra Zerbino a tal vantaggio viene,
Che r ha ferito in sette parti o m otto,
Tolto lo scudo, e mozzo V elmo rotto.
68
Quel tuttavia va più perdendo il sangue ,
Manca la forza e ancor par che noi senta :
II generoso cor che nulla langue
Val si , che il debòl corpo ne sustenta ;
La donna sua per timor fatta esangue
Intanto a Dcralìce s^ appre8enta ,
E là prega e la supplica per Dio
Che partir voglia il fiero assalto e rio •
Cortese Come bella Doralice ,
Né ben sicura come il fatto segua ,
Fa volentier quel che Isabella dice
E dispone il suo limante ^ pace e a tregua ;
Cosi a' preghi dell' altra V ira uhrice
Di cor fugge a Zerbino e sì dilegua : '
Ed egli , ove a lei par^ piglia la strada .
Senza finir l'impresa della spada •
CANTO XXiV. iW
Fior diligi^ che mal ved^ difeso
La JMHNM spada del misero GQi>te y
Tacita daolsi e tsliiio le ne pe^sbf
Che d' ira piange e haUesi la fronti^
Vlprria ater Braudimarie a quella ÌQ3preati;
E se mai lo riir<#va e gli Io cunàìe^
Non crede 'poi che Mandricardv vada
Lufi^ aiajgùuie alti^ di «quella «pada t
FiordÀligi , ceccando ptir jn vano
Va firaiidiimarte suo mattina e aera ,
E fa camaùn di luì molto lontano,
JSIia lui che già ternato a Parigi era i
Tanto ella se n'andò per monte <e piano ,
Che giunse'o^*e«&l passar d' una drÌA^iei»
Vide e Go»obhe il miaer paladimi ,
Ma dioiam «quel che A.Tven»ne di Zeri^iuo.,
Che il k^ciar Durindana si gran fallo
liti par, che più d'ogni altro mal gì' incresce ,
Quantunqije HI) pelila star possa a. cavala
Per mollo sangue che' gli è uscito ed esce :
Or , poi che dopo non troppo intervallo .
Cessa con l'ira il caldo e il «dolor cresce :
Crec^ee il dolor sì i(npefuo6aQ!>en)te ,
Che mancarci la yiia se ne sente.
Per d^bdlec^a pin non polea (gire ,
Sì che fermossi appresso una foi»teoa :
jKon sa che ^ar né -che si debba idiire
Per aiutarlo la Somedia ntnaita:;
Sol 4Ìi disagio lo vede morire ,
Che €]uindi è troppo ogni 'Citti lontan*
Duve in quel punto ,b1 medico ricorra ,
die per |pieta<de o premio ^gli isnacoi^na .
A<
IÌ6 CANTO XXÌV.
Ella non sa se non in van dolersi ,
E chiamar la Fortuna empia e crudele r
Percliè aii^ ! lassa , dic^a , non mi soipmersi
Quan^ levai nell' Ocean le vele?
2erbin ctie i languidi occhi ha in lei conversi
Senle più doglia ch'ella si querele^
Che della passion tenace e forte
Che r ha condotto ornai vicino a morte .
Cosi cor mio vogliate^ te diceva^
Da poi eh' io sarò mor0t> amarmi ancora ,
Come solo il lasciarvi è che m' ac[greva
Qui senza guida ^ e non g^à perchè io mora {
Che se in sicura parte m/ accadeva
Finir della mia vita rultim'pra:
Lieto e contento dei connubio sauto ^
Morto sarei vi, e fortanato accanto .
Ma poi che il mio destino iniquo e duiy)
Vuol eh* io vi lasci e non so in man di cui :
Per questa bocca e per ques(j^ occhi giuroii
Per queste chiome onde allacciato fui ,
Che, ombra doleute, nel profondo oscuro
Non lascierò mai di pensare a vui :
Come or d' ogni altra pena è la più forte
Che da vedervi mi torrà la morte .
77
Di ciò y cor mio , nessun timor vi tocchi,
Replicò la mestissima donzella :
Copvien che V uno e T altro spirto scocchi^
iNè , partito Zerbin , resti Isabella ;
Non sì tosto vedrò chiudervi gli occhi ,
Se non potrà la doglia acerba e.fella : *
Questa spada il potrà , con cui prometto
Per seguirmi compagna aprirmi il petto .
Canto ixiV- iif
78
iKerbin la debil voce rinforzando
Disse : io vi prego e supplico , naia diva f
Per qaello amor che mi aiostra«te quaodo
Per me lasciaste la paterna riva ;
£ se comandar posso ^ io vel codoando^
Che fin che piaccia a Dio^ restiate viva :
Né mai per caso poniate in oblio
Ohe quanto amar si può v^abbia amato io«
^ . , 79
Dio vi provvederà d'aiuto forse
Per liberarvi d' ogni atto villano :
Come fé' quando alla spelonca torse ^
Per indi trarvi , il senator rqmano ;
Così y la sua mercè ^ già vi soccorse
Nel mare e coutra il biscaglin profano : ^
£ se pur avverrà che poi si deggia
Morire , allora il minor mal s'eleggia.
^Non credo che quest' ultime parole
Potesse esprimer si, che fosse inteso: '
£ fini come il debil lume suole
Cui cera manchi od altro in che sia acceso}
Chi potrà dire a pìen come si duole.
Poi che si vede pallido e disteso ,
La giovinetta , e freddo come ghiaccio
Il suo caro Zerbin restare in braccio .
Sopra il sanguigno corpo s' abbandona
E di copiose lagrime lo bagna ,
E Intride- sì , che intorno ne risuona
A molte miglia il bosco e la cainpagna ;
Né alle guance» né al petto si perdona ,
Che r uno e T altro non percola e fragna 2
£ straccia a torto l'auree crespe chionnfe^
Chiamando seaipre in vau l'amato nome.
i9t e à fir TO XXIV.
In tanta rabbia in tal furor 60oinier«8
L' a^ea la doglia $ua , die fa^ilfnen4i0
Ayria la spada in sé aiesaa converia
Poco al suo sposo in questo ubbidiente ^
S'uno eremita che. alla fresca e tersa
Fonie atrea usanza di rtoraar solente
Dalla sua quindi ikk» lontana ceUa ,
JNen «i oppoiiea venendo al vulet' 4 ^Ibi •
83
Il venerabil uom ch'alta bóntade
Avea congiunta a naturai prudenzia,
Ed èra tutto pien di «arilade
Di buMni esejnpi ornato e d'eioqwencia;
Alla giovin dolei^te persuade
Con ragioni efficaci pazienc^ia :
Ed innanzi le pon come uno specchio
Dono0 del Testamento e nuovo- e vecckio*
' 84
Poi le fece veder come non fusse
Alcun y se iidn in Dio, vero contento;
£ eh' eràn V altre transitorie e fltisse
Speranze umane e di poco nionieato.
E tanto seppe dir, che la ridusse
Da quel ^crudele. ed ostiivato intento ;
Che la vita seguente ebbe disio
Tutta al servigio dedicar di Dio •
• 85
Non che lasciar del suo «(ignor voglia unqiie
Né il grande amor uè le reliquie morte :
Convien che le abbia ovunque stia ed ovunque
Vada , e che seco e notte e di Je port^f :
Quindi , ajutando Teremitìa dunque
Ch'era della sua età valido e foKe,
Sul mesto suo destrier Zerbin posare ,
E molti dì per qFuelie seW<!«andai^ .
Canto xxm. 1%
^OD volse il cauto Vecchio ritjor seco
Sola con solo la giova oc bella
Là dóve ascosa in un selvaggio speco
V Non lungi avea la solitaria cella ,
Fra se dicendo : con periglio ifrreco
In una man la paglia e la ftcellà !
Me si fida in sua eti uè in sua pr^denua
Che di sé faccia tanta csperiepzia .
Di condurla in Proventa ebbe pensiffro
Non lontano a Marsiglia ia un casUilia^* .
Dove di sante donne un monastero
RiccnìssifìfìO era e di edificio bello t
E per portare il morto cayaliero,
Composto in una cassa a freano quello,
Che in un Castel eh' era tra via si fece
Lunga e capace e beo chiusa |ii p^o^ •
Più e piti giorni grbn spazio di terra
Cercaro/e sempre per lochi più ipeulti }
Che pieno essendo c^ii cosa di guerra ,
Voleano gir più che poteano occulti :
Al fine un cavalier la via lor serr^
Che lor fé' oltraggi e disonesti insulti ,
Di cui dirò quando il suo loco fia ;
Ma ritorno ora al re di Tariaria.
Avuto ch'ebbe la battaglia il fine
Cine già v' ho detto , il giova n si raoeolse .
Alle fresche ombre *e all'onde oristalline..
Ed al destrier la sella e il freno tolse,
E lo lasciò per V erbe tenérìm
Del prato andar pascendo ov' egli volse :
Ma npn ste' molto ohe vide lontaso
Calar dal monte un cavali^r<> al piano • ^
t4« CANTO xxrit.
90
CoDobbel, come brim» also la fronte^
Doralice e niostrotlo a Mandricardo ,
Dicendo: ecco il superbo Rodomonte ,
Se non m' inganna di Ionian lo sguardo !
Per far teco battaglia cala il ofionte:
Or ti potrà giovar Tesser gagliardo:
Perduta avermi a grande ingiuria tiene ^
Ch'era sua sposa e a vendicarsi viene •
Qual buono astor, che l'anitra o Taccéggia
Starna o colomba o simil ^llro augello
Venirsi incontra di lontano veggia >
Leva la testa e si fa lieto e bello ;
Tal Mandricardo y come certo deggia
Di Rodomonte far strage e macello^
Con letizia e baldanza il destrìer piglia ,
Le staffe ai piedi e alla man dà la briglia*
Quando vicini fur si che udir chiare
Tra lor poteansi le parole altiere^
Con le mani e col capo a minacciare
Incominciò gridando il re d' Algiere ;
Che a penitenza gli faria tornare ,
Che per un temerario suo piacere
Non avesse rispetto a provocarsi
Lui j cW altamente era per vendicarsi .
Rispose Mandricardo : indarno tenta
Chi mi vuol impaurir per minacciarme :
Cosi fanciulli o femmine spav.enta
O altri che non sappia che sieno arme ;
Me non , cui la battaglia più talenta
D'ogni riposo ; e soh per adoprarme
A pie a cavallo armato e disarmato ^
Sia alla campagna sia nello steccalo.
e à N T O XXIV. i4f
£cco 8ono agli oltraggi ài grido ali' ire
Al trar de' brandi al crudel suoo de' ferri ;
Come vento che prima appena spire,
Poi cominci a crollar frassini e cerrì ,
£d indi oscura polve in cielo aggire.
Indi gli arbori svelta e case atterri ,
Sommerga in mare e porti ria tempesta
Che il gregge sparso uccida alla foresta .
Dei due pagani senza pari in terra
Gli audacissimi cor le forze estreme
Parturiscono colpi ed una guerra
Conveniente a si feroce seme:
Jiel grande e orribil suon trema la terra
Quando le spade son percosse insieme :
Gettano l' arme infino al ciel scintille,
Anzi lampade accese a mWe a mille*
Senza mai riposarsi o pigliar fiato
Dura fra quei due re l' aspra battaglia ,
Tentando ora da questo or da quel lato
Aprir le piastre a penetrar la maglia :
Né perde l' un, né 1 altro acquista il prato;
Ma , come intorno sian fosse q muraglia
O troppo costf ogni oncia di quel loco ,
Non si partoD da un cerchio anguato e poco.
Fra miHe colpi il Tartaro una volta
Colse a due mani ii^ fronte il re d' Algiere,
Che li fece veder girare in volta
Quante mai furon fiaccole e lumiere;
Come ogni forza all' African sia tolta ,
Le groppe del destrier col capo fere:
Perde la stafia ed è , presente quella
Che cotanto ama, per uscir di sellai
ti% e A» to xxiy.
Ua colile ben òòihpdftto é iàltdò àrw
* ITi fitto acidajd in bUDfift èòmnm gréVe ^
Quahto fti (ihinA più quahto è jpik Ciittty
E più lo^ sfatttkfi martinélli e leve ,
Con tanto più furor quàiid' è poi scsir^^
Ritorna e fa più uul ehe nou riceve;
Gòéi q Belle africàn to^to fi^oKge '
E doppiò il Colpo àirinicbico porge .
de
Rodomonte à quél àégno òte fu colto ,
Colse a piftito il flgliaol del re Agricane^
Per questo noti potè buoeergli al Volte ;
Che in difesa trovò V arate trojane ;
. Ma fiordi in ikiedo il Tartaro , cbe molto.
