Subha-sila Gani
Pancacati-prabodhasambandhali
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UNIVERSITY OF TORONTO
LIBRARY
WILLIAM H. DONNER
COLLECTION
^urchased from
a gift hy
THE DONNER CANADIAN
FOUNDATION
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PAEArATI-PRA150DllA8AMBANDIIAjI.^g#^
LE CINQUECENTO NOVELLE ANTICHE
(UTBIlACir.A-GANI
EDITE E TRADOTTE PER CURA DI
AMBROGIO BALLINI
FIRENZE
TIPOGRAFIA G. CAUNE8ECCHI E FIGL
l'iazza Muutuua
1904
PANCACATI-PRAUODIiASAMBANDIIAH
LE CINaUECENTO NOVELLE ANTICHE
CUBHACII.A-GANI ^
EDITE E TRADOTTE PER CURA DI
AMBROGIO BALLINI
FIRENZE
TIPOGRAFIA G. CARNESECGHI E FIGLI
Piazza Montana
1904
MAY 7tì70
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INTRODUZIONE
Di Oubhacilagani , autore del Pancacatiprabo-
dhasambandhali, sono noti i seguenti altri scritti: Bha-
ratadikatlià o Kathàkoca, composto nell'anno Samvat
1509;^ Snatrpancacika;^ Danadikatlia;^ Vikrama-
dityacaritra ; "* Bliogaprabandba.^
Fu scolaro, come anche appare dall' introduzione al
nostro novelliere, di Laksmisàgarasùri.
Egli compose il Pancacatiprabodhasambandhah
l'A. S. 1521. Cosi dice di esso il Weber/' « Eine Sammluug
von 596 (nicht blos 500, wie der Titel besagt!) anekdote-
nartigen Geschiclitcben, Legenden, Fabeln etc. Die Gegen-
stande sind aus der alten, mittleren und neusten Geschi-
chte entnommen, und ist die Sammlung daker, iibrigens
auch in spracklicher (besonders auch darum, weil der
Autor allerhand moslemische Ausdriicke brevi manu, na-
tiirlicli mit leichten Umànderungen, in sein Sanskrit adop-
tirt hat, so z. B. in der zweiten Erzahlung Suratrana
Sultan, Mulana Mollah, topa Miitze, ma sita, °tika
masjid Moschee etc.) Beziehung, von hohem Interesse,
giebt resp. hier und da sogar wohl auch wirklich histo-
risches Material (cfr. Ind. St. 16, 159-161) ».
1 Ragendra Lula Mitra, Noticesof -^ P. Peterson, ibid. a pagina -105.
sanskr. Mss. Vili, p. 1", p. 163 n. 2710. i Deccan College Catalogne p. 117.
2 p, Peterson, Keporl on a ■'- P. Peterson, ibiil. a pagina 105.
search for Sanskrit Manuscri- ''Die llandsclu-iften - Verzei-
pts ili the yeai's 1881-SG, pagina 2:35. clini.sse <l. k. Hiltl. zìi Ht'i-lin, p. 1112.
— II —
L' esame anche delle sole prime novelle basta a persua-
derci come gli elementi dialettali frammisti al già corrotto
sanscrito di Oubliacila, appartengano in massima parte, tra-
sportati nel novellare sotto veste sanscritica, al volgare
del Guzerat (es. p. 6, nov. 4: alangaka; p. 8, nov. 11:
van (vadliù); p. 9, nov. 12: kotidlivaga; nov. 14: kha-
rasani; p. 10, nov. 14: gliagataka; nov. 15: kapardika;
p. 12, nov. 18: sadhu (nel significato di mercante o ban-
chiere', uso tutt' affatto Guzeràti); ibid. : bhari; p. 13,
ibid. : vakkharikà; p. 14, nov. 19: mandayamasa; cati-
tam; anglstikara e molti altri ancora). Per ciò il Blihler^
cliiamò a ragione il Panca catiprabodliasambandhah:
« a barbarous mixture of Gugarati and incorrect sanskrit ».
Anche dal pracrito Oubliarila prese Vocaboli, sanscri-
tizzandoli (es. p. 11, nov. 17: hakkita, da una radice
pràcritica hakkay).
Tali influssi dialettali se corrompono la lingua del no-
stro novelliere, così da renderla veramente « a barbarous
mixture » e se gli tolgono per ciò ogni valore, se lo si
considera quale opera letteraria sanscrita, ci offrono, tutta
via, modo a conoscere quali principalmente fra i termini
dialettali fossero nell' uso letterario di quel tempo. Ciò
rende, non di meno, l'esegesi del testo assai difficile e non
poche volte ricorre il caso di dover rimaner muti dinanzi
ad un passo, non riuscendo ne a darne spiegazione o filo-
logica o semplicemente logica, ne ad intuirne alcuna pos-
sibile congettura.
Difficile si presenta ad una esatta versione il titolo
stesso dell' opera, il quale volendo noi interpretare nel
modo più letterale che ci fosse possibile, dovremmo tra-
durre : «L'istruzione religiosa per mezzo di cin-
quecento novelle ». E pur in ciò avremmo alcunché a
dire, però che sa m band ha non è certo frequente in senso
di istruzione, e perchè inoltre saremmo costretti a sot-
tintendere la parola novelle. Avremmo potuto dire anche
1 The G'agaducarita of Sarvu- g.irat; nei Sitzyngsberichte d. k. Ak. d.
nanda : a liistoricàl romance from Gu- W. in Wien. Band GXXVr, 1892, p. 22.
— Ili —
« parabole », ma ai molti aneddoti di indole storica e mon-
dana meno si addice codesto termine. Per ciò, traducendo
un po' liberamente, ma pensando tal titolo omogeneo, per
l'indole dei racconti, al nostro patrimonio letterario ita-
liano, non credo sconveniente volgerlo con la frase « Le
cinquecento novelle antiche ».
Il samdhi è spessissimo errato, cosi da far credere
quasi che le regole ne fossero affatto ignorate dall' A. o
meglio, forse, al redattore del ms. berlinese. Costante è,
ad esempio, l'uso di avag dinanzi a qualsiasi lettera.
Il Weber nota l'importanza del novelliere anche dal lato
storico. E invero, più o meno particolarmente si tratta
in esso di molti personaggi noti alla storia, e alla reli-
gione dei Gaina, alla tradizione popolare dell'India. Sono
essi: Vardhamana, Gautama, il Sultano Firùz II
(Piroga Suratràna), Ginaprabha, Gagasimha, Ga-
gadu, Nanda, Càtavahana, Bhartrhari , Vikramà-
ditya, Munga, Bhoga, Kumarapala, Vastupàlavid,
Dharmaghosa, Hemasuri, e molti altri ancora.
Fin da principio si parla di alcuni di essi : di Firuz II
in ben sedici novelle (2-15, 17, 39), di Ginaprabha in dieci
(2-7, 11, 16, 21); di Gagasimha in quattro (12, 13, 14, 15);
di Gagadu in tre, (18, 19, 20); di Bhoga in una (41); di
Vastupala in una (42) e così via. Ben a ragione afferma
per ciò il Weber l'importanza storica dell'opera di Cubha-
cila. E in vero non molto discordano le novelle nel loro
contenuto relativo ai 'personaggi citati (specialmente a
Firuz II) da quanto gli storici affermano (veggasi a tal
proposito p. 4).
Oltre alla citata copia di vocaboli arabi e dialettali
sanscritizzati, concorsero a rendere l' esegesi assai grave
e dubbiosa e la scorrettezza massima del manoscritto e la
mancanza di un altro esemplare, su cui si potessero con-
frontare le forme e i passi incerti. Tutto ciò, io spero,
varrà ad attenuare un po' la severità del giudizio verso
chi si cimenta per le prime volte nell'arduo agone degli
studi indiani.
IV —
L' aver pubblicato poi senza ommissione d' alcuna, le
])rime cinquanta novelle del Pancacatiprabodhasam-
bandhah non varrà certo a dimostrare da parte nostra
che di tutte si riconobbe particolarmente tale importanza
di contenuto, da essere indotti a farne la edizione. Il desi-
derio soltanto di dare una idea più ampia ed esatta del
testo (e nel caso nostro credo che cinquanta novelle a ciò
bastino) ci ha mossi a fare pel principio ciò che non fa-
remo pel restante ; poiché di questa raccolta metteremo in
luce, nel seguito, soltanto le novelle relative ad alcun per-
sonaggio più noto alla storia o alle leggende dell' India.
Ci sia lecito qui esprimere la maggiore riconoscenza
verso gli illustri maestri F. L. PuUó ed Hermann Jacobi,
i quali oltre ad assisterci nel penoso lavoro della correzione
delle bozze, ci furono, ogni volta in cui li richiedemmo,
larghi di consigli preziosissimi.
A. Ballini.
ATEA PANÓACATÌPRABODHASAMBANDHAH
CUBHACTLAGANIVIRACITAH
Yugadidevadima-Vardliamana-
ntimaii Ginaii Kevalinah pararne ca, |
Cri-Pundarikadigurùn yatimc
ca namamy aliam bodhisamadhihetoh. || 1
kimcid guror ananato nicamya,
kimcin niganyàdikacastratac ca, |
grantlio liy ayam Pancacatiprabodha-
sambandhanama kriyate maya tu. 1] 2
Laksmisagarasùrinam ^ padapadmaprasadatah
cisyena Cubhacilena grantlia esa vidhiyate. il 3
1.
ekada Crl-Asfcapadatirthanamanaphalam Cri-Vardhama-
naginapàrcve^ crutva Qri-Gautamasvami yada Astapada-
1 Laksmisagarasuri : «boni. (V. Duff, op. cit. pp. 230, 218, 261 e Petek-
saniv. lierehadi-avadi 2; dlksri 1170; son, Hep. 1886-92, voi. XVIII, p. xcvii).
pannyasapada 1196; vacakapada 2 Vardhaniaiia (Maliavira), of the
1501; sfii-ipada 1508; gaccchanaya- tribe (kula) of Iksvaku and the Kagya-
kapada 1517 ». Klatt, Patt of Ta- pagoti-a, sou of siddliartha, king- of
pag. N. 53. Ind. Ant. XI. Vedi anche Ksatriyakundagi-amanagara , and liis
DuFF, Chronology of India (West- w'ife Trigalà, boni caUra sudi tra-
minster, 1890), pp. 211,201. Fu maestro di yodacyàm, died (nirvana) at the age
gubbagllagani e scolaro di Munisundara of 72, Kai'tikamavasyàyam, in the city
Studi italiani di fil. Indo-iran. 1
— 2 —
tirtliasamipe gatas, tada tatrasthas tapasa dadlij^ur: « esa
kim karisyati? » evam tesa dliyayatsii (iiautamasvàmi sù-
5 rj^akiranan avalambya tirthasyo 'pari yayaii. tatra Bliara-
takaritapràsade caturvimvatim (rinendran manapramana-
dehakaravarnadikan anukramena vandate sma:
cattàri atthadasa do ya vaiidià Ginavara cauvvlsam |
paramattha-m-iddhi aUlia siddha siddhim marna disantn. HI'
10 tatra devan namaskrt3^a tirthad uttatara yada, tada 1503
tàpasà Gautamasvamivacasa prabuddliàc, càritram gagrliuh.
tatah Cri-Gautamo màrge calaii, kasiiiad gràmat cuddham
ksirablirtam patadgraliam aniya, svangusfcam tanmadliye
ksiptva, sarvan tapasan bliogayamasa. tesu gematsu Gau-
15 tamasvamilabdhim dhyayatsu, 500 tapasànam kevalagna-
iiam gatain. tato vartmani Ori-VardhamanagiiiaYarnanam
crutva, 500 tapasanam kevalagnanam babhùva. Prabliau
drkpatliàgate, 503 tapasanam giiaiiam utpannam. Gauta-
masvàmi kevalagiiauotpattim agiianan, tan prati pràha:
20 « Prabhoh pradaksina dasyante ». tatas te pradaksinam
dattva, 3'ada kevaliparsady upavistas, tada Gautamah
pralia: « ye murkhàs te mùrkha èva Prabhniii na van-
dante, galpità api ». tada 'vag Vardhamànah svami: « ke-
valyacàtanam ma kuru ». Gautamah pralia: « Bhagavan,
zò kà kevalyàcatana? » tatah Prabhima tesam kevalagnanot-
pattisambandhah proktah. tato Gautamah tesàm padan
natva ksamayitva ca, Prabhoh purah praha : « yesam aham
diksam dasye, tesam kevalagnanaip. ; marna na? » tatah
5. tirthasyo 'pari ms. 9. ittlii ms. 12. margre ms. 14. tisu
gimatsu ms. 18. drgpathagate ms. 27. prahali ms. 28. da-
syai ms.
of Papà, 3 years 8 V. monts before the ganadharas yielded up their piipils lo
end of the 4thspokeòf the whellof Urne. Sudharmaii, sonly the succession of
He had eleven disciples, the ganadharas. Sudharman, the hftli gai.iadhara, i_s left
His hi'st disciple was Gautàma also and wil remain tiU Diihprasahasiin at
c;dled Indrabhuti of the Gautaniagotra, the end of the 5 th spoke of the wheel
son of the Bruhinana Vasubhun and the of time. — Klatt, loc. cit. pag. 215-10,
Brahmani Prlhvl, ijoru ai Govaragrama N. 1 Pattavali of the Karataragaccha. j.
Ili iMagadlia,'died (nirvana) atRagajirha i La traduzioneè: « catvai-a asta-
at the age of 92, 12 yeàrs after Vira 's da^a dvau ca vandita G'iiiavarac, catur-
Nirvana. As the t^adluis, consacrated by vimgatim | paramartha-rddhayo "sta
Gantaiiia, died early, and the other nine Siddhuh siddlnr digautu me » (0
khedain Gautame dadliaiie, Prabliuh pràlia: « tavà 'pi
kevalagiianam bliavisyati ». w
iti Cri-Gautamasvamy-Asfcapadatirthavandanasambaii-
dliah.
ekada Cri-Ginaprabliasurayah ' Pirogasuratranena - sa-
mam gosthim kurvàna upavistàh, tadà tatra mulanaka aga-
1 G'iiiaprabhasuri. Fu celebre
commeiUatore e autore di opere origi-
nali. Commentò il Bhayaharastotra,
in Saketapura (Ayodhyà) (A. D. 1307);
l'Agi tacàntist.ava di Xandisena, pu-
re in Saketapura, nello stesso anno. Col-
laborò con Maliisenasìiri nel commenta-
rio alla S y ad vàdam angari di Ilema-
candra (S. 1349. A. D. 1293). Scrisse
inoltre : S ii r i m a n t r a p r a d e e a v i v a-
rana; Vihipava (A. D. 1307), Sande-
h a V i s a u s a d h 1 , T I r t li a k a 1 p a, P a li-
caparamestistava . Fu scolaro di
(Viuasimliasiiri. { cfr. Peterson, Re-
por t, 1S8S-92, voi. XVUI, p. x.\xvil;
DuFF, Chronology of India, p. 2U8;
^Veber, I. S. XVI, 223, 476).
2 Pìroga-Suratr àna: il sultauo
FIruz ir. G'alal-ad-Dlu, capo degli
schiavi afgani al servizio militare dei
Sultani di Dellii, avendo usurpato il po-
tere al sultano Cai Qubàd (12S7-1290), ul-
timo della prima dinastia dei monarcbi
di Delhi (1193-1290), sali al trono all'età
di settaut'anni nel 1290 (689 dell'Egira)
col nome di Flrùz shah II. Non sapendo
se la sua usurpazione sarebbe stata ac-
cetta al popolo, egli fìnse per alcun
tempo di governare d' accordo con Cai
Qubab, ma di lui ben presto si sljarazzò,
facendolo assassinare. Pochi mesi dopo
esser salito al trono, fece uccidere an-
che il figlio di lui, e questo fu l'ultimo
suo crimme. — Le rivoluzioni avvenute
durante l' imperio di FlrQz II si possono
considerare tra le più grandi ed impor-
tanti che siano mai accadute. — Egli
passò dalla più grande crudeltà alla più
grande magnanimità, sia che a ciò l'in-
ducesse la sua grave età, sia che un'ac-
corta politica gli suggerisse questo cou-
tegno. La sua dolcezza, la saggezza del
suo governo, la giustizia de' suoi decreti
gli guadagnarono ben presto l' auimo
dei sudditi, cosi che 1' usurpatore cru-
dele del passato fu posto in dimenti-
canza e non si vide in lui che un ot-
timo e beneOco sovrano. Solo i grandi,
per loro molteplici cupidigie, turbarono
la tranquillità del suo regno, con fre-
quenti cospirazioni e rivolte; ma Flruz
ebbe sempre la buona ventura di uscir
libero dalle prime e di trionfare su le
seconde. I popoli circonvicini, vinti ogni
qual volta lo avevano provocato ed as-
salito, finirono col rispettare amorevol-
mente la potenza di lui. Ma tutto ciò non
valse a mantenergli assai lungo tempo
r imperio e la vita, che dal nipote suo
'Ala-ad-Din (poi sultauo col nome di
'Ala-ad-Diu Muhammad Shah I 1296-
1316), che egli aveva tino dalla sua in-
fanzia colmato di benefizi, fu assassi-
nato nel 1296 in Luglio (Ramazàn) dopo
soltanto sei anni di governo. La storia
ci ha tramandati alcuni fatti che carat-
terizzano l'animo belligero, ma insieme
mite e buono di Flruz II; la tradizione
popolare, gli atti di giustizia e di sag-
gezza, di cui non pochi esempì abbiamo
nel novelliere di QubhaQila.
Malik-Chhagù, nipote di Ghiyàsu-
ad-Dln Balbaii si era armato contro Fl-
ruz, unito ai re de' paesi vicini, ma tutti
furono vinti e fatti prigionieri. Il Sul-
tano ordinò che fossero condotti in sua
presenza, e a loro, che si attendevano
da lui la pena di morte, egli recitò, me-
ravigliandoli, un verso persiano che
suonava : « È facile rendere il male per
il bene, ma nulla vi è di più grande che
pagare il male facendo del bene ». Dopo
di che tutti li rimandò, liberi, alle loro
case. Mahk Chhagu, inoltre, ebbe dal
Sultano per residenza Multàu e una forte
pensione. Con tutto ciò i nobili della me-
desima tribù di Firùz non cessavano dal
cercare ed alfrettare la morte di lui. Il
sultano, sapulo ciò, li chiamò a sé e
disse loro; «Amici miei, io sono vec-
chio e voglio finire i miei giorni senza
spargere sangue ». Ma i grandi irritati
— 4 —
tàh. ekeiia mulànakeua nigatopika àkà96 ucchalità; sa ca
taira iiiradliarà tasthau. Suratranah Qri-Griuaprabhasùri-
sammukluuu preksyà 'ha: « alio mahad accaryam! » sùrih
pralia: « varyam! »^ tatah siìrina tatrai 'va stambhita. tatah
Suratrtiiio 'vag: « àuiyatàm topikà ». tatah sa àkarsanaraan-
per non aver potuto ottenere quanto de-
sideravano (sopra tutto la sostituzione
di 'Ala ad-DTu al vecchio monarca) co-
spirarono contro Fli'uz. Scoperta la tra-
ma, furono presi e tratti a lui. Effrli al-
lora ordiuò che ogni guardia uscisse
dalla sala in cui egli si trovava, e, ri-
masto solo con i cospiratori, snudata
la spada e gittatala in mezzo a loro, gri-
dò : « Chi vuole il mio sangue, raccolga
questo ferro e mi uccida ». A queste pa-
role essi tutti piegarono il viso e chie-
sero perdono al Sultano, che loro pre-
sentò da bere in atto di amicizia.
Nell'assedio di Rauthambor volle, più
tosto che prendere d'assalto una fortez-
za, ove alcuni ribelli si erano rifugiati,
abbandonarla, perchè, in caso contra-
rio, il suo trionfo avrebbe potuto co-
stare la vita a troppe persone.
Poco dopo, avendo vinta una batta-
glia su i Mongoli che avevano fatta
un' irruzione nel suo impero, offri loro
la pace alla sola condizione che essi tor-
nassero presso le loro sedi.
Uu contegno cosi generoso se portò
a Firuz l'amore del suo popolo, fece
tuttavia si che il sovrano, per la troppa
bontà non riuscisse ad avere autorità
alcuna. Ben presto per ciò le sedizioni
si moltiplicarono ; bande armate infe-
starono i suoi paesi e i governatori delle
Provincie imposero balzelli di ogni sor-
te. Mentre l'impero trovavasi in tali
tristi condizioni Firuz fu assassinato.
Diamo ora alcune delle date più certe
del regno di Firuz IT.
1290 (Egira 689). G'alal-ad- Din pone Sham-
su-ad-DIn Kaiomurs (figlio di Cai
Qubad da lui assassinato) sul trono,
per finzione verso il popolo, ma ben
presto lo uccide e sale all'impero
col nome di Firùz Shàh II.
1291. Rivolta di Malik Chhagù. Poco dopo
r avvenimento al trono di Firuz è
da lui creato governatore di Karra.
1291. Firùz II si avanza in persona con-
tro la città di Rautambhor, ma non
riuscendo a prenderla, piega su
Uggayini, la quale egli saccheggia.
Dopo aver depredati parecchi tem-
pli in Màlava, egli torna, assale
nuovamente Rautamlihor, ma poi
le leva l'assedio e torna a Delhi.
1292. I Mongoli sotto Abd-ul-lah nipote
di llulaku, invadono l'indostan. Fi-
ruz li sconligge, ma concede loro
di ritornare ai propri paesi e a Ul-
ghu Khan nipote di Chingiz Khan,
di fermarsi con 3000 Mongoli in
Delhi.
1293. Fli'uz devasta le contrade presso
Mandawar e invade e saccheggia
nuovamente Malava. Ordina poi suo
figlio Arkhall Khan governatore di
Ondh.
1294. 'Ala-ad-Din invade il Dekkan e
riesce dopo lunghe incursioni vit-
torioso sul Raga Ràmadeva.
1296. Firùz mentre sospetta della pro-
lungata assenza di 'Alà-ad-Dlu vuol
procedere per il Gwalior, ove rij
ceve novella delle vittorie di 'Ala
ad-Dln e del prossimo suo ritorno
a Karra. Firùz torna a Delhi, ed
essendosi di là mosso, per consi-
glio dei nobili, alla volta di Karra
per incontrare il nipote vincitore,
è da lui assassinato, dopo di che
l'uccisore si impadronisce delle in-
segne regali.
(Cfr. J. Prinsep. Essais on Indiati
antiquities which useful tables,
ed. w. not. and addit. mater. by Edw.
Thomas (2 voli.), II p. 310. — M. Elphin-
STONE, Hi story of India. London,
1811, voi. II pp. 26-35. — C. M. DUFF, The
Chrouology of India, p. 207-9, 312).
Quanto alle forme Suratrana Pi-
roga, si veda, ripeto, iu esse una san-
scritizzazione dei due vocaboli arabi
Sultan Firùz (Per altre trasformazioni
della parola sultan v. Col. H. Yule,
« Hobsou-Jobson being a Glossary of
Auglo-Indian colloquiai words and phra-
ses ». London, 1886, p_. 656). Cosi dicasi
delle forme mulanaka e mulana,
corrispondenti all'arabo moUah (v^
Parasipr. I, 480) e maslta o masltika
(ar. masiid, moschea).
Per topikà, poi, v. Paiicad, p. 8, 9,
29, 30 n'. 154. Cfr. anche top ara, pag.
272 n. 4.
1 Sottintendi k aromi, o karisya-
m i : e cioè , « saprò fare di meglio ».
— 5 -
tram prayogaj'^amàsa. param nai 'ti sa. tatah Suratranah
praha: « G-inaprabhasùre, tvam anaya ». tatah surina ksipto
ragoharanas, tatra gatva topikàm aninàya. tatah Suratrà- io
nac camaccakre. dvitiyadine mastakasthavàribhrtaghata
paniyahàrika ragno 'gre cacala, tavat tatha mulanena
krtam yatha ghatayugam vyomni niradharam sthitam. stri
tv agre gata, ghatam mastake 'drstva niradharam ca vi-
ksya, visismiye. raga citte camaccakre. tato raglia sa pra- i5
camsito yada, tadà guruh praha : « niradharam galam yadi
tisfchati, tada varyà kala ». tato raglio 'ktah sa mulanas
tatkalàm aganan, maunl babhùva. tato gurunà karenà'hatya
ghatayugam, galani niradharam sthàpitam. ràgà camac-
cakre. ekada Suratranena Kànhada gramo bhagnah. tatra- 20
tyah Cri-Virapratimam aniya Yavanair^ Dhllyam^ masita-
dvare sopanakasthane sthapità. tata ekada Suratranah Cri-
sùriskandhe hastam dadhano masltikayàm yavat pravicati,
tavat surir Virapratimam viksyai 'kasmin parcve sthitah.
tada Suratrano Vag: « e vani kim krtam?». Grinaprabha- 25
sùrih praha: « Prabhur devo'sti ». Suratrano 'vag: « ayani
bhùtah kim ganati? na kimcit! ». sùrih praha: « ayam
devah satyavàdì, giiain vidyate ». bhùpo 'vak: « tarhi gal-
paya », sùrih praha: « yada svàmibhùtasthanakam upade-
càya karyate, tatra mandyate, pùgyate, prcchyate ca, tatah 30
prstam kathayati ». tatah svàmino devagrham karitam.
yada pratima no 'tpatati, tadà sùrih praha: « tvam hastam
lagaya, yatlio 'ttisthati ». tatas tathà kàrye krte, pratimam
tàm devalaye nivecya, varyabhogena pùgayitva, antarà va-
stram bandhayitvà. ràgà yadyadvamrasambandham prcchati, 35
tat tasyo 'ttaram datte. priyàh proktàh. Suratrano hrstah.
cankayà vastre 'pasarite 'pi, tathai 'va pràha. tato vicesato
13. yuugam ras. 15. visismiye ms. 18. kakarena ms.
23. skandha hastam ms. 29. svàmibhutali con sopra sami ms.
1 Col vocabolo Yavana indicavano più tardi ancora i Maomettani, nel
gli Indiani gli stranieri (corrisponde quale ultimo senso noi qui dobbiamo na-
nel concetto al ^aép^apci; dei gr.). In se- turalm. intendere (Cfr. Levv, De Indo-
guito passò tale parola a significare spe- rum Yavanorumque commerci is).
cialm. i Greci (lavones, launi, lonii) e 2 Delhi oggi pure pronunciato Dilli.
— 6 —
Virali pùgitah, Kanhado Maliavìra iti khyàtir abhut. iti
Kauliada-INralirivirastliapana-Griuaprabhaóaryasainbaudhah.
3.
ekada Suratràno grìsme purad bahir vatavrkse stlii-
tah. saccliàyam vrksam viksya, praìia (xinaprabhàgre :
« 3'adi evamvidha citala cliaya sàrdliam ayati, tada 'tiva
sukliam bliavati ». tatah sùrino 'ktam: « samesyati sar-
5 dliam vrksah ». tatac calati Suratrane, so 'pi vrksac cacala
sàyam yavat. paccad vilokitam sthanam. tatra giiatah.
paccad visargito vrksah svastliane gatah. raga camatkrtah.
vrksacàlanasambandliah.
4. samesyati ms.
4.
ekada Suratràneiio 'ktam: « (Tiiiaprabhasure, tvam vi-
gno 'si; katha3'a: adyà 'ham kasmin puradvare nihsarami? »
tato Grinaprabhasurina patre likhitva, miidra3Ìtva, leklio
'rpitah Suratranasya; proktam ca: piirasya bahir gamanad
5 anu vàcanlyo lekhah ». tatah Suratràno vapra;Syai 'kavim-
catim alaiigakaparcve ^ istika apasàrj'-a, bahir nirgatah. tato
lekham vàcayàmàsa ; yatha nirgatas, tathai 'va likhitam
abhùt. ràgà hrstah.
iti vapràlangakanirgamanasambandhah.
2. àdya ms.
5.
ekada Suratràno 'vag: « adya 'ham kim bhoksye?» tatah
sùrir lekham likhitva, mudrayitvà, dadau : « gemanàd anu
vàcaniyah ». tatah Suratranena khalo bhaksitah. tato lekhe
vilokite khalabhaksanalikhanam drsfcam. ràgà hrstah.
» alaiigaka: è una espressione solito °ka finale (come in raasltikà,
guzerall che significa « una tale di- mulanaka (novella 2) e più innanzi
stanza da un oggetto, da non poter es- (14)_ghagataka), del vocabolo guze-
sereesso, dal luojio in cui alcuno si tro- rati alanga. Vedi M. B. Bklsare, Pro-
va,toccato; più d'un braccio ». Qui ab- nouncing a ^Etimological Guza-
biamo la sanscritizzazione, mediante il rati-English Dictionnary pag. 35.
— 7 —
6.
ekada Suratràuo 'vak : « sùre, katliaya : carkara kàsmin
ksipta ? » prsta mantrinah, panditah prstàh ; kenà 'pi no
'ktam. tadà sùrir gagau: « mukhe ksipta ».
2. pristeti ms. 3. yada ms. — sùrih ms.
7.
ekada Suratrano baliir udyane gatah. maliat sarò ga-
labhrtam drstvà. sarvesàm agre pràha: etat sarah pùra-
nam vinà, katham lagliu bliavati ? » evam prokte, yada na
kenà 'py uttaro dabtas, tada surih praha : « asya pàrcve
dvitìyam sarò nialiattamani kàryate, tadà bliavati lagliu ».
ràgà lirsfcah.
8.
ekada Suratrano Marustlialimadliye samàyàto yada,
tadà gràmanàryo 'ksatam aniya vardliayanti. Suratrano
dhanam vitirya, pràha: «katham àbharanarahitah striyo
drcyante? kena luntità dandità va?» sùrinà j)roktam :
« iyam Marusthali rùksà, dhanahinà vidyate ». tatah Sura-
trànah striyam prati catam dinàràn dattvà, gotkaram cakre.
6. striyam 2. ms.
9.
ekadà Suratrano gagau : « yathà camatkaritirtha-Kàn-
Ijadaka-Mahàvlro 'sti,' tathà 'nyad api kim asti? » tatah
Catruhgayatirtliavyàkhyànam krtam. tatah sa Sangho (ri
naprabhasùriyutah Catruhgaye^ gatah. tatra tlrtham drstvà,
1 V. per questo nome la novella 2. M aliatili y a m. Abhantll. fiii- d. Kiimle
■- (j'atnii'iyaya. Su (juesto tlrtlui v. des Mortienlandes ; iiei'ausg'. v. d. deul-
WiiBEK, Ueber das gatrunyaya- sciieii niorgenl. Oeselsciiafi. Voi. I, n. 4.
— 8 —
5 camatlcrto yadfi. surili pralia : « miiktàphalair ij'^am Ràga-
clani 3''adi vardli3'ate, tada ksiram gharati ». tatas tatlià
krte, Ràgadani ksiram vrstià. ragna Saùgliapater àcàrah kà-
ritah. tatra lekhito: « 3^0 'sya tlrtliasya 'vaguam karisyati,
sa Gosvaminah karoti ». tatas tatra saptarekha karita pa-
io sànaih. tato 'dliastàd uttir^^a sarvan ganaii prati pràlia :
« àtmìj^am àtmiyam devam anayata ». tato lokaih svasva-
devali Hara-Hari-Brahma-Grinadir anitah. ragna, sarvan
devan mandayitva, prstam: « etesu devesu ko vrddhah'? »
yadiì. loko na vadati, tada Ginapratimam mukliyasthaue
1^ upavecya, Hari-Brahmàdipratimah parito nivecitah. svayam
asane upavicya, paritah sevakan sayudhan sthapayitva 'ha:
« ko vrddhah? » loka gaguh: « svanii vrddhah » Suratrànah
praha: « yady evam, tarhi Gino vrddhah; sayudhah sarve
sevakàh ». tato lokair uktam: « prabhiivacah pramanam ».
5. imam ms. 15. upavicya ms.
10.
tatah Suratràno Girinaragirau gatah. tatrà 'cched^^à-
bhedhyam pratimàm Nemiiio^ gnàtvà ghataih sphiiliiiga-
nihsaranaih, Suratrànah Prabhum pranaraya, ksamayitva
ca, svarnatahkakair^ vardhayamasa.
11.
Ginaprabhah prstah Suratranena: « bhumau kim pus-
pam vrddham? » sùrih pràha: « [vaù] vanni gagatanka-
natvat ».^
1 È egli il 22° Arhant della futura Hobson -Jobson, pagine 682, 683).
Utsai'pinl. Gli fu eretto un tempio in 3 Altro esempio di Vocabolo guze-
Naddulapura nel 1170 d. V. (Samv. 700) rati usato da (^Uibliagila. vau corrispon-
da Raviprabha. de al v ad li 5 sanscrito. Ciò detto, chiaro
■■^ Originariamente il taiikaka era ne viene il senso: « Interrogato quale
d'argento, aveva circa 10 grani di va- fosse il più bel fiore sopra la terra, ri-
lore, equivaleva cioè ad una terza parte spose: [la donna], cliè per la donna è
della rfipya (vedasi Colonnello Yule, stato fatto (le tt. impresso) il mondo».
12.
ekena Suratranasya 'gre proktam: « Gragasimhah sà-
dlmh kùtam na gàlpati ». tatah Snratranena prstam : « Ga-
gasimlia, tava grhe kiyad dlianam vidyate? «tato 'ktam:
« kalye katliayisyate ». tato grlie gatva sàdliuh, sarvagr-
halaksmisaùkliyàm krtva, Suratranapàrcve gatva, pràlia:
« marna grlie 84 laksah heraataùkaka vidyante ». tatah
Suratranen^. satyam tam giiatva, 16 laksàh svakocad da-
pitam ; kotidlivagali ' krtah sali.
13.
ekadà Snratranena svaliaste varyam ratnam grliitva,
jjroktam : « blio, (lagasimha, asmàd ratnàd anyat kim api
maliad varyam ratnam vidyate, na va? » sàdlinh prcìha :
« asmàd varyo Bliavàn ratnam ». Snratrano rangitah. ba-
linlaksmim dadan.
2. G'agasiha ins.
14.
anyadà Ukecagnàtimukhyasàdliu-Gagasimliagrhe ko 'pi
khàrasani-vanik ^ pancalaksatankakan nyàsikrtya, gatah.
varsàni gatani. itas tena, Gagasimliam mrtam crntvà, dhya-
tam: « nyàsikrtam dhanam gatam ». punar dhyàtam: « ta-
S3^a putro Mulianasimho vidyate. tasya pariksà kriyate ».
tatas tatrà 'gatya sa pralia ca : « blio ! Mnlianasimha,
1 Altro vocabolo di uso guzei-àtl: Belsare, 1. e. p. 153). Notisi poi che due
«kotidhvaji:a ni. s. (s + dhvaga a volte ricon-e la parola khàras ani sen-
bauuer). A man ou the top of whose za il vanik (come invece nella prima
house Ihere is a bauner to show that forma). Lo supplisco in ambedue i casi. Si
he posses a crore of rupees; a millio- potrebbe anche intendere khorasanl
iiaire». M. B. Belsare, I. e. p. 138. — «[mercante j della città di Ivhorasan » (in
V. anche Indische Studien 15, 102. Persia); e allora l'omissione delvanik
* khàrasanl - vocalìolo {,nizerritl nelle due forme seguenti alla prima, in
indicante una pianta particolare. (Ved. cui esso è espresso, sarebbe spiegabile.
studi italiani di fil. indo-tran. 2
— 10 —
tava pità maina mitrain abhùt. maya, tu pai'icalaksataiì-
kakii nyasikrtàh: tiiii arpa3'e 'daiilm ». Mulianasimlio 'vag:
« yadi marna pitnr aksaràni darcayisyasi, tada 'rpayisya-
ii> mi >->. tatra parcve 'ksarani na santi, giiagatake ' gate, Su-
ratraiiaprircve svanì svanì sanibandham procatuh, sa klia-
rasanl-vanik pràlia : « Bliavàn pitiili samani karotu ».
Mulianasimhah pralia: « pai'icalaksaih pitaram kiiii vikrl-
nlse"? ». tatah paiicalaksaiii dattàni. tasmai kliarasani-vanik
15 praha: « simliàt simlia èva gayate. satyam! » tato Mulia-
nasimha ekalaksena paridhàpitah. maitrikrtya sa Mnliana-
simha ubhayakàlam pratikramanam, trikalam devapugam
karoti. sadliiin viliaryai 'va gimati, varsainadli3^e sadliar-
mikavatsal3^atra3'am^ Sangharcatrayam karoti sma. ^
7. abhùta ms.
15.
ekadà Snratranasyà 'gre kenacid ratiiatrayam vikretum
anitaiii. ratiiapariksakà akàritàh sarve. ratnani vj^àvarni-
tàni. tato (ragasirnhaya darcitani. sàdliur gagav: « ekam
amùlyam; dviti^-am laksamùlyam ». raglia jirstam: « ka-
5 tliam giiayate ? » sadliur gagau : « prathamam ghanagha-
tacatena 'pi na bliagnam ; dvitiyam gliauagliatadacakena
manag ucchvasitam; trtiyam giianagliatàd dvidha gatam,
pratliamaghàte niimdùkika * suksma nirgata ». tatah sa-
dkùr mànitah. tasya vanigas prathamaratnasya laksatra-
10 yam dapitam ; dvitiyasya ekam laksam dapitam ; trtiyasya
kapardika^ dapita.
2. anitum ms.
*ghagataka:sanscriti7.zazionedel Voi. XHl, 1900 ed. da Ed. L. De Stefani),
vocabolo guzerall «ghagada» = lite, 3 Si allude qui a pratiche gainiche.
contesa. (Cfr. Belsake, 1. e' pag. 297). ^ lisiste in san.sci-iio e in guzerali
2 sadh ai-mi ka (confratello), parola il vocabolo manduka = rana. Devesi
(usata tre volte anche nella nov. 25) di uso ni undukika intendere quale diniinu-
gainico. Trovasene esempio in Hemac. tivo di un munduka, coi'ruzione di
Gramm. Prakr. (ed. Stenzl., Bombay), manduka? (Bòtul^ sanskrit Wor-
2,10; 3,79; hi u'ttamacaritrakatluuiaka terbùch: manduki,Froschweibchen).
(ed. Weber, sitznngber, d. K. Ak. d. W. •- Conchiglia ad uso di nioneta. Cosa
z. lì. 1884, p. 281) e nella « Novellina gai- e vocabola di uso guzerati (« a coin of
nicadiMadiravatl» (Giorn. della S. A. 1. very low vaine » Belsare, 1. e. p. 94).
11
16.
ekasmin pure craddhamadhye roga utpannah; katliam
api na ni variate, tatah craddliadvayam Cri-Grinaprabha-
sùripàrcve [prejsitau. ^ tau craddliau Ginaprabhasùrinàm
dhyanam kurvatam parcve ayàtau, tavad guruparcve yu-
vatidvayam dadrcate. tatas tau dadhyàtuh : « gurùnàm ^
strinam parigralio vidyate ». tato yavad valitau stam-
bliitau, tato dhj^ananantaram te devyau procatuh : « avàm
katham atra 'ulte ? » gurubhih proktam : « yuvabhyàm
CrI-SaÌLgliasyo 'padravah kriyate 'tah ciksa dasyate ». tatas
te procatuh : « adya prablirti CrI-8angliasyo 'padravo na io
karyah ». tatas te visargite. craddhadvayam mutkalarn-
gatam. guravo natàh, strlsambandhah prstah. gurubhih
proktam: « Bhavatàm pure craddhanam upadravah cru-
tah: sa ca 'dhuna nivàrito 'sti. Bhavadbhyàm drstara ».
tatas tau craddhau svapure gatva, gurùttaram gùàpita- i^
vantau.
1. utpattah ms. 3. sitau ms. 15. guruttatam! ms.
17.
ekadà Medapatiyah Palhako^ vaidyah Suratranacikit-
sàkrte agato 'bhùt. sa ca Komalasùricalayam gatah. tatra
Cri-Tapagacchasùrivaranam ^ tair ninda krta. tatas tena
hakkitas^ te yatayah Komalàh. tatah kalir gatah. kesamcid
1 Notisi il participio passivo al dua- que medapàtyah è da intendersi co-
le, errore evidente dello scrittore, il me: «originario del Mewar».— Inquanto
quale non si ricordò che il soggetto a Pàlhako, possiamo intendere il vo-
era un collettivo neutro singolare e cabolo come il nome proprio del medico,
cioè (l'anzidetto craddhadvayam). forse appartenente al Tapagaccha. Non
2 mutkala è forma piii antiquata saprei in quale altro modo spiegarlo.
(900 d. C. : Cfr. Upamitibha vapra- '' Intorno ai maestri e discepoli ap-
paiica kathà, Edizione di Peterson partenenti al Tapagaccha e al Ka-
e Jacolji, nella Bombay-Sanskrit Series, rataragaccha v. Klatt, Extracts
p. 184) di mukkalam, vocabolo degl from the historical records of the G'ai-
signifìcante svairam (Vedasi la De- nas, by Johannes Klatt. Phil. Doct, Ber-
ci nani a ma la di Hemacandra). lin (The Ind. Ant. XI, 1882, pp. 245-256).
2 Medapata è il Mewar. Qui dun- ^ hakkitah noni. plur. del part.
— 12 —
5 liasto bliagnah, kesamcin mukliam. tatah sarvo vàdam kur-
vanah, Suratrànapàrcve gatàli. Suratranena sarvesàm cestii-
tam gnàtvo 'ktam: kasya damlah kriyate? sarve 'nyayi-
iiah. adya pi'ablirti kena 'pi kalalio na kartavyali ».
iti saiiiatavam Pirogasuratranasambaudliali. iti kiyanto
10 (TÌnaprabliasùrInain avadatasambandliàli.
10. sambaudha ms.
18.
Bhadrecvarapure velàkule Crlmalagnatiya - Gagadusa-
dliur vasati ; ^ sa ca galasthalavyavasayam karoti sma.
ekadà Gragadùvanigo ^ yànapatram vastubliir bhrtvà^ Ha-
pass. dalla V'hakk'iyi sanscritizzata
(Memac. IV, 134 — nisedhati). — V. Jaco-
Ki, « Aiisgewahlte Erzahlungeu in Màha-
raslitri », Leipzig, I8S6, p. 16, 22 (novella
di Bambhadatta); 75, ìiS (nov. di
Agadadatta). — V. anche Bharata-
kadvatrimgika nov. 8' pubbl. da P. E.
Pavoliui in questi Studi 1, 1897, p. 54. V.
inoltre in questo novelliere p. 14 nov. 19.
* Le tre novelle cbe ora seguono
(18, 19, 20) trattano di G'agadii, perso-
naggio assai noto nella storia dell'India,
vissuto nel xiii secolo, e del quale si
trovano cenni nei Qrl-IIarsacarita
di Bana, nel Vikramànkade vaca-
rita di Bilhana, nella Kirtikaumudi
di Somegvara, e nel Sukrtasankìr-
taua di Arisimha.
Georg Biihler nei Sitzungsber. d.
Kais. Akad. d. Wissensch. in Wien, pub-
blicò nel 1892 (Band. CXXVI) un G'a-
gaducarita di Sarvananda (The ,Ta-
gaducharita of Sarvananda, a bistorical
romance from Gugarat) facendo prece-
dere il testo da una introduzione in cui
lo traduce in parte e in parte lo sinte-
tizza e parafrasa, e dando inoltre spie-
gazione di tutte le forme dialettali o
barbare contenute nello scritto di Sar-
vananda. Egli poi ha prese in esame, pub-
blicate ed annotate, e in qualclie passo
tradotte, le tre novelle del Pancagatl-
prabodhasainbandhah di yubhac-I-
la, che trattano di G'agadii, e ha chiuso
il suo breve, ma importante studio su
questo personaggio, aggiungendo copia
notevole di particolari su la vita di lui
e sceverando la parte leggendaria dalla
istorica. L' aver trovate tre delle no-
velle che sto pubblicando, messe in luce
da un cosi grande maestro, non mi ha
fatto un sol momento restar dubbioso
su quanto avrei dovuto fare, sul ripor-
tare ciò è integralmente il testo e le
note di lui.
Comincerò intanto col citare le sue
parole intorno al nome G' aga d fi : « G'a-
gadii or G'agadu is the nominative of a
diminutive in da, formed from the lìrst
half of a proper name, beginning with
G'aga, in sanskrit G'agat. In this case
the etymon is, as the traditions asserts,
G'agadeva (now pronounced G'agdev),
in sanskrit G'agaddeva. The diminu-
tive affix da is as common in Gugaratl
as in most Prakrits. The formation of
the nominative masc. by il or u instead
of by 0, is rare, but occurs e. g. in
varu «a wolf», which like G'agadu
is treated, not as a nominative, but as
a new stera. Du for do would he cor-
rect in Sindhi, to which the Kacchl
dialect in closely allied » (1. e p, 8).
1 s a d b u means bere « a banker
and merchaut» and corresponds to Gu-
garatl sau or sahu, which, as well as
saukara, is the common terni for a
banker and wholesale dealer.
2 I. e. «a trader (in the service) of
G'agadu».
3 ■i'his is GuzaràtI bhari « haviug
fiUed ..
— 13 —
rimagadvipe^ gatah. taira vakkharikà- grliità. vastu iittà-
ritam. krayavikraye ^ kartum lagnah. tatra ca bahavo vak- 5
kharikah santi, ekada dvayor vakkliarikayor antare, maliaii
prastaro niryayau, sa ca baliih karsito 'ntaràle sthàpitah.
tasyo 'pary upavicato dvav 'api vanigau. kramad vi vado
gatah. ekah kathayati : ^ « madiyah ». aparo 'pi vakti :
« madiyo 'yam ». evam vivàde gate ragaparcve gatva, 'pa- io
rena vanigà sahasratrayam tankakanam mùlyam krtam.
Gagadùvaniga, baliu dlianam dattvà, sa prastaro grhito
yame ksiptah. ^-anapatram calitam. Bhadrecvaraughakan-
the ^ samagatam j^avat, tàvad ekena narena Gagadupàrcve
proktam : « Bhavato vanigakah pracuram dhanam upàrgyà, i5
'gatah: varya eko mahàn pasàna anito 'sti. tena geliam
api bharisyatj ». iti hasyeno 'kte, G-agadiih praha: « va-
nigo yadi vargyam ca 'vargyam ca 'nayanti, tao chresthinah
pramànam èva. yadrcam bhagyam dhanikasya, tadrg èva
vastv ayati, làbho 'pi tadrk cai 'va bhavati, atra vicàro na 20
kriyate ». tato Gragadùh samudratlre tasya sammukham
gatva san maham^ vanikputram prastaram ca svagrhe nl-
tavàn praha ca: « lokàgre hasitena ruditenà 'pi karmanah
purah ko na buddati?'' varyara krtam anena. marna ma-
hattvam raksitam anena ». tato grhasyà 'ligane muktah 25
prastarah. jadà Gragadùh prastarasyo 'rdhvani upavicati,
tadà cintayati : « prthivim dhanarpanat sukhinim karomi ».
4. vaskharikàh ms. 5-6. vaskhàrìka ms. 6. vaskharai'i-
kayo° ras. 8. vauigo ms. 10. yagaparcve ms. pr. m. 13. Bha-
dre^vararoghakante ms. 21. G'agaclu ms. 22. vanigputram ms.
24. but.hthati or buttati ms. 25. grhasyammane ms.
1 Orniuz: «The Verfival inscription 3 The ms. adds kaye before kar-
of the reign of Argunadeva (Ind. Ant. tum. The author uses the two nouns as
voi. XI. p. 212) gives fot' Ormuzd the iieuters.
transliterations Hurmiga and Har- ■'< This is the Guzaratl kaheche.
muga. QubhaQlla seems to have tried •■[11 Bhadre? vararoghakanthe
to make the name sound more like an del manoscritto potrebbesi correggere
Indian word. The Racchi merchants anche cos'i: BhadreQvaropakante
traded in olden tinies and stili trade a che varrebbe quanto nelle vicinanze
good deal with the towns on the Persian di liliadre^vara].
Gulf (BiiriLER, 1. e, p. 23, n. 1). '■ inahau is the usuai abbreviation
'^ This is G'ugariitl vakhara «a va- for mahattara, the modem meheta.
rehouse », compare also Ilemacandra, ■ « Who is iiot overwhelmed (i. e.
Deci Namamàla VII 45 vakkhàrayam put to shame), if he laughs or weeps
raighare. about his affairs before people? »
- 14 —
tato giiruparcve prastarasvaru])ain proktani prastarama-
tlhve kim api varyaiii vidyatc. tato vidàrya, prastaro vilo-
■M\ kitah. sapadalaksamulyàni ratuàni nirgataiii. babvi laksmir
gata.
iti prastararatnaprapti-(TagadusainbaiKlhah.
28. svarupaiu ins.
19.
Bhadrecvare Bhadalabbùpo ragyam cakre. Pattane Vi-
salaragnah sevam karoti. Solagacrestbinah crestbinah. Crì-
devi patni. putra Raga-G-agadù-Padmaraga-Mallabva ba-
bbuvub. iVagadùsadbah samudratire battam mandayamasa.^
5 ekada Gagadtipàrcve yànapatrikah samudrastenà agatah.
taib proktam: « asrnakam ekam^ yanam madanabbrtam
catitam^ asti; yadi Bbavato recate, tada, dbanam dattvà,
grabyam ». tada Gagadùs tatra gato, mulyam dattva, yana-
patram madanabbrtam lalau. cakatani bbrtva, G-agadugrbe
10 sameta Gagadukarmakara Gagadùpatnyah purah procuh :
« Gagadusàdbuna madanam grhìtam kutro 'ttaryate? » Ga-
gadupatni praba: asmakam grbe madanam pàpaniban-
dbanam no 'ttaryate ». taya tu no 'ttàrayitum dattam.
tato madanestika-* grbangane Limbavrksasya 'dba^ utta-
15 ritàh. Gagadub patnya samam kalabam cakre. bakkiia
vakti : « madanavyavasaye babu papam lagati ». tato mitbah
kalim krtva, rustau. Gagadub priyam na galpayati. patni
Gagadum na galpayati. evam masatraye gate, cìtakalab sa-
magatab. Gagaduputrena 'ngistikam*^ krtam. tatra trnàdlni
1-2. Visalaragah ms. 2. Sàntarga» ms. 3. ràga padmara
padmaràga" ms. 5. patraika ms. 8. G'agadii tatra ms. — 1 1 v a ms.
11. ku9ettàryate ms. 13. mi no 'ttarayituin ms. 14. grhingane ms.
15. G'agadu ms.
1 Tliis is GuzaràtI mandyo «began istika instead of istaka.
to make ». ' ' & li m b a d o is tlie Gugarati for n i m-
2 [ommesso nel testo del Buhler]. ba, wheuce bere liiuba.
3 This is Guzarali gadyum « bas e angistikam is a transbtei-ation
beeu oblained». ' ofGuganUl aùgithi or angxtbum n.,
4G'ainamaiiuscriptsinvariably speli wbicb meaus a kiud of small beai in,
- 15 —
ksipati tapanartham. ito balacapalyàd ekam madanestikàm 20
angistike ciksepa. madanam galitam. ^ suvarnamayìstikà
drstà patnyà. patny agalpanty api, dhanalobhag G-agadum
prati praha : « ito vilokyatàm ». tato Gagadùli sammukliam
api rusto na vilokayati. tatah patnyo 'ktam : « atmano
madauestika svarnestika gatà ». tatah sammukliam yavad 2:.
vilokayati, tàvat svarnestika drstà. tato 'n^'àsàm istikà-
nam pariksà krta. svarnestika gnàtàh. tatac chanriam
sarvàh svarnestika grhamadhya anìtàh. madanam prthak
krtvà vikritam. pai'icacatapramànah svarnestika gatah.
tatah patui patini pràha: « gurava àkàryante: gurùkte 30
dharme dlianam vya^^yeta. dlianam eàcvatam na bhavati ».
tato gurava akaritah sumahotsavapùrvam. guravo mada-
nayyavasàyam krtam Gagadùsàdliuna crutva, Gagadùgrlie
vihartum na yacitah.^ tato guravah procuh : « asmàbliic
calyate ». tato guravo devavandanàrtham ksullakayutà 35
akaritah. guravo grhe devàn vandanti. tadà ksullakah
pràha : « Bhagavan, Clagadùgrlie kim Lanka samàgatà ?
ito vìksyatàm ». tato gurubhih svarnestika drstvà, Gaga-
duh prstah : « kàs tah svarnestikàh ? » Gagadùh pràhe
'stikàgrahanasambandliam sarvam. tato guravo hrstà Ga- 40
gaclùsadhunà vihàritàh ; sva upàcraya àgatàh. tato Gagaduh
pràha: « maya madanabhràntye 'stikà grliltàh. gàtàh svar-
namayi.^ uccair na galpyate ràgabhayàt. tankànàm kotir
gàta Gagadùgrhe. '
[iti svarnestikapràpti-Gagadusambandhah]. 1 45
20. ika ms. 22. patnim ms. 23. pràlia ora. ms. 24. ru-
stora ms. — patnyektam ms. 25. "iiastika ms. 26. tatopah
srasàm ms. 27. guata ms. 28. sarva ms. — anità ms. 30. gu-
rùkte ms. 31. vyayete ms. 34. nayamvi ms. 39. kah sva
svarne" ms. 43-44. koti gatà ms.
made of bricks in a hole, in order to 2 yacitah is used in the sens of
roast green ears of «'nvùr and otliei- tlie active.
gi-ain. This is a favorite amnsement of 3 This is witliont a doubt a mistalie
the cliildi-en in Gugarat. coniniitted by the author, as it agrees
1 This is used in tlie sanse of Gu- with te Guzarral idioiu.
garutl galaynm « was nielted >». '" ■' Tlie nianuscr. omits the colophon.
— 16 —
20.
ekada gurabliih samvat 1315, 1316, 1317 varsatraye
bliavi durbhiksani gnatam. tato bhasàsamityà (ragadusa-
dliuv guapitah. tato Gagadùsadlmr grame grame, pure piire
vanikputràn dlianyamùfcakalaksapramànan sangràhaya-
5 masa. tatas tasmiii duhkale samàgate, 112 mabasattràgàra
manditàh. ^ tesu manusj^asahasradacapancacag gimanti.^
ràgauah sidauto 'bhavan dbànyam vinà. astau mudhakà-
saliasràni^ Visaladevasya ràgnah Pattanasvamino dadau;
dvadaca mùdhakasahasran Hammirabhùpasya 'rpitavan. ito
10 Gaganisuratràno Gragadusadkusamipe dhànyam yàcitum
agatah. tada Gragaduh sammukam gatah. Suratraneno'ktam:
« tum kona ».' (ragaduh pràha: « hiim Gagadil ». tatah
Suratranah praha : « nyayena tvam gagatpita, yatas tvaya
danàt [sarvalokagivitam raksitam] ».^ tato dhanyam yaci-
15 tam Suratranena. Gagaduh pràha: « grhyatam ». tatah
kosthàgare " rankanimittam ,, ity aksarani vlksya, Sura-
tranah praha : « aham paccàd yasyami.^ rankanimittam dha-
nyam uà grhìsye ».'^ tato Gagadùr asya rankanimittavya-
tirikta-ekavimcatimùdhakasahasramitam dhànyam Sura-
20 trànàya dadau. ^
2-3. sàdhù gùa° ms. 4. vanig ms. 10. yaciutum ms. 11. G'a-
gadù ms.
1 [V. novella 19, 4; pag. 11, nota 1]. quii-ed in order to complete the sentence.
2 The authof means to say 500,000 <• « l shall go back » i. e. « I recede
men ; ginianti is the Gugarail game fVom my request », according to the Gu-
ohe «dine», which the Marvadis prò- garatl idiom.
nounce gime che. " ■; This incorrect form is commouly
3 mudhaka (or mutaka) is formed used by the Yatis and must, therefore
according tolhe Gug-arailmud ho ava- not be corrected.
riant for mudo (is a measure, either » The ms. has G'agadil and omits
= 25 Ser, or = 160 Man). sahasra, which latter is required, as
^ The ms. has two iiidistinct signs, the Carità shows. The author meant
the second of which seems to be ko, to say: « Theu G agadu gave to the Sul-
written with a Prsthamutrà. The que- tau graiu to the amcjuiit of 21,003 IMutas,
stion probably was in the vernacular, which was in excess of that destiiied
sinc_e _G 'agadu 'sauswer is also in Gu- for tlie i)oor». In accordance with the
garatl. custom of the Gugaratls he has, howe-
5 The bracketted words are not in ver, left out some of the case termina-
the ms. But a phrase of thekiud is re- tions, qompare above pag. 15 note 3.