Mófl ^àpea é'èra vespero ò dimane:
L'irato Rodomonte non »' arresta ,
Che mena Y alito è pur segna aliai testa*
Il cavallo del Tartaro , che faborré
Là spada <hé fischiando Caln d'iillo>
Ài suo liignor tòù sod gr^n mal soccórre^.
Perché a' arretra per fbggìr d' un saltò •
11 brando in me^tso il capò li trascorre ;
Che al signor nou à lui tnovea T assalto:
Il mi^er non avea V elmo di Tro)a
Gémè il pad/tine , onde couvien che muoja*
Quel cade , e Màndridàrdo ih piedi gnitita
' Non più stordito è £kirindana aggira :
Veder mortai! Cavallo entro gli attizza
E fuor dtVàmpa un grande incendio d'ira..
L' African péJr urtarlo il déàtrièr drizza ;
Ma non più Mandric^rdo si ritira ,
Che sfcogliò far soglia dair òftde; é avvenne
Che it déslrièr cadde ed egli in pie si tenne.
CAITTO XXm 10
i«i
L* African', ehe manrtini il ciéstriér scnfei
Lasdfft le Maiffe • to gli ai'cion Bt pontai
£ resta in piedi e aciollo agevolmente t
Goȓ Tua r altro poi di pari affrontai
La pugna più che mai ribolle .ardente ^
E l' odio e l'ira e la superbia monta y-
Ed era per seguir; mei quivi giunse
In fretti un messagger che li di^igiunse*
Vi giunse un messagger del popol mdro»
Di molti che per Francia eran mandati
A richiamare a gii stendardi ' loro
1 capkani e caralier privati;
Perchè i'imperator dai Gigli d'oro
ÌÀ avea gli atloggiia menti già assediati)
E se non è il socc^u^s^'a yenir presto^
L' e<^cidio suo conosce manifesto »
Biconobbe il messaggio i cavalieri \
Oltre alle insegne oltre alle sopravveste^
Al girar delle spade e ai colpi fieri
Ch'altre man non farebbono che qaéscc;
Tra lor però non osa entrar , che speri
Che fra tant'ira sicurtà li preste
L'esser mes^o del re, né si conforta
Per dir che ambascìator pena non portilr«
Ma viene a Doralice, ed a lei 'narra
Che Agraroanie Marsilio e Stordilano
Con pochi dentro a itaal sicura sbarra
Sono assediati dal popol cristiano j
Narrato il caso , con prieghi ne inarra
Che faccia il tntto a due guerrieri pianò
E che gli accordi insieme ^ e per le scAm^po
Del popol seracin li meni iii campa •
i44 CANTO XMV^
106
l*ra 1 cayaller la donna di gran core
Si mette e dice loro: io vi comanda
Per quanto so che mi portate amorce
Cbe riserbiate a miglior uso il braudu^
£ ne vegnate subito in favore
Del nostro campo Saracino, quando
Si trova ora assediato nelle tende ,
£ presto ajute o gran ruina attende.
107
Indi il mésso soggiunse il gran periglio
Dei saracini, e narrò il fatto appieno,
£ diede insieme lettere del figlio
Del re Trojano al figlio d* Ulieno .
Si piglia finalmente per consiglio
Che ì due guerrier deposto ugni venena
Facciano insieme tregua fin al giorno
Cbe sia telto V assedio ai Mori, intorno »
£ senza più dimora, come pria
Liberata d'assedio abbian lor gente.
Non a* intendano aver più compagnia ,
Ma crudel guerra e inimicizia ardente^
Fin che con Tarme diffinito sia
Chi la donna aver de' meritamente ;.
Quella , nelle cui man* giurato fue ,
Fece la sicurtà per amendue .
109
Quivi era la Discordia impaziente
Inimica di pace e d'ogni tregua,
£ la Superbia v' è the non consente*
J*^è vuol patir che tale accordo segua ;
Ma più di lor può Amor quivi presente:'
Dì cui r alto valor nessuno, adegua ;
' £ fé' che indietro a colpi di saette
£ la discordia e la Suberbia stette ^
CANTO XXIV. 145:
1 10
Fu conci lisa la tregua fra costoro ,
Si come piacque a chi di ior potea ]
Vi mancava uno dei cavalli k>roi
Che morto quel del Tàrtaro giacea.
Pera vi venne a tempo Brigliadoro
Che le fresch' erbe lungo il rio pascea.*^
Ma alfin del canto io mi trovo esser giunto^
Si eh' io &rò con vostra grazia punto .
iW"— *
ANNOTAZIONI AJL CANTO
•t. 5. ratio si move,'^ veloca . Dante Purg. G. XV r. %i^
Perch' a fuggir la mia vista fu ratta .
La Grofca lo dà anche arrerbio , e cita Dante Farad. Can-
to. XXV II! v. aS.
Distante intomo al punto un cerchiò d'igne Si girava
sì rattOy . . . '
si rapidamente •
8t ÌTÌ . det capo lo scema : gli ^spicca la "testa : fipasa
poetica .
8t. ivi. pome t lo stesso che poaio . Alarn. Colt. L. IH. t.
460:
Or con queste ne snen quel caro pome •
8t. 6. avviso t accorgimento consiglio baon partito. Ch^ai
novissimo dì forse sia drsto , Cioè gli estese in terra addor*
mentati in m'aniera che forse ii giorna dei giudizio anÌTer-
sala si desteranno . Ciò è detto iperbo^lcamaate , per esprit
mere a forza delle percosse di Orlando .
st. 8. Veder dai monti sdrucciolarne mille \ Qacsì<à
verbo dimostra la frettale gli effetti delio scender a precipi-
zio.
st ^9. stende la sferza. Bella metaibra che piega lo svilup.»
parsi e distendersi e percuotere dell' onda al lito.
st. IO. A nessun lece . il verbo lecere e licere non ha ch«
dare di tò fuor che lece e li^e^ « per altri modi e tempi saj^
plisce ù verbo esser lecito .
' ,46 ^
St. If. Potea imparar eh* era a sputare il brando : che
cosa fosse di che pericolo e di qaanla consegaensa 1' essersi
sprovvedalo di spada ^ com' area fatto , gìUaodoia alla lore-
sU.
st. i3»/t pose a giacerei ti uccise: frase popolare e
scherzevole sol^ mode Ilo del t* S at pciocipio di questo Gaato
St. 6.
In terra mipajv addormentato' s'teie.
st. ìj^ JDi ifmi diha disùdi già diseoi^re • Discorrere ss
dice anche , e vale qui a punto- il correre da cpesto a queil'>
I e farsi prestamente da un luogo a un altro come i raxsiartifU
ciati . Dante Pa». C XV t. iJ.
Quale per li seren* tranquilli e puri
Discorre ad ora ad or subito fuoco .
. st. i5. Che'l Paladino innanzi gii auea trito: inoatìKi
a lui avea calcato .* voce latina dal verbo tero is ixfi tritutn :
si traduce comunemente tritare , ma nel caso nostro non sa-
rebbe a proposito .
st. 17% raccontando allotta: allora. Dante Infer. G.
XXXI. V. 112.
, UToi procedemmo più aitanti allotta .
st. 18. s* avviserò: s'immaginarono. Bocc. Nor. 3. 4.
s' avvisò troppo bene ehe .'1 Saladino guardava di pigliarla
■elle parole . v
y
e A JS T O XXV-
ARGOMENTO
Doraiice i^a €on Mandricardo , e con Rodomonte ai Cftmpo
moresco, Ruggiero s' avs^ia con la donna , di che st narrò al
C, XXIL V» 7. e é^gg , a iahare la vita di un gi/uinetto
mal capitato y che si scopre poi esser un dé'^^atelli di
Bradamante. Vanno insième questi due a un castello
guardato da un valoroso , che Racconta il gran rischio
di vita in chr-^rqno JUalagigi , e Liviano presi da Fer*-
raù , e in sul pukto d* esser venduti a* nemici lor Ma-
ganzesi. /(u^glero risolve di liherarlL Messosi in camtni"
no col giovine da ltd Salvato ^ s^ aggiunge loro 9 scono*
scinta j Marjisa : e questi tre fulminano sopra Mori , e
Maganzesi .* il campo è voH> di gènte viva • i prigioni
sciolti y e grandioso il bottino. Dopo questa impresa ve^
nuti a una bella fonte pef^ ricrearsi ai quelV orezOy Ma-*
lagigi sfHega la significazione delle figure a basso rilie^
va in marmo di che era adorna^ Sopravviene Jppalcà^ e
Ruggiero va con lei per ritogliere a Rodomonte il caval-
lo da éolui rubatole con prepotente insolenza , ma noi rag-
giunge j che anzi per altra via insieme con Mandricardo e
con fior alice s* era condotto a quella istessa fontana , di
dove partitosi era egli a cercarlo. Quivi si corre più d'una
lancia ; poiché Mandricardo vuoi conquistare Marfisa
per darla in isposà a Rodomonte in cambio di Dor alice,
Ruggiero vi capita novamente , e s' avventa contra Rodò-^
monte per il ca^^allo j e cantra Mandricardo per fargli
deporre la insegna dell' aquila bianca in campo azzurro ;
e finaliqfnte entra in Lizza I^arfisa , e si tempestalo e si
martellano tutti. Malagigi fa entrare un diavolo in pan*
€Ìa air abino di Doraiice , il quale spicca uà gran salt^
in aria , e via se la porta ; e diètro a lei galoppano i du4t
rivali, Marjisa e Ruggiero vanno al campo in ajuto de* MorL-
o
gfran conti^sto in giòvetiil pen';^iéro>
Dfesio di laude , ed impeto d' Sktùore !'
JHè dhì piir vàgliisl a&còf ^i tróva il vei*o^
Che rest?a ór qiKèsta, ói*'qael ^peritire:
Neir uno ebbe e neft' altro Cavali'efo'
Quivi graui forz'à il débito^ e V onore i<
Che r amorósa lite s' in teriliesse^
Fin che soccorso il' campo io^ ^ite^se
/
i4* CANTO xxr.
Ma più Te V ebbe A.mor ;, che se. non er»
Che cosi comandò la douna loro.
Non si iciogliea fiielia battaglia fiera ;
Glie r un ne avrebbe il trionfale alloro ,.
Ed Agramante in van con la sua schiera
^ L' ajuto avria aspettato di costoro:
Dunque Amor sempre rio non si ritrova :
Se spesso noce , anco talvolta giova»
Or l'uno e T altro cavalier pagano y ^ .
Che tutti ban differiti i suoi litigi ^
Va per salvar l'esercito affricano
Con la donna gentil verso Parigi:
E va con essi ancora il picciol naqo
Che seguitò del Tartaro i vestigi ,
Finché con lui condotto a fronte a front»
Avea quivi il geloso Rodomonte.
4
Gapitaro in un piyto ove a diletto
Erano cavalier sopra un ruscello ,
Due disarmati e due che avean V elmetto^
E una donna con lor di viso bello;
Ohi fosser quelli aln*ove vi fia detto,.
Or no ; che di Ruggii prima favello ^
Dèi buon Ruggier di cui vi fu narrato
Ghe lo scudo nel pozzo avea gittato.
^on è dal pozzo ancor lontano un miglio ,
Ghe. venire un corrier vede in gran fretta
Di quei che nianda di Trojano il figlio
Ai cavalieri onde soccorso aspetta ,
Dal qual ode che Carlo io^ tal periglia
La gente saracina tien ristretta ,
Ghe se non è chi tosto le dia aita ^
Tosto r onor vi lascerà o la vita^
\
CANTO TVr. 149
6 • ■
Fd da mólti pensier ridutto in forse
Ruggier^ che tutti l'assalirò a un tfatto;
Ma qual per to miglior dovesse lorse
Né vluogo avea lìè tempo a pensar atto :
Lasciò andare il messaggio ^ e M freno tol?se
Là doye fo da a[uella donna tratto ^
Che sid or ad or in modo lo affretta va ,
Che nessun traopo d' indugiar li dava*
7
Quindi seguendo il cammin preso, venne ,
Giù declinando il sole , ad una terra
Che il re Marsilio in luezco Francia tenne ,
Tolta di man di Carlo in quella gueri^a ;
ì^è al pente né alla porta si ritenne,
Che non li nega*, alcuno il passo o serra ,
Benché intorno al rastrello, e in su le fosse
Gran quantità d' uomini , e d' armi fosse.