30
— 17 —
attlia}^^ mùdhasahassa Visalarayassa bara Hammivil
igavisa Surattane taim dinna Gagadu dubbhikkhe. || 1. '
danasàla G-agadùtain keti liul samsari
nau karavali mania gè tehim aggala viari. 1| 2.^
sattràgàre Pattanaparcvasthe raga Vlsalo gatah. tatra
maniisyrin vimcatisaliasramitan^ gimato drstva raga Gagà- 25
dilsadlium prati pralia: «annam tava 'tra 'sta. glirtam marna
parivesyatàm ». tatlia krfce. ghrte nistbite ' ragna Visalaril-
giia tailam paryavesyata. pura Gagadùh svasmin sattrà-
gàre gbrtam paryavesayat. tato 'nyada raga Gagadùpàrc-
vag gigikarayan.^ crutva caranah praba:
« Visala tùm virila karaim Gagadu kabavai gi
tùm na mavaim pbalaam sum uà na mavai gbl ». !| 1 "
tato Gagadùsadbuh 108 Ginaprasadàn karayamasa. Cri -
Catruiigaye savistaràyatratrayam'^ cakara varsamadbye sa
dbarmikavatsalyastakam sangbarcastakam. aneke dlnaduh-
stbà uddbarita dbànyadànat.
iti (xaiiadùsadbusambaudhab.
20. ba Hammira 21. "vTsa ; nittha ms. 22. danasàgala ms.
23. maula ms. — aggala viari ms. 27. rivesyatam ms. 28. pa-
ryavesyate ms. — Gagadu ms. 29. pavyavesaj^ati ms. 31. viruini
kamraim ms. 32. namavaimphalam ms. — thi ms.
1 The meli-e of the verse is Arya, 4 nlsthite means hei-e « fiiiished,
The language is the Apaliliramga, or iised ui) ».
old Guzaratl, used by the bai-ds. The r, The participle of the presentseeiiis
ti-anslatiou is : « asta mutasahasrani to have beeu used bere in the seuse of
Vlsalaràgaya.dvadagàllamnui-aya.eka- the pi-eterite ad of the con-esponding
vimcatih sui-atranaya dattaui tvaya he Guzaratl kai-avato: « Once the kiug
G'àgadu' durbhikse >>. caused tlie exclamatiou gl^ gì (Uve
2 Meti-e, Dohà. The translation is: long!) to be mad_e by G'agadu ».
« G'agaddevasya danncalali kiyatyah « Metre, Doha. The translation is:
santi loke [urthad asankhyah santi] '| « he Visala, tvam virupam karosi (yatl
yatha karavàle nianibhih lab'hih agra G'agadu give Hi kaUiayasi. tvam na
vikrtih [cobha] kriyate||'». I owe the mapayasi [bahu dadasi] phalanirgata'.n
expianation of the second line to Pro- [tailam ity arthahl.sa [tu] pacya na
fessor Piscile 1, who proposes to write in mai)ayati_lbahu d_adali] ghrtam. pakse
the first line dàuasàla and keu hùi. tu dvit_iyardha_sya 'rthah. tvam [tam
In my opinion danasàla may staud, G'agadum] phalani giro namayasi. sa
as we have the mixed dtalect of the [tu] pagya ghrtam dharmaputram na-
bards, which foUows, not the rules of mayati ».
the Apabhramga of the grammarians, 7 The faulty ferainine savistarahas
but the usage of the Guzarfitls. beeu caused the custom of the Guzaràtìs
3 Kegarding gimato see above p. to write the partsofa compound separa-
le n. 1. tely viz. savistara yatra trayani.
studi italiani di fil. indo-iran. 3
— 18 —
21.
IO
ekada Cri-G-inaprabhasurayah pure pure, grame grame
devan namaskartum calitàh. Cri-Aliammadàeranama Piro-
gasurat ranella salia Devagirau praptah. tatra tesam pu-
rapravecamaliotsavena bahudlianam vyayitam rraddhaih.
5 G-inaprabhasùrayah sarvesu prasadesu devàu iiamaskrfcya
grliacaityani vaudamana Gagasimliagrlie gatah. tatra va-
ryavaiduryaratnamayasphatikaratnamayasvarnamayarùpya-
mayapratima vavande surih. tatas tadgrhatirtham drsbva,
sùrayo mastakam adhunayan. tato G-agasimliena prstaii :
« cirah kasmad dlmnitam '? » garavo gaguh : « asmabhih
stilane stilane, grame grame, pure pure deva validità, gu-
ravo 'pi vanditah, param adliuna ekam idam bhavadgrlia-
caityam, aparam Gangliaralapure. tatra Qrl-Somatilakasù-
rayo ^ vanditah. aio 'dliuna tlrtliadvayam sarvotkrstain
1"' manasi aj^atam. atah ciro dhùnitam. tirtliavandanena ]nuk-
tisukham argyate. yatah:
Ariliantanamukkaro glvam moei bliavasaliassau
bbavena kiramano boi puno bobilabbae 1 1 ^
dbarmagiio, dharmakarta ca sada dbarmapravartakah,
20 satvebhyo dliarmacastrartbadecako gurur ucyate. !| 2
agnànatimirandbanam giiananganacalàkayà
netram unmilitam yena, tasmai Cri-gurave namah!» |3
1. pure 2, grame 2 (ripetuto) ms. 2. calitah ms. 6. gatah ms.
9. adhuyan ms. — tatah ms. — prsta ms. 11. pure, Una volta
sola ms. 12. vanditah ms. — param adhunah ms. l'ò. tapa ms.
18. bohilàe ms.
1 grl-Somatilaka: boni Samv. gi-I-Nabhisanibli ava" grlcaiveya'
1355 Maglie; dllcsa 13G9; suripada 137i; iiy adliii_ bahiuii stavaiiani. Ile
svarga U2I. Composed : Vrhanna- gave the siu-ipada successively to Pad-
vyaksetrasainasasutram, Satta- nialilaka, G'andi-aQekhara, Oayaiiainla
risayatlianam, Yatrakhila" G'ay a aiid Devasuudara. (Klatt, Iiid. Aiit. art.
Vrsabli'a- gastacarma" vrttayah, cit. Patt. of Tnpag. p. 255).
gritlrthai-àga" catiirartlia stulis 2 La traduzione è: «Adiaiiiiamaska-
tadvrttic ca, gubhabliavaiiatah" roélvam mocayati bliavasahasrat ) bha-
gi-im'ad-Vlrain stuve ity adi Ka- vetiakriy amano bhavati puiini- bodlii-
iiialabaiidhastava , giva^irasi" labliaya ».
— 19 —
iti dliarmopadecara crutva,, dharinistliauusthauanuragam
ca gnàtvà, Gragasimliasàdhuh savicesam, Ci'i-Giuaprabliasu-
rinam bhaktim cakre varyavastrauiiapanadànàt.
iti Cri-Griiiaprabliasuri-Devagiripraptisambaudliah.
22.
sadharmikavatsalyaplialam muktirarmaprapakam crut-
va, G-agasimhasadhur Devagirau 360 pramanan svatuiyaii
V3^avaharino dliaiiavyavasaj^adisàunidhyàkaranadibliyah sa-
dharmikamc cakre. tatah pratidinam ekaikasmin grlie pak-
vannàdirasavatl nispadyate. tatra sakiitumbah sarve crad-
dlia gimanti sma. tatra dinam prati 72 saliasradravyavyayo
bbavati. evam pratigrhe gimatah varsaprante dvitiyavaram
varakah sameti. tato dharmakrtyam kiirvano G-agasimhasà-
dhunà Bharata-Dandaviryaraganau smaritau.
iti sadharmikabliaktau Gragasimhasadhusambaiidhali.
2. pramanah. ms. — svatulya ms.
23.
ekada Gagasimhasadliuh Crl-Somatilakasùriparcve dhar-
masvarùpam papraccha. tada giirubhili proktam èva dhar-
matattvam: « ye mithyatvatimiraudha uà bhavanti, tesam
pura evam dharmali proktavyah. G-ainamate :
dhammena dhanam viulam aum dìliam subam ca sohaggam ;
dàliddam, dobaggam, akaliyamaranam abammena. |1 1 ^
Naiyayikamate : ^
katbam utpadyate dharmah? katbam dbarmo vivardhate?
katham ca sthapyate dbarmah? katbam dbarmo vinacyati?|l
2. pràktam èva ms. 7. Nayayikamato ms.
1 La traduzione è: « dharmena dha- 2 n sistema filosofico Nyaya cliia-
uara vipulam sulchamca, saul)hriuyam;| malo anche (ITui. Il, 1, 119) Kevala-
daridriyani, daiirbha.gyaai, akàlikama- naiyayilca.
ranaiii adharmena ».
— 20 —
IO satyeno 'tpadyate dliarmo, (layadanena varJliate,
ksamaya stliapyate dliarmah, krodlialobliàd viuaoyati.' ii'i
abirasàlaksano dharmo, 'tha 'dharmah praninam vadliah;
tasmàd dharmarthinàm nityam kartavyà praninam daya. IjS
ata Gfaiminiyamate : -
15 svakhyatah klialu dharmo 'yam bliagavadbliir G-iuottamaih
yam samalambamaiio hi iia magged bhavasagare. !! 1
sam^^amah, siinrtam, caucjam, brahmà, 'kimcaiiata, tapah
ksàntir, mardavam, rguta, muktic ca: dacadhà satu. i|'2
dharmasiddhau dhruvam siddhir dyumnapradyiimnayor api
20 dugdhopalabdhau sulabha sampattir dadhisarpisoh.^ || 3
Namaskarasamo mantrah Catrungayasarao girih,
Gageiidrapadagam nlram nirdvaudvam bhuvauatraye. I! 4
krtvà papasahasrani, hatvà gantucatàni ca
Catrnnga3^am samaradhya tiryaiico 'pi divam gatah. !! 5
2:> sprstvà Catruiigayam tirtham, natvà Raivatakaóalam,
snatva Gagapade kunde punar ganma iia vidyate ». [j 6
ity upadecam crutva G-agasimhasadhur ekonatrimcacca-
taraita cakatasahasranu mitapotakadvapancacaddevalayàd i n
dadau.^ Qrisaùghah Crl-Somatilakasùriyuktah ^ri-Catrmi-
30 gaya-Girinarayor yàtràm cakre.
yasmat Cri-Bharatecvaràgrimanrpàh sangagnire cakrinah,
Crlmac-C'hremiika-Samprati-prabhrfcayas Tirthecambho-
[vanóitah,
naihsimadravinàuubaiidhisukrtah Cri-Qàlibadradayah
tasmiii uirmaladharmakarmani sadà karyah prayatiio bu-
[dhaih ;ì 1
12. "laksana ms. 13. dharmài-tliina ms. 28. ganmo ms.
1 V. BOHTL. lud. Spr. 1513, ma con 3 y. Bohtl. Iiid. Spr. n. 3106.
qualche vai-iante : « katliam utpadyate '^ Il dadau è stato da me supplito,
dhai-mah? kalhamdhai-mah pravar- senza di che mi sarebbe stato impossi-
d ha te? I kathaiii ca sthapyate dhar- bile intendere il senso del passo. Così
mah? kathai.n dharmo vina^yati? Il sa- interpretando il potaka pergrande
tyeno 'tpadyate dharmo, dayadanair dono (desumendolo dal guzeratl pota:
vivardhate, | ksamaya ca' sthapyate «a large loose buadle», Belsare, 1. e.
dharmah, k r o d ha 1 o b h a i r v i n a ? y a- p. 499) intendo : « egli fece un dono gran-
ti ». Il " de calcolato a (del valore di) 129,000 carri
2 Sistema filosofico della Mlm ausa. 52 templi etc. ».
- 21 —
plialain ca piispam ca tai-us tanoti, vittam ca tegac ca nrpa- '^^
Iprasadah ;
vrddhim prasiddliim tanute suputro, bhuktim mnktim ca
fCliuendradliarmah. !1 2^
iti Gragasimha-^atiungayayatrasainbaadhah.
24.
ekasmiii pure Bhimasya bhùpasya napitah pradhaiio
bablmva. mantrino na manyante maiiag api. kramad vai-
ribliih parito vyaptam ragyam. tato « nai 'kena », galpanti,
« mantrino manyante. mantrinà vina ragyam yàs^^ati ».
mitrair api proktam: « napitasya pariksàm kuru : vairisu 5
sametesu, katham ragyam raksisyati ? ». ekada raglia na-
pitah j^rstah: « yadi kadàcit paracakram samesyati, tadà
tvaya katham gesyate? kà buddhih karisyate ca? » tato
napito 'vag : « adarcan baste hrfcva nirgamisyate piirat.
tair adarcair èva yuddham karisyate; 'tas te nanstva ya- io
syanti ». tato ragna giiatam: « esa napito na pradhanah
pradhànah. yan maya mantrino 'pamanitàs, tad ayuktam
krtam. yadi mantrino na manayisyante, tada ragyam ga-
misyati ». tato ragna mantrino manitah. tato mantribud-
dhya ye ye vairino 'bhuvau, te te vacikrtah. 1=
iti napitamantrikaranasambandhah.
2. mauàg api ms. 7. uapita ms. — samesyati ms. 9. ni-
pito ms. — hastettatvà ms.
25.
^ripure Dhanacresthinah putram Kuntalàbhidham pa-
rinayanayogyam 9rutva C'andrapuran Madanacresthì svam
putrim rùpavatim datum samagat. tada 9resthiputrah pa-
1 V. BonxL. Ind. Spr. n. 4370, ma gac ca nrpaprasadah | rddliim pi-asid-
con alcune vai'iaiiti : « phalun pus- dliiiu tauute suputro bhuktim ca muk-
pam karuna bibliarti, vittam óa te- tim ca». ||
— 22 —
dain iicéaih krtvo 'nllivastliitah, sùryribhiinnkhaiii sthitva
j ca, kalacliiiadhyo luùtrayainasa. tacla Matlaiiacresfclii ta-
trastliasvainitrapàrcve crestliiputrasya Kniitalasya svarù-
pam papracclia : « asya Dliauasya cresfchinah kiyautah pu-
trfxli santi ? » tena vyaiigyavacanàt proktam : « asya nava
putiTih santi ». ksaiiat punah prstam: « kiyantah putrah
10 cresthiuas? » tatah sa pralia: « panca putràh santi ». punah
prsfcam tena: « ki^^anto 'sya putràh? » tatas teno 'ktam:
« traj'^ah j^i^^tràh ». punah prstam: «kiyantah putrà asya
santi? » « eka èva j)utrah ». tato Madanah pràha: « mitra,
tvaya 'ham evam bhrantau katham pàtitah prthak prthag
I-") galpanatah? » ato mitram praha: « yan mayo 'ktam, tat
satyam èva. yatah sa cresthiputra uccaih sthitvà, sùryà-
bhimukham bhùtvà, kalacimadhye mutrayamasa, ato 'smin
cresthiputratrayatvam mayo 'ktam. yato manusyàh panca
yavan màtram ahàram bhuiigate, tàvan màtram eka evà
20 ^jam bhunkte, atah paiicaputrabhavah prokto maya 'smin.
nidràksane kundalldehakaranat navadàkàrena ' svapity asau,
ato 'smin navaputratvam vidyate. yata evamvidho varo
'nyatra 'pi kutrà 'pi na drcyate, ata ekaputratvam asya
mayo 'ktam. evamvidhaguno varo vidyate. yadi rocate
25 tava, tada diyatàm putrì, sa ca tvaya mùtrayan drstah.
kim kathyate 'dhikam? » tatah cresthi samutthàya svapure
gatah. tato varaiii vilokayan Padmapure Viramahebhyasya
Dharanaputràya cresthi svàm putrim dadau. tata ito Dha-
nacresthina bahuciksito 'pi putro, na 'lasj^atvam mumoca.
30 ye ye varam drastum ayanti, te te tadrcam drstva, dadur
na svaputrlm. yatah:
gacchan, galpan, hasau, tisthan, cayano, bhaksayan punah
mùrkhah sarvatra labhate pade pade paràbhavam. \\ 1
4. suryabhi" ms. 6. tatrasthamsvami" ms. 7. putra santi ms.
9. kiyatah ms. 10. cresthiDasa ms. 14. bhràtau ms. — pi"tag
prtag galpanatah ms. 15. mitrali pràha ms. 22. navapuccam ms.
28. tatradrato ms. 33. labhatem ms.
1 iiavadakarena: navada voca- (V. Belsare, 1. e. p. 210) « dorme assu-
bolo guzerati iudicaute il numero nove meudo l'aspettò del numero nove».
— 23 —
tatah so 'lasatam 9rayan na parinitah. tatpitari mrte
mùrkliatvad alasatvad vicesam paràbhàvasthanam babliùva. 35
ity alasatvavisaye Dhanacrestlii-Kdntalaputrasamban-
dhah.
26.
Suràstradecabliùsane phunkaparvate ràga Ranasimlio
ragyam kurvan nyayàdhvana prthivlm 2}alayati sma. tasya
Padmavatl patnl bablmva. ta^^or Bliopalahva suta 'gani.
kramàt sa vidyakalah pathita. kramad ragà varani vilo-
kayan Navasarikanagare Arimardananarendraya dadaii. &
itas tasya rùpena mellito Vàsukir abliùt. yatah :
akkliana sani, kammanam avahan, liatavayana bamblia-
[vayam,
guttìna ya managutti: cauro dukkliena gippanti, 1| 1 ^
tato Vasukih cukraparavrttim krtva, tàm sevate, putrah
kramàd abhut. tasya Nagarguna iti nània 'blmt. sa ca ga- u»
nakena sneliena 'bhyetya, sarvasani osadhinam plialani, mù-
lani, dalani bliogito balena, tasya prabliavat siddliapnruso
gàto vikhyatah. sa ca kramat Pratistliànapure Catavàliana-
bhùpasya vidyagnrur abhiit. yatah:
vidvatvam ca nrpatvam ca nai Va tiilyam kadacana. i5
svadece pùgyate raga, vidvan sarvatra pugyate. Ii2-
sa ca Nagarguno vyomagàmividyartliam Crl-Padali-
ptanakapnre Crl-Pàdaliptacàryan ^ sevate sma. te ca 'ca-
ryàh Pàdaliptausadhlbalena varavasare Astapada-Sametaci-
khari-^atrmigaya-Girinaràrbudavalatirtliasthan Ginendran 20
vandante sma. tesaiii paccàd agatanam surlnam padau
praksàlayan, Nagarguno nasàbalena saptottaracatansadhi-
nàm namàni gagiiau. giirùpadecam vina 'pi thàbliir osa-
3. tayo Bhopala" ms. 11. atisadln", sempre ms. 15. ueva ms.
18. sma ms. 22. Narguno ras.
1 La traiiiizione è: « aksruiam crnih, 2 v. Bnirn. Ind. Spr. N. 0109
karmanilm avahatya, liatavraiàiirun '^ v. Ivi.ai't. art. cit. Patt of Kliarat.
lirahmavratam | guplTiiain c:i nianogii- ii. I.").
ptili : catvàri diihkeiia glyante ». Il
— 24 -
dliil>]iih pfulalepam krtvri, kurkiifiapota ivo 'tpatan, iiipatati
2r. bhuniaii. tato vraiiaóargaritfiiigo 'iiyada gurubhih prstah:
« kiiu etad iti? » tatas tena yathasthite prokte, tasya ca
kaii9a]yeiia camatkrtamanasa, guravah oirasi hastam dattva,
gaguh: « Maliabhaga, sampiìrnam amnàyam garuclattam
villa, vidyà na spliurati iirnàm » teno '.ktam: « Bliagavaii,
30 prasadya vidyàmnayam delii ». tato guruno 'ktam: « sa-
sti tandulodakena sarva osadhi gliarsviya; tatas tàsam le-
pena padaliptena vyomagami bhavisyasi ». tam vidyara-
iiàyam prapya, Nagarguno vyomagami babhùva. ekadà
giirumukliat svarnarasasiddhinispattim crutva, sàdhayitiim
s5 pravrttah, raso nispaditas tena; param stliairyam na yati,
tato guruparcve rasasthairvasvarùpam papracclia. giirii-
bliiriiktam: « saprabhàvayah Cri-Pàrcvapratimàyà drstau
sàdhyamàno raso sallaksanalaksitayà mabasatyàh striyà
mrdj^amànali stliiro bliavisyati ». etac chrutva Nàgàrgii-
10 nena Vasukih svapita 'dliyatah. pratj^akso 'bhut prstam ca
tasya: « Parcvanathajìratimàm divyam katliaya ». Vasukih
pràlia: « pùrvam Dvaravatyàm Krsnena Crì-Parcvaprati-
ma ^ saprabliavà Cri-Nemimukliàc clirutvà saptavarsl yavat
pùgita. Dvaravatya dàhe samudramadliye devena mukta.
45 kàlena Kantipiirivasino Dlianadattasya samudramadliye
yanam skhalitam. tatra devatayà 'bhyetyo 'ktam: « atra-
'dhastat Cri-Parcvabimbam samasti, laccakva^ saptatantu-
bliir muktair, bahih samesyati ». tena tatlia krte Parcva-
bimbam nirgatam. Kàutipuryàm anitam. yatah :
50 suprabliavamayam Parcvanathabimbam manoharam
Kantyam purlganaih pugyamànam asti Ginalaye. j| 1
tato Nagargunas, tatra gatva, bahusu lokesu vandanar-
tliam divànicam agacchatsu, hartum na caknoti. ekada 'va-
24. kukkutapota ms. 28. malia tu blia° ras. 32. tam ms.
33. vyomamoml ms. 34. nihpafctim ms. 37. saprabhavayàh ms.
43. Cri-Nemlmuklaat cnitva ms. 47. 'dhastat CrP ms. 53. àgatsu. ms.
* ParQvanatha: il 23° tir th arri- dice guzeraii lacak- vum = «to give
Icara predecessore di Mahàvira, cui i way; to yeld (Belsarr.I.c. p. G6I) »; pos-
fedeli assegnano un'esistenza di cento siamo quindi tradui-re l'intera frase:
anni. È rultimo dei G'iua leggendari. « sinovendo[lo] per mezzo di sette funi
- Gerundio sanscritizzato dalla ra- [esso] uscirà fuori ».
— 25 —
saram prapya, balena sa pratimà tena hrtà. Khatinadi-
tate rasabandhanartham mandita. Catavàlianasya bhupasya 55
C'andralekhàm maliasatlni rasamardaiiartliam tatra "ninaya.
sa Nàgàrgunena : « bliagini 'ti » krtva, stliapita. rasam
mardayati taya. tadosadliinam rasamardaimkarane prste,
svarnasiddhiiiispattihetum sa tasyah puro gagati, taya ca
tatra 'gatayor kumarayor^ rasasambandhasvarupam prò- 60
ktam. tatas taii ragyasukliam muktva, rasalubdlian, kai-
tavena Nagàrgunam sevete sma. rasam giglirksQ pravrttam
yatra Nagàrguno gimati, tatra tav annam randhanim
prcchatah sme 'ti : « atra kah, ko gemitum ayàti ? » taya
Nàgargunagamaiiam nktam. tabliyam uktam ca tatah : 6j
.« tvam Nagàrgunaya salavanàin rasavatim kuryah sadà.
yada sa ksaram vadet, tada proktavyam asmatpurah ».
balivi crir arpita tabliyàm tasyàm. anyedyuh sanrnasante
tayà proktam : « adya tena ksara rasava ti proktà ».
tatas tàbhyàm ragakumarabliyam raso milito giiatah. ta- 7o
bliyam prccliadbliyam. Vasiikina proktam: « kucaiikiiran
maranam Nagargunasya giiatam ». ito Nagargunah cud-
dharaseua kntupau dvau bhrtva, pimnkaparvatasya gii-
hayàm raliasi ciksepa. tatah parvatad valamano Nagilrguno
vimrcam viua, tabliyam darbliyaùkurena gaglme. tada 75
mrtah sah.
agate, citralikliite, mrte ca, Madliusiidana,
ksatriye, trisù vicvasac, catiirthe no 'palabliyate. || 1
tali kutupaii devataya 'dhistitaii ràgaputrayoh kim api
na catitam liaste ; devataya liataii ; tau papinau narakam so
gataii. evam givah papaparah papapbalam sadyo labliante.
rasastamblianat Kliambavatyah ^ Stambhananàma 'bliiit.
Parcvadevasya 'pi Stambhanam iti nama. tatah kalantare
Khatinadìtatastham Stambhanapàrcvanathabimbam Stam-
bhanapiire samayatam. tao cà 'dyà 'pi tatra piigyate.
iti Nàgàrgunasambandhah.
59. gago ms. 62. sevate ms. 73. kutapau ms. 78. no 'pa-
lambhate ms.
1 Omesso nel testo. 2 odierna Gambe y.
Studi italiani di fil. indo-iran. 4
85
— 26
27.
C'andrapnre Dhanacrestlii. tasya grlie suvarnasya ca-
tasrah kotayah santi, sada madliuraliàravaravastraparidlià-
paiiadevagurucrìsangliapugàtlinn sagganasanmaiiadiiia ca
killam gamayati. ekadà ràga, ràgamarge gacclian, tasya
■'■' sadanas3'o 'pari catasro dhvagapatakà drstvà, mantripàrcve
papraccha: « kim età dlivagapatàkiX atra drcyante?» man-
trino 'ktam : « asya grlie cafcuhkotimitam svarnam sa-
masti ». tatas tad graliitukamo bliùpo 'bhut. anyatra gra-
màntare gatah, tadànlm crestliiiias tadà 'kasDiat khala-
"^ bhaksane vàiicha gata. gi'iàtam tene 'ty: « etayà vàiichaj'à
raga marna dhanam graliisyati, athavà cauràgnyadayo gra-
Insyanti. yatah:
dàyadah sprliayanti, taskaragana musnanti, bliùmibhugo
grlinanti chalam akalayya, hatabhng bhasmìkaroti ksanat,
i3 ambila h plavayati ksitau vinihitam, Yaksà barante hatàt,
durvrttàs tauayà nayanti nidhanam: dhig bahvàdhmam
[dhanam! |1 1
evam vimrcya, tona cresthi sarvàm criyam sa]3tasu kse-
tresu dinaduhsthàdisu vyayicakre. raga paccàd agacchan
dhvagapatakà adrstva, laksmivyayasambandham ca gnatva,
20 cetasi camatkrto'bhtìt. cresthi akàritah. prsto ràghà, tadà
'vadat svasambandham khalabhaksanadohadalaksanam ca.
tato ràgà hrstah. tasmai svakocac catuhkotimitam svar-
nam dàpayamasa. tasya punyaprabhavat tato yàvanmàtram
criyam vyayati, tavaumàtrà crir akasman milati. tatac ci-
'-^5 ram svam criyam saptasu ksetresu. vyayan kàlakramàd da-
navitaranena svargam cresthi yayati.
iti khalabhaksane Dhanacresthikatha.
7. svarna ms. 8. tas tam ms. — g-rhitum kamo 'nyati-a... ms,
14. grhnanti ms. — hutabhuk ms. 25. talakramat ms.
- 27 —
28.
ekasmin pure veoya kraraàg garati gàtà. tasya ekah
putro 'sti. taya ciiititam: « maya bahupapam krtam putra-
ganauat. yadi lianyate, tada 'pi papam bhavati. ato maya,
Gaùgayàm gatva, pàpam splietayisyate ». iti dliyatvà, sa
vecya saha pntrena, tatra nadyàm gata, masavasikàrùpam('?)^ 5
krtva, sthità. Gangayam snanadipunyam jìutrayuta karoti.
dvigamiikhad Veda-Smrti-Piiranadi gagiie sa vecyàputrah.
kramat krto dvigah. Muknudas tam tadrksam vicaksanam
Vedaviduram bakudanaparam drstva, dadhyav: « ayam va-
ryo varo 'sti. marna putrì vidyate vivaliarlia gata; yady io
asmai diyate, tadà varam. asya mata ca dharmacllà vi-
dyate; grlie dlianam apy asti ». evam vimrcya dvigena
putrì tasmai sasavasanikàputràya(?) dattà. putram vadliù-
yutam parinitam skandhayor ubhayatah krtva, nartayanti
'ti pràlia: >5
« sonai cakha dhanim kula kotliai vedaviyàri ,-
dematikero betado parinai diksitakuàri ». |1 1 ^
tatas tena Mukuudena tasyah parcvat tasya varasya
sambandham crutvà, maunam krtam. baliulaksmi vidyadi-
gunatvat ; ato iia kuladi vlksyate, kim tv acàra èva. yatah : 20
kaivartigarbliasambliùto Vyaso nama mahamunih
tapasà brahmano gatas : tasmag gàtir akaranam. || 1
1. kasmin ms. 4. spetayisyami ms. 6. punyam ms. 7. dvi-
gamukliad ms. 21. kaivatti ms. 22. tampasa ms.
' Il presente masavàsikae il sa- dato conoscere. Non so quindi capire uè
savasanika che seg^ue a non gran- pure se il masa^ sia forma errata di
de distanza non danno luogo ad alcuna scrittura di sasa° (s facilmente si con-
possibile si)ie;^azione. Qui io credo che fonde con m nei manoscritti) o se sia
si alluda ad uno stato di penitenza in- da credere il contrario. Do quindi a suo
trappreso dalla madre del giovinetto, e luogo una traduzione congetturale,
ciò desumo dalle parole rùpam krtva 2 Dello gloka presente (in Apabhram-
e dal pi-ecedente senso della narrazione; ca) non posso dare la versione in san-
ma che cosa si intenda i)recisamente con scrito, essendo incerte varie parole. Non
i due vocaboli nominati, i quali non ho conoscendo né pure possibilità di emen-
potuto rintracciare in alcun dizionario dazione, mi è necessario lasciarlo inso-
sia sanscrito che guJJeratl, non mi è luto.
- 28 —
^u^'i-^kigarbhasambhùta * Rsyacriigo maliamimih
tapasa brahmano gàtas: tasmàg giltir akàrauam. 1| 2
inaiuluklgarbliasambhuto Mànilùkyao ca maliamunih
tapasa brahmano gatas: tasmag gatir akàranam. '|3
Urvacigarbhasamblmto Vasisthac ca mahainunih
tapasa brahmano gatas: tasmag gàtir akàranam. || 4
9llam pradhànam na kulara pradhanam: kulena kira ci-
[lavivargitena ?
bahavo gana nicakule prasiitah svargam gatàh cTlam upe-
[tya varyam || 5
tatah sarvesu dvigesu Vedaviduresii mukhyo 'bhùt. iti
nlcakulagato 'py, uttamo bhavatl 'ti bràhmanakathà.
29.
ekasmàt purad yogi cellakayuto 'calit. - agre gacchan
yogi C'andrapuramargam papraccha. puman praha: « eko
margah saralo dure 'sti ; param cauradivighno vidyate.
tatra dvitiyo màrga upamo 'sti, param nirupadravah ».
5 tada yogi dravyarahitah sopadrave 'pi marge gantum vàii-
óhati; cellakas tu ne'cchati dravyàjjaharanabhayàt. marge
yogi dadhyav : « asau cellakah katham steuaklecayiiktamàr-
3. °vighiiam ms. 4. margosamo ms.
1 Tale vocabolo irreperibile nei di- ber, Iiid. Sti'eif. Berlin, 1868: Die
zioiiari sia sanscriti che dialettali, non Vagrasuci des Acvaghosa: eine
può voler signilicare altro che « gaz- buddliistische Streitschriit tiber die Ir-
zella», seguendo la leggenda che si rigkeit der Aussprtiche der Bràhniana-
trova narrata in Mbh. Ili, 110-113 e in kaste. pp. 186-209). Lo gloka in cui si
Rainay. I, 9. parla di Rsyacrnga ha harini (in luo-
Glì gloki 1, 2, 4 si trovano nella go di (;u(;uki) che il Weber traduce
VagrasucI di A^vaghosa (vv. 22-24) Rehkuh (p. 198).
edita da A. Weber in Abìiand. d. k. A. - cellaka: cosi costantemenle il
d. W. 1859, pp. 205-264), preceduti da testo. Il dizionario di Pietroburgo non
uno in cui è detta l'origine di Kalha da registra questa forma: ha invece ce-
un albero, e seguiti da altri due in cui luka, contrassegnato, tutia vi;i, da un
si dà notizia della nascita di Vicvamitra asterisco, per provarne l'uso non clas-
da una candall e di Narada. Nella stessa sico. Intendendo cellaka nello stesso
VagrasucI (26) è la strofa che segue sigiiilicato di celuka, io lo riporto nel
gli gloki del nostro testo (v. A. We- testo tale quale ci è dato dal ms.
20
— 29 —
gè gantum ne'cchati ? » evam dhyàyan, cellakasya vaco 'va- ,
gaiiayya, sopadravamarge calitum tasthaii. itac cellake pii-
rantare gate, kasmaicit karyaya, gholikamadliye ^ rupya- io
taiikakablirtàm vasanikam^ viksya, dadhyav: « asau cel-
lako dhanagamanabbayat sopadravamarge gantum ne 'Late :
tato dravyarn na varam tapasvinah ». evam dhyatvà, va-
sanikam cbannani kupe ciksepa, cellakah puràd àgato,
vasanikam adrstvà, praba : « yasmin marge recate, tatra i5
gamyatàm ». tato dvav api nirgrantblbbùtau, nirbbayau
sopadrave màrge celatub. tato dbanam tapasvinàm kleca-
bbutam matva, nihprbau cvetambarau Cri-Dbarmagbosa-
sùripàrcve^ dbarmam crutva, gaiuim diksam grbitva, ta-
pas kurvànau, svargam gagmatub. kraman muktim gami-
syatab.
iti nirgrantbatve yogikatbà.
18. 9vetambara ms. 20. gagamatuh ms.
30.
ekada Bbimasadbor àvàsartbam var^^akastbàni agataui.
tada br.stam Bbimam drstva, patni praba: « grhani varyani,
varyataràni bbave karitani santi: svarvimane 'pi stkitam
bbùricab, pararn tatsarvam iba lokartbam. dbarmakarye
4. dharmamkarye ms.
1 yliolika, sanscritizzaziuiiedel vo- il diiniiuitivo (Ceiiun.) di tal sostantivo,
cabolo guzeratl gholl (a four-moutlied 3 Dharmasliosa: «liere thehistoi-y
bag. Bels ARE, 1. e. p. 306). Il sanscrito of the Sadhu Prthivldhai-a and his sou
possiede il vocabolo gliaulika nel si- Ghai'igliana is told. The works of Dhar-
gnificato di sacchetto. maghosa_ are the following : Saiìgha-
2 vasanika. Su quest'j vocabolo caiakjiya bhasyavrtti, Suadluunaietista-
preceduto da inasa o sasa si disse va, Kayasthitibliavasthitishivau, C'atui--
nella nota 1 della nov. 28. Io credo che vimgatiginastavah 21, gastacarniety iidi-
qui si possa chiaramente determinare stotram, Devendrairanigam iti glesa-
il suo signihcalo, se bene esso non ri- stotram, Yugam yuva tvani iti clesastu-
corra nei dizionari sanscriti e dialettali. tayah, (i aya-Vrsabhetyadistulyudyah.
vasana indica cassa;la terminazione Ile died Samv. 1357» (Klatt, lad. Ant.
°ikà va intesa come quella atta a indicare l'att. of the Tapag. N.° 1(5).
— 30 —
5 yadi dharniaerilridinispattaye kasfchaui samilj'^aiiti, tadà
varaiii ». liliiinah pralia: « kutra dliarinaya kasfcluuii stha-
payisyante ? » bliarya gagau : « dliannacala ^ kàryate, taira
bahu punj'ain bliavati ».
ovam vimrcya Stambliatirtlie Aligavasatyàm dkanna-
10 cala kàrità pimyàrtliam. tatra 1500 tankakà lagiiah. tadà
kenacit puinsà Bhimasàdhupnratah proktam: « dravyam
bahu vya^àtam; càia tu puràd bahir asti: tatra ko dliar-
mam kartum samesyati? » tato Bliiino 'vag: « kadàcid ut-
sure snkale va ko 'pi kù^jikah paufcaliko^ vicràmàrtkam
15 sthita ekah sàmàyikam '^ lasj^ati, tadà càlàyàm lagiiadlia-
nadànam tatpunyam bhavisyati : aiikitah 925925925 ekah
sàmàyikalàbhah ».
ity adi dharmacalàdinispadauapunye Bhimasàdhukatha.^
11. tadeheuacit ras.
"dauam ms.
12. purat ms. 13. samesyati ms. 15.
1 dharmagalà: termine iisiito in
guzerìltl nel senso in cui qui ricorre:
«acaravansiu-y, traveller's lodge erected
from charitable feelings» (Belsake, op.
cit. p. 403).
211 vocabolo pautalika non esiste
né in sascrito né in gazerai!. Esiste tut-
tavia, in quest'ultimo dialetto un potah:
« a bundle, a parcel, a package » (Bel-
sake, op. cit. p. 49'J). Da esso desu-
mendo il senso, interpreto il p a u t a 1 i k a
per: «portatore d'acqua» («di vasi per
acqua »).
.3 samayika : « moral aud intel-
lectual purity of the soul » (H. Jacobi,
G'aina-Jìutra translated from the prà-
krit. Sacred books of tlie east. O.xford
1S95, p. 159). Bhandarkar (Report on
the search for sanskrit manuscripts
1883-81. Bombay lsS7) dopo aver detto
che il samayika è una delle « six
Avagyaka observances» annota: «sa-
ni a y i le a is freedom from love and hatred
or equanimity as regards the agreeable-
ness or disegreealileness of things. This
is of six kiiids: l, iXamasamàyika,
which consist in not liking good names
or disliking bad names; 2, S thaj) a n ri-
sani àyika, not being pleased or dis-
pleased with beautiful or ugly images
(of gods andothers); 3, Dravyasàma-
yika, regarding agreeable objects such
as gold and disgreeable obiects such as
earth equally; 4, Ksetraaamàyika ,
making no difference between pleasant
places snch as a garden and unpleasant
places such as a foresi of brambles ;
5, Kalasamayika, not being pleased
or displeased by agreeable or disagree-
able seasou and times; 6, Bhavasa-
màyika, love for ali living beings and
shunuingeverythingof an evil tendency.
Some of these are also otherwise ex-
plained » (p. 98).
4 La novella è, evidentemente lacu-
nosa. Allorché il marito rivolge alla
moglie la domanda: «kutra dhar-
m a y a k à s t h a, n i s t h a p a y i s y a n t e 1 »
noi ci aspetteremmo non la risposta
di ciò che si deve fare dharmàya
(« dharmacala karyate ») bensì
quella in cui si desse cenno del luogo
in cui costruire alcun che atto a ottener
merito, appunto ad es. l' ospizio per i
poveri (dharmacala). .\lla line appare
inoltre assai oscuro quanto si vuole
esprimere con il numero 9259:^5925.
31 —
31.
Aligavasati 'ti nama gatam. pùrvam Àligahvo dvigo
'blmt. tas^-a Cri-Dliarmaghosasiiriparcve Ginaprasadàclika-
rane maliat puiiyam bhavati. ekada so 'vag : « bhavava-
naloka vadanti: " santanam viiia svargo iia bliavati " ».
guravah jDrocuh: « santanam viiia 'pi svargam gaccliaiiti 5
gana; ria salitane sati kadacit svargah; pnnyaprabhavad
èva. santànena yadi svargah syat, tada clinic ukàdi giva ba-
hvapatyah pratliamam svargam gaccbanti. asantana api,
miiktim gamisyanti ganàh ». yatah:
bahuni hi sahasrani kumarabrahmacarinam io
divani gataiii viprànam akrtva kiilasantatim. ;[ 1
giiriino 'ktani: « Cri-Rsabhadevasya yadi krsnavarna
pratima kàryate, tada 'nantam piinyam mnktigamanayo-
gyam bhavati; param santanam na bhavaty agratah. etac
chrutva, Aligo gagau : « Bhagavann, aham Cri-Rsabhade- i^
vasya krsnavarnam pratimam kàra3'isyami bahupiiiij^ala-
bhàt; santànena kini prayoganam ? santàne saty api Eà-
vana-Cri -Krsna - Duryodhana - Subhaiima - Brahmadattaca-
kravartyàdayo bahavo narakam gatàh. ato 'ham Cri-Rsa-
bhadevapratimam cyamavarnam karayisyami ». tatas tena 20
santanàbhavam alambya Crl-E,sabhadevapratima cyama-
varna karita; sthàpità svakaritaprasade. tata Aligena tatra
pratimam tam pùgayata muktigamanayogyam piin3^am
upargitam.
iti dharmadrdhatavisaye Àliga vipraprasadakatha. 25
2. karana ms. 3. bhavavaua° ms. 7. cunieuladigiva ms.
9. yatilì ms. 17. prayogamam ms. 23. tà ms.
32 —
32.
ekada baliusu Bralimàdidevesu militesu svasvotkarsam
g-alpatsu, Canina proktam: « aliam sarvesu devadisu suklia-
duhkhe kartum samartliah ». tade 'cvareno'ktam : « gi'ià-
syate tava krtam sukliam duhkliam ca ». evam uktvà Cam-
r. bliuh svagrlie 'bhyetya Parvatim prati svacestitam gagau.
tataii Cambhuh svaj^am mahisarùpam, Parvatya mahisiru-
pam karajdtva, nagarakliàte acuciraaye stliitau dvav api.^
trtiye dine tasmin vyatite Ìcvara-Parvatyau khatàn nir-
gatya, gatau grlie. tata ìcvarah Oaniparcve gatva 'vag :
10 « tvadìya dacà gata kalye; tvaya kim api marna duhkliam
na krtam?» Canir gagau: « tvam kutra 'sthàh? ». ìcvarah
svasthitim gagau. tatah Oanih praha: « ahara kim skandhe
hanmi getum, hrdaye va? kim tu tam tadrclm dhiyam
dadami, yayà svayam duhkham patati. tvam tv acucimaye
ir> khate sthitah. atah param kim duhkham ? aham yad duh-
khadi ganebhyo dadami, tad api karmana preritam ». tatah
Cambhur gagau: « satyam èva karmakrtam sukham duh-
kham giva labhante ».
iti laukikà kathà Cani-Cambhugalpanavisaye samàpta.
2. alia ms. 4. pronktva ms. 5. Parvati ms. 7. kliale ms.
8. khalan ms. — nirgatyà ms. 9. tat ìcvarah ms. 11. ku^as-
thah ms. 15. khàle ms. 16. preritali ms. 17. glgau ms.
19. visaya ms.
33.
mata Gangasamam tirtham; pita Puskaram èva ca:
tlrtham phalati kalena, matatirtham punah punah. || 1
ity adi dhyatva matapitarau kacadikayam^ sthapayitva,
vipras tirthani karoti. tirthani kurvan, Marusthalyam
1 L'api iu prakdto, e alcuna volta (V. JACOBi^Ausgewahlte Erzahlun-
anche in sanscrito, sta dopo parola in- gen in Maliarasti-i p. 143)
dicante numero, ma non ha alcun valore 2 Non m' t stato possibile di rintrac-
— 33 —
gacchan, adhah pracurasikatayam hinditum acaknuvan, 5
galani stokam piban, mrgatrsiiikam pacyan, pade pade
galabhrantyà dhavan, khinnah san, prathamam pitaram
skandluid nttaraj^amasa. pità' vag: « aliam aksamas tir-
tham^ calitnm, katliam mam uttarayasiV » putro 'vag:
« iyam tu Marusthali rùksa » evam mataram api skandhad io
uttarya, svecchaya 'calit. matapitarau padacarinau pntra-
sya prsthe duhkena calatah.
ity adi Marustballvarnauam niskrpopari.
D. pade 2 ras. 12. prstliau ms.
34.
yàdrcam kriyate cittam deliibhir varnanàdisii,
tadrcam kavivan niinam gayate santatam gane. [| 1
yadrcam kriyate cittam sadasadvastuvarnane,
kaver iva, bbavet tàdrg gananam bbavukatmanàm. 1] 2
tatba bi : ekadà Ori-Rara asya Subuddbinàma kavir 5
abhiit. sa ca Crl-Eàmakaritam Pampasarah kàvyair ni-
tyam varnayati sma. vaidyà babavah Crl-Ramasya sapa-
rivarasya rogotpattan cikitsam kiirvanti sma. anyada Su-
buddhikaveh sarò varnayatah taddhyànag galodaram var-
dbitam. vaidyo 'vicaravigiias tasya cikitsam karayati ba- io
biiprakaraih; param guno na bbavati. yatah:
vaidyas tarkaviblno, nirlagga kalavadbiìr, vrati piuab,
katukac ca pràgbunako: mastakaculani catvari. 1| 1^
tata ekas tatra vaidyo vrddbo vicàragnah samagat.
ragna tasya rogacikitsàyai àdistam. tatas tena vrddbena 15
vaidytàiia carlrasvartipam vibikya càlidàlighrtadi varyam
13. catùke ca nis.
cìai-e tale vocabolo nei dizionai'i. Non di aggiungere illitum clie credo m;ui-
potendo uè pure azzardare una conget- chi per errore di scrittura,
tura per emendarlo, lo lascio tale qual' è 2 v. Bohtl, I nd. Spr. n. ()2s6 e I'a-
e l' interpreto, dal contesto del discorso voi. ini, « Un libro di medicina indiana »
per gerla, cesta o altro di simile. (Giornale della s. A. I., XV, 1902,
1 II ms. ila tlrthai]! ca, cui non esito p. 110).
Studi italiani di fil, indo-iran. 5
— 84 —
blioganam kurvànasya vaiilj^ene 'ty àdistam: « marustha-
laiii vamaj^a ». tatas tam ca varnayati:
mrgatrsnam sada darcam dar^am trsitavaksasah
20 ostliatàhiga] adirli ^usyanti sma diuam dinam. || 1
ity adi varnayatas tasya rogino galodararogo gatah.
Cri-Ràmena j^rstam: « blio vaidya, marnstlialavarnaneiia,
katham asya rogo yayau ? » vaidyo 'vak : « piirvam anena
sarò galablirtam bliùrico varnitam: tena galodararogo 'bliut
2:, sarodli^'anad ; adlmuà tu marusthalavarnanàd rogo gatah.
yadrcam dhyanam, tadrcam manali; yadrg manas, tàdrg
vapur bliavati. cubliacubliakarnanad akasmac cliarhi pra-
sanno 'prasaiiuo va bliavati. yatah:
vitaragam sraaran yogi vltaragatvam acnute;
30 saragam dhyàyatas tasya saragatvam tu niccitam ». || 1
ato 'sya marustlialam varnayato rogo gatah. tato vaid^^o
manitah. yatah:
alaùkaroti hi gara ragamat^^abhisagyatm,
vi(lambliayati paiiyastrimantragayanasevakàn. || '
35 iti dhj^ane vaidvakatha. !] 1 i|
18. paùcam ms. 20. sustlia nis. 25. sarodhamauat ms.
27. cubhocubho" ms. oO. saragam ms. — ta saragatvam ms.
35.
ganmaua na dhruvam varyam avar3^am gàyate kulam;
prayo bliavati martyàuaiii kriyaj^a, vipravag gane. [|1^
tathà hi : kasyacid viprasya yagaiiayaganadhyayana-
dhyapanadisatkarmakarakasya grhe ekas tapasvi svanì
dhautikam^ muktva, gatas tirthayatrayai. sa tapasvi De-
2. vipravat ms. 5. Devaclattahvah ms.
1 V. BiuiTL, Iiid. Spr. n. 62S. uè in dizionari sanscriti né in dialet-
2 Notisi la concisione della frase. tali. Non potendolo l'itenere una forma
Traduco: « come avvenne al brainmano corrotta, che si ripete per ben sei volte,
e alla sua famiglia ». non ne propongo emendazione, ma lo
3 Questo vocabolo non è registrato lascio tale quale nel ms. si trova e lo in-
— 35 —
vadattalivas tapahprabhavàd bahvàyuskah san, tirthe blira-
mati sma. itah sa dvigo mrtyusamaye, svam putram prati
praha : « idam dhautikam tapasvino Devadattasya 'sti :
yada margayati, tada 'rpaniyam tvayà ». pitari mrte kra-
mad dvigaputro nirvahàbhavàt kumbliakarakarma karoti. io
itah sa tapasvi tatra 'gatah svasya dhautikasya 'rtham,
grliam prcchan gagiiau. param asya grlie kumbliakara-
karma drstva, dhautikam tathai 'va muktva, anyatra tlr-
thayatrayai gatah. kramat sa dvigah kumbhakarakarma
muktva bharavaho 'bhut. punas tatra 'gatah, svam dhau- i3
tikam pùrvavat tatra drstva, tathai 'va muktva, gatah. sa
bharavahah paralokam gacchan svaputraya paramparaga-
tam dhautikasambandham gagau. tatas tatputro ragase-
vako 'bhut. tatra 'pi pùrvavat tatra 'gatas, tasya grhe
'nyat karma drstva, ^^atrayai gatah. sa sevako mrtah. tasya 20
putro gràmahattako ^ 'bhùt. punah sa tapasvi tatra 'gàt.
tasya grhe anidrcam karma drstva, dhautikam sambhàlya
tathai 'va muktva gatah. tato gramahattako vaidikadvi-
gayogac caturvedl dvigo gatah. ito bhrautvà tapasvi ta-
tra 'gat; pùrvakriyàm vaidikim yaganayaganadikam drstva, 25
hrsto 'bhùt. tatas tena dvigeno 'ktam: « bho, tapasviu,
bhavata katham hrstam V » tapasvy avag yaganadividbràh-
manàd arabhya, sarvam sambaiidham tasya 'gre. tatah sa
tapasvi svadhautikam làtva, gagau : « yadrco yogas tàdrk
puman bhavati. uttamamadhyamagaghanyadivicàro na kri- 30
yate ». tatah sa tapasvi svasthanam yayau.
iti nicànicadivicarakatha laukiki.
7. svam putra ms. 8. Devadattasyàsi ms. 18. tatasmiua
tatputro ms. 24. "yogat catur° ms. 26. dvigeno blio ms. 29.
gagagau. ms. — tadrg ms.
terpreto, in riguardo al senso generale tendere la parola graniahattakah co-
delia novella, per « peculio, gruzzolo di me « mercante di villaggio ». Vedemmo
danaro ». altra volta nel nostro novelliere la fa-
1 liaita m. significa mercato. cile formazione di siffatti vocaboli quali
Hattakah non è i"egistrato dai voca- nomina actoris, mediante il suf-
bolarì. Credo tuttavia che si possa in- lisso "ka.
— 36
30.
JJliogaraga iiiaranasamaye sarvadaroaniuo yatJiayoyyam
samiwanya, mantricaii akarya, gagau : « punyam stokam
krtam, pàpam tu bahu. teiia bliavadbliir marna maranàd
ami, maina eko basto 'nganalipto maiiak, candaiiarasalipto
basto dvitlj^o vidbàtavyah ». mautrl pràba: « katbam evam
procyate ? » Bbogab praba : « lokà mam evamvidbam matvà,
piiiiyam kiirvaiiti », tato Bboge mrte, tatbai 'vam krtva,
dàbartbam nìyamànam Bbogam bbùpam drsfcva, loka gaguh:
« katbam ragno bastàv idrcau krtau? » tato mantribbir
bbùpoktam proktam. tato babavo ganali punye krtadara
babbuvuh.
dbarmavisaye Bbogaragakatba.
1. yathayogyam ms. 2. stankam ms. 4. liastom ms.
37.
ekadà G-ballàvatikàdbipa-C'halaragà pùrvam danam na
dadau. maranasamaye danecóbà 'bbfit. pntranàm agre
pràba: « marna etàsàm gavàm, etesàm gbotakànàm, ete-
sàm ratbànàm, dbànyànam, ramànàm dàneccba 'sti ». tadà
5 mantryadibbib putraio óa vimrstam : « asau sarvam rà-
gyam dasyati ». uttaro 'sya diyate: « adbunà maranàd anu
sarvam dàsyate ». evam galpite, te bbubbngah putràh kim
api na daduh ; sa mrtah. evam : yat svabastena pratbamam
dij^ate, tad èva 'tmiyam, uà 'nyat. maranasamaye bità a|DÌ
10 putrà vigbatante.
iti krpanatve C'balabbupakatbà,
7. bhùbhuó-àli ms.
37
38.
Vatapadre ' Disavàlo '^ mantri Sàrangahvah ; sa ca mi-
thyatvam karoti, tasya mata gainam dliarinam kiirute.
ekadà mata 'vak: « putra, tvam tu mitliyatvam kuruse,
Grinadharmam tu na kuruse; G-inadharmam vina muktir
na bhavati vitaragàsevanatvat. mama tu marana vasaro 'sti; 5
tvaya mama maranàd anu gainah sadliavo dharmacàlàyam
vandaniyah », Sàraiigo gagav: « evam astu; tvaya 'rtir na
kartavya ». matari mrtayam Sarango gaiiiau sadhùn na
vandate; mitliyatvam èva karoti. mata svargata sati, pu-
trabodlianàrtliam ratràv abhyetyai 'kam clokam dattva io
'vag: « yo 'sya clokasya 'rtham kathayati, tasya parevo
tvaya dliarmah karyah; aliam tava mata ». evam procya
gatayam matari, Sarangah stilane stilane dviganàm parevo
clokàrtliam papracclia ; param na gagiìau. tatah Siddlia-
puro Ori-Devasundarastires^ Tapàgaccliadliipasya parevo is
clokàrtliam papracclia. gagau :
kamakantam vragai stlianam cicira vàpayaorute.
atro 'dite matam gràliyam tvaya putràntadarcanat. || 1^
« matam gainam civàyate ». tato gainam dliarmam pra-
padya samyaktvadhari craddho 'bhut. Oatrungaye gatah ; 20
tatra Cri-Rsabliadevam ^ natva stutim evam éakre : « dlia-
13. Six-ango ms. lo. proktva! ms.
1 Baroda(?) narrato che nessuno sapeva dar spiega-
2 Un cittadino di Disa (0 zio"« ^^ Saranga del misterioso doka,
3 grl Devasundarasuri nacque che soltanto il maestro grl-Devasundara
samv. 1396; prese : vrata nel 1401 in seppe interpetrare. Era quindi lecito
Mahegvaragrama, suripada nel 1120 supporre che esso contenesse un giuoco
in Anahillapattana. Ebbe cinque scolari: di parole e di fatti esso apparve tale,
Gnàiiasfigara, Kulamandana, Gunarat- dopo attento esame del primo verso e di
na, Sadhuratna, Somasuudara (Klatt, quanto è detto dopo locloka. La frase
1. e. Patt of Tàp. 4'J). mata in gainam givayate che segue
4 Lei 'traduzione del primo verso di lo gloka è inclusa nel primo verso ed
questo cloka è impossibile, dato che essa a punto costituisce il segreto con-
esso risulta dall'accozzo di parole che tenuto nel verso misterioso. Ed ecco co-
se, meno l'ultima, significano di perso ine: kTuna\i.ù.ntamvvd.(j'ai sthautnu iH-
alcuna cosa, messe insieme non danno gira uapa?/a(;ruie.
senso plausibile. Di ciò nessuna mera- •' Rsbhadeva: il primo Gina, la
viglia, già che l' autore stesso aveva cui altezza era di ;iOOO piedi, e la cui
— 38 —
nah sa màsah, dliaiiah sa divasah, dhanah sa paksa; ity
adi ». ' devair api calitah san, na calitah.
iti dharmadrdhatàvisaye vikala-Saraiigasambaiidhah.
:}9.
ekadà Pirogasnratrànena Mukundapanilitasya "gre prok-
tam: « aliam maliàu atliava Ràmah? » tatas iena gneiia
galani àuàyitam, tatra: « ayam pasaiio gale ksipyàtam ».
tato raglia pàsano gale ksipto, maraagga. tato raglio 'ktam :
5 « vyaktya galpa! bliùpo na 'neyah ». tato giio 'vag: « Ra-
masya sevakair Hanumadadibliir gale muktà prastaras
terus ; ayam tu pasàiio magnah. yatah :
ye magganti, nimàggayanti ca params te prastara dustare
vàrdhau, vira, taranti, vànarabliatau santàrayante 'pi ca |
10 nai 'te gravaguna, na vàridhiguna, no vanaraiiam giinàh:
Crlmad-Dàcaratlieh prataj^amaliima so 'yam samuggrm-
[bhate. 1112
evam prokte, raga lirstah.
i). bhayàn ms. 12 prokto ms.
40.
ekadà chago mataram prati gagau : « mata, dipalikà^ sa-
mesyati; madiye criige tvam blmsayes ». tada mata 'vak :
1. samesyati ins.
vita fu di otto milioni di anni fino a
Vardhamàna, l'ultimo, la cui età e sta-
tura non superavano quelle^dell'umanità
attuale (v. Barth, The Religio ns of
India. London, Trtibner 1882 p. 142).
1 Queste parole che costituiscono
una parte (sono chiuse da ity a di) della
stuti di Sàranga non riescono a noi
chiare, a punto perchè probabilmente
non sono che il principio di una pre-
ghiera. Il significato di masa, divasa,
palesa è ovvio. Ma che vogliono dire
tali parole congiunte al dhana ad esse
riferito ? Non è possibile, per ciò tradurle.
- Questi versi si trovano in Subhà-
sitaratnabhandagaram edito da Kàgì-
iiath Pandurang Parii,b. 2" ed. 1886, pag.
177 num'. 26.
^5 D 1 p a, 1 1 o D 1 p a 1 1 k a è la festa ora
detta Di w ali -che cade nella notte lunare
— 39 —
« putra, yadi maliinamàyam ' Acvinaciiddlianavamyam-
tava kncalam bLavisyati, tadà tava sacitrain karisye ».
etac clirntva Bhlmabhùpena cliagam arane maliinaniapar-
vani givahimsa tyaktà. anyat pakvannadi balih krtac ca.
aucitj^otpattibuddhau ^ chagachàgamatrkatha.