8
Perch'era cotiosciuta dalla gente
Quella donzella eh' avea in compagnia.
Fu lasciato passar liberaipaente
Né domandato pure onde venia:
Giunse alla piazza , e di foco lucente
£ piena k trovò di gente ria ,
E vide in mezzo star con Viso smorto
Il giovane dannato ad esser morto.
9'
Buggier come gli alzò gli occhi nel viso
Che chino a terra e lagrimoso^ stava,
Di veder Bradamante gli fu avviso ;
Tanto il giovane a lei rassomigliava:
Piu'dessa gli parea quanto più fiso
ÀI volto e alla persona il riguardava ,
E fra sé disse: o questa è Bradamante,
O eh' io non son Buggier come era innante*
/
N
|5o CAKTO XXV.
IO
Per troppo ardir si sarà forse piessa .
Del garsson condeiinato alla difi^sa^
E poi che mal la cosa Tè success^ ,
Ne sarà stata, copi io veggo, pr^sa ;
•Deh I perchè tanta fretta, che con essa
Io non potei trovarmi a questa impresa 7
Ma Dio ringrazio che ci son venuto ,
Chea tempo sincora io pptrò darle ajuto.
II
E senza più indugiar la spada stnnge ,
Ch'ayea air altro Castel rotta la lancia ;
E addosso il volgo inerme il destrier spinge
Per lo petto pei fianchi e per la rancia:
Mena la spada a cercp , ed a chi cipge
La fronte a ^hi la gola a chi la guancia ;
Fugge il popol gridando , e la gran frotta
Resta o sciancata o con la testa rotta .
I 2
Come stormo 4'augei che in ripa a un stagno
Vola sicuro e a sua pastura attende ,
Se improvviso del ciel falcon grifagno
Li dà nel mc^zzo ed un ne batte o prende;
Si sparge in fuga , ognun lascia il compagno
E dello scampo suo cura si prende;
Cosi veduto avreste far costoro
Tosto che! buon Ruggier diede fra loco.
A quattro o sei dai colli i capi netti
Levò Ruggier , eh' indi a fuggir fur lenti ;
Ne divise altrettanti in fin ai petti,
Fin agli occhi infiniti e fin. ai denti :
Concederò che non trovasse elmetti^
Ma b>n di ferro assai cuffie lucenti ;
E s'elniì fini anco v\, fosser stati,
Così gli avrebbe o poco naen tagliati*
CANTO rsy. ijf
14/
ki^a furz^ di tluggier noo era quale
Or si ritrovi in cavsilier modernp,
Ne in orso De in lean uè in aniniale
Altro più fiero o postralf od, esterno:
Forse il tren^noto le sarebbe uguale ,
Forse il gran diarol^ nqn quel dello 'nferno
Ma quel del naio Signor che va col foco.
Che a cielo e a terra e 41 mar ai fa dar loco.
'*• •
D'ogni suo ooipà fnai Xìoa cadea manca ^
D* u3 uomo in terra , e le pi 14' volte un pajo,
E quattro ba un colpo e cinque n'uccide ^nco.
Sd die si venne tosto al centinajo ;
Tagliava il brando che trasse dal fianco ,
Come uo tenero latte il duro acciajo;
Faterifia per dar morte ad Orlando
Fé nel giardin d' Orgagna il crudel brando.
16
Averlo fatto poi ben le rincrebbe,
Glie il suo giardin disiar vide con esso;
Che strazio dunque, che ruina debbe
Far or che in man di fai guerriero è uiesso ?
Se mai Ruggier fii4ror , se mai forca ebbe ,
Se mai fu l'alto suo valor espresso;
Qui l'ebbe, il pose qui, qui fu veduto,
Sperando dare alla sua divina ajuto.
Qual fa la lepre contra ì cani .sciolti ,
Facea la turba oootra lui ri pare;
Quei che restaro uccìsi furon molti ,
Furo infiniti quei cke in fuga a<idara;
Avea la donna intanto i lacci tolti
Ch'ambe le mani al giocane legaro ;
E, come potè meglio, presto armollo ,
Li die ui&a spada in mauoe un scudo al odU '
i5t CANTO 3LXV*
«8
Egli che ràolto è offeso , più che puote
Sì cerca vendicar di quella gente :
E quivi son sì le sue forze note ,
Che riputar si fa prode e valente ;
Già avea attuffato le dorate rote
Il sol nella marina d' Occidente ;
Quando Ruggier vittorioso e quello
Giovane seco uscir fuor del castello.
Quando il garzon sicuro della vita* '
Con Ruggier si trovò fuor delle porte ^
Gli rendè molta grazia ed infinita
Con gentil modi e con parole accorge,
Che nen lo conoscendo , a darli aita
Si fosse mesUo a rischio della morte,
£ pregò che il suo nume li dicesse
Per saper a chi tanto obbligo avesse.
10
Veggo , diccf^^ Ruggier , la faccia bèlla
E le belle fattezze e il bel sembiante;
Ma la soavità della favella
Non odo già della mia Bradamante:
Né la relazion di grazie è quella
Ch' ella usar debba al suo fedele amante:
Ma , se pur questa è Brada mante , or come
Uà si tosto in oblio messo il mio nome 7
Per ben saperne il certo , accortamente
Ruggier li disse , io v' ho veduto altrove ,
Ed ho pensato e penso e finalmente
Non so ne posso ricordarmi dove ;
Ditemèl voi , se vi ritorna a mente ,
E fate che *l nome anco udir mi giove ,
Àccio che saper possa a cui mia aita
Dal foco abbia salvata oggi la vita .
CANTO XXV. ai
SA
Che voi m' abbiate yiato esser potria p
Rispose quel| che Don so dove o quando ,
Ben vo pel mondo ancb^ io h parte mia
Strane avventure or qua or là cercando ,
Forse una mia Sorella stata^ fia |
. Che veste V arme e porta allato il brando ,
Che nacque meco e tanto mi somiglia.
Che non ne può discerner la famiglia.
a3
Né primo né secondo né ben quarto
Sete di quei eh' errore in ciò preso hanno ,
Né 1 padre né i fratelli né chi a un parto
Ci produsse ambi scernere ci sanno ^
Gli è ver che questo crin raccorcio e sparto
(ih' in porto come gli altri uommi fanno ,
Ed il suo lungo e in treccia al capo avvolta
Ci solea far già differenzia * molta.
Ma poi che un giorno ella ferità fu
' Nel capo ^ lungo saria a dirvi come ,
£ per sanarla un servo di Gesù
A mezza orecchia le tagliò le chiome ;-
Alcun segno tra noi nqn restò piò,
Né si sapea come chiamarci a nome :
Ricciardetto son io, Bradamante ella,
10 fratel di Rinaldo , essa sorella •
Cosi a Ruggier rispose Ricciarcìetto ,
£ con altri parlar rendea men grave
11 salir che faceano ad un poggetto
Cinto di ripe e di pendici cave;
Un erto calle e pien di sassi stretto
Apria il cammin con faticosa chiave:
Sedea al sommo un Castel detto Agrismente^
Ch' avea in guardia Aldigier di Chiaramontt*
iS4 CAKTO XXV.
Di BuOvo era costui figliuol bastarda
Fratel di Malagifi e di Viviano:
Chi legittima dic« di Gherardo ,
E testimonio temerario e vano ;
Fosse come sì veglia , era gagliardo
Prudente , liberai , cortese, umano ,
E facea quivi le fraterne mura .
La notte e il dì guardar con buona cura.
Baccolse il cavalier cortesemente ,
Gome dovea , il cugin suo Ricciardetto
Che amò come fratello , e parimente
Fu ben visto Buggier per suo rispeUo ;
Ila non gli uscì già incontra allegramente.
Com'era usato, anzi con tristo aspetto ,
Perch'uno avviso il giorno avuto avea
Che nel viso e nel cor mesto il iacea .
A Ricciardetto in cambio di saluto
Disse : fratello , abbiaro nova non buona .*
Per certissimo messo oggi ho, saputo
Che Bertolagi. iniquo di Bajona
Con Lanfusa erudii s'è convenuto
Che preziose spoglie esso a lei dona,
Ed essa a lui pon nostri frati in mano ,
Il tuo buon Malagigi f il tuo Viviano •
Ella dal dì che rerraù li prese
Li ha ognor tenuti in loco oscuro e frllo ,
Fin che il brutto contratto e discortese
N'ha fatto con costui, di ch'io favello;
Li de' mandar domane a] Maganzese
Nei confin' tra Bajona e suo castello :
Verrà in persona egli a pngar la mancia ,
£he compra il miglior sangue che ^ia in Francia*
CANTO XXV: iff
Rinaldo nostro n'bp avvisato un' ora ,
Ed ho caccvito il messo di pioppo;
^ non mi par che arrivar possa ad ora
Che non sia tqrda ; che 1 cammino è troppo :
Io non ho meco gente da uscir fuora 2
L' animo è pronto ma il potere è lipppo;
Se gli ha quel traditor li fa morire ,
Sì che non so che far non so che dire*
La dura nova a Ricciardetto apiace :
£ perchè spiace a lui spiace a Ruggiero ^
Che poi che questo e quel vede che tace
Ne trae profitto alcun del suq pensiero;
Disse con grande ardir: datevi pace.
Sopra me questa impresa tutta chero^
E questa mia varrà per mille spade
A riporvi i fratelli in libertade *
Io non voglio altra gente, altri sussidi;
Ch' io credo bastar solo a questo fatto:
Io vi donjiando sole un che mi guidi
Al luogo ove sì de' far il baratto.
Io vi farò sin qui sentire i gridi
Di chi sarà presente al rio contratto.
Così dicea , né dicea cosa nova
A r un de' due die n' avea vi^to prova •
U altro non V ascoltava , se non quanta
S'ascolti iin che assai parli e sappia poca:
Ma Ricciardetto li narrò da canto
Come fu per costui tratto del' foco,
E ch^ era cmìo che maggior del vanto
Faria veder r effetto a tempo e a loco r
Gli diede allora udienza più che prima ^
E riveriilo^e fé' di lui graaà^imft.
\
t56 CANTO XXV.
34
Ed alia mensa , ove la Copia fuse
Il cor no I l'onorò come suoi|onnór
Quivi senz'altro ajuto si concluse
Che liberare i due fratelli ponno.
Intanto sopravvenne e gli occhi chitlse
Ai signori e ai sergenti il pigro sonno,
Fuor che a Ruggier , che per tenerlo desto
Li punge il cor sempre un pensier molesto.
35 '
L'assedio d'Agramante , ch'avea il giorno
Udito dal corrier ; gli sta nel core ;
Ben vede ch'ogni minimo soggiorno
Che faccia d' a ju tarlo , è suo disnore.
Quanto gli sarà infamia quanto scorno,
Se coi nemici va del suo signore I
:h O come a gran viltade a gran delitto ,
Battezzandosi allor , gli sarà ascritto I
36
Potria in ogni altro tempo esser creduto
Che vera religion V avesse mosso ;
Ma ora che bisogna col suo ajuto
' Agramante* d'assedio esser riscosso,
Piuttosto da ciascun sarà tenuto
Che timor e viltà l'abbia percosso,
Che alcuna opinion di miglior Fede;
Questo il cor di Ruggier stimula e fiede.
Ma che faccia ritorno in campo a mori
Senza licenzia della sua regina;
Questo in lei desterà mille timori
Su la cagion che a cosi far lo inchina;
Che non sa che Agra man te n^ndò fuori
Per riparare all'ultima mina
Messi e protesti in ogni parte, dove .
Pe' suoi più prodi o questo o quel si trove.
CANTO XXV- i5y
Poi gli sovvìen eh' egli le avea promesso
Di seco a Vallombrosa ritrovarsi;
Pensa che andar v' abbia ella , e quivi d'esso
Che noi vi trovi poi maravigliarsi :
Potesse almeo mandar lettera o messo ,
Si ch'ella non avesse a lamentarsi ,
Che oltre eh' egli mal lo avea ubbidito ,
Senza far motto ancor fosse partito .
Poi che più cose immaginate a* ebbe ,
Pensa scriverle al fin quanto gli accada:
E bench' egli non sappia come debbe
. La lettera inviar si che ben vada ;
, Non però vuol restar ; che ben potrebbe
Alcun messo fedel trovar per strada :
Più Bon s' indugia e salta dalle piulme.