41.
Bhogaragà 'nyada ratrer madliye kavyapadatrayam
evam punah jDuiiar iiccair gagalpe 'ti :
« cetoliara yiivatayah, svagano 'nukùlah,
sadbandliavàh pranayagarbhagirac ca bhrtyàh, |
valganti dantinivahas, taralas turangah.... »
padatrayam blmpena procyamànam punah punah crutva
caurah, pùrvam grhantah pravisto, gagau :
« sanmilane nayanayor iia hi kimcid asti ». || 1
tato ragcl tam cauram niatva 'uhiksya, parcvad dhrtva,
pratas tam vignam laksmldane[na] sanmanayamasa.
iti anit^'ataj-am Bhogasambandhah. ^
6. prorj'araanam ras. ^ puna crutva ras. 9. pàrcvat ms.
della metà chiara del mese AC v in a:
« Particulary, the festival called Dnvali
held Oli the night of iiew moon in Acvi-
na». Apte Sanskrit-English Dictionary.
Poona 1S1»0, p. 391.
1 mahinaiiiày ain A un locativo
femminile sanscrito in IU030 del locai,
guzer. mah ina mani dal tema 111 ah i-
no (v. Belsakk, Diz. Guzerati p. 599).
2 « nel nono giorno lunare sacro agli
Acvini » detto Mahiinavanii o Dur-
gilnavami (v. Keijiorn, F estai day s
of the II indù lunar caiendar. Iiul.
Ant. 1S97. pp. 177-187).
•' a u e i t y o t p a 1 1 i b u d d li i è forse
il titolo di qualche opera?
'' Nel l'.hoga pra baudha (pag. -13
ed. Bombay, 1896) è narrata con altre
parole la stessa novella : « tato ragà
(Lìhogah) nidraksaye divyagayauastliito
vividlia'manikai'ikanalamkrtani dayita-
vargam darc-aiilyam filokya, gagatu-
ragarathaiìadraisfimagrlm ca cintayan,
ragyasukliasantu.stah, pramodabharad
aha : « cetohara yuvatayah, suhrdo 'nu-
kùlah, sadbandhavah prariayagarbhagi-
rag ca bhrtyah : | valganti dantinivahas,
taralas turangali ». iti caianatrayam
ragno 'ktani. caturtlia(:aranai]i rtigno
inukliàu na nibsarati. tada corena ta'utva
puritain : «sanmilane nayanayor na hi
kimcid asti ». || tato grathitagrautho
ràga corani vTksya, tasmai vlralayam
adat ».
— 40 —
42.
kadacib Qrl-Vastu[)rilamantvi ' Sthambliatirthe ^ yayau.
tadà lokfili sametyo 'cuh: « yiismakam carire kucalam
asti?» tacla Vastnpalamaiitry avag:
« lokah prccliati me vartam: carire kiicalam tava?
kutali kucalam asmakam ? ayur j^ati dine dine ». || 1
ity anityatàyam sambandhah.
5. dine 2 ras.
43.
asmin pure crestlii kutamanatuladibhih kiìtam vyava-
harati. ekapuskaradvipuskaratripuskaracatuhpuskarapanca-
puskara ity adi manatiilauam namani dadau. adhikam
grknati, stokam datte. ity adi kurvato vj^avasayan mili-
tam dhanam varsaprante 'guina dahyate, atliava stenair
grliyate, ragna va. ekada lagliuputravadhva kiìtadivyava-
hàram drstva, proktam: « kùte vyavahare crir yaty èva ».
tato vadhva svarnamaj^am golakam karayitva, gale kse-
pitah, piinah sa èva matsikair abdkimadhyat karsitami-
ualirdayat prapya serabhràntyà^ dattah. tato vadlivo 'ktam:
« bho, cvacnra, cnddliamàrgena vyavasayam kurvato èva
grlian nihkarsita 'pi crlh sameti svayam » tatah cuddham
vyavasayam kurvatas, tasya grlie sthira crir gata.
iti kutatuladyargitavisaye crestliikatha.
4. grlinati ms. 9. inatsikcair ms. 11. svasnra ms.
vaiali ms. 12. nihkasita ms.
cur-
1 V. Kli-tikauniudl a life of Va- «a pound in weight; a measure con-
stupala, a minister of Lavanaprasada taining a pouiid in weiglit » ^BELSARE,
and Vu-adhavalaVagheiris,coniposedby Diz. cit. p. SIO). È usato nello stesso
grl-Somecvaradeva, edited by Abfigl senso di peso, misura, alcuna volta
Visiiu Katliavate. Bombay. Sanskrit Se- anclie in sanscrito. (Mar. cera[. In l.ila-
ries 1S83. ' vati ne è data delinizione : « padouaga-
2 V. nov. 26, pag. 25. dyanakatulyatankair dvisaptatulyaib »
3 sera: vocabolo di uso guzeratl: (Apte Diz. cit. ediz. grande, p. 1137).
41
44.
Kaucambyàm Cataniko * bhùpah. tasya Mrgavatì C'e-
dagabliupaputry abliùt. anyada raga sabhàstlio dùtam
apràksìt: « marna ràgye yàdrcam vidyate tàdrk kasya
'nyasya vidyate na va? » dùto 'vak: « citrasabha varya
nà 'sti ». tato ragna citrasabha kàrayitum arabdhà. ci- 5
tra,krnmukliyah Somac citrakrc citracàlàm citra^^ati. Somo
'nyada Mrgàvatyah pàdangusthain drstvà, Mrgavatya rù-
pam citrayati sma. parain tasj'a guliye krsno binduh pimah
piuiar apasaryamaiiah papata. tato ragà ragnyà rùpam ci-
tralikhitam drstvà, krsnabindum guhyastliam ca, dadhyàv: io
« anena citrakrtà kim marna patnì samagrà drstà? » tato
ragna Somo vadliayà 'distali, tadà 'nye citrakarà gaguh :
« asau na hanyate. asya daivatavaro 'sti. tatlia Li :
Saketanapure^ Surapriyo yakso 'bhùt. sa ca prativarsam
citryate, citrakararn ca hanti. ko 'pi na citrayati yadà, i-^
tadà puram hanti. tato ragna citrakarànam vàrakah krtac
citralekhane. yasya nama ghatamadhyàn niryàti, sa citra-
yati yaksam. evam prativarsam kriyamàne, ekadà ekasyàh
sthaviryà ekasyai 'va pntrasya vàrakah samàgàt. tàdà mata
rauti. tadà tatra Somac citrakarah samàgàt. gnàtam ta- 20
syah putrasya vàrakàgamanam, gagan Somas : « tava pu-
train raksisyami ». tatah sastam krtvà,^ cucibhùya mukha-
kocam pidhàya, yaksam citrayitum lagnah Somah. yaksas
tusto gagau: « varam yàcasva » citrakrto 'ktam: « atah
param tvayà givahimsà na kàryà, mama ca decàmce drste 25
sampurnadehacitravalàkaranacaktim dehi ». tena tustena
yaksena tathà krtam. so 'tra 'gato 'san Somah ».
3. yadrcyam ms. 6. cinayati! ms. 19. varaka ms.
1 II nome di questo l'e ricorre anche 3 Sottintendi bliai<tam: avendo
nella novella di Domuha (ved. Jacobi, fatto, ciò è, il sesto pranzo. Si allude
A usgewii lilte Erzilhl. in Mahara- qui ad una nota pratica ^-ainica di puri-
strl. Leipzig, 1886, pagg. 39-40). ficazione, pratica consistente nello star
2 sic, invece della forma classica cinque volte senza usare dei pasti coli-
sa k età (ossia la città di Ayodhya). sueti. Alla fine del digiuno il primo
Studi italiani di fil. indo-iran. 6
— 42 —
tato rag^la tasya aùgiistliam darcayitva dasyà, rùpam
citrayamasa [Somali], tato raga camatkrtah. punas tasya
30 cliinnasandako hastah karito ragi'ià. tatah sa citrakrn Mrga-
vatyà rupam patte likhitva, C'andapradj^otanayà 'darcayat.
C'andapradyotanah Catanikaparcvan Mrgavatini yacate
sma. sa na datte. Pradyotanas tatra 'gad ; durgam vestayà-
màsa. tada tam arim drstvà 'kasmat Cataniko mrtah. pa-
ss tyur mrtyukrtain krtva, Mrgavatyà dhlmatya proktam:
<.< marna bhartà mrta: aham tva,m vaùchami, param putra-
sya laghor drdliam vapram karaya; paccad ahara tvam
angikurve. yadi balàtkaram karosi, tada 'tmahatyara ka-
romi ». tato nà 'yati sa C'andaparcve. tato yoddlium la-
40 giiah; ])aram durgam latum uà caknoti. itah Cri-Viras
tatrà 'gàt. raga tatra gato ; Mrgàvaty api tatra 'gan nautum
Prabliurn. iipadecah cruto dvabliyam. Mrgavati dìksam
yacate. tada C'andò moliam tyaktva Mrgavatim ksamaya-
raasa. Mrgavati diksam alat. C'andapradyotanah Prabhum,
45 mahasatim natva, svasthanam agat,
iti buddliivisaye Mrgàvatikatlia.
32. Mrgàvantim ms. 35. mrgadatyà! ms. 44. C'andapadyo-
tana ms.
45.
ekada Cridharacaryo nigavasanikatrimcatikadiganita-
granthan' krtvà, tesam prante svanama likhitva, garvam
dadhana, ekam kàvyam karoti:
« uttaratah suranilayarn, daksinato Malayaparvatam yavat
5 pragaparodadhikamadhye no ganakah Cridharad anyah ».|I1
1. nita ms. — "grani" ms.
pranzo che il penitente fa è chiamato vasanika» (ms. nita°) che interpreto
sastam quello, ciò è, che viene sesto (secondo uno dei signilicati dati a va-
dopò gli ommessi. sana dal Dizionario Peti-op.) per « pro-
1 grldhara acaryah celebre a- pria dimostrazione». La terminazione
stronomo indiano. L'opera astronomica in "ika è, come vedemmo, frequentissi-
qui citata, nella forma in cui è data dal ma in gubhacila, sia nella sanscritizza-
ms. di gubhaclla, è il tritjatlganita- zione di vocaboli barbari o dialettali,
sarà (v. T. aufrecht, CatalogusCa- che nella modificazione di alcuni san-
talogorum, pag. 240). Notisi il niga- scriti.
— 43 —
tasya kaveh Sarasvatijjutre 'ti viruddham nàraa dadhà-
nasya, Sarasvati dadliyav: « alio esa vigno 'pi mùrkliah!
yata evam garvam dhatte ». tato Brahmi^ garatistrirùpam
krtva, Cridharacàryapàrcve sametye 'dam pralia: « aham
lekham na gaiie, tvam tu sarvam gànasi; tene 'dam ka- io
tliaj^a : ekena dvikena kim bhavati ? » Cridharo 'vak :
« trayo bhavanti ». « evam na procyate, samyak katliaya ».
tatah Cridliarah praba: « dvadaca bbavanti ». « evam api
na bhavanti ». Cridharo 'vag: « bho, garati, tvam grathila
'si, etad api na ganasi maduktam ; kvacit kùtam na bha- is
vati? » striyo 'ktam: « ekavimcatir bhavanty aiikànaip. va-
mangatvàt ». tatah Cridharo dhùnitacirah, praha: « matah,
ka tvam ? » tayo 'ktam: « aham Kacmiradecavasiny asmi;
tava garvam sphetayitum atra 'gàm ». Cridharo 'vak:
« ko garvo maya krtah? » tayo 'ktam: « "uttaratah sura- 20
nilaye 'ti " clokakàranam èva garvas tava ». Cridharo 'vag:
« matas tvam svarupam prakataya ; mam katham viprata-
rayasi? » tato Bràhmyà nigam rùpam prakatitam. vagde-
vlrùpam drstvà, Cridhara utthaya tasyah pàdayoh patitvà
'vag: « màtar, aham mugdho 'smi, yathà evam maya garvah 25
krtah ». tayo 'ktam: « jiutra, tvaya 'tah param garvo na
karyah: garvena giva duhkhiuah syur, iha paratra ca ».
yatah :
ghanam madadarpaharam, madyati yas tena tasya ko vai-
[dyah?
amrtam yasj^a visayati, tasya cikitsa katham kriyateV || 1^ 3o
vidyayai 'va mado yesàni karpanyam vibhave sati,
tesàra daivabhibhùtanàm salilàd aguir iitthitah. || 2^
evam Bràhmivacah crutva, Cridharo garvam tatyàga.
iti garvopari Crldharàcàryakatha.
8. Bràhma ms. 12. samyag ms. 32. °bhùtànà ms.
1 Brahinl è uno dei soprannomi ciie al voi. I, pagina 48, n. 2451.
della dea Sarasvati. ■* Bòhtl. Ind. Spr. Voi. HI, p. 300,
2 Cfr. BoHTLiNGK, I u d 1 sc 11 6 S p p tj - n. 6093.
— 44 —
4G.
Mahabliàrataute Krsnadvipayana-Vyasena ^ 'bliimanina
cloka ìdrco 'lekhi :
« alram vedrai, ^ako vetti, Saùgayo vetti va na va
Bliàratam, Bliàrati vetti, devo gànati Kecavah »||1-
5 daksinasamudrat 124 yoganair uttarasyam dici Ayo-
dhyatah kumbhakàro gaino Girinaragirau yàtrartliam ga-
tah. tatrasthaih Krsnadvipayanacisyair uktam : « asmàkam
guruh sarvam vetti ». kumbhakrd dadhyav evam: « sar-
vagnam vina na ko 'pi vetti ». tatah sa kumbliakarah
10 Krsnadvipaj^anapàrcve gatah san, praha: « Bharate bha-
vatkrte katliayah patih kah ? » Krsnadvipàyano 'vag:
« Yudliistliiradayah katliecah ». « Dranpadya samam tesam
kah sambandlio bhavati ? kani na 'tra bhavanti ? kani bha-
vanti? » tato Vyaso 'vag: « na gane ». kumbliakaro 'vak:
15 « paticvacuryata gyesthe, patidevarata 'nuge
madhyamesu ca Paiicàlyas tritayam tritayam trisu ». li 1
tata uttliàya Dvìpayanah krtaiigalir gagau :
« tvam èva viduro, dliiman, tvain èva dharmicekliarah
tvam èva vandaniyo 'si, tvam èva 'si kalanidliih. \\ 1
aham mùrklio'smi, mùdlio smi, garvavan, papamàn^ piinah,
santapto 'smi, nihkalo 'smi, nirguno 'smi ca, kumbliakrt ».||2
iti garvopari Krsnadvipayanakatka.
6. kumbhakàro ms. 14. kumbhakàro ms. 19. karfcta ms.
20. mùdhau ms.
1 La forma Dvipàyaua costante- natio, per cosi dire. Il primo verso
mente usata da gubhaclla, invece della appartiene appunto al Mbh, ma non alla
classica Dvaipayana, è propria degli fine di esso, bensì al libro I, L «l- ^
scrittori gainici. secondo verso è invece fattura di gu-
■-i Lo cloka. che, secondo quanto è bhacila.
detto nelle prime parole della novella, ^ sic! ms. per papavaa (v. Whitney,
dovrebbe appartenere al Mbh. non è che Sanskr. Gramm. London 1696, p. us
la resultanza di una strana contami- § 1233 a, p. 475 § 1235 a).
20
- 46
47.
Cripure Dhanacrestlii mahebliyah. tasya baliavah sva-
ganah ; ', tasya bhàryà Dhanavati, putrah Kamalah. tasya
patni Kamala. Pliane jDatniyute svargam gate, Kamalah
kramat svalpadhano 'bliiit. Kamalas tu gimavàn, bharyà
ca patihitakarini. pragbùrnakà bahavah samayanti. Ka- &
mala sarvesam praghùrnakànam patyanitanam bhaktim ka-
roti. anyada cresthi krcacariram patnim veksya'prahe 'li:
« kim disasi pie sampaim kubbala sugunàvalie?
gamete acchianùm radùm tam puremi, kalieha » ^
bhàryo 'ktam : « [bahu]^dhanam avàbhyam diyate ; tena ka- io
ranena bliavàmi durbala »].- tato vicesàd dbananusarena
dànam dadato, miiktiyogyam pimj^am argayatas tau.
ity adi dàlie dliane katbà.
5. pàghùrnakà ms. 7. sic! per aveksya.
ko 'pi piimàn marge niryayàv èva. etasya màrge milito
eko rinchas^ tasya prstlie pradliàvati hautiim, tathà tena
pumsà karne dlirto riiiclio, yatlià riiicho tam liantum ic-
chati,'" tathà sa kariiayor drdliam mardayitum lagnah. tadà
1. niryayavavetasya ms. 4. tathà tathà ms.
1 II metro è Doha. La'.ti-aduzione è: avuto riguardo specialmeute a quanto
« kim drcyase,' priye, samprati kubala, precede, non è tutta via tale da poter
sugunàvahe? | yat te isuim(?) tat pura- esser tradotto in ogni sua parte, che esso
yami, katliaya ». Ilo cercato di supplire risulta di parole per lo piii iiicompren-
con istam alla lacuna cui danno luogo sibili. Lo ripeto tale quale è dato dal ms.
nella versione le due parole intraduci- enei testo segno tra [] il senso che credo
bili acchianilni raduni desumendo ne risulti: ghar iavaighar imaggi-
ciò dal contesto del discorso: «quello d viapriyatum unamagunehi | ti-
che tu desideri, dimmi: questo io adem- nikàranihiimdubalyhurauràtidi-
pierò (lett. = riempirò) per te» («ciò dehim.
che ti manca io cercherò di darti »). — •* riiiclia è vocabolo guzerati; cor-
li dialetto è apabhramya. risponde al sanscrito rksa e al prà-
- Il ms. ha uno Qloka prakrito, che, krilo rikkha (v. Belsare, diz. cit.,
se è comprensibile nel suo insieme, p. 654).
20
— 46 —
5 tasya vasanikà ' trutita, kiyaiiti^ spardhakaui^ patitani
binivi, tada ito marge ko 'py agaccliaii pumàms tam tatha
drstvà, gagau : « kim tvayà kriyamànam asti ? » teno 'ktam:
« asaii rinchah karnayor mrdyaiiianah spardhakaui mun-
cati ». dvitiyo 'vag: « yadi tvani maliyam amum dadasva,
1^^ tada 'liam api kiyanti spardhakàiii argayisyàmi ». teno
'ktam evam: « katham rincho 'sau maya tubliyam dlyate? »
« dvitlyo 'vak : « tvam krpaparo 'si ». tatas tena riiiclio
dattas tasya liaste, sa ca kamiam mardayitum lagnali, pra-
tliamah svaspardliakàiii grhitva, gagau: « kiyanti spardha-
15 kcXiii tava liaste, catitàni iia va? » sa riiicbakarnau mar-
daj'an, gagàv: « asau tu kim api na datte, bantum màm
vàiicbaty asau ». paro 'vak: « tarili iiiunca 'munì ». riiicba-
graby avag: « riiicbakarno grliito, latum moktum na ca-
kj^ate ». tatah sa duhkbi gàtah, pratbamah svaspardbakani
latva, sukbi bliùtva buddbya, svagrbe gatah.
iti dbivisaye rincbagrabikatba.
13. lasah ms. 21. visayem ms. — kathàh ms.
49.
ekadà Cri-Kumarapalo 'vag : «Bbagavan, samsare kutra
baliu siikbam, punar dahkbam [asti?» guruno 'ktam:]'
« anuttaravimanavàsinam suranàm tray astri mcatsàgarani
b e 5. "sàgaràni. sic ms !
1 sic ms. Questa parola che con si- nel suo vero significato interrogativo,
gnilicato inesplicabile vedemmo nella «quanto?» in quello di «alcuno, qual-
nov. 26, e con altri invece determinati, elle ».
ma tutt' affatto differenti, nelle novelle a H vocabolo spardliakàni (forma
29 e 45(^di genere femm. nelle due prime, in cui esso è costantemente adoperato
maschile nella terza e in questa di nuovo nella novella) risulta certo dalla sau-
feniminile) qui io non so altrimenti in- scritizzazione di alcuna parola dialet-
terpretare che per « pelle ». L'uomo, as- tale o barbara. Quale essa sia non so
salito dall' orso, lo prende per le orec- dire; dal contesto del discorso dobbiamo
chie e comincia a strizzargliele, a rom- tuttavia credere che voglia esso voca-
pergliele. Dopo di che cadono a terra, bolo indicare o « monete» o « perle pre-
da alcun che di rotto ( y trut : sbriccio- ziose » od alcun altra cosa del genere,
larsi) degli spardhaki. Che può essere ^ Le parole tra parentesi sono state
questo « alcunché » se non la « pelle » da me supplite nel testo, che, come
degli orecchi? ci è dato dal manoscritto Berlinese, è
2 Notisi il kiyat usato, oltre che troppo stringato.
— 47 —
nityam sukham ; saptanaralvavàsinam narakànam duhkam
bbavati trayastrimcat'sagarani. yàvad atah kàranàg givena 5
punye adarah kartavyo na pape »,
ity utkrstasnkliaduhkliasambandhah samsare yatra bha-
vati 'ti. tatkatbà.
50.
C'andrapure Crldharo digarabaro 'bliùt; tasya cisyah
Prabhacandra asit. ekada Prabhacaiidro 'vag: « Bliagavanii
aham sarvavidyaparagàmy asmi ; tena yada'deco diyate Crl-
pùgyais, tadà 'ham pùrvagatam crutam samskrtam sphe-
tayitva 'ngavat pràkrtam karomi ». guriino 'ktam: « tava 5
prayaccittam lagnam ». Prabhacandro 'vak: « katliam ma-
ma 'smat papan iiistaro bhavisj^aii ? ». giiruno 'ktam: « rà-
gauam pratibodhaya ». tatah Orìpure Cridliarabliùpasya
pratibodhaya gatah. tena raglia svà putrì patlianàya 'rpita.
atra 'ntare taip. kavyam Bharatacastradi pàthayàmàsa. kra- io
mat tayoh pritir abhtit. tayo ràgàn maithunam api gatam.
giiatam raglia; ràgà tayoc caritram drastum tatra 'gàt prac-
chaiinam ; tada Prabhacandrena kavyam proktam :
« alio samsàragalasya viparltah kriyàkramah!
na param gadagantuiiam, dhivarasyà 'pi baiidhanam! » 1 is
etad àkarnya raglia tasmai svaputri dattà. kramad gu-
rubhir giiàtam cisyasvarùjjani; tato gurubhir iti giiapitam:
« samsare liayaviliina mahilaruvena màndiam kùdam,
bagghanti ganamàna, ayanamàna na bagglianti ». j| 1'
tena gurupuro giiapitam: 20
« tavan, mabatvam, pandityam, kulam, tattvam, vivekità,
yàvag gvalati na 'ngesu batah(?) paiicesupàvakah ». I| 1 ^
2. PrabhavacanJi'o ms. 3. Cripugyaih ms. 10. edyantare! ms.
i La traduzione è: «samsare ha- ayanàna na badliyante».
tavidhina inahilàr rqìena mandi- 2 v. Bòhtunok, Tnd. Spr. Voi. )I,
tam katam I badhyantè ganàiià, p, G9, u. 2553.
— 48 -
guruproktam avaganayya sthitas taira, taira kàlena tasya
sarvfi vidyri vismrta, iiiurklio babliuva. yatah :
uarisakto ganas tatam pitaram, blirataram tatlia
vidyam na vidate, laksmìr yatlva kvacid èva tu. H 1
evam kecbi narivacikrtah krtyakrtye na gananti.
iti Prabliàcandrakatha.
24. babhùvah ms. 2G. sic. ms.
LE CINQUECENTO NOVELLE ANTICHE
Onoi'O ai santi Cina, a Rsablia, primo di essi, a Vardhamana
ultimo ed agli altri Arhant tutti, all'illustre Pundarika ^ ed agli
asceti ! Io a loro m' inchino, perchè mi concedano forza di cono-
scenza e lume [allo spirito]. || 1 ||
Dopo aver imparato alcunché dal maestro, alcunché dai libri
altrui e dai miei, io ho composto questo libi-o intitolato : « La rac-
colta di cinquecento aneddoti spirituali ». || 2 ||
Questo libro, adunque, è scritto da me Cubhaclla, ma per la grazia
del maestro Laksmisagara. - || 3 |)
1.
Gautaraa ^ avendo udito una volta di quanto frutto fosse ca-
gione r onoranza al tlrtha Astàpada, presso il santo G'ina Varda-
mana, volle ad esso recarsi. Allora i penitenti che ivi stavano pen-
sarono : « Che mai farà costui ? » Mentre in tal pensiero erano as-
sorti, Gautama, sostenendosi sui raggi del sole, oltrepassò il tirtha.
Poi nel tempio fatto costruire da Bharata, lodò secondo l' ordine
voluto, i ventiquattro supremi G'ina nel pensiero, nell'autorità, nel
corpo, nell' espressione del volto, nelle virtìi ed in altro ancora.
E disse :
« I ventiquattro celebrati ottimi G'ina le venti<|uattro supreme
Rddhi e le otto Siddhi mi concedano la massima Facoltà ». ■* || 1 ||
* ÈunodeiGanadharadei G'aina. ffiio, o per arte magica e mezzi diabo-
2 Vedi alla pagina 1, nota 1. liei». Bettei: Vetalapai'icaviniQa-
■' Vedi alla pagina 7, nota 2. tikà (Studi it. di Kil. Ind.-Ir. Voi. I,
'' « Le otto facoltà [.siddlii] s'acqui- pag. 12). Cos'i traduce il Bettei Io ^loka
stano () per divino dono da ciii ne è de- della Vetalapaiìcaviirigatika che tratta
Studi italiani di fil indu-iran. 7
— 60 —
Dopo di aver ivi onorati gli dei od esser partito dal tlrtha, attra-
versandolo, millecinquccontotrc penitenti, illuminati dalla parola di
Gautama, ne abbracciarono la regola. Quindi egli, mentre camminava
per via con un recipiente ripieno di latte portato da un villaggio,
avendo nel mezzo di esso posto un dito, satollò tutti i penitenti.
Mentre costoro sì cibavano e meditavano 1' acquisto del signore
Gautama, surse in cinquecento di essi la Somma Sapienza. Essendo
stata poi per via udita, da parto di Gautama, la lode del G'ina Var-
dhamàna, nacque in altri cinquecento penitenti la conoscenza del
Sapere Assoluto. Finalmente, essendo apparso il signore Vardha-
mana, nacque nei rimanenti ciuquecentotre penitenti la Suprema Sag-
gezza. Il che ignorando, Gautama, [voltosi ai penitenti] disse : « Sa-
lutate il Signore ». E quando essi ebbero inchinato lui e si furono
seduti a fianco del santo, disse Gautama : « Chi è stolto non loda,
se bene esortato, il Signore ». Disse allora Vardhamàna : « Non con-
turbare gli asceti beati ». E Gautama : « Quale conturbazione di loro
faccio io, o Signore ? » Vardhamàna allora narrogli come fosse nei
penitenti sòrta la Sapienza Assoluta. Quindi Gautama avendo inchi-
nati i piedi di loro santi ed avendo loro chiesto perdono, disse al
Signore : « La conoscenza del supremo bene appartiene a coloro ai
quali io dò la consacrazione e a me no? » Essendo egli afflitto per
questa cosa, il Signore gli disse : « A te pure sarà concessa la Su-
pi'ema SajDienza ».
2.
Una volta il saggio G'inaprabha, seduto in assemblea, discorreva
col Sultano Firuz. In quel frattempo alcuni Mollali ' ivi giunsero. Uno
di essi lanciò in aria il proprio turbante, il quale, pur senza sostegno,
si fermò. Il Sultano allora avendo veduto quel prodigio disse : « Oh
il gi'an mix'acolo ! » E il saggio : « Io saprò ben fare di meglio ! », e
in così dire, fissò nell'aiùa il turbante. Disse poi il Sultano: « Lo si
tragga a terra ». Adoperò allora il Mollali la formola magica del-
l'attrazione, ma non riusci a smuoverlo. Il Sultano disse: « 0 saggio
G'inaprabha, traggilo tu ». E quegli con il flabello, che gittò ove
trovavasi il turbante, riusci a trarlo a terra. Della qual cosa molto
meravigliossi il Sultano.
di esse: «Diventar atomo o racle, — caricati di dire le preghiere nelle ino-
lieve o greve, dominare — Sulle cose e schee e presso i Turchi anche gli alti
le lor leggi, — tutto aver, nulla toccare ». dignitari ecclesiastici. Solo fra i Mollali
i Con la parola mollah (moula) vengono scelti i legislatori e gli amnii-
sono indicati dai mussulmani in ispecial nistratori, cos'i che anche presso i Per-
modo i giureconsulti e generalmente siani nessuno che non appartenga a que-
tutti coloro che eccellono per sapere e st'ordine sociale, può divenire reggitore
per dignità. Con egual nome vengono di città e di distretti e amministratore
chiamati anche i preti maomettani in- della giustrzia civile e criminale.
— Si-
li giorno dopo una portatrice d' acqua, reggendo sul capo uua
secchia piena, si passò dinanzi al l'e. Il Mollali allora fece si che la
secchia' stesse, priva di sostegno, immobile nell'aria. La donna che
era proceduta, non sentendosi più sul capo il peso di essa,^ ma
scorgendola invece sospesa in aria, si meravigliò. E il re pure ri-
mase stupefatto e lodò il Mollah. Ma disse allora il saggio : « Se
1' acqua potrà senza sostegno reggersi in aria, allora da vero ottima
dovremo giudicare l'arte di costui»; ma il Mollah, invitato a far
ciò, non avendone potere, se ne stette silenzioso. Allora il saggio
avendo spezzata col pugno l'anfora fece stare l'acqua in aria priva
del suo recipiente. [Il che vedendo] il sire grandemente si meravigliò.
Una volta il Sultano conquistò il villaggio di Kànhada. Uno dì
là portò seco l' imagine di Mahàvira, la quale fu dai Maomettani
messa presso la porta di una moschea in Delhi, in un sottoscala. Il
saggio Gr'inaprabha, mentre un giorno il Sultano, appoggiata la mano
su la spalla di lui, entrava nella Moschea, vedendo l' imagine di
Vardhamàna in un canto, si fermò. Chiestogli allora il Sultano pei--
chè ciò facesse, gli rispose il saggio che in quel luogo era il Si-
gnore. E a lui il sire: « Questa creatura che sa? Nulla! ». G'ina-
prabha allora : « Questo dio è veridico e dotato di arte magica ».
« Parla dunque » disse il sovrano [rivolto all' idolo]. Ma il saggio :
« Quando per ottenere istruzione gli sarà fabbricato un tempio
[degno di lui], quando la sua imagine vi sarà ornata e adorata, solo
allora egli risponderà ad ogni interrogazione ».
Fece quindi Firuz subito costruire a lui un tempio, e, siccome
l'idolo non si muoveva ancora, così disse il saggio al Sultano: « Toc-
cagli la mano affinchè esso si animi ». Il che essendo stato fatto, ed
essendo l' idolo stato introdotto nel tempio ed onorato di offerte
ottime e cinto di una veste tutt' intorno, il Sultano ebbe, di qua-
lunque relazione di famiglia gli facesse richiesta, [esatta] risposta.
Ogni suo caro fu dall' idolo nominato. Si allietò per questo Firuz.
Volendo poi togliersi il sospetto [che alcuno stesse dentro di esso],
fece rimuovere la veste, ma l' idolo anche con ciò seguitò a parlare.
Fu onorato quindi in particolar modo il dio, che d' allora in poi ebbe
il nome di Mahàvira di Kànhada.
3.
Il Sultano, un giorno di estate si fermò, fuori di città, sotto un
albero di Vata, e avendo veduto che esso offriva molta ombra,
1 II testo haqui ghatayugamdue nell'India setteiitrionale di recipiente
volte, laddove due altre volte non si per rac(|ua, a due ventri come l'uno al-
parla di una coppia di anfore, bensì l'altro sovrapposto.
di un' anfora sola (gliata). Korse 2 Letteralmente : non vedendosi
trattasi di una forma tuttodi comune sul capo l'anfora.
— 52 —
disse al saggio G'inaprablia: « Sarebbe cosa da vero graditissima
che tale ombra venisse con noi ». <.< Ben venga con noi l' albero » disse
allora il saggio. Quindi procodette l'all)ero fino a sera perle stesso
cammino del Sultano. Iviveduto poi il luogo [ove l' albero prima si
trovava] essi lo licenziarono ed esso se ne tornò al proprio posto.
11 Siro rimase stupito di ciò.
4.
Disse un giorno il Sultano: « O saggio G'inaprabha, sai dirmi tu
che sei dottissimo, da quale porta della città uscirò io oggi? » Scrisse
ciò allora il saggio sopra un foglio, e, suggellatolo, lo consegnò al
Sultano dicendogli : « Ad alta voce lo leggerai quando sarai uscito
dalla città ». Ordinò allora Firuz di rimuovere ventun massi del ba-
luardo ad una distanza tale per cui non si potessero toccare, e andò
fuori. Fece poi leggere il foglio e vide che in esso era scritto appunto
quanto egli aveva fatto. Del che molto fu lieto.
5.
Una volta il Sultano disse [a G'inaprabha] : « Oggi che mangerò
io? » Alloi'a il saggio avendo scritta la risposta su di un foglio, sug-
gellatolo, la diede al Sultano dicendogli : « Leggilo dopo pranzo ».
Il Sultano mangiò una focaccia all'olio, dopo di che, aperto lo scritto
di G'inaprabha, vide che in esso era detto conforme a quanto egli
aveva mangiato. Per la qual cosa fu contento.
6.
Un giorno il Sultano disse : « O saggio, dimmi : ove è stato git-
tate il pezzetto di zucchero? Ho interrogati di ciò i ministri, i sa-
pienti, ma nessuno di loro ha saputo rispondermi ». Allora G'inapra-
bha : « In bocca esso fu gittate ».
7.
Il Sultano andò una volta in un giardino, e, avendo veduto un
grande lago con molta acqua, disse, rivolto a tutti i presenti : « In
che modo potremmo noi rimpicciolire questo lago, pur senza inter-
rarlo ? » Non rispondendo a ciò alcuno, gli disse il saggio • « Accanto
ad esso fanne scavare un altro assai più grande e allora il primo
diverrà piccolo >. Il re fu rallegrato [della risposta].
— 53
8.
Il Sultauo era vin giorno in un deserto, ' allorché alcune donne
di un villaggio, che portavano grano, vennero a lui e lo magnifica-
rono. Egli concedendo loro denaro, disse: « Perchè queste donne
sono prive di ornamenti? E da chi mai sono state derubate o ba-
stonate ? ». Risposegli il saggio : « Questo deserto è arido e privo
di qualsiasi bene ». Allora il Sultano diede ad ogni donna cento di-
nari e mostrò compiacenza [di questa sua azione].^
9.
Una volta il Sultano disse: «Esiste forse un altro tirtha oltre
quello meraviglioso di Maliàvìra di Kanhada ? s> Risposto che vi era
il Catruùgaya, la confraternita, capitanata dal saggio G'inaprabha, si
recò ad esso. Veduto che l'ebbero, tutti si meravigliarono. Disse
allora il saggio: « Questo albero di Ràgadanl se sarà nutrito con
perle, darà latte ». Ciò essendo stato fatto, l' albero di Ragadanì
piovve latte.
Il Sire chiese al capo della confraternita di stabilire una regola,
dopo di che fu scritto: « Colui che farà vitupero al tirtha, offenderà
anche i religiosi ». Ordinò poi il Sultauo di costruire un trono di
pietra con sette gradini, ai piedi del quale avendo egli fatta passare
tutta la gente, disse: « Adducano tutti qui il loro proprio idolo».
Portò allora ciascuno il suo proprio idolo, o di Giva, o di Visnu, o
di Brahma, o del G'ina o di altri ancora. Onorati che ebbe il sovrano
tutti gli dei, disse: « Quali tra questi è il maggiore? » Non rispon-
dendo alcuno, egli, dopo aver fatto porre nel posto principale l'ima-
gine del G'ina, fece collocare tutt' intorno quelle di Visnu, di Brahma
etc. Dopo di che egli stesso si sedette su un seggio, essendosi at-
torno posti prima molti servi armati. Ciò fatto chiese : « Chi è il
maggiore ?» E tutti : « Tu, o Sire, sei il maggiore ! » Al che soggiunse
il Sultano: « Se così è, certo è il G'ina il maggiore; tutti gli altri
[a suo confronto] non sono che servi armati ». « Autorevole è la pa-.
rola del nostro signore ! » disse allora la gente.
1 Marusthalì è parola indicante cakre» che a lettera vuol dire «fece
deserto in generale, ma particolar- il suono yot » appunto perchè codesto
mente una quasi deserta landa indiana. suono ^ot per gli Indiani vale come
2 Cosi traduco la frase «gotkar ani una esclamazione di coutontezza.
— 54 —
w.
Un'altra volta il Sultano si recò al monte Girinara. Ivi avendo
veduto che l'idolo dell' Arhant Nemi era infrangibile ed impenetra-
bile da colpi atti a far uscii'e scintille, inchinato lui onnipossente e
chiestogli perdono, lo onorò col donargli dei taiikaki d'oro.'
11.
G'inaprabha esortato dal Sultano a dirgli quale fosse il più bel
fiore su la terra, rispose : « La donna, però che per lei è stato creato
il mondo ».
12.
Disse un tale al Sultano: « Il banchiere ^ G'agasimha è uomo ve-
ritiero ». Il Sultano interrogò allora G'agasimha e gli chiese quanto
denai'o egli avesse in casa sua. « Domani ti dirò ciò » rispose que-
gli, e, andatosene a casa, numerata tutta la sua fortuna, tornò al
Sire e gli disse: «Otto milioni e quattrocentomila taiikaki d'oro io
possiedo ». Allora il Sultano, avendo conosciuto che egli diceva il
vero, lo regalò di un milione e seicentomila taiikaki, togliendoli dal
proprio tesoro. Cosi G'agasimha divenne decimilionario.
13.
Una volta il Sultano avendo presa in mano una splendida gemma,
chiese a G'agasimha: « Esiste o no un'altra pietra di questa più pre-
ziosa? » « V. M. è gemma assai migliore di questa » rispose il ban-
chiere. Si rallegrò il Sultano e diedegli molta ricchezza.
14.
Una volta un venditore di piante dopo aver depositati in casa del
banchiere G'agq,simha, capo della famiglia Ukeca, cinquecentomila
tankaki, se ne andò per i fatti suoi. Passati che furono alcuni anni,
avendo egli udito che G'agasimha era morto, pensò : « Ohimè ! il mio
denaro lasciato in deposito, se n' è ito! Ma c'è il figlio Muhanasi-
niha » pensò poi; « proverò la sua onestà ». Essendo quindi andato
a lui, gli disse : « O Muhauasiiuha, presso tuo padre, che era amico
1 Veggasi a pagina 8 la nota 3. 2 Veggasi a pagina 12 la nota I.
— 65 —
mio, io depositai cinquecentomila tankaki: dammeli ora». E quegli:
« Io te li darò, se tu mi mostrerai uno scritto di mio padre [che
provi il mio debito] ». Ma non avendo egli scritto alcuno, nacque
contesa tra i due. Recatisi dinanzi al Sultano espose ciascuno d'essi
la propria ragione. Il venditore di piante disse: «Agisci tu, o Sire,
al pari del padre suo ». Al che subito Muhanasiinlia : « E che? vendi
tu forse il padre per cinquecentomila taùkaki? ».' E subito gli rl-
toi'nò il denaro. « Vero è che da leone nasce leone! »- disse il mer-
cante e donò il compagno di centomila tankaki. Divenuto poi anche
Muhanasimha amico [dei fedeli], segui tutte le pratiche gainiche.
In due modi fece la confessione, in tre maniere diverse onorò, du-
rante il giorno, gli dei; convisse e pranzò coi buoni, in tre modi
mostrando benevolenza ai confratelli, e onorando il Saùgha alla metà
dell' anno.^
15.
Una volta un tale portò al Sultano tre pietre preziose per ven-
dergliele. Furono chiamati tutti gli estimatori di gemme, i quali
dopo che ebbero stimate le tre pietre, le mostrarono al banchiere
G'agasimha. Costui disse: « La prima non ha prezzo, la seconda vale
centomila [tankaki] ». « Come puoi conoscere tu ciò? » gli chiese il
Sultano. E G'agasimha : « [Per ciò che] ne pur cento colpi di mar-
tello possono infrangere la prima; al decimo colpo la seconda rimane
un po' incavata. La terza, invece, per un sol colpo di martello si di-
vide in due parti e lascia scorgere dentro di se una piccolissima
ranetta ». Fu onorato [per questo suo giudizio] il banchiere. Rice-
vette qxiindi il mercante per la prima pietra trecentomila [taùkaki],
centomila per la seconda e una kapardikà* per la terza.^
16.
In una città sórse tra i fedeli un' epidemia, che non voleva in
alcun modo cessare. Due di essi furono allora inviati al saggio
G'inaprabha, e giunti che furono a lui, che era assorto in medita-
li© credo che questo passo oscuro, siinha cioè e Muhanasimha.»
che io traduco aUa lettera, {iel)l)a signi- :' Cos'i ho cercato di tradurre, atte-
ficare : «Credi tu che per una questione nendoiui al testo nel modo migliore,
materiale di cinquecentomila tankaki, s'U accenni alle pratiche gainiche, ac-
alcuno possa fare ciò che farebbe sol- cenni dei quali non credo possibile l'e-
tanto il proprio padre? Credi, ciò è, saltissima versione, essendo essi signi-
che sia possibile, che alcun altro, sia licati da termini tecnici per lo più in-
pure il re, possa'far le veci del padre? ». traducibili. Vedi Novella 20.
2 La frase è origiuata, è superfluo '' Veggasi a pagina 10 la nota 5.
ricordar ciò, dalla signilica/.ione dei •' V. la 2" lielle « Cento novelle anti-
nomi del padre e del figlio: Caga- che ». (Milano, Antonio Tosi, 1825, p. 7).
- 56 —
ziono, gli scòrsero presso due donzelle. « Il maestro istruisce donne »
essi pensarono, e, mentre si volgevano, furono fatti immobili. Termi-
nata che egli ebbe la meditazione, le due donne dissero: « O perchè
siamo state noi qui addotte? » Disse il maestro: « Voi due danneg-
giate la confraternita e però ve ne deve esser fatto rimprovero ».
Ed esse due: « Da oggi in poi non piìi faremo male ai confratelli ».
Dopo di che furono licenziate. I due fedeli, intanto, furono resi mo-
bili e, inchinato che ebbero il maestro, gli chiesero notizia delle due
donne. Egli risposo loro: «Voi avevate udito quale danno queste
due donne facessero nella vostra città; ora esso è allontanato: ciò
avete veduto ». Allora i due fedeli, andati alla propria città, nai-ra-
l'ono la risposta del saggio G'inaprabha.
17.
Un giorno il medico Pàlhako del Mewar si recò alla corte del
Sultano per curarlo, ed entrò nella sala dei saggi Komali. Siccome
essi biasimavano gli ottimi saggi del Tapagaccha, così egli li offese.
Ne sórse quindi una contesa, nella quale alcuni furono feriti alle
mani, altri al viso. Il Sultano, dopo che tutti si furono recati dinanzi
a lui, udita che ebbe l'esposizione del fatto da ciascuno, disse: « Chi
mai dovrà esser punito? Nessuno ha ragione. D'ora in avanti non
dovrà alcuno comportarsi sconvenientemente ».
18.
Nella città di Bhadre^vara, situata su la riva del mare abitava
un mercante di nome G'agadu, originario di Crimala, il quale com-
merciava per terra e per acqua. Un giorno un negoziante al servizio
di G'agadu si recò nell'isola di Ormuz conducendo seco una barca
piena di merce. Presi quivi in affitto dei magazzini la sbarcò in essi,
e cominciò il suo commercio. Nello stesso luogo erano altri magaz-
zini. Una volta in mezzo a due di essi sorse un grande masso, che,
tratto fuori, fu stabilito nell'interstizio. Sopra di esso sedutisi, i
due mercanti cominciarono a poco a poco a disputarselo. « E mio »
diceva l'uno; e l'altro a sua volta: «È mio». Così disputando, re-
caronsi essi alla presenza del re e ivi da un altro negoziante tu
fatto il prezzo di tremila taùkaki. Il mercante di G'agadu allora
avendo sborsato molto denaro, acquistò il masso, e, lo caricò su la
barca, che si mosse [alla volta di Bhadre9vara]. Giunto che egli fu
in vicinanza della città, disse un uomo a G'agadu: « Il vostro mer-
cante è qui venuto dopo aver acquistata molta ricchezza! Egli ha
qui addotta una gran bella pietra. Con essa, certo voi potrete so-
- 57 —
stentare la famiglia ! ».' Così avendo qu.egli detto ridendo, gli rispose
G'agadii : « Solo il padrone deve decidere se il mercante [a sua di-
pendenza] porta cosa meritevole o no di abbandono. La sorte e il
guadagno di un negoziante dipendono dalla merce che egli adduce.
Qui non è davvero il caso di far disjmta alcuna ». Allora G'agadù
essendo andato su la riva del mare, mandò il capo mercante e il
masso nella propria casa e disse : « Chi non si procaccia vergogna
se ride o piange dei propri affari dinanzi alla gente? Ottimamente
ha fatto costui [portando la pietra]. Egli ha custodita la mia gran-
dezza ». Quindi, tratto il masso nell'interno della casa, G'agadu, se-
dutovisi sopra, pensò: « Io rendo felice la terra col distribuire ad
essa ricchezza ». Descrisse poi egli la pietra al direttore spirituale
e gli disse : « Certo in essa sono ottime cose ». E in vero aperto ed
osservata che fu, vi si ti'ovarono entro gemme del valore di cento-
venticinquemila [taùkaki]. E perciò grande ricchezza ne venne.
19.
In Bhadrecvara regnava il re Bhàdala, il quale serviva il re Vl-
sala in Pattana.^ Solaga era il capo commerciante [in Bhadre9vara] ;
sua moglie era Gride vi; figli suoi erano Raga, G'agadu, Padmaraga,
Malia. Il mercante Gagadu aveva principiato a mercanteggiare su la
riva del mare.
Una volta alcuni pirati andarono a lui e gli dissero: « E caduta
nelle nostre mani una nave piena di cera; se essa vi piacerà, voi
potrete j^renderla mediante pagamento ». Allora G'agadù andò ove
era la barca, e sborsato il prezzo la comperò. Gli operai di lui, riem-
piuti che ebbero i carri, andarono alla sua casa e dissero alla mo-
glie: «Il mercante G'agadù ha comperata cera di api; dove po.s-
siamo noi scaricarla?» Disse allora la donna: «Non portate cera
in casa nostra, che essa è cagione di peccato »; •^ e non diede il
permesso di scaricarla. Allora essi collocarono i pe'z.z'i di cera nel
cortile, sotto un albero di Limba. Per ciò G'agadù ebbe litigio
con la moglie, la quale, quando fu ad alta voce rampognata, disse :
«Gran i)eccato è inerente al traffico della cera!» Allora essi due
furono l'un l'altro adirati, dopo questo alterco. Gagadù non rivol-
geva parole alla moglie, ed ella non parlava al marito. Passati che
' Così ho tradotta in senso figurato 2 j'.; la medesima clie Anhilvad.
lafriise: «j^eham api hiiarisyate » ■' « Sije Iloenile, Uvfisaga Dasao § 51,
che i)otrebbe essere interpretata anclie, note 72 and the corresponding pas-
in senso materiale, « con essa potrete sage of the Yogacastra, quoted there »
sostenere la casa!». Hìjiii.er, Ind. Stud. I (i. e.) p. 23, n. 4.
Studi italiani ili fll. indo-iran. 8
— 68 —
furono in tal modo tre mesi, giiinso la stagione fredda. Allora il
figlio di G'agadù costruì un focolare di mattoni [per arrostirvi pan-
nocchie di grano],' e |ier ottener calore, vi gittò entro erba secca e
altre cose simili. Per gaiezza infantile pose anche sopi'a il focolai'e
un pezzo di cera. La cera si strusse e la moglie [di G'agadù] vide
in suo luogo un pezzo d'oro. Se bene ella non rivolgesse ancor pa-
rola al marito, pur tuttavia, essendo avida di ricchezza, gli disse:
« Guarda qui! ». Ma G'agadù, che ancora era adirato, non guardò
allatto. Disse allora la moglie: « Uno dei nostri pezzi di cera si è
mutato in un pezzo d'oro ». Quando egli in seguito a questo, guardò
[verso il focolare], vide il pezzo d'oro. Fece la prova allora di tutti
gli altri pezzi e tutti si mutarono in oro. Quindi li ripose secreta-
mente tutti nella sua casa e vendette, separata che l'ebbe da essi,
la cera. I pezzi erano circa cinquecento. Disse allora la moglie al
marito : « Invita il direttore spirituale e spendi il denaro in quelle
opere mei-itorie che egli ti consiglierà. La ricchezza non è eterna ».
Fu invitato, per ciò, il direttore sjjirituale, per l'arrivo del quale fu
preparata una gran festa. Ma quando costui udì che il mercante
G'agadù commerciava in cera di api, non volle visitare la sua casa,
e disse : « Io me ne vo [altrove] ». In seguito a ciò invitollo G'agadù
insieme con suo figlio all'adorazione delle divinità, ed egli allora
adorò nella casa di lui gli dei. Disse il figliuoletto: « O venerando,
è forse venuta Lanka nella casa di G'agadù? Osserva qui ». Il di-
rettore spirituale, veduto che ebbe i j)ezzi d'oro, chiese a G'agadù:
« Come mai è qui tutto ciò? » Gli raccontò allora il mercante, veri-
tevolmente, come egli avesse potuto ottenere quei pezzi. Di ciò fu
egli molto lieto e consenti all' invito di G'agadù e se ne andò poi al
suo monastero. Disse allora il mercante : « Io presi i pezzi credendo,
erroneamente, che fossero di cera, ma essi mi si mutarono in oro.
Per timoi-e del re, io non dissi nulla di ciò ad alta voce ». Dieci mi-
lioni di tankaki vennero in tal modo nella casa di G'ao:adù.
20.
Una volta i padri spirituali predissero che negli anni Samvat
1315, 1316, 1317 sarebbe sòrta una carestia. Allora con verità di pa-
rola, fu informato il mercante G'agadù» il quale partecipò la cosa in
ogni città e in ogni villaggio a tutti i mercanti che possedevano
centomila Mùtaki^ di frumento. Giunta che fu la carestia furono
1 The roastingof green ears, ponile, 2 Mutaka m., a nieasure, either =
or p fi lille, is a favourite anuiseiiient of 25 Sei- (circa 21 kilgr.), or 100 Man. Vedi
the boys in Guzeràt. — Ib. p. 21, n. 1. G'ayadricaritaVl, 118. (liiinLKR, 1. e., p. 4)
— 59 -
costruiti 112 ospizi, nei (juali pranzavano 500.000 poveri. I re, es-
sendo rimasti senza frumento, erano addolorati. Allora G'agadù. re-
galò al ]-e Visaladeva signore di Pattana ottomila Mùtaki di grano
e dodicimila al re Hammlra.
Il Sultano di Delhi ^ venne a G'agadiì. per chiedergli frumento ^ e
gli disse : « A ragione tu sei chiamato ' padre del mondo ' [però che
da te tutto il mondo è protetto] ». Chiestogli (j^uiudi grano, risposegli
G'agadù : « Prendine ». Ma il Sultano avendo veduto che nel granaio
era una scritta di tal genere: «ad uso dei poveri» disse: «Io
me ne ritornerò [senza grano], che non voglio prenderne di quello
destinato agli indigenti ». Diedegli allora G'agadù ventunmila Mù-
taki di grano [tolto da quello] non destinato ai poveri, [E il Sultano
gli disse :]
« Ottomila Mùtaki di grano tu donasti, o G'agadù, al re Visala,
durante la carestia; e dodicimila ad Hammira e ventunmila al Sul-
tano! » Il 1 II
« Oh quanti sono ì luoghi in cui G'agadù distribuisce elemosina !
Per essi giunge a lui sommo sj)lendore, come per j)ietre preziose ad
una spada ». || 2 ||
Una volta il re Vlsala andò in un ospizio situato presso Anhil-
vad. Avendo quivi veduto ventimila persone che pranzavano, disse
a G'agadù: « Sia qui a te cibo. A me si prepari burro ». Cosi es-
sendo stato fatto, messo il burro [dinanzi a lui], il re Visala si fece
preparare [anche] dell'olio.
Una volta G'agadù fece preparare nel suo ospizio del burro. Là
recatosi, il sovrano fece gridare a G'agadù « Viva il re ! » Allora
un bardo, ciò avendo udito, disse:
« Tu fai male, o Visala, a farti gridare « evviva! » Tu dai molto
di infruttuoso, egli invece, guarda, molto burro [ti] offre ». || 1 ||
G'agadù fece poi innalzai-e cent' otto templi al G'ina ; fece tre
pellegrinaggi al Catruùgaya e mostrò alla metà dell' anno in otto
modi la sua benevolenza verso i correligionari, e in otto modi ve-
nerò il Saùgha.
Non pochi poveri furono sostenuti col dono del frumento.
1 Cos'i ho tradotto il Guji-aiilsura- nanayaram «the town of Ghazui»;
tranah del testo, per quanto il BLihler p. 51, 1. 7: gai-yauùdhipati «the
dice a pag. 5 del suo studio più volte king of (ihaziil ». The later authors
citato: « tìai'y ane^a m., a Musalmau use gargana, gari^anaka or gii-
king, the Sultau of Delhi. VI, 1^7; VII, gana for « Musalmau » in general,
35 ('Gagaducarita). The wordineans ori- see e. g. Indiau Autiquary, voi. VI,
ginally « king of Ghaznl », and in Bil- p. 187.
haiia 's Karnasundarl (ed. Durgapra- 2 vedi, per ciò che riguarda questo
sada), wehave, e. g. p. 53, 1. 18: gagga- passo dillicile, a pagina 10 la nota 4.
— 60 —
21.
Una volta il saggio G'inai)rablia si recò per città e por villaggi
a reiulero onoranza agli dei. Il venerando Ahammadacra giunse a
Devagiri col sultano Firuz. I fedeli spesero molto denaro per una
festa fatta all'entrata di costoro nella città. Il saggio G'inaprabha
avendo onorato gli dei in tutti i templi ed essendosi nelle case in-
chinato dinanzi alle sacre imagini, si recò nell'abitazione di G'aga-
simha. Ivi egli onorò gli idoli costruiti in diamanti, in oro, in ar-
gento; inoltre, avendo scòrta la cappella della casa, scosse il capo.
InterrogoUo allora G'agasiinba del perchè di questo atto, ed egli gli
rispose: « Ho onorati per città e per villaggi gli dei e maestri. Qui è
il sacello di vostra casa, l'altro è in G'aùgaralapura, ove onorai il
santo Somatilaka. Mi venne in mente che vi sono due eccellentissimi
sacelli e però scossi il capo. Con l'onoranza di essi ofctieusi la libe-
razione finale ». Però che :
L' adorazione degli Arhaut libera da migliaja di esistenze. Ciò
che è fatto con devozione serve all'ottenimento della sapienza. |1 1 ||
Chiamasi maestro colui che conosce la religione, chi la pratica
e sempre la promuove, insegnando alle genti il significato dei libri
sacri, il 2 II
Onore al venerando maestro, che divulgando la scienza, apre gli
occhi di coloro che sono ciechi per le tenebre dell'ignoranza, quasi
applicando loro il collirio per mezzo dello specillo! ||3||
Avendo così udito l'insegnamento della religione, e avendo co-
nosciuto il mezzo per seguire la condotta dei virtuosissimi, il mer-
cante G'agasimha, rese, donando ottime vesti, cibo e bevanda, sin-
golare onoranza al saggio G'inaprabha.
11 mercante G'agasimha avendo udito di quanto frutto fosse ori-
gine la benevolenza verso i correligionari, e cioè del frutto di bea-
titudine della liberazione finale, fece in Devagiri, correligionari, al
proposito di collaborazione e di impiego di denaro, trecentosessanta
mercanti della sua condizione. In casa di ciascuno d'essi si prepa-
rava ogni giorno una zuppa e cibo cotto ed altro e ivi pranzavano
tutti i fedeli con le loro famiglie. Settantaduemila denari venivano
giornalmente spesi. Così mangiando essi, alla fine dell'anno toccava
una seconda volta [a G'agasimha di offrir cibo].
Per questa sua azione santa risvegliossi in luì la memoria dei
due re Bharata e Dandavirya [in precedenti- sue esistenze].
61
23.
Una volta II mercante G'agasimha chiese al saggio Somatilaka
quale fosse l' essenza della religione. Quel maestro allora glielo
espose, dicendo : « A coloro, i quali non sono ciechi per tenebre del-
l' illusione devesi spiegare la religione ».