Si fa dar carta inchiostro penna e lume*
I camerier discreti ed avveduti
Arrecano a^ Ruggier ciò che comanda :
Egli comincia a scrivere^ e i saluti ,
Come si suol , nei primi versi m^nda •
Poi narra degli avvisi che venuti ^
Son dal suo re che ajuto li domanda ,
E se r andata sua non è ben presta ,
O morto o in man degl' inimici resta «
Poi seguita , che essendo a tal partito ,
Et che a lui per ajuto si volgea ;
Vedesse ella che il biasmo era infinito
. Se a quel punto negargli lo volea .
E ch'esso a lei dovendo esser marito,
Guardarsi da ogni macchia si dovea;
Che non si con venia con lei , che tutta
Era sincera ; alcuna cosa br utta .
f58 Cà NTO XXV.
E se mai per addietro un nóme chiare
Ben oprando cercò, dì guada^^narsi ;
£ guadagnato poi, ae avuto car»,
Se cercato V avea di conservarsi ; *
Or lo cercava e n'era fatto aVaro,
Poi che dovea con lei parteciparsi :
La' qual aua moglie e totalmente in duìf
Corpi esser dovta un' aAÌma con lui .
E si come già a bocca le avea detto ,
Le ridicea per qtiest» darta ancora ;
Finito il tempo in cbe per fede astrétto
Era al suo re f quando non prima muoili,,
Cìke sì farà Cristian così d' effetto ^
Come di btMui Tokr stato era ognora ; ,
E che al padre a Rinaldo è agli altri suoi
Per moglie dooNrodar \m farrìl poi .
Voglio, le soggiuhgea , cenando ri piaccia f
U assedio al mio signor le var^ d' i»lorira ,
Acciò ibe r ignorante volgo taccia,
11 qual direbbe a mia yer^ognae aeorné .
Ruggieri mentii Agramante ebbe bonaccia ^
Mai don \ abbandonò notte né giorno;
Or cbe fortuiia per Carla ék spiega y
Egli col vincitor V insegna^ «pi^g^ •
4^
Voglio quiDrdici dì termine o reMi y '
Tanto che comparir possa «na^ ve^lUi^
Si cbe degli afiVicani alloggia nfHsii ti •
La grave ossedioA^ per me sia talt« :
Intanto cercherò convenienti
Cagioni,. e che sien giuste, di dar volta:
Io vi domtodo.per mio pnor soi qtu^esto ,.
Tutto poi vofitrp e di mia vita ii vesto •
CJLVTO XXV. tib
In si mil parole si diffuse •
fiuggier, che tutte non eo dirvi a pieno t
£ seguì COD molt' altre , e non concluse
Fio che non vide tutto il foglio pteud,
E poi piegò la lettera e la chiuse ^
E suggellfita se la pose in seno ,
Cion speme che gli occorra il di seguente
Chi alla donna la dia secretameute .
47
Chiusa eh' ehbe la lettera , cbìnseaitcq.
Gli occhi sul letto e ritroTÒ quiete j
Che '1 Sonno venne , e sparse il corpo stanco
Col ramo intinto nel liquor di Lete «
£ posò fin che un nenàhìo rosso e biaficé
Di fiori sparse le contrade liete
Del lucido oriente d'ogn' intomo,
£d indi usci dell' aureo albergo il giorno.
48
£ poi che a salutar la nova luce
Pei verdi rami incominciar' gli augelli,
Aldigier y che voleva esser il duce
Di Ruggiero e dell' altro, e guidar quelli
Ove faccian che dati in mano al truce
Bertolagi non siano i due fratelli ,
Fu '1 primo in piede , e quando sentir' loì ^
Del letto uscirò anco quegli altri dui .
. , 49
Poi che vestiU furo e bene armati ,
Coi due cugin' Ruggier si jnette in via.
Già nfoltó indarno avendoli pr^ati
Che questa impresa a lui tutta si dia ;
Ma essi^ per desir eh' ban de' lor frati, *
E perchè lor parca discortesia ,
Steron negando più duri che sassi , '^
Né conseutiron mai che solo andassi «
i6a CANTO XIV.
5o '
Giunsero al loco il di che si dovea
Malagigi mutar nei cariaggi :
. Era un'ampia campagna che giacca
•tutta scoperta agli apollinei raggi ;
Quivi né allor né mirto sivedea *
I4é cipressi ne frassini ne &ggV
Ha nuda ghiara e qualche unìil virgulto
l^on mai da marra o mai da vomer culto t ,
I tre guerrieri arditi si fermare
Dove un sentier fendea quella pianura ^
E giunger quivi un cavalier miraro
Ch'avea d'oro fregiata T armatura ,
E per insegna iri campo verde il raro
E bello aqgel che più d' un secol dura :
Costui che ben in arme andar li scorse ^
In prova disegnò di voler porse •
5»
E fatto più da presso ad Aldigìero
Ch' era dinanzi : È alcun , disse, di voi ;
Che per mostrarmi s' egli è buon guerriero
D'abbassare una lancia non s^ annoi ,
Ond' io conosca se al sembiante altero
Ed air arme il valor risponda poi ?
Che non é novo y e spesso ancor si vede
Che all'apparenza non si può dar fede .
Farei , disse AJdigier ^ teco , o vtlessf
Menar la spadma cerco ^ o correr Tèsta ;
Ma un'altra impresa ; che se qui tu stessi
Veder potresti , questa in modo guasta ,
• Che a parlar t^co ^ non ch^ci traessi
A correr giostra , a pena tempo basta :
Seicent' uomini al varco o più attendiamo,
Coi quai 4'og^i provarci obbligo abbiumo.
CANTO XXV. iCi
Per tor lor due de' nostri , cbe prigioni
Quinci trarran pietade , e amor n' lia mosso;
E seguitò narrando le cagioni
Che li fece venir con V arme indosso ;
Si giusta è questa scusa che m' apponi y
Disse il guerrier , che contraddir non posso ;
E fo certo giudicio che voi siate
Tre cavalier' che pochi pari abbiate •
55
Io chìedea un colpo o due con voi scontrarmi
Per veder quanto fosse il valor vostro ;
Ma quando all' altrui spese dimoslrarme'
Lo vogliate ^ mi basta e più non giostro ;
Vi pt* ^go ben che por con le yostr' Arme
Quest' elmo io possa e questo scudo nostro ;
E spero di frnostrar^ se con voi vegno^
Che di tal Compagnia non sono indegno ..
56
Farmi veder che alcun saper desia
Il nome di costui , che quivi giunta
A Ruggiero e a' compagni si offeria
Compagno d'arme al periglioso punto;
Costei 9 non più costui detto vi sia ^
Era MarSsa che diede l' assunto
Al misero Zerbin delia ribalda
Vecchia Gabrina ad ogni mal sì calda.
I due dì Chìaramonte e il buon Ruggiero
L' accettar' volentier nella ior schiera :
Ch' esser credeano certo un cavaliero
£ non donzella e non quella eh' elk era;
Non molto dopo scoperse Aldigiero,
E v^der fé' ai compagni una bandiera
Che facea l' nura tremolare in volta ,
E molta gente intorno avea raccolta «
11
\
i6d CANTO XXV. :
58
E poi che più lor far fatti vicini
K ciie meglio notar T abito moro:.
Conobbero cb'egii eraii saracìni ,
£ videro i pri|^iuni iu mezzo a loro
Legali trar su piccoli ronzini
A'IVlagauzesi per cambiarli in oro:
Disse Marfisa agli altri : ora che resta ,,
Poi cbe sou qui^ 4' incominciar la festal
Ruggier rispose: gli invitati ancora
Mon ci sou tutti, e manca una grau parte:
Gran ballo si apparecchia di fare ora,
£ perchè sia solenne usiamo ogni arte ;
Ma far non ponno ornai lunga dimora;
Cosi dicendo veggono in disparte
Venire i traditori di Maganza :
Si cb'eran presso a incominciar ia danza •
60
Giungean dall' una parte i màganzesi ,
£ conducean con loro i muli carchi
D' oro di vesti e d'altri ricchi arnesi ,
Dair altra in mezzo a lance a spade ed archi ^
Yenian dolenti i due germani pre^i ,
Che si vedeano essere attesi ai varchi :
E Bertolagi empio nemico loro
Udian parlar col capitano moro •
Ne di Buovo il figliuol uè quel d'Amene^
Veduto il maganzese, indugiar puote:
La lancia in resta l'uno e l'altro pone,
£ l'uno e l'altro il traditor percote ;
L' un gli passa la pancia e '1 primo arcione^
E r altro il viso per mezzo le gote : .
Cosi n'audasser pur tutti i malvagi,
Comie a quei colpi u' andò Bertolagi.
\
CANTO XXV. iSì
Marfisa con Ruggiero a questo*segno
Si move , e non aspetta altra trumbelta> :
Né prima rompe l' arrestato legno ,
Che tre Tun dopo T altro in terra getta j
Dell' asta di Ruggier fu il pagan degno
Che guidò altri ^ e usci di vita in frettai
E per quella medesima con lui
Uno ed un altro andò nei regni bui •
63 ...
Di qui nacque un erto^^ra gli assaliti
Che lor ^•usé lor ultima mina :
Da un lato i maganzesi esser traditi
Credeansi dalla squadra saracina ;
Dall'altro i morì in tal modo feriti
L^ altra schiera chiamavano assassina^
£ tra lor cominciar' con fiera clade
A tirare archi e menar lance e spade .
64
Salta ora in questa squadra ^d or in quell»
Ruggiero , e via toglie or dieci or venti :
Altrettanti per man della donzella
Dì qua e di là ne son scemati e spenti,^
Tanti si veggon gir morti di sella
Quanti ne toccan le spade taglienti ,
A cui dan gli elmi e le corazze loco^
Come nel bosco i^ secchi legni al foco*.
65
Se mai d' aver veduto vi ricord» .
O rapportato v' ha fama all' orèechiey
Come allor, che i4 collegia si discorda
£ vansi in ària a far guerra le pecchie :
Entri fra lor la rondinella ingorda
E mangi e uccida e guastine parecchie^
Dovete immaginar che similmTente
Ruggier fosse e Marfisa in quella gent&
t61 CANTO XXV.
66
Non rosi Rtcciafìiletto e il swd qugina
Tra le due genti rariavan dansa ^
Perchè, lasciando il campo saracìna.
Sai ienean 1* occhia air altra di Magansa z
Il fralel di Rinaldo paladino
Con molto anima avea molta possanaNi ;
E quivi raddoppiar glie la fàcea
L' odio che contra i Maganaesi avea •
67
Facea parer questa n^ri«sma <rao8a
Un leon fiera il bastarda di ^av^yva »
Che con la spada seusa indugio e pausa
Fende ogni elmo o lo schiaccia come* un uoTa
£ qua! persona non saria stat^ ausa ,
Non saria comparita un Ettor no^o,
Mai fisa avenda in compagnia e Ruggiera,
Ch' erau la scelu è 1 fior d' ogni guerriero J
6a
Marfisà tutta volta, combattenda
Spesso ai caropagui gli occhi rivoltava ^
K di lor forxa paragon vedeodu
Con maraviglia tutti li lodava ,
Ma di Ruggier pur il valor stupenda
E senza pari al mondo le sembrava j
E talor si credea che fosse Marte
Sceso dai quinto cielo in quella part^
Mirava quelle orribili percosse^
Miravale'non mai calare ia fallai,
Parca che cantra Balisarda fosse
il ferra carta , e non dura metallo :
Gli elmi tagliava e le caraaw grosse
E gli uomini feudea fin sul cavallo,
E .i mandava in parti uguali al prata
lauto dall' un quanta dall' altro latQ^
e à N T O XXV* tSS
Continuacelo la medesma bottit
Uccidea col «ignore il cavallo anche ^
I capi dalie spalle alzava in frotta ,
E spesso i busti diparlia dair anche ,
Cinque e più a un colpo ne tagliò taiotta^
E se. non che pur dubito che manche
Credenza al ver che ha fàccia di menxogna ,
Di più direi ^ ma di tnen dir bisogna*
7'
Il buon Turpin > che sa Che dice il véro,
E lascia creder poi quel dhe air uom piace ,
Narra mirabil cose di Ruggiero
Che udendole il direste voi mendace ^
*Gosì parea di ghiaccio ogni guerriero
Contra Marfisa ^ ed ella ardente face;
E non men di Ruggier gli occhi a se trasse ^
Ch'ella di lui Talto valor mirasse..
7»
lE, s'ella lui Marte stimato oveai>
Stimato egli avria-lei forse. Bellona ^
Se per donna cosi la conoscea^
Come parea il contrario alla per'soiià p
E forse emulazion tra lor nascea
t^er quella gente misera non buona >
Nella cui carne e sangue e nervi ed ossa
Fan prova chi di loro abbia più possa*
.75
Bastò di quattro l'animo e il valore
À far che un campo e Y altro andasse rótto:
Non restava arme a chi fug$[ia migliore
Di quella che a' ginocclii a|Uta sotto:
Beato chi il cavallo ha corridore ,
Che in prezzo non è «quivi ambio né trottò ,
£ chi non ha destrier .quivi à' avvede
Quanto il meatier dèli' arme è tristo a piede.
i6S CAUTO XXV-
74
Rimali la preda e il campo ai vincitori
Glie non è fante o niulattier che resti:
Là i Maganzeai e qua fuggono i Mori ,
Quei lasciano i prigion le some questi ,
Fufon con lieti visi, e pili coi cori
9 Malagigi e Viviano a scioglier presti ,
Non fur men diligenti a sciorre i paggi
£ por le some in terra e i cariaggi.
Oltre una buona quantità d'argento
Glie in diverse vàsella era formato ,
Ed alcun muliebre vestimento
Di laVort> bellissimo fregiato ,
£ per Stan» reali un paramento
D* oro e di seta in Fiandra lavorato y
Ed altre cose ricche in copia grande ,
Fiaschi di vin trovar pane e vivande^
76
Al trar degli elmi tutti vider come
Avea lor dato ajuto una donzella :
Fu conosciuta air auree crespe chiome
Ed alla faccia delicata e bella ,
L' onoran molto , e pregano che ^1 nome
Di gloria degno non asconda , ed ella ,
Glie sempre tra gii amici era corcese,
A dar di sé notizia non contese.
77.
Non si ponno saziar di riguardarla ^
Che tal vista V avean nella battaglia :
Sol mira ella Ruggier , sol con lui parla ,
Altri noil prezza, %ltri non par che vaglia,
Vengono i servi intanto ad invitarla
Coi compagni e goder la vettovaglia
'TChe apparecchiata avean sopra una fonte ^
Che difendea dal raggio eativo un monte.
\
CANTO XXV. 167
78
Era una delle fonti di Merlino,
Delle quatto di Francia da lui fcitte ,
D' inlorno cinta di bel marmo fino
Lucido e terso e bianco più che latte:
Quivi d'intaglio con lavor divino
Avea Merlino imcnagini ritratte,
Direste che spiravano , e se prive '
Non fossero di voce, eh* eran vive.
Quivi una })estia uscir della foresta ^
Parea di crudel vista odiosa e brutta ,
Ch'avea le orecchie d'asino, e la testa
Di lupo e i denti, e per gran fdiiie asciutta ;
Branche avea di leon: T altro che resta
Tutto era volpe , e parea scorrer tutta
E Fcancia e Spagna e Italia ed Inghilterra
1/ Europa e V Asia , e alfin tutta la terra*
80
Per tutto avea genti ferite e morte,
La bassa plebe e* i più superbi capi:
Anzi nocer parea molto piti forte
A re a signori a principi a satrapi;
Peggio facea nella ronrana Corte ,
Che v' avea uccisi cardinali e papi ;
Contaminato avea la bella sede
Di Pietro j e messo seaudol nella F^e.
Par che dinanzi a questa bestia orrenda
Cada ogni muro ogni ripar che tocca :
Non si vede città che si difenda ;
Se le apre incontra ogni castello e rocca :
Par ohe agli onor divini anco si estenda
E sia adorala dalla gente sciocca ,
E che le chiavi s' arroghi d'avere
Del oielo e dell' abisso in suo potere*
ITO CANTO XXV.
Farà strage crudel ; né sarà loco ^
Che non guasti contamini ed infetti;
E quanto mostra la scoltura , è poco
De* suoi nefandi e abbominosi effetti »
AI imondo di gridar mtrce già roeo^
Questi, dei quali i nomi abbiamo letti.
Che chiari splenderan piò che piropo.
Verranno a dare ajuto al maggior uopo .
V
Alla fera crudele il più molesto
Non sarà di Francesco il re de' Franchi :
£ ben couvien che molti ecceda in questo ,
£ nessun prima e pochi n'abbia^' fianchi ;
Quando in splendor rea! , quando nel resto
Di^viftù farà molti parer manchi,
Che già parver compiuti , cotfoe cede
Tosto ogni altro splendo!* che il sol si vede.
9,
L' anno primier del fortunato regno ,
Kon fcjrma ancor ben la corona in fronte,
Passerà l'Alpe e romperà il disegno
Di chi all'incontro avrà occupato il monte.
Da giusto spinto e generoso sdegno
Che veudic^^te ancor non lieno Tonte,
Che dal furor de* paschi e mandre uscito,
L'esercito di Francia avrà patito.
£ quindi scenderà nel ricco piano
Di Lombardia col fior di Fj^incia intornor,
.£ si Telvezio spezzerà, Ae in vano
Farà mai piìì pensier d'alzaie il. corno.
Con grande e della Chiesa e delTispano
Campo e del fiorentin vergogna e scorno
Espugnerà il caste! , che prima slato
Sarà non espugnabile stimato .
^ CANTO XXV. 171
Sopra ogni* altr' arme ad espagnarlo molto
• Più gli varrà quella onorata spada ,
Con la qual prima avrà di vita tolto
Il móstro corruttor d' ogni contrada .
Conrien che innanzi a quella sia rivolto
In fuga ogni stendardo o a terra vada ;
Ve fossa né ripar né grosse mura
Possan da lei tener città sicura.
Questo principe avrà quanta eccellenza
Aver felice imperator mai debbia ;
L' animo del gran Cesar, la prudenza
Di chi mostrolla a Trasimeno e a Trebbia
Con la fo^^tuna d' Alessandro , senza
Cui saria fumo ogni disegno e nebbia :
Sarà si libera} , eh' io lo contemplo
Qui non aver né paragon né esemplo.
Còsi diceva Malagigi , e messe
X)estre ài cavalier' d' aver contezza
Del nome d' alcun altro che uccidesse
L' infernal bestia^uccider gli altri avvezza.
Quivi un Bernardo tra primi si lesse ^
die Merlin molto nel suo scritto apprezza:.
Fia nota per costui , dicea , Bibbiena /
' Quanto Fiorenza sua vicina, e Siena .
. , . ^7 . . .
Non mette piede innanzi ivi persona
A Gismondo a Giovanni a Lodovico:
Un Gonzaga un Salviàti un d' Aragona ,
Ciascuno al brutto mostro aspro nimico . ^
V è Francesco Gonzaga ^ né abbandona
te sue ves^tigie il figlio Federico ;
Ed ha il cognato e il genero vicinp ,
Quel di Ferrara e qud duca d'Urbino.
\j% CANTO XXV/
Deir un di questi il figlio Guidobaldo
Nou vuol che il padre odaltri dietro il metta :
Con Ottobon dal Flisco Sinibaldo
Caccia la fera , e van di pari in fretta «
Luigi da Gasolo il ferro caldo
Fatto nel collo li ha d' una saetta
Che con Tarco gli die Febo , quando anco
Marte la spada sua gli mise al fianco «
99
Du' Ercoli due Ippoliti da Este:
Un altro Ercole un altro Ippolito anco
Da Gonzaga e de' Medici le peste
Seguon del mostro, e V ban cacciando stanco s
Me Giuliano al figiiuol , né par che reste
Ferrante al fratel ; dietro ^ né che manco
Andrea Dona sia pronto , nè^he lassi
Francesco Sforza eh' ivi uomo lo passi « •
lOO
Del generoso illustre e chiaro sangue
D' a vaio vi son' due eh' han per insegna
Lo scoglio y che dal capo ai piedi d' angU4l
Par che Tempio Tifeo sotto si tegua :
Non è di questi due per far esangue
L'orribil mostro chi più innanzi vegna :
L' uno Francesco di Pescara invitto.
L' altro Alfonso del Vasto ai piedi ha scrìtto^.
idi
Ma consalvo Ferrante ove ho lasciato,
L' ispano onor che in tanto pragio v' era 7
Che fu da Malagigi sì lodato ,
Che pochi il pareggiar' di quella schiera :
Guglielmo si vedea di Monferrato ,
Fra quei che n\orta avean la bratto fera }
Ed eran pochi verso gì' infiniti
Ch'ella v'avea chi niorti e chi feriti •
CANTO XXV. *r3
lui
In giochi onesti e parlameoti lieti
Dopo mangiar^ spesero il caldo giorno
Corcati su tinissiaii tappeti
Tra gli arbuscelii oiid'era H rivo adorno;
Malagigi e Vivian , perchè quieti
Più fosser gli altri , tenean l' arme intorno :
Quando una donna senza compagnia
Vider che verso lor ratto venia.
lol
Questa era quella Ippalca a cui fu tolto
Frontino ti buon destrier da Rodomolìte :
L'avea il di innanzi ella seguito molto
Prega ndol ora , ora dicendogli onte ;
Ma non giovando, avea il cammin rivolto
Per ritrovar Ruggiero in Agriamonte :
Tra via le fu, non so già come detto.
Che quivi il troveria con Ricciardetto •
io4
£ perchè il lungo^en sa pea che v^era
Stata altre volte , se ne venne a) dritto
Alla fontana , ed in quella maniera
Ve lo trovò, eh' io v' ho di sopra scritto;
Ma come buona e cauta messaggiera
Che sa meglio eseguir che non l' è ditto :
Quando vide il fratel di Bradamente,
Mon conoscer Ruggier fece sembiante «
A Ricciardetto tutta rivoltosse,
Si come drittamente a lui venisse:
E quel che la conobbe se le mosse
Incontro , e domandò dove ne gisse ;
Ella che ancora avea le luci Tosse
Del pianger lungo, sospirando disse:
Ma disse forte , acciò che fosse espresm
A Ruggiero il suo dir che gli era appresso •
174 CANTO XXV.
106
Mi traea dietro ^ disse ^ per la briglia ^
Come imposto m^avea la tua sorella , .
Un bel cavallo e buono a maraviglia
Ch'ella molto ama e che Frontino appella ;
E Tavea tratto più di trenta miglia
Verso Marsiglia, oye venir debb'ella
Fra pochi giorni , dove ella mi disse ,
Che Taspetta.ssi fin che vi venisse.
107
Era sì baldanzoso il creder mio ,
Ch' io non stimava alcun di cor si saldo
Che me l'avesse a tor, dicendogli io
Ch'era della sorella di Rinaldo;
Ma vano il mio disegno ier m' uscio.
Che me lo tolse un saracin ribaldo:
vNè per udir dixhi Frontino fusse^
A volermelo rendere s', indusse .
Tutt' ieri ed oggi V ho pregito , e quando
Ho visto uscir preghi e minacce in vano ^
Maledicendol molto e bestemmiando
L'ho lasciato di qui poco lontano,
Dove, il cavallo e sé molto affannando «
S'aJHta quanto può con l'arme in m^no
Contr'un guerrier, che in tal travaglio il mette,
Che spero eh' abbia a far le mie vendette.
109
Ruggiero a quel parlar salito in piede,
Ch'avea potuto appena il tutto udire,.
Si volta a Ricciardetto , e per mercede
E premio e guiderdon del ben servire ,
Preghi aggiugnendo senza fin , li chiedo
Che con la donna sola si lasci gire
Tanto che il saracin li fia mostrato ,
Ch'a lei di mano ha il buon destrier levato.
CANTO XXV. 175
110
A Ricciardetto ancor che discortese
Il concedere altrui troppo paresse »
Di terminar le a sé debite imprese;
Al voler di Ruggìer pur si rimesse:
E, quel licenzia dai compagni prese^
E con ippalca a' ritornar si messe
Lasciando a quei che rimanean stupore >
Non maraviglia pur del suo valore •«
1 1 1
Poi che dagli altri allontanato alquanto
Ippalca r ebbe , li narrò che ad esso
Era mandata da colei che tanto
Avea nel core il suo valore impresso:
E senza finger più , seguita quanto
La sua donna al partir le avea commesso:
£ òhe se dianzi avea altramente detto^
Per la presenza fu di Ricciardetto.
1 fa
Disse che chi le avea tolto il destriero
Ancor detto le avea con mollo orgoglio:
Perchè so che il cavallo è di Ruggiero ^
Più volentier per questo te lo toglio :
S' egli di racquistarlo avrà pensiero^
Fagli saper che asconder non gli voglio
Gh*io son quel Rodomonte ^ il cui valore
Mostra per tutto '1 mondo il suo splendore.
ii3
Ascoltando Ruggier mostra nel volto
Di quanto sdegnò acceso il cor gli sia,
* Sì perchè caro avria Frontino molto ,
Si perchè venia il* dono onde venia ,
Si perchè in s;uo dispregio gli par tolto ^
Vede che biaàmo e disnor li fia.
Se torlo a Rodomonte non s'affretta
E sopra lui non fa degna vendétta ;
w€ CANTO XXV.
La donna Ruggier guida e non soggiorna,
Che por lo brama col Pagano a fronte,
£ giunge ove la strada fa due corna,
1/ un va giù al piano e T.aUro va sul monte :
£ questo e quel nella vallea rilorna
Dov'ella avea lasciato Rodomonte,
Aspra ma breve era la via del colle ,
L'altra più lunga assai mi piauci e molte.
ii5
Il desiderio che conduce Ippalca
D' aver Frontino e vendicar T oltraggio.
Fa che il sentier della montagna calca ,
Onde molto più corto era il viaggio,
Per r altro intanto il re d' Algier cavalca
Col Tartaro e con gli altri che detto aggio ^
£ giù nel pian la via più facil tiene,
Me con Ruggiero ad incontrar ai viene.
116
Già son le lor querele differite
'Fin che soccorso ad Agramante sia:
Questo sapete, ed han d'ogni lor lite
La cagion Doralice in compagnia ,
Or il successo dell'istoria udite;
Alla fontana è la lor dritta via.
Ove Aldigier , Marfisa , Ricciardetto,
Malagigi e Vivian stanno a diletto.
Marfisa a'prieghi de' compagni avea
Veste da donna ed ornamenti presi ,
Di quelli che a Lanfusa si credea
Mandare il traditor de' maganzesi .
£ benché veder raro si òolea
Senza V usbergo e gli altri bu<^ni arnesi ;
Per quel di se li trasse , e come doiina
A' preghi lor lasciò vederci in ^oaua.
Tosto cbe Veck il Tartaro Mdrg^à,
Per la credeuza ch'ha di gniadàgikariìii ^
Io ricompensa <rìh éalìibso ogùalfl^' avvisa
Ili Doralice a Rodoiìtont^' dhi^hi ^
Si collie AoK^r si tej^ A guèlfo go}^ ^
Che vetider la stia ddHna (f ^ef Mtdiat^Ièi *
Possa Tamaiite^ né a Mgìbci ^ attcsti ^
Se quando atia ne p^de ttthl lié acc^uistv .
Per dunque ]>t*oi^edeffgli di cfctfltenà
Acciò t>cr sé ^est^ ah« si' ritegifia^;
Marfisa che gii par leggiadfc)! é bella
£ d"^ ogni carvalier f%MitìiYiK dÉifgila ,
Coifae abbia ìkè avéi* c[tie^ta caiUé (jfutfltsk
Subito cara , k lui donar dtségiìu^
£ tutti ì cavafier che con iti véd^
A giostra seco ed a baetaglSa Chiède".
Ma^lagigì e Vivian , che V arme ^eàiio
Come per guardia t siCttrtàdel resttr,.
Si mossero dai luogo ove sedeanò
L' un come V altro alla* battiàglia' prèsto^
Perchè giostsar éotì amljediie cr^dfeanó ;,
.Ma r African che iion' Venia pél» qwestoy
r*on ne fé' segilo o tóovitoi^iato alcmió ,
Si che k' gìodi!i»a* resta- tei* ttmtf trtio^
Vivìatio è il priM^^ e coh graft cw si ttióve*^
E nel venir abbassa tur" aaftk gfdssa f
E 't rtf psrgan dalle ibn^o^ pi*ov*
Dair>iltra parte vien conr ilia^giD^ póssa^^
Dirizza V ììùoé T altro , e* ségitó* dt)ve
Crede meglio fermai; Faspra^p^rcos^a :
Viviano indarno a'IlJ^'eliiia fl Pagan ferfr
Gte* non lo ili picgaV tìùm: chr cadére.
1^
17a Canto XXV.
i^a
11 re pagau ch'aveu più 1' asta dujrd
Fé' lo scudo a Vivian parer di ghiaccio ^
£ fuor di sella ìu mezzo alla verdura
A l'erbe e ai fiori il fé' cadere in braccio ;
Vien Malagigi ^ e potisi in avventura
Di vendicare il suo fralellaavaccio;
Ma poi d'andargli appresso ebbe lai, frett^^
Gl^e li fé' compagnia più cb^ vendetta •
125
L' altro fratel fu primo del cugiqo *
G)n r arme indosso e su *1 d^estrier salito y
£ disfidato contra il Saracino
Venne a scontarlo a tutta briglia ardito :
Risonò, il colpo in mez^&o all' elm^ fina
Di quel pagan sotto la vista un dito;
Volò al ciel l'asta in quattro tronchi rottati
Ma non mosse il Pagau per quella botta. ^
Il Pagan feri lui dal lato manco , ^
E perchè il colpo fu con troppa fors^a :
Poco lo scudo e la corazza nl^uco
Li valse ; che s' aprir coni^ una scorza:
Passò il ferra crudel Tooxero bianca:
Piegò Aldigier ferito a poggia e ad orza ;.
Tra i fiori e l'erbe alfiji si vede avvolto ^
Rosso suirarn^e e pallido nel volto ..
Clón molto ardir 9 vien Ricciardetto appressa
£ nel venire airre&ta sì gran laucia ^
Che mostra ben come ha n;ìostrato spesso, ^
Ch^ degnamente è pialadin di Francia :
£d al. Paga a ne^fgcea segna espresso ,
Se fosse stato p^ri alla bilaixcia ;
Ma {^ozzqpjra n'andò : perchè il cavalla.
Li cadde aiidossQ^ e aou già per si\j faìlou
Ì?DÌ cìi'altro tévalier ndnd di-mostra
Che al pagaà per giostrar volti la fronte ^
Pen9^ aver guadagnato delia giostra
La donna ^ e venne a lei presso alla fronte;
£ disse : damigella siete nostfa ,
S'altri non è per voi che in sella moDté:
Noi potete tiepiT né farne scusa ,
Che dfÌTafgion di guerra cosi i' usa .
Marfisa alzando con un viso altiero
La faccia ^ -disse : il tuo paret molto erra :
Io ti concedo che diresti il vero,
Ch'io sarei tua per la ragion di guerra ;
<^uando mio signorTosseo cavalìero
Alcun di questi eh' bai gittato in terra :
Io sua non .son ^ ne d' altri son che mia ,
' Duncj^e me tolga a me chi me desia .
So scodo ìe lanciìi adoperare atìch* Ìo ,
E piò d' on cavaiiero in terra ho posto :
Datemi V arme , disse ; e il destrier mio
Agli scudier, che V ubbidirò» tosto;
arasse la gonna ed in farsetto uscio ,
£ le belle fatte^s^^ il ben disposto
dorpo moì^trd che in ciascuna sua parte ,
Fuor che ìiel viso , assitnigliava a Marte •
179
t^oi che Tu armata , la 'spada si tinse
E sul destrier tnoul6 d' Un leggier salto ,'
E qua e là tre Volte e più lo spinse
E quinci e quindi fé' girare in alto : '
E poi sfidando il Saracino, strinse
La grossa lancia e cominciò l'assalto ;
Tal nel campo trojan Pantasilea
Contra il tessalo Achille esser dovea.
/
Le lance ipilii »\ c»Ice ti 4àvc9f9
Né perp icfci Ife^qprs^p pi?g9ro s
Cbi? si Aotasae , ito 4ito fiii4v ^d4ifM^v$
Marfisa , cbe vpleil .conpnc^ dElifCQ
S^ ^ più sti^tbi baUqgUa w^Qlil mie^c^
Le servirò}^ jCQPtf!? Ài fier {^gw^
Se li riyplfl^ fjp|i 1# np^d^ R »«¥>.•
at
Bestemmio il ci^lp ^ glÀ ^l^mCffU il f^t|d«|
P^an ppi clip ri^st^r fe vid'P in 9^-}
Ella che }i pensò CQOnper Ip scudo.
Nop men sdegQOS^ CPqM*^ U /cUtl j^vjellfi ;
Già r mw) e r ^Ilrp ba io maiitQ il Jfcw« <V«do,
E /ju 4e fetftl' arpKJ si fnvJ«U«i * . .
U arme &taU ban pfirin^iei^ti; ìi]^(orQ<>>
Che mai no» bjs^gw^ pi" 4i qv^ |[|pr»p •
l4a
Si buoiia è qvi^lU pia^iltraf quella maglina
Cbe spada o lancia con la x^g\\^ Q.fftra :
$i che ppleii .«egoir V A^pra battagli^ .
Tutto quel giol:^o i? X allrp appjiqiHo 9AQpra ;
Ma Rpdoffoa^^ io me^zo Jor ^i sycfigliA
È rìjprpodp il rivai fldlfi ^inìor^^
Dicendo : >e ,^jtag|Ì9 por f^ ivwp^ ,
Fioiam la (:oi[iiÌ9^^|ta oggi fr^ pp^ •
Facemmo.^ fionw wi j tr^^ua ^wp fa|*p
Bi dar soc^tprsp pila inilizia ^optrfi ;
Non d^b^Ì4i9 > JHTWa che si;^ q^e«tp jfi^tQ ,
Incominciare jiltTfi h^^t^J^ p gìwMff.^
Indi a Ql^rfi^^ riy^j:^ptp \^ .«l,tp
Si vplltfl , e q^eJ.roe8§sggi9 IfiàiqjtfWtr*
E le raccpqt9 q^m* era VjpPMtp
A chf^^r l^iTjppr if gpapwtf laH^Q .
134.
La prega poi cW U pi^ci« OOd 80|a
Lasciar qucilW h»t^glU a diSerUet ,
Ma che s^oglU Ui apt^ dul £glH>ol#
Del re Trof^n cat» f^§m Jar iiwirt;
Onde la fpma w(^ qqh DdiigBÌar v^
' Potrà far nujglio ioi6o »1 f ifil «udirai
Che per (quecelft 4i poca mommi»
Marfisa cl|« f^i 40nipr<^ difiMa
Di pr9V4ir qii|iM4i 'C^rW n «p»tf« ^ « HmÌì :
I4è r^^m Ì»4MU 9i ^ewr ;i4ifiil «MR
<Sf nm ptir 4i9s«r c?frt» «e &wmii
Lor i>(^ipixiaAZA^f« pw vMQ 1^ ckmciij
TostQ 4'^iMbf ^Qfcm Jov ]^iiu> frf9«i#
Q^ 4'AgirM»iiU9 il graia èkpgM kUwf^
Ruggiero in 4^«s(0 q9«?i^ at^m flegvttn
Iiid^^rno Ipjptaloi p^r i« «rifi 4^ nwAn^
\ E trovò , lanuto ftl JUic^ , 4^t purtilii
^ Per altr<9 via ^ a'^ei^^ fi^dAWMt* %
E pMWIvto ebt lu^gi PW «i« lAii^
E che U fie»iUer t^ufi^ drUTQ «U» Into;:
Trottand:^ W fr«U» 4ie|ivi» U leok ».
Per I'wnsfi i^'uPftP &ii^p in 49 k rat*
Volse chi) jtpp^U» ^ BfpAfc' JlUh!» y%liMto
La iw ^ elV VW! giprRajMi i^r^i V/Ìqhmì t
Perched? ftlk^ footow fÀtOmUMC^
Si torrin tvoppi» 4al ii(imcm»mimi
E, 4À«^e ]a lei ^he gii^ l»m^ 4«lM|ft84»
Ben le {arQbb^ ^ «loM'A^haM» 9 doM
Ella f ) U:QHk % i|d«r toaHi^ k Sll(«M>
^\
iii CAiff Ó XXV. '
£ le ciied<$ la lettera che scrìsse
In Agrìsmofite e che si portò \ii setlol
E molte cose a bocca anco 4e disse
E la pregò che r escusasse a pieno :
Ofelia nienioria Ippalca il tutto fisse ^
Prese licenzia e tolto il palafreno ;
E non cessò la buona messaggera ,
Che la Moat' Alban si ritrovò la sera «
Regala Ruggiero in fretta il Sardcitfo
Per Torme éhé apparian nella via piaàa ^
Ma non lo|[iunse j^ima che vicino
Con Mandricardo il vide alla fontana:
Già promesso s' à vean the per Cammino
L^ un noti farebbe air altro cosa strana ,
Kè fin cbed campo si fosse soccorso ,
A cui Carlo era appresso a porre il morso .
Quivi giunto Rug2[ier Frontìn conobbe , ,
E conobbe per lui chi addosso gli era ,
E su la lancia fé* le spalle gobbe ,
E sfidò r Aft*ican con voce altiera :
Rodomonte quel dì fé' pia che Giobbe ^
Poiché domò la sua superbia fiera ,
£ ricusò la pugna ch'avea usanza
• I>i sempreegli cercar con ogn* istanza «
'4»
Il primo giorno e V ultimo che pugna
'MaicHcusasse il re d' Algier fu questa^
Ma tanto il desiderio che si giugna
In'soccorso al suo re li pare onesto,
Che se credesse aver Ruggìer nelT ugAa
Più che mai lepre il pardo isnello e presDO'^
Non si vorria fermar tanto con lui ,
Che fesse un colpo della spada o dui .
\
CAUTO XXT. -> i81
Aggiungi , che sapea eh' era Ruggiero '
Che seco per Frontin f^cea battaglia ,.
Tanto famoso, eli' altro cavaliero
Non è che a p^ di lui di gloria s£^lia ^
L' uQui che bramato ha di saper per yero
Esperimento quanto io arme vaglia : . .
Eppur non vuoi seco accettar V impresa ;
Tanto 'l'assedio del suo re li pesai
Trecènto pniglia sarebbe ito e milieu '
Se ciò non fosse ^ a comperar tal lite:
Ma se l'avesse ogni sfidato Achille, >,
Più fatto non avria di quel che udite ;
Tanto a quel punto sotto le faville
L? fiamme avea del suo furar sopite:
Narra a Ruggier perchè pugna rifiuti, <
Ed anche il prega che l' impresa ajuti ^^ .:
«44
Che facendol ^ 0irè quel che far deve
Al suo signor un cavalier fedele :.
Sempre che questo assedio poi si leve ,
Avran ben tempo da finir querele.
Ruggier rispose a lui : mi sarà liev^
Differir questa pugna fin che de le
Forze di Carlo si tragga Agramante,
Pur che mi rendi il mio Fronliao innante*
)45
Se di provarti eh' bai fatto gran fallo,
E fatto bai cosa indegna d' uomo forte,
D* aver tolto a una donna il mio cavallo,
Vuoi ch'io prolunghi fin che siamo in Corte;
Lascia Frontino e nel mio arbitrio dallo:
Non pensare altramente eh' io sopporto
Che U battaglia qui tra noi non segua ,
O eh' io ti faccia sol d' uu' ora tregua ^
UMlre ìinìg^m& AT ÀtritMt ètMlMia
O FraMitMTO iMitttf^Inl àllora àììotsty
E quello* iB( klAgo é P uiM e V ^Itro otrada
Nòr ttt0l daiM ìt déstHef tìè fiir" cfìmoi^ ;
£ métfté kk cMtp9 on'dfhràr lite ancora ;
Pbkfcè tede Rtiggkr elle per ìaàegùg
Porta r ati^el che sopra gli altrr regitsr .
Nel campo aticif Tif^ifar biaftcar are»
Che (fe^ tfofam fb F irt^gnar belh :
Perchè Ruggi^f T orfgioe traear
Dal feitfèalmo Etiùt , portava <|U(erlKi .
Ma qii«9l0 Hatidricard!o troti sapéa .
Né vuol fàiitt , é grantte iogioru appella
Che aéVhèCtìÓa iiir altroi (fébba porre
UaiftliU Uaifta del fàtaxm £ttbrre .
Portava MlÀd^icatdo aimilmieitfe*
L' augel chef rapì iir fdar Ganìmeif é ;
Gonaé F ebbe qtfet d1^ clVe fu viaceiite
Al caatel pertglioao per morééde ,
Credo ti ara dòti f altre istorie a nieifte ,
E come qiMlh fartar gVb Ib diede
Co» tnWt le beiraritie c&e Vutcauo
* Avw già^ dato d cavtrlrer trojàno .
r4o
Altra voltfl a kttagtta ehmo tftati
Maiidrnrardo e Ruggier aoh> p^t questo :
B per die casor foaser diatornati ,
' fo tfoi dfi6 ; che gtit v** è manifesto ;
Doipo ttott fl^eran mai più fàccozsati
$9 ùóit ^ttiVf ora ; é MaiirdHCardo presto ^
Viato la scttdo , alacò' il aoperho grido
Minareiéiido^ é a Biiggim* disse : io ti sfido.
N
7a la mi*a insegna , temeraciò*, porti :
JNé questo è4i prirbo^'éH cb^io te 1* tia detta :
E ctedi , pazfso /aifcdrch'io te -1 còiiipot^ù
Per HUB evolta ch'io t'^i^khi Tispétto?
Ma poi che né mhiaccé.isè coli forti
Ti pon q^iesta foHia ìtìfnt «dui <pe(!(o;
Ti ^tto^ti'erò qaanto ttii|;!ftÌQr pamea
T' «ra à' avermi ìnibfto^ ^isfalbid^to.
iSi
G>me ben liscàldatò ffricto iegiiù
A pìccfol sóffio sabito s'^ecende^
Coà s'avvatnpa di 'ftoggier lo séegno^
Al fntùo motto cbé di qci<e5to rMeacler
Ti penai y diss&y fartai «tare «t se^o , '
Peròbè qiEiest'iaUi*o ^ttcor meco- conri^mclé ^
Ma mostrerotti ck^ io «iion bixun- per toriie
iProMiiio a lm> )o stnéo a te «cK- £ttdri^e.
Un^ altra volta pur pervq^iesta tenoi
Teco a battaglia , « non è gran» tempo anco*;
Ma d'ucciderti allora mi ^conti^utti.
Perchè tu non. avevi spada ial fianco: \^
Questi fòtti sa ran ) quéUi ftir ^eeulii;
£ mal sarà per te queir aug^l bìatito-
Che antica insegna è Hàtò di tt>ia ^etU^e ^
Tu t^ r Usurpi > id i pòrt^ j$itlstàaiei^lt&/
Anzi t' uswrpi tu V insegna niài ^
Rispose Maodrìcardo^ 1^ ird^se il bi^aiide^^
Quello che poc0 inhanti per follici
Avea jgittalb alla JS[)réstà O^kihdb:
Il buon Ruggier elle di hhik Coitesi»
Non può nott sempt-é fltòtdarsi ^ (|il3lllda
Vide il Pagàu cb'avèa tratta hi ipada>.
Lasciò cadet* la lancia beila ulràiib : -
l'i
r
tm CAUTO XXV.
E hitt'a »n tempo BitlitfarJa &trìi>oev
Lo buona spada , e incelo scudo iiabraccH
, Ma i' AfricMio in iliezzo il destrip^r spinge,
E Marfiia con lui presta si caccia;
E r una questo , € T altro quel rispiiige ,
E pregano ambedue cbé. nen si feccia :
Rodomonte si duol cbe rotto il pattò
Due volte a Maudricardo, che fu fatto.
Prima credendo d'acquistAr Marfisa ,
Fermato s'era a far più cTuna giostra ^^
Or , per privtfr Riiggier à' una divisa ^
Di curar poco il re Agramante mostra :
Se pur, diceA| dei fare a qiiesta guisa ^
Finiam prima tra noi la lite nostra
Conveniente e piò debita assai ,
Che alcuna di quest'altre cbe preso bai.-
Gon tal coiidiaiión fu stabilita
La tregua e quelto accordo eh' è fra nui :
Come la pugna teco avrò finita ,
Poi del destrier risponderò' ;i cu.siui:
Tu del tuo scudo, rimanendo in vita,
La lite avrai da termioar con lui :
Ma ti darò da far tanto, mi spero,
. Che nou n'avanzerà troppo a Ruggiero^
i57
La parte cbe ti pensi non n'avrai,
Rispose Mandricardo a Rodomonte:
Io te ne darò piò cbe non vorrai,,
E ti farò sudar dal pie alia fronte :
E me ne rimajrà per darne assai ,
Come non manca mai l'acqua del fonte ^
Ed a Ruggiero ed a mille altri seco
£ a tutto il mondo che la voglia meco.
CANTO XXV. i»7
Moltiplicava!) l' ine e h parQl^
Quando da qaefllo e quando d«i quel lato:
jUuu Rodomoiite e con Huggi^r la vuole
Tutto iu nti tvmpo Maudriqardo irat<^ :
Ruggier die ultruggfio «(oppurlar aoii suole ^
Moti vuol pia accordoi aoei litigio e pialo:
Marfisa or va da questo or da qii«;l cauto
Per riparar^ ma..DoD può aula tanto.
Come il vJHan , aie fuor per P alte sponde
Trapela il ti u tue e cerca nova strada ,
Frettoloso a vietar ciie non affonde
i verdi paschi e la sperata biada ,
Cliiude utia via ed uti' altra e si coutUude;
Che fm ripara quinci che non cada ,
Quindi vede lassut* gli argini iqulii^
E fuor r acqua spiccar con più raiupoUi ;
160
Così ; mentre Ruggiero e Mandric»rdo
K Rodofnunie son lutti suàszoprii ;
Che ognun vuol diniosXt*arsi più gagliardo
l!^d ai compagni niuanet: di «sopra ; 1
Mal tisi ad acn^lielarli aveu ngu^fdi^*
E s' affatica e perde il tei^ipo ^ T opra;
Che coma ne spicca .u|io e lo rjlira y
Gli alili tijue risalir yede cpii jr^.
161
Marfisa che vo|et| porgli 4* accordo , .
Dicea: sigo^ri Mdite il mio cunsiglip;
Differire ogni lite ^ Iniofi ricorda
Fin che Agra.nij»iUe sia fuor di periglio ;
Se ognun, Viiple;^! suo fatto esser ingordo^ .
Anch! IP con Maudi'icardu nii ripiglio ^
£ vo'.veder ^1 fine $^ g^uadagnariDe,
Cow' egli ba fjellp, è t^iiotà per forza d' aro^id»
V-
iM CAUTO XXÌC/
Ma se sì de' 90COirrev« Agsa manìe >
<2>occorr9^ì , e Ira ooi noa ai contesda ;
P^r me non si storà d' aodaffe ìoB£i«le
Disse Rug'gier, purché il4estrìer ai rettila >
O che* mi dia il «^avallo., a Cu* di taal^^^
Uua parola , o che da. aie il dòli^aila ,
O obe qijjiìi morto^ ha da restare, o^M io
In campò ho da loTnar sul de^ptrèeK mio*
B impose Rodomonte * oUeoev qvesto^
JS'olì fia cosi , coiDe queir alleo , lie^&e
£ seguita dicendo; io ti protesto,
Che se alcun doano il oofiSt^o re f4cew j
Fia^ per lua colpa ; eli io per ine noa vesto
Di fare a tempo quel che far si d^ioe j
Buggìeroo quel protesto poca bada ,
Ma stretto dal i[uror- siringe U fpada.
164 '
A ? re d' A>g4er coinè cinghiai si sragWa , •
£ i* urta eoa lo scudo e eoa la apaUa».
E in modo lo disordina e sbaraglia,
Che fa cbed' una etaflFa il pie gli falla ;
Mandricardo gli grida ; o la battagha
Differisci , Rtiggievo, o meco falla;
E crudele e fellon più* cheniai fusa*'
Buggier su 1* e)me in questo dir percossa»
Fin sul collo al' destrier Rugg^ier s'inclfibas
Né quandi) volse rilfe var si piiàlè ,
Perchè li sopraggiunge la rtrhià'
Del figHo d' Ufien che lo perràofe;
Sé non èra di temj^a jidanlàntirfaV
Fesso r eln^o gli avrìa fin tfà le gòfé ;
Apre. Róggier te^inàm pef YcfttiBsdìa,
^É r una 11 frf^u r àttra la spada hàtki.
\
Se Io porta il ^bflteier per la eiim:pdgtia ; ' <
Dietro li re»ta in terra Balisarda ; -
Marfisa ', che quel dì £|tta oompagna
Se gii era d'arme, par che avvampi ed arda,
Che solp tra ^ue' due coaìf rinaagna ; * x ' >
£ com'era magoanima 'e gagliarda y
Si driesa a MaDdrioardo:, « col potere
Che avea maggior «, aopra la testa il fert* ^
BodomoiHe a Ruggìcr dietfò si spinge; _ ' •
Vinto è Frontin s' mi^ aiiira gU n' appicca }
Ma Birciarclttte con Vìifìsq si stringe, >
E iva fiuggiero ttU Saracin'si ficca ;
L' uno urte Beidomonte p ip rispii>gey
£ da Hiiggiep fcf (orza lo dispicca ;;•
L' altro la spenda sua ^ pbe fu Viviafi^y
Pone a Roggier già ri«^iìi|ito ia mano.
To8to che il buoo Ruggiero in sé ritorna ,
E che Vii^ian k spadagli eppresenta ;
A vendicar riiygi«uiria non soggiorna , ' •
E verso il re d'Àlgier ratto $' avventa,'
CoK>e il leoH -che tolto ìrsh le eortm
DhI bue sia «tfito e'cbe '1 dolor non iseiila (
Si sdf*gfìoed tra ed impeto!' affretta >
Stimula e sferza a &r la sua vendetta.
169
Rnggier sul éapo sFSàtacìn tempers j *
E se- la spsdà sua si ritrovasse , ^
Cite ^ cnnw ho dettò , 'al cottrinciàt d? questa
Pugna di man gran feWonia W trasse ; '
Mi credo che a difendere la testa _ .
Di Rodomónte Telmè non bastasse;,
L' elmo che fece il re far di gabelle
Quando mtióvef pensò guerra alle steftfc P
19» CAUTO XXY.
Iti
Fb gi;ancle il fiaUo, noli però di aòrte
Che ne 4<>^^^ alcun perder la sella :
Quando si vide in alio gridò folate ;
Cbe si tenne per tnorfca la donzella ^
Quel ronsin , come il diaVoi s« lo porle ^
Dopo un gran sallo % ne va "con qvrella ^
Che pur grida soccorso , in tètita firetta
Che non T avrebbe giunta ^^na saetta w
Dalla battaglia il figlio d' Uiièno
Si levò al primo suòn dì tjuella voce,
E dove furiava il palafreno
Per la donna a jutar n' andò veloce .
Mandricardo di luì non fece meno,
Kè più a Ruggier né più a Marfisa nuoce ;
Ma senza chieder loro o paci o tregue .
£ Rodomonte e Doralice segae •
Blarfisa intanto sì levò di lerra,
, £ tutta ardendo di disdegno e d' ira
Credesi far la sua vendetta ^ ed erra ;
Che troppo lungi il suo nimico mira :
Ruggier che aver tal fin vede lu guerra,
Rogge come un leon ^ non cbe sospira;
Ben sanno che Frontino e Brigliadoro -
Giugner non ponno coi cavalli loro •
t8i
Ruggier non vuol cessar fin che decisa
Col re d' Algier non T abbi« del cavallo:
Non vnol quietar il Tartaro Marfisa ;
Che provato a suo senno anco non hallo •
Lasciar la sua querela a questa guisa .
Parrebbe all' uno e all' altro, troppo fallo :
. Di comune parer disegno fassi
Di chi offesi li avcsa segasire i passi •
1
CANTO XXV. "' iQl r
Ket campo sa raciu li troverauno ,
Quando non possau ritrovarli prima;
Gbe per levar V assedio iti saranno
Prima che il re di Francia il tutta opprima ;
Cosi dirittamente se ne yanao
Dove averli a man salva Émoo atinto :
Già non andò Ruggier cosi di botto,
Ghe non facesse a' suoi compagni motto .
i83
lluggier se ne ritorna ove in disparte
Era il fratel della sua donna bella j^
£ se gli proferisce ìd ogni parte
Amico per fortuna e buona e fella ;,
. Indi lo prega , e lo b con bella arte ^
€he saluti in suo nome la sorella :
£ questo cosi ben li venne detto >
Che né a lui die uè agli altri alcun sospetta •
184
£ da luìj da Vivian^ da Malagigi
Dal ferito Aldigier tolse comiato:
Si proferirò anch' essi a li servigi
Di lui debitor sempre in ogni Iato ;
Marisa ^vea si'l cor d'ire a Parigi^
Che '1 salutar gli amici avea accordato r
Ma Malagigi andò tanto e Viviano y
Ghe pur la salutaroii di lontano.
E cosi Ricciardetto : ma Aldigiero
Giace, e convien che suo malgrado rest»:
Verso Parigi avean preso il sentiero
Quelli due prima , ed or lo pigliaa questi y
Dirvi signor nell'altro canto spero
Miracoloni e sopra umani gesti ,
Che con danno degli uomini di Garlo^
Ambe le coppie fer' di chi vi parlo •
^ 14
^94
ANNOTAZIONI AL CANTO XXV.
st. \ . Che V amorosa lite s'intermesse^ intermetterete:
propriamente cessare » intrameCéere è frapporre .
8t. 4< Vedi Cant XXII. st. 51. t. 2.
8t. 6. torse : togKersi eleggere .
8t. 7. i» mezzo Francia : pìÀ elegante che in messa
della o alla Francia . Cosi qni sotto alla st. ti.
in ripa un stagno ^
tt. 8. ad esser morto : morire si nsa attivamente con
elegunsa in luogo di uccidere • Petr. Canz, XX. 6.
Che questo è il colpo di che Amor mi ha morto,
st. II. cinge : sembra che al verbo citigsre si dia ani la
sigili ficasione di tagliare a travèrso , nel qaal senso non si
trova apportato da' vocabolari .
sL 1 4« Forse il gran dia^ol : questo gran diavol era il
some di uno smisurato cannobe d* Alfonso I duca di Ferrara.
st. 3i. Né trae profitto alcun dal suo pensiero: enoìk
trova partito o messo di poterli soccorrere .
st. 34* ove la Copia Juse: latinismo: versò sparse • Dan-^
le Purg. C. XX. t. 7 :
Che la gente che/onde a goccia, a goccia
Per gli occhi il mal
E Infer, C, XL v. 44 s
Biscazza e/bìide la suafacultade *
st. 35. soggiorno : indugio dilazione di.mora , Gio. Vili.
8. 52. 1 : Sanza soggiorno andarono popolo e cavalieri di
Firenze in Mugello •
st. S^. Que versi ebe V un megVio deir altro ti fanno ve-
dere il guizso la fretta e V impeto con che si lancia Rug-
giero a scrivere la eloquente e ingegnosa sua lèttera a Bra<«
damante •
st. ^%, Se cercato tavea di conservarsi , se avea cerca-
lo di conservarlosi : costrusione straordinaria , di cui talvolta
fi serve V Aut.
st 46. Con speme che gli occorra : con isperansa d'incon-
trare che gli venga incontro akùno che ecc.
st 47* Col ramo intinfo nel liquor di Lete , Questo ramo
è posto da poeti in mano al Sonno alludendo alia favola del
fiume Lete cui travalicando te ombre degli estinti oblia^anci
d' essere state ai inondo . Lete voce sreca significa oblio «.
fó5
• -St. So. ^^Vì ni attor ecc. EnaiheraSBiotie cbe. serve alla
Y^ma o al capriccio più che al bisogno .
st. 5i.i7 raro £ òdio augel che pia dì un secol dura
\à Fenice.
si. 53. ci traessi \ io ci Venissi . Nov. ani. ^. io. ^idè
"tntPare •«» topo pef* la, finestrella , che trasse all'odore.
st. 58. Legati trar : trarsi o òsser tratti , idiotismo •
V ha chi pretende ì\ testo genuino esser qaesti»
Legati e tratti su picciól ronzini , • ^
come dicono le prime edizioni .
st. ivi. incominciar la festa y frase popolare8ca> come le
mitre dell' ottava seguente .
st. (^3» clade ; strage , Voce latina ed esempio ^nico liei
Vocabolari .
st. ^7« conte un uovo ; similitadine di bassa lega .
st. ìtì. non saria stat' ausa ; latinismo . Dante Far. 3«
y. 63.
Che nulla volontade è di più ausa •
«t. ivi. comparita f comparsa: Vit. Sant. Ant. Aivoltò
igli occhi sopra quest* uomo , comparito nuovamente .
st. 83. di lancia Avea passato il mostro > con o à* an
colpo di lancia .
st. hi, gli Jigge il petto ySemhra posto in vece di trH<«
figge.
si. 87. che fui scritto hanno Nel marmo i nomi^ i cuh
Domi sono qui scritti . Il testo è vizioso per anfibologia .
. st. 189. Quel Piion. In altre ed. si legge Fiton, Ser-
pente di mostruosa proceriti e fierezza , cbé la Mitologia
fa nascere dopo il diluvio , e morire trafitto da Apollo.
st. 92. Che dal furor da* paschi e mahdre uscito : il
Jpaese degli Svizzeri , che a quel tempo era tutto pastori e
pascoli armenti e gregge.
st. 93. R sì l* Elvezio spazzerà , che in vano* Fard
inai pia pensier di alzare il corno ; due belle e yigorose
metafore.
lit. 99. le peste , i passi le orme i vestigi.
st. 1 00. Lo scoglio che dal capo ai piedi d* angue. Par
che t empio Tifeo sotto si tegna .* V isoletta d' Ischia figu-
rata in guisa , cbe alla fantasia de' poeti parve sott' essa
vedervi sepolto Tifeo uno de' giganti fulminati da Giove ,
che aveano la metà inferiore del corpo a mantera di serpe
Bt. loi^ sene ¥ennt al dritto ; curiHiiiiart» ditlalb**
St. 1 1 3. Focosa ripetisione.
St. 117. il ttaditor dc' Mafanzesi ; tn>è il trsiitor ma«
«nzese , o cfa« era ano de' Magansesi ; modo anEbologieo «
t>8caro.
St. 1 22* as^accio; prontanieinlet Dakite Par. C XVi
t. 70.
j^ cieco toro più diroccio ùode,
Che cieco agallo • . • •
st. 123. E^disfidaio: cosi rediriòttè) riMi pti6 kgt^'*
mente sembrare «he 1' Qte abbia presd per il»? Vettens»
errore dall* altra. Mandricardo fiocfai Tèrsi aVottiti sfidli tnt*
lo qael croccbio di catatieri a battaglia percboqaislart a
Rodomonte Marfisa st 119.
E tutti i cavalier che con hi P-ede
A giostra ^eco ed a battaglia chiede.
E infatti s'incomincia dall'una parte e dall' altra. Qoa?
bisogno di ripetere che un di loro fosse disfidato ? Non è
imprebabile il sospettar^ cbe il rero e genuino testo ics*
se ; E difilato , beltà ed acconcia voce italMoa «piegata •
riportata iti Crusca.
st. ia& della giostra , per diritto dì giostra Vinta .
st. 119. PantasileUf o come altri scrìt^ob , Pèntesdea t
fa, secondo o favola o istoria , una regina delle Amnzoni cbd
combatti e ilu morta nella guerra trojana , altri dice da iPirro
altri da Diomede .
st. i3o« in fin €il calce; calca in luogo di càltio delT ar«
me in asta .
st ìtì . Né però chi le colsero. E' ossert abile il i^ronome
chi accordato al numero de' pia . Ve V htt esempie a^cbe nel
libr. Ségr. E i tavernieri , e chi questo sostengono .
st. i35. Lor nominanza ; nome ^ grido , !bma , gbrìa .
Dante Purg. G. XT. t. ii5.
La vostra nominanza è color d' efrìa •
st. i4o. E su la lancia/e' le spalle gobbe , pittura tira ,
ma frase bassa .
st i54* ^ fne* lo scudo imbraccia; mediti luogo Ai meglio.
Petr. Cam: CCXLVU.
Afe* V* era che da noi fisse il di/etto .
Dante Infer. Ù. I. t. 1 11.
Ond* io per lo tuo me' penso t Hpenso •
st i55. Prima credendo d' acquistar Marfisa . Altri
laUge : Prima credendo it' ac^star Marfisa , cioè acqm-
stamela , la qaal lesione non sembra impropria .
it. 159. lassar ; staiicargl , oTTero oadere o stancare 11
<he non possono sostenersi •
st ìtì. rampMi , rampollo 4t propriamente rena d'acqua
sorgente ; ed é ancora il pollone cbe spunta dh' rami Teochi
degli arbori •
st 1^1. mi ripiglio; ri tomo a contrastare .
st. 167. gli ^ appicca ; replica j aggiunge .
St. i^i, suia ; stata; termànhsione assai rara del Torbo
Tessere .
st. 1^4* ^ome UH torso ; modo famigliare e babso •
st. 1 76. solia ; soleva ; poco asato .
st. ig:. iVbit vMo/ quietar il Tartaro Marfisa ; non tuoI
fasciarlo quieto .
st. iyi • a suo senno ; a sua opioiooe , a suo giadicio •
^aoto Terrebbe %
riNE DEL TOMO TERSO
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STANFORD, CALIFORNIA
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