È detto nei sistemi gainicì:
Con la religione si ottiene ricchezza grande, lunga vita, felicità
e favor popolare. Povertà, invece, impopolarità, morte prematura
[è data all'uomo] dall'empietà. |1 1 ||
E nel Nyàya :
Come sorge la religione? Come cresce essa? Come si può raf-
forzare? Come essa pei-isce? |] 1 ||
Per mezzo della verità nasce la religione ; cresce per mezzo della
pietà e della liberalità; si rafforza per mezzo della pazienza; perisce
per l'ira e per la cupidigia. || 2 ||
Ha la religione per suo carattere il non nuocere; e però l'uccisione
dei viventi è iniquità. Compassione di tutti gli esseri deve avere
chi desidera seguire la religione. || 3 ||
Nel sistema di G'aimini si legge :
Quella è la vera religione che i santi supremi Cina proclamano,
alla quale appoggiandosi, 1' uomo non sprofonda nell' oceano del-
l'esistenza. Il 1 II
Siano di dieci specie le virtù : dominio dei sensi, sincerità, purità,
castità, povertà, penitenza, pazienza, dolcezza, rettitudine, liberazione
finale. |1 2 ||
Nell'acquisto del giusto è pure l'acquisto dell'utile e del piace-
vole; dato il latte, facile è ad ottenersi il burro e coagulato e li-
quefatto, il 3 II
Nel trimundio non esiste un mantra simile al Namaskara, un
monte simile Catruugaya, un'acqua eguale a quella che sorge dal
Gagendra. |1 4 ||
Anche avendo commesso mille peccati, ed avendo uccisi cento
uomini pure le bestie vanno in cielo, se venerano il Catruiigaya. || 5 ||
Avendo toccato il tlrtha Catruugaya, avendo inchinato il monte
Raivataka, essendosi bagnato nel laghetto Gagapada, non conosce
l'uomo la seconda esistenza. || 6 ||
Il mercante G'agasiiiiha avendo così udito l'ammaestramento, foce
un dono grande consistente in centoventinoveraila carri, in cinquan-
tadue templi, in mille servi. Allora il Sangha con a capo Somatilaka
fece un pellegrinaggio al Catruùg.iya e al Gix'inara.
Il primo re Bharatecvara e i monarchi universali, l'illustre Crenika,
Samprati, il Calibadra ed altri, innalzati allo stato di Tìrtheva, [ri-
— 62 —
cevettero] merito unito a riccliozza infinita. Perciò t^U intelligenti
debbono stbrzai'si uell' eseguire [i dettami deljla religione imma-
colata, li 1 ji
L'albero porta liori e frutti; il favore del re, ricchezza e splen-
dore; un figlio virtuoso, inci-emento e gloria, la religione dei mas-
simi G'ina godimento e liberazione. || 2 ||
24.
In una città un barbiere divenne primo ministro del re Bhiraa.
Gli altri ministri non erano tenuti in alcun conto. A poco a poco il
regno fu d'ogni parte penetrato da nemici. Tutti dicevano allora:
« Oh ! perirà certo il regno, che i ministri non sono per nulla con-
siderati ». Alcuni amici del re gli dissero: « Prova il barbiere [chie-
dendogli] come saprà difendere il regno, riuniti che siansi i nemici ».
Il re interrogò allora il barbiere: « Come saprai vincere gli avver-
sari se il loro esercito si raccoglierà [contro di noi] ? Quale espediente
penserai tu?» Gli rispose il barbiere: «Noi usciremo fuori della
città muniti di specchi, e con essi faremo il combattimento. Per que-
sto i nemici, [credendo di avere dinanzi a se un esercito grande come
il loro] batteranno in ritirata. Conobbe da ciò il re [il proprio errore]
e disse: « Questo è un barbiere non un primo ministro! Male ho io
fatto disprezzando i [veri] ministri. Se non saprò onorarli, il regno
perirà ». Rese allora il re ai ministri gli onori dovuti e ottenne per
la loro intelligenza che fossero soggiogati tutti i nemici che vi erano.
25.
Il mercante Madana, avendo udito che Kuntala, figlio del mer-
cante Dhana, voleva prender moglie, venne da C'audrapura in Cri-
pura, per dargli in isposa la propria bella figliuola. Frattanto [in suf^
presenza] il giovine, essendosi alzato, urinò in un vaso contro il solo.
Il mercante Madana interrogò un suo amico quivi stante, su l'indole
di quel briccone di Kuntala. [E inoltre gli chiese:] « Quanti figli ha
il mercante Dhana? » L'amico enigmaticamente gli rispose : « Nove ».
Subito, dopo lo richiese Madana : ' « Quanti figli ha il mercante ? »
E quegli « Cinque ». E di nuovo : « Quanti figli ha il mercante ? »
«Tre». Finalmente richiestolo di ciò un'altra volta ne ebbe in ri-
sposta : « Un figlio solo egli ha ». Allora Madana gli disse : « O
» Le reiterate domande del mercante giuate dal fatto dell' avergli V amico
Madana sul numero dei figli del mer- risposto la prima volta vyangy a va-
cante Dhaua, si debbono intendere ori- canàt, lett. "* coucettosameute ».
— 63 —
amico, perchè mai tu mi trai in dubbio in tal modo rispondendomi? »
Ma l'amico: « Quanto io dissi è pura verità. Giacche questo figlio
del mercante, alzatosi, stando di contro al sole, urinò in mezzo ad
un vaso, io dissi [per queste tre azioni dell'alzarsi, dello stare con-
tro il sole e dell'urinare] aver egli in sé una triplice essenza di figlio.
Siccome poi, tutto il cibo che cinque uomini mangiano, egli man-
gia da solo, cosi io dissi che egli era come cinque figliuoli. Quando
egli dorme si rannicchia ad anello cosi da formare la figura del nove :
per ciò io dissi, che nove figli aveva il mercante. Finalmente, giac-
che un uomo simile non si vede in nessun altro luogo, dissi che
egli era unico figlio del mercante. Lo sposo ha tali qualità ; se ti
piace, dagli pure la tua figliuola. Tu l'hai veduto anche mentre uri-
nava! Che debbo dirti di più? » [Ciò udito] il mercante, levatosi, se
ne tornò alla propria città. Cercato uno sposo per la sua figlia in
Padmapura, lo trovò in Dharana figlio del capitalista Vira, cui egli
ìa diede.
Kuntala non si liberò mai dalla pigrizia, se bene molto il padre
suo Io facesse istruire, e cosi avvenne che quanti a lui venivano
per cercare uno si^oso, tanti, avendolo veduto, se ne partivano senza
dargli la figlia. Però che :
Camminando, parlando, ridendo, stando, giacendo e mangiando,
lo stolto ovunque si procaccia disprezzo. || 1 ||
Cosi egli restando sempre pigro non trovò moglie, ed essendogli
morto il padre, divenne per la sua stolidità e pigrizia oggetto spe-
26.
In Dhunkaparvata, decoro del paese Surastra, il re Ranasimha
regnando con giustizia, proteggeva la sua terra. Egli aveva per mo-
glie Padmavatl, e una figlia di nome Bhopala. A costei, istruita ed
esercitata che fu nelle scienze, cercò il re poi uno sposo e la diede
al gran re Arimardana di Navasàrika. Ma della bellezza di lei si in-
vaghì presto Vàsuki. Poiché :
Castigazione dei sensi, distruzione del karma, castità per coloro
che hanno rotto i voti, corapi-essione dei propri pensieri/ sono le
quattro cose che difficilmente si ottengono. || 1 ||
Allora Vàsuki avendo mutato il proprio seme^ si congiunse con
lei. Ne nacque un figlio che fu chiamato Nàgàrguna. Il padre traendolo
/
1 Latraduz. ili quest'ultima frase è a guifìcato assume esattam. mafia guttì!
senso e non certa. Il testo ha: guttlna ^ «Avendo dato, ciò è, al proprio
y a mnnagu tti (guptlnuin ca malia- seme potenza di generare esseri umani
giiptib). K forse il guttln.i un genit. e non seme di serpente, quale egli ne ve-
pai'tit. (= [sono] fra le gupt i)? E che si- stiva la spoglia, si congiunse con lei».
— 64 —
a sé amorosamente, lo nutrì di frutta, di radici e di foglio di ogni
pianta. Per potenza di ciò egli divenne un illustro mago, e poi
in Pratistanapura fu assunto a maestro del re Càtavaliana. E in
vei-o :
L'esser sapiente e l'esser re non sono cose eguali; il re ò onorato
nel proprio paese, il sapiente in ogni Inogo. |12|!
Nagàrguna, desideroso di imparare l'arte del volare, frequentava
in Padaliptanakapui-a il maestro Padalipta, il quale a tempo oppor-
tuno onorava i massimi G'ina stanti nei tirtlii di Astapada, del mon-
tuoso Sameta, del Catruù^-aya, del Girinara e dcU'Arbhudavala. Un
giorno Nagarguna, lavati che ebbe i piedi del suo maestro, che era
venuto dopo di lui, riuscì a conoscere, con la virtìi del suo olfato
l'essenza di centosette piante, e, pur senza insegnamento del mae-
stro, formato che ebbe con esse un unguento per i piedi [spalma-
tosene il corpo] balzò in alto al pari di un giovine gallo, ma ri-
cadde a terra. Il maestro vedendolo col corpo tutto rovinato dalle
ferite, gli chiese che mai ciò fosse, e Nagarguna narro gli tutto il
fatto. Si meravigliò allora il saggio della destrezza di lui, ma aven-
dogli messa la mano sul capo, gli disse : « O giovine illustre, senza
r intera tradizione [fatta conoscere] dal maestro, non eccelle la
scienza degli uomini ». E Nagarguna: « 0 venerando, essendomi pro-
pizio, donami guida e arte ». Gli disse allora quegli: « Spremute che
tu abbia tutte le erbe e formato con l' acqua di sessanta grani di
riso un unguento, ungiti con esso i piedi e diverrai atto a volare ».
Tale arte avendo appresa, Nagarguna imprese a volare.
Una volta, avendo udito dal maestro come si potesse ottenere un
succo atto a produrre oro, incominciò a fabbricarlo. Ottenutolo, non
sapeva, tuttavia, fargli acquistar durezza. Chiese egli allora al
maestro come lo potesse ridurre a solidità, ed ebbe in risposta :
« Il succo prodotto alla vista dell'idolo del potentissimo Parcvanatha,
spremuto da una donna onestissima contrassegnata dai buoni segni,
potrà divenir solido ». Ciò avendo udito, Nagarguna chiamò men-
talmente il proprio padre, cui, venuto che fu, disse: « Dimmi ove
si trova il divino idolo di Parcvanatha ». E Vàsuki : « Anticamente
in Dvàravati l'imagine di Parcvanatha fu da Krsna, clie aveva udito
da Nemi essere essa potente, onorata per ben sette anni. Durante l'in-
cendio di Dvaravati un dio la gittò in mezzo al mare. Passato alcun
tempo la barca di un abitante di Kàntipura, Dhanadatta, ivi naufragò.
Essendogli apparsa quella divinità disse: « Qui sotto è l'iiuagine di
Parcvanatha; smossa che essa sia per mezzo di sette funi, essa
uscirà fuori ». Cosi avendo egli fatto, venne fuori l'imagine di Par-
cvanatha, che fa poi portata in Kàntipura. E in vero:
L'imagine di Parcvanatha potentissima, atta a rallegrare l'animo,
è onorata dai cittadini nel tempio dei G'ina in Kàntipura. |1 1 !|
— 65 —
Essendo allora Nàgàrguna ivi andato, non potè [subito] rapire
l'idolo, che di giorno e di notte molta gente vi accorreva per ado-
rarlo. Ma una volta, còlta l'occasione propizia, con violenza riuscì ad
impadronirsene. E, ornatolo, lo pose per ottenere la solidificazione
del succo, su la riva del fiume Khuti. Poi condusse ivi C'andralekhà,
la moglie onestissima del re Càtavàhana, e messala sul posto e
dettole: « Sorella, [aiutami] », fece spremere da lei il succo. Ella gli
cliiese il pei'cbè dovesse ciò fare, e Nàgàrguna le rispose che il de-
siderio di ottener l'oi'o a ciò lo muoveva.
[Un giorno due giovani principi andarono a lei per chiederle no-
tizia di ciò che ella facesse] Ella allora narrò loro tutta la storia del
succo. Allora i due, abbandonati i piaceri del regno, desiderosi di ra-
pire il succo dell'oro frequentarono Nàgàrguna. E cercando ove fosse
il luogo in cui egli mangiava, chiesero a colei che gli preparava il
cibo chi presso di lei si recasse, e, dopo di essersi assicurati che
egli ivi andava, le dissero : « Tu devi fare sempre a Nàgàrguna il
pranzo salato. Allorché egli si accoi'gerà di ciò, ce ne darai avviso » ;
e, ciò detto, le diedero denaro. Un giorno, passati che furono sei
mesi, disse la donna ai due: « Oggi Nàgàrguna ha trovato il pranzo
salato ». Allora i due principi si accorsero che egli aveva trovato
il modo di solidificare il liquido. ' Interrogato allora Vàsuki sul modo
di potere uccidere Nàgàrguna, seppero da lui che con un germoglio
di erba Ku^a ne avrebbero potuto ottenere la morte. Ciò udito,
essi, mentre Nàgàrguna, deposti secretamente in una spelonca del
monte Dhunka due otri di succo puro, se ne tornava, senza preoc-
cuparsi [di quanto avvenivagli attorno], lo uccisero con un ger-
moglio di erba kuca. [E in vero è detto] :
Soltanto in questi tre soldati devi riporre fiducia, a Madhùsudana :
in quello 'non nato, in quello dipinto su un quadro e in quello morto:
non mai in un quarto. |] 1. 11
Ma i due otri furono protetti dal genio [ivi stante] e nulla fu
aperto alla mano dei principi, i quali in vece furono uccisi e anda-
rono, malvagi, all'inferno. Così ottengono subito cattivo frutto tutti
i viventi che sono dediti al male.
Per il fatto del succo solidificato Khambàvati ^ prese il nome di
Stambhana, e pure Stambhana fu detto Pàrcadeva. Alcun tempo
dopo l'idolo di Stambhanapàrcvanàtha, che stava su la riva del
fiume Khatl, fu portato nella città Stambhana, ove anche oggi è
adorato.
1 Fin tanto che Nàgàrguna era in- certo quando giuuse alla scoperta desi-
tento nella sua ricerca, non poteva ac- derata. Non altrimenti so spiegare la
corgersi di nulla che fosse al di fuori frase concisa del testo.
di ciò che tutto lo occupava. Non cosi 2 ^ questa la odierna C a m b a y.
studi italiani di fil. indo-iran. 9
«6
In C'audrapur.i era un mevcante di nome Dliana, che possedeva
quattro koti d'oro. Egli passava il suo tempo onorando sempre il
Saiigha, i maestri spirituali, gli dei, e offrendo loro vesti preziose e
cibi saporiti, e ben trattando i buoni. Un giorno il re, mentre passeg-
giava per la strada reale, vide sul palazzo del mercante quattro ves-
silli. Ricliiestone del perchè il ministro, quegli gli rispose che ciò
significava l'esistenza di quattro koti in quella casa. Subito allora al
re sorse desiderio di impadronirsi di quelle ricchezze. Intanto andò
in un villaggio. In questo tempo venne al banchiere volontà di man-
giare una focaccia all'olio. Pensò egli allora: « Per codesto desiderio
[mi accorgo che] il re, o i ladri, o il fuoco mi carpiranno il denaro.
Maledetta la ricchezza che è soggetta a molte peripezie! Gli
eredi l'agognano, le turbe dei malandrini la rubano, i re la carpi-
scono ricorrendo agli inganni; il fuoco in un momento l'incenerisce;
l'acqua, se è posta sul suolo, l'innonda; gli Yaksi l'involano per
forza; i cattivi figli la conducono a termine! » i| 1 ||
Tali considerazioni avendo fatte, il banchiere spese tutta la sua
fortuna a beneficio di sette luoghi ove si raccoglievano i poveri per
avere alimento.
Tornato indietro il re, non avendo veduto più i vessilli e avendo
saputo tutto quanto aveva fatto il mercante, rimase assai ammirato.
Fece allora chiamare Dhana e interrogatolo, seppe come gli fosse
sórto il desiderio di mangiare una focaccia all'olio. Soddisfatto di ciò,
lo fece regalare di quattro koti tolti dal proprio tesoro.
Avvenne poi, per virtù del suo merito religioso che, quanto de-
naro il mercante spendeva, altrettanto spontaneamente gli ritornava.
Per lungo tempo in sette asili di carità egli spese sempre il proprio
denaro, e [tanto merito si acquistò] con queste sue elargizioni, che,
morto, andò in cielo.
28.
Era in una città una vecchia meretrice che aveva un figliuolo.
Una volta ella pensò : « Gran peccato commisi io generando [illeci-
tamente] un figliuolo ! Peccato pure io commetterei, se dovessi ucci-
derlo. Però io andrò al Gange e ivi purgherò la mia colpa ». Così
avendo pensato, la donna se ne andò col figlio alla riva del fiume, e
costrutta una casupola da romito ivi stette, compiendo insieme con
lui la sacra funzione dell' abluzione ed altre ancora. Intanto il gio-
vinetto apprese dalla bocca dei brammani i Veda, la Smrti, i Purana
etc, e in seguito divenne egli stesso brammano. [Un brammano di
nome] Mukunda avendolo veduto intelligente, dotto nei Veda e
— 67 —
prouto ad elargire molto denaro peusò : « Questo sarebbe un buo-
nissimo sposo per mia figlia, che già è da marito. Ottima cosa farò
io dandola a lui. Sua madre pare virtuosa, e in casa e' è anche ine-
chezza ». Cosi avendo il brammano considerato, diede la ragazza in
moglie al figlio della romita. La madre allora avendo preso il fi-
gliuolo, iu una con la moglie sulle spalle, si pose a ballare. ^
Avendo poi Mukunda udito a parte dalla donna l'origine dello
sposo, se ne stette silenzioso. [Ma pensò poi] : « Molta fortuna deriva
dal possedere virtù, scienza ed altro. Per ciò non da vero la nascita,
ma i costumi debbono esser presi in considerazione ». E in vero:
Certo Vyasa, il grande asceta, uscito dal ventre d'una pescatrice,
divenne per effetto della sua potenza religiosa un brammano : per ciò
la nascita non ha valore. || 1 ||
Rsya9rnga, il grande asceta, nato da una gazzella, divenne, per
effetto della potenza religiosa, un brammano: perciò la nascita non
ha valore. || 2 |1
Il grande asceta Mandukya uscito dal ventre d'una rana, divenne,
per effetto della sua potenza reli-giosa, un brammano ; perciò la na-
scita non ha valore. || 3 1]
Il grande asceta Vasistha, nato dalla ninfa Urva^i, per effetto
della sua potenza religiosa divenne un brammano; per ciò la nascita
non ha valore. || 4 |1
Il buon costume, non il ceto, è la principal cosa [nell'uomo]. A che
serve una nobile schiatta, se destituita di buona morale? Molti
uomini nati di famiglia abbietta, seguendo ottimi costumi, toccarono
il cielo. Il 5 11
Quindi fra tutti i brammani dotti nei Veda il figlio della mere-
trice divenne il primo, so bene fosse sórto da ignobile schiatta.
29.
Camminavano per via, venendo da una città, un yogin e un mo-
naco buddhista. Il yogin [ad un certo punto] andato innanzi, chiese
[ad un uomo] quale fosse la strada che conduceva a C'andrapura.
L'uomo rispose: « Ve un sentiero diritto e lungi di qui, ma pieno
di ladri e di pericoli. Ve n' è invece un altro vicino e assai sicuro ».
Allora il yogin scelse, perchè privo di denaro, di andare per -il sen-
tiero pericoloso; ma non cosi il buddhista, timoroso che gli rapis-
sero il suo avere. Per via il yogin pensò: « Perchè questo buddhista
Benvuole andar pel sentiero ove avvengono ladronecci?» Cosi pen-
1 Tale tratto non è raro in India a il figlio e la nuora e ballare con essi,
dimostrare la gioia e soddisfazione verso se si pensa che di assai tenera et;\do-
unii persona. \on i)arr;i poi strano che vean essere j^li sposi, dati gli usi iti-
la vecchia potesse mettersi su le spalle diaui del matrimonio tra fanciulli.
— 68 —
snudo, uou curandosi di ciò elio il compagno diceva, si mosse verso
la via pericolosa. Essendosi frattanto il • buddhista recato in città
per alcun suo affare, il yogin veduta una cassetta piena di tankaki
e di rùpye entro un involto, pensò: « Questo buddhista non desi-
dera andare per la via pericolosa, perchè teme che gli rapiscano il
denaro: ciò vuol dire che il denaro non è cosa ottima per un pe-
nitente ». Così avendo considerato, gittò secretamente la cassetta
in un pozzo. Il buddhista, tornato dalla città, non vedendo più la
sua cassetta disse : « Per quella via che ti piace, andiamo pure s>.
Quindi divenuti ambedue monaci G'ainici, andarono senza paura al-
cuna per il sentiero pericoloso. Avendo poi pensato che il denaro è
un ostacolo ai penitenti, liberatisi d'ogni cupidigia e cintisi di bianca
veste, udita la legge morale del venerando maestro Dharmaghosa
e ricevuta la consacrazione G'ainica, facendo penitenza ottennero il
cielo. In seo-uito sarà loro concessa la liberazione finale.
30.
Una volta giunsero al banchiere Bhima delle ottime travi, per
fabbricare una casa. La moglie avendolo veduto lieto, gli disse:
« Nel mondo si possono fare belle case e anche delle bellissime, ma
quando si sia stati a lungo nella reggia celeste tutta la ricchezza
mondana è cosa da buttare. Se a fine pietoso hai fatto portare le
travi, per fabbricare cioè un ospizio od altro, allora ottima cosa
avrai compiuta ». Bhima rispose : « Dove, per questo fine pietoso,
dovrò far portare le travi ?» E la moglie : « Se farai un ospizio ot-
terrai merito religioso ». Ciò pensato costruì Bhlma, per far opera
caritatevole, un ospizio sul tirtha Stambha, presso, l'abitazione di
Aliga, e spese in esso millecinquecento tankaki. Ma gli disse una
volta un uomo : « Molto denaro tu hai speso, ma l'ospizio è fuori di
città. Chi andrà in esso a far opera buona? » Gli rispose Bhima:
« Se anche una sola volta di sera oppure di mattina un povero por-
tatore d'acqua si fermerà in esso a scopo di riposo, farà atto di de-
vozione : allora il denaro speso nell'ospizio produrrà opera meritoria.
In cifre 925925925 è [rappresentato il valore deljl' acquisto della
quiete di spirito ». '
31.
Così ebbe origine il nome Aliga dato ad vm tem^iio: C'era una
volta un brammano chiamato Aliga, il quale grande merito si era
1 Vedi pagina 30, uota 4. "
— 69 —
procacciato, iunalzaudo, per consiglio del venerando saggio Dhar-
maghosa, im tempio al G'ina. Egli disse un giorno al maestro: « La
o-ente sparsa nella grande selva che chiamiamo mondo dice che
r uomo, se non ha prole, non può toccare la beatitudine celeste ».
Ma il maestro : « anche senza prole vanno gli xiomini in cielo ; mai,
anzi, soltanto in merito di essa. Solo il merito religioso conduce
al cielo. E in vero se esso si ottenesse per mezzo della prole, allora
molti esseri viventi quali cani, pappagalli ed altri ancora, che hanno
figli lo raggiungerebbero prima [di tutti]. Gli uomini [virtuosi], pur
senza progenie, saliranno al cielo ». Però che :
Molte migiiaja di giovani brahmacarini divennero beati, anche
senza aver continuata la loro famiglia brammanica. || 1 ||
« Se tu farai fare un idolo nero » disse poi il maestro ad Aliga
« del venerando Arhant Rsabhadeva, infinito merito religioso otterrai
che ti farà conseguire la liberazione finale. La prole non deve es-
sere, no, a ciò preferita ». Ciò udito, gli rispose Aliga : « O vene-
rando, io farò fare un idolo nero del beato Arhant Rsabhadeva, pur
di poter ottenere merito ascetico. Oh ! quale utile mai può derivare
dalla progenie? Pur avendo figli, i potenti Ravaua, Krsna, Daryo-
dhana, Bhìma, Brahmadatta ed altri molti andarono all' inferno. Io
farò fare certamente un idolo nero dell'Arhant Rsabhadeva ». Avendo
quindi Àliga rinunciato a generar prole, fatto fabbricare l'idolo, lo
fece collocare nel tempio da lui già innalzato. Cosi molto me-
rito ascetico egli si procurò, tale per cui potrà ottenere la libera-
zione finale.
32.
Una volta Brahma ed altri dei, riunitisi, vantavano ciascuno la
propria eccellenza. Cani ' disse : « Io posso, meglio di qualunque
altro dio, produrre piacere e dolore ». E Giva di subito : « Vedremo
quale piacere e quale dolore saprai tu generare ». Così detto, Giva,
recatosi a casa, narrò alla moglie Parvatl la disputa avvenuta. Egli
stesso poi, prese le forme di un toro e fatte prendere alla moglie
quelle di una vacca, andò con lei in una sporca fossa della città.
Passati tre giorni, usciti ambedue dalla fossa, si recarono a casa.
Essendo quindi andato (^iva a Cani, gli disse : « Tutta la tua po-
tenza è sfumata questa mane! Io non ho ricevuto male alcuno da
te». E pani: «Dove sei stato?». Giva gli raccontò il luogo ove
erasi recato. Cani allora gli disse: « O che forse io por vincerò pro-
duco ferite nelle spalle e nel petto? No da vero: io mando pensieri
per la cui sola opei-a nasce dolore. Tu sei stato in una sudicia fogna.
1 Saturno.
— 70 —
Oh! (jual iiiuggior dolore di questo? Io do agli uoiuiui quel dolore
di cui le loro stesso opere souo cagiono ». Ci va allora: « Ciò ò vero:
l'uomo ottieue il piacere e il dolore che le sue azioni gli producono » .
33.
« La madre deve essere oggetto di venerazione come il Gange, il
padre come il sacro luogo Puskai'a, Quei tlrtha danno col tempo
il loro frutto; la madre invece sempre ». || 1 1|
Queste ed altre cose avendo meditate, un brammano, posti padre
e madre in una gerla, visitava i tlrthi. Ma mentre per far ciò, tra-
versava il deserto, essendo impedito dalla molta sabbia, bevuto quel
po' di provvigione d' acqua, vedendo un [lontano] miraggio e sempre
dietro correndovi per illusione dell'acqua, fece, essendo assai stanco,
discendere da prima il padre. Quegli allora gli disse : « Io non bo
forza di andare al tirtba, e perchè mi fai discendere dalle sj^alle? »
E il figlio: « Troppo aspro è questo deserto ». E fatta discendere
anche la madre, camminò da solo. Il padre e la madre allora, r-imasti
a piedi, si trascinaron a gran pena dietro a lui.
34.
Come pensano gii uomini descrivendo alcunché di buono o di
cattivo, così sempre avvien loro, se sono sensibili, come al poeta
[di cui qui sotto si parla]. ^ \\1\\
C era una volta alla corte del gran Rama un poeta di nome Su-
buddhi, il quale descriveva sempre ne' suoi poemi il lago Pampa,
che il re aveva fatto fare. Una volta, mentre molti medici curavano
un' epidemia che era sòrta nella certe del re, venne al poeta, per la
meditazione [continua] sul lago, l'idropisia. Un medico inesperto lo
curava, ma non otteneva alcun buon risultato. E in vero :
Un medico privo di sapere, una donna senza pudore, un asceta
grasso ed un ospite maligno, sono quattro spiedi [che trafiggono] il
cervello. || 1 |1
Allora andò a lui un vecchio medico dotto, cui il re aveva ordi-
nato di guarire il poeta dal malanno. Costui, avendo veduta la forma
del corpo di Subuddhi, il quale si cibava di ottimo riso, di orzo, di
burro e d' altro, gli ordinò di descrivere un deserto. E il poeta al-
lora cosi cominciò a dire :
1 Ho pensato di tradurre iu un solo che si possono considerare una ripeti-
concetto il senso dei due Qloki, che del zione, con poche varianti anche nelle
l'esto dififeriscouo tra loro pochissimo e stesse parole.-
- 71 —
« Di giorno in giorno le labbra, il palato, la gola, che pur sono
sani, si disseccano all' uomo, il cui petto è assetato per effetto del
veder sempre un miraggio ». [| 1 1|
Descrivendo queste ed altre cose, il poeta guari dall' idropisia.
Chiese allora Rama al dottore: « Come mai a costui passò la ma-
lattia, descrivendo un deserto? » Gli rispose il medico: « Prima Su-
buddhi desciùveva in vari modi il lago pieno d'acqua; e perciò per
la continua meditazione su esso ingenerossi in lui l'idropisia. Oi-a
invece, la malattia è passata, perchè egli ha descritto un deserto.
[Nell'uomo] quale è la meditazione, tale l'anima; quale l'anima, tale il
corpo. L'uomo udendo cose buone o cattive, diventa buono o cattivo.
11 yogin pensando senza passione, ottiene la liberazione d' ogni
passione: semjsre in vece immerso in istato passionale è colui che
medita con passione ». || 1 ||
Così passò a lui, perchè descriveva un deserto, l'idropisia. Grande
onore per ciò ne venne al medico. E in vero:
La vecchiezza adorna i re, i ministri, i medici e gli asceti; i-o-
vina le donne da conio, i disegni, i cantanti, i servi. ||1 ||
35.
Certo non è la nascita che fa la famiglia buona o cattiva : la
sorte degli uomini dipende dalle loro azioni, come avvenne al bram-
mano e alla sua famiglia. || 1 !
In casa di un tal dotto brammano che compieva le sei azioni sacre
consistenti nel sacrilicare e nel far sacrificare, nell' imparare e nel-
l'iusegnai'e etc, un penitente, di nome Devadatta lasciò in deposito
il proprio peculio. E di là poi se ne andò ad un tirtha, ove, essendo
in età avanzata, si aggirava per purgai-e i propri peccati. Il bram-
mano essendo presso a morte, disse al proprio figlio : « Questo pe-
culio appartiene al penitente Devadatta; ricordati di darglielo, quando
egli te ne faccia domanda ». Morto che egli fu, il figliuolo rimasto
privo di mezzi si mise a fare il vasaio. Intanto il penitente tornato e
cercata per vedere il suo denaro la casa [dell'amico], la riconobbe.
E veduto che in essa si esercitava il mestiere di vasajo, lasciatovi
tutta via ancora il gruzzolo, se ne andò di nuovo in pellegrinaggio.
Il vasajo abbandonato col tempo quel mestiere, divenne facchino.
Di nuovo andò a lui il penitente, e, come prima, avendo ritrovato il
proprio avere, si parti rilasciandovelo nuovamente. Presso a morte
il facchino raccontò a suo figlio la storia del peculio tramandato di
generazione in generazione. [Mortogli il padre], il fanciullo divenne
servo di un re. Presso di lui egualmente tornato, il penitente, ve-
dutane la condizione, riparti per il pellegrinaggio. Anche il servo
— 72 -
morì. Diveuuto che fu suo figlio capo di un villaggio, fu visitato dal
peuiteute, il quale avendo scòrto in quella casa un altro mestiere,
e avendo riveduto ancora il proprio denaro, se ne andò, colà di
nuovo lasciandola. Quindi per la consuetudine con bramiuani dotti
nel Veda, il gio\ ine divenne pure bramraano ed esperto conoscitore
dei quattro Veda. E tornato a lui il penitente trovò nel giovine
Tantica condizione di bramniano intento ad osservare i Veda, a sa-
crificare, a far sacrificare etc. Per la qual cosa molto si rallegrò.
Gli disse allora il giovine : « O penitente, perchè dimostri [tanta]
gioia ? » Il pellegrino risposegli allora narrando a lui l' intera storia,
incominciando dal brammano che compieva i sacrifizi etc. Poi avendo
preso il silo peculio, disse: «L'uomo diviene nell'animo tale quale
[lo fa divenire! la meditazione che egli compie. Noi non dobbiamo
[per ciò] far distinzione tra superiori, mezzani ed inferiori ». Ciò
detto, egli tornò alla propria casa.
36.
Il re Bhoga essendo presso a morte, onorate che ebbe come si
conveniva tutte le genti d'ogni setta, chiamati i ministri disse loro:
« Poco di buono io ho fatto, molto invece di cattivo. Per ciò voi
dopo la mia morte dovrete ungere con un po' di collirio ima mia
mano ; l'altra invece con del sugo di sandalo ». Disse allora un mi-
nistro : « Perchè ciò dici [o Sire] ?» E Bhoga: « La gente conoscendo
che ciò sarà stato fatto [per mio volere], sarà tratta a compiere opere
meritorie ». Morto che fu Bhoga, mentre lo si conduceva al rogo,
diceva la gente: « O perchè sono unte in tal modo le sue mani? »
I ministri allora rivelarono il comando del re, e la gente, ciò ud.'to,
mise ogni cura in comjjiere opei'e buone.
37.
Un tempo il re C'hala, signore di G'hallavatikà non dava mai
doni. Ma quando gli si appressò la morte, vennegli gran desiderio
di fare elargizioni, cosi che [chiamati i figli] disse loro: « Io desi-
dero donare queste vacche, questi cavalli, questi carri, questo fru-
mento, queste ragazze ». Allora pensarono i figli, i ministri ed altri
ancora : « Oh ! costui darà tutto il regno in dono ! » Ma pure gli ri-
sposero: « Dopo la tua morte tutto verrà regalato ». Cosi essi dis-
sero, ma nulla donarono morto che egli fu. E in vero :
Solo quello che con la propizia mano viene dato divieu proprio di
alcuno e non di un altro. Anche i buoni figliuoli si cangiano nel mo-
mento della morte [del padre]. |jl||
73 —
38.
Nel paese di Vata era ministro un cittadino di Disa per nome
Saraiiga. Egli era un eretico ; non così in vece la madre sua che se-
guiva i precetti gainici. Una volta ella gli disse: «O figlio, tu sei
un eretico e non segui la religione del Gina: non seguendola ne
essendo privi di passione, non è possibile ottenere la liberazione
finale. L'ora della mia morte è suonata. Morta che io sia tu devi
lodare i santi G'ina nei templi ». « Così sia », le rispose Saraiiga,
« non ti dar pena ». Ma, mortagli la madre, egli non onorava i santi
e rimaneva sempre un eretico. Andata che fu in cielo, la madre una
notte [in sogno] si accostò al figlio e per amore di lui e per illu-
minarlo, gli diede uno cloka, dicendogli : « Chi ti spiegherà il senso
di questo cloka dovrà essere tuo maestro di religione. Io sono tua
madre ». Ciò dettogli, ella scomparve. Sàranga recossi allora in ogni
luogo chiedendo ai brammani il senso dello cloka, ma nessuno sa-
peva rispondergli. Finalmente in Siddhapura, si rivolse al venerando
saggio Devasundara, il quale gli disse: « [Lo cloka suona:
« L'uomo pio] segue il sistema religioso del G'ina. Perciò tu o
figlio, devi abbracciarlo con buona osservanza».' |11||
Allora Sàranga rese omaggio a tale religione, e convertendosi
alla fede del G'ina, divenne un ardente religioso. Si recò poi al
tlrtha Catruùgaya, ove, inchinato l'Arhant Cri-Rsabha, gli tessè le
lodi. 2 Gli dei lo indussero poi in tentazione, ma egli non vacillò.
39.
Una volta disse il sultano Firuz al saggio Mukunda : « Son io [un]
grande [sovrano] o lo è Rama?» Allora quel sapiente fatta portar
dell'acqua, disse: « Si gitti entro essa questa pietra ». Fatta la
quale cosa, la pietra affondò. « Parla con [maggioro] chiarezza, gli
disse il Sultano, non si piglia in giro il Sire? » Ma il saggio: « Le
pietre che i servi di Rama, Hanumat e gli altri, gittarono nell'ac-
qua, stettero a galla; questa invece è andata a fondo. E invero:
Quelle stesse pietre che affondano e fanno affondare [ogni] altra
persona, so ne stanno, gittate nell'oceano difficile ad attraversare,
sospese; e [di più] sollevano e fanno attraversare gli scimmii. Ma
« Vedi la nota 4 alla pagina 37. questo giorno etc. [nel quale io mi
2 Vedi la nota 1 a pagina 38. Si pò- sono convertito] ». Ma il ms. legge
treblìe, tuttavia, supporre invece di chiaramente d liana per ben tre volle
dhana, nel testo, dhanya: e allora e però non posso azzardare tale cor-
avremmo: «beato questo mese, beato rezione.
Studi italiani di fil. indo-tran.
10
— 74 —
ciò non avviene per virtii dolio piotro o dell'oceano o degli scimmi
[bensì pei- opera dell'illustro llaina] ; e in questo appare appunto la
grandezza del venerando figlio di Dacaratha ». || 1 ||
Avendo egli detto ciò, il re se ne piacque.
40.
Disse una volta un capro a sua madre: «O madre [tra poco]
avrà luogo la festa Diwal. In essa tu ornerai le mie corna ». « O
figlio », risposegli la madre, « se scamperai fra un mese, nel nono
giorno della metà lunare chiara del mese Alvina, io ti adornerò
[come vorrai] ».
Il re Bhima avendo ciò udito, tralasciò allora di uccidere gli ani-
mali, e [da quel giorno in poi] fu preparato il sacrifizio bali con al-
tre cose, come cibi frugali. || 1 ||
41.
Una volta il re Bhoga nel mezzo della notte recitò ad alta voce
questi tre versi di un poema:
« Leggiadre donne sonvi e famigliar devoti
E sudditi e parenti ch'offron d'amore i voti
Cavalli ed elefanti die corron qua e là. ... »
Un ladro che era entrato prima nell' interno della casa, avendo udite
queste parole ripetutamente espresse dal re, disse:
« Ma con la morte, Sire, tutto disparirà ». |1 1 ||
Il re allora, avendolo veduto ed essendosi accorto che quello era
un ladro, trattoselo presso, lo fece, per esser egli così saggio, rega-
lare il mattino seguente di molto denaro.
42.
Una volta il venerando ministro Vastupala si recò al tirtha Stam-
bha. La gente allora, riunitasi, gli chiese : « Il vostro corpo è in sa-
lute? » Egli rispose:
«La gente chiede notizia di me domandandomi se il mio corpo
ha salute. Ma che farne della salute? La vita nostra se ne va di
gioi-uo in giorno ». |1 1 ||
— 75
43.
In una certa città un mercante commerciava con frode, usando
bilancio false ed altro. Ad esse egli aveva dati i nomi di ekapuskara,
dvipuskara, tripuskara, catuhpuskara, paùcapuskara. Molto [di piìi
del giusto] egli era solito a prendere, poco a dare. Ma il denaro che
e^li guadagnava in tal modo [illecito] era alla fine dell'anno di-
strutto dal fuoco, o rubato dai ladri, o carpito dal re. Gli disse una
volta la moglie del suo figliuolo minore, la quale aveva veduto il
conunercio fraudolento: « Quando il traffico è doloso, il denaro [rica-
vatone] se ne va ». E ciò detto ella fece fare una palla d'oro, la gittò
nell'acqua, ma di nuovo essa le fu portata da pescatori che l'av;?-
vano presa in mezzo al mare dall'interno di un pesce, e che l'ave-
vano creduta un peso [da bilancie]. Disse allora la donna: « O suo-
cero, se bene espulsa dalla casa di chi pratica il commercio onesta-
mente, la fortuna ritorna da se ».
Allora venne durevole in casa di quel mercante la fortuna, che
da quel dì egli esercitò il commercio con probità.
44.
Viveva in Kau^àmbi il re Catanika, la cui moglie Mrgavatl era
figliuola del re C'edaka. Una volta, mentre egli stava in una sala,
disse ad un ambasciatore: « Ciò che si vede nel mio regno esiste o
no in quello di un altro? »' Gli rispose quegli: « Vi manca una sala
dipinta ». Volle allora il re far dipingere una stanza, e a ciò fu chia-
mato Soma, il primo fra i pittori. Una volta costui, avendo veduto
un dito di un piede di Mrgavatl, ne dipinse tutto il corpo. Un punto
nero, quantunque egli lo avesse rimosso piìi volte, pure era caduto
nella parte vergognosa di lei. Il re allora, avendo veduto il corpo
della regina dipinto in un quadro e il punto nero stante in quel
luogo, pensò : « Oh ! questo pittore ha veduta interamente [nuda] la
moglie mia! » E per ciò lo condannò a morte. Ma gli altri pittori
dissero: « [Maestà] non dovete far uccider costui: egli ha un dono
da una divinità. Odi :
In Saketanapura, viveva un Yaksa chiamato Surapriya, il quale
ogni anno facevasi ritrarre [in una tela] e poi uccideva il pittore.
Quando alcuno non voleva dipingerlo, egli devastava la città. Per
ciò il re fece un turno fra i pittori [i quali avrebbero dovuto fargli
1 « La risposta che segue è certo la- alla domanda. Forse si sottinteude: [« Il
cunosa, che, non bene, nella forma in vostro regno è superiore agli altri, per le
cui essa ci è data dal testo, si adatta sue proprietà, solamente egli] manca di...
- 76 —
il ritratto]. Colui, il cui uoine usciva dall' urua avrebbe dovuto di-
pingerò il Yaksa. Cosi essendo ogni auuo avvenuto [ per vario
tempo], giunse la volta del figlio di una povei'a vecchia. Costei
cominciò allora a piangere [la sua sventura]. Ma Soma saputo il
turno toccato al figlio della donna, andato a lei, le disse: « Io sa-
prò difendere il tuo figliuolo ». Quindi, avendo fatta la sacra fun-
zione consistente nell' omettere cinque pranzi, e al sosto fatto il sa-
crificio, essendosi purificato e avendo cliiusa la bocca. Soma cominciò
a dipingere il Yaksa. Costui [finito il quadro] disse tutto lieto:
« Chiedi un dono ». E il pittore lo pregò che da quel momento egli
non facesse più ingiuria alcuna ai viventi e inoltre che gli desse
il potere dì fare un quadro dell' intero coi'i^o [di una persona] allor-
ché sola una parte egli ne avesse veduta. E il Yaksa contento, ciò
gli concedette. Ed egli. Soma, ora qui è venuto.
Ciò detto essendo stato mostrato a lui il dito di una schiava,
egli ne dipinse tutto intero il corpo. Un'altra volta Soma dipinto su
un drappo il corpo di IMrgavatl, lo mostrò al re C'andapradyotana,
il quale [innamoratosene] la chiese a Cataulka. Ma costui non gliela
diede. [Canda]pradyotaua allora andò a lui e gli assediò la for-
tezza, e Cataniko, avendo veduto \\n nemico tale, improvvisamente
morì. Disse allora al re la saggia Mrgavatl, dopo aver compiute
tutte le funzioni che dovevano seguire la morte del marito : « Mio
mai-ito è morto. Io desidero essere tua sposa. Ma lascia tu fare al
mio più giovine figlio uno stabile baluardo, e allora io ti accetterò.
Mi ucciderò invece, se tu muoverai impetuosamente contro di me ».
[Ma costruita che ella ebbe la fortezza] non volle sposare C'anda-
pradyotana. Cominciò egli allora a combattere, ma non riuscì a
prendere il baluardo. In questo frattempo si recò ivi Mahavlra. Il
re allora e anche Mrgavatl si portarono ove egli era, per inchi-
nare il Signore. Uditi che ebbero i suoi ammaestramenti, Mrgàvati
chiese la consacrazione gainica e C'andapradyotana, abbandonata
la sua follia, perdonò alla regina Così ella ottenne la consacrazione
e il re inchinato il Signore e lei, donna onestissima, se ne tornò al
proprio paese.
45.
Una volta il maestro Crìdhara dopo aver composti libri di astro-
nomia, come la Trimcatika ete. e dopo averli forniti di una sua
propria dimostrazione, scritto alla fine di essi il suo nome, si insu-
perbi e compose versi [che così suonavano] :
1 Omnielto la versione della frase: ragna» (p. 42) non essendomi possibile
chiunasandako hastah karito rintracciare irsiLniilicato di sandaka.
— 77 -
« Al Nord fiuo alla sede degli dei, al Sud fiuo al monte Malaya
e fiuo all' [estremo] Oriente e Occidente non e' è tra i sapientissimi
alcun astronomo all' infuori di Cridhara ». || 1 ||
Essendosi poi questo saggio posto il nome non a proposito di figlio
di Sarasvatl, costei pensò: «Ohimè! quantunque dotto, pure costui
è stolto, percliè tanto insuperbisce ! » Quindi, avendo presa la forma
di una vecchia, Sarasvatl recatasi presso il maesti'o Cridhara gli
disse: «lo non so far di conto, per ciò tu, che tutto sai, dimmi:
« Uno più due quanto fanno ? » Cridhara rispose: « Tre ». « Così non
devi dire ; parla esattamente ». « Dodici », disse allora Cridhara.
« Ne pur cosi » riprese la vecchia. Ma Cridhara: « O vecchia, tu sei
matta! Tu non intendi ciò che io ti dico: come non ti torna?»
Allora la donna: «Ventuno si ottiene, mettendo a sinistra la [se-
conda] cifra ». Allora Cridhara, chinato il capo disse : « 0 madre, chi
sei tu? » E quella: «Io sono un'abitante del Kacmir, che qui venne
di là per distruggere la tua superbia ». « E di quale superbia mi
sono io reso colpevole ? » disse allora l'astronomo. E Sarasvatl : « La
tua superbia trae origine da quella cloka che dice : " Al Nord fino
alla sede degli dei etc. "». Cridhara disse: «0 madre palesami la
tua vera natura. Perchè mi inganni? » Allora Sarasvatl rivelò a lui
l'esser suo. Cridhara avendo veduta la figura della dea dell'eloquenza,
sorgendo d'un tratto e cadendo poi ai piedi di lei, le disse: « 0 madre,
stolto son io, che in tale superbia montai ». Ed ella: «Figlio, d'oi'a
innanzi non devi insuperbirti. La superbia rende gli uomini infelici
in questo mondo e nell'altro. E in vero:
La sapienza toglie ogni presunzione e superbia: chi per essa di-
viene vano, quale medico potrà avere a sé stesso? Come può esser
fatta cura di colili, al quale l'ambrosia diviene veleno ?||1||
> Il fuoco sorge dall' acqua per coloro che, sopraffatti dal destino,
si insuperbiscono a cagione della loro sapienza, e divengono avari
avendo ricchezza ». || 2 ||
Tali parole di Sarasvatl avendo udite, Cridhara abbandonò [ogni
sentimento di] superbia.
46.
Il superbo Vyàsa Krsnadvaipayana scrisse alla fine del Maha-
bharata queste parole :
« Io conosco il Mahabharata, Cuka lo conosce, Sangaya lo conosce
e forse no, lo conoscono Bhàrati e il divo Recava ». || 1 ||
Da Ayodhyà, situata nella plaga settentrionale a 124 yogaui dal
mare meridionale, si parti un vasajo gaina per fare un pellegrinaggio
al mente Girinara. Frattanto gli scolari di Krsnadvaipayana, che
ivi erano, dissero : « Il nostro maestro tutto sa ! » Il vasajo allora
— 78 —
peusò « Senza [hi i^ii-azia di G'iuu] ouniscieute uessuiio può tutto
couoscore ». Recatosi quindi presso Kisnadvaipayana gli disse: <.< Chi
è r eroe del Maliàbluirata da voi composto?» E il poeta: « Yudhi-
sthira e altri sono gli eroi di esso ». « Che parentela hanno essi con
Draupadl? » chiese di nuovo il vasajo? « Quali cose sono narrate
nel poema ? Quali altre mancano ? »
Vyasa rispose: « Non so *. E il vasajo:
« Il maggiore è marito e suocero di Draupadl, il minore è marito
e cognato di lei, e gli altri tre hanno le tre coudizioni [di marito,
cognato e suocero]. || 1 ||
Allora Draipayaua, sorgendo disse :
« Tu invero sei sapiente, tu intelligente, tu invero un nuovo si-
gnore della religione ; tu sei da lodare, tu sei ricettacolo di san-
tità. 11 2 II
Io invece sono uno stolto, io sono uno stupido, io sono un su-
perbo, un cattivo, un infelice, un privo di virtù, o vasajo ».
47.
Abitava in Cripura il mercante Dhana, grosso capitalista. Egli
aveva molte jjersoue di famiglia : la moglie di nome Dhanavatl, il
figlio, chiamato Kamala e la moglie di costui, Kamala. Morti Dhana
e Dlianavatl, a poco a poco Kamala impoverì. Tuttavia egli si man-
teneva egualmente virtuoso e la moglie sua procurava di fare il
bene del marito. Molti ospiti venivano, ed ella rendeva sempre onore
a tutti coloro che egli le accompagnava. Una volta Kamala, avendo
veduta la moglie assai esile, le disse :
« O pei'chè mai ora, sei così smunta? Dimmi ciò che ti manca ed
io cercherò di procurarti il bisognevole ».
Ella gli rispose :
[« Troppo pili del necessario è donato da noi agli ospiti e per
ciò io sono così sparuta] ».
Allora, dando elemosina in proporzione ai loro averi, essi si ac-
quistarono merito religioso atto a conseguire la liberazione finale.
48.
Un tale s'era messo in cammino, ma per via incontrò un orso,
che correndogli presso voleva ucciderlo. Allora egli, presolo per le
orecchie, cominciò a strizzargliele e a rompergli la pelle. Ma mentre
ciò faceva, caddegli a terra alcune monete. Frattanto un uomo che
passava per la stessa strada, veduto quello cesi stante, gli disse
— 79 —
« Che fai tu? » Risj^ose l'altro: « [Tengo frenato] questo orso, [che]
strizzato nelle orecchie , lascia cadere monete ». E il secondo :
« Se tu darai a me [per qualche tempo] l' animale, potrò io pure
avere alcun poco di denaro ». « E come jDotrò darti io questo
orso ? » gli chiese quello. Ma avendogli 1' altro detto che egli era
un avaro, allora il primo gli passò l'animale fra le sue mani. Co-
minciò subito [il nuovo venuto] a strizzare le orecchie dell' orso,
mentre 1' altro, raccolte le propine monete, gli chiedeva se a lui ne
erano cadute alcune. Ma quello seguitando a strizzare, disse: « Co-
stui nulla mi dà e solo invece desidera uccidermi ». E l'altro: « Or-
bene, lascialo, gli disse ». Ma colui che aveva per le orecchie l'ani-
male gli rispose : « Le orecchie dì quest' orso possono essere prese
ma non lasciate » e in cosi dire grandemente si addolorò. Il primo,
invece, prese le sue monete, fortunato per sua avvedutezza, se ne
tornò a casa.
49.
Un giorno l'illustre Kumarapala chiese [ad un saggio] : « 0 ve-
nerando, ove si trovano nell' oceano dell' esistenza il maggior piacere
ed il maggior dolore? » Rispose il maestro : « Eterna felicità è fra
gli abitatori delle supreme regioni [del cielo], che vivono ivi un tempo
infinito ; eterno dolore [in vece] fra quelli che pure un tempo infi-
nito trascorrono nei sette inferni sotterra. Per ciò deve l'uomo ado-
prarsi a compiere opere non male, ma benemerenti ».
50.
Abitava in C'andrapura un monaco gaina di nome Crldhara, che
aveva un dìscej^olo chiamato Prabhacandra. Una volta costui gli
disse: « 0 venerando, io mi sono approfondito in tutte le scienze,
per ciò ora, quando tu me ne dia ordine, avendo abbandonato il
sanscrito tradurrò in prakrito, secondo la forma degli Anga, la dot-
trina contenuta nei Piirva. Gli rispose il maestro: « [Prima di ciò]
tu farai espiazione [de' tuoi peccati] ». E a tal uopo, a lui che gli
chiedeva che cosa avrebbe dovuto fare per ciò, consigliò di conver-
tii*e un re. Allora Crldhara si recò in Cripura per ottenere la con-
versione del sovrano [di quella città]. Ma costui gli affidò la propria
figlia, perchè fosse da lui istruita. Prabhacandra allora cominciò a
far leggere a quella fanciulla il Mahabharata, i codici delle leggi ed
altre cose sagge. Ma a poco a poco nacque fra i due giovani amore,
il quale fu cagione che si accoppiassero. Saputo ciò, il re si recò di
— 80 —
nascosto, [ove essi erano] per scoprirò il loro contegno. Prabhacandra,
frattanto recitò alcuni versi che così suonavano:
« OliimM invertito è l'ordino del corso delle azioni in questa rete
che si chiama esistenza ! Non solo i pesci vengono presi, ma anche
il pescatore! » || 1 ||
Udito ciò, il re gli diede in isposa la propria figlia.
11 maestro, col tempo, seppe quanto era avvenuto al suo scolaro.
Esclamò allora :
« Nel mondo un maledetto destino sotto forma di donna ci pro-
cura frodi: sono liberi gli ingenui e i saggi cadono nella rete! » !| 1 ||
E [lo scolaro] disse al maestro :
«•Esiste magnanimità, sapienza, nobiltà di sangue, verità, discerni-
mento, fin tanto che il fuoco d'amore non arde nelle membra ! » || 1 (|
Prabhacandra, tuttavia, rimase [ove era], disprezzando le parole
del maestro. Ma col tempo egli perdette tutto il sapere acquisito e
divenne uno stolto.
E in vero: « Gli uomini dediti alle donne non conoscono più
[alcun dovere né verso] il padre né [verso] la madre. Così avviene
che certuni troppo obbedienti ad esse, non discernano più ciò che
si deve da ciò che non si deve fare ». 1| 1 11
APPENDICE
Riportiamo qui alcuni cloki i quali, perchè di incerta od impos-
sibile interpretazione, non abbiamo creduto opportuno lasciare nel
testo.
Nov. 30, pag. 30: tra le righe 9 e 10:
vasahìsayanasapà(?)bhattapanahhesaggavattapattàim |
gai vi na paggattadhano thova viha thovayam dei||
Tenterei di tradurlo:
vasaticayanani sadà('?) bhaktapànabhaisagyavastrapatrani |
yady api na paryaptadhanam, stokà api, khalu stokakam(?) dadati ||
Ibidem, alla fine:
samàiyammi oka esa mano iva savao gamba |
cena karaneuam bahuso samaiam kugga | \
màsaiyam kunanto samabhàvam sàvao ghadi duggam 1
àum suresu baindhai ittimittaim pahaim 1 1
bauavaikadiula2kagunasadvisahasapauavlsa |
navasayapancavìsaesatihaaibhàgapahassa 1 1
Se alcunché può intendersi dei due primi di questi tre eloki (e per
ciò ne ho tentata la divisione delle parole), nulla o quasi nulla, a
parer mio, può rilevarsi dal terzo.
*
* *
Nov. 34, p. 33. La sentenza che trovasi prima delle due che
iniziano la novella è data dal testo alla fine della nov. 32, ove, evi-
dentemente, nulla ha a che fare. Non esito quindi a trasportarla al
luogo opportuno, presso l'altra cioè, da cui tanto poco differisce per
forma e contenuto. Per questa ultima ragione anzi, abbiamo tradotti
ambedue gli 9loki con un solo concetto.
— 82 —
Ibidem, di seguito alla sentenza che finisce alla vig;i 20:
yeua yeua hi bhavena yugyate yautravàhakah(?) |
teua tena tanmayatani yati vic-varùpo iuam(?) ||
itikàbhraniarldhyaua.t(tìic] bliramari gayate yatlia |
tatlui dbyauauui-ùpah i5yat(sic) givah vubliarubhatmaghaD(?) ||
Si allude in quest'ultima sentenza all'effetto della meditazione del
yogin ? Forse vubh àcubhatniaghàn sta per "cubhatmavan ?
Nov. 50, p. 48. Dopo il primo tatra (il secondo è incorso per
errore di stampa in luogo di tada) il testo ha: tadà gurunà
'd h y a t a m :
uà 'nyali krodhatapàdàdhir (?) uà 'nyali ksayamayat (?) |
nà 'nyah sovakato duhkhi, n a 'nyali kamukato dhalah(?)||
Il primo emistichio è inoltre, come si vede chiaro, metricamente
ei-rato.
ERRATA-CORRIGE
Pas- 20 rigo 2'2 invece di G'agendra"
» (nota 2) » Mini ansa
22 rigo 7 » papraccha
23 » 9 » "paravrttim
23 » 23 » thabhir
25 » 79 » 'dhistitan
27 » 2 » bah u papa m
28 (nota 1) » Streitscliriit
32 rigo 9 » 'vag
37 » 35 ri va dopo "sevakan, non dopo "kathà
41 «■ 6 invece di Girinara" leggi Girinara"
17 (nov. 50), rigo 1, invece di purvagatam leggi l'urvagatain
leggi Gagendra
» M I m a m s a
» papraccha
» paravrttim
» tabhir
» ' d h i s t h i t a u
» bahu papam
» Streitschrift
» 'vak
ESTRATTO
BEGLI STUDI ITALIANI DI FILOLOGIA INDO-IRJ
UNICA
PK
3798
S832
P316
Subha-sila Gani.
Pancacati-prabodhas^mbandhah
PLEASE DO NOT REMOVE
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UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY