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Full text of "Rendiconti"

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HARVARD  LAW  LIBRARY 


Received     OCT  4       1929 


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ATTI 


DBLLA 


BEALE  ACCADEMIA  DEI  LINCEI 


ANNO    CGLXXXV. 
1888 


SEIÒIB     dU  ^TòT  J^ 


EENDICONTI 

PUBBLICATI  PER  CUBA  DEI  SEGBETABI 


VOLUME    IV. 

V  Semestre 


ROMA 

TIPOGRAFIA  DELLA  R.  ACCADEMIA  DEI  LINCEI 


PROPRIETÀ   DEL   CAV.    V.    SALVIUCCI 

1888 


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IV- 


é 


0CT4    1929 


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KENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DELLA    R.    ACGADEMLA.    DEI    LINCEI 


Glasse  di  scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

Seduta  dell'  8  gennaio  1888. 
F.  Brioschi  Presidente 


.  Astronomia.  —  Sui  fenomem  della  cromosfera  solare^  osser- 
vati al  R.  Osservatorio  del  Collegio  Romano  7iel  4""  trimestre 
del  1887.  Nota  del  Corrispondente  P.  Tacchini. 

«  Ho  Tenore  di  presentare  air  Accademia  una  breve  Nota  sulle  osserva- 
zioni della  cromosfera  solare  fatte  al  B.  Osservatorio  del  Collegio  Romano 
durante  il  4""  trimestre  del  1887.  Anche  queste  osservazioni  furono  contrariate 
dal  cattivo  tempo,  e  si  poterono  eseguire  in  sole  37  giornate,  cioè  11  in  ot- 
tobre, 13  in  novembre,  e  13  in  dicembre.  Ecco  i  risultati  di  questa  nuova 
serie: 


1887 

Medio  na. 

mero  delle 

protnbennxe 

per  giorno 

Hedù 

•Itezia 

por  giorno  ' 

media 

Hasaima 

alto!» 

OBserrata 

Ottobre    .  . 
Novembre  . 
Dicembre   . 

4<*  trimestre 

6,3 

11,0 

8,3 

8,65 

S9"0 

44,0 
44,2 

42,6 

2*»! 
1,6 
1,6 

1,7 

90" 
84 
104 

104 

«  Se  si  confrontano  questi  dati  con  quelli  del  precedente  trimestre   (vedi 
Bendiconti  13  novembre  1887),  si  può  dire  che  nell'ultimo  trimestre  del  1887 


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—  4  — 

i  fenomeni  cromosferici  solari  presentarono  una  lieve  diminuzione,  risultando 
le  medie  del  trimestre  tutte  inferiori  di  quelle  del  precedente.  Anche  in  queste 
serie  non  vi  ha  relazione  stretta  fra  il  fenomeno  delle  protuberanze  e  quello  delle 
macchie  solari,  perchè  mentre  il  massimo  numero  diurno  delle  protuberanze 
avrenne  in  novembre,  in  questo  mese  si  ebbe  un  minimo  secondario  nelle 
macchie.  Qualche  fenomeno  eruttivo  venne  osservato  in  novembre  e  dicembre, 
ma  di  poca  importanza  «. 

Astronomìa.  —  Osservamni  di  macchie  e  facole  solari  fatte 
al  R.  Osservatorio  del  Collegio  Romano  nel  4""  trimestre  del  1887. 
Nota  del  Corrispondente  P.  Tacchini. 

'  «  Presento  all'Accademia  il  riassunto  delle  osservazioni  delle  macchie 
e  facole  solari,  eseguite  nel  B.  Osservatorio  del  Colico  Bomano  durante  il 
4*  trimestre  del  1887.  Le  osservazioni  furono  un  poco  contrariate  dal  cattivo 
tempo,  e  non  si  poterono  eseguire  che  in  55  giornate,  cioè  19  in  ottobre, 
17  in  novembre,  e  19  nel  dicembre.  Ecco  i  risultati: 


1887 

Frequenta 

delle 
macchie 

Frequenza 
dei 
fori 

Frequenza 
deUe 
M  +  F 

Frequenza 

dei  giorni 

senza 

M  +  F 

Frequenza 

dei  giorni 

coneoU 

F 

Frequenza 

dei 

gruppi 

Media 

delle 
maocUe 

Media 

estensione 

delle 

facole 

Ottobre   .  . 

Novembre  . 

Il  Dicembre  . 

40  trimestre 



0^0 

0,88 
3.37 

1,75 

0,37 

0,82 
3,31 

1,53 

1,27 

1,70 
6,68 

3,28 

0,47 
0/47 
0,16 

0,37 

0,00 
0,00 
0,00 

0,00 

0,70 
0,71 
1,21 

0,88 

90,21 

6,41 

40,10 

22,82 

10.58 
17,80 
16,84 

14,19 

•  Paragonando  questi  dati  con  quelli  del  trimestre  precedente  (vedi  Ben- 
diconti  18  novembre  1887),  si  vede  che  la  diminuzione  nel  numero  delle 
macchie,  già  accentuata  nel  mese  di  settembre,  continuò  in  ottobre  e  nel  no- 
vembre, nei  quali  mesi  fu  anche  scarso  assai  il  nomerò  dei  relativi  gruppi, 
così  che  ad  onta  dell'accrescersi  del  fenomeno  nel  mese  di  dicembre,  le  medie 
per  il  4®  trimestre  1887  relative  al  numero  delle  macchie  e  frequenza  dei 
gruppi  risultano  inferiori  a  quelle  del  8^  trimestre.  Foca  è  invece  la  differenza 
per  Testensione  delle  macchie  e  delle  facole.  Sono  da  rimarcarsi  i  periodi  dal 
6  al  17  ottobre,  dal  28  ottobre  al  4  novembre  e  dal  21  novembre  al  P  di- 
cembre, in  cui  mancarono  macchie  e  fori  ». 

Matematica.  —  Sulle  superficie  d^area  minima  negli  spazi  a 
curvatura  costante.  Memoria  del  Corrispondente  Ltrroi  Bianchi. 

Onesto  lavoro  sarà  pubblicato  nei  volumi  delle  Mamorie. 


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5  — 


Fisica.  —  Sulla  conducibilità  calorifica  del  bismuto  posto  in  un 
campo  magnetico.  Memoria  del  Corrispondente  Augusto  Righi. 

Que&t»  laToro  sarà  inserito  nei  rolumì  delle  Memorie. 

Zoologia.  —  Morfologia  e  sistematica  di  alcuni  protozoi  pa- 
rassiti. Nota  preliminare  del  Corrispondente  B.  Grassi. 

«  É  mio  scopo  il  completare  in  alcuni  punti  gli  studi  da  me  fatti  sui 
protozoi  parassiti  nel  1879,  e  raccolti  poi  in  una  Memoria  che  vide  la  luce 
nel  1882  (Atti  della  Soc.  Ital.  di  Scienze  naturali,  voL  XXIV).  I  migliora- 
menti introdotti  in  questi  ultimi  anni  nella  tecnica  microscopica  e  la  pra^- 
tica  maggiore  da  me  acquistata  nelle  ricerche,  m*inyogliapono  a  tornare  sul- 
Targomento,  nonostante  che  dopo  di  me  fosse  stato  già  ripreso  e  nuoyamente 
illustrato  da  parecchi  studiosi  (Blochmann,  Bfttschli,  EOnstler,  Fisch,  See* 
liger,  Danilewskj). 

s  La  forma  da  me  descrìtta  come  Monere  (?)  delle  Raganelle,  è  stata 
ristudiata  dal  Fisch,  che  ne  ha  &tto  risaltare  la  grande  importanza  morfo- 
logica e  rha  definitivamente  denominata  Grassia  Ranarum.  Il  Seeliger  ha 
invece  sospettato  che  il  nostro  protozoo  non  fosse  che  una  cellula  epiteliale 
a  ciglia  vibratili  :  è  quasi  inutile  soggiungere  che  Terroneità  di  una  tale  sup- 
posizione riescirà  evidente  a  chiunque  vorrà  osservare  le  figure  e  le  descri- 
zioni date  da  me  e  dal  Fisch. 

Il  Danilewsky  ha  riveduto  il  Paramecioides  Costatuniy  Grassi,  e  Tha  ri- 
tenuto nient'altro  che  una  varietà  del  Tn/panosoma  Sanguinisi  Gruby.  Il 
Bntschli  ha  cancellato  il  mio  genere  Parameeioides^  facendolo  sinonimo  del 
gen.  Trypanonoma. 

«  Contro  Topinione  del  Danilewskj  devo  ripetere  ciò  che  nella  mia 
Memoria  ho  già  fatto  risaltare: 

«  I.  che  il  Paramecioides  a  Bovellasca  si  trova  appena  nella  Bana 
Esculenta,  in  cui  è  anzi  comunissimo,  manca  cioè  costantemente  negli  altri 
Batraci  (Bana  Temporaria,  Hyla  virìdis.  Bufo  varie  specie)  ancorché  convi- 
vano colla  prima;  che  il  Trypanosoma  è  per  contrario  comunissimo  tanto 
nella  Bana  Esculenta  quanto  negli  altri  or  citati  Batraci; 

«  II.  che  non  si  trovano  forme  intermedie  tra  il  Trypanosoma  e  il 
Paramicioides. 

«  Io  poi  non  posso  accettare  la  soppressione  del  gen.  Paramecioides 
proposta  dal  Bùtschlì,  e  ciò  perchè  la  forma  stabile  del  corpo  e  le  coste  o 
(«ette,  che  ne  percorrono  la  superficie  in  senso  longitudinale,  mi  sembrano 
caratteri  di  valore  generico. 


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—  6  — 

K  Premesse  queste  brevi  osservazioni  crìtiche,  passo  alle  ricerche  da  me 
nuovamente  istituite:  esse  riguardano  i  Monocercomonas,  i  Cimaenomonas 
(Trichomonas),  i  Trichomonas  Grassi,  i  Plagiomonas  e  infine  YAmoeba  Coli, 

«  Sono  già  parecchi  anni  che  io  descrissi  coi  nomi  di  Joenia  annectens  un 
Flagellato  parassita  del  Calotermes  Flavicollts;  uno  dei  caratteri  più  sor- 
prendenti della  Joenia  sf  è  un  bastoncello,  che  percorre  l'interno  del  corpo 
di  questo  Protozoo,  nel  senso  della  lui^hezza,  trafiggendolo  talvolta  da  parte 
a  parte,  e  che  air  avanti  presenta  un'incavatura  per  accogliere  il  nucleo,  il 
quale  possiede  anzi  una  membrana  che  appare  aderente  al  bastoncello  in 
corrispondenza  alVincavatura.  Questo  organo  venne  da  me  interpretato  come 
una  sorta  di  scheletro  intemo.  Nella  stessa  Nota  io  richiamava  l'attenzione 
sulla  possibile  omologia  del  bastoncello  col  cosidetto  Kiel  dei  Trichomonas 
(Sin.  Cimaenomonas)  e  ne  induceva  la  possibilità  di  far  rientrare  nella  classe 
dei  Flagellati  anche  la  famiglia  delle  Lophomonadine  (da  me  stabilita  per 
i  gen.  Lophomonas  e  Joenia)^  famiglia  che  si  trova  esclusa  nel  sistema  pro- 
posto nell'opera  classica  del  piti  grande  conoscitore  di  protozoi  oggigiorno 
vivente,  il  prof.  Bùtschli  (Brom's  Protozoa).  Molte  e  prolungate  osservazioni 
mi  autorizzano  ora  a  sostenere  che  nei  Trichomonas  {Cimaenomonas)  no& 
esiste,  come  asseriscono  specialmente  Bùtschli  e  Blochmann,  »  un  Kiel  auf 
dem  Edrper»  cioè  una  carena  o  cresta  sul  corpo  (superficiale);  non  è  una 
cresta,  ma  bensì  un  bastoncello  molto  simile  a  quello  della  Joenia^  non  è 
superficiale,  sibbene  intemo  come  quello  della  Joenia;  esso  sta  però  più  av- 
vicinato a  quella  superficie  del  corpo  che  i  suddetti  autori  denominano  obere, 
che  a  quella  che  gli  stessi  denominano  untere^  ma,  ripeto,  è  certamente  intemo. 
M'è  d'uopo  aggiungere  che  in  certi  individui,  talora  in  tutti  quelli  ospitati 
da  un  dato  esemplare  d'un  Batracio  per  es.,  il  bastoncello  non  è  visibile, 
oppure  è  sottile  come  nelle  figure  del  Blochmann,  oppure  trovasi  limitato  quasi 
alla  metà  posteriore  del  corpo.  Credo  che  tutte  queste  variazioni  siano  ascri- 
vibili alla  differente  età  degli  individui.  Il  bastoncello  è  molto  sviluppato  e 
relativamente  grosso  nei  Trichomonas  dei  Bufo:  si  è  negli  esemplari  molto 
grandi  che  riesce  facile  di  persuadersi  che  sta  veramente  nell'interno  del  corpo. 
Io  credo  perciò  omai  indiscutibile  la  già  da  me  supposta  omologia  di  questo 
bastoncello  con  quello  della  Joenia:  non  esito  quindi  a  ritener  dimostrata 
la  parentela  della  Joenia  coi  Trichomonas,  parentela  indicata  anche  da  altri 
caratteri  (nucleo  ecc.). 

«  È  possibile  che  il  bastoncello  non  sia  altro  che  il  prodotto  della  dif- 
ferenziazione della  membrana  del  nucleo.  Notevole  si  è  anche  l'analogia  del 
bastoncello  in  discorso  o^oW! Axenfaden  di  molti  spermatozoi,  i  quali,  com'è 
noto,  imitano  nella  loro  stmttura  i  Flagellati. 

«  In  tutte  le  forme  da  me  ristudiate,  ho  potuto  trovare  un  nucleo  nella 
parte  anteriore  del  corpo,  anche  nel  Plagiomonas  e  nel  Trichomonas  Orassi 


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{Polymastix?  Bùtschli)  in  cui  m'era  sfiiggito  nel  1879.  Nel  Trichomonas  Ba- 
traehorum  il  nucleo  possiede  un  evidente  nucleolo. 

■  Tutti  i  Flagellati  da  me  riesaminati  (eccetto  il  Megastoma,  di  cui  qui 
non  mi  occupo)  si  possono  nutrire  d'alimenti  solidi  in  pezzi  più  o  meno  vo- 
luminosi: possono  assumere  materie  fecali  dell'oste,  corpuscoli  amilacei,  leu- 
cociti, globuli  rossi  ecc. 

«  In  tutti  ho  trovato  una  bocca  che  era  già  stata  da  me  segnalata  nella 
Memoria  precedente:  riesce  però  iholto  malagevole  il  formarsene  un'idea 
esatta.  Patto  sta  che  nei  Trichomonas  (Ctmaenomonas)  fe  l'impressione  di 
una  fessura  o  d*un  infossamento  in  vicinanza  all'inserzione  dei  flagelli:  le 
labbra,  o  pareti,  delimitanti  questa  fessura,  possono  presentarsi,  già  sul  vivo, 
distaccate  l'una  dall'altra,  ovvero  combaciantisi;  e  quest'ultimo  è  il  caso  più 
comune,  lo  che  spiega  come  l'organo  in  discorso  sia  sfuggito  al  Bùtschli,  al 
Blochmann  ed  al  Eùnstler.  Io  credo  che  questa  fessura  esista  appena  virtual- 
mente quando  il  protozoo  è  ben  pasciuto,  e  venga  a  diventar  beante  quando 
sta  nutrendosi;  diventa  beante,  a  mio  credere,  per  mezzo  d'un  vacuolo  che 
compare  in  essa,  probabilmente  uscente  dal  fondo  della  fessura  stessa  (Mund- 
stelle):  questo  vacuolo  allontanerebbe  le  due  labbra  l'una  dall'altra  e  ver- 
rebbe a  sporgere  fino  al  di  fuori  dell'apertura  boccale.  Esso  mi  apparve  molto 
più  evidente  nel  citostoma  del  Plagiomonas  e  del  Monocercomonas  Insectorum. 
Voglio  aggiungere  d'aver  veduto  non  di  rado  un  vacuolo  boccale  occupante 
il  grande  citostoma  (spazio  peristomiale)  del  megastoma. 

«  Il  gen.  Trichomonas  degli  autori  {Cimaenomx)nas)  è  caratterizzato 
da  un  peculiare  ondeggiamento  che  nella  precedente  Memoria  io  aveva  at- 
tribuito allo  scuotersi  d'un  flagello  originante  anteriormente  e  rovesciato  al- 
Tindietro  sul  corpo  dell'animale,  del  quale  sorpassa  la  lunghezza  per  un 
tratto  maggiore  o  minore.  Questo  tratto  distale  appare  ordinariamente  spinto 
da  im  lato  rispetto  all'estremità  posteriore  dell'animale.  Il  Blochmann,  il 
Bùtschli  e  il  Klinstler  si  sono  persuasi  che  questo  flagello,  nella  parte  cor- 
rispondente al  corpo  dell'animale,  non  è  libero,  sibbene  resta  riunito  al  corpo 
stesso  per  mezzo  di  una  sottilissima  membrana.  Anch'io  ho  potuto  convin- 
cermi che  essi  hanno  ragione:  è  quindi  infondata  l'interpretazione  data  del- 
Toi^ano  ondeggiante  dallo  Stein  e  recentemente  ripetuta  dal  Seeliger.  Questo 
flagello  rivolto  all'indietro,  ancorché  strappato  via  dal  corpo  dell'animale, 
purché  vi  resti  fisso  in  un  punto  anteriore  o  posteriore  (l'osservazione  riesce 
facile  nel  T.  muris),  continua  a  vibrare.  La  membranella  riuniente  il  flagello 
al  corpo  ha  un  margine  più  lungo  e  uno  più  corto:  è  più  lungo  quello  che 
s attacca  al  flagello,  il  quale  descrive  costantemente  una  linea  serpentina: 
è  più  corto  quello  che  s'attacca  al  corpo  dell'animale,  percorrendo  una 
linea  retta. 

«  Il  Trichomonas  Muris  verso  la  parte  media  del  crasso,  e  non  di  rado 
anche  prima,  assume  lo  stato  di  riposo:  in  questo  stato  il  corpo  presentasi 


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—  8  — 

tondeggiante,  il  protoplasma  addensato,  quasi  irrigidito,  i  flagelli  sono  scom- 
parsi, può  restare  ancora  traccia  del  bastoncello  e  déll*inserzione  del  flagello 
rivolto  all'indietro,  il  nucleo  è  sempre  evidente,  manca  una  vera  capsula. 
Una  trasformazione  simile  ho  trovato  anche  nel  Monocercomonas  Insectorum. 

«  Vengo  ora  alla  parte  sistematica.  Il  Bùtschlì  ha  adottato  ben  poche 
linee  dell'edificio  sistematico  da  me  proposto.  Ora,  dopo  le  nuove  ricerche 
da  me  fatte,  mi  è  restata  la  convinzione  che  quello  nuovo  del  Bùtschli  non 
può  senz'altro  venir  preferito  al  mio.  E  infatti  col  sistema  del  Bùtschli  Vffe- 
teromita  (Sin.  Bado)  viene  ad  essere  in  un  sottordine  difl^erente  (Heteromor 
stigoda)  da  quello  (Isomastigoda)  del  Trichomastix  Bloch.  (Sin.  Monocerco- 
monas Orassi)  per  la  semplice  ragione  che  il  Trichomastix  possiede  due 
flagelli  di  più,  mentre  i  Megastoma  e  le  Hexamitae  vengono  ad  essere  ac- 
cozzati in  un  medesimo  sottordine  {Isomastigoda)  coi  Trichomonas  e  coi 
Trichomastix  ecc.  non  ostante  che  presentino  divergenze  ben  più  considerevoli 
anche  nei  flagelli,  lì Heteromita  (Bodo)  resta  in  un  sottordine  differente  da 
quello  del  Plagiomonas  (con  cui  presenta  un'innegabile  afSnità)  (contraria- 
mente a  quanto  suppone  il  Bùtschli,  il  Plagiomonas  non  è  affatto  un  Heteromita 
ma  trova  posto  tra  gli  Isomastigoda  con  due  flagelli  anteriori).  Anche  il  Fa- 
ramecioides  e  il  Trypanosoma  col  sistema  del  Bùtschli  vengono  enormemente 
discostati  dal  Polymastix  (?)  e  dal  Trichomonas  a  cui  pur  naturalmente  paiono 
vicini.  Non  è  neppur  giustiflcata  la  separazione  di  sottordine  delle  Monomite 
(fferpetomonas)  e  dei  Plagiomonas.  Dell' esclusione  dei  Lophomonas  dai  Fla- 
gellati ho  già  sopra  parlato. 

«  Il  metodo  della  divisione  dei  Flagellati  in  semplici  famiglie,  metodo 
da  me  seguito  nella  mia  Memoria,  mi  sembra  molto  più  naturale. 

<t  Anche  per  quel  che  riguarda  la  nomenclatura,  vado  convinto  che  il 
Bùtschli  ha  tenuto  troppo  poco  conto  delle  mie  proposte.  Ho  già  detto  che 
non  possono  esser  considerati  sinonimi  Trypanosoma  e  Paramecioides,  Plagio- 
monas e  Bodo.  Io  aveva  fatto  una  famiglia  speciale  dei  Megastomi  {Mega- 
stomidea)  e  l'aveva  collocata  dopo  la  famiglia  delle  Gercomonadina,  della 
quale  l'ultimo  genere  era  YHexamita,  Con  ciò  volevo  dire  che  il  Megastoma 
per  un  carattere  sagliente  (due  flagelli  posteriori)  ricorda  XHexamita^  ma  che 
si  è  però  ulteriormente  differenziato  tanto  da  meritar  d'esser  collocato  in  una 
famiglia  differente.  Il  Bùtschli  invece  crea  la  famiglia  delle  Tetramitine  e 
delle  Polymastigina:  a  quella  riferisce  i  Monocercomonas, \  Trichomonas  ecc., 
a  questa  le  Hexamitae,  i  Megastoma,  il  Polymastix  ì  Bùtschli  (Sin.  Tri- 
chomonas, Orassi).  Intanto  il  termine  Polymastigina  è  per  lo  meno  superfluo 
essendo  anteriore  quello  di  Megastomidea,  Orassi.  Ma  perchè  il  Bùtschli  ha 
denominato  la  famiglia  dal  genere  incerto  Polymastix  (?)  Bùtschli  ?  Il  Poly- 
mastix (?)  del  resto  è  intimo  parente  delle  Tetramitae  e  dei  Plagiomonas  e 
non  ha  nulla  che  vedere  colle  Hexamitae  e  coi  Megastoma.  Il  gen.  Tricho- 
mastix Bloch.,  adottato  dal  Bùtschli  è  forse  superfluo,  rientrando  benissimo  nel 


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gen.  Monocercomonas^  Orassi.  Il  Bùtschli  infine,  attenendosi  alle  leggi  della 
nomenclatura,  ha  respinto  certi  cambiamenti  da  me  proposti,  per  es.  quello 
di  Cimaenomonas,  inyece  di  Trichomonas.  Io  li  aveva  suggeriti  nella  ferma 
opinione  che  fosse  lecito  mutare  i  nomi  che  potrebbero  dare  una  falsa  idea 
dell'animale  che  indicano,  ogni  qual  volta  non  fosse  possibile  che  il  cam- 
biamento producesse  confusione. 

«  Per  comodo  del  lettore  riproduco  qui  la  classificazione  già  da  me  adot- 
tata, con  pochissimi  cambiamenti.  Difetti  ne  presenta  :  la  famiglia  Cercomo- 
nadine  vuol  esser  scissa,  ma  io  lascio  volentieri  queste  innovazioni  a  chi  si 
occuperà  anche  delle  forme  libere. 

Fam.  Cercomonadine  Kent  emend. 

«  Gen.:  1.  Herpetomonas  Kent  (Sin.  Monomita  Grassi).  —  2.  Trypa- 
nosoma  Gruby.  —  3.  Paramecwides  Grassi  (Sin.  Paramecium  Wedl  1850).  — 
4.  Plagiomoaas  1882  Grassi  (Sin.  Gystomonas  B.  Blanch.  1886  (^).  —  5.  Bado 
Ehr.  (Sin.  Heieromita  Duj.).  —  6.  Momcercomoìias  Grassi  (Sin.  Tnchoma- 
Btyx  Bloch.).  —  7.  Cinaenomonm  Grassi  (Sin.  Trichomonas  Donno).  —  8.  Co- 
stifera  Grassi  1887  (Sin.  Polymastix?  Bùt).  —  9.  JDicercomonas  Grassi 
{Sin.  Hexamita  Dui.,  Giardia  Kùnst). 

Pam.  Hegastomidea  Grassi  1882  (Sin.  Polymastigim  Biit.  1883). 

«  Gen.  10.  Megastoma  Grassi  (Sin.  Cercoìnona&  Lambì  1859;  Lamblia 
K.  Blanch.  1886). 

Pam.  Lophomonadidda  Grassi. 

«  Gen.  11.  Lophomonas  Stein.  —  12.  Joenia  Grassi. 

«  Riassumo  brevemente  le  caratteristiche  dei  singoli  generi. 

1.  Herpetomonas:  Un  solo  flagello  anteriore  (cioè  originante  all'estremo  an- 

teriore del  corpo),  diretto  anteriormente,  nessuno  posteriore. 

2.  Trypanosoma:  Una  membrana  ondulante,  terminante  ih  un  flagello:  forma 

del  corpo  mutabilissima. 

3.  Paramecioides  :  Come  il  gen.  2,  ma  forma  del  corpo   costante   e   corpo 

percorso  da  creste  longitudinali. 

4.  Plagiomonas:  Due  flagelli  anteriori,  diretti  anteriormente,  ed  uno  poste- 

riore (caudale). 

5.  Dodo:  Due  flagelli  anteriori,  uno  diretto   anteriormente   e  Taltro  poste- 

riormente: nessuno  posteriore. 

6.  Monocercomonas:  Quattro  flagelli  anteriori,  tre  diretti  anteriormente   ed 

uno  più  lungo  rovesciato  airindietro  e  sopravanzante  l'estremità  poste- 
riore del  corpo:  nessuno  posteriore. 

7.  Cimaenomonas:  Quattro  -  cinque  flagelli  anteriori,  tre -quattro    diretti  in 

(1)  Traité  de  Zool  Medicale,  Paris  1886,  p.  78. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1*>  Sem.  2 


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avanti,  uno  rivolto  air  indietro,  più  lungo  del  corpo  e  fissato  per  un 
gran  tratto  al  corpo  stesso  con  una  sottilissima  membranella,  nessun  fla- 
gello posteriore:  scheletro  intemo  fatto  da  un  pezzo  longitudinale  (ba- 
stoncello). 

8.  Costi  fera:  Quattro  flagelli  anteriori,  tutti  diretti  più  o  meno  nettamente 

in  avanti:  un  flagello  posteriore  delicatissimo:  corpo  percorso  da  eoste 
0  creste  longitudinali,  quasi  come  nel  gen.  3. 

9.  Dicercomonas  :  Quattro  flagelli  anteriori,  tutti  diretti  più  o  meno  netta- 

mente in  avanti  :  due  flagelli  posteriori  :  scheletro  interno  (Mto  da  uno 
0  due  pezzi?):  corpo  senza  una  distinta  cuticula. 

10.  Megastoma:  Y.  Memoria  speciale  in  corso  di  stampa. 

11.  Lophomonas:  Molti  flagelli  anteriori,  diretti  più  o  meno  nettamente  in 

avanti:  scheletro  intemo  &tto  da  due  pezzi. 

12.  Joenia:  Molti  flagelli  anteriori,  diretti  più  o  meno  nettamente  in  avanti: 
scheletro  intemo  fatto  da  un  pezzo  principale  (bastoncello)  e  da  molti 
piccoli  accessori:  metà  posteriore  del  corpo  rivestita  di  fine  ciglia  im- 
mobili. 

■  Mi  sono  convinto  che  quei  corpiccioli  sporgenti  che  presentano  le  Co- 
stifere  e  che  con  grande  riserbo  io  aveva  nell'altra  Memoria  tentato  di  spie- 
gare come  corpi  tricocistomorfi,  sono  veramente  corpi  estranei  (batteri)  insi- 
nuatisi e  fissatisi  con  un  loro  estremo  nei  solchi  tra  le  coste,  ond'è  percorso 
il  corpo  del  protozoo.  Un  sospetto  simile  era  già  stato  avanzato  dal  Eùnstler. 
A  proposito  del  Eùnstler  non  ho  che  a  dolermi  dall' aver  egli  ridescritto  nei 
Comptes  Rendtis  1883,  parecchie  forme  da  me  scoperte  senza  nemmeno  ci- 
tarmi: egli  ha  fatto  così  nascere  una  confusione  che  il  Bùtschli  ha  cercato 
di  togliere. 

«  Il  sopra  esposto  quadro  sistematico  conferma,  se  non  m'inganno,  la  mia 
opinione  sulla  posizione  del  gen.  Megastoma.  L' Eexamita  non  è  prossima  al 
Megastoma  tanto  (guanto  crede  il  Bùtschli  :  l'unico  riscontro  sicuro  viene  dato 
dai  due  flagelli  caudali:  per  gli  altri  caratteri  THeiamita  è  molto  più  pros- 
sima al  MonocercomonaSy  al  Trichomonas  ecc.  (^)  La  forma  da  me  descritta 
come  Dicercomonas'^  muris  è  veramente  un  Dicercomx>nas,  e  perciò  lascio  i 
nomi  Dicercomonas  muris,  togliendone  soltanto  il  punto  interrogativo. 

■  Secondo  le  mie  nuove  ricerche  il  Monocercomonas  hominis  deve  mutar 
genere  :  esso  è  in  realtà  un  Cimaenomonas,  o  se  si  preferisce,  un  Trichomonas 
hominis  a  cui  restano  sinonimi  anche  Cimaenomonas  hominis  (Grassi)  Cercom^o- 
nojs  Aomene£(Davaine),  Cercomonas  intestinalis  (Leuckart),  Aynoeha  sp.  (Lambì.) 
Non  ostante  i  dubbi  sollevati  dal  Leuckart,  dal  B.  Blanchard  e  prima  di  loro 


{})  La  forma  ffexamitus  infiatus  Dns.,  quale  viene  ridescrltta  da  Bùtschli,  dev'essere 
considerata  rappresentante  d'un  nuovo  gen.  (Duiardinia)  per  la  disposizione  dei  flagelli 
e  per  i  vacuoli  contrattili. 


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— 11  — 

dal  Bttschli,  rado  convintisnmo  che  due  sole  specie  di  Monadine  si  riscoiH 
trono  nell'intestino  dell'uomo  in  Italia,  in  Francia,  in  Oermania  ed  in  Austria, 
e  cioè  il  Megastoma  entericum  (Grassi)  e  il  Triehomonas  hominis  (Day.).  La 
piccolezza  dì  quest'ultimo  parassita  ne  rende  oltremodo  difficile  lo  studio,  da 
ciò  l'insufficienza  della  mia  precedente  descrizione.  Con  buone  lenti  ad  immer- 
sione ho  potuto  persuadermi  che  l'ondeggiamento  yeriflcasi  in  tutti  gli  individui; 
che  quest'ondeggiamento  è  interamente  paragonabile  a  quello  dei  Trichomonasi 
che  il  flagello  ondulante  si  comporta  come  nei  Trichomonas  e  s'estende  perciò 
d'un  bel  trotto  al  di  là  dell'estremo  posteriore  dell'animale;  che  infine  esiste 
un  bastoncello  intemo  pure  come  nei  Trichomonas,  ma  questo  bastoncello  non 
ò  visibile  che  di  rado,  talvolta  appena  nella  sua  parte  posteriore,  tuttocìò 
forse  perchè  gli  individui  in  esame  non  sono  interamente  maturi. 

•  Riassumo  brevemente  i  carotieri  del  Trichomonas  hominis  Dav.  che  iute* 
ressa  la  scienza  medica.  Corpo  piriforme,  ovalare,  o  subovalare,  un  po'  asimme- 
trico; coda  più  0  meno  spiccata,  lunga  talvolta  quanto- il  corpo  dell'animale,  di 
solito  non  corrispondente  perfettamente  al  polo  posteriore  del  corpo  ;  non  più  di 
quattro  flagelli  anteriori  e  diretti  anteriormente  difficili  a  vedersi,  appiccicantisi 
facilmente  l'uno  all'altro,  lunghi  in  generale  circa  una  volta  e  un  quarto  la  lun- 
ghezza del  corpo  dell'animale,  uguali  tra  loro,  relativamente  molto  più  lunghi 
negli  individui  piccoli;  citostoma  (bocca)  vicino  all'inserzione  dei  flagelli;  baston- 
cello intemo  longitudinale  non  sempre  visibile,  talvolta  visibile  appena  nella  sua 
parte  posteriore;  nucleo  con  nucleolo,  collocato  anterionBente  e  corrispondente 
alla  parte  curva  del  bastoncello;  flagello  ondulante  rivolto  all'indietro,  più  grosso 
di  quelli  anteriori  e  riunito  al  corpo  dell'animale  per  una  delicatissima  membra- 
nella  difficilissimamente  visibile.  Il  flagello  talvolta  non  ondeggia  benché  esista  e 
l'individuo  si  locomova  (alterazione?).  Notisi  però  che  i  movimenti  dell'animale 
rendono  difficile  di  rilevare  l'ondulamento,  che  perciò  a  tutta  prima  pare  man- 
cante n^lì  individui  che  rapidamoite  si  locomovono.  Il  flagello  ondulante 
percorre  in  direzione  longitudinale  obliqua  la  superficie  del  corpo  e  prolungasi 
sottilissimo  al  di  là  del  corpo  per  un  tratto  lungo  quasi  come  il  corpo  stesso. 
Lungh.  mass,  del  corpo  10-11  ju,  laigh.  mass.  5-6  ju.  Lo  strato  superficiale 
del  corpo  è  alquanto  ispessito,  non  esiste  però  una  cutìcula  distinta  come  nel 
Megastoma.  Molti  individui  assumono  forma  tondeggiante  e  presentansi  allora 
come  tante  sferette  oscillanti  e  roteanti  (alterozione?).  Il  Trichomonas  hominis 
viene  ad  esser  similissimo  al  Trichomonas  viginalis^  da  cui  io  non  saprei 
distinguerlo  se  le  osservazioni  del  Eùnstler,  come  si  ha  ragione  di  credere, 
sono  esatte. 

•  UT.  batrachorum  e  il  7.  Muris  si  differenziano  dal  7.  hominis  perchè 
hanno  soltanto  tre  flagelli  anteriori  (almeno  io  non  ne  ho  trovati  che  tre), 
perchè  sono  più  voluminosi,  perchè  il  tratto  distale  del  flagello  ondeggiante 
è  meno  sottile,  può  fare  un  passo  spirale  sulla  coda  prima  di  diventar  libero  ecc. 


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Distinguere  il  T.  batrachorum  da  quello  Muris  è  molto  difiScile  ;  può  farlo  sol- 
tanto chi  ha  avuto  sottocchio  migliaia  d'individui  provenienti  da  diflTerenti  osti» 
«  L'Amoeba  Coli  dell'uomo  si  incapsula  (*)  precisamente  come  YAmoéba 
blattarum  Bùtschli.  Le  capsule  a  completo  sviluppo  contengono  più  o  meno 
numerosi  (tre-sei-nove)  nuclei  diflScilmente  colorabili  e  circondati  da  scarsa' 
protoplasma.  Abbiamo  trovato  tutti  gli  stadi  intermedi  tra  le  Amoebae  tondeg- 
gianti e  senza  involucro  e  le  capsule  in  discorso.  Queste  sono  un  po'  più  piccole 
delle  Amibe  da  cui  provengono  e  risaltano  nelle  feccie  perchè  incolori  e  splen- 
denti. Esse  servono  per  fare  la  diagnosi  ^oi^Amoeba  Coli.  Bipetuti  sperimenti  da 
noi  Mti  dimostrano  che  se  un  uomo  inghiotte  queste  capsule,  riceve  le  Amibe, 
e  ne  riceve  probabilmente  tante  quanti  sono  i  nuclei  in  esse  contenuti.  Si  tratta 
quindi  di  una  riproduzione  endogena;  notisi  che  una  volta  sviluppate  nel- 
r  intestino  esse   possono  riprodurvisi  enormemente  per  semplice  scissione  » . 

Matematica.  —  Sui  concetti  di  limite   e  di  continuità.   Nota 
di  E.  Oesàro,  presentata  dal  Socio  Cremona. 

<t  Una  funzione  f{x)  manca  alla  continuità  ogni  qual  volta,  nel  tendere 
di  A  a  zero,  /(.r  +  A) — f{x)  ridiventa,  in  valore  assoluto,  superiore  al  nu- 
mero € ,  positivo  ed  arbitrariamente  piccolo.  Più  frequente  è  l'infrazione  alla 
continuità  nell'in  torno  di  ,r,  più  si  è  autorizzati  a  dichiarar  grave  la  discon- 
tinuità in  ;r,  e  si  capisce  che  discontinuità  piena  ed  intera  ò  soltanto  quella 
di  prima  specie,  poiché  le  funzioni  discontinue  di  seconda  specie  non  abban- 
donano mai  una  certa  tendenza  più  o  meno  insistente  verso  la  continuità. 
Limitandoci  a  studiare  ciò  che  accade  a  destra  di  x,  supponiamo  calcolata 
la  probabilità  che  l'incremento  assoluto  della  funzione  superi  e  nell'inter- 
vallo {x,  x-\-h)^  facciamo  decrescere  h  indefinitamente.  Tenda  verso  tx5i{x)  la 
probabilità  stessa,  e  sia: 

rs{x)  =  lim  TSt{x\ 

€  =  0 

La  funzione  zs  rappresenta  il  grado  di  discontinuità  di  f{x)  in  or,  e  si  può 
dire  che  1  —  rs  ci  dà  la  misura  dell'aspirazione  di  /(«r)  alla  continuità.  È 
necessario  tener  presente  l'espressione  di  tsi ,  afGinchè  apparisca  in  qual  modo 
si  è  pervenuti  a  rs  col  decrescere  di  6.  Si  osservi  infatti  che  le  funzioni 
continue  non  sono  caratterizzate  da  sr  =  0 ,  perchè  esistono  funzioni  infinita- 
mente poco  discontinue,  nel  senso  che  tsi  tende  a  zero  insieme  ad  « ,  ma 
senza  raggiungere  il  valore  limite.  Similmente,  per  le  discontinuità  di  seconda 


(*)  Le  ricerche  suirAmoeba  Coli  sono  fatte  in  collaborazione   col  signor   Salvatore 
Calandmccio. 


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—  13  — 

specie  si  potrà  avere  C7  ==  1 ,  senza  che  il  valore  1  sia,  come  per  le  discon- 
tinuità ordinarie,  effettivamente  raggimito.  Un  esempio  di  ciò  si  ha  nella  funzione 

che  per  ;r  =  0  è  zero,  e  per  :p^0  è  espressa  da  sen  — .   Posto  f=cos— , 

con  B  compreso  fra  0  ed  1,  si  cerchi  la  probabilità  che  il  valore  assoluto 

di  sen—  superi  e  nell'intervallo  (0,A).  Indicando  e  n  n   il   minimo  intero 

superiore  ad  —,  si  ottiene: 


''•=„'!!?  «X  (2.+ n*-«*  5 


ma,  per  applicazione  d'nna  celebre  forinola  di  Eulero,  la  somma  che  %ura 
nel  secondo  membro  si  ridace  facilmente  a 

dove  n^B{n)  tende,  per  n  infinito,  ad  un  limite  finito.  Ne  segue: 

zs=  lim   nlog2/t  —  1  +  ^=^» 
»=oo  2n  —  \  —  B 

Col  tendere  di  «  a  zero,  B  tende  all'unità,  e  però  cr  =  1  ;  ma  questo  valore 
non  è  mai  raggiunto  effettivamente  da  srg,  cosicché  la  discontinuità  della 
funzione  considerata,  nell'intorno  di  ^  =  0,  non  è  la  piena  discontinuìtìt, 
benché  ne  differisca  infinitamente  poco.  Essa  si  dileguerebbe  quasi  per  intero 
se  la  funzione  si  prendesse  uguale  a  zero  nei  valori  irrazionali  di  x^  oltreché 
in  ;r=0:  si  avrebbe  t7(0)=0,  e  la  funzione  sarebbe  quasi  continua.  Si  avrebbe 
dunque,  per  cosi  dire,  una  discontinuità  nascente. 

«  Si  consideri  ancora  la  funzione  rappresentata  da —       per   x 

X      L*Pj 

diverso  da  zero,  ed  uguale  a  zero  per  x=^0.  Si  riconosce  subito  che  por 
essa  la  funzione  w{x)  differisce  infinitamente  poco  dall'unità  quando  ^  =  0, 
e  rag^unge  poi  effettivamente  il  valore  1  a  destra  ed  il  valore  0  a  sinistra 
di  infiniti  valori  di  ^,  differenti  da  zero  meno  di  quantità  arbitrariamente 
piccole.  È  poi  facile  costruire  delle  funzioni  che  abbiano  nell'intorno  di  ;2?  =  0 
un  determinato  grado  B  di  discontinuità.  Un  calcolo  in  tutto  simile  al  pre- 
cedente conduce  a  considerare  la  funzione  <f(«r),  generalmente  nulla,  ma 
uguale   ad   1    nell'intervallo   ( — B^B),   La   funzione   espressa  in   generale 

da  ^  (sen— j ,  ed  uguale  all'unità  per  ^=0,  é  la  funzione  richiesta.  Simil- 
mente, la  funzione  uguale  ad  — —    —     quando  questa  espressione  rappre- 

X        I    X    I 

senta  un  numero  non  superiore  a  ^,  ma  nulla  in  ogni  altro  caso,  ha,  per  ;r==0. 


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una  discontinuità  di  grado  ^.  Ciò  è  spiegato  dair esistenza  di  infiniti  tratti 
di  continuità,  che  vengono  in  qualche  modo  a  rompere  la  discontinuità  nel- 
l'intorno  di  ar=0,  derivando  essi  da  infinite  discontinuità  ordinarie,  che 
riconducono  incessantemente  la  funzione  al  valore  che  deve  assumere  per  j:  =  0 . 
Ed  ò  anche  discontinua  di  grado  S,  in  ^  =  0,  la  funzione  che  per  questo  valore 

è  zero  e  per  gli  altri  valori  della  variabile  è  espressa  da    — [-6    —    —    .  Si 

noti  che  a  destra  di  zero  la  funzione  è  generalmente  continua,  pur  presen- 
tando discontinuità  ordinarie  a  destra  di  infiniti  valori  di  a:,  arbitrariamente 
piccoli. 

«  Ancorché  due  funzioni  siano  realmente  discontìnue,  si  può  giudicare 
quale  delle  due  aspiri  meno  fortemente  ad  avere  quella  determinata  discon- 
tinuità, studiando,  per  ciascuna  di  esse,  il  modo  di  variare  di  tfi  ,  quando  e 
tende  a  zero.  Così,  per  ar=0,  il  grado  di  discontinuità  della  funzione  uguale 

a  zero  per  ^  =  0,  ed  espressa  da  seniA^sen—j  quando  x  differisce  dazerò, 

è  il  limite,  per  e  =  0,  di  1 j-.  Ne  segue,  per  esempio,  che  mentre  le 

funzioni  espresse  in  generale  da 

sen  i  sen—  1  ,  sen  (  -  sen  —  1 , 
\      ^/  \n       x) 

hanno  lo  stesso  grado  di  discontinuità  in  :r  =  0,   si  può  dire  che  Taspira- 

zione  della  seconda  alla   continuità   ò  n  volte   più  energica  dell^tispirazione 

della  prima.  Conviene  dunque  introdurre,   oltre   il   concetto  del  grado  tsr  di 

discontinuità,  anche  quello  deirintenntà  d'aspirazione  al  grado  stesso,  e,  per 

ciò  che  si  è  detto,  tale  intensità  potrà  essere  convenientemente  misurata  dal 

valore  assoluto  di  -7-^  per  «  =  0 . 

«  Dato  un  gruppo  di  numeri,  G,  sia  f{x)  uguale  ad  1  0  a  zero,  se- 
condo che  X  appartiene  0  no  a  G .  Già  sappiamo  definire  la  frequenza  di  G 
a  destra  di  x.  Calcolata  la  probabilità  che  un  numero  del  gruppo  sia  infe- 
riore ad  J7,  è  noto  che  la  firequenza  di  cui  si  tratta  è  la  derivata  della  pro- 
babilità stessa,  a  destra  di  x.  D'altra  parte,  se  f{x)  =  0 ,  e  se  ^  è  una 
frazione  propria,  piccola  quanto  si  vuole,  è  chiaro  che  rst  è  il  limite,  per  A  =  0, 
della  probabilità  che  un  numero  dell'intervallo  (^,  X'\'h)  appartenga  a  G, 
e  tale  probabilità  limite  non  differisce,  come  è  facile  vedere,  dalla  frequenza 
testé  definita.  Così  vediamo  che  il  grado  di  discontinuità  di  f(x)  a  destra 
d'ogni  numero  estemo  a  G  è  rappresentato  dalla  frequenza  g{x)  degli  ele- 
menti di  G  a  destra  del  numero  considerato,  e  si  può  scrivere: 

rs{x)  =  f{x)  +  g{x)  —  2f{x)g{x) . 
È  noto  che,  se  G  è  di  prima  specie,  se  ne  possono  raccogliere  gli  elementi 
in  un  intervallo  arbitrariamente  piccolo.  In  altre  parole,  i  numeri  costituenti 


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un  grappo  di  prima  specie  sono  infinitamente  rari  fra  i  numeri  reali.  Ed  è 
evidente  che  la  frequenza,  generalmente  nulla,  è  infinitesima  nei  valori  lìmiti. 
In  questi  ultimi  si  ha  dunque  discontinuità  di  grado  infinitamente  vicino 
airunità  o  a  zero,  secondo  che  essi  appartengono  o  no  al  gruppo.  Anche  se  Q 
fosse  di  seconda  specie  potrebbero  presentarsi  circostanze  analoghe.  In  parti- 
colare, la  funzione  di  Hankcl,  uguale  ad  1  o  a  zero  secondo  che  a:  è  razio- 
nale 0  no»  ha  la  proprietà  di  rappresentare  il  proprio  grado  di  discontinuità, 
in  quanto  che  il  suo  stato  è  infinitamente  prossimo  alla  piena  discontinuità 
per  valori  razionali  di  ^ ,  e  raggiunge  quasi  la  continuità  per  ogni  valore 
Irrazionale. 

«  Per  poter  misurare  l'energia  con  cui  una  funzione  aspira  ad  avere  una 

determinata  discontinuità,  occorre  calcolare  il  limite,  per  f  =  0,  di  ^     ^'; 

€ 

e  quando  tale  limite  non  esiste,  si  è  obbligati  a  ricorrere  a  criterii  di  pro- 
babilità per  formarsi  un  convincimento  morale  circa  la  maggiore  o  minore 
aspirazione  della  fruizione  considerata.  Occorre  dunque  estendere  ancora  il 
concetto  di  limite,  ed  a  ciò  si  perviene  come  segue,  nel  caso  più  semplice 
d*mia  successione  dì  numeri,  procedenti  in  un  determinato  ordine.  Sia  pt{a:) 
la  probabilità  che  un  numero  preso  ad  arbitrio  nella  successione  a  —  ^i , 
x  —  a» ,  x  —  «3 , . . . . ,  riesca  inferiore  ad  «  in  valore  assoluto,  e  si  rappre- 
senti con  p  il  limite  ài  pt  per  t  =  0.  La  funzione  p{x)  rappresenta  Tinten- 

sità  con  cui  la  successione  ^i ,  ^2 ,  ^3 , tende  ad  avere  per  limite  il 

numero  x:  essa  è  la  misura  dell'aspirazione  di  a»  ad  ^r.  Se  realmente  la 
successione  considerata  ha  un  limite  determinato  a ,  è  chiaro  che  p{a)  =  1, 
e  p(a:)  =  0  pe  d?  <  a .  Se  invece  non  esiste  il  limite  di  tìJn ,  per  ;ì  infinito, 
ciò  non  può  impedirci  di  ritenere  che  On  tenda  con  maggiore  o  minor  forza 
verso  ciascun  numero  ^,  e  nell'incertezza  in  cui  siamo  circa  l'esistenza  di 
un  limite  non  ci  sentiamo  meno  propensi  ad  attribuire  al  limite  stesso  un 
valore  ben  determinato,  che  cerchiamo  di  apprezzare  studiando  il  succedersi 

dei  valori  «i ,  aj ,  «3 , ,    col   tener   conto  delle  momentanee   tendenze 

verso  valori  preferiti,  e  della  probabilità  dì  riuscita  che  ciascuno  di  essi 
presenta.  Cosi  ad  ogni  valore  a:  si  attribuisce  una  determinata  importanza, 
rappresentata  da  xp{x)  secondo  i  più  elementari  principii  del  calcolo  delle 
probabilità.  E  però,  immaginando  che  il  limite  atteso  sia  l'ammontare  d'un 
premio  da  conseguire,  la  media 

X  =  Sxp{x) 
è  la  speranza  matematica,  che  possiamo  considerare  come  il  valore  morale 
del  limite  deUa  data  successione,  poiché  l  rappresenta  precisamente  la  somma 
che  potremmo  equamente  pretendere  da  chi  volesse  sostituirci,  a  suo  rischio 
e  profitto,  neUa  ricerca  del  limite,  considerata  come  caccia  ad  un  premio. 
In  particolare,  se  il  sistema  dei  numeri  interi  si  può  scindere  in  più  sistemi  Ai , 
At ,  As , . . . . ,  in  modo  che  an  tenda  ad  un  determinato  limite  ^  quando  n 


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—  16  — 

percorre  A; ,  e  se  je?;  è  la  frequenza  di  A;  nel  sistema  dei  numeri  interi,  è 
chiaro  che  p{x)  è  uguale  a  zero  in  generale,  ma  p{x)=pi  se  ^  =  A,-.  Ne 
segue: 

Si  consideri,  per  esempio,  la  successione 

0,1,0,2,0,1,0,3,0,1,0,2,0,1,0,4, 

ottenuta  prendendo  On  uguale  alVesponente  della  massima  potenza  di  2  che 
divide  n .  Sebbene  non  esista  il  limite  di  questa  successione,  noi  potremo 
dire  che  essa  ha  per  medio  limite  Tunità.  Infatti,  dopo  aver  messo  in  Ai 
i  numeri  ottenuti  moltiplicando  per  2^"*  gli  interi  dispari,  si  vede  che  i 
sistemi  A  esauriscono,  senza  compenetrarsi,  il  sistema  dei  numeri  interi, 
e  si  ha  : 

1  1  -        'i       \    ^  —  1 


Pi  =  -2r  ^   ;,•  =  ?  —  1  ,   x  =  2^ 


Ma  bisogna  osservare  che  non  è  sempre  lecito  invertire  i  sistemi  A ,  e 
quando  le  loro  frequenze  ed  i  limiti  corrispondenti  danno  luogo  a  serie  sem- 
plicemente convergenti,  occorre  eseguire  il  calcolo  di  X  pei  primi  n  termini 
della  successione,  e  far  poi  crescere  n  all'  infinito.  È  anche  importante  osser- 
vare l'eguaglianza 

^  =    .Jl    ~  (tì^i  +  «2  +  «3  H h  ^.)  ^ 


la  cui  dimostrazione  è  facile.  Essa  ci  conduce  a  definire  altrimenti  il  limite 
d*una  successione.  A  questa  si  sostituisca 

«1  1    T  («1  +  «2)  ,    i  («i  +  fl^t  +  «3)  , 

Se  la  prima  successione  ha  un  limite  determinato  a ,  anche  la  seconda  ha 
un  limite  X  =  a.Se  la  prima  successione  non  ha  limite  determinato,  la  seconda 
può  averne  uno,  che  si  assumerà  come  medio  limite  della  prima,  e  questa 
definizione  del  limite  concorderà  con  quella  data  in  principio.  Se  poi  la  seconda 
successione  non  ha  limite  determinato,  se  ne  deduca  una  terza,  e  così  via, 
si  avrà  un  mezzo  dì  classificare  le  successioni  di  numeri,  ascrivendo  al 
genere  0  quelle  che  hanno  un  limite  determinato,  al  genere  1  quelle  che, 
non  appartenendo  al  genere  0  ,  ammettono  una  prima  successione  derivata  con 
limite  determinato;  ecc.  Benché  queste  successioni  derivate  tendano  a  dive- 
nire «1 ,  fli ,  «i , può  accadere  che  una  successione  sia  di  specie  trascen- 
dente, nel  senso  che,  fra  le  sue  derivate,  non  se  ne  trovi  una  a  limite  deter- 
minato. 

«  Ritornando  alle  funzioni,  si  calcoli  la  probabilità  che  f(x)  sia  compreso 
fra  a  —  s  ed  a  +  f  ,  nelV  intervallo  (or ,  or  +  A) ,  e  si  faccia  tendere  h  a 
zaro.  Il  risultato  Pe  tenda  poi  a  P  (.r ,  a)  ,  per  ^  =  0  .  Questa  funzione  rap- 
presenta Vaspirazione  di  f{x)  al  valore  a.  Quando  f{x)  è  continua  per 


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—  17  — 

x=^Xo,  si  ha  P(^o,«)  =  l,  se  a~f(ao),  e  'P{a:o,a)  =  0  per  ogni 
altro  valore  di  a .  In  generale  si  converrà  di  considerare  come  medio  limite 
di  f(a:) ,  in  ;zr ,  la  sonmia 

X  =  2àP(x,a)  , 

estesa  a  tutti  i  valori  di  a .  Riprendendo  la  funzione  f{x)  =  —  —    — 

è  facile  vedere  che  Pi  ha,  per  x=^Q,  un  valore  indipendente  da  a,  se 
0  ^  «  <C  1 ,  ed  il  valore  zero  se  a  è  negativo  o  non  inferiore  all'unità.  Il 
medio  limite  di  fiaa)^  quando  x  tende  a  zero,  è  dunque  \ ,  giacché  tutti 
i  valori  dell'intervallo  (0,1)  sono  egualmente  probabili.  Si  consideri  ancora 

la  funzione     —    —  2     —    ,  supponendola  nulla  o  uguale  all'unità  per 

x  =  Q .  L' intomo  di  zero  è  costituito  da  infiniti  tratti  di  continuità,  nei  quali 
si  alternano  i  valori  0  ed  1 ,  egualmente  probabili,  cosicché  P  (0  ,  a)  =  | , 
quando  a  è  zero  o  1,  e  P(0,a)  =  0  in  ogni  altro  caso.  Il  medio  limite 

della  funzione,  per  ^  =  0  ,  è  dunque  | .  Si  osservi  che  la  discontinuità  della 

funzione  considerata  è  di  grado  j,  Siniilmente  la  funzione     —    —  ^    q"     » 

supposta  indifferentemente  uguale  a  0,1,2,  per  ^  =  0 ,  ha  per  questo 
valore  una  discontinuità  di  grado  y ,  ed  il  suo  medio  limite  è  1 .  Importa 
osservare  che  le  precedenti  considerazioni  permettono  di  supplire  alla  mancanza 
di  derivata  mediante  il  calcolo  del  medio  limite  di  ciascun  rapporto  incremen- 
tale, quando  l' incremento  della  variabile  tende  a  zero.  È  questo  un  argomento 
sul  quale  ritorneremo,  per  occuparci  altresì  dell'  integrazione  fondata  su  cri- 
terii  di  probabilità. 

«  Non  è  probabile  che  la  nozione  del  medio  limite  sia  per  rendere  qualche 
servizio  all'analisi  classica,  dappoiché  non  é  sempre  possibile  estendere  a  l 
le  proprietà  degli  ordinarli  limiti  ;  ma  non  vien  menomata  l' importanza  della 
nozione  stessa  quando  se  ne  circoscriva  l'uso  alle  teorìe  che  l' hanno  generata, 
cioè  allo  studio  degli  eventi  matematici  e  delle  mutue  distribuzioni  numeriche. 
Quanto  alla  discontinuità  delle  funzioni  non  é  facile  scorgere  fin  dove  potrebbe 
farsi  sentire  l'utilità  di  misurarla  esattamente  o  in  media;  ma  è  certo  che 
la  questione  acquisterebbe  alta  importanza  se  il  contegno  della  funzione  spe- 
cifica xs  da  noi  introdotta  avesse  qualche  influenza  su  taluni  essenziali  fatti 
concementi  le  funzioni,  come  la  derivabilità,  l'integrabilità  e  l'esprimibilità 
analitica». 


EiNDiooNTi.  1888,  VoL.  IV,  P  Sem. 


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—  18  — 


Matematica.  —  Formole  relative  al  moto  c^un  punto.   Nota 
di  E.  Cesàro,  presentata  dal  Socio  Cremona. 

«  Due  formole  (^)  del  prof.  Siacci,  relative  al  moto  d'un  punto  in  un 
piano  0  nello  spazio,  furono  dimostrate  dal  prof.  Gemiti  mercè  la  teorìa  dei 
complessi  (^).  Ora  noi  vogliamo  estendere  le  formole  stesse  al  caso  d'una  tra- 
jettoria  n  —  1  volte  curva,  mostrando  che  esse  restano  indipendenti  dalle  cur- 
vature esterne  al  nostro  spazio.  Un  punto  0 ,  jfisso  nello  spazio  ad  n  dimen- 
sioni, in  cui  si  muove  M ,  si  projetti  in  0'  sul  piano  che  oscula,  in  M ,  la 
traiettoria  (M)  ,  e  siano  rispettivamente  R ,  F  ,  le  componenti  delV accelera- 
zione secondo  O'M  e  la  tangente  ad  (M) ,  in  M .  Siano  r  ,1  ,p  ^  le  distanze 
di  0'  ad  M ,  alla  normale  principale,  alla  tangente.  Poiché  le  componenti 

v^     vdì) 
dell'accelerazione  secondo  queste  ultime  rette  sono  —  ,  -j- ,  si  vede  subito  che 

r^    v^       ^ vdv_     J_    v^ 

p      Q    '  ds        p      Q 

Ponendo  pv  uguale  ad  una  funzione  arbitraria  T ,  la  prima  formola  diventa 

p^         Q 

Per  trasformare  la  seconda  ricordiamo  anzitutto  che,  in  virtù  delle  formole 
fondamentali  della  Geometria  intrinseca  delle  curve,  da  noi  recentemente  sta- 
bilite (3),  si  ha,  per  l' immobilità  di  0 , 

d$      ^      Q      ^      Ql 

essendo  q  la  projezione  di  OM  sulla  binormale  principale,  e  Qi  il  raggio  di 
torsione.  Dunque 

ds  ^\d8  ^  QiJ  p        p       ds    ^  p     pi 
ovvero 

p       T     rfT   .    g      T» 

P*        ds  '^  p^        Qi 

È  questa  la  seconda  formola  cercata.  Si  osservi  che  occorrono  n  relazioni  per 
fissare  0  nello  spazio,  e  quella  da  noi  adoperata  basta  soltanto  ad  esprimere 
che  0  non  può  spostarsi  parallelamente  alla  normale  principale  di  (M) .  Ne 
segue  che  0  può,  ad  ogni  istante,  arbitrariamente  muoversi  in  un  determinato 
spazio  2LÌ  n  —  1  dimensioni,  senza  che  ne  soffra  l'esattezza  delle  due  formole 


(1)  Atti  deirAccademia  dello  Scienze  di  Torino,  t.  XIV 
(«)  Accademia  dei  Lincei,  Transunti,  1879. 
(3)  Annali  di  Matematica,  1888. 


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—  19  — 

stabilita.  Così,  per  esempio,  quando  il  moto  ha  luogo  in  un  piano,  le  for- 
mole  sussistono  per  due  punti  animati  da  velocità  parallele,  potendosi  inoltre 
assumere  come  0  l'uno  o  Taltro  dei  punti  stessi  « . 

Ottica  mateniatica.  —  Le  lamine  sottili  anisotrope  colorate 
nella  luce  polarizzata  parallela.  Nota  dell' ing.  Carlo  Viola,  pre- 
sentata dal  Socio  Blaserna. 

GENERALITÀ' 

«  I  fenomeni,  che  si  ottengono  quando  si  analizza  la  luce  polarizzata,  la 
quale  attraversi  una  lamina  anisotropa  (non  isotropa,  eterotropa)  non  assor- 
bente, sono  stati  trattati  spesso,  anche  matematicamente  ;  un  ultimo  lavoro 
completo  è  di  A.  Bertin  {}),  Non  è  invece  stato  considerato  il  caso  se  la  la- 
mina assorbe  la  luce.  A  riempire  questa  lacuna  tende  la  presente  Memoria. 

«  Se  una  lamina  assorbe  la  luce,  essa  ci  apparisce  colorita,  e  se  è  ani- 
sotropa, può  apparirci  dicroica.  L'intensità  dei  colori,  di  cui  è  composta  la 
luce  bianca  (solare)  possiamo  rappresentare  colle  ordinate  di  una  curvilinea, 
la  quale  presenta  il  suo  massimo  nel  colore  giallo,  e  tocca  Tasse  delle  ascisse 
negli  estremi  del  rosso  e  del  violetto.  L'area  racchiusa  da  questa  curvilinea 
e  dall'ascisse  è  dunque  Y  intensità  della  luce  bianca,  che  vogliamo  assumere 
eguale  ad  uno.  L' intensità  di  un  colore  qualunque  sia  rappresentato  dal 
segno  A*',  essendo  k  l'ampiezza  d'oscillazione  eterea  nello  spazio  vuoto.  Avremo 
per  definizione:  :?A*==1. 

«  Per  ogni  direzione  del  raggio  luminoso  in  una  lamina  anisotropa  (ad 
uno  0  a  due  assi  ottici)  le  oscillazioni  dell'etere  si  decompongono  in  due  dire- 
zioni determinate,  e  variano,  in  tesi  generale,  da  colore  a  colore  ;  queste  due 
oscillazioni  sono  tra  loro  perpendicolari  ed  individuano  i  piani  di  polarizza- 
zione della  luce.  Oscillando  l'etere  in  uno  o  nell'altro  di  questi  due  piani, 
l'assorbimento  della  luce  .  nella  lamina  anisotropa  sarà  differente,  e  varierà 
pure  per  ciascim  colore.  Vogliamo  indicare  con  1 — m^  e  con  1 — n^  i  coeffi- 
cienti generali  d'assorbimento  pel  colore  la  cui  intensità  è  A*,  e  ciò  relativa- 
mente ai  due  piani  di  polarizzazione,  di  guisa  che  dopo  il  passaggio  della 
lamina  1*  intensità  A*  diverrà  m^  k^  ovvero  n^  A'  secondochè  il  raggio  esce 
polarizzato  a  seconda  di  una  o  dell'altra  direzione  (è  ordinario  o  straordinario); 
se  neiresperienza  si  fa  uso  della  luce  bianca,  essa  passerà  la  grossezza  della 
lamina  colle  intensità  rispettive  2m^  A*  e  ^n^  A*,  e  la  sua  intensità  totale  sarà 
quindi  2w•A«+2^^U•^ 

«  Ora  prendiamo  a  sviluppare  le  formolo  relative  airinterferenza  della  luce 
pel  caso  più  generale  contemplato  da  Bertin:  un  raggio  monocromatico  di 

(*)  Uebet  die  Farhen  von  Krystallplatten  in  elliptisch  polarisirten  Lichte,  von  A. 
Bertin  in  Paris.—  Zeitschr,  f.  Kry stali  u.  Àfiner,  heratug.,  v.  P.  Groth,  volume  V,  p.  86, 1881. 


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—  20  — 

intensità  k^  e  di  lunghezza  d'onda  A  nello  spazio  libero,  si  polarizza  linear- 
mente nel  Nicol  polarizzatore,  attraversa  una  lamina  di  mica  di  ~  d*onda 
(affine  di  assumere  la  polarizzazione  ellittica),  attraversa  indi  la  lamina  sottile 
di  un  cristallo  anisotropo  senza  cambiare  direzione,  infine  attraversa  un  Nicol 
analizzatore  combinato  con  una  mica  di  \  d'onda  luminosa.  Per  passare  dal  caso 
generale  ai  casi  speciali,  avremo  da  sopprimere  l'una  o  l'altra  delle  due  miche 
od  anche  ambidue  per  avere  il  caso  il  più  semplice. 

«  Per  ottenere  l'espressione  generale  dell'intensità  della  luce  nell'analiz- 
zatore, non  seguiremo  tutto  lo  sviluppo  datoci  da  Bertin;  ci  basterà  di  rias- 
sumerlo e  di  introdurvi  le  varianti,  che  sono  relative  ai  coefficienti  w  e  w,  e 
poscia  estenderemo  le  nostre  considerazioni  all'  interpretazione  delle  formolo 
pei  singoli  casi  sperimentali.  Per  direzione  di  una  lamina  anisotropa  inten- 
deremo sempre  quella  di  estinzione  tra  i  Nicol  incrociati,  e  colla  voce  Nicol 
intenderemo  semplicemente  i  piani  di  polarizzazione  e  d'analisi  di  cui  è  for- 
nito il  microscopio.  Denotino: 

a  l'angolo  che  la  direzione  della  prima  mica  fa  col  Nicol  polarizzatore, 
9)  l'angolo  che  la  direzione  del  cristallo  fa  colla  direzione  della  prima 

mica  ; 
\p  l'angolo  che  la  direzione  del  cristallo  fa  colla  direzione  della  2^  mica  e 
fi  l'angolo  che  quest'ultima  racchiude  col  Nicol  analizzatore. 
«  Per  semplificare  diciamo  : 

sen  a  =  flj  cos  a  =  «i 

sen  y  =  z^  cos  y  =  th 

sQntp=u  cos  \p  =  Ui 

seu  fi  =  b  cos  fi  =  bi. 

«  Per  ottenere  l'ampiezza  della  luce  nel  Nicol  analizzatore,  avremo  da 
decomporre  dapprima  quella  nel  polarizzatore  a  seconda  delle  due  direzioni 
della  prima  mica,  indi  ciascuna  di  queste  nelle  due  direzioni  della  lamina 
anisotropa  e  così  via  fino  a  raggiungere  il  Nicol  ahalizzatore,  ove  le  ampiezze 
normali  ad  esso  non  si  tengono  in  conto.  Ciò  posto  è  facile  vedere  che  in 
seguito  a  questa  decomposizione  si  ottengono  otto  ampiezze  nel  Nicol  analiz- 
zatore con  ritardi  diversi;  a  due  a  due  però  essi  sono  eguali,  e  quindi  le 
ampiezze  rispettive  possono  essere  sommate  senz'altro.  Con  ciò  si  ottengono 
le  seguenti  quattro  ampiezze  coi  ritardi  corrispondenti: 

F  =mk(abuiVi  — aibiuv)    col  ritardo    0 

X 
Gt  =  mk(abiUVi  — aibuiv)  »  -7- 

B.  =  nk  (aibiUiVi — abuv)  »  à 

K  =  nk  (abiUiV  — aibuvi)  »     ^+T  ' 


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—  21  — 

Ove  (f  è  lo  spessore  relativo  (cioè  spessore  ottico)  della  lamina,  ossia  il  prodotto 
del  sno  spessore  reale  ^  per  la  differenza  niassima  o  —  ^  di  due  esponenti 
di  ri&angenza  per  la  data  direzione  del  raggio  luminoso. 

«  Ognuna  delle  quattro  ampiezze  sopra  notate  è  ancora  decomponibile  in 
due:  luna  avente  il  ritardo  nullo,  l'altra  \  d'onda.  Le  ampiezze  relative 
allo  stesso  ritardo  di  moto  possono  essere  sommate,  sicché  ci  risultano  le  due 
seguenti  : 

X  =  P  +  H  cos  2;r  y  —  K  sen  27r  y 

T  =  G+  H  sen  27r  Y  -|-  K  cos  2n: -y  . 

«  Un^ulteriore  decomposizione  non  è  possibile  per  modo  che  i  ritardi 
siano  eguali  tra  loro,  per  conseguenza  T  intensità  della  luce  sarà  e=X'+T*  {}) 
vale  a  dire: 

i  =  (F«  +  G«+  H'  +  K«)  +  2(FH  +  GK)  cos 27r |+2(GH— PK)  sen 27r^ .  (1 

«  Per  semplificare  introduciamo  : 

sen  2a  =  A  cos  2a  =  Ai 

sen  2/J  =  B  cos  2/9  =  Bi 

sen2f//=U  cos2f//  =  Ui 

sen  2g)  =  V  cos  2sp  =  Vi 

s  Pin  qui  lo  sviluppo  condensato  di  A.  Bertin.  In  seguito  dobbiamo  tenere 
conto  dei  coefScienti  m^  n  ;  non  ci  soffermiamo  però  alle  riduzioni  di  genere 
elementare,  diamo  senz'altro  i  valori  delle  tre  quantità  in  parentesi,  che  pren- 
dono parte  a  formare  i\  essi  sono: 

P«  +  G»  +  H«  +  K«=^(l-B'U,-AiV,  +  AiB|U,VO  + 

+  ^(l  +  BxUi  +  AiVx  +  A,BiU.V.), 

mn 
4 


2  (PH  +  GK)  =  ^  (AB  —  UVA,  B,)  , 


ed  infine 


2  (GH-PK)  =  i  I  AU[w«  (Bx  +  VO  +  n'  (B,  -  V0]+ 
+  BV  \m'  (Al  +  Ui)  +  w'  (Al  -  UO]  |  • 


(0  Ciò  sì  dimostra  facilmente,  redi  tattavia:  F.  Neumann,  Theoretiscke  Optik,  p.  18. 
Leipzig,  1885. 


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—  22  — 

tt  Per  consegaenza  Tespressione  dell'  intensità  della  Ince  polarizzata  ellitr 
ticamente  sarà: 

^2|-i_B^XJi— AiVi+AiBiUiVi]+w'  [l+BiUi+AiVi+AiB,UiVi]  ^ 

+  mn  [AB— UVA,Bi]  cos  2n  -j 

+  BV[w»(A|  +  UO  +  w*(Ai  — U,)]jsen27r-j 

Discussione  dell'equazione  generale. 

I  Caso.  La  luce  è  polarizzata  lineare. 

1.  Ltice  monocromatica. 

«  Chiamiamo  con  ©(0  =  g)4-V'  +  a)  l'angolo,  che  l'analizzatore  fa  col 
polarizzatore  e  manteniamo  ad  a  il  suo  primo  significato;  l'espressione  per 
l'intensità  della  luce  nell'analizzatore  lineare  sarà: 

ji  =  k*  [m  cos  a  cos  (© — a)  —  n  sen  a  sen  (0 — a)  ]*+  (3 

-|-  mnk^  sen  2cr  sen  2  (© — a)  sen'  tt  —  • 

«  Dando  all'analizzatore  un  quarto  di  giro,  ossia  facendo  ©-{-90^  in  luogo 
di  ©,  per  l'intensità  della  luce  avremo: 

if  =  A*  Vm  cos  a  sen  (©  —  «)  +  w  sen  «  cos(© — a)J  —  (4 

— mnk*  sen  2a  sen  2(© — a)sen'7r-y-- 

«  La  somma  di  ii  e  it  è: 

i  =  il  +  Ì2  =  A*  (^*  cos*  a-^-n^  sen*  a) .  (6 

«  Vale  a  dire  : 
L  La  somma  delle  intensità  di  un  colore  nell'analizzatore, 
per  due  posizioni  normali  di  questo,  è  eguale  alla  inten- 
sità del  colore  prima  di  attraversare  l'analizzatore. 
«  Supponiamo  che  lo  spessore  relativo  S  della  lamina  anÌEotropa  sia  eguale 
ad  un  numero  intero  d'onda  ;  le  intensità  del  colore  per  le  due  posizioni  nor- 
mali dell'analizzatore  saranno  in  tal  caso  : 

il  =  A*  [m  cos  a  cos  (©  —  a)  —  n  sen  a  sen  (©  —  a)]* 


tj  =  A*  [m  cos  a  sen  (©  —  a)  -j-  w  sen  a  cos  (©  —  a)3*    J 
«  Questa  condizione  si  raggiunge  per  una  grossezza  qualunque  della  lamina 
e  per  un  qualunque  colore,  quando  vi  si  sovrapponga  una  lamina  di  quarzo 
(o  di  un'altra  sostanza  anisotropa)  tagliata  a  bietta  e   non  normalmente 
all'asse  di  simmetria. 


Se 


©  =  90%        sarà:    ii  =  k*(^      ^Ysen*2a.  (7 


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—  28  — 

•  L*  intensità  ii  in  questo  caso  non  può  annullarsi  che  per  due  soli  valori 

di  a  cioè:  per  «^=^0  e  a  =  90^  Essa  invece  è  sempre  nulla  per  m  =  n. 

Quindi  : 

IL  Se  si  introduce  tra  i  Nicol  incrociati  una  lamina  aniso- 
tropa  in  una  direzione  intermedia,  e  vi  si  fa  passare 
sopra  parallelamente  un  cuneo  di  quarzo:  se  è  possibile 
ottenere  Testinzione  completa,  adottando  la  luce  mono- 
cromatica, la  lamina  è  monocroica,  se  no  è  dicroica, 
a  Se  ®  =  0,  r  intensità  sarà  :  ii  =  A*  {m  cos*  a-\-n  sen*  a)'.  Vale  a  dire: 

in  questo  caso  Toscurimento  non  sarà  mai  possibile  per  un  arbitrario  valore 

di  a  se  m  ed  n  sono  differenti  da  zero. 

«  Se  0<[@<CdO'',  r  intensità  i  della  luce  potrà  annullarsi  quando  sia 

soddisfatta  la  condizione  : 

171 

—  =  tga.tag(@  —  a);    quindi:  (8 

III.  Assumendo  per  ©  un  valore  compreso  tra  0*  e  90"*  e  gi- 
rando la  lamina  nel  suo  piano  fino  a  tanto  che  vi  sia 
Toscurimento  della  luce,  Tespressione  superiore  ci  de- 
termina il  grado  di  dicroismo  di  un  cristallo. 

2.  Luce  bianca. 

«  Facendo  uso  nell'esperienza  della  luce  bianca,  otterremo  V  intensità 
della  luce  nell*analizzatore  per  due  posizioni  normali  di  questo,  dando  a  A:, 
m,n,S  e  X  tutti  i  valori  possibili  dall'estremo  rosso  all'estremo  violetto,  e 
quindi  facendo  la  sonunatoria  dì  tutte  le  singole  intensità  luminose  della 
forma  3  e  4,  che  così  risultano.  Avremo  : 


Il  =  2k^ [m cos  a  cos(0  —  a)  —  w  sen a  sen  (©  —  a) ]•  -j- 

-{-  sen  2a  sen  2  (®  —  a)  Smnk^  sen*  n  -y 

I,  =  sk^  [m cos  a sen(© —  a)  -{-nsQna  cos  (©  —  a)y  — 

à 

—  sen  2a  sen  2  (©  —  a)  2mnk?  sen*  n  -y 


(9 


«  A  rigore,  l'angolo  a  è  pure  variabile  se  la  lamina  anisotropa  appartiene 
ad  un  cristallo  a  due  assi  ottici,  ma  però  in  via  d'approssimazione  ò  permesso 
di  ritenerlo  costante,  e  di  introdurre  nell*equazione  un  valore  medio.  Quindi: 
lY.  Le  immagini  sono  colorate. 

«  Facendo  la  somma  di  li  e  I2,  intensità  della  luce  nell'analizzatore 
corrispondenti  a  due  sue  posizioni  normali,  avremo: 

I  =  Il  +  Ij  =  2k^  (m*  cos*  a  +  ^*  8®ii*  «)»    quindi  :  (10 

y.  Sommando  l'immagine  di  una  lamina  colorata  monocroica 

0  dicroica  coli'  immagine  per  una  posizione   di  90^  del 


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—  24  — 

Nicol  analizzatore  si  ottiene  per  risultato  il  coloredella 
lamina  osservata  senza  T  analizzatore;  ovvero: 
Le  immagini  d'interferenza   di  una  lamina   anisotropa 
assorbente  per  due  pos'izioni  normali  del  Nicol  analizza- 
tore sono  supplementari  nel'Colore  proprio  della  lamina. 

«  É  interessante  per  la  pratica  di  dare  all'angolo  a  alcuni  valori  particolari. 

«  Se    a  =  0*,  si  avrà  :     li  =  008^@2m*k* 

I,  =  sen*0-2w*A*    ^ 

Se    «  =  90*^        »         Ii  =  CiOs*@Sn^k^ 

It  =  sen*©2««A* 
«  Quindi  : 

VI.  Se  la  direzione  della  lamina  è  parallela  al  Nicol  pola- 
rizzatore, e  facendo  uso  di  luce  bianca,  si  gira  il  Nicol 
analizzatore  di  90%  1*  immagine  cambia  bensì  di  inten- 
sità ma  non  di  colore.  Se  invece  si  tengono  fermi  i  due 
Nicol  e  si  dà  alla  lamina  un  quarto  di  giro,  Tìmmagine 
varia  di  colore  se  la  lamina  è  dicroica,  non  varia  se  è 
monocroica. 

«I  Se    ©  —  a  =  0 ,    sarà  :     li  =  GOS^eSm^k^ 

«Se    ©—«  =  90^     »         Ii  =  cos«02»«A* 

It  =  8eìì^02n^k* 
«  Quindi  : 

VII.  Se  la  direzione  della  lamina  è  parallela  al  Nicol  analiz- 
zatore, e  facendo  uso  di  luce  bianca,  si  gira  T  analizza- 
tore di  90%  l'immagine  cambia  di  colore  se  la  lamina  è 
dicroica,  non  cambia  se  è  monocroica,  al  contrario,  dando 
alla  lamina  un  quarto  di  giro,  T  immagine  varia  bensì  di 
intensità  ma  non  di  colore. 

II  Gaso.  La  luce  à  polarizzata  circolare. 

1.  Ltice  monocromatica. 

«  E  cioè  possono  darsi  tre  combinazioni  :  o  la  luce  si  polarizza  circolar- 
mente, 0  la  si  analizza  circolarmente  ovvero  infine  la  si  polarizza  e  la  si 
analizza  circolarmente.  Le  due  prime  sono  le  più  interessanti  pel  dicroismo. 
•  a)  La  luce  subisce  la  polarizzazione  circolare  solo  aW  entrata.  Basta 
porre  a  =  it:  45*  e  /?  =-  0 ,  onde  si  ha: 

a=zìzat,    ft  =  0,    fti  =  l,    A=±l,    Ai  =  0,    B  =  0,    Bi  =  1; 
quindi  le  intensità  della  luce  per  polarizzazione  destrogira  e  levogira  saranno: 

4e  =  m^  A«  (1— Ui) + n^  k^  (1+Ut)  zìi  UÀ'  [m»(l+Vi)+/i«(l— Vi)  ]  sen2  n^ 


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—  25  — 
ossia  facendo  alcime  riduzioni  ed  introducendovi  i  seni  e  coseni  : 

2i  =  k^  {m*  sen*  f//  4"  ^'  ^^s*  ip)  it:  sen  2 (//  (w*  cos*  y  +  »^  sen*  y )  sen  2;r  y    (13 

o?e  9^:1:45  è  Tangolo  che  la  direzione  della  lamina  fa  col  Nicol  polariz- 
zatore, e  ìp  rangole  che  la  direzione  della  lamina  racchiude  coli* analizzatore. 
È  evidente  che  se  i  coefScienti  m,  n  fossero  tra  loro  eguali,  Tintensità  i  non 
dipenderebbe  dalFangolo  9^.  Quindi: 

YIII.  Girando  il  polarizzatore  circolare(0  comunque  sivoglia, 
l'intensità  della    luce   monocromatica   non   cambia  se  la 
lamina  è  monocroica,  cambia  invece  se  essa  è  dicroica. 
«  b)  La  luce  subisce  la  polariszasione  circolare  solo  all'uscita.  Basta 
porre  a  =  0  e  /fi?  =  =±=  45,  onde  si  ha  : 

a  =  0,     fli=:.l,     *  =  rt:*i,     A==0,     Ai  =  l,     B  =  r!zl,     Bi=0; 
quindi  le  intensità  della  luce  monocromatica  per  polarizzazione  destrogira  e 
levogira  saranno  : 

U  =  k^rn^  (1— Vi)  +  n^k^  (l+Vi)  i^  V[w*  (1  +  Ui)  +  n«  (1— U,)  ]  A*  sen27r^, 

ossia  facendo  alcune  riduzioni  ed  introducendovi  i  seni  e  coseni  : 

2i  =  m*  A*  sen  V  +  n*k*  co8*y  ^^  sen  2^  (w*  cos*^  +  n*  sen*(//)  A*  sen  27r  y  •  (14 

K  Questa  combinazione  ò  analoga  alla  precedente,  cioè  :  se  i  coefScienti 
m,  n  sono  eguali,  V  intensità  del  colore  non  varia  se  gira  TanaUzzatore.  Quindi: 

IX.  Tenendo  fermo  il  polarizzatore  lineare  e  girando  1*  ana- 
lizzatore circolare  quanto  si  voglia,  l'intensità  della  luce 
non  varia  se  la  lamina  ò  monocroiea,  varia  invece  se  è 
dicroica. 

«  Sono  anche  interessanti  i  casi  particolari   quando  sen2;ry-   è   zero, 

vale  a  dire  quando  la  grossezza  relativa  della  lamina  anisotropa  è  identica- 
mente ^^le  ad  un  numero  intero  d'onda  luminosa. 

X.  Girando  comunque  si  voglia  il  Nicol  con  polarizzazione 
circolare  rispetto  al  Nicol  con  polarizzazione  lineare, 
r  intensità  del  colore  non  varia  mai  se  la  lamina  è  mono- 
eroica^  varia  invece  se  è  dicroica. 

2.  Luce  bianca. 

e  Anche  qui  è  interessante  di  considerare  le  due  combinazioni  sepa- 
ratamente. 

«  a)  La  luce  bianca  si  polarizza  circolarmente  solo  alCentrata.  Per 
avere  V  intensità  della  luce  nell'analizzatore  basterà  sommare  tutte  le  intensità, 

(<)  Per  Nìcol  circolare  si  intende  un  Nicol  ordinario  fornito  di  una  mica  dì  }  d*onda 
ed  in  posinone  di  45®  col  Nicol. 

Bbvdioonti.  1888,  Vol.  IV,  1*  Sem.  4 


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—  26  — 

che  si  ottengono  dalla  equazione  (13)  introducendoyi  tutti  i  valori  possibili  di 
k,  m,  n,  d  Q  X  per  la  luce  bianca.  Chiamando  questa  intensità  con  I,  avremo 
per  le  due  posizioni  normali  della  mica: 

21=^k^  {m^  sen^ìp  +  n^  cos^)  —  sen  2ipSk^  (m*  cos*y+n*  sen*y )  sen  2;r  y  (15 

<t  Da  cui  si  ricava  senz'altro  : 

XI.  L'immagine  è  colorata. 

XII.  I  colori  delle  immagini  che  si  ottengono  nelT  analizza- 
tore, polarizzando  la  luce  d'entrata  circolarmente  levo- 
gira e  destrogira,  sono  supplementari  nel  colore  proprio 
della  lamina. 

XIII.  Se  si  gira  comunque  si  voglia  il  polarizzatore  circolare, 
l'immagine  non  cambia  di  colore  sola  lamina  è  mono- 
eroica,  cambia  invece  se  essa  è  dicroica. 

«  b)  La  luce  bianca  si  polarizza  circolarmente  solo  all'mcitaj  cioè 
nel  Nicol  analizzatore.  Qui  si  otterranno,  in  analogia  coU'equazione  (15) 
le  seguenti  intensità  della  luce  nell'analizzatore  con  polarizzazione  circolare 
destrogira  e  levogira  : 

21  =  2k^  (w*  sen*y  +  w'cos'y)  :±:  sen 2(pSk*  {m*  C08*i//  +  n^  sen*i/^)  sen  2;r  j  ; 

da  cui  senz'altro  si  ricava: 
XIY.  L'immagine  è  colorata. 

XY.   I  colori  delle  immagini  che  si  ottengono  nell'analizza- 
tore, polarizzando  la  luce   d'uscita   circolarmente   levo- 
gira e  destrogira,  sono  supplementari  nel   colore  proprio 
della  lamina. 
XVI.  Se  si  gira  comunque  si  voglia  l'analizzatore  circolare, 
l'immagine  non  cambia  mai  di  colore  se  la  lamina  è  mo- 
nocroica,  cambia  invece  se  essa  è  dicroica. 
«  Tutte  queste  proposizioni  hanno  qualche  importanza  nell'analisi  delle 
rocce  ;  la  VII  e  la  XVI  ci  forniscono  il  mezzo  di  riconoscere  se  un  cristallo 
è  monocroico  o  dicroico,  l'ultima  proposizione  senza  alcun  inconveniente. 

«  Il  metodo  che  si  segue  generalmente  in  tale  ricognizione  consiste  in 
ciò:  di  levare  il  Nicol  analizzatore  e  di  far  girare  o  il  Nicol  polarizzatore 
ovvero  la  lamina  sottile  sul  piatto  del  microscopio.  In  ambedue  i  casi  vi 
sono  degli  inconvenienti  :  intanto,  dando  alla  lamina  una  diversa  posizione 
rispetto  al  polarizzatore,  le  linee  di  sfaldatura,  le  fenditure,  i  corpuscoli  in- 
clusi ecc.,  &nno  sì  che  la  luce  trasparente  ci  apparisca  diversa  secondochò 
essa  sia  polarizzata  nell'entrata  in  un  piano  o  nell'altro;  in  secondo  luogo 
girando  il  polarizzatore,  diversa  luce  si  riceve  dallo  specchio  del  microscopio, 
la;  quale  è  composta  di  due  parti  :  di  luce  polarizzata  linearmente  e  di  luce 
normale;  inoltre  girando  il  polarizzatore,  l'osservatore  si  fa  ombra  colle  dita. 


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—  27  — 

di  guisa  che  anche  per  questa  ragione  semplice  si  osservano  delle  intensità 
variabili  ;  di  più  girando  il  piatto  del  microscopio,  ci  appariscono  le  diverse 
variazioni  che  la  luce  riflessa  produce  sulla  superficie  della  lamina.  In  terzo 
luogo  non  sarebbe  raccomandabile,  per  le  cose  note  e  dette,  di  togliere  il  Nicol 
polarizzatore  e  di  sostituire  in  sua  vece  il  Nicol  analizzatore.  Applicando  la 
XVI  proposizione,  che  abbiamo  dato,  tutti  codesti  inconvenienti  spariscono 
perchè  tutte  le  disposizioni  nel  microscopio  rimangono  inalterate,  solo  il  Nicol 
analizzatore  gira  nel  suo  asse  verticale  senza  che  diversa  quantità  di  luce, 
di  variabile  intensità  e  diversamente  disposta  rispetto  alle  singolarità  della 
lamina  giunga  all'analizzatore,  se  non  per  il  solo  effetto  del  dicroismo  della 
lamina  sottile. 

«  Rimangono  a  considerare  la  3^  combinazione  ossia:  luce  polarizzata  cir- 
colarmente all'entrata  e  all'uscita,  ed  infine  considerare  il  caso  quando  la  luce 
è  polarizzata  ellitticamente  in  tre  combinazioni  diverse.  La  nostra  discussione 
fermiamo  qui  :  in  primo  luogo  perchè  l'ulteriore  ha  molta  analogia  colle  cose 
dette,  in  secondo  luogo  perchè  l'espressioni  per  l'intensità  della  luce  sono 
più  complicate,  e  non  offrono  dei  dati  semplici  per  il  dieroismo  dei  cristalli  ^ . 

Astronomia  fisica.  —  Le  protuberanze  solari  7iei  loro  rap- 
porti colle  variazioni  del  magnete  di  decllnasione  diurna.  Nota 
del  prof,  P.  M.  Garibaldi,  presentata  dal  Corrispondente  Tacchini. 

K  La  notissima  corrispondenza  fra  i  massimi  e  i  minimi  di  macchie  solari 
e  i  massimi  e  i  minimi  del  magnete  di  declinazione  diurna  messa  in  evidenza 
anche  nei  particolari,  in  una  nostra  comunicazione  (0  nella  quale  si  paragona- 
vano i  valori  assoluti  mensili  delle  due  serie,  subì  una  notevole  anomalia  negli 
anni  1885-86  che  merita  di  essere  segnalata  perchè  lascia  supporre  che,  oltre 
le  macchie,  vi  siano  altre  espressioni  dell'energia  solare  che  possano  influire 
sopra  l'ago  di  declinazione  e  regolarne  l'amplitudine  dell'oscillazione  diurna. 

«  Dalla  Nota  sopra  citata  risulta  che  l'ultimo  periodo  di  macchie  solari 
e  variazioni  declinometriche  diurne  coincideva,  con  un  minimo  comune,  nel 
giugno  del  1879  e  che  terminava,  con  un  maximum,  nel  maggio  1884  per 
i  valori  di  macchie  e  nel  giugno  successivo  per  quelli  declinometrici  :  nei  mesi 
compresi  fira  questi  estremi  l'andamento  dei  termini  delle  due  serie  è  quasi 
parallelo  e  sincrono,  tranne  pochissime  eccezioni,  come  appare  dal  quadro 
numerico  e  dal  diagramma  in  quella  Nota  riportato. 

«  Dal  giugno  1884  in  poi  i  valori  delle  variazioni  diurne  e  quelli  delle 
macchie  andarono  diminuendo,  come  lo  faceva  prevedere  il  cominciamento 
del  nuovo  periodo,  toccando  un  primo  minimo  in  aprile  1885  quelli  di  decli- 
nazione e  in  marzo  quelli  di  macchie;  senonchè  mentre  queste  ripigliavano 

(»)  Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Classe  di  scienze  fisiche,  matematiche 
natoiali.  Seduta  del  6  dicembre  1885. 


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un  l^giero  aumento  fino  a  luglio,  per  poi  continuamente  diminuire  fino  ad 
oggi^  le  variazioni  magnetiche  diurne  crebbero  straordinariamente  sino  a  set- 
tembre 1885  toccando  un  valore  di  113,12  superiore  a  quello  del  maximum 
periodico  del  giugno  1884  che  era  rappresentato  da  111,26;  inoltre  nel  mentre 
il  numero  dei  gruppi  di  macchie  andava  sempre  diminuendo,  meno  una  sta- 
zionarietà nei  mesi  di  marzo,  aprile  maggio  e  giugno  1886,  i  valori  declino- 
metrici  ripigliavano  sensibilmente  nel  dicembre  1885  fino  alVaprile  1886, 
epoca  in  cui  raggiunsero  il  valore  di  110,70,  poco  inferiore  a  quello  notato 
nel  giugno  1884  nel  tempo  della  ricorrenza  del  periodo  undecennale. 

«  Dal  sopra  esposto  si  vede  che  i  due  massimi  declinometrici,  molto  spic- 
cati, che  si  riscontrano  nel  settembre  1885  e  aprile  1886,  non  hanno  la  loro 
base  e  riscontro  in  quelli  di  macchie  solari  le  quali,  per  conseguenza,  non 
possono  ritenersi  come  unici  fattori  da  cui  dipenda  l'ampiezza  della  variazione 
diurna  dell'ago  calamitato,  la  quale  perciò,  deve  risentire  l'azione  di  altro  o 
altri  agenti. 

«  E  questo  dubbio  è  anche  confortato  dalla  considerazione  che  se  le  va- 
riazioni declinometriche  diurne  fossero  solo,  o  principalmente,  funzioni  di 
macchie  solari,  dovrebbero  presentare  una  qualche  ragione  di  grandezza  con 
queste,  nel  mentre,  tal  fiata,  si  verifica  il  contrario  ;  così  per  esempio  si  vede 
che  il  maximum  magnetico  (periodico)  del  1884  rappresentato  da  111,26  è 
accompagnato  da  un  maximum  (pure  periodico)  di  macchie  misurate  da  722,82, 
mentre  nel  1885  il  valore  declinometrico  massimo  118,12  ha  per  riscontro 
un  sistema  di  macchie  solari  misurato  da  260,30. 

«  Fra  le  varie  espressioni  dell'energia  solare  quella  che  ci  parve,  con 
maggiore  probabilità,  più  atta  ad  influenzare  il  declinometro,  fu  quella  deUe 
protuberanze,  specialmente  in  causa  degli  elementi  fisici  onde  sono  costituite. 

«  A  questo  proposito  instituimmo  una  serie  di  calcoli,  i  quali  ci  fornirono 
opportuni  elementi  per  confrontare,  con  un'unità  di  criteri,  declinazioni  ma- 
gnetiche diurne,  macchie  e  protuberanze  solari. 

«  Le  basi  di  questi  calcoli  sono  comuni  a  tutte  tre  le  serie  di  fenomeni, 
i  quali  perciò  riescono  perfettamente  paragonabili. 

li  A),  Dai  valori  declinometrici  diurni  si  dedussero  quelli  di  mese  e  per 
mettere  in  evidenza  l'influenza  dei  singoli,  il  valore  d'ogni  mese  è  rappresen- 
tato da  quello  notato  nella  serie  ottenuta  dalla  somma  di  dodici  mesi  suc- 
cessivi: nel  quadro  seguente  sono  notati  sotto  la  lettera  Y. 

«  B).  I  valori  delle  macchie  sono  calcolati  egualmente,  però  si  tenne 
conto  del  numero  dei  gruppi  di  macchie  G  e  della  loro  estensione  E  :  il  va- 
lore mensile  6XE  risulta  egualmente  dalla  somma  di  dodici  mesi  successivi. 
K  C),  1  dati  per  le  protuberanze  sono  dedotti  egualmente;  anche  a  ri- 
guardo di  esse  si  tenne  a  calcolo  la  loro  altezza  media  mensile  A  e  la  loro 
estensione  parimente  media  mensile  E  e  i  rispettivi  valori  di  mese  sono  dati 
da  AXE,  come  sopra,  calcolati. 


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—  29  — 

«  Gli  elementi  per  le  macchie  sono  desunti  dalle  osservazioni  fatte  dal 
sig.  Tacchini  al  Collegio  Bomano  e  notate  nella  Memoria  degli  spettrosco- 
pisti  italiani;  quelli  delle  protuberanze  furono  tratti  da  osservazioni  fatte  a 
Palermo  dal  sig.  Bieco  e  da  Tacchini  a  Roma  e  registrati  nelle  Memorie  anzi- 
dette ;  le  variazioni  declinometriche  sono  quelle  fatte  regolarmente  ogni  giorno 
neirOsservatorio  dell'Università  di  Genova. 

«  I  valori  GXE,  V,  EXA  sono  notati  nel  seguente  quadro  numerico  A 
che  comprende  il  sessennio  1882-87. 


Quadro  A. 


1882 

1883                            1884 

GXE 

V 

EXA 

GXE 

V 

EXA 

GXE 

V 

EXA 

Gennaio  .... 
Febbraio   .  .  . 

Marzo 

Aprile 

Maggio  .... 
Giugno  .... 

LagUo 

Agosto    .... 
Settembre.  .  . 

Ottobre 

Novembre .  .  . 
Dicembre  .  .  . 

.     129,22 
.     135,12 
.     145,98 
.     182,72 
.     199,91 
.     195,95 
.     172,24 
.     179,78 
.     175,69 
.     174,88 
.     164,09 
.     162,27 

101,76 
101,90 
101,86 
103,58 
106,30 
104,70 
103,08 
102,67 
101,96 
102,09 
103,54 
102,61 

111,44 
108,65 
109,01 
110,17 
111,09 
110,98 
106,61 
107,11 
106,83 
109,12 
113,25 
113,64 

167,57 
159,59 
146,77 
140,31 
128,23 
181,16 
271,14 
285,31 
326,34 
408,40 
473,79 
522,81 

104,22 
103,24 
103.72 
103,69 
101,38 
102,30 
103,47 
103,38 
104,01 
105,69 
104,76 
105,05 

111,80 
112,66 
116,25 
122,03 
127,59 
134,65 
138,10 
137,19 
137,31 
138,84 
139,33 
143,44 

553,74 
594,44 
661,05 
682,78 
722,82 
678,77 
601,97 
•604,12 
574,01 
492,11 
436,82 
896,28 

105,38 
107,89 
109,99 
110,56 
111,07 
111,26 
110,54 
109,.54 
109,33 
108,34 
108,49 
109,13 

143,38 
148,58 
154,62 
155,20 
151,52 
173,11 
173,04 
174,22 
175,46 
169,89 
169,97 
166,26 
II 

1885 

1886 

1887 

GXE 

V 

EXA 

GXA 

V 

EXA 

GXE 

V 

EXA 

Gennaio  .... 
Febbraio    .  .  . 

Marzo 

Aprile 

Maggio  .... 
Giugno  .... 

Loglio 

Agosto 

Settembre.  .  . 
Ottobre  .... 
Novembre.  .  . 
Dicembre  .  .  . 

.     854,12 
.     342,57 
.     277,82 
.     286,54 
.     217,47 
.     259,16 
.     276,95 
.     267,77 
.     260,32 
.     249,41 
.     241,16 
.     232,77 

107,90 
105,29 
103,03 
101,55 
104,38 
106,10 
109,75 
113,05 
113,12 
111,55 
110,70 
109,37 

163,81 
162,88 
151,16 
144,70 
142,78 
118,46 
122,71 
130,73 
137,05 
146,41 
160,27 
161,80 

228,88 

203,19 

211,67 

211,07 

178,82 

125,28 

94,47 

83,14 

69,13 

61,05 

58,95 

57,85 

110,50 
110,19 
110,48 
110,70 
109,68 
107,64 
105,15 
102,77 
100,38 
100,72 
100,41 
101,20 

161,21 
162,27 
164,64 
160,54 
160,97 
156,11 
149,83 
140,72 
131,07 
125,78 
107,26 
102,59 

54,07 
52,68 
35,42 
27,63 
22,69 
21,07 
15,91 
15,98 
14,13 

100,58 
100,42 
98,74. 
98,01 
97,22 
96,70 
97,41 
97,96 
98,86 
97,15 
96,62 

100,22 
92,02 
90,15 
91,35 
88,86 
88,63 

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—  30  — 

«  Per  mettere  in  migliore  evidenza  l'andamento  dei  valori  suddetti  si  co- 
strusse  il  seguente  diagramma  B. 

Diagramma  B 


Variazioni  V 


Protuberanze  E  X  A. 


Macchie  G  X  K 


tt  Dall'analisi  dei  valori  numerici  e  dal  movimento  delle  curve  si  vede 
che  quella  di  V  e  GXE  procedono  armonicamente  fino  e  durante  il  primo  tri- 
mestre 1885,  dopo  del  quale  cessano  di  essere  concordanti  e,  in  certi  tempi, 
sono  opposte:  così  per  esempio,  ad  un  maximum  declinometrico  di  aprile  1886 
corrisponde  un  minimum  di  macchie  in  marzo  dello  stesso  anno  ;  inoltre  ad  un 
maximum  assoluto  di  energia  magnetica,  che  non  ha  riscontro  negli  ultimi 
15  anni,  svolgentesi  nel  secondo  trimestre  e  specialmente  nel  settembre  1885, 
corrisponde  una  grande  debolezza  in  quanto  a  macchie  solari. 

«  Considerando  ora  i  valori  EX  A  del  quadro  numerico  A  tradotto  grafica- 
mente nel  diagramma  B  si  vede  che  la  curva  delle  protuberanze  solari  ha, 
nel  suo  insieme,  un  andamento  che  corrisponde  alle  altre  due  fino  alla  metà 
del  1885,  colla  differenza  che  i  valori  non  si  muovono  sincroni  e  quelli  delle 
protuberanze  sono  alquanto  in  ritardo. 

«  Dopo  il  primo  semestre  1885  le  macchie  sono  in  continua  e  sensibile 
diminuzione  mentre,  invece,  la  curva  rappresentante  le  protuberanze  solari  è 
in  marcatissimo  aumento  come  quella  delle  variazioni  declinometriche  diurne  ; 
e  questo  potrebbe  dimostrare  che  l'azione  delle  protuberanze  sull'ago  è  analoga 


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—  31  — 

a  quella  delle  macchie,  e  che  talvolta  rindebolimento  dell'energia  solare 
(in  quanto  a  macchie)  può  essere  compensata  o  rimpiazzata  da  quella  prove- 
niente daUe  protuberanze  solari. 

a  Da  ciò  conseguirebbe  che  il  movimento  diurno  dell'ago  non  può  più 
essere  definito  tenendo  solo  a  calcolo  le  macchie,  ma  che  neUo  studio  delle 
amplitudini  declinometriche  di  giorno,  debbano  anche  considerarsi  le  azioni 
che  possono  produrre  le  protuberanze  dell'astro,  la  natura  delle  quali  è  spe- 
cialmente e  direttamente  annoverata  fra  quelle  che  influenzano  maggiormente 
le  condizioni  elettriche  del  cosmos  y> . 

Fisica  terrestre.—  //  terremoto  di  Firenze  del  14  novembre  1887. 
Nota  del  prof,  Carlo  Marangoni,  presentata  dal  Socio  Blaserna, 

«  1.  Benché  il  terremoto  avvenuto  a  Firenze  il  14  novembre  p.  p.  non 
abbia  prodotto  alcun  danno  materiale,  pure  è  importante  per  la  sismologia  di 
riferirne  qui  alcuni  interessanti  particolari. 

«  La  prima  scossa,  che  si  verificò  alle  ore  6,48  ani  (tempo  medio  di 
Boma),  parve  in  Firenze  forte,  sussultoria  e  brevissima;  essa  fu  seguita  da 
5  0  6  oscillazioni,  lente,  orizzontali,  della  durata  in  tutto  di  5  a  6  secondi. 

»  Pochi  momenti  avanti  la  prima  scossa,  fu  udita  una  forte  romba,  simile 
al  rumore  del  vento  in  principio,  che  poi  crescendo  somigliava  al  rumore  d'un 
treno,  e  nel  momento  della  scossa,  allo  scontro  di  due  convogli 

«  Da  taluno  fu  notato  che,  una  mezz'ora  avanti  il  terremoto,  i  canarini, 
che  stavano  in  una  gabbia  appesa  al  muro,  schiamazzavano,  ed  erano  straor- 
dinariamente inquieti. 

il  Che  la  prima  scossa  abbia  una  componente  verticale,  anche  in  im  ter- 
remoto ondulatorio,  la  credo  una  necessità  meccanica;  e  se  i  sismografi  non 
la  registrano  ordinariamente,  come  è  avvenuto  in  questo  di  Firenze,  ciò  si  deve 
attribuire  alla  poca  sensibilità,  del  sismografo  verticale.  Infatti  una  rapida 
scossa  orizzontale,  nel  propagarsi,  urta  gli  strati  che  gli  stanno  avanti,  e  com- 
primendoli, li  solleva  momentaneamente. 

«  Io  che  ero  a  letto  provai  l'impressione,  dalla  prima  scossa,  come  se 
uno  avesse  sollevato  dappiede  il  letto  e  l'avesse  tosto  lasciato  ricadere. 

«  2.  D  sismografo  a  pendolo  che  da  poco  tempo  avevo  stabilito  al  R.  Li- 
ceo Dante  mi  ha  segnata  una  bellissima  traccia,  che  qui  riproduco  ingrandita 
7  volte  per  mezzo  della  fotografìa.  11  sismografo  è  stabilito  nell'angolo  di  due 
robusti  muri  maestri  al  pian  terreno.  Esso  amplifica  7  volte  le  dimensioni 
della  scossa  {})  ;  cosicché  il  disegno  qui  riprodotto  è  49  volte  più  grande  del 
vero  moto  sismico  di  un  punto  della  terra. 

(^)  n  mio  pendolo  ha  analogìa  con  quello  immaginato  dal  P.  Cecchi;  ma  la  massa 
pesante  è  a  V?  della  distanza  dalla  sospensione  cardanica  alla  punta;  Tasta  è  fatta  di  un 
tubo  dì  ottone,  leggiera  e  rìgida  a  un  tempo;  finalmente  la  punta  scrìve  su  d'una  lastta 
di  vetro  da  specchi  affumicata.  Di  qui  la  sensibilità  dell'apparato  e  la  nitidezza  della  traccia. 


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32  — 


«  Nella  traccia  sì  distinguono  varie  ellissi  e  una  lemniscata,  ovvero  come 
un  8.  Tutte  queste  curve  mostrano  che  vi  furono  più  scosse  a  brevissimi  inter- 
valli in  direzioni  diverse.  Ma  la  teorìa  non  si  presta  a  trovare  le  direzioni 
elementarì  delle  scosse,  essendo  il  problema  indeterminato. 

«  Mi  limito  a  notare  che  Tasse  maggiore  delle  più  grandi  ellissi  è  nella 
traccia  di  nmi.  6  ;  per  lo  che  Testensione  massima  del  moto  sismico  fu  di  V? 
di  millimetro  ;  e  questo  avvenne  sensibilmente  da  nord  a  sud.  Il  prof.  Pittei, 
direttore  del  R.  osservatorio  meteorologico  di  Firenze,  e  il  P.  Giovannozzi 
deir osservatorio  Ximeniano,  pure  di  Firenze,  hanno  notata  nei  loro  sismografi 
una  traccia  di  circa  un  millimetro  da  nord  a  sud. 

»  La  traccia  mostra  inoltre  che  le  grandi  ellissi  sono  punteggiate  ;  il  che 
proverebbe  vibrazioni  rapidissime  del  suolo  nel  tempo  della  scossa. 

«  La  durata  d'una  oscillazione  del  mio  pendolo  sismometrico  è  di  mezzo  se- 
condo :  per  lo  che,  se  \ oscillcunione  sismica  fosse  stata  di  uguale  durata,  cia- 
scuna ellissi  sarebbe  stata  descritta  in  1"  ;  e  siccome  in  ogni  ellissi  sono  se- 
gnati circa  50  punti,  così  si  avrebbero  avute  50  vibrasioni  complete  al  secondo, 
che  corrisponderebbe  all'  incirca  al  sol-i .  Ma  non  avendo  io  pendoli  di  diffe- 
renti lunghezze,  non  posso  stabilire  la  durata  di  una  oscillasione;  credo  però 
debba  essere  stata  assai  minore  di  1". 

«  La  lenmiscata  sembra  essere  dovuta  alla  prima  scossa,  perchè  ha  il  suo 
nodo  nel  punto  di  equilibrio  del  pendolo.  La  sua  forma  ci  dice  che  essa  è 
stata  prodotta  probabilmente  da  due  scosse  sensibilmente  perpendicolari  NS 
e  EW ,  aventi  le  durate  rispettivamente  come  2 : 1  ;  che  in  oltre  le  due  oscil- 
lazioni perpendicolari  s' incontrarono,  nel  nodo,  nella  fase  della  loro  massima 

I  velocità.    Ciò   spiegherebbe   la 
romba   straordinariamente  fra- 
gorosa udita  al  B.  Liceo  Dante. 
Essendo    poi   cessata  Toscilla- 
zione,  a  periodo  più  breve,  la 
pimta  descrisse  le  due  grandi 
ellissi  e  poi  quelle  più  piccole 
da  est-nord-est  a  ovest  sud-ovest. 
Si  noti  che  il  moto  reale  della 
terra  è  direttamente  contrario  al 
moto  apparente  della  punta  che 
I  ha  descritta  la  seguente  traccia. 
<i  Anche  i  tromometrì  del 
I P.  Bertelli  alla  Querce  si  mo- 
strarono   agitatissimi.    Appena 
I  dopo  la  scossa  il  grande  pendolo 

Traccia  m  t-i^m^moto  ài  Firenze  ingrandita  7  volte,   tromometrico    Segnava    6    divi- 
ai^SL!"^'*  '•"  ^  pnntwUar.  è  meno  r^lare  di  qnelU  qui?  gi^nj.  q^ellO  UOimale,  di  m.  1,50, 


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—  38  — 

segnaya  25  diyisìonL  In  oltre,  dalle  oBserrazioni  gentilmente  favoritemi  dal 
chiariss.  P.  Bertelli,  risulta  xm  massimo  al  tutto  straordinario  nel  novembre  87, 
come  apparisce  dalle  medie  mensili  in  valore  intensivo  dei  due  tromometri 
riuniti  pel  seguente  quinquennio: 

1883  1884  1885  1886  1887 
Medie  del  Novembre  156   103   176   142   322 

B  8.  Un  altro  particolare  interessante  di  questo  terremoto  si  è  la  sua  cir- 
coscrizione molto  ristretta  e  circolare  non  ostante  l' intensità  insolita  per  Fi- 
renze. Nessuna  notizia  dai  giornali  di  altri  terremoti,  se  si  eccettua  quello 
quasi  simultaneo  di  Cavaillon  e  Saint  Saturnin  in  Provenza. 

»  Mi  recai  alla  Direzione  dei  telegrafi  dove,  per  una  circolare  del  P.  Ser- 
pieri  gli  impiegati  devono  dare  notizie  sui  fenomeni  sismici  all'Ufficio  cen- 
trale. Ma  il  terremoto  avvenne  in  un*  ora  nella  quale  tutti  gli  uffizi  telegrafici 
erano  chiusi  e  non  si  ebbe  alcuna  notizia.  Tuttavia  il  direttore  compart*^ 
comm.  Mazzanti,  molto  gentilmente  mi  promise  di  fornirmi  privatamente  delle 
notizie  sulle  varie  linee  che  irradiano  da  Firenze  ;  ed  ho  avute  infatti  le  rela- 
zioni da  più  di  50  stazioni  telegrafiche. 

«  Anche  il  comm.  Municchi  direttore  del  Traffico  della  rete  Mediterranea, 
il  sig.  ing.  Niccolari,  direttore  della  Ferrovia  Faenza-Firenze,  rispetterò  Mar- 
tini della  rete  Adriatica,  il  proi  Bombicci  a  Bologna,  e  i  Sindaci  di  vari 
Comuni  della  provincia  di  Firenze,  da  me  interpellati,  mi  fornirono  altre  indi- 
cazioni, che  mi  hanno  servito  benissimo  per  fare  la  carta  della  scossa  sismica; 
per  lo  che  io  ringrazio  qui  pubblicamente  i  prelodati  Signori  che  nell'inte- 
resse della  scienza  si  sono  data  ogni  premura. 

«  Ed  ecco  pertanto  i  risultati  avuti  dalla  mia  carta. 

«  n  centro  della  scossa  fu  Firenze  e  si  possono  djlstinguere  tre  zone 
circolari  quasi  concentriche. 

«  1^  Un  cerchio  di  13  chilometri  di  raggio  che  ha  per  centro  Firenze, 
dentro  il  quale  si  è  sentito  molto  forte  il  terremoto  e  parve  generalmente  sus- 
sultorio,  fu  preceduto  da  più  o  meno  forte  romba.  Questa  2ona  comprende 
al  perimetro  i  paesi  Pratolino,  Pontassieve^  San  Casciano,  Lastra,  Calenzano. 
«  2^  Una  zona  anulare  che  ha  per  centro  Firenze  e  che  si  estende 
fra  due  raggi  di  13  km.  e  25  km» 

«  In  questa  zona  la  scossa  fd  ondulatoria,  debole  e  senza  romba,  se  si 
eccettua  Montespertoli  dove  si  sentì  forte  con  romba.  Comprende  al  perìmetro 
estemo  i  paesi  Borgo  S.  Lorenzo,  Beggello,  Greve,  Empoli. 

«  S''  Una  zona  che  si  estende  fino  al  rs^gio  di  50  km.  avente  però  per 
centro  Tlmpruneta  (9  km.  al  sud  di  Firenze). 

«  In  questa  zona  la  scossa  fu  appena  sensibile  a  pochissimi  e  senza 
romba,  eccettuato  Certaldo,  dove  questa  fd  sentita  forte.  I  paesi  estrèmi  ebe 
appena  avvertirono  la  scossa  furono  Firenzuola  Toscana,  Arezs^o,  Siena  e 
Pontedera.  

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1**  Sem.  5 


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—  84  — 

ti  Unisco  qui  Velenco  di  circa  70  località  colle  rispettive  indicazioni  for* 
nitemi.  Le  divido  in  4  zone.  Chi  volesse  ricostruire  la  carta  può  prendere 
quella  della  Provincia  di  Firenze  da  1  a  12,500  del  dott.  Francesco  Yallardi. 

1*  Zona. 

Firenze.  —  Sì,  fortissima  sussultoria  ondulatoria  nord-sud.  Forte  romba. 

Fiesole.  —  Si,  forte  sussultoria,  6^48. 

Cercina.  —  Sì,  forte. 

Sveglia.  —  Sì,  forte. 

PratoUno.  —  Sì,  forte,  ondulatoria  sussultoria.  Grande  romba. 

Pontassieve.  —  Sì,  forte  sud-nord,  8". 

Strada.  —  Sì,  6,48.  Due  scosse  forti;  forte  romba  prolungata  avanti,  ondula- 
toria est-ovest. 

Galluzzo.  —  Sì,  forte  sussultoria,  6,45. 

Impruneta.  —  Sì,  leggerissima  ondulatoria. 

San  Casciano  (Val  di  Pesa).  —  Sì,  forte  sussultoria  (da  far  sonare  i  campa- 
nelli), ondulatoria  nord-sud.  Forte  romba. 

Lastra  a  Signa.  —  Sì,  fortissima  ondulatoria  sussultoria  nord  est -sud  ovest. 

Brozzi.  —  Sì,  forte,  6,40. 

Campi.  —  Sì,  forte. 

Cadenzano.  —  Sì,  leggerissima  ondulatoria  preceduta  da  forte  romba  (secondo 
altri,  fortissima). 

2*  Zona. 

Vaglia.  —  Sì,  debolissima,  6,45 

San  Piero  a  Sieve.  —  Sì,  leggerissima. 

Borgo  San  Lorenzo.  —  Sì,  leggerissima  ondulatoria,  6,49. 

Vicchio.  —  Sì,  leggera  ondulatoria,  poi  sussultoria,  6,55. 

Bufina.  —  Sì,  forte  ondulatoria  est-ovest,  ore  7. 

Vallombrosa.  —  Sì,  debolissima. 

Beggello.  —  Sì,  forte  ondulatoria. 

Figline.  —  Sì,  leggera  ondulatoria. 

Greve.  —  Sì,  forte  ondulatoria  est-ovest,  x)re  6,50. 

Montespertoli.  —  Sì,  forte  ondulatoria  nord  ovest -sud  est,  preceduta  da  romba. 

Montelupo.  —  Sì,  forte. 

Empoli.  —  Sì,  forte  ondulatoria  nord-sud. 

Piato.  —  Sì,  forte  ondulatoria  sud-nord,  7a. 

8*  Zona. 

Barberino  di  Mugello.  —  Sì,  leggera  ondulatoria,  6,30. 
Firenzuola  Toscana.  —  Sì,  debolissima. 
Scaiperia.  —  Sì,  leggerissima  ondulatoria. 


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—  36  - 

BoDta.  —  Sì,  debole. 

Crespino  (snl  Lamone).  —  No. 

Dicomano.  —  Si,  ondulatoria  rapida,  6,80. 

San  Godenzo.  —  Si,  leggerissima  ondulatoria. 

San  Giovanni  (Valdarno).  —  No. 

Terranuova  Bracciolini.  —  Si,  leggera  ondulatoria,  sussultoria. 

Montevarchi.  —  Si,  leggerissima  sussultoria. 

Arezzo.  —  Si,  leggerissima. 

Poggibonsi.  —  Si,  forte  ondulatoria  sud  est -nord  ovest,  6,45. 

Colle  Val  d' Elsa.  —  Si,  forte  ondulatoria  ovest-est. 

Siena.  —  Si,  leggerissima  nord-sud. 

San  Gimignano.  —  Si,  leggera  ondulatoria. 

Certaldo.  —  Si,  leggera,  con  forte  romba,  6,45. 

Montajone.  —  No. 

Castel  Fiorentino.  —  Si,  leggerissima  ondulatoria. 

Ponte  a  Elsa.  —  Si,  debolissima. 

San  Miniato.  —  Si,  leggera  ondulatoria,  6,45. 

Pucecchio.  —  Si,  leggera  ondulatoria  sud-nord,  circa  le  7. 

Santa  Croce  suU^Amo.  —  Si,  due  scosse  leggere  ondulatorie  sud-nord. 

Castel  Franco  di  sotto.  —  Si,  leggerissima  ondulatoria,  poco  dopo  le  7. 

San  Bomano.  —  Si,  leggerissima  ondulatoria. 

Pontedera.  —  Si,  leggera  ondulatoria,  nord  nord  ovest -sud  sud  est,  circa  le  7. 

Monsummano.  —  Si,  debole  sussultoria,  6,50. 

Pistoia.  —  Si,  leggerissima  ondulatoria  nord-sud,  6,50. 

Montale  Agliana.  —  Si,  debolissima. 

4*  Zona. 

«  Esternamente  alla  3^  Zona  non  hanno  avvertito  il  terremoto  come  ci 
venne  attestato  dai  seguenti  luoghi  situati  a  distanza  maggiore  di  50EnL 
Bologna,  Brisìghella,  San  Cassiano  (sul  Lamone),  Bocca  San  Casciano,  Vico 
Pisano,  Buti,  Cascina,  Calci,  Navacchio,  Pisa,  Lucca,  Bagni  San  Giuliano, 
Pracchia,  Sambuca. 

«  N.  B.  Nelle  gallerie  dell'Appennino,  di  Pratolino  e  in  tutte  le  altre 
secondarie  della  ferrovia  Faenza- Firenze  in  costruzione,  non  fta  avvertita 
alcuna  scossa  di  terremoto. 

«  4.  Quale  può  essere  stata  la  causa  del  terremoto  di  Firenze?  Le  cause 
principali  dei  terremoti  si  possono  ridurre  alle  quattro  seguenti  : 
«  1®  Sollevamento  per  vulcanismo. 

.  2^  Avvallamenti  per  plasticità  o  per  azione  dissolvente  delle  acque 
sotterranee. 

•  3^  Fenditure  per  contrazione  della  terra. 


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«4""  Esplosione  di  miscugli  gassosi  sotterranei  (*). 

«  Interroghiamo  quindi  i  fatti  per  vedere  di  appurare  la  causa. 

«  Sebbene  il  yulcanismo  sia  la  causa  pia  generale  e  poderosa  che  pro- 
duce i  terremoti,  come  lo  ha  luminosamente  provato  il  eh.  prof.  Stoppani, 
nessun  fatto  ci  fa  pensare  che  Firenze  sia  su  di  un  cratere  vulcanico  sot- 
terraneo. 

s  n  giorno  14  novembre  avvenne  pure  un  forte  terremoto  alle  9,20  ant. 
a  Cavaillon  (9,50  di  Eoma)  e  a  Saint  Satumin  in  Provenza;  e  mentre  a 
Saint  Saturnin  fece  screpolare  le  case,  ad  Avignone  (che  dista  appena  60  chi- 
lometri) non  fu  avvertito.  Ciò  mostra  che  questi  terremoti  furono  proprio 
locali  e  indipendenti  Tuno  dall'altro;  per  lo  che  sarei  disposto  ad  escludere 
razione  vulcanica. 

(t  Sotto  air  Amo  serpeggia  un  fiume  invisibile  che  alimenta  la  galleria 
filtrante  donde  Firenze  ha  Facqua  potabile. 

tf  II  giorno  16  settembre  (1887)  si  osservò  in  Firenze  un  curioso  fatto. 
Alla  mattina,  avanti  le  7,  TArno  era  perfettamente  asciutto:  c'era  solo  un 
po'  d'acqua  in  quei  burroni  che  stanno  dietro  le  pile  dei  ponti;  ed  in  quelle 
piccole  pozze,  i  pesci  che  vi  si  erano  rifugiati  vi  si  trovavano  così  fitti,  che 
i  pescatori  li  prendevano  colle  mani. 

«  Foco  dopo  le  7  l'acqua  cominciò  a  comparire  e  alle  4  di  sera  era  ri- 
tornata al  livello  ordinario. 

«  Dubitai  che  si  trattasse  di  una  firattura  sotterranea  che  avesse  inghiot- 
tita l'acqua,  la  quale  del  resto  è  scarsissima  nei  mesi  caldi  nelVAmo;  osservai 
il  sismografo  che  avevo  impiantato  appena  da  poco  tempo,  ma  non  mostrò 
alcuna  traccia  di  scosse. 

«  Venuto  il  terremoto  del  14  novembre,  mi  sovvenni  del  fen^omeno  dell'Arno 
del  16  settembre.  Le  due  date  precedevano  di  un  giorno  il  novilunio  (^).  In- 
terrogai il  F.  Bertelli  per  sapere  se  il  16  settembre  almeno  i  tromometrì 
fossero  stati  agitati;  ma  questi  mi  assicurò  che  in  tutta  la  2^  quindicina  di 
settembre  i  tromometri  segnarono  zero.  Mi  venne  allora  un  dubbio,  e  per  chia- 
rirlo andai  dal  capo  meccanico  dello  stabilimento  idraulico  di  San  Niccolò, 
dove  trovansi  le  turbine  per  elevare  l'acqua  potabile,  e  seppi  infatti  che  nella 
notte  dal  15  al  16,  per  la  scarsità  dell'acqua,  fu  elevata  la  chiusa  dell'acqua 
per  potere  lavorare  il  giorno  dopo  colle  turbine  le  quali  riprincipiarono  il  la- 
voro aUe  7  antim.  del  16,  ora  nella  quale  riapparve  l'acqua:  dimque  quel 

(^)  La  teorìa  del  Perreyi  che  ammette  una  marea  lani*Bolare  deUa  crosta  terrestre, 
galleggiante  su  di  un  mare  plutonico  interno,  non  è  più  sostenibile  ;  imperocché  pare  pro- 
vato che  la  terra  sia  totalmente  o  quasi  totalmente  allo  stato  solido.  Tuttavia  T  influenza 
luni-solaxe  sui  terremoti  si  può  spiegare  benissimo  per  Tattrazione  dei  detti  astri  sulle  masse 
fluide  che  stanno  nascoste  dentro  le  viscere  della  terra  e  a  poca  profondità. 

(^)  Si  sa  dagli  studi  statistici  del  Perrey  che  i  terremoti  sono  più  frequenti  nei  noviluni 
che  nelle  altre  fasi. 


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proeciugamento  non  era  dovuto  a  un  fatto  naturale.  Eppure  come  sarebbe  stato 
fceile  ingannarsi,  e  propendere  per  la  teoria  delle  fratture. 

«  La  teoria  dell*  esplosione  di  miscugli  gassosi  sotterranei,  la  quale  è 
validamente  sostenuta  dal  prof,  Bombicci,  ha  una  certa  relazione  con  quelle 
di  Aristotele  e  del  Lemeiy;  ma  ne  differisce,  perchè  la  forza  motrice  nella 
teoria  del  Bombicci  è  istantanea. 

«  Tre  circostanze  verrebbero  in  appoggio  alla  teoria  del  Bombicci: 
«  1**  Gli  abbondanti  depositi  di  ligniti  che  si  trovano  nel  Valdarno,  ca- 
paci di  generare  Tidrogeno  protocarburato. 

«  2^  La  forte  romba  che  si  è  fatta  sentire  nel  centro  della  scossa. 

«  Citerò  una  esperienza  curiosa.  Una  volta  avendo  fatto  passare  l'ossigeno 
attraverso  a  una  boccia  contenente  petroleina,  ed  avendo  riempito  di  quel 
miscuglio  gassoso  un  bicchiere  a  calice,  di  quelli  alti  che  servivano  per  lo 
champagne,  nel  darvi  fuoco  sentii  uno  spaventoso  boato,  simile  all'urlo  di 
un  animale  feroce.  La  durata  dell'urlo  sarà  stata  di  |  secondo,  e  il  volume 
del  miscuglio  solo  di  7^  di  litro.  Si  comprende  quindi  agevolmente  come  una 
massa  maggiore  di  gas,  capace  di  cagionare  un  terremoto,  possa  produrre  una 
romba  fragorosa  e  prolungata  per  alcuni  secondi. 

«  3**  Il  terremoto  del  14  novembre  avvenne  in  una  stagione  piovosis- 
smia.  I  mesi  di  ottobre  e  di  novembre  furono  ostinatamente  piovosi;  circostanza 
di  grande  valore  per  la  teoria  del  Bombicci  ("). 

«  Ma  la  data  del  14  novembre,  che  precede  di  un  sol  giorno  il  novi- 
lunio, sarebbe  più  favorevole  alle  altre  cause  che  non  all'ultima.  Si  comprende 
come  la  marea  lunare  possa  determinare  (come  semplice  causa  occasionale) 
delle  fratture,  dei  dislogaiuenti  nel  suolo,  e  delle  eruzioni  vulcaniche  ;  ma  non 
si  comprende,  per  ora  almeno,  come  la  marea  lunare  possa  incendiare  il 
miscuglio  esplosivo  sotterraneo,  senza  il  concorso  di  un'azione  vulcanica. 

Conclusione. 

«  Volendo  spiegare  il  terremoto  di  Firenze  col  vulcanismo,  si  dovrebbe 
anamettere  la  sede  della  scossa  a  grande  profondità.  In  questo  caso  il  raggio 
di  60  Km.  della  zona  che  fu  scossa  è  troppo  ristretto. 

•  Per  lo  contrario,  la  zona  scossa  sarebbe  troppo  grande,  se  la  causa  fosse 
stata  un  piccolo  avvallamento  od  una  piccola  frattura.  D'altra  parte  un  avval- 
lamento od  una  frattura  avrebbero  prodotto  in  Firenze  (centro  della  scossa) 
dei  danni  nei  tubi  dell'acqua  potabile  e  del  gas,  ma  verificai  alle  Direzioni 
di  questi  servizi,  che  nessuna  fuga  straordinaria  si  verificò  nel  giorno  del  ter- 
remoto. Soltanto  r  indicatore  della  pressione  del  gas  lasciò,  nella  cm-va  gra- 
fica, il  segno  di  una  rapida  depressione  di  circa  2  mm.  in  acqua,  12  minuti 

P)  Bombicci,  Sulla  costitugione  fisica  del  globo  terrestre  ecc.   UTemorie  della  R. 
Accademia  di  scienze  delllstitnto  di  Bologna,  serie  4»,  tom.  Vili,  1887, 


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avanti  le  7,  cioè  alI*ora  della  scossa  ;  e  ciò  tanto  al  misuratore  del  Gabinetto 
del  Mnnicipio,  quanto  all'officina  del  gas.  Ma  dopo  questo  seguono  altri  s^i 
simili,  dovuti  alle  diminuzioni  di  pressione  che  si  fanno  alla  mattina  nel  rego- 
latore del  gas.  Per  il  che  rimane  dubbio  se  quel  segno  sia  dovuto  alla  scossa, 
ovvero  alla  mano  dell'operaio. 

«  L'ipotesi  di  un  colpo  istantaneo,  come  d  una  mina  non  riuscita,  pro- 
dotto dall'esplosione  di  un  miscuglio  gassoso,  parrebbe  più  confiicente  al  caso 
nostro,  per  la  grande  ristrettezza  dello  spazio  ove  si  sentì  la  scossa  verticale 
e  la  romba;  per  l'istantaneità;  per  la  natura  vibratoria  della  scossa  (come 
lo  prova  la  traccia  sismica  a  punteggiature),  simile  alle  vibrazioni  elastiche 
che  devono  provare  le  pareti  di  un  eudiometro  nel  momento  dell'esplosione  ; 
che  poi,  col  liquefarsi  del  vapore  acqueo  prodottosi,  cessa  la  causa  di  ulte- 
riori spinte. 

«  Benché  dal  complesso  dei  fatti,  e  per  esclusione,  io  sarei  per  applicare 
la  teoria  del  Bombicci  al  terremoto  di  Firenze,  pure  veggo  che  non  ho  un 
valido  argomento  da  potere  asserire  che  così  deve  essere  stato  di  certo.  Sarò 
lieto  se  altri  verrà  in  mio  aiuto  con  nuovi  fatti,  oppure  mi  toglierà  dall'errore  «. 

Fisica  terrestre.  —  Contributo  allo  studio  delle  rocce  ma- 
gnetiche dei  dintorni  di  Roma.  Nota  I.  di  Filippo  Keller,  presentata 

dal   Socio   BLA.SERNA. 

tf  Come  risulta  da  ricerche  assai  estese,  da  me  fatte  in  questi  ultimi 
anni,  esistono  nei  dintorni  di  Roma  delle  rocce  magnetiche  in  moltissime  lo- 
calità; prima  però  di  entrare  in  una  esposizione  delle  cose  osservate,  stimo 
opportuno  di  fare  alcune  considerazioni  sopra  i  diversi  procedimenti  atti  a 
riconoscere  queste  rocce  magnetiche. 

«  In  generale  è  facile  a  stabilire  se  una  roccia  possiede  del  magnetismo 
0  no,  ma  riescirebbe  difficilissimo  di  misurare  questo  magnetismo  in  un  modo 
assoluto.  Tre  sono  i  metodi  per  rintracciare  il  magnetismo  del  terreno;  nel 
primo  si  riduce  una  piccola  porzione  della  roccia  da  sperimentarsi  in  polvere 
e  si  porta  questa  in  contatto  con  un  magnete  o  elettromagnete  più  o  meno 
potente  per  estrarne  le  particelle  magnetiche;  in  questo  modo  si  giunge  a 
stabilire  la  quota  percentuale  magnetica  del  terreno.  Nel  secondo  metodo  si 
distacca  dalla  roccia  un  frammento,  che  si  analizza  poscia  coli' ago  magnetico, 
presentando  a  questo  successivamente  i  diversi  punti  del  campione  e  osservando 
la  relativa  azione  sull'ago.  Finalmente  nel  terzo  procedimento  si  studia  l'in- 
fluenza, che  produce  la  roccia  ovvero  il  terreno  sugli  istrumenti  magneto-tel- 
lurici  e  questo  metodo  è  senza  dubbio  il  più  importante  dal  punto  di  vista 
della  fisica  terrestre.  In  ordine  al  relativo  valore  di  questi  tre  procedimenti 
e  l'opportunità  della  loro  applicazione,  devonsi  fare  le  seguenti  considerazioni. 

«  Trattandosi  di  rocce  friabili  o  poco  coerenti,  allora  riesce  il  primo  metodo 


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di grande  speditezza  e  rileva  la  più  piccola  traccia  di  minerali  estrattibiLi  col 
magnete.  Sotto  questo  aspetto  sarebbe  preferibile  agli  altri  due  metodi,  ma 
im  graye  inconveniente  sta  in  ciò,  che  Testrazione  di  queste  particelle  possa 
cambiare  le  loro  proprietà  magnetiche,  sia  per  Tindazione  del  magnete  analizza- 
tore, sia  per  la  loro  cambiata  posizione  e  orientazione  relativamente  alla  primi- 
tiva giacitura.  Se  si  ha  poi  da  fare  con  rocce  molto  compatte,  allora  non  è  sicuro 
se  Toperazione  meccanica  della  riduzione  in  istato  polverulento  non  inflmsca 
essa  pure  sul  magnetismo  delle  particelle  estratte.  Infatti  è  notissimo  che 
gli  urti  forti  indeboliscono  i  magneti  e  si  sa  poi  anche  da  un  altro  lato, 
che  scuotimenti  non  molto  violenti  favoriscono  l'azione  induttrice  della  Terra. 
Così  percuotendo  ripetutamente  e  con  poca  forza  una  sbarra  di  acciaio  tem- 
perato, tenuta  in  posizione  verticale,  questa  si  magnetizza  talvolta  conside- 
revolmente e  assai  più  forte  che  senza  scosse.  In  ogni  modo  però  è  sicuro 
che  sebbene  nella  esecuzione  di  questo  metodo  sia  da  temersi  un  cangiamento 
del  magnetismo  delle  particelle  'estratte,  rimane  tuttavia  provato  che  esse 
sono  soggette  all'induzione  magnetica  e  quindi  devono  nella  loro  posizione 
iniziale,  per  lo  meno  possedere  una  certa  intensità  magnetica  dovuta  all'indu- 
zione terrestre,  la  quale  però  potrebbe  anche  essere  piccolissima.  Se  poi  vi 
sia  pure  del  magnetismo  permanente  non  pu^  essera  deciso  con  questo  proce- 
dimento, e  neppure  l'analisi  microscopica  farebbe  luce  su  questo  punto,  perchè 
potrebbe  avvenire  benissimo,  che  il  magnetismo  permanente  che  si  rileverebbe 
in  questo  modo  fosse  derivato  dal  magnete,  col  quale  vennero  estratte  le  par- 
ticelle in  discorso. 

«  La  terra,  che  viene  depositata  nei  letti  dei  torrenti  nell'Agro  Bo- 
mano  o  anche  semplicemente  lungo  gli  scoli  delle  acque  piovane,  con- 
tiene spesse  volte  una  quota  percentuale  di  sabbia  magnetica  molto  con- 
siderevole. Tali  depositi,  che  si  formano  in  conseguenza  del  maggior  peso 
specifico  di  detta  sabbia  relativamente  alle  altre  sostanze  travolte  dall'acqua, 
si  possono  nella  vicinanza  di  Boma  assai  bene  osservare  nella  tenuta  di  Boma 
Vecchia  e  altrove,  ove  la  detta  quota  percentuale  giunge  talora  persino  a  22. 
Il  rinvenimento  di  questa  sabbia  magnetica  e  augitifera  è  in  certe  condizioni 
anche  di  utilità  pratica  per  la  geologia,  perchè  addita  la  presenza  di  giaci- 
menti vulcanici  esistenti  in  località  superiore  del  bacino  del  torrente.  In  questo 
modo  rinvenni  non  pochi  giacimenti  vulcanici  negli  Abruzzi. 

«  H  secondo  metodo  per  rintracciare  le  rocce  magnetiche  è  meno  difettoso 
del  primo  ;  qui  non  viene  il  magnete  adoprato  in  contatto  col  corpo  da  speri- 
mentarsi, la  sua  azione  induttrice  è  quindi  molto  meno  da  temere  e  appunto 
per  ovviare  il  suo  effetto  o  almeno  per  renderlo  minimo  è  da  raccomandare 
di  servirsi  di  aghi  magnetici  piccoli.  Vi  sono  degli  autori  che  distinguono  i 
minerali  in  ordine  al  loro  comportarsi  verso  il  magnete  in  due  specie,  cioè 
in  semplicemente  magnetici  e  in  magneto-polari.  I  primi  chiamati  anche 
unipolari,  sarebbero  caratterizzati  da  un'azione  attrattiva  sopra  ambedue  i  poli 


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dell'ago  magnetico,  mentre  la  seconda  specie  (bipolare)  attrae  un  polo  e  respinge 
Taltro;  il  ferro  dolce  si  comporterebbe  nel  primo  modo  e  il  magnete  permanente 
nel  secondo.  Ma  questa  classificazione  non  regge  o  almeno  è  poco  opportuna 
quando  s'intende  stabilita  nel  senso  generale  come  ora  Tenne  enunciata;  inoltre 
essa  dà  luogo  a  molti  equiyoci.  Così  analizzando  un  corpo  debolmente  magnetico 
con  un  ago  grande  e  assai  forte,  lo  si  troverà  in  generale  semplicemente  magne- 
tico e  soltanto  nel  caso  di  una  distanza  assai  grande  fra  ago  e  minerale,  comparirà 
magneto-polare  come  è  di  fatto.  La  spiegazione  di  questo  cambiamento  delle 
proprietà  magnetiche  del  minerale  è  assai  semplice  e  dipende  unicamente 
dalVinduzione  esercitata  dall'ago  sul  minerale  stesso,  che  produce  sempre 
attrazione  e  finché  il  magnetismo  proprio  del  corpo  Tiene  superato  da  questa 
induzione  si  ha  sempre  attrazione;  nel  caso  contrario  si  manifesta  iuTece  anche 
la  ripulsione. 

«  Il  primo  che  ha  richiamato  l'attenzione  su  questo  argomento  è  Hauy  (*), 
e  il  Melloni  (*)  che  pare  non  aTer  conosciuto  il  laToro  di  questo  autore  giunge 
alla  medesima  conclusione.  Melloni  fece  sotto  questo  punto  di  Tista  degli  studi 
assai  estesi  sopra  rocce  Tulcaniche  provenienti  principalmente  dalle  adiacenze 
del  Vesuvio  e  dalle  province  Napoletane  in  genere,  dando  un  elenco  molto 
dettagliato  di  quelle  che  possiedono  del  magnetismo  e  io  mi  sono  occupato 
di  simile  ricerche  sulle  rocce  dei  dintorni  di  Roma,  sebbene  l'oggetto  prin- 
cipale del  mio  studio  fosse  un  altro,  cioè  di  ricercare  l'influenza  di  queste  rocce 
suUe  misure  magnete-telluriche.  Ho  trovato,  conformemente  a  quanto  dice 
Melloni,  che  i  minerali  magnetici  anche  i  più  deboli  si. palesano  come  i  cosidetti 
bipolari,  quando  si  ha  cura  di  ridurre  abbastanza  piccola  l'induzione  dell'ago 
sul  minerale.  A  questo  scopo  mi  sono  servito  di  aghi  piccolissimi  fomiti  di 
specchio  e  facendo  la  lettura  con  cannocchiale.  Melloni  invece  adoprò  l'ago 
astatico  grande,  il  quale  però  non  si  deve  accostare  troppo  al  minerale. 

«  In  tutti  i  corpi  magnetici  si  devono  distinguere  due  magnetismi,  uno 
permanente,  il  quale  suppone  una  certa  forza  coercitiva  e  l'altro  indotto 
della  Terra,  e  quest'ultimo  varia  colla  posizione  fra  il  corpo  e  la  Terra.  In- 
vece di  distinguere  in  mineralogia  i  corpi  magnetici  in  bipolari  e  uni- 
polari, sarebbe  molto  meglio  di  prendere  per  base  della  classificazione  la 
prevalenza  dell'uno  o  dell'altro  dei  due  magnetismi  ora  accennati.  Indispen- 
sabile sarebbe  però  in  queste  ricerche  di  rendere  minima  l'influenza  dell'ago 
sul  corpo  ;  inoltre  non  devesi  perdere  di  vista,  che  il  magnetismo  indotto 
dalla  Terra  varia  colla  forza  di  quest'ultima;  volendo  quindi  togliere  ogni 
incertezza  sulla  classificazione  in  discorso,  occorrerebbe  di  riferirla  ad  una 


(*)  Sur  les  Aimants  naturels.  Journal  de  physique,  de  chimie  etc.  par  La  Metherie, 
tome  45,  an.  1794,  pag.  309. 

(*)  Memorie  deirAcc  idem ià  delle  Scienze  di  Napoli,  fase.  II  dell'anno  185B,  pag.  12l) 
e  seguenti.       *   '    '  


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certa  intensità  terrestre  fondamentale.  Non  mi  sembra  però  che  l'utilità  di 
questo  argomento  sia  tale  di  meritare  considerazioni  così  estese. 

«  Venendo  ora  al  terzo  metodo  atto  a  rintracciare  le  rocce  magnetiche, 
conviene  innanzi  tutto  riflettere  che  questo  magnetismo  si  manifesta  talvolta 
con  intensità  assai  forte  in  guisa  da  essere  riconoscibile  a  colpo  d'occhio  con 
una  piccola  bussola  sprovvista  persino  di  graduazione.  Avvicinando  questa 
alla  roccia  da  indagare  si  rilevano  qualche  volta  delle  deviazioni  di  180°,  e 
di  questi  blocchi  o  rupi,  consistenti  tutti  di  lava  basaltina,  esistono  nei  dintorni 
di  Boma  un  numero  non  indifferente  ;  due  di  questi  giacimenti  sono  descritti 
nella  Nota:  Sulle  rocce  magnetiche  di  Rocca  dì  Papa  (*).  Per  rintracciare  sì 
forte  magnetismo  non  occorre  uno  speciale  procedimento;  occupiamoci  invece 
del  caso  di  un  magnetismo  debole  da  rintracciarsi  cogli  strumenti  magnete- 
tellurici. 

is  Per  tal  fine  potrebbe  servire  ciascuno  dei  tre  elementi  dei  quali  viene 
caratterizzato  il  magnetismo  terrestre  (declinazione,  inclinazione  e  componente 
orìzzontale)  e  qui  giova  riflettere,  che  verificandosi  in  un  tale  luogo  una  ano- 
malia del  magnetismo  terrestre,  allora  si  può  in  generale  ritenere  che  questa 
si  estende  a  tutte  e  tre  le  costanti  magnetiche,  e  che  il  caso  contrario  è  piut- 
tosto eccezionale. 

«  Il  metodo  più  perfetto  in  questo  riguardo  consisterebbe  senza  dubbio 
nella  misura  assoluta  di  queste  costanti;  ma  si  giunge  anche  all'inteoito  in 
modo  più  0  meno  completo  mediante  le  misure  relative,  e  questa  maniera  di 
operare  è  in  generale  assai  più  spedita. 

Metodo  della  decli/iaiione. 

«  Supposte  certe  condizioni  topografiche,  questo  metodo  si  presta  assai 
bene  e  il  relativo  procedimento  si  riduce  in  sostanza  alla  determinazione  della 
differenza  di  declinazione  di  due  punti  A  e  B,  il  che  riesce  molto  semplice 
quando  si  può  mirare  direttamente  da  un  punto  all'altro.  Per  tale  fine  basta 
di  stabilire  in  A  ima  bussola  azimutale,  di  appuntare  lo  zero  della  scala  al 
punto  B  e  di  fare  la  lettura  dell'ago  ;  si  trasporta  poi  la  bussola  in  B,  mi- 
rando verso  A  e  facendo  nuovamente  la  lettura  dell'ago.  Ammesso  che  in  B 
non  si  verifichi  anomalia  di  declinazione  e  che  le  letture  non  coincidano,  allora 
è  evidente  che  la  loro  differenza  rappresenta  l'azione  del  terreno  in  A.  Sarà 
appena  necessario  ricordare,  che  qui  si  prescinde  dalla  sfericità  della  Terra  ; 
per  distanze  AB  grandissime  bisognerebbe  fare  le  dovute  correzioni,  come  anche 
per  la  variazione  generale  della  declinazione  colla  posizione  topografica.  Trat^ 
tandosi  poi  di  misure  assai  precise,  come  sarebbero  richieste  nel  caso  di  un 
magnetismo  molto  debole,  non  si  potrebbero  neppure  più  trascurare  le  variazioni 
periodiche  della  declinazione. 

(^)  Rendiconti  della  B.  Accademia  dei  Lincei,  toI.  II,  anno  1886,  pag.  428. 
Rendiconti.  1888.  Vol.  IV,  1®  S«m.  6 


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—  42  — 

«  Volendosi  esplorare  una  data  località  rapporto  al  suo  magnetismo,  allora 
dopo  fissata  una  buona  mira  B  posta  preferibilmente  in  terreno  non  magnetico, 
si  debbono,  considerare  due  cose  per  la  scelta  del  punto  A.  L*Ì8trumento 
dev'essere  posto  primieramente  in  poca  altezza  sul  suolo  esponendolo  così  più 
.  da  Ticino  all'azione  del  terreno  ;  in  secondo  luogo  poi  à  utile,  ma  non  indi- 
spensabile, di  stabilire  questo  punto  preferibilmente  in  un  luogo  ove  esiste 
qualche  discontinuità  del  suolo  ;  così  se  è  possibile  al  piede  di  una  prominenza, 
principalmente  quando  questa  è  di  forte  scarpata.  In  questa  disposizione  trovasi 
l'ago  dissinmietricamente  esposto  all'influenza  del  suolo,  quindi  meno  facilmente 
si  elidono  le  azioni  delle  diverse  parti  del  terreno  circonvicino.  Nell'incUno* 
metro  si  farà  questa  neutralizzazione  più  diiScilmente  sentire  quando  anche  il 
suolo  sia  perfettamente  piano. 

«  Il  metodo  ora  esposto  si  presta  bene  in  pratica  e  una  distanza  AB 
molto  grande  riesce  favorevole  alla  precisione  del  risultato,  ma  spessissimo 
volte  rimane  assai  difficile  di  stabilire  il  punto  B  in  guisa  che  soddisfaccia  alle 
supposte  condizioni,  di  essere  cioè  visibile  da  A  e  di  trovarsi  in  un  terreno 
privo  di  magnetismo,  o  almeno  ritenuto  come  tale.  In  questo  caso  volendo 
continuare  a  praticare  il  metodo  nella  sua  semplicità  come  venne  stabilito, 
altro  non  rimane  che  di  fissare  questo  punto  in  terreno  dubbio  o  anche  pro- 
babilmente magnetico.  Ma  ciò  posto,  il  risultato  assume  un  significato  molto 
meno  netto  di  prima  e  non  si  può  concludere  altro  riguardo  la  differenza  in 
discorso,  che  la  metà  di  essa  rappresenta  un  limite  inferiore  della  anomalia  in 
declinazione  che  si  verifica  in  uno  dei  punti  A  e  B  senza  poter  precisare  in 
quale.  Se  però  dal  punto  B  fosse  visibile  una  buona  mira  B^  posta  in  terreno 
neutro,  allora  'ripetendo  lo  stesso  metodo  si  giungerebbe  in  fine  a  collegare 
B^  con  A  ottenendo  così  la  perturbazione  di  A  in  grandezza  e  direzione  come 
prima,  e  questo  procedimento  sarebbe  ancora  applicabile  quando  fra  A  e  B^ 
fosse  necessaria  una  serie  di  più  punti  invece  di  uno  solo.  Rinunciando 
all'indicato  vantaggio,  allora  il  metodo  ora  trattato  può  essere  modificato  nel 
senso  di  mirare  da  ambedue  i  punti  A  e  B  sopra  un  terzo  C  posto  in  grande 
distanza  e  possibilmente  nel  prolungamento  della  A  B  •  La  semidifferenza 
delle  due  letture  rappresenta  come  prima  un  limite  inferiore  della  perturba- 
zione di  declinazione  in  uno  due  punti  A  e  B.  Non  verificandosi  la  condizione 
dell'allineamento,  allora  deve  applicarsi  la  dovuta  correzione  agli  angoli,  la 
quale  risulta  in  parità  di  circostanza  tanto  minore  quanto  sono  maggiori  le 
distanze  AC  e  BC.  Questo  modo  di  procedere  non  richiede  una  distanza  AB 
assai  grande,  anzi  questa  può  essere  anche  piccola  senza  pregiudicare  l'esattezza 
del  risultato;  ma  con  ciò  non  intendo  dire  che  non  vi  siano  delle  altre  ragioni 
che  cons^liano  di  non  oltrepassare  un  limite  inferiore  di  questa  distanza. 
Difatti  con  questo  metodo  non  si  rileva  in  fondo  altro  che  la  differenza  di 
azione  del  suolo  nei  punti  A  e  B,  e  facilmente  si  comprende  essere  in  generale 
più  attendibile  il  caso,  ove  questa  differenza  cresce  colla  distanza,  che  non 


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il  contrario.  In  ogni  modo  però  devonsi  prendere  possibilmente  grandi  le  di- 
stanze AG  e  BC. 

«  Per  illustrare  il  fin  qui  detto  con  un  esempio  pratico,  riporto  i  risul- 
tati delle  osservazioni  fatte  per  esplorare  il  magnetismo  del  pendio  setten- 
trionale del  monte  sul  quale  siede  il  paese  di  Bocca  Priora.  Per  tal  fine 
ho  stabilito  una  visuale  generale  che  termina  da  uu  lato  al  palazzo  munici- 
pale di  questo  paese  (il  quale  occupa  il  culmine  del  detto  monte),  e  dall'altro  al 
casale  di  S.  Angelo  (territorio  di  Tivoli)  sul  declivio  del  monte  omonimo, 
in  prossimità  della  via  rotabile  Tivoli-S.  Gregorio  ;  la  distanza  di  questi  due 
punti  è  di  circa  15  km.  Per  sfuggire  la  possibile  azione  perturbatrice  da 
parte  degli  oggetti  di  farro  contenuti  in  questi  fabbricati,  fissai  i  due  punti 
A  e  6  nella  indicata  linea  di  mira,  non  proprio  ai  due  estremi,  bensì  ad  una 
opportuna  distanza  dai  medesimi,  A  a  Bocca  Priora  e  B  a  S.  Angelo.  Dalle 
serie  d*08servazioni  fatte  in  entrambi  i  punti,  risulta  per  la  lettura  media 

dell'ago: 

in  A 32^65' 

in  B 30",14' 

differenza 2^4r 

e  siccome  Tandamento  della  divisione  va  nel  presente  caso  in  senso  della  declina- 
zione crescente,  dobbiamo  concludere  che  la  declinazione  di  S.  Angelo  sia  infe- 
riore a  quello  di  Bocca  Priora  di  2^,41'.  Finora  non  è  stato  provato  diretta- 
mente per  quanto  io  sappia,  se  si  verifica  una  qualche  anomalia  del  magnetismo 
terrestre  nella  località  dame  scelta  a  S.  Angelo,  ma  tutto  fa  credere  il  contrario, 
giacché  il  terreno  consiste  di  roccia  calcarea.  Con  ciò  però  non  intendo  dire  che  il 
terreno  adiacente  sia  assolutamente  privo  di  magnetismo.  Di  fatti  a  circa  m.  400 
di  distanza  dal  punto  in  discorso  nella  direzione  verso  Tivoli  esiste  un  giacimento 
poco  esteso  di  tufo  vulcanico  di  natura  poco  coerente,  il  quale  palesa  una  forza 
magnetica  assai  debole.  Portando  la  bussola  quasi  fino  al  contatto  con  esso,  non 
ottenni  col  metodo  dei  tre  punti  A,  B,  C  di  sopra  descritto  che  soli  16'  di 
differenza  di  lettura  della  bussola;  basandosi  su  questo  numero  quale  azione 
sarebbe  attendibile  nella  distanza  di  circa  m.  400  ?  Del  resto  gioverà  qui  notare, 
essere  nel  territorio  di  Tivoli  le  rocce  magnetiche  non  molto  rare,  così  i  tufi 
vulcanici  di  villa  Adriana,  CorcoUe,  Santa  Balbina,  Ponte  dell' Acquòria,  Vi- 
triano  e  s^natamente  quello  di  Valle  degli  Arci  agiscono  in  modo  molto  pronun- 
ciato sul  declinometro,  però  questi  giacimenti  si  trovano  in  distanza  troppo 
grande  dal  punto  B,  per  poter  credere  che  la  loro  azione  arrivi  fino  a  questo 
punto. 

«  Possiamo  quindi  concludere,  se  non  con  certezza  assoluta  almeno  con 
grande  probabilità  che  la  differenza  di  2^,41'  che  si  verifica  fra  le  declina- 
zioni delle  due  località  esplorate  di  Bocca  Priora  e  S.  Angelo  derivi  unica- 
mente dall'azione  del  terreno  di  Bocca  Priora.  Che  ivi  esista  positivamente 
del  magnetismo  può  essere  comprovato  assai  speditamente  col  metodo  dei  tre 


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punti,  anteriormente  descrìtto;  per  tale  fine  non  occorre  neppure  una  grande 
distanza  A  B.  Non  sarà  poi  fuori  di  luogo  di  richiamare  l'attenzione  sulla 
rupe  0  picco  isolato  denominato  Fentima  della  Fontana,  che  non  dista  che 
soli  700  m.  dal  punto  A;  questa  rupe  è  dotata  di  un  magnetismo  assai  forte 
e  qui  si  trovano  diversi  punti,  ovvero  se  vogliamo  chiamarli  poli,  che  invertono 
completamente  la  direzione  dell'ago  magnetico.  Del  resto  è  da  notare  che  il 
nucleo  del  monte  su  cui  giace  il  paese  di  Bocca  Friora  consiste  di  sperone, 
però  nel  punto  A  si  trova  invece  un  giacimento  di  terra  di  colore  rosso  scuro, 
che  viene  estratta  ad  uso  di  pozzolana. 

e  Bapporto  alla  trovata  differenza  di  declinazione,  rimarrebbe  ancora  da 
appurare  un'ultima  circostanza;  si  potrebbe  cioè  domandare  fino  a  che  grado 
si  faccia  in  questa  differenza  sentire  Tinduzione  della  bussola  sul  suolo.  La 
risposta  a  questa  domanda  non  è  facile,  è  però  verosimile  che  questa  influenza 
non  sia  di  grande  entità  ;  per  chiarire  questo  argomento  bisognerebbe  ripetere 
le  osservazioni  con  aghi  di  diversa  grandezza  e  intensità,  il  che  rimane  ancora 
da  farsi  » . 

Fisica.  —  Sulla  scarica  elettrica  nell'aria  fortemente  riscaU 
data.  Nota  del  dott.  Fietro  Cardani,  presentata  dal  Socio  Blaserna. 

I. 

«  Numerose  esperienze,  fatte  a  temperatura  ordinaria,  hanno  dimostrato 
che  molto  sensibilmente  il  potenziale  al  quale  avviene  la  scarica  varia  pro- 
porzionalmente alla  pressione  alla  quale  un  gas  determinato  è  sottoposto,  e 
quindi  proporzionalmente  alla  sua  densità  :  numerose  esperienze,  fatte  invece 
a  temperatura  variabile  ma  con  pressione  costante,  hanno  dimostrato  che  il 
potenziale  a  cui  avviene  la  scarica,  diminuisce  rapidamente  col  crescere  della 
temperatura;  ma  non  hanno  potuto  stabilire  con  rigore  se  tale  diminuzione 
fosse  esclusivamente  dovuta  alla  variazione  di  densità  del  gas  per  Televarsi 
della  temperatura,  o  se  fosse  anche  dovuta  ad  una  minore  resistenza  alla  sca- 
rica che  i  gas  riscaldati  potrebbero  presentare  indipendentemente  dalla  loro 
densità. 

«  Il  metodo  più  sicuro  e  più  decisivo  per  risolvere  tale  questione  sarebbe 
stato  quello  di  riscaldare  ad  alte  temperature  un  recipiente  ermeticamente 
chiuso,  e  nel  quale  vi  fossero  gli  elettrodi  tra  i  quali  potesse  avvenire  la 
scarica  :  ed  è  questo  appunto  il  metodo  che  fu  seguito  dall'Harris.  La  misura 
del  potenziale,  al  quale  avveniva  la  scarica,  si  faceva  misurando  le  quantità 
di  elettricità  ohe  si  somministravano  al  condensatore,  con  una  bottiglia  elet- 
trometrica ;  e  THairis  potè  constatare  che  occorreva  lo  stesso  numero  di  scin- 
tille della  bottiglia  elettrometrica  perchè  avvenisse  la  scarica,  sia  che  il  reci- 
piente, dove  essa  aveva  luogo,  fosse  a  temperatura  ordinaria,  sia  che  fosse  alla 
temperatura  di  148  gradi. 


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—  45  — 

«  Ma  le  esperienze  dell'Harris  non  si  possono  considerare  come  snfScientL; 
i  limiti,  txa  i  quali  fece  Tarìare  la  temperatnra,  fiirono  troppo  ristretti;  nò 
gli  era  possibile  salire  a  temperature  pia  elevate,  giacché  rinyolucro  di  vetro 
attraversato  dagli  elettrodi,  cominciava  a  diventar  conduttore:  e,  tra  questi 
lìmiti  di  temperatura  cosi  ristretti,  il  metodo  di  misura  da  lui  seguito  non 
comportava  quella  precisione  che  sarebbe  stata  necessaria,  se  la  variazione  di 
resistenza  del  gas  al  passaggio  della  scarica  col  variare  della  temperatura 
fosse  stata  tanto  piccola,  da  abbisognare  una  differenza  nelle  quantità  di  elet- 
tricità del  condensatore,  minore  di  quella  che  veniva  misurata  da  una  scin- 
tilla della  bottiglia  elettrometrica. 

«  Il  non  possedere  corpi  isolanti  ad  alta  temperatura  fu  difficoltà  speri- 
mentale così  grave  che  il  metodo  dell'Harris  non  venne  più  oltre  tentato.  Si  cercò 
invece  di  risolvere  la  questione  riscaldando  i  gas  liberamente  e  tenendo  conto 
dell'effetto  che  avrebbe  dovuto  produrre  la  loro  progressiva  diminuzione  di 
densità:  e  dalle  esperienze  fatte  con  questo  indirizzo,  sia  da  quelle  del  Becquerel 
dalle  quali  risulta  che  attraverso  i  gas  al  caler  rosso  passa  anche  la  corrente 
di  pochi  elementi  di  pila,  sia  da  quelle  del  dott.  Emo  secondo  le  quali  il 
potenziale  E  a  cui  avviene  la  scarica  varierebbe  colla  temperatura  t  secondo 
una  legge  rappresentata  dalla  formola: 

E=A  — B<— C^« 
sia  anche  da  quelle  più  recenti  del  Baille,  si  ricaverebbe  che  col  crescer  della 
temperatura,  la  resistenza  che  un  gas  presenta  al  passs^gio  della  scarica,  dimi- 
nuisce molto  più  rapidamente  di  quel  che  vorrebbe  la  semplice  variazione  di 
densità,  e  quindi  anche  se  il  gas  rimanesse  a  volume  costante  per  il  semplice 
riscaldamento,  dovrebbe  offrire  al  passaggio  della  scarica,  resistenze  sempre  mi- 
nori col  crescer  della  temperatura. 

e  In  questa  incertezza  di  risultati  ho  cercato  di  poter  realizzare  il  me- 
todo seguito  dall'Harris  per  temperature  molto  più  elevate  di  quella  alla  quale 
^li  era  arrivato,  ed  ho  rag^unto  lo  scopo  propostomi,  impedendo  che  la  sca- 
rica avvenisse  lungo  l'involucro  che  pel  riscaldamento  si  comportava  come  un 
corpo  buon  conduttore,  col  seguente  apparecchio. 

II. 

Descrizione  dell'apparecchio. 

«  L'apparecchio  adoperato  era  formato  di  due  parti  principali  : 
«  I.  Di  un  tubo  di  vetro  MN  del  diametro  di  circa  50™°*  e  della  lun- 
ghezza di  circa  25  centimetri,  al  quale  venne  saldato  un  tubo  di  vetro  quasi 
capillare  NL;  nel  tubo  capillare  era  stata  &tta  precedentemente  una  saldatura 
laterale  con  un  tubo  di  egual  diametro  SB.  Dentro  il  tubo  NL  si  fece  passare 
un  filo  di  rame  sottilissimo  che  portava  alla  parte  inferiore  un'asticina  di  ottone 
con  pallina  rappresentata  nella  figura  in  P.  Dopo  aver  teso  il  filo  di  rame  in 


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li 


N 


M 


r\ 


H 


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modo  che  Y  asticina  venisse  a  comprimersi  fortemente  contro  il  retro,  si  saldava 
il  filo  di  rame  al  tnbo  di  vetro  in  L  con  ceralacca.  Così  si  otteneva  in  L  una 

chiusura  perfetta,  e  la  pallina  P 
restava  immobile. 

«  IL  Di  un  altro  tubo  di  vetro 
AB,  del  diametro  di  circa  40"°*  e 
della  lunghezza  di  circa  35^°^  al 
quale  venne  saldata  dalla  parte  in- 
terna con  saldatura  ^  campana,  un 
altro  tubo  di  vetro  BC,  del  dia- 
metro di  circa  15"»""  e  più  lungo 
del  tubo  AB  di  3  0  4*^«>. 

K  La  zona  conpentrica  che  ri- 
maneva tra  i  due  tubi  era  chiusa 
in  A  con  un  turacciolo  di  sughero, 
il  quale  a  sua  volta  era  attraver- 
sato da  due  tubi  di  vetro  di  piccolo 
diametro;  di  questi  uno,  il  tubo  E, 
arrivava  tino  quasi  alla  saldatura  a 
campana,  Faltro  invece,  il  tubo  D, 
appena  attraversava  il  sughero, 
tt  Sopra  il  sughero  si  colò  del  mastice,  e  così  una  corrente  d'acqua  en- 
trando per  D,  circolava  nella  zona  concentrica  dei  tubi  ABC  ed  usciva  per  E. 
e  Nel  tubo  vuoto  centrale  si  trovava  una  asticina  rigida  di  ottone  che 
portava  nella  parte  superiore  una  pallina  pure  di  ottone.  L'asticina  era  fer- 
mata nella  parte  inferiore  al  tubo  di  vetro  C,  con  sughero  e  mastice:  lo  spazio 
poi  che  rimaneva  tra  l'asticina  ed  il  tubo  BC  si  riempì  con  paraffina  fusa  che 
poi  si  lasciò  lentamente  solidificare. 

«  Per  riunire  queste  due  partì  dell*  apparecchio  in  modo  da  ottenere  una 
chiusura  ermetica  si  seguì  il  seguente  metodo  :  si  prese  un  pezzo  della  stessa 
canna  di  vetro  che  si  era  adoperata  per  fare  la  prima  parte  deirapparecchio 
e  della  stessa  lunghezza,  e  si  dispose  concentricamente  aUa  seconda  parte  del- 
l'apparecchio, e  nello  spazio  anulare  rimasto  tra  i  due  tubi  si  versò  paraffina 
fusa  sino  a  due  centimetri  circa  dall'estremità  superiore  del  tubo  AB.  Dopo 
che  la  paraffina  divenne  solida,  si  riscaldò  leggermente  il  tubo  estemo  e  lo 
si  levò,  rimanendo  così  aderente  al  tubo  AB  un  cilindro  di  paraffina  HE  di 
diametro  esterno  eguale  al  diametro  intemo  della  prima  parte  dell'apparecchio. 
Preparate  così  le  due  parti  dell'apparecchio,  si  riscaldò  leggermente  il  tubo  MN 
e  vi  si  introdusse  dentro  il  tubo  AB,  in  modo  che  la  pallina  F  venisse  a 
trovarsi  distante  dalla  pallina  P  di  3  o  4"*"*. 

«  Perchè  poi  la  paraffina  aderisse  bene  al  tubo  MN,  lo  si  riscaldava  nuo- 
vamente in  due  volte  consecutive,  in  modo  che  prima  si  fondessero  gli  strati 


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superiori  mentre  gli  strati  inferiori  rimanendo  solidi  impedivano  che  la  paraffina 
medesima  potesse  gocciolare  lungo  il  tubo  AB,  indi  aspettando  che  questi 
strati  solidificassero  e  ripetendo  la  medesima  operazione  per  gli  strati  infe- 
riori dopo  aver  capovolto  Tapparecchio.  Per  aver  con  più  sicurezza  la  chiusura 
dei  due  tubi  a  tenuta  d'aria,  si  colò  sopra  la  paraflBna  anche  un  grosso  strato 
di  ceralacca. 

«  Preparato  oosl  l'apparecchio,  lo  si  sospese  in  un  sostegno  Bunsen  ver- 
ticalmente ed  il  tubo  laterale  SB  si  mise  in  comunicazione  con  un  manometro 
ad  aria  libera,  formato  di  due  tubi  di  vetro,  dei  quali,  quello  che  comunicava 
coli  apparecchio,  eri  alto  settanta  centimetri,  l'altro  circa  180  cent.  Inferiore 
mente  e  lateralmente  era  saldato  un  rubinetto  in  vetro  per  fare  uscire,  all'oc- 
correnza, il  mercurio  dal  manometro.  Dopo  avere  versato  del  mercurio  nel  ma- 
nometro in  modo  da  riempirne  completamente  il  tubo  più  corto,  si  riuniva  il 
manometro  col  tubo  S&  e  nella  congiunzione  si  metteva  uno  strato  di  cera- 
lacca: così  nell'apparecchio  veniva  rinchiuso  un  certo  volume  d'aria  che  alla 
temperatura  ordinaria  aveva  la  pressione  atmosferica. 

K  La  parte  superiore  del  tubo  di  scarica  MN  venne  circondata  con  rete 
metallica  ;  e  da  due  tubi  ripi^ati  circolarmente,  posti  uno  sopra  l'altro  concen- 
trici al  tubo  MN  ed  esterni  alla  rete  e  muniti  di  molti  forellini,  usciva  il  gas, 
in  modo  che  tutto  l'apparecchio  veniva  circondato  completamente  dalle  finmie. 

«  Col  crescer  della  temperatura  il  volume  dell'aria  aumentava  ma  si  ricon- 
duceva al  volume  primitivo  versando  mercurio  nel  tubo  aperto.  Se  tutto  il 
gas  racchiuso  nell'apparecchio  avesse  assunto  una  temperatura  costante  ed 
uniforme,  dall'aumento  di  pressione  avrei  potuto  rigorosamente  ottenere  l'au- 
mento di  temperatura  del  gas  :  ma,  per  la  corrente  di  acqua  fredda  che  cir- 
colava rapidamente  nel  tubo  AB,  l'aria  aderente  alla  porzione  di  questo  tubo, 
che  si  trovava  nell'ambiente  circondato  dalle  fiamme,  doveva  essere  ad  una 
temperatura  inferiore  a  quella  dell'aria  che  si  trovava  in  contatto  delle  pareti 
riscaldate,  perciò  la  pressione  risultante  misurata  dal  manometro  doveva  esser 
minore  di  quella  che  avrebbe  dovuto  essere,  se  tutta  la  massa  d'aria  rinchiusa 
avesse  avuta  la  temperatura  delle  pareti  riscaldate.  In  alcune  esperienze  pre- 
liminari, nelle  quali  invece  di  paraffina  aveva  adoperata  della  sabbia  per 
riempire  tutto  quello  spazio  che  non  prendeva  parte  alle  variazioni  di  tempe- 
ratura dell'apparecchio,  era  tale  la  condensazione  dell'aria  nelle  parti  fredde 
che,  mentre  il  vetro  cominciava  a  diventar  pastoso,  la  temperatura  che  si 
avrebbe  dedotto  dalla  pressione  era  inferiore  di  200  gradi.  CoU'uso  della 
paraffina,  questo  spazio,  che  chiamerei  spazio  nocivo,  era  ridotto  ad  avere  una 
influenza  estremamente  piccola  ;  ad  ogni  modo  potremo  tener  contro  di  questa 
causa  di  errore  e  considerare  le  temperature,  dedotte  dalle  pressioni,  di  poco 
inferiori  alle  temperature  vere  :  del  resto  in  tali  ricerche  anche  un  errore  di 
10  0  15  gradi  nella  temperatura,  non  sarebbe  un  errore  di  gravi  conseguenze. 

e  La  pallina  superiore  dell'apparecchio  era  metallicamente  in  comunicazione 


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col  suolo  6  la  pallina  inferiore  rilegata  ali*  armatura  intema  di  una  bat- 
teria di  quattro  grandi  bottiglie,  che  si  caricarano  con  una  macchina  di  Holtz. 

e  L'armatura  estema  comunicava  col  suolo.  Con  un  filo,  isolato  accura- 
tamente. Tannatura  intema  era  pure  comunicante  con  un  elettrometro  di  Bighi 
e  le  deviazioni  dell'ago,  proporzionali  ai  quadrati  dei  potenziali,  venivano  lette 
con  cannocchiale  e  scala. 

«  Il  metodo  sopra  descritto  si  prestava  bene  per  eliminare  Terrore  che 
potrebbe  commettersi  per  le  dilatazioni  degli  elettrodi  sotto  Tazione  del  riscal- 
damento, stabilendosi  una  specie  di  compensazione  tra  le  dilatazioni  del  vetro 
e  le  dilatazioni  delle  asticine  metalliche  (0. 

III. 

Risultati  delle  esperienze. 

«  Ho  fatto  coll'apparecchio  diverse  serie,  delle  quali  trascrivo  qual- 
cuna per  esteso,  sia  per  dimostrare  che  le  deviazioni  delTelettrometro  erano 
fra  loro  molto  concordanti,  sia  per  dimostrare  Tandamento  generale  del  feno- 
meno in  condizioni  iniziali  di  pressione  molto  differenti. 

«  La  serie  seguente  fu  cominciata  colla  temperatura  dell'ambiente  di  26^. 

«  Pressione  atmosferica  762"*"*. 

«  Deviazione  dell'ago  espresse  in  divisioni  della  scala  perchè  avvenisse 
la. scarica  del  condensatore: 

130  —  132  —  133  —  133  —  133  —  133. 

«  Riscaldo  fortemente  il  tubo  mantenendo  il  volume  dell'aria  costante. 
Pressione  data  dal  manometro  715""°*. 

»  Temperatura  che  corrisponderebbe  a  questa  pressione  282"^. 

«Deviazioni  dell'ago:  —  130  —  133—132  —  133  —  181. 

«  Lascio  raffreddare  il  tubo  e  faccio  una  osservazione  intermedia  ;  pres- 
sione data  dal  manometro  300"*"*  :  temperatura  che  corrisponderebbe  a  questa 
pressione  133^. 

«  Deviazioni  delTago:  —  133  —  135  —  137—136  —  135. 

«  Lascio  raffreddare  completamente  il  tubo  :  pressione  atmosferica  762"*"*  : 
temperatura  dell'ambiente  26^. 

«  Deviazioni  dell'ago:  —  134—137  —  135  —  136  —  135. 

«  Rinnovo  la  serie  riscaldando  il  tubo. 

«  Pressione  data  dal  manometro  530°*"*.  Temperatura  che  corrisponderebbe 
a  questa  pressione  215*^. 

«  Deviazione  delTago:  —  138  —  139  —  137  —  139—138. 


{})  Per  300  gradi  l*avvicinamento  degli  elettrodi  sarebbe  stato  minore  di  77:   della 
distanza  tra  gli  elettrodi  stessi. 


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—  49  — 

«  Pressione  data  dal  manometro  IQT^'^.  Temperatm*a  che  corrisponde* 
rebbe  a  questa  pressione  300*». 

«  Deviazioni  dell'ago:  -^  115—118—114—116  —  113. 

«  Seguito  a  riscaldare  T apparecchio  :  pressione  data  dal  manometro  790°^'°  : 
temperatura  che  corrisponderebbe  a  questa  pressione  809®. 

.  Deviazioni  dell'ago:  —  108  —  107  —  109  —  108  —  107. 

«  Lasciato  raffireddare  completamente  T  apparecchio  trovo  alla  pressione 
atmosferica  ed  alla  temperatura  ordinaria  le  seguenti  deviazioni  dell'ago: 
184  —  135  —  137  —  135  —  136. 

«  Dalle  esperienze  sembrava  quindi  che  risultasse  questo  fatto,  che  cioè 
la  resistenza  opposta  dai  gas  al  passaggio  deUa  scarica  diminuisse  solo  len- 
tiamente  col  crescer  della  temperatura,  ed  essendomi  sorto^  il  dubbio  che  questa 
diminuzione  avesse  potuto  dipendere  da  una  non  omogenea  distribuzione  della 
densità  del  gas  nell'apparecchio,  ho  pensato  di  ridurre  ancor  più  piccola  la  pa- 
rete di  vetro  che  rimaneva  fredda  per  la  circolazione  dell'acqua.  Smontato  perciò 
Tapparecchio,  ed  aggiunta  lateralmente  un'altra  piccola  quantità  di  parafiina, 
ho  fatto,  dopo  averlo  rimontato  col  metodo  superiormente  descritto,  la  seguente 
serie  di  esperienze. 

«  Pressione  atmosferica  761™°*.  Temperatura  dell'ambiente  27®. 

«Deviazioni  deU'ago:  —  137  —  135  —  134  —  135  —  135  —  136. 

«  Biscaldo  l'apparecchio. 

«  Pressione  data  dal  manometro  567""*  :  temperatura  che  corrisponderebbe 
a  questa  pressione  230®. 

«Deviazioni  deU'ago:  —  140  —  188—135  —  137  —  186. 

«  Pressione  data  dal  mamometro  725<""*  :  temperatura  che  corrisponde- 
rebbe a  questa  pressione  287®. 

«  Deviazioni  dell'ago  :  —  128- 130  — 130  — 127  — 128. 

«  Pressione  data  dal  manometro  845"**":  temperatura  che  corrisponde- 
rebbe a  questa  pressione  330®. 

«Deviazioni  dell'ago:  —  119  —  122  —  119  —  121  —  122. 

«  Lasciato  raffreddare  l'apparecchio,  trovo,  risultati  concordantissimi  con 
quelli  avuti  prima  dì  cominciare  la  serie. 

«  Anche  con  pressioni  iniziali  molto  minori  l'andamento  generale  del  feno- 
meno è  sempre  lo  stesso:  trascrivo  come  esempio  una  serie  di  osservazioni. 

«  Dopo  aver  eseguite  diverse  misure  a  temperatura  ordinaria  ed  a  pressione 
di  762™™,  dalle  quali  risultava  che  per  avvenire  la  scarica  tra  le  palline 
occorreva  una  deviazione  dell'ago  di  98  divisioni  della  scala,  tolgo  la  comu- 
nicazione tra  il  tubo  di  scarica  ed  il  manometro  e  riscaldo  fortemente  l'ap- 
parecchio lasciando  l'aria  libera  di  dilatarsi:  indi  rimessa  la  comunicazione 
col  manometro  e  masticiata  la  congiunzione  con  ceralacca,  lascio  raffreddare 
il  tubo  avendo  cura  di  togliere  successivamente  del  mercurio  dal  manometro 
in  modo  da  rimanere  durante  il  raffreddamento  il  volume  dell'aria  costante. 

Rendiconti,  1888,  VoL.  IV,  1*>  Sem.  7 


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—  50  — 

«  Alla  temperatura  ordinaria  di  27®  la  pressione  indicata  dal  manometro 
è  — 380™":  la  pressione  del  gas  era  quindi  di  882"»"». 

«  Deyiazioni  dell'ago:  —  30—30—29—31  —  30—30. 

«  Riscaldo  nuovamente  il  tubo,  yersando  mercurio  nel  manometro  in  modo 
da  rimanere  il  yolume  dell'aria  costante. 

«  Pressione  indicata  dal  manometro  0,  cioè  pressione  dell'aria  contenuta 
nel  tubo  di  scarica  762""».  Temperatura  che  corrisponderebbe  a  questa  pres- 
sione 300*». 

»  Deviazioni  dell'ago:  —  27  —  28  —  27  —  27  —  27. 

«  Lascio  raffreddare  l'apparecchio:  a  temperatura  ordinaria  trovo  risultati 
identici  a  quelli  prima  ottenuti. 

IV. 
Conclmione, 

«  Dalle  serie  trascritte  risulta  manifesto  che  la  diminuzione  di  resistenza 
che  presentano  i  gas  al  passaggio  della  scarica  per  l'elevarsi  della  tempera- 
tura è  molto  piccola,  giacché  bisogna  tener  presente  che  i  potenziali  variano 
colle  radici  quadrate  delle  deviazioni  dell' £^o  dell'elettrometro,  e  che  quella 
piccola  porzione  di  tubo  che  si  trovava  in  contatto  coli' acqua  corrente,  mentre 
doveva  produrre  come  una  condensazione  nell'aria  aderente,  doveva  produrre 
d'altra  parte  una  diminuzione  di  densità  del  gas  nel  resto  dell'apparecchio, 
cospirando  così  a  far  diminuire  il  potenziale  al  quale  doveva  avvenire  la  sca- 
rica: ed  ove  si  osservi  che  fino  oltre  250  gradi  le  deviazioni  dell'ago  sono 
rimaste  quasi  costanti,  se  ne  potrebbe  concludere  che  solamente  a  tempera- 
ture molto  elevate  la  diminuzione  di  resistenza  dei  gas  al  pass£^gio  della 
scarica  si  rende  sensibile,  e  che  questa  resistenza  dovrebbe  esser  indipendente 
dal  numero  degli  urti  molecolari.  È  inutile  avvertire  che  questo  si  riferisce 
alla  scarica  disruptiva,  giacché  la  scarica  che  ha  luogo  per  convezione,  per 
la  quale  l'elettricità  si  disperde  nel  gas  di  cui  è  circondato  U  corpo  elettriz- 
zato, avviene  sempre  più  facilmente  quanto  più  elevata  è  la  temperatura,  tanto 
che  una  corrente  d'aria  calda  è  uno  dei  migliori  mezzi  per  scaricare  i  corpi 
elettrizzati;  e  nelle  esperienze  superiormente  descritte  era  necessario  girare 
la  macchina  di  Holtz  con  grande  rapidità,  quando  la  temperatura  era  elevata, 
perchè  la  scintilla  scoccasse  tra  le  due  palline. 

<«  Considerando  poi  che  il  potenziale  a  cui  avviene  la  scarica  dipende 
essenzialmente  dalla  quantità  di  materia  che  deve  attraversare,  che  non  di- 
pende invece  dal  numero  degli  urti  delle  molecole  (e  lo  dimostrano  le  pre- 
cedenti esperienze),  che  per  il  passaggio  della  scintilla  la  molecola  dei  corpi 
gassosi  si  scinde,  come  lo  provano  le  analisi  spettroscopiche,  e  che  nelle  varie 
sostanze  gassose  nelle  identiche  condizioni  di  temperatura  e  di  pressione  oc- 
corrono potenziali  differenti  per  produrre  scintille  della  stessa  lunghezza,  tutto 


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—  51  — 

questo  tenderebbe  a  dimostrare  che  la  scarica  compie  nei  gas  un  vero  lavoro, 
e  che  quindi,  perchè  si  produca,  il  potenziale  deve  esser  più  o  meno  grande 
secondo  che  è  più  o  meno  grande  il  lavoro  che  deve  eseguire:  ed  in  questo 
caso  è  facile  comprendere  che  la  temperatura  non  può  avere  nella  scarica  che 
una  influenza  piccolissima,  giacché,  secondo  le  classiche  esperienze  del  Saint- 
Glaire  Deville  suUa  dissociazione,  se  occorrono  temperature  elevatissime  per 
ottenere  parziali  dissociazioni  delle  molecole  dei  corpi  composti  stabili,  molto 
probabilmente  occorreranno  temperature  anche  elevatissime  per  ottenere  una 
modificazione  sensibile  nella  stabilità  della  molecola  dei  corpi  semplici,  e 
quindi  perchè  la  scarica  esegua  un  lavoro  sensibilmente  minore  per  scinderla. 
«  Era  mia  intenzione  sviluppare  più  distesamente  questo  concetto,  di 
vedere  cioè  se  realmente  il  potenziale  al  quale  avviene  la  scarica  disruptiva 
nei  gas,  dovesse  dipendere  dal  maggiore  o  minor  lavoro  di  disgregamento  mo- 
lecolare che  essa  deve  compiere  :  concetto  che  sarebbe  avvalorato  dal  fatto  che 
per  la  stessa  distanza  esplosiva  la  scarica  avviene  a  potenziale  minore  del- 
ridrogeno  che  nell'ossigeno,  e  nell*ossigeno  a  potenziale  minore  che  nell'azoto, 
e  che  nei  composti  stabili  ddUazoto  e  dell'ossigeno  ed  in  generale  nei  gas 
composti,  il  potenziale  è  generalmente  superiore  di  quello  necessario  pei  gas 
semplici  componenti:  come  pure  era  mia  intenzione  tentare  coll'apparecchio 
superiormente  descritto,  di  vedere  se  nei  vapori  di  mercurio,  la  cui  molecola 
è  mono-atomica,  si  potesse  ottenere  la  scarica  disruptiva,  tanto  più  che  in 
una  delle  serie  fatte,  per  un  momentaneo  abbassamento  di  temperatura,  essendo 
penetrata  nell'apparecchio  una  piccolissima  quantità  di  mercurio,  trovai  che 
la  deviazione  dell'elettrometro  istantaneamente  era  di  molto  diminuita.  Il 
cambiamento  di  residenza,  da  Palermo  a  Boma,  mi  impedisce  di  poter  con- 
tinuare per  ora  nel  lavoro  intrapreso,  dal  quale  sperava  poter  ricavare  qual- 
che interessante  relazione  tra  il  potenziale  di  scarica  e  la  costituzione  mole- 
colare dei  corpi  aeriformi  » . 

Mineralogia.  —  Sulla  così  detta  S avite  di  Montecatini.  Nota 
di  Ettore  Artini  (0 ,  presentata  dal  Socio  Struever. 

«  Già  dal  1856  Quintino  Sella,  in  una  lettera  al  cav.  A.  Sismonda  (-), 
dalle  misure  goniometrìche  eseguite  su  alcuni  «  aghi  di  Savite  finissimi  »  con- 
clude che  «  poco  resta  a  dubitare  doversi  considerare  la  Savite  come  una  delle 
«  tante  varietà  di  mesotipo  che  già  si  conoscono  *>;  ma,  verso  4a  fine  del  lavoro, 
non  avendogli  permesso  la  piccolezza  degli  aghi  lo  studio  dei  caratteri  ottici, 
pare  non  escluda  in  modo  assoluto  la  possibilità  che  si  tratti  di  una  varietà 
di  mesolite  o  scoleeite. 


(i)  Lavoro  eseguito  nel  Laboratorio  di  Mineralogia  della  B.  Università  di  Pavia. 
(«)  n  nuovo  Cimento,  VII,  225. 


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—  52  — 

«  Il  D'Aehiardi  (i)  riporta  i  dati  del  Sella,  e  ritiene  trattarsi  di  un  meso- 
tipo  magnesiaco^  respingendo  il  sospetto  di  impurità  del  materiale  sottoposto 
ad  analisi. 

«  Io  potei  avere,  grazie  alla  gentilezza  del  prof.  L.  Bombicci,  alcuni  cri- 
stalletti  della  Savile  di  Montecatini,  abbastanza  grossi,  e  tra  questi  ne  trovai 
due  bellissimi,  terminati  ad  una  estremità;  la  lunghezza  di  entrambi  è  circa 
un  centimetro,  essendo  Tuno  della  grossezza  di  un  millimetro,  e  di  poco  più  che 
mezzo  millimetro  l'altro.  Presentano  la  combinazione  (010)  (100)  (110)  (111)  ; 
le  facce  di  queste  forme  presentano  gli  stessi  caratteri  che  nella  Natrolite, 
e  1  cristalli,  per  Faspetto  generale,  ricordano  abbastanza  quelli  di  Montecchio 
Maggiore.  I  risultati  delle  misure  goniometriche  eseguite  su  questi,  e  sopra 
un  sottile  prismetto  non  terminato,  sono  esposti  qui  sotto,  col  relativo  peso. 


Spigoli 
misurati 

XX» 

I 

XI»  n 

XX»  m 

Anenli  calcolati 

da  BrOgger 
per  la  Natrolite 

110.1  Io 

88»  54' 

-II; 

— 

88"  49'  — III; 

88»  45' 80" 

9 

88  21 

-II; 

— 

— 

« 

110.111 

63  25 

-III; 

630  24'  —II; 

— 

63  10  31 

ff 

64  18 

~ii; 

63  32    —II: 

— 

1» 

1» 

63  59 

-I; 

64    1    —II; 

— 

ir 

11 

63  22 

-I; 

— 

— 

11 

lll.lll 

53  11 

-III; 

62  28    —I; 

— 

53  39 

lll.ìll 

37  40 

-II; 

37  45    —III; 

— 

37  37  45 

I» 

37  41 

-I; 

— 

— 

ff 

lll.lll       36  38(2)— II;      86  41(2)— III;  _  36  47  80 

K  Come  si  vede,  questi  angoli  corrispondono  a  quelli  della  Natrolite,  e 
se  ce  qualche  oscillazione,  la  si  deve  alle  facce  di  (111)  che  sono  spesso 
poco  piane  e  spezzate  in  questo  minerale. 

«  Un  risultato  anche  più  soddisfacente  e  decisivo  mi  fornì  lo  studio  delle 
proprietà  ottiche.  Anzi  tutto,  nessuno  dei  molti  prismi  trasparentissimi  osser- 
vati al  microscopio  mi  lasciò  scorgere  la  più  piccola  deviazione  della  dire- 
zione di  estinzione  dallo  spigolo  [110  .  lIO] .  Poi,  nel  più  grosso  dei  due  cri- 
stalli predetti,  dopo  avere  segata  la  estremità  terminata  per  conservarla,  tagliai 
due  lamine,  normali  alle  due  bisettrici,  le  quali,  grazie  alla  perfetta  traspa- 
renza del  cristallo,  mi  permisero  misurazioni  esattissime.  Nessuna  traccia  di 
geminazione  apparve  dallo  studio  di  queste  lamine;  il  piano  degli  assi  ottici 


{})  Mineralogia  della  Toscana,  Uy  148. 

(>)  Osservai  due  vicinali  abbastanza  briUanti,  che  facevano  colla  rispettiva  faccia 
di  (111),  angoli  di  P8'  e  1^86^  Siffatte  vicinali  poco  definite  abbondano  nella  Natrolite 
di  Montecchio  Maggiore. 


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—  53  — 

ò  parallelo  alla  (010)  ;  la  bisettrice  acuta,  positiva,  è  parallela  a  [110 .  lIO]. 
Trovai 

2Ha=  62^44' (0    (Na) 
2Ho=119<>38'(2)    (Na); 
da  questi  si  calcola 

2Y  =  62«6'(3)    (Na). 

«  Bisulta  evidente  da  tutto  ciò  la  perfetta  identità  del  minerale  detto 
Savite  colla  Natrolite.  Io  non  potei  &nie  l'analisi,  per  mancanza  di  materiale 
puro  in  quantità  sufficente,  ma  osservai  che  i  più  dei  cristallini  sono  assai 
torbidi,  come  per  inclusione  di  sostanze  estranee. 

«  Questo  fatto,  insieme  al  trovarsi  il  minerale  su  roccia  molto  mimesi- 
fera,  e  nello  stesso  giacimento  per  Tappunto  in  cui  dal  medesimo  autore  fu 
trovato  il  picranalctme,  altra  specie  magnesifera,  già  abbattuta  dalla  analisi 
di  un  materiale  puro  (^),  e  insieme  alla  riflessione  che  sarebbe  strano  che 
la  magnesia  contenutavi  in  proporzione  nientemeno  che  del  131  per  cento 
non  portasse  alcuna  variazione,  nemmeno  nelle  proprietà  ottiche,  da  quanto 
si  trovò  per  la  Natrolite,  mi  conferma  che  i  risultati  delle  analisi  &tte  della 
Savite  non  autorizzano  affatto  a  mantenere  questo  nome,  nemmeno  ad  ìndi- 
care  una  semplice  varietà  » . 


MEMORIE 
DA  SOTTOPOESl  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

P.  BusiN.  StUla  frequenta  delle  alte  e  basse  pressioni  nell'emisfero 
boreale.  Presentata  dal  Socio  Betocchi. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

n  Segretario  Blaserna  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando fira  queste  il  fascicolo  P  della  pubblicazione  del  Socio  Gemmellaro: 
La  Fauna  dei  calcari  con  Fumlina  della  valle  del  fiume  Sosio  nella  Pro- 
vincia di  Palermo  ;  la  3*  edizione  delVopera  del  defunto  accademico  P.  Vol- 
piCELLi:  Trattato  completo  sulla  elettrostatica  indizione  od  elettrica  in- 
fluema;  e  Topuscolo  del  sig.  E.  E.  G.  Groth:  An  Essay  on  the  Origin  and 
Development  of  the  Solar  System. 

{})  Media  di  sei  letture;  limiti    62.35—  62.53. 

(<)  Media  di  sei  lettore;  limiti  119.36—119.42. 

(3)  Per  la  Natrolite  fu  trovata  2  V(Na)=«62«9'40";  62ol5'  (BrOgger)  —  61052^; 
61*32'  ;  62«24'  (Artìni). 

(*)  E.  Bamberger,  BechVs  sogenannter  u  Picranalcim  n  von  Montecatini.  Zeit.  fùr 
Xryst  VI,  32. 


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—  54  — 

CONCORSI   A   PREMI 

Il  Segretario  Blaserna  dà  comunicazione  dei  lavori  presentati  ai  due 
concorsi  ai  premi  Beali,  scaduti  col  31  dicembre  1887,  per  la  Matematica 
e  per  la  Chimica. 

Lavori  presentati  al  Concorso  al  premio  di  S.  M.  il  Re  per  la  Matematica. 

(Concorso  prorogato). 

1.  Ascoli  Giulio,  l)  Integrazione  della  equazione  differenziale  J^  =  0 
in  un'area  Riemanniana  qualsivoglia  (ms.).  —  2)  Le  curve  limite  di  una 
varietà  data  di  curve  (stampata  negli  Atti  dei  Lincei,  Memorie  se.  fis.,  ser.  3*, 
voi.  xvni) 

2.  De  Paolis  Riccardo.  Fondamenti  di  una  teoria,  puramente  geome- 
trieaj  delle  curve  e  delle  superficie  (ms). 

3.  RiBOLDi  Giovanni.  Sopra  il  teorema  relativo  alla  sommu  degli  angoli 
di  un  triangolo  rettilineo  (st). 

4.  Ricci  Gregorio,  l)  Principi  di  una  teoria  delle  forme  differenziali 
quadratiche  (st.).  —  2)  Sui  parametri  e  gli  invarianti  delle  forme  qua- 
dratiche differenziali  (st.).  3)  Sui  sistemi  di  integrali  indipendenti  di  una 
equazione  lineare  ed  omogenea  a  derivate  parziali  di  P  ordine. 

Lavori  presentati  al  Concorso  al  premio  di  S.  M.  il  Be  per  la  Chimica. 

CiAMiciAN  Giacomo.  1881.  i)  Sopra  alcuni  composti  della  serie  del 
pirrolo  (st.).  —  2)  Sull'azione  del  cloroformio  sul  composto  potassico  del 
pirrolo  (st.).  —  3)  Sopra  un  nuovo  (terzo)  omologo  del  pirrolo  contenuto 
nell'olio  di  Dippel  (si).  —  1882.  4)  Studi  sui  composti  della  serie  del  pir- 
rolo. I.  /  derivati  della  pirocolla  (1*  parte)  (st.).  —  5)  Studi  sui  composti 
della  serie  del  pirrolo.  II.  Trasformazione  del  pirrolo  in  piridina  (st). — 
6)  Studi  sui  composti  della  serie  del  pirrolo.  III.  (st.). — 1883.  7)  Sull'azione 
del  cloruro  di  cianogeno  sul  composto  potassico  del  pirrolo  (st).  —  8)  studi 
sui  composti  della  serie  del  pirrolo.  IV.  Adone  dell'idrogeno  nascente  sul 
pirrolo  (st.).  —  9)  Studi  sui  composti  della  serie  del  pirrolo.  V.  /  derivati 
della  pirocoUa  (2*  parte)  (st.).  —  10)  Studi  sui  composti  della  serie  del 
pirrolo.  YI.  L'acetilpirrolo  ed  il  pseudoacetilpirrolo  {st). —  1884.  H)  Sin- 
tesi della  pirocolla  (st).  —  12)  Ueb?r  einen  blauen  Farbstoff  au§  Pyrrol. 
(Dai  «  Berichte  der  deutschen  chemischen  Gesellschaft  zu  Berlin»)  (st). — 
13)  Sopra  alcuni  derivali  dell'  imide  succinica  (st.).  —  14)  Studi  sui  com- 
posti della  serie  del pirrolo.YlI.  I  derivati  dell'acido  a-carbopirrolico  (st). — 


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—  55  — 

15)  Sull'azione  dell' idrossilammina  8ul  pirrolo  (st). —  i^)  Sopra  una  nuova 
sintesi  dell'acido  a-carbopirrolico  (st).  —  17)  Sull'azione  degli  ipocloriti 
ed  ipobromiii  sul  pirrolo  (st).  —  18)  Studi  sui  composti  della  serie  del 
pirrolo.  Vili.  Sull'azione  di  alcune  anidridi  organiche  sul  pirrolo  (st.). — 
1885.  19)  Sull'azione  del  cloruro  di  carbonile  sul  composto  potassico  del 
pirrolo  («t.).  —  20)  Sulla  monobromopiridina  (st.).  —  21)  Sull'acetilpir- 
rolo  (st.). —  22)  Sopra  un  solfoacido  del  pirrilmetilcheione  (st.). —  23)  Sul 
dipseudoacetilpirrolo  (st.).  —  24)  studi  sui  composti  della  serie  del  pir- 
rolo. IX.  Sull'azione   dell'acido   nitrico   sul  pirrilmetilcheione   (st.).   — 

25)  Sull'azione  del  calore  sull'acetilpirrolo  e  sul  carbonilpirrolo  (st.).  — 

26)  Sugli  alcaloidi  derivanti  dal  pirrolo  (st.).  —  27)  Sull'azione  degli  alo- 
geni sul  pirrolo  in  presenza  di  idrati  alcalini  (st.).  —  28)  Sulla  costitu- 
zione del  pirrolo  (st).  —  29)  Sludi  sui  composti  della  serie  del  pirrolo.  X. 
Sugli  alcaloidi  derivanti  dal  pirrolo  (st). — 1886.  30)  Sul  pirrolilene  (st). — 
31)  Sopra  un  metodo  di  estrazione  del  pirrolo  dalla  parte  non  alcalina 
dell'olio  animale  (st.). —  32)  Sopra  alcuni  nitro  composti  della  serie  del 
pirrolo  (st).  —  33)  Sull'azione  dell'anidride  acetica  sull'omopirrolo  (metil- 
pirrolo)  (st).  —  34)  Sull'azione  dell' allossana  svi  pirrolo  (st.).  —  35)  Sopra 
alcuni  derivati  bisostituiti  del  pirrolo  e  sulla  loro  costituzione  (st.).  — 
36)  Sul  comportamento  del  metilchetolo  (a-metilindolo)  e  sulla  formola  di 
costituzione  del  pirrolo  (st.). —  37)  Sul  tetrajodopirrolo  (lodolo)  e  sulle  sue 
proprietà  terapeutiche  (st). —  38)  Sintesi  del  pirrolo  (st.). —  1887.  39)  Sulla 
trasformazione  del  pirrolo  in  derivati  della  piridina  (st.). —  40)  Sull'anione 
dell'anidride  acetica  sul  N-metilpirrolo  e  sul  N-benzilpirrolo  (st.).  — 
41)  Studi  sulla  costituzione  di  alcuni  derivati  del  pirrolo  (due  Note)  (st.).  — 
•^2)  Il  pirrolo  ed  i  suoi  derivati  (Monografia)  (in  corso  di  stampa). 

Alle  pubblicazioni  sopraindicate  il  concorrente  aggiunge  tre  Note  di  due 
aUievi  dell*  Istituto  chimico  di  Boma,  perchè  contengono  la  descrizione  di 
ricerche  che  hanno  relazione  coi  suoi  studi  e  perchè  sono  citate  nella  Mono- 
grafia: Il  pirrolo  ed  i  suoi  derivati. 

a)  Sul  piperilene  (di  Gaetano  Magnanini)  (st.).  —  h)  Sul  joduro  di 
trimetilpropilammonio  (di  Tonamaso  Langeli)  (st.).  —  e)  Sulla  trasforma- 
zione degli  omologhi  dell' indolo  in  derivati  della  chinolina  (di  Q.  Ma- 
gnanini) (st). 


PERSONALE  ACCADEMICO 

Il  Segretario  Blaserna  legge  le  lettere  di  ringraziamento  per  la  loro 
nomina,  inviate  dal  Corrispondente  Golgi  e  dai  Soci  stranieri  :  von  Bruecke, 
De  Bary,  Dohrn,  Gegenbaur,  Hébert,  Kekule,  Klebs,  Kovalewsky, 

VON   BiCHTHOFEN,   WeBER   0  ZeUNER. 


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—  56  — 

CORRISPONDENZA 

Il  Segretario  Blaserna  dà  comimicazione  di  una  lettera  del  Rettore 
della  B.  Università  di  Bologna,  colla  quale  s'invita  rÀccademia  ad  assistere 
alla  celebrazione  dell' 8<*  centenario  di  quella  Università. 

L'Accademia  unanime  delibera  di  accettare  il  cortese  invito,  e  di  farsi 
rappresentare  alla  solenne  cerimonia  da  alcuni  Soci,  che  a  suo  tempo  saranno 
delegati  dalla  Presidenza. 

Lo  stesso  Segretario  rende  conto  della  corrispondenza  relativa  al  cambio 
degli  Atti. 

Ringraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute  : 

La  R.  Accademia  palermitana  di  scienze,  lettere  e  belle  arti  di  Palermo  ; 
la  R.  Accademia  danese  di  scienze  e  lettere  di  Gopen^^hen;  la  Società  sici- 
liana per  la  storia  patria  di  Palermo;  la  Società  ligure  di  storia  patria  di 
Genova;  la  Società  batava  di  filosofia  sperimentale  di  Rotterdam;  la  Società 
filosofica  di  Birmingham;  la  Direzione  dell'Archivio  di  Stato  di  Bologna;  la 
R.  Deputazione  di  storia  patria  di  Modena  ;  il  Museo  di  geologia  pratica  di 
Londra;  il  Museo  di  zoologia  comparata  di  Cambridge  Mass. 
Annuncia  l'invio  delle  proprie  pubblicazioni: 

L'Università  di  Freiburg. 


P.  B. 


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—  57  — 


EENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DEIiLA     R.    ACCADEMIA    DEI     LINCEI 

Glasse  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

Seduta  del  22  gennaio  1888. 
G.  FioRELLi  Vice-Presidente 


MEMORIE  E  NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Archeologia.  —  n  Socio  Fiorelli  presenta  il  fascicolo  delle  No- 
tizie  per  lo  scorso  decembre ,  e  lo  accompagna  con  la  Nota  che  segue  : 

»  Le  ultime  informazioni  intomo  ai  rinvenimenti  d'antichità  cominciano 
con  un  rapporto  sopra  una  tomba  antica,  scoperta  in  s.  Pietro  al  Natisone 
(Regione  X).  Ivi  coi  resti  del  defunto  si  trovò  un  braccialetto  di  bronzo, 
che  fa  conservato  nel  Museo  di  Cividale  del  Friuli.  Oggetti  di  varia  età 
nella  stessa  Regione  X  furono  rimessi  alla  luce  presso  Cancello  Veronese, 
nel  comune  di  Mizzole. 

«  In  Torino  (Regione  XI)  si  riconobbero  i  resti  di  una  strada  dell' an- 
tica Augtista  Taurinorum,  in  via  del  Seminario.  Nella  città  stessa,  al  di 
là  della  Dora,  nel  punto  dei  nuovi  quartieri  segnato  dalla  vìa  Foggia,  si 
scoprirono  tombe  della  necropoli  romana,  e  tra  queste  un  frammento  epigra- 
fico, riferibile  per  la  forma  delle  lettere  al  primo  secolo  dell'impero. 

«  Altri  sepolcri,  pure  di  età  romana,  furono  scoperti  a  Rivoli,  nella 
contrada  Mongioie. 

»  A  Bertinoro  presso  Forlì  (Regione  Vili),  negli  scavi  per  le  fonda- 
zioni del  nuovo  cimitero,  ad  un  chilometro  dall'  abitato,  s' incontrarono  og- 
getti appartenenti  alla  suppellettile  funebre  di  una  tomba  preromana  :  cioè 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Seja.  8 


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—  58  — 

braccialetti  di  bronzo;  caspidi  di  lance  di  ferro;  un  giavellotto;  ed  altri 
frammenti  dello  stesso  metallo. 

e  Ma  le  notizie  più  importanti,  contenute  nel  nuovo  fascicolo,  sono 
quelle  che  riguardano  gli  scavi  di  Yetulonia  (Regione  VII).  Annunziai  già 
{Notizie  1886,  p.  148),  che  sotto  la  direzione  delVispettore  cav.  Falchi  erano 
state  ripigliate,  per  conto  del  Ministero,  nuove  ricerche  nella  necropoli  vetu- 
loniese,  dove  le  esplorazioni  precedenti  avevano  restituito  ricco  materiale 
scientifico,  aggiunto  alle  pubbliche  raccolte  del  Museo  di  Firenze.  Di  questi 
nuovi  scavi,  che  diedero  suppellettile  anche  più  preziosa,  tratta  un  ampio 
rapporto  che  non  si  potè  comunicare  prima  di  ora,  sia  perchè  era  necessario 
che  fosse  compiuto  il  restauro  dei  numerosi  oggetti  scoperti,  sia  perchè  occor- 
reva aggiungerci  varie  tavole,  ove  fossero  rappresentati  gli  oggetti  medesimi. 

tt  Le  tombe  esplorate  furono  moltissime  ;  tra  le  quali  la  più  importante 
è  quella  che  fu  denominata  del  duce,  formata  da  un  gran  circolo  di  pietre, 
dentro  cui  si  scoprirono  vari  depositi  di  bronzi  di  sommo  pregio,  di  fittili,  e 
di  utensili  riferibili  ali*  età  alla  quale  vanno  attribuiti  gli  oggetti  del  depo- 
sito di  Palestrina,  conservato  ora  nel  Museo  Eircheriano,  e  la  suppellet- 
tile della  tomba  Begulini-Galassi  di  Cere,  esposta  nel  Museo  Gregoriano  al 
Vaticano. 

tt  In  uno  di  questi  depositi,  si  trovò  una  coppa  fittile  con  iscrizione 
etnisca;  e  con  questa  un  vasetto  di  argento,  coperto  di  lamina  d*oro,  ab- 
bellito di  ornati  di  stile  fenicio,  simili  a  quelle  delle  coppe  di  Cipro,  di 
Cere  e  di  Palestrina.  Anche  questa  nuova  suppellettile  fu  esposta  nel  Museo 
di  Firenze. 

«  In  Roma  (Regione  I)  furono  esplorati  vari  ambienti  di  una  casa,  di 
età  romana,  sotto  la  chiesa  dei  santi  Giovanni  e  Paolo  al  Celio,  ove  si  ri- 
conobbero pitture  del  secolo  lY  dell*  era  nostra,  rappresentanti  soggetti  cri- 
stiani e  scene  di  martirio.  In  queste  scene  sembrò  verosimile,  doversi  rico- 
noscere fatti  allusivi  al  martirio  dei  santi,  ai  quali  fu  dedicata  la  chiesa,  e 
che  nella  casa  loro,  sopra  la  quale  fu  poi  costruita  la  chiesa  stessa,  vennero 
trucidati  per  ordine  dell'imperatore  Giuliano,  come  è  narrato  da  antichi  do- 
cumenti. 

«  Un  bassorilievo  marmoreo,  rappresentante  il  ratto  di  Elena,  fu  recu- 
perato negli  sterri  di  via  Cavour,  dove  pure  si  rinvennero  non  pochi  fram- 
menti epigrafici  ;  ed  altra  tomba  del  sepolcreto  vetustissimo  esquilino,  ricom- 
parve presso  la  chiesa  di  s.  Martino  ai  Monti. 

«  Resti  di  suppellettile  di  altro  sepolcro  antichissimo  si  raccolsero  in 
piazza  Vittorio  Emanuele,  nei  cui  pressi  non  mancarono  avanzi  d*  iscrizioni. 

«  Merita  qui  pure  di  essere  ricordato,  che  nuovi  studi  sull'epigrafe  sco- 
perta in  piazza  della  Consolazione  {Notisie  1887,  p.  110,  n.  4),  e  riferibile 
al  tempio  di  Giove  Ottimo  Massimo  in  Campidoglio,  hanno  condotto  a  rico- 
noscere, che  i  popoli  Asiatici  quivi  memorati,  non  gli  Abeni,  com«  fii  creduto. 


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—  59  — 

ma  sono  i  Tabeni  di  Tabai  della  Caria,  popoli  dei  quali  si  hanno  altre 
memorie  epigrafiche  e  monete. 

«  Parecchie  altre  lapidi  iscritte  rividero  la  luce  nel  sepolcreto  antico 
fra  le  porte  Pinciana  e  Salaria,  dove  pure  fu  recuperato  un  frammento  di 
calendario,  riferibile  ai  giorni  dal  14  al  21  di  agosto. 

«  Una  importantissima  lapide  onoraria,  di  un  prefetto  del  pretorio  e 
prefetto  dell'annona,  fu  estratta  dall'alveo  del  Tevere  presso  la  sponda  di 
Marmorata. 

«  Nel  fondo  Pattnrelli,  presso  santa  Maria  di  Capua  Yetere,  fra  Curti 
e  s.  Prisco,  dove  tornarono  a  luce  pochi  mesi  or  sono  due  epigrafi  osche,  delle 
quali  fu  data  comunicazione  alla  S.  Accademia,  fu  dissotterrato  recentemente 
un  cippo,  su  cui  sono  incise  due  nuove  epigrafi  parimenti  osche.  Unitamente 
a  questo  cippo,  si  rinvenne  un'ara  di  tufo;  quindi  una  statua  fittile,  man- 
cante della  testa,  e  rotta  in  minuti  frammenti. 

«  In  Pompei  proseguirono  gli  scavi  nell'isola  2*  della  Begione  VII,  e 
nell'isola  7^  della  B^one  IX,  e  si  trovarono  monete  ed  anfore  scritte. 

«  Finalmente  in  Vasto  (Begione  IV)  si  riconobbero  altre  tombe  di  età 
romana,  e  si  scoprirono  mattoni  con  marche  di  fabbrica  ». 


Storia.  —  n  Socio  Tommasini  presenta  una  Memoria  illustrativa  d'un 
documento  tratto  da  un  manoscritto  della  Biblioteca  Angelica,  contenente  un 
Registro  degli  Officiali  del  Comune  di  Roma  a  tempo  di  Nicolò  V  e  nel 
primo  anno  di  pontificato  di  Calisto  III,  scritto  dallo  scribasenato  Marco 
Guidi, 

Questo  lavoro  sarà  pubblicato  nei  volumi  delle  Memorie. 


Storia  religiosa.  —  Le  premiers  cfirétiens  et  le  démon.  Me- 
moria del  Socio  Edmondo  Le  Blant. 

Questo  lavoro  sarà  inserito  nei  volumi  delle  Memorie. 


Archeologia.  —  n  Socio  Helbig  intrattiene  l'Accademia  su  di  una 
figura  arcaica  di  guerriero,  in  bronzo,  trovata  nel  santuario  d'Asclepio  ad 
Epidauro,  secondo  l'iscrizione  di  dialetto  dorico  e  d'alfabeto  argiro  graffita 
sopra  la  base,  lavoro  d'un  certo  Hybriastas. 


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—  60  — 

Filologia  —  Frammenti  Copti.  Nota  VIP  del  Socio  Guidi. 

«  In  quest'ultima  nota  pubblico  i  frammenti  Borgiani  relatiyi  agli  apo- 
crifi del  N.  T.  che  restavano  ancora  inediti,  vale  a  dii*e  i  N^  114  e  115  del 
Catalogo  di  Zoega  ;  anche  questi,  come  parecchi  dei  precedenti,  sono  in  forma 
di  omelie,  forma  comune  nella  letteratura  copta  (^).  E  come  ho  fatto  per  gli 
altri  Numeri,  così  nella  pubblicazione  di  questi  ho  conservato  i  molti  errori 
di  ortografia  ecc.  degli  originali,  nei  quali  non  pochi  fogli  sono  in  cattivo  stato 
e  di  lettura  assai  difficile  (^). 


N«  CXIV.   (quattro  fogli;  p.  19-24,  31-32) 


p.Te  po<|>opei  ILutoK  ìtgHTov.  Cita  eKoveoj  ov  oit,  Koveoj 
+xuj  njutoc  itHTit  X6  T-eTititAovoDJUt.  nTCTÌtcu)  tìHxua 
coDTÌt  e$,yA.YJUtoY.  AitoK  i-JtAT"CA&aiTrc  cnA.6ia)x  exgeit 

JUtnHVe.   AVO)  +ltA.JUtOY'T6  epoUTÌt  ltA.q  FfojHpC.      I^XCTFtKA 

gHcjtHV  itcuiTit  ìtTè  nKA.^.  A.itoK  +itAJUtovTe  €pun-it  X6 

ltA.CItHV.      I^TCTrttKA   gìtK^HpOltOJUtOC  HculTIt.   A.ltOK   +ltA- 

ojounc  itHTÌt  ìtK^HpoitoJUtoc.    5\T-6TÌtKA  grcojHpc  Hcun-ìt 


fi)  Cfr.  Amélineau,  Étude  sur  le  Christianisme  en  Égypte,  8. 

(*)  Indico  qui  alcune  correzioni  e  supplementi  che  sono  da  fare  nelle  Note  precedenti  : 
P.  20,2  1.  Alta^pCAC.  8  AqJUtOYg  leggi  HqJUlOVg.  21,18  suppL  [egoYit]. 
23,6  1.  p.  7-10.     27,24  epOI  1.  epOK.     29,8  la  pag.  IK  comincia  colla  siUaba  g6  di 

WTepeqge.  n  togli  Alt.  33,25 1.  JUjì^atioc.  74,9 1.  iiirronoc.  20 1.  it- 
eftpuujutc.  32  niteTC  itorq.  77,10  suppi.  [Hge].  h  suppi.  ite^ófx].  17  suppi. 
TAni^cTic].   S8  suppi.  iin[o]YO€[i]ite  e  e:«:[it  rt].   78,27 1.  Hne.  (con 

punto  dopo).  79,4  1.  nTeK[eni]'TI JULIA.?  80,6  suppL  Gip?  23  «cinque»  1.  «sei». 
81,14  1.  [+]  nOVnp.?  256,25  1.  T*AgO.  Tralascio  di  notare,  perchè  cosa  di  poco 
momento,  qualche  parola  non  ugualmente  divisa  nelle  varie  Note.  Spero  poi  pubblicare  fra 
brcve  la  traduzione  della  maggior  parte  di  questi  apocrifi,  con  alcune  osservazioni  critiche 
sulla  lezione  dei  codici  che  talvolta  è  guasta  da  errori  e  lacune. 


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—  61  — 
tté^ATT^7\0C    fTA2LlA.KOft6l    ItHTÌt.      S^TCXftlCA    gflKVnOC    ft- 
CUITH.  JUlff   griJUlA.ìt£7\00^6.   AltOK   'tltAi"    ItHTÌt    AUinA^pA.- 
j^lCOC.  JUTTeTÌtKA  [gjitiCmOYUJge  HcUDT'ìt  ÌtJ4iAYT"A.ICO  glTJUt 

neocpoftoc.  aìiok  guj  +itA+  rcHTit.  ìfTeKK^HCiA  etc  juicc- 

xpHY  €Tc  A.JtoK  ne.  CnjutA.  ìtrt eajrtHve  exe  uja.ycujk  iircTET 
enjutOY.  A^ftoic  +itA+  it htFi  IitjrrA.^eoeity  iInA.eYA.rrs?sioit. 
nA.1  excouK  ìtftpuuuie  6&o?\  gii  njutov  cgovit  enouitg  jéj^ 

CJtCg.  CtC  ItAI  AITAAV  ItHXÌt  ÌtT>9Sfl^l^  rilt6ttTA.T6'TÌt- 
KAAY  ftCOUXit,    UìtItCA  ItAI  T-HpOV  n€5CA.C  It Aq  ìttff  TMAAV 

ìtJtojHpe  ìt^6&e^A.it)c.  2tc  ncA.g  a^ic  !£€ka.c  epe  nA^jéiHpc 

CltAV  gJUlOOC  OVA  gì  OYItAiUt  lilitOK.   AVO)  OYA.  gì  gB.OYp 

iiiutoK  gpA.1  gif  ^reKJutrt^Tppo.    IH  neiA.iTHAAA  c^ro  rtcA^nHpe 
a>  it^uutcpA^xe.     5Ciit  eTuiit  €T"U}ff  xtit  evgiite  iinoYA.cp.  (sic) 
ujAitTOYpcvrricA^ca^poc  iinu)HpG  iinitoYT€.    SCiit  cycuik 
iinccyitH  gA  itTfiT".  cyAitT-oYgiiiooc  jutìt  ic  gpAt  gii  neq- 
eoov.  AVO)  ìtqiAOYT"e  epooY  itAq  ìtcxjftj^p.     IlexA^q  FAp 

ItAV  Xe  ìtTUiT-ft  JtA.UJ&Hp.  3C6  IteitTAJCOTTJLWW  TTHpOY  Ht-ÌE  p.  21 

nA.€icxrr  aitajuiodtFì  epoor.    1\vu)  oit  xe  A^rroK  ne  tKu)- 
we^soo^Ne  ììaìc.  itTUJT'it  ne.nc}x)2\g  nA.ciu)*T  ne  noyoeie. 
1\T€TrititAV  xe  ìtT"A  iteipojjute  xice  ffA.}x)  itge.guKrre  htc 
njgHpe  iinitonrre  xooc  itAv  xe  i?T-eTÌtgit  eAo?\  rfgirr  n^e 
Sn$a2\g  itT&cjuitc^oo^e.  ciyA^v^i  e&o?\  HgHTq  itceTuidÉ 
gii  JutA.  Itili.  Hc€+  ìtgff+oYui.    Ta.1  xe  ee  itnrA  itAjiocTo-- 
T^oc  XI  e&o^  git  it^AjA^c  iine^c  Avxoutfe  git  nroiKovueitH 
^Hpc.    Hai  ^e  epe  ncouTHp  xoj  iiiioov  hay  liniiitTCìto- 
ovc.  epe  nKeipY^Ac  itiiiiAV.    IlexAq  itAV  xe  eie  gHHTC 
AJtOK  +itA'TÌtrroov  itHT"Fi  linnApAK^Hn'oc  nenitA  ìÌTiie. 
Cic  gHHTe  +it aAuik  egpAi  oja.  nAeiouT  e^e  neTÌteiuiT  ne. 
AVuj  nAitOYTTe  exe  neTffitovxe  ne.  HTAqo  iin6T"coovit 
lingHT  Hovoit  Itili.  Hnrepeqeiue  en^roujAJ  iingHT  iinovA. 
noYA.    Aq^  ffAq   KAT-^poq.    neTp[oc]  iieit  itTepeqitAV  p.22 
eTeqiiitxAA^gHTr.  axuj  xe  ovpcqKui  eB.o2\  ne.  AqppHT 


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—  62  — 
itAq  cqxui  ILutoc.  >C€  i-itA.+  uak  Frrcj^ojélT  itruiifTppo 
(sic)  FiJtAinHVc  eTpeKpeienoYOEi  epoc.  ^vw  ncxeicitAJUtopq 
gixn  nicA.g  qjtA.aju)n6  eqjutnp  git  AtnHYC.  avcxi  ncnric- 
&o^q  eJ&o^  Qìi^Jx  UKXQ  qitA.uju)ne  eqJ&H^  g&o^  gìt  JutnHVc. 
©te  JtovyyitgTTHq  Alt  ne  neTpoc.  it€  JutH  T^aav  ìtpuijute 
ftA.cujAu}K  egoYit  eTAiriTrppo  FritJutnHve.  1\ft^pcA.c  AqxA.- 
jutoq.  xe  ovri  gA.g  iiiiftAitajujnc  gli  hhi  HnA^eiuiT.  Ia^kou- 
&OC  A.qnrcAJ&oq  encqeooY  gixlì  nnroov.  lougAJtJtHC  A.q- 
KA.A.q  eq^H<repoq  gxAc  ncqn'£j&o.  jutit  TeqnA.peeitiA. 
<l>t?Mnnoc  A.qxcA^oq.  xe  +gii  nA^etunr.  avuì   nA.6iu)T 

itgHT.      GOUUIAC    A.qT'CAÀOq.     X€     A.ltOK    HC    TCglH    eTXI- 

juoeiT  egoYft  enaiftA.g.  UA.eA.ioc  xe  A^itoic  ne  novoeiit 
p.  23  iinKocjutoc.  Oa.t^a.ioc  >t6  A.Jtoic  neni£)U)c  cnritA^Ku)  itTcq- 
"^^OC"  8^  iteqicoov.  CiAioujt  X€  neitTA.qitAV  epoi  Aq- 
iTA^Y  enA^eioiT.  Ia.icu)&oc  nj^^npe  ìtA.?\<|>A.ioc  xc  A.JtoK  ne 
TnwH  linuiJtg.  BA.peu)^OJULAioc.  xc  AJtoK  ne  noeiK 
linoDftg.  loY^A^c  xe  eqcooYit  xe  ovpeqxiove  ne.  A^qicA. 
neK^ocorojutouit  itxooTq.  xe  ìtiteqtfìt  ^oitfe  exoj.  HTeige 
oit  eqitA.Y  eguiK  itiju.  ayu)  cqcooYit  AÌnnrEB.o.  AiH  nTui$4i 
iingHT-  iinovA,  novA  JujutooY.  5\qitAY  ern-BAo  SingHT 
FfiuugAJtftHC.  A.qKA.A.q  eqn~H<r  epoq  gu)C  JUtepiT  itA.q. 
IlexA^q  rA.p  xe  Jtepe  te  jute  Hjutoq.  ^oinojt  eqcoovit 
Hn^T  nneiiyorTAiTAve  neqpA^jt  Hnpo^LOTOc.  Aqi"  itAq 
icA.TA.poq.     ^vo)   ìiTepe    ov^inrroit  ^cone.    nexA.q   xe 

OVit   OYA   itgHTTHVTTW    ItAnA^pA^I^OY    iìÙUlOI,       HTepOT- 

xooc  nA.q  THpov  xe  JuiHTei  aiiok  ne  nxoeic.  a  neTpoc 
p.24  xwpn  oYJ&e  lujgAitftHC.  eneiXH  JteqitHX  gii  KOYitq  iiTc 
itee  ìtOYjaHpeKOVi  eqitux  git  Kovitq  ilneqeiuiT.  nexAq 
jtA.q  xe  xitoYq  xe  itijut  ne.  ^  nH  tfe  rroxq  nexA.q  exit 
TJUiecTeitgHT  itic  AqxrroYq.  IH  xetitotf"  HjijnHpe.  u)  nei- 
peqi^uipeA.  eTXHK  e&o2\  Axit  cyiB.e.  I^vpujjute  HcA.p2 
Hxno  ìtcgiAie  itoxq  git  Kovitq  iinitovTe.  Ovóix  itKA.c  gì 
cA.p2  ecitHX  exit  TAiecTifftHT  Sic.     Ov2\A.c  ftcAp2  €q- 


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—  63  — 
(SIAX€  juut  ntfovTc  itTA^npo.  gì  xAiipo.  ncitTA.qii?^A.cce 
njuoq  cqitHX  63crr  TcqjutecxgHT.  IH  n6mo<ritgJUiOT.  rtijut 
ftgHT  itpuiJutE.  KA.Jt  cftccuiq  ìte€  iJnA.co2\oJUu)it  ne*TitA.e{£i- 
lAseve.  H  ftqty^oce  ctiTA.io  itjtcìpuijutc.  Xirr  eno^npc  ìt^e- 
Ae2^a.ioc  novoige.  jy^  njucpiT  iInftoY*T6.  2£iJt  encoit 
ftiA.KuiKoc.  j^A  nAicpiT  ìtYc  2£iit  enJUAftgiJte  Unovocp. 
ujA.iTT'cqitoxq  62:H  TJUiecTeFtgHT  itic.  xiit  itenotfc  itjéie 
cqcitKOXK  gtxuJOY.  cyAit  

cpoq  ;£^kJ&u)k.  ^ouTA^it  ^e  cicjAjA.itxu)K  c&o^  ìtiteKgoov  p.  si 
sxpsKci  6B.o2\  gn  neiKOCJUtoc.  cp;.yA.Jt  nKA^ipoc  jAjuune 
exp6YovA.gK  ftAgpit  itcKcioxe.  epjjjA.it  Tevitov  Si  ojuine. 
cxpeKKo»  itcuiK  nitgice  ìtxAKOjonoY  gli  nencocuoc  lin- 
jtAv  cxeicitA.eiJutc  xe  AYciite  it AgpA.K  ittff  iteg&Hve  linei- 
KocAJioc.  KitA.CK£pKU)pK  e&oTv.  nmcupeu}  rtiteKtfTx  e&o^. 
ìtceiitopK  eTooTK.  aiw  pATK,  FfcexiTK  enjuiA.  exe  iticovA.cyq 
Alt.  exe  nejuigAAY  ne.  ^vu)  ìtTepcqxe  itA.i  itA.q  nexA^q 
it^q  x[e  oJvAgK  itc[uii],  eiJtA0VA.gT"  itcuiK  T-uiit  ai  n^- 
xo€ic.  OvAgK  itcoui  u)  ncTTpoc.  itTAT-CAAoK  enA.eiu)T 
ifA.TJuiov.  OvAgK  ìtcoDi  tatcaRok  enA.eooY.  xxH  nxouK 
ìtXAiutitTitoYTre.  OvA.gK  rfcuii  TAKA-eicnrA  ìIjuok  linA- 
npocuinoit  gixit  ToiKOYJuteitH  THpc.  Htok  ne  neTpoc  eg- 
pAj  exeit  xeineTpA  'fitAKouT  n^TA^eicK^HciA^  a.vu)  JuinYTvH 
ìtAJtinxc  itA.ec9tfiitfojut  €lp]oc  aji  [+1^^+  itAK  ttitejjjojijx  p.  S2 
rfXiAffTppo  ìtitJutnHve.  avoli  neTeK[itA]jutopq  gi^^ii  n[KA]g  (sic) 
qitAjéluinc  cqiitHp  gif  itejutnHYe.  avo)  nenreKitAB.o2\q  eB.o?\ 
gfxii  nKAg.  qitAjjjuine  eqAH^  gìt  ejutnHve.  ^KitA^v  xe 
fiex^eio  e+itATAAV  itak.  eco  ìtito6~  eiteicgicc  eTeKitAo^o- 
nov.  KA.irA.p  ov  ne  neovoeijAj  eTeKifA^AAq  eicujcngice. 
KitA.p  i£)e  ìtpOAinc.  JxxmH  ovoeiji).  iJjutìt  ovocpoitoc  itA- 
i^iont.  Jin^jjcTO  f JRo^  ilncArro  iteTitAjAjoune  itAK-  TeitoY 
de  ovAgK  ffcuii  nAJUtepix.  tatcaAok  enxouK  ìtTAimitT-- 
iiovTf .    SkiKOT-q  Htfl  nexpoc.  A.qitA.¥  'eniuiA.eHTHc  eqA- 


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—  64  — 
gcpA.T'q.  ncTepe  Te  Aie  iijuoq.  IlexA^q  iTA^q.  xc  nxoeic 
(sic)  HAI  7lB  ìiToq  Ite,  1\qovujajK  jtAq  H^  Te.  2:c  cij^jA^it- 
ovoDcy  cTpeqtflb  cyA.it+€i,  itnric  itiAi  wtok.  ovAgK  Feoui.  9k 
nttiiì^<:^t  Xe  ci  e&o^  gìt  rreeitav.  iC€  iinAiA.-&»rrHe  ctH- 
jutA.Y  ft^uutoY  A.ft  ojA.  citeg.  KA.irA.p  ncT^itJUOY  u)  itAno- 
eTo?\oe.  itoYAiov  Alt  ne.  a^||[?^a] 

N°  CXV.  (sette  fogli;  pag.  43^4,  99-110) 

p.Hr  eTAvpoe.  axc^m  epoq  itoYTiT^oc.  Avei  cgoYit  Htfl  git- 
jutwTpe  Hitovx.  Avxu)  itgHKATHropiA  cgovit  cpoq.  av- 
ojujjìB  nxA.2te  cnitovTe.  KUaoy  tfÉ  eTÌtJuiirrc  iinoov  ai 
X^  niiun-  jùncitTAYCTAvpoY  HiJioq.  kaxa  eA.p2-  nv- 
\I/A?\?\ei  KATTA.  negpHToit  cnT-oojuie  sncij^jA  Jinoor. 
«  9kYxi  ìtovujoxiii  HovoiTT  ncxA.q  gioveon,  AYCJUiiitc 
«  itoY^iA.eHK6  epoK  rì<n'  it JULAitajujne  ìtitiXoviuiA.ioe  jum  iti- 
«  [eiuiAji]?MT"Hc.  jutoAÀ.  jiAit  itec&o^  gif  A.rA.p.  rcB^cp.  Atti 

«  AJUUUtOUIt.  lAÌt  nAJUA^HK.  JUtìt  ltA?\?\o4>V?\Oe.  AVO)  lt€TOV^ 

«  Hg  xHpov  git  Tvpoe.  KA.irA.p  A^eeoYp  A.qq6i   nJijJLAX 

«  AVÌ"^OOTOY  JUlit  ItOjHpC  it^OJT,»  UìtlteA  HAI  AqXAiUtOOY 

Enevujme  JutH  neYito(ntc6~cq2tai  iljutoc  xe.     «  %ptB€  itAY 

<c  itTA.icAAe  HjutAAigAJUt  jutft  eicA^pA.  A.YUJ  rt^€  itiac&iit  gii 

(sic)  «  neoc'AAAppoe  ìtrieuirt.  avjRotov  cJRo^  gì?  oyjuia.  €juut 

«  juooY  itgHTq.  A[v]j4iain6  rt [ec]  TtiTit  [HnicAg.]    K[co  it]- 

♦_     

p.  sjtX  «  iteY[A.p^u)it]  itee  ita)pH&.  Atre  ^h£L.  juit  eA.&6H.  jutit  ca.?\- 

«  jutAJtA.  itevApocoDit  THpov.   itAi  Htavxooc.  3ce.  jutaipcit- 

«  K?^Hpoitojutci  itA.it  ÀlnAAA  c*rovA.A^  nnitovTE.  nA.itoirrc 

ce  KAAY  ìtee  HOYTpOJOOC.  We€  HoVpOOYi  JUniÌTO  B&<07\  JXTI' 
«  THY.  W^€  HoYKUlgT  CU^qpUIICg  ìtOVAAAÌtif^lt.   AVO)  Tf-eC 

ff  HoYKcxigT  cqpuiKg  itgitxooY.   EKenuiT  fteouov.  irreig€ 

«  ftW  TCKgAT-HV.   AVO)  €ICetyTpTU)pOV  gif  'T6K[op]rH.   JlACg 

«  it6v[go  rtujjouoj.  [A.VU)  c]GitAaj[iit€  ReA]  ne[K]pAit  nxocie. 
«  UA.povxij4)ine  ìfe€j4^TopTp  rrjaA  eiteg,  Tteitcg.  Hecovoi^sc. 


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—  65  — 
«  ffcexAKO.  AXiJJ  AAApoyeiAic  ^e  ncKpAit  ne  nxoeic.  xe 

«  ItTOK  JUÀYAAK  nCTltOCG   exlÀ  UKà^Q  TTHpq,  »      5\VCUK)Yg 

rA.p  ft^uute  gft  oYAiHn'A.rpioc  cgpA.i  exuiq.  cvu)^  cB.o^ 
cniTsAT-oc.  X6  A.Jtme  jùùuioq  CTAYpov  lijutoq.  avui  qei  G- 
jutA.Y  iSneitx^Axe  git  TÌtAiirre.  ìtTititAjaqei  epoit  Alt  BttuAx 
epoq.  %  UM  Kii)  itAit  egpA.1  Hgiìitojuoc  cJutH  aj[tf6jut]  H- 
JUtOlt  6 

T6icjuiìt^A.nicTroc  rAp.   gouc  ecqi  juuul^^y  ìtT'JutìtT'AnicToc  p.  99 

JtlteitT-AVpAntCTOC  epOI   ^OYety  T€ICJUlÌtTgHT"CltAV  U)  ^1- 

j^YJUioc-  gcxic  eccycoaix  e&o?\  JùùmwTgirrcitAV  itijut.  9kpi 
AT-ftAgxe  uj  oajJuiA.c.  Api  ATitAgTe  cnegoYo.  xckac  €ie- 
TAxpo  gui.  3t€  iteitT-AKitAV  epoov  'tpjynHpe  AitoK  ìmoov 

cu  eOiJUtAC.  XS  nOJC  AK^C  e*T£ICO<|>IA  CKAllAgTE  njutOK  noY- 
KOYI  git  XeiJUlWTATItAg^i.  Ag6  HCXAq  iteJl  OCJUAIAC  Ì-COOYIt 

itTJUtiiT-ArAeoc  AÌinAxoeic.  jmit  TreqjuiìtTujngT"Hq.  X€  €q- 
ujAititAY  cpoi  6Aigc  cAo^  ìtoYKOvi.  qitAei  $éJA.poi  ftq^iop- 
eov  IIaaoi  HxAqci  r^p  enecHT  6neigu}J&.  Kenep  eiteqco- 

—  —  («ic:  le  lettere 

OYIt  AlJUtOI  :ìC6  ClUjIltC   ItCA  TCqAltACTACIC  IC  TAitAV  6pOC  cqi^iTeq. 

AqOVU)CgK  FtfTÌC  X€  AKpAT-|tAgT"€,  eAKItAY  epOI  AKniCTe-  Alt,  aggiunte 

ve.     uEgciAATK  KA^ouc  git  ovoDpx  xcKAc  EKegc  encTeic- 

•  .  

jyiite  itcoDq.    SkKitAV  epoi  git  it€ic&A?\  u)  oujjutAc.  JUHnoTE  p.  100 

fftTA&U)IC  €&0?\  glT-OOTTIC.    ftrKTOK   Olt   CTCKJUÙtTATItAgTi 

ffKccon.  Alti  ncKnrHHJ&e  cnciJutA.  itritAv  citAtffx.  ayu)  tck- 
tffoc  itritoxc  exjS  nAcnip.  ìiTTriijyuine  iiAnicToc.  a^?>a 
nnicToc,  5\qoYaiu|K  witT  ea)JuiAc  xe  nAxoeic  avui  ha- 
itovTc.  'fnicTeve  €nrcK(nitci  enecHT  ttrxicAp^  gn  iUApiA 
«reiOAAAV  linAp^eitoc  'fnicTcve  €T6KtflitA?\6  cnccTAV- 

pOC  X6  WTK  OYItOVre  EqXHK  6JR0^.  AVO)  WTK  OVpUIJUtC  gH 
OVAiC.     +niCT6Ve    eXeKAItACTACIC    6B.O^  gì?    lt€TA100YT. 

Ì-niCT6V€  u)  HAxoeic  xc   ncoDJUtA  itT-AKxnrq  €B.o9\  gii 

AAApiA  XClUiAAY.  ìtTOq  Olt  HG  ìtTAIItAY  Cpoq  SqAOjC  CHC- 

CTTAVpoc.     Hxoq  Olt  ne'titAV  epoq  git  ftAAA?^  cqAge- 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1*  Sem.  9 


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X6  A.KitA.Y  AKnicTeve.  Haia.tov  ff rf6TnnOYItA.Y.  AVCO  A.T- 
p.p*.  nicTeve.  H^Tepeq&ouK  nJR[o]^  giTOOTOV  itijric.  AVTA^po 
enegovo.  ayui  AVJmovg  ftpA.}x)e.  eitevcyoon  ^e  ne  giov* 
con  tt6T  cijutouit  ncnrpoc  jutrc  ea)AiA.c  ncT6  oja.yiìioyt'c 
epoq  xe  ^i2^VJUioc.  avoli  ii^^^A.ttà.H7\  ne  eJRo^  gn  ^TKAitA 

fit^-rA.^l7^AIA•   JUtit  fttyHpC  Ìt^e&C^A.IOC.   AVO)  KeCItA^Y  6JBlO^ 

git  itEqjuiA.eHnrHc.  nexA.q  itA.Y  ìt(n'  cijutoiit  nexpoc  xe  +itA- 
iLu)K  etfÉn  tKt.  nexAV  itA.q  xe  TnitHV  gu)um  itnjutA.K 
+itAKU)  itc[(x)i  iijn€gpH['To]it  TTAei  eg[pA.i  e]xajK  ui  nsTpoc. 
eTKe  ov  Keneevxiei  6TJuiHT0Vtx)g€  tiKccon.  6Av+itAic  Htte- 

JOVCIA  HTOIKOYJUteitH  THpC.      €KltA.&U)K  €(JÉn  ^Et  ìtCA  OV 

il)   neTpoc.   Axic  iJjuiA.'Te   neTCKOVAjxjq   KitA^ge    epoq. 
Unpenievjutei  cta^ok  svxoi  od  nsTpoc.  av+  itA.K  ìtToi- 

KOVAieitH   TTHpC  JUtlt    [itejTItgHTC.    UJUtOft   n£XA.q    +ltAA0DK 

e6en  ^Ex,  ìC6ka.c  eicxic&ou  cTjmìtTovoDge  Ftfen  poDJUtc. 

p.pE  €iitA^icJ&oD  eTcnpA^i^ic  no^opn.  xcka.c  emAxic&ou  oit  epoc 
Tertov.  ^OK  Aitr  ovouge  npeqtfen  tEt.  TeitoY  tft  aUt 
oYODgs  npeqtfin  poojutc.  Ho^opn  juteit  ciitax  a.Aou  ceA.7>AccA. 
€i(JÉn  tEt.  Teitov  d€  eiitAitoYX  ititA.tyftE  e^roiKovJueitH 
THpc  jutìt  iteTitgHTC.  X6  [ei]eTrA.itgo  itit6[\Inr]3CH  ititpoD[iui]€ 
ìtTAVKitoc  gii  nito&e.  Ovxoi  juieit  Hi^^pn  n€  juit  geit- 
ojftHV.  Aitt  geitovocep.  ilnoov  Xe  gooooq  oYneTpA  itA*rKiJUt 
Te.  JUtit  gertcAooYe  ìtATouxit.  Jutit  oyciaov  junrtovTe.  HcA.q 
gtiTET  6jaA.VJuiov  Ite.  A.V01I  ejutit  gHv  jaoon  gju  nevjutor. 
nnooY  ^e  goDouq  gH^lnrjCH  ìtpoujuie  ej^jAVoung  ite.  avoj 
oYit  ovito(ritgHV  ojoon  gii  nevooitg.  HcA.q  A.itoK  Aiit  itA^ep- 
FATHC  Ite  ei+E€K€  itAV.  iinooY  ^e  gouojq  A^rt ok  ne  JutH 
itA^ojEnp  itAnocTO^oc  epe  nejcc  +EeKe  iiAJt.  HcA.q  ov^ 
cgiJUte  Te  Jutit  geito^npe  etyA.VJUioY.    iin[ooY]  Xe  gouojq 

p.  103  [nle^cc  ne  Aiit  TeqeicK^^iciA.  itAXJUtov.  HcA.q  OY+JUie  ne  juin 
geitcvitreitHc,  iinoov  xe  gooouq.  Tne  Te.  juiit  it^rre^oc. 
Tenov  6ì^  k^att  t^iEouk  eEo^  TAÀOKiAJtA^e  ììjulok  TA^it^v 


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—  «7  — 
3ce  •i-wA.eiiie  CTJUiwTovuige  xm  Sluoit.    5\vci  ^c  €£o?\ 
nexA.q    AVA^e  cnxoi.  avo)  ilnoYtf^n  TsAAT  git  TevtyM 
etHaaa.v.  AJtOK  ncTftA.T'AJUioK.     €ni^H  npoojuie  eTpgu)K 

CTTfl    H    H  ■■    H  ■■  TE.     EqujA.ltU)CK    EqitOYXE 

HitEqtxjitHV    e^aA.a.cca.    wqxntfounE.      |jA.qpicovi   ftgHT- 

CnCgOVO  KqiCA.T-OOTq  E&OX  éT&E  hai  Aq^OKIJUA^E  iì- 
JUOOV  Ktfì  nXOElC.  3CÉ  KAIt  EVTÌi[<JU)nE  ItTEVjaH  ETÌÀJUIAV. 
A.VU)  Off  «CEAJUlAgT'E  nnEV^OTICAlOC  itCETntftOffT.  ATOJ 
nCETAÀpKOYf  ff^HT  EHTHpq.   OTKOVff  OVft  <R)A1  ÌLuIOOT  Ep 

T^iAKOftfA  ttTAqr-ArrgovTov  Epoc.     IIH  1^  Hi  US 

■i  H  08HT  ftTOIICOVJUEffH  THpC.      IIlCECEEnE  2lE  gtOOV  p.  104 
ETpE¥&U)K  ETAi^OEltX)  HnEqpAff  ETTAEIHV.   KATA  OC"'?^ 

linoYA.  novA  n*Aoor.    3\ra>  «noTtfÈn  *saav  gn  TEVjyH 

THpC  ETJUlAAr.  3\rglCE  AlEff.  ATUJ  AVKATOOTOV  E&0?«v 
nnOVEpKOVI    HgHT.      OV^E    JxitOVXlXi     ftOTjaAXE    ÌtOVU)T 

E&o^  g«  puiOT.    HTEpE  }j^u)pn  ^£  j^ounE  Aqi  fttfT  Te  Aq- 

AgEpATq  SI  HEKpO  HnECAlOT  Rov[p]c«[AAE]  ^B  ^^  ^^ 
—  m  itEIUlHpE^Ì^AA  JIAH   OVIt  ^vAAV  ftTKT  HTETHVTK. 

ncxAV  HAq  xe  liAAorr.  AftoK  rAp  i-ptAjnHpÉ.  2ce  na)c  Aq- 

JUIOVTE   EpOOr  XÉ  J^HpE^HJUL.    KEHEp  «EpE  g2s^0  ItgHTOr. 
EftEpE  OVOn  itgHTOT    EAqAIAI    gli    «V^OIKIA.    AVO)    ItgEft- 
^HpEUJHJUl  Alt   ftE.      1\ftOK  ^E  -f  ItATAJUETHVTft.   XE    ET&E 
or  AVJUOVTE  EpOOY  XE  ^HpEJjJHAA.      ChI^H  ItTOq  HEfCTAq- 

xooc  eKo7\  ^H  pu)q  iijuim  iijuioq.  xe  gAJUHrr  i-xtxj  iiwoc 

ltHT[ft  X]e  EI*AH[TÉ|]  ftTETHlCE]T[THVTÌt  ftXE]TftpOE  HftJXJH-  p.pÈ 
pE$£|HJlA  nitETH&OUIC   EftOVff   EXAAItXEpO  iinitOVTE.      CqAgE 

pATq  n6f  nETCoovff  Jin^HT  tiorott  mu..  Eqtfoujyr  eAo?^ 

EpOOV.   EqitAV  EpOOV  EVO  HaTKAKIA.   «OE  HgEfftyHpÉJiiHA*. 

AVO!  EpE  nEVgHX  o  ìtKA^Apoc.  «M  iinArtArrE^Gc  ETgH 

THE.  EqitAV  ^E  EpOOr  XE  AVTAXpO  KA^OJC  AqWOVTE  EpOOV 
«TEI^E  XÉ  ftEl^HpEtXJHAA  AIH  nEX[Aq]    [itAJV  Ìt7s[AAV]   El 

■irrB  ■■  Mi  ■■    €H  ^^    Ntooy  ^e  hexav  ftAq  xe 

«TWOOOVIt  Alt  JiHEffdÓOnE.  3\0VUirf  itfffilC&ATs  OJ  lìETpOC  cov- 


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—  68  — 
OlItT  AltOK  n6*Ti£^X€  ttluUJLd^K.      CoVODItT  ItAK  U)  ClJUtOJft  3C€ 

AitoK  ne  nsK^ocic.  itoi  gli  ììbkqht  u)  n^LCouTn  xe  aiftoK 
neitTAiTCAAoK   6TrjutitTOYu)ge.      Unppgonre   u)   nexpoc 

6TB.6  nglCe  ÌtT-€IOYyyH.      ClC  gHHTC  AJtOK  +Ag6pA.T  linil- 

p.p^  AAA..  AVO)  i-it[Aq]l  £^41  ■■  ■■  ■■  ■■  HO  ■[^c]k[ac] 
AitoK  ^ft^TAJUtOK.    9UtoK  nsftTA.i::£ooc  tié<K  xiit  ìtyiiopn  xe 

KCO  StftCK^ftHY  HCUJK  AJUtOY  OVA.gK  HCOUI.  ^ftOK  nSltTA.!- 
'f  ItAK  itltCO^OjaT-  ÌtfteKK?\HCIA.  THpOY.    9UtOIC  neitTAITAJit- 

poK  exit  Tnenrp^  wattkijui.  9Utoic  ncitTA.iTCA.J&oK  snA^coonr 
gixn  nTo[ov]  AitoK  HI  HH  sa  an  E^  f':!  Affoic  neit- 
TA.iTp€K6t  {éj^poi  eKJUtoooje  gixtt  ^^TsA^ccA.  11^6  iìnneT- 
jyoYouov.  ^noK  n6itTA.iovu)itg  itAic  eAo^N  itTepiTcuovit 
cAo^  gì?  itexJutooYT.  5\jtoK  nertT-AiTCAAe  eojJUiAc  €ftA.tffx 
Ain  nA^cnip.    9kitoK  ncTojA^xe  itJLmA.K  Tcrtov,     Uh  ìtr-* 

COOYft   lijULOI   Alt  U)  neTpOC  HtTAIXOOC   ItAK   X€    OYAglC   ft- 

(itrKui.it-  ^^1  TAAAK  it[ov]tx)g6  ftpeq[«£n  p]u)jut6.  T^  Hu)  itcO  H 

p.107  Ik   ■■    ìtr+gTTHK    €lt6\[nr5CH    ìtTAVTAAOV  6T00T-K.    AiH 

ovit  2>AAV  HtEt  nT€THVTÌt  juuutoft  ncxAV.  ^OK  neitT- 
AiovegcAgrf€  itffrKT"  eTSinrpevAoDK  egovit  eiteTÌtjijitHV. 
xeicAC  jutttftcA.  OYKOYI  eT-eTfritAitAv  eite^fitAAAV,    Hoyxc 
Iin6{éjitH  He  A  ovrtAJUt  iinxoi.   axìo  T€T"ftitA.g€  eovoit. 
Htooy  xc  nexAV  itAq  x€  A^rrgice  eititovxe  ìtrreitj^^HY 

ÌtTCY}£jH  T-HpC.   AYU)   JÌJìBti(Sè[u]   7>AAY.      €*tB.c    neKOjAJtte 

Xe.  AVO)  gii  neKpAit.  TrritAKTOit  itKecon.  ayu)  TftitA- 
ftovxc  ìtiteitajitHV  enecHT  enAioov.    Teitov  tff  tftbjaT  ui 

ItACftHY  ftT-eTitltAV  6TiUlìtTrCTJUlHT.  JUltt  TiUlìtTaiHgT"Hq. 
Aift  TJUitTCA^C  tf IteipODAtC.    OftTODC  6lt6  AltOK  nc  IteiltAXOOC 

itAq.  xe  6KcooYft  Dùmoit  Tuiit.  ui  npoujute.  eie  Htic  rriAi  h 

or  ne  neKgoDÀ.  h  eKcooYit  T[u)it]  xe  6[it54)A]rf[ftov]x6  ^H 

•  

p.  108  H  ■■  MS    ^^?\A  juinovxe  ?\aay  git  it ai  itcA  nA.i  aì- 

JUA^Tc.  xe  enr&e   neK^AJtte   «rìtitAitoxq.   ovXe   itevcoovit 

nAAoq  A.it  xe  itToq  ne,  ov^Le  ilneqovajit  ititevAA^  expev- 


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—  69  — 
coYumq.  9k7\7^  a.yictoov  HT-evitov  a.V5CA^2>a  ìtitcY}xjitHV. 
ifT€povito3COY  ffe  UnoYcytfXitf&Jut  ccokoy  egpAi  giTit  TAjije 
ftitTET.    HToq  2l6  ftcqgjutooc  ne  Hnove  eqtflbjijT-  epoov 
[cq]KU)  ttpixiq  ìtxepovfpjAT-tfCi*  ■■  [gl]TÌt  [ta]j4j[6]  H    (bop  pliBC.  €- 

TF  -  XT  COKOY       e 

IlBXAft  ltlt6Y€pHY  X€  JUlA^pOft  eneKpO.      HT-CpOYJUtOOltE  606-  ^jt^^T?» 

Kpo  AVftaift  6govft  6poq.  A.qovaift  itrtevEA^  6Tp6Vcova)fiq. 
116X6  iu)gA.ftftHc  2^6  UneTpoc.  X6  nxo6ic  ne.    HTepeq- 
coutH  X6  ittff  nen-poc  enpA^it  iineqxoeic.  iIn6qA.g6pA.nrq 
enTHpq.  a?\?sa  Aqxi  UneqeneftTHn-HC.   6X6  n6q<i>AriA.-  \^f^y\l 
pioft  A.qjtitbpq  Imoq.  X6  iteqKH  rA.p  ica^^hy  ne.  Uneqtfuj 
^AJtnreqei  gì  nxoi  en'B.e  neqjuie  egovit  epoq.  a.?\?sa  Aq- 
Ao(R^  6eA.?^AccA.  itTevitoY.    HxepeqitAV  ^e  iiSf  nexccovit  p.  lo^ 
6it6T6   iInA.*T0Ycyu)n6    3C6    A^qAotf^   6eA.?^AccA.  Aqoveg- 
cA^gite  expe  nAiooY  AgepAnrq.  axuj  ìtq^xjojne  itcoAnr  ttee 
FoYODfte.    Hnrepeqei  ^e  eneKpo  A,c[ttA,x  epoq  A.qcoYU)itq  (sic) 
X6  itnroq  ne  neqxoeic.  avu)  AqovcyT  itAq    HK6JUiA.eHXHc 
^e  gujov.  A^vei  6Ycu)K  junxoi.    NTepovAioorre  2l6  eneKpo 

AYitAY     6YC9Ag     JUnitA^^TIKOIt     JUtH     OYTEt     HìutXTIKOIt. 

jutìt  ovoeiK  JutnrfA.*TiKOft  evKH  egpA.!.  ^ycodk  Xe  Une- 
jijitH  eneKpo  eqiuieg  tittoS^iinrKT.  ^ì'Yìjj  JuiitficA  ^eiA^o^n 
«tEt  Hne  iteojjtHY  ntx)g.  IlexA^q  Xe  itAV  xe  A^itme 
6&o?\  git  «tEt  nTATTenrHtfttnov  Teitov.  1\vu)  Hne  oya 
itgHTOv  TO^ojuiA.  exitovq  xe  ìtTK  itijui.  AVcoYuirtq  r^p  (sic) 
X6  neYXoeic  ne.  IlexA^q  itAV  xe  a^julhitH  HTeTitOYODAi. 
5\v6i  Avgjuiooc  HneqiiTo  e&o^  Aqxt  gS  noeiK  Aq+ 
itAY.  AVO)  oit  6J&o?\  gn  nTEnr.  IH  itAnocTro?\oc  todk 
ti^HT  xe  OYitoó^ne  npA.u^  ìt*rA.q^(X)n6  itHTÌt  6g[ov6]  enKe- 
ceene  ìtitpuijute  eTgixit  nKA.g.  Co^xe  A^TeTnep  oykovi  p.no 
novoeioj  6T6TÌtgoce  jutit  neTÌtxoeic.  eie  qhwtb  xe  Tenov 
TeTÌtitAo^uine  gii  neiAToir  u^a  eiteg.  ^qxi  e&o?\  gii 
noeiK  Aq^  itAv.  avuj  on  eEo7\  gii  nTEx.  OvoeiK  iinov- 
TAJUtioq  git  itdfx  ftoYAJUtpH.  oyxEt  iinovfonq  gn"ft  ittfTx 
ftoYoige.    OTKujgT   ejutevxepoiq   giTtt   tttflx  ìtftpuiAie. 


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—  70  — 

[avc]o&T6  itirrit  fiovgpe  mwXTiKorr.  1\ftpu)^rf  t-ctw juie- 
6V6  e&o?\  1\ftoK  neitTAiTAJUiie  itcTrtA^^oune.  itTCTffpxP'^ 
Alt  (J?  itxixpon.  OYi.6  eqipooYja  ertA^nicAg.  3\icofi.Te  nHTif 
ifTiAnTcpo  tfftJunHve.  Unpjijnaicc  tf€  xiit  Tcitov.  aìì^sjl- 
<^Q  HgH^  nuiT.  juiit  n^vHH.  jutit  nAajA.^ojut.  auhitH 
ftT-6TffovaiJUi.  Hi^epovu)  ^c  cvovodai.  ne^^aiq  tfciAiuiit 
neTpoc  tttfi  ic  2tc  ciAiouit  nujHpc  ìtiu)gA.rtftHc  kaìc  ILuioi 
egovc  ercAi.    HTepeqcuiTJU 


»  Con  questo  fi*aininento  terminano  i  testi  copti  di  letteratura  apocriftì 
conservati  nel  museo  Borgiano.  Speriamo  che  presto  vengano  ordinati  e  &tti 
conoscere  gli  altri  manoscritti  copti  di  tal  genere  che  si  conservano  nelle 
varie  biblioteche  di  Europa,  se  pure  non  sia  possibile  avere  esatta  contezza 
di  quelli  che  trovansi  nei  monasteri  di  Egitto.  Sarà  allora  men  difficile  il 
dare  un'edizione  critica  degli  Apocrifi  Copti  del  Nuovo  Testamento '»• 

ÀrcheQlOgìa.  —  II  Corrispondente  Barnabei  presenta  una  sua  Me- 
moria, nella  quale  è  illustrata  una  preziosissima  lapide,  rinvenuta  nell'alveo 
del  Tevere  vicino  alla  sponda  di  Marmorata. 

«  Fu  posta  in  onore  di  L.  lulio  luliano  prefetto  del  pretorio  sotto 
Conmiodo,  e  nominato  a  questa  carica  neiranno  189  dell'era  volgare.  La 
lapide  contiene  tutto  il  corso  degli  onori  di  questo  personaggio,  ricor- 
dato dal  biografo  di  Conmiodo  e  da  Dione;  e  ci  fa  sapere  che  prima 
che  fosse  stato  egli  eletto  alla  prefettura  del  pretorio,  fu  prefetto  dell'an- 
nona; preposto  alla  cura  della  cassa  centrale  dello  Stato;  comandante  della 
flotta  pretoria  Misenate  e  della  flotta  pretoria  Ravennate;  messo  a  capo  di 
corpi  speciali  di  cavalleria  in  varie  guerre  ed  in  varie  spedizioni,  tra  le 
quali  è  ricordata  la  spedizione  contro  i  Mauri  che  sotto  Marco  Aurelio  in- 
vasero la  Spagna,  ed  i  Castaboci  che  nel  tempo  stesso  invasero  la  Grecia; 
comandante  di  una  flotta  sul  Ponto,  comandante  di  vari  corpi  di  cavalleria 
nella  guerra  Germanica  e  Sarmatica  (anni  170-175  e.  y.),  non  senza  farci 
sapere  che  fece  la  sua  prima  carriera  delle  armi  come  tribuno  della  cohors 
prima  Ulpia  Pannonioruntj  come  prefetto  della  cohors  tertia  Augusta  Thra- 
cum,  finalmente  come  prefetto  delV  ala  Tampiana^  e  prefetto  dell'a/a  Her^ 
culana  od  Herculiana. 

«  La  Memoria  del  Corrispondente  Barnabei  sarà  inserita  nel  fìiscicolo 
delle  Notizie  degli  Scavi  p^  lo  scorso  dicembre  », 


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—  71 


Archeologìa.  —  NoUce  sur  une  vue  de  Rome  et  sur  un  pian 
du  Forum  à  la  fin  du  XP  sièele^  d'après  un  rectteil  conserve 
à  VEscurial.  Nota  del  sig,  E.  MQntz,  presentata  dal  Socio  Piorelli. 

«  Eh  publiant  Tannée  dernière  un  recneil  de  docnmentB  snr  les  monu- 
ments  antiques  de  Home,  j'y  mentionnai,  d'après  les  indications  gracieuse- 
ment  commnniquées  par  M.  le  professeur  Jnsti,  l'éinineut  biographe  de  Win- 
ckelmann,  un  album  ìnédit  renfermant  diyerses  ynes  de  la  Ville  étemelle  au 
temps  dn  pape  Alexandre  Yl  (^).  Depuis,  à  la  saite  de  nombrenses  démarches, 
je  Buis  parvenu  à  obtenir  la  reproduction  de  deuz  dea  dessins  conservés  dans 
cet  album,  ceux  là  méme  que  j*ai  Thonneur  de  soumettre  aujourd'hui  à  T Aca- 
démie  rojale  des  Lincei. 

«  Bappelons  sommairement  Torigine  et  le  contenu  de  ce  précieux  recuelL 
C'est  un  volume  en  papier  de  63  feuillets,  portant,  d'ordinaire  sur  les  deuz 
cdtés,  de  nombreux  dessins,  dont  les  uns  représentent  des  édifices  entiers, 
d*autres  des  fragments  et  surtout  des  omements.  Nul  doute  que  nous  n^ayons 
devant  nous  TcBuvre  d*un  des  nombreux  architectes  qui  sillonnaient  alorsen 
tous  sens  Tltalie,  d*un  contemporain  de  Giuliano  da  San  Gallo,  dont  les  deux 
albums  conservés,  Tun  à  la  bibliothèque  Barberini,  l'autre  à  la  Bibliothèque 
eommunale  de  Sienne,  n  ont  plus  besoin  d*étre  signalés,  ou  encore  d*un  con- 
temporain de  Fra  Giocondo  qui,  nous  le  savons  par  une  pubUcation  recente, 
recueillait  ponr  le  compte  du  roi  Ferdinand  les  principales  antiqnités  du 
royaume  de  Naples  (2).  J^hésite  à  prononcer  un  nom,  me  bornant  à  recommander 
le  problème  aux  savants  qui  se  sont  voués  a  l'étude  de  la  topograpMe  romaine. 
«  L'exécution  du  recueil,  on  Ta  vu  plus  haut,  appartient  aux  d^mières  années 
du  XY®  siècle,  à  la  fin  du  pontìficat  dlnnocent  YIII,  ou  au  commencement 
du  pontifìcat  d'Alexandre  YI.  En  effet  un  des  dessins  (fol.  89)  contient  Tins- 
cription:  Boma|mcgcccxxx|xi;  d*autre  part  la  présence  de  la  pyramide, 
connue  sous  le  nom  de  SeptUchrum  Scipionum  ou  Meta  RomulU  prouve  que 


(»)  Lei  antiquités  de  la  ville  de  Rome  aux  XIV',  XV*  et  XVI*  tiècles.  Paris, 
LeroM,  1886,  p.  157-161. 

(*)  Archivio  storico  per  le  provincie  Tuxpoletane,  1884-1885. 

1489.  19  octobre.  H  detto  Lucio  da  Sessa  ha  pure  2  d.  3 1.  spesi  nei  di  passati  alloi> 
che  Fra  Giocondo  o  Jaeobo  Sannazaro  si  recarono  a  Pozzuoli  a  vedere  quelle  anticaglie. 

1489.  21  octobre.  Fra  Giocondo  di  Verona  riceve  3  d.  correnti  per  la  spesa  che  gli 
converrà  fare  andando  a  Mola  ed  Gaeta  per  vedere  certe  anticaglie. 

1492.  30  juin.  Si  danno  4  d.  3  t.  ed  11  gr.  ad  Antonello  de  Capua,  pittore,  e  per 
esso  a  Fra  Giocondo  prezzo  di  126  disegni,  che  a  fatto  in  due  libri  di  Maestro  Francesco 
de  Siena  in  carta  di  papiro,  uno  di  architettura,  e  Taltro  d*artiglìera  e  di  cose  apparte-i 
nenti  a  guerra. 


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—  72  - 

le  dessin  correspondant  a  été  exécuté  avant  Tannée  1499,  date  de  la  démolitìon 
de  ce  moniimeni 

'  «  En  entreprenant  de  faire  reprodaire  par  la  photographie  les  prìnci- 
paux  dessins  da  volume  de  rEscurial,  je  me  suis  tout  d  abord  attaché  à  la 
vue  de  Rome,  me  rappelant  Taccueil  bienveillant  fait  par  rAcadémie  des 
Lincei  ò.  une  précédente  conmmnication  de  méme  nature,  le  pian  du  Livre 
d'heures  du  due  de  Berri,  que  le  regretté  Marco  Minghetti  avait  bien  voulu 
lui  communiquer  de  ma  part. 

«  Gotte  TUO  est  un  croquis  fait  très  librement  et  qui,  partant  du  Pan- 
théon, que  Ton  voit  représentée  à  TextrSme  gauche,  coupé  la  ville  en  ligne 
droite  pour  aboutir  au  Ohateau  Saint  Ange,  et  de  là  suit  la  ligne  des  forti- 
fications  jusqu*au  ^  Palazo  papale  « ,  e* est  à  dire  jusqu'au  Yatican  inclu- 
sivement. 

«  La  partie  la  plus  développée  est  donc  le  Borgo.  On  y  reconnait  successi- 
vement  la  «  Meta  Bomuli  »,  Thospice  de  Santo  Spirito,  avec  sa  coupole  poly- 
gonale,  le  clocher  de  Téglise  attenante,  puis,  en  revenant  sur  le  premier  pian, 
la  grosse  tour  construite  par  Nicolas  Y,  et  enfin  le  palais  pontificai  et  la 
basilique  de  Saint  Pierre.  Le  palais  est  vu  de  cdté,  comme  sur  le  pian  de 
Benozzo  Gozzoli,  et  non  de  face  comme  sur  les  plans  publiés  par  M.  de  Bossi. 

«  Nul  doute  que  M.M.  de  Bossi,  ou  Lanciani,  ces  mattres  de  la  topo- 
graphie  romaine,  ne  parviennent  à  identifier  les  différents  autres  monuments 
indiqués  dans  la  région  représentée  par  Tanonyme  de  TEscurial. 

«  En  attendant,  il  importe  de  signaler  la  parfaite  sincérité  de  Tartiste 
au  quel  est  due  cotte  vue;  il  a  representé  -  par  fois  un  peu  naivement  -  ce 
qu  il  avait  sous  les  yeux,  sans  tenir  compte  des  plans  antérieurs,  depuis  ceuz 
qu'a  publiés  M.  de  Bossi  jusqu'à  ceui  qu'ont  mis  au  jour  MM.  Gregorovius, 
Stevenson,  Gnoli  et  Strzjgowskì.  Les  informations  qu'il  nous  apporto  sont 
donc  absolument  ìndépendantes  de  celles  de  ses  devanciers  et  n*en  ont  que 
plus  de  prix. 

«  Les  fouilles  qui  ont  été  entreprises  au  Forum  avec  tant  de  succès  dans 
les  demiòres  années,  et  qui  ont  complétement  renouvelé  cotte  partie  de  la  topo- 
graphie  romaine,  m*ont  décide  à  m'attacher,  dans  le  choix  des  spécimens  que 
je  me  proposais  de  faire  reproduire,  un  dessin  assez  fini,  représentant  le  Campo 
Yaccino  tei  qu'il  était  à  la  fin  du  XY*  siècle. 

«  La  vue  du  Forum  est  prise  du  haut  du  Capitole.  On  aper90it  d'abord 
les  trois  colonnes  du  tempie  de  Yespasien,  puis,  plus  à  droite,  la  colonnade 
du  tempie  de  Saturno,  dans  l'état,  ou  à  peu  près,  dans  le  quel  elle  se  trouve 
atgourd'hui. 

«  La  partie  la  plus  intéressante  est  celle  qui  a  été  représentée  à  gauche. 
Il  n'est  pas  difficile  de  reconnaìtre  Tare  de  Septime  Sevère  (inscriptton  :  Lucio 
Settimeo  Severo)  (^),  avec  sa  base  presque   complétement  déblayée  et  son 

0)  £t  non  u  Tarco  Settìmes  Severo  »  comme  je  Tavais  imprimé  par  errenr  dans  mon 
volume. 


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—  73  — 

oouronnement  débarassé  des  costractions  qu'y  avait  éleyées  le  moyen  ftge  (des 
traces  de  constructions  se  yoient  cependant  encore  sor  le  pian  de  DuPérac 
qui  date  de  1575). 

•  A  travers  Tarcade  principale,  on  apercoit  un  édifice  a  pilastres  qui  se 
trouye  à  la  hauteur  de  Téglise  Sant* Adriano. 

«  Plus  loin,  du  cdté  du  Colisée,  s'élòve  un  édifìce  construit  en  pierres 
de  grand  appareil,  avec  une  porte  ou  arcade  cintrée  au  centro,  et  un  fronton 
triangulaire.  Ce  monument  fait  penser,  soit  au  tempie  de  Cesar  soit  à  un 
are  qui  se  trouvait  autrefois  dans  cotte  région.  La  rangée  des  colonnes  qui 
lui  fait  suite  est  éyìdemment  le  tempie  d* Antonin  et  de  Faustino.  Quant  au 
campanile  on  peut  y  reconnaitre  sans  hésitatìon  colui  do  ss.  Cosma  et  Da- 
miano. Au  fond,  enfin,  le  Colisée. 

«  La  TUO  consorrée  à  V  Escurìal,  outre  qu'elle  est  peut  étre  la  plus 
ancienne  des  yuos  du  Forum  Bomaiu,  nous  apporto  dono  des  données  inté- 
lessantes  sur  plusieurs  monuments  qui  ont  disparu  depuis,  et  quo  les  archéo- 
logues  romains  n*auront  pas  de  peine  à  restituer,  en  rapprochant  les  éléments 
nouYoaui  fournis  par  le  dessinateur  anonyme,  des  fouUles  récemment  oxécutées 
par  le  gouvemoment  italien. 

«  Panni  les  autros  dessins  rolatifs  aux  Antiquités  de  Rome,  je  citerai 
.  (fol.  4)  ipe  reproduction  des  mosaiques  de  Santa  Costanza,  dea  omements 
conserva  à  Santa  Sabina  (fol.  1),  d*autres  proyenant  de  la  basilique  des 
Santi  Apostoli  (fol.  4),  de  Sant'Agnese  (fol.  5),  de  Y  «  Archo  male  arriyato  » 
(fol.  7),  des  Yues  du  Colisée  (fol.  13,  15,  31),  les  .détails  du  Chàteau 
Sant'Angelo  et  de  Sant'Adriano  (fol.  14-27),  de  l'aro  de  Constantin  (fol.  17), 
du  Panthéon  (foL  18,  19,  33),  du  tombeau  de  Cecilia  Metella  et  de  Sant'Ur- 
bano (foL  22),  des  reproductìons  d'une  statue  d'Hercule  trouyée  au  Monte 
Cayallo  et  appartenant  aù  Cardinal  de  Sienne  (fol.  26),  des  mosaiques  de 
88.  Cosma  e  Damiano  (fol.  27),  un  «  yeduta  d*Aracoeli  «  (foL  29),  des  cro- 
quis de.  fragments  de  sculptures  conseryés  près  de  San  Sebastiano,  à  Santa 
Maria  in  Trasteyere,  à  Santa  Cecilia  (fol.  31,  33),  des  yues  da  Taro  de 
Yespasien,  de  Tare  de  «  Trusi  »,  de  Tare  de  Titus  (fol.  34,  35,  36),  du 
théàtre  des  Sayelli  (fol.  43),  un  dessin  de  TApollon  du  Belyédère  (fol.  42), 
alois  encore  conseryé  dans  les  jardins  du  Cardinal  de  San  Pietro  in  Vincoli, 
c*est-à-dire  de  Julien  dèlia  BoYore,  la  plus  ancienne  reproduction  à  coup 
sur  de  cotte  statue  célèbre,  et  une  infinite  de  plans,  de  yues  d^ensembleou 
de  détaila,  de  reproductìons  d'omemonts  de  toutes  sortes  ». 


BncniooNTi.  1888,  Vol.  IV,  1"*  Sem.  10 


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Etnografia. —  Collezione  etnografica  della  Nuova  Galedonia 
esistente  nel  Museo  preistorico  di  Roma.  Nota  del  dott.  Q.  A.  Colini, 
presentata  dal  Sòcio  Fioorini. 

«  Quando  il  Cook  nel  1774  scoprì  la  Nuova  Galedonia,  i  suoi  abitanti  non 
conoscevano  affetto  Toso  del  metallo,  quantunque  i  minerali  di  ferro  sieno 
abbondanti  nell'isola.  Ma  dal  principio  del  secolo  presente,  e  specialmente 
dopo  ^occupazione  francese,  essendo  divenute  frequentissime  le  loro  relazioni 
con  le  popolazioni  civili,  vanno  lentamente  perdendo  i  caratteri  originalL 
L^Opigez  nel  1886  riferiva  alla  Società  di  Geografia  di  Parigi  {BulL  de  la  eoe. 
de  géogr.,  1886,  p.  411)  che  non  si  trovano  al  sud  di  Canala  che  indigeni 
semicivili.  Solamente  le  tzribìi  della  regione  settentrionale  vivono  ancora  allo 
stato  selvaggio,  ma  circondate  da  posti  militari,  dalle  missioni  e  da  stazioni 
di  coloni  liberi  o  di  deportati,  non  potranno  a  lungo  resistere  alla  civiltà. 
Le  industrie  e  le  arti  specialmente  sono  troppo  bambine,  perchè  possano  con- 
servarsi a  lungo  di  fronte  alla  concorrenza  straniera,  e  già  le  stoviglie  indi- 
gene e  le  accette  di  pietra  sono  state  quasi  completamente  sostituite  dai 
prodotti  europei  o  dell'Australia  (Moncelon,  Bull,  de  la  soc.  d'anthr.  di  Pa* 
rigi,  1886,  p.  376:  Rev.  d'Mhn.  dell'Hamy,  1883,  p,  840).  È  difficile  pre- 
vedere se  i  Neo-Caledonì  sopiavviveranno  alla  violenza  della  tisi  e  ad  altre 
cause  di  distruzione,  le  quali  mietono  numerose  vittime  specialmente  fra  i 
convertiti,  ma  possiamo  con  sicurezza  presagire  vicino  il  giorno,  in  cui  anche 
dalla  Nuova  Galedonia  saranno  scomparse  le  ultime  tracce  dell'età  della  pietra 
e  delle  condizioni  di  vita  che  vi  sono  associate. 

«  11  primo  gruppo  etnografico  di  quest'isola  che  ebbe  il  Museo  Preistorico 
di  Boma,  fu  offerto  nei  primi  anni  della  sua  fondazione  dal  cav.  Luigi  Mari- 
nucci,  a  cui  nel  1885  e  nel  1886  si  aggiunsero  due  ricchi  doni  &tti  Tuno  dal 
cav.  Alessandro  de  Qoyzueta  e  l'altro  dal  cav.  Luigi  Hanckar,  r.  console 
a  Numea.  Il  materiale  così  raccolto  è  molto  numeroso,  e  per  la  sua  varietà 
può  somministrare  agli  studiosi  un  concetto  esatto  degli  usi  e  dei  costumi 
degli  indigeni.  Dobbiamo  soltanto  dolerci  che  qualche  pezzo  mostri  troppo 
chiaramente  l'influenza  della  civiltà  europea,  sopra  tutto  nelle  decorazioni,  e 
qualche  altro  Seuscia  perfino  sorgere  il  sospetto  di  essere  statò  lavorato  da  in^- 
digeni  semicivìli  per  fame  commercio.  Ma  ciò  corrisponde  perfettamente  alle 
mutate  condizioni  di  quest'isola,  ed  oggi  sarebbe  difficile,  rappresentare  in 
modo  migliore  le  sue  industrie  e  le  sue  arti. 

«  La  serie  più  ricca  della  intera  collezione  è  quella  delle  armi,  che  com- 
prende mazze,  giavellotti,  pietre  da  lanciare  con  la  fionda,  archi,  frecce  ed 
accette  di  pietra. 

•  Le  mazze  si  ammirano  per  l'eleganza  del  lavoro  e  per  la  diversità  della 
forma,  e  distinguonsi  da  quelle  dell'isole  vicine  per  una  specie  d' impugnatura 


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formata  dall*  iaTiossamento  della  parte  superiore  del  manico.  U  tipo  più 
oomime  è  quello  che  i  Francesi  chiamano  en  forme  de  champignon^  perchè 
somiglia  ad  un  fungo  gigantesco.  Gli  esemplari  di  questa  forma  spesso  nella 
superficie  superiore  hanno  scannellature  verticali,  che  partono  dal  centro,  a 
guisa  di  raggi,  mentre  in  altri  sul  margine  è  intagliata  una  serie  di  punte» 
Yi  hanno  inoltre  maz^e  con  testa  sferica  provveduta  all'intorno  di  bozze» 
dal  YieiUard  e  dal  Deplanche  paragonate  a  più  seni  di  donne  messi  Tuno 
accanto  all'altro  circolarmente.  Ma  le  più  belle,  e  nel  tempo  stesso  le  piji 
micidiali,  sono  quelle  che  rappresentano  una  testa  di  uccello,  probabilmente 
del  cagu  {Rhynocetus  jubatus  J.  Verr.  e  0.  des  Murs),  la  quale  sormonta 
un  lungo  collo  che  serve  da  manico. 

«  Per  fabbricare  le  dette  armi  i  Neo-Galedont  adoperano  parecchi  l^gni 
duri  e  pesanti,  specialmente  queUi  della  Camarina  equiseti  folta  Forst.,  della 
Casuarina  nodiflora  Forsi,  e  di  altre  specie  di  Casuarina  chiamate  dagli 
indigeni  nanui.  Le  decorazioni  consistono  in  stoffe  di  corteccia  di  Broussonetia 
papyrifera  o  in  tessuti  europei  avvolti  intomo  al  manico,  in  nastri  di  vari 
colorì,  in  cordoncini  di  lana,  in  treccioline  di  fibre  vegetali  o  di  peli  di  pipi- 
strello {Pieropus  rubricoUis  LatL).  Talune  delle  mazze  en  forme  de  cham- 
pignon  sono  inoltre  ornate  nella  superficie  inferiore  della  testa  con  incisioni 
imbiancate  (Labillardière,  HelaL  du  Voy.  à  la  recherche  de  La  Pérouse, 
Parigi,  anno  Vm,  voi.  II,  p.  246,  tav.  XXXVII,  fig.  10-16;  Vieillard  e  De- 
planche, Rev.  Mar.  et  Colon.,  voi.  YI  (1862),  p.  220-21  ;  PatouiUet,  Trois  am 
en  NouveUe-Calédonie,  Parigi,  1873,  cap.  YIII,  p.  141-43;  Rev.  d'Etkn., 
1888,  pag.  338;  Batzel,  Vólkerkunde.  voi.  II,  p.  241  e  244;  Wood,  The 
noi.  hisL  of  man,  Londra,  1880,  Nuov.  Cai.,  p.  206-07). 

«  I  giavellotti  consistono  in  aste  di  legno  arrotondate,  lunghe  da  m.  1,80 
a  2,80,  con  due  cent,  circa  di  diametro,  colla  punta  talora  dentata,  e  sono 
sempre  tinti  in  nero,  salvo  nel  mezzo.  Si  anneriscono  o  col  carbone  oleoso 
della  noce  àeìYAleurites  iriloba  Forst.,  od  anche  esponendoli  al  fumo  del 
kaori,  resina  che  cola  dal  tronco  della  Dammara  Moorii  Lindi.,  della  Dam- 
mara ovata  Moore,  e  della  Dammara  Lanceolata.  In  alcuni  esemplari,  a  10 
0  15  centimetri  dalla  punta,  sì  trova  un  pungiglione  di  razza,  legato  in  niodQ 
c^e  rimane  conficcato  nella  carne  nell'estrarre  il  giavellotto  dalla  ferita.  A 
questi  se  ne  aggiungono  altri  colla  base  intagliata  a  coda  di  pesce  per  poterli 
dirigere  più  facilmente,  e  perchè  possano  meglio  fendere  Taria.  Una  terza  vsr 
rietà  finalmente  più  lunga  delle  altre  è  provveduta  di  tre  o  quattro  punte  a 
guisa  di  fiocina  e  serve  per  la  pesca.  Quasi  tutti  questi  giavellotti  sono  de- 
corati con  incisioni  geometriche,  e  quelli  usati  nelle  feste  hanno  inoltre  ric- 
chissime decorazioni  di  nastri  di  stoffa  di  Broussonetia^  di  fili  di  lana,  o  di 
cordoncini  di  pelo  di  pipistrello.  L'ornamento  però  di  tali  armi  più  ele^ant^ 
e  più  pregiato  dagli  indigeni  è  una  piccola  tavoletta  ovale  di  bambù,  coperta 
di  ncami  bianchi  e  neri,,  legata  all'asta  con.  treccioline  di  pelo  9  con  fili  di  lana. 


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•  ì  Neo-Caledont  scagliano  il  giavellotto,  prendendolo  nel  metzo  fra 
il  pollice  e  le  due  prime  dita,  portando  rapidamente  il  braccio  dal  di  dietro 
in  aranti,  o  per  gettarlo  più  lontano  si  servono  di  un  piccolo  strumento 
cui  danno  il  nome  di  tain  o  di  tin,  di  puolé,  nabo  ecc.,  che  ricorda  Yamen- 
tum  dei  Bomani.  Viene  cosi  descritto  dal  Labillardière  (voi.  II,  p.  246, 
tav.  XXXY).  che  figura  anche  il  modo  di  servirsene:  ^  J'admirai  la  méthode 
«  ingénieuse  qu'ils  ont  inyentée  pour  accélérer  la  TÌtesse  de  ces  javelots  lors- 
•  qu'ils  les  lancent.  Ils  se  serrent  pour  cet  effet  d*un  bout  de  corde  très-éla- 
«  stique  fabriquée  aree  de  la  bourre  de  cocos  et  du  poil  de  roussette  ;  ils  en 
«  fixent  rune  des  extrémités  au  bout  de  Tindex,  tandis  que  Tautre  qui  est 
«  terminée  par  une  sorte  de  bouton  globuleux  entoure  la  zagaie  sur  laquelle 
e  est  disposée  de  manière  qu*elle  Tabandonne  aussitdt  qu*on  lance  cotte  arme  ». 
Oltre  le  fibre  del  cocco,  si  usano  per  simili  strumenti  anche  le  fibre  di  altre 
piante  tessili  ed  una  specie  di  giunco.  Sono  poi  di  grossezze  diverse;  alcuni 
nostri  esemplari  sono  come  la  penna  di  un'oca,  altri  poco  meno  del  dito  mi- 
gnolo. Il  giavellotto  lanciato  in  tal  guisa  può  colpire  il  bersaglio  fino  à 
60  metri  di  lontananza.  Nella  corsa  è  sottomesso  ad  un  movimento  di  ro- 
tazione che  rende  le  ferite  tanto  più  gravi,  quanto  più  si  sono  ricevute  da 
vicino,  ma  non  produce  serie  conseguenze  se  non  quando  colpisce  le  parti 
più  delicate  del  corpo,  come  gli  occhi,  il  petto,  il  ventre  ecc.  Del  resto  gli 
indigeni  sono  così  abili  ed  esercitati  che  evitano  per  lo  più  il  colpo  (Pa- 
touillet,  cap.  Vili,  p.  147-53;  Vieillard  e  Deplanche,  p.  221-23;  Hev.  d'Elhn., 
1883,  p.  332-33;  Wood,  p.  205-6;  Ratzel,  p.  204,  fig.  3). 

«  Manca  nella  nostra  collezione  la  fionda  fatta  generalniente  con  le  fibre 
del  cocco  0  delle  foglie  della  Musa  discolor  Hort.  {colabute  degli  indigeni). 
Vi  hanno  però  le  pietre  da  lanciare,  di  forma  ovoidale,  poco  più  grosse  di 
un  uovo  di  piccione  allungato,  che  sogliono  prepararsi  strofinandole  su  pietre 
dure  bagnate.  Ciascun  uomo  ne  porta  sempre  una  ventina  con  sé  in  un 
sacco  avvolto  intomo  alla  vita.  Abbiamo  due  esemplari  di  simili  sacchi,  e  si 
compongono  di  tre  parti:  nel  mezzo  vi  è  una  borsa  di  un  tessuto  molto 
stretto,  più  lunga  che  alta,  la  quale  si  porta  davanti  sul  ventre  e  contiene 
otto  0  dieci  pietre  ;  le  altre  due  parti,  fra  le  quali  è  sospesa  la  precedente, 
sono  due  sacchi  a  maglia  abbastanza  lunghi  da  potersi  adattare  intomo  la 
vita,  nei  quali  si  ripone  un  certo  numero  di  pietre  di  riserva.  Oli  indigeni  sono 
abilissimi  nell'uso  della  fionda,  che  portano  sempre  intomo  la  fronte,  e  lanciano 
pietre  alla  distanza  di  200  o  300  metri  (Labillardière,  voi.  II,  p.  186,  202-3, 
tav.  XXXV  e  tav.  XXXVIII,  fig.  16-18  ;  Vieillard  e  Deplanche,  p.  223, 680-1  ; 
Patouillet,  cap.  Vili,  p.  153-5;  Wood,  p.  205;  Batzel,  p.  250. 

i  Le  frecce  e  gli  archi  sono  usati  comunemente  dai  Melanest,  ma  non 
da  tutti,  n  Labillardière  non  trovò  queste  armi  fra  i  Neo-Caledonì;  altri  esplo- 
ratori più  recenti  però  ne  constatarono  l'uso  nella  caccia  degli  uccelli  e  nella 
pesca.  Probabilmente  sono  state  da  poco  introdotte  nell*  isola.  Le  frecce 


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esistenti  nel  Museo  si  compongono  di  ona  punta  di  le^no  nero  l6vigiiti&&ima 
e  di  un'asta*  di  canna  con  striscioline  di  corteccia  d'albero  ayyolte  alle  diie 
estremità.  Nella  raccolta  dell'Hanckar  e  del  Marinncci  ve  ne  hanno  inoltre 
molte  con  punte  di  osso,  ma  queste  e  gli  archi  di  Cantiarina  appartengono 
indubbiamente  alle  Nuove  Ebridi  (Labillardière,  voi.  II,  p.  246  ;  Yieillard  e 
Deplanche,  p.  220;  Patouillet,  cap.  VI,  p.  112;  Moncelon,  p. -371;  Rev. 
dTEthn.,  1883,  p.  336). 

«  I  pezzi  che  attirano  specialmente  l'attenzione,  sono  le  accette  che  i 
Francesi  chiamano  en  forme  d'ostensotr  :  ne  abbiamo  tre  esemplari,  udo  dei 
quali  con  testa  di  nefrite.  Le  prime  notìzie  intomo  a  questi  oggetti  singo-» 
lari  si  trovano  nella  relazione  del  Labillardière,  il  qnale  non  solo  ne  fece 
un'esattissima  descrizione  e  li  figurò,  ma  somministrò  ancora  interessanti 
particolari  sul  loro  uso:  •  Ils  (gli  indigeni)  avoieut  apporto  un  instru- 
«  ment  qu'ils  appellent  nbouet,  nom  qu'ils  donnent  également  à  leurs  tdtn* 
«  beaux.  Il  étoit  forme  d'un  beau  morceau  de  serpentine  aplatì,  tranchant 
«  sur  les  bords,  taillé  à  peu  près  en  ovale,  par&itement  poli  et  de  la  ìon* 
«  gneur  d  un  doublé  decimetro.  Il  étoit  percé  de  deuz  trous  dans  chacun' 
B  desquels  passoient  deur  baguettes  tròs-flexibles  qni  le  fixoient  sur  un  manche 
e  de  bois  anquel  elles  étoientliées  avec  des  tresses  depoil  de  chauve-souris; 
«  cet  instrument  étoit  porte  sor  un  pied  fabriqné  avec  ttn  noyau  de  cocos 
«  qui  étoit  attaché  aussi  par  des  tresses  de  mdme  nature  dont  quelques-nnes 
«  étoient  plus  grosses  (voyez  pi.  38,  fig.  19).  Nous  n'avions  pu  jusqu'alors 
«  connoitre  l'usage  de  cet  instrument;  ces  Sauvagés  nous  apprirent  qu'il  sor- 

•  voit  à  conper   les  membres  de  leurs   ennemis   qu'ils   partagent  après  le 

•  combat.  Un  d'entro  eux  nous  en  fit  la  démonstration   sur  un   homme   de 

•  réquìpage  qui  se  coucha  sur  le  dos  d'après  son  invitation.  D'abord  il  re- 
«  presenta  un  combat  dans  lequel  il  nous  indiqua  que  l'ettnemi  tomboit  sotis 

•  les  coups  de  sa  zagaie  et  de  sa  massue  qu'il  agita  violenoment,  puis  il  exé- 

•  cuta  une  sorte  de  danse  pjrrhique,  tenant  en  main  cet  instrument  de 
e  meurtre  et  nous  montra  qu'on  commen90Ìt  par  ouvrir  le  ventre  du  vaincù 
■  avec  le  nbouet  et  qu'on  jetoit  au  loin  les  ìntestins  après  les  avoir  arrach^ 
«  au  moyen  de  Tinstrument  figure  dans  la  pi.  38,  fig.  20,  et  qui  est  finriné 

•  de  denx  cubitus  humains  taillés,  bien  polis,  et  fixés  dans  un  tissu  de  tresses 
ft  très-solide.  Il  nous''  montra  qu'on  détachoit  ensuite  les  oiganes  de  la  gè* 
K  nération  qui  deviennent  le  partage  du  vainqueur  ;  quo  les  jambes  et  les 
«  bras  étoient  coupés  aux  articulatìons  et  distribués  ainsi  que  les  autres 
«  parties  à  chacun  des  c(mibattans  qui  les  portoit  à  sa  famille.  Il  est  difficile 

•  de  peindre  la  feroce  avidìté  avec  laquelle  il  nous  exprima  que  les  chairs 

•  de  cotte  malheureuse  victìme  étoient  dévorées  par  eux  après  avoir  été 
«  grillées  sur  les  charbons.  Ce  cannibale  nous  fit  connoitre  en  méme  temps 
«  que  la  chair  des  bras  et  des  jambes  se  coupoit  par  tranohes  de  sept  i 


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«  hiut  eentimètres  d*épaisseur,  et  que  les  parties  les  pltiB  musoiileoses  étoient 
«  pour  ces  peaples  un  mets  très-agréahle  (voi.  II,  p.  215-17)  ». 

e  Simili  accette  furono  anche  illustrate  come  armi  di  battaglia,  ma  i 
moderni  esploratori  più  degni  di  fede  escludono  quest'uso  e  si  accordano  nel 
descriverle  come  insegne  di  potere,  come  una  specie  di  scettri,  dei  quali  gli 
indìgeni  fanno  mostra  nelle  feste,  nelle  danze  e  nelle  vìsite  (Mejer,  Jadeit-  und 
Nephrit-Object;  Asien,  Oceanien  und  A f riha,  p.  55,  tav.  V,  fig.  3;  Heger, 
Miith.  d.  Antkr.  aesellsch.  in  Wien,  1880,  voi.  IX,  p.  139-40,  tav.  n, 
fig.  1-2;  BatzeL  p.  227  e  240,  fig.  19;  Patouillet,  cap.  VIU,  p.  140, 146; 
Rev.  d'JSthn.,  1883,  p.  333;  Vieillard  e  Deplanche,  p.  221).  Solamente  il  Gar^ 
nier  {Bull,  de  la  soc.  de  géogr.  di  Parigi,  1868,  p.  459-60)  prosegue  a  chia- 
marle accette  da  aacrifizio.  aggiungendo  che  servivano  per  tagliare  i  cadaveri 
dei  nemici  uccisi,  senza  per  altro  dire  se  ha  tratto  questa  notizia  dalla  rela- 
zione del  Labillardière  o  da  altra  fonte.  Ora  è  difficile  determinare  in  modo 
certo  qual  fede  meriti  il  racconto  dell'illustre  naturalista  francese.  Ad  ogni 
modo,  sebbene  nelle  moderne  relazioni  non  si  trovi  confermata  qudla  nar- 
razione, e  non  vi  si  faccia  nemmeno  menzione  dell'istrumento  per  estrarre  gU 
intestini  dal  ventre,  è  certo  che  la  maggior  parte  delle  numerose  circostanze 
da  cui  è  accompagnata,  si  trova  riferita  con  poche  differenze  da  un  gran  numero 
di  esploratori.  H  cannibalidmo  infatti  dei  Neo-Oaledoni  è  stato  constatato  da 
testimoni  oculari  degni  sotto  ogni  aspetto  di  fede,  quali  il  Gamier  {Tour 
du  monde,  1868,  sec.  sem.,  cap,  X7).  I  particolari  poi  riguardanti  la  divisione 
deirucciso  sono  accertati  dal  Yieillard  e  dal  Deplanche.  L'individuo  ucciso, 
essi  scrivono,  è  sospeso  al  tronco  di  un  albero,  mentre  im  indigeno  armato  di 
un  coltello  di  bambù  o  di  una  valva  di  conchiglia  comincia  ad  aprire  il  ventre  ed 
estrae  gli  intestini.  Fatto  ciò,  stacca  le  cosce  e  le  altre  membra,  e  niente  desta 
maggior  meraviglia  che  la  facilità  con  cui  si  eseguisce  questa  operazione.  Tutto  il 
cadavere  è  fatto  in  pezzi,  e  distribuito.  Spesso  accade  che  la  quantità  di  carne  su- 
pera il  bisogno  attuale  :  allora  si  fa  subire  al  corpo  umano  il  medesimo  processo  di 
disseccamento  che  si  usa  eoi  pesci.  Cadaveri  intieri  sono  così  affumicati  e  servono 
da  provvigioni  da  viaggio  (p.  216).  Tutte  le  parti  del  corpo  non  sono  ugual- 
mente apprezzate  :  la  testa  e  gli  organi  sessuali  appartengono  di  diritto  ai  capi, 
come  i  pezzi  più  nobili  e  più  delicati.  Qualche  pezzo  succolento  è  avvolto 
in  foglie  di  banano  e  inviato  agli  amici  e  ai  conoscenti  delle  tribù  vicine,  jb 
il  rimanente  è  distribuito  fra  i  sottocapi  e  gli  alti  personaggi  II  basso  po- 
polo raramente  ha  l'onore  di  gustare  questo  cibo  e  le  femmine  ed  i  fanciulli 
ne  sono  esclusi,  ad  eccezione  delle  donne  dei  capi,  alcune  delle  quali  mo- 
strano una  voracità  straordinaria  (p... 214-15).  La  verità  delle  circostanze  ac- 
cessorie sembra  una  prova  molto  seria  per  indurci  a  credere  airintero  raccontp 
e  farci  ritenere  che  un  giorno  simili  accette  nelle  feste  non  figuravano  sol^- 
«lente  come  oggetti  di  parat$^,  .   ■  .  >* 


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•  Essendo  le  teste  di  queste  aceette  oggetti  di  pietra  dei  più  noteyoli  la- 
Torati  da  popolaiioni  selvagge,  sarebbe  interessante  conoscere  particolarmente  il 
metodo  di  fiibbricazione,  ma  non  sembra  che  si  sieno  potute  raccogliere  su 
eiò  notizie  positire.  «  En  Nouyelle-Galédonie,  scrive  il  Gamier  {Rev.  Mar.  et 

•  CoL^  voL  XIX  (1867,  voi.  I),  p.  907),  les  indigènes  a^jourd'hui  ou  ne  sa- 
.  s  veat  plus  £ùre  les  belles  plaques  de  jade  poli  auxquelles  ils  attachent 

e  tant  de  prix,  ou  ignorent  d'où  elles  viennent.  En  general,  quand  on  leur 

•  domande  où  ils  se  sont  procnrés  ces  plaques,  ils  indiquent  invariablement 
«  come  lieu   de  provenance  une  localité  tròs-éloignée  de  leur  propre  tetri- 

•  toiie  •.  Il  Patouillet  (cap.  Ym,  p.  143-44)  riferisce  il  sistema  di  fabbri- 
cazione quale  gli  ò  stato  spiato  da  alcuni  vecchi  indigeni  Avrebbe  con- 
sistito nel  mettere  un  pezzo,  naturalmente  piatto,  di  giada  sotto  una  caduta 
d'acqua,  adattandolo  in  una  cavità  afinchò  la  corrente  non  lo  spostasse. 
L'acqua  cadendo  sulla  giada,  portava  con  so  una  piccia  di  sabbia  che  a 
poco  a  poco  la  levigava,  e  sarebbero  stati  necessari  due  anni  per  ottenere 
l'accetta.  Osservando  la  forma  regolare  di  simili  strumenti,  la  grossezza  non 
unifonne,  e  Taffilatezza  del  taglio,  riesce  difficile  convincersi  che  si  fabbri- 
cassero col  processo  indicato. 

«  Alle  armi,  nella  collezione  del  Museo  Preistorico,  fanno  segoito  gir  uten- 
sili e  gli  stromenti  da  lavoro,  fra  cui  ricorderò  dapprima  una  valva  levigatissima 
di  conchìglia  con  gli  orli  affilati,  che  le  donne  portano  attaccata  alla  cintura 
come  ornamento  o  piuttosto  come  coltello.  Conchiglie,  frammenti  di  quarzo, 
schede  di  bambti,  ed  ora  pezzi  di  vetro  di  bottiglie  rotte,  sono  gli  unici  stru- 
menti da  t^lio  dei  Neo-Caledonl  per  radersi  la  barba,  per  fare  sanguigne  ca- 
pillari neUe  parti  malate,  per  intagliare  gli  oggetti  di  legno,  per  staccare  le  cor- 
.  tecce  del  niauli  {Melaleuca  viridifiora  Gaertn.)  da  coprire  le  case  ecc.  (Yieillard 
e  Deplanehe,  p.  204, 206, 228, 494, 619;  Patouillet,  cap.  XII,  p.  231,  e  tav. 
p.  218,  fig-  6;  Bourgey,  Nouv.  Ann.  de  Voy.,  1865,  voL  I,  p.  346).  Per 
scavare  invece  i  canotti  usavano  asce  di  pietra  molto  singolari,  di  cui  due  esem- 
plari esistono  nella  collezione.  Uno  ha  il  manico  molto  corto,  piegato  ad  angolo 
nella  parte  superiore,  con  grosso  nodo  sferico  allo  spigolo  e  con  l'estremità 
intagliata  perinserirvi  la  testa.  Il  Forster,  l'illustre  naturalista  della  spedizione 
Cook,  descrisse  e  figurò  per  primo  queste  asce,  aggiungendo  che  servivano 
per  coltivare  la  terra  e  lavorare  il  legno.  Sebbene  anche  in  qualche  illustra- 
zione moderna  sieno  ricordate  come  stromenti  agricoli,  tuttavia  i  recenti 
esploratori  sono  concordi  nel  far  menzione  di  un  solo  di  questi,  ed  è  un  ba- 
stone di  legno  colla  punta  indurita  al  fuoco  (Yieillard,  p.  627  ;  Patouillet, 
cap.  y,  p.  98-99;  Opigez,  p.  439-40;  Rev.  d'Ethn.,  1883,  p.  337-88).  Tutti 
ammettono.poi  che  le  asce  di.  pietra  erano  usate  di  preferenza  per  lavori  da 
l^aiuólo:  il  Yieillard  e  il  Dqdanche  aggiungono  anche  che  qualche  Tolta, 
ma^  di  rado,  servivano  come  anni  da  guerra,  prima  che  le  accette  di  ferro 
rdìv^fttassenoi  rannft  prediletta  di  quegli  indigeni  (Heger,.  p.  140»  tav.  IJ, 


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fig.  3-4;  Meyer,  p.  53,  tav.  V,  iSg.  2;  Congrès  inUr.  d'Anthr.  et  d'ArchéoL 
Prehist.y  4  sess.,  Gopenaga,  1869,  p.  477;  YieiUard  e  Deplaiiche,  p.  221; 
Patouillet,  cap.  XII,  p.  224).  L'altra  accetta  della  nostra  raccolta  differùce 
dalla  prima  notevolmente,  perchè  il  manico  è  più  lungo,  ed  ha  mi'appendice 
che  forma  spìgolo  con  esso,  nella  quale  è  legata  la  testa.  Abbiamo  inoltre  molte 
teste  per  accette,  alcune  col  taglio  molto  logoro,  indizio  sìcnro  del  lungo  uso. 
«  Nella  collezione  non  figurano  le  stoviglie,  che  le  donne  fabbricavano 
.  con  molta  abilità  e  servivano  per  cucinare  i  cibi.  Yi  hanno  invece  parec- 
.chie  zucche  della  Lagenaria  vulgaris  Ser.  per  conservare  e  trasportare  l'acqua. 
Dopo  averle  ben  pulita  e  lavate  gli  indigeni  ne   aumentano  la  solidità  cir- 
condandole con  treccioUne  piatte  di  fibre   di  cocco,  riunite  poi  a  guisa  di 
manico  per  renderne  più. facile  l'uso  (Yieillard  e  Deplanche,  p.  498,^  651). 
A  ciò  si   aggiungono,  cestelli  abilmente  intessuti  con  erbe,  e  vai!  esem- 
plari della  piccola  mazza  di  legno,  «  qui  rappelle  assez  bien  par  sa  forme  et 
«  ses  stries  une  grosse  pomme  de  pin  »  (Patouillet,  cap.  XII,   p.  231).  Si 
,  chiama  fécapo^  néapo  a  Houagape,  e  sambo  a  Ganala.  Serve  per  battere  le 
.  cortecce  d^lla  Broussonetia  papyrifera  e  del  Ficm  prolixa  Porst  (uangui 
degli  indigeni)  con  cui  si  preparano  le  stoffe  da  fame  turbanti  ed  altri  or- 
.  namenti.  I  Neo-Caledoni  però  non  dimostrano  in  questa  industria  molta  abi- 
lità, e  i  loro  prodotti  sono  di  gran  lunga  inferiori  a  quelli  delle  isole  Figi, 
delle  Samoa  ecc.  Nella  collezione  del  cav.  Hanckar  ne  esistono  alcuni  esem- 
plari, ma  non  è  certo  che  provengano  dalla  Nuova  Galedonia.. 

«  L'abito  dei  Neo-Caledonì  è  molto  povero:  consiste  nella  maggior  parte 
d^li  uomini  in  un  cordone  adattato  intomo  alla  vita,  col  quale  sovente  ten- 
gono legati  contro  il  ventre  in  posizione  verticale  gli  organi  genitali,  general- 
mente avvolti  con  stoffe  e  con.  foglie  di  banano.  (Bourgarel,  Mém.  de  la  Soc. 
d'Anthr.  di  Parigi,  voi.  II,  p.  401;  LabUlardière,  voi.  II,  p.  186, 237,  tav.XXXY; 
^  Pigeard,  I^ouv.  Ann.  dì  Voy..,  1847,.  voi.  I,  p.  202-3;  Bo\agQjyNouv.  Ann. 
de  Voy.,  1865,  voi.  I,  p.  352;  Moncelon,  p.  351-2).  Il  vestito  delle  donne 
invece  è  molto  più  decente:  nubili,  e  di  firequente  prima  della  pubertà,  por- 
tano intomo  la  vita  una  specie  di  gonnellino  lungo  da  6  a  8  metri  e  largo 
circa  da  10  a  15  centimetri,  chiamato  mendha.0  ghi,  formato  da  una  cintura 
.da  cui  pendono  a  guisa  di. frangia  fibre  estratte  dalle  foglie  del  Pandanus 
.  Minda  e  del  Pandanus  macrocarpas^  o  dalle  corteccie  della  Thespesia  popul- 
nea^  del  Parititm  tiliaceum^  ecc.  Tale  gonnellino  è  avvolto  intomo  alle  anche 
.  in  modo  che  tutte  le  sue  parti  sono  sovrapposte.  Qualche  volta  vi  aggiungono 
un  grembiule,,  che  giunge  fino  alla  metà  della  coscia  (YieiUard  e  Deplanche, 
p.  204-5,  635,  641,  656;  Bourgarel,  vd.  II,  p.  402;  Labillardiàre,  vd.  H, 
p.  187,  tav.  XXXYI;  Patouillet,  cap.  XII,  p.  229).  Abbiamo  nella  collezione 
.  parecchi  di  questi  gonnellini,  alcuni  tinti  in.  nero  con  sostanze  vegetali  {Coleus 
Blumei,  Semecarpus  atra,  Eugenia  Jambos,  Dianella  ensifolia)  (YieiUard, 
p.  645),  Nella  notte  e  nei  giorni  freddi  e  piovosi  ambedue  i  sessi  usano  un 


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mantello  Atto  eoi  gambi  mòlli  e  resistenti  àxSX Eleocìtaris  esculenta  e  del* 
YEleoeharis  Austro- Caledonica^  i  quali  sono  semplicemente  intessuti  a  guisa 
di  staoia  nella  parte  interna,  mentre  esternamente  pendono  sciolti.  Anche  di 
simili  mantelli  esiste  nella  collezione  un  beli*  esemplare  (Yieillard,  p.  624; 
Bourgarel,  yol.  Il,  p.  402). 

K I  Neo-Galedonì  hanno  molta  cura  della  loro  capellatura,  che  tagliano 
e  dispongono  in  differenti  fogge,  ungono  coU'olio  di  cocco,  ed  ornano  con  penne, 
foglie,  fiori,  stoffe  di  Broussonetia  e  tessuti  rossi.  Per  pettinarla  usano  due 
forme  differenti  di  pettini  molto  comuni  anche  in  altre  isole  della  Melanesia. 
L*una  consiste  in  lunghe  asticelle  di  legno  ben  levigate,  legate  ad  un'estremità, 
l'altra  in  mezze  rotelle  dì  bambù  su  cui  sono  intagliati  i  denti.  Quasi  tutti 
i  nostri  esemplari  sono  ornati  con  disegni  geometrici  incisi  (Yieillard  e  De- 
planche,  p.  204, 205, 206, 617, 619  ;  Bourgarel,  voi.  II,  p.  381  ;  Opigez,  p.  434; 
Moncelon,  p.  351-2;  Labillardière,  tav.  XXXV,  fig.  8-9). 

«  Come  nel  decorare  le  armi  e  gli  utensili,  così  nel  fare  ornamenti  per- 
sonali attribuiscono  speciale  importanza  e  valore  ai  cordoncini  del  pelo  del 
Pteropus  rubricoUis  Lath. ,  che  richiedono  lunga  e  paziente  preparazione 
descritta  dal  Patouillet  (cap.  XII,  p.  225-9).  «  Quando  un  pipistrello  è  stato 
ucciso,  egli  scrive,  Tindìgeno  prende  un  pizzico  di  cenere  fra  le  dita,  aflSnchè 
il  pelo  non  gli  scorra  dalle  mani,  poi  comincia  a  carpirlo  dal  dorso,  dal  ventre 
e  da  sopra  la  testa.  Il  rimanente  è  troppo  ruvido  o  piuttosto  troppo  nero  per 
essere  utilizzato,  oltre  che  non  prenderebbe  il  celere.  Il  pelo  ottenuto  si  con- 
serva gelosamente,  finché  non  se  ne  ha  una  quantità  sufficiente,  perchè  quello 
dì  un  solo  animale  non  darebbe  che  due  metri  di  corda.  Per  farla  si  prepa- 
rano cordoncini  di  fibre  del  banano,  intorno  ai  quali  si  avvolge  il  pelo. 
Quando  se  ne  hanno  tre,  ben  coperti  coi  detti  peli,  s'intrecciano  insieme.  Tale 
lavoro  è  lungo  e  se  ne  occupano  egualmente  gli  uomini  e  le  donne.  Si  ottiene 
una  corda  di  un  bruno  grigio,  della  grossezza  di  una  penna  di  corvo  e  gene- 
ralmente lunga  una  trentina  di  metri.  Innanzi  di  servirsene  però  bisogna 
tingerla  in  rosso,  e  simile  operazione  è  riservata  specialmente  agli  uomini  « . 
Il  Vieillard  (p.  646,  650-51)  afferma  che  per  la  colorazione  si  adoprano  le 
radici  della  Morinda  tinctoria  Roib.  fatte  bollire  con  le  foglie  di  un  piccolo 
arbusto  chiamato  dagli  indigeni  uabune  affine  aUa  Barringtonia,  Dalla  rela- 
zione del  Patouillet  si  può  desumere  che  il  sistema  tenuto  per  colorire 
1  cordoncini  è  molto  complicato,  e  si  usano  altresì  la  cenere  e  Tacqua  di 
mare.  Quello  che  importa  di  rilevare  poi  si  è  che  danno  all'  operazione  un 
carattere  religioso,  e  perciò  sottopongono  al  tabu  il  luogo  della  fabbricazione 
attaccando  ad  un  palo  delle  pagliuzze  e  un  lungo  pezzo  di  tapa.  Un  indi- 
geno, egli  aggiunge  «  róde  aux  alentours  pour  s'assurer  que  la  curiosité  des 
«  femmes  n'expose  pas  les  travailleurs  à  Tarrivée  des  génies  protecteurs  des 
»  roussettes.  Ges  esprits,  disent-ils,  fonciòrement  salaces  comme  les  animauz  qu'ils 
»  patronnent,  vont  circulant  partout  autour  des  femmes,  et  ne  manqueraient 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  U 


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«  pas,  si  quelqti'une  s*approchait  dn  lieu  protégé  par  le  tabon,  de  se  metiare 
«  à  ses  trousses  et  de  découyrir  eB  la  suivant  ceux  qui  ont  méchamment  mis  à 
tt  mori  les  animaux  qu'ils  aiment.  À  quelles  extrémit'és,  dans  ce  cas,  la  fnrenr 
B  les  pousserait,  c'est  ce  qu'on  n'ose  prévoir  »» . 

«  Nella  collezione  vi  hanno  parecchi  ornamenti  personali  di  peli  di  pipi- 
strello cui  sono  attaccate  conchiglie  {Ooula  o  Conus)  e  servono  indubbia- 
mente per  ornare  le  gambe,  il  collo,  o  la  vita  (Vieillard  e  Deplanche,  p.  205, 
206,  477;  Patouillet,  cap.  XII,  229).  A  ciò  si  aggiungono  parecchi  braccialetti 
di  Corms,  un  gioiello  generalmente  usato  dai  Melanesi  «  Get  omement  se  fait 
tf  avec  un  cdne,  scrivono  il  Deplanche  e  il  Vieillard,  que  Ton  use  sur  une 
tt  pierre,  de  manière  à  en  détruire  la  base  et  le  sommet  et  à  ne  laisser  que  le 
«  premier  tour  de  spire  ;  il  en  resulto  un  anneau  dans  lequel  on  passe  assez  dif- 
u  ficilement  la  main  » .  (Labillardière,  voi.  II,  pag.  245,  tav.  XXXVII,  fig.  5-6  ; 
Vieillard  e  Deplanche,  p.  206  ;  Patouillet,  cap.  XII,  p.  224-25). 

«  Non  mancano  nella  collezione  alcuni  fischietti  di  canna,  soli  strumenti 
musicali  dei  Neo-Caledont.  Più  comunemente  però  sogliono  accompagnare  i 
loro  canti  e  le  danze  battendo  in  terra  con  una  canna  di  bambù,  o  percuotendo 
la  stessa  canna  con  la  mano  (Patouillet,  cap.  XI,  p.  205-06  ;  Vieillard  e  De- 
planche, p.  209,  213;  Rev.  d'Ethn.,  1883,  p.  331).  Queste  canne  servono 
anche  da  bastoni  di  viaggio,  ed  allora  generalmente  vi  sono  incise  figure 
umane,  di  animali,  di  alberi,  di  case  ecc.,  che  richiamano  alla  mente  fatti 
importanti  o  scene  che  hanno  colpita  la  fantasia  del  disegnatore.  Il  Gamier 
fa  menzione  di  un  bambù,  su  cui  erano  stati  incìsi  i  principali  avvenimenti 
di  una  spedizione  firancese  {BulL  de  la  soc,  de  géogr.  di  Parigi,  1870,  primo 
sem.,  p.  26;  Vieillard  e  Deplanche,  p.  619;  Opigez,  p.  445;  Rev.  d'Mhn., 
1884,  p.  352-53). 

tt  Finalmente  debbo  fare  menzione  di  una  maschera,  in  generale  nelle 
recenti  relazioni  detta  masque  de  guerre.  È  di  legno,  tinta  di  nero,  col  naso 
schiacciato  e  larghe  narici  molto  convesse.  Bappresenta  una  figura  spavente- 
vole, con  una  specie  di  parrucca  tessuta  di  fibre  vegetali  e  coperta  di  ca- 
pelli. Intorno  alla  bocca  sono  attaccati  con  mastice  semi  rossi  ieWAbrmpre- 
catoriuSj  mentre  al  collo  è  sospesa  una  lunga  rete,  in  ciascuna  delle  cui 
maglie  è  inserita  una  penna,  formando  così  una  specie  di  veste.  Non  essen- 
doci fori  agli  occhi,  chi  la  porta  deve  necessariamente  guardare  attraverso  la 
grande  apertura  della  bocca  (Eatzel,  p.  240,  fig.  9;  Patouillet,  p.  180). 

«  Il  Labillardière  che  descrisse  e  figurò  le  maschere  dei  Neo-Caledoni 
(voi.  II,  p.  239,  tav.  XXXVII,  fig.  1),  intorno  al  loro  uso  riferisce  le  se- 
guenti notizie  ^  tt  Ils  font  usage  sans  doute  de  ces  masques  pour  ne  pas  étre 
«  reconnus  de  leui^  ennemis  lorsqu'ils  entreprennent  contro  eux  quelques  ho- 
«  stilités  » .  Questa  informazione  è  confermata  e  completata  dalla  relazione 
del  Patouillet,  (cap,  Vili,  p.  159),  dalla  quale  si  rileva  il  modo  con  cui 
simili  maschere  sono  usate  nelle  dichiarazioni  di  guerra.  Un  guerriero  vestito 


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di  ima  di  esse  si  reca  nel  villaggio  nemico,  portando  da  mia  mano  un  gia- 
Tellotto  e  dall'altra  una  moneta  indigena  (perle  di  conchiglia).  Giunto  in  pre- 
senza dei  nemici  getta  la  moneta  in  terra  e  scaglia  il  giavellotto.  Fatto  ciò, 
la  sua  missione  è  finita  e  può  ritirarsi  tranquillamente,  perchè  la  moneta  serve 
a  compensare  la  tribii  per  Toffesa  che  personalmente  le  ha  recato.  Tali  ma- 
schere però  figurano  anche  in  alcune  danze,  e  in  ispecie  nelle  cerimonie  alle* 
goriehe  ohe  fanno  parte  delle  feste  date  in  onore  dei  capi  morti,  le  quali 
senza  dubbio  hanno  carattere  religioso  (Yieillard  e  Deplanche,  p.  210;  Bour- 
garel,  voL  II,  p.  402-03;  Opigez,  p.  432-33;  Moncelon,  p.  351,  872;  Gar- 
nier.  Tour  du  Monde,  1867,  sec.  sem.,  cap.  XII,  p.  206;  Wood,  p.  203-04; 
Patouillet,  cap.  IX,  p.  184).  È  quindi  ragionevole  il  sospetto  che  a  simili 
oggetti  si  attribuisca  dagli  indigeni  qualche  significato  religioso,  che  noi  non 
conosciamo*. 


Àstronoinia.  —  Reiasione  sulle  esperienze  istituite  nel  R.  Os- 
servatorio Astronomico  di  Padova  in  agosto  1885  e  febbraio  1886 
per  determinare  la  lunghezza  del  pendolo  semplice  a  secoìidi^  pre- 
ceduta dalla  esposizione  dei  principi  del  metodo  e  dalla  descri- 
zione dello  strumento  di  Repsold.  Memoria  del  Corrispondente  Gio- 
vanni LORENZONI. 

Questo  lavoro  sarà  pubblicato  nei  volumi  delle  Memorie. 


Zoologia.  —  Significato  patologico  dei  protozoi  parassiti  del- 
Vuomo  {}).  Nota  del  Corrispondente  prof.  Battista  Grassi. 

«  A  chi  studia  la  letteratura  di  questi  ultimi  anni  sembra  che  stia  per 
spuntare  sull'orizzonte  medico  una  nuova  stella  :  mentre  la  maggior  parte  degli 
studiosi  stanno  concentrati  intomo  agli  Schizomiceti  ed  agli  Ifomiceti,  alcuni 
pochi,  quasi  pionieri,  tentano  dimostrare  che  i  Protozoi  non  hanno  minore  impor- 
tanza, che  cioè  molte  malattie  supponibili  parassitarie,  nelle  quali  fin  qui 
non  si  è  dimostrato  con  sicurezza  o  non  si  è  trovato  alcun  Schizomicete,  alcun 
Ifomieete,  siano  prodotte,  invece  che  da  questi  esseri,  dai  Protozoi.  È  bene 
che  enumeriamo  le  malattie  in.  cui  fino  ad  ora  si  è  trovato,  o  almeno  si  è 
creduto  dì  trovare,  dei  Protozoi.  Esse. sono:  la  malaria,  Tanemia  perniciosa 
progressiva,  il  gozzo  colloide,  certe  pseudoleucemie,  certi  empiemi,  il  vainolo, 

(})  Questa  Nota  forma  qnasi  un'appendice  alla  mia  precedente  Sulla  Morf.  e  Sist. 
dei  Protozoi  parauiti  (▼.  seduta  deU*8  gennaio  1888). 


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la  yaricella,  la  tosse  convulsiva,  il  morbillo,  la  scarlattina,  il  mollusco  conta- 
gioso, V  herpes  zoster,  la  dissenteria,  certe  enteriti,  certe  yaginiti  (a  catarro 
purulento  ed  acido).  E  si  noti  che  le  ricerche  su  questa  strada  sono  appena 
cominciate;  se  dunque  già  all'inizio  pochissimi  osservatori  hanno  potuto  racco- 
gliere tanta  messe,  è  ragionevolissima  la  speranza  di  poter  rischiarare  mol- 
tissimi morbi  colla  face. dei  Protozoi.  Essendomi  io  molto  occupato  di  protozoi 
parassiti,  quand'era  ancor  studente  in  medicina,  ho  creduto  opportuno  di  ritor- 
nare sull'argomento:  la  Nota  che  qui  presento  è  appunto  il  frutto  dei  nuovi 
miei  studi. 

e  II  Lòsch  in  Russia,  avendo  trovato  un  caso  di  grave  colite  comitata 
dalla  presenza  di  molte  amibe  (Amoeba  Coli,  Lòsch)  le  ritenne  causa  della 
colite  stessa.  Il  giudizio  del  Lòsch  venne  accettato  senza  discussione  fino  al 
1878  in  cui  io  sostenni  che  quest' Amoeba  Coli  è  comunissima  in  Italia  e 
non  si  può  concederle  alcun  valore  patogenetico.  Poco  dopo  di  me  il  Gunnin- 
gham  in  Calcutta  è  arrivato  alla  stessa  mia  conclusione.  Orbene  un  amiba, 
che  dalle  descrizioni  risulta  identica  all' Amoeba  Coli  venne  recentemente  da 
Kartulis  (  Virchow's  Archiv  1886)  e  da  altri  {Centralblatt  f.  Bacter.  1887) 
proclamata  causa  di  quella  malattia  infettiva  che  è  nota  col  nome  di  dissenteria. 

«  Dopo  nuove  ed  estese  ricerche  io  sono  stato  costretto  a  ritornare  alla 
mia  convinzione  del  1878.  Non  si  dimentichi  che  gli  autori,  a  cui  accenno, 
non  si  sono  dati  la  briga  di  fornire  quelle  prove  che  sono  necessarie  per 
stabilire  con  sicurezza  l'efficienza  morbosa  del  parassita  in  discorso,  quasi  che 
questa  efficienza  fosse  naturalmente  evidente  come  quella  dell' anchilostoma. 
Oltracciò  sono  convinto  che  se  essi  vorranno  cercare,  verificheranno  facilmente 
quel  che  in  tutta  Italia,  al  sud  della  Francia  e  su  parecchi  militari  reduci 
da  Massaua  ho  potuto  osservare  e  quel  che  ha  confermato  il  Cunningham 
in  India  :  che  cioè  l' Amoeba  Coli  può  accompagnare  in  più  o  meno  numerose 
coorti,  talvolta  in  un  numero  veramente  sterminato,  le  più  svariate  malattie, 
tra  cui  nomino  specialmente  la  tifoide,  il  colera,  la  pellagra,  le  coliti  anche 
secondarie  a  tumori  del  colon  ecc.;  che  l' Amoeba'  Coli  può  comparire  in 
enormi  sciami  per  diarrea  o  dissenteria  ab  ingestis  ;  e  che  infine  molti  individui 
sani,  specialmente  contadini  e  ragazzi,  presentano  nelle  feccie  (che  eliminano 
pultacee)  (<),  per  mesi  e  mesi,  non  di  rado  numerosissimi,  quei  corpuscoli 
speciali  che  io  e  Calandruccio  dimostrammo  amoeba  coli  incapsulata.  In  molti 
casi  assistenmio  alla  scomparsa  delle  amibe  senza  che  l'individuo  ne  resentisse 
alcun  vantaggio.  L' Amoeba  può  pascersi  di  corpuscoli  sanguigni,  di  cellule 
epiteliali,  se  trova  liberi  questi  elementi  nel  cavo  intestinale  :  se  no,  essa  si 
contenta  anche  di  materie  fecali  (per  es.  di  corpuscoli  amilacei  e  dei  fram- 
menti di  fibre  musculari  ecc.),  perfino  di  megastomi  e  di  trichomonas. 

(^)  Si  noti  che  per  sé  solo  il  carattere   paltaceo  deUe  feccie  nei  nostri  contadini  e 
nei  ragazzi,  non  esprime  alcuna  rUevabile  alterazione  del  processo  digestivo. 


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—  85  — 

«  Le  amibe  sono  abbastanza  comuni  nel  colon  dei  Mns  senza  alcana  appa- 
rente alterazione  dell'organo  che  le  alberga;  sono  pure  comuni  nelle  rane 
(in  tutta  ritalia  e  nella  Germania)  e  nelle  Blatte  (in  Lombardia  e  in  Ger- 
mania), del  pari  senza  che  producano  loro  alcun  danno  rilevabile.  Gonchiu- 
dendo  nego  che  le  amibe  siano  causa  della  dissenteria  epidemica  :  esse  sono 
semplici  commensali  del  tutto  innocui. 

«  Nel  1878  io  ho  dimostrato  contro  Zunker  che  i  Trichomonas  (Mono- 
cercomonas  o  semplicemente  Gercomonas)  kominis  (intestinalis)  Davaine  sono 
del  pari  innocenti,  e  nessuno  ha  più  pensato  d'invocarli  come  cause  morbose 
tranne  il  Leuckart  che  li  sospetta  sempre  capaci  d'irritare.  Il  suo  sospetto 
per  quanto  autoreiole,  non  è  però  basato  ad  alcuna  seria  prova,  ma  invece 
ad  una  imperfetta  cognizione  delle  mie  osservazioni  e  dei  miei  esperimenti. 

«  Il  Eunstler  ha  recentemente  creduto  di  poter  tornare  a  sostenere  che 
le  trichomonadi  vaginali  siano  causa  di  vaginite  a  catarro  aeido.  Se  le  cose 
stessero  veramente  in  questi  termini,  almeno  in  molte  parti  d'Italia  le  vagi- 
nitì  in  discorso  dovrebbero  essere  di  gran  lunga  meno  frequenti  che  in  Francia 
e  in  Germania,  essendoché  il  Trichomonas  da  noi  è  una  grande  rarità  (io 
non  l'ho  mai  trovato)  mentre  esso  è  invece  oltremodo  comune  in  Germania 
e  in  Francia.  Ma  possiamo  noi  seriamente  ammettere  questa  enorme  diversità 
di  frequenza  delle  vaginiti  ?  Certamente  il  ginecologo  ne  sarebbe  stato  colpito 
e  non  aspetterebbe  che  noi  coi  nostri  Trichomonas  venissimo  ad  insegnarglielo. 

K  Passiamo  ai  Megastomi^  una  forma  che  prima  di  me  veniva  confusa 
coi  Gercomonas  \  com'io  ho  dimostrato,  essi  sono  adattati  alla  vita  parassi- 
taria più  perfettamente  che  molti  altri  Protozoi  parassiti.  Essi  hanno  una 
grande  bocca,  o  ventosa,  ad  orlo  contrattile,  colla  quale  stanno  attaccati 
alle  cellule  dei  villi  intestinali  del  duodeno  e  del  digiuno:  essi  vivono  a 
spese  di  queste  cellule,  evidentemente  le  succhiano.  11  numero  di  questi 
Megastomi  è  di  spesso  così  considerevole  che  ogni  cellula  epiteliale  ne  pos- 
siede uno  0  parecchi.  Da  queste  mie  osservazioni  parrebbe  risultare  che 
fossero  causa  morbosa.  Ma  di  fronte  ad  esse  stanno  le  osservazioni  cliniche. 
Queste  ultime  non  mi  autorizzano  punto  a  ritenere  che  il  Megastoma  produca 
quel  danno  di  cui  a  tutta  prima  si  crederebbe  capace.  Se  certe  diarree  cro- 
niche accompagnate  da  anemia  paiono  indubitatamente  riferibili  al  Megastoma, 
vi  sono  per  contrario  individui,  e  non  pochi,  i  quali  pur  ospitando  questo 
parassita,  anche  in  gran  numero,  godono  di  salute  perfetta.  Aggiungasi  che 
il  Megastoma  si  trova  in  molti  animali  senza  che  mostrino  di  risentirne  alcun 
danno  {%  Per  apprezzare  convenientemente  il  Megastoma  si  deve  tener  conto 

(')  V^oglio  qui  soggiungere  che  resta  sempre  il  valore  diagnostico  da  me  concesso 
ai  Protozoi  parassiti  nella  mia  Memoria.  Quanto  ai  Megastomi  ne  ebbi  una  prora  evidente  : 
ad  un  individuo  che  non  presentava  nelle  feccie  Megastomi  né  liberi  né  incapsulati,  diedi 
cinque  plerocerchi  di  perca.  Dopo  due  giorni  cominciò  ad  eliminare  colle  feccie  inumere- 
Yoli  Megastomi,  in  parte  incapsulati;  ciò  durò  8  giorni  dopo  i  quali  restarono  appena  k 


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della  circostanza  che  rintestino  dell'uomo  è,  per  parere  di  parecchi  autori, 
molto  più  lungo  che  non  occorrerebbe,  e  perciò  parti  considerevoli  possono 
molto  probabilmente  venir  esportate  o  impedite  di  funzionare  senza  che  la 
salute  resti  seriamente  compromessa.  Non  è  assurdo  il  supporre  che  Tìnte*- 
stino  di  molti  animali,  compreso  anche  quello  dell'uomo,  si  sia  allungato 
appunto  adattandosi  a  certi  parassiti.  In  proposito  notisi  che  rAnguillula 
{Strongyloides)  nell'uomo  e  nella  donnola  s'annida  nelle  ghiandole  del 
Lieberkuhn  che  altera  non  poco,  e  nel  ratto  abita  i  lunghi  e  grossi  villi  in 
cuniculi  (gallerie)  serpentini  che  essa  stessa  scava  insinuandosi  tra  Tepitelio 
e  il  connettivo  sottostante.  È  quindi  certo  che  essa  altera  l'intestino,  eppure 
io  ho  studiato  a  lungo  molti  casi  in  cui  erano  presenti  infinite  schiere  d'An- 
guillule  senza  che  potessi  convincermi  che  gli  osti  ne  risentissero  alcun  sin- 
tomo molesto  !  È  il  caso  d'un  ricco  signore  che  può  continuare  a  vivere  con 
gran  lusso  anche  perdendo  una  parte  dei  suoi  capitali. 

«  Il  Balantidium  Coli  nell'uomo  in  Italia  è  rarissimo  ;  io  lo  vidi  una  sol 
volta  a  Pavia.  Nel  colon  dei  porci  in  Italia  è  volgare  oltre  ogni  credere.  Al 
proposito  debbo  esternare  il  sospetto  che  la  specie  dei  porci  sia  differente  da 
quella  dell'uomo,  non  essendo  riusciti  Galandruccio  ed  io  a  propagarlo  nell'uomo, 
dandoglielo  a  mangiare  in  condizione  d'incistamento.  In  ogni  caso  manca 
qualunque  prova  che  il  Balantidium  sia  causa  morbosa. 

«  Passiamo  ai  Coccidì.  Io  ho  a  lungo  cercato  i  Coccidi  nell'uomo,  sempre 
invano.  Eppure  altri  osservatori  li  hanno  trovati  facilmente  !  Y'è  però  luogo 
al  dubbio  che  essi  abbiano  pigliati  per  Coccidi  i  corpuscoli  speciali  delle  fec- 
cie  già  de  me  stesso  sospettati  psorospermi,  e  che  oggigiorno  sappiamo  Amibe 
(Orassi)  e  Megastomi  (Perroncito,  Schewiakoff  e  Grassi)  incapsulati.  Certo  è 
però  che  veri  Coccidi  sono  stati  trovati  parecchie  volte  nell'uomo  e  che  sono 
cause  morbose,  come  è  stato  ammesso  da  molti  osservatori.  I  ratti  e  special- 
mente i  ratti  bianchi  in  Sicilia  vengono  tormentati  da  un  coccidio  che,  se 
le  descrizioni  di  Eimer  sono  esatte,  è  differente  dall'Eimeria.  Il  coccidio  dei 
nostri  ratti,  contrariamente  a  quanto  sì  ammette  peli'  Eimeria,  per  riprodursi 
ha  bisogno  di  passare  un  certo  tempo  in  vita  libei'a,  in  cui  entra  colle  feccie 
quando  è  incapsulato  :  in  vita  libera  si  segmenta  e  produce  i  corpi  falciformi. 
Se  questo  coccidio  così  sviluppato  viene  inghiottito,  si  trasforma  in  tanti 
Coccidi  quanti  sono  i  corpi  falciformi  :  si  trovano  i  giovani  Coccidi  non  ancora 
incapsulati  dentro  le  cellule  dell'intestino  tenue.  Essi  distruggono  queste  cellula 
e  s'incapsulano.  Giunti  a  questo  periodo  di  sviluppo,  prima  di  segmentarsi^ 


capsule  che  andarono  rarefacendosi  ;  dopo  15  giorni  scomparvero  interamente  esse  pare. 
Dal  comparire  i  Megastomi  neUe  feccie  io  indussi  che  i  Plerocerchi  s'erano  sviluppati  (si 
sa  che  il  Botriocefalo  risiede  nella  parte  superiore  deUlntestino)  e  infatto  dopo  23  giorni 
Tindividuo  col  felce  maschio  eliminò  tre  Botriocefali.  Il  Botriocefalo  evidentemente  aveva 
prodotto  TeUminazione  dei  Megastomi. 


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vengimo  eliminati  colle  feccie.  Qnesto  andamento  (compreso  il  pmito  piti 
importante  e  forse  non  ancora  ben  accertato  per  alcun  altro  coccidio,  cioè 
r  infezione  diretta  coi  Coccidi  contenenti  corpuscoli  &lciformi),  ò  facilis- 
simo ad  osservare  nei  ratti  bianchi  tenuti  in  gabbia.  D'estate  bastano  alcuni 
giorni  perchè  il  coccidio  uscito  colle  feccie  formi  i  corpi  falciformi  :  e  richie- 
donsi  meno  di  altri  dieci  giorni  perchè  il  ratto  bianco  presenti  nelle  feccie 
Coccidi  incapsulati. 

s  n  ratto  può  presentare  una  grave  coccidiosi,  grave  a  tal  punto  che 
le  sue  feccie  non  sono  quasi  nient* altro  che  un*ammasso  di  Coccidi  sospesi 
in  un  liquido  d'aspetto  sieroso,  o  mucoso.  Queste  scariche  diarroiche  possono 
essere  di  color  bianco  sporco,  tirante  al  rossigno  ;  se  si  ripetono  frequentemente, 
lanimale  dimagrìsce  e  muore.  All'autopsia  si  trova  quasi  tutto  l'intestino  tenue 
disepitelizzato  e  il  contenuto  intestinale  è  rappresentato  quasi  soltanto  da 
una  enorme  quantità  di  Coccidi  con  cellule  intestinali  più  o  meno  alterate. 
Tutti  questi  fatti  s'intendono  riferiti  ai  casi  gravi,  i  quali  si  verificano  a 
gran  preferenza  nei  ratti  bianchi,  nati  da  uno  o  da  pochi  mesi.  In  realtìt  la 
coccidiosi,  per  quanto  ho  detto,  ha  decorso  acuto,  se  l'infezione  non  si  ripete; 
ripetizione  che  però  accade  facilmente  d'estate  se  le  gabbie  in  cui  si  tengono 
i  ratti  non  vengono  ben  ripulite  giornalmente. 

«  Quando  si  trova  che  i  ratti  presentano  il  coccidio  nelle  feccie,  se  non 
si  vuole  andare  incontro  al  pericolo  di  vederli  soccombere,  si  deve  cambiar 
loro  la  gabbia  ogni  giorno,  servendosi  di  gabbie  che  siano  state  ben  disin- 
fettate. Così  si  impedisce  che  il  ratto  assuma  nuovi  germi,  e  si  è  certi  di 
veder  scomparire  i  Coccidi  dalle  feccie  dopo  poco  tempo. 

«  Questi  &tti  già  stati  intraveduti  da  altri,  ma  non  esattamente  osservati 
per  quanto  io  sappia,  sono  stati  qui  da  me  accennati  perchè  essi  indicano 
al  medico  le  regole  da  osservare  per  la  cura  della  coccidiosi. 

•  Prima  di  lasciar  l'argomento  voglio  aggiungere  che  io  ho  cercato  in- 
vano i  Coccidi  pleurici,  che  sono  stati  dimostrati  Cjausa  di  empiema  in  un 
caso  d'individuo  proveniente  da  paesi  tropicali  (Eùnstler). 

«  Becentemente  Pfeiffer  (i),  ha  descritto  un'altro  Sporozoo  e  precisamente 
una  vera  Gregarina  (Monocjstis)  nel  vainolo,  nella  varicella  e  nelle  pustole 
vacciniche  dell'uomo  e  di  vari  animali.  Io  mi  sono  occupato  di  confermare, 
col  sig.  dott.  Segré  e  da  solo,  questa  interessante  scoperta,  la  quale  se  fosse 
vera,  indicherebbe  indubitatamente  la  vera  causa  del  vainolo  e  della  varicella, 
inquantochè  sappiamo  che  le  Gregarine  negli  invertebrati  sono  capaci  di 
produrre  seri  disturbi.  Senonchè  noi  ci  siamo  convinti  che  certamente  lo 
PfeiffMT  non  ha  avuto  sott' occhi  una  Gregarina  ed  ha  pigliato  per  Greganna 
degli  elementi  alterati,  forse   delle   cellule   epidermoidali  in  degenerazione. 

(^)  Per  la  bibliografia  delle  Memorie  qui  citate  rimando  il  lettore  al  tanto  diifaso 
Centralblatt  f.  Bacter.  a.  Parasìtl.  1887 


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I  corpi  descritti  dallo  Pfeiffer  sono  facilissimi  a  riscontrarsi  in  molte  malattie 
cutanee  ma  non  dimostrano  alcun  carattere  proprio  degli  esseri  vivi.  Parlano 
in  favore  della  nostra  convinzione  rirregolarità  somma  delle  loro  forme  e 
sopratutto  il  modo  di  succedersi  degli  stadi,  il  mancare  i  corpi  falciformi  ecc.  ecc. 
Alla  medesima  conclusione  sono  giunto  per  la  Gregarina  scoperta  dallo  stesso 
Pfeiffer  nell'herpes  zoster  e  pel  coccidio  scoperto  dal  Perroncito  nel  mollusco 
contagioso.  Sono  contento  che  il  prof.  Malocchi  al  Congresso  medico  di  Pavia, 
in  cui  comunicai  una  parte  di  queste  osservazioni,  siasi  dichiarato  perfet- 
tamente d'accordo  con  me. 

«  Voglio  ancora  accennare  al  Protozoo  scoperto  da  Deichler  nella  tosse 
ferina.  Purtroppo  finora  mi  mancò  Taccasione  di  studiar  casi  di  tosse  ferina  : 
le  figure  e  le  descrizioni  date  dal  Deichler  sono  però  tali  da  lasciar  adito 
al  grave  soispetto  che  si  tratti  di  pseudoparassiti  come  quelli  dello  Pfeiffer. 
I  cenni  del  Deichler  sul  morbillo  e  sulla  scarlattina  sono  troppo  incompleti 
per  meritar  seria  attenzione.  Un  Flagellato  è  stato  descrìtto  come  causa  del- 
Tanemia  perniciosa  progressiva  (Klebs).  Finora  però  le  ricerche  sono  incom- 
plete: io  non  l'ho  trovato  in  un  caso  clinicamente  classico  della  malattia  in 
discorso.  Si  è  trovato  anche  una  Monadina  in  casi  di  pseudoleucemia. 

«  È  in  ogni  modo  a  notarsi  che  i  Flagellati  nel  sangue  degli  anfibi, 
dei  rettili  (ho  trovato  anche  VBeteromita  lacertae  Grassi,  nel  sangue  della 
Lacertae  viridis)  e  dei  mammiferi  non  sono  punto  rari;  che  possano  produrre 
gravi  malattie  è  possibile,  ma  non  è  punto  dimostrato. 

«  Besta  di  accennare  alla  malaria.  Il  zoologo  che  studia  le  belle 
Memorie  di  Marchiafava,  di  Celli  e  di  Golgi  si  sente  fortemente  inclinato  a 
credere  che  il  Plasmodium  malariae  sia  un'amiba  imperfettamente  osservata, 
un'amiba  straordinariamente  simile  all'amiba  pigmentifera  da  me  scoperta 
nei  Chetognati,  i  quali  per  essa  subiscono  di  sovente  la  castrazione  cosidetta 
parassitaria  (Giard). 

«  Che  il  Plasmodium  fosse  un'amiba,  era  appunto  la  mia  convinzione 
fino  a  che  ebbi  io  stesso  occasione  di  osservare  la  cosa  da  vicino.  Allora  vi 
cercai  invano  i  caratteri  di  Sarcodino  che  mancavano  nelle  descrizioni  dei 
vari  autori  (compreso  anche  il  Metschnikoff)  e  precisamente  non  vi  trovai  il 
nucleo  in  alcun  modo,  non  ho  potuto  determinare  che  il  Plasmodium  assuma 
nutrimento  solido  co'  suoi  pseudopodi,  non  ho  trovato  neppure  il  Flagello  nelle 
cosidette  spore,  Flagello  forse  necessario  per  spiegar  l'entrata  loro  nel  globulo 
sanguigno.  Capisco  che  ai  risultati  negativi  si  deve  concedere  un  valore  rela- 
tivo :  in  ogni  modo  a  me  pare  lecito  asserire  che  manca  la  prova  che  il  Pla- 
smodium malariae  sia  un  essere  vivo,  ciò  che  ha  già  prima  di  me  sostenuto 
il  prof.  Toinmasi-Crudeli. 

«  Ora  che  abbiamo  passato  in  rassegna  le  varie  malattie  in  cui  si  de- 
scrissero Protozoi,  facciamo  la  somma. 

«  È  dimostrato  che  certi  Protozoi  (i  Coccidi  sopratutto  e  forse  in  certi  casi 


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i  Megastomì)  (1)  possono,  prodnire  malattie  locali.  Manca  la  prova  che  siano 
capaci  di  far  sviluppare  le  cosidette  malattie  infettive.  Questa,  dirò  coeà, 
indifferenza  dei  Protozoi  che  vivono  parassiti,  trova  un  importante  riscontro 
nei  Protozoi  che  conducono  vita  libera.  Come  gli  Schizomiceti  e  gli  Ifomiceti 
parassiti,  quelli  liberi  hanno  in  complesso  un'importanza  grande  nell'economia 
nella  natura  (fermentazione,  putrefazione,  nitrificazione  ecc.).  Invece  i  Protozoi 
liberi  benché  straordinariamente  diffusi  in  modo  che  dapertutto  dove  c'è  un 
po'  d'acqua  s'incontrano  in  enorme  numero,  almeno  per  quanto  finora  si  sa, 
non  hanno  alcun  significato  se  non  in  quanto  servono  di  preda  gli  uni  agli 
altri  e  per  altri  esseri.  Gli  Schizomiceti  e  gli  Ifomiceti  producono  fennenti 
solubili,  veleni  ecc.  I  Protozoi  non  danno  niente  di  simile.  Insomma  senza  Schi- 
zomiceti e  Ifomiceti  l'equilibrio  degli  esseri  vivi  sarebbe  grandemente  turbato, 
ciò  che  non  accadrebbe  che  molto  limitatamente  se  scomparissero  i  Protozoi. 

»  E  si  tenga  conto  d'un  altro  fatto.  I  Protozoi  parassiti  se  portati  in 
vita  libera,  o  muoiono  o  si  conservano  in  una  condizione  che  possiamo  deno- 
minare morte  apparento,  mostrando  cosi  una  proprietà  negativa  in  confironto 
alla  maggior  parto  degli  Schizomiceti  e  d^li  Ifomiceti.  Perciò  i  Protozoi  già 
a  priori  non  si  prestano  a  spiegare  molti  fenomeni  proptì  delle  malattie 
infettive,  i  cui  germi  in  molti  casi,  come  per  es.  nella  malaria,  debbono 
poter  moltiplicarsi  fuori  dell'oiganismo  umano. 

•  Conchiudo.  Io  ho  poca  fede  nei  Protozoi  considerati  come  causa  di 
malattie  infettive.  Essi  possono  produrre  malattie  locali  neiruomo:  questo 
malattie  però,  almeno  nei  nostri  paesi,  sono  relativamento  rare.  La  stolla 
adunque,  a  cui  accenno  nel  principio  di  questa  mia  breve  lettura,  è  secondo 
me  una  stoUa  cadente  (2)  ». 

Fisiologia.  —  Ricerche  sui  gas  contenuti  nella  vescica  nata- 
toria dei  pesci.  Nota  II C)  dì  Margherita  Traube  Mengarini,  pre- 
sentata dal  Socio  Blaserna. 

<  Nel  1883  il  chiarissimo  professore  Emile  du  Bois-Beymond  volse  la  mia 
attonzione  sulle  esperienze  di  A.  Moreau  intorno  alla  vescica  natatoria  dei  pesci. 

«  Il  fatto  veramente  nuovo  e  sorprendento  stabilito  da  Moreau  ò  che 
l'esperimentatore  può  fsur  variare  la  proporzione  tra  l'ossigeno  e  l'azoto  nella 
vescica  natatoria  dei  pesci,  variando  la  pressione  aUa  quale  il  pesce  è  esposto. 

0)  Fon'anche  i  Sarcodìni  possono  produrre  malattìe  locali,  così  Vffaplococcus  reti' 
cukUus  Zùff  nei  mnscoH  del  porco  (Biol.  Centrablatt  Bd.  m,  n.  22,  1883). 

(>)  Non  ho  ricordato  in  questa  Nota  XAmoéha  parasitica  Lenden.  (trovata  da  Len- 
denfeld  in  Australia  nella  ente  di  pecore  affette  da  una  grave  malattia  catanea)  perchè  non  ho 
potato  consultare  il  lavoro  originale  :  ne  conosco  appena  un  estratto  pubblicato  nel  Wiener 
Landwirt  Zeitong  1886,  n.  70. 

(»)  V.  Eendiconti.  Voi.  m,  2^  Sem.,  pag.  $5. 

Bkmdiconti,  1888,  YoL.  IV,  1»  Sem.  12 


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«  Moreaa  dimostrò  che  ciò  dq^ende  dall'aumanto  dì  oseigeno  die  av- 
rìene  nella  vescica  quando  si  rende  il  pesce  specificamente  più  pesante; 
amnento  che  egli  spiega  con  una  secrezionB  di  ossigeno  nella  vescica  stessa. 
Questo  aumento  dell'ossigeno  nella  vescica  si  può  procurare,  sia  vuotando  la 
vescica  stessa  col  trocart  o  colla  pompa  pneumatica,  sia  rendendo  il  pesce 
più  pesante  applicandogli  una  zavorra,  sia  infine  tenendolo  forzatamente  nel- 
Tacqua  ad  una  profondità  maggiore  di  quella  a  lui  solita. 

«  Da  questo  fatto  fu  dedotto,  ed  è  ora  generalmente  ammesso,  che  i 
pesci  sono  capaci  di  segregare  nella  vescica  natatoria  Tossigeno.  L'azoto  vi 
si  troverebbe  per  osmosi  (Nota  I  39  p.  77).  L* autore  non  parla  della  pro- 
venienza delle  piccole  quantità  d'acido  carbonico  che  spesso  vi  si  rintracciano. 

•  Per  dimostrare  anohe  meglio  che  i  pesci  non  prendono  i  gas  trovan- 
tisi  nella  loro  vescica  dall'ambiente,  Moreau  fece  sui  pesci  fisostomi  la  se- 
guente esperienza  che  trascrivo  per  intiera  dalle  Revues  scientifiques  (40 
p.  392)  non  avendo  potuto  in  nessun  modo  ritrovarla  fra  le  opere  originali 
di  Moreau. 

«  Et  maintenant  d'où  vient  l'air  de  la  vessie  natatoire  ?  Lorsqu'il  y  a 
tt  un  canal  de  communication  avec  l'estomac,  on  peut  se  demander  si  le  pois- 
»  son,  qu'on  voit  du  reste  souvent  venir  à  la  surface  gober  des  buUes  d'air, 
«  ne  les  introduirait  pas  directement  dans  sa  vessie.  On  démontre  qu'il 
«  n'en  est  rien  en  laissant  pendant  plusieurs  fours  le  vase  où  nagent  les 
«  poissons  sous  une  vaste  cloche  pleine  d'un  mélange  d'hydrpgène  et  d'oxy- 
«  gène:  on  ne  trouve  jamais  d'hydrogène  dans  la  vessie  à  moins  qu'on  ait 
«  au  préalable  vide  le  réservoir  gazeux  par  le  jeu  de  la  pompe  pneumatique  • . 

«  Alcune  esperienze  da  me  fatte  nel  laboratorio  del  marchese  Stefano 
Capranica  gentilmente  posto  dal  proprietario  a  mia  disposizione,  confermano 
soltanto  l'ultima  asserzione  di  Moreau,  che  cioè  i  pesci  colla  vescica  vuo- 
tata ad  arte  inghiottiscono  il  gas  che  trovano  alla  superficie  dell'acqua. 

«  —  Prima  serie  di  esperienze  eseguite  sui  carassius  auratm  ed  infine 
sui  leucisctcs, 

«  Il  carassius  auratm  ha,  come  è  noto,  la  vescica  natatoria  ristretta  a 
circa  due  quinti  della  sua  lunghezza,  in  modo  da  formare  due  sacchi  comu- 
nicanti. Questi  sacchi  però  sono  tanto  indipendenti  l'uno  dall'altro,  che  si 
possono  benissimo  vuotare  separatamente.  Perfino  separandoli  con  un  taglio  il 
gas  non  si  perde. 

«  Credo  però  che  questa  indipendenza  non  debba  attribuirsi  ai  due 
muscoli  annulari  descritti  da  Mueller,  ma  bensì  alla  materia  colloidale  della 
vescica,  giacché  pure  i  fori  del  trocart  richiudonsi  subito;  e  recidendo  il 
dutto  esofE^eo  dove  sbocca  nella  vescica,  pochissimo  gas  ne  esce  nonostante 
che  io  abbia  trovato  i  gas  nella  vescica  del  carassius  auratus  sempre  sotto 
pressione  maggiore  di  quella  dell'aria  atmosferica. 


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«  Per  Tuotare  la  vescica  del  pesce  mi  servii  del  metodo  di  Moreau 
adoperando  invece  del  trocart  nna  siringa  di  Pravaz  capace  di  10  ce. 

«  La  siringa  viene  introdotta  im  po'  al  disopra  della  linea  laterale  del 
pesce  per  non  ferire  Tintestino. 

•  Il  pesce  fu  tenuto  durante  l'esperienza  in  acqua  disaereata  (^)  satura 
d'idrogeno. 

«  L'esperienza  fa  disposta  nel  seguente  modo:  il  pesce  operato  venne 
introdotto  in  un  pallone  di  vetro  chiuso  ermeticamente  con  un  tappo  dì  gomma 
coperto  di  mercurio  e  attraversato  da  due  tubi  di  vetro  con  robinetti  ugual- 
mente di  vetro.  Uno  dei  tubi,  che  eira  destinato  ad  introdurre  una  abbon- 
dante corrente  di  idrogeno  nel  pallone  vi  pescava  poco  oltre  il  centro  di 
esso,  Taltro  destinato  all'uscita  del  gas  non  oltrepassava  lo  spessore  del  tappo. 

«  II  pallone  venne  riempito  d'acqua  che  vi  fu  fatta  bollire  prima  alla 
pressione  atmorferica  e  poi  per  lungo  tempo  nel  vuoto  prodotto  da  una  pompa 
ad  acqua. 

«  L'acqua  poi  venne  tenuta  satura  d'idrogeno  che  vi  gorgogliò  durante 
tutta  l'esperienza,  formando  un'atmosfera  di  pochi  centimetri  di  altezza  tra 
la  superficie  dell'acqua  ed  il  tappo. 

«  L'idrogeno  prima  di  entrare  nel  pallone  passava  per  alcuni  apparecchi  di 
lavaggio,  cioè:  due  tubi  ad  u  pieni  di  pezzetti  di  pomice  imbevuti  di  sublimato 
eorrosìvo,  una  bottiglia  con  nitrato  di  piombo,  una  con  nitrato  d'argento, 
un  tubo  con  potassa  caustica  e  finalmente  delle  bolle  di  Liebig  riempite  dì 
nitrato  d'argento  serventi  di  teste. 

«  Appena  queste  s'annerivano  venn^x)  fatti  i  necessari  cambiamenti 
negli  altri  apparecchi 

«  Queste  precauzioni  sono  necessarissime  per  preservare  i  pesci  dalle 
velenose  impurezze  dell'idrogeno.  Il  pesce  introdotto  nell'acqua  disaereata 
non  cade  in  fondo  se  ha  perduto  il  gas  di  una  vescica  sola.  Sta  allora  ver- 
ticalmente colla  testa  in  su,  se  il  gas  perduto  è  quello  della  vescica  poste- 
riore ;  se  invece  è  queUo  della  vescica  anteriore  si  avvicina  meno  alla  ver- 
ticale e  tenendo  la  testa  in  giù. 

«  Il  pesce  con  ambedue  le  vesciche  vuote  riempie  probabilmente  prima 
l'anteriore,  giacché  sta  dopo  poco  tempo  verticalmente  colla  testa  in  su. 

«  Questi  fenomeni  non  si  osservano  nettamente  che  nei  pesci  messi  dopo 
roperasàone  nell'acqua  disaereata  o  guasta,  oppure  in  quelli  operati  che  per 
qualunque  lenone  stanno  male. 

«  Si  vede  che  dipende  dalla  volontà  del  pesce  o  piuttosto  dalle  sue 
facoltà  di  coordinazione  dì  controbilanciare  col  giuoco  dei  muscoli  la  spinta 

(0  Sapevo  da  esperienze  non  ancora  pubblicate  che  feci  sulla  proposta  e  sotto  la 
direzione  del  prof.  Hugo  Eronecker,  che  i  pesci  resistono  relativamente  bene  alla  man- 
canza d^ossigeno  se  sì  asporta  Tacido  carbonico,  locchè  allora  si  operò  fissandolo  col- 
r  idrato  di  sodio. 


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—  92  — 

che  sente.  Le  posizioni  straordinarie  assunte  dal  pesce  non  dipendono  da  una 
paralisi  muscolare  del  pesce,  poiché  esso  allo  stesso  tempo  è  capace  di  giun- 
gere con  straordinari  sforzi  muscolari  sia  alla  superficie,  sia  in  fondo  del 
Taso  secondo  che  pesa  più  o  meno  dell'acqua. 

«  1^  esperienza  :  Un  pesce  di  63  gr.  viene  introdotto  nel  pallone  dopo 
essere  stato  privato  di  circa  10  ce.  di  gas.  Esso  cade  al  fondo  del  vaso:  soffre 
di  una  forte  dispnea  e  fa  ogni  sforzo  per  arrivare  alla  superficie,  ciò  che  gli 
riesce  ad  intervalli  per  mezzo  di  movimenti  serpiformi.  Arrivato  alla  super- 
ficie succhia,  per  tutto  il  tempo  che  gli  riesce  di  fermarvisi,  avidamente 
ridrogeno. 

«  Dopo  circa  tre  ore  e  mezza  il  pesce  galleggia  alla  superficie  ;  riesce 
allora  ad  andare  giù  cogli  stessi  sforzi  muscolari  che  al  principio  gli  servi- 
rono per  salire.  Non  arriva  però  fino  in  fondo  al  vaso  e  finisce  dopo  poco 
tempo  per  non  muoversi  più  dalla  superficie  dove  galleggia  in  posizione  oriz- 
zontale senza  muovere  le  pinne.  Viene  ucciso  dopo  dodici  ore  di  permanenza 
nel  pallone. 

«  Il  gas  della  sua  vescica  viene  introdotto  nell'eudiometro  e  dà  una  forte 
detonazione  seguita  da  forte  contrazione  di  volume. 

«  Il  pesce  dunque  aveva  aggiunto  l'idrogeno  all'ossigeno  rimastogli  nella 
vescica. 

«  Quest'esperienza  non  parlerebbe  contro  la  possibilità  di  una  secrezione 
dell'ossigeno  nella  vescica:  il  pesce  sentendosi  più  pesante  dell'ambiente  e 
vieppiù  privo  d'ossigeno,  ha  procurato  di  tornare  allo  stato  normale  più  presto 
che  poteva  inghiottendo  il  gas  esistente  alla  superficie. 

«  2^  esperienza  :  Senza  cambiare  l'apparecchio  già  descritto,  circondai 
il  tubo  afferente  l'idrogeno  d'una  rete  metallica  a  forma  d'imbuto  che  chiu- 
deva poi  il  collo  del  pallone  in  modo  che  il  pesce  introdottovi  non  potesse 
più  attingere  né  le  bolle  d'idrogeno  che  gorgogliavano  nell'acqua,  né  l'idro- 
geno alla  superficie. 

«  Un  pesce  di  155  gr.  introdottovi  si  comporta  al  principio  come  i  pesci 
della  prima  esperienza  :  tenta  di  andare  alla  superficie  con  movimenti  serpi- 
formi  e  finisce  per  tenersi  verticalmente. 

«  Dopo  due  ore  e  mezzo  però  sta  al  fondo  e  non  va  in  su  che  di  rado. 
Dopo  trentasei  ore  rimane  permanentemente  al  fondo  del  pallone.  La  sua 
respirazione  ha  cambiato  carattere.  Invece  delle  respirazioni  frequentissime, 
ma  con  mosse  normali  della  bocca  e  degli  opercoli,  respira  molto  di  rado 
spalancando  la  bocca  e  le  branchie  annerite  in  modo  convulso. 

«  Viene  ucciso  dopo  71  ore  e  mezza  di  permanenza  nel  pallone.  Il  gas 
della  sua  vescica  introdotto  neirendiometro  esplode  soltanto  coU'aggiunta  del- 
l'ossigeno. 

«  Bipetei  quest'esperienza  su  vari  soggetti.  Per  l'ultima  di  esse  misurai 
i  gas  della  vescica  sebbene  in  modo  poco  preciso,  senza  catetometro. 


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—  93  — 
«  Ottenni  come  risultato  dell*analisi  : 

Idrogeno  3,30  ce. 

Azoto  3,70  ce. 

Acido  carbonico    0,10  ce. 

Queste  esperienze  provano  che  il  pesce  è  capace  di  empire  la  Yescica  nata- 
toria non  soltanto  coi  gas  che  trova  alla  superficie  dell'acqua,  ma  anche  con 
quelli  sciolti  in  essa,  cosa  negata  da  Humboldt  e  ProTen9al  (0  e  non  più  posta 
in  questione,  per  quanto  io  sappia,  da  alcun  naturalista  dopo  di  loro. 

«  3*  esperienza  :  Esiste  un*ipotesi  di  Erman  sulla  respirazione  dei  pesci 
colla  quale  si  potrebbe  pure  spiegare  come  i  pesci  provveduti  di  dutto  eso- 
fageo siano  capaci  di  riempire  la  loro  vescica  natatoria  coi  gas  sciolti  nel- 
l'acqua. 

«  Egli  (21)  dice  :  «  Io  credo  con  buona  ragione  che  gli  animali  con 
«  branchie  producano  od  almeno  favoriscano  assai  la  separazione  dell'aria 
«  (dall'acqua)  aprendo  rapidamente  la  cavità  buccale  prima  fermamente  chiusa 
«  attirando  così  l'acqua  in  uno  spazio  molto  aggrandito  ;  Tana  in  parte  libe- 
«  rata  dalla  pressione  dell'acqua  si  espande  e  si  stacca  dall'acqua  in  boUi- 
ft  cine  che  l'animale  nella  seconda  parte  della  respirazione  dirige  alle  branchie  • . 

«  Per  verificare  l'ipotesi  di  Erman  variai  le  mie  esperienze.  Al  pallone 
chiuso  venne  sostituito  una  vasca  a  pareti  di  vetro,  nel  di  cui  centro  per 
mezzo  di  appositi  tubi  gorgogliano  durante  tutto  il  decorso  dell'esperienza 
due  correnti  gazzose  :  l'una  di  aria  atmosferica,  l'altra  d'idrogeno.  Delle  reti 
di  nickel  erano  disposte  in  modo  che  i  pesci  non  potevano  attingere  diret- 
tamente i  gas  nò  alla  superficie,  né  lungo  il  tragitto  delle  bolle. 

«  Introdussi  in  questa  vasca  un  Lmciscus  colla  vescica  intatta  e  colla 
bocca  mantenuta  permanentemente  spalancata  da  un  pezzo  di  sughero  imbe- 
vuto colla  paraffina  e  spintogli  nelle  fauci  in  modo  da  non  impedire  il  pas- 
silo dell'acqua,  ma  da  rendere  immobile  l'apparecchio  buccale. 


{})  23  p.  283  tf  On  a  fait  reapirer  des  tanches  non  senlement  dans  da  gaz  Hjdro- 
a  gène,  mais  ansai  dans  nne  des  eanz  chargées  d'nn  mélange  d^Hydxogène  et  d'Ozygène. 
«  Pas  nn  atdme  d^Hydrogène  n'est  entré  dans  la  vessie  natatoire  des  poissons  sounis  à 
«  ces  ezpénences  ». 

tt  Onesto  risaltato  negativo  ottonato  dal  celebre  natoralista  dipende  probabilmente 
dalle  impnrezze  dell'idrogeno  adoperato,  poiché  a  p.  279  dice  :  a  Les  poissons  placés  dans 
a  on  liqnide  qai  contenait  de  rOzygène,  de  THydrogène  et  de  TAzote  parnrent  sonfErants 
«  dès  qaMl  farent  placés  soas  la  cloche  qoi  était  renyersée  sor  da  mercare.  On  les  retire 
a  presqne  morts  après  trois  heares  de  temps  ».  £  poi  :  «  Hs  soaffirent  plas  dans  THydrogène 
«  qae  dans  TAzote.  Bs  sont  dans  an  état  de  mort  apparente  si  on  les  y  enferme  pendant 
a  qaatre  oa  cinq  heares.  On  remarqae  généralement  qae  dans  les  gaz  Azoto  et  Hydro- 
tt  gène,  ils  ferment  leors  opercoles  comme  poar  garantir  lears  branchies  da  contact  de  ces 
«  deoz  gaz  ». 


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—  94  — 

«  Il  pesce  reso  dal  sughero  più  l^igìero  dell'acqua  resta,  come  sospeso 
e  colla  testa  in  su  alla  rete  di  nickel  che  gli  rende  impossibile  l'accostarsi 
alla  superficie  dell'acqua. 

«  Dopo  due  ore  va  verso  il  fondo  con  grandi  sforzi  muscolari.  Abban- 
donandosi però  rimane  dì  nuovo  sospeso  sotto  la  rete,  ma  questa  volta  colla 
testa  obliquamente  in  basso. 

«  È  difficile  spiegare  questo  secondo  spostamento  nelle  condizioni  di  equi* 
librio  del  pesce  giacché  esso  non  perdette  durante  Tespenenza  alcuna  bolla  di 
gas  (0*  Dopo  20  oiinuti  cambia  di  nuovo  la  sua  posizione  e  finisce  per  rimanere 
orizzontalmente  sotto  la  rete. 

Il  II  pesce  venne  sacrificato  dopo  72  ore.  È  da  notare  che  il  numero 
delle  sue  respirazioni  era  alla  fine  come  al  princìpio  da  80  a  85.  Le  inspi- 
razioni però  parevano  più  ampie  del  normale,  giacché  il  pesce  dilatava  molto 
gli  opercoli. 

«  L'aria  della  sua  vescica  esplose  vigorosamente  nell'endiemetro;  essa 
conteneva  quindi  oltre  all'ossigeno  suo  proprio,  mm  ragguardevole  quantità 
d'idrogeno  assorbito  dall'acqua. 

«  Dalle  esperienze  finora  descritte  risulta  : 
«  P  Le  citate  esperienze  di  Moreau  si  verificano  soltanto  per  ciò  ohe 
riguarda  i  pesci,  i  quali  avendo  la  vescica  natatoria  vuotata  ad  arte  vanno 
alla  superficie  per  inghiottire  qualsiasi  gas  ivi  trovano  per  riempirne  la  loro 
vescica  natatoria. 

«  2""  I  pesci  fisostomi  sono  capaci  di  separare  l'idregeno  sciolto  nel- 
l'acqua e  di  riempirne  la  vescica. 

(c  3^  Questo  processo  accade  sia  che  per  mancanza  di  gas  nella  vescica 
essi  sentano  lo  stimolo  di  riempirla,  sia  nel  caso  che  avendo  Iìnto  causato 
artificialmente  una  diminuzione  di  peso  essi  galleggino  sull'acqua. 

«  40  I  pesci  respirano  benissimo  senza  far  movimenti  colla  bocca. 
Quindi  la  morte  dei  pesci  tenuti  colla  bocca  spalancata  sotto  l'acqua  corrente 
non  può  essere  attribuita,  come  suppone  Erman,  alla  loro  incapacità  di  pro- 
curarsi l'aria  facendo  il  vuoto  colla  bocca. 

«  In  altra  nota  dimostrerò  che  i  pesci  senza  dutto  esofageo  si  compor- 
tano in  modo  identico  ai  fisostomi  » . 


(0  Dopo  le  esperienze  di  Charbonnel  Salle  (Annales  dea  Sciences  nal  1887  voi.  II 
p.  305),  pare  escloso  il  dabbio  che  i  ciprini  siano  capaci,  come  ammette  MueUer,  dietro 
considensioni  anatomiche,  di  spostare  le  masse  di  gas  volontariamente  da  una  Tescica 
airaltra. 


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MEMORIE 
DA  SOTTOPOBSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

P.  ToLDo.  /  Fableaux,  Presentata  dal  Segretario. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

n  Segretario  Carutti  presenta,  in  nome  del  dotto  e  operoso  editore, 
le  due  seguenti  opere:  l""  il  volume  decimo  della  Bibbia  volgare  secondo 
la  rara  edizione  del  1  ottobre  MGOCOLXXI,  ristampata  per  cura  di  Carlo 
NsaBONi;  col  quale  Yolume,  che  contiene  le  «  Lettere  Apostoliche  »  e  «  T Apoca- 
lisse* hA  termine  Topera;  2^  Le  Letture  edite  e  inedite  di  Giovan  Bat- 
tista G£Lu  sopra  la  Commedia  di  Dante,  raccolte  per  cura  di  Carlo  Ne- 
oRONi,  sodo  della  r.  Commissione  pei  testi  di  Lingua.  Firenze,  1887,  fratelli 
Bocca  editori;  volami  in  ottavo. 

Lo  stesso  Segretario  presenta  pure  la  Storia  dell'Impero  Ottomano  da 
Osman  alla  pace  di  Carlovitz,  del  senatore  Yincbnzo  Errante,  Boma,  1882, 
due  volumi,  e  ne  discorre;  e  l'opera  del  Socio  Lampertico  intitolata:  La 
Legge  14  luglio  1887,  n.  4727  {Serie  5*)  di  abolizione  ed  a/francagione 
delle  decime. 

n  Socio  Oumi  presenta,  a  nome  dell'editore  prof.  Bossi,  /  papiri  eopti 
del  Mttóeo  Egizio  di  Torino,  ragionando  dell'importanza  e  dell'utilità  della 
pubblicazione. 

Il  Socio  Lampertico  presenta  all'Accademia  la  Balazione  testò  pub« 
blicata  in  nome  del  Ministero  d'Agricoltura,  Industria  e  Conunereio  sul  com- 
mercio, l'industria,  il  credito,  ed  aggiunge  le  seguenti  parole: 

«  Autore  ne  è  il  comm.  Monzilli,  direttore  Capo  divisione  dell'industria 
e  del  commercio.  La  relazione  con  molta  chiarezza  di  dettato  e  molta 
copia  di  notizie  &  conoscere  quale  sia  l'azione  che  nelle  attribuzioni  del 
Ministero  dell'Agricoltura,  Industria  e  Conmiercio,  l'amministrazione  pubblica 
esercita  quanto  all'industria,  al  commercio  e  al  credito.  Essa  pecnliaimente 
si  occupa  dì  quanto  concerne  quella  parte  dell'istruzione  che  spetta  ancora 
al  Ministero  di  Agricoltura,  Industria  e  Conmifircio. 

«  Non  ne  fo  una  recensione,  ma  solo  la  presentazione,  non  senza  segna- 
larne l'importanza  anche  scientifica  ndle  svariate  appUcazìom  della  scienza 
in  questo  campo  di  attività  dell' Anuninistraidoiie  Pubblica  ». 


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n  Socio  Betocchi,  a  nome  del  conte  di  Charbngbt,  fa  omaggio  del 
tomo  XV  degli  Atti  della  Società  filologica  di  Francia^ 

Il  CorriBpondente  Lum eroso  presenta  in  nome  dell'autore,  la  seconda  edi- 
zione ampliata  e  corretta  dei  Ritratti  e  profili  politici  e  letterari  di  Matteo 
Bicci  (Firenze,  Cellini,  1888).  Questa  pregevole  raccolta,  in  cui  è  da  notarsi 
che  lo  scrittore  è  fonte  a  sé  stesso,  contiene  le  monografie:  Azeglio  e  Cavour; 
Federigo  Sclopis;  i  due  Promis;  Giovanni  Prati;  Caterina  Ferrucci;  Carlo 
Bandi  di  Yesme;  Ercole  Bicotti;  Cesare  Campori. 


PERSONALE  ACCADEMICO 

Il  Segretario  Carutti  annuncia  all'Accademia  la  morte  del  Socio  nazionale, 
senatore  Francesco  Carrara,  Socio  della  B.  Accademia  dal  9  marzo  1875, 
avvenuta  il  17  gennaio  corr.,  dicendo  che  ogni  sua  parola  sarebbe  insufScìente  a 
segnare  la  dolorosa  perdita  che  l'Accademia,  la  Scienza  del  diritto  e  l'Italia 
hanno  fatta. 

Il  Socio  Mancini  si  associa  ai  sentimenti  espressi  dal  Segretario  Ca- 
rutti, ed  aggiunge  che  si  riserba  di  commemorare  l'illustre  estinto  insieme 
al  chiaro  giurista  Francesco  Laurent,  che  faceva  parte  dell'Accademia 
come  Socio  straniero. 


CONCORSI   A   PREMI 

Il  Segretario  Carutti  dà  comunicazione  dei  lavori  presentati  al  concorso 
al  premio  Beale  per  le  Scienze  filosofiche  e  morali,  scaduto  col  81  di- 
cembre 1887. 

1.  Cbcconi  Giovanni.  La  genesi  dell'Italia  (st). 

2.  Maltese  Felice.  Monismo  o  nichilismo,  voi.  I,  II  (st.). 

8.  Paoli  Giulio  Cesare.  Fisioeosmos  o  saggio  di  un  sistema  naturale 
di  filosofia  (ms.). 

4.  Paolini  Eugenio  Paolo.  L'allevamento  umano.  Manuale  per  gli  edu- 
catori della  prima  infanzia.  Educazione  fisica  (si). 

6.  PiTRELLi  Nicola.  L'uno  per  ogni  verso  o  la  lingua  universale  di 
Leibnizio  e  la  inesattezza  delle  scienze  esatte  (si). 

6.  Santangelo  Spoto  Ippolito,  l)  La  tendenza  delle  classi  sociali  infe- 
riori nella  2^  metà  del  secolo  Jr/Z(st).  —  2)  Importala  della  monografia 
di  famiglia  negli  studi  sociali  (st.). 


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7.  Anonimo.  (Motto  :  «  Intima  panduntur  vieti  penetralia  coeli  »).  L' asso- 
soluto  vivente  (ms.). 

8.  Anonimo.  (Motto  :  «  Laboravi  »  ).  La  dottrina  del  vovq  noirjrixóg  e  na- 
TtjT$x6g  studiata  in  Aristotele  e  ne'suoi  principali  interpreti  da  Teofrasto 
fino  a  giorni  nostri  (ms.). 

9.  Anonimo.  (Motto  :  «  Mestier  gli  fu  d'aver  sicm-a  fronte  » .  Inf.  XXI). — 
Primordi  del  linguaggio  (ms.). 


CORRISPONDENZA 

Il  Spretano  Carutti  comunica  una  lettera  del  ff.  di  Sindaco  marchese 
GcicciOLi,  colla  quale  s'invitano  gli  accademici  ad  assistere  alla  inaugura- 
zione dei  busti  di  Bartolomeo  Borghesi  e  Guglielmo  Henzen,  che  avrà 
luogo  in  Campidoglio  il  27  del  corrente  mese. 

Lo  stesso  Segretario  dà  conto  della  corrispondenza  relativa  al  cambio 
degli  Atti. 

Bingraziano  per  le  pubblicazionioni  ricevute: 

La  Sovraintendenza  agli  Archivi  nelle  provincie  Romane  ;  la  Società  di 
scienze  naturali  di  Ottawa;  T Università  di  Oxford;  la  Scuola  politecnica  di 
Delft;  il  Museo  di  zoologia  comparata  di  Cambridge,  Mass. 

Annunciano  rinvio  delle  loro  pubblicazioni: 

L'Accademia  delle  scienze  di  S.  Francisco;  la  Società  storica  di  Han- 
nover; le  Università  di  Utrecht  e  di  Tubinga;  il  Museo  nazionale  di  Mexico; 
l'Istituto  Teyler  di  Harlem;  l'Osservatorio  Morrison  di  Glasgow,  Missouri. 

D.  C. 


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—  99  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DELLA    R.    AGGADEMLA.    DEI    LINCEI 


Glasse  dì  scienze  fisiche,  matematiclie  e  naturali. 

Seduta  del  5  febbraio  1888. 

F.  Briosghi  Presidente 


MEMORIE  E  NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Astronomia.  —  Osservazioni  sul  bordo  e  sulle  protuberanze 
solari^  fatte  air  Osservatorio  del  Campidoglio  negli  anni  1884, 
1885,  1886  e  1887.  Memoria  del  Socio  K  Respighi  e  del  dott. 
F.  Giacomelli, 

Questo  lavoro  sarà  pubblicato  nei  Yolumi  delle  Memorie. 


Minerale^.  —  Sulla  così  detta  Savite  di  Montecatini.  Comu- 
nicazione del  Socio  Alfonso  Cossa. 

«  A  complemento  di  quanto  fu  giustamente  asserito  dal  sig.  Ettore  Ar- 
tini  nella  sua  Nota  presentata  nella  seduta  del  giorno  8  gennaio  scorso,  sulla 
identità  della  Savite  del  Bechi  colla' Nairolite,  m'interessa  di  far  cono- 
scere che  per  riguardo  alla  composizione  chimica  l'identità  dei  due  minerali 
fu  già  stabilita.  L'ingegnere  Ettore  Mattirolo  esegui  nel  corso  dell'anno  1886, 
nel  mìo  laboratorio,  delle  indagini  sulla  composizione  di  cristalli  della  così 
detta  Sayite,  dalle  quali  risulta  che  questo  minerale  quando  è  ben  scelto 
Rbnbioonti.  1888,  Vol.  TV,  V  Sem.  13 


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—  100  — 

non  contiene  traccio  di  magnesia,  e  presenta  una  composizione   centesimale 
che  soddisfa  a  quella  corrispondente  alla  formola  della  Natrolite  (^)  " . 

Matematica.  —  Sopra  alcuni  invarianti  simultanei  di  due 
forme  binarie  degli  ordini  5  e  4  j  e  sul  risultante  di  esse.  Memoria 
del  Corrispondente  Enrico  D'Ovidio. 

«  Il  numero  degl'invarianti  e  covarianti  fondamentali  di  una  o  più  forme 
binarie  cresce  assai  rapidamente  all'elevarsi  dell'ordine  di  ciascuna  forma,  e 
non  meno  rapidamente  si  accumulano  le  difBicoltà  che  presenta  il  calcolo 
degl'invarianti  e  covarianti  medesimi.  Ciò  spiega  come  non  siano  stati  ancora 
stabiliti  i  sistemi  completi  simultanei  di  due  forme,  una  almeno  delle  quali 
sia  di  ordine  superiore  al  4P. 

«  Il  presente  scritto  reca  qualche  contiìbuzione  al  sistema  simultaneo 
di  due  forme,  una  del  5^  ordine  e  l'altra  del  4P\  e  precisamente  ha  per 
oggetto  :  di  assegnare  quegl' invarianti  fondamentali  che  son  di  gradi  non  supe- 
riori a  4  e  5  rispettivamente  nei  coefficienti  delle  due  forme,  e  di  esprimere 
mediante  essi  il  risultante  delle  due  forme. 

tt  In  conseguenza  questo  lavoro  ha  stretto  legame  con  la  mia  Noia  sulle 
forme  binarie  del  5^  ordine  (Atti  dell'Accademia  delle  Scienze  di  Torino, 
voi.  XV,  1880)  e  con  la  Memoria  Sopra  alcuni  invarianti  di  due  forme 
binarie  degli  ordini  5  e  2,  o  5  e  3j  e  in  particolare  sul  risultante  di  esse 
(Memorie  della  Società  Italiana  delle  Scienze  detta  dei  XL ,  tomo  lY,  1881)  " . 

Questo  lavoro  sarà  inserito  nei  volumi  delle  Memorie. 

Matematica.  —  Sopra  certi  integrali  definiti.  Nota  del  Corri- 
spondente S.  PlNCHERLE. 

«  1.  Sia  q{t)  una  funzione  continua,  reale  o  complessa,  data  per  ogni 
valore  reale  e  positivo  di  /  da  0  a  oo,  e  finita  per  ogni  valore  finito  di  t^ 
eccettuato  al  più  ^  =  0.  Si  supponga  inoltre  che  sia 

lim  (f{t)  er^  =  Q 

per  ogni  x  la  cui  parte  reale  è  maggiore  di  un  numero  reale  dato  a  (*).  In 
tale  ipotesi,  è  noto  che  l'espressione 


X- 


€r'^9{t)dt 


0)  Sulla  Natrolite  di  Montecatini.  Nota  di  E.  Mattirolo.  Atti  della  B.  Accademia 
delle  scienze  di  Torino.  Voi.  XXI.  Adunanza  del  20  giugno  1886. 

(*)  Verrà  indicata  con  r[x)  la  parte  reale  della  quantità  complessa  x. 


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—  101  — 

rappresenta  una  ftmzione  analitica  di  ^,  regolare  per  r{x)  >  a  e  per  e  pic- 
colo quanto  si  vuole  ed  anche  per  «  ==  0  se  g>{t)  è  finita,  o  infinita  d'ordine 
(algebricamente)  minore  del  primo,  per  <  =  0.  Ma  se  tp{t)  è  infinita  per  /  =  0 
d'ordine  &  >.  1,  Tespressione 

(1)  \(r'^9it)dt 

Jq 

non  avrà  alcun  significato,  benché  essa  possa  continuare  a  godere  di  proprietà 
formali.  Bensì  avrà  significato  Tespressione 

(2)  i—l)^\e^t^9(t)dt 

per  ogni  A  >.A;  e  supponendo  dora  innanzi  X  intero,  qust' ultima  espres- 
sione si  potrà  chiamare  la  derivata  A***»»»  formale  della  (1), 

«  Ciò  posto,  se  in  luogo  della  (1)  prendiamo  a  considerare  l'espressione 

dove  a  è  tale  che  r(a)^a,  questa  avrà  significato  per  r(x)'^a  e  rappre- 
senterà per  quei  valori  di  x  una  funzione  analitica,  le  cui  proprietà  saranno 
ai&tto  simili  a  quelle  di  cui  godeva  formalmente  la  (1).  In  particolare  le 
derivate  della  (3),  dall'indice  X  in  avanti,  coincidono  colle  (2). 

K  n  procedimento  con  cui  dalla  (1)  si  è  passati  alla  (8),  è  stato  sug- 
gerito da  una  formula  che  s*  incontra  nella  teoria  delle  funzioni  euleriane  come 

espressione  di      ^.  .  (i).  Esso  sarebbe  suscettibile  di  generalizzazioni  suUe 

quali  mi  propongo  di  tornare,  ed  è  appena  necessario  di  avvertirne  l'analogia 
col  metodo  che  si  tiene  nell'applicazione  del  teorema  di  Mittag-Leffler,  quando 
ai  termini  di  una  serie  si  sottraggono  funzioni  opportune  in  modo  che  la 
serie  si  riduca  convergente. 

«  2.  Prendo  a  considerare  la  serie  multipla 

(4)      y  (''^\  h\ . .  .M {-ir^-^--^ , 

^  \ni/  \nt/     \nmj  (x  +  Wi  «i  H-  tit  a,  h-  •■.  n»  ccmY 
dove  le  n ,  rt ,  . . .  rm  sono  quantità  reali  e  negative  e  le  ai ,  «2 , . . .  a^ 
sono  quantità  complesse  aventi  la  parte  reale  positiva,  e  la  sonmia  va  estesa 
a  tutti  i  valori   interi,  positivi  o  nulli,    degl'indici  w^ ,  Wa , . . .  »«•  Siccome 
questa  serie  converge  e  diverge  insieme  alla 

( — l)n,-M4-H...na 


^  2i^  \»i/  W  W/  (^1  «1  • 


così  mi  occuperò  prima  di  questa. 

«  Estraggo  dalla   (5)  quel  gruppo  di  termini,  che  dirò  S;»,  in  cui  la 

(»)  V.  Hermite,  Covri,  3»«  ed.,  p.  131  (Paris,  Hermann,  1887). 


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—  102  — 

somma  ni  +  nt  -|-  •  •  •  ^  ^^l' indici  è  costante  e  ugnale  ad  n:  indi,  essendo 
a  la  minima  fra  le  r(ai),  r{at), . . .  r(iKni))  osservo  che  in  quel  groppo 

I  «1  ai  +  »,  a,  4-  -  W«  ««  I  >.  Wi  r  («i)  +  »,  r  (a,)  +  -n^  r  (a,»)  >.  »«  ; 
inoltre,  per  essere  le  ri ,  r, , . . .  r^  negative,  il  coefficiente 

è  essenzialmente  positivo;  infine  per  le  proprietà  dei  coefficenti  binomialì, 

dove  la  sonmia  si  estende  ai  valori  degl'  indici  la  cui  somma  è  uguale  ad  n. 
Per  queste  ragioni,  si  ha: 

isi^ìis.l.i(-»"f-r-'--);?^- 

Ma  il  rapporto  di  due  termini  consecutivi  in  quesVultima  serie  essendo 

^      AH-riH-r,+  -rm-hl    ^   

n 
si  ha,  per  il  criterio  di  Gauss,  che  essa  sarà  convergente  sotto  la  condizione 

(6)  ^>  — (ri-+-r,4-.-.r«). 

Tale  è  la  condizione  di  convergenza  della  serie  (5)  e  conseguentemente  della  (4). 
«  8.  Tornando  alle  espressioni  della  forma  (1),  consideriamo  il  caso  speciale 

(7)  (  er<^^n(l  —  er^%dt 

Jo      '-' 

dove  le  a^  hanno  le  parti  reali  positive.  La  (7)  si  può  riguardare  come 
la  generalizzazione  dell'integrale  euleriano  di  prima  specie,  come  si  vede 
scrìvendola  sotto  la  forma 

0  ' 

mediante  la  trasformazione  u=sér^. 

«  Quando  la  (7)  ha  un  significato,  essa  rappresenta,  per  r(x)  >  0,  una 
funzione  analitica  regolare  di  ;r;  ma  se  gli  esponenti  r^  sono,  come  li  sup- 
porremo quindi  innanzi  (*),  reali  e  negativi,  la  funzione  sotto  il  segno  è  infi- 
nita dell'ordine  — (ri-+-r,H-...rm)  per  /=^0  e  la  (7)  non  ha  significato 
se  quest'ordine  è  maggiore  dell*  unità.  Qa  invece  sempre  un  significato 
Tespressione 

(8)  tlI^F^x-i)(^)=  (  e-^t^-in(i—é^ty^dt, 

kJq 

per. A  intero  e  soggetto  alla  condizione  (6). 

0)  Si  tralascia  per  brevità  Testensione  al  caso  che  le  fy  siano  complesse,  e  aU*altro, 
i  semplice,  che  alcune  delle  ry  siano  positive. 


X- 


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—  108  — 

«  Svolgendo  in  serie  il  prodotto  sotto  il  segno  nella  (9),  si  pnò  eseguire 
r  integrazione  termine  a  termine,  poiché  in  fbiza  delle  considerazioni  svolte 
nel  §  precedente,  si  può  applicare  un  noto  teorema  del  Dini  (^)  ;  e  si  ottiene 
così 

«  Il  teorema  di  Mittag-LeflSer  e'  insegna,  partendo  da  questa  espressione, 
integrando  X — 1  volte  e  determinando  convenientemente  le  costanti,  a  for- 
mare un'espressione  che  nei  punti  — («iai-hnia,H — rimam)  è  infinita  del 

prim' ordine  coi  residui  ( — 1)»*  I  Mi  *)•••{  "*)•  Ora,  il  mio  scopo  è  ap- 
punto di  far  notare  come  questa  espressione  si  possa  ottenere  in  forma  d'in- 
tegrale definito,  applicando  alla  (7)  il  procedimento  indicato  al  §  1  ;  e  questa 
espressione  si  ha  senz'altro  nella  forma 

che,  integrata  termine  a  termine,  dà  appunto  l'espressione  indicata  dal  teo- 
rema di  Mittag-Lefier 


_    ^.  TI  oh.  RArmitA-  n^.ArdjLTidn  la  nota  ffìimola 

I'' 


1 1— ^ (1—aY'* 

l-hniai-h-rhno^       <1 -f- ni  «1 +  •••««  ««)*'"      (l-l-»iai-l- 
•  4.  Il  eh.  Hermite,  ricordando  la  nota  formola 

per  il  caso  di  r(a)  >  0,  si  propone  di  vedere  ciò  che  essa  diviene  per  r{a)  <  0  {}). 
Il  metodo  accennato  al  §  1  conduce  ben  presto  al  risultato,  che  non  è  che 
un  caso  speciale  di  quanto  si  è  trovato  al  §  3.  Infatti,  posto  «  ==  r^,  l'espres- 
sione 


^0 


/(r^'{l—(r')^'dt 
0 

non  ha,  per  r{a)  <[  0,  alcun  significato  ;  ma  si  indichi  con  X  un  numero  in- 
tero tale  che  sia 

;H-r(a)<0        \ 
e  si  consideri  la 

•  0)  Bini,  lezioni  litogr.  di  calcolo,  calcolo  integrale,  p.  90.  Pisa,  1877-78. 
(*)  Aeta  Societ  Scientianxm  Fennicae,  t.  XII,  1881. 


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—  104  — 
questa  sviluppata  in  serie  diviene 


I(-r(^01^TT^ 


1 


1—x 


x)      «  +  1      (»-+-!)* 


(1— ;g)^- 


-i 


che  non  può  differire  dalla    J!  _ifl  che  per  una  funzione  intera  d'ordine 
A — 1  al  più  » . 


Astronomia.  —  Sulla  distribusione  delle  protuberanze  alla  su- 
perficie del  sole  durante  Vanno  1887.  Nota  del  Corrispondente 
P.  Tacchini. 

«  Presento  air  Accademia  una  breve  Nota  sulla  distribuzione  delle  protu- 
beranze alla  superficie  del  sole  durante  il  1887.  Dagli  angoli  di  posizione 
osservati  per  1863  protuberanze,  ne  ricavai  le  corrispondenti  latitudini  elio- 
grafiche, e  dalla  serie  delle  latitudini  le  cifre  del  quadro  seguente,  che  rap- 
presentano la  frequenza  relativa  del  fenomeno  in  ogni  zona  di  10  gradi  in 
ciascun  emisfero  solare. 


Latitudine 

1887.  FrequeDza 

P  trimestre 

2**  trimestre 

3°  trimestre 

4®  trimestre 

Anno 

90°-f-  80O 

0,000 

0,016 

0,003 

0,006 

0,006 

80 -+-70 

0,003 

0,008 

•     0,011 

0,009 

0,008 

70 -+-60 

0,005 

0,008 

0,009 

0,009 

0,008 

60H-50 

0,078 

0,072 

0,023 

0,054 

0,053 

50 -+-40 

0,140 

0,070 

0,056 

0,110 

0,086 

40-^30 

0,083 

0,127 

0,065 

0,066 

0,086 

30-4-20 

oao9 

0,086 

0,107 

0,066 

0,095 

20-HlO 

0,101 

0,074 

0,082 

0,016 

0,073 

10  .     0 

0,062 

0,089 

0,061 

0,088 

0,051 

0-10 

0,052 

0,052 

0,098 

0,069 

0,071 

10-20 

0,057 

0,086 

0,062 

0,104 

0,075 

20-30 

0,104 

0,090 

0,114 

0,098 

0,102 

30-40 

0,088 

0,091 

0,076 

0,079 

0,083 

40-50 

0,096 

0,134 

0,188 

0,179 

0,153 

50—60 

0,015 

0,027 

0,033 

0,088 

0,037 

60-70 

0,000 

0,006 

0,006 

0,006 

0,005 

70-80 

0,007 

0,010 

0,006 

0,000 

0,006 

80-90 

0,000 

0,004 

0,000 

0,003 

0,002 

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—  105  — 

«  Nel  primo  trimestre  le  protuberanze  furono  più  frequenti  nell'emisfero 
boreale  del  sole,  come  nell'ultimo  trimestre  dell'anno  precedente  con  una  fre- 
quenza però  sempre  marcata  fra  H-10^  e  +60°  e  fra  — 10°  e  —50°,  mentre 
si  mantennero  relativamente  scarse  presso  all'equatore  solare,  cioè  da  0°  a-=±=  10°. 
Nell'emisfero  boreale  è  notevole  la  zona  (+40° -4-50°)  di  massima  frequenza 
assoluta. 

«  Nel  secondo  trimestre  le  protuberanze  furono  in  numero  quasi  eguale 
tanto  al  nord,  che  al  sud  dell'equatore  solare.  Nella  zona  equatoriale  (0°:!=  10°) 
si  mantennero  scarse  come  nel  precedente  trimestre,  e  ci  furono  due  zone 
ben  distinte  di  massima  frequenza  a  (+30° +40°)  e( — 40" — 50°).  Anche 
per  questo  trimestre,  come  per  il  primo,  la  frequenza  delle  protuberanze  so- 
lari è  bene  marcata  dall'equatore  a  :^60°,  e  raro  il  fenomeno  nelle  restanti 
calotte  polari. 

«  Nel  terzo  trimestre  si  appalesa  una  maggiore  frequenza  delle  protube- 
ranze nell'emisfero  australe.  È  notevole  la  massima  frequenza  delle  protube- 
ranze nella  zona  australe  ( — 40° — 50°),  come  nel  2°  trimestre,  mentre  nella 
zona  equatoriale  (0°:±:10°)  non  vi  fu  scarsità  del  fenomeno,  come  nei  due 
trimestri  precedenti.  Anche  in  questa  nuova  serie  di  osservazioni  però  può 
dirsi,  che  le  protuberanze  furono  sempre  frequenti  dall'equatore  fino  a  zìz  60°. 
Notiamo  anche  il  fatto,  che  nel  1°  trimestre  1887  in  cui  si  ebbe  una  grande 
prevalenza  delle  protuberanze  nell'emisfero  nord,  la  massima  frequenza  di 
esse  avvenne  nella  zona  (+40° +60°),  cioè  alla  stessa  distanza  dall'equatore, 
come  per  l'emisfero  sud  in  questo  terzo  trimestre. 

«  Nel  quarto  trimestre  continuò  la  maggiore  frequenza  delle  protuberanze 
nell'emisfero  australe.  Inoltre  si  ebbe  ancora  la  maggiore  frequenza  del  feno- 
meno nella  zona  ( — 40° — 50°),  mentre  intorno  all'equatore  le  protuberanze 
furono  scarse.  Puossi  dire  in  complesso,  che  il  fenomeno  delle  protuberanze 
si  manifestò  con  abbastanza  frequenza  in  quest'ultimo  trimestre  dall'equatore 
a  11:60°,  con  due  massimi  nelle  zone  (:±:40°:±:50°),  e  che  fu  assai  raro 
intorno  ai  poli. 

«  Nel  risultato  annuo  si  ha  una  maggiore  frequenza  delle  protuberanze 
•  nell'emisfero  sud,  con  due  zone  di  massima  frequenza  equidistanti  dall'equa- 
tore (:±:  20°zt:  50°).  Una  frequenza  sempre  rilevante  si  manifestò  dall'equatore 
fino  a  :±:50°  come  nel  precedente  anno». 

Astronomia.  —  SulVeclisse  di  Luna  del  28  gennaio  1888. 
Nota  del  Corrispondente  P.  Tacchini. 

«  Il  cattivo  tempo  impedì  quasi  del  tutto  le  osservazioni  che  ci  eravamo 
proposti  di  fare.  La  nostra  attenzione  era  rivolta  ad  osservare  le  occultazioni 
di  stelle,  che  in  numero  considerevole  ebbero  luogo  durante  l'eclisse  lunare; 


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—  106  — 


ma  il  continuo  passaggio  di  nubi  più  o  meno  dense  non  permise  di  fare  che 
sole  5  osservazioni,  che  qui  riferisco: 


Roma  18  gennaio  1888. 


N* 

Grandezza 
deUe  stelle 

Fenomeno  osservato 

Osservatore 

Tempo  medio  di  B< 

186 

9,5 

Inunersione 

MUlosevich 

11»'.10».89»,57 

148 

10 

« 

« 

11.27.    7,02 

89 

7,7 

Emersione 

Tacchini 

11. 81. 40,  86 

136 

9,5 

« 

• 

12.24.24,18 

201 

8,7 

1» 

• 

12. 31. 88, 82 

«  La  parte  eclissata  del  disco  lunare  può  dirsi  che  si  mostrò  quasi  sempre 
rosea;  Fedisse  totale  doveva  incominciare  alle  IP.  21"",  e  già  alle  10^.50"^ 
era  sensibile  la  tinta  rosea  della  parte  in  ombra.  Durante  l'eclisse  totale  poi 
il  disco  della  luna  si  fece  decisamente  rossastro,  e  il  fenomeno  di  detta  colo- 
razione è  da  ritenersi  più  inarcato  che  nel  1884,  e  paragonabUe  invece  alla 
colorazione  osservata  nel  1877.  Il  contorno  dell* ombra  fo  sempre  trovato  re- 
golare, cioè  senza  indizio  di  distorsione  o  gobba,  del  genere  di  quella  che 
si  annunziò  essere  stata  veduta  durante  Teclisse  lunare  dell'ottobre  1884. 
L'uscita  della  luna  dall'ombra  doveva  aver  luogo  alle  2^,  e  ad  1^.42"*  si 
vedeva  ancóra  tinta  di  un  roseo  latteo  la  parte  ombrata  del  disco  lunare*. 


Astronomia.  —  Osservazioni  del  pianetino  (264)  Lihussa.  Nota 
di  E.  MiLLOSEViCH,  presentata  del  Corrispondente  P.  Tacchini. 

«  Nelle  sedute  12  giugno  e  13  novembre  dell'anno  decorso,  ho  presentato 
all'Accademia  gli  elementi  ellittici  del  pianetino  (264)  Libussa,  che  rappre- 
sentano abbastanza  bene  l'insieme  di  tutte  le  osservazioni  della  prima  oppo-i 
sizione,  ed  una  effemeride  per  la  ricerca  nella  seconda  opposizione.  Quest'ul- 
tima avrebbe  bisogno  d'una  lieve  correzione,  poiché  l'anomalia  vera  del  pia- 
neta fu  da  me  calcolata  con  una  costante  dell'orbita,  nel  cui  logaritmo  mi 
si  insinuò  un  errore.  Da  ciò  deriva  che  le  posizioni  che  io  potei  fare  in  gen- 
naio, dopo  ritrovato  il  pianeta  il  giorno  8,  sono  molto  più  in  accordo  coi  luoghi 
dedotti  dagli  elementi,  di  quello  che  non  sembri  ad  una  semplice  lettura  di 
confronto. 

«  Mi  propongo  ora  di  discutere  ambedue  le  opposizioni  allo  scopo  di  de- 
durre un  sistema  di  elementi  che  le  rappresenti  ;  ciò  si  potrà  fare  con  maggiore 
vantaggio  possedendo  osservazioni  fino  all'aprile  prossimo  ;  attualmente  do  le 


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—  107  — 

cÌBqne  posizioni  che  poss^o,  le  quali  già  da  sole  bastano  per  la  formazione 
d'un  luogo  normale. 


Epoca 
1888 

Tempo  medio 
Roma 
C  R 

a  apparente  (264) 

Logaritmo 

fattore 
parallasse 

à  apparente  (264) 

Logaritmo 

fattore 
psrrallasse 

Gran- 
dezza 

L  8 

9 

10 

11 

18 

13*»  0«35» 
12  28  46 

10  57  56 

11  25  28 
11  32  16 

10*»17»26»79 

2,93 

16  38,97 

12,23 

12  17, 78 

9,406  n 
9,481  n 
9,628  n 
9,587  n 
9,522  n 

H-  26«20'55"4 
26  55,2 
32  57,1 
39   6,4 

-h27  24  57,1 

0,442 
0,469 
0,578 
0,535 
0,471 

12,2 

12,2 

12,2 

12,4? 

12,2 

Matematica.  —  Sopra  una  estensione  della  teoria  di  Riemann 
sulle  fumioni  di  variabili  complesse.  Nota  n  (0  del  prof.  Vito  Vol- 
terra, presentata  dal  Socio  Dini. 

«  1.  In  una  Nota  che  ebbi  l'onore  di  presentare  recentemente,  ho  esposto 
i  fondamenti  della  estensione  della  teoria  di  Biemann.  Nella  presente  mi  pro- 
pongo di  stabilire  la  teoria  delle  caratteristiche  relativa  alle  funzioni  colle- 
gate  nel  senso  riemanniano. 

«  Dalle  formule  (6)  trovate  nella  Nota  citata  si  ricava 


(1)        J),dx-hT)tdtf  +  D, dz  =  il^'r'K'iì  (D'i  dx' 4- D', 


Bidy- 


L'espressione  differenziale  lineare  Bidx 
proprietà  invarìantiva. 

«  Distingueremo  due  casi:  quello  cioè  in  cui 

(2)  Dida-hDidy-i-Didz  —  O 

è  integrabile,  dal  caso  in  cui  non  è  integrabile. 


-hVsds'). 
D3  dz  gode  quindi  di  una 


(3) 
(4) 


1'  Caso. 
«  2.  Nella  ipotesi  della  (2)  integrabile  avremo 

•  Abbiasi  una  funzione  <I>  dipendente  da  linee  e  supponiamo  che  sia 


D, 


rf<I> 


D, 


d<l> 


d<P 


Foniamo 


d^P 


d(yz) 


=  a, 


d{za;) 
d(P 


d(za) 


=  X 


^d(xy) 
d(P 


=  0. 


d{an/) 


=  ?i 


0)  V.  Rendiconti,  Voi.  IH,  2«  Sem.  1887,  pag.  281. 
EiNDicoNTi.  1888,  VoL.  rV,  1»  Sem. 


14 


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—  108  — 
avremo 

quindi  (yedi:  Sopra  le  funz.  dtp.  da  linee.  Art.  Ili,  §  1)  si  potrà  trovare 
una  funzione  B  la  quale  soddisfa  alle  condizioni 

,,.  m4i)_       d^eji^_       dje^fi) 

^^^  %^)~     '     d{zx)-^'     d{xy)-^' 

«  Le  funzioni  ^  e  /i  rimangono  inalterate  eseguendo  un  cambiamento  di 

d<l^ 
variabili.  Se  sopra  una  superficie  a  sarà  —  =  0 ,  nei  tratti  di  essa  ove  fi 

non  è  costante  potremo  prendere  6  =  0.  (Vedi  :  Sopra  le  funz.  dtp.  da  linee. 
Art.  Ili,  §  2,  4). 

«  3.  Bicaviamo  prima  di  tutto  dalle  formule  precedenti  un  teorema  ana- 
logo a  quello  di  Green.  A  tal  fine  consideriamo  due  funzioni  4>|  e  <l>t  dipen- 
denti da  linee  le  quali  soddisfino  alla  condizione  (4).  Esisteranno  due  fun- 
zioni 6|  e  6^  tali  che 

^^òOj_2fi^ '^2E—      __^^       I^Oj^Jfi^ ÌÈlIH—      —J^JL. 

^y  l^z       lìz  liy  ~^^~ d{yz)       1  Dy   l^z       l^z  l^y  ~^*~ d(yz) 

^^'^\  l^z  l^x       lix  ^z~  ^'  ~d{zx)  ^^*^j  ^z  Dar       7x  l^z~^'~  d(za:) 
£^^_'^^_  d^x       i]i^;^_;^2fi_  d^t 

lix  l^y       l^y  l\x  ~  ^*  ~  d(xy)       \  l^x  l^y       l^y  lix~^^~  d{xy)' 

«  Essendo  noto  il  jeì,  potremo  limitarci  a  considerare  una  porzione  di 
spazio  T  entro  il  quale,  comunque  siano  cri,  xiy  Qi'i  ^si  Xt^  Qi^  purché  monodrome 
finite  e  continue,  le  (6i)  e  (62)  si  possano  soddisfare  mediante  delle  funzioni 
^i  e  Si  pure  monodrome  finite  e  continue. 

«  Dando  alle  Ei«  lo  stesso  significato  attribuito  loro  nella  Nota  prece- 
dente, avremo: 

n\            TT^  ^  —  Et8  gì  Qt  —  Em  (Qi  Xt  H-  Qt  Xi)  -\-  Ess  Xi  Xt 
K  ')  J±*i*t  —  — j^-jj = 

_  1  (  /E,3y«— E|»oA7)6i       (^t,Xt—^tt9tVòSi    .  /Easy»— E3«p,\l)6i) 
~H\        D,        J^x'^y        Di        ;7)y"^\        Di        Jl^z)'^ 

_  1  (  /EisXi— Ei»gA7)gt       /E,3yi— EnOxU^t       /EsaXi— E^^gAT^^t  ) 

-H\    Di    ji^x'^y    Di    hy   v    Di    b^r 

«  Se  lo  spazio  limitato  dal  contomo  <r  fa  parte  di  quello  T  in  cui  si 
considerano  <l>i  e  <!>« ,  si  ottiene  facilmente  dalle  formule  precedenti,  mediante 


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—  109  — 
integrazione  per  parti,  denotando  con  n  la  normale  a  a  diretta  verso  l'esterno  di  S, 

(A)  CxE*,*,d3  = 

T?     •«  131     M  "CI     *# Tr.-_/» 


_  [tf,P'»^'-^»g^co8n^+^'»^'~^»^'co8«y4-^"^'~^"^'co8«^jdtf- 


^1~d; — )r 

Cn  (EisXg — Eugg ,  EgsXg — Egggt ,  Ess^i — Esggg 

ss  I  e^jj ;^ COBTUe-i ^r cos»y-h fi  ( 

J^      \  Hi  Ux  ìJ\  ; 

ffl  j  "^  /EiaXg— Ei,g2\   .    1)  /Eg3X«— E«2gt\   .    "^  /E3>y«— Et3g»\  )  ^q 

-Js'^M — d;^ — j+^i — d; — ;+^i    s;^    ;r^- 

«  Queste  fonnnle  ci  forniscono  evidentemente  il  teorema  analogo  a  quello 
di  Green. 

«  Altre  formule  che  è  utile  stabilire  sono  le  seguenti 

***•       Dilxi,?!!       DelpntsrJ       ^%Vix,tx 

da  cui  si  deduce,  mediante  integrazioni  per  parti, 

(B)    I  A0^^^^  dS  =  (  ^1  (wi  cos  wor  +  xi  cos  ny  -t-  pi  oos  n^)  d<x=  jd^  —^(Ur= 

=  J  di(cr2Cos/w?  +  X2COsny-f-p«co8«j)d<r=(  ^i^lT^^  • 

«  «  4.  Possiamo  dare  subito  una  applicazione  della  formula  (A)  dimo- 
strando il  seguente  teorema: 

«Se  la  funzione  reale  9,  dipendente  da  linee,  soddisfa 
alle  condizioni 

d^       ^      d^  -y         r-^      d^       „      d^ 


Ei 


d\xy)     "disa) 


Di 


(C) 


D, 


dV 

d{yz) 


E31  ,/_  V  — Est -77 


E. 


d(y^)      ''"(^(ary) 


D. 


0- 


D, 

D-^-4-D-^ 
^*d{zx)^^U{xy) 


]- 


0 
=  0 


e  si  conoscono  i  valori  di  9  corrispondenti  a  tutte  le  linee 
del  contorno  a  del  campo  S,  (entro  il  quale  X  conserva  sem- 
pre lo  stesso  segno  e  che  è  interno  a  T)  la^i-ò  completamente 
determinata  per  tutte  le  linee  chiuse  del  campo  S. 

#  Infatti  supponiamo  che  esistano  due  funzioni  ^  q  ^'  I0  quali  sod- 
disfino alle  condizioni  poste  ;  anche  la  loro  difTerenza  ^^'  dovrà  soddisfare 


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—  110  — 

alle  condizioni  (C)  ed  inoltre  essa  dovrà  avere  corrispondentemente  alle  linee 
del  contomo  un  valore  nullo.  Applichiamo  ora  la  formula  (A)  prendendo 
a>i=<I>,=9^'';  si  avrà 

«  Ma  al  contorno  <r  si  ha  —3 —  =  0  ,  quindi  (vedi  §  2)  potremo  pren- 

dere  ^i=0  lungo  cr,  nei  tratti  in  cui  fi  non  è  costante,  mentre  lungo  questi 
avremo 

(8)  cos7W?:co8;jy:cos»^=-^  •  r~  •  "C"  ; 

perciò  la  equazione  precedente  diverrà 

I  aHìp^'ìp"'  do  =  0 

da  cui  risulta  Hip///jp//'  =  0  e  quindi  V'  costante  (vedi  Nota  prec.  §  6). 
La  V'  dovendo  esser  nulla  al  contomo,  sarà  sempre  nulla  e  perciò  y=:V''. 

«Basterà  dunque  conoscere  i  valori  corrispondenti  alle 
linee  del  contorno  di  S  della  parte  realeo  delia  parte  imma- 
ginaria di  una  funzione  collegata  alla  F  nel  senso  rieman- 
niano,  perchè  la  funzione  stessa  sia  nota. 

«  Il  teorema  precedente  può  dimostrarsi  anche  applicando  la  (B)  e  sup- 
ponendo in  essa  <l>i  +  ^<l>2  collegata  ad  F  nel  senso  riemanniano. 

«  5.  Riprendiamo  la  formula  (6)  e  poniamo  <I>i  -+-  (P^  =  <I>.  Avremo  : 

«  Supponendo  <l>f  nullo  per  tutte  le  linee  del  contomo  cr,  potremo  assu- 
mere 61  =  0  lungo  (T  ove  fi  non  è  costante,  mentre  negli  altri  tratti  ove 
fi  =  cost.,  avremo  soddisfatte  le  (8),  onde  applicando  la  (A)  otterremo 

«  La  condizione  necessaria  e  sufBiciente  affinchè  I  risulti  massimo  0  mi- 
nimo, per  dati  valori  di  <l>  corrispondenti  alle  linee  del  contomo,  e  suppo- 
nendo X  sempre  dello  stesso  segno  in  S,  sarà  quindi  data  da 

.Qv  "2)  /EuX— Eitg\    .     "^   /EssX— E«g\    .     1^  /EsaX— E3,g\  _ 

(^^    ^\    d;     J'^^y    D,     )-^Vs\    Di     )'-^ 

e  si  avrà  per  I  un  minimo  od  un  massimo  secondochè  X  sarà  positivo  0 
negativo. 


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—  Ili  — 

•  Dall*  esser  soddìsfiitta  la  (9)  insieme  alla  (4)  segue  (vedi  Nota  prec.  §  7) 
che  esisterà  una  funzione  <!>'  tale  che  4>  +  e<l^  sarà  collegata  alla  F  nel 
senso  riemanniano.  É  palese  Tanalogia  fra  le  presenti  considerazioni  e  quelle 
sa  cui  si  hasa  il  così  detto  principio  di  Riemann-Dirichlet, 

e  6.  Se  <l>i  +  i<l>2  è  collegato  ad  F  nel  senso  riemanniano,  esisteranno 
le  due  funzioni  6|  e  S^  (vedi  §  2)  le  quali  soddisfano  le  equazioni  (5). 

e  Troviamo  ora  quali  relazioni  sussistono  fra  queste  funzioni.  Tenendo 
conto  delle  equazioni  (AO  della  Nota  prec.  §  4,  ayremo 

(10)   ^D.^-D3^  =  E«?^  +  E«^  +  E,.^ 

òS                  dX  ùX  Otf  di 

Ti  ^ÈL         n   ^*"  TP      ^*»  _J_  Ti'     ^**  _l_  1?     ^^* 

^*  -»-.  —  "^  ^vT  —  "31  -r—  -t-  iiijt  -r—  -+-  Eli»  -r— 
dx  dy  àx  oy  ci 

come  pure  le  equazioni  equivalenti 

^'  -»y  -^*  7.^ p'  -ix  -^^^  Dy  +^''  D^  j 

^'  7»^  -^»7>x  — i^"^  +  ^"  7)y  "^^"  7»J 

^*Da:-^'^  — r"^-^^«  7>y  ■+-^*'  7)ij 

•  Le  due  funzioni  ^i  e  6^  debbono  dunque  soddisfare  ad  una  stessa  equa- 
zione differenziale  che  è  la  seguente 

e  lungo  una  superficie  qualunque  o*,  per  la  quale  il  quadrato  dell'elemento 
lineare  è  ds*  =  'Edu^  H-  2Fdu  dv  H-  Qdv^y  dovrà  aversi  (vedi  :  Sulle  funz. 
dipFda  linee.  Art.  Ili,  §  3) 

da>,  _         1         rfK^iju)      d^2_         1         dje^ii) 
d^        y'E(j—Y^d{u,v)    '  de        |/EG— F*  g^(w»«^) 
«  6.  Le 

dFi  rfFi  (flj^i 

^'  ~  d(y^)  '    ^*  ~  rf(^^)  '    ^'  ~  d(xy) 

rfFg  rfF»  dF> 

^'~d(y^)  '    ^•~cÌ(^:p)'     ^*~d(^y) 
soddisfano  anche  esse  alle  condizioni  (vedi  Nota  prec.  §  4) 

I    "Da?  "^y  7)^  I    "ì;2r  "^y  liz 

I  Di;?i-hD2yi-hD3r,  =  0  ]  Di^j.  +  D^y, +  Dsr,  =0; 


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—  112  — 
quindi  potremo  porre 

d(ti,n)      „       d(ti,fi)  d(ti,fi.)_ 

d(y,z)-P''   d{i,x)-^''   d{x,y)      "^^ 


«  Se  ne  deduce 


Di: 


d{txJt,(ì)^    P d (ti, ti, fi) 'h fi     p  __d(ti,tt,fi)lifi  , 

' d(x,y,z)lix'     •         d{x,y,i)l!^y  '     '         d{a; ,y ,z)  l^z  ' 
3  d(ti,tt,fi) 


d{x,y  ,z) 

•»  Eseguiamo  un  cambiamento  di  variabili  e  prendiamo  invece  di^,y,ir 
un  sistema  di  variabili  x\  y\  /,  tali  che  a?  =^i ,  y'=^£ ,  /=ìkì  .  Avremo 

Eii=  1 ,  E„  =  1 ,  E38=  0  ;  E23=  0  ,  E3i=  0 ,  E,2=  0 
Di  =  0,  D,  =0,  D3=— 1 

e  le  equazioni  (10)  diverranno 

«  Ne  segue  che 
(12)  6i  4-  ed,  =  G  (f  1  +  2^2 ,  /i) . 

«  Nell'Art.  Ili,  §  5  della  Nota:  5^//^ /i^w^. rfep.  rfa  fo'n^^,  abbiamo  dimo- 
strato che  se  sono  doddisfatte  le  (6i)  (62)  (11)  si  ha 

/a(pi  cos  ;i^  +  gì  cos  «y  H-  r^  cos  nz)  rf<r  =/l^i  dyi 
Sa{Pi  cos  «or  H-  ^2  cos  ny  +  r,  cos  tw)  d(f  =/l  ^e  djit 
/a  (wicos  «^  H-  Zi  cos  wy  -+-  Pi  cos  w^)  d(f  =ft^6idfl 
fa  ( Wgcos  «0?  +  afa  cos  «y  H-  ^2  cos  nz)  da  =  /l^»  d/i 
essQudo  L  la  linea  contomo  della  superficie  cr. 
«  Ne  segue  che 

F  |[L]|  =/l (^  4-  eM  d/i ,    <I>  |[L]|  =/. (di  +  id.)  dii 
e  reciprocamente  se  le  fìmzioni  complesse  F  e  <l>  dipendenti  da  linee  saranno 
ottenute  colle  formule  precedenti  da  ti-hitt  e  Ot-hiSf,  legate  dalla  (12), 
esse  saranno  collegate  fra  loro  nel  senso  riemanniano. 

«  Si  ha  dunque  il  modo  di  costruire  le  funzioni  complesse  di  linee  col- 
legate fra  loro  nel  senso  riemanniano  nel  caso  in  cui  la  (2)  sia  integrabile. 
Basta  perciò   prendere   tre  funzioni  finite  continue  e  monodrome  ^i,  ^2,  M 

di  ;p,  y ,  ^,  tali  che  ")>' '"'''"x"  <  0  e  quindi  una  funziona  finita  continua  e 
^v^»  y  >  z) 

monodroma  Q(C,  i»)  di  C=^i+i  tt  e  di  ju.  Presa  una  linea  qualunque  L  e  posto 

F|[LJ|=/.Wm,  <I>ICL]|=/.Gditi 

avremo  che  $"  q  4>  saranno  collegate  fra  loro  nel  senso  riemanniano. 


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Eli 

-òx 

H-Ei, 

E„ 

Dar 

H-E„ 

Eji 

+  E,. 

—  113  — 

2«  Caso. 

a  Consideriamo  ora  il  caso  in  cui  la  (2)  non  sia  integrabile.  Adottando 
le  solite  notazioni,  relativamente  alle  due  funzioni  F  e  <l>  coUegate  fra  loro 
nel  senso  riemanniano,  si  determinino  ^i  e  ^t  in  modo  che  siano  soddis&tte 
le  equazioni: 

T^y  ^:s  ^i  dy 

(130  {  E„e  +  E„?^-^E„^+D,?5-D.^  =  /tx. 

*         ^'^  Dy  ^3:  l^x  ^i 

— -  +  ÌIJ33— -+  Di-r yy%  -r— =  A:pi 

i>y  i^z  i^y  ^^ 

in  cui  A  è  una  funzione  che  lasceremo  per  ora  indeterminata.  Supporremo 
dì  rimanere  entro  un  campo  T  in  cui  la  equazioni  precedenti  possono  essere 
soddis&tte  da  funzioni  (fi ,  9^  monodrome  finite  e  continue,  comunque  siano 
k-,  <»i,  xi,  Q\  purché  anche  esse  monodrome  finite  e  continue.  A  cagione 
deUe  relazioni  (3)  e  (61)  (vedi  Nota  I)  avremo  che  delle  equazioni  prece- 
denti, una  risulta  conseguenza  delle  altre  due.  Da  esse  si  ricava,  tenendo 
conto  delle  formule  (Ai),  (3),  (4')  della  Nota  I, 

(130  {  E.i^+E„^+E.3^-D3?J+Di^  =  A:x. 
cx  oy  dz  ox  di 

ox  oy  oz  oy  ox 

«  Moltiplicando  le  (133)  per  i  e  sommandole  colle  (13i),  posto  y  i+ey»  =  9 
6  denotando  con  ^ ,  / ,  /  i  valori  coniugati  di  ;? ,  j ,  r ,  avremo  con  un 
calcolo  facile: 

^  l^x       ^   l^y  l>z  p  q  r 

Se  ora  eseguiamo  un  cambiamento  di  variabili  e  passiamo  dalle  x ,  y  y  z 
alle  y ,  / ,  / ,  si  dimostra  senza  difBcoltà  che  basterà  prender  k  in  modo 

che  k{a! ,y\il)'=^k{x,y,z)    ,/f'^/    \.    afiBnchè   colle   stesse  91  e  if% 

^\X  >  y  y  z) 

le  (13i)  e  (13t)  valgano  qualunque  siano  le  coordinate  x^y ,  z. 

«  Abbiasi  ora  un'altra  funzione  <!>'=:  <I>/-f-i<I>3'  collegata  alle  pretfe^ 

denti  nel  senso  riemanniano  e  a  cui  corrispondono  or/ ,  X\  >  fi'  ;  ^t  •  Xt  »  Qt 

e  le  funzioni  9/ ,  9/ ,  tali  che  fra  esse  passino  le  relazioni  analoghe  alle 

(13i)  e  (I33). 


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—  114  — 


«  Formiamo 
E 


E»  gì  e'i  —  Et»  (gì  /i  H-  g\  Xi)  H-  EssXi  x'i 
Esa  Wi  ro\  —  Esi  (oTi  g^  +  ro\  gì)  +  En  Pi  g'i 

~  w 

Eh  Xi  /i  —  Eit  (yi  ro'i  -f-  /i  <Pi)-+- E^  p>i  p'i 
~  Da» 

«  Si  otterrà  facilmente 


«  Moltiplicando  la  (14)  per  kdS  ed  estendendo  la  integrazione  ad  un 
campo  S,  intemo  a  T,  entro  il  quale  le  funzioni  che  compariscono  non  hanno 
alcuna  singolarità,  otterremo,  mediante  integrazione  per  parti, 

(-)  >^  =!(»■. t-*'. f  ) <^=  £(». t--^)^' 

in  cui  le  derlTazioni  rispetto  a  a  sono  ospite  in  modo  che  la  normale  sia 
diretta  verso  l'esterno  di  S.  In  particolare  prendendo  nri=nj', ,  Xi=/i ,  gi=g'i, 
avremo    H  =  0  (vedi  Nota  L  §  5)  ;  onde 


(16) 


^^^-Si<^^'-^^^''^h- 


«  11.  Dalle  (14)  si  deduce  facilmente  la  espressione  diH  per  mezzo  di 
<jPij  <ip2»  9'^^  9'«  ^^^  denoteremo  con  H(g)i,  yj,  j/'i,  y'»)  e  quella  di  ®  me- 
diante  ^i  e  q>t  che  si  indicherà  con  0(91,^^)^ 

«  Si  ponga 

essendo  la  somma  del  2°  membro  costituita  da  tre  termini  che  si  ottengono 
ruotando.  Le  equazioni  a  cui  dovranno  soddisfare  9^1  e  <pi  saranno 

(17)  r  (q>, ,  yO  =  0         ^  {92 ,  —9i)  =  0  . 

«  Reciprocamente  se  g>i  e  q^t  soddisfaranno  alle  equazioni  precedenti  le 
^1 1  Xi  1  ?i  ;  ^f  t  X»  )  Qt  dedotte  dalle  (13i),  e  (18s)  verificheranno  le  condizioni  (E) 
della  Nota  I. 


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—  116  — 

•  Le  (17)  dipendono  da  nn  problema  di  calcolo  delle  yarìazioni.  In&tti 
si  consideri 

I  =  T/8*®(yuy2)rfS 
e  si  formi 
Il = T /»  *®  (SPi  +  ^1 .  y« + V'e)dS = I/b  A©  (yi ,  spOc^S + l/s  A:©  (V/i ,  V'^^ 

+/s  AH  (yi ,  9)2 ,  Vi  »  V't)  rfS . 
«  Snpponendo  ìpi  e  xpi  nulli  al  contomo,  avremo  mediante  integrazioni 
per  parti 

Il  =  I  Js  A©  (^i,  y  2)  dS  H-  l/s  A©  (V'iV'*)  cJS— /«  (V^i^Cy  1,  y,)+t^2  ^(9^.  — yi))dS. 

<t  Quindi  (supponendo  k  sempre  dello  stesso  segno)  affinchè  sia  I  mas- 
simo 0  minimo,  per  dati  valori  al  contomo  di  9^1  e  «jPt,  bisognerà  che  siano 
soddisfatte  le  equazioni  (17).  Dalle  formule  precedenti  si  deduce  pure  facil- 
mente che  dati  i  valori  di  91  e  (p2  al  contorno  del  campo  S,  le 
funzioni  stesse  sono  determinate  dalle  condizioni  (17). 

«  12.  Biprendiamo  la  formula  (15)  e  supponiamo  k  sempre  dello  stesso 
segno  entro  tutto  il  campo  S.  Se  esistessero  due  funzioni  complesse  di  linee 
^  e  cP"  collegate  ad  F  nel  senso  riemanniano  e  che  per  le  linee  del  con- 
tomo di  S  avessero  gli  stessi  valori,  posto  <!>'  —  <!>''==  4>,  risulterebbe  lungo 

0",  0  =  -^  =  -^-f-e -T-^,  quindi  per  la  (15)  si  avrebbe  ©=0  e  perciò 

<l>  sarebbe  nullo  pef  tutte  le  linee  del  campo  S.  Se  ne  conclude  che  i  valori 
al  contorno  di  S  di  una  funzione  <P  collegata  ad  F  nel  senso  riemanniano 
definiscono  completamente  la  funzione  ». 

Matematica.  —  Sur  la  comparaison  des  séries  divergentes. 
Nota  di  E,  Cesàro,  presentata  dal  Socio  Cremona. 

«  Convenons  de  dire  que,  de  deux  séries  divergentes,  dont  les  termos 
généraui  sont  e^  et  !;„,  la  première  est  moins  divergente  que  la  seconde, 
lorsque  le  rapport  des  sommes 

Un  =  Wi  +  W2  H ]rUny  Vtt  =  Vi  +  t?2  H f-  ^n  , 

tend  vers  zèro,  pour  n  infini.  Étant  donne  «  <  0 ,  si  le  rapport  — ^  tend 
vers  une  limite  A,  il  existe  un  nombre  fini  r,  tei  que  les  rapports 

^-H     ^    ?f^  , ^n 

Bont  tous  compris  entro  X-^-s  et  A  —  «,  quelque  grand  que  soit  n.  Gela 
est  encore  vrai  pour  le  rapport 

2^-n  +  e^v-g -j h?A»  _  Uff  — Uv  ^ 

v^^i  +  v^^t  -| 1-  ^?„       Vn  —  Vv  ' 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  !<>  Sem.  15 


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—  no  — 

pourvu  que  les  nombres  v  soient  positifs.  Le  dernìer  rapport  tend  donc  ausid 
à  i,  pour  n  infini.  En  conséquence 

liin5-»  =  lim^  .  (1) 

lorsque  le  second  membre  esiste.  Il  en  résulte  que,  pour  comparer  deuz  séries 
divergentes,  on  peut  se  borner,  dans  un  grand  nombre  de  cas,  à  comparer 
leurs  termos  généraui. 

«  Une  sèrie  divergente  Vi-\-v^'\- étant  donneo,  on  peut  toujours  en 

construire  une  infinite  d*autres,  qui  divergent  moins.  Il  suffit  de  prendre 

Un  =  f{Vi  +  Vt'\ 1-  Vn)  —  f  {Vi  +  ^«  H 1"  ^f^l)  » 

en  Bupposant  que  f{x)  croisse  indéfiniment  avec  x,  tandisque  sa  dérìvée  tend 
à  zèro.  On  a  alors 

Un  =  /-(V«), 
et  Un  croit  indéfiniment  avec  n,  bien  que  son  rapport  à  Vn  ait  zèro  pour 
lìmite.  Il  est  donc  impossible  de  sèparer  nettement  la  classe  des  sèries  con- 
vergentes  de  celle  des  séries  divergentes.  C'est  à  cette  impossibilité  que  nous 
devons  Timperfection  nécessaire  de  tous  les  caractères  spéciaux  de  convergence. 

«  Ayant  fiié  une  sèrie  divergente  Vx-^-Vt-^ ,  à  termos  positifs,  sup- 

posons  que,  pour  une  sèrie  quelconque,  dont  le  terme  general  est  Un^  le  rap- 

Un 

port  —  ait  une  limite  A,  pour  n  infini.  On  aura,  en  vertu  de  (1), 

Vn  • 

lim^  =  A.  (2) 

Si  la  sèrie  est  convergente,  a  =  0  ;  mais  il  convient  de  remarquer  que  la 

condition  A  =  0  n'est  pas  nécessaire  pour  la  convergence;  car  —^  pour- 

rait  ne  pas  avoir  de  limite.  Elle  n'est  jamais  sufiisante,  quelle  que  soit  la 
sèrie  des  v.  Cette  importante  remarque,  due  à  Abel,  resulto  immèdiatement 
de  ce  que,  d'après  (2),  les  séries  pour  lesquelles  A  =  0  sont  convergentes  ou 
moins  divergentes  que  la  sèrie  des  y,  et  nous  savons  qu'il  est  toujours  pos- 
sible  de  construire  une  infinite  de  sèries,  qui  divergent  moins  que  la  sèrie 
des  V.  Il  sufiBt  de  considèrer,  par  exemple,  la  sèrie  dont  le  terme  general  est 

On  a  Un  =  logVn.  La  sèrie  diverge  donc.  Cependant,  à  cause  de 

1    ^  g^n  ^      1 
Vn         Vn         Vn-i 

on  a  A  ==  0 .  On  pourrait  encore  imaginer  une  fonction  f{x),  qui  augmente 
continuellement  et  indéfiniment  avec  x^  tandisque  sa  dérìvée  reste  finie.  On 
voit  que,  pour  la  sèrie  dont  le  terme  general  est 

««=^-  (3) 


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—  117  — 
la  condition  A  =  0  est  remplie.  Gependant,  la  sèrie  est  divei^g^nte.  En  effet 


V„-V, 


r(v«) 

Pour  n  croissant  à  Tìnfini  et  v  Constant,  le  second  membra  ne  pent  tendre 
à  zero,  sans  quei  /^  (a;)  devrait  augmenter  indéfiniment  avec  x,  contraìrement 
à  rhypothèse.  Il  en  est  de  méme,  à  plus  forte  raison,  de  Un — U^)  quelque 
soit  V.  Cela  suffit  pour  affirmer  que  la  sèrie  est  divergente. 
»  On  sait,  d'après  Enmmer,  qne,  sì  Ton  pose 


Wn 


Vn-^l 


10 

r  examen  du  rapport  —  foumit,  pour  les  séries  à  termos  positifs,  un  inté- 

Un 

ressant  caractère  de  convergence,  puisqne  la  sèrie  des  u  est  conyergente  ou 
divergente,  suivant  qne  la  limite  dn  rapport  considéré,  si  elle  existe,  est 
negative  on  positive  {}).  Si  elle  est  nulle,  on  ne  pent,  en  general,  rien  affir- 
mer. Cela  étant,  supposons  qne  la  sèrie  proposèe  soit  divergente.  La  for- 
male (1),  appliquèe  ani  sèries  des  w  et  des  u,  donne 

T  Un  V       tOn 

lim  -= =  lim —  ' 

ponrvu  que  le  second  membro  existe.  Dono  lim— ^  =  0,  non  seulement  dans 

Un 

le  cas  de  lim  —  =  0 ,  mais  encore  dans  le  cas  où  —  tend,  pour  n  infini, 
vera  une  limite  finie  et  dèterminée.  Le  caractère  rappelè  ne  conduit  dono  à 
rien,  «toutes  les  fois  que  le  caractère  base  sur  Texamen  de  — ^  permet  de 


V, 


n 


constater  la  divergence  de  la  sèrie.  C*est  pourquoi  il  convient  de  bomer  Texa- 

men  de  —^  aui  sèries  pour  lesquelles  -^  tend  à  zèro.  Mais  Ton  peut  faire, 

ici,  une  remarque  analogue  à  celle  d'Abel  {}\  en  montrant  qu'il  existe  une 
infinite  de  sèries  divergentes,  qui  satisfont  aux  conditions  simultanèes 

lim^  =  0,        lim^  =  0, 

Vn  Un 

quelle  que  soit  la  sèrie  des  v.  Beprenons,  dans  ce  but,  la  sèrie  dont  le  terme 
general  est  donne  par  Fègalité  (3).  On  a 

.Le  second  membro  ne  peut  augmenter  à  l'infini  avec  n.   puisque  /'(^)  est 


(0  Voyez  le  Mémoire  de  Dini  sulle  se^^le  a  termini  positivi  (Annali  deirUniv.  Tose, 
IX,  §  18). 

(«)  Voyez  Dini,  loc.  cit,  §  23. 


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—  118  — 
toujours  finie.  Donc  lim— ^=0.  Il  y  a  plus:  —^ finit par prendre un  signe 

Un  Un 

li) 

contraire  à  celuì  de  /"(Vn),   lorsque  V„  croìt  à  Tinfini  avec  n.  Donc  — ^ 

Ufi 

tend  à  zèro  par  valeurs  négatives.  G'est  précisément  le  cas  qui  nous  interesse; 
car,  si  — ^  tendait  à  zèro  par  valeurs  positives,  on  pourrait  toujours  aflBrmer 

Un 

la  divergence  de  la  serie. 

«  On  étend  sans  peine  le  théoròme  (1)  au  cas  où  le  rapport  des  termes 
généraux,  au  lieu  d'avoir  une  limite  finie  et  déterminée,  tend  vers  des  limites 
finies  Al,  ^2,..  Ar>  en  nombre  fini,  suivant  que  n  parcourt  un  des  systèmes 
Al,  As,... ,  A,.,  respectivement  On  suppose  que  tout  nombre  entier  appar- 
tienne  à  quelqu*un  de  ces  systèmes,  mais  à  un  seul.  On  peut  alors  definir 
une  fonction  <fi(^),  qui  soit  égale  à  T unite  ou  à  zèro,  suivant  que  n  appar- 
tieni ou  non  au  système  A;.  Si  la  limite 

existe,  pour  toutes  les  valeurs  de  e,  on  a,  au  lieu  de  (2), 

Um^  =  ^iii  +  /2Ì,  +  ..  +  /,A,.  (4) 

'  n 

Lorsque  ^^rt==l ,  U  est  la  probabilitè  qu'un  nombre  entier,  pris  au  hasard, 
appartienne  au  système  A».  Lorsque  Vn'^n^  on  peut  dire  que  Un  est  la 
forme  asyinptotique  du  n'""  nombre  du  système  A»;  etc.  Supposons  mainte- 
nant  que  les  nombres  v  décroissent  continuellement,  et  que  Ai ,  As ,  soient 
les  systèmes  des  nombres  impairs  et  des  nombres  pairs.  On  peut  écrife 

La  sèrie  du  numèrateur  n'est  pas  divergente.  Donc,  en  observant  que  /i+/8=l, 

on  a 

l^  —  l^  =  0,    d'où    l,  =  l^  =  ±. 

ti 
Par  suite,  si  -^  tend  vers  a  ou  vers  /J,  suivant  que  n  est  impair  ou  pair, 

on  trouve,  au  lieu  de  (2), 

»  n 

Conséquemment,  pour  que  la  sèrie  proposée  soit  convergente  ou  moins  diver- 
gente que  la  sèrie  des  v,  il  est  nécessaire  que  les  limites  a  et  /9,  tant  qu'elles 
existent,  soient  ègales  et  de  signes  contraires.  La  formule  (4)  foumit  ainsi 
de  nouveaux  caractères  de  divergence,  qui  pourraient  étre  utiles  lorsque 

-^  oscillo  entro  des  limites  finies,  en  nombre  fini». 

Vn 


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—  119  — 


Matematica.  —  Sopra  un  teorema  fondamentale  nella  teoria 
del  calcolo  simbolico  delle  Forme  ennarie.  Nota  di  Ernesto  Pascal, 
presentata  dal  Socio  Battaglini. 

3  In  nna  mia  Nota  precedente  ho  data  una  semplice  dimostrazione  di  un 
teorema  sul  calcolo  simbolico  delle  Forme  binarie,  che  io  avea  già  accen- 
nato per  incidente  in  altro  mio  lavoro,  e  che  sta  dimostrato  in  modo  diverso 
nella  recente  opera  di  Eerschensteiner,  raccolta  dalle  lezioni  di  Gordan. 

«  n  teorema  il  quale  in  fondo  è  che  :  mantenendosi  sempre  nei  limiti  delle 
espressioni  simboliche  (cioè  senza  sviluppare  mai  i  determinanti  e  i  fattori 
lineari  che  entrano  nelle  formazioni  invariantive),  si  deve  poter  rintracciare 
qumlunque  relazione  che  esista  fra  le  Forme  invariantive,  è,  come  si  vede, 
di  fondamentale  importanza,  costituendo  uno  dei  principi  base  del  calcolo 
simbolico. 

•  In  un  recentissimo  lavoro  il  sig.  Study  ha  esteso  il  teorema  alle  Forme 
ternarie  (*);  io  mi  propongo  in  questa  Nota  di  dimostrare  lo  stesso  teorema 
nella  sua  massima  generalità,  cioè  per  le  Forme  ennarie.  Il  vantaggio  del 
mio  metodo  di  dimostrazione  mi  pare  che  sia  quello  di  far  penetrare  molto 
addentro  neir  intima  natura  del  problema.  La  dimostrazione  che  lo  Study  dà 
pel  caso  delle  ternarie,  ha  in  fondo  la  stessa  tessitura  della  citata  dimostra- 
zione di  Gordan  pel  caso  delle  binarie.  Egli  si  serve  di  una  certa  generaliz- 
zazione della  formola  di  Gordan  data  da  Clebsch  in  una  importante  Me- 
moria (2).  Io  mi  servo  dei  risultati  ottenuti  in  una  recente  Memoria  del 
prof.  Capelli  sullo  stesso  argomento  {^). 

«  Siano  flji,  «2,  ...  ^1,  d?2 rispettivamente  serie  di  coeflScienti  e 

di  variabili  dì  specie  »,  per  modo  che  formino  le  forme  lineari  : 

«  È  noto  che  fra  un  certo  numero  di  tali  elementi  (coefficienti  e  varia- 
bili) esiste  sempre  una  relazione  d*identità  del  tipo  invariantivo,  la  quale 
varia  di  forma  secondochè  si  tratti  o  di  tutte  variabili,  o  di  variabili  e  di 
coefficienti,  o  di  tutti  coefficienti. 


(*)  Ueber  ternàre  lineare  Formen,  Math.  Ann.  Bd.  30,  s.  120. 

(*)  Ueber  eine  Fundamentalaufgahe  der  Invari antentheorie.  Abh.  der  k.  Gres.  d.  Wiss. 
zu  GOttigen,  Bd.  17,  1872.  Cfr.  anche:  Gordan,  Ueber  Combinanteny  Math.  Ann.  Bd.  V. 

P)  Fondamenti  di  una  teoria  generale  delle  forme  algebriche.  Memorie  della  R. 
Accademia  dei  Lincei,  serie  3^  toI.  XII,  1882. 


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—  120  — 
«  Questa  relazione  prende  cinque  forme  diverse  che  sono: 

y  (— l)^»(fl^-^i«i^2 ....  flf-i)  (fl.M2...*n-l)  =  0  (1) 

V  (— 1)»»*  (0,^1  «,>2\...  fl<_,)  aicc  =  0  (2) 

(«1  at  ...  rtn)  (.Ti  ^ZTj  ...  Xn)  —  («!«:»  «2a:,  ...  a,ut^)  =  0  (3) 

V  (—1)^*  (^t4.i  .r.>2 ....  .Ti-i)  flfoTi  =  0  (4) 

fW-l 

^  (—1)**»  (ari>i  Xi^i ....  ;r»-i)  (.zr,- yi  y, ...  y,»-i)  =  0  .  (5) 

K  Cogli  stessi  2«  coeflScienti  possono  evidentemente  comporsi  I  -  l  iden- 
tità del  tipo  (1),  mentre  con  w+l^^^ffi^ì^i^tì  ^  ^°^  variabile  non  può  com- 
porsi che  una  sola  identità  del  tipo  (2),  e  così  per  (3). 

«  Le  (1),  (3),  (5)  possono  dar  luogo  a  molti  casi  particolari  supponendo 
due  0  più  degli  elementi  che  vi  compariscono,  fira  loro  eguali. 

«  Ora  io  dico  che  se  si  ha  un'espressione  del  tipo  invariantivo,  cioè  for- 
mata con  determinanti  ennarii  e  con  fattori  lineari  ennarii,  e  se  questa  espres- 
sione è  identicamente  zero,  essa  può  sempre  ridursi  in  una  somma  di  ter- 
mini di  cui  ciascuno  contenga  per  fattore  una  delle  cinque  suddette  iden- 
tità'Set'o,  il  che  equivale  a  dire  che  usando  solo  le  identità-zero  deve  po- 
tersi riconoscere  l'annullarsi  dell'espressione  senza  aver  bisogno  di  sviluppare 
le  diverse  formazioni  invariantivo  che  essa  contiene. 

K  Intendiamo  però  che  l'annullarsi  dell'espressione  sia  di  tale  natura 
che  sussista  quando  i  coef&cienti  simbolici  che  in  essa  vi  compariscono  si 
considerino  come  effettivi  ;  ma  è  chiaro,  che  se  anche  ciò  non  fosse,  possiamo 
sempre  ridurvici  prendendo  la  media  aritmetica  di  tutte  le  espressioni  che 
si  ottengono  dalla  data  permutando  i  simboli  equivalenti  in  tutti  i  modi 
possibili  fra  loro.  L'espressione  data  la  supponiamo  naturalmente  omogenea 
in  ciascuna  serie  di  coef&cienti  e  di  variabili. 

tt  Supponiamo  in  primo  luogo  che  non  contenga  che  n-\'l  serie  di  coef- 
ficienti e  una  sola  serie  di  variabili.  Ponendo  allora,  per  brevità, 

{Oi^i  Oi+i ....  a,-i)  =  Ai 

essa  risulterà  di  tanti  termini,  ciascuno  del  tipo 

B  =  Ar»  A?* ASir  ah  ah aLVcc 

mentre  la  (2)  diventa 

^(— l)»«Aia,v.  =  0.  (2') 


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—  121  - 

«  Dalle  condìziooi  di  omogeneità  di  tutti  i  tennini  B,  si  ricaya: 

«1    +atH hccn    -t- i*n-M=  cosi  ^ 

a«    -hcc3-\ hccn+i-hfii     =  COSt.  I 


CCn-t-l+yCl  H h  CCn^i-\-  fin     =  COSt. 

fil     H-Z^sH \-fin     +/?n+l=COSt. 

dalle  quali  si  ricavano: 

(ai— /^i)  — (a,    —fit    )  =  cost. 

fflfj— /Jj)  —  («3     — ^3     )  =  cost. 


(6) 


(7) 


(«n  —  fin)  —  («n-Hi—  /^n+l  )  =  COSt.  \ 

(«1  —  fil)  +  (a*  —  i^g)  H h  («n  —  fin)  =  cosi    ' 

«  Da  queste  relazioni  appare  subito  che 

«1  —  fii  =  cost,        «2  —  /?2  =  cost a„^.i — /?„+i  =  cost.         (8) 

Quindi  si  ha  che  da  ogni  termine  (2)  possiamo  togliere  un  fattore  comune 
e  resta  un* espressione  che  dovrà  da  sé  essere  identicamente  zero,  e  che  risulta 
di  termini  del  tipo: 

—  Al      A2     ...  AfM-l      «la?  aja;  .  •  .  dn-t-loc  • 

«  Se  Tespressione  deve  essere  identicamente  zero,  considerando,  cioè, 
tutte  le  quantità  che  in  esse  figurano,  come  delle  variabili  fra  loro  indipen- 
denti, sarà  ancora  zero  se  ad  un  certo  numero  di  queste  sostituiamo  altre  fra 
loro  indipendenti  e  legate  alle  prime  da  date  relazioni  algebriche.  Introdu- 
ciamo allora  le  altre  quantità  Ci,  Cs,...  C„,  date  da 

Al  «!«  =  Ci  ,      A2  «jar  =  Cj  ,    Anana  =  Cn  (9) 

e  queste  nuove  n  quantità  fra  loro  indipendenti  G  possiamo  supporre  di  in- 
trodurlo in  luogo  delle  altre  n  anche  fra  loro  indipendenti: 

«  Da  (2')  si  vede  intanto  che 


n 


An^ia„^l^  =  y  (—1)-^^  Ai  ai:,=^  (—1)^'  Ci  =  Cn^i  •  (10) 

La  espressione  primitiva  deve   dunque  ridursi  a  zero  colle  sole  sostituzioni 
(9),  (10);  deve  essere  quindi  divisibile  per 

CnH.i-Ì;(-l)***-^Ci 
t— 1 

ovvero  per 

T(-1)'"G., 

i-I 

come  si  volea  dimostrare. 


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—  122  — 

«  La  dimostrazione  suesposta,  sussiste  perfettamente  se  invece  di  »+l 
coeflBcienti  e  una  variabile,  vi  sono  reciprocamente  n-hl  variabili  e  un  coef- 
ficiente. 

«  Consideriamo  ora  il  caso  generale,  in  cui  vi  sono  p  serie  di  coeflB- 
cienti, e  q  serie  di  variabili.  È  chiaro  in  primo  punto  che 

p  +  q^n-hl . 

Infatti  se  uno  dei  due  numeri  p,  q  è  eguale  ad  n-hl  e  Taltro  è  zero,  al- 
lora cogli  elementi  dati  si  possono  formare  solo  n-hl  determinanti  ennarii. 

ff  A  causa  della  omogeneità  di  tutta  l'espressione  in  ciascuno  elemento, 
si  possono  stabilire  delle  relazioni  analoghe  alle  (6)  facendovi  però  in  queste 
le  fi  tutte  zero.  Allora  dalle  (7)  appare  che  ciascuna  delle  a  deve  essere 
costante,  e  allora  l'espressione  risulterebbe  di  termini  tutti  eguali. 

«  Se  uno  dei  due  numeri  p,  q  è  eguale  slì  n  e  l'altro  è  1,  allora  si 
può  formare  un  solo  determinante  ennario,  e  poi  n  forme  lineari. 

tt  Se  dunque  l'espressione  data  contiene  in  un  suo  termine  il  determi- 
nante alla  potenza  a ,  e  i  fattori  lineari  alle  potenze  fii ,  fi^ ...  fin ,  dovendosi 
avere,  a  causa  dell'omogeneità  , 

a-hfii==GOst.        cc-\-fii  =  cost a  +  fin  =  cost. 

fil+fii-\ h/?n  =  COSt. 

sarà  per  tutti  i  termini  «==  cost.,  e  quindi  allora  togliendo  da  tutta  l'espres- 
sione il  fattore  comune  (determinante),  resta  un'espressione  composta  solo  di 
&ttori  lineari. 

«  Allo  stesso  caso  ci  riduciamo  chiaramente  se  nessuno  dei  due  numeri 
p  ^  q  ò  uguale  o  maggiore  di  n.  Ora  è  chiaro  che  un  tale  aggregato  non 
può  mai  essere  zero,  abuenochè  non  lo  sia  nel  senso  che  i  varii  termini  si 
distruggano  addirittura  fra  loro;  non  lo  paò  essere  cioè  nel  senso  che  per 
riconoscere  il  suo  annullarsi  si  debbano  sviluppare  le  espressioni  lineari  che 
contiene.  Ed  infatti  se  ciò  fosse  possibile,  lo  sarebbe  ancora  quando  pongo 
eguali  a  zero  tutte  le  x,  p.  es.  con  un  indice  superiore  a  1.  Allora  ogni  forma 
lineare  ennaria  diventa  un  sol  termine,  e  la  cosa  è  evidente. 

«  Prendiamo  ora  p — 1  serie  di  coefl&cìenti  «i,  Ot,...  Op-i  e  trasformia- 
moli in  serie  di  variabili  nel  seguente  modo  :  prendiamo  n  nuove  serie  di 
variabili  yi ,  y^, . . .  y»  e  altre  n — {p — 1)  serie  di  coeflScienti  o^, . . .  a„ ,  e 
trasformiamo  le  a  nelle  y  in  modo  che  p.  es.  ^u  i  ^is  •  • .  dm  si  pongano  propor- 
zionali ai  determinanti  minori  formati  colle  y^^  yz,-  -  -yn^  e  così  di  seguito. 
Il  che  equivale  a  porre  le  relazioni 

Oii  yji  -+-  ai2  yjt  H h  din  yjn  =  0 

per  tutti  i  valori  di  /,  j  da  1  ad  ;»  esclusi  i  valori  eguali. 

K  Dalle  quali  relazioni  posso  reciprocamente  con  formolo  perfettamente 
analc^he  a  quelle  con  cui  le  a  si  esprimono  per  le  y,  esprimere  le  y  per  le  a. 


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—  123  — 

«  Così  facendo,  è  chiaro  che  la  espressione  primitiva  data  si  viene  a 
ridurre  in  un'altra  contenente  una  sola  serie  di  coefScienti,  e  r  serie  di  va- 
riabili, dove  r  >  »  avendo  dimostrato  che  ^  +  y  >  ?i  +  1 .  Prima  d'andare 
avanti  è  utile  osservare  a  questo  proposito  che  se  J5  —  1  >  »  ed  eguale  p.  es. 
ad  ^  +  ^  allora  per  ciascuno  dei  primi  z  gruppi  di  n  coefiScienti  io  posso 
introdurre  n  nuove  variabili,  e  per  l'ultimo  gruppo  di  t  soli  coefficienti  posso 
iutrodurre  altre  n  nuove  variabili  ;  per  modo  che  se  ;  =  0 ,  allora  essendo 
j)>>n+l ,  si  avrà  r  almeno  eguale  a  2/i  e  quindi,  come  abbiamo  detto  r>-n. 

8  Altri  due  casi  son  da  considerarsi;  il  primo  è  quando  |>='l;  allora 
naturalmente  non  si  introduce  nessuna  nuova  serie  di  variabili,  e  le  con- 
siderazioni che  seguono  vi  si  adattano  perfettamente;  il  secondo  è  quando 
j5=0;  ma  per  la  perfetta  reciprocità  che  vi  è  fra  le  variabili  e  i  coefficienti, 
questo  caso  chiaramente  non  è  diverso  da  quello  in  cui  ;  ==  0  che  è  stato  già 
considerato. 

■  Ci  serviremo  ora  deUa  formola  di  Gordan  generalizzata  dal  prof.  Ca- 
pelli in  una  recente  Memoria  {}\ 

•  Ivi  si  dimostra  (^)  che  un'espressione  come  quella  a  cui  abbiamo  ridotta 
la  espressione  data,  può  esprimersi  con  funzione  razionale  ed  intera  di  cova- 
rianti identici  e  di  polari  di  espressioni  contenenti  n  serie  di  variabili,  o  anche, 
se  vogliamo,  n+1  serie  di  variabili.  Le  polari  poi  son  fatte  fra  tutte  le  va- 
riabili che  sono  scomparse  e  solo  n  —  1  di  quelle  rimaste,  che  chiameremo 

»  Possiamo  dunque  fare  sparire  r  —  (w  +  1)  variabili,  e  sappiamo  inoltre 
che  queste  funzioni  contenenti  un  minor  numero  di  serie  di  variabili  si  rica- 
vano dalla  primitiva  con  aggregati  di  operazioni  di  polari,  per  modo  che  se 
la  primitiva  è  zero,  anche  queste  funzioni  derivate  sono  zero.  Ma  in  queste, 
avendo  una  serie  di  coefficienti  e  »  +  l  serie  di  variabili,  si  può  porre  in 
vista  un  fattore  del  tipo  (4)  e  che  sia  lo  stesso  per  tutte  queste  varie  espres- 
sioni derivate. 

«  Per  costituire  poi  l'espressione  primitiva  dobbiamo  effettuare  su  esse 
un  aggregato  di  operazioni  di  polari.  Serviamoci  di  un  teorema  di  Capelli  (^), 
che  dice  che  quest'assieme  di  operazioni  di  polari  può  sempre  supporsi  composto 
di  polari  le  cui  variabili  nella  formazione  delle  polari  sono  solamente  le  n — 1 
variabili  f  •  Allora  il  numero  di  tutte  le  possibili  polari  da  dovere  operare  è 

(r — n — 1)  (n —  1)  =  © 

aumentato  del  numero  delle  polari  che  si  ottengono  combinando  le  n — 1  S  con 
Im  stesse. 

P)  Capelli,  op.  cii 
«  §  74,  pag.  58. 
«§7,1«,  pag.  9. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  !•  Sem.  16 


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—  124  — 

«  Però  è  da  notarsi  che,  per  un  teorema  fondamentale  di  Capelli  sulle 
operazioni  invariantive  (i),  io  posso  in  una  operazione  inTariantiya  disporre 
Verdine  dei  diversi  fattori  operativi  come  meglio  mi  piace;  potrò  quindi 
porre  avanti  (cioè  da  operarsi  prima)  le  polari  effettuate  fra  le  n — 1  varia- 
bili ^.  Ma  allora  Y identità-zero  non  muta  di  forma;  restano  quindi  solo  co 
polari  diverse  che  danno  altrettante  forme  diverse  alV  identità-zero.  Il  numero 
dei  termini,  ciascuno  contenente  un  diverso  fattore  d*  identità-zero  è  dunque 
(»H-l  =  r«  —  «*  —  r+2. 

«  Bidotta  Tespressione  trasformata  a  questa  forma,  posso  ora  ripassare 
air  espressione  primitiva  data  esprìmendo  le  nuove  variabili  y  per  le  a.  Con 
ciò  ripasserò  naturalmente  all'espressione  data  primitiva,  a  meno  però  di  un 
&ttore  che  conterrà  pure  i  nuovi  coefiScienti  introdotti  «p ....«„  che  dovranno 
staccarsi  interamente. 

«  L'espressione  data  quindi,  moltiplicata  per  una  certa  espressione  evi- 
dentemente mai  zero  (perchè  dipendente  dalla  trasformazione  affatto  generale 
che  si  è  fatta)  si  trova  sviluppata  in  termini,  ciascuno  contenente  per  fat- 
tore una  identità-zero.  Di  qui  è  chiaro  che  l'annullarsi  della  funzione  pri- 
mitiva data  deve  potersi  ottenere  facendo  uso  solo  delle  identità-zero  » . 

Fisica.  —  Scarica  elettrica  attraverso  i  minerali.  Nota  del 
prof.  Carlo  Marangoni  presentata  dal  Socio  Blaserna. 

K 1.  In  due  Memorie,  pubblicate  nei  Rendiconti  di  questa  B.  Accademia  (^) 
esposi  alcuni  fatti  nuovi  che  mi  parvero  mostrare  ima  relazione  fra  l'elettri- 
cità e  la  luce.  Successivamente  il  prof.  Fanebianco  ha  fatto  opposizione  alle 
mie  deduzioni  teoriche,  nella  sua  Rivista  (3).  Egli  verificò  e  trovò  esatti  molti 
dei  risultati  da  me  avuti.  Però  non  ottenne  mai  nella  calcite  la  perforazione 
parallela  all'asse,  come  io  ho  osservato  in  più  casi.  E  ciò,  forse,  perchè  il  sul- 
lodato  professore  non  avrà  traforati  tanti  cristalli  di  calcite,  come  me,  cioè 
piti  di  40,  0  avrà  impiegati  esemplari  a  facile  sfaldatura  ;  invece  io  traforai 
del  limpidissimo  spato  d'Islanda  con  distinta  frattura  concoide. 

tt  Ma  il  vero  disaccordo  sta  nella  interpretazione  dei  fatti.  Il  prof.  Pane- 
bianco  mi  muove  due  importanti  obiezioni  :  1^  Che  i  fenomeni  da  me  osser- 
vati nel  salgemma  «  mostrerebbero  nonché  una  ntcova  relazione  fra  l'elettri- 
cità e  la  luce,  una  improbabile  differenza  grandissima  fra  la  luce  e  l'elet- 
tricità*. 2^  «  Che  in  tutti  i  casi,  la  scarica  che  fora  il  minerale  altro  ncm 
produce  che  gli  effetti  meccanici,  che  si  ottengono  per  mezzo  della  percussione  * . 


(1)  Op.  cit.  pag.  9. 

(*)  Rendic.  R.  Accad.  dei  Lincei.  Voi.  HI,  !<>  Sem.  1887,  pag.  136  e  202. 

(3)  Rivista  di  Minerai,  e  Cristallografia.  Voi.  I,  fase.  1°  e  2«.  Padova,  1887. 


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—  125  — 


«  Discuto  subito  quest'ultima  obiezione,  riservando  la  difesa  della  1*  ad 
una  prossima  Memoria,  come  già  promisi  fino  dalla  2*  mia  Nota. 

«  2.  Quarso.  —  Dopo  tante  prove  sono  riuscito  a 
traforare  il  quarzo,  ed  ecco  come  :  La  lastra  A  dì  quarzo 
viene  saldata  con  cera  gialla  ftisa  su  di  un  tubo  B  di 
vetro  e  circondata  pure  di  cera,  in  modo  che  il  quarzo 
sia  immerso  nella  cera.  Un  filo  di  rame  penetra  nel  tubo  B 
fino  a  toccare  il  quarzo.  H  tubo  di  vetro  è  lavorato  in 
alto  a  smeriglio,  e  serve  a  tappare  il  fondo  di  una 
vaschetta  C  di  vetro.  Si  versa  nella  vaschetta  il  petrolio, 
0  meglio  la  benzina,  e  sopra  il  quarzo  si  fa  arrivare 
Taltro  filo  metallico.  Producendo  la  scarica  col  rocchetto 
fin  i  detti  fiU,  la  scintilla  attraversa  i  cristalli,  anche 
se  piccoli,  senza  scorrere  sulla  loro  superfice.  Così  ho 
forati  dei  quarzi  da  8  a  fino  5  millimetri  di  grossezza. 

•  In  quattro  quarzi,  destrorsi  e  sinistrorsi,  tagliati  perpendicolarmente  al- 
l'asse, il  foro  è  stato  rettilineo,  o  in  forma  di  una  spezzata,  e  sembra  diretto 
parallelamente  aUo  spigolo  formato  da  una  faccia  del  romboedro  primitivo  con 
una  fiuscia  plagiedra  adiacente.  Yi  sono  in  oltre  due  incrinature  striate  che 
hanno  per  intersezione  il  foro. 

•  Provai  a  spezzare  uno  dì  questi  quarzi,  destrorso,  nella  direzione  deUe 
incrinature;  ma  la  iiattura  adiacente  aUe  incrinature  era  perfettamente  concoide, 
senza  traccia  di  continuazione  dei  piani  di  incrinatura.  Ecco  intanto  una  dif- 
ferenza fira  la  percussione  e  la  perforazione  elettrica.  Inoltre  i  piani  d'in- 
crinatura sono  finamente  striati  in  direzione  quasi  perpendicolare  al  foro. 

«  Provai  a  misurare  l'angolo  diedro  delle  due  incrinature  col  goniometro 
a  riflessione,  e  per  ottenere  una  misura  piìl  approssimata,  essendo  tale  determi- 
nazione molto  malagevole,  ho  adoperato  il  goniometro  come  circolo  ripetitore, 
riportando  10  volte  il  detto  angolo,  ed  ottenni  SbO^,0&\  cioè  in  media  35'',00'; 
or  bene,  l'angolo  polare  delle  suddette  facce  che  più  si  accosta  a  questo  valore 
è  85^,14',  il  quale  è  formato  appunto  dalla  faccia  del  romboedro  diretto 
1,0,Ì|1  colla  phigiedra  10,7,17,7. 

s  yolendo  applicare  poi  il  metodo  ingegnoso  del  prof.  Panebianco,  della 
riflessione  contemporanea  della  luce  sulle  incrinature  (s'intende  attraverso 
lamine  a  faccio  parallele),  e  sulle  fiftccie  esteme  del  cristallo,  per  constatarne 
il  parallelismo,  incollai  sulla  lastra  un  cristallo  plagiedro  giustamente  orien- 
tato, e  trovai  fira  le  fiiccette  a  gradinata  delle  due  incrinature,  e  le  fiuM^e  del 
romboedro  primitivo,  e  la  plagiedra  adiacente  il  parallelismo  supposto.  Noto 
che  questa  ultima  faccia  non  è  di  sfaldatura. 

«  Traforai  con  maggior»  difleoltà  due  esemplari  fortemente  plagiedri  D  e  S 
di  quarzo  aflfnmicato,  deU*  growezza  di  ò^"^.  Il  foro  non  riuscì  che  dopo  molte 


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—  126  — 

scariche  invertite  ;  esso  riuscì  un  po'  tortuoso,  ma  tendente  ad  essere  paral- 
lelo air  asse,  e  quindi  perpendicolare  alla  sezione  fatta.  Qui  le  incrinature  sono 
tre,  inclinate  di  120^  fra  loro,  giacenti  in  piani  paralleli  alle  facce  del  prisma 
di  2®  ordine. 

«  Ma  anche  le  incrinature  sono  irregolari  e  interrotte.  In  esse  non  scor- 
gesi  la  disposizione  a  elice  che  credoTO  di  trovare;  esse  assomigliano  piuttosto 
alle  perforazioni  irregolari  ottenute  in  certi  vetri. 

«  E  avendo  voluto  traforare  una  lastra  di  calcedonio  bianco,  non  ostante 
che  fosse  grossa  appena  mm.  1,5,  vi  riuscii  con  estrema  difBcoltà,  e  qui  pro- 
dusse una  sola  incrinatura  irregolare,  come  quando  si  rompe  un  vetro. 

«  3.  Gesso.  —  Il  prof.  Panebianco  mi  ha  prevenuto  nel  pubblicare  l'effetto 
della  scarica  attraverso  il  gesso.  Egli  osservò  una  direzione  del  foro  «  [010]  con 
due  incrinature  che  hanno  per  comune  sezione  la  dii-ezione  del  foro.  La  più 
estesa  è  parallela  a  100  (piano  di  sfaldatura  concoide),  l'altra,  parallela  a  509. 
(piano  di  frattura  per  percussione  di  Beusch)  la  quale,  dopo  qualche  milli- 
metro, dalle  due  parti  del  foro,  cambia  direzione,  formando  due  estese  incri- 
nature parallele  a  101  (piano  di  sfaldatura  fibrosa)  » . 

«  Ma  io  ho  ottenuto,  sopra  più  di  un  centinaio  di  fori,  su  lastre  di  gesso 
parallele  a  010,  altre  due  direzioni  diverse.  Uno  di  questi  fori  è  nell'inter- 
sezione delle  due  incrinature  110,509,  quindi  la  direzione  del  foro  è  [996]; 
l'altra  le  è  simmetrica  rispetto  al  piano  010,  vale  a  dire  le  due  incrinature 
sono  Ilo,  509,  e  la  direzione  del  foro  è  quindi  [995.]  :  Però  la  traccia  delle 
due  incrinature  oblique  a  010  su  questa  faccia  è  la  stessa  come  quando  il 
foro  è  perpendicolare  alla  lamina,  e  nell'insieme  assomiglia  ad  una  /  disposta 
orizzontalmente. 

ff  Delle  volte  si  hanno  tutte  e  due  le  direzioni  simultaneamente  e  l'una 
di  seguito  all'altra  [995]  ,  [995]  e  il  foro  ha  la  forma  di  un  V  orizzontale. 
Ma  facendo  riflettere  la  luce  su  questi  nuovi  piani  d'incrinatura  obbliqui, 
si  vede  che  sono  tutti  a  gradinata,  e  che  le  faccette  di  ogni  scalino  sono 
parallele  a  100  (piano  di  sfaldatura  concoide).  Ho  misurato  col  goniometro 
di  Haùy  l'angolo  formato  dalle  due  incrinature  comprendenti  il  V  e  l'ho  tro- 
vato di  111®  ^  circa,  che  corrisponde  appunto  all'angolo  polare  delle  due  /acce 
110,  110  che  hanno  un'incidenza  di  68^30'.  I  piani  di  queste  due  facce 
indicano  nel  gesso  due  direzioni  di  più  facile  incrinatura,  senza  che  sieno  piani 
di  sfaldatura.  Forse  è  per  l'influenza  di  questi  due  piani  che  la  sfaldatura 
secondo  la  faccia  100  riesce  concoide,  essendo  questa  faccia  tangente  all'angolo 
formato  da  quelle  due. 

«  È  strano  che  alle  volte  la  scarica  segua  una  via  più  lunga  e  a  gradinata, 
piuttosto  che  la  più  breve  [010],  la  quale  giace  in  oltre  in  due  piani  di  sfal- 
datura ;  e  ancora  più  strano  sembrerà  il  fatto,  quando  si  sappia  che  il  foro 
obbliquo  è  tanto  più  frequente  di  quello  perpendicolare,  quanto  più  la  lastra 
è  grossa.  In  fine  il  rapporto  fra  la  frequenza  delle  due  direzioni  del  foro  varia 


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—  127  — 


assai  colla  proyenienza  del  minerale.  Questi  fatti  appariscono  chiaramente 
dal  quadro  che  segue: 


Grossezza 

della 

lamina 

mm. 

Numero  dei  fori 

nella 

Direzione 

[010]       [99530) 

Gesso  di  Romagna 

4,8 
1,4 
0,5 

12 

20 
16 

8 
2 
0 

Gesso  di^Sicilia 

2,0 
1,0 
0,4 

0 

1 
2 

8 

15 

6 

Gesso  di  provenienza  incognita .    .    . 

5,6 
1,6 

4 
10 

7 
2 

Gesso  del  Bolognese  (molto  fessurato) 

7,7 

1 

3 

Totale    .    .    . 

66 

51 

Conclusione. 

•  Le  incrinature  parallele  alle  facce  del  prisma  di  2^  ordine  e  della 
faccia  pls^iedra  suddetta  nel  quarzo,  mostrano  che  vi  sono  dei  piani  di  minima 
resistenza,  che  non  sono  piani  di  sfaldatura.  Lo  stesso  dicasi  dei  piani  110, 110 
nel  gesso.  Dunque  la  scarica  elettrica  ha  rivelato,  nei  cristalli,  dei  nuovi  piani 
di  frattura,  i  quali  sono  quasi  sempre  striati,  in  causa  della  disposizione  a 
gradinata. 

«  Io  li  chiamerò  piani  di  incrinatura  ;  essi  rappresentano,  insieme  col 
foro,  le  direzioni  della  minima  resistenza  al  passaggio  dell'elettricità  » . 

Fisica.  —  Sulla  velocità  del  suono  nelle  leghe.  Nola  del  dott. 
G.  Giuseppe  Gerosa,  presentata  dal  Socio  Cantoni. 

«  Nella  presente  Nota  mi  limito  a  riferire  i  risultati  conseguiti  per  la 
velocità  del  suono  nelle  leghe  di  nnco  e  stagno. 

ff  Le  leghe  esaminate  sono  dieci,  che  vennero  formate  associando  al  peso 
molecolare,  valutato  in  grammi,  dello  zinco  ordinatamente  Vs»  Vsi  ^'s».-.  *% 

(■)  Il  segno  ambipio  ^  indica  o  Tana  o  Taltra  delle  direzioni  [995]  ,  [995]. 


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—  128  — 

del  peso  molecolare,  pure  Talntato  in  grammi,  dello  stagno.  La  velocità  del 
suono  fu  dedotta  dalle  vibrazioni  longitudinali  dei  fili  di  piccolissimo  diametro 
(A.Masson,  Annales  de  Chemie  et  de  Physique;  1858,  s.  8%  t.  LUI,  p.  260). 

s  Per  preparare  i  fili,  fondevo  in  un  crogiuolo  di  porcellana,  stretto  e 
profondo,  i  metalli  da  associarsi,  presi  nelle  debite  proporzioni  accuratamente 
stabilite,  e,  dopo  aver  agitato  per  bene  la  lega  fusa  con  un  tubetto  di  vetro 
piegato  a  gomito  e  riscaldato  ad  un'estremità,  ne  assorbivo  un  cilindretto. 
Questo  poi  era  passato  successivamente  alla  trafila  di  acciaio  (per  diametri 
grandi)  e  di  rubino  (per  diametri  piccoli),  e  Toperazione  veniva  continuata 
finché  si  fossero  raggiunti  diametri  tali,  per  cui  il  suono  reso  dai  fili  rimanesse 
invariabile,  quando  i  diametri  stessi  venissero  diminuiti  ancora.  I  limiti  in- 
feriori dei  diametri  per  lo  zinco  e  lo  stagno  risultarono  rispettivamente  di 
circa  0,2  e  0,4  mm.  ;  quelli  delle  leghe  erano  compresi  fra  questi. 

«  I  fili  venivano  tesi  orizzontalmente,  stringendone  le  estremità  fra  due 
morsetto  in  ferro,  che  erano  impegnate  a  vite  nei  due  carretti  del  tornio 
dell*o£Scina  delllstituto,  fissati  lungo  le  guide  ad  una  data  distanza.  Per 
meglio  dire,  dapprima  un'estremità  dei  fiU  veniva  serrata  in  una  delle  morsetto, 
ed  all'altra  estremità  poi,  dopo  che  i  fili  stessi  erano  stati  fatti  passare  attra- 
verso la  seconda  morsetta  ed  in  seguito  sulla  gola  di  una  puleggia,  veniva 
appeso  un  piattello  da  bilancia.  Tesi  i  fili  con  un  peso  conveniente,  veniva 
serrata  anche  la  seconda  delle  morsetto,  delle  quali  le  superfic!  prementi  i 
fili  erano  rivestite  di  una  lamina  di  legno. 

«  La  distanza  delle  due  morsetto,  misurata  fra  i  due  piani  verticali  rasenti 
le  loro  fronti  prospettantisi,  era  di  1,4988  m.;  e  questa  era  la  misura  della 
lunghezza  del  filo  vibrante. 

«  I  fili  erano  fatti  vibrare  longitudinalmente  sfregandoli  leggermente  e 
per  brevissimo  tratto  fra  due  dita,  cosperse  di  polvere  di  colofonia.  Quand'essi 
erano  tesi  con  un  peso  sufficiente  (250  a  350  granmii  secondo  la  natura  e 
la  sottigliezza  del  filo)  emettevano  suoni  purissimi,  che  per  la  disposizione 
dell'esperienza  (essendo  il  tornio  tutto  in  ferro  e  solidissimo)  non  potevano 
essere  influenzati  dalle  vibrazioni  dell'apparecchio. 

«  Il  numero  delle  vibrazioni  dei  suoni  resi  dai  fili  fu  determinato,  me- 
diante il  sonometro,  sul  quale  era  tesa  una  corda  sottilissima  d'argentana, 
scelta  fra  le  più  omogenee.  Per  ciascun  filo,  sottoposto  ad  esame,  venne  suc- 
cessivamente preso  sulla  corda  del  sonometro  l'unisono  e  la  prima  ottava  bassa 
del  suono  fondamentale  del  filo  stesso,  non  che  l'unisono  e  la  prima  e  seconda 
ottava  alta  di  un  diapason  do^,  costruito  dal  Ednig,  corrispondente  a  512 
vibrazioni.  Per  tal  modo,  oltre  che  assicurarmi  dell'omogeneità  del  filo  vibrante, 
veniva  a  riferire  i  suoni  del  filo  e  del  diapason  a  tratti  poco  diversi  della 
corda  del  sonometro.  Le  esperienze  furono  ripetute  sopra  diversi  fili  di  una 
stessa  lega  e  ad  epoche  diverse,  e  le  differenze  nei  suoni  determinati  da  un'espe- 
rienza all'altra  non  sorpassarono  mai  gli  errori  di  ossewazione  relativi  alle 


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—  129  -* 

Yaiie  prore  di  una  medesima  esperienza.  Si  deve  però  usare  di  una  pazienza 
estrema  per  ottenere  dei  fili  omogenei 

«  Ora  sono  riassunti  nella  tabella  seguente  i  risultati  ottenuti; 


Leghe 

A 

V 

Vt 

Vi 

t>— «i 

t^— w. 

JX 

Zinco  poro 

iisTs 

11,087 

11,135 

._ 

-0,048 



11,9 
5  7 

1 

125,  7 

10,037 

9,966 

10,132 

-H  0,071 

—  0,095 

2 

131,  4 

9,602 

9,598 

9,578 

H-  0,004 

-H  0,024 

8,9 
3,0 
2,8 
2,1 
2,0 
2.6 
3,6 
4,0 
13,5 

3 

135,  3 

9,325 

9,332 

9,217 

-0,007 

-4-0,108 

4 

138,  3 

9,123 

9,131 

8,963 

-0,008 

-f- 0,160 

5 

140,  6 

8,973 

8,970 

8,775 

-+-0,003 

-H  0,198 

6 

142,  7 

8,841 

8,834 

8,629 

-4-0,007 

.+-0,212 

7 

144,  7 

8.719 

8,700 

8,514 

-4-0,019 

-f- 0,205 

8 

147,  3 

8,565 

8,549 

8,419 

.+-0,016 

-4-  0,146 

9 

150,  7 

8,372 

8,373 

8,341 

—  0,001 

-+-  0,031 

10 

154,  7 

8,156 

8,165 

8,275 

-0,009 

-  0,119 

Stagno  paro 

168,  2 

7,501 

7,536 

— 

-0,035 

— 

•  I  numeri  1,  2,  3, ....  10  della  prima  colonna  indicano  ordinatamente 
le  leghe  formate  col  peso  molecolare  dello  zinco,  rahitato  in  grammi,  unito 
ad  1,  2,  3,  ....  10  quinti  del  peso  molecolare  dello  stagno:  lo  zinco  e  lo 
stagno  sono  pure  considerati  come  due  leghe,  nelle  quali  la  quantità  dello 
stagno  allegata  allo  zinco  è  nulla  nel  primo  oaso  ed  infinitamente  grande 
nel  secondo. 

«  I  valori  di  X  esprimono  le  lunghezze  della  corda  del  sonometro,  che 
danno  suoni  all'unisono  dei  suoni  fondamentali  resi  dai  fili. 

«  La  t;  indica  la  velocità  del  suono  a  13®  delle  leghe,  riferita  a  quella 
a  0^  dell'aria,  presa  come  unità.  Essa  fii  calcolata  colla  relazione 

k        , 
e?  =  —  .n.l , 

Vi 

nella  quale,  pel  caso  presente,  è; 
/f  =  1,  riferendosi  al  suono  fondamentale  del  filo  ; 
Vo  =  331  m.,  velocità  del  suono  nell'aria  a  0*  ; 
/  =  1,  4988,  lunghezza  del  filo  vibrante; 

»=  -j-  512,  essendo  jì  =  544,  2  mm.  la  lunghezza  della  corda  del  sono- 
metro che  vibra  all'unisono  col  diapason. 


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—  130  — 

«  Coi  valori  di  v,  assunti  come  ordinate,  fa  costruita  la  curva  grafica 
(indicata  nella  tavola  sottostante),  di  cui  le  ascisse  rappresentano  le  frazioni 
del  peso,  molecolare  dello  stiano  allegate  al  peso  molecolare  dello  zinco  nelle 
varie  leghe.  La  curva  non  si  può  esprimere  con  una  relazione  analitica  molto 
semplice  ;  essa  approssimativamente  corrisponde  alla  formola 


(a) 


z;i  =  7,536 +  3,899^    ^         \    i,6    /  )  ^ 

nella  quale  x  esprime  lascissa  della  ourra.  Vale  a  dire,  per  ^  =  0  e  per 
X  =  co  l'espressione  {a)  dà  rispettivamente  la  velocità  del  suono  nello  zinco 
e  nello  stagno,  e  per  ^  =  Vs  =  0,2,  =  Vs  =  0,4, =  ^V»  =  2  dà 


quella  delle  leghe  1,  2, 10.  Le  diiferenze  fra  i  valori  v  osservati 

e  quelli  V\  calcolati  colla  {a)  sono  scritti  nella  colonna  v-Vi  della  precedente 
tabella. 

«  L'andamento  della  curva  poi  rivela  come  v  varii  molto  più  rapidamente 
in  corrispondenza  dei  valori  estremi,  in  special  modo  dei  più  piccoli,  che  non 
dei  valori  intermedi  della  w.  E  più  precisamente  la  derivata  seconda  della  {a) 


d'vi 


dx' 


=—3,899^ 


-ìr-A'^yi 


HtF)" 


2)/x 


(^)T] 


4x\/x 


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—  131  — 

si  annulla  per  ;zr=  1, 2345,  ossia  la  curva  presenta  un  flesso  intomo  al  valore 
f  dell*ascissa;  il  che  corrispónde  a  dire  che  la  variazione  della  velocità  del 
suono  da  lega  a  lega  risalta  minima  per  le  proporzioni  di  1  di  zinco  a  f  circa 
di  stagno,  riferite  ai  rispettivi  pesi  molecolari  dei  metalli. 

«  Nella  tabella  numerica  surriferita  si  può  notare  inoltre  che  le  differenze 
V'Vt  fra  i  valori  v  osservati  e  quelli  Vt  calcolali  colla  media  aritmetica  delle 
velocità  del  snono  dei  pesi  rispettivi  dei  metalli  componenti  le  leghe,  trovano 
un  valor  massimo  per  le  leghe  intermedie  e  mutano  di  segno  per  le  due  leghe 
estreme.  Anzi,  se  si  osserva  la  curva  di  (v-Vt)  (tracciata  nella  tavola),  ove 
appunto  le  ordinate  rappresentano  le  differenze  v-Vt  e  le  ascisse  le  frazioni 
del  peso  molecolare  dello  stagno  allegate  al  peso  molecolare  dello  zinco,  piti 
sopra  designate  con  ^,  si  rileva  che  essa  presenta  un  massimo  precisamente 
in  corrispondenza  di  a:  =  1,24  ;  per  cui  nello  stesso  tempo  che  le  variazioni 
della  velocità  del  suono  pella  lega  composta  di  1  peso  molecolare  dello  zinco 
con  -f-  circa  di  quello  dello  stagno  trovano  un  minimo,  vi  assumono  un  mas- 
simo le  differenze  fra  la  velocità  osservata  e  quella  calcolata  colla  media  aritme- 
tica delle  velocità  dei  pesi  rispettivi  dei  metalli  allegati. 

8  La  curva  di  (v-v^)  poi  taglia  due  volte  l'ascissa,  in  corrispondenza  dei 
valori  a:  =•  0,358  ed  ;r  =  1,846  ;  cosicché,  mentre  per  le  soluzioni  normali 
dì  due  sali  àwi  in  corrispondenza  di  una  dafai  proporzione  dell'uno  di  essi 
una  sola  proporzione  dell'altro,  per  cui  le  costanti  fisiche  del  loro  miscuglio 
corrispondano  alla  media  aritmetica  dei  valori  delle  costanti  analoghe  delle 
soluzioni  componenti  il  miscuglio  stesso,  qui  vi  sono  due  proporzioni  diverse 
dello  stagno,  che,  unite  ad  un  dato  peso  dello  zinco,  danno  leghe  cornspon- 
denti  rispetto  alla  velocità  del  suono,  cioè  che  presentano  il  carattere  in 
discorso. 

«  É  da  osservare  però  che  per  i  miscugli  delle  soluzioni  saline  sono  molto 
semplici  i  rapporti  fra  le  proporzioni  dei  pesi  molecolari  dei  rispettivi  sali, 
cui  corrispondono  siffatte  proprietà  ;  mentre  questa  semplicità  non  si  verifica 
per  le  leghe  qui  studiate. 

«  Tuttavia,  se  da  una  parte  risulta  dalle  esperienze  di  I.  Kiewiet 
(Wiedemann's  Ann.  1886,  t  XXIX,  p.  617),  stabilite  sopra  verghe  prismatiche 
formate  con  leghe  di  zinco-rame  e  stagno-rame,  che  il  coef&ciente  di  elasticità 
(alla  flessione)  non  è  costante  per  le  leghe  stesse  e  dipende  dal  loro  stato 
molecolare,  il  quale  può  cangiare  molto  col  modo  di  fusione,  e  che  inoltre 
non  si  può  dedurre  dalla  legge  di  variazione  termica  del  coefficiente  di  elasticità 
dei  metalli  semplici  la  variazione  di  quello  d'una  data  lega,  dall'altra  parte 
non  è  mon  vero  che  il  numero  delle  vibrazioni  longitudinali,  rese  dai  fili 
trafilati  omogeneamente,  si  mantiene  costante,  a  meno  di  piccole  differenze, 
e  che,  se  non  una  legge  fisica,  certo  ,una  data  norma  di  variazione  si  presenta 
da  una  lega  all'altra,  come  si  può  rilevare  tosto  anche  dalle  differenze  ^A 
dei  valori  di  ^,  registrate  nell'ultima  colonna  della  tabella  numerica  piii  sopra 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  !•  Sem.  17 


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—  182  — 

riferita.  E  siccome  il  numero  delle  vibrazioiii  longitudinali  dei  fili  può,  secondo 
Poisson  (Avogadro,  Fisica  dei  corpi  ponderaci;  1837,  t  I,  p.  241),  essera 
espresso  da 


doTe  g  significa  T  accelerazione  di  gravità,  p  il  peso  assoluto  del  filo  e  ^  la 
tensione  che  si  richiederebbe  per  allungare  di  A  il  filo,  cosi  dovrebbe  il  coeffi- 
ciente d* allungamento  dei  fili  stessi  presentare  un  comportamento  analogo  al 
valore  di  n. 

«  Ma  riferirò  per  Tinnanzi  i  risultati  relativi  a  siffatta  ricerca,  insieme 
a  quelli  della  velocità  del  suono  corrispondente  a  leghe  diverse  dalle  surri* 
ferite  e  per  la  natura  e  per  il  numero  dei  metalli  consociati  « . 


Fisica.  —  Sopra  una  relamne  fra  il  potere  termoelettrico 
delle  coppie  bismuto-rame  e  la  loro  sensibilità  rispetto  all'azione 
del  magnetismo.  Nota  del  dott.  Giovan  Pietro  Grimaldi,  presen- 
tata dal  Socio  Blaserna. 

«  Alcune  mie  precedenti  ricerche  (0  hanno  dimostrato  che  il  potere  ter- 
moelettrico delle  coppie  bismuto-rame  diminuisce  notevolmente  quando  esse 
vengono  collocate  in  un  intenso  campo  magnetico. 

«  Chiamando  E  la  forza  elettromotrice  termoelettrica  fuori  del  campo 
magnetico  ed  E'  la  f.  e.  m.  dentro  il  campo  facendo 

E— E'       . 

— r-=* 

ho  preso  i  come  misura  deirintensità  del  fenomeno  suddetto,  e  ne  ho  deter- 
minato i  valori  numerici,  per  diverse  coppie  ed  in  circostanze  diverse.  Ho  tro- 
vato così  che  i  valori  di  S,  positivi  per  il  bismuto  commerciale  e  negativi 
per  quello  puro,  per  uno  stesso  campo  magnetico  variano  moltissimo  da  coppia 
a  coppia,  ed  anche  in  una  stessa  coppia  variano  a  seconda  della  posizione  di 
essa  rispetto  airelettro-calamita,  e  con  la  direzione  della  corrente  termoelet- 
trica, apparentemente  senza  r^ola  alcuna. 

a  Ho  voluto  ora  riprendere  in  esame  la  quistione  per  vedere  se  esista 
qualche  relazione  fra  i  valori  di  <f  e  quelli  del  potere  termoelettrico,  che, 
come  si  sa,  nel  bismuto  varia  molto  da  campione  a  campione. 


(0  Rend.  Acc.  Lincei,  Voi.  IH,  1°  Sem.  1887,  pag.  134  e  Nuovo  Cimento,  serie  3*, 
voi.  XXI  e  XXIL 


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—  188  — 

•  U  metodo  sperimentale  e^^to  nelle  sopia  citate  ricerche  dava  i  valori 
^  ó  indipendentemente  dalla  detenninazione  di  quelli  di  K  Ho  determinato 

perciò  ora  qnesti  ultimi,  ricorrendo 
ad  un  metodo  di  compensazione.  La 
figura  qui  accanto  disegnata  rappre- 
senta schematicamente  la  disposizio- 
ne sperimentale.  AAi  indica  la  cop- 
pia termoelettrica  da  cimentare,  nel 
cui  circuito,  fatto  di  un  grosso  filo 
di  rame,  era  inserita  una  resistenza  r 
di  2®*^  circa,  rispetto  alla  quale  era 
perfettamente  trascurabile  quella  in- 
1;ema  della  coppia,  e  quella  dei  reofori  MAi  ed  AI.  P  è  la  pila  compensatrìce  (una 
«oppia  Danieli  a  solfato  di  zinco);  C  una  cassetta  di  resist^ize.  In  G  è  segnato  il 
galvanoscopio,  che  era  una  bussola  di  Wiedemann,  grande  modello  Edelmann  a 
specchio,  astatizzata.  Le  letture  di  essa  venivano  fatte  secondo  una  disposi- 
aione  ideata  recentemente  dal  Righi  (^) ,  collocando  cioè  la  scala  a  8"  di  di- 
stanza dalla  bussola,  ed  il  cannocchiale  vicino  ad  essa,  con  Tasse  fonnante 
nn  piccolo  angolo  con  la  normale  allo  specchio.  Un  doppio  interrruttore  non 
disegnato  nella  figura  permetteva  di  chiudere  simultaneamente  i  due  cir- 
cuiti NPL  ed  NAi  AL  ;  con  un  commutatore  I  si  poteva  sostituire  ad  MAi  AI , 
MBi  BI,  dove  Bi  B  è  una  coppia  termoelettrica  campione  rame-ferro  la  cui 
xesistenza  intema  non  che  quella  dei  fili  MBi  ed  IB  era  anche  trascurabile 
rispetto  ad  r. 

«  Una  delle  due  saldature  di  questa  coppia  campione  era  immersa  nel 
vapor  acqueo,  dentro  un  pallone  con  acqua  bollente,  il  collo  lungo  del  quale 
«ara  circondato  esternamente  da  un  tubo  dove  circolava  anche  il  vapore  per 
un  altezza  di  25^°^  circa.  Attorno  ali* altra  saldatura  effluiva  continuamente 
deir  acqua  a  temperatura  costante,  da  un  vaso  di  60  litri  di  capacità,  riem- 
pito almeno  24  ore  prima  di  cominciare  le  esperienze. 

•  Questa  coppia,  come  mi  risultò  da  esperienze  preliminari,  era  di  una 
costanza  perfetta  durante  una  serie  di  esperienze,  e  delle  sue  variazioni  da 
una  serie  alTaltra,  cagionate  dalle  variazioni  di  temperatura  nelle  saldature, 
si  poteva  facilmente  tener  conto  legende  un  termometro  di  Baudin  diviso  in 
quinti  di  grado,  immerso  nell'acqua  vicino  alla  saldatura  fredda,  ed  un  baro- 
metro che  permetteva  di  determinare  la  temperatura  di  ebollizione  dell'acqua. 

e  Le  saldature  delle  diverse  coppie  bismuto-rame  venivano  successiTa- 
mente  collocate  l'una  in  un  vaso  contenente  un  miscuglio  di  neve  pesta  a  di 
acqua,  Taltra  in  un  bagno  (contenente  un  termometro)  dove  effluiva  continuamente 


(>)  Vedi  Faé,  In/hiMa  del  magnetismo  iulla  resistenza  elettrica  dei  conduttori  solidi. 
Atti  del  B.  Igtitato  veneto,  seiie  VI,  tomo  V. 


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—  134  — 

dell*  acqua  proyenìente  dallo  stesso  grande  recipiente  adoperato  per  la  pila 
[  normale.  Queste  saldature  erano  perciò  ali*  incirca  alle  stesse  temperature 

avute  precedentemente  nella  determinazione  di  S. 
«  Si  indichi: 

Con  E  la  f.  e.  m.  della  Danieli; 

Con  peni  poteri  termoelettrici  delle  coppie  bismuto-rame  e  rame-ferro, 
medi  fra  le  temperature  alle  quali  vennero  rispettivamente  portate  le  sal- 
dature delle  coppie  suddette; 

Con  t  Q  6  ÌQ  differcDze  fra  le  temperature  delle  saldature  delle  coppie  bi- 
smuto-rame e  rame-ferro; 

Con  B  ed  Bi  le  resistenze  della  cassetta  C ,  rispettivamente  necessarie  a  por- 
tare a  zero  il  galvanometro  quando  vien  chiuso  o  il  circuito  MAiAI 
0  quello  MBiBI. 
«  Avremo,  come  è  noto,  le  due  equazioni: 

Ei=JL 
E       R 

TtB       r 


dalle  quali  si  ricava: 


n  ~  R    t 


—  è  la  quantità  da  determinare  {}), 

«  La  resistenza  deUa  Danieli,  non  che  quella  dei  reofori  LPCN  era  tra- 
scurabile rispetto  ad  R  ed  Ri  che  variarono,  il  primo  da  2640^^°^  a  6870^**"* 
ed  il  secondo  da  2060^^"»  a  2110^*^"*. 

«  Biporte  qui  sotto  le  misure  eseguite  sopra  le  7  coppie  di  bismuto  com- 
merciale, contradistinte  nel  citato  lavoro  con  le  lettere  B,  D,  A,  I,  H,  E,  C. 
Da  quelle  eseguite  sulle  due  coppie  di  bismuto  puro,  nessuna  conseguenza  si 
può  trarre,  attesa  Tesiguità  del  loro  numero. 

«  Nella  prima  colonna  della  seguente  tabella  sono  riportate  le  lettere 

che  indicano  le  diverse  coppie  ;  nella  seconda  i  valori  di  —,  che  danno  i 

poteri  termoelettrici  delle  medesime  riferite*a  quello  medio  fra  0®  e  100<^  della 
coppia  rame-ferro,  preso  come  unità.  NeUa  terza  colonna  sono  registrati  i 


(*)  Come  si  vede,  operando  in  tal  modo,  non  occorre  determinare  né  r,  né  E,  che 
solo  si  richiede  sia  costante  durante  il  tempo  necessario  a  fare  due  misure. 


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—  185  — 
yalori  di  à  medi  dei  risultati  ottenuti  per  le  diverse  orientazioni  delle  coppie, 
e  della  corrente  termoelettrica  rispetto  all'elettro-ealamìta. 


9 

ir 

(f 

B 

2,05 

0,0507 

D 

3,13 

0,0323 

A 

3,21 

0,0342  (1) 

I 

3,70 

0,0322 

H 

4,27 

0,0130 

E 

5,18 

0,0124 

C 

5,25 

0,0016 

Come  si  vede  nella  superiore  tabella  al  crescere  dei  valori  di  —  i  valori 

di  é  vanno  decrescendo,  cioè  :  tanto  più  piccolo  è  il  potere  termo-elettrico  di 
una  coppia^  tanto  più  grande  è  la  stia  sensibilità  rispetto  all'azione  del 
magnetismo  (^).  Sola  eccezione  fa  nel  nostro  caso  la  coppia  A  per  la  quale 
ò  dovrebbe  essere  alquanto  più  piccolo;  ma  se  si  considera  (come  è  detto 
nel  citato  lavoro)  che  essa  venne  costruita  con  bismuto  di  diversa  provenienza 
delle  altre,  si  spiegherà  &cilmente  questa  leggiera  divergenza. 

«  La  relazione  sopra  enunciata  diventa  più  interessante  se  si  osserva 
che  le  coppie  in  parola  vennero  preparate  in  modo  diverso  Tuna  dall'altra, 
alcune  tagliando  il  bismuto  direttamente  da  un  grosso  pezzo,  quale  proveniva 
dal  commercio  senza  fonderlo,  altre  fondendole  e  facendole  raffreddare  alla 
temperatura  ambiente,  una  infine  immergendola,  appena  solidificata,  nel- 
l'acqua fredda. 

«  Se  però  i  valori  di  d  diminuiscono  al  crescere  di  -^  i  prodotti  —S 

sono  ben  lungi  dall'essere  costanti.  Se  si  disegna  una  curva  prendendo  i 

valori  di  —  come  ascisse  e  quelli  di  ^  come  ordinate,  essa  risulta  piut- 

tosto  complicata:  se  si  prendono  invece  come  ascisse  i  valori  di  <f,  i  diversi 

{})  Nella  stampa  della  citata  Memoria  a  pag.  13  s'incorse  in  on  errore  tipografico; 
per  la  coppia  A  fa  stampato  <f,  \ì)\  =  0,0536  mentre  sì  aveva  effettivamente  (f,  \ìr\  «»  0,0436. 

(*)  Se  invece  dì  prendere  la  media  dei  quattro  valori  di  à  ottenuti,  due  cambiando 
Torientazione  della  coppia  rispetto  àirelettrocalamita,  e  due  cambiando  la  direzione  della 
corrente  termoelettrica  rispetto  a  quella  della  corrente  magnetizzante,  si  prende  separata- 
mente la  media  dei  due  valori  nei  quali  la  corrente  termoelettrica  resta  costante  e  varia 
solamente  rorìentazioue  della  coppia,  nelle  due  serie  dei  valori  di  <f  così  ottenuti  si  veri- 
fica pure  la  su  accennata  relazione. 


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—  136  — 

pnBtì  si  trovano  airìnoirca  sopra  una  cmn  che  Tolge  la  sua  concarità  Terso 
Tasse  delle  Xj  al  quale  dÌTenta  quasi  paiBllela  per  i  Talorì  di  <)  Ae  su- 
perano 0,0320. 

e  È  molto  probabile  che  una  relazione  simile  a  quella  sopra  enunciata 
sussista  fra  Taumento  di  resistenza  elettrica  che  subisce  il  bismuto  per  razione 
del  magnetismo  e  la  resistenza  specifica,  le  quali  quantità,  come  è  noto,  Ta- 
riano  da  un  campione  all'altro.  Spero  di  poter  presto  eseguire  uno  studio  spe- 
rimentale su  questo  argomento  ». 

Fisica.  —  Poteri  induttori  specifici  di  alcuni  olii.  Nota  del 
dott.  Enrico  Salvioni,  presentata  dal  Corrispondente  Roiti. 

«  In  occasione  di  alcune  ricerche  suggeritemi  dal  prof.  Beiti,  delle 
quali  forse  tornerò  ad  occuparmi,  disponevo  di  due  condensatori,  i  quali  sa 
prestano  allo  studio  del  potere  induttore  dei  liquidi  ;  e  ne  ho  approfittato  per 
determinare  i  poteri  induttori  di  alcuni  olii,  cioè  : 

1^  di  un  campione  di  olio  di  colza,  di  Lombardia,  fatto  nel  1887  ; 

2^  di  lino,  fatto  a  freddo,  nel  1885,  con  semi  del  raccolto  del  1884  ; 

3''  di  cotone  del  1887,  depurato  a  Marsiglia; 

4^  di  cotone,  rancidissimo,  preparato  da  almeno  12  anni; 

5®  di  ulivo,  di  Pontassieve,  del  raccolto  1886-87  ; 

O""  di  sesamo  di  Giaffa,  fatto  a  Firenze  nel  1887,  con  semi  pervenuti 
da  Gallipoli  nel  1886  ; 

7®  di  mandorle  dolci; 

8^  di  ricino,  questi  due  preparati  due  giorni  prima  del  saggio; 

9^  di  arachide,  preparato  parimenti  a  Firenze,  due  giorni  prima  del 

saggio,  con  semi  pervenuti  dalla  Spagna  nel  1886. 

«  Questa  serie  di  olii  mi  fu  gentilmente  procurata  dal  sig.  prof.  Emilio 

Bechi,  il  quale,  come  è  noto,  si  è  occupato  con  tanto  zelo  e  con  felice  esito, 

della  ricerca  dei  mezzi  atti,  per  fini  doganali,  a  riconoscere  le  miscele  dei 

vari  olii. 

«  I  due  condensatori  hanno  la  stessa  forma,  e  sono  stati  costruiti 
saldando  con  mastice,  Tuno  dentro  Taltro,  due  tubi  di  Tetro  chiusi  ad 
una  estremità,  in  guisa  che  gli  assi  coincidessero  il  meglio  possibile. 
Nel  tubo  interno  ho  Tersato  del  mercurio  ben  pulito,  facendolo  discen- 
dere per  un  lungo  e  sottile  imbuto  di  Tetro,  Ti  ho  immerso  poi  un  filo 
di  rame,  per  le  opportune  comunicazioni,  ed  infine  Ti  ho  colato  sopra  della 
parafina  fusa.  Fatto  ciò,  e  osserTato  minutamente  che  non  fossero  rimaste 
aderenti  al  Tetro  delle  bollicine  d'aria,  ho  riTestito  di  stagnola  il  tubo  estemo, 
curando  che  T*aderis8e  bene,  per  tutto  quel  tratto  che  nel  tubo  intemo  cor- 
risponde al  mercurio,  lasciando  scoperti  solamente  due  tratti,  Tuno  in  basso 


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—  137  — 

che  corrisponde  al  mastice,  l'altro  in  alto  che  corrisponde  alla  parafina.  Ho 
così  due  condensatori  cilindrici,  nei  quali  il  mercurio  fa  da  armatura  intema 
e  la  stagnuola  ia  da  armatura  estema.  Le  dimensioni  approssimate  delle  varie 
porti  dei  due  condensatori,  contraddistinti  colle  lettere  A  e  B,  costruiti  iden- 
ticamente, eccettochò  in  B  non  si  colò  la  parafina,  sono  riassunte  nel  prospetto 
che  segue: 

TUBO  INTERNO  A  B 

Lunghezza 6i.«  68.*» 

Diametro  interno  medio 1.0  1.0 

Grossezza  media  del  vetro 0.09  0.09 

Tratto  immerso  nel  mastice,  circa 2.5  3.5 

n      occupato  dal  mercurio 50.  48. 

9      occupato  dalla  parafina 9.  — 

»      lasciato  Tuoto  e  verniciato  con  gommalacca   ...  5.  20 

TUBO  ESTKRNO 

Lunghezza 53.5  49.3 

Diametro  interno  media.    .    .    .    , 1.3  1.2 

Grossezza  del  vetro 0.1  0.1 

Tratto  scoperto  inferiore 2.5  3.5 

n       rivestito  di  stagnola 47.0  44.8 

»       scoperto  superiore 4.0  2.0 

s  Supponiamo  che  V  intercapedine  di  uno  di  questi  condensatori  sia  occu- 
pata da  un  dielettrico  di  cui  sia  ^  il  potere  induttore  specifico  :  questo  con- 
densatore può  allora  considerarsi  come  il  sistema  di  tre  condensatori  riuniti 
in  cascata,  perchè  le  superficie  di  contatto  del  dielettrico  col  vetro  sono  super- 
ficie equipotenziali,  o  almeno  molto  prossimamente  si  possono  ritenere  come 
tali,  sia  per  la  loro  forma,  sia  per  lo  strato  conduttore  d'umidità  che  si 
deposita  sul  vetro,  e  non  sul  mastice,  perchè  molto  meno  igroscopico. 

•  Posso  quindi,  senz'altro,  porre  per  questo  sistema  : 

Ci  "^  Ce  ■*"  Aa  ""  C/  L  -■ 

dove  si  indica  con  Ci  la  capacità  del  primo  condensatore  che  ha  per  dielet- 
trico il  vetro  del  tubo  intemo,  con  A; a  la  capacità  dell'intermedio  che  ha 
per  dielettrico  il  mezzo  occupante  T  intercapedine,  così  che  a  è  la  capacità 
quando  questo  mezzo  è  l'aria  secca,  con  Ct  la  capacità  del  terzo  che  ha  per 
dielettrico  il  vetro  del  tubo  estemo,  e  infine  con  Ch  la  capacità  di  tutto  il 
sistema. 

B  Pel  caso  che  anche  V  intercapedine  contenga  mercurio,  la  [1]  diventa  : 

-^  +  ^  =  F--  [2] 


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—  138  — 

e  questa  riposa  sul  solo  fatto  che  nello  stato  d*eqnilibrio  il  potenziale  è  costante 
in  un  conduttore  e  sulla  condizione  che  la  durata  della  carica  sia  sufficiente 
per  raggiungere  Tequìlibrio,  senza  che  sia  necessario  ritenere  A'  =  oo  ;  la  quale 
opinione  è  professata  da  molti  (Mascart  e  Joubert  (0)  Mascari  (rordon  ecc.) 
ma  è  messa  in  dubbio  da  Maxwell  (^),  e  sarebbe  contraria  anche  ad  alcune 
recenti  esperienze  {^). 

tt  Sostituiamo  al  mercurio  Tarla  secca  ;  se  Ga  è  la  capacità  del  sistema 
in  questo  caso,  in  cui  k=lj  applicando  la  [1],  si  ha: 

Le  uguaglianze  [1],  [2],  [3]  danno  allora: 

,     _   Cfc(Cm— Cg)  p  .-| 

nella  quale,  come  è  naturale,  alle  Cn.Cmy  Ga  si  possono  sostituire  quantità 
ad  esse  proporzionali.  Per  determinare  k,  basterebbe  quindi  confrontare  con 
una  capacità  invariata,  le  capacità  C» ,  Gm ,  Ca .  Così  ho  tentato  di  fare  sul 
principio,  assumendo  il  condensatore  B,  col  mercurio  nell'  intercapedine,  come 
termine  di  confronto  e  paragonando  con  questo  il  condensatore  A  prima  col- 
l'aria  nell'intercapedine,  poi  col  mercurio,  e  infine  col  dielettrico,  seguendo 
il  metodo  esposto  e  discusso  da  Glazebrook  (^). 

tt  Ma  con  un  solo  elemento  Danieli,  essendo  piccolissime  le  capacità  dei 
due  condensatori,  la  sensibilità  non  riusci  sufficiente;  quindi  invece  di  au- 
mentarla sia  rendendo  il  metodo  cumulativo,  come  facilmente  si  può  imma- 
ginare con  un  giuoco  alternativo  di  contatti,  sia  aumentando  la  forza  elettromo- 
trice, ho  preferito  di  misurare  direttamente  le  capacità  Ga,  Gm,  G»  e  sono 
ricorso  al  metodo  di  Maiwell,  quale  fu  modificato  da  Thomson  {^)  ;  a  questo 
mi  sono  poi  fermato  definitivamente,  perchè  Tapprossimazione  era  sufficiente. 

«  Anche  qui  la  disposizione  è  analoga  ad  un  ponte  di  Wheatstone,  colla 
differenza  che  im  lato  è  interrotto  e  nell*  interruzione  vibra  un  pezzo  metallico 
comunicante  con  un'armatura  del  condensatore,  mentre  Taltra  comunica  con 
quell'estremo  del  lato,  dove  mette  capo  la  diagonale  del  galvanometro.  Va- 
riando opportunamente  le  resistenze  dei  lati,  si  può  far  in  modo  che  quest'ul- 
timo rimanga  a  zero  :  se  nell'unità  di  tempo  si  compiono  n  vibrazioni  complete 


(»)  Lefons  sur  VÉlectricité  et  le  Afagnetisme.  Tomo  I,  pag.  127. 
(*)  Treat  on  Elect  and  Magn,  2*  ed.,  voi.  I  pag.  53. 
(8)  Cohn  e  Aroos,  Wied.  Ann,  Tomo  XXXIII,  1888. 
W  Phil.  Mag.  XI,  1881,  pag.  370. 

(5)  Philosophical  Transactions  of  the  Royal  Society,  parte  IH,  1883,  pag.  707;  vedi 
anche:  Roiti,  Mem.  delVAcc.  di  Torino,  Serie  2*,  XXXVIH;  Nuovo  Cimento,  1887,  pag.  137. 


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—  139  — 

e  86  reqoilibrìo  è  raggiunto,  Thomson  ha  dimostrato  che  la  capacità  X  del 
condensatore  è  data  da: 


nX=. 


g[(a-hg+g')(g+j>  +  rf)— aH 


[](fl  +  i  +  fiO  (^  +  ^)  —  a  (a  +  rf)]  [fl5  +  ^)  (^  H"  ^  +  fl'  —  ^(^+^)] 
nella  quale  a,  &,  e,  d,  g  sono  le  resistenze  dei  singoli  rami,  contrassegnati 

colle  stesse  lettere  nella  fi-- 
gura.  Nel  caso  presente  ho 
preso  a=l  (A,B.),d=1000, 
e  fu  sempre  di  parecchie  mi- 
gliaja  d'unità,  ^è  di  5630 
unità  A.B.,  e  infine  la  re- 
sistenza b  della  pila  è  molto 
piccola  :  si  yede  allora  facil- 
mente che  la  formola  si  può 
semplificare  nella  seguente 


«X  =  — 10« 
e 


esprimendo  X  in  microfaraday  e  ^  in  ohm. 

«  Per  alternare  le  cariche  alle  scariche,  mi  ha  servito  un  diapason  elet- 
tromagnetico, isolato  su  ebanite,  che  porta,  all'estremità  d'un  rebbio,  due 
striscioline  di  platino  :  ciascuna  di  esse,  ad  ogni  oscillazione  completa,  viene 
a  toccare  due  linguette  pure  di  platino  H,  K.  Di  queste  Tuna  (K)  serve  alla 
carica  del  condensatore,  l'altra  (H)  alla  scarica,  chiudendolo  sopra  sé  stesso; 
la  prima  comunica  con  imo  dei  vertici  collegati  all'elettromotore,  la  seconda 
con  uno  dei  vertici  collegati  al  galvanometro,  coli' armatura  estema  E  del 
condensatore  e  col  suolo  :  l'armatura  interna  I  comunica  col  rebbio  vibrante. 

«  L'elettromotore  usato  era  un  elemento  Danieli,  che  si  tenne  sempre 
isolato  su  un  isolatore  Mascart.  Il  ponte  ò  fabbricato  dagli  EUiott  di  Londra, 
graduato  in  unità  britanniche,  tutto  isolato  su  ebanite.  Il  galvanometro  ò  di 
Siemens  ed  Halske,  cogli  s^hi  a  campana,  sensibilissimo,  e  presenta,  coi 
rocchetti  in  serie,  come  fu  usato,  una  resistenza  di  5630  (A.B.).Con  tale  di- 
sposizione l'approssimazione  è  buona,  così  da  avvertire  una  variazione  nel 
ramo  ^  di  10  unità  su  9000. 

«  In  tutte  le  misure  ho  variato  il  dielettrico  nel  condensatore  A  ;  ma 
siccome  alla  sua  capacità  si  aggiunge  quella  degli  annessi  (diapason  e  fili), 
che  importa  eliminare,  cosi  ho  approfittato  anche  del  condensatore  B,  con 
mercurio  nell'  intercapedine,  collocato  vicino  al  primo,  per  modo  che  due  brevi 
tratti  di  filo  bastassero  a  riunirli;  e  ogni  volta  ho  fatto  prima  una  mi- 
sura con  entrambi  uniti  in  superficie  e  subito  dopo  col  solo  B.  Spesso  poi 
ho  fatto  una  terza  misura,  in  via  di  controllo,  col  solo  A.  Se  si  indicano 
con  Ba-i-b,  Bb,  Ba  le  resistenze  nel  ramo  e  che  hanno  dato  l'equilibrio,  allora 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  !<>  Sem.  18 


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—  140  — 
le  capacità  di  A  -|-  B ,  B ,  A ,  computati  insieme  gli  annessi,  sono,  per  la  [5^, 

proporzionali  a  - —  *  5"  '  ^  •  Q^i^idìi  continuando  ad  indicare  con  C  (e  nei 

ìÌa-4-b        -Kb       jCCa 

singoli  casi  Cjt ,  Ca ,  Gm)  la  capacità  di  A  esclusi  gli  annessi,  la  C  è  propor- 
zionale alla  differenza  ^ ^  >  e  P®r  ^^^^^  1*  *  basterà  sostituire  nella 

[4],  alle  Cu,  Ga.Cmì  valori  che  si  ottengono  per  questa  differenza, secondo  che 
il  dielettrico  è  un  olio,  o  Taria,  o  il  mercurio.  La  quantità  5-+  — — - — 

xCa        Kb       -Ka-^b 

poi  sarà  proporzionale  alla  capacità  degli  annessi  ;  e  si  mantenne  in&tti  co- 
stante (avuto  riguardo  alla  sua  relativa  piccolezza)  come  si  vedrà  nei  pro- 
spetti. Prima  però  di  passare  a  questi,  accennerò  ad  alcune  delle  cautele 
osservate  in  tutte  le  misure,  e  cioò: 

«  1®  Ho  determinato  col  cilindro  di  Duhamel  il  numero  n  delle  vibra- 
zioni compiute  in  un  secondo,  prima  di  cominciare  e  dopo  terminata  tutta 
la  serie  delle  misure:  la  prima  volta  ho  trovato  n  =  126,6  vibr.  comp.  e 
la  seconda  n  =  126,9. 

«  2^  Ho  cercato  di  smuovere  il  meno  che  fosse  possibile  le  viti  che 
avvicinano  le  linguette  del  diapason  ai  rispettivi  contatti;  giacché  si  sa  che, 
per  la  così  detta  penetrazione  delle  cariche,  la  capacità  di  un  condensatore 
non  è  indipendente  dal  tempo,  per  cui  persistono  le  comunicazioni  coi  poli 
della  pila.  Ed  infatti,  esagerando  nell'avvicinare  le  linguette  ai  contatti,  ho 
constatato  un  leggero  incremento  della  capacità. 

«  3^  Ho  avuto  cura  di  tener  ben  puliti  i  detti  contatti;  uno  strato 
leggerissimo  d'umidità  0  di  untuosità  basta  a  produrre,  quando  il  diapason 
vibra,  una  differenza  di  potenziale  fra  ciascuna  linguetta  ed  il  corrispondente 
contatto.  Da  questa  causa  d'errore,  che  può  diventare  ragguardevole,  mi  sono 
guarentito,  sia  chiudendo  il  ramo  del  galvanometro  mentre  vibrava  il  diapason 
ed  era  aperta  la  pila,  sia  invertendo  i  poli  di  quest'ultima. 

s  4^  Per  notare  con  qualche  esattezza  la  temperatura  dei  condensa- 
tori, li  ho  racchiusi  in  due  bussolotti  di  zinco  del  diametro  di  circa  20  cen- 
timetri, dopo  aver  però  constatato  che  essi  non  influivano  sulla  capacità.  Come 
appare  dai  prospetti,  la  temperatura  media  fu  di  13^^,  le  variazioni  mante- 
nendosi entro  stretti  limiti;  le  corrispondenti  variazioni  sono  generalmente 
insignificanti,  eccetto,  se  mai,  nel  caso  in  cui  l'intercapedine  conteneva 
mercurio. 

«  In  questo  caso  ho  fatto  sei  misure,  delle  quali  due  sul  principio  e 
quattro  alla  fine  delle  esperienze.  Il  mercurio  era  stato  versato  lentamente, 
come  |iveva  fatto  per  il  tubo  intemo,  sino  a  raggiungere,  colla  base  del  me- 
nisco, l'orlo  superiore  della  stimola.  È  in  questa  serie  che  ho  avuto  l'appros- 
simazione relativa  migliore  :  i  risultati  sono  raccolti  nel  prospetto  che  segue, 
dove  come  negli  altri,  N  è  il  numero  d'ordine,  t  la  temperatura. 


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—  141  — 


Tavola  1. 


N 

t 

Ra-hb 

R. 

Ra 

(lèr-i)- 

(k- 

Rb    Ra-»-b  / 

1 

o 

17,7 

4831 

9716 

-». 

0,10408 

- 

2 

16,2 

4796 

9613 

— 

0,10452 

— 

18 

14,0 

4814 

9785 

9070 

0,10501 

0,0052 

14 

14,0 

4808 

9750 

9050 

0,10543 

0,0050 

17 

12,9 

4800 

9726 

— 

0,10550 

— 

18 

12,9 

4880 

9770 

— 

0,10419 

Media 

0,10487 

Errore  medio 


±: 


(p-i) 


=  0,00022. 


«  Errore  probabile  it:  f  1/  '  ^  l,i\"'  ~  ^fi^^'^^  «  ^^^^  dell'un  per 
mille  circa. 

e  Le  determinazioni  nel  caso  in  cui  Tintercapedine  era  occupata  dall'aria, 
riuscirono  alquanto  difBcili;  ho  dovuto  più  volte  migliorare  le  condizioni, 
prima  di  ottenere  risultati  concordi.  Ciò  è  dovuto  alla  circostanza,  che  il  velo 
umido  onde  è  ricoperto  il  vetro  si  estende  anche  sopra  la  ceralacca,  e  cosi 
tende  ad  uguagliare  il  potenziale  sulle  armature  del  condensatore  intermedio. 
Ciò  risulta  evidente  dal  seguente  gruppo  di  osservazioni  successive,  che  cor- 
rispondono a  condizioni  igroscopiche  via  via  migliori. 

s  L'intercapedine,  lavata  con  una  soluzione  di  soda  e  poi  con  molta 
acqua  distillata,  è  accuratamente  asciugata  con  carta  bibula: 

Sa^b  =  7800 ,    Rb  =  9540 ,  10«  (:^ ^\  =  0,02339,  {t  =  1P,2) . 

Faccio  passare  per  circa  due  ore  una  corrente  d'aria  secca  e  trovo  : 

Ba-hb  =^  8640 ,    Bb  =  9500 ,  10^  L^ ^  =  0,01048,  {t  =  1P,6)  ; 

fo  lo  stesso  per  altre  due  ore  e  trovo  : 

Ba^b  =  8680,    Bb  =  9620,  ^«'(g^  — ^)  =  0,01030, (i  =  ll%2); 


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—  142  — 

e  così  ordinatamente: 

Ra-hb  =  8800  ,  Bb  =  9550  w(:J' :J-Ì 

8840      9570 
8690      9400 


0,00894  (<  =  10^0) 
0,00863  (/=10^1) 
0,00870  (^  =  10^2) 


«  Però,  insistendo,  sono  riuscito  ad  ottenere  una  serie  di  osservazioni  suffi- 
cientemente concordanti:  parte  di  queste  si  ebbero  sul  principio  asciugando 
semplicemente  con  carta  bibula  l'intercapedine  daUa  quale  s*era  fatto  sgoc- 
ciolare l'olio,  parte  infine  (osservazioni  25*  e  26*)  dopo  averla  pulita  con 
acqua  di  soda,  indi  con  acqua  distillata  e  asciugata  con  corrente  d'aria  secca. 
Ecco  la  serie  ottenuta: 

Tavola  IL 


N 

t 

Rah-b 

Rb 

Ra 

Hé:-i} 

\  R4         Rb         Ra-i-b  / 

3 

1Ì2 

9265 

9986 



0,00779 



10 

14,7 

8970 

9660 

— 

0,00796 

— 

11 

12,5 

9000 

9740 

7475* 

0,00844 

0,0050 

12 

12,6 

9040 

9740 

7815» 

0,00795 

0,0048 

13 

12,9 

9070 

9770 

— 

0,00790 

— 

15 

12,9 

9008 

9720 

— 

0,00813 

— 

16 

13,0 

9180 

9930 

— 

0,00822 

— 

19 

13,4 

9100 

9810 

— 

0,00795 

— 

20 

13,4 

9095 

9800 

— 

0,00791 

21 

13,3 

9040 

9750 

— 

0,00806 

— 

25 

10,1 

8840 

9570 

— 

0,00863 

— 

26 

12,0 

9000 

9730 

— 

0,00833 

Media 

0,00811 

*  Furono  Tnisurate,  f 

acendo  a=l,  «2=10000,  mentre  le  altre,  pigliando  a=l,  rf==10000. 

j»  Errore  medio  di  0,00408.  Errore  probabile  di  0,00005,  cioè  minore 
dell'uno  per  cento. 

a  Qui  trova  posto  anche  una  misura  colla  quale  ho  chiuso  queste  ri- 
cerche, fatta  allo  scopo  di  schiarirmi  un  dubbio  ;  se  cioè,  alla  capacità  del 
condensatore  intermedio  che  fa  parte  di  A,  ed  è  costituito  dal  dielettrico  che 
sono  andato  variando  e  dalle  superficie  affacciate  dei  due  tubi,  non  si  ag- 
giimga  una  capacità  sensibile  /  ;  quella  del  condensatore  che  si  può  sospet- 
tare formato  dall'aria  e  dai  veli  d'umidità  condensate  sul  vetro,  in  corri- 
spondenza a  quel  tratto  del  tubo  estemo  che  non  è  rivestito  di  stagnola.  Per 
decidere  su  questo  punto,  nello  stesso  giorno  in  cui  avevo  fatto  le  osservazioni 


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—  143  — 

tegliate  con  a),  ho  tagliato  il  tubo  estemo  di  A  sin  presso  la  stagnola; 
dopo  di  che  ho  troTato  « 

B^^B  =  8640  ,  Kb  =  9370,  10«f^^^ :J-\  =  0,00902 

\Aa^b         -Kb/ 

6  cioè  per  A  una  capacità  maggiore,  mentre  avrebbe  dovuto  risultare  mi- 
nore, se  rinfluenza  del  tratto  tagliato  fosse  sensibile  rispetto  a  quella  del- 
rmnidità  condensata  sul  vetro.  Si  può  dunque  trascurare  y  i^bì  limiti  delVap- 
prossimazione  raggiunta  in  queste  determinazioni. 

«  Così  pure  sono  indotto  a  ritenere  trascurabile  Tefifetto  del  mastice, 
per  quel  tratto  di  tubo  che  all'esterno  non  è  ricoperto  di  stagnola  e  che 
contiene  mercurio  nell'interno;  tanto  più  avendo  verificato  che  l'aggiungere 
del  mercurio  per  P  in  quest'ultimo,  non  produce  effetto  sensibile. 

e  Le  rimanenti  misure  che  si  riferiscono  agli  olii,  mi  riuscirono  senza 
difficoltà.  Quando  un  campione  d'olio  aveva  servito,  lo  si  levava  lasciandolo 
sgocciolare  per  parecchie  ore;  poi  l'intercapedine  veniva  detersa  con  lunghe 
strisce  di  carta  bibula,  indi  sciacquata  coU'olio  che  doveva  servire  succes- 
sivamente ;  infine  si  toglieva  questo,  e  si  versava  lentamente  l'olio  non  ancora 
usato,  e  diligentemente  filtrato.  I  risultati  di  questa  serie  sono  raccolti  nella 
tavola  ITI  :  ogni  osservazione,  che  figura  in  essa,  è  però  sempre  la  media  di 
più  di  due,  eccettochè  per  gli  olii  di  ricino  e  di  arachide,  per  i  quali  ne 
ho  fatte  due  sole  ben  conco];jdanti  fra  loro. 

Tavola  III. 


N 


R. 


R. 


\  Ra^-b  Rb/  \  Ra        Rb        Ra-»-b/ 


l.Olìo  dì  colza  .  . 

2.  di  lino 

3.  di  cotone  recente 

4.  dì  cotone  rancido 

5.  d'ulivo 

6.  di  sesamo  .  .  .  . 

7.  di  mandorle  .  .  . 

8.  di  rìcino 

9.  di  arachide  .  .  . 


16,15 
13,00 
13,70 
14,60 
12,40 
13,40 


22. 13,20 
23'  10,90 
24!  11,40 


8320 
7924 
8009 
8000 
8104 


7914 
7565 
8035 


10003|  — 
9691  3801* 
9689  3837* 
9741  3740* 
9765  3935* 
9775  3877* 
9500 
9715 
9690 


0,02022 
0,02301 
0,02165 
0,02234 
0,02099 
0,02116 
0,02110 
0,02926 
0,02125 


0,0033 
0,0044 
0,0044 
0,0044 
0,0046 


B  I  numeri  segnati  con'  asterisco  sono  stati  trovati,  prendendo  6  =  1, 
d=1000,  mentre  tutti  gli  altri  prendendo  *  =  1,  d  =  l000.  In  fine  nella 
tavola  seguente  do  i  valori  avuti  per  A,  sostituendo  nella  [4],  a  Cm  0,10487 
(vedi  tavola  I),  a  Ca  0,00811   (vedi  tavola  n,  e  a  C^k  i  valori  dati  per 


W  nella  tavola  III. 


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—  144  — 
Tavola  IV. 


Hopkinson  * 


Quincke  ^ 


Palaz' 


CohnetArons' 


1.  Olio  di  colia  .  , 

2,85 

2.  di  lino 

8,35 

3.  di  cotone  recente 

3,10 

4.  di  cotone  rancido 

3,28 

5.  d'ulivo 

2,99 

6.  di  sesamo  .  .  .  . 

3,02 

7.  di  mandorle  .  .  . 

3,01 

8.  di  ricino 

4,62 

9.  di  arachide  .  .  . 

3,03 

da  8,22  a  3,07 

2,38;  3,29 

3,03 

3,37 

: 

~~" 

3,15 

~~^ 

: 

3,17 

— 

— 

4,78;  4,82;  4,84 

_ 

4,61 

3,17 

— 

— 

4,48 


*  Nature  1887,  pag.  142;  Philosophical  Magazine,  Voi.  Xm,  pag.  242;  Electrical 
Review,  Nov.  1887,  pag.  537. 

**  Philosophical  Magazine,  Voi.  XVI,  1883,  pag.  5. 

***  Lumière  Électrique.  Tomo  XH,  1886,  pag.  97;  Archives  de  Genève.  Tomo 
XVn,  pag.  415. 

****L.  e. 


«  L*errore  probabile  di  k  dipende  quasi  tmicamente  dairerrore  da  cui 
è  affetta  la  media  delle  misure  eseguite  coU'aria,  e  cioè  risulterebbe  inferiore 
dell'uno  per  cento  (vedi  tav.  II)  se  non  vi  fossero  errori  costanti;  siccome 
poi  gli  errori  meno  facili  da  evitare  tenderebbero  ad  aumentare  la  k,  così  sarei 
inclinato  a  ritenere  che  i  valori  dati  nella  prima  colonna,  debbano  essere 
aumentati  un  poco,  non  però  piti  del  due  per  cento. 

«  Chiudo  ringraziando  vivamente  il  prof.  Beiti,  che  mi  ha  messo  in 
condizione  di  eseguire  queste  misure  ». 

Chimica.  —  Sintesi  di  acidi  metilindolcarbonici.  Nota  preli- 
minare di  Giacomo  Ci  amici  an  e  Gaetano  Maonanini,  presentata  dal 
Socio  Cannizzaro. 

•  «  L'analogia  di  comportamento  del  pirrolo  con  gli  indoli  è  stata  recen- 
temente più  volte  provata.  I  &tti  noti  fin'  ora ,  sebbene  dimostrino  in 
modo  indiscutibile  la  somiglianza  chimica  che  esiste  fra  i  derivati  del  pir- 
rolo e  quelli  dell'  indolo,  pure  non  sono  sufficienti  a  dare  quel  quadro  com- 
pleto di  reazioni  che  è  necessario  per  giudicare,  in  ogni  singolo  caso,  del 
modo  di  comportarsi  delle  sostanze  appartenenti  al  due  gruppi  di  composti. 
La  storia  chimica  dell*  ìndole  non  ha   raggiunto  ancora  quello  sviluppo  che 


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—  145  — 

oggi  Tanta  quella  del  pirrolo,  sebbene  si  conoscano  già  alcune  delle  rea- 
zioni più  importanti  comuni  alle  due  serie  di  composti»  come  sarebbe  quella 
della  trasformazione  degli  indoli  in  derivati  della  chinolina  (Fischer,  Ciami- 
cian,  Magnanini)  e  quella  della  formazione  dei  derivati  chetonici  dei  meti- 
lindoli  dall'anidride  acetica  (Fischer).  Guidati  dal  concetto  ora  esposto,  noi 
abbiamo  iniziato  una  serie  di  ricerche  sul  gruppo  degli  indoli,  dopo  esserci 
accordati  col  prof.  Emilio  Fischer,  che  coltiva  pure  questo  campo  di  studi, 
per  una  divisione  del  lavoro.  Noi  porgiamo,  in  questa  occasione,  sentiti  rin- 
graziamenti all'illustre  chimico  di  Wùrzburg  per  la  gentilezza  che  ebbe  in 
quella  occasione  a  dimostrarci. 

«  In  questa  nota  preliminare  accenneremo  brevemente  soltanto  ad  al- 
cuni dei  fatti  da  noi  trovati  fin' ora,  riserbandoci  di  esporre  il  tutto,  a  suo 
tempo,  in  una  più  estesa  comunicazione.    ' 

«  È  noto  che  si  possono  ottenere  abbastanza  facilmente  gli  acidi  pir- 
rolcarbonici  facendo  agire  Tanidride  carbonica  sul  composto  potassico  del  pir- 
rolo e  il  carbonato  ammonico  sul  pirrolo,  ed  è  noto  inoltre  che  in  queste 
reazioni  il  carbossile  va  principalmente  a  sostituire  un  atomo  di  idrogeno  in 
posizione  cr.  Ci  sembrò  interessante  di  vedere  se  queste  reazioni  fossero  ap- 
plicabili anche  agli  indoli,  e  di  stabilire  se  entrambi  i  e  -  metilindoli  sono 
in  grado  di  dare  con  eguale  facilità  gli  acidi  carbonici  relativi,  vale  a  dire 
se  il  carbossile  entra  egualmente  nella  posizione  a  e  nella  posizione  /?. 

s  I  due  e  -  metilindoli  si  prestano  mirabilmente  a  questi  studi,  perchè 
in  uno  di  essi  (scatole)  è  disponibile  Tidrogeno  in  posizione  a,  nell'altro 
quello  in  posizione  ^.  La  sintesi  dell'acido  scatolcarbonico  ha  poi  un  inte- 
resse speciale  essendo  questo  composto,  oltre  all'indole  ed  allo  scatole,  un 
prodotto  costante  della  putrefazione  delle  materie  albuminoidi. 

«  I  tentativi  fatti  col  carbonato  ammonico  non  ci  hanno  dato  finora  ri- 
sultati soddisfacenti;  si  ottengono  invece  facilmente  gli  acidi  scatolcarbonico 
e  metilchetolcarbonico,  facendo  agire  l'anidride  carbonica  sopra  un  miscuglio 
equimolecolare  di  sodio  metallico  e  scatole  o  metilchetolo.  La  reazione  av- 
viene a  quanto  sembra  con  uguale  facilità  in  entrambi  i  casi,  e  si  compie 
intomo  ai  230<>-250^ 

«  Gl'acido   metilchetolcarbonico  o   acido  a-metil- fi- indolcarbonico 

C . COOH 

C6H4      C  CH3  non  era  conosciuto  fin  ora.  Cristallizza  dall'alcool  diluito  in 

\/ 
NH 

aghettinì  quasi  insolubili  nell'acqua,  che  si  decompongono  intorno  ai  183^^ 
in  anidride  carbonica  e  a-metilindolo.  È  un  composto  poco  stabile,  che  ri- 
corda in  parte  il  comportamento  dell'acido  /f-pirrolcarbonico  ;  si  scinde  nel 
modo  accennato  anche  bollendo  la  soluzione  del  suo  sale  ammonico. 


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—  146  — 

»  L' acido   seatolearbonico   o   acido   §-  metil-  a-  indolearbonico 

C.CH, 

/^ 
C6H4      0  •  COOH  ottenuto  per  sintesi  dallo  scatole  è  identico  a  quello  sco- 


NH 


NI 

porto  da  H.  ed  E.  Salkowski(i).  Cristallizza  dall'acqua  bollente  in  aghi  finis- 
simi e  fonde  scomponendosi  in  acido  carbonico  e  scatole  intorno  a  165°. 
£  più  stabile  dell'acido  metilchetolcarbonico,  la  soluzione  del  suo  sale  am- 
monico  non  si  scinde  in  scatole  libero  per  ebollizione. 

«  Sembra  che  per  riscaldamento  con  anidride  acetica  possa  dare  una 
anidride  analoga  alla  pirocolla. 

«  Nel  porre  fine  a  questa  breve  comunicazione  diremo  ancora  che  è 
nostra  intenzione  di  studiare   il   comportamento  dei  metilindoli  col  fosgene, 

retore  clorocarbonico  ed  il  cloruro  di  urea  (CO  ^^„  |.  Abbiamo  inoltre  ten- 


(-  K^.> 


tata  Tossidazione  dell' acetilmetilchetolo  di  Jackson,  che,  secondo  le  recenti 
ricerche  di  E.  Fischer,  ò  un  yero  chetone  come  il  pseudoacetilpirrolo,  abben- 
chè  venga  facilmente  scisso  dall'acido  cloridrico.  L'ossidazione  con  camaleonte 
pare  non  dia  che  l'acido  acetil-o-amidobenzoico,  che  si  ottiene  pm:e  dal  metil- 
chetolo  con  lo  stesso  ossidante  ;  sembra  invece  che  tanto  l'acetilmetilchetolo 
che  il  metilchetolo  diano,  per  ossidazione  colla  potassa  fondente,  l'acido  a-in- 
dolcarbonico,  ottenuto  per  sintesi  da  E.  Fischer  dall'acido  fenilidrazinpirora- 
cemico.  Questo  fatto  sarebbe  interessantissimo  perchè  anche  i  c-metilpirroli 
(similmente  ai  fenoli)  non  danno  gli  acidi  pirrolcarbonici  corrispondenti  per 
ossidazione  col  camaleonte,  ma  bensì  per  ossidazione  dei  loro  composti  potas- 
sici colla  potassa  fondente. 

«  Per  ultimo  facciamo  già  ora  osservare  che  l'introduzione  dell'acetile 
nello  scatole  offre  qualche  difficoltà,  e  sembra  non  avvenire  agevolmente  che 
coir  intervento  di  cloruri  metallici.  Ci  ripromettiamo  risultati  interessanti 
dallo  studio  del  e  -  acetilscatolo  perchè  questa  sostanza  si  avvicinerebbe  per 
la  sua  costituzione  all'a  -  acetilpirrolo,  più  del  derivato  acetilico  del  metil- 
chetolo che  contiene  l'acetile  in  posizione  ?.  Questo  ultimo  fatto  forse  potrà 
servire  a  spiegare  il  comportamento  dell'acetilmetilchetolo  ». 

Chimica.  —  Ricerche  sull'Apiolo.  Nota  preliminare  di  Giacomo 
CiAMiciAN  e  Paolo  Silber,  presentata  dal  Socio  Cannizzaro. 

«  Nella  presente  Comunicazione  esponiamo  brevemente  alcuni  dei  fatti, 
che  abbiamo  trovato  finora,  allo  scopo  di  riservarci  lo  studio  ulteriore  di 
questa  sostanza,  che  ci  sembra  degna  d'interesse  e  per  il  suo  comportamento 
chimico  e  per  le  sue  proprietà  fisiologiche. 

(1)  Beri.  Ber.  13,  189,  2217  ;  18,  410,  411  Ref. 


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—  147  — 

«  La  costituzione  chimica  dell' apiolo  è  ancora  completamente  ignota, 
sebbene  questo  composto  sia  conosciuto  già  da  molto  tempo,  ed  anche  noi, 
lo  confessiamo,  ci  troviamo  ancor  lontani  dallavere  trovato  la  soluzione  del 
difficile  problema,  che  abbiamo  intrapreso  a  risolvere. 

fi  Le  ricerche  più  recenti  suU'apiolo  sono  quelle  di  E.  von  Gerichten  (*), 
che  datano  dal  1876.  L'apiolo  è  stato  ottenuto  dai  semi  di  prezzemolo,  as- 
sieme ad  un  terpene,  per  distillazione  con  vapor  acqueo.  È  un  solido  che 
secondo  v.  Gerichten  fonde  a  80"  e  bolle  senza  scomposizione  intorno  ai  300**. 
Cristallizza  in  aghi  bianchi,  insolubili  nell'acqua  e  solubili  nell'alcool  e  nel- 
l'etere. Quando  è  fuso  si  solidifica  molto  difficilmente.  La  sua  reazione  ca- 
ratteristica più  nota  è  quella  con  l'acido  solforico,  in  cui  si  scioglie  per  lieve 
riscaldamento  con  colorazione  rossa  intensa;  aggiungendo  acqua  alla  soluzione 
solforica  si  separa  una  sostanza  fioccosa  bruna.  All'apiolo  si  attribuisce  la 
formola  Cu  Hu  O4. 

«  Nostra  prima  cura  è  stata  quella  di  avere  dell'apiolo  perfettamente 
puro,  per  determinarne  nuovamente  la  composizione.  La  sostanza  proveniente 
dalla  fabbrica  di  E.  Merck  venne  a  questo  scupo  sottoposta  ad  una  accurata  di- 
stillazione frazionata  a  pressione  ordinaria  ed  a  pressione  ridotta.  L'apiolo 
bolle  costantemente  a  294^  a  pressione  ordinaria,  ed  a  179^  alla  pressione 
di  34  mm. 

«  I  risultati  delle  nostre  analisi  confermano  la  formola  C12  Hu  O4,  come 
si  vede  dai  seguenti  numeri: 

I.  0,2156  gr.  di  apiolo  distillato  a  pressione  ordinaria,  dettero  0,5130  gr. 

di  COj  e  0,1310  gr.  di  Hj  0. 

II.  0,2378  gr.  di  apiolo  distillato  a  pressione   ridotta,  dettero  0,5642  gr. 

di  CO2  e  0,1398  gr.  di  H,  0. 
«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Cu  Hj4  O4 


I 

II 

e    64,88 

64,77 

64,86 

H      6,75 

6,53 

6,31 

«  Finora  non  ci  fu  possibile  di  determinare  il  peso  molecolare  del- 
l'apiolo per  mezzo  della  densità  di  vapore. 

«  L'apiolo  è  volatile  cod  vapore  acqueo,  è  solubile,  oltre  che  nell'etere 
e  nell'alcool,  anche  facilmente  nell'acetone,  nel  benzolo,  nell'etere  acetico  e 
petrolico.  Non  si  combina  con  gli  acidi  né  con  le  basi  e  finora  non  abbiamo 
potuto  ottenere  composti  coll'idrossilammina  e  colla  fenilidrazina. 

«  Dei  diversi  prodotti  di  scomposizione  dell'apiolo,  che  abbiamo  ottenuti 
finora,  accenneremo  soltanto  a  quello  che  si  forma  per  ossidazione  coU'acidoT 

(I)  Beri.  Ber.  K,  1477. 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  1»  Sem.  19 


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—  148  — 

cromico.  Si  ossidano  4  gr.  di  apiolo  con  un  miscuglio  di  30  gr.  di  bicromato 
potassico,  30  gr.  di  acido  solforico  concentrato  e  600  e.  e.  d*  acqua,  bollendo 
in  un  apparecchio  a  ricadere.  Durante  Toperazione  si  svolge  anidride  carbo- 
nica e  dei  vapori  di  odore  aldeidico,  che  però  non  riducono  la  soluzione  d'ar- 
gento ammoniacale.  Dopo  tre  ore  d'ebollizione,  Tossidazione  ò  compiuta  e  per 
raffreddamento  si  separano  degli  aghetti  di  una  nuova  sostanza.  Si  distilla 
con  vapor  acqueo,  per  eliminare  Tapiolo  rimasto  inalterato,  ed  assieme  a 
questo  passano  piccole  quantità  d'un  acido  volatile  che  non  si  è  potuto  affer- 
rare finora.  Filtrando  si  ottiene  il  nuovo  corpo,  che  rimane  in  parte  disciolto 
nella  soluzione  cromica,  da  cui  si  può  estrarre  con  etere.  Il  rendimento  am- 
monta al  20  Vo  dell'apiolo  impiegato.  Ossidando  l' apiolo  con  anidride  cromica 
in  soluzione  acetica  non  si  hanno  rendimenti  migliori. 

K  II  nuovo  prodotto  venne  purificato  facendolo  cristallizzare  dall'alcool 
diluito.  Fonde  a  102°. 

«  Le  analisi  dettero  i  seguenti  risultati,  che  conducono  alla  for- 
mola  CisHisOb.- 

I.  0,1822  gr.  di  sostanza  dettero  0,3838  gr.  di  CO^  e  0,0812  gr.  di  Hj  0. 

II.  0,2268  gr.  di  sostanza  dettero  0,4754  gr.  di  COt  e  0,1006  gr.  di  H»  0. 

III.  0,1928  gr.  di  sostanza  dettero  0,4040  gr.  di  00»  e  0,0852  gr.  di  H,  0. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  OitHuOe 

I  II  III 

C     57,44    57,17     57,15  57,14 

H      4,94      4,93      4,91  4,76 

«  La  sostanza  della  formola  Cu  Hit  Os  ò  perfettamente  neutra.  Non  si 
scioglie  negli  alcali  ed  è  poco  solubile  nell'acqua.  Si  scioglie  difficilmente 
del  pari  nell'etere  petrolico,  facilmente  invece  nell'alcool,  nell'etere,  nel  sol- 
furo di  carbonio,  neU'acido  acetico  glaciale  e  nel  benzolo  ;  da  questo  solvente 
si  separa  in  forma  di  lunghi  aghi  splendenti.  Nell'acido  solforico  concentrato 
si  scioglie  con  colorazione  gialla  intensa;  col  riscaldamento  la  soluzione  prende 
un  colore  verde  oliva  e  per  aggiunta  d'acqua  si  separano  fiocchi  bruni. 

«  Per  ultimo  vogliamo  ancora  aggiungere  che  l'apiolo  dà,  per  ossida- 
zione col  camaleonte,  del  pari  un  prodotto  neutro,  che  fonde  a  122**,  e  pic- 
cole quantità  di  un  acido. 

«  Speriamo  di  potere  fra  non  molto  far  seguire  a  questa  breve  Nota  una 
Comunicazione  più  estesa  e  più  interessante. 


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—  149  — 

Ghimìca.  —  Ricerche  chimiche  sulla  germinazione  del  Pha- 
seolus  vulgaris.  Nota  preliminare  del  dott.  A.  Menozzi,  presen- 
tata dal  Socio  Cannizzaro  in  nome  del  Socio  Koerner. 

«  Nella  germinazione  dei  semi  le  materie  di  riserva,  azotate  e  non  azotate, 
servono  per  la  costruzione  dei  primi  oigani  e  pei  diversi  bisogni  fisiologici 
della  nuova  pianta  ;  e  in  questo  periodo  della  vita  vegetale  avvengono  neces- 
sariamente molteplici  metamorfosi  sostanziali,  diverse  a  seconda  della  natura 
delle  materie  di  riserva  ed  a  seconda  delle  piante.  Facendo  astrazione  da  quella 
parte  di  sostanze  organiche  che  si  scompone  e  si  ossida  fino  a  dare  anidride 
carbonica  ed  acqua,  le  materie  non  azotate,  come  amido,  grassi,  ecc.,  si  tra- 
sformano in  sostanze  diffusibili  e  si  trasportano  di  cellula  in  cellula,  dando 
poi  prodotti  diversi  a  seconda  delle  circostanze.  Anche  le  materie  azotato, 
gli  albuminoidi,  vanno  soggette  a  profonde  metamorfosi  chimiche  e  danno  pro- 
dotti che  si  traspojtano  da  un  punto  all'altro  dell'organismo  per  compire  uf- 
fici differenti 

«  Lo  studio  delle  trasformazioni  sostanziali  in  questo  periodo  presenta 
uno  speciale  interesse,  potendosi,  meglio  che  in  altri  stadi,  (quando  la  pianta 
ha  la  facoltà  di  produrre  nuova  sostanza  organica  da  anidride  carbonica  e  da 
acqua),  ottenere  dei  criteri  sicuri  intomo  alle  funzioni  delle  sostanze  organiche 
diverse.  Ed  esso  è  stato  argomento  di  ricerche  per  parte  di  molti  scienziati. 
Si  sono  fatti  germinare  dei  semi  in  ambienti  privi  di  sostanze  organiche,  i 
germogli  ottenuti  si  sono  mantenuti  all'oscurità,  affinchò  non  intervenga  il 
processo  di  produzione  di  materia  organica  a  complicare  i  fenomeni  e  rendere 
non  intelligibili  i  risultati,  e  dopo  un  certo  tempo  si  è  indagata  la  natura 
delle  sostanze  contenute  nelle  pianticelle. 

B I  risultati  però  che  queste  ricerche  ci  hanno  acquisito,  sono  lungi  dal 
completare  le  nostre  cc^nizioni  intorno  alle  trasformazioni  diverse  che  avven- 
gono nella  germinazione.  Così  per  le  materie  organiche  non  azotate  le  espe- 
rienze del  Boussingault  ci  hanno  dimostrato  che  l'amido  dei  semi  di  maiz  si 
trasforma  in  zucchero,  in  celluioso,  in  gomma;  quelle  del  Peters  che  le  sostanze 
grasse  dei  semi  di  zucca  danno  neUa  germinazione,  amido,  zucchero,  celluioso. 
Osservando  attentemente  si  scorge  come  restino  non  poche  lacune,  e  fra  altro 
si  presenta  la  domanda  :  di  che  natura  è  lo  zucchero  che  si  forma  in  queste 
circostanze?  Gli  autori  ammettono  trattarsi  di  glucosio;  ma  il  glucosio  è  stato 
confiiso  a  lungo  col  maltese,  ed  a  priori  si  comprende  come  non  sia  impro- 
babile si  formi  maltese,  almeno  dapprincipio,  inquantochè  nei  semi  in  germi- 
nazione trovasi  anche  diastasi. 

«  Per  ciò  che  riguarda  le  sostanze  azotate  le  metamorfosi  di  queste  fino 
a  poco  tempo  fa  erano  prese  in  poca  considerazione.  Gli  sperimentatori  si  limi- 
tavano a  constatare  che  esse  passano  in  parte  sotto  forma  solubile,  oltreché 


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—  150  — 

una  parte  dà  luogo  a  formazione  di  fermenti  diastasici  è  peptonigeni.  Tuttavia 
il  fatto  della  presenza  dell' asparagina  nei  germogli  di  parecchie  piante,  se- 
gnatamente leguminose,  mantenuti  all'oscurità,  in  condizioni  in  cui  Taspa- 
ragina  stessa  non  poteva  provenire  che  dagli  albuminoidi,  indicava  che  queste 
sostanze  vanno  soggette  a  profonde  trasformazioni;  e  tanto  più  ciò  risultava 
quando  a  fianco  dell'asparagina  il  Gorup-Besanez  trovava  nel  1874  nei  germogli 
di  veccia,  la  leucina  e  la  tìrosina.  Ma  un  largo  contributo  di  fatti  hanno  arre- 
cato in  questo  campo,  nell'ultimo  decennio,  le  belle  ricerche  di  E.  Schulze 
e  dei  suoi  collaboratori,  poiché  ci  hanno  dimostrato  una  serie  di  trasformazioni 
di  sostanze  azotate  nelle  piante,  e  ci  hanno  condotto  alla  conoscdnza  di  pa- 
recchie nuove  sostanze  fisiologicamente  molto  interessanti.  Nei  germc^li  di  zucca 
ha  trovato  glutammina,  asparagina^  leucina,  lirosina,  ipoxantina,  xantioa^ 
e  guanina  come  prodotti  di  trasformazione  degli  albuminoidi.  Nei  germogli 
del  lupinus  lutem,  asparagina,  acido  fenil-ammidopropionico,  acido  am- 
midovalerianico,  traccio  di  leucina  e  tìrosina,  ed  una  nuova  sostanza  azotata, 
trovata  dapprima  nella  veccia  e  nel  trifoglio,  e  chiamata  vernina.  Una  diffe- 
renza essenziale  &a  le  due  sorta  di  germogli  sta  in  ciò,  che  nei  germogli  di 
zucca  per  quantità  prevale  la  glutammina  sngli  attiri  prodotti  di  scomposizione 
degli  albuminoidi,  mentre  nei  germogli  di  lupino  Taspars^ina  ha  di  gran  lunga 
il  sopravvento.  Ciò  che  il  Schulze  spiega  coli' ammettere  che.  questi  prodotti 
servano  più  o  meno  facilmente,  a  seconda  delle  piante,  per  la  rigenerazione 
degli  albuminoidi,  di  guisa  che  i  prodotti  elaborati  lentamente  si  accumulano 
per  una  certa  quantità,  mentre  quelli  elaborati  rapidamente  non  si  trovano 
che  in  piccola  quantità  o  non  si  trovano  afiatto. 

«  Il  numero  delle  piante  però  a  cui  si  riferiscono  le  ricerche  del  Schulze, 
è  troppo  limitato  per  potere  dai  risultati  delle  ricerche  stesse  dedurre  delle 
conclusioni  d'indole  generale.  Parecchie  quistioni  d'altronde  rimangono  insolute; 
e  si  comprende  come  sia  necessario  accumulai'e  quanto  più  è  possibile  ma- 
teriale, instituendo  esperienze  con  molte  e  diverse  piante,  e  variando  oppor- 
tunemente  le  condizioni,  onde  ottenere  i  dati  voluti  per  stabilire  dei  principi. 

ft  Nell'intendimento  di  contribuire  all'esplorazione  di  questo  campo,  ho 
instituito  una  serie  di  ricerche  su  piante  in  germinazione.  Ho  scelto  dapprima 
il  Phaseolus  vulgaris.  Volendo  indagare  le  trasformazioni  delle  sostanze  azotate 
e  delle  non  azotate,  la  pianta  da  me  scelta  presenta  condizioni  favorevoli, 
contenendo  e  le  une  e  le  altre  in  quantità  notevoli. 

»  I  semi  furono  posti  a  germinare  nella  sabbia,  mantenuta  umida  con 
acqua  distillata,  in  un  ambiente  oscuro  alla  temperatura  di  25^-30°.  Nel  ter- 
mine di  10-12  giorni  i  germogli  raggiunsero  l'altezza  di  25-30  cm.  A  questo 
punto  furono  raccolti,  tagliuzzati  e  spremuti.  Il  liquido  ottenuto  dalla  spre- 
mitura è  poco  colorato  ;  ha  debole  reazione  acida  ;  fatto  bollire  e  separato 
dagli  albuminoidi,  che  così  si  depositano,  devia  debolmente  a  sinistra  il  piano 
della  luce  polarizzata;  riduce  il  liquido  di  Fehling. 


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—  151  — 

e  Concentiaiido  il  succo  a  b.  m.  e  abbandonandolo  quando  è  ridotto  a 
piccolo  volume,  dopo  alcune  ore  comincia  la  separazione  di  asparagina^  sepa- 
razione che  continua  per  due  o  tre  giorni.  Raccogliendo  Tasparagina,  lavandola 
con  acqua  fredda  e  rìcristallìzzandola  da  acqua  bollente  con  un  pò*  di  nero 
aninoAle,  si  ottiene  incolore  e  pura.  La  sostanza  fu  identificata  oltreché 
per  l'aspetto  e  pel  comportamento,  anche  colla  determinazione  dell* azoto  e 
dell'acqua  di  cristallizzazione. 
gr.  0,2001  di  sostanza  seccata  all'aria  diedero  e.  e.  81,7  di  azoto  a  11^  e 

alla  pressione  di  762  nun.; 
gr.  0,9072  di  sostanza  perdettero  a  100**  gr.  0,1094  di  acqua. 

«  Da  cui: 

Trovato  Teorico  per  C*  H.  N«  0..  H,  0 

No/o     18,96  18,67 

H^O     12,06  12,00 

^  «  La  quantità  di  asparagina  che  cosi  si  ottiene  è  piuttosto  grande,  e  senza 
dubbio  nella  pianta  in  questione  essa  supera  di  gran  lunga  gli  altri  prodotti. 
L'asparagina  fìi  trovata  nei  fagiuoli  in  germinazione  dapprima  da  Dessaignes 
e  Ghautard,  in  seguito  dal  Boussingault  e  da  altri  autori. 

B  II  liquido  da  cui  fu  separata  l'asparagina  fu  concentrato  a  sciroppo  e 
indi  estratto  ripetutamente  con  alcool  a  90  %  (voi).  11  primo  estratto  contiene, 
a  fianco  d'nna  piccola  quantità  d'asparagina,  qua^i  tutto  lo  zucchero  e  una 
certa  quantità  degli  altri  prodotti  che  più  sotto  saranno  descritti,  ed  esso  fu 
utilizzato  per  la  separazione  dello  zucchero  come  si  dirà  in  seguito.  I  successivi 
estratti,  separati  da  un  deposito  sciropposo  e  liberati  dalla  massima  parte 
dell'alcool,  abbandonati  per  qualche  tempo  danno  luogo  a  un  deposito  costi- 
tuito da  piccole  masse,  deposito  che  va  lentamente  aumentando  per  parecchi 
giorni.  La  materia  che  così  si  separa  ha  l'aspetto  della  leucina  greggia  ;  essa 
risulta  dalla  miscela  di  diversi  ammido-acidi,  come  esporrò  fra  poco.  Una 
nuova  quantità  della  miscela  stessa  si  ottiene  diluendo  il  liquido  sciropposo 
molto  colorato,  da  cui  fu  separata  la  materia  or  indicata,  e  trattando  con 
acetato  basico  di  piombo.  Il  liquido  separato  dal  precipitato,  e  liberato  dal 
piombo  con  idrogeno  solforato,  fornisce  per  concentrazione  una  nuova  quantità 
di  miscela. 

ft  Questa  miscela  fu  dapprima  sottoposta  a  rìcristallizzazione  da  alcool 
diluito,  onde  ottenerla  incolore,  e  poscia  si  trattò  in  soluzione  acquosa  con 
ossido  idrato  di  rame.  Si  ottenne  cosi  una  piccola  quantità  di  un  composto 
insolubile  di  color  bleu-chiaro  ed  un  liquido  di  color  bleu-cupo.  H  liquido 
fa  liberato  dal  rame  con  idrogeno  solforato  e  indi  concentrato.  Ridotto 
a  piccolo  volume,  si  depose  poco  alla  volta  una  sostanza  dell'aspetto  e  del 
comportamento  della  leucina.  Non  potendosi  aspettare  d'aver  a  che  fare  con 
un'unica  sostanza  pel  fatto  noto  che  i  sali  di  rame  degli  ammido-acidi  si 
tengono  reciprocamente  in  soluzione,  la  sostanza  raccolta  fu  sciolta  nell'acqua 


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—  152  — 

e  trattata  ancora  con  ossido  idrato  di  rame.  Si  ottenne  nuovamente  nna  pic- 
cola quantità  di  composto  insolubile.  Il  liquido  fu  liberato  dal  rame  con 
idrogeno  solforato,  e  indi  concentrato.  La  sostanza  che  si  depose  a  piccolo 
volume  fu  raccolta  e  purificata  con  ripetute  cristallizzazioni  da  alcool  diluito. 
Da  questa  soluzione  si  depone  per  rafireddanmiento  in  magnifiche  foglie  bianche 
splendentissime  ;  presenta  grandissima  rassomiglianza  colla  leucina  naturale 
purissima,  e  da  essa  con  saggi  qualitativi  si  distingue  assai  difScilmente. 
L'analisi  però  del  prodotto  come  pure  quelle  di  alcuni  suoi  derivati,  hanno 
dimostrato  in  modo  decisivo  che  la  sostanza  è  acido  ammido-valerianico. 
L'analisi  elementare  ha  dato  questi  risultati: 

da  gr.  0,2960  di  sostanza  si  ebbero  gr.  0,2562  di  HjO   e  0,5551  di  COe; 
da  gr.  0,1903  di  sostanza  si  ottennero  e.  e.  19,9  di  azoto  a   10^  ed  alla 
pressione  di  744. 
«  Da  cui  : 

Trovato  Calcolato  per  C,  H»  NO. 

C  Vo    51,32  51,28 

H  »        9,64  9,40 

N  »      12,24  11,96 

K  La  sostanza,  tanto  allo  stato  greggio  quanto  allo  stato  puro,  presenta, 
come  s*è  detto,  grandissima  rassomiglianza  colla  leucina  naturale.  Come  questa, 
una  volta  asciutta,  galleggia  sull'acqua,  bagnandosi  difficilmente;  riscaldata 
in  tubetto  d'assaggio  dà  un  sublimato  fioccoso,  voluminoso,  spandendo  vapori 
alcalini  con  odore  di  ammine.  È  però  più  solubile  nell'acqua  della  leucina, 
come  è  più  solubile  di  quello  della  leucina  il  rispettivo  composto  ramìco. 
[  Così  pure  il  cloridrato  ed  il  nitrato  sono  diversi  dai  corrispondenti  composti 
della  leucina. 

«  Il  sale  di  rame  ottenuto  colla  soluzione   dell'ammido-acìdo  e  ossido 
idrato  di  rame,  è  abbastanza  solubile  nell'acqua  specialmente  a  caldo,  e  dalla 
soluzione  bollente  si  deposita  per  raffreddamento  sotto  ferma  di  piccolissimi 
cristalli  di  color  bleu.  L'analisi  del  sale  di  rame  ha  dato: 
gr.  0,3041  di  sale  diedero  gr.  0,0645  di  Cu,  pari  a  21,2  Vo  di  Cu  ; 

Teorico  per  (0»  H,o  NOi)t  Cu 
Cu  21,4  Vo 
B  Per  maggior  sicurezza  ho  preparato  il  cloridrato  ed  il  nitrato.  Il  cloridrato  si 
depone  in  prismi  trasparenti  solubilissind,  della  composizione  CsHuNOt.HCl, 
come  risulta  dalla  determinazione  del  cloro: 

gr.  0,3150  di  sale  hanno  dato  0,2856  di  Ag  CI  pari  a  CI  0,0714.  Quindi: 
Trovato  Calcolato  per  C,  Hn  NO..  H  CI 

Cloro  Vo   22,65  23,10 

»  Il  nitrato  si  depone  in  lunghi  aghi  schiacciati  bianchi,  che  si  alte- 
rano col  riscaldamento  sopra  100^. 

«  Acido  ammido-valerianico  è  stato  trovato  da  E.  Scjiulze  e  I.  Barbieri 


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—  153  — 

nei  gennogli  di  lupini  (^),  e  i  caratteri  dati  da  questi  autori  coincidono  con 
quelli  della  sostanza  da  me  ottenuta  dai  fagiuoli.  Non  risulta  se  Schulze  e 
Barbieri  abbiano  osservato  se  il  loro  ammidoacido  è  otticamente  attiro. 
Quello  da  me  ottenuto,  in  soluzione  acquosa,  è  debolmente  levogiro.  La  so- 
stanza rassomiglia  non  poco  all'acido  ce-ammido-Talerianìco  normale  ottenuto 
per  sintesi  dall'aldeide  butirrica  normale,  ed  all'acido  ce-ammido-isoTalerianico 
ottenuto  dall'aldeide  isobutirrica;  tuttavia  non  si  identifica  con  nessuno  dei 
due,  differendone  per  la  solubilità  e  per  l'attività  ottica.  Così  pure  è  diverso 
da  quello  ottenuto  dal  Gorup-Besanez  dal  contenuto  del  pancreas. 

«  Mi  riservo  di  sttidiare  ulteriormente  e  di  indagare  la  costituzióne  di 
quest'ammido-acido,  il  quale  per  la  sua  diffusione  nelle  piante  acquista  un 
interesse  fisiologico  rilevante. 

«  H  composto  ramico  insolubile  ottenuto  nel  modo  anzidetto  dal  tratta- 
mento della  miscela  di  ammido-acidi  con  idrossido  di  rame,  fu  sospeso  nel* 
l'acqua  e  scomposto  con  idrogeno  solforato.  Dal  liquido  risultante  concentrato, 
si  ottenne  un  ammido-acido  poco  solubile  nell'acqua  fredda,  e  cristallizzabile 
dall'acqua  bollente  in  pagliette  lucenti.  L'analisi  del  prodotto,  purificato  ri- 
trasformandolo in  sale  ramico  e  cristallizzandolo  da  acqua,  ha  dimostrato  che 
la  sostanza  ha  la  composizione  C9H11NOS,  corrispondente  ^M* acido  fenil- 
ammido-propionico^  e  l'esame  delle  proprietà  indicherebbe  trattarsi  del  me- 
desimo anmiido-acido  ottenuto  da  Schulze  e  Barbieri  dai  germogli  di  lupinus 
luteus  (^),  pure  a  fianco  di  acido  ammido-valerianico. 

«  Dall'analisi  della  sostanza  si  ottennero  questi  risultati: 
gr.  0,2122  di  sostanza  diedero  gr.  0,1332  di  acqua  e  0,5071  di  GO^. 

«       e.  e.  22,5   di  azoto   a   13<^C.  e  747  mm.  di 


gr.  0,3099   «t 

a 

pressione. 

«  Da  cui  : 

Trovato 

cv. 

65,17 

H  . 

6,97 

N  » 

8,42 

Teorico  per  CsHxiNOt 
65,45 
6,67 
8,48 

«  La  sostanza  scaldata  al  tubetto  sublima  con  iscomposizione.  La  solu- 
zione acquosa  precipita  con  acetato  ramico  dando  un  composto  di  color  bleu- 
chiaro. 

e  Biserbandomi  di  ritornare  in  seguito  sulle  sostanze  descritte  per  ciò  che 
si  riferisce  alla  quantità  ed  alla  distribuzione  nelle  diverse  parti  delle  pian- 
ticelle, nelle  diverse  condizioni  ed  epoche  di  sviluppo,  farò  notare  che  per 
quanto  ho  potuto  osservare  finora,  l'asparagina  supera  tutti  gli  altri  prodotti 
per  quantità,  poi  viene  l'acido  ammido-valerianico  e  indi  l'addo  fenil-ammido- 
pitopionico. 

0)  Joiini.  f.  prakt  Chomie  (2).  27.  387. 
(')  Jenni,  fftr  pnkt  Chemie,  L  e. 


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—  154  — 

K  Ag^xmgo  che  dai  liquidi  da  cui  si  separò  la  miscela  dì  ammido-acidi 
ora  descritti,  si  ottenne,  per  ulteriore  concentrazione,  deposito  di  un  ammido- 
acido  che  piuttosto  del  conoportamento  dell' acido  ammido-yalerianico  presenta 
quello  deUa  leucina.  Stante  però  la  piccola  quantità  di  sostanza  ottenuta 
finora,  e  la  vicinanza  grandissima  nel  comportamento  fra  acido  ammido-va- 
lerianico  e  leucina,  non  posso  finora  pronunciarmi  su  questo  punto  in  modo 
decisivo. 

tt  D*altra  parte  le  sostanze  descritte  non  sono  i  soli  prodotti  azotati  pro- 
venienti da  trasformazioni  degli  albuminoidi  nei  germogli  dei  fagiuoli.  I  sci- 
roppi da  cui  furono  separate  le  anzidette  sostanze  danno  un  precipitato  con 
acido  fosfo-volframico,  che  scomposto  con  barite  ha  fornito  un  prodotto  cri- 
stallizzabile. Così  pure  alcuni  saggi  indicherebbero  la  presenza  di  ipoxantina 
e  iantina.  La  caratterizzazione  di  queste  sostanze  è  riserbata  a  ulteriori 
ricerche. 

«  Come  fu  detto  superiormente  il  primo  estratto  alcoolico  del  liquido 
separato  daU'asparagina  e  concentrato  a  sciroppo,  contiene  la  massima  quan- 
tità dello  zucchero.  Quest'estratto  ripreso  parecchie  volte  con  alcool  e  da  ul- 
timo abbandonato  per  qualche  tempo,  depone  una  massa  cristallina  costituita 
principalmente  da  zucchero,  ma  inquinato  da  diverse  altre  sostanze,  e  molto 
colorato.  Liberata  la  materia  cristallina  dal  liquido  sciropposo,  fu  sottoposta 
a  ricristallizzazione  da  alcool.  A  motivo  della  presenza  di  altre  sostanze  fa- 
cilmente solubili  nell'alcool  e  nell'acqua  non  sono  finora  riuscito  ad  ottenere 
zucchero  allo  stato  di  chimica  purezza,  e  debbo  quindi  rimandarne  lo  studio 
dettagliato.  Ma  faccio  notare  fin  d'ora  che  l'aspetto  ed  il  comportamento 
deUo  zucchero  separato  indicherebbero  trattarsi  di  glucosio  destroso.  Riduce 
il  liquido  di  Pehling;  devia  a  destra.  Il  composto  con  fenilidrazina,  prepa- 
rato secondo  le  indicazioni  di  E.  Fischer,  è  costituito  da  aghi  gialli  facil- 
mente cristallizzabili  da  alcool  diluito  e  da  acetone.  Dopo  averlo  ricristal- 
lizzato parecchie  volte  fonde  a  205^. 

«  L'analisi  elementare  di  questo  derivato  ha  dato  : 
gr.  0,2499  di  sostanza  fornirono  gr.  0,1371  di  HjO  gr.  0,5509  di  COj. 
gr.  0,1518  1»         j»       diedero   e.  e.  20,2    di    azoto  a  12*>C.  e  747  neon,  di 

pressione. 

«  Da  cui  : 

Trovato  Calcolato  per  fenilglucosazone  Ci8HssN«04 
C  Vo    60,12  60,33 

H  ».        6,09  6,14 

N  «      15,52  15,64 

«  In  altra  comunicazione  renderò  conto  dei  risultati  delle  ricerche  sulla 
natura  precisa  di  questo  zucchero,  come  pure  delle  prove  instituite  per  inda- 
gare se  esso  sia  il  solo  zucchero  contenuto  nei  germogli  dei  fagiuoli. 


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—  155  — 

«  Faecio  osservare  che  le  sostanze  descritte  provengono  da  trasforma- 
sione  delle  materie  di  riserva  contenute  nei  semi,  poiché  ricerche  apposita- 
mente fatte  hanno  dimostrato  che  nei  semi  non  germinati  non  si  contengono 
né  asparagina,  né  zucchero,  né  nessun' altra  delle  sopradescritte  sostanze  tro- 
vate nei  germogli. 

s  È  mia  intenzione  di  estendere  e  completare  le  ricerche  sulla  germi- 
nazione del  Phaseolus  vulgaris,  per  ottenere  dei  dati  sui  rapporti  quantitativi 
per  diversi  periodi  e  per  le  diverse  parti  delle  piante,  coltivate  in  condi- 
zioni diverse.  Come  pure  intendo  instituire  esperienze  con  altre  piante  appar- 
tenenti a  famiglie  diflférenti,  in  ispecie  con  cereali,  onde  accumulare  quel 
materiale  di  fatti  richiesti  per  •svelare  e  spiegare  le  trasformazioni  sostan- 
ziali nelle  piante,  e  per  dimostrare  TufRcio  delle  singole  sostanze  accumulate 
nei  semi  ». 


MEMORIE 
DA  SOTTOPOBSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

P.  CoRNAGLiA.  Delle  Spiaggie.  Presentata  dal  Socio  Betocchi. 


PERSONALE  ACCADEMICO 

n  Segretario  Blaserna  dà  comunicazione  di  una  lettera  colla  quale  il 
Socio  straniero  F.  von  Becklinghausen  ringrazia  l'Accademia  per  la  sua 
jiomina. 

Lo  stesso  Segretario  presenta  inoltre  una  medaglia  fatta  coniare  dalla 
Società  mineralogica  di  Pietroburgo  in  onore  del  mineralogo  von  Kokscharow, 
Socio  straniero  dellAccademia,  in  occasione  del  50^  anniversario  della  di 
lui  attività  scientifica,  e  comunica  la  lettera  colla  quale  la  sopranominata 
Società  accompagnava  il  dono  della  medaglia. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  Segretario  Blaserna  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  fa- 
cendo particolare  menzione  delle  seguenti  inviate  da  Soci  : 

T.  Taramelli.  Del  terreni  terziari  presso  il  Capo  La  Mortola  in  Liguria, 

A.  Kanitz.  Magyar  novénytaai  oapok.  XI  Kvfoliam. 

E.  VON  Bruecke.  Varie  opere,  delle  quali  sai'à  dato  Telenco  nel  Bol- 
lettino bibliografico. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1®  Sem.  20 


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—  156  — 

Lo  stesso  SsaRETARio  presenta  anche  la  prima  tradnzione  italiana  fatta 
dai  professori  6.  e  B.  Canestrini,  dell'  opera  di  Carlo  Darwin  :  Sulla 
struttura  e  distribuzione  dei  banchi  di  corallo  e  isole  madreporiche. 

Il  Corrispondente  Cerruti  presenta  un  fascicolo  a  stampa  nel  quale  è 
esposto  il  disegno  deUa  nuova  edizione  nazionale  delle  opere  di  Galileo,  ed 
aggiunge  le  seguenti  parole: 

»  La  nuova  edizione,  cui  S.  M.  il  Be  ha  concesso  il  suo  alto  patrocinio, 
vien  fatta  a  spese  dello  Stato  e  per  cura  del  Ministero  delVistruzione  pub- 
blica giusta  il  tenore  del  B.  decreto  20  febbraio  1887.  La  direzione  generale 
del  lavoro  fd  affidata  al  prof.  Antonio  Favaro  del  quale  è  nota  la  singolare 
con^petenza  negli  stu^  galileiani:  all'opera  del  Favaro,  per  quel  che  con- 
cerne la  cura  del  testo,  sarà  associata  quella  del  prof.  Isidoro  del  Lungo, 
accademico  della  Crusca.  Avanti  che  si  mettesse  mano  alla  pubblicazione,  il 
Ministero  volle  che  fosse  allestito  e  divulgato  per  le  stampe  un  disegno  esatto 
della  nuova  edizione  e  che  questo  disegno  fosse  riveduto,  discusso  ed  appro- 
vato da  tre  nostri  colleghi  :  i  prof.  Genocchi,  Govi  e  Schiaparelli.  Nel  fasci- 
colo, che  ora  presento  all'Accademia,  il  prof.  Favaro  tesse  una  storia  minuta 
delle  edizioni  precedenti  delle  opere  galileiane;  parla  delle  vicende,  non 
sempre  liete,  toccate  a  manoscritti  del  Galileo  e  della  sua  scuola;  espone  i 
criteri  che  saranno  assunti  come  guida  per  la  nuova  edizione,  la  quale,  per 
quanto  si  prevede  ora,  comprenderà  venti  volumi  di  circa  500  pagine  l'uno, 
di  sesto  e  caratteri  pari  a  quelli  di  questo  fascicolo.  Il  materiale  inedito,  o, 
se  già  edito,  non  compreso  nelle  edizioni  precedenti,  non  esclusa  quella  del- 
l'Alberi, è  considerevole  pur  computando  soltanto  il  materiale  già  noto  agli 
studiosi.  Ma  non  è  dubbio  che  nuovi  documenti  ancora  verranno  alla  luce 
dalle  ricerche  che  il  Favaro  si  propone  di  istituire  in  biblioteche  ed  archivi 
nazionali  e  stranieri  ». 

Il  Corrispondente  Boiti  fa  omaggio  della  2*  edizione  dei  suoi  Mementi  di 
Fisica, 

CONCORSI    A   PREMI 

Il  Segretario  Blaserna  dà  comunicazione  di  un  avviso  col  quale  parte- 
cipasi all'Accademia  essersi  costituita  in  Milano  una  «  Società  Italiana  di 
elettricità  pel  progresso  degli  studi  e  delle  applicazioni  "  ed  aggiunge  che 
questa  Società  ha  aperto  un  concorso  a  premio  sul  tema  seguente  : 

«  Monografia  sugli  elettromagneti,  atta  a  servire  di  guida  nello  studio 
delle  forme  e  delle  dimensioni  degli  elettromagneti  di  campo,  nelle  mac- 
chine dinamo-elettriche  ". 

Tempo  utile:  30  ottobre  1888;  premio:  una  medaglia  d'oro  del  valore 
di  lire  600. 


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—  157 


CORRISPONDENZA 

Ringraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 

La  B.  Accademia  di  scienze,  lettere  e  belle  arti  di  Palermo  ;  la  B.  Ac- 
cademia zoolc^ca  di  Amsterdam;  la  Società  Beale,  la  Società  archeologica 
ed  il  Museo  britannico  di  Londra;  la  Società  filosofica  di  Cambridge;  Tlsti- 
tato  meteorolc^co  rumeno,  di  Bucarest;  l'Università  di  Oxford;  il  Comitato 
geologico  di  Pietroburgo. 

Annunciano  l'invio  delle  proprie  pubblicazioni: 

La  B.  I.  Accademia  nautica  di  Trieste;  le  Università  di  Eiel  e  di 
Heidelberg. 

Bingrazia  ed  annuncia  l'invio  delle  proprie  pubblicazioni  : 

L'Università  di  Christiania. 

P.  B. 


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—  159  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DEL.LA     R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 

Glasse  dì  scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

Seduta  del  19  febbraio  1888. 
G.  FioRELLi  Vice-Presidente 


MEMORIE   E   NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SÒCI 

Archeologia.  —  Il  Vice-Presidente  Fiorelli  presenta  il  fasci- 
colo delle  Notizie  degli  Scavi  per  lo  scorso  mese  di  gennaio,  e  lo  ac- 
compagna colla  Nota  seguente. 

s  II  territorio  di  Este  nella  Regione  X,  che  dagli  antichi  sepolcreti  che 
circondavano  Tabitato  restituì  in  questi  ultimi  anni  materiale  ajrcheologico 
preziosissimo,  di  età  pre-renana  e  romana,  diede  nuora  ed  inaspettata  copia 
di  oggetti  oltremodo  rari,  che  accrebbero  le  ricchezze  del  Museo  atestino. 

s  Nel  fondo  del  sig.  Luigi  Baratela,  ad  oriente  della  città,  fu  trovata 
alcuni  anni  or  sono  un'abbondante  suppellettile  votiva,  per  lo  più  di  bronzi 
scrìtti  in  caratl;erì  euganei,  e  si  scoprirono  resti  architettonici  di  un  edificio 
sacro,  che  quivi  sorgeva. 

«  Di  questo  nuovo  materiale  fece  un  accurato  studio  il  prof.  Gherardo 
Ghìiardini,  descrivendo  partitamente  le  iscrizioni  euganee,  le  antichità  figu- 
rate, gli  oggetti  di  ornamento,  gli  utensili,  e  le  monete. 

«  La  prima  parte  di  questo  ampio  lavoro  inserita  nel  fascicolo  di  gennaio, 
si  occupa  delle  epigrafi,  ed  esamina  prima  quelle  che  sono  incise  in  lami- 
nette  di  bronzo,  poi  quelle  che  si  veggono  sui  chiodi,  in  ultimo  le  iscrizioni 
in  piedistalli  di  pietra,  destinati  a  sostenere  statuette  votive. 

Kbndioonti.  1888,  Vol.  IV,  1°  Sem.  21 


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—  160  — 

«  Quattordici  sono  le  epigrafi  delle  lamine,  nna  delle  qnalì  presenta  pure 
un'iscrizione  latina.  Di  chiodi  poi  si  ebbero  circa  dnecentocinquanta,  e  sorprende 
in  essi  la  varietà  delle  lettere  che  vi  sono  incise,  e  la  maniera  con  cui  furono 
disposte.  Le  basi  iscritte  sono  quindici. 

<t  Di  questa  scoperta  furono  date  notizie  incomplete  fuori  d' Italia  ;  e 
dal  favore  col  quale  vennero  accolte,  si  può  argomentare  la  soddisfazione  che 
certamente  avranno  i  dotti,  nel  trovare  riunito  nella  monografia  del  Ghirar- 
dini  tutto  quanto  si  può  desiderare  intorno  air  importante  rinvenimento. 

«  Alla  illustrazione  de*  monumenti  scritti  del  deposito  votivo  di  Este, 
succedono  note  del  ff.  Gonmiissario  dei  Musei  e  scavi  prof.  E.  Brizio,  intomo 
a  vasi  dipinti  dell'antica  necropoli  di  Bologna  (Regione  Vili)  scoperti  nel 
fondo  Arnoaldi,  e  sopra  un  sepolcro  di  tipo  Yillanova,  rinvenuto  a  Meglio 
nel  comune  di  Praduro  e  Sasso.    , 

«  A  Cortona  (Regione  VII)  nel  luogo  La  Bassa^  fu  scoperta  un'urna  di 
pietra,  sul  cui  coperchio  è  effigiata  la  figura  di  un  uomo  nel  solito  stile  trascu- 
rato delle  urne  volterrane;  ed  in  contrada  ScUvadagnOj  si  rinvenne  altra 
urna  con  iscrizione  etrusca  nel  coperchio. 

«  In  Orvieto  continuarono  le  esplorazioni  della  necropoli  volsiniese,  in 
contrada  Cannicella,  nel  fondo  Leone,  dove  varie  tombe  furono  esplorate, 
quasi  tutte  rovistate  in  antico. 

«  In  Corneto  furono  pure  visitate  alcune  tombe  in  contrada  Ripagretta, 
due  delle  quali  solamente  erano  state  rispettate  dagli  antichi  depredatori.  Erano 
a  buca  quadrata,  con  entro  un  vaso  dipinto  in  cui  si  contenevano  i  resti  della 
cremazione.  Questi  vasi  sono  anfore  attiche,  una  di  stile  severo,  un'altra  di 
maniera  piuttosto  trascurata. 

«  In  Roma  (Regione  I)  si  trovarono  avanzi  di  sculture  marmoree,  nei 
lavori  pel  prolungamento  di  Via  Cavour  nella  Regione  della  Subura;  altre 
tombe  dell'antichissima  necropoli  esquilina,  nella  piazza  Vittorio  Emanuele; 
altri  avanzi  di  oggetti  votivi,  tra  le  vie  Buonarroti  e  Macchiavelli,  dove  si 
crede  essere  stato  il  tempio  di  Minerva  Medica;  ruderi  di  antiche  fabbriche 
in  piazza  di  Termini,  appartenenti  agli  edifici  espropriati  da  Diocleziano, 
quando  costruì  le  grandiose  Terme;  finalmente  molte  iscrizioni  si  scopri- 
rono nel  cimitero  tra  le  Porte  Pinciana  e  Salaria.  Dall'alveo  del  Tevere  si 
recuperarono  varie  migliaia  di  monete  di  bronzo  e  di  argento,  familiari  ed 
imperiali. 

K  In  s.  Maria  di  Capua  Vetere,  nel  cortile  del  quartiere  nuovo,  tornarono 
all'aperto  ruderi  di  antiche  fabbriche,  e  non  pochi  frammenti  architettonici 
marmorei,  busti  e  statuette  pure  di  marmo,  e  statuette  fittili. 

«  In  Gragnano,  presso  la  piazza  di  s.  Leone,  fu  rinvenuta  un'  urna  di 
marmo  con  iscrizione  latina. 

K  In  Nicotera  (Regione  III)  si  scoprì  una  parte  di  antico  edificio,  proba- 
bilmente tempio,  nel  predio  la  Timpa,  dove  nelle  indagini  fatte  pochi  mesi 


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—  161  — 

prima,  era  stata  rieonoscinta  al  proprio  posto  una  colonna  di  granito,  della 
quale  si  potè  misurare  Taltezza  che  è  di  circa  6  metri. 

s  In  lazzaro,  frazione  del  cernirne  di  Motta  s.  Giovanni,  nella  provincia 
di  Seggio  Calabro,  fu  recuperata  un'iscrizione  latina  sepolcrale,  che  diede 
occasione  al  Vice  Direttore  di  quel  Museo  can.  Di  Lorenzo,  di  riassumere 
tutte  le  memorie  intomo  alle  antichità  rinvenute  nel  paese  predetto,  ove 
credè  riconoscere  il  sito  di  Leucopetra,  non  esattamente  indicato  nella  tavola 
Peutingeriana. 

s  In  Sard^a  molte  antiche  sepolture  si  scoprirono  nella  r^one  Carge- 
ranu,  nel  comune  di  Settimo  san  Pietro,  alcune  costruite  solo  di  embrici,  altre 
formate  di  grosse  anfore  con  cadaveri  incombusti.  Vi  si  trovarono,  a  quanto 
dìceei,  parecchie  monete  di  oro,  ed  altre  di  bronzo,  molte  delle  quali,  che 
unitamente  a  globetti  per  collana,  andarono  disperse,  erano  forate  ». 

Psicologìa. —  //  fenomeno  della  rieordanza  illusoria.  Nota  del 
Socio  Francesco  Bonatelli. 

«  Questo,  della  ricordaraa  illusoria^  è  un  fatto  psichico  che  lo  scri- 
vente ha  osservato  parecchie  volte  in  sé  stesso  ;  perciò,  quand'anche  non  fosse 
intervenuto  mai  ad  altri  che  a  lui,  meriterebbe  pur  sempre,  come  fatto  che 
gli  è,  che  si  cercasse  di  trovarne  la  spiegazione.  Ma  del  resto  io  credo  che 
anche  molti  altri  avranno  avuto  occasione  d'osservarlo  in  sé  medesimi  e  che 
in  moltissimi  poi  si  sarà  prodotto  senza  che  lo  avvertissero.  Ragione  di  piti 
per  fame  oggetto  di  stadio.  Ed  ecco  qui  di  che  si  tratta.  Preferisco  esporre 
dapprima  un  caso  concreto;  verremo  dappoi  al  concetto  generale. 

«  La  scorsa  notte  io  sognava  d'avere  occupato  colla  mia  famiglia  un 
quartiere  di  certa  casa  situata  non  so  in  quale  città.  Discutendo  con  la  moglie 
sulla  distribuzione  dei  mobili  e  sull' assegnare  a  questo  o  quell'uso  le  varie 
camere  del  novo  alloggio,  io  ricordava  con  perfetta  chiarezza  d'avere  abitato 
già  parecchi  anni  prima  quel  medesimo  appartamento  e  andava  ripetendo: 
qui  allora  s'era  collocato  il  nostro  letto,  eostì  era  la  stanza  da  studio  e  così 
via.  Svegliatomi  e  ricordando  molto  nettamente  il  mio  sogno,  io  cominciai 
a  chiedere  a  me  stesso  in  qual' epoca  della  mia  vita  avessi  occupato  quella 
casa  e  in  quale  città.  L'energia  della  ricordanza  era  tanta  che  dapprima  non 
ebbi,  anche  nella  veglia,  il  menomo  dubbio  di  non  ricordare  cosa  realmente  avve- 
nuta; soltanto  non  mi  riusciva  di  ranmientare  la  città  e  l'epoca,  e  solamente 
dopo  avere  percorso  col  pensiero  minutamente  tutti  gli  alloggi  dove  sono  tor- 
nato dalla  prima  infanzia  al  dì  d'oggi,  ho  finito  con  dovermi  persuadere  che 
quella  ricordanza  era  falsa.  Era  anch'essa  parte  del  sogno.  Quel  dato  quar- 
tiere io  non  solo  non  l'ho  abitato  mai,  ma  nemmeno  veduto. 

«  Itipensando  allora,  mosso  dalla  meraviglia  e  dalla  curiosità,  alla  mia 


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—  162  — 

vita  passata,  mi  ricordai  d'altri  sogni,  nei  quali  m'erano  apparse  quelle  stesse 
camere  e,  quello  ch'è  più  singolare,  ricordai  che  in  tali  sogni  queir  alloggio 
mi  s'era  presentato  come  già  abitato  da  me  molti  anni  prima.  Si  tratta  dunque, 
diremo  generalizzando,  d'una  rappresentazione  che  nel  sogno  apparisce  come 
reminiscenza,  mentre  non  è. 

ft  E  qui  taluno  forse  dirà  che  non  c'è  punto  da  meravigliarsi  e  che  la 
spiegazione  del  &tto  è  ovvia.  Un  sogno  richiama  un  altro  sogno  e  questo 
secondo,  rispetto  al  primo  ò  una  riproduzione  ;  perciò  figura  come  ricordanza 
d'un  fatto  precedente.  Come  la  vita  della  veglia,  malgrado  le  interruzioni 
del  sonno  e  de' sogni,  ripiglia  la  sua  continuità  al  destarsi,  così  esser  possi- 
bile, anzi  avvenire  effettivamente  in  molti  casi  che  la  vita  del  sogno  si  con- 
tinui malgrado  le  interruzioni  della  veglia.  E  invero  taluni  hanno  descritto 
de'casi  di  tali  due  vite  d'uno  stesso  subbietto,  alternantisi  e  costituenti  cia- 
scuna un  tutto  continuo  e  distinto. 

«  Io  non  so,  di  scienza  certa,  se  quest'ultimo  caso  sia  mai  realmente 
intervenuto  con  perfetta  esattezza,  e  inclino  a  credere  che  siffatti  racconti  ten- 
gano più  del  romanzo  che  della  verità.  Ma  il  caso  mio  particolare  non  si 
acconcia  del  tutto  alla  pi-oposta  spiegazione  e  ciò  per  le  ragioni  che  seguono. 
Prima  di  tutto,  sebbene  io  sogni  assai  spesso,  è  un  fatto  per  me  accertato 
da  tutto  quello  che  la  memoria  mi  suggerisce,  che  non  ho  mai  sognato  due 
volte  di  ritrovarmi  nello  stesso  ambiente.  Le  case,  le  strade,  le  piazze,  ove 
mi  vedo  sognando,  sono  sempre  assolutamente  nuove  e  non  corrispondono 
mai  in  nulla  a  quel  ch'ho  veduto  nella  realtà.  In  psu*ticolare  l' intemo  delle 
abitazioni  da  me  sognate  è  sempre  differentissimo  —  tranne  rispetto  a  quell'ap- 
partamento di  cui  ho  parlato  quassù  —  ;  differenti,  dico,  tra  di  loro  e  da 
quelli  dove  ho  realmente  abitato.  In  secondo  luogo  è  da  notarsi,  che  ciò  che 
ho  riferito  rispetto  al  sogno  della  notte  passata,  a  me  accade  non  di  rado 
anche  nella  veglia.  Mi  accade  cioè  che  trovandomi  in  luoghi  nuovi  e  in  cir- 
costanze nuove,  i  luoghi,  le  circostanze,  i  fatti,  le  persone,  i  discorsi  che 
si  tengono,  tutto  insomma  mi  pare  la  esatta  ripetizione  di  cosa  intervenuta 
im' altra  volta.  Ora  qui,  com'è  chiaro,  non  è  il  caso  di  supporre  che  questa 
illusione  di  reminiscenza  sia  dovuta  a  un  sogno  antecedente,  dacché  sarebbe 
una  combinazione  improbabilissima  o  anche  impossibile  eh'  io  avessi  sognato 
prima  esattamente  proprio  tutto  quello  che  doveva  accadermi  più  tardi. 

«  Quest'ultimo  fenomeno  —  cioè  il  parere  che  ciò  che  è  nuovo  sia  la 
precisa  ripetizione  di  cosa  già  avvenuta  —  io  l'ho  accennato  più  volte  nelle 
mie  lezioni  di  psicologia  e,  per  fissarlo  con  un  appellativo,  son  solito  chia- 
marlo il  fenomeno  della  falsa  riflessione.  Credo  pure  che  altri  psicologi  l'ab- 
biano notato,  ma  non  rammento  ora  il  nome  di  nessuno  in  particolare  ;  pro- 
babilmente, se  non  erro,  credo  d'averne  veduto  qualche  cenno  nelle  opere  di 
Herbart,  ma  non  saprei  trovare  il  luogo.  Ora  la  spiegazione  di  questo  fatto, 
che  mi  sembra  più  verosimile,  dovrebbe  attagliarsi  anche  al  caso  della  falsa 


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—  16S  — 

ricordanza  nel  sogno.  Si  tratterebbe  d'un  gruppo  di  rappresentazioni  attuali, 
il  quale  benché  affatto  nuovo  (almeno  come  un  tutto,  perchè  quanto  alle 
parti  si  sa  che  debbono  per  forza  essere  o  tutte  o  in  grandissima  parte  ripro- 
duzioni 0  ripetizioni)  si  affaccia  alla  coscienza  come  identico  ad  uno  conser- 
Tato  nella  memoria  e  che  ora  venga  richiamato  appunto  per  la  sua  identità 
col  presente. 

•  Se  si  pensa  bene  alle  circostanze  che  accompagnano  il  fatto  del  ricor- 
dare e  dico  particolarmente  del  ricordare  che  una  cosa  percepita  ora  ò  stata 
percepita  altra  volta,  si  vedrà  che  queste  sono  varie  e  di  varia  maniera.  Per 
altro  la  forma  più  ordinaria  e  quella  che  ci  dà  la  persuasione  più  sicura 
dell'aver  già  prima  percepito  quella  tal  cosa  è  questa:  che  T immagine  della 
cosa  stessa,  mentre  ci  è  presente  frammezzo  a  un  complesso  d'altre  deter- 
minate, ci  apparisce  anche  sotto  un  aspetto  più  languido  circondata  da  un 
ambiente  diverso.  Siffatta  diversità  dell*ambiente  impedisce,  per  la  contrad- 
dizione in  cui  sta  coirambiente  attuale,  che  rinunagine  riprodotta  di  quel 
dato  oggetto  si  fonda  e  si  unifichi  con  quella  che  ci  viene  offerta  nel  mede- 
simo tempo  dai  sensi.  Così  si  forma  in  noi  un  secondo  piano,  uno  sfondo  di 
scena  per  così  dirlo,  il  quale  appunto  perchè  staccato  dalla  scena  attuale 
dev'essere  per  forza  collocato  fuori  del  presente,  quindi  nel  passato  o  nel- 
Tavvenire. 

«  In  quali  casi  la  scena  fantastica  che  si  contrappone  alla  presente  (reale) 
venga  naturalmente,  cioè  in  forza  del  gioco  naturale  del  meccanesimo  psichico, 
collocata  nell'avvenire  anziché  nel  passato;  in  quali  casi  ancora  oscilli  in  fra 
due,  talché  si  resti  neU'  incertezza  se  abbiamo  davanti  a  noi  una  cosa  acca- 
duta 0  che  potrà  o  dovrà  accadere,  è  una  ricerca  di  non  piccolo  momento  per 
la  psicologia,  ma  che  qui  non  crediamo  necessario  di  approfondire  (0-  Per 


(^)  La  coscienza  della  nostra  individualità  personale,  che  sotto  forma  più  o  meno  distinta 
ci  accompagna  costantemente,  compendia  in  sé  tutta  la  nostra  vita  passata.  Perciò  i  fatti, 
che  appartengono  realmente  al  nostro  passato,  hanno  delle  connessioni  intime,  quand'anche 
non  sempre  esplicitamente  avvertite  e  spesso  nemmeno  avvertibili,  colla  coscienza  presente. 
Questi  legami  peculiari,  come  servono  a  distribuire  le  memorie,  almeno  approssimativamente, 
a*  luoghi  loro,  dimodoché  un  fatto  accaduto,  poniamo,  ventanni  fa  non  si  frammischia  alle 
ricordanze  dell' ieri  o  dell'anno  scorso,  ma  resta  allogato  fra  altri  gruppi  più  lontani,  così 
hanno  per  effetto  immediato  di  resuscitare  attorno  a  ciascuna  reminiscenza  un  gruppo  di 
rappresentazioni  e  dì  sentimenti,  che  già  occupano  un  posto  fisso  nello  schema  generale 
della  nostra  vita.  Ecco,  sommariamente  significato,  il  carattere  per  cui  le  ricordanze  si  annun- 
ciano alla  nostra  coscienza  come  tali.  In  quanto  alPavvenire,  esso  non  è,  come  parrebbe, 
un  campo  interamente  vuoto,  attesoché  noi  pensiamo  spesso  al  futuro,  sia  prossimo  sia 
più  0  meno  lontano;  un  certo  schema  quindi,  sebbene  assai  più  indeterminato  e  vago,  è 
già  tracciato  anche  per  la  vita  avvenire.  Di  qui  la  distinzione  tra  le  rappresentazioni  che 
si  allogano  decisamente  nel  futuro  e  quelle  che  non  avendo  nessun  legame  necessario  nò 
con  lo  schema  del  passato  né  con  quello  dell'avvenire,  aleggiano  per  dir  così  in  un  campo 
a&tto  indeterminato. 


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—  164  — 

lo  scopo  di  questa  Nota  basterà  ricordare  che  altro  ò  il  carattere  con  cui  si 
afiEsicciano  aUa  coscienza  le  mere  riproduzioni  (ricordanze),  altro  quello  che  con- 
traddistiDgue  i  prodotti  della  fantasia  (come  soglionsi  chiamare),  vale  a  dire 
le  combinazioni  nuove  in  tutto  o  in  parte  di  elementi  vecchi,  ossia  di  riproduzioni. 

«  Tralascio  dì  ricordare  altre  circostanze,  che  possono  concorrere  a  pro- 
durre il  medesimo  effetto,  come  ad  es.  qualche  mutazione  sopravvenuta  nella 
cosa  stessa,  qualche  particolar  legame  con  un  fatto  già  riconosciuto  come  appar- 
tenente al  passato  e  somiglianti  e  vengo  al  caso,  che  offre  maggiore  oscurità 
ed  è  di  più  difficile  spiegazione.  Questo  interviene  aUorchò  la  percezione  d'un 
dato  oggetto  suscita  in  noi  immediatamente  il  pensiero  ch'esso  fu  percepito 
altre  volte,  sebbene  manchino  tutti  quegli  accessori,  che  servono  a  proiettare 
l'immagine  nel  piano  del  passato.  In  questo  caso  non  ci  sono  nella  nostra 
coscienza  due  immiagini  distinte  della  medesima  cosa,  l'una  colla  vivezza  della 
sensazione  attuale,  l'altra  più  pallida  come  riproduzione;  bensì  l'immagine 
è  unica,  e  ciò  nulla  meno  siamo  consci  che  la  cosa  fu  percepita  altre  volte. 
Parlando  figuratamente,  si  direbbe  che  nei  casi  descritti  dianzi  la  percezione 
presente  suscita  dal  fondo  dell'  incoscienza  l' immagine  identica,  e  questa  nel 
venire  incontro  alla  sua  gemella  è  arrestata  davanti  alla  soglia  del  presente 
dal  contorno  in  cui  è  incastonata,  cosicché  rimane  di  fronte  alla  rappresenta- 
zione attuale,  e  staccata  ;  nel  caso  ultimo,  come  isolata  ch'ella  ò,  vola  incontro 
a  questa  con  tanta  rapidità  che  si  fonde  con  essa,  senza  che  la  coscienza  arrivi 
a  coglierla  prima  che  la  fusione  siasi  operata.  Il  che  posto,  si  domanda  dac- 
capo donde  nasca  in  tal  caso  la  nostra  persuasione  che  la  cosa  fu  già  altra 
volta  percepita. 

«  Io  credo  che  a  questa  domanda  non  possa  darsi,  psicologicamente  par- 
lando, che  una  sola  risposta.  Un  sentimento  indistinto  e  indefinibile,  eppure 
efficace,  accompagna  questo  fatto;  sentimento  che  ha  la  sua  causa  sufficiente 
nel  processo  psichico  della  riproduzione  (e  naturalmente  anche  ne'  processi 
fisiologici  che  la  accompagnano,  la  condizionano  o  ne  sono  condizionati).  Codesto 
processo  resta  fuori  della  coscienza  ;  ma  il  suo  valore  come  fatto  psichico  si 
traduce  in  un  sentimento.  Ora  un  siffatto  sentimento  non  ha  alcun  contenuto 
rappresentativo  (che  altrimenti  sarebbe  rappresentazione  e  non  sentimento)  e 
nella  coscienza  si  annunzia  solamente  per  il  suo  effetto,  cioè  per  quella  per- 
suasione che  vi  produce  che  la  rappresentazione  attuale  è,  a  dir  così,  foderata 
d'una  riproduzione. 

«  Ciò  posto,  se  noi  supponiamo  che  una  rappresentazione  attualmente  pre- 
sente nella  coscienza  (sia  poi  questa  una  percezione  sensata,  sia  &ntasma  puro 
come  nel  sogno)  per  la  particolar  condizione  in  cui  si  trova  o  il  sistema  ner- 
voso 0  l'anima  nostra  o  tutti  e  due,  dia  origine  a  quel  peculiare  sentimento, 
la  rappresentazione  ci  si  affaccerà  come  la  ripetizione  d'un'altra  precedente. 
Ed  ecco  spiegato  e  il  &tto  riferito  del  sogno  e  i  fatti  deUa  falm  ri/lemone 
nella  v^lia. 


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—  165  — 

ft  Biinaiie  a  vedersi  se  questo  tentativo  di  spiegazione  debba  arrestarsi 
qui,  0  se  sia  possibile  rendere  qualche  ragione  anche  del  fatto  introdotto  nella 
spiegazione  detta,  cioè  del  prodursi  in  noi  quél  sentimento  anche  senza  che 
sia  data  la  sua  causa  solita  e  normale,  che  è  il  processo  della  effettiva  ripro- 
duzione. Io  credo  che,  entro  certi  limiti,  la  cosa  sia  possibile  ;  ed  ecco  come  : 

«  Conviene  premettere  una  osservazione,  che  da  vari  psicologi  è  già  stata 
riconosciuta  come  vera,  cioè  che  data  nella  coscienza  una  rappresentazione 
attuale,  che  duri  un  certo  tempo  (ciò  che  in  generale  deve  ammettersi  di  tutte), 
mano  mano  che  il  processo  della  sua  produzione  prosegue,  la  parte  di  essa 
che  è  passata  si  tragitta  nel  campo  delle  rappresentazioni  oscurate  e  che  pos- 
siamo anche  dir  potenziali.  Per  es.  a  quel  modo  che,  ove  sia  data  la  serie 
successiva  delle  rappresentazioni  A ,  B ,  G ,  al  comparire  di  B  si  oscura  A 
e  così  B  sì  oscura  al  comparire  di  C ,  del  pari  se  sia  data  una  rappresenta- 
zione B ,  la  cui  durata  corrisponda  a  quella  della  intera  serie  A ,  B ,  G  ,  noi 
potremo  concepirla  come  risultante  da  tre  parti  successive  r ,  /,  /',  ciascuna 
eguale  nel  contenuto  ad.  B,  ma  durante  solo  un  terzo  di  questa  e  però  al 
comparire  di  /  si  oscurerà  r,  ed  /  si  oscurerà  al  comparire  di  r". 

«  Ma  le  rappresentazioni  uscite  dall'attualità  e  doventate  latenti  possono, 
com'è  ben  noto,  rinnovarsi  sia  spontaneamente  (che  qui  vuol  dire  per  effetto 
di  processi  intemi  psico-fisici),  sia  per  effetto  del  loro  richiamo,  dovuto  a 
un'altra  rappresentazione  attuale,  che  sia  ad  esse  legata  vuoi  da  somiglianzaT, 
Tuoi  da  contemporaneità  o  successione.  In  tal  caso  quelle  appariscono  come 
reminiscenze,  semprechè  non  compaiano  isolate,  ma  con  quel  contorno  che  s'è 
detto  di  rappresentazioni  e  di  sentimenti  in  contrasto  con  quelli  che  di  pre- 
sente occupano  il  campo.  Ora  la  vicenda  delle  nostre  condizioni  complessive 
è  talora  così  rapida,  che  im  elemento  appena  scomparso  daUa  coscienza,  qua- 
lora ricomparisca  anche  solo  dopo  un  breve  istante,  trova  mutato  l'ambiento 
psichico.  In  tal  caso  esso  dovrà  presentarsi  coi  caratteri  d'una  ricordanza.  Farei 
torto  all'  intelligenza  del  lettore  se  mi  diffondessi  a  mostrare  come  questi  fatti 
contengano  la  spiegazione  che  da  noi  si  cercava. 

«Basti  soltanto  avvertire  che  effettivamente  i  casi  in  cui  sogliono  pro- 
dursi queUe  che  abbiamo  chiamato  ricordanze  illusorie  e  false  riflessioni, 
sono  tali  da  ingenerare  per  l'appunto  una  vicenda  rapidissima  di  stati  psichici; 
sono  casi  cioè  in  cui  la  nostra  sensibilità  è  altamente  eccitata  e  il  nostro  sistema 
nervoso  irritabilissimo.  Il  che  infatti  si  avvera  sia  ne'  sogni  molto  vivaci,  sia 
nella  veglia  quando  ci  troviamo  in  circostanze  straordinarie,  come  a  cag.  d'es. 
fra  insolite  peripezie  di  viaggi  e  somiglianti.  In  tali  casi  le  rappresentazioni 
attuali,  man  mano  che  si  vengono  svolgendo,  sono  accompagnate  dalla  ripro- 
duzione della  loro  parte  oscurata  e  così  si  genera  nel  nostro  intimo  quasi 
un'eco  incessante;  donde  quel  peculiare  sentimento  che  produco  l'illusione 
della  reminiscenza  » . 


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—  166  — 

Ardieologia.  —  II  Socio  Helbig  presenta  alla  Glasse  una  figurina  in 
bronzo  rappresentante  un  Sileno,  ed  accompagna  la  presentazione  colle  seguenti 
parole  : 

«  Ho  l'onore  di  presentare  all'Accademia  una  figurina  di  bronzo  (alta 
m.  0,11),  la  quale,  come  quella  presentata  nella  seduta  antecedente,  fu  trovata 
ad  Epidauro  nel  santuario  di  Asclepio.  Rappresenta  un  Sileno,  il  quale  sta 
in  piedi,  appoggiando  la  sinistra  sul  fianco  ed  alzando  la  destra  sopra  il  capo. 
Siccome  resta  dubbioso,  se  quest*  ultima  mano  abbia  tenuto  un  attributo  o  sia 
semplicemente  stesa,  così  l'azione  della  figura  non  può  determinarsi  con  sicu- 
rezza. Può  ^essere  che  il  Sileno  si  prepari  a  ballare,  alzando  a  tal  uopo  la 
destra  in  maniera  tipica,  e  può  essere  che  abbia  tenuto  con  questa  mano  un 
vasetto  e  ne  versi  il  liquore  p.  e.  nella  bocca  d'una  pantera  che  sarebbe  stata 
aggiunta  sulla  base  mancante.  Ma,  malgrado  quest'incertezza,  spicca  la  ras- 
somiglianza che  tale  figurina  tanto  nel  tipo  del  volto  quanto  nella  movenza 
offre  col  Marsìa  di  Mirone.  Essa  dunque  ci  offre  un  nuovo  esempio  di  come 
i  motivi  inventati  dai  grandi  maestri  si  modificavano  e  s'adoperavano  in  senso 
diverso  da  altri  artisti.  Conosciamo  giù  due  tipi  che  in  tale  maniera  furono 
derivati  dal  Marsia  di  Mirone,  cioè  quello  dell' Atteone  che  si  difende  contro  i 
cani  e  quello  d'un  Satiro  che  col  piede  alzato  vibra  un  colpo  contro  una 
pantera  (^).  A  questi  tipi  ora  s'aggiunge  il  Sileno  trovato  ad  Epidauro  • . 


Scienze  sociali.  —  Un  Socialista  Cinese  del  V.  secolo  av.  C.  : 
Mih'Teih.  Memoria  letta  dal  Corrispondente  S.  Cognetti  de  Martiis. 

Questo  lavoro  sarà  pubblicato  nei  volumi  delle  Memorie. 


Storia  letteraria. — Piero  Strozzi  fiorentino  e  la  Metaf  rasi  greca 
dei  Commentarii  di  Giulio  Cesare.  Nota  del  Corrispondente  Giacomo 

LUMBROSO. 

«  U  sig.  Carlo  Malagola  ha  ragione  di  ricordare  nella  sua  Vita  dell'  Ureeo 
(Bologna,  1878,  p.  5)  che  «  gli  studi  delle  lettere  elleniche  in  Italia  fiori- 
rono prima  che  altrove  nella  città  di  Firenze  • ,  e  di  lamentare  «  non  abbia 
ancora  trovato  essa  un  uomo,  come  Venezia  ebbe  la  ventura  di  trovarlo,  che 
imprenda  a  trattare  questo  argomento,  utilissimo  per  tutte  le  città  d'Italia, 
per  Firenze  importantissimo  e  necessario  « .  E  in  fiitti  vedasi  il  posto  che 

{})  Cf.  FurtT&ngler:  Der  Satyr  au9  Pergamon,  p.  8  ss. 


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—  167  — 

occapa  Tellenismo,  perfino  nella  vita  di  un  capitano  di  guerra  ed  ingegnere 
militare,  quale  fu  sopra  tutto  il  fiorentino  Piero  Strozzi  (1510-1558),  ed  il 
gruppo  che  gli  sta  dietro  di  quesiti  da  sciogliere  e  dì  ricerche  da  fare.  Io 
per  me  sono  stato  tratto  a  considerare  da  vicino  questo  episodio  (^),  dall'essere 
venute,  fra  le  mie  letture,  ad  incontrarsi  e  combinarsi  due  notizie  abbastanza 
importanti  in  proposito,  finora  separate  nella  vastità  della  scienza  ed  incon- 
sapevoli, per  così  dire,  Tuna  delFaltra.  Uno  schizzo  dell'ellenismo  nella  vita 
di  Piero  gioverà  a  porle  in  piena  luce  ;  e  non  saprei  cominciarlo  meglio  che 
col  ricordare  l'ellenismo  della  vita  del  padre.  Nel  quale  è  notabile  anzitutto 
certo  culto  esclusivo  della  sapienza  e  letteratura  antica  pagana,  che  il  figlio 
ebbe  poi  comune  con  lui,  o  meglio  tutti  e  due  ebbero  comune  con  altri  in- 
fervorati di  rinascimento.  «  Il  estoit  fort  S9avant  (dice  il  Branthòme  di  Fi- 
lippo Strozzi)  ;  et  voylà  pour  quoy  ce  grand  s9avoir  luy  nuisit  à  sa  creance. 
On  dit  que  feu  M.  De  Strozze  son  fils  luy  ressembloit  un  peu  en  ceste  foy... 
La  reyne  (Caterina  de'  Medici)  qui  l'aymoit,  et  son  ame  et  tout,  après  l'avoir 
souvant  presse  et  importune  de  lire  dans  la  Bible...  après  plusieurs  reffus,  le 
tenant  un  jour  en  sa  chambre,  luy  monstra  ladicte  Bible  pour  y  lire  au 
moins  un  chapitre  qu'eUe  luy  monstra,  pour  l'amour  d'elle;  ce  qu'il  fit  et 
le  Ut:  et  y  ayant  trouvé  un  passage  qui  ne  luy  pleust,  il  ferma  aussy  test 
le  livre.  et  dit  à  la  reyne  que  ce  passage  luy  faisoit  perdre  le  goustz  de 
lire  les  autres  »  (2).  Del  resto  Filippo  Strozzi  «  nei  primi  suoi  anni,  udì  nelle 
greche  lettere  Fra  Zanobi  Acciainoli  nella  sua  facoltà  eccellente  » ,  e  <<  attese 
all'Umanità  talmente,  che  quella  lingua  ben  tosto  possedè  « ,  e  «  fece  in  sua 
gioventù  più  annotazioni  sopra  scritture  greche  »  (^).  Poi,  prigioniero  nel 
«  Castello  di  Fiorenza  » ,  troviamo  che  carteggiò  col  Vettori  di  testi  e  di 
quesiti  greci,  ed  a  correggere,  per  uso  di  Alessandro  Vitelli,  im  volgarizza- 
mento del  B  Trattato  degli  Ordini  della  Bomana  milizia  »,  nel  quale  erano 
molti  errori  «  per  non  avere  lo  interpetre  visto  Polibio  greco  ma  il  latino  » , 
«  dal  greco  fonte  trasse  e  formò  i  la  sua  traduzione  (^),  e  infine  par  che 
studiasse,  poco  prima  di  uccìdersi,  uno  scritto  morale  di  Plutarco  (^).  Dunque 
ellenista  il  padre  di  Piero  veniente  die  di  sua  vita  et  decedente.  Va  poi 
'  notata  in  lui  un'altra  cosa  che  in  quell'età,  aprente  o  promettente  il  suo 
cnrms  honorum  ecclesiastico  agli  umanisti,  è  per  sé  sola  im  indizio  di  sol- 

(1)  Oltre  ai  testi  che  andrò  citando,  mi  è  riuscito  di  leggere  la  poco  divulgata  operetta 
di  Francesco  Tracchi,  Vita  di  Piero  Strozzi  fiorentino,  maresciallo  di  Francia,  scritta 
iui  documenti  originali,  Firenze,  1847,  ma  senza  profitto  per  il  mìo  soggetto. 

(*)  Oeuvres  complètes,  Paris  (Jannet,  Paquerre,  DaflBs),  1 858-1878,  t.  V,  p.  50  e  segg. 

P)  Vita  di  Filippo  Strozzi  scritta  da  Lorenzo  suo  fratello,  premessa  alla  Tragedia 
del  Niccolini,  Firenze,  1847,  p.  XI  e  CXX. 

(*)  «  Documenti  letterari  »  aggiunti  alla  Vita  suddetta,  p.  343-357. 

(5)  Documento  presso  L.  A.  Ferrai,  Cosimo  de'Medici  duca  di  Firenze,  Bologna, 
1882,  p.  116. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1**  Sem.  22 


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—  168  — 

lecito  ayyiamento  del  figlio  nelle  lettere  e  nella  erudizione  Q).  Filippo 
ft  disegnava,  dice  Antonio  di  Lnca  Albizzi  (^),  come  fosse  Piero  in  età  di 
farlo  prete,  perciò  che  essendo  stato  il  cardinal  de'Medici  (zio  di  Clarice  sua 
moglie)  Tanno  1513  creato  papa,  sperava  per  suo  mezzo  esso  dover  venir 
grande  nella  Chiesa,  e  questo  fu  la  cagione  per  avventura,  che  egli  lo  man- 
dasse, mentre  era  piccolo  fanciullo  per  alcun  tempo  vestito  da  prete,  e  di 
color  paonazzo...  Accrebbe  il  desiderio  di  Filippo  la  creazione  di  Clemente, 
sì  per  lo  parentado  et  amicizia...  come  anco  per  le  molte  speranze  che  il 
Pontefice  gliene  dava;  per  questo  si  messe  con  ogni  industria  a  persuader 
Piero,  che  pigliasse  Tabito  da  Prete  e  volesse  attendere  alla  Corte  Romana  " . 
Ed  anche  nel  Varchi  si  legge  che  «  sotto  le  promesse  fatte  da  Clemente  più 
volte  al  padre  di  doverlo  far  cardinale,  Piero  s*era  vestito  da  prete,  e  andato 
fuora  per  Firenze  in  abito  di  sacerdote  »,  il  che  più  tardi  «  non  poteva  né 
sdimenticarsi  né  sgozzare  »  (^).  Il  Branthdme  poi  ci  dà,  benché  in  ordine 
rovescio,  la  correlazione  degli  studi  di  Piero  a  questo  disegno  paterno  :  «  il 
fust  en  ses  premiers  ans  bien  nourry  et  instruict  aux  lettres  par  le  seigneur 
Philippe  Strozze  son  pere  ;  de  sorte  que,  pour  y  estro  trés  parfaict,  son  pere 
le  voulut  à  Teglise  » ,  soggiungendo  «  Mais,  pour  avoir  esté  reffusé  d'un  chap- 
peau  de  cardinal,  il  quieta  tout  de  despit,  et  prit  les  armes,  non  pas  pour- 
tant  qu*il  discontinuast  jamais  les  sciences,  encor  qu*il  fust  à  la  guerre,  ne 
list  et  n*en  escrist  «  {*):  continuità  dimostrata,  come  si  vedrà,  da  altri  fatti, 
ed  anche  da  questo  che  Piero  alla  sua  volta  «  fust  fort  curieux  de  faire  trés 
bien  nourrir,  et  sur  tout  trés  bien  instruire  aux  bonnes  lettres  (suo  figlio  Fi- 
lippo); et  desiroit  qu*il  y  sceust  autant  que  luy ;  car  il  y  estoit  trés  parfaict; 
mais  pourtant,  son  filz  n'y  pouvoit  approcher;  si  en  S9avoit  il  assez  »  (S). 
Di  più  leggiamo  altrove  in  Branthdme:  «  Il  paroissoit  bien  aussy  que  ce 
grand  capitaine  estoit  bien  amateur  des  lettres,  car  il  avoit  une  trés  belle 
bibliotheque  de  livres.  Je  ne  dìray  pas  de  luy  comme  le  bon  rompu  le  roy 
'  Louis  XI  disoit  d'un  prelat  de  son  royaume  qui  avoit  ime  trés  belle  librairie 

(^)  Xnstruzioni  inRoscoe  Lorenzo  il  M,,  Pisa,  1816,  t.  3®,  App.  p.LXXXI:  «  Messer 
Giovanni,  il  quale  io  ho  fatto  Prete,  e  mi  sforzo  di  lettere  nutrirlo  in  modo,  che  non  abbia 
da  vergognarsi  fra  gli  altri  ».  Affò  Vita  di  Pierluigi  Farnese,  Milano,  1821,  p.  52:  «  Se 
Banuccio  suo  figlinolo...  con  sommo  calore  attendeva  allo  studio  delle  greche,  e  latine  let- 
tere, il  tutto  avveniva  per  la  sollecitudine  del  Pontefice,  che  disegnava  di  fame  un  chiaro 
lume  della  Chiesa».  P.  89:  «  Ranuccio...  alla  presenza  del  Papa  e  di  vaij  cardinali  diede 
pubblici  saggi  della  sua  letteratura  greca  e  latina...  onde  meritò  d'esser  promosso  di  quest'anno 
medesimo  all'onor  della  porpora  ».  Dejob,  Muret,  1881,  p.  852:  «  Le  titre  d'érudit  pouvait 
inspirer  Fespoir  du  cardinalati..»  ecc. 

(*)  Vita  di  Piero  Strozzi,  nel  volumetto  di  C(esare)  G(uasti)  Vite  di  Uomini  d'arme  ecc. 
Firenze,  Barbera,  1866,  p.  512.  Io  mi  sono  valso  qui  del  ms.  Gorsiniano  1320. 

(3)  Storia  fiorentina,  ed.  Arbib,  Firenze  1844,  t.  8,  pag.  6. 

(*)  Oeuvres,  t.  Il,  pag.  246. 

P)  Oeuvres,  t.  VII,  pag,  286. 


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—  169  — 

et  ne  la  voyoit  jamais,  qn'ìl  ressembloit  un  bossn,  qui  ayoit  une  belle  grosse 
bosse  sur  son  dos,  et  ne  la  yoyoit  pas.  Mais  M.  le  mareschal  visitoit,  voyoit 
et  Hsoit  souvant  sa  belle  librarne  «  (^).  Oltre  alla  quale  aveva  «  uno  stu- 
diolo 0  scrigno  pieno  di  medaglie  d'oro  antiche  «  (^),  o  come  scrive  Caterina 
de*Medici  ia  suo  carteggio,  «  de  medailles  et  antiquitez  »  {^):  cosicché  sotto  la 
corazza  del  capitano  di  guerra,  del  «  maraviglìosissimo  bravo  »,  come  lo 
chiama  il  Cellini,  Piero  Strozzi  nascondeva  anche  questo  tratto  caratteristico 
del  9ompinto  umanista  d'allora. 

«  Ma  veniamo  al  greco.  L'Albizzi  nella  citata  biografia,  non  solo  narra 
ch'egli  «  attese  nella  sua  fanciullezza  agli  studi  dell'Umanità  assai  diligen- 
temente, i  quali  non  abbandonò  mai  mentre  stette  in  Fiorenza»,  e  che  più 
tardi  «  fu  mandato  a  studio  a  Padova  »  (^),  ma  nota  espressamente  che  «  nella 
greca  lingua  molto  bene  era  introdotto  »,  aggiungendo  un  «  si  dice  essere 
stato  suo  maestro  Marcello  Cervino  da  Monte  Pulciano,  che  poi  fu  Papa 
Marcello  secondo  ».  Nulla  di  ciò  nel  commentario  De  vita  Marcelli  II  di 
Pietro  Pollidori,  Boma,  1744.  Il  Varchi  coetaneo  e  conoscente  di  Piero  (5), 
ce  lo  presenta,  a  diciassette  anni,  «  sotto  la  custodia  di  ser  Francesco  Zeffi 
suo  precettore  » ,  e  tornando  a  ragionare  di  lui  quando  era  su  i  ventidue 
anni  (1532),  dice  che  ^  intendeva  comodamente  la  lingua  latina,  e  faticava 
più  che  non  sogliono  fare  i  suoi  pari,  sotto  ser  Francesco  Zeffi  suo  precettore 
nella  greca  »  (^)  :  ellenista  ed  ins^nante  non  cattivo  lo  Zeffi,  a  giudicare 
anche  da  altre  notizie.  Vincenzo  Borghini  che  fu  suo  scolaro  (1537,  1538), 
racconta  (Manni,  Sigilli  III,  84)  delle  sue  lezioni  di  lettere  greche  e  lo  dice 
«  huomo  litteratissimo  »,  «  del  quale  habbiamo  fatto  più  frutto,  che  di  alcun 
altro  maestro  ».  Al  che  il  Bandini  aggiunge  (Calai,  cod.  lai.  BibL  Laur.^ 
Ili,  401)  :  «  Habeo  in  privata  mea  bibliotheca  Sophoclis  tragoBdias  septem, 
ab  Aldo  Venetiis  impressas  a.  1502,  cum  correctionibus  et  notulis  graecis 
elegantissimis  manu  Francisci  Zeffii,  qui  nomen  suum  prodit  in  ultima  pagina 
sic:  xTfjjiia  OQayxiCxov  xov  Zaifpiov  xaì  rtàv  (pikcov  »:  il  quale  motto  sembra 


(»)  Oeuvres,  t.  H,  pag.  248. 

(*)  MontalYo,  Belat  della  guerra  di  Siena,  presso  Carlo  Promis,  Biografie  di  inge- 
gneri militari  italiani,  Torino,  1874,  p.  290. 

P)  Lettres  de  Catherine  de  Médicis,  publiéesparHectorDeLaFerrière,  Parigi,  1880, 
t  I,  p.  563. 

(<)  Corsiniana  1320;  cf.  410  (=  Magliab.  CI.  XXV,  337)=  Chigiana  G.  Vm.  220: 
Vita  di  Piero  Strozzi  scritta  da  Gio.  Batt.  Strozzi  il  cieco,  con  lettera  dedicatoria.,  d 
Roma  23  gennaio  1611,  e  Bandini,  Collectio  vet.  moniment.,  Arezzo,  1752,  p.  XXTT  (Gio- 
Tambattista  Adriani  famigliarìssimo  in  Padova  de' figlinoli  di  Filippo  Strozzi). 

P)  Opere  di  Donato  Giannotti,  Firenze,  Le  Monnier,  1850,  II,  p.  419  (Ben.  Varchi 
nell'a.  1538  in  Venezia  presso  Messer  Pietro  Strozzi). 

(«)  Storia  fior.,  ed.  cit  t.  I,  p.  167,  t  IH,  p.  6. 


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—  170  — 

essere  indìzio  di  non  povera  libreria  (0;  ma  comunque,  elegantissime  postille 
greche  non  si  fanno  da  chi  conosca  così  così  quella  lingua.  Infine  il  prof.  Pic- 
colomini,  in  una  lettera  inserita  dal  prof.  Yillari  nel  suo  <<  Niccolò  Macchia- 
velli  1»  (I,  540),  scrive  che  nel  Cod.  Laur.  40  del  Plut.  89  inf.  si  ha  una  tra- 
duzione di  Francesco  Zeffi  del  frammento  di  Polibio  sulle  forme  degli  stati  (^). 

«  È  noto  che  Piero  Strozzi,  datosi  in  seguito  all'armi,  ed  alla  bandiera 
che  «  pareva  la  più  degna  »  ai  repubblicani  d'Italia  {%  si  fece  soldato  di 
Francia  (1536),  ebbe  nell'anno  1543  in  Parigi  lettere  di  naturalitìi  (*).  Or 
quivi  correvano  i  tempi  di  Francesco  I,  correvano  i  tempi  del  Budeo,  che  è 
quanto  dire  del  nascimento  e  del  primo  fiorire  deirellenismo  in  Francia,  pro- 
mosso e  caldeggiato  da  dotti,  da  letterati,  da  stampatori,  dal  re,  dai  mi- 
nistri, dai  cortigiani  (^).  Fra  i  quali  sopraggiunto  lo  Strozzi,  e  come  oriundo 
della  dotta  Italia  e  come  Piero,  è  impossibile,  chi  lo  conosca,  gli  venisse 
meno  in  ciò  solo  la  voglia  d'essere  tenuto  eguale  o  superiore  ad  altri  qual- 
sifosse.  Del  resto  da  un  passo  del  Branthdme  che  dovrò  recitare  più  innanzi, 
sì  potrebbe  arguire  che  avessero  commercio,  anziché  od  oltreché  col  figlio, 
propriamente  con  luì,  due  valorosi  cultori  francesi  dell'  ellenismo,  il  Daurat 
ed  il  Bonsard;  né  lo  vieta  punto  la  cronologia  (^);  e  se  così  è  stato,  da  quel 
testo  trapela  il  compiacimento  con  che  talvolta  andò  loro  mostrando  il  suo 
valore  nelle  lettere  greche.  Ma  checché  sia  di  questo,  un  fatto  certo  e  significante 
é  che  la  gran  raccolta  di  manoscritti  greci  del  card.  Bidolfi,  fu  acquistata, 
anni  dopo,  nel  50,  da  Piero  Strozzi  «  qui  aimoit  passionément  les  livres  «, 
dice  un  relatore  dell'acquisto,  «  et  qui  s9avoit  le  grec  aussi  bien  qu'aucun 
honmie  de  son  siécle  i»;  e  fattala  trasportare  in  Francia,  la  tenne  gelosa- 
mente presso  di  sé  finché  visse  (7). 

«  Tuttavia  le  notìzie  che  precedono  sono  un  nulla  a  paragone  di  que- 
sta, dataci  dal  solo  Branthdme:  «  Pour  plus  grande  preuve  que  j'aye  jamais 

(*)  Lo  usavano  bibliofili  insigni  di  quel  tempo  :  v.  Muntz  et  Fabre,  La  Biblioth.  du 
Vatican  au  XV*  siécle^  1887,  p.  308  e  347;  Bandini,  De  vita  et  script is  Petri  Victor i, 
p.  XXXIV;  Le  Boni  de  Lincj,Jiechercke3  sur  Jean  Orolierf  Parigi,  1866,  p.  65, 87. 

(')  Altri  documenti,  ma  non  per  noi,  della  yita  letteraria  deUo  Zeffi,  possono  Tederai 
nel  Bandini,  Specimen  litter,  fiorente  1751,  n,  p.  94  e  nella  Vita  di  Filippo  Strozzi  il 
vecchio  scritta  da  Lorenzo  suo  figlio,  con  documenti  ed  illustrazioni  di  Gius.  Bini  e  di 
Pietro  Bigazzi,  Firenze,  1851,  per  Nozze,  p.  XXI.  Nel  Varchi  è  da  osservarsi  intomo  allo 
Zeffi  anche  il  racconto  a  p.  259  e  segg.  del  t.  m. 

(3)  Carlo  Promis,  Biografie  cit.  p.  257. 

(^)  Benvenuto  Cellini,  Vita,  lib.  2S  §  19. 

(5)  D.  Bebitté,  Guillaume  Bude  restaurateur  des  études  grecques  en  France,  Pa- 
rigi, 1846  ,  p.  104,  110,  116,  244,  248,  255,  274. 

(«)  P.  Blanchemain  in  Oeuvres  de  Ronsard,  Parigi,  1867,  t.  Vm,  p.  12:  «  En  1543 
Ronsard  se  donna  tout  entier  aux  Grecs  et  aux  Latins...  H  s*en  alla  partager  avec  Antoine 
de  Balf,  les  lefons  du  savant  helléniste  Dorat». 

P)  V.  r  u  Auteur  du  Mém.  hist.  »  in  Delisle,  Le  Cabinet  des  Manuscripts  etc.  1868, 
I,  209. 


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—  171  — 

yeu  de  mondìct  sieur  le  maxeschal . . .  de  son  s^avoir,  93  esté  les  Comman- 
taires  de  Caesar  qu'il  avoit  tournez  de  latin  en  grec,  et  luy-mesmes  escrits 
de  sa  main,  avecque  des  Commants  latins^  additionSj  et  instructions  pour 
gens  de  guerre^  les  plus  belles  que  je  vis  jamais,  et  qui  furent  jamais 
escriptes.  Le  langage  grec  estoit  tròs  beau  et  tròs  eloquant,  à  ce  que  j  ay 
ouy  dire  à  gens  très  s^avans  qui  Tavoient  veu  et  leu,  comme  M.  de  Bonsard 
et  M.  Daurat,  s*estonnans  de  la  curiosité  de  cet  homme  à  s'estre  amusé  de 
£aire  cette  traduction,  puisque  Toriginal  estoit  si  eloquant  latin,  et  disoient 
le  grec  valoir  le  latio.  Voilà  ce  que  je  leur  en  ay  ouy  dire,  car  j'entends 
autant  le  grec  comme  le  hault  alleman;  mais  sfachant  un  peu  de  latin,  je 
trouYois  les  Commants  très  beaui  et  dignes  d'un  grand  homme  de  guerre. 
M.  de  Strozze  son  fils  m*a  monstre  souvant  ce  livre,  et  permis  de  lire  dedans 
devant  luy,  mais  non  jamais  de  le  transporter  ailleurs,  ce  que  j'eusse  fort 
voulu  pour  en  desrober  les  plus  beaux  traicts  ;  mais  encor  que  nous  fussions 
fort  grands  amis,  il  m*en  reffusoit  tout  à  trac,  tant  il  en  estoit  jaloux.  Je 
ne  89ay  ce  qu*il  est  devenu;  mais  e' est  grand  dommage  que  ce  livre  n'est 
imprimé  pour  les  gens  de  guerre  »»  (^).  Avendo  noi  d'innanzi  agli  occhi  la 
vita  intera  dello  Strozzi,  tutta  audacia,  sapere,  tenacità  di  proposito,  ope- 
rosità instancabile  (^),  e  in  quella  vita  intera,  due  vene  principalissime  di 
studio  :  la  lingua  greca  e  Cesare  (^),  e  non  lungi  dallo  Strozzi  Carlo  Quinto, 
pel  quale  un  dato  autore  e  una  data  lingua  diversi,  ma  voluti  entrambi 
coltivare  assiduamente,  si  fondon  in  una  sola  lettura  ed  occupazione  che  diventa 
mezzo  efficacissimo  a  ritenere  Tuno  e  a  non  dimenticare  l'altra  (^),  e  non  lungi 
dalla  metafrasi  greca  di  Cesare,  qualche  frammentaria  metafirasi  greca  di 
altari  classici  latini  (^),  potremo  forse  dar  ragione  del  fatto  dello  Strozzi, 
ma  questo  rimarrà  pur  sempre  sorprendente  come  agli  occhi  dei  contemporanei. 
«  Quale  sia  stata  la  sorte  poi  del  manoscritto,  né  il  Branthdme  (scri- 
vente nel  1590)  ce  lo  sa  dire,  né  altri,  credo,  sa.  Dal  contesto  si  vede  che 
non  passò  insieme  coi  codici  Ridolfi  nella  biblioteca  di  Caterina  de*  Medici, 
qmndi  nella  Beale  ed  ora  Nazionale  biblioteca  di  Parigi  (^),  ma  fu  dopo  la 

(i)  Oeuvres,  t.  Il,  pag.  247. 

(*)  Carlo  Promis,  op.  cit.  p.  255-294. 

(3)  Albìzzì  e  Gio.  Batt.  Strozzi  11.  citt.  «  Cesare  i  cui  commentar]  leggeva  continua- 
mente e  portava  appresso  di  sé  »  ;  Montaigne,  Msais,  II,  34  :  u  il  avoit  prins  Cesar  pour 
sa  part  »  ;  Branthòme,  t.  VII,  pag.  312  :  «  il  89avoit  et  vouloit  fort  praliquer  ce  qu'il 
aToit  leu  des  guerres  anciannes  ». 

(**)  Branthdme,  t.  I,  p.  102  :  «  il  fist  traduire  Thistoire  de  messire  Philippes  de  Co- 
mines  fran90Ì8e,  en  toutes  les  autres  qu'il  sjavoit,  pour  ne  les  oublier,  les  pratiquer,  et  re- 
tenir  mieux  la  diete  histoire  n, 

(5)  Mureti  scripta  selectà  ed.  Teubn.,  Lipsia,  1873,  n,  p.  35,  Epist.  XXIII  (Seneca 
tragico);  Egger,  Ilist.  de  VHellén,  en  France  I,  222  (Virgilio,  Marziale). 

(«)  Branthdme,  II,  246  ;  Delisle,  1.  cit.;  Mazzatinti,  Invent.  dei  mss.  ital.  delle  BibL 
di  Francia,!,  Roma  1886,  p.  CXII;  Nolhac,  Invent,  des  mss.  greca  de  Jean  Lascaris  in 
«Mélanges  de  TÉcole  de  France  de  Rome  »,  VI,  1886,  p.  251. 


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—  172  — 

morte  di  Piero  (1558)  gelosissimamente  custodito  dal  figlio  ehe  morì  nel  1582. 
È  sperabile  che  in  qualche  ripostiglio  d'oltremente  esso  esista  tuttora  e  venga 
fuori  quando  che  sia  alla  luce.  Ma  intanto  si  può  domandare  se  la  traduzione 
di  Piero  Strozzi  niente  abbia  che  fare  colla  metafrasi  greca  dei  Commentar! 
di  Cesare  edita  nel  1606  e  d'ignoto  autore.  Sarebbe  ozioso  il  quesito  se  il 
manoscritto  che  ha  dato  luogo  alla  stampa,  fosse  venuto,  poniamo,  da  Bisanzio, 
e  se  il  testo  avesse  un  sapore  antico  od  orientale.  Ma  ecco  la  storia  del 
manoscritto,  ecco  la  fortuna  del  testo,  in  questi  tre  secoli,  presso  i  filologi, 
i  quali  nulla  sapendo  del  fatto  strozziano,  non  sono  stati  al  certo  guidati  mai 
da  un  preconcetto.  Paolo  Petau  (1568-1614)  aveva  in  Parigi  una  bella  biblio- 
teca, ricca  di  manoscritti  (^),  in  parte  provenienti  dalla  dispersione  (1590)  di 
quella  del   Fauchet  (1530-1601),  il  quale,  sia  detto  di  passata  ed  a  buon 
conto,  fu  probabilmente  intrinseco  dello  Strozzi  (^).  In  quella  biblioteca  esi- 
steva manoscritta  (non  si  sa  se  originalo  o  copia)  una  metafrasi  greca  dei  Com- 
mentari di  Cesare.  Questa  metafrasi,  il  dotto  Bongars  (1654-1612),  cugino 
del  Petau  (3),  essendo  Besidente  ed  Ambasciatore  di  Enrico  IV  in  Germania, 
comunicò,  con  grande  aspettazione  dei  dotti  {%  allo  Jungermann,  che  la  rese 
pubblica  nella  sua  edizione  di  Cesare  (Francoforte,  1606).  Ma  chi  ne  poteva 
essere  l'autore?  Lo  Jungermann  e  lo  Scaligero  opinarono  che  fosse  Massimo  Pia- 
nude,  od  un  coetano,  od  un  imitatore  di  Planude  ;  altri  non  si  contentò,  ci  vide 
una  mano  migliore;  altri  Teodoro  Graza.  Questa,  in  breve,  la  prefazione  del  primo 
editore.  Ora  si  seguiti  collo  scritto  De  graeco  metaphraste  commentariorum 
Caesaris  dello  Heller,  nel  «  Philologus  »»  d'or  fa  trent'anni  (t.  XII,  1857, 
p.  107-149).  Dopo  avere  riferito  quel  «  satis  splendidum  judicium  de  interprete  » 
il  quale  «  in  caussa  fuit,  cur  translatio  eius  mox  magnam  auctoritatem  conse- 
queretur  ^ ,  tanto  che  «  insequentes  commentariorum  Caesaris  sive  editores  sive 
enarratores  eam  ubique  consuluerunt,  non  tantum  ad  sensimi  verborum  ipsius 
Caesaris  indagandum,  verum  etiam  ad  textum  eius  constituendum  «> ,  egli  accenna 
la  declinante  fortuna  del  testo  così  :  »  Nunc  quidem  apud  Caesaris  editores  inter- 
pretis  auctoritas  ad  minimum  fere  redacta  est.  Quorum  recentissimus  Schneide- 
rus,  quamquam  verba  eius  innumeris  locis  commemorat,  in  praefatione  p.  XLIX: 
tf  huic  metaphrasi,  inquit,  nihil  tribuimus,  quippe  quam  ad  Ubros  miss,  potius 
quam  ad  editos  seculo  decimo  sexto  factam  esse  persuadere  nobis  nondum  potue- 
rimus  » ,  indi  prosegue  :  «  Quod  Schneiderus  inchoavit  nec  perfecit . . .  iam  ^o 
absolvam  atque  ita  illustrabo,  ut  nisi  caocus  esse  aut  luci  sponte  occludere 

(1)  L.  Jacob,  Traicté  des  plus  belles  hihl.  1644,  p.  552.  Cf.  per  le  vicende,  Le  Roui 
de  Lincy,  op  cit.  p.  315,  Delisle,  op,  cit.  I,  287;  Mazzaiinti,  op.  cit.  p.  CXXIX. 

(«)  J.  Simonnet,  Le  Président  Fauchet  in  Revue  hist.  de  droit  frariQ,  et  étrang,  voi.  IX, 
1863,  p.  425470  («  Pendant  le  siége  de  Sienne,  en  1555,  il  fit  plasieurs  voyages  en  France, 
pour  en  porter  des  nouvelles  aa  roi  Henri  Un). 

(3)  Lettres  de  Jacques  de  Bongars  (a  La  Haye,  1695)  n,  p.  661.  L.  Anquez,  Henri  IV 
et  VAUemagne  d'après  les  mém,  et  la  corresp,  de  Jacques  Bongars^  1887,  p.  Xin. 

(*)  Scaligeriana,  1669,  p.  73:  aHabebimus  Caesarem  graece  versum». 


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—  173  — 

Telis  ocTilos,  totam  eam  caossam  te  piane  perspicere  necesse  sit  fateare:  ver- 
tisseque  sua  metapfarasten  ex  Bob.  Stephani  exemplari  Par.  1544  impresso, 
iis  eTÌncam  aigamentis,  ut  in  texta  commentarioram  Gaesaris  recensendo  emen< 
dandoque  ne  mentio  quidem  graeci  interpretis  anoiplias  fieri  posse  videator  » , 
e  provato  ciò  con  yentotto  pagine  di  argomenti,  non  si  ferma:  «  lam  sequitor 
necessario  nt  graecus  ille  metaplirastes  ne  Graecus  quidem  fuerii  Quis  enim 
Graecns  post  1544  etiam  nimc  Gaesaris  conmientarios  vertisset?  Qnod  qnamvis 
admirabile  vel  paradozon  primo  adspectu  videatur,  sermonem  metaphrastae 
accuratius  consideranti  iam  non  dubium  apparebit . . .  Sane  panca  quaedam 
felidter  expressisse  metaphrasten  non  inficior;  mnlta  alia  satis  bene  narrasse 
Tidetnr:  verum  nulla  fere  est  pagina,  in  qua  non  inveniantur  gravissima  vitia 
ac  peccata  eiusmodi,  qualia  vix  homo  graecus  natione  committere  potuisse 
Yideatur  » .  Seguono  vizi  e  peccati,  e  poi  :  <<  Jam  sì  Graecus  non  fuit  graecus 
ille  metaphrastes,  ex  alia  eum  natione  fuisse  necesse  est ...» .  Ghi  conosce 
il  fatto  dello  Strozzi  e  piglia  gusto  e  diletto  delle  scoperte  della  critica,  non 
può  giungere  a  questo  punto  del  vigoroso  e  penetrante  scritto,  senza  trame 
ammirazione.  Si  direbbe  che  per  virtù  propria,  per  forza  di  raziocinio,  la  Gri- 
tica  filologica  ancorché  con  una  benda  sugli  occhi  stia  per  toccare  con  mano 
lo  Strozzi.  Ma  poi  si  legge;  «  Ego  arbitror  Gallum  eum  fuisse  etc.  «.  E  se 
indizi  ci  sono  di  mano  gallica,  bisogna  contentarsi  di  oscillare  fra  queste  due 
supposizioni,  0  che  si  avesse  nel  manoscritto  Petau  una  copia  alcun  poco  infran- 
cesata del  lavoro  strozziano,  o  che  nello  stessissimo  luogo  d'Europa  e  momento 
della  storia,  siano  state  fatte  nientemeno  che  due  metafrasi  greche  dei  Gom- 
mentali. 

«  Pazienza  per  il  greco,  ma  dove  sono  iti  e  chi  ci  darà  mai  i  Commants 
latinSj  addiiions  et  tnstructtonSy  insomma  gli  studi  e  le  meditazioni  di  un 
Piero  Strozzi  su  Giulio  Gesare  capitano  di  guerra?  ^ 

Filologia.  —  Per  la  Fonistoria  protaria.  Nota  del  prof.  F.  Q. 
Fumi,  presentata  dal  Socio  Momaci. 

Questa  Nota  sarà  pubblicata  nel  prossimo  fascicolo. 

Etnografia.  —  Ornamenti  personali  dei  Melanesi  esistenti  nel 
Museo  Preistorico  di  Roma.  Nota  del  dott.  Q.  A.  Golini,  presen- 
tata dal  Socio  PiooRiNi. 

«  n  dott.  Ottone  Finsch  ha  recentemente  pubblicata  un'  interessante  Me- 
moria (0»  la  quale  serve  ad  illustrare  alcuni  singolari  ornamenti  personali 
della  Nuova  Guinea  esistenti  nel  Museo  Preistorico  di  Soma. 

(1)  Mittheil.  d;  Anthr.  GeseUsch.  in  Wien,  voi.  XVH,  p.  153. 


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—  174  — 

«  I  Melanesi,  scriye  il  Finsch,  non  riconoscendo  il  valore  delle  nostre  cose 
preziose,  stimano  le  monete  di  oro  quanto  quelle  di  rame,  un  diamante  quanto 
un  vetro  colorato,  e  senza  esitazione  preferirebbero  un  pezzo  di  ferro  vecchio 
0  di  vetro  al  più  splendido  gioiello.  Ad  eccezione  dei  centri  commerciali 
importanti,  come  Mioko  e  Matupi  nella  Nuova  Bretagna,  nelle  isole  della 
Melanesia  s'incontra  di  rado  qualche  indigeno,  il  quale  comprenda  che  il 
dollaro  ha  maggiore  pregio  delle  monete  di  conchiglia  o  dei  braccialetti  di 
Trochus.  Gli  ornamenti  personali  fanno  nel  commercio  e  nei  cambi  le  veci 
delle  monete,  e  ve  ne  hanno  alcuni  ai  quali  si  attribuisce  un  altissimo  valore 
per  la  rarità  del  materiale  di  cui  sono  fatti,  o  per  l'abilità  con  cui  sono 
lavorati.  Siccome  poi  gli  indìgeni  sogliono  tuffarsi  nell'acqua  o  vagare  nei 
folti  boschi  rivestiti  dei  loro  ornamenti,  così  per  farli  hanno  bisogno  di  mate- 
riale solido,  e  perciò  usano  di  preferenza,  insieme  a  varie  specie  di  conchiglie, 
i  denti,  i  quali  crescono  di  pregio  quanto  più  sono  rari  per  la  loro  natura, 
0  per  la  scarsezza  degli  animali  da  cui  sono  tratti. 

«  Il  Pinsch  aggiunge  che,  ai  denti  degli  animali  selvaggi,  salvo  poche 
eccezioni,  si  dà  poco  valore,  e  soltanto  in  determinate  località,  mentre  quelli 
degli  animali  domestici,  il  cane  ed  il  porco,  erano  e  sono  ancora  in  parte 
pregiati  in  tutte  le  isole  del  Mare  del  Sud.  I  canini  del  cane  erano  una  volta 
tanto  stimati  dagli  indigeni  delle  Hawaii,  quanto  lo  sono  ora  dai  Melanesi 
della  Nuova  Guinea  e  delle  Salomone,  i  quali  li  annoverano  fra  i  mezzi  più 
preziosi  di  cambio,  e  attribuiscono  loro  un  valore  che  può  compararsi  a  quello 
deUe  grosse  monete  di  argento  presso  noi  (^).  Molto  j)iù  dei  denti  del  cane 
poi  sono  stimate  le  zanne  del  porco,  da  cui  ricavano  molti  e  vari  ornamenti  (2). 

«  Il  Museo  Preistorico  possiede  nelle  collezioni  della  Nuova  Guinea  una 
ricca  serie  di  collane,   di  fasce  per  la  fronte  e  per  la  vita  ecc.  ornate  con 


(*)  A  causa  del  loro  alto  valore,  le  collane  di  denti  di  cane  debbono,  insieme  ad  altri 
oggetti  preziosi,  fare  sempre  parte  del  prezzo  che  gli  indigeni  della  costa  sud-est  della 
Nuova  Guinea  pagano  per  l'acquisi o  di  una  moglie  (Finsch,  Mittheil.  d.  Anthr.  Gesellsch. 
in  Wien,  voi.  XV,  p.  20;  D'Albertis,  Alla  Nuova  Guinea,  Fratelli  Bocca  e  C»,  1880, 
p.  264,  287). 

(')  È  certo  che  anche  le  popolazioni  italiane  dell'età  della  pietra  fecero  largo  uso  di 
denti  per  ornarsi;  se  ne  rinvennero  infatti  spesso  esemplari  forati  alla  radice  nelle  loro 
tombe  e  nelle  stazioni.  Il  Museo  Preistorico  di  Roma,  per  esempio,  comprende  nelle  sue 
collezioni  zanne  di  cinghiale  e  denti  forati  raccolti  dal  prof.  Arturo  Issel  nelle  caverne 
della  Liguria,  dal  sig.  Francesco  Orsoni  nelle  grotte  di  San  Bartolommeo  e  di  Sant'Elia 
esistenti  nel  capo  Sant'Elia  presso  Cagliari,  e  dal  sig.  Stefano  De  Stefani  nelle  palafitte* 
del  Lago  di  Garda  (Issel  A.,  Nuove  ricerche  sulle  caverne  ossifere  della  Liguria,  estr. 
dagli  Atti  della  R.  Accad.  dei  Lincei,  Mem.  della  CI.  di  se.  fis.  mat.  e  nat,  1877-78,  p.  19, 
tav.  I,  fig.  15;  De  Stefani  Stefano,  N'otiz.  degli  Scavi  comunic.  alla  R.  Acc.  dei  Lincei,  1880, 
p.  208;  Sopra  gli  Scavi  fatti  nella  palafitta  centrale  del  Golfo  di  Peschiera  ed  in  quella 
del  Mincio;  esir.  dal  voi.  LX,  serie  III,  fase.  I,  dell'Acc.  di  Agric,  Arti  e  Comm.  di  Ve- 
rona, p.  34j.  È  notevole  Irovare  le  zanne   di  porco  usate  per  ornamento  personale  anche 


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danti  dì  cane,  oltre  a  molti  gioielli  formati  con  zanne  di  porco  da  portarsi 
nel  fletto  nasale,  al  collo,  snl  petto,  al  braccio  ecc.,  alcnni  dei  quali  sono 
notevolissimi  per  Toriginalìtà  e  per  Teleganza  della  forma  (^). 

«  Meritano  spedalmento  Tattonzione  per  la  loro  rarità  due  ornamenti 
composti  con  una  zanna  piegata  in  modo,  da  formare  quasi  un  circolo,  intomo 
ai  quali  il  Finsch  somministra  nuovi  ed  interessanti  particolari.  L'uno  &  parto 
della  raccolta  del  fiume  Flj  (Nuova  Guiaea)  ed  ò  figurato  dal  D*Albertis  (^) 
come  un  braccialetto  :  Taltro  invece,  proveniente  da  Porto  Finsch  suUa  costa 
nord-est  della  Nuova  Guinea,  ò  così  descritto  dal  Finsch  {^)  «  JabOj  zanna 
«  di  porco  arcuata,  ornamento  da  petto  dei  capi.  Questo  zanne,  piegate  artì- 
s  ficialmente  quasi  come  circolo,  formano  in  tutta  la  Melanesia  Tomamento 
s  più  prezioso  e  si  ottengono  con  grande  difficoltà  « .  La  lunghezza  dell'esem- 
plare di  Porto  Finsch,  presa  intomo  al  margine  estemo,  è  di  millim.  210,  il 
diametro  massimo  intemo,  non  compresa  la  larghezza  del  dente,  misura  mil- 
lim. 60  ;  la  punta  levigata  e  arrotondata  dista  dalla  base  di  millim.  15.  Molto 
più  grande  invece  è  la  zanna  proveniente  dal  fiume  Fly  ;  la  sua  lunghezza 
è  di  millim.  358,  il  diametro  massimo  intemo  si  eleva  a  millim..  97;  la 
punte  non  è  pienamente  arrotondate,  ha  una  leggerissima  sfaccettetura,  e 
si  sovrappone  alla  base  di  millim.  16,  così  che  formerebbe  un  circolo  com- 
pleto se  non  divergesse  di  25  mUlim. 

ft  Comparando  tale  esemplare  con  quelli  ricordati  dal  Finsch  si  trova  che 
è  uno  dei  più  grandi  :  questi  infatti  variano  nella  lunghezza  da  millim.  230 


io  civiliÀ  relativamente  avanzate,  come  presso  gli  indigeni  dell'Africa  Equatoriale  (Jacques  V. 
e  Storms  E.,  Bull,  de  la  Soc.  d'Anthr.  de  Bruxelles,  1886-87,  p.  116,  tav.  X,  fig.  133),  e 
presso  le  nostre  popolazioni  deUa  prima  età  del  ferro  delle  quali  il  Museo  di  Boma  pos- 
siede un  magnifico  esemplare  legato  in  bronzo,  proveniente  da  tombe  del  comune  di  Spi- 
netoli  nella  provincia  di  Ascoli  Piceno.  Il  che  non  deve  recare  meraviglia  se  pensiamo 
che  nella  nostra  medesima  civiltà  è  sopravvissuto  Tuso  di  portare  simili  zanne  per  orna- 
mento, 0  piuttosto  per  amuleto. 

0)  Gli  oggetti  menzionati  sono  descritti  o  figurati  nelle  opere  seguenti:  Finsch,  Ca- 
talog  der  etknol  Sammlung  der  Neu  Guinea  Compagnie  ausgestelU  im  KgU  Jfuseum  f&r 
Vdlkerkunde,  Berlino,  1886,  fase.  I  e  n,  n.»  40,  88,  138,  191,  280-81,  302,  314,  320, 361, 
371,  634,  682,  744,  870,  879,  919,  921,  928;  Original-MittheiL  aus  der  ethnol  Abtheil 
der  Kgl.  Museen  xu  Berlin,  an.  I,  fase,  n  e  m,  p.  59,  97,  99,  tav.  Il,  fig.  5  ;  Mittheil. 
d.  Anthr.  GeseUsch.  inWien,  voi.  XV,  p.  21,  fig.  12,  p.  22-28,  fig.  14;  D'Albertis,  op.  cit, 
p.  58,  fig.  15,  p.  154,  fig.  5,  p.l80,  fig.  2  e  7,  p.  211,  fig.  4,  27,  28;  Mantegazza,  Arch, 
per  PAntr.  e  VEtnol,  voi.  VII,  tav.  XIV,  n.  691,  976;  Boll.  deUa  Soc.  Geogr.  Ital.,  1873, 
fase.  4-5,  p.  64;  Viaggio  della  Corvetta  VeUor  Pisani,  anni  1871-72-73,  estr.  dalla  Ri- 
vista Marittima,  tav.  VI,  fig.  9.  H  D*AlbertÌ8  ha  compreso  nelle  sue  collezioni  del  fiume 
Fly  e  dell*  isola  Tuie  molte  zanne  di  porco  ricordate  e  figurate  nella  relazione  dei  suoi 
viaggi  (p.  286,  287,  fig.  1-8,  p.  351)  come  strumenti  usati  nei  lavori  d'intaglio. 

(«)  D'AlbertiB,  op.  cit.,  p.  180,  fig.  7. 

(3)  Catalogo  cit  n.  802. 

Bbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  23 


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a  265,  mentre  il  loro  diametro  interno  sta  fra  i  65  e  i  75  millim.  Essendo 
calcolata  dal  Finsch  la  Imighezza  di  una  zanna  normale  di  notevole  gran- 
dezza a  230  millim.,  è  necessario  conchindere,  che  gli  animali  da  cui  si  otten- 
gono quelle  piegate  sono  molto  yecchi.  Questo  fatto,  unito  all'altro  del  nu- 
mero ristretto  dei  porci  aUerati  dai  Melanesi,  basta  a  mostrare  quanto  simili 
denti  debbano  essere  rari. 

«  Il  metodo  usato  per  dare  alle  zanne  la  forma  circolare,  descrìtto  con 
cura  dal  Finsch,  è  semplicissimo.  Consiste  nel  cavare  al  porco  ancora  giovane 
il  dente  canino  superiore  corrispondente  alla  zanna  che  si  vuole  preparare, 
la  quale,  non  incontrando  più  alcun  ostacolo  che  la  costringa  a  divergere, 
cresce  ripiegandosi  su  so  stessa  e  la  punta  giunge  quasi  a  toccare  la  carne. 
Quanto  al  modo  di  portarle  il  Finsch  ricorda  un  capo  delVisole  Samoa,  che 
ne  portava  una  attaccata  a  guisa  di  pendaglio  al  braccialetto.  Ma  più  gene- 
ralmente servono  per  ornamento  del  petto,  sospese  ad  un  laccio,  come  si 
usa  sulla  costa  nord-est  della  Nuova  Ouinea  e  specialmente  a  Porto  Finsch, 
0  pendenti  da  fasce  elegantemente  ornate  con  anellini  e  dischetti  di  varie 
conchiglie,  costume  comune  agli  indìgeni  della  costa  orientale  e  deirarcipe- 
lago  d'Entrecasteaux.  I  nativi  invece  della  Baia  Astrolabio  (costa  nord-est 
della  Nuova  Guinea)  e  dell'isola  Willaumez  (arcipelago  della  Nuova  Bretagna) 
formano  preziosi  ornamenti  legando  due  denti  per  la  base  con  la  punta  ri- 
volta all'infaorL 

e  Ad  eccezione  delle  piccole  isole,  ornamenti  di  tal  natura  s'incontrano 
dalla  Nuova  Guinea  fino  a  Samoa:  essendo  molto  rari  sono  portati  sola- 
mente dai  capi  più  potenti,  e  quindi  servono  anche  come  distintivo  di  potere. 
Il  colore  giallo  dei  denti  simili  a  vecchio  avorio,  e  la  levigatezza  derivante 
dal  lungo  uso  fanno  testimonianza  deirantichità  di  tali  gioielli  trasmessi  di 
generazione  in  generazione.  Questi  ornamenti,  passando  di  tribù  in  tribù  per 
mezzo  del  commercio  di  cambio,  si  trovano  spesso  in  località  lontanissime 
dal  luogo  di  fabbricazione,  ma  in  generale  sono  ceduti  molto  difficilmente, 
anche  dietro  l'offerta  degli  oggetti  ricercati  dagli  indigeni  con  la  maggiore  avi- 
dità. Un'altro  fatto  ha  notato  il  Finsch  molto  importante,  perchè  può  aiu- 
tarci a  conoscere  l'orìgine  di  molti  singolarì  ornamenti,  ed  è  che  i  capi  infe- 
rìorì,  quando  non  possono  avere  zanne  originali,  ne  fajmo  delle  artificiali  che 
ricavano  dalla  Tridacna.  Anche  tali  imitazioni,  richiedendo  un  grave  lavoro 
e  moltissima  abilità,  hanno  alto  valore  »  (0- 


(^)  Un  altro  fatto  simile  è  riferito  dal  Moseley  pei  Melanesi  dell'Isole  dell'Ammira- 
gliato, che  sogliono  portare  a  guisa  di  amuleti  ossa  umane,  specialmente  del  braccio,  avvolte 
con  penne.  Un  nativo  aveva  sostituito  alle  ossa  una  testa  dì  omero  intagliata  nel  legno 
(Joum.  of  the  Anthr.  Inst  of  Great  Brìtain  and  Ireland,  voi.  VI,  p.  416). 


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Fisica  terrestre.  —  Risultati  delle  osservazioni  idrotermicfie 
eseguite  al  Porto  ^Ischia  nel  1887.  Nota  di  Giulio  Qrablovitz, 
presentata  dal  Socio  Blaserna. 


«  Gompìntasi  col  1887  un'  annata  di  regolari  osservazioni  idrotermiche 
al  Porto  dlschia,  ho  esteso  alla  medesima  le  mie  ricerche  sulle  influenze 
mareometriche  e  barometriche  con  metodo  analogo  a  quello  seguito  pel  primo 
trimestre  (vedi  voi.  Ili,  fase.  Ili,  2*»  semestre  1887)  (')  ed  i  risultati  valsero  a 
confennare  all'evidenza  la  prima  delle  dette  influenze  e  ad  escludere,  o  quasi, 
razione  diretta  della  seconda. 

«  Il  dettàglio  del  procedimento  matematico  è  esposto  in  apposita  rela* 
zìone  rimessa  all'ufficio  centrale  di  meteorologia  e  geodinamica  per  la  pub- 
blicazione negli  annali.  Giova  però  qui  accennare  un'importante  circostanza 
di  dettaglio  ed  è  questa,  che  allorquando  la  sorgiva  rimane  sospesa  in  causa 
d'un'  eccessiva  depressione  del  mare  assunto  nel  suo  valore  medio  diurno,  la 
temperatura  osservata  non  è  più  atta  a  rappresentare  il  calore  proprio  della 
sorgiva,  ma  è  semplicemente  quella  d'un'acqua  rimasta  stagnante  e  perciò 
in  via  di  naturale  raffi-eddamento.  Queste  temperature,  essendo  suscettibili  di 
rapidi  abbassamenti  ad  acqua  morta,  e  di  repentini  inalzamenti  alla  ricom- 
parsa della  sorgiva,  se  da  un  lato  valgono  a  qualificare  con  tutta  chiarezza 
la  sospensione  dell'efflusso,  dall'altro  lato  affettano  i  risultati  matematici,  in 
modo  da  nascondere  le  altre  proprietà,  meno  pronunciate,  ma  assai  più  signi- 
ficanti. Si  deve  a  questa  circostanza  se  le  osservazioni  del  primo  trimestre, 
quantunque  mettessero  in  piena  evidenza  la  legge  idrostatica  che  regola  l'efflusso 
della  sorgiva,  lasciarono  un  residuo  d'apparente  influenza  barometrica,  che  nel 
trattamento  dell'intiera  annata  andò  eliminandosi,  per  iscomparire  quasi  del 
tutto  coli' esclusione  di  quelle  basse  temperature  dall'analisi.  In  tale  esclusione 
ho  compreso,  in  base  a  ripetute  osservazioni  dirette,  le  temperatore  inferiori 
a  48^,  che  evidentemente  non  si  verificano  a  sorgente  viva. 

«  Da  36  gruppi  aventi  per  argomento  altrettante  quote  medie  mareome- 
triche, ricavate  dai  dati  disposti  in  ordine  aritmetico,  ho  ricavato  la  seguente 
fonoola  : 

I  =  550  45  —  0^003736  (58 .  8558  —  M)« 

in  coi  I  è  il  grado  idrotermico  corrispondente  all'altezza  M  del  mare  espressa 
in  centimetri  della  scala  mareometrica. 

(^)  Errata  corrige:  A  linea  9  del  4^*  capoYeno  leggasi  ed  il  in  luogo  della  parola  del. 


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—  178  — 

«  Dal  seguente  quadretto  apparisoono  : 

«  1)  altezze  del  livello  medio  giornaliero  del  mare  di  5  in  5  centimetn, 
•   s  2)  i  rispettivi  valori  idrotermioi  desunti  per  interpolazione  dalle  medie 
di  86  gruppi  di  valori  osservati  e  senza  esclusioni, 

«  3)  i  medesimi  con  esclusione  delle  temperature  inferiori  a  48^ 
«  4)  le  temperature  idrotermiche  calcolate  colla  formola, 
«  5)  le  differenze  tra  calcolo  ed  osservazione. 


1 

60 

55 

50 

45 

40 

35 

30 

25 

20 

2 

55.61 

55.29 

55.02 

54.76 

64.26 

53.08 

51.78 

45.46 

35.66 

3 

55.53 

55.29 

55.02 

54.76 

54.26 

53.16 

52.37 

51.20 

(50.12) 

4 

55.45 

55.40 

55.16 

54.74 

54.13 

53.33 

52.34 

51.17 

49.81 

5 

-^0.08 

-0,11 

-0.14 

H-0.02 

-+-0.13 

-0.17 

-hO.03 

-+-0.03 

(-+-0.31) 

«  Il  valore  posto  tra  parentesi  alla  quota  20  della  terza  linea  è  il  medio 
di  soli  4  dati  appartenenti  a  livelli  compresi  tra  22.5  e  21.0,  essendo  rimasti 
esclusi  quelli  riferentisi  a  quote  più  basse. 

«  Da  parecchi  metodi  di  confronto  è  emersa  l'importante  conseguenza  che 
l'efflusso  della  sorgiva  è  giustificato  assai  meglio  dallo  stato  del  mare  che  da 
quello  del  barometro,  ma  dove  quest'ultimo  si  rivela  del  tutto  inefficace  si  è 
nel  raffronto  delle  digressioni  dei  singoli  dati  idrotermici  dai  valori  medi  presi 
a  gruppi  aventi  per  argomento  le  medie  di  pressoché  uguali  dati  mareometrici 
e  barometrici  ;  poste  a  confronto  le  digressioni  idrotermiche  colle  vicendevoli 
digressioni  barometriche  e  mareometriche,  ottenni  per  risultato: 

«  1)  Per  ogni  centimetro  d'aumento  del  mare,  0**  31  d'aumento  idro- 
termìco  senza  esclusione  delle  temperature  basse  o  0^  134  con  esclusione  delle 
medesime. 

«  2)  Per  ogni  millimetro  d  aumento  barometrico,  un  abbassamento 
idrotermico  di  0^*027  e  0*010  rispettivamente. 

«  Conviene  inoltre  accennare  che  il  valore  rappresentante  l'influenza  ma- 
reometrica  è  il  medio  di  36  risultati,  tutti  dello  stesso  segno  e  giustificanti 
per  V4  il  totale  delle  digressioni  senza  riguardo  al  segno,  mentre  quello  che 
si  riferisce  all'influenza  barometrica  non  ne  giustifica  che  la  28°^^  parte,  con 
bizzarre  alternative  di  segni. 

«  Le  variazioni  idrotermiche  hanno  dunque  potuto  essere  attribuite  alla 
diretta  influenza  della  pressione  atmosferica,  pel  solo  fatto  che  da  queste  dipen- 
dono in  grande  parte  le  variazioni  mareometriche  depurate  dalla  marea  luni-so- 
lare  ;  ma  dall'analisi  matematica  emerge  chiaramente  che,  almeno  per  queste 
termali  del  Porto  d'Ischia,  la  pressione  atmosferica  non  agisce  che  indiret- 
tamente, cioè  a  mezzo  dei  cangiamenti  di  livello  del  mare. 

«  I  fenomeni  più  salienti  notati  nel  periodo  di  queste  osservazioni  e  d'altre 
anteriori,  trovando  in  questa  legge  una  completa  spiegazione,  non  hanno  più 
bisogno  d'essere  attribuiti  né  a  spinte,  né  ad  assorbimenti  d'origine  vulcanica; 
essendosi  esclusa,  almeno  come  causa  diretta  e  predominante  la  pressione  atmo- 


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—  179  — 

sferica,  rimangono  con  essa  allontanate  le  teorie  endogene  che  alla  medesima 
si  collegano.  Ciò  peraltro  non  esclude  che  riabbiano  altre  cause  di  variazione 
del  calore  del  sottosuolo,  lo  stadio  delle  quali  rimane  riservato  ad  osserva- 
zioni più  mature.  Bimane  del  pari  aperta  la  via  ad  investigazioni  sugli  effetti 
meccanici,  fisici  e  chimici,  che  questo  regime  idrico  sotterraneo  è  atto  a  pro- 
durre, esercitando  un'  azione  più  o  meno  pronunciata  sui  fenomeni  sismici. 

e  Bimane  intanto  accertata  un  influenza  che  in  seguito  a  maggior  copia 
d'osservazioni  darà  i  valori  definitivi  della  correzione  da  applicarsi  alle  tem- 
perature osservate,  per  renderle  confrontabili  nello  studio  delle  variazioni  del 
calore  sotterraneo;  e  questi  primi  risultati  debbono  in  pari  tempo  ammae- 
strarci ad  accogliere  con  molta  cautela  tutti  quei  fenomeni  congeneri  che  a 
primo  aspetto  possono  inspirare  concetti  più  fetntastici  che  reali. 

«  La  mia  relazione  si  chiude  con  im  raffronto  baro-mareometrico,  da  cui 
risulta  il  rapporto  di  1 :  13.81,  che  di  poco  s'allontana  dal  rapporto  teorico 
(1 :  13.3)  dei  pesi  specifici  dell'acqua  marina  e  del  mercurio  » . 


MEMORIE 
DA  SOTTOPOBSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

G.  Filippi.  L'arte  dei  Mercanti  di  Calimala  in  Firenze  e  il  suo  più 
antico  Statuto.  Presentata  dal  Segretario  Ferri  a  nome  del  Socio  Db  Leva. 

C.  Merkel.  L'impresa  italiana  di  Carlo  I  d'Angiò  e  l'opinione  dei 
contemporanei.  Presentata  dallo  stesso. 

C.  Cipolla.  Una  congiura  contro  la  repubblica  di  Venezia  negli 
anni  1522-1529.  Presentata  dallo  stesso. 

N.  MoRELLL  Relazione  sugli  scavi  ^seguiti  neUa  caverna  Pollerà, 
situata  nel  Finalese  {prov.  di  Genova).  Presentata  dal  Socio  Pigorini. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  S^etario  Carutti  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando fra  queste  un  opuscolo  del  sìg.  Julliot  intitolato  :  Quelques  inscriptions 
romaines  des  Musées  de  Sens  et  de  Lyon. 

Il  Socio  Berti  presenta  l'opera  del  sig.  F.  Gabotto  :  Giason  del  Maino 
e  gli  scandali  universitari  nel  quattrocento^  coUe  seguenti  parole: 

«  Presento  in  nome  dell'autore  Ferdinando  Gabotto  un  libro  che  porta 
per  titolo,  Giason  del  Maino.  —  In  questo  libro  è  descritta  la  sua  vita  con 
abbondanza  di  documenti  e  sono  esaminati  gli  scritti.  La  giovane  età  dei- 
Fautore  e  le  diligenti  ricerche  che  esso  fece  intomo  all'argomento  trattato 
meritano  grande  lode  « . 


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—  iso- 
li Socio  ToMMASiNi  fa  omaggio,  a  nome  dell'autore  sig.  Bruto  Amante, 
dell* opera:  La  Romania  iUusirata^  e  ne  discorre. 

n  Corrispondente  Coonetti  db  Martiis  offre  una  sua  traduzione  della 
commedia  di  M.  A.  Plauto:  I prigionieri  di  guerra  {captivi). 


PERSONALE  ACCADEMICO 

Il  Presidente  Fiorklli  annuncia  con  rammarico  airAccademia  la  per- 
dita da  questa  fatta  nella  persona  del  suo  Socio  straniero  Enrico  Summer 
Maine.  Egli  era  Corrispondente  straniero  dall' 11  luglio  1876,  e  Socio  stra- 
niero dal  26  luglio  1883. 

n  Segretario  Carutti  comunica  air  Accademia  i  ringraziamenti  inviati 
dal  prof.  Gamurrini  per  la  sua  nomina  a  Corrispondente. 


CORRISPONDENZA 

Il  Segretario  Carutti  comunica  che  l'Accademia  antropologica  di  Nuova 
Tork  ha  mandato  un  invito  per  prender  parte  al  Congresso  antropologico  in- 
temazionale, che  sarà  tenuto  in  quella  città  nei  primi  giorni  del  prossimo  giugno. 

Lo  stesso  Segretario  dà  conto  della  corritipondenza  relativa  al  cambio 
degli  Atti. 

Bingrazìano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 

La  B.  Accademia  delle  scienze  fisiche  e  matematiche  di  Napoli;  la 
B.  Società  zoologica  di  Amsterdam;  la  Società  geologica  di  Manchester;  la 
Società  filosofica  e  T Università  di  Cambridge;  l'Università  di  Oxford;  il 
B.  Istituto  del  Lussemburgo;  l'Istituto  meteorologico  rumeno  di  Bucarest; 
rOsservatorio  di  S.  Fernando;  il  Comitato  geologico  russo  di  Pietroburgo. 

Annunciano  l'invio  delle  loro  pubblicazioni: 

Il  Ministero  della  Guerra;  la  B.  Accademia  della  Crusca;  l'I.  Società 
geografica  russa  di  Pietroburgo  ;  la  Società  di  scienze  naturali  di  S.  Ottawa; 
la  Società  geologica  di  Washington. 

D.  C. 


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—  181  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DELLA    R.     ACCADEMIA    DEI    LINCEI 

Glasse  dì  scienze  fisiche,  matematiclLe  e  naturali. 

Seduta  del  4  marno  1888. 

F.  Brioschi  Presidiate 


MEMORIE  E  NOTE 
DI  SOCI  0  PBESENTATE  DA  SOCI 

Matematica.  —  La  risoluzione  della  equazione  di  sesto  grado. 
Estratto  di  una  lettera  del  dott.  H.  Maschke  al  Socio  Brioschi. 

«<  Si  può,  per  mezzo  di  una  trasformazione  di  Tschirnhaus  : 
trasformare  Tequazione  generale  del  sesto  grado  F  (^)  =  0 ,  nella  : 

/  +  «y^  +  /^y^  +  -f  y*  +  yy  +  *  =  o  (i) 

senza  che,  per  la  determinazione  dei  coefBcienti  A ,  /t ,  si  abbiano  a  risolvere 
equazioni  di  grado  superiore  al  quarto.  Ora  è  sotto  questa  forma  (1)  che  appare 
la  equazione  (14)  della  mia  Memoria  {Ueber  die  lineare  Gruppe  der 
Barchardtschen  Modula.  Mathematische  Annalen.  Bd.  XXX). 

«  Supponendo  che  le  sei  ladici  della  equazione  (1)  yi ,  ^2  •  •  ^6  abbiano 
i  valori  : 

yi  =  9  +  6  (—  V'e  —  V's  —  ^4) 

yt  =  (p  +  6{—tt^2  +  ^3  +  ^4)  .      . 

y^  =  ^^6{+^p,  —  lPs  +  ^u)  ^^  ' 

y4  =  g>  +  6  (+ 1^8  +  V/3  —  ^4) 
ys  =  —  2y  —  2 4^1  ^8 -Sfa *4    ,    ye  =  —  2sP  +  2 4-?i ìTj 4:, J4 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1«  Sem.  24 


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—  182  — 
essendo  : 

tp2  =  Zi*  4'8*  +  -?3*  ^4*        ,        Va  =  Zi*  iz^  +  -8^4*  ^t*        ,       ^^4  =  ^1*  ^4*  +  ^t*  ^S* 

ho  dimostrato  nella  stessa  Memoria  che  le  quattro  quantità  i  soddisfano  al 
sistema  di  equazioni  seguenti: 

F8  =  — ia  ,  Fi,  =  |/9  ,  Fw  =  — iVx  ,  F,4  =  |*  (3) 
nelle  quali  le  Fj^  sono  forme  determinate  di  grado  k  nelle  z  (equazioni  12). 

«  D*altra  parte  il  dott.  Bolza  ha  dimostrato  (Math.  Annalen.  Bd.  XXX, 
pag.  478)  in  quale  modo  si  possono  calcoli^re  gli  invarianti  A,  B*,  G^,  J 
di  una  forma  binaria  del  sesto  ordine  /  per  i  valori  delle  ^(0,0)  apparte- 
nenti alla  stessa  forma  /. 

«  Ora  esprimendo  le  ^  (0 , 0)  per  mezzo  di  moduli  di  Borchardt,  vale 
a  dire  colle  quattro  funzioni: 

ji  =  d,  =  ^5  (0  ,  0 1  2rH  ,  2x,t ,  2ir„) 
Zt  =  «23=  ^t3(0  ,  0 1  2Tn  ,  2rit ,  2r„) 
Zt  =  «01=  ^oi(0  ,  0 1  2ru  ,  2ri, ,  2ir„)  i  W 

-?4  =  «4  =  ^4  (0  ,  0 1  2ru  ,  2r„  ,  2r„) 
si  ottengono  le  formolo  seguenti: 


A: 


Q'  FS,-F, 


C4 


3*.  5. 2'    P.P.,  — F,. 

nelle  quali  ^  è  un  fattore  dipendente  dai  periodi,  e  cioè: 

Q  = ^^ ' (6) 

«  Ne  segue  che  le  equazioni  (3)  sono  soddisfatte  dalle  quattro  quantità  : 

s^=.  —  e,  ,  g^  =  —  e,,  ,  g^^       Sol,,  g^^^e^     (7) 
Vq  1/9  Vq  Vq 

se  si  calcolano  i  periodi  e  le  funzioni  e  cogli  integrali  normali  iperellittici 
appartenenti  ad  una  forma  binaria  del  sesto  ordine,  di  cui  gli  invarianti  hanno 
i  valori  seguenti  : 

3.6.2»  2y  — a/* 

1  12»^  (S) 

^*=-2:3r5«  '  ^^^-OTS'^  '  ^  =  -3^<2y-«;») 

«Le  sei  espressioni  f/i,yi..y6  (2)  sono  quindi  le  radici 
della  equazione  (1),  essendo  le  z  definite  dalle  formolo  (7) 
e  le  «  appartenendo  ad  una  forma  binaria  del  sesto  ordine 
gli  invarianti  della  quale  hanno  i   valori  (8). 

«Berlino  26  febbraio  1888. 


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—  183  — 

Matematica.  —  Osservazioni  sulla  precedente  comunicasione, 
del  Socio  F.  Brioschi. 

«  La  singolare  importanza  della  Memoria  pubblicata  dal  dott.  Maschke 
nel  volume  XXX  dei  Mathematische  Annalen  aveva  attirato  tutta  la  mia 
attenzione  e  già  da  oltre  un  mese  in  una  lettera  diretta  al  nostro  Socio  stra- 
niero prof.  Elein  io  dimostrava  come  una  equazione  qualunque  del  sesto  grado 
poteva  trasformarsi  nella  equazione  (14)  della  Memoria  indicata.  Nella  pre- 
cedente comunicazione  il  dott.  Maschke  giunge  per  via  affatto  differente  allo 
stesso  risultato,  ed  io  sono  a  lui  assai  grato  di  essersi  diretto  a  me  per  ren- 
derlo pubblico. 

•  Ecco  ora  in  qual  modo  io  vi  giungeva.  La  equazione  (14)  della  Memoria 
del  dott  Maschke  è  la  seguente: 

y^  —  6Pg  y*  +  4F,,  y^  +  gPg*  y«  —  12Pto  y  +  4F,4  =  0 
ossia  la: 

(y3  —  SPg  y  +  2¥,^y  +  12  (¥,  P,,  —  P,o)  y  —  4  (P^t  —  P^)  =  0  . 

«  Posta  sotto  questa  ultima  forma,  pei  valori  di  A ,  B*,  C*,  J  determi- 
nati dal  dott.  Bolza  (i),  la  equazione  stessa  si  trasforma  nella: 

(f^  — 5.3^B*f  — 10.3^C*)«  +  -~-(J  — 5.2'.A)  =  0 

nella  quale  f  =  |  p*  y . 

«  Facciasi  ora: 

f  =  5.2^A  — <» 
e  si  giungerà  alla: 

C  ^«  — 3.5.2^A^^  +  3.5.(5.4'.A*  — 9B*)^«  + 

i       +1^*^  — 10(5«.4*^A«  — 5.3^4^AB*  — 3»C*)  =  0. 
«  Sia  u  (xi  ,Xt)  =  0  una  equazione  qualsivoglia  del  6**  grado,  e  A = 4r  (uu)4 
un  covariante  di  quarto  ordine  deUa  forma  u.  Per  un  teorema  da  me  dimo- 
strato alcuni  anni  sono  negli  Annali  di  Matematica  (^)  se  si  pone: 
toi  +  OTt  A  =  0  tut  —  X\k  =  0 

essendo  Wi  =  i  -3 — ,  th  =  T  "3 —  ;  e  si  elimina  il  rapporto  XiiXt  da  quelle 
axi  axt 

due  equazioni,  si  ottiene  una  trasformata  della  equazione  2^  =  0,  cioè  la: 

<r^«  +  uit  t^  +  «u  t^  +  «15  ^  +  Ui^  =  0 

nella  quale  S  ò  il  discriminante  ài  u  ed  Uit ,  Uu  9  «15  >  2^16  invarianti  della 

stessa  forma  Q). 

(})  Darstellung  der  rationalen  gamen  Invarianten  dar  Binàrfartn  sechsten  Grades 
durch  die  NuUwerthe  der  zugehdrigen  &-^Functionen,  Math.  Aimalen.  Bd.  XXX,  pag.  478. 

(•)  SuUe  relatiani  esistenti  fra  covarianti  ed  invarianti  di  una  stessa  forma  binaria. 
Tomo  XI,  serie  2\  anno  1888. 

P)  Non  avendo  eseguita  la  calcolazione  di  questi  invarianti  ho  pregato  alcune  setti- 
mane sono  il  prof.  Maisano  dell*  Università  di  Messina  di  volerio  fare.  Egli  ha  aderito  chie- 
dendo qualche  tempo  per  altre  sue  occupazioni,  e  fu  questa  la  ragione  per  la  quale  non 
pubblicai  prima  d^ora  il  risultato  superiore. 


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—  184  — 

«  Ora  ponendo  a  oonfionto  quest^ultìma  equazione  €olla  superiore  (1)  si 
ottengono  per  A ,  B*,  C*,  J  i  seguenti  valori  : 

«  Questi  valori  degli  invarianti  della  forma  binaria  del  sesto  ordine  degli 
integrali  noimali  iperellittici  sembrano  a  me  degni  di  osservazione  ;  mi  riservo 
perciò  di  ritornare  sui  medesimi,  e  sulla  trasformazione  della  equazione  di 
sesto  grado  che  ad  essi  conduce,  appena  possa  ottenere  la  calcolazione  dei 
quattro  invarianti  Un ,  Uu ,  2^15 ,  ^le  '  • 

Astronomia.  —  Sulla  distribuzione  in  latitudine  delle  eruzioni, 
macchie  e  facole  solari  durante  il  1887.  Nota  del  Corrispondente 
?•  Tacchini. 

•  Colla  presente  Nota  si  dà  termine  al  resoconto  delle  osservazioni  solari 
fatte  nel  B.  Osservatorio  del  Collegio  romano  durante  il  1887.  Come  si  è 
fatto  per  le  protuberanze  nella  Nota  precedente  del  5  febb.  1888,  così  anche 
per  gli  altri  fenomeni  solari  diamo  qui  appresso  la  loro  frequenza  relativa  per 
ogni  zona  di  10  gradi  in  ciascun  emisfero  solare. 


Latitudine 

Frequenza 

delle 

eruzioni 

Frequenza 

deUe 
macchie 

Frequenza 
delle 
facole 

90-4-80 

0 

0 

0 

80-f-70 

0 

0 

0 

70H-60 

0 

0 

0 

60-H50 

0 

0 

0 

50 -+-40 

0 

0 

0,006 

40-H80 

0,050 

0 

0,029 

30-H20 

0 

0,014 

0,063 

20-HlO 

0,150 

0,141 

0,124 

10  ..  0 

0,150 

0,141 

0,188 

0-10 

0,450 

0,422 

0,312 

10  —  20 

0,050 

0,282 

0,229 

20-30 

0 

0 

0,041 

80-40 

0 

0 

0,012 

40-50 

0,050 

0 

0 

50-60 

0,100 

0 

0,006 

60-70 

0 

0 

0 

70  —  80 

0 

0 

0 

80-90 

0 

0 

0 

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—  185  — 

•  Le  eruzioni  dunque,  i  groppi  di  maccMe  e  di  facole  furono  più  fre- 
quenti, noU'emisfero  australe  del  sole,  come  avvenne  per  le  protuberanze. 

«  Tenendo  presente  i  dati  della  Nota  precedente  sulle  protuberanze,  si 
rileva: 

•  1.^  Che  mentre  le  protuberanze  idrogeniche  si  osservarono  dall'equatore 
fino  nelle  calotte  polari  (:±:  80^  =£=  90),  gli  altri  fenomeni  vennero  quasi  intie- 
ramente veduti  fra  0^  e  :±:  40^  come  nell'anno  precedente. 

»  2.^  Che  le  macchie,  facole  ed  eruzioni  metalliche  presentano  un  chiaro 
accordo  nelle  rispettive  zone  di  massima  frequenza  fra  0^  e  =±:  20°,  e  che 
im  solo  massimo  di  frequenza  si  ha  per  ciascuno  dei  3  ordini  dì  fenomeni 
nella  stessa  zona  solare  fra  0*  e  — 10^  precisamente  come  nell'anno  1886. 

•  3.®  Che  la  zona  di  massima  frequenza  delle  protuberanze  idrogeniche 
non  corrisponde  con  quella  relativa  ai  massimi  d^li  altri  fenomeni,  perchè 
le  protuberanze  presentano  un  massimo  di  frequenza  ben  marcato  in  ciascun 
emisfero,  nelle  zone  cioè  (+  20  +  50)  e  ( —  40*  —  50^),  ossia  a  latitudini 
più  elevate. 

•  4.^  Che  mentre  le  macchie  si  mantennero  tutte  nella  zona  equatoriale 
fra  i  paralleli  -f-  30^  e  —  20^,  le  eruzioni  e  le  facole  si  presentarono  anche 
a  latitudini  più  elevate  nei  due  emisferi,  cioè  fino  a  -f-  50^  e  —  60^.  Si 
hanno  dunque  zone  con  facole  ed  eruzioni  e  senza  macchie,  e  molta  parte 
della  superficie  solare  con  sole  protuberanze  idrogeniche,  anche  in  regioni  ove 
le  macchie  non  si  formano^mai. 

«  Nel  1887  si  conservò  co^ì  il  carattere  del  minimo  di  attività  solare 
avvertito  colle  osservazioni  del  1886  « . 

Fisica.  —  Di  alcuni  nuovi  fenomeni  elettrici^  provocati  dalle 
radiazioni.  Nota  preliminare  del  Corrispondente  A.  Righi. 

«  Cercando  la  spiegazione  dei  fenomeni  descritti  recentemente  da  Hertz  {}), 
da  E.  Wiedemann  e  Ebert  {^)  e  da  Hallwachs  {%  sono  stato  condotto  a 
studiare  l'azione  della  luce  sui  fenomeni  dell'elettricità  di  contatto  fra  metalli, 
ed  ecco  un  breve  cenno  dei  primi  risultati  ottenuti. 

«  a)  Un  disco  metallico  verticale  A  può  collocarsi  più  o  meno  vicino 
ad  una  rete  metallica  B  tesa  parallelamente  al  disco.  Questa  disposizione  è 
stata  da  me  ideata  allo  scopo  che  sia  possibile  illuminare  quelle  parti  d'uno 
dei  metalli  che  sono  vicinissime  all'altro  metallo.  Uno  dei  due  metalli, 
p.  es.  A,  comunica  con  una  delle  coppie  di  quadranti  di  un  elettrometro  di 
conveniente  sensibilità  (un  Volta  corrisponde  ad  una  deviazione  di  circa 
180  particelle  della  scala),  l'altro  B  comunica  coli' altra  coppia  di  quadranti 

0)  Wied.  Ann.  31.  1887,  p.  983. 
(»)  Wied.  Ann.  38,  1888,  p.  241. 
p)  Wied.  Ann.  83,  1888,  p.  301. 


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—  186  — 

e  col  suolo,  mentre  Vago  deiristramento  è  mantenuto  ad  un  potenziale  costante 
(con  cento  coppie  rame-acqua-zinco).  Se  per  im  istante  si  fa  comunicare  eoi 
suolo  anche  A,  poi  lo  si  illumina  vivamente,  si  ottiene  una  deviazione,  che 
va  crescendo  sino  ad  un  valore  definitivo,  che  vien  raggiunto  tanto  più  presto, 
quanto  più  vicina  è  la  sorgente  luminosa,  e  quanto  più  estese  sono  le  due 
superficie  metalliche.  La  deviazione  è  negativa  se  A  è  zinco  e  B  ottone,  e 
lo  stesso  valore  finale  si  ottiene  se  si  carica  dapprima  A  in  modo  da  avere 
una  deviazione  maggiore.  Se  A  è  vicinissimo  a  B,  la  deviazione  una  volta 
formata  non  varia  sensibilmente  se  d  un  tratto  A  si  allontana  da  B,  il  che 
prova  che  i  due  metalli  sono  ridotti  dalla  luce  al  medesimo  potenziale. 

«  Ne  consegue  che  la  deviazione  suddetta  misura  in  valore  assoluto  la 
differenza  di  potenziale  di  contatto  fra  A  e  B.  In&tti  se  si  prende  come  zero 
il  potenziale  dei  quadranti  posti  in  comunicazione  col  suolo,  e  se  V  è  il 
potenziale  di  A  e  V  quello  di  B  mentre  comunicano  col  suolo,  la  differenza 
di  potenziale  di  contatto  fra  A  e  B  sarà  Y — Y'.  Se  poi  X  è  il  potenziale 
dei  quadranti,  che  comunicano  con  A,  alla  fine  deiresperienza,  X-f-Y  sarà 
quello  di  A,  .mentre  quello  di  B  resta  Y'.  Si  avrà  quindi  X  +  Y=V', 
X=Y'  — Y. 

«  Se  si  mette  B  invece  di  A  in  relazione  coll'elettrometro,  si  ha  devia- 
zione di  segno  opposto,  sensibilmente  di  egual  valore  assoluto. 

«  Il  sistema  dei  due  metalli  A  e  B,  quando  sono  illuminati,  si  comporta 
dunque  come  una  coppia  voltaica,  che  si  potrà  chiamare  eoppia  fotoelettrica, 

«  La  luce  solare  diretta  non  produce  l'effetto  in  discorso,  almeno  in 
modo  ben  distinto;  la  luce  del  magnesio  è  più  attiva  e  quella  deiraroo 
voltaico  dà  risultati  assai  più  notevoli.  Se  poi  si  ottiene  l'arco  fra  carbone  e 
zinco,  come  quando  si  vuole  proiettare  in  lezione  lo  spettro  di  questo  metallo, 
il  fenomeno  acquista  la  massima  intensità,  ottenendosi  la  deviazione  elettro- 
metrica in  pochi  secondi.  Ciò  fa  pensare  che  sieno  specialmente  attivi  i  raggi 
ultravioletti,  il  che  è  confermato  dal  fatto  che  una  lastra  di  vetro  basta  a 
intercettare  quasi  completamente  l'azione,  mentre  una  di  quarzo  Tindebolisce 
assai  poco,  tanto  che  conviene  in  qualche  caso  il  concentrare  i  raggi  sui 
metalli  con  una  lente  di  quarzo. 

«  b)  Quattro  coppie  fotoelettriche  formate  ciascuna  da  una  lastra  del 
metallo  A  e  da  una  rete  del  metallo  B  a  quella  vicinissima,  sono  riunite 
in  serie,  e  cioè  la  rete  della  prima  è  libera,  quella  della  seconda  comunica 
colla  lastra  della  prima,  e  così  di  sonito,  sinché  la  lastra  deir  ultima, 
rimasta  isolata,  costituisce  Taltro  polo  della  pila.  Sotto  razione  delle  radia- 
zioni emesse  dall'arco  voltaico,  questa,  che  può  cìà9mB,m,  pila  fotoelettrica^ 
presenta  i  noti  fenomeni  elettrostatici  di  una  pila  a  circuito  aperto,  come  se 
i  metalli  che  la  formano  si  trovassero  immersi  in  un  vaso  pieno  d'acqua. 

«  e)  Se  si  sopprìme  la  rete,  e  si  illumina  semplicemente  una  lastra 
conduttrìce  comunicante  coll'elettrometro,  dopo  che  per  un  momento  venne 


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—  187  — 

posta  in  comunicazione  col  snolo,  si  ha  nna  deviazione,  lenta  a  formarsi,  e 
positiva  òoi  metalli  finora  messi  in  prova.  Sembra  che  in  questo  caso  i  corpi 
ehe  circondano  la  lastra  illuminata  facciano  le  veci  della  rete  metallica  adope- 
rata nella  prima  esperienza;  per  cui  una  quantità  di  elettriciià  negativa, 
eguale  alla  positiva  acquistata  dall*  istrumento,  passerà  in  quei  corpi  e 
nel  suolo. 

«  £{)  Se  A  è  un  disco  d'ottone  coperto  di  selenio  cristallino,  si  può 
dapprima  riconoscere  che  questo  corpo  è  assai  piti  elettronegativo  del  carbone 
di  storta  e  che  come  questo,  ma  con  maggior  intensità,  si  comporta  nel 
formare  con  un  altro  conduttore  una  coppia  fotoelettrica.  Ma  soppressi  i  raggi 
ultravioletti,  onde  impedire  la  produzione  del  nuovo  fenomeno  piti  sopra 
descritto,  si  può  riconoscere  che  gli  altri  raggi  fanno  variare  la  differenza  di 
potenziale  fra  il  selenio  ed  un  metallo  qualunque,  rendendolo  piti  elettronegativo. 
Per  es.  accoppiato  ali*  ottone,  la  forza  elettromotrice  di  contatto  subisce  un 
aumento  di  circa  un  quarto  del  suo  valore  (con  una  determinata  lastra  di 
selenio  da  me  adoperata).  È  questa  una  proprietà  del  selenio,  che  dipende, 
come  altre  ben  note,  dalla  modificazione  che  le  radiazioni  producono  in 
questo  corpo.. 

«  Lasciando  a  parte  quest*  ultimo  fenomeno,  che  è  di  diversa  natura  da 
quella  degli  altri  qui  descritti,  e  senza  entrare  per  ora  in  tentativi  di  una 
completa  spiegazione,  che  sarebbero  prematuri,  farò  rilevare  soltanto  come 
sembri  accettabile,  almeno  provvisoriamente,  l'idea  che  i  raggi  ultravioletti 
&cciano  nascere  una  convezione  o  trasporto  di  elettricità  dai  corpi  sui  quali, 
in  causa  delle  differenze  di  potenziale  che  si  stabiliscono  fra  conduttori  comu- 
nicanti, la  densità  elettrica  superficiale  ha  un  dato  segno  (probabilmente  il 
n^ativo)  a  quelli  sui  quali  ha,  per  la  stessa  causa,  il  segno  contrario 
(positivo)  «. 


Matematica.  —  Sul  movimento  di  rotadone  che  prende  nel 
vmto  od  in  un  fluido  incompressibile  un  corpo  soggetto  a  forse 
di  potenziale  Hi  cos*  «  -{-  H,  cos  (9 .  Nota  del  dott.  Bernardo  Paladini, 
presentata  dal  Socio  Dini. 


«  Il  problema  della  rotazione  di  un  corpo  rigido  P,  simmetrico  rispetto 
ad  un  asse  C^  attorno  ad  un  punto  fisso  O  di  questo  asse  si  riduce  alle  qua- 
drature ogni  volta  che  il  potenziale  Y  delle  forze  agenti  sul  corpo  dipenda 
unicamente  dall'angolo  6  che  Tasse  ^  fa  con  una  retta  fissa  0^,  il  che  evi- 
dentemente ha  luogo  quando  sui  punti  di  P  agiscono  forze  che  emanano  dai 


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—  188  — 

punti  di  un  altro  corpo  fisso  sinunetrìoo  rispetto  ad  un  asse  ohe  coincide 
con  Os. 

«  Presi  gli  angoli  euleriani  6,  g>,  tp  per  determinare  le  successive  orien- 
tazioni della  tema  degli  assi  principali  0  (f ,  ly,  f)  di  P  relativi  ad  0,  rispetto 
alla  tema  0(x,  y,  z)  congmente  ad  essa  e  fissa  nello  spazio,  Tapplicazione 
del  metodo  di  Jacob!  per  la  integrazione  delle  equazioni  del  moto,  conduce 
subito  ai  seguenti  integrali: 


a,  (,-..=.  (.-i)«-.)-Ji?^=^ 


1/^-^0=/^ 


(l_««)j/F((«) 
(CrpCB — g)d(a 


)\/¥{w) 


essendo:  t  il  tempo;  (a=cos6;  A,  A,  G  i momenti  d' inerzia  respettivamente 
intorno  ad  0?,  Oij,  Of  ;  h  la  costante  delle  forze  vive;  g  quella  delle  aree 
relativa  ad  Oj  ;  Tq  la  componente  della  velocità  angolare  di  rotazione  intorno 
a  C  (componente  che  si  mantiene  costante  durante  tutto  il  movimento); 
^0 1  9^0  )  ^0  tre  costanti  dipendenti  dalle  condizioni  iniziali  ;  ed 


F(w)  =  (2A  (V+A) — AC  V)  (1—  ««)  —  (Oro  « — gy. 

tt  La  funzione  F  sarà  algebrica  razionale  intera  in  cosd,  come  è  neces- 
sario aflBnchè  gli  integrali  (1)  conducano  a  delle  trascendenti  ellittiche  od 
abeliane,  quando  Y  dipenda  unicamente  da  cos  6 ,  che  si  presenta  come  varia- 
bile di  integrazione:  se  vorremo  però  limitarci  alle  trascendenti  di  ordine 
non  pili  elevato  delle  ellittiche,  dovremo  supporre  che  per  V  si  abbia  : 

_  Hi  cos^  ^  +  Hg  cos^  e  +  H,  cos^  ^  +  H4  cos  6 


con  le  H  costanti  qualunque. 

«  Nella  mia  tesi  di  laurea  (novembre  1886)  considerai  appunto  la  rota- 
zione del  corpo  P  quando  V  prende  questa  forma,  e  poiché  i  risultati  otte- 
nuti sono  in  stretta  relazione  con  quelli  di  Jacobi  e  Lottner  nel  problema 
di  Lagrange,  e  li  contengono  naturalmente  come  caso  particolare,  così  credo 
utile  esporli  brevemente  in  questa  Nota. 


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—  189  — 

«  1.  Se  Tequazione  F  =  0  ha  tutte  e  quattro  le  sue  radici  reali  e  queste 
sono  aij  Ot,  dz,  a^  in.  ordine  crescente,  sì  ottiene  : 

cosd=  -^—z '— — 

8n*M — sn*er 

y-^ia»—ai)ia*—at) 
(3)  d\oge,(iai)      dìogeiiat))     .    1         6>,  («  +  ^ffi)  0  (?<  +  zff,) 

essendo:  t^  un  argomento  ellittico  legato  al  tempo  dalla  relazione 


u  =  {to  —  t)  I/2A  ^^'~^'^  («4— fl^«)  ; 

/;*  il  modulo  delle  funzioni  ellittiche  dato  da  7-^ \LLs L. 

irJ<fiJ<Si  tre  costanti  ausiliarie  inferiori  ad  ^K'  definite  dalle  relazioni: 

ai  —  at'  («4— «sXl+fli)        ^       '  («4— «3)(1— fl^i) 

s^  2.  Se  l'equazione  F  =  0  ha  le  due  radici  reali  ai  ed  at  e  le  altre  due 
immaginarie    «3=^8 — Y(r^'=ai-\-fe^'\    ai=at — y'g»^'=ai-|-y'V*^" 
si  ottiene: 

(cn  eci  -{-  cn  u)  (cn  e(r2  —  cn  iv)  -[-•  (cn  eVg  +  cn  u)  (cn  /(Ti  —  cn  h) 

\  (cnecTi  —  cn2(r2)(cn2:r-[-cne^) 

I  ,  i   ro(C — ^A)     ,  rflog(cner  —  cn/cTi)   ,   rflog(cngr  —  cnetfg) 


(4) 


p      ,(i^),(^)H.(i^)H,(i^)-| 

"\  «(^)«(^H^)h.(^)J 

,  (dlog(cn?T — cng'ffj)     rflog(cn?r — ene'ffi)  ,  rflogH(zVi) 

'^-'''*+j  d<r,  —  da,  "^        rf«r',        ~ 

da',       i  2  "^ 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  25 


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—  190  — 
essendo  : 

ed  ia\  =  lE!  —  itfi ,    i&i  =  iS!  —  ia^ . 

«  3.  Ciascuno  degli  angoli  (pe  xp  si  compone  di  una  parte  proporzionale 
ad  t^  e  di  un'altra  periodica  :  le  due  parti  periodiche  ^'  e  V^'  dì  essi  hanno 
poi,  egualmente  che  6,  lo  stesso  periodo  reale  T.  Quindi  la  rotazione  di  P 
può  considerarsi  composta  :  da  una  rotazione  uniforme  progressiva  attorno  a  ^ 
dovuta  alla  parte  di  (p  proporzionale  ad  2^;  da  una  rotazione  uniforme  pro- 
gressiva attorno  a  z  dovuta  alla  parte  di  ip  proporzionale  ad  u  ;  da  una  rota- 
zione oscillatoria  degli  assi  principali  di  P  attorno  a  quelli  fissi. 

tt  Per  trovare  la  posizione  del  corpo  al  tempo  t  si  deve  : 

(a)  sostituire  i  valori  di  6,  (f\  \p\  corrispondenti  a  questo  tempo,  nelle 
formole 

ai  =:  cos  y'  COSI//'  —  sen  9)'  sen  ip'  cos  d,     fi^  =  cos  y'  sen  %!/  +  sen  9'  cos  xf/  cos  6, 

/i  =  sen  5p'  sen  6, 

«2  = — sen  y'cos  tp' — cos  y'  sen  i//'  cos  0,  fi^  = —  sen  9'  sen  i/^'-j-  cos  y'  cos  V^'cos  6, 

Y^  =  cos  5p'  sen  6, 

«3  ==  sen  ip'  sen  (?,  /^s  =—  cos  tp'  sen  0,   ^3  =  cos  d 

e  determinare  la  posizione  corrispondente  del  corpo  mediante  le  formole: 

(b)  far  girare  il  corpo  attorno  a  ^  di  un  angolo  Wu-{'tpo 

tt  Non  manca  dunque,  per  completare  la  soluzione  analitica  del  problema, 
che  costruire  i  nove  coseni  «i y^;  ed  a  ciò  osserveremo  che  dovendosi  pren- 
dere il  seno  ed  il  coseno  degli  angoli  ^'  e  ìp^  non  avremo  per  «i /a  delle 

espressioni  razionali  se  non  quando  il  divisore  m  unito  agli  integrali  ellittrici 
di  terza  specie  che  danno  gli  angoli  9  e  V^  sia  un  multiplo  di  2i.  Volendo 
che  ciò  accada  si  trova,  per  un  noto  teorema  sul  valore  del  divisore  unito 
ad  un  int.  di  3*  specie,  che  deve  aversi  fra  i  coeflScienti  H  del  potenziale  V: 
Hi= — Ha  ed  Hs= — H4  ;  nel  qual  caso  V  prende  la  forma  :  Hi  cos*^-{~H«  cos  6, 
ed  il  divisore  m  viene  precisamente  2i. 


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—  191  — 


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—  108 
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a  Fra  le  rotazioni  alle  quali  appartengono  le  formolo  (6)  dobbiamo  segna- 
lare quella  deUa  terra  attorno  al  suo  centro  di  gravità:  fd  infatti  mostrato 
dal  Tisserand  che,  tenendo  conto  dei  termini  piii  considerevoli  nello  sviluppo 
del  potenziale  delle  forze  agenti  su  di  essa,  si  può  dargli  la  forma  Hicos*^ 
(con  Hi  y>  0),  e  che  inoltre  la  equazione  di  quarto  grado  F  =  0  ha  neces- 
sariamente due  radici  immaginarie. 

«  6.  Il  seguente  Teorema  dà  una  inmiagine  geometrica  della  rotazione 
del  corpo  P. 

•  Larotazione  di  un  corpo  simmetrico  rispetto  ad  un 
asse,  attorno  ad  un  punto  fisso  del  suo  asse  di  simmetria 
per  r  azione  di  forze  il  cui  potenziale  è  HiCos'0  +  HtCO8(9,  si 
può  rappresentare  mediante  il  rotolamento  di  un  cono,  il 
cui  asse  coincide  coir  asse  del  corpo,  su  di  una  superficie 
di  secondo  grado  di  rivoluzione  attorno  alla  retta  fissa  da 
cui  si  contano  gli  angoli  ^,  superficie  che  è  un  elissoide,  un 
paraboloide  o  un  iperboloide  ad  una   falda  a  seconda  che 


1  ..  ì/2AH> 

>,  uguale  0  minore  di  ^-r — 77- 


e  /•©  maggiore,  uguale  0  minore  di  '    ^ 

ft  La  curva  base  del  cono  riferita  ad  un  sistema  di  coordinate  polari  q 
e  ^  col  centro  al  punto  di  incontro  colVasse  C  del  piano  C=ro ,  ha  per  equazioni  : 

p«  =  i.  (2Hx  cos*  e  +  2H,  cos  d  +  2A  —  Cro«) 
^  = —  (f  +  arctang  send  -^  = 


dui) 
t/FH 


Per  Hi=0  la  superficie  di  secondo  grado  è  una  sfera,  e  la  base  del  cono  si 
riduce  ad  un^erpolodia,  come  ha  trovato  anche  il  Darboux. 


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—  194 


II. 


«<  1.  Un  corpo  P  soggetto  a  forze  di  potenziale  Hi cos*d-j-H« costì  si 
muova  in  un  fluido  omogeneo  incompressibile  limitato  da  una  superficie  fissa 
chiusa  giacente  all'  infinito,  colle  condizioni  che  il  .fiuiJo  sia  privo  d'attrito, 
che  non  possieda  moto  vorticoso,  che  sulle  sue  particelle  non  agiscano  forze, 
che  la  velocità  varii  in  esso  con  continuità  da  punto  a  punto  e  non  ne  esista 
altra  che  quella  dovuta  al  moto  del  corpo:  condizioni  che  permettono  di 
applicare  il  principio  di  Hamilton. 

«  Supponiamo  che  scegliendo  convenientemente  una  tema  di  assi  0  (?,  ij,  f  ) 
neU' intemo  del  corpo,  la  forza  viva  totale  T  del  fiuido  e  del  corpo  prenda 
la  forma: 
T  =  tìfn(M*  +  y*) + a^zto^  +  «44  {f  +  ?*)  +  2ai4  (up  +  vq)  +  ioz^wr + «66^* 
essendo  :  le  a  coefficienti  costanti  ;  u,  v,  w  le  componenti  secondo  f ,  ?;,  C  della 
velocità  del  punto  0,  e  p^  q,r  le  componenti  delle  velocità  angolari  secondo 
J,  ?;,  4.  Presi  per  parametri  indipendenti  qi.qt, q^ ,  che  definiscono  la  posi- 
zione del  corpo,  ordinatamente,  le  coordinate  a,  fi,  y  del  punto  0  rispetto  ad  una 
terna  fissa  (^,  y,  n)  e  gli  angoli  euleriani  6,  (p,  tp  delle  due  terne,  e  posto,  come 
suol  farsi  per  costruire  la  funzione  caratteristica  dell'equazione  di  Hamilton, 

Pi —  ,  la  T  espressa  per  le  pi  e  le  qi  prende  la  forma  : 


<t)' 


(T)=2J^  I  ^""^^  (/^l*+P«*+?3*)  +  («66iM— «44^)  COS2tìj03'+an^jP4*+a33/«P5*+ 

+  {aBefi—aAA^)sen*6(pi  sen  ip—picos  \p)  +—^(i?6—J55  costì) 

sen  \9 

—  2^14  ^Pz  {Pù—Ph  COS  tì) —  2^36  /*  COS  tì  pa  J55  + 

+  2  (  {a^n—a^AX)  sentìcostìjos  —  «ae/isentìj^s  +  ax^X  ^^  (pa  —p^  cos  tì)  |  X 

X  (  Pi  sen  ip  — Pi  cos  ifi) 

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2ai4  Xp4  (pi  cos  ip-\-pi  sen  iff)i 


essendo:  .  «  8 

^  =  «33  «66  «38    »  /*  =  «11  «44  «14    * 

«  Prendendo  per  l'asse  fisso  s  una  conveniente  direzione  si  può  sempre 
fare  in  modo  che  sia  pi=0,  pt=0,  e  pz  =  c=  costante,  quindi  la  equazione 
a  derivate  parziali,  un  integrale  completo  della  quale  dà  tutti  gli  integrali 
del  moto,  è: 

^ii^l  "T^l  +«33/^1  T"l  H nriTT — costì— -[  —2ai^ic] — —costì — [ 

\-Dtì/    '         V^y/    '    sen*tì(7)V/  DyJ  {^ip  l^q>) 

— 2«36  CfA  cos  tì- 1-«44^*^  sen*tì-|-«ee6?*iu  cos^tì — 21  fi  ]  HiCOs^tì-f-HjCOstì-f-A  \  =0 


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—  195  — 
e  ad  essa  si  soddisfa  prendendo  : 


W  =  /9  +  (7^  + 


I     de  A  I — y|  2A/t  (Hi  cos'^+H,  cos  d+A)— ^^aee.tt  cos*d  —c^a^Ai-  sen*  e 
I  sendl^     "    —a^ziif^'\-2ax,cXg—2cf(^o^e{a,^é 

«  Gli  integrali  del  moto  del  corpo  F  nel  fluido  sono  dunque  (ponendo 
o)  =  COS0  ed  indicando  con  F  la  espressione  che  è  sotto  il  radicale) 


8^(^44^—^36/01  (1— cos*6i) 


fF(«) 


P)  »-,^^(.»/.-<.„i)(^-(.)+^y-J  p=  +  j  (i_,/,;5i^ 

[v^».=y('.-o+f/'7>^ 

.  /*  ->'  (1— ft)')  f  F(ft)) 

(  a— ao===--7=Ì===Sf'^lX«)8en^— ^  rL^(2Hift)+H,)fl— ««seni/; 

1  c\\ — w*(  ;    «a^JyF((«)) 

(8)  /^-/yo=-^|=|t/FHcosi^+seni^^^^  ^ 

y— yo=^'*^~^"^  (<— ^o)  +  ^ J"  I  <5  («**  ^— «6«  /*)  «  +  /  («36  /*— «u  ^)j^^f7^y 

s  Occupandoci  solo  delle  (7)  che  danno  la  rotazione  attorno  airorìgine  . 
degli  assi  f ,  r^  C  noi  possiamo  dapprima  riconoscere  una  rotazione  uniforme 

progressiva  attorno  a  z  colla  velocità  angolare  —^^ ,  ed  un'altra  attorno  a  C 

/* 

colla  velocità  angolare    ^  ^^  . — \±.J-.  proporzionale  cioè  a  costì;  facendo 
da  queste  astrazione,  rimane  la  rotazione  definita  dalle  formolo  : 

«11  J  |/F(a») 

«  Ma  se  in  queste  poniamo 
j^  =  A,    ^  =  C,    g=-g,    /=Cr, 

»11  «33 

(^)  <!  2A  +  ~-(2flu^-a44e?)  =  2À,     H^ +  2^(a44A-a,eA*)  =  HM 

^/  — 

H,  +  -J^  («36  /i  —  «14  i)  =  H« 


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—  196  — 

esse  divengono  precisamente  le  (1)  del  §  I;  quindi  si  conclude  che,  astra- 
zione fatta  dalle  rotazioni  sopra  dette,  la  rotazione  nel  fluido  del 
corpo  F  attorno  all'origine  0  è  identicaa  quella  che  prende 
nel  vuoto  un  corpo  F,simmetrico  rispetto  ad  un  asse,  fissato 
per  un  pu_nto  di  questo  asse,  soggetto  a  forze  di  potenziale 
HiCos^d-f-HgCosd  per  il  quale  i  momenti  di  inerzia  A  e_C,  J^e 
costanti  g.roh  inerenti  alla  rotazione  ed  i  coefficienti  Hi,  H2 
del  potenziale,  si  compongono  mediante  i  coefficienti  a  della 
forza  viva  T,  quelli  del  potenziale  delle  forze  agenti  su  P 
e  le  costanti >,  f,  g,  h  nel  modo  dato  dalle  formolo  (9). 

«  Se  il  corpo  F  fosse  simmetrico  rispetto  ad  un  asse,  le  rotazioni  attorno 
a  C  ed  a  ^  sparirebbero,  e  i  movimenti  di  F  e  F'  sarebbero  perfettamente 
gli  stessi  " . 

Matematica.  — '-  Sopra  una  estemmie  della  teoria  di  Riemann 
sulle  funzioni  di  variabili  complesse.  Nota  III(^)  del  prof.  Vito  Vol- 
terra, presentata  dal  Socio  Dini. 

«  1.  Nella  Nota  precedente  su  questo  argomento  venne  esposta  la  esten- 
sione della  teoria  delle  caratteristiche  alle  funzioni  di  linee  collegate  fra  loro 
nel  senso  riemanniano.  Nella  Nota  che  ho  l'onore  di  presentare  viene  breve- 
mente trattata  la  teoria  delle  operazioni  di  derivazione  e  di  integrazione  rela- 
tive alle  funzioni  stesse. 

«  Fer  questo  studio  è  necessario  introdurre  delle  funzioni  complesse  dei 
punti  dello  spazio  collegate  opportunamente  alle  funzioni  fin  qui  considerate. 

s  Riprendiamo  pertanto  la  definizione  di  Biemann  relativa  alle  funzioni 
di  variabili  complesse.  Due  variabili  complesse  y  e  t/^  (funzioni  dei  punti  di 
un  piano,  i  quali  si  riferiscono  alle  coordinate  cartesiane  x,  y)  sono  funzioni 
l'una  dell'altra  quando 

lix  ly  liyli{ — ^)~ 
ft  Questa  definizione  è  equivalente  a  quella  enunciata  nella  Nota  I,  ed 
essa  può  estendersi  allo  spazio.  Infatti  si  abbiano  due  variabili  complesse  F 
e  /,  la  prima  delle  quali  sia  funzione  delle  linee  e  la  seconda  sia  funzione 
dei  punti  dello  spazio.  Diremo  che  P  è  collegata  ad  /  nel  senso  riemanniano, 
quando 

^  '  d  {yz)  lix      d  {zx)  l^y      d{xy)  '^s 

K  Stabiliremo  di  rappresentare  le  funzioni  di  linee  mediante  delle  let- 
tere maiuscole  e  quelle  di  punti  coUe  lettere  minuscole. 

(1)  Vedi  pag.  107. 


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—  197  — 

«  2.  Ciò  premesso  si  possono  dimostrare  facilmente  le  seguenti  propo- 
sizioni : 

e  1^  Se  una  funzione  f  è  collegata  ad  F  essa  lo  sarà  a  tutte  le  fun- 
zioni <E>  collegate  ad  F  nel  senso  riemanniano  (vedi  la  Nota  I). 

«  In&tti,  posto 


dF 

dF 

dF               d<P               d<P              da> 

'^iy')' 

-J>. 

d{tx) 

~*'   dixy)~''  d{ys)~'"'  d(zx)~^'  d{!cy)- 

avremo 

"^  —  L  —  9. 

p       q       r 

onde: 

«  2*  Le  condizioni  afSnchè  più  funzioni  /<,(;  =  1 ,2  . .  n)  siano  colle- 
gate ad  una  stessa  funzione  F  sono  date  da 

ìù.  2ÙL  :^ 

7)0?  '  "Sa?  '  Da? 


(2) 


Vi    ^  I^ 

7)y  '  7)y    '  7)y 

2fi     ìfr  ^ 

*  Infatti  dalle 


d(fi,fr,f,) 

d(x,y,z) 


=  0   (2,r,«  =  l,2,...«) 


?A, 


(i=l,2,..n) 


risultano  come  cons^enza  le  (2). 

«  Se  mantenendo  fissi  i  ed  r  (supposto  fi  e  /V  indipendenti)  e  dando 
ad  s  tutti  i  valori  1 , 2 , . . .  w,  esclusi  i  ed  r,  è  sempre  soddisfatta  la  (2)  essa 
sarà  soddisfatta  evidentemente  per  una  combinazione  qualunque  di  i ^r yS, 

s  3.  Quando  si  avrà  un  sistema  di  funzioni  fi  che  soddisfano  alle  (2) 
si  dirà  che  esse  sono  collegate  fra  loro  nel  senso  riemanniano. 

B  Si  giustifica  facilmente  la  ragione  di  questa  denominazione,  osservando 
che  porre  la  condizione  (2)  equivale  a  stabilire  ciò  che  segue: 

«  Si  prenda  un  punto  M  ove  le  tre  funzioni  hanno  i  valori  ^,^,/3  e 
due  punti  N  e  P  infinitamente  vicini  ad  esso:  si  denotino  con  /i-f-^^/'/i, 
A+^7,,A  +  ^7r  i  valori  di  fi,f,,fr  in  N  e  con  A  +  ^7i,/;  +  ^7., 
fr-^r^^'fr  i  loro  valori  in  P  e  si  ponga  la  condizione  che  i  rapporti  fra  i 
determinanti 

j'fi,  j"fi        ^y„  ^7,        ^7r,  ^7r 
^A,  ^7,    '   ^'fr.^rfr   '    ^7,  ^7i 

abbiano  dei  limiti  indipendenti  dal  modo  con  cui  i  punti  N  e  P  si  avvici- 
nano ad  M  indefinitamente. 


BbndicoìNti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem. 


20 


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—  198  — 

«  4.  Abbiasi  un  sistema  qualunque  di  funzioni  <!>{  collegate  fra  loro  nel 
senso  riemanniano   e  si  prenda  una  funzione  /  collegata  ad  esse;  sia  cioè 

d{fjjs)  lix      d{2x)  7)y      d{xy)  ^s 
n  Si  potranno  trovare  delle  funzioni  qi  tali  che 

^  d{yz)        d{y,s)  '     d{s,a:)       d{2,x)  '      d{xy)        d{x,y) 

«  Le  funzioni  ifi  saranno  evidentemente  collegate  alle  <l>i ,  alla  /  e  sa- 
ranno pure  collegate  fra  loro. 

«  Reciprocamente  se  si  ha  un  sistema  di  funzioni  (fi  collegate  fra  loro 
nel  senso  riemanniano,  posto 

d{(fi,(f,)  _  ^       di(fi,q,)  _  d((fi,(f,)  _ 

d{y.z)  -^^•*'      d{z,x)    -^^•''      d{x^y)   -^^' 


avremo 


'^x        l^y        l^z 
li  Esisterà  dunque  una  funzione  complessa  (Pi«  che  soddisfa  alle  condizioni 
d(Pi,  dOu  d^u 


'^«'     ^f^.,\  —  ?«• 


rf(y,-^)~    "'    X^^)  ~^"'     d{xyy 
«  Le  <l>t«  sono  fra  loro  collegate  nel  senso  riemanniano. 
tt  Infatti  dalle  relazioni 

d{x,y,z)  '        rf(.r,y,^) 

segue  che 

^ù Xn  ^  Qi» 

^rt        Xrt         Qrt 

«  Inoltre  il  sistema  delle  ^ts  sarà  collegato  alle  (fi.  Quando  fra  ^i  e 
f  e  (fi  passano  le  relazioni  (3)  si  dirà  che  <!><  è  coniugata  alle  f  e  9i  e  reci- 
procamente f  ^  (fi  coniugate  a  <!>»•.  In  questa  ipotesi  il  valore  di  <l>i  corri- 
spondente ad  una  linea  L  sarà  dato  da 

(4)  <«>i|[L]|=:/.yid/ 

«  (V,  Sopra  le  funz.  dip.  da  linee  Nota  II)  supponendo  che  L  faccia 
parte  di  una  porzione  dello  spazio  in  cui  /  e  (fi  sono  monodrome. 

H'  Si  consideri  una  superficie  e  ;  fissato  il  senso  positivo  della  normale  n 
sarà  determinato 

d^ii 

--J— ■  =  tffi,  cos  w^  +  Xit  cos  ny  +  Qì^  cos  nz . 

«  Ora  se  si  prende  sopra  (f  un  sistema  di  coordinate  curvilinea  uv^  tali 
che  le  direzioni  ti,  v ,  n  siano  disposte  come  le  x,  t/,  z  q  che  il  quadrato 


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—  199  — 
dell' elemento  lineare  della  superficie  sia  ds*=E  du^-\-2  F  du  dv-\-(j  dv^,  avremo 


(5) 


da>i. 


d^        y  EG— F* 

«  5.  Ciò  premesso  si  può  passare  allo  studio  delle  operazioni  di  deriva- 
zione e  d'integrazione.  Siano  F  e  <l>  collegate  fra  loro  nel  senso  riemanniano. 
Posto  come  precedentemente 


dP 


=i>. 


d¥ 


;  =  ?' 


dF 


dtp 


=  ^;  'i7~{  =  ^ 


d(P 


:  =  Xi 


dOf 


d{tfs)      ^'    d(zx)~^'    d{ay)~    '   d{ys)  '   d{sx)      ^'    d{xy) 

e  preso  in  un  punto  un  elemento  qualunque  di  superficie  dff^  avremo 


=  ? 


m 


UJ 


[da) 


d(P 


«  Questo  rapporto  indipendente  da  d(f  lo  denoteremo  col  simbolo  -t=  e 

col  nome  di  derivata  di  <P  rispetto  a d  F.  Essa  sarà  una  funzione  com- 
plessa dei  punti  dello  spazio.  Come  proprietà  fondamentale  può  dimostrarsi 
che  la  derivata  di  (P  rispetto  ad  F  è  collegata  alle  due  fun- 
zioni <l>  ed  F  nel  senso  riemanniano.  Infatti,  posto 

d0 


dF 


=  g> 


si  avrà 


"t)w 


'^x 


1>X 


^y      ^y 


i>y  '     iss  ~  1)2      ^  i)s 


^  ~òx 
e  quindi 

«  6.  Sia  ora  /  collegata  ad  F  e  <r  una  superficie  aperta  o  chiusa  nello 

spazio  in  cui  sono  definite  le  due  funzioni;  fissata  la  direzione  della  nor- 

rfF 
male  n  ^  <f  ò  definito  -r-  e  quindi  è  pure  definito 

./-'  da 
che  rappresenteremo  col  simbolo 

fafd¥. 
«  Col  cambiare  il  senso  della  normale  cambierà  il  segno  deirintegrale. 
Se  or  non  è  chiusa,  fissiamone  la  direzione  dei  contomi  in  modo  che  un  osser- 
vatore disposto  nel  senso  positivo  di  uno  qualunque  di  essi  e  rivolto  verso 
la  superficie,  veda  la  direzione  positiva  della  normale  andare  dalla  sinistra 


i 


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—  200  — 

alla  destra.  Con  questa  convenzione,  quando  è  stabilito  il  senso  dei  contorni 
è  fissato  il  segno  dell'integrale. 

«  Si  supponga  e  chiusa  e  tale  che  formi  da  sola  il  contomo  di  uno 
spazio  S  entro  il  quale  la  /"  e  la  F  non  abbiano  singolarità.  Avremo 


S.fdY 


cos  nx  ' 


7)        dP 


d{sx) 
D      7)F 


cos  ny  ' 


j  /  V     dP     ^  i>f    dF    ,  -ar 


dF 


d  {xy) 
1)       7>F 


cosn,; 


\da  = 


Isx    d{ys)    '    l^y  d{sx)  '    7)*    rf(^ 
«  Quindi  si  ha  il  teorema  espresso  dalla  formula 

/,yrrfF  =  0. 

«  Se  invece  di  una  sola  superficie  e  si  hanno  le  superficie  (ri(e  =  1 , 2 ...  n) 
che  limitano  lo  spazio  S,  entro  il  quale  non  sussistono  singolarità  per  /  e  F, 
si  avrà  la  formula 


(6) 


(6') 


n     n 

2i\   fdF. 


0 


in  cui  le  normali  alle  (Tì  sono  tutte  prese  nella  direzione  dall* estemo  airin- 
terao  di  S. 

t(  Il  teorema  contenuto  nella  formula  precedente  non  è 
altro  che  la  estensione  del  teorema  di  Gauchy. 

«  É  noto  che  il  prof.  Morera  ha  dato  un  teorema  inverso  a  quello  di 
Cauchy  (*);  esso  pure  può  estendersi  al  nostro  caso.  Sia  cioè  soddisfatta  la  (6) 
per  ogni  superficie  <r  chiusa  che  limita  uno  spazio  S,  escluso  per  quelle  che 
hanno  neirinterao  dei  punti  o  delle  linee  singolari  di  /  o  di  F:  se  ne  potrà 
concludere  che  /  e  F  sono  collegate  fra  loro  nel  senso  riemanniano.  Si  po- 
trebbe stabilire  la  precedente  condizione  come  definizione  del  collegamento 
riemanniano  fra  una  funzione  di  linee  ed  una  di  punti. 

«  7.  Si  abbia  un  sistema  di  funzioni  (fi  collegate  fra  loro  nei  senso  rie- 
manniano. Frese  due  qualunque  di  esse  (fi  e  (fs  se  ne  trovi  la  coniugata  <l>ij. 
Si  fissi  il  senso  positivo  della  normale  n  a  una  superficie  o*;  sarà  determi- 
nato il  valore  di  fa  (fr  d^u,  e  avremo  applicando  la  (5) 

(7)  f^(prd<I»u=j^(fr—^d(X=[    ifr 

t_/CT 


1>U 


Hv       iv 


du  dv 


in  cui  u  Q  1^  sono  un  sistema  di  coordinate  curvilinee  tali  che  le  direzioni 
della  tema  u,v,n  siano  disposte  come  le  x  ,y  ,s.  Se  denotiamo  con  d  gli 

(0  Rend.  del  R.  Istit.  Lomb.  Serie  E,  voi.  XIX,  fase.  VII. 


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—  201  — 

accrescimenti  nel  senso  delle  linee  u  e  con  i  quelli  nel  senso  delle  linee  v, 
rintegrale  precedente  potrà  scriversi 


X 


«  Supponiamo  (T  chiusa  e  che  limiti  da  sola  uno  spazio  S  nel  quale  nes-^ 
suna  delle  funzioni  abbia  singolarità,  in  tal  caso  Tintegrale  (7)  sarà  nullo 
e  quindi 

che  è  un'altra  forma  sotto  cui  può  enunciarsi  il  teorema 
precedente  analogo  a  quello  di  Cauchj.  Così  pure  vale  anche  sotto 
questa  forma  il  teorema  reciproco,  cioè  Tanalogo  del  teorema  di  Morera. 

•  8.  Si  tolgano,  mediante  delle  superficie  convenienti,  dal  campo  in  cui 
sono  definite  due  funzioni  /  e  F  (collegate  fra  loro)  tutti  quei  punti  e  quelle 
linee  in  cui  le  due  funzioni  presentano  delle  singolarità,  e  per  mezzo  di 
opportune  sezioni  lineari  si  renda  superficialmente  il  campo  rimanente  sem- 
plicemente connesso.  Ciò  fatto  ogni  superficie  chiusa  che  potrà  tracciarsi  sarà 
contomo  completo  di  uno  spazio  ove  le  due  funzioni  /  e  F  non  avranno 
singolarità. 

«  Si  prendano  due  linee  Lo  e  Li  aventi  ciascuna  una  data  direzione,  tali 
che  si  possa  condurre  per  — Lg  (^)  e  Li  una  superficie  tf  (vedi  Sopra  le  funz. 
dip.  da  linee  Nota  II).  Si  determini  il  senso  della  normale  a  e  relativamente 
alle  direzioni  di  — Lo  e  L]  nel  modo  indicato  nel  §  6.  Sarà  allora  deter- 
minato 

(9)  /ayrfF. 

«  È  facile  dimostrare  che  il  valore  dell'integrale  precedente  non  dipen- 
derà dalla  superficie  condotta  a ,  ma  dipenderà  solo  dalle  linee  —  L©  e  Li . 
Infatti  condotta  per  le  due  linee  un'altra  superficie  (Xi ,  avremo  che  l'insieme 
di  <r  e  (Xi  formerà  una  superficie  chiusa,  quindi  per  le  ipotesi  ffttte 

/<,^a.<fC?F  =  0 

donde  la  proprietà  enunciata.  Perciò  l'integrale  (9)  potrà  indicarsi  con 


(10) 


rU 

k"'^ 


«  Combiando  il  senso  della  normale  n  cambia  il  segno  dell'integrale  (10) 
(vedi  §  6)  per  conseguenza  si  avrà 

rL,  /-Lo 

(>)  Con  — Lo  si  intende  la  linea  Lo  presa  in  direzione  opposta. 


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JLo 


—  202  — 

«  Se  tenendo  fissa  la  curva  Lq  si  muta  la  Li ,  Tintegrale  (10)  potrà  rite- 
nersi come  una  funzione  dipendente  dalla  linea  Li  e  quindi  potremo  porre 

%rfF  =  4>|[L,]|. 

Ilo 

«  La  funzione  4>  sarà  collfìgata  ad  F  nel  senso  riemanniano  e  avremo 

vale  a  dire  le  due  operazioni  di  integrazione  e  di  derivazione  si  elidono  scam- 
bievolmente. Analogamente  se  le  yi  (e  =  1 ,  2  , . .  n)  saranno  collegate  fra  loro, 
otteremo 

e  Y  I  [Li]  I   sarà  collegata  alle  ffi  nel  senso  riemanniano. 

tt  Supponiamo  che  /*  e  9)  siano  coniugate  ad  F,  in  questo  caso  avremo 

«  9.  Le  equazioni  (2)  che  passano  fra  le  derivate  delle  /i ,  /i- ,  fs  provano 
che  queste  variabili  prese  tre  a  tre,  debbono  esser  legate  da  relazioni 

Beciprocamente  ogni  qualvolta  fra  le  tre  variabili  fi ,  fri  A  passerà  una  rela- 
zione F, ,  r ,  «  {fi ,  fr ,  fi)  =  0,  ovvero  sarà  /i  =  y  (A ,  fs)  »  risulterà  soddisfatta 
la  (2)  e  perciò  le  tre  variabili  fi,  fr,  f»i  saranno  collegate  fra  loro  nel  senso 
riemanniano. 

«  Ciò  prova  che  la  'teoria  esposta  in  questa  Nota  e  nelle  due  precedenti 
è  strettamente  legata  allo  studio  delle  funzioni  di  due  variabili  complesse 
ed  ai  loro  integrali,  onde  credo  che  le  idee  brevemente  accennate  potranno 
mettere  in  evidenza  la  utilità  di  introdurre  le  funzioni  dipendenti  da  linee 
nello  studio  delle  funzioni  di  due  variabili  complesse. 

«  Il  sig.  Poincaré  in  una  importantissima  Memoria  pubblicata  nel  vo- 
lume IX  degli  tt  Acta  Mathematica  »  ha  esteso  il  teorema  di  Gauchy  agli  inte- 
grali doppi:  il  teorema  enunciato  nel  §  7  coincide  colla  estensione  del  teo- 
rema di  Gauchy  data  dal  sig.  Poincaré.  Questo  teorema  è  stato  il  punto  di 
partenza  delle  mie  ricerche. 

«*nna  ulteriore  estensione  della  teoria  di  Biemann  alle  funzioni  di  un 
numero  qualunque  di  variabili  complesse  può  eseguirsi  senza  gravi  difficoltà 
purché  le  considerazioni,  limitate  in  queste  Note  agli  spazi  a  tre  dimensioni, 
si  estendano  ad  uno  spazio  ad  n  dimensioni,  e  il  concetto  di  fimzione  dipen- 
dente da  linee  si  generalizzi  alle  funzioni  dipendenti  da  iperspazi  inmiersi 
nello  spazio  ad  n  dimensioni  n . 


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—  308  — 

Matematica.  —  Sulla  classificazione  delle  forme  differenziali 
qtmdraticke.  Nota  del  prof.  Gregorio  Ricci,  presentata  dal  Socio  Dini. 

•  In  una  mia  Memoria  pubblicata  nel  tomo  XII  della  serie  2*  degli 
a  Annali  di  Matematiche  pure  ed  applicate  y»  proposi  una  classificazione  fon- 
damentale nello  studio  delle  forme  diflferenziali  quadratiche.  Chiamai  classe 
di  una  forma 

n 

y*  =  2rs  Ort  dXr  àx%  , 
1 

essenzialmente  positiva  nel  campo,  cui  si  estende  la  variabilità  delle  varia- 
bili X ,  quel  numero  minimo  h  intiero,  positivo  o  nullo,  per  cui  è  possibile 
dedurre  la  forma  stessa  dalla 

ds'  =  Stdy',  , 

ponendo  in  questa  per  le  y  delle  opportune  fonzioni  delle  a: .  Quella  Memoria 
contiene  una  nuova  dimostrazione  di  un  teorema  già  noto,  che  dà  i  criteiì 
per  riconoscere  le  forme  di  classe  0 ,  nonché  il  teorema  analogo  per  le  forme 
di  1^  classe.  Mi  è  ora  riescito  di  trovare  un  teorema  generale,  che  serve  a 
riconoscere  la  classe  di  ogni  forma  differenziale  quadratica  essenzialmente  posi- 
tiva, e  questo  teorema  è  oggetto  della  communicazione  che  ho  Tenore  di  rivol- 
gere alla  Accademia. 

s  Per  comodità  indico  con  f^^^  la  derivata  rispetto  ad  \rr  di  una  fun- 
zione /di  XiXt..Xn,  con  Z^'**^  la  sua  derivata  seconda  rispetto  ad  Xr  e 
ad  Xi ,  etc.  Se  la  forma  ^'  può  dedursi  nel  modo  indicato  dalla  espressione 
di  ds^  deve  essere  possibile  determinare  le  y  in  funzione  delle  x  per  modo 
che  si  abbia 

Indico  con  tii  (/  =  1 , 3 , .  «  -|"  A, i  =  1 , 2  . .  A)  un  sistema  di  soluzioni  linear- 
mente indipendenti  del  sistema  di  equazioni  algebriche 

legate  fra  loro  dalle  relazioni 

q\  %*'y    y  (  0  per  ^  $  / 

1         ^  (  1  per  2  =7 


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—  204  — 

Scelto  ad  arbitrio  uno  di  tali  sistemi  dì  soluzioni,  ogni  altro  sistema  analogo 
si  ha  ponendo 

h 

le  Yij  (^\  y  =  1 ,  2  . .  A)  essendo  i  coefGicienti  di  una  sostituzione  ortogonale. 
È  di  più  facile  verificare  che,  se  si  indica  con  a .  Crs  l'elemento  reciproco 
di  Ors  nel  discriminante  a  di  9>'  e  si  tien  conto  delle  (1)  alle  identità,  che 
si  hanno  dalle  (2)  ponendovi  f  j  =  f ,i  (e  =  1 , 2  . .  h)  equivalgono  le 

5)  i,^r,yryr=^-|f«'f-- 

«  Posto 
dalle  (1)  si  traggono  le 

6)  ««P.,=^.yryr 


e  se  SI  pone  ancora 


6')  §ip,n  =  S^Uyf''     (/,i>  =  l,2..»,A  =  l,2..A) 

1 

le  (6)  e  (6')  risolute  rispetto  alle  yt^^^^  danno 

7)  yf'''  =  2r.Crtau,,ryr  ^^kfiip.nU. 

Dalle  (6)  si  traggono  pure  le 

e  dalle  (7)  (6)  e  (6')  avendosi 

h 

posto 

n 
*)  ('^Ifn.pq  =  a\^^^  —  a'jj^^^  +  Sri  Cri  (aiq , r  af„p  , »  —  aip^rOfnq.i)  , 

si  giunge  alle 

h 

I)  ^lm,pq  =  Si  (filp,ifimq,i  —  filq,iPmp,i)      (/  ,  ^  ,/>  ,  J  =  1  ,  2  .  .  ») 

essendo  per  le  (6') 

I')  filPti^=flpl,i' 


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~  205  — 

•  Le  (2)  essendo  identicamente  soddisfiitte  per  tt  «=  Ca  si  ba 

^t  f  ,j  Ut     '^—  -^t  f «»  Ut 

ovvero  per  le  (6') 

mentre,  posto 

»)  »»a,,  =  ^.  ?«C    (»,A=1,2..A,  «  =  1,2,..»), 

daUfl  (3)  si  ha 

Le  (8)  e  (9)  risolate  rispetto  alle  ^|j|'  danno,  tenuto  conto  delle  (1), 

10)  C  =  -^M<'«/»p.,»yr+^*'»«..f« 


e  poiché  dalle  (6')  si  ha 

PlPr 

tenuto  conto  anche  delle  (6)  e  (6'),  si  avrà 

fiìp^n'^^r' CrBaip^rfiq9,n  =  2% mn^g  fiip,i  +  ^t  Ctn ì/l  ^^ 
e  sottraendo  da  questa  quella,  che  se  ne  trae  scambiando  p  con  q^ 

n  h 

«  In  fine  dalle  (9)  si  trae 

^i»,. — ^a^= f «  v^rt  f«»  —  fii  f «*  ; 

e  per  le  (1)  e  (10) 

III)  w^j^^,  —  w{^^ + Sj  {mnj^t  mij^— mj^^  mij,r) — ^pq  Cpq  (/?rp,t  ft^,*  —  firq^  /^v.») 

(e,A:=l,2..A;  r,s  =  l,2../j). 
«  Se  ora  al  sistema  Ch  di  soluzioni  indipendenti  del  sistema  di  equa- 
zioni (2)  se  ne  sostituisce  un  altro  C\j ,  il  quale  si  esprima  per  le  precedenti 
mediante  le  (4),  posto 

m'jir  =  -^1  r^;  C[r , 
derivando  le  (4)  e  £&cendo  uso  delle  (10)  sì  perviene  facilmente  alle 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1*»  Sem.  27 


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—  206  — 
mentre  le  (7)  si  trasformano  nelle 

P)  vT  =  f .  ^rs  aij, , .  y';'  +  il»  ni,  ?ip ,»?;,. 

«  Ciò  premesso  supponiamo  che  la  forma  differenziale  quadratica  (p*  essen- 
zialmente positiva  nel  campo,  a  cui  si  considera  estesa  la  variabilità  delle  x, 
sia  tale  che,  le  espressioni  aip^q  ed  aim,pq  essendo  definite  dalle  equazioni  (a) 
e  (i),  sia  possibile  trovare  due  sistemi  di  funzioni  ;?rs,ii  ^ù>  (^^  =  1» 2, ..A; 
r=l,2..?i),  che  soddisfacciano  al  sistema  di  equazioni  (I)  (II)  (III).  Con- 
sideriamo il  sistema  di  equazioni  a  derivate  parziali,  che  risulta  delle  (a) 
e  delle  (fi),  nelle  quali  le  funzioni  yt  e  y,*  si  riguardano  come  incognite, 
le  C\i  rappresentano  un  sistema  qualunque  di  soluzioni  del  sistema  di  equa- 
zioni algebriche 

2tUyr  =  0;  2,ì:hÌ:^j  =  b;  2tUU  =  0        (^;  =  1,  2, ..  A-1) 


h 


J..t*«=l— J„C„y/n( 


(O  (») 


1 


e  dalle  m'ji^r  si  intendono  eliminate  le  derivate  seconde  deUe  y  mediante 
le  (/?).  Se  si  tien  conto  delle  note  relazioni,  che  legano  fra  loro  i  coefficienti 
Yik  di  una  sostituzione  ortogonale  o,  posto 

h{h-l)^ 
2 

si  immaginano  i  coefficienti  medesimi  espressi  per  N  funzioni  indipendenti 
Ai ,  At , . .  Am  per  guisa  che  quelle  relazioni  siano  identicamente  soddis&tte  e 
si  riguardano  come  incognite  le  funzioni  X  ed  y,  possiamo  immaginare  le  (a) 
risolute  rispetto  alle  A^*\  come  le  (/?)  lo  sono  rispetto  alleai"'**.  Così  il  sistema 
di  equazioni  (a)  e  (/9)  ci  dà  le  derivate  prime  delle  A  e  le  seconde  delle  y 
espresse  per  le  A  e  per  le  derivate  prime  delle  y.  Le  equazioni,  che  espri- 
mono le  condizioni  di  integrabilità  di  un  tale  sistema  per  le  (I)  (II)  e  (III) 
riescono  tutte  identicamente  soddisfatte,  qualora  per  le  derivate  seconde  delle  y 
e  prime  delle  A  si  introducano  i  valori  dati  dal  sistema  stesso  e  in  questo 
senso  dico  che  il  sistema  è  completo.  É  poi  noto  che  un  tale  sistema  di 
equazioni  a  derivate  parziali,  ammette  un  sistema  integrale  con  tante  costanti 
arbitrarie  quante  sono  complessivamente   le  derivate  prime   delle  y  e  le  A, 

cioè  »  (;i  +  A)  H ,  e  che  tali  costanti  arbitrarie  possono  determinarsi 

in  modo  che  le  derivate  prime  delle  y  e  ìq  X  prendano  valori  arbitrari  per 
un  sistema  arbitrario  di  valori  delle  variabili  indipendenti  x,  per  esempio 
per  0^1  =  Xt=^  —  =  oTn  =  0.  Se  delle  costanti  stesse  si  dispone  in  modo 
che  per  questo  sistema  di  valori  delle  x  siano  verificate  le  (1),  si  deduce 
dalle  {fi)  che  le  (1)  seguiteranno  a  sussistere  in  ogni  intorno  del  punto  (0  0 . .  0) 


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—  207  — 

tale  che  in  esso  le  Ort  e  le  loro  derivate  siano  tutte  finite.  Possiamo  dunque 

concludere  che 

La  classe  di  una  forma  differenziale  quadratica  9)*  è  data 
da  quel  numero  minimo  intiero  positivo  0  nullo  A,  pel 
quale  è  possibile  determinare  un  sistema  di  funzioni /?<p,i 
^vv  (^,i?  =  1, 2  . .«;  t,y  =  l,2..A),  che  soddisfacciano  al  si- 
stema di  equazioni  (I),  (I'),  (II),  (II')  e  (III),  nelle  quali  le 
espressioni  aun^p  dim^fq  sono  quelle  definite  dalle  equa- 
zioni {a)  e  (b). 

71  (ti  — |—  1) 

«  Dopo  aver  disposto  nel  modo  indicato  di  — -  costanti  arbitrarie 

,.  .  .         .                 .        (n-hhYn-hh — 1)     ,  ^       i.    i..^- 

di  integrazione, ne  restano  —^ -,  che  rappresentano  larbitra- 

rietà  di  una  sostituzione  ortogonale  a  coefficienti  costanti,  che  si  può  appli- 
care alle  yt  senza  variare  la  forma  della  espressione  di  ds^. 

«  Nel  caso  di  A  =  0  restano  soltanto  le  equazioni  (I)  sotto  la  forma 

e  nel  caso  di  A  =  1  le  (I)  e  (I')  sotto  la  forma 

fltoi  ,M  ==  fiip  §mq §lq  fimp  l   filp  =  ft)J 

e  le  (II)  sotto  la  forma 

^ip-^fq'\'^^r.Cr.{a^^r§q.-avq^rM  =  ^ 

come  trovai  già  nella  Memoria  citata  superiormente. 

«  Mi  riserbo  di  applicare  il  teorema  generale  qui  dimostrato  alla  classi- 
ficazione ed  allo  studio  delle  forme  differenziali  quadratiche  a  tre  variabili 
e  in  generale  di  ritornare  sull'argomento  per  ulteriori  sviluppi  e  deduzioni  » . 

Matematica.  —  Su  le  trasformasiom  imolutorie  dello  spazio 
che  determinano  un  complesso  lineare  di  rette.  Nota  I.  del  dott.  D. 
MoNTESANO,  presentata  dal  Corrispondente  De  Paolis. 

«  Ogni  trasformazione  involutoria  dello  spazio  dà  origine  ad  un  com- 
plesso di  rette  :  quello  delle  rette  congiungenti  le  coppie  di  punti  coniugati 
nella  trasformazione. 

«  Nella  presente  Nota  io  mi  occupo  di  quelle  trasformazioni  involutorie 
che  danno  origine  ad  un  complesso  lineare  contato  una  sola  volta,  tali  cioè 
che  ogni  raggio  del  complesso  contenga  una  sola  coppia  di  punti  coniugati. 

K  Dalla  considerazione  delle  superficie  costituite  dalle  coppie  di  punti 
coniugati  situate  sui  raggi  delle  congruenze  lineari  del  complesso,  deduco  il 
tipo  generale  di  siffatte  trasformazioni,  e  lo  costruisco  con  grande  semplicità 


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—  2Ò8  — 

poftmido  in  eridekiza  alconé  iulieressttiiti  propH^  di  uaft  corva  di  10^  ^r- 
dine  e  di  genere  11,  dalla  quale  la  trasformazione  è  completamente  deter- 
minata. 

«  t^oì  e£tttifìino  i  casi  particolari  più  iMpo^H»ftti  d«^uti  Allò  staeoiMi  dì 
una  superficie  fissa  dalle  sapetficie  che  ftèlllt  ti-asfortnatione  più  genefule  cor- 
rispondono ai  piani  dello  spaziò;  ed  ottengo  anche  in  queèti  casi  pro^pìetà 
noteToli  per  alcune  cnrre  e  superficie  gobbe. 

à  1.  Nello  studio  delle  trasformamnì  involutorie  dello  spazio  hakino,  in 
generale,  grande  importanza  le  superficie  E  generate  daUe  coppie  di  punti  co- 
niugati situate  in  piani  passanti  per  una  retta  r.  Esse  costituiscono  un  si- 
stema 00  ^,  e  in  generale  ye  ne  sono  due  che  passano  per  quattro  punti  dati  {^). 

«  Ma  nel  caso  che  ci  proponiamo  di  esaminare,  che  cioè  i  punti  coniu- 
gati nella  trasformazione  fossero  su  raggi  di  un  complesso  lineare  r,  le  su- 
perficie K,K'  dovute  a  due  rette  r,r'  coniugate  nella  cwrelazìone  pdare 
nulla  (r)  dovuta  al  complesso  r,  coincidono  in  un'unica,  luogo  delle  coppie 
situate  sui  raggi  della  congruenia  lineare  (r — r*),  sicché  le  superficie  K  co- 
stituiscono un  sistema  lineare  ^,  il  quale  risulta  proiettivo  al  sistema  delle 
congruenze  lineari  del  complesso  r, 

«  Ogni  superficie  K  passa  semplicemente  per  le  direttrici  della  congruenza 
a  cui  è  dovuta,  ed  ha  altri  due  punti  su  ciascun  raggio  di  tale  congruenza, 
sicché  risulta  di  4^  ordine. 

«  Essa  di  più  contiene  le  curve  fondamentali  della  trasformazione,  ma 
non  i  raggi  fondamentali  di  essa,  che  sono  ì  ra^gi  del  complesso  r  di  cui 
ciascuno  corrisponde  nella  trasformazione  ad  ogni  suo  punto. 

«  2.  Le  congruenze  lineari  di  un  fascio  *  del  complesso  r  danno  ori- 
gine À  superficie  E  formanti  un  fascio  F,  la  cui  base  è  costituita  dalla  linea 
fondamentale  della  trasformazione  T  e  dalla  curva  luogo  delle  coppie  di  puÈti 
della  T  situate  sui  raggi  del  sistema  rigato  B  base  del  fascio  ^. 

a  Ora  quest'ultima  curva  con  le  direttrici  di  una  qualsiasi  congruenza 
del  fascio  0  forma  la  completa  sezione  della  superficie  E4  ^  dovuta  a  tale  con- 
graensta.  con  l'iperboloide  I  sostegno  del  sistema  R,  sicchò  essa  è  di  6^  or- 
dine e  di  genere  3,  e  quindi  la  linea  fondam^tale  della  T  è  di  10"*  erdine 
e,  se  non  si  spezza,  il  suo  genere  è  11  (^). 

it  Partendo  inversamente  da  Ima  curva  Ca  di  genere  3  situatil  su  di  un 
iperboloide  I,  due  qualsiansi  superficie  E ,  Ki  di  4*  oMine  passanti  per  essa 
determinano  un  fascio  F  (che  ha  per  base  la  Ca  e  una  Ciò  <li  genere  11  don 
20  punti  sulla  Ce),  le  cui  superficie  E ,  Ei , ...  Er  segano  ttlterionnente  la  qua- 
drica  I  secondo  coppie  di  generatrici  AA' ,  Ati  A'i , . . .  *r  AV  »  che  appartengono 

(^)  y.  De  Paolis,  Le  trtufornuuioni  doppie  dello  spazio.  Memorie  dell^Accademia 
dei  Lincei.  Serie  2%  voi.  I,  §  39  e  40. 

(*)  Vedi  Salmon-Fiedler,  Anatytische  Geometrie  des  Èaumes,  tL  TteiL,  3^  Au^age, 
p.  132. 


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al  sidtMia  delle  qtaMs^òUàti  della  Ce  e  costituiscono  su  tale  sistema  un  m- 
TOltfzione  oràlnariHi  si^hS  le  congmetize  lineari  {k — k'),{ki — kfi),... 
(kr — k^r)i  di  cui  esee  sono  direttrìéi,  appartengono  ad  uii  doinplesso  lineare 
r  e  Ti  formAlio  un  fiiecie  <P  proiettiTO  al  fascio  F. 

k  Sé  ora  su  eiflsCttaa  superficie  Kr^krk'r  del  fascio  F  si  considerano 
le  eoppie  di  punti  in  cui  i  raggi  della  corrispondente  congruenza  {kr — kff)  di  0 
segano  (oltre  ohe  sulle  kr  t  k'r)  la  superficie,  l'assieme  di  tali  coppie  col  va- 
rìtfé  della  Kt  indiyidua  ì&ello  spazio  una  trasformazione  iuvolutoria  T  della 
spe^Ae  cercata,  in  cui  doò  le  coppie  di  punti  coniugati  sono  su  i  raggi  del 
complesso  r,  ima  in  generale  su  ogni  raggio. 

«  Si  è  dunque  costruita  la  T. 

«  Evidentemente  in  essa  è  linea  fondamentale  la  curva  Gio  che  con 
la  Cs  forma  la  base  del  fascio  generatore  F.  Invece  i  punti  della  Gè  risUl- 
iand  a  due  a  due  coniugati  nella  T.  Due  punti  coniugati  sono  su  una  gene- 
ratrice deiriperholoide  I  del  sistema  delle  bisecanti  della  Gs. 

«  3;  Per  deteiminare  Tordine  di  moltiplicità  della  linea  fondamentale  Ciò 
e  il  grado  della  trasformazione  T  si  noti  che  i  due  fasci  generatori  F ,  ^ 
determinano  ìà  un  qualsiasi  piano  a  due  fasci  proiettivi,  l'uno  di  raggi: 
a ,  Al . . .  Ar  del  complesso  r,  situati  nelle  congruenze  del  fascio  ^ ,  Valtro 
di  curve  del  4P  ordine  :  z  »  Xi  »  •  •  •  Zr  »  seiicmi  con  le  superficie  del  fascio  F  ;  e  la 
curva  O5  generata  da  queéti  due  fasci  si  spezza  nella  conica  {a  I)  ed  in  una 
eurva  di  S^*  ordine  J3  che  paesa  per  il  centro  A  del  lascio  di  ra^  e  per  i 
punti  {a  Ciò),  la  quale  risulta  luogo  delle  coppie  di  punti  della  T  giacenti 
nel  piano  a  (0  alUneati  eoi  punto  A). 

«  Ora  se  il  punto  A  è  un  punto  della  Ciò ,  gli  00  *  punti  che  gli  cor- 
rispondono nella  T  soìio  sulla  c(H*rispondente  linea  Js  (la  quale  allora  viene 
ad  avere  un  punto  doppio  in  A)  sicché  la  curva  Ciò  è  linea  fondamehtale 
tripla  per  la  trasformazione  T. 

I»  E  dalla  costruzione  data  della  T  segue  anche  che  le  ulteriori  sue  linee 
fondamentali  non  possono  essere  che  raggi  del  complesso  r,  di  cui  ciascuno 
ha  da  corrispondere  ad  ogni  suo  punto.  A  questi  raggi  le  curve  J^  non  si 
appoggiano  in  generale  ;  d'altra  parte  esse  curve  Jz  sono  coniugate  a  sé  stesse 
nella  T,  sicché  ogni  superficie  <^  che  corrisponda  nella  trasformazione  ad  un 
piano  dello  spazio,  ha  in  òomune  con  ciascuna  linea  J  tre  punti  non  fondlh 
mentali  e  dieci  fondamentali  che  contano  per  30,  e  quindi  Tordine  delle  ^ 
è  11,  e  i  ra^  fótìdamentali  della  trasformazione  sono  20;  cioè  le  d>  sono 
delle  <Pii  ^  Cio^  fli . . .  «20 . 

•  Questi  raggi  «i . . .  àto  sono  quatrìsecanti  della  Ciò . 

•  4.  Dal  ragionamento  fatto  per  costruire  la  trasformazione  T  si  può 
anche  dedurrs  che: 

«Una  linea   do   (degenete  0  no)  tale   che  per  essa  passi  un 
fascio  F  di  superficie  di  quart'ordìne  di  cui  la  ulteriore 


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—  210  — 

linea  base  sia  una  Ce  di  genere  3  non  generale,  ma  si- 
tuata su  di  un  iperboloide  (^)  che  non  contenga  alcuna 
parte  della  Ciò,  risulta  linea  base  di  un  sistema  li- 
neare 00^, J?,  di  superficie  di  4^  ordine  siffatto  che  le 
00^  superficie  del  sistema  che  passano  per  un  punto  F, 
hanno  in  comune  un  secondo  punto  P'  coniugato  al  pre- 
cedente in  una  trasformazione  T  della  specie  che  stu- 
diasi (completamente  determinata  dalla  Cio)i  nella  quale 
il  sistema  delle  superficie  K  (§  1)  coincide  col  sistema  X 
«  Se  la  Ciò  non  si  spezza,  il  suo  genere  è  11,  ma  essa  non  è  la  cur?a 
più  generale  di  tale  ordine  e  genere,  perchè  come  conseguenza  del  teorema 
precedente  si  ha  che: 

«Nel  sistema  oo^  delle  superficie  di  4^  ordine  passanti  per 
una  curva  data  Ciò  di  genere  11  (2)  le  curye  Ce  di  genere  3 
che  con  la  Ciò  formano  le  basi  dei  fasci  del  sistema,  sono 
tutte  della  stessa  natura,  o  tutte  cioè  non  hanno  quatri- 
secanti  (e  questo  è  il  caso  più  generale),  o  tutte  le  hanno. 
Solo  in  quest*ultimo  caso  la  data  Ciò  è  linea  base  di  una 
traformazione  T. 

<<  Come  proprietà  caratteristica  che  distingue  tale  curva  Ciò  dalla  più 
generale  dello  stesso  ordine  e  genere,  si  può  assumere  anche  questa  che: 
ogni  piano  dello  spazio  sega  la  Ciò  in  10  punti  situati  sunna 
curva  di  3^  ordine. 

«  Ammesso  infatti  che  esista  una  tale  curva  J^  di  genere  1,  si  deduce 
che  vi  è  una  rete  di  superficie  K4^Cio'^3  e  che  un  qualsiasi  fascio  F  di 
essa  ha  per  iilteriore  linea  base  una  linea  J  di  3"  ordine  e  di  genere  1, 
che  ha  10  punti  sulla  Ciò  e  due  sulla  //,  sicché  le  superficie  del  fascio  F 
segano  i  piani  delle  J,J'  secondo  due  fasci  di  rette,  che  vengono  riferiti 
proiettivamente  ed  in  modo  che  la  retta  comune  ai  due  fasci  corrisponde  a 
sé  stessa,  sicché  le  congruenze  lineari  che  hanno  per  direttrici  le  coppie  di 
rette  corrispondenti  in  tale  proiettività,  appartengono  ad  un  complesso  lineare 
r  e  vi  formano  un  fascio  <P  che  viene  a  corrispondere  proiettivamente  al 
fascio  F  in  modo  da  poter  generare  una  trasformazione  T  di  cui  la  Ciò  è 
linea  fondamentale.  Ed  ogni  altro  piano  a  segherà  la  curva  Ciò  in  punti 
situati  sulla  cubica  z/3,  luogo  dei  punti  coniugati  nella  T  giacenti  in  a  (§  3). 
«  5.  La  superficie  K4  della  T  dovuta  alla  congruenza  lineare  (r — r) 

(*)  Halphen,  Sur  la  classi fication  des  couròes  gauches  algébriques.  Journal  de  TÉcole 
polytechnique.  Cab.  52,  cap.  VI,  1. 

(*)  Che  il  sistema  sia  00  *  si  deduce  dal  teorema  del  n.  20,  cap.  I,  della  Memoria  citata 
dairHalphen.  Anche  in  seguito  nella  determinazione  della  specie  dei  vari*  sistemi  di  su- 
perficie che  si  considereranno,  ci  serviremo  sempre  di  tale  teorema  senza  citarlo  ulterior- 
mente. 


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—  211  — 

contiene  nei  piani  per  r  o  per  r'  le  curve  J  dovute  ai  fasci  (A  —  a)  della 
congruenza.  Ora  se  le  r^r^  coincidono  in  un  raggio  r  del  complesso  r, 
tutte  le  curve  J  situate  nei  piani  per  r  passano  per  i  due  punti  coniugati 
nella  T,  situati  su  r,  sicché  questi  punti  risultano  doppi  per  la  corrispon- 
dente superficie  E. 

>  Inversamente  si  ha  che  :  Nel  sistema  delle  superficie  K  della  trasforma- 
tone T  la  superficie  che  ha  un  punto  doppio  in  un  punto  arbitrario  P,  ne  ha 
un  secondo  nel  punto  F  conii^ato  a  P  nella  T,  ed  è  quella  dovuta  alla  retta  PP'. 

«  Si  noti  ancora  che  la  superficie  E  della  T  dovuta  ad  uno  dei  suoi 
raggi  fondamentali  ^i . . .  0%^  ha  per  retta  doppia  tale  raggio  a,  giacché  la 
linea  J  dovuta  ad  ogni  piano  per  a  si  spezza  nella  ^  ed  in  una  conica. 

6.  Nella  T  la  superficie  Jacobiana  delle  (Pu  è  una  l4o^Cio^n^i  •  •  •  ^»o)*; 
la  superficie  punteggiata  unita  è  una  i^g^Cio'  ^i . . .  a«o  (0)  ^  1&  congruenza 
delle  congiungenti  punti  coniugati  inf.^  vicini  è  di  4^  grado. 

Il  La  curva  Cu  che  nella  T  coirìsponde  ad  una  retta  arbitraria  r  ha 
su  questa  8  punti  (i  punti  ri2g)  e  ne  ha  10  suUa  retta  /  coniugata  alla  r 
rispetto  al  complesso  r,  perchè  un  piano  n  passante  per  /  sega  la  Cu,  fuori 
della  r\  solamente  nel  punto  che  nella  T  è  coniugato  al  punto  nr\ 

s  Ogni  congruenza  Qm  del  complesso  T  determina  una  superficie  unita 
nella  T,  lu(^o  delle  coppie  di  punti  coniugati  situate  sui  raggi  della  con- 
gruenza. Tale  superficie  passa  m  volte  per  la  Ciò  ed  ha  in  comune  con  ogni 
linea  J  olire  gli  m  punti  di  appoggio  con  la  Ciò  altri  2m  punti  situati  sui 
raggi  della  congruenza  appartenenti  al  fascio  a  cui  è  dovuta  la  ^,  onde  l'ordine 
della  superficie  è  ^m. 

«  Inversamente  le  congiungenti  i  punti  di  una  superficie  Fjk^Cio'*  ai 
punti  coniugati  (che  sono  su  di  una  P'iijk-4o;i^Cio^*"'"'*)  costituiscono  una 
congruenza  del  complesso  V  di  grado  3A — lOA  (2). 

•  Si  è  con  ciò  al  caso  di  costruire  e  studiare  tutte  le  trasformazioni 
doppie  dello  spazio  che  hanno  per  involuzione  congiunta  la  T  nel  senso  in- 
dicato da  De  Paolis.  Basta  assumere  come  spazio  doppio  uno  spazio  ordinario 
su  i  punti  del  quale  si  sia  rappresentato  razionalmente  il  complesso  T  con 
i  metodi  indicati  da  Cremona  (^). 

»  Si  noti  infine  che  la  trasformazione  T  che  si  studia,  può  supporsi 
anche  generata  mediante  il  complesso  lineare  r  e  un  connesso  conico  X1.2 
di  P  grado  e  di  2®  ordine  (^),  in  modo  che   due   punti   coniugati  nella  T 

(»)  V.  De  Paolis,  iilem.  e  §  cit. 

(*)  Ne  segue  che  non  vi  è  alcuna  Fs  =  C,o.  Veggasi  la  classificazione  deirflalphen. 
Mem.  cit.,  cap.  VI,  n.  7. 

P)  Sulla  corrispondenza  fra  la  teoria  dei  sistemi  di  rette  e  la  teoria  delle  super- 
ficie. Atti  deUa  R.  Accademia  dei  Lincei.  Serie  2*,  tomo  III,  g  3,  in  nota. 

('*)  V.  Masoni,  Su  i  connessi  conici  ecc.  Rendiconti  della  R.  Accademia  di  Napoli, 
fase.  4«,  1883. 


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—  212  — 

siano  1  punti  <^he  nel  connesso  X  sono  coardinuti  «d  un  raggio  d^l  own- 
plesso  r. 

^  I  raggi  ai . . .  a^  sono  i  raggi  singolari  i^\  ooQtnessQ  situati  n$l  eomr 
plesso  F;  e  la  Ciò  è  il  luogo  dei  punti  ;  cui  piani  coordinati  nel  connosq^ 
coincidono  con  i  piani  polari  nella  correlazione  polare  nulla  (r). 

«  7.  Dalla  costrui^ione  data  nel  §  4  della  trasformazione  T  ipediante  la 
sua  linea  fondamentale  Ciò  segue  che  ogni  quatrisecante  della  Ciò  corrisponda 
nella  T  a  ciascun  suo  punto,  ed  è  quindi  un  raggio  del  complesso  T,  ùmi9r 
mentale  per  la  T.  Ora  P9Ò  succedere  cbe  la  Ciò  ei  spillai  in  modo  da  am- 
mettere 00  ^  quatrisecanti.  Allora  la  superficie  S^  del  complesso  r  cbe  ne  è 
il  luogo,  viene  a  far  parte  di  ogni  superfìcie  (Pn  della  T,  sicché,  tmscurindp 
tale  superficie  S^,  si  ottiene  una  trasformazione  di  ordine  11 — ^,  nellA  quale 
le  superficie  ^  sono  delle  ^u^i»,^WWWWai...ai,  ove  Ls , Ls , l^i , Lo 
sono  le  parti  della  Ciò  (di  ordine  hik^kyh^  per  /©  4-  ^i  H-  ^2  -H  ^a  ==^  IQ) 
multiple  rispettivamente  secondo  3,  2, 1,  0  per  la  superficie  S^^. 

«  Il  sistema  della  superficie  K  non  si  altera  con  lo  staccarsi  della  S^^. 
sicché  ogni  raggio  r  di  questa  si  trova  su  tutte  le  superficie  K  di)vute  alle 
congruenze  lineari  di  F  pesanti  per  r,  e  perciò  questo  raggio  contiene  oo  ' 
coppie  di  punti  coni^ati  della  Tu.^. 

«t  Di  un  punto  A  della  curva  fondamentale  Lr  (per  r:F=0, 1,  3)  la  cor- 
rispondente linea  J^  si  spezza  negli  r  raggi  della  Sp^  uscenti  d»  es^o  ed  in 
ftna  curva  di  ordine  3  —  r,  che  corrisponde  ad  A  nella  Tn-^.  Invece  per  ogni 
punto  A  della  L3  la  linea  4  è  costituita  dalle  tre  generatrici  della  Sf&  uscenti 
da  esso,  sicché  su  un  qualsiasi  altro  raggio  di  F  che  passi  per  A,  i  due 
punti  coniugati  nella  T  coincidono  in  A,  e  quindi  la  Ls  non  risulta  fonda- 
mentale per  la  Tn_ut,  ma  ne  é  curva  unita  singolare. 

u  E  la  congruenza  delle  congiungenti  punti  coniugati  inf.^*  vicini  si 
spezza  nella  congruenza  dei  rs^gi  del  complesso  F  appoggiati  alla  Ls  ed  in 
quella  dei  raggi  dovuti  ai  punti  della  superficie  punteggiata  unita,  la  quale 
superficie  formando  con  la  Sa  la  i?8  del  caso  generale  risulta  una  i?g.u^Lo'Li. 

«t  Ne  segue  /a  <  4 ,  ^tc  <  8. 

«  La  superficie  Sa  oltre  le  Lg ,  L3  i;on  ha  alcun*altra  linea  multipla. 
La  sua  sezione  con  una  superficie  K  si  compone  delle  linee  fi)ndamentali,  e 
dei  fx  ra^gi  che  essa  ha  nella  congruenza  lineare  a  cui  è  dovuta  la  E,  in 
modo  che  se  per  individuare  la  Tu-^  invece  di  partire  dalla  Ciò  si  parte 
dalla  Sa  che  soddisfi  le  condizioni  accennate,  riesce  agevole  stabilire  gli  or- 
dini delle  linee  L;  e  considerando  le  congruenze  d'ordine  minore  (1  0  2)  del 
complesso  F  che  contengono  la  Sa,  e  le  superficie  unite  che  esse  determinano 
(§  6),  le  quali  comprendono  la  Sa,  si  viene  a  determinare  la  linea  Gio  e 
la  corrispondente  trasformazione  Tn_a. 

«  Ciò  apparirà  più  chiaramente  negli  esempi  che  verremo  ora  a  con- 
siderare. 


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—  213  — 

s  8.  La  superfìcie  Su  sia  un  fascio  di  raggi  (A — a)  del  complesso  r. 
Allora  le  superficie  E4  della  tarasformazione  dovuta  alle  00'  congruenze  li- 
neari di  r  che  contengono  il  fascio  (A — a),  si  spezzano  nel  piano  a  ed  in 
supeificie  di  3^  ordine  E3  costituenti  una  rete,  di  cui  risulta  linea  base 
quella  parte  della  linea  fondamentale  Ciò  della  T  che  non  giace  nel  piano  a. 
E  siccome  due  superficie  della  rete,  dovute  alle  congruenze  lineari  {t — 1'\ 
{u — u'),  hanno  in  comune,  oltre  la  linea  in  questione,  la  conica  Cs,  che  nel 
piano  fi^t'  u'  deUa  stella  A  forma  con  il  raggio  a  fi  del  &scio  (A — a)  la 
linea  J  del  piano  fi,  perciò  la  linea  base  della  E3  è  una  C7  di  genere  5 
passante  per  A  ed  appoggiata  in  sei  punti  alla  conica  C^ . 

K  Partendo  inversamente  da  una  tale  curva  C7  e  dal  complesso  r,  riesce 
agevole  costruire  la  trasformazione  Tio  che  cercasi. 

«  Si  noti  infatti  che  una  C7  gobba  di  genere  5  è  base  di  una  rete  di 
superficie  di  3^  ordine  di  cui  i  fasci  hanno  per  ulteriori  linee  basi  coniche  Ct 
appoggiate  in  sei  punti  alla  C7.  Di  queste  00'  coniche  una  ne  passa  per 
ogni  punto  P  dello  spazio  ;  solo  quando  P  è  un  punto  della  G^ ,  le  coniche 
del  sistema  che  passano  per  esso,  sono  00  ^  e  giacciono  sulla  superficie  della 
rete  che  ha  in  P  un  punto  doppio.  - 

«  I  piani  delle  coniche  Cs  costituiscono  una  stella  di  cui  è  centro  un 
punto  A  della  C7.  Che  se  Cs ,  C'2  sono  due  qualsiansi  coniche  del  sistema, 
basi  dei  fasci  L ,  L'  della  rete,  e  tt  ,  tt'  sono  i  loro  piani,  il  fascio  L'  sega 
il  piano  71  secondo  un  fascio  di  cubiche  del  quale  sei  punti  base  sono  i 
punti  (C2-C7),  onde  gli  altri  tre  sono  su  una  stessa  retta.  Ora  di  questi 
ultimi  punti  due  sono  i  punti  {n  C't)  e  il  terzo  è  il  punto  {n  C7)  ^  A  non 
situato  su  Ct,  sicché  pa:  questo  punto  A  determinato  completamente  dal 
piano  n  della  conica  C2 ,  passa  il  piano  ti'  di  ogni  altra  conica  analoga  C\ . 

K  E  inversamente  ogni  piano  tv  passante  per  A  contiene  una  conica  Cs , 
dal  che  segue  anche  che  una  conica  del  sistema  è  determinata  univocamente 
da  una  sua  corda  che  non  passi  per  A  {^). 

«  Ora  se  con  la  C7  è  dato  un  complesso  lineare  r,  le  coppie  di  punti  P  F 


(')  Le  superficie  K.  ^  C7  di  un  fascio  F  segano  il  piano  n  della  conica  Ci  base  del 
Iglscìo  secondo  le  rette  del  fascio  (A.  —  tt).  Da  ciò  segue  che  ciascuna  superficie  Ks 
della  rete  contiene  una  retta  k  della  stella  A  (essa  è  Tunica  retta  della  Ks  che 
si  appoggia  in  un  solo  punto  alla  C7),  sicché  essa  superficie  può  riguardarsi  come  il  luogo 
delle  coniche  C»  situate  nei  piani  passanti  per  il  raggio  k.  Ne  segue  che  le  conica  Ci 
che  si  appoggiano  ad  una  retta  r  sono  nei  piani  di  un  cono  di  8»  classe  della  stella  A 
e  generano  una  superficie  omaloide  Fi^Ci'rCs*  essendo  quest'ultima  la  Ci  che  ha  per  corda 
la  r.  Analogamente  le  coniche  Ci  tangenti  ad  un  piano  q  sono  nei  piani  di  un  cono  di 
4*  classe  della  stella  A,  e  generano  una  Fn^C?^,  la  quale  è  toccata  dal  piano  q  lungo  una 
C$  che  ha  7  punti  doppi  sulla  Ct. 

Sì  ha  con  ciò  il  mezzo  di  determinare  le  caratteristiche  elementari  del  sistema  deUe 
coniche  Ci. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  28 


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—  214  — 

sitnate  sa  una  stessa  conica  Gs  dell'assieme  e  su  uno  stesso  raggio  del  com- 
plesso r,  determinano  una  trasformazione  involutoria  T  della  specie  che  stu- 
diasi, in  cui  ogni  raggio  del  complesso  r  contiene  una  sola  coppia  di  punti 
coniugati  eccettuati  i  raggi  del  fascio  (A — a)  del  complesso  che  ne  conten- 
gono 00*. 

(t  La  C7  è  linea  fondamentale  tripla  per  la  trasformazione.  Ogni  suo 
punto  P  ha  per  coniugata  la  sezione  della  Ks^P'  C7  col  piano  polare  di  P 
nella  correlazione  polare  nuUa  (F). 

K  L'altra  linea  fondamentale  della  trasformazione  (doppia  per  essa)  è  il 
luogo  dei  punti  del  piano  a  i  cui  piani  polari  nella  (r)  contengono  le  co- 
niche Gt  passanti  per  essi;  e  tale  lu(^o  è  una  Gs,  perchè  ogni  retta  r  Hoc 
contiene  tre  punti  del  luogo,  che  sono  la  sezione  di  r  con  la  superficie  E» 
della  rete  che  passa  per  la  retta  /  della  stella  A  coniugata  alla  r  nella  (f). 

«  Sicché  nella  trasformazione  Tio  che  ne  risulta,  le  <P  sono  delle 
<Pio^G7^  G3'  Al . . .  ^15 ,  essendo  ai.. ,  ais  le  trisecanti  della  G7  appoggiate 
alla  G3,  raggi  del  complesso  T;  e  la  Jacobiana  delle  <P  è  costituita  dalle 
1,^07^  C3  tìJi . . .  ai6 ,  l87^C7*  Cs®  («1 . . .  a^Y,  che  corrispondono  alle  O3  C7. 

s  Queste  due  curye  hanno  in  comune  i  punti  {a  G^)  diversi  da  A. 

<  La  superficie  punteggiata  unita  della  trasformazione  è  di  7^  ordine  ;  è 
una  Ì27^C7*  C3  ai.. .  «15  (0« 

fi  9.  Un  caso  particolare  del  precedente  si  ottiene  quando  la  trasformazione 
T  presenti  un  punto  fondamentale  A,  a  cui  corrisponde  il  suo  piano  polare  a 
nella  (r). 

«  Gome  prima  le  superficie  E4  della  T  dovute  alle  congruenze  lineari 
che  contengono  il  fascio  (A — a),  si  spezzano  nel  piano  a  ed  in  superficie  E3 
di  una  rete,  in  cui  però  ogni  conica,  base  di  fascio,  Gs  deve  contenere  il 
punto  A  che  su  di  essa  deve  corrispondere  al  punto  (àGt),  sicché  le  super- 
ficie Es  risultano  monoidi  col  punto  doppio  A  in  comune.  La  G7  (di  genere  3) 
passa  per  tale  punto  tre  volte,  mentre  l'altra  linea  fondamentale  Gs  della 
trasformazione  vi  passa  semplicemente. 

«  E  tutte  le  superficie  E4  della  T  hanno  in  A  un  punto  doppio. 

«  10.  La  superficie  Spi  sia  un  sistema  rigato  B  del  complesso  r.  Allora 
ciascuna  congruenza  lineare  del  fascio  <P  di  r  che  ha  per  base  il  sistema  R, 
determina  una  superficie  E  che  spezzasi  nell'iperboloide  I  su  cui  giace  il 
sistema  B,  ed  in  una  quadrica  che  col  variare  della  congruenza  descrive  un 
fascio  F  proiettivo  al  precedente. 

e  Partendo  inversamente  da  due  fasci  proiettivi  F ,  d>  l'uno  di  quadriche 
e  l'altro  di  congruenze  lineari  appartenenti  ad  un  complesso  r,  le  coppie  di 


(1)  A  due  a  due  le  trisecanti  della  Ci  sono  coniugate  nella  T.  Duo  trisecanti  coniugate 
sono  in  un  piano  per  A,  il  cui  inviluppo  è  un  cono  di  5*  classCi  e  il  loro  punto  d'incontro 
è  su  una  curva  Hi»  della  i2f,  sicché  dette  trisecanti  costituiscono  una  Sis^Ci'His*. 


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—  215  — 

punti  PF  situate  su  una  stessa  quadrìca  S  del  fascio  F  e  su  uno  stesso 
raggio  della  congruenza  Q  del  fascio  ^  che  nella  proiettiTità  data  corrisponde 
alla  S,  costituiscono  una  trasformazione  involutoria  T  nella  quale  semplice- 
mente i  raggi  del  sistema  B  base  del  fascio  <P  contengono  ciascuno  oo  ^  coppie 
di  punti  coniugati. 

•  Le  linee  fondamentali  di  questa  trasformazione  T9  sono  la  curva  G4 
base  del  fascio  F  e  la  curva  Ce  luogo  delle  intersezioni  delle  quadriche  S 
del  fascio  F  con  le  direttrici  delle  corrispondenti  congruenze  lineari  Q  del 
fascio  <1>.  La  prima  curva  è  tripla  per  la  <P«  ;  la  seconda  ne  è  doppia,  è  di 
genere  3,  ha  per  quatrisecanti  i  raggi  del  sistema  B  e  ha  in  comune  colla 
G4  otto  punti. 

«  I  raggi  fondamentali  della  T  sono  le  ai . . .  a^  corde  comuni  alle  C4 ,  C« . 
La  Jacobiana  delle  ^  è  costituita  dalle  superficie  Ii6^C4*C6*(ai-..aif)*, 
I,e^C4*C6'  (ai..,  ditY  che  corrispondono  rispettivamente  alle  G4 ,  C«;  e  la 
superficie  punteggiata  unita  ò  una  SÌ^^Gi*  Ca  ai . . .  ait  ». 


Gristallografla.  —  Criteri  per  stabilire  una  classificazione  natu- 
rale  dei  cristalli.  Nota  del  prof.  Carlo  Marangoni,  presentata 
dal  Socio  Blaserna. 

«  1.  In  questa  Memoria  mi  propongo  di  provare  che  il  salgemma  è  di- 
metrico esagonale  (0;  ^  <^bOi  P^^  induzione,  appartengono  all'esagonale  tutti 
quei  minerali  del  sistema  tesserale,  che  si  sfaldano  paraUekmente  alle  facce 
del  cubo.  Non  dove  ripugnare  l'esistenza  d'un  romboedro  coir  angolo  di  90*»  ; 
è  questa  una  forma  intermedia  fra  i  romboedri  acuti  e  gli  ottusi,  sebbene 
però  un  romboedro  di  90®  abbia  la  forma  esterna  di  un  cubo,  esso  non  cessa, 
per  le  sue  proprietà,  di  essere  un  romboedro. 

•  La  forma  estema  dei  minerali  è  così  mutabile,  e  spesso  è  mimetica, 
pseudomorfa  e  può  mancare  affatto  che  essa  costituisce  un  carattere  secondario. 
Il  più  importante  carattere  dei  cristalli  è  l'assettamento  regolare  delle  mole- 
cole, il  quale  dà  origine  ai  piani  di  sfaldatura. 

K  Qui  mi  limito  a  due  soli  casi:  quello  che  dà  luogo  all'ottaedro  di  sfal- 
datura e  l'altro  che  dà  luogo  al  romboedro  di  sfaldatura. 

>  Soltanto  il  primo  può,  secondo  il  mio  modo  di  vedere,  appartenere  al 
sistema  tesserale;  il  secondo,  all'esagonale.  Dunque  la  fluorite,  che  si  sfalda 
in  ottaedri,  e  il  salgemma,  che  si  sfalda  in  cubi  (romboedri  di  B:B  ==90®) 
sono  incompatibili  nel  medesimo  sistema.  Ma  vediamo  di  appoggiare  questa 
mia  ipotesi  sopra  dei  fatti. 


(»)  Rendic.  d.  R.  Acc.  dei  Lincei.  Voi.  IV,  fase.  3<»,  1888. 


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—  216  — 

«  2.  Rifrazione.  —  Se  il  salgemma  è  un  romboedro  in  fonna  di  nn  cubo» 
una  delle  sue  diagonali  deve  essere  Tasse  principale,  e  in  questa  direzione  1 
fenomeni  ottici  devono  essere  diversi  da  quelli  veduti  nella  direzione  dello 
altre  tre  diagonali.  Per  verificare  ciò  feci  tagliare,  da  un  medesimo  cristallo 
limpido  di  salgemma  di  Stassfurt,  quattro  lamine  della  grossezza  di  5"*"^ 
nella  direzione  111  e  in  modo  di  troncare  i  quattro  angoli  di  una  stessa 
feiccia  del  cubo;  così  ciascuna  sezione  è  perpendicolare  a  una  delle  quattro 
diagonali  diverse. 

«  Esaminando  le  dette  lamine  nel  campo  oscuro  dell*  apparato  di  Nòr- 
remberg,  a  luce  parallela,  trovai  infatti  che  tre  di  quelle  lamine  presenta- 
vano due  direzioni  di  estinzione  retta  come  i  cristalli  uniassi,  e  quando 
Tasse  ottico  era  in  direzione  diagonale  la  luce  appariva.  La  quarta  lamina 
invece  lasciava  passare  solo  poca  luce,  visìbile  specie  coll'apparato  a  tx)rma- 
line,  e  Tintensità  del  campo  non  variava  col  girare  la  lamina.  Il  piano  che 
contiene  Tasse  ottico  nelle  tre  prime  lamine  passa  per  una  certa  mediana  della 
faccia  dell'ottaedro  ed  è  perpendicolare  alla  lamina,  dunque  i  piani  degli 
assi  ottici  delle  tre  lamine  passano  per  una  dissonale  del  cubo,  quella  per- 
pendicolare alla  quarta  lamina.  Dunque  il  salgenmia  è  un  cristallo  uniasse, 

Tasse  è  una  diagonale  del  cubo, 
dunque  il  salgemma  è  un  romboedro 
colT angolo  di  90**,  sfaldabile,  come 
gli  altri,  parallelamente  alle  facce 
del  romboedro. 

«  Si  noti  che  la  luce  nelle 
prime  tre  lamine,  in  posizione  dia- 
gonale, non  apparisce,  uniforme, 
come  osservasi  nelle  lamine  sfal- 
date di  calcite;  ma  apparisce  a 
linee  sfamate,  di  color  celeste  chia- 
ro, parallele  al  piano  che  contiene 
Tasse,come  vedesi  nella  fig.  1.  Le 
lamine  triangolari  avevano  22°*°* 
di  lato  e  vi  si  contavano  15  linee 
luminose  principali. 
«  3.  Perchè  il  salgemma  non  è  birifirangente  ?  siccome  vi  sono  romboedri 
ottusi  e  acuti:   romboedri   ubativi  e  positivi,  cercai  se  v'era  una  relazione 

fra  Tangolo  B  e  il  rapporto  —  dei  due  indici  di  rifrazione  straordinario  e  ordi- 
nario; e  se  per  avventura  il  romboedro  di  90®  fosse  il  punto  di  transizione 
fra  i  positivi  e  i  negativi,  nel  qual  caso  dovevasi  trovare  —  =  1,  e  quindi 

nessuna  traccia  di  doppia  rifrazione.  Ma  non  è  così:  il  rapporto  —varia  poco 


Grandezza  doppia  del  yero. 


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—  217  — 

col  Yarìare  dell^angolo  B  e  poi  passa  d*uii  salto  dai  cristalli  —  ai  +  prima 
d'anriyare  all'angolo  di  90^,  come  yedesi  nel  seguente  specchietto  : 


Angolo 

€ 

polare  B 

to 

— 

Tonn&lina 

450.41' 

0,990 

— 

Pirargirite 

71.18 

0,984 

— 

Dolomite 

73.48 

0,932 

— 

Calcite 

74.55 

0,895 

+ 

Dioptasio 

84.  5 

1,034 

+ 

Quarzo 

85.45 

1,006 

s  Occorre  dunque  di  troTare  un'altra  spiegazione  della  mancanza  di  doppia 
rifrazione.  Si  sa  che  sovrapponendo  due  lamine  di  calcite  parallele  ad  B,  della 
stessa  grossezza  e  disposte  sinmietricamente,  come  se  Tuna  fosse  Tinmiagine 
dell'altra  rispetto  al  piano  B,  guardando  attrayerso  la  detta  coppia  di  lamine 
non  si  osserya  più  la  doppia  rifrazione;  ma  la  luce  rimane  polarizzata  coi 
piani  di  estinzione  come  prinoA.  Si  può  allora  supporre  che  un  cristallo 
di  salgemma  sia  una  forma  mimetica  risultante  di  romboedri  in  forma  di 
cubi  disposti  simmetricamente  in  diverse  positure,  in  modo  che  ne  risulti 
ancora  un  cubo  di  apparenza  quasi  isotropa.  Se  il  mimetismo  è  così  frequente 
per  le  forme  meno  regolari,  lo  sarà  maggiormente  per  le  forme  cubiche  ;  nelle 
quali  è  quasi  indifferente  la  positura  delle  singole  molecole. 

«  Ad  avvalorare  l'ipotesi  che  il  salgemma  sia  una  forma  che  chiamerei 
mimefarica  isomorfa,  sta  l'apparenza  striata  che  esso  presenta  fra  i  nicol  in  dire- 
zione diagonale,  simile  a  ciò  che  osservasi  in  vari  minerali  ripetutamente 
geminati;  ad  esempio:  nel  microclino  e  in  altri  feldispati. 

«  4.  Piani  d'incrinatura.  —  Anche  i  piani  d'incrinatura,  prodotti  daUa 
scarica  elettrica,  mostrano:  1^  una  analogia  fra  il  salgeumiae  i  cristalli 
dell'esagonale;  2^  una  differenza  fra  il  salgemma  e  la  fluorite,  che  è  tes- 
serale. 

«  Tanto  il  salgemma  che  la  calcite  possono  essere  attraversate  dalla 
scarica  in  tre  direzioni  perfettamente  analoghe  (0.  La  fluorite,  invece  lo  è 
in  una  sola  direzione,  diversa  dalle  tre  suddette. 


(1)  Nella  seconda  Memoria  (R.  Lincei  voi.  ni,  fase.  5*>,  1887),  notai  pel  salgemma 
ima  dilezione  di  più:  lo  spigolo  del  tetraedro  e  dell'ottaedro  sono  una  medesima  direzione, 
come  risulta  dal  calcolo: 

tetraedro,  111,  111  =  [011] 
ottaedro,   111,  III  =  [011] 


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—  218  — 
•  Ecco  il  quadro  comparativo  delle  direzioni  dei  fori  e  dei  piani  : 

Calcite  Salgemma 


fori 


I.  Spigolo  culmi- 
nante—2  BO 


II.      [0001] 


III.  Spigolo  R 


incrinature 


B 

1210 

Olio 
1010 
1100 

B 
B 


scalini 


B 

0111,1101 

B 
B 
B 

lisci 


I 


fori 


[Oli]  :: 


[111] 


[001] 


incrinatture 


100 
Oli 

110 
lOl 
Oli 

100,010 

eateae 

iio,iio 

breri 


scalini 


liscia 
010,001 

specolari 

a  strìe  sottili 

normali  al  foro 

speculari 

(?) 


«  Dal  precedente  quadro  risulta: 
tt  1^  che  il  foro  della  calcite,  parallelo  allo  spigolo  del  romboedro 
inverso  —  2  B,  corrisponde,  nel  salgemma  allo  spigolo  del  tetraedro  ;  perchè, 
se  si  dispone  il  cubo  con  una  diagonale  verticale,  presa  come  asse  principale, 
le  diagonali  delle  fiu^ce  del  cubo,  che  partono  dagli  angoli  terminali,  sono 
appunto  spigoli  del  romboedro  inverso  — 2  R. 

«  Le  due  incrinature   sono,  in  tutti  e  due  i  cristalli:  una,  parallela  a 
una  faccia  e  Taltra,  alla  sezione  principale  perpendicolare  a  detta  faccia. 

«  2^  che  il  foro  parallelo  aU  asse  nella  calcite  è  analogo  al  foro  paral- 
lelo aUa  diagonale  del  cubo  assunto  come  asse  principale:  in  ambedue  i 
cristalli  le  incrinature  son  tre,  che  hanno  per  intersezione  Tasse  suddetto,  e 
fanno  angoli  di  120<^  fra  loro;  colla  differenza  che,  nella  calcite  le  incrinature 
sono  parallele  alle  facce  del  prisma  esagonale  di  1^  ordine;  mentre  che  nel 
salgemma  sono  parallele  al  prisma  esagonale  di  2^  ordine,  parallelo  alleasse 
suddetto,  n  salgemma  ha  più  analogia  col  quarzo,  che  forma  pure  tre  incri- 
nature parallele  al  prisma  di  2^  ordine.  Le  tre  facce  d'incrinatura  del  salgemma 
corrispondono  ai  piani  di  percussione  del  Beusch. 

«  Nella  calcite  gli  scalini   sono  paralleli  rispettivamente  a  una  faccia 
del  romboedro;  nel  salgenmia  non  si  scorge  la  direzione  degli  scalini. 

«  3""  finalmente  il  foro  parallelo  agli  spigoU  culminanti  del  romboedro  B 
di  calcite  corrisponde  al  foro  parallelo   agli  spigoli  del  cubo  di  salgemma; 


{})  In  un  sol  caso  la  calcite  ha  presentato  un  foro  parallelo  alla  diagonale  maggiore 
di  una  faccia  R.  I  due  piani  d*incrìnatura  erano:  R,  striato  perpendicolarmente  al  foro, 
e  il  piano  di  scorrimento  di  Reusch.  Ma  questa  direzione  sta  aUa  I  come,  nel  salgemma, 
uno  spigolo  del  tetraedro  sta  all*altro  che  gli  è  normale. 


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—  219  — 

le  dae  incrìnatare  nella  calcite  sono  due  piani  di  sfiildatara,  come  nel  sal- 
gemma; ma  in  quest'ultima  yì  sono  altri  due  piani  in  diagonale,  cioè  quelli 
dì  percussione. 

«  La  maggiore  analogia  dei  piani  dlncrinatura  del  salgemma  con  quelli 
del  quarzo,  piuttosto  che  con  quelli  della  calcite,  può  confermare  l'ipotesi 
che  il  salgemma  sia  mimetico;  il  quarzo  infatti  è  in  generale  formato  dalla 
riunione  di  un  cristallo  destrorso  con  uno  sinistrorso. 

«  Se  si  trafora  la  fluorite,  tagliata  parallelamente  a  una  &ccia  del  cubo, 
0  dell'ottaedro,  questa  sì  incrina  sempre  secondo  due  piani  di  sfaldatura  che 
hanno  per  intersezione  il  foro  ;  spesso  questo  è  una  spezzata  che  segue  due  spi- 
goli successìTÌ  dell'ottaedro.  Ho  misurato  l'angolo  formato  da  due  incrinature  e 
l'ho  trovato  =  109H  che  è  circa  l'angolo  dell'ottaedro  regolare =109«.28M 6". 

«  Alle  Tolte  il  foro  è  curvilineo  nella  fluorite  ;  ma  allora  si  vede  che 
una  incrinatura  è  fatta  a  gradinata,  il  decrescimento  d^li  strati  segue  una 
legge  irregolare  e  si  ha  una  incrinatura  di  forma  apparentemente  cilindrica  ; 
di  qui  la  ragione  dei  fori  tortuosi. 

•  La  scarica  elettrica,  o  sfalda  i  minerali,  o  produce  una  incrinatura 
la  quale  è  intermedia  a  due  piani  di  sfaldatura,  e  si  direbbe  essere  la  loro 
risultante. 

.«  5.  Curve  delle  durezze^  elasticità.  Exner  trovò  (^  che  il  salgenuna  e  la 
fluorite  si  comportano  oppostamente  riguardo  alla  durezza,  esperimentata  in  varie 
direzioni  su  di  una  stessa  faccia.  Cioè,  pel  salgemma  sulle  facce  100  e  IH, 
la  durezza  è  massima  nella  direzione  dal  centro  della  faccia  ai  vertici;  ed 
è  minima  dal  centro  ai  punti  di  mezzo  dei  lati.  Avviene  l'opposto  sulle  cor- 
rispondenti facce  della  flourite.  NeUa  calcite,  invece  sulle  &cce  del  romboedro 
e  sulla  faccia  basale  si  hanno  i  massimi  e  i  minimi  precisamente  come  nel 
salgenmia. 

«  Yoigt  e  Groth  trovarono  che  l'elasticità  nel  salgeomia,  normalmente 
alle  facce  100,  111,  sta  nel  rapporto  1:0,763.  Tutti  questi  fatti  stanno  a 
provare  che  il  salgenuna  non  è  isometrico. 

«  Conclusione,  —  Non  essendo  possibile  di  provare  ohe  esista  un  cubo  col- 
l'angolo  di  90^,  (e  su  questo  argomento  richiamo  al  lettore  l'importante  lavoro 
del  prof.  Orattarola:  Bell'unità  cristallonomiea)  (^)  è  probabile  che  presto 
si  veggano  sparire  tutti  quanti  i  minerali  dal  sistema  tesserale  ;  e  che  questi, 
emigrando  di  sistema  in  sistema,  si  riducano  tutti  nel  triclino.  Questo  fatto 
è  necessaria  conseguenza  deiressere  il  sistema  di  Hafly  artificiale.  Basandoci 
invece  sul  concetto  dei  piani  di  sfaldatura  si  può  stabilire  una  classificazione 
naturale   delle   forme   cristalline  ;  e  mi  parrebbe  di  ridurre,  per  ora,  molti 

(')  F.  Exner,  Untersuchungen  ùber  die  Hàrte  an  Crystallflàschen,  Wien  1873. 

(*)  G.  Grattarola,  Rivista  scientifica  di  6.  Vimercati  anno  IX.  1877.  Dirò  solo  che 
rantore,  avendo  misurato  on  angolo  del  cubo  della  galena,  ottenuto  per  sfaldatura,  lo  ha 
troyato  a:89^.51^  coll'approssimasione  di  10  secondi. 


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—  220  — 

minerali  sotto  due  soli  tipi,  ciò;  l'ottaedro  di  sfaldatura  e  il  romboedro  di 
sfaldatm'a. 

«  In  questa  nuova  classificazione  avverrebbe  il  fatto  opposto  ;  che  cioè, 
minerali  appartenenti  a  sistemi  inferiori  verrebbero  a  trovare  il  loro  posto 
nel  primo  tipo,  cioè  nell'ottaedrico  ;  imperciocché  l'essere  gli  assi  ugnali  o 
disuguali;  Tessere  gli  angoli  retti  o  quali  si  vogliano,  non  costituisce  una 
differenza  esenziale,  ma  solo  specifica.  Il  fatto  fondamentale  in  mineralogia 
è  la  forma  di  sfaldatura,  dipendente  dal  numero  e  dalla  disposizione  dei 
piani  di  sfaldatura.  Qui  non  si  passa  in  modo  continuo  da  un  valore  all'altro 
ma  si  salta  recisamente  da  una  forma  a  un  altra. 

«  Mi  sorgono,  è  vero,  delle  difiScoltà,  e  delle  obiezioni  ;  ma  trovo  anche 
molti  altri  argomenti  in  appoggio.  Eppoi  non  sono  le  dif&ooltà  che  hanno 
arrestata  la  scienza,  ma  sono  esse  principalmente  che  l'anno  fatta  progredire  > . 

Fisica.  —  Nuovo  metodo  per  la  determirtazione  delle  due  co- 
stanti di  elasticità.  Nota  I.  del  dott.  Michele  Cantone,  presen- 
tata dal  Socio  Blaserna. 

«  La  ricerca  dei  due  coefficienti,  che  caratterizzano  una  sostanza  relati- 
vamente alle  deformazioni  elastiche,  ha  preoccupato  molto  i  fisici  senza  che 
si  sia  potuto  venire  sinora  a  conclusioni  del  tutto  soddis&centi. 

«  Lungo  sarebbe  rifare  la  storia  delle  esperienze  intraprese  sul  riguardo, 
tanto  più  che  una  severa  critica  ha  oramai  scartate  alcune  di  esse,  perchè 
non  corrispondenti  alle  condizioni  teoriche,  in  base  alle  quali  le  formule  appli- 
cate erano  stabilite  ;  non  accennerò  pertanto  né  alle  espeiienze  fatte  sui  me- 
talli temperati,  corpi  non  isotropi  e  assai  probabilmente  non  omogenei,  né  a 
quelle  fatte  sul  causciù,  perchè  riguardano  una  sostanza  la  quale  cede  alle 
azioni  deformatrici  in  modo  diverso  da  quello  che  nella  teoria  si  suppone. 
Ma  non  potrò  tacere  delle  esperienze  di  Wertheim,  di  Regnault  e  di  Comu 
relative  alla  determinazione  della  costante  di  Poisson,  ordinariamante  denotata 
colla  lettera  fi. 

«  Non  credo  che  alle  prime  si  possa  attribuire  importanza  di  ricerche 
decisive  sulla  questione  assai  controversa  di  quella  costante,  oltre  che  per  le 
ragioni  esposte  dai  fisici  i  quali  di  questa  critica  si  sono  intrattenuti,  anche 
per  le  condizioni  in  cui  si  trovavano  i  tubi  sottoposti  a  trazione,  ben  diverse 
da  quelle  prevedute  dalla  teoria:  non  si  poteva  infatti,  obbligando  le  parti 
terminali  a  non  subire  contrazioni  trasversali,  ottenere  nei  recipienti  quelle 
variazioni  di  volume  intemo  che  si  sarebbero  avute,  supponendo  i  punti  della 
sezione  terminale  superiore  capaci  di  avere  spostamenti  nel  loro  piano  e  quelli 
della  sezione  terminale  libera  sottoposti  ad  una  tensione  uniforme. 

«  Le  ricerche  condotte  con  tanta  cura  da  Regnault  non  hanno  avuto  esito 
più  fortunato  delle  prime,  perchè  nei  calcoli  relativi  a  quelle  esperienze  si 


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—  221  — 

assmneya  come  coefficiente  di  elasticità  del  vetro,  di  cui  erano  formati  i  reci- 
pienti che  yeniyano  sottoposti  esternamente  a  pressione  miiforme,  quello  che 
era  stato  dedotto  dalle  esperienze  di  Wertheim  :  or  essendo  abbastanza  noto 
il  modo  con  cui  varia  il  coefficiente  di  elasticità,  non  solo  per  tubi  di  varia 
qualità  di  vetro,  ma  anche  per  quelli  della  medesima  qualità,  si  è  dai  fisici 
ritenuto  poco  attendibile  il  risultato  avuto  dall^illustre  sperimentatore  francese, 
s  Si  è  piuttosto  ritenuto  come  assai  probabile  il  valore  di  fi  0,250,  cui 
porterebbero  approssimatamente  le  esperienze  fatte  da  Comu  applicando  il 
metodo  di  Fizeau  per  determinare  la  curvatura  di  una  lastra  di  vetro  sotto- 
posta a  jQessione,  tanto  più  che  per  quella  determinazione  non  occorreva  la 
conoscenza  del  coefficiente  d'elasticità  della  sostanza  su  cui  si  operava.  Certo 
le  ricerche  di  Comu  furono  eseguite  con  un  metodo  indiscutibilmente  supe- 
riore agli  altri  sino  allora  tenuti,  non  solo  per  la  grande  esattezza  di  cui 
erano  suscettibili  le  misure,  ma  bensì  per  il  fatto  che  si  producevano  piccole 
deformazioni;  condizione  essenziale  perchè  fosse  possibile  trovare  un  riscontro 
coi  risultati  cui  porta  la  teoria  della  elasticità.  Purtuttavia  è  rimasto  sempre 
il  dubbio  che  il  valore  di  fi  potesse  variare  non  solo  colla  sostanza,  ma  fin  anco 
da  una  qualità  ad  un*altra  di  vetro  ;  per  cui  dai  fisici,  che  si  sono  occupati 
deUe  variazioni  di  volume  dei  liquidi  nei  recipienti  di  vetro  sottoposti  a  pres- 
sione, 0  si  è  evitato  con  qualche  artifizio  di  tener  conto  delle  deformazioni 
del  recipiente,  o  nei  casi  in  cui  questo  è  stato  impossibile,  si  ò  adottato  con 
qualche  incertezza  da  taluni  il  valore  della  costante  fi  trovato  da  Comu,  da 
altri  quello  dedotto  da  Begnault. 

«  In  occasione  di  alcune  mie  esperienze  sulle  deformazioni  dei  conden- 
satori è  occorso  anche  a  me  di  conoscere  i  valori  di  jit  ed  E  per  i  recipienti 
cilindrici  di  cui  mi  servivo,  ed  ho  intrapreso  talune  ricerche  in  proposito,  per 
le  quali,  adoprando  un  metodo  nuovo,  son  venuto  con  grande  approssimazione 
per  fi  al  valore  0,250  cui,  oltre  alle  esperienze  di  Comu,  accennerebbero  i 
risultati  ottenuti  teoricamente  da  Poisson  e  in  questi  ultimi  tempi,  per  via 
diversa  da  Saint-Venant  (i)  :  ho  fiducia  pertanto  che  la  pubblicità,  che  io  do 
ad  esse,  valga  ad  avvalorare  un  fatto  di  grande  importanza  per  la  teoria 
della  elasticità. 

«  Debbo  qui  esternare  sensi  di  viva  gratitudine  al  chiarissimo  prof.  D.  Ma- 
caluso  che  mi  ha  ammesso  nel  Laboratorio  di  Fisica  di  questa  Università 
e  mi  ha  fornito  i  mezzi  per  intraprendere  le  ricerche. 

«  Il  Lamé  ha  calcolato  le  variazioni  di  lunghezza  e  di  volume,  ohe  su- 
bisce un  recipiente  di  forma  cilindrica,  supposto  che  alle  due  superficie  agis- 
sero pressioni  uniformi  date  ad  arbitrio  ;  e  si  sa  che  le  formule  dedotte  sono 
con  leggiera  modificazione  applicabili  al  caso  di  recipienti  cilindrici  terminati 
da  due  emisferi.  Ciò  che  rende  difficilmente  applicabili  quelle  formule  è  la 

(1)  De  Samt-Venuit,  C.  R.,  UH,  1107. 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  29 


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—  222  — 

determinazione  dei  raggi  interno  ed  esterno  del  tnbo,  di  cui  essi  son  formati; 
non  tanto  perchè  questa  misura  presenti  inconvenienti  speciali,  quanto  perchè 
i  tubi  di  vetro  non  hanno  d* ordinario  pareti  dì  spessore  costante:  fortunata- 
mente però  ho  potuto  trovarne  alcuni  a  spessore  sensibilmente  costante,  ed 
ho  ritenuto  quindi  potermi  servire  di  quelle  formule  per  dedurre  da  esse  i 
due  coefficienti,  dopo  aver  determinato  sperimentalmente  le  variazioni  di  lun- 
ghezza e  di  volume. 

«  I  tubi  da  me  adoperati  per  queste  esperienze  sono  quelli  di  cui  mi 
ero  servito  per  le  ricerche  mlle  deformazioni  dei  condematori:  sono  di  vetro 
turingio,  hanno  pareti  sottili  e  gli  assi  quasi  perfettamente  rettilinei.  Ho  avuto 
cura  di  dare  ai  recipienti  una  lunghezza  conveniente  perchè  le  calotte  termi- 
nali avessero  poca  influenza  sulle  variazioni  sia  di  volume  che  di  lunghezza: 
ed  inoltre,  per  operare  in  condizioni  più  vantaggiose,  ho  procurato  di  pro- 
durre nelle  calotte  stesse,  mercè  la  fusione,  un  aumento  di  spessore,  e  una 
curvatura  non  molto  forte.  A  far  ciò  sono  stato  costretto  a  modificare  le  dimen- 
sioni dei  recipienti  adoperati  nelle  esperienze  elettriche,  ragion  per  cui  si  tro- 
veranno diverse  le  loro  capacità  da  quelle  che  allora  aveano.  Bicorrendo  a 
tali  precauzioni  ho  potuto  supporre  trascurabile  Tinfluenza  delle  calotte  e  con- 
siderare i  recipienti  come  aventi  forma  cilindrica. 

«  Le  esperienze  hanno  avuto  per  ìscopo  di  determinare  per  ciascun  reci- 
piente la  diminuzione  di  capacità  dell'unità  di  volume  per  una  pressione 
uniforme  uguale  ad  uno  all'esterno,  e  successivamente  l'aumento  di  lunghezza 
per  una  pressione  uniforme  uguale  ad  uno  all'interno. 

»  Le  formule  che  danno  siffatte  variazioni  sono,  come  si  sa  : 

Jy  5  —  4/1  Ri*   ' 


VPi  E       Ri* 


(1) 

LPo  ~      E       Ri«  — Ko*  ^^^ 

dove  Fi  ed  Ri  denotano  rispettivamente  la  pressione  ed  il  raggio  esterno, 
Po  ed  Ro  la  pressione  ed  il  raggio  intemo. 
«  Ponendo 

Jy  J-. 


si  ha: 

da  cui  si  ricava: 


^      VPi  •  LPo 

5  — 4aRi* 
1— 2.uRo*' 


^'         -  (3) 


2k|;-4 


«  Per  avere  \i  non  occorre  che  la  ricerca  di  E  e  la  determinazione  dei 

due  raggi  del  tubo  :  noto  ,a  sarà  facile  ottenere  il  coefficiente  di  elasticità  E. 

«  La  misura  del  raggio  interno  di  ciascun  recipiente  è  stata  fatta  riem- 


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—  223  — 

piendolo  di  acqua  distillata,  privata  d'aria  mediante  TeboUizione  :  questo  li- 
quido occupaya  tutto  il  recipiente,  un  tubo  intermedio  destinato  alla  salda- 
tura di  un  tubo  capillare,  e  pornone  di  quest'ultimo;  dalla  differenza  dei 
pesi  del  recipiente  pieno  e  ruoto  si  avea,  fatta  la  correzione  per  la  tempe- 
ratura, il  volume  del  liquido;  da  cui  togliendo  la  porzione  ohe  riempiva  i 
due  ultimi  tubi,  si  avea  con  sufficiente  approssimazione  il  volume  intemo  del 
recipiente  che  si  dovea  sottoporre  a  pressione.  Chiamando  Y  questo  volume, 
ho  calcolato  il  n^o  intemo  Bo  del  tubo  servendomi  della  nota  formula: 


^-]/n{i,+ihy 


dove  li  denota  la  lunghezza  della  parte  cilindrica  del  recipiente,  ed  It  la 
somma  delle  saette  delle  due  calotte  terminali. 

«  D'altra  parte  mediante  lo  sferometro  si  è  avuto  lo  spessore  delle  pareti 
del  tubo,  ottenendo  i  pezzettini  occorrenti  per  questa  determinazione  dalla 
rottura  di  due  tratti  anulari  presi  agli  estremi  della  porzione  che  si  adoperava 
per  la  costmzione  di  ciascun  recipiente.  Il  valore  medio  d^li  spessori  misurati 
si  adottava  per  la  determinazione  del  raggio  estemo.  Aggiungerò  che  il  dia- 
metro intemo  del  tubo  intermedio  fra  il  recipiente  e  il  cannello  capillare  erasi 
determinato  direttamente  colla  macchina  a  dividere,  e  che  il  diametro  del 
tubo  capillare,  destinato  alla  misura  delle  variazioni  di  volume,  erasi  dedotto, 
dopo  essersi  accertati  che  il  tubo  fosse  sensibilmente  capillare,  determinando 
la  lunghezza  e  il  peso  di  ima  colonna  di  mercurio  introdottavi,  e  facendo  la 
correzione  per  la  temperatura. 

«  Variazioni  di  volome  per  le  pressioni  esterne.  —  In  un  serba- 
toio cilindrico  B  (fig.  1^),  comunicante  per  un  tubo  laterale  C  col- 
Vapparecchio  di  compressione  dell'aria,  veniva  introdotto  il  reci- 
piente A  che  si  voleva  sottoporre  a  pressione,  e  con  un  tappo  di 
sughero  S,  rivestito  alla  superficie  di  mastice,  si  operava  la  chiu- 
sura ermetica  della  concamerazione  compresa  fra  B  ed  A.  In  B  si 
conteneva  dell'acqua  destinata  in  parte  a  mantenere  costante  la  tem- 
peratura tutto  all'intomo  del  recipiente  A,  e  in  parte  a  diminuire 
il  volume  dell'aria  che  si  volea  comprimere,  essendo  ciò  richiesto 
dall'uso  di  una  pompa-manometro  di  cui  io  mi  serviva. 

«  Era  questa  costituita  di  due  tubi  di  vetro  a  sezione  piuttosto 
grande,  messi  in  comunicazione  mediante  un  tubo  di  gomma  fasciato, 
e  dei  quali  uno,  comunicante  col  serbatoio  B ,  era  fissato  stabilmente 
alla  parete,  l'altro,  aperto  superiormente,  era  sorretto  da  apposita 
custodia  scorrevole  lungo  un'asta  di  ferro  verticale.  Fra  i  due  tubi 
si  aveva  un  regolo  graduato  in  millimetri  per  misurare  la  differenza 
\J  di  livello  del  mercurio,  che  occupava  parzialmente  i  due  rami  del 
Fig.  1.    manometro.  Perchè  tale  misura  non  fosse  affetta  da  errori  provenienti 


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—  224  — 

dalla  direzione  della  visuale  deUossenratore,  sì  erano  circondati  i  dne  tnbi 
grandi  di  vetro  con  anelli  di  ottone  aventi  il  bordo  superiore  netto  e  scor- 
revoli su  guide  verticali:  sul  prolungamento  dei  bordi  superiori  si  avcfano 
due  indici  che  si  potevano  adattare,  girando  gli  anelli,  sul  regolo  graduato. 

«  Le  dimensioni  dei  tubi  di  congiunzione  e  delle  parti  nelle  quali  si 
osservano  le  variazioni  di  livello  sono  state  scelte  in  modo  che  fossero  pos- 
sibili aumenti  o  diminuzioni  di  pressione  sino  a  circa  Vs  di  atmosfera.  Ho  ri- 
tenuto sufficiente  questo  limite  perchè  si  poteano  avere  variazioni  notevoli 
sia  di  capacità  che  di  lunghezza,  e  d'altra  parte  perchè,  volendo  applicare 
le  formule  teoriche,  procuravo  di  non  avere  deformazioni  troppo  forti. 

«  Un  termometro  a  contatto  del  recipiente  B  accennava  a  piccole  varia- 
zioni di  temperatura  nel  periodo  delle  esperienze;  e  questo  era  dovuto  al 
fatto  che  si  lavorava  sotto  Tanfiteatro  della  scuola  di  Fisica,  in  un  ambiente 
perciò  poco  esposto,  e  nel  quale  si  lasciavano  costantemente  chiuse  le  finestre 
e  le  imposte. 

«  Le  letture  relative  alle  variazioni  di  volume  del  recipiente  si  fiwseano 
senza  che  Tosservatore  stesse  vicino  all'apparecchio  :  si  disponeva  a  tal  uopo 
di  un  cannocchiale,  fissato  ad  un  trepiedi  solido,  e  munito  di  un  micrometro, 
su  cui  si  valutavano  gli  spostamenti  della  superficie  libera  del  liquido  nel 
tubo  capillare  T  (fig.  1*).  Per  avere  il  valore  assoluto  di  questi  spostamenti 
si  attaccava  al  tubo  T  lateralmente  una  scala  in  millimetri,  incisa  sul  vetro 
mediante  la  macchina  a  dividere,  e  senza  bisogno  di  spostare  il  cannocchiale 
(cadendo  la  scala  nel  campo  di  esso),  si  verificava  di  quando  in  quando  il 
numero  di  divisioni  del  micrometro  che  corrispondevano  ad  ogni  millimetro  : 
non  si  ebbero  mai  a  constatare  differenze  sensibili  fra  queste  letture  di  veri- 
fica. L'ingrandimento  adottato  non  potè  essere  lo  stesso  per  tutti  i  recipienti, 
perchè  quello  usato  per  due  di  essi  non  si  trovò  sufficiente  per  gli  altri  due; 
si  dovette  quindi  aggiungere  una  lente  convergente  all'obbiettivo  del  cannoc- 
chiale per  ovviare  all'inconveniente  di  avere  spostamenti  assai  piccoli  ;  opperò 
si  ebbe  cura  di  determinare  l'iDgrandimento  in  questo  secondo  caso  colle  stesse 
cautele  che  si  erano  adoperate  per  il  primo,  e  le  esperienze  di  verifica  fatte 
per  uno  dei  recipienti  coi  due  ingrandimenti  mostrarono  che  il  rapporto  loro 
era  uguale  a  quello  ottenuto  operando  con  recipienti  diversi. 

«  Variazioni  di  lunghessa  per  pressioni  interne.  —  Le  variazioni  di  lun- 
ghezza vennero  da  me  determinate  col  metodo  di  Fizeau.  Questo  metodo  non  è 
stato  sinora  adoperato  per  la  misura  di  piccole  deformazioui  in  corpi  di  lun- 
ghezza considerevole  forse  perchè  si  è  ritenuto  di  impossibile  attuazione  :  si  è 
pensato,  credo,  che  sarebbe  stato  assai  difficile  sottrarre  il  corpo  a  quelle 
vibrazioni,  provenienti  dal  passaggio  dei  carri  in  un  centro  abitato,  che  si 
comunicano  facilmente  mediante  le  pareti  ai  corpi  che  sono  ad  esse  legati. 
Ammesse  queste  vibrazioni 'certo  il  metodo  in  parola  non  è  applicabile;  se  non 


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—  225  — 

che  ho  potato  constatare  che  tali  vibrazioni  sono  temporanee  e  si  possono  in 
gran  parte  evitare  disponendo  di  un  locale  non  troppo  vicino  a  strade  fre- 
quentate da  veìcolL  Le  esperienze  mie  furono  fatte  nello  stesso  locale  cui 
sopra  si  accennava,  e  non  ostante  mi  trovassi  ad  mia  distanza  di  circa  80  metri 
da  una  delle  vie  di  maggior  traffico  non  ho  risentito  gran  fatto,  probabil- 
mente per  la  natara  del  sottosuolo,  T  influenza  di  quella  causa  dìsturbatrice  : 
ho  potuto  in&tti  produrre  delle  frangio  che  per  molto  tempo  non  subivano  spo- 
stamenti bruschi. 

«  La  disposizione  cui  ho  avuto  ricorso  è  accennata 
dalla  fig.  2^  In  una  mensola  di  legno  M,  fissata  soli- 
damente al  muro,  era  praticato  un  foro,  nel  quale,  me^ 
diante  un  tappo  di  sughero  S  si  adattava  il  recipiente  A 
in  modo  che  il  suo  asse  riuscisse  perfettamente  verti- 
cale, operando  la  sospensione  per  una  porzione  del  tubo 
intermedio  I.  L'estremo  inferiore  di  questo  tubo  attra- 
versava un  secondo  tappo  di  sughero  S',  destinato  a 
sorreggere  un  tubo  di  vetro  B ,  che  circondava  per  quasi 
tutta  la  lunghezza  il  recipiente  A.  Il  tubo  B  portava 
inferiormente  un  anello  circolare  C  con  tre  fori,  per 
cui  passavano  tre  viti  v,  facienti  capo  ad  un  secondo 
anello  G  occupato  internamente  da  una  lastra  di  vetro  / 
a  faccio  piane  e  parallele  :  le  viti  v  mediante  i  dati  d, 
che  le  reggevano  superiormente,  e  le  molle  a  spirali, 
che  le  circondavano  nei  tratti  compresi  fra  i  due  anelli, 
permettevano,  girando  opportunamente  i  dadi,  di  spostare 
-  ^^JL^-  ^  la  lastrina  inferiore  e  di  darle  una  orientazione  qualun- 
que. Fra  questa  lastrina  ed  un'altra  t ,  fissata  mediante 
un  po'  di  colla  da  falegname  all'estremo  del  recipiente  A, 
si  producevano  le  frangio. 

«  La  produzione  di  esse  riusciva  facile  purché  si 
avesse  cura  di  far  combaciare  le  due  lastrine  prima  che 
la  colla  solidificasse  :  le  frangio  comparivano  per  U 
fatto  del  combaciamento,  sicché  il  giorno  appresso,  gi- 
rando poco  a  poco  i  dadi,  si  poteano  portare  le  lastrine 
ad  una  distanza  di  circa  mezzo  millimetro  senza  perderle. 
«  Le  frangio  aveano  in  principio  forma  di  anelli  concentrici,  ma  in  se- 
guito le  ho  ottenute  costantemente  a  forma  di  un  doppio  sistema  di  iperboli 
ad  assi  incrociati,  probabilmente  perchè  qualche  volta  nel  combaciamento  delle 
due  lastrine  si  dovette  produrre  una  deformazione  permanente  in  una  di  esse. 
>  Le  frangio  si  rendeano  visibili  nel  seguente  modo.  Al  muro  era  attac- 
cata in  basso  una  seconda  mensola  di  legno  M'  ;  su  cui  veniva  fissato  con 
moisetti  il  piano  di  un  trepiedi  F,  analogo  a  quello  che  adoperava  Fizeau 


Fig.  2. 


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—  226  — 

per  le  sue  ricerche,  destmato  a  sorreggere  colle  punte  delle  tre  viti  ^  una 
lente  k  piano  convessa  e  ad  orientarla  in  modo  che  la  sua  faccia  piana  riu- 
scisse sensibilmente  parallela  alle  due  lastrine  l ,  L  Fra  il  piano  del  trepiedi 
e  la  lente  si  avea  uno  specchietto  o*  formante  un  angolo  di  circa  45^  colla 
yertlcale  ed  avente  una  orientazione  tale  che  potessero  per  esso  passare,  tanto 
all'andata  che  al  ritomo,  i  raggi  che  producevano  le  frangio  d*interferenza 
fra  le  due  lastrine.  Per  il  resto  la  disposizione  era  identica  a  quella  seguita 
da  Fizeau  nelle  sue  determinazioni,  come  è  accennato  in  pianta  dalla  fig.  8\ 
\""] ^  Un  fascio  di  raggi  provenienti  da  una  lampada 
Bunsen  Q,  resa  monocromatica  da  una  perla  dì 
solfato  di  soda,  passava  attraverso  una  lente  a 
corto  foco  L,  Gonveigendo  in  vicinanza  della 
faccia  riflettente  di  un  piccolo  prisma  a  rifles- 
sione totale  T,  da  cui  veniva  deviato  e  diretto 
verso  lo  specchietto  <r,  dove  subendo  un*altra 
deviazione,  e  passando  poi  attraverso  la  lente  E 
dava  luogo  ad  un  fascio  parallelo  che  generava 
le  frangio  per  la  riflessione  alle  due  faccio  della 
lamina  d'aria  frapposta  alle  due  lastrine  1,1!. 
I  raggi  di  ritomo,  riflessi  nuovamente  dallo  spec- 
chietto cr,  venivano  ad  un  cannocchiale  collocato 
dietro  il  prismetto  r,  dando  all'osservatore  un'im- 
^ine  ingrandita  delle  frangio  d'interferenza. 

«  La  congiunzione  del  recipiente  A  col  ma- 
nometro si  effettuava  mediante  tubi  di  vetro  fis- 
sati al  muro:  così  veniva  evitato  che  il  reci- 
piente, per  qualche  spostamento  dei  tubi  che  lo 
faceano  comunicare  col  manometro,  avesse  a  subire 
piccole  rotazioni. 

»  Quanto  all'influenza  della  temperatura  si  potea  ritonere  trascurabile, 
anzitutto  perchè  quella  dell'ambiente  non  soffriva  variazioni  notevoli,  in  se- 
condo luogo  perchè,  essendo  le  lastrine  l  ei  F  attaccate  a  due  tubi  di  vetro 
della  stessa  lunghezza  e  della  stessa  qualità,  gli  spostamenti  loro  per  effetto 
della  temperatura  si  compensavano,  ed  infine  perchè  si  ebbe  cura  di  proteggere 
con  doppio  involucro  di  latta  B  e  con  una  custodia  di  legno  N  il  recipiente  A 
dalla  irradiazione  della  lampada  Bunsen  di  cui  si  facea  uso  per  la  produ- 
zione della  luce  monocromatica.  Le  esperienze  del  resto  mostrarono  la  poca 
influenza  della  temperatura,  non  avendosi  nelle  frangio  da  una  esperienza 
all'altra  spostamenti  sensibili. 

«  D'altra  parte  i  movimenti  delle  frangio  riferiti  a  punti  segnati  sulla 
lastrina  l'  erano  presso  a  poco  gli  stessi  per  tutti  i  punti,  ed  avvenivano 
gradatamente  purché  la  pressione  non  variasse  tutta  d'un  tratto.  Si  riconobbe 


Fig.  3. 


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—  227  — 

superfluo  pertanto  di  misurare  Tolta  per  Tolta  gli  spostamenti  relativi  a  di- 
Tersi  punti  di  riferimento,  e  si  preferì  invece  di  limitarsi  alla  misura  di  quelli 
che  avvenivano  rispetto  ad  un  punto  segnato  nel  centro  della  lastrina  Z'.  In  un 
caso  in  cui  si  constatò  che  la  condizione  sopra  citata  non  era  soddisfatta,  si 
modificò  la  sospensione  del  recipiente  A  alla  mensola  M,  rendendola  anche 
più  solida,  sino  ad  avere  spostamenti  dello  stesso  valore  per  tutti  i  punti  di 
riferimento. 

A  Con  queste  cautele  si  potea  esser  sicuri  che  il  metodo  impiegato  per 
constatare  le  variazioni  di  lunghezza  era  assai  adatto  perchè  non  suscettibile 
di  gravi  cause  di  errori,  di  attuazione  non  molto  difficile,  e  vantaggiosissimo 
per  il  modo  col  quale  direttamente  ed  in  valore  assoluto  permetteva  di  misu- 
rare quelle  variazioni 

B  Debbo  qui  render  grazie  alla  cortesia  del  chiarissimo  prof.  Antonio  Beiti, 
che  mi  ha  permesso  per  queste  ricerche  l'uso  di  alcune  parti  dell'apparecchio 
di  Fizeau,  attualmente  in  costruzione  nel  Gabinetto  di  Fisica  del  B.  Istituto 
Superiore  di  Firenze  « . 

Ghimiea.  —  Sulla  formasione  dei  due  tetrabromuri  di  pirro- 
Ulene  (0.  Nota  di  G.  Ciamician  e  G.  Maonanini,  presentata  dal  Socio 
Cannizzaro. 

«  In  una  Nota  presentata  a  questa  Accademia  nel  novembre  scorso  (}), 
uno  di  noi  fece  vedere,  che  in  seguito  alle  ricerche  di  Ciamician  e  Magnaghi 
e  contrariamente  alle  asserzioni  di  Gcimaux  e  Cloez,  il  pirrolilene  (o  erìtrene), 
ottenuto  dall'eritrite  o  dalla  pirrolidina,  dà,  per  trattamento  con  bromo,  di- 
rettamente molto  probabilmente  due  tetrabromuri  isomeri  diversi. 

«  I  sigg.  Grimaux  e  Cloez  avevano  osservato  che  il  tetrabromuro  meno 
fusibile  (118^-119'»)  si  trasforma  per  distillazione  nell'altro  isomero  più  fusi- 
bile (38^-39®),  scoperto  da  Ciamician  e  Magnaghi,  e  da  questo  fatto,  male 
interpretando  im  lavoro  di  questi  due  chimici,  credettero  di  poter  conchiu- 
dere che  il  tetrabromuro  fusibile  a  39<'-40^,  ottenuto  da  Ciamician  e  Ma- 
gnaghi, provenisse  dalla  trasformazione  dell'altro  isomero  per  distillazione  e 
non  derivasse  direttamente  dall'idrocarburo. 

«  Nella  Nota  accennata,  uno  di  noi  ebbe  già  occasione  di  dimostrare  che 
questa  interpretazione  dipendeva  principalmente  dal  non  avere  i  due  chimici 
francesi  letta  con  sufficiente  attenzione  la  nota  di  Ciamician  e  Magnaghi,  e 
la  quistione  a  risolversi  venne  posta  nel  seguente  modo.  Ciamician  e  Ma- 
gnaghi fecero  assorbire  il  pirrolilene,  proveniente  dalla  pirroUdina  e  dall'eri- 
trite dal  bromo,  e  ne   eliminarono  l'eccesso  riscaldando  il  prodotto  a  b.  m. 


{})  Lavoro  eseguito  nel  R.  Istituto  Chimico  di  Padova, 
(t)  Beudiconti  lU,  242. 


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—  228  — 

Il  residuo  semìsolido  venne  trattato  con  etere  petrolico,  che,  lasciando  indi- 
sciolto  il  tetrabromuro  di  Henninger,  fusibile  a  118^-119^,  asporta  un  bro* 
muro  liquido,  che,  scacciato  Tetere  petrolico,  in  un  caso  (nel  prodotto  ottenuto 
dalla  pirrolidina)  si  solidificò  spontaneamente  dopo  molto  tempo,  e  nelFaltro 
(nel  prodotto  ottenuto  dell'eritrite)  venne  purificato  per  distillazione  frazionata 
a  pressione  ridotta.  In  entrambi  i  casi  risultò  lo  stesso  composto,  un  tetra- 
bromuro isomero  a  quello  di  Henninger,  fusibile  a  SS^'-SQ^.  Bestava  perciò  a 
decidere  se  il  tetrabromuro  di  Hennii^er  potesse  trasformarsi  nell'altro  iso- 
mero per  riscaldamento  con  bromo  a  100^. 

tt  Noi  abbiamo  ripetuto  a  questo  scopo  le  esperienze  di  Ciamician  e 
Magnaghi  evitando  con  cura  ogni  riscaldamento  del  miscuglio  dei  tetrabro- 
muri.  I  prodotti  di  decomposizione  dell'eritrite  con  acido  formico,  vennero 
fatti  assorbire,  impiegando  l'apparecchio  già  descritto  dai  due  autori  citati, 
dal  bromo  puro  ed  il  prodotto  ottenuto  venne  liberato  dall'eccesso  di  bromo 
mediante  una  corrente  d'aria  e  poi  lasciandolo  per  qualche  giorno  in  un  es- 
siccatore sulla  calce.  Per  trattamento  con  etere  petrolico  si  separò  facilmente 
il  tetrabromuro  di  Henninger  e  la  soluzione  petrolica  lasciò  indietro,  per 
spontaneo  svaporamento,  un  olio  di  intenso  odore  canforioo,  che  si  solidificò 
in  un  miscuglio  di  neve  e  sale. 

■  Abbandonando  il  prodotto  solidificato  per  qualche  tempo  a  sé  stesso  in 
un  ambiente  freddo,  si  mantiene  solido  e  non  fonde  più  al  calore  della  mano. 
Si  potè  perciò  spremerlo  fra  carta,  per  liberarlo  da  una  materia  oleosa,  che 
ne  abbassa  notevolmente  il  punto  di  fusione.  La  materia  così  ottenuta  è 
bianchissima,  e  venne  sciolta  nell'etere  petrolico  per  eliminare  delle  piccole 
quantità  delV  altro  tetrabromuro,  che  non  è  del  tutto  insolubile  in  questo  sol- 
vente. Per  lento  svaporamento  si  ottennero  cristalli  tabulari  che  fondevano 
a  88*^-39^  (^),  e  che  avevano  tutte  le  proprietà  del  composto  scoperto  da 
Ciamician  e  Magnaghi. 

«  Con  ciò  è  provato  che  il  pìrrolilene  dà  direttamente  col  bromo  due 
tetrabromuri  isomeri.  Vogliamo  però  fare  osservare  che  le  quantità  relative, 
in  cui  si  formano  questi  due  corpi,  possono  variare  e  dipendono  da  cause  che 
non  abbiamo  potuto  determinare.  Questo  fatto  può  forse  servire  a  spiegare 
in  parte  i  risultati  avuti  da  Glrimaux  e  Cioez.  —  La  quantità  relativa  del 
tetrabromuro  più  fusibile  da  noi  ottenuto  era  minore  di  quella  che  ottennero 
Ciamician  e  Magnaghi. 

«  Sebbene  le  esperienze  or  descritte  non  lascino  alcun  dubbio  sulla 
formazione  dei  due  tetrabromuri  dal  pirrolilene,  pure  ci  è  sembrato  interes- 
sante di  vedere  se,  operando  in  condizioni  simili  a  quelle  descritte  da  Cia- 
mician e  Magnaghi,  fosse  possibile  la  trasformazione  del  tetrabromuro  meno 
fusibile  in  quello  più  fusìbile.    Prima   di   tutto   ci   siamo  accertati,  che  il. 

(^)  Ciamician  e  Magnaghi  trovarono  il  punto  di  fusione  39^-40^,  Grimaoz  e  Cloez  37<*,5. 


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—  229  — 

tdtrabromuro  di  Henninger,  non  8i  trasfonna  nel  suo  isomero,  per  riscalda- 
mento prolungato  con  bromo,  in  un  tubo  chiuso  a  100^;  ma  poi  abbiamo 
Toluto  vedere  se  distillando  il  detto  tetrabromuro  a  pressione  ridotta,  come 
fecero  Ciamician  e  Magnaghi  per  purificare  il  prodotto  contenente  il  com- 
posto fusibile  a  38^-39'',  avvenisse  la  trasformazione  in  proporzioni  tali  da 
giustificare  la  supposizione  di  Orìmaux  e  Cloez. 

>  Noi  abbiamo  distillato  il  tetrabromuro  di  Henninger  ad  una  pressione 
di  circa  6  centimetri;  il  composto  bolle  costantemente  a  180®-18P,  ed  il 
distillato,  polverizzato  e  lavato  con  etere  petrolico,  non  cede  a  quest'ultimo 
che  piccolissime  quantità  del  tetrabromuro  fusibile  a  38^-39''.  Ora  Ciamician 
e  Magnaghi,  distillando  la  parte  del  loro  prodotto  greggio,  solicbile  nell'etere 
petrolico  (^),  a  pressione  ridotta,  ottenere  quasi  esclusivamente  il  nuovo-  te- 
trabromuro e  solamente  le  ultime  porzioni  del  distillato  erano  formate  dal 
tetrabromuro  di  Henninger,  che  evidentemente,  non  essendo  del  tutto  insolu- 
bile nell* etere  petrolico,  venne  da  questo  sciolto  assieme  all'altro  composto. 
Con  ciò  noi  siamo  lontani  dal  voler  negare  il  fatto  interessante  scoperto  da 
Grimaux  e  Cloez,  che  il  tetrabromuro  di  Henninger  si  trasformi  in  parte 
per  distillazione  nel  suo  isomero,  ma  vogliamo  soltanto  mettere  in  rilievo  il 
&tto  non  meno  accertato  che,  essendo  questa  trasformazione  funzione  della 
temperatura,  essa  non  avviene  che  in  minima  quantità  se  si  fa  la  distilla- 
zione a  pressione  ridotta. 

«  Le  osservazioni  di  Grrimaux  e  Cloez  sul  lavoro  di  Ciamician  e  Ma- 
gnaghi, sono  perciò  prive  di  fondamento:  prima  di  tutto  perchè  realmente 
il  pirrolilene  può  dare  col  bromo  direttamente  due  tetrabromuri  diversi,  iso- 
meri, e  poi  perchè  nelle  condizioni  in  cui  operarono  Ciamician  e  Magnaghi, 
la  trasformazione  del  tetrabromuro  meno  fusibile  in  quello  più  fusibile  non 
poteva  avvenire  in  modo  da  produrre  il  tetrabromuro  che  fonde  a  38"-39<>, 
nella  quantità  ottenuta  da  questi  chimici. 

«  Per  ultimo  dobbiamo  fare  notare  che  il  punto  di  fusione  del  tetra- 
bromuro di  Henninger,  da  noi  osservato,  è  a  118^-119®,  come  trovarono  Cia- 
mician e  Magnaghi. 

«  Avendo  preparato  nel  corso  delle  esperienze  ora  descritte,  quantità 
notevoli  del  bromuro  di  Henninger,  abbiamo  invitato  il  eh.  sig.  prof.  Bug- 
gero Panebianco  a  volere  fare  lo  studio  cristallografico,  essendo  stato  già  stu- 
diato da  questo  lato  Taltro  isomero  dall'egregio  ing.  Giuseppe  La  Valle.  — 
Il  prof.  R.  Panebianco  ebbe  la  gentilezza  di  comunicarci  un  sunto  del  suo 
lavoro,  che  verrà  stampato  per  intero  nella  Bivista  di  Mineralogia  e  Cristal- 
lografia italiana  da  lui  diretta. 

0)1  sigg.  Grimanx  e  Cloez  dicono  nella  loro  pregevole  Memoria  :«....  mais  en 
Toolant  purifier  le  Utraìfromure  d'érythrène  par  distiUation  ils  (Ciamician  e  Magnaghi) 
ont  rencontré  nn  corps  fnsible  à  39^-40^  .  ...»  per  cai  potrebbe  sembrare  che  si  fosse 
trattato  del  tetrabromuro  a  118<^-119^  ciò  che  è  erroneo. 

Rendiconti,  1888,  Vol.  IV,  l»  Sem.  30 


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—  230  — 
«  Sistema  cristallino  :  Monoclino 

a  :*:  ^  =  2,63485  : 1 : 2,333815 

/?  =  80^55' 

«  Le  misure  istituite  sopra  un  cristallino  (fig.  1  proiettata  su  010  e  in- 
grandita 30  volte  circa)  dettero  : 


001:100  =  80^  55' 

001:111  =  65  11 

001:111  =  70  45 

001:111  =  71  8 

100:111  =  67  24 

111:111  =  39  28 

100:111  =  73  20 


70«  56',  5 


Tiffii 


•  Prendendo  per  angoU  fondamentali:  001:100,  001:111 ,  100:111,  si 
hanno  dal  calcolo  le  costanti  anzi  date  ed  i  valori 

001:111  =  700  46 
111:111  =  38  47 
100:111  =  73    49 

«Sfaldatura  perfetta:  (100). 

«  Piano  degli  assi  ottici:  parallelo  a  (010).  —  Una  bisettrice  dell' angolo 
degli  assi  ottici  per  la  luce  media  è  circa  normale  a  (001).  —  L'angolo  degli 
assi  ottici  misurato  nell'olio  ed  in  una  lamina  parallela  a  (001)  fu  trovato 
di  circa  99®. 

«  Il  prof.  B.  Panebianco  ha  fatto  anche  uno  studio  microscopico  di  questa 
sostanza,  che  crediamo  utile  riassumere  qui  brevemente,  perchè  può  servire 
a  riconoscerla  anche  in  piccole  quantità.  —  Svaporando  lentamente  su  di  un 
copri  oggetti  alcune  gocce  della  soluzione  eterea  si  ottengono  dei  cristallini, 
per  lo  più  poggianti  con  la  base  sul  vetrino.  Alcuni  dei  cristalli  maggiori. 


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—  281  — 

riportati  alla  stessa  orientazione,  sono  raflSgurati,  ingranditi  circa  80  volte, 
nelle  fig.  2,  3,  4,  5,  6,  7  e  8.  I  cristalli  rappresentati  dalle  iBg.  2  e  3  sono 
i  più  cornimi  e  non  sono  infrequenti  quelli  della  fig.  4  più  o  meno  allungati. 

•  Per  gli  angoli  piani  si  trova  :     • 

[lll:O01]:[lll:001]=138M0'(n  =  10)  Lim.  137*» 50' —  139M0' 

•  Combinando  i  due  valori,  si  ha  per  l'angolo  piano  della  base 

[lIl:001]:[lll:001]  =  4P9' 

da  cui  risulta  a:b  =  2,664 . . . , 

che  è  poco  diverso  dallo  stesso  rapporto  ottenuto  nei  cristalli  macroscopici, 
viceversa  in  questi  ultimi  si  ha  dal  calcolo: 

[lll:001]:[lll:001]  =  4lo34' 

«  Nel  porre  termine  a  questa  comunicazione  non  possiamo  omettere  alcune 
osservazioni  sulle  cause  che  possono  determinare  l'isomeria  dei  due  tetra- 
bromuri  di  pirrolilene.  L'imo  di  noi  fece  osservare,  nella  Nota  già  citata,  che 
non  è  improbabile  che  l'isomeria  in  questione  corrisponda  a  quella  degli  addi 
racemico  e  tartrico  inattivo;  ora  Otto  e  Rò8sing(i)  e  Hjelt  {^)  hanno  pub- 
blicato recentemente  alcuni  interessantissimi  fatti  sugli  acidi  dimetilsuccinici 
e  dietilsuccinici  simmetrici,  i  quali  fatti  presentano  una  certa  analogia  col 
comportamento  dei  due  bromuri  di  pirrolilene.  Anche  presso  i  due  acidi  di- 
metilsuccinici ed  i  due  acidi  dietilsuccinici  sinmietrici,  si  osserva  che  V  iso- 
mero, che  ha  il  punto  di  fusione  più  elevato,  si  trasforma  per  distillazione 
in  quello,  che  fonde  a  più  bassa  temperatura.  —  Il  problema  dell'isomeria 
dei  due  tetrabromuri  di  piiTolilene  si  potrà  risolvere  trasformando  le  due  so^ 
stanze  negli  alcooli  corrispondenti  ;  noi  abbiamo  già  fatto  coli' acetato  argen- 
tico  alcune  esperienze  in  proposito,  che  crediamo  conveniente  di  non  pubbli- 
care, avendo  i  sigg.  Orimaux  e  Cloez  annunciato  interessanti  ricerche  su  questo 
argomento. 

tt  Crediamo  in  fine  utile  nunmentare  ancora  una  volta,  che  anche  l'iso- 
meria dei  due  tetrabromuri  di  piperilene  (^),  osservata  da  uno  di  noi,  sarà  proba- 
bilmente da  interpretarsi  in  modo  analogo  » . 


(1)  Beri.  Ber.  XX,  2736. 

(«)  Ibid  XX,  3078. 

P)  Vedi,  Magnanini:  Rendiconti  della  R.  Acc.  dei  Lincei  [4],  II,  13. 


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—  232  — 

Chimica.  —  Sulle  solfine  e  sulla  diversità  delle  valenze  dello 
zolfo.  Nota  di  Raffaello  Nasini  e  Alberto  Scala,  presentata  dal 
Socio  Cannizzaro  0). 

«  Da  molto  tempo  noi  eravamo  occupati  nello  studio  dei  composti  orga- 
nici solforati,  principalmente  allo  scopo  di  stabilire  qualche  cosa  di  positivo 
riguardo  alla  tetravalenza  dello  zolfo  e  alla  diversità  delle  sue  valenze  :  noi 
avevamo  fatto  speciale  oggetto  delle  nostre  ricerche  i  solfuri  organici,  le  sol- 
fine e  i  composti  che  da  esse  derivano.  Sino  a  qui  non  avevamo  creduto  ne- 
cessario di  pubblicare  i  resultati  dei  nostri  studi  e  attendevamo  di  averli 
completati  ancor  maggiormente,  ma  un  lavoro  comparso  recentemente  negli 
Annali  di  Liebig,  eseguito  dai  signori  Klinger  e  Maassen  (2)  nelllstituto  chi- 
mico dell'Università  di  Bonn,  e  nel  quale  gli  autori  lavorando  nello  stesso 
nostro  campo  trovano  risultati  diametralmente  opposti  ai  nostri,  ci  obbliga  a 
pubblicare  almeno  una  parte  delle  nostre  ricerche. 

«  La  questione  della  tetravalenza  dello  zolfo  è  stata  lungamente  dibat- 
tuta. Senza  tener  conto  dei  composti  in  cui  questo  elemento  è  unito  con  altri 
elementi  bivalenti  o  polivalenti,  composti  che  in  modo  assoluto  non  possono 
mai  essere  una  prova  della  sua  tetravalenza,  vi  sono  poi  altre  combinazioni 
in  cui  essa  sembra  non  dubbia  :  queste  sono  oltre  il  tetracloruro  di  zolfo,  che 
non  si  è  riusciti  ad  isolare,  i  derivati  solfinici  dei  solfuri  organici,  i  quali 
possono  tutti  considerarsi  come  derivati  degli  ioduri  solfinici  che  risultano 
dair addizione  di  un  solfuro  organico  M2  S  con  un  ioduro  alcoolico  M I  :  questi 
ioduri  hanno  quindi  la  composizione  SM3I  nei  quali  I  può  essere  sostituito 
da  Br ,  CI ,  OH  e  che  danno  luogo  poi  a  svariatissìmi  composti  nei  quali  rag- 
gruppamento SM3  figura  sempre  come  monovalente:  i  tre  radicali  alcoolici 
possono  essere  uguali  oppure  differenti  :  ma  sino  ad  ora  si  conoscono  soltanto 
composti  del  tipo  S  M3  A  e  S  M'2  M''  A ,  ossia  aventi  tutti  e  tre  i  radicali  alcoo- 
lici uguali  0  pure  soltanto  due  uguali.  Disgraziatamente  di  tutti  questi  com- 
posti né  dei  più  semplici  nò  degli  altri,  si  ò  potuto  determinare  la  densità 
di  vapore:  quindi  resta  sempre  il  dubbio  se  si  tratti  di  veri  composti  ato- 
mici dalla  riunione  nei  quali  necessariamente  e  indubbiamente  lo  zolfo  sa- 
rebbe tetravalente,  oppure  di  composti  molecolari  derivanti  p.  es.  di  solfuri 
organici  e  di  una  molecola  di  ioduro  alcoolico.  Altra  questione  poi  vi  ò  e  del 
più  grande  interesse  che  riguarda  non  solo  la  tetravalenza  dello  zolfo,  ma 
ancora  la  qualità  delle  sue  valenze,  se  cioò  esse  sieno  tutte  uguali  fra  di  loro. 
Ove  si  potesse  escludere  l'ipotesi  delle  combinazioni  molecolari,  i  fatti  sco- 
perti da  Krùger,  a  proposito  dei  composti  solfinici  a  cui  sopra  abbiamo  accen- 


0)  Lavoro  eseguito  nelPIstituto  chimico  della  E.  Università  di  Roma. 
{*)  Liebig's  Annalen.  T.  CCXLm,  pag.  193. 


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—  288  — 

nato,  sarebbero  una  prova  indiscutibile  che  le  quattro  valenze  dello  zolfo  non 
sono  uguali.  P.  Ertiger  in  un  lavoro  eseguito  Tanno  1876  nel  Laboratorio 
di  Kolbe  (0  preparò,  partendo  dal  solfuro  d*etile  e  Tioduro  di  metile,  il  cor- 
rispondente ioduro  solfinico  (CsHs)^  OH3SI  e  quindi  molti  derivati  di  questo  : 
partendo  poi  dal  solfbro  misto  di  metile  etile  e  dall'ioduro  di  etile,  preparò 
poi  il  corrispondente  composto  solfinico  GsHs .  GHs .  GtRs .  S .  I  e  i  suoi  deri* 
vati.  Malgrado  che  avessero  l'identica  composizione,  trovò  che  né  gli  ioduri 
né  i  derivati  corrispondenti  che  si  ottenevano  erano  identici  :  si  avevano  delle 
isomerie.  I  derivati  del  primo  ioduro  solfinico  li  chiamò,  per  ricordare  Tori- 
gine,  combinazioni  della  dietilmetilsolfina,  gli  altri  combinazioni  della  etil- 
metiletilsolfina. 

«  Nella  piccola  tabella  seguente  sono  riuniti  i  resultati  più  interessanti 
di  Eruger  a  proposito  di  questa  isomeria  : 

Combinazioni  della  dietilmetilsolfina  Combinazioni  della  etilmetiletilsolfina 

E.  S .  MI  -  olio.  ESM .  EI  -  cristallino. 

2(E,  S  .  MCI)  PtCU .  monometrico .  p.  di  f.  214»  2(EMS .  ECl) .  Pta* .  monoclino .  p .  di  f.  ISO» 

E>  S .  MCI .  Au  CI, .  aghi  lunghi .  p.  di  f.  192<>  ESM.ECl.AuCl,.crÌ8t  microscopici,  p.  di  f.  178* 

Et  S .  MCI .  CHgClt  .romboedrico,  p.  di  f.  198»  ESM  .  ECl .  2HgCl, .  trimetrico  .  p.  di  f.  112<' 

E,  S .  MCN .  Hgl, .  tetragonale,  p.  di  f.  115<».  ESM  .  ECN  .  Hgl«  .  monoclino  .  p.  di  f.  98^ 

B  Come  si  vede  le  differenze  tra  i  composti  corrispondenti  delle  due  sol- 
fine sono  abbastanza  notevoli  :  sopra  tutti  poi  è  interessante  il  fatto  dei  due 
cbroplatinati  che,  avendo  composizione  identica,  cristaUizzano  in  sistemi  diffe- 
renti, e  quello  analogo  delle  combinazioni  dei  cianuri  solfinici  coll'ioduro  mer- 
eurico.  Quanto  ai  punti  di  fusione,  trattandosi  di  sostanze  che  si  decompon- 
gono con  grande  fiEU^ilità,  non  si  può  dar  loro  una  grande  importanza:  quindi 
appoggio  principale  in  favore  di  tale  isomeria  sarebbe  evidentemente  il  dì- 
verso  modo  di  cristallizzare.  Ora  ErQger  non  sembra  che  facesse  deter- 
minazioni cristallografiche,  di  più  aggiunge  nella  sua  Memoria  che  se  le 
soluzioni  del  cloroplatinato  monoclino  si  lasciano  a  sé  per  molto  tempo,  si 
ottiene  poi  cristallizzato  quello  monometrico.  Tutto  questo  fece  dubitare  se 
realmente  fosse  il  caso  di  una  isomeria  0  non  piuttosto  si  trattasse  di  com- 
poeti più  0  meno  puri.  Lossen  (^)  infatti  crede  che  Erùger  avesse  tra  le  mani 
composti  impuri  :  crede  che  il  cloroplatinato  monoclino  non  fosse  altro  che  il 
monometrico  impuro  e  che  perciò,  pure  essendo  monometrico,  si  presentava 
con  aspetto  diverso,  e  dice  che  a  tutte  queste  obiezioni  Erùger  avrebbe  po- 
tuto rispondere  facendo  fare  esatte  misure  cristallografiche.  E  anche  L.  Meyer 
nel  suo  celebre  libro  Die  modernm  Theorien  der  Chemie  dice  che  l'esistenza 
di  tale  isomeria  non  è  perfettamente  sicura  (}).  Notisi  poi  che  anche  ammet- 


{})  Jonm.  f.  prakt  Chem.  [2]  XIV,  193. 

(«)  Liebig'g  Annalen.  T.  CXXXVI,  pag.  1. 

{?)  Die  modemen  Theorien  der  Chemie.  Pflnfte  Auflage,  pag.  353. 


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—  234  — 

tendo  che  realmente  esistano  quest'isomeri,  non  si  potrebbe  subito  concludere 
assolutamente  che  le  yalenze  dello  zolfo  sieno  diverse  ;  giacché  tutto  si  potrebbe 
spiegare  colla  ipotesi  delle  combinazioni  molecolari  :  in  un  caso  si  sono  unite 
due  determinate  molecole,  nelV altro  due  molecole  diverse.  Di  questa  opinione 
non  era  Eruger,  il  quale  credeva  che  il  comportamento  chimico  dei  derivati  soÌ- 
finici  non  poteva  spiegarsi  supponendo  che  fossero  combinazioni  molecolari. 
E  anche  Yan't  Hoff  ammette  che  si  tratti  di  veri  composti  atomici  (^):  egli 
crede  che  delle  quattro  valenze  dello  zolfo  due  sono  spiccatamente  positive, 
le  altre  due  invece  decisamente  negative:  Tisomeria  scoperta  da  Krtìger  è 
una  conseguenza  necessaria  di  questa  teorìa  che  Yan't  Hoff  stabilì  specialmente 
sopra  considerazioni  di  ordine  chimico. 

«  Per  contribuire  a  risolvere  la  questione  della  tetravalenza  deUo  zolfo 
e  quella  della  diversità  delle  sue  valenze,  noi  avevamo  da  molto  tempo  ripe- 
tuto le  esperienze  di  Eruger,  e  poiché  con  ricerche  attente  e  minuziose  e  con 
esatte  misure  cristallografiche  avevamo  trovato  sostanzialmente  giusto  quello 
che  da  Krùger  era  stato  esposto,  così  non  avevamo  creduto  necessario  di  pub- 
blicare fino  ad  oggi  le  nostre  ricerche,  tanto  più  che  eravamo  occupati  a  risol- 
vere la  questione  se  in  generale  le  solfine  si  debbono  considerare  come  com- 
binazioni molecolari  o  atomiche,  e  l'altra  importantissima  se  vi  possono  essere 
casi  di  isomeria  anche  nei  composti  in  cui  lo  zolfo  bivalente  è  unito  con  atomi 
0  gruppi  monovalenti. 

«  Noteremo  qui  come  vi  sieno  dei  fatti  che  appoggiano  una  tale  ipotesi. 
Carius  iacendo  agire  in  tubi  chiusi  a  ISO*"  Talcool  metilico  o  l'alcool  ami- 
lieo  sul  disolfofosfato  di  etile,  ottenne  due  solfuri  misti,  quello  di  metileetile 
e  quello  di  etileamile,  che  analizzò  e  di  cui  determinò  la  densità  di  va- 
pore, il  primo  dei  quali  bolliva  a  58,8^-59,5^,  il  secondo  a  132-133,6''  (2). 
E  identici  composti  disse  di  avere  ottenuti  il  Linnemann  (^)  trattando  con  ioduro 
di  metile  e  di  amile  una  soluzione  di  solfuro  potassico  nell'alcool  etilico.  Ma  in 
seguito  trattando  con  ioduro  di  metile  la  mercaptide  sodioetilica,  fu  ottenuto 
appunto  da  Kruger  un  solfuro  di  metileetile  bollente  a  65^-66°,  e  per  l'azione 
dell'ioduro  d'etile  sulla  mercaptide  sodioamilica  ottenne  Saytzeff  (^)  un  solfuro 
di  etileamile  bollente  a  158''-159".  Carius  analizzò  e  determinò  la  densità 
di  vapore  dei  suoi  prodotti,  e  lo  stesso  fecero  alla  loro  volta  Eruger  e  Saytzeff: 
del  resto  i  punti  di  ebollizione  dati  da  questi  scienziati  sono  del  tutto  sicuri 
perchè  confermati  da  molti  altri  esperimentatori,  mentre  le  esperienze  di  Carius 
sino  a  qui  non  erano  mai  state  ripetute.  È  probabile  che  si  tratti  anche  qui 
di  un  caso  di  isomeria,  e  Saytzeff  stesso  ne  dubita  e  dice  che  sarebbe  inte- 


(})  Ansichten  uher  die  organische  Chemie.  BrauDschweig  1881,  pag. 
(«)  Liebig's  Annalen.  T.  CXIX,  pag.  313.  Anno  1861. 
(3)  Liebig's  Annalen.  T.  CXX,  pag.  61.  Anno  1861. 
(*)  Liebig's  Annalen.  T.  CXXIX,  pag.  354. 


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—  285  — 

lessante  di  vedere  quale  composto  si  ottiene  facendo  agire  Tiodnro  di  amile 
sulla  mercaptide  sodioetilìca.  Noi  abbiamo  ripetuto  le  esperienze  di  Garius 
e  presto  pubblicheremo  i  risultati  delle  nostre  ricerche  :  per  ora  ci  limiteremo 
a  far  conoscere  che  nel  modo  indicato  da  Linnemann  non  si  ottengono  solfuri 
misti  e  che,  volendo  preparare  il  solforo  di  etileamile  nel  modo  suggerito 
da  Sajtzeff,  con  nostra  meraviglia  abbiamo  osservato  che  Tioduro  d'amile  non 
reagisce  quasi  affatto  sulla  mercaptide  sodioetilica,  mentre  si  ha,  come  è  noto, 
una  reazione  vivissima  quando  si  tratta  la  mercaptide  sodìoamilìca  coll'ioduro 
d'etile. 

«  Come  abbiamo  detto  in  principio,  la  Memoria  dei  signori  Elinger  e 
Maassen  comparsa  sul  finire  del  decembre  delFanno  decorso  ci  obbliga  a  pub- 
blicare almeno  una  parte  delle  nostre  ricerche,  quella  che  riguarda  i  lavori 
di  Eruger.  Klinger  e  Maassen  affermano  di  avere  pure  ripetute  le  esperienze 
di  Erùger  e  di  aver  trovato  che  non  esiste  che  un  solo  ioduro  solfinico  in  cui 
lo  zolfo  è  unito  con  due  etili  e  un  metile,  e  conseguentemente  non  esiste  che 
una  sola  serie  di  derivati  :  tutti  i  composti  li  riguardano  perciò  come  deri- 
vanti dalla  dietilmetilsolfina  e  affermano  che  tutte  le  combinazioni  ottenute 
da  loro  partendo  dagli  ioduri  solfìnici  preparati  nei  sei  modi  qui  sotto  indi- 
cati, sono  sempre  identiche  quando  hanno  identica  composizione: 

A)  del  solfuro  di  etile  e  ioduro  di  metile  :  1)  sotto  20^  ;  2)  cri- 
stallizzando il  prodotto  1)  dalle  soluzioni  calde;  3)  a  caldo. 

B)  del  solfuro  di  etilmetile  e  ioduro  d'etile  :  4)  sotto  20°;  5)  cri- 
stallizzando dalle  soluzioni  calde  il  prodotto  4)  ;  6)  a  caldo  (in  questo  modo 
si  ottengono  composti  meno  puri). 

<  Ci  ristringeremo  a  parlare  dei  cloroplatinati  perchè  questi,  per  le  sol- 
fine, sono  i  composti  sopra  i  quali  si  è  sempre  maggiormente  rivolta  Tatten- 
zione  dei  chimici:  cristallizzano  bene  e  si  possono  purificare  e  analizzare 
facilmente.  Klinger  e  Maassen  non  hanno  potuto  ottenere  che  un  solo  cloro- 
platinato,  quello  che  secondo  Kiùger  deriva  dalla  etilmetiletilsolfina,  cioè  il 
monoclino:  anche  preparando  l'ioduro  nel  modo  descritto  da  Eruger  e  poi 
&cendo  il  cloruro  e  il  cloroplatinato,  essi  non  hanno  ottenuto  che  il  composto 
monoclino  e  che,  secondo  le  loro  esperienze,  fonde  a  210®.  I  cristalli  dei  clo- 
roplatinati ottenuti  coi  diversi  metodi  U  hanno  sempre  &tti  ossenrare  da  un 
cristallografo,  il  sig.  0.  Laird,  il  quale  ne  ha  determinato  la  forma  e  il  si- 
stema e  ha  trovato  che  sempre  erano  gli  stessi,  sempre  monoclini  (>).  Secondo 
gli  autori  se  si  trattano  soluzioni  molto  concentrate  di  cloruro  di  solfina  con 
cloruro  di  platino,  si  ha  inmiediatamente  un  precipitato  costituito  sempre  da 
cristalli  monoclini,  ma  che  a  un  occhio  poco  esercitato  e  con  un  esame  super- 


0)  Ueber  die  ICrystallographischen  Beziehungen  der  Metìiyl  -  und  Aethylsulfinchlo' 
roplatinate.  Inangnral-Dissertation.  G.  F.  Laird  1888.  Zeitschift  fftr  KrystaUographie  XIV, 
1,  1888. 


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—  236  — 

fidale  possono  sembrare  monometrici  e  precisamente,  come  dice  Erùger,  com- 
binazioni del  cubo,  ottraedro  e  tetraedro.  In  questo  modo  gli  autori  si  spie- 
gano come  Krùger  si  potesse  essere  ingannato.  Concludono  non  esistere  che 
una  sola  solfina,  la  quale  non  dà  naturalmente  che  una  serie  sola  dì  deri- 
vati aventi  la  stessa  composizione:  in  qualche  caso  si  possono  avere  dei 
sali  diversi,  ma  diversi  perchè  aventi  composizione  diversa:  così  p.  es.  il 
cloruro  di  solfina  può  combinarsi  sia  con  sei,  sia  con  due  molecole  di  cloruro 
mercurico  e  dar  luogo  a  due  composti  diversi  :  ma  è  sempre  la  stessa  solfina 
che  si  imisce:  isomeria  non  esiste. 

«  Ora  le  nostre  ricerche  sono  in  perfetta  contraddizione  con  tutto  quello 
che  dicono  i  signori  Klinger  e  Maassen.  Noi  abbiamo  preparati  gli  ioduri 
delle  solfine  secondo  le  prescrizioni  di  Eruger,  e  abbiamo  stabilito  principal- 
mente che  esistono  due  cloroplatinati,  Tuno  monometrico  che  deriva  dalla  die- 
tilmetilsolfina,  l'altro  monoclino  che  deriva  dalla  etilmetiletìlsolfina.  Le  deter- 
minazioni cristallografiche  furono  eseguite  dal  prof.  G.  La  Valle  nel  Grabinetto 
mineralogico  dell'Università  di  Roma  diretto  dal  prof.  Strùver  e  non  lasciano 
nessun  dubbio  in  proposito.  Oli  ioduri  solfinici,  come  abbiamo  detto,  li  abbiamo 
preparati  nel  modo  indicato  da  KrOger  :  cioè  si  è  scaldata  a  bagno  maria,  in  un 
apparecchio  a  reflusso  e  per  vari  giorni,  una  mescolanza  di  pesi  molecolari  di  sol- 
furo etilico  e  ioduro  metilico  o  di  solfuro  di  metiletile  e  ioduro  di  etile,  aggiun- 
gendo alla  mescolanza  un  po'  d'acqua  (circa  V4  del  volume).  Ottenuti  gli  ioduri, 
preparanmio  i  cloruri  per  mezzo  del  cloruro  d'argento  e  quindi  i  cloroplatinati. 
Mentre  la  preparazione  degli  ioduri  fii  sempre  fatta  nel  modo  indicato,  quanto 
alla  preparazione  e  alla  cristallizzazione  dei  cloroplatinati  abbiamo  variato 
moltissimo  le  condizioni  sia  di  concentrazione  che  di  temperatura  :  malgrado 
questo  noi  abbiamo  sempre  potuto  constatare  che  dall'ioduro  di  dietilmetìl- 
solfina  si  ottiene  sempre  un  cloroplatinato  monometrico  ;  e  anzi  questo  com- 
posto si  ottiene  con  molta  facilità  puro  e  ben  cristallizzato:   dall'ioduro  di 
etilmetiletilsolfina  si  ottiene  sempre  un  cloroplatinato  monoclino,  sebbene  la 
purificazione  sia  un  poco  più  difScile  <b  ci  vogliano  maggiori  precauzioni  per 
ottenere  cristalli  che  si  possano  ben  misurare.  Non  abbiamo  però  mai  sin  qui 
potuto  constatare  la  trasformazione  del  composto  monoclino  nel  monometrico, 
sebbene  le  soluzioni  del  primo  sieno  state  lasciate  a  so  per  molti  mesi  in 
condizioni  svariatissime  di  concentrazione  e  di  temperatura. 

«  Facciamo  seguire  le  nostre  analisi  dei  cloroplatinati  avvertendo  che 
le  sostanze  analizzate  sono  di  preparazione  diversa,  ma  tutte  sono  state  stu- 
diate cristallograficamente.  Quanto  ai  punti  di  fusione  noi  avremmo  trovato 
che  il  cloroplatinato  della  dietilmetilsolfina  fonde  a  205'^,  quello  della  etilme- 
tiletilsolfina a  211^-212®.  Del  resto  fondono  male  e  si  decompongono:  perciò 
crediamo  che  tale  determinazione  non  abbia  grande  importanza. 


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—  237  — 

Cloroplatinato  del  cloruro  di  dietilmstil'  Cloroplatinato  del  cloruro  di  etilmetil- 

etiholfina.  2  (C,  H,).  CH, .  GIS .  PtCU .  etilsolfim.  2  C.  H, .  CH, .  C.  H,  GIS .  PtGU . 

P.  di  fusione  205<^  -  Monometrico  P.  di  fusione  211<'-212®-Monoclino 

I)    gr.  0,4718  di  sost.  dettero  gr.  0,1480  di  Pt  I)    gr.  0,8760  di  sost.  dettero  gr.  0,1172  di  Pt 

H)  gr.  0,3764      »  »      gr.  0,1180    »  E)  gr.  0,3372      n  n      gr.  0,1058    » 

m)  gr.  0,4980      y,  n      gr.  0,1570    »  HI)  gr.  0,5818      »  n     gr.  0,1826    » 

IV)  gr.  0,3807  di  sost  dettero  gr.  0,2720  di  IV)  gr.  0,5592  di  sost,  dettero  gr.  0,4071  di 
CO,  e  gr.  0,1560  di  H.O.  GO.  e  gr.  0.2235  di  H.O. 

V)  gr.  0,3165  di  sost.  dettero  gr.  0,2292  di  Di  qui  si  ricaya: 
CO,  e  gr.  0.1256  di  H,  0 . 

Di  qui  si  ricava: 

troTato  calcolato  per  trorato  calcdaio  por 

2(GtHs)i  2CiHs.GHt 

I        n  ni      lY      y    CH,sci.ptcu  i        ii       m       iv  ctHssci.ptcu 

e      —       ~        -    19,49  19,81        19,43      C      -       -       -     19,84  19,43 

H     —       —  —      4,54    4,39  4,21      H      -       —       —      4,46  4,21 

Pt  31,86  31,34  31,52     —      —  31,49      Pt  31,17  31,37  31,38    —  31,49 

•  Per  tatto  ciò  che  riguarda  la  conoscenza  esatta  della  forma  cristallina 
dei  due  isomeri  e  la  questione  deUa  morfotropia  dei  composti  solfinici,  a  cui 
accenna  il  Laird  nella  sua  Memoria,  facciamo  seguire  il  lavoro  cristallografico 
che  il  prof.  La  Valle  ha  avuto  la  gentilezza  di  comunicarci: 

Cloroplatinato  di  Etil-meUl-etil-solfina. 

»  Sistema  cristallino  =  Monoclino. 

Costanti  fl5:A:^=  1,15113:1:0,794745. 
/J  =  49Mr.56'' 
«  Forme  osservate:  (110) ,  (111) ,  (001) ,  (010) 
«  Combinazioni  (110)  (111)  (001) 

(110) (111) (001) (010). 
«  Sopra  parecchi  cristalli  misurati,  solo  da  tre  ottenni  valori  angolari 
«  attendibili  per  numero  di  spigoli  omologhi  potuti  misurare;  e  da  essi  ottenni: 

Misurati 


angoli 

lìmiti 

medie 

calcolati 

0. 

001:110 

60/ 

'  32'  —  60.« 

'36' 

60.0  34'.  20" 

• 

7 

111:001 

55. 

18  —55. 

89 

55.  26.  20 

* 

7 

110:110 

82. 

U  —  82. 

28 

82.  13.  20 

• 

8 

111:111 

77.3 

77.3 

760.  52'.  48" 

4 

110:111 

67. 

15  —  67. 

34 

67.  24.  30 

67.  43.39. 

5 

»  Sul  piano  di  simmetria  una  direzione  di  estinzione  è  quasi  normale 
allo  spigolo  [001]. 

«  Sulle  &ccie  del  prisma  (110)  si  osserva  nettamente  un  apice  d'iper-> 
bole  con  relativi  anellL 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  31 


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—  238  — 

«  La  bisettrice  acuta  è  quasi  normale  ad  (100). 
u  Dispersione  orizzontale. 


001 


«14 


Fig.  1  Fig.  2  Fig.  3 

tf  I  cristallini  sono  spesso  tabulari  secondo  due  faccio  parallele  del  prisma 
verticale,  ed  in  pari  tempo  allungati  nel  senso  degli  spigoli  che  queste  for- 
mano colla  base;  Tedi  (fig.  1). 

«  Non  meno  sovente  mostrano  quasi  egualmente  sviluppate  le  forme  (110) 
e  (001),  vedi  (fig.  2). 

«  Finalmente  ma  più  di  rado  si  osservano  le  forme  (111)  e  (110)  pre- 
dominanti, come  è  raffigurato  nella  fig.  3. 

«  In  ognuno  di  questi  tre  modi  vari  di  sviluppo  dei  cristalli,  le  dimen- 
sioni massime  non  superano  i  due  millimetri. 

Cloroplatinato  di  Bietil-metU-solfina. 
»  Sistema  cristallino  =  Monometrico. 

Combinazione  (100), (111). 
Misurati 


angoli 

limiti 

.medie 

calcolati 

n. 

111:001 

64.»  12'  — 55.»  37' 

54.'»  52' 

54.0  44' 

17 

001:100 

89.  40  —  90.  34 

90.  00 

90.  — 

3 

111:111 

69.  52  —  71.  10 

70.  32' 

70.  32 

6 

«  I  cristalli  osservati  provenienti  da  parecchie 
«  cristallizzazioni,  mostrano  costantemente  la  sem- 
«  plico  combinazione  sopra  indicata,  ma  con  sviluppa 
«  così  variabile  delle  singole  &cce,  che  assai  sovente 
«  si  prenderebbero  per  monoclini  (vedi  fig.  qui  con- 
«  tro)  e  per  identici  a  quelli  del  cloroplatinato  di 
«  etil-metil-etil-solfina  ;  tanto  più  che  gli  angoli  di 
tf  quest'ultimo  non  differiscono  che  di  poco  da  quelli 
«  del  sistema  monometrico.  Però   l'esame  ottico 


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—  289  — 

«  esclude  assolutamente  il  sistema  monoclìno,  poiché  per  quanti  cristalli  esami-* 
s  nassi  nella  luce  polarizzata  e  nel  senso  normale  a  tutte  le  singole  facce,  non 
s  ne  trovai  mai  alcuno  che  non  fosse  a  semplice  rifrazione. 

•  Insistx)  sopra  questo  fatto  perchè  i  resultati  miei  sono  assolutamente 
«  opposti  a  quelli  del  Laird  e  confermano  invece  pienamente  le  osservazioni, 
<  quantunque  poco  esatte,  come  osserva  il  Laird,  di  Ertkger,  il  quale  non  ap- 
«  pare  che  avesse  fatto  misure  cristall(^rafiche.  Non  vi  ha  dubbio  quindi  che 
«  secondo  i  resultati  da  me  osservati,  esiste  realmente  oltre  al  cloroplatinato 
«  monoclìno  (di  etilmetiletilsolfina)  un  altro  monometrico  (di  dietilmetilsolfina). 

«  Dopo  ciò  è  chiaro  che  questo  fatto  modifica  le  conclusioni  relative 
«  alla  così  detta  morfotropia,  che  il  Laird  ha  voluto  dedurre  dalle  osservazioni 
ft  fatte  sopra  la  forma  cristallina  dei  cloroplatinati  di  trimetilsolfina,  dimeti- 
^  letilsolfina  e  dietilmetilsolfina.  Difatti  si  conosce  omai  con  certezl^a  la  forma 
«  monometrica  in  tutti  e  tre  questi  composti ,  come  d'  altra  parte  risulta 
i>  chiaramente  anche  dallo  studio  cristallografico  che  non  esiste  una  sola  solfiua 
«  con  un  metile  e  due  etili,  bensì  due,  e  il  cloroplatinato  dell'una  è  monome- 
•  trico,  dell'altra  è  monoclìno  ^ . 

«  È  evidente  da  tutto  quello  che  abbiamo  esposto  che  esistono  due  ciò* 
roplatinati  isomeri  aventi  la  composizione  2C5  His  SCI.  Pt  CI4  ;  e  poiché  l'uno 
deriva  dall'ioduro  di  dietilmetilsolfina  e  l'altro  dall'ioduro  di  etilmetiletil- 
solfina, è  pure  assai  certo  che  anche  i  due  solfuri  debbono  essere  isomeri. 
Però  dalle  osservazioni  del  prof.  La  Valle  appare  come  sia  facile  scambiare 
i  cristalli  monometrici  con  i  monoclini,  se  la  misura  esatta  degli  angoli  e 
le  proprietà  ottiche  non  togliessero  ogni  dubbio  in  proposito.  Notisi  bene  che 
non  si  può  ammettere  che  il  composto  monometrico  risulti  da  mescolanze  di 
cloroplatinati  di  trimetilsolfina,  dimetiletilsolfina  e  trietilsolfina,  quelli  che 
potrebbero  formarsi  nella  reazione:  ciò  sarebbe  poco  probabile  anche  dal  lato 
chimico  giacché  si  ottiene  sempre  lo  stesso  composto  anche  variando  i  modi 
dì  preparazione  :  ma  è  poi  impossibile  ove  si  rifletta  che  il  cloroplatinato  dì 
trietilsolfina,  che  necessariamente  dovrebbe  entrare  nella  mescolanza,  è  mono- 
elino  Q).  L'isomeria  scoperta,  ma  non  rigorosamente  dimostrata  da  Kruger, 
esiste  dunque  realmente.  Se  si  tratti  dì  combinazioni  molecolari  e  quindi  la 
isomerìa  derivi  dal  fatto  che  molecole  differenti  si  sono  unite  fra  loro,  0  se 
invece  si  tratti  di  composti  atomici  e  l'isomeria  derivi,  secondo  quello  che 
pensa  anche  Yan  't  Hoff,  dal  fatto  che  le  valenze  dello  zolfo  non  sono  uguali, 
noi  non  potremmo  dirlo  in  modo  assoluto  e  aspettiamo  dì  aver  completati 
i  nostri  studi,  specialmente  quelli  che  riguardano  le  combinazioni  dello  zolfo 
bivalente  e  l'isomeria  delle  solfine  con  tre  radicali  alcoolìci  diversi.  Ed  es- 
sendo stabilita  tale  isomeria,  cade  naturalmente  la  prova  in  favore  della  tetra- 

Q)  F.  Dehn,  Beitrag  sur  Kenntniss  der  Sulfinverbindungen.  Liebig*s  Annalen,  supp. 
T.  IV,  pag.  91,  anno  1886. 


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—  240  -^ 

yalenza  dello  zolfo  che  Elinger  e  Maassen  avevano  dedotto  dal  &tto,  che 
essi  credevano  di  avere  stabilito,  che  si  forma  sempre  Tioduro  di  ima  stessa 
solfina  sia  unendosi  il  solfuro  B^S  coU'ioduro  Bl ,  sia  unendosi  il  solfino  BB'3 
coU^ioduro  BS.  Certamente  è  molto  probabile  che  si  tratti  di  combinazioni 
atomiche  :  il  &tto  che,  sostituendo  ali*  iodio  degli  ioduri  solfinici  un  ossidrile 
si  hanno  basi  fortemente  alcaline  le  quali,  secondo  l'ipotesi  delle  combinazioni 
molecolari,  altro  non  sarebbero  che  Tunione  dei  solfuri  alcoolici  con  alcool  (Ot 
l'altro  &tto  che  partendo  da  un  determinato  solfuro  e  ioduro  organico  con 
radicali  alcoolici  differenti  si  possono,  in  certe  condizioni,  ottenere  dei  composti 
solfinici  in  cui  non  entra  che  il  radicale  dell'ioduro  alcoolico,  certamente 
tutti  questi  e  altri  fatti  male  si  spiegherebbero  coll*ipotesi  delle  combina- 
zioni molecolari.  Noi,  or  sono  alcuni  anni,  avevamo  cercato  di  risolvere  spe- 
rimentalmente la  questione  determinando  il  peso  molecolare  dei  composti 
solfinici  per  mezzo  del  punto  di  congelamento  delle  loro  soluzioni.  Sperimen- 
tammo sull'ioduro  di  trìetilsolfina  in  soluzione  acquosa  e  trovammo  un  coef- 
ficiente di  abbassamento  così  elevato  (1,551  — 1,688),  da  dovere  necessaria- 
mente concludere  che  in  soluzione  diluita  la  molecola  doveva  essere  forte- 
mente disgregata. 

a  Ci  riserviamo  di  continuare  le  ricerche  di  cui  abbiamo  tenuto  parola 
nel  corso  di  questa  Memoria,  giacché  è  evidente  che  i  sigg.  Elinger  e  Maassen 
e  noi  lavoriamo  in  direzioni  perfettamente  opposte  ». 

Botanica.  —  Pugillo  di  alghe  tripolitane.  Memoria  dei  dottori 
G.  B.  De-Toni  e  David  Levi,  presentata  dal  Socio  Passerini. 

«  La  flora  ficologica  del  Mediterraneo  venne  di  recente  compendiata  dal- 
TArdissone  (^)  e  dopo  la  pregiata  opera  di  questo  botanico,  ben  poche  con- 
tribuzioni furono  pubblicate  allo  scopo  di  accrescere  la  conoscenza  delle  ficee 
che  vegetano  nel  suddetto  bacino. 

tt  n  Borzi  (3)  aggiunse  tre  specie  alla  flora  marina  di  cui  si  tratta,  cioè 
Nitophyllum  earybdaeum  Borzi,  CaUophyllis  laciniata  Huds.,  e  Polystpho- 
nia  Brodiaei  (Dillw.)  Grev.,  raccolte  nel  porto  di  Messina,  il  Fichi  (^)  indicò 
nuove  località  lungo  le  spiagge  toscane  ed  all'isola  Gorgona  per  alghe  già 

(1)  Hortmann  -  Theoretische  Chemie,  pag.  307. 

(*)  F.  Ardissone,  Phycologia  mediterranea,  parte  prima:  Floridee  (Memori*  della 
Società  crittogamologica  italiana,  voi.  I).  Varese  1888.  —  là.,  Phycologia  mediterranea, 
parte  seconda:  Oosporee,  Zoosporee,  Schizosporee  (loc.  cit,  yol.  n,  disp.  1-2).  Varese 
1886-1887. 

(«)  A,  Borzi,  Nuove  floridee  mediterranee  (Notarisia  I,  p.  70,  tab.  2).  Venezia  1886. 

(*)  P.  Fichi,  Elenco  delle  Alghe  toscane  {Floridee)  (Atti  della  Società  Toscana  di 
scienze  naturali,  voi.  IX,  fase.  1).  Pisa  1888. 


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—  241  — 

riconosciute  proprie  del  Mediterraneo  stesso  e  noi  pure  (^)  ebbimo  occasione 
di  illustrare  TAdriatioo  superiore  nei  riguardi  dei  lidi  veneti,  mentre  nuove 
fanne  aggiunse  air  Adriatico  orientale  THauck  (^)  e  si  occuparono  delFArci- 
pelago  greco  lo  Schmitz  {^)  ed  il  Miliarakis  (^). 

•  In  particolar  modo  sono  illustrate  le  spiagge  della  nostra  penisola 
(eccettuate  le  Maremme,  le  Puglie,  la  Calabria,  la  terra  d'Otranto  che  ancora 
mancano  di  speciali  florule)  e  le  isole  maggiori  ad  opera  di  molti  autori  tra 
ì  più  moderni  de*  quali,  oltre  il  citato  Ardìssone,  meritano  di  esser  ricordati 
il  Piccone  (5),  THauck  («),  lo  StrafforeUo  (7),  il  Palkenberg  (8),  il  Debeaui  (»), 
il  Langenbach  (^^);  le  piccole  isole  vennero  fatte  in  gran  parte  conoscere 
dall'or  menzionato  Piccone  (*0»  dal  Solla  {^%  dal  Bodriguez  (^^)  ;  minori  cogni- 
zioni si  possedono  intomo  alla  costa  settentrionale  dell'Africa,  poiché  soltanto 
l'Algeria  oflEre  una  notevole  contribuzione  nei  lavori  del  Montagne  (^^  e  l'Egitto 
nelle  classiche  opere  del  Forskael  (^^)  e  del  Dolile  {^^). 

•  Della  costa  tripolitana  poco  si  può  ricavare  di  positivo  e  il  primo 


(})  G.  B.  De  Toni  e  David  Levi,  Flora  Algologica  della  Venezia,  patte  prima:  Le 
Floridee  (Atti  del  R.  Istituto  Veneto,  serie  VI,  tomo  HI).  Venezia  1885.  —  Id.,  pari» 
seconda:  Le  Melano  ficee  (loc  cit.,  serie  VI,  tomo  IV).  Venezia,  1886.—  Id.,  parto  terza: 
Le  Cloro/ìcee  (loc.  cit,  serie  VI,  tomo  V  e  VI).  Venezia  1888. 

(*)  F.  Hauck,  Neue  und  kritische  Algen  des  Adriatischen  Meeres  (Hedwigia  XXVn, 
p.  15).  Dresden  1888. 

(5)  F.  Schmitz,  Ueber  grune  Algen  aus  dem  Golfe  von  Athen.  Halle  1878. 

(*)  S.  Miliarakis,  Beitràge  sur  Kenntniss  der  Algenvegetation  von  Oriechenland  : 
Die  Jfeeresalgen  der  Jnsel  Sciathos.  Athen  1887, 

(5)  A.  Piccone,  Florula  algologica  della  Sardegna  (N.  Giornale  botan.  ital.  voi.  X). 
Firenze  1878.  —  Id.,  Spigolature  per  la  /teologia  ligustica  (loc.  cit.  voi.  XVII).  Firenze 
1885.  —  Id.,  Nuovi  materiali  per  VAlgologia  sarda  (loc.  cit.  voi.  XVI).  Firenze  1884. 

(«)  F.  Hauck,  Die  Meeresalgen  Deutschlands  und  Oesterreichs,  Leipzig  1885. 

C)  F.  Ardissone  e  I.  StraSoTéìlOy  Enumerazione  delle  Alghe  di  Liguria.  Mììbsìo  1877. 

{»)  P.  Falkenberg,  Die  Jfeeresalgen  des  Oolfes  von  Neapel  (Mittheilungen  aus  der 
Zoologischen  Station  zu  Neapel,  I.  Band,  2  Heft).  Leipzig  1879. 

(»)  0.  Debeaui,  Enumeration  des  Algues  de  Bastia  (Corse).  Paris  1874. 

(1*^)  G.  Langenbach,  Die  Meeresalgen  der  Inseln  Sizilien  und  Pantellaria.  Berlin  1873. 

(11)  A.  Piccone,  Catalogo  delle  Alghe  raccolte  durante  le  crociere  del  Cutter  Vio- 
lante (Memorie  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  sex.  3^  voi.  IV).  Roma  1879. 

(")  R.  Solla,  Auf  einer  Excursion  nach  den  pelagischen  Inseln,  Aprii  1884,  gesam- 
melte  Meeresalgen  (Oesterr.  botan.  Zeitschrift.  Jahrg.  1885,  n.  2).  Wien  1885. 

(13)  F.  Rodriguez,  Alcune  osservazioni  in  lettere  private  ;  di  prossima  pubblicazione 
un  lavoro  sulle  Alghe  delle  isole  Balearù 

(1^)  C.  Montagne,  Cryptogames  Algériennes  (Annales  des  sciences  naturelles  2  sér 
tom.  X,  p.  268  et  334).  Paris  1838.  —  Id.,  Ewploration  scientifique  de  V Algerie,  Algues, 
tom.  I,  avec  16  pi.  Paris  1846.  —  Id,,  Sylloge  generum  specierumque  cryptogamarum. 
PariùÌB  1856. 

(15)  Forskael,  Flora  Aegyptiaco -Arabica,  Haoniae  1775. 

(i«)  H.  Delile,  Flore  d'Egypte,  avec.  62  pi.  Paris  1813. 


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—  242  — 

abbozzo  si  trova  offerto  da  alcune  determinazioni  del  Piccone  (Of  &tte  sa 
esemplari  dragati  a  5  miglia  al  nord  di  Tripoli  mediante  il  gangano  a  circa 
50  metri  di  profondità;  delle  21  specie  indicate  dall'egregio  algologo,  14  sono 
diverse  da  qqelle  enumerate  nella  presente  nota,  per  cui  si  crede  opportuno 
riportarle  :  Valonia  utrictUaris  Ag.,  Udotea  Desfontainii  Decne,  Stilophora 
rhùodes  J.  Ag.,  Dictyota  Fasciola  Lamour.,  Dictyota  linearh  Ag.,  Zanar- 
dima  eollaris  Crouan,  Cystoseira  Montagnei  J.  Ag.,  Chrysymenia  digitata 
Zanard. ,  Chrysymenia  Chiajeana  Menegh. ,  Cryptonemia  Lomation  J.  Ag., 
Polysiphonia  elongata  Harv.,  Polysiphonia  subtdifera  Harv.,  RytipMoea 
tinctoria  Ag,,  e  Dasya  spinella  Ag. 

«  Precisamente  in  vista  della  così  imperfetta  conoscenza  del  litorale  afri- 
cano bagnato  dal  Mediterraneo,  si  ritiene  opportuno  di  pubblicare  la  deter- 
minazione dì  materiali  ficologici,  raccolti  nel  golfo  di  Tripoli  dall'egregio 
prof.  Raffaello  Spigai,  poiché  essa  può  giovare  sia  per  il  confronto  con  le 
specie  indicate  dal  Montagne  nell'Algeria,  sia  per  il  progresso  della  cono- 
scenza intorno  alla  distribuzione  geografica  dei  talassofiti.  Egli  fìi  infÌEitti  con 
grande  meraviglia  che  tra  le  alghe  raccolte  a  Tripoli  dal  prof.  Spigai,  si 
poterono  notare  alcuni  esemplari  della  Oalaxaura  adriatica  Zanard.,  finora 
scoperta  soltanto  nell'Adriatico  a  Lesina  dal  Botterl  ed  a  Miramar  dall'Hauck! 

«  Né  si  deve  tacere  che  parecchie  specie  come  la  Grateloupia  dicho- 
toma  J.  Ag.,  VAcrodisctis  Vidovichii  Zanard.,  la  Coniar inia  peyssonelliifor- 
mis  Zanard.,  la  Ricardia  Montagnei  Derb.  et  Sol.,  vengono  nel  nostro  lavoro 
indicate  per  la  prima  volta  della  costa  africana  settentrionale. 

«  Chiudiamo  queste  brevi  osservazioni  coli' esternare  i  nostri  più  vivi 
ringraziamenti  al  eh.  prof.  Raffaello  Spigai,  residente  in  Tripoli,  fiduciosi  di 
ottenere  presto  nuove  raccolte  ^Igologiche  da  una  località  così  interessante, 
pronti  sempre  a  contribuire  con  le  nostre  povere  forze  al  progredire  della 
fìcologia  mediterranea. 

Florideae 

Cryptonemiaceae,  J.  Ag. 

«  1.  Grateloupia  dichotoma  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  178;  Epicr.  p.  152. — 
Kutz.  Sp.  p.  732;  Tab.  Phyc.  XVII,  t.  28,  c-e.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I, 
p.  137. 

tf  Un  solo  esemplaretto,  sorgente  dalla  base  del  caule  d'una  Cistosira. 
Questa  specie,  come  s'è  già  detto,  è  nuova  per  il  litorale  africano. 

a  2.  Halymenia  MoNARDiANA  Mout.  Crypt.  Algér.,  p.  8  ;  JEay)L  de 
l'Algerie  p.  115,  t.  XI,  f.  2.— Klìtz.  Sp,  p.  717  non  Tab.  Phyc.  XVII,  t.  2,  d.— 
J.  Ag.  Sp.  II,  p.  203.  —  Zanard.  Icon.  phyc.  adriat.  II,  p.  91,  t.  LXIII.— 

0)  A.  Piccone,  Risultati  algologici  delle  crociere  del  Violante  (Annali  del  Museo 
Civico  di  Storia  Naturale  di  Genova,  voi.  XX).  Genova  1883. 


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—  248  — 

Ardiss.  Phyc,  MediU  I,  p.  149.  —  Haly menta  me$enteroides  Monard.  m$cv. — 
H.  carnosa  Hering  in  Ktìtz,  Tao,  Phyc.  XVI,  p.  35,  t  98  !  —  iT.  palmata 
Delle  Ghjsge  HydrophyU  Neap.,t  XV. 

•  Bara  sulla  spiaggia,  piuttosto  abbondante  sugli  scogli  (n.  8).  L'esem- 
plare comunicatoci  dal  prof.  Spigai,  corrisponde  perfettamente  con  la  figura 
della  Halymenia  carnosa  Hering.  offerta  dal  Elitzing  nelle  Tàbulae  phyco- 
logicae. 

«  3.  AcRODiscDs  ViDoviCHii  (Monegh.)  Zanard.  Icon.  phyc,  adriat.  II, 
p.  119,  t.  LXIV.  —  Hauck,  Meeresalgen  p.  132,  f.  52.  —  Chondrus  Vidovi- 
chii  Menegh.  in  Atti  della  3^  Riunione  degli  scienziati  italiani  1841,  p.  11. — 
Cryptonemia  Vidovichii  Zanard.  Saggio  p.  42.  —  Ardiss.  Phyc,  Medit.  I, 
p,  162.  —  De  Toni  e  Levi,  FI.  Alg.  Ven.  1,  p.  59.  —  Euhymenia  dichotoma 
Klltz.  Sp.  p.  742  ;  Tab.  Phyc.  XVII,  t  72. —  Cryptonemia  dichotoma  J.  Ag. 
Alg.  Med.  p.  100;  Sp.  II,  p.  225;  Epicr.-p.  161. 

•  Bara  sulla  spiaggia  ed  a  poca  profondità  (n.  22).  È  indicata  per  la 
prima  volta  per  l'Africa. 

Bhodymeniaceae,  Harv. 

•  4.  Chrysymenia  Uvaria  (L.)  J.  Ag.  Alg.  med.^  p.  110;  Sp.  II,  p.  214; 
Epicr.^  p.  324.  —  Mont.  Expl.  de  V Algerie  p.  97.  —  Langenb.  Meeresal- 
gen  Sizilien  und  Pantell.,  p.  19.  —  Piccone,  Catal.  Alghe  Violante  p.  12, 
n,  41. —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  210. —  De  Toni  e  Levi,  FI.  Alg.  Ven.  I, 
p.  75.  —  Fucus  Uvarius  L.  Syst.  Ili,  p.  714.  —  Chondria  Uvaria  Ag.  Sp.  I, 
p.  347.  —  Physidrum  Uvarium  Delle  Chiaje  Hydrophyt.  Neap.,  t.  XLIIL  — 
Gastroclonium  Uvaria  Kùtz.  Sp.  p.  865  ;  Tab.  Phyc.  XV,  t.  97. 

«  Bara,  a  poca  profondità  (n.  5).  È  specie  frequente  pressoché  in  tutto 

il  Mediterraneo. 

Squamariaceae,  Ardiss. 

«  5.  Pbyssonellia  Squamaria  (Qmel.)  Decaisne,  PI.  de  l'Arab.,  t.  V, 
f.  16.—  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  502;  Epicr.,  p.  386.  —  Kùtz.  Sp.,  p.  693;  Tab. 
Phyc.  XIX,  t.  97,  a-b,  —  Mont.  Expl.  de  l'Algerie,  p.  123.  —  Langenb. 
Meeresalgen  Sizilien  und  PanteU.,  p.  20.  —  Piccone,  Catal.  Alghe  Violante 
p.  14,  n.  49.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  227.  —  De  Toni  e  Levi,  FI.  Alg. 
Ven.  I,  p.  83. —  Fucus  squamaritis  Gmel.  ffist.  fuc.,  p.  171,  t.  XX,  f.  1. — 
Ulva  Squamaria  Both  Cat.  IH,  p.  322.  —  Zonaria  squamaria  Ag.  Sp.  I, 
p.  131. —  Flabellaria  Squamaria  Delle  Chiaje  Hydrophyt.  Neap.,  tlX. 

«  Sulla  spiaggia,  rejetta  dalle  onde  e  sugli  scogli  a  poca  profondità, 
insieme  alla  specie  seguente  (n.  15). 

•  6.  Peyssonellia  rubra  (Grev.)  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  502  ;  Epicr.,  p.  386. — 
Piccone,  Catal.  Alghe  Violante  p.  13,  n.  48  ;  Rimlt.  Violante  p.  26,  n.  85. — 
Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  228.  —  De  Toni  e  Levi,  FI.  Alg.  Ven.  I,  p.  83.— 
Zonaria  rubra  Grev.  in  Linn.  Transactions,  XV,  2,  p.  349. 


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—  244  — 

«  Sulla  spiaggia  e  sulle  scogliere  a  poca  profondità  (n.  15).  Secondo  il 
Piccone  questa  specie  venne  già  raccolta  (durante  le  crociere  del  Cutter  Vio- 
lante) a  5  miglia  a  nord  di  Tripoli  ad  una  profondità  di  50  metri. 

«  7.  CoNTARiNiA  PEYssoNELLiiFORMis  Zanard.  Saggio^.  45;  Icon.  Phye. 
adriat.  I,  p.  47,  t.  XII.  —  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  492.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I, 
p.  232.  —  De  Toni  e  Levi,  FL  Alg.  Ven.  I,  p.  84  ;  Sehem.  gen.  Florid,^ 
t.  IX,  gen.  36,  p.  XXIV.  —  Hauck,  Meeresalgen  p.  32,  f.  6. 

«  Rarissima,  su  frammenti  di  una  Cystoseira  (n.  17).  La  Contartnia 
peyssoneluformis  Zanard.,  era  finora  indicata  dell'Adriatico  sulle  coste  del- 
ristria  dall'Hauck  e  su  quelle  della  Venezia  dallo  Zanardini  e  da  noi,  del 
Tirreno  nel  golfo  di  Napoli  dal  Falkenberg.  Il  confronto  istituito  con  gli 
esemplari  veneti  da  noi  raccolti  e  pubblicati  nel  n.  8  della  nostra  Phycotheca 
italica  non  ci  lascia  alcun  dubbio  riguardo  all'esattezza  della  determinazione. 

tf  8.  Rhizophyllis  Squamariae  (Men^h.)  Kutz.  5p.,  p.  877;  Tab. 
Phyc.  XVI,  t  8.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  224.  —  De  Toni  e  Levi, 
Fl.Alg.  Ven.  I,  p.  85;  Schem,  gen.  Florid.^  p.  XXII,  t.  IX,  gen.  33.  — 
Wormskjoldia  Squamariae  Menegh.  Litt.  ad  Corinaldi  n.  8.  —  Rhizophyl- 
lis dentata  Mont.  Expl.  de  l'Algerie  p.  63,  t.  XV,  f.  2. —  Zanard.  Icon. 
phyc.  adriat.  Ili,  p.  29,  t.  LXXXVII.  —  Langenb.  Meeresalgen  Sisilien 
und  PantelL,  p.  19.  —  Piccone,  Catal.  Alghe  Violante  p.  14,  n.  50.  — 
Rhodomela  perreptans  J.  Ag.  Symb.^  p.  13. 

«  Un  solo  individuo  sopra  un  iframmento  àiPeyssonellia  Sqtiamariau.  (15). 

Sphaerococcaceae,  Ardiss. 

«  9.  Sphaerococcus  coronopifolius  (Good.  et  Woodw.)Ag.  5'y».p.29; 
Sp.  I,  p.  291.—  J.  Ag.  Sp.  n,  p.  644.  —  Mont.  Fxpl.  de  l'Algerie  p.  103.— 
Langenb.  Meeresalgen  Sisilien  und  Panlell.,  p.  21.  —  Piccone,  Catal.  Alghe 
Violante  p.  15,  n.  57.  —  De  Toni  e  D.  Levi,  FI.  Alg.  Ven.  I,  p.  89  ;  Schem. 
gen.  Florid.,  p.  XXVII,  t.  X,  gen.  40.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  247. — 
Fucus  coronopifolius  Q.  et  W.  in  Linnean  Transactions  III,  p.  185.  — 
Rhynchococcus  coronopifolius  Kùtz.  Phyc.  p.  403,  t.  61,  f.  1  ;  Sp.  p.  754; 
Tab.  Phyc.  XVIII,  t.  10,  e-h. 

»  Rigettata  sulla  spiaggia  dalla  parte  delle  scogliere  (n.  2) 

Helminthocladiaceae,  J.  Ag. 

«  10.  Galaxaura  adriatica  Zanard. /(?on.j?Ay(?.^dna^.  I,  p.  t  XXII, 
A.  —  J.  Ag.  Epicr.,  p.  527.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  274.  —  Hauck 
Meeresalgen  p.  64.  —  De  Toni  e  Levi  FI.  Alg.  Ven.  I,  p.  99  ;  Schem.  gen. 
Florid.  t.  XII,  gen.  48,  f.  a!  b. 

«  Bara  sulla  spiaggia  (n.  12). 

«  n  eh.  Giacobbe  Agai'dh  al  quale  abbiamo  spedito  in  comunicazione 
uno  degli  esemplari  tripolitani  di  questa  specie,   espresse  l'opinione  che  la 


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—  245  — 

G>  adriatica  Zanard.  non  differisca  dalla  G.  fragilis  Decaisne.  Tale  parere 
dell'illustre  ficologo  svedese  è  appoggiato  dall'esame  che  potemmo  istituire 
tra  esemplari  di  ambedue  le  specie  esistenti  nell'Algarium  Zanardini,  nonché 
tra  gli  esemplari  tripolitani  e  quelli  adriatici  raccolti  a  Miramar  dalI'Hauck. 
La  figura  della  Galaxaura  adriatica  Zanard.  data  dal  proprio  autore  nella 
Iconographia,  non  rappresenta  che  esageratamente  gli  esemplari  proYenienti 
dall'Adriatico  orientale  e  quello  stesso  raccolto  a  Lesina  dal  Botteri,  sul 
quale  esemplare  lo  Zanardini  propose  la  G.  adriatica  ;  in  realtà  il  cespuglio 
assume  la  forma  rappresentata  nella  tabula  XII  dei  nostri  Schemata  gene- 
rum  Floridearum  e  riprodottavi  mediante  il  processo  eliotipico. 

s  Con  tale  aspetto  del  cespuglio  e  forma  degli  articoli,  la  Galaxaura 
adriatica  si  avvicina  molto  alla  G.  indurata  Kutz.  Tao.  Phyc.  Vili,  t.  31,- 
cui  si  può  riconoscere  identica  riguardo  ai  dettagli  strutturali;  secondo  G. 
Agardh  (Epicr.  p.  528)  la  specie  ora  accennata  del  Kùtzing  corrisponderebbe 
alla  G.  Sehimperi  del  Decaisne,  semplice  forma  della  ff.  fragilis,  ciò  che 
pure  tenderebbe  a  dimostrare  che  la  ff .  adriatica  e  la  fi^.  fragilis  sono  una 
medesima  entità  specifica.  Né  molto  diversa  ci  sembra  la  G.  spongiosa  Eùtz. 
Tao.  Phyc.  Vili,  t.  34. 

B  Alquanto  differente  sarebbe  invece  per  la  sottigliezza  della  fronda 
la  Galaxaura  cylindrica  Decaisne,  benché  il  modo  di  ramificazione  e  la 
forma  degli  articoli  sieno  affi&tto  eguali  a  quelli  della  G.  fragilis. 

Gelidiaceae,  Harv. 

•  11.  Gblidium  crinale  (Turn.)  Lamour. —  J.  Ag.  Epicr.y  p.  546. — 
Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  290.  —  Piccone  Catai.  Alghe  Violante  p.  13, 
n.  47.  —  De  Toni  e  Levi  FI.  Alg.  Vctl  I,  p.  106.  —  Fucus  crinalis  Turn. 
Ifist  fuc.,  t.  198.  —  Gelidium  corneum  var.  crinalis  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  170. — 
Mont  jExpl.  de  l'Algerie  p.  107.  —  Sphaerococeus  comeus  var.  crinalis 
Ag.  Sp.  I,  p.  285. —  Acrocarpus  crinalis^  lubricm^  spinescens,  corymbosus 
Katz.  Tab.  Phyc.  XVIII,  t.  32,  d-k,  33  a-c,  33  d-e,  36  a-c. 

«  Abbastanza  frequente  sulla  spiaggia  e  sugli  scogli  (n.  19). 
«  12.  Pterocladia?  tripolitana  n.  sp. 

•  Habitus  Carpoblepharidis  ceylanicae;  fronde  circ.  10-12  cm.  alta, 
piano-compressa,  pinnato-ramosa,  cartilaginea,  sanguinea  ;  ramulis  ultimis  bi- 
tricnspidatis;  tetrasporis  in  soros  laxiuscule  coUectis,  subglobosis,  cruciatim 
quadripartitis. 

«  Barissima  sulla  spiaggia,  a  poca  profondità  (n.  3).  Molto  importante 
riesce  questa  specie  la  cui  determinazione  generica  ci  lascia  in  dubbio,  a  mo- 
tivo della  mancanza  di  esemplari  provveduti  del  frutto  capsulare  o  cistocar- 
pio,  sulla  struttura  e  disposizione  del  quale  è  in  gran  parte  fondata  la  clas- 
sificazione delle  Florideé. 

K  L'esemplare  da  noi  posseduto  ha  Taspetto  anche  della  Carpoblepharis 

Bbndioonti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  32 


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—  246  — 

pinnatifolia  figurata  dal  Kùtzing  nel  voi.  XIX,  t.  89  delle  Tabulae  Phr- 
cologicae  e  descrìtta  per  la  prima  volta  come  Ptilotaì  pinnatifolia  dai.  Suhr 
nella  Flora  1834,  p.  732,  t.  II,  f.  18,  ma  nel  nostro  esemplare  le  tetraspore 
anziché  essere  disposte  in  serie  trasversali  e  mostrarsi  divise  a  triangolo,  ap- 
paiono piuttosto  agglomerate  in  sori  e  divise  a  croce,  ciò  che  non  conviene 
assolutamente  coi  caratteri  del  genere  Carpoblepharis  Efltz. 

«  Una  gelidiacea  che  assomiglia  molto  alla  Pterocladia?  tripoUtana  è 
la  Ptilophora  pinìiatifida  di  G.  Agardh,  descritta  nei  Bidrag  till  Florideer- 
nes  Morphologie  VII,  p.  79  ma  questa  è  assai  più  gracile  della  specie  tri- 
poUtana e  per  di  più  non  se  ne  conosce  la  fruttificazione  tetrasporìca.  È  da 
sperare  che  esemplari  raccolti  in  altra  stagione  e  fomiti  del  cistocarpio,  pos- 
sano risolvere  la  determinazione  generica  di  questa  nuova  specie. 

Laurenciaceae,  Harv. 

«  13.  Rie  ARDI  A  Montagne!  Derb.  et  Sol.  in  Ann,  Seienc.  Nat.  1866, 
p.  209,  1. 1.  —  Zanard.  Icon.  phyc.  adriat.  II,  t.  LXI.  —  J.  Ag.  Epicr., 
p.  637.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  357.  —  De  Toni  e  Levi  FI.  Mg.  Ven. 

I,  p.  120. 

«  Su  frammenti  della  specie  s^uente  (n.  23).  È  nuova  per  la  flora 
africana. 

tf  14.  Ladrencia  obtusa  (Huds.)  Lamour.  Esb,^  p.  42.  —  J.  Ag.  Sp. 

II,  p.  750;  Epicr.,  p.  653.  —  Kùtz.  Sp.y  p.  854;  lab.  Phyc.  XV,  t.  54, 
a-b.  —  Mont.  Expl.  de  V Algerie,  p.  92.  —  Langenb.  Meeresalgen  Sizilien 
und  PantelLj  p.  22.  —  Piccone  Catal.  Alghe  Violante  p.  15,  n.  61  ;  Ri$tdi. 
algol.,  p.  30  n.  105.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  326.  —  De  Toni  e  Levi 
FI.  Alg.  Ven.  I,  p.  118.—  Fucm  obtusus  Huds.  FI.  Angl.,^.  686.  — Tum. 
Hist.  Fuc.y  t.  21. 

«  Abbondante  sulla  spi^gia  e  sulle  scogliere  (n.  23).  Già  raccolta  a  Tri- 
poli nelle  crociere  del  Violante. 

«  15.  Laurencia  papillosa  (Forsk.)  Grev.  —  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  756; 
Epicr.,  p.  652.  —  Kùtz.  Sp.,  p.  855;  Tab.  Phyc.  XV,  t.  62.  —  Langenb. 
Meeresalgen  Sizilien  und  Pantell.,  p.  22.—  Mont.  Expl.  de  l'Algerie  p.  85. — 
Piccone  Bisult.  algol.,  p.  30,  n.  106. —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  330.  —  De 
Toni  e  Levi,  FI.  Alg.  Ven.  I,  p.  119.  —  Fucus  papillosus  Forsk.  FI.  Aegypt. 
Arab.,  p.  190.  —  Chondria  papillosa  Ag.  Sp.  I,  p.  344. —  Fticm  eyanosper- 
mm  Del.  Égypt,  p.  152,  t.  57,  f.  3. 

tt  Insieme  alla  Laurencia  obtusa  (n.  23).  Già  indicata  di  Trìpoli  dal 
Piccone. 

Khodomelaceae,  Harv. 

«  16.  ViDALiA  voLUBiLis  (L.)  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  1121. —  Langenb.  Meere- 
salgen Sizilien  und  PantelL,  p.  23.  —  Piccone  Catal.  Alghe  Violante  p.  17, 


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—  247  — 

n.  70;  Risiili.  algoL,  p.  34,  n.  118. —  Ardiss.  Phyc.  MediL  I,  p.  424.  — 
De  Toni  e  Levi  FI.  Atg.  Veri.  I,  p.  150.  —  Fucus  volubilis  L.  Sysi.  Ili, 
p.  715.  —  Volubilaria  mediterranea  Lamour.  —  Mont.  ExpL  de  V Algerie 
p-  77.  —  Dictyomenia  volubilis  Grey..  —  J.  Ag.  Alg.  mediL,  p,  146.  — 
Kùtz.  iSp.,  p.  847.  lab.  PAyt?.  XVI,  t.  98,  —  Rhodomela  volubilis  kg.  ijo.I, 
p.  374. 

«  Bara  sulla  spiaggia  (n.  21).  Già  indicata  da  Piccone,  come  raccolta  a 
5  miglia  da  Tripoli  a  50  metri  di  profondità. 

«  17.  AcANTHOPHORA  Delilbi  Lamour.  Ess.,  p.  44.  —  Decaisne  PI  de 
l'Arab.,  p.  185.—  J.  Ag.  Sp.  II,  p.  817.  —  Kùtz.  Sp.,  p.  858;  Tab.  Phyc. 
XV,  t.  75,  f.  1.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  352.  —  Fiicus  najadiformis 
Dolile  ÉgypL,  p.  292,  t.  56,  £  1.  —  Fucm  acanthophorus  Turn.  JHst.  Fuc., 
t.  32.  —  Ghondria  Delilei  Ag.  Sp.  I,  p.  363.  —  Cystoseira  acanthophora 
Delle  Chiaje  Hydrophyt.  Neap.,  t.  XCII. 

•  Abbondante  sulla  spiaggia,  fuori  del  golfo  (n.  18).  Lungo  le  coste  afri- 
cane, prima  d'ora,  era  indicata  solo  di  Alessandria  d'Egitto. 

Corallinaceae,  Harv. 

«  18.  Jania  RUBENS  (L.)  Lamour.  Polyp.,  p.  272.  —  Mont.  Expl.  de 
V Algerie  p.  131.  —  Kùtz.  Sp.,  p.  709;  Tab.  Phyc.  VIII,  t.  84,  f.  II-IV.— 
Aresch.  in  J.  Ag.  5^!?.,  II,  p.  557.  —  Langenb.  Die  Meeresalgen  Sizilien  wid 
PanteU.^  p.  21. —  Piccone  Calai.  Alghe  Violante  p.  14,  n.  54.  —  Ardiss. 
Phyc.  Medit.  I,  p.  459.  —  De  Toni  e  Levi  FI.  Alg.  Ven.  I,  p.  164.  —  Co- 
rallina rubens  L.  Syst.  I.  p.  1304.  —  Corallina  cristata  Eli.  et  Soland. 
Zooph.,  p.  121  (sec.  Areschoug.). 

«Abbondante  sulla  spiaggia,  sugli  scogli  (n.  14);  alcuni  esemplaretti 
anche  interposti  ai  filamenti  del  Gelidium  crinale  (n.  19). 

Pha.eoph^'^oea.e. 

Dictyotaceae,  Harv. 

«  19.  DiCTYOTA  DicHOTOMA  (Huds.)  Lamonr.  in  Desv.  Journ.  bot.  II, 
(1809),  p.  42;  Ess.,  p.  58.  —  Mont.  Expl.  de  V Algerie  p.  30.  —  J.  Ag. 
Sp.  I,  p.  92.  —  Kutz.  Sp.,  p.  552;  Tao.  Phyc.  IX,  t.  10,  f.  I.  —  Langenb. 
Meeresalgen  Sizilien  und  Pantell.,  p.  14.  —  Piccone  Calai.  Alghe  Violante 
p.  9,  n.  26.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.  I,  p.  478.  —  De  Toni  e  Levi  FI.  Alg. 
Ven.  I,  p.  172.  —  Ulva  dichotoma  Huds.  FI.  Angl.,  p.  476,  —  Dictyota 
vulgaris,  attenuata,  latifolia,  sibenicensis  Kutz.  Tab.  Phyc.  IX,  t.  9,10,11,12. . 

«  Bara,  rigettata  sulla  spiaggia;  sugli  scogli  a  poca  profondità  (n.  1). 

«  20.  Padina  Pavonia  (L.)  Lamour.  Dici,  class,  d'hist.  nat.  XII,  p.  589. — 
J.  Ag.  Sp.  I,  p.  113. —  Mont.  Expl.  del' Algerie  ^.%^. —  Langenb.  Meere- 
salgen Sizilien  und  Pantell.  p.  14.  —  Piccone  Calai.  Alghe  Violante,  p.  10, 


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—  248  — 

n.  28.  —  Ardiss.  Phyc.  MediU  li  P-  486.  —  De  Toni  e  Leyi  FI.  Alg.  Ven., 
in,  173. —  Ulva  Pavonia  L.  SysL,  li,  p.  719.  —  Filcus  Pavonius  L.  5p., 
II,  p.  1630.  —  Padina  oceanica  et  mediterranea  Bory  Dici,  class,  d'hist. 
nat^j  XII,  p.  590.  —  Zonaria  tennis  Kùtz.  et  Zonaria  Pavonia  Draparn. 
in  Kùtz.  Sp.,  p.  565;  Tab  Phyc.  IX,  t.  70  et  71. 

«  Abbondante  sulla  spiaggia  e  sulle  scogliere  del  porto  (Spigai  in  litt.). 

«  21.  Halyseris  polypodioides  (Desf.)  Ag.  Sp.,  I,  p.  142  —  J.  tk%. 
Sp.,  I,  p.  117.  — Kutz.  Sp.,  p.  261;  Tab.  Phyc,  IX,  t.  53.  — Langenb. 
Meeresalgen  Sisilien  und  PantelL^  p.  14.  —  Piccone  Calai.  Alghe  Violante^ 
p.  10,  n.  29.  — Ardiss.  Phyc.  Medit.,  I,  p.  488.  — De  Toni  e  Levi  FI.  Alg. 
Ven.j  I,  p.  174.  —  De  Toni  e  Paoletti  Conlr.  fi.  Massaua  e  Suakim  n.  20. — 
Fucus  polypodioides  Desf.  FI.  Atlantica,  IT,  p.  241.  —  Dictyopteris  poly- 
podioides Lamour.  in  Desv.  Journ.  bot.,  II,  (1809)  p.  130;  Ess.  p.  56. — 
Mont.  Expl.  de  V Algerie  p.  28. 

«  Abbondante  sulla  spiaggia  (n.  11). 

«  22.  Zonaria  flava  (Clem.)  Ag.  Syn.  p.  XX.  —  J.  Ag.  Sp.  I,  p.  110.  — 
Piccone  Calai.  Alghe  Violante,  p.  10,  n.  27.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.,  T, 
p.  490.  —  Fucvjs  flavm  Clem.  Ensayo,  p.  310.  —  Zonaria  Tournefortiana 
Mont.  Expl.  de  V Algerie  p.  32  !  —  Phycopteris  Tournefortii  Kutz.  Tao. 
Phyc,  IX,  tab.  65  !  —  P.  dentata  et  P.  cornea,   Kutz.*  /.  e,  t.  65  et  66. 

«  Abbastanza  frequente  sulla  spiaggia,  reietta  dalle  onde  (n.  10).  Questa 

specie  nel  Mediterraneo  è  rara;  finora  venne  scoperta   nel   golfo   di  Spezia 

(Bertoloni),  a  Catania  (Cosentino),  a  Palermo  (Todaro),  a  Genova  (Piccone), 

ad  Antibes  (Bomet),  sulle  coste  delle  isolette  Montecristo  e  Ponza  (signora 

Toscanelli),  e   dell'isola   Gallita  (Piccone).   È   invece   comune  nell'oceano 

Atlantico. 

Fucaceae,  J.  Ag. 

«  23.  Sargassum  linifolium  (Tum.)  Ag.  var.  saucifolium  J.  Ag. 
Sp.,  I,  p.  342. — Picc.  Risult.  Algol  Croc  Violante,  p.  19,  n.  62.  —  Ar- 
diss. Phyc  Medit.,  II,  p.  15.  —  Fu^us  salici folitis,  Gmel.  Hist  Fuc,  t.  98? — 
Bertol.  Amoenit.,  p.  283,  t.  IV,  f.  1.  —  Sargassum  Boryanum,  Mont.  Expl. 
de  V Algerie,  p.  4,  t.  I,  fig.  3.  — Kùtz.  Sp.,  p.  613;  Tab.  Phyc,  IX, 
t.  22,  f.  IL 

«  Sulla  spiaggia  e  nel  golfo,  in  frammenti  (n.  26).  Già  raccolto  durante 
le  crociere  del  Violante,  a  5  miglia  da  Tripoli  mediante  il  gangano  (Piccone). 

-  24.  Cystoseira  discors  (L.)  Ag.  Sp.,  p.  62.  —  J.  Ag.  Sp.,  I,  p,  224.  — 
Mont.  Expl.  de  V Algerie,  p.  17.  — Kutz.  Sp.,  p.  601;  Tab.  Phyc,  X,  t.  51, 
f.  IL  —  Vallante  Cystoseiren, -p.  17,  t.VL — Langemb.  Meeresalgen  Sisilien 
und  PantelL,  p,  14.  —  Piccone  Risult.  Algol.,  p.  18,  n.  60. — Ardiss.  Phyc 
Medit.,  II,  p.  29.  —  De  Toni  e  Levi  FI.  Alg.  Ven.,  II,  p.  33.  —  Fticus  di- 
scors  L.  Syst.,  p.  717,  n.  48. 

V  Un  solo  esemplare  raccolto  sulla  spiaggia. 


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—  249  — 

Ohlorophyceao 

Siphonaceae,  Orev. 

«  25.  Anadyomene  stellata  (Wulf.)  Ag.  Sp.^  I,  p.  400.  —  Mont. 
ExpL  de  l'Algerie^  p.  159.  —  Ardiss.  Phyc.  MediL,  li,  p.  181.  —  De  Toni 
e  Levi  FI.  Alg.  Ven.,  Ili,  p.  111.  —  Ulva  stellata  Wulf.  in  Jacq.  Coli., 
I,  p.  351.  —  Anadyomene  flabellata.  Lamour.  Polyp.j  p.  365,  t  XIV,  f.  8.  — 
Langenb.  Meeresalgen  Sizilien  und  Pariteli.,  p.  9.  —  Piccone  Risult.  algol., 
p.  10,  n.  25.  —  Kutz.  Sp.,  p.  511;  Tab.  Phyc.  VII,  t.  24.  —  Flabellaria 
Aaadyomene  Delle  Ghiaje  Hydrophyt  Neap.,  t  54. 
«  Abbondante  sulla  spiaggia  e  nel  golfo  (20). 

«  26.  CoDiUM  TOMENTOSUM  (Huds.)  Stackh.  Ner.  Brit.,  p.  XIV  et 
p.  21,  t.  7.  — Mont  Expl.  de  l'Algerie,  p.  48.  —  Kutz.  5^.,  p,  500;  Tab. 
Phyc,  VI,  t.  94.  —  Langenb.  Meeresalgen  Sizilien  und  Pantell.,  p.  7.  —  Pic- 
cone Risidt.  algol.,  p.  10,  n.  28.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.,  II,  p.  170. — 
De  Toni  e  Levi,  FI.  Alg.  Ven.,  IH,  p.  106.  —  Fmìis  tomentostis,  Huds. 
FI.  AngL,  p.  584.  —  Spongodium  dichotomum  Lamour.  Ess.,  p.  73.  —  Co- 
dium  vermilara  Delle  Ghiaje  Hydrophyt.  Neap.,  p.  14,  t.  XXXIX.  —  Co- 
dium  fili  forme  Mont.  /.  e.  p.  50,  t.  X,  f.  2! 
«  Rigettata  sulla  spiaggia,  raramente  (n.  4). 

«  27.  Halimeda  Tuna  (E.  et  S.)  Lamour.  Polyp.,  p.  309,  t.  XI  f.  8.  — 
Kutz.  Sp.,  p.  504;  Tab.  Phyc.,  VII,  t.  21,  f.  IV.  — Langenb.  Meeresalgen 
Sùilien  und  Pantell.,  p.  8.  —  Piccone  Catal.  Alghe  Violante,  p.  7,  n.  14, 
f.  1!;  Risult.  algol.,  p.  11,  n.  30.  —  Mont.  Expl.  de  l'Algerie,  p.  159. — 
Zanard.  Icon.  Phyc.  adriat..  Ili,  p.  129,  t  CXII  !  —  Ardiss.  Phyc.  Medit., 
II,  p.  174.  —  Corallina  Tuna  EU.  et  Soland.  Zooph.,  p.  Ili,  t.  20  A. — 
Flabellaria  Opuntia  Delle  Chiaje  Hydrophyt.  Neap.,  t.  X. —  Halimeda 
sertolara  Zanard.  Syn.,  p.  124,  t.  IV,  fig.  1.  —  H.  Opuntia  De  Not.  Spe- 
cimen Alg.  ligust.,  n.  70. 

«  Bara,  sulla  spiaggia  (n.  27).  Già  pescala  a  5  miglia  da  Tripoli  col 
gangano  ad  una  profondità  di  50  metri,  durante  le  crociere  del  Violante. 

«  28.  CauleRsia  PROLIFERA  (Porsk.)  Lamour.  in  /ourn.  Hot.,  11,(1809), 
p.  142.  — Dolile  Égypt.,  p.  294,  pi.  56,  f.  4-7.  — Mont.  Expl.  de  l'Ai- 
gèrle,  p.  161.  —  Langenb.  Meeresalgen  Sizilien  und  Pantell.,  p.  8.  —  Pic- 
cone Risult.  algol.,  p.  9,  n.  24.  —  Fucus  prolifer  Porsck.  FI.  Aegipt.  Arab., 
p.  193,  —  Phyllerpa  prolifera  Kutz.  Sp.,  p.  494. 

B  Abbondante  sulla  spiaggia  (n.  6).  Già  dragata  a  5  miglia  da  Tripoli, 

secondo  il  Piccone. 

Ulvaceae,  Lamour. 

«  Ulva  Lactuca  (L.)  Le  Jol.  List.  Alg.  Cherb.,  p.  38.  —  Bom.  et 
VmcÉt.phycol.,  p.  5,  pi.  II,  III.— Mont.  FI.  d'Algerie,  f.lhd.  —  ^taow 


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—  250  — 

RisulU  algol,  p.  6,  n.  5.  —  Ardiss.  Phyc.  Medit.,  II,  p.  193.  —  De  Toni 
e  Levi  FI.  Alg.   Ven.,  IH,  p.  186. 

«  Abbondante  sulla  spiaggia  e  sulle  scogliere  poco  lungi  dalla  costa 
(Spigai  in  litt.)  n. 


PRESENTAZIONE  DI  MEMORIE  PER  COMMISSIONI 

E.  BoNARDi  e  G.  G.  Gerosa.  Nmve  ricerche  intorno  all'influensa 
di  alcune  condizioni  fisiche  sulla  vita  dei  microrganismi.  Presentata  dal 
Socio  G.  Cantoni. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  Segretario  Blaserna  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando tra  queste  i  due  Cataloghi  pubblicati  dall'Osservatorio  di  Parigi,  ed 
aventi  per  titolo:  Étoiles  observées  aux  instruments  meridienSj  de  1837-1881. — 
Posilions  observées,  de  1837-1881;  i  volumi  IV  e  VI  (A  r  a  e  h  n  i  d  e  s)  contenenti 
i  risultati  della  spedizione  scientifica  francese  al  Capo  Hom  (1882-83);  e  la 
pubblicazione  del  sig.  M.  Benedikt  :  Kraniometrie  und  Kephalometrie. 

Lo  stesso  Segretario  richiama  poi  in  particolar  modo  l'attenzione  dei 
Soci  sulla  grande  opera  in  cinque  volumi  del  sig.  E.  Chantre  :  Recherches 
anthropologiques  dans  le  Caucase,  di  cui  l'autore  ha  fatto  omaggio  all'Ac- 
cademia. 

Il  Corrispondente  Tacchini  presenta  le  due  Note  a  stampa  del  sig.  E.  Bras- 
SART  :  Dtce  nuovi  anemometroscopi  registratori  dei  fratelli  Brassart.  — 
Sismoscopi  0  avvisatori  sismici. 


PERSONALE  ACCADEMICO 

Il  Presidente  Brioschi,  all'aprirsi  della  seduta,  annuncia  che  a  questa 
assiste  il  Socio  straniero  Otto  Struve. 

n  Segretario  Blasbrna  dà  comunicazione  di  una  lettera  del  prof.  Vir- 
CHOW,  colla  quale  ringrazia  l'Accademia  per  la  sua  nomina  a  Socio  straniero. 


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—  251  — 

CONCORSI   A   PREMI 

n  Segretario  Blaserna  annuncia  che  la  B.  Accademia  delle  scienze 
fisiche  e  matematiche  di  Napoli  ha  bandito  un  concorso  a  premio  sul  tema 
seguente: 

•  Sulle  curve  piane  del  4**  ordine  in  reiasione  con  l'interpretazione 
geometrica  delle  forme  invariantive  della  forma  ternaria  biquadratica  » . 

Premio:  lire  1000.  Tempo  utile:  31  marzo  1889. 

CORRISPONDENZA 

Il  Segretario  Blaserna  dà  comunicazione  di  una  lettera  dei  Segre- 
tari generali  del  Congresso  geologico  intemazionale,  colla  quale  invitano 
i  Soci  dell'Accademia  a  prender  parte  al  Congresso  stesso,  che  si  terrà  in 
Londra  dal  17  al  22  del  prossimo  settembre. 

Lo  stesso  Segretario,  a  nome  del  Ministero  della  Pubblica  Istruzione, 
comunica  ancora  come  una  società  di  scienziati  francesi,  allo  scopo  di  sta- 
bilire relazioni  fra  i  cultori  della  Chirurgia,  ha  deliberato  di  tenere  un  Con- 
gresso a  Parigi  dal  12  al  17  del  corr.  marzo. 

n  Segretario  Blaserna  dà  conto  della  corrispondenza  relativa  al  cam- 
bio degU  Atti: 

Ringraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 

La  B.  Società  zoologica  dì  Amsterdam  ;  la  Società  numismatica  ed  archeo- 
logica di  Filadelfia  ;  la  Società  degl'ingegneri  civili  di  Londra;  TUniversità 
di  Oiford  ;  l'Istituto  meteorologico  rumeno  di  Bucarest. 

Annunciano  l'invio  delle  loro  pubblicazioni: 

Il  Coll^io  degV ingegneri  ed  architetti  di  Palermo;  la  B.  Università 
di  Boma;  l'Osservatorio  di  Parigi. 

P  B. 


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253  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DEL.LA     R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 

Glasse  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

Seduta  del  18  marzo  1888. 
G.  PioRELLi  Vice-Presidente 


MEMORIE    E   NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Archeologia.  —  n  Socio  FioRELLi  presenta  il  fascicolo  delle  No- 
tizie  per  lo  scorso  febbraio ,  e  lo  accompagna  con  la  Nota  che  segue  : 

tt  Una  seconda  Memoria  del  prof.  Ghirardini  illustra  gli  oggetti  d*arte 
figurata,  scoperti  nel  deposito  votivo  del  fondo  Baratela  presso  Este  (Re- 
gione X),  oggetti  rappresentati  in  sette  tavole,  che  comprendono  più  di  cen- 
tocinquanta figure.  Si  dividono  in  due  ordini:  in  statuette  di  bronzo  ed  in 
lamine  figurate  ;  si  aggiungono  le  fibule  ed  altri  pezzi  minori.  Vi  predomina 
una  rude  arte  locale,  raramente  ispirata  ai  modelli  greco-romani  ;  ma  il  com- 
plesso è  importantissimo  per  lo  studio  della  civiltà  italica. 

•  In  Milano  (Regione  XI)  parecchi  avanzi  di  costruzioni  antiche  furono 
riconosciuti  nei  lavori  per  aprire  la  nuova  strada  fra  la  Piazza  del  Duomo 
e  la  Piazza  Castello.  Inoltre  una  lapide  con  epigrafe  latina  sepolcrale  fu  tro- 
vata tra  i  materiali  di  vecchie  fabbriche  vi  Via  Cavenaghi  ;  e  varie  anfore 
e  pezzi  di  vasi  aretini  e  lucerne,  scoperte  in  mezzo  ad  ossami  presso  Piazza 
Castello,  lasciarono  il  dubbio  che  quivi  sia  stato  un  sepolcreto  gallo-romano, 
compreso  poi  entro  il  recinto  della  città  nel  secolo  lY. 

Bbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  33 


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—  254  — 

«  Da  vari  siti  della  provìncia  di  Bologna  (Regione  XIII)  si  ebbero 
informazioni  sopra  antichità  preromane  quivi  rinvenute  ;  delle  quali  mi  limito 
a  dare  il  semplice  annunzio,  riserbandomi  di  presentare  nel  prossimo  fa- 
scicolo tutte  le  Note  che  a  questa  scoperta  si  riferiscono. 

«  Nel  territorio  di  Chiusi  e  propriamente  in  contrada  le  Capanne  di 
sopra,  fu  trovato  un  pozzo  formato  con  sette  cilindri  fittili,  che  uniti  misu- 
rano in  altezza  circa  quattro  metri.  È  simile  al  noto  pozzo  di  C.  Antonius. 
rinvenuto  nella  necropoli  Esquilina,  ed  intomo  al  quale  molto  fu  disputato  dai 
dotti,  altri  ritenendo  essere  stato  quello  una  tomba  vera  e  propria,  altri 
ima  conserva  d*  acqua. 

«  Parecchi  oggetti  di  età  varia,  appartenenti  a  suppellettile  funebre 
preromana  e  romana,  si  rinvennero  nel  cimitero  di  Grosseto,  a  due  chilometri 
dalla  città,  ed  a  quattro  dal  sito  ove  sorgeva  l'etnisca  Rusellae. 

«  Da  Givìtavecchia  si  ebbero  alcune  lapidi  iscritte  che  provengono  dal  ci- 
mitero cristiano  di  Centumcellae.  La  prima,  che  è  dell'anno  545,  ha  dato  materia 
a  dotte  osservazioni  del  eh.  comm.  De  Rossi.  La  seconda  è  del  557  ;  la  terza, 
troppo  mutila,  si  addimostra,  per  la  forma  della  scrittura,  pure  appartenente 
al  secolo  YI  dell'era  cristiana:  alla  quale  età  vanno  riferite  anche  le  altre 
iscrizioni  di  quel  cimitero. 

«  In  Roma  (Regione  I)  molte  furono  le  scoperte.  In  Piazza  Vittorio  Ema- 
nuele ricomparvero  resti  di  muri  medioevàli,  nel  cui  perimetro  si  trovarono 
caldaie  di  rame,  vasetti  di  bronzo,  ed  un  candelabro  di  ferro.  Vi  si  trovò 
pure  una  tomba  della  necropoli  arcaica,  tutta  sconvolta  e  disfatta,  ma  con 
molti  resti  della  suppellettile  funebre,  consistente  in  fittili  con  ornati  a  colorì, 
in  buccheri  di  tipo  laziale,  in  pezzi  di  bronzo  ed  in  alcuni  spirali  a  filo 
d'oro. 

«  Molti  altri  fittili  del  deposito  votivo,  attribuito  al  Tempio  di  Minerva 
Medica,  si  recuperarono  tra  le  vie  Buonarroti  e  Macchiavelli;  cioè  statuette 
e  teste  di  varie  dimensioni;  mani,  piedi,  e  visceri  umani;  animali  diversi; 
e  vari  esemplari  del  noto  gruppo  rappresentante  le  divinità  eleusine.  I  pezzi 
finora  raccolti  intieri  o  frammentati  ascendono  a  cinque  o  sei  mila. 

«  Un  tratto  di  antico  muragliene  a  parallelepipedi  di  tufo  si  scopil 
presso  il  palazzo  senatorio  in  Campidoglio,  vicino  all'ingresso  degli  ufiici  mu- 
nicipali, dove  fu  pure  trovata  una  sepoltura  dell'età  di  mezzo. 

«  Resti  di  grandi  costruzioni  in  travertino  e  mura  laterizie  con  colonne 
e  pezzi  di  ornati  marmorei  rividero  la  luce  negli  sterri  per  la  fogna  della 
Yia  Arenula,  in  prossimità  di  Piazza  Cenci. 

«  Altre  iscrizioni  si  ebbero  del  noto  sepolcreto  della  Via  Salaria,  il  quale 
rimonta  al  finire  della  repubblica  ed  al  principio  dell'impero.  Ma  scoperte 
di  maggiore  importanza  avvennero  nella  via  stessa,  e  propriamente  nel  ci- 
mitero cristiano  di  Priscilla.  Come  è  dichiarato  in  una  lettera  scrittami 
dal  conmi.  6.  B.  De  Rossi ,  e  che  oifre   sommaria  informazione  di  questi 


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—  255  — 

rinvenimenti,  ne*  nuovi  scavi  praticati  nel  cimitero  sopra  detto,  si  scoprì  un 
ipogeo  di  forme  antichissime,  diverse  dal  tipo  ordinario  dell*  escavazione  ce- 
meteriale cristiana;  e  che  quantunque  orrihilmente  devastato,  mostra  ancora 
che  fìi  ricoperto  di  lastre  marmoree  e  musaici. 

«  Dai  frantumi  delle  epigrafi  che  vi  si  raccolsero  si  rileva  che  quivi 
riposarono  varie  persone  d^li  Acilii,  che  abbracciarono  il  cristianesimo.  Al- 
cuni pezzi  di  una  lastra  marmorea  in  bei  caratteri,  rinvenuti  nel  luogo  stesso. 
appartengono  ad  un* iscrizione,  certamente  estranea  all'ipogeo,  dedicata  a  L.  Mi- 
nicio  Natale,  iscrizione  di  cui  il  eh.  dott.  Hùlsen  restituì  l'intiero  contesto. 

«  Grandi  latomie  di  tufo,  esercitate  sul  finire  della  repubblica  ed  il 
principio  dell'impero,  si  riconobbero  in  contrada  Pozzo  Pantaleo  sulla  Via 
portuense. 

«  Nel  territorio  tusculano  presso  Frascati,  in  contrada  le  Cappellette, 
si  rinvennero  pezzi  di  fistule  acquane  plumbee  col  nome  di  Matidia  come 
in  altri  pezzi  di  fistule  simili  trovati  in  Ostia. 

«  Un'epigrafe  onoraria  ad  Annia  Agrippina^  scoperta  in  Pozzuoli  nei 
lavori  del  nuovo  rione  ci  ricorda  il  marito  di  lei  C,  lulius  ApoUonius  de- 
curialis  Romae,  al  quale  si  riferisce  un  altro  titolo  puteolano,  edito  dal 
Mommsen  (C.  I.  L.  X,  1721). 

«  Non  mancano  informazioni  sopra  scoperte  avvenute  in  Sicilia  ed  in 
Sardegna;  ma  trattandosene  in  Memorie,  alle  quali  vanno  unite  delle  tavole, 
ed  aspettandosi,  per  alcuni  fatti,  nuove  dilucidazioni,  mi  riserbo  di  parlarne 
alla  B.  Accademia  nelle  prossime  tornate. 

«  Basti  qui  per  ora  il  dire,  che  le  scoperte  accennate  riguardano  un 
tosoretto  di  monete  greche  di  argento  trovato  in  Sicilia  ed  shunto  al  Museo 
di  Palermo;  oggetti  d'oro  di  ornamento  personale  rinvenuti  nella  necropoli  di 
Gela;  nuove  ed  importantissime  costruzioni  rimesse  all'aperto  nell'acropoli 
di  Selinunte;  colonne  milliarie  della  strada  romana  di  Sardegna  scoperte  nel 
territorio  di  Olbia  ;  lapidi  della  necropoli  di  Tolti  nel  territorio  stesso.  Devo 
fiaalmente  annunciare  che  gli  scavi  fatti  eseguire  dentro  e  fuori  il  cimitero 
siracusano,  de'  quali  fu  dato  un  accenno  nelle  Notìzie  del  1886  p.  139,  con- 
dussero a  riconoscere  un  muro  robustissimo,  largo  quasi  sei  metri,  formato  a 
grossi  blocchi  di  pietra  squadrata,  che  corre  da  sud  a  nord,  fin  sotto  il  colle 
Temenite.  Le  nuove  indagini  fecero  rinunciare  al  sospetto  che  si  ebbe  quando 
di  quel  recinto  si  scoprirono  i  primi  tratti  dentro  il  camposanto,  vale  a  dire 
che  fosse  stata  la  platea  in  cui  erano  edificati  i  famosi  templi  di  Cerere  e 
Proserpina,  che,  stando  alle  memorie  classiche,  in  quella  pianura,  oggi  detta 
del  Fusco,  dovevano  sorgere.  Un'ampia  Memoria  sopra  questo  trovamento 
sarà  edita  dal  prof.  Fr.  Sav.  Cavallari,  come  appendice  al  grande  lavoro  sopra 
la  topografia  di  Siracusa  » . 


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—  256  — 

Filologia.  —  La  traduzione  degli  Evangeli  in  Arabo  ed  in 
etiopico  (geez).  Memoria  del  Socio  I.  Guidi. 

«  L'antica  traduzione  araba  degli  Evangeli  nacque  forse  in  Palestina, 
nel  XIII  sec.  ebbe  una  revisione  nel  Patriarcato  Alessandrino,  e  questa  edi- 
zione corretta  ebbe  grande  favore  in  Oriente  e  modificò  Tantica  traduzione 
etiopica  » . 

Questo  lavoro  sarà  pubblicato  nei  volumi  delle  Memorie. 

Giurisprudenza.  —  fili  Statuti  pistoiesi  del  secolo  XIII  a  pro- 
posito di  uno  studio  di  L.  Zdekauer  Q).  Eiassunto  e  cenni  critici 
del  Socio  F.  Schupfer. 

«  Le  pubblicazioni  dei  nostri  Statuti  municipali  si  seguono,  ma  non  si 
rassomigliano.  Non  è  molto  il  Lampertico  pubblicò  lo  statuto  di  Vicenza  : 
adesso  abbiamo  dinanzi  questo  di  Pistoia  dovuto  alle  cure  pazienti  dello 
Zdekauer;  e  l'uno  e  Taltro  corredati  da  sapienti  illustrazioni.  Ma  quanta 
differenza  nel  resto  !  Se  il  Lampertico  si  è  &tto  a  studiare  la  storia  civile 
della  sua  Vicenza  dai  tempi  romani  tino  a  quelli  del  comune,  e  illustra  lo 
statuto,  che  pubblica,  analizzandone  gli  elementi,  riproducendone,  per  così 
dire,  la  fisonomia,  determinandone  le  relazioni  col  gius  comune,  lo  Zdekauer 
si  ferma  piuttosto  alla  parte  esteriore  della  legge,  che  ha  tra  mano,  rintrac- 
ciando la  via,  per  la  quale,  da  una  più  antica  compilazione  del  secolo  XII, 
si  è,  un  po'  alla  volta,  arrivati  ad  essa.  E  anche  la  forma  è  diversa.  La 
prefazione  dettata  dal  Lampertico  ha  qualcosa  di  artistico;  quella  dello 
Zdekauicr  pare  anzi  schivare  tutti  i  lenocini  dell'arte  :  è  irta  di  citazioni, 
interaecata  da  diplomi,  piuttosto  pesante;  e  nondimeno  ha  anch'essa  la  sua 
grande  importanza.  Da  parte  nostra  non  esitiamo  a  dire  che  è  un  molto  sa- 
piente e  utile  contributo  alla  storia  del  diritto  medievale  italiano,  che  po- 
trebbe servire  di  esempio  ad  altre  pubblicazioni  di  simil  genere.  Diremo  di 
più  :  coloro  che  si  occupano  di  siffatti  studi  potranno  anche  trovarci  interesse 
a  vedere  come  uno  statuto  si  venisse  mano  mano  formando  ;  perchè  in  so- 
stanza tutta  la  prefazione  dello  Zdekauer  si  riduce  a  questo  :  di  farci,  con 
una  minuta  analisi  delle  fonti,  e  attraverso  le  molte  carte  del  secolo  XIII 
e  gli  scritti  di  antichi  giureconsulti,  assistere  alla  formazione  dello  statuto 
pistoiese  del  1296. 

«  Abbiamo  già  notato  come  esso  si  appoggi  ad  uno  statuto  più  antico 

{})  Statutum  potestatis  comunis  Pistorii  anni  MCCLXXXXVI  nunc  primum  edidit 
LuDOYicus  Zdekauer.  Praecedit  de  statutis  pistoriensibus  saecali  XITT  dissertalo.  — 
Mediolani  apud  Ulricum  Hoepli,  pag.  LXV-343. 


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—  257  — 

del  secolo  XII,  di  cui  si  consenrano  tuttavia  molti  frammenti  ;  e  infatti  ben 
24  capitoli  sono  uguali  o  quasi,  e  questi  alla  lor  volta  si  riannodano  ad 
antiche  leggi  o  consuetudini.  Basterà  ricordare  lo  statuto  circa  il  maritar  le 
ragazze,  che  certo  trae  la  sua  origine  dall*editto  di  Liutprando.  Ma  non  può 
dirsi  che  dopo  quella  pubblicazione  la  legislazione  avesse  sosta  un  solo  istante. 
EIrano  tempi  in  cui  la  società  veniva  tutta  rinnovellandosi  ;  e  naturalmente 
alle  condizioni  e  ai  rapporti  nuovi  della  vita  doveano  anche  corrispondere 
leggi  nuove.  Ora,  non  dirò  che  vi  si  provvedesse  sempre  con  una  revisione 
del  vecchio  statuto  :  per  lo  più  si  trattava  di  singole  leggi,  che  venivano 
pubblicandosi  nei  parlamenti  secondo  il  bisogno;  ma,  ingrossando  esse  sempre 
più  col  tempo,  parrà  naturale  che  si  pensasse  infine  a  riordinare  tutto  quel 
materiale  legislativo,  che  era  venuto  accumulandosi  via  vìa,  e  anche  correg- 
gerlo e  completarlo  dove  faceva  mestieri.  Tra  la  redazione  del  secolo  XII  e 
la  redazione  angioina,  che  vien  dopo,  c'è  di  mezzo  addirittura  un  secolo  ;  e 
in  questo  frattempo  ci  abbattiamo  in  tutta  una  folla  di  leggi,  che  T  autore 
ha  avuto  cura  di  annoverare.  < 

tt  Ne  ricordo  una  dell'anno  1191,  che  proibisce  di  alienare  le  torri; 
im*altra  riguardante  l'alienazione  delle  cose  pupillari,  che  un  diploma  del 
1206  dice  contenuta  in  constituto  civitatis;  una  terza  del  1209,  che,  ispi- 
randosi al  disposto  del  Senatoconsulto  Macedoniano,  vieta  di  far  credenza  ai 
figli  di  famiglia  prima  che  avessero  diviso  col  padre  ;  uno  statuto  sulle  cose 
mobili,  di  cui  è  menzione  in  una  carta  del  1213  ;  uno,  di  questo  medesimo 
anno,  sulle  donne  che  passavano  a  nuove  nozze  e  sulla  successione  nei  loro 
beni;  e  altri  provvedimenti  degli  anni  1217  e  1224  circa  l'alienazione  delle 
case.  Un  altro  statuto  dev'essere  stato  scritto  poco  dopo  l'anno  1219,  in  cui 
fa  fatta  la  pace  tra  Bologna  e  Pistoia,  perchè  vi  si  riferisce  come  a  cosa 
recente.  Un  provvedimento  riguardante  l'acquisto  delle  torri  per  successione 
è  dell'anno  1228.  Lo  statuto  de  arredo  exiimato  et  rebus  qtie  solent  e^xtimari 
cum  arredo  è  già  ricordato  in  una  carta  del  1232,  come  contenuto  nel  consti- 
tutum.  Alcune  leggi  si  sono  occupate  della  locazione  delle  terre.  Una  del 
1238  stabilì  la  prescrizione  di  tre  anni  per  gli  afGitti,  giusta  i  principi  del 
diritto  giustinianeo  ;  e  una  carta  del  1236  conosce  già  la  trina  requisitio 
domino  facienda  ut  in  constituto  Pistorii  continetur  de  terris  in  afflctum 
datis.  Anche  un  arbitrato  del  1237,  con  cui  fu  messo  termine  ai  dissidi, 
che  c'erano,  tra  la  università  dei  militi  e  quella  del  popolo,  doveva  porsi 
nel  constitutum  ;  e  sappiamo  veramente  che  vi  fu  posto.  Una  concordia  dei 
Pistoiesi  col  popolo  di  Carmignano,  che  figura  nelle  redazioni  posteriori,  è  del 
1242.  Una  aggiunta  vi  fu  fatta  nel  1251.  Altre  riformazioni  subite  dalle 
leggi  sugli  aflStti  appartengono  pure  all'anno  1251.  Uno  statuto  circa  i  tutori 
da  darsi  dal  giudice  è  del  1254.  Un  altro  de  casis  non  alienandis  porta  la 
data  del  1260. 

«  E  così  si  arriva  ai  tempi  angioini.  Pistoia  si  era  data  (1267)  a  Carlo 


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—  258  — 

d'Angiò  ;  e  allora  per  la  prima  volta,  dopo  circa  un  secolo,  parve  necessario 
di  rivedere  tatta  questa  farraggine  di  leggi,  e  specialmente  adattarla  alle 
mutate  condizioni  dei  tempi.  In  realtà  la  nuova  dominazione  angioina  scon- 
volse da  capo  a  fondo  lo  stato  della  città,  e  fu  compilato  im  nuovo  statuto 
corretto  ed  emendato  in  tre  libri  col  mezzo  dei  costitutari,  che  si  distingue 
caratteristicamente  dall*  antico.  Quando  precisamente  ciò  avvenisse,  vedremo 
più  sotto:  qui  vogliamo  osservare  soltanto,  che  molte  parti  furono  mutate; 
ma  più  quelle  che  risguardavano  il  diritto  pubblico.  Molti  provvedimenti 
presi  in  favore  dei  Guelfi  appartengono  a  questi  tempi.  Alcune  leggi  portano 
addirittura  il  nome  di  Carlo  d'Angiò,  e  concernono  la  elezione  dell'avvocato 
e  sindaco  del  comune  che  ne  difendesse  le  cause,  la  elezione  dei  custodi 
delle  porte,  i  custodi  dei  castelli  e  altri  ufficiali  pubblici.  Uno  statuto  spe- 
ciale contro  coloro,  che  dicessero  villania  alla  Santa  Romana  Chiesa,  al  Be 
e  alla  Begina,  fu  anche  pubblicato  in  questi  tempi.  Tra  quelli  di  diritto 
privato  ce  n'è  uno,  che  regola  la  materia  dei  feudi,  e  un  altro  del  1271, 
che  proibisce  di  ricevere  un  figlio  di  famiglia  come  pagatore  principale.  Noto 
anche  alcuni  provvedimenti  deiranno  1273  relativi  ai  luoghi  pii;  uno  sta- 
tuto del  1278  sui  legati,  e  un  altro  del  1283  sulla  proprietà  comune  delle 
case  e  delle  torri.  Un  capitolo,  votato  nel  1284,  ha  questa  intestazione,  che 
ne  mostra  la  speciale  importanza  :  qiwd  dominus  episcopus  non  adiungatur 
alicui  officiali  civitatis  Pistoni  et  quod  sindicics  et  officicdes  procedant 
in  officio  suo  absque  domino  potestate.  Dino  di  Mugello  nel  cons.  28  cita 
due  altri  statuti.  Uno,  che  non  si  dovesse  dare  ascolto  alle  querele  e  recla- 
mazioni dei  banditi,  sia  che  si  trattasse  di  malefici  o  di  debiti  ;  l'altro,  che 
non  si  dovesse  render  ragione  a  chi  non  era  allibrato,  salvo  nei  casi  di  morte 
0  di  spargimento  di  sangue.  Questa  ultima  legge  è  del  1288.  Insieme  trovo 
fatta  parola  di  imo  statuto  del  1293  su  gli  artefici  e  artisti,  che  dal  distretto 
fossero  venuti  a  stabilirsi  in  città  :  doveano  pagare  i  dazi  e  le  collette  e  fare 
le  funzioni  con  gli  uomini  del  loro  comune.  In  questi  tempi  cominciano  anche 
gli  ordinamenta  sacrata  et  sacratissima,  come  son  detti  certi  statuti  del 
popolo. 

<t  Infine,  correndo  Tanno  1296,  Pistoia  dà  a  Firenze  la  »  piena  e  libera 
autorità,  licenza  e  balìa  di  dirigere  e  riformare  la  città  e  il  popolo  in  buono 
e  pacifico  stato,  e  ordinare  e  statuire  ciò  che  credesse  pel  buono  e  pacifico 
stato  della  città  stessa  e  del  distretto  »  ;  e  nel  medesimo  anno  Amadore  di 
Babbiacanina  e  Loteringo  di  Montespertoli,  giudici  mandati  dai  Fiorentini, 
correggono  lo  Statuto.  Il  lavoro  fu  fornito  nel  breve  spazio  di  tre  mesi,  ed 
è  quello  pubblicato  dallo  Zdekauer;  ma  il  nuo\o  statuto  segna  il  termine 
della  libertà  pistoiese.  La  stessa  legislazione  è  venuta  foggiandosi  su  quella 
di  Firenze.  L'autore  ha  notato  ben  21  rubriche  del  solo  libro  II  dello  sta- 
tuto fiorentino,  che  corrispondono  a  quelle  del  nuovo  statuto  pistoiese  !  Del 
resto  è  un  lavoro  di  grande  sapienza  legislativa,  nel  quale  si  fondono  l'antico 


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—  259  — 

spirito  del  comune,  fedele  alFimpero,  con  Tingegno  politico  della  vittoriosa 
Firenze,  che  impone  le  sue  leggi  alla  città  soggiogata. 

>  Tale  è  la  nuova  pubblicazione  dello  Zdekauer,  e  non  esitiamo  a  tri- 
butarle ogni  più  ampia  lode.  La  stessa  mancanza  di  un  commento  continuo 
del  testo,  e  anche  del  glossario  delle  voci,  è  supplita  dagli  indici  metodici 
copiosissimi,  nei  quali  ha  cercato  di  svolgere  il  contenuto  intero  dello  statuto. 
I  franmienti  poi,  che  si  trovano  riuniti  nella  dissertazione,  serviranno  molto 
bene  a  quel  lavoro  d'analisi,  che  la  edizione  del  testo  ha  iniziato. 

«Soltanto  non  vorremmo  accettare  tutto  ciò  che  dice  della  redazione 
angioina. 

•  Egli  crede  che  sia  nata  nel  1267,  e  ha  cura  di  mettere  assieme  al- 
cuni indizL  Osserva,  che  lo  statuto  del  1296,  che  fu  fatto  sur  essa,  ricorda 
ben  otto  volte  il  nome  di  Carlo  d'Angiò  e  anche  accenna  al  capitolo,  che 
vuol  punite  le  villanie  dirette  contro  il  Be  e  la  Begina  ;  ma  queste  non  ci 
paiono  ancora  ragioni  sufficienti  per  ritenere  che  la  redazione  debba  proprio 
attribuirsi  a  quell'anno.  Nò  lo  prova  il  nome  di  Cialde  de'  Cancellieri,  che 
fu  podestà  appunto  nel  1267,  e  che  ricorre  tre  volte  nello  statuto.  Ciò  che 
possiamo  e  vogliamo  ammettere  è,  che  fin  dalle  prime  si  saran  pubblicati 
alcuni  statuti,  che  provvedessero  al  mutato  ordine  di  cose;  ma  che  subito 
si  sia  pensato  a  rifare  tutto  lo  statuto,  è  cosa  più  presto  detta  che  provata. 
D*altronde  sappiamo  veramente  di  una  revisione  fatta  nell'anno  1272,  di  cui 
non  si  sarebbe,  certo,  sentito  il  bisogno  a  soli  cinque  anni  di  distanza.  Anzi 
ne  esiste  tuttavia  un  frammento  in  una  carta  pistoiese  del  1821.  Comincia 
cosi  :  Eoe  statutum  noviter  factum  correctum  et  eraendatum  per  constitu- 
tarios  eomunis  Pistoni  tempore  —  dei  et  regis  gratta  konorabilis  potè- 
statis  Pistoni,  anno  d,  MCCLXXIL 

B  Né  vorremmo  ammettere  che  questa  redazione  angioina  fosse  piuttosto 
arruffata.  L'autore  dice  che  deve  essere  stata  più  un  cumulo  di  riforme  che 
non  un  vero  corpo  di  leggi,  o  uno  statuto  legalmente  ricevuto  e  rubricato  ;  ma, 
appunto  dai  frammenti,  che^  ne  rimangono,  rileviamo  che  era  divisa  in  tre 
libri  ;  e  che  il  primo  trattava  dell'oflicio  e  della  elezione  del  podestà,  e  degli 
allari  oflBciali  della  città  e  del  distretto  e  dei  loro  assegni  ;  e  il  terzo,  dei 
giudizi,  delle  prescrizioni,  delle  successioni,  dei  contratti,  delle  appellazioni 
e  simili,  oltre  ad  alcune  cose  straordinarie.  Anzi  la  carta  summentovata  ri- 
produce un  capitolo,  che  vi  era  contenuto,  sulle  alienazioni  delle  donne.  Vi 
è  detto  che  potean  vendere  con  giuramento;  ma  ci  voleva  il  consenso  di 
due  parenti,  e  anche  doveano  aver  giurato  spontaneamente.  Del  secondo  libro 
non  sappiamo  nulla. 

«  Aggiungiamo  qualche  osservazione  sugli  Ordinamenti  del  popolo^  o 
piuttosto  sugli  Ordinamenta  sacrata  et  sacraiissima^  che  l'autore  tocca  solo 
incidentalmente  qua  e  là. 

>Non  c'è  dubbio,  che  questi  sien   nati   da   quelli;   ma  hanno  il  loro 


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—  260  — 

carattere  speciale.  Se  Togliamo,  sono  leggi  di  sospetto,  dirette  contro  Taristo- 
crazia  dominante,  che  a  Pistoia,  come  a  Bologna,  foron  dette  veramente  Or^ 
dinamenta  sacrata  et  sacratmima,  e  a  Firenze  Ordinamenti  di  giuètizia. 
Ora,  il  primo  tentativo  di  uno  speciale  statuto  del  popolo  pistoiese  tendente 
a  frenare  gli  abusi  dei  maggiorenti,  potrebbe  trovarsi  accennato   in   un  di- 
ploma del  1237,  che  ricorda  certa  colligantia  artium,  avvenuta  a  Pistoia, 
contro  la  universitas  dei  militi  e  giudici.  Perchè  sembra,  che  il  popolo,  in  questa 
occasione,  siasi  dato  degli  speciali  statuti,  e  che  questi  fossero  diretti  contro 
i  nobili:  ma  la  cosa,  a  quanto  pare,  non  ebbe  seguito.  Gli  arbitri,  eletti 
a  sedare  quel  dissidio,  avrebbero  stabilito,  tra   le   altre  e   prima  di  tutto, 
quod  constitutum  comune  sii  in  civitate  Pistoni   tam  prò  maiori  quam 
prò  minori  et  etiam  in  districtu.   Et  hoc  servetur  in  hoc  anno  praesenti 
et  in  perpetuum.  In&tti,  ancora  nel  1259,  il  podestà  giurò  soltanto  il  con- 
stitutum comunis,  e  non  si  trova  fatta  parola  che  del  consiglio  dei  CG  e  di 
quello  dei  C  e  XL.  Ma  già  una  provvisione  del  1294,  tendente  a  stabilire 
se  alcune  persone,  che  si  spacciavano  per  cittadini  ed  artisti,  lo  fossero  ve- 
ramente, dice  che  doveano  scrutinarsi  salvis  semper  statutis   sacris   et  sa- 
cratissimis.  In  queir  anno  era  podestà  di  Pistoia  Giano  della  Bella,  un  nome, 
che  simili  ordinamenti  avean   reso   celebre   a  Firenze  l'anno  avanti.   E   in 
seguito  gli  esempi  si  moltiplicano.   Lo   stesso   statuto  di  Pistoia   del  1296 
rammenta  questi  statuti  e  ordinamenti  del  popolo  col  nome  di   sacrata  et 
sacratissima  ;  e  un  documento  del  medesimo  anno  accenna  anche  alla  loro 
provenienza.  Si  tratta  di  un  inventario  dell'opera  di  San  Giacomo  del  1296, 
che,  tra  i  privilegi  e  stromenti  del  comune,  registra  appunto  gli  ordina- 
menta  sacrata  que  venerunt  a  civitate  Bononiae  sigillata  dmbus  sigUlis. 
Questo  inventario  è   ricordato   dallo   Zdekauer   a  p.  LII  ;   e   così   Bologna 
avrebbe  dato  codesti  ordinamenti  a  Pistoia,  come  li  ha  dati  a  Firenze.  L'au- 
tore però  soggiunge,  che  noi  sappiamo  ben  poco  degli  ordinamenti  bolognesi, 
e  ciò  non  è  interamente  conforme  al  vero.    Certo  se  ne  sa  qualcosa  di  più 
di  ciò  che  sta  scritto  nel  Dizionario  del  Rezzasco,  a  cui  rimanda;    perchè 
essi  si  conservano  tuttavia  a  Bologna  e  si  stan  pubblicando  da  quell'infati- 
cabile e  fortunato  ricercatore  di  cose  medievali,  che  è  il  nostro  amico  Gau- 
denzi,  per  incarico  della  Deputazione  di  storia  patria  della  Romagna.    Sol- 
tanto ci  auguriamo  che  la  pubblicazione   possa   procedere   più  alacremente, 
che  non  ha  fatto  finora.  Il  fascicolo,  che  abbiamo  sott*occhio,  conta  già  due 
anni  di  vita,  e  riproduce  solo  un  frammento  di  statuti  del  popolo  della  metà 
del  secolo  XIII,  desunto  da  un  codice  membranaceo  della  biblioteca  univer- 
sitaria di  Bologna,  e  gli  statuti  del  popolo  dell'anno  1282,  sulla  fede  di  un 
codice  membranaceo  dei  conti  Malvezzi  de'  Medici  e  di  un  altix)  dell'Archivio 
di  Stato  contenente  gli  statuti  di  Bologna  dall'anno  1289  fino  al  principio 
del  secolo  XIY.  Appunto  il  libro  quinto  di  questi  statuti  è  formato  dagli 
ordinamenti   del  popolo,  promulgati  tra  gli  anni   1282   e   1292,  con   le 


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a^unte,  modificazioni  e  detrazioni,  alle  quali  andarono  soggetti  fino  al  1296, 
e  riproduce  gli  statuti  sacrati  e  sacratissimi.  Il  codice  stesso,  a  proposito  di 
queUx  del  1282,  osserva  :  Eie  est  traetatus  ordinamentorum  sacratorum  et 
sacratissimorum  et  modifieaiionum  eorum  et  aliorum  ordinamentorum  de- 
pendentium  et  oceasionatorum  ab  eis.  Fra  i  quali  amo  ricordarne  uno,  che 
riguarda  la  responsabilità  di  tutto  il  casato  pei  delitti  dei  singoli  membri, 
che  lo  componevano.  Certamente  è  lo  statuto  più  importante,  e  per  così 
dire  r anima,  di  cotesti  ordinamenti;  e  può  vedersi  sì  negli  statuti  sa- 
erati e  sacratissimi  di  Bologna  e  sì  negli  ordinamenti  di  giustizia  di  Fi- 
renze. Anche  Dino  di  Mugello  ne  allegò  uno  nel  cons.  16  per  Frodo  dei 
Cancellieri,  e  credo  che  interesserà  di  vedere,  come  appunto  questo  statuto 
sacrato,  che,  secondo  Dino,  cominciava  con  le  parole  :  ut  lupi  rapacitas^ 
trovi  il  suo  riscontro  in  un  altro  degli  statuti  sacrati  e  sacratissimi  del  po- 
polo bolognese  dell'anno  1282,  che  comincia  press'a  poco  allo  stesso  modo  : 
Volenles  et  intendente^  quod  lupi  rapace^  et  agni  mansueti  ambulent  pari 
gradu,  providerunt  ecc.  Ciò  che  piti  importa,  è  l'indole  della  provvisione, 
che  concorda  pure  con  quella  citata  da  Dino:  tutti  della  città  e  del  di- 
stretto, di  cui  erano  descrìtti  i  nomi,  doveano  tra  un  anno  e  un  mese  pre- 
stare buona  ed  idonea  securtà  al  podestà  del  comune  e  al  capitano  de  re- 
presentando  personaliter  coram  predictis  dominis  et  quolibet  eorum  quo- 
ciens  ipn  vel  alter  eorum  fuerirU  requisiti  ex  quacumque  de  causa  et  de 
non  tenendo  vel  esse  seu  stare  permitendo  in  eorum  domibus  . . .  aiiquos 
bannitos  eommunis  Bononie  prò  mcUeficio  aUquo  ...  vel  aiiquos  assassinos 
vel  infamatas  persona»^  et  de  non  offendendo  seu  offendi  f adendo  aliquem 
vel  aiiquos  in  personis  vel  rebus.  Insieme  è  detto  che  ognuno  doveva  ri- 
spondere tanto  per  sé  quanto  per  tutti  quelli  della  sua  casa:  Et  teneantur 
quilibet  infrascriptorum  et  eius  securitas^  tam  prò  se  quam  prò  eo  vel 
eis  de  domo  sua,  tam  . . .  clerieis  personis  quam  laicis,  videlieet  patribus^ 
filiis  vel  fratribus  nepotibtis  tam  legitimis  quam  naturalibus.  I  maggio- 
renti, che  rifiutassero  di  dare  la  securtà,  doveano  essere  banditi  ;  il  podestà 
cbe  tralasciasse  di  esigerla  era  punito  con  una  multa.  Lo  statuto  f^unge, 
che  egli  potrà  procedere  contro  i  detti  maggiorenti  per  qualunque  maleficio, 
delitto  0  quasi  delitto,  eccesso  o  quasi  eccesso,  inquirendo^  multando^  pu- 
niendoy  condempnando  et  confinando  ad  suam  voluntatem  et  arbitrium*. 


Paletnologia.  —  Di  alcune  leghe  mate  nelle  prime  età  dei 
metalli.  Nota  del  Socio  Luigi  Pigorini. 

«  L'on.  barone  Marcello  Spinelli  fece  analizzare,  anni  sono,  in  Napoli  dal 
saggiatore  d^li  orefici  una  fibula,  apparentemente  di  bronzo,  dell'arcaica  necro- 
poli campana  di  Suessula.  L'analisi,  pubblicata  dal  eh.  dott  von  Duhn  {Bidl. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  l®  Sem.  84 


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—  262  — 

dell' iBt.  di  corr.  arch.,  1878,  p.  152),  dimostrò   che  tale  fibula,  del  pese 
di  gr.  8,466,  si  componeva  di 

oro gr.  0,235 

argento  ....     »    0,705 
rame       ....     »    5,526 

«  Poco  dopo  il  Yon  Duhn  annunziò  {Bull,  cit  1879,  p.  142)  che  l'ana- 
lisi di  altri  oggetti  d'ornamento  della  stessa  necropoli,  ritenuti  pur  essi  di 
bronzo,  diede  risultati  ancor  più  notevoli,  essendosi  scoperto  che  ^  ve  ne 
erano  alcuni  consistenti  per  la  maggior  parte  di  oro  puro  » .  E^li  quindi 
suppose  che  si  fosse  trovato  il  metallo  corinzio,  l'aurichalco  tanto  lodato  da 
Plinio  e  da  altri,  al  quale  in  Napoli  venne  dato  il  nome  di  metallo  Spinelli. 

«  Appresso,  per  cura  del  sig.  Giacomo  Egg  di  Piedimonte  d'Alife,  furono 
analizzati  degli  oggetti,  creduti  anche  questi  di  bronzo,  raccolti  in  altra  ne- 
cropoli campana  esistente  nel  territorio  di  Alife,  coeva  di  quella  di  Suessula. 
Il  eh.  dott.  Dressel  riferì  {Ann.  dell'  ht.  di  corr.  arch.  1884,  pag.  247, 
248)  che  si  trovarono  composti,  talvolta  di  7$  di  argento,  di  Ve  di  oro  e 
di  Ve  di  rame,  tal'altra  di  V4  di  argento  e  di  74  di  rame. 

«  Questo  risultato,  osservò  il  Dressel,  è  non  solo  sorprendente,  ma,  seconda 
«  il  mio  avviso,  anche  erroneo.  Imperocché  un  metallo  composto  di  tre  parti 
tt  di  argento  e  di  una  sola  parte  di  rame,  ovvero  di  due  parti  di  argento  e 
«  di  una  parte  metà  oro,  metà  rame,  si  deve  necessariamente  riconoscere  per 
«  argento,  qualunque  sia  il  suo  stato  di  conservazione  e  di  ossidazione,  e  non 
«  potrà  mai  apparire  come  bronzo.  I  pezzi  in  quistione  nulla  hanno  di  questa 
«  necessaria  apparenza  di  argento,  anzi  non  si  distinguono  punto  dagli  oggetti 
«  di  semplice  bronzo.  Quale  sia  l'errore  incorso  nell'analisi  chimica  non  saprei 
«  dire;  ma  che  errore  vi  sia  ò  indubitato,  come  sono  pure  persuaso  che  Tana- 
«  lisi  del  metallo  Spinelli  vada  soggetta  a  qualche  modificazione  « . 

«  BecoQtemente  il  von  Duhn,  nel  suo  terzo  pregevole  ragguaglio  delle 
scoperte  di  Suessula  {BtUl.  dell' Imp.  Ist.  arch.  germ.  Sez.  rom.  voi.  II, 
pag.  252,  253),  ha  pubblicato  il  risultato  di  una  nuova  analisi,  eseguita  nella 
Università  di  Heidelberg  sopra  una  fibula  e  un  braccialetto  di  bronzo  prove- 
nienti dalle  note  tombe.  E  il  seguente: 

Braccialetto.  Fibula. 

rame 89,09  rame 90,54 

stagno     ....  8,85  stagno     ....  6,98 

piombo    ....  1,99  piombo    .     .    .    ."  1,97 

ferro 0,07  ferro 0,51 


100,00  100,00 

«  Dunque,  scrive  il  von  Duhn,  nò  oro,  nò  argento  ;  invece  una  composi- 
«  zione  somigliantissima  al  nostro  metallo  da  cannoni,  relativamente  ricca  di 


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«  rame,  povera  di  stagno,  più  povera  di  piombo,  affatto  sprovvista  dello  zinco^ 
«  conforme  insomma  alle  leghe  più  arcaiche  in  genere  del  solito  bronzo  greco. 
«  Come  combinare  con  questo  risultato  quello  delle  analisi  napoletane,  sopra 
«  le  quali  doveva  fondarsi  il  mio  giudizio  anteriore  non  lo  so  ;  lascio  ai  tecnici 
«  il  decidere  come  abbia  a  spiegarsi  la  strana  differenza  che  esiste  positiva- 
«  mente  fra  Faspetto  e  la  qualità  del  bronzo  ordinario,  e  gli  oggetti  fatti 
«  del  metallo  Spinelli  « . 

«  Non  voglio  escludere  la  supposizione  del  Dressel,  vale  a  dire  che  sia 
accaduto  qualche  errore  nelle  analisi  ordinate  dallo  Spinelli  e  dalVEgg,  spe- 
cialmente nelle  ultime  per  la  circostanza  che  gli  oggetti  di  Alife,  i  quali 
sarebbero  composti  per  la  maggior  p^e  di  argento,  non  si  distinguono  punto 
all'aspetto  da  quelli  di  semplice  bronzo.  Credo  ad  ogni  modo  che,  ove  Terrore 
esista  realmente,  si  abbia  soltanto  in  ciò  che  concerne  la  quantità  dei  metalli 
riconosciuti  in  ogni  singolo  oggetto.  Considerando  pertanto  che  i  risultati  delle 
analisi  qualitative  fatte  in  Italia  sono  molto  diversi  fra  di  essi,  e  assai  diffe- 
renti da  quello  ottenuto  in  Heidelberg,  inclino  a  ritenere  che  le  famiglie 
campane,  cui  si  riferiscono  le  antichità  di  Suessula  e  di  Alife,  lavorassero 
oro  e  argento  cui  era  unito  artificialmente  del  rame,  e  inoltre  facessero  uso 
tanto  del  bronzo  comune,  quanto  di  vere  e  proprie  leghe  di  rame  e  di  argento, 
non  che  di  rame,  argento  e  oro.  Lascio  peraltro  insoluto  il  problema  se,  nel 
secondo  caso,  la  lega  venisse  composta  coi  tre  metalli  presi  separatamente, 
oppure  col  rame  e  coli' elettro,  ìq  cui  l'oro  e  l'argento  già  fossero  natiural- 
mente  combinati. 

ff  I  dubbi  espressi  sulla  possibilità  di  simili  operazioni  nei  giorni  ai 
quali  rimontano  le  menzionate  necropoli,  potevano  sembrare  fondati  fino  a 
che  le  osservazioni  relative  a  Suessula  e  ad  Alife  si  credevano  una  eccezione, 
sebbene  siasi  citato  anteriormente  qualche  fatto  per  dimostrare  che  innanzi 
la  fine  della  prima  età  del  ferro,  nelFItalia  superiore  esistevano  oggetti  di 
argento  cui  era  stato  aggiunto  del  rame  Q),  e  quantunque  dell'arte  di  unire 
il  rame  all'oro  nella  stessa  età  siensi  trovate  prove  anche  nelle  celebri  tombe 
di  HaUstatt  (Morlot,  nelle  Mém.  de  la  Soc.  R,  des  Antiq.  du  Nord,  1866- 
1871,  pag.  31).  Panni  però  che  tali  dubbi  non  abbiano  più  ragion  d'essere, 
dopo  le  importanti  scoperte  che  gli  egregi  signori  Enrico  e  Luigi  Siret  hanno 
fatte  nella  Spagna,  fra  Cartagena  ed  Almeria,  mirabilmente  descritte  ed  illu- 
strate nell'opera  loro:  Les  premiers  àges  du  metal  dans  le  sud-est  de 
l'Espagne, 

P)  n  Gozzadini  {Ult  scop.  neWant  necrop.  a  Marzabotto,  tav.  XATII,  fig.  20)  illustrò 
una  fibula  di  argento,  rinvenuta  in  Marzabotto,  scrìvendo  a  pag.  86,  nota  283,  quanto 
segue  :  «  L^analisi  chimica  ha  dimostrato  che  vi  è  una  piccola  quantità  di  rame  unita 
«  all^argento,  secondo  che  si  costuma  per  renderne  più  facile  la  lavorazione  n.  È  da  notare 
che  tale  fibula  non  è  etnisca  come  il  Gozzadini  ritenne,  ma  bensì  gallica  (Brizio,  Tombe 
e  necrop,  galliche  della  prov,  di  Bologna,  1887,  pag.  70). 


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—  264  — 

«  È  noto  che  in  Europa  si  lavoraya  Toro  nei  primordi  dell'età  del  bronzo, 
ma  comunemente  si  ritiene  che  Tuso  dell'argento  vi  si  introducesse  soltanto 
colla  civiltà  della  prima  età  del  ferro  inoltrata.  Le  estese  e  fruttuosissime 
esplorazioni  dei  signori  Siret  (op.  cit.  pag.  281)  mostrarono  invece,  che  l'ar- 
gento si  conosceva  e  si  adoperava  nel  sud-est  della  Spagna  chiusa  appena 
l'età  della  pietra  (i),  e  che  la  scoperta  di  esso  deve  attribuirsi  alla  presenza 
del  metallo  nativo  esistente  alla  superficie  del  suolo.  Le  molte  analisi  chi- 
miche delle  antichità  raccolte  da  quei  due  valenti  investigatori  provarono 
inoltre,  che  nell'indicata  contrada  della  Spagna,  contemporaneamente  ai  pia 
arcaici  oggetti  di  rame  e  di  bronzo,  se  ne  fabbricarono  altri  tanto  di  argento, 
quanto  di  una  lega  d'argento  e  di  rame  (Sbret,  pag.  232). 

«  Li  una  tomba  dell' Argar,  per  es.,  insieme  con  varie  antichità  figurate 
dai  Siret  nel  loro  splendido  Album  (tav.  XXXIX,  gruppo  738),  si  rinvennero  una 
lama  di  coltello  di  rame  coi  chiodetti  pel  manico  composti  di  rame  e  di 
argento,  oltre  ad  un  pendaglio  della  stessa  niateria,  come  risulta  dalle  seguenti 
analisi  (Siret,  pag.  231): 

Pendaglio.  Chiodetti. 

argento      ....    22,65  argento    ....     27,74 


rame 51,35  rame  . 

ferro  e  piombo  .    .    traccio  stagno 

piombo 


28,22 
3,55 
2,04 


«  L'argento  di  cui  si  servivano  i  primitivi   abitatori  del  sud-est  della 


(1)  Stimo  opportuno  di  citare  in  questo  luogo  un  fatto  osservato  in  Italia,  che  si 
connetto  colle  questioni  accennate  nella  presente  comunicazione,  e  di  cui  devo  la  notizia 
all'egregio  collega  prof.  Pompeo  Castelfranco.  —  Nel  famoso  sepolcreto  di  Bemedello  in 
provincia  di  Brescia,  il  quale  rimonta  ai  primordi  della  metallurgia  nel  nostro  paese 
{Bull  di  paletn.  ital.  X,  pag  133  e  seg.;  XI,  pag.  138  e  seg.),  il  eh.  don  Luigi  Ruzze- 
nenti  di  Asola  scavò  una  tomba ,  trasportata  intatta  nel  Museo  civico  bresciano,  della  quale  si 
legge  il  seguente  breve  ragguaglio  nei  Commentarii  delV Ateneo  di  Brescia  (1886.  pag.  81). 
«Lo  scheletro  ha  sul  ventre  una  roteUa  di  pietra  alabastrina  a  sette  raggi;  sul  fianco 
u  una  cuspide  di  freccia  di  selce  in  direzione  trasversale  colla  punta  volta  a  sinistra  e 
«  più  basso,  al  lato  destro,  un  gruppo  di  tre  simili  più  piccole  cuspidi  colle  punte  verso 
ti  1  piedi.  Ma  la  parte  più  importante  delParredo,  importantissima  da  vero,  è  uno  spillone, 
«  che,  se  è  à'^argento,  come  non  se  ne  dubita,  mostrando  Tuso  dì  questo  metallo  nell*età 
u  cupreolitica,  turba  e  confonde  gli  argomenti  onde  si  distinguono  que'  periodi  e  sottope- 
u  riodi  primitivi  n.  —  IL  Castelfranco,  il  quale  fu  presente  al  saggio  dello  spillone  eseguito 
da  un  orefice  bresciano,  mi  ha  dichiarato  che  è  indubbiamente  di  argento  fuso.  Dopo  le 
scoperte  dei  signori  Siret  il  fatto  acquista  una  considerevole  importanza  e  merita  di  essere 
studiato  attentamente,  imperocché  in  altre  tombe  del  sepolcreto  di  Eemedello,  coeve  per 
fermo  di  quella  che  conteneva  lo  spillone,  si  rinvennero  oggetti  di  rame  i  quali  sembrano 
rimontare  alla  età  di  quelli  antichissimi  dello  stesso  metallo  e  di  bronzo,  che  nel  sud-est 
della  Spagna  si  trovarono  uniti  ad  ornamenti  di  argento. 


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—  265  — 

Spagna  era  quello  nativo  delle  Herrerias  (Slret,  pag.  226),  un  pezzo  del  quale, 
sottoposto  all'analisi  (ibid.  pag.  231),  si  vide  contenere 

argento 89,62 

rame 0,18 

cloro traccio 

impurità 10,20  Vo 

«  Ove  si  confronti  il  risultato  di  tale  analisi  con  quello  delle  due  pre- 
cedenti, appare  chiaro  che  i  chiodetti  e  il  pendaglio  sono  stati  formati  con 
una  l^a.  Nessuna  meraviglia  quindi  che  leghe  analoghe  fossero  in  uso  anche 
presso  altri  antichi  popoli  del  bacino  del  Mediterraneo,  quali  le  famiglie  che 
lasciarono  le  tombe  di  Suessula  e  di  Alife. 

8  Fra  i  molti  oggetti  scoperti  dai  Siret  e  che  furono  analizzati,  non 
se  ne  è  trovato  alcuno  di  un  metallo  simile  a  quello  Spinelli.  Ciò  non  esclude 
che  il  fatto  non  possa  verificarsi  in  seguito.  Intanto  è  da  tener  conto  che 
i  nominati  autori,  parlando  (pag.  236)  della  composizione  degli  ornamenti 
d*oro  rinvenuti,  notano  che  sono  di  oro  pallido.  Li  ritongono  formati  «  d*un 
electrum  naturel,  dans  lequel  Tor  domine  » ,  e  citano  in  proposito  la  notizia, 
data  già  da  Strabene,  che  Toro  e  Targento  esistono  naturalmente  uniti  nella 
penisola  iberica.  Si  può  quindi  con  qualche  fondamento  supporre,  che  anti- 
chissimamento  sul  bacino  del  Mediterraneo,  come  si  componeva  la  lega  di 
rame  e  di  argento,  così  si  fabbricasse  quella  di  rame  e  di  elettro,  la  quale 
potrebbe  trovare  riscontro  nel  metallo  Spinelli  della  prima  fibula  suessulana 
che  fii  analizzata. 

«  Dimostrato  che  nel  sud-est  della  Spagna,  quasi  a  partire  dalla  fine 
dell'età  neolitica,  oltre  fondere  il  rame  e  il  bronzo,  sapevasi  unire  il  rame 
coi  metalli  preziosi  del  paese,  si  può  chiedere  se  le  popolazioni  di  Suessula 
e  dì  Alife,  vissute  posteriormente  e  che  lavorarono  leghe  simili,  le  fabbri- 
cassero esse  0  le  ricevessero  preparate  dal  di  fuori.  Occorrono  altre  ricerche 
innanzi  di  tentare  la  soluzione  del  problema.  Se  consideriamo  però  che  le 
scoperte  dei  signori  Siret  avvalorano  ciò  che  gli  antichi  raccontano  sulla 
notevole  quantità  di  allento  e  di  elettro,  che  in  età  molto  lontana  i  Fenici 
acquistavano  dagllberi  e  vendevano  altrove  con  grande  profitto  (Siret,  pag.  236, 
257,  259),  e  che  la  lega  di  cui  ho  parlato  rìsale  nel  sud-est  della  Spagna 
alle  origini  della  metallurgia,  non  è  inverosimile  il  credere  che  la  lega  ado- 
perata nella  Campania  provenisse  dalle  spiaggie  iberiche  » . 

Bibliografia.  —  Di  un  manoscritto  di  Rime  del  secolo  ZF7, 
recentemente  acquistato  dalla  Biblioteca  Angelica.  Nota  del  Corri- 
spondente E.  Narducci. 

«  Tra  i  recenti  acquisti  &tti  dalla  Biblioteca  Angelica  mi  è  parso  degno 
di  nota  un  manoscritto  cartaceo,  in  4^  piccolo,  segnato  ora  col  n.  1882,  scrìtto 


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—  266  — 

tra  il  1578  e  il  1582,  e  contenente  Rime  di  circa  50  dei  migliori  poeti  di 
quella  età  fecondissima,  e  specialmente  dei  più  rinomati  tra  gli  accademici 
Intronati  di  Siena.  Non  mi  è  riuscito  di  appurarne  la  storia  e  la  provenienza; 
ma  segno  manifesto  ch'esso  dovè  finora  rimanersi  celato  alle  indagini  degli 
eruditi,  è  il  trovarvisi,  tra  molti  componimenti  di  Torquato  Tasso,  cinque  a 
lui  attribuiti,  che  invano  si  cercherebbero  nelle  raccolte  a  stampa  delle  sue 
Bime  II  nostro  manoscritto  ci  presenta  inoltre  rime  di  otto  poeti  e  di  una 
poetessa,  che  non  menziona  il  (Quadrio  nella  sua  amplissima  Storia  della 
poesia.  Notevoli  sono  anche  nove  sonetti  acrostici  di  Claudio  Tolomei,  le  cui 
prime  lettere  riunite  formano  il  nome  di  margarita,  e  sono  in  lode  di  Mar- 
gherita di  Yalois,  figlia  di  Francesco  I  re  di  Francia,  disposatasi  ad  Emanuele 
Filiberto,  Duca  di  Savoia.  Ho  pertanto  l'onore  di  presentare  all'Accademia 
l'analisi  di  questo  manoscritto,  tolta  dal  mio  catalogo  inedito  dei  codici  del- 
TAngelica. 

1882. 

Chartaceus,  in  4.^  minori,  ff.  125,  sec.  XYI.  Quinquaginta  fere  auctorum, 
et  prsesertim  Academicorum  Intronatorum  Senensium,  carmina  italica;  in  quibus 
recensendis  C.  est  prò  '  Canzone  ',  M.  prò  '  Madrigale  ',  0.  prò  '  Ottave  '  seu 
Ogdoadae,  S.  prò  '  Sonetto  '. 

1.  Claudii  Tolomei,  Corona  novem  epigr.  (S.)  in  laudem  Margarita  Valesi», 

Francisci  I.  Francorùm  regis  fili»,  et  uioris  Emmanuelis  Philiberti 
Sabaudise  Ducis:  quorum  cuiusque  prima  littera  acrostichon  efficit  '  MAR- 
GARITA '.  Frsevia  est  eiusdem  C.  T.  ad  eamdem  epistola,  d.  Parisiis, 
16  mar.  1553,  fol.  l-3\ 

a.     'Mìraaano  dal  ciel  gli  angeli  intenti*. 

h,     'AltOi  et  caldo  desir,  che  mi  costrìgni\ 

e,     '  Rìde  a  questa  Fenice  Tarìa  intorno  \ 

d.  '  Gratie  ch'a  pochi  il  ciel  largo  destina  \ 

e,  *A  mirar  questa  tua  nuoua  sorella*. 

f,  *  Itaggio  di  Dio  in  uoi  Donna  riluce  \ 

g.  'I  nostri  alti  pensier  di  uirtù  pieni*. 

h.     *  TranquiUo  porto  al  empia  et  ria  tempesta  *. 
t.      '  Alma  real,  da  le  cui  luci  sante  *. 

k.     Eiusdem  '  a  M.  CamP  Spannocchi  hauendo  ed"  suoi  belli  caratteri  scritti 
i  precedenti  son}  *  (S.). 
'  Non  potendo  con  arte  formar  belle  '. 
Leguntur  a,  e  et  g  ap.  IJion.  Atanagi,  De  le  Mime  di  diversi  nobili 
poeti  Toscani,  lib.  2.  Yen.  1565,  f.  18^  et  21* 

2.  Bartholomìei  Caroli  Piocolomini  (S.),  fol.  4*. 

a.  '  Voi  che  *n  questi  uicini  ombrosi  monti  '. 

b,  'Splenda  questo  felice  almo  terreno*. 

3.  'Dello  Scacciato  Intr.^'  (S.),  fol.  4*. 

'  Vani  pensier  che  cosi  dolcemente  *. 


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—  267  — 

4.  '  Dello  Spaventato  /«/r/«  '  (S.),  fol.  4*». 

'  Sì  dolce  fiamma  già  m*ardena  il  caore  \ 

5.  * D^W'Ombroso  Intronato'  (S.),  fol.  5•-6^ 

a.  '  Scarco  de*  graai  miei  martìri  in  parte  \ 

b,  *  S'a*  miei  gingti  disi!  fatto  pietoso  *. 
e.     *  Nel  mio  bel  sol  de  la  diaina  luce  \ 

d.  '  Dell^cisato  leggiadro  habito  altero  \ 

e.  *  I  sospiri  amorosi  del  mio  cuore  *. 

f.  *  Angelo  in  carne  bnmana  eletta  et  chiara  \ 

g.  '  In  morte  del  Bugino  \ 

'  Anima  bella  che  nel  primo  cielo  *. 

6.  Claudu  Tolombi  (S.),  fol.  6*»-10. 

a.  '  Un  bello  aurato  nelo  a  Tanrea  testa  \ 

h.  'L^alma  beltà  de  Paltò  sole  in  terra*. 

e.  '  Quàl  miseria  o  timor  sarà  mai  grane  *. 

d.  *  Qaal  gioir  lieto  non  si  nolge  in  pianto  *. 

e,  'Dietro  al  orme  sanguigne  oggi  m* inaio*. 

/.  '  Negli  antri  habitar  noglio  one  Echo  tomi  *. 

g.  '  Acque  stillano  gli  occhi  et  sangue  il  cuore  *. 

A.  '  D*amore  essempio  sopra  ogni  altro  degno  *. 

i.  *  Quando  per  Tampio  mar  le  turbate  onde  *. 

k,  *  Eccomi  giunto  al  loco,  al  tempo,  al  giorno  *. 

l,  '  Qual  pensier  qnal  desir  neFalma  annido  *. 

m.  'Quanti  dolci  pensier  d*amore  ardenti*, 

n.  '  Quando  Tardente  amor  dal  ciel  discende  *. 

0.  '  n  tempo  fugge  come  nebbia  al  uento  *. 
p.  '  Se  Talta  speme  nudrisce  il  desire  *. 

q,     'L* inferma  spoglia  che  mi  cìnse  Adamo*, 
r.     'Sotto  1* insegna  del  tuo  sangue  tinta*. 
Sacra,  prseter  a,  qnod  est  amatorium. 

7.  'Del  SusoRNioNE  IntrJ'>'  (S.),  fol.  11-1 4^ 

a.  *  Se  pur  ti  piace  ancor  che  *1  nodo  antico  *. 

b.  'Spira  per  lo  sgranato  aer  sereno*. 

e,  'Per  folti  boschi  e  per  campagne  aperte*. 

d.  '  Spirto  gentil  a  cui  *1  ciel  largo  diede  *. 

e.  'Valle  oue  i  raggi  del  mio  ricco  sole*. 

f.  '  Mentre  io  gioiua  ala  bella  opra  intento  *. 

g.  'Né  perch'io  cerchi  ognor  nuoui  paesi*. 

h.  'Donna  gentil  se  *1  ciel  prigion  mi  diede*, 

t.  '  Così  potessi  io  *1  duol  che  Tabona  accoglie  *. 

k.  '  Se  dopo  mille  et  mille  uoglie  erranti  *. 

1.  '  Persa  ho  la  uista  del  bel  uiso  adomo  *. 
ffi.  ^S*amoro8Ì  pensier  dipinti  in  carte*. 

n.     'Si  leggiadra  è  la  rete  oue  io  son  colto'. 
0,     '  Del  uiuo  fonte,  del  mio  pianto  etemo  *. 

8.  Petri  Ioannis  Salvestri'  IntroJ^  per  m.  Cesare  Tolomei  a  mad.^  Frasia 

Marzi'  (8.  cand.),  fol.  14»». 

'  Se  *1  ciel  ni  presti  il  dottor  nostro  tale  *. 


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9.  SciPiONis  Gonzaga  (C.  et  S.),  fol.  17. 

a.  'Padre  del  ciel,  se  per  dabbioso  calle*. 

b.  '  Semplicetta  fanciulla  11  fiero  inganno  *. 

10.  Incertorum  (S.),  fol.  18*. 

a.  *  Chiedendo  nn  bacio  ala  mia  cara  Minta  \ 

b.  *  Dela  più  bianca  et  mansueta  agnella  \ 

11.  Cdrtii  Vignali,  'Ad  imitaiione  di  quello  del  Petr:   Quando  io  son 
tutto  uolto  in  quella  parte'  (S.),  fol.  18^. 

'  Quando  i  begli  occhi  di  quel  uiuo  sole  \ 

12.  Incertorum,  (S.),  fol.  18^-19*. 

a,  'Alla  dantesca\ 

*  Carlo  ammira  il  Boote  i  tuoi  trofei  \ 

b,  'Deh  potessi  io  Madonna  uscir  di  ulta*. 

13.  'Del  Cieco  d'Adria\  ì.  e.  Aloisii  Groto  (S.),  fol.  19». 

'  Fortezza  et  senno  amor  dona  non  toglie  *. 

14.  Incerti  '  gentilh.'^  di  GorfW  (S.),  fol.  19^ 

a.     'Questa  di  sempre  uerdeggianti  allori*. 
3.     '  Viua  fiamma  di  Marte  et  di  Bellona  *. 
Huìus  carmina  sequmitar  infra,  f.  41. 

15.  Livi^  Marzi  de  Placidis  (S.),  fol.  20-21»». 

a,  '  Arbor  famoso  li  cui  santi  rami  *. 

b,  *  Non  è  gloria  portar  scettro  o  corona  '. 
e.     'Stupidi  intenti  et  fissi  gli  occhi  miei*. 

d.  '  Quando  ueloce  il  sol  Talbergo  lassa  *. 

e,  '  Crudo,  iniquo  et  fier  uento  dispietato  '. 

/.      'L*idea  a  questa,  o  questa  al* idea  diede*. 
g.     '  Non  potenza  mortai,  non  stelle  ingrate  *. 

16.  Incerti  (S.),  fol.  2P. 

'Speme  che  di  dolcezza  il  duolo  e  *1  pianto*. 

17.  ThomìE  Balbani  (S.),  fol.  22*. 

'  Candida  neue  et  uoi  purpuree  rose  *. 

18.  Cristophori  GuiDicciONi  ad  emndem  Th.  B.,  fol.  22*. 

'  Balbani,  uoi  con  destro  alto  sentiero  *. 

Post  nomen  A.  eadem  manu  legitur  :  *  oggi  Vescouo  di ...  *  Chr.  G.  electus  est 
episc.  Adjacensis  d.  13  maìi  1578,  obiitque  d.  18  nov.  1582  (Cf.  Ughelli,  IL  Sa- 
cra, ed.  2,  to.  3.  Yen.  1718,  col.  497)  ;  ideoque  scriptus  codex  intra  quadrienninm. 

19.  Incerti  (S.),  f.  22^ 

*  Hor  che  l'Aquila  e  '1  Gallo  infetti  i  figli  *. 
Gf.  infra  sub  43^. 

20.  ThomìE  Balbani  'Risposta  al  Guidicc.^^'  (S.),  fol.  22*>. 

'  Ben  io  seguendo  un  bel  nobil  pensiero  *. 

21.  Fausti  Sozzini  '  Frastagliato  Intr:^^  *  (S.),  foL  23*. 

a.  'Il  ciel  de  le  sue  gratie  0  seno  aperse*. 

b.  'Bagna  dolor  non  gli  occhi  pur,  ma  bagna*. 

Est  a  in  laudem  Isabella  de  Medicìs,  ut  ex  acrosticho. 


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22.  '  Del  Tardo  Intr.^"  al  FrasL'^  Intr.^  '  (S.),  fol.  28.»' 

'Dunqae  spirto  gentil  più  tosto  in  carte". 

23.  (Fausti  Sozzini),  Responsio  (S.),  fol.  23^. 

'  Tu  e'  hai  forse  d*amor  sì  poca  parte  \ 

24.  Anon.,  forte  eiusdem  P.  S.  (S.),  fol.  24. 

a.  *  Ben  potete  ueder  negli  occhi  miei  \ 

b,  '  Dolor  che  '1  cuor  mi  premi  et  cangi  il  uolto  \ 
e.      'Lo  star  mi  strugge,  e  '1  fuggir  non  m'aita*. 

d.  *  Vini,  chiari,  cocenti,  altieri  lumi  \ 

Est  d  in  laudem  Yirginiae  Spannocchi,  ut  ex  acrosticho. 

25.  Antonii  PiccoLOMiNi  (S.),  fol.  25*. 

'  Se  la  mia  dea  uia  più  d'ogni  altra  è  bella  \ 

26.  Responsio  (S.),  fol.  25». 

'Beltà  non  naie  a  farsi  un'alma  ancella'. 

27.  Mabii  Colonna  (S.),  fol.  25*». 

*  Se  '1  nostro  uago  giouenil  desire  '. 

28.  Responsio  (S.),  fol.  25^. 

'  Vana  speranza  di  non  uer  gioire  '. 

29.  Carmina  anonyma,  fol.  26-32^. 

a.     '  Al  Materiale  Intr.^  '. 

'  Quel  duro  laccio  dì  ch'amor  t'auinse  '. 
ò.    Eidem. 

'  Non  perchè  ognor  uia  più  sommo  ualore  '. 

e.  *  Poi  che  da  te  mio  sol  l'empia  fortuna  \ 

d.  '  Se  non  bastando  ala  mia  fiera  stella  '. 

e,  '  Gran  uendetta  d'Amor,  il  freddo  petto  '. 

f.  *  In  morte  di  m.  Verg.^  Grazini  Amaro  Intr.^ 
'  Lasciando  in  terra  ciò,  che  in  te  d'amaro  '. 

g,  *  Del  chiarissimo  sol  ch'eterno  luce  '. 
A.     *  In  morte  di  LS'  CP  ' 

'  Già  dolce  scorta  nel  camin  eh'  io  prendo  '. 
i,     '  In  rimembranza  di  mad.^  FiUide  stui  sorella  già  morta  '. 

'  Volge  il  quinto  anno,  et  lasso  parmi  un  giorno  '. 
k.     '  Stanze  recitate  nel  trionfo  dello  Sdegno^  rappresentato  in  Siena  dalVuni- 
versità  delli  scolari'. 

'  S'alcun  per  gran  desìo  d'alta  bellezza  '. 
l      *  Lodi  dello  Sdegno  cantate  nel  suo  trionfo  \ 

*  Giusto  possente  sdegno  '. 
m.    *  Canzone  di  David  \ 

'  0  beato  chi  mai  non  muoue  il  piede  '. 
n.     *  Al  maestro  della  musica.  Canz,  di  David  quando  uenne  a  lui  Natan 
il  Profeta,  dopo  Vessersi  egli  giaciuto  con  Batksaba  '  (C). 

'  Habbi  pietà  di  me,  o  Dio,  secondo  '. 
0.     '  ÀI  maestro  della  musica  sopra  il  Gkittih,  Canz,  viij  '. 

'  0  Iona  signor  nostro  '. 
p,     '  Canz*  di  Dauid '. 

'  Iona  ho  io  per  pastore  '. 
q,     '  Vostri  uiuaci  lumi  '. 

Rendiconti,  1888,  Vol.  IV,  1»  Sem.  35 


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—  270  — 

Sunt  a  ad  i  S,  h  Ogdoadas,  /  ad  g'  C.  Versiones  Psalmorum  sunt  m  1, 
w  50,  0  8  et  p  22. 

30.  *  Del  medJ*  FrasL''  \  i.  e.  Fausti  Sozzini  (S.),  M.  32^-33*. 

a.     '  In  morte  di  mad.^  Erminia  Colombini  de  Simoni,  che  morendo  di  parto 
lassò  di  quello  una  fig.^\ 

*  Che  non  può  fiera  morte,  se  il  gran  regno  \ 
h.     *  In  morte  di  mad.^  . . .'  (sic), 

*  Donna,  che  giunta  sei  di  questa  uita  '. 

31.  '  Cansone  del  5/  D,  Scipiose  da  Castro  in  morte  della  SS^  Padrona 
dell'Ili.'*^  S/  Giou.  Andrea  Dona'  (C),  fol.  35-40. 

*  Tra  Tantiche  mine  \ 

In  frustulo  chartaceo  interserto,  manu  recentiori  legitur  *  Il  sig.*"  Gius.* 
Molini  giudicò  questo  scritto  di  T.  Tasso  *  ;  quod  refellitur  ex  eo  quod  sub 
nomine  eiusdem  S.  d.  C.  idem  Carmen  extat  impressum  in  Rime  di  diversi 
celebri  poeti  dell'età  nostra,  coli,  a  Jo.  Bapt  Licino.  Bergomi  1587,  p.  290 
ad  296.  Insuper  T.  T.  versus  ut  '  Arder  il  Ciel,  e  lagrimar  il  Sole  *  nunquam 
scripsisset. 

32.  Eiusdem  incerti  de  quo  supra  ad  n.  14  (S.),  fol.  45*. 

*  Se  dal  terreno  chiostro  human  pensiero  \ 

33.  Lauree  Battiferri  (S.),  fol.  41^^. 

a,     '  Se  gli  occhi  innalzo  a  rimirar  talora  \ 
h.      '  Sotto  r  inuitta  et  militante  insegna  '. 
e.     *  Di  uirtute  in  uirtù  salir  desìo  \ 

34.  ToRQUATi  Tasso  S.,  praeter  ea  quse  aliter  subnotantur,  fol.  42-52**. 

a,  '  Facelle  son  d' immortai  luce  ardenti'. 

b.  *  Geloso  amante  apro  miirocchi  et  giro  \ 

e.  '  L' incendio  onde  tai  raggi  uscir  già  fuore  \ 

d.  *  D'aria  un  tempo  nudrimmi,  et  cibo  et  uita\ 

e.  '  Cinthia  non  mai  sotto  '1  notturno  uelo  \ 

f.  '  La  bella  aurora  mia,  eh'  in  negro  ammanto  '. 

g.  '  Chi  è  costei,  che  'n  sì  mentito  aspetto  '. 

h.  *  Sorge  lo  sdegno,  e  'n  lungha  schiera  et  folta  '. 

L  '  Ciuel  puro  ardor,  che  da'  soaui  giri  '. 

Cf.  infra  sub  t 

.k,  '  Tolse  barbara  gente  il  pregio  a  Roma  '. 

h  *  Gielo  ha  madonna  il  seno,  et  fiamma  il  uolto  '  (M.). 

m.  *  La  bella  pargoletta  '.  (M.). 

n,  *  Allor  che  ne'  miei  spirti  intiepidissi  '. 

0.  '  Costei  che  su  la  fronte  ha  sparsa  al  uento  '. 

p.  *  Ilor  che  l'aura  mia  dolce  altroue  spira  '. 

q,  •  Alla  Ss^  Leonora  Contessa  di  Scandiano ^  per  il  Duca  di  Ferr,^  ' 

'  Donna  se  ben  le  chiome  ho  già  ripiene  '. 

r.  'Questa  stirpe  regal  d'huomini,  et  d'opre'. 

s.  *  0  con  le  Gratio  eletta  et  con  gli  Amori  '  (C). 

t.  '  (Juel  puro  arder  che  da'  fatali  giri  '. 


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—  271  — 

Est  repetìtio  i^  quibnsdam  mutatìs.  Neutnun  piane  concordat  cum  impresso. 

«.     'Mentre  madonjia  il  lasso  fiancho  posa*. 
Cf.  infra  sub  36°. 

V.     *  Amor,  se  fia  giamai  che  dolce  i'  tocchi  \ 

w.    '  Tasson,  qui  doue  il  Medoniso  scende  \ 

X.     *  Quella  candida  via  sparsa  di  stelle  \ 

y.     '  Qnando  hauran  queste  Inci  et  queste  chiome  \ 

z.     '  Vedrò  dagli  anni  in  mia  uendetta  (ancora)  '. 

a.     '  Nelle  nozze  delVlll.'^  S."^  Don  Alfonso  et  /).«  Marfisa  da  Este  '  (C). 

*  Già  il  notumo  sereno  '. 

35.  Gelsi  Cittadini  '  ad  imitat.'^  del  Tass."^  '  (M.),  fol.  52*^. 

*  Al  nostro  dolce  nero  \ 

36.  ToRQUATi  Tasso  S.,  praeter  ea  qu»  alitar  subnotantur;  ubi  animadver- 

tendum  Sj  t^  u^  v  et  w^  inscripta  esse  ^  Del  Tassino  \  eo  quod  etiam 
Bemardus,  Torquati  pater,  clarus  sui  sevi  poeta  ftierit,  fol.  53-61. 

a.  *  Del  med.^  T.  Tasso  essendo  in  carcere.  Son.  2^,  alla  Dtich.^  di  Ferr.^  \ 

*  Alma  real,  che  per  leggiadro  uelo  \ 

b.  *  Al  nostro  dolce  azzurro  \  (M.X 

e.     *  Alla  SereJ^  SigS'*  Margherita  Gonzaga,  Duch.'*  di  Ferr,^,  Son,  fP  \ 

*  0  regia  spera,  al  tuo  bel  nome  altero  \ 

d,  *  Alla  med,<*  3.o  \ 

*  Se  pietà  uiua  indarLO  è  che  si  preghi  '. 

e.  *  Alle  figlie  del  Duca  Ercole  di  Ferrara  \ 

*  0  due  figlie  d'Alcide,  onde  s'oscura  \ 
Cf.  infra,  sub  41,^. 

/.      *  La  man,  ch'auuolta  entro  adorate  spoglie  \ 

g.     *  Sop."'  Vhauer  uisto  due  belle  donne  baciarsi  insieme.  Le  donne  furono 
la  sig.^  Marfisa  da  Este,  et  la  sig.^  Lucretia  Macchiauelli  \ 

*  Di  nettare  amoroso  ebro  la  mente  \ 

k.     '  Cercando  uà  per  questo  et  quel  sentiero  \ 

i.      '  Sotto  '1  giogo  d'amor,  speranza  et  fede  \ 

k.     '  Più  non  pot^a  strai  di  fortuna,  o  dente  '. 

l.      *  A  madama  Lucretia  da  Este  Duch.^  d' Vrbino  \ 

'Negli  anni  acerbi  tuoi  purpurea  rosa'. 
m,    *  Alla  Sig,^  Leonora  Contessa  di  Scandiano  '.  Item  ac  n  et  o. 

'Bose,  che  l'arte  inuidiosa  ammira'. 
n.     Repetitio  34  «. 

0.     *  Quel  labro,  che  le  rose  han  colorito  '. 
p.     '  Oue  tra  care  danze  in  boi  soggiorno  '. 
q.     *  Al  tuo  dolce  pallore  '  (M.). 
r.      *  Se  de'  begli  occhi  dela  donna  mia  '  (M.). 
s.      *  Baci  soaui  et  cari  '  (C). 
t.     '  Alla  Pietà  '  (C). 

*  Santa  Pietà,  eh'  in  cielo  '. 

u.     *  Donna  dela  mia  fé  segno  sì  chiaro  '. 
V,     '  Del  Tassino  alla  Due.''  d'  Vrb.'>  \ 

'Se  '1  mio  Marte  non  ha  Ciprigna  alcuna'. 
w\    'Donna  per  cui  trionfa  Amore  et  regna'. 


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—  272  — 

37.  '  I/una  donna  '  (0.),  fol.  62-63\ 

'  Se  bella  è  la  cagion,  ch'amar  m'accende  \ 

38.  'D'una  donna  all'amante,  in  lontananza  di  lui  (S.),  fol.  63**. 

'Bene  aspetto  io,  né  apparir  ueggio  ancora'. 

39.  Kesponsio  (S.),  fol.  63*». 

'Se  ntì  fu  grane  et  doro  o  donna  all'ora'. 

40.  Tetrasticha  sub  tit.  '  Epigrammi  \  fol.  64. 

a.  '  Sendo  detto  a  Caton,  quando  ei  morìe  '. 

h,  '  Farne  a  Lncretia  indegno  essere  in  uita  '. 

e.  *  Io  arsi  la  mia  destra,  et  non  men  pento  '. 

d,  *  Taciturno  era  giouinetto  Cato  '. 

e.  *  Chiedi,  un  re  disse  a  un  saggio  ;  et  ei  discreto  '. 
/.  '  Domitiano  un  fa  sedersi  appresso  '. 

g.     '  Dice  Plato,  eh'  in  fallo  il  seruo  mira  '. 
h,     '  Fece  sotto  la  fé  il  Pastor  Leone  '. 

41.  ToRQUATi  Tasso,  carmina,  quorum  aj  ad  A  inscripta  '  Del  Tassino  \  fol.  67-76. 

a.     *  Al  Duca  di  Ferrara  '  (S.). 

'  Così  perpetui  il  re  de'  fiumi  altero  '. 
h,     '  Sopra  la  malatia  del  Principe  di  Mantoua  \ 

'  Langue  Vincenzo,  e  seco  amor,  che  seco  '. 
e.     '  Al  Duca  di  Ferr.^' (C) 

'  0  magnanimo  figlio  '. 

d,  '  Al  Principe  di  Tose,''  Filippo  de'  Med.  '  (C.) 
'  0  figlie  de  la  terra  '. 

e,  *  Questa  che  tanto  il  cieco  uolgo  apprezza  *  (0.) 

f,  *  Sopra  le  fascie  che  per  il  suo  cauterio  gli  mandò  la  Ss^  D.^  Lauinia 

della  Rouere^  (M.) 
'  Se  da  sì  nobil  mano  '. 

g,  '  Dialogus  inter  amantem  et  Carontem'*  (Ogdoada). 
*i4.  Caron,  Caron?  Ca:  Chi  sei  importun,  chi  grida? 

h.     *  Tirsi  morir  uolea  '  (C.) 

t.      'Odi  Filli  che  tuona,  odi  ch'in  gelo'  (S.) 

k,     *  Di  sostener  qual  nuouo  atlante  il  mondo  '  fS.) 

L      *  Al  Principe  di  Parma  '  (M.) 

'  0  nipote  d'Augusto  '. 
m.    '  La  natura  compose  '  (M.) 
n.     '  Tre  gran  donne  uiddi  io,  eh'  in  esser  belle  '  (S.) 
0,     '  Donna,  poi  che  fortuna  empia  mi  nega  '  (S.) 

p,     *  Alla  Ifuchessa  d'Urh.^  et  a  mad.^  Leonora  da  Este  sorelle,  figliuole  del 
2>.»  Ercole  di  Ferrara  '  (S.) 
Est  repetitio  36  e. 

q,     *  Donne  cortesi  et  belle  '  (C). 

r,     '  Non  s'agguagli  ad  Alcide  '  (M.). 

«.      *D  cuor  che  m'inuolò,  donna,  un  furtiuo  (S.). 

42.  Petri  Francisci  Moneglia,  Jaaiuensis  (Oda),  fol.  83. 

'  Deh  perchè  pari  agli  empi  antichi  falli  '. 


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—  273  — 

43.  Carmina  anonyma,  fol.  85-93*. 

a.     *  Ad  imitatione  della  Cam.  del  Petrarca:  Qual  più  diuersa  et  nuoua\ 

'  Quante  il  sol  di  natura  opre  stupende  *  (C.)- 
h.     '  A  mad,^  Laura  Viuiana  '  (S.). 

'  Come  quanto  han  mìir  alme,  ìUnstrì  et  dine  \ 
e,     'Ad  imitatione  della  Canz,  del  Petrarca:  Verdi  panni  sanguigni  (C). 

'Aspra  selce  di  rupe  alpestre  et  dura'. 
Cf.  infra  sub  /. 

d.  *  Cam'  ad  imitata  di  quella  del  Petr,^  Verdi  panni  '  (C). 
'  Aure,  ombre,  herbette,  fronde,  frutti  et  fiori  \ 

e.  '  Hor  che  l'Aquila  e'I  Gallo  infetti  i  figli  '  (S.). 
Est  repetitio  19. 

/.      'A  imitatione  della  Canz.  del  Petr.^:  Verdi  panni'  (C). 
Est  repetitio  e. 

g.     *  Stanze  sop.^  la  maniera  della  uita  de'  forzati  in  galera  '  (0.). 
'Le  muse,  onde  qui  s'odon  canti  et  suoni  . 

44.  '  Nella  morte  del  Sereniss,^  Granduca  di  Toscana  il  sig.  Cosimo  de'  Me- 
dieij  Caruone  di  m.  Frano.®  Baccelli,  fisico  in  Fior/^  (C),  fol.  93**-95*. 

'Mentre  pensoso  io  mi  sedeuo  aFombra'. 
De  hoc  P.  B.,  ac  de  eius  scriptis  et  negotiis  egi  in  ephem.  H  Bug- 
narroti,  ser.  iii,  voi.  i.  Rom»  1882,  p.  261  et  262. 

45.  Thom^  Balbani  (S.),  foL  95*'-96. 

a.  'Lieti  pastor,  che  per  Therbose  sponde'. 

b,  '  Volgi  gli  occhi,  Damon,  riguarda  intomo  \ 
e.  *  Se  in  que'  .begli  occhi  mi  promette  amore  '. 
d,  '  Alla  donna  et  gentil,  che  in  questa  etate  \ 

In  laudem  Artemisise  Borghesi,  ut  ex  acrosticho. 

46.  Eq.  SiNOLFi  Saracini  (S.),  fol.  97. 

a.     *  Con  quel  fero  desio,  che  m'arde  il  cuore  '. 
ò.     'A  che  mi  diede  il  ciel  sì  salda  fede\ 

47.  Jo.  Bapt.  Strozzi  (C),  fol.  98. 

'  Dal  balcon  doue  amor  si  dolce  fiocca  \ 

48.  Jo.  Bapt.  Strozzi,  iunioris  (C),  fol.  99-100*^. 

a.     '  Di  questa  pietra  Amore  \ 
h.     *  Sop.*^  u.^  Donna  di  casa  Spini  o  Malespini  \ 
'  Senza  fiammelle  o  strali  \ 

49.  Incerti  (M.),  fol.  100^ 

'  Tirsi,  mentre  io  ti  bacio  \ 

50.  ToRQUATi  Tasso  (S.),  fol.  101. 

'  Mentr*  è  degli  anni  nostri  il  lieto  maggio  \ 

51.  (Francisci)  Coppetta  (S.),  fol.  102^. 

'  Locar  sopra  gli  abissi  i  fondamenti  *. 

52.  Malvicini,  Responsio  (S.),  fol.  102^. 

'  I  superbi  pensier  frenati  et  spenti  \ 
63.  Incerti  (S.),  fol.  103». 

'  Ben  ho.  Signor,  di  camminar  desio  \ 


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—  274  — 

54.  (Fr.)  Coppetta  (S.),  fol.  103*. 

'Amor  m'ha  posto  come  scoglio  al*onda  \ 

55.  JuLii  Caesaris  Albicante,  Mediolanensis,  monachi  Montis  Oliveti  (S.), 

fol.  104-105. 

a.  *  Già  morta,  hor  uiua,  o  di  mia  stanca  uita  \ 

h.  *  Non  è  se  ben'  io  piango,  e  'nuan  sospiro  '. 

e,  'Miracoli  di  morte^  intatta  e  aiaa\ 

d.  *  Morir  dourei,  così  tenace  e  forte  \ 

e.  *  Ben  sapeu'  io  che  troppo  ardente  e  bella  \ 
/.  *  Di  questo  mar  turbato  e  porto  e  polo  \ 
g,  *  Spiegar  d'alto  polo,  onde  scendesti  \ 

h,     *  Tu  che  sfauilli  in  ciel,  tu  che  '1  crin  biondo  \ 
Hsec  trìa  postrema  in  mortem  Sabaudiae  Dncissse. 

56.  DioMEDis  Borghesi,  acad.  Intron.  (S.),  fol.  107. 

a.  '  Da  te  nasce  il  timor,  nasce  la  spene  \ 

b,  *  Per  la  Ss^  Laura  Peuerera,  MarU."^  Dama  della  Duc.^  di  FerS"*  \ 

*  Questo  uago  ben  culto,  eterno  lauro  '. 

e.     *  A  richiesta  di  signora  ingelosita  et  disperata  \ 

*  Ne  la  tua  dura,  auuersa,  aspra  partita  \ 

57.  Eq.  [Felicis  an  Raphaelis  ?]  Gualtieri,  Aretini  '  In  morte  di  m,  Gi- 

berto suo  figliuolo  '  (C),  fol.  108-110*. 

*  Come  uiuer  poss'  io  ?  se  la  mia  uita  \ 

58.  Anonymi  (S.),  fol.  110^ 

*  Corri  di  puro  argento,  alza  le  corna  \ 

59.  Jo.  Bapt.  Guarini,  Ferrariensis  (S.),  fol.  110^. 

*  0  nel  silentio  tuo,  lingua  bugiarda  \ 

GO.  Bruti  Guerini,  Fanensis  (S.),  fol.  111*. 

*  Con  negra  benda  il  ciel  gli  occhi  uelarsi  '. 

61.  (Christophori)  Guidiccioni,  episc.  Adjacensis  (S.),  fol.  111*^. 

a.     *  Di  così  ricco  et  sì  gentil  lauoro  '. 

h.     *Ecco  hor  la  bella  donna  estinta  giace'. 

62.  Anonymi  (C),  fol.  112-114». 

*  Poiché  più  uolte  inuano  '. 

63.  Francisci  Panigarola,  Mediolanensis,  ord.  Minorum,   fol.  114*-11')*. 

a'     '  Ben  potrian  que'  begli  occhi  '  (M.). 

h.     ^  SopJ*  lo  sponsalitio  del  Principe  di  Mantoua  colla  Principessa  di 

Parma  '  (C). 
'  In  qual  parte  sì  ratto  i  uanni  muoue  '. 
e.     '  Sopra   l'Imperatrice   Maria  d'Austria  passando  per  Pania  11  ottoL 

1582  '  (M.). 

*  Ecco  de  la  grande  Austria  a  cui  s'inchina  '. 
Subjicitur  inscriptio  eidem  Imperatrici  Januam  ingredienti. 

d,     '  Amanti,  o  lieti  amanti  '  (Oda). 

64.  '  Per  la  sigS''  Laura  lìangona.  Del  sig/  Giulio  Cesare  Gonzaga,  risp."^  al 

Son,^  del  Tassino  :  Tolse  barbara  gente  il  pregio  a  Roma'  (S.),  fol.  116*\ 

*  Pose  a  barbara  gente  il  freno,  e  a  Roma  '. 


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—  275  — 

65.  Laur^  Lucchesini  Guidiccioni  (M.),  fol.  117. 

a,     *  Onde  è  tiranno  Amore  '. 

h,     '  Per  mad. Giusti  de'  Nanni  \ 

*  Donna,  se  giusta  sete  '  (M.). 

66.  DioTiSALvi  Petri  Senensis  Francisco  Petrarchae  (S.),  fol.  107^. 

*  n  bel  occhio  d'Apollo  del  cui  sg^iardo  \ 

67.  F.  P.,  responsio  (S.),  fol.  118*. 

*  Se  Phebo  aV  primo' amor  non  è  bugiardo'. 

68.  Anonymi  *  Per  la  sS^  Marna'  (M.j,  fol.  118^. 

*  Qual  può  te  oggi  ntìo  inferno  \ 

69.  Bruti  Guerini,  Fanensis  (S.),  fol.  119. 

*  Con  negra  benda  il  ciel  gli  occhi  uelarti  \ 

70.  Alexandri  Guglielmi,  versio  rythmica  hymni  '  Dies  ircs  \  praevia  epi- 
stola s.  d.  ad  Nic.  Costanti,  quse  ine.  '  Filippo,  re  di  Macedonia  ', 
fol.  120-122*. 

*  Giorno  orrendo  che  'n  fauille  \ 

71.  'Di  Leonardo  Vinci,  famoso  pittore',  fol.  122^ 

*  Chi  non  può  quel  che  uuol,  quel  che  può  uoglia  '. 

Cf.  Gustavi  Uzielli,  Sopra  un  sonetto  attribuito  a  Leonardo  da  Vincij 
in  ephem.  //  Buonarroti,  voi.  X.  Romse  1875,  p.  177-191  et  249-268,  ubi 
concluditur  auctorem  hujus  epigrammatis  fuisse  Antonium  Mathaei  di  Meglio. 

72.  Marignani  (S.),  fol.  123^-124^ 

a.  *  Se  1  cuor  ueramorose  reti  inuolto  \ 

b.  *  ria  mai  quel  di,  che  gratiosa  siella  \ 

73.  Francisci  Bembo  (S.),  fol.  124*. 

*  Quel  gran  ualor,  ch'ai  mondo  in  tante  carte  '. 

74.  CcELii  Magni,  responsio  (S.),  fol.  125^ 

*  Quel  pregio,  che  non  pon  mie  roze  carte  \ 

75.  Anonymi  (S.),  fol.  125^ 

*  Speme  che  di  dolcezza  il  duolo  e  1  pianto  \ 

De  Intronatorum  Academia  docte  disseruit  ab.  Fabiani  in  Nuova  rac- 
colta di  opuscoli j  to.  iii.  Ven.  1757,  p.  6-25. 

Auctores  de  quibus  supra,  prater  Baccelli  Pranciscum  (44),  Balbani  Thomam  (17, 
20,  45),  Guglielmi  Alexandrum  (70),  Marignani  (7^),  Marzi  Placidi  Liviam  (15),  Mo- 
NE6LIA  Petrum  Franciscum  (42),  Piccolomini  Bartholomeum  Carolum  (2),  Salvestri  Pe- 
trum  Antonium  (8),  et  Vignali  Curtium  (11),  recensentur  a  Frane.  Xaverio  Quadrio  Della 
storia  e  della  ragione  d* ogni  poesia.  Bononije,  1739.  —  Mediol.  1752,  7  voli.  4°  :  Albicante 
Julius  Csesar  (55),  t.  VI,  p.  139,  sqq.  —  Antonius  Mathaei  di  Meglio  (72),  t.  VII,  p.  99, 
170.  —  Battiferri  de  Ammannatis  Laura  (33),  t.  II,  p.  250,  456,  661,  676  ;  t.  IV, 
p.  78,  121,  434.  —  Bembo  Franciscus  (73),  t.  II,  p.  431.  —  Borghesi  Diomedes  (56),  1. 1, 
p.  474;  t.  n,  p.  254;  t.  VI,  p.  260;  t.  VII,  p.  102.  -  Castro  Scipio  De.  (31),  t.  H,  p.  355; 
t.  Vn,  p.  104.  —  Cittadini  Celsus  (35),  t.  I,  p.  41,  474  ;  t.  H,  p.  186, 267.  —  Colonna  Ma- 
rius  (27),  t.  n,  p.  270;  t.  IH,  p.  187,  377.  —  Coppetta  (Franciscus)  (51),  1 1,  p.  90,  764;  t.  H, 
p.  241;  t.  m,  p.  34,  184,  267;  t.  VI,  p.  119;  t.  VH,  p.  75,  161, 194.  —  Diotisalvi  Senensis 
(66),  t  n,  p.  187.  —  Gonzaga  Julius  Csesar,  seu  Csesar  (64),  t.  II,  p.  376;  t.  V,  p.  398.  — 
Gonzaga  Scipio  (9),  1 1,  p.  85.  —  Gualtieri  Felix  (57),  t.  II,  p.  257;  t.  VII,  p.  105.  —  Groto 


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—  276  — 

Aloisius  (13),  passim.  —  Gualtieri  Raphael  (57);  t.  Il,  p.  355.  —  Guarini  Jo.  Bapt.  (59), 
passim,  —  Guarino  Brutus  (60,  69),  t  II,  p.  277;  t.  m,  p.  264;  t  VE,  p.  102.  —  Gui- 
DicciONi  Christophorus  (18,  61),  t.  U,  p.  514.  —  Lucchesini  Guidiccioni  Laura  (65),  t  V, 
p.  400,  433,  460.  — Magno  Ccelius  (74),  t  H,  p.  280;  t.  m,  p.  103,  118,  267;  t.  VI, 
p.  269.  —  Panigarola  Franciscus  (63),  t  I,  p.  182,  196,  342,  360;  t.  m,  p.  68;  t.  VII, 
p.  105"«.  —  Petrarca  Franciscns,  passim.  —  Piccolomini  Antonius  (25),  t.  Il,  p.  510.  — 
Saracini  Sinolphus  (46),  t.  IH,  p.  67.  —  Sozzini  Faustus,  (21,  23,  30),  t  m,  p.  267.  — 
Strozzi  Jo.  Bapt.  fil.  Laurentii  Philippi  (47),  t.  II,  p.  346,  662;  t.  V,  p.  83;  t.  VII, 
p.  136.  —  Strozzi  Jo.  Bapt,  fil.  Laurentii  Friderici  (48),  t.  I,  p.  70;  t.  Il,  p.  369;  t  IH, 
p.  306;  t  VI,  p.  678;  t.  VH,  p.  102,  106,  174,  175.  —  Tasso  Torquatus  (34,36,41,50;, 
passim.  —  ToLOMEi  Claudius  (1,  6),  passim.  —  Vincius  Leonardus  (72),  t.  V,  p.  521  ;  t  VII, 
p.  26,  27.  Qui  lateant  sub  tit.  Acad.  *  Ombroso  '  (5),  'Scacciato'  (3),  'Spauentato'  (4), 
'  Susomione  '  (7)  et  *  Tardo  '  (22),  quaerendum. 

Carmina  36  hj  i,  r^  41  g  et  50  inter  edita- T.  T.  minime  reperiuntnr; 
praeterea  34  K  q^  u,  36  n^  pj  s  et  41  A  in  recentioribus  editionibus  ab  im- 
pressis  maxime  diffenmt.  Initia  eorum,  quse  in  impressis  desiderantor,  ad 
maiorem  studiosormn  commoditatem  alphabetice  subjiciuntur: 

*  CaroDr  Caron  -  Chi  sei,  importuna  grida  '  (0.),  f.  72*. 

*  Cercando  va  per  questo  e  quel  sentiero  '  (S.),  f.  54**. 

'  Mentr'  è  degli  anni  nostri  il  lieto  maggio  '  (S.),  f.  101. 

*  Se  de'  begli  occhi  della  donna  mia  '  (M.),  f.  57*. 

*  Sotto  1  giogo  d'amor,  speranza  et  fede  '  (S),  f.  55*. 

Ea  et  in  Bernardi  Tasso  carminibns  frustra  requires;  animadvertendom  tamen, 
qnod  in  rep.  litteraria  notissimum ,  ssepe  medii  et  infimi  sevi  carmina 
pseudoepigrapha  reperiri;  nec  tantmn  in  mss.,  sed  etiam  in  impressis,  ut 
ex  gr.  epigr.  71,  quod  a  P.  Lomazzo  in  Trattato  dell'arte  della  pittura. 
Mediol.  1584,  p.  282,  ìnscribitur  Leonardo  Vincio  ;  a  Leone  Allacci  vero,  in 
Poeti  antichi,  Neap.  1661,  p.  186,  Dominico  Burchiello.  Insuper  in  exemplo 
libelli  :  Rime  et  prose  del  signor  Torquato  Tasso.  Parte  terza^  Yen.  1583, 
adnotationibus  manu  ipsius  T.  T.  referto,  cura  et  solertia  d.  Hectoris  Novelli 
reperto  et  bibl.  Angelicae  vindicato,  tribus  carminibus  auctor  apposuit:  '  Non 
è  mio'. 

Hic  obiter  notandum,  operi  Thom»  Garzoni,  cui  tit.  La  Piazza  umver- 
sale^  quindecies  saltem  impresso,  praeflxum  esse  epigr.  T.  T.,  v.  '  Sonetto  ' 
ad  Alphonsum  II  Ferrarias  Ducem,  quod  ine.  '  Superbo  foro,  oue  le  scienze  e 
Tarti  *,  et  latuit  omnes  eiusdem  poetse  carminum  editores.  (Cf.  Strenam  ephem. 
La  GioventU,  Fior.  1863). 

Archeologia.  —  Di  unHscridone  latina  arcaica  del  console 
Servio  Fulvio  Fiacco^  scoperta  in  s.  Angelo  in  Formis  presso 
Capita.  Comunicazione  del  Corrispondente  F.  Barnabei. 

«  Il  Socio  Corrispondente  Bamabei  discorre  di  un^importantissima  iscri- 
zione arcaica  latina,  scoperta  recentemente  in  s.  Angelo  in  Formis  presso 
Capua,  dove  sorgeva  il  famoso  tempio  di  Diana  Tifatina.  L*iscrizione  incisa 


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—  277  — 

in  pietre  di  calcare  infisse  in  un  mnro  antico,  è  Innga  m.  4,16,  e  si  rife- 
risce al  console  Servtus  Fidvitis  Flaccus,  che  tenne  i  fasci  nell'anno  619  di 
Berna,  135  av.  Or.,  e  che  nell'anno  predetto,  come  sappiamo  dalla  lapide, 
de  mànubies  (sic),  cioè  col  denaro  ricayato  dal  bottino  di  guerra,  fece  costruire 
quel  mnro  forse  per  ringraziamento  alla  divinità  colVaiuto  della  quale  ayeya  su- 
perati i  nemici  La  guerra  a  cui  qui  si  allude  fii  quella  contro  i  Yardei  od 
Ardei  dell*Illirìco,  come  ci  ò  manifesto  per  il  ricordo  di  Livio  (Epit.  56). 
•  La  ^ota  del  Socio  Corrispondente  Bamabei  sarà  inserita  nel  fascicolo 
delle  Notizie  degli  scavi  in  corso  di  stampa  « . 


Matematica.  —  Su  le  trasformazioni  involutorie  dello  spazio 
che  determinano  un  complesso  lineare  di  rette.  Nota  II  {})  del 
dott.  D.  MoNTESANO,  presentata  dal  Corrispondente  De  Paows. 

•  Continuerò  nella  presente  Nota  Tesame  dei  casi  particolari  più  note- 
voli, che  si  presentano  per  le  trasformazioni  involutorie  dello  spazio  nelle 
quali  i  punti  coniugati  sono  su  i  raggi  di  un  complesso  lineare  r. 

«.1.  Nel  caso  che  la  superficie  S^,  che  si  stacca  dalla  superficie  ^n 
corrispondenti  nel  caso  generale  ai  piani  dello  spazio,  sia  di  3®  o  di  4^  grado, 
non  si  hanno  più  infinite  congruenze  lineari  passanti  per  essa;  nò  è  oppor- 
tuno ricorrere  alle  congruenze  quadratiche  del  complesso  r  che  contengono 
la  superficie,  ma  ò  più  agevole  costruire  la  corrìspondente  trasformazione 
Tii_^  mediante  il  1^  teorema  del  §  4  (Notai),  prendendo  per  &scio  gene- 
ratore F  un  fascio  che  contenga  la  superficie  E4  dovuta  ad  uno  dei  raggi 
fondamentali  della  trasformazione,  la  quale  superficie,  passando  due  volte  per 
tale  raggio  (§  5, 1),  può  essere  rappresentata  su  di  un  piano  e  permette  con 
ciò  di  scorgere  che  il  fiucio  costruito  soddisfa  alle  condizioni  volute  per  de- 
terminare la  trasformazione. 

»  Partiamo  da  prima  da  una  superficie  k^^ai^kCtUi  mt  m^  in  cui  le 
ai,k,  fr^  loro  sghembe,  si  appoggino  alle  rette  ^,  e  la  conica  C2  incontri  la 
«1  ma  non  la  A:  e  le  w  (*).  Segando  la  A4  con  una  superficie  83^ A*  rrti  mt  ms 
come  ulteriore  sezione  si  ottiene  una  C7  di  genere  8  {^)  che  ha  tre  punti  su 
ciascuna  delle  ai^k  (i  punti  di  appoggio  di  queste  rette  con  le  m)  e  sei 
sulla  Ct,  sicché  vi  ò  certamente  una  superficie  E^^AtCsCt  diversa  dalla  A4  ; 
e  nel  fascio  F  determinato  dalle  A4,  K4  Tulteriore  linea  base  è  una  Cs 

C)  V.  pag.  207. 

(')  n  dare  una  retta  doppia  per  nna  superficie  di  4^  ordine  equivalendo  a  13  con- 
dizioni lineari,  restano  ancora  dne  condizioni  disponibili  per  individnare  la  A4. 

(')  Nella  ben  nota  rappresentazione  della  A4  sn  di  nn  piano  si  possono  assumere 
come  immagini  delle  A ,  C, ,  m  le  C,  =01 . .  5 ,  C4  =  0«  T. . .  8 ,  Ci  =  06 ,  Ci==07 ,  Ci  =  08, 
che  aUora  Timmagine  della  Ct  è  una  Cs  =  01 . .  .5(678)'. 

Bbndioonti.  1888,  Yol.  IV,  V  Sem.  36 


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—  278  — 

di  genere  3  (<)  ohe  ha  quattro  punti  sulla  ai  (i  punti  in  cui  questa  incon* 
tra  le  C7,  C3),  e  che  perciò  giace  con  la  ai  su  di  un  iperboloide,  sul  quale 
non  trovasi  alcuna  delle  A ,  Gs ,  G7 .  Perciò  la  linea  Ciò  >  costituita  da  queste  tre 
curve,  determina  (§  4, 1)  una  trasformazione  T,  nella  quale  sono  fonda- 
mentali tutti  i  raggi  della  Ss,  essendo  essi  trisecanti  della  C7  e  secanti 
della  k  (§,  7, 1),  sicché  tale  superficie  S^^k^  C7  si  stacca  dalle  <Pii;  e  nella 
Tg  che  ne  risulta  le  ^  sono  delle  <l>8  ^  Cz^  G7*  kaia% ...  a%  a^ ,  ove  le  Ut , ...  ^ , 
al  pari  delle  ai ,  sono  trisecanti  della  G7  appoggiate  alla  Gs,  e  la  a«  è  la  retta 
del  piano  %  della  conica  G2,  clie  unisce  il  punto  {xk)  al  punto  X^(xC7), 
non  situato  su  Gs. 

»  L'ulteriore  sezione  del  piano  %  con  la  superficie  A4  è  una  conica  C't 
appoggiata  alle  a\,k,mi,mt,mt,  la  quale  perciò  appartiene  alV iperboloide 
che  passa  per  queste  rette  e  per  la  direttrice  semplice  della  superficie  S3, 
sicché  la  Gt'  si  appoggia  a  tale  direttrice  e  il  punto  d' incontro  è  il  punto  X. 
Perciò  due  generatrici  della  S3  uscenti  da  uno  stesso  punto  P  della  k  incon- 
trano il  piano  X  in  due  punti  situati  su  una  retta  p  passante  per  X,  la  quale 
nella  Tg  corrisponde  a  P  (§  7, 1). 

«  n  piano  X  appartiene  perciò  alla  Jacobiana  della  ^,  la  quale  ulte- 
riormente comprende  le  Ig^Gg' G7* k^  ai...a^  a»*,  I19 ^ G*'' G7'* A («i . . . a%y a», 
che  corrispondono  rispettivamente  alle  0% ,  G7.  La  superficie  punteggiata  unita 
della  Tg  è  una  iJs  =  G,*  G7  «i . . .  a». 

«  2.  Si  parta  in  secondo  luogo  da  una  superficie  A4  ^^a^  kU  mi ...  m^ 
in  cui  le  ai ,  A: ,  k^  a  due  a  due  fra  loro  sghembe,  si  appoggino  alle  mi, ..  ^4; 
e  si  seghi  la  A4  con  una  supei-ficie  84^  (A:  A')'  m^.. .  m^.  Geme  ulteriore  sezione 
si  ottiene  una  Gg  di  genere  5  che  ha  per  quatrisecanti  le  ai ,  A ,  ^,  e  che 
trovasi  certamente  con  le  it ,  ^'  su  di  una  superficie  K4  diversa  dalle  A4 ,  S4. 

«  Nel  fascio  F  determinato  dalle  A4,  K4,  Tulteriore  linea  base  è  una  Gè 
di  genere  3  {^)  che  ha  per  quatrisecante  la  ai  e  che  perciò  giace  con  questa 
su  di  un  iperboloide  che  non  contiene  alcuna  delle  k,  kf,  Gg,  sicché  queste 
tre  curve  determinano  una  trasformazione  T,  nella  quale  tutti  i  raggi  della 
S4^(A  A')*  Gg  (corde  della  Gg  appoggiate  alle  A,  /tf)  sono  fondamentali, 
sicché  ne  nasce  una  T7  in  cui  le  ^sono  delle  <l>7^Gg*AA/ai...  ag,  essendo 
le  a» , . .  Og  al  pari  della  ai  quatrisecanti  della  Gg. 

«  Le  rette  fondamentali  A,  l(f  risultano  coniugate  rispetto  al  complesso  P 
originato  dalla  trasformazione,  e  a  ciascun  punto  dell'una  corrisponde  in 
questa  tutta  l'altra,  sicché  la  Jacobiana  delle  <I>  comprende  semplicemente 
una  l84  ^  Gg'  (k  H  a^ ...  ag)*,  che  corrisponde  alla  Gg. 

«  La  superficie  punteggiata  unita  é  una  i24^Gg  ai . . .  ag. 


(^)  Nella  rappresentazione  data  ora  della  A4  essa  ha  per  immagine  nna  Ci^O*  1 ...  8. 
(S)  Le  inunagioi  delle  A ,  A;' ,  C« ,  C« ,  mi , . .  m^  sono  rispettivamente  le  €■= 012345  , 
€,  =  012367, C7  =  0«  123(4567)» 8«>C,:=0»1... 8, Ci=08  ed  i  punti  1,  2,  3. 


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—  279  — 

«  La  trasfonnazione  ora  stadiata  è  Funica  trasfoimazione  T  che  am- 
mette  dne  linee  fondamentali  fra  loro  coniugate. 

«  3.  Si  parta  da  ima  superficie  A^^ai^C^k,  in  etti  la  0$  sia  gobba  e  due 
qnalsiansi  delle  Ui ,  0$ ,  A;  non  abbiano  alcon  pmito  in  cornane.  Segando  la 
saperficie  con  un»  S4,  che  passi  due  volte  per  la  C9  e  contenga  le  rette 
^1 , ...  17*4  della  superficie  A4,  corde  della  Gs  non  appoggiate  alla  A,  si  ottiene 
come  ulteriore  sezione  una  H«  di  genere  1.  Al  solito  è  possibile  costmìre 
im  &9CÌ0  F=(A4£4)9  che  abbia  per  base  le  k,  Gg,  H4  e  una  G«  di  genere  8  Q) 
€on  quattro  punti  sulla  ai  (2),  sicché  Tiene  ad  aversi  una  trasformazione  T 
in  cui  le  A^ G3, H«  sono  fondamentali.  In  essa  risultano  fondamentali 
tutti  i  raggi  della  S4^G8'H«  (corde  di  entrambe  le  curve  G^ 
He),  e  perciò  si  ottiene  una  T7  in  cui  le  <P  sono  delle  ^'j^k^'H^*  G3  ai, ..  a«, 
essendo  la  Ot,  al  pari  delle  k^  a^  quatriseoante  della  H«,  e  db ...  a^  le  corde 
della  H«  appoggiate  alle  A,  Gg. 

•  La  Jacobiana  delle  <l>  è  costituita  dalle  I4  ^  A;'  H«  Gs  ^3 . . .  a«, 
Ii6=A*  H«*  Gs*  {ai  at)*(tf 3 -.««)*,  14^**  He  a3  —  a«i  che  corrispondono  rispet- 
tivamente alle  k.'Réj  Gg.  Le  He,  G3  hanno  8  punti  in  comune. 

•  La  superficie  punteggiata  unita  ò  una  i24^A:'*Heai...ae. 

<  Ogni  congruenza  quadratica  Qs^S4  del  complesso  r,  determinato  dalla 
trasfonnazione,  dà  origine  ad  una  superficie  unita  1X4  ^  ^*  He  (§  7,  I).  Di 
tali  superficie  vi  è  un  sistema  lineare  00^,  dal  quale  si  potrebbe  anche  par** 
tire  per  individuare  la  trasfumnazione. 

4.  «  Infine  si  parta  da  una  superficie  k^^^ai^k ,  che  abbia  sulla  k  due  punti 
doppi  P,  Q.  I  piani  tangenti  lungo  la  k  alla  superficie  formano  un  &scio 
proiettivo  alla  serie  dei  punti  di  contatto,  sicché  le  quattro  rette  nti , ....  ^4 
della  A4  divise  da  quelle  che  escono  dai  punti  P,  Q,  appartengono  con  le  k^  a\ 
ad  un  iperboloide  I.  Ora  una  superficie  ^^sk^mi ...  ^4  (la  quale  ha  per  diret- 
trice semplice  Tulteriore  sua  sezione  con  la  I)  sega  ulteriormente  la  A4  secondo 
una  Gs^P^  Q',  di  genere  4,  che  con  la  k  e  una  Gè  di  genere  3  appoggiata  in  4 
punti  alla  ai  (^)  forma  la  base  di  un  fascio  di  superficie  E4^P*Q*.  Perciò 
le  Al,  G9  determinano  una  trasfonnazione  T  nella  quale  sono  fondamen- 
tali tutte  le  generatrici  della  S4  (trisecanti  della  Go  appoggiate  alla 


(I)  Le  immagini  delle  Ci ,  A ,  H« ,  Ce ,  mi , . . .  m^  sono  rìsp.  le  linee  €4^0  (123)'  4 ...  8^ 
Ci=345,C.=0*1245(678)«,C,  =  0»1...8,Ci  =  04,C,  =  05  ed  i  pnnti  1,2. 

(>)  D  complesso  lineure  T  che  contiene  ia  saperficie  84  (e  perciò  i  raggi  mi, ..  m4  di 
qnesta)  passa  anche  pel  raggio  ai .  Infatti  la  cmra  He  passa  per  i  punti  ai  mi , ...  ai  m* 
senza  toccaryi  i  piani  ai  mi , . .  Oi  ^4,  i  qnali  invece  risultano  tangenti  negli  stessi  punti 
alla  Ct  e  quindi  anche  all'iperboloide  I^aiC«,  sicché  le  direttrici  della  congruenza  lineare 
che  passa  per  i  raggi  mi , . . .  m4  coincidono  in  ai,  il  che  equivale  a  dire  che  ogni  com- 
plesso lineare  r  che  contenga  1  raggi  mi, ..  m4)  passa  anche  pel  raggio  ai. 

0  Le  immagini  dei  punti  P ,  Q  e  delle  linee  ^ ,  C»  »  €• ,  mi , . .  m4  sono  rìsp.  le  linee 
Ci =012 ,  Ci  =084 ,  Ci =567 ,  C4=01284  (567)«  8« ,  C.=0»  1 ...  8,  Ci  =08  e  i  punti  5, 6, 7. 


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—  280  — 

k\  sicché  si  ottiene  mia  T7  in  cui  le  ^  sono  delle  ^'j^C^^ai  ...a«>  essendo  le 
ai ...  a^  come  la  ai  quatrisecanti  della  Co . 

«  Là  Jacobiana  delle  ^  è  una  I^^^o''  {ai....a^^  che  coirìsponde  alla  C9 . 
La  k  inyece  è  linea  unita  singolare  della  trasformazione  (§7-1)» 

«  La  superficie  punteggiata  unita  ò  una  Sì^^C^di....a9. 

«  5.  Le  superficie  S5  contenute  in  un  complesso  lineare  r  sono  di  due 
spècie  (^):  l'una  di  genere  1  con  curva  doppia  di  5**  ordine  e  di  genere  1; 
l'altra  di  genere  0  con  curva  doppia  di  6®  ordine  e  di  genere  1  dotata  di 
un  punto  triplo  che  è  triplo,  anche  per  la  superficie  (2). 

«Se  si  suppone  che  la  superficie  S^  sia  una  Ss^Es',  considerando  la 
sezione  della  superficie  con  una  superficie  K  della  trasformazione  risultante  Tet 
si  deduce  che  Tulteriore  linea  fondamentale  di  questa  deve  essere  una  Cs 
che  ha  da  essere  linea  base  di  un  sistema  lineare  00'  di  superficie  di  3^  or- 
dine coniugate  a  se  stesse  nella  T^.  (Sono  le  superficie  determinate  (§  7,1) 
dalle  00^  congruenze  quadratiche  che  contengono  la  S5). 

«  Ora  inversamente  un  sistema  lineare  oo^  di  superficie  di  3^  ordine  che 
abbia  per  base  una  curva  gobba  G5  di  genere  1,  determina  una  trasformazione 
involutoria  della  specie  che  studiasi^  della  quale  mi  occuperò  in  una  pros- 
sima Nota. 

<t  6.  Se  invece  si  suppone  che  la  superficie  ^^  fosse  una  Ss^H^',  Taltra 
linea  fondamentale  situata  sulla  S5  risulterebbe  una  C3  gobba,  sicché  vi  sa- 
rebbe un'ulteriore  retta  fondamentale  k  tripla  perle  ^;  e  le  00*  congruenze 
quadratiche  contenenti  la  Ss  darebbero  00^  superficie  Ss^A^^Cs  coniugate  a 
se  stesse  nella  T. 

«  Partendo  inversamente  da  una  rete  di  Sg^/t^Ca  (in  cui  la  C3  è  gobba 
ed  ha  per  coi-da  la  A)  e  dal  complesso  lineare  r,  si  può  costruire  la  Te . 

«  Infatti  ì  fasci  della  rete  hanno  per  linee  basi  variabili  coppie  di  rette 
PP'  appoggiate  alle  k^  C3,  sicché  nella  congruenza  di  P  ordine  Q,  che  ha 
per  direttrici  queste  due  linee,  viene  ad  aversi  un'involuzione  Jdi  1^  classe, 
siffatta  cioè  che  ogni  retta  dello  spazio  incontra  una  sola  coppia  jt^jo'  diessa^ 
eccettuati  semplicemente  i  raggi  di  una  congruenza  J  costituita  dalle  diret- 
trici semplici  delle  superficie  S3  della  rete,  delle  quali  direttrici  ciascuna  si 
appoggia  alle  00^  coppie  pp*  situate  sulla  S3  a  cui  essa  appartiene. 

«*  Fra  le  superficie  della  rete  vi  é  un  cono  K3,  col  vertice  V  sulla  &, 

(^)  Non  teniamo  conto  (e  faremo  lo  stesso  anche  in  seguito)  delle  snperficie  conte- 
nate  in  congruenze  lineari,  ghiaccile  esse  evidentemente  per  /i>*  4  non  possono  essere  con- 
siderate come  superficie  S^. 

(*)  Nella  rappresentazione  di  Nother  e  Lie  dei  raggi  del  complesso  T  sui  punti  dello 
spazio  ordinario,  le  due  superficie  S«  del  complesso  T  hanno  rispettivamente  per  corrispon- 
denti curve  di  4^  ordine  di  genere  1  e  0  che  hanno  tre  punti  sulla  conica  fondamentale 
della  rappresentazione.  V.  Cremona,  *S't*Wa  corrispondenza  fra  la  teoria  dei  sistemi  di  rette 
e  la  teoria  delle  superficie.  Atti  della  B.  Accademia  dei  Lincei.  Serie  2^  voi.  Ili,  §  19. 


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—  281  — 
laogo  dei  raggi  g  della  Q  che  incontrano  i  loro  coniugati  nella  J.  I  piani 
99'\  9iQ\^—  di  tali  coppie  speciali  inviluppano  nella  stella  V  un  cono  di 
2*  classe  Xt,  ed  uno  qualsiasi  (o^gg'  ài  essi  è  sostegno  di  un  fascio  di  rette 
della  congruenza  J^  costituito  dalle  direttrici  semplici  delle  oo^  superficie 
della  rete  che  passano  per  \ò  gg'. 

«  n  centro  0  di  questo  fascio  è  il  8®  punto  (ooCs)  non  situato  sulle 
rette  g^g'*  Viceversa  ogni  punto  0  della  Cs  è  centro  di  un  fascio  (O-o^) 
della  //,  che  trovasi  nel  piano  a>  del  cono  X2  passante  per  0,  diverso  da 
quello  determinato  dalla  p^i^YO  e  dalla  sua  coniugata  nella  J. 

»  Sicché  un  piano  n  (0  una  stella  P)  dello  spazio  contiene  3  (0  2)  raggi 
della  J  dovuti  ai  fasci  (O-co)  i  cui  centri  sono  in  n  (0  di  cui  i  piani  passano 
per  P),  e  quindi  la  congruenza  //  è  di  2^  ordine  e  di  8^  classe,  e  unico  suo 
punto  singolare  è  il  punto  Y  vertice  del  cono.Ks  appartenente  alla  congruenza. 

»  Ora  le  coppie  di  pimti  PF  situati  su  due  raggi  jo,j!>'  della  Q  coniu- 
gati nella  J  e  su  uno  stesso  raggio  del  complesso  r,  determinano  una  trasfor- 
mazione T,  nella  quale  ogni  raggio  di  r  contiene  una  sola  coppia,  eccettuati 
i  raggi  del  complesso  situati  nella  congruenza  J,  i  quali  ne  contengono  00  ^ 

«  Ora  pel  teorema  di  Halphen  {^)  il  luogo  di  tali  raggi  è  una  Ss^V^Ca 
le  cui  generatrici  si  appoggiano  alla  C3  semplicemente,  e  che  perciò  risultando 
di  genere  0,  ammette  una  curva  doppia  He^V^;  sicché  la  trasformazione  T 
che  ne  risulta,  è  di  6°  ordine  ed  in  essa  le  ^  sono  delle  ^^^k^Cz^H^aiOtazi^), 
essendo  le  ^i,  ^2,  03  corde  della  H^  apppoggiate  alle  k^Gz. 

«  La  Ha  è  di  genere  1,  ha  sei  punti  sulla  C3,  tre  su  ciascuna  genera- 
trice della  Ss  e  il  solo  punto  Y  sulla  k, 

«  La  Jacobiana  delle  <l>  è  costituita  dalle  l9^A^C3*H6  (fl^i  fl^«a3)S 
I^^A^Cs'Hetfifljgaa,  l4^A*C3H6ai«2tf3,  che  corrispondono  rispettivamente 
alle  He, 03,*. 

«  La  superficie  punteggiata  unita  della  Tg  è  una  i?3  ^  A^Cs ,  che  è  anche 
il  luogo  dei  raggi  della  congruenza  Q  coniugati  a  se  stessi  nella  involuzione  J. 

^  7.  Tre  specie  di  superficie  di  6^  ordine  esistono  nel  complesso  lineare, 
rispettivamente  di  genere  2,  1,  0. 

«  L'ultima  non  può  essere  considerata  come  superficie  S^,  perchè  la  trasfor- 
mazione risultante  avrebbe  per  linea  fondamentale  la  curva  doppia  Ciò  della 


(0  Sur  les  droites  qui  satisfont  à  des  conditions  données.  Comptes  rendus,  1871-72. 
V.  anche  Zeutcn,  id.  id.,  1874  ;  Segre,  Su  la  geometria  della  retta  ecc.  Memorie  della 
R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino,  serie  2»,  tom.  XXXVI,  §  109. 

(*)  Anche  dalla  legge  di  generazione  data  ora  alla  Te  è  agevole  dedurre  che  le  linee 
A; ,  Cs ,  H«  sono  fondamentali  per  essa. 

Si  noti  anche  che  ogni  corrispondenza  J  involntoria  e  di  1*  classe  frai  raggi  di 
una  congmenza  Q  di  P  ordine,  dà  orìgine,  insieme  ad  un  complesso  lineare  r,  ad  una  tra- 
sformazione T  della  specie  che  studiasi,  in  modo  analogo  a  quello  ora  accennato.  Per  essa 
possono  ripetersi  i  ra^onamenti  fatti  ora  per  la  Ts. 


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—  282  — 

superficie,  la  quale  perciò  verrebbe  ad  avere  in  comune  con  una  qualsiasi  super- 
ficie £4  della  T  la  do  e  sei  raggi,  cioè  in  tutto  una  linea  d'ordine  26,  il 
che  è  assurdo. 

•  Esiste  invece  una  trasformazione  Ts  dovuta  allo  staccarsi  dì  una  S^  ^  Eg*. 
«  Per  costruirla,  dopo  avere  notato  che  Tulteriore  sua  linea  fondamentale 
deve  giacere  anche  essa  sulla  Sa ,  né  può  incontrarne  le  generatrici  che  già 
sono  quatrisecanti  della  K% ,  sicché  deve  essere  costituita  da  due  generatrici 
h ,  k  della  superficie,  dobbiamo  ricorrere  alla  seguente  proprietà  della  Ss'. 
1^  Ogni  Sa^Es^  é  base  di  una  rete  di  congruenze  quadratiche. 
I  fasci  della  rete   hanno  per  superficie  basi  variabili 
sistemi  rigati  B,  di  cui  ciascuno  ha  in  comune  con  ì%  S« 
quattro  raggi. 
«  L'assieme  2  di  tali  sistemi  B  è  oo^  e  per  ogni  raggio  r  del 
complesso  r  ne  passa  uno.  Semplicemente  se  il  raggio  r 
appartiene  alla  Se,  esso  trovasi  su  00^  sistemi  B  apparte- 
nenti alla  congruenza  Qs^r*  della  rete. 
«  Le  congruenze  lineari  del  complesso  r  che  passano  per  uq 
qualsiasi  sistema  B  delTassieme,  hanno  in  comune  con 
la  superficie  Sa,  oltre  i  quattro  raggi  (BSa),  coppie  di  gene* 
r  atri  ci  costituenti  sulla  Ss  un'involuzione,  che  é  la  stesst 
qualunque  sia  il  sistema  B,  in  modo  che  se  hjk  sono  duo 
raggi  coniugati  in  essa,  ogni  congruenza  lineare  Qi^hk 
contiene  un   sistema  B   di  2  (che  passa  per  i  quattro 
T^^ggi  (QiSa)  diversi  da  h^k);  come  viceversaogni  sistema^ 
di  S  giace  in  una  congruenza  Qi^AA:(^). 
«  Con  ciò  su  le  direttrici  di  ciascuna  congruenza  Qi^hk  vengono  ad 


(^)  Rappresentando  infatti  il  complesso  F  sollo  spazio  ordinario  [S  in  modo  che 
un  raggio  arbitrario  h  della  S«  sia  fondamentale  nella  rappresentazione,  alla  S«  TÌen«  a 
corrispondere  una  Ci  gobba  di  genere  2  che  ba  quattro  pnnti  snlla  conica  fondamentale 
£t  della  rappresentazione;  e  i  sistemi  rigati  B  deirassieme  ^ hanno  per  corrispondenti  le 
coniche  Ct  che  sono  le  basi  yariabilì  dei  fasci  della  rete  delle  S»^£tCf .  Ora  i  piani  di 
queste  coniche  costituiscono  una  stella  (§  8,  I),  di  cui  è  centro  un  punto  £  della  C»;  il 
raggio  k  della  S«  che  corrisponde  a  questo  punto  in  r,  è  il  coniugato  ad  h  nella  corri- 
spondenza inyolutoria  su  accennata. 

Ad  un  sistema  rigato  B  di  ^  passante  per  h  corrisponde  nella  spazio  S  una  conica 
Ct  che  si  spezza  in  una  trisecante  t  della  Gì  ed  in  una  retta  situata  nel  piano  dtfUa  co- 
nica fondamentale  Et;  ed  alle  congruenze  lineari  del  complesso  F  che  contengono  tale 
sistema  B^A,  corrispondono  in  S  i  piani  passanti  per  la  t,  sicché  alle  coppie  h'k' ,,.. 
che  le  accennate  congruenze  determinano  sulla  superficie  !«,  corrispondono  in  S  le  coppie 
di  punti  sezioni  della  Ct  con  i  piani  passanti  per  la  t  (non  situati  su  questa),  le  quali 
coppie  sono  quelle  in  cui  le  generatrici  dell'iperboloide  Iti^Cs  di  sistema  opposto  alla  t 
si  appoggiano  alla  curra.  Per  la  proprietà  di  tali  coppie  yeggasi  Caporali,  Sui  complessi 
e  suUe  congruenze  di  2^  grado.  Memorie  deirAccademia  dei  Lincei,  ser.  8*,  voi.  Il,  n.  85. 


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—  283  — 

averBi  due  punteggiate  proiettive,  sezioni  del  sistema  R  contenuto  nella  con- 
gruenza :  e  Tassieme  di  queste  coppie  di  punteggiate  proiettive  (i  cui  sostegni 
formano  la  congruenza  lineare  che  ha  per  direttrici  le  h,k)  determina  nello 
spazio  una  trasformazione  T5  della  specie  che  studiasi,  perchè  ogni  raggio  r 
del  complesso  r  appartenendo  ad  un  solo  sistema  B  di  J?  contiene  una  sola 
coppia  di  punti  coniugati,  eccettuati  i  raggi  della  superficie  Se  che  ne  con- 
tengono 00  \ 

«  Ogni  fascio  (D-rf)  di  r  che  abbia  il  suo  centro  sulla  curva  doppia  K« 
della  Ss,  forma  un  sistema  B  di  2  con  un  secondo  fascio  (D'-d')  che  ha 
anche  il  centro  sulla  Kg .  Le  direttrici  d^  d  '  della  corrispondente  congruenza 
Qi^AA,  appartenendo  ai  fasci  (D-rf'),  (D'-<^)  vengono  a  corrispondere  per 
intero  ai  punti  D',  D  nella  T,  sicché  questa  ha  per  linea  fondamentale  semplice 
la  Kg.  È  anche  agevole  di  dedurre  dalla  legge  di  generazione  data  alla  T, 
che  le  h,k  ne  sono  linee  fondamentali  doppie  e  che  perciò  le  <P  sono  delle 
^^^{hky  Kg  ai , ..  04  essendo  ai ...  a^  i  ra^  di  r  corde  della  Eg  appoggiati 
alle  h,k. 

•  La  Jacobiana  delle  ^5  comprende  le  Ig  ^  (AA)*Kg(ai...dJ4)*, 
l4^=A*X:Kgai ...  «4,  l4^*A'Kgai ...  «4,  che  corrispondono  rispettivamente 
alle  Kg,  h,k. 

«  Il  genere  della  Kg  è  quello  della  superficie  gobba  Ig  che  le  corri- 
sponde, è  cioè  r8«». 

«  La  superficie  punteggiata  unita  della  T5  è  T^perboloide  luc^o  dei  raggi 
del  complesso  r  appoggiati  alle  h ,  k. 

«  Invece  ogni  iperboloide  che  contenga  un  sistema  rigato  E^À^  di  r 
è  unito  nella  T5. 

«  Si  noti  ancora  che  la  Sg^Eg'  determina  00^  trasformazioni  T5  dovute 
alle  00^  coppie  hk  della  specie  accennata  situate  su  di  essa. 

«  8.  Se  infine  per  superficie  S|a  si  assuma  una  Sg^Eo^  del  complesso  r, 
mediante  la  solita  rappresentazione  del  complesso  si  deduce  che  la  superficie 
ha  due  punti  tripli  À,  B  (tripli  anche  per  la  E9),  e  che  essa  insieme  ai 
fiisci  (A-a),  (B-/?)  ^  ^  dovuti  a  tali  punti  forma  la  base  di  un  fascio  F  di 
congruenze  quadraticrhe  di  r.  In  una  qualsiasi  congruenza  Qg  di  tale  fascio 
la  retta  it^AB,  congiungendo  due  punti  singolari,  è  anche  sezione  di  due 
piani  singolari  tt,  tti  (i),  i  quali  vengono  incontrati  dai  singoli  raggi  della  Qg 
in  coppie  di  punti  costituenti  una  corrispondenza  quadratica  fira  i  due  piani, 
nella  quale  sono  fondamentali  le  due  terne  di  punti  secondo  cui  i  due  piani 
segano,  oltre  che  in  A  e  B,  la  E9,  giacché  questa  curva  è  il  luogo  dei  punti 
singolari  delle  congruenze  Qg  del  fascio  F,  non  situati  nei  piani  singolari  a,  fi. 

•  Ora  yariando  la  Qg  nel  fascio  F,  la  coppia  tt  tci  varia  attorno  alla  k 
generando  un'involuzione  ordinaria  I  proiettiva  al  fascio  F;  e  le  00^  corri- 

{})  Caporali,  Mem.  cit,  n.  1. 


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—  284  — 

spondenze  quadratiche  dovute  a  tali  coppie  determinano  nello  spazio  una 
trasformazione  involutoria,  in  cui  ogni  r^gio  di  r  (appartenendo  ad  una  sola 
congruenza  Qt  del  fascio  F)  contiene  una  sola  coppia  di  punti  coniugati,  eccet- 
tuati semplicemente  i  raggi  della  Se,  che  ne  contengono  oo\  sicché  la  tra- 
sformazione risulta  di  5^  ordine,  ed  in  essa  le  <D  sono  delle  (P^^k^KgaiOtj 
essendo  ai,a%  i  raggi  di  r  trisecanti  della  E9  appoggiati  alla  k. 

«  E  la  Jacobiana  delle  <l>  è  costituita  dalle  superficie  h^k^K^aiOt; 
Iij^A^Kq*  {aiOtY,  che  corrispondono  rispettivamente   alle  A,  K9. 

«  Il  genere  di  quest'ultima  è  4:  quello  della  superficie  gobba  Iit  che 
le  corrisponde. 

«  La  superficie  punteggiata  unita  della  T5  è  costituita  dai  piani  doppi 
ù),a/  dell'involuzione  I  su  accennata;  e  le  congruenze  O2,  0/.  del  fascio  F, 
che  corrispondono  alle  coppie  w  co,  co'  w'  della  I,  formano  la  congruenza  delle 
congiungenti  punti  coniugati  nella  T  infinitamente  vicini, 

«  I  punti  tripli  A,  B  della  E9  sono  punti  uniti  singolari  della  T5. 

«  9.  La  trasformazione  T5  ora  studiata  è  completamente  determinata 
dalla  superficie  Sa  0,  ciò  che  è  lo  stesso,  da  un  fascio  F  di  congruenze  Qt 
di  r,  che  abbiano  in  comune  due  fasci  (A-of),  (B-fi). 

«  Ora  nel  fascio  F  può  trovarsi  una  congruenza  Os  costituita  dai  raggi 
del  complesso  r  appoggiati  ad  una  conica  Hs.  La  coppia  di  piani  dell'invo- 
luzione 1,  che  viene  allora  a  corrispondere  a  tale  congruenza,  è  costituita  dal 
piano  (0  della  conica  H^  contato  due  volte  (A  e  B  sono  sulla  Ht),  essendo 
doppi  per  la  congruenza  0^  i  raggi  del  fascio  (O-co)  del  complesso  r. 

«  Per  la  natura  di  tali  raggi  si  ha  ancora  che  ognuno  di  essi  corri- 
sponde a  ciascun  suo  punto  nella  trasformazione  che  viene  ad  aversi,  sicché 
questa,  trascurando  il  piano  o),  si  riduce  ad  xina  T4.  E  siccome  la  superficie  Se 
risulta  il  luogo  dei  raggi  appesati  alla  H^  di  un'altra  qualsiasi  congruenza 
del  fascio  F,  perciò  la  sua  linea  doppia  si  spezza  nella  Es  ed  in  una 
K7^A*  B*  0,  sicché  nella  T*  le  <P  sono  delle  ^A^f^Kn  a,  essendo  a  tri- 
secante  della  E7  appoggiata  alla  k;  mentre  la  H^  risulta  linea  unita  singo- 
lare della  trasformazione. 

«  La  Jacobiana  delle  <D  comprende  le  Is^kK^a^  I9^A*K7*fl^  che 
corrispondono  rispettivamente  alle  k,  K^.  Quest'ultima  linea  è  di  genere  3. 

«  La  superficie  punteggiata  unita  della  T4  è  il  piano  doppio  a/  dell'in- 
voluzione I  diverso  da  co,  e  come  prima  la  congruenza  delle  congiungenti  punti 
coniugati  infinitamente  vicini  spezzasi  nella  congruenza  Os  (dovuta  alla  curva 
unita  singolare  Hg)  e  nella  congruenza  O't  (dovuta  alla  superficie  punteggiata 
unita  cr/). 

>  Inversamente  dalla  considerazione  di  una  tale  congruenza  é  agevole 
dedurre  che  ogni  trasformazione  T4  della  specie  che  studiasi,  coincide  con 
quella  considerata  ora. 

«  10.  Esaminiamo  infine  il  caso  che  la  superficie  S^  del  complesso  F 


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—  285  — 

sìa  una  S».  La  corrispondente  trasformazione  T3  non  ayrà  più  una  superficie 
punteggiata  unita,  sicché  la  congruenza  delle  congiungenti  punti  conii^ati 
infinitamente  vicini  sarà  costituita  dai  raggi  del  complesso  r  appoggiati  ad 
una  curra  unita  singolare  C4 ,  thpla  per  la  superficie  Sg  (§  7,  I). 

tt  Ed  i  tre  raggi  di  questa  superficie  che  escono  da  un  punto  arbitrario 
della  G41  formando  la  lìnea  J  dovuta  a  tale  punto,  conterranno  ciascuno  un 
secondo  punto  della  C4 ,  cioè  la  superficie  Ss  sarà  il  luogo  delle  corde  della  C4 
raggi  del  complesso  r,  e  quindi  pel  teorema  di  Halphen  la  congruenza  delle 
corde  della  C4  ha  da  essere  dì  2^  ordine,  cioè  la  C4  deve  essere  dì  genere  1. 

«  Ogni  linea  J  luogo  dei  punti  coniugati  nella  T  situati  sui  raggi  di  un 
fascio  (0 — a>)  di  r,  passa  per  i  punti  (&>  C4)  e  tocca  in  essi  le  rette  che  li 
uniscono  al  punto  0,  sicché  due  punti  della  J  coniugati  nella  T,  e  perciò 
allineati  con  0,  risultano  reciproci  rispetto  al  fìtscio  di  coniche  che  ha  per 
base  i  punti  accennati,  e  perciò  anche  rispetto  al  fìtscio  dì  quadriche,  di  cui 
è  base  la  G4,  sicché  la  trasformazione  T  risulta  costituita  da  coppie  di  punti 
situati  su  raggi  di  un  complesso  lineare  T  e  reciproci  rispetto  alle  quadriche 
dì  un  fascio,  ciò  che  determina  completamente  la  T  {}). 

t  L'unica  sua  linea  fondamentale,  semplice  per  essa,  è  una  curva  Ce  di 
genere  3  (affatto  generale)  che  è  la  linea  doppia  della  superficie  Ss.  Essa  ha 
otto  punti  sulla  C4. 

•  TraÉformazioni  T  di  grado  inferiore  al  3^  non  esistono  > . 

Fisica.  —  L'isoterma  dei  gas.  Nota  I.  di  Aroldo  Violi,  pre- 
sentata dal  Socio  Blaserna. 

Cenno  storico  deirisoterma. 

t  Nella  seconda  metà  del  secolo  XVII  (1670),  Boyle  e  contempora- 
neamente Marìotte,  partendo  da  esperienze  assai  imperfette  trovarono  che: 
<  il  volume  di  una  data  quantità  di  gas  è  in  ragione  inversa  della  pressione  » , 
quando  si  mantiene  costante  la  temperatura.  Questa  legge,  conosciuta  col 
nome  dei  due  sperimentatori,  fu  ritenuta  conforme  al  vero  per  oltre  un  secolo 
e  mezzo;  e  soltanto  nel  1826  Oersted  e  Swendsen  ripetendo  le  esperienze 
sulla  compressibilità  deiraria  e  dell'anidride  carbonica,  attribuendo  certe  de* 
viazioni  da  loro  osservate  ad  errori  dì  misura,  confermarono  la  legge  dì  Boyle 
per  Varia  ma  non  per  ranidride  carbonica.  Tali  risultati,  per  Taria,  vennero 
nuovamente  confermati  nel  1829  da  Dulong  e  Arago  fino  alla  pressione  di 
27  atmosfere.  In  seguito  Despretz  trovò  che  ranidride  carbonica,  Tìdrogeno 
solforato,  Tamoniaca  ed  il  cianogeno  si  comprimevano  più  deiraria  e  Tidro- 
gene  meno  ;  e  ritenendo  per  quest'ultimo  applicabile  la  legge  di  Boyle,  tutti 
gli  altri  se  ne  allontanavano  in  diversa  misura  come  fu  confermato  dalle 
esperienze  differenziali  di  Pouìllet. 

0)  Essa  è  affatto  analoga  alla  trasformazione  indiridnata  nello  spazio  da  una  rete 
di  superficie  di  2^  ordine.  V.  Reye,  Die  Geometrie  der  Lage  •  U. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  87 


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—  286  — 

k  I  metodi  coi  quali  fino  allora  si  era  studiata  la  compressibilità  dei  gas 
«raao  assai  imperfetti.  Begnault,  perfezionando  il  metodo  di  Boyle  e  Mariotte  e 
quello  di  Arago  e  Dulong,  sottopose  una  serie  di  gas  a  misure  che  riuscirono 
della  massima  esattezza  per  pressioni  sempre  crescenti  fino  a  20°^  di  mer- 
curio; e  dimostrò  che  non  solamente  i  gas  coercibili  ma  anche  i  così  detti 
gas  permanenti  si  scostano  qual  più  qual  meno  da  quella  legge,  e  tanto  più 
quanto  maggiore  è  la  pressione  a    cui  Tengono  sottoposti. 

•  Mentre  accennavano  a  moltiplicarsi  le  esperienze  sulla  compressibilità 
dei  gas  a  temperature  prossime  a  zero,  si  cercò  ancora  di  verificare  la  legge 
di  Gay-Lussac,  il  quale  riunendo  i  risultati  delle  sue  esperienze  a  quelli  di 
Dawy  trovò  che  «  tutti  i  gas  han  lo  stesso  coefBciente  di  dilatazione  indi- 
pendente dalla  loro  pressione  ».  Tali  ricerche  vennero  fatte  da  Budbeig, 
Magnus  e  più  dettagliatamente  da  Begnault;  e  dalle  loro  esperienze  sull'aria 
atmosferica,  Tazoto,  Tidrogeno,  l'ossido  di  carbonio,  Tanidride  carbonica,  il 
protossido  di  azoto,  il  cianogeno  e  Tanidride  solforosa,  emergono  le  seguenti 
conclusioni  :  1^  Riscaldando  Tunità  di  volume  di  un  gas  in  modo  da  far  va- 
riare la  temperatura  di  un  grado,  mantenendo  costante  la  pressione  oppure 
il  volume,  l'aumento  di  volume  o  di  tensione  sono  quantità  tali  che  la  prima, 
eccetto  per  Vidrogeno,  è  sempre  maggiore  della  seconda;  2^  queste  due  quan- 
tità, dette  runa  coefficiente  di  dilatazione  e  Taltra  coefficiente  di  tensione, 
crescono  con  la  pressione,  o  tanto  più  rapidamente  quanto  più  il  gas  è 
vicino    al  suo  punto  di  liquefazione. 

•  Queste  importanti  conclusioni  offrirono  un  mezzo  facile  per  la  deter- 
minazione della  compressibilità  dei  gas  a  temperature  elevate,  ogniqual- 
volta si  conoscevano  la  compressibilità  a  zero  e  il  coefficiente  medio  di  dilata- 
zione, a  diverse  pressioni,  fra  zero  e  la  temperatura  alla  quale  si  sperimen- 
tava. Infatti  Blasema,  confrontando  i  risultati  ottenuti  da  Begnault  a  100^ 
con  quelli  corrispondenti  alla  tidmperatura  poco  differente  da  zero,  trovò  che 
Tarla  a  lOO""  segue  quasi  esattamente  la  legge  di  Boyle  ;  e  alla  stessa  tem- 
peratura la  compressibilità  dell'anidride  carbonica  è  intermedia  fira  la  com- 
pressibilità corrispondente  a  3^,26  e  quella  delVaria  a  4^,75.  A  identiche 
conclusioni  giunse  pure  Amagat,  il  quale,  con  metodi  più  ristretti,  studiò 
la  compressibilità  deiraria,  dell'anidride  carbonica  e  deiranidride  solforosa 
a  temperature  diverse  fino  a  250^  e  820^.  Amagat  studiò  ancora  la  dilata- 
zione dell'anidride  carbonica  e  dell'anidride  solforosa;  e  trovò  che  diminuisce 
regolarmente  crescendo  la  temperatura,  e  si  avvicina  sempre  più  al  valore 
previsto  dalla  legge  di  Gay-Lussac  senza  però  raggiungerlo  alla  temperatura 
di  250». 

«  La  compressibilità  dei  gas  a  fortissime  pressioni  fu  studiata  in  principio 
da  Pouillet  con  un  apparecchio  differenziale  che  non  permetteva  di  dedurne 
i  valori  assoluti.  Più  tardi  Natterer  volendo  liquefare  i  gas  allora  detti  per- 
manenti, ricorse  a  pressioni  enormi,  circa  3000  atmosfere  ;  e  giunse  al  ri- 
sultato inatteso  che  l'aria  e  l'azoto,  a  quelle  pressioni,  si  comportavano  come 


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—  287  — 

rìdrogeno,  cioò  si  comprìmevaso  meno  di  quanto  esige  la  legge  di  Boyle. 
Questo  &tto  fu  confennato  noiolto  tempo  dopo  da  Andrews  come  una  probabile 
proprietà  di  tutti  i  gas. 

«  Amagat  fece  delle  espeiiente  sulla  compressibilità  dell'azoto  fino  alla 
pressione  di  320°^  di  mercurio,  alle  temperature  15^-22^,  con  un  manometro 
ad  aria  libera,  formato  di  tubi  d'acciaio,  collocato  nel  pozzo  d*una  miniera  ; 
e  troTÒ  che  il  prodotto  della  pressione  per  il  volume,  anziché  esser  costante 
come  Terrebbe  la  legge  di  Boyle,  col  crescere  della  pressione  prima  dimi- 
nuisce fino  a  raggiungere  un  valor  minimo  e  poi  aumenta  rapidamente: 
cioò  Tazoto,  per  pressioni  basse  si  comprime  più  e  per  le  alte  meno  di  quanto 
esige  la  l^ge.  Ciò  venne  anche  confermato  da  Gailletet  il  quale  ricercò  la 
compressibilità  dell'azoto  a  15^  con  un  manometro  ad  aria  libera  per  pres- 
sioni variabili  da  39°^  a  182°^  di  mercurio  ;  e  sebbene  i  suoi  risultati  siano 
un  po'  diversi  da  quelli  di  Amagat,  pure  si  accordano  neirandamento  gene- 
rale del  fenomeno. 

«  Per  pressioni  variabili  da  24"  a  300""  di  mercurio,  Amagat  si  occupò 
ancora  della  compressibilità  dell'idrogeno,  dell'ossigeno,  dell'aria,  dell'ossido 
di  carbonio,  dell'etilene  e  del  gas  delle  paludi,  servendosi  in  parte  di  un 
manometro  ad  aria  libera  di  75"^,  in  parte  di  un  manometro  chiuso  ad  azoto 
che  poteva  esser  graduato  con  sufficiente  esattezza;  e,  ad  eccezione  dell'idro- 
geno, giunse  per  gli  altri  gas  a  risultati  identici  a  quelli  avuti  per  l'azoto. 

«  Nel  1822  Cagniard  de  la  Tour  esponendo  ad  alte  temperature  dei 
liquidi  rinchiusi  in  tubi  di  vetro  osservò  ohe:  «  ad  una  determinata  tempe- 
ratura, i  liquidi  si  trasformano  bruscamente  e  totalmente  in  vapore  ».  Tale 
temperatura,  differente  per  i  diversi  liquidi,  è  caratterizzata  dal  fatto  che  il 
menisco  liquido  diviene  piano  e  rimangono  perciò  eliminati  gli  effetti  capillari. 

«  Nel  1869  Andrews  con  classiche  esperienze  mostrò  il  comportamento 
dell'anidride  carbonica  liquida  e  gassosa.  Egli  osservò  la  compressibilità  del- 
Tanidrìde  carbonica  in  vicinanza  del  suo  punto  di  liquefazione  per  pressioni 
crescenti  fino  a  110  atmosfere  e  alle  temperature  13°,1-48°,1;  e  giunse  a 
condudero  che  l'anidride  carbonica  al  disopra  della  temperatura  di  30^,92, 
che  egli  chiamò  temperatura  critica,  non  è  piii  possibile  poterla  liquefare 
qualunque  sia  la  pressione  impiegata  ;  ed  anzi  la  compressibilità  segue  una 
legge  sempre  più  regolare  quanto  più  è  elevata  la  temperatura.  Dalle  stesse 
esperienze  Andrews  calcolò  la  pressione  alla  quale  si  Uquefà  l'anidride  car- 
bonica per  diverse  temperature  al  disotto  di  quella  critica;  ne  studiò  il  coef- 
ficiente di  dilatazione  per  pressioni  di  17"-223"™  di  mercurio  alle  tempera- 
ture 0°-100°,  come  pure  il  coefficiente  di  tensione;  e  confermando  le  con- 
clusioni di  Begnault  venne  ad  estenderle  per  le  alte  pressioni. 

«  Il  metodo  di  Andrews  fu  in  seguito  adottato  da  altri  sperimentatori  ; 
Janssen  sperimentò  la  compressibilità  del  protossido  d'azoto  alle  tempera- 
ture 12^-43^,8  per  pressioni  variabili  da  51  a  123  atmosfere  misurate  con 


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—  288  — 

un  manometro  chioso  ad  aria,  senza  correzione  per  le  deviazioni  dalla 
legge  dì  Boyle;  e  trovò  la  temperatura  critica  oscillante  fra  36*,3  e  36^,7. 
Both  studiò  la  compressibilità  dell* anidride  carbonica,  dell*anidride  solforosa, 
dell* etilene  e  dell'ammoniaca  fino  alla  temperatura  di  183'',8  (vapori  di  ani- 
lina) e  alle  pressioni  da  10  a  160  atmosfere,  misurate  con  un  manometro 
chiuso  ad  azoto  e  senza  correzione. 

tt  Finalmente  Amagat  pubblicò  un'estesa  serie  di  ricerche  sulla  compres- 
sibilità dell'azoto,  dell'idrogeno,  dell'anidride  carbonica,  dell'etilene  e  del  gas 
delle  paludi  per  pressioni  crescenti  da  30™  a  320°*  di  mercurio  e  alle  tem- 
perature 16''-100''.  Le  pressioni  erano  misurate  con  un  manometro  chiuso 
ad  azoto  di  cui  era  stata  studiata  la  compressibilità  con  un  manometro  ad 
aria  libera.  Tali  ricerche  provano  sempre  che  i  gas  studiati,  per  pressioni 
basse  si  comprimono  più  e  per  le  alte  meno  di  quanto  richiede  la  legge  di 
Boyle,  ad  eccezione  dell'idrogeno.  Il  coefficiente  di  dilatazione  dedotto  da 
esse  è  una  funzione  complicata  della  pressione  e  della  temperatura  :  a  eguali 
limiti  di  temperatura  cresce  prima  con  la  pressione  fino  ad  un  massimo  corri- 
spondente alla  pressione  del  minimo  di  compressibilità  e  poi  decresce  rego- 
larmente; in  generale  poi  diminuisce  quando  cresce  la  temperatura,  sebbene 
si  verifichino  dei  curiosi  spostamenti  in  vicinanza  ai  massimi. 

«  Dopo  che  le  classiche  esperienze  di  Begnault  dimostrarono  l'inesattezza 
delle  leggi  di  Boyle  e  Gay-Lussac,  si  pensò  di  sostituire  alla  semplice  formola 

PV=RT, 
(nella  quale  P  e  Y  rappresentano  la  pressione,  e  il  volume  del  gas  ;  B  una 
costante  differente  per  ogni  gas;  T  la  temperatura  assoluta),  altre  formolo 
più  complicate  che  meglio  rappresentassero  l'insieme  delle  osservazioni. 

«  Begnault  propose  le  due  formolo  empiriche 

^.=  H-A(P-1)  +  B(P-1)* 

PV  =  l  +  a(-|r-l)  +  *(-^-iy 

nelle  quali  il  volume  è  espresso  in  funzione  della  pressione,  e  viceversa  la 
pressione  in  funzione  del  volume,  essendo  A,  a^  B,  b^  costanti  date  dalle 
esperienze. 

tt  La  teoria  cinetica  dei  gas,  che  allora  si  sviluppava,  offri  occasione  di 
stabilire  delle  formolo  più  corrispondenti  alle  condizioni  in  cui  devono  con- 
siderarsi i  gas.  Così  Duprez  introdusse  il  concetto  del  covolume  G,  e  dette 

l'equazione 

P  (V  -h  C)  =  costante 

generalizzata  poi  da  Budde. 

«  Amagat  tenendo  conto  delle  attrazioni  molecolari,  che  chiama  pressione 
intema  Pi,  scrive 

(P -f- Pi)  V  =  costante; 


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—  289  — 

ed  in  altra  occaisioiie,  riconoscendo .  che  il  volume  di  un  gas  doTeva  ridursi 
della  quantità  9  dipendente  dal  volume  delle  molecole,  adopera  la  formola 

P  (V  —  y)  =  costante. 
«  Hìm  generalizzando  questi  concetti,  e  tenendo  conto  anche  della  legge 
di  Gay-Lussac,  arriva  all'equazione 

(P  +  PO(V  — «^)  =  RT 
Bankine  adopera  la  formola 

PV  =  RT-^; 

Becknagel,  tenendo  conto  deUe  attrazioni  molecolari,  sviluppa  dalla  teoria 
dnetica  l'altra 


pv  =  bt(i-^) 


in  cui  ^  è  funzione  della  sola  temperatura. 

«  Tutte  queste  formolo  furono  trovate  difettose  e  non  concordanti  colle 
esperienze  fatte  ultimamente  sulla  compressibilità  e  la  dilatazione  dei  gas; 
esse  però  tracciarono  la  via  alla  teoria  sviluppata  da  Yan  der  Waals;  il 
quale  esprimendo  la  pressione  intema  in  funzione  del  volume,  e  tenendo  conto 
del  volume  molecolare,  arriva  all'espressione 

che  è  Tequazione  generale  dell'isoterma  da  lui  proposta,  nella  quale  a  e  &, 
per  ogni  gas,  rappresentano  l'attrazione  molecolare  e  un  multiplo  del  volume 
molecolare,  e  sono  quantità  costanti  calcolate  con  i  risultati  sperimentali. 

•  Dal  confronto  con  le  esperienze  la  formola  di  Yan  der  Waals  rap- 
presenta bene  i  fenomeni  fin*ora  osservati  sulla  compressibilità  dei  gas  ;  rende 
perfettamente  ragione  del  punto  critico  e  oflre  un  mezzo  semplice  ed  elegante 
dì  passare  da  questo  alla  determinazione  delle  costanti  a  e  b;  però  nei  cal- 
coli numerici,  quando  si  tratti  di  esperienze  molto  estese,  essa  dà  valori  molto 
prossimi  al  vero  ma  non  esatti. 

«  Anche  Clausius  è  arrivato  alle  stesse  conclusionL  Egli  crede  che  le 
premesse,  le  quali  condussero  Yan  der  Waals  alla  sua  formola,  non  sieno 
sufficientemente  esatte.  Se  a  tale  espressione  diamo  la  forma 

P        RT a_ 

Y  — è      Y* 

il  termine  —  rappresenta  la  pressione  intema,  la  quale  sarebbe  così  indi- 
pendente dalla  temperatura  T  e  in  ragione  inversa  del  quadrato  del  volume. 
Clausius  ritiene  che  la  pressione  intema  debba  dipendere  dalla  temperatura, 
e  debba  crescere  quando  questa  diminuisce;  perciò  modifica  la  formola  cosi 

P        RT  a 

Y  —  b     T(V  +  C)* 


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—  290  — 

essendo  G  una  nuova  costante.  Cionfrontando  questa  espressione  con  le  espe- 
rienze di  Andrews  sull  anidride  carbonica,  Clausius  trova  c^e  tutte  le  serie 
di  esperienze,  meno  una,  rientrano  perfettamente  nella  fbrmola. 

«  Sarrau  ha  voluto  esaminare  se  le  estese  esperienze  di  ^magat  rien- 
trano nella  formola  modificata  da  Clausius;  e  nei  suoi  calcoli  Tha  trovata 
concordante  per  l'ossigeno,  Tanidride  carbonica,  l'azoto,  il  gas  d^e  paludi, 
l'etilene  e  l'idrc^eno  (^). 

Equazione  generale  dell'isoterma. 

«  Alla  temperatura  dello  zero  assoluto ,  immaginiamo  un  gas  con- 
tenuto in  un  cilindro  verticale,  di  sezione  uguale  all'unità,  mantenutovi  da 
uno  stantuffo  di  peso  uguale  alla  pressione  esterna  espressa  in  chilogrammi  ; 
e  facendolo  liberamente  espandere,  siscaldiamolo  fino  alla  temperatura 

1)  «  =  -l-(l  +  aO 

essendo  t  una  temperatura  misurata  in  scala  centigrada,  a  una  quantità  eo- 
stante dipendente  dalla  temperatura  assoluta.  Quando  nella  massa  gassosa  si 
sarà  stabilito  il  movimento  stazionario,  potremo  ritenere  le  N  molecole  del 
gas,  di  masse  uguali  ad  m,  mnoventisi  con  eguale  velocità  media  u  ;  e  poiché 
l'effetto,  corrispondente  al  numero  degli  urti  che  esse  produranno  nell'unità 
di  tempo  sulle  pareti  del  recipiente  in  cui  sono  contenute,  è  proporzionale 
alla  loro  forza  impulsiva  totale,  chiamando  F  la  forza  impulsiva  totale  del- 
l'unità di  volume  del  gas,  la  forza  viva  delle  N  molecole  contenute  nel  vo- 
lume Vi  sarà  espressa  dalla  formola  di  Erònig  e  Clausius 

2)  V,Fe;i  =  — 2 — 

«  Se  le  molecole  del  gas  considerato  fossero  dei  punti  materiali  posti 
fra  loro  a  distanze  grandissime  in  modo  da  poterne  trascurare  la  scambievole 
influenza,  la  forza  impulsiva  determinante  il  loro  movimento  sarebbe  precisa- 
mente misurata  dalla  pressione  estema.  Ma  in  tesi  generale  le  molecole  sono 
sistemi  di  punti  materiali  e  tali  che,  oltre  ad  occupare  uno  spazio  relativa- 
mente piccolo,  si  possono  influenzare  scambievolmente  rispetto  alle  distanze 
alle  quali  si  trovano:  a  questo  aggiungansi  le  azioni  interne  molecolari.  Allora 
la  forza  impulsiva  totale  di  ciascuna  molecola  potremo  ritenerla  uguale  alla 

(})  Questo  sunto  e  i  numeri  delle  tabelle,  che  troveremo  nel  confronto  con  le  espe- 
rienze delle  equazioni  dell' isoterma,  relativi  alle  osservazioni  di  Regnaullf  ed  altri  speri- 
mentatori sono  tolti  dall'opuscolo  litografato  «  Lezioni  sulla  teoria  cinetica  dei  gas,  dettate 
nell'anno  1881-82  agli  allievi  dell'Istituto  Fisico  dì  Roma  dal  prof.  Pietro  Blasema  ». 


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—  291  — 

gomma  dì  due  forze  delle  quali  ima,  quella  di  traslazìoiie,  è  equilibrata  dalla 
pressione  esterna,  e  Taltra  dall'insieme  delle  azioni  intmie  del  gas.  PercUy 
rappresentando  con  i  ciò  che  Claosius  chiamò  pressione  intema  del  gas;  con  ^ 
il  peso  dellnnità  di  Yohmie  di  mercurio,  e  con  h  la  pressione  esterna  espressa 
in  metri  di  mercurio,  sarà 

3)  Y  =  Jh-hi 
e  la  2)  si  trasforma  nella  seguente 

4)  V.(^A  +  Ot'ì  =  N^'. 

«  La  pressione  interna  del  gas  dipende  naturalmente  dall'attrazione  mo- 
leoolare  totale  ù  del  gas,  la  quale  sarà  eguale  all'attrazione  molecolare  estema  a', 
rispetto  alle  masse  molecolari  che  s*  influenzano,  diminuita  dell'attrazione  mo* 
lecolare  intema  a"  riferita  alle  singole  masse  molecolari;  perciò  potremo  scriyere 

5)  i,  =  a'  —  a". 

•  L' insufSdenza  dei  mezzi  d'osserrazione  non  ci  permette  di  conoscere 
fino  a  quale  distanza  le  molecole  dei  corpi  si  possono  scambievolmente  in- 
fluenzare, nò  quello  che  ayyiene  internamente  in  ciascuna  di  esse;  e  soltanto 
oon  considerazioni  diverse  si  sono  esposte  delle  teorie  non  troppo  accettabili, 
mano  a  mano  che  l'esperienza  ci  mostrava  il  vario  comportamento  dei  corpi. 

tt  Avogadro  (1811)  e  più  tardi  Ampòre  (1814)  ritenendo  che,  in  eguali 
condizioni  di  pressione,  i  gas  si  dilatino  e  contraggano  quasi  palmento  per 
un'eguale  quantità  di  calore  somministrata  o  sottratta,  gìuDsero  all'  ipotesi  che  : 
•  eguali  volumi  di  tutti  i  gas  contengono  un  egual  numero  di  molecole  « . 
Questa  ipotesi  ifii  ben  messa  a  profitto  dai  chimici  i  quali  se  ne  valsero  più 
specialmente  per  determinare' con  molta  esattezza  il  numero  d^li  elementii 
che  formano  le  molecole  dei  corpi  semplici. 

«  Nella  sua  ipotesi,  Avogadro  considera  i  centri  delle  singole  molecole 
tutti  egualmente  distanti  fra  loro;  e  siccome  le  molecole  a  quelle  distanze 
s'influenzano  scambievolmente,  ritenendo  che  le  distanze  dei  centri  moleco- 
lari misurino  precisamente  i  diametri  delle  sfere  d'azione  sensibile,  rispetto 
alle  quali  si  deve  verificare  il  movimento  stazionario,  ò  allora  una  conse- 
guenza di  tali  ipotesi  che,  in  eguali  condizioni  di  pressione,  «  le  sfere  d'azione 
sensibile  delle  molecole  di  tutti  i  gas  sono  eguali  fra  loro  « . 

«  L'intei]^tasione  di  questo  principio  dipende  dal  concetto  che  possiamo 
formarci  sulla  costituzione  dei  corpi.  Infatti,  ammessa  l'esistenza  delle  atmo- 
sfere eteree  per  gli  elementi  e  le  molecole,  supponiamo  che  ad  ogni  elemento 
corrisponda  un'eguale  atmosfera  eterea,  la  quale  ne  definisca  la  sua  sfera 
d'azione  sensibile;  allora  ò  fiicilmente  accettabile  l'espressione  che,  in  eguali 
condizioni  di  pressione  «  le  sfere  d'azione  sensibile  di  tutti  gli  elementi  sono 
uguali  fra  loro  ».  Però  le  molecole,  salvo  poche  eccezioni,  sono  formate  di 


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—  292  — 

più  elemenfi  di  ^aale  o  diversa  natura  secondo  che  i  corpi  risultanti 
sono  semplici  o  composti  ;  ed  in  questo  caso  l'ipotesi  di  Avogadro  sarà  solo 
confermata  quando  si  ammetta  una  condensazione  nelle  atmosfere  eteree  degli 
elementi  che  si  combinano  insieme  ad  una  deformazione  nelle  atmosfere^eteree 
condensate;  in  modo  che  il  volume  dell'atmosfera  eterea  della  molecola  rìsul* 
tante  sia  affatto  eguale  a  quello  dell'atmosfera  eterea  di  un  elemento  qua- 
lunque. La  condensazione  delle  atmosfere  eteree  degli  elementi  che  si  com- 
binano non  implica  l'intimo  contatto  della  sostanza  di  cui  sono  formati,  ed 
è  in  relazione  ai  fenomeni  fisici  che  si  manifestano  nelle  reazioni  chimiche  > . 


Fisica.  —  Nuom  metodo  per  la  determinazione  delle  due  co- 
stanti  di  elasticità.  Nota  II  0)  del  dott.  Michele  Cantone,  presen- 
tata dal  Socio  Blaserna. 

«  Risultati  delle  esperienze.  Comincio  col  dare  nella  prima  tabella  le 
dimensioni  dei  quattro  recipienti  di  cui  mi  sono  servito,  e  che  per  comodità 
ho  indicato  coi  numeri  d'ordine  I,  II,  III,  IV. 

Dimensioni  dei  recipienti 


Numero 

del 
recipiente 

Spessore 
deUe 
pareti 

Raggio 
int. 

Raggio 
est 

Lunghezza 

Volume 

I 

n 
m 

IV 

0,394 
0,394 
0,617 
0,472 

rom 

4.205 
4,827 
7,593 
4.799 

mm 

4,599 
4,721 
8,210 
5,271    • 

mm 

667 
631 
735 
705 

mmo 

86930    1 
86952 
132210 
50720 

«  Nelle  quattro  seguenti  tabelle  trascrivo  nelVordine  col  quale  furono 
ottenuti  i  risultati  delle  esperienze  da  me  fatte  per  le  variazioni  di  volume 
dei  recipienti  col  variare  della  pressione  intema  ;  facendo  osservare  che,  tanto 
in  queste  esperienze  quanto  in  quelle  relative  agli  allungamenti,  ogniqualvolta 
si  produceva  una  variazione  di  pressione  si  riportava  sempre  il  manometro, 
successivamente,  alla  posizione  iniziale,  sicché  gli  spostamenti  notati  per  le 
diverse  pressioni  sono  le  medie  di  quelli  (quasi  sempre  uguali)  avuti  nei  due 
casi.  Nella  prima  colonna  di  ciascuna  tabella  ho  segnato  le  pressioni,  notando 
col  segno  —  quelle  al  di  sotto  della  pressione  atmosferica;  nella  seconda 
colonna  ho  registrato  le  variazioni  di  volume  corrispondenti,  computate  in  divi- 
sioni del  micrometro  ;  nella  terza  quelle  relative  ad  una  variazione  di  pres- 
sione di  l"""*;  nella  quinta  il  loro  valore   medio  in  mm.c.  ;  e  nell'ultima  il 

0)  V.  pag.  220. 


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—  298  - 

valor  medio  della  Yariazione  dell'imita  di  volume  per  mia  pressione  uguale 
ad  l"*  su  l™q. 

Recipiente  N.  L 

Diam.  del  tubo  capii.  =  0"»»S1767.  Una  div.  del  microm.  =  0»»,2140 


p. 

(J,)  div. 

{J-,)  div. 
perP.  — 1-« 

perP.  —  lm- 

VP. 

120,0 
174,0 

sfes 

6,80 
8,85 

o!b502 
0,0517 
0,0519 

(VÒ01924 

0,008838 

Recipiente  N.  IL 
Diam.  del  tubo  capii.  =  0™™*i,4074.  Una  div.  del  microm.  =  0"»"»,1238 


p. 

(^v)  div. 

(^v)dÌT.   , 

per  Pi —  1™ 

perPi  =  l«» 

VP, 

mm 

103,5 

d 

3,85 

0*0372 

147,5 
194,0 

5,60 
7,40 

0,0879 
0,0381 

oT001920 

0,^3821 

103,0 

4,00 

0,0888 

180,7 

6,90 

0,0382 

Recipiente  N.  III. 
Diam.  del  tubo  capiL  =  0"'™^,6297.  Una  div.  del  microm. 


,  0»»,2140 


Pi 

(J,)  div. 

{J.)  div. 
perPi  =  l™ 

perPi-=l™ 

VP, 

138To 

7,35 

0,0553 

174,0 

9,60 

0,0552 

186,0 

10,10 

0,0543 

241,5 

13,45 

0,0557 

115,7 

6,35 

0,0548 

0,007398 

0,004116 

-  97,5 

—  5,25 

—  0,0538 

-139,5 

—  7,60 

—  0,0645 

-185^ 

-10,35 

-0,QW8.. 

-  212,5 

rr 

- 11,65 

-  0,0548 

RiNDicoNTi.  1888,  VoL.  IV,  !•  Sem. 


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—  294  — 

Recipiente  N.  IV. 
Diam.  del  tubo  capii.  =  0°>°»^,4156.  Una  div.  del  microm.  =  0»°*,1238 


p. 

{Jy)  div. 

W  div. 
per  Pi -=1°^» 

perPx  =  l»™ 

VP, 

mm 

90,5 
157,5 
208,7 

d 
4,25 

7,40 

9,75 

0,0470 
0,0470 
0,0467 

mmo 

0,002412 

0,003498 

«  Seguono  i  risultati  ottenuti  per  gli  allungamenti.  Nella  prima  colonna 
di  ciascuna  delle  tabelle,  in  cui  essi  sono  registrati,  trovansi  le  pressioni, 
nella  seconda  il  numero  di  frangio  che  si  spostavano  rispetto  al  punto  s^ato 
nel  centro  della  lastrina  t ,  nella  terza  la  frazione  di  frangia  corrispondente 
alla  variazione  di  pressione  di  1°*°* ,  nella  quarta  il  valor  medio  della  varia- 
zione di  lunghezza  dell'unità  lineare  per  una  pressione  di  1^^  su  l°*™q. 

Recipiente  N.  L 


Po 

(^Or 

per  Po  =  1»" 

per  Po  =  1«° 

LPo 

mm 

r 

F 

172,0 

3,40 

0,0125 

—  147,0 

—  1,80 

—  0,0122 

-231,5 

-2,85 

-  0,0122 

199,0 

2,50 

0,0126 

284,0 

3,55 

0,0125 

- 146,0 

—  1,90 

—  0,0126 

-229,5 

-2,85 

-  0,0124 

0,00000368 

0,000406 

—  230,0 

-2,95 

—  0,0128 

275,0 

3,50 

0,0127 

140,0 

1,75 

0,0125 

277,0 

:',52 

0,0127 

201,5 

2,47 

0,0128 

284,5 

2,57 

0,0125 

Recipiente  K  IL 


Po 

Wr 

per  Po  =  1"^ 

per  Po  =1»"» 

LPo 

mm 

r 

r 

- 146,5 

—  1,65 

-  0,0113 

r 

193,0 

2,10 

0,0109 

1 

195,0 

2,25 

0,0115 

mm 

— 145,3 

-1,60 

-0,0110 

0,00000333 

0,000388 

—  227,0 

-2,60 

-  0,0114 

—  226,0 

-2,58 

-  0,0114 

195,0 

2,20 

0,0113 

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—  295  — 


Recipiente  N.  III. 


Po 

(A)r 

per  Po  =  1"» 

perPo=»l"»«* 

LPo 

146^5 

2!bo 

0,0138 

—  227,5 

-3,37 

—  0,0148 

-227,2 

-3,27 

—  0,0144 

194,5 

2,88 

0,0148 

0,00000*421 

0,000421 

-226,5 

-3,25 

-  0,0148 

194,0 

2,80 

0,0144 

195,0 

2^72 

0,0140 

194,7 

2,70 

0,0139 

Recipiente  N.  IV. 


Po 

(^lV 

perPo=«l»« 

perPo«:l— 

LP, 

-  Uh  fi 

-l!65 

-  OfilU 

-  145,0 

-1,65 

-0,0114 

-  225,5 

-2,60 

-  0,0115 

-  226,5 

-2,60 

-  0,0117 

193,7 
195,0 

2,20 
2,28 

0,0113 
0,0117 

0™0000342 

0,000856 

196,5 

2,33 

0,0118 

277,5 

3,22 

0,0116 

- 144,0 

-1,67 

-  0,0116 

—  144,0 

-1,63 

-0,0118 

-  226,5 

—  2,65 

—  0,0117 

' 

195,0 

2,27 

0,0117 

•  In  base  ai  risaltati  ottenuti  vennero  calcolati  i  valori  di  ii  che  tro- 

vansi  qui  appresso  notati: 

Valori  di  (i 


I 

0,246 

n 

0,261 

m 

0,264 

IV 

0,256 

•  Si  vede  che  tali  valori  accennano  sensibilmente  alla  costante  0,250 
voluta  dalla  teoria  e  trovata  sperimentalmente  da  Oomu;   che  se  le  cifre 


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—  296  — 

ottenute  per  i  recipienti  II  e  III  si  discostano  più  delle  altre  da  quel  yaloie, 
ciò  probabilmente  è  da  attribuire  ad  errori  di  osservazione,  come  si  può  argo- 
mentare riguardando  le  terze  colonne  delle  tabelle  relative  a  quei  recipienti, 
indicanti  appunto  una  maggiore  discordanza  tra  le  cifre  ottenute  che  non  per 
gli  altri  due  serbatoi. 

«  Non  credo  però  che  cause  di  errori  possano  esservi  di  natura  tale  d& 
alterare  notevolmente  i  risultati  :  se  in&tti  si  calcolano  gli  errori  di  ju  in 

funzione  di  quelli  di  £  e  di  !^ ,  unici  elementi  che  compariscano  nella  for- 
ili 

mula  (3) ,  si  ottiene  ; 


Jfi  = 


!».! j^i      6^      j  (m 


•  I  coefficienti  di^Ke^l^j  sono  per  il  recipiente  I  rispettivamente 

0,036  , 0,408,  e  valori  analoghi  hanno  per  gli  altri  recipienti  :  se  si  considera 

che  errori  di  0,2  in  K  e  0,03  in  ^  danno  per  fi ,  qualora  non  vi  sia  com- 

Ki* 

penso  di  sorta,  un  errore  di  0,02,  si  comprenderà  come  sia  impossibile  di 

arrivscre  con  queste  esperienze  ai  valori  ottenuti  da  Begnault  e  da  Wertheim; 

e  come  invece  sia  perfettamente  anmiissibile  per  fi  il  valore  0,250. 

«  Forse  non  varrà  questa  costante  per  tutti  i  corpi,  anzi,  volendo  pro- 
cedere d'accordo  colla  teoria,  non  può  esserlo,  perchè  non  tutte  le  sostanze 
solide  hanno  perfetta  elasticità  di  forma,  e  dovendo  essere  iw==0  per  i  li- 
quidi, è  prevedibile  che  avvicinandoci  ai  corpi  cedevoli  alle  azioni  deforma- 
trici si  abbiano  valori  diversi;  ad  ogni  modo  parmi  si  possa  cominciare  ad 
asserire  che  il  vetro  abbia  il  comportamento  di  un  corpo,  quale  nella  teoria 
della  elasticità  si  anmaette. 

«  Ponendo  fi  =  0^250  ho  proceduto  alla  determinazione  del  coefficienie 
di  elasticità  per  ciascuno  dei  recipienti  da  me  adoperati. 

«  Avrei  impiegato  per  questo  scopo  la  formula: 
^_  (5 -4>.)  (1-2)1) 

(l-2M)^-(5-4rt^ 

(la  quale  si  ricava  facilmente  dalle  (1)  e  (2)),  perchè  sul  valore  di  E  non 
avrebbero  influito  Bi  ed  Bo  ;  ma  non  ho  potuto  farlo  stante  la  eccessiva  alte- 
razione che  sul  valore  di  E  avrebbero  apportato  gli  errori  anmiissibili  per 

-«^  e  -T^.  Non  mi  restava  che  ricorrere  ad  una  delle  formule: 
YJti         LJto 

^_5  — 4.,,        R.«  ^       1_2,H        R„« 


^y         Ri«  — Ro*'  Jl^       R,*  — Ro* 

VP,  LP, 


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—  297  — 

che  si  ricavano  rispettivamente  dalle  (1)  e  (2) ,  e  la  cui  scelta  non  era  indiffe- 
rente atteso  il  valore  nnico  di  fi  adottato  per  i  diversi  recipienti.  Non  ostante 
che  entrambe  dessero  E  sensibilmente  colla  stessa  approssimazione,  ho  prefe- 
rito Tuso  della  seconda  ;  poiché,  mentre  nel  primo  caso  il  valore  di  E  dipende 

dalla  determinazione  di  -^5-^  ^^^  9^^^^  ^  in^fluenza  il  diametro  del  tubo 

capillare  e  Tingrandìmento  del  cannocchiale,  nel  secondo  caso  invece  quel 

valore  si  ha  mediante  y^>  che  si  ottiene  in  modo  assoluto  ricorrendo,  come 

io  ho  fatto,  al  metodo  di  Fizeau. 

«  Seguono  i  valori  ottenuti  per  E. 


Vcdori  di  E 

I 

6277 

n 

6783 

in 

7023 

IV 

6799 

«  Il  non  essere  costante  il  coefficiente  d'elasticità  per  i  diversi  reci- 
pienti di  cui  mi  son  servito  non  è  un  fatto  nuovo  :  nelle  ricerche  di  questo 
genere  non  si  ha  quasi  mai  valori  vicini  fra  loro,  per  cui  ritengo  che  tale 
diversità  in  gran  parte  non  sia  dovuta  a  cause  di  errori  ». 


Micrografia. — Fotografia  istantanea  dei  preparati  microscopici. 
Nota  preliminare  di  Stefano  Capranica,  presentata  dal  Socio  Tommasi- 
Crudeli. 

«  Le  conclusioni  cui  è  giunto  Tautore  nelle  sue  ricerche  sono  le  seguenti: 

«  1®  La  fotografia  rapida  rr?^  o  rapidissima  -^rz-^,  può  essere  ottenuta 

col  microscopio  fotografico,  usando  obiettivi  a  forti  ingrandimenti  e  ad  immer- 
sione. 

«  2*»  L'autore  è  giunto  mediante  un*otturatore  ed  una  disposizione  spe- 
ciale, ad  ottenere  un  numero  qualunque  di  prove  fotografiche  successive  dei 
movimenti  di  un  oggetto  osservato,  similmente  a  ciò  che  si  ottiene  macrosco- 
picamente per  il  volo  degli  uccelli  o  per  i  movimenti  rapidi  di  altri  ani- 
mali (Marey,  Muybridge  ecc.). 

A  3^  Mediante  il  sistema  delle  pose  successive,  l'autore  è  giunto  a  ripro- 
durre suiristessa  lastra  i  diversi  piani  di  un  preparato  qualsiasi,  ottenendo 
così  una  imica  prova  d'insieme. 


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—  298  — 

«  L'autore  richiama  Tattensione  dei  micrografi  specialmente  sulle  cose 
accennate  al  n.  2,  intieramente  nnove  in  scienza,  e  suscettibili  di  molte 
ricerche  importanti  per  lo  studio  degli  infusorii  e  di  tutti  i  microrganismi 
viventi  » 


RELAZIONI  DI  COMMISSIONI 

Il  Socio  PiGORiNi,  relatore,  a  nome  anche  del  Socio  Taramelli,  legge 
una  Belazione  sulla  Memoria  del  prof,  don  Niccolò  Morelli,  intitolata: 
Scavi  eseguiti  nella  caverna  Pollerà  silicata  nel  Finalese  {provincia  di 
Genova),  concludendo  per  l'inserzione  della  Memoria  negli  Atti  accademici. 

Le  conclusioni  della  Commissione  esamiDatrice,  messe  ai  voti  dal  Pre- 
sidente, sono  approvate  dalla  Glasse,  salvo  le  consuete  riserve. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  Segretario  Carutti  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando tra  queste  le  seguenti,  inviate  da  Soci  o  da  estranei: 

P.  Lampertico.  Discorso  sull'indole  e  scopo  dell'Associazione  natio- 
naie  per  soccorrere  i  missionari  cattolici  italiani,  in  relazione  alla  con- 
dizione presente  e  avvenire  dell* Italia,  —  Discorso  pronunciato  in  Senato 
nella  tornata  del  9  febbraio  1888. 

E.  Lbvasseur.  La  théorie  du  salaire.  —  Sia  semaines  à  Some. 

S.  Levi.  Vocabolario  geroglifico  copto-ebraico.  Voi.  VI  ed  ultimo. 
Opera  che  ebbe  il  premio  Beale  per  la  Filologia  nel  1884. 

F.  ScHAFF.  Church  and  State  in  the  United  States.  Opera  inviata  dal 
Socio  Corrispondente  Botta. 

Lo  stesso  Segretario  presenta  inoltre  il  volume  II  dei  Discorsi  par- 
lamentari di  Quintino  Sella,  raccolti  e  pubblicati  per  deliberazione  della 
Camera  dei  Deputati;  i  volmni  III  e  IV  della  Miscellanea  della  B.  Società 
romana  di  storia  patria,  contenente  Scritti  vari  di  G.  A.  Sala  e  il  Cronicon 
Siculum  incerti  Authoris,  ab  anno  340  ad  annum  1396,  pubblicato  dalla 
Società  di  Storia  patria  napolitana  per  cura  di  G.  De  Blasiis. 

Il  Socio  Messedaglia  offire  la  Relazione  del  regio  Ministro  d'Italia 
in  Rumenia,  conte  G.  Tomielli-Brusati  {1882-83),  facendo  rilevare  il  valore 
economico  e  statistico  che  questa  opera  presenta. 


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—  299  -^ 

Il  Segretario  Carutti  annunzia  alla  Glasse  che  è  terminata  la  stampa 
del  primo  volume  del  Supplementum  al  Corpiùs  Inscriptionum,  e  che  potrà 
essere  pubblicato  fra  non  molto. 


CONCORSI   A    PREMI 

Dal  Ministero  della  pubblica  istruzione  vennero  trasmessi  air  Accademia 
gli  avvisi  di  concorso  ad  assegni  per  istudi  di  perfezionamento  all'estero,  di 
L.  3000  ognuno,  per  un  anno  a  cominciare  dal  1°  novembre  1888,  istituiti 
dal  Ministero  stesso,  dall'Amministrazione  del  R.  Collegio  Ghislieri  di  Pavia, 
e  dalla  Cassa  di  risparmio  di  Milano. 


CORRISPONDENZA 

n  Segretario  Carutti  dà  comunicazione  di  una  lettera  del  Presidente 
dell'Accademia  Antropologica  di  Nuova  York,  colla  quale  si  rinnova  l'invito 
ai  Soci  di  prender  parte  al  Congresso  antropologico  internazionale  che  avrà 
lu<^o  in  Nuova  York  nei  giorni  4,  5  e  6  del  prossimo  settembre.  Nella  let- 
tera si  fa  preghiera  ai  Soci  che  non  potessero  intervenire  al  Congresso,  di  man- 
dare qualche  lavoro  di  Etnologia,  di  Etnografia,  o  di  Archeologia  preistorica. 

Lo  stesso  Segretario  dà  conto  della  corrispondenza  relativa  al  cambio 
d^li  Atti. 

Ringraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 

La  Società  Reale  di  Londra  ;  la  Società  di  scienze  naturali  di  Ottawa  ; 
le  Società  filosofiche  di  Cambridge  e  di  Filadelfia;  la  Società  archeologica 
di  Londra;  le  Università  di  Cambridge  e  di  Upsala;  l'Osservatorio  di  S.  Fer- 
nando; il  Comitato  geologico  russo  di  Pietroburgo. 

Annunciano  l'invio  delle  loro  pubblicazioni: 

Il  R.  Istituto  di  studi  superiori  di  Firenze;  la  Società  entomologica 
svedese  di  Stockholm;  il  Museo  di  scienze  naturali  di  Lione;  l'Università 
di  Jena;  l'Osservatorio  centrale  di  Pietroburgo. 

D.  C. 


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—  301  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DKLLA    R.    ACCADEMIA    DEI     LINCEI 


.  Glasse  di  scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

Seduta  dell'  8  aprile  1888. 
F.  Brioschi  Presidente 


MEMORIE  E  NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Matematica.  —  La  forma  normale  delle  equazioni  del  sesto 
grado.  Nota  del  Socio  F.  Brioschi. 

>  P.  Denomino  form^  normale  di  una  equazione  del  sesto  grado  quella 
che  ottiensi  da  una  equazione  qualunque  del  sesto  grado  mediante  la  trasfor- 
mazione indicata  in  una  mia  recente  comunicazione  all'Accademia  ('). 

«  Rappresentando  con  u  (xi ,  ;zrt)  =  0  la  equazione  del  6^  grado,  e  con 
k==j  {uu)4  il  corariante  biquadratico  del  secondo  grado  della  forma  u{xi  ,x^, 
eliminando  il  rapporto  Xi:xt  dalle  due  quintiche: 

(1)  y  =  ^««1  +  0?, A  =  0  ,        tp  =  (Ui  —  Xik  =  0 
si  ottiene  la  : 

(2)  (r^«  +  uit  t^  +  Wi4 1^  +  Wi5  ^  +  wi«  =  0 

nella  quale  t  ò  ì\  discriminante  della  forma  u{xi^Xt)  ed  Vu^u^AiUn.Uxt 
sono  invarianti  della  forma  stessa  dei  gradi  12,  14,  15,  16.  La  equazione  (2) 
è  la  forma  normale  delle  equazioni  del  sesto  grado. 

K  Questa  forma  normale  non  è  quindi  che  la  risultante  delle  due  equa- 
zioni di  quinto  grado  y=0,  i//  =  0  ed  un  metodo  diretto  per  giungere  ad 

(0  Rendiconti  della  B.  Accademia  dei  Lincei.  Sedata  del  4  marzo  1888. 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  l«*Sera.  30 


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—  302  — 

essa  fu  già  fatto  conoscere  dal  prof.  Gordan  vari  anni  sono  (^).  Però,  nel  caso 
attuale,  per  la  determinazione  dei  valori  di  Wi  « ,  Wi  4 .-  »  conviene  ricorrere 
ad  un  altro  metodo  indiretto  che  indicheremo  più  avanti,  limitandoci  a  fare 
uso  di  alcuni  risultati  del  metodo  dovuto  al  prof.  Gordan  per  altro  scopo. 

«  n  prof.  Gordan  introduce  dapprima  tre  covarianti  simultanei  delle  forme 
9),  ip^  da  lui  denominati  ^,  (f,  t  ;  ossia  : 

p  =  5  (91//),      cr  =  ff  (y  1^)3      T  =  I  (<jpi/^)5 . 

«  Posto,  per  la  forma  del  sesto  ordine  u(xiy  Xt)  ; 

i  primi  due:  covarianti  dell* ottavo  ordine,  ed  il  terzo  di  quarto  ordine,  della 
forma  u\  ed 

i  due  invarianti  di  secondo  e  quarto  grado;  si  hanno,  nel  caso  attuale,  i 
seguenti  valori  di  ^,  o*,  r  : 

Q  =  hht^—Agt-\-k^ 
tf  =  J^  I2hkt^  +  24p]  %  =  \  [5L^'  +  6M] , 

e  dalle  due  equazioni  9  ==  0 ,  ìp^^O  si  deducono  facilmente  le  cinque  che 
seguono  : 

Qini  +  ^(fnat^  +  irxt^  =  0 

Qiut  —  T  ((fu  Xi  Xi  —  <fit  Xt*)  —  I  ror^^^i  =«  0 

?ii«  +  T  (<^ii-^i*  —  ^li  ^i^i  +  <^n  ^«*)  +  T  ^^«'«^Ti*  =  0 

Qitit  —  T  (<^«2  ^1  Xi  —  o-it  ori*)  —  I  r^pg  oTi^  =  0 

Q2ttt  +  ^<fnx,^  +  \ixi'  =  0   ' 


nelle  quali: 


1        d^Q  1    rfV 


5.6.7.8  rfoTi*'  "       SAdxi^ 

«  Indicando  con  : 

Ori  Xi^  4"  *^«  ^1^  ^«  +  6fl^r3  ^i*  «2?2*  +  4tì^r4  ^i  «Ts^  +  ^rs  ^«*  =  0      (r=l,  2...5) 

quelle  cinque  equazioni,  si  avrà  dapprima  che  il  primo  membro  della  equa- 
zione (2)  è  dato  dal  determinante  : 

Y  =  2  (^  au  Ufi  dzz  au  «s») 
e  sarà: 

^     _  dV     dV 

X\\Xi  — 


cioè,  come  è  noto,  si  dedurranno  i  valori  delle  radici  della  equazione  m(^i  ,^,)=0 
da  quelli  delle  radici  della  equazione  trasformata  (2)  senza  ricoiTere  a  riso- 
luzioni di  altre  equazioni  ausiliari. 

(*)  Uebeì'  die  Bildung  der  Resultante  zweier  Oleichungen,  Math.  Annalen.  Bd.  IH. 
pag.  385. 


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lu 

li* 

ht 

m,i 

mi2 

rnit 

«11 

tilt 

fin 

—  303  — 

«  2.^  Passiamo  ora  alla  determinazione  dei  valori  di  Ui%y  Uu....  Una 
forma  u{xi  Xt)  del  sesto  ordine  possiede,  oltre  gli  invarianti  L,  M,  tre  inva- 
rianti dei  gradi  6°,  lOS  15*  che  indicheremo  con  N,  P,  E. 

«  N,  come  è  noto,  è  l'invariante  cubico  di  A;  per  fissare  i  valori  di 
P,  B,  sieno  l^m^ni  tre  covarianti  quadratici  di  u  : 

/  =  (uk)4 ,        m  =  {lk)i ,        n  =  (wA), 
e  porremo: 

P  =  j  {mm)2 ,      R  = 

«  Sieno  ^1 ,  ^2 ...  Xe  le  radici  della  equazione  u{x,  1)  =  0  e  si  indichino 
con  a,  &,  (T,  6^,  e  le  espressioni  : 

essendo  Xr  una  qualsivi^lia  fra  quelle  radici.  Ora  per  una  nota  proprietà 
dei  covarianti  si  ha  {^): 

k  {xr)  =  3*'  —  ^ac 
e  quindi,  per  le  (1),  si  avrà  : 

,       Uc  —  U^ 
a 

«  I  valori  degli  invarianti  L,  M,  N,  P,  E  si  possono  pure  esprimere  in 
funzione  delle  a,  i,  c,d,e  e  lo  stesso  avrà  pur  luogo  per  cf,  un,  Uu^  «^is»  Ui^; 
salvo  che  le  ultime  espressioni  conterranno  un  certo  numero  di  coefficienti 
indeterminati.  Sostituendo  il  valore  superiore  di  tr  e  queste  espressioni  nella  (2), 
si  otterrà  una  equazione  identica  la  quale  condurrà  alla  determinazione  di 
quei  coefficienti.  Evidentemente  per  T  identità  della  equazione  si  potranno 
anche  supporre  nulli  una o  più  delle  quantità  a,  b ...e  ^  purché  non  si  annulli 
alcuno  degli  invarianti  L,  M... B.  Per  esempio,  supponendo  J  =  ^=0,  si 
ha  ^r=0  e  quindi  identicamente  f^ie  =  0.  Ma  in  questa  ipotesi: 

L=—6ae,        M=3a*d,        ìf=—^a*d' 

P=— a^[a*  +  lSacPe  +  81  dU^  +  5,81  .rf»] 

e  per  questi  valori  vedesi  tosto  che  Uie  dovrà  esprimersi  come  segue: 

Wu  =  ?oL*N«  +  ?iL«M^  +  e2LM*N  +  ?3MN*  +  ?4M^  +  ^5NP 

essendo  ^os  Q\  •••  coefficienti  indeterminati.  Sostituendo  per  L,  M,  N,  P  i  valori 
superiori  ed  eguagliando  a  zero,  si  hanno  fra  quei  coefficienti  le  relazioni: 

3^0  +  ^5  =  0    pi  =  0    3?,  +  ?5  =  0    Qz  +  20q,  =  0    3?-f|^5  =  0 


(0  Vedi  la  mia  Nota,  Ueber  die  Trans  format  ion  der  algeòraischen  Gleichungen  durch 
Covarianten.  Math.  Ànnalen  Bd.  XXIX,  e  la  Memoria  del  dott.  Hilbert,  Ueber  eine  Darstel- 
lungtweUe  der  iavarianten  Gebilde  imbinàren  Formengebiete.  Math.  Annalen.  Bd.  XXX. 


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—  304  — 
e  posto  quindi  ^5= — 12v  si  avrà: 

me  =  vl{W  +  2LN)«  +  12N  (20  MN  —  P)] 
essendo  v  un  coefficiente  numerico  ancora  indeterminato.  Due  altri  coe£Scienti 
della  equazione  (2)  sono  noti,  il  ò  discriminante  della  forma  u(a:i^at)  ed  Ui^ 
non  esistendo  altro  invariante  di  15''  grado  che  B.  Si  hanno  così  le: 

(f  =  A[32(5^L*N  +  5^PM  — 4P)— 5^^(8151* +  48MN  +  3P)] 

Wi5  =  i^B 
nelle  quali  X,  fi  sono  coefBcienti  numerici  a  determinarsi.  Rimangono  così  a 
trovarsi  i  valori  di  Un ,  Wu  e  dei  coefBcienti  A,  /i,  v. 

«  L*applicazione  del  metodo  sopra  indicato  darà  dapprima  che  posto: 

^=— giTjT    sono    fi  =  6      v  =  12 
e  si  avranno  pei  valori  di  Un,  t^u,  le  espressioni  seguenti: 
Wu==|pM  — 4.5.PM  — ^PM«  — 2.5^LMN  +  ^M^— 5!i^N«+ 

tti,=_2.4M*MN  — 2.5.13.LM'  — 3^4.5.LN•  — 2.3.5Ml.M«N+ 
+3(L«+2.5^M)P. 

«  Queste  espressioni  si  possono  semplificare  introducendo  in  luogo  del- 
l'invariante  P  del  decimo  ordine  il  discriminante  (f,  e  posto  L^^a,  sosti- 
tuendo agli  invarianti  M,  N  gli  invarianti  fi,  y  legati  ai  primi  dalle  due 
relazioni  : 

5*.M  =  |(a»-/J),         5»N  =  ^(2a»-3«/J+y) 

cioè  gli  ìnTarianti  /9,  y  che  si  annullano  con  (f  se  la  equazione  u(x,  l)s=0 
ammette  una  radice  tripla. 

«  Dal  valore  superiore  di  d  si  avrà  co^  : 

5».  P  =  3 . 4«  <J  +  ^^  (9a*  —  2O0V  +  3a*  y  —  21a/J« -f  2/Jy) 

e  sostituendo  questo  valore  di  P  e  quelli  di  M,  N  nelle  espreasioni  trovate 
sopra  per  Uit ,  Uu ,  Ui«  si  otterranno  le  : 

6*.  «.,  =  3 . 4».  a«r  +  i-  U ,        5».  «u  =  3.4».  (lla« — 8/J)  *  + 1^  V 
5".  «.,  =-  4«  (2a»  -  3ap  +  y)  rf  _  |^  W 


essendo  ; 


U  =—  (Uafi  —  y)«  —  20iJ» 

V  =  aU -f  2 . 3»./»»  (lOa^— y) 

W=»(a*— 16/J)U— 4.8*/»'(|J*  +  10«V— ay). 


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—  305  — 

■  È  noto  che  il  quadrato  di  S  si  esprìme  in  funzione  razionale,  intera 
di  L,  H,  N,  F  :  e  si  ha  : 

R»  =  9(20MN— P)E*  — 6(M»  +  2LN)Br— 12NP» 
posto: 

|b=3(P  +  4MN)  — 2L(M*  +  2LN) 

^  p  =_  3L  (20MN— P)  —  32M^  —  216N*. 
*  Ora: 
5«(M«+2LN)=^(16«^-27«'/?+6/J«+5ay)  =  ^  H 

5»(20MN— P)=— 3.4».«r— ^(8a»— 15a»/?+a*y— 57a/8»+9/?y)= 

ol 

=_3.43.<r-gK 
inoltre  : 

|.5^E=3«.4».(r  — y(15aV  — «V  +  62a/9«  — 4/J/)  = 

^ .  5«.  P= 3«.  4*.  5.arf+ 1^  (45«V— 3«V— 19.21.a*i?*+  57a/Sy+82/»^— 2y»)= 

=  3«.43.5.«cr  +  ^T 
e  sostituendo  si  otterrà  B*  espresso  in  funzione  di  a,  fi,y,i;  ossia  : 
^R«=_d3  +  _^|-6S-4K-5aH-25««(2«3-8a/9+y)]cr«- 

—  4F^[9S*  +  4HT  —  24KS  —  15«HS  +  40aT  (2a3— Sa/?  4-y)]  J+ 

+  4i^  [3HST  -  9KS«  -  4TM2a3  _  3a/9  +  y)]. 

Sono  cosi  determinati  tatti  gli  elementi  che  compongono  la  trasformata  della 
equazione  del  sesto  grado  ». 

Bacteriologia.  —  //  bacillo  della  malaria.  Nota  del  Socio  Cor- 
rado Tommasi-Crudeli. 

ft  L^Àccademia  ricorderà  che  nella  seduta  del  5  dicembre  1886,  io  pre- 
sentai una  Nota  riassuntiva  delle  ricerche  es^uite  in  Fola  dal  doti  Bernardo 
Shiavuzzi,  illustrandola  coi  preparati  microscopici  inviati  dall'autore  in  dono 
all'Accademia  (0.  I  risultati  ottenuti  dal  dott.  Schiavuzzi  confermavano  inte- 
ramente quelli  ottenuti  da  Elebs  e  da  me  nel  1879,  e  l'autore  non  dubitava 

(1)  Rendiconti  dei  Lincei.  Voi.  Il,  2<>  semestre,  1886,  pag.  829. 


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—  306  — 

di  concludere  che  il  fermento  specifico  della  malaria  è  costituito  da  quello 
Schizomicete,  pel  quale  Elebs  ed  io  proponemmo  il  nome  di  Bacillus  malariae. 

«  In  Italia  l'annunzio  di  questi  risultati  fu  accolto,  dove  con  diffidenza, 
dove  con  incredulità.  Questa  accoglienza  fa  in  parte  dovuta  al  discredito  nel 
quale  le  ricerche  sulla  natura  della  malaria  erano  cadute,  dopo  quel  singo- 
lare avvicendarsi  di  affermazioni,  di  contradizioni  e  di  negazioni,  di  cui  vi 
tracciai  la  storia  non  edificante  nel  maggio  dell'anno  passato  (i).  Ma  in  parte 
fu  dovuta  ancora  ad  un  certo  sentimento  gerarchico  che  domina  nel  nostro 
pubblico  medico,  quando  si  tratta  di  lavori  di  scienza  pura,  e  specialmente 
di  lavori  di  fisiologia  o  di  patologia  sperimentale.  Parve  strano  che  un  medico 
esercente  in  un  piccolo  paese,  si  permettesse  di  asserire  cose  tanto  contrarie 
a  quelle  proclamate  in  alcuni  dei  principali  Istituti  patologici  e  clinici  d'Italia; 
e  vi  fu  chi  giunse  perfino  a  dire  che  lo  Schìavuzzi,  ignaro  di  batteriologia,  aveva 
battezzato  come  bacillo  specifico,  il  bacillo  comunissimo  della  patata. 

«  Ma  fuori  d'Italia  le  cose  procedettero  altrimenti.  Molti  seppero  apprez- 
zare il  rigore  del  metodo  di  ricerca  usato  dal  dott.  Schiavuzzi,  e  ne  augu- 
rarono bene  per  l'attendibiUtà  dei  risultati  da  lui  ottenuti.  Altri  rammenta- 
rono che  la  brillante  carriera  scientìfica  di  Boberto  Eoch  era  incominciata 
con  un  bel  lavoro  batteriologico,  fatto  quando  egli  era  appunto  nelle  stesse 
modeste  condizioni  dello  Schiavuzzi,  cioè  medico  di  un  distretto.  Fra  questi 
ultimi  vi  fu  l'illustre  botanico  di  Breslavia,  Ferdinando  Cohn,  il  quale  nei 
suoi  Deitràge  iur  Biologie  der  Pflanzen^  aveva  pubblicato  quel  lavoro  di 
Eoch,  e  poste  cosi  le  prime  fondamenta  della  sua  fama  scientìfica.  Ferdi- 
nando Cohn,  dopo  letta  la  mia  Nota  del  5  dicembre  1886,  andò  apposita- 
mente a  Fola  per  prendere  cognizione  esatta  dei  lavori  di  Schiavuzzi.  Egli  si 
persuase  della  realtà  dei  risultati  ottenuti,  e  li  dichiarò  decisivi  in  seno  alla 
«  Schlesische  Gesellschaft  fùr  vaterlàndische  Gultur  »  (^) ,  annunziando  nello 
stesso  tempo  che  egli  intendeva  pubblicare  il  lavoro  completo  di  Schiavuzzi 
nei  suoi  «  Beitràge  ». 

«  Di  questa  pubblicazione,  intìtolata  :  Untersuchungen  uber  die  Malaria 
in  Pola  (^),  il  dott.  Schiavuzzi  fa  adesso  omaggio  alla  nostra  Accademia. 
Essa  è  corredata  da  una  tavola  che  riproduce  le  fotografie  fatte  a  Breslavia, 
sotto  la  direzione  di  Cohn,  del  Bacillus  malariae  interamente  sviluppato, 
non  che  delle  varie  fasi  del  suo  sviluppo.  Nella  fig.  5  di  questa  tavola  sono 
poi  raffigurate  le  degenerazioni  subite  dai  globuli  rossi  del  sangue  negli  ani- 
mali inoculati  con  questo  bacillo  ;  degenerazioni  che  erano  state  interpretate 
da  insigni  patologi,  italiani  ed  esteri,  come  rappresentanti  lo  sviluppo  di  un 


Q)  Rendiconti  dei  Lincei.  Volume  ni,  1^  semestre,  pag.  855. 
(«)  V.  Botanisches  Centralblatt,  V.  XXXI,  pag.  288.  Theodor  Fischer,  Cassel.  1887. 
(3)  Beitràge  zur  Biologie  der  Pflanzen,  herausgegeben  von  Dr.  Ferdinand  Cohn. 
Voi.  V,  pag.  245  (Sonderabdnick).  S.  U.  Kern's  Verlag.  Breslau,  1888. 


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—  307  — 

parasita  animale  nell'  interno  di  quegli  elementi.  Questo  preteso  parasita, 
chiamato  da  alcuni  Plasmodium  malariaej  e  poi  da  MetchnikofF  Coccidium 
Mcdoriae^  non  esiste.  Se  ne  riproducono  tutte  le  forme  che  lo  simulano,  a  vo- 
lontà, ogni  qualvolta  si  fanno  morire  lentamente  i  globuli  rossi  del  sangue 
in  una  cavità  chiusa  del  corpo  dei  mammiferi  o  degli  uccelli.  Si  tratta  di 
niente  altro  che  di  una  necrobiosi  dei  globuli  rossi,  la  quale  avviene  nel  corso 
della  infezione  malarica  ;  ma  che  può  aver  luogo  anche  in  altri  stati  pato- 
logici deiruomo,  sia  nel  sangue  circolante,  sia  nel  sangue  imprigionato  entro 
cavità  del  corpo.  La  conversione,  quasi  costante,  delV emoglobina  in  pigmento 
nero  (melanemia)  è  Tunica  particolarità  che  si  riscontra  in  questa  forma 
della  necrobiosi  dei  globuli  rossi,  quando  essa  avviene  nel  corso  della  infe- 
zione malarica. 

K  L'insieme  dei  fatti  verificati  da  Schiavuzzi  e  da  Cohn,  sembra  ormai 
mettere  fuor  di  dubbio  che  la  causa  della  malaria  è  riposta  nel  Bacillus 
malariae.  Sarebbe  desiderabile  che  questa  convinzione  si  facese  rapidamente 
strada  nel  mondo  scientifico,  onde  riparare,  in  parte  almeno,  alla  perdita  di 
tempo  prezioso  che  si  è  fatta,  spendendo  nove  anni  in  sterili  controversie  mor- 
fologiche, invece  di  rivolgere  tutti  gli  sforzi  alla  soluzione  del  gran  problema 
della  bonìfica  stabile  dei  terreni  malarici.  Per  ora  noi  andiamo  innanzi  a 
tentone,  con  bonifiche  puramente  sospensive^  che  spesso  riescono  fallaci,  e  che 
quando  non  riescono  fallaci,  sono  per  lo  più  di  incerta  durata.  Onde  riuscire 
ad  ottenere  bonifiche  sicure  e  stabili,  occorre  completare  lo  studio  biologico 
del  fermento  malarico,  e  scoprire  le  vere  ragioni  per  le  quali,  mentre  esso 
alligna  e  prospera  in  terreni  di  svariatissima  composizione,  talvolta  prospera, 
e  talvolta  invece  non  alligna,  in  terreni  apparentemente  identici  per  la  loro 
composizione  geologica,  giacitura  e  condizioni  idrauliche,  sebbene  appartengano 
alla  medesima  regione,  e  siano  non  di  rado  finitimi;  come  avviene  p.  es.  in 
alcune  località  di  Boma  e  delFagro  romano.  Occorre  in  ultimo  trovare  il  modo 
di  modificare  la  composizione  di  questi  vari  terreni,  in  guisa  da  rendere  im- 
possibile la  vita  del  fermento  malarico  entro  di  essi,  pur  conservando  loro 
la  facoltà  di  produrre,  con  vantaggio  economico,  delle  piante  utili. 

«  Fino  ad  ora  queste  sono  tutte  incognite  che  richiedono  un  lungo  ed 
assiduo  lavoro  per  essere  rivelate.  Adesso  però  che  abbiamo  un  punto  di  par- 
tenza il  quale  sembra  sicuro,  e  possediamo  metodi  di  ricerca  perfezionati  e 
relativamente  semplici,  è  sperabile  che  questo  studio  proceda  senza  interru- 
zioni, motivate  da  dissidi  scientifici  e  non  scientifici.  Già  il  dott.  Schiavuzzi 
si  accinge  a  questo  studio  nella  sua  nuova  residenza  dì  Parenzo,  dove  fu  recen- 
temente nominato  medico  distrettuale  dal  governo  austriaco.  Ed  ho  qualche 
dato  per  ritenere  che,  parallelamente  alle  ricerche  che  si  faranno  neiristria, 
v^ranno  istituite  ricerche  identiche  nella  regione  romana  dal  prof.-Cuboni, 
il  quale  ora  dirige  il  laboratorio  di  Patologia  vegetale  in  Boma,  ed  il  quale 


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—  308  — 

ha  già  altra  volta  inviato  alla  nostra  Accademia  un  lavoro  importante  su 
questo  argomento  »  (^). 

Astronomia.  —  Sulle  osservasioni  delle  maeehie^  f acole  e  prò- 
luheranze  solari  fatte  al  R.  Osservatorio  del  Collegio  Romano 
nel  P  trimestre  del  1888.  Nota  del  Corrispondente  P,  Tacchini, 

«  Ho  Tenore  di  presentare  air  Accademia  il  riassunto  delle  osservazioni 
solari  fatte  nel  V  timestre  del  1888.  Per  le  macchie  e  per  le  facole  il  nu- 
mero delle  giornate  utilizzate  fu  di  68,  egualmente  ripartite  nei  singoli  mesi 
del  trimestre.  Questo  buon  numero  di  osservazioni  si  deve  al  fatto,  che  du- 
rante il  giorno  la  nebulosità  non  fu  continua,  mentre  in  realtà  la  stagione 
fu  pessima.  Ecco  il  solito  quadro  delle  medie  trimestrali: 


1SS8 

Frequenza 

deUe 
macchie 

Frequenza 
dei 
fori 

Frequenza 
delle 
M<*-F 

Frequenza 

dei  giorni 

senza 

Mh-F 

Frequenza  Frequenza 
dei  giorni          ,  . 
con  soU   1       *" 
F        1     gruppi 

Media 

delle 
macchie 

Media    1 

delle 
faceto 

Gennaio  .  . 
Febbraio .  . 
Marzo  .  .  . 

1®  trimestre 

1,65 
0,87 
0,74 

1,09 

1,04 
1,43 
0,96 

1,14 

2,70 

2,30 
1,70 

2,23 

0,21 

0,74 
0,61 

0,52 

0,00 
0,00 
0,00 

0,00 

1,30 
0,48 
0,48 

0,75 

11,17 
5,91 

6,22 

7,77 

14,18 
11,09 
14,57 

13,26 

A  Se  si  paragonano  questi  dati  con  quelli  relativi  airultimo  trimestre 
del  1887,  si  vede  che  il  fenomeno  delle  macchie  e  delle  facole  solari  con- 
tinuò a  diminuire,  e  perciò  si  fece  maggiore  la  frequenza  dei  giorni  senza 
macchie  e  senza  fori.  Nel  mese  di  febbraio  sopra  23  giornate  di  osservazione 
il  sole  presentò  poche  e  piccole  macchie  nel  giorno  1  e  dal  20  al  27,  mentre 
nella  serie  intermedia  le  macchie  e  i  fori  mancarono  sempre. 

«  Alla  diminuzione  delle  macchie  e  delle  facole  non  corrispose  analoga 
diminuzione  nel  fenomeno  delle  protuberanze,  come  rilevasi  dal  seguente 
specchietto  : 

Protuberanze  1®  trimestre  1888. 


1888 

Numero 
dei  giorni 

osservazione 

Medio  nu- 

mero   delle 

protuberanze 

per  giorno 

Media 

altezza 

per  giorno 

Estensione 
media 

Massima 

altezza 
osservata 

Gennaio  .  . 

23 

8,48 

45"7 

Vh 

120" 

Febbraio.  . 

13 

8,07 

45,5 

1,6 

120 

Marzo   .  •  • 

19 

10,31 

45,5 

1,5 

110 

Trimesire  . 

55 

9,02 

45,7 

1,5 

120 

{})  Nuovi  studi  sulla  natura  della  malaria.  Atti  dei  Lincei.  Memorie  della  Classe 
di  scienze  fisiche,  ecc.  Serie  3*,  volume  IX,  pag.  31.  Roma  1881. 


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—  809  -" 

«  Nel  fenomeno  delle  protuberanze  idrogeniche  si  ha  dunque  un  logoro 
aumento  in  paragone  di  quanto  si  notò  nell'ultimo  trimestre  del  1887.  Anche 
la  cromosfera  si  presentò  spesso  assai  viva  ed  a  fiamme  molto  pronunciate, 
e  nelle  protuberanze  predominò  la  struttura  filosa  e  perciò  a  base  relativamente 
ristretta,  ciò  che  portò  la  media  loro  estensione  diurna  un  poco  minore  di 
quella  ricavata  dalle  osservazioni  dell'ultimo  trimestre  del  1887  ». 

Astronomìa.  —  Osservazioni  sulla  cometa  Sawerthaly  fatte  da 
Tacchini  e  Millosevich.  Nota  del  Corrispondente  P.  Tacchini. 

•  Questa  cometa  fu  scoperta  dal  Sawerthal  al  R.  Osservatorio  del  Capo 
il  18  febbraio  delFanno  corrente.  L'astro  aveva  allora  una  declinazione  au- 
strale di  h^"^^  era  visilbile  ad  occhio  nudo,  e  la  coda  della  cometa  abbrac- 
ciava un  angolo  di  2  gradi.  Col  rapido  moto  dell'astro  verso  l'equatore, 
l'osservarlo  divenne  possibile  anche  per  gli  osservatoti  europei  ;  ma  il  tempo 
ostinatamente  cattivo  ritardò  le  osservazioni  e  a  Boma  la  cometa  fu  veduta 
per  la  prima  volta  nel  mattino  del  25  marzo.  Il  prof.  Millosevich  ottenne 
all'equatoriale  di  Merz  la  seguente  posizione: 

1888  marzo  24.  17^    5".  18».  Roma  (i  m.  C.  R.) 
a  app  «21»».  38«   21»,  25  (9.  603  n) 
S  app  0€    5*.  36'.    23",   6  (0.  707). 

t  La  cometa  era  sempre  visibile  ad  occhio  nudo,  con  nucleo  stellare  di 
6*  a  5*  grandezza,  e  coda  abbastanza  bella. 

«  Nel  mattino  del  26  si  tentò  l'osservazione  spettrale,  ma  non  si  ottenne 
imagine  buona;  invece  l'osservazione  riesci  nel  seguente  mattino,  cioè  del  27. 
Applicai  al  grande  refirattore  il  solito  spettroscopio  usato  per  le  precedenti 
comete,  e  si  trovò  che  il  nucleo  della  cometa  dava  uno  spettro  lineare  sot- 
tilissimo in  relazione  alla  piccolezza  del  nucleo  veduto  direttamente.  Lo 
spettro  del  nucleo  però  presentava  tre  rinforzi  dì  luce  ai  posti  corrispondenti 
alle  solite  zone  del  carbonio  vedute  negli  spettri  di  altre  comete,  e  lateral- 
mente si  avevano  deboli  tracce  delle  zone  anzidette.  Il  punto  più  vivo  dello 
spettro  lineare  del  nucleo  era  il  più  refratto  dei  tre.  Lo  spettro  poi  del 
nucleo  appariva  su  di  uno  spettro  continuo  assai  debole  e  più  largo,  corri- 
spondente forse  alla  luce  riflessa  dalla  viva  nebulosità  oblunga,  che  avvol- 
geva eccentricamente  il  nucleo.  Dopo  il  prof.  Ricco  mi  scrisse  di  avere  nella 
osservazione  spettroscopica  ottenuto  risultati  pressapoco  come  i  nostri  ;  a  Pa- 
lermo la  cometa  fu  veduta  per  la  prima  volta  il  14  marzo. 

•  Il  tempo  si  mantenne  poi  quasi  sempse  cattivo  e  solo  nel  mattino  del 

Rendiconti.  1888,  Vol..  IV,  P  Sem.  40 


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—  310  — 

6  aprile  si  potò  determinare  nnovamente  la  posizione  dell'astro  dal  prof.  Mil- 
losench.  Ecco  le  nuove  coordinate: 

1888  aprile    5.  15\  59°».  45».  Roma  (t.  m.  C.  R.) 
a  app  0^22»».  15°».  21»,  00  (9.  640  n) 
rf  app  O^  + 1\  58'.  23",  0  (1,  772). 

«  L'astro  è  indebolito,  ma  ancora  visibile  ad  occhio  disarmato  ». 

Meccanica.  —  Intorno  ad  un  recente  studio  sulla  gravità. 
Nota  del  Corrispondente  G.  B.  Fa  vero. 

«  Il  prof.  J.  W.  Haussler  in  un  articolo  pubblicato  nel  Repertorium 
der  Physik,  1886,  voi.  XXII,  p.  501,  intende  dimostrare  che  la  gravità  è 
una  conseguenza  meccanica  necessaria  della  rotazione  della  Terra  intomo  al 
proprio  asse.  In  un  secondo  articolo  pubblicato  nello  stesso  Repertorium,  1887, 
voi.  XXIII,  p.  719,  egli  estende  i  suoi  calcoU  al  sistema  planetario,  inten- 
dendo dimostrarne  matematicamente  l'origine. 

«  Non  mi  è  noto  che  altri  siasi  occupato  di  questi  studi  del  prof.  Haussler. 
Non  credo  quindi  del  tutto  inutile  accennare  qui  brevemente  alla  insussistenza 
del  procedimento  da  lui  seguito  e  dei  risultati  ottenuti. 

«  Egli  trova  che  il  numero  di  giri  fatto  dalla  Terra  intomo  al  proprio 
asse  nel  minuto  secondo  vien  diminuito  di  8291.  91-** ,  quando  alla  sua  su- 
perficie il  peso  di  un  chilogrammo  venga  sollevato  di  un  metro. 

tt  Sebbene  questo  coefSciente  sembri  piccolissimo,  è  facile  però  riconoscere 
che  esso  è  eccessivamente  grande.  Gli  spostamenti  di  masse,  che  avvengono 
alla  superficie  terrestre  per  forze  naturali  turberebbero,  se  quel  coefBciente 
fosse  vero,  in  modo  assai  sensibile  la  durata  della  rotazione  terrestre.  Cosi, 
per  es.,  per  citare  un  caso  determinato,  nel  1800  presso  Goldau  nella  Sviz- 
zera una  frana  di  oltre  venti  milioni  di  metri  cubi  precipitò  dal  Rossberg 
da  un'altezza  di  oltre  900  metri;  e  questo  fatto,  secondo  il  coefBciente  del 
prof.  Haussler,  avrebbe  dovuto  produrre  una  diminuzione  di  oltre  quaranta 
minuti  prinod  nella  durata  della  rotazione  terrestre. 

«  Il  coefficiente  del  prof.  Haussler  è  dunque  erroneo,  e  Terroiia  proviene 
da  un  procedimento  erroneo  di  calcoli,  mediante  i  quali  egU  vi  perviene. 
Senza  entrare  nei  particolari  di  tali  calcoli,  ci  limiteremo  ad  osservare  che  il 
concetto  stesso  da  cui  parte  l'autore  è  gratuito.  Infatti  egli  considera  una 
sfera  in  rotazione,  e  suppone  che  alla  sua  superficie  un  elemento  della  massa 
venga  spostato,  e  che  tale  spostamento  esiga  un  lavoro,  e  poi  soggiunge  :  La 
condizione  dell'energia  costante  per  l'intero  sistema  può  essere  soddisfatta 
solamente,  se  la  forza  consumata  per  tale  lavoro  sia  presa  dall'energia  cine- 
tica della  rotazione  (p.  502).  Ora  ciò  è  appunto  quanto  dovrebbesi  dimostrare. 
Lasciata  anche  la  considerazione  di  forze  esterne,  ed  il  moto  dei   centri   di 


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—  311  — 

gravità  delle  masse  rispetto  al  centro  di  gravità  comune  del  sistema,  vi  sono, 
per  quanto  riguarda  la  Terra,  altre  energie,  oltre  quella  di  rotazione,  nelle 
quali  può  essere  convertito  o  dalle  quali  desunto  un  lavoro  compiuto  alla  sua 
superficie. 

«  Quanto  al  fatto  accennato  dal  prof.  Hàussler,  che  la  velocità  angolare 
di  masse  rotanti  aumenta,  quando  parti  di  esse  masse  si  avvicinano  all'asse 
(p.  501),  esso  sussiste,  ma  si  spiega  in  base  alle  note  leggi  della  meccanica, 
indipendentemente  dalla  gravità  e  da  qualunque  concetto  sulla  causa  della 
sua  esistenza. 

«  Abbiansi  infatti  i  punti  materiali  /«i ,  jUs , . . .  ed  il  punto  materiale  m^ 
i  quali  si  muovano  sotto  l'azione  di  forze  reciproche,  e  di  forze  la  sonuna 
dei  cui  momenti  sia  nulla  rispetto  ad  una  retta  fissa.  Presa  questa  retta  per 
asse  delle  j,  avrà  luogo  per  quest'asse  il  teorema  delle  aree.  Dette  $  ed  ?;  ' 
le  coordinate  di  un  punto  in,  w  ei  y  quelle  del  punto  m,  secondo  gli  altri 
due  assi,  sarà  dunque 

dove  con  ju  ed  772  si  sono  indicate  le  masse  dei  rispettivi  punti.  Se  le  masse 
ju  formano  un  sistema  rigido  rotante  intomo  all'asse  delle  ;;,  saranno  costanti 
le  loro  distanze  ^i ,  ^g , . . .  da  quest'asse.  Inoltre  preso  un  piano  passante 
per  Tasse,  e  fisso  al  sistema  rotante,  detto  9  l'angolo  di  questo  piano  col 
piano  xis,  ed  ori ,  ots  , . . .  gli  angoli  fatti  dalle  Qi^Qì,  .  »  »  collo  stesso  piano 
xs^  saranno  costanti  le  differenze  «i  —  y  ,  «2  —  y  1  ■  •  •  «  quindi  dai=^€Up , 
dai=id^ ,.. .  Notando  dunque  che  si  ha  J  =  ^ cos a ,  ij  =  ^ sen a ,  si  ottiene 

Sul^j^  —  ^u)^^'^^^^^ '   ®  P^^*^  .ì7:=r cos2^,  y  =  rsenz^,   si  avrà 

similmente  ^^(^37 — y^)~^''*^»  ®  l'equazione  superiore  diverrà  po- 
nendo il  momento  d' inerzia  JSfig^  =  I 

A  +  ^^.^  =  C08t. 

ai  ai 

«  Se  si  considerano  due  tempi  diversi,  nei  quali  i  valori  delle  velocità 

angolari  -^^ ,  -r:  e  del  raggio  r  siano  rispettivamente  wq  ,  ^0  »  ^0  ed  wi ,  ^i ,  /'i 
di    ai 

avremo  ^ 

I«o  +  wro*  Vo  =  I«i  +  wri*  Vi 

K  Che  se  nel  primo  dei  due  tempi  considerati  la  massa  m  fa  parte  del 

sistema  rotante,  e  poi  sotto  l'azione  delle  forze  accennate  cambia  di  posto 

rispetto  al  sistema  stesso,  in  modo  però  da  farne  ancora  parte  nel  secondo 

dei  tempi  considerati,  allora  si  ha  t?o  =  «o ,  «^i  =  «i  e  quindi 

/TI         IX  /TI        «\         A        '  m(ro^—ri*)(»o 

(I  +  wro»)wo  =  (I  +  wri*)w, ,   da  cm  «1— «o=— ^jx^^^Ti — 


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—  312  — 

1  L  alterazione  prodotta  biella  velocità  angolare  del  sistema  rotante,  per 
il  cambiamento  di  posto  della  massa  m,  è  dunque  proporzionale  al  valore 
iniziale  coo,  ed  è  indipendente  daUa  variazione  dell'angolo  u  e  della  coordi- 
nata 2,  corrispondenti  alla  posizione  iniziale  e  finale  deUa  massa  m:  l'alte- 
razione è  nulla  quando  nel  nuovo  posto  la  massa  m  si  trovi  alla  stessa  di- 
stanza dall'asse  alla  quale  si  trovava  in  origine. 

«  Invece  dell'alterazione  prodotta  nella  velocità  angolare  può  esprimersi 

quella  prodotta  nel  numero  dei  giri  fatti  nell'unità  di  tempo,  o  quella  nella 

durata  di  un  giro.  Detti  nel  primo  caso  rio  ed  ni  il  numero  dei  giri,  e  nel 

secondo  To ,  Ti  la  durata  di  un  giro,  prima  e  dopo  il  cambiamento  di  posto 

della  massa  m^   si   hanno  le  relazioni   27inQ==(ao,27ini  =  (Oi,o)o'^o='2^ ^ 

cr)iTi  =  27r,  e  quindi  le  formolo: 

m(ro^—ri')no  m(ri^  —  ro*)To 

n,-n,-       ^^^^,       ,     li-Io-       j_^^^^,       • 

tt  Le  formole  valgono  anche  per  il  caso  che  la  massa  m  nel  cambiare 
di  posto  subisca  degli  urti  elastici  colle  masse  ju,  o  quando  gli  urti  non  es- 
sendo del  tutto  elastici  siano  diretti  all'asse,  e  non  producano  quindi  perdita 
di  forza  viva  di  rotazione. 

«  Prescindendo  dall'azione  dei  corpi  celesti,  il  cambiamento  di  posto  di 
masse  alla  superficie  o  neirinterno  del  globo  teiTestre  si  fa  per  effetto  di 
forze  reciproche,  cioè  tali  che  all'azione  esercitata  su  tali  masse  corrisponde  una 
reazione  eguale  e  contraria  nel  corpo  terrestre.  Se  dunque  si  considera  la 
Terra  come  un  corpo  rotante  intomo  ad  asse  fisso,  e  si  prescinde  da  perdite 
di  forza  viva  di  rotazione  prodotte  da  urti  non  elastici,  potranno  applicarsi 
le  formole  superiori.  L'alterazione  nella  velocità  di  rotazione  sarà  dunque  nulla 
se  il  cambiamento  di  posto  delle  masse  si  fa  nella  direzione  del  polo  celeste  o 
lungo  un  parallelo.  Eiguardando  la  Terra  come  una  sfera  di  raggio  B,  sup- 
poniamo che  la  massa  m  si  trovi  alla  superficie  e  sia  assai  piccola  in  con- 
fronto della  massa  M  della  Terra.  Spostando  m  di  una  piccola  '  quantità  l 
nel  senso  del  meridiano,  e  di  A  nel  senso  dell'altezza,  chiamata  X  la  latitudine, 

avremo  ro  =  R  cos  A  ,  j\  =  (R  +  A)  cos  1  A  -f-  —  j  .  Inoltre  si  ha  I  =  |  MB*, 

iti  V 

e  sostituendo  al  rapporto  ^rr  delle  masse,  il  rapporto  ^  dei  pesi,  otterremo 

Ti — Tq 5jPCosA(AcosA — IsenX) 

To      ~  PB 

«  Se  lo  spostamento  si  fa  unicamente  nel  senso  della  verticale  si  ha 
Ti  — Tq       5jpAcos*A 
To      ""■       PR 

«  Se  dunque  all'  equatore  si  solleva  di  un  metro  il  peso  di  un  chilo- 

5 
granmio,  la  diurata  della  rotazione  della  Terra  viene  aumentata  di  p^   del 


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—  813  — 

suo  valore,  ossia  di  —=-5 —  minuti  secondi,  ritenuto  To  =  86164,1,  ed  es- 
ra 

sendo  F  il  peso  della  Terra  in  chilogrammi  ed  B  il  suo  raggio  in  metri. 

Ritenendo  eguale  a  6  il  peso  specifico  della  Terra  si  trova 

430820 


PB 


:  1043.10-'*. 


<*»  /«<i  f  rp 

«  Siccome  poi  nel  caso  attuale  può  ritenersi  -^ -| — ^-^ — -  —  0 , 

Ilo  J-o 

così  il  coefficiente  no  — rii ,  considerato  dal  prof.  Haussler,  ha  il  valore 

;2o  —  »i---=  14052. 10-^^ 
invece  del  valore  8291.10-"  da  lui  trovato  ». 


Fisiologia.  —  Ricerche  sui  gas  contenuti  nella  vescica  nata- 
toria dei  pesci.  Nota  IH  (0  di  Margherita-Traube  Mengarini, 
presentata  dal  Socio  Blaserna. 


B  Le  esperienze  da  me  descritte  nella  precedente  Nota  si  riferiscono  a 
pesci  fisostomi. 

ft  Per  sperimentare  con  quelli  a  vescica  chiusa  dovetti  ricorrere  a  pesci 
marini,  non  potendo  procurarmi  tali  pesci  di  acqua  dolce. 

«  L'apparecchio  adoperato  fu  sempre  il  medesimo  già  descritto;  solo  fu- 
rono ricoperte  con  mastice  speciale  inattaccabile  dall'acqua  le  parti  metalliche, 
e  la  rete  fii  &tta  di  ferro  stagnato. 

«  Anzitutto  feci  una  serie  di  misure  per  verificare  la  quantità  dì  acido 
carbonico  che  si  trova  nelle  vesciche  dei  pesci  dopo  un  soggiorno  prolungato 
in  un'acqua  bene  aerèata;  dopo  avere  constatato  che  di  acido  carbonico,  o 
non  ve  n'era  punto,  o  ve  n'erano  tracce  appena  sensibili,  decisi  di  tralasciare 
questa  ricerca. 

>  Tutte  le  misure  furono  fatte  col  metodo  dì  Bunsen,  col  catetometro 
e  scala  millimetrica  situato  vicino  all'eudiometro,  ed  in  una  stanza  dell'Isti- 
tuto fisico  deUa  B^a  Università  di  Boma  situata  al  nord  e  molto  bene 
adatta  per  simili  misure. 

tf  n  gas  detonante  fu  preparato  per  via  elettrolitica  coU'apparecchio  di 
Bunsen.  L'idrogeno  e  l'ossigeno  furono  preparati  pure  per  via  elettrolìtica 
con  speciale  apparecchio  da  me  costrutto  e  che  descriverò  in  altra  IJota. 
Esso  ovvia  alla  incertezza  delle  varie  preparazioni  dell'idrogeno  e  dell'ossi- 
geno consigliate  dai  vari  sperimentatori. 

(0  V.  pag.  89. 


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—  314  — 

<c  II  gas  in  questo  apparecchio  usciva  preparato  di  fresco  volta  per  volta 
che  occorreva,  onde  ovviare  a  fenomeni  secondari  che  avrebbero  potuto  adul- 
terare i  risultati  delle  misure. 

«  Debbo  alla  squisita  cortesia  del  chiarissimo  professore  Blasema  di  aver 
potuto  disporre  per  le  mie  esperienze  del  ricco  materiale  dell'Istituto  fisico. 

IL 

«  Insieme  alle  misure  sui  pesci  senza  dutto  esofageo,  ne  feci  due  serie 
su  pesci  fisostomi  di  acqua  dolce,  perchè  volli  persuadermi  se  le  condizioni 
fisiologiche  del  pesce  abbiano  una  sensibile  influenza  suirandamento. 

«  Tale  dubbio  fu  in  me  sollevato  dalle  esperienze  di  Moreau,  dalle  quali 
egli  deduce  che  i  soli  pesci  sani  siano  capaci  di  produrre  Tossigeno  nella 
loro  vescica. 

«  Delle  otto  esperienze  che  qui  trascrivo,  tre  (IV,  V,  VI)  furono  fatte  su 
pesci  perfettamente  normali  ed  uccisi  quando  essi  si  trovavano  in  piena  vitalità. 

«  Le  altre  (VII,  Vili,  IX,  XI,  XII)  furono  fatte  su  pesci  che  dopo  le 
prime  24  ore  di  permanenza  nella  vasca  si  ammalarono  per  Tacqua  forse 
troppo  calda,  ed  intorbidata  dalle  grandi  quantità  di  uova  che  i  pesci  avevano 
depositate. 

«  Dairesame  delle  diverse  analisi  risulta  che  in  tutti  i  pesci  sani  od 
ammalati  penetrò  Fidrogeno  nella  vescica,  ma  che  nei  pesci  ammalati  il  pro- 
cesso di  assorbimento  procede  più  lentamente  che  in  quei  sani.  In  ambedue 
i  casi  la  quantità  d'idrogeno  cresce  colle  ore  di  permanenza  del  pesce  nel 
bagno.  Per  la  proporzioni  dell'ossigeno  nulla  posso  dire,  non  risultandomi 
dalle  cifre  trovate  alcuna  relazione  semplice. 

tt  Merita  di  essere  osservato  il  fatto  che  mentre  si  constata  per  i  Leu- 
cisous  un  aumento  progressivo  dell'idrogeno,  un  pesce  di  altra  specie,  il 
Cyprinus  barbus  cioè  (n.  XI),  mostra  una  proporzione  d'idrogeno  diversa 
dagli  altri. 


Data 

1   • 

Numero 

d'ordine 

deiresper. 

Tempera- 
tura 
della  Tasca 

Durata 

deir 

esperienza 

Ho/o 

0% 

NO/O 

Pesci 
adoperati 

1    19  Maggio 

20  Maggio 

21  Maggio 

IV 
V 
VI 

19,2 
19,2 
19,4 

ore  23,5' 

ore  48 
ore  74,30 

5,86 
8,21 
9,19 

17,86 

7,69 

28,79 

76,44 
84,10 
57,46 

Leuciscus 
id. 
id. 

10  Giugno 
12  Giugno 
14  Giugno 

16  Giugno 

17  Giugno 

ni 

Vili 
IX 
XI 

xn 

22,7 

22 

22,6 

22,4 

22 

ore  29 
ore  48 
ore  103,45 
ore  153,15 
ore  153,15 

5,46 
2,95 
6,62 
4,77 
8,64 

11,12 
33,04 
14,42 

83,42 
64,01 
79,96 

Leuciscus 

id. 

id. 
Cyprinus 
Leuciscus 

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—  Sl'S  — 

«  Credo  che  queste  esperienze  siano  sufficienti  per  dimostrare  che  una 
differenza  qualitativa  tra  i  pesci  normali  ed  i  pesci  patologici  non  esiste 
riguardo  all'assorbimento  d'idrogeno  della  vescica. 

B  Fra  i  pesci  asfittici  ed  i  pesci  normali,  la  differenza  nella  proporzione 
dei  gas  nella  vescica  sembra  accentuarsi  ancora  più  che  fra  pesci  sani  ed 
ammalati. 

«  I  pesci  delle  esperienze  lY  e  XII  erano  rimasti  in  un'acqua  ben  ae- 
reata,  e  dimostravano  sempre  il  colore  delle  branchie  normale  ;  resta  quindi 
escluso  trattarsi  in  quei  anamalati  di  asfissia.  Per  contrario  un  Mugil  ce- 
pfuUm  che  mi  venne  portato  in  un  vaso  strettissimo,  che  gli  impedì  ogni 
movimento  e  la  respirazione  normale,  dimostrò  tutti  i  segni  dell'asfissia.  Fu 
messo  allora  in  una  vasca  sufficientemente  grande,  nella  quale  gorgogliavano 
idrogeno  ed  aria  atmosferica. 

«  Il  pesce  senza  l'ostacolo  delle  reti  metalliche,  cercò  avidamente  le  bolle 
di  gas  che  si  sprigionavano  alla  superficie.  Morì  dopo  12  ore.  Gli  vennero 
estratti  14  ce.  di  gas  dalla  vescica;  e  di  questo  70,21  Vo  era  idrogeno.  Il 
resto  era  azoto. 

8  Pare  dunque  che  a  questo  pesce  colla  vescica  chiusa  abbia  giovato  il 
contatto  diretto  dei  gas,  dei  quali  non  ritrovai  nella  vescica  che  l'idrogeno. 

III. 

«  Il  mugil  della  precedente  esperienza  sta  in  contatto  diretto  colle  due 
sorgenti  gassose,  idrogeno  ed  aria  atmosferica. 

«  Le  seguenti  esperienze  furono  fatte  tenendo  i  pesci  lontani  da  ogni 
diretto  contatto  coi  gas. 

«  Due  motelle  pervenutemi  dall'acquario  di  Napoli,  morirono  dopo  4  ore 
30  minuti  di  permanenza  nella  vasca.  Il  gas  delle  loro  vesciche  introdotto 
neir eudiometro  esplose  senza  aggiunta  d'ossigeno  e  di  gas  detonante. 

«  È  questo  il  tempo  minimo  (ore  4,30)  nel  quale  ho  potuto  constatare 
idrogeno  nelle  vesciche  dei  pesci. 

B  Esclusi  il  dubbio  che  si  trattasse  in  questo  caso  d'un  gas  esplodente 
di  decomposizione,  che  poteva  sorgere  essendo  i  pesci  morti  di  morte  naturale, 
facendo  apposite  esperienze  sopra  i  pesci  quasi  in  putrefazione  senza  trovare 
mai  la  benché  minima  traccia  d'un  gas  esplodente. 

<  Ciò  va  d'accordo  colle  esperienze  di  Gonfigliacchi  (22)  e  di  Sohultze  (45). 

«  Le  seguenti  analisi  quantitative  furono  fatte  su  dei  mtcgil  cephaltis 
tenuti  nelle  stesse  condizioni  delle  motelle.  Esse  dimostrano  che  questi 
pesci  si  riempiono  in  tali  condizioni  la  vescica  natatoria  di  idrogeno.  Pare 
che  mentre  questo  aumenta,  l'ossigeno  diminuisco. 


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—  316  — 


«  Ecco  i  risultati  ottonati  ; 


Data 

Numero 

d'ordine 

deiresper. 

Tempera- 
tura 

Durata 

deir 

esperienza 

H% 

0% 

NVo 

Pesci 
adoperati 

1886 
12  Maggio 

n 

ore  13 

3,18 

Mugil  cephalus 

1887 
22  Febbraio 

xm 

0 

5,7 

ore  16,40' 

2,21 

35,17 

62,62 

id. 

22 

XIV 

7,5 

ore  17,45 

7,97 

— 

— 

id. 

23 

XV 

7,5 

ore  39 

8,31 

3,18 

88,51 

id. 

28        y> 

XVI 

7,5 

ore  37 

16,78 

1,76 

81,46 

id. 

8  Marzo 

XVII 

12,0 

ore  168 

85,20 

1,34 

13,46 

id. 

«  Per  estrarre  il  gas  dalle  vesciche  dì  motella  e  di  mugil  cephaltis  mi 
convenne  adoperare  una  siringa,  che  fu  introdotta  attraverso  i  muscoli  late- 
rali del  pesce  dopo  avere  scoperta  la  vescica  dalla  parte  ventrale.  Penetrando 
direttamente  nella  vescica,  questa  si  lacera  ed  il  gas  si  disperde.  La  vescica 
di  cyprinm  e  di  leuciscus  potè  essere  introdotta  direttamente  sotto  Teudio- 
metro,  punteggiandola  sotto  il  mercurio. 

n  Da  queste  esperienze  risulta  : 
«  P  Che  l'idrogeno  sciolto  nell'acqua  penetra  nella  vescica 

natatoria,  sia  chiusa,  sia  provvista  dì  dutto  esofageo. 
«  2^  Che  ciò  non  dipende  dallo  stato  del  pesce,  ma  che  invece 
.    ridrogeno   si   ritrova  nella  vescica  di  ogni   pesce  che  è 

rimasto  almeno  4  ore  nell'acqua  satura  d'idrogeno. 
«  3°  Che  il  diretto   contatto   del   pesce  ed   il   bisogno   d'aria 

accelerano  questo  processo». 

Fisica.  —  L' isoterma  dei  gas.  Nota  II  (0  dì  Arnoldo  Violi, 
presentata  dal  Socio  Blaserna. 

«  Fìn'ora  non  s'è  creduto  necessario  ricercare  la  legge  di  attrazione  mo- 
lecolare. Ma  ritenendo  che  le  molecole  si  comportino  conformemente  alla 
legge  fondamentale  di  Newton,  l'attrazione  d  tr9k  due  molecole  di  masse 
eguali  ad  m,  i  cui  centri  sì  trovano  alla  distanza  q  (diametro  della  sfera 
d'azione  sensibile),  sarà  espressa  da 

(')  V.  pag.  285. 


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—  317  — 

essendo  f  una  costante  di  attrazione.  Indicando  con  Ni  il  numero  delle  mo- 
cole  contenute  nelVunità  di  volume,  questo  sarà  espresso,  in  funzione  di  ^,  da 

7)  Nip'  =  l, 
da  cui 

8)  N.=^; 

ed  essendo  Njm  la  massa  molecolare  delFunità  di  volume,  avremo  dalla  6) 
per  la  8) 

e    chiamando   .u   la  massa   dell'unità   di   volume,   o   la   densità  del  gas, 

per  /*:=:=  NiW,  avremo 

10)  d  =  ^fii\ 

cioè  l'attrazione  molecolare  estema  è  proporzionale  al  quadrato  della  densità, 

conclusione   identica   a   quella  a  cui   giunse  Yan  der  Waals  col  semplice 

ragionamento. 

s  Facendo  uguale  ad  uno  il  volume  deUe  sfere  d'azione  sensibile  delle 
molecole,  per  una  qualunque  di  esse,  sarà 

quindi 


-n 


ovvero,  per  ti:  =  3,1416, 

11)  ^=.1,24 
e  la  10)  si  riduce  ad 

12)  d  =  \,2^fiJi}. 

B  In  quest'espressione  la  densità  del  gas  dipende  dalla  pressione  esterna 
e  quindi  dall'unità  di  misura  adottata  per  questa;  ma  per  la  condensazione 
delle  atmosfere  eteree  degli  elementi,  la  quantità  /  è  una  costante  specifica 
dipendente  dal  numero  degli  elementi  componenti  la  molecola.  Infatti  non 
ammettendo  la  condensazione  delle  atmosfere  eteree  degli  n  elementi  com- 
ponenti le  molecole  risultanti,  prendendo  per  unità  il  volume  d'uno  di  essi, 
avremmo  ottenuto 

cioè 

s 

13)  Qi  =  lMl/n 

essendo  ^i  in  questo  caso,  il  diametro  deUa  sfexa  d'azione  sensibile  delle 
molecole  risultanti.  Ma  per  la  8)  la  quantità  ^i  non  verifica  più  l'ipotesi 
di  Àvogadro;  e  soltanto  sostituita  a  q  nella  10)  mostra  come  l'attrazione 
molecolare  esterna  dipende  allora  soltanto  da  una  costante  di  attrazione  fi , 
eguale  per  le  molecole  di  tutti  i  gas  ;  e  siccome,  anche  non  ammettendo  la 

BiNDiooNTi.  1888,  VoL.  IV,  V  Sem.  41 


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—  318  — 

condensazione  nelle  atmosfere  eteree  degli  elementi  che  si  combinano,  Tat- 
trazione  molecolare  estema  dev'essere  uguale  a  quella  che  si  otterrebbe  con 
la  supposizione  più  conforme  al  vero,  per  questa  condizione,  eguagliando  il 
valore  di  ci  dato  dalla  10)  a  quello  che  si  ottiene  dalla  stessa  sostituendo  ^t 
ed  /i  a  p  ed  /  avremo 

da  cui 


e  per  le  11)  e  13) 

f-u'i 

14) 

f=Ufn 

La  costante  /i ,  ossia  Tattrazione  dell'unità  di  massa  distante  di  uno  da 
un'altra  massa  pure  uguale  ad  uno,  dovendo  risultare  uguale  per  le  mole- 
cole di  tutti  i  gas,  dipenderà  dalla  pressione  iniziale  alla  quale  si  conside- 
rano, e  varierà  inversamente  a  questa  rispetto  alla  variazione  delle  distanze 
dei  centri  molecolari.  Perciò  il  rapporto  fra  fx ,  attrazione  dell'unità  di  massa, 

e  la  massa  --  dell'unità  di  volume  di  mercurio,  sarà  uguale  a  quello  fra  la 

massa  -  dell'unità  assoluta  di  forza  e  la  massa  —hx  della  forza  corrispon- 

dente  alla  pressione  iniziale,  essendo  hx  la  pressione  iniziale  espressa  in 
metri  di  mercurio  e  g  l'accelerazione  deUa  gravità  ad  una  determinata  la- 
titudine e  altitudine;  quindi 

^^'  9     'g'  9 
da  cui 

e  la  costante  specifica  /,  per  la  14),  resta  cosi  determinata  da 
e  per  questo  valore  abbiamo  dalla  12) 

8 

lo)  a  = r*^  iw* . 

ghx 

«  Indicando  con  d  il  peso  del  gas  di  volume  Vx  alla  pressione  di  1™ 
di  mercmio,  alla  pressione  iniziale  hi  avremo 

17)  fA  =  — -; 

Vx9  ' 


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—  319  — 

e  poiché  la  quantità  d  è  riferita  all'unità  di  volume  del  gas,  rappresen- 
tando con  i  il 'peso  deirunità  di  volume  d'idrogeno  alla  pressione  di  O^'^TG 
e  con  p  il  peso  molecolare  del  gas,  sapendo  che  alla  pressione  hx 


18) 
oppure,  per 

■'-'/.'«f,^ 

A 

19)      • 
essendo 

*^'  =  0,76 

20) 

la  17)  ci  dà 

21) 

e  dalla  16)  l'espressione 

«r.A.p 

'^       2^  e;» 

22)                                  «'  = 

1,24  t/Ji,  lò,f\ 
-      9       %9vJ 

«  Le  quantità  ^ ,  n,  Si,  p  y  sono  costanti  per  un  medesimo  gas,  per 
cui  scriveremo 

23)  ^^^IMfnéJfh. 

e  la  22)  assume  allora  la  forma 

24)  a'  =  ^, 

e  possiamo  concludere,  per  l'espressione  antecedente,  che  alla  pressione  ini- 
ziale hi  lattrazione  molecolare  estema 

l''  è  proporzionale  alla  radice  cubica  del  numero  degli  elementi  com- 
ponenti la  molecola; 

2^  ò  proporzionale  al  quadrato  del  peso  molecolare; 

3^  è  inversamente  proporzionale  al  quadrato  del  volume  del  gas. 
•  Quest'ultima  conclusione   è   conforme   a   quella   dedotta   dall'espres- 
sione 10)  e  già  prevista  da  Van  der  Waals. 

«  Anche  per  gli  elementi,  non  essendovi  ragione  alcuna  di  ammettere 
una  legge  di  attrazione  diversa  da  quella  delle  molecole,  l'attrazione  dell'unità 
di  massa  di  un  elemento  qualunque  rispetto  all'unità  di  massa  dell'atmo- 
sfera eterea  posta  all'unità  di  distanza,  sarà  espressa  per  la  6)  da 

25)  a"  =  f' 

f  essendo  la  costante  di  attrazione  eguale  per  tutti  gli  elementi,  avendo 
essi  un'uguale  atmosfera  eterea  rispetto  alla  quale  reagiranno  con  eguale 
quantità  di  forza  per  mantenersi  in  equilibrio;  e  per  gli  n  elementi  conte- 
nuti neUe  N  molecole  del  voliune  Vi  del  gas,  dovendo  anch'essa  essere  in 
ragione  inversa  del  quadrato  del  volume  del  gas,  avremo 

26)  a"  =  /'  A  • 


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—  320  — 

La  costante  f  dipende  solo  dalla  pressione  esterna,  variando  con  essa  il 
volume  delle  atmosfere  eteree,  e  varierà  in  ragione  inversa  a  questa;  perciò 
essa  sarà  determinata  semplicemente  dal  rapporto  della  massa  dell'unità  as- 
soluta di  forza  -  e  la  massa  —Ai  della  forza  elastica  estema,   alla  pres- 

9  9 

sione  iniziale  Ai,  cioè 

ovvero,  ponendo 

27)  ««=/'=i: 

avremo  dalla  26) 

28)  a"  =  -^. 

K  Sostituendo  nella  5)  i  valori  di  ^  e  ci'  dati  dalle  24)  e  28)  abbiamo 

e  siccome  alla  pressione  iniziale  Ai  le  quantità  Ui  e  at  sono  costanti,  chia- 
mando a  la  costante  specifica  di  attrazione  molecolare,  sarà 

30)  a=^ai  —  (h 

e  la  29)  assume  la  forma 

«  Così  Tattrazione  intema  del  gas,  per  la  forma  attuale,  è  rappresentata 
da  un'espressione  identica  a  quella  a  cui  giunse  Van  der  Waals  col  semplice 
ragionamento;  ma  in  seguito  mostreremo  come  essa  debba  esser  modificata. 

«  Si  è  ricercata  l'attrazione  molecolare  del  gas  partendosi  da  quella  delle 
masse  di  due  molecole  rispetto  alle  distanze,  dei  loro  centri,  uguali  ai  dia- 
metri delle  rispettive  sfere  d'azione  ;  e  per  conseguenza  l'attrazione  ix  si  rife- 
risce ad  una  massa  molecolare  doppia  di  quella  contenuta  nell'unità  di  volume. 
Quindi  la  pressione  intema  dell'unità  di  volume  del  gas  sarà    . 

82)  e  =  Vtei 

ovvero,  per  la  31) 

33)  i  = 

e  la  4)  assume  la  forma 


2v,^ 


2 


«  11  volume  del  gas,  ossia  lo  spazio  nel  quale  si  muovono  le  molecole, 
è  uguale  alla  differenza  fra  il  volume  totale  del  gas  e;'  e  il  volume  molecolare 
relativo  h\  ossia  lo  spazio  occupato  dagli  elementi  molecolari;  per  cui 
35)  Vx^v'—H 


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—  321  — 

od  anche,  chiamando  b  il  volume  molecolare  delFunità  dì  volume  del  gas, 

36)  v'  =  v{l  —  b). 

«  Il  Tolume  molecolare  b ,  sarà  uguale  al  rapporto  fra  ^1  peso  del  gas 
dell*nnità  di  volume  e  il  peso  specifico  molecolare,  cioè  sarà 

37)  è=--^ 

essendo  d  il  peso  deirunità  di  volume  del  gas  alla  pressione  di  1°^  di  mer- 
curio, D  il  peso  specifico  molecolare  alla  pressione  iniziale  hi .  Ma  per  la 
legge  di  Avogadro,  in  condizioni  eguali  di  pressione,  essendo  uguale  il  numero 
delle  molecole  contenute  in  eguali  volumi  di  tutti  i  gas,  il  rapporto  fra  il 
numero  Ni  delle  molecole  contenute  nell'unità  di  volume  e  la  pressioue  ini- 
ziale Jhi  espressa  in  chilogranuni,  sarà  uguale  a  quello  di  una  molecola  e 
il  peso  specifico  molecolare;  per  cui 

Ni:./Ai  =  l:D 
da  cui 

38)  N.  =fi . 

«  Nelle  stesse  condizioni  di  pressione,  il  peso  specifico  molecolare  è  ugnale 
ad  Ni  volte  il  peso  molecolare  relativo  p ,  cioè 

da  cui 

P 
ed  egus^liando  quesito  valore  a  quello  della  38),  otterremo 


39)  D  =  yjhip 

cioè  alla  pressioiie  iniziale  Jhi  il  peso  specifico  molecolare  è  proporzionale 
alla  radice  quadrata  di  questa  e  del  peso  molecolare  relatìro. 
«  Per  la  20)  e  la  39)  la  37)  si  riduce  alla  seguente 


40) 


=  v.V«^ 


dalla  quale  si  ricava  che  il  volume  molecolare  è  proporzionale 

P  alla  radice  quadrata  del  peso  molecolare  ; 

2^  alla  radice  quadrata  della  pressione  iniziale  espressa  in  metri  di 
mercurio. 

«  Con  la  40)  resta  cosi  determinato  il  volume  specifico  molecolare  ;  quindi 
per  la  36)  le  33)  e  34)  si  riducono  aUe  seguenti 

^^^  ^~  2{v\l  —  b)y 

*2)  V.j^^+2).Xl'-^)r^^^^-^>  =  ^-^' 


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—  822  — 

«  n  volarne  totale  del  gas  in  queste  espressioni  è  riferito  alla  tempera- 
tura assoluta  6 .  Ordinariamente  le  temperature  alle  quali  si  misurano  i  volumi 
dei  corpi  sono  riferite  ad  un  punto  diverso  da  quello  corrispondente  allo  zero 
assoluto  ;  per  cui  volendo  render  confrontabili  con  le  esperienze  le  espressioni 
ottenute,  adottando  la  scala  centigrada  per  scala  termometrica  pratica,  siccome 
lo  zero  di  questa  corrisponde,  in  unità  assolute,  a 

43)  d,=i 

a 

quale  si  ottiene  dalla  1)  per  f  =  0°  C.  ;  ed  essendo  i  volumi  di  un  medesimo 

gas  proporzionali  alle  respettive  temperature  assolute,  indicando  con  v  il  volume 

del  gas  alla  temperatura  assoluta  ^i  avremo  la  seguente  proporzione 

oppure,  per  la  1)  e  la  43) 

V  V« 

da  cui 
45)  v'=  v{l+  ttt) . 

a  Sostitnendo  questo  valore  nelle  41)  e  42)  abbiamo 

^^^  *  ^  2\v{l—b){ì-hat)\* 

K  Clausius  aveva  già  avuto  occasione  di  avvertire  come  non  fossero  suf- 
ficientemente rigorose  le  premesse  che  condussero  Van  der  Waals  all'equa- 
zione generale  dell'isoterma;  e  che  l'attrazione  molecolare  doveva  aumentare 
col  diminuire  della  temperatura  assoluta.  L'espressione  46)  mentre  conferma 
quanto  aveva  preveduto  Clausius,  mostra  ancora  che  la  pressione  intema  del 
gas,  con  la  temperatura  deve  variare  nel  medesimo  rapporto  del  volume,  cioè  : 
la  pressione  interna  del  gas  è  inversamente  proporzionale 
al  quadrato  del  volume  del  gas  misurato  alla  corrispon- 
dente temperatura  espressa  in  unità  assolute. 

«  Al  punto  cui  siamo  giunti  è  ben  ricordare  che  la  pressione  interna  non 
è  altro  che  quella  parte  della  forza  viva  totale  del  gas  trasformata  in  energia 
potenziale,  in  conseguenza  dell'attrazione  molecolare  estema  ed  intema;  perciò 
essa  non  ha  relazione  alcuna  col  coefSciente  termico  molecolare  a ,  costante 
per  tutti  i  gas,  il  quale  ad  una  determinata  pressione  misura  l'aumento  della 
sola  energia  di  traslazione  molecolare  per  un  grado  di  temperatura  espressa 
in  unità  assolute.  Infatti  riscaldando  di  1^  l'unità  di  volume  d'un  gas  che 
si  trovi  alla  temperatura  dello  zero  assoluto  e  alla  pressione  di  A°*  di  mer- 
curio, mantenendolo  a  volume  costante,  il  calore  di  riscaldamento  si  distri- 
buirà egualmente  &a  gli  n  atomi  delle  Ni  molecole  componenti  la  massa 


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r^^inejrw^a,. 


—  323  — 

gassosa.  Ma  del  calore  totale  ai  (calore  atomico)  di  cui  si  riscalda  un  atomo, 
una  parte  ne  aumenterà  la  forza  viva  di  traslazione  e  l'altra  la  sua  energia 
potenziale;  per  cui  indicando  con  e  il  rapporto  fra  l'aumento  di  energia  di 
traslazione  atomica  e  quello  della  forza  viva  totale  delle  Ni  molecole  alla 
temperatura  assoluta  di  P  e  alla  pressione  di  0"^,76  ,  alla  stessa  temperatura 
e  alla  pressione  di  A'"  il  calore  che  aumenta  la  forza  viva  dì  traslazione  mole- 
colare sarà 

A 

0,76 

L'aumento  d'energia  di  traslazione  molecolare  Ni  ne ,  dell'unità  di  volume, 
per  un  grado  di  temperatura,  rappresenta  il  coefficiente  termico  molecolare  a , 
per  cui  avremo 

48)  y="m"'- 

«  Facendo  inoltre  variare  di  1^  la  temperatura  assoluta  del  gas,  mentre 
si  mantiene  alla  costante  pressione  A,  la  stessa  quantità V  di  calore  sarà  quella 
che  occorrerà  per  eseguire  il  lavoro  di  espansione  della  quantità  di  materia 
contenuta  nelV unità  di  volume,  indipendentemente  dalla  pressione  intema; 
per  cui  indicando  con  e  e  e'  i  calori  specifici  dell'unità  di  peso  del  gas  a 
pressione  costante  e  a  volume  costante,  e  con  d'  il  peso  dell'unità  di  volume 
del  gas  alla  pressione  di  0",76 ,  alla  pressione  di  A™  avremo 

49)  y  =  (,_Orf'^. 

«  Per  alcune  nostre  considerazioni  trovammo  (0 


p\        hn) 


J       ^ 

er=ai- 


essendo  jp  il  peso  molecolare;  perciò  la  49)  ci  dà 

50) 

e  siccome  sappiamo  che 


SO)  ^^V.f^'olè 


i  essendo  il  peso  dell'unità  di  volume  dell'  idr(^eno  a  O"  C.  e  alla  pressione 
di  0"",76 ,  la  50)  si  riduce  a 

„      S     h 


'<?  0,76 


(«)  A.  Violi,  Svila  relazione  di  alcune  proprietà  jliiehe  degli  aeriformi  col  rapporto 
dei  due  calori  tpeci/ici  a  pretsione  costante  e  a  volume  costante.  Nota  pubblicata  nei 
Tronaonti  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  voi.  VII,  serie  3»,  1888,  pag.  112. 


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tità   N— r-  nella  47)  è  una  funzione  della  temperatura  d  =  -(H~a^); 


—  324  — 
ed  eguagliando  questo  valore  a  quello  della  48)  otteniamo 

51)  "  =  '^4' 

tt  Questa  espressione  dimostra  chiaramente  come  il  coefficiente  termico 
molecolare  è  una  quantità  costante  per  tutti  i  gas,  dipendendo  unicamente 
dal  peso  delVunità.  di  volume  d' idrogeno  a  0^  G.  e  alla  pressione  di  un'atmo- 
sfera. Ponendo  nella  51)  ó  =  Cg.  0,089578  (peso  di  1"*  d' idrogeno  a  0",76 
di  pressione)  e  ^  =  9°*,80533 ,  abbiamo 

52)  „  =  0,00365426  =--^^0). 

<(  Procedendo  nello  sviluppo  della  teoria,  osserveremo  infine  come  la  quan- 
N— r-  nella 
perciò  scriveremo 

53)  t/3JL|«L  =  B'« 

essendo  B'  una  costante  dipendente  ancora  dalle  azioni  inteme  del  gas,  ed 
allora  la  47)  assume  la  forma 

oppure,  per 

54)  Bi  =  — =  ^NwM« 

a         3a 

la  seguente 

0  quest'altra  più  semplice 

e  siccome  in  pratica  si  esprime  la  pressione  in  metri  di  mercurio,  &cendo 
z/A  =  H,  avremo,  per  la  pressione  di  H  metri  di  mercurio,  l'espressione 

che  è  l'equazione  generale  dell'isoterma,  di  cui  ci  serviremo  in 
seguito  nello  studio  comparativo  della  compressibilità  e  della  elasticità 
dei  gas  » . 

(1)  La  dimostrazione  teorica  del  coefficiente  termico  molecolare  è  identica  a  quella 
da  me  fatta  altra  volta  pel  valore  teorico  del  coefficiente  di  tensione  indipendentemente 
dalle  azioni  inteme  dei  gas.  ■ —  A.  Violi,  Sul  valore  teorico  del  coefficiente  di  tensione f 
del  calore  specifico  atomico  degli  aeriformi  e  delV equivalente  dinamico  della  caloria,  Nota 
pul^blipata  pei  Rendicopti  dellt^  R.  Accademif^  dei  Jjincei,  voi.  VII;  serie  3%  1883,  pa^.  243, 


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—  325  — 

Fisica  terrestre.  —  Contributo  allo  studio  delle  rocce  magne- 
tiche dei  dintorni  di  Roma.  Nota  II,  di  Filippo  Keller,  presentata 
dal  Socio  Blaserna. 

«  In  una  Nota  precedente  {})  ho  esposto  il  metodo  di  rintracciare  il  ma- 
gnetismo delle  rocce  mediante  la  declinazione,  yengo  ora  a  trattare  quello  della 
componente  orizzontale.  Tale  procedimento  può  mettersi  in  pratica  anche  per 
un  orizzonte  ristretto,  giacché  qui  non  occorre  di  mirare  da  ciascuno  dei  due 
punti  A  e  B  sull'altro  o  sopra  un  terzo  ;  si  ha  quindi  molta  latitudine  nella 
scelta  del  punto  B,  che  può  essere  stabilito  una  volta  per  sempre  e  possi- 
bilmente in  una  località  non  magnetica.  Questa  circostanza  costituisce  senza 
dubbio  un  yantaggio  non  ispregevole  di  questo  metodo  in  confronto  di  quello 
della  declinazione,  potendosi  più  &cilmente  scegliere  delle  località  riparate 
dal  sole  e  dal  yento.  Importantissima  poi  è  la  sua  applicazione  a  ristretti 
ambienti  sotterranei;  simili  ricerche  hanno  un  interesse  speciale  in  ordine 
alla  questione,  se  in  spazi  racchiusi  da  rocce  magnetiche  si  manifesti  la  forza 
magnetica,  la  quale  azione  è  stata  negata  da  alcuni. 

«  La  misura  assoluta  della  componente  orizzontale,  ideata  da  Gauss, 
esige,  come  si  sa,  due  operazioni  distinte;  nella  prima  si  determina  il  tempo 
di  oscillazione  di  una  sbarra  magnetica,  e  nella  seconda  la  deflessione  pro- 
dotta dalla  stessa  sbarra  sopra  un  ago  liberamente  sospeso;  ciascuna  di  queste 
misure  dà  luogo  ad  un  metodo  speciale  per  la  determinazione  relativa  della 
componente  orizzontale.  Quale  dei  due  metodi  sia  il  più  esatto  non  può  essere 
deciso  in  modo  assoluto,  giacché  qui  entra  anche  il  grado  di  esattezza  degli 
strumenti  adoperati.  Lasciando  da  parte  la  sbarra  m^netica,  la  quale  dev'es- 
sere costruita  colla  medesima  cura  in  ambedue  i  modi  di  sperimentare,  il 
primo  metodo  richiede  come  parte  più  essenziale  e  delicata  dell'apparecchio 
sperimentale  un  cronometro  di  precisione,  il  quale  istrumento  essendo  di  uso 
molto  comune,  non  è  poi  tanto  difBcile  a  procurarsi.  Valendosi  invece  delle 
deflessioni,  allora  occorre  un  istrumento  per  la  misura  degli  angoli,  di 
grande  precisione,  di  costruzione  tutta  speciale  e  per  certo  molto  meno  co- 
mune deirorologio.  Nelle  mie  ricerche  in  campagna  mi  sono  sempre  attenuto 
al  metodo  delle  oscillazioni  il  quale,  tenendo  conto  di  tutte  le  circostanze, 
mi  sembra  molto  piti  opportuno  dell'altro.  E  qui  cade  in  acconcio  di  ricordare 
il  lavoro  di  Hellmann  (^)  che  fece  degli  appositi  studi  comparativi  rapporto 
alla  precisione  dei  due  metodi,  nei  quali  conclude  sulla  preferenza  da  doversi 
dare  alle  oscillazioni. 

(J)  V.  pag.  38. 

(*)  Karl,  Repertorium  der  Expàrimentalphysiky  voi.  XVI,  anno  1880,  pag.  212. 

Rendiconti,  1888,  VoL.  IV,  !<>  Sem.  42 


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—  326  — 

«  Circa  le  norme  pratiche,  che  si  devono  seguire  in  simili  misure  rimando 
il  lettore  alla  Nota:  Misura  della  componente  orizzontale  del  magnetismo 
terrestre  eseguita  in  alcune  località  dei  dintorni  di  Roma  {})  e  in  un'altra 
pubblicazione  {})  ho  aggiunto  alcune  considerazioni,  che  riguardano  Tinfluenza 
prodotta  dalla  Terra  su  questo  metodo,  inquantochè  questa  induzione  fa  va- 
riare, sebbene  assai  debolmente,  Vintensità  della  sbarra  oscillante. 

ft  Nel  metodo  della  componente  orizzontale,  sia  che  si  faccia  uso  delle 
oscillazioni,  sia  delle  deflessioni,  esiste  peraltro  una  causa  di  errore,  che  non  è 
punto  da  temei'si  nel  metodo  della  declinazione,  cioè  la  variazione  del  mo- 
mento magnetico  della  sbarra.  Per  evitare  il  suo  effetto  nocivo  o  almeno  per 
deprimerlo  il  più  possibile,  è  indispensabile  di  tener  conto  del  sua  coefficiente 
termico  e  si  dev'essere  sicuri  che  la  sbarra  non  sia  soggetta  a  un  indeboli- 
mento progressivo  troppo  sensibile  e  che  tale  perdita  di  forza  non  vada  a 
salti.  Quest'ultimo  difetto,  che  è  senza  dubbio  il  più  dannoso,  ed  al  quale  forse 
non  tutti  gli  autori  hanno  data  Timportanza  che  merita,  richiede  una  perio- 
dica verifica  dello  stato  magnetico  della  sbarra.  Si  può  fare  a  meno  di  tale 
operazione  nel  solo  caso  in  cui  il  tempo  percorso  fra  le  due  osservazioni  in  A 
e  B  è  relativamente  breve  e  quando  le  medesime  vengono  fatte  a  contrat- 
tempo. Per  l'accennata  verifica  sarebbe  rigorosamente  necessario  di  determinare 
il  momento  magnetico  in  misura  assoluta,  ma  quando  non  viene  richiesto  l'ul- 
timo limite  di  precisione,  cioè  quando  si  tratta  di  rocce  magnetiche  non  debo- 
lissime, basta  anche  la  misura  del  tempo  di  osciUazione  in  un  luogo  privo 
di  magnetismo,  prescindendo  così  dalle  variazioni  periodiche  del  magnetismo 
terrestre,  le  quali  sono  per  dire  il  vero,  tranne  casi  eccezionali,  sempre 
assai  piccole. 

tt  Oltre  la  precauzione  ora  esposta  è  da  raccomandare  la  massima  cura 
nel  maneggio  e  nel  trasporto  della  sbarra  per  evitare  il  più  piccolo  urto  o 
l'attrito,  come  anche  il  suo  riscaldamento  e  il  troppo  suo  avvicinarsi  a  (^getti  di 
ferro  o  peggio  ancora  a  un  magnete.  Ora  tutte  queste  cautele  sono  superflue 
nel  metodo  della  declinazione. 

«  Un'altra  circostanza,  che  imbarazza  in  questo  metodo  maggiormente 
che  in  quello  della  declinazione,  consiste  nel  peso  più  grande  che  si  deve 
dare  al  magnete,  perchè  essendo  questo  più  potente,  produce  una  induzione  più 
forte  sul  terreno.  La  maggiore  massa  della  sbarra  è  necessaria,  inquantochè 
influisce  molto  favorevolmente  sulla  regolarità  delle  oscillazioni.  Infatti  non 
havvi  causa  più  dannosa  per  le  oscillazioni,  che  le  deboli  correnti  di  aria, 
che  si  formano  facilmente  nell'interno  della  cassetta  di  oscillazioni  e  la  non 
perfetta  stabilità  di  quest'ultima  per  causa  del  vento.  Ora  tali  sorgenti  di 


(M  Atti  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Meni,  fis.,  voi.  Il,  serie  3*,  anno  1878,  pag.  577. 
(*)  Considerazioni  sulla  misura  della  componente  orizzontale  del  magnetismo  ter- 
restre, ecc.  Roma  1881,  tipografia  Salviucci,  pag.  6. 


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errore  si  fanno  sentire  assai  più  forti  nelle  sbarre  leggiere  ;  per  comprovare 
la  superiorità  dei  magneti  pesanti,  basta  fare  oscillare  mia  sbarra  in  mi  primo 
caso  da  so  sola  e  in  un  secondo  caricata  da  un  anello  o  cilindro  addizionale, 
appunto  come  si  procede  nel  noto  metodo  per  la  determinazione  del  momento 
d*inerzia.  Confrontando  i  rispettiyi  risultati,  si  vedrà  sempre  come  Terrore  medio 
corrispondente  alla  sbarra  carica  sia  di  molto  inferiore  all'altro.  Vero  è  da 
un  altro  lato,  che  le  sbarre  molto  pesanti  debbono  essere  escluse  per  altre 
ragioni;  ponderate  bene  le  cose,  sembra  che  sbarre  di  un  peso  di  circa  50 
grammi  si  prestino  nel  modo  più  opportuno  allo  scopo  prefisso,  ben  inteso 
sempre  quando  si  tratta  il  misura  da  eseguirsi  in  viaggi. 

K  Non  sarà  fuori  di  luogo  il  riportare  qui  un  esempio  pratico  del  metodo 
della  componente  orizzontale  ;  la  misura  in  parola  è  stata  fatta  nel  mese  di 
aprile  1880.  La  località  A  esplorata  è  una  cava  di  peperino,  ora  abbando- 
nata nella  contrada  Vallericcia  poco  distante  da  Marino  (da  non  confondersi 
colla  valle  omonima  presso  Ariccia).  La  ristrettezza  di  questa  cava  e  il  suo 
orizzonte  chiuso  renderebbe  impossibile  Tapplicazione  del  metodo  della  decli- 
nazione ;  essa  è  del  resto  fatta  a  giorno  e  lo  strumento  si  pose  immediatamente 
sol  suolo.  Come  punto  B  di  riferimento  è  stata  scelta  una  cava  di  ghiaia 
sotterranea  posta  nella  tenuta  di  Casetta  Mattei  a  pochi  passi  dalla  Via  Por- 
tuense  sul  suo  lato  destro.  In  tale  località  non  esistono  terre  vulcaniche  ;  essa 
si  trova  a  km.  7  da  Porta  Portese  e  km.  22  dal  punto  A  di  Marino  ;  la  diffe- 
renza di  latitudine  dei  due  punti  è  di  minuti  quattro  e  mezzo. 

K  Le  osservazioni  del  tempo  di  oscillazione  sono  state  fatte  in  modo  iden- 
tico nelle  due  località  ;  il  numero  delle  oscillazioni  era  di  150  per  ogni  sin- 
gola determinazione.  Giunto  sul  luogo  ho  sempre  usato  la  precauzione  di 
attendere  almeno  un  ora  e  un  quarto  prima  d' incominciare,  dando  così  all'istru- 
mento  il  tempo  necessario  per  mettersi  in  equilibrio  di  temperatura.  Nulla  è 
da  temere  dalV indebolimento  progressivo  della  sbarra,  come  mi  sono  potuto 
persuadere  con  frequenti  confronti,  anzi  perfino  in  un  intervallo  di  parecchi  mesi 
non  si  manifesta  ancora  una  decisa  perdita  di  forza.  Le  condizioni  sono  anche 
buone  riguardo  alla  temperatura;  la  differenza  delle  temperature  medie  è  di 
solo  0^,7  e  non  influisce  sul  rapporto  delle  due  componenti  orizzontali  che 
nella  quarta  cifra  decimale.  Il  momento  della  sbarra  uguaglia  a  circa  515 
unità  assolute  (c.g.s);  il  rapporto  delle  due  intensità  orizzontali  fii  calcolato 
colla  formula  semplificata 

ove  denotano  ^  e  /i  i  tempi  di  oscillazioni,  B  ^  B\  le  temperature  e  a  il  coeffi- 
ciente termico  potendosi  nel  caso  attuale  prescindere  dalla  induzione,  che  pro- 
duce la  Terra  sulla  sbarra.  Siccome  poi  le  ampiezze  iniziali  sono  rigorosa- 
mente uguali  e  le  finali  almeno  assai  prossimamente,  si  può  fare  a  meno  della 


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correzione  dovuta  agli  archi  di  oscillazione.   Parecchie  serie  di  osservazioni 
di  150  oscillazioni  ciascuna  davano  per  i  valori  medi 

in  A        t  =  829,3*        B  =  15^0 

in  B        ^1=838,0»        ^  =  14^3 


dei  quali  si  desume 


^  =  1,0218, 


«  Non  è  qui  il  luogo  di  entrare  in  considerazioni  sulla  precisione  di 
questo  risultato;  quello  che  è  certo  si  è  che  la  intensità  orizzontale  della 
località  esplorata  a  Marino  risulta  maggiore  a  quella  di  Casetta  Mattei.  Tale 

eccedenza   di   forza  a  Marino,  che   sarebbe  a  un   dipresso  t^»  rivela  senza 

4o 

dubbio  la  presenza  di  rocce  magnetiche  nella  località  in  questione  ;  vi  è  però 
da  fare  una  piccola  correzione  in  meno,  per  causa  della  diversa  posizione  topo- 
grafica. Difatti  è  noto  che  la  componente  orizzontale  diminuisce  in  Italia 
colla  latitudine  e  tale  diminuzione  uguaglia  nella  nostra  latitudine  (posta 
la  forza  di  Roma  =  1)  a  circa  0,0003  per  V  (^  ;  ora  siccome  il  punto  di  rife- 
rimento si  trova  di  circa  minuti  4,5  al  nord  di  Marino,  si  vede  che  il  tro- 

X 

vate  valore  di  —  dev'essere  diminuito  presso  a  poco  di  0,0013.  La  vera  ecce- 
^\ 

denza  di  forza  a  Marino  da  attribuirsi  al  terreno  è  quindi  di  0,0205.  Rigo- 
rosamente parlando  sarebbe  ancora  da  applicarsi  la  correzione  per  la  differenza 
di  longitudine  la  quale  non  è  ben  nota  ma  certo  è  assai  piccola. 

tt  Rapporto  alle  condizioni  geologiche  della  località  in  parola  è  da  notare, 
che  nei  contorni  di.  Marino  predomina  dappertutto  il  peperino,  il  quale  è, 
come  si  sa,  una  lava  fangosa  indurita  (^).  Questa  roccia  palesa  in  generale 
un  magnetismo  debole  relativamente  alle  altre  rocce  dei  monti  Laziali  di 
carattere  ben  distinto,  ma  essa  racchiude  spesse  volte  dei  blocchi  più  o  meno 
grandi  di  lava  basaltina  e  alcuni  di  questi  sono  dotati  di  forte  magnetismo. 
Due  di  tali  blocchi  vicini  alla  sommità  del  Monte  Crescenzio  invertono  com- 
pletamente l'ago  di  una  piccola  bussola,  e  un  altro  consimile  giace,  nella 
località  appellata  Costacasella,  quasi  in  contatto  col  sentiero  Marino-Palazzola, 
il  quale  costella  il  bordo  superiore  del  bacino  del  Lago  di  Castel-Gandolfo. 

«  Prima  di  mettere  termine  al  metodo  della  componente  orizzontale,  dob- 
biamo ancora  fare  un'altra  riflessione.  In  generale  è  di  vantaggio,  ma  non 
strettamente  necessario,  lo  stabilire  il  punto  B  in  terreno  neutro  e  possiamo 

(^)  Misura  della  componente  orizzontale  ecc.  Memoria  citata,  pag.  582. 

(')  Chiamando  il  peperino  nna  lava  fangosa,  non  voglio  punto  dichiararmi  in  modo 
generale  sulla  parte  che  ha  preso  Tacqua  nella  sua  formazione,  se  cioè  rimpasto  del  ma- 
teriale incoerente,  di  cui  è  composto  questa  roccia,  si  sia  effettuato  neirintemo  del  cratere 
di  emissione,  ovvero  all'esterno  per  mezzo  delle  pioggie.  È  però  indubitato  che  quest'ul- 
tima ipotesi  dev'essere  preferita  se  non  sempre,  almeno  per  alcuni  giacimenti  di  peperino. 


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qui  procedere  analogamente  al  metodo  della  declinazione  di  tre  punti,  yale  a 
dire  possiamo  stabilire  i  due  punti  A  e  B  in  distanza  piil  o  meno  piccola 
imo  dall'altro  (senza  aver  bisogno  di  un  terzo  punto).  Anzi  vi  sono  dei  casi, 
da  considerarsi  peraltro  piuttosto  come  eccezionali,  in  cui  si  trova  con  questo 
procedere  una  differenza  più  marcata,  che  non  per  un  punto  B  neutro.  Poten- 
dosi in  questo  modo  più  facilmente  osservare  a  contrattempo,  la  correzione 
per  Tintensità  della  sbarra  non  ha  più  grande  importanza. 

Metodo  della  incUnasione. 

e  Questo  metodo  considerato  in  se  stesso  avrebbe  dei  pregi  non  indiffe- 
renti ;  infatti  oltre  di  poterlo  mettere  in  pratica  in  un  orizzonte  ristretto,  dà 
esso  le  sue  indicazioni  con  una  sola  operazione,  in  misura  assoluta  e  con 
discreta  sollecitudine.  Però  non  si  deve  perdere  di  vista,  che  i  difetti  delVincli- 
nometro  sono  così  rilevanti  da  dare  allo  strumento  una  precisione  inferiore 
di  molto  a  quella  del  declinometro  e  intensimetro.  Ma  siccome  spesse  volte 
si  possono  rintracciare  le  rocce  magnetiche  senza  aver  bisogno  di  grande  pre- 
cisione dell'istrumento,  cosi  Tinclinometro  può  rendere  buoni  servizi  agli  studi 
in  proposito.  Essendo  poi  il  suo  uso  assai  semplice,  non  serve  di  entrare  in 
considerazioni  particolari  sul  medesimo. 

ft  Riassumendo  il  fin  qui  detto,  abbiamo  i  seguenti  sei  modi  di  studiare 
il  magnetismo  delle  rocce,  i  due  primi  dei  quali  si  possono  eseguire  in  laboratorio, 
mentre  i  rimanenti  devonsi  invece  fare  sul  posto.  P  Ridotta  una  piccola  por- 
zione della  roccia  in  polvere,  si  estraggono  con  un  magnete  le  particelle  ma- 
gnetiche. 2^  Si  analizza  un  frammento  della  roccia  coU'ago  magnetico.  3^  Si  de- 
termina l'influenza  della  roccia  sul  declinometro.  4"^  Si  determina  la  sua 
influenza  sulla  componente  orizzontale  mediante  le  oscillazioni.  5°  Idem,  me- 
diante le  deflessioni.  6^  Si  determina  la  sua  influenza  sull'inclinometro.  Pure 
le  misure  della  intensità  totale  potrebbero  servire  a  questo  medesimo  scopo, 
come  anche  le  modificazioni  introdotte  in  questi  ultimi  tempi  ai  metodi  comuni 
della  misura  della  componente  orizzontale;  reputo  però  del  tutto  inutile  di 
intrattenermi  su  questo  argomento  per  la  sua  stretta  analogia  colle  cose  esposte 
anteriormente. 

Cenni  storici  sulla  scoperta  di  rocce  magnetiche  nei  dintorni  di  Roma. 

«  La  notizia  più  antica  di  queste  rocce  è  senza  dubbio  di  Breislak.  Infatti 
dice  questo  scienziato,  ragionando  delle  condizioni  geologiche  della  Valle 
del  Sacco  (^):  «  Lorsque  j'habitais  Rome,  j'ai  suivi  les  traces  des  matières 
«  volcaniques  depuis  les  montagnes  d'Albano  e  di  Frascati  jusqu'à  la  plaine 
fc  de  Segni,  qui  confine  à  celle  d'Anagni,  et  c'est  là  que  je  découvris  ce  tuf 

(*)  Voyages  physiques  et  lythologiques  dans  la  Campanie.  Tome  premier.  Paris  1801, 
pag.  13. 


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«  dont  beaucoup  de  lythologues  ont  parie,  qui  était  doué  d'une  force  et  d'une 
«  polarité  magnétique  si  grande,  qu'il  la  manifestait  à  la  distance  de  sii 
«  pouces  » .  Breislak  tace  sull'epoca  di  questa  scoperta  ;  il  suo  libro  è  stato 
pubblicato  inizialmente  in  italiano  nel  1798,  ma  la  scoperta  risale  a  un  epoca 
molto  anteriore  come  si  vede  dal  seguente  brano  di  Lamétherie  (^)  «  Le  Pére 
«  Breislak,  professeur  de  Physique  au  collège  Nazarien,  à  Rome,  a  trouvé, 
«  au  pied  des  Monts  Albano  un  tuf  qui  a,  à  un  degré  éminent,  la  polarité 
«  propre  à  Faimant,  sans  paroìtre  avoir  la  faculté  d'attirer  le  fer.  Il  repousse 
tf  et  attiro,  à  une  très  grande  distance  une  aiguille  aimentée ...  Les  moindres 
«  fragments  de  ce  tuf  ont  la  méme  proprieté  » .  Lamétherie  riferisce  di  aver 
riprodotto  questo  brano  dalle  Mémoires  sur  les  isles  Ponces,  pag.  46,  par 
Dolomieu;  questa  ultima  opera  è  stampata  nel  1788  (-).  La  scoperta  di 
Breislak  risale  quindi  almeno  a  un  secolo  indietro.  Ma  vi  è  di  più.  Dice  lo 
Scacchi  parlando  delle  rocce  magnetiche  del  Monte  Vulture  (^).  «  Il  primo, 
«  il  quale  abbia  conosciuto  qualche  esempio  di  rocce  col  magnetismo  polare 
«  è  stato  il  nostro  Breislak  prima  del  1761  ed  egli  rinvenne  tale  proprietà 
«  in  un  pezzo  di  tufo  vulcanico  trovato  nella  Valle  Roscillo  sotto  Segni  ». 

(1)  Journal  de  Physique,  de  Chemie  etc.  par  Lamétherie.  Anno  1794,  tome  45,  pag.  320. 

(*)  Biòliographisch'literarisches  Haiidwòrterbuch  zur  Gèschichte  der  exacten  Wissen- 
schaften,  von  Poggendorff.  1°  Band.  p.  688. 

(3)  Rendiconti  della  R.  Accademia  di  Napoli,  anno  primo  (tornata  del  23  gennaio  1853), 
pag.  23.  Devo  al  mio  giovane  amico  dottore  Giovanni  Agamennone  Taver  avuto  cognizione 
di  questo  brano,  tanto  interessante  per  la  storia  della  scoperta  delle  rocce  magnetiche 
romane.  Le  mie  indagini  fatte  sul  posto  mi  hanno  condotto  a  riconoscere  la  località  in 
discorso  presso  la  piccola  chiesuola  rurale  chiamata  Madonna  di  Rossilli;  tale  punto 
si  trova  non  nel  territorio  di  Segni,  come  si  potrebbe  essere  indotto  a  credere  dal  detto 
di  Breislak,  bensì  in  quello  di  Gavignano  ;  esso  dista  poco  più  di  un  chilometro  da  questo 
paese  verso  Nord.  La  distanza  da  Segni  è  in  linea  retta  di  chilometri  tre  circa.  (La  deno- 
minazione Valle  Roscillo,  come  scrive  Breislak,  non  si  conosce  né  a  Segni  né  a  Gavignano), 
Questa  contrada  si  trova  appunto  sul  confine  del  terreno  vulcanico  del  quale  è  coperta 
gran  parte  della  pianura  interposta  fra  Gavignano  e  Anagni  e  per  avere  una  indicazione 
topografica  più  chiara  sulla  medesima,  basta  a  osservare  che  l'antica  via  Latina  (ora  del 
tutto  deserta)  viene  in  questo  punto  intersecata  da  un  ruscello,  il  quale,  raccogliendo  le 
acque  di  una  grande  parte  del  territorio  di  Gavignano,  va  poi  a  fluire  nel  fiume  Sacco 
fra  le  stazioni  ferroviarie  di  Segni  e  Anagni.  Non  ho  dettagliatamente  esplorato  questa 
contrada,  come  lo  meriterebbe,  bensì  mi  sono  limitato  a  una  sola  osservazione  col  metodo 
della  declinazione  di  tre  punti  ;  la  divergenza  ottenuta  era  di  1®  9'  corrispondente  alla  distanza 
AB  di  m.  18  circa.  E  qui  giova  notare  che  il  terreno  poco  si  presta  a  questo  metodo  per 
la  difficoltà  delle  mire,  gli  strati  più  fortemente  magnetici  si  trovano  secondo  ogni  cre- 
dere in  maggiore  profondità  e  questi  sono  soltanto  accessibili  nelle  cave  di  pozzolana  sot- 
terranee ivi  esistenti,  in  parte  riempite  di  acqua.  La  divergenza  osservata  a  RossiUi  vera- 
mente non  è  molto  grande,  ma  non  si  deve  perdere  di  vista  che  una  sola  osservazione  non 
basta  per  dare  una  giusta  idea  del  magnetismo  del  suolo,  giacché  assai  facilmente  può  acca- 
dere che  la  forza  deviatrice  non  abbia  la  direzione  opportuna  per  produrre  un  forte  effetto 
sulla  bussola  ;  vi  sono  poi  ancora  da  considerare  diverse  altre  circostanze  riguardo  a  questo 


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Qui  però  si  deve  osservare,  che  probabilmente  è  incorso  qualche  errore  ri- 
guardo alla  data  del  1761,  perchè  Breislak  è  nato  nel  1748  (così  almeno  riporta 
tanto  l'Enciclopedia  di  Boccardo  che  il  Vocabolario  di  Poggendorff)  ed  egli 
ayrebbe  quindi  fatta  la  scoperta  nell'età  di  soli  13  anni. 

s  Breiblak  conosceva  pure  le  proprietà  magnetiche  del  tufo  litoide  del 
suolo  di  Boma  ;  infatti  descrìvendo  egli  minutamente  le  proprietà  litologiche 
del  tufo  della  Collina  Capitolina  asserisce  (0  •  Son  action  siur  le  barreau 
«  aimanté  est  sensible  à  la  distance  de  5  à  7  millimètres  » .  Se  questa  osser- 
vazione sia  stata  fatta  prima  o  dopo  il  rinvenimento  del  tufo  magnetico  a 
fiossilli,  non  può  essere  deciso,  atteso  che  questo  secondo  passo  di  Breislak 
non  viene  riportato  da  verun  autore. 

«  Siccome  poi  viene  detto,  rapporto  a  questo  tufo,  che  anche  piccoli  fram- 
menti palesano  il  magnetismo,  si  vede  a  evidenza  che  l'autore  si  valse  del 
secondo  dei  sei  metodi  di  sopra  riportati.   Degno  di  nota   è  anche  il  fatto, 


argomeuto,  come  feci  notare  nella  mia  Nota  precedente.  Non  cadrà  qui  inopportuno  di 
riportare  alcune  altre  misure  da  me  fatte  nel  1886  nella  zona  vulcanica  compresa  fra  Segni 
e  Anagni  e  nel  suo  prolungamento  verso  Yalmontone.  Il  metodo  adoperato  era  sempre  quello 
della  declinazione  di  tre  punti.  Le  rocce  componenti  il  suolo  sono  dappertutto  il  tufo  di 
diverse  graduazioni  e  la  pozzolana  nera.  Ecco  le  divergenze  osservate  : 


Pontelungo  (presso  Valmontone) 

12»  42' 

Pontesacco 

lOo    r 

Osteria  Bianca 

70    S' 

Castellacelo 

40  47' 

Colleferro 

20  35' 

Da  questi  numeri  risulta  per  la  zona  in  parola  un  magnetismo  molto  pronunciato,  e  si 
potrebbe  fare  la  domanda  sulla  vera  causa  di  questo  grande  accumulamento  di  terra  magne- 
tica in  confronto  ad  altre  regioni  vulcaniche  ;  è  principalmente  la  pozzolana  nera  che  palesa 
sì  forte  magnetismo.  Ritengo  per  indubitato  che  nella  formazione  di  detta  pozzolana  come 
anche  del  tufo  in  genere,  abbia  avuta  Tacqua  una  parte  essenziale;  similmente  come  si 
deposita  la  sabbia  nera  vulcanica  in  gran  parte  magnetica  al  fondo  di  tanti  ruscelli  dei 
dintorni  di  Boma  per  semplice  effetto  di  lavatura  (nel  senso  metallurgico),  così  dovevano 
le  fiumare  dell'epoca  pluviale  formare  dei  giacimenti  di  terra  di  maggior  peso  specifico 
e  fra  queste  è  appunto  la  pozzolana  nera,  che  contiene  la  magnetite  in  discreta  quantità. 
Certo,  l'ammettere  che  la  distribuzione  delle  rocce  magnetiche  dipende  in  parte  dalle  condi- 
zioni idrografiche  nei  tempi  geologici  sembra  a  prima  vista  un  poco  strano  ;  analizzando 
però  ripotesi  più  da  vicino  la  cosa  cambia  di  aspetto.  Del  resto,  chi  non  volesse  ammet- 
tere il  trasporto  delle  terre  vulcaniche  e  la  loro  distribuzione  per  effetto  delle  alluvioni, 
si  troverebbe  secondo  il  mio  modo  di  vedere  nella  assoluta  impossibilità  di  spiegare  la 
presenza  di  tanti  giacimenti  vulcanici  nelle  vallate  degli  Apennini.  Tali  depositi,  spesse 
volte  di  dimensioni  assai  piccole  e  molto  lontani  dai  centri  vulcanici,  si  trovano  perfino 
nel  versante  Adriatico,  così  nel  bacino  del  Pescara  nei  pressi  di  Aquila,  Solmona  e  in 
altri  siti. 

(0  Voyagés  physiques  et  lytologiques  etc,  tome  II,  pag.    252. 


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—  332  — 

che  Breislak  non  osservò  soltanto  Tattrazione  magnetica,  bensì  anche  la  repul- 
sione, la  quale  è  più  difficile  a  riconoscere  ;  ciò  fa  arguire  che  egli  si  serri 
di  aghi  assai  piccoli. 

tt  Breislak  non  parla  di  altre  rocce  magnetiche  dei  dintorni  di  Roma  ; 
Bellevue  invece  fa  menzione  del  magnetismo  che  palesa  la  lava  basaltina  nel 
suo  lavoro  intitolato:  Mémoire  sur  les  crisiaux  microscopiqìies  et  en parti- 
culier  sur  la  Séméline^  la  Mélilite  et  le  Selce-Romano  (*).  Infatti  enumerando 
egli  le  proprietà  di  quest'ultima  lava,  dice  (pag.  460)  :  »  Quelque  fragment 
de  la  masse,  qu*on  en  prenne,  il  est  attirable  à  Taimant  par  la  présence  des 
petits  cristaui  dodécaèdres  » .  Qui  però  si  deve  aggiungere  che  forse  Breislak 
non  ignorava  l'esistenza  delle  lave  magnetiche  di  Roma  all'epoca  di  Bellevue, 
quello  che  è  certo  si  è,  che  egli  conosceva  bene  il  fatto,  che  vi  siano  delle 
lave  in  genere  che  agiscono  sul  magnete,  come  viene  avvalorato  dal  seguente 
brano,  che  si  riferisce  alla  sabbia  magnetica,  la  quale  si  trova  nelle  spiaggia 
dell'Isola  di  Ischia  e  del  golfo  di  Napoli  e  di  Baia,  e  alla  sua  possibile  pro- 
venienza dalle  lave  del  Monte  Somma  :  «  Ce  metal  (il  ferro)  est  généralement 
repandu  dans  les  laves  qui  font  mouvoir  l'aiguille  aimantée  »  (^). 

«  Per  completare  quanto  dicemmo  finora  sulle  cognizioni  che  si  ebbero 
al  principio  di  questo  secolo  sulle  rocce  magnetiche  romane,  conviene  aggiun- 
gere il  celebre  geologo  Brocchi  il  quale  enumera  molte  lave  basaltine  che 
palesano  del  magnetismo,  principalmente  delle  colate  di  Capo  di  Bove  e  di 
Colonna  {^),  Nel  museo  geologico  della  nostra  Università  si  trovano  inoltre 
molti  campioni  di  lave  magnetiche,  senza  conoscere  positivamente  il  racco- 
glitore; il  prof.  Meli  opina  che  essi  provengano  appunto  dalla  raccolta  di 
Brocchi  e  forse  anche  dal  Riccioli. 

<t  Riconosciuto  una  volta  dal  Breislak,  che  frammenti  distaccati  da  varie 
rocce  dei  contomi  di  Roma  agiscono  sull'ago  magnetico,  ne  seguiva  come  con- 
seguenza indiscutibile  che  il  suolo  di  tale  località  deve  necessariamente  alte- 
rare le  indicazioni  degli  strumenti  magnete-tellurici,  sebbene  forse  in  minima 
scala.  Ma  doveva  passare  un  intervallo  di  tempo  abbastanza  lungo  finché  venisse 
fatta  una  osservazione  positiva  e  sicm*a  su  questo  argomento,  e  pare  che  al 
Secchi  deve  attribuirsi  la  priorità  della  medesima.  Inatti  avendo  questo 
autore  (^)  nel  1859  eseguite  delle  misure  della  inclinazione  a  Monte  Cavo  e 
alle  Fratocchie,  la  trovò  in  questi  due  punti  notevolmente  più  grande  che  non 
a  Roma,  mentre  secondo  l'andamento  generale  delle  isocline  avrebbe  dovuto 
essere  più  piccola.  Egli  attribuisce  questa  anomalia  all'azione  delle  lave  e 
scorie  vulcaniche  che  ivi  si  trovano  ovunque;  che  questa  sia  la  vera  causa 

(1)  Journal  de  Physique  etc.  par  Lamétherie,  tome  LI  anno  1800,  pag.  442. 
(*)  Breislak,  Voyages  physiques  etc,  voi.  II,  pag.  229. 

(3)  Catalogo  ragionato  di  una  raccolta  di  rocce  disposte  con  ordine  geografico  per 
servire  alla  geognosia  d'Italia,  Milano  1817. 

(*)  Memorie  del V Osservatorio  del  Collegio  Romano  dal  IH 6  7  al  1859,  pag.  204. 


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—  333  — 

è  indubitato,  salvo  che  le  parole  lave  e  scorie  non  si  devono  prendere  in  senso 
troppo  assoluto. 

«  Ma  potrebbe  dirsi  :  la  campagna  romana,  questa  classica  regione,  è  stata 
battuta  nei  tempi  passati,  come  ancora  al  giorno  di  oggi  da  non  pochi  scien- 
ziati, per  fare  delle  ricerche  topografiche  principalmente  sotto  il  punto  di  vista 
archeologico,  e  molti  di  essi  si  sono  senza  dubbio  serviti  della  bussola,  stru- 
mento dapprima  molto  in  uso  per  causa  della  grande  sollecitudine,  con  cui 
si  misurano  gli  angoli.  Ora  come  è  avvenuto,  che  a  questi  topografi  sia  ri- 
masto occulto  il  magnetismo,  che  s'incontra  in  tanti  punti  deU'Agro  Bomano? 
La  risposta  a  questa  domanda  è  facile;  le  norme  pratiche  per  fare  una  buona 
misura  colla  bussola  sono  le  stesse,  sia  che  si  tratta  di  esplorare  il  suolo  sul 
suo  magnetismo,  sia  che  si  tratta  di  una  misura  topografica,  ma  i  criteri  per 
la  scelta  dei  punti,  nei  quali  debbonsi  eseguir  le  misure,  sono  ben  differenti 
nei  due  casi.  In  secondo  luogo  sono  le  bussole  adoperate  in  topografia  pel  so- 
lito assai  piccole,  il  che  rende  meno  facile  di  riconoscere  le  anomalie  ma- 
gnetiche. Finalmente  è  probabile,  anzi  quasi  certo,  che  delle  divergenze  del- 
l'ho della  bussola  siano  state  difatti  osservate,  ma  siccome  il  vero  e  coscen- 
zioso  osservatore  ha  difficilmente  delle  idee  troppo  ottimiste  delle  sue  misure, 
si  credette  che  tali  divergenze  fossero  effetti  di  cause  inevitabili  di  errori  o 
di  imperfezione  dello  strumento. 

«  Eapporto  alla  applicazione  della  bussola  per  ricerche  topografiche  nel- 
l'Agro Bomano,  stimo  opportuno  dì  citare  alcuni  nomi  di  non  dubbia  fama. 
Westphal,  parlando  del  rilevamento  della  sua  Carta  Topografica  dei  dintorni 
di  Boma,  eseguito  nel  1828  e  29,  la  quale  era  senza  alcun  dubbio  la  più 
precisa  a  quei  tempi,  dice  di  aver  prima  stabilito  una  rete  di  punti  fonda- 
mentali e  di  essersi  per  il  resto  servito  della  bussola  tascabile  (*).  Anche  il 
celebre  Maresciallo  Moltke  nel  rilevare  la  sua  eccellente  Carta  Topografica 
di  Boma  e  dei  suoi  contomi,  la  quale  operazione  fu  eseguita  nel  1845  e  46, 
fece  uso  della  bussola  {^).  Boscovich  invece,  che  fece  la  prima  triangolazione 
dello  Stato  della  Chiesa  e  la  misura  del  grado  del  meridiano,  non  adoperava 
affatto  la  bussola  per  il  dettaglio  della  carta,  temendo  egli  la  poca  costanza 
dalle  sue  indicazioni  (^). 

«  I  mie  propri  studi  sul  magnetismo  delle  rocce  fatti  mediante  gli  stru- 
menti magneto-tellurici  risalgono  fino  all'anno  1876,  e  la  prima  località,  ove 
ho  constatata  questa  forza  con  certezza  è  una  cava  di  pozzolana  nella  tenuta 
di  CerUrone.  Tale  cava,  ben  riconoscibile,  si  trova  a  pochi  passi  di  distanza 

P)  Westphal,  Die  Rdmische  Kampagne  in  topographischer  und  antiquariscker  Hin- 
skkt  dargestellt.  Berlin  1829,  pag.  178. 

P)  Der  Frànkische  Kurier.  Ntlrnberg,  15  November  1884. 

P)  Voyage  astronomique  et  geographique  dans  VFtat  de  VEglise;  par  les  PP.  Maire 
et  Boscovich.  Paris  1770,  pag  169  e  838.  Questa  è  la  traduzione  deiropera  originale  scritta 
in  latino  e  stampata  a  Roma  nel  1755,  opera  piuttosto  rara. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  TV,  r  Sem.  '  43 


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—  334  — 

della  Tia  Boma*Grottaferrata  (che  coincide  qui  perfettamente  colla  antica  via 
Latina)  al  suo  lato  sinistro,  ed  è  compresa  nel  brevissimo  tratto  &a  il  ponte 
sulla  Marrana  di  Grottaferrata  e  la  colonnetta  chilometrica  13*.  Esistono 
quivi  due  punti  pochi  distanti  fra  loro,  in  cui  si  verificano  le  componenti  oriz- 
zontali di  1,1147  e  0,9603  (Roma=l);  più  tardi  ho  nella  medesima  loca- 
lità osservato  delle  divergenze  di  declinazione  di  circa  8^  «. 

Fisica.  —  Sopra  i  coefficienti  termici  dei  magneti.  Nota  II. 
del  dott.  Adolfo  Cancani,  presentata  dal  Socio  Blaserna. 

«  In  una  prima  Nota  su  questo  medesimo  argomento  Q) ,  dopo  avere 
esposti  i  risultati  delle  mie  ricerche  sulle  relazioni  che  passano  fra  le  dimen- 
sioni delle  sbarre  magnetiche  ed  i  loro  coefficienti  termici,  rimarcai  che  il 
vario  grado  di  raddolcimento  che  si  può  dare  alle  sbarre  d*acciajo  dopo  averle 
temperate,  ha  una  certa  influenza  sul  coefficiente  termico. 

«  Già  fin  da  Coulomb  {})  si  sapeva  che  la  tempera  più  o  meno  forte 
d'una  sbarra  d*acciajo  ha  influenza  sulla  quantità  di  magnetismo  perduto  nel 
riscaldamento;  ma  i  vari  fisici  che  hanno  accennato  a  questo  fatto  come 
Dufour  (3)  Lamont  (^)  ecc.  o  non  lo  hanno  studiato  esplicitamente  o  non 
hanno  ben  distinto  le  variazioni  permanenti  dalle  transitorie. 

«  Nel  mio  primo  lavoro  già  citato,  feci  alcune  poche  osservazioni  per 
sette  sbarre  portate  a  due  soli  gradi  di  raddolcimento  corrispondenti  al  giallo 
ed  al  bleu.  Ho  ripreso  ora  quello  studio  col  considerare  un  maggior  numero 
di  sbarre  magnetiche,  e  coir  estenderlo  a  tutti  i  gradi  di  raddolcimento  dal 
più  debole  al  più  forte  che  si  sogliono  dare  airacciajo. 

tt  Due  motivi  mi  hanno  indotto  a  questa  ricerca  :  il  primo  si  è  che  sono 
scarsissimi  gli  studi  fatti  su  questo  argomento,  il  secondo  si  è  che  ai  pochi 
valori  numerici  che  si  conoscono,  come  nota  il  Poloni. (S),  non  si  può  attri- 
buire tutta  l'importanza  che  avrebbero,  se  gli  autori  avessero  tenuto  conto 
separatamente  delle  variazioni  permanenti  e  transitorie. 

«  In  una  prima  serie  di  ricerche  preliminari  ho  determinato  i  coefficienti 
termici  negli  stessi  due  magneti  cilindrici  cavi,  di  cui  ho  parlato  nella  prima 
nota,  ugualmente  lunghi  ma  di  vario  diametro.  Li  ho  raddolciti  ad  otto  di- 
verse  temperature,  ho  riportato  ogni  volta  al  punto  di  saturazione  la  loro  ma- 
gnetizzazione e  li  ho  ridotti  ogni  volta  al  così  detto  stato  normoLe,  prima  di 
determinare  il  corrispondente  coefficiente  termico,  col  portarli  alternativamente 

{})  Bendiconti  della  R.  Acc.  dei  Lincei;  sedata  del  12  giugno  1887. 
(*)  Coli,  de  raém.  relatifs  à  la  Physique.  Mém.  de  Coulomb,  pag.  374. 
P)  Arch.  de  Sciences  phys.  et  nat.,  tome  XXXIV,  année  1857,  pag.  295. 
(^)  Lamont,  Handhuch  des  Magnetismtis,  pag.  377. 

{^)  Elettricista.   Sul  magnetismo  permanente  delVacciajo  a  diverse  temperature, 
pag.  194. 


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dieci  Tolte  nell^acqua  alla  temperatura  dell'ambiente  e  dieci  volte  nell'acqua 

a  100«  (^)- 

«  Ho  fatto  liso  di  un  buon  teodolite  magnetico  di  Lamont  posseduto  dal 

B.  Istituto  Fisico  di  Roma;  ho  seguito  il  metodo  dei  seni,  ed  ho  calcolato 

colla  foimola 

'     '  ci 


2cos 


C  = 


a  +  a'         a- 
é^COSa 


nella  quale 

C=coefiBciente  termico 

a = angolo  di  cui  ha  girato  Vago  deflesso  per  ritornare  normale  alla 
sbarra  deflettente,  per  la  temperatura  inferiore. 

a' = angolo  suddetto  per  la  temperatura  superiore. 

d= differenza  delle  due  temperature. 
>  Ho  tenuto  le  due  sbarre  sempre  alla  distanza  di  cent.  22,  centro  a 
eentro,  dall' s^  deflesso,  ed  ho  &tto  uso  di  un  bagno  d'acqua  calda  corrente, 
che  si  manteneva  a  temperatura  sensibilmente  costante  neirintervallo  di  cia- 
scuna misura. 

«  Nella  seguente  tabella  espongo  i  risultati  ottenuti  per  questa  prima  serie. 


Magnete  cilindrico  cavo 

Magnete  cilindrico  cavo 

Lunghezza  mm.  80 
Diametro  esterno  mm.  12 

Lunghezza  mm.  80 
Diametro  esterno  mm.  10 

»          interno      »       6 

»         interno     y>      6 

Peso,  grammi  50,400 

Momento  magnetico  (C.  G.  S.)  292 

Temperature          Coefficienti 
di  raddolcimento.        termici. 

Peso,  grammi  32,470 

Momento  magnetico  (C.  G.  S.)  292 

Temperature          Coefficienti 
di  raddolcimento         termici. 

2320                  0,00086 

2210                  0,00050 

243                   0,00093 
254                   0,00098 

232                   0,00060 
243                   0,00078 

265                   0,00106 
277                    0,00107 

254                   0,00072 
265                   0,00080 

293                   0,00152 
317                   0,00160 
330                   0,00170 

277                   0,00110 
317                   0,00120 
332                   0,00140 

(1)  È  noto  da  lungo  tempo  e  studiato  fra  gli  altri  dal  Poloni  che  oltre  la  perdita 
transitoria  di  magnetismo  che  subiscono  le  calamite  per  Fazione  del  calore,  perdita  rap- 
presentata dal  coefficiente  termico,  subiscono  anche  un  indebolimento  permanente  ogni 
qual  volta  venga  innalzata  la  loro  temperatura;  ma  questo  cessa  dalPaver  luogo  se  per 
un  certo  numero  di  volte  la  sbarra  magnetica  venga  alternativamente  scaldata  e  raffired- 
data,  ed  aUora  si  dice  che  il  magnete  ha  raggiunto  lo  ttato  normale.  È  da  avvertire  però 


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—  336  — 

«  Per  una  seconda  serie  dì  ricerche  condotte  con  maggior  cura  ho  costruito 
una  serie  di  sbarre  magnetiche  uguali  in  tutto,  eccetto  che  nel  raddolcimento, 
e  le  ho  studiate  in  condizioni  per  quanto  mi  è  stato  possibile  identiche. 

«  Ho  preso  perciò  due  pezzi  d'acciajo  inglese  trafilato  così  detto  in  piedi 
(perchè  trovasi  in  pezzi  lunghi  un  piede)  e  ne  ho  ricavato  dieci  sbarrette  di 
uguali  dimensioni.  Ho  numerato  ciascuna  di  queste  in  maniera  che  quelle 
ricavate  dal  primo  pezzo  portassero  i  numeri  progressivi  dall'uno  al  cinque, 
e  quelle  ricavate  dal  secondo  i  numeri  dal  sei  al  dieci  ;  ciò  allo  scopo  di  non 
paragonare  nei  risultati  fra  loro  quelle  appartenenti  ai  due  pezzi  diversi,  nel 
dubbio  che  in  questi  potesse  essere  qualche  piccola  differenza  nelle  condizioni 
chimiche  e  fìsiche. 

«  Ho  temperato  le  dieci  sbarrette  tenendole  tutte  riunite  con  una  specie 
di  gabbia  di  rame,  in  maniera  che  la  fiamma  potendo  liberamente  circolare 
intomo  ad  esse,  prendessero  una  identica  temperatura,  e  portate  tutte  simul- 
taneamente nell'acqua  fredda  prendessero  tutte  una  medesima  tempera. 

«  Per  poterle  raddolcire  a  temperature  ben  note,  ho  fatto  uso  di  un  bagno 
d'olio  e  di  un  termometro  a  mercurio,  al  quale  ho  applicato  le  correzioni  do- 
vute allo  spostamento  dello  zero  ed  alla  colonna  emergente. 

«  Ho  raddolcito  le  sbarrette  magnetiche  alle  temperature  corrispondenti 
ai  colori  qui  notati. 

N.»  d'ordine  dei  magneti  Colori  Temperature 

1  Giallo  paglia  pallidissimo  22P 

2  «           »»      più  scuro  232^ 

3  ^  arancio  243° 

4  »»  bruno  254° 

5  »  porpora  265° 

6  Porpora  277^ 

7  Azzurro  pallido  288° 

8  n         ordinario  293" 

9  y         nero  scurissimo  317° 
10                           Verde  chiaro  332° 

«  Io  non  ho  visto  questi  colori  perchè  in  un  bagno  d'olio,  quindi  fuori 
del  contatto  dell'aria,  questi  non  si  formano  ;  perciò  ho  tenuto  per  sola  guida 
il  termometro. 

«  Ho  magnetizzato  le  sbarrette  col  metodo  del  contatto  sopra  i  poli  di 
un  elettromagnete.  Per  evitare  poi  l'ineguale  magnetizzazione  che  quelle  avreb- 
bero potuto  prendere,  in  causa  deU' indebolimento  dell'elettrocalamita  dovuto 


che  ciò  non  deve  intendersi  in  modo  assoluto,  perchè  a  questa  stato  normale  non  si  arriva 
mai;  infatti  ogni  volta  che  nuovamente  si  scalda  il  magnete,  una  perdita  permanente  ha 
luogo,  questa  bensì  giungerà  ad  essere  talmente  piccola  da  potersi  nel  più  dei  casi  affatto 
trascurare. 


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—  337  — 

alla  polarizzazione  deUa  pila  adoperata,  le  ho  magnetizzate  in  contrattempo. 
Cioè  ho  dato,  successivamente,  in  una  prima  operazione,  a  ciascuna  sbarra 
dalla  prima  all^ultìma  tre  contatti  ;  poi  in  una  successiva  operazione  ho  fatto 
il  medesimo,  ma  prendendo  le  sbarra  in  ordine  inverso,  cioè  dalla  decima 
alla  prima.  Ciò  ripetuto  trenta  volte,  mi  sono  assicurato  che  tutte  hanno 
preso  il  medesimo  grado  di  magnetizzazione  ;  il  che  mi  è  stato  poi  sufBcien- 
temente  confermato  dall'esperienza.  Infatti,  avendo  determinato  i  momenti  ma- 
gnetici delle  singole  sbarre,  alla  fine  delle  mie  ricerche,  li  ho  trovati  poco 
diversi  fi-a  loro. 

»  Dopo  avere  magnetizzato  le  sbarrette,  le  ho  portate  allo  stato  normale 
neiristessa  maniera  descrìtta  per  Taltra  serie. 

«  Ho  fatto  uso  del  medesimo  teodolite  magnetico  e  della  formola  istessa 
di  cui  ho  parlato  di  sopra  per  calcolare  i  coefficienti  termici.  Ho  tenuto  le 
singole  sbarrette  sempre  alla  distanza  di  centimetri  16  dall'ago  deflesso,  ed 
in  un  bagno  d'acqua  calda  corrente  che  mantenevasi  costante  entro  un  mezzo 
grado  per  tanto  tempo,  da  essere  ben  sicuro  entro  questo  limite  della  vera 
tempei-atura  posseduta  dal  magnete. 

a  Ho  ripetuto  le  determinazioni  dei  coefficienti  in  due  varie  epoche  ed  in 
ordine  inverso,  per  accertarmi  che  le  sbarrette  non  avessero  subito  col  tempo  una 
variazione.  I  risultati  sensibilmente  identici  che  ho  avuto  nelle  due  serie  di 
misure  mi  hanno  assicurato  che  nessun  cambiamento  in  esse  è  avvenuto. 

«  Inoltre  ho  avuto  cura  che  i  limiti  della  temperatura  entro  cui  deter- 
minavo il  coefficiente  termico  fossero  poco  diversi  per  ciascuna  sbarra,  perchè 
è  noto  che  quello  non  si  conserva  costante  col  variare  la  temperatura  (^). 

•  Nella  seguente  tabella  riferisco  i  risultati  ottenuti  per  i  coefficienti 
termici  dei  dieci  magneti  suddetti  del  peso  ciascuno  di  grammi  8,150.  Ogni 
risultato  è  la  media  di  otto  misure. 
CoefficierUi  termici  di  dieci  magneti  fra  le  temperature  di  W  e  60^. 


N.o  d'ordine 

Momento 

maffnetico 

(CGS) 

l'emperature 

di 
raddolcimento 

Coefficienti 
termici 

1 

95 

2210 

0,001350 

2 

95 

232 

0,001405 

3 

81 

243 

0,001560 

4 

84 

254 

0,001575 

5 

84 

265 

0,001590 

6 

81 

277 

0,001665 

7 

84 

288 

0,001675 

8 

81 

293 

0,001685 

9 

82 

317 

0,001740 

10 

92 

332 

0,001790 

{})  Poloni,  Nuovo  Cimento,  tomo  IV,  serie  3*,  pag.  206. 


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—  338  ~ 
«  La  forinola 

C  =  —  0,0014733  +  0,00001884 1  —0,000000027336 1^ 

rappresenta  abbastanza  bene  la  relazione  che  passa  fra  il  coefficiente  termico 
e  la  temperatura  di  raddolcimento,  come  appare  dalla  seguente  tabella,  in 
cui  sono  notati  i  valori  dati  dall'esperienza  in  correlazione  coi  valori  dati 
dalla  formola 


Coefficienti  termici 
dati  dairesperienza 

Coefficienti  termici 
dati  dal  calcolo 

Differenze 

0,00135 

0,00135 

0,00000 

0,00141 

0,00142 

-H  0,00001 

0,00158 

0,00155 

-  0,00003 

0,00159 

0,00160 

H-  0,00001 

0,00167 

0,00165 

-  0,00002 

0,00168 

0,00168 

0,00000 

0,00169 

0,00170 

-4-  0,00001 

0,00174 

0,00175 

-K  0,00001 

0,00179 

0,00177 

—  0,00002 

«  Ho  voluto  ancora  determinare  i  coefficienti  termici  per  due  sbarrette 
identiche  alle  dieci  precedenti, ma  luna  temperata  al  massimo  grado  di  du- 
rezza e  senza  punto  raddolcirla,  l'altra  lasciata  nel  suo  massimo  grado  di 
raddolcimento,  cioè  senza  averla  punto  temperata. 

«  I  risultati  ottenuti  sono  i  seguenti  : 


Magnete  al  massimo  grado 
.  di  tempera 
Coefficiente  termico  fra  10**  e  60® 
0,000436 


Magnete  al  massimo  grado 
di  raddolcimento 
Coefficiente  termico  fra  10<»  e  60® 
0,002635 


Cioè  luno  è  di  molto  inferiore  (3  volte  circa)  e  l'altro  di  molto  superiore 
(1,5  volte  circa)  a  quelli  di  sopra  notati. 

«  Da  tutto  ciò  risulta  assai  manifestamente  quanto  grande  sia  l'influenza 
che  esercita  il  raddolcimento  sopra  i  coefficienti  termici  dei  magneti,  e  quanto 
per  conseguenza  sia  importante  avere  dei  magneti  molto  fortemente  tempe- 
rati, ogni  volta  che  importa  ridurre  al  minimo  l'influenza  della  temperatura, 
tanto  nelle  misure  elettriche  quanto  in  quelle  del  magnetismo  terrestre  » . 


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—  839  — 

Fisica.  —  //  problema  delle  attrazioni  e  ripulsioni  capillari. 
Nota  del  prof.  Carlo  Marangoni,  presentata  dal  Socio  Blaserna. 

a  §  1.  Fino  dai  tempi  di  Galileo  (^)  erano  noti  diversi  fenomeni  curiosi  che 
si  osservavano  alla  superficie  dell'acqua.  Più  curioso  è  quello  di  attrazioni  e 
ripulsioni  che  avvengono  tra  corpi  galleggianti  sull'acqua.  Quei  movimenti  non 
si  potevano  allora  spiegare,  perchè  non  si  conosceva  la  causa  dei  fenomeni 
capillari.  Più  tardi  si  tentarono  parecchie  teorie,  basandosi  sulla  tensione  super- 
ficiale dei  liquidi,  ovvero  sulla  pressione  molecolare  di  Laplace  {}).  Ma  sempre 
si  facevano  intervenire  anche  le  pressióui  idrostatiche  e  perfino  la  pressione 
atmosferica  (3).  Ciò  ha  deviato  i  fisici  dalla  base  del  problema  ed  ha  rese 
le  teorie  oscure  e  non  corrispondenti  esattamente  ai  fatti. 

«  §  2.  Da  alcune  esperienze  fatte  sulle  lamiae  liquide  mi  sono  convinto 
che  nel  fenomeno  delle  attrazioni  e  ripulsioni  capillari,  le  pressioni  idrosta- 
tiche non  entrano  punto  in  giuoco  ;  quindi,  basandomi  soltanto  sulla  tensione 
superficiale,  ho  potuto  stabilire  ima  teoria  chiara  e  semplicissima  di  detti 
fenomeni. 

«  Si  sospenda  a  un  filo  di  bozzolo,  lungo  \  metro  circa,  una  pallina  o  di 
sughero  ;  si  bagni  la  pallina  con  acqua  saponata  ;  poi,  con  un  cerchio  di  filo 
di  ferro  di  cm.  10  di  diametro,  si  produca  una  lamina  di  acqua  saponata  e 
la  si  porti  a  contatto  con  la  pallina.  Se  la  lamina  è  orizzontale,  il  pendo- 
lino rimane  verticale;  ma  se  quella  viene  inclinata,  come  in  W  (fig.  1),  il 


(1)  Galilei.  Opere,  ediz.  Alberi,  voi  XIV. 

(')  Io  credo  di  essere  stato  il  primo  a  provare  che  la  pressione  molecolare  non  esiste. 
Rivista  Scient.  di  Vimercati,  Firenze  1880. 

P)  Vedi  Mariotte,  Monge  dott.  Young,  Philos.  Transact  1805  parte  1*;  Laplace,  Me- 
cantque  celeste,  voi.  IV  1845;  Jamin,  Cours  de  Physique;  Leconte,  Riley,  Worthington; 
Phil.  Mag.  1883;  Van  der  Mensbrogghe,  BaU.  Acad.  Royale  de  Belgiqne  1883. 


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—  340  — 

pendolino  è  spostato  in  su  dalla  lamina,  quando  questa  passa  al  disotto  del 
centro  o  (fig.  A);  non  devia  affatto  se  la  lamina  passa  pel  centro  (fig.  B) 
ed  è  invece  spostato  in  giù,  se  la  lamina  passa  al  disopra  del  centro  o  (fig.  G). 

«  La  lamina  di  acqua  saponata  si  raccorda  sempre  ad  angolo  retto  colla 
superficie  bagnata  della  sfera,  pel  noto  principio  di  Plateau  ;  cosicché  nel  1^  caso 
si  forma  un  menisco  concavo  verso  Taltro  intomo  al  cerchio  d'attacco  It  ;  nel 
2°  caso  non  si  forma  menisco;  nel  3°  caso,  un  menisco  convesso. 

«  La  pallina  è  adunque  sollecitata  a  muoversi,  in  ogni  punto  del  cerchio 
d'attacco  //',  in  direzione  dei  raggi  o/,  ol'  che  sono  tangenti  alFelemento  me- 
ridiano del  menisco  che  tocca  la  pallina. 

<:  Chiamando  t  la  tensione  della  lamina  su  di  una  listerella  larga  un  mil- 
limetro, r  la  risultante  delle  tensioni  su  tutto  il  cerchio. W,  w  langolo  ro{, 
r  e  /  i  raggi  della  pallina,  e,  del  cerchio  d'attacco,  si  ha: 

T  =  2^  cos  omif^ 
e  perchè,  dalla  figura  1, 

si  ha: 

[1] 


r  =r  sen  a> , 


T  =  nrt  sen  2o) 
Quando  «  <]  90® ,  r  è  positivo 
n        «  =  90*^,  r  =  0 
^        w  >  90"* ,  T  è  negativo 

come  si  è  verificato  nei  tre  casi  della  figura  1. 

«  Cerchiamo  ora  il  valore  della  componente  orizzontale  di  questa  forza. 
Sia  il  pendolino  in  equilibrio  nella  posizione  della  figm-a  2.  Al  centro  della 
pallina  sono  applicate  due  forze:  il  peso  p  della  me- 
desima e  la  risultante  r  della  tensione  della  lamina  sul 
cerchio  d'attacco.  Scomponendo  le  due  forze  secondo 
l'orizzontale  /  t'  e  secondo  la  direzione  o  S  del  filo  di 
seta,  le  due  componenti  in  quest'ultima  direzione  sono 
equilibrate  dalla  resistenza  del  filo  ;  quindi  le  altre  due 
sono  uguali  e  contrarie,  cioè: 

t'—p'  =  0. 
Chiamando  a  l'angolo  poS  si  ha: 
[2]                          y=j5tanga. 
Chiamando  fi  l'angolo  por,  dalla  figura  si  ha: 
/\0tT  =fi  —  a 
/\oir'r  =  90®  +  a 
quindi  dal  triangolo  ot'i:  si  ha  la  relazione: 
, sen  (/?  —  et) 


Fig.  2. 


sen  (90«  :±:  a) 


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—  341  — 
e  sostitaendo  a  r  il  valore  dato  dalla  [V]: 


[3] 


,           ^  sen  (/?  —  «) 
%'  =  Tire ^ —  sen  2») . 


COS  a 


«  Qaesta  relazione  ci  fa  vedere  che  la  componente  orizzontale  i'  della 
tensione  del  menisco  è  direttamente  proporzionale  al  raggio  della  pallina, 
alla  tensione  superficiale  del  liquido,  e  al  seno  dell'angolo  tot'  cioè  dell'arco 
di  meridiano  abbracciato  dal  minisco ;  che  infine  i'  cresce  coli'  inclinazione  fi 
della  lamina  liquida. 

«  Si  può  verificare  la  formola  coli' esperienza:  siccome  p'  =  t\  combi- 
nando la  [2]  e  la  [3]  si  ha: 

.  ^  sen  (fi— a) 

p  tang  a  =  irrt sen  2(») , 

^      °  COS  a 

0  piti  semplicemente: 

[4]  ;?  sen  a  =  Tvrt  sen  (fi  —  a)  sen  2o) . 

«  Per  misurare  a  ho  disposto  accanto  al  pendolino  una  scala  orizzontale 
in  millimetri,  distante  dal  punto  V  di  sospensione  di  |  metro.  Chiamando  n 
(fig.  2)  lo  spostamento  del  filo  dalla  verticale,  espresso  in  millimetri,  si  ha  : 


tang  a  = 


500- 


«  Per  misurare  fi  ho  fissato  il  cerchio  che  regge  la  lamina  all'asse  di 
un  goniometro,  in  modo  che  il  cerchio  era  orizzontale  quando  il  nonio  era  a 
zero.  La  risultante  r,  essendo  perpendicolare  alla  lamina,  l'angolo  di  cui 
s' inclina  il  cerchio  è  appunto  l'angolo  fi, 

«  L'angolo  co  è  più  difficile  a  determinarsi  ;  ho  adottato  il  compenso  di 

misurare  colle  seste  il  diametro  IH  (fig.  1)  del  cerchio  d'attacco;  essendo  2/ 

questo  diametro,  si  ha: 

r' 
sen  0)  =  — 
r 

«  Ecco  pertanto  la  tabella  contenente  i  dati  sperimentali  e  i  valori  cal- 
colati delle  componenti  orizzontali,  giusta  le  formolo  [2]  [3].  Il  peso  della 
paUina  bagnata  di  acqua  saponata  era  di  mg.  970;  la  tensione  della  lamina 
su  di  1  mm.  è  mg.  5,6,  cioè  il  doppio  della  costante  di  capillarità  della 
superfice  dell'acqua  saponata. 


n 

/ 

r 

« 

P 

to 

P' 

r' 

p'-t' 

mm 
0 

mm 

10,4 

mm 

10,4 

o%o' 

0 

30 

90°  OO' 

o:s 

ol 

o7 

12 

10,0 

n 

1  22 

15 

74    5 

23,1 

22,7 

-h0,4 

20 

6,5 

» 

2  17 

15 

38  42 

38,6 

39,3 

-0,7 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1«  Sem. 


44 


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—  342  — 


«  Le  colonne  segnate  p'  q  if  olirono  i  valori  della  componente  orizzon- 
tale della  forza  di  gravità  e  della  forza  del  menisco  ;  esse  dovrebbero  essere 
uguali.  Le  piccole  differenze  notate  nell'  ultima  colonna  sono  inevitabili,  stante 
la  difficoltà  di  misurare  a>. 

K  §  3.  Attrazioni  e  ripulsioni  fra  corpi  abbracciati  dalle  lamine  li- 
quide.—  Disponendo  due  pendolini  uguali  di  sughero,  colle  palline  al  medesimo 
livello,  distanti  qualche  centimetro  fra  loro,  e  facendovi  aderire  la  lamina  piana 
di  acqua  saponata  tenuta  orizzontale,  si  osservano  tre  diversi  effetti: 

«  1°  Attrazione  tra  le  palline,  quando  la  lamina  si  trova  sopra  o  sotto 
i  loro  centri  ;  e  ciò  perchè,  per  il  principio  di  Plateau  del  minimo  di  super- 

fice,  la  lamina  fra  le  palline  si  porta 
verso  la  parte  più  ristretta;  quindi  i 
cerchi  di  attacco  ll\  mrd  (fig.  3,  D,  E) 
sono  inclinati  in  verso  opposto,  direi  cioè, 
srnclinali  o  anticlinali;  per  conseguenza 
le  resultanti  delle  forze  dei  menischi,  che 
sono  perpendicolari  a  questi  cerchi,  con- 
corrono runa  verso  l'altra. 

«  2'*  Nessuna  azione  quando  la  la- 
mina passa  pei  centri  delle  palline  ;  per- 
chè, non  essendovi  menischi,  le  risultanti 
della  tensione  sono  nulle. 

<t  3"^  Disponendo  una  pallina  più 
alta  dell'altra  (fig,  3,  F),  e  la  lamina 
sempre  orizzontale,  i  due  cerchi  d'at- 
tacco, ll\  mni  sono  inclinati  nel  mede- 
simo verso,  quindi  le  risultanti  dei  me- 
nischi sono  parallele,  ma  contrarie  ;  perciò 
le  palline  si  allontanano. 

«  §  4.  Attrazioni  e  ripulsioni  fra 
i  corjn  galleggianti.  —  La  teoria  esposta 
delle  azioni  esercitate  da  una  lamina  liquida  si  applica,  con  qualche  mo- 
dificazione, al  caso  dei  corpi  galleggianti,  senza  alcun  intervento  di  pres- 
sioni idrostatiche  ed  aerostatiche.  Infetti  se  la  pallina  è  bagnata,  la  tensione 
solleva  un  menisco,  e  con  esso  una  massa  liquida,  la  quale  abbassa  la  pal- 
lina in  modo,  che  l'aumento  di  spinta  verticale  faccia  equilibrio  al  peso  del 
liquido  sollevato.  Il  simile  si  dica  quando  la  pallina  non  è  bagnata.  Dunque 
le  superficie  dei  menischi  sono  superficie  equipontenziali,  come  quelle  delle 
lamine  liquide  libere;  quindi  non  c'è  da  tener  conto,  sulle  medesime,  che 
della  tensione  superficiale. 

«  Noto  soltanto  alcune  differenze.  I  corpi  galleggianti,  se  si  attraggono, 
si  partano  a  contatto  ;  se  si  respingono,  tendono  ad  allontanarsi  indefinitamente. 


Fig  3. 


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—  843  — 

Invece,  nel  caso  discusso  al  §  3  (di  pendolini  abbracciati  da  una  lamina 
liquida),  si  ha  una  posizione  di  equilibrio  stabile  delle  palline,  senza  che 
arrÌTÌno  a  contatto. 

Ci  Ciò  deriva  dalla  sospensione  pendolare,  per  la  quale  si  ha  che  sen  a 
cresce  più  rapidamente  di  sen  2».  Infatti  dalla  equazione  [4J ,  chiamando  k 
\  insieme  delle  costanti,  si  ha  : 


sena 
sen  2&i 


=  k  sen  (/?  —  a) , 


sen  et 

«  Ora,  essendo  a  piccolissima,  il  rapporto -^r-  cresce  col  crescere  di 

sen  2co 

sen  ^\  cioè  sen  a  cresce  con  ragione  piil  rapida  di  sen  2»;  e  perciò  v'è  un 

certo  Talore  di  a  che  dà  luogo  all'equilibrio  stabile. 

«  Invece  nel  caso  dei  corpi  galleggianti  il  peso  dei  medesimi  è  perfet- 
tamente equilibrato  dalla  spinta 
del  liquido;  quindi  non  vi  può 
essere  un  componente  della  gra- 
vità contraria  a  quella  della 
tensione.  Siccome  in  questo  caso 
non  vi  è  che  una  superficie  li- 
bera, bisogna  prendere,  per  mi- 
surare la  tensione  del  menisco, 
la  semplice  costante,  o  coeffi- 

cente  di  capillarità:  c=—t. 

tt  Ora  chiamando  co  l'an- 
golo i  0 1'  (fig.  4),  la  formola  [1] 
diventa  : 


Fìr4. 


ra 


T  =  2rr  r  ^  sen*  w. 


«  Nello  stabilire  questa  formola  è  anmoiesso  che  i  menischi  si  raccordino 
tangenzialmente  alle  palline;  ciò  non  è  rigorosamento  vero,  come  dimostrò 
Quinke  (*);  ma  chiamando  B  l'angolo  c't  e*  di  raccordamente  del  menisco, 
la  [5]  diventa: 

[6]  T  =  ìnrc  sen  w  sen  (w  —  d)  , 

e  così  l'equazione  è  esatta. 

«  Scomponendo  la  fòrza  r  del  menisco  secondo  la  verticale  e  l'orizzon- 
tale (fig.  4),  e  chiamando  fi  l'angolo  ir%\  la  componente  verticale  t"  della 

'{})  Ueber  den  Bandwinkel  etc.  Wiedemans  Annalen  Bd.  Il,  1877.  —  Ueber  die  Be- 
stimmung  der  Capillarconstanten  von  Flùssigkeiten.  Wied.  Ann.,  Bd.  XXVn,  1886. 


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—  344  — 

forza  capillare  del  menisco  è  equilibrata  dalla  spinta  verticale  del  liquido, 
e  rimane  attiva  la  sola  componente  orizzontale,  cioè: 
[7]  X  =  2^7irc  sen  w  sen  (w  —  6)  sen  /?. 

»  Questa  componente  cresce  rapidamente  coirawicinarsi  dei  due  corpi  ; 
imperocché  l'inclinazione  ^  del  cerchio  d'attacco  //'  va  aumentando  col  di- 
minuire la  distanza  delle  palline  ;  di  qui  il  moto  rapidamente  accelerato  che 
si  osserva  fino  al  contatto. 

«  S' intende,  senz'altra  spiegazione,  come  avvenga  la  ripulsione  fra  una 
pallina  bagnata  ed  una  non  bagnata,  riferendosi  alla  (figura  3  F);  però  i 
menischi  nei  corpi  galleggianti  sono  alla  rovescia  di  quelli  delle  lamine  li- 
bere ;  perchè  nel  1°  caso  la  lamina  si  raccorda  alle  palline  ad  angolo  retto, 
invece  nel  2P  caso  la  superfice  libera  vi  si  raccorda  quasi  tangenzialmente. 

tt  Colla  mia  teoria  si  spiegano  molti  curiosi  fatti,  che  formeranno  l'og- 
getto di  una  prossima  comunicazione. 

Conclusione. 

(i  Dalla  esposta  teoria  risulta  : 

K  r*  Che  a  produrre  le  attrazioni  e  ripulsioni  apparenti  tra  i  corpi  gal- 
leggianti non  intervengono  affatto  le  pressioni  idrostatiche; 

«  2*"  Che  i  detti  movimenti  dipendono  solo  dalla  tensione  superficiale 
del  liquido,  e  dal  formarsi  dei  menischi  i  cui  piani  d'attacco  sono  inclinati  sulla 
superficie  del  liquido.  E  precisamente,  se  questi  piani  d'attacco  sono  sinclinali 
0  anticlìnali,  le  due  forze  sono  concorrenti,  e  vi  è  attrazione  (fig.  3  D,  E)  ;  se 
quei  piani  sono  paralleli,  le  forze  sono  parallele  e  contrarie,  quindi  vi  è  ripul- 
sione (fig.  P); 

«  3"  Infine,  che  i  medesimi  fenomeni  di  attrazioni  e  ripulsioni,  si  otten- 
gono fra  corpi  abbracciati  da  una  semplice  lamina  liquida  ;  il  che  esclude  a 
priori  ogni  intervento  di  azione  idrostatica  » . 

Fisica.  —  Ricerche  intorno  alle  deformasioni  dei  condensatori. 
Nota  I.  del  dott.  Michele  Cantone,  presentata  dal  Socio  Blaserna. 

K  Lo  studio  di  queste  deformazioni  rimonta  sin  dai  tempi  di  Volta,  essen- 
dosi da  Fontana  {})  per  il  primo  osservato  che  la  capacità  di  una  boccia  di 
Leyda  aumentava  alla  carica  ;  e  si  cercò  sin  dal  principio  di  spiegare  il  feno- 
meno attribuendolo,  come  Volta  fece,  alle  pressioni  che  si  devono  produrre 
alle  due  superficie  del  coibente  per  le  elettricità  di  segno  opposto  che  vi  si 
trovano  accumulate.  Altri  fatti  trovati  successivamente  e  coUegantisi  con  questo 
argomento  portarono  a  spiegazioni  diverse;   se  non  che  ricerche  estesissime, 


(1)  Per  la  letteratura  dell'argomento  vedi  Wiedemann,  Die  Lekere  v.  d.  ElectricitàL 
B.  n.  S.  105. 


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—  345  — 

fatte  sol  proposito  negli  ultimi  tempi  da  Qnincke  (^),  )ianno  mostrato  che 
la  ipotesi  di  Tolta  è  quella  che  meglio  renda  ragione  dei  fenomeni  relativi 
alle  deformazioni  dei  condensatori. 

e  II  Quincke  infatti  tenendo  conto  delle  pressioni  che,  secondo  Maxwell, 
si  hanno  sulle  due  &ccie  del  dielettrico,  ed  applicando  le  formule  di  Lamé 
per  le  deformazioni  dei  recipienti  cilindrici  sottoposti  a  pressioni  uniformi  alle 
due  superficie  ;  ponendo  uguale  a  |  il  coefficiente  di  Poisson,  otteneva  per  le 
variazioni  di  volume  intemo  dei  termometri-condensatori  da  esso  adoperati: 
A         5    D  P« 


V       I&ttE  ^ 
Ko 


(lognat|y 


od  approssimativamente,  nel  caso  che  i  raggi  estemo  ed  interno  differissero 
poco  fira  loro: 

V         16arE()«  ^^^ 

dove  D  è  il  potere  induttore  specifico  della  sostanza  costituente  le  pareti; 
P  denota  il  potenziale  dell*  armatura  intema,  o  la  differenza  di  potenziale 
delle  due  armature  (essendo  quella  estema  in  comunicazione  coUa  terra); 
E  il  coefficiente  di  elasticità  e  rf  lo  spessore  delle  pareti  :  e  constatò  che  le 
variazioni  di  voliune  erano  in  certo  modo  proporzionali  ai  quadrati  delle 
differenze  di  potenziale  P,  e  inversamente  proporzionali  ai  quadrati  degli  spes- 
sori. Però  per  quanto  riguardava  i  valori  assoluti  di  quelle  variazioni  di  vo- 
lume non  potè  ottenere  un  accordo  fra  i  risultati  delle  esperienze  e  quelli  che 
si  sarebbero  dovuti  avere  teoricamente  in  base  alla  formula  (*). 

«  Certo  potevano  sul  valore  di  -^  influire  sensibilmente  gli  errori  ine- 
vitabili nella  determinazione  di  D  e  P ,  e  probabilmente  anche  di  più  quelli 
che  si  aveano  per  E  e  <^  ;  ma  le  divergenze  erano  assai  forti  perchè  potessero 
venire  attribuite  a  siffatte  cause  di  errori;  si  è  pensato  perciò  di  studiare 
teoricamente  la  quistione  sotto  un  punto  di  vista  diverso  da  quello  tenuto 
da  Quincke. 

«  U  prof.  Helmholtz  (2)  per  il  primo  ha  cercato  quali  forze  dovessero 
destarsi  nei  punti  di  un  dielettrico  sottoposto  a  polarizzazione,  nella  ipotesi  che 
al  variare  della  densità  nel  mezzo  variasse  la  costante  dielettrica.  Le  con- 
clusioni a  cui  è  arrivato,  servendosi  del  principio  della  conservazione  della 
energia,  sono  diverse  da  quelle  cui  si  arriverebbe  supponendo  col  Maxwell 
che  le  azioni  elettriche  si  propagassero  a  distanza  per  le  tensioni  del  dielet- 
trico senza  tener  conto  della  variazione  di  quella  costante  colla  densità  del 
coibante,  pervenendosi  nel  caso  trattato  dall' Helmholtz  a  tensioni  in  direzione 

(»)  Quincke,  Flectrische  Untersuchungen,  Wied.  Ann.,  B.  XIX.  S.  545,  705. 
(*)  Helmholtz,  Ueber  die  auf  das  Innere  magnetisch  oder  diélectrisch  polarisirter 
Kòrper  wirkenden  Kràfte.  Wied.  Ann.,  B.  Xni.  S.  385. 


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—  346  — 

delle  linee  di  forza  e  a  pressioni  perpendicolarmente  ad  esse,  come  secondo 
la  teorìa  di  Maxwell  ;  avendosi  però  per  le  tensioni  valorì  assoluti  diversi  da 
qnelli  che  si  aveano  per  le  pressioni. 

«  Son  seguiti  al  lavoro  del  prof.  Helmholtz  altri  lavori  sullo  stesso  argo- 
mento, fra  cui  importantissimi  quelli  quasi  contemporanei  di  Eirchhoff  (0  e 
Lorberg  (^),  i  quali  seguendo  vie  diverse  sono  arrivati  a  risultati  concordanti. 
Questi  fisici  consideravano  il  problema  sotto  un  aspetto  più  generale  che  non 
fosse  stato  trattato  precedentemente,  in  quanto  che  ricercavano  quali  dovessero 
essere  le  forze  elastiche  di  reazione  nell'interno  del  coibente,  nella  ipotesi  di 
una  variazione  diversa  della  costante  dielettrica  per  uno  spostamento  in  dire- 
zione delle  linee  di  forza  o  perpendicolarmente  ad  esse. 

«  In  base  a  questi  risultati  teorici  si  sono  potute  calcolare  le  variazioni 
di  volume  interno  dei  condensatori  aventi  forma  sferica  o  cilindrica,  e  per 
questi  ultimi  si  è  trovato  dover  essere  la  dilatazione  del  recipiente  presso 
a  poco  il  triplo  della  dilatazione  lineare,  fatto  importante  perchè  confermato 
dalle  esperienze  di  Quincke. 

«  Le  formule  ricavate  da  Lorberg  per  le  variazioni  di  volume  e  di  lun- 
ghezza in  un  condensatore  cilindrico  terminato  da  calotte  sferiche,  sono  rispet- 
tivamente : 

^=ii(>-^'-)(^l)-<'-")^-i<'-.'')(3V=?-05Ì<^> 

dx)' 
dove  a= — -jj,  cioè,  (tenendo  presente  che  D  =  l  +  47riJA);   a  denota  il 

rapporto  fra  Taumento  della  costante  di  polarizzazione  i>  e  la  contrazione 
corrispondente  nella  direzione  della  linea  di  forza;  e  /?  è  il  coflSciente  ana- 
logo per  uno  spostamento  perpendicolare  alla  linea  di  forza.  Quanto  ad  h^  è 
una  costante  per  un  dato  recipiente,  e  dipende  dalla  natura  della  calotta  ter- 
minale :  nel  caso  che  questa  fosse  un  emisfero  dello  stesso  spessore  delle  pa- 
reti del  tubo,  si  avrebbe  A*=l. 

«  Il  Lorberg  ha  cercato  di  applicare  le  formule  ricavate  ai  valori  speri- 
mentali ottenuti  da  Quincke  e  ai  quali  avanti  si  è  accennato;  ma  non  ha 
potuto  procedere  ad  una  verifica  dei  risultati  teorici,  sia  perchè  non  riteneva 
potersi  adottare,  come  il  Quinche  avea  fatto,  per  il  cofBciente  di  Poisson  il 
valore  \ ,  sia  perchè  non  trovava,  nei  numeri  ottenuti  da  Quincke,  concordanza 
relativamente  alla  legge  che  stabilisce  la  ^dipendenza  fra  le  variazioni  di  vo- 
lume e  le  differenze  di  potenziale  delle  due  armature,  sia  ancora  perchè  il 

(*)  Kirchhoff,  Ueher  die  Formànderung,  die  ein  fesùer  elastischer  Kòrper  erfàh% 
wenn  er  magnetisch  oder  diélectrisch  polarisirt  v:ird.  Wied.  Ann.,  B.  XXIV.  S.  52; 
XXV.  S.  601. 

(«ì  Lorberg,  i'eber  Electrostriction.  Wied.  Ann.,  B.  XXI,  S.  300. 


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—  347  — 

Yalore  di  A*  era  incerto;  si  è  limitato  soltanto  ad  una  verifica  qualitativa, 
deducendo  da  essa  che  i  valori  di  a  e  /?  delle  precedenti  formule  non  po- 
teano  essere  uguali  a  zero. 

«  Importava  come  si  vede  di  intraprendere  altre  ricerche  le  quali  potes- 
sero in  modo  più  concreto  mostrare  se  la  nuova  teoria  fosse  d'accordo  coi 
risultati  sperimentaili,  e  dare,  approssimatamente  almeno,  i  valori  delle  co- 
stanti a  e  /9  da  questa  teoria  introdotte. 

K  Io  ho  voluto  fare  in  proposito  uno  studio  sperimentale  i  cui  risultati 
espongo  nella  presente  Memoria.  Le  ricerche  furono  eseguite  nel  laboratorio 
di  fisica  della  fi.  Università  di  Palermo,  grazie  alla  cortese  ospitalità  accor- 
datami dal  chiarissimo  prof.  D.  Macaluso. 

«  Esse  hanno  avuto  per  iscopo  di  determinare  sperimentalmente  le  varia- 
zioni di  volume  intemo  e  di  lunghezza  in  vari  condensatori  cilindrici  termi- 
nati da  calotte  sferiche  per  diverse  cariche  date  ai  condensatori  medesimi. 
In  base  a  questi  valori,  servendomi  delle  formule  (2)  e  (8)  ricavate  da  Lorberg, 
ho  proceduto  alla  determinazione  delle  costanti  a  e  //  nel  modo  che  sarà  in 
seguito  indicato. 

«  Espongo  anzitutto  come  abbia  determinato  i  vari  elementi  di  cui  si 
deve  fare  uso  volendo  applicare  le  formule  sopra  accennate. 

«  Costanti  di  elasticità.  In  altra  Memoria  (0  ho  pubblicato  i  risultati 
dì  uno  studio  ausiliare  da  me  fatte  allo  scopo  di  avere  i  valori  di  tali  costanti 
per  i  recipienti  che  adoperavo  come  condensatori  :  ho  cercato  che  questo  studio 
fosse  condotto  colla  maggior  cura  possibile  per  ovviare  a  quelle  incertezze  che 
in  un  argomento  cosi  strettamente  legato  colla  teoria  della  elasticità  avreb- 
bero resi  dubbiamente  ammissibili  i  risultati  delle  esperienze.  Ho  determi- 
nato perciò  prima  i  valori  della  costante  di  Poisson  per  i  diversi  recipienti, 
ed  ho  ottenuto  con  grande  approssimazione  per  tutti  il  niunero  0,250  ;  ho  rica- 
vato in  base  a  tale  dato  i  coefficienti  di  elasticità  per  i  quali  ho  trovato  valori 
compresi  fra  6300  e  7000  circa.  Non  è  a  meravigliare  dei  valori  non  con- 
cordanti avuti  per  queste  ultime  costanti,  giacché  è  noto  come  il  vetro  su- 
bisca per  i  processi  di  fusione  e  di  raffreddamento  variazioni  notevoli  di  strut- 
tura. Del  resto  i  fisici  che  si  sono  occupati  del  coefficiente  di  elasticità  del 
vetro,  hanno  trovato  valori  disparati  per  recipienti  della  medesima  qualità,  e 
il  Quincke  fra  gli  altri  operando  con  gran  numero  di  recipienti  pervenne  a 
risultati  assai  più  discordanti  dei  miei. 

«  Dimensioni  dei  recipienti.  I  recipienti  da  me  adoperati  erano,  come 
si  è  accennato,  di  forma  cilindrica,  aveano  pareti  sottili  e  gli  assi  rettilinei; 
ad  un  estremo  erano  chiusi  da  ima  calotta  sferica,  all'altro  estremo  portavano 
saldato,  mediante  un  tubo  intermedio,  un  cannello  capillare  destinato  alla 
lettura  delle  variazioni  di  volume. 

{})  Cantone,  Nuovo  metodo  per  la  determinazione  delle  due  costanti  di  elasticità. 
R€nd.  Acc.  Lipcei.  Voi.  IV,  !<>  aem.,  p.  220  e  292. 


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—  348  — 

«  Le  determinazioni  del  rolome  di  ciascun  recipiente,  del  raggio  interno  Bo, 
dello  spessore  à  delle  pareti,  e  della  sezione  del  tubo  capillare,  vennero  fatte 
come  è  indicato  nella  memoria  citata  relativa  alla  ricerca  delle  due  costanti 
di  elasticità. 

«  Valori  di  A*.  Per  evitare  in  parte  gli  errori  cui  avrebbe  potuto  dar  luogo 
la  determinazione  di  questa  costante  per  ciascun  recipiente,  ho  procurato  di 
dar  forma  di  emisferi  alle  calotte  terminali  dei  vari  condensatori,  con  uno 
spessore  non  molto  differente  da  quello  delle  pareti  laterali.  Verificate  queste 
condizioni  si  potea  porre,  come  avanti  si  è  accennato,  A*  =  1 ,  ed  io  ho  rite- 
nuto per  A*  questo  valore,  perchè  assai  approssimato  nelle  condizioni  in  cui 
operavo.  Del  resto,  sperimentando  con  diversi  condensatori,  le  piccole  incer- 
tezze sui  valori  di  A*  non  potevano  notevolmente  influire  sulle  costanti  a  e  fi 
che  mi  proponevo  di  determinare,  perchè  le  ricerche  estese  ai  vari  recipienti 
fornivano  un  controllo  circa  l'ammissibilità  del  valore  dato  ad  A*.  Aggiungerò 
sul  riguardo  che  la  misura  diretta  fatta  per  gli  spessori  di  alcuni  pezzi  otte- 
nuti dalla  rottura  delle  calotte  terminali,  diede  in  generale  risultati  soddisfa- 
centi, mostrando  appmito  che  tali  spessori  non  erano  assai  diversi  da  quelli 
delle  pareti  laterali.  Pece  solo  eccezione  uno  dei  recipienti,  il  quale  presen- 
tava una  calotta  notevolmente  slargata;  in  esso  si  trovò  eziandio  un  forte 
assottigliamento  delle  pareti  nella  regione  sferica  terminale:  siccome  poi  questo 
condensatore  diede  risultati  che  presentavano  anomalìe,  non  si  tenne  conto  di 
esso  nei  calcoli  delle  esperienze. 

«  Costante  dielettrica  del  vetro.  La  ricerca  di  questa  costante  fu  fatta 
dopo  che  vennero  determinate  le  variazioni  di  capacità  e  di  lunghezza  dei 
condensatori.  Ciascuno  di  questi  tubi  di  cui  erano  formati  i  recipienti,  rotte 
le  calotte  terminali,  veniva  argentato  internamente  ed  esternamente;  tolta 
poi  l'argentatura  negli  estremi  mediante  Vimmersione  successiva  nell'  acido 
nitrico  diluito,  si  avea,  in  seguito  al  pulimento  ed  alla  verniciatura  della 
della  parte  scoperta,  un  involucro  cilindrico  coibente  circondato  airintemo  ed 
all'esterno  da  due  armature  metalliche  della  stessa  lunghezza. 

((  Si  disponeva  inoltre  di  un  condensatore  ad  aria  costituito  da  due  lastre 
da  specchi,  argentate  per  due  porzioni  rettangolari  uguali,  le  quali  si  sovrap- 
ponevano in  modo  che  le  due  armature  fossero  prospicienti.  Pra  le  due  lastre 
stavano  agli  angoli  quattro  pezzi  di  una  lastra  da  specchio,  aventi  sensibil- 
mente lo  stesso  spessore  e  destinati  a  mantenere  parallele  le  due  faccio  argen- 
tate. Le  lastre  che  servivano  a  portare  le  due  armature  erano  di  uno  spes- 
sore di  3"^""  circa,  e  siccome  non  erano  assai  estese  si  sarebbe  potuto  trascurare 
in  certo  modo  rincurvamento  dovuto  alla  flessione  della  lastra  sovrastante; 
però  volendo  procedere  con  più  rigore,  ho  pensato  di  non  poggiare  la  lastra 
inferiore  direttamente  sul  piano  che  dovea  reggere  il  condensatore,  ma  di  adat- 
tarla su  quattro  pezzi  di  vetro  posti  sul  piano  di  appoggio  al  di  sotto  di 
quelli  su  cui  poggiava  la  lastra  superiore  :  così  Y  incurvamento  delle  due 


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—  349  — 
annatore  si  poteva  ritenere  uguale,  e  lo  spessore  della  lamina  d'aria  lo  stesso 
in  tutti  i  punti.  Due  sottili  strisce  di  stagnuola  fissate  alle  partii  argentate  con 
acqua  gommata  in  due  punti  non  prospicienti,  permettevano  di  caricare  una 
delle  due  armature  e  di  porre  Taltra  in  comunicazione  col  suolo. 

•  Sapendosi  che  la  capacità  di  un  condensatore  piano  ad  aria  è  data  dalla 
formula: 

S 


C  = 


iTld 


dove  S  denota  Tai-ea  di  ciascuna  armatura  e  rf  lo  spessore  della  lamina  d'aria; 
e  che  quella  di  un  condensatore  cilindrico  si  ottiene  mediante  la  formula  : 

C  =  ^4;.  (4, 

4,605  Igg 

dove  D  è  la  costante  dielettrica  della  sostanza  costituente  le  pareti,  l  la  lun- 
ghezza delle  due  armature  ed  RiRo  i  raggi  del  tubo;  si  vede  che  per  la 
determinazione  di  D  basta  fare  il  confronto  delle  capacità  di  due  condensa- 
tori cosiffatti. 

«  Per  procedere  a  tale  confronto  ho  operato  nel  seguente  modo.  Un  poz- 
zetto di  mercurio  a  (bene  isolato)  poteva  mettersi  in  comunicazione  mediante 

il  conunutatore  m  con  uno  dei  pozr 
zetti  b  h\  contenenti  anch'  essi  mer- 
curio e  dei  quali  il  primo  era  sorretto 
direttamente  da  un  filo  metallico  sal- 
dato ad  uno  dei  poli  di  una  piccola 
batteria  voltaica  zinco-acqua-rame  B , 
Taltro  da  un  filo  metallico  fissato  al 
morsetto  corrispondente  ad  una  coppia 
di  quadranti  in  un  elettrometro  Ma- 
scart  E:  d'ordinario  per  l'azione  di 
un  piccolo  contrappeso  dalla  parte  dì  V 
applicato  al  commutatore,  si  avea  la 
comunicazione  fra  questo  pozzetto  ed  a. 
L'elettrometro  avea,  come  si  è  detto, 
una  coppia  di  quadranti  in  comunica- 
zione con  h ,  l'altra  col  suolo  e  l'ago  caricato  mediante  una  batteria  voltaica 
di  100  elementi.  Al  pozzetto  a  facea  capo  un  filo  che  serviva  alla  carica  di  uno 
dei  condensatori,  poniamo  per  esempio  quello  ad  aria;  mentre  il  filo  desti- 
nato alla  carica  dell'altro  si  ponea  in  comimicazione  con  h\  Dando  un  piccolo 
colpo  al  commutatore  dalla  parte  di  ^,  si  potea  stabilire  per  circa  1''  la 
comunicazione  fra  il  condensatore  ad  aria  e  la  piccola  batteria  B  ;  così  l'ar- 
matura non  derivata  del  condensatore  veniva  al  potenziale  P  fornito  dalla 
pila  :  stabilendosi  successivamente  la  comunicazione  fra  V  ed  a,  la  elettricità 

RiNDicoNTi.  1888,  VoL.  IV,  1»  Sem.  45 


Fig.  !• 


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—  350  — 

che  era  servita  alla  carica  del  primo  condensatore  si  distribuiva  fra  i  dae  e 
Telettrometro  con  un  potenziale  comune  P'.  Si  ripetea  indi  lo  stesso  processo, 
tenendo  però  il  condensatore  ad  aria  in  comunicazione  col  pozzetto  V  e  quello 
cilindrico  con  a. 

«  Chiamando  a  ed  ci  gli  angoli  di  deviazione  dell'ago  nell* elettrometro, 
avuti  nei  due  casi,  si  hanno,  come  si  sa,  le  seguenti  relazioni: 

CP 


a  =  K 


C  +  C'-hC 
C'P 


C  +  C'-f-C" 

nelle  quali  indico  con  K  la  costante  dell'elettrometro,  con  C  C  rispettiva- 
mente le  capacità  del  condensatore  ad  aria  e  di  quello  cilindrico,  e  con  G' 
la  capacità  dell'elettrometro.  A  tutto  rigore  quest'ultima  sarebbe  dipendente 
dall'angolo  di  deviazione  ;  però  gli  errori  provenienti  dalla  variazione  di  tale 
angolo  non  sono  considerevoli,  e  poiché  d'altra  parte  si  aveano  angoli  di  devia- 
zione assai  piccoli,  si  potea  supporre  nel  nostro  caso  C  costante. 

tf  Mi  sono  assicurato  precedentemente  che  queste  formule  erano  appli- 
cabili, misurando  gli  angoli  di  deviazione  dell'ago,  dopo  aver  messo  in  comu- 
nicazione diretta  b  ^  h\  per  cariche  relative  ad  1,  2,  3,  4  elementi  della 
piccola  batteria  ad  acqua;  ho  trovato  che  gli  angoli  erano  proporzionali  al 
numero  degli  elementi  adoperati,  e  siccome  le  deviazioni  ottenute  per  cia- 
scuno di  essi  isolatamente  erano  sensibilmente  uguali,  ho  potuto  dedurre  che 
le  deviazioni  dell'ago  erano  proporzionali  ai  potenziali  cui  si  portava  la  coppia 
di  quadranti  in  comunicazione  con  b\ 

«  Dalle  due  precedenti  relazioni  si  ricava: 

e  quindi: 

a 

«  La  lunghezza  e  la  larghezza  delle  armature  del  condensatore  essendo 

di  340"*™  e  250™°*  rispettivamente,  e  lo  spessore  della  lamina  d'aria  di  0'"™,874, 

si  trovò: 

C  =  7858™™. 

a  Mediante  questo  valore  e  quelli  di  a  ci  fomiti  dalle  esperienze,  per 
ciascun  condensatore  cilindrico,  si  calcolarono  i  valori  di  C,  e  quindi  ser- 
vendosi della  formula  (4)  si  ebliero  le  costanti  dielettriche  del  vetro  per  i 
vari  recipienti. 

«  I  tubi  cilindrici  adoperati  come  condensatori  furono  in  numero  di  quattro 
ed  io  li  segno  coi  numeri  d'ordine  I,  II,  III,  lY  relativi  ai  recipienti  cui 
tali  tubi  appartenevano,  osservando  che  conservo  le  stesse  notazioni  adoperate 
nella  relazione  sulle  esperienze  di  elasticità. 


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—  351  — 

Biporte  nella  seguente  tabella  i  risultati  ottenuti  per  la  determinazione 
delle  costanti  dielettriche. 


Numero 

del 
recipiente 

Baggio 

int. 

Eaggio 
est. 

Lunghezza 

deUe 
armature 

a 

</ 

C 

D 

I 

4,205 

4,599 

43o"" 

O       /       // 

0.36.29 

0       /        // 

1.  8.  4 

14652™" 

6,10 

n 

4,327 

4,721 

305 

0.41.56 

0.50.29 

9454 

5,39 

m 

7,593 

8,210 

411 

0.32.54 

1.  2.22 

14887 

5,66 

IV 

4,799 

5,271 

441 

0.36.44 

1.  2.28 

13354 

5,68 

«  I  yalori  ottenuti  per  D  non  sono  uguali  fra  loro,  ma  questo  fatto  non 
sì  potrà  attribuire  ad  imperfezione  del  metodo  adoperato,  perchè  anche  il 
Quincke  per  i  rari  condensatori  di  cui  fece  uso  trovò  con  metodo  diverso  per 
il  potere  induttore  specifico  del  vetro  valori  assai  disparati  ;  converrà  ritenere 
piuttosto  che  le  variazioni  di  struttura  del  vetro  per  i  processi  di  fusione  e 
di  raffireddamento  portino  la  loro  influenza  sulla  costante  dielettrica. 

«  Misura  dei  potenziali.  Non  avendo  a  mia  disposizione  alcun  apparec- 
chio che  mi  permettesse  direttamente  la  misura  del  potenziale  cui  si  portava 
Tarmatura  intema  di  ciascun  condensatore  colla  macchina  elettrica,  ho  do- 
vuto procedere  a  questa  determinazione  per  via  indiretta,  servendomi  di  un 
micrometro  a  scintille  e  basandomi  sulle  esperienze  di  Baille  (^).  Questi,  in 
uno  studio  accurato  sulla  distanza  esplosiva  delle  scintille,  era  pervenuto  al 
risultato  che,  per  distanze  comprese  fra  certi  limiti,  la  lunghezza  della  scin- 
tilla fra  due  sfere,  pur  dipendendo  dalle  dimensioni  loro,  era  sensibilmente 
proporzionale  alla  diflérenza  di  potenziale  delle  due  sfere.  Dai  risultati  cui 
è  venuto  il  Baille  si  può  dedurre  Tinfluenza  delle  dimensioni  delle  sfere,  e 
inoltre,  poiché  i  potenziali  furono  in  quelle  esperienze  misurati  in  valori  asso- 
luti, si  ha  il  mezzo,  fondandosi  su  quelle  ricerche,  di  ottenere  i  potenziali 
in  valori  assoluti  mediante  la  misura  delle  distanze  esplosive  fra  due  sfere 
metalliche  di  diametri  noti. 

•  n  micrometro  a  scintille  di* cui  mi  serviva,  portava  due  sfere  di  ottone 
del  diametro  di  due  centimetri;  in  esso,  mediante  una  scala  graduata  in  mil- 
limetri e  un  nonio,  si  potea  misurare  la  distanza  delle  due  sfere  con  sufS- 
ciente  approssimazione,  purché  si  avesse  cura  ^i  girare  la  vite  micrometrica 
sempre  in  un  senso,  per  evitare  gli  errori  provenienti  dal  passo  perduto. 

«  Variazioni  di  lunghezza  e  di  volume  dei  condensatori.  Ho  voluto 
determinare  le  variazioni  di  lunghezza  dei  condensatori  cilindrici  servendomi 
del  metodo  di  Fizeau,  che  ho  trovato  di  attuazione  non  molto  difBicile  e  che 

(1)  BaiUe,  Ann.  de  Cbim.  et  de  Phys.  25,  P.  486.  1882. 


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—  852  — 

ho  ritenuto  preferibile  a  molti  altri  per  il  modo  con  cui  in  valori  assoluti 
si  poteano  avere  quelle  variazioni. 

«  La  disposizione  cui  si  avea  ricorso  era  quasi  identica  a  quella  ado- 
perata per  constatare  gli  allungamenti  dei  recipienti  cilindrici  sottoposti  a 
pressione  intema  nelle  esperienze  per  la  ricerca  delle  due  costanti  di  elasti- 
cità, e  permetteva  nel  tempo  stesso  di  determinare  le  variazioni  di  volume 
intemo  dei  serbatoi;  io  rimando  pertanto  il  lettore  per  maggiori  dettagli  a 
quella  pubblicazione,  limitandomi  solo  qui  ad  accennare  all'assieme  dell'ap- 
parecchio e  a  quelle  modificazioni  che  per  il  nuovo  genere  di  ricerche  ho 
dovuto  introdurre. 

«  Ad  una  mensola  M  (fig.  2*)  attaccata  al  muro  veniva  fissato  il  con- 
densatore A  per  una  porzione  del  tubo  intermedio  I,  che  univa  il  recipiente 
H  stesso  al  cannello  capillare  T  su  cui  si  valutavano  le 

Il  variazioni  di  volume.  Al  tubo  intermedio  I  era  inoltre 

fissato  un  tubo  B  che  circondava  il  recipiente  A  per 
tutta  la  lunghezza  e  portava  inferiormente  una  lastrina  l. 
Fra  questa  e  un'altra  P  attaccata  all'estremo  del  reci- 
piente A  si  producevano  le  frangio  d'interferenza  per 
la  doppia  riflessione  di  un  fàscio  parallelo  di  luce  mo- 
nocromatica. I  recipienti  erano  pieni  di  acqua  comune, 
la  quale  costituiva  l'armatura  interna  del  condensatore  : 
un  filo  di  platino  saldato  alla  parte  superiore  del  tubo  I 
era  messo  in  comunicazione  con  una  macchina  elettrica 
a  strofinìo,  e  serviva  a  trasmettere  la  carica  fornita 
dalla  macchina  al  liquido.  Il  recipiente  era  argentato 
esternamente  sino  alla  base  del  tubo  I,  dove  mediante 
alcuni  strati  di  stagnuola  si  adattava  il  filo  di  rame 
che  metteva  questa  seconda  armatura  in  comunicazione 
col  suolo.  Ad  evitare  una  possibile  dispersione  della 
elettricità  alla  superficie  del  vetro  lungo  il  tubo  I,  si 
ebbe  cura  di  rivestire  questa  superficie  con  vernice  di 
gonmia  lacca.  Il  filo  che  metteva  in  comunicazione  la 
macchina  col  condensatore  portava  una  diramazione  che 
facea  capo  ad  una  delle  palline  dello  spinterometro, 
di  cui  l'altra  era  in  comunicazione  colla  terra. 

»  Lo  stesso  tubo  capillare,  di  <nù  si  determinò  colla 
massima  cura  la  sezione  dopo  essermi  accertato  che 
fosse  sensibilmente  calibro,  fu  saldato  successivamente 
ai  vari  recipienti-condensatori  :  con  questo  ebbi  il  van- 
taggio di  evitare  gli  errori  relativi  che  si  sarebbero 
avuti  da  un  tubo  all'altro  adoperando  cannelli  capillari  differenti.  Gli  sposta- 
menti dell'  estremo   della  colonna   liquida   alla   carica  del   condensatore  si 


Fìff.  2* 


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—  358  — 

valutavano  mediante  un  cannocchiale  munito  di  micrometro,  di  cui  poteva 
avere  con  sufficiente  esattezza  Tingrandimento. 

«  Per  ogni  recipiente  che  si  adattava  alla  mensola  M  si  constatò,  prima 
di  cominciare  le  esperienze  relative  alle  deformazioni,  se  gli  spostamenti  delle 
frangie  rispetto  a  vari  punti,  di  riferimento  sanati  nella  lastrina  t ,  fossero 
uguali  per  tutti  i  punti,  per  accertarsi  se  le  due  lastre  si  spostassero  paral- 
lelameifte  Tuna  all'altra,  e  nei  casi  in  cui  non  si  trovò  verificata  questa  con- 
dizione ^i  modificò  la  sospensione  sino  a  riuscirvi.  Si  ritenne  pertanto  suffi- 
ciente di  misurare  gli  spostamenti  delle  frangio  rispetto  ad  un  punto  segnato 
nel  centrq  della  lastrina  t.  Ad  assicurarsi  poi  che  lo  spostamento  delle  frangie 
non  dipendesse  in  parte  dal  modo  con  cui  si  operava  la  sospensione,  si  fece 
dopo  una  prima  una  seconda  serie  di  esperienze  coi  vari  condensatori:  i  ri- 
sultati che  si  ebbero  da  questa  seconda  serie  furono  quasi  coincidenti  con 
quelli  della  prima. 

«  Le  esperienze  furono  fatte  sotto  l'anfiteatro  della  scuola  di  fisica,  dove 
la  temperatura  variava  pochissimo  durante  la  giornata.  Del  resto  si  erano 
adoperate  tali  cautele,  come  ho  accennato  nel  citato  lavoro,  per  non  avere 
azioni  disturbatrìci  dalle  variazioni  di  temperatura,  che  si  potea  esser  sicuri 
della  influenza  trascurabile  di  tale  causa  di  errore. 

«  Per  quanto  riguarda  il  modo  con  cui  furono  fatte  le  osservazioni,  dirò 
che  in  taluni  casi  vennero  misurate  contemporaneamente  le  variazioni  di  vo- 
lume nel  tubo  capillare  e  gli  spostamenti  delle  frangie  da  due  osservatori; 
ma  avendo  visto  i  valori  costanti  che  si  aveano  per  una  data  lunghezza  di 
scintilla  da  ima  parte  e  dall'altra,  e  riuscendomi  inoltre  difficile  di  disporre 
sempre  di  un  aiuto  nelle  mie  rìcerphe,  ho  fatto  da  solo  alternativamente  le 
misure  per  le  variazioni  di  v(^u)pje  e  di  lunghezza,  ripetendo  le  une  e  le  altre 
più  volte  per  assicurarmi  deU-entiJb^  p/^i  risultati  ottenuti  n. 

Fisica.  —  Sulle  modificazioni  prodotte  dal  magnetismo  nel 
bismuto.  Nota  del  dott.  Qiovan  Pietro  Grimaldi,  presentata  dal  Socio 
Blaserna. 

«  Il  sig.  Herbert  Tomlinson  ha  presentato  alla  Società  fisica  dì  Londra, 
nella  seduta  del  28  gennaio  1888  un'interessante  Nota,  riassunta  nel  fascicolo 
del  3  febb.  88  della  Electrìcal  Beview. 

«  In  essa,  dopo  aver  accennato  all'influenza  del  magnetismo  sulla  resi- 
stenza elettrica  di  alcuni  metalli,  specialmente  del  bismuto,  egli  dice  che  riscal- 
dando un'asta  di  bismuto  sotto  l'azione  di  una  forza  magnetizzante,  si  ha  una 
forza  elettro-motrice,  che  va  dal  metallo  non  magnetizzato  al  magnetizzato 
attraverso  la  giuntura  calda. 

«  Questo  fatto  era  stato  da  me  annunziato  fln  da  più  di  un  anno  fa  in 


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^  354  — 

una  Nota  presentata  alla  B.  Accademia  dei  Lincei  Q)  nella  seduta  del  7  feb- 
braio 1887  (pubblicata  nel  fascicolo  del  dicembre  1887  dal  Philosophìeal 
Magazine)  e  studiato  accuratamente  in  una  Memoria  presentata  ai  primi  dì 
giugno  1887  alla  Società  di  scienze  naturali  ed  economiche  di  Palermo.  In 
questa  Memoria  dicevo  appunto  che  in  un^asta  di  bismuto  in  parte  mugne- 
tizzata,  la  corrente  va  attraverso  la  saldatura  calda  «  dal  bismuto  nop  ma- 
gnetico al  magnetico  se  commerciale,  e  dal  magnetico  al  non  magnotioo  se 
puro  »  (2). 

«  Nella  Nota  sopra  accennata  il  Tomlinson  dice  inoltre  che  le  variazioni 
di  dimensione  subite  dal  bismuto  per  effetto  del  magnetismo,  sono  troppo  pic- 
cole per  ispiegare  la  variazione  di  resistenza  elettrica. 

«  Anch'io  ho  studiato  le  deformazioni  del  bismuto  nel  campo  magnetico, 
per  vedere  se  possano  rendere  conto  delle  variazioni  di  potere  termoelettrico, 
come  pare  avvenga,  secondo  il  Thomson,  per  il  ferro. 

ft  Però  io  non  ho  potuto  constatare,  con  un  apparecchio  molto  sensibile, 
alcuna  variazione  di  lunghezza  con  aste  di  bismuto  lunghe  da  30^*^  a  40*^", 
fatte  con  lo  stesso  metallo  adoperato  per  lo  studio  termo-elettrico  e  sottoposte 
air  azione  di  un  campo  magnetico  uniforme,  che  produceva  nel  ferro  un  note- 
vole allungamento.  Se  si  considera  che  nel  bismuto  la  variazione  di  potere 
termoelettrico  è  moltissimo  più  grande  che  nel  ferro,  mentre  nessuna  varia- 
zione di  lunghezza  ho  potuto  scorgere,  si  dovrà  nettamente  escludere  la  spie- 
gazione sopra  accennata. 

«  Un  simile  studio  era  stato  fatto  dal  Tyndall  ;  ma  le  proprietà  fisiche 
del  bismuto  variano  così  grandemente  da  campione  a  campione,  come  hanno 
dimostrato  tanti  sperimentatori  e  recentemente  von  Aubel,  che  io  ho  creduto, 
per  poterne  trarre  conseguenze  attendibili,  rifare  le  stesse  ricerche  sopra  il 
metallo  adoperato  per  le  esperienze  termoelettriche.  Ne  riferirò  in  seguito 
i  particolari  i> . 


(1)  In  una  recente  Memoria  (Vfìeà,  Ann.  1888,  n.  8)  i  sigg.  Ettingahansen  e  Nemst 
dicono  che  il  fenomeno  in  parola  da  me  trovato,  non  è  altro  che  Fazione  term(HMignetica 
longitvdinale  da  essi  osservata  solamente  nelle  lamine  di  bismuto  collocate  in  un  campo 
magnetico,  col  piano  perpendicolare  alle  linee  di  forza.  Viceversa  io  ho  dimostrato  (Nuovo 
Cimento  voi.  XXII  pag.  5)  che  la  detta  azione,  della  quale  gli  autori  non  diedero  alcuna 
spiegazione  (anzi  esclusero  che  fosse  di  natura  termoelettrica)  è  un  effetto  complesso  dovuto 
alla  variazione  di  conducjbilità  calorifica  e  di  potere  termoelettrico,  che  avviene  nel  bismuto 
sottoposto  all'azione  del  magnetismo,  ed  è  impossibile,  per  il  modo  come  le  esperienze  erano 
condotte,  distinguere  quanto  appartiene  alFuna  e  quanto  all'altra  causa.  La  dissertazione 
inaugurale  del  Nemst,  nella  quale  egli  studia  anche  l'effetto  termomagnetico  longitudinale 
è  posteriore  ad  entrambe  le  mie  pubblicazioni. 

(')  È  probabile  che  il  Tomlinson  abbia  sperimentato  sopra  metaUo  non  chimica- 
mente puro. 


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—  855  — 

Mineralogia.  —  Sopra  gli  sferoidi  di  GAistorrai  presso  Fonni 
in  Sardegna.  Nota  IV.  di  Domenico  Lovisato,  presentata  dal  Socio 
Struever. 

«  Altra  Yisita  a  Ghistorrai  presso  Fonni  ed  un  esame  più  minuto,  tanto 
macroscopico  che  microscopico,  sopra  i  curiosi  sferoidi,  racchiusi  nella  granu- 
lile di  quella  interessante  località,  non  andarono  esenti  da  nuovi  risultati,  che 
mi  piace  affidare  a  questa  Nota,  ora  specialmente  che  ho  potuto  esaminare 
qualche  campione  del  granito  yariolitìco  dì  Craftsburj  nello  stato  di  Vermont, 
col  quale  voleva  vedere  una  certa  rassomiglianza  (^). 

«  Le  osservazioni  da  me  già  fatte  (^),  che  gli  sferoidi  con  un  aggregato 
centrale  micaceo  erano  i  più  regolari,  ma  che  queste  concentrazioni  di  mica  erano 
anche  affatto  eccezionali,  hanno  avuto  anche  questa  volta  la  più  ampia  con* 
ferma:  infatti  sopra  69  inclusi  sezionati,  che  quindi  fanno  vedere  il  nucleo 
intemo,  solo  due  mi  si  manifestarono  di  questa  specie,  e  quindi  in  generale 
Doi  possiamo  dire  che  la  parte  centrale  degli  sferoidi  presentasi  per  lo  più 
quasi  identica  alla  massa  inglobante,  non  solo  per  la  struttura,  ma  anche  per 
k  sua  composizione  chimica. 

•  Ho  potuto  constatare  ancora  che  tanto  nella  parte  intema,  quanto  spe- 
cialmente nella  pasta  granulitica  inglobante  quegli  arnioni,  l'epidoto  è  più 
abbondante  di  quello  che  credea  per  l'esame  finora  praticato;  come  osserva- 
zioni più  attente  m' haimo  permesso  di  verificare  assai  più  frequente  la  mica 
biotite  cloritizzata  e  la  muscovite,  mancante  assolutamente  nelle  buccio,  in 
discreta  quantità  nella  parte  intema  d^li  arnioni  ed  abbondante  nella  roccia 
che  li  involge,  contrariamente  quindi  a  quello  che  dissi  (') ,  essere  questa 
mica  eccezionale  affatto  nella  granulite  di  Ghistorrai. 

«  Stavolta  poi  ho  potuto  trovare  ed  estrarre  degli  arnioni  piccolissimi: 
tino  di  questi,  che  sarebbe  il  più  piccolo,  involto  da  buccia  micacea,  che  com- 
pare come  un  involucro  semplice,  della  lunghezza  di  37  mm.,  ha  nella  sua 
parte  mediana  il  diametro  maggiore  di  20  mm.  ed  il  minore  di  12,  appa- 
rendo quasi  della  forma  di  un  cristallo  di  feldespato  un  po' schiacciato  ;  la 
compAge  intema  d'altro  piccolo,  col  diametro  maggiore  di  32  mm.  e  col  mi- 
nore di  15  nella  sua  sezione  mediana,  mostra  pochissima  mica,  mentre  il 
quarzo  compenetra  abbondantemente  il  feldespato,  così  da  dare  all'interno  di 
questo  piccolo  sferoide  macroscopicamente  l'apparenza  di  strattura  micropeg- 
matitica;  un  tei'zo,  un  po'  più  grande,  ha  lo  stesso  aspetto  intemo,  sebbene  più 


(*)  Lovisato,  Sùpra  il  granito  a  sferoidi  di  Ghistorrai  presso  Fonni  in  Sardegna, 
Nota  n.  Rendiconti  delia  R.  Accademia  dei  Lincei,  Voi.  I,  1884-85,  pag.  820. 

(*)  Lavoro  citato,  p.824;  e  NotalQ,  Rendiconti  ecc.  Voi.  Il,  T  Sem.,  1886,  pag.  509. 
(3)  Lavoro  citato,  Nota  n,  pag.  823. 


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—  356  — 

rossigno,  ed  è  così  schiacciato  su  due  lati  da  far  pensare,  meglio  ancora  del 
primo,  che  un  cristallo  di  feldespato,  di  cui  sarebbero  marcate  le  faccio  P, 
abbia  servito  da  centro  di  attrazione;  un  quarto  del  diametro  maggiore  di 
43, 5  mm.,  col  minore  di  24,  presenta  il  nucleo  centrale  limitatissimo,  di  meno 
che  240  millimetri  quadrati,  composto  di  quarzo,  delle  duo  miche  e  dei  due 
feldespati  uniformemente  distribuiti,  ma  non  però  come  la  pasta  normale  deUa 
roccia  involgente  ;  anche  la  parte  periferica  non  è  così  bene  formata  come  nei 
grossi  sferoidi,  cioè  solo  da  buccio  di  mica  biotite,  regolarmente  disposta  in 
mezzo  a  feldespato,  ma  lascia  vedere  dopo  una  specie  d'involucro  micaceo  una 
zona  centrale  formata  da  feldespato  tutto  disseminato  di  grossi  grani  di  quarzo 
e  qualche  poco  di  mica:  succedono  quindi  le  buccio  terminali  di  mica  abba- 
stanza regolarmente  disposte. 

tt  Ho  trovato  alcuni  di  questi  sferoidi  rotti,  slogati,  spostati,  come  fossero 
derivati  da  piccole  faglie  avvenute  nella  massa  granulitica,  che  li  contiene, 
e  quindi  risaldati  col  mezzo  di  quarzo,  che  sarebbe  perciò  di  formazione 
secondaria. 

«  Ho  potuto  col  mezzo  di  mine  addrentrarmi  nella  roccia  fresca  ed  estrane 
campioni,  i  quali  fanno  vedere,  come  veramente  cristalli  di  feldespato  o  più 
specialmente  masse  feldespatiche  o  masse  feldespatiche  mescolate  con  quarzo, 
sieno  stati  i  centri  di  attrazione  perla  genesi  dei  curiosi  arnioni:  alcuni  di 
questi  campioni  contengono  presso  ad  uno  sferoide  completo  od  accanto  alla 
cavità  lasciata  da  un  altro  di  essi  degli  inclusi,  che  stanno  per  completarsi, 
inclusi  limitati  da  una  prima  buccia  di  mica,  od  anche  talvolta  appena  accen- 
nati. A  questa  granulite  a  grossi  elementi,  levigata  e  lucidata,  tali  inclusi 
coi  grossi  cristalli  di  feldespato  o  formati  da  un  aggregato  centrale  feldespa- 
tico  con  particelle  di  quarzo,  che  lo  compenetrano,  ed  inviluppati  per  la  più 
parte  dalla  mica  biotite,  danno  un  bellissimo  aspetto,  quasi  porfiroide,  spic- 
cando nettamente  dalla  massa  cristallina  generale,  e  specialmente  dai  con- 
tomi di  mica  nera  il  feldespato  bianco  o  lievemente  roseo,  presentandosi  sopra 
una  superficie  di  un  decimetro  quadrato  ben  11  di  quelli  amioncini. 

«  Al  microscopio  però  questi  cristalli  di  feldespato  si  presentano  estre- 
mamente impuri,  specialmente  per  ps^liette  di  mica  bianca  che  appariscono 
in  essi  in  abbondanza. 

«  L'illustre  Pouqué,  secondando  i  mìei  desideri,  ha  pubblicato  una  im- 
portante Nota  su  questa  granulite  (0-  Questo  lavoro  fu  fatto  dal  Fouqué  al 
solo  scopo  di  dare  la  sua  opinione  sulla  curiosa  roccia,  non  certamente  nel- 
l'intenzione di  farne  una  descrizione  completa  ;  e  ciò  serve  a  spiegare,  perchè 
l'esimio  scienziato  nella  sua  Nota  non  abbia  parlato  dell'apatite,  dello  sfeno, 
del  zircone,  minerali  quasi  costanti  in  tal  genere  di  roccie,  né  degli  altri  mi- 
nerali accessori,  che  compariscono  nella  forma  litologica  di  Ghistorrai. 

(»)  M.  Fouqué,  Sur  lei  nodules  de  la  granulite  de  Ghistorrai  près  Fonni  (Bardai- 
gne),  Bulletìn  de  la  Société  fran9ai8e  de  Mineralogie.  Janvier  1887. 


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•  Bignardo  ai  feldespati  il  distinto  professore  del  Collegio  di  Francia  nella 
sua  interessante  Nota  (^)  ci  dice  che  ha  trovato  che  Tortosio  e  Toligoclasio, 
d*un  bianco  lattiginoso,  sono  egualmente  sviluppati  ed  al  microscopio  si  pre- 
sentano molto  alterati,  ciò  che  mostra  anche  Tantichità  della  roccia,  ed  en- 
trano nella  massa  e  nel  nucleo,  mentre  è  Talbite  o  un  microclino  molto  sodi- 
fero,  che  forma  le  buccio  assieme  alla  biotite.  Questo  medesimo  feldespato 
fii  trovato  dal  Fonqué  in  uno  degli  arnioni  con  concentrazione  di  mica,  e  per 

l'importanza  dell'osservazione  riporto  le  sue  parole  :   « On  y  trouve,  en 

effet,  de  gi-ands  cristaui  d'orthose  et  d'oligoclase  altéréfl,  de  la  biotite  trans- 
foimée  en  chlorite  et  epidoto,  du  mica  blanc  comme  dans  les  noyaux  et  d'autre 
part,  on  y  volt  un  feldspath  triclinique  limpide  à  petits  angles  d'extinction, 
comme  Talbite  que  nous  avons  signalée  dans  la  couronne  et  de  la  biotite 
intacte  irrégulièrement  distribuée.  Le  tout  est  cimenté  par  du  quartz  moulant 
tons  les  autres  éléments  et  formant  entro  eux  des  plages  irrégulières  « . 

«  È  a  questo  illustre  uomo  più  che  ad  altri  che  devo  andar  riconoscente 
per  lo  studio  al  microscopio  delle  sezioni  sottili  della  curiosa  roccia.  Le  se- 
zioni portate  con  me  in  Francia  erano  soverchiamente  grosse  e  non  poteano 
quindi  mostrarmi  specialmente  certi  minerali  accessori,  che  si  vedevano  net- 
tamente nelle  preparazioni  microscopiche  fatte  allestire  dal  sig.  Werlein,  e  che 
non  ammettono  confronto.  Così  ho  potuto  vedere  posteriormente  anche  nelle  mie 
preparazioni,  ridotte  più  sottili,  che  l'apatite  era  abbastanza  abbondante  ed 
in  discreta  quantità  lo  sfeno.  Non  posso  far  a  meno  poi  di  manifestare  la  mia 
più  viya  riconoscenza  all'esimio  naturalista  del  Collegio  di  Francia  pel  dono, 
che  mi  volle  fare,  di  una  magnifica  preparazione  microscopica,  fatta  pure  dal 
sig.  Werlein  e  che  è  quanto  di  più  perfetto  si  possa  immaginare.  Questa  se- 
zione sottile,  ottenuta  dal  taglio  di  grosso  sferoide,  cui  stava  attaccata  una 
bella  massa  dì  granulite,  misura  97  mm.  dì  lunghezza  sopra  61  di  larghezza, 
quindi  una  superficie  generale  alquanto  più  grande  di  quella  che  presenta  l'in- 
gegnosa preparazione  del  sig.  prof.  Enop,  fatta  semplicemente  dallo  sferoide, 
e  regalatami  dall'illustre  prof,  vom  Rath  dell'Università  di  Bonn  (2),  essendo 
il  diametro  maggiore  di  essa  di  90  mm.,  ed  il  minore  di  65  con  circa  I  mm. 
di  spessore. 

«  Anche  lo  zircone  mi  fu  svelato  in  grani  dal  microscopio  e  fra  non  molto 
potremo  salutare  una  dotta  Nota  dell'illustre  dott.  E.  de  Eroustchoff,  lo  stesso 
che  studiò  il  granito  variolitico  di  Craftsbury,  nella  quale  vedremo  come  questo 
distinto  mineralista  abbia  trovato  nella  roccia  di  Ghistorrai  oltreché  lo  zir- 
cone del  tipo  del  granito  ordinario  e  del  gneis,  ancora  un  nuovo  tipo  carat- 
teristico, affatto  speciale  ed  unico  per  la  roccia  di  Ghistorrai  ;  ci  dirà  ancora 
come  questo  ultimo  zircone  comprenda  dei  pori  vetrosi  incontestabili  e  delle 


(\)  Lavoro  citato,  pag.  1. 

(«)  Loyisato,  lavoro  citato,  Nota  HI,  886,  pag.  1508. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  1«  Sem.  16 


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inclusioni  fluidali,  e  come  queste  ultime  sieno  comprese  anche  nella  seconda 
specie  di  zircone  e  gli  altri  nella  prima  specie  ;  vedremo  ancora  come  egli 
abbia  trovato  un  minerale  ettaedrico  anisotropo  contenente  delle  inclusioni 
vetrose,  fatto  d'una  importanza  reale  per  lo  studio  della  granulite  di  Ghistorrai, 
nella  quale  lo  stesso  dott.  K.  da  Kroustchoff  avrebbe  ancora  rinvenuto  l'ana- 
tasio  in  cristalli  tabulari  del  tipo  granitico. 

tt  Altri  risultati  ancora  spero  farà  conoscere  il  valente  naturalista  di 
Breslavia  suUa  curiosa  granulite  che  egli  imprese  a  studiare  specialmente 
pe'  zirconi,  che  in  tre  anni  di  lavoro  è  riuscito  ad  isolare  in  circa  100  roccie 
cristalline  massicce  e  stratificate,  nonché  in  50  sedimentarie. 

tt  Che  Ghistorrai  presso  Ponni  sia  ancora  Tunica  località  in  Sardegna, 
dove  si  presenta  il  singolare  fenomeno  degli  sferoidi,  oggi  più  che  mai  vo 
acquistandone  la  certezza,  dopo  aver  attraversato  in  lungo  ed  in  largo  l'isola 
ed  averla  esaminata  specialmente  nelle  sue  masse  granitoidi.  Rammenterò  solo 
che  a  cinque  o  sei  metri  di  distanza  dal  punto  della  limitatissima  lente  di 
Ghistorrai  m'avvenne  di  trovare  tre  sferoidi  completamente  formati  ed  alcuni 
altri  appena  tracciati;  ciò  mi  fece  pensare  che  nella  massa  granulitica  di 
Ponni  possa  esistervi  qualche  altra  lente,  racchiudente  i  famosi  inclusi. 

«  Che  poi  la  località  di  Ghistorrai  sia  oggi  ancora  l'unica  sulla  terra  che 
presenti  la  granulite  cogli  inclusi  descritti,  valse  a  convinceimi  l'esame  dei 
due  campioni  del  granito  variolitico  di  Craftsbury,  col  quale  aveva  voluto 
intravedere  (0  una  certa  rassomiglianza,  dopo  la  lettura  della  Nota  descrittiva, 
fatta  dallo  stesso  dott.  E.  de  Kroustchoff  {%  campioni  che  ebbi  per  sua 
gentilezza. 

ti  Dopo  l'esame  della  roccia  dello  stato  di  Vermont  devo  dichiarare  che 
essa  nulla  ha  che  fare  con  quella  di  Ghistorrai.  A  Craftsbury  si  tratta  di 
un  granito  ordinario  a  mica  nera,  quindi  oscuro,  mentre  a  Ghistorrai  abbiamo 
nettamente  una  granulite,  che  in  nessun  punto  presentasi  così  oscura  :  in  quello 
non  si  distinguono  ad  occhio  nudo  le  due  miche,  che  si  veggono  distinta- 
mente in  questa,  sebbene  in  quello  abbiamo  predominanza  di  mica  bianca: 
in  quello  abbiamo  la  calcite,  che  manca  in  questa  ;  infatti  trattando  tanto  la 
parte  granitica  inglobante,  quanto  e  specialmente  quella  intema  dei  globuli 
coll'acido  cloridrico  in  molti  punti  vedesi  una  viva  effervescenza  ;  questa  cal- 
cite, che  in  romboedri  netti  osservasi  all'esame  microscopico,  particolarmente 
all'orlo  del  nodulo  centrale,  diminuendo  quanto  più  si  procede  alla  periferìa 
dell'arnioncino,  deve  poi  essere  considerata  come  elemento  primitivo,  poiché 
si  trova  in  forma  di  inclusioni  negli  altri  elementi  della  roccia  :  in  quello  non 
abbiamo  inclusi  netti  come  a  Ghistorrai,  dove  gli  sferoidi  dalle  belle  forme 
arrotondate  e  definite  sono  nettamente  isolabili,  e  dopo  una  certa  sene  di 

(*)  Lavoro  citato,  Nota  II,  pag.  820. 

(2)  K.  de  Kroustchoff,  Noie  sur  le  granite  variolitique  de  Craftsbury  cn  Amériqxic, 
Biilletiii  de  la  SuciétO  Minéralogique  de  France.  Tome  Vili,  u.  5.  Mai  1885. 


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—  359  — 

buccie,  mescolanza  di  mica  nera  con  albite  e  qualche  grano  di  quarzo,  si 
passa  nettamente  al  nucleo  centrale,  per  lo  piti  della  stessa  natura  della 
roccia  inglobante,  mentre  nel  granito  di  Craftsbury  i  globuli  sono  bitorzoluti, 
non  si  possono  isolare  nettamente  e  macroscopicamente  si  passa  in  modo  in- 
sensibile dalla  periferia  dei  globuli  al  nucleo  centrale  ed  all'occhio  nudo 
sembra  una  massa  eguale  a  quella  della  periferia  ;  inoltre  i  globuli  del  gra- 
nito di  Craftsbury  sono  piccoli,  misurando  il  diametro  maggiore  pei  campioni 
da  me  avuti  in  esame  meno  di  30  mm.,  mentre  gli  inclusi  di  Ghistorrai  vanno 
dal  diametro  minore  di  37  mm.,  a  quello  maggiore  di  29  e  30  centimetri, 
colla  corona  micacea  involgente  lo  sferoide,  che  arriva  in  uno  fino  a  2  cen- 
timetri ;  nulla  potrei  dire  del  nucleo  centrale  dei  due  sferoidi,  che  hanno  la 
lunghezza  di  29  e  30  centimetri,  essendo  essi  tuttora  non  sezionati,  ma  dal- 
Tesperienza  fatta  che  quanto  sono  codesti  arnioni  più  grossi,  tanto  piti  sottile 
hanno  Tassieme  degli  straterelli,  che  costituiscono  la  buccia,  mi  pare  di  poter 
dire  che  non  sarà  inferiore  a  28  e  29  centimetri. 

«  Fra  i  minerali  accessori  nella  nostra  granulite  l'apatite  è  più  abbon- 
dante che  nel  granito  di  Craftsbury,  ma  come  in  questo  essa  è  disseminata 
in  tutti  gli  elementi  ;  in  tutte  due  le  roccie  compariscono  lo  sfeno  e  lo  zircone  ; 
manca  si  può  dire  la  magnetite  nella  roccia  di  Ghistorrai,  mentre  essa  si 
trova  in  certa  quantità  in  quella  di  Craftsbury. 

K  n  sig.  dott.  K.  de  KroustchofF  avrebbe  trovato  il  rutilo  come  microlito 
prismatico  nel  quarzo  e  nel  feldispato  del  granito  dello  stato  di  Vermont  e 
Tanatasio,  come  dissi  superiormente ,  nella  granulite  di  Ghistorrai.  SuUa 
gigantolite,  che  io  avrei  trovato  nella  nostra  granulite,  tanto  nella  roccia  in- 
globante, quanto  nel  nucleo  centrale,  darò  un  cenno  descrittivo  in  altra  Nota 
relativa  ad  alcuni  minerali  nuovi  per  la  Sardegna. 

«  Un  grosso  campione  di  granito  variolitico,  come  quello  dello  stato  di 
Vermont,  vidi  a  Parigi  nelle  ricche  collezioni  ieìVFcoledes  Minessl  n.  1574, 
229  colla  scritta:  Granite  globuleux  {orihose^  quarts  et  mica  noir).  Mas- 
sachusetts {Etats-  Uais).  Avremo  quindi  che  il  granito  variolitico  studiato  dal 
dott  K.  de  Kroustchoff  per  lo  stato  di  Vermont,  si  troverebbe  anche  nell'altro 
stato,  che  con  quello  confina  a  sud,  e  perciò  questo  granito  avrebbe  un'esten- 
sione maggiore  ^ . 

Chimica.  —  Sopra  im  acido  solfoisovalerianico.  Nota  di  Gio- 
vanni De  Varda,  presentata  dal  Socio  Cannizzaro  (^). 

«  Per  ottenere  l'acido  solfoisovalerianico  partii  dall'acido  clorosolfonico 
e  dall'acido  isovalerianico,  seguendo  il  processo  d'Hemillian  (2). 

«  Misi  in  una  storta  prima  100  p.  d'acido  isovalerianico  e  poi  100  p. 

{})  LaToro  eseguito  neUlstituto  chimico  di  Padova. 
(«)  L.  Ann.  176,  1. 


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—    360  — 

d'acido  clorosolfonico,  un  pò*  meno  cioè  di  quanto  sarebbe  stato  necessario 
(114.47  p.)  a  far  entrare  in  azione  tutto  il  primo  acido.  La  reazione  s'effet- 
tuò con  forte  sviluppo  di  calore  e  leggiero  abbrunimento  ;  dopo  terminata  la 
reazione  spontanea,  credetti  bene  pon*e  il  tutto  in  un  hdLgno  ad  olio,  che  portai 
a  100**,  e  tenni  qualche  tempo  a  questa  temperatura,  ch'elevai  poi  a  poco  a  poco 
fino  a  150®,  temperatura  assai  vicina  al  punto  d'ebollizione  dell'acido  cloro- 
solfonico (153®),  limite  che  non  si  dovea  raggiungere,  e  meno  poi  oltrepassare. 
La  sostanza  non  tardò  ad  assumere  un  colore  molto  scuro,  fino  a  che  verso 
la  fine  dell'operazione  non  ebbi  che  una  massa  densa  e  nera  in  causa  d*una 
parziale  carbonizzazione  dell'acido  organico.  Aggiunta  poi  dell'acqua  al  resi- 
duo rimasto  nella  storta,  sottomisi  il  tutto  alla  distillazione  a  bagno  ad  olio, 
replicando  l'addizione  di  nuove  porzioni  d'acqua  fino  a  scomparsa  dell'acido 
cloridrico  ed  isovalerianico  nel  distillato. 

«  Al  liquido  denso  rimastomi  aggiunsi  del  carbonato  di  piombo,  riscaldai 
a  lungo  ed  addizionato  il  tutto  con  acqua  lo  portai  all'ebollizione;  filtrai  a 
caldo  e  replicai  sul  residuo  i  trattamenti  con  acqua,  onde  estrarre  tutto  il 
sale  del  nuovo  acido,  che  è  poco  solubile. 

«  Il  liquido  giallo  chiaro  ottenuto  venne  liberato  dal  piombo  con  idro- 
geno solforato,  ed  il  filtrato  trattato  una  seconda  volta  nel  modo  descritto, 
per  eliminare  la  materia  colorante,  che  precipita  assieme  al  solfuro  dì  piombo. 

fi  La  soluzione  acida,  debolmente  colorata  in  giallo,  ottenuta  in  questo 
modo,  venne  impiegata  per  ottenere  l'acido  libero  e  per  preparare  i  sali  di 
piombo  e  di  bario. 

Acido  solfoisovalerianico  (C5  Hi©  SO5). 

«  Svaporando  nel  vuoto  sull'acido  solforico  la  soluzione  acquosa  dell'acido 
libero  ottenuta  dal  sale  piombico,  ebbi  un  liquido  denso,  che  dopo  qualche 
tempo  si  solidifica  formando  una  massa  cristallina  deliquescente. 

«  Svaporando  invece  a  b.  m.  avviene  una  parziale  decomposizione,  per 
cui  il  liquido  diventa  bruno  ed  emette  un  odore  che  ricorda  quello  dell'acido 
isovalerianico. 

tt  L'acido  solfoisovalerianico  riscaldato  su  lamina  di  platino  si  scompone 
lasciando  indietro  un  residuo  carbonioso. 

Solfoisovalenanato  di  piombo  (C5  Hg  Pb  SO5  +  211%  0). 

»  Svaporando  a  b.  m.  la  soluzione  del  sale  piombico  anzidetta  fino  ad 
una  certa  concentrazione,  si  deposita  una  sostanza  cristallina  senza  colore,  che, 
liberata  dalle  acquemadri,  venne  purificata  per  mezzo  di  ripetute  cristalliz- 
zazioni dall'acqua. 

«  Le  varie  cristallizzazioni  di  detto  sale  si  mostrarono  fra  loro  identiche, 
dando  cosi  a  credere  trattarsi  à^un  solo  solfoacido  originato  dall'azione  del- 
l'acido solfonico  sull'acido  isovalerianico. 


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—   361  — 

K  II  solfoisovalerianato  di  piombo  si  presenta  iu  minati  cristalli  tubii- 
larì,   di  nessun  odore  e  colore,  di   sapore  dolce,  difficilmente  solubili  nel- 
l'acqua ed  insolubili  nell'alcool,  etere  e  cloroformio  ;  sono  infusibili  e  possono 
venir  riscaldati  fino  a  180^  senza  indizi  di  scomposizione.  La  sua  soluzione 
acquosa  anche  concentrata  non  viene  precipitata  dall'alcool  assoluto,  ed  ha  rea- 
zione acida  non  molto  pronunciata.  La  sua  solubilità  è  di  0.54  di  sale  anidro 
in  100  p.  d'acqua,  come  lo  dimostra  la  s^uente  determinazione: 
gr.  24.667  d'una  soluzione  acquosa  satura  a  30""  dettero  per  evaporamento  a 
b.  m.  gr.  0.1334  di  sale  anidro  seccato  a  ISO"". 
<i  II  sale  piombico  ora  descritto  cristallizza  con  due  molecole  d'acqua, 
che  perde  già  a  100°  parzialmente  e  a  150**  completamente, 
gr.  1.1236  perdettero  a  150°  gr.  0.098  di  Hg  0  e  dettero  indi  gr.  0.801  di 
PbS04. 
«  In  100  parti: 

Calcolato  per  C*  H«  Pb  SO,  Trovato 

Pb  — 53.47  53.34 

Calcolato  per  C»  H»  Pb  SO, + 2H,  0  Trovato 

H,0—  8.51  8.72 

Solfoisovalerianato  di  bario  (Cs  Hg  B»  SO5  +H8  0). 

K  Ottenni  il  sale  barìtico  saturando  le  soluzioni  acquose  deiracido  libero 
con  carbonato  baritico. 

«  Esso  presentasi  in  minuti  cristalli  tabulari,  senza  colore  e  di  nessim 
odore,  di  sapore  amarognolo  astringente,  facilmente  solubili  nell'acqua  ed  in- 
solubili nell'alcool,  etere  e  cloroformio  ;  sono  infuòibili  e  possono  venir  riscal- 
dati a  350°  senza  indizi  di  scomposizione.  Contengono  una  molecola  d'acqua 
di  cristallizzazione,  che  perdono  stando  per  qualche  giorno  esposti  all'aria, 
diventando  opachi.  Hanno  reazione  acida, 
gr.  0.6936  perdettero  a  150°  gr.  0.0347  di  H2O; 
gr.  0.905  di  sale  anidro  dettero 
gr.  0.6038        »         »  » 

«  In  100  parti  : 

Calcolato  per  C»  H»  Ba  SO» 

C  —18.91 

H—   2.53 

Ba  — 43.24 

Calcolato  per  C*  He  B»  SO,  - 

H,0—  5.37 

ft  La  costituzione  dell'acido  ora  descritto  non  è  determinata  completa- 
mente, non  avendo  io  stabilito  la  posizione  del  solfoossile.  Hemillian  dimostrò, 
che  l'acido  solfo-butirrico  ottenuto  con  lo  stesso  metodo,  che  io  ho  seguito 
per  preparare  l'acido  solfoisovalerianico,  contiene  il  residuo  dell'acido  solforico 


gr.  0.663 

di  Ba  SO4; 

gr.  0.415 

di  CO,  e  gr.  0.141  di  H,  0 

s 

Trovato 

18.74 

2.60 

45.98 

i,0 

TroTato 

5.00. 

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—  362  — 

in  posizione  a,  nel  mio  caso  però  non  è  esclusa  la  possibilità,  che  esso  possa 
trovarsi  invece  in  posizione  /?,  essendo  questa  la  posizione  del  residuo  nitrico 
nell'acido  nitroisovalerianico,  che  sì  ottiene  direttamente  dall'acido  isovale- 
rianico  »  (0. 


Chimica.  —  Sui  derivati  acetilici  del  Metilchetolo  e  dello  Scalolo. 
Nota  di  Gaetano  Magnanini,  presentata  dal  Socio  Cannizzaro  0- 

«  I  derivati  acetilici  nella  serie  degli  indoli  sono  stati  fino  ad  ora  troppo 
poco  studiati.  Baeyer,  il  quale  ha  scoperto  T  indolo,  descrisse  parecchi  anni 
fa  due  sostanze  da  lui  ottenute  (^)  riscaldando  l' indolo  con  anidride  acetica  alla 
temperatura  di  180^-200°.  La  prima  di  queste  sostanze,  fusibile  a  182^-183^ 
ha  la  composizione  di  un  acetilindolo,  e  si  forma  accanto  ad  un  altro  com- 
posto, più  facilmente  solubile  nel  benzolo,  il  quale  fonde  a  146*  e  rappre- 
senta molto  probabilmente  un  secondo  derivato  acetilico  dell'  indolo.  Più  tardi 
Jackson  (^)  ha  descritto  l'acetilmetilchetolo  il  quale,  analogamente  all' ace- 
tilindolo, si  ottiene  per  azione  della  anidride  acetica  sul  metilchetolo,  so- 
stanza ottenuta  allora  da  Baeyer  e  Jackson  (^)  riducendo  To-nitrofenilacetone 
con  polvere  di  zinco  ed  ammoniaca.  Non  avendo  a  quel  tempo  ancora  Gia- 
mician  e  Dennstedt  (^)  fatta  conoscere  la  tendenza  particolare  del  pirrolo  di 
formare  colla  anidride  acetica  un  derivato  chetonico,  si  anmiise  che  la  for- 
mazione dei  derivati  acetilici  dell' indolo  e  del  metilchetolo  fosse  paragona- 
bile a  quella  dei  derivati  acetilici  delle  basi  secondarie,  e  che  però  l'acetile 
sostituisse  nelle  sostanze  in  discorso  l'idrogeno  del  residuo  imminico.  Solo 
recentemente  E.  Fischer  {J)  ha  dimostrato  che  l'acetilmetilchetolo  descritto 
da  Jackson  è  un  vero  chetone  e  che  però,  anche  sotto  questo  punto  di  vista, 
l'analogia  fra  pirrolo  ed  indolo  è  completa.  Si  può  dire  pertanto  che,  fino 
ad  ora,  l'acetilmetilchetolo  è  l'unico  derivato  acetilico  nella  serie  degli  indoli 
del  quale  si  conosce  la  costituzione  molecolare;  se  l' acetilindolo  di  Baeyer 
sia  un  derivato  chetonico,  come  è  molto  probabile,  per  ora  non  si  può  asse- 
rire ;  molto  meno  si  conosce  la  natura  della  seconda  sostanza  fusibile  a  146^ 
che  si  forma  nella  azione  della  anidride  acetica  sull' indolo  e  che  potrebbe 
essere  un  vero  derivato  acetilico,  ma  che  però  potrebbe  egualmente  essere, 
come  forse  è  probabile,  un  secondo  derivato  chetonico  dell'indole.  In  ogni 

(!)  Bredt,  Beri.  Ber.  15,  2319. 

(*)  Lavoro  eseguito  nelP  istituto  chimico  della  R.  Università  di  Padova. 

P)  Beri.  Berichte  XH,  1309. 

(*)  Ibd.  XIV,  880. 

(5)  Ibd.  Xm,  187. 

(«ì  Reale  Accademia  dei  Lincei.  Memorie  voi.  XY,  1882-1883. 

0)  Beri.  Berichte  XIX,  2980. 


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—  363  — 

caso  però  resistenza  di  veri  derivati  acetilici,  degli  indoli,  nei  quali  Tacetile 
si  trovi  legato  all'azoto  non  è  ancora  dimostrata. 

«  Le  mie  ricerche  sono  dirette  a  riempire  questa  lacuna.  Io  ho  trovato 
che  anche  gli  indoli  possono  dare,  sebbene  con  una  certa  diflScoltà,  dei  veri 
derivati  acetilici,  i  quali  a  differenza  dei  loro  isomeri  sono  decomponibili  dalla 
potassa;  preferibilmente  però  si  formano  i  derivati  chetonici  i  quali  si  de- 
compongono solo  coir  acido  cloridrico  concentrato  bollente.  Questa  decomposi- 
zione coll'acido  cloridrico,  non  è  ristretta  ai  derivati  chetonici  degli  indoli; 
anche  l'a-acetilpirrolo,  se  viene  bollito  con  acido  cloridrico  concentrato,  in 
parte  si  resinifica,  ed  i  vapori  che  si  svolgono  colorano  intensamente  in  rosso 
una  scheggia  di  legno  di  abete  bagnata  coU'acido  cloridrico. 

I.  Acetilmetilchetolp. 

tt  Questa  sostanza  si  forma  allorquando  si  fa  bollira.il  metilchetolo  con 
anidride  acetica,  in  presenza  di  acetato  sodico  anidro.  E.  Fischer  nelle  sue 
recenti  ricerche  su  questo  composto  (0  descrive  un  metodo  dettagliato,  nel 
quale  la  separazione  deiracetilmetilchetolo  che  si  è  formato,  dalla  resina,  ha 
luogo  coir  aiuto  del  cloroformio  nel  quale  l'acetilmetilchetolo  è  relativamente 
meno  solubile.  Il  rendimento  piuttosto  grande  (80  Vo)  che  si  ottiene  con  questo 
metodo,  dimostra  che  quasi  tutto  il  metilchetolo  viene  trasformato  con  questo 
processo  nel  derivato  acetilìco  di  Jackson.  Io  ho  voluto  indagare  da  che  cosa 
sia  costituita  quella  materia  resinosa  nera  che  viene  estratta  col  mezzo  del 
cloroformio. 

«  A  questo  scopo  la  soluzione  cloroformica  venne  portata  a  secco  e  di- 
stillata nel  vuoto.  La  parte  che  passa  sul  princìpio  della  distillazione  è  co- 
stituita da  un  liquido  intensamente  colorato  in  rosso  che  non  si  solidifica, 
mentre  la  parte  che  boUe  a  temperatura  più  elevata  si  solidifica  prontamente 
nel  tubo  refrigerante  e  possiede  le  proprietà  dell' acetilmetilchetolo.  La  fra- 
zione liquida  venne  ridistiUata  nel  vuoto  trascurando  le  prime  frazioni  colo- 
rate in  rosso.  Si  ottiene  così  un  liquido  colorato  in  giallo,  il  quale  venne 
distillato  per  una  terza  volta  nel  vuoto.  La  ms^gior  parte  di  questa  sostanza 
passa  a  200^-210^  ad  una  pressione  di  40  m.  m..  ed  è  costituita  da  un  liquido 
leggerissimamente  giallognolo  il  quale  non  si  solidifica  anche  sa  viene  raf- 
freddato a  —  15^  e  che  ha  dato  all'analisi  i  seguenti  risultati: 
gr.  0,3762  di  sostanza  dettero  gr.  1,0596  di  CO,  e  gr.  0,2337  di  H^O. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ci  Hn  NO 

C         76,77  76,30 

H         6,90  6,36 

0)  Liebig^s  Annalen  242,  379, 


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—  364  — 

«  La  differenza  che  si  osserva  fra  i  valori  trovati  e  quelli  richiesti  dalla 
formnla  Cu  Hn  NO  non  deve  fare  meraviglia.  La  piccola  quantità  di  sostanza 
della  quale  disponevo  non  mi  ha  permesso  di  purificarla  ulteriormente.  Si  può 
però  dimostrare  che  senza  dubbio  la  nuova  sostanza  è  un  vero  acetilmetil- 
chetolo  decomponendolo  colla  potassa.  A  questo  scopo  Vn-acetilmettlchetolo  (0 
venne  fatto  bollire  per  circa  20  minuti  con  una  soluzione  di  potassa  (d  =  1,27) 
in  un  apparecchio  a  ricadere.  Si  aggiunse  acqua  e  si  distillò  in  una  corrente 
di  vapore.  Il  metilchetolo,  il  quale  passò  prontamente  allo  stato  solido,  venne 
riconosciuto  per  mezzo  della  sua  combinazione  picrica.  La  soluzione  alcalina 
venne  acidificata  con  acido  solforico,  distillata,  ed  il  liquido  ottenuto  neutra- 
lizzato con  carbonato  di  soda  e  portato  a  secco  ;  il  residuo  trattato  con  acido 
solforico  ed  alcool  svolge  intensissimo  l'odore  deiretere  acetico.  La  nuova  so- 
stanza pertanto  viene  decomposta  dalla  potassa  concentrata  e  bollente  in  acido 
acetico  e  metilchetolo;  il  suo  comportamento  è  dunque  eguale  a  quello  dei 
derivati  acetilici  delle  basi  secondarie  e  però  deve  contenere  l'acetile  legato 
all'azoto  : 

CH 

N  .  co  .  CH3 

tf  II  />-acetilmetilchetolo  si  forma  anche  per  azione  del  cloruro  di  ace- 
tile  sul  metilchetolo;  io  ho  osservato  a  questo  riguardo,  specialmente  se  si 
adopera  il  cloruro  di  zinco,  la  fonnazione  di  una  materia  colorante  spuria, 
molto  simile  alla  fucsina,  la  quale  starà  senza  dubbio  in  un  certo  rapporto 
col  dimetilrosindolo  descritto  da  E.  Fischer  e  Ph.  Wagner  (2). 

Ossidazione  del  fi-acetilmetilcheéolo  con  camaleonte. 

tt  5  gr.  di  /J-acetilmetilchetolo  vennero  sospesi  in  500  e.  e.  di  acqua 
distillata  e  si  aggiunse  a  poco  a  poco  una  soluzione  fatta  a  caldo  di  9  gr. 
di  camaleonte  in  500  e.  e.  di  acqua.  L'ossidazione  avviene  prontamente  sopra- 
tutto se  si  ha  cura  di  riscaldare  e  si  compie  bollendo  ;  si  filtra  la  soluzione 
bollente  dall'ossido  di  manganese  e  la  si  lascia  raffreddare  affinchè  si  separi 
un  poco  di  acetilmetilchetolo  che  è  sfuggito  alla  ossidazione.  La  soluzione 
filtrata  ed  acidificata  viene  estratta  con  etere  ;  l'etere  abbandona  una  sostaza 
acida  la  quale  venne  purificata  sciogliendola  nel  carbonato  di  soda,  filtrando 

(^)  Seguirò  nella  nomenclatura  dei  derivati  acetilici  degli  indoli  quella  stessa  che  è 
stata  adottata  pel  pìrrolo  dal  prof.  Ciamician  nella  sua  monografia,  il  Pirrolo  ed  i  suoi 
derivati  ;  per  conseguenza  n  indica  i  prodotti  di  sostituzione  dell'  idrogeno  imminico,  <z  e  /^ 
sono  le  due  posizioni  nelle  quali  si  trova  il  metile,  rispettivamente,  nel  metilchetolo  e  nello 
scatole. 

(«)  Beri.  Berichte  XX,  815. 


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—  ses- 
ia soluzione,  acidificasdo  ed  estraendo  di  nuovo  con  etere.  Cristallizzando 
ripetatamente  il  residuo  della  evaporac&one  ^11*  etere  dalVaeido  acetico  diluito, 
si  ottengono  delle  bellissime  laminette  quasi  incolore  di  una  sostanza  acida, 
le  quali  fondono  a  183^-184".  Precipitando  con  nitrato  di  argento  una  solu- 
zione ammoniacale  neutra  della  sostanza,  si  ottiene  un  sale  argentico  il  quale 
ha  dato  all'analisi  il  seguente  risultato: 
gr.  0,3990  di  sostanza  calcinati,  dettero  gr.  0,1506  di  Ag. 
•  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  C»  H«  NOt  Ag 

Ag        37,74  37,76 

«  La  composizione  e  le  proprietà  di  questa  sotanza  <x)iiDCÌdono  con  quelle 
dell'acido  acetilortoamidobenzoico  ottenuto  da  Bedson  e  King  (0  nella  ossida- 
zione della  acetil-ortotoluidina  e  da  Jackson  (^)  nella  ossidazione  con  cama- 
leonte del  metilchetolo.  Questo  ultimo  modo  di  formazione  deiracido  acetil- 
ortoamidobenzoico è  importante;  esso  c'insegna  che  nella  ossidazione  con 
camaleonte  dell'acetilmetilchetolo  deve  accadere  prima  l'eliminandone  d^'ace- 
tile  e  poi  l'ossidazione  del  metilchetolo  risultante: 

C  — COCH3  COOH 

C«H4  C.CH3    +30  +  H,0  =  CeH4  COCH3       +C2H40, 

NH  NH 

Fusione  con  potassa  del  fi-acetilmelilchetolo. 

«  Vennero  fusi  60  gr.  di  potassa  in  un  crogiuolo  di  argento  ed,  agitando, 
Tennero  introdotti  a  poco  a  poco  3  gr.  di  /?-acetilmetilchetolo.  La  maggior 
parte  della  sostanza  viene  trattenuta  e  si  ottiene  cosi  una  massa  fusa  scura 
sulla  quale  nuota  un  olio  nero.  Si  eleva  alquanto  la  temperatura  e  si  man- 
tiene il  riscaldamento  agitando  fino  a  che  tutto  l'olio  sia  scomparso.  Si  lascia 
raffreddare,  si  aggiunge  acqua,  si  fa  bollire  e  dopo  raffreddamento  si  filtra; 
si  acidifica  con  acido  solforico  e  si  estrae  ripetutamente  con  etere.  Il  residuo 
dell'estratto  etereo  è  costituito  da  una  massa  nerastra,  la  quale  si  scioglie 
quasi  totalmente  nel  carbonato  di  soda  con  sviluppo  di  acido  carbonico.  La 
soluzione  alcalina  filtrata  venne  acidificata  nuovamente  ed  estratta  con  etere. 
L'etere  abbandona  per  distillazione  una  ipassa  solida  colorata  in  bruno  che 
venne  cristallizzata  dall'acqua,  bollendo  con  carbons  animale.  Per  raffredda- 
mento si  deposita  una  polvere  cristallina  colorata  in  giallo  bruno,  la  quale 
si  scic^lie  quasi  completamente  nel  benzolo  bollente  mentre,  resta  indisciolto 
un  residuo  colorato  in  rosso.  La  soluzione  benzolica  venne  scolorata,  agitan- 
dola per  parecchio  tempo  con  carbone  animale,  e  precipitata  con  ligroina. 

(1)  Journal  of  Chem.  Soc.  1880,  752. 
(«)  Beri.  Berichte  XIV,  885. 

Bbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  47 


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—  366  — 

La  sostanza  che  si  ottiene  così  quasi  perfettamente  bianca  è  senza  dabbio 
un  deriyato  deir  indolo,  giacché  riscaldata  in  un  tubicino  chiuso  ad  una  estre- 
mità, svolge  dei  vapori  che  colorano  intensamente  in  rosso  un  pezzetto  di  l^no 
di  abete  umettato  con  acido  cloridrico,  e  per  di  più  riscaldata  con  isatina  ed 
acido  solforico  concentrato  da  origine  ad  una  colorazione  rosso-violetta.  Fonde 
a  200^-202**  in  un  liquido  rosso,  ed  è  identica  all'acido  a-indolcarbonico  che 
Fischer  (i)  ha  ottenuto  dal  composto  fenilidrazinico  deiracido  piruvico.  Pre- 
cipitandone la  soluzione  anmioniacale  neutra  con  nitrato  di  argento,  si  ottiene 
il  sale  argentico  il  quale  ha  dato  all'analisi  il  seguente  risultato: 
gr.  0,2423  di  sostanza  calcinati  dettero  gr.  0,0979  di  Ag. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ct  H«  NOt  Ag 

Ag        40,40  40,29 

K  La  formazione  dell'acido  cr-indolcarbonico  dal  /9-acetilmetilchetolo  si 
spiega  facilmente  tenendo  conto  della  tendenza  che  ha  Tacetile  in  questo 
composto  a  venire  eliminato.  Il  metilchetolo  che  si  forma  dà  poi  per  fusione 
colla  potassa  l'acido,  a-indolcarbonico  (2). 

IL  Acetilscatolo. 

C .  CH3 
C«  H4  C  .  COCH3 

NH 

«  Questa  sostanza  si  forma  in  piccola  quantità  allorquando  si  fa  agire 
un  eccesso  di  anidride  acetica  sullo  scatolo,  in  tubi  chiusi,  sopra  200*.  Il 
metodo  migliore  per  preparare  l'acetilscatolo,  è  quello  di  fare  agire  il  cloruro 
di  acetile  sullo  scatolo  in  presenza  di  cloruro  di  zinco.  Io  ho  osservato  a 
questo  riguardo  che  un  poco  di  umidità  nello  scatolo  che  si  adopera  non  nuoce 
all'esito  della  reazione,  anzi,  la  determina  più  prontamente  e  la  preparazione 
dell' acetilscatolo  riesce  più  facile  e  più  sbrigativa. 

«  Porzioni  di  1  gr.  di  scatolo  e  0,5  gr.  di  cloruro  di  zinco  granuloso, 
intimamente  mescolati,  vengono  introdotte  in  altrettanti  palloncini  e  si  versano 
sopra  10  gr.  di  cloruro  di  acetile  per  volta.  La  reazione  è  pronta  ed  ha  luogo 
con  sviluppo  di  acido  cloridrico,  mentre  si  ottiene  una  soluzione  violetta  la 
quale  viene  trattata  direttamente  con  acqua.  L'acqua  distrugge  una  materia 
colorante  spuria,  evidentemente  analoga  a  quella  che  si  foima  per  azione  del 


(1)  Liebig's  Annalen  236,  142. 

(')  V.  Ciamìcìan  e  Magnanini,  Sintesi  di  acidi  metilindolcarbonici.  Rendiconti  della 
B.  Accademia  dei  Lincei.  Sedata  del  5  febbraio  1888. 


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—  367  — 

cloruro  di  acetile  sul  metìlchetolo,  e  rimangono  sospesi  nell'acqua  dei  fiocchi 
di  una  materia  cristallina,  il  cui  colore  varia  dal  bianco  al  rosso  e  che  non 
possiede  più  le  proprietà  dello  scatolo.  La  nuova  sostanza  viene  disciolta  nel- 
l'alcole bollente,  precipitata  con  un  quantità  conveniente  di  acqua  e  cristal- 
lizzata dall'acqua  bollente  leggermente  alcoolica.  Si  ottiene  cosi  in  ragione 
del  70  Vo  dello  scatolo  impiegato  una  sostanza  in  bellissimi  aghi  filiformi 
bianchi,  i  quali  cristallizzati  ripetutamente  dall'acqua  bollente  fondono  co- 
stantemente a  147^-148^  ed  hanno  dato  all'analisi  i  seguenti  risultati: 
L  gr.  0,2621  di  sostanza  dettero  gr.  0,7372  di  COg  e  gr.  0,1548  di  Hj  0 
IL  gr.  0,2510  »  »       gr.  0,7012         i»  gr.  0,1476 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ci  Hn  NO 

I  II 

C         76,71  76,19  76,30 

H         6,56  6,53  6,36 

«  L'a-acetilscatolo  è  una  sostanza  abbastanza  volatile  in  una  corrente  di  va- 
pore acqueo,  ricorda  nell'odore  Ta-acetilpirrolo  e  riscaldata  con  acido  solforico 
concentrato  da  orìgine  prontamente  ad  una  colorazione  rosso-carmino  intensa  ;  è 
quasi  insolubile  nell'acqua  a  freddo,  più  solubile  a  caldo»  molto  solubile  nel- 
l'alcool bollente  da  cui  cristallizza  e  si  separa  in  gran  parte  per  raffreddamento, 
solubile  nell'acetone  e  mediocremente  solubile  nell'etere.  Mescolando  soluzioni 
benzoliche  sature  di  acetilscatolo  e  di  acido  picrico  si  separano  dopo  qualche 
tempo  dei  lunghi  aghi  filiformi,  di  un  colore  giallo  aranciato,  i  quali  sono 
molto  solubili  nel  benzolo  a  caldo  e  non  molto  solubili  a  freddo;  trattati  con 
ammoniaca  a  freddo  diventano  subito  bianchi  decomponendosi  e  si  ripristina 
l'acetilscatolo.  Questa  combinazione  picrica  cristallizzata  dal  benzolo  bollente 
fonde  costantemente  a  156^-157^.  La  natura  chetonica  dell'acetilscatolo  è 
dimostrata  dal  suo  comportamento  con  l'idrossilamina;  l'acetilscatolo  non  viene 
decomposto  dalla  potassa  concentrata  bollente,  boUito  però  a  lungo  con  acido 
clorìdrico  subisce  una  parziale  decomposizione,  in  parte  si  resinifica  e  si  forma 
dello  scatolo. 

«  L'acetilscatolo  si  forma  anche  allorché  si  fa  bollire  per  qualche  ora 
lo  scatolo  con  un  eccesso  di  cloruro  di  acetile.  La  quantità  di  scatolo  che 
viene  così  trasformata  nel .  derivato  acetilico  è  però  molto  piccola  ;  la  maggior 
parte  dello  scatolo  rimane  inalterata  ed  in  parte  si  resinifica;  io  ho  notato 
però  ancora  la  formazione,  in  piccola  quantità,  di  un  olio  molto  volatile  in 
corrente  di  vapore;  questo  olio  non  si  solidifica,  ha  un  odore  che  ricorda 
quello  dell' /^acetilpirrolo  e  con  molta  probabilità  rappresenta  l'/^-acetilscatolo 
corrispondente  all'^-acetilmetilchetolo  da  me  descritto. 


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—  36a  — 

Ossima  dell' acetilscaiolo. 

tt  Questa  combinazione  si  forma  a  preferenza  facendo  bollire  per  alcnne 
ore  una  soluzione  alcoolica  di  acetilscatolo  con  cloridrato  di  idrossilamina  in 
presenza  di  carbonato  di  soda.  Se  non  si  impiega  il  carbonato  di  soda  ovvero 
se  si  adoperano  soluzioni  alcooliche  troppo  diluite,  accade  talvolta  che  la  tra- 
sformazione del  chetone  in  ossima  è  solo  parziale  ed  il  prodotto  che  si  ottiene 
è  in  parte  insolubile  nella  potassa. 

«  Si  introducono  3  gr.  di  acetilscatolo,  3  gr.  di  cloridrato  di  idrossila- 
mina e  6  gr.  di  carbonato  di  soda  anidro  in  un  apparecchio  a  ricadere  e  si 
fa  bollire  con  70  e.  e.  di  alcool  per  5-6  ore.  Si  filtra  la  soluzione,  dopo  che 
si  è  raffreddata,  e  si  distilla  la  maggior  parte  dell'alcool.  Aggiungendo  acqua 
precipita  un  olio  il  quale  però  dopo  poco  tempo  si  solidifica  ;  la  sostanza  so- 
lidificata viene  cristallizzata  ripetutamente  dall'acqua  bollente,  previa  aggiunta 
di  una  piccola  quantità  di  alcool.  Si  ottengono  cosi  degli  aghettini  piccolis- 
simi i  quali  si  separano  completamente  dalla  loro  soluzione  dopo  un  riposo 
di  12  ore  e  fondono  a  119^.  Si  sciolgono  prontamente  a  freddo  in  una  solu- 
zione di  potassa,  e  bolliti  per  alcuni  minuti  coU'acido  cloridrico  concentrato 
vengono  completamente  decomposti  rigenerando  l'acetilscatolo.  Biscaldati  con 
acido  solforico  concentrato  non  danno  però  la  colorazione  rosso-carmino  intensa 
che  dà  nelle  medesime  condizioni  l'acetilscatolo. 

«  Una  determinazione  della  quantità  di  azoto  contenuta  nella  sostanza 
ha  dato  il  seguente  risultato: 
gr.  0,1292  di  sostanza  svolsero  16,5  ce.  di  azoto  misurati  alla  temperatura 

di  10^2  ed  alla  pressione  di  761  m.  m. 

«  In  100  parti: 

Irovato  calcolato  per  Ci  1  Hi 8  NjO 

N         15,12  14,89 

«  I  risultati  esposti,  se  vengono  paragonati  con  quelli  che  furono  otte- 
nuti dallo  studio  dei  derivati  acetilici  nella  serie  del  pirrolo,  possono  dar 
luogo  alla  seguente  conclusione  la  quale  non  è  altro  che  l'espressione  dei  fatti: 

«  Il  metilchetolo  dà,  se  viene  bollito  con  anidride  acetica,  quasi  esclu- 
sivamente il  ^-acetilmetilchetolo  ottenuto  da  Jackson  parecchi  anni  fa  e  che 
secondo  le  recenti  ricerche  di  Fischer  è  un  vero  chetone.  In  piccola  quantità 
si  forma  però  anche  l'^^-acetilmetilchetolo  liquido.  Anche  lo  scatole,  quando 
si  trova  in  condizioni  di  dare  un  derivato  acetilico,  dà  di  preferenza,  come  si  è 
visto,  l'a-acetilscatolo,  che  è  il  derivato  chetonico.  Il  pirrolo  invece  (ed  anche 
Ta-metilpirrolo)  può  dare  i  due  derivati  acetilici  il  pirrilmetilchetone  cioè  e 
r/2-acetilpirrolo  con  eguale  facilità.  Sembra  dunque  che  nella  serie  degli  indoli 
la  mobilità  degli  idrogeni  metinici  del  nucleo  tetrolico,  sia  ancor  più  accen- 
tuata che  nel  pirrolo,  mentre  sarebbero  diminuite  le  proprietà  basiche  dalle 
quali  la  sostituibilità  dell'idrogeno  iminico,  dall' acetile,  evidentemente  dipende  « . 


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—  369  -- 


Chimica  mineralogica.  —  Sulla  composizione  chimica  e  miìie-^ 
ralogica  delle  roccie  serpentinose  del  Colle  di  Cassimoreno  e  del 
Monte  Bagola  (  Valle  del  Nure).  Nota  del  dott.  Clemente  Monte- 
martini,  presentata  dal  Socio  Alfonso  Cossa. 

u  1.  Il  professore  Ciro  Chistoni  nei  suoi  lavori  relativi  alla  formazione 
della  carta  magnetica  d'Italia  accennò  anche  alle  pertnrbazioni  degli  elementi 
del  magnetismo  terrestre  che  si  incontrano  in  alcune  località  deiritaUa  supe- 
riore, ed  accettando  il  con3Ìglio  del  prof.  Taramelli  rivolse  le  sue  osservazioni 
magnetiche  alla  regione  del  Monte  Bagola  nella  Valle  del  Nure.  Nell'ese- 
guire  queste  sue  nuove  indagini,  al  nord  del  Monte  Bagola  nel  Colle  di  Cassi- 
moreno afifatto  distaccato  dal  monte  trovò  nell'arenaria,  da  cui  le  carte  geo- 
logiche indicano  costituito  il  colle,  dei  massi  di  una  roccia  serpentinosa  la 
quale  presenta  in  modo  molto  distinto  i  fenomeni  di  polarità  magnetica,  mentre 
questi  mancano  affatto  nella  gran  massa  serpentinosa  del  Monte  Bagola,  la 
quale,  al  pari  di  tutte  le  roccie  serpentinose,  agisce  sull'ago  calamitato  come 
ferro  dolce  (i).  Però  il  Chistoni  nel  salire  sul  Bagola  (la  base  del  quale  è  di 
arenaria)  incontrò,  pure  neir arenaria,  dei  massi  serpentinosi  di  forma  pirami- 
dale formanti  parte  integrale  del  monte,  i  quali  mostravano  fortemente  la  po- 
larità magnetica  come  la  roccia  del  Colle  di  Cassimoreno. 

a  II  prof.  Chistoni  inviò  cortesemente  dei  campioni  delle  serpentine  del 
Colle  di  Cassimoreno  e  della  grande  massa  del  Bagola  al  prof.  A.  Cossa,  il 
quale  volle  affidarmene  lo  studio  di  cui  riassumo  i  risultati  in  questa  Nota. 

tt  2.  La  serpentina  del  Colle  di  Cassimoreno  è  massiccia,  e  molto  compatta  ; 
presenta  un  aspetto  brecciato  o  porfiroide.  In  una  massa  fondamentale  di  un 
colore  verde  nerastro,  costituita  da  serpentino,  si  trovano  disseminati  dei  cri- 
stalli di  un  minerale  lamellare,  con  splendore  ora  metallico,  ora  madreper- 
laceo, che  Tanalisi  chimica  e  l'osservazione  microscopica  dimostrarono  formati 
per  la  massima  parte  da  un  pirosseno  trimetrico  e  precisamente  da  enstatite 
(bronzite).  Per  questo  suo  aspettto  brecciato  la  serpentina  di  Cassimoreno 
si  rassomiglia  assai  ad  altre  serpentine  appenniniche  ed  in  ispecie  a  quella 
di  Bovegno  nel  Bobbiese,  la  quale  è  anche  essa   essenzialmente  formata  da 


0)  Chistoni,  Misure  assolute  degli  elementi  del  magnetismo  terrestre  fatte  nelVanno 
18S6.  Appendice  I.  Annali  della  meteorologia  italiana.  Parte  1»,  1885.  Roma,  1887.—  Chi- 
stoni, Valori  assoluti  della  declinazione  ed  inclinazione  magnetica,  determinati  in  alcuni 
punti  delV Italia  settentrionale  nell'estate  del  1887,  Rend.  dell'Accad.  dei  Lincei,  Sed.  9  gen- 
naio 1887.  —  Tacchini,  Osservazioni  magnetiche  fatte  sul  Monte  Bagola,  Rend.  dell'Accad. 
dei  Lincei.  Sed.  13  novembre  1887. 


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-.-  370  -.- 

una  pasta  serpentinosa  in  cui  trovansi  disseminati  porfiricamente  dei  grossi 
cristalli  di  enstatite  (^). 

«  Preparando  con  un  campione  di  questa  roccia,  del  peso  di  circa  due 
chilogrammi  e  mezzo,  una  superficie  levigata  che  misurava  8  centimetri  in 
larghezza,  e  12  centimetri  in  lunghezza,  ho  rilevato  che  i  cristalli  lamellari 
del  minerale  pirossenico  erano  disposte  in  serie  parallele  leggermente  ondulate. 
Questa  disposizione  è  molto  probabilmente  affatto  accidentale  nel  campione 
che  ebbi  l'opportunità  di  esaminare  ;  ma  io  volli  notarla  perchè  ad  essa  dovrò 
riferirmi  nel  descrivere  i  fenomeni  di  polarità  magnetica  che  in  questa  roccia 
si  presentano  in  un  modo  molto  eminente. 

tt  Oltre  airenstatite,  coir  osservazione  macroscopica,  si  notano  nella  roccia 
in  piccola  quantità  un  minerale  pure  lamellare,  verdognolo  (diopside),  e  dei 
granuli  di  un  minerale  molto  duro,  che  in  sezioni  sottili  è  trasparente  e  do- 
tato di  un  colore  bruno  (picotite). 

«  La  magnetite,  che  è  pure  uno  dei  componenti  principali  dì  questa  roccia, 
è  in  granuli  amorfi  così  internamente  disseminati  nella  massa  serpenUnosa 
fondamentale,  che,  anche  nella  polvere  molto  fina  della  roccia,  non  si  può 
separare  nettamente  con  una  calamita. 

tt  La  durezza  della  roccia  nella  massa  fondamentale  è  circa  6,  5  ;  però 
in  alcuni  punti  (in  corrispondenza  ai  granuli  di  picotite)  la  roccia  riga  il 
quarzo. 

<i  La  determinazione  del  peso  specifico  eseguita  col  picnometro  alla  tem- 
peratura di  13°c.  con  tre  porzioni  differenti  della  roccia  diede  i  risultati 
seguenti: 

2,76 
2,75 
2,73. 

«  3.  Tutti  i  pezzi  di  serpentina  del  Colle  di  Cassimoreno  di  cui  ho  potuto 
dispone  possegono  in  modo  assai  marcato  la  polarità  magnetica.  Cimentando  un 
pezzo  di  questa  roccia,  che  pesava  circa  due  chilogrammi  e  mezzo,  con  un  ago 
calamitato,  osservai  che  in  vane  partì  della  sua  superficie  esistono  centri  ma- 
gnetici non  solo  di  nome  differente,  ma  anche  di  diversa  intensità.  Con  questo 
modo  di  esperìmentare  però  non  si  possono  precisare  nò  la  posizione  né  il 
numero  di  tali  centii,  perchè  razione  di  ognuno  di  essi  resta  naturalmente 
alquanto  alterata  da  quella  dei  circostanti  ed  anche  dairazione  del  blocco 
in  massa. 

«  Biducendo  la  serpentina  in  frammenti  della  grossezza  di  circa  mezzo 
centimetro  cubico,  si  nota  che  in  quasi  tutti  i  frammenti  persiste  ancora  il 

(*)  A.  Cessa,  Ricerche  chimiche  e  mineralogiche  su  roccie  e  minerali  d'Italia,  To- 
rino 1881,  pa^.  1C4. 


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—  371  — 

fenomeno  della  polarità.  Però  procedendo  oltre  nella  divisione  meccanica  della 
roccia,  va  sempre  diminnendo  il  numero  dei  minati  frammenti  dotati  di  pò*- 
larità  magnetica,  e  ciò  appunto  doveva  avvenire,  perchè,  come  fu  già  sopra 
avvertito,  nella  roccia  esistono  porfiricamente  disseminati  dei  cristalli  di  en- 
statite  i  quali  coli* osservazione  microscopica  si  dimostrano  privi  di  magnetite. 
«  Quando  si  sospende  il  grosso  pezzo  della  serpentina  tra  i  poli  di  una 
forte  elettrocalamita ,  esso  si  dispone  in  modo  che  la  direzione  secondo  la 
quale  i  grossi  cristalli  di  enstatite  trovansi  disseminati  nella  roccia,  riesce 
parallella  alla  linea  che  congiunge  i  poli  dell' elettro-magnete.  Identico  fotte 
si  osserva  esperimentando  sopra  un  frammento  staccato  dallo  stesso  pezzo. 

«  Un'altra  esperienza  mi  ha  confermato  che  la  serpentina  del  Colle  di 
Cassimoreno  possiede  un*orientazione  magnetica.  Con  un  pezzo  della  roccia 
ho  preparato  per  mezzo  di  tagli  paralleli  quattro  lastre  dello  spessore  di  circa 
due  millimetri.  Presentando  le  varie  parti  delle  faccio  di  ogni  lastra  davanti 
al  polo  di  un  ago  magnetico,  si  osservò: 

«  1^  che  nelle  sìngole  faccio  esistono  poli  o,  per  meglio  dire,  zone  di 
opposto  nome  magnetico; 

«  2"  che  in  una  stessa  lastra  a  zone  di  un  dato  nome  poste  su  di  una 
faccia,  stanno  dì  contro,  suUa  faccia  opposta,  zone  di  nome  contrario; 

«  8^  che  le  linee  che  dividono  le  zone  di  una  faccia,  corrispondono  press'a 
poco  a  quelle  che  limitano  le  zone  della  faccia  opposta  della  stessa  lastra; 

«  4^  che  alle  zone  d*azìone  magnetica  esistenti  sopra  una  data  faccia 
{superiore  od  inferiore)  (^)  di  una  lamina  corrispondono  in  posizione  e  nome 
le  zone  di  azione  magnetica  delle  faccio  omonime  delle  altre  lastre; 

«  ò^  che  riunendo  le  quattro  lastre  in  guisa  da  ricostituire  il  pezzo  pri* 
mitivo  non  camhia  il  nome  delle  zone  della  faccia  superiore  della  prima  la- 
mina e  dell'inferiore  deirnltima,  ma  solo  aumenta  la  forza  con  cui  l'ago  è 
attratto  o  respinto. 

«  Col  pezzo  più  grosso  di  cui  disponevo  si  fecero  due  lamine  a  faccie 
parallele,  dello  spessore  di  circa  8  millimetri;  una  lunga  12,  larga  8  centi- 
metri ti^liata  secondo  una  direzione  qualunque;  l'altra  lunga  12,5,  larga  7  cen- 
timetri e  sulla  quale  si  osserva  hene  la  speciale  distribuzione  dei  cristalli 
di  enstatite  già  più  volte  ricordata.  Esaminata  la  prima  con  un  ago  magne- 
tico, diede  fenomeni  identici  ad  una  qualunque  delle  lastre  precedentemente 
osservate.  Per  meglio  vedere  in  essa  la  distribuzione  dei  centri  magnetici,  ne 
ho  esaminato  lo  spettro  magnetico.  Facendo  vibrare  la  carta  tesa  su  un  telaio 
a  non  più  di  un  mezzo  millimetro  dalla  sua  faccia,  si  osseiTò  che  la  lastra 
può  produrre  uno  spettro  ben  marcato  il  quale  mostra  vari  centri  di  azione 


(1)  Le  qualifiche  di  superiore  ed  inferiore  si  riferiscono  alla  disposizione  secondo  la 
quale  le  lamine  furono  tagliate. 


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—  372  — 

r^gruppatì  in  due  distinte  posizioni  ;  ogni  gruppo  è  costituito  quasi  esclusi* 
vamente  da  poli  omonimi. 

u  Esperimentando  in  egual  modo  colla  seconda  lastra,  non  si  ha  uno  spettro 
a  centri  distinti,  ma  si  osservano  due  zone  confuse  corrispondenti  agli  estremi 
delle  linee  secondo  le  quali  sono  distribuiti  i  cristalli  di  enstatite.  In  questa 
seconda  lastra  non  ho  potuto  trovare  punti  opposti  nelle  due  faccio  che  fos- 
sero di  nome  magnetico  contrario.  Con  un  i^o  magnetico  si  osserva  pure  che 
il  bordo  della  lastra  si  può  distinguere  in  due  zone,  che  non  si  interrompono 
a  vicenda  e  che  esercitano  opposte  azioni  sullo  stesso  polo  dell* ago;  i  punti 
di  massima  azione  di  queste  zone  si  trovano  agli  estremi  della  linea  secondo 
la  quale  sono  disposti  i  cristalli  di  enstatite.  La  lastra  sospesa  tra  i  poli  di 
un'elettrocalamita  si  dispone  in  modo  che  la  linea  dei  poli  è  parallela  alla 
distribuzione  deirenstatite. 

«  Da  queste  osservazioni  si  può  dunque  conchiudere  che  la  serpentina 
del  Colle  di  Cassimoreno  presenta  un'orientazione  magnetica  e  che  questa  orien- 
tazione è,  almeno  in  tutti  i  pezzi  che  potei  esaminare,  collegata  colla  distri- 
buzione dei  cristalli  di  enstatite. 

«  4.  La  polvere  della  roccia  ha  un  colore  grigio  cinereo  ;  presenta  come 
tutte  le  roccie  serpentinose  una  reazione  alcalina  molto  marcata.  Per  razione 
di  una  temperatura  elevata,  in  presenza  deiraria,  la  polvere  assume  una 
tinta  ocracea. 

«  La  roccia  è  decomposta  parzialmente  dairacido  cloridrico  e  dall* acido 
solforico  con  separazione  di  sìlice  fioccosa.  Esaminando  al  microscopio  la  parte 
insolubile  negli  acidi,  dopo  averla  liberata  dalla  silice  sottoponendola  ripe- 
tute volte  air  azione  di  una  soluzione  bollente  di  carbonato  sodico,  risultò  prin- 
cipalmente composta  da  lamine  di  enstatite  e  da  alcuni  granuli  di  picotite. 

tf  Fondendo  la  polvere  della  roccia  con  una  miscella  di  carbonato  di  sodio 
e  di  potassio,  la  decomposizione  è  completa,  ad  eccezione  di  piccolissima  quan* 
tità  di  picotite  in  polvere  minutissima  che  rimane  insieme  alla  silice. 

<i  Sotto  razione  prolungata  per  parecchie  ore  delVacidio  solforico,  diluito 
con  metà  il  proprio  peso  d'acqua,  in  tubi  chiusi  alla  temperatura  di  120^ 
la  roccia  si  decompone  completamente  ad  eccezione  sempre  di  una  pìccolis- 
sima quantità  di  picotite. 

tf  Ho  potuto  separare  per  levigazione  una  tenue  porzione  della  polvere 
nera  che  resiste  all'azione  degli  acidi  e  dei  carbonati  alcalini  in  fusione,  ed 
ho  trovato  che  essa  non  è  attirabile  dalla  calamita  e  che  cimentata  al  can- 
nello presenta  ben  distinta  la  reazione  caratteristica  del  cromo. 

«  rendendo  la  polvere  della  roccia  con  bisolfato  potassico,  riprendendo 
con  acqua  e  facendo  bollire  in  una  atmosfera  di  gaz  anidride  carbonica,  non 
potei  ottenere  alcun  indizio  della  presenza  del  titanio.  Ottenni  pure  un  risul- 
tato negativo  cimentando  il  prodotto  della  fusione  coll'acqua  ossigenata. 


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—  «73  — 

a  L*  analisi  chimica  eseguita  per  conoscere  la  composizione  centesimale 
complessiva  della  roccia,  diede  i  risultati  seguenti: 

Perdita  per  calcinazione 10,13 

Anidride  silicica ,    .     .  41,19 

Allumina  ' 2,77 

Ossido  ferrico 4,03 

Ossido  ferroso 4,33 

Calce 2,32 

Magnesia •     .     .     .  34,03 

98,80 

«  o.  Per  meglio  conoscere  la  natura  del  minerale  pirossenico  contenuto 
nella  roccia  del  Colle  di  Cassimoreno,  e  corroborare  i  risultati  delle  osserva- 
zioni microscopiche,  ho  scelto  accuratamente  delle  laminette  del  minerale  in 
modo  di  averle  per  quanto  mi  fu  possibile  scevre  da  particelle  della  massa 
serpentinosa  aderente.  Però  l'osservazione  microscopica  delle  laminette  dimo- 
stra che  esse  erano  infiltrate  in  tenuissima  quantità  da  una  materia  serpen- 
tinosa; erano  però  affatto  prive  di  granuli  di  magnetite. 

«  Le  laminette  di  questo  minerale  si  fondono  assai  difficilmente  sui  bordi 
formando  uno  smalto  grigiastro. 

<s  L'analisi  rivelò  la  composizione  centesimale  s^uente  : 

Acqua 2,78 

Silice 50,65 

Allumina 5,05 

Ossido  ferroso 7,99 

Calce 1,69 

Magnesia 31,44 

99,60 

ft  Da  questa  composizione  risulta  che  questo  minerale  pirossenico  può 
essere  classificato  tra  quella  varietà  di  enstatite  ferruginosa  conosciuta  col 
nome  di  bronzite.  La  presenza  dell'acqua  è  spiegata  dalla  incipiente  serpen- 
tìnizzazione  del  minerale. 

«  L'enstatite  della  serpentina  del  Colle  di  Cassimoreno  si  avvicina  assai  per 
la  sua  composizione  alVeustatite  della  Iherzolite  di  Germagnano  in  Piemonte 

Rendiconti,  1888,  Vol.  IV,  !<>  Sem.  48 


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—  374  — 
della   quale   riproduco    qui  i  risultati  dell*  analisi  eseguita  dal  professore 
A.  Cos8a(0.' 

Acqua 1,77 

Silice 52,19 

Allumina 2,15 

Ossido  ferroso *  .  8,85 

Calce 2,96 

Magnesia 31,84 

99,76 

ti  6.  Anche  colla  sola  osservazione  macroscopica  di  una  lastra  sottile  della 
roccia  del  Colle  di  Cassimoreno,  si  scorge  che  essa  è  composta  di  due  parti 
ben  distinte  ;  cioè  di  una  parte  serpentinosa  che  presenta  i  caratteri  delle  ser- 
pentine provenienti  dalla  decomposizione  del  peridoto,  e  da  un  minerale  lamel- 
lare (enstatite),  al  quale  sono  frammisti  in  piccola  quantità  granuli  di  altri 
minerali  e  specialmente  di  uno  spinello,  un  pirosseno  verde  (diopside)  e  dì  la- 
mine di  anfibolo. 

tf  L'esame  di  diverse  lamine  sottili  della  roccia  dimostra  come  i  rapporti 
tra  la  parte  serpentinosa  della  roccia  e  la  parte  lamellare  varia  assai.  Così, 
a  cagion  d'esempio,  in  una  lastra  della  superficie  di  circa  quattro  centimetri 
quadrati  il  minerale  lamellare  occupava  circa  il  quarto  della  superficie  ;  mentre 
in  un  altro  preparato  della  superficie  di  circa  80  centimetri  quadrati,  l'esten- 
sione del  minerale  lamellare  rispetto  a  quella  della  parte  serpentinosa  non 
raggiungeva  un  ottavo  dell'intera  superficie. 

«  Coir  esame  microscopico  la  parte  serpentinosa  della  roccia  presenta  la 
nota  struttura  reticolare  delle  serpentine  peridotiche;  assume  però  tinte  più 
0  meno  scure  a  seconda  della  maggiore  o  minore  quantità  di  magnetite  dalla 
quale  è  compenetrata.  In  alcuni  punti  si  notano  ancora  molto  ben  distinti  dei 
frammenti  di  olivina,  riconoscibili  ai  loro  caratteri  ottici,  ed  al  modo  di  com- 
portarsi quando  si  trattano  con  acido  cloridrico.  Nei  maggiori  frammenti  di 
olivina  non  si  riscontrano  traccio  di  sfaldatura,  e  nessuna  inclusione  ad  ecce- 
zione di  qualche  raro  granulo  di  magnetite.  Questi  granuli  di  olivina  sono 
cii'condati  da  un  serpentino  fibroso,  di  un  colore  verde  giallognolo,  che  pre- 
senta disposti  parallelamente  alle  fibre  delle  minutissime  granulazioni  amorfe 
di  magnetite.  In  altri  punti  invece  le  fibre  serpentinose  che  circondano  i  gra- 
nuli ancora  indecomposti  di  olivina  sono  così  infarcite  di  magnetite  da  pre- 
sentarsi come  masse  nere  opache.  Solo  trattando  convenientemente  le  sezioni 
sottili  con  acido  cloridrico,  la  massa  nera,  apparentemente  uniforme,  per  il 
disciogliersi  della  magnetite  lascia  scorgere  distintamente  la  struttura  fibrosa 

(*)  A.  t'ossa.  luo<(o  citato,  pag.  112. 


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~  375  — 

caratteristica  del  serpentino.  Finalmente  in  alcuni  preparati  ho  notato  che  la 
serpentinizzazione  è  così  avanzata,  da  non  lasciar  più  scorgere  alcuna  traccia 
di  olivina  inalterata. 

tt  n  minerale  lamellare  che  ih  alla  roccia  del  Colle  di  Cassimoreno  un 
aspetto  porfirico,  è  per  la  massima  pai-te  costituito  da  enstatite,.  come  venne 
comprovato  dall'esame  dei  suoi  caratteri  ottici  e  con  più  sicurezza  ancora  dal- 
Tanalisi  chimica.  Questo  minerale  si  presenta  in  grani,  mai  in  cristalli  ter- 
minati; ha  una  struttura  lamellare  non  però  così  distinta  come  quella  del 
dialla^o,  ed  una  lucentezza  madreperlacea.  Le  laminette  che  riuscirono  pa- 
rallele alla  direzione  di  più  facile  sfaldatura,  presentano  delle  fini  striature 
fra  loro  parallele.  Fra  i  nicol  incrociati  ad  angolo  retto  presentano  dei  colori 
di  polarizzazione  vivi,  meno  però  di  quelli  che  si  notano  nei  frammenti  di 
olivina  non  ancora  alterati.  Gli  assi  di  elasticità  ottica  sono  paralleli  e  nor- 
mali alla  fina  striatura.  Nelle  lamine  parallele  alla  più  facile  sfaldatura  non 
si  osserva  alcuna  figura  assiale  ben  distinta.  Esaminando  alcune  laminette  di 
sjfietldatura  di  questo  minerale  ho  potuto  osservare  un  leggero  discroismo;  cioè 
le  laminette  appaiono  colorate  leggermente  in  bruno  quando  le  striature  sono 
perpendicolari  alla  sezione  principale  del  nicol  polarizzatore,  e  si  presentano 
invece  colorite  in  verde  molto  pallido  in  una  direzione  normale  a  quella 
accennata. 

tt  Alcuni  cristalli  di  enstatite  esaminati  nella  luce  polarizzata  presentano 
intercalate  delle  laminette  che  fra  i  nicol  incrociati  ad  angolo  retto  non  si 
estinguono  contemporaneamente. 

«  Tutti  i  grani  cristallini  di  enstatite  mostrano  indizi  di  una  incipiente 
serpentinizzazione,  che  si  manifesta  coUinterposizione  tra  le  lamelle  del  mi- 
nerale di  una  materia  verde  chiara  che  nella  luce  polarizzata  offre  tutti  i 
caratteri  del  sei-pentino.  È  importante  di  notare  che  nella  materia  serpentinosa 
che  infiltra  i  cristalli  di  enstatite  non  si  trova  traccia  di  magnetite. 

«  Oltre  all' enstatite,  all'olivina,  al  serpentino  ed  alla  magnetite,  l'osser- 
vazione microscopica  dimostra,  nella  roccia  del  Colle  di  Cassimoreno,  l'esi- 
stenza dei  minerali  seguenti: 

«  a)  Poche  lamine  di  diallagio  facilmente  riconoscibile  per  l'orienta- 
zione degli  assi  di  elasticità  ottica,  e  per  la  figura  assiale  che  osservasi  at- 
traverso a  lamine  parallele  alla  direzione  di  più  facile  sfaldatura. 

«  b)  Pochissimi  .grani  di  diopside  verde. 

«  e)  Delle  lamine  di  un  minerale  bruno  monoclino,  che  ritengo  essere 
anfibolo  perchè  presentano  un  dicroismo  simile  a.  quello  di  questo  minerale, 
e  perchè  dalle  misure  fatte  sopra  quindici  frammenti  di  cristalli,  l'angolo  mas- 
simo di  estinsloue  che  le  traccio  di  sfaldatura  prismatica  fanno  con  una  delle 
diagonali  del  nicol  non  superò  mai  i  25"". . 

K  d)  Dei  grani  di  un  minerale  che  in  sezioni  molto  sottili  presenta 
un  colore  bruno  cupo  ed  è  perfettamente  isotropo.   Questi  grani  cristallini 


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—  376  — 

oredo  che  debbano  attribuirsi  a  spinello  (picotite),  perchè  isolati  presentano 
una  durezza  maggiore  di  quella  del  quarzo,  non  sono  intaccati  dagli  acidi, 
presentano  distintamente  la  recezione  del  cromo,  e  non  sono  attirati  dalla  ca- 
lamita. Dall'esame  delle  sezioni  sottili  appare  che  questi  grani  sono  per  lo 
più  circondati  da  una  materia  bianca,  che  non  ha  una  struttura  cristallina  e 
che  resiste  all'azione  degli  acidi.  Molto  probabilmente  questa  materia  può 
essere  costituita  da  silice  amorfa  ;  ma  non  mi  fu  possibile  di  determinare  con 
sicurezza  la  sua  vera  composizione. 

«  7.  Dall'esame  microscopico  e  chimico  appare  che  la  serpentina  del  Colle 
di  Cassimoreno  deriTa  dall'alterazione  di  ima  roccia  Iherzolitica,  ed  appoco 
questo  asserto  alla  presenza  nella  roccia  oltre  che  dell' enstatite,  dello  spi- 
nello (picotite)  e  del  diopside  verde,  i  quali,  come  è  noto,  sono  caratteristici 
della  Iherzolite. 

«  8.  Il  campione  della  serpentina  del  Monte  Ragola,  trasmessomi  dal 
prof.  Ghistoni,  non  presenta  il  fenomeno  della  polarità  magnetica  ed  ha  un 
aspetto  affatto  diverso  da  quello  della  roccia  del  Colle  di  Cassimoreno. 

ii  La  roccia  serpentinosa  del  Monte  Bagola  è  costituita  da  una  massa  di 
colore  verde  chiaro,  nella  quale  sono  disseminati  dei  noduli  di  una  materia  di  un 
colore  verde  cupo  che  si  possono  distaccare  nettamente  e  con  facilità  dalla 
massa  fondamentale  della  roccia.  Questi  noduli  dall'osservazione  microscopica 
risultano  formati  da  agglomerazioni  di  bastite  alterata.  In  alcuni  rari  punti 
del  campione  si  vedono  ancora  delle  lamine  di  bastite  indecomposte,  con  ri- 
flessi metallici  ed  a  superaci  flessuose. 

tt  L'esame  microscopico  delle  sezioni  sottili  ha  dimostrato  che  questa  ser- 
pentina presenta  prevalentemente  i  caratteri  delle  serpentine  che  derivano  dal- 
l'alterazione di  un  minerale  pirossenico.  In  mezzo  alla  massa  serpentinosa, 
attraversata  in  alcuni  punti  da  vene  di  crisotilo,  si  vedono  dei  grani  cristal- 
lini di  bastite,  dei  quali  alcuni  sono  ancora  ben  conservati  a  segno  da  potere 
riconoscere  alcune  delle  proprietà  ottiche  caratteristiche  di  questo  minerale. 

«  Non  ho  potuto  rilevare  in  questa  roccia  la  presenza  dell'enstatite,  del 
diopside  verde,  dello  spinello  che  caratterizzano  la  serpentina  del  Colle  di 
Cassimoreno,  e  pertanto  non  si  ha  alcun  criterio  sicuro  per  ritenerla  prodotta 
dalla  modificazione  di  una  Iherzolite. 

«  L'analisi  chimica  complessiva  della  roccia  diede  i  risultati  seguenti: 

Perdita  per  calcinazione 12,81 

Anidride  silicica 39,18 

Allumina 3,65 

Ossido  ferrico 7,26 

Ossido  ferroso 1,55 

Calce 0,42 

Magnesia 34,79 

99,56 


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—  377  — 

«  Si  hanno  inoltre  segni  della  presenza  del  cromo,  nichel,  del  manganese. 

l' Il  peso  specifico,  determinato  col  picnometro  alla  temperatura  di  H'' 
su  tre  porzioni  differenti  della  roccia,  risultò  eguale  a  2,54. 

«  Termino  ringraziando  vivamente  il  prof.  Cessa,  non  solo  per  avermi  posto 
in  grado  di  eseguire  il  presente  lavoro,  ma  più  ancora  pei  consigli  e  sugge- 
rimenti di  coi  sempre  mi  fu  largo  nella  esecuzione  del  medesimo  it . 

Fisiologia  —  Studi  sul  sangue.  La  produzione  delle  piastrine 
nel  sangue  dei  vertebrati  ovipari.  Nota  dei  dottori  C.  Mondino  e 
L.  Sala,  presentata  dal  Corrispondente  Golgi. 

tt  L'importanza  delle  questioni  oggi  ancora  controverse  sull'anatomia  del 
sangue  e  la  speranza  di  potere  colla  costante  e  paziente  indagine  riuscire  a 
portare  qualche  nuovo  contributo  per  la  loro  soluzione,  ci  spinsero  ad  intra- 
prendere una  serie  di  osservazioni,  il  cui  risultato  esponiamo  ora  in  modo 
sommario  mentre  siamo  lavorando  per  la  pubblicazione  in  esteso. 

H  Studiammo  la  produzione  delle  piastrine  nel  sangue  dei  vertebrati 
ovipari,  sia  durante  la  sua  riparazione  nelladulto,  sia  durante  il  suo  accre- 
scimento neir embrione;  ci  servimmo  della  rana,  della  salamandra,  del  pollo. 

«  Per  studiare  la  riparazione  del  sangue,  praticavamo  abbondantissimi 
salassi,  per  es.  nella  rana  amputavamo  tutto  un  arto  superiore  ;  come  reagente 
olorante  usammo  il  siero  stesso  del  sangue  che  studiavamo  addizionato  di 
metil-violetto  fino  a  raggiungere  un  color  mammola  un  pò*  intenso  e  passato 
ad  un  filtro  lavato  di  soluzione  acquosa  di  bicloniro  di  mercurio  al  0,50  Voi 
per  cui  conteneva  tracce  di  questo  sale  che  valevano  a  fissare  più  rapida- 
mente le  piastrine  nella  forma  che  hanno  sortendo  dai  vasi. 

«  Nel  sangue  di  rana  incominciando  dal  3*^  giorno  ad  arrivare  al  6^, 
dopo  il  salasso  si  notano  abbondanti  le  forme  cariocinetiche  delle  piastrine  : 
ad  osservare  chiare  le  forme  nucleari  giova  una  goccia  di  soluzione  acquosa 
diluita  di  acido  acetico  che  penetra  per  capillarità  nel  preparato:  il  filamento 
nucleare  si  presenta  molto  grosso  e  descrive  delle  volute  ampie  che  si  pos- 
sono seguire  facilmente. 

»  Abbiamo  visto  tutti  gli  stadi  successivi  della  cariocinesi  fino  alla  sepa- 
razione delle  due  piastrine  figlie.  Dal  6®  giorno  in  poi  le  figure  cariocinetiche 
diminuiscono. 

fi  Con  identica  tecnica  abbiamo  osservato  la  cariocinesi  delle  piastrine 
nel  sangue  di  embrioni  di  pollo  e  di  girini  di  pochi  giorni. 

«  Durante  la  riparazione  del  sangue  nella  rana  ebbimo  campo  di  stabilire 
ripetute  osservazioni,  che  comprovano  essere  la  coaguabilità  del  sangue  in  ra- 
gione diretta  della  quantità  di  piastrine  che  contiene  ;  avviene  infatti  di  ottenere 
sangue  poverissimo  di  piastrine  :  questo  coagula  con  grande  difficoltà  ;  capita 
di  ottenere  sangue  ricchissimo  di  piastrine:  coagula  rapidissimamente  ». 


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Fisiologia.  —  La  prodmione  delle  piastrine  e  revoluzlone 
delle  ema2Ìe  nel  sangue  del  vertebrati  vivipari.  Nota  del  prof. 
Casimiro  Mondino,  presentata  dal  Corrispondente  Golgi. 

«  Proseguendo  gli  studi  sul  sangue,  constatai  che  la  cariocinesi  delle 
piastrine  si  verifica  ogni  qualvolta  avviene  un  consumo  considerevole  e  ra- 
pido deir  organismo. 

tt  Conservando  rane  nella  stufa  ove  si  stanno  incubando  ova  di  gallina, 
esse  consumano  rapidamente  ;  dopo  un  numero  di  giorni,  che  varia  a  seconda 
la  grossezza  e  robustezza  deiranimale,  si  trovano  quelle  forme  enormemente 
grosse  di  piastrine  che  Hayem  ha  osservato  nelle  rane  dissotterrate  al  fine 
deirinverno  e  che,  colla  opportuna  tecnica  riferita,  si  dimostrano  non  essere 
altro  che  magnifiche  forme  cariocinetiche. 

«  Dopo  aver  ripetutamente  constatato  la  cariocinesi  nelle  piastrine  degli 
ovipari,  la  questione  della  produzione  delle  piastrine  nei  vivipari  si  presen- 
tava con  nuovi  dati  per  la  sua  risoluzione:  io  la  studiai  sia  nel  sangue  in 
via  di  riparazione,  sia  nel  sangue  fetale.  Mi  valsi  di  cavie,  cenigli,  topi. 
In  qualunque  di  questi  animali  sottoposto  a  salassi  quotidiani,  valendosi  dello 
siero  al  metile  suddescrìtto,  si  constata  che  le  piastrine  aumentano  via  via 
di  volume  :  se  ne  hanno  di  quelle  che  superano  in  lunghezza  il  diametro  dei 
globuli  rossi. 

K  É  detto  che  sotto  razione  dell'acqua  o  dell'acido  acetico,  le  piastrine 
si  dividono  in  una  sostanza  granulosa,  che  si  raccoglie  verso  la  parte  centrale, 
ed  in  una  sostanza  ialina  periferica. 

tt  Le  piastiine  trattate  colla  delicata  tecnica  esposta  lasciano  scorgere 
ugualmente  una  sostanza  granulosa  che  tende  a  raccogliersi  verso  il  centro 
dell'elemento;  però  nelle  piastrine  allungatissime  del  sangue  che  si  sta  ripa- 
rando, questa  sostanza  si  raccoglie  costantemente  in  due  ammassi,  uno  per 
ciascuna  metà  dell'elemento  il  quale  nella  linea  mediana  si  presenta  molto 
pallido. 

tt  Si  trovano  esagerazioni  di  questa  figura  microscopica  fino  ad  osservare 
piastrine  colla  forma  di  allungatissima  cifra  oo  e  colla  sostanza  granulosa 
disposta  in  due  ammassi:  uno  per  ciascuna  metà  dell'elemento. 

tt  Questa  sostanza  granulosa  si  scorge  perchè  si  tinge  più  intensamente 
che  non  il  resto  dell'elemento  col  violetto  di  metile;  Hayem  ha  notato  che 
si  colora  intensamente  colla  ematossilina. 

«  Il  fatto  che  questa  sostanza  è  cromatica,  che  tende  a  raccogliersi  in 
una  unica  massa  più  o  meno  centrale  nelle  piastrine  di  volume  ordina- 
rio, che  si  raccoglie  in  due  masse  nelle  piastrine  allungate,  disposte  a 
cifra  cDo  del  sangue  che  si  sta  riparando,  il  fatto  stesso  di  questo  aumento 
di  volume   e  di  questa   disposizione   a  cifra   oo  delle   piastrine  durante  la 


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riparazione  del  sangue  e,  infine,  la  descritta  cariocinesi  degli  elementi  omo- 
loghi nei  vertebrati  ovipari,  panni  autorizzino  la  conclusione  che  le  piastrine 
dei  vivìpari  si  moltiplichino  per  mitosi  e  che  la  sostanza  granulosa  è  so- 
stanza nucleare. 

«  Osservai  le  piastrine  nell'embrione  di  topo  di  8,  9,  10  millimetri  di 
lunghezza:  aperte  le  membrane  dell'evo  con  un  taglio  netto  di  forbici,  rac- 
coglievo in  un  vetro  d'orologio  scaldato  a  37**  il  liquido  amniotico  limpidis- 
simo ed  il  feto:  con  un  colpo  di  forbici  aprivo  il  cuore  pulsante;  raccolto 
in  una  pipetta  calda  a  37^  il  sangue  che  fuorusciva  diluendosi  nel  ^  liquido 
amniotico,  lo  esaminavo  immediatamente  alla  temp.  di  37"^. 

«  È  difficile  studiare  senza  colorazione  elementi  così  piccoli  ;  ma  coi 
ripetuti  tentativi  ho  visto  senza  dubbio  alcuno  più  volte  una  piastrina  molto 
allungata  dividersi  in  due. 

«  Il  processo  avviene  rapido,  e  perchè  in  questi  primi  momenti  che  il 
preparato  è  allestito  le  piastrine  non  sono  ben  férme,  e  perchè  non  sono  co- 
lorate è  difficile  afferrarne  i  dettagli  ;  ma  non  vi  ha  dubbio  che  una  piastrina 
molto  allungata  la  quale  mentre  move  nel  preparato  si  è  offerta  alla  osser- 
vazione da  ogni  sua  parte,  si  è  mostrata  all'evidenza  un  elemento  unico  (os- 

Df  2  0™"* 
servazione  coU'obb.  j — '         om.  imm.  ed  oc.  18  (10""™)  Zeiss)  poco  dopo 

si  dimostra  come  due  piastrine  riunite  capo  a  capo,  e  se  seguitano  i  leggeri 
movimenti  nella  preparazione  le  due  piastrine  si  separano. 

«  Del  resto  questi  leggeri  movimenti  nel  preparato  possiamo  prolungarli 
a  volontà,  senza  perdere  d'occhio  l'elemento,  alitando  dolcemente  verso  la 
preparazione,  non  certo  toccando  il  coproggetti  con  un  ago,  che  allora  si  pro- 
voca uno  scompiglio  tale  da  rendere  inevitabile  non  solo  coi  potenti  ingran- 
dimenti che  qui  occorrono,  ma  anche  coi  deboli,  il  perdere  di  vista  l'elemento 
oggetto  di  osservazione. 

«  Si  potrebbe  dire  che  si  tratti  di  rottura  delle  piastrine,  non  della  loro 
moltiplicazione  ;  ma  se  si  tien  conto  delle  descritte  figure  microscopiche  che 
offrono  le  piastrine  lunghe  quando  vengono  colorate  con  siero-metile;  del 
fatto  che  le  piastrine  non  molto  allungate  non  si  vedono  dividere  mai,  e  che 
d'altronde  mai  si  vedono  alterate  le  piastrine  dalla  delicatissima  tecnica 
usata,  è  ovvio  ritenere  che  realmente  si  tratta  di  moltiplicazione,  non  di  al- 
terazione. 

tf  L'ultima  serie  delle  mie  ricerche  fu  diretta  a  stabilire  come  dalle 
cellule  rosse  nucleate  derivino  le  emazie  adulte  prive  di  nucleo  dei  mammiferi. 

«  Mi  valsi  di  cavie,  conigli,  topi  e  studiai  il  sangue  fetale  ed  il  sangue 
in  via  di  riparazione. 

«  Nel  sangue  dei  feti  di  topo,  preparato  nel  modo  sopraesposto,  si  no- 
tano grosse  cellule  rosse  di  diametro  molto  superiore  a  quello  normale  delle 
emazie,  emazie  ordinarie  e  microemociti. 


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fi  Una  goccia  di  siero-metile  intensamente  colorato  che  si  fa  penetrare 
per  capillarità  nel  preparato,  basta  per  colorare  opportunamente  gli  elementi. 

«  Si  vedono  cellule  rosse  nucleate  di  grandissimo  diametro;  poi  tutte 
le  forme  di  passaggio  da  queste  alle  comuni  emazie;  le  cellule  rosse  dimi- 
nuiscono di  volume  a  misura  che  si  sviluppa  in  esse  il  cercine  periferico 
caratteristico  dei  globuli  rossi  :  se  ne  vedono  di  quelle  in  cui  questo  cercine 
occupa  appena  appena  Testrema  periferia  delVelemento,  ed  il  loro  diametro 
è  appena  un  poco  diminuito  :  poi  si  trovano  tutti  gli  stadi  successivi  di  ac- 
crescimento dell'inspessimento  periferico  e  proporzionale  diminuzione  di  dia- 
metro deir  elemento  fino  ad  arrivare  alle  ordinarie  emazie. 

ft  Contemporanemente  a  questi  mutamenti  di  forma  si  osservano  le  diverse 
fasi  di  un  processo  speciale  di  distruzione  cui  sottostà  il  nucleo  :  la  sostanza 
di  questo  si  risolve,  tutto  in  giro,  in  trabecole  granulose  che  si  dirigono  verso 
la  periferia  deirelemento.  Queste  trabecole,  nelle  emazie  in  cui  il  processo  è 
poco  avanzato,  si  tingono  al  pari  della  massa  centrale  residua  del  nucleo: 
in  fasi  più  avanzate,  se  ne  trovano  di  quelle'  che  non  assumono  più  una  co- 
lorazione intensa  se  non  in  certi  tratti;  nel  resto  della  loro  estensione  si 
tingono  poco,  e  se  si  fa  agire  l'acido  acetico,  in  questi  tratti  la  colorazione 
non  resiste  e  la  sostanza  della  trabecola  scolorata  si  distingue  soltanto  per 
una  rifrazione  speciale;  in  fasi  ancora  più  avanzate  una  gran  parte  delle  tra- 
becole in  cui  si  è  risolta  là  sostanza  nucleare  non  si  tinge  più  affatto, 
né  più  si  distingue  in  mezzo  al  protoplasma,  il  quale  va  perdendo  quella 
delicatezza  che  offre  nelle  forme  giovani:  ne  risultano  figure  svariate  di  so- 
stanza nucleare  tingibile  sparsa  qua  e  là  neirelemento. 

«  A  misura  che  si  osservano  forme  più  adulte  di  emazie,  si  vede  che, 
collo  sviluppo  del  cercine  periferico,  va  di  pari  passo  una  specie  di  coarta- 
zione del  protoplasma  che  diventa  più  resistente  ai  reagenti;  contemporanea- 
mente cresce  l'intensità  del  colore  rosso. 

«  Le  emazie  che  contengono  tuttavia  quantità  discrete  di  sostanza  nu- 
cleare tingibile,  la  lasciano  intravedere  coiruso  dello  siero-metile  ;  esse  sono 
naturalmente  le  meno  adulte;  nelle  più  adulte  non  si  riesce  più  a  vedere 
sostanza  nucleare  tingibile  perchè  questa,  oltre  all'essersi  &tta  scarsissima, 
è  meglio  velata  dal  protoplasma  fortemente  colorato. 

«  Se  si  fa  agire  l'acido  acetico,  molte  emazie  che  col  semplice  siero- 
metile  non  mostravano  tracce  di  nucleo,  impallidendo  ne  lasciano  scorgere 
resti  più  0  meno  abbondanti  ed  evidenti. 

tf  Le  emazie  che  contengono  maggior  quantità  di  sostanza  nucleare  an- 
cora tingibile  sono  le  più  grosse,  e  sono  generalmente  le  prime  ad  impalli- 
dire sotto  l'azione  dell'acido  acetico;  quelle  che  resistono  meglio  all'acido 
sono  in  genere  forme  più  piccole  e  quando  impallidiscono  offrono  o  scarsis- 
simi 0  nulli  i  residui  nucleari. 

fc  I  micro-emociti  sono  per  la  massima   parte   resistentissimi   all'acido 


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—  881  — 

acetico  e  pochi  contengono  residui  nucleari  ;  la  loro  colorazione  rossa  è  assai 
intensa. 

«  Questo  complesso  di  caratteri  unitamente  al  loro  diametro  li  allontana 
assai  dalle  forme  di  globuli  rossi  e7identemente  giovanissime,  e  rende  poco 
accettabile  Vopinione  che  le  considera  come  forme  giovani  di  emazie. 

>  Lo  studio  del  midollo  delle  ossa  di  animali  ripetutamente  salassati 
mi  diede  risultati  identici  a  questi  ottenuti  col  sangue  fetale. 

«  Tutto  ciò  prova  che  le  cellule  rosse  moltiplicatesi  per  cariocinesi 
(Bizzozero)  danno  luogo  alle  emazie  per  una  successiva  trasformazione  della 
forma:  la  sostanza  che  sta  al  centro  dell'elemento  si  porta  alla  periferìa  la 
quale  si  inspessisce  mentre  il  centro  si  assottiglia  ;  il  diametro  dell'elemento 
intanto  diminuisce. 

«  Anche  la  sostanza  nucleare  migra  verso  la  periferia:  le  trabecoleche 
forma  questa  sostanza  migrante  dapprima  sono  ancora  tingibili,  ma  poi  mentre 
si  avverano  tutte  queste  modificazioni  che  formano  l'evoluzione  dell'emazia 
anche  la  sostanza  nucleare  si  trasforma  :  perde  l'affinità  pei  colori  come  perde 
il  significato  di  nucleo. 

«  Per  quanto  la  successione  delle  forme  sia  criterio  di  molto  valore 
negli  studi  morfologici,  pure  volli  controllare  coli' esperimento  i  risultati  ai 
quali  mi  aveva  condotto. 

«  Se  veramente  il  processo  descritto  è  quello  pel  quale  le  emazie  per- 
dono il  nucleo,  nel  sangue  d'un  animale  ben  nutrito,  nel  quale  l'ematopoiesi 
è  scarsissima,  si  devono  incontrare  tutte  o  quasi  emazie  adulte  che  perciò  non 
offrono  più  traccia  di  nucleo  :  in  un  animale  ripetutamente  salassato  si  devono 
avere  quasi  tutte  emazie  giovani  con  residui  nucleari  cioè  assai  abbondanti. 

«  Presi  due  animali  adulti  press'a  poco  d'egual  peso  (ripetei  l'esperi- 
mento sui  topi,  sui  conigli,  sulle  cavie)  e  dopo  averli  ingrassati  esaminavo 
il  sangue  tingendo  con  siero-metile  e  rischiarando  con  acido  acetico. 

«  In  iscarsissime  emazie  riescivo  a  tingere  qualche  granulo  di  sostanza 
nucleare. 

«  Incominciavo  a  salassare  abbondantemente  uno  di  questi  animali 
mentre  tutti  e  due  venivano  nutriti  egualmente  ;  già  nel  giorno  successivo  al 
salasso  molte  emazie  mi  lasciavano  vedere  residui  nucleari,  e  insistendo  nei 
salassi,  finivo  per  ottenere  un  sangue  nel  quale  quasi  tutte  le  emazie  conte- 
nevano sostanza  nucleare  tingibile;  in  alcune  la  forma  del  nucleo  era  ancora 
conservata  assai  bene. 

«  Nelle  emazie  che  contenevano  molta  sostanza  nucleare,  questa,  forte- 
mente tinta  in  violetto,  traspariva  leggermente  anche  prima  dell'azione  del- 
l'acido acetico;  nel  massimo  numero  però  delle  emazie  la  sostanza  nucleare 
non  si  rivelava  se  non  coll'azione  dell'acido  acetico. 

«  Mentre  avveniva  questa  modificazione  nel  sangue  dell'animale  salassato, 
il  sangue  dell'animale  tenuto  per  controllo  si  conservava  invariato. 
Rendiconti,  1888,  VoL.  IV,  !<>  Sem.  49 


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—  382  — 

«  Sospesi  i  salassi  e  nutrito  abbondantemente  ranimale,  in  15,  20 
giorni  il  suo  sangue  ritornava  normale,  preciso  a  quello  del  compagno  non 
salassato. 

«  Ho  ripetuto  fino  a  tre  volte  Tesperienza  sul  medesimo  soggetto,  poi 
sul  soggetto  che  prima  serviva  di  controllo  invei-tendo  così  le  parti:  il  ri- 
sultato rimase  costante. 

«  Ho  visto  spesso  nuclei  di  cellule  rosse  protundere  dal  corpo  proto- 
plasmatico,  lo  vidi  anzi  protundere  tanto  che  questo  dava  luogo  ad  una  spe- 
cie di  stelo  il  quale,  allargandosi  alla  sua  estremità,  abbracciava  il  nucleo; 
ma  posso  recisamente  affermare  che  mai  il  nucleo  viene  ad  uscire  dal  corpo 
cellulare,  ad  esser  messo  in  libertà  :  non  avviene  di  vedere  questa  cosa  nep* 
pure  quando  si  esamina  il  sangue  in  condizioni  tali  da  assistere  alla  scissione 
delle  emazie. 

«  Del  resto  più  frequentemente,  e  meglio  che  nelle  cellule  rosse  dei 

mammiferi,  si  vede  protundere  il  nucleo  delle  emazie  delle  rane,   che  non 

'  son  destinate  a  perderlo;  ma  neppur  qui  avviene  ma|i  di  vedere   il   nucleo 

staccarsi  dall'elemento;  si  tratta  di  un  semplice  dislocamento   del  nucleo  e 

che  non  va  mai  tant' oltre  da  mettersi  il  nucleo  in  libertà. 

«  Pubblicherò  presto  queste  osservazioni,  dando  quel  corredo  di  disegni  e 
quelle  descrizioni  di  dettagli  tecnici  che  sono  necessari  perchè  l'esposizione 
di  un  fatto  istologico  sia  chiara  e  completa  ». 


MEMORIE 
DA  SOTTOPORSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

F.  Mauro.  Studio  sui  fluossisali  di  Molibdeno.  Memoria  1*:  Fluomipo- 
molibdati  di  potassio  e  di  ammonio.  Presentata  dal  Socio  Cannizzaro. 

E.  Cavalli.  Teoria  delle  motrici  a  gas-luce.  Presentata  dal  Corrispon- 
dente Cerrutl 

RELAZIONI  DI  COMMISSIONI 

Il  Socio  Brìoschi,  relatore,  a  nome  anche  del  Socio  Bazzaboni,  leggo 
una  Relazione  sulla  Memoria  dell' ing.  P.  Cornaglia,  intitolata:  Delle  Spiag- 
gie,  concludendo  per  l'inserzione  del  lavoro  negli  Atti  accademici. 

Il  Socio  Struver,  relatore,  a  nome  anche  del  Socio  Blaserna,  legge 
una  Relazione  sulla  Memoria  del  dott.  E.  Artini,  intitolata:  Quarzo  di  Val 
MalencOj  concludendo  per  la  sua  inserzione  negli  Atti  accademici. 

Le  conclusioni  delle  Commissioni  esaminatrici,  messe  ai  voti  dal  Pre- 
sidente, sono  approvate  dalla  Classe  salvo  le  consuete  riserve* 


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—  383  — 

PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  Segretario  Blaserna  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando fra  esse  le  seguenti  opere  di  Soci  e  di  estranei: 
G.  VON  Bath.  Vortràge  und  Mittheilungen. 
H.  Resal.  Traile  de  Physique  mathématique,  2*  edizione. 

C.  Tondini  de'  Quarenghi.  Sui  vantaggi  e  la  possibililà  dell' adosione 
generale  del  Calendario  Gregoricmo. 

G.  A.  HiRN.  JRemarques  sur  un  principe  de  physique  d'où  pari  M.  Clou- 
sius  dans  sa  nouvelle  théorie  des  moteurs  à  vapeur. 

A.  LissAUER*  Die  pràhistorischen  Denkmàler  der  Provins  Weslpretcssen 
und  der  angrenzenden  Gebiete.  Dono  della  Società  di  scienze  naturali  di 
Danzica. 

M.  Sars,  J.  Koren  e  D.  C.  Danielssen.  Fauna  litoralis  Norvegiae, 
p.  2,  3.  Dono  del  Museo  di  Bergen. 

J.  Koren  e  D.  C.  Danielssen.  Nye  Alcyonider,  Gorgonider  og  Pen- 
nalulider  ecc.  Id.  id. 

P.  Nansen.  Bidrag  til  Myzostomernes  anatomi  og  histologi,  Id.  id. 

Lo  stesso  Segretario  fa  anche  particolare  menzione  del  volume  I  delle 
Oeuvrcs  de  Fourier^  pubblicate  per  cura  di  G.  Darbodx  sotto  gli  auspici 
del  Ministero  della  pubblica  istruzione  di  Francia;  presenta  inoltre  alcuni 
volumi  dell'Osservatorio  di  Greenwich,  contenenti  i  Risultati  spettrosco- 
pici e  fotografici  pel  1885,  e  le  Osservazioni  astronomiche^  magnetiche 
e  meteorologiche  per  lo  stesso  anno,  e  varie  pubblicazioni  dell'Accademia 
delle  scienze  di  Cracovia. 

Il  Socio  Tommasi-Crudeli  ofifre  la  pubblicazione  del  prof.  E.  Campana: 
Alcune  dermatosi  neuropatiche^  e  il  lavoro  del  dott.  B.  Schiavuzzi,  intito- 
lato: Untersuchungen  ùber  die  Malaria  in  Pota,  di  cui  tratta  in  una  sua 
Nota  («). 

Il  Socio  Bazzaboni  presenta  una  sua  Nota  a  stampa  intitolata:  Sofira 
alcune  modificazioni  in  un  Molinello  idrotachimetrico  a  volante  di  Ro- 
binson^ discorrendo  di  questo  suo  lavoro. 

Il  Corrispondente  Tacchini  fa  omaggio  delle  due  seguenti  pubblicazioni 
del  sig.  E.  Brassart:  /  Sismometri  presentemente  in  uso  nel  Giappone.  — 
Il  Sismometrografo  a  tre  componenti  con  una  sola  massa  stazionaria. 

(1)  Vedi  pag.  305. 


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—  384  — 

Il  Socio  ScHUPFER  offre,  a  nome  dell'autore,  lo  Statutum  potestatis 
comunis  Pistoni  del  1296,  pubblicato  da  L.  Zdekauer  con  uno  studio  degli 
statuti  pistoiesi  del  secolo  XIII,  opera  di  cui  lo  stesso  Socio  dette  nel  pas- 
sato fascicolo  un  cenno  bibliografico  ('). 


PERSONALE  ACCADEMICO 

Il  Socio  Cannizzaro  ricorda  come  oggi  la  Società  chimica  di  Berlino 
celebri  il  70*'  anniversario  della  nascita  del  prof.  A.  G.  Hofmann,  Socio  stra- 
niero deir Accademia,  e  propone  che  a  questi  si  mandi  un  telegramma  di  fe- 
licitazione e  di  auguri. 

La  proposta,  messa  ai  voti  dal  Presidente,  è  approvata  alFunanimità. 


CORRISPONDENZA 

Il  Segretario  Blaserna  comunica  esser  giunta  all'Accademia  la  part-e- 
cipazione  di  morte  del  dott.  Josif  Pan  eie,  presidente  della  B.  Accademia 
di  Serbia. 

Lo  stesso  Segretario  dà  lettura  di  un  invito  della  Società  delle  scienze 
di  Finlandia,  la  quale  celebrerà  con  una  seduta  solenne,  il  29  corr.,  il  50® 
anniversario  della  propria  fondazione. 

Il  Segretario  Blaserna  dà  conto  della  corrispondenza  relativa  al  cambio 
degli  Atti. 

Bingraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 
La  B.  Accademia  di  scienze,  lettere  e  belle  arti  di  Palermo  ;  la  B.  So- 
cietà zoologica  di  Amsterdam  ;  la  Società  batava  di  filosofia  sperimentale  di 
Botterdam  ;  la  Società  geologica  e  l' Istituto  Smithsoniano  di  Washington  ; 
l'Istituto  meteorologico  rumeno  di  Bucarest;  l'Osservatorio  di  Praga;  l'Osser- 
vatorio di  S.  Fernando;  il  Museo  di  zoologia  comparata  di  Cambridge  Mass.; 
il  Comitato  geologico  russo  di  Pietroburgo. 

Annunciano  l'invio  delle  proprie  pubblicazioni: 
La  B.  Accademia  prussiana  delle  scienze  di  Berlino  ;  la  Società  di  scienze 
naturali  di  Danzica;  la  B.  Università  di  Lund;  la  B.  Università  di  Bonn; 
il  B.  Osservatorio  dì  Greenwich. 

Bingraziano  ed  annunciano  l'invio  delle  proprie  pubblicazioni: 
La  Società  di  scienze  naturali  di  Francoforte  s.  M.;  la  Società  geolo- 
gica e  di  storia  naturale  di  Ottawa. 

P.  B. 
(1)  Vedi  pag.  256. 


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—  385  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DELiLA     R.     ACCADEMIA    DEI     LINCEI 

Glasse  di  scienze  morali,  storiche  e  fllologiolie. 

Seduta  del  22  aprile  1888.  • 

G.  FioRELLi  Vice-Presidente 


MEMORIE   E    NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Archeologia.  —  n  Socio  Fiorelli  presenta  il  fascicolo  delle 
NotÌ2Ìe  per  lo  scorso  mese  di  marzo ,  e  lo  accompagna  con  la  Nota 
che  segue  : 

«  Al  deposito  votivo  del  fondo  Baratela  presso  Este  (Begione  X)  si  rife- 
riscono due  altre  relazioni  del  prof.  Ghirardini;  la  prima  delle  quali  descrive 
gli  oggetti  di  ornamento  e  gli  utensili;  la  seconda  le  monete. 

«  A  Centemero  in  prov.  di  Como  (B^one  XI)  si  dissotteri'arono  varie 
tombe  romane  e  galliche,  della  cui  suppellettile  funebre  pochi  oggetti  si  ricu- 
perarono, i  quali  vennero  aggiunti  alle  raccolte  del  Museo  Comense. 

«  Pavimenti  di  musaico  si  scoprirono  nella  città  di  Bologna  (Begione  Vili) 
presso  porta  d'Azeglio,  a  poca  distanza  dal  luogo,  ove  molti  anni  or  sono 
altri  se  ne  rinvennero. 

«  Al  tenitorio  bolognese  si  riferiscono  pure  varie  note  del  ff.  B.  Commis- 
sario prof.  Brizio,  secondo  le  quali  sono  indicati  come  centri  di  popolazione 
antichissima  Crespellano,  Castelfranco,  Croara,  Bipe  della  Ghedarina  nelllmo- 
lese.  Argenta,  Marzabotto,  Quaderna. 

«  In  Fossombrone  (Begione  VI)  fu  scoperta  una  lapide  latina  in  contrada 
La  Stonga;  e  presso  Isola  di  Fano,  lungo  il  torrente  Tarrugo,  si  trovarono 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  !•  Sem.  50 


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—  386  — 

tre  statuette  Yotive  di  bronzo,  dell'arte  stessa  delle  due  altre,  che  quivi  tor- 
narono in  luce  negli  anni  scorsi,  e  che  appartengono  senza  dubbio  ad  una 
stipe  votiva. 

«  In  Orvieto  (Regione  VII)  continuarono  gli  scavi  della  necropoli  vol- 
siniese  in  contrada  Cannicella,  dove  parecchie  tombe  furono  esplorate,  somi- 
glianti per  lo  stile  alle  tombe  arcaiche  dell'altra  necropoli  in  contrada  Cro- 
cifisso del  Tufo,  nel  lato  opposto  della  città. 

«  Proseguirono  pure  gli  scavi  nella  necropoli  di  Tarquinia,  in  contrada 
Kipagretta,  dove  secondo  un  rapporto  dell'ispettore  prof.  Helbig,  avvenne 
una  scoperta  di  grande  importanza,  essendosi  trovata  una  tomba  a  corridoio, 
che  può  considerarsi  come  la  più  antica  di  questo  tipo,  la  quale  mentre  pre- 
senta, pel  suo  contenuto,  stretti  rapporti  con  le  tombe  a  fossa,  ha  pure  rap- 
porti intimi  con  quelle  a  pozzo. 

ti  In  Roma  (Regione  I),  e  precisamente  nella  regione  quinta  urbana, 
presso  porta  Maggiore,  si  rinvennero  gli  avanzi  dei  pilastri  dell'acquedotto 
dell'Anione  vetere,  che  da  Frontino  sappiamo  essersi  diretto  alla  porta  Esqui- 
lina.  Tra  la  terra  di  scarico  si  raccolsero  vari  titoli  di  colombari,  alcuni  dei 
quali  interessanti  per  la  menzione  che  vi  è  fatta  del  conlegium  scabillario- 
rum,  già  conosciuto  per  altre  epigrafi  sepolcrali. 

«  In  via  di  s.  Martino  al  Castro  Pretorio  si  raccolse  un  frammento 
marmoreo,  recante  parte  di  un  titolo  dedicato  s^li  imperatori  dai  soldati  delle 
coorti  pretoriane,  dei  quali  titoli  più  volte  si  ebbero  avanzi,  provenienti  di^li 
alloggiamenti  di  quei  militi. 

«  Varie  stoviglie  aretine,  alcune  con  bolli  di  fabbrica,  tornarono  in  luce 
in  via  della  Purificazione  ;  e  nel  casamento  Galli,  in  via  del  Governo  Vecchio, 
si  trovò  in  un  pilastro  del  pianterreno  una  grande  ara  marmorea  con  epi- 
grafe, dedicata  agli  imperatori  Settimio  Severo  e  Caracalla.  Questo  monu- 
mento era  già  conosciuto  dai  trascrittori  del  secolo  XVI,  e  sul  loro  apografo 
ne  fu  edita  l'iscrizione  nel  C.  7.  Z.  VI,  n.  410. 

«  Nel  suburbio  poi,  a  pie'  delle  colline  di  ponte  Buttero  sulla  via  Ostiense, 
in  occasione  de'  lavori  di  prosciugamento  del  sottosuolo,  si  rinvenne  un  sepolcro 
a  cassettoni,  con  entro  uno  scheletro  e  vari  fittili  da  riportarsi  al  II  secolo 
dell'impero. 

«  Una  cella  sepolcrale,  con  traccio  di  pitture  parietali  policrome,  fu 
messa  in  luce  sulla  destra  della  Prenestina,  presso  la  sommità  del  pendio, 
che  dal  fosso  di  Acqua  Bollicante,  ascende  verso  la  villa  dei  Gordiani. 

«  E  sulla  via  Portuense,  entro  il  perimetro  degli  antichi  orti  di  Cesare, 
si  rinvenne  un  notevole  ripostiglio  di  assi,  di  buona  conservazione,  e  di  tipo 
normale,  col  solito  Giano  bicipite  e  la  prua  di  nave. 

«  Nuove  indagini  furono  fatte  nell'area  del  tempio  di  Diana  Nemorense 
sotto  Nemi;  e  vi  si  scoprirono  antefisse  fittili  con  la  protome  della  dea,  e 
oggetti  comuni  di  stipe  votiva.  Singolare  fu  il  rinvenimento  di  un  pezzo  di 


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manno  scrìtto,  servito  pel  fastigio  di  una  piccola  edicola,  dove  come  è  mani- 
festato dairiscrizione,  qualcuno  addetto  alla  casa  di  Augusto  pose  alla  dea 
un  lame  perpetuo,  per  la  salute  di  Tiberio  Claudio  Augusto  Germanico,  di 
Giutia  Agrippina,  di  Tiberio  Claudio  Britannico  e  di  Nerone  Claudio  Cesare. 

»  Nel  territorio  stesso  di  Nemi,  in  contrada  s.  Maria,  furono  fatte  molte 
indagini,  che  portarono  allo  scoprimento  dei  resti  di  un  ninfeo  e  di  un  gran- 
dioso suburbano,  assai  guasto  per  ripetute  devastazioni  e  per  frane. 

B  Presso  il  lago  di  Licola,  nella  Campania,  si  esplorarono  molte  tombe 
della  necropoli  Cumana,  cioè  41  di  tufo,  2  di  tegoli,  ed  1  a  camera  ;  nelle 
quali  si  trovarono  pochi  oggetti  degni  di  nota. 

«  Nel  territorio  di  Corfinio  (Begione  IV),  a  poca  distanza  dal  moderno 
abitato  di  Pentima,  si  scoprirono  varie  tombe  senza  suppellettile  alcuna. 
Una  di  queste  era  formata  di  tutte  pietre  iscritte  tolte  da  sepolcri  di  età 
anteriore. 

«  Più  di  trenta  tombe  dell*  epoca  romana,  si  dissotterrarono  poi  nei  la- 
vori stradali  in  s.  Sebastiano  comune  di  Airola  (Begione  II);  e  non  lungi 
da  queste  riapparvero  vari  pavimenti  in  musaico,  e  frammenti  di  ornato 
architettonico. 

«  Finahuente,  una  tomba  della  necropoli  dell'antica  Gela  in  Sicilia, 
restituì  ricchi  ornamenti  personali  di  oro,  cioè  una  collana  formata  di  pic- 
coli cilindri,  un  laccio  a  maglie,  uno  spirale,  due  orecchini  e  molte  bratteae, 
cose  tutte  di  gusto  finissimo,  e  proprio  del  III  secolo   avanti  Tera  volgare. 

<t  Mi  preme  ora  di  richiamare  Tattenzione  della  K  Accademia  sui  saggi  di 
esplorazioni,  che  si  vanno  facendo  nella  regione  Sibarìtica. 

»  Le  premure  vivissime  che  vennero  da  ogni  parte,  afSnchè  il  Ministero 
deiristruzione  pubblica  facesse  intraprendere  nuove  esplorazioni  nel  territorio 
dell'antica  Sibari,  dopo  i  saggi  quivi  eseguiti  circa  dieci  anni  addietro  (cfìr.  No- 
tùie  1879,  p.  49,  77,  122,  156,  245,  tav.  V,  VI;  1880,  p.  152,  tav.  VI), 
indussero  il  Governo  a  fer  praticare  molti  studi  e  scavi,  per  determinare  con 
precisione  Tarea  in  cui  la  città  greca  era  edificata. 

«  Si  esplorarono  moltissimi  punti  nel  piano  in  cui  il  Grati  ed  il  Coscile 
s'incontrano,  sotto  le  alture  della  Serra  PoUinara,  nel  luogo  cioè  ove  le  tra- 
dizioni classiche  portano,  che  la  città  fosse  stata  costruita:  ma  le  indagini 
alle  quali  si  mise  mano  fino  dallo  scorso  novembre,  così  verso  il  Grati  come 
verso  il  Coscile  (Sybaris)  nella  pianura  sopradetta,  non  fecero  intravedere 
finora  alcun  indizio  della  scomparsa  città.  Nel  corso  intanto  di  tali  ricerche, 
si  credette  opportuno  di  studiare  nuovamente  le  alture  prossime,  e  vari  scavi  si 
fecero  sulla  collinetta  denominata  Co^^o  del  Michelicchio  ed  altri  nella 
Grotta  del  Mal  Consiglio.  Il  Cozzo  del  Michelicchio  è  una  delle  tante 
alture  della  Serra  Polinara,  dove  si  vedevano  avanzi  di  costruzioni,  e  molti 
frammenti  di  laterizi.  La  speranza  quindi  di  scoprirvi  qualche  cospicuo  resto 


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d'importante  fabbricato,  indusse  a  farri  regolari  scavazioni  in  tutto  il  mese 
di  decembre,  le  quali  per  altro  furono  abbandonate,  visto  cke  non  risponde- 
vano al  fine  per  cui  erano  state  intraprese.  Perocché  trovandosi  quivi  le 
cose  antiche  a  poca  profondità,  erano  state  tutte  sconvolte  e  guaste  dai  la- 
vori agricoli  e  dalle  ricerche  dei  contadini,  i  quali  da  quel  luogo  princi- 
palmente trassero  i  materiali  per  la  costruzione  dei  loro  tuguri.  Parve  non- 
dimeno potersi  determinare,  che  quivi  fu  un  centro  abitato  in  età  antichissima, 
che  rimase  aperto  al  commercio  dei  Fenici,  come  è  provato  da  alcuni  scarabei 
di  pasta  vitrea  che  vi  si  raccolsero,;  ed  aperto  al  commercio  degli  isolani 
dell'arcipelago,  secondochè  pure  sembra  dimostrato  dai  resti  di  vasi  fittili 
dipinti  a  decorazione  geometrica,  e  da  vasi  rozzi  di  arte  locale  e  primitiva; 
e  che  finalmente  risentì  tutto  quanto  il  beneficio  della  civiltà  greca  al  tempo 
della  colonizzazione  Achea,  come  sarebbe  provato  dai  resti  di  antefisse  fit- 
tili colorate,  residui  del  coronamento  di  qualche  tempio. 

«  Assai  meno  si  raccolse  nella  Grotta  del  Mal  Consiglio ^  dove  torna- 
rono in  luce  pochi  frammenti  di  tubo  fittile,  usato  forse  per  condottura  di 
acqua,  e  si  riconobbero  tratti  di  pavimento  ad  opera  spicata,  indizi  certi 
di  un  edificio  dell'età  imperiale  romana. 

«  Abbandonate  quindi  queste  due  località,  sembrò  conveniente  di  mettere 
mano  all'esplorazione  di  un'altura  prossima,  dove  non  pareva  fossero  per 
riuscire  infiiittuose  le  ricerche.  Quest'altura,  posta  nel  punto  ove  il  torrente 
Esaro  perde  le  sue  acque  nel  Coscìle,  a  circa  12  chilometri  a  monte  del 
luogo,  in  cui  oggi  il  Coscìle  o  Sybaris  si  congiunge  al  Grati,  chiamasi 
Torre  del  MordillOj  dalla  torre  cilindrica  in  mattoni  e  breccia  che  vi  si 
trova,  ed  è  nel  territorio  di  Spezzano  Albanese.  Vart  anni  or  sono  i  lavori 
di  drenaggio,  eseguiti  per  conto  del  comune,  vi  fecero  già  riconoscere  molte 
antichità.  Incominciativi  adunque  gli  scavi  nella  metà  dello  scorso  mese,  si 
vide  subito  estendersi  colà  un  sepolcreto  abbastanza  vasto,  che  dalle  tombe 
sino  ad  oggi  esplorate  e'  indica  un  centro  abitato,  che  sorgeva  in  quelle  vici- 
nanze nell'età  precedente  alla  venuta  dei  coloni  greci  di  Sibari,  ossia  nel  tempo 
anteriore  all'anno  720  innanzi  l'era  volgare. 

«  La  suppellettile  funebre  raccolta  dalle  molte  tombe  fino  ad  oggi  esplo- 
rate, presenta  quasi  costantemente  i  medesimi  tipi,  cioè  fittili  di  arte  rude, 
e  bronzi  d'industria  locale;  oggetti  che  mentre  hanno  rapporto  colle  opere 
di  arte  italica  vetustissima,  nessun  segno  manifestano  di  quel  gusto,  che  la 
civiltà  greca  portò  poi  in  quel  territorio. 

B  Le  tombe  disposte  irregolarmente  ed  in  più  ordini,  sono  formate  da 
uno  strato  di  pietre  informi  e  di  brecce  senza  indizio  alcuno  di  cemento,  e 
sono  finora  tutte  ad  inumazione.  Fa  parte  principale  del  corredo  un  vaso 
fittile,  talvolta  coperto  di  ciotola,  lavorato  a  mano  e  cotto  a  fuoco  libero, 
del  genere  che  si  comprende  sotto  la  categoria  dei  buccheri  di  arte  italica. 
In  esso   è   da   notare   la   forma,    la   quale  richiama  alla  mente,  massime 


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nel  collo,  il  tipo  dei  cinerari  di  Yillanova,  e  nelle  altre  parti  molto  si 
aTTicina  ai  vasi  del  sepolcreto  vetusto  di  Bisentium,  sul  lago  di  Bolsena 
neirEtruria,  e  di  Temi  nell'Umbria.  Non  mancano  vasetti  accessori;  parecchi 
dei  quali  somigliano  a  quelli  che  si  dissotterrano  dalle  tombe  laziali  dei 
colli  albani.  Uno  solo  tra  questi  fittili  presenta  finora  dei  fasci  ornamentali 
a  decorazione  geometrica,  estuiti  con  qualche  accuratezza  mediante  un  pet- 
tine a  cinque  denti. 

«  Sparse  al  di  sopra  dello  scheletro  trovansi  in  ciascuna  tomba  parecchie 
fibule  di  bronzo,  tra  le  quali  predomina  il  tipo  della  così  detta  fibula  a  drago, 
precisamente  come  quelle  che  si  scoprirono  nella  ricordata  necropoli  di  Bisenzio, 
e  nel  sepolcreto  antichissimo  di  Yetulonia.  Alcune  fibule  di  questo  tipo, 
specialmente  di  modulo  grande,  sono  di  ferro.  Altre  fibule  di  bronzo  hanno 
sull'arco  Tomamentazione  a  quattro  spirali,  nel  modo  identico  a  quelle  che 
provengono  dalla  necropoli  di  Suessola  nella  Campania. 

8  Fra  gli  ornamenti  della  persona  predomina  una  collana  di  bronzo  ad 
anelli,  talvolta  anomagliati  quattro  a  quattro,  e  raro  incontrasi  il  monile  a 
globetti  di  vetro,  e  più  raro  ancora  a  globi  o  pendagli  di  ambra.  Notevoli 
sono  i  braccialetti,  formati  di  un  filo  di  bronzo  raddoppiato  e  neirestremità 
ondulato,  braccialetti  che  trovano  riscontro  nei  moltissimi  esemplari  pro- 
venienti specialmente  dalle  tombe  di  Bisenzio  e  di  Terni,  e  che  appar- 
tengono senza  dubbio  all'ornato  muliebre,  essendosi  sempre  trovati  in  tombe 
dove  non  occorse  mai  di  raccogliere  armi  di  sorta. 

«  Finalmente  devono  essere  ricordate  cuspidi  e  puntali  di  lancia,  in 
bronzo  ed  in  ferro,  che  per  nulla  si  discostano  dai  tipi  più  comuni  alle 
necropoli  di  sopra  ricordate,  e  alcune  lame  di  coltelli  e  di  corte  spade,  di 
ferro,  esse  pure  di  tipo  usuale. 

»  Certamente  le  ulteriori  indagini  mostreranno,  che  anche  questa  popola- 
zione antichissima  risentì  più  tardi  i  benefici  del  commercio  cogli  orientali, 
e  quelli  maggiori  della  civiltà  greca  sibaritica.  Intanto  anche  il  materiale 
che  finora  si  è  raccolto  è  proficuo  per  lo  studio  dell' antichissima  storia 
d'Italia,  avendo  esso  grande  analogia  coi  prodotti  che  ritornarono  in  luce  in 
tanti  luoghi  discosti  fra  loro,  nella  parte  media  e  superiore  della  penisola, 
e  provando  la  uniformità  dei  costumi  della  gente  italica  avanti  il  periodo 
della  colonizzazione  orientale. 

«  Limitandomi  per  ora  a  queste  semplici  notizie,  mi  riserbo  di  presen- 
tare nel  prossimo  mese  l'elenco  degli  oggetti  scoperti,  a  seconda  delle  tombe 
alle  quali  si  appartengono  « . 


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Storia  letteraria.  —  V  Itinerarium  del  Petrarca.  Nota 
del  Corrispondente  Giacomo  .  Lumbroso. 


«  Fra  i  tanti  scritti  lasciatici  dal  Petrarca  nessuno  forse  è  stato  tanto  irascurato  dai 
suoi  biografi  quanto  Tltinerario  Siriaco  » .  Questo  diceva  il  Fracassetti  or  fa  dieci  anni  (i), 
e  questo  bisogna  dire  anche  oggi.  Come  il  Tiraboschi  (ed.  mil.  1823,  Y,  183)  si  stupiva  che 
Tab.  de  Sade  non  ne  avesse  fatta  parola  ne'  suoi  tre  tomi  di  Memorie  per  la  vita  del  Pe- 
trarca, così  possiamo  stupirci  che  non  ne  faccia  parola  il  (jaspary  nel  primo  tomo  in  gran 
parte  petrarchesco  della  sua  recente  e  dotta  Storia  della  letteratura  italiana  (Torino,  Loe- 
scher,  1887).  Se  a  coloro  poi  che  ne  parlano,  si  domanda  che  cosa  è,  che  valore  ha,  che 
posto  tiene  questa  operetta,  <<  è  libro,  dice  il  Tiraboschi  (1.  e),  che  alla  storia  e  alla  geo- 
grafia di  que'  tempi  reca  non  poco  lume  »  ;  «  quest'opera,  dice  il  Levati  (  Viaggi  di  F.  P., 
1820,  n,  14),  dimostra  quanto  ben  addentro  egli  fosse  penetrato  nello  studio  della  geografia  »; 
non  basta:  a  è  il  primo  modello  d'illustrazione  geografica  che  vanti  la  moderna  lette- 
ratura »,  scrive  il  Baldelli  {Del  Petrarca  e  delle  sue  opere  1797,  p.  40);  ed  il  Mézières 
{Pétr.y  1868,  p.  254):  «  Par  son  Itinéraire  Syriaque  ...  Pétrarque  ressuscitait  les  études  géo- 
graphiques  »j  oppure,  tutt'altro  tono,  «  è  una  delusione  »,  confessa  suppergiù  Tito  Tobler 
innamoratosene  per  fama,  poi  vedutolo  da  presso  con  occhio  unicamente  intento  alla  sua 
Bibliographia  geographica  Palàestinae  (Lips.,  1867,  p.  208).  Per  il  Koerting  {Petrarcà's 
Leòen  urui  Werke,  Lips.  1878,  p.  614),  che  ne  ha  forse  o  senza  forse  parlato  meglio 
d'ogni  altro,  è  a  un  ritratto  eccellente  della  mente  nuova,  mezzo  pagana  e  mezzo  cristiana 
del  Petrarca  »  ;  ma  dove  ha  egli  veduto  che  questo  «  ritratto  della  mente  »  il  Petrarca 
lo  abbia  sostituito  ad  un  «  ritratto  del  viso  »  chiestogli  dall'amico  prima  della  partenza,  e 
com'è  ch'egli  crede  aver  voluto  il  Petrarca  consegnare  questo  «  ritratto  della  mente  »  ap- 
punto qui,  nell'Itinerarium  ?  H  u  pars  mei  optima  »,  1'  a  effigies  animi  ingeniique  mei  », 
non  è  forse  un  suo  prediletto  ritornello,  come  può  vedersi  nelle  prefazioni  al  De  vita  soli- 
taria, al  De  otio  religiosoruniy  e  nella  lettera  a  Luigi  di  Eampen  in  cui  chiama  V Africa 
credo,  u  effigie  vera  dell'animo  suo  e  fedelissimo  suo  ritratto  »  (Fracass.  Fam.  I,  239)?  Se 
poi  si  domanda  chi  fu  quell'amico,  u  noi  possiamo  conoscere  da'  codici  stampati,  risponde  il 
Tiraboschi,  e  solo  veggiamo  ch'ei  fu  milanese,  poiché  il  Petrarca,  a  lui  parlando,  gli  dice  : 
patria  tua  Mediolanum,  Ma  in  un  codice  a  penna  di  questo  opuscolo,  che  si  conserva  in 
questa  biblioteca  Estense,  esso  è  indirizzato  ad  dominum  lohannem  de  Mandello,  famiglia 
antica  e  nobile  in  Milano . .  »;  e  dopo  il  Tiraboschi,  nessun  passo,  se  non  indietro,  poiché 
il  Koerting  tira  fuori  Laudensem  coloniam  patriae  tuae  proaimam,  dimenticando  quel 
chiaro  e  lampante  patria  tua  Mediolanum.  Se  si  domanda  in  qual  luogo  fu  scritto  l'Iti- 
nerarium :  niente.  Se  in  qual  tempo,  u  solo  una  cosa  può  asserirsi,  dice  il  Fracassetti,  che 
cioè  esso  è  posteriore  ai  viaggi  marittimi  del  Petrarca,  i  quali  avvennero  del  1336,  37,  43. 
Del  resto  non  v'ha  nell'Itinerario  una  parola  da  cui  possa  arguirsi  il  tempo  in  cui  egli 
lo  scrisse  »  (Lincei,  L  e).  Il  Koerting  al  contrario  lascia  supporre  che  fu  scritto  mentre 
Giotto  vivea  {der  erste  der  leòenden  Maler),  dunque  avanti  il  1336.  H  Tobler,  senza  dare 
la  ragione,  lo  pone  «circa  il  1370  ».  Il  Petzholdt  (Anz.  1862,  186)  «prima  del  1374», 
prudentissimamente:  essendo  certo  e  sicuro  almeno  questo  che  il  Petrarca  non  lo  scrisse 
dopo  morto.  Ma  tutto  ciò  sia  detto  unicamente  perchè  il  soggetto  mi  tira  per  i  capelli,  e 

(1)  Lincei,  Mem.  classe  stor.,  sene  3*,  voi.  Ili,  p.  494. 


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senz^ombra  dMrriveFenza  od  offesa  a  chicchessia,  tanto  sono  scorrette  e  deformi  e  ripu- 
gnanti ad  nno  studio  coscienzioso  le  edizioni  che  abbiamo  e  tanta  è  la  vergogna  che  non  sia 
stata  ancora  fatta  an*edizion  moderna,  un'edizion  critica  delle  opere  latine  dei  Petrarca.  Tra 
le  qnalì  si  trova,  indicibilmente  scorretto,  deforme  e  ripugnante  ad  uno  studio  coscienzioso 
ritinerarium.  Ond'io  stimolato  da  alcuni  passi  che  mi  parevano  atti  a  spargere  qualche 
luce  sui  quesiti  sovraccennati,  e  d'altra  parte  vedendo  la  poca  fidanza  che  sulle  stampe 
si  poteva  fare,  mi  volsi  ai  tre  manoscritti  indicati  nel  Catalogo  de'  codici  petrarcheschi 
delle  biblioteche  di  Roma,  del  sig. 'Enrico  Narducci  (1874,  p.  24,  49,  58)  :  due  nella  vati- 
cana {Urbin.  382,  e.  187;  Vatic.  3357)  ed  uno  nella  chigiana  (L.  VII.  262,  e.  54*>):  il 
primo  membranaceo  del  secolo  XV  (?),  il  secondo  ed  il  terzo  cartacei  del  secolo  XIV:  e 
li  collazionai  tutti  e  tre,  copiando  il  primo  interamente,  poi  notando  dove  il  secondo  va- 
riava dal  primo  e  infine  riscontrando  il  terzo  col  primo  e  col  secondo.  Se  debbo  dire  il 
giudizio  che  me  ne  sono  formato,  non  mi  sembrano  essi  parenti  per  retta  linea,  ma  tra- 
versale, poiché  non  solo  in  parecchi  punti  uno  dei  tre  è  diverso  dagli  altri  due  (0>  nia 
in  parecchi  punti  sono  diversi  tutti  e  tre  Tun  dall'altro  (').  Computate  poi  le  varianti  che 
migliorano  e  quelle  che  peggiorano  il  testo,  parmi  che  nessuno  di  essi  possa  vantare  una 
superiorità  assoluta  sugli  altri  due,  neanche  il  vaticano,  ch'io  non  posso  credere  né  auto- 
grafo, come  affennavasi  in  casa  Bembo,  né  autentico  (non  scritto  ma  dettato  e  riveduto 
dal  Petrarca  oppur  copiato  presso  di  lui),  come  insinua  il  sig.  De  Nolhac  (La  hihU  de  Fulv, 
Orsini,  Parigi,  1887,  p.  291):  non  sembrandomi  ammissibile  né  quella  maggiore  né  questa 
minor  nobiltà  in  un  testo  cosparso  di  scorrezioni  (3),  guasto  qua  e  là  da  errori  grosso- 
lani (^),  e  da  lacune  (^).  E  poi  come  può  essere  autografo  od  autentico  un  manoscritto 
che  confessa  talvolta  in  margine,  anzi  nel  testo  le   sue  incertezze  (^)  ?  Del   resto   ed   in 

(1)  Ch.  aitera  Yat.  aita  Urb.  aita  (1.  54);  Ch.  pn'us  capnt  Vat.  caput  Vih.  caput  (1.  68);yAt.  gr arissima  Ch. 
gratinima  Urb.  ffraiissima  (1.  8Q);  Ch.  numtnts  Yat.  modus  Urb.  modus  (l.  106);  "Vai.  inditam  Ch.  iucu/tam  Urb. 
ihCHltàm  (1.  135);  Ch.  Populonia  quae  kuhc  Massa  maritima  dicitur  Yat.  Populonia  Massa  maritima  Urb.  Popu- 
lonia  Massa  maritima  (1.  141);  Ch.  Post  Tìielamonis  Vat.  TAeiamonis  Urb.  Tke/amoms  (1.  142);  Ch.  U/tra  Yat. 
Intra  Urb.  Intra  (1.  199);  Ch.  faci/i  protehor  Yat.  provehorVth.protehoi'  (1.  262);  Ch.  romanae  Yat.  humanae  Urb. 
humanae  (1.  383);  ecc. 

(S)  Ch.  viriòusque  et  mofHihus  Yat.  turribus  et  mivnihus  Urb.  virisque  et  mieniòns  (1.  59);  Ch.  pairii  ritsts 
imnumitate  Yat.  pari  ritus  immmitate  Urb.  peritus  immam feste  (1.  185)  ;  Ch.  capeiltan  regie  intrare  Yat.  eeepeiiam 
reffÌMm  intrare  Urb.  capeiiam  intrare  regie  (1.  232):  Ch.  urttis  illius  ricos  Yat.  iitius  urbis  cieos  Urb.  vicos  urbis 
iliius  0»  ^^)i  Ch.  Matona  Yat.  Montana  Urb.  Motona  (1.  306);  Ch.  polius  longum  mihiquam  necessarium  tibiUih. 
longum  pcUus  mihi  quam  tibi  necessarium  Yat.  mihi  iongissimum  et  nequaquam  necessarium  tibi  (1.  878)  ecc. 

(3)  ^èmmpit  (1.  5),  posthas  (1.  85),  demostrari  (L  45),  inscuita  0-  05),  metnorafia  (1.  66),  in/ltam  (1.  73). 
destra  (!•  74)»  90iii  (Ì.S2),  maragdo  (1.  88),  quoincidens  (1. 105),  inesaustis  (1. 188),  Tracina  (1. 168),  Licernum  (1. 168), 
Inarme  (l-  172),  mwoneio  (1.  183),  Giorgica  (1.  208),  Lucillum  (1.  226),  profexioni  (1.  240),  mieto  (I.240),«7'K;;;are 
(1..248),  Messassis  (l<  270),  undisolium  (l.  272),  aiutoque  (l.  295),  ovium  (1.  297).  Montana  (1.  306),  Corna  (1.306), 
Bistm^ioH  (L  318),  pnìetrimi  (1.  331),  intenctione  (l.  364),  astrahet  (1.  396),  assinthio  (1-  452),  Acciatam  (I.  459). 
Pollea  (l.  468),  ecc.  Pih  gimyi  in  die  per  in  dies  (\.  41),  tu  ...  licebit  per  ^l'^t  .^  lìcebit  (1.  42),  nequaquam  per  ne- 
quicquam  (1.  78),  monstnm  per  nostrum  (1.  95),  fatigatus  per  fatigatis  (l.  96),  euncta  per  cuMctis  (1.  101),  nec 
inttr  septem  per  ne  ecc.  (1.  14^),  praeterita  per  praeterea  (1.  189),  frustrcUus  per  frustratur  (1.  209),  certamine  per 
eertamen  (1.  259),  excepta  per  e999cta  (1.  279),  reniens  per  renies  (I.  289),  cum  per  causa  (I.  294),  iter  per  inter 
(1.  310)   Asiam  minorem  per  Asia  minor  (1.  321),  «*  quam  occasio  per  ne  qua  occasio  (1.  .S26)  ecc. 

(*)  iam  tune  ridens  praesagissimo  per  iam  tum  tideiicet  praesagiens  (1.  152).  in  cineribus  patrie  negatuni 
per  et  cineribus  pairiae  negatis  (1.  169),  kabilatione  per  habitatore  (1.  191),  ab  initio  perforati  per  ab  ilio  perfo- 
rati (1.  228),  at  piratarum  per  arx  piratan$m  (1.  323),  nune  ^xtunc  (1. 824),  sua  mollities  per  egra  moilit  es  (l.  839), 
iam  cum  gentibus  per  iam  tum  gentibus  (1.  407),  ubi  aliquando  diu  habitat  tamen  per  ubi  aiiquando  habitavit  din 
quaesitum  tandem  (}.  412),  transvectum  per  transitmm  (1.  433),  Alexandri  opus  per  Alexandri  corpus  (\.  4^0),  urnam 
et  Pompei  einerem  ostenditur  per  urnam  quae  Pompei  cinerum  ostenditur  (1.  466). 

(5)  fateor  (1-  7),  sic  (1.  32),  et  quoniam  ita  vis  his  etiam  comitabor  scriptis  (1.  88),  me  (1.  102),  breris 
insula  (1.  162),  erit  (171),  surrexit  (1.  175),  est  (1.  198),  fumum  (1.  194),  ut{\.ZAS),improrisus(}.U\)Joca  (1.423). 

(6)  Vulganus  vel  Vulcanus  (1.  264),  Corcgcam  rei  Cortyram  (1.  298),  rigeretur  nel  testo,  in  margine  vel 
ageretur  (1.  206). 


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—  392  — 

sostanza,  e  ognuno  dei  tre,  e  tanto  più  tutti  e  tre  insieme  lumeggiandosi  Tun  Taltro,  stanno 
a  quella  falsa  e  ria  Babilonia  deiredizione  a  stampa,  madre  d'errori,  fucina  d'inganni  e 
nido  di  tradimenti,  come  il  giorno  alla  notte. 

«  Ora  avendo  sott'occhi  il  testo  che  essi  danno,  tomo  a  quei  passi  deiritinerario,  di 
cui  avevo  adocchiata  Tutilità. 

tt  n  Petrarca  (nato  nel  1804)  parla  in  questa  sua  operetta  di  Giotto  (morto  nel  1336) 
come  d'uomo  già  defunto  da  un  pezzo  (1.  282  conterraneus  olim  meus . . .  reliquit . . .  mo> 
nimsnta),  là  dove  accenna  ad  un  sommo  pittor  fiorentino  de'  suoi  tempi  (pictorum  nostri 
aevi  princeps)  che  avea  lavorato  nella  «  Orpella  regis  »  di  Napoli,  cioè  senza  verun  dubbio 
a  Giotto,  poiché  sappiamo  per  altra  parte  che  u  in  quella  città  erano  alcune  pitture  di  man 
propia  di  Jocto ...  E  dentro  la  cappella  del  Castelnovo  era  dipinto  per  tutte  le  mure  di 
mano  di  Jocto  lo  testamento  v.°  e  tt.**  »  (*).  Parla  àéìV Africa  (1. 103  in  Africae  mcae  loco 
quodam  [VI,  vs.  482  sqq.] ...  Qui  liber  . .  aliquando  forte  sub  oculos  tuos  veniens . .)  come 
di  un'opera,  se  non  condotta  a  quella  perfezione  ch'ei  vagheggiò  indefinitamente  come 
ognun  sa,  certo  compiuta:  e  noi  conosciamo  l'anno  in  cui  concepì  la  prima  idea  di  scri- 
vere' quel  poema,  1889,  e  l'anno  in  cui  prese  a  proseguirlo  e  quasi  lo  compì,  1341  (*).  Parla 
di  re  Roberto  (morto  nel  gennaio  del  1348),  come  di  persona  che  non  è  più  tra  i  vivi  (1. 218 
Robertus ...  humanitate  fretus  regia,  qua  non  reges  modo,  sed  homines  vicit).  Parla  de'  suoi  ripe- 
tuti viaggi  marittimi  con  tanto  abborrimento,  con  animo  cosi  decisamente  alieno  oramai  dal 
navigare  (1.  28  Erpertus  metuo.  Quotiens  putas  illud  monstrum  retentavi ..  Congressum  ..  noti 
hostis  exhorreo  ...  An  unquam  vero  posthac  ..  subdifficilis  coniectura  est),  che  la  serie  altronde 
nota  di  quei  viaggi,  1813-1843  (3),  dev'essere  chiusa  mentre  scrive:  con  che  si  arriva  al  1844. 
Noto  tutti  questi  passi  più  per  la  loro  intonazione  che  sembra  già  implicare  una  certii 
distanza  dai  singoli  anni  a  cui  vanno  ragguagliati,  che  per  non  poter  fame  senza,  poiché 
non  solo  quei  singoli  anni  eliminano  successivamente  e  rendono  superfluo  l'im  l'altro,  ma 
sono  tutti  lasciati  indietro  dal  1348  in  cui  cominciò  ad  infierire  la  peste  famosa  (^),  poiché 
veggiamo  il  Petrarca  notarne  qui  le  orrende  stragi  (1.237  antequam  pestis  orbem  t«rrae 
funditus  exhausisset).  Anzi  risultando,  se  non  erro,  da  certa  frase  (1. 179  nam  hoc  Mediolano 
proximum ..  Cumum  est  non  Cumae)  che  in  Milano  fu  scritto  l'Itinerario,  si  viene  a  toccare 
un  ulterior  terminus  a  quo,  cioè  l'anno  in  cui  il  Petrarca  andò  a  stabilirsi  colà  (^),  ossia 
il  1353.  Creta  «  olim  lovis  regnum  »  è  «  nunc  possessio  Venetomm  »  in  questa  guida  (1.  307). 
Così  essendo,  bisogna  tener  conto  del  fatto  dei  Cretesi  ribellatisi  ai  Veneziani  sul  cadere 
del  1862  e  sottomessi  nel  1364  (^),  e  collocare  lo  scrìtto  fuori  di  questo  intervallo,  o  prima 
del  1363  0  dopo  il  1864,  e,  poiché  dopo  par  difficile  o  meno  naturale  che  tacesse  di  un 
fatto  così  strepitoso,  piuttosto  prima  che  dopo.  E  piuttosto  prima  che  dopo  consigliereb- 
bero  anche  quei  passi  dell'esordio  (1.  13  cum  multae ..  me  teneant  causae,  ntdla  potentior 
quam  pelagi  metas  ;  1.  32  quem  non  sic,  iunior ,  horruissem  ;  1.  85  an  unquam  . .  posthac 
metum  hunc  victura  sit  carìtas  ;  L  41  hanc  voltus  imagfnem  cuius  in  dies  mutatio  multa  fit) 
dai  quali  possiamo  arguire  che  il  Petrarca,  quando  scrisse  l'Itinerario,  se  non  era  più  gio- 
vanissimo, non  era  per  anche  vecchissimo.  Poi  ci  sono  qua  e  là  pensieri  e  circostanze  che 
stanno  bene  col  penultimo  decennio  della   sua  vita.  Così  il  virgiliano  a  vicit   iter  durum 


())  Pietro  Sammonte  ap.  Cioogna,  yita  e  opere  di  MaretuU.  Michiel  nelle  Mem.  deirint  Yen.  Tot.  IX,  1800. 
pag.411.  Cf.  YMari-Milaneei,  Fir.  1878,  I,  890. 

(«)  Fracassetti,  FamìL  I,  168  e  Mgg.  Zardo,  //  Petr.  e  i  Carraresi  1887,  p.  257. 

(3)  De  Sade  I.  20,  314,  435;  II.  143.  FxMaegetti.  Fami.  I,  181  segg.,  H.  24  «egg.  Bwrtoli,  Stor.  della  Leti, 
Hai,  tYII,  1884,  p.  18  segg. 

(4)  Fncafls.  Fam'L  li,  85,  211;  Seiùl,  I,  8S8.  Cf.  Ghronioon  Sicalnm  (340-1896)  edito  testé  daUa  Soc.  nap. 
di  storia  paCda  a  cara  di  Qias.  De  BUaiis.  Napoli,  1887,  p.  8. 

(5)  Cronologia  in  Frscassetti,  FatniL  l,  181  segg. 

(6)  Fraoassetti,  Seuil.  I,  p.  195  segg. 


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pietas  n  (1.  421)  e  Tepifonema  a  viitate  animi  et  rerum  gloria,  non  regno,  non  sceptro,  non 
diademate  regem  fieri  n  (1. 462)  ricordano  detti  del  1354  quando  Carlo  IV  venne  in  Italia  (')  ; 
il  «ratio  principia  rerum  regit,  eventum  fortuna  moderatur,  nihil  autem  magis  adversum 
rationi  quam  fortuna  »  (I.  3)  fa  pensare  al  u  De  remediis  utriusque  fortunae  n  cominciato 
nel  1358  (');  il  «  qui  libor  (Africa)  nisi  vel  vitae  brevitas  ...  vel  aliorum  librorum  unum 
in  tempus  cura  concidens,  yel' quorum  nullus  est  modus  fortunae  impedimenta  ecc.  n  (1. 104), 
ha  una  certa  somiglianza  colla  lettera  del  1359  a  Luigi  di  Kampen  {^)  :  «  Sono  ..  impacciato .. 
da  grande  quantità  di  scritti  di  diversa  specie,  che  in  mia  casa  conservo ...  Yinsemi  la  cara 
delle  opere  dì  maggior  lena,  che  da  lungo  tempo  interrotte . .  ho  per  le  mani.  Yinsemi  il 
pensiero  della  brevità  della  vita  . . .  Che  se  potrò  dare  un  giorno  l'ultima  mano  a  quella 
(l'Africa,  pare)  che  sto  lavorando ...  Or  d'altra  cosa  m'ò  forza  parlarti ...  Fu  cosi  lunga,  fu 
cosi  fiera  che  m'ebbe  vinto,  la  guerra  della  nemica  fortuna ..  Prima  di  questo  misero  tempo 
chi  fu  che ..  sentisse  mai  da  me  voce  di  querela  e  di  pianto  ?». 

«  L'Itinerario  fu  quel  che  si  chiama  uno  scritto  d'occasione.  (In  nobile  milanese  (1. 55, 
239,  339;  1.  242),  affezionato  e  caro  al  Petrarca  (1.  34,  37,  40,  47,  55,  390),  avendo  riso- 
luto di  fare  con  altri  gentiluomini  (1.  46,  82,  439)  il  viaggio  di  Terra  Santa,  e  sperato  fino 
all'ultimo  di  attrarre  il  Petrarca  nella  comitiva  (1. 7, 84),  poi  veduto  che  per  multe  ragioni 
e  soprattutto  per  quella  paura  del  mare  bisognava  rinunziare  alla  carezzata  idea  (1.  48), 
mentre  spuntava  la  primavera  (1.  46)  e  preparavasi  al  viaggio,  pregò  l'illustre  uomo  ed 
amico  di  stendergli  un  breve  ragguaglio  delle  cose  che  dovea  vedere  (1. 39, 48).  H  tratto 
fra  Milano  e  Genova  ove  s'imbarcava,  gli  era  noto  e  famigliarìssimo  (1. 57),  ma  Genova  stessa 
affatto  nuova  (1.  58).  Del  resto  gli  proponeva,  forse  andandogli  a'  versi,  questo  triplice  pro- 
gramma, gli  accennasse  quanto  avrebbe  creduto  utile  all'anima,  alla  mente  ed  al  cuore: 
sorgendo,  come  si  vede  qui  (1.  51  seg.),  fin  da  ora^  accanto  all'ideale  della  vita  cristiana 
(salus  animae),  quello  della  vita  scientifica  (notitia  rerum)  e  della  grandezza  storica  (me- 
moria exemplorum).  H  Petrarca  lieto  di  accompagnarlo  almeno  in  ispirìto  (1.  39,  48),  pre- 
stossi  con  grazia  a  servire  cosi  di  Baedeker  anche  in  luoghi  da  lui  non  mai  veduti  (1. 49, 
50,  56),  ed  aiutato  lungo  la  costa  d'Italia  dalle  proprie  memorie,  oltre  Italia  dai  viaggi 
fatti  sui  libri  e  sugli  atlanti  (cf.  SeniL  IX,  2  Fracass.  Il,  38),  ed  ovunque  dalla  molta  sua 
erudizione  sacra  e  profana,  in  tre  giorni  (1.  478),  currente  calamo  (1.  476),  compì  questa 
guida  breve  (1.  54),  e  concisa  *(1. 155, 190),  questa  letteruccia-itinerarietto  (l.  39, 48  literulas 
quae  brevis  itinerari!  loco  sint),  com'egli  la  chiama  ;  e  i  pedanti  ne  hanno  fatto  addirittura 
un  trattato,  coli'  «  incipit  prologus  »  ed  «  explicit  prologus  »  (Urhin.)t  e  con  un  titolo  che 
non  finisce  piti  («  Francisci  Petrarchae  v.  e.  Itinerarium  \n  quo,  quicquid  per  Europam  vel 
Asiam  peregrinis  Hierosolymitanis  memorabile  occurrit,  diligentissime  describitur  »,'ed.  di 
Basilea,  1554,  I,  617).  Ma  è  una  letteruccia  molto  caratteristica,  molto  preziosa,  chi  la 
guardi  dallo  stesso  punto  di  veduta  che  il  Koerting. 

«  Detto  cosi  del  quando,  del  dove,  del  come  fu  scritto  l'Itinerario,  vediamo  del  per- 
sonaggio a  cui  l'ebbe  il  Petrarca  indirizzato.  Aveva  costui  ingegno  pronto  ed  aperto  (1.  474), 
viva  curiosità  (1.  55),  una  certa  coltura  classica  (1.  71, 161)  e  pratica  di  Virgilio  (1.  189, 242, 
273),  quantunque  fosse  un  uomo  d'arme  (1. 55,  239, 339)  è  non  un  erudito  (l.  180,  380,  448)  : 
del  resto  di  una  religiosità  medioevale  (1. 164),  cristiano  nell'anima  (1. 83),  intento  a  meditare 
prima  del  viaggio  e  ruminare  l'Evangelio  (1.  362,  379).  Era  un  uomo  fatto,  non  vecchio 
(1. 426),  avea  moglie  e  figli  (1.395).  Era  notissimo  ed  accarezzato  in  Milano  (1.47, 390).  Qualche 
manoscritto  ne  dà  il  nome.  Nell'estense,  nel  chigiano,  la  lettera  del  Petrarca  ha  questo 
indirizzo  :  Egregio  militi  domino  lohanni  De  Afandello,  Un  Giovanni  di  Mandello,  in  quei 

(1)  Carlo  Romnssi,  Peit'orea  a  Milano  1874,  p.  4«  segg.  Fam.  XIX,  8. 

(«)  Pracaasetti,  pref.  alle  Fam.  I,  p.  1. 

(3)  FnujMMtti,  Famil.  I,  p.  239  segg.  (cf.  IV,  p.  279). 

Rendiconti.  1888.  Vol.  IV,  1®  Sem.  51 


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—  894  — 

tempi,  ci  fu,  e  a  capitano  generale  di  Milano  nel  1340,  pretore  di  Piacenza  nel  1846,  gover- 
natore di  Pavia  nel  1351,  eletto  2  settembre  1352  capitano  generale  in  Piemonte  contro 
Savoia  e  Monferrato,  1354  podestà  di  Bergamo,  e  8  dicembre  1359  luogotenente  in  Milano 
pel  duca  Gian  Galeazzo  Visconti,  che  onoravalo  altresì  col  titolo  di  suo  cugino  germano  f 
(Damiano  Muoni,  Famiglia  Mandelli,  Mil.  1877,  tav.  VI).  Altro  non  so  dire.  Ma  il  mila- 
nese Archivio  di  Stato  che  ci  ha  dato  testé  notizie  di  pellegrini  lombardi  del  secolo  XV 
e  tra  gli  altri  un  salvacondotto  ducale  per  recarsi  a  S.  Giovanni  di  Gallizia  a  favore  del 
nobile  Raftaello  di  Mandello  (Em.  Motta,  in  Arch.  stor.  lomb.  1886,  p.  866  seg.),  chi  sa  che 
non  conservi  notizia  o  salvacondotto  della  petrarchesca  comitiva  del  secolo  XIV? 

u  Ora  vedano  gli  studiosi  se  mi  sia  sfuggito  qualche  passo  più  opportuno  alla  storia 
di  questa  operetta.  Io  do  qui  il  testo  che  ho  ricavato  dai  tre  manoscritti,  utile  provviso- 
riamente, mentre  delle  opere  latine  del  Petrarca  si  hanno  mostruose  edizioni  a  stampa, 
e  Tedizione  nuova  che  tenga  conto  di  tutti  i  codici  non  è  ancor  nata. 


Karo  admodum  spei  nostrae  rerum  exitus  re^pondent  ;  saepe  prac  meditata  desti tuunt,  inspe- 
rata contingunt;  neque  id  mirum  cuiquam  e^se  debet,  mirum  potius  si  quid  aliter  accidat. 
Siquidem  ratio  principia  rerum  regit,  eventum  fortuna  moderatur,  nihil  autem  magis  ad- 
versum  rationi  quam  fortuna.  Itaque  saepe  telam  quam  ingeniose  illa  quidem  ordita  erat, 

5  htiec  impetuose  ante  tempus  abrumpit.  Quod  probatione  utinam  egeret,  neque  iis  querelis 
adeo  vita  hominum  piena  esset,  ut  iam  fere  nil  aliud  ingemiscat.  Sed  ut  ad  rem  no  stram 
veniam,  decreveras  quidem  me  volentem,  fateor,  optantemque  viae  comitem  habere.  Nam 
quae  usquam  optabilior,  aut  sanctior  via  est  ?  quae  iustior  peregrinatio  ?  quam  ad  sepul- 
crum,  ubi  ille  iacuit,  cuius  temporalis  mors,  immortalitatem  nobis  et  aetemam  vitam  pe- 
lo perit;  sepulcrum,  ubi  si  dici  fas  est,  et  vieta  mors  simul  et  victrix  vita  sepulta  est.  0  bea- 
tum  iter  et  invidiosum  Christiane  animo  spectaculum.  Hinc  ego  nunc  nescio  quibus  pec- 
catorum  vectibus  arceor,  uncisque  detineor.  Infans  quidem,  ut  Flaccus  ait,  pudor  loqui 
prohibet,  sed  imperiosa  veritas  fari  iubet,  et  ut  paream  cogit.  Cum  multae  igitur  me  te- 
neant  causae,  nulla  potentior  quam  pelagi  metus,  non  quod  aut  vitae  cupidior,  aut  timidior 

15  mortis  sim,  quam  ceteri  mortales,  aut  terrestrem  mortem  maritimae  praeferendam  rear:  non 
cnim  in  loco,  sed  in  animo  est,  quod  felices  facit  et  miseros,  et  cum  ubique  morìendum 
sciam,  ubi  mori  sit  melius  ignoro.  Frustra  bellum  et  maria  vitamus,  frustra  labores  fugi- 
mus,  perituroque  parcimus  corpusculo  :  in  medias  voluptuosorum  latebras,  inque  ipsos  regum 
thalamos,  invisa   mors   penetrat,   et   saepe    quam   forte   labor   et   ezercitium  distulissent 

20  iners  luxus  anticipat.  Semel  utique  moriendum  est,  et  hanc  mortem  ut  accersere  vetitum, 
aie  evitare  velie  dementia  est,  procrastinare  mollities,  at  aequanimiter  expectare,  tanquam 
ubique  proximam  et  horis  omnibus  affuturam,  ea  virtus  eximia  est  verumque  viri  opus. 
Secundam  mortem  omni  nisu  fugere  consilium  est,  sed  ita  res  se  habet  :  ad  impossibilia 
studium  omne  conversum  est  :  non  mori,  non  aegrotare,  non  laborare,  non  dolere,  non  ser- 

2.5  vire,  non  egere  volunt  omnes,  non  peccare  vult  nullus,  cum  ea  vera  et  maxima  mortis  et 
aegritudinis  et  laboris  et  doloris  et  servitutis  et  penuriae  causa  sit.  Mihi  vero  nunc  forte 
dicat  aliquis  :  si  mortem  ergo  non  metuis,  quid  metuis  ?  Longam  mortem,  et  peiorem  morte 
nauseam,  non  de  nihilo  quidem,  sed  expertus  metuo.  Quotìens  putas  illud  monstrum  reten- 
tavi si  forte  naturam  consuetudo  vel  vinceret,  vel  leniret.  Si  quid  profecerim  quaeris,  non 

30  metum  minui,  sed  geminavi  potius  cum  navigatione.  Supplicium  hoc  forsan  animo  vago  et 
rerum  novarum  visione  inexplebili  oculo  frenum  posuit  natura.  Congressum  itaque  nunc 
noti  hostis  exhorreo,  quem  non  sic  iunior  horruissem,  horrui  autem  semper,  sed  in  dies 
magis,  cuius  prospectu  tamen  adeo  delector,  ut  quem  vel  tangere  abominor  quam  cupide 
videam  stupor  ingens  sit.  Iste  me  nunc  metus  hic    detinet.   Exoptatum   mihi    comitatum 

85  tuum  invidet  fortuna.  An  unquam  vero  posthac  metum  hunc  victura  sit  carìtas  subdifficilis 


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.      —  395  — 

coniectara  est.  Ibis  ergo  sine  me,  et  malta  conspicies,  quorum  tibi  dum  vixeris  memoria 
volaptatem  renovet.  Ego  interim  dum  tu  redis,  quod  ut  celeriter  feliciterque  sit  cupio,  Eu- 
ropae  Italiaeque  finibus  contentus  agam.  Nihilominus  te  animo  comitabor,  et  quoniam  ita 
vis  bis  etiam  comitabor  scriptis,  quae  tibi  brevis  itinerarìi  loco  sint.  Morem  enim  secutus 
amantium,  cuius  praesentia  cariturus  es,  imaginem  fl  agitasti,  qua  utcumque  tuam  absentiam  40 
solareris,  non  banc  vultus  imaginem  cuius  in  dies  mutatio  multa  fit,  sed  stabiliorem  effi- 
giem  animi  ingeniique  mei,  quae  quantulacumqne  est,  profecto  pars  mei  optima  est.  Hic  tibi 
ergo  non  amici  domicilium  corpus  boc,  quod  videntes  quidam  totum  se  bominem  ridisse  falso 
putant,  sed  amicum  ipsum  intemis  spectare  luminibus  licebit  Quoniam  ut  ait  Cicero,  mens 
cuiusque  is  est  quisque,  non  ea  figura  quae  digito  demonstrarì  potest.  Sed  iam  nimiumte  45 
moror,  quem  socii  eipectant,  quem  tranquilla  veris  facies  faventesque  vocant  aurae,  quem  nos 
omnes  qui  te  suspiramus  abeuntem,  iamiam  reducem  exoptamus.  Poscis  ergo  vir  optime,  quo- 
niam me  non  potes,  comites  bas  babere  literulas,  in  quibus  quae  oculis  ipse  tuis  moz  vi- 
debis,  ex  me,  qui  ea  certe  nec  dum  vidi  omnia,  nec  unquam  forte  visurus  sum,  audìre  expetis, 
mirum  dictu,  nisi  quia  passim  multa  quae  non  vidimus  scimus  multa  quae  vidimus  igno-  50 
ramus.  Parebo  equidem,  coque  promptius,  quo  iustius  cupis,  primum  scili  cet  ut  quae    ad 
salutem  animae,  debinc  quae  ad  notitiam  rerum  et  ingenii  omamentum,  postremo  quae  ad  . 
memoriam  exemplorum  excìtandumque  animum  pertinere  videbuntur  explicem,  iterque  lon- 
gissimum  brevi  stylo  metiar:  prima  quarum,  nisi  fallor,  religiosi  prorsus  ac  fidelis,  altera 
ferventis  ac  studiosi,  tertia  militarìs  ac  magni  animi  cura  est.  Quid  vero  non  possit  amor  ?  55 
Certius  te  visurum  speras,  quae  calamus  mens  bine,  quam  quae  oculus  tuus  tibi  inde  mon- 
straverìt.  Ingrediamur  vero  iam  tandem  iter  boc,  et  media  praetervecti,  quae  assidue  su- 
biecta  oculis  inculcare  auribus  supervacuum  est,  nondum  tibi  visam,  ut  ais,  Januam   ve- 
niamus.  Yidebis  ergo  imperiosam  urbem  lapidosi  Collis   in   latere,  turrìbus   et  moenibus 
superbam,  quam  dominam  marìs  aspectus  ipse  pronuncìat.  Sua  sibi  potentia,  quod  multis  00 
iam  fecit  urbibus  obstat,  atque  officit,  iugis  unde  materia  cìvilium  simultatum  scatet.  Àuc- 
torem  urbis  et  nominis,  Janum  ferunt,  primum  ut  quibusdam  placet  Italiae  regem.  Quod 
an  ita  sit,  an  ipse  situs,  urbi  nomen  dederìt,  quod  nostri  orbis  quasi  ianua  quaedam  esse 
videatur,  incertum  babeo.  Prima  ibi  celebrior  opinio  est,  et  in  cbronìcis  eorum  scrìpta,  et 
publicis  insculpta  monumentis.  Utrique  autem  illud  obstat,  quod  apud  veteres  non  Januae,  05 
sed  Genuae  nomen  in  usu  est.  Hnins  sane  multa  recentia  et  memorabilia  dici  possunt, 
quae  praetereo,  ncque  enim  scrìbo'  nunc  historìam,  sed  loca  describo;  antiqua  autem  pan- 
ciera, quod  non  semper  boc,  sed  quantum  intelligere  est,  prìus  caput  gentis  Albigaunum 
fuerat  Ipsa  quidem  de  qua  loquor  Janna,  temporibus  belli  punici  secundi  a  Carthaginien- 
sibus  eversa,  a  romanis  ducibus  restituta  est.  In  qua  tu  nunc  et  populi  habitum  et  locorum  70 
situm  et  aedificiorum  decus,  atque  in  primis  classem  quod  de  t^a  scriptum  vides,  cunctis 
terribilem  tremendamque  litoribus,  tum  molem  pelago  obiectam,  portumque  mirabere,  ma- 
nufactum,  inextimabilis  sumptus,  infìnitae  operae,  quem   quotidianae   nequicquam   ferìunt 
procellae.  Quid  multa  ?  Cum  sedulo  civitatem  banc,  et  dextra  laevaque  circumfusum  litus, 
ac  montes  fluctibus  impendentes,  ad  baec  corpora,  mores,  animos,  et  victum  gentis  aspexeris,  75 
scito  te  vidìsse  cotem  illam  alteram,  quae  romanae  virtutìs  aciem,  longo  exercitio,  multos 
olim  annos  exacuit,  quod  si  quid  Livio  creditur,  nulla  provincia  magis  fecit,  ut  cui  scilicet 
essent  omnia,  quae  vigilem  ac  solUcitum  romanum  exercitum  haberent,  locorum  montana 
dnrities,  bostis  prompta  velocitas,  commeatunm  difficultas,  insidiarum  opportunitas,  com- 
munitio  castellorum,  labor  iugis,  perìculi  plurimum,  praedae  minimum,  otii  nibil.   Itaque  80 
*  cum  ubique  terrarum  cum  sìngulis,  hic  cum  multis  difficultatibus  uno  tempore  pugnandum 
erat.  Hinc  tu  tametsi  socii  properent  et  nautae  de  litore  funem  solvant,  non  tamen   ante 
discesseris,  quam  pretiosum  illud  et  insigne  vas  solido  e  smaragdo  quo  Cbristus,  cuius  te 
tam  procul  a  patria  amor  trahit,  prò   paropside   usus   fertur,   videas   devotum  si  sic  est, 
alioquin  suapte  specie  clarum  opus.  Hinc  digressus  ad  laevam,  totum  illum  diem,  ne  oculos  85 


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—  396  —       . 

a  terra  dimoveas  caveto,  malta  enim  illis  occurrent,  quae  multo  tibi  facilius  sii  mirari 
quam  cuiquam  hominnm  stylo  amplecti,  valles  amoenissimas  interlabentes  rìvnlos,  coUes 
asperitate  gravissima  et  mira  fertilitate  conspicuos,  praevalida  in  rupibus  oppida,  vicos 
amplissimos,  et  marmoreas  atqae  auratas  domos,  qaocamqae  te  verteris,  ridebis  sparsas  in 

90  litore  et  stupebis  urbem  talem  decori  suorum  rurium  deliciisque  succumbere.  Viginti  nisi 
fallor  passuum.  millia  emensns,  extentnm  in  undas  promontorìam,  Caput  montis  ipsi  vocant, 
obvium  habebis,  et  Belphini  sive  ut  nautae  nuncupant  Alphini  portum  perexiguum,  sed 
tranquillum,  et  aprìcis  coUibus  abditum,  inde  Bapallum  ac  Siestrum,  et  nomine  Venerìs 
insignem  portum,  securum  ventorum  omnium,  et  omnium  quae  sub   coelo    sunt  classiam 

95  capacem,  nostrum  prope  Erycem,  habet  enim  alterum  Sicilia.  In  medio  sinus  est  maria 
opportunus  fatigatis  puppibus.  Et  hoc  quidem  litus  omne  palmifemm,  atque  cedriferum  ut 
adyersum  Cereri,  sic  Baccho  gratissimum,  ac  Minervae,  nulli  usquam  terrarum  cedere  certmn 
est.  Quo  magis  id  priscis  rerum  scriptoribus  et  praesertim  vatibus  praetermissum  miror.  Sed 
adducor  ut  eztimem  non  inyidiam  neque  desidiam  causam  dedisse  silentio,  sed  quod  nondum  • 

100  tentata,  ideoque  nondum  nota  fertilitas  locorum  erat.  Hinc  est,  ut  cum  claris  saepe  carminibus 
Meroen  Falemunique  concelebrent,  terrasque  alias,  hanc  cunctis  hac  laude  praestantem  omnes 
indictam  praeterierint.  Id  me  movit  omnium  qui  scripserunt,  et  ingenio,  et  stylo,  et  aetate 
novissimum,  ut  in  Africae  meae  loco  quodam,  idoneam  nactus  occasionem,  loca  ìsta  de- 
scriberem,  charactere  dicendique  genere  longe  alio.  Qui  liber  nisi  vel  Vitae   brevitas,  vel 

105  ingenii  tarditas,  vel  aliorum  librorum  unum  in  tempus  cura  concidens,  vel  quorum  nullus 
est  modus,  fortunae  impedimenta  vetuerint,  aliquando  forte  sub  oculos  tuos  veniens,  in 
horum  te  atque  aliorum,  quae  nunc  visurus  es,  locorum  memoriam  revocabit.  Sed  multum 
nobis  viae  restat.  Progrediamur  ad  reliqua.  Non  procul  hinc  circa  extremos  fines  Januen- 
sium  Corvum   famosum   scopulum,  et  nomen  a  colore  sortitum,    ac    paululum   provectus, 

110  Macrae  amnis  ostia,  quae  maritimos  Ligures  ab  Etruscis  dirimit,  supraque  litus  maris, 
sinistramque  ripam  fluvii  ruinas  Lunae  iacentis  aspicies,  si  famae  fides  est.  Àliud  enim 
hac  in  parte  nihil  habeo:  magnum  exemplum  fugiendae  libidinis,  quae  saepe  non  modo 
singulorum  hominum,  sed  magnarum  urbium  et  locupletium  populorum,  ac  regum  opes, 
fortunasque   pessumdedit,    licet    huiusce    rei   exemplum    maius   et   antiquius  Troia  fuit. 

115  Ulne  iam  sensim  cedentibus  montibus,  aliquandiu  planum,  et  absque  scopulis,  lene  litus, 
portus  rari,  castella  procul  in  collibus,  plaga  maris  inhospita,  Sarzanum  paulo  submotum 
a  litore,  novum  frequensque  oppidum,  inde  Laventia  vicus  ignobilis,  Fluvius  deinde  re 
ac  nomine  Frigidus,  aquis  arenisque  perlucidus,  secus  Massam  amoenissimam  terram  de- 
scendit  in  pelagus.  Prope  oppidum  est  quod  Petramsanctam  dicnnt,  cuius  auctor  ut  audio, 

1 20  concivis  quidam  tuus  fuit,  illius  tunc  provinciae  praeses,  et  vir  domi  clarus  et  nobiUs.  Itaque 
familiae  suae  nomen  transtulit  in  suum  opus.  Ultra  iam  praeter  duas  Pisanorum  arces  nihil 
memorabile,  quarum  alteram  Mutronem,  alteram  vero  Vìam  Regiam  appellane  Nec  multo 
post  Sercli  atqne  Arni  fluminum  fauces  sunt,  quorum  alter  Lucam  praeterlabitur,  alter  patriae 
meae  muros  primum,  tandem  Pisas  interfluit.  Et  de  Luca  quidem  dubius  sum,  Florentia 

125  prorsus  extra  conspectum  latet,  Pisas  autem  ex  ipsa  puppe  gubernaculi  tibi  rector  ostendet, 
civitatem  pervetustam,  sed  recenti  et  decora  specie,  et  licet  in  plano  sitam,  non  tamen  ut 
magna  pars  urbium  paucis  turribus,  sed  totam  simul  eminentissimis  aedifìciis  apparentem, 
quondam  quoque  maris  potentissimam,  donec  patrum  memoria,  non  modo  vires  aequoreas, 
sed  animos,  navigandique  propositum,  magno  vieti  proelio  Januensii^m  amisere.  Post  haec 

130  paucis  passuum  millibus  portus  et  ipse  manufactus,  Pisanum  vocant,  aderit,  et  fere  conti- 
guum  Liburnum,  ubi  praevalida  turris  est,  cuius  in  vertice  pemox  fiamma  navigantibus 
tuti  litoris  signum  praebet.  Hinc  si  ad  dexteram  te  deflectas.  Gorgon  atque  Capraria,  parvae 
quaedam  Pisanorum  insulae,  praesto  erunt,  nec  non  turris  exigua,  pelagi  medio,  quae  Melora 
vulgo  dicitur,  infausta  illi  populo,  quod  scilicet  illic  ipsa  cuius  paulo  ante  memini,  pugna 

135  commissa  est.  Sin  pressius  intenderis,  videbis  et  Corsicam  inclitam   insulam,  et  armentis 


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—  397  — 

silvestiibus  abandantem.  Quinquaginta  inde  vel  non  multo  amplins  passuum  millibus,  Plnm- 
binum,  insigne  oppidmn,.ad  laeyam  fertQi  sedet  in  colle,  portns  sube^,  nec  multarnm 
oapax  navium,  et  securitatis  ambigaae.  Ad  dexteram  exiguo  spatio,  Uva  est,  insula  inexbau- 
stis  Cbalybum  generosa  metallis,  ut  Maro  aìt.  Perbibent  qui  longiores  ibi  traxerunt  moras, 
omnia  illic  ad  Tictum  optime  proTenire,  denique  post  Sardiniam  amissam,  Pisanarum  opum  140 
illam  praecipuam  sedem  esse.  Haud  procul  inde  Populonia,  Massa  maritima,  Grossetum, 
Telamonis  portus,  an  ab  Aiacis  patre,  an  unde  dictus,  profiteor  me  nescire.  Inde  rursus  ad 
dexteram,  Igilium  insula,  vino  et  marmerò  nobilis.  Ad  laeram  Sancti  Stepbani,  quem  dìcunt, 
et  mox  Portus  Herculeus,  Argentariae  mons  medius.  Post,  Oometum,  turritum,  et  spectabile 
oppidnm,  gemino  cinctum  muro,  et  ab  alto  colle  maria  longa  despiciens.  Huius  in  fìnibus  145 
Tarquinii  fuerunt,  olim  ciyitas,  nunc  nihil  praeter  nudum  nomen  ac  ruinas,  unde  qui  Komae 
regnarunt,  Tarquinii  prodiere.  Post  hoc  illa  quae  Civitas  vetus  dicitur,  decem  nisi  fallor 
passuum  millibus  sita  est  Deinde  quem  Adriani  portum  Tocant,  opus  inter  cuneta  mirabile, 
quod  ne  inter  septem  illa  famosissima  numeretur,  nihil  sibi  nisi  aetas  et  iactantia  graia 
defuerit.  His  exactis  tiberinae  fauces  ad  laeyam  sunt,  ad  dexteram  remanente  Sardinia.  Supra  150 
Tiberis  ripam  Ostia  est,  Anci  Marcii  colonia  quarti  Bomanorum  regis,  quam  in  ipso  maris 
fluminisque  confìnio  posuit,  ut  ait  Florus,  iam  tum  videlicet  praesagiens  animo  futurum 
ut  totius  mundi  opes  et  commeatus  ilio  velut  maritimo  urbis  hospitio  reciperentur.  Illic 
sane  cum  fueris,  scito  te  a  regina  urbium  Boma,  non  nisi  duodecim  passuum  millibus  abesse, 
de  qua  si  tara  parvo  in  spatio  loqui  velim,  intolerandae  nimis  audaciae  sim,  cuius  gestis  155 
ac  gloriae  totus  terrarum  orbis  angustus  est,  cuius  nomini  libri  linguaeque  omnes  non  suffi- 
ciunt.  Post  ostia  tiberina.  Caput  Antii  apparet,  ita  enim  vocant  nautae.  Civitas  ibi  Antium 
fuit,  Vulscorum  caput,  quae  cum  multa  olim  bella  cum  Romanis  gessisset,  capta  demum 
et  cum  tota  gente  subacta  est.  Proxime  Astura  est,  inde  mons  praealtus,  cui  carminibus 
potens  Circe  nomen  imposuisse  dicitur.  Ibi  enim,  ut  aiunt,  habitavit  atque  ibi  Ulixis  socios  160 
conyertit  in  beluas,  quae  transformatio  quid  mysterii  yellet  nosti.  Locus  est  autem  et  fama 
Celebris  et  scriptorum  ingeniis.  Hinc  ad  dexteram  Pontiae  remanent,  breyis  insula,  et  olim 
career  illustrium.  Progredienti  tibi  Terracina  nunc,  olim  Anxur,  primum  aderit,  mox  Caieta, 
nutricis  Aeneae  nomen  servans,  ubi  quo  prosperior  navigatio  sit,  sacrum  Erasmi  tumulum 
adire  non  pigeat,  cuius  opem  multis  iam  in  maritimo  discrimine  profuisse  opinio  constans  165 
est  Hic  flexus  Utorum,  et  pelagì  sinus  ingens,  saltusque  lauriferi  cedriferique  et  odoratum 
ac  sapidum  semper  laete  yirentiuni  nemus  arbuscularum.  In  hoc  tractu  Formiae  seu  Fo]> 
mianum  et  Litemum  sunt,  dicam  verius  fuerunt  :  alterum  Ciceronis  infanda  caede,  alterum 
Scipìonis  indigno  exilio  npbilitatum  et  cineribus  patriae  negatis.  Sed  haec  duo  loca  exti- 
matìone  magis  animi  quam  oculis  assequeris,  alter  enim  iacet,  alter  et  latet,  nisi  quod  170 
apud  Formias  adhuc  duae  seu  tres  magnae  supereminent  *ruinae.  Ipsa  sed  in  oculis  erit 
Inarime  quae  se  se  obviam  dabit,  insula  poetarum  nota  praeconio,  Isclam  moderni  yocitant, 
sub  qua  Joyis  edicto,  obrutum  Typhoeum  gigantem  fama  est  ;  fecitque  locum  fabulae  vapor, 
yelut  hominis  anhelantis,  et  aetnaeo  more  aestuare  solitum  incendium.  Vicina  buie  Prochyta 
est,  parva  insula,  sed  unde  nuper  magnus  vir  quidam  surrexit,  Johannes  ille  qui  formidatum  175 
Caroli  diadema  non  veritus,  et  gravis  memor  iniuriae,  et  malora  si  licuisset  ausurus,  ultio- 
nis  loco  habuit  regi  Siciliam  abstulisse.  Simul  et  ad  laevam  Cumas  colle  humili  Sybillae 
patriam  videbis,  ubi  Tarquinius  superbus,  regno  pulsus,  tandemque  Tuscorum  et  Latinorum 
destitutus  auxiliis,  exul  obiit.  Nam  hoc  Mediolano  proximum,  Lario  inmiinens,  Alpibus 
adiacens,  Cumum  est,  non  Cumae,  quod  ne  forte  cum  vulgo  fallereris  dixerim.  Hinc  iam  180 
Misenus  Collis  in  mare  porrigitur,  illic  humati  tubicinis  phrygii  nomen  habens,  cuius  rei 
meminit  Yirgilius  Sunt  qui  putent  Misenum  ibi  peremptum  ab  Aenea  diis  infernis  sacra 
facturo,  quae  ut  asserunt  absque  humana  caede  fieri  nequeunt,  atrocitatemque  facinoris  maro- 
neo  eloquio  excusatam,  illic  sane  sacrificatum  ab  Aenea  narrasse  Virgilium  ubi  sacrificasse 
Ulixcm  Homerus  ante  narraverat,  pari  ritus  immanitate,  ut  quidam  putant;  res  enim  ambigua  185 


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—  898  — 

est  valde,  esse  Sititem  hniuscemodi  sacrìs  apta  loca,  qnod  ibi  sint  Ayemns  atque  Acheron 
tartarea  nomina,  ibi  Bitis  ostia  limen  irremeabile,  et  illic  facilis  descensus  Ayerni,  de  quo 
loquitnr  poeta,  quem  patentem  diebus  dixit  ac  noctibus,  6ed  laboriosi  atque  operosi  reditas,  de 
qua  re  quia  quod  scriptum  est  legisti,  si  quid  ipse  praeterea  viderim  atque  audierim  sequar, 

190  extra  propositi  metaa^eam.  Hic  Sibyllae  cumanae  domus  maxima,  super  horrentem  Avemi 
ripam  cemitur,  iam  senio  semiruta,  habitatore  quidem  nullo,  sed  Tarìarum  volucrum  nidis  fre- 
quens.  In  eodem  flexu,  fontes  calidi  tepentesque  insignius  quam  in  alia  parte  nostri  orbis  emm- 
punt,  quidam  vero  sulfureum  ac  ferventem  cinerem  eructantes  ;  est  ubi  terra  sine  igne  visibili, 
sine  aquis,  ex  seipsa  salubrem  vaporem,  et  medentemcorporibus  fumum  profert;  denique  iisdeni 

195  in  locis  et  humanae  vitae  remedium  convenisse  dixeris  et  mortis  hgrrorem.  Et  sub  Miseno  qui- 
dem semper  in  ancoris  romanarum  una  classium  stabat,  ad  occurrendum  repentinis  incursibus, 
alia  eqnidem  Ravennae  erat,  idque  alto  Consilio  Augustus  Caesar  instituit,  ut  mare  superum 
atque  inferum,  quibus  insulae  instar  Italiae  magna  pars  cingitur,  boc  gemino  praesidìo  tuta 
essent.  Ultra  Misenum  Baiae  sunt,  ab  illic  sepulto  Baio  quodam  socio  Ulìxis  appellatae,  situ 

200  longe  amoenissimo,  ut  non  immerìto  hibemae  romanorum  deliciae  videantur  fuisse,  quod  et 
marmoreae  testudines  calidis  fontibus  superiectae,  et  murorum  reliquiae  indicant,  amplissimae 
urbi  etiam  satis  mnltae,  et  scriptorum  etiam  astipulatur  fldes.  Hic  neronianae  piscinae,  ìngentia 
monstrantur  exordia,  nam  fnroris  alterius  quo  fossam,  ab  Avemo  usque  Ostiam,  tanto  terra- 
rum  spatio,  per  tot  montes,  non  impensa  rei  publicae,  sed  iactura,  non  labore  populorum,  sed 

205  exitio  fodiend(am)  destinarat,  ut  humano  vieta  studio  natura  tuto  et  libere  tantum  iter,  non 
aperto  quidem  mari,  sed  marinis  aquis,  ac  navibus  ageretur,  nulla  quae  noverim  nisi  in 
literis  vestigia  remanserunt  Hic  angulus  et  Lucrinum  habet  et  undam  illam  Juliam  atque 
aequor  indignans,  quorum  et  poeta  recordatus  est  dum  Georgica  scriberet,  opus  autem  a 
JuUo  exstructum,  ab  Augusto  Caesare  immutatum,  et  aut  memoria   irustratur,  aut   mare 

210  mortuum'appellant,  sic  maris  ferociam  atque  impetam  compressero  hominum  manna.  Centra 
Misenum  et  Baias  Puteolae,  tribus'  aut  quatuor  passuum  millibus  procul  apparent.  Hoc  maris 
intervallum  Gaìus  romanorum  quartus  imperator,  pessimorum  vero  post  Neronem  primus, 
per  inanem  sumptuosamque  iactantiam  terrestri  ponte  connexuit,  quem  ipse  idem  equestri 
primum  habitu,  mox  triumphantis  in  morem,  magno  procerum  comitatu,  fastuque  plus  quam 

215  caesareo  permeavit.  Non  longe  a  PuteoUs,  Falemus  Collis  attollitur,  famoso  palmite  nobilis. 
Inter  Falemum  et  mare,  mons  est  saxeus,  bominum  manibus  perfossus,  quod  vulgus  insul- 
sum  a  Virgilio  magicis  cantaminibus  factum  putat  Ita  clarorum  fama  hominum,  non  verìs 
contenta  laudibus,  saepe  etiam  fabulis  vìam  facit.  De  quo  cum  me  olim  Robertus  regno 
clarus,  sed  praeclarus  ingenio  ac  literis,  quid  sentirem  multis  astantibus  percontatus  esset, 

220  humanitate  fretus  regia,  qua  non  reges  modo,  sed  homines  vicit,  iocans,  nusquam  me  legisse 
marmorarium  fuisse  Yirgilium  respondi,  quod  ille  serenissimae  nutu  frontis  approbans,  non 
ilUc  magiae,  sed  ferri  vestigia  esse  confessus  est  Sunt  autem  fauces  excavati  mentis  angu- 
stae,  sed  longissimae  atque  atrae,  tenebrosa  intus,  et  horrifica  semper  nox,  publicum  iter 
in  medio,  mirum  et  religioni  proximum,  belli  quoque  temporibus  inviolatum,  si  vera  populi 

225  vox  est,  et  nuUis  unquam  latrociniis  attentatum  patet.  Cryptam  neapolitanam  dicunt,  cuius 
et  in  epistolis  ad  Lucilium  Seneca  mentionem  facit.  Sub  finem  fusci  tramitis,  ubi  primo 
videri  coelum  incipit,  in  aggere  edito,  ipsius  Virgilii  busta  visuntur,  pervetusti  operis,  unde 
haec  forsitan  ab  ilio  perforati  mentis  flnxit  opinio.  Juxta  breve  sed  devotissimum  sacellum 
supra  ipsum  cryptae  exitum.  Et  mox  ad  radicem  mentis  in  litore,  Virginìs  Matris  templum, 

280  quo  magnus  populi,  magnus  quotidie  pernavigantium  fit  concursus.  Proxima  in  valle  sedet 
ipsa  Neapolis,  inter  urbes  litoreas,  una  quidem  ex  paucis,  portus  hic  etiam  manufactus,  supra 
portum  regia,  ubi  si  in  terram  exeas,  capellam  regia  intrare  ne  omiseris,  in  qua  contei^ 
raneus  olim  meus,  pictorum  nostri  aevi  princeps,  magna  reliquit  manus  et  ingenii  moni- 
menta.  Non  audeo  te  hortari  ut  extantem  in  colle  urbi  proximo  Cartusiae  domum  adeas. 

285  Scio  ut  navigatio  fatigationem  et  fastidium  parit.  At  Clarae  virginis  praeclarum  domiciliam 


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—  399  — 

qnaniTÌs  a  litore  paramper  abscesserìt  TÌdetOi  reginae  seniorìs  amplissimnm  opus.  Illud  nulla 
festinatio,  nallus  Ubor  impediate  quin  daos  illìus  urbis  vicos,  Nidum  scilicet  et  Capnanam, 
TÌdeas,  aedificiis  sapra  priratam  modam,  et  antequam  pestis  orbem  terrae  funditus  oxhausis- 
set,  vix  caiqaam  credibili  militiae  numero,  ac  decore  memorabiles.  Militem  ad  militiae  pelar 
gus  {var,  ad  militem  pelagi),  opus  professioni  tuae  debitum,  te  mitto,  non  studiosum  veri-  240 
tatis  ad  fabulas,  et  idcirco  Castrura  Ovi  titulo  cognitum  eminus  aspezisse  satis  fuerit.  Haec 
est  civitas,  ubi  Yirgilius  noster,  liberalibus  studiis  operam  dedit,  cum  iam  ante  patria  illum 
tua  Mediolanum,  tenerioribus  annis,  discipulum  habuisset.  Hic  se  Carmen  illud  georgicum 
scripsisse,  hic  se  ignobili  otio  floruisse  verecundìssime  memorat.  Hanc  dulcem  yocat  ille 
Parthenopem,   id  enim  est  aliud   de  nomine   conditricis  civitati  nomen.  Demum  peregre  245 
moriens,  inter   eictrema  suspirìa  suae   meminit  Neapolis,  et  bue  revebi   optavit,  ut  quam 
virus  amaverat,  vita  functus  incoleret.  Hinc  tandem  digresso,  biceps  aderit  Veserus  (vulgo 
Somma  monti  nomen),  et  ipse  flammas  eructare  solitus.  Ad  quod  olim  spectaculum  visen- 
dum  cum  experiendi  noscendique  cupidine  perrezisset  Plinius  secundus,  vir  scientiae  multi- 
plicis,  et  eloquentiae  floridae,  vento  cinerem  ac  favillam  excitante  compressus  est,   mise-  250 
rabilis  tanti  viri  ezitus.  Sic  Neapolis,  hinc  mantuani,  inde  veronensis  civis  ossa  custodit. 
Mons  est  autem  multarum  rerum,  sed  in  primis  vini  ubertate  mirabilis,  quod  graecum  ideo  dici- 
tur,  quia  illa  pars  Italiae  a  graecis  possessa  olim  Magna  Graecia  dicebatur.  Hinc  ad  dexteram 
Capreae  insula  linquitur,  asperrimis  rupìbus  circumsepta,  secessus  infamis  senilium  Tiberii 
voluptatum,  et  officina  saevitiae.  Pulcberrimus  terrarum  tractus  ad  laevam  Pompeios  et  Her-  255 
culaneum  habuit,  celebres  olim  urbes,  nunc  inania  nomina,  quas  terremotibus  eversas  Seneca 
inter  ceteros  teste  dìdicimus.  Superest  adhuc  Surrentum  et  ipsum  mellifluo  palmite  genero- 
sum.  Tota  regio  Terra  Laboris  hodie,  pars  olim  Campaniae  fuerat,  utraque  praecipuae  uber- 
tatis  appellatio.  Quo  praetextu  Cereris  bic  Liberique  certamen  incerta  Victoria  statuere.  Post 
hoc  gremium  maria  ecce  moz  aliud  ex  ordine  panditur,  in  quo  Salernum  videbis  et  Silerim.  260 
Fuisse  hic  medicinae  fontem  fama  est,  sed  nihil  est  quod  non  senio  ezarescat.  Hinc  utinam 
tu  secundis  ventìs  et  cursu  tam  facili  proveharis  ut  ego  ad  Italiae  finem  facili  provehor  stjlo. 
Laeva  itaque  perpetuo  tractu  calabrum   litus   extenditur.   Dextera  autem  longe  Trinacria 
et  Vulcanus  ac  Liparis  minoresque   insulae   ipsae   fumum  flammamque  fundentes,  vento- 
saeqoe  adeo  ut  Aeoli   ventorum  regis,  hic   regiam  fuisse,  vel  fabulosum  certe  vel  histo-  265 
ricum  sit,  utrumque  enim  lectum  est.  Hinc  quod  convenit  Aeoliae  dictae  sunt.  Ubi  angu- 
stissima Italia   est,  Scaleam  vocant,  nescio  quam  vetus  oppidum,  sed  nomen  haud  dnbie 
modernum.  Uude  cum  ad  extremum   Italiae   angulum  perveneris,  eum  scilicet  qui  ad  oc- 
casum  vergit,  hinc  Rhegium  Calabriae   metropolim,  hinc  Siciliae  Messanam  parvo  admo- 
dum  oculorum  flexu  et  fere  simul  aspicies.  In  medio  Pharus  est,  qui  messanensis  dicitur,  270 
in  quo  sunt  infamia  illa  portenta,  multum   formidata   navigantibus,  Scylla  et  Charybdis. 
Scyllam  saxum  esse  constat  ad  laevam  undisonum  procellosum,  Charybdim  centra  aquarum 
magnam  quandam  rapidamque  vertiginem.  Ncque  te  moveat,  quod  libro  tertio  divini  poe- 
matis  locatae  aliter  a  Virgilio  videantur.  Ille  enim  venientis,  ego  autem  euntis  iter  pro- 
sequor.  Causa  vero  tantae  vertiginis  apud  poetas  et  historicos  una  est  Ferunt  enim  hunc  275 
nostrum  qui  nos  obit  ac  dirimit  Apenninum,  in  Trinacriam  protendi  solitum,  donec  multis 
seculis  duo  maria  velut  ex  condicto,  geminum  latus  montis  hinc  illinc,  sino  intermissione 
tundentia,  undis  succumbere   coegerunt.  Ideoque  illic  amoto  obice  maria  suo  impetu  acta 
concurrere,  Apennìni  autem  ultima,  sic  a  toto  corpore  montis  exsecta,  nomine  etiam  amisso, 
concessisse  in  nomen  montis  siculi   Pelori,   unius   scilicet  ex  bis  tribus,  unde  Trinacriae  280 
appellatio  sumpta  est,  qui  mons  Messanae  proximus  est,  cui  quod  nomen   ante  fuerit  in- 
certum   habeo.    Hoc   enim    a   Pelerò   gubematore  Hannibalis,   quem   ille  sive  tota  cum 
classe  Italiam  linquens,  ut  Valerio   placet,  sive  ut  alii  volunt    et   similius   vero   est,  pa- 
triam  suam  puppe  unica  repetens   et  romanos  fugiens   victores,  propterque  locorum  an- 
gustias  dum  eminus  exitum  non  intelligit,   falli   ratus   occiderat,    ibique   tandem   errore  285 


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—  400  — 

rdcognito  tenue  mandaverat,  accepisse  notissimam  est.  Et  Scalea  quìdem  digressis, 
usqae  Rheginm  fenne,  rectus  in  merìdiem  est  cursus.  Inde  cursus  ad  orientem  relieta 
procul  a  dextris  Aetna,  flammantium  prìncipe  montium.  Inde  brevi  flexu  in  septen- 
trìonem  versus  et  Scylaceum   naufragiis   infame   transiUens,   Crotonem  venies  civitatcm 

290  quondam  inter  Italiae  populos  et  animorum  robore  et  corporum  et  forma  et  oplbos  et 
gloria  praecellentem,  nunc,  quid  non  proterit  longa  dies,  vix  ipsis  italicis  bene  notam. 
Hic  lunonis  Laciniae  templum  fuit,  toto  orbe  percelebre.  Inde  in  intimo  quodam  pelagi 
recessu,  Tarentum  tibi  monstrabitur,  Ennio  natalis,  Virgilio  fatalis  locus,  quamvis  alii 
Brundusium  dicant,  magni  quoque  cum  Romanis  belli  causa,  Pyrrbo  rege  in  Italiam  accer- 

295  sito,  adiutoque  armis  ac  mcenibus,  post  longum  tempus  Hannibale,  quos  hostilium  ducum 
prìmos  romanae  historìae  omnibus  seculis  numerabunt.  lam  ad  finem  orbis  italici  ventum 
est,  in  quo  ultimum  cum  Hydruntem  attigerìs  pedem  *  habuerìs.  Obvium  Adrìaticum  aequor 
emensus,  prìmam  insularum  ab  adverso  litore  Corcyram,  ignobilesque  alias  invenies,  donec 
ad  Achaiae  prìmum  angulum  pervenerìs.  Illic  equidem  optabis  Istìimum,  quod  quibusdam 

300  venit  in  mentem,  esse  perfossum,  quo  cum  rectior  tibi  tum  brevior  cursus  sit.  Mons  est 
duo  maria  dirimens,  qui  si  loco  ccderet,  insula  esset  Achaia.  Eius  in  vertice  Corinthus 
est,  situ  inexpugnabili.  Id  sibi  cum  a  Romanis  capta  esset,  eversionis  praebuit  materiam, 
secutis  opportunitatem  loci  maxime,  ut  ait  Cicero,  ne  posset  aliquando  ad  bellum  faciendum 
locus  ipse  adhortari.  Cum  vero  limes  aequoreus  ille  praeclusus  sit,  parendum  naturae,  et 

305  praetermissa  Corintho,  Maleae  flexus  ille  longior  obeundus  est,  videndumque  litus  acbai- 
cum,  atque  urbes  in  litore,  Motona,  Corona,  et  quicquid  terrarum  mare  illud  alluit,  usque 
ad  extremum  regionis  angulum.  Ut  vero  alter  Italiam,  sic  ille  Cretam  respìcit,  nunc  pos- 
sessionem  Venetorum,  ut  humana  omnia  volvuntur,  olim  lovis  regnum,  superstitionum  fere 
omnium  fontem  atque  principium.  Hanc  a  dextris,  Euboeam,  quam  Nigropontum  vocant 

310  a  sinistris  habens,  inter  Cyclad(a)s  aegaei  maris  insulas,  quae  siderum  in  morem,  pelagus 
illud  illustrant,  crebris  portibus  tutum  iter  ages.  Hic  Scjros  Achillei  amoris  atque  ado- 
lescentiae  prima  sedes,  unde  ulixeo  tortum  astu,  fulmen  illud  venit  ad  Troiam.  Hic  Cous 
Hippocratis,  Lesbos  Tbeophrasti,  Samos  Pythagorae  patria,  qua  ille  deserta,  in  has  nostran 
terras  venit,  et  italicus  philosophus   dici   meruit,  cum   philosophiae  nomen,  quod  primus 

315  invenerat,  summo  studio  atque  ingenio  exomasset.  Sed  quid  ago  ?  Non  multo  facilius, 
Cyclad(a)s  omnes,  quam  coeli  stellas  enumerem.  Per  has  ergo  navigans,  et  procul  a  tergo 
linquens  illa  duo  Graeciae  lumina,  Lacedaemonem  et  Athenas,  ad  laevam  vero  Hellesponti 
fauces,  Se(8)tonque  et  Abydon  infaustis  amorìbus  notas  et  Byzantion,  atque  Hìon,  illud 
aemulatione  romani   imperii,   hoc    propriis   famosum   malis,  recto  tramite  Rhodum  petes, 

320  olim  soli,  nunc  Christo,  verius  scilicet  soli  sacram,  et  militiae  domicilium  lohannis.  lam 
bine  Asia  minor,  ad  laevam  iacet,  olim  provinciarum  mitissima,  post  Troiae  ruinam  graecis 
referta  cultoribus,  nunc  Turcorum  veri  hostium  ferox  regio.  Huius  partes,  ad  austrum 
versae,  et  itinerì  tuo  proximae  sunt  Lycia  atque  Cilicia,  et  caput  regionis  Isaùria,  arx 
olim  omnium  piratarum,  qui  summis  tunc  viribus,  maria  cuncta   pervaserant,  ita  ut  ipsis 

325  quoque  romanis  classibus,  aperta  acie  decertarent.  Summa  tamen  Pompei  magni  virtute 
ac  prudentia  superati,  abductique  maritimis  latrociniis,  et  terrae  cultibus  restituii,  ac  ne 
qua  unquam  occasio  illos  ad  consueta  retraheret,  a  conspectu  maris  procul  abstracti  suni 
Ex  bis  inter  ceteras  laudensem  coloniam,  patriae  tuae  proximam  constare,  et  de  Pompei 
laudibus  sumptum  nomen  traditur.   Quae  quidem  non  tantum  a  mari,  sed  a  fluminibus 

330  etiam  longe  erat,  donec  nuper  eversa,  dum  resurgeret,  ut  sibi  casus  ad  aliquid  profuisse 
videretur,  translatis  sedibus,  ripam  pulcherrimi  amnis  obtinuit.  Sed  nondum  tempus  est 
in  patriam  redeundi.  Ad  ea  quae  restant  procedamus.  Ante  Ciliciae  frontem  Cyprus  est, 
terra  nulla  re  alia  quam  inertia  ac  deliciis  nota,  quam  merito  Veneri  sacram  dixere.  Et 
nunc  quoque  Veneri,  magis  quam  Marti  seu  Palladi  sacra  est.  Raro  ibi,  seu  nunquam  vir 

335  aliquis  clarus  fuit  Ncque  enim  in  molli  agro  voluptatis,  virtutum  rigida  semina  coalescunt. 


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—  401  — 

Libidinem  incolarom,  teirae  cceliqne  fervor  indìcat.  Cam  enim  reg^ones  tractn  maximo  soli 
YÌciniores,  grata  temperie  perfraantur,  haec  prope  contra  naturam,  intolerandis  ardoribus 
aestuat,  quasi  hominnm  complexio  ad  elementa  transierit.  Noli  ibi  multum  immorarì.  Non 
est  enìm  militaris  certe   neque   virilis   habitatio.  Fastus  gallicns,  syra   moUities,  graecae 
blanditiae  ac  frandes,  unam  in  insnlam   convenere.   Qaod   optimum  atque  pretiosissimam  340 
habent,  illic,   dìssimìllimis   moribas   aliunde   veniens,  iacet  Hilarion.   Contra  Cyprnm  in 
extremo  maria  angulo,  minor  latet  Armenia,  cui  tergum  pappis  obyertens  in  dextrum  latus 
agenda  est.   Sed  iam   quasi   tecnm   periculi   fastidiique   particeps,  ad  terram   pervenisse 
gaudeo.  In  quam  ubi  descensurus  sis  nescio.  Neque  enim  unus  tantum  portus  patet  ac- 
cessui.   Magistri   sententia,   comitum  consensus,  ventus,   mare,  dìes,  locus,  opportunitas,  345 
quid  te  agere  oporteat  dìcent.  Nam  ut  antiquo  proverbio  monemur,  Consilia  capiuntur  ex 
tempore.  Sunt  autem  in  litore  ilio,  ut  ab  aquilone  in  austrum  descendam,  maritima  oppidiv, 
Tortosa,  Tripolis,  Baruth,  Sur,  Caesarea,  lafa,  Ascalon,  borumque  in  medio  nobilis  olim, 
nunc  eversa  et  in  cinerem  versa  iacet  Acon,  summum  et  inexpiabile  dedecus  ac  turpis- 
sima cicatrix  cbristianorum   regum,   nisi   aliquanto  turpior  esset  ipsa  lerusalem.  Sane  si  350 
altius  descendas,  id   babebis   amplius,  ut  videas  caput  Syriae  Daraascum.  Sic  enim  vocat 
eam  non  quicumque   cosmographus   sed   clarissimus   propbetarum  Isaias.   Quamvis   non 
ignorem  apud  alios  Antiochiam  Syriae  primam  ac  metropolim  baberi,   cui   sententiae  ac- 
cedit  Hegesippus  libro  3  historiarum  losephum  secutus,  aliquanto  tamen  nobilior  ut  puto 
et  certe  multo  vetustior  est  Damascus.  Yidebis  civitatem  et  forma  spectabilem,  et  aetate,  355 
de  qua  quidem   ab  ipsis    temporibus   regum   Israel,  multis   seculis   ante  urbem  condì- 
tam,  crebra  in  utrisque  literis   sacris,   ac   secularìbus  est  mentio.  Si  injfra  magis  appli- 
cueiis,  quantum  spectaculo  defuerit,   tantum  demitur  labori,  minus  terrestri   calle  laxa- 
berls,   quod  in  terram  egresso   vicina  lerosolima  est,  itineris  propositique  tui  terminus. 
Itaque  tametsi  multa  tibi  in   medio   quaerenda  et  visenda  monstraverim,   quae   poteras  360 
improvisus  forte  solumque  viae  finem  cogitans  praeterire,  hic  quid  te  moneam  non  habeo. 
Omnia  enim  iam  bine  antequam  pedem  domo  moveas,  praeconcepta  animo,  et  diu  agitata 
sunt  tibi,  quoniam  finis  rerum,  ut  philosophis  placet,  sìcut  in  executione  ultimus  sic  in 
intentione  primus  est.  Neque  vero  tu  aliam  ob  causam  tantum  laboris,  ac  negotii  suscepisti, 
nisi  ut  in  illa  morte  domini  sacra  urbe,  locisque  finitimis  videres  oculis,  quae  animo  iam  365 
videbas:  amnem  scilicet  quo  lotus  est  Cbristus,  templum  seu  templi  ruinas  in  quo  docuit, 
locum  ubi  summa  cum  bumilitate  passus  est  corpore  ut  nos  animi  passionibus  liberaret, 
sepulcTum  ubi  sacratissimum  corpus  illud  substitit,  dum  ipse  mortis  et  inferni  Victor,  ad 
regna  bostis  spolianda  descenderet,  unde  etiam  reversus  idem,  corpusque  iam  immortale 
recipiens,  pressis  gravi  sopore  custodibus,  resurrexit,  Sion  praeterea  et  Oliveti  montem,  ad  370 
baec  et  unde  in  coelum  ascendit,  quo  ad  iudicium  reversurus  creditur,  ubi  ventis  et  flucti- 
bus  imperavit,  ubi  cibo  exiguo  maximam  turbam  pavit,  ubi  aquam  vertit  in  vìnum,  quae 
licet  magna  convivantibus  viderentur,  facilia  erant  illi  qui  cibum  et  vinum  et   aquam  et 
ipsos  de  nibilo  creaverat  convivantes,  ubi  denique  elegit  indoctos  atque  ìnopes  piscatores , 
quorum  hamis  ac  retibus  piscarentur  imperatores  ac  reges  gentium,  ubi  caecos  illuminavit,  375 
leprosos  mundavit,  paralyticos  erexit,  mortuos  suscitavit,  quodque  bis  omnibus  maius  esset, 
nisi  quia  onmia  aeque  facilia  sunt  deo,  daemonìbus  ac  peccatis  oppressam,  sepultamque 
animam  restituit  libertati,  multa  etiam  quae  persequi  mibi  longissimum  et  nequaquam  ne- 
cessarìum  tibi  est,  cui  omnia  ex  Evangelio  nota  sunt,  quae  fixa  mente  cementisi  per  singulos 
passus  devotam  animam  pins  horror  invadet.  Unum  quod  elabi  posset  admoneo,  videro  te  380 
urbem  illam,  quam  vicisse  victores  gentium  Bomani  tam  clarum  opus  esse  duxerunt,  ut  Titus 
tunc  exercitus,  post  imperii  gubemator,  in  ipso  ingressu  moenia  urbis  admirans,  tantam 
victoriam  non  humanae  virtutis,  sed  divinae  gratiae  fateretur.  Et  profecto  sic  erat.  Cbristus 
ipse  quem  eradicasse  de  terra  viventium  extimabant,  adversus  suos  hostes  suis  merito  fa- 
vebat   ultoribus,  licet  adhuc   illis   incognitus,  noscendus   tamen  eorum  successoribus  et  385 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  r  Sem.  52 


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—  402   — 

colendns.  Itaqne  cum  saepe  alias,  tamen  in  ea  vastatione  praecìpae  impletnm  est,  qnod  ex 
persona  eias  in  psalmo  dicitori  Resuscita  me  et  retrìbaam  eis,  ea  hominixm  strages,  ea 
fames  miseronim  tam  maestà  necessitas,  quae  si  ex  ordine  nosse  cnpis,  losephnm  lege,  non 
andita,  sed  visa,  et  commnnia  sibi  cum  ceteris  referentem.  Quid  vero  nnnc   cogìtas  ?  An 

390  nondam  te  desiderium  nostri  cepit,  nt  domam  nt  patrìam  nt  amicos  invisere  animns  sit? 
Credo  id  qnidem,  imo  ne  aliter  fieri  posse  certas  snm.  Sed  nnllns  est  acrior  stimnlns  quam 
virtatis.  nie  nnnc  per  omnes  difficultates,  generosum  animom  impellìt,  nec  consistere  pa- 
titor,  nec  retro  respicere,  cogitqae  non  voluptatam  modo,  sed  honestornm  pignomm  atqne 
affectuom  oblinsci,  nibil  aliad  qaam  virtutis  speciem  optare,  nihil  deniqne  cogitare.  Hic 

395  stimalus  qui  Ulixem  Laertis,  et  Penelopes,  et  Telemachi  fecit  immemorem,  te  nnnc  nobis 
vereor,  abstrahet  dintias  qnam  vellemns.  Video  tibi  faciem  esse  longins  enntis.  Nec  imme- 
rito. Ubi  enim  dimittes  Bethleem  civitatem  David,  qaam  codesti  ortn  claram  fore  diyinì 
vates  praesago  ore  cecinerant.  In  illa  primo  conabola  nostri  regis  aspiciens,  cogitabis  quan- 
tum Deo  grata  fuerit  semper  humilitas,  quam  in  filii  sui  unigeniti  primordiis  evidentis- 

400  sime  consecravit,  cogitabis  ineffabilem  Salvatorìs  originem  qui  ante  principium  genitus,  in 
fine  temporum,  si  ad  aetatum  numerum  attenditur  natus  est  Virginem  matrem  in  praesepio 
iacentem  contemplabere,  et  divinum  infantem  in  cunis  Tagientem,  angelos  ab  aethere  con- 
cinentes,  pastores  attonitos,  stupentesque  reges  alienigenas,  cum  muneribus  affusos,  indi- 
genam  vero  regem,  gladio  saevientem,  terram  innocuo  sanguine  beatorum  infantium  et  mi- 

405  serarum  genitricum  lacrimis  madentem,  et  maestis  resonans  coelum  omne  gemitibus.  Inter 
haec  monitu  angelico,  sanctum  altorem  cum  intemerata  matre,  coelestique  alumno,  clam 
ex  ingrata  patria,  in  Aegyptum  ire  tanto  pignori  tutas  latebras  quaerentem,  iam  tum  gen- 
tibus  spe  iniecta,  primogenito  propter  ingratitudinem  abdicato,  snmmi  patris  bereditatem 
ad  minorem  filìum,  hoc  est  ad  populum  gentium  esse  venturam.  Sed  tu  quoque  nunc  ut 

410  auguror  Joseph  imo  Mariam,  imo  Christum  profngum  sequi  vis,  sacrum  profecto  teque 
dignum  iter.  Sequendus  in  terris,  quaerendusque  nobis  Christus  est,  ut  vel  sic  discamus 
eum  ad  coelum  sequì,  et  ubi  aliquando  habitavit  din  quaesitum  tandem  ubi  habitat  inre- 
nire.  Iam  vero  non  longe  bine,  mare,  quod  Sodomorum  dicitur,  Jordanis  influit,  ubi  con- 
sumptarum  urbium  vindictaeque  coelestis  aperta  vestigia  apparent.   His  deserti   solitudo 

415  proxima  est.  Durum  iter  fateor,  sed  ad  salutem  tendenti,  nulla  difficilis  via  videri  debet. 
Multas  ubique  difficultates,  multa  tibi  taedia  vel  hominum  vel  locorum  hostis  noster  obji- 
ciet,  quibus  te  ab  incepto  vel  retrahat,  vel  retardet,  vel  si  neutrum  possit,  saltem  in 
sacra  peregrinatione  minus  alacrem  efficiat,  hic  vero  praeter  cetera  natìvam  locorum 
ingeret  asperitatem,   penuriamque    rerum   omnium.  Sed  meminisse  conveniet  omne  opti- 

420  mum,  magno  pretio  constare,  et  virgilianum  illud,  in  tuos  usus  transferre,  ubi  ait: 
Yicit  iter  durum  pietas,  et  illud  Lucani  paululum  immutare,  durum  iter  ad  leges, 
animaeque  mentis,  amorem.  Nihil  tam  durum ,  quod  virtus  ardens,  et  pietas  *  incensa 
non  molliat.  Equidem  si  per  Syrtes  libycas ,  et  arenosa  loca  serpentium  M.  Cato 
mite  Caesaris   imperium  fugisse  laudatur,  tu  per  desertum  non  fugies  immite  feroxque 

425  iugum  Satanae,  per  quod  tantus  olim  populus  fugit  saevitiam  Pharaonis?  Et  quod 
senes  ac  pueri  et  mulierculae  potuerunt,  tu  vir  fortis  ac  iuvenis  non  poteris?  Deus  cum 
illis  erat,  et  tecum  erit.  His  autem  in  locis  legem  datam  Moysi,  colloquium  cum  Deo  ha- 
bitum,  visionem  rubi,  laps(a)m  de  coelo  manna(m),  ceterasque  erga  carum,  sed  ingratum 
popnlum  divinas  blanditias,  ac  divina  iudicia  tecum  volves.  Incidet  vero  cupiditas  maris 

430  rubri  videndì,  quod  proprie  a  poeta  non  mare,  sed  litus  rubrum  dictum  est,  non  enim  ab 
aqois,  sed  a  colore  lìtoris  nomen  habet.  Quo  cum  pervèneris,  non  odores  indìcos,  et  eoas 
merces,  illis  faucibus  in  Aegyptum  atque  inde  nostrum  in  mare  convectas,  sed  populum 
Deo  adiutum,  per  medios  fluctus,  sicco  pedo  transitum  meditabere.  Ulud  enim  humanao 
cupiditatis  et  inopiae,   hoc   divinae  pietatis   ac  potentiae   est  Hic   Catherinae  virginis 

435  corpus  cemes,  ubi  angelici»  manibus  coUocatum  fertur,  nec  indignum  fait,   ut  quae   prò 


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—  403  — 

lege  Dei  usqne  ad  mortem  decertaverat,  in  eo  ipso  monte  reqniesceret,  ubi  lex    divinitas 
data  eral  Per  haec  loca  formidabiles  esse  solent,  Arabom  incursos,  sitis,  fames,  labor,  sed 
nihil  fere  periculosins  errore  viae,  nollis  indiciis  ad  rectam  referentibos.  Ideo   yigilanter 
cave  ne  ulla  te  necessitas  seiangat  a  sociis.  Jam  tandem  in  Aegyptam  laborioso  et  anci- 
piti calle  perventom  est.  Ibi  ergo  supra  Nilam  yidebis  Babylonem  novam  Cambjsis  opus  440 
et  Carras  aegyptìas  firequentissimam  arbem  et  immensam,  qaae  Babylonem  veterem  trans 
Eaphratem  et  Carras   assyrias  repraesentant  Spectabis  insignem  Asiae  atqne  Africae  li- 
mìtem,  adversum  Tanai,  flnmen  ingens,  stupendamqne,  de  quo  et  philosopbi  et  poetae  et 
cosmographi  multa  sunt  opinati,  Aristoteles  vero  libro  integro  disseruit,  flumen,  et  aestivi 
mirabilis  incrementi,  et  inundatìonis  uberrimae,  et  infiniti  alvei,  et  fontis  incogniti,  cuius  ceiv  445 
titudinem,  et  Aegyptiorum  et  Persarum  et  Macedonum  reges,  ad  postremum  romani  quoque 
imperatores,  sed  frustra  omnes  quaesiere.  Fons  hactenus  ignoratus  manet,  opiniones,  atque 
inquisitiones  hominum,  et  historiae  de  hoc  scriptae  multa  legentibus  notae  sunt.   Clarum 
quiddam  et  relatu  dignum,  quod  ab  illustribus  tìtìs  accepimus,  locus  hic   exigit  Ferunt 
fontem  esse  perlucidum  illic  ubi  ab  Herodis  rabie  Christum  occultabant,  quem  puer  om-  450 
nipotens  e  terra  arida  in  refrigerium  anxiae  matris  eduxerit.  Ex  ilio  christianos  iucundis- 
sime  bibere,  saracenis  absinthio  amariorem  esse,  ita  ut  degustare  illum  yel  summis  labiis 
poena  sit,  nostrosque  inde  tam  cupide  haurientes  ceu  monstrum  aliquod  admirentur.   Nec 
sane  magnum  fuit  illi  qui  fontem  fecit,  eidem  quoque  quas  voluit  leges  dare,  et  prò  ya- 
rietate  bibentium  fidei,  yarium  saporem  aquis  immittere.  Nil  iam  restat  memorabile  quod  455 
quidem  non  meminerim,  praeter  Alexandrìam,  Alexandrì  opus,  Alexandri  nomen,  Alexandri 
bustum.  Ad  quod  Julius  Caesar,  post  thessalicum  diem,  mortemque  Pompei,  cum  Alexan- 
driam  yenisset,  ambiguo  turbati  yulgi  murmurc  permotus,  per  speciem  religionis  descen- 
disse  legituT.  Et  Augustus  Caesar,  post  yictoriam   actiacam,   Antoniumque   devictum   et 
coactum  mori,  eodem  yeniens,  Alexandri  corpus  reyerenter  aspexit.  Cumque  ex  eo  quaere-  460 
retur,  an  et  Ptolemaeum  yellet  aspicere,-   elegantissime  regem   alt   se  yidere  yelle   non 
mortuos.  Cui  dicto  illa  proculdubio  sententia  inest,  yirtute  animi   et  rerum   gloria,   non 
regno,  non  sceptro,  non  diademate  regem  fieri.  Hoc  tu  dictum  eatenus  inflectes,  ut  sanctos 
cupias  spectare,  non  mortuos.  Quia  tamen  vetustas  et  fama  clarorum  hominum,  non   siue 
quibusdam  facibus  animos  tangunt,  poteris  et  hoc  bustum,  si  nondum  senio  cesserit  spec-  465 
tare,  nec  mìnus  umam  quae  Pompei  cinerum  ostenditur.  Illum  enim  graeoi,  hunc  romani 
scrìptores  magnum  yocant.   Galli  autem  hoc  cognomen  ad  suum  Carolnm  transtulére.  Bios 
duos  habet  una  urbs,  quorum  alterum  arctos,  altemm  miserat  occidens,  illum  Pelle,  hunc 
Boma.  Yidebis  ubi  iniquo  marte  praeyentus  et  circumyentus,  Illa  magnalìa,  et  vix   credi- 
bilia  gessit  Caesar.  Yidebis  Pharum,  unde  hoc  phari  nomen  per  alias  terras  usquequaque  470 
diffusum  est.  Spectabis    multifidas  Nili   fauces,   ubi  fortuna  populi  romani^  truncum  sui 
dncìs,  et  lacerum  cadayer,  abscisumque  trunco  caput  flens  yictor  aspexit,  sic  cum  genero 
partitus  orbem,  ut  illum  Nilus,  Tibrìs   hunc  abluat.  0  fortunae  fides,  o  rerum  finis   ha- 
manarum.  Certe  ut  es  ingenio  promptus  ac  docilis,  tantis  ac  talibus  magistris,  quantum 
prosperis  sit  fidendum  disces  perpetuoque  meminerìs.  Sed  iam  satis  itum,  satis  est  scriptum,  475 
hactenus  tu  remis  ac  pedibus  maria  et  terras,  ego  hanc  papyrum  calamo  properante  sul- 
cayerim,  et  an  adhuc  tu  fessus  sis  eundo  certe  ego  iam  scribendo  fatigatus    sum,   coque 
magis,  quo  celerius  incessi.  Quod  enim  iter  tu  tribus  forte  vix  mensibus,  hoc  ego  triduo 
consummayi.  Hic  utrique  igitur  yiae  modus  sit.  Tibi  domi,  mihi  ad  mea  studia  redeundum, 
quod  ego  confestim  fecero,  tibi  yero  plusculum  uegotii  superest  peragendum  Christi  ope  480 
feliciter.  His  spectaculis,  et  hoc  duce  doctior  nobis  ac  sanctior  remeabis. 

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—  404  — 


Archeologia  —  Sopra  un'antica  tazza  ài  Lucio  Canoleio.  Nota 
del  Corrispondente  F.  Gamurrini. 

«<  Premessi  i  ringraziamenti  per  la  sua  elezione  a  Socio  dell'Accademia, 
espone  Ta.  una  patera  ombelicata,  cioè  concava  coW!oii^aXo^  nel  mezzo,  di 
quelle,  che  precipuamente  servivano  per  i  sacrifizi,  e  dopo  il  convito  per  le 
libazioni  agli  dei  :  dice  provenirne  la  forma  e  l'uso  dall'oriente,  e  quindi  per 
i  Fenici  essersi  diffusa  in  Grecia  ed  in  Italia.  La  patera  è  di  fine  argilla, 
con  vernice  nera  alquanto  iridescente,  la  quale  fu  prodotta  col  processo  stesso 
per  cui  risaltava  il  fondo  nero  dei  vasi  greci  dipinti.  La  parte  concava  rap- 
presenta una  serie  di  nove  navi  a  basso  rilievo,  le  quali  sembrano  formate  l'una 
dietro  l'altra  col  medesimo  stampo,  di  tipo  romano,  rostrate,  e  si  dirigono  a 
destra.  Simili  si  riscontrano  negli  assi  di  Roma,  che  hanno  la  prua  a  destra, 
mentre  quelli  fusi  o  coniati  fuori  di  Soma  si  distinguono  sovente  colla  prora 
a  sinistra. 

«  Nel  campo  fra  You^aXog  e  le  navi,  sta  impresso  un  ornato  composto 
di  una  doppia  fila  di  ovoletti,  separata  da  una  linea  e  chiusa  da  due  altre 
formate  di  punti.  Sotto  una  delle  navi,  e  precisamente  nel  fusto  del  rostrum 
tridens,  è  segnato  il  nome  del  figulo  in  questo  modo:  U-CANOLIIIO. 

«  Il  nome  di  Lucio  Canoleio  ben  si  conosce,  e  si  ripete  in  diverse  tazze, 
che  furono  prodotte  nella  sua  figulina  di  Cales,QX2L  Calvi:  in  una  delle  quali 
si  rivela  così  più  completo:  U  •  CANOUEIVS- U  •  FFECIT  CAUENOS. 
É  da  riputarsi  pertanto  ingenuo,  e  che  appartenesse  alla  nota  famiglia  plebea 
di  Boma  :  giacché  fra  i  Canolei  apparisce  per  la  prima  volta  un  tribuno  della 
plebe  nel  445  av.  C.  Faceva  egli  pertanto  parte  della  colonia,  che  fu  dedotta 
in  Cales  nel  320  av.  C,  e  vi  trovò  l'industria  fiorente  di  tali  stoviglie,  che 
furono  dai  Romani  tolte  e  seguite  per  proprio  conto.  Nelle  tazze  calene  si 
mostrano,  dal  tempo  della  deduzione  della  colonia  fino  verso  la  prima  guerra 
punica,  altri  padroni  di  fabbriche  di  figuline,  cioè  un  K  •  ATIUIO,  e  un  C-  ed 
un  U  •  GABINIO  con  due  nomi  dei  loro  servi,  R  IITVS  e  SIIRVIVS.  Ora  per  la 
colonia  romana  colà  stabilita  è  manifesto,  che  Atilio  e  Gabinio  (il  cui  nome 
si  è  tratto  da  Gabi)  provengono  di  Roma.  Tali  fabbriche  romane  si  sostitui- 
rono alle  greche,  che  vi  esistevano  (^):  e  quindi  si  diffusero  nel  Lazio,  e 
neU'Etruria,  dove  si  imitarono,  e  per  ciò  il  nome,  che  loro  è  stato  dato  di 
stoviglie  etrusco-campane;  le  quali  di  frequente   trovandosi  con  monumenti 

t 
{})  Nei  bolli  deUe  tazze  calene  si  sono  trovati  nomi  scritti  in  greco  :  ed  il  prof.  Helbig 
ha  veduto  in  quella  ben  nota  delle  quadrighe  le  lettere  IBoTB,   scritte  fra   i   raggi   di 
una  rota.  Bull  d,  Inst,  arch,  a.  1881,  p.  149. 


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—  405  — 

certissimi  della  prima  metà  del  secolo  terzo  ay.  C,  non  ewi  dubbio  che 
spettino  a  quel  periodo. 

«  La  tazza,  che  per  proposta  del  disserente  fa  acquistata  dalla  Direzione 
generale  di  antichità,  se  non  si  può  dire  assolutamente  unica  è  certo  igno- 
rata ed  inedita:  inoltre  la  si  deve  pregiare  per  vari  riguardi.  In  prima  seb- 
bene si  conosca,  che  le  stoviglie  romano-calene  furono  l'effetto  della  colonia 
dedotta  in  CaUs^  giova  però  molto  per  la  storia  della  ceramica  antica  in 
Italia  fissare  sempre  meglio  il  loro  svolgimento  cronologico.  Alla  ricordata 
età  specialmente  appartiene  la  forma  paleografica;  la  E  con  due  linee  II,  la  U 
ad  angolo  acuto,  la  N  pendente,  la  O  non  precisamente  chiusa.  Inoltre  ciò 
confermasi  dalla  terminazione  di  Canolelo  per  Ganoleim^  che  è  ancora  la  prima 
volta,  che  s'incontra  nelle  opere  di  lui,  essendoci  noto  Canoleios  e  quindi 
Canoleius,  colla  E  scritta  nella  forma  comune:  ed  in  conseguenza  questa  tazza 
colle  navi  si  dovrà  stimare  per  l'arcaica  terminazione,  e  come  sta  scrìtto  il 
suo  nome,  quale  una  delle  prime,  che  siano  uscite  dalla  sua  figulina. 

«  Se  poi  si  esamina  la  forma  della  nave,  si  nota  che  il  rostro  è  posto  sotto 
alla  carena,  come  lo  fu  la  prima  volta  che  i  Romani  lo  presero  agli  Anziati. 
Perocché  negli  assi  librali  di  Roma  il  rostro  non  apparisce,  ma  nella  serie 
trientale,  cioè  nella  ridotta  dalla  librale.  Si  aggiunga,  che  a  determinare 
meglio  il  tempo  della  tazza,  è  pregevole  Vornamento  del  fusto  del  rostro,  di 
cui  si  è  servito  Oanoleio  per  stampare  le  sue  navi  ;  è  il  meandro  detto  corri- 
dietro, che  simbologia  Tonda  del  mare  o  del  fiume,  la  quale  si  travolge  e 
si  arriccia;  ornamento  antichissimo  provenuto  dall'Asia  minore.  Ora  appunto 
neUa  serie  trientale  di  stile  campano,  si  scorge  la  nave  della  forma  medesima 
che  nella  tazza,  e  di  più  lo  stesso  meandro  nella  trave  del  rostro.  E  se  si 
riguarda  la  testa  di  Mercurio  del  sestante  della  detta  serie,  la  riconosceremo 
inclusa  nella  linea  punteggiata,  che  ha  usato  Ganoleio,  e  che  si  riscontra 
nelle  monete  emesse  in  quel  tempo  in  Etruria  e  nella  Campania. 

«  Dalle  osservazioni  generali  fatte  in  altre  occasioni,  e  da  quelle  più  spe- 
ciali che  si  sono  esposte,  è  dato  di  concludere,  che  la  tazza  di  Ganoleio 
comparve  nel  tempo  che  fu  ridotto  l'asse  alla  serie  trien- 
tale. n  qual  fatto  avvenne  secondo  il  Mommsen  verso  il  principio  della 
prima  guerra  punica:  ma  nonostante  la  grande  autorità  dell'insigne  storico 
ed  archeologo,  il  riferente  opina  per  gravi  osservazioni  pure  da  altri  rilevate, 
che  la  riduzione  dell'asse  combini  colla  emissione  del  denaro  d'argento,  cioè 
nel  269  av.  G.  (484  di  Roma).  Ne  conseguita  che  la  tazza,  la  quale,  come 
si  è  detto,  fu  una  delle  prime  della  ofiicina  di  Ganoleio,  fu  prodotta  verso 
il  490  di  Boma,  e  le  altre  che  sieno  degli  anni  successivi.  Il  che  è  d'im- 
portanza grande  per  riconoscere  il  tempo  d'un  trovamento,  nel  quale  compa- 
risca una  tazza  di  Ganoleio,  che  abbia  o  no  la  nota  del  suo  nome. 

«  Infine  si  rivela  una  cosa  particolare  fra  la  prua  e  la  poppa  delle  navi, 
che  non  è  da  trascurarsi.  Si  veggono  due  scudi  oblonghi  in  alto,  che  si  toccano 


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—  406  — 

Tun  laltro,  e  della  forma  che  è  impressa  in  una  moneta  fusa  rettangolare 
di  Roma  del  sistema  trientale.  Sotto  si  scorge  una  testa  forse  d'un  guerriero, 
che  sta  entro  la  cabina  o  sotto  coverta  della  nave.  A  me  pare  che  Ganoleio 
abbia  qui  voluto  effigiare  o  ricordare  una  battaglia:  ma  ben  mi  accorgo  che 
la  cosa  non  è  del  tutto  chiara.  Se  mai  egli  ciò  intese,  ed  impresse  in  una 
patera,  che  doveva  trovare  il  suo  spaccio,  e  servire  per  i  conviti  dei  Bomani 
e  per  le  festive  libazioni,  certamente  ha  fatto  allusione  ad  una  vittoria  navale 
di  Boma.  Fu  celeberrima  allora,  e  poi  sempre  nei  &stì  la  vittoria  di  Duillio 
sulla  flotta  cartaginese  (493  di  Boma),  per  cui  divenne  Boma  da  quel  tempo 
la  regina  del  mare:  e  Duillio  fii  il  primo,  che  menò  trionfo  della  vittoria 
navale,  e  fra  gli  emblemi  della  salutazione  imperatoria  figurarono  le  navi 
rostrate  » . 

Filologia.  —  Per  la  Fonistoria  protaria.  Nota  preventiva   del 
prof.  F.  Q.  Fumi,  presentata  dal  Socio  Monaci  (0. 

«  Le  dottrine  dei  glottologi  più  anziani  non  bastarono  a  penetrare  nel 
complicato  labirinto  del  vocalismo  indeuropeo,  ma  anche  quelle  dei  più 
recenti,  che  ne  hanno  trovato  T  ingresso,  non  il  filo  d'Arianna,  vi  si  muovono 
ancora  impacciate.  Non  ostante  la  bella  mostra  che  la  nuova  teoria  vocalica 
e  sonantica  fa  nel  Manuale  del  Brugmann,  si  può  dire  nell'anno  di 
grazia  1888  ciò  che  un  caldo  collaboratore  di  quella  teorìa  onestamente  con- 
fessava nel  1885,  cioè  che  le  indagini  sul  vocalismo  indeuropeo,  nonché  finite, 
sono  appena  iniziate  (Hubschmann,  Indog.  Vocalsystem;  nachtràge^.  191 
fine).  Mi  sia  lecito,  pertanto,  di  comunicare  alcuni  pensieri  fondamentali  d'una 
mia  vecchia  congettura  (^). 

«  1.  Premetto  due  savie  sentenze  del  nostro  maestro,  rAscoLi.  La  prima 
dice  :  ^  La  natura  stessa  del  soggetto  {indagini  glottologiche). . .  in  ispecie 
cagiona  che  possa  mancarci  la  prova  d'aver  colpito  nel  vero,  quando  pur  e'  è 
riuscito  di  farlo  {Poscritta,  p.  82)  ».  La  seconda  riguarda  le  indagini  glot- 
togoniche e  vuole  che  nella  scuola  sien  parche,  e  istituite  «  solo  in  ordine 
a  quegli  addentellati  da  cui  penda  manifestamente  la  intelligenza  di  feno- 
meni che  son  vitali  nel  linguaggio  come  si  agita  nella, realtà  della  storia 
{Lettera  a  P.  Merlo j  p.  64)».  La  prova  della  giustezza  della  mia  coi^elr 

(i)  Nella  seduta  del  19  febbraio  1888. 

{*)  Pensieri  destati  nel  1876  daUa  Nasalis  sonans  del  Bruohann,  ricordati  nelle  le- 
zioni introdattorìe  al  corso  di  Fonologia  presso  TUniversità  di  Palermo  nel  77  e  neir82, 
ed  esposti  come  teorìa  nel  novembre  e  decembre  deir87.  In  12  anni  si  sono  snccedutc 
curiose  somiglianze,  ad  es.  con  De  Saussure,  Osthoff,  Fed.  Mììller,  Merlo  ecc.  (e  debbo  a 
questo  amico  e  alla  sua  Nota  recente  u  Ragione  del  permanere  delVk  e  del  suo  mutani 
in  E  (0)  ecc.»  la  spinta  a  parlare),  argomenti  contrarj  pochi  e  controversi.  Così  pare  a 
me:  giudichino  gP intendenti.  (Palermo,  gennaio  1888). 


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—  407  — 

tura  non  so  darla  ;  la  dimostrazione  o  esemplificazione  la  do  appunto  nel  corso 
di  Ponistoria  indo-greco-italica.  Spero  poi  che  tutti  ammetteranno  l'assoluta 
necessità  di  cercare  nell'età  del  protario  indiviso  i  germi  e  le  cause  del  mo- 
vimento vocalico,  che  variamente  avviva  le  lingue  arie  nella  realtà  della 
storia.  Del  resto  quel  linguaggio  teorico  figura  in  capo-lista  nel  citato  Ma- 
nuale del  Bruqmann,  come  figurava  nel  Compendio  dello  Schleicher,  e, 
malgrado  di  qualche  divergenza  nei  concetti  e  di  molte  confessioni  di  dubbio 
0  d'ignoranza,  ci  si  offre  sin  d'ora  copioso  e  istruttivo  più  di  qualcuno  fra 
i  derivati  di  cui  ci  giunse  certa  notizia.  Studiandolo  come  vivo  e  analizzan- 
dolo si  rafforza  l'antica  credenza,  che  il  processo  flessivo  siasi  svolto  dall'appo- 
sitivo e  questo  dall'isolante:  spingersi  all'evo  radicale  è  fare  un  salto  nel 
buio,  ma  affacciarvisi  appena  sarà  temerità  innocente  :  avventurarsi  nella 
penombra  dell'agglutinazione  sarà  un'audacia,  spero,  non  infeconda. 

tt  2.  Penso,  adunque,  che  nelle  primissime  origini  il  vocaleggio  delle 
radici  protarìe  abbia  alternato  fira  la  vox  naturalis  (indistinta  o  fognata, 
fira  a  ed  df),  che  segno  tt,  e  il  così  detto  a  teorico,  sommo  nella  piramide 
0  mediano  nella  linea  dello  schema  vocalico.  È  l'alternanza  indicata  per  Va 
scr.^  dallo  scolio  a  una  regola  Paniniana  riferito  dal  Polle  nella  Gramm. 
scr.,  2  n.,  e  che  si  continua  nei  viventi  vernacoli  indiani,  ha  riscontri  mol- 
teplici in  più  lingue  e  si  legittima  per  le  nuove  ricerche  della  Fonofisica  e 
della  Tonologia.  Mi  par  verisimile  che  il  colore  neutro  sia  rimasto  nella 
radice  meno  intonata,  e  la  specifica  articolazione  dell' a  sia  venuta  dalla  into- 
nazione piena  di  quella  radice,  che  in  ima  data  sequela  dovea  dominare.  Se 
due  0  più  radici  non  si  sieguono  a  formare  un'unità  embrionale  di  forma, 
non  si  ha  linguaggio.  La  vicenda  d.-.v  o  ò...d  {gii  apici  non  li  do  per 
accenti  veri,  ma  per  due  gradi  cromatici)  non  è  da  riferire  alle  radici  in 
astratto,  ma  alle  seguente  radicali^  protoplasmi  delle  categorie  grammaticali 
dell'avvenire,  in  cui  »  era  dello  stato  debole  o  ipofono,  ed  a  dello  stato  forte 
(rafforzato)  o  ipso  fono.  In  questa  prima  età  non  credo  a  dilegui  né  a  propria 
atonia;  suppongo  esclusivo  il  gemino  vocalismo  ora  accennato,  giudicando  i 
suoni  i  u  non  peranco  enucleati  da  ^  ^  consonanti. 

i(  3.  Man  mano  che  certe  seguenze  radicali  corsero  e  ricorsero  come  pro- 
totipi di  forma  e  di  funzione,  le  cellule  del  libero  aggregato  vennero  vie  più 
addossandosi  le  une  sulle  altre  col  predominio  intenzionale  e  fonico  d'una  o 
di  più,  secondo  il  numero  e  il  valore  loro  nell'aggregato  unitario.  Ora  io 
penso  che  Va  dei  nucleoli  radicali  dominanti  sia  stato  profferito,  per  effetto 
d'una  intonazione  morante  o  prolungata,  come  espanso  o  sdoppiato,  presso  a 
poco  QQ  {St^wvog  0  bivocalis).  In  una  fase  ulteriore  della  sua  vita  apponente, 
il  protario,  pur  serbando  in  certe  forme  radicali  e  in  date  mozioni  Vaa  ere- 
ditato come  isofono,  nel  maggior  numero  dell'une  e  dell'altre  lo  cadenzò  coll'abi- 
tuale  alternanza  a...v,  a? ...  a,,  cioè  come  dittongo  raccolto  allofono  an  od  va. 
La  variazione  inversa  dei  due  termini  avrà  avuto  certamente  i  suoi  motivi,  ad  es. 


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—  408  — 

incrociamenti  accentuali  estensivo-intensivi  (accenius  e  ictm)  combinati,  azione 
di  suoni  laterali  od  anche  assimilazione  intervallata,  distinzione  funzionale, 
e  sviluppo  analogico  di  tipi  prodottisi  in  virtù  di  uno  o  più  dei  motivi  ora 
supposti.  Comunque  sia  di  ciò,  m'immagino  che  quei  due  dittonghi  sieno 
giunti  in  altra  fase  del  periodo  appositivo  a  proiferìrsi  cev,  V0.  È  una  vera 
apofonia  o  dissimilazione,  in  quanto  per  adattamento  orale  Tarticolazione  di  a 
puro  anteposto  in  unica  emissione  di  fiato  ad  v  indistinto  mi  sembri  più  an- 
teriore, più  estema,  più  chiara,  insonuna  vicina  ad  e  (e  però  segno  (b\  e 
all'incontro  quella  del  medesimo  a  posposto  mi  paia  più  posteriore,  più  in- 
tema, più  cupa,  vicina  ad  o  (e  però  segno  (t>\  cb  co  digrammi  per  l'occhio, 
monottonghi  per  l'orecchio).  Quando  gli  antichissimi  Arj  profferirono,  puta 
caso,  ^  e  ^  d'una  mora  e  mezza,  livellarono  anche  i  pochi  m  sopravis- 
suti, smorzandone  l'espansione  in  o^,  di  una  mora  e  mezza  esso  pure.  Le  tre 
supposte  modulazioni  son  quindi  di  timbro  sempre  cUfaistico  e  rimpiazzano 
con  diritti  eguali  1'^  primigenio,  spettano,  cioè,  allo  stato  forte  della  radice 
0  meglio  della  forma  radicale:  questa  mantenne  allo  stato  debole  l'io  per  la 
triade  intiera,  e  veramente  per  l'a  originatore  di  essa. 

«  Il  concetto  della  difonia  o  protrazione  di  pronunzia  dell'a  nello  stato 
forte  (integro,  pieno)  d'una  radice,  che  doveva  predominare,  risponde  ali*  insi- 
stenza mentale  dei  parlanti,  che  fisicamente  si  manifesta  in  una  cadenza  più 
marcata,  come  avviene  nelle  lingue  monosillabiche  e  anche  nelle  agglutinanti. 
La  ulteriore  apofonia,  i  cui  motivi  adombrai  più  sopra  e  che,  mutatis  muiandis, 
s'appaia  per  l'effetto  dell'accentatura  ai  continuatori  romanzi  ài  e  o  latini,  è 
il  lento  prodotto  dell'istinto  differenziativo  (moto  psichico)  esplicato  in  gra- 
dazioni fono-toniche  (moto  fisico);  al  medesimo  istinto  riferisco  la  conserva- 
zione dei  pochi  casi,  ove  a^  s'era  fossilizzato  isofono.  L'ipotesi  del  Merlo, 
che  in  tanti  rispetti  armonizza  colla  mia,  è  seducente  e  benissimo  motivata; 
tuttavia,  a  tacere  di  quell'assimilazione  a  distanza  di  un  ^  e  di  un  m  sulla 
vocale  tematica  e  sulla  radicale  per  dare  e  al  verbo  ed  o  al  nome,  mi  pare 
bisogni  d'altri  chiarimenti,  sia  per  la  congettura  cardinale  circa  l'entità  e  la 
priorità  degli  esponenti  intransitivi  di  persona,  sia,  per  quella  che  pur  ne  di- 
pende circa  il  permanere  di  a  radicale  nel  verbo  appunto  intransitivo.  Essa, 
non  pertanto,  vai  meglio  della  teoria  tonica  del  Fick,  che  non  regge  alla 
stregua  dei  fatti.  Ma  tutte  e  due  ammettono  la  schietta  triade  a  e  o  nel  pro- 
tario  (non  però  autogena  per  il  Merlo)  ;  il  che  mi  sembra  mal  conciliabile 
colla  natura  e  la  vicenda  di  e/o^  coll'a  arico,  in  ispecie  indo-perso,  in  parte 
anche  col  così  detto  a  del  nord  e  con  altro  ancora. 

«  4.  Il  vocaleggio,  adunque,  delle  figure  radicali  in  istato  ipsofono  e  semi- 
ipsotono  era  g^,  ^,  «$,  in  istato  debole  (ridotto,  fognato),  cioè  ipofono  e 
semi-ipotono,  era  t)  per  le  tre  modulazioni  dell' a  originario.  Tutti  gli  ele- 
menti sinfoni  (consonanti)  poterono  precedere,  seguire  o  circuire  scempj  e 
multipli  gli  elen^enti  vocali  ora  detti,  i  soli  veramente  aiUofoni.  Ma  rispetto 


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ai  dittonghi  vocali  pieni  g^,  ^,  im,  Yv  isolato  è  una  semivocale  {subvocalis), 
un  vero  scevà  indeuropeo;  e  però  è  da  aspettarsi,  che  meno  siasi  sostenuto 
e  in  contatto  di  elementi  dotati  di  inerenza  vocalica  ne  abbia  risentito  razione 
esercitandone  più  o  meno  su  di  essi.  La  qual  reciproca  azione  fu  favorita, 
inmii^no,  e  dairaccostamento  dei  nuclei  radicali  e  dalla  combinazione  su 
indicata  delle  due  accentature,  la  musicale  e  Tenfatica. 

«  Fra  gli  elementi  sinfoni  dotati  d*  inerenza  vocalica  primeggiano  y  qw. 
I  fonofisici,  compreso  il  Sievers,  ammettono  che  l'articolazione  ìli  i  ^  u  sia 
più  consonantica  che  vocalica,  e  anche  i  Neogrammatici  hanno  ^  u  come  con- 
sonanti. E  però  supposi  (§  2  in  fine)  che  y  w  fossero  consonanti,  d'una  arti- 
colazione quale,  p.  e.,  s'ode  in  jomu  del  siculo  centrale  (quasi  yjornu  col  y 
alla  neogreca),  e  in  vwmo  (quasi  pvomo),  come  s'ode  in  qualche  regione 
italiana.  L' inerenza  o  sonanza  ài  y  w  ò  rappresentata  nel  mio  nesso  grafico 
dalle  spiranti  j  v\  \ò  quali  credo  surte  in  questa  età  o  nella  successiva  in 
particolari  situazioni,  specie  al  principio  di  alcune  radici,  appunto  da  yj  fiv 
quasi  assimilati  nei  due  elementi  o  rallentati  nell'elemento  esplosivo.  Noterò 
'y  "hv^  rilevata  per  T  u  sopralineari  l'inerenza  (a  rigore  ambilatere  nei 
sonanti:  cfr.  Pullè,  Gramm.  8cr,,  40  n.,  e  la  pronunzia  erre  enne  ecc.,  ma  vu). 
Ora  questa  si  smarriva  affatto  quando  y  w  s'univano  ai  suoni  vocali  pieni, 
ma  con  v  agiva  sovr'esso  e  assorbendovisi  lo  rideterminava  col  proprio  timbro 
in  T  w;  onde  vy  vw  (e  yv  wv)  riuscivano,  credo,  sul  finire  dell'età  agglu- 
tinativa  ad  Ty  uiv  (yl  wu).  Non  si  obietti  che  tal  processo,  se  vero,  avrebbe 
dovuto  effettuarsi  anche  con  fev-hy,  tv  e  cony,w-h^;  dacché  in  questa 
terza  fase  quei  due  sviluppi  bivocalici  avevano  raggiunto  la  profferenza  mo- 
nottonga,  o  almeno  acusticamente  vi  dominava  quasi  sola  la  vocale  piena. 

«  5.  A  questi  due  primissimi  elementi  sonanti,  y  w,  sieguono  le  due  liquide, 
r  U  verisimUmente  autogene,  benché  fra  loro  permutabili.  La  loro  sonanza, 
che  la  Fonofisica,  le  vicende  che  ebbero  in  più  linguaggi  antichi  e  moderni 
e  l'orecchio  ci  attestano,  oscilla  in  un  vocaleggio  indefinito  della  scala  i-u 
(fra  i  ed  e  per  r,  fra  w  ed  o  per  l)  ;  e  suoni  simili  ritroviamo  nei  linguaggi 
pracritici,  nelV odierna  pronunzia  dei  bramini  più  accreditati  e  nelle  equivalenze 
di  più  lingue  arie,  per  r  l  indiani.  Noto  per  ^,  fi  capovolto  sopralineare, 
questa  inerenza  promiscua  delle  due  liquide  alternanti. 

e  II  terzo  luogo  fira  gli  elementi  sonanti  tengono  le  nasali,  n  m  {n  con 
particolari  segni  diacritici  rappresenterà  la  nasale  omorganica  delle  esplosive 
assegnabili  a  questa  età  del  protario,  m  la  nasal  labiale).  Nessuna  delle 
lingue  storiche  indeuropee  ha  consenrato  le  nasali  vocaleggianti,  cioè  atte  a 
far  sillaba  da  sé  e  a  portar  l'accento.  Ciò  per  altro  é  possibile  fisicamente, 
e  alcune  lingue  moderne,  specie  della  famiglia  teutonica  e  della  slava,  che 
han  pure  r  l  vocaleggianti,  le  hanno  nella  pronunzia  effettiva,  e  l'orecchio 
ce  ne  dà  conferma.  L'inerenza  vocalica  di  questi  elementi  risonanti  nel  naso 
pare  che  s'avvicini  a  ?  brevissimo  (ad  a  per  n^  ad  6  per  m\  e  lo  segnerò, 
al  solito,  capovolto  e  sopralineare,  £. 

Bbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  1«  Sem.  53 


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«  In  quello  stato  radicale,  frattanto,  in  cui  era  l'elemento  suvvocale  o  e  in 
cui  rì^y  rfiw  per  la  speciale  energia  sonantica  Ai  y  w  s'eran  rideterminati 
in  Ty  uw^  suppongo  non  avvenuta  la  rìdeterminazione  di  i7  a  contatto  delle 
liquide  e  delle  nasali,  a  cagione  della  scarsa  sonanza  delle  prime,  più  scarga 
ancora  delle  seconde.  Penso  quindi  che,  paralleli  di  situazione  e  di  funzione 
ad  4?,  ly  uw^  vivessero,  non  importa  con  quale  effettiva  pronunzia,  le  coppie 
foniche  v^r  vH  per  le  liquide,  vtn  vìm  per  le  nasali,  e  con  v  posposto 
r^v  ni'ù  ecc.  (segnando  la  sonanza  ambilatere  avremmo  xfir^  e  ^V^o  ecc.).  — 
È  superfluo  avvertire  che  le  liquide  e  più  ancora  le  nasali  mantenevano  la 
loro  natura  consonantica  a  contatto  delle  vocali  piene,  cioè  che  la  loro  inerenza 
vocalica  si  smarriva  in  tal  contatto  anche  più  di  quella  assai  spiccata  dei 
suoni  y  w.  Un'altra  avvertenza  generale  aggiungerò  circa  le  supposte  fasi 
degl'incontri  di  suvvocale  e  sonanti,  ed  è  questa,  che  non  pretendo  né  di 
metter  fuori  concetti  in  tutto  nuovi  né  di  manifestarli  con  tutta  la  precisione 
e  cogli  esatti  schemi  grafici  d'una  dimostrazione  scientifica  :  son  pensieri  con- 
getturali indotti  dall'analisi  dei  fenomeni  vocalici  reali  negli  idiomi  indeuropei. 

«  6.  Quanto  agli  altri  elementi  sinfoni,  nulla  vieta  che  si  pensino  già 
vivi  nell'età  appositiva  quelli  che  oggi  si  pongono  nell'età  flessiva  del  pro- 
tario.  Escluderei  soltanto  le  esplosive  sorde,  o  forti,  aspirate  ;  e  suppongo  nate 
dapprima  le  sonore,  o  deboli,  per  aderenza  di  scempie  finali  colYadflatus  la- 
ringeus  lenis  (sonoro,  non  sordo),  il  nvevfia  ìptXóv,  di  vocale  iniziante  la 
cellula  successiva.  In  cambio,  p.rò,  porrei  qui  l'intacco  parassitico  delle  guttu- 
rali schiette  in  certe  contingenze,  quell'intacco  Ascoliano  onde,  ad  es.,  un  A: 
si  fece  A^  (t;  come  ù)  :  le  ulteriori  evoluzioni  palatale  e  velare  spetterebbero 
all'età  flessiva.  Ma  del  consonantismo  dirò  solo  quel  poco  che  basti  a  com- 
pletare la  teoria  e  i  miei  pensieri  sul  vocalismo, 

a  L'indole  fonica  del  protario  apponente  mi  verrebbe  a  risultare  ricca  e 
sfumata  di  colori  vocalici,  sul  fondo  dell'a  aperto  e  dell'»  fognato,  per  effetto 
della  ricorrenza  di  date  cellule  radicali  in  libero  nesso,  ma  in  funzione  più 
0  meno  fìssa,  con  proprie  intonazioni,  rilevate  ciascuna,  secondo  il  posto  e 
Tuflicio  rispettivo  nell'embrione  formale,  da  uno  scatto  orale  intensivo  della 
scala  acuto-grave  o  grave-acuta,  che  predominò  più  tardi  in  alcuni  dialetti 
del  protario.  Ogni  nucleo  aveva  quindi  il  suo  vocaleggio  variamente  cadenzato 
ed  espirato  :  nessun  dilegno  ancoi-a  e  nessuna  vera  atonia.  Quanto  all'  indole 
grammaticale,  suppongo  specializzati  ed  esuberanti  i  rami  della  derivazione 
e  flessione  ormai  sbocciate,  men  copioso,  forse,  che  nel  passato,  il  tesoro  delle 
radici.  E  se  ponessimo  in  questa  età  la  prima  disgregazione  degli  Àrj  ?  Oggi 
par  che  vada  prevalendo  la  credenza  che  sia  stata  in  Europa,  non  nell'Asia, 
la  lor  sede  primitiva,  quella  insomma  in  cui  la  gente  e  la  favella  sì  costi- 
tuirono nell'unità  caratteristica  lor  propria.  GV  Indo-erani  allora  si  sarebbero 
pei  primi  avanzati  a  sud-est  per  compiere  la  prima  migrazione  nell'Asia;  e 
cosi  spiegheremmo  certi  aì^caismi  del  loro  sistema  di  suoni  e  di  forme. 
Successive  separazioni  parrebbero,  sempre  in  quanto  a  vocalismo,  quelle  dei 


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Balto-slavi,  dei  Teutoni  e  dei  Celti  (?)  ;  poi  degli  Armeni  e  le  altre,  quando 
la  tema  alfaistica  s'era  vie  più  inoltrata  (nelVetà  flessiva?)  verso  i  suoni  a  e  o 
appunto  in  Armenia  e  nell'Europa  meridionale.  In  breve  molti  problemi  fo- 
netici, tonici  e  grammaticali,  tacendo  degli  etnici,  s'avvierebbero  a  più  pro- 
babili soluzioni,  pare  a  me,  se  riferissimo  all'età  agglutinante  la  prima  scissione 
idiomatica  dell'unità  protaria.  Ma  questa,  più  che  ipotesi,  è  arditezza  ;  e  poiché 
ne  basta  un  saggio  per  volta,  torno  a  quello  che  vado  mostrando. 

7.  Astrazion  fatta,  pertanto,  dalle  idee  accennate  da  ultimo,  riprendo 
quelle  che  mi  condussero  a  immaginare  la  storia  fonetica  già  sbozzata  e  i 
suoi  effetti  nell'età  della  flessione.  Questa  ci  si  mostra  come  un'agglutinazione  o 
composizione  perfetta  delle  cellule  radicali,  già  disposte  e  differenziate  per 
grado  fonotonico  e  per  funzione  negli  avvicinamenti  appositivi.  I  prototipi 
formàU  passano  dai  liberi  legami  alle  saldature  delle  parti  in  un  tutto,  e  si 
fissa  per  sempre  l'organismo  della  parola  indeuropea.  Non  descriverò  questo 
organismo  notissimo  ;  rilevo  soltanto,  che  la  coalescenza  di  radici  dominanti, 
latrici  del  significato,  con  radicele  servili  (atte  però  a  dominare  alla  lor  volta), 
latrici  della  forma  (suffissi  morfici  e  disiaci),  produsse,  a  mio  avviso,  due 
fatti  caratteristici  strettamente  connessi  :  1)  prevalenza  dell'accento  espiratorio 
sul  musicale,  vivi  entrambi,  ma  di  efficacia  inversa  a  quella  dell'età  appo- 
sitiya;  2)  attrito  della  materia  fonica,  in  ispecie  della  vocalica  (riduzioni, 
assorbimenti,  dilegui),  nell'amalgama  formale  avente  una  cellula  sola  chirio- 
tona,  su  cui  cadeva,  cioè,  \ictus  principale  che  dava  unità  alla  parola.  L'in- 
tonazione (il  vero  accentus,  ngoCfiìSia)  la  immagino  anch'io  più  nella  frase 
che  nella  parola  a  so;  tuttavia,  badando  sopratutto  all' indo-greco,  conviene 
ammettere  che  perdurasse  nella  sillaba  con  o  senza  ictus.  L'energia  di  pro- 
nunzia, onde  il  suono  vocalico  s'alza  o  s'abbassa,  ha  numerose  gradazioni, 
le  quali  toccano  ogni  sillaba;  e  difatto  anche  le  atone  (pausiione)  non  sono 
tali  che  di  nome  ;  se  non  si  tien  conto  che  di  2  o  8  più  marcate,  e  scritte 
e  avrertite  nelle  lingue  arie,  ciò  non  importa  che  nel  protario  sieno  state  le 
sole  0  le  sole  influenti.  L'antica  spezzatura  dell'età  appositiva  traspare  ancora 
in  certe  dissoluzioni  formali  e  in  qualche  duplicità  tonica  di  parole  inflesse, 
p.  e.  nel  vedico.  E  la  parola  inflessa,  che  sentiamo  come  un  tutt'uno,  fu 
sentita  quando  nacque  come  untone  di  parti,  sì  che,  in  ispecie,  nell'aggre- 
gato bimembre  o  plurimembre  avessero  proprio  risalto  fonotonico  la  parte  ra- 
dicale e  la  parte  formale.  L'azione  combinata  delle  due  accentuazioni  con 
prevalenza  dell'espiratoria  nella  parola  a  sé  spiega,  mi  pare,  colle  altre  con- 
cause certe  fusioni  vocaliche  suscettibili  di  varia  quantità  e  in  parte  le  per- 
mute graduative  (metafonie)  e  certi  fenomeni  degli  elementi  sonanti  molto 
diversi  da  lingua  a  lingua.  Poiché  le  lingue  arie,  qualunque  sia  l'età  del  loro 
primo  distacco,  non  lo  compirono  tutte  ad  una  volta  e  in  un  tempo  solo; 
e  perciò,  a  tacere  di  varietà  dialettali  già  iniziate  verìsimilmente  nell'età  uni- 
taria, tutte  insieme  talvolta,  ed  or  l'una,  or  l'altra,  mostrano  curiosi  innesti 
di  vecchio  e  nuovo,  reliquie  fossili  di  tempi  anteriori,  rifacimenti  analogici 


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e  livellazioni  d'ogni  natura.  Tenendo  presenti  tali  concetti,  abbozzo  i  linea- 
menti deirevoluzione  vocalistica  protaria  nello  stadio  finale  della  flessione. 

«  8.  Accennai  esplicitamente  in  fine  del  §  4  e  or  ora  allusi  alle  risul- 
tanze che  ebbero,  nella  mia  ipotesi,  tra  il  chiudersi  dell'età  apponente  e 
l'aprirsi  della  inflettente  gli  sviluppi  bivocalici,  isofono  e  allofoni,  che  notai 
(f^,  <m,  V0.  Penso  infatti  che  il  suono  aperto  abbia  assorbito  o  assimilato 
a  sé  quello  fuggevole  e  fognato,  onde  sien  nati  tre  monottonghì  di  quantità 
ancipite,  che  segno  a  ce  iè,  proprj  naturalmente  in  origine  solo  della  forma 
radicale  integra  o  forte.  Come,  dove  e  perchè  siffatte  vocali  ormai  semplici 
poterono  continuarsi  nelle  lingue  uscite  dal  protario,  or  come  lunghe  a  ce  cd^ 
or  come  brevi  a  ^  co?  Diflìcile  quistione,  che  non  presumo  risolvere.  Intanto 
si  dee  tener  conto  di  due  cose  :  che,  anzitutto,  nessuna  delle  lingue  arie  ci 
ha  tramandato  intiero  il  patrimonio  delle  sue  parole  quotidiane,  e  che,  in 
secondo  luogo,  ogni  linguaggio  suole  generalizzare  e  disciplinare  giusta  il 
proprio  carattere  i  nuovi  atteggiamenti  dei  suoni  e  le  varianti  di  grammatica 
0  di  lessico  che  ne  risultano.  A  darci  qualche  ragione  del  come  nel  sistema 
delle  forme  reali  apparisca,  o  la  vocale  lunga,  o  la  breve,  o  entrambe  a  vi- 
cenda, può  aiutarci  la  qualità  e  quantità  deiraccento  originario,  sia  della 
sillaba  che  le  contiene,  sia  delle  sillabe  contigue,  poi  il  tipo  flessionale  delle 
forme  rispettive,  e  da  ultimo  anche  la  situazione  di  dette  forme  nei  composti 
e  nella  frase  (allotropi,  doppioni  sintattici,  decomposti  ecc.).  Per  ciò  che  ri- 
guarda l'accento,  è  lecito  pensare  che  le  ancipiti  fossero  egualmente  ortotone, 
ma  che  nel  valore  protratto  si  sentissero  macrotone  o  perispomene,  nel  valore 
rattratto  acrotone  o  propriamente  ossitene  :  non  turbandosi  l'unità  tonica  della 
radice  forte  né  il  trigradismo  dell'accento  espiratorio  colla  duplicità  estesa  o 
scattante  deU'^V^to,  come  non  si  turba  il  trisillabismo  greco  colle  omonime 
qualità  del  xvqioq  róvog.  Certo  la  determinazione  in  sedi  flsse  d'una  delle 
due  movenze  fonotoniche  era  funzionale  o  semantica  per  eredità  dell'evo  an- 
teriore, ma  nel  sistematismo  dell*evo  flessivo  fu  probabilmente  sorretta  da  motivi 
diversi  e  concorrenti,  quali  l'espansione  analogica  di  prototipi  formali,  l'azione 
meccanica  di  suoni  attigui,  Tequilibrio  sillabico,  e, perchè  no? -anche  il  so- 
vraccarico materiale  degli  esponenti  flessivi,  delle  sillabe  reduplicanti  e  dei 
primi  membri  di  composizione.  Le  antichissime  fusioni  vocaliche  tra  una  finale 
tematica  e  una  iniziale  derivativo-flessiva^  e  viceversa,  e  le  dislocazioni 
od  anastrofi  anche  antichissime  dell'originaria  accentuazione  finirono  di  sviare 
il  già  sconvolto  ordinamento  delle  lunghe  e  delle  brevi  nate  da  a  S  £. 

«  Con  queste  modulazioni  ancipiti  di  a  credo  sian  da  riferirsi  quelle 
astrazioni  o  estrazioni  che  si  chiamano  radici  protarie,  basandosi  naturalmente 
per  la  fissazione  d'una  delle  tre  sul  vocali&mo  reale  delle  lingue  che  poi  le 
distinsero  nettamente,  massime  se  quelle  che  non  le  distinsero,  almeno  nella 
scrittura,  presentano  affezioni  consonantiche  e  altri  indizj  di  omofonia  origi- 
naria. In  casi  dubbj  basterà  notare  1  per  lo  stato  forte,  y  per  il  debole. 
E  s'intende  che  questo  vocalismo  e  i  segni  con  cui  lo  rappresento  convengono, 


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nella  mia  congettura,  anche  alle  radicele  che  servirono  ai  processi  di  deriva- 
zione e  di  flessione  ;  ma  tutti  consentono  che  quivi  più  che  nelle  radici  car- 
dini si  alterarono  ab  antico  le  condizioni  e  le  veci  del  vocalismo  primitivo. 
Queste  veci,  sopratutto,  o  metafonie  delle  sillabe  desinenziali  e  predesinen- 
ziali, eccetto  quelle  di  a/ a  nel  nome  fenmiinile  e  di  o/e  nel  maschile,  in 
parecchi  sufBssi  derivativi  e  nel  verbo  di  flessione  detta  tematica,  sono  ancora 
le  più  difficili  a  spiegare  e  ricomporre.  Credo  anch'io  che  per  intendere  il 
vocalismo  predesinenziale  bisogni  partire  in  molti  casi  da  forme  radicali  bi- 
sillabe, da  temi  già  fatti  con  particolari  suffissi  uscenti  in  oje  ecc.  o  in  2?  pro- 
teiforme, onde  sien  venute  nella  coscienza  e  nella  sistemazione  formale  dei 
parlanti  non  poche  di  quelle  radici  mutilate,  che  TAscoli  ben  disse  lessicali 
e  altri  già  vollero  provviste  di  suoni  determinanti.  Né  dubito  che  quelle 
pseudo-radici  fossero  di  valore  indifferente  tra  verbo  e  nome  più  ancora  delle 
semplici  ;  ma  il  colore  assunto  dalla  vocale  propriamente  radicale  nel  fissarsi 
del  bisillabo  nell'una  0  nell'altra  cat^oria  non  pare  dipenda  dalla  vocal  te- 
matica immediatamente.  Nell'ipotesi  del  Merlo  ne  dipenderebbe  mediata- 
mente per  effetto  dell'accennata  assimilazione  coU'o  innanzi  m  casuale  nel 
nome,  coll'2  desinenziale  di  mi  si  ti  ecc.  nel  verbo  attivo.  Se  l'è  finale  delle 
desinenze  medie  non  ebbe  influenza,  dovrenmio  aspettarci  karatai,  se  l'ebbe 
a  produrre  karetai,  mi  pare  che  questo  difficilmente  sarebbesi  sottratto  alla 
livellazione  con  kereti;  e  l'un  tipo  0  l'altro  doveva  nel  vocalismo,  almen 
radicale,  malgrado  le  altre  influenze  notate  dall'autore,  prevalere  e  vincere. 
Propendo,  ciò  non  ostante,  a  convenire  che  il  colore  0  siasi  flssato  particolar- 
mente nel  nome,  quello  e  più  specialmente  nel  verbo  attivo  ;  e  sembra  anche 
a  me  che  le  deviazioni  del  vocalismo  radicale  in  certi  temi  nominali  sien 
da  riferirsi  a  peculiari  attinenze  col  verbo,  e  del  pari  che  Vo  radicale  nel 
verbo  sia  un  intruso  variamente  penetratovi,  0  col  nome  stesso,  0  nella  sua 
parvenza.  (L'ingegnosa  spiegazione  Merliana  del  perfetto  singolare  attivo 
con  0  mi  convince  meno  ;  ma  la  parvenza  del  nome  nel  perfetto  fu  più  volte 
notata,  benché  talora  vi  si  sieno  viste  invertite  le  parti). 

«  Nella  mia  gradazione  alfaistica  e  colla  supposta  natura  ancipite  delle 
vocali  nello  stato  forte  della  radice  non  resta  a  dire,  quanto  alla  fissazione 
prosodiaca  di  dette  vocali  e  alle  loro  permute  negli  accidenti  flessionaU,  se 
non  questo  poco.  I  lessicografi  indiani  e  i  glottologi  odierni  variano  nell'attri- 
buire  a  molte  radici,  specie  in  vocale  uscente-iniziante,  la  lunga  0  la  breve:  ed 
io  pongo  per  tutte  la  vocale  ancipite,  quale  mi  risulta  dai  supposti  dittonghi 
anteriori.  La  successiva  determinazione  non  riguarda  più  le  radici,  ma  le  forme, 
ove  fu  prodotta  da  più  concorrenze  già  sopra  accennate;  alcune  delle  quali 
operarono  eziandio  sulla  determinazione  del  colorito  :  ambo  le  determinazioni 
quantitativa  e  qualitativa  erano,  giova  ripeterlo,  eredità  dell'età  anteriore  più 
0  meno  cosciente  per  gli  Aij  dell'età  flessionale.  Stabilire  basi  radicali  con 
una  delle  6  vocali  piene  come  nativa  é  una  semplice  constatazione,  spesso 
soggettiva,  dell'ultimo  termine  a  cui  sembrano  risalire  le  analisi  del  materiale 


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conservatosi  nelle  diverse  lingue  indeuropee.  Ma  queste  stesse  analisi,  fatte 
da  altre  mani,  o  riducono  le  serie  da  6  a  4,  o  spostano  qualità  e  quantità 
vocaliche,  o  ritentano  una  via  allunila  :  e  di  fronte  al  vocalismo  mobile  endo- 
geno e  metafonico  delle  forme  radicali  nella  parola,  fenno  vedere  che  poche 
e  spesso  di  vocalismo  irrigidito  sono  le  basi,  ove  la  vocale  lunga  faccia 
serie  da  sé,  che  la  serie  di  5,  o  si  riattacca  a  quella  di  a  (V  f  scr.  per  a  avrà 
ragioni  proprie,  ma  sempre  rappresenta  o,  ovvero  lo  stato  ridotto  deUa  radice), 
0  può  spiegarsi  con  passaggi  da  un  tipo  temporale  ad  un  altro  e  con  motivi 
estrinseci  (merlo),  e  che  i  pochi  casi,  ove  le  due  serie  mostrano  metafonie 
con  0  0 ,  permettono  altre  spiegazioni  e  in  specie  Teguagliamento  fonico  cal- 
cato per  analogia  sui  prodotti  similari  della  serie  più  generalizzata,  che  è 
quella  dell'?  colla  metafonia  dell'?  (una  serie  indipendente  in  o,  non  con- 
nessa con  quella  in  ó,  fu  fondata  sopra  pochi  esempj,  speciali,  in  genere,  e 
mal  sicuri).  Mi  pare  quindi  che,  già  prevenuti  di  non  poter  trovare  tutto  in 
regola  nella  quantità  e  qualità  vocaliche  che  ci  mostrano  le  lingue  arie,  pos- 
siamo muovere  da  basi  radicali,  in  cui  già  nell'età  flessiva  il  protario  avesse 
le  modulazioni  a  S  co  atte  a  graduarsi,  nello  stato  forte,  sia  per  a  ^  ^,  sia 
per  a  ce  co.L'ar=qa  bivocale  isofono  dovea  resistere  come  a;  ma  gli  apofoni 
(devocales)  di  qa,  cioè  ce  [»]  ed  [»]<«?,  veri  gemelli  differenziati  dalla  posi- 
zione dell'i?  e  proclivi  ad  abbreviarsi  espungendolo,  non  solo  divennero  come 
brevi  il  vocalismo  alterno  dominante,  ma  poterono,  con  altre  spinte  (azione 
di  yw  ecc.),  violentare  la  ingenita  resistenza  di  a. 

«  9.  Nello  stato  debole  della  base  radicale  l'unico  v  rappresentava  anche 
in  questa  età  le  tre  (o  le  sei)  modulazioni  piene  di  a.  Per  effetto  dell'accento 
trigrado  più  efBcace  e  della  correlativa  equivalenza  fonica  nella  compire 
della  forma  inflessa,  la  suwocale,  o  rimase,  o  s'estinse.  Indi  la  base  radicale 
che  la  conteneva  appare  nelle  lingue  indeuropee,  o  con  particolare  vocaleggio 
rideterminato  a  seconda  delle  rispettive  idiofonie,  o  sincopata,  se  per  varie 
azioni  la  sincope  non  ebbe  disguidi.  Il  vocaleggio  di  v  rìdeterminato  dai 
suoni  ond'è  vicario  riappare,  insiem  col  mero  assottigliamento  in  i  e  col  re- 
stauro generico  in  a,  in  tutte  quelle  contingenze  in  cui  Yn  sembra  od  è  irra- 
zionale (protesi,  svarabakti)  ed  ove  smarrisce  quasi  il  senso  della  connes- 
sione formale  (in  sillabe  reduplicanti  non  perfettali,  mediano  in  derivati,  in 
composti,  in  flessioni  tematiche,  e  forse  finale  in  certi  esponenti).  Il  doppio 
esito  suindicato  riguarda  Yv  in  contatto  con  elementi  sinfoni,  esclusi  i  sonanti, 
e  permette  di  suddividere  lo  stato  debole  della  base  radicale,  che  rispetto 
al  forte  è  subaccentato  {ipotono)  in  due  forme,  la  vera  debole  {paratona, 
munita  d'accento  secondario)  e  la  debolissima  {pausitona  od  atona).  Se  si 
vogliono  tener  distinte  le  due  forme,  la  lunga  e  la  breve,  dello  stato  forte 
{ipsotono\  si  raggiungono  i  4  stati  dei  Neogrammatici.  A  dire  intiero  il  mio 
pensiero,  io  inmiagino  che  la  suwocale,  perdendo  il  coaccento,  divennisse  eva- 
nescente, mera  eco  vocalica;  e  vorrei  dirla  advocalis,  o  nonvocalis,  e  no- 
tarla ^ ,  cioè  ti  sopralineare  ;  il  che  varrà  quanto  lo  zero,  0,  del  Manuale  del 


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Bruomann.  Ammessi  tal  concetto  e  tal  segno  si  potrebbe,  come  accennai, 
rìcondmre  la  terna  a  ce  €b  ni  etesii  vw^  e  la  tema  acècèt^iace^  ^0. 

«  Ho  messo  a  parte  i  contatti  di  v  (e  '')  cogli  elementi  sonanti,  come 
richiede  la  loro  natura  e  il  prodotto  a  cui  eran  giunti,  secondo  la  mia  ipo- 
tesi, nell'età  appositiva.  Il  prodotto  ^  v -h y  w  {y  w -h v)  einly  uw  (yT tt>5), 
giusta  il  §  4;  e  però  a  quello  dovean  ridursi  nello  stato  debole  le  unioni  ditton- 
gali ay  aw,  cèy  cèw,  cby  oòw  (e  di  regola  anche  le  sillabe  inverse  ya  wa  ecc.) 
delle  basi  radicali  di  stato  forte.  Nell'età  flessiva  quei  due  prodotti  si  so- 
stennero innanzi  vocali  (e  sonanti?),  ma  con  altri  elementi  si  ridussero  per 
graduale  stemperamento  Ai  y  w  consonanti  ad  TT   uUj  onde  J  u  paratoni, 

I  u  {*y  'w,  vocali  0  spiranti)  pausitoni.  La  vocalizzazione  si  estese  poi 
variamente  ai  dittonghi  della  radice  sana,  e  nelle  singole  lingue  arie  subì 
speciali  vicende  in  relazione  colle  altre  qualità  di  y  2<;  ;  che  per  le  fasi  anzi- 
dette e  l'ufficio  loro  nell'età  flessiva  chiamo  convocales,  essendosi  ridotta  a 
pochi  avanzi  (più  visibili  per  y  che  per  w)  la  qualità  consonantica  e  intrec- 
ciandosi troppo  colla  vocalica  la  qualità  fricativa.  A  siffatto  stemperamento 
si  dovrà,  in  parte  e  in  singole  lingue,  il  predominio,  0  l'abbreviazione,  innanzi 
consonanti  di  ay  cèw  ecc.  contro  ay  cew  ecc. 

«  10.  I  prodotti  di  oH-r  /,+«  w  nell'età  appositiva  erano,  per  limitarci 
a  questa  sola  posizione  dei  termini,  ©«'r  o»/,  vtn  vSm  (v.  §  6).  Avvertii 
che  non  so  dir  nulla  di  preciso  circa  la  pronunzia  né  presumo  coi  detti  schemi 
grafici  di  far  della  scienza  esatta.  Quei  prodotti  li  esige  la  teoria  e  la  vio- 
lenza del  sistema.  Nell'età  flessiva  suppongo  che  t?,  mantenendosi  suvvocale 
e  paratona,  siasi  conquista  coli'  inerenza  liquida  e  nasale  e  il  vocal^gio  misto 
indistinto  abbia  avuto  una  quantità  protratta,  suscettibile  a  sentirsi  maggiore 
d'una  mora:  e  segnerò  in  mancanza  di  meglio  vr  vi,  vn  tm.  Se  lo  stato 
debole  scendeva  alla  vocale  pausitona,  venivano  ^r^lj^n^m  (né  m'opporrei 
a  notar  qui  e  nei  prodotti  suvvocalici  con  nasali  un  anusvara  0  una  tilde,  se 
tanti  segni  non  dessero  impaccio).  Il  suono  indistinto  si  rivocal^;giò  (  r  l  ri- 
masero, in  apparenza,  vocali  nel  scr.)  nelle  singole  lingue  arie,  0  sul  timbro 
delle  inerenze,  0  su  quello  generico  dell'a;  e  forse  il  tempo  semi-ancipite,  che 
per  solito  si  risolve  in  breve  e  coincide  (eccetto  il  nasale  nell'indo-greco) 
col  brevissimo  dell'atonia  0  pausitonia  (rinismo  obliterato  nell'indo-greco), 
lasciò  qualche  avanzo,  come  logoditropo,  nelle  liquide  e  nasali  sonanti  lunghe. 

II  parallelismo  formale  con  ?  i^,  7  2  spiega  molti  fatti;  come  quello  fisico, 
calcolando  la  resistenza  maggiore  nelle  liquide,  minore  nelle  nasali  a  stem- 
prarsi, eovL  y  w  aiuta  a  chiarire  il  formale  e  la  scarsezza  di  nessi  ar  al, 
oèn  cDm  ecc.  nelle  basi  radicali  di  stato  forte.  Questi  ricompariscono  nello 
stato  debole  come  sonanti  lunghe,  ancora  molto  misteriose,  ma  spesso  tra- 
sposti nei  termini.  Senza  ricorrere  qui  e  anche  nei  prodotti  brevi  alla  metatesi, 
che  pure  é  naturale  coi  suoni  liquidi,  serve  a  capacitarci  l'inerenza  ambi- 
latere  degli  elementi  sonanti  o,  date  sillabe  rv  nv  ecc.  che  si  risolvano  come 
le  inverse,  la  meccanica  ripercussione  della  vocal  fognata  dalla  fine  al  principio 


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della  sillaba  (quasi  (o)rt?,  onde  vr  {ri)  ecc.  a  mo'  dellTr^zendico  =  r  scr.). 
In  tali  fenomeni  e  negli  sviluppi  di  sonanti  vocaleggiate  innanzi  sonanti  y*è 
ancora  troppa  incertezza:  certo  è  che  spesso  lo  stato  ipotono  s*è  reso  indi- 
pendente e  però  s*è  rinsanguato  nelle  diverse  lingue  arie  diversamente,  e  che 
alcune  crisi  fonetiche  dovute  all'j?  policromo  nativo  e  anaptittico  e  altre  anche 
più  speciali  (escogitate,  p.  e.,  dai  Pratigakhya  vedici)  hanno  alterato  la 
fisionomia  primitiva  del  sonantismo  protario. 

tt  II  concetto  e  la  notazione  grafica  che  io  adotto  rispondono  alle  pre- 
messe della  congettura;  ma  non  guasta  nulla  l'adottare  i  segni  rf  nn  ecc., 
purché  la  species  non  distrugga  la  substantza,  cioè  l'illusione  ottica  non 
travii  la  percezione  acustica.  Un  lieve  ed  incoloro  vocaleggio  s'afferra  anche 
nelle  profferenze  tedesche,  slave  ecc.  di  quei  suoni  :  io  lo  noto  con  segni  vo- 
calici, altri  con  im  piccolo  punto  o  cerchiello  o  lineetta  sotto  i  segni  delle 
liquide  e  nasali.  Anche  ammesso  che  in  dati  intrecci  fraseologici  e  nella  pro- 
nunzia comune  di  lingue  nordiche  odierne,  le  sonanti  non  sien  fantasmi  fonici, 
ma  vere  sillabe  accentate  o  vocali  accentuabili,  ciò  non  autorizza  a  porle 
senz'altro  come  fonemi  così  frequenti  nel  protario;  il  quale,  tutto  sommato, 
parrebbe  nel  fonetismo  generale  aver  ritratto  assai  più  l' indole  delle  lingue 
meridionali,  della  greca  p.  e.,  che  delle  settentrionali  d'Europa. 

«  Quanto  al  consonantismo  del  protario  flessivo  mi  limito  a  dichiarare 
che  mi  pare  accettabile  lo  schema  del  Brugmann^  La  lista  dei  sinfoni  so- 
nanti comprende  le  varietà  nasali  svoltesi  a  contatto  delle  varietà  esplosive  ; 
ma  non  vi  porrei  y  tv  (i  u),  che  come  sinfoni  esplosivi  non  hanno  conti- 
nuità propria  e  certa  nelle  lingue  arie,  come  convocali  danno  prodotti  auto- 
fonì,  come  sinfoni  spiranti  (j  v\  o  risultano,  o  variamente  alternano  colle 
qualità  anzidette.  Epperò  ài  j  v  ^  delle  sibilanti  s  z^  che  fisicamente  e  sto- 
ricamente mostrano  una  natura  semi-sonantica  (Sievers  cita  nella  Fonofisica 
ess.  tedeschi  e  inglesi  con  sib.  vocaleggiate,  e  un'inerenza  i  è  fatta  valere  da  più 
linguisti  in  più  lingue),  farei  una  sotto-classe  (subsonantes).  Gli  elementi  muti, 
occlusivi,  esplosivi  con  e  senza  implosione,  o  come  altramente  s'abbiano  a  chia- 
mare, sono  sinfoni  o  consonanti  per  eccellenza,  il  profferimento  dei  quali  non 
è  possibile  se  non  aderiscono  a  un  vocaleggio  (indi  adsonantes  o  nonsonantes). 
La  precedenza  ha  le  sue  ragioni  :  pongo  poi  anche  le  schiette  gutturali  o  faucali, 
e  penso,  come  accennai  al  §  6,  che  in  questa  età  flessiva  le  gutturali  intac- 
cate dsL  il  {v  greco)  siansi  spartite,  secondo  il  colorito  i  od  u  preso  da  quel- 
l'appoggiatura, in  gutturali  anteriori  o  palatali  e  in  gutt.  posteriori  o  velari. 
È  la  dottrina  del  nostro  Ascoli,  il  cui  concetto  e  sviluppo  conseguenziale 
dominano  ancora  sovrani.  Ammettere  la  serie  distinta  delle  gutt.  pure  mi 
sembra  una  necessità  per  chi  badi  alle  vicende  del  complessivo  gutturalismo 
nelle  varie  lingue  indeuropee  e  al  fatto  che  esse  vi  esistono  :  ciò  è  implicito 
nelle  teorie  dei  ritomi  o  risanamenti,  non  essendovi  ritorni  a  ciò  che  più 
non  è,  né  risanamenti  di  quanto  è  morto.  L' influenza  dei  suoni,  specie  voca- 
lici, attigui  sull'articolazione  delle  3  varietà  è  incontestabile;  ma  non  entro 


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nella  quistione.  —  Usa  seconda  aggiunta  al  consonantismo  delVetà  anteriore 
è  un  pò*  disputabile  :  alludo  alle  aspirate  forti  (sorde),  non  frequenti  come 
eredità  nelle  lingue  arie  e  mal  ferme  anche  in  quelle  che  n*  han  più,  per  ciò 
che  è  della  continuazione  e  legittimità  storica.  Tuttavia  il  scr.,  che  cogli 
invertimenti  ài  s  h  (per  sé  sonoro)  descritti  dall'AscoLi  e  col  suo  visarga 
(A  sordo)  richiama  un  antichissimo  ad/latus  laringeus  asper  {nvsviia  da(si\ 
consiglia,  non  a  porre  indipendente  un  h  protario,  ma  a  supporre  che  per 
analogia  fonetica  colle  aspirate  deboli  (sonore)  si  fossero  prodotte  le  asp.  forti 
almeno  in  qualche  varietà  dialettale,  in  qualche  clan  degli  Arj.  —  E  a  simili 
varietà  saranno  da  ricondursi,  se  han  consistenza  o  non  entrano  fra  le  affe- 
zioni idiosincratiche,  certi  suoni  scempj  o  complessi  che  vanno  evocando  alcuni 
recentissimi,  ad  es.  f  e?  interdentalì  {cf  per  kt\  jh  {éyci  =  ahdm),  sh,  sh 
e  via  dicendo.  E  nell'individualismo  etnoglottico  saranno,  credo,  alcuni  dei 
motivi  per  cui  vennero  di  buon'ora  molti  spostamenti  accentuali,  che  con- 
corsero a  dare  un  abito  tanto  vario,  benché  della  stessa  stoffa,  alle  singole 
lingue  derivate  dalla  protaria. 

«  E  qui  finisce  il  mio  cenno  congetturale,  arido  e  conciso  più  del  con- 
veniente, ma  adatto,  spero,-  al  suo  scopo,  che  è  di  comunicare  ai  compagni 
di  studio  la  teoria  vocalica,  che  avevo  in  mente  scrivendo  nel  79  e  80  la 
Glottologia  e  i  Neogrammatici  (Napoli  1881,  vedi  le  pagg.  70-71)  e  nell'  81 
la  prefazione  alle  Note  glottologiche^  I  (Palermo  1882;  vedi  p.  XIII),  e 
che  dimostrata  ed  esemplata  nel  corso  fonistorico  di  quest'anno  potrà,  in- 
contrando adesioni,  ricomparire,  non  in  ischeletro,  ma  in  carne  e  sangue  a  suo 
tempo.  Vedo  io  pel  primo  i  lati  deboli  e  qualche  deduzione  dall'aria  artifi- 
ciosa 0  vacillante,  così  nella  congettura,  come  negli  sviluppi,  e  capisco  che 
per  certe  somiglianze  con  altre  teorie  non  tutti  mi  crederanno  sulla  parola. 
Circa  il  primo  punto  non  posso  dir  che  questo:  ho  studiato  la  letteratura 
glottologica  contemporanea  e  non  sono  riuscito  a  far  mie  tutte  le  opinioni 
che  sembrano  prevalere  ;  e  però,  fidando  nella  cortesia  dei  colleghi  di  studio 
e  di  scuola  per  non  venire  imbrancato  fra  gì'  ingegni  solitarj,  metto  innanzi 
un  modesto  contributo  ad  una  quistione  aperta,  e  non  presumo  di  scioglierla. 
Quanto  al  secondo  punto  potrei  appellarmi  ai  miei  scolari  di  un  intiero  de- 
cennio :  preferisco  però  che  ciascuno  giudichi  a  sua  posta.  Aggiungerò  soltanto, 
per  chiudere,  che  l'esitanza  e  il  silenzio  s'erano  imposti  ai  cultori  della  glotto- 
logia in  Italia  per  rs^ioni  ben  note  ;  rimesso  tutto  a  suo  posto  e  tornata  la 
concordia  da  me  augurata,  riprendiamo  il  coraggio  e  la  parola. 

Avvertenza.  —  Un  quadro  dei  moni  protariani  qui  annesso  riassume 
alla  meglio  le  cose  esposte.  La  nomenclatura  di  mia  invenzione  è  barbara, 
ma  non  è  elegante  nessuna  terminologia  e  tanto  meno  quella  degli  scritti 
glottologici.  Ho  voluto  renderla  paesana  :  la  buona  intenzione  mi  sia  di  scusa  ! 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1»  Sem.  54 


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—  419  —     • 

Fisiologia.  —  Applicanoni  del  verde  metile  per  conoscere  la 
reazione  chimica  e  la  morte  delle  cellule.  Nota  IX.  del  Socio  A.  Mosso. 

B  Fu  Heidenhain  che  ebbe  il  primo  Tidea  di  servirsi  delle  sostanze 
coloranti  per  studiare  le  funzioni  delle  cellule  {})  e  sono  note  le  sue  celebri 
esperienze  col  solfo  indigotato  di  soda.  Cortes  (^)  trovò  che  i  corpuscoli 
bianchi  del  sangue  della  rana  lasciati  per  24  ore  in  una  camera  umida  si 
coloriscono  leggermente  colla  cjanina,  quantunque  presentino  ancota  dei  mo- 
vimenti ameboidi.  Brandt  {})  sì  servì  deirematossilina  per  studiare  gli  in- 
fusori; ed  avendo  osservato  che  nei  vacuoli  delle  amebe  il  colore  violetto 
dell' ematossilina  cambia  in  bruno,  conchiuse  che  i  vacuoli  sono  mi  organo 
di  escrezione,  e  che  contengono  una  sostanza  acida. 

«  Pfeffer  pubblicò  recentemente  un  lavoro  assai  pregevole  intomo  al- 
Yassorbimento  dei  colori  di  anilina  nelle  cellule  viventi  (^).  Sono  ricerche 
fatte  sulle  piante,  che  hanno  un  grande  interesse  per  la  biologia  cellulare. 
Pfeffer  vide  che  il  protoplasma  finché  è  vivo  non  si  lascia  colorire  dal  bleu 
di  metilene,  mentre  che  invece  si  tinge  colla  più  grande  facilità  appena  si 
altera  e  muore.  La  colorazione  delle  cellule  vive  succede  più  facilmente,  col 
violetto  metile,  ma  Pfeffer  fa  notare  che  il  violetto  metile  è  una  sostanza  molto 
velenosa  e  che  bisogna  essere  cauti  nel  conchiudere.  La  colorazione  del  nu- 
cleo che  succede  dopo  pochi  minuti,  quando  si  fa  agire  una  soluzione  del 
0,0003  per  cento  o  anche  solo  del  0,0001  per  cento,  sarebbe  già  dovuta,  se- 
condo Pfeffer,  ad  un*alterazione  delle  cellule. 

«  In  nessun  caso  col  violetto  metile  egli  trovò  una  colorazione  del  pro- 
toplasma, 0  del  nucleo,  durante  la  vita  ;  e  i  punti  che  nelle  piante  si  lasciano 
colorare  meno  facilmente,  sono  quelli  dove  sono  più  numerose  le  cellule  giovani. 

•  Ehrlich  fece  alcuni  lavori  assai  interessanti  in  questo  riguardo.  Nel 
suo  scritto  intorno  alla  reazione  della  sostanza  nervosa  vìvente  col  bleu  di 
metilene  (^)  egli  fa  notare  che  la  reazione  alcalina  e  la  saturazione  coli' os- 
sigeno sono  due  condizioni  indispensabili  perchè  succeda  la  colorazione  az- 
zurra dei  nervi. 

«  La  reazione  chimica  delle  cellule  si  può  conoscere  con  varii  colorì  di 
anilina:  quello  che  mi  diede  i  migliori  risultati  è  il  verde  metile  (^). 


(0  R.  Heidenhain,  Pflflger's  Archiv  1874,  Bd.  9,  p.  1. 
(*)  A.  Certes,  Comptes  rendns  1881,  voi.  92,  p.  424. 
(»)  K.  Brandt,  Biolog.  Centralblatt,  1881,  p.  202. 

(*)  W.  Pfeffer,  Untersnchungen  ans  dem  botan.  Institnt  in  Tfibingen,  Bd.  Il,  p.  179. 
(5)  Ehrlich,  Deutach.  med.  VTochenschrift  1886,  N.  4. 

(*)  n  verde  metile  che  adoperai  in  queste  ricerche  mi  era  stato  provveduto  dal   si- 
gnor Trommsdorff  di  Erlangen  e  dal  signor  Grflbler  di  Lipsia. 


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•    —  420  — 

«*  Il  verde  metile  (C25  H31  CI4  N3  Zn)  fu  introdotto  nella  tecnica  microsco- 
pica da  E.  Calberla  (^).  Egli  vide  che  i  nuclei  delle  cellule  del  tessuto 
connettivo  sottocutaneo,  dei  vasi,  e  del  neurilenuna  si  coloriscono  in  rosa: 
che  le  cellule  del  corion,  e  specialmente  il  loro  nucleo,  si  colorisce  in  rosso 
violetto  :  che  gli  elementi  deirepidermide  prendono  un  colore  verde  azzurro. 
Calberla  non  cercò  le  cause  di  questa  differenza  di  colore.  Erlicki  estese  Tuso 
del  verde  metile  alle  indagini  istologiche  dei  centri  nervosi. 

tf  Ehilich  (^)  si  servì  del  verde  metile  nello  studio  dei  leucociti,  ma  in 
combinazione  colla  fucsina  acida,  il  che  non  gli  ha  permesso  di  avere  cono- 
scenza delle  reazioni  specifiche  di  questa  sostanza.  In  sonito  ad  uno  studio 
fatto  con  molti  colori  di  anilina,  egli  affermò  che  nei  leucociti  vi  sono  cin- 
que qualità  differenti  di  granulazioni  specifiche  che  si  coloriscono  con  differenti 
colori.  Ehrlich  metteva  una  piccola  goccia  di  sangue  fra  due  vetrini:  dopo 
averlo  disteso  con  leggera  pressione  in  uno  strato  sottile,  staccava  i  vetrini, 
0  li  faceva  essicare  alla  temperatura  di  120^  a  130^  per  2  0  3  ore,  quindi 
li  coloriva  con  varie  sostanze.  Egli  dice  che  le  differenti  granulazioni  speci- 
fiche si  producono  come  una  attività  secretoria  delle  cellule,  ma  non  dà  alcun 
sviluppo  a  questa  dottrina,  che  si  limita  ad  accennare  dopo  aver  detto  che 
sulla  natura  di  queste  granulazioni  mancano  dei  dati  positivi. 

(t  Heschel  (^)  adoperò  il  verde  metile  come  reagente  per  conoscere  la  so- 
stanza, amiloide,  e  dopo  lui  Curschmann  (^)  confermò  che  i  tessuti  in  dege- 
nerazione amiloidea  si  coloriscono  in  violetto  e  che  le  parti  non  degenerate 
si  coloriscono  in  azzurro  od  in  verde. 

<i  Strassburger  (^)  se  ne  servì  per  colorire  le  figure  carìocinetiche  e  dopo 
lui  parecchi  altri  lo  adoperarono  col  medesimo  scopo,  ma  nessuno  che  io 
sappia  cercò  di  conoscere  la  causa  delle  differenze  di  colore  che  presentano 
le  cellule  immerse  in  una  medesima  soluzione  di  questa  sostanza. 

<(  Generalmente  mi  servo  del  verde  metile  in  una  soluzione  acquosa  di 
cloruro  sodico  all'  1  per  cento,  nella  quale  è  sciolto  il  0, 2  per  cento  di  verde 
metile.  Quanto  alla  dose  di  cloruro  sodico,  bisogna  che  il  titolo  della  solu- 
zione corrisponda  alla  resistenza  delle  cellule  che  si  devono  studiare,  per- 
chè una  soluzione  troppo  acquosa  le  altera.  Per  vedere  l'azione  del  verde 
metile  sui  leucociti  e  sui  corpuscoli  rossi  del  nostro  sangue  basta  fare  una 
puntura  in  un  dito,  e  messa  una  goccia  della  soluzione  su  di  un  vetro  por- 
taoggetti toccare  con  essa  leggermente  la  goccia  di  sangue. 


(1)  E.  Calberla,  Morphologisches  Jahrbuch,  UE.  1877,  p.  625. 

(2)  P.  Ehrlich,  Zeitschrift  fttr  klinische  Medicin,;i,  1880,  p.  663. 

(3)  Heschel,  Wiener  med.  Wochenscbrift,  1879,  N.  2. 

(*)  Curschmann,  Arch.  f.  path.  Anat.  nnd  Phya.  Bd.  LXXIX,  p.  556. 
(^)  Strassburger,  Arch.  f.  Mikrosk.   Anatomie,  Bd.  XXI,  p.  476.  Zellbildung   und 
Zelltheilung,  3.  Aufl.  p.  141. 


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—  421  — 

«  Nel  primo  momento  i  leucociti  sembrano  resistere,  dopo  prendono  mia 
tinta  uniforme  leggermente  violetta  che  va  sempre  più  rinforzandosi  Q), 

«  I  corpuscoli  rossi  si  alterano,  alcuni  si  infossano  e  prendono  la  forma 
di  una  coppa  :  in  altri  appaiono  nel  centro  delle  infossature  irregolari,  e  que- 
sto assottigliarsi  della  sostanza  gialla  del  corpuscolo  nel  mezzo,  produce  delle 
figure  simili  a  quelli  che  Marchiafava  e  Celli  hanno  descritto  come  carat- 
teristiche dell'infezione  malarica  (^). 

»  Per  seguire  le  trasformazioni  che  subiscono  gli  elementi  del  sangue  nel 
verde  metile  basta  mettere  il  preparato  nella  camera  umida,  oppure  (se  si  chiude 
la  goccia  di  sangue  in  un  cerchio  di  vasellina  come  indicai  nella  Nota  III  {^) 
si  può  lasciare  il  preparato  sotto  il  microscopio  e  seguire  per  molte  ore  le 
trasformazioni  che  subisce  il  sangue. 

»  Dopo  6  ore  alcuni  leucociti  prendono  una  tinta  più  azzurrognola,  ed 
altri  diventano  verdi,  ma  il  maggior  numero  ha  un  colore  violetto  intenso. 
Le  figure  plasmodiche  nei  corpuscoli  rossi  sono  quasi  scomparse,  molti  corpu- 
scoli hanno  perduto  il  loro  color  giallo  e  sono  divenuti  trasparenti. 

«  Dopo  24  ore  molti  leucociti  hanno  i  cosidetti  nuclei  intensamente  colo- 
riti in  verde  ;  la  rimanente  parte  del  corpuscolo  è  fatta  da  una  sostanza  gra- 
nulosa leggermente  azzurrognola  ;  alcuni  leucociti  si  sono  disfatti,  e  lasciarono 
un  detrito  granuloso  di  colore  violaceo. 

«  1  leucociti  rimasti  violetti  continuano  ad  avere  i  nuclei  poco  distinti  in 
confronto  di  quelli  colorati  in  verde.  Vi  sono  dei  leucociti  violetti  coi  nuclei 
verdi,  sui  quali  cominciano  ad  apparire  delle  sporgenze  e  delle  goccie  ialine. 

«  Sotto  l'influenza  del  verde  metile  alcuni  corpuscoli  rossi  perdono  nelle 
prime  ore  l'emoglobina,  si  scoloriscono  e  formano  le  così  dette  ombre;  più 
tardi  appare  un'altra  differenza  &a  i  corpuscoli  rossi  più  resistenti.  Alcimi 
diventarono  fortemente  granulosi  e  si  colorirono  in  azzurro  violetto  senza 
che  la  loro  forma  siasi  alterata.  Altri  si  coloriscono  in  azzurro  violaceo  senza 
diventare  granulosi  :  in  altri  la  parte  centrale  rimane  omogenea,  si  colorisce 
in  azziuTO  verdognolo,  e  intorno  si  foi-ma  uno  strato  finamente  granuloso. 

«  Il  verde  metile  produce  altre  modificazioni  dei  corpuscoli  rossi,  che  sono 
interessanti  per  conoscere  la  struttura  di  queste  cellule.  Questo  argomento 
lo  tratterò  in  un'altra  Nota. 


(0  Le  osseiYazioni  contennte  in  questa  Nota  e  neUe  seguenti,  vennero  fatte  con  nn 
obbiettivo  apocromatico  Zeiss  2,0  miUimetri  ad  immersione  omogenea,  apertura  1,80.  Mi 
servii  quasi  sempre  delPoculare  N.  4:  per  un  maggiore  ingrandimento  del  N.  12,  ed  in 
casi  eccezionali,  del  N.  18. 

(*)  Ritornerò  in  una  delle  seguenti  Note  su  questo  argomento  per  confermare  con 
nuove  osservazioni  il  dubbio  già  espresso,  che  le  figure  plasmodiche  siano  probabilmente 
delle  infossature  centrali  dovute  alle  alterazioni  di  necrobiosi  dei  corpuscoli  rossi. 

(3)  Rendiconti  deirAccademia  dei  Lincei,  1887.  Voi.  HI,  l®  Sem.  pag.  318. 


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—  422  — 

«  Il  pus  fresco  trattato  col  verde  metile  serve  meglio  del  saogue  per  dimo- 
strare, le  grande  differenza  di  colorazione  dei  leucociti.  Riferisco  un  osserva- 
zione in  esteso  per  dare  un'idea  più  concreta  del  modo  di  agire  di  questa 
sostanza. 

«  15  GENNAIO  1888.  Incido  con  una  lancetta  una  piccola  pustola  che  mi  è  venata 
sopra  nna  mano,  e  dopo  aver  messo  una  goccia  della  soluzione  (verde  metile  2  per  cento, 
Na  CI  1  per  cento)  sul  vetro  portaoggetti,  tocco  colla  pustula  questa  goccia  in  modo  che 
vi  passi  dentro  del  pus.  Pel  maggior  numero  i  corpuscoli  del  pus  appaiono  come  sfere 
hianche  in  un  liquido  verde  :  molti  corpuscoli  sono  coloriti  in  violetto  :  pochi  sono 
già  verdi. 

u  I  corpuscoli  verdi  non  presentano  più  alcuna  traccia  di  movimento.  Quelli  che  si 
muovono  sono  incolori  ed  alcuni  hanno  una  tinta  leggermente  violetta. 

ti  1  corpuscoli  rossi  sono  poco  numerosi  :  alcuni  sono  rotondi  e  normali  ;  altri  sono 
incavati  come  una  coppa,  altri  hanno  delle  infossature  centrali  irregolari  per  cui  ne  risulta 
nel  mezzo  una  figura  chiara  che  rassomiglia  ai  plasmodi  di  Marchiafava  e  Celli. 

«  I  corpuscoli  rossi  resistono  bene,  ma  in  alcuni  vedesi  che  si  formò  da  un  lato  una 
mezza  luna  granulosa,  la  quale  si  è  colorita  in  violetto,  mentre  che  la  massa  del  corpu- 
scolo è  per  due  terzi  costituita  da  un  corpuscolo  giallo  omogeneo. 

u  La  sostanza  ialina  dei  corpuscoli  del  pus  che  forma  delle  goccio,  e  dei  gavoccioli 
attaccati  alla  superficie  non  si  colorisce,  e  dentro  ai  corpuscoli  vi  sono  dei  frammenti  verdi 
0  violetti  come  ho  già  descritto  nella  Nota  V  e  VII. 

u  Dopo  dieci  minuti  quasi  tutti  i  corpuscoli  bianchi  sono  scomparsi,  e  sono  diven- 
tati più  numerosi  i  corpuscoli  violetti  e  verdi. 

«  Metto  il  preparato  nella  camera  umida  e  lo  riprendo  dopo  due  ore.  I  corpuscoli 
gialli  hanno  resistito  bene,  il  maggior  numero  conserva  il  colore  normale,  solo  alcuni 
pochi  sono  coloriti  in  verde  ed  hanno  un  grosso  nucleo  più  intensamente  colorato  che  mi- 
sura 5  /i  di  diametro,  e  intorno  vi  è  una  sostanza  granulosa  tinta  in  verde  chiaro  per  cui 
il  diametro  del  corpuscolo  è  di  7  /i.  Altre  forme  analoghe  mostrano  il  passaggio  dei  cor- 
puscoli rossi  con  gradi  meno  intensi  di  colorazione  dove  predomina  ancora  la  tinta  gialla. 

a  Nei  corpuscoli  del  pus  vi  è  una  sostanza  finamente  granulosa  che  si  colorisce 
difficilmente,  ed  un*altra  che  si  colorisce  più  facilmente.  Questa  seconda  sostanza  forma 
dei  globetti  più  o  meno  regolari  che  ho  chiamato  frammenti,  perchè  non  sono  veri  nuclei. 
Questi  globetti  o  frammenti  prima  appaiono  bipnchi,  poi  violetti,  poi  azzurrognoli,  ed  in 
ultimo  verde  smeraldo.  Essi  sono  un  prodotto  del  processo  di  necrobiosi,  e  derivano  da 
una  specie  di  coagulazione,  da  un  disgiungersi,  o  dal  rigonfiarsi  delle  sostanze  che  costi- 
tuiscono il  corpuscolo.  Una  terza  sostanza  che  vediamo  nei  corpuscoli  del  pus  è  la  così 
detta  sostanza  ialina  che  non  si  colorisce  mai.  Dopo  24  ore,  invece  dei  violetti,  predomi- 
nano i  corpuscoli  colorati  in  verde.  Se  ne  vede  ancora  qualcheduno  bianco.  Rimetto  il 
preparato  nella  camera  umida  e  lo  esamino  dopo  tre  giorni.  Tutti  i  corpuscoli  del  pus  sono 
verdi  e  bene  conservati.  Sono  rari  quelli  che  hanno  una  tinta  violacea,  e  anche  in  essi 
la  tendenza  è  al  verde  più  che  alPazzurro.  In  alcuni  vi  sono  due  o  tre  frammenti  globosi 
di  color  verde,  e  accanto  uno  o  due  globetti  simili  di  color  violetto.  In  tutte  queste  cel- 
lule la  parte  meno  colorata  è  quella  granulosa  che  forma  il  corpo  della  cellula,  dentro  alla 
quale  stanno  i  così  detti  nuclei,  o  frammenti  corpuscolari. 

a  Le  granulazioni  delle  cellule  sono  splendenti,  e  la  massa  ialina  incolora  è  più 
sviluppata  che  nel  primo  giorno,  per  cui  molte  cellule  non  sono  più  rotonde,  ma  elissoidee 
con  delle  sporgenze  ialine  trasparenti  da  un  lato.  Dopo  quattro  giorni  non  vi  è  più  un 
solo  corpuscolo  del  pus  che  abbia  la  tinta  violetta,  sono  tutti  verdi  smeraldo.  Pochissimi 
sono  incolori,  e  questi  hanno  aspetto  di  una  massa  ialina  trasparente  poco  granulosa  senza 


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—  428  — 

nnolei  o  frammenti.  Alcuni  coipnscolì  del  pus  sono  fortemente  granulosi,  e  formano  come 
una  sfera  che  contiene  dentro  due   o  tre  globetti   di  color  verde  smeraldo. 

tt  I  corpuscoli  del  pus  sono  costituiti  da  una  sostanza  finamente  granulosa  che  forma 
come  una  spugna  che  non  si  colorisce,  e  dentro  a  questa  sfera  vi  sono  dei  globeiti  di  una 
sostanza  che  si  è  colorita  intensamente  in  verde.  Nel  primo  periodo,  quando  tutta  la  cel- 
lula era  colorita  in  violetto,  tale  distinzione  fn  le 'due  sostanze  era  meno  evidente. 

•  Abbiamo  già  veduto  nelle  note  precedenti  che  il  pus  giovine  si  distingue 
dal  pus  vecchio  per  una  differenza  profonda  nella  struttura  dei  corpuscoli,  che 
rappresentano  dei  gradi  diversi  e  più  o  meno  progrediti  nella  degenerazione. 
Questa  distinzione  viene  ora  confermata  dalla  reazione  col  verde  metile,  per 
mezzo  della  quale  i  corpuscoli  giovani  si  coloriscono  in  violetto,  mentre  si 
coloriscono  in  verde  quelli  che  si  trovano  nell'ultima  fase  del  processo  di 
necrobiosi.  Nel  pus  giovane  e  fresco  vediamo  che  il  maggior  numero  dei 
corpuscoli  diventa  violetto  e  pochi  sono  coloriti  in  verde.  Se  conserviamo  il 
medesimo  pus  in  un  vetro  da  orologio  per  4  o  5  giorni  nella  camera  umida, 
e  dopo  lo  esaminiamo,  si  trova  che  quasi  tutte  le  cellule  si  coloriscono  im- 
mediatamente in  verde  smeraldo.  Se  affrettiamo  la  decomposizione  del  pus 
mettendolo  in  una  stufk  alla  temperatura  di  38^  le  cellule  perdono  la  pro- 
prietà di  colorirsi  in  violetto,  ed  appaiono  subito  verdi.  La  stessa  cosa  si  ve- 
rifica se  prendiamo,  da  un  ascesso  del  pus  vecchio  di  parecchie  settimane. 

s  Vedendo  che  una  medesima  cellula  si  colorisce  prima  in  violetto,  poi  in 
azzurro  e  finalmente  in  verde,  bisogna  supporre  che'  1»  colorazione  dipenda 
da  un  fatto  chimico,  il  quale  si  modifichi  col  pfocesso  di  necrobiosi. 

it  Le  cellule  che  si  trovano  in  condizioni  normali  di  vitalità  non  si  lasciano 
colorire  intensamente;  anche  quando  sono  già  entrate  nella  prima  fase  del  pro- 
cesso di  necrobiosi,  resistono  ancora  alla  imbibizione  delle  sostanze  coloranti. 
Mi  sono  assicurato  di  questo  fatto  non  solo  col  verde  metile,  ma  adoperando 
il  rosso  di  Magdala,  o  l'eosina,  o  il  violetto  metile,  o  il  verde  di  jodo,  o 
l'azzurro  di  metilene  ecc.  Di  queste  osservazioni  ne  riferisco  una  sola  fatta 
sopra  il  pus  preso  da  un  piccolo  ascesso  formatosi  sotto  la  lingua. 

liosso  di  Magdala  0^4  per  cento.  NaCS  0,75  per  cento. 

u  Metà  circa  dei  corpuscoli  del  pus  si  coloriscono  subito  in  rosso,  Taltra  metà  non  si 
lascia  tingere.  Guardando  più  attentamente  si  vede  che  nei  corpuscoli  di  pus  i  quali  non 
si  lasciano  colorire,  vi  è  un  movimento  vivace  dei  granuli  ;  mentre  che  nei  corpuscoli  di 
pus  colorati  in  rosso  tutto  è  immobile.  Fissando  lungamente  una  cellula  coi  granuli  in 
movimento,  si  vede  che  questa  poco  per  volta  si  colorisce  e  anche  i  granuli  si  arrestane. 
In  questo  pus  i  corpuscoli  rossi*  sono  molto  scarsi. 

«  Riepilogando  risulta  dalle  esperienze  sovraesposte  che  le  cellule  non  si 
lasciano  colorire,  quando  danno  segno  di  essere  nel  pieno  esercizio  delle  loro 
funzioni  vitali  ;  che  venendo  queste  a  diminuire,  si  coloriscono  in  violetto;  che 
tale  tinta  si  modifica  successivamente  nella  medesima  cellula,  prima  tende 
al  verde  azzurro,  e  finisce  per  diventare  verde  chiaro  smeraldo. 


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—  424  — 

«  Questo  è  quanto  si  osserva  generalmente  nelle  cellule,  ma  ve  ne  sono 
di  quelle  che  sembrano  diventare  verdi  senza  essere  state  prima  violette. 

«  Colla  soluzione  del  verde  metile  0,2  per  cento,  Na  CI.  1  per  cento,  si 
osserva  una  rapida  e  profonda  alterazione  dei  leucociti. 

«  Nel  sangue  dei  pesci  {Mustelus  laeviSy  p.  e.)  dopo  aver  fissato  l'atten- 
zione sui  corpuscoli  bianchi  omogenei  che  eseguiscono  dei  rapidi  movimenti, 
se  si  aggiunge  una  goccia  della  soluzione  sul  bordo  del  vetrino,  i  leucociti 
ritirano  immediatamente  le  loro  espansioni,  diventano  globosi  e  dentro  appaiono 
molti  globetti  o  vacuoli.  Il  corpuscolo  prende  una  tinta  leggermente  violetta. 
I  vacuoli  non  si  coloriscono,  invece  il  nucleo  è  più  intensamente  colorato  ìq 
violetto,  ed  è  rotondo,  o  ha  la  forma  di  un  rene,  o  sono  due  nuclei  vicini. 

«  Alcuni  corpuscoli  in  pochi  minuti  diventano  una  sfera  ialina  con  delle 
granulazioni  grosse  e  dei  frammenti  in  forma  di  nucleo  da  una  parte,  e  dal- 
l'altra si  vede  la  sostanza  ialina  che  ha  dentro  dei  granuli  che  si  muovono 
vivacemente  come  ho  già  descritto  nei  corpuscoli  del  pus.  Altre  volte  il  cor- 
puscolo bianco  che  si  muove,  sorpreso  dall'azione  deleteria  di  questa  solu- 
zione, si  altera  prima  che  abbia  tempo  di  conglobarsi  e  appaiono  dentro  al 
corpuscolo  ancora  disteso  ed  irregolare,  dei  vacuoli  o  dei  globettini  in  numero 
di  10,  0  15,0  anche  più,  intomo  al  nucleo:  e  poco  dopo  il  corpuscolo  appare 
violetto,  ritira  le  espansioni  e  diventa  sferico. 

«  Il  verde  metile  al  0,2  per  cento  nella  soluzione  di  clonux)  sodico  al- 
l'uno per  cento,  produce  in  questo  caso  una  morte  così  rapida  dei  leucociti, 
che  noi  vediamo  succedersi  in  un  medesimo  corpuscolo  le  trasformazioni  che 
nel  pus  dentro  all'organismo  dei  mammiferi  impiegano  un  tempo  assai 
maggiore.  Vediamo  cioè  dei  leucociti,  prima  omogenei,  che  si  arrestano  rac- 
colgono le  loro  espansioni  e  diventano  globosi  ;  dentro  (forse  per  un  processo 
di  coagulazione)  si  forma  un  certo  numero  di  globetti  da  15  a  20  o  30  che 
riempiono  tutta  la  cellula;  alcuni  frammenti  maggiori  si  coloriscono  più  in- 
tensamente e  rappresentano  i  nuclei  ;  e  nell'ultimo  periodo  della  necrobiosi, 
si  separa  dalle  granulazioni  una  sostanza  ialina  nella  quale  si  vedono  dei 
granuli  che  si  muovono  come  quelli  del  pus,  mentre  il  resto  della  cellula  è 
intensamente  colorato. 

«  Le  cellule  epiteliali  con  ciglia  vibratili  e  gli  spermatozoi  sono  gli 
elementi  più  indicati  per  studiare  i  rapporti  che  passano  fra  la  colorazione 
delle  cellule  e  la  loro  vitalità.  Se  si  prende  un  pezzo  della  muccosa  della 
faringe  di  una  rana  e  lo  si  dilacera  nella  soluzione  (0,2  per  cento  Na  CI  0,75 
per  cento)  le  cellule  nelle  quali  le  ciglia  si  muovono  hanno  un  colore  vio- 
letto, quelle  dove  le  ciglia  sono  immobili  hanno  invece  un  color  verde. 
Fissando  l'attenzione  su  queste  che  hanno  le  ciglia  mobili,  si  vede  che  non 
presentano  traccia  di  nucleo  :  dopo  mezz'ora  circa,  si  fermano  le  ciglia  ed 
appaiono  uno  o  due  nuclei  di  colore  azzurro,  ma  il  loro  contomo  è  confuso; 
solo  dopo  2  0  3  ore  circa  il  nucleo  è  più  distinto  e  prende  una  tinta  verde: 


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le  ciglia  non  sono  colorate.  Dopo  4  o  5  ore  tatti  i  nuclei  sono  coloriti  in 
verde  smeraldo  e  sono  rare  le  cellule  che  hanno  una  tinta  violacea. 

«  Ho  ripetuto  le  medesime  osservazioni  sulle  cellule  a  ciglia  vibratili 
dell*  Unio  e  M\!AnodorUa^  che  ricoprono  le  branchie,  o  che  stanno  sul  man- 
tello. Queste  ultime  servono  meglio  perchè  si  staccano  spontaneamente,  e 
siccome  hanjQO  le  ciglia  molto  lunghe,  si  vede  ogni  più  piccola  traccia  di 
movimento,  e  il  volume  considerevole  del  loro  corpo  rende  più  fiacile  lo 
studio  delle  alterazioni  necrobiotiche. 

s  Le  cellule  A&Xì^ Anodonta  e  delF  Unto  finché  si  muovono  con  vivacità 
non  si  lasciano  colorire  dal  verde  metile,  né  dal  rosso  Magdala,  né  da  altre 
sostanze.  Questo  é  il  periodo  della  piena  vitalità,  nel  quale  le  cellule  ese- 
guiscono dei  movimenti  così  vivaci,  che  spesso  si  vedono  attraversare  il  campo 
del  microscopio  flagellando  colle  lunghe  ciglia  tutti  i  corpuscoli  e  le  cellule 
che  stanno  vicino  nel  liquido. 

«  Poi  viene  il  periodo  dell'agonia  nel  quale,  o  non  si  muovono  più,  o  si 
muovono,  ma  assai  lentamente;  in  questo  periodo,  o  sono  incolori,  o  prendono 
una  leggera  tinta  violacea,  ma  non  si  vede  ancora  il  nucleo. 

s  Quando  si  colorisce  il  nucleo  ed  appare  distinto  nel  corpo  della  cel- 
lula, le  ciglia  si  sono  già  fermate,  oppure  i  moti  sono  molto  lenti  e  interrotti 
da  pause,  oppure  sono  disordinati,  cosicché  il  ciuffo  delle  ciglia  si  divide  come 
in  due  parti  che  si  muovono  in  direzione  contraria. 

K  Nelle  cellule  vibratili  che  si  colorirono  in  violetto,  il  nucleo  diventa 
sempre  più  evidente,  può  apparire  come  diviso  in  parecchi  nuclei  o  frammenti, 
e  questi  tendono  sempre  più  all'azzurro  e  finalmente  diventano  verdi. 

«  n  processo  di  necrobiosi  qualche  volta  é  già  iniziato  e  le  ciglia  si 
'  muovono  ancora.  Questa  parte  che  riguarda  la  morte  e  la  degenerazione  delle 
cellule  con  ciglia  vibratili  la  tratterò  in  una  Nota  speciale,  ed  in  essa  dimo- 
strerò che  il  processo  di  necrobiosi  studiato  nei  corpuscoli  del  sangue  si  ripro- 
duce fedelmente  in  tutte  le  sue  particolarità  nelle  cellule  epitelliali,  e  nelle 
cellule  con  ciglia  vibratili. 

•  Il  verde  metile  é  velenoso  anche  per  gli  spermatozoi  :  ho  provato  su 
quelli  della  cavia,  e  su  quelli  della  torpedine,  e  vidi  che  si  fermano  subito. 
Per  timore  che  la  soluzione  0,2  per  cento  e,  Na  CI.  per  cento,  non  contenesse 
abbastanza  cloruro  sodico  ho  preso  la  stessa  acqua  marina  come  liquido  per 
la  soluzione  con  0,2  per  cento  di  verde  metile  e  ho  veduto  che  si  coloriscono 
rapidamente  e  muoiono.  Sono  rari  quelli  che  essendosi  già  coloriti  fanno  an- 
cora dei  movimenti,  in  questo  caso  si  vede  che  sono  moribondi,  perchè  le 
loro  oscillazioni  sono  lente  non  guizzano  più,  ma  si  agitano  con  intervalli  di 
riposo  e  poi  si  fermano.  Atteso  la  piccolezza  della  testa  degli  spermatozoi 
non  ho  potuto  constatare  con  sicurezza  se  tutti  prendono  un  colore  violetto 
prima  di  diventare  verdi. 

«  L'azione  del  verde  metile  e  di  altre  sostanze  coloranti  sul  protoplasma 

RiNDicoNTi.  1888,  VoL.  IV,  V  Sem.  oo 


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contrattile  dalle  cellule  vegetali,  Y  ho  studiato  sui  peli  dei  fiori  della 
Tradescantia  virginica  e  sulle  spore  di  un  alga  marina,  YUlva  lactuca. 
L'effetto  del  verde  metile  è  micidiale.  Gli  sporangi  àeìYUtva  lactuca  sono 
masse  ovali  che  misurano  3/i,  5  per  5/i,  le  quali  portano  ad  una  estremità 
due  appendici  filiformi  che  sono  dotate  di  un  movimento  vivacissimo.  Se  al- 
l'acqua di  mare  nella  quale  stanno  queste  spore,  si  aggiunge  un  po' di  verde 
metile  0,2  per  cento  sciolto  nell'acqua  di  mare,  le  spore  si  coloriscono  e  si 
fermano  immediatamente.  Il  contenuto  degli  sporangi  diventa  granuloso,  ed 
alla  superficie  appaiono  delle  goccio  ialine.  Il  processo  della  morte  ras- 
somiglia a  quello  dei  leucociti,  perchè  nella  sostanza  ialina  delle  spore  si 
vedono  dei  granuli  che  si  muovono  come  quelli  che  ho  già  descritto  nei  cor- 
puscoli del  pus.  Ritornerò  in  una  prossima  Nota  su  questo  argomento  stu- 
diando i  fenomeni  della  necrobiosi  nelle  cellule  vegetali. 


tt  Ho  voluto  cercare  la  ragione  chimica  di  questi  fatti  ;  e  ho  trovato  che 
se  l'alcalinità  delle  cellule  è  molto  grande,  questa  distrugge  il  verde  metile 
che  tende  a  penetrare  nel  loro  corpo  ;  e  perciò  la  colorazione  delle  cellule  in 
violetto,  sarebbe  indizio  di  un  alcalinità  meno  grande. 

u  Se  si  prendono  gr.  0,002  di  potassa  caastica  sciolti  in  2  ce.  di  acqua,  e  vi  si  ag- 
giungono gr.  0,002  di  verde  metile  in  1  ce.  di  acqna,  il  colore  verde  si  modifica  e  in 
5  minati  diventa  rosso  violaceo,  come  il  colore  delle  cellule.  Se  a  questa  soluzione  di  co- 
lore rosso  violaceo  si  aggiunge  qualche  goccia  di  una  soluzione  di  acido  acetico  11  per 
cento,  ritorna  lentamente  il  color  verde  primitivo. 

u  Se  invece  di  parti  uguali  adoperiamo  un  eccesso  di  verde  metile,  non  succede  più 
la  trasformazione  del  colore  in  violetto  ;  cioè  se  a  grammi  0,002  di  potassa  aggiungesi  2, 
ce.  di  acqua  al  gr.  0,003  di  verde  metile  in  3  di  acqua,  la  soluzione  rimane  verde.  In 
altre  parole,  questa  reazione  manca  quando  adoperiamo  una  quantità  troppo  grande  di 
verde  metile.  In  soluzioni  più  aUungate  se  la  quantità  dell^alcali  non  si  trova  in  propor- 
zioni eguali  a  quella  del  verde  metile,  ma  è  superiore,  la  soluzione  si  scolorisce  comple- 
tamente in  pochi  minuti.  Così  ad  esempio  gr.  0,0004  di  potassa  caustica  sciolti  in  4  ce. 
di  acqua  scoloriscono  0,00016  di  verde  metile  sciolti  in  0,08  ce.  di  acqua.'n  verde  metile 
però  non  si  distrugge,  perchè  se  aggiungiamo  alla  soluzione  divenuta  trasparente  due 
goccie  di  una  soluzione  di  acido  acetico  al  10  per  cento,  ricompare  lentamente  il  colore 
verde  primitivo. 

ti  Non  si  può  dire  però  che  mescolando  un  eccesso  di  potassa  nella  soluzione  di 
verde  metile  questo  si  scolori  completamente.  Manca  il  colore  perchè  le  soluzioni  sono 
troppo  allungate,  ma  se  invece  prendiamo  gr.  0,008  di  potassa  caustica  sciolti  in  0,8  di 
acqua  e  vi  aggiungiamo  0,002  di  verde  metile  sciolti  in  1  ce.  di  acqua,  quantunque  la  pro- 
porzione della  potassa  al  verde  metile  sia  sempre  di  4  ad  l,lo  scoloramento  non  è  com- 
pleto, ed  il  liquido  essendo  meno  diluito  coll'acqua,  prende  un  colore  giallo  hruno. 

ti  Ho  trovato  che  il  verde  metile  impedisce  la  coagulazione  del  sangue, 
a  Una  soluzione  del  verde  metile  al  0,5  per  cento  nel  cloruro  sodico  0,75 
per  cento,  ritarda  notelmente  la  coagulazione  del  sangue,  anche  solo  nel  rap- 
porto di  2  ce.  su  40  ce.  di  sangue. 


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«  Adoperando  8  o  4  ceni  cubici  di  detta  soluzione  su  40  ce.  di  sangue, 
questo  non  coagula  più.  Di  questo  parlerò  più  estesamente  in  una  prossima 
Nota  sulla  copulazione  del  sangue  e  sulla  formazione  della  cotenna. 

«  I  leucociti  del  sangue  reso  incoagolabile  col  verde  metile,  hanno  la 
sostanza  incolora  e  dentro  i  così  detti  nuclei  colorati  in  verde  smeralde.  In 
alcuni  la  sostanza  verde  è  circonfusa  e  riempie  tutto  il  corpuscolo;  altri 
leucociti  invece  sono  completamente  scolorati  ;  ma  il  maggior  numero  dei  cor- 
puscoli è  violetto,  senza  traccia  dei  cosidetti  nuclei. 

•  Mescolando  5  o  6  ce.  di  soluzione  di  verde  metile  al  0,5  per  cento 
con  40  ce.  di  sangue  che  esce  dallarteria,  è  facile  essicurarsi  che  il  verde  metile 
si  distrugge.  Già  Tesame  fatto  col  microscopio  dimostra  che  l'intensità  di  colora- 
zione dei  corpuscoli  e  del  siero  non  corrisponde  alla  quantità  di  verde  metile 
aggiunto  al  sangue  e  molti  leucociti  rimangono  bianchi. 

«  Aggiungendo  al  sangue  dell' acido  acetico  in  qualunque  proporzione  ed 
allungando  con  acqua,  non  si  ottiene  più  il  color  verde  caratteristico  ;  que- 
sto prova  che  la  scomparsa  iéi  verde  non  è  dovuta  all'alcalinità  del  sangue. 

«  Ho  supposto  che  il  verde  metile  in  èontatto  col  sangue  si  scolorisca  per 
un  processo  di  ossidazione,  e  cercai  se  coli' acqua  ossigenata  potevo  riprodurre 
tale  fenomeno.  I  risultati  ottenuti  confermarono  pienamente  questa  supposi- 
zione; tralascio  per  brevità  di  riferire  queste  esperienze,  intomo  alle  quali 
dovrò  ritornare  in  una  prossima  Nota  dove  parlerò  dell'azione  fisiologica  del 
violetto  di  metile  ». 

Fisiologia.  —  Esame  critico  dei  metodi  adoperati  per  studiare  i 
corpuscoli  del  sangue.  Nota  X.  del  Socio  A.  Mosso, 

«  In  una  Nota  precedente  sulla  resistenza  dei  corpuscoli  rossi  (0  ho 
già  dimostrato  che  una  soluzione  di  cloruro  sodico  al  0,75  per  cento  può 
alterare  e  scolorire  rapidamente  i  corpuscoli  rossi  del  cane.  Nelle  seguenti 
ricerche  intomo  al  sangue  dei  pesci  ho  studiato  quali  siano  le  soluzioni  di 
cloruro  sodico  che  alterano  meno  i  corpuscoli  del  sangue:  e  ho  veduto  che 
nel  sangue  di  un  medesimo  animale  vi  sono  dei  corpuscoli  rossi  di  maggiore 
0  minor  resistenza,  i  quali  per  non  alterarsi  avrebbero  bisogno  ciascuno  di 
soluzioni  diverse. 

«  Yi  sono  dei  generi  di  pesci  i  quali  hanno  un  sangue  tanto  delicato, 
che  appena  esce  dai  vasi  sanguigni  si  altera  subito  in  tutte  le  soluzioni  di 
cloruro  sodico,  qualunque  sia  il  loro  titolo. 

«  Né  per  lo  studio  del  sangue  di  tali  pesci  giova  procurarsi  prima  il 
siero  di  animali  della  medesima  specie  e  mescolarlo  col  sangue  che  esce  dai 
vasi  sanguigni  per  impedire,  od  almeno  smorzare,  il  contatto  dei  corpuscoli 

Q)  Atti  B.  Accademia  Lincei.  Voi.  m,  pag.  257. 


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col  vetro,  perchè  Tadesione^e  l'attrito   che  si  produce,  quando  i   corpuscoli 

scorrono  fra  il  vetrino  ed  il  porta  oggetti,  è  già  sufficiente  per  scolorire  molti 

corpuscoli. 

«  L'uso  del  siero,  che  sembra   essere  il  metodo  più  razionale,  presenta 

la  grave  di£Scoltà  che  quando  si  tratta  di  specie  molto  piccole  è  impossibile 
di  procurarsi  del  siero  puro  e  trasparente,  senza  che  contenga  dei  corpuscoli 
i  quali  hanno  già  subito  un'alterazione  per  essersi  trovati  fuori  dell'organismo. 
Anche  il  siero  iodato  non  serre,  perchè  constatai  che  esso  scolorisce  rapida- 
mente tanto  i  corpuscoli  più  fragili  dei  pesci,  quanto  quelli  dei  nuunmiferi. 
«  Visto  che  non  si  può  esaminare  il  sangue  vivo  e  fresco  fuori  dei  vasi 
sanguigni,  mi  servii  dei  liquidi  fissatori  per  rendere  solido  il  sangue  nel  mo- 
mento stesso  che  esce  dal  corpo.  La  difficoltà  più  grave  è  di  trovare  un  li- 
quido che  indurisca  i  corpuscoli  e  non  ne  alteri  il  colore. 

Bicloruro  di  mercurio 

«  Goadby  è  stato  il  primo  che  si  servì  del  sublimato  corrosivo  nella 
tecnica  istologica  {}).  Fu  colle  soluzioni  di  questa  sostanza  alla  quale  ag- 
giungeva del  cloruro  di  sodio  e  dell'allume,  che  cinquantanni  fa  egli  è  riuscito 
a  conservare  i  primi  preparati  microscopici  di  tessuti  animali  chiusi  fra  due 
vetri. 

«Però  è  stato  Filippo  Pacini  che  introdusse  definitivamente  l'uso  del 
bicloruro  di  mercurio  nella  tecnica  per  la  conservazione  dei  corpuscoli  del 
sangue  (^).  G.  Hayem  modificò  le  formolo  del  Pacini,  diminuendo  alquanto 

(0  Hartìng,  Dos  Mikroskop,  1859,  pag.  920. 

(*)  F.  Pacini,  Di  alcuni  metodi  di  preparazione  e  comervatione  degli  elementi 
microscopici  dei  tessuti  animali  e  vegetali.  Giornale  intemazionale  delle  scienze  me- 
diche, 1880. 

La  prima  pubblicazione  deUe  formole  dei  liquidi  di  Pacini  fu  fatta  dal  dott.  Galligo 
nel  1861,  in  una  relazione  sui  preparati  che  il  Pacini  presenta  airesposizionc  nazionale* 
di  Firenze  {Imparziale,  I,  1861,  pag.  98).  In  questa  comunicazione  non  si  parla  dell'agi 
giunta  di  glicerina  alla  soluzione  di  bicloruro  di  mercurio.  Nel  1880  quando  Pacini  pub- 
blicò le  formole  dei  suoi  liquidi  conserratori  le  ridusse  a  quattro.  Le  più  importanti  per 
lo  studio  del  sangue  sono  la  2*  e  la  3*  cioè: 

II. 

Bicloruro  di  mercurio 1  gr. 

Cloruro  sodico 2  » 

Acqua  distillata 200  n 

III. 

Bicloruro  di  mercurio 1      gr. 

Cloruro  sodico 4       » 

Acqua  distillata 200    n 

La  soluzione  II,  che  contiene  meno  cloruro  sodico,  Pacini  la  preferisce  per  con- 
serYarc  i  corpuscoli  degli  animali  a  sangue  freddo  ;  la  lU,  per  gli  animali  a  sangue  caldo. 


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la  dose  del  bicloruro  di  mercurio  (^).  —  Perchè  Hayem  abbia  aggiunto 
il  solfato  di  soda  nella  proporzione  di  5  grammi  per  200  di  acqua  io  non  lo 
so,  ed  egli  stesso  fion  lo  dice.  Le  osservazioni  che  ho  fatto  in  proposito  mi 
hanno  convinto  che  il  solfato  di  soda  ò  poco  adatto  per  conservare  il  san- 
gue. Infatti  in  una  soluzione  del  2, 5  per  cento  di  acqua  i  corpuscoli  rossi 
perdono  la  forma  discoide  diventano  sferici  e  poi  si  scoloriscono.  Se  il  sangue  è 
poco  resìstente,  è  maggiore  il  numero  dei  corpuscoli  rossi  che  si  scolorano: 
molti  si  svotano  e  troviamo  nel  liquido  dei  mucchi  di  granulazioni  gialle 
e  delle  ombre. 

«  L'azione  del  bicloruro  di  mercurio  sui  corpi  albuminosi  è  tanto  ener- 
gica che  raggiunta  del  solfato  di  soda,  o  della  glicerina,  credo  giovi  a  nulla. 

«  Per  escludere  ogni  apprezzamento  personale  nel  giudizio  di  formolo  em- 
piriche, ho  voluto  cercare  la  ragione  delle  dosi  che  Tesperienza  aveva  dimo- 
strato più  efScaci  a  conservare  il  sangue.  Credo  non  sia  inutile  che  io  rife- 
risca alcune  esperienze  sull'azione  del  bicloruro  di  mercurio,  perchè  sono  giunto 
alla  conclusione  che  non  bisogna  più  servirsi  di  questa  sostanza  nelle  ricerche 
esatte  sulla  natura  dei  corpuscoli  del  sangue. 

ft  Per  provare  l'azione  fissatrice  delle  varie  soluzioni  di  bicloruro  di 
mercurio  mi  servii  di  una  stufa  d'Arsonval  che  dava  una  temperatura  co- 
stante di  38^.  Vi  mettevo  dentro  le  boccette  che  contenevano  una  goccia  di 
sangue  su  30  ce.  di  uno  dei  liquidi  fissatori,  e  dopo  12  o  24  ore  facevo  il 
confronto  tra  questo  sangue  e  quello  che  avevo  lasciato  in  un  liquido  eguale 
alla  temperatura  ambiente  di  12^  o  16®. 

«  Gol  liquido  Pacini  tanto   nella  formola  II  che  nella  formola  III  non 


Deve  essere  stato  verso  il  1860,  quando  era  in  yoga  la  glicerina  come  liquido 
conservatore,  che  qualchednno  pensò  di  aggiungere  questa  sostanza  al  bicloruro  di  mei^ 
curio,  ma  non  ho  potuto  sapere  chi  sia  stato  il  primo  che  modificò  la  formola  del  liquido 
Pacini,  e  gliela  attribuì  erroneamente  quale  ora  si  trova  nel  maggior  numero  dei  trattati 
di  tecnica  istologica.  H.  Reinhard  {Das  Mikroskop,  1864,  pag.  26)  attribuisce  questa  for- 
mola al  Lambì,  ma  la  cosa  non  mi  pare  certa. 

(0  Liquido  in  Hayem  A. 

Acqua  distillata 200 

Cloruro  di  sodio 1 

Solfato  dì  soda 5 

Bicloruro  di  mercurio 0.50 

Liquido  in  Hayem  B. 

Acqua  distillata 200 

Cloruro  dì  sodio 1 

Solfato  dì  soda 5 

Bicloruro  dì  mercurio 0.50 

Qlicerina  neutra  a  28»  B 10 

G.  Hayem,  Archives  de  physìologie,  1878,  p.  70  ;  1879,  p.  208. 


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si  osservò  alcuna  differenza  per  il  fatto  della  temperatura  elevata.  Gol  li- 
quido Hajem  il  sangue  generalmente  resiste  alla  temperatura  ambiente,  ma  si 
altera  a  38°.  Ho  trovato  dei  cani  di  cui  il  sangue  si  alterava  nel  liquido 
Hayem  anche  alla  temperatura  ambiente.  Biferisco  una  di  queste  osservazioni  : 

tt  Dalla  carotide  di  un  cane  faccio  cadere  una  goccia  di  sangue  in  due  boccette  che 
contengono  60  ce.  di  liquido  Hayem  ;  e  una  di  queste  viene  messa  nella  stufa  a  88®. 
Dopo  12  ore  si  fa  Tesarne  di  entrambe.  Il  sangue  freddo  è  discretamente  conservato,  vi 
sono  però  di  quando  in  quando  delle  forme  irregolari  che  hanno  tante  piccole  sfere 
intomo,  oppure  hanno  delle  sporgenze  irregolari,  filiformi  che  danno  loro  l'aspetto  strano 
di  certe  lettere  giapponesi  :  vi  sono  delle  forme  a  bozzolo  o  strozzate  nel  mezzo  o  stirate 
in  forma  di  lagrima.  Sono  figure  identiche  a  quelle  che  Schultze  (i)  descrisse  e  disegnò 
studiando  le  alterazioni  dei  corpuscoli  del  sangue  esposto  aUa  temperatura  dì  bV  a  52^. 
Vedremo  meglio  in  seguito  che  i  corpuscoli  rossi  degli  animali  a  sangue  freddo  ed  a 
sangue  caldo,  presentano  dei  movimenti  di  contrazione  anche  alla  temperatura  ordinaria  in 
condizioni  speciali.  Intanto  non  possiamo  fare  a  meno  di  considerare  queste  fonne  come 
un  effetto  del  liquido  Hayem  perchè  nel  cloruro  sodico  0,75  per  cento  e  nell'acido  osmico 
1  per  cento  esse  mancavano  completamente. 

u  Più  gravi  erano  le  alterazioni  del  sangue  conservato  nel  liquido  Hayem  alla  ieTDr 
peratura  di  38*^  gradi.  I  corpuscoli  rossi  normali  lisci  ed  omogenei  sono  molto  rari  ;  ab- 
bondano quelli  finamente  granulosi  ;  alcuni  coi  granuli  abbastanza  grossi.  Vi  sono  dei 
corpuscoli  che  sembra  stieno  perdendo  la  sostanza  granulosa  gialla  che  essi  contengono, 
e  questa  ha  formato  degli  ammassi  granulosi  giallognoli.  Trammezzo  a  queste  granula- 
zioni si  vedono  delle  ombre,  ossia  dei  corpuscoli  vuoti  o  scolorati.  Vi  sono  dei  corpuscoli 
rossi  profondamente  alterati  nella  loro  forma,  che  rassomigliano  esattamente  alle  figure 
di   Schultze. 

«  Da  queste  osservazioni  risulta  che  il  biclomro  di  mercurio  nel  liquido 
Hayem  è  contenuto  in  quantità  troppo  piccola;  e  che  il  liquido  Hayem  è 
meno  atto  del  liquido  Pacini  a  fissare  bene  ed  immediatamente  i  corpuscoli 
del  sangue. 

ft  Una  soluzione  di  sublimato  corrosivo  su  10,000  di  acqua  coagula  e 
precipita  tutta  l'albumina  che  si  trova  nel  siero  del  sangue  ;  ma  se  si  aggiunge 
la  metà  di  acqua  al  liquido  Hayem,  benché  si  abbia  ancora  una  soluzione 
del  0,125  per  cento  di  biclomro  di  mercurio,  questa  non  conserva  più  il 
sangue  neppure  alla  temperatura  ambiente.  La  conservazione  del  sangue  col 
bicloruro  di  mercurio,  non  è  dunque  un  semplice  fenomeno  di  coagulazione, 
ma  il  risultato  di  fenomeni  complessi  ;  e  neppure  colle  dosi  elevate  di  biclo- 
ruro di  mercurio,  si  riesce  ad  uccidere  immediatamente  i  corpuscoli  senza 
lasciare  loro  tempo  di  alterarsi. 

«  L'aggiunta  del  bicloruro  sodico  è  necessaria,  e  diminuendone  la  dose 
ho  veduto  che  i  liquidi  col  sublimato  corrosivo  alterano  maggiormente  il 
sangue.  La  ragione  è  questa,  che  il  bicloruro  di  mercurio  forma  delle  soluzioni 
un  po'  acide  e  l'aggiunta  di  cloruro  sodico  diminuisce  non  solo  questa  acidità, 
ma  rende  il  bicloruro  di  mercurio  più  solubile  e  più  stabile.  Non  è  il  cloruro 

(1)  Schultze,  Archiv,  f.  mickrosk.  Anat.  Voi.  I,  pag.  1. 


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di  mercorìo  che  agisce  nel  liquido  Padni  ed  Hajem,  ma  un  cloromercurato 
dì  sodio. 

«  La  soluzione  II  del  liquido  Facini  che  contiene  1  gr.  di  sublimato 
corrosivo,  per  2  gr.  di  cloruro  sodico,  è  quella  che  soddisfa  meglio  a  queste 
condizioni;  ma  ciò  malgrado  neanche  questa  soluzione  conserva  inalterati  tutti 
i  corpuscoli  del  sangue. 

«  Questo  difetto  dei  liquidi  Pacini  lo  si  riconosce  facilmente  quando  si 
rende  un  cane  anemico  con  qualche  salasso,  e  dopo  si  fa  cadere  una  goccia 
di  sangue  in  uno  .qualunque  dei  liquidi  Facini,  o  nel  liquido  Hajem. 

«  La  goccia  che  esce  dall'arteria  appena  tocca  il  liquido  si  raggruma 
e  quando  tocca  il  fondo  del  vaso  è  già  coagulata.  Invece  il  sangue  normale 
resiste,  e  si  spande  nel  liquido  come  una  polvere  leggera.  Né  può  dirsi  che 
sia  l'abbondanza  del  siero  che  nel  sangue  anemico  produce  questo  fenomeno 
dèlia  immediata  coagulazione,  perchè  è  facile  distinguere  le  granulazioni 
dovute  al  copularsi  del  siero,  da  quelle  giall(^nole  che  si  producono  per  il 
disfarsi  dei  corpuscoli  rossi  meno  resistenti,  quando  essi  vengono  in  contatto 
col  liquido  Facini,  e  col  liquido  Hayem. 

«  Un'alterazione  non  meno  grave  che  subisce  il  sangue  nel  liquido 
Pacini,  0  nel  liquido  Hayem  e  lo  scolorarsi  dei  corpuscoli  gialli. 

a  Le  soluzioni  di  bicloruro  acide  trasformano  Tossiemc^lobina  in  metae- 
moglobina,  ma  questo  Tho  veduto  solo  nelle  soluzioni  concentrate  di  5  per 
cento,  0  di  1  per  cento.  Nel  liquido  Pacini  Tossiemoglobina  si  trasforma  in 
una  sostanza  che  si  potrebbe  confondere  per  il  colore  colla  metaemoglobina, 
ma  che  non  ne  presenta  i  caratteri  spettroscopici;  perchè  manca  ogni  stria 
delle  sostanze  coloranti  del  sangue  e  lo  spettro  è  scomparso  al  di  là  del 
verde  ed  è  leggermente  oscurato  nel  resto,  presentando  nel  verde  Tombra  di 
una  stria  pochissimo  marcata. 

«  Ho  fatto  anche  delle  ricerche  colla  ossiemoglobina  pura;  mettendone 
un  po'  nel  liquido  Pacini  ;  ho  veduto  «he  questa  si  altera  rapidamente,  il 
liquido  prende  un  colore  giallo  caffè,  ed  allo  spettroscopio  nou  si  osserva  più 
alcuna  stria  caratteristica  ;  onde  si  può  ritenere  che  la  sostanza  colorante  del 
sangue  siasi  così  profondamente  alterata,  da  perdere  affatto  le  proprietà  ottiche 
dell'emoglobina  e  dei  suoi  derivati. 

«  Esaminando  dopo  qualche  tempo  il  sangue  conservato  nel  liquido 
Pacini  od  Hayem,  si  trova  sempre  che  i  corpuscoli  gialli  hanno  una  tinta 
molto  più  pallida  del  normale,  e  qualche  volta  sono  del  tutto  scolorati.  Di 
questa  alterazione  dell'ossiemoglobina  e  dello  scolorarsi  dei  corpuscoli  nel 
sublimato  corrosivo  in  qualunque  dose  e  specialmente  nel  liquido  Hayem  e 
Pacini,  vedremo  in  seguito  degli  esempi  evidentissimi.  Yi  sono  dei  corpuscoli 
rossi  tanto  delicati  come  quelli  delle  sardine  e  delle  alici  che  si  alterano 
completamente  nel  liquido  Pacini  e  nel  liquido  Hayem,  per  cui  il  sangue 
diventa  irreconoscibile,  e  scompare  ogni  traccia  di  emoglobina. 


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—  432  — 

«  Questo  rapido  scolorarsi  di  molti  corpuscoli  rossi  nelle  soluzioni  di 
bicloruro  di  mercurio  è  stato  causa  di  gravi  errori,  e  lo  dimostrerò  nella 
seguente  Nota. 

«  Il  liquido  Pacini  ed  il  liquido  Hayem  hanno  il  grave  inconveniente 
che  coagulano  il  siero.  Hayem  temo  sia  caduto  in  errore  quando  dice  che 
dagli  ematoblasti  esce  una  sostanza  che  vi  rimane  aderente.  CoU'acido  osmico 
1  per  cento  non  si  osserva  mai  nulla  di  simile  ;  ed  io  credo  che  la  sostanza 
della  quale  parla  Hayem,  sia  semplicemente  siero  del  sangue  coagulato  dal 
bicloruro  di  mercurio. 

«  Dei  metodi  di  Hayem  per  studiare  i  corpuscoli,  uno  altera  il  sangue 
in  modo  chimico,  Taltro  in  modo  meccanico.  Mettendo  egli  il  vetrino  copri- 
oggetti ad  una  piccolissima  distanza  dal  vetro  portaoggetti  con  un  pò*  di 
paraffina,  in  modo  da  produrre  uno  spazio  capillare  nel  quale  deve  scorrere 
ed  espandersi  una  goccia  di  sangue,  necessariamente  questo  si  altera  per  il  con- 
tatto contro  le  pareti  asciutte  del  vetro.  Anche  quando  il  vetro  è  già  bagnato, 
è  facile  dimostrare  che  in  tali  circostanze  si  altera  un  grande  numero  di  cor- 
puscoli rossi.  Se  si  prende  una  goccia  di  sangue  di  pesce  (ad  esempio  di 
Mustelm  laevis)  e  si  fa  toccare  una  goccia  di  soluzione  di  verde  metile  0,2 
per  cento  Na  CI.  1  per  cento,  e  poi  la  si  copre  con  il  vetrino  e  si  esamina 
(anche  aggiungendovi  sopra  la  goccia  di  olio  di  cedro  per  l'immersione  della 
lente)  i  corpuscoli  non  si  alterano  e  dopo  parecchie  ore  sono  ancora  bene 
conservati.  Se  invece  si  mette  sul  vetro  una  goccia  di  sangue  fresco,  o  per 
&re  Vesperienza  in  condizioni  più  favorevoli,  si  aspetta  che  il  sangue  siasi 
coagulato,  e  dopo  si  prende  una  goccia  mista  con  molto  siero,  e  si  ricopre 
con  un  vetrino,  si  vedrà  alterarsi  tutti  i  corpuscoli,  appena  si  mette  una  goccia 
di  verde  metile  sul  bordo  del  vetrino,  e  si  assorbe  il  liquido  della  parte 
opposta  con  un  pezzo  di  carta  bibula.  Dopo  due  minuti  non  vi  ò  più  un 
solo  corpuscolo  normale  ;  la  sostanza  gialla  è  scomparsa  in  tutti,  e  il  nucleo 
si  è  colorato.  Questa  semplice  esperienza  dimostra  che  la  coesione,  o  il  mo- 
vimento del  sangue  negli  spazi  capillari,  ledono  ed  alterano  i  corpuscoli 
rossi  del  sangue. 

Acido  osmico. 

ff  L'acido  osmico,  introdotto  da  Schultze  nella  tecnica  istologica,  ò  un 
ossidante  energico  che  conserva  i  corpuscoli  sanguigni  meglio  di  qualunque 
altra  sostanza.  L'acido  osmico,  nella  soluzione  del  1  per  cento,  non  coagula 
l'albumina  come  il  bicloruro  di  mercurio.  Se  si  mescola  col  siero  traspa- 
rente del  sangue  di  cane,  in  qualunque  proporzione  non  si  forma  un  preci- 
pitato fioccoso  come  succede  coi  liquidi  Pacini  ed  Hayem. 

ff  L'acido  osmico  all'I  per  cento  fa  scomparire  immediatamente  le  due 
strie  caratteristiche  dell' ossiemoglobina  pura,  ed  in  loro  vece  compare  la  stria 
della  metaemoglobina. 


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—  433  — 

«  n  siero  del  sangue  nelVacido  osmico  prende  un  colore  rosso,  ma  se  la 
quantità  di  siero  è  piccola  come  quando  si  mescola  solo  una  goccia  di  siero 
con  20  ce.  di  soluzione  di  acido  osmico  alVl  per  cento,  il  colore  diventa 
giallognolo.  Questo  colore  è  dovuto  all'azione  degli  alcali  e  spocialmente 
della  potassa,  che  produce  un  colore  giallo  rosa  quando  si  aggiunge  in  quan- 
tità sufficiente. 

«  Il  color  leggermente  giallo  che  prende  una  soluzione  di  acido  osmico 
quando  vi  si  fa  cadere  dentro  una  goccia  di  sangue,  non  è  dunque  dovuto 
alla  perdita  dell'emoglobina  per  parte  dei  corpuscoli  rossi;  ma  dipende  dalle 
sostanze  alcaline  del  siero  e  del  sangue. 

«  L'acido  osmico  1  per  cento  fissa  i  leucociti  nella  forma  in  cui  si  tro- 
vano. Li  rende  alquanto  più  granulosi,  ma  li  conserva  trasparenti  come  nello 
stato  normale  :  colla  superficie  irregolare,  le  sporgenze  e  le  frangio  sottili  in 
tutto  identiche  a  quanto  si  vedeva  pochi  secondi  prima  sotto  il  microscopio. 
É  interessante  che  un  corpuscolo  bianco  contrattile  può  morire  senza  aver 
tempo  di  contrarsi  e  formare  una  massa  globosa  :  la  causa  di  tale  fenomeno 
deve  cercarsi  probabilmente  nell'estrema  lentezza  dei  movimenti  prctoplas- 
motici  dei  leucociti,  e  nell'azione  rapidissima  dell'acido  osmico  che  uccide 
istantaneamente  il  corpuscolo. 

«  Il  pus  conservato  nell'acido  osmico  mostra  ancora  una  differenza  nella 
colorazione  dei  corpuscoli,  quando  questi  vengono  sottoposti  all'azione  del  verde 
metile.  Vi  sono  dei  corpuscoli,  delle  granulazioni  e  dei  frammenti  che  si 
tingono  in  violetto,  ed  altri  in  verde,  pochissimi  rimangono  incolori.  La  causa 
di  questa  colorazione  dipende  da  ciò  che  la  soluzione  di  acido  osmico  1  per 
cento  è  pochissimo  acida,  e  spesso  l'aggiunta  del  pus  o  del  sangue  la  rende 
neutra.  Il  pus  conservato  nell'acido  acetico  allungato  si  colorisce  sempre  in 
verde,  anche  nelle  soluzioni  molto  allungate  purché  siano  ancora  acide. 

«  Avremo  occasione  di  persuaderci  nelle  seguenti  note  che  l'acido  osmico 
è,  di  tutte  le  sostanze  conosciute  fino  ad  o^,  quella  che  conserva  me- 
glio il  colore  rosso  dei  corpuscoli  sanguigni.  Il  colore  bruno  quasi  nero  che 
prendono  dopo  un  certo  tempo  le  soluzioni  di  acido  osmico,  è  dovuto  ed  un 
processo  di  riduzione:  ma  anche  dopo  un  anno,  quando  è  scomparso  l'odore 
e  la  reazione  caratteristica  dell'acido  osmico  ed  il  sangue  appare  nerastro,  si 
trova  che  i  corpuscoli  sono  ancora  bene  conservati.  Eccetto  la  spesa  alla 
quale  non  si  può  badare  quando  si  tratta  di  fare  delle  ricerche  esatte,  gli 
altri  inconvenienti  dei  vapori  irritanti,  e  driV annerirsi  della  soluzione  non 
mi  hanno  dato  molestia.  Anzi  trovo  che  queste  ricerche  sono  più  comode  di 
molte  altre,  perchè  basta  avere  una  serie  di  tubi  di  vetro,  o  di  boccette  col 
collo  largo,  vi  si  mette  dentro  15  o  20  ce.  della  soluzione  e  fatto  un  taglio 
nella  coda  di  un  pesce  si  inmierge  subito  il  moncone  nel  liquido  ;  quando  si 
è  raccolta  una  goccia  di  sangue,  si  tappa  anche  semplicemente  con  un  sughero, 
e  questo  sangue  si  conserva  per  ulteriori  studi  e  confronti  ». 

Rendiconti,  1888,  Vol.  IV,  1»  Sem.  56 


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—  434  — 


Fisiologia.  —  //  sangue  nello  stato  embrionale  e  la  mancanza 
dei  leucociti.  Nota  XI.  del  Socio  A.  Mosso. 


«  Ho  fatto  una  serie  di  osservazioni  sul  sangue  dei  pesci  nella  Stazione 
zoologica  di  Napoli.  Nel  riferirne  ì  risultati  incomincierò  col  mettere  a  raf- 
fronto il  sangue  degli  animali  adulti  di  alcuni  gruppi  di  pesci  col  loro 
sangue  nello  stato  embrionale  e  fetale. 

«  Mi  è  sembrato  che  questo  fosse  il  modo  più  semplice  per  tentare  la 
soluzione  del  grave  problema  di  conoscere  le  differenze  tra  i  corpuscoli  gio- 
vani e  quelli  adulti,  o  decrepiti. 

«  Ho  scelto  nel  gruppo  degli  squali  la  famiglia  dei  Mustelus  dove  la 
generazione  si  compie  per  mezzo  di  un  utero  e  di  placente  simili  a  quelle 
dei  mammìferi,  e  la  famiglia  dei  Scyllium  dove  lo  sviluppo  delV embrione  si 
fa  nelle  uova  fuori  delVoi^anismo  materno. 

«  Una  femmina  di  Mustelus  laevis  lunga  1™30  viene  portata  viva  nella 
Stazione  zoologica:  pesa  circa  8  chilogrammi.  Dissanguo  incompletamente 
l'animale  facendo  un  taglio  alla  coda,  e  si  raccolgono  in  due  cilindri  circa 
95  ce.  di  sangue  che  coagula  immediatamente.  Aperta  la  cavità  deiraidome 
e  delFutero  si  estraggono  20  Mustelus  lunghi  28  centim.  che  pesano  circa 
60  grammi  ciascuno.  Tagliato  il  cordone  ombellicale  e  messi  nell'acqua 
nuotano  con  agilità  e  respirano  bene.  Ad  alcuni  si  taglia  la  coda  e  si  rac- 
coglie, come  si  fece  per  la  madre,  qualche  goccia  di  sangue  direttamente 
neir acido  osmico  1  per  cento:  dì  altri  determino  la  resistenza  del  sangue 
che  è  circa  1,75.  Na  CI.  per  cento  di  acqua.  Il  sangue  della  madre  è  un 
pò  meno  resistente. 

«  Il  corpo  privo  dei  visceri  pesa  5  chilogrammi;  la  milza  solo  3  gt.  5. 

«  Il  coagulo  si  disfa  spontaneamente  dopo  2  o  3  ore,  tanto  nel  sangue 
adulto,  quanto  nel  sangue  fetale  e  i  corpuscoli  rimangono  liberi  nel  siero. 

«  Il  sangue  adulto  preso  nella  parte  superiore  ha  i  corpuscoli  rossi  ovali 
regolari  ;  il  diametro  maggiore  è  in  media  di  21  ju  a  23  ju ,  il  minore  di 
14  ]ti  a  16  ju.  Non  sì  vede  il  nucleo.  Ma  nella  sostanza  gialla  del  corpuscolo 
vi  sono  delle  piccole  macchie  rotonde,  trasparenti,  in  numero  di  30  o  40, 
molto  piccole,  che  si  muovono  :  il  loro  diametro  è  minore  di  1  ^u. 

«  In  alcuni  corpuscoli  queste  macchie  sono  meno  abbondanti  e  più  grosse 
e  hanno  il  diametro  di  circa  2  /i. 

«  Vi  sono  molte  cellule  granulose  (KOmchenzellen  di  Leydig)  circa  2 
a  3  per  cento  corpuscoli  rossi.  Dimostrerò  in  una  prossima  Nota  che  le  cel- 
lule granulose  sono  corpuscoli  rossi  in  necrobiosi. 


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—  435  — 

«  Abbondano  i  leucociti,  ed  alla  temperatura  di  15^  eseguiscono  dei 
movimenti  vivaci,  e  cambiano  rapidamente  di  forma  ;  sono  finamente  granu- 
losi ;  misurano  dal0iEial3.a,e  dentro  si  vede  più  o  meno  distinta  la 
forma  di  un  nucleo.  Altri  corpuscoli  incolori  sono  rotondi  e  non  si  muovono. 

«  I  leucociti  sono  così  abbondanti,  che  ne  conto  da  8  a  9  per  cento 
rossi.  Nel  sangue  preso  sul  fondo  del  cilindro  i  leucociti  sono  meno  abbon* 
danti,  ma  si  muovono  egualmente  ed  hanno  lo  stesso  aspetto  e  ne  conto  da 
2  a  3  per  cento  di  rossi.  I  leucociti  spesso  hanno  delle  ramificazioni  e  delle 
frangio  ;  nessuno  presenta  delle  goccio  ialine  alla  superficie. 

«  Sono  abbondanti  le  forme  di  corpuscoli,  simili  a  quelle  che  Hayem 
descrisse  col  nome  di  ematoblasti,  e  rappresentò  nelle  tavole  della  sua  me- 
moria (1):  poche  hanno  una  tinta  giallognola;  alcune  sono  rotonde,  ma  per 
il  maggior  numero  sono  ovali  e  misurano  8  fi,  75  per  10  /e  :  il  nucleo  è  omo- 
geneo e  così  grande  che  intorno  vi  rimane  appena  uno  strato  corticale  dello 
spessore  di  1  ^,  5  leggermente  granuloso  :  il  nucleo  è  omogeneo  liscio,  e 
dentro  si  vedono  generalmente  due  piccolissimi  nucleoli.  Molti  ematoblasti 
sono  fortemente  granulosi  ed  alcuni  si  muovono,  cosicché  formano  dei  leucociti 
più  piccoli  di  quelli  precedentemente  descritti. 

«  Il  sangue  fetale  lo  prendo  anche  negli  strati  superiori,  perchè  non  sia 
troppo  denso  e  si  trovi  mescolato  con  del  siero.  La  differenza  nella  forma 
dei  corpuscoli  rossi  è  così  grande,  che  non  si  può  confondere  col  sangue 
adulto  :  infatti  : 

«PI  corpuscoli  non  sono  più  ovali  e  regolari  nel  loro  contomo,  ma 
un  grande  numero  si  sono  accartocciati  e  ripiegati,  in  modo  che  formano  una 
massa  gialla  conglobata  colla  superfìcie  irregolare  e  bernoccoluta.  Tale  cam- 
biamento corrisponde  a  quello  che  si  osserva  nei  corpuscoli  rossi  dei  mam- 
miferi quando  perdono  la  forma  di  disco  e  diventano  sferici  con  la  superficie 
irta  di  spine.  Bitomeremo  in  seguito  su  questa  alterazione:  per  ora  constato 
che  a  differenza  del  sangue  adulto,  nel  sangue  fetale  circa  un  terzo  dei  cor- 
puscoli rossi  perdono  nelle  prime  ore  la  forma  a  disco  e  diventano  conglobati. 

«  2^  Quasi  tutti  i  corpuscoli  rossi  sono  lisci  ed  omogenei,  mentre  che 
nel  sangue  adulto  il  maggior  numero  dei  corpuscoli  presenta  delle  piccole 
macchie  e  dei  vacuoli  nella  sostanza  gialla. 

«  3''  Mancano  completamente  i  grandi  leucociti  contrattili  del  sangue 
adulto.  Gli  ematoblasti  sono  tutti  scolorati:  alcuni  si  muovono  e  sembrano 
piccoli  leucociti,  altri  sono  granulosi  tondi  od  ovali  ed  immobili.  Alcuni  cor- 
puscoli rossi  che  si  sono  scolorati  presentano  un  vivace  movimento  dei  gra- 
nuli sulla  sostanza  corticale. 

•  4""  Mancano  le  cellule  granulose  (Edrnchenzellen  di  Leydig). 

«  Nel  sangue  fetale  si  vede  un  grande  numero  di  globetti  rotondi  col 

(0  G.  Hayem,  Archives  de  physiologie,  1879..  pag.  208, 


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—  436  — 

diametro  ài  1  in  fino  a  5  e  7  /i.  Sono  piccole  sfere  di  sostanza  ialina  che 
derivano  da  nn^alterazione  dei  corposcoli.  Parlerò  più  estesamente  di  questi 
globetti  nella  nota  intorno  al  processo  di  necrobiosi  studiato  nelle  celiale  con 
ciglia  vibratili. 

tt  Dopo  24  ore  il  sangue  della  madre  si  è  separato  in  due  strati  ;  quello 
dei  corpuscoli  rossi  rappresenta  poco  più  di  un  terzo  deli-altezza  totale  ;  gli 
altri  due  terzi  sono  di  siero  giallognolo  di  colore  dell'orina  chiara.  Alla  super- 
ficie dei  corpuscoli  rossi  vi  è  mostrato  bianco  spesso  3  mm.  Esaminato,  consta 
di  corpuscoli  scolorati  finamente  granulosi,  rotondi.  Sono  rarissimi  i  corpù- 
scoli rossi,  abbondano  le  cellule  granulose.  Mancano  i  leucociti  irregolari  che 
eseguiscono  dei  movimenti  o  sono  scarsissimi  in  confronjko  di  jeri. 

«  Delle  cellule  granulose  hanno  una  tinta  leggermente  giallognola,  e 
viceversa  dei  corpuscoli  rossi  sono  pallidi  e  quasi  scolorati.  Per  buona  parte 
questo  strato  bianco  consta  di  ematoblasti,  ovali  o  rotondi  con  un  grosso 
nucleo,  hanno  il  diametro  di  7  /t  a  9  /e,  e  sono  spessi  4  o  5  /i.  Lo  strato 
corticale  sottile  è  leggermente  granuloso,  il  nucleo  liscio  o  granuloso. 

«  I  corpuscoli  rossi  vicini  sono  grossi  quasi  il  doppio  dei  leucociti  ;  solo 
i  coi-puscoli  rossi  più  piccoli  che  misurano  10  /«,  5  per  10  fi.  con  un  grosso 
nucleo  sono  quasi  tutti  scolorati,  o  sono  molto  meno  gialli  dei  corpuscoli 
che  hanno  i  due  diametri  dì  14  /t  per  24  /i,  e  nei  quali  non  vi  è  traccia 
di  nucleo. 

«  Nel  sangue  fetale  sebbene  io  abbia  raccolto  insieme  il  sangue  di  tre 
mustelus  in  un  piccolo  cilindro,  non  vi  è  traccia  di  questo  strato  bianco  dei 
leucociti;  solo  guardando  la  superficie,  si  vede  che  è  meno  rossa  sullo  strato 
supeiìore,  di  ciò  che  sia  sui  lati  del  cilindro  ;  vi  è  dunque  uno  strato  sotti- 
lissimo del  quale  coll'occhio  non  può  apprezzarsi  lo  spessore  che  rappresente- 
rebbe lo  strato  di  3  mm.  su  45  mm.  che  abbiamo  trovato  nel  sangue  adulto. 
Prendo  con  grande  precauzione  una  goccia  di  siero  misto  al  sangue  che  sta 
nello  strato  supremo  e  trovo  che  sono  metà  corpuscoli  rossi  e  metà  leuco- 
citi; ma  questi  sono  piccoli  e  misurano  generalmente  7  /*  Alcuni  conservano 
la  forma  degli  ematoblasti,  altri  hanno  delle  frangie  e  delle  sporgenze,  ed 
eseguiscono  dei  movimenti  vivaci.  Molti  corpuscoli  gialli  sono  scolorati,  e 
conservano  nell'interno  dei  frammenti  giallognoli.  Circa  la  metà  dei  corpu- 
scoli rossi  continua  ad  essere  globosa  e  bernoccoluta.  È  interessante  di  aver 
constatato  la  resistenza  degli  ematoblasti  e  la  loro  attitudine  ad  eseguire  dei 
movimenti  amebiformi.  Alcuni  corpuscoli  che  a  primo  aspetto  sembrano  leu- 
cociti di  un  diametro  maggiore  si  vede  che  sono  corpuscoli  rossi  scolorati. 

tt  Esamino  il  sangue  adulto  e  fetale  negli  strali  profondi,  e  confermo 
Venorme  ricchezza  di  leucociti  nel  sangue  materno  in  confronto  del  san- 
gue fetale. 


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—  437  — 

Sangue  di  Mustelus  adulto  nell'acido  osmico  1  per  cento 

«  I  corpuscoli  rossi  sono  alquanto  piti  piccoli  di  quelli  esaminati  nel 
siero:  il  diametro  maggiore  oscilla  fral9fie21iEiil  minore  fra  12  e  14  /i. 
La  superficie  e  piena  di  macchiette  e  vacuoli  in  pochissimi  è  omogenea. 

«  Mancano  i  leucociti  colle  forme  irregolari  e  frangiate  che  abbiamo 
veduto  cosi  abbondanti  nel  sangue  coagulai».  Le  forme  che  più  rassomigliano 
ai  leucociti  sono  certi  corpuscoli  scolorati,  omogenei,  rotondi,  col  diametro  di 
12  i»  finamente  granulosi  senza  nucleo,  alcuni  di  questi  corpuscoli  sono 
ovali  e  misurano  16  /i  nel  diametro  maggiore  e  14  jci  nel  minore. 

•  Abbondano  gli  ematoblasti;  ve  ne  sono  dei  lisci  e  dei  granulosi.  Essi 
hanno  il  diametro  di  8  /i  a  10  fi.  Tutto  il  corpascolo  è  formato  da  un 
grande  nucleo  con  uno  strato  corticale  sottile:  il  colore  giallo  in  alcuni  è 
evidentissimo.  Vi  sono  pure  dei  corpuscoli  gialli  un  poco  più  grossi  rotondi 
col  diametro  di  12  /t  che  hanno  un  grosso  nucleo,  e  che  si  è  incerti  se  si 
devono  mettere  fra  i  microciti  o  fra  gli  ematoblasti. 

Sangue  fetale  nell'acido  osmico  1  per  cento 

«  I  corpuscoli  rossi  sono  meno  dittici  che  nel  sangue  adulto.  Qui  ab- 
abbondano  i  corpuscoli  rotondi,  o  poco  ovali,  che  hanno  il  diametro  di  12  /i 
a  14  /u  con  un  nucleo  di  7  ju.  Quelli  dittici  hanno  le  stesse  dimensioni 
che  nel  sangue  adulto.  Il  nucleo  è  più  grosso  nei  corpuscoli  gialli  rotondi 
e  ha  il  diametro  di  circa  10  ju.  Nei  corpuscoli  ovali  invece  è  più  piccolo; 
anche  in  questi,  guardandoli  di  fianco,  si  vede  che  il  nucleo  forma  una  spor- 
genza da  entrambi  i  lati  come  una  sfera  messa  nel  centro  di  un  fuso.  I  cor- 
puscoli adulti  conservano  meglio  la  forma  di  un  disco  e  visti  in  profilo  sono 
più  sottili  dei  fetali. 

K  Vi  sono  dei  corpuscoli  rossi  che  sopra  una  lunghezza  di  21  /e  hanno 
dentro  un  nucleo  rotondo  del  diametro  di  12  /u  e  anche  18  jiì  ;  in  generale 
il  nucleo  nel  sangue  fetale  è  maggiore  che  nel  sangue  adulto. 

«  Qli  ematoblasti  formano  dei  corpuscoli  ovali  omogenei,  non  granulosi, 
di  7  ili  in  trasverso  per  12  /e  in  lunghezza.  Altri  corpuscoli  gialli  hanno 
le  stesse  forme  e  dentro  vi  è  un  grosso  nucleo  granuloso  che  ha  il  dia- 
metro di  8  a  9  ]ti.  Si  vedono  tutte  le  forme  di  passaggio  fra  gli  ematobla- 
sti e  i  microciti.  Gli  ematoblasti  più  piccoli  sono  ovali,  con  un  grande  nu- 
cleo rotondo  che  li  riempie  nel  centro,  e  solo  alle  due  estremità  vi  è  un 
po*di  sostanza  granulosa,   essi  misurano  8  /u,  75  per  10  /i,  sono  giallognoli. 


«  Le  osservazioni  sul  sangue  fetale  sono  tanto  più  interessanti  quanto 
più  gli  animali  sono  giovani.  Vedremo  nella  seguente  nota  che,  prima  di 
uscire  dall'uovo,  alcuni  Scyllium  presentano  già  in  abbondanza  delle  forme 
decrepite  di  corpuscoli. 


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ti  L^esame  del  sangue  in  altri  Mustelm  che  erano  di  alcuni  mesi  più 
giovani,  mostra  infatti  meglio  distinti  i  caratteri  dal  sangue  fetale. 


«  Mtùsteltis  laevis.  La  mattina  del  P  febbraio  1888  portarono  alla  Sta- 
zione zoologica  venti  Mustelus  staccati  prima  del  parto  dall'utero  della 
madre.  Su  di  essi  ho  fatto  le  seguenti  osservazioni. 

«  Sono  lunghi  da  20  a  21  centim.  e  parecchi  hanno  ancora  un  pezzo 
del  cordone  ombellicale  aderente  all'addome,  che  sporge  per  la  lunghezza  di 
5  a  6  millimetri.  Messi  nell'acqua  nuotano,  ma  sono  poco  vivaci. 

«  Esamino  subito  il  loro  sangue  e  ne  metto  nell'acido  osmico  1  per 
cento  e  nel  liquido  Pacini  e  nel  liquido  Havem. 

«  Alcuni  muoiono  dopo  3  o  4  ore,  parecchi  resistono  fino  al  giorno  se- 
guente, ma  dopo  48  ore  sono  tutti  morti.  Taglio  la  coda  ad  uno,  e  tocco  col 
vetro  porta  oggetti  la  goccia  che  esce.  Bicopro  subito  col  vetrino,  ed  esami- 
nando vedo  che  i  leucociti  sono  quasi  la  metà  in  numero  dei  corpuscoli  rossi; 
ma  è  facile  accorgersi  che  questo  è  un  sangue  alterato  per  il  contatto  col 
vetro:  perchè  oltre  ai  nuclei  liberi,  vi  sono  molti  corpuscoli  rossi  deformati, 
col  nucleo  in  posizione  eccentrica  ;  ed  in  altri  il  nucleo  sta  per  uscire  ;  vi 
sono  dei  corpuscoli  rossi  scolorati  e  dei  nuclei  che  hanno  intorno  dei  fram- 
menti di  sostanza  corticale,  come  goccioline  gelatinose  giallognole. 

«  Che  il  sangue  preparato  nel  modo  comune,  come  indicai  or  ora,  fosse 
profondamente  alterato,  potei  subito  assicurarmene  esaminando  il  medesimo 
sangue  raccolto  nel  liquido  Pacini  e  meglio  ancora  nell'acido  osmico  1  per 
cento  mentre  usciva  dalla  coda. 

«  Bipeto  parecchie  volte  questa  osservazione,  incidendo  diversi  Mustelus, 
e  sempre  trovo  che  il  numero  dei  leucociti  è  straordinariamente  grande  se 
tocco  col  vetro  la  goccia  di  sangue  che  esce  dalla  coda  e  poi  la  ricopro 
col  vetrino.  E!  assai  minore  se  metto  prima  una  goccia  di  cloruro  sodico 
0,75  per  cento  sul  portaoggetto  e  tocco  con  questa  goccia  il  sangue,  e  man- 
cano completamente  i  corpuscoli  bianchi  se  raccolgo  il  sangue  nei  liquidi 
fissatori. 

«  Acido  osmico  1  per  cento.  Il  sangue  di  Mustelus  messo  direttamente 
in  questo  liquido  ha  i  corpuscoli  gialli  più  tondi,  cioè  meno  dittici  che  il 
sangue  dei  Mustelus  adulti.  I  corpuscoli  rotondi,  o  quasi  rotondi,  costituiscono 
circa  un  quarto  dell'intero  numero  dei  corpuscoli. 

«  Neiracido  osmico  1  per  cento  i  corpuscoli  hanno  delle  dimensioni  un 
poco  inferiori  a  quelle  del  sangue  fresco;  ossia  nel  sangue  senza  l'aggiunta 
di  liquido,  la  lunghezza  dei  corpuscoli  gialli  varia  in  media  fra  i  20ìiì  e 
24 /E^  e  la  larghezza  fra  i  10/i,  6  e  14ji4,  3.  Nell'acido  osmico  i  corpuscoli 
che   hanno   21    a   22  /i   di    lunghezza   per  10  o    12  /e   di   larghezza  sono 


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abbastanza  rari  ;  generalmente  i  più  grossi  hanno  17  e  18  ju   di  lunghezza 
e  10  a  12/1^  di  larghezza. 

•  Paragonando  questo  sangue  con  quello  di  un  Mustelns  adulto  conser- 
vato neiracido  osmico,  si  vede  nel  Mustelus  adulto  sono  assai  piti  lunghi, 
ossia  più  elittici,  mentre  che  nel  sangue  giovane  sono  più  circolari. 

•  Un'altra  differenza  caratteristica  è  nel  rapporto  fra  la  grossezza  del 
nucleo  e  del  corpuscolo.  Mentre  nel  sangue  adulto  il  rapporto  del  diametro 
trasverso  dell'intero  corpuscolo  sta  a.  quello  del  nucleo  come  3  ad  1,  o  poco 
meno,  nel  sangue  fetale  sta  solo  come  2  ad  1. 

«  Vi  sono  dei  corpuscoli  gialli  rotondi,  o  leggermente  ovali,  che  hanno 
il  diametro  di  12  ju  a  15  /i  e  dentro  un  nucleo  di  10  fi,  oppure  un  corpu- 
scolo giallo  lungo  17  ju  3  e  largo  12  ju  contiene  un  nucleo  lungo  13  fi,  3 
e  largo  10  fi  6:  e  questo  nucleo  è  più  omogeneo  e  più  liscio  dei  nuclei 
minori  che  generalmente  sono  granulosi  con  delle  macchie  irregolari  e  scure. 

«  Questi  corpuscoli   con  nucleo  molto  grosso  sono  abbastanza   comuni. 

K I  corpuscoli  del  sangue  adulto  formano  un  disco  come  la  tesa  di  un 
cappello;  la  coppa  è  rappresentata  dal  nucleo  che  sporge  come  una  mezza 
sfera  da  un  lato  oppure  da  entrambi  i  lati.  Visto  dì  fianco  il  corpuscolo  giallo 
rassomiglia  ad  un  fiiso  che  ha  lo  spessore  di  2  fi,  5  e  porta  nel  mezzo  un 
globo,  ossia  il  nucleo,  che  ha  il  diametro  generalmente  inferiore  ai  4/i. 

«  Nei  giovani  corpuscoli  invece  questa  massa  centrale  è  molto  grossa 
6  fi  fino  ad  8  fi  ;  in  alcuni  questo  nucleo  centi-ale  è  così  rigonfiato  che  forma 
una  massa  globosa  di  9  /i  di  diametro,  che  rassomiglia  al  gambo  di  un  fungo 
dove  la  coppa  rappresenta  il  disco  giallo  del  corpuscolo. 

«  Queste  forme  sono  caratteristiche,  vedute  di  fianco  rassomigliano  a  dei 
fusi  gialli  lunghi  17  fi  a  20  ju,  spessi  5 /e  a  7  fi  con  una  grossa  sfera  nel 
mezzo,  del  diametro  di8jual0/i;e  veduti  di  fronte  hanno  la  forma  co- 
mune di  dischi  elittici  con  un  nucleo  nel  mezzo. 

«  Qualche  volta  il  nucleo  per  effetto  dell'acido  osmico  si  gonfia  tanto 
-che  scoppia,  e  si  formano  alla  superficie  dei  lembi  e  delle  frangio  come 
quando  si  soffia  una  bolla  fusa  di  vetro  che  si  fa  scoppiare.  Colle  inegua- 
glianze prodottesi  alla  superficie  i  nuclei  rigonfi  si  attaccano  insieme  e  for- 
mano delle  catene  di  5  o  6  corpuscoli  o  dei  mucchi  di  corpuscoli. 

«  Quando  due  si  toccano  e  sono  così  strettamente  attaccati  che  anche 
scorrendo  non  sì  separano,  e  resistono  agli  urti,  guardando  nel  punto  di  con- 
giunzione non  sì  vede  nulla;  ì  nuclei  sono  fusi  in  una  massa  trasparente  dove 
manca  ogni  particolarità  di  struttura. 

«  Nel  sangue  adulto  vi  sono  dei  corpuscoli  che  hanno  il  nucleo  grosso 
e  globoso,  ma  sono  rari  e  meno  grossi  e  non  scoppiano  a  questo  modo. 

«  Le  differenze  fra  il  sangue  embrionale  e  quello  adulto  sono  dunque: 
«  P  La  forma  più  rotonda  dei  corpuscoli  giovani; 
K  2^  La  grossezza  maggiore  del  nucleo  ; 


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K  3^  La  tendenza  a  gonfiarsi  ed  a  scoppiare  nelVacido  osmico  1  per  cento. 

«  Ma  la  differenza  più  caratteristica  è  la  mancanza  dei  leucociti  nel 
sangue  embrionale  e  fetale,  che  ho  costatata  pure  negli  embrioni  dei  mammiferi. 

«  Il  sangue  fetale  di  Mustelus  laevis  conseryato  uoiM acido  osmico  1  per 
cento  contiene  né  corpuscoli  bianchi,  nò  cellule  granulose,  né  ematoblasti 
scolorati.  Si  vede  qualche  elemento  ovale  che  misura  6  /e,  6  per  10  /i,  6 
senza  nuclueo,  ma  anche  questi  corpuscoli  sono  gialli.  Altri  sono  più  grossi, 
leggermente  ovali  coi  due  diametri  di  9  /«,  3  per  8  /e,  oppure  sono  rotondi 
col  diametro  di  8  ^u  e  sono  intensamente  gialli.  Né  vedendo  la  mancanza  di 
leucociti  può  credersi  che  siansi  distrutti,  perchè  non  si  trovano  né  granula- 
zioni, nò  frammenti.  Anche  cercando  negli  strati  più  superficiali  dove  gene- 
ralmente galleggiano  i  leucociti,  non  si  trovano  che  corpuscoli  rossi.  I  più 
pallidi  sono  le  grandi  cellule  ovali  con  grosso  nucleo  omogeneo,  ma  anche 
essi  hanno  una  tinta  giallognola. 

«  La  superficie  dei  corpuscoli  gialli  è  liscia  ed  omogenea  nella  parte 
corticale;  alcuni  hanno  delle  macchiette  bianche  o  scure  a  seconda  che  si 
alza  0  si  abbassa  il  tubo  del  microscopio.  Queste  macchie  sono  rotonde  in 
numero  di  5  o  6  sparse  irregolarmente  alla  superacie  del  corpuscolo,  spesso 
in  numero  assai  maggiore,  ma  sono  sempre  piccole  in  modo  che  non  superano 
0,4  jw  e  0,6  ju  di  diametro. 

K  II  tipo  dei  corpuscoli  non  ò  quello  di  un  disco,  ma  di  una  sfera  con 
un  anello  intorno.  Guardando  il  nucleo  di  fronte,  a  primo  aspetto  sembra  una 
massa  costituita  da  frammenti  filiformi,  ma  se  si  esamina  bene  il  nucleo  di 
fianco  si  vede  che  queste  linee  scure  sono  coaguli  irregolari  sospesi  in  una 
sostanza  omogenea,  ed  alcune  volte  formano  delle  frangio  irregolari  che  dalla 
base  del  nucleo  sopra  il  disco  anulare  si  dirìgono  verso  la  parte  culminante 
del  nucleo  che  é  più  omogeneo.  • 

«  Nel  liquido  Pacini  i  corpuscoli  rossi  di  questi  feti  di  Mtisteltcs  laevis 
hanno  in  media  il  diametro  maggiore  di  21  ju  e  l'altro  di  10  ju ,  ed  il  nucleo 
di  5  jii,  25  ;  ma  vi  sono  anche  dei  nuclei  di  8  .a  dentro  un  corpuscolo  di  10  /i,  5. 
Nei  corpuscoli  ovali  lunghi,  è  dove  i  nuclei  sono  più  piccoli  e  in  media  misu- 
rano 3  iii,5;  invece  nei  corpuscoli  rossi  più  rotondi  si  vedono  dei  nuclei  ovali  che 
hanno  il  diametro  ài  7  fi  per  10  ,u,5:  e  questi  grandi  corpuscoli  rossi  che  misu- 
rano 17  /i  a  18  /i  sono  appiattiti,  per  cui  hanno  la  forma  di  un  disco  come 
i  corpuscoli  rossi  normali.  Si  può  ritenere  come  un  fatto  dovuto  ai  liquidi 
conservatori,  se  i  corpuscoli  nell'acido  osmico  1  per  cento  hanno  il  nucleo  più 
gonfio  che  non  quelli  conservati  nel  liquido  Pacini. 

«  Un'altra  differenza  che  però  va  a  danno  del  liquido  Pacini,  è  che  in 
esso  i  corpuscoli  rossi  diventano  più  granulosi;  in  moltissimi  si  vede  una  pun- 
teggiatura di  macchiette  chiare  e  scure,  sparse  irregolarmente  come  una  granitura 
leggiera,  e  il  nucleo  presenta  delle  granulazioni  più  forti  ch3  rendono  il  con- 
tomo un  po'  irregolare  e  meno  netto.  Vi  sono  dei  corpuscoli  rossi  che  hanno 


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una  estremità  acuminata  e  Taltra  rotonda,  e  di  quelli  che  rassomigliano  ad 
un  fuso,  perchè  entrambe  le  estremità  sono  stirate  in  punta. 

«  L'alterazione  più  singolare  è  quella  dei  corpuscoli  rossi  che  hanno  nel 
mezzo  uno  strozzamento  più  o  meno  forte,  cosi  che  prendono  la  forma  come 
di  una  bisaccia  o  di  una  borsa,  essendo  il  corpuscolo  diriso  in  due  parti  rotonde 
eguali  0  differenti  per  mole  che  stanno  riunite  da  un  tratto  di  sostanza  gialla. 
Su  queste  forme  sottili,  che  furono  già  descritte  da  Bizzozero,  ritornerò  in 
seguito  perchè  le  osservai  frequentemente  nel  sangue  dei  pesci. 

•  Che  il  liquido  Pacini  alteri  il  sangue  fetale  del  Mustelus  laevis 
lo  si  vede  con  facilità,  perchè  frammezzo  ai  corpuscoli  vi  sono  nel  liquido 
non  solo  delle  granulazioni  bianche,  che  potrebbero  essere  prodotte  dalla  coagu- 
lazione del  siero,  ma  si  vedono  anche  delle  granulazioni  gialle  che  certo  sono 
frammenti  di  corpuscoli  rossi  disfatti;  e  frammezzo  a  queste  granulazioni  vi 
sono  dei  nuclei  bianchi  omogenei  ovali  o  rotondi  con  un  diametro  di  5  a  6  ju. 
Anche  qui  mancano  i  leucociti,  o  sono  rarissimi,  e  invece  sono  discretamente 
comuni  le  forme  scolorate  simili  a  quelle  descrìtte  da  Hayem  col  nome  di 
ematoblasti. 

«  Il  paragone  del  sangue  dì  Mustelm  conservato  nel  bicloruro  di  mercurio 
colle  soluzioni  di  Pacini  o  di  Hayem,  ci  dà  il  modo  di  convincersi  che  il  colore 
del  sangue  adoperato  come  base  di  classificazione  è  un  criterio  instabile  e 
Mlace.  Mettendo  a  raffronto  il  sangue  conservato  neir  acido  osmico  al  1  per 
cento  e  quello  che  venne  in  contatto  col  liquido  Pacini  o  col  liquido  Hayem, 
noi  vediamo  che  il  sublimato  corrosivo  ha  scolorato,  deformato  e  distrutto 
molti  corpuscoli  rossi  che  neiracido  osmico  conservano  ancora  una  tinta  gial- 
lognola. È  solo  coll'uso  di  reagenti  più  sicuri  che  ci  metteremo  in  grado  di 
conoscere  quale  sia  la  natura  degli  elementi  morfologici  costitutivi  del  sangue, 
e  qui^  le  forme  dei  corpuscoli  prodotti  artificialmente  o  dai  reattivi,  o  dalle 
condizioni  anormali  della  vita  dei  corpuscoli  per  un  arresto  o  un  rallentamento 
della  circolazione. 

«  Nel  sangue  di  questi  Mustelus  e  in  quello  di  altri  pesci  di  cui  parlerò  in 
appresso,  ebbi  modo  di  persuadermi  che  le  forme  acuminate,  a  bisaccia,  o  strette 
nel  mezzo  come  una  cifra  ad  8,  o  stirate  come  se  avessero  una  coda  od  un 
flagello  e  tutte  le  altre  forme  di  corpuscoli  scoloriti  che  Hayem  descrisse  come 
ematoblasti,  sono  semplicemente  dei  corpuscoli  rossi  alterati.  E  nel  medesimo 
sangue  si  osservano  delle  forme  eguali  per  struttura  e  per  forma  che  talora 
sono  gialle  e  talora  completamente  scolorite,  come  ad  esempio  i  corpuscoli 
rotondi  od  ovali  di  8  a  9  /«  che  hanno  un  nucleo  di  5  a  6  ju. 

«  Che  gU  ematoblasti  siano  delle  forme  alterate  lo  si  conosce  facilmente 
dalle  estremità  acuminate,  stirate  come  lagrime  di  vetro;  nei  vedremo  che 
questa  è  una  forma  assai  comune  nei  corpuscoli  rossi  che  si  alterano  per 
una  ragione  qualsiasi.  Questi  elementi  fusiformi  che  hanno  delle  code  lunghe 
con  un  nucleo  ovale  omogeneo,  o  rotondo,  che  qui  appaiono  scolorate,  le 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1*  Sem.  57 


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vedremo  abbondanti  in  aliai  animali  e  perfettamente  colorate  in  giallo;  Tessere 
scolorate  è  un  grado  maggiore  di  alterazione  e  non  un  carattere  per  fame  mi 
elemento  speciale.  Infatti,  anche  in  questo  sangue  si  vedono  tutti  i  passaggi 
dalle  forme  gialle  a  quelle  scolorate.  È  particolarmente  nello  studio  di  queste 
forme  intermedie  che  si  riconosce  l'afiSnità  degli  elementi  che  gli  istologi 
moderni  tendono  a  disgiungere. 

«  Finché  si  tratta  di  riconoscere  un  corpuscolo  rosso,  non  vi  è  alcuna 
difficoltà,  sia  esso  tondo  od  ovale,  col  nucleo  piccolo  o  grande  :  la  interpreta- 
zione diviene  controversa  solo  quando  si  tratta  di  classificare  le  forme  che 
possono  a  piacimento  mettersi  o  &a  i  leucociti  o  fra  le  piastrine  o  fra  gli 
ematoblasti. 

«  Quando  incontriamo  un  corpuscolo  bianco  di  8iu  a  9jeì,  se  è  rotondo 
non  si  può  per  questo  solo  metterlo  fra  i  leucociti.  Se  ha  un  grosso  nucleo 
con  sottile  sostanza  corticale  e  dentro  al  nucleo  omogeneo  uno  o  due  nucleoli, 
io  lo  metterei  fra  le  giovani  cellule;  se  invece  si  tratta  di  un  corpuscolo 
bianco  con  eguale  diametro  che  ha  dentro  un  nucleo  irregolare  o  multiplo,  io 
lo  metterei  fra  le  cellule  in  necrobiosi,  cioè  fra  i  leucociti. 

«  La  struttura  del  corpuscolo  e  la  forma  del  nucleo  deve  essere  la  base 
della  classificazione  dei  corpuscoli,  perchè  il  colorito  e  la  forma  possono  va- 
riare e  mutarsi  per  molti  accidenti. 

«  Infatti  Hayem  confuse  coi  leucociti  delle  forme  che  sono  a  mio  parere 
diverse  per  loro  natura,  e  che  stanno  piuttosto  nella  cat^oria  dei  corpuscoli 
giovani,  0  degli  ematoblasti  ;  e  viceversa  fondandosi  sul  criterio  fallace  della 
sua  classificazione  egli  diede  il  nome  di  ematoblasti  a  degli  elementi  che 
non  sono  più  germi  di  corpuscoli  rossi,  ma  corpuscoli  alterati  che  diventa- 
rono fusiformi  ». 

Matematica.  —  Sulla  equamne  a  derivate  parziali  del  Cayley 
nella  teoria  delle  superficie.  Nota  del  Corrispondente  Luigi  Bianchi. 

«Se  Tespressione 

(1)  ds^  =  edx^  +  gdy^ 

definisce  Telemento  lineare  di  una  superficie  S,  riferita  alle  sue  linee  di 
curvatura  x  =  cost.,  y  -=  cost.  e  con  s  si  indica  una  funzione  incognita  di  x,  y, 
la  equazione  in  discorso  è  data,  nelle  solite  notazioni  di  Monge,  da: 

(2)  ,^^Hre    ^^logV~9 

^  i^y     ^  i^x    ^ 

«  Il  suo  significato  geometrico,  come  è  ben  noto,  è  il  seguente.  Staccando 
sopra  ogni  normale  di  S  un  segmento  infinitesimo  q  ==  éz^  dove  s  è  una  co- 
stante infinitesima,  la  superficie  S'  luogo  degli  estremi  dei  segmenti  ^  è  la 
superficie  successiva  alla  S  in  un  sistema  triplo  ortogonale. 


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«  In  questa  Nota  mi  propongo  di  risolvere  il  problema:  Può  l'equa- 
zione (1)  del  Cayley  ammettere  soluzioni  indipendenti  dalle 
flessioni  della  superficie  S?  Supponendo  cioè  che  dopo  una  flessione 
la  superficie  S  acquisti  le  nuove  linee  di  curvatura 

x'  =.  cost  ^  =  cost 
e  sia 
(3)  d8'  =  edx'-hgdg*  =  (fdaf*-hs^dy'^ 

si  domanda  se  la  fonzione  di  ir,  espressa  per  a',  y'  potrà  nuovamente  soddi- 
sfare alla  equazione  del  Cayley 

^_l)log^^,^7)logt/?^ 

e  Tale  questione  si  può  enunciare  sotto  forma  ^ta,  ricorrendo  ad  un 
teorema  di  Bibaucour  sui  sistemi  co  '  di  circoli  che  ammettono  una  serie  di 
superficie  ortogonali,  sistemi  che  chiamo  per  brevità  sistemi  normali  di 
circoli.  Ad  ogni  soluzione  x  della  equazione  (1)  del  Cayley  corrisponde  un 
sistema  normale  di  circoli  ortogonali  aUa  superficie  S  (0  e  se  immaginiamo 
la  S  flessibile  ed  inestendibile  e  il  sistema  di  circoli  invariabilmente  legato 
alla  superficie  S  durante  la  deformazione,  il  problema  proposto  equivale 
all'  altro  : 

Un  sistema  normale  di  circoli,  ortogonali  alla  superficie  S, 
può  mantenersi  normale  dopo  una  flessione  di  S? 

«  Per  risolvere  questo  problema  cominciamo  dall'osservare  che  se 

fife»  =  eda^  +  2  fdxdy  +  gdy^ 

è  l'elemento  lineare  di  una  superficie  e  ir  è  una  funzione  qualunque  di  x,  y 
l'espressione  differenziale 

[HVHVÌ«]^+^[H'iVr2l'>''H]'-fi>-|fì']*' 

dove  To  (  ^  il  iioto  simbolo  introdotto  dal  sig.  Chrìstoffel  nella  teoria  delle 
forme  differenziali  quadratiche  (Journal  von  Creile  Bd.  LXX),  non  varia  can- 

(»)  V.  la  mia  Nota  2*  Sui  sistemi  ciclici  §  4,  Giornale  di  Battaglini,  voi.  XXn. 


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(4) 


—  444  — 

giando  comunque  le  coordinate  curvilinee  x,  y.  In  particolare  pei  due  sistemi 
di  coordinate  ortogonali  {x,  y\  {su',  j/)  supposti  nella  formola  (3)  avremo 

«  Supponendo  adunque  che  le  due  equazioni  del  Cayley  relative  ai  due 
sistemi  (x,y),  {x\i/) 

(5)    { 

)j      J12)' ,   ,   il2)' , 

siano  insieme  soddisfatte,  dovremo  avere 

Ma  per  la  (3)  si  ha  altresì 

e  siccome  le  linee  coordinate  (x,  y)  sono  differenti  dalla  (x',  y')  ne  risulterà 

c)     ^['-ivip-iVìo-'D-Hi-ifìO- 

tt  Se  la  soluzione  cercata  s  esiste,  essa  dovrà  dunque  soddisfare  simul- 
taneamente la  1*^  delle  (5)  e  la  (6).  Inversamente  se  ciò  accade,  le  for- 
molo (4)  dimostrano  che,  cangiando  le  coordinate  curvilinee  (or,  y)  in  altre 
ortogonali  qualunque  {x\y')  saranno  soddisfatte  da  /  {x\i/)  =  z{Xyy) 
le  equazioni  analoghe 

^[''-lV|V-iVjV]w[.-|fjV-f|jV]. 


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—  445  — 

«  Ciò  posto  prendiamo  a  linee  coordiiiate  w  =  cost  le  lìnee  2  =  cost  e 
a  linee  y  =  cost  le  loro  traiettorie  ortogonali,  di  guisa  che  avremo 

i  =  f{a:). 
■  Le  equazioni  da  soddis&isi  (5,i)  e  (6)  diventano 

f"{x)_  1  7>g 
f'{x)      2g-òx 

e  poiché  non  è  f  {w)  =  0,  dovrà  essere  —  =0,  per  cui,  cangiando  il  para- 

metro  x,  potremo  fare  ^  =  1,  La  2*  ci  dimostra  che  p'  è  il  prodotto  di  due 
funzioni,  Tuna  di  x^  Taltra  di  y.  Cangiando  il  parametro  y  potremo  prendere 

e  ne  risulterà 

K  Sene  conclude  quindi:  Le  uniche  superficie  per  le  quali  la 
equazione  del  Cayley  ammette  soluzioni  indipendenti  dalle 
flessioni  della  superficie,  sono  quelle  applicabili  sopra  su- 
perficie di  rotazione. 

«  I  corrispondenti  sistemi  normali  di  circoli  sono  quelli  considerati  al 
§  10  della  mia  Nota  citata. 

«  Qui  abbiamo  supposto  che  nella  flessione  considerata  cambino  le  linee 
di  curvatura  della  S.  Altrimenti  questa  superficie  ò  una  superficie  del  Monge 
con  un  sistema  di  linee  di  curvatura  in  piani  paralleli,  e  i  corrispondenti 
sistemi  di  circoli  sono  quelli  di  cui  si  tratta  alla  fine  del  §  2  della  stessa 
Nota  ». 

Matematica. —  Sopra  una  classe  di  trasformazioni  in  sé  mede- 
sima della  eqtcazione  a  derivate  parziali: 
n\    ^      rt  —  s*  (1  >f  q*)r—2pqs+(l-^p^)  t  1 ,^ 

Nota  del  Corrispondente  Luigi  Bianchi. 

«  1.  Le  trasformazioni  di  cui  tratto  in  questa  Nota  appartengono  al  ge- 
nere di  quelle  che  il  sig.  Bàcklund  ha  studiato  nel  XYII  e  XIX  volume  dei 
Matematische  Annalen  (0-  Per  maggior  chiarezza  riassumerò  qui  brevemente 
dei  risultati  ottenuti  da  Bàcklund  quelli  che  mi  occorrono  nel  seguito. 

«  Siano 
(1)  z  =  z{x,y),       /  =  /(^,/) 

(')  Cfr.  Bpecialmente  volume  XVn,  pag.  311  sgg.  ;  volume  XIX,  pag.  412  sgg. 


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—  446  — 

due  funzioni  incognite  delle  rispettàve  variabili  indipendenti  x,y;  af,  y'  legate 
fra  di  loro  da  quattro  equazioni 

/  F,  (x,  y,  i,  x\  -jf,  z\  p,  q,  f\  q')  =  0 

^     j   F,  (x,  y,  /,  a:',  y',  /,  p,  q,  p\  q')  =  0 
(  V^ix,y,g,x^,i/',/,p,q,p\^)  —  0, 
dove 

„  _  ■^•»    „      "J* .  „'     V    „f     V 

c  Affinchè  ir  =  9>  (^,  y)  sia  una  particolare  forma  della  fdnzione  Ji  che 
renda  le  (2)  compatibili,  si  richiede  che  eliminando  x^y  fra  le  quattro  equa- 
zioni (2),  ove  si  è  fatto 

^  =  9(s,y),p  =  ^,q^^' 

le  due  equazioni  risaltanti  per  /  : 

^  A(y,y',/,/,y')  =  0 

ÌB(ar'.y',/,/,?')  =  0 

ammettano  un  integrale  comune.  La  condizione  d'involuzione 

[AB]  =  0 

viene,  per  mezzo  delle  (2),  trasformata  direttamente  da  B&cklund  nella  seguente 

(3)        [AB]  =  )34|[PiP.]+j42|[F.P3]+|23|CF,P4]+|12([P,P,]-t- 
+ }  13  j  [P4P,]+ 1 14  { [P,P,]  =  0 , 

dove  i  simboli  \ik\j  QF<Fit]  hanno  il  significato  dato  dalle  formolo 

-ìx     '^  DS         -dp        -iq       7)y      "  -hi        -Jtp         l)q 
-dx     ^  -»z         -òp         -iq      -Jy      ^  -òg  ^   Tip  -bq 

-òx*'  '~  -òx-òy'        -dy* 

W  "*"^  V  /  V     \v  '^^  w)  V  ■ 

«  Il  caso  che  qui  esclusivamente  ci  interessa  è  quello  in  cui  la  (3)  con- 
tiene ^,y\/,p^,gf  soltanto  in  un  fattore  isolato  che  si  possa  sopprimere; 
allora  essa  è  per  ^  una  equazione  a  derivate  parziali  del  2*  ordine,  che  defi- 
nisce le  infinite  forme  di  t  corrispondenti  a  soluzioni  del  sistema  (2).  Se  dì 
più  le  (2)  sono  siounetriche  in  x,  y,  z,  p,  q,  ;  s^,  y\  /,  p',  q',  la  /  soddisfa 
essa  stessa,  come  funzione  di  x\  y',  alla  medesima  equazione.  In  tale  ipotesi 


(«)    \iki  = 


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—  447  — 

le  formolo  (2)  definiscono  una  trasformazione  in  sé  medesima  della  equazione 
a  derivate  parziali  (3)  e  per  mezzo  di  esse,  nota  una  soluzione  particolare 
della  (8),  si  possono  trovarne  infinite  nuove  mediante  integrazione  di  equa- 
zioni differenziali  ordinarie. 

•  Ove  si  riguardino  or,  y^  z  come  coordinate  cartesiane  ortogonali  di  un 
punto  dello  spazio,  le  (2)  definiscono  una  trasformazione  di  ogni  elemento 
piano  (a^t/,2,pyq)  condotto  pel  punto  {x.t/.z)  normalmente  alla  retta  i  cui 
coseni  di  direzione  sono  proporzionali  a 

p,q,  —  l,' 
in  00*  elementi  {af,y\i^,p\q').  Se  si  considera  una  superficie  -?  =  /(^,  y), 
la  trasformazione  (2)  fa  nascere  dai  suoi  oo*  elementi  piani  una  tripla  infi- 
nità di  tali  elementi.  Solo  quando  la  superficie  z  =  f{x,  y)  è  una  superficie  inte- 
grale della  (3)  è  possibile  distribuire  questi  oo^  elementi  in  oo*  serie  di  oo' 
elementi,  costituenti  ciascuna  una  superficie;  allora  la  superficie  z^=f{x,y) 
viene  trasformata  dalla  (2)  in  oo*  nuove  superficie,  che,  nel  caso  qui  consi- 
derato della  simmetria  delle  (2),  appartengODO  alla  medesima  classe. 

<  2.  Un  esempio  molto  interessante  di  tali  trasformazioni  di  un'  equa- 
zione a  derivate  parziali  in  sé  medesima  è  quello  che  il  sig.  Lie  (0  ha  de- 
dotto, per  la  equazione 

che  definisce  le  superficie  pseudosferiche  di  ra^o  a,  dalla  costruzione  che 
io  ho  chiamato  trasformazione  complementare. 

•  Le  formolo  (2)  relative  a  questo  caso  sono 

p{a:'  —  x)  +  q{ì/  —  y)  —  {s!  —z)=^0 
p'{af  —  a)-hq'(t/  —  y)  —  (z'  —  z)=^0 
pp'-^q^-i-l  =0 

(x  —  /y-h(y  —  yy-h(z  —  /y  =«*; 
allora  la  (3)  si  riduce  appunto  alla  (4). 

•  La  trasformazione  di  ogni  superficie  pseudosferica  in  altre  oo*  tali  super- 
ficie data  dalle  formolo  ora  scritte  fu  poi  generalizzata  da  B&cklund  (^)  col 
sostituire  alla  3^  di  queste  forQiole  l'altra  più  generale 

(K  cost*«). 

•  Nella  presente  Nota  mi  propongo  di  far  conoscere  una  classe  analoga 
di  trasformazioni  in  sé  medesima  della  equazione  a  derivate  parziali  (I).  E 
sebbene  nelle  verifiche  da  farsi  sulle  successive  equazioni  (6),  (10)  si  possa 
prescindere  da  ogni  significato  geometrico,  pure  non  sarà  inutile  indicare  per 
quale  via  queste  formolo  sono  state  stabilite.  Esse  non  sono  altro  che  le  for- 

0)  ArchiT  forMathematik  og  Naturridenskab  Bd.  V.  {Zur  Theorie  der  Fìàchen  con- 
ttanter  Krummung  HI). 

(«)  Lunds  Univ.  Arsskrift.  T.  XIX. 


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—  448  — 
mole  della  trasformazione  complementare  o  dì  B^Lcklund  per  le  superficie 

pseudosferiche  dello  spazio  di  Lobatschewsky  a  curvatura  costante  K= — — . 

Prendendo  per  elemento  lineare  di  questo  spazio  B 

(5)  dB^  =  ^  {dx^  +  dy^  +  di*) , 

la  equazione  a  derivate  parziali  (I)  definisce  appunto  in  B  le  superficie  a 

curvatura  costante,  il  P  membro  di  essa,  moltiplicato  per  —,  rappresen- 

tando  la  curvatura  relativa  della  superficie  z=^  2{x^  y)  (')• 

«  3.  Bicorrendo  alle  note  proprietà  della  rappresentazione  conforme  dello 
spazio  di  Lobatschewsky  sullo  spazio  euclideo,  che  si  ottiene  riguardando 
nella  (5)  x,  y,  z  come  coordinate  cartesiane  ortogonali  di  un  punto  di  quest'ul- 
timo spazio  (^),  troveremo  per  definire  analiticamente  la  trasformazione  com- 
plementare descritta  al  n.  8  M.  e.  le  formolo  seguenti  : 

\  1^^=  p'{x'  —  x)'+'  q{y'  —  y)  —  kz  —  sf  =  0 
^^nY,=pp'  +  qq'  —  k  =0. 

(  ¥^  =  {x'—xy+{i/—yY+z^+^*+Zkz^=Q, 
dove  k  è  una  costante. 

«  Possiamo  ora  facilmente  verificare,  prescindendo  da  ogni  significato 
geometrico  di  queste  formolo,  che  esse  definiscono  una  trasformazione,  della 
specie  sopra  descritta,  della  equazione  a  derivate  parziali  (I)  in  sé  medesima. 
Se  infatti  pel  sistema  (6)  costruiamo  le  espressioni  \ik\y  [F^Fk]  definite 
dalle  (a)(/9),  troviamo  in  primo  luogo: 

[PiP,]  =  (A*  — 1)^,    [Pi  Fa]  =;?«  +  ?*  + A»,    [P»F,]  =  0 
[P,P3]---0  ,    [F,PJ  =  2(1-A*)^«,     [F3PJ  =  2(1-A:»)^, 

talché  la  condizione  d'involuzione  (8)  diventa 

(7)    {k^—l)z  ]M\  4-(;>*+?*+A:*)  J42Ì  +2(1— A*V  jl2{  +2(1— A«)^»  j31|  =0. 
«  Abbiamo  poi  : 

]U\^2rp\q{z+k:^)+y—i/]^-+-2s^^^^^  (^+A/)|  — 

—2t^  \p(Z'^k£)-{-x—art 


J42H     ^\(Ì'^kq)(x'-x)-{p'+kp)(i/-y)'^{p'q-pq'){z+k^) 

)3i(=      \p'{y-y)-i'(^-^)\ .  {rt-z') 

\l2\=r{x-x'){(i  +  kq)-i-s^{^  +  kq){y  —  i/)-{p'+kp){x-x')^ 

-t{y-y')(il  +  kp) 

(1)  Veggasi  il  §  I  della  mia  Memoria  inserita  nel  Volume  IV,  serio  4%  CI.  se.  fis.  ecc. 
degli  Atti  della  B.  Accademia. 
(«)  Cf.  n.  1,  M.  e. 


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—  449  — 
e  la  (7)  prende  per  ciò  la  forma 

(8)  A(r^  — 5*)  +  Br  +  C«-hDf  +  B=:0. 

«  Calcolando  effettivamente  i  coefficienti  A,  B,  C,  D,  E,  facendo  uso 
delle  formolo  di  trasformazione  (6)  per  porre  in  evidenza  in  ciascuno  di  essi 
il  &ttore 


*  =  2Jy(y'-y)-y'(^-^)|, 


risulta: 
A  =  (l— A«y.i,    B  =  (l  — A*)^(H-(?«).A,    G=—2{l—k^)g.pq.ìi, 

«  Sopprimendo  quindi  dalla  (8)  questo  fattore  A,  che  non  può  essere 
nullo,  troviamo  che  g  deve  soddisfare  alla  equazione  della  forma  (I) 

(9)      r^     ^^-^'       ,Al+g')r-2pqs+{l-^p')t  1 1_ . 

«  D'altronde  le  formolo  (6)  essendo  simmetriche  in  x,  y,  s,p,  q;  x\  /,  /, 
/,  ^,  risulta  dimostrato  che  esse  danno  una  trasformazione  in  sé  medesima 
della  equazione  (9).  È  però  da  osservarsi  che  la  trasformazione  è  reale  sol- 
tanto, a  causa  dell'ultima  (6),  quando  A:*<1,  ossia,  per  usare  il  linguaggio 
geometrico,  solo  per  le  superficie  dello  spazio  di  Lobatschewsky  a  curvatura 
relativa  costante  negativa  (Cf.  n.  8,  M.  e). 

•  Non  tralascieremo  di  notare  una  conseguenza  delle  ricerche  ai  §§  III, 
lY,  M.  e.  contenuta  nel  teorema  : 

n  Se  4f=/(;r,y)  è  una  particolare  superficie  S  integrale 
della  (9),  le  co*  superficie  S' derivate  dalla  S  per  mezzo  della 
trasformazione  (6)  fanno  parte  di  un  sistema  triplo  orto- 
gonale ed  hanno  per  traiettorie  ortogonali  un  sistema  di 
circoli. 

«  4.  Come  le  formolo  (6)  esprimono  analiticamente  la  trasformazione 
complementare  per  le  superficie  pseudosferiche  dello  spazio  di  Lobatschewsky, 
così  le  altre  più  generali 

Fi  =/)  (a?'— 5?)  + j(/— y)4-a+A:/  =  0 

(^^^  )  P3  =pp'+q^—k— cos  fs  |/l+;?«H-g*  |/l+p'*+?'*  =  0 
p,=  (^_;r)«+(/_y)«4-**+/'  +  2A^/  =0, 

dove  (T  è  un  angolo  costante  arbitrario  rappresentano  per  queste  medesime 
superficie  la  trasformazione  di  Bftcklund. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  58 


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—  450  — 
«  Le  verìfiche  sì  fiuranno  anche  qui  come  al  n.  prec**.  Abbiamo  : 

|TiF,]=(A;*— 1>,  [F,F,]=p«+j«+A*— cos*ff(l-hP*+j*),  [F,F4>=0 
[FtF,]=0  ,  [F.  F4]=2(l— A»)  g*  ,  [F,F4]=2  (1—**)  s 

|34j=2rp'  {q  (i+A^H-y — y'|+2s  \l/{af—a)-^(y'—y)+{qq'^pp')  (*+A:/)|  — 
—2tq'  {pis-hk/y-hx—af  j+2  eoa  a  ]^^"^^]"^^'1  rp  |  i/—y—q  (s-h/a^)  j  + 

\42\=2{(^-hkq)iaf—a;)—Ìp'  +  kp)iy'—y)-hip'q—p^)ii+k/)^ 

(rt—s*) 

«  La  condizione  (3)  prende  ancora  la  forma  (8)  e  se  si  calcolano  i  coef- 
ficienti A,  B,  C,  D,  E,  col  porre  in  evidenza  in  ciascuno  di  essi,  per  mezzo 
deUe  (10),  il  fattore 

U=2(/-cos.l^^S.;.)(/-y)-2(g--cos/il^ 

si  trova 
A=(1-A*>«.U,  B=<l-A:*)if(l+?*)U,  G=-2{l'-k')z.pqV,  D=(l-A«)i(l+J5*)U 

E==— |l+;?*  +  y«M;?*  +  y*  +  A*— co8*o'(l+p«H-y«)|.IJ. 

«  Colla  soppressione  del  fattore  U  troviamo  quindi  nuovamente  per  ^ 
l'equazione  a  derivate  parziali  della  forma  (I)  : 

•  Ne  concludiamo  che  le  formolo  (10)  definiscono  una  trasformazione  di 
questa  equazione  a  derivate  parziali  in  sé  medesima. 

«  5.  Terminerò  questa  Nota  enunciando,  per  le  superficie  integrali  della 
equazione  (I),  alcuni  teoremi  che  si  deducono  facilmente  dai  risultati  della 
mia  Memoria  sopra  citata.  Ricorrendo  alle  proprietà  delle  superficie  evolute 
(M.  e.  §  I,  II)  si  può  in  primo  luogo  stabilire  il  teorema  : 

«  Nota  una  superficie  S  integrale  della  equazione  (I),  le 
sue  linee  di  curvatura  si  determinano  con  quadrature. 

.  <  Distinguiamo  ora  il  caso  in  cui  la  costante  G  del  2^  membro  della  (I) 
è  negativa  da  quello  in  cui  è  positiva. 


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—  451  — 
•>  Se  C  ò  nativa,  diciamo 

e  poniamo 

1  A* 


potremo  riguardare  le  superficie  della  classe  (I)  come  immagini,  nello  spazio 
euclideo,  delle  superficie  a  curvatura  assoluta  =  —  1,  esistenti  nello  spazio 

a  curvatura  costante  K= ^'  Per  ogni  tale  superficie 

l'espressione  differenziale 

introducendo  i  parametri  u,  v  delle  linee  di  curvatura,  si  riduce  alla  forma 

cos*  0  du*  +  sen*  fi  dv^, 
dove  é^  è  un  integrale  dell'equazione  a  derivate  parziali 

(12)  5!?.  _  ^  =  send  cos» . 

«  Inversamente  ad  ogni  integrale  B  di  questa  equazione  corrisponde  una 
superficie  S  della  classe  (I)  che  si  determina  nel  modo  seguente. 
«  Posto 

a>  =  —  » 

g 

si  determinerà  ^  dalle  equazioni  simultanee 

O  —  tgS—- — hcotd— • 


"Da'         k*-hl  ^    liul^u  l^v  D» 

.  sen0cos( 


1  ']/  A'+l       (  cos*e\iiu)  "^  sen*d  \iiv)  ) 


(13)  J:^!^=_tg(?^^+cot(^^^ 

* — tgd hcotd  — 


Isvl^         A*  +  l  ^    7)t«"^w  l)t;  "Dt? 


sentf 


|/;fei:fri  'K  A*+1       j  cos*« \-^w/        sen«d  \7)t;/  i  ' 

le  quali,  in  virtù  della  (12),  formano  un  sistema  illimitatamente  integrabile. 
Determinata  z  in  funzione  di  %  v,  si  calcoleranno  x^  y  dalla  relazione 

dx^  +  dy*  =  4  (cos*  » du^  +  sen« e dv*)  —  (—  du-¥~-  v\ , 


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—  452  — 

il  che  richiede  solo,  come  è  noto,  Y  integrazione  dì  un*  equazione  di  Biccati. 
Se  la  costante  C  è  positiva,  diciamo 

c=+i. 

e  poniamo 

1  A* 

—  =  ±  r; — r-    secondo  che    A*  5  1, 

Tespressione  differenziale 

si  ridurrà  alla  forma 

cos  h*  0  du^  -4-  sen  *  hO  dv*, 
dove  0  è  un  integrale  della  equazione 

(14)  ^^^=     senhdcoshd    per    A*>1 

(14')  ^  +  ^=— senhdcoshd    per    A«<1. 

«  Inversamente  se  d  è  nota  si  otterrà  <P  =  —  colla  integrazione  di  un 

sistema  analogo  al  sistema  (13),  indi  x,  y  come  sopra.  Si  vede  adunque  che 
r  integrazione  della  (I)  si  riduce  a  quella  delle  (12),  (14)  o  (14')  susseguita 
dalla  integrazione  di  equazioni  differenziali  ordinarie  «. 

Matematica.  —  Sur  les  loù  asymptotiques  des  nombres.  Nota 
di  E.  Cesàro,  presentata  dal  Socio  Cremona. 

«  En  cherchant  à  établir  les  principes  fondamentaux  d'une  théorie 
asymptotique  des  nombres,  nous  avons  été  conduits  à  cotte  remar- 
quable  généralisation  d*un  théorème  de  Cauckjjr:  «On  a,  pour  n  in  fi  ni, 

^^  gì  gì  +  ^2  ^»  H h  fl^  gn  _  ^^  fl^i  +  g»  -1 h  gn  ,  Q) 

*l  «1  +  *«  ««  H [-  *n  «»  *l  +  *8  H \-bn 

pourvu  que  le  second  membro  eziste,  et  que  le  rapport  des 
nombres 

(bi+bt-\ \-  bn)  «n+l  ,    *l  «1  +  *«  ««  H h  *n  «n  ,  (2) 

reste   fini,  tandisque  leur  différence   crott  à  Tinfini   sans 
osciller». 
«Soit 

ai'\-at'\ \-an  =  (bi  +  bt'\ h  *it)  ^m  lim  An  =  ^ . 

On  a  identiquement 

*,él+*8f8-j ^bn€n         **  '    *lfl+*2*«+-+*««nV  **  Vi+Vt+""^Vn       } 

OÙ 

Vi+Vi-\ h«^n  =  (*l  +  *8H }rbn)fn^i—ibi€i+btft'\ f-*nfn). 


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—  453  — 

En  verta  des  hypcthèees  la  sèrie  t^i  +  Vt  +  «^3  +  •  •  •  ©st  divergente,  et  ses 
teimes  ont  mème  sìgne.  Donc 

puis  : 

1»      gì  gì  +  ^t  gg  H 1"  ^  ^**  ^:^  1 

*l  «1  +  *«  *«  H h  *«  *n 

«  On  peut  énoncer  la  réciproque  da  théorème  (1)  toutes  les  fois  que 
le  rapport  des  nombres  (2)  reste  différent  de  zèro,  et  qne  la  différence  des 
mémes  nombres,  préalablement  divisée  par  «m+i  ,  croit  à  Tinfini  sans  osciller. 
En  particulier  on  peut  ócrire,  pour  r  >  — 1 , 

^a,  +  2^a,^ \-nra^_    1     ^^g, +  a,  + .  ■  >  +  fl^ 

si  Tun  des  deux  membres  existe.  Il  en  résnlte  que,  sì  la  fonction  On 
est  asymptotique  à  kn"^ ^  la  fonction  tr^ On  est  égale  en  mo- 
yenne  à  ky  et  réciproquement. 

<Nous  allons  maintenant  démontrer  que,  si  une  fonction  f(n)y 
toujours  finie,  admet  une  valeur  moyenne  constante  k,  la 
somme  des  valeurs  deìa  fonction,  étendue  à  tous  les  divi- 
seurs  de  n^  est  asymptotique  à  klogn.  Soit,  en  effet, 

A(»)=/(fl)  +  /'(*)+/(c)  +  ..., 

a ,  & ,  ^ , . . .  étant  les  diviseurs  de  n .  On  sait  que  ^ 

A(i)+A(2)+-+A(«)=[j]/(i)  +  [|]/(2)  +  [f]/'(3)  +  -.. 

Les  valeurs  absolues  de  f{n)  ne  surpassant  pas,  par  hypothèse,  un  certain 
nombre  fixe,  il  en  est  de  méme  de  la  différence 

Jj/.(i)  +  A(2)  +  --  +  A{«)|-j/(i)  ++/(2)+-+^A«)|- 

D'après  (1)  la  relaidon 

n 
entratne 

/(l)  +  |/(2)-+---+i/(«) 

lim z =A. 

log» 

nìogn 

En  particulier,  si  f{n)  prend  les  valeurs  1  ou  ò ,  suivant  que  n  possedè  ou 
non  une  propriété  donneo,  on  voit  que  le  nombre  des  diviseurs  de  », 
doués  d*une  certaine  propriété,  est  asymptotique  au  loga- 
rithme   de    »,    multiplié   par  la  probabilité   qu'un   nombre 


Donc 


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—  454  ^ 

entier,  pris   au  hasard,  jouisse   de  la  mSme  propriété.  Par 
exemple:  «Le  nombre  des  diyiseurs  de  n,  déponrvus  de  divi- 

. .  fi 

seurs  carrés,  est  asymptotique  à  — j-logw».  Ce  théorème  est  dù 

à  Gauss. 

«  Si  ToD  représente  par  w  (n)  le  nombre  de  divisenrs,  dont  il  vieni  d*étre 
qnestion,  la  demière  proposition  revient  à  ceci  :   . 

^^a»(l)  +  a)(2)+-+«(«)_    6 
n  log  n  TT* 

On  en  déduit,  en  vertu  du  théorème  (1) , 

a)(l)  +  |a,(2)  +  .-.  +  J«(n)        3 

lim Ti r; =-T* 

(log  ny  n^ 

Or  on  sait  que,  B{n)  étant  le  nombre  des  diviseurs  de  ^,  on  a 

d(n«)  =  fi)  (a) +  «(*)  + «(<?)  +  .... 

Conséquemment 

l^^(l)  +  g(4)  +  --  +  <^W_   3 
n  (log  nf  .  TT* 

Autrement  dit:  «Le  nombre  des  diyiseurs  de  r?  est  asympto- 

g 

tique  à  — r(logw)*». 

«  Le  théorème  (1)  permet  d'écrire,  en  partant  de  la  demière  relation, 

lim Ti TI =~^' 

(log  ny  TT* 

On  sait,  d'autre  part,  que 

6»(w)  =  »(a0  +  <^(**)  +  »(^*)  +  ---. 
Dono 

n  (log  rif  TI* 

n  en  resulto  que   le   carré   du  nombre  des  diviseurs  de  n  est 
asymptotique  au  cube  du  logarithme  de  n,  divise  par  li^ . 
«  Plus  généralement,  il  est  facile  de  voir  que,  si  Ton  construit  une  suite 
de  fonctions,  / ,  A  ,  /t ,  A ,  •  •  •  »  d'après  la  loi 

en  supposant  que  la  fonction  f{n)  soit  en  moyenne  égale  à  A,  la  fonction 

k 
fr{n)  est  asymptotique   à  — j-(logn)'".  On  retrouve  les  résultats  pré- 

cédents  en  supposant  que  f{n)  soit  1  ou  0  suivant  que  n  est  divisible  ou 
non  par  des  carrés,  autres  que  l'unite,  et  en  observant  que 

A(n)  =  «(»),  ^(»)  =  ^(/^0,  f,{n)  =  e^{n),  ... 


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—  455  — 

«  Il  est  aisé  de  reconns^tre  que  les  conditions  restrictives  contennes  dans 
Ténoncé  du  théorème  (1)  ne  sont  pas  absolument  nécessaires.  Si  Ton  établis- 
sait  le  minimum  de  conditions  on  parrìendrait  du  méme  coup  à  ouvrir  une 
Yoie  largo  et  feconde  pour  Tétude  des  nombres  premiers.  Bornons-nous  à  faire 
obsorver  que»  pour  des  formes  convenables  de  f{n)y  que  nous  cherchons 
actuellement  à  déterminer,  on  peut  écrire 

^°^  ;(l)  +  /(2)  +  ...  +  /(n)  -''  ^^^ 

j^i  )j02)  '  **  fl'v  1  étant,  les  nombres  premiers,  non  supérieurs  à  n. 
Pour 

la  relation  (3)  nous  dit  que,  si  Ton  considère  les  nombres  pre- 
miers, non  snpérieurs  à  n:  P  Leur  nombre  est  asjmptotique 

fi 

à  -; .  2°  La    somme  de  leurs  inverses  est  asymptotique 

log»' 

àloglogn.  3°  La  somme  de  leurs  logarithmes  est  asympto- 
tique à  n.  4^  La  sonìme  des  carrés  des  mémes  logarithmes 
est  asymptotique  à  nlogn;  —  etc. 

«  Le  théorème  de  Gauss,  signalé  plus  baut,  se  présente  conmie  cas  par- 
ticulier  d'une  autre  proposition,  qu*on  rencontre  dans  Tétude  de  la  fonction 

FW=/(a,i)+/(»,|)+/(.,f)  +  -,  (4) 

f{id)  désignant  une  fonction  finie  du  plus  grand  commun  diviseur  de  i 
et  j .  On  remarquera  d'abord  que,  si  Ton  pose 

/'(w)  = /_,  (a)  +  A,  (*)  + /L,  (e)  +  •  •  • , 
rinversion  de  cette  égalité  mentre  que  la  valeur  absolue  du  rapport  de  /Li  (n) 
à  B{n)  ne  surpasse  pas  la  valeur  absolue  de  f{n).  Dès  lors,  si  Ton  tient 
compte  de  la  relation  evidente 

^/0-,;)=[y]V->(i)+[QV-i(2)  +  [QV-.(3)+--, 

on  peut  afSrmer  que  la  différence 

n 

est  ìnférieure,  en  valeur  absolue  et  à  moins  d'un  &cteur  Constant,  au  nombre 

2^|»(l)  +  »(2)  +  --  +  n«)|  +  J|»(l)  +  |»(2)+--  +  i<»(«)|. 
Or  on  sait  que 

Imi    ^   '  ' — —^ ' — i-^  =  21mi T^ t; =1- 

wlogn  (log»)* 


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—  456  — 
Donc 

n 

D'autre  part,  le  premier  membre  4e  cotte  égalité,  lìmite  ani  couples  de 
yaleurs  de  i  et  j  qui  donnent  ij ~n,  représente  éyidemment  la  somme 
P  (1)  +  F  (2)  H h  F  («)  .  En  conséquence 

J^«=Jl[f>[^>[ir]+-|/-.«. 

Cela  étant,  on  sait  que,  pour  toute  valeur  fixe  de  i ,  le  coeffident  de  /L|  {i) 
est  asymptotique  à 

^log«— ^(log»-C  +  |). 
Il  en  résulte,  pour  n  infini, 

On  voit  donc,  par  comparaison  avec  (5) ,  que 

F(l)  +  F(2)  +  .--  +  F(.)^        J_y 

Si,  par  exemple,  f{n)  est  1  ou  0,  snivant  que  n  jouit  ou  non  d*une  proprietà 
donnée,  on  peut  dire  que:  «Le  nombre  dea  décompositions  de  n 
en  deuz  facteurs,  dont  le  plus  grand  commun  diyiseur  pos- 
sedè une  certaine  propriété,  est  asymptotique  au  loga- 
rithme  de  n,  multiplié  par  la  probabilité  que  le  plus  grand 
commun  diviseur  de  deux  nombres  quelconques,  pris  au 
hasard,  soit  doué  de  la  méme  propriété».  Après  une  simple 
transformation  de  la  sèrie  contenue  dans  le  second  membre  de  (5)  on  peut 
dire  que:  «Le  nombre  des  décompositions  de  n  en  deuz  facteurs, 
admettant  pour  plus  grand  commun  diyiseur  un  terme  de  la 
suite  Ui,Ut,Uz,.., ,  est  asymptotique  à 

«  Signalons,  pour  finir,  quelques  intéressantes  propriétés  de  ces  fonctions 
F  {n)  .  Si  Ton  convient  de  prendre  /(ar)  =  0 ,  lorsque  x  n'est  pas  un  nombre 
entier,  on  peut  écrire,  au  lieu  de  (4) , 


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r 


—  457  -T 
On  déduit  de  là,  comme  d'habitude, 

Y-FO)»(0      >v-a.(e)i^(0     <^f(i)^Hi)  , 

Z.    *•*      Z-     i"     "Z.    ^■*'- 

1  1  1 

où  tfj  est  une  fonction  quelconque,  douée  de  lapropriété  ^(i)^(j)  =  ^(ij) 
pour  les  yalenrs  entiòres  de  la  yariable.  Posons 

"»•  —     ir    "T    2''    "'^    à*"      '  *"  —     l*"      '      2**      '      3*"     "»"''• 

Les  propriétés  de  la  fonction  cu  condaisent  sans  peine  au  résultat  suivant  : 

1 

Donc 

1 
Par  exemple,  en  faisant  r  =  2  et  \p{n)^=\,  on  troupe  que,  si  P(»)  est 
le  nombre  des  décompositions  de  n  en  deux  facteurs,  dont 
le    plus   grand    commun    diyisettr    appartienne    au   système 
Ui^Ut^ìiz,. .. ,  on  a 

Fa)  +  |F(2)  +  ip(3)  +  ...-|(-l-  +  ^  +  ±+...). 

Si   ìp  {n)  =  sin  —r- ,  on  trouve  que  le  quotient  des  séries 

F(1)-ÌP(3)  +  ^F(5)-...  1.  +  ^+^  +  .., 
est  indépendant  du  système  Ui.Ut.Uz,-  - .  Sa  yaleur  est 

■^(0,915965594...)'. 

Enfin,  en  supposant  que  ^>  (»)  soit  1  ou  —1 ,  suivant  que  n  est  compose 
d*un  nombre  pair  on  d*un  nombre  impair  de  fiicteurs  premiers,  égaux  ou  iné- 
gaux,  on  trouve  que  la  somme  de  la  sèrie 

F(1)-ÌP(2)-|F(3)  +  ÌP(4)-^F(5)  +  ^F(6)-.. 

2 

est  égale  aux  -  de  la  somme  des  inverses  des  quatrièmes  puissances  des 
5 

nombres  du  système  «. 

Matomatica.  —  Sur  les  systèmes  de  nombres  entiers.  Nota 
di  E.  Cesàro,  presentata  dal  Socio  Cremona. 

«  Considérons  un  système  i2  de  nombres  entiers  et  positifs*.  Soient  a^  ^s,  6^3 , . . . 
ces  nombres,  rangés  par  ordre  de  grandeur  croissante.  Soit  ii{n)  =  1 ,  si  »  ap- 
partient  à  i2,  et  i2(/^)  =  U  dans  le  cas  contraire.  Si  Ton  pose 
Ì2(l)  +  iJ(2)  +  i2(3)+  . .  .  J^a{n)  =  rmn , 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1°  Sem.  50 


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—  458  — 

la  fréqmnce  des  nombres  du  système  est  la  limite  rar  de  ar„ ,  pour  n  infini. 
Cela  étant,  on  sait  que 

««  =  («  +  ^)log(l  +  ^)-l<12^(^. 

Évidemment,  la  sèrie  e«i  -[-  z^t  +  W3  +  •  •  •  6st  convergente.  Il  en  est  de  méme 
de  la  sèrie  fi^i -|-e2W2  +  f3W3  + . . . ,  si  les  nombres  «  sont  définis  par 
régaUté 

Soit 

1  —  log  A  =  f  1  t^i  -)-  ée  Wg  +  ^3  W3  + (1) 

Le  reste  de  la  serie  est  inférieur  à 

1  (      ^H        ■  fv«<- 1 I  fi±_? I  \ —    ^ 

12(r(r  +  l)"*"(r+l)(v  +  2)'^(.  +  2)(v  +  3)"*"--"i-^12i'- 

On  peut  donc  écrire 


0  étant  compris  entre  0  et  1.  D'autre  part 
'^'  r^wv  +  i 


^    fiUi-  log  ^^^jj  ^^2^  ^^^3j  ^^^^  -  2_'< 


Donc,  si  Ton  fait 
et  que  l'on  pose 

n(v)  =  1  ,  r  =  «„  ,  rar^  =  »  , 

on  a 

Il  faut  remarquer  que  le  rapport  de  Cn  à  On  tend  vers  zèro,  pour  n  infini. 
En  effet, 

D'après  cela  nous  pouvons  écrire 


lim  —  =  lim  ]- (*i  +  fi  +  . . .  +  *v)  —  o5^\=  lim  f^  —  w  =  0  , 


lim  1/ — — =  lim  é^  =  e^  , 

et  cette  relation  nous  donne  une  cxpression  nouvelle  de  la  frcquence  de  /i. 


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—  459  — 

«  Il  eat  assez  remarquable  que,  malgré  les  variatìons  illimitées  qu  on 
peut  feire  subir  à  iJ ,  la  constante  A  ne  yarie  d'un  système  à  l'autre  qu'entre 
des  limites  fort  rapprochées.  On  sait  qua  sa  valeur  est  \l^n  lorsque  les  nom- 
bres  6  sont  tous  égaui  à  Tunit^  Donc  k^)/%n,  D'autre  part 

I  1 

d'oìi 

logA<^lim(l  +  i  +  J  +  ...  +  2^-|log«)  =  log2  +  |c, 

C  étant  la  constante  d'Euler  0,5772...  En  résumé 

2,5066  . . .  =  t/2^  =  A<  2^*"^  =  2,6691 . . . 

K  Portons  sur  une  droite,  à  partir  d'un  point  fixe  0 ,    et   en  sens  con- 

/ —  ic 

traires,  les  distances  OP  =  y  2/r ,  OQ  =  2^    .  Tonte  valeur  de  A  peut  étre 

représentée  par  la  dìstance  de  0  à  un  point  de  la  circonférence  décrìte  sur 

le  diametro  PQ,  le  point  Q   étant   considéré  comme  inaccessible.  Les 

constantos  relati ves  à  deux  systèmes  complémentaires   représentent  les 

longueurs  des  segments  déterminés  par  0  sur  une  des  cordes  qui  y  passent  ; 

car,  si  r/n  et  B  sont   ce  que   deviennent   e^   et   A  pour  le  complémentaire 

de  i2,  on  a 

7Jsyn  +  2  w(l  — «^n)  +  2  1 


^  +  2  ^-+2 

et  la  formule  (1)  donne 

2  -  log  AB  ==^«;  +^ 27+T  =  (l  -  ^"S  \'^)  +  (l  -  log  2.*°)  , 

1  1 

d'où 


AB  =  |/8^  =  6,0905  . . . 

tf  La  formule  (1)  ^e  prete  à  une  fonie   d'autres   développements,   plus 
ou  moins  curieui.  Il  est  aisé  de  reconnaìtre  que,  si  Ton  pose 


l+i      2+i      3+i  n-l 

on  peut  écrire 

1  -logA=  ^  |(»  +  |)S«,-(S,.  +  S„,  +  . . .  +  Sa„)| .       (2) 


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—  4G0  — 
D'ailleurs  S„  ne  diffèr«  pas  de 

On  trouvc  donc,  par  substitutioii  dans  (2), 


1     2e 


en  posant,  pour  abréger, 


En  d  autres  termos 

4  r.    _L  JL  31  187 

^  «_  2e  **  **'*'960*'~    8064  *«"^  30-7*0  *'^"  ÌQ) 

Il  serait  facile  de  rendre  le  demiers  calculs  parfaitement  rigoureux  en  in- 
troduisant  Texpression  du  reste  dans  les  séries  semi-convergentes 
qui  7  figurent.  Nous  nons  bomerons  à  faire  remarquer  que,  quelque  soit  le 
système  i2,  la  constante  qa*il  définit  est  siipérieore  à 

Parexemple,  sii2estlesystèmedo8  nombres  premiers  2,3,6,7,11,18,..., 

on  a 

A  >2^«'*««'- =2,6192.... 

Du  reste,  la  formule  (3)  permet  de  calculer  A  avec  une  très-grande  ap- 
proiimation. 

«  Le  considérations  qui  préoèdent  pom-raient  étre  appliquées  à  im  sr- 
stème  quelconque  de  nombres,  à  densité  variable.  Nous  reviendrons  proba- 
blement  sur  ce  sujet;  mais,  pour  le  moment,  nous  allons  faire  voir  que, 
tout  en  restant  dans  le  champ  des  nombres  entiers,  il  y  a  moyen  de  ratta- 
cher  cetle  étude  à  celle  de  certaiues  fonctiones,  qui  sont  de  la  plus  haute  im- 
portance  dans  Tanalyse.  Bemarquons,  avant  tout,  quii  sufiit  de  changer  n 
en  n  -f-  ^  dans  les  formules  initiales  pour  obtenir,  par  les  mémes  procédés, 
la  formule 

où 


«■  +  •2^  +  2 


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1 


—  4tìl  — 

On  volt  que,  poor  one  valear  donnée  de  x,  le  minimum  de  A(^)  se  produit 
lorsqne  les  nombres  e  sont  tous  ^ax  à  l'unite.  On  a  donc 

^    '      «=00  (»  +  ^)"-^**Ì  ^(1  +  ^) 

Si  l'on  privait  Si  de  tous  ses  éléments,  A.(a)  tendrait  vere  sa  plus  grande 
valeur.  En  conséquence 

1+^-log  1  (l+^^r-i A  (x) }  >  (^  + 1)  ^  jlog  (l  +  r^)  ■ 
doù 

pourru  que  l'on  pose,  pour  abiéger, 

Par  exemple 

Du  reste  on  peut  écrire 


/+^+|ì 


w  ^      o  2        ,  2  2        ,  2 

*(^>  =  2-rT2^  +  3-8  +  2^  +  5---- 

2,8284  . . .  =  2 1/2  ^  A  (|W  e''* *  =  2,9364 .... 


A.(a;)  =  X  .e     ""  , 

où  6  est  une  fraction  proprement  dite,  dont  la  valeur  dépend  de  x  et  de  Sì 
On  Toit  que,  x  croissant  à  l'infini,  l'influence  de  Sì  sur  A.{x)  tend  à  disparaitre. 
»  Pour  tdcher  d'obtenir  l'espression  de  A(^),  relative  à  un  système  quel- 
conque,  on  est  d'abord  porte  à  étudier  la  sèrie 


(f{x)= 


1— OTi  ,  2— 2mg  ,  3— Sots 


(•+i)('+^+i)  M)(^+^i)  (M-i)(a-^r  ■ 

Le  produit  du  terme  general  par  le  rang  du  terme  tend  vera  1  —  w.  Pour 
que  la  sèrie  soit  convergente  il  faut  donc  que  les  nombres  ai,  at,  a^, . . , 
soient  infiniment  fréq::ents  panni  les  nombres  entiers.  En  particulier,  la 
sèrie  9>  est  conyergente  lorsque  ar»  tend  yers  sa  limite  1  sans  osciller;  mais 
alors  le  système  oorrespondant  n'offre  aucun  intérét,  parcequ'il  fìnit  par  con- 
tenir  totcs  ks  entiers  supérieurs  à  un  certain  nombre.  Quoiqu'il  en  soit,  si 
la  sèrie  q>  est  convergente,  on  peut  definir  une  fonction  analogue  à  la  fon- 
ction  r  par  l'ègalitè 

G(l  +  ;r)==lim  ^"'' 


■0+t)('+t)-('+t) 

et  les  formules  précédemment  établies  permettent  d'écrire 

K(  \      A  (0)  g^<«' 


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—  462  — 

Pour  ces  systèmes  partìcaliers,  le  nombre 

K  =  limS  — +  —  +  —  +  •••+  — —  log  «.| 


existe,  et  l'on  a 


«nV^-'-rrio+i)'-^ 


«  Or  nous  pouvons  toujours  demander  à  cette  formule  la  définition  de 
la  fonction  0,  en  obsenrant  qu'une  fonction  holomorphe  à  racines  entières  ne 
saurait  étre  que  du  genre  1  ou  du  genre  0.  La  fonction  G  étant  ainsi  définie, 
tàchons  de  remplacer  la  sèrie  q>  par  une  autre,  dont  la  convergence  ne  dé- 
pende  pas  de  12.  On  y  parvìent  en  remarquant  que  la  fonction 

K  +  y(^)  =  lim    — +  — H h— — loga^H 1 

existe  toujours.  Il  en  résulte  que  la  sèrie 

i         ì 


^<^'— ?i(;^iPTF)- 


est  convergente,  quelque  soit  i?.  Cela  étant,  on  démontre  sans  peine  que  la 
fonction  A  est  donneo  par  la  formule 

On  trouve  ensuite,  par  des  transformations  connues, 


Fisica.  —  L'isoterma  dei  gas.  Nota  III  Q)  di  Aroldo  Violi, 
presentata  dal  Socio  Blaserna. 

Confronto  con  le  esperienze  delle  equazioni  deirisoterma. 

«  Volume  specifico  molecolare.  Abbiamo  già  detto  che  il  volume  spe- 
cifico molecolare  varia  proporzionalmente  alla  radice  quadrata  del  peso  mo- 
lecolare e  a  quella  della  pressione  espressa  in  metri  di  mercurio;  per  con- 
seguenza facendo  nella  40)  i  =  Cg.  0,117866  (peso  di  1"^  d'idrogeno  a  0**  C. 
e  alla  pressione  di  1*"  di  mercurio),  e  J^Cg.  13596  (peso  di  1"'  di  mercurio 
a  0**C.)  avremo: 
55)  A  =  0,0005  |/pAÌ^. 

«  Il  volume  specifico  molecolare  è  adunque  eguale  per  tutti  quei  gas 
che  han  lo  stesso  peso  molecolare,  indipendentemente  dal  numero  degli  ele- 
menti che  formano  le  molecole  e  dalla  qualità  della  sostanza  di  essi  ;  e  so- 

0)  V.  p.  316. 


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—  468  — 

stituendo  nella  espressione  55)  i  pesi  molecolari  di  alcuni  gas,  i  relativi  vo- 
lumi  specifici   molecolari   a  0°C.   e   alle  pressioni   di  0"»,76  e  di  1" 
espressi  dai  nmneri  inseriti  nelle  colonne  della  seguente 

Tabella  L 


sono 


-    - 

Aeriformi 

Formola 

Peso 

1 
b 

molecolare 

0«,76 

jm 

Idrogeno 

Ammoniaca 

Etilene 

Aria 

Anidride  carbonica 

Protossido   d'azoto 

H, 
NH, 

N,0 
CO. 
N,0 

2 

17 
28 

28,86 
44 
44 

0,000616 
0,001797 
0,002306 
0,002341 
0,002892 
0,002892 

0,000707 
0,002061 
0,002646 
0,002686 
0,003317 
0,003317 

fc  Confrontando  i  numeri  calcolati  da  Van  der  Waals  e  Blaserna  dai 
risultati  sperimentali  di  Eegnault  per  l'aria,  Tidrogeno  e  Tanidride  carbo- 
nica, e  quelli  ricavati  da  Van  der  Waals  dalle  esperienze  di  Janssen  e  Roth 
pel  protossido  d'azoto,  ranomioniaca  e  Tetilene,  con  quelli  inseriti  nella  colonna 
corrispondente  alla  pressione  di  1*°  di  mercurio  della  Tab.  I)  si  ha: 


Tabella  IL 

Formola 

Peso 

B 

w 

calcolato 

Aeriformi 

molecolare 

Idrogeno 

H. 

2 

0,00069 

0,00069 

0,000707 

Aria 

N,0 

28,86 

0,0018 

0,0026 

0,002686 

Anidride  carbonica 
Protossido  d'azoto 

CO. 
N.O 

44 
44 

0,0075 

0,0030 

0,00331  7 
0,003317 

J 

R 

0,00194 

» 

Ammoniaca 

NH, 

17 

» 

0,00631 

0,002061 

Etilene 

CH* 

28 

n 

0,00268 

0,002646 

a  Di  qui  chiaro  appaiisce  la  concordanza  con  i  valori  ricavati  da  Van 
der  Waals  (W)  dalle  esperienze  di  Regnault  per  l'idrogeno,  Taria  e  l'ani- 
dride carbonica  e  la  discordanza  di  quelli  ottenuti  da  Blaserna  (B)  pei  me- 
desind  gas  rispetto  ai  relativi  valori  calcolati  con  la  55)  ;  e  tal  differenza  è 
presto  spiegata  qualora  si  rifletta  che  Blaserna  ottenne  tali  risultati  p^r  una 
sola  serie  di  osservazioni,  mentre  i  numeri  di  Van  der  Waals  si  riferiscono  a 
molte  serio  di  osservazioni.  Sappiamo  inoltre  che  Janssen  e  Uoth  eseguirono 


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—  464  — 

lo  loro  esperienze  con  un  manometro  chiuso  ad  aria,  senza  tener  conto 
delle  deviazioni  relative  alla  legge  di  Bojle;  ed  il  protossido  d* azoto  stu- 
diato da  Janssen  non  era  .perfettamente  puro.  Questi  fatti  bastino  per  ora  a 
giustificare  il  non  indifferente  disaccordo  del  valore  ricavato  da  Yan  der 
Waals  dalle  esperienze  di  Janssen  (J)  pel  protossido  di  azoto  con  quello 
calcolato.  É  poi  soddisfacente  la  concordanza  del  valore  trovato  con  quello 
calcolato  per  T  etilene,  il  quale  si  può  ottenere  piuro  assai  facilmente. 

«  Van  der  Waals,  nello  sviluppo  deUa  sua  teoria,  arrivò  a  concludere 
che  il  volume  del  gas  doveva  esser  diminuito  di  4  volte  il  volume  moleco- 
lare assoluto;  e  ricavò  dalle  esperienze  di  Begnault  dei  numeri  assai  con- 
cordanti con  quelli  che  per  noi  esprimono  il  volume  specifico  molecolare  re- 
lativo, ottenuto  dal  rapporto  del  peso  specifico  del  gas  e  il  peso  specifico 
molecolare.  Se  ora  indichiamo  con  V^  il  volume  specifico  molecolare  dato 
dal  rapporto  della  densità  del  gas  e  la  rispettiva  densità  molecolare, 
siccome  abbiamo  ottenuto  dalla  39)  il  peso  specifico  molecolare  in  fun- 
zione della  radice  quadrata  del  peso  molecolare  J9,  scriveremo  un'espres- 
sione identica  a  quella  per  il  volume  V ,  relativamente  alle  masse  del  gas 
0  delle  molecole,  avremo  cioè 

essendo  Di  la  densità  molecolare,  la  quale  per  la  39)  è  determinata  da 


quindi  V  sarà  espresso  da 


D.=  |/^A.£ 


,„_  1     dhx 


la  quale  differisce  dalla  37)  per  |/^  che  moltiplica  D.  Ora  per  5^=9,80533, 
si  ha  |/^  =  3,13;  valore  un  po'  inferiore  a  4  come  ottenne  Van  der  Waals, 
ma  soddisfacente  rispetto  alla  concordanza  dei  risultati  ottenuti  per  il  vo- 
lume specifico  molecolare  relativo.  Quindi  la  differenza  stabilita  da  Yan  der 
Waals,  fra  multiplo  del  volume  molecolare  assoluto  e  volume  molecolare 
assoluto,  corrisponde  per  noi  a  quella  fra  volume  del  peso  specifico  moleco- 
lare e  volume  della  massa  molecolare. 

«  Costante  specifica  di  attrazione  molecolare.  Come  risulta  dalla  30) 
la  costante  specifica  di  attrazione  molecolare  è  uguale  alla  differenza  fra  la 
pressione  estema  ed  intema  molecolare.  Facendo  nella  27)  //  =  13596,  per 
le  pressioni  iniziali  di  0"*,76  e  1*"  si  ha 

0™,76  1™ 

56)  a^  =  0,00009677  ;        0,00007355 
e  dalla  23),  per  ^  =  9,80533;  Ji  =  0,117866, 

3   _ 

57)  fli  =  0,000004568 /  \n  Ih 


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—  46S  — 

«  Dalla  fonoa  di  nmsi'tafiesÀom  risalta  die  la  tastante  speoifica  delle 
atbttioni  moleoolari  è  agitale  per  tutti  i  gas  le  cui  moleoole  hanno  eguale 
il  peso  relatÌTo  e  il  muneio  degli  elementi  componenti.  Quindi,  p^  i  gas 
già  presi  in  oeisideranone,  la  ooatante  specifica  di  attrazione  moleoolare  per 
la  30)  e  i  valori  dati  dalle  56)  e  67),  alle  pressioni  di  0«,76  e  di  1"  di 
meronrio  i  espressa  nella 


Tabslla  III. 


Aerìfenni 

Pormola 

Peso 

n 

a 

molecolare 

0»,76 

1" 

Idrogeno 

Ammoniaca 

EtQene 

Aria 

Anidride  carbonica 

Protossido  d'azoto 

H, 
NH, 
C.H4 
N,0 
CO. 
N.O 

2 

17 
28 
28,86 
44 
44 

2 

4 
6 
2 
3 
3 

—  0,000079 
0,001495 
0,004849 
0,003547 
0,009598 
0,0095S8 

-  0,000050 
0,002022 
0,006434 
0,004721 
0,012682 
0,012682 

«  Confrontando  i  valori  ivi  inseriti  p^  la  pressione  iniziale  di  i*"  di 
mercnrìo  con  qnelli  calcolati  da  Van  dar  Waals  e  Blaserna  dalle  esperienze 
di  Begnanlt,  e  da  Yan  der  Waals  dallo  esperienze  di  Janssen  e  Both  alla 
stesi»  pressione  di  1^  si  ha: 


Tabella  IV. 


Aeriforrai 

Formola 

Peso 

n 

B 

w 

calcolato 

molecolare 

Idrogeno 

Aria 

Anidride  carbonica 

Protossido  d*azoto 

Ammoniaca 

Etilene 

N,0 
CO, 

N.O 
NH, 
C.H« 

2 

28,86 
44 

44 
17 

2 
2 
3 

3 
4 
6 

0,0000 
0,0029 
0,0160 

0,0000 
0,0037 
0,0115 

-  0,000050  ^ 
0,004721 
0,012682 

0,012682 
0,002022 
0,006434  ■ 

J 

B 

0,00742 

n 

0,0169 
0,00786 

Bendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem. 


60 


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—  466  — 

«  Dairispezione  dei  numeri  inseriti  in  questa  tabella,  per  Tetilene,  Tam- 
moniaca,  il  protossido  d'azoto  e  l'anidride  carbonica,  non  abbiamo  che  da  ri- 
petere quanto  già  si  disse  del  volume  specifico  molecolare  di  essi. 

«  Per  l'aria  la  costante  specifica  di  attrazione  molecolare  è  un  po'  su- 
periore a  quella  di  Yan  der  Waals;  ma  qui  è  opportuno  ricordare  che  noi 
l'abbiamo  dedotta  considerando  Taria  come  un  corpo  composto  chimicamente 
definito,  e  non  come  un  miscuglio  quale  essa  è. 

«  È  abbastanza  singolare  il  valore  negativo  della  costante  a  dell'idrogeno, 
ossia  l'attrazione  molecolare  interna  superiore  a  quella  estema  ;  ma  a  questo 
riguardo  avremo  occasione  in  seguito  di  fare  qualche  rilievo. 

«  Compressibilità.  Supponiamo,  come  fece  Begnault,  che  alla  pressione 
di  1™  di  mercurio  e  a  0*^  C.  il  volume  del  gas  sia  eguale  ad  uno  ;  per  questo 
caso  speciale,  facendo  nella  I)  H  =  l ,  v  =  l ,  t  =  0^  si  ha 

ed  essendo  allora  determinato  il  valore  di  Bi ,  l'equazione  generale  dell'iso- 
terma assume  la  forma 

^^^     r+  2]v{i-b){i+at)\'  r=^  +  2(r^r*)^=^^ 

dalla  quale  si  ricava  l'espressione 


"'  "'èKiT^-ìp-hèFF 


2aH 


2(1 -*)M  )(l-i)(l+«0(* 
la  quale  permette  di  calcolare  il  volume  a  0®  C.  a  cui  si  riduce  il  gas  alla 
corrispondente  pressione  H,  mentre  si  mantiene  costante  la  temperatura  t^ 
con  i  valori  iì  a  e  b  dati  dalle  tabelle  III  e  I).  Moltiplicando  la  II)  per  H 
la  compressibilità  del  gas  sarà  rappresentata  da 


HI)  H.=./.  \i  +  ^g^l  ==  y.  p/|i  +^^\'  -  ^^i=^^^. 

«  Quest'espressione  è  un  po'  differente  da  quella  empirica  di  Begnault 
e  da  quella  che  risulta  dall'equazione  generale  di  Yan  der  Waals  ;  però  essa 
rappresenta  assai  bene,  nelle  differenti  parti,  l'andamento  generale  del  fe- 
nomeno, come  confermeremo  nel  confronto  progressivo  con  le  esperienze. 

«  Intanto  incominceremo  a  rilevare  che,  per  i  valori  positivi  della  quan- 
tità sotto  il  radicale,  il  prodotto  Ev  è  sempre  minore  dell'unità  per  tutti  i 
gas,  meno  l'idrogeno  il  cui  valore  della  costante  a  è  negativo,  cioè  i  gas 
si  comprimono  più  di  quanto  esige  la  legge  di  Bojle  :  l'idrogeno  soltanto  si 
comprime  meno,  essendo  per  esso  il  prodotto  Rv  maggiore  dell'unità. 

«  Con  la  formola  II),  e  rispetto  alle  crescenti  pressioni  comprese  fra  0*" 
e  20™  di  mercurio,  calcolando  i  valori  di  v  per  l'aria,  alle  temperature  0®  ; 
4^75  ;  100**  ;  per  l'anidride  carbonica  a  0^  ;  3%25  ;  100^  ;  per  l'idrogeno  a  6* , 


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—  467  — 

servendosi  dei  yalori  di  a  e  6  inseriti  nella  colonna  1"^  di  pressione  delle 
Tab.  Ili  e  I),  abbiamo  la  seguente 

Tabella  V. 


H 

in 
metri 

Aria 

Anidride  carbonica 

Idrogeno 

0*> 

4^75 

100^ 

0» 

3^25     1      100« 

6<> 

0 

0,76 

1 

5 
10 
15 
20 

00 

1,3165 

0,999986 

0.198077 

0,978136 

0,064372 

0.04763'4 

00 

1,3166 

1,000086 

0,198167 

0,097898 

0,064459 

0,047722 

00 

1,3176 

1,001080 

0,1992 

0,09895 

0,06553 

0,04882 

00 

1,3178 

0,999993 

0,194739 

0,093859 

0,060026 

0,042904 

00 

1,3181 

1,000191 

0,194698 

0,094029 

0,060213 

0,043112 

00 

1,3208 

1,002941 

0,197830 

0,097124 

0,063509 

0,046662 

00 

1,3158 

0,999998 

0,200018 

0,100021 

0,066687 

0,050022 

«  Ora  indicando  con  v  il  volume  del   gas   alla  pressione   H  di  1"^    di 
mercurio  e  con  v'  il  volume  del  medesimo  gas  alla  pressione   di  H'  metri 

di  mercurio,  i  rapporti  —7-7  e  -7-  confrontati  con  queUi  ricavati  dalle  espe- 
rienze di  Begnault  per  l'aria  a  4^,75,  Tanidride  carbonica  a  3^,25  e  l'idro- 
geno a  6^,  sono  rappresentati  dai  seguenti  numeri  : 

Tabella  VI. 


H 

Aria  a  4^75 

Anidride  carbonica  a  3^25 

Idrogeno  a  6° 

Ev 

Ev 
HV 

V 

Ev 

V 

v' 

osser- 
vato 

calcolato 

osser- 
vato 

caleoUto 

osaer- 
rato 

calcolato 

osser- 
vato 

calcolato 

osser- 
vato 

calcolato 

osser- 
vato 

calcolato 

0 

0,90886 

0,99771 

0 

0 

0,99221 

0,99884 

0 

0 

1,00050 

1,000028 

0 

0 

0,76 

ojmn 

0,99945 

0.7598 

0,7596 

0,99808 

0,99851 

0,7585 

0.7588 

1,00014 

0,99998 

0.76011 

0,75909 

1 

1.00000 

1,00000 

1,0000 

1.0000 

1,00000 

1.00000 

1,0000 

1,0000 

1,00000 

1,00000 

1.00000 

1,00000 

5 

1,00417 

1,009886 

5.0208 

5.0467 

1,08652 

1,02742 

5.1826 

5,1871 

0,09748 

0,99991 

4,98740 

4,99954 

10 

1,00851 

1,021559 

10,0851 

10.2156 

1,09422 

1,06870 

10,0422 

10,687 

0,99408 

0,99979 

0,94080 

9,99788 

15 

1.01190 

1.084840 

15,1784 

15,5151 

1,16582 

1,10739 

17,4798 

16.6108 

0,99028 

0.99969 

14,85845 

14.99540 

20 

1,01482 

1.047824 

20,2868 

20.9565 

1.24982 

1,15999 

24,9964 

28,1998 

0,98745 

0,99956 

19,74900 

19,99117 

tt  Le  differenze  per  Varia  e  Tanidride  carbonica  non  possono  attribuirsi 
altro  che  al  fatto  della  sola  serie  di  osservazioni  da  cui  furono  ricavati  i 
valori  numerici  ivi  inseriti.  Per  l'idrogeno  la  deviazione  dalla  legge  di  Boyle, 
per  i  numeri  calcolati,  è  meno  marcata  di  quello  che  risulta  dall'esperienza. 
Tali  differenze  diminuiscono  notevoknente  aumentando  la  temperatura,  come 


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—  468  — 

risulta  dal  seguente  confronto  per  l'aria  e  Tanidride  carbonica  alla  tempe- 
ratura di  lOOV 

Tabella  VII. 


H 

Aria 

Anidride  carbonica 

Ev 
HV 

V 

f/ 

Ev 
HV 

V 

v' 

oBservato 

calcolato 

osservato 

calcolato 

osservato 

calcolato 

osserrato 

calcolato 

0 

0,99991 

0,99771 

0 

0 

0,9967 

0,99384 

0 

0 

0,76 

0,99998 

0,9997 

0,75998 

0,75977 

0,9992 

0,9991 

0,7594 

0,7593 

1 

1,00000 

1,0000 

1,00000 

1,00000 

1,0000 

1,0000 

1,0000 

1,0000 

& 

1,00031 

1,0051 

5,00161 

5,0255 

1,0133 

1,0139 

5,066 

5,0697 

10 

1,00063 

1,01166 

10,0063 

10,1166 

1,0306 

1,0326 

10^06 

10,3264 

15 

1,00086 

1,0184 

15,0129 

15,2762 

1,0485 

1,0528 

15,727 

15,7921 

20 

1,00102 

1,02534 

20,0204 

20,5068 

1,0669 

1,0747 

21,338 

21,4937 

«  Per  Varia  naturalmente  è  sempre  un  pò*  inarcata  te  differesiza  ;  ma  è 
però  soddisfacente  raccordo  fra  i  valori  deirosservazione  e  quelli  calcolati 
per  l'anidride  carbonica. 

«  Coefficiente  di  dilatazione.  Moltiplicando  la  59)  per  il  binomio  (1  +  «0 
essa  si  trasforma  nella  seguente 


60)      (l  +  aOHt;-f- 


a 


2v{\^at){l  —  bY 


=   1 


2(1 


^.|(l  +  «0 


Indicando  con  v^  il  volume  del  gas  alla  tempwatura  ^o  =  0**  G. ,  e 
con  v'=Vt{\-\-at)  il  volume  del  medesimo  gas  alla  temperatura  /  e  alla 
costante  pressione  H,  dall'espressione  60)  otteniamo  le  due  equazioni 


Hy'- 


61) 


2»o(l+«0(l- 


:^=|i+2(r^^i+«')' 


Hvo 


1  + 


2(1—*)*      '^2(X  — *)*' 
e  dividendo  la  prima  per  la  seconda,  defalcando  l'unità  e  ridncendo  si  ottiene 


«2) 


/»  = 


V  — Wo 


1'  + 


{2-^at)a 


V4  r    •  2H(l+aOK(l  — *)!*) 

cioè  il  coefficiente  di  dilatazione  fi ,  comprimendosi  in  generale  i  gas  più  di 
quanto  esige  la  legge  di  Boyle,  evidentemente  aumenterà  proporàonalmente 
aUa  pressione  e  diminuirà  inversamente  ali*  aumento  di  temperatura.  Per  Taria 


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—  469  — 


e  ranidride  carbonica,  alla  temperatura  di  O^C,  abbiamo  i  segmnti  Talorì 
messi  a  confronto  con  qnelli  osseiTati  da  B^ault. 


Tabella  Vili. 


H 

t^o 

Aria 

V. 

Anidride  earV)nica 

OM«nrato 

«alcoUto 

oaaeivftto 

calcolato 

0 
0.76 

1 
5 

10 

15 

20 

1 

0,003658 
0^003670 
0,008674 
0,003730 

0,008788. 

0,003834 

0,003866 

0,008654 
0,003667 
0,006671 
0,008745 

0,003835 

0,008988 

0,004085 

00 

1 

0,003660 
0,003710 
0,008727 

0,004057 

0,004615 
0,005332 
0,006210 

1       == 

0,008654 
0,008669 
0,003701 
0,003900 

0,004188 

0,004518 

0,004821 

0,7595 

1 
1 

0,7588 

1 
1 

5,0484 

1 

5.185 

1 

10,2233 

1 

10,6542 
1 

15,5345 

1 

16,6598 

1 

20,9994 

23,3077 

«  I  Talori  di  ro  riportati  in  questa  tabella  sono  quelli  deteiminati  dal 
rapporto  di  Vo  alla  pressione  di  H™  e  queUo  della  pressione  4i  1~  dei  ri- 
spettivi yalorì  della  Tab.  V)  inseriti  nella  colonna  corrispondente  a  0®  C. 

«  In  quanto  alla  diiFerenn  fra  i  valori  oeswvati  e  quelli  calcolati,  spe- 
cialmente per  ranidride  carbonica»  nulla  abbiamo  da  a^ungere  a  quanto  si 
disse  della  compressibilità  di  questi  gas  a  temperature  poco  differenti  da  zero. 

«  plasticità  0  tensione.  Dall'equazione  59)  si  ha 


63) 


^-J^+2(l^*)*r     ^(1+c^o^n 


la  quala,  alla  tempetatura  t ,  permette  di  ealeolare  la  pressiooo  H  quando  si 
mantenga  costante  il  volume  v  ;  e  conseguentemente  T  elasticità  q  t^aiiooe 
del  gas,  ptf  la  68)  sarà  rappresentata  da 


IV) 


H^  =  l+2(l-*)«h-t;(l  +  «0'| 


rispetto  alla  quale  i  valori   di  H  90110  quelli  calcolati  con  la  63)  in  fun- 
zione di  V. 

«  Caeflleiente  di  riasticità  0  di  tensione.  Indicando  con  H»   la  Isna 
elastica  del  gas  a  O^C.  e  con  H'»aHo(l  +  «0  q^olla  alla  temperatola  t 


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—  470  — 

di  esso,  mantenuto  a  volume  costante  v ,  dall'espressione  60)  ricaTiamo  le 
due  equazioni 


64) 


g'''+2»(i+.mi-«)--'j'+2(r^-j<'+°" 


Ho«- 


.i  =  l  + 


2«(1+A)«       '  '  2(1  —  *)*' 
dividendo  la  prima  per  la  seconda,  defalcando  l'unità,  e  riducendo  si  ottiene 

(2  4-  at)a 


65) 


/S'  = 


g  — H, 


=    1 


a. 


Dunque  il  coefficiente  di  tensione  è  rappresentato  da  una  espressione  iden- 
tica a  quella  del  coefficiente  di  dilatazione  ;  cioè  conformemente  all'esperienza 
aumenta  proporzionalmente  alla  pressione  e  diminuisce  inversamente  alla 
temperatura.  Calcolando  con  la  63)  i  valori  di  Ho  abbiamo  per  fi  i  seguenti 
valori  calcolati  per  Taria  e  l'anidride  carbonica  a  0^  C. 

Tabella  IX. 


V 

Ho 

Aria 

Ho 

Anidride  carbonica 

osservato 

calcolato 

osservato 

calcolato 

00 

1 

0,76 

1 

1/6 

1/10 

1A5 

1/20 

0 

0,7604 

1,0000 

4,9525 

9,7864 

14,5017 

19,0982 

0,003654 

0,003665 

0,003669 
0,003723 
0,003778 
0,003821 
0,003861 

0,003654 

0,003667 

0,003671 
0,003742 
0,008831 
0,003923 
0,004017 

0 

0,7612 

1,0000 

4,8723 

9,4255 

13,6596 

17,5744 

0,003654 

0,003688 

0,003702 
0,003939 
0,004340 
0,004858 
0,005492 

0,003654 

0,003689 

0,003701 
0,003898 
0,004148 
0,004421 
0,004714 

>  Le  differenze  fra  i  valori  osservati  da  Regnault,  per  questi  due  gas, 
e  quelli  calcolati  sono  assai  minori  di  quelle  del  rispettivo  coefficiente  di 
dilatazione. 

«  Dall'equazione  generale  deirisoterma  proposta  da  Yan  der  Waals  si 
ottiene,  pei  coefficiente  di  elasticità, 


/»'' 


■('+E?)« 


indipendente  dal  volume  specifico  molecolare  e  dalla  temperatura,  la  cui  di- 
pendenza è  espressa  dalla  65)  conformemente  alle  osservazioni  di  Amagat  ' . 


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—  471  — 


Fisica.  —  Ricerche  intorno  alle  deformazioni  dei  condensatori. 
Nota II.  (0  del  dott.  Michele  Cantone,  presentata  dal  Socio Blaserna. 

Rimltati  delle  esperienze.  Accennerò  anzitutto  che  gli  aumenti  di  Tolume 
interno  avvenivano  gradatamente  a  misura  che  cresceva  la  carica  nel  conden- 
satore, e  che  scoccando  la  scintilla  nello  spinterometro,  la  colonna  liquida  ritor- 
nava un  poco  al  di  sopra  della  posizione  iniziale:  tale  spostamento  residuo, 
che  era  sensibilmente  proporzionale  alla  variazione  di  volume  subita  dal  reci- 
piente alla  carica,  e  che  in  tutti  i  casi  costituiva  una  frazione  assai  piccola 
dì  questa  variazione,  spariva  dopo  qualche  minuto.  Un  tal  fatto  è  da  attri- 
buire probabilmente  ad  una  piccola  variazione  di  temperatura  subita  dal  vetro 
nel  passaggio  istantaneo  dallo  stato  deformato  allo  stato  iniziale,  poiché  ho 
visto  essere  lo  spostamento  resìduo  molto  accentuato  quando  sì  faceano  suc- 
cedere diverse  scariche  a  brevi  intervalli  di  tempo. 

«  Gli  spostamenti  delle  frangio  avvenivano  anch'essi  gradatamente  col 
crescere  della  carica  ed  accennavano  ad  un  allungamento  del  condensatore; 
non  si  potea  però  avere  alcun  particolare  sul  moto  dì  ritorno,  tranne  nel  caso 
in  cui  lo  spostamento  prodotto  fosse  minore  di  una  frangia,  perchè  negli  altri 
casi  il  moto  di  ritomo,  sempre  di  brevissima  durata,  non  potea  seguirsi  dal- 
l'osservatore. Quando  sì  producevano  alla  carica  pìccoli  spostamenti,  si  ebbe 
costantemente  il  ritomo  alla  posizione  iniziale. 

«  Alcuni  studi  preliminari  hanno  inoltre  mostrato  che  le  deformazioni 
dì  un  condensatore  dipendono  dalla  durata  della  carica.  Ho  visto  infatti  che 
a  seconda  della  velocità  con  cui  motava  il  disco  della  macchina  elettrica,  si 
aveano  tanto  per  le  variazioni  dì  capacità  che  per  quelle  dì  lunghezza  valori 
accennanti  in  modo  netto  ad  una  deformazione  sempre  maggiore  col  crescere 
della  durata  della  carica  necessaria  a  portare  l'armatura  ìntema  ad  un  dato 
potenziale. 

«  B^tro  nelle  seguenti  tabelle  i  risultati  delle  esperienze  da  me  fatte 
in  proposito  sui  vari  condensatori.  Per  ogni  valore  della  distanza  delle  pal- 
line nello  spinterometro,  sono  segnate  accanto  ai  corrispondenti  valori  delle 
durate  delle  cariche,  avuti  mediante  un  contaseoondì,  in  ciascuna  tabella  a 
sinistra  le  variazioni  di  volume  computate  in  divisioni  del  micrometro,  e  in 
ciascuna  di  quella  a  destra  gli  spostamenti  delle  frangìe  rispetto  al  punto  se- 
gnato nel  centro  della  lastrina  l\ 


(ì)  V.  pag.  344- 


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—  472  -- 


Recipiente  N." 

/. 

Distanza  espi. 

Distanza  espi. 

Distanza  espi. 

6«m 

6-« 

5m» 

/*T 

t 

^L 

t 

^L 

t 

13*8 

2:1 

3'35 

3> 

2'80 

^fi 

13,8 

3,3 

3,5§ 

S.2 

240 

2.7 

14,8 

5,0 

3,80 

6,4 

2,60 

4,0 

15,8 

6,0 

4,30 

10,0 

2,65 

5,8  j 

16,2 

10,0 

4,60 

12,0 

15,? 

11,0 

4,65 

17,4 

20,7 

30,0 

4,60 

21,8 

5,15 

34,5 

Beeiptente  N." 

//. 

Distanza  espi. 

Distanza  espi. 

gmm 

Distanza  espi. 

Distanza  espi. 

Distanza  espi. 

Distanza  espi. 

5-         1 

A 

t 

^y 

t 

^v 

t 

Jx. 

t 

A 

t 

A 

t 

d 
24,7 

3?7 

16Ì4 

2> 

d 

8,3 

ifi 

5!80 

Sfi 

3,90 

2':b 

1)90 

<1 

^5,6 

4,9 

16,6 

4,0 

8,6 

5,0 

5,85 

3,8 

4,05 

3,6 

1,95 

2,7 

27,1 

6,3 

17;8 

5,8 

8,9 

8,2 

6,06 

4,4 

4,26 

6,0 

2,00 

3,0 

27,3 

6,8 

17,7 

6,1 

9,1 

0,0 

6,55 

5,7 

4,60 

10,2 

2,30 

7,2 

31,^ 

10,7 

18,2 

7.7 

6,75 

7,0 

4,75 

14,2 

2,46 

" 

Recipiente  N.^  III. 


Distanza  espi. 

Distanza  espi. 
6»* 

Distanza  espi. 

Distanza  espi. 
6--     ''1 

Jv 

t 

Jy 

t 

A 

t 

^L 

t    ' 

d 

31,0 

4:0 

a 
19,0 

zy 

2,46 

Ù 

hio 

^fi 

31,7 

5,2 

20,7 

6,2 

2,80 

6,0 

1,85 

7,0 

35,6 

7,7 

21,3 

7,7 

2,95 

8,0 

1,90 

7,5 

21,7 

9,3 

2,00 

12,3 

24,5 

16,3 

2,25 

15,8 

25,8 

22,3 

2,30 

16.7 

^- : 

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473  — 


Recipiente  N."  IV. 


Distanza  espi. 

7m» 

Distanza  espi. 

gmm 

Distanza  espi. 

5B« 

Distanza  espi. 

ymm 

Distanza  espi. 

gmm 

Distanza  espi. 

5inm 

^T 

t 

ày 

t 

^v 

t 

Ju 

t 

A 

t 

^L 

t 

d 
15,7 

i'fs 

d 

9,8 

23 

d 

7,3 

Ù 

4,80 

^fi 

3!^30 

41 

3,3 

2^30 

<1 

16,3 

4,7 

10,5 

3,8 

7,4 

2,5 

5,00 

5,0 

3,45 

5,0 

2,45 

3,4 

16,9 

5,1 

10,8 

4,0 

7,8 

5,0 

5,25 

6,0 

3,60 

6,1 

2,50 

3,5 

17,9 

8,0 

11.2 

4,8 

8,1 

5,8 

5,45 

7,6 

3,65 

6,7 

2,60 

3,8 

19,5 

12,0 

11,7 

5.4 

5,50 

8,0 

4,00 

11,3 

21,0 

18,2 

12,5 

9,8 

6,15 

12,2 

4,90 

26,0 

21,2 

19,3 

«  I  dati  fornitimi  dalle  esperienze  non  sono  certamente  tali  da  permet- 
termi imo  stadio  sulla  legge  che  mette  in  relazione  le  deformazioni  colla  du- 
rata della  carica,  ma  bastano  per  mostrare  l'influenza  di  tale  durata  sui  fenomeni 
sottoposti  al  nostro  esame,  e  ad  indicare  quali  gravi  errori  si  commettereb* 
bere  non  tenendone  conto. 

«  Io  ho  procurato  pertanto  di  dare  alla  macchina  elettrica  un  andamento 
regolare  in  tutte  le  esperienze  successiTe,  e  son  riuscito  ad  ottenere  la  sca- 
rica allo  spinterometro  in  intervalli  di  tempo  pressoché  costanti  per  una  data 
lunghezza  di  scintilla,  e  sensibilmente  proporzionali  alle  lunghezze  delle  scin- 
tille, ossia  alle  differenze  di  potenziale  delle  armatm*e  nel  condensatore  ;  per 
modo  che,  se  non  ho  potuto  evitare  quella  incertezza  cui  da  luogo  la  varia 
deformazione  per  differenti  durate  della  carica,  mi  son  messo  nelle  migliori 
condizioni  per  risolvere  il  problema  relativamente  a  durate  comprese  fra  li- 
miti ristretti. 

«  Passo  finalmente  ai  risultati  definitivi  sulle  variazioni  di  volume  intemo 
e  di  lunghezza  dei  condesatori  alla  carica  ;  risultati  che  registro  nelle  s^uenti 
tabelle.  Nella  prima  colonna  di  ciascuna  di  esse  ho  sanato  le  distanze  esplo- 
sive allo  spinterometro,  nella  seconda  le  corrispondenti  durate  medie  della 
carica,  nella  terza  le  variazioni  dell'unità  di  lunghezza,  nella  quarta  quelle 
dell'unità  di  volume,  nella  quinta  e  nella  sesta  i  valori  corrispondenti  a  quelli 
delle  due  precedenti  colonne  per  una  differenza  di  potenziale  uguale  ad  uno, 
e  nell'ultima  i  rapporti  fra  il  triplo  della  dilatazione  lineare  e  la  dilata- 
zione cubica. 


Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  1»  Sem. 


61 


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—  474  — 


Recipiente  N.^ 

/. 

Disi  espi. 

Durata 
della  carica 

L 

V 

LP» 

VP» 

^r*  V 

-6 

-6 

—9 

-9 

3. 

2:3 

0,479X10 

1,270X10 

0,417X10 

1,106X10 

1,13 

4. 

2,5 

0,902 

2,510 

0,442 

1,230 

1,08 

5. 

2,9 

1,345 

3,873 

0,422 

1,186 

1,04 

6. 

3,5 

1,920 

5,314 

0,418 

1,157 

1,08 

Recipiente  N.^ 

IL 

Disi.  espi. 

Durata 
della  carica 

L 

V 

LP« 

VP» 

^L*  V 

mm 

3. 

<2 

-6 
0,403X10 

-6 
1,216X10 

-9 
0,351X10 

-9 
1,059X10 

1,00 

4. 

2,5 

0,670 

2,061 

0,328 

1,009 

0,98 

5. 

3,0 

1,025 

3,132 

0,321 

0,982 

0,98 

6. 

3,4 

1,365 

4,169 

0,298 

0,908 

0,98 

7. 

4,0 

2,000 

6,197 

0,320 

0,991 

0,96 

Recipiente  N.^ 

IIL 

Dìst.  espi. 

Durata 
della  carica 

L 

V 

LP» 

VP» 

^L-  V 

mm 

3. 

<l 

-6 
0,177X10 

-6 
0,499X10 

-9 
0,154X10 

^9 
0,437X10 

1,07 

4. 

2,6 

0,289 

0,871 

0,142 

0,426 

1,00 

5. 

•     3,2 

0,457 

1,261 

0,143 

0,395 

1,09 

6. 

3,7 

0,628 

1.715 

0,136 

0,373 

1,09 

7. 

4,3 

0,989 

2,622 

0,158 

0,419 

1,18 

Recipiente  NJ* 

IV. 

1 

'  Dist.  espi. 

i 

Durata 
della  carica 

L 

V 

LP» 

VP» 

^LV 

mm 

4. 

2:è 

-6 
0,652X10 

-6 
1,222X10 

-9 
0,319X10 

-9 
0,599X10 

1,60 

5. 

3,2 

0,931 

1,750 

0,292 

0,549 

1,60 

6. 

3,6 

1,313 

2,444 

0.286 

0,533 

1,61 

7. 

4,2 

• 

1,989 

3,667 

0,318 

0,586 

1,63 

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—  475  — 

tt  È  a  notare  dai  valori  della  quinta  e  sesta  colonna  di  ciascuna  tabella, 
come  le  variazioni  sia  di  volume  che  di  lunghezza  risultino  sensibilmente  pro- 
porzionali ai  quadrati  dei  potenziali  P  cui  si  porta  Tannatura  intema  di  cia- 
scun condensatore,  e  da  quelli  della  settima  come  la  dilatazione  cubica  sia 
in  generale  tripla  della  dilatazione  lineare.  Farebbe  solo  eccezione  il  reci- 
piente n.  IV,  il  quale  si  scosta  notevolmente  nel  suo  modo  di  comportarsi 
da  quest'ultima  l^ge  :  se  si  tien  conto  pertanto  delle  anomalie  cui  si  è  accen- 
nato relativamente  alla  forma  di  questo  condensatore,  si  comprende  come  non 
si  possa  tener  conto  per  la  verifica  delle  formule  teoriche  dei  risultati  con 
esso  ottenuti. 

«  Dalle  formule  (2)  e  (3)  ricavate  da  Lorberg  si  può  avere  una  rela- 
zione indipendente  da  h^  ;  infatti  ponendo  per  brevità  : 


alle  (2)  e  (3)  si  può  dare  rispettivamente  la  forma 

3P' 

cE<r» 


«  Moltiplicando  la  prima  per  .. e  sottraendo  da  essa  la  seconda  si  ha  : 


cui: 


EJ» 
P* 
da  cui: 

E£^l— 2 
P« 

•  In  questa  relazione  che  lega  a  e  ^  indipendentemente  da  h*,  ho  sosti- 
tuito alle  varie  lettere  i  valori  ottenuti  mediante  l'esperienza,  prendendo 

per  p^  e  —  le  medie  delle  cifre  registrate  nelle  quinte  e  seste  colonne  delle 

ultime  tabelle,  ed  ho  avuto  rispettivamente  per  i  recipienti  I,  II,  III  le  se- 
guenti relazioni  : 

/  0,263  =  0,297»  — 0,797/9 

(A)  I  0,249  =  0,295»  — 0,795/9 

(  0,269  =  0,291a  —  0,791/J 

«  Questo  sistema  di  equazioni  non  si  presta,  come  si  vede,  per  la  deter- 
minazione delle  costanti  a  e  /9  per  la  natura  dei  coefficienti  delle  incognite; 
però  i  valori  pressoché  identici  dei  primi  membri  servono  a  mostrare  la  bontà 
dei  risultati  relativamente  alle  formule  alle  quali  si  son  voluti  applicare. 


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—  476  — 

Si  ricavarono  pertanto  le  costanti  a  e  fi  separatamente  per  ciascun  recipiente 
dalla  (5)  e  dalla  relazione: 

"-F^-|-('-^*')-Ì<'*+»*)-|"-">  («' 

fornita  dalla  formula  (3),  facendo  in  essa  A*=l .  Tale  ipotesi  non  è,  come 
si  è  detto,  rigorosamente  anmiissibile  ;  ma  con  molta  approssimazione  stante 
la  forma  delle  calotte  terminali  dei  vari  recipienti,  per  cui  ho  ritenuto  poter- 
mene servire  nella  ricerca  dei  valori  approssimati  di  a  e  /t. 

«  Son  venuto  pertanto,  applicando  la  (6),  al  sistema  delle  tre  equazioni  : 

/  —  0,080  =  0,625a  —  0,375)5 

(B)  j  —  0,103  =  0,625a  —  0,375/9 

(  _  0,066  =  0,625a  —  0,375/5 

«  Bisolvendole  simultaneamente  colle  corrispondenti  (A)  ho  ottenuto  : 

a.  =—0,420  fii  =  —  0,486 
a„  =—0,454  i5„=  — 0,481 
«in  =—  0,397     ^  /Ji„  =—  0,476 

«  Questi  risultati,  accennando  sensibilmente  all'uguaglianza  dei  valori  di 
<(  e  fi,  porterebbero  alla  conseguenza  che  il  dielettrico  si  comporti,  relativa- 
mente alle  deformazioni,  allo  stesso  modo  per  spostamenti  pa/alleli  alle  linee 
di  forza  come  per  quelli  perpendicolari  ad  esse,  o  in  altri  termini  che  la  co- 
stante dielettrica  dipenda  solo  dalla  densità  del  coibente,  come  nel  caso  dei 
liquidi.  Per  quanto  riguarda  il  segno  si  perverrebbe  ad  un  altro  risultato  im- 
portantissimo, se  non  in  generale  almeno  per  il  caso  del  vetro,  che  cioè  la 
costante  dielettrica  aumenti  col  diminuire  delle  densità. 

>  Il  modo  come  varia  questa  costante  colla  temperatura  ha  fatto  ritenere 
probabile  il  risultato  opposto  ;  se  non  che  le  ricerche  relative  ai  coibenti  sot- 
toposti a  varia  temperatura  hanno  lasciato  il  dubbio  che  la  diminuzione  della 
costante  dielettrica  al  riscaldamento  fosse  apparente,  e  fosse  invece  dovuta 
ad  un  aumento  di  conducibilità.  Del  resto  ammessa  anche  tale  diminuzione, 
non  viene  provato  che  essa  sia  effetto  della  variazione  dì  densità  avvenuta 
nel  corpo,  potendo  benissimo  essere  effetto  del  fenomeno  calorifico.  D'altra  parte 
le  esperienze  di  Qmncke,  relative  alla  influenza  della  pressione  sull'indice  di 
rifrazione,  che  sole  potrebbero  apportare  un  po'  di  luce  per  la  nota  legge  fra 
il  potere  induttore  specifico  e  quest'indice,  hanno  dato  per  il  vetro  risultati 
dubbi,  essendosi  avuto  con  un  aumento  di  pressione  in  talimi  casi  un  aumento 
in  altri  una  diminuzione  dell'indice  ;  opperò  sempre  variazioni  così  piccole  da 
far  ritenere  i  risultati  non  attendibili. 

«  Ho  voluto  infine  calcolare  il  valore  comune  delle  costanti  a  e  fi  nella 


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—  477  — 

ipotesi  che  queste  costanti  fossero  uguali  fra  loro,  servendomi  della  relazione  (5) 
per  evitare  gli  errori  relativi  ad  A',  e  son  venuto  ai  seguenti  risultati 
a,  =  —  0,526         «n  =  —  0,498        a,n  =  —  0,638  . 

B  La  media  di  tali  valori  sarebbe  — 0,520  ossia  approssimatamente  — i. 

«  Besterebbe  a  studiare  il  modo  come  a  ^  fi  variino  col  variare  della 
durata  della  carica,  per  vedere  sino  a  che  punto  tali  costanti  dipendano  dalla 
natura  del  dielettrico  indipendentemente  dalllnfluenza  che  sulle  deformazioni 
possa  avere  la  penetrazione  delle  cariche,  ed  io  spero  poter  presto  intrapren- 
dere ricerche  in  proposito  « . 

Chimica.  —  Azione  della  anidride  acetica  sull'acido  levulinico. 
Nota  di  Gaetano  Maonanini  (*),  presentata  dal  Socio  Canntzzaro. 

«  Negli  ultimi  anni  è  stata  eseguita  da  diversi  sperimentatori  tutta  una 
serie  di  sintesi  di  derivati  tetrolici  col  mezzo  dei  chetoni  ovvero  degli  acidi 
chetonici.  Dall*acetofenonacetone  si  sono  ottenuti  (')  derivati  corrispondenti  del 
furfurano,  del  tiofene  e  del  pirrolo,  e  l'acetonilacetone  dà  un  dimetilpirrolo 
quando  viene  trattato  con  ammoniaca  (').  Parimenti  Tetere  etilico  dell* acido 
acetofenonacetoacetìco  (%  l'etere  dietilico  delVacido  diacetilsuccinico  (^),  e 
l'etere  dietilico  dell'acido  diacetilglutarìco  (^),  che  si  ha  dall'etere  /9-bromo- 
levulinico,  reagiscono  coll'ammoniaca  e  colle  amine  dando  origine  ad  una  serie 
di  acidi  pirrolcarbonici  sostituiti.  Anche  l'etere  acetonilacetoacetico  di  Weltner 
trattato  con  acido  clorìdrico  fumante,  dà  origine  all'etere  dell'acido  pirotrita- 
rìco(7)  il  quale  probabilmente  è  un  derivato  del  furfurano. 

B  In  relazione  alle  ricerche  sui  nuclei  tetrolici,  attualmente  in  corso  in 
questo  laboratorio,  io  ho  fatto  alcune  esperienze  dirette  ad  ottenere  per  sin- 
tesi nuovi  derivati  del  furfurano.  In  questa  Nota  preliminare  comunico  i  primi 
risultati  ottenuti  nell'azione  della  anidride  acetica  sull'acido  levulinico,  allo 
scopo  di  riserbarmi  questo  campo  di  studio. 

*  L'acido  acetillevulinice  è  stato  ottenuto  quasi  due  anni  or  sono  da 
Bredt  (^),  il  quale  ha  dimostrato  che  l'anidride  acetica  alla  temperatura  di  100^ 
introduce  facilmente  nell'acido  levulinico  un  acetile.  Siccome  però  da  quel 
tempo  Bredt  non  si  è  più  occupato  dell'argomento,  e  siccome  l'ordine  delle 
idee  che  lo  hanno  guidato  nello  studio  di  quella  reazione,  è  completamente 

{})  Lavoro  esegnito  neiristìtato  chimico  della  R.  Università  di  Padova. 

(«)  Paal   Beri.  Berichte  XVII,  913;  2756;  XVIH,  367. 

(3)  Paal,  ibid.,  XVm,  2251. 

(*)  Lederei  e  Paal,  ibid.,  XVm,  2591. 

(5)  Knorr,  Liebig's  Annalen  236,  200. 

(«)  Beri.  Berichte,  XIX,  46. 

C)  Paal,  Beri.  Berichte,  XVH,  2756. 

(*)  Liebig's  Annalen,  236,  225. 


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—  478  — 

diverso  dal  mio,  ho  creduto  di  potere  liberamente  proseguire  la  mie  ricerche; 
3  gr.  di  acido  levulinico  per  volta  vennero  riscaldati  con  5  volte  il  proprio 
peso  di  anidride  acetica,  in  tubi  chiusi,  alla  temperatura  di  200'' — 225^. 
L'aumento  di  pressione  che  si  nota  nei  tubi  dopo  il  riscaldamento  è  quasi 
insensibile;  si  distilla  l'anidride  acetica  nel  vuoto  completamente,  si  fa 
bollire  il  residuo  con  acqua  e  si  filtra  bollente.  Il  liquido  che  8i  intorbida 
per  raffreddamento  si  estrae  con  etere,  si  distilla  Tetere,  ed  il  residuo  si  & 
bollire  con  acqua,  scolorando  con  carbone  animale,  e  si  filtra  bollente.  La  solu- 
zione acquosa  lascia  cristallizzare  per  raffreddamento  d^li  aghetti,  i  quali  tal- 
volta si  dispongono  in  forma  di  manmielloni,  e  che  cristallizzati  ripetutamente 
dall'acqua  bollente  fondono  a  15P,5 — 152^  Sottoposti  all'analisi  hanno  dato 
il  seguente  risultato: 

gr.  0.2628  di  sost.  dettero  gr.  0.5706  di  CO»  e  gr.  0.1282  di  Hg  0. 
t^  In  100  parti: 

trovato 

C  59.21  . 
H..  5.42 


da  cui  si  calcola  la  formula: 
che  richiede: 


»C9  Hio  O4IÌ 


C  =  59.34 

H  =  5.49 
La  nuova  sostanza  è  un  acido;  arrossa  la  tintura  di  tornasole,  si  scioglie 
nei  carbonati  alcalini,  e  scioglie  i  carbonati  alcalino-terrosi,  formando  i  sali 
corrispondenti.  Io  ho  analizzato  i  sali  di  argento  e  di  bario;  queste  analisi 
confermano  la  formola  C9  Hio  O4 ,  la  quale  contiene  un  «olo  atomo  di  idro- 
geno sostituibile  dai  metalli  cioè,  probabilmente,  un  solo  carbossile. 

Sale  argentico  Cg  H9  O2 .  COO  Ag 

K  Si  separa  cristallino  dopo  poco  tempo,  allorché  si  mescola  a  freddo  una 
soluzione  anmioniacale  neutra  dell'acido  con  una  soluzione  acquosa  di  nitrato 
di  argento.  Non  si  altera  alla  luce,  è  pochissimo  solubile  nell'acqua  ed  ha 
dato  all'analisi  il  seguente  risultato: 
gr.  0.2289  di  sostanza  dettero  gr. 0.0849  di  Ag. 
«In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  €«  H»  Ag  O4 

Ag  37.10  37.37 

Sale  di  Bario  (Cg  H9  0» .  COO)^  Ba 

«  Questo  sale  si  ottiene  facendo  bollire  una  soluzione  acquosa  dell'acido 
con  un  eccesso  di  carbonato  baritico.  Quando  il  liquido  ha  reazione  neutra  si 
filtra  e  si  concentra,  dapprima  a  bagnomaria  e  finalmente  nel  vuoto  sull'acido 
solforico.  Dopo  24  ore  si  ottiene  un  magma  cristallino  che  si  spreme  sul  filtro 
alla  pompa  e  si  lava  con  poco  alcool  assoluto.  È  una  sostanza  molto  solubile 


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—  479  — 

nell'acqua,  contiene  una  molecola  di  acqua  di  cristallizzazione  che  perde  sola- 
mente sopra  del  110^,  ed  ha  dato  all'analisi  i  segaentì  risultati: 
L  gr.  0,4057  di  sostanza  seccata  a  100^  perdettero  a  110^—120^  gr.  0.0145 

di  acqua; 
n.  gr.  0.3912  di  sostanza  anidra  dettero  gr.  0.1819  di  BaS04. 

•  In  100  parti: 

trovato    .  calcolato  per 

I  n  (C,H.04).Ba+HiO  (CH.OOtBa 

Ba  —        27.32  —  27.45 

H,0         3.57  —  3.48  — 

«  Sulla  natura  chimica  della  sostanza  C9  Hio  O4  io  non  posso  per  ora 
asserire  nulla,  se  non  che  essa  è  un  acido  monobasico  ;  uno  studio  ulteriore 
deciderà  sulla  costituzione  molecolare  del  residuo  CgH^Ot.  Si  possono  però 
in  via  di  ipotesi  prendere  in  esame  alOune  formule  egualmente  probabili,  le 
quali  dovranno  essere  assoggettate  ad  una  crìtica  sperimentale. 

«  La  formula  C9  Hio  O4  è  quella  di  xm  omologo  dell'acido  deìdroacetico. 
Che  la  sostanza  in  discorso  possa  essere  invero  un  derivato  del  pirone  non  è  asso- 
lutamente escluso;  anzi  se  si  riflette  che  la  formazione  dell'acido  deidroace- 
tico  dall'etere  acetoacetìco  è  un  processo  ancora  molto  oscuro,  non  appare  inve- 
rosimile che  dall'acido  levulinico,  che  è  un  omologo  dell'etere  acetoacetico, 
possa  formarsi,  in  condizioni  abbastanza  comparabili,  una  sostanza  analoga 
all'acido  deidroacetìco.  In  questo  caso  la  form'ula  di  costituzione  dell'acido  ot- 
tenuto da  me  potrebbe  essere  la  seguente: 

CO 

(COOH)C        C.CH3 

I!        Il 
CH3 .  C       e .  CH3 

Y 

«  La  nuova  sostanza  potrebbe  però  anche  essere  un  derivato  del  furfu- 
rano.  La  formula  C9  Hio  O4  rappresenta  un  acido  diacetillevulinico  meno  una 
molecola  di  acqua: 

C5  He  O3  (CH3.C0)t        —  H2O        =        C9H10O4 
«  Un  acido  diacetillevulinico  non  lo  si  conosce,  è  noto  inceve  l'acido  ace- 
tillevulinico  ottenuto  da  Bredt  (^  per  azione  della  anidride  acetica  a  100"" 
sull'acido  levulinico.  Nulla  prova  però  che  un  acido  diacetilico  non  possa  esi- 
stere ;  anzi  se  all'acido  acetillevulinico  di  Bredt  si  vuol  dare  la  costituzione 
CH3— CO  — CH  — CH,.COOH 

I 
CO 

I 

CH3. 

(*)  Loc.  cit. 


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—  480  — 

si  può  intendere  facilmente  come  un  secondo  acetìle  possa  sostituire  un  atomo 
di  idrogeno  del  metilene  vicino  al  carbossile,  allorquando  si  riscalda  Tacido 
leyulinico  con  un  eccesso  di  anidride  acetica  sopra  200^.  In  quelle  condizioni 
un  acido  diacetillevulinico,  nella  forma  desmotropica  labile,  dovrebbe  perdere 
una  molecola  di  acqua  e  dare  un  derivato  del  furfurano,  come  dall*etere  del- 
Tacido  diacetilsuccinico  si  ottiene  col  mezzo  dei  disidratanti  Tetere  delVacido 
carbopirotritarico  : 

CH3— CO  -C C  — COOH         CH3  — CO  — C C  — COOH 

Il  II  -HeO=  Il  II 

COH    COH  C         C 

CH3  CHs  CH3    0        CH3 

Acido  diacetillevulìnico  nuova  sostanza 

«  Finalmente  un'altra  costituzione  è  possibile  per  Tacido  C9H10O4;  am- 
mettendo che  gli  atomi  vi  si  trovino  concatenati  in  quella  stessa  guisa  che 
Fittig  (1)  ammette  nell'acido  metronico.  Questo  ultimo  caso,  però,  secondo  il 
quale  la  sostanza  C9H10O4  sarebbe  un  derivato  del  pentametilene,  è  forse 
meno  probabile. 

«  Lo  studio  ulteriore  dell'acido  C9  Hio  O4  porterà  luce  sulla  sua  costitu- 
zione, e  su  di  questo  spero  di  potere  fare  fira  non  molto  una  comunicazione 
a  questa  Accademia  « . 


MEMORIE 
DA  SOTTOPORSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

0.  BoRDiGA.  Di  alcune  forme  rigate.  Presentata  dal  Socio  Cremona. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  Segretario  Carutti  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando le  seguenti  di  Soci  e  di  estranei. 

M.  Tabarrini.  Memorie  di  Gino  Capponi.  —  Studi  di  critica  storica.  — 
Vite  e  ricordi  d'italiani  illustri. 

A.  Loria.  La  teoria  economica  della  costituzione  politica. 

G.  Stocchi.  La  prima  conquista  della  Britannia  per  opera  dei  Ro- 
mani. Lavoro  che  ebbe  un  premio  d'incoraggiamento  dall'Accademia  nel  con- 
corso del  1885  ai  premi  del  Ministero  della  Pubblica  Istruzione. 

(1)  Beri.  Ber.  XVm, 


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—  481  — 

E.  Musatti.  Storia  di  un  lembo  di  terra.  Venezia  e  i   Veneziani. 

F.  Calvi.  Bianca  Maria  Sforza- Visconti^  Regina  dei  Romani,  Impe- 
ratrice germanica^  e  gli  Ambasciatori  di  Lodovico  il  Moro  alla  Corte  Ce- 
sarea; secondo  nuovi  documenti. 

G.  DE  Salverte.  La  famille  de  Salverte  et  ses  alléances. 

Lo  stesso  Segretario  oflfre  pure  un  esemplare  del  suo  libro  :  //  eonte 
Umberto  I  e  il  re  Ardoino,  Ricerche  e  documenti  del  Barone  Domenico 
Cardtti,  nuovamente  riveduti  dall'autore.  Roma,  Tipografia  della  R.  Acca- 
demia dei  Lincei,  1888.  L*autore  accenna  ad  alcune  variazioni  e  giunte  .di 
questa  edizione,  e  segnatamente  a  quelle  relative  alla  data  della  morte  di 
Umberto  Biancamano,  che  ora  può  dirsi  accertata,  e  alla  seconda  moglie  del 
marchese  Bonifacio  del  Vasto.  Presenta  infine  il  voL  XIV  del  Corpus  In- 
scriptionum  Latinarum  ed  il  voi.  XV  della  Politische  Correspondenz  Frie- 
dnch*s  des  Grossen,  inviati  in  dono  dall'Accademia  di  Berlino. 

Il  Socio  Amari  presenta,  discorrendone,  il  Catalogo  delle  monete  mus- 
sulmane della  Biblioteca  nazionale  di  Parigi,  pubblicato  dal  sig.  E.  Lavoix 
e  di  cui  il  Ministero  francese  della  Pubblica  Istruzione  inviava  un  esemplare 
in  dono  all'Accademia. 

Il  Corrispondente  Narduoci  presenta  una  pubblicazione  colle  seguenti 
parole: 

«  Ho  l'onore  di  presentare  all'Accademia  un  esemplare  della  vita  di 
Pitagora  scritta  da  Bernardino  Baldi,  da  me  tratta  dall'autografo.  Parmi  che 
questa  vita  debba  convenientemente  occupare  il  primo  luogo,  dopo  quelle  dei 
matematici  italiani,  sì  perchè  Pitagora  visse  lungamente  in  Italia,  e  fu  il 
fondatore  della  filosofia  italica  e  l'inventore  del  nome  stesso  di  filosofia,  sì 
ancora  perchè  la  medesima  vita  è  la  più  estesa  e  dotta,  e  la  più  sottilmente 
trattata  delle  altre. 

a  A  corredo  poi  del  lavoro  mi  è  parso  opportuno  di  riportare  in  442  note, 
testualmente  o  secondo  le  migliori  traduzioni^  i  brani  delle  opere  di  autori 
greci  e  latini  che  avvalorano  o  spiegano  le  asserzioni  dell'autore.  Dal  lato 
filologico  poi  posso  assicurare  che  il  vocabolario  della  nostra  lingua  si  vantaggerà 
di  non  poche  giunte  « . 

Il  Socio  Blaserna  presenta,  a  nome  del  Socio  Cremona,  la  pubblica- 
zione del  maggiore  P.  Palanqola  :  Sulle  grandi  mine  nella  roccia  calcarea 
della  catena  peloritana  {Sicilia)  e  nella  roccia  granitica  di  Baveno  {Lago 
Maggiore).  Presenta  inoltre  una  Nota  a  stampa  del  doti  W.  Szajnoche,  in 
polacco,  intitolata  :  Di  alcune  specie  di  pesci  fossili  del  Monte  Bolca  presso 
RENDICONTI.  1888,  VoL.  IV,  1°  Sem.  62 


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—  482  — 

Verona  e  il  voi.  Vili  MY Index- Catalogne  of  the  Library  of  the  Surgeon- 
General's  Office,  United  States  Army,  dono  del  Corrispondente  Bodio. 

Il  Socio  Betocchi  fa  omaggio  dell'opuscolo  del  prof.  Busin  :  Le  predi- 
zioni  del  tempo,  e  di  alcuni  fascicoli  della  Società  filologica  di  Francia,  nei 
quali  sono  riportati  vari  studi  del  conte  de  Charencey. 


CONCORSI    A    PREMI 

Il  Segretario  Carutti  annunzia  che  la  B.  Accademia  delle  Scienze  di 
Amsterdam  ha  trasmesso  il  progranmia  del  concorso  di  poesia  latina  per  Tanno 
1889,  secondo  il  disposto  del  legato  Hoeufft,  e  il  giudicio  pronunciato  sopra 
il  concorso  delVanno  1887.  In  questo  il  bolognese  Giuseppe  Albini  cons^uì 
la  menzione  onorevole  pel  carme  Ad  Urbem  Bononiam: 

Il  Socio  Blaserna  presentali  seguente  tema  della  fondazione  Beneke: 

«  Per  Tanno  1891  la  Facoltà  filosofica  dell'Università  di  Gottinga  pone 
il  seguente  problema: 

K  Negli  ultimi  decenni  si  è  sempre  più  riconosciuta  l'importanza  fonda- 
«  mentale  della  legge  dell'entropia  per  la  teoria  di  tutti  quei  fenomeni  fisici 
«  e  chimici,  che  sono  accompagnati  da  produzione  o  assorbimento  di  calore.  In 
■i  modo  più  speciale  dagli  sviluppi,  che  la  legge  delT  energia  ebbe  in  seguito 
tt  al  tema  Beneke  del  1884,  si  è  resa  manifesta  la  necessità  di  completare 
a  la  legge  dell'energia  con  quella  dell'entropia.  In  pari  tempo  sono  notevolmente 
«  progrediti  i  lavori,  che  riguardano  la  dimostrazione  della  legge  dell'entropia 
«  col  mezzo  dei  principi  generali  della  meccanica.  Lo  svolgimento  di  tutte  le 
«  questioniy  che  stanno  in  reiasione  colla  legge  dell'entropia,  appare  quindi 
«  molto  opportuno. 

«  Tale  svolgimento  dovrebbe  comprendere  lo  sviluppo  delle  dimostrazioni 
«  empiriche  della  legge  dell'entropia,  nei  suoi  rapporti  coi  lavori  di  Camot  ; 
ft  dovrebbe  poi  trattare  in  via  storica  e  critica  tutti  i  lavori,  che  concernono 
«  le  relazioni  fra  la  legge  dell'entropia  ed  i  principi  generali  della  meccanica; 
«  esso  dovrebbe  infine  contenere  una  relazione  estesa  di  tatto  le  applicazioni, 
«  che  la  legge  dell'entropia  ha  avuto  fin  qui  nella  teoria  di  processi  fisici  o 
«  chimici  » . 

«  I  concorrenti  potranno  presentare  i  loro  lavori  fino  al  31  agosto  1890, 
alla  Facoltà  filosofica  di  Gottinga,  in  lingua  tedesca,  latina,  francese  o  inglese, 
assieme  ad  una  lettera  sigillata  che  contenga  nome,  professione  e  domicilio 
dell'autore.  Primo  premio  marchi  1700,  secondo  marchi  680.  Il  lavoro  coro- 
nato rimane  proprietà  esclusiva  dell'autor^ 


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483  — 


CORRISPONDENZA 

11  Segretario  Carutti  dà  comunicazione  della  corrispondenza  relativa 
agli  Atti  accademici. 

Ringraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 

L  Accademia  delle  scienze  di  Nuova  Tork  ;  la  Società  filosofica  di  Cam- 
bridge; la  Società  archeologica  di  Londra;  l' Istituto  Egiziano  del  Cairo;  l' Isti- 
tuto Teyler  di  Harlem;  F Istituto  meteorologico  rumeno  di  Bucarest;  l'Uni- 
versità di  Upsala;  il  Museo  di  zoologia  comparata  di  Cambridge  Mass.;  l'Os- 
servatorio di  S.  Fernando;  l'Osservatorio  di  Oxford, 

Annunciano  l'invio  delle  loro  pubblicazioni: 

La  Scuola  politecnica  di  Parigi;  il  Museo  nazionale  del  Messico. 

D.  C. 


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485  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DELLA    R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 


Glasse  dì  scienze  fisiclie,  matematiclie  e  naturali. 

Seduta  del  6  maggio  1888. 

F.  Brioschi  Presidente 


MEMORIE  E  NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Matematica.  —  La  forma  normale  delle  equamni  del  sesto 
grado.  Nota  IL  del  Socio  F.  Brioschi. 

«  1.^  Nella  precedente  comunicazione  (0  col  medesimo  titolo  ho  deter- 
minato il  valore  dei  coefficienti  della  equazione  che  si  ottiene  trasformando 
una  equazione  qualsivoglia  del  sesto  grado  u{x)  =  0 ,  di  cui  le  radici  sono 
^0  9  ^1 1  —  ^5  7  por  mezzo  della  relazione  : 

iac  —  3b* 
tf,  — 

a 

essendo 

In  questa  Nota  prenderemo  ad  esaminare  i  valori  deUe  radici ^/q^  ti ...  h 
della,  trasformata  normale.  Posto  : 

u(x)  =  {x  —  ^o)9>(^) 
risultando  : 

u'  (Xo)  =  9  (xo)  ,       u"  (xo)  ==  2g>'  {xo} ,       u'"  {Xo)  =  3sp"  (^o) 

(*)  Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei.  Seduta  dell' 8  aprile  1888. 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  63 


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si  ha 
ma: 


—  486  — 
2 .  5*.  y  (xo)  .to  =  b(p  (xo)  (p"  (xo)  —  4^'*  (^o) 


essendo 

1 
«,.  = 

ÌCq  """"  «yf 

sì  otterrà  quindi: 

5*.  to  =  9  (Xa)^'^ara,  —  2^ar*J 

nella  quale  gli  indici  r,  s  sono  differenti  fra  loro.  Indichiamo  con  {rs)  il  bi- 
nomio Sr  —  a,  ed  osservando  essere: 

«r  —  a,  =  {rs)ara, 
il  valore  superiore  di  tt  si  trasforma  nel  sdente: 

5*.  Ifo  =  Vi  +  V«  +  V*»  +  V4  +  Vs 

essendo 

V.  =  (^[(12)(15)(03)(04)  +  (13)(14)(02)(05)' 

V«  =  (-gjy  [(21)  (23)  (04)  (05)  +  (24)  (25)  (01)  (03) 

^»=(è)  [(32)(34)(05)(01)  +  (35)(31)(04)(02) 

^*  =  ^^[i^mi^)i^^n(^^)  +  (41)(42)(03)(05) 

V5  =  ^  [(51)  (54)  (02)  (03)  +  (52)  (53)  (01)  (04) 

ossia  posto: 

V,  =  (12345) 
saranno  : 

V«  =  (21543),     V3  =  (32154),    ^4  =  (43215),    V5  =  (54321). 

«  Si  introducano  ora  come  nella  teoria  delle  funzioni  iperellittidie  le 
dieci  espressioni  (i)  : 

Y,*=  (02)(24)(40)(13)(35)(51)  )l=  (03)  (34)  (40)  (12)  (25)  (51) 

A  =  (03)  (35)  (50)  (12)  (24)  (41)  Yt*=  (04)  (45)  (50)  (12)  (23)  (31) 

yi,  =  (01)  (15)  (50)  (23)  (34)  (42)  y},  =  (01)  (12)  (20)  (34)  (45)  (53) 

^0"=  (01)(13)  (30)  (24)  (45)  (52)  A  =  (02)  (23)  (30)  (14)  (45)  (51) 

/„  =  (01)  (14)  (40)  (23)  (35)  (52)  y/=  (02)  (25)  (50)  (13)  (34)  (41) 

(*)  Ueber  die  Parameterdarstellung  der    Verhàltìiisse  der  Thetafunctionen   zweier 
Verùnderlicherj  von  Otto  Stande.  Math.  Annalen.  Bd.  XXIV,  pag.  286. 


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—  487  — 

e  notisi  come  per  le  medesime  le  fanzioni  superiori  fpi,  ipt, ...  tpt  si  esprì- 
mono nel  modo  che  segue: 

^ y«+y/        ^        Yi*  —  ro*        ^        y«+y»' 

^'  (01)  (25)  (34)    '     ^*        (02)  (13)  (45)    '     ^'       (03)  (16)  (24) 

•   ^*       (04)(12)(35)    '  ^*  (05)(14)(23) 

«  Ma  posto  : 

Ò^  =  (01)  (02)  (03)  (04)  (05)  (12)  (13)  (14)  (15)  (23)  (24)  (25)  (34)  (35)  (45) 
ossia: 

si  ha  che  ciascuna  delle  cinque  espressioni  seguenti  : 
ys*)'.*)'l.)'J«(01)(25)(34) 

yJ.yS,yJ«yl3(02)(i3)(45) 
y.V4*)'f4y!.(03)(i5)(24) 
y4*yo*y|.^(04)(i2)(35) 

yo*ys»yì,y!4(05)(14)(23) 
è  eguale  a  ny. 

»  I  valori  di  tf>i,  tpt ...   si  possono  quindi  esprimere  in  funzione  delle 
dieci  quantità  y,  e  si  hanno  le: 

Dy .  tpx  =—  y,*  y.»  A  y\,  [yfe  +  y**] 

ny.tp»=     YliYl,y*«Y*«ly**-Yo'2 

ny.fp,=  y,« y,' yf,  y»«  \jU  +  ys*J 
ny.ip,=  Y^Y^AyIUÌì—A'] 
ny.ff>,  =  —  yo*  ys'  y|,  yf*  [/«  +  y},] 

ma  dalle  note  relazioni  fra  i  quadrati  delle  dieci  funzioni  y,  si  ottengono  le  : 
Yu  Y<a  Yit  Ytt  =      ^m  \Ym  ~r  Yoì)       Yì  Y*  Yoi  Y-m 

Yz*  Y**  yI  Yìt  =-  Yt'  (yi  +  yU)  +  ys*  y«'  yJ,  y^ 
Y*  yo*  y|«  yos  =    y»  (ys* — yo*)  —  ys*  y.'  ySi  y» 
yo*  Y*  Ya  yi4  =    ys*  (yì.  —  y«*)  +  ys*  y«*  ySi  yL 
e  quindi  sommando  si  giunge  al  valore  di  ^o^ 

5*.  ny.u=—  y»* (yi  y^  +  yj. yj*)  +  y«* (yJ.  yl  - yJ» yJ.)  — 
-  yi  (ys*  y«* + y**  yS.)  +  y\,  (ys*  y»*  -  y«*  yì») 

al  quale  per  le  suindicate  relazioni  ponno  darsi  forme  differenti.  I  valori  di 


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—  488  — 
ti ,  tt ....  si  deducono  tia  quello-  di  ^o  per  mezzo  di  sostitazioni  circolari 
e  si  hanno  : 

5*.  /7y  .  /.  =      Y,*  (Yt*  yU  +  y/  YÌi)  -  yU  (y/  Yt2  -  A  ì'u)  + 

+  yìt  (y»^  yU  +  yii  yW  -  y**  (y»*  yt.  -  yi»  y.*) 
5«.  27y .  /.  =-  Y,*  (yJ3  yJt  +  y{  yìa)  +  yi*  (y.*  yÌ3  -  y«*  y^)  - 

— yìj  (ys"  yÌ4  +  yi  y»*)  +  y«*  (y»^  yì*  —  yl,  yi.)' 
5«.  /7y .  /3  =    ys*  (y/  yì«  +  yJi  yj^)  —  y»*  (yi  yJ*  —  y/  yt,)  + 

+ yi  (ys*  y»^  +  yi.  yJ.)  -  A  (y»"  y»*  -  yj,  ytJ 
5».  /7y .  u  =-Y^'  Ìy,"  Yt'  +  Y**  yU)  +  yis  (y^^  yU  -  ro*  )W  - 

—Y4*  (ys*  y*M  +  y^  yì.)  +  yì,  (y**  yì,  —  yj.  y,*) 
5».  /7y .  /,  =    r,*  (yj.  yJs  +  yo«  Yh)  —  yÌ4  (y»*  yìs  —  y**  yÌì)  + 
+  Yo'  (ys*  yJ«  +  y4*  y.*)  -  j  j,  (y**  y^  -  y<*  yS.)  • 
«  2.0  Si  indichino  ora  con  d,  e^^eu, ...  espressioni  analoghe  alle  ys,  Yo^Yh--: 
ma  formate  colle  radici  della  forma  binaria  f  del  sesto  ordine  appartenente 
agli  integrali  normali  iperellittici.  Bammentando  la  relazione  : 

|=5.2'.A  — ^* 
della  mia  prima  commiicazione  (<},  oppure  la: 

ed  osseirando  che  dai  risultati  dei  dottori  Maschke  e  Bolza  (^),  si  deducono 
le  formolo  s^uenti  : 

('^^^''^-KJo+f^+Js)      ?V«=-i(?„+?,+j4)      f«e/=_±(?o4-?34-i:,) 
('•'^..■'=-i(?.+J4+?0        ?'^t4=-i(?.+S^+f5)        pV«=-K?.+?3+Ì-5) 

(r*  CU  =-i(?«+f4+-J5)      ?V«=-i(?,+?,+?4) 

SÌ  otterranno  fra  le  dieci  funzioni  e  e  le  dieci  y  le  relazioni  : 
P^^o^^K^'+^'+^o'— <.*-/3*-/o')    ?V«=i(<3*+^4'+^**-/o*— /i'— ^«*) 

?'  4  =  i  (^o'+^'+/4'-/3'— ^*— f  S')        Q'  Ct*  =  i  (/„«+f  .«-}-4»_/,»_/.»_^«) 
e'  <?4*=  i  (/0*+^3*+/4*-/.'-^»'-4*)        P*  <?ì,  =  i  (/,'+/3*+/5*-<.*-/.'— ^4') 

essendo,  come  è  noto: 

{2mf 


Q  = 


**ii  w»»  —  Wi»  <''»i 


(■)  Rendiconti  dell'Accademia  dei  Lincei,  seduta  del  4  marzo  1888. 
(>)  Hath.  Annalen.  Bd  XXX. 


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—  489  — 

Mineralogia.  —  Ulteriori  osservazioni  sui  giacimenti  minerali 
di  Val  d^Ala  in  Piemonte.  II.  Z*  idocrasio  del  banco  di  idocrasio 
nel  serpentino  della  Testa  Ciarva  al  piano  della  Mussa.  Memoria  del 
Socio  Struever. 

Questo  laFoio  sarà  pubblicato  nei  Tolumi  delto  Memorie. 

Fisiologia.  —  Il  sangue  embrionale  di  Scyllium  catulus. 
Nota  XII.  del  Socio  A.  Mosso. 

e  DoTendo  fare  una  serie  di  comunicazioni  sul  sangue  dei  pesci,  non 
starò  a  ripetere  per  ciascuna  specie  che  ho  studiato,  tutte  le  cose  che  ho 
già  riferito  parlando  del  sangue  di  specie  affini.  Per  brevità  cercherò  di 
svolgere  in  ogni  Nota  un  gruppo  di  osservazioni  che  mettano  in  evidenza 
qualche  fatto  generale  :  e  passerò  in  silenzio  le  cose  che  ho  già  dette,  o  che 
dovrò  analizzare  più  estesamente  nelle  Note  successive. 

•  Il  27  gennaio  1888  viene  portato  alla  stazione  zoologica  di  Napoli  un 
uovo  di  Scyllium  caltdus  pescato  alla  profondità  di, 50  m.  circa.  Apro  il  gu- 
scio e  ne  estraggo  un  pesce  lungo  14  centim.  che  fa  dei  movimenti  vivaci. 

tt  11  sig.  Lo  Bianco  mi  disse  che  questo  pesce  aveva  Tetà  di  circa  sei 
mesi,  e  che  fra  una  settimana,  o  due,  sarebbe  uscito  dal  guscio.  Taglio  la 
coda  dell*animale  e  raccolgo  una  goccia  di  sangue  nel  liquido  Pacini  :  taglio 
un'altra  volta  la  coda  e  la  immergo  neir  acido  osmico  1  per  cento,  per  met- 
tere immediatamente  il  sangue  in  contatto  col  liquido  fissatore. 

»  Dopo  determino  la  resistenza  del  sangue;  ne  prendo  una  goccia  nella 
soluzione  di  cloruro  sodico  al  0,75  Vo  all'I  per  cento  e  airi,5  per  cento.  Altre 
esperienze  fatte  prima  sul  sangue  dei  Scyllium  camcula  mi  avevano  già 
mostrato  che  tale  è  il  titolo  delle  soluzioni  che  alterano  meno  i  corpuscoli 
rossi  dei  pesci  cani. 

«  Infatti  parecchie  ore  dopo  che  ho  messo  il  sangue  in  queste  soluzioni 
di  cloruro  sodico,  vedo  che  nel  liquido  al  0,75  e  airi  per  cento  vi  è  una  leggera 
colorazione  rossa,  mentre  che  il  liquido  ali*  1,5  per  cento  è  trasparente  e  sco- 
lorato ed  ì  corpuscoli  si  sono  depositati  sul  fondo.  Si  può  dunque  ritenere 
che  la  resistenza  di  questo  sangue  è  tra  1  e  1,5.  Il  sangue  coagula  rapi- 
damente; anche  nell'acido  osmico  1  per  cento  e  nel  liquido  Pacini  forma 
un  grumo,  e  non  si  mescola  come  una  polvere  sottile  :  e  nel  deposito  che  si 
forma  sul  fondo  del  vaso  vi  sono  dei  piccoli  grumetti  di  sangue  non  sciolto. 

tt  All'autopsia  trovo  che  la  milza  è  rossa  e  bene  sviluppata.  Le  cellule 
che  stanno  nel  plasma  della  milza  trattate  col  verde  metile  si  coloriscono 
immediatamente  in  verde  {}). 

(^)  Queste  ed  altre  osservazioni  verranno  esposte  in  una  delle  seguenti  Note  dove 
parlerò  delle  ricerche  che  feci  sul  sangue  della  milza  e  sulle  funzioni  di  quest'organo. 


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—  490  — 

«  Acido  osmico  1  per  cento.  I  corpascoli  gialli  sono  generalmente  elit- 
tici  :  e  il  loro  diametro  maggiore  varia  fra  22  jU,  75  e  24  /i,  50  :  il  minore 
fra  10  ,u,  5  e  12  ju,  25.  Ye  ne  sono  anche  dei  meno  allangati  che  misurano 
21  jti,  per  10  /*,  5. 

<t  Guardando  un  corpuscolo  di  fianco,  nel  maggior  numero  dei  casi  si 
vede  che  il  nucleo  fa  una  sporgenza  rotonda  da  un  lato  e  dall'altro  del  di- 
sco, per  cui  si  ripetono  le  forme  che  ho  già  descritto  nel  precedente  capitolo 
parlando  del  sangue  di  Mustelus. 

a  La  superficie  dei  corpuscoli  gialli  è  finamente  macdiiettata.  Sono  pic- 
cole macchie  rotonde  e  chiare,  quasi  trasparenti,  che  in  alcune  posizioni  del 
microscopio  appaiono  scure  o  gialle,  perchè  essendo  scolorite  riflettono  il  color 
giallo  della  sostanza  del  corpuscolo  in  cui  stanno  racchiuse.  Il  loro  diametro  è 
di  0,2  /i  a  0,3  fi  in  media,  sono  disposte  irregolarmente  in  numero  di  25,  o  50 
0  100  per  ogni  corpuscolo.  Spesso  sono  molto  yicine  le  une  alle  altre,  in 
modo  che  la  superficie  del  corpuscolo  sembra  un  crivello,  o  rassomiglia  alle 
foglie  pertugiate  di  alcune  piante  come  YHypericum  perforatum-  Ritornerò 
a  parlare  di  queste  macchie  in  seguito. 

«  Dentro  ai  corpuscoli  si  vede  un  nucleo  ovale,  spesso  in  posizione  ec- 
centrica od  obliqua,  qualche  volta  sta  nel  mezzo,  e  il  suo  diametro  maggiore 
e  minore  corrispondono  a  quelli  del  corpuscolo.  In  questo  caso  si  vedono 
dei  corpuscoli  che  hanno  intomo  al  nucleo  come  un  alone,  od  un  margine 
chiaro.  Questo  fatto  lo  si  deve  attribuire  alla  sottigliezza  maggiore  che  ha 
la  sostanza  del  corpuscolo  intomo  al  nucleo  :  e  di  ciò  uno  può  assicurarsi 
facilmente  esaminando  questi  corpuscoli  di  profilo,  che  mostrano  una  infos- 
satura  circolare  intorno  al  nucleo. 

«  Fra  i  corpuscoli  rossi  ve  ne  sono  di  tre  specie  :  quelli  lisci  ed  omo- 
genei, quelli  macchiettati,  e  quelli  granulosi:  in  questi  ultimi  la  sostanza 
del  corpuscolo  è  come  spugnosa  e  generalmente  non  lasciano  vedere  il  nu- 
cleo. Nei  corpuscoli  lisci  invece  si  vede  che  il  nucleo  è  fortemente  granuloso. 
Questi  corpuscoli  omogenei  hanno  generalmente  un  volume  più  piccolo  di 
quelli  che  sono  spugnosi. 

«  Vi  sono  dei  piccoli  corpuscoli  gialli  ovali  che  misorano  10 /i,  5  per  7  .u 
e  hanno  dentro  un  nucleo  di  8  u,  5  :  alcuni  sono  manieri  e  visti  di  fianco 
rassomigliano  ad  un  fuso  lungo  12  ju  a  14jU  con  un  nucleo  di  8. a  a  10 /f. 
Ve  ne  sono  che  hanno  la  lunghezza  di  17^»  con  un  nucleo  di  10 /t. 

^  La  nota  caratteristica  di  questi  microciti  è  la  grossezza  del  nucleo 
che  quasi  tocca  il  bordo  estemo  del  corpuscolo,  o  non  ri  rimane  separato  che 
da  uno  strato  sottile  della  corteccia  gialla.  Cosicché  solo  dal  lato  dell'asse 
maggiore  vi  è  un  po'  di  sostanza  corticale  leggermente  granulosa.  Spesso,  invece 
di  essere  elittici  sono  quasi  rotondi,  e  allora  formano  una  cellula  leggermente 
gialla  costituita  da  un  nucleo  omogeneo  di  10  fi  che  contiene  dentro  uno,  o 
due  nucleoli  splendenti,  che  hanno  il  diametro  da  0,6jct  a  l/u  e  intorno  a 
questo  grande  nucleo  vi  è  uno  strato  di  sostanza  granulosa  spesso  1  a  2ju. 


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—  491  — 

tt  Alcuni  di  questi  corpuscoli  hanno  la  figura  di  un  elissoide  con  un 
diametro  di  24  fi  per  17  /e,  e  ve  ne  sono  dei  più  piccoli  e  di  varie  forme;  al- 
cuni di  questi  grandi  nuclei  sono  dittici  e  molto  allungati,  cosicché  formano 
un  corpuscolo  di  21  /e  per  10  «e;  in  essi  la  sostanza  corticale  forma  uno 
strato  dello  spessore  di  1  /i,  75,  tutto  il  resto  è  nucleo  omogeneo. 

'  «  I  più  piccoli  misurano  da  8  »  a  10  ju;  sono  molto  pallidi,  ma  visibil- 
mente gialli.  Di  tali  corpuscoli  in  questo  sangue  ne  ho  contato  da  10  a  15 
per  cento  corpuscoli  ordinari. 

«  La  colorazione  gialla  di  questi  corpuscoli,  il  grande  nucleo  omogeneo 
che  quasi  li  riempie,  e  la  presenza  di  uno  o  due  nucleoli,  fanno  di  -questi 
corpuscoli  un  tipo  speciale  che  non  li  lascia  confondere  cogli  altri. 

«  Io  li  considero  come  corpuscoli  giovani,  e  fino  a  che  non  venga  me- 
glio chiarita  Torìgine  dei  corpuscoli  rossi,  anziché  chiamarli  col  nome  di 
ematoblasti  o  di  piastrine,  per  evitare  confusione  credo  sia  meglio  designarli 
colle' loro  note  caratteristiche.  Anche  il  nome  di  microciti  non  serve,  perchè 
abbiamo  dei  corpuscoli  giovani  che  sono  grossi  quanto  i  corpuscoli  rossi 
adulti,  e  ve  ne  sono  anche  dei  maggiori.  La  grossezza  del  nucleo,  ed  i  suoi 
rapporti  colla  sostanza  corticale,  sono  a  mio  parere  i  criteri  più  sicuri  per 
procedere  ad  una  classificazione  dei  corpuscoli.  Noi  vediamo  infatti  che  dai 
più  piccoli,  dove  tutto  è  nucleo,  esiste  una  serie  ascendente  di  forme  nelle 
quali  la  sostanza  corticale  diventa  sempre  più  sviluppata, 

«  D  nucleo  cresce  finché  raggiunge  un  limite  massimo  e  poi  diminuisce  : 
in  questo  secondo  periodo,  nel  quale  il  nucleo  si  riduce,  diviene  più  spiccata 
la  forma  a  disco  dei  corpuscoli  adulti. 


Corpuscoli  rossi  deformati. 

«  I  corpuscoli  rossi  sì  alterano  e  cambiano  di  forma  colla  più  grande 
facilità,  specialmente  nel  sangue  embrionale.  Qui  infatti  si  trovano  molti  cor- 
puscoli gialli  che  da  una  parte  sono  tirati  in  punta.  Queste  punte  alcuni  le 
hanno  da  entrambe  le  estremità,  talora  sono  diritte  e  qualche  volt^  sono  pie- 
gate le^ermente  ad  uncino.  Questi  corpuscoli  hanno  la  forma  come  di  una 
lacrima  di  vetro  coli' estremità  sottile  curva  o  diritta;  alcuni  presentano  due 
strozzamenti  per  cui  da  una  parte  il  corpuscolo  ha  la  sua  convessità  normale  ; 
poi  viene  un  leggero  strozzamento  che  abbraccia  il  nucleo  e  questa  seconda 
parte  del  corpuscolo  si  restringe  un  pò*  e  quindi  termina  come  un  filo:  in 
alcuni  comparisce  una  terza  leggera  espansione  ;  cosicché  questi  corpuscoli  pren- 
dono il  profilo  di  certe  lancio  antiche  col  bordo  sinuoso.  Tali  corpuscoli  che 
hanno  tre  strozzamenti  sono  quelli  che  dimostrano  con  maggior  evidenza  la 
natura  del  processo  che  produce  le  forme  irregolari.  Non  si  tratta  qui  di  un 
fatto  fisiologico  di  scissione  che  serva  alla  riproduzione  dei  corpuscoli  san- 
guigni, ma  di  un  fatto  morboso,  o  di  un'alterazione  cadaverica,  che  appare 
^lo  quando  il  sangue  si  trova  in  condizioni  anormali. 


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—  492  — 

«  Che  del  resto  Tacido  osmico  non  basti  per  fissare  immediatamente 
tutti  i  corpuscoli  rossi  nello  stato  in  cui  si  trovano  uscendo  dai  vasi,  lo  prova 
il  fatto  di  trovare,  in  questo  medesimo  liquido,  dei  corpuscoli  molto  più 
deformati,  che  quasi  non  sono  più  riconoscibili,  tanto  sono  accartocciati;  essi 
formano  come  una  pallottola  gialla  con  sporgenze  irregolari;  altri  corpuscoli 
sono  diventati  fortemente  granulosi. 

«  Le  modificazioni  che  subisce  il  sangue  quando  esce  dai  vasi,  è  la  parte 
che  ho  meglio  studiato  in  queste  ricerche.  A  tale  scopo  fissavo  i  corpuscoli 
dentro  i  vasi  immergendo  le  branchie  nell'acido  osmico  1  per  cento,  oppure 
facendo  con  esse  dei  preparati  nel  semplice  cloruro  di  sodio.  Questo  esame 
deve  farsi  sempre,  perchè  è  la  pietra  di  paragone,  e  non  considero  come  ele- 
menti normali  del  sangue  se  non  quelli  che  osservo  e  studio  entro  ai  vasi 
sanguigni. 

«  Servendosi  di  questo  controllo,  è  facile  assicurarsi  che  i  corpuscoli  rossi 
si  alterano  profondamente  appena  escono  dal  loro  ambiente  naturale  e  toc- 
cano degli  oggetti,  o  dei  liquidi.  La  sostanza  del  corpuscolo  rosso  essendo 
contrattile,  come  dimostrerò-  meglio  in  seguito,  si  restringe  in  alcune  parti  e 
produce  delle  forme  che  rassomigliano  ad  un  rene,  ad  una  patata,  o  ad  altre 
cose,  che  abbiano  delle  infossature  e  delle  sporgenze:  se  lo  stringimento  ò 
circolare,  ne  risulta  una  strozzatura,  che  può  essere  centrale  o  laterale,  che 
può  abbracciare  il  nucleo,  o  lasciarlo  intatto  ;  così  si  producono  dei  corpuscoli 
che  nel  profilo  rassomigliano  ad  un  8,  o  ad  una  borsa  a  maglia,  ecc. 

tt  È  stato  Bizzozero  il  primo  che  ha  descrìtto  queste  forme  di  corpu- 
scoli nella  Memoria  da  lui  presentata  a  questa  Accademia  il  2  dicembre  1883 
insieme  al  dott  Torre.  Credo  indispensabile  citare  un  passo  di  questo  im- 
portante lavoro: 

«  Tra  i  globuli  rossi  dei  ciprini,  ed  anche  di  qualche  individuo  degli 
«  altri  pesci  da  noi  esaminati,  trovammo  talvolta  degli  elementi  che  meri- 
«  tane  particolare  menzione  (fig.  4).  In  qualche  caso  essi  erano  abbastanza 
«  numerosi  ;  in  preparati  di  sangue  o  di  milza  dei  ciprini  talora  ne  con- 
«  tammo  uno  o  due  per  ogni  campo  di  microscopio.  Gli  elementi  in  que- 
«  stione  sono  di  differente  aspetto.  Alcuni  sono  in  tutto  simili  ai  soliti  gio- 
ii bull  rossi  adulti  salvo  che  nel  nucleo,  il  quale  invece  di  essere  ovale,  ha 
«  uno  strozzamento  equatoriale  che  lo  fa  rassomigliare  ad  un  8.  In  altri  la 
«  cellula  è  essa  pure  allungata  e  strozzata  equatorialmente,  e  le  due  metà 
«  del  nucleo  non  aderiscono  fra  loro  che  per  un  filo.  Se  ne  vedono  altre 
«  ancora,  in  cui  le  due  metà  del  corpo  cellulare  sono  allontanate  Tuna 
tt  dair  altra,  contenenti  ciascuna  un  nucleo  e  riunite  fra  di  loro  per  un  pe- 
«  duncolo  colorato  debolmente  dall'emoglobina,  od  anche  incoloro,  ora  di*- 
«  ritto  ora  curvo  in  modo  da  dare  all'elemento  la  forma  di  bisaccia. 

«  Non  possiamo  negare  che  questi  elementi  ci  hanno  fortemente  im- 
«  pressionati,  e  che,  per  quanto  ci  ripugnasse  d'ammettere  che^nei  pesci  la 
«  scissione  dei  globuli  rossi  decorra   in  modo  diverso  dagli  altri  vertebrati, 


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—  493  — 

«  ci  abbiano  fiitto  travedere  la  possibilità  che  in  questi  animali  i  globuli 
«  rossi  si  moltiplichino  per  scissione  diretta.  D*  altra  parte,  però,  il  fatto 
«  che  esse  ci  occorsero  quasi  soltanto  nei  ciprini,  non  è  favorevole  alla  sup- 
tt  posizione  che  esse  ci  rappresentino  una  forma  fisiologica  costante  dell' or- 
«  ganismo  dei  pesci  » . 

«  Nelle  figure  che  diede  il  prof.  Bizzozero  di  questi  corpuscoli  rossi 
«olla  forma  di  bisacce,  il  nucleo  è  diviso  da  uno  strozzamento,  oppure  vi  sono 
due  nuclei  nelle  due  metà  del  corpuscolo.  Questo  è  il  caso  più  comune  ;  ma 
nel  sangue  dei  solaci  e  dei  teleostei  ho  potuto  assicurarmi  che  non  succede 
fiempre  così  e  che  il  nucleo  può  restare  tutto  da  ima  parte,  e  dallaltra  non 
vi  è  che  sostanza  gialla. 

«  Il  dubbio  espresso  dal  prof.  Bizzozero  che  non  si  tratti  qui  di  una 
forma  fisiologica,  venne  pienamente  confermato  dalle  mie  osservazioni.  Infatti 
io  non  ho  mai  risconti:ate  tali  forme  nei  vasi  sanguigni,  ed  ho  invece  veduto 
che  si  producono  in  abbondanza  quando  espongo  il  sangue  a  degli  agenti 
energici,  che  mettono  in  azione  la  contrattilità  dei  corpuscoli  rossi.  È  special- 
mente nel  liquido  Kleinenberg  e  nel  liquido  Pacini  che  si  produce  più  facil- 
mente questa  alterazione  dei  coi-pus'coli  rossi  che  Bizzozero  paragonò  giustamente 
alla  forma  delle  bisacce.  Siccome  osservai  le  medesime  forme  anche  negli 
animali  a  sangue  caldo,  ritornerò  nelle  seguenfi  Note  su  questo  argomento, 
quando  parlerò  del  sangue  embrionale  degli  uccelli  e  dei  mammiferi  (0. 

Cellule  granulose, 

«  Leydig  (2)  distinse  per  il  primo  nel  sangue  dei  Solaci  tre  ^specie  di 
cellule,,  cioè:  V  i  corpuscoli  ovali  e  colorati,  2^  i  corpuscoli  senza  colore, 
pallidi  e  rotondi  e  3*»  le  cellule  granulose  (Kòmchenzellen)  che  sono  due 
volte  più  grosse  dei  corpuscoli  incolori. 

«  La  caratteristica  del  sangue  embrionale  è  la  scarsità,  o  la  mancanza 
dei  leucociti,  e  la  presenza  di  cellule  granulose  gialle;  così  almeno  risulta 
da  tutte  le  osservazioni  che  ho  fatto  fino  ad  ora. 

«  Lasciando  un  preparato  di  sangue  fresco  due  ore  sotto  il  microscopio,  il 
numero  delle  cellule  granulose  diventa  maggiore,  perchè  vi  sono  dei  corpuscoli 


{})  Il  prof.  Mondino  e  il  doti.  L.  Sala  pubblicarono  recentemente  una  Memoria  Sulla 
produzione  delle  piastrine  nel  sangue  dei  vertebrati  ovipari,  Palermo  1888,  intorno  alla 
quale  avevano  presentato  una  Nota  air  Accademia  dei  Lincei  nella  seduta  deirS  aprile  scorso. 
Le  figure  che  essi  diedero  mi  fanno  Timpressione  che  non  si  tratti  di  un  processo  fisiolo- 
gico di  scissione  delle  piastrine,  ma  semplicemente  di  un'alterazione  a  bisacce  di  alcuni 
corpuscoli  sanguigni  della  rana.  Per  togliermi  questo  dubbio  dovrò  prima  assicurarmi  che 
tali  forme  in  scissione  esistono  dentro  i  vasi  sanguigni  e  questo  fino  ad  ora,  né  a  me,  né  ad 
altri  é  stato  possibile  di  osservarlo. 

(*)  F.  Leydig,  Lehrhuch  der  Histologie^  pag.  450. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  r  Sem.  64 


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—  494  — 

ohe  si, 8colocìj9(x>no;  specialmente  nel  cloruro  sodjico.  sco^iparisce  prestq  Verno- 
globina.  Abbiamo  dei  corpuscoli  rossi  scolorati  che .  rimangono  lisci,  ed  altri 
in  cui  la  sostanza  corticale  diventa  granulosa,  per  cui  si  formano  delle  cel- 
lule rotonde  di  14  fi  che  rassomigliano  ai  leucociti. 

«  Vi  sono  delle  cellule  granulose  di  colore  giallognolo  che  hanno  i  gra- 
nuli in  movimento,  come  ho  già  descritto  per  le  granulazioni  piccole  e  grandi 
dentro  ai  corpuscoli  del  pus  e  nei  corpuscoli  rossi  in  degenerazione. 

«  L'origine  e  la  struttura  delle  cellule  granulose  nel  sangue  dei  Solaci 
le  studierò  minutamente  in  una  prossima  Nota;  qui  si  vede  che  la  loro 
tinta  giallognola  è  un  residuo  dell'emoglobina  del  corpuscolo  rosso  primitivo, 
non  una  semplice  imbibizione  colla  emoglobina  che  possa  esservi  nel  siero. 
Le  cellule  finché  si  muovono  non  assorbono  emoglobina,  e  anche  quando  sono 
inmiobili  non  mi  è  riuscito  di  tingerle  coU'ossiemoglobina  sciolta  nel  siero, 
od  in  altri  liquidi.  Su  questo  fatto,  che  ha  una  grande  importanza  per  la  mia 
dottrina  della  necrobiosi  dei  corpuscoli  rossi,  ritornerò  in  seguito. 

«  Le  traccio  evidenti  di  color  giallo  nelle  cellule  granulose  mi  inducono 
a  ritenere  che  questi  elementi  derivino  dai  corpuscoli  rossi.  Un  altro  argomento 
si  impone  subito  agli  occhi,  ed  è  la  forma  di  alcune  cellule  granulose,  che 
conservano  esattamente  le  dimensioni  e  la  forma  dei  corpuscoli  rossi. 

«  Vi  sono  delle  cellule  granulose  che  sembrano  avere  due  nuclei;  invece 
guardandole  meglio  si  vede  che  hanno  un  nucleo  solo  piegato  come  un  G  ;  in 
altri  il  nucleo  è  piegato  come  una  lettera  S.  Queste  cellule  nel  sangue  embrio- 
nale del  Scyllium  sono  quelle  dove  si  vede  la  maggiore  irregolarità  dei  nuclei; 
in  alcune  si  ripetono  i  medesimi  strozzamenti  e  le  medesime  forme  a  bisacce 
che  abbiamo  riscontrato  nei  corpuscoli  rossi. 

«  Siccome  si  trovano  delle  cellule  granulose  che  hanno  un  nucleo  grande 
e  di  quelle  invece  che  hanno  il  nucleo  piccolo,  credo  dover  supporre  che  il 
fatto  dello  scolorirsi,  e  del  diventare  granuloso  sia  un  processo  di  morte  che 
attacca  gli  elementi  giovani  e  gli  elementi  vecchi  del  sangue.  Questo  mi  pare 
ragionevole  ed  io  non  saprei  spiegare  in  altro  modo  i  &tti  osservati. 

«  Fino  a  che  si  tratta,  come  succede  qui,  di  una  alterazione  del  sangue  fuori 
del  suo  ambiente  naturale,  non  è  una  grave  complicazione  che  i  corpuscoli 
giovani  e  quelli  vecchi  muoiano  della  stessa  malattia.  Il  problema  ci  sem- 
brerà più  complesso,  quando  fra  poco  vedremo  delle  forme  granulose  dentro 
i  vasi  sanguigni,  le  quali  ci  assicurano  che  vi  è  un  processo  comune  di  necro- 
biosi che  attacca  non  solo  i  corpuscoli  decrepiti,  ma  anche  gli  adulti  ed  i 
giovani;  per  cui  alcune  di  questi  cessano  di  vivere,  prima  di  essere  giunti 
alla  loro  completa  maturità. 

«  Nel  sangue  embrionale  di  Scyllium  ho  trovato  qualche  leucocito  che 
si  muoveva,  e  colla  camera  lucida  ho  potuto  disegnare  tutti  i  cambiamenti 
del  suo  profilo.  Uno  lo  seguii  dall' apparizione  di,  uno  strozzamento  centrale, 
fino  all'ultima  fase  in  cui  vi  erano  due  masse  eguali,  globose,  che  sembra- 
vano staccate,  senza  però  essere  divise. 


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—  495  — 

«  Non  mi  è  mai  capitato  di  osservare  una  scissione  completa,  in  n^odo 
che  le  due  metà  del  corpuscolo  si  separassero  Tmia  dalPàltra.  Ho  veduto 
spesso  dei  nùclei' che  sgusciavano  dall* intemo  della  sostanza  corticale,  ma 
non  ho  veduto  ancora  una  cellula  contrattile,  o  un  corpuscolo  rosso  sèpa^rsi 
in  due  metà,  quantunque  la  cosa  sia  possibile,  perchè  altri  Tha  già  osservato. 

«  Nel  verde  metile  le  cellule  granulose  diventano  violette;  alcune  hanno 
il  nucleo  verde  e  la  sostanza  granulosa  violetta.  I  corpuscoli  gialli  hanno  pure 
il  nucleo  violetto,  mentre  che  i  corpuscoli  rossi  scoloriti  l'hanno  verde. 


«  Il  fatto  che  i  leucociti  sono  meno  abbondanti  nel  sangue  durante  la 
vita  fetale  e  mancano  completamente  nell'embrione,  è  un  fatto  che  viene  in 
appoggio  alla  dottrina  della  necrobiosi  dei  corpuscoli  rossi.  L'epoca  nella 
quale  compaiono  i  primi  leucociti  nel  sangue  fetale,  ci  indicherebbe  presso 
a  poco  la  lunghezza  della  vita  dei  corpuscoli  rossi;  perchè  i  leucociti  io 
li  considero  come  elementi  decrepiti  e  forme  cadaveriche. 

tt  L'esistenza  di  soli  corpuscoli  rossi  nel  sangue  embrionale,  mi  obbliga 
a  fare  altre  considerazioni  ed  entrare  in  un  campo  assai  controverso.  Non 
intendo  di  svolgere  la  letteratura  di  questo  argomento.  Il  Socio  "Bizzo- 
zero  presentò  a  quest'Accademia  una  sua  Memoria  molto  interessante  sulla 
produzione  dei  globuli  rossi,  e  non  ho  da  aggiungere  nulla  a  quamto  egli  ha 
•già  detto  (J). 

tf  Dopo  lo  scritto  di  Bizzozero,  M.  LOwit  (^)  con  una  serie  di  lavori  sostenne 
il  concetto  primitivo  di  KOUiker,  che  i  corpuscoli  rossi  derivano  da  cellule  prive 
di  emoglobina.  Certo  nella  sua  primissima  origine  il  sangae  deve  derivare 
da  cellule  bianche,  ma  non  è  men  vero,  che  dentro  i  vasi  sanguigni  del  pul- 
cino nel  quarto  giorno  non  se  ne  trovano  più,  e  anche  nell'embrione  del 
coniglio,  quando  k  lungo  10  mm.  non  ho  più  veduto  delle  cellule  bianche, 
e  nei  pesci  mancano  pure  i  leucociti  nel  sangue  embrionale. 

«  Non  è  possibile  fare  rapidamente  un  cenno  delle  ricerche  di  Lowit, 
tanto  sono  numerose  e  svariate  le  sue  osservazioni  ;  ma  è  facile  dimostrare 
che  probabilmente  egli  non  ha  osservato  il  sangue  in  condizioni  normali. 
Infatti  per  lo  studio  della  linfa  e  del  sangue  egli  adopera  un  liquido  che 
scolorisce  completamente  i  corpuscoli  rossi  {^).  Non  tiene  conto  delle  altera- 
zioni di  contatto,  e  prende  il  sangue  dal  cuore  con  un  schizzetto  di  Piuvaz, 
oppure  essica  il  sangue  col  metodo  di  Ehrlich  e  lo  riscalda  fino  a  110®  o  120**, 

P)  G.  Bizzozero,  Memorie  dell'Accademia  dei  Lincei,  XVIQ,  2  dicembre  1883. 

(«)  M.  LOwit,  Sitzangber.  d.  k.  Akad.  d.  Wiss.  in  Wien  1883.  Bd.  88,  IH,  Àbth. 
p.  856.  Bd.  92,  ni,  Abth.  p.  22  Bd.  95.  IH  Abth.  Mlrz  1887. 

(3)  A,  5  a  6  ce.  di  una  soluzione  di  cloruro  sodico  airi  per  cento.  LOwit  aj^unge 
3  a  6  goccio  di  una  soluzione  allungata  del  miscuglio  di  Flemming  che  ha  la  seguente' 
composizione:  acido  cromico  1  per  cento,  80;  acqua,  80;  acido  osmico  2  per  cento,  8; 
acido  acetico  2. 


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oppure  adopera  un  liquido  fissatore  che  scolorisce  ugualmente  molti  corpuscoli 
rossi.  Ldwit  dice  che  è  il  liquido  Pacini  modificato  ;  a  me  sembra  piuttosto 
una  modificazione  del  liquido  Hayem,  colla  differenza  in  peggio  che  contiene 
meno  bicloruro  di  mercurio  ;  infatti  esso  consta  di  800  ce.  di  acqua  ;  cloruro 
sodico  2  gr.  ;  solfato  di  soda  5  gr.  ;  sublimato  corrosivo  5  ce.  di  una  soluzione 
satura  a  freddo.  Siccome  alla  temperatura  ordinaria  di  15^  il  bicloruro  di 
mercurio  si  scioglie  nella  proporzione  di  circa  7  gr.  in  100  gr.  di  acqua,  il 
liquido  di  Lòwit  contiene  una  dose  di  sublimato  corrosivo  che  è  inferiore 
alla  metà  di  quella  del  liquido  Hayem.  Ho  già  dimostrato  nella  Nota  X.  che 
la  dose  del  bicloruro  di  mercurio  è  insufSciente  nel  liquido  Hayem;  e  quanto 
ho  già  detto  in  proposito,  vale  a  fortiori  pel  liquido  di  LOwit.  Infatti  para- 
gonandolo colla  soluzione  di  acido  osmico  1  per  cento,  è  facile  persuadersi 
che  altera  molti  corpuscoli  del  sangue  e  li  scolorisce. 

«  Le  discrepanze  e  le  contraddizioni  degli  autori  dipendono  dalla  diffe- 
renza dei  metodi  adoperati  nello  studio  del  sangue,  e  la  concordia  potrà  solo 
stabilirsi  quando  siasi  perfezionata  la  tecnica  in  modo  da  fissar  bene  i  corpu- 
scoli del  sangue  senza  alterarli  colle  manipolazioni. 

«  Hayem  ebbe  il  grande  mento  di  aver  messo  le  basi  delle  ricerche 
suir evoluzione  dei  corpuscoli  del  sangue.  Non  sono  d'accordo  con  lui  su  tutti 
i  punti;  ho  già  detto  che  egli  ha  confuso  i  leucociti  cogli  ematoblasti,  e 
viceversa  una  differenza  da  lui  stabilita  fra  gli  ematoblasti  ed  i  leucociti, 
riguardo  ai  movimenti,  non  esiste;  perchè  nel  sangue  embrionale  dei  pesci  ho 
veduto  che  gli  ematoblasti  eseguiscono  gli  stessi  movimenti  dei  leucociti; 
temo  che  studiando  il  sangue  nei  vasi  col  metodo  di  Cohnheim  abbia  confuso 
cogli  ematoblasti  dei  corpuscoli  rossi  scolorati  durante  la  stasi  venosa;  ma  è 
pur  sempre  vero,  che  Hayem  portò  un  largo  contributo  di  conoscenze  alla 
storia  del  sangue  e  le  descrizioni  che  ho  fatto  nelle  pagine  precedenti  dei 
giovani  corpuscoli  rossi,  corrispondono  in  molti  punti  a  quanto  Hayem  aveva 
già  pubblicato  per  il  sangue  della  rana  fino  dal  1879. 

<t  Ma  Hayem  non  si  occupò  deir  origine  vera  dei  giovani  corpuscoli  :  fii 
Bizzozero  che  diede  queste  ricerche  alla  scienza  colla  serie  memorabile  delle 
sue  ricerche.  Nella  Memoria  che  Bizzozero  e  Torre  hanno  presentato  a  questa 
Accademia  nel  1883,  sulla  produzione  dei  globuli  rossi,  dimostrarono  fra 
l'altre  cose  che  : 

«  Nei  vertebrati  inferiori  (rettili,  anfibi  e  pesci)  il  sangue  circolante 
tt  presenta  quella  particolarità  che  allo  stato  embrionale  si  osserva  nel  sangue 
«  di  tutti  i  vertebrati,  contiene  cioè  in  maggiore  o  minor  numero  dei  globuli 
«rossi  giovani,  e  delle  forme  in  scissione  indiretta. 

«  Ho  confermato  pienamente  le  osservazioni  di  Bizzozero  e  Torre  an- 
che nei  pesci. 

«  Nella  tecnica  fisiologica  manca  fino  ad  ora  un  metodo,  che  metta  in 
evidenza  le  figure  cariocinetiche   senza   alterare   profondamente  la  struttura 


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dei  corpuscoli  sanguigni,  e  togliere  ad  essi  Temoglobina,  o  renderli  colla 
coagulazione  prodotta  dai  reagenti  così  diversi  dal  loro  stato  normale,  che 
non  sono  più  riconoscibili.  Ritornerò  in  seguito  su  questo  argomento;  per 
ora  mi  limito  ad  esporre  le  osservazioni  che  ho  fatto  coli*  acido  osmico  1  per 
cento  sul  sangue  di  questo  Scyllium  catulus. 

«  In  ogni  preparato  si  trovano  degli  elementi  giovani  in  scissione,  forse 
2  0  3  per  cento  corpuscoli  adulti.  Sono  cellule  omogenee  formate  da  un  grande 
nucleo  della  lunghezza  di  14  fi  a  17  fi:  nel  primo  stadio  della  scissione  pre- 
sentano la  forma  di  un  rene,  o  di  xm  fagiolo;  vi  è  una  infossatura  che  in 
altre  cellule  prende  Taspetto  di  una  linea  che  divide  il  nucleo  in  due  :  e 
ciascuna  metà  conserva  un  nucleolo  ed  è  rivestita  della  sostanza  corticale 
che  si  accumula  alle  estremità  opposte. 

«  La  caratteristica  di  questi  corpuscoli  è,  che  il  processo  di  scissione 
appare  solo  nel  nucleo  e  non  alla  superficie  della  cellula,  la  quale  conserva  la 
sua  forma  elissoidea.  Si  vedono  tutti  i  passaggi  della  scissione  endogena  : 
fino  airultime  forme,  che  constano  di  elementi  rivestiti  da  uno  strato  leg- 
germente granuloso,  che  ricopre  come  un  velo  sottile  due  nuclei  staccati 
luno  dall'altro  e  lontani  da  1  /i  a  2  ju.  Questi  nuclei  sono  ovali  ;  misurano 
da  8  ili  a  9  jii  in  lunghezza,  da  5  /x  a  7  /i  in  larghezza.  Altre  volte  si  vedono 
però  delle  cellule  eguali  per  struttura  che  hanno  dentro  invece  di  due,  tre 
divisioni,  e  in  alcuni  sembra  che  non  si  tratti  di  una  vera  scissione,  ma  di 
protuberanze  del  nucleo  per  cui  assumono  l'aspetto  di  masse  isolate,  o  con- 
giunte appena  per  un  piccolo  tratto  in  qualche  punto.  Tali  forme  si  allontanano 
molto  dal  tipo  della  scissione  per  cariocinesi. 

e  Lo  studio  di  questi  elementi  è  importante,  perchè  nella  fisiologia  del 
sangue  non  è  ancora  deciso,  se  l'opera  della  riproduzione  dei  corpuscoli  rossi 
si  compia  nel  sangue  che  circola  nei  vasi  ;  come  pure  non  sappiamo  se  vi  è  un 
solo,  0  due  modi  di  generazione  dei  corpuscoli  ;  se  cioè  la  riproduzione  sia  uni- 
camente afiSdata  alle  cellule  adulte,  o  se  dovendo  queste  compiere  l'ufficio 
della  respirazione  e  della  nutrizione  dei  tessuti,  divengano  incapaci  alle  fun- 
zioni riproduttive,  e  siano  i  giovani  corpuscoli  che  si  moltiplichino. 

«  Malassez  nella  sua  importante  Memoria  :  Sur  r origine  et  la  formation 
des  globules  rouges  dans  la  moéUe  des  os  (^)  ha  già  posto  chiaramente  tale 
questione  :  e  i  fatti  da  lui  osservati  sono  degni  di  fiducia  per  la  critica  che 
fece  dei  metodi  della  tecnica,  e  l'uso  dell'acido  osmico  da  lui  raccomandato. 
Un'altra  ipotesi  è  che  gli  elementi  in  scissione  così  abbondanti  nel  sangue 
embrionale  siano  delle  forme  in  necrobiosi,  e  dei  corpuscoli  giovani  che 
muojono  prima  di  aver  raggiunto  il  loro  sviluppo.  Nelle  prossime  Note  cer- 
cherò di  risolvere  questo  problema  » . 

(1)  Laboratoire  dTiistologie  du  Collège  de  France.  Travaux  de  Tannée  1882. 
(«)  ReDd.  della  R.  Acc.  dei  Lincei,  4  mano  1888. 


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—  498  — 


Fisica.  —  Di  alcuni  nuovi  fenomeni  elettHm^  provocati  4alie 
radiazioni.  NotaJI.  del  Corrispondente  A.  Ekfhi. 

«  Continuando  nello  studio  di  questi  fenomeni,  ho  realizzata  un'espe- 
rienza, che  mi  pare  di  natura  tale  da  fornire  qualche  criterio  intorno  alla 
loro  causa. 

«  Ho  fatto  rilevare,  alla  'fine  della  mia  prima  Nota  (2),  che  dal  com- 
plesso dei  fatti  sembrata  potersi  supporre,  che  delle  particelle  materiali  elet- 
trizzate partissero,  sotto  l'azione  delle  radiazioni  ultraviolette,  dai  corpi  elet- 
trizzati negativamente,  e  recassero  le  loro  cariche  ai  corpi  elettrizzati 
positivamente.  Nel  caso  delle  mie  esperienze,  essendo  p.  e.  negativo  il  disco 
di  rame  dorato  e  positiva  la  tela  d'ottone,  la  convezione  elettrica  avrebbe 
luogo  a  partire  dal  disco,  per  non  cessare  che  allorquando  i  due  metalli  sono 
ridotti  allo  stesso  potenziale,  e  quindi  sono  privi  di  carica  nelle  loro  super- 
ficie prospicienti. 

«  Se  questa  convezione  elettrica  esiste  effettivamente,  e  se  il  conduttore 
negativo  illuminato  è  facilmente  movibile,  esso  deve  spostarsi  per  reazione, 
alla  stessa  maniera  delle  alette  d'un  radiometro. 

«  Pensando  che  la  differenza  di  potenziale  di  contatto  non  fosse  sufficiente 
sid  ottenere  questo  effetto,  ho  cercato  di  realizzare  l'esperienza,  facendo  co- 
municare il  metallo  col  polo  —  di  una  pila  secca,  e  l'esperienza  è  riuscita. 

«  Ecco  come  ho  disposto  l'apparecchio.  Una  cassetta  a  pareti  quasi 
tutte  di  vetro,  meno  che  dalla  parte  per  cui  devono  entrare  le  radiazioni, 
ove  essa  è  chiusa  con  selenite  (corpo  questo  assai  permeabile  alle  radiazioni 
ultraviolette),  difende  la  parte  mobile  dalle  correnti  d'aria.  Questa  parte  mo- 
bile poi  consiste  in  due  laminette  di  alluminio,  portate  da  una  leva  orizzontale 
sospesa  a  due  fili  di  bozzolo. 

«  I  moti  della  leva  si  osservano  per  mezzo  d'un  piccolo  specchio,  e  con 
cannocchiale  e  scala. 

«  Fatta  comunicare  una  delle  lastrine  col  polo  —  della  pila,  appena  che 
le  radiazioni  dell'arco  voltaico  (fra  carbone  e  zinco)  cadono  sul  sistenola,  si 
vede  lo  spostamento  nel  senso  previsto.  Se  si  sopprime  la  pila,  le  radiazioni 
più  non  producono  tale  effetto,  giacché  la  seconda  lamina  di  alluminio  com- 
pensa gli  effetti  dovuti  alle  correnti  d'aria  provocate  dal  riscaldamento  della 
prima,  e  così  pure  accade  se  lasciando  le  comunicazioni  còlla  pila,  si  pone  isnl 
canmiino  delle  radiazioni  una  lastra  di  vetro,  che  assorbe  i  raggi  ultraviolétti. 

«  Senza  entrare,  per  ora,  in  maggiori  dettagli  aggiungerò,  che  l'espe- 
rienza è  riuscita  in  modo  tale,  che  mi  pare  non  lasci  alcun  dubbio  circa  la 
causa  del  moto  osservato,  e  cioè  sembrami  escluso  che  esso  sia  dovuto  ad 
azioni  elettrostatiche,  a  correnti  d'aria  provocate  da  riscaldamento,  ecc.  « . 


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—  499  — 


Astronomìa.  —  Sulla  distribuzione  in  latitudine  dei  fenomeni 
solari  osservati  al  R.  Osservatorio  del  Collegio  romano  nel  /^  tri- 
mestre del  1888.  Nota  del  Corrispondente  P.  Tacchini. 

«  Dalle  latitudini  eliografiche  calcolate  per  ogni  protuberanza,  gruppo 
di  facole,  gruppo  di  macchie  e  per  ogni  eruzione  solare,  ho  ricavato  il  se-, 
guente  quadro,  che  dà  la  frequenza  relativa  di  ogni  ordine  di  fenomeni  in 
ciascuna  zona  di  10  in  10  gradi. 


Latitudine 

Macchie 

Erazioni 

Facole 

Protuberanze 

SCM-So"" 

0,000  \ 

0,000 

0,000 

0,008  \ 

80-*-70 

0,000 

0,000 

0,000 

0,014 

70-t-60 

0,000 

0,000 

0,000 

0,016 

60-4-50 

0,000 

0  000 

0,000 

0,044 

50-+-40 

0,000  y  0,500 

0,000  >  0,167 

0,000)  0,334 

0,054)  0,370 

40-f-30 

0,000 

0,000 

0,024 

0,054 1 

30-H20 

0,000 

0,000 

0,024 

0,0441 

20-hIO 

0,125 

0,000 

0,000 

0,078  1 

10.0 

0,375  ^ 
0,500  ' 

0,167 
0,167 

0,286 

0,058  / 
0,050  \ 

0-10 

0,476 

10-20 

0,000 

0,666 

0,166 

0,087 

20—30 

0,000 

0,000 

0,024 

0,115 

30—40 

0,000  r 

0,000 

0,000 

0,107 

40-50 

0,000  >  0,500 

0,000)  0,833 

0,000)  0,666 

0,169  >  0,630 

5Ò-60 

0,000 

0,000 1 

0,000 1 

0,066 

60-70 

0,000 

0,000  1 

0,000  1 

0,020 

70-80 

0,000 

0,000  1 

0,000  1 

0,010 

1 

80-90 

0,000  ; 

0,000  ^ 

0,000 

0,006  ^ 

«  I  gruppi  delle  macchie  furono  egualmente  frequenti  al  nord  e  al  sud 
deir  equatore  solare  e  tutti  contenuti  fra  i  paralleli  -j-  20®  e  —  10®.  Le 
eruzioni  si  presentarono  quasi  tutte  nelVemisfero  australe  col  massimo  di 
frequenza  nella  zona  ( —  10®  —  20®);  anche  le  eruzioni  si  mantennero  in  una 
ristretta  zona  equatoriale  compresa  fra  i  paralleli  +  10^  e  —  20®. 

K  Le  facole  furono,  come  le  eruzioni,  assai  più  frequenti  al  sud  del- 
Tequatore,  con  un  massimo  nella  zona  (0®  — 10®)  come  le  macchie.  Le  facole 
si  estesero  a  latitudini  superiori  a  quelle  delle  macchie  e  delle  eruzioni. 

«  Le  protuberanze  idrogeniche  frurono  più  numerose  nell'emisfero  australe 
come  le  eruzioni  e  le  facole,  e  il  massimo  assoluto  di  frequenza  ebbe  luogo 


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.—  500  — 

nella  zona  ( —  40<*  —  50^),  cioè  in  regioni  assai  lontane  da  quelle  in  cui  si 
osservarono  le  macchie  e  le  eruzioni  solari.  Le  protuberanze,  a  differenza  degli 
altri  fenomeni,  si  presentarono  in  tutte  le  zone,  e  si  mantennero  abbastanza 
frequenti  tanto  al  nord  che  al  sud  dell'equatore  fino  a  60  gradi  di  latitudine, 
e  da  quei  paralleli  diminuisce  poi  rapidamente  il  loro  numero,  come  nell'ul- 
timo trimestre  del  1887.  Anche  in  questa  nuova  serie  di  osservazioni  è  dunque 
chiaro,  che  non  si  può  ammettere  la  stretta  relazione  fra  le  macchie  solari 
e  le  protuberanze,  nel  senso  che  le  protuberanze  siano  prodotte  da  macchie 
0  da  fori,  perchè  appunto  abbiamo  il  fatto,  che  le  protuberanze  si  possono 
presentare  colla  maggior  frequenza  in  regioni  solari,  nelle  quali  mai  si  osser- 
vano macchie  né  fori  » . 

A^stronomia.  —  SuirecUsse  totale  di  sole  del  19  agosto  1887 
osservato  in  Russia  e  nel  Giappone.  Nota  del  Corrispondente 
P.  Tacchini. 

«  Il  sig.  Handrikof,  professore  di  astronomia  nella  università  russa  di 
Eief,  aveva  scelto,  25  anni  or  sono,  per  tema  della  sua  dissertazione  dotto- 
rale, il  calcolo  di  questo  eclisse  visibile  dalla  Russia,  e  desideroso  di  osser- 
varlo si  era  recato  sul  monte  fìlagodat,  che  trovasi  nel  versante  orientale 
degli  Urali,  a  58M7'  di  latitudine  nord  e  3^.59™  di  longitudine  est  da 
Greenwich.  Il  posto  da  lui  scelto  era  assai  vicino  alla  linea  centrale  dell' e- 
clisse.  L'Handrikof,  contro  la  previsione  dei  meteorologisti  russi,  fu  abbastanza 
favorito  dal  buon  tempo,  per  modo  che  egli  potè  fare  diverse  osservazioni 
durante  la  totalità,  e  di  cui  ha  reso  conto  in  una  relazione  accompagnata 
da  4  tavole  in  cromolitografia  ed  una  figura  intercalata  nel  testo. 

«  Quando  il  disco  lunare  si  projettò  su  quello  del  sole,  egli  dice  di 
avere  osservato  con  precisione  i  monti  della  luna,  ed  arrivata  l'occultazione 
a  metà  non  ebbe  ad  accorgersi  di  grande  diminuzione  nella  luce.  Invece  una 
rapida  diminuzione  di  luce  incominciò  ad  avvertire  10  minuti  prima  dell'e- 
cljsse  totale,  e  allora  gli  oggetti  apparivano  giallastri  e  la  carta  giallo-rossa. 
Poco  prima  della  totalità,  15  secondi,  la  sottile  falce  solare  fu  suddivisa 
dalle  prominenze  della  luna,  e  il  corno  nord-est  si  vide  molto  spuntato,  ed 
a  quel  posto,  poco  distante  dalla  punta  del  corno,  scorgevasi  il  contomo 
della  luna  esternamente  al  sole,  perchè  si  projettava  sulla  corona,  che  inco- 
minciava ad  apparire. 

«  Al  momento  del  primo  contatto,  allo  sparire  cioè  dell'ultimo  punto 
lucente  del  sole,  l'Handrikof  dice  che  si  accese  improvvisamente,  tutto  intomo 
al  nerissimo  disco  lunare,  un  meraviglioso  fuoco  d'artifizio;  apparve  cioè  la 
corona  di  uno  splendore  argenteo  coi  suoi  raggi  e  pennacchi  luminosi  e  le 
protuberanze,  che  illuminandosi  presero  tali  colori,  che  invano  si  cercherebbero 


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—  501  — 

sulla  tavolozza  del  pittore.  Le  meravigliose  lìngue  di  fuoco  erano  di  co- 
lore azzurro-rosa.  Al  principiare  della  totalità  dell*  eclisse  egli  notò  quattro 
protuberanze  all'orlo  orientale  del  sole,  di  cui  quella  più  a  sud  aveva  le 
maggiori  dimensioni  ed  era  visibile  anche  ad  occhio  nudo.  Le  tre  minori 
oolVavanzarsi  della  luna  scomparvero,  mentre  la  più  grande  rimase  visibile 
fino  alla  fine  deireclisse  totale.  Le  sue  dimensioni  possono  dirsi  colossali, 
soggiunge  THandrikof,  perchè  in  altezza  arrivava  circa  a  un  terzo  del  n^o 
solare. 

K  In  quella  giornata  le  osservazioni  spettroscopiche  solari  in  pieno  sole 
riescirono  tanto  a  Roma  che  a  Palermo,  eseguite  dai  signori  assistenti  Chi- 
stoni  e  Mascari.  In  tutto  furono  osservate  10  protuberanze,  le  quattro  più  grandi 
delle  quali  vennero  egualmente  studiate  nelle  due  specole,  e  i  disegni  trovansi 
abbastanza  bene  in  accordo,  come  bene  si  accordano  le  posizioni  assegnate 
alle  protuberanze  medesime.  Tre  di  esse  formano  come  un  grappo  a  sé,  nel- 
Temisfero  boreale  del  sole,  e  l'altra,  la  più  alta  dì  tutte,  stava  isolata  nell'e- 
misfero centrale,  ed  era  la  più  bella  protuberanza  fra  quelle  osservate  in 
quel  giorno.  Questa  protuberanza  figura  nel  disegno  del  sig.  Handrikof,  e 
così  il  gruppo  da  69''  a  92^  est  trova  il  suo  riscontro  tanto  nei  disegni  del 
professore  russo,  come  nelle  fotografie  del  Giappone,  fatte  a  Tomeiji-yama 
dal  sig.  Sugiyama,  ad  una  latitudine  di  37°.37'  nord  e  longitudine  138*^.39' 
est  di  Greenwich.  Qui  notiamo  il  fatto,  che  mentre  nelle  osservazioni  spettro- 
scopiche in  pieno  sole,  la  più  alta  protuberanza  di  quel  gruppo  non  arriva 
che  a  60'',  le  altezze  notate  dal  sig.  Handrikof  sono  quasi  il  doppio  ;  così 
la  protuberanza  a  147^  trovata  di  un'altezza  di  64"  tanto  a  Roma  che  a 
Palermo,  è  egualmente  più  alta  nella  osservazione  a  sole  eclissato.  Inoltre 
il  sig.  Handrikof  assicura,  che  durante  la  totalità  la  più  alta  protuberanza 
arrivava  almeno  in  altezza  a  300";  e  deve  essere  stato  così,  perchè  rimase 
visibile  ad  occhio  nudo  fino  alla  fine  dell'eclisse  totale,  mentre  le  atr»  tre 
sparirono  coU'avanzarsi  della  luna.  Inoltre  il  sig.  Handrikof  ha  operato  da 
astronomo,  e  le  cortesi  lettere  scritteci  da  lui,  ci  hanno  fornito  i  dati  sicari 
per  il  confronto  che  ci  interessava  di  fare.  Or  bene,  tanto  a  Palermo  che  a 
Roma,  in  quella  parte  del  bordo  solare  ed  a  molta  distanza  a  nord  e  a  sud 
dal  posto  determinato  dall'osservatore,  non  fu  veduta  che  semplice  cromosfera 
con  qualche  basso  fiocco  più  o  meno  lucente  ;  siamo  dunque  in  un  caso  ana- 
logo a  quelli  da  me  riscontrati  all'isola  Carolina  e  in  Grenada  nel  1883 
e  1886,  cioè  di  grandi  protuberanze  osservate  distintamente  durante  l'eclisse 
totale,  mentre  erano  affatto  invisibili  collo  spettroscopio  a  pieno  sole. 

«  Allo  stesso  ordine  di  fenomeno  deve  appartenere  il  grande  tratto  roseo 
esservato  dall'Handrikof  sul  bordo  occidentale,  che  si  estendeva  su  di  un 
arco  di  60  gradi.  L'altezza  di  questa  massa  rosea  era  ovunque  di  circa  due 
minuti  d*arco,  vale  a  dire  una  altezza  rispettabile  se  paragonata  alla  media 
altezza  delle  protuberanze  idrogeniche  solari  ;  or  bene  in  pieno  sole  in  quel 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  !•  Sem.  65 


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—  602  — 

inatto  di  bordo  non  fu  vediate,  che  semplice   cromosfera,  tanto  a  JSoma  che 
a  PaL^mo. 

«  Qaesto  gruppo  di  protuberanze,  che  il  sig.  Handrikof  dice  assai  impor- 
tante e  che  veniva  a  costituire  come  un  enorme  rialzo  della  cromosfera  in 
grande  estensione,  trovasi  anche  riprodotto  nelle  fotografìe,  dalle  quali  si 
vede  anche  come  fosse  dotato  di  luce  assai  intensa  e  fotogenica,  perchè  nella 
parte  centrale  si  sovrappone  nella  fotografia  al  disco  lunare,  che  rimane  così 
come  intaccato,  con  leggera  irradiazione  anche  più  internamente,  cioè  verso 
il  centro  della  luna. 

«  Tale  particolarità  è  pure  visibile  nelle  fotografìe  fatte  dal  sig.  Earelin 
di  Nijnj-Novgorod,  quantunque  il  cielo  fosse  ingombro  sempre  da  nebbie  e 
nuvole.  Invece  la  grande  protuberanza,  veduta  anche  ad  occhio  nudo,  non 
arrivò  ad  impressionare  la  lastra  fotografica,  ma  solo  vi  ha  in  quella  dire- 
2Ìope  un  rialzo  nella  traccia  della  corona,  alto  appunto  un  terzo  del  raggio 
lunare,  e  che  rimase  attivo  anche  34  secondi  prima  della  fine  della  totalità  ; 
così  eguale  rialzo  della  corona  corrisponde  al  gruppo  delle  protuberanze 
boreali  all'est,  e  molto  più  marcata  ed  alta  vedesi  la  corona  in  quel  tratto 
corrispondente  alVarco  vivo  di  protuberanze  all'ovest  Delle  altre  protube- 
ranze poi  non  si  ottenne  nelle  fotografie,  che  la  sola  impressione  della  loro 
base.  Abbiamo  così  da  registrare  altri  casi,  in  cui  molti  oggetti  appartenenti 
alla  cromosfera  ed  atmosfera  solare  mentre  sono  visibili  durante  un  eclisse  totale 
di  sole  e  fotografabili,  non  sono  visibili  colle  ordinarie  osservazioni  spettrali. 
Sembra  poi  risultare  dalle  fotografie  giapponesi  un  nesso  fra  le  protuberanze 
e  la  maggiore  estensione  della  corona.  £  sebbene  il  direttore  dell'osservatorio 
di  Tokio  dichiari  modestamente  di  non  avere  avuto  a  sua  disposizione  buone 
macchine,  e  di  non  avere  ottenuto  risultati  soddisfacenti,  pure  noi  crediamo 
che  quelle  fotografie  abbiano  ugualmente  una  grande  importanza,  perchè  le 
cose  fotografate  a  Yomeiji-yama  si  completano  con  quelle  osservate  sul 
Mdgodat,  oltre  che  la  fotografia  dimostra  la  realtà  della  corona  solare,  da  non 
confondersi  con  quegl'altri  fenomeni,  che  possono  prodursi  per  il  semplice 
incontro  dei  raggi  solari  colla  luna,  e  che  non  trovansi,  nel  caso  di  questo 
eclisse,  riprodotti  nelle  fotografie,  ad  onta  che  il  sig.  Handrikof  dichiari,  che 
tutti  i  raggi  e  pennacchi  erano  di  un  intenso  splendore  argenteo  e  immobili 
conservando  la  loro  forma  e  posizione  per  tutta  la  durata  della  totalità. 

«  Bitomando  ora  alle  protuberanze,  abbiamo  rimarcato  come  la  più 
grande  rimanesse  visibile  fino  alla  fine  dell'eclisse  totale,  e  come  la  sua 
altezzsii  fosse  cinque  volte  m^glore  di  quelle  osservate  in  quel  giorno  a  pieno 
sole,  e  come  quelle  vedute  anche  in  pieno  sole,  apparissero  tutte  ben  più  alte 
durante,  la  totalità;  ora  aggiungeremo  che  anche  in  larghezza  le  protuberanze 
vedute  dorante  Teolisse  sorpassavano  le  corrispondenti  osservate  in  pieno  sole, 
e  più  del  doppio.  Tali  differenze  sono  dell'ordine  di  quelle  da  noi  trovate  in 
altri  9cli§si,  e  confermano  il  fatto,  che  cioè  allo  spettroscopio  noi  non  vediamo 


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—  503  — 

che  la  parte  interna,  dirò  così  l'ossatura,  di  una  protuberanza,  mentre  rinto- 
lucro  esteriore  più  largo  assai  ed  alto,  si  rende  solo  visìbile  in  occasione  di 
eclissi  totali.  Il  materiale  delle  protuberanze  sorpassando  certi  limiti  di  altezza 
rispetto  alla  cromosfera,  sì  raffredderà  rapidamente  arrivando  a  farsi  solido 
specialmente  nelle  parti  più  elevate,  per  modo  che  quel  materiale  non  rie- 
scirà  più  visibile  colla  osservazione  spettrale.  Quelle  protnberanze  poi,  e  fittora 
sono  le  più  alte,  di  cui  non  si  ha  traccia  allo  spettroscopio,  mentre  così  bene 
osservansi  anche  ad  occhio  nudo  durante  un  eclisse  totale,  io  ritengo  altro 
non  siano,  che  materie  solide  sospese  a  grande  altezza  nellatmosfera  solare, 
sulle  quali  projettandosì  il  disco  lunare  né  nasce  Tappuenza  di  protuberaiìze, 
come  le  intendiamo  ordinariamente,  cioè  oggetti  attaccati  o  sfilanti  dalla 
cromosfera,  mentre  in  realtà  possono  essere  intieramente  staccati  e  intiera- 
mente molto  distanti  dalla  superficie  del  sole,  come  il  pennacchio  argenteo 
veduto,  da  me  pure,  durante  Teclisse  del  1882,  e  che  aveva  la  forma  di 
una  cometa. 

«  Le  cose  più  importanti  osservate  durante  la  totalità  di  quest'ulfinìo 
eclisse  stavano  neir  emisfero  australe  del  sole,  e  ciò  sembrami  importante  di 
fare  rimarcare  che  sta  in  relazione  col  risultato  da  me  ottenuto  Colle  ordi- 
narie continue  osservazioni,  che  cioè  allora  come  oggi  la  maggiore  attività 
solare  si  è  manifestata  quasi  costantemente  nelF emisfero  australe  del  sole; 
così  dicasi  della  corona,  la  cui  estensione  fu  più  grande  al  sud  che  al  nord 
dell'equatore  (^).  Ciò  mi  sembra  di  una  grande  importanza,  perchè  collega 
assieme  i  fenomeni  coronali,  quelli  della  cromosfera  e  fotosfera  e  quelli  più 
straordinari,  che  in  seno  all'atmosfera  solare  possiamo  vedere  solamente  a 
sole  totalmente  eclissato. 

«  Il  sig.  Handrikof  nota  poi  in  fine  della  sua  Memoria,  come  essendo 
allora  vicini  al  minimo  delle  macchie  solari,  si  dovesse  attendere  una  scarsa 
comparsa  di  protuberanze  durante  l'eclisse  totale  dell'agosto  1887,  ed  aven- 
done invece  veduto  parecchie  e  molto  grandi,  esso  conchiude  che  ciò  forma 
la  contraddizione  della  relazione,  che  dovrebbe  esistere  fra  macchie  e  protu- 
beranze. Ducimi  che  il  gentilissimo  sig.  Handrikof  non  abbia  avuto  occasione 
di  fermare  l'attenzione  sua  sqlle  numerose  serie  di  osservazioni  solari  da  me 
pubblicate,  perchè  si  sarebbe  facilmente  convinto,  che  la  relazione  fra  i  due 
fenomeni  nel  senso  da  lui  considerato  noi  non  l'anmiettiamo,  e  che  appunto 
abbiamo  già  osservazioni  a  migliaja,  che  dimostrano  come  certi  massimi  nel 
fenomeno  delle  protuberanze  avvengono  in  regioni  solari,  ove  né  macchie  né 
fori  si  presentano  mai.  Non  bisogna  confondere  il  fenomeno  generale  delle 
protuberanze  idrogeniche  con  quelle  protuberanze,  che  d'ordinario  sogliono 
accompagnare  i  gruppi  delle  macchie.  D'altra  parte  non  neghiamo,  che  una 
relazione  esista   fra   i  diversi  fenomeni,   che  anzi   abbiamo   contribuito  a 

(^)  Montly  Notices.  London,  Febmary  18é8^. 


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—  504  — 

dimostrarla,  ma  bisogna  bene  intenderla  in  un  senso  largo,  cioè  nel  senso  che 
nell'epoca  della  maggiore  attività  solare  come  si  hanno  molte  e  grandi  mac- 
chie si  presentano  anche  molte  e  grandi  protuberanze,  mentre  le  vere  epoche 
dei  rispettivi  massimi  assoluti  non  vanno  rigorosamente  di  accordo,  perchè 
le  osservazioni  finora  raccolte  fanno  vedere  ad  esempio,  che  il  maximum 
delle  protuberanze  segue  il  maximum  delle  macchie,  ciò  che  si  è  notato 
anche  per  le  aurore  polari.  Ma  poi  vi  è  un'altra  considerazione  da  &re,  ed 
è  ohe  le  osservazioni  di  eclissi  totali  di  sole  sono  troppo  rare,  mentre  per 
ben  giudicare  dei  rapporti  fra  i  fenomeni  che  di  giorno  in  giorno  andiamo 
osservando  nel  sole  e  quelli  visibili  a  sole  eclissato,  occorrerebbe  un  eclisse 
totale  per  giorno,  mentre  un  tale  fenomeno  si  ripete  a  lunghi  intervalli  di 
tempo.  Solo  dopo  molte  osservazioni  si  potrà  stabilire  l'importanza  di  ciò 
che  spetta  ad  un  dato  eclisse  in  rapporto  alla  attività  solare,  mentre  oggi 
tutto  si  confonde  assieme  sotto  il  nome  di  protuberanze.  Così  mentre  noi 
abbiamo  ragione  nel  dire,  che  nel  giorno  dell'eclisse  dell'Aoste  1887  al  bordo  W 
del  sole  non  vi  erano  protuberanze,  il  sig.  Handrikof  ha  pure  ragione  nel  dire, 
che  in  quello  stesso  giorno  allo  stesso  posto  osservò  una  stupenda  serie  di 
protuberanze  per  il  fatto,  che  l'osservazione  sua  corrisponde  a  sole  totalmente 
eclissato,  mentre  a  Roma  e  Palermo  si  osservava  a  sole  pieno. 

«  La  parola  dunque  protuberanza  può  in  questi  casi  avere  l'identico  si- 
gnificato per  i  diversi  osservatori  ?  Noi  crediamo  di  no.  Bisogna  dunque  con- 
chiudere, che  vi  è  ancora  molto  da  studiare,  e  bisogna  augurarsi,  che  ii^ 
avvenire  vi  siano  molti,  i  quali  a  somiglianza  del  sig.  Handrikof,  abbiano  la 
premura  di  recarsi  in  lontani  paesi  per  osservare  astronomicamente  gli  eclissi 
totali  di  sole,  accettando  una  distribuzione  di  stazioni  senza  riguardo  alcuno 
alle  comodità  personali,  ma  solo  stabilita  in  vista  della  maggiore  probabilità 
di  riescita  dell'osservazione  » . 

Astronomia.  —  Osservazione  del  pianeta  (275)  e  della  cometa 
Sawerthal.  Nota  di  E.  Millosevich,  presentata  dal  Corrispondente 
P.  Tacchini. 

«  Degli  ultimi  pianetini  scoperti  non  ho  potuto  osservare  che  il  (275) 

come  segue: 

1888  aprile  18.  11^  47"».  IP.  t.  m.  Roma  (C.  B.) 
a  apparente         12^  37".  11»,92  (9.056)^  r  •  11  0 
i  apparente      +3^  41'.    58",3   (0.737)) 
«  La  cometa  Sawerthal,  sulla  quale  ha  testé  riferito  il  prof.  Tacchini, 

fu  da  me  riosservata  il  3  maggio,  come  segue: 

1888  maggio  3.  13\  58™.  44«.  t.  m.  Roma  (C.  R.) 
a  app  cometa       23^  30°».  2P,51  (9.  691  n) 
i  app  cometa  +  28«.  13'.    59",0    (0.  760) 


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—  505  —    . 

«  L'astro  ooBserva  aspetto  interessante,  peraltro  non  vedesi  più  ad  occhio 
nndo.  La  coda,  quasi  disposta  sul  parallelo  e  precedente  il  nucleo,  è  un  og- 
getto delicato,  la  cui  lunghezza  (ampiezza)  può  essere  stimata  da  20'  fino 
a  50',  secondo  lo  stato  del  cielo  e  il  cannocchiale  che  si  adopera  » . 

Astronomia.  —  Elementi  ellittici  di  {264)  Liìmssa  in  base 
a  due  opposizioni  {1886-87  e  1888).  Nota  di  E.  Millosevich, 
presentata  dal  Socio  P.  Tacchini. 

«  Dell'orbita  ellittica  sulle  osservazioni  della  prima  opposizione  del  pia- 
netino (264)  Libussa  ho  reso  conto  all' Accademia  in  una  mia  Nota  speciale. 
-  «  Gli  elementi  allora  dedotti  erano  : 

1887.0;  eclittica. 

T  =  1887  Gennaio  1, 5  Berlino 
M=    15^31' 40^5 

«  =  334  21     2.5;  riduzione  a  1890.0  =  +    6".6 
j2=   50    5  33.6  ^  +144.3 

e   =    10  28  31.9  »  +0.8 

y  =     7  33    9.1 
li  =  770".  8262 
(Iga  ==  0.442033). 
«  I  nuovi  elementi  dall'  insieme  della  prima  e  della  seconda  opposizione 
da  me  dedotti  sono  i  seguenti: 

1890.0;  eclittica. 
T  =  1887  Gennaio  1,  5  Berlino 

M=  13038'  r'.o 

«  =336  32  17.8 
i2=  60  6  44.9 
*  =  10  27  23.0 
y  =  7  55  56.6 
H  =  758".  8083 
(Iga  ==  0.446583). 

«  I  costanti  per  il  calcolo  delle  coordinate  equatoriali  eliocentriche  sono  : 
X,  =  [9.9957476]  sen  (116^  10'  40".6  -^v)r 
y  1  =  [9.9380602]  sen  (  30  48  43 .  8  +  ^^)  r 
ir,  ==[9.7137112] sen (  12  43  25.1  +  2^)^- 

•  Riservandomi  di  calcolare  un'eflfemeride  rigorosa  per  i  confronti  fra 
le  osservazioni  e  il  calcolo  per  l'epoca  della  terza  opposizione,  dò  qui  una 


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—  506  — 

piccola  porzione  deir  effemeride  annua,  che  ho  calcolato  per  conto  del  Rechen- 
Institute  di  Berlino  per  il  1889. 

1889Marzo   22  0^  Berlino  :  a  =  14»*  44"  17»  i  =  —  l(y>òl\l  lg^=±=0.372 

Aprile   11 14  81  40  —10  21,6  0.344 

Maggio    1 14  14  24  —  9  42, 7  0.337 

Maggio  21 13  58  29  —   9  17, 9  0.352 

Eq:Yero  dell'epoca.    Opposizione  1889  Aprile  26.    Grandezza  12.8. 

«  La  posizione  del  piano,  come  aveva  previsto  fino  dai  primi  saggi  d'orbita, 
si  modificò  di  pochissimo,  mentre  fi  e  n  mutarono  notabilmente. 

ti  Non  riferirò  particolari  di  calcolo,  del  resto  notissimi,  coi  quaU  {^rrenni 
ai  migliorati  elementi;  basterà  un  fugace  cenno. 

«  Il  pianeta  in  seconda  opposizione  fu  da  me  osservato,  ma  poche  volte, 
fra  rs  gennaio  e  il  4  marzo  1888. 

«  Due  osservazioni  fece  il  dott.  Enorre  a  Berlino. 

«  Assunto  un  luogo  normale  della  prima  opposizione  (1886. 20  XII 
12^  Berlino)  e  l'ultima  mia  osservazione  del  1888  4  III,  col  metodo  delle 
variazioni  delle  distanze  e  coi  principi  del  calcolo  delle  probabilità  dedussi 
l'orbita  più  probabile  che  soddisfacesse  all'insieme  delle  osservazioni  inter- 
medie, mentre  di  necessità  doveva  rappresentare  i  due  luoghi  su  cui  si  obbli- 
gavano a  passare. 

«  I  luoghi  intermedi  vennero  rappresentati  con  lievi  differenze,  come 
appare  dal  seguente  specchietto,  una  piccola  parte  delle  quali  deve  imputarsi 
alle  tavole  logaritmiche,  avendo  usato  tavole  a  sei  figure. 

(20  Die.      1886  12»»       Berlino  rAacosJ     0».00  ;  ^(r  +  0".8) 
22  Gen.     1887    0^  »  —  0 .  85  +5.1 


10  Qen.  1888  12" 

—  0.29 

+  8.0 

18  Gen.  1888  12" 

+  0.05 

+  6.0 

4  Pebbr.  1888,  529572   . 

+  0.25 

+  4.5 

6  Febbr.  1838, 366284   • 

—  0.15 

+  3.8 

10  Pebbr.  1888  12" 

+  0.51 

+  1.5 

(  4  Marzo  1888,  352280   • 

—  0.07 

+  0.3) 

«  Il  primo  e  l'ultimo  sono  le  epoche  di  base  del  calcolo  e  raccordo  altro 
non  prova  che  non  vi  sono  errori  di  calcolo. 

«  Alcxmi  luoghi  intermedi  sono  normali,  altri  semplici  osservazioni,  a  cui 
peraltro  ho  dato  eguale  peso,  imperocché  il  metodo,  per  natura  sua  eccellente 
per  dare  all'orbita  un  assetto  quasi  completo,  suppone  senza  errore  alcuno  le 
osservazioni  di  base,  una  delle  quali,  la  seconda,  è  isolata,  decita  peraltro 
ptrehò  la  estremo. 


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—  607  — 

«  Si  potrebbe  ora  migliorare  Forbita  con  altro  metodo  di  calcolo,  ma 
sarebbe  opportmio  di  confrontare  accuratamente  tutte  le  osservazioni  con  una 
effemeride  rigorosa,  investigare  i  luoghi  delle  stelle  di  confronto  e  formare 
alcuni  luoghi  normali  più  sicuri  ;  tuttavia,  considerando  che  fu  omesso,  come 
doveva  essere  fatto,  il  calcolo  dello  perturbazioni,  poiché  gli  elementi  erano 
ancora  assai  difettosi,  è  meglio  possedere  qualche  osservazione  della  terza  oppo- 
sizione per  rassetto  finale  degli  elementi,  e  per  preparare,  mercè  il  calcolo 
delle  perturbazioni  speciali,  elementi  osculanti  per  la  quarta  opposizione. 

«  Del  resto  è  fuor  di  dubbio  che  il  pianeta  in  terza  opposizione,  mercè 
gli  elementi  ora  dedotti,  si  troverà  con  facilità  ed  aberrante  di  poco». 

Matematica.  —  Una  nuova  applieanone  della  teoria  delle  funr 
2Ìoni  ellittiche  alla  meccanica.  Nota  di  Ernesto  Padova,  presen- 
tata dal  Socio  Pini. 

•  Consideriamo  una  sfera  di  centro  S  obbligata  a  restare  sopra  un  piano 
orizzontale,  sul  quale  può  ruotare  ma  non  strisciare  ;  in  essa  supponiamo  la 
materia  distribuita  in  modo  che  il  baricentro  sia  in  S  ed  i  momenti  princi- 
pali d*  inerzia  sieno  fra  loro  uguali.  Con  A  indichiamo  il  valore  dei  momenti 
d*  inerzia  e  con  B  il  punto  di  contatto  della  sfera  e  del  piano.  Supponiamo 
inoltre  che  nel  punto  C  della  sfera  sia  applicata  una  forza  verticale  costante  P, 
e  determiniamo  il  movimento  che  in  queste  condizioni  prende  la  sfera,  che 
inizialmente  era  dotata  di  una  velocità  qualunque  data. 

«  Pongasi  se  =a  9  e  prendasi  la  retta  SC  per  asse  delle  x  ;  per  assi 
delle  y  e  delle  z  prenderemo  due  rette  ortogonali  fra  loro  e  perpendicolari 
ad  SC  condotte  per  S .  La  forza  viva  T  del  corpo  sarà  determinata  dalla 
equazione 

2  T  =  M  V*  +  A  tó» , 
ove  M  è  la  massa  della  sfera,  Y  la  velocità  di  S  ed  (u  la  velocità  angolare 
risultante.  L'asse  della  rotazione  risultante  dovendo  passare  costantemente 
per  B ,  se  si  scompone  la  velocità  angolare  co  in  due,  una  orizzontale  ed  una 
verticale,  chiamando  o*  e  m  le  due  componenti,  è  evidente  che  sarà 

se  B  è  il  raggio  della  sfera.  Sieno  ora  ai ,  a, ,  «3  ;  fii,  fiiyfi^;  yi ,  y» ,  ys  i 
coseni  degli  angoli  che  la  verticale  e  due  orizzontali  perpendicolari  fra  loro 
fanno  cogli  assi  mobili  ^xy  z  ^  e,  seguendo  Tordinaria  notazione  di  Lagrange, 
indichiamo  con  un  accento  le  derivate  prese  rapporto  al  tempo,  avremo 
0^  =  {a\  fi,  +  a\  fi,  +  «'3  fizy  +  («'1  Yi  +  cc\  y,  +  a\  y,)«  = 

^a'I-^a^.^a'l  —  a'Xal-aWz  —  ^'ìcfz  +  ^c^.c/.ifi.fi.-^y.r,)^ 
+  2a\a\{fi,fi,  +  r,y,)Jf2a\a\{r,rz  +  fi^fiz)  =  ^'\  +  A  +  cc'l 
quindi  sarà 
(1)  2  T  =  (M  R«  +  A)  («'J  +  a'\  +  a'J)  -f  A  co* . 


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—  508  — 

«  Prendiamo  un  sistema  di  coordinate  polari  che  abbia  per  asse  la 
retta  SC ,  si  avrà 

(2)  al  +  «1  -}-  a'I  =  y *  +  sen*  ^ 9?'» . 
<t  La  forza  ha  allora  la  funzione  potenziale 

(3)  U  =  —  P5  cos  ^ . 

K  Ciò  posto,  per  trovare  le  funzioni  incognite  del  tempo  m ,  ^  e  9 
potremo  &r  uso  del  principio  di  Hamilton,  osservando  però,  come  ha  fatto 
Lagrange,  che 


àof  =  -jT"  +i>  ^^i  +  y  *««  +  ^  *as  = 


l>CCi 


"^«s 


OTe  01  è  una  rotazione  elementare  attorno  alla  vertioale, p  ,q  ,r  sono  le  com- 
ponenti della  velocità  angolare  attorno  agli  assi  mobili;  le  equazioni  del  moto 
sono  allora 

i  9"  (M  R»  +  A)  sen«  »  -\- 


(4) 


=(MB'+A)^^5^ 


0  =  A 


dt 


Di  queste  si  ha  subito  l' integrale  m  =  cost  ;  e  se  inoltre  si  osserra  che  è 

«1  -r^  oTi    =seni^.  9  , 

Dofi  ^a,  7)^3  , 

chiamando  e  la  costante  cui  è  uguale  cd  ,  un  altro  integrale  delle  (4)  sarà 

(5)  A(?  cos  ^  =  (M  B«  +  A)  sen*  (>.  9'+  (?» . 
Un  terzo  integrale  si  ha  dal  principio  delle  forze  vive  ed  è 

(6)  (MR*  +  A)(^'«  +  sen«^y'«)  +  2P.5.sen^  =  2A. 


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—  509  — 

Eliminando  fra  le  (5)  e  (6)  la  y'  si  ha,  coli'  indicare  con  Ai ,  5i ,  é?^ ,  c^  delle 
nnoye  costanti 

(7)  sen«  &.  ^'*  =  (Al  +  2  Si  cos  ^)  sen«  &  —  (cos  ^  +  c^y  Cs . 

*  Pongasi  cos  1^  =  M  e  la  (7)  darà 

dt  =  :t:    ,  ^» 

t/(A,  +  2  s.  «)  (1  —  K«)  —  («  +  e,)*  <^3 

talché  1^  sarà  una  funzione  ellìttica  del  tempo.  Dalla  (5)  si  ha  poi 

du 


yihi-\'2siU){l—u^)  —  C3{u-\-Ciy 
per  cui  anche  (p  potrà  considerarsi  come  una  fonzione  nota  del  tempo. 
«  Dalle  note  equazioni  di  Foisson 

ci^i=rai  —  qa^  ,  a'i  =  a3p  —  air  ,  a\  =  aiq  —  a^p 
si  deducono  immediatamente  le  relazioni 

p=aiaf-\-a\a3 — cc'^a^^  q=a2m-\-a\ai — c^iccn^  r=a3<ìS-\-a\ai—a\ai 
poiché,  come  è  noto,  si  ha 

cor  =  a^p  +  «2  ?  +  «3  ?• . 

Possiamo  dunque  dire  che,  trovate  le  m ,  xh  ^  ip ,  e  quindi  anche  le  a  in 
fimzione  del  tempo,  lo  sono  anche  p  ,q  ,r\  e  poiché  delle  equazioni  di  Foisson 
si  ha  la  soluzione  a  ,^  si  hanno  le  altre  dae  /$  e  }"  con  semplici  quadrature. 
«  Le  coordinate  172, ,  Cb  del  punto  B  nel  piano  orizzontale  si  possono  deter- 
minare osservando  che  quel  punto  è  sempre  sull'asse  istantaneo  e  che  le  sue 
coordinate  rispetto  agli  assi  mobili  sono  B  a^ ,  B  ^e ,  B  «3 ,  per  cui  si  ha 

-^  =  — B(ai/i  +ai/«  +  «3/3), 

nelle  quali  i  secondi  membri  sono  funzioni  note  del  tempo  e  così  resta  com- 
pletamente determinato  il  moto  della  sfera  » . 


Matematica.  —  Sulle  forme  appartenenti  all'ottaedro.  Estratto 
di  lettera  diretta  dal  prof.  Q.  Pittarelli  al  Socio  Brioschi. 

«  Alle  forme  binarie,  il  cui  4®  armonizzante  è  identicamente  nullo,  vol- 
sero i  loro  studi,  in  diverse  occasioni  e  per  fini  anche  diversi,  matematici 
eminenti:  Schwarz,  Clebsch,  Cayley,  Klein,  Gordan  e  V.  S.,  per  nominar 
quelli  di  cui  lessi  gli  scritti.  V.  S.  poi,  specialmente  nella  Nota  :  SulV equa- 
zione dell'ottaedro  (Transunti  de' Lincei  voi.  Ili,  1879)   trattò  l'argomento 

Rendiconti.  1888  Vol.  IV,  !<>  Sem.  66 


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—  510  - 

campìutamente  dal  punto  di  Tista  della  teoria  delle  forme.  Intanto,  mi  con- 
cede Ella  chMo  le  comunichi  un* osservazione  appunto  mxìV ottaedro^  ch'io 
feci  quasi  per  spiegare  a  me  stesso  1  risultati  avuti  da  Lei? 

«  L*osservazione  è  questa  :  che  la  relazione  unica  esistente  tra  la  forma 
del  sest' ordine  F  rappresentante  Tottaedro,  il  suo  hessiano  H=(FF)2,  il 
covariante  T  =  (FH)i  e  T  unico  invariante  A  =  (FF)e  è  quella  stessa  di  Cayley 
che  passa  tra  le  forme  appartenenti  ad  una  form»  cubica  binaria  qualunque. 
Da  quella  relazione  poi  traggo  in  modo  semplicissimo  le  trasformazioni  dei 

due  differenziali 

(xdx)      (xdx) 

yW        j/H 

in  differenziali  ellittici  :  la  seconda  delle  quali,  prevista  da  Schwarz^  non  mi 
pare  sia  stata  effettuata. 

«  Sia  /  una  delle  forme  biquadratiche  di  cui  F  è  il  covariante  del  6®  or- 
dine, i  e  j  i  suoi  invarianti,  h  il  suo  hessiano  e  ^  il  covariante  di  6**  órdine, 
che  sarà  perciò  eguale  ad  F  :  tutte  le  biquadratiche  aventi  la  detta  proprietà 
saranno  in  numero  semplicemente  infinito  appartenenti  al  fascio  sizigetico 

tt  Come  si  possa  trovare  /  mostrò  Glebsch  nella  Theorie  der  binàren^ 
Formen,  e  mostrò  anche  V.  S.  nell'altra  Nota  :  Sopra  una  classe  di  forme 
binarie  (Annali  di  Matematica,  serie  2^,  tomo  Vili). 

«  Si  ha  intanto  la  relazione  di  Cayley  tra  le  forme  /,  A,  i,  j\  /  ==  F  : 

1)  F  =  ^*=-|(A3_Ì.Ar  +  i/')=-|fi(A,-/)=-|^ 

dove  è  posto,  come  nella  Theorie  ecc., 

et)  indi    x  =  A    e    X=  —  /    ossia    x/-}- AA  =--/*x  =  0. 

«  Nella  Theorie  (§  43)  ò  poi  provato  che 

H  =  H«,«  =  (FF')*  F,^  FV  =  (^0*  U'  ^  V  =-  ^  {ih^'  -  2jhf+  ^A  = 

1   . 

=  —  —  t^^_f 

dove  ixx  è  r  invariante  quadratico  di  fx\  - 

«  Chiamando  J  Thessiano  di  i2,  B  il  discriminante  e  Q  il  covariante 
cubico  (in  Clebsch  J^,  B^,  Q^,  §  41),  si  ha 

e*x=— 3^=— 3^(x,A), 
dunque 


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—  611  — 
■  Si  ha  pure  {Theorie,  §  48): 

3)  A  =  (PFT  =  (/o*  =  j(|— ;*)=|b. 

«  Il  precedente  valore  sviluppato  di  H  e  quello  di  A  si  trovano  nella 
Sua  Nota:  Sull'equazione  dell' ottaedro  \  e  vi  si  trova  pure  calcolato  il  va- 
lore di  T  =  (PH)i=(PH)F«,*Ha,''  (da  Lei  chiamato  ©).  E  si  potrebbe  mo- 
strare a  posteriori  che  si  ha  la  relazione  : 

4)  T  =  TÌ*=-ÌQ(A,-/)  =  -|q=^;V^  ; 

ma  questo  risaltato  importante  merita  d'esser  trovato  direttamente,  e  forse 
più  presto  di  ciò  che,  per  altro  fine,  si  legge  nella  Theorie  pag.  345  §  88. 
«  Dalla  (2)  si  ha  la  forma  polare 

e  da  questa,  per  yt=Fi=/i ,  yi=s — P,= — ^t  >  «  moltiplicando  per  F«,'=/a,'', 
T  =  (FH)F^»H^'  =  | 
«  Ma  {Theorie,  ^ag.  143) 


T  =  (FH)F^»H^'  =  ||^(iA)/.»A«»+|^(</)<^Y«'- 


(^A)CA<.»=-Ì^. 


Dunque 


T  =  — —  Z^^  —  ^^. 


E  ricordando  che 


se  ne  conclude,  per  la  sostituzione  a\  il  precedente  valore  di  T. 

«  Sostituendo  1  valori  1),  2),  3),  4)  nella  relazione  di  Cayley  esistente 
tra  le  forme  i2, 2/,  B  e  Q  : 

5)  2Q*  +  ./«  +  Rfi»  =  0 
si  ha  la: 

6)  36T«  +  18H3  +  AF^  =  0, 
eh' è  la  relazione  tra  le  forme  F,  H,  A  e  T. 

«  Di  qui  segue  che  la  risoluzione  deirequazione  del  24^  ordine 

7)  XF  =  ? 


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—  512  — 

si  riduce  a  quella  che  fornisce  i  valori  di  x  :  A  per  i  quali  il  fascio  x/-{-  A  A = 0 
ammette  un  dato  rapporto  anarmonico. 

«  Perchè  infatti  la  7),  per  i  valori  1),  2),  3)  e  per  la  relazione  5),  si 
trasforma  nell'altra 

—  2Q*  =  (l  +  18Rp)i2*: 
e  da  questa,  ponendo 

'-®  =  rfl8E^' 

si  ha 

((?  — 6)Q*  =  3IU2«; 

e  questa  equazione,  eseguendo  in  essa  la  sostituzione  a),  diventa  identica  a 
quella  che  fornisce  il  parametro  x:X  pel  quale  il  fascio  xf-\-lh  =  0  am- 
mette un  dato  rapporto  anarmonico  o*,  essendo  e  legato  a  a  dalla  relazione 
notissima 

'  =  ^^^l^aY^ltf^-2ay      iTheone,v^.  172). 
«  Le  trasformazioni  de*due  differenziali  si  possono  eseguire  così: 
«  I.  -^ — -  .  Ponendo  18B=A,  scrivo  la  6)  sotto  la  forma 

8)  2T«=-  H^  — BF^ 

«  Se  poi  nella  7)  si  pone  in  luogo  del  parametro  q  il  parametro  ^[o"?'» 

viene  -^j  = — f^,  ed  in  coordinate  omogenee  ?i:?«=?  si  può  porre 

9)  H=— ?i,       B^F^  =  f,. 
»  Da  8)  e  9)  ricavasi  la  : 


10)  2*B«TF^  =|/(fi^— ?2')?2. 

«  Differenziando  e  componendo  T  espressione  (frfj)  =  ?irf?8 — Std^i  si  ha 

(fdj)  =  8B^F^(Pa,«Ha;'  Hd«— H^»Fa,^Frf«) 

=  8B^F"^(FH)Fa,^Ha;'  {ada:)  =  SBÌF^T{a;da). 
«  Di  qui 

\/F         8B^TF^       8B*    Fl^i— ^«j$t 

«t  Adunque:  il  differenziale  ^  ^^    si   trasforma  in  un  dif- 

|/F 
ferenziale  ellittico  con  Tinvariante  g^  =  0. 

•»  n.  ^ — ^-  Per  questo  si  dee  porre  :^=j-  =  —  J* ,    ed  in   coordinate 


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—  513  — 

omogenee  ^  j^ 

12)  H^=fi,    B*F=— f,. 

«  Con  ciò  la  8)  diviene 


13)  2*T  =  l/f,*— fi*. 
«  Poi  si  ka 

(fd|)=— ^H"^T(dr<te),    dove    «  =  t/=l- 

«  Di  qui  per  la  13) 

14)  (ar<^ar)  _      t^"         (?(^) 

j/H  6B^   |/?.*— Il* 

«Adunque,  siccome  osservò  lo  Schwarz:  con  la  trasformazione 

algebrica  12)  il  differenziale  -^i — -  si  trasforma  in  un  diffe- 

t/H 
renziale  ellittico  appartenente  alla  periferia  della  lemni- 
scata, pel  quale  cioè  è  nullo  Tinvariante  g^. 

«  Le  precedenti  trasformazioni  mi  furono  suggerite  dalla  lettura  della 
Nota  del  Klein  :  Binare  Formen  mit  Transformationen  in  sich  (Math.  An- 
nalen,  Bd  IX),   dove  egli  esegue  la  riduzione,  pure  prevista  dallo  Schwarz, 

del  differenziale  ■— — ^  in  ellittico  con  T  invariante  ^^^  =  0,  essendo  <1>  il 

primo  membro  dell'  equazione  dell'icosaedro.  La  sostituzione  da  Lei  adoperata 
pel  primo  differenziale,  si  riduce  a  quella  adoperata  qui,  ponendo  S^  =  t, 
salvo  fattori  numerici  ». 

Fisica.  —  L' isoterma  dei  gas.  Nota  IV  (0  di  Arnoldo  Violi, 
presentata  dal  Socio  Blaserna. 

•  Temperature  corrispondenti  alle  tre  velocità  molecolari.  Qualche 
anno  fa  occupandomi  della  ricerca  teorica  delle  velocità  molecolari,  indipen- 
dentemente dalle  azioni  interne  dei  gas  {}),  ottenni  le  espressioni 

66)  t^=|/H(7^7) 

per  le  velocità  corrispondenti  a  quella  della  media  energia  di  Clausius  e  alla 
più  probabile  di  Maxwell,  e 

67)  ii'  =  )/m 

per  la  vera  velocità  di   Maxwell,   nelle   quali  H   rappresenta  la  pressione 


(*)  V.  p.  316. 

(*)  A.  Violi,  Le  velocità  molecolari  degli  aeriformi.  Nota  pubblicata  negli  Atti 
della  R.  Accademia  dei  Lincei,  voi.   Vili,  dicembre  1888. 


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—  514  — 

esterna,  ed  e^  e\  rìspettìvamente  l'energia  di  traslazione   e  di  moto  proprio 
molecolare,  espreuse  da 

2<?       ,      ..26 

P  P 

in  funzione  della  temperatura  assoluta  S  e  del  peso  molecolare  p  ;  tantoché 

per  questi  valori  e  quello  di  a  della  51),  essendo  d  =  — 1 -[-«/),  le  espres- 
sioni 66)  e  67)  si  riducono  alle  seguenti: 


68) 


»"=l/f 


^(l  +  oO 


oppure,   per   il  valore   della  mas^a   dell'unità   di  volume   del  gas,   dato 
da  M  =  ^,  a  quest'altre  due 


«'  =  i/Vsh|v.(i- 75)^(1 +  «0J 

69) 

«"=|/v3h|v.^(i  +  «o|. 

«  Al  rapporto  -zj  fra  l'unità  di  massa  e  la  massa  M  dell'unita  di  vo- 

M 

lume,  possiamo  sostituire  l'altro     ,^    ,      .  fra  il  volume  specifico  molecolare 

e  il  volume  a  t^  del  gas  ;  quindi  le  69)  si  trasformano  in  quest'altre 


70) 


•  Sostituendo  suocessiTaménte  i  valori  di  queste  due  velocità  alla  quan- 
tità u  dell'espressione 

71)  ^N»m«»==;7-M«» 

nella  quale  Ni  rappresenta  il  numero  delle  molecole  di  massa  m  contenute 
nell'unità  di  volume,  otteniamo 


72) 


1/3,  M««  =  V.«  MH  |V«(1  ^  'A)|j 


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75) 


—  615  — 

La  quantità  Vaa^^  ^  soltanto  dipendente  dalla  pressione  intema  del  gas; 

perciò  per    . 

73)  B  =  V.«MH 

dalle  53)  e  54)  otteniamo 

R,  (1  -f.  ai)  =  'A.  M«*  =  B .  V,  (1  ^  Vs)  ^ 
74) 

R^  (1  +  aO  =»  Vs«M««  =  B .  V,  I 

e  dall'espressione  a)  le  dne  seguenti,  per  //A  =  B, 

i°  +  21.(l->)(l+..0i-j''"-*"'+''"°'^-"^'^''Ì'- 

«  Nell'equazione  generale  dell'isoterma  è  tacitamente  ammesso  il  con- 
cetto  delle  tre  yelocità  molecolari;   perciò  la  quantità   ^/t{l±^/^)  —  o 

Y  altra  Vs  ~  ^^^^  considerarsi  come  al  divisore  della  quantità  Bi  della  58). 

Allora  sostituendo  al  valore  di  B  delle  75)  quello  di  Bi  della  58)  e  ridu- 
cendo  si  hanno  le  equazioni: 

76) 

S= + swi^iir+^l  •'<'+''''= V- f  h +2(1^1  • 

s  Con  queste  due  equazioni,  dedotte  dall'equazione  generale  delVisoterma 
in  relazione  ai  valori  teorici  delle  velocità  molecolari,  sarà  focile  determi- 
nare le  temperature  a  queste  corrispondenti,  essendo  la  temperatura  una  fun- 
zione della  forza  viva  molecolare. 

•  Ora  qualunque  sia  il  concetto  col  quale  intendiamo  seguire  le  mole- 
cole nel  loro  movimento  di  traslazione,  avremo  sempre  tre  temperature  ri- 
spetto alle  quali  i  movimenti  calorifici  molecolari  saranno  equilibrati  dalla 
pressione  intema  del  gas.  Questa  condizione  sarà  sodisfatta  ponendo  nelle 
76)  H  =  0,  ed  avremo 

a 


77) 


l+€r^ 


=  y,{lz^%)b\2{l-by  +  a\ 


^      ^y,b]2{l-by  +  al 


1+a^ 


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—  516  — 

e  indicando  con  ti  e  h  le  temperature  espresse  dalla  prima  di  queste  equa- 
zionije  con  7  quella  rappresentata  dalla  seconda,  avremo 

.    ,      . 5a 

78)  l+at^=^  ^"^ 


6*12(1  —  *)*  +  a\ 

^"^''^~3*}2(1  — *)»-(- aj 

«  La  prima  di  queste  espressioni  si  riferisce  alla  somma  dei  movimenti 
calorìfici  molecolari  estemi  ed  intemi,  cioè  essa  rappresenta  la  temperatura 
alla  quale  un  gas  può  ridursi  liquido  indipendentemente  dalla  pressione 
estema.  Yan  der  Waals,  dalla  sua  equazione  generale,  per  la  stessa  tempe- 
ratura ti  giunge  alla  seguente  espressione  : 


«  La  seconda  delle  espressioni  78)  si  riferisce  alla  differenza  dei  movi- 
menti calorifici  molecolari  esterni  ed  intemi;  e  quindi  con  molta  probabi- 
lità, sta  ad  indicare  quella  temperatura  alla  quale  il  gas,  indipendentemente 
dalla  pressione  estema,  si  mantiene  in  tale  stato  senza  dissociarsi. 

«  Entro  questi  limiti  dev'esser  naturalmente  compresa  quella  tempera- 
tura alla  quale  i  veri  movimenti  traslatori  delle  molecole  saranno  equili- 
brati dalla  sola  attrazione  molecolare.  Questa  temperatura  è  rappresentata 
dalla  terza  equazione  delle  78),  la  quale  acquista  allora  un  valore  molto 
importante  ;  poiché  oltre  quella  temperatura  non  essendo  più  possibile  Vequi- 
librio  fra  i  movimenti  calorifici  delle  molecole  e  la  loro  rispettiva  attrazione, 
siccome  l'esperienza  c'insegna  che,  indipendentemente  dalla  pressione,  un  li- 
quido può  trasformarsi  in  vapore  ad  una  certa  temperatura,  costante  per 
ogni  liquido,  temperatura  che  Andrews  chiamò  temparatura  critica,  eviden- 
temente essa  è  espressa  dalla  terza  equazione  delle  78)  cioè  da 

2a 
^^  ^^""^  3b]2{l  —  by-\'a\' 

*  Van  der  Waals,  per  la  stessa  temperatura  t ,  ottenne  l' espressione 
im  po'  differente 

.    ,     7 8fl^ 

^'^''^-27b{l  —  b){l  +  a)' 

«  Dividendo  la  prima  per  la  terza  delle  78)  si  ha 

!  +  «/,  =  7,(1 +  «7) 

e  invece  delle  espressioni  di  Van  der  Waals  si  ottiene 

l-|-a^,=^73,(l  +  a7): 

peraltro  la  differenza  fra  Ve  «  'Va?  non  è  rilevante. 


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—  517  — 

«  Punto  critico.  Alla  costante  temperatura  critica  comprimendo  un  gas 
arriveremo  a  liquefarlo,  quando  cioè  il  volume  del  gas  sarà  ridotto  a  quello 
del  liquido  risultante.  Questa  condizione  è  determinata  dalla  II)  per 


79)  |l  +  ; 


_\* 2Ha 


=  0 


2(1-*)')  |(l_d)(l+«0(* 
ed  indicando  con  V  il  voliune  critico  a  cui  si  ridurrà  il  gas  nell'atto  della 
sua  liquefazione  e  con  H  la  pressione  critica  corrispondente,  avremo  dalla  li) 
per  la  79) 

e  dalla  79),  in  funzione  della  temperatura  critica  t , 

ovvero  per  la  Y)  le  80)  e  81)  si  riducono  così: 

a 


VI)  H  = 


18i*(l— *)* 


vn)  ^^9i«)2(i -«■+.; 

ad 

«  Dunque  il  punto  critico,  ossia  la  temperatura  assoluta  critica,  la  pres- 
sione critica  ed  il  volume  critico  di  un  gas,  è  rappresentato  dal  seguente 
sistema  di  equazioni: 

l-j-at  = 


82)  H  = 


a 


0- 


18*«  (1  —  bf 
«|2(1— ^)^  +  g{ 


a 
«  Van  der  Waals  ottiene  invece  per  il  punto  critico 


27**'  27*(1  — *)(!  +  «)• 

«  Con  i  valori  di  «  e  * ,  alla  pressione  di  0"',76,  dati  dalle  Tab.  Ili  e  I), 
abbiamo  per  Tanidride  carbonica 

F=29^4;  H  =  64»*™;  iF  =  0,00774==y2^  ; 
mentre  dalle  misure  di  Andrews  risulta: 

1 = 30^92  ;  H  =  70*^°»-  ;  v  =  0,0066  =  -r^  ; 

loi,o 

e  dalle  formolo  di  Yan  der  Waals  si  avrebbe 

7  =  32^5;  H  =  61*^"»;2;==0,0069  =  T^  . 

145 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  67 


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—  518  — 

*  Le  differenze  dei  valori  di  J  B.v  da  noi  calcolati  in  confronto  a  quelli 
misurati  da  Andrews  non  possono  spiegarsi  altro  che  riferendosi  a  quella  pic- 
cola quantità  d'aria  che  rendeva  impura  ranidride  carbonica  sperimentata. 

ft  I  gas,  pei  quali  le  costanti  a  e  b  sono  eguali,  cioè  per  quelli  che  han 
lo  stesso  peso  molecolare,  avranno  ancora  un  egual  punto  critico  come  risulta 
dalle  82).  In  questo  caso  si  trovano,  per  esempio,  l'anidride  carbonica  e  il 
protossido  d'azoto,  il  quale  per  le  esperienze  di  Janssen  avrebbe  la  tempe- 
ratura critica  oscillante  fra  36**,3  e  36",7.  Questa  temperatura  è  un  po'  su- 
periore a  quella  dell'anidride  carbonica;  ma  forse  tal  differenza  si  potrebbe 
far  sparire  riflettendo  che  il  protossido  d'atoto  studiato  da  Janssen  era  im- 
puro in  proporzione  maggiore  della  anidride  carbonica  dell' Andrews  ;  ed  inoltre 
il  Janssen  non  tenne  conto  di  alcune  correzioni  da  farsi  ai  risultati  delle  sue 
esperienze,  per  le  deviazioni  della  legge  di  Boyle,  rispetto  al  manometro 
chiuso  adoperato. 

«  Per  un  gas  ideale  rispetto  al  quale,  per  un'estrema  rarefazione,  si  pos- 
sano trascurare  il  volume  specifico  molecolare  e  la  costante  specifica  di  at- 
trazione molecolare,  ossia  per  «  =  0,  A  =  0,  abbiamo  dalla  59) 
83  Hz;  =  Bo; 

ma  alila  temperatura  critica,  la  80)  confrontata  con  la  59)  ci  dà  pure 
84)  H^=V.Ro 

la  quale,  rispetto  alla  83),  mostra  come  alla  temperatura  e  pressione  cri- 
tica il  volume  del  corpo  è  la  metà  di  quello  che  sarebbe  qualora  esso  se- 
guisse le  leggi  di  Boyle  e  Gay-Lussac.  In  conseguenza  di  ciò  la  densità  è 
naturalmente  raddoppiata  in  confronto  a  quella  che  il  corpo  avrebbe  allo 
stato  di  gas  perfetto;  ossia  al  pimto  critico  un  corpo  ha  un  numero  doppio 
di  molecole  di  queUe  che  avrebbe  qualora  nelle  stesse  condizioni  di  tempe- 
ratura, di  pressione  e  di  volume  si  potesse  considerare  come  un  gas  perfetto. 

«t  Dalle  espressioni  di  Van  der  Waals  risulta  che  alla  temperatura  e 
pressione  critica  il  volume  del  gas  è  Yg  di  quello  che  sarebbe  allo  stato  di 
gas  perfetto,  cioè  un  valore  un  po'  più  piccolo  di  quello  dato  dalla  84). 

«  Esprimendo  la  temperatura  assoluta,  la  pressione  ed  il  volume  in  parti 
della  temperatm*a  critica  assoluta,  della  pressione  critica  e  del  volume  cri- 
tico, cioè  ponendo 

H  =  AH;  l-\-at  =  m{l'\-(tT);  v=nv 

e  sostituendo  questi  valori  nella  59)  otteniamo 

Vili)  j/,_^      1^L_2 

equazione  nella  quale  è  scomparso  tutto  ciò  che  vi  ha  di  specifico  per  un 
dato  corpo.  Questa  è  dunque  l'equazione  generale  dell'isoterma  indipendente 
dalla  natura  dei  corpi,  o,  secondo  Van  der  Waals,  l'equazione  ridotta  del- 
l'isoterma, e  forma  quindi  lo  scheletro  molecolare. 


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—  519  — 

«  Per  risoterma   ridotta,   Van  der  Waals  ottiene  Tequazione  alquanto 
diversa 


(A+|)(3«-l)  =  8m, 


n  Dalle  esperienze  di  Cailletet  e  Amagat,  sulla  compressibilità  dei  gas 
ad  altissime  pressioni  e  temperature  superiori  alla  critica,  risulta  che  il  pro- 
dotto della  pressione  per  il  volume  del  gas  diminuisce  con  le  crescenti  pres- 
sioni, arriva  ad  un  minimo  e  poi  cresce  indefinitamente  passando  pel  valore 
iniziale:  sola  eccezione  mostra  Tidrogeno  per  il  quale  non  si  ha  minimo. 

«  Ora  Tespressione  III)  conferma  pienamente  quanto  indica  Tesperienza 
sulla  compressibilità  dei  gas;  la  condizione  del  minimo  valore  della  com- 
pressibilità è  rappresentata,  in  funzione  della  pressione  e  della  temperatura, 
dalla  79),  la  quale  risoluta  ci  dà  la  81),  cioè  la  pressione  H  alla  quale  si 
verifica  per  la  temperatura  t. 

«  La  III)  per  i  valori  riferiti  al  segno  positivo  del  radicale  indica  come 
la  compressibilità  diminuisce  regolarmente  con  l'aumento  della  pressione;  e 
raggiunge  il  minimo  valore  per 

^^  =  ^+2(1-*)*  =  ^^ 

espressione  identica  alla  84);  ossia  il  minimo  valore  della  compressibilità 
dei  gas  corrisponde  perfettamente  alla  compressibilità  del  punto  critico. 

«  Una  volta  raggiunto  il  minimo  valore  la  curva  della  compressibilità 
devierà  simmetricamente  al  primo  ramo;  e  per  conseguenza  per  un  certo 
volume  e  una  certa  pressione  ripasserà  pel  valore  iniziale.  Questa  condizione 
ò  espressa  dalla  curva  che  rappresenta  i  valori  di  segno  negativo  del  radi- 
cale. E  qui  è  opportuno  ricordare  che  Tespressione  III)  darà  sempre  un  valor 
minimo,  rispetto  ad  una  data  pressione  e  temperatura,  tutte  le  volte  che  la 
costante  a  è  positiva.  Per  Tidrogeno,  essendo  a  negativa,  non  avremo  minimo, 
come  infatti  l'esperienza  conferma.  Per  la  continuità  del  fenomeno,  a  tem- 
perature superiori  alla  critica,  rappresentato  dalla  III)  è  naturale  la  conclu- 
sione che  vi  è  perfetta  continuità  fra  lo  stato  liquido  e  quello  gassoso. 

«  Riassumendo  brevemente  quanto  abbiamo  esposto,  l'espressione  gene- 
rale I)  comprende  tutti  i  fenomeni  che  si  riferiscono  alla  compressibililÀ  e 
alla  elasticità  dei  gas.  Il  concetto  delle  tre  velocità  molecolari  rende  per- 
fettamente conto  della  temperatura  critica,  e  conseguentemente  del  punto 
critico.  Inoltre  la  I)  spiega  ancora  il  comportamento  dei  gas  ad  elevate  pres- 
sioni e  temperature  superiori  alla  critica,  il  minimo  di  compressibìltà  e 
l'inversione  della  cuiTa  di  essa  oltre  il  minimo.  Anche  l'espressione  gene- 
rale di  Van  der  Waal?  comprende  i  diflFerenti  punti  d'un  tale  ordine  di 
fenomeni;  ma  è  difettosa  in  ciò  che  si  riferisce  alla  variazione  di  tempera- 
tura, la  quale  è  quantità  essenziale  per  la  variazione  della  attrazione  mo- 
lecolare. 


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—  520  — 

e  Abbiamo  avuto  occasione  di  rilevare  delle  discordanze  nel  confronto 
fra  i  valori  ricavati  dalle  osservazioni  e  quelli  calcolati.  Ma  ripeto  che  i  ri- 
sultati dell'esperienza  presi  in  esame,  per  alcuni  gas  si  riferiscono  ad  una 
sola  serie  di  osservazioni,  per  altri  a  gas  la  cui  condizione  chimica  non  era 
corrispondente  alla  loro  costituzione  molecolare.  Le  impurità  per  Ysoo  di  aria 
del  proprio  volume  delVanidride  carbonica  studiata  da  Andrews  e  quella 
di  3,5  Vo  al  5  Vo  di  un  gas  estraneo  permanente  nel  protossido  d'azoto  esa- 
minato da  Janssen,  non  sono  davvero  da  trascurare  qualora  si  rifletta  che, 
nella  teoria  esposta,  i  valori  della  costante  specifica  di  attrazione  moleco- 
lare sono  dipendenti  dal  peso  molecolare  relativo.  Ed  oggi  che  la  chimica 
offire  dei  mezzi  sicuri  per  riconoscere  se  un  corpo  è  quale  ce  lo  indica  la 
sua  costituzione  molecolare,  è  da  augurarsi  che  dagli  sperimentatori  si  terrà 
molto  calcolo  di  ciò,  prima  d'intraprendere  lo  studio  di  una  data  serie  di 
fenomeni,  se  non  si  vorranno  moltiplicare  le  difKcoltà  per  la  ricerca  delle 
leggi  che,  nella  loro  semplicità,  stabiliscono  un  perfetto  accordo  fra  i  feno- 
meni fisici  e  la  costituzione  molecolare  dei  corpi  » . 


Fisica.  —  Movimenti  delle  polveri  alla  superficie  delt acqua. 
Nota  del  prof.  C.  Marangoni,  presentata  dal  Socio  Blaserna. 

§  1. 
tt  Nella  precedente  seduta  ho  comimicata,  a  questa  onorevole  Accademia, 
ima  Memoria  sulle  attrazioni  e  ripulsioni   capillari^  nella  quale  sono  ve- 
nuto alla  conclusione  che  :   la  componente  orizzontale  della  tensione,  cioè 
l'attrazione  esercitantesi  fra  due  sfere  galleggianti  di  raggio  r  è  espressa  da  : 

t'  =  2nrc  sen  w  sen  {(a  —  B)  sen  fi 
nella  quale  t?  è  la  costante,   o  coefBcente  di   capillarità  ;  o»  l'angolo  i  o  t 
(vedi  la  figura)  e  B  l'angolo  di  raccordamento  del   menisco  colla   superfice 
della  pallina. 

§  2. 

«  Se  sulla  superficie  dell'acqua  si  lasciano  cadere  delle  polveri  sottili  si 

osservano  quattro  casi  :  o  le  polveri 
/  ^  si  attraggono  e  formano  un  disco,  o  si 

espandono  rapidamente,  o  rimangono 
indifiTerenti  ove  cadono,  o  si  osser- 
vano dei  movimenti  rotatori  e  tra- 
slatori in  ogni  singolo  frammento. 

«  Alcune  di  queste  apparenze 
dipendono  dalla  teoria  delle  attra- 
zioni e  ripulsioni  capillari;  altri, 
da  difierenza  di  tensione  specifica. 

li  La  componente  orizzontale  r, 


i 

> 

Z" 


r  -r 


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—  521  — 

dipende  anzitutto  dal   valore  della   risultante  r  della  tensione  sul  cerchio 
d'attacco,  espressa  dalla  [63: 

T  =r  27ire  sen  «  sen  (w  —  S) 

•  Questa  risultante  può  variare  fra  zero  e  un  valore  massimo. 
«  La  funzione  [6]  è  della  forma 

y  =  sen  «  sen  (»  —  S) 
differenziando  si  ha: 

-fi  =  cos  (0  sen  (w  —  d)  -f-  sen  «  cos  («  —  S). 

•  Eseguendo  le  riduzioni  ed  uguagliando  a  zero,  si  ha  : 

tang  2(0  =  tang  B, 
«  Di  qui,  pel  valore  minimo  di  r  si  ha  : 

2(0  —  6  =  0;  quindi  o)  =  — 
e  per  il  valore  massimo  di  t  : 

2(ù  —  e  =  180°  ;  quindi  a>  =  90^  +  — . 

«  Se  rangole  di  raccordamento  è  piccolissimo  si  può  ritenere  che  il 
valore  minimo  di  t  corrisponde  alVincirca  al  caso  di  una  sfera  totalmente 
emersa  o  totalmente  sommersa,  cioè  tangente  la  superfice  del  liquido  nel  punto 
piìi  basso  0  piti  alto;  e  che  il  massimo  valore  di  t  si  ha  quando  la  sfera 
è  immersa  quasi  per  metà. 

«  Cercai  di  verificare  questi  risultati  facendo  galleggiare  nell'acqua  due 
palline  cave  di  vetro,  aperte  in  alto,  come  sarebbero  due  serbatoi  da  termo- 
metro. Il  diametro  esterno  delle  palline  era  di  millimetri  16.  Introducendo 
dei  pallini  di  piombo,  in  modo  da  fare  immergere  le  palline  di  vetro  quasi 
per  metà,  esse  > si  attiravano  vivamente  quando  erano  vicine;  e,  tenen- 
done una  fissa,  per  staccare  Taltra  occorreva  la  forza  di  mg.  120.  Quando 
le  palline  erano  inmierse  per  circa  V4  occorreva  nenmieno  la  metà  di  detta 
forza;  e  quando  le  palline  erano  quasi  sommerse,  esse  non  mostravano  piti 
attrazione  sensibile. 

§  3. 

«  Ed  ora  riassumiamo  i  fatti  osservati  sulle  polveri  : 

«  P  Gruppo.  Polveri  che  si  contraggono  sull'acqua:  litargirio,  cinabro, 
polveri  metalliche,  carbone  di  bossolo,  carbone  animale. 

«  2°  Gruppo.  Polveri  che  si  espandono  sull'acqua  :  rena  di  mare,  cenere 
del  Vesuvio,  cinabrese,  fiirina  fossile,  tripolo,  biossido  di  manganese,  amido, 
limatura  di  midollo  di  sambuco,  acido  tannico,  panamina  e  saponina  in  polvere. 

»  3**  Gruppo.  Polveri  indifferenti  :  licopodio,  limatura  di  sughero,  ra- 
schiatura di  cera  gialla,  di  spermaceto,  cromato  di  piombo,  rena  di  Fontai- 
nebleau,  oro  musivo,  indaco. 


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—  522  — 

«  4^  Oruppo.  Polveri  che  si  mostrano  in  continuo  moto  di  rotazione  e 
traslazione:  raschiatura  di  canfora,  violetto  di  HoS'mann,  sapone,  panamina 
in  pani,  belzuino,  gomma  mirra,  8ug3  di  liquirizia,  acido  pirogallico,  assa  fe- 
tida, acido  gallico,  acido  poligallico,  solfato  di  chinina.  Delle  listerelle  di 
carta  imbrattate  in  un  angolo  col  balsamo  del  Canada,  corrono  nelFacqua 
come  le  foglie  fresche  dello  Schinus  molle. 

«  Le  polveri  del  prima  gruppo  si  attraggono,  perchè  i  loro  granelli  sono 
tutti  bs^nati  (carbone)  o  non  sono  bagnati  (polveri  metalliche).  Esse  si  at- 
tirano maggiormente  quanto  più  son  dense,  perchè  allora  (o  si  avvicina  al 
valore  che  dà  il  massimo  di  r.  È  per  questo  che  mettendo  della  fina  polvere 
di  bronzo  sull'acqua,  ed  intingendovi  la  penna,  si  scrive  in  oro  sulla  carta, 
tanto  si  attraggono  fortemente  le  particelle  di  ottone  per  effetto  dei  menischi, 
tf  Se  si  mescolano  delle  polveri  che  si  bagnano  ad  altre  che  non  si  ba- 
gnano, si  osserva  ripulsione  tra  le  polveri  eterogenee,  come  vuole  la  teoria. 
«  Ma  perchè  le  polveri  piii  dense  possano  galleggiare,  è  necessario  uno 
strato  gassoso  attorno  ai  granelli  ;  se  queste  polveri  si  fanno  riscaldare, 
messe  sull'acqua  cadono  in  fondo. 

«  Le  polveri  del  secondo  gruppo  si  espandono,  o  perchè  hanno  un  velo  unto 
attorno  ai  granelli,  il  quale  gode  di  una  tensione  min'ore  dell'acqua,  ovvero 
perchè  la  polvere  si  scioglie  e  fa  diminuire  la  tensione  dell'acqua,  come 
Tacido  tannico. 

0  Qui  si  rientra  nel  fenomeno  dell'espansione  delle  gocce,  da  me  spiegato 
nel  1865  (0*  Infatti,  se  si  lavano  bene  quelle  polveri,  non  si  espandono  più  ; 
per  lo  contrario,  se  si  stropicciano  tra  le  dita  le  polveri  del  primo  gruppo, 
queste  si  espandono,  a  cagione  del  sevo  cutaneo  che  le  ha  imbrattate.  Dunque 
l'espansione  delle  polveri  è  dovuta  alla  minor  tensione  delle  materie  imbrat- 
tanti rispetto  all'acqua  pura. 

tt  Le  polveri  del  terzo  gruppo  si  mostrano  indifferenti,  o  perchè  sfiorano 
la  superfice,  come  il  licopodio,  o  perchè  stanno  quasi  sommerse,  come  il 
pulviscolo  vecchio  alla  superfice  delle  acque  stagnanti. 

tf  II  licopodio,  appena  tocca  la  superfice  dell'acqua,  pare  indifferente. 
Dopo  un  poco  si  inumidisce,  si  bagna  e  mostra  di  attirarsi  bene  ;  tantoché 
si  fa  il  gioco  di  introdurre  la  mano  nell'acqua,  coperta  di  licopodio,  e  di 
estrarla  asciutta.  Arrivata  a  un  massimo,  l'attrazione  reciproca  dei  granelli 
scema  lentamente  (^). 

n  Colla  mia  bilancina  capillare  ho  trovato  che  l'attrazione  del  pulvi- 
scolo di  licopodio  appena  passato  sull'acqua  ei-a  di  mg.  0,07  su  di  un  mil- 
limetro. Dopo  2  giorni  arrivò  al  massimo  di  mg.  4,10.  L'acqua  con  polvere 
di  bronzo  presentava  un'attrazione  di  mg.  1,95.  Di  qui  l'origine  della  ela- 
sticità superficiale. 

0)  Pavia,  tip.  Fusi.  Ved.  Estratto  N.  Cimento  1870  e  Pogg.  Ann.  1871. 

(*)  Vedi  la  mia  Difesa  della  teoria  della  elasticità  superficiale.  N.  Cimento  1878. 


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—  523  — 

§  4. 

s  I  fenomeni  o^erti  dai  corpi  del  4^  gruppo  fecero  scervellare  i  fisici 
per  molto  tempo  ;  fu  J.  Thomson  il  primo  a  ricondurli  suUa  buona  strada, 
facendo  intervenire  la  tensione  superficiale,  secondo  il  concetto  del  doti  Young. 
Ma  fu  poi  il  professore  Yan  der  Mensbrugghe,  che  pubblicò  un  accurato  e 
completo  studio  {^)  del  fenomeno  in  discorso,  specie  di  quello  della  canfora. 

s  Ecco  la  teoria  di  Mensbrugghe  : 

«  La  tensione  dell'acqua  pura  è  di  mg.  7,5,  quella  dell'acqua  canforata, 
di  mg.  4,5  ;  dunque  un  frammento  di  canfora,  di  forma  irregolare,  tocca 
Tacqua  in  diversi  punti  asimmetrici.  Dalla  parte  ove  sono  più  punti  di  con- 
tatto lacqua  scema  maggiormente  di  tensione,  e  perciò  la  canfora  è  attirate 
dalla  parte  opposta  ;  inoltre  il  frammento,  per  la  dissimmetria  suddetta,  ruote 
intomo  a  se  stesso.  Posando  sulla  superfice  dell'acqua  un  filo  flessibile  an- 
nodato, in  modo  che  tocchi  dappertutto  il  liquido,  il  Mensbrugghe  osserva 
che  un  frammento  di  canfora  introdottovi,  in  principio  gira  rapidamente; 
intanto  il  filo  prende  la  forma  circolare  ;  poi,  a  poco  a  poco,  il  movimento 
scema  finché  cessa;  perchè  l'acqua  entro  il  cerchio  è  tutte  canforate.  Se  si 
solleva  in  un  punto  il  filo  si  vede  tutto  il  cerchio  muoversi  dalla  parte  op- 
posta; perchè,  dove  si  è  sollevato,  Tacqua  canforate  si  espande  al  di  fuori. 

«  Orbene,  ecco  una  pìccola  modificazione  dell'esperimento,  che  da  qualche 
anno  ripeto  in  scuola.  Si  facciano  cadere  sul  vaso  a  trabocco  del  professore 
Pisati  (^),  dei  minuzzoli  di  canfora,  rischiandola  colla  punte  di  un  temperino. 
Intento  che  i  franmienti  girano  si  faccia  cadere  sull'acqua  poca  polvere  di 
licopodio  con  uno  steccio  a  velo.  Si  osserverà: 

s  1<^  Che  il  licopodio  è  scacciato  dalla  canfora  ed  intomo  a  ciascun 
franunento  si  forma  un  cerchio  di  acqua  pulite  contornato  da  licopodio  sti- 
pato, e  il  frammento  vi  mota  nel  centro  come  una  girandola. 

»  2**  Seguitando  a  fiEU*  cadere  il  licopodio,  questo  si  proiette  nella  dire- 
zione del  raggio  così  velocemente,  che  il  cerchio  apparisce  attraversato  da 
un  gran  numero  di  raggi,  imitanti  la  pioggia  d'oro  dei  fuochi  d'artifizio. 

<  3^  Finalmente,  quando  il  licopodio  è  in  tenta  quantite  da  formare  una 
superfice  continua,  i  frammenti  più  grossi  di  canfora  perdono  quasi  il  moto 
rotetorio  e  acquisteno  un  tortuoso  moto  traslatorio. 


(*)  Sur  la  tension  super/icielle  des  liquides  etc,  premier  mémoire.  Mémoires  Cou- 
ronnés  de  TAcad.  R.  de  Belgìqae  1869. 

(')  Si  può  improvvisare  un  apparato  a  trabocco  posando,  su  due  regoli  appoggiali 
i\  un  catino,  un  piatto  da  tavola  ben  pulito  collo  spirito,  e  versando  ad  ogni  esperienza 
tant'acqua  sul  piatto  che  trabocchi  da  tutte  le  parti.  Cosi  la  superfice  delPacqua  riesce 
pulitissima  ;  condizione  indispensabile  alla  riuscita  deiresperiraento  ;  è  bene  che  il  fondo 
del  piatto  sia  annerito. 


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—  524  — 

K  Attorno  ai  frammenti  si  forma  uno  spazio  ovale  senza  licopodio  che 
termina  con  una  coda  tortuosa,  in  direzione  opposta  al  movimento.  Queste 
figure  ranmientano  i  citati  cerchi  aperti  àA  Mensbrugghe. 

s  I  moti  dei  frammenti  e  di  quelle  ellissi  caudate  rassomigliano  ad  un 
formicolio  di  infusori,  o  ancora  ai  movimenti  degli  spermatozoi. 

K  Hartley  {%  Stokes  (^)  e  Mensbrugghe  {})  cercarono  di  spiegare  i  moti 
browniani  colla  semplice  variazione  di  tensione  superficiale.  Chi  sa  che  anche 
i  moti  di  quelle  semplicissime  cellule,  che  si  chiamano  spermatozoi,  non 
sieno  pure  dovuti  a  semplici  variazioni  di  tensione  delle  superfiei  di  con- 
tatto di  quelle  cellule  col  mezzo  ambiente  » . 


Fisica.  —  Sulla  in/luema  delle  forze  elastiche  nelle  vibrazioni 
trasversali  delle  corde.  Nota  I.  del  prof.  Pietro  Cardani,  pre- 
sentata dal  Socio  Blaserna. 

I. 

Introduzione. 

tt  II  problema  delle  corde  vibranti  è  stato  largamente  discusso  nel  campo 
matematico,  e  la  verificazione  sperimentale  dei  risultati  del  calcolo  fu  fatta 
per  le  vibrazioni  trasversali  dal  Savart,  nell'intento  di  poter  conoscere  Tin- 
fluenza  che  in  tali  vibrazioni  dovevano  avere  le  forze  della  materia;  è  noto 
infatti  che  nel  calcolo  non  si  tiene  conto  di  tali  forze,  considerandosi  i  punti 
materiali  della  corda  vibrante  come  tanti  pendoli  semplici,  e  quindi  era  lo- 
gico supporre  che  i  risultati  della  esperienza  dovessero  alquanto  differire  dai 
risultati  matematici. 

«  Il  numero  N  delle  vibrazioni  trasversali  di  una  corda  di  lunghezza  L, 
come  è  noto,  viene  espresso  dalla  formola 

dove  Y  è  la  velocità  di  propagazione  delle  vibrazioni  medesime  ed  il  valore 
di  Y  è  dato  teoricamente  dalla  relazione 


'=1^ 


P 

dove  P  è  il  peso  tensore  della  corda,  g  Taccelerazione  dovuta  alla  gravità 
e  p  a  peso  dell'unità  di  lu9ghezza. 


(0  Proc.  Roy.  Soc.  XXVI,  pp.  187149. 

(«)  Ibid.  ibid.  pp.  150-152. 

(«)  Bull.  Acad.  R.  de  Belgique,  XLIV,  1877. 


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—  526  — 

«  Conosciute  le  quantità  L,  P,jo,  p^,  il  Sayart  paragonava  1  numero  N 
delle  vibrazioni  così  ottenuto,  col  numero  che  dava  l'esperienza  ed  i  risultati 
per  un  filo  di  rame  il  cui  peso  di  metri  0,0805  era  di  grammi  0,5178  sono 
riassunti  nella  seguente  tabella: 


p 

N 

N 

V 

V 

calcolato 

dall'esperienze 

teorica 

pratica 

0000 

0 

900 

Mietri  0,00 

72,45 

824 

276 

950 

22,20 

76,47 

1295 

552 

1067 

44,40 

86,87 

2918 

828 

1229 

66,60 

98,93 

5178 

1104 

1422 

88,80 

114,47 

8091 

1380 

1659 

111,00 

183,55 

11650 

1656 

1900 

133,20 

152,95 

15858 

1932 

2183 

155,40 

171,71 

20712 

2208 

2350 

177,60 

189,17 

26214 

2484 

2621 

199,80 

2i0,99 

«  Nella  lY  e  Y  colonna  sono  riportate  le  velocità  di  propagazione  delle 
vibrazioni  trasversali  dedotte  dalla  teoria  e  dalle  esperienze  e  se  dalle  cifre 
soprascritte  si  dovesse  giudicare  dell'esattezza  dei  risultati  matematici,  tale 
rattezza  sarebbe  davvero  da  mettersi  in  dubbio  ;  il  Savart  però  seppe  benis- 
simo rilegare  i  risultati  pratici   con   quelli   teorici   mediante   una  relazione 

semplicissima,  cioè  

N  =  t/^^+^ 
dove  N  rappresenta  il  numero  delle  vibrazioni  che  dà  la  corda  realmente,  n 
quello  che  dovrebbe  dare  teoricamente  per  la  tensione  eguale  ^  P  ei  ni 
quello  che  dovrebbe  dare  per  le  sole  forze  elastiche,  e  quindi  per  una  ten- 
sione P  eguale  a  zero  ;  ed  il  numero  N  in  tal  modo  calcolato  era  così  poco 
differente  da  quello  ottenuto  dall'esperienza,  da  poter  attribuire  le  divergenze 
agli  errori  di  osservazione. 

«  In  una  breve  Nota  che  segue  la  Memoria  di  Savart,  il  Duhamel  mo- 
strava come  i  risultati  ottenuti  si  potessero  prevedere  dalla  teoria  matema- 
tica, supponendo  di  sostituire  alle  forze  elastiche  una  tensione  della  corda 
tale  da  farle  produrre  un  egual  numero  di  vibrazioni,  per  cui  la  corda  do- 
veva vibrare  come  se  fosse  sottoposta  ad  una  pressione  che  sarebbe  la  somma 
del  peso  realmente  applicato  alla  corda  e  del  peso  ipotetico  che  corrisponde- 
rebbe all'azione  delle  forze  elastiche. 

tt  Malgrado  questo  accordo  che  così  risultava  quasi  perfetto  tra  la  teoria 
e  la  pratica,  malgrado  che  le  esperienze  fossero  state  fatte  da  un  fisico  di 
indubitata  abilità  sperimentale,  specialmente  nell'acustica,  mi  è  sorto  tuttavia 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  68 


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—  526  — 

il  dubbio  che  in  tale  questione  i  risultati  ottenuti  dal  Savart  non  fossero 
corrispondenti  allo  scopo  ohe  egli  si  era  proposto. 

K  jói  noto  infatti  che  le  verghe  elastiche  vibrano  con  leggi  completamente 
differenti  di  quelle  seguite  dalle  corde  elastiche,  e,  come  osserva  il  Savart 
medesimo,  quando  il  filo  metallico  adoperato  vibra  con  una  tensione  nulla, 
esso  si  comporta  realmente  come  una  verga  elastica  ;  per  cui  un  filo  metal- 
lico 'dovrebbe  dare  sempre  due  suoni  secondo  che  esso  vibri  come  verga  ela- 
stica 0  come  corda;  il  suono  corrispondente  al  filo  vibrante  come  verga  cresce 
in  altezza  proporzionalmente  al  diametro  del  filo  ed  in  ragione  inversa  del 
quadrato  della  lunghezza  del  filo,  mentre  il  suono  corrispondente  al  filo  vi- 
brante come  corda,  varia  in  altezza  in  ragione  inversa  del  diametro  ed  in 
ragione  inversa  della  semplice  lunghezza  ;  ed  è  facile  comprendere  che  di 
questi  due  suoni  differenti  che  un  filo  metallico  può  rendere,  si  debba  piti 
facilmente  ottenere  o  Tuno  o  Taltro,  secondo  che  nelle  condizioni  sperimentali 
il  filo  si  avvicini  di  più  allo  stato  di  verga  elastica  anziché  a  quello  di 
corda  elastica. 

a  Per  verificare  sperimentalmente  se  le  corde  seguano  le  leggi  dedotte 
col  calcolo  e  per  conoscere  quindi  l'influenza  delle  forze  elastiche  sulle  loro 
vibrazioni,  panni  che  il  Savart  avrebbe  dovuto  cercare  di  avvicinarsi  piti 
che  fosse  possibile,  alle  condizioni  teoriche  poste  nel  problema  delle  corde 
vibranti;  cioè  adoperare  fili  di  grande  lunghezza  e  di  piccolo  diametro;  in 
tali  condizioni  doveva  esser  facile  ottenere  il  suono  corrispondente  al  filo 
metallico  vibrante  come  corda,  difficile  ottenere  quello  che  dovrebbe  dare 
vibrando  come  verga  elastica  ;  mentre,  al  contrario,  con  fili  molto  corti  do- 
vrebbe essere  molto  facile  ottenere  il  suono  corrispondente  ai  fili  vibranti 
come  verghe  elastiche,  anziché  quello  che  dovrebbero  dare  se  vibrassero 
come  corde. 

»  Il  Savart  sperimentò  sopra  fili  molto  corti,  di  soli  8  centimetri,  e, 
come  egli  stesso  dice,  ebbe  la  precauzione  di  applicare  Tarchetto  il  più  leg- 
germente possibile,  senza  della  quale  precauzione  poteva  darsi,  specialmente 
con  cariche  poco  considerevoli,  che  la  pressione  dell^archetto  causasse  una 
estensione  del  filo  ed  allora,  per  quanto  piccola  potesse  essere  questa  esten- 
sione, si  otteneva  un  suono  sensibilmente  troppo  grave. 

«  Con  fili  cosi  corti  e  eolla  precauzione  avuta  dal  Savart  nell'applicare 
Tarehetto,  ò  facile  immaginare  che  il  filo  si  sarà  comportato  come  una  vei^a 
elastica,  ed  il  Savart,  forse  credendo  che  la  eorda  nrai  potesse  vibrare  che 
in  un  modo  unico,  ha  preso  la  nota  che  otteneva  dal  filo  vibrante  come 
verga  elastica  come  se  fosse  quello  che  doveva  dare  il  filo  vibrando  come 
corda  elastica,  ed  ha  seguito  le  modificazioni  che  a  queata  nota  venivano 
apportate  dalla  pressione  esercitata  sul  filo;  mentre  probabilmente  la  nota 
fondamentale  del  filo  vibrante  come  corda  era  precisamente  quella  nota  più 


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—  527  — 

bassa,  che  il  SaYart  con  (^  cura  cercava  di  evitare  e  che  credeva  esser 
dovuta  air  estensione  del  filo. 

»  Ho  voluto  per  semplice  curiosità  applicare  ai  fili  adoperati  dal  Savart, 
la  formola 

che  dà  il  numero  N  delle  vibrazioni  doppie  di  una  verga  elastica  prismatica 
di  spessore  ^  e  di  lunghezza  /,  essendo  Y  la  velocità  di  propagazione  delle 
onde  longitudinali  nel  corpo  adoperato,  la  qual  formola  dà  le  vibrazioni  di 
una  verga  cilindrica  fissa  alle  due  estremità  sostituendo  allo  spessore  e  la 
quantità  r|/3  dove  r  è  raggio  del  cilindro. 

«  Per  y  ho  presi  i  valori  dati  dal  Wertheim  e  nel  seguente  prospetto 
sono  riassunti  i  valori  ottenuti  dal  Savai-t  coll*esperienza  e  quelli  da  me 
avuti  applicando  la  formola  precedente  : 


Peso 

N 

N 

Sostanza 

di  un  metro 
del  filo 

ottenuto 
dallo 

oUeonto 

dAUe 
fomiolo 

1 

V.  d. 

V.  d. 

Rame  .  . 

gr.  6,432 

450 

483 

Ferro  .  . 

4,083 

600 

556 

Acciajo  . 

2,242 

485 

400 

Piombo . 

11,211 

195 

191 

ed  i  valori  di  N  sono  abbastanza  concordanti,  ove  si  pensi  che  per  determi- 
nare r  ho  dovuto  adoperare  per  i  pesi  specifici  i  numeri  che  si  trovano  nel 
Naccari  e  Bollati,  mentre  i  fili  adoperati  dal  Savart  potevano  avere  pesi 
specifici  alquanto  differenti,  e  la  stessa  osservazione  è  da  ripetersi  per  i  va- 
lori di  V. 

«  Il  lavoro  del  Savart,  malgrado  questa  differenza  nella  nota  fondamen- 
tale presa  come  punto  di  partenza,  nulla  perde  della  sua  importanza  speri- 
mentale, ma  viene  cambiato  lo  scopo  a  cui  mirava  il  lavoro  medesimo; 
'  invece  di  trovare  l'infitterua  della  elasticità  nelle  corde  vibranti,  il  Savart 
ha  trovato  l'influenza  della  tensione  nelle  verghe  elastiche  fisse  alle  due 
estremità;  e  sotto  questo  punto  di  vista  la  relazione  semplicissima  trovata 
dal  Savart 

indica  che  una  verga  elastica  sottoposta  anche  ad  una  tensione  si  comporta 
come  «na  corda  elastica,  purehè  alla  tensione  ebe  realmente  si  esercita  su 
di  essa  si  aggiunga  quella  tal  tensione  ipotetica  per  la  quale  si  otterrebbe 


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—  528  — 

dalla  verga  elastica  vibrante  come  corda  Io  stesso  numero  di  vibrazioni  che 
essa  dk  quando  vibra  per  le  sole  forze  elastiche  e  quindi  per  una  tensione 
eguale  a  zero. 

K  Le  esperienze  del  Savart  quindi  non  risolvono  il  problema  deirin- 
fluenza  delle  forze  elastiche  sulle  vibrazioni  delle  corde  :  né,  dopo  il  Savart, 
altri  fisici  si  sono  occupati,  a  quanto  sappia,  di  fare  su  di  esso  studi  ulte- 
riori :  alla  risoluzione  di  questo  problema  mirano  appunto  le  esperienze  che 
imprendo  a  descrivere  ;  le  quali  esperienze  furono  eseguite  nel  R  Istituto 
Fisico  della  Università  di  Roma. 

II. 
Descrizione  degli  apparecclii. 

K  Per  paragonare  la  velocità  di  propagazione  dell*onde  trasversali  teo- 
rica con  quella  pratica,  era  necessario  poter  apprezzare  col  maggior  rigore 
possibile,  il  numero  delle  vibrazioni  realmente  compiuto  dalla  corda  :  per 
tale  determinazione  si  è  finora  adoperato  in  quasi  tutte  le  ricerche  di  acu- 
stica il  sonometro,  accordando  dapprima  la  corda  del  sonometro  con  un  diar 
pason  di  cui  si  conosceva  esattamente  il  numero  delle  vibrazioni,  e  poi  os- 
servando quale  parte  di  questa  corda  rendeva  un  suono  identico  a  quello 
della  corda  data. 

«  Questo  metodo  però  porta  sempre  nelle  misure  qualche  incertezza, 
sia  perchè  non  è  facile  accordare  rigorosamente  due  corpi  all'unisono,  spe- 
cialmente quando  producono  suoni  di  metallo  differente,  sia  perchè  il  para- 
gone è  fondato  sulla  squisitezza  del  nostro  orecchio  :  un  errore  di  una  vibra- 
zione sopra  cento  era  con  questo  metodo  facile  a  commettersi:  per  cui  ho 
creduto  conveniente  di  abbandonare  questo  metodo,  dove  la  precisione  si  aveva 
dalla  fattura  più  o  meno  perfetta  dell'  organo  dell'  udito  dello  sperimentatore, 
ed  ho  invece  adoperato  il  metodo  stroboscopico  di  Plateau. 

«  Davanti  alla  corda  vibrante  ho  fatto  quindi  girare  un  disco  di  cartone 
sul  quale  ad  eguali  intervalli  erano  praticate  otto  fenditure:  il  movimento 
di  rotazione  era  impresso  per  mezzo  di  un  buonissimo  roteggio  con  regolatore 
a  palette,  che  dava  una  velocità  sensibilmente  costante. 

s  La  corda  vibrante  era  osservata  sopra  un  fondo  chiaro  omogeneo,  che 
otteneva,  illuminando  fortemente  un  foglio  di  carta  oleata  con  una  fiamma  a 
gas,  ed  il  campo  dell'occhio  era  limitato  da  una  fenditura  praticata  in  un  qua- 
drato di  cartone  che  si  poneva  davanti  al  disco  e  vicinissimo  ad  esso,  e  di 
larghezza  eguale  all'intervallo  tra  due  fenditure  del  disco  girante  :  così  quando 
il  disco  girava  rapidamente,  si  vedeva  la  corda  come  se  il  disco  medesimo 
fosse  stato  trasparente  e  se  ne  vedeva  ima  parte  di  lunghezza  quasi  eguale 
alla  distanza  tra  due  fenditure  del  disco  specialmente  se  coli' occhio  si  stava 
alquanto  discosti.  *" 


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—  529  — 

«  Se  la  corda  sì  faceva  vibrare  pizzicandola  nel  mezzo,  ed  il  disco  aveva 
tale  velocità  che,  mentre  la  corda  compiva  una  vibrazione  doppia,  una  fen- 
ditura del  disco  si'  spostasse  di  un  arco  eguale  a  quello  che  lo  separava  dalla 
fenditura  successiva,  l'occhio  doveva  vedere  la  corda  per  le  varie  posizioni 
delia  fenditura  in  tutte  le  &8i  del  suo  movimento:  la  corda  presentava  la 
forma  di  una  sinusoide,  e  la  lunghezza  delVonda  che  sembrava  immobile  era 
data  dalla  distanza  tra  le  due  fenditure  del  disco. 

tf  Se  la  corda  invece  di  una  vibrazione,  nello  stesso  tempo  avesse  com- 
piute K  vibrazioni,  si  sarebbero  osservate  nella  corda,  attraverso  il  disco,  N 
onde  la  cui  lunghezza  totale  sarebbe  sempre  stata  la  distanza  tra  due  fen- 
diture successive. 

«  Se  la  velocità  di  rotazione  del  disco  fosse  stata  maggiore  di  quella 
necessaria  per  vedere  la  corda,  in  una  data  posizione  delle  fenditure,  sempre 
nella  stessa  fase  di  movimento,  doveva  sembrare  che  le  onde  si  spostassero 
nella  direzione  in  cui  si  muoveva  la  fenditura;  e  se  la  velocità  era  minore 
doveva  sembrare  che  le  onde  si  spostassero  in  direzione  contraria;  ed  è  ma- 
nifesto che  se  per  KN  vibrazioni  della  corda,  passassero  N — -fenditure,  si 

avrebbe  uno  spostamento  di  un^onda,  la  quale  onda  risulterebbe  tanto  più 
piccola  quanto  maggiore  è  il  numero  K. 

«  Essendo  in  nostro  arbitrio  la  velocità  ed  il  diametro  del  disco  girante 
ed  il  numero  delle  fenditure,  e  quindi  anche  la  distanza  tra  due  fenditure 
e  la  lunghezza  delle  onde  in  cui  sembra  diviso  il  tratto  della  corda  che  si 
osserva,  potremo  dare  all'apparecchio  quella  sensibilità  che  più  ci  aggrada, 
giacché  nel  solo  caso  in  cui  per  N  K  vibrazioni  della  corda  passino  davanti 
all'occhio  per  la  stessa  posizione  N  fenditure,  vedremo  rigorosamente  la  corda 
immobile  :  altrimenti  la  più  piccola  differenza  ci  sarà  resa  manifesta  dallo 
spostamento  delle  onde. 

«  Il  numero  delle  vibrazioni  ci  sarà  dato  moltiplicando  il  numero  delle 
fenditure  che  passano  in  un  secondo,  per  il  numero  delle  onde  che  si  osser- 
vano nella  corda  :  per  cui  la  determinazione  del  numero  delle  vibrazioni  della 
corda  si  riduce  alla  determinazione  esatta  della  velocità  del  disco  nel  mo- 
mento in  cui  le  onde  stanno  rigorosamente  ferme. 

K  Per  poter  poi  apprezzare  con  maggiore  esattezza  la  immobilità  delle 
onde,  ho  adoperato  un  artificio  che  mi  ha  dato  nelle  misure  una  costanza 
ammirevole.  Supponiamo  di  dare  al  disco  tale*  velocità,  che  mentre  la  corda 
compie  2K4-1  vibrazioni  passino  davanti  all'occhio  per  la  stessa  posizione 

2  K   I  1 
due  fenditure  :  attraverso  una  fenditura  si  vedranno  le  prime  — ^^   vibra- 
zioni della  corda  cioè  un  numero  impari  di  mezze  vibrazioni  della  corda,  e  colla 
seconda  fenditura  le  seconde  — ^^^  mezze  vibrazioni  della  corda,  cioè  un 


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—  530  — 

altro  nnmoro  impari  di  mezze  vibrazioni,  cosicchò  avendo  la  corda  com- 
piato nn  numero  impari  di  vibrazioni  semplici  quando  comincia  a  ve- 
dersi colla  seconda  fenditura,  si  vedrà  la  corda  in  una  fase  di  movimento 
opposta  a  quella  in  cui  si  vede  colla  prima  fenditura,  e  così  la  terza  fendi- 
tura farebbe  vedere  la  corda  nella  fase  di  movimento  identica  a  quella  della 
prima,  e  la  quarta  in  fase  contraria  cioè  identica  a  quella  in  cui  la  corda 
si  vede  attraverso  la  seconda  fenditura  e  così  di  seguito.  L'impressione  che 
si  ottiene  nelVocchìo  ò  come  se  nella  corda  si  formassero  delle  onde  stazio- 
narie e  per  la  persistenza  delle  immagini  si  vede  la  corda  come  divisa  in 
una  serie  di  nodi  e  ventri. 

«  Il  più  piccolo  spostamento  di  questi  nodi  risulta  evidente,  e  quindi  si 
può  con  tutta  precisione  notare  il  momento  in  cui  essi  stanno  fermi  rigoro- 
samente: allora  conoscendo  il  numero  delle  fenditure  che  ad  ogni  secondo 
passano  davanti  alV  occhio,  cioè  la  velocità  del  disco,  ed  osservando  il  nu- 
mero dei  nodi  che  si  formano  (il  qual  numero  corrisponderebbe  al  numero 
di  vibrazioni  semplici  compiute  dalla  corda  dal  passaggio  di  una  fenditura 
a  quello  della  fenditura  successiva),  si  avrebbe  nel  prodotto,  il  numero  delle 
vibrazioni  semplici  compiute  dalla  corda  in  un  secondo,  e  quindi  anche  il 
numero  delle  vibrazioni  doppie. 

s  Per  conoscere  la  velocità  del  disco  ricorsi  al  metodo  cronografico.  Dal- 
l'asse  di  rotazione  del  disco  partiva,  nella  direzione  di  im  raggio,  un  filo 
metallico  che  veniva  legato  rigidamente  al  disco  medesimo  :  questo  filo  por- 
tava saldata  alV estremità  una  punta  d'acciaio,  a  lama  di  coltello,  affilatissima, 
che  sporgeva  di  circa  2  cm.  dal  bordo  del  disco. 

«  Il  disco  girevole  era  per  metà  contenuto  dentro  una  scatola  di  cartone 
prismatica,  nel  cui  fondo  si  metteva  uno  strato  di  mercurio  nel  quale  pescava 
la  punta  di  acciaio  :  la  scatola  era  stata  fatta  così  alta  in  modo  da  racchiu- 
dere metà  del  disco,  per  impedire  che  il  mercurio  venisse  lanciato  lontano 
dall'apparecchio  per  la  velocità  colla  quale  la  punta  di  acciaio  ne  tagliava, 
girando,  la  sua  superficie. 

<i  Uno  dei  poli  di  una  batteria  di  sei  elementi  Bunsen  venne  messo  in 
comunicazione  col  mercurio  della  scatola,  mentre  l'asse  del  roteggio  si  fece 
comunicare  coU'altro  polo  della  pila  attraverso  il  circuito  inducente  di  un 
rocchetto  di  Ruhmkorff.  La  punta  di  acciaio  passando  attraverso  il  merctirio  ad 
ogni  giro  chiudeva  per  un  istante  il  circuito  e  corrispondentemente  alla  chiu- 
sura ed  all'apertura  del  circuito  inducente  si  otteneva  una  corrente  di  in- 
duzione nel  circuito  indotto. 

<  Sopra  delle  lastre  di  ebanite  si  trovavano  isolati  iin  cilindro  girante 
sul  quale  si  poneva  la  carta  da  affumicare  ed  un  elettro-diapason  di  EOnig 
ohe  sopra  la  carta  scriveva  le  sue  vibrazioni;  il  diapason  eseguiva  100  vibra- 
zioni doppie  al  secondo. 

•  Il  cilindro  era  messo  in  movimento  da  un  roteggio  a  peso  ed  era  dotato 


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—  sal- 
di movimento  elicoidale:  reletiaro-diapason  veniva  eccitato  da  una  pila  Grenet 
e  così,  quando  il  roteggio  funzionava,  il  diapason  scriveva  sulla  carta  le  sue 
vibrazioni  senza  che  potessero  sovrapporsi  per  il  movimento  laterale  da  cui 
era  animato  il  cilindro. 

«  Uno  dei  capi  del  filo  indotto  del  rocchetto  si  fece  comunicare  coli* elet- 
tro-diapason, Taltro  capo  col  roteggio,  e  così  ad  ogni  giro  del  disco  scoccava 
tra  il  diapason  ed  il  cilindro  una  scintilla  che  lasciava  la  propria  impronta 
sulla  carta  affumicata:  veramente  si  dovevano  ottenere  due  scintille,  una  cor- 
risp<Nidente  alla  chiusura  del  circuito  fatta  dalla  punta  di  acciaio,  ed  una 
corrispondente  all'apertura:  ma  la  scintilla  di  chiusura  quasi  sempre  mancava, 
perchè  non  era  sufSciente  a  forare  la  carta,  mentre  la  scintilla  di  apertura 
si  osservava  costantemente. 

«  Contando  le  vibrazioni  tra  due  scintille,  si  otteneva  la  dorata  di  un 
giro  del  disco,  e  siccome  si  poteva  con  tutta  comodità  leggere  con  sicurezza 
U  decimo  di  vibrazione,  si  aveva  nella  misura  con  sicurezza  il  millesimo  di 
secondo. 

«  Le  varie  fasi  del  movimento  del  roteggio  si  potevano  così  trascrivere 
in  un  foglio  di  carta  :  le  più  piccole  variazioni  di  velocità  del  disco  venivano 
avvertite  daUa  distanza  delle  scintille,  e  così  potei  constatare  che  il  moto  del 
roteggio,  malgrado  fosse  ottimamente  costruito,  era  tuttavia  molto  variabile  : 
la  qual  cosa  per  le  mie  ricerche  non  avrebbe  avuto  grande  importanza,  se 
avessi  potuto  determinare  la  velocità  del  disco  in  quel  momento  in  cui  le  onde 
si  vedevano  ferme,  giacché  queste  variazioni  di  velocità  del  disco  erano  del 
resto  piccolissime  ed  avvenivano  in  modo  continuo,  per  cui  per  la  durata  di 
due  0  tre  giri  la  velocità  si  poteva  ritenere  con  tutto  rigore  costante. 

0  Per  poter  segnare  sul  cilindro,  dove  il  diapason  scriveva  le  vibrazioni, 
il  momento  preciso  in  cui  le  onde  si  vedevano  ferme,  aggiunsi  una  derivazione 
al  circuito  inducente  del  rocchetto  ed  un  tasto  telegrafico,  in  modo  che  la 
corrente  si  poteva  chiudere  o  dalla  punta  di  acciaio  o  col  tasto:  così  poteva 
con  esso  far  scoccare  tra  il  diapason  ed  il  cilindro  al  momento  opportuno 
due  0  tre  scintille  vicinissime  e  che  quindi  non  potevano  confondersi  con 
quelle  equidistanti  date  dalla  rotazione  del  disco. 

•  Finalmente  per  completare  la  descrizione  deirapparecchio  non  mi  rimana 
che  ad  esporre  come  era  costituito  il  sonometro  adoperato. 

»  Esso  era  verticale  ed  era  formato  da  una  grossa  colonna  di  ferro  fissata 
sopra  un  robusto  e  pesante  treppiede  di  ferro.  Alla  parte  superiore  della  colonna 
era  fermata  rigidamente  a  vite  una  grossa  e  lai^a  sbarra  d'acciaio  la  quale 
portava  all'estremità  un  cuscinetto  pure  di  acciaio  sul  quale  doveva  appog- 
giarsi la  corda  vibrante.  Questo  cuscinetto  lavorato  con  molta  cura  aveva  la 
forma  di  un  piano  inclinato,  cosicché  mentre  era  nettamente  determinato  il 
punto  dove  la  corda  diveniva  libera,  non  vi  era  pericolo  che  la  corda  venisse 


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—  582  — 

tagliata  dall'essere  lo  spigolo  delV acciaio  molto  tagliente.  Prima  del  cascinetto 
vi  erano  due  serrafili  nei  quali  si  chiudeva  uno  dei  capi  della  corda. 

«  Nella  colonna  del  sonometro  poteva  scorrere  una  seconda  sbarra  di 
acciaio  pure  molto  grossa,  la  quale  poteva  fissarsi  in  varie  posizioni  della 
colonna  con  due  robuste  viti  a  pressione.  All'estremità  portava  due  cuscinetti 
in  acciaio  dei  quali  uno  era  rigidamente  unito  alla  sbarra,  l'altro  mobile  con 
ima  vite,  di  modo  che  questi  due  cuscinetti  potevano  portarsi  a  contatto  e 
quindi  chiudere  tra  loro  anche  una  corda  di  diametro  sottilissimo.  Anche 
questi  cuscinetti  furono  lavorati  con  molta  cura  ed  avevano  la  forma  di  due 
piani  inclinati  rovesciati.  Le  basi  di  questi  due  piani  così  capovolti  erano 
esattamente  nel  medesimo  piano. 

ti  Si  applicava  alla  corda  il  peso  voluto,  indi  si  avvicinavano  i  cuscinetti 
inferiori  in  modo  da  eluder  la  corda  così  tesa,  e  si  dava  al  sonometro  tale 
posizione  che  la  corda,  quando  era  chiusa,  si  trovasse  verticale. 

»  Nella  costruzione  del  sonometro  ho  fatto  in  modo  che,  tra  questi  cusci- 
netti e  la  sbarra  di  acciaio  che  li  sosteneva,  vi  fosse  una  lastrina  di  ebanite 
in  modo  che  rimanessero  isolati  e  sopra  di  uno  di  essi  feci  porre  a  vite  un 
serrafilo:  così  si  poteva  fare  attraversare  da  una  corrente  elettrica  la  corda 
vibrante,  mettendo  uno  dei  poli  della  pila  in  comunicazione  col  serrafilo  del 
cuscinetto  superiore,  e  l'altro  col  serrafilo  dei  cuscinetti  inferiori:  ed  ho  data 
questa  disposizione  all'apparecchio  pel  caso  che  avessi  creduto,  col  procedere 
del  lavoro,  essere  utile  studiare  anche  l'influenza  della  temperatura  sulla  velo- 
cità di  propagazione  del  suono  nelle  corde  elastiche. 

<<  Questa  la  disposizione  generale  degli  apparecchi;  mi  riservo  in  una  seconda 
Nota  di  esporre  come  le  esperienze  venivano  fatte  ed  i  primi  risultati  ottenuti  » . 


Fisica  terrestre.  —  //  terremoto  nel  Vallo  Cosentino  del  3  de- 
cembre  1887.  Nota  del  dott.  G:  Agamennone,  presentata  dal  Corri- 
spondente Tacchini. 

«  Un  mese  e  mezzo  dopo  la  catastrofe  di  Bisignano,  per  incarico  del 
prof.  P.  Tacchini,  direttore  dell' Uflìcio  Centrale  di  Meteorologia  e  Geodi- 
namica in  Roma,  mi  recai  nella  Calabria  Citeriore  allo  scopo  di  raccogliere 
ne'  paesi  più  danneggiati  il  più  grande  numero  di  notizie  che  mi  fosse  pos- 
sibile per  lo  studio  di  quel  terremoto.  Una  relazione  più  particolare^ata 
del  medesimo  sarà  fra  poco  pubblicata  negli  annali  della  Meteorologia  Ita- 
liana; ma  intanto  credo  utile  di  affrettarmi  a  rendere  di  pubblica  ragione 
le  conclusioni  più  importanti  a  cui  sono  pervenuto. 

«  11  recente  sconvolgimento  sismico  che  ha  funestato  il  Vallo  Cosentino, 
è  sotto  moltissimi  aspetti  analogo  a  quello  che  nel  1835,  pure  verso  la  fine 
dell'anno,  scoppiò  tra   Cosenza  e  Bisignano,  producendo  la  totale  distruzione 


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—  533  — 

di  Gastìglioiie  (0-  Se  non  che  questo  terremoto  del  1835  ebbe  una  violenza 
assai  maggiore,  perchè  rese  malconci  non  pochi  paesi  e  riuscì  a  danneggiare 
più  0  meno  fortemente  moltissimi  altri,  tra  cui  lo  stesso  Bisignano.  Nel 
terremoto  del  8  decembre  1887  l'esplosione  è  accaduta  invece  tra  questo 
Comune  e  quello  di  Reggiano,  presso  la  stazione  di  Mongrassano  lungo  la 
linea  ferroviaria  Sibarì-Cosenza.  In  tal  modo  il  massimo  scuotimento  ha  col- 
pito la  parte  settentrionale  del  Vallo  ;  e  naturalmente,  a  causa  della  grande 
vicinanza  all'epicentro,  questa  volta  Bisignano  ha  dovuto  subire  Vestrema 
rovina. 

<  Però  la  forza  del  terremoto  è  stata  relativamente  limitata,  qualora  si 
consideri  che  un  altro  solo  paese  (Reggiano)  è  stato  gravemente  danneggiato, 
mentre  altri  a  distanze  quasi  uguali  ed  anche  minori  dall'epicentro  hanno 
sfuggito  il  pericolo.  Se  con  centro  alquanto  ad  est  dalla  stazione  di  Mon- 
grassano, resa  inabitabile  insieme  ad  alcuni  caselli  prossimi,  si  descriva  un 
cerchio  con  raggio  di  circa  dieci  chilometri,  ci  troviamo  ad  aver  racchiusa 
non  solo  l'area  disastrosa^  ma  eziandio  quella  rovinosa,  dando  a  queste  pa- 
role il  significato  ordinariamente  adottato  in  sismologia.  Paesi,  quali  S.  Sofia, 
Tarsia,  S.  Marco,  Luzzi,  Acri,  situati  entro  o  poco  al  di  fuori  della  predetta 
zona,  non  hanno  alcuni  sofferto  che  debolmente,  ed  altri  sono  rimasti  inco- 
lumi; e  la  spiegazione  di  tal  fatto  si  riscontra  in  parte  nella  qualità  più 
resistente  del  suolo  su  cui  si  trovano  costruiti.  Alla  rovina  di  Bisignano  in 
special  modo  ha  contribuito  la  natura  pessima  del  terreno,  costituito  di  sab- 
bie plioceniche  erodibilissime  che  si  sgretolano  col  bastone,  e  la  posizione 
su  di  una  collina  assai  prominente  e  per  di  più  frastagliata  per  la  corrosione 
delle  acque  in  altrettante  radiali  prominenze,  sulle  cui  sottili  creste  si  al- 
lungano i  diversi  rioni. 

«  L'impulso  sismico,  nonostante  i  limitati  disastri  cui  ha  dato  origine, 
si  è  propagato  tuttavia  a  notevole  distanza,  fino  a  Benevento  a  nord-ovest, 
e  fino  a  Reggio  e  Messina  a  sud-sud-ovest  ;  ma  si  è  reso  insensibile  all'uomo 
assai  prima  in  molte  altre  direzioni,  di  guisa  che  •  gli  estremi  limiti  a  cui  è 
pervenuto  si  possono  ritenere  costituire,  come  una  prima  approssimazione, 
una  ellisse  con  l'asse  maggiore  di  circa  quattrocento  chilometri  in  direzione 
NNW-SSE  e  Tasse  minore  di  lunghezza  circa  metà. 

«  Il  terremoto  di  Bisignano  risultò  di  due  scosse  poderose,  l'una  pre- 
valentemente ondulatoria  alle  4*»  45"  a.  e  l'altra  eminentemente  sussultoria 
alle  6^  25™  a.,  le  ore  essendo  espresse  in  tempo  medio  di  Roma.  La  prima 
scossa  lesionò  gravemente  la  maggioranza  delle  case,  ma  provocò  la  rovina 
soltanto  di  poche  con  lievi  danni  alle  persone  ;  la  seconda  invece  compì  l'opera 
devastatrice.  Il  numero  limitatissimo  di  morti  e  feriti  devesi  alla  previdenza 
della  popolazione,  riversatasi  quasi  tutta  nelle  strade  e  nella  campagna  subito 
dopo  la  prima  scossa. 

(1)  Rossi,  Storia  dei  tremuoti  di  Calabria  negli  anni  1835  e  1836. 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  !<>  Sem.  69 


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—  534  — 

«  Per  la  troppa  incertezza  nelle  ore  osservate  nelle  djyerse  località,  non 
ha  potuto  emergere  una  velocità  media  di  propagazione  da  prendersi  in  serio 
conto. 

K  Le  predette  due  scosse  forti  furono  forse  precedute  poche  ore  prima 
da  qualche  altra  debolissima  ;  e  ne'  giorni  seguenti  non  mancarono  delle  re- 
pliche più  0  meno  leggiere  anche  in  Provincie  limitrofe  alla  Calabria  Gitra. 

«  Entrambe  le  scosse  ebbero  airincirca  lo  stesso  epicentro  ed  ebbero 
uguali  limiti  di  propagazione;  ciò  è  risultato  dall'insieme  delle  notizie  che 
io  stesso  ho  potuto  raccogliere  sul  luogo  e.  da  quelle  trasmesse  a  questo  Uf- 
ticio.  Ma  la  prima  scossa,  pel  suo  carattere  specialmente  ondulatorio  anche 
per  località  prossime  all'epicentro,  deve  essersi  probabilmente  originata  a  de- 
bole profondità;  mentre  la  seconda,  a  causa  del  carattere  sussultorio  bene 
spiccato,  esteso  a  tutta  una  vasta  zona  attorno  all'epicentro,  parrebbe  dover 
essere  provenuta  da  profondità  maggiore. 

«  In  quanto  ai  danni  prodotti  su  i  fabbricati,  risulta  eziandio  dal  pre- 
sente terremoto  come  le  buone  costruzioni  valgano  certamente  ad  attenuare 
i  disastri  e  per  lo  meno  ad  impedire  un  maggior  numero  di  vittime.  Invece 
le  case,  non  ristaurate  convenientemente  in  seguito  all'ingiurie  subite  o  dal 
tempo  0  da  terremoti  antecedenti,  oppure  costruite  con  male  intesa  economia, 
sono  state  in  special  modo  quelle  che  hanno  largamente  contribuito  alla  ca- 
tastrofe, fortunatamente  limitata  a'  soli  danni  materiali  ;  mentre  però,  date 
altre  condizioni  nella  produzione  del  terribile  fenomeno,  avrebbero  potuto 
causare  una  immane  nuova  ecatombe  di  vite  umane,  inutilmente  rimpiante  a 
fatti  compiuti  ». 


Fisica  terrestre- —  Sunto  del  metodo  per  determinare  le  costanti 
della  marea  lunare  con  una  o  due  singole  osservazioni  al  giorno. 
Nota  del  prof.  Q.  Grablovitz,  presentata  dal  Corrispondente  P.  Tac- 
chini. 

«  In  apposita  Memoria  destinata  agli  Annali  dell' U£Scio  Centrale  di 
Meteorologia  e  Geodinamica  espongo  anzitutto  le  proprietà  delle  curve  marco- 
grafiche  trattate  colla  formola  besseliana  a  4  termini  ;  dopo  avere  accennato 
che  il  8^  e  4^  termine  costituiscono  piti  che  altro  un  dettaglio  del  P  e  2^, 
limito  l'ulteriore  discussione  a  questi  due,  che  bastano  da  sé  soli  a  rappresentare 
i  caratteri  principali  della  marea,  pure  sotto  il  punto  di  vista  teoretico  ge- 
nerale, poiché  il  primo  dà  una  curva  ad  un  massimo  ed  un  minimo  nelle 
24  ore  lunari  ed  il  secondo  due  massimi  e  due  minimi  nello  stesso  inter- 
vallo. Anzi,  siccome  l'elemento  più  importante,  cioè  lo  stabilimento  del  porto 
nel  suo  valore  medio  è  esclusivamente   collegato   al   secondo,  non  tengo  il 


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—  535  — 

primo  in  considerazione  se  non  per  la  parte  concernente  Tineguaglianza  che 
esso  produce  in  quello. 

«  Pongo  per  base  alle  ulteriori  discussioni  il  fatto,  che  le  altezze  del 
mare  osservate  tutti  i  giorni  ad  uno  stesso  istante  appartengono  ad  altret- 
tanti angoli  orari  della  luna  pressoché  equidistanti  ed  abbraccianti  nel  corso 
d*una  lunazione  Tintiera  periferia  ;  traendo  partito  da  ciò,  espongo  il  metodo 
per  la  ricerca  dello  stabilimento  del  porto,  metodo  che  consiste  nel  ridurre 
i  dati  per  interpolazione  aritmetica  a  24  angoli  esattamente  equidistanti,  e 
sviluppare  lo  stabilimento  del  porto  col  secondo  termine  della  formola 
besseliana. 

«  Un  tal  metodo  suppone  invariabile  il  livello  neutro,  con  che  intendo 
il  livello  deiristante,  depurato  delle  oscillazioni  della  marea  a  periodo  diurno; 
essendo  esso  invece  alquanto  variabile  per  molteplici  cause,  riesce  necessario 
un  corredo  piuttosto  abbondante  d'osservazioni,  perchè  gli  errori  si  elidano 
a  sufficienza. 

«  Ma  per  ottenere  ciò  più  nettamente,  esamino  il  caso  di  due  osserva- 
zioni giornaliere  colFintervallo  di  6**12",  cioè  d'un  quarto  di  giornata  lunare 
e  con  una  breve  dimostrazione  giungo  a  concludere  che  gli  errori  riescono 
in  tal  modo  molto  ridotti,  perchè  sparisce  completamente  Tinfluenza  d'errori 
a  lungo  periodo  e  tutto  si  limita  alle  variazioni  accidentali  che  possono 
avvenire  in  quel  breve  intervallo,  e  che  con  molta  probabilità  in  30  giorni 
si  compensano  soddisfacentemente. 

•  Lo  stesso  metodo  vale  in  pari  tempo  a  determinare  l'ampiezza  media 
della  marea  lunare  ed  il  livello  medio  del  mare  pet  la  serie  a  cui  si  rife- 
risce, e  nella  discussione,  tenuto  conto  di  tutte  le  perturbazioni,  si  espongono 
le  condizioni  della  loro  eliminazione.  Dal  che  risulta  che  anche  un  solo  mese 
d'osservazioni  basta  a  dare  valori  abbastanza  prossimi  ai  medi,  fatta  ecce- 
zione per  maree  che  siano  affette  (come  quelle  dell'Adriatico)  da  una  forte 
oscillazione  di  24  ore,  nel  qual  caso  è  necessaria  un'annata  intiera  all'eli- 
minazione della  perturbazione  che  ne  dipende. 

«  Messo  in  pratica  il  metodo  nel  porto  d'Ischia,  ne  ottenni  i  seguenti 
risultati  : 

Epoche  Ampiezza 

d'osservazione  media 

da  marzo  a  giugno  1885  215"". 

gennaio         1888  245  » 

febbraio  «  257  « 

marzo  ^  236  ^ 

«  Il  livello  medio  ha  origine  dal  piano  della  panchina  ;  i  dati  pel  1885 
si  basano  su  una  sola  osservazione  giornaliera,  gli  altri  su  due. 

«  Mentre  la  cognizione  dell'ampiezza  e  dello  stabilimento  del  porto 
porgono  base  alla  ricerca   delle   leggi   di   propagazione  dell'onda-marea,  la 


Ora  lanare 

LWello 

del  porto 

medio 

8''32'» 

68.4«" 

8  33 

63.4» 

8  35 

57.2- 

8  45 

58.1  » 

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—  536  — 

determinazione  del  livello  medio  è  atta,  mediante  opportuni  confronti,  a 
rendere  importanti  servigi  ad  altri  rami  della  scienza  e  particolarmente  allo 
studio  dei  bradisismi. 

a  Neir esporre  questo  metodo  ho  considerato  che  per  la  facilità  dell'im- 
pianto di  scale  mareometriche  e  della  loro  lettura  a  due  istanti  fissi  del 
Iberno,  la  cognizione  delle  principali  costanti  mareometriche  potrebbe  com- 
prendere un  numero  di  punti  di  gran  lunga  superiore  a  quello  che  s*otter- 
terrebbe  dai  mareografi,  i  quali,  se  è  bene  che  funzionino  in  determinati 
punti  principali  per  l'analisi  delle'  circostanze  di  dettaglio,  non  possono,  e 
per  le  spese  e  difiicoltà  richieste  dal  loro  impianto  e  per  la  loro  manuten- 
zione guidata  da  buoni  criteri  scientifici,  costituire  un  allineamento  troppo 
denso  «. 


Mineralogia.  —  Alcune  nuove  osservasioni  sulle  zeoliti  di 
Montecchio  Maggiore.  Nota  di  Ettore  Artini  0,  presentata  dal 
Socio  Struever. 


tf  In  alcimi  recenti  scavi  praticati  a  Montecchio  Maggiore,  oltre  alle 
zooliti  già  note  e  descritte  per  quella  località,  se  ne  trovarono  due  non  de- 
scritte finora,  cioè  la  Heulandite  e  la  Stilbite.  Veramente  a  pag.  311,  voi.  I, 
dell'opera,  /  tesori  sotterranei  dell'Italia,  di  Gr.  Jervis,  si  trova  citata  la 
HetUandite  per  Montecchio;  ma  d'altra  parte  Jervis  non  dà  la  fonte  cui  at- 
tinse la  notizia,  e  poi  né  il  Catullo  (2)  né  il  Zepharovich  (3)  ne  fanno  men- 
zione, nò  mi  riuscì  trovare  alcuna  più  recente  Memoria  che  ne  parlasse; 
ad  ogni  modo,  nessuno  al  certo  la  fece  mai  oggetto  di  studio  cristallografico. 

«  La  Stilbite,  che  è  per  sicuro  un  minerale  nuovo  per  Montecchio  Mag- 
giore, si  presenta  piuttosto  raramente,  in  eleganti  fiocchetti  di  colore  bian- 
chissimo, con  perfetta  e  facilissima  sfaldatura,  e  viva  lucentezza  madreper- 
lacea; non  sono  riconoscibili  foime  cristalline  in  tali  piccoli  aggregati,  che 
hanno  al  massimo  la  grandezza  di  un  grano  di  riso,  o  poco  più. 

«  La  Herdandite,  assai  più  frequente,  è  sempre  in  cristalli,  di  gros- 
sezza variabile  da  meno  di  \  mm.  a  2-3  nmi.  Osservai  le  forme  : 

(001) ,  (010) ,  (101) ,  (lOl) ,  (HO) ,  (Oli) ,  (112)  (^). 


(0  Lavoro  eseguito  nel  Gabinetto  di  Mineralogia  della  K.  UniTersità  di  Pavia. 

(*)  Elementi  di  Mineralogia,  Padova,  1833, 

(3)  Mineralogisches  Lexicon  fùr  das  Eaiserthum  Oesterreich.  1859. 

(*)  Secondo  Torientazione  di  Dee  Cloizeaux. 


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—  537  — 
Tutte  sono  abbastanza  frequenti,  le  prime  quattro  anzi  sono  costanti;  trovai 
le  seguenti  combinazioni: 

I.        (001)  (010)  (101)  (101)  Fig.  1. 

IL      (001)  (010)  (101)  (101)  (HO)  Fig.  2. 

III.  (001)  (010)  (101)  (101)  (110)  (Oli) 

IV.  (001)  (010)  (101)  (101)  (HO)  (112) 

V.  (001)  (010)  (101)  (101)  (HO)  (OH)  (H2)    Fig.  3. 


.^<^'  "■ 

OOi 

^<^ 

\  ■  *"  y 

/A 

/^~x 

no 

\ 

X^-'^T^ 

/~ssr^ 

b^ 

Fig.  1. 


Fig.  2. 


Fig.  3. 


«  Le  facce  della  (010)  sono  sempre  brillanti,  e  qnando  sono  prodotte 
da  sfaldatura,  si  nota  su  di  esse  la  fortissima  lucentezza  madreperlacea  ca- 
ratteristica per  questo  minerale.  Le  (101),  (101)  sono  per  lo  più  brillanti, 
ma  in  alcuni  gruppetti  di  cristalli  si  mostrano  come  corrose  e  a  superficie 
molto  scabra;  la  seconda  è  generalmente  più  sviluppata  della  prima.  Le  facce 
di  (110),  (Oli),  (112)  sono  piuttosto  lucenti,  e  quelle  di  (110)  prendono 
spesso  un  grande  sviluppo. 

«  Tutte  queste  facce  però,  anche  quando  sono  assai  brillanti,  danno  im- 
magini assai  brutte,  multiple  e  diffuse,  come  al  solito  nella  Heulandite;  e 
per  questo  mi  limitai  a  misurare  un  numero  esiguo  di  angoli,  unicamente 

per  stabilire  i  simboli  delle  forme.  Trovai: 


Misurato 

Calcol.  da  Des  Cloìzeaux 

010  .  HO 

67.10 

68.2 

— 

67.34 

— 

HO  .  Ho 

43.28 

43.56 

001  .  101 

66.37 

66.00 

010  .  OH 

49.8 

49.22 

110.112 

41.11 

41.39 

«  Il  simbolo  della  forma  (112)  è  anche  determinato  dalle  due  zone  [110.00 1] 
e  [101.  Oli],  che  verificai  al  goniometro. 

«  I  cristallini  talora  sono  allungati  secondo  l'asse  [y],  qualche  volta 
tabulari  secondo  (010),  ma  i  più  grossi,  belli  e  brillanti,  presentano  quello 
sviluppo  pressoché  imiforme  delle  facce  di  (101),  (lOl),  (HO),  che  fu  osser- 
vato nella  così  detta  Beaumontite  di  Jone*s  Falls  presso  Baltimore,  creduta 


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—  538  — 

prima  tetragonale  da  Lévy  (i),  e  oggi  ritenuta  generalmente  come  una  va- 
rietà di  Heulandite, 

«  Se  per  le  proprietà  cristallografiche  è  simile  ad  altre  già  note,  per 
le  proprietà  ottiche  invece  questa  Heulandite  presenta  differenze  grandissime, 
e  degne  veramente  di  nota.  Il  piano  degli  assi  ottisi  e  la  bisettrice  acuta 
sono  qui,  come  al  solito,  normali  alla  faccia  di  sfaldatura  (010)  ;  ma  il  piano 
stesso  non  è  nò  parallelo  né  normale  alla  base,  unici  due  casi  registrati  dal 
Des  Cloizeaui  (})  e  confermati  da  P.  von  Jeremeìew  (3),  A.  Lacroii  (^)  ecc.  ecc. 
In  numerose  lamine  studiate  trovai  che  il  piano  degli  assi  ottici  fa  costan- 
temente un  angolo  di  30^-34^  colla  (001),  restando  sensibilmente  normale 
alla  (101).  Né  riuscii  ad  osservare  alcuna  lamina  in  cui  la  sua  orientazione 
fosse  quella  indicata  dagli  autori  per  la  Heulandite  delle  altre  località.  Non 
rimarcai  nemmeno  quella  fortissima  oscillazione  del  valore  dell'angolo  fra  gli 
assi  ottici  nei  diversi  punti  di  una  stessa  lamina,  benché  una  certa  diffe- 
renza ci  sia,  e  indubbiamente  esista  in  modo  assai  più  sensibile  fra  i  diversi 
cristalli.  In  tre  lamine  di  tre  cristalli  diversi  trovai  neiraria: 
1»  lamina  :  2Ea  =  81.14  (Na) 
2*^  lamina  :  2Ea  =  94.27  (Na) 
3*  lamina:     2Ea  =  89.54    (Na). 

«  La  differenza,  come  si  vede,  è  assai  forte,  ma  è  notevole  che  il  2Ea 
di  questa  Heulandite  oscilla  entro  limiti  assai  più  elevati  di  quelli  che  son 
dati  dagli  autori  :  infatti  il  Des  Cloizeaux  dà  angoli  vari  che  oscillano  fra  2V 
e  53^,  e  il  Mallard  (^)  non  trovò  mai  che  il  limite  massimo  di  variazione 
oltrepassasse  i  SO*".  È  dunque  l'angolo  degli  assi  ottici  maggiore  del  comune 
nella  Heulandite^  e  sembra  essere  intermedio  fra  questo  e  quello  della  va- 
rietà Beaumontite,  il  quale  fu  osservato  da  Des  Cloizeaux  e  W.  Klein  (^) 
essere  molto  vicino  a  130^.  Del  resto  un  angolo  quasi  altrettanto  grande  era 
già  stato  osservato  sulla  Heulandite  Elbana  (^),  e  precisamente  =  89*  (luce 
gialla)  :  ma  in  questo  caso  il  piano  degli  assi  ottici  era  normale  alla  (001). 

«  Dove  poi  questa  Heulandite  si  mostra  affatto  lontana  dalle  altre,  si 
è  nella  variazione  delle  proprietà  ottiche  per  effetto  del  riscaldamento.  Primo 
fii  Des  Cloizeaux  a  trovare  che  scaldando   una   lamina   di   Heulandite  fin 


0)  Compt.  Rend.  de  TAc.  d.  Se.  1839. 

(«)  Manuel,  p.  425. 

{?)  Heulandit  aus  dem  Turkestan.  Zeit.  far  Kryst.  U,  503. 

(*)  Bull,  de  la  Soc.  min.  de  Fr.  1885,  Vm,  321. 

(5)  De  V action  de  la  chaleur  sur  la  Heulandite.  Bull,  de  la  Soc.  minerai,  de 
Fr.  V,  255,  336. 

(*)  Beitràge  zur  Kenntniss  der  optischen  Aenderungen  in  Krystallen  unter  dem 
Einflusse  der  Erwàrmung.  Zeit.  ftlr  Kryst.  IX,  38. 

(')  F.  Sansoni,  Sulle  geoliti  dell'isola  d'Elba.  Atti  della  Soc.  tose,  di  Se.  natur., 
voi.  IV,  fase.  2«. 


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—  589  — 

verso  i  100*,  Vangelo  degli  assi  ottici  va  facendosi. più  acuto,  poi  diventa 
nullo  successivamente  per  i  vari  colori,  e  finalmente  si  aprono  gli  assi  in 
un  piano  normale  al  primo;  col  raffreddamento  tornano  alla  posizione  pri- 
miera. Questa  esperienza  fu  ripetuta  da  Mallard  (*)  e  da  W.  Klein  con  iden- 
tici risultati  ;  quest'ultimo  poi  operando  sulla  Beaumontite  trovò  che  gli  assi 
ottici  si  avvicinano  bensì,  ma  non  arrivano  ad  unirsi. 

«  Io  scaldai  tre  lamine,  una  dopo  l'altra,  con  precauzione,  fin  verso  i  150®, 
sotto  al  polariscopio,  ma  non  osservai  affatto  un  avvicinamento  dei  due  assi  ; 
anzi  quando  la  temperatura  arrivò  a  un  certo  punto,  li  vidi,  in  tutti  i  casi 
con  identica  maniera,  rapidamente  allargarsi  in  modo  sensibile  ;  e  questa  va- 
riazione, che  io  ritengo  col  Mallajrd  essere  prodotta  per  la  perdita  di  alcune 
molecole  d'acqua,  è  accompagnata  da  un  inipallidimento  degli  anelli  colorati  ; 
non  solo,  ma  dopo  il  raffreddamento  completo,  resta  costante  l'alterazione. 

«  Per  accertarmene  definitivamente,  misurai  in  una  lamina  limpidissima 
l'angolo  degli  assi  ottici,  il  cui  piano  aveva  la  solita  posizione,  e  trovai: 
2Ea  =  92.46  (luce  bianca).. 

«  Scaldata  la  lamina  fino  circa  ai  150®,  osservai  il  solito  fenomeno  del- 
l'allontanamento degli  assi,  e  dopo  completo  raffreddamento,  nello  stesso  punto 
della  lamina  misurai: 

2Ea  =  103.50  (luce  bianca). 

«  A  luce  parallela,  fra  i  nicol  incrociati,  queste  lamine  parallele  a  (010), 
si  mostrano  formate  di  4  settori,  come  già  ebbe  occasione  di  osservare  Mallard  ; 
questi  risultano  evidenti  dalla  diversità  dei  colori  di  polarizzazione  sugli  orli 
della  superficie  di  contatto,  che  è  sempre  curva  e  affatto  irregolare.  Del  resto 
tutti  i  4  settori  hanno  i  rispettivi  piani  degli  assi  ottici  paralleli,  è  quindi 
mi  pare  che  potrebbe  forse  non  trattarsi  di  una  vera  geminazione,  come  in- 
vece sarebbe  quella  osservata  da  F.  J.  Wiik  (2).  Ad  ogni  modo,  questi  cri- 
stalli non  mostrano  struttura  omogenea,  ma,  a  luce  polarizzata,  fanno  vedere 
piuttosto  un  aggregato  di  piccolissimi  individui,  analogamente  a  quanto  av- 
viene per  i  feldspati  triclini,  ciò  che  del  resto  era  tenuto  per  fermo  da 
Breithaupt,  Hessenberg  e  vom  Bath.  Le  stesse  lamine  di  sfaldatura  mostrano 
qualche  volta  una  struttura  chiaramente  zonata. 

K  Questa  Heulandite  si  trova  in  croste  che  tappezzano  assai  vagamente 
le  cavità  d'un  amigdaloide  nerastro,  e  allora  è  di  colore  lievemente  rossic- 
cio; invece  i  cristallini  più  limpidi,  grossi  e  incolori  si  trovano  isolati  o 
in  piccoli  gruppetti,  nelle  cavità  della  stessa  roccia. 

«  Insieme  alla  Stilbite  e  alla  Iletdandite  si  trovano  :  brillanti  cristal- 
lini di  Calcite  che  presentano  le  forme  (211),  (lOT),  (111),  (100),  (3ll),  (223), 


(•)  Loco  citato. 

(«)  Mineralogische  Mittheilungen.  Zeit.  fflr  Kryst.  VII,  188. 


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—  540  — 

(111),  (554),  (110),  (310),  (410),  (301),  (502),  (302),  (312),  (715),  (già  date 
da  Mohs,  Lévy  e  Haidinger),  trasparentissimi,  di  colore  giallo-paglia,  talora 
geminati  (111);  numerosi  cristalli  di  Andcime  (211) (100)  e  di  ApofUlite. 

ii  Su  quest'ultimo  minerale  stimo  non  inutile  smungere  qualche  cosa  a 
quanto  ne  fu  scritto.  Il  dott.  G.  B.  Negri  pubblicò  nel  1886  una  Memoria 
su  questa  Apofillite  {%  nella  quale  dice  aver  trovate  le  forme  (100)  (111) 
(001)  (113)  (115);  ma  forse  l'autore  non  sapeva  che  il  Rumpf  aveva,  7  anni 
prima,  studiata  la  stessa  Apofillite  (2),  trovandovi  le  forme  (100),  (001), 
(111),  (9.  9. 10),  (24. 24.  25)  (3)  e  che,  fin  dal  1864,  Schrauf  (^)  aveva  di- 
segnato un  cristallo  del  Vicentino  {Altavilla  l  ì)  della  combinazione  (100) 
(111)  (001)  (210),  assai  analogo  ad  alcuni  di  quelli  che  passerò  poi  a  descri- 
vere. Nò  fu  chiarita  dai  suaccennati  autori  la  confusione  che  tuttora  regna 
sulle  località  precise  della  provincia  di  Vicenza  in  cui  questo  minerale  si 
trova.  Il  dott.  Negri  anzi,  a  proposito  ielV Apofillite  di  Montecchio  Maggiore, 
cita  il  dott.  Wiser  (^),  il  quale  nella  sua  lettera  nomina  «  Castel  di  Vi- 
cenza n ,  riferendosi  evidentemente  a  Castel  Gomberto,  località  pure  basaltica, 
a  metà  strada  fra  Montecchio  Maggiore  e  Valdagno.  Certo  è  che  nel  Leo- 
nhard  (^)  e  nel  Zepharovich  (7),  per  la  località  «  Castel  Gomberto  »  sono 
citati lYAnalcime,  la  Celestina  e  V Apofillite;  anche  Des  Cloizeaux  ne  parla (^); 
ma  a  me  non  consta  che  recentemente  nessun  mineralista  siasi  recato  sul 
sito  per  sciogliere  la  questione,  nò  so  se  il  dott.  Negri  abbia  in  mano  le 
prove  sicure  che  le  due  geodi  da  lui  studiate  sieno  veramente  di  Montecchio 
Maggiore  piuttosto  che  di  Castel  Gamberto.  Ad  ogni  maniera  credei  utile 
muovere  la  questione,  afRnchò  qualche  mineralista  che  ne  abbia  Topportunità 
riprenda  con  più  cura  l'argomento,  e  precisi  bene  quello  che  ancora  può  es- 
serci di  dubbio. 

«  L' Apofillite  che  si  trova  insieme  alla  Eeulandite,  non  rassomiglia  che 
mediocremente  a  quella  descritta  dagli  autori  sopra  citati;  si  trovano  talora 

(1)  Atti  del  R.  Istituto  veneto  di  se.  lett.  ed  a.  V,  ser.  6*. 

(*)  [leòer  den  Krystallbau  des  Apophyllits,  Tschermak's  miner.  und  petrograph. 
Mittheilungen.  Serie  2*   1879,  370. 

(3)  Veramente  il  lavoro  del  Rampf  si  trova  dae  volte  nelPelenco  bibliografico  dato 
dal  dott.  Negri  nel  suaccennato  lavoro,  ma  parrebbe  che  l'autore  non  lo  avesse  letto, 
poiché  dice  :  u  per  quanto  egli  sappia,  non  essere  ancora  stata  illustrata  una  specie  mi- 
u  nerale  tanto  importante,  di  Montecchio  Maggiore  »  e  anzi  la  cita  in  modo  curioso  :  ri- 
porta infatti  la  citazione  dello  Zeitschrift  fOr  Kryst.  in  questa  maniera  :  a  Ebenda,  S.  369-391  y» , 
non  avendo  notato,  come  pare,  che  in  quella  rivista  erano  fatte  prima  altre  recensioni  di 
lavori  pubblicati  nelle  Tschermak's  Min.  Mitth.,  e  nel  suo  elenco  restava  quindi  senza  si- 
gnificato queir  u  Ebenda  n. 

(*)  Atlas  der  Krystallformen  des  Mineralreiches.  Tav.  XXI,  fig.  3. 

(5)  Neues  Jahrbuch,  1840,  828. 

(•)  Handwdrterbuch  der  topographùchen  Mineralogie,  Heidelberg,  1843. 

n  Loco  cit.  13,  27,  117. 

(•)  Loco  cit.  p.  128. 


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—  541  — 

dei  cristallini  isolati  o  in  gruppetti  di  2-5,  della  combinazione  (100)  (001)  (111) 
(fig.  4);  qnesti  cristallini,  di  estrema  piccolezza,  sono  allungati  assai  mar- 
catamente secondo  Tasse  [j],  così  da  assumere  un  elegante 
aspetto  prismatico.  Ma  la  massima  parte  dei  cristalli  sono 
assai  più  grossi,  riuniti  in  numero  vario,  e  sviluppati  egual- 
mente secondo  i  tre  assi  (fig.  5).  Molte  volte  sono  anche 
questi  della  combinazione  (100)  (111)  (001),  ma  spesso  si 
presentano  facce  di  un  prisma  ottagono, 
facce  che  sono  generalmente  scabre,  ma 
qualche  tolta  si  prestano  a  mism-e  di- 
screte. Dalle  misure  trovai  che  appar- 
tengono al  prisma  (310),  già  noto  per 
VApofiUite  in  genere,  ma  nuovo  per  la 
località.  A  questi  cristalli  si  avvicina, 
come  dissi,  il  disegno  dello  Schrauf, 
colla  differenza  che,  invece  della  forma 
(310),  porta  la  (210). 


too 


Ticr.   4. 


Fig.  5. 


«  Misurai: 

Misurato 

Calcol. 

da  Des  Cloizeaux 

001  .  Ili 

60.24 

60.32 

— 

60.31 

— 

100  .  310 

18.37 

18.34 



17.60 



«  In  questi  esemplari  di  Heulandite  e  Stilbite  non  mi   riuscì  mai  di 
constatare  la  presenza  della  Natrolite  n. 


Chimica.  —  Ricerche  sulVapiolo.  Nota  I.  di  Q.  Ciamician  e 
P.  SiLBER,  presentata  dal  Socio  Cannizzaro. 

«  In  una  Nota  presentata  a  questa  Accademia  nella  seduta  del  5  feb- 
braio scorso,  abbiamo  brevemente  accennato  agli  studi  da  noi  iniziati  allo 
scopo  di  scovrire  la  natura  chimica  dell'apiolo.  Poco  tempo  dopo  la  nostra 
pubblicazione,  comparve  nei  »  Berichte  der  deutschen  chemischen  Gesellschaft 
zu  Berlin  »  (fase.  YI,  pag.  1192)  un  lavoro  del  sig.  I.  Ginsberg  sopra  lo 
stesso  argomento,  nel  quale  lavoro  egli  accenna  ad  alcuni  derivati  dell' apiolo 
che  noi  pure  abbiamo  ottenuto.  Questa  spiacevole  coincidenza  ci  obbliga  a 
pubblicare  già  ora  i  risultati  dei  nostri  studi,  affinchè  apparisca  chiara 
la  via  da  noi  fin  qui  percorsa,  che  pure  è  quella  che  noi  intendiamo  prose- 
guire ulteriormente,  perchè  ci  sembra  la  più  adatta  a  condurci  alla  solu- 
zione del  problema  che  ci  siamo  proposti. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1*  Sem.  70 


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—  542  — 

I.  Comportamento  dell'apiolo  con  la  potassa  alcoolica. 

«  Yon  Oerichten  (')  ottenne  trattando  l'apiolo  con  potassa  alcoolica,  un 
nuovo  corpo  cristallizzato  in  squamette,  di  cui  non  determinò  definitivamente 
la  composizione;  noi  abbiamo  perciò  ripetuto  le  sue  esperienze  iniziando  in 
questo  modo  i  nostri  studi  suUapiolo.  Questo  punto  di  partenza  ci  apparve 
tosto  bene  indovinato,  perchè  la  sostanza  scoperta  da  von  Gerichten  è  un 
isomero  delVapiolo.  Noi  proponiamo  di  chiamarla  perciò: 

tf  Isapiolo  ». 

Siamo  ben  lieti  di  poter  constatare  che  anche  il  sig.  Ginsberg  ottenne  nelle 
sue  analisi  numeri  che  conducono  alla  stessa  coochiusione. 

«  Per  preparare  Tisapiolo  si  riscaldano  a  b.  m.  in  un  apparecchio  a  rica- 
dere 26  gr.  di  apiolo  (2)  con  una  soluzione  di  50  gr.  di  potassa  in  250  e.  e. 
d'alcool  assoluto,  per  12  fino  a  15  ore.  Il  liquido  giallo-bruno  ottenuto,  dal 
quale  già  spontaneamente  si  separano  dei  cristalli  dopo  alcune  ore,  venne 
versato,  senza  aspettare  che  si  fosse  del  tutto  raffreddato,  in  un  litro  d'acqua. 
Airintorbidamento  latteo  della  soluzione,  segue  prontamente  la  formazione 
d'un  precipitato,  che  aumenta  coir  agitare,  che  si  fa,  del  liquido,  finché  da 
questo,  che  resta  colorato  in  giallo,  si  è  completamente  separato  il  corpo 
solido.  Si  filtra,  si  secca  il  precipitato  suir  acido  solforico,  lo  si  spreme  fira 
carta  per  liberarlo  da  una  materia  oleosa  che  vi  aderisce  e  lo  si  fa  cristal- 
lizzare dall'alcool  ordinario.  Si  ottengono  in  tal  guisa  tavole  o  squamette  in- 
colore, che  fondono  a  55-56^  e  ritornano  a  solidificarsi  a  46^.  Distillano  a 
pressione  ordinaria  a  303-304'*  ed  a  pressione  ridotta  a  33  mm.  a  189**. 

«  Le  analisi  fatte  con  la  sostanza  purificata  per  distillazione  dettero  i 

seguenti  risultati: 

I.     0,2094  gr.  di  sostanza  dettero   0,4966  gr.  di  CO,  e  0,1250  gr.  di  H^O. 

IL  0,2036  gr.  »  r.        0,4822  gr.  di  CO2  e  0,1172  gr.  di  HgO. 

«  In  100  parti: 

I  II 

C        64,65  64,59 

H  6,63  6,39 

«  Queste  cifre  sono  identiche  a  quelle  che  si  ottengono  analizzando  l'apiolo, 

per  cui  l'isapiolo  può  avere  anch'esso  la  formola: 

che  richiede: 

C        64,86 

H  6,31 . 

0)  Beri.  Ber.  IX,  1477. 

(*)  Proveniente  dalla  fabbrica  di  E.  Merck,  Darmstadt. 


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—  543  — 

«  L'ìsapiolo  è  facilmente  solubile  nell'etere,  nell'etere  acetico,  nell'ace- 
tone, nel  benzolo,  nell'acido  acetico  e  nell'alcool  bollente,  ed  ò  insolubile 
nell'acqua  e  del  pari  negli  idrati  e  carbonati  alcalini.  Trattato  su  di  un  vetro 
d'orologio  con  acido  solforico  concentrato,  dà  una  soluzione  rossa  che  diviene 
bruna  e  sporca  col  riscaldamento. 

«  Il  rendimento  di  isapiolo  è  in  media  il  70-75  %  dell'apiolo  impiegato. 
Dalle  acque  madri  alcaline,  acquoso-alcooliche  per  svaporamento,  e  dalla 
carta  che  ha  servito  a  spremere  la  materia  greggia  si  ottiene  un  corpo  il 
quale  trattato  nuovamente  con  potassa  alcoolica,  dà  nuove  quantità  di  cri- 
stalli fusibili  a  55-56**. 

<i  L'isapiolo  deve  avere,  come  si  vedrà  più  tardi,  una  formola  non  mi- 
nore di  quella  che  comunemente  si  attribuisce  all'apiolo  (Cu  Hu  O4),  ed  è 
assai  probabilmente  un  isomero  e  non  un  polimero  di  questo,  perchè  gli  si 
accosta  assai  nei  punti  di  fusione  e  di  ebollizione: 

Apiolo  Isapiolo 

Punto  di  fusione 30^  55-56° 

-n    xi  j-    V  11-  •        (a  pressione  ordinaria    294*»  304® 

Punti  di  ebollizione  i      00  o  j  1  nr^.  1  ono 

(  a  33-34  mm.      .     .    179*»  189° 

«  Noi  abbiamo  studiato  parallelamente  i  prodotti  di  ossidazione  dell'a- 
piolo e  dell'isapiolo  e  di  queste  esperienze  trattano  le  seguenti  pagine. 

«  Né  l'apiolo,  nò  l'isapiolo  danno  composti  con  la  fenilidrazina  e  con 
l'idrossilammina. 

II.  Ossidazione  dell'apiolo  col  permanganato  potassico 
in  soluzione  alcalina. 

«  6  gr.  d' apiolo  sospesi  in  600  ce.  d'acqua  bollente,  resa  alcalina  con 
potassa,  vennero  trattati,  agitando  energicamente  il  liquido,  con  una  solu- 
zione di  24  gr.  di  permanganato  potassico  sciolto  in  950  ce.  d'acqua.  L'ossida- 
zione avviene  prontamente  ;  per  ultimo  si  riscalda  il  pallone  per  circa  un'ora 
a  b.  m.  Lasciando  raffreddare,  assieme  al  precipitato  manganico,  si  deposi- 
tano pure  dal  liquido  alcalino,  che  resta  colorato  in  giallo,  piccoli  cristallini 
solubili  nell'etere.  Si  estrae  tutta  la  massa  con  questo  solvente  fino  che  esso 
non  toglie  più  nulla  al  liquido  alcalino  ;  a  questo  scopo  bisogna  ripetere  per 
12-15  volte  l'estrazione.  Il  residuo  ottenuto  dagli  estratti  eterei  è  una  ma- 
teria bianca  e  cristallina,  che  si  lava  sul  filtro  con  etere  ;  per  liberarla  dal- 
l'apiolo  inalterato  che  contiene,  la  si  scioglie  in  poca  acqua  bollente  e  si 
distilla  con  vapore  acqueo  la  soluzione.  Questa  si  converte  per  raffreddamento 
in  una  massa  semisolida  formata  da  piccole  squamette  bianche  e  splendenti, 
che  dopo  essere  state  seccate  sull'acido  solforico,  vengono  fatte  crìstsdlizzare 
ripetutamente  dal  benzolo  bollente.  Si  ottengono  così  pagliette  di  splendore 
vitreo,  che  fondono  a  122®. 


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—  544  — 
tf  Le  analisi  dettero  i  risaltati  seguenti,  che  conducono  alle  formole: 

I.     0,1952  gr.  di  sostanza  dettero  0,4032  gr.  di  CO,  e  0,1118  gr.  di  HjO. 
IL    0,2402  gr.  «  "        0,4998  gr.  di  CO,  e  0,1386  gr.  di  H,  0. 

ITI.  0,2976  gr.  »»  «        0,6156  gr.  di  CO,. 

IV.  0,2530  gr.  «  ^        0,5238  gr.  di  CO,  e  0,1450  gr.  di  H,0. 

«  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per 

I  II  III  IV  Cit  Hi«  0.  Cit  Hu  0« 

C     56,33     56,74    56,42     56,46  56,25  56,69 

H      6,36       6,41       —         6,37  6,25  5,51 

K  II  nuovo  corpo,  che  fonde  costantemente  a  122"*,  è  poco  solubile  nel- 
retore,  ed  è  solubile  a  caldo  neiralcool,  nel  benzolo,  nelU etere  acetico  e 
neir acqua.  Per  raffreddamento  esso  si  separa  quasi  completamente  dalle  sue 
soluzioni  in  tutti  questi  solventi.  Ha  reazione  neutra,  non  si  scioglie  nei 
carbonati  né  negli  idrati  alcalini.  Si  scioglie  nell'acido  solforico  concentrato 
con  colorazione  gialla,  che  per  lieve  riscaldamento  diventa  rossa  e  finalmente 
bruno-sporca. 

K  La  soluzione  alcalina  esaurita  con  etere  nel  modo  ora  descrìtto,  viene 
filtrata  dagli  ossidi  manganici  e  concentrata  notevolmente.  Essa  contiene  un 
nuovo  acido,  che  si  può  estrarre  acidificando  con  acido  solforico  diluito  ed 
agitando  con  etere.  Si  ottiene,  svaporando  l'etere,  una  materia  cristallina, 
mescolata  ad  una  sostanza  resinosa,  che  ne  rende  difficile  la  purificazione. 
Per  liberarla  da  quest'ultima,  si  digerisce  tutto  il  prodotto  con  poco  etere, 
che  scioglie  principalmente  la  resina.  Il  residuo  cristallino  viene  poi  fatto 
cristallizzare  dall'acqua  bollente  con  aggiunta  di  nero  animale.  Si  ottengono 
così  piccoli  aghetti  bianchi,  che  fondono  a  175^. 

«  Il  nuovo  acido  ha,  come  si  vedrà  più  tardi,  la  formola  : 

«  Ciò  Hio  Oe  ». 
ed  è  identico  al  composto  di  questa  composizione  che  si  ottiene  dall'isapiolo, 
per  ossidazione  col  camaleonte. 

K  L'analisi  dette: 
0,2174  gr.  di  sostanza  dettero  0,4252  gr.  di  CO,  e  0,0938  gr.  di  H,0. 

«  In  100  parti: 

troTato  calcolato  per  Ciò  Hio  De 

C        53,34  53,09 

H         4,79  4,43 

«  Impiegando  nell'ossidazione  dell' apiolo  quantità  di  camaleonte  mag* 
giorì  a  quelle  anzidette  (p.  es.  4  gr.  d'apiolo  e  28  gr.  di  pennanganato 
potassico),  non  si  ottiene  più  il  composto  neutro  che  fonde  a  122^,  ma  sola- 
mente piccole  quantità  della  materia  acida.  All'incontro  ossidando  Tapiolo 


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—  545  — 

con  camaleonte  in  difetto  (9  gr.  di  apiolo  e  9  gr.  di  permanganato  potassico) 
si  forma  principalmente  il  composto  neutro  e  si  hanno  piccole  traccio  della 
sostanza  acida  molto  impura.  In  quest'ultimo  caso  l'estratto  etereo  del  pro- 
dotto acido  ha  un  forte  odore  d'acido  formico. 

in.  Ossidazione  iieirapiolo  con  bicromato  potassico 
ed  acido  solforico. 

«  Questa  esperienza  venne  di  già  accennata  nella  Nota  preliminare  del 
ò  febbraio  scorso.  Ossidando  l'apiolo  con  addo  cromico  sia  in  soluzione  sol- 
forica che  in  soluzione  acetica,  si  ottiene  una  sostanza  neutra,  che  fonde  a 
102^  e  che  è  identica  al  composto  che  si  ottiene  dall' isapiolo  neUe  stesse 
condizioni.  Essa  ha,  per  ragioni  che  si  vedranno  più  tardi,  la  formola: 

«  Ciò  Hio  O5  »  • 
ed  è  un'aldeide. 

«  Per  preparare  questo  composto  dall'apiolo,  se  ne  ossidano  p.  es.  4  gr. 
con  un  miscuglio  di  30  gr.  di  bicromato  potassico,  30  gr.  di  acido  solforico 
concentrato  e  500  ce.  d'acqua.  Bollendo  il  tutto  a  ricadere,  si  svolge  ani- 
dride carbonica  e  si  nota  la  presenza  di  vapori  d'odore  aldeidico.  Dopo  tre 
ore  d'ebollizione  l'ossidazione  è  compiuta,  e  per,  raffreddamento  si  separano 
gli  ghetti  della  nuova  sostanza.  Il  liquido,  che  contiene  ancora  dell'apiolo 
inalterato,  viene  liberato  da  questo  per  distillazione  con  vapore  acqueo  ed 
assieme  all'apiolo  passano  piccole  quantità  d'un  acido  volatile.  Filtrando  la 
soluzione  cromica,  che  resta  indietro,  si  ottiene  la  nuova  sostanza,  che  non 
essendo  del  tutto  insolubile  viene  estratta  con  etere.  Il  rendimento  ammonta 
al  20  Vo  dell'apiolo  impiegato. 

tt  II  composto  fusibile  a  102^  viene  purificato  facendolo  cristallizzare 
dall'alcool  diluito. 

«  Le  analisi  dettero  i  seguenti  risultati  : 

1.     0,1822  gr.  di  materia  dettero  0,3838  gr.  di  CO»  e  0,0812  gr.  di  H2  0. 

0,4754  gr.  di  COj  e  0,1006  gr.  di  H,0. 
0,4040  gr.  di  CO2  e  0,0852  gr.  di  H.  0. 

calcolato  per  Ciò  Hio  Os  (0 

57,14 
4,76 
»  L'ulteriore  descrizione  di  questo  corpo  verrà  fatta  più  tardi 

(^)  Nella  Nota  citata  ayeyamo  assegnato,  in  via  provrisoriai  a  questo  composto  la 
formola  d  Hit  Oc ,  per  ragioni  che  sono  facili  ad  intendersi,  la  quale  naturalmente  richiede 
gli  stessi  numeri  della  formola  Ciò  Hio  0» . 


II.    0,2268  gr. 

f 

III.  0,1928  gr. 

n 

«  In  100  parti  : 

trovato 

I              II 

III 

C        57,44    57,16 

57,15 

H         4,95      4,93 

4,91 

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—  546  — 

IV.  Ossidazione  dell'isoapiolc  con  permanganato  potassico. 

«  L'isapiolo  dà  per  ossidazione  con  pennanganato  potassico  principal- 
mente Tacido  già  menzionato,  che  fonde  a  175®  ed  il  composto  neutro  che 
fonde  a  102«. 

tf  L'operazione  venne  eseguita  ossidando  8  gì.  d*isapiolo  sospesi  in  800  gr. 
di  acqua  bollente,  con  una  soluzione,  fatta  a  caldo,  di  32  gr.  di  camaleonte 
in  1600  ce.  d'acqua.  Agitando  fortemente  la  mescolanza  la  reazione  avviene 
prontamente  e  si  compie,  riscaldando  a  b.  m.  per  circa  un'ora.  Il  liquidoj 
soprastante  al  precipitato  manganico  si  scolora  completamente,  e  tutto  il  con- 
tenuto del  pallone  viene  estratto  con  etere.  Dopo  5  o  6  agitazioni  l'esauri- 
mento è  completo,  e  gli  estratti  eterei  svaporati  lasciano  un  residuo  non 
molto  abbondante,  che  fonde  fra  50  e  55**.  Cristallizzando  però  il  prodotto 
frazionatamente  dall'alcool,  si  riesce  ad  ottenere  dalle  prime  frazioni  l'isapiolo, 
rimasto  inalterato,  con  tutti  i  suoi  caratteri,  mentre  invece  le  ultime  con- 
tengono piccole  quantità  del  composto  aldeidico  che  fonde  a  102®. 

tt  La  soluzione  alcalina  esaurita  con  etere  venne  filtrata,  concentrata  ed 
acidificata  con  acido  solforico  diluito.  Si  ottiene  subito  un  precipitato  giallo 
pulverulento  che  si  deposita  facilmente  e  che  venne  filtrato  e  lavato.  Dal 
liquido  si  possono  ottenere  delle  altre  quantità  di  questa  sostanza  per  estra- 
zione con  etere.  Il  precipitato  e  l'estratto  etereo  vennero  entrambi  fatti  cri- 
stallizzare ripetutamente  dall'acqua  bollente,  aggiungendo  carbone  animale. 
Si  ottengono  per  raffireddamento  piccoli  aghetti  che  fondono  a  175®,  e  che 
sono  la  stessa  sostanza,  che  si  forma  in  quantità  più  piccola  dall' apiolo  per 
ossidazione  con  camaleonte. 

tt  Questo  acido  che  noi  chiameremo 

«  Acido  apiolico  » 

ha  la  formola  Ciò  Hio  Oe,  come  lo  dimostrano  le  analisi  dei  suoi  sali  argen- 
tico  e  calcico. 

«  Esso  dette  all'analisi: 
0,2048  gr.  di  materia  diedero  0,3988  gr.  di  COj  e  0,0842  gr.  di  H»0. 

K  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  Ciò  Hio  0« 

C        53,11  53,09 

H  4,56  4,43 

K  L'acido  apiolico  è  solubile  nell'etere,  nell'alcool  bollente,  nell'acido 
acetico  glaciale,  nel  benzolo  e  nell'etere  acetico,  poco  solubile  nell'acqua 
bollente.  Da  quest'ultimo  solvente  si  separa  quasi  completamente  per  raffred- 
damento. 


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—  547  — 

«  Il  sale  argentico  [Ciò  H9  Oe  Ag]  si  ottiene  in  forma  d'un  precipitato 
Manco  fonnato  da  lunghi  aghi,  trattando  con  nitrato  d'argento  la  soluzione 
neutra  dell'acido  nell'ammoniaca. 

«  L'analisi  dette: 
I.    0,3982  gr.  di  materia  dettero  0,1284  gr.  di  argento. 
IL  0,2932  gr.  »  ^       0,3866  gr.  di  CO2  e  0,0732  gr.  di  H^  0. 

«  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  Ciò  Ho  Ag  Ot 
I                  II 
C           —           35,96  36,04 

H  —  2,77  2,70 

Ag      32,24  —  32,43 

tt  II  sale  calcico  [(Ciò  H9  O^t  Ca]  ottenuto  saturando  una  soluzione 
acquosa  dell'acido  con  carbonato  calcico  puro,  forma  cristalli  prismatici  splen- 
denti, che  non  perdono  di  peso  se  vengono  seccati  sull'acido  solforico  ed  a  120^. 
0,2550  gr.  di  materia  seccata  a  120'»  dettero  0,0688  gr.'  di  Ca  SO4 . 

^  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  Cto  H  1»  dt  Ca 

Ca  7,94  8,16 

«  L'etere  metilico  [Ciò  H9  (CH3)  Og]  ottenuto  riscaldando  il  sale  argen- 
tico con  joduro  metilico  a  lOO''  in  un  tubo  chiuso,  esaurendo  poi  la  massa 
con  etere  e  cristallizzando  il  prodotto  ottenuto  dall'acqua  bollente,  forma  aghi 
bianchi  che  fondono  a  71-72®. 

«  L'analisi  dette  : 
0.1890  gr.  di  sostanza  diedero  0,3818  gr.  di  C0«  e  0.0884  gr.  di  H«  0. 

K  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ciò  H»  (CH»)  Ce 
C        55,09  55,00 

H  5,19  5,00 

«  L'etere  metilico  dell'acido  apiolico  è  solubile  nell'etere,  alcool  ed  acido 

acetico  glaciale;  poco  solubile  nell'acqua,  da  cui  si  separa  per  raffreddamento 

in  aghi  bianchi. 

«  L'acido  apiolico  dà  inoltre,  in  forma  di  sale   ammonico,  in  soluzione 

neutra,  mediocremente  concentrata,  le  seguenti  reazioni: 

Con  cloruro  calcico  :  in  principio  una  soluzione  incolora,  che  per  sfregamento 
con  una  bacchetta  di  vetro  dà  subito  degli  aghi  bianchi. 

Con  solfato  di  magnesio  :  una  soluzione  incolora,  che  non  dà  precipitato. 

Con  cloruro  baritico  :  una  soluzione  incolora,  che  con  lo  sfregamento  dà  su- 
bito un  precipitato  d'aghi  bianchi,  lunghi. 


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Con  solfato  di  sinco:  subito  un  precipitato  bianco. 

Con  solfato  di  cadmio:  subito  un  precipitato  bianco. 

Con  solfato  di  rame  :  un  precipitato  azzurro  chiaro  o  aghetti  raggruppati  in 

forma  di  mammelloncini. 
Con  nitrato  di  cobalto:  dopo  lungo  sfregamento  aghi  rosei  chiari. 
Con  nitrato  di  nickel:  dopo  lungo  sfregamento  aghi. 
Con  cloruro  ferrico:  un  precipitato  rossobruno  caseoso. 
Con  cloruro  mercurico  :  dopo  lungo  sfregamento  un  precipitato  bianco  caseoso- 

«  L'acido  apiolico  non  si  combina  colla  fenilidrazina,  l'amalgama  di 
sodio  in  soluzione  alcalina  non  l'altera.  Fondendolo  con  potassa  si  ottiene 
acido  acetico  ed  ossalico.  Con  acido  jodidrico  a  100^  dà  joduro  metilico  o 
etilico. 

«  Il  rendimento  da  8  gr.  di  isapiolo  è  in  media  di  3  gr.  di  acido.  Im- 
piegando un  eccesso  di  camaleonte  (8  gr.  di  isapiolo  e  45  gr.  di  permanganato) 
non  si  ottiene  che  acido  acetico  ed  ossalico. 

V.  Ossidazione  deirisapiolo  con  bicromato  potassico 
ed  acido  solforico. 

tt  L'isapiolo  dà  per  ossidazione  con  acido  cromico  il  composto  Ciò  Hio  Ost 
che  come  si  vedrà  non  è  altro  che  l'aldeide  apiolica  corrispondente  all'adda 
apiolico  or  descritto. 

«  L'ossidazione  dell'isoapiolo  venne  eseguita  in  un  apparecchio  a  rica- 
dere munito  d'un  imbutino  a  robinetto  ;  si  fa  gocciolare  lentamente  nel  pal- 
lone, ore  trovasi  l'isapiolo,  un  miscuglio  formato  da  10  gr.  di  bicromato  po- 
cromato  potassico  e  200  gr.  d'acido  solforico  diluito  (1  a  10).  La  reazione 
avviene  prontamente  mentre  si  sviluppano  copiosamente  vapori  di  aldeide  ace- 
tica. Dopo  tre  ore  d'ebollizione  la  reazione  è  compiuta.  Si  distilla  il  conte- 
nuto del  pallone  con  vapore  acqueo  e  si  prolunga  l'operazione  fino  che  il 
distillato  non  ha  più  reazione  acida.  Questo  contiene  piccole  quantità  dei 
cristallini  della  sostanza  Ciò  Hio  O5  ed  acido  acetico.  Si  satura  con  carbo- 
nato sodico  e  si  estrae  con  etere  per  eliminare  il  composto  fusibile  a  102^. 
Il  liquido  acquoso  viene  concentrato  e  distillato  con  acido  solforico.  Il  pro- 
dotto ottenuto,  neutralizzato  esattamente  con  carbonato  sodico  e  concentrato, 
venne  precipitato  frazionatamente  con  nitrato  d'argento.  Il  sale  argentico 
venne  cristalUzzata  alcune  volte  dall'acqua,  da  cui  si  separa  in  forma  di 
lunghi  aghi.  L'analisi  dette  il  seguente  riisultato. 
0,3262  gr.  di  materia  dettero  0,2104  gr.  d'argento. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ct  Hs  Ot  Ag 

Ag        64,50  64,66 

ft  II  prodotto  dell'ossidazione    46U'Ì£ii^iolo  con  acido    cromico,   liberato 


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—  549  — 

nel  modo  ora  descrìtto  dall'acido  acetico,  per  distillazione  con  vapore  acqueo, 
venne  filtrato  ancor  caldo,  per  eliminare  alcune  sostanze  resinose.  Per  raffred- 
damento si  separano  copiosamente  piccoli  aghetti  bianchi,  che  si  purificano 
facendoli  cristallizzare  dall'alcool  diluito.  Fondono  a  102^  e  sono  del  tutto 
identici  alla  sostanza  ottenuta  daU'apiolo  con  lo  stesso  reattivo. 

«  L'analisi  dette: 
0,2156  gr.  di  sostiinza  produssero  0,4538  gr.  di  GOs  e  0,0976  gr.  di  H2  0. 

«  In  100  parti  : 

^  trovato  calcolato  per  CioHioOs 

C        57,40  57,14 

H  5,03  4,76 

«  n  composto  Ciò  Hio  O5  è  come  dimostreremo  più  tardi 
l'aldeide  deW acido  apiolico 

perchè  si  combina  col  bisolfito  sodico,  dà  una  aldossima  e  si  converte  per 
ossidazione  nell'acido  apiolico  già  descritto. 

«  L'aldeide  apiolica  è  poco  solubile  nell'acqua,  del  pari  si  scioglie  dif- 
ficilmente nell'etere  petrolico,  facilmente  invece  nell'alcool,  nell'etere,  nel  sol- 
furo di  carbonio,  nell'acido  acetico  e  nel  benzolo;  da  questo  solvente  si 
separa  in  forma  di  aghi  lunghi  e  splendenti.  Nell'acido  solforico  concentrato 
si  scioglie  con  colorazione  gialla  intensa;  col  riscaldamento  la  soluzione 
prende  un  colore  verde  oliva  e  per  aggiunta  d'acqua  si  separano  fiocchi  bruni. 
K  II  rendimento  d'aldeide  apiolica  è  più  abbondante  partendo  daU'isa- 
piolo  che  dall' apiolo.  Da  due  grammi  del  primo  se  ne  ottengono  0,7  di  al- 
deide, il  che  corrisponde  al  35  Vo- 
lt Essendo  stabilita  per  mezzo  delle  analisi  dei  sali,  la  formola  dell'a- 
cido apiolico  ne  viene  di  conseguenza,  che  l'aldeide  corrispondente  abbia  la 
formola  GioHioOs  e  non  la  formola  CisHuOs,  come  avevamo  ammesso 
nella  nostra  Nota  preliminare,  già  citata,  nò  altra  più  semplice.  Ora  siccome 
l'aldeide  in  questione  si  forma  per  ossidazione  delVisapiolo  assieme  ad  aldeide 
acetica  ed  acido  acetico,  ne  segue  che  Tisapiolo  deve  avere  una  formola  con- 
tenente due  atomi  dì  carbonio  di  più  dell  acido  apiolico  e  dell'aldeide  apio- 
lica, cioè 

che  è,  come  s'è  detto  più  sopra,  con  molta  probabilità  anche  la  formola 
dell'apiolo  » . 


Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  71 


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—  550  — 

Chimica.  —  Sull'aldeide  apiolica  e  sull'acido  apiolico.  Nota  II. 
di  G.  CiAMiciAN  e  P.  SiLBER,  presentata  dal  Socio  S.  Cannizzaro. 

«  Diamo  nella  presente  Nota  la  descrizione  ulteriore  delle  proprietà  e 
del  comportamento  chimico  deiracido  apiolico  e  deiraldeide  apiolica,  che,  come 
abbiamo  dimostrato  nella  Nota  precedente,  si  ottengono  per  ossidazione  del- 
Tapiolo  e  dell' isapiolo. 

I.  Aldeide  apiolica  [C10H10O5]. 

«  Il  composto  della  formola  soprascritta,  che  fonde  a  102^,  manifesta  la 
sua  natiùra  aldeidica,  perchè  si  combina  col  bisolfito  sodico.  A  freddo  non  si 
combina  con  questo  reattivo,  perchè  può  venire  estratto,  completamente  inal- 
terato, dall'etere;- se  si  riscaldarla  combinazione  avviene  con  forte  sviluppo 
di  calore  e  per  raffreddamento  si  separano  lamelle  larghe,  striate  della  com- 
binazione  bùolfUica  dell'aldeide  apiolica.  Bollendo  questi  cristalli  con  una 
soluzione  concentrata  di  carbonato  sodico,  si  ottiene  un  liquido,  da  cui  l'etere 
estrae  il  composto  Ciò  Hio  O5  ripristinato,  che  fonde  a  102''. 

'^Vapiolaldossima  [Ciò  Hio  O4 .  NOE]  si  ottiene  trattando  l'aldeide 
apiolica  con  idrossilammina  in  soluzione  alcalina.  1  gr.  di  aldeide,  sciolta  in 
40  C.C.  d'alcool  a  92  7o  »  venne  trattata  con  1  gr.  di  cloridrato  di  idrossil- 
ammina ed  1  gr.  di  carbonato  sodico  sciolto  in  5  ce.  d'acqua.  La  reazione 
incomincia  subito  e  si  manifesta  col  separarsi  di  croste  cristalline  formate  da 
aghi  bianchi.  Si  bolle  per  circa  un'ora  a  ricadere  a  b.  m.,  per  rendere  com- 
pleta la  reazione,  si  svapora  indi  l'alcool  a  b.  m.  e  si  estrae  il  residuo  sciolto 
nell'acqua,  con  etere.  Il  composto  così  ottenuto,  cristallizzato  alcune  volte  da 
poco  alcool,  forma  ^hi  lunghi  e  bianchi,  che  fondono  a  leO-lGl'^  e  che  det- 
tero all'analisi  i  numeri  seguenti: 

1.    0,2820  gr.  di  materia  produssero  0,5516  gr.  di  CO,  e  0,1374  gr.  di  H,  0. 
IL  0,2308  gr.  di  materia  svolsero  12,5  ce.  d'azoto  misurato  a  15**  e  753  mm. 

«In  100  parti: 

calcolato  per  Ciò  Hu  N  Os 

53,33 
4,89 
6,22 

«  L'apiolaldossima  è  fitóilmente  solubile  nell'etere,  nell'etere  acetico,  nel- 
l'acido acetico  e  nell'alcool  bollente,  nell'acqua  bollente  è  poco  solubile  e  si 
separa  per  raffreddamento  quasi  completamente  dalla  soluzione. 


trovato 

I                 II 

e 

53,35           — 

H 

5,41           — 

N 

—           6,28 

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—  551  — 

«  Scaldando  Taldossima  cob  anidride  acetica,  si  ottengono  per  lento  raf- 
freddamento grossi  cristalli  di  splendore  vitreo^  che  fondono  a  129^  e  che 
stiamo  presentemente  studiando. 

«  L'apioMdossima  ed  il  suo  derivato  acetilico,  come  pure  la  stessa  aldeide 
apiolica,  danno  con  acido  solforico  un'  intensa  colorazione  gialla,  che  col  riscal- 
damento diviene  verde  oliva. 

«  Con  la  fenilidrazina  Taldeide  apiolica  dà  probabilmente  un  fenilidra- 
zone;  che  abbiamo  ottenuto  dalla  soluzione  acetica  per  precipitazione  con  acqua 
in  forma  d'un  precipitato  resinoso. 

1.  Ossidazione  dell'aldeide  apiolica 
con  permanganato  potasssico  in  soluzione  alcalina. 

«  Le  reazioni  suaccennate  dimostrano  la  natura  aldeidìca  del  composto 
che  fonde  a  102^,  esso  si  manifesta  in  modo  evidente  quale  aldeide  dell'acido 
apiolico,  perchè  può  essere  facilmente  trasformato  in  quest'ultimo  composto 
per  ossidazione  col  camaleonte. 

«  Ad  1  gr.  dì  sostanza  sospesa  in  100  ce.  d'acqua  bollente,  resa  alcalina 
con  un  po'  di  potassa,  venne  aggiunto  un  gr.  di  permanganato  potassico  sciolto 
in  50  C.C.  d'acqua.  L'ossidazione  avviene  prontamente  ed  il  prodotto  ottenuto 
contiene  soltanto  minime  quantità  di  aldeide  inalterata,  che  si  estrae  con 
etere.  Il  liquido  alcalino  filtrato  dagli  ossidi  manganici  e  convenientemente 
concentrato  dà  un  acido  solforico  diluito  un  precipitato  di  piccoli  aghetti 
bianchi,  che  dopo  due  cristallizzazioni  dall'acqua  bollente  fondono  a  175^  e 
sono  in  tutto  identici  all'acido  apiolico^  ottenuto  per  ossidazione  dell' apiolo 
e  dell' isapiolo  in  soluzione  alcalina. 

«  L'analisi  venne  a  confermare  la  composizione  dell'acido  ottenuto  : 
0,2066  gr.  di  sostanza  dettero  0,4018  gr.  di  COj  e  0,0902  gr.  di  H»  0 . 

i^In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  CioHiaOc 

C        53,04  •         53,09 

H         4,86  4,43 

•t  La  quantità  d'acido  apiolico  così  ottenuto  corrisponde  stechiometrica- 
mente a  queUa  dell'aldeide  impiegata. 

2.  Azione  dell'acido  nitrico  sull'aldeide  apiolica. 

«  Trattando  l'aldeide  apiolica  in  soluzione  acetica  con  acido  nitrico,  si 
ottiene  facilmente  un  composto  nitrico,  di  cui  non  abbiamo  ancora  compiuto 
lo  studio,  che  intendiamo  proseguire  alacremente,  perchè  questo  còrpo  ci 
sembra  adatto  a  recare  luce  sulla  natura  del  nucleo  fondamentale  dell'apiolo, 
che  è  senza  dubbio  di  natura  aromatica. 

«  Un  grammo  di  aldeide  apiolica  sciolta  in  10  ce.  d'acido  acetico  gla- 
ciale, venne  introdotta  a  poco  a  poco  in  40  gr.  d'acido  nitrico  (d  =  1,35) 


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—  552  — 

raffreddato  con  acqua.  La  soluzione  nitrica  si  colora  in  giallo  ed  agitando  svi- 
luppa prodotti  gassosi.  Finita  l'effervescenza  cominciano,  dopo  breve  tempo 
(10-15  minuti),  a  separarsi  dal  liquido  aghetti  gialli,  che  dopo  una  mezz'ora 
lo  convertono  in  una  massa  semisolida. 

«  Il  prodotto  venne  versato  neir  acqua,  filtrato,  lavato  e  fatto  cristalliz- 
zare dall'alcool.  Si  ottengono  aghi  gialli  che  fondono  a  137-138®. 

«  Le  analisi  dettero  >  seguenti  numeri,  che  sembrano  condurre  alla  formola 

«  C,  H,  N  O5  » 
a  cui  però  non  corrispondono  troppo  esattamente: 

I.  0,2660  gr.  di  sostanza  dettero  0,4498  gr.  di  CO»  e  0,0928  gr.  di  HjO. 
IL  0,2552  gr.  di  sostanza  dettero  0,4332  gr.  di  CO2  e  0,0948  gr.  di  H2O. 

III.  0,2780  gr.  di  sostanza  dettero  0,4696  gr.  di  C0«  e  0,0980  gr.  di  HgO.  . 

IV.  0,1148  gr.  di  sostanza  svolsero  7  ce.  d'azoto  misurato  a  7^  e  761  nmi. 

«  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  C?  H?  N  Os 

I  II  IH  IV 

C        46,12    46,29    46,07      —  •  45,40 

H  3,88      4,13      3,92      —  3,78 

N  —         —         —       7,40  7,57 

«Il  nuovo  composto  è  del  tutto  diverso  da  quello  ottenuto  da  von 
Gerichten  (^)  e  da  Ginsberg  (^)  dall' isapiolo. 

«  Trattando  il  composto  nitrico  or  descritto  in  soluzione  alcoolica  con 
stagno  ed  acido  cloridrico,  risulta  un  liquido  rosso,  da  cui  si  ottiene  per  trat- 
tamento con  potassa  e  successiva  estrazione  con  etere  un  composto  amidato, 
che  cristallizza  dell'alcool  in  aghi  gialli.  Esso  si  scioglie  negli  acidi  minerali 
con  colorazione  rossa,  e  dà  un  cloroplatinato.  Ci  riserbiamo  di  fare  fra  breve 
ulteriori  comunicazioni  su  questo  alcaloide. 

IL  Acido  apiolico  [CioHioOe]. 

• 

«*  L'acido  apiolico,  che  si  ottiene  per  ossidazione  deirapiolo  e  dell'  isapiolo 
col  camaleonte  in  soluzione  alcalina,  e  che  si  forma  anche  per  ossidazione 
dell'aldeide  apiolica,  con  lo  stesso  reattivo,  perde  in  certe  condizioni  abba- 
stanza facilmente  una  molecola  di  anidride  carbonica  per  trasformarsi  in  una 
sostanza  neutra,  che  noi  proponiamo  di  chiamare  provvisoriamente  : 

«  Apione  »  [Cg  Hio  0^] , 
fino  a  che  la  sua  natura  chimica  non  sarà  definitivamente  messa  in  chiaro. 

tf  Scaldando  3  gr.  di  acido  apiolico  con  45  ce.  d'acido  solforico  diluito 
(1  a  3)  in  un  tubo  chiuso,  a  130-140"  per  cinque  ore,  si  nota  dopo  il  riscal- 
damento, neir aprirlo  un  abbastanza  abbondante  sviluppo  di  anidride  carbonica. 

W  Beri.  Ber.  IX,  1477. 
(«)  Ibid.  XXI,  1192. 


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—  553  — 

Il  contenuto  del  tubo,  che  è  fonnato  da  un  liquido  bruno  e  da  croste  cristal- 
line, venne  distillato  con  vapore  acqueo.  Passa  una  sostanza  molto  volatile, 
che  si  depone  nel  distillato  in  forma  di  aghetti  bianchi,  ed  il  residuo  contiene 
una  massa  nerastra  e  resinosa,  da  cui  si  può  estrarre  in  piccola  quantità 
l'acido  rimasto  inalterato. 

«  Il  composto  volatile  venne  separato  dall'acqua  e  &tto  cristallizzare  dal- 
l'alcool acquoso.  Fonde  costantemente  a  79^. 

«  Le  analisi  condussero  alla  formola  sopra  scritta  : 

I.  0,1142  gr.  di  sostanza  dettero  0,2492  gr.  dì  GOs  e  0,0630  gr.  di  HsO. 

II.  0,2024  gr.  di  sostanza  dettero  0,4410  gr.  di  COj  e  0,1038  gr.  di  H^  0 . 

«  In  100  parti  : 

trovaio  calcolalo  per  Ct  Hi©  O4 

I  II 

C        59,51         59,42  59,34 

H         6,13  5,69  5,49 

n  L'apione  ha  reazione  neutra,  è  solubile  nell'etere,  nell'etere  acetico,  nel- 
l'acido acetico  e  nell'alcool  bollente  ed  è  insolubile  nell'acqua.  Il  suo  vapore 
ha  un  odore  aromatico  aggradevole. 

K  Sembra  che  distillando  il  sale  baritico  dell'acido  apiolico  con  calce  0 
barite  si  ottengano  prodotti  diversi  daU'apione. 

«Noi  continuiamo  la  studio  di  questa  interessante  sostanza;  che  costi- 
tuisce, senza  dubbio,  il  nucleo  fondamentale  dell*apiolo  e  dei  suoi  derivati. 

«  Per  ultimo  accenneremo  ancora  che  Tacido  apiolico  e  cosi  pure  l'aldeide 
apiolica  danno  per  trattamento  con  bromo  in  soluzione  acetica  lo  stesso  com- 
posto bromurato,  che  fonde  a  99-100®  e  che  sembra  essere  un  ^Bibromoapione  » . 

«  Le  analisi  dettero  per  il  composto  ottenuto  dall'acido  apiolico  46,75  Vo 
e  per  quello  avuto  dall'aldeide  apiolica  47,14  Vo  di  bromo.  Un  bibromoapione 
richiederebbe  47,01  Vo  di  bromo. 

«  Il  composto  bromurato  dà  come  lo  fanno  in  genere  tutti  i  derivati  del- 
Tapiolo,  con  acido  solforico  concentrato,  una  colorazione  caratteristica.  Scaldan- 
dolo con  acido  solforico  appena  lievemente,  si  ottiene  una  bellissima  tinta 
azzurra,  che  col  ulteriore  riscaldamento  diventa  violetta  intensa  e  poi  brunastra. 

«  Gli  studi  ulteriori  faranno  luce  sulla  natura  dell' apione  e  dei  suoi  derivati. 

III.  Considerazioni  sulla  costituzione  dell'a piolo  e  dell' isapiolo. 

«  Comparando  le  formolo  dell'acido  apiolico,  dell'aldeide  apiolica  e  del- 
l'apione,  con  quella  dell'apiolo  e  dell' isapiolo 

C12  Hi4  O4  Ciò  Hio  Oe  Ciò  Hio  O5  C9  Hio  O4  , 

apiolo  e  isapiolo  acido  apiolico  aldeide  apiolica  apione 


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—  554  — 

si  nota  che  in  tutti  questi  composti  è  contenuto  il  nucleo  fondamentale  del- 
Tapione,  Tacido  apiolico  e  l'aldeide  apiolica  si  possono  per  tanto  considerare 
come  derivati  dell'apione  : 

C»  H9  O4  Cg  H9  O4 

CHO  COOH 

aldeide  apiolica  acido  apiolico  0  acido  apioncarbonico. 

«  Comparando  infine  direttamente  la  formola  dell  apiolo  e  dell'  isapiolo 
con  quella  dell'apione,  risulta  che  quest'ultimo  differisce  dai  primi  per  con- 
tenere un  idrogeno  invece  di  un  gruppo  «  C3  H5  » .  Se  si  considera  che  il  residuo 
allilico  molto  spesso  si  riscontra  nei  composti  organici  naturali  e  specialmente 
in  quelli  che  si  ottennero  dalle  umbellifere  e  se  si  tiene  conto  del  fatto  ohe 
Tapiolo  e  V  isapiolo  danno  per  ossidazione  un  acido  monocarbossilico,  Tapio- 
lico,  si  può  come  prima  ipotesi  ammettere,  che  il  residuo  G3  H5  sia  contenuto 
in  questi  composti  in  forma  di  un'unica  catena  laterale,  che  cioè  apiolo  ed 
isapiolo  sieno  due  propenilapioni  isomeri  della  formola  : 

C9  H.9  O4 

C3  H5 
«  Se  si  considera  infine  che  tanto  l'apiolo  che  l' isapiolo  danno  gli  stessi 
prodotti  di  ossidazione  (acido  ed  aldeide  apiolica),  (non  tenendo  conto  per  ora 
del  composto  neutro  ottenuto  soltanto  dall' apiolo  col  camaleonte,  che  fonde 
a  122^  e  che  contiene  certo  lo  stesso  numero  d'atomi  di  carbonio  che  esistono 
nell'apiolo)  si  arriva  alla  conclusione;  che  l' isomerìa  delle  due  sostanze  risie- 
derà probabilmente  appunto  nella  costituzione  del  residuo  C3  H5 .  L'apiolo 
e  r  isapiolo  potrebbero  avere  perciò  le  formolo  : 

Cg  H9  O4  C9  H9  O4  C9  II9  O4 

CH  CH, 


CH 


1 
Il  CH,  CH3 


CH3  CHg 

Dando  p.  es.  all'  isapiolo  la  prima  di  queste  formolo  si  spiega  molto  elegan- 
temente la  sua  scissione  per  ossidazione  con  l'acido  cromico  in  aldeide  apio- 
lica ed  acetica: 

C9  H9  O4  C9  H9  O4 


il 


CHO 


l 


+  0,= 

CH  CHO 

I 

Jn.^  CHj 

isapiolo. 

»  Sulla  natura  dell'apione,  non  si  possono  fare  presentemente  che  delle 
congetture,  che  devono  essere  considerate  come  lo  schema  che  ci  servirà  di 
guida  nelle  ricerche  che  presentemente  ci  occupano. 


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—  555  — 

k  Se  si  tiene  conto  dei  seguenti  fatti:  che  Tapiolo  e  Tisapiolo  sono  com-  - 
posti  indifferenti  insolubili  nei  carbonati  ed  anche  negli  idrati  alcalini,  che 
non  danno  ne  idrazoni,  ne  ossime  ;  che  l'acido  apiolico  non  dà  per  ossidazione 
ulteriore  che  acido  acetico  ed  ossalico  ;  che  lapione  è  del  pari  un  corpo  neutro 
molto  volatile  e  di  odore  aromatico  aggradevole  ed  in  fine  che  il  nucleo  apio- 
nico  per  la  &cilità  con  cui  dà  composti  nitrici  è  assai  probabilmente  di  natura 
aromatica,  si  viene  alla  conchiusione  : 

che  Tapione  è  probabilmente  un  etere  d*un  fenolo  poliatomico  che  non  con- 
tiene catene  laterali  unite  direttamente  al  carbonio  aromatico  (i). 

«  Queste  considerazioni  noi  le  esponiamo  con  la  massima  riserva  e  spe- 
riamo dì  potere  in  breve  tempo  trovare  in  una  nuova  serie  di  fatti  la  con- 
fermazione dei  nostri  concetti.  A  questo  scopo  ci  riserbiamo  l'ulteriore  studio 
dei  prodotti  d'ossidazione  deU'apiolo  ed  isapiolo  e  dei  loro  derivati. 

APPENDICE 

tt  In  seguito  alle  note  proprietà  terapeutiche  dellapiolo,  abbiamo  invitato 
i  sigg.  dottori  Francesco  Gervellin  e  Felice  Lussanna,  assistenti  alla  Clinica 
Medica  di  Padova,  diretta  dal  eh.  sig.  prof.  A.  De  Giovanni,  di  volere  intra- 
prendere alcuni  studi  sulle  proprietà  fisiologiche  e  terapeutiche  dell'Isapiolo, 
nella  speranza  che  questo  composto  potesse  avere  un'azione  più  efficace  e  più 
vantaggiosa  dell' apiolo  naturale.  Ecco  quanto  i  due  egregi  giovani  clinici  vol- 
lero cortesemente  comunicarci   «  L'Isapiolo  ha  un'azione  sul  sistema  vasomo- 
u  torio.  A  piccole  dosi  0,2-0,4  gr.,  somministrato  per  la  via  digestiva,  si  ottiene 
«  mezz'ora  od  un'ora  dopo  l' ingestione,  eccitazione  cardiaca  con  polso  valido 
K  ed  espanso  ;  a  dosi  maggiori,  0,6-0,8  gr.,  polso  dicroto,  che  persiste  a  lungo, 
«  per  parecchi  giorni,  anche  dopo  la  sospensione  del  preparato,  se  questo  prima 
«  lo  si  era  sonmiinistrato  per  vari  giorni  ;  a  questo  fa  talvolta  seguito  aritmia 
«  cardiaca  ed  irregolarità  del  polso. 

«  L' isapiolo  porta  come  l'apiolo  naturale  un  senso  di  calore  al  capo  e 
«pass^giero  esilaramento.  Le  dosi  ripetute  danno  distiirbi  digestivi,  dolore 
«  e  peso  allo  stomaco,  inappetenza,  qualche  dolore  di  ventre,  dolor  di  capo 
«  e  perfino  febbre.  Non  dette  nessun  resultato  come  emmenagogo,  e  diede  pure 
ft  resultato  negativo  in  un  malarico  ^ . 

(})  Quasi  involontariamente  si  è  tentati,  dopo  quanto  s'è  esposto,  a  suppone  che 
Tapione  possa  avere  la  seguente  costituzione  : 

(q>ch.  (o>^h« 

G.H,  VQ(^g  \    ,  Tapiolo  e  T  isapiolo  avrebbero  per  conseguenza  la  formola  C«H  VQng  \ 


|(pCH, 


e  sarebbero  come  si  vede  sostanze  analoghe  al  safrolo    C«  H»  <  O'^      * .    (Vedi  Beri. 
Ber.  XIX,  1098). 


^CH. 


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—  566  — 


Ghìmica.  —  Sulla  trasformazione  del  metilchetolo  in  chinai- 
dina.  Nota  di  Gaetano  Magnanini  (')  presentata  dal  Socio  Can- 

NIZZARO. 


«  Alcuni  mesi  fa,  in  una  Nota  presentata  a  questa  Accademia  (^),  ho 
dimostrato  che  il  metilchetolo  e  lo  scatole  si  trasformano  per  azione  del  clo- 
roformio e  del  bromoformio,  in  presenza  di  alcoolato  sodico,  in  basi  alogenate, 
rispettivamente  isomere  tra  di  loro,  alle  quaU  spettano  le  formule  Ciò  Hg  NGl 
e  Ciò  Hs  NBr.  Lo  studio  di  quella  reazione  fii  da  me  intrapreso  allo  scopo 
di  verificare  la  natura  piirolioa  della  molecola  dell'indole  e  stabilire  cosi 
una  analogia  che,  sebbene  prevista,  non  era  allora,  si  può  dire,  ancora  stata 
dimostrata.  Ammisi  pertanto  che  le  sostanze  Ciò  Hg  N  CI  e  Ciò  Hg  N  Br  fos- 
sero derivati  di  sostituzione  rispettivamente  di  due  monometilchinoline,  e  che 
l'addizione  di  un  atomo  di  carbonio  nel  metilchetolo  e  nello  scatole,  fatta 
col  mezzo  del  cloroformio  e  del  bromoformio  fosse,  per  conseguenza,  parago- 
nabile alla  formazione  della  /9-ploro-  e  /^-bromo-pirìdina  dal  pirrolo  col  mezzo 
dei  medesimi  reattivi.  La  mancanza  di  materiale  mi  impedi  però  ^  verificare 
la  natura  chinolica  delle  nuove  sostanze  da  me  descritte,  e  promisi  dì  ritor- 
nare suir  argomento. 

»  Delle  quattro  sostanze  alogenate,  una,  quella  ottenuta  dal  metilche- 
tolo con  bromoformio,  si  è  lasciata  ridurre,  ed  ho  potuto  isolare  una  base, 
priva  di  bromo,  la  quale  ha  la  composizione  e  le  proprietà  della  chinaldina. 
La  formazione  della  chinaldina  dal  metilchetolo  presenta  poi  anche  un  certo 
interesse,  perchè  è  la  prima  volta  che  dagli  indoli  si  ottiene  un  derivato 
noto  della  chinolina. 


tt  4  gr.  di  bromochinaldina,  ottenuta  dal  metilchetolo  col  metodo  de- 
scritto (3),  vennero  rinchiusi  in  4  tubi  di  vetro,  1  gr.  per  ciascun  tubo,  con 

10  volte  il  proprio  peso  di  acido  iodidrico  concentrato  ed  una  piccola  quan- 
tità di  fosforo  amorfo  e  si  riscaldò  a  180^  per  6-7  ore. 

«  Il  contenuto  dei  tubi  venne  soprasaturato  con  potassa  e  distillato  in 
una  corrente  di  vapore  acqueo  il  quale  trascina  un  olio  alcalino  di  intenso 
odore  chinolinico;  questo  olio,  dopo  un  riposo  di  12  ore,  non  si  è  solidificato. 

11  distillato  venne  estratto  con  etere  e  l'estratto  etereo  seccato  con  potassa 
solida;  scacciato  l'etere  a  bagno-maria  rimase  l'olio  il  quale  venne  distillato 
direttamente.  La  maggior  parte  della  sostanza  passa  intorno  ai  238*-240'; 

(i)  Lavoro  eseguito  neiristituto  chimico  della  R.  Università  di  Padova. 
(*)  Rendiconti,  seduta  del  12  giugno  1887. 
(3)  Loco  cit. 


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—  557  — 

venne  raccolta  questa  frazione,  trascurando  una  piccola  quantità  di  una  ma- 
teria bollente  a  temperatura  più  elevata  e  costituita  in  massima  parte  da 
bromochinaldina  inalterata. 

•  La  sostanza  ottenuta  dà  con  ossido  di  rame  alla  fianmia  ancora  la 
reazione  del  bromo  dovuta  ad  una  piccola  quantità  dì  bromo-chinaldina.  Mi 
sono  servito,  per  separare  la  chinaldina,  della  precipitazione  frazionata  aggiun- 
gendo successivamente  una  soluzione  alcoolica  di  acido  picrico  in  difetto,  alla 
soluzione  alcoolica,  riscaldata,  della  sostanza.  Per  ra&eddamento  si  separano 
da  principio  degli  aghi  filiformi  gialli  che  fondono  a  192^'  e  che  sono  picrato 
di  chinaldina;  le  ultime  frazioni  sono  costituite  da  aghettini  corti  i  quali 
posseggono  le  proprietà  del  picrato  di  bromochinaldina.  Io  ho  analizzato  il 
picrato  ottenuto  nella  prima  precipitazione,  il  quale  fondeva  esattamente  a  192<* 
ed  ho  ottenuto  il  risultato  seguente: 
gr.  0,2772  di  sostanza  dettero  gr.  0,5293  di  CO2  e  gr.  0,0871  di  Hj  0. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ci»  H»  N  C«  U>  (NO.),  OH 

C   52.07  51.61 

H     3.48  3.23 

«  I  picrati  fusibili  intorno  a  192®,  ottenuti  nei  successivi  frazionamenti 
vennero  riuniti,  si  mise  la  base  in  libertà  con  potassa  e  si  distillò  la  solu- 
zione alcalina  in  una  corrente  di  vapore  ;  dal  distillato  venne  estratta  la  base 
con  etere,  scacciato  l'etere,  acidificato  il  residuo  con  acido  cloridrico  e  la 
soluzione  acida  precipitata  con  cloruro  di  platino.  Si  separano  così  dalla  so- 
luzione degli  aghi  giallo-aranciati,  i  quali  cristallizzati  dalla  soluzione  clo- 
ridrica si  trasformano  in  prismi  rosso-aranciati,  fusibili  a  228^-230**  ;  l'analisi 
di  questo  sale,  seccato  a  100®,  ha  dato  il  risultato  seguente: 
gr.  0,3324  di  sostanza  calcinati  dettero  gr.  0,0930  di  Pt. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  (Co  H»  NH  CI),  Pt  CI4 

Pt  27.95  27.95  (>) 

«  Le  analisi  del  picrato  e  del  cloroplatinato  della  base  ottenuta  nella 
riduzione  della  sostanza  bromurata,  dimostrano  che  quella  base  ha  la  com- 
posizione di  una  metilchinolina.  Ora,  prescindendo  dalle  toluchinoline  otte- 
nute da  Skraup  (^),  le  quali  contengono  il  metile  nell'anello  aromatico  e  pos- 
seggono per  conseguenza  formolo  che  non  si  possono  attribuire  alla  metil- 
chinolina che  si  ha  dal  metilchetolo,  si  coAOScono  tre  metilchinolìne,  tutte 
quelle  previste  dalla  teoria,  le  quali  contengono  U  metile  nel  nucleo  piridico. 
Esse  sono:  la  lepidina  che  è  stata  ottenuta  dalla  cinconina  (^)  e  che  contiene 


0)  Pt==  194.34 

(«)  Monatshefte  fìlr  Chemie  II,  153  ;  m,  382. 

(3)  Williams,  Jahresberìchte  f.  Ghem.  1855,  1856,  1863. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1«  Sem.  72 


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—  558  — 

il  metile  in  posizione  /;  la  /^-metìlcUnolina  ottenuta  col  mezzo  dell'aldeide 
propilica  da  Doebner  e  Miller  (^)  ;  e  la  chinaldina  la  quale  contiene  il  metile 
in  posizione  a, 

«  Quantunque  il  punto  di  ebollizione  della  base  ottenuta  da  me  ed  il 
punto  di  fusione  del  picrato  analizzato  escludano  per  quella  sostanza  Tiden- 
tità  colla  lepidina  e  colla  /?-metilchinolina,  io  ho  voluto  preparare  il  jodo- 
metilato  della  mia  base,  ed  bo  trovato  che  coincide  perfettamente  nelle  sue 
proprietà  col  jodometilato  di  chinaldina.  A  tale  scopo  la  base  venne  riscal- 
data a  100**  in  tubo  chiuso  per  circa  10  minuti  con  un  eccesso  di  joduro  di 
metile;  venne  scacciato  Teccesso  del  reattivo  a  bagno-maria  e  ripreso  il  re- 
siduo con  acqua  scolorando  con  carbone  animale  ;  la  soluzione  qi^asi  scolorata 
venne  concentrata  nel  vuoto  sull'acido  solforico,  ed  il  residuo  cristallizzato 
dall'alcool  assoluto  bollente.  Si  ottennero  così  degli  aghi  di  un  bel  colore 
giallo  citrino,  fusibili  a  195^.  Biscaldati  in  presenza  dell'aria  a  bagno-maria 
con  una  soluzione  concentrata  di  potassa,  danno  origine  ad  una  materia  colo- 
rante di  un  rosso-carminio,  solubile  nell'alcool.  Secondo  Doebner  e  Miller  (2) 
questa  reazione  che  è  caratteristica  per  il  jodometilato  di  chinaldina  non  è 
comune  al  jodometilato  di  /9-metilchinolina. 

«  Il  seguente  specchietto  mentre  dimostra  l'identità  della  base  ottenuta 
dal  metilchetolo  colla  chinaldina  di  Doebner  e  Miller,  mette  anche  in  rilievo 
le  differenze  che  si  osservano  nei  derivati  delle  tre  metilchinoline  : 


Base 

ottenuta 
dal 

Chinaldina 

^-Metilchinolina 

Lepidina 

metilchetolo 

Punto  di  ebol- 
lizione .... 

intomo 
238^-240*' 

240° 

250° 

256° 

Picrato 

192^ 

192°  incofit. 

KnOTT  (3). 

187° 
Doebner  e  Miller  P) 

207°-208° 
Doebner  e  MiUer  (^) 

CloToplatinato . 

228«-230° 

226*>-230°,A-- 
zcher  e  Ku- 
zel;    226% 
Friediànder 
e  Góhring 

226°-230° 
Knorr 

lodometilato .  • 

195° 

195° 
Doebner   e 
Miller 

221° 
Doebner  e  Miller 

1730.1740 
Doebner  e  Miller 

0)  Beri.  Ber.  XVHI,  1640. 

(2)  Beri.  Berichte  XVIII,  1643. 

(3)  Liebig's  Annalen  236,  96. 
(*)  Beri.  Ber.  XVHI  1646. 


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—  559  — 

«  La  formazione  della  chinaldìna  dal  metilchetolo  dimostra,  prima  di 
tutto,  che  le  sostanze  alogenate  ottenute  dal  metilchetolo  col  cloroformio  e 
col  bromoformio  non  sono  altro  che,  rispettivamente,  una  monooloro-  ed  una 
monobromo-chinaldina.  A  stabilirne  però  la  costituzione  occorre  conoscere  la 
posizione  deiralogeno.  Già  nella  mia  Nota  citata  io  feci  vedere  come  molto 
probabilmente  in  queste  sostanze  il  cloro  ed  il  bromo  occupassero  la  posi- 
zione fi  del  nucleo  piridico.  Dimostrai  questo  fitcendo  Tipotesi  che  sul  me- 
tilchetolo e  sullo  scatole  il  cloroformio  ed  il  bromoformio  agissero  alla  stessa 
guisa  e  che  Tatomo  di  carbonio,  che  entrava  nella  molecola  di  quelle  sostanze, 
entrasse  in  entrambe  nella  didesima  posizione.  Questa  ipotesi  era  plausibile, 
in  quanto  che  il  metilchetolo  e  lo  scatole  non  differiscono  fra  di  loro  che 
per  la  posizione  del  metile  nella  molecola.  La  formazione  della  chinaldina 
dal  metilchetolo,  dimostrando  che,  nella  bromobase  e,  per  conseguenza  con 
tutta  probabilità,  anche  nella  clorobase  che  si  ottiene  da  questo,  il  metile 
si  trova  nella  posizione  a  del  nucleo  piridico,  permette  di  determinare  anche 
la  posizione  deiralogeno  nella  cloro-  e  nella  bromochinaldina.  Invero  si  co- 
nosce una  clorochinaldina,  fusibile  a  42^-48^,  che  è  stata  ottenuta  da  M.  Conrad 
ed  L.  Limpach  (i),  la  quale  contiene  il  cloro  in  posizione  /.  Siccome  la  cloro- 
chinaldina che  io  ho  otÌM«uia  dal  metilchetolo  fonde  a  7P-72*»  ed  è  per  con- 
seguenza diversa  da  quella  di  M.  Conrad  ed  L.  Limpach,  e  siccome  la  posi- 
zione a  è  già  occupata  in  entrambe  le  clorometilchinoline  dal  metile,  l'alogeno 
non  può  occupare  nella  mia  clorochinaldina  che  la  terza  ed  ultima  posizione 
rimanente.  L'isomeria  delle  due  sostanze  è  indicata  per  conseguenza  dalle 
seguenti  formule: 

CI 

CH3  CH3 

N  N 

CloTOchinaldiiia  dì  Conrad  e  Limpach        Clorochinaldina  dal  metilchetolo 

«  Con  questo  rimane  definitivamente  dimostrato  che  l'atomo  di  carbonio 
che  entra  nella  molecola  dell'indole,  nelle  reazioni  col  cloroformio  e  col  bro- 
moformio, va  ad  occupare  la  posizione  fi  nel  nucleo  piridico  del  derivato 
chinolinico  che  si  forma,  come  avviene  neUe  corrispondenti  metamorfosi  del 
pirrolo.  Dalle  ricerche  di  E.  Fischer  e  A.  Steche  (2)  risulta  che  quando  la 
trasformazione  degli  indoli  in  chinoline  viene  fatta  invece  per  mezzo  del  jo- 
duro  di  metile,  il  gruppo  metilenico  entra  in  posizione  a,  probabilmente  perchè 
in  questo  caso  si  ottengono  delle  idrochinoline  che  sono  basi  secondarie  *. 

(i)  Beri.  Ber.  XX,  952. 

(2)  Liebig's  Annalen.  Verwandlung  der  Indole  in  Hydrochinoline  242,  348. 


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—  560  — 


Chimica.  —  Sopra  alcuni  derivati  della  pirrolenftalide.  Nota 
di  Francesco  Anderlini,  presentata  dal  Socio  Cannizzaro  (0. 

tf  Fra  ì  derivati  del  pirrolo  e  quelli  del  benzolo  ftirono  riscontrate  molte 
analogie  circa  la  loro  genesi  e  costituzione  come  venne  posto  in  evidenza  dal 
prof.  Ciamician  nella  sua  Monografia  sui  composti  del  pirrolo  (^). 

«  Tuttavia  la  sostituzione  dell'idrogeno  nei  due  nuclei  non  si  ottiene 
con  eguale  facilità,  anzi,  per  quanto  lo  stesso  #rof.  Ciamician  potè  intrave- 
dere (^),  il  pirrolo,  in  via  generale,  offre  minore  resistenza  e  permette  di 
introdurre  nella  sua  molecola  altri  elementi  o  radicali  con  maggiore  facilità 
che  il  benzolo.  Scopo  precipuo  del  presente  lavoro  si  è  appunto  di  contribuire 
a  dilucidare  questo  punto. 

«  Uno  dei  composti  che  parve  dovesse  prestarsi  sufficientemente  a  tale 
dimostrazione  per  la  sua  stabilità  e  resistenza  al  calore,  è  la  pirrolenftalide 

\/ 
C 

CO, 

ottenuta  da  Ciamician  e  Dennstedt  (0  per  razione  dell'anidride  ftalica  sul 
pirrolo.  Questi  chimici  studiarono  il  suo  modo  dì  comportarsi  colla  potassa,  la 
quale  la  trasforma  nell'acido  pirrolenfenilcarbinol-o-carbonico 

C^H^N 

COH 
C«  H*(^ 

COOH. 

«  La  costituzione  della  pirrolenftalide  ammessa  da  Ciamician  e  Denn- 
stedt non  è  stata  dimostrata  in  modo  assoluto,  ma  apparisce  probabile  da 
tutto  il  suo  modo  di  comportarsi. 

«  Io  ho  cercato  di  ottenere  un  composto  idrazinico  della  pirrolenftalide, 
perchè  in  questi  ultimi  tempi  è  stato  dimostrato  (^),  che  anche  i  lattoni, 
come  p.  es.  la  fkalide,  reagiscono  con  la  fenilidrazina. 

P)  Lavoro  eseguito  neir  Istituto  di  chimica  dell' Università  di  Padova. 

(*)  //  pirrolo  ed  i  suoi  derivati.  Acc.  dei  Lincei.  Ser.  4*,  voi.  IV,  1887. 

(«)  Ibid. 

(*)  Acc.  L.  M.  XIX,  (183a^4). 

(5)  W.  Wislicenus,  Ber.  deut.  chem.  Gesell.  XX,  40L 


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—  561  — 

K  La  pirrolenftalide  però  non  si  combina  con  questo  reattiro,  e  non 
ottenni  nessun  risultato  con  la  fenilidrazina  né  direttamente  nò  in  presenza 
di  acido  acetico. 

•  L'acido  pirrolenfenilcarbinol-o-carbonico  si  trasforma  per  riscaldamento 
nell'anidride  da  cui  deriva.  Io  ho  voluto  studiare  il  comportamento  di  un 
sale  di  tale  acido,  perchè  in  questo  caso  la  formazione  dell'anidride  non  è 
più  possibile. 

«  La  pirrolenftalide  venne  sciolta  nella  potassa  concentrata,  a  caldo,  e 
poi,  dopo  eliminata  tutta  l'acqua,  venne  mescolato  il  residuo  con  circa  10  volte 
il  suo  peso  di  carbonato  potassico,  il  miscuglio  introdotto  in  una  stortina  e 
scaldato  in  bagno  di  lega  metallica  oltre  i  360®.  Distillò  un  liquido  i  cui 
vapori  coloravano  vivamente  un  fuscello  d'abete,  accompagnato  da  altro  liquido 
che  presentava  le  proprietà  del  benzolo. 

Azione  del  bromo  in  soluzione  alcalina 
sull'acido  pirrolenfenilcarbinol'O-carbonico. 

«  La  pirrolenftalide  venne  sciolta  nella  potassa  a  caldo,  e  prima  del 
raffreddamento  fu  aggiunto  un  eccesso  di  bromo  rapidamente.  Il  liquido  reso 
alcalino  venne  agitato  con  etere,  il  quale  estrasse  un  corpo  insolubile  nel- 
l'acqua, solubile  nell'alcool,  che  si  colorava  in  verde  scuro  coli' acido  solforico, 
instabile  e  contiOnente  bromo;  possedeva  infine  tutte  le  proprietà  che  offre 
il  tetrabromopirrolo  col  quale  fu  confrontato. 

«  Il  liquido  acquoso  ed  alcalino  fu  trattato  con  acido  solforoso  fino  a 
reazione  acida  ed  esso  pure  agitato  con  etere.  Il  residuo  lasciato  dall'estratto 
etereo  presentava  l'aspetto  dell'acido  ftalico^  col  quale  del  resto  fa  identi- 
ficato coi  dati  dell'analisi  del  sale  d'argento,  colla  formazione  della  fluore- 
sceina,  scaldandolo  colla  resorcina  ed  acido  solforico,  e  col  suo  punto  di  fusione. 

«  L'acido  pirrolenfenilcarbinol'O'Carbonico  si  scinde  dunque  per  l'azione 
del  bromo  in  soluzione  alcalina  in  tetrabromopirrolo  ed  acido  ftalico.  Questa 
reazione  ha  servito  per  riconoscere  la  posizione  del  bromo  e  del  residuo  ni- 
trico nei  prodotti  di  sostituzione  della  pirrolenftalide. 

Bibromopirrolenftalide. 

«  Sopra  2  grammi  di  pirrolenftalide,  sciolta  in  15  grammi  di  ac.  acetico 
glaciale,  furono  fatti  agire  a  caldo  8  grammi  di  bromo  versato  a  piccole  por- 
zioni ed  agitando.  Per  raffi-eddamento  si  separarono  dei  cristalli  fortemente  co- 
brati  in  bruno,  che  furono  liberati  dal  liquido  madre  il  più  che  fu  possi- 
bile ed  indi  fatti  cristallizzare  dall'alcool.  Si  ottennero  in  tal  guisa  circa 
gr.  1,3  di  prodotto  fondente  a  198®.  Dopo  ripetute  cristallizzazioni  dall'alcole 
bollente  il  punto  di  fusione  rimase  fisso  a  199®. 


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—  562  — 

«  Una  determmazione  di  bromo  nella  sostanza  seccata  sull'acido  solfo- 
rico nel  vuoto  condusse  ai  risultati  seguenti: 
0,2188  gr.  diedero  0,2314  gr.  di  Ag  Br. 

((  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  C*  H»  Br«  NO» 

Br        45,00  45,07 

«  La  bibromopirrolenftalide  fatta  cristallizzare  dall'alcool  si  presenta  in 
piccoli  aghi  disposti  a  fascetti,  di  un  bel  colore  giallo  vivo;  disseccati  for- 
mano una  massa  dall'aspetto  della  seta.  È  insolubile  nell'acqua,  solubile  con 
difficoltà  nell'alcool  anche  a  caldo,  pochissimo  a  freddo  e  così  nell'etere. 
CoU'acido  solforico  concentrato  produce  una  bella  colorazione  rosso-viva, 

Mononitropirrolenftalide, 

((  L'acido  nitrico  concentrato  scioglie  la  pirrolenftalide  con  grande  faci- 
lità dando  origine  ad  un  nitroderivato.  Per  prepararlo  si  procede  n^l  modo 
seguente.  Si  scioglie  la  pirrolenftalide,  introducendola  a  poco  a  poco,  in  un 
eccesso  di  acido  nitrico  concentrato,  e  si  precipita  con  acqua.  Si  separa  un 
precipitato  fioccoso  giallognolo,  che  si  raccoglie  su  di  un  filtro  e  si  lava  con 
acqua  per  liberarlo  dall'acido.  La  massa  seccata  si  scioglie  nell'alcool  caldo 
bollendo  coU'aggiunta  di  carbone  animale.  La  soluzione  filtrata  abbandona 
pel  rafl^eddamento  degli  aghi  giallognoli,  che  si  fanno  ripetutamente  cristal- 
lizzare dall'alcool  per  depurarli. 

((  Analizzato  condusse  ai  risultati  che  corrispondono  con  la  formola 
C^*  W  (N0«)  N0« 

I.  0,2500  gr.  diedero  0,5700  gr.  di  CO*  e  0,0618  gr.  di  H*  0. 

II.  0,1940  gr.  svolsero  19  e.  e.  di  azoto  misurato  a  1P,5  e  756,7  nun. 

trovato  calcolato  per  C>«  H«  (NO»)  NO» 

I  II 

C        59,79  —  59,50 

H  2,64  —  2,48 

N  —  11,62  11,57 

tf  Questo  composto  è  poco  solubile  nell'alcool  caldo,  quasi  insolubile  in 
quello  freddo,  appena  solubile  nell'etere  caldo,  insolubile  nell'acqua.  Dalla 
soluzione  alcoolica  calda  si  deposita  pel  raEfreddamento  in  aghi  minutissimi 
disposti  in  gruppi  a  guisa  di  ventaglio. 

«  La  riduzione  "con  stagno  ed  acido  cloridrico  fornì  delle  materie  amorfe, 
che  non  vennero  però  studiate  ulteriormente. 

«  Tanto  il  bromo  che  il  nitroderivato  sotto  l'influenza  del  bromo  in 
presenza  di  potassa  si  decompongono  formando  acido  ftalico.  Per  constatare 
questo  fatto  si  scioglie  sia  il  bromocomposto  sia  il  nitroderivato  nella  potassa 
a  caldo,  e  prima  che  la  soluzione  si  raffreddi,  si  aggiunge  del  bromo  goccia 
a  goccia.  Quando  il  liquido  si  è  raffreddato,  si  acidifica  con  acido  solforoso 


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—  563  — 

e  si  estrae  con  etere.  La  soluzione  eterea  abbandona  per  Tevaporazione  delle 
sqnamette  piti  o  meno  colorate,  che  si  rendono  bianche  per  ripetute  cristal- 
lizzazioni. L' identità  dell'acido  ottenuto  dai  due  derivati  della  pìrrolenftalide 
con  l'acido  ftalico,  fu  rilevata  seguendo  il  modo  indicato  più  sopra. 

«  Dalla  formazione  di  acido  ftalico  dalla  nitropirrolenftalide  e  dalla 
bibromopirrolenftalide  con  ipobromito  potassico  risulta  evidente,  che  nei 
due  composti,  il  bromo  ed  il  residuo  nìtrico  si  trovano  nel  nucleo  pirrolico  e 
non  neiraromatico.  Le  formolo  dì  questi  due  composti  sono  pertanto 


C*HBr*N 

C*H*(NO*)N 

\/ 

\/ 

0 

C 

/\ 

/\ 

C«  H*          0         e 

C«H«          0 

\/ 

\/ 

CO 

CU 

«  I  fatti  qui  esposti  contribuiscono  a  dimostrare  la  maggiore  facilità 
di  sostituzione  degli  atomi  di  idrogeno  del  nucleo  del  pirrolo  in  confronto 
di  quelli  del  nucleo  benzolico  « . 


MEMORIE 
DA  SOTTOPORSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI  ' 

E.  Pascal.  Sopra  le  relazioni  che  possono  sussistere  identicamente 
tra  formazioni  simboliche  del  tipo  invariantivo  nella  teoria  delle  forme 
algebriche.  Presentata  a  nome  del  Corrispondente  De  Paolis. 


RELAZIONI  DI  COMMISSIONI 

Il  Socio  Struver,  relatore,  a  nome  anche  del  Socio  Cannizzaro,  legge 
una  Relazione  sulla  Memoria  del  prof.  F.  Mauro,  intitolata:  Studio  sui 
fluossisali  di  Molibdeno^  concludendo  per  l'inserzione  del  lavoro  negli  Atti 
accademici. 

Le  conclusioni  della  Commissione,  messe  ai  voti  dal  Presidente,  sono 
approvate  dalla  Classe,  salvo  le  consuete  riserve. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  Segretario  Blasbrna  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  facendo 
partdcolar  menzione  delle  opere  seguenti  di  Soci  e  di  estranei: 
A.  D'Abbadie.  Récit  d'un  voyage  magnétique  en  Orient. 


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—  564  — 

D.  LovisATO.  Cenni  geologici  mila  Sardegna.  —  Déscription  des  roches 
recueillies  à  la  Terre  de  Feu. 

P.  A.  Saccardo.  Silloge  fwngorum^  omnium  huctisque  eognitorum. 
Voi.  VII,  parte  1*. 

G.  E.  Saltini.  Della  vita  e  delle  opere  di  Giuseppe  Martelli^  archi- 
tetto e  ingegnere  fiorentino.  Cion  atlante  inciso  da  F.  Livy. 

n  Socio  Govi  offre  in  dono  all'Accademia  un  suo  scritto  intitolato:  Il 
miscroscopio  composto  inventato  da  Galileo.  •  In  questo  scritto,  soggiunge  il 
prof.  Govi,  riportando  un  documento  a  stampa  contemporaneo,  provo  che  già 
nel  1610  Galileo  aveva  trasformato  il  cannocchiale  olandese  in  microscopio, 
per  guardare  oggetti  vicinissimi  e  scorgervi  quei  particolari  che  l'occhio  nudo 
non  sarebbe  giunto  a  discernere  ;  come,  per  esempio,  gli  occhi  di  alcuni  in- 
setti, ecc.  ecc.  Egli  ne  riparlò  a  Giovanni  Tarde  nel  1614,  raccontandogli 
certe  sue  osservazioni  sulle  mosche,  e  nel  1622,  scrivendo  il  Saggiatore^ 
consigliò  al  Padre  Grassi  di  osservare  le  più  minute  scabrosità  dei  corpi 
valendosi  del  cannocchiale,  disposto  per  veder  da  vicino.  Galileo  aveva  dunque 
indubbiamente  inventato  e  adoperato  fin  dal  1610  un  microscopio  composto^  con 
l'obbiettivo  convesso  e  coU'oculare  concavo,  quello  stesso  microscopio  che  oggi 
i  Micrografi  conoscono  e  adoperano,  chiamandolo  Lente  di  Brake.  Cornelio 
Drebbel  ricavò  più  tardi  (nel  1621)  un  altro  microscopio  composto,  dal  can- 
nocchiale del  Keppler,  ed  è  il  microscopio  composto  che  si  adopera  ancora 
a'  di  nostri,  perchè  scevro  di  quei  difetti,  che  limitavano  troppo  il  campo  e 
la  potenza  amplificante  del  microscopio  Galileano.  Galileo,  avendo  veduto  a 
Roma  nel  1624  il  microscopio  del  Drebbel,  si  rimise  a  fEibbricarne  de'  suoi, 
che  chiamò  allora  Occhialini^  sperando  forse  di  superar  con  essi  quelli  ve- 
nuti d'Olanda;  ma  dovette  accorgersi  presto  che  la  gara  non  era  sostenibile, 
sicché  da  allora  in  poi  non  ne  fece  più  altri,  né  si  hanno  prove  che  se  ne 
occupasse  ancora  negli  ultimi  quindici  anni  della  sua  vita.  Questa  fase  della 
storia  del  microscopio,  nel  1624,  raccontata  altre  volte  dall'Abate  Bezzi,  per 
dimostrare  che  Galileo  non  aveva  inventato  il  microscopio  composto,  si  leggerà 
assai  più  largamente  esposta  e  documentata  in  questo  mio  lavoro,  nel  quale 
mi  sono  studiato  di  correggere  parecchi  errori  del  Bezzi,  e  di  mostrare 
inoltre  che  i  primi  microscopi  semplici^  ossia  le  prime  lenti  d'ingran- 
dimento, vanno  attribuiti .  senza  dubbio  a  Buggero  Bacon  (alla  fine  del 
XIII  secolo);  rimanendo  pur  sempre  a  Salvino  degli  Armati  la  gloria  d'avere 
inventato  gli  occhiali  da  naso  per  viste  lunghe  e  corte.  Molte  altre  cose 
contiene  questa  scrittura  concementi  la  storia  dell'  Ottica  presso  gli  antichi, 
e  nei  tempi  di  mezzo,  sino  al  principio  del  secolo  XVII,  alle  quali  passerò 
sopra  per  brevità,  notando  soltanto  ancora  che  vi  dimostro,  con  documenti 
sincroni,  che  i  nomi  di  Telescopio  e  di  Microscopio  vennero  dati  a  questi 
due  strumenti  àdiX Accademia  dei  Lincei^  il  primo  essendo  stato  proposto 


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—  565.— 

dal  Cesi  o  dal  Demisiano,  Taltro  da  Giovanni  Faber  di  Bamberg  ;  e  tì  provo 
che  il  mioroscopìo  semplice  fatto  con  una  gocciola  o  perlina  di  vetro  fuso^ 
fa  ideato  ed  eseguito  prima  d'ogni  altro  da  Evangelista.  Torricelli  nel  1643, 
0  nel  1644,  così  che  si  può  adesso  affermare  che  l'invenzione  del  microsco- 
pio semplice  più  acuto  e  quella  del  primo  microscopio  composto  fatto  d*un 
vetro  convesso  e  d*un  concavo,  appartengono  incontestabiltiiente  all'Italia,  l'uno* 
dovendosi  al  Torricelli,  l'altro  a  Galileo  ». 

Il  Socio  ToDARo  offre,  a  nome  dell'autore,  una  pubblicazione  del  prof. 
L.  Brunetti  sulla  Tanniszasione  dei  tessuti^  dando  notizia  di  quanto  in 
essa  ò  trattato. 

D  Corrispondente  Tacchini  presenta  sei  Note  del  dott.G.GRABLOViTz  diret-^ 
tore  dell'Osservatorio  geodinamico  d'Ischia.  Delle  due  prime.  Sulle  sorgive  ter- 
mali del  porto  d'Ischia,  fii  già  pubblicato  un  sunto  nei  Rendiconti  dell'Acca- 
demia dell'agosto  1887.  La  terza  Nota  è  una  relazione  Sul  terremoto  del 
27  agosto  1886,  nella  quale  si  descrive  come  siasi  manifestato  nell'isola 
d'Ischia  quel  terremoto,  che  scosse  violentemente  la  Morea  e  s'estese  alla 
nostra  penìsola  :  dalla  detta  relazione  risulta,  che  l'isola  d'Ischia  si  trovò  quasi 
all'estremo  della  plaga  sensibilmente  scossa;  l'esame  poi  delle  variazioni  idro- 
termiche condusse  l'autore  ad  un  risultato  negativo.  Nella  quarta  Nota  Studi 
mareometrici  al  porto  d'Ischia,  l'autore  trova  per  Vora  del  porto  8^  49™, 
quale  medio  intervallo  in  tempo  solare  tra  il  passaggio  della  luna  al  meri- 
diano e  l'alta  marea  successiva  in  base  ad  osservazioni  fatte  anteriormente 
ad  Ischia  una  volta  al  giorno  per  la  durata  di  tre  mesi  e  da  lui  rintracciate. 
Coir  aiuto  delle  medesime  e  d'altre  eseguite  da  lui  stesso  sulla  fine  del  1886, 
determina  il  medio  livello  del  mare  nella  cifra  rotonda  di  60  cm.  sotto  l'orla 
della  panchina.  Conclude  collo  stabilire  che  la  scala  del  mareografo  da  im- 
piantarsi abbia  origine  a  m.  1,84  sotto  lo  stesso  punto,  in  prossimo  accorda 
coi  mareografi  dell'estuario  veneto. 

Nella  quinta  Nota,  Anemometria,  l'autore  considera  il  vento  sotto  il 
punto  di  vista  delle  sue  due  componenti  orizzontali  e  dimostra  l'utilità  di 
&me  pure  l'osservazione  diretta  sotto  questo  aspetto,  allo  scopo  di  calcolare 
con  tutta  l'accuratezza  analitica  quegli  elementi  che  si  ricavano  separatamente 
dall'anemometro  Bobinson  e  dall'anemoscopio,  cioè  la  velocità  e  la  direzione. 
Nella  sesta  Nota  descrive  l'Osservatorio  meteorologico  e  geodinamico  al  porto 
d'Ischia.  Tutte  queste  Note  sono  state  di  recente  pubblicate  negli  Annali 
dell'Ufficio  centrale  di  meteorologia  e  geodinamica. 


Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1°  Sem.  73 


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—  566  — 


PERSONALE  ACCADEMICO 

Il  Segretario  Blaserna  annimcia  la  perdita  fatta  dallAccademia  nella 
persona  del  suo  Socio  straniero  Gherardo  vom  Sath;  morto  il  23  aprile 
acorso.  Era  Socio  Corrispondente  dal  13  giugno  1879,  e  Socio  straniero  dal 
26  luglio  1883. 

Lo  stesso  Segretario  dà  comunicazione  di  una  lettera,  colla  quale  il 
prof.  BoDOLFO  LiPSGHiTZ  riDgrazia  per  la  sua  nomina  a  Socio  straniero,  e  si 
scusa  di  non  aver  potuto  mandar  prima  i  propri  ringraziamenti,  essendone 
stato  impedito  da  grave  malattia. 


CONCORSI    A    PREMI 

Il  Segretario  Blaserna  legge  il  seguente  elenco  dei  lavori  presentati 
per  concorrere  ai  premi  del  Ministero  della  pubblica  istruzione  per  le  seierue 
Matematiche,  1887-88. 

1.  Amodeo  Federico,  l)  Sopra  un  particolare  connesso  (2,  2)  con 
due  punti  singolari  e  due  rette  singolari  (st.).  —  2)  Sulle  coniche  bitan- 
genti  a  due  coniche  (st.). 

2.  Andriani  Angelo.  Elementi  di  geometria  euclidea  (st.). 

3.  Arno  Valentino.  Applicasioni  di  geometria  descrittiva  (st.). 

4.  Bettazzi  Bodolfo.  i)  Teoria  delle  grandezze  (ms.).  —  2)  Sul  con- 
cetto  di  numero  (st). 

5.  BiASi  Giovanni.  La  dualità  nella  congruenza  (ms.). 

6.  BoRDiGA  Giovanni.  1)  Studio  generale  della  quartica  normale  (st).  — 
2)  Di  alcune  superficie  del  S^  e  del  6^  ordine  che  si  deducono  dallo  spazio 
•a  sei  dimensioni  (st.).  —  3)  Le  surface  du  sixième  ordre  avec  six 
droites  (st.).  —  4)  Nouveaux  groupes  de  surfaces  à  deua  dimensions  dans 
les  espaces  à  n  dimensions  (st.).  —  5)  La  superficie  del  6^  ordine  con  dieci 
rette  nello  spazio  B4  e  le  sue  projezioni  nello  spazio  ordinario  (st).  — 
^)  Dei  complessi  in  generale  nello  spazio  a  4  dimensioni  ed  in  particolare 
di  uno  del  primo  ordine  e  della  quarta  classe.  Sua  projezione  nello  spazio 
ordinario.  Sua  rappresentazione.  Trasformazioni  dello  spazio  che  se  ne 
ottengono  ecc.  (ms.).  —  7)  Di  alcune  forme  rigate  (ms.). 

7.  Brambilla  Alberto.  1)  Ricerche  analitiche  intorno  alle  curve  gobbe 
razionali  del  4^  ordine  (st).  —  2)  Sopra  alcuni  casi  particolari  della 
curva  gobba  razionale  del  quarto  ordine  (st.).  —  3)  intorno  alla  quartica 


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—  567  — 

^^obba  dotata  di  due  tangenti  stazionarie  (st).  —  ^)  Le  omografe  che 
mutano  in  se  stessa  una  curva  gobba  razionale  del  quarto  ordine  (st).  — 
^)  Sopra  una  classe  di  superficie  algebriche  rappresentabili  punto  per 
punto  sul  piano.  Nota  1*  (st.). 

8.  Canella  Giuseppe.  Trattato  di  prospettiva  pratica  elementare  (ms.). 

9.  CoRDENONs  Pasquale.  Trattato  di  algebra  ad  uso  dei  Licei  e  degli 
istituti  tecnici  (st.). 

10.  De  Angelis  Nicola.  Equazione  rettificatrice  di  ogni  arco  circo- 
-  lare  per  approssimaiione  convergentissima  geometrizzabile  (ms.). 

11.  Delitala  Giuseppe,  i)  Ricerche  elementari  di  geometria  appli- 
cata (ms.).  —  2)  Sul  limite  di  precisione  delle  misure  angolari  (ms.). 

12.  Du  MoNTEL  Enrico.  Sul  significato  della  >  geometria  non  eucli- 
dea (ms.). 

13.  Galassini  Alfredo,  i)  Manuale  teorico-pratico  per  l'uso  del  regolo 
calcolatore  Mannheim  (st.).  —  2)  Filatura  della  layia  (st).  —  3)  //  techeo- 
metrino  e  il  regolo  techeometrico  Soldati  (st.). 

14.  Giuliani  Giulio,  i)  Alcune  osservazioni  di  aritmetica,  (ms.)  — 

2)  Sulla  potenza  ed  esponente  irrazionale  di  un  numero  irrazionale  (st.).  — 

3)  Sulle  fUiUioni  di  n  variabili  reali  che  soddisfano  alla 

4)  Sulla  funzione  potenziale  della  sfera  in  uno  spazio  di  n  dimensioni  (st.).  — 

5)  Sopra  certe  funzioni  analoghe  alle  sferiche  (st.).  —  6)  Osservazioni  sopra 
le  funzioni  sferiche  di  ordine  superiore  al  secondo  e  sopra  altre  funzioni 
che  se  ne  possono  dedurre  (ms.).  —  7)  Aggiunte  ad  una  Memoria  del  sig. 
Kummer  (ms.). 

15.  Pannelli  Marino,  i)  Sulle  trasformazioni  multiple  involutorie  di 
due  spazi  (st).  —  2)  Sui  connessi  ternari  di  2°  ordine  e  di  2*  classe  (st).  — 

^)  Sulle  trasformazioni  multiple  associate  ad  ogni  trasformazione  piana 
birazionale  (ms.).  —  4)  Sui  complessi  associati  ad  ogni  trasformazione 
arazionale  dello  spazio  (ms.).  —  5)  Sulle  superficie  del  quarto  ordine  gene- 
rate da  due  stelle  di  piani  e  da  una  rete  di  quadriche  projettive  fra  loro  (ms.). 

16.  Pierantoni  Luigi  Filippo.  Teoremi  inversi  delle  parallele  {ms.). 

17.  Pittarelli  Giulio,  i)  Sulle  curve  del  ter z' ordine  con  un  punto 
doppio  (st.).  —  2)  Gli  elementi  immaginari  delle  forme  binarie  cubiche 
(st).  —  3)  Le  curve  di  3^  ordine  e  di  4^  classe  (st). 

18.  Ketali  Virginio,  l)  Sulle  coniche  coniugate  (st).  —  2)  Sopra  la 
frojezione  immaginaria  della  superficie  del  second'ordine  e  delle  curve 
gobbe  del  quart' ordine  (st.).  —  3)  Osservazioni  analitico-geometriche  sulla 
proiezione  immaginaria  delle  curve  del  second'ordine  (st).  —  4)  Sull'im- 
maginario in  geometria  (ms.).  —  5)  Sulle  coniche  conjugate  degeneri  (st.).  — 

•^)  Sulle  forme  binarie  cubiche  (st.). 


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—  568  — 

19.  Ricotti  Mauro.  Elementi  di  aritmetica  razionale. esposti  con  rne^ 
todo  deduttivo  (st.). 

20.  Sadun  Elcia.  1)  SuUa  teoria  delle  funzioni  implicite  (st.)-  — 
2)  Sx  alcuni  teoremi  relativi  alla  divisione  algebrica  (st).  —  3)  Sìdla 
risoluzione  in  numeri  positivi  interi  o  nulli  delle  equazioni  : 

^+   ^2+   h^ f-   K  =  r 

1^1  +  2A2  +  3^3  -j \'nK  =  n 

21.  Torelli  Gabriele.  1)  Un  problema  sulle  espressioni  differen- 
ziali (st.).  —  2)  Sul  sistema  di  piU  forme  binarie  cubiche  (st.).  —  3)  Air 
cune  relazioni  fra  le  forme  invariantive  di  un  sistema  di  binarie  (st.).  — 
4)  Alcune  formole  relative  agli  integrali  ellittici  (st.).  —  5)  Su  qualche 
proprietà  delle  curve  piane  del  terz' ordine  fornite  di  un  punto  doppio  (st.). 

22.  ToRLASco  Antonio.  1)  I  numeri  irrazionali  e  le  operazioni  coi 
medesimi  elementarmente  e  rigorosamente  esposti  (ms.).  —  2)  La  teorica 
dei  numeri  negativi  (ms.).  —  3)  Appunti  geometrici  (ms.). 

23.  Varisco  Bernardino.  1)  Sui  numeri  primi  (st).  —  2)  L'indicatore 
nautico  (in  collaborazione  col  prof.  Pietro  Agnino)  (st.).  —  3)  Appendice 
all'Indicatore  nautico  (ms.).  —  4)  Memoria  suiropuscolo  L'indicatore  nau- 
tico (ms.). 

24.  Anonimo  («  Omnia  commutai  natura  et  vertere  cogit  »  Lucrezia 
lib.  V.).  Nuova  f or  mola  relativa  ai  poligoni  regolari  (ms.). 

U  Segretario  Blaserna  presenta  il  programma  di  concorso  a  due  premi, 
di  lire  2000  ciascuno,  istituiti  dall'Associazione  di  Proprietari  ed  Agricoltori 
di  Napoli. 

CORRISPONDENZA 

.  In  seguito  a  richiesta  del  Corrispondente  De  Paolis,  si  procede  dal  Pre- 
sidente all'apertura  di  un  piego  suggellato,  che  nella  seduta  del  6  marzo  1887 
era  stato  presentato  dal  Socio  stesso  per  prend3r  data. 

Il  Segretario  Blaserna  dà  comunicazione  della  corrispondenza  relativa . 
al  cambio  degli  Atti. 

Kingraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 
Il  Comitato  di  geologia  e  di  storia  naturale  di  Ottawa;  la  Società  d^li 
antiquari  di  Landra;  la  Società  filosolìca  ed  il  Museo  di  zoologia  comparata  di 
Cambridge;  la  E.  Biblioteca  dì  Berlino;  l'Osservatorio  di  Madison;  il  Comitato 
geologico  russo  di  Pietroburgo, 

Annunciano  l'invio  delle  loro  pubblicazioni: 
La  Presidenza  della  Camera  dei  Deputati;  il  Ministero  delle  Finanze;, 
la  R.  Scuola  Normale  Superiore  di  Pisa. 

P.  B. 


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—  569  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DEI.LA    R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 

Glasse  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

Seduta  del  20  maggio  1888. 

G.  FioRELLi  Vice-Presidente 


MEMORIE    E   NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Archeologia.  —  Il  Socio  PioRELLi  presenta  il  fascicolo  sui 
rinyenimenti  di  antichità  per  lo  scorso  mese  di  aprile,  e  lo  accom- 
pagna con  la  Nota  seguente: 

«  Varie  scoperte  avvennero  in  questi  ultimi  tempi  nella  Venezia  (Re- 
gione X).  Si  riconobbero  tombe  romane  a  sud  di  Asolo,  nel  comune  di  Riese  ; 
a  Spineda  nel  comune  medesimo;  ed  a  Crespignano  nel  comune  di  Maser, 
pure  nel  territorio  Asolano.  Avanzi  di  suppellettile  funebre  di  età  romana 
si  ebbero  in  contrada  il  Capitello  della  Lovara  presso  Este  ;  ed  xm  deposito 
di  anfore  si  riconobbe  in  contrada  le  Bressane,  nel  prossimo  comune  di 
s.  Elena.  In  s.  Bmson,  nel  comune  di  Dolo,  fu  dissotterrato  un  cippo  milliario 
della  Via  Emilia  Altinate  con  iscrizione  dell'età  costantiniana.  In  Verona 
si  fecero  nuove  indagini  presso  la  cattedrale,  per  riconoscervi  Testensione 
dell'antico  pavimento  in  mosaico,  del  quale  in  vari  tempi  sotto  e  presso  la 
cattedrale  medesima  eransi  scoperti  molti  pezzi;  ed  avanzi  di  scheletri  con 
armi  lìtiche  si  rinvennero  in  contrada  Carotto,  presso  Peri,  nel  territorio 
veronese. 

e  Dalla  Cispadana  (Regione  Vili)  si  ebbero  oggetti  di  varie  età,  prero* 
mani   e   romani,  scoperti  fuori  Porta   Ravaldino  in   Forlì;    e  dall'Umbria 

Rendiconti.  1888,  Vol,  IV,  1*  Sem.  74 


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—  670  — 

(Regione  VI)  vari  bronzi,  cioè  fibule,  rotelle  e  bottoni,  che  si  raccolsero  nel  terri- 
torio di  Sarsina,  e  che  probabilmente  sono  avanzi  di  qualche  stipe  votiva. 

«  Una  nota  del  prof.  Milani  illustra  un  sarcofago  di  alabastro  policromo, 
scoperto  presso  Città  della  Pieve  (Regione  VII),  ora  aggiunto  alla  raccolta 
del  Museo  etrusco  fiorentino.  Proseguirono  poi  le  esplorazioni  nell'agro  vol- 
siniese  e  falisco,  delle  quali  si  dirà  nei  prossimi  fascicoli. 

e  In  Roma  (Regione  I)  numerosi  come  al  solito  furono  i  rinvenimenti, 
relativi  così  alla  topografia  urbana,  come  alla  epigrafia  ed  alla  storia  dell'arte. 
Mi  basterà  di  ricordare  un  sacello  compitale,  scoperto  sul  bivio  delle  strade 
s.  Martino  ai  Monti  e  Giovanni  Lanza,  sacello  dell'antichissima  regione  esqui- 
lina,  che  nell'età  di  Augusto  fa  restaurato,  come  dall'iscrizione  che  vi  è  incisa 
chiaramente  si  dimostra.  Questa  epigrafe,  dell'anno  10  av.  Gr.,  ricorda  che 
con  le  strenne  offerte  dal  popolo  romano  consacrò  Augusto  in  quel  sacello  la 
statua  di  Mercurio,  nel  modo  stesso  con  cui  mediante  il  prodotto  de'medesimi 
donativi,  dedicò  statue  di  altre  divinità  in  altri  santuari  degli  antichi  vici. 

«  Un  cippo  di  travertino,  rinvenuto  a  poca  distanza  dal  detto  sacello 
spetta  ad  una  legale  terminazione  di  area  pubblica,  pure  dell'età  augustea. 

e  Molto  importanti  fmrono  gli  scavi  fatti  nel  Foro  Romano  a  richiesta 
del  prof.  0.  Richter,  e  sotto  la  direzione  di  lui;  scavi  che  portarono  a  sco- 
prire tra  il  tempio  del  Divo  Giulio  e  quello  dei  Castori,  le  fondamenta  del 
famoso  arco  di  Augusto,  di  cui  nel  secolo  XVI  era  stata  scoperta  l'epigrafe 
(C.  /.  Z.  VI.  n.  873). 

e  Un  prezioso  frammento  degli  atti  arvalici  fu  recuperato  nell'alveo  del 
Tevere,  presso  la  sponda  di  Marmorata  :  il  Gamurrìni  che  lo  tolse  in  esame, 
riconobbe  che  si  riferisce  agli  anni  tra  il  38  ed  il  40  dell'era  volgare,  e  che 
ricorda  il  sacrificio  fatto  dagli  Arvali  per  l'anniversario  del  natale  di  Dru- 
silla,  figlia  di  Germanico,  già  consacrata;  commemorazione  che  avvenne  in- 
nanzi il  tempio  di  Augusto  nel  Foro. 

e  Dagli  stagni  di  Campo  Salino,  sull'antica  via  Campana,  alla  destra  del 
Tevere,  proviene  una  rara  epigrafe,  incisa  nel  piedistallo  di  una  statua,  la 
quale  epigrafe  ha  rapporto  col  campus  salinarum  romanarum,  come  è  ampia- 
mente detto  in  una  nota  del  prof.  Lanciani.  Il  monumento  fu  posto  dai  Sac- 
carii  Salarii,  che  costituivano  la  corporazione  addetta  al  trasporto  del  sale 
dalle  ofiicine  della  spiaggia  di  ponente  al  porto  Claudio-Traiano,  cioè  dalle 
saline  della  sponda  destra  del  Tevere,  che  furono  le  antichissime  dei  Veienti, 
e  che  divennero  poi  il  campo  delle  saline  romane,  denominazione  rimasta 
fino  ad  oggi  a  quel  luogo,  nell'appellativo  di  Campo  Salino.  Ha  notato  il 
eh.  Hulsen,  che  con  questa  lapide  è  dimostrata  la  prima  volta  l'etimologia  della 
via  Campana,  intorno  alla  quale  erano  state  emesse  varie  ed  erronee  opinioni. 

«  Ai  terreni  prossimi  alla  via  Portuense,  e  forse  al  santuario  della  Dea 
Dia,  spetta  il  rinvenimento  di  molte  statuette  di  bronzo  di  tipo  arcaico,  illu- 
strato in  una  nota  del  eh.  Helbig. 


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—  671  — 

«  A  destra  poi  della  via  Salaria,  nel  grande  viale  della  Regina,  si  sco- 
prirono varie  iscrizioni  cemeteriali  cristiane. 

e  Farono  ricominciati  gli  scavi  di  Ostia  tra  la  piazza  del  Teatro  ed  il 
cosidetto' tempio  di*Matidia;  e  vi  si  riconobbero  finora  due  gruppi  di  edifici 
non  esplorati  negli  ultimi  quattro  secoli,  e  non  appartenenti  airordine  dei 
magazzini  frumentari.  Uno  sembrò  essere  la  Statio  Vigilum  ;  Taltro  una  teima. 
Vi  si  trovarono  statue,  iscrizioni  ed  oggetti,  di  cui  si  dirà  nel  prossimo  mese. 

«  Avanzi  di  una  torma  furono  pure  riconosciuti  in  Anzio,  in  prossimità 
della  villa  Adele,  dove  si  trovarono  tubi  plumbei  scritti/  e  busti  di  marmo, 
di  buona  arte  e  di  ottima  conservazione. 

«  In  Pozzuoli,  presso  l'anfiteatro,  ove  fu  scoperta  di  recente  la  base  con 
Tepigrafe  ad  Annia  Agrippina  {Notisie  1888,  p.  143),  altre  due  pregevolis- 
sime basi  scritte  tornarono  in  luce;  la  prima  dedicata  a  C.  Elio  Domitiano. 
Gauro,  l'altra  al  pantomimo  L.  Aurelio  Pilade,  che  fiorì  sotto  M.  Aurelio  e 
L.  Vero.  Merita  singolare  ricordo  la  memoria  che  vi  è  fatta  di  munera  gladia- 
torum  venatione  passiva,  nel  valore  di  promiscua;  il  che  mentre  toglie  dubbio 
sopra  una  frase  della  lapide  riprodotta  nel  voi.  X  del  C.  L  L,  n.  3704,  riceve 
luce  dalla  lapide  medesima,  ove  una  venatio  passiva  si  dice  essere  stata 
composta  denis  bestiis  et  IIII  feris  derUaiis  et  IIII  paribus  ferro  dimi- 
cant%b{us). 

.  «  Resti  di  una  cella  vinaria  si  dissotterrarono  tra  la  vecchia  e  la  nuova 
stazione  di  Sulmona  (R^one  lY);  ed  avanzi  di  mura,  con  oggetti  di  età 
romana,  si  riconobbero  nel  comune  di  Roccacasale,  territorio  dei  Peligni,  nel 
quale  territorio  presso  Pratola  si  dissotterrarono  pure  tombe  a  tegoloni,  con 
fibule  di  bronzo  ed  oggetti  di  suppellettile  funebre. 

«  Proseguirono  gli  scavi  della  vetusta  necropoli  nel  territorio  di  Sibari, 
dove  altre  tombe  furono  riconosciute.  In  attesa  dei  rapporti  illustrativi  di 
queste  nuove  scoperte,  presento  il  catalogo  degli  oggetti  rinvenuti  nelle  tombe 
esplorate  precedentemente,  in  conformità  di  ciò  che  promisi  nell'ultima  riunione 
della  Classe. 

«  Finalmente  in  Cagliari,  presso  la  chiesa  dei  ss*  Cosma  e  Damiano  o 
antica  basilica  di  s.  Saturnino,  si  riconobbero  varie  tombe  prive  di  suppellet- 
tile, appartenenti  forse,  al  cimitero  cristiano,  che  sul  principio  del  secolo  XVII 
fu  scoperto  in  quel  sito  ;  e  vicino  il  palazzo  Vicer^o  si .  ricuperò  un 
franunento  di  iscrizione  cufica  sepolcrale,  esaminato  dai  chh.  prof.  Amari 
e  Guidi». 


Archeologia.  —  Scavi  archeologici  nel  territorio  di  Sibari. 
Comunicazione  del  Socio  Pigorini. 

Questa  Nota  verrà  pubblicata  nei  fascicoli  delle  Notizie  degli  Scavi. 


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Fìsica.  —  Dei  colori  invisibili  o  latenti  dei  corpi.   Nota  del 
Socio  Qovi. 

«  Sin  dal  tempo  del  Newton  i  Mei  sanno  che  i  colori  dei  corpi  non  sono 
altro  se  non  le  varie  radiazioni  luminose,  diffuse,  trasmesse,  o  altrimenti  man- 
date dai  corpi  all'occhio,  il  quale  le  sente,  sicché  noi  le  chiamiamo  poi  con 
nomi  diversi,  secondochò  esse  stimolano  la  retina  in  mi  modo,  o  in  un  altro. 
Senza  luce  non  si  hanno  colori  nei  corpi,  nò  la  luce  sola  basta  a  destarli, 
se  non  vi  concorre  una  certa  disposizione  molecolare,  per  cui  le  cose  riescono 
atte  a  diffondere,  o  a  lasciar  passare,  sia  un  colore  determinato,  sia  certe  mesco- 
lanze di  colori,  sia  la  luce  bianca  perfetta,  che  in  sé  tutti  li  contiene  e  che 
•perciò  li  può  tutti  partecipare. 

«  Di  qui  nasce  che  un  corpo  il  quale  sia  atto  a  diffondere  solamente  la 
luce  rossa,  dove  venga  illuminato  con  luce  turchina,  non  potendola  diffon- 
dere, la  assorbe,  si  riscalda,  si  scompone  o  subisce  altre  modificazioni,  e 
apparisce  nero  all'occhio  che  lo  contempla;  un  mezzo  trasparente  soltanto 
per  la  luce  violetta,  illuminato  con  luce  gialla  si  mostra  opaco  e  nero,  e 
così  via  discorrendo.  Ma  in  natura'  difScilmente,  o  forse  mai,  s' incontrano 
corpi  i  quali  diffondano  una  sola  specie  di  luce,  o  si  lasciino  attraversare 
da  vibrazioni  luminose  di  una  sola  durata.  Tutti  i  corpi  che  noi  diciamo  colo- 
rati, lo  siano  essi  per  diffusione  o  per  trasparenza,  diffondono  o  trasmettono 
infinite  qualità  di  radiazioni  luminose,  e  se  li  nominiamo,  verdi,  ranciati  o 
cerulei  li  chiamiamo  così  soltanto  perchè  fra  le  molte  radiazioni  che  essi  man- 
dano a  noi  prevalgono  quelle  che  sono  atte  a  destare  nella  nostra  retina  la 
sensazione  del  verde,  dell'aranciato  o  del  ceruleo. 

«  Di  qui  un  primo  errore  di  quelli  (ottici  o  pittori)  i  quali  s' immagi- 
nano che  mescolando  insieme  i  colori  della  tavolozza,  chiamati  da  essi  coi 
nomi  di  rosso,  d'aranciato,  di  giallo,  di  verde,  di  ceruleo,  di  turchino  e  di 
violetto  s'abbiano  a  produrre  sulla  vista  quei  medesimi  effetti  che  si  otter- 
rebbero mescolando  i  raggi  colorati  puri  somministrati  da  un  prisma  o  da  un 
reticolo.  Ogni  pigmento  della  tavolozza,  o  del  tino  dei  tintori,  è  un  misto  di 
colori  svariatissimi,  combinati  fra  loro  in  proporzioni  assai  difiBcilmente  asse- 
gnabili, così  che  unendone  due,  tre  ecc.  se  ne  mischiano  effettivamente  non 
due,  nò  tre  soltanto,  ma  un  grandissimo  numero  in  proporzioni  sconosciute,  e 
però  il  risultato  della  mescolanza  è  lontano  sempre  (o  quasi  sempre)  da  quello 
che  si  sarebbe  ottenuto  colla  combinazione  binaria,  ternaria  ecc.  dei  colori  spet- 
trali del  medesimo  nome.  Sa,  per  esempio,  ogni  dipintore  che  dall'unione  dei 
pigmenti  gialli  cogli  azzurri  si  ottiene  il  verde,  mentre  combinando  con  certo 
giallo  dello  spettro  un  turchino  proporzionato,  l'occhio  ne  riceve  l'impressione  del 
bianco.  E  l'occhio  trova  pur  bianco  il  miscuglio  d*un  certo  rosso  scarlatto  dello 
spettro  con  un  ceruleo  glauco  o  smeraldino,  mentre  i  colori  materiali  dello  stesso 


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—  573  — 

nome  uniti  insieme  danno  una  tinta  grigio-bmnastra  lontanissima  dalla  bian- 
chezza. Non  si  possono  dunque  applicare  ai  pigmenti  dei  pittori,  o  dei  tintori 
quelle  leggi  che  risultano  al  fisico  dallo  studio  dei  colori  spettrali  e  delle  loro 
mescolanze,  e  hanno  grandemente  errato  quegli  artisti,  o  quegli  scrittori  di  pit- 
tura, i  quali  si  sono  immaginati  di  perfezionare  l'arte  del  colorito  col  ridurre  a 
tre  soli  i  pigmenti  della  tarolozza,  perchè,  secondo  alcuni,  si  possono  ridurre  a 
tre  soli  colorì  spettrali  variamente  combinati  tutte  le  possibili  gradazioni  di 
tinte  che  l'occhio  può  percepire  e  distinguere.  Noi  non  possediamo  materie  co- 
loranti che  diffondano  unicamente  e  separatamente  ciascuno  di  quei  tre  colori 
semplici,  alla  varia  mistura  dei  quali  si  sòn  volute  ridurre  tutte  le  tinte 
possibili,  e  quando  pure  le  possedessimo,  non  potrenmio  aver  da  esse  i  colori 
desiderati,  prima  di  tutto  perchè  non  si  sa  quali  abbiano  a  essere  precisamente 
codesti  colori  fondamentali  (alcuni  volendo  il  rosso,  il  giallo  e  il  turchino,  altri 
il  rosso,  il  verde  e  il  violetto)  ;  poi  perchè  veramente  le  tinte  dello  spettro  non 
sono  né  tre,  né  cinque,  né  sette,  ma  una  infinità,  e  che  solo  da  questa  infi- 
nità di  colori  diversi  variamente  combinati  può  riceve.*e  la  retina  quelle  im* 
pressioni  che  le  danno  i  colori  naturali. 

e  Converrebbe  dunque  per  parlar  correttamente  dei  colori  nell'arte  del 
dipingere,  abbandonar  le  vecchie  denominazioni  consacrate  dall'uso  e  indicar 
invece  ogni  materia  colorata  con  una  formula  o  simbolo  atto  a  rappresentare 
la  qualità  e  V  intensità  delle  varie  radiazioni  semplici  che  essa  può  diffondere 
0  trasmettere.  Se  non  che  una  tale  definizione  dei  colori  materiali  è  tuttavia 
impossibile  per  la  scienza,  e  però  convien  contentarsi  di  studiare  in  ogni  sin- 
golo caso  il  risultato  immediato  delle  mescolanze,  facendone  tesoro  pei  casi 
avvenire.  Ma  neppure  cosi  operando  si  possono  ass^ar  regole  sicure  per 
le  combinazioni  dei  colori  materiali,  perchè  la  loro  &bbricazione  non  consente 
d'averli  sempre  eguali,  quantunque  composti  colle  medesime. sostanze,  e  perchè 
le  reazioni  reciproche,  il  tempo,  l'ambiente  e  la  luce  vanno  continuamente 
alterandoli  senza  legge  assegnabile  e  senza  certa  misura.  Bisogna  quindi  su 
tal  proposito  contentarsi,  per  ora,  di  alcuni  precetti  generali  e  approssimativi, 
senza  pretendere  d'andar  molto  più  in  là,  malgrado  i  progressi  dell'ottica,  e 
malgrado  quelli  della  chimica  tecnica. 

ft  Ma  oltre  alle  cagioni  esposte,  per  le  quali  vien  meno  l'aiuto  della  teoria 
quando  si  vogliano  determinare  gli  effetti  di  certe  miscele  di  colori,  oltre 
alla  varia  opacità  e  alla  trasparenza  diversa  dei  diversi  pigmenti,  oltre 
alla  fluorescenza  d'alcuni  di  essi  o  alla  loro  forforescenza,  un'altra  causa,  non 
considerata  fin  qui,  contribuisce  ancora  a  rendere  incerto  il  nostro  giudicio 
sul  colore  proprio  dei  corpi  e  quindi  su  quelli  che  possono  risultare  dalle  loro 
mescolanze. 

»  Se  la  luce  del  sole  (e  quindi  la  luce  del  giorno,  o  luce  diffusa)  con- 
tenesse veramente  tutte  le  radiazioni  colorate  che  si  riscontrano  nello  spettro 
d'un  corpo  solido  incandescente  (luce  di  Drummond,  fili  di  platino  o  di  car- 


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bone  incandescenti  ecc.)  e  se  rocchio  non  potesse  sentire  veramente  (come  par 
che  non  senta)  altre  radiazioni  se  non  quelle  che  son  comprese  fra  il  rosso 
estremo  e  Testremo  violetto  dello  spettro,  la  luce  solare,  o  la  luce  diffusa,, 
ci  farebbe  veder  bianchi,  o  variamente  colorati  tutti  quei  corpi  che  fossero 
atti  a  diffonder  tutte  le  vibrazioni  luminose,  o  alcune  di  esse  soltanto,  mentre 
ci  apparirebbero  neri  tutti  quegli  altri  che  non  valessero  a  diffonderne  alcuna. 

«  Ma  si  è  scoperto  dal  Wollaston  nel  1802  e  dal  Fraunhoer  nel  1815 
che  nella  luce  del  sole  mancano,  o  si  trovano  soltanto  in  minima  quantità 
certe  radiazioni  o  vibrazioni  luminose,  così  che  lo  spettro  solare  invece  d'essere 
continuo  apparisce  come  un  intarsio  mal  connesso  di  parti  luminose  e  d*  inter- 
valli oscuri,  0  pressoché  buj,  e  la  bianchezza  della  luce  solare  risulta,  non 
dalVunione  di  tutte  le  gradazioni  colorate  possibili  comprese  fra  il  rosso 
estremo  e  l'estremo  violetto,  ma  dalla  mescolanza  di  certe  gradazioni  soltanto, 
mancandovi  un  numero  grandissimo  di  altre. 

«  Se  si  esamina  lo  spettro,  ottenuto  con  molti  prismi  di  solfuro  di  car- 
bonio, 0  coir  azione  diffrangente  d'un  finissimo  reticolo  del  Butherfurd  si  vede 
che  in  esso  difettano  assai  più  radiazioni  dal  verde  verso  l'estremo  violetto, 
che  non  ne  manchino  dal  rosso  al  verde,  e  sebbene  non  si  sia  tentato  ancora 
di  misurare  la  quantità  delle  radiazioni  indebolite  o  mancanti  nella  luce 
solare,  quantità  che  sarebbe  rappresentata  dalla  poca  intensità  luminosa,  dalla 
larghezza  e  dal  numero  delle  linee  oscure  che  solcano  lo  spettro,  dalla  riga  A 
all'  Hs  (limiti  che  si  possono  considerare  come  quelli  dello  spettro  visibile,  quan- 
tunque l'occhio  possa  veder  ancora  per  breve  tratto  al  di  là  di  A  e  di  Hs  (0  ) 
si  può  dire  però  con  sufBciente  esattezza  che  la  luce  del  sole  e  quella  del 
giorno,  che  è  ancora  luce  di  sole  diffusa,  paragonate  colla  luce  dei  solidi  incan- 
descenti, devono  riuscire  assai  più  volgenti  al  rosso  ranciato  che  al  bianco 
perfetto,  poiché  esse  contengono  più  assai  di  quelle  tinte  che  vanno  dal  roseo 
pel  ranciato  e  pel  giallo  al  verde,  di  quello  che  non  posseggano  di  quelle 
altre  che  si  distendono  dal  verde  sino  all'estremo  violetto.  La  mancanza,  o  la 
debolissima  intensità  di  molte  radiazioni  colorate  nella  luce  del  Sole,'Ja  rendono 
quindi  inetta  a  mostrare  tutte  le  colorazioni  che  sarebbero  proprie  dei  corpi, 
vale  a  dire  le  attitudini  che  essi  avrebbero  a  diffondere  o  a  lasciar  passare 


{})  n  Newton  assegnava  alla  luce  visibile  nello  spettro  del  Sole  due  limiti,  uno  nel- 
Vestremo  Rosso,  corrispondente  a  una  lunghezza  d'onda  X^,  di  0t^,645  (millionesimi  dì  mil- 
limetro) e  Taltro  hqM^ estremo  Violetto^  dove  K  =  OM',406.  •  Il  Listìng  ha  posto  gli  stessi 
limiti  alle  lunghezze  d'onda  A|.=«0t^,7284,  e  A«=i  0^3967,  le  quali  lunghezze  d'onda  cor- 
risponderebbero, la  prima,  A^,  a  412,5  billioni  di  vibrazioni  intere  al  secondo,  e  Taltra, 
Kt  a  752,1  billioni,  supponendo  che  la  luce  nel  vuoto  percorra  298360000  metri  al  secondo 
[Poggendorff,  Ann.  d.  Phys.  und  Ckem.  —  W'  sene,  T.  XI  (201),  1867,  pag.  564-577]. 
La  riga  A  corrisponde  a  Aa  ==  0t*,7604,  e  la  H»,  a  Aa==  0t*,3933.  Le  osservazioni  più  re- 
centi del  Langley  danno  le  lunghezze  d'onda  A^ssOf^^SlO,  e  A,»  =»  0)^,360  come  limiti  della 
luce  percettibile  per  un  occhio  normale. 


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certe  determinate  radiazioni  luminose;  cosi  che  se  si  riscontrasse  in  natura 
un  corpo  atto  a  diffondere  o  a  lasciar  passare  qualcuna  soltanto  di  quelle  tinte 
che  sono  debolissime  o  mancano  quasi  affatto  nella  luce  solare,  questo  corpo, 
alla  luce  del  giorno,  ci  dovrebbe  parer  nero  o  di  una  tinta  assai  sbiadita, 
mentre  si  mostrerebbe  invece  coloratissimo  e  splendente  dove  lo  si  illumi- 
nasse col  vapore  incandescente  di  quel  corpo,  che  genera  nello  spettro  del 
sole  la  riga  scura  corrispondente. 

ft  Finora  non  pare  che  si  sia  tenuto  conto  di  questa  singolare  circostanza, 
cioè  della  oscurità  del  sole  per  rispettQ  a  certe  tinte,  e  fu  solo  avvertito  da 
secoli  che  alcuni  corpi  sembrano  di  color  diverso  nelle  diverse  ore  del  giorno, 
a  cielo  nuvolo,  o  sereno,  durante  le  eclissi  solari,  a  lume  di  sole  e  a  lume 
di  candela,  e  in  questi  ultimi  tempi  si  è  pur  notato  la  mutazione  di  colore 
che  avviene  quando,  invece  del  sole  o  del  giorno,  è  la  luce  dell'arcò  voltaico, 
0  quella  del  magnesio  ardente  che  illumina  i  corpi  colorati. 

«Però,  anche  a  questo  proposito,  corrono  le  più  strane  idee  e  si  spac- 
ciano spiegazioni  assai  poco  scientifiche,  non  solo  fra  i  meno  istruiti,  ma 
ancora  fra  gli  uomini  e  nei  libri,  dove  parrebbe  che  non  dovessero  incon- 
trarsi mai. 

«  Quante  volte  per  esempio  non  si  è  ripetuto  e  non  si  ripete  che  i  colori 
turchini  appariscon  verdi  a  lume  di  candela,  perchè  il  giallo  della  luce  arti- 
ficiale si  mescola  col  turchino  e  genera  il  verde,  quasiché  il  corpo  turchino 
avesse  virtti  luminosa  sua  propria  e  indipendente  dalbi  luce  che  lo  colpisce, 
così  che,  illuminato  con  luce  gialla,  valesse  a  trasformarla  in  verde  (ammet- 
tendo che  verde  con  giallo  produca  un  lume  verdeggiante)  meschiandovi  la  sua 
radiazione  azzurra  spontanea  ! 

«  Non  si  trova  però  menzionato  presso  gli  scrittori  più  conosciuti  alcun 
caso  di  colori  non  avvertiti  alla  luce  del  ^ole  e  fatti  comparire  invece  da  un 
lume  artificiale. 

«  Ora,  se  colla  fiamma  pochissimo  luminosa  dell'  idrogeno  puro  si  arro- 
venta un  cono  di  coke  poroso,  o  di  pomice,  imbevuto  di  cloruro  di  sodio,  si 
ottiene  come  tutti  sanno  una  bella  fiamma  giallo  ranciata  la  quale  emette 
quelle  radiazioni  di  cui  il  sole  è  poverissimo,  e  che  perciò  nello  spettro  solare 
sono  rappresentate  dalle  linee  oscure  Di ,  Dt .  Ottenuta  una  tal  fiamma  in 
una  stanza  perfettamente  buia,  la  maggior  parte  dei  corpi  colorati  vi  perdono 
la  loro  luminosità  e  vi  appariscotio  neri,  o  d'un  giallo  più  o  meno  adombrato. 

ft  Solo  i  corpi  bianchi  e  i  gialli  (almeno  molti  corpi  gialli)  vi  si  mostrano 
luminosi,  diffondendo  un  lume  biancogiallognolo,  il  quale  non  è  altro  se  non 
quello  del  vapore  incandescente  del  sodio.  E  fin  qui  nulla  di  nuovo,  anzi  da 
questa  morte  d'ogni  colorazione  davanti  alla  luce  gialla  del  sodio,  s'era  tratto 
da  tempo  remotissimo  un  artifizio  che  valeva  a  far  apparire  orribili  e  come 
spettrali  i  visi  delle  persone  raccolte  intomo  a  una  larga  fiamma  d'alcool 
salato,  che  si  accendeva  dopo  d'avere  spento  ogni  altro  limie. 


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—  676  — 

«  Ma  se  si  espongono  a  codesta  luce,  pressoché  monocroma,  alcuni 
colori  aranciati  come  il  giallo  aranciato  di  cadmio,  quello  di  cromo,  il  minio, 
il  vivacissimo  bijoduro  di  mercurio  p  scarlet  degringlesi,  ogni  rossezza  scom- 
parisce da  questi  corpi  che  appaiono  invece  come  fossero  bianchi  o  debol- 
mente tinti  di  giallo. 

tf  Accanto  ad  essi  il  cinabro,  che  pure  al  lume  del  giorno  sembra  diffe- 
rirne assai  poco,  piglia  una  tinta  brunogialla  assai  cupa,  il  carmino  divien 
quasi  nero,  e  pressoché  neri  appariscono  i  più  bei  verdi  e  gli  azzurri  più  vivaci. 

«  Nel  minio,  nello  scarlatto  (bijoduro  di  mercurio)  ecc.  si  ha  dunque  una 
eccezione  alla  regola  generale,  per  cui  ogni  corpo  d'un  certo  colore,  illuminato 
con  radiazioni  monocrome  di  colore  diverso  deve  apparir  nero,  o  per  lo  meno 
oscurissimo,  non  potendosi  aver  mai  luci  assolutamente  monocrome,  né  corpi 
che  diffondano  proprio  una  sola  specie  di  luce. 

»  Chi  vede  per  la  prima  volta  questo  singolare  fenomeno  non  può  cre- 
dere ai  propri  occhi,  egli  oonvien  ripetere. più  volte  Tosservazione,  ora  alla 
luce  del  giorno,  ora  a  quella  del  sodio  per  allontanare  dall'animo  ogni  sospetto 
d' illusione. 

«  Messe  in  fila  su  un  fondo  bianco  o  su  un  fondo  nero  alcune  tavolette 
dei  seguenti  colori  inglesi  de*  più  puri  :  bianco  d'argento,  carbonato  di  piombo, 
giallo  di  Napoli,  giallo  di  cromo,  giallo  di  cadmio,  arancio  di  cromo,  arancio 
di  cadmio,  minio,  scarlet  (bijodm*o  di  mercurio),  cinabro  chiaro,  cinabro 
chinese  ....  e  illumi^atili  colla  luce  del  sodio,  i  primi  appariscono  tutti  della 
stessa  tinta  bianco-gialliccia,  appena  lievemente  ombrata,  mentre  i  due  cinabri 
si  mostrano  bruno-giallognoli  oscurissimi,  quantunque  alla  luce  del  giorno 
quelle  diverse  tinte  formino  quasi  un  solo  colore  rosso-ranciato,  che  dal  rosso 
più  vivo  e  forte  del  cinabro  va  diluendosi  nel  giallo  per  svanire  nel  bianco 
purissimo. 

ft  Codesto  rischiararsi  e  illuminarsi  dei  pigmenti  aranciati,  perdendo  ogni 
rossezza  davanti  alla  luce  del  sodio,  difficilmente  si  sarebbe  potuto  prevedere 
secondo  i  precetti  della  cromatica  professata  dal  Newton  fin  qui.  L'aranciato 
avrebbe  dovuto  apparire  aranciato,  o  spegnersi  nell'ombra,  come  fa  appunto 
il  cinabro,  e  come  fa  ancor  meglio  il  più  brillante  carminio  in  polvere  che 
alla  luce  del  sodio  piglia  l'aspetto  del  nerofumo. 

»  Se  dunque  il  minio,  lo  scarlet  ecc.  imbiancano,  ciò  vuol  dire  che  inter- 
viene a  loro  riguardo  un  nuovo  fenomeno,  il  quale  donianda  una  spiegazione 
nuova.  E  codesta  spiegazione  sta  tutta,  molto  probabilmente,  in  quanto  fu 
detto  dianzi  e  che  si  può  riassumere  brevemente  cosi. 

«  Il  minio,  il  bijoduro  di  mercurio  ecc.  sono  corpi,  i  quali  valgono  a  dif- 
fondere potentemente  quella  specie  di  luce  gialla  che  manca  o  scarseggia 
moltissùno  nel  sole  e  che  vien  data  invece  dai  vapori  roventi  del  sodio.  Essi 
diffondono  pure  una  piccola  parte  delle  radiazioni  rosse  aranciate  e  gialle  che 
il  sole  possiede  e  che  il  sodio  non  dà,  ma  quel  tanto  che  ne  diffondono  é  poca 


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—  577  — 

cosa  di  fronte  a  ciò  che  essi  diffonderebbero  delle  radiazioni  D| .  Dz  se  queste 
fossero  nel  sole.  Illuminate  quindi  tali  materie  colla  luce  del  sodio,  esse  la 
diffondono  gagliardamente  e  appariscono  giallo-chiare,  spegnendovisi  la  poca 
rossezza  e  il  colore  aranciato  per  difetto  di  luce  rossa  e  aranciata  che  ne 
possa  esser  diffusa. 

«  Accade  insomma  per  questi  colori,  come  avrerrebbe  pei  colori  verdi, 
per  esempio,  se  il  nostro  sole,  invece  d'esser  com'è,  brillasse  soltanto  per  idro- 
geno incandescente.  In  tal  caso  noi  vedremmo,  di  giorno,  bellissimi  alcuni 
rossi,  certi  azzurri,  e  i  turchini  violetti,  ma  non  ci  apparirebbero  gli  aranciati, 
i  gialli,  e  i  verdi,  se  non  come  toni  bruni  o  grigiastri  più  o  men  rossigni, 
turchinicci  o  violacei.  Se  allora  si  illuminasse  una  stanza  buia  con  vapori 
incandescenti  di  Tallio  noi  saremmo  grandemente  sorpresi  nello  scorgervi  le 
tinte  verdi  vìvaci  delle  foglie  e  del  calice  d'una  rosa,  che  a  lume  d'un  sole 
d*  idrogeno  ci  erano  sembrati  lividi,  bruno-scuri  o  grìgiognoli  e  privi  d'ogni 
vaghezza. 

tt  Bisognerà  quindi*  non  dimenticar  mai,  d'ora  innanzi,  che  il  sole  e  la 
luce  diffusa  non  sono  atti  a  destar  nel  nostro  occhio  la  sensazione  di  tutti 
i  colori  visibili,  e  che  vi  sono  numerosissime  tinte  le  quali  potrebbero  appa- 
rirci sui  corpi,  se  questi  ricevessero  altro  lume  da  quello  col  quale  l'uomo 
è  avvezzo  a  vederli. 

«  Si  potrebbero  aggiungere  altre  considerazioni  a  quelle  esposte  fin  qui 
per  meglio  assodare  la  novità  di  tale  fenomeno  e  la  probabilità  della  sua  spie- 
gazione accennata  poc'anzi,  ma  tanto  può  bastare  ai  fisici  per  eccitarli  ad  en- 
trare in  un  campo  d' indagini,  il  quale  può  divenir  fecondo  di  conseguenze 
inattese  per  la  scienza  e  per  l'arte. 

«  Questo  fenomeno  presentato  dal  minio,  dal  bijoduro  di  mercurio  ecc. 
manifesta  ai  fisici  un  primo  caso  di  corpi  atti  a  diffondere  quelle  radiazioni 
luminose  e  colorate  che  mancano,  o  sono  scarsissime  nel  sole,  ma  chi  sa  quante 
altre  sostanze  s'incontreranno,  che  finora  si  giudicarono  scolorite,  o  di 
tutt' altro  colore  da  quello  che  si  vedranno  assumere  quando  saranno  illumi- 
nate colle  radiazioni  che  ad  esse  convengono  e  che  non  si  riscontrano,  o  son 
troppo  deboli  nella  luce  solare. 

tt  Non  è  quindi  improbabile  che  ricorrendo  alla  luce  data  dal  vapore 
incandescente  ^el  litinio^  del  cerio,  del  rubidio,  del  thallio,  dell'indio,  del 
gallio,  ecc.,  e  intercettando  alcune  radiazioni  di  tali  corpi  con  vetri  o  liquidi 
colorati,  0  con  altre  materie  assorbenti,  si  giunga  a  veder  nuovi  colori,  nuove 
armonie  e  nuovi  contrasti  di  tinte,  e  che  si  possa  aggiungere  così,  collo  studio 
dei  colori  latenti^  un  capitolo  sommamente  curioso  al  trattato  dei  colori  dei 
corpi,  compiendo  la  dottrina  iniziata  dal  Newton  e  accresciuta  a  poco  a  poco 
da' suoi  continuatori  9 .  * 


Rendicouti,  1888.  Vol.  IV.  !<►  Sem.  75 


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—  578  — 

Fisica.  —  Di  alcuni  nuovi  fenomeni  elettrici  provocati  dalle 
radiazioni.  Nota  III.  del  Corrispondente  Augusto  Righi. 

«  a).  In  una  precedente  Nota  (^)  ho  descrìtta  una  esperienza,  la  quale 
dimostra,  che  un  corpo  elettrizzato  negativamente  e  facilmente  mobile  si  sposta, 
allorquando  perde  la  sua  carica  sotto  razione  di  radiazioni  ultraviolette,  pro- 
babilmente in  causa  della  ripulsione  fra  il  corpo  e  le  particelle  che  traspor- 
tano lontano  la  sua  carica.  Siccome  ripetendo  più  volte  l'esperienza  la  lami- 
netta  d'alluminio  isolata  finisce  col  caricarsi,  e  questa  carica  può  essere  causa 
di  errori,  cosi  ho  modificato  l'apparecchio  nel  modo  seguente. 

«  Le  laminette  d'alluminio  A  e  B  (di  2'^,5  per  S'^.S)  sono  attaccate  a 
fili  metallici   A  o  C,  B  o  D,  fissati  col  mastice  sopra  una  laminetta  dì 

mica  muj  e  della  forma  indicata 


dall'annessa  figura.  Il  filo  G  è  sospeso 
ad  un  filo  finissimo  di  platino  verti- 
cale C  P ,  pel  quale  la  laminetta  A 
riceve  la  sua  carica,  mentre  il  filo  D, 
munito  di  uno  specchietto  S  e  di  una 
lastrina  di  mica  destinata  a  spegnere 
presto  le  oscillazioni,  pesca  in  un 
vasetto  y  contenente  acido  solforico 
comunicante  col  suolo.  I  centri  delle 
due  laminette  A  e  B  distane  dal  filo 
di  sospensione  di  questa  piccola  bi- 
lancia di  torsione,  dì  circa  4^,5. 

tt  Le  radiazioni,  che  penetrano 
nella  cassa  che  contiene  l'apparecchio,  passando  per  una  parete  formata  da 
una  lastra  di  selenite,  investono  simultaneamente  le  due  laminette.  Se  anche 
la  laminetta  A  comunica  col  suolo,  il  sistema  mobile  non  devia,  ma  solo  si 
pone  ad  oscillare  qualche  poco  ed  irregolarmente,  allorquando  le  radiazioni 
dell'arco  voltaico  cadono  su  di  esso,  dato  che  l'arco  stesso  sia  collocato  in 
posizione  conveniente  {^).  Lo  stesso  avviene  se  A  è  carica  positivamente.  Ma 
se  ad  A  fu  data  carica  negativa,  si  ottiene  subito  una  deviazione,  nello  stesso 
senso  come  se  la  laminetta  carica  fosse  respinta  dalle  radiazioni. 

«  Due  antiche  pile  secche  (che  datano  dal  1830),  delle  quali  non  ho 
ancora  misurata  la  forza  elettromotrice,  e  che  sono  lunghe  ognuna  40  cm.. 


(1)  Rend.  della  R.  Acc.  dei  Lincei,  seduta  del  6  maggio  1888. 

(*)  Se  si  facessero  cadere  le  radiazioni  sopra  una  sola  delle  lamine,  si  otterrebbe  una 
forte  deviazione  nello  stesso  senso  come  se  essa  fosse  attratta  dalla  sorgente  luminosa,  in 
causa  delle  solite  correnti  d'aria  provocate  dal  riscaldamento  della  laminetta. 


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—  579  — 

poste  runa  in  capo  all*altra,  con  imo  dei  poli  estremi  in  comunicazione  col 
suolo  e  l'altro  colla  laminetta  A ,  hanno  servito  per  dare  a  questa  la  neces- 
saria carica.  La  sorgente  delle  radiazioni  è  stata,  come  per  le  altre  esperienze 
qui  narrate,  Tarco  Yoltaico  ottenuto  fra  un  cilindretto  di  carbone  ed  uno  di 
zinco  (0- 

«  Siccome  non  si  nota  deyiazione  alcuna  nell'atto  di  elettrizzare  la  lami- 
netta  A,  così  resta  eliminato  anche  il  sospetto  che  la  deyiazione  osservata 
sia  dovuta  al  variare  delle  forze  elettrostatiche,  in  seguito  alla  possibile  dimi- 
nuzione di  carica  della  laminetta. 

«  b),  L* esperienza  seguènte  prova,  che  se  nella  prima  esperienza  della 
Nota  I  (^),  i  metalli  (disco  e  tela  metallica)  sotto  l'azione  delle  radiazioni 
sono  ridotti  allo  stesso  potenziale,  ciò  si  deve  ad  un  trasporto  di  elettricità 
nativa,  dal  metallo  negativo  al  metallo  positivo. 

«  Fra  la  rete  metallica  ed  il  disco  ad  essa  parallelo,  ho  posto  una  lami- 
netta  di  selenite  in  modo  che  non  toccasse  i  due  metalli.  Mantenuti  questi 
in  comunicazione  col  suolo,  e  £Eitte  agire  per  qualche  tempo  le  radiazioni  ultra- 
violette, ho  riconosciuto  che  sempre  la  laminetta  di  selenite  trovasi  elettriz- 
zata negativamente.  Per  constatare  questa  carica  basta  accostare,  sino  a  due 
0  tre  millimetri  di  distanza,  la  lamina  ad  un  disco  metallico  comunicante 
coll'elettrometro  (che  nel  caso  mio  aveva  tale  sensibilità  da  deviare  di  120 
a  130  particelle  della  scala  per  un  Volta).  Si  ottiene  così  una  deviazione 
negativa,  che  può  salire  a  100  e  più  particelle  della  scala. 

«  Se  l'esperienza  ò  disposta  in  guisa  che  il  disco  sia  negativo  (p.  es.  disco 
di  rame  e  reticella  di  zinco),  le  particelle  elettrizzate  respinte  dal  disco,  che 
è  illuminato  attraverso  la  rete,  dirigendosi  verso  di  questa,  incontrano  la 
lamina,  e  depongono  su  di  essa  le  loro  cariche.  Nel  caso  opposto  (p.  es.  rete 
d'ottone  e  disco  di  zinco)  le  particelle  sono  respinte  dalla  rete  verso  il  disco. 
La  rete  ò  diffatti  illuminata  anche  nella  faccia  intema,  dalle  radiazioni  riflesse 
dal  disco;  ma  a  parità  di  durata,  le  radiazioni  producono  naturalmente  in 
tal  caso  minor  effetto. 

«  e).  Che  realmente  la  carica  n^ativa  constatata  colla  precedente  espe- 
rienza nella  lamina  di  selenite  si  formi  in  questa  maniera,  lo  dimostra  meglio 
quest'altro  esperimento. 

{})  È  bene  evitare  che  le  radiazioni  ultraviolette  emesse  dal  vapore  di  zinco  incan- 
descente, giungano  agli  occhi.  Esse  producono  infatti,  dopo  pochi  secondi,  un  senso  di  bru- 
ciore essai  molesto,  che  può  durare  anche  per  molte  ore  successive,  se  si  seguita  a  guar- 
dare a  lungo  direttamente  la  luce  dell'arco  voltaico  ottenuto  nel  modo  detto  più  sopra. 
Questo  effetto  fu  provato  da  quasi  tutte  le  persone  che  furono  messe  alla  prova.  Una  lastra 
di  vetro  abbastanza  grossa  posta  davanti  agli  occhi,  impedisce  quasi  completamente  questo 
effetto,  mentre  una  di  selenite  non  lo  impedisce  quasi  affatto.  Si  tratta  qui  dunque,  a  quanto 
pare,  di  una  azione  speciale  dei  raggi  ultravioletti  molto  intensi,  che  non  mi  consta  sia 
stata  sino  ad  ora  da  altri  notata. 

(<)  Seduta  del  4  marzo  1888. 


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—  580  •- 

e  Due  laminette  di  selenite  sono  collocate  &a  i  due  metalli,  senza  toc- 
carli e  senza  toccarsi  fra  loro.  Se  il  disco  è  negatiro,  si  trova,  dopo  che  le 
radiazioni  hanno  agito,  che  è  la  laminetta  posta  dalla  parte  del  disco  che 
è  carica  negativamente,  mentre  Taltra  o  non  si  mostra  carica  o  dà  segni  varia- 
bili di  lievi  cariche  accidentali.  Se  invece  è  negativa  la  rete,  si  trova  elet- 
trizzata negativamente  Taltra  lamina  di  selenite  » . 


Filologia.  —  Di  un  aneddoto  del  ciclo  arturiano  {Re  Ariti  ed  il 
gatto  di  Losanna).  Nota  del  prof.  F.  Novati,  presentata  dal  Socio 
Monaci. 


«  Nel  Merlino  si  narra  che  re  Artù,  vìnti  i  Romani ,  invece  di  spingersi 
fino  a  Soma,  rinnovando  le  glorie  di  Belino  e  di  Brenne,  per  consiglio 
del  profeta  si  volse  a  liberare  la  Gallia  da  un  mostro  che  spandeva  il  ter- 
rore in  tutti  i  paesi  vicini  al  lago  di  Losanna  (i).  Il  mostro,  il  demonio,  non 
era  per  verità  se  non  un  semplice  gatto;  ma  la  battaglia  che  il  re  sostenne 
contro  di  lui  riuscì  così  difScile  e  così  aspra  come  non  era  forse  stata  quella 
data  al  gigante  rapitore  della  nipote  di  Hoel,  il  conte  di  Brettagna  (^). 

«  La  battaglia  di  Artù  contro  il  gatto  è  narrata,  oltreché  dal  Merlino 
in  prosa,  anche  da  altri  testi.  Così  ne  è  fatto  cenno,  come  ha  avvertito  testé 
G.  Paris  (3),  in  un  frammento  di  poema  tedesco  del  secolo  XII,  evidente- 
mente cavato  da  una  fonte  francese,  che  l'editore  ha  intitolato  dal  nome  dei 
protagonisti  Manuel  und  Amande  {%  Fatti  molti  e  caldi  elogi  del  valore 
di  Artù,  il  poeta  viene  poi,  per  quanto  sembra,  a  narrare  la  sua  fine,  e 
come  di  questa  fosse  stato  cagione  un  mostro,  che  era  un  pesce  ed  in  pari  tempo 
aveva  la  forma  d'un  gatto  (^):  diciamo  per  quanto  sembra,  perchè  il  luogo 
del  poema  è  assai  oscuro  e  vi  fanno  difetto  alquanti  versi. 

«  Questa  stessa  leggenda  deUa  morte  del  prode  sovrano  brettone  avve- 
nuta in  seguito  ad  una  lotta  col  gatto-pesce  ò  ranmientata  in  secondo  luogo  da 
un  poeta  normanno,  il  quale  però,  animato  da  viva  simpatia  per  Tlnghilterra, 
se  ne  sdegna  e  la  respinge  come  una  favola  inventata  dai  francesi  per  spar- 
gere il  ridicolo  sopra  l'eroe  prediletto  della  Brettagna.  I  versi  di  André  de 


(i)  P.  Paris,  Les  Bom.  de  la  Tahle  Ronde  mis  en  nouv,  long.,  t  U,  p.  358  e  sgg. 

(«)  Ibid.,  p.  362. 

0^)  Les  rom.  en  vert  de  la  T.  R,,  Paris,  1887,  p.  219-20. 

(^)  Osw.  Zingerle,  Manuel  und  Amande^  Bruchstucke  eines  ArtusromanSt  in  Zeitsch. 
far  deutsch.  Alterth.,  N.  F.,  XIV,  p.  304,  v.  151  e  sgg. 

(5)  Daz  sie  iz  fvr  war  wizzen,  Fin  visch  wurde  vf  gerizzen,  Daz  der  kunic  sere 
engalt,  Als   e  in   katze   gestalt.  y.  155  e  sgg. 


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—  581  — 

Goutances  sono  stati  essi  pure  riferiti  dal  Paris,  ma  è  prezzo  dell*opera  ri- 
portarli per  esteso: 

Il  ont  dìt  qae  riens  n'a  yalu, 

Et  donc  à  Arflet  n'a  chalu 

Que  boté  fu  par  Capala 

Li  reis  Artu  en  la  palu; 

Et  qae  le  chat  Tocist  de  gaerre, 
Paia  passa  outre  en  Engleterre, 
E  ne  fa  pas  lenz  de  conquerre, 
Aìnz  porta  corone  en  la  terre 

E  fa  sire  de  la  contrée. 
Où  ont  itel  fable  trovée  ? 
Men9onge  est,  Dex  le  sot,  provée 
One  greignor  ne  fa  encontrée  ('). 

Il  Paris  sembra  inclinato  a  credere  che  quello  di  Capalu  sia  il  nome  del 
gatto  portentoso.  In  tal  caso,  egli  conclude,  si  tratterebbe  del  mostro  dello 
stesso  nome,  che  apparisce  nella  Bataille  Loquifer,  e  che  ha  per  Tappunto 
la  testa  di  gatto,  i  piedi  d'un  dragone,  il  corpo  d'un  cavallo  e  la  coda  d'un 
leone  (2). 

«  Quest'identificazione  del  gatto  di  Losanna  con  Capalu  o  Chapalu^ 
sulla  quale  del  resto  il  Paris  non  insiste  molto,  urta  a  mio  avviso  contro 
difficoltà  che  sono,  o  mi  paiono,  insormontabili.  Io  credo  infatti  che  André 
de  Goutances  nei  versi  or  riportati  alluda  non  già  ad  una,  bensì  a  due  sto- 
rielle, se  non  inventate,  come  egli  par  credere  (3),  trasformate  ed  alterate  dai 
Francesi  in  guisa  che  si  prestassero  a  beffeggiare  gli  abitanti  dell'  Inghilterra 
abbassando  Artù.  Si  tratterebbe  quindi  di  due  avventure  di  Artù  affatto  in- 
dipendenti runa  dall'altra;  di  due  battaglie  intraprese  contro  due  diversi 
mostri;  le  quali  avrebbero  però  avuto  gli  stessi  risultati  disastrosi  per  il 
sovrano  della  Brettagna.  Giacché  nella  lotta  con  Chapalu  egli  avrebbe  avuto 
la  peggio  e  sarebbe  stato  sommerso  in  una  palude  ;  ed  in  quella  col  gatto 
ci  avrebbe  lasciato  addirittura  la  vita.  E  che  le  cose  stiano  realmente  così 
risulterà  evidente  quando  si  giunga  ad  accertare  la  differenza  che  passa  fra 
Chapalu  ed  il  gatto  di  Losanna. 

e  Se  il  primo  infatti  è  da  identificare,  come  vide  acutamente  il  Paris, 
con  il  Chapalu  della  Bataille  Loquifer,  esso  rientra  nella  categoria  dei 
mostri  fantastici,  risultanti  dall'accozzamento  di  membra  tolte  ad  animali 


(0  A.  Jabinal,  Nouv.  Ree,  de  Contes,  Dits,  Fabliaux  ecc.  T.  Il,  p.  2-3.  Le  Ro- 
mani  des  Franceis,  così  si  chiama  il  poemetto,  è  stato  composto  sai  principio  del  sec.  AHI. 

(«)  Cfr.  ffist.  Littér,  de  la  Fr.,  T.  XXn,  p.  537  ;  Nyrop-Gorra,  St.  delVEp.  Frane., 
p.  143. 

(3)  Cfr.  str.  9,  10  ecc. 


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diversi,  nella  famiglia  cioè  che  ha  per  capostipite  la  Chimera.  Ma  il  gatto 
di  Losanna  ò  tutt*  altra  cosa.  Esso  è  né  più  né  meno  che  un  gatto,  ma  un 
gatto  che  ha  raggiunto  dimensioni  del  tutto  fuori  del  comune,  ed  è  dotato 
di  una  forza  straordinaria  e  d*  una  spaventosa  ferocia.  Ma  come  e  perchè  ? 
Il  come  ed  il  perchè  noi  lo  rinveniamo  descritto  nel  modo  più  soddisfacente 
in  un  luogo  del  Tristan  de  Nanteuil,  nel  quale  il  poeta  si  compiace  di 
dare  spiegazione  ai  suoi  uditori  della  forza  sovrumana  che  possedeva  il  suo 
eroe  e  di  quella  non  meno  stupefacente  di  cui  era  fornita  la  cerva  che 
Taveva  nutrito  del  suo  latte: 

Nourris  farent  d'un  lait  qai  fut  de  tei  maistrie, 

D'ane  seraine  fat,  sj  com  ristoire  crìe. 

Il  est  de  tei  verta  et  de  tei  seignorie 

Que  se  baste  en  a  beu  eUe  devient  foaniye, 

Si  grande  et  si  poissant,  nel  tenés  [à  folye], 

Qae  noi  ne  dare  à  lui,  tant  ait  chevallerie. 

Artus  le  noos  aprouve,  qai  tant  ot  bajronnye, 

Car  au  temps  qa'i  regna   poar  voir  le  voas  affie, 

Se  combati  aa  chat  qa*alecta  en  sa  vie 

Da  let  d'ane  seraine  qui  en  mer  fat  peschie  ; 

Mès  le  chat  devint  tei,  ne  voas  mentiray  mye, 

Que  nuls  homs  ne  daroit  en  la  soye  partie 

Qu'i  ne  mesist  affin,  à  duel  et  à  hachie. 

Artus  le  conquesta  par  sa  bachelerie, 

Mais  ains  Tacheta  cher,  sy  con  Tistoire  crye  (*). 

s  Questo  luogo  del  Tristan  de  Nanteuil  è  adunque  di  molto  interesse 
per  la  soluzione  del  nostro  piccolo  problema.  Esso  giova  infatti  a  togliere 
ogni  dubbiezza  intomo  alla  natura  dell'animale  sotto  le  cui  granfie  sarebbe 
perito,  se  diamo  retta  alla  leggenda,  raccolta  dall'  autore  del  Manuel  und 
Amande  (^),  e  sdegnosamente  respinta  da  André  de  Coutances,  il  più  valo- 
roso dei  re.  Il  Chapalu  multiforme  della  Bataille  Loquifer  non  ha  nulla 
a  che  vedere  con  questo  gatto  mostruoso,  che  un  pescatore  ha  incautamente 
nutrito  col  latte  d'una  sirena.  In  secondo  luogo  poi  l'autore  del  Tristan  ci 

{})  P.  Meyer,  Notice  sur  le  roman  de  Tristan  de  Nanteuil  in  Jahrb.  fQr  Rom.  und 
Engl.  Liter ,  IX,  p.  11.  E  cfr.  p.  8,  dove  il  poeta  narra  più  distesamente  come  una  sirena 
aUattasse  in  mare  Tristan,  che  a  cagione  di  tal  nutrimento  divenne  grande  come  un  cheval 
de  Cìwrtage.  L'idea  di  far  bere  il  latte  della  sirena  a  Tristan  ed  alla  cerva  deve  esser 
stata  suggerita  all'autore  dalla  lettura  di  un  romanzo  del  ciclo  arturianOi  nel  quale  si  nar- 
rava che  Artù  era  venuto  alle  prese  col  gatto,  ma  aveva  potuto  vincerlo.  Da  questo  fonte 
ei  deve  aver  pur  tratto  quel  che  narra  delle  prime  stragi  perpetrate  dalla  cerva  sul  pe- 
scatore che  aveva  raccolto  Tristan  e  sulla  di  lui  famiglia  ;  altrettanto  fa  il  gatto  diabolico 
nel  Merlino  (P.  Paris,  op.  cit,  p.  360). 

(^}  Le  ambigue  parole  del  poeta  tedesco,  che  non  sa  se  il  gatto  sia  un  vero  gatto 
0  un  pesce  d'aspetto  felino,  ci  fan  credere  che  nella  sua  fonte  la  cosa  fosse  narrata  in 
modo  oscuro  o  troppo  succinto. 


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fa  accorti  che  la  leggenda  primitiva  dì  Artù  e  del  gatto  era  assai  diversa 
da  quella  che  è  narrata  nel  Merlino,  dove  Tapparizione  del  gatto-demonio 
è  provocata  dalla  collera  di  Domeneddio,  che  vuol  punire  un  pescatore  col- 
pevole di  non  aver  mantenuto  il  suo  voto.  Punizione  ben  grande  per  colpa 
relativamente  lieve  I  (i). 

«  Che  un  pescatore  brettone  o  francese  abbia  trovato  nelle  sue  reti  una 
sirena  non  farà  meraviglia  a  chi  rammenti  come  le  classiche  insidìatrici  di 
Ulisse  avessero  conservato  labitudine  di  affascinare  i  naviganti  anche  nel 
medio  evo.  Gervasio  di  Tilbnry  afferma  che  esse  apparivano  spesso  nel  mare 
britannico  (^).  Ma  né  Gervasio  nò  altri  scrittori  da  me  consultati  narrano 
che  il  latte  loro  avesse  sì  prodigiose  virtù  come  son  quelle  di  cui  la  storia 
del  gatto  e  quella  della  cerva  nutrice  di  Tristan  ci  fanno  testimonianza. 
Forse  ad  altri,  più  pratici  di  me  de*  Bestiari,  riuscirà  di  trovare  qualche 
notizia  in  proposito  « . 


Matematica.  —  Sulle  reciprocità  birazionali  nulle  dello  spazio. 
Nota  del  dott.  D.  Montesano,  presentata  dal  Socio  Cremona. 

«  Una  reciprocità  birazionale  fra  due  sistemi  S,  S'  dello  spazio  è  quella 
che  liga  con  corrispondenza  univoca  i  punti  del  sistema  S  ai  piani  del  si- 
stema S'. 

«  Una  siffatta  reciprocità  può  sempre  riguardarsi  come  dovuta  al  prodotto 
di  una  corrispondenza  Cremoniana  con  una  correlazione  ordinaria. 

In  generale  ogni  reciprocità  (birazionale  o  no)  determina  una  superficie 
luogo  dei  punti  che  trovansi  nei  piani  corrispondenti,  ed  una  superficie  invi- 
luppo di  tali  piani. 

«  Però  in  alcuni  casi  può  succedere  che  tali  superficie  riescano  indeter- 
mioate,  che  cioè  due  qualsiansi  elementi  corrispondenti  (punto  e  piano)  si 
appartengano. 

«  A  siffatte  reciprocità  fu  data  la  stessa  designazione  che  si  dà  alle  cor- 
relazioni ordinarie  che  presentano  lo  stesso  carattere;  esse  cioè  furono  chia- 
mate mdle  (NuUsystem  di  grado  superiore)  (3). 

0)  Come  poi  sia  nata  Tidea  di  far  di  Losanna  e  del  monte  del  Lago  il  nascondiglio 
del  gatto  mi  rimane  ignoto. 

(*)  Cf.  P.  Liebrecht,  Des  Oervoè.  von  Tilhury  Otia  Imperialia,  p.  81. 

(3)  Vedi  la  Nota  dello  Stnrm,  Ueòer  die  reciproken  und  mit  ihr  zusammenhangenden 
Verwandtschaften  (Math.  Annalen  Bd.  XTX)  (nella  qnale  a  pag.  477  si  considera  ona  reci- 
procità nulla  di  3<^  grado,  determinata  da  una  correlazione  ordinaria  dello  spazio)  e  le 
Memorie  delFAmeseder  (Sitzungsberichte  der  E.  Akademie  der  Wissenschaften  in  Wieii, 
Tol.  LXXXm,  e  Jonmal  f.  d.  r.  n.  a.  Mathematik.  Bd.  XCVH)  nelle  quali  si  esaminano  le 
reciprocità  birazionali  nulle  di  2^  grado.  Delle  reciprocità  nulle  di  grado  superiore  al  8* 
nessuna  era  stata  sino  ad  ora  costruita. 


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«  Le  reciprocità  nulle  birazionali  sono  l'oggetto  di  questa  Nota,  nella 
quale  dopo  avere  stabilito  alcuni  teoremi  generali,  costruisco  delle  reciprocità 
nulle,  quelle  in  cui  le  superficie  <P,  che  nel  primo  sistema  corrispondono  alle 
stelle  di  piani  del  secondo,  sono  delle  superficie  monoidali,  se,  allargando 
una  denominazione  già  in  uso,  per  superficie  monoidale  si  convenga  indicare 
quella  superficie  che  ha  in  comune  con  ogni  raggio  di  una  congruenza  di 
1^  ordine  un  solo  punto  non  singolare  per  la  congruenza  Q). 

«  1.  Il  prodotto  di  una  reciprocità  birazionale  nulla  E  e 
di  una  correlazione  polare  nulla  r  e  una  corrispondenza  bi- 
razionale dello  spazio,nella  quale  due  punti  corrispondenti 
sono  su  di  un  raggio  del  complesso  lineare  (r),  dovuto  alla 
correlazione  F. 

«E  inversamente:  Ogni  corrispondenza  birazionale  dello 
spazio,  nella  quale  le  rette  che  uniscono  punti  corrispon- 
denti costituiscono  un  complesso  lineare  (r),  combinata  con 
la  correlazione  polare  nulla  r  dovuta  al  complesso,  dà  come 
prodotto  una  reciprocità  birazionale  nulla. 

«  I  due  teoremi  sono  senz'  altro  evidenti.  Più  generalmente  : 

Il  prodotto  di  una  reciprocità  birazionale  nulla  Xeon 
una  correlazione  ordinaria  F  ò  una  corrispondenza  birazio- 
nale dello  spazio,  nella  quale  due  punti  corrispondenti  sono 
reciproci  rispetto  alla  T;  e  inversamente. 

«  Sicché  la  determinazione  delle  reciprocità  birazionali 
nulle  dello  spazio  può  farsi  dipendere  da  quella  delle  cor- 
rispondenze birazionali  in  cui  due  punti  corrispondenti 
siano  reciproci  rispetto  ad  una  correlazione  ordinaria,  o 
anche,  in  particolare,  da  quelle  corrispondenze  birazionali 
che  diano  origine  ad  un  complesso  lineare  (^). 

«  Delle  corrispondenze  birazionali  della  prima  specie  daremo  ora  vari  tipi. 

«  2.  In  due  sistemi  S,  S'  dello  spazio  si  abbiano  due  stelle  di  rette 
riferite  Tuna  all'altra  con  una  corrispondenza  birazionale  X,  nella  quale  ad 
un  fascio  di  raggi  della  prima  stella  corrisponda  nella  seconda  un  cono 


(>)  L'esistenza  di  queste  infinite  reciprocità  nnUe  che  verremo  &  costntìre,  mostra 
essere  inesatta  la  dimostrazione  di  Lazzeri,  il  quale  nella  sua  Nota,  Su  le  reciprocità 
biroiionali  nello  spazio  (Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  voi.  Il,  1886,  pag.  78) 
cercò  mostrare  che  le  reciprocità  nulle  di  grado  superiore  al  1<^,  dehhono  da  essere  di  S^  grado. 
Regge  invece  il  teorema  (già  dimostrato  dallo  Sturm  nella  Nota  citata  a  pag.  474)  che  nel 
piano  vi  è  una  sola  reciprocità  birazionale  nulla,  che  è  di  2^  grado. 

(')  Di  tali  corrispondenze  quelle  involutorie  che  danno  origina  al  complesso 
lineare  contato  una  sola  volta,  furono  già  ottenute.  V.  le  mie  Note  pubblicate  in  questo 
voi.  a  pag.  207  e  277.  Sicché  una  prima  famiglia  di  reciprocità  birazionali  nulle  viene  ad 
essere  determinata  da  tali  corrispondenze. 


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F'n  ^  ki^'  '  •  '  kf^r  e  ad  un  fascio  di  raggi  della  seoonda  corrisponda  nella 
prima  un  cono  Fn  ^  Ai*» . . .  Ar*»-. 

«  Insieme  a  questa  corrispondenza  X  sia  data  anche  una  correlazione 
ordinaria  r  fra  i  sistemi  S,  S'  a  cui  appartengono  le  stelle. 

«  Se  allora  ad  ogni  punto  P  dello  spazio  S,  situato  sul  raggio  p  della  stella 
0,  si  fa  corrispondere  nello  spazio  S'  il  punto  F  in  cui  il  r^gio  p'  che  cor- 
risponde a  p  nella  X,  sega  il  piano  tt'  che  corrisponde  a  P  nella  r,  la  cor- 
rispondenza arazionale  E  fra  i  sistemi  S,  S'  che  con  ciò  viene  ad  aversi,  è 
della  specie  cercata;  cioè  in  essa  due  punti  corrispondenti  sono  reciproci 
rispetto  alla  correlazione  r. 

«  Ai  punti  P  di  una  retta  r  (situati  perciò  nei  raggi  j!>  di  un  fascio 
della  stella  0)  corrispondono  i  punti  F  situati  sui  singoli  raggi  p*  di  un 
cono  Fn  e  nei  singoli  piani  n'  di  un  fascio,  sicché  il  luogo  di  questi  punti 
F,  che  è  la  curva  che  corrisponde  alla  r  nella  E,  è  di  ordine  n-\-\. 

K  Analogamente  si  costruisce  la  curva  del  primo  spazio  che  conìsponde 
ad  una  retta  di  S^  cur^a  che  risulta  anche  essa  di  ordine  n-\-\. 

«  È  anche  evidente  che  le  superficie  <Z>n^i  (o  le  (P'n-i-i)  che  nello  spazio 
S  (o  in  S')  corrispondono  ai  piani  dell'altro  spazio,  sono  dei  monoidi  col  ver- 
tice in  0  (od  in  0')  e  che  ciascun  raggio  fondamentale  h  (o  k)  della  corri- 
spondenza X  è  anche  fondamentale  dello  stesso  ordine  in  S  (o  in  S')  per  la 
corrispondenza  K. 

«  Di  questa  i  punti  0,  0'  risultano  fondamentali,  e  le  corrispondenti 
superficie  sono  i  piani  m\  m  che  loro  corrispondono  nella  correlazione  r. 

«  Ogni  punto  P  di  C0  ha  per  corrispondente  il  punto  0'  nella  E,  eccet- 
tuato il  caso  in  cui  il  raggio  p'  della  stella  0'  che  nella  X  corrisponde  al 
raggio  OP,  appartenga  al  piano  tt'  che  nella  stella  0'  corrisponde  nella  cor- 
relazione r  al  punto  P,  giacche  allora  al  pimto  P  viene  a  corrispondere  nella  E 
tutto  il  raggio  p\ 

«  Ora  siccome  col  variare  di  P  in  a>  il  raggio  p'  e  il  piano  /r'  deUa 
stella  0'  che  corrispondono  rispettivamente  al  raggio  OP  e  al  punto  P  nella  X 
e  nella  F,  determinano  una  reciprocità  di  grado  n  nella  stella  0',  perciò  gli 
elementi  p\  n  che  si  appartengono,  sono  rispettivamente  su  di  un  cono  di 
rette  U'^Ai''^»...AA  di  ordine  /i+l  ed  in  un  cono-inviluppo  V  di  classe 
/i-(-l  (^),  sicché  la  ciurva  C+i  del  piano  o>  che  corrisponde  nella  correlazione  F 
al  cono  y  risulta  linea  fondamentale  semplice  per  le  ^^^x  ed  ha  per  corri- 
spondente nello  spazio  S'  il  cono  U'  su  accennato. 

«  La  traccia  G'^^i  di  questo  cono  U'  sul  piano  o)'  é,  a  sua  volta,  linea  fon- 
damentale semplice  per  le  superficie  <ì>\^\ ,  ed  ha  per  corrispondente  il  cono 


(0  Vedi  Jung,  Sui  sistemi  cremoniani  reciproci  di  grado  m.  Rendiconti  deUa  R. 
Accademia  dei  Lincei,  1885,  pag.  774. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1«  Sera.  76 


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—  586  — 

U^^Ai^'...  Ar"r  che  proietta  da  0  la  Cn,  sicché  le  superficie  <P  sono  delle 

e  analogamente  le  <P'  sono  delle 

«  Ai  raggi  fondamentali  h  corrispondono  nella  corrispondenza  E  gli  stessi 
coni  della  stella  0'  che  ai  raggi  h  comspondono  nella  X,  e  questi  coni  insieme 
al  piano  co^  contato  due  volte  ed  al  cono  U'nH-i  formano  la  Jacobiana  delle 
superficie  <P'. 

«  Analogamente  si  determina  la  Jacobiana  delle  superficie  <P. 

«  Vi  sono,  in  generale,  2  {ri  4-  2)  punti  uniti  nella  corrispondenza  K. 
Essi  sono  i  punti  in  cui  la  curva  generata  dalle  due  stelle  0, 0'  {^)  incontra 
la  superficie  luogo  della  correlazione  r. 

«  3.  Vogliamo  ora  estendere  questi  risultati  al  caso  in  cui,  invece  di  due 
stelle  0,  0',  si  avessero  più  generalmente  negli  spazi  S,  S'  due  qualsiansi 
congruenze  di  1"  ordine  riferite  fra  loro  birazionalmente. 

«  Per  brevità  di  lii^aggio  diremo  che  una  congruenza  Q  di  1^  ordine 
è  di  1*  0  di  2*  0  di  3*  specie,  secondo  che  essa  è  costituita  dalle  rette  di 
una  stella  0,  o  da  quelle  appoggiate  ad  una  retta  d  e  sA  una  curva  razio- 
nale J^  che  abbia  fi  —  1  punti  sulla  d  (^),  o  dalle  corde  di  una  cubica 
gobba  Jz ,  sicché  la  classe  a  della  congruenza  nel  primo  caso  è  0,  nel  secondo 
è  fi,  nel  terzo  è  3;  e  il  numero  delle  rette  della  congruenza  appoggiate  a 
due  rette  dello  spazio  è  cr-l-l,  avendo  tr  i  valori  accennati  nei  singoli  casi. 

«  Ciò  posto,  siano  date  negli  spazi  S,  S'  le  congruenze  Q,  Q'  di  1^  or- 
dine e  di  classe  (X,  (/  rispettivamente,  e  siano  esse  riferite  fra  loro  con  cor- 
rispondenza birazionale  X,  nella  quale  ad  ogni  superficie  della  congruenza  Q' 
costituita  da  raggi  appoggiati  ad  una  retta  arbitraria  dello  spazio  S'  corri- 
sponda nella  congruenza  Q 

una  superficie    Pn^^O'*Ai*» ...  Ar"*-  se  la  Q  è  di  prima    specie 

0    »  »  Pn^rfTz/p**-Tf  Al*' ...  Ar"'"       1»    j»  «   j»    »  seconda     » 

0    ri  n  Fn^^*  Al*» ...  A^.*»-  »     j»  »   i»    »»  torza         i>  (3) 


in  modo  che  due  qualunque  di  queste  superficie  abbamo  in  comune,  oltre  i 

raggi  fondamentali  A  e  le  direttrici  della  congruenza  Q,  <r'  -|- 1  raggi  variabili. 

«  Analogamente  nella  coirispondenza  X  alle  superficie  costituite  dai  raggi 


(0  Vedi  Cremona,  Su  le  trasformazioni  razionali  nel  piano.  Giornale  di  Matema- 
matiche,  toI.  III. 

(')  In  generale  la  J^  è  gobba;  ma  pnò  anche  trovarsi,  in  casi  particolari,  in  un 
piano  n,  avendo  allora  per  punto  (^—l)-j9Zo  il  punto  (dn), 

(')  n  in  questo  caso  è  pari. 


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della  congruenza  Q  che  si  appc^giano  alle  singole  rette  dello  spazio  S,  cor- 
rispondano nella  Q'  superficie  F'  ^  AjP» . . .  A,P*.  Queste  superficie  saranno  dello 
stesso  ordine  n  delle  superficie  E,  e  avranno  in  comune  oltre  i  raggi  fonda- 
mentali &i...ks  (e  oltre  le  direttrici  d\J^'  multiple  secondo  y'  e  n!  —  y', 

0  oltre  la  J^  multipla  secondo  —,  se  la  Q'  è  di  2*  o  di  3*  specie)  c-f-l 

raggi  variabili. 

«  Ogni  raggio  fondamentale  hi  (o  kì)  avrà  per  corrispondente  nella  K 
una  superficie  di  ordine  ai  (o  ^i)  della  congruenza  Q'(o  della  Q);  come  ad 
ogni  cono  dì  una  delle  due  congruenze  che  abbia  il  suo  vertice  su  una  diret- 
trice m-pla  per  le  F  (o  per  le  F')  corrisponderà  neir  altra  congruenza  una 
superficie  di  ordine  m. 

»  Variando  il  punto  nella  direttrice,  queste  superficie  formano  un  fascio 
se  la  direttrice  considerata  appartiene  ad  una  congruenza  (Q  o  Q')  di  2*  specie; 
formano  invece  un  sistema  d'indice  2  se  la  congruenza  ora  accennata  è  di 
3*  specie. 

tt  Segando  le  due  congruenze  con  due  piani  tt,  tt!  rispettivamente,  e 
riguardando  come  corrispondenti  le  tracce  su  tali  piani  di  due  raggi  che  si 
corrispondano  nella  X^  si  viene  ad  ottenere  una  corrispondens^  birazionale  % 
di  grado  n  fra  i  piani  tt,  tt',  la  quale  in  tt  ha  per  punti  fondamentali  mul- 
tipli secondo  a^ ...  a^  le  tracce  dei  raggi  A^ , . . .  A^  e  per  punti  fondamentali 
semplici  le  tracce  dei  er"  raggi  della  Q  che  nella  X  corrispondono  ai  ^  raggi 
della  Q'  giacenti  in  7i\ 

•  Ulteriormente  se  la  Q  è  di  2*  o  di  3*  specie,  le  tracce  delle  sue  diret- 
trici su  n  sono  punti  fondamentali  per  la  /,  multipli  rispettivamente  secondo 
l'ordine  di  multiplicità  di  tali  direttrici  per  le  superficie  Fn-  Ne  segue  che 
jSa -|- cr' =  3  (;^ — i)  se  la  Q  è  di  1*  specie 

0  che  2a-}-y  +  /i(w — y)-}-(y'  =  3(7i  —  1)     »    »    »   »   »    2*      »» 
0  che  2a  +  3|  +  (r'  =  3(»— 1)  »    »    »   »  n    3*      >» 

Ci 

Analoghe  considerazioni  valgono  pel  piano  tt'  e  per  la  ^/^. 

«  Ed  è  agevole  costruire  la  corrispondenza  %  che  soddisfi  alle  condizioni 
accennate  per  poi  ottenere  da  essa  la  corrispondenza  JC  fra  le  due  congruenze. 

«  4.  Se  ora  insieme  alla  corrispondenza  birazionale  X  fra  le  congruenze 
Q,  Q'  si  dà  anche  una  correlazione  T  fra  gli  spazi  S,  S'  che  contengono  le 
due  congruenze,  facendo  corrispondere  ad  ogni  punto  P  dello  spazio  S  che 
sia  sul  raggio  jo  della  congruenza  Q,  il  punto  P'  dello  spazio  S'  in  cui  il 
raggio  y  che  corrisponde  a  jd  nella  JT,  sega  il  piano  -n!  che  corrisponde  a  P 
nella  r,  la  corrispondenza  birazionale  K  che  viene  ad  aversi,  è  della  specie 
cercata. 

«  In  essa  le  superficie  <P  (o  le  <P')  che  nello  spazio  S  (o  in  S')  corrispon- 
dono ai  piani  dell'altro  spazio,  sono  superficie  monoidali  di  ordine  7^-[-l, 


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—  588  — 

avendo  in  comime  con  ogni  raggio  della  congruenza  Q  (o  della  Q')  un  unico 
punto  non  fondamentale. 

«  È  eyidente  ancora  che  ì  raggi  fondamentali  {h  o  k)  e  le  direttrici  di 
ciascuna  delle  due  congruenze  Q,  Q'  sono  multiple  per  le  superficie  0  0  per 
le  <P'  dello  stesso  ordine  di  multiplicità  che  per  le  superficie  F  0  per  le  F'. 

«  Per  avere  Tulteriori  linee  fondamentali  della  corrispondenza  K  si  noti 
che  in  generale  i  due  raggi  p\  p\ ,  che  corrispondono  ad  un  raggio  arbi- 
trario p  della  congruenza  Q  nella  X  e  nella  r  rispettivamente,  non  hanno 
alcun  punto  comune.  Se  ciò  succede,  anche  il  raggio  pi  che  conìsponde  nello 
spazio  S  a  jo'  nella  r,  si  appoggerà  al  raggio  p  ;  e  nella  K  al  punto  ppi^P 
corrisponderà  in  S'  tutto  il  raggio/,  come  al  punto  p'p\^P  corrisponderà 
in  S  il  raggio  p,  sicché  le  due  curve  C,  C  luoghi  dei  punti  P,  F  ora  accennati 
saranno  linee  fondamentali  semplici  per  la  K,  Tuna  nello  spazio  S,  l'altra 
nello  spazio  S'. 

«  Ora  se  Qi  è  la  congruenza  di  ordine  a'  e  di  classe  1  che  corrisponde 
alla  Q'  nella  r,  essa  risulta  riferita  alla  congruenza  Q  con  corrispondenza 
birazionale,  e  il  luogo  dei  punti  d*  incontro  di  due  raggi  corrispondenti  è  la 
prima  deUe  curve  fondamentali  che  cercasi. 

«Se  cr'  =  0,  se  cioè  la  congruenza  Qi  è  costituita  dalle  rette  di  un 
piano  et),  questa  curva  fondamentale  G  ò  di  ordine  n'{-l. 

«  Se  invece  a'  è  diverso  da  0,  le  due  congruenze  Q,  Qi  vengono  a  sta- 
bilire in  ogni  piano  dello  spazio  una  corrispondenza  di  punti  (1,  a'),  quella 
in  cui  due  punti  corrispondenti  A,  A'  sono  le  tracce  di  due  raggi  corrispon- 
denti pypi  della  Q,  Qi,  e  siccome  in  tale  corrispondenza  ai  punti  A  di  una 
retta  corrispondono  i  punti  A'  di  una  curva  di  n^  ordine,  perciò  vi  sono 
n-\'C'^l  punti  uniti,  dei  quali  ciascuno  è  sulla  curva  Oche  cercasi,  il  cui 
ordine  perciò  è  ^i  +  cr'-j-l. 

«  Analogamente  la  curva  fondamentale  semplice  C  dello  spazio  S'  è  di 
ordine  w  +  cr-f-l. 

«  Né  vi  sono  nella  K  altre  linee  fondamentali,  giacché  per  le  superficie 
<P,  p.  e.,  si  ha  che  nella  linea  sezione  di  due  di  esse,  le  linee  fondamentali  h 
e  le  direttrici  della  Q  contando  come  nella  sezione  di  due  superficie  F  della 
congruenza,  equivalgono  perciò  ad  una  linea  di  ordine  n^ — cr' — 1,  e  si  ha  che 

(^jt  —  cr'  — l)-(-(w  +  (r'  +  l)  =  (/^^-l)7^. 

j^  Questo  fatto  del  resto  risultava  evidente  anche  per  la  genesi  deUa 
corrispondenza  E. 

«  È  anche  facile  la  determinazione  delle  superficie  Jacobiane  della  tra- 
sformazione. 

«  Da  prima,  mediante  il  teorema  che  :  «  Se  le  generatrici  di  due  superficie 
razionali  F^, ,  Fg  sono  riferite  le  une  alle  altre  con  corrispondenza  univoca,  vi 
sono  i?  -hf  4~  1  generatrici  dell'  una  superficie  che  incontrano  le  corrispondenti 


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—  589  — 

generatrici  dell'altra  «  si  può  agevolmente  detenninare  Tordine  di  mnltipli- 
cità  dei  centri  o  delle  direttrici  delle  congruenze  Q,  Q'  per  le  superficie  J,  J' 
delle  due  congruenze,  che  corrispondono  nella  K  alle  curve  C,  C,  deter- 
minando con  ciò  Tordine  delle  due  superficie;  e  si  ottiene  che  la  J  è  una 
J„^i ^ 0"-^^ C»+<yr+i  se  la  congruenza  Q  è  di  1*  specie,  è  invece  una 
Jn+pKi^flft^^Tz/^'Mr-^^Cn^tfr+i  80  la  Q  è  di  2*  specie,  o  risulta  essere  una 


n_, 


-2 


Jn^^J^    Cn^a'-^i  86  la  Q  ò  di  3*  specio,  sicché  in  ogni  caso  l'ordine  della 
superficie  J  è  eguale  a  quello  della  curva  C,  a  cui  essa  corrisponde. 

«  Analogamente  la  superficie  3'^=C'n-t-<i-^i  che  corrisponde  alla  G,  ha  lo 
stesso  ordine  w+'^'  +  l  della  C. 

«  Ciò  posto,  se  la  Q  è  di  1*  specie,  la  Jacobiana  delle  superficie  ^  è 
costituita:  l**  dalle  superficie  che  corrispondono  ai  raggi  h  le  quali  sono 
quelle  che  ai  raggi  h  corrispondono  nella  X,  sicché  la  sonmia  dei  loro  ordini 
è  S{ìi  —  1)  —  a';  2®  dalla  superficie  J»+a/+i  che  corrisponde  alla  C;  3*  dal 
piano  co'  che  corrisponde  al  centro  0  della  Q,  da  contarsi  due  volte. 

«  Se  la  Q  è  di  2^  specie,  alla  sua  direttrice  rettilinea  d  corrisponde  nella  K 
una  superficie  J'^+i^C'„+a^.i  generata  dal  fascio  dei  piani  che  corrispondono 
nella  r  ai  punti  della  d  e  dal  fascio  proiettivo  al  precedente  costituito  dalle 
superficie  di  ordine  y  della  Q'  che  nella  X  corrispondono  ai  coni  della  Q 
aventi  i  vertici  sulla  d.  Analogamente  alla  J^  corrisponde  una  superficie 
y^^n^>^^^i^C'n-^<s-*-i  generata  dalle  superficie  della  Q'  che  nella  X  corrispon- 
dono ai  fasci  della  congruenza  Q,  e  dalla  serie  dei  piani  che  nella  F  cor- 
rispondono ai  punti  della  J^. 

«  Ulteriormente  la  Jacobiana  delle  <!>'  contiene  la  superficie  Jn-t-a'-hi  che 
corrisponde  alla  G,  e  le  superficie  che  nella  X  e  nella  K  corrispondono  ai 
raggi  A,  gli  ordini  delle  quali  danno  per  somma  3{n — 1) — y — l^i^ — y) — <^'- 

»  Se  infine  la  Q  è  di  3^  specie  la  Jacobiana  delle  <P'  è  costituita  dalle 
superficie  che  nella  X  e  nella  E  corrispondono  ai  ra^  A,  delle  quali  gli 

H 

ordini  danno  per  somma  3(;«— 1) — 3- — </,  dalla  superficie  Jn+a'+i  che  cor- 

risponde  alla  G,  eda  una  superficie  Js^^      ^G'^n^a^i>  che  corrisponde  alla 

direttrice  z/s,  la  quale  superficie  è  quella  generata  dalle  superficie  di  ordine  ^ 

che  nella  X  corrispondono  ai  coni  della  Jz  (^  che  formano  un  sistema  di 
indice  2)  e  dai  piani  che  nella  F  corrispondono  ai  punti  della  J^. 

tt  Analoghe  considerazioni  si  possono  ripetere  per  la  Jacobiana  delle 
superficie  <l>n+i. 

«  Anche  in  questo  caso  le  due  congruenze  Q,  Q'  generano  una  curva  di 
ordine  »+2,  luogo  dei  punti  d'incontro  di  raggi  corrispondenti  ;  ed  i  2(w-|-2) 
punti  che  questa  curva  ha  in  comune  con  la  superficie  luogo  della  correla- 
zione r  sono  punti  uniti  nella  corrispondenza  E. 


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—  590  — 

«  5.  Combinando  ciascuna  delle  corrispondenze  birazionali  K  preceden- 
temente ottenute  con  la  correlazione  r,  a  coi  la  comspondenza  è  dovuta,  si  ot- 
tiene una  reciprocità  birazionale  nulla,  nella  quale  le  superficie  del  primo  spazio 
che  corrispondono  alle  stelle  di  piani  del  secondo,  sono  le  stesse  superficie  <Pni-i 
della  K,  mentre  le  superficie-inviluppo  ^fn+i  che  corrispondono  ai  piani  pun- 
teggiati del  primo  spazio,  sono  quelle  che  corrispondono  alle  superficie  <X^n^i 
nella  F. 

«  In  fondo  la  reciprocità  K  che  si  ottiene,  può  supporsi  generata  rife- 
rendo birazionalmente  una  congruenza  di  1"^  ordine  Q  dello  spazio  S  ad  una 
congruenza  di  1*  classe  Qi  dello  spazio  Si,  e  facendo  corrispondere  ad  ogni 
punto  P  del  primo  spazio  che  sia  sul  raggio  jc?  della  Q,  il  piano  ti  del  secondo 
spazio  che  passa  pel  punto  P  e  pel  raggio  p'  che  nella  Qi  corrisponde  al 
raggio  p  ;  e  viceversa. 

«  Inversamente  è  chiaro  che  ogni  reciprocità  birazionale  nulla,  nella  quale 
le  superfìcie  <P  del  primo  spazio  che  corrispondono  alle  stelle  di  piani  del 
secondo,  siano  monoidali,  è  della  specie  studiata  » . 


Chimica.   —  Alcuni  nuovi  composti  fluorurati  del  vanadio. 
Nota  I.  di  A.  Piccini  e  G.  Giorgis  (^),  presentata  dal  Socio  Cannizzaro. 

«  Tra  le  diverse  serie  di  composti,  che  il  vanadio  è  capace  di  dare,  al 
di  sotto  del  limite  YX^,  quella  corrispondente  al  biossido  si  distingue  per 
la  sua  stabilità  relativamente  grande.  Allo  scopo  di  mettere  in  relazione  il 
vanadio  con  altri  elementi  capaci  di  dare  composti  della  forma  BX^  e  di 
accumulare  ancora  nuovi  esempi  delle  parziali  analogie  che  un  solo  elemento 
può  avere  con  molti  altri,  anche  di  gruppi  diversi,  quando  si  considerino  le 
forme  simili  di  combinazione  ci  siamo  occupati  di  preparare  dei  fluossisali 
corrispondenti  al  VO'  ;  sia  perchè  il  fluoro  suole,  in  generale,  impartire  una 
maggiore  stabilità  ai  composti  inferiori,  sia  perchè  fa  comparire  delle  analogie, 
che  invano  si  cercherebbero  con  altri  mezzi. 

«  Quello  che  si  sa  sull'argomento  da  Berzelius  in  poi  è  ben  poco.  Guyard  {^) 
dimostrò  che  trattando  l'acido  vanadico  con  acido  fluoridrico  e  con  alcool  si 
ottiene  un  liquido  azzurro,  che,  quando  si  concentra,  diventa  verde  e  lascia 
per  svaporamento  un  residuo  verde-cupo.  L'unico  fluossisale,  corrispondente 
al  biossido  di  vanadio,  descritto  con  precisione  è  Tipofluossivanadato  ammo- 
nico  di  Baker.  Per  ottenerlo  si  scioglie  il  pentossido  di  vanadio  nell'acido 
fluoridrico,  si  fa  passare  nella  soluzione  una  corrente  d'idrogeno  solforato  e 
si  filtra  il  liquido  divenuto  azzurro.  Aggiungendo  fluoruro  di  ammonio  si  sepa- 

(1)  Lavoro  eseguito  nell'Istituto  chimico  della  R.  Università  di  Roma. 
(«)  Bull.  Soc.  Chim.  XXV-350. 


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—  691  — 
rano  dei  cristalli  azzurri,  monoclini  che  hanno  la  formola  2NH*  FI,  VO  FI* 

+H«oe). 

«  Noi  avremmo  atteso  a  pubblicare  le  nostre  ricerche,  ancora  incomplete, 
se  non  fosse  di  recente  comparso  un  lungo  lavoro  del  Ditte  (2),  nel  quale 
egli  comincia  a  sottoporre  a  nuovi  studi  tutte  le  serie  di  composti  dati  dal 
vanadio  allo  scopo  di  dedurre  qualche  conclusione  ben  fondata  sul  posto  che 
converrebbe  assegnargli. 

(t  Lo  scopo  che  noi  ci  prefiggiamo,  e  a  cxii  abbiamo  già  accennato,  è  molto 
più  modesto  ;  d'altra  parte  dopo  i  molti  lavori  sperimentali  fatti  sul  vanadio 
e  dopo  le  speculazioni  del  Mendelejeff  la  posizione  di  questo  elemento  non 
lascia,  almeno  ci  sembra,  luogo  ad  alcun  dubbio. 

tf  Se  si  scioglie  nelV  acido  fluoridrico  acquoso  il  metavanadato  ammonico 
e  si  tratta  con  anidride  solforosa,  a  caldo,  si  ottiene  im  liquido  azzurro  che, 
neutralizzato  con  ammoniaca  e  addizionato  di  fluoruro  ammonico  neutro  lascia 
precipitare  una  polvere  cristallina,  azzurrognola.  Dopo  averla  raccolta  sul 
flltro,  lavata  con  pochissima  acqua  e  spremuta  fortemente  tra  carta  bibula 
si  può  purificare  sciogliendola  di  nuovo.  Dapprincipio  si  separano  dei  prismi 
monoclini,  che  hanno  la  composizione  del  sale  di  Baker,  poi  si  formano  dei 
cristalli  piccoli,  splendenti,  di  colore  azzurro.  Sono  ottaedri  monometrici,  tal- 
volta modificati  dalle  facce  del  cubo,  si  sciolgono  bene  nell'acqua,  dando  un 
liquido  azzurro,  da  cui  il  fluoruro  di  ammonio  separa  il  sale  primitivo.  In 
questa  sostanza  si  può  riconoscere  la  presenza  del  fluoro,  del  vanadio  e  del- 
l'ammoniaca, n  vanadio  fu  da  noi  determinato  mediante  la  riduzione  subita 
dal  permanganato  potassico  ;  il  fluoro  col  processo  di  Penfield  (^)  e  l'ammo- 
niaca distillando  la  sostanza  con  soda  sciolta  nell'acqua  e  raccogliendo  il 

N  N 

distillato  nell'acido  cloridrico  —  che  veniva  rititolato  con  potassa  — .    Otte- 

nemmo  cosi  dei  numeri  che  si  accordano  colla  formula  VO  FP.  3NH*  FI, 
come  si  vede  dalla  seguente  tabella: 

I        II        IH  IV        V        VI       VII     vili   media 

V  =  51        23,63  23,69  23,80  23,81  23,14     —       —       —       —     23,61 

0  =  16          7,40     —       —       —  —       —       —       —       — 

FI*  =  95        43,98     —       —       —  —     43,88  45,03    —       -     44,43 

3NH*  =  54        24,99     ——       —  —       —       —     24,3325,1524,74 


VOFl» .  3NH*  FI  =  216      100,00 
che  raccoglie  i  risultati  di  tutte  queste  determinazioni. 

(>)  Ann.  d.  Chim.  CCII,  262. 

(«)  Ann.  Phys.  Chim.  Xm,  (6)  !90. 

{?)  Chem.  News.  XXXIX-197,  D  metodo  consiste  nel  convertire  il  flaoro  in  fluoruro  di 
silicio  e  fare  assorbire  questo  da  una  soluzione  idroalcoolica  di  cloruro  potassico.  Si  preci- 
pita cos\  idrofluosilicato  potassico  e  si  libera  dell'acido  cloridrico,  che  si  determina  con 
una  soluzione  alcalina  titolata. 


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—  692  — 

N 

I  gr.       0,2855  di  sostanza  decolorarono  13,27  ce.  di  permanganato  — - 

II  -         0,4567  »  »  21,43    » 

III  »    0,5214     »         »     23,82  « 

IV  •    0,2836    »        •     12,87  «        » 

V  Per  gr.  0,2763  si  impiegarono  42,5  ce.  di  ammoniaca  — 

ai) 

VI  n         0,2541  fi  40,16  »  »         ^ 

N 

VII  gr.      0,3843  saturarono  10,39  di  acido  cloridrico  — 

Vili    «        0,2000  »»  5,5  »  » 

«  Questo  fluossisale  che  chiameremo  ipofluossivanadato  ammonico  ottae- 
drico  ha  il  comportamento  generale  dei  termini  appartenenti  alla  forma  VX*. 

«  Ci  parve  di  qualche  interesse  il  tentare  se  fosse  stato  possibile  di 
sostituire  Tossìgeno  col  fluoro  e  ottenere  cosi  un  ipofluovanadato,  e  perciò 
abbiamo  trattato  il  VO  FP.  3NH*  FI  con  acido  fluorìdrico  concentrato.  Dalla 
soluzione  di  colore  azzurro  intenso  cristallizzarono,  dopo  qualche  giorno,  dei 
prismi  monoclini,  trasparenti  che  analizzammo. 

Gr.  0,3105  decolorarono  16,03  ce.  di  permanganato  -rr 
»   0,3025  1»  15,54    « 

»  In  100  parti: 

I  II  calcolato  per  VOPl» .  2NH*  FI  +  H«  0 

V        26,33        26,19  25,88 

avevamo  dunque  ottenuto  il  sale  di  Baker,  il  quale,  alla  sua  volta,  rìdi- 
sciolto  nell'acido  fluorìdrico  concentrato  ricristaUizza  inalterato. 

«  Oltre  che  col  processo  sopra  descritto,  si  può  ottenere  Tipofluossiva- 
nadato  ottaedrìco  rìducendo  col  polo  negativo  di  una  batterìa  elettrica,  il 
metavanadato  ammonico,  acidificato  con  acido  fluoridrico  e  addizionato  di  fluo- 
ruro ammonico.  Si  impiega  vant^giosamente  l'apparecchio,  di  cui  uno  di  noi 
si  servì  per  preparare  il  fluotitanito  ammonico  basico  {}).  Dopo  qualche  ora 
il  liquido  diviene  azzurro  e  quindi  comincia  a  precipitarsi  una  polvere  cri- 
stallina. Si  può  seguire  anche  il  metodo  di  Gujard,  ridurre  cioè  la  soluzione 
fluoridrica  di  acido  vanadico  mediante  l'alcool  e  aggiungere  poi  fluoruro 
ammonico.  Se  questo  non  è  in  grande  eccesso,  il  liquido  azzurro  si  mantiene 
dapprincipio  trasparente  ma,  per  evaporazione  spontanea,  lascia  deporre  l'ipo- 
fluossivanadato  ammonico  in  cristalli  ben  definiti.  I  cristalli  che  si  depongono 
in  principio  sono  azzurri,  poi  se  ne  depongono  di  colore  diverso  che  varia 

(^)  K.  Accademia  dei  Lincei.  Transunti,  1885. 


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—  598  — 

dal  celeste  al  Terde.  Intanto  anche  Tacqua  madre  diviene  di  un  verde  sempre 
più  chiaro  e  finalmente  gialla.  Allora  si  depongono  dei  cristalli  ettaedrici  di 
un  bel  colore  giallo  di  cromo. 

«  Questa  nuova  sostanza  appartiene  alla  serie  vanadica  normale  e  si  è 
formata  per  dazione  dell'ossìgeno  atmosferico  sulla  soluzione  acquosa  di  ipo- 
fluossivanadato  anmionico  ettaedrico.  Noi  l'abbiamo  potuta  ottenere  diretta- 
mente  partendo  dall'acido  vanadico.  Si  scioglie  questo  in  un  eccesso  di  acido 
tluoridrìco,  che  si  neutralizza  poi  con  ammoniaca,  mentre  il  liquido  è  ancora 
caldo  ;  per  raffreddamento  si  ottiene  una  massa  abbondante  di  cristalli  ettae- 
drici, solubili  nell'acqua.  L'ammoniaca  non  deve  essere  aggiunta  in  eccesso, 
altrimenti  si  ottiene,  insieme  ai  cristalli  gialli,  una  polvere  bianca  cristallina  ; 
un  eccesso  fortissimo  di  ammoniaca  è  capace  di  decomporre  anche  i  cristalli 
già  formati  dando  la  stessa  sostanza  bianca.  I  cristalli  ettaedrici,  gialli  con- 
tengono vanadio,  fluoro,  ammonio   ed   ossigeno.  Il   vanadio   fu   determinato 

0  per  mezzo  del  permanganato  potassico  (dopo  avere  ridotto  la  sostanza  con 
anidride  solforosa)  oppure  ricorrendo  alla  calcinazione  moderata,  in  contatto 
dell'aria.  A  100''  la  sostanza  non  perde  di  peso  anche  dopo  molte  ore; 
a  temperatura  più  elevata  comincia  un  imbrunimento  e  si  sviluppano  dei 
fumi  bianchi;  arrivati  al  rosso  incipiente  si  ha  un  residuo  rosso  bruno,  che 
non  emette  più  fumi;  questo,  bagnato  con  acido  azotico,  poi  riscaldato  len- 
tamente di  nuovo  fino  a  fare  svaporare  l'acido  e  calcinato  con  precauzione, 
prende  un  color  cannella  e  non  cambia  più  di  peso  per  quanto  lo  si  riscaldi  ; 
si  ha  allora  del  pentossido  di  vanadio  puro.  Af&nchè  la  determinazione  riesca 
bene  occorre  la  massima  cautela.  Jl  fluoro  e  l'ammoniaca  si  determinarono 
coi  soliti  metodi.  Le  analisi  furono  eseguite  sopra  saggi  ottenuti  da  più  pre- 
parazioni fatte  partendo  sia  dall'acido  vanadico,  sia  dall'ipofluossivanadato 
anmionico  ettaedrico. 

1  gr.  0,4609  di  sostanza,  previamente  ridotta,  decolorarono  ce.  21,4  di  per- 

manganato — 

II  gr.    0,5828  di  sostanza  dettero  gr.  0,2493  di  pentossido  di  vanadio 

N 

III  Per  gr.  0,3011  »        si  impiegarono  ce.  37,78  di  potassa  — 

ai) 

IV  «      0,3040  »  "  "     38,03  » 

V  «      0,3059  »  "  ^     38,54  »        « 

N 

VI  gr.    0,3321  saturarono  ce.  9,46  di  acido  cloridrico  — 

VII  »      0,3109  8,86    1»      »  «  » 

VIII  «      0,3931  11,44    »      »» 

IX  n         0,3311  9,44     »         n  li  n 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  r  Sem.  77 


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—  594  — 

«  Queste  esperienze  conducono  alla  formola  YO*  FI .  3NH^  FI,  come  ri- 
sulta dalla  seguente  tabella: 

I         II        III       IT        V  VI       Yii     Vili      IX     media 

V  =  51     23,94  23,44  23,97    —       —       —  —       —       —       —    23,70 

0«  =  32    15,02     —       —       —       —       —  —       —       —       — 

FI*  =  76    35,68     —       —     35,71  35,65  35,90  —       —       —       —    35,75 

3NH*  =  54    25,36     —       —       —       —       —  25,6325,6426,1925,6625,78 

V0«FL3NH*F1=213  100,00 

«  Come  si  vede  i  risultati  delle  analisi  si  accordano  molto  bene  tra  loro 
e  con  quelli  calcolati  per  la  formola  VO'  FI .  3NH*  FI,  sulla  quale  quindi  non 
può  cader  dubbio.  La  sostanza  bianca,  cristallina,  che  si  ottiene  facendo  agire 
l'ammoniaca  sulla  soluzione  concentrata  di  questo  fluossisale  non  contiene 
fluoro  ed  è  metavanadato  ammonico,  come  si  rileva  dalla  seguente  determi- 
nazione di  vanadio: 

N 
gr.  0,4024  di  sost.  ridotti  con  SO*  scolorarono  ce.  34,32  di  permanganato  — . 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  NH*VO« 

V     43,3  43,52 

«  Quindi  razione  dellammoniaca  può  rappresentarsi  cosi: 

VO*  FI  +  (NH^)«  0  =  NH*  V03  +  NH*  FI. 

«  Il  metavanadato  formatosi  si  separa  per  il  fluoruro  di  ammonio  conte- 
nuto nel  liquido. 

«  Il  Baker,  molti  anni  sono,  intraprese  lo  studio  dei  fluossisali  di  vanadio 
per  compararli  con  quelli  di  niobio  e,  tra  gli  altri,  descrisse  un  fluossivanadato 
ammonico  che  cristallizzava  in  forma  di  piramidi  semplici  o  modificate,  che 
somigliavano  a  degli  ottaedri  regolari  ma  agivano  sulla  luce  polarizzata.  Di 
più  questa  sostanza  dava  coli* acido  fluoridrico  un  fluossisale  aciculare,  le  cui 
analisi  sono  assai  discordanti,  talmentechè  Tautore  fu  costretto  a  dame  la 
formola  dietro  Tanalogia  col  fluossivanadato  potassico  aciculare.  Anche  il 
nostro  composto  ettaedrico  giallo  presenta  le  forme  dell*  ottaedro  regolare, 
modificato  dal  cubo,  e  agisce  sulla  luce  polarizzata  ;  anche  questo  si  scioglie 
neir acido  fiuoridrico  acquoso  ti-asformandosi  in  una  sostanza  aciculare,  le  cui 
analisi  non  ci  hanno  dato  per  ora  numeri  soddisfacenti.  Ci  sarebbe  dunque 
da  dubitare  che  il  Baker  e  noi  fossimo  giunti  per  diverse  vie  alla  stessa 
sostanza  ;  ma  le  sue  analisi  e  la  formola  12NH*  FI .  V*  0* .  2V0  FP  che  se 
ne  deduce  si  allontanano  troppo  dalle  nostre,  per  quel  che  riguarda  il  fluoro, 
perchè  si  possa  attribuire  la  differenza  al  metodo  seguito.  Egli  infatti  trova 
in  media  il  39,42  Vo)  di  fluoro  in  accordo  colla  formola,  del  resto  assai 


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—  596  — 

complessa,  da  lui  attribuita  alla  sostanza,  che  esigerebbe  il  38,98  Vo  ' 
mentre  noi  non  trovanmio  mai  più  del  35,90  Vo-  I  valori  per  il  vanadio  e 
per  Tanmioniaca,  che  si  deducono  dalla  formola  di  Baker,  sono  assai  vicini  a 
quelli  che  si  deducono  dalla  nostra. 

«  Sia  comunque,  il  fluossivanadato  oitaedrico  normale  ora  descritto, 
VO*  FI.  3NH*  FI,  presenta  per  la  forma  cristallina,  una  stretta  relazione  col- 
ripofluossivanadato  ammonico  pure  ettaedrico.  L'egr^o  dott.  Bucca  che  ha 
esaminato  i  cristalli  delle  due  sostanze  ci  comunica  gentilmente  quanto  segue  : 
Tutti  e  due  i  sali  sono  monometrici  ;  Tuno  (ripofluossivanadato)  presenta  quasi 
solo  Tottaedro  (111)  l'altro  anche  le  facce  del  cubo  (100).  Però  ambedue 
offrono  delle  anomalie  ottiche,  come  l'allume,  ossia  alla  luce  polarizzata,  fra 
i  nicols  incrociati,  non  sì  estinguono,  ma  rimangono  luminosi.  Ciò  dipende 
da  tensioni  interne  sviluppatesi  dopo  il  consolidamento  dei  cristalli. 

«  Si  noti  poi  che  i  due  sali  contengono  lo  stesso  numero  di  atomi: 

VOOFl .  3NH*  FI 
V0F1F1.3NH*F1 

e  ci  offrono  il  secondo  caso  di  isomorfismo  fra  composti  di  uno  stesso  ele- 
mento, appartenente  a  serie  diverse,  poiché  il  primo  (e  anche  ben  più  spiccato 
perchè  si  riferisce  al  sistema  trimetrico)  fu  additato  dal  prof.  Mauro  per  il 
fluossimolibdato  anmionico  (MO*  FI*.  2NH*  FI)  e  l'ipofluossimolibdato  ammo- 
nico (MO  FP.  2NH^  FI)  da  lui  scoperti,  e  descrìtti  in  una  Memoria  già  pre- 
sentata a  questa  Accademia. 

«  Di  più,  comparando  il  fluossivanadato  anunonico  ettaedrico  col  fluossi- 
niobato  (Nb  0  FP.  3NH*  FI)  e  col  fluossitantalato  (Ta  0  FP.  3NH*  FI)  corri- 
spondenti mentre  si  scorge  un'analogìa  per  il  numero  di  molecole  di  fluoruro 
di  anmionio  combinato  colle  fluoanidridi  acide,  per  la  forma  cristallina  si 
nota  una  differenza  nella  composizione  delle  fluoanidridi  stesse.  Le  quali, 
pure  mantenendosi  nella  stessa  forma  limite  BX^,  contengono  un  numero 
diverso  di  atomi.  Questo  divario  nella  composizione  può  mettersi  in  rapporto 
con  la  crescente  facilità  con  la  quale  tende  ad  accumularsi  il  fluoro  nelle 
fluoanidridi  d^li  omologhi  superiori  del  vanadio.  I  fluossiniobati  potassico  e 
ammonico  ordinari  sono  Nb  0  FP.  2K  FI,  Nb  0  FP.  2HH*  FI  mentre  il  tan- 
talio (Nb  =  94,  Ta=  182)  dà,  in  corrispondenza,  i  fluotantalati  Ta  FP.  2K  FI, 
Ta  FP.  2NH^  FI.  E,  come  il  niobio  dà,  sebbene  più  dif&cilmente  del  tantalio, 
alcuni  fluosali  (colla  fluoanidride  Nb  FP),  così  anche  il  vanadio  potrà,  in 
determinate  condizioni,  dare  dei  fluossitali,  la  cui  fluoanidride  sia  più  ricca 
di  fluoro.  Del  resto  nel  vanadio,  come  in  quello  che  serve  a  collegare  i  due 
sottogruppi  del  gruppo  V,  non  si  poteva  prevedere,  neppure  per  i  composti 
fluorurati,  una  completa  analogia  col  niobio  e  col  tantalio. 

«  Il  fluossivanadato  e  ripofluossivanadato   ammonici  ettaedrici,  avendo 


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—  596  — 

un  numero  'diverso  di  atomi,  non  possono  dunque  prender  posto  nella  serie 
di  termini  isomorfi: 

Nb  OFP .  3NH*  FI ,  Ta  OFP .  3NH*  FI ,  Zr  FI* .  3NH*  FI ,  Ti  0»  FI* .  3NH*  FI 

ma  inyece  si  potrebbero  mettere  in  relazione  con  alcuni  fluosali  della  for- 
ma KX^  p.  es.  con  Fé  FP.  3NH*  FI  con  Cr  FP .  3NH*  FI,  che  cristallizzano  nel 
sistema  regolare  in  cubi  od  ottaedri  e  contengono  lo  stesso  numero  di  atomi  : 


VO'  FI 

.  8NH*  FI 

VO  PI* 

.  8NH*  FI 

Fé  Fl^ . 

3NH*  FI 

Cr  FI» . 

,  3NH*  FI 

Anche  qualora  si  voglia  ammettere  che  le  forme  cubiche  od  ettaedriche 
regolari  non  siano,  da  sole,  sufficienti  a  costituire  il  vero  e  proprio  isomor- 
fismo non  si  può  disconoscere  che  in  tutti  questi  composti  contenenti  tre 
molecole  di  fluoruro  di  ammonio  l'identità  della  forma  cristallina,  non  può 
essere  casuale.  Ci  guarderemmo  bene  dal  discutere  se  si  debba  domandare  la 
spiegazione  del  fenomeno  al  così  detto  isomorfismo  di  massa  o  ad  altre 
simili  nozioni  ;  vogliamo  soltanto  richiamare  Tattenzione  sul  fatto.  In  quanto 
poi  si  riferisce  airipofluossivanadato  e  al  fluossivanadato  ammonico  ettaedrici 
crediamo  potere  assicurare  il  perfetto  isomorfismo,  giacché  sono  capaci  di 
deporsi  nello  stesso  cristallo. 

«  L'ossidazione  che  l' ipofluossivanadato  ammonico  subisce,  quando  si 
trova  sciolto,  in  presenza  dell'aria,  e  la  sua  trasformazione  in  fluossivanadato 
ammonico  può  esprimersi  coli' equazione  seguente: 

2V0  FP  +  H*  0  +  0  =  2V0*  FI  +  2HF1 . 

«  Abbiamo  tentato  di  preparare  un  ipofluossivanadato  ammonico  conte- 
nente una  sola  molecola  di  fluoruro  di  ammonio,  e  perciò  abbiamo  ridotto 
colla  pila  una  soluzione  fluoridrica  di  metavanadato  ammonico.  Il  liquido 
azzurro  lasciò  deporre  delle  croste  cristalline,  che  non  dettero  per  or.i  all'ana- 
lisi numeri  soddisfacenti. 

>  Trattando  con  fluoridrato  potassico  la  soluzione  di  metavanadato  ammo- 
nico ridotta  con  SO*  si  ottengono,  per  svaporamento  del  liquido  azzurro,  delle 
croste  cristalline  azzurro-celesti  che  hanno  la  composizione  VO  FI*.  2K  FI 
come  si  vede  dalle  seguenti  analisi: 


I 

Il 

Ili 

IV 

media 

T  =  51 

23,09 

23,06 

23,11 

— 

— 

23,08 

0  =  16 

7,24 

— 

— 

— 

— 

— 

FI*  =  76 

34,88 

— 

— 

84,02 

32,95 

38,48 

K«  =  78 

35,29 

— 

— 

— 

— 

— 

VOFl* .  2KF1  =  221 

100,00 

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—  597  -- 

N 
I        Gr.       0,4377     decolorarono     19,80  ec.  di  permanganato  — 

n        »         0,2818  .  12,77    »  "  N 

III  Per  gr.  0,2144  si  impiegarono  25,6     ce.  di  ammoniaca  rr 

IV  »         0,2504  »  28,95    .. 

«  Sciogliendo  l'anidride  vanadica  neir acido  fluoridrico,  aggiungendo  la 
quantità  di  fluoridrato  potassico,  voluta  dalla  formula  YO  FP.  2E  FI,  e  ridu- 
cendo colla  pila,  si  ottiene  un  liquido  azzurro  verdastro,  che,  per  svaporamento 
dà  dei  cristalli,  la  cui  analisi  non  è  ancora  completa. 

«  Altri  esperimenti  sono  in  corso  sui  quali  ritorneremo  fra  breve  « . 

Chimica.  —  Contribuzione  allo  studio  del  cromato  basico  di 
rame.  Nota  del  dott.  L.  Balbiano,  presentata  dal  Socio  Cannizzaro. 

«  Se  ad  una  soluzione  dì  solfato  ramico,  contenente  un  peso  molecolare 
di  sale  disciolto,  si  aggiunge  una  soluzione  di  cromato  neutro  di  ammonio, 
che  contiene  pure  un  peso  molecolare  di  sale  disciolto,  si  ha  inmiediatamente 
un  precipitato  giallo-bruno  di  cromato  basico  di  rame. 

«  Biguardo  alla  composizione  di  questo  sale  basico  le  opinioni  sono  di- 
verse. Freese  (^)  dice  che  trattando  soluzioni  di  solfato  ramico  con  cromato, 
neutro  di  potassio  si  ha  il  cromato  doppio, 

K«  Cu»  Cr^  0",  2  acq. 

che  coU'acqua  bollente  si  decompone  in 

K«Cr«0'  e  Cu»  Cr  0«,  2  acq. 

«  Lo  stesso  composto  doppio  si  forma,  secondo  Knop,  trattando  T  idrato 
ramico  con  una  soluzione  di  dicromato  potassico.  Al  contrario  Man.  Bosen- 
feld  (^)  ha  dimostrato  che  il  cromato  di  rame  e  di  potassio  non  esiste,  che, 
sia  in  soluzioni  concentrate  quanto  diluite,  tanto  a  caldo  che  a  freddo,  si 
precipita  sempre  il  cromato  basico  di  rame 

Cu'O^Cr.  2acq. 

e  questo  stesso  composto  si  ottiene  anche  col  processo  di  Knop. 

«  Com'era  da  prevedersi,  il  cromato  neutro  di  anmionio  precipita  il  sol- 
fato ramico  nello  stesso  modo,  e  difatti  il  precipitato  ottenuto  mischiando  a 
freddo  le  soluzioni  di  un  peso  molecolare  di  due  sali  diede  all'analisi  i  se- 
guenti risultati: 

gr.  0,4707  di  ostanza  disseccata  a  lOO^'-llO^^  diedero  gr.  0,2975  dì  Cu  0  e 
gr.  0,0997  di  Cr«  0\ 

(0  Berliner  Berichte.  T.  Il,  p.  478. 
(«)        n  n         T.  Xm,  p.  1469. 


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—  598  — 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Cu»  Cr  0»  2  acq. 

Cu  0        63,1  63,58 

CrO'       27,8  26,80 

«  Lo  stesso  composto  sì  genera  a  caldo,  perchè  il  cromato  ottenuto  con- 
tiene 63,19  Vo  di  CuO. 

(t  In  detta  reazione  il  rame  non  passa  tatto  allo  stato  insolubile,  cioè 
sotto  forma  di  cromato  basico,  quantunque  si  trovi  un  eccesso  di  cromato 
d*anmionio,  ma,  per  ottenere  una  soluzione  scevra  di  rame,  bisogna  aggiun- 
gere una  certa  quantità  di  ammoniaca,  che  fa  precipitare  un  composto  dal- 
l'aspetto fisico  del  cromato  basico  formatosi  nella  prima  fase  della  reazione. 
La  reazione  è  perciò  più  complicata  perchè  si  formano  contemporaneamente 
composti  di  rame  e  di  cromo  solubili  insieme  al  cromato  basico  insolubile, 
ed  è  per  questa  ragione  che  ho  creduto  bene  di  seguirla  passo  a  passo  e  ten- 
tare dì  spigarne  il  meccanismo,  determinando  dapprima  la  composizione  del 
precipitato  che  si  ottiene  coir  aggiunta  dell'anmioniaca,  in  seguito  le  quantità 
rispettive  dei  due  composti  di  rame  insolubili  che  si  originano. 

«  Grammi  24,95  di  solfato  ramico,  depurato  mediante  ripetute  cristal- 
lizzazioni previa  bollitura  con  poco  acido  nitrico,  sciolti  in  100  ce.  di  acqua, 
vennero  trattati  a  caldo  con  una  soluzione  di  cromato  neutro  di  ammonio  con- 
tenente, in  100  ce.  gr.  15,26  di  sale,  ed  il  precipitato  ottenuto  ben  lavato  diede 
all*analisi  la  quantità  di  Cu  0  corrispondente  alla  formola  (Cu  0)^  Cr  0^  2  acq. 
gr.  0,3122  di  sostanza  seccata  a  HO*»  diedero  gr.  0,1973  di  CuO. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato 

Cu  0        63,19  63,58 

»  Il  liquido  filtrato,  colorato  in  giallo-verde  con  una  punta  di  rosso,  si 
trattò  con  anmaoniaca  acquosa  diluita,  fino  a  che  il  precipitato  giallo-bruno 
formatosi,  cominciava  a  ridisciogliersi.  Il  precipitato  ben  lavato  venne   dis- 
seccato a  110^  e  sottoposto  all'analisi, 
gr.  0,5204  di  sostanza  diedero  gr.  0,332  di  CuO  e  gr.  0,1086  di  Cr*0^ 

<(  Da  questi  dati  si  calcola  in  100  parti  : 


trovato 

calcolato  (Cn  0)»  Cr  0»  2  acq. 

CuO 

63,79 

63,58 

CrO» 

27,40 

26,80. 

tt  II  composto  precipitato  dall'ammoniaca  acquosa  è  quindi  lo  stesso  cro- 
mato basico  che  si  deposita  nella  prima  fase  della  reazione. 

«  Ho  determinato  in  seguito  la  quantità  di  (Cu  0)^  Cr  0'  2  acq.  che  si 
forma  nalla  prima  fase  della  reazione. 

gr.  0,7485  di  solfato  ramico  con  6  molecole  di  acqua,  e  gr.  0,4572  di  cromato 
neutro  di  ammonio,  diedero  gr.  0,2265  di(Cu0)^Cr0^2acq.  disseccato  a  110*. 


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—  599  — 

«  Le  acque  di  lavaggio  svaporate  al  volume  primitivo  delle  solusdoni 
vennero  addizìoDate  di  gr.  0,068  di  ammoniaca,  avendo  dedotto  da  mi  saggio 
preliminare  che  tale  quantità  era  necessaria  per  la  precipitazione  completa 
del  rame  allo  stato  di  cromato  basico  ;  il  precipitato  di  (Cu  0)^  Or  0^  2  acq. 
raccolto,  lavato  e  disseccato  a  110''  pesava  gr.  0,1475. 

«  Il  liquido  risultante  dalla  filtrazione  unito  alle  acque  di  lavaggio  era 
colorato  intensamente  in  giallo  chiaro,  ciò  che  indicava  la  presenza  di  un 
eccesso  di  cromato  ammonico,  perciò  si  dosò  la  quantità  di  acido  cromico 
sciolto  e  si  ottenne  gr.  0,154  di  Cr*0^. 

tf  Da  questi  dati  analitici  si  ha  che  la  reazione   fra   solfato   ramico  e 
cromato  ammonico  può  rappresentarsi  colle  equazioni  seguenti: 
I^  fase  :  5(Cu  0  SO^  5H«  0)  +  5(NH*)*  0  Cr  0^  =  8H«  0  +  (Cu  Oy  Cr^ .  2W0  + 

+  2Cu  0  Cr«  0«  +  5(NH*)«0  SO^. 
II»  fase  :  3Cu  0  Cr«  0«  +  10  Nff  +  7  H«  0  =  (Cu  0)^  Cr  0«  2ff  0  + 

+  5(NH*)«OCrO^ 
«  Difatti  secondo  queste  equazioni  si  calcola  che 
gr.  0,7486  di  CuS0^5H«0  reagwido  con  gr.  0,4572  di  (NH*)«CrO*  de- 
vono dare: 

calcolato  troYato 

I»  faae    gr.  0,2253  di  (Cu  0)^  Cr  0»  2  acq.       gr.  0,2265, 
aggiunto  gr.  0^067     di  H^  N  gr.  0,068, 

II»  fase  gr.  0,1496  di  (Cu  0)^  Cr  0'  2  acq.      gr.  0,1475, 
e  gr.  0,1528  di  Cr«  0^  gr.  0,154, 

corrispondenti  a 

gr.  0,3048  di  (NH*)*CrO*  gr.  0,307. 

«  L'aggiunta  di  ammoniaca  può  far  precipitare  completamente  il  rame 
allo  stato  di  cromato  basico  e  la  reazione  deve  in  questo  caso  rappresentarsi 
coll'equazione 

3(Cu  0  S0%  5H*  0)  +  (NH*)«  0  Cr  0^  +  iNR^  =  (Cu  0)^  Cr  0^  2W  0  + 
+  3(NH*)*  0S0«  +  H*  0. 
«  Infatti  adoperando 

gr.  0,7485  di  CuS0*5H«0 
gr.  0,1524  di  (NH*)*CrO* 
gr.  0,068    di  H«  N 
si  ottenne 

gr.  0,375    di  (Cu  0)^  Cr  0^  2  acq. 
mentre  la  soprascritta  equazione  ne  richiede  gr.  0,3749  ed  il  liquido  filtrato 
era  scolorito.  Un'ultima  prova  che  in  prima  fase  di  reazione  si  forma  vera- 
mente il  dicromato  di  rame  ^  ha  nel  seguente  fatto. 

ft  Se  si  tratta  del  cromato  basico  di  rame  con  acido  cromico,  si  ha  una 
soluzione  completa  solo  quando  i  pesi  dei  due  composti  stanno  nei  rapporti 
(Cu  Oy  Cr  0^  2  acq  +  5Cr  0^  =  3Cu  0  Cr«  0«. 


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—  600  — 

e  In  questa  soluzione  non  esìste  acido  cromico  libero  perchè  Tacqua 
ossigenata  neutra  non  dà  Tacido  percromico. 

e  Ho  tentato  di  separare  il  di<»romato  di  rame  evaporando  la  soluzione 
a  bagno  maria  ;  si  ottiene  una  massa  amorfa,  solubile  parzialmente  nell'acqua, 
e  nella  soluzione  acquosa  si  trova  libero  dell'acido  cromico  riconoscibile  col- 
l'acqua  ossigenata  neutra.  La  stessa  decomposizione  ha  luogo  evaporando  la 
soluzione  nel  vuoto  sull'acido  solforico,  e  da  questo  posso  confermare  l'osser- 
vazione di  Freese  (Gmelin  Eraut  voi.  Ili,  p.  698)  in  contradizione  colle 
esperienze  di  Dròge  (Jah.  1857,  p.  248)  il  quale  dice  di  avere  ottenuto  un 
dicromato  di  rame  cristallizzato  che  coUa  bollitura  con  acqua  forma  il  cromato 
basico. 

L'aggiunta  di  alcole  alla  soluzione  acquosa  di  dicromato  ramico  fa  de- 
positare lentamente  una  polvere  verde-giallo-bruna,  che  è  per  la  massima 
parte  ossido  di  cromo,  mentre  il  rame  passa  in  soluzione  sotto  forma  di  ace- 
tato.  La  spiegazione  più  semplice  di  questo  fatto  è  che  si  formi  di  nuovo 
coU'aggiunta  di  alcole  il  cromato  basico  e  l'acido  cromico  messo  in  libertà 
ossidi  l'alcole  trasformandolo  in  acido  acetico  « . 


MEMORIE 
DA  SOTTOPORSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

Kehrli  e  Gauchat.  Il  Canzoniere  provenzale  vaticano  3207  (E). 
Presentata  dal  Socio  Monaci. 

L.  Balbiano.  Sopra  alcuni  derivati  monosostituiti  del  piraiolo  e  sui 
composti  idrogenati  che  ne  derivano.  Presentata  dal  Socio  Gannizzaro. 

C.  Viola.  //  principio  del  minimo  lavoro  di  deformazione.  Presentata 
dal  Socio  Cremona. 


RELAZIONI  DI  COMMISSIONI 


Il  Socio  Tabarrini,  relatore,  a  nome  anche  del  Socio  Tommasini,  legge 
Belazione  colla  quale  approvasi  l'inserzioiie  negli  Atti  accademici  della 

Memoria  del  pro£  Cipolla,  intitolata:  Una  congiura  contro  la  Repubòlica 

di  Venezia  negli  anni  IS22'1529. 

Le  conclusioni  della  Commissione  esaminatrice,  messe  ai  voti  dal  Presi* 
dente,  sono  approvate  dalla  Classe,  salvo  le  consuete  riserve. 


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—  601  — 

PRESENTAZIONE  DI  LIBIH 

Il  Segretario  Carutti  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando fra  queste  il  Voi.  I  dei  Discorsi  parlamentari  di  Marco  Minghetti^ 
raccolti  e  pubblicati  per  deliberazione  della  Camera  dei  Deputati^  e  un 
discorso  :  Sopra  la  scuola  delle  leggi  romane  in  Ravenna  ed  il  Collegio  dei 
giureconsulti  ravennatij  offerto  dall'autore  avv.  Valentino  Bivalta. 

Lo  stesso  Segretario  presenta  inoltre  il  nuovo  volume  delle  Relazioni 
diplomatiche  della  Monarchia  di  Savoia  dalla  prima  alla  seconda  restaura- 
zione (1559-1814)  pubblicate  da  A.  Manno,  E.  Ferrerò  e  P.  Vayra,  nella 
Biblioteca  Storica  Italiana^  edita  per  cura  della  B.  Deputazione  di  Storia^ 
Patria  di  Torino,  e  ne  discorre.  Il  volume  riguarda  le  relazioni  colla  Francia, 
e  contiene  il  fine  della  legazione  del  barone  Perrone,  e  la  legazione  del 
marchese  di  Entremont,  l'uno  e  l'altro  ambasciatori  del  re  Vittorio  Amedeo  II 
a  Parigi. 

n  Socio  Schupfer  fa  omaggio  deUa  pubblicazione  del  prof.  Luigi  Ghiap- 
pelli  intitolata  :  Lo  Studio  bolognese  nelle  sue  origini  e  nei  suoi  rapporti 
colla  scieiUa  pre-Irneriana  e  ne  discorre. 


CONCORSI   A   PREMI 

Il  Segretario  Carutti  le^e  il  seguente  elenco  dei  lavori  presentati  per 
cwicorrere  ai  premi  del  Ministero  per  le  scienze  storiche  1887-88: 

1.  Bersi  Luigi  Adolfo.  Seno  fonte ^  la  spedizione  di  Ciro  commentata{sb,). 

2.  Bustelli  Giuseppe.  Sulla  decollazione  di  Francesco  Bussone  conte 
di  Carmagnola  (st.). 

3.  Casagrandi  Vincenzo.  1)  Storia  e  archeologia  romana  (st.).  — 
2)  Lo  spirito  della  storia  d'occidente,  parte  I  (st.). 

4.  Colombo  Elia.  Gli  Angioini^  re  Renato  e  duca  Giovanni  in 
Italia  (ms.). 

6.  Cusumano  Vito.  Storia  dei  Banchi  della  Sicilia.  I  Banchi  pri- 
vati (st.). 

6.  Glanandrea  Antonio,  l)  Della  signoria  di  Francesco  Sforza  nella 
Marea  secondo  le  memorie  e  i  documenti  dell  archivio  settempedano  (st.). 
2)  Il  pidazzo  del  Comune  di  Jesi  (st.). 

7.  Mantovani  Gaetano.  //  territorio  sermidese  e  limitrofi  (st.). 


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—  602  — 

8.  Pais  Ettore.  Stràboniana.  Contributo  allo  sttidio  delle  fonti  della 
storia  dell'amministrazione  romana  (st)* 

9.  Paravicini  Tito  Vespasiano.   L'Abazia  di  Chiaravalle  mila- 
.^Mse  (ms.) 

10.  Sansone  Alfonso.  La  rivoluzione  del  1820  in  Sicilia  (st). 

11.  Sanesi  Giuseppe.  Stefano  Porcari  e  la  sua  congiura  (st)- 

12.  Saviotti  Alfredo.  Pandolfo  Collenuccio  umanista  pesarese  del 
secolo  XV  (st.). 

13.  ScHiPA  Michelangelo.  Storia  del  Principato  longobardo  di  Sa- 
lerno (st). 

14.  Anonimo  («0  magna  vis  yeritatis  quae  contra  hominnm  ìngenia, 
calliditatem,  soUertiam,  contraque  fictas  omnium  insidìas,  facile  se  per  se 
ipsa  defendit  ».  Cic.  prò  M.  Cael.  XXVI,  63).  —  A.  Gabinio  e  ismi pro- 
cessi (ms.). 

15.  Anonimo  (Poco  spero  e  nulla  chiedo),  l)  Sul  significato  politico 
delle  tre  principali  congiure  fatte  nel  secolo  XV  (ms.).  —  2)  Della  ditta- 
tura romana  e  dei  limiti  suoi  rispetto  al  tribunato  della  plebe  (ms.). 

16.  Anonimo  (Pro  veritate).  Ricerche  sulla  storia  civile  del  Comune 
di  Cremona  fino  al  1334  (ms.). 


Concorrenti  al  premio  del  Ministero  per  le  scienze  filologiche. 
Premio  non  conferito  e  rimesso  a  concorso  sul  tema  fisso: 

Bibliografia  e  critica  degli  scritti  in  poesia  latina  che  comparvero  in  Italia  nel- 
VXI  e  XII  secolo,  —  Osservazioni  nella  lingua  adoperata  in  cotesti  scritti  e  sulla  in- 
fluenza che  ebbero  i  poeti  latini  classici  in  quei  due  secoli  di  decadenza. 

Scaduto  il  30  aprile  1888. 

Ronca  Umberto. 


CORRISPONDENZA 

11  Segretario  Carutti  dà  comunicazione  della  corrispondenza  relativa 
al  cambio  degli  Atti. 

Bingraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute  : 

La  B.  Accademia  delle  scienze  fisiche  e  matematiche  di  Napoli  ;  la  So- 
cietà archeologica  di  Londra;  l'Università  di  Strasburgo. 

Annunciano  l'invio  delle  loro  pubblicazioni: 
L*L  Accademia  Leopoldina  di  Halle  e  T  Università  di  Greifswald. 

D.  C. 


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—  608  — 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DELiLA     R,    ACCADEMIA    DEI     LINCEI 
ADUNANZA  SOLENNE  DEL  GIORNO  27  MAGGIO  1888 

ONOKATA  DALLA  PRESENZA  DELLE  LL.  MM.  IL  BE  E  LA  BEGINA 

E   DALLE   LL.    AA.    RR.    IL   PRINCIPE   DI  NAPOLI 
E   LA   DUCHESSA   DI  GENOVA 


Relazione  del  Presidente  Y.  Brioschi 


Augusto  Sire,  Graziosissima  Begina,  Principe,  Altezza  Beale, 

e  Onorato  anche  in  questo  anno  di  potere  esprimere,  in  nome  dell'Acca- 
demia, i  più  fervidi  voti  di  felicità  per  la  famiglia  Beale  ;  giustamente  orgo- 
glioso di  dovere  qui,  alla  presenza  delle  LL.  M.  e  di  una  tanto  gentile  e 
colta  assemblea,  esporre  quale  fii  nelle  sue  linee  generali  Tattività  scientifica 
dell'Accademia  dall'ultima  adunanza  solenne,  non  dissimulo  però  che  l'animo 
mio  nutre  la  fiducia  di  una  larga  benevolenza  di  tutti  i  presenti. 

«  E  di  questa  invocata  benevolenza  ecco  una  speciale  ragione.  Io  mi 
rammento  che  molti  anni  sono,  forse  con  poca  carità,  ma  non  senza  spirito, 
dicevasi,  e  si  è  anche  scritto,  di  un  eminente  letterato  francese  «»  qu'il  com- 
men^ait  par  faire  sa  phrase  et  pensait  ensuite  à  ce  qu'il  mettrait  dedans  » . 

«  Ora  io  mi  trovo  nella  situazione  opposta,  e  non  sentendomi  l'autorità 
di  pronunciare  o  di  ripetere  quella  fiera  interruzione  —  tanto  peggio  per  la 
firase  —  attribuita  al  conte  di  Cavour  dallo  storico  Beumont  nell'ultima  sua 
opera  —  sento  d'altra  parte  che  la  cura  della  frase  o  per  dir  meglio  della 
forma  mi  è  resa  pressoché  impossibile  dall'affollarsi  alla  mia  mente  di  quel 
complesso  di  nuove  ricerche,  di  nuovi  fatti,  di  nuove  idee,  delle  quali  posso 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  78 


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—  604  — 

parlare  senza  immodestia  non  essendo  opera  mia,  ma  bensì  quella  dei  miei 
egregi  Golleghi,  e  di  mia  eletta  schiera  di  giovani  scienziati  italiani  che  trova 
in  mezzo  a  noi  la  più  festosa  accoglienza. 

a  Questa,  potrei  dire  moderna  funzione  delle  Accademie  scientifiche,  di 
offrire  cioè  il  mefto  ai  giovani  cultori  delle  scienze  di  pubblicare  i  loro  lavori 
riconosciuti  degni,  incoraggiandoli  e  sostenendoli  così  nei  primi  passi  di  una 
carriera  la  quale  non  potrà  mai  dare  ad  essi  che  quelle  prime  soddisfazioni 
intellettuali  e  morali,  ha  una  importanza,  forse  non  ancora  adeguatamente 
apprezzata,  ma  che  ha  certamente  contribuito,  e  contribuisce  al  progresso 
scientìfico  presso  ciascuna  nazione. 

e  Non  è  dato  a  molti  il  conoscere  da  vicino  quanta  influenza  possa  avere 
suir  avvenire  di  un  giovane  che  si  destina  al  culto  della  scienza,  la  parola 
benevola  ma  schietta  di  chi  ha  già  acquistato  qualche  rinomanza  in  essa. 
Fra  le  bellissime  lettere  di  Carlo  Darwin,  che  la  venerazione  del  figlio  ci  ha 
posto  in  grado  di  leggere,  e  nelle  quali  si  rimane  in  dubbio  se  ammirare 
più  le  squisite  qualità  dell'animo  o  le  superiori  dell'  intelligenza  di  quell'uomo 
che  oramai  tutto  il  mondo  civile  ha  consacrato  come  il  più  grande  scienziato 
di  questo  secolo,  una  ve  n'ha  che  dipinge  al  vero  le  dubbiezze,  le  perples- 
sità di  un  giovane  modesto. 

«  Essa  è  diretta  al  celebre  botanico  Henslow.  Il  Darwin  era  presso  a 
compiere  il  ventinovesimo  anno  di  età  ed  era  da  pochi  mesi  di  ritomo  da 
quel  viaggio  sulla  nave  della  marina  militare  inglese  the  Beagle^  viaggio 
durato  cinque  anni  e  che  aveva  deciso  del  suo  avvenire. 

»  Se  io  vivrò  anche  fino  agli  ottanta  anni,  scrìve  il  Darwin,  mi  mera- 
«  vigilerò  sempre  d'essere  divenuto  un  autore.  Fino  a  pochi  mesi  prima  della 
tt  mia  partenza  avrei  pensato  essere  questa  eventualità  così  poco  probabile 
«  come  quella  di  essere  trasformato  in  un  angelo.  È  a  voi,  caro  Henslow, 
a  che  io  devo  questa  meravigliosa  metamorfosi  » . 

«  Tutti  i  rami  delle  scienze  naturali  trovansi  rappresentati  nelle  nostre 
pubblicazioni  dell'anno;  la  Fisica  e  la  Chimica  diedero  un  maggiore  numero 
di  comunicazioni,  altri  rami,  quali  la  Zoologia,  l'Anatomia  comparata,  la 
Mineralogia,  la  Fisiologia,  la  Patologia,  memorie  più  estese. 

«  Un  giovane  naturalista,  il  dott.  Alfonso  Sella,  figlio  dell'  illustre  ed 
amato  mio  predecessore,  ha  presentato  all'Accademia  uno  studio  completo  del 
minerale  scoperto  alcuni  anni  sono  dal  nostro  Collega  Struever  e  che  porta 
il  nome  di  Sellaite,  Il  lavoro  del  Sella  fu  giudicato  importante  per  fatti  nuovi, 
accuratamente  constatati  e  coscienziosamente  descritti;  condotto  seguendo  il 
nuovo  indirizzo  sperimentale  degli  studi  mineralogici. 

«  Un  secondo  giovane  mineralista,  il  dott.  Ettore  Artini,  ha  inviato  due 
interessanti  lavori  di  mineralogia  e  di  cristallografia  relativi  il  primo  alla 
Natroliie  della  regione   Veneta,   l'altro   al  minerale   denominato  Epidoto 


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—  605  — 

dell'Elba.  I  giudici  di  questi  lavori,  i  Colleglli  Gessa  e  Struever  conchiudono  il 
loro  rapporto  dichiarandosi  lieti  di  yeder  sorgere  nel  nostro  paese  un  altro 
giovane  mineralista,  il  quale  non  solo  osserva  e  sperimenta  con  cura,  ma 
applica  alle  sue  osservazioni  metodi  esatti  di  calcolo  e  le  espone  in  modo 
chiaro  e  conciso. 

«  Infine  un  altro  giovane  cultore  della  mineralogia,  che  pur  segue  le 
orme  di  un  padre  illustre,  il  dott.  Eugenio  Scacchi  in  collaborazione  col  prof, 
di  chimica  Francesco  Mauro  presentavano  uno  studio  chimico  e  cristallografico 
sui  composti  denominati  fluossimolibdati  ammoniciy  studio  nel  quale  i  Gol- 
leghi  Gannizzaro  e  Struever  riscontrarono  fatti  importanti  per  la  chimica  pura 
non  solo  ma  anche  per  la  teoria  dell' isomorfismo.  Mi  limito  ad  accennare 
appena  le  comunicazioni  del  dott.  Montemartini,  sulla  composizione  chimica 
e  mineralogica  di  alcune  roccie  serpentinose  ;  del  dott.  Keller  sulle  roccie 
magnetiche  dei  dintorni  di  Roma,  del  Socio  Struever  sui  giacimenti  minerali 
di  Val  d'Ala  in  Piemonte,  del  dott.  Artini  e  del  Socio  Gessa  intomo  la  Sa- 
vite  ;  per  passare  tosto  ad  una  delle  più  importanti  Memorie  pubblicate  nel- 
l'anno la  quale  porta  il  titolo  :  Anatomia  comparata  dei  Tisanuri  e  consi- 
derazioni generali  sulla  organizzazione  degli  insetti.  Il  prof.  Grassi,  nostro 
Socio  corrispondente,  autore  della  medesima,  fa  precedere  il  suo  lavoro  da 
una  introduzione  nella  quale  dà  prova  di  molta  dottrina  e  di  un  non  comune 
acume  di  esame  e  dì  critica  intorno  ai  metodi  ed  alle  dottrine  seguite  da 
altri  naturalisti.  «  A  chi  guarda  superficialmente,  scrive  il  Grassi,  può  sem- 
tf  brare  che  il  metodo  della  morfologia  sia  stato  ben  determinato,  e  già  da 
ft  parecchio  tempo;  anzi  v*ò  chi  crede  non  occorra  ritornare  suir argomento. 
«  Per  certo  \  evoluzione  viene  generalmente  riconosciuta  come  punto  di  par- 
li tenza  di  ogni  ragionamento  morfologico,  e  si  sa  che  le  conclusioni  possono 
«  scaturire  dalla  paleontologia,  dalla  zoologia,  dall'anatomìa  comparata  e  dalla 
«  embriologia.  I  disaccordi  cominciano  però  subito  quando  si  tratta  di  trovare 
e  il  movente  della  trasformazione,  per  esempio  di  un  dato  sistema  organico, 
«  allora  la  via  che  si  prende  è  differente  a  seconda  che  si  adotta  Tuna  o 
«  l'altra  delle  varie  teorie  proposte  per  spiegare  revoluzione.  Queste  difScoltà 
tf  crescono  ancora  quando  si  tratta  di  stabilire  il  peso  che  si  deve  concedere 
«  alle  singole  materie  sopranominate  nel  determinare  una  speciale  trasforma- 
«  zione.  Infine  la  quistione  si  complica  ancora  più  perchè  l'enorme  varietà 
tf  deUe  forme  e  delle  disposizioni  non  lascia  di  leggeri  distinguere  l'acces- 
«  serio  dal  principale,  non  permette  cioè  dì  stabilire,  con  sicurezza  indiscu- 
«  tibile,  delle  norme  sul  valore  che  meritano  i  singoli  fatti  « . 

K  Esposto  così  con  molta  lucidezza  lo  stato  della  quistione  dal  punto 
di  vista  della  scienza  moderna  il  prof.  Grassi  aggiunge  :  «  La  meta  del  mor- 
ie fologo  è  ben  definita  :  ricostruire  l'albero  genealogico  degli  animali  e  dei 
«  vegetali,  per  poi  intuire  le  leggi  che  regolano  la  discendenza  e  concorrere 
«  a  spiegare  l'organizzazione  dei  singoli  esseri  viventi  » . 


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—  606  — 

«  Più  avanti,  schierandosi,  per  raggiungere  quella  meta,  fra  i  zoologi  i 
quali  inducono  le  loro  conclusioni  non  dallo  studio  di  un  solo  sistema  organico, 
ma  basandosi  sulla  intiera  organizzazione,  osserva  come  anche  per  questi  ultimi 
rimanga  a  decidersi  sulla  scelta  delle  forme  a  studiare.  E  prendendo  ad  esempio 
gli  insetti  scrive  :  «  V  ideale  sarebbe  di  studiarli  tutti  quanti  e  compararli 
«  Tuno  coir  altro  ;  certamente  il  risultato  sarebbe  il  migliore,  ma  chi  mai 
«  potrebbe  assumere  lo  studio  di  più  di  duecento  mila  insetti,  che  a  tanti 
tf  appunto  sommano  gli  insetti  finora  noti  alla  scienza?  *  Conchiude  il  Grassi 
coir  illustre  morfologo  Gegenbaur,  nostro  Socio  straniero,  che  bisogna  consi- 
derare tutti  i  sistemi  organici,  bisogna  prescegliere  le  forme  primitive. 

«  Deve  TAccademia  alla  signora  Margherita  Traube-Mengarini  alcune 
interessanti  ricerche  sui  gas  contenuti  nella  vescica  natatoria  dei  pesci.  iLa 
esistenza  e  la  orìgine  di  questi  gas  era  già  nota  nel  secolo  scorso,  ma  suc- 
cessivamente non  piccolo  numero  di  fisiologi  si  occupò  della  quistìone,  la  quale 
poteva  dirsi  pochi  anni  sono,  cioè  nel  1870,  giunta,  dopo  le  esperienze  di 
Moreau,  a  quanto  ne  scrìve  Paul  Bert  nelle  sue  lezioni  sulla  respirazione: 
«  Il  se  fait  dono  dans  la  vessie  natatoire  une  vérìtable  sécrétion  d'oxigène 
e  aux  dépens  du  sang  « . 

«  L'autrìce  dimostra,  già  dal  principio  del  suo  lavoro,  la  sua  estesa  col- 
tura rìferendo  brevemente  le  esperienze  e  le  opinioni  di  oltre  quaranta  natu- 
ralisti i  quali  si  occuparono  dell'argomento  ;  e  condotta  dall'accurato  esame,  passa 
a  stabilire  quali  altri  desiderata  sperimentali  potessero  occorrere  per  risolvere  il 
problema  postosi  da  Moreau  :  d'onde  provenga  l'aria  della  vescica  natatoria.  Le 
nuove  esperienze,  che  non  mi  è  possibile  di  qui  descrivere,  sono  condotte  con 
molta  sagacia  e  conoscenza  del  metodo  ;  esse  non  confermano  che  in  parte  i 
risultati  di  Moreau  o  per  dir  meglio,  ne  limitano  il  campo,  aggiungendo  nuovi 
fatti,  i  quali  secondo  il  procedimento  scientifico  moderno,  portano  luce  sopra 
altri  aspetti  della  questione. 

e  Altri  lavori  anatomici,  fisiologici  o  di  rami  afBni  dovrei  ora  citare, 
quali,  ad  esempio,  quello  del  dott.  Fusari  di  Pavia,  Intorno  alla  finaanor 
tomia  dell'Encefalo  dei  Teleostei;  gli  studi  sul  sangue  del  prof.  Mondino  di 
Palermo  ;  non  che  le  comunicazioni  dei  Colleghi  Meriggia,  Mosso,  Tommasi- 
CrudeU  ed  altri.  Ma  chiedo  venia  a  questi  ultimi  ed  a  tutti  i  Colleghi 
della  Classe  se  :  prefissomi  quest'anno  di  porre  in  evidenza  quale  sia  l'aiuto 
che  l'Accademia  offire  alla  nuova  generazione  che  si  destina  al  culto  della  scienza, 
e  come  da  ogni  parte  d'Italia  questo  aiuto  sia  accolto  ed  apprezzato  dai  gio- 
vani scienziati,  io  debba  limitare  specialmente  questi  brevi  cenni  alle  opere  loro. 

«  11  vasto  campo  della  Fisica  fu  in  quasi  tutte  le  sue  parti  percorso 
nell'anno  da  trenta  comunicazioni  all'incirca  presentate  all'Accademia. 

K  Bicorderò  dapprima  un  lavoro  sperimentale  condotto  con  molta  cura  e 
precisione  presentato  dal  dott.  Mengarini  col  titolo:  Il  massimo  d'intensità 
luminosa  dello  spettro  solare,  È  noto  che  circa  sessanta  anni  or  sono  il  padre 


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della  spettroscopia,  Fraonhofer,  era  giunto  alla  conclusione  che  il  massimo 
potere  illuminante  nello  spettro  solare  si  trova  nel  giallo  medio,  cioè  ad  un 
dipresso  nel  centro  dello  spazio  occupato  dalla  luce  gialla.  Il  Mossotti,  di 
cui  il  nome  non  posso  pronunciare  senza  aggiungere  una  parola  di  riverente 
affetto,  il  Mossotti  dedusse  dalle  misure  del  Fraunhofer,  col  mezzo  dell'analisi 
matematica,  quale  dovrebbe  essere  la  distribuzione  deirintensità  luminosa 
nello  spettro  di  diffrazione  e  trovò  che  il  massimo  d'intensità  deve  trovarsi 
a  metà  distanza  fra  le  righe  D  ed  E,  e  che  la  curva  dell'intensità  deve  ca- 
dere simmetricamente  dalle  due  parti  del  massimo.  Ma  col  progredire  delle 
ricerche  sperimentali  sull'argomento,  i  primi  risultati  del  Fraunhofer  dovettero 
subire  qualche  modificazione,  specialmente  rispetto  alla  costanza  del  fenomeno. 
Le  nuove  esperienze  del  dott.  Mengarini  danno  ragione  di  questi  dubbi,  e 
conducono  a  dimostrare  che  la  intensità  luminosa  relativa  delle  diverse  regioni 
dello  spettro  è  variabile  di  giorno  in  giorno  e  d'ora  in  ora  anche  con  cielo 
costantemente  sereno  e  con  aria  tranquilla;  che  nello  spettro  solare  prismatico 
esiste  un  massimo  d'intensità  nel  giallo,  ma  che  esso  non  ha  una  posizione 
fissa;  che  infine  nelle  ore  pomeridiane  il  massimo  d'intensità  luminosa  è 
generalmente  meno  accentuato  che  nelle  antimeridiane. 

«  Ed  ancora  allo  spettro  solare  si  riferiscono  alcune  interessanti  ricerche 
sperimentali  del  Socio  6ovi  intorno  le  quali  egli  intratteneva  di  recente  l'Ac- 
cademia. La  presenza  delle  linee  oscure  dello  spettro  solare  indicando  la  man- 
canza di  certi  colori  nella  luce  del  sole,  il  Socio  Govi  pensò  che  avrebbero 
potuto  esservi  corpi  i  quali  non  valendo  a  diffondere  (almeno  in  quantità  con- 
siderevole) altra  luce  colorata,  se  non  qualcuna  di  quelle  che  mancano  al 
sole,  illuminati  quei  corpi  da  esso  sarebbero  apparsi  neri,  grigi,  o  di  tutt'altra 
tinta  di  quella  che  avrebbero  potuto  assumere  rischiarandoli  con  una  luce 
artificiale  appropriata.  Sperimentando  su  diverse  materie,  ebbe  la  fortima  di 
imbattersi  nel  minio,  nel  bijoduro  di  mercurio,  ed  in  qualche  altra  sostanza, 
che  alla  luce  solare  appariscono  di  un  bel  colore  aranciato  o  di  un  rosso  scar- 
latto, mentre  illuminati  dai  vapori  incandescenti  del  sodio  si  mostrano  giallo- 
chiari  e  pressoché  bianchi. 

«  Il  Socio  Govì  conchiude  da  queste  sue  sperienze  potersi  sperare  la 
scoperta  dì  molti  altri  corpi  colorati  di  colori  ignoti  fin  qui  e  che  egli  pro- 
pone di  chiamare  latenti  perchè  non  ponno  manifestarsi  alla  luce  del  sole. 

«  Il  dott.  Battelli  di  Torino  ha  inviato  all'Accademia  tre  lavori  speri- 
mentali, i  primi  due  sulla  termoelettricità  del  mercurio  e  sulla  termoelet- 
tricità delle  amalgame,  il  terzo  sul  fenomeno  Thomson  nel  nikel.  La  natura 
di  questi  interessanti  lavori  non  mi  permette  che  di  farne  menzione,  mentre 
sarei  costretto  a  troppi  particolari  per  rendermi  chiaro.  Bisulta  però  dai  me- 
desimi, e  questo  non  voglio  tacerlo,  come  i  lavori  di  questo  giovane  fisico 
sieno  apprezzati  fuori  d'Italia  ed  in  modo  speciale  dall'eminente  fisico  in- 
glese sig.  Tait. 


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—  608  — 

«  Lavoro  di  lunga  lena  è  quello  presentato  dai  dott.  Vicentini  ed  Omodei, 
Sulla  dilatazione  termica  delle  leghe  di  piombo  e  stagno  allo  stato  liquido. 
Le  loro  esperienze  si  estendono  a  cinque  leghe  di  piombo  e  stagno,  nelle  quali 
la  composizione  centesimale  in  peso  dei  due  metalli  varia  da  64  a  36  per 
cento,  a  13  e  87.  Allo  studio  propostosi  della  dilatazione  termica  allo  stato 
liquido  fecero  precedere  quello  della  densità  delle  leghe  allo  stato  solido,  della 
loro  temperatura  di  fusione,  della  loro  densità  alla  temperatura  di  fusione, 
e  della  variazione  di  volume  airatto  del  loro  cambiamento  di  stato  per  giun- 
gere infine  al  risultato,  che  le  cinque  l^he  hanno  allo  stato  di  perfetta  fu- 
sione un  coefficiente  di  dilatazione  eguale  a  quello  che  si  può  calcolare  coi 
coefficienti  di  dilatazione  dei  metalli  che  le  compongono. 

ft  Le  ricerche  sperimentali  del  prof.  Ascoli  sopra  alcune  relazioni  fra 
l'elasticità  e  la  resistenza  elettrica  dei  metalli,  limitando  un  problema  finora 
studiato  con  poco  frutto,  condussero  Tautore  a  stabilire  alcune  conclusioni 
che  acquistano  importanza  dalla  difficoltà  dell'argomento.  Esse  sono  :  ogni  causa 
che  modifica  F elasticità  modifica  anche  la  resistenza  elettrica  dei  metalli; 
ad  ogni  stato  elastico  normale  corrisponde  uno  stato  normale  per  la  resistenza 
elettrica;  in  generale  questa  diminuisce  all'aumentare  della  elasticità. 

«  Se  non  temessi  di  abusare  della  bontà  di  chi  m'ascolta,  e  troppe  altre 
cose  non  avessi  a  dire,  mi  sarebbe  grato  il  menzionare  ancora  la  bella  Me- 
moria del  prof.  Righi:  Sulla  conducibilità  calorifica  del  bismuto  posto  in 
un  campo  magnetico  ;  quella  :  Sulla  resistenza  elettrica  delle  amalgame  di 
sodio  e  di  potassio  del  dott.  Grimaldi;  Taltra  d'argomento  afSne  del  dott.  Gerosa; 
lo  studio  del  dott.  Keller:  Sulla  deviazione  del  filo  a  piombo  prodotta  dal 
prosciugamento  del  lago  di  Fucino  ;  l'interessante  lavoro  d'ottica  matematica 
del  dott.  Viola,  Sulle  lamine  sottili  anisotrope  colorate  nella  luce  polariz- 
zata parallela  ;  e  non  dovrei  arrestarmi  qui,  che  le  comunicazioni  del  Violi, 
del  Grablovitz,  del  Cardani,  del  Cantone  e  di  altri  non  potrebbero  essere 
dimenticate. 

e  Anche  le  comunicazioni  relative  alla  Chimica  e  specialmente  alla  Chi- 
mica organica  furono  numerose  e  dovute  a  giovani  professori  delle  nostre 
Università,  quali  il  Ciamician,  il  Balbiano,  •  ed  a  giovani  chimici  come  il 
Nasini,  il  Magnanini,  il  Menozzi,  il  Coppola  ed  altri. 

«  Ma  tacerò  di  esse  come  delle  astronomiche,  desiderando  rivolger^  tosto 
l'attenzione  dell'Assemblea  ai  lavori  della  Classe  di  scienze  storiche  e 
filologiche,  ed  in  primo  luogo  ai  lavori  archeologici.  Già  due  anni  or  sono  io 
annunciava  che  per  aderire  al  desiderio  manifestato  dai  cultori  dell'archeo- 
logia in  Italia  ed  all'estero,  l'Accademia  aveva  stabilito  di  iniziare  una  pub- 
blicazione speciale  comprendente  le  notizie  relative  ai  risultati  dei  nuovi  scavi. 
Infatti  da  oltre  un  anno  si  compie  da  essa  una  pubblicazione  mensile  col 
titolo:  Notizie  degli  scavi  di  antichità,  comunicate  alla  B.  Accademia  dei 
Lincei  per  ordine  di  S.  E.  il  Ministro  della  pubblica  istruzione. 


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—  609  — 

«  Per  fonnarsi  un  concetto  chiaio  di  questa  pubblicazione  giova  pre- 
mettere che  ritalia,  archeologicamente  parlando,  è  divisa  in  tredici  regioni, 
cioè  :  Latium  et  Campania,  Apulia,  Lucania  et  Brutiij  Samnium  et  Sabina, 
Picenunij  Umbria^  Etruria,  Cispadana,  Liguria,  Venetia,  Transpadana, 
Sicilia,  Sardinia;  e  che  in  ciascuna  di  queste  regioni  la  direzione  generale 
degli  scavi  ha  rappresentanti  o  dipendenti,  i  quali  sorvegliano  e  curano  gli 
scavi  da  essa  ordinati,  ed  hanno  diritto  di  sorveglianza  sopra  scavi  i  quali 
fossero  intrapresi  da  privati,  o  da  corpi  morali.  Ogni  scavo,  ogni  oggetto  sco- 
perto, è  descritto,  e  disegnato  se  occorre,  da  quelle  stesse  persone;  descri- 
lione  e  disegni  sono  inviati  alla  direzione  degli  scavi  del  Ministero  e  da  essa 
comunicati  mensilmente  all'Accademia,  la  quale  come  già  dissi,  con  una  spe- 
ciale pubblicazione  mensile  porta  a  cognizione  degli  archeologi  una  raccolta 
di  &ttì  quale  nessun'altra  nazione  potrebbe  dare.  E  sebbene  dalla  mole  di 
un  libro  nessuno  vorrà  arguire  del  suo  valore,  pur  siccome  essa  ha  un  certo 
peso  in  una  pubblicazione  intesa  a  diffondere  notizie  di  fatto  ancora  più  che 
ad  illustrarle,  aggiungerò,  colla  fatta  riserva,  che  i  dodici  fascicoli  di  Notizie 
degli  scavi,  pubblicati  nell'anno  di  cui  mi  occupo,  formano  un  volume  di 
circa  700  pagine,  con  37  tavole,  oltre  i  molti  disegni  intercalati  nel  testo, 
ft  Queste  poche  indicazioni  potrebbero  già  essere  sufficienti  per  compren- 
dere il  favore  che  la  pubblicazione  delle  notizie  ha  incontrato  presso  i  dotti 
d'Europa;  ma  non  basta  al  mio  scopo,  che  pel  momento  è  di  precisare  meglio 
fin  dove  spingasi  nella  pubblicazione  attuale  la  illustrazione  delle  fatte  sco- 
perte, per  concldudere  con  una  nuova  aspirazione  delF  Accademia  a  maggiore 
incremento  di  questi  studi. 

e  Biferirò  rapidamente  qualche  esempio.  È  noto  che  nella  regione  VII. 
Etruria,  presso  Orvieto,  esiste  una  vasta  necropoli  etnisca  la  quale  occupa 
tutto  il  monte  intomo  alla  rupe  della  città,  si  estende  nella  valle,  risale  i 
colli  circonvicini,  e  daUa  parte  di  sud-ovest  si  dirama  in  direzione  del  lago 
volBiniese  (0-  Or  bene  in  uno  dei  rapporti  dei  sigg.  Cozza  e  Pasquì,  addetti 
ai  lavori  per  la  Carta  archeologica  deirEtruria,  si  legge:  «  Gli  scavi  fatti  ese- 
«  guire  dal  Ministero  della  pubblica  istruzione  nella  necropoli  nord  di  Orvieto, 
<<  oltre  ad  avere  portato  notevole  sussidio  alle  ricerche  topografiche  sulle  tombe 
«  della  città  etnisca ,  ed  avere  aggiunto  nuovo  materiale  alla  epigrafia  dei 
«  sepolcri  ed  alla  loro  speciale  struttura,  portarono  in  luce  elementi  tali,  per 
i(  cui  lo  studio  della  suppellettile  funebre  rinvenuta,  condurrà  a  stabilire  con 
a  sufficiente  precisione,  quale  fosse  il  corredo  di  vasi  che  nelle  singole  tombe 
«  di  quel  tempo  e  di  quella  località  solevasi  deporre.  Innanzi  di  dimostrare 
tf  il  risultato  di  tale  osservazione,  giova  mettere  sottocchio  la  numerosa  suppel- 
«  lettile  raccolta,  e  ciò  faremo  disponendola  a  forma  di  catologo,  rispondente 
«  ai  numeri  dì  ciascuna  tomba  delineata  nella  tavola,  descrivendo  brevemente 

{})  Notìzie  degli  scavi  di  antichità.  Settembre  1887. 


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—  610  — 

«  il  carattere  e  lo  stato  di  conservazione  di  ciascun  oggetto,  e  se  questo  lo  me- 
«  riti,  ricorrendo  per  maggiore  chiarezza  a  disegni».     ^ 

«  Segue  il  catalogo  degli  oggetti  rinvenuti  distinti  per  tomba  e  corre- 
dato da  cinque  tavole  di  disegni.  La  necropoli,  le  tombe,  le  iscrizioni,  sono 
illustrate  in  uno  scritto  del  comm.  Gamurrini  che  precede  quel  rapporto,  scritto 
esso  pure  corredato  da  opportuni  disegni. 

tf  Altra  importante  necropoli  nella  stessa  regione  Etruria  è  quella  di  Ye- 
tulonia,  dalla  quale  provengono  molti  fra  quegli  oggetti  che  si  ammirano  nel 
Museo  etrusco  di  Firenze.  Devesi  al  cav.  Falchi  ispettore  degli  Scavi  Tavere 
riconosciuto  sul  poggio  di  Colonna  presso  Grosseto,  i  resti  della  ricercata  città 
etnisca  Vetulonia,  e  di  aver  diretti  gli  scavi  in  quella  necropoli,  scavi  che 
diedero  frutto  scientifico  anche  superiore  all'aspettativa. 

•  Gli  scavi  eseguiti  nell'anno  1886  furono  altresì  argomento  ad  una  rela- 
zione del  nostro  egregio  collega  Helbig,  pubblicata  nel  Bullettino  dell'Istituto 
archeologico  germanico;  le  nuove  scoperte,  e  specialmente  quella  della  tomba 
denominata  del  Duce,  sono  descrìtte  e  disegnate  coi  maggiori  particolari  nella 
Memoria  del  Falchi  pubblicata  in  un  fascicolo  delle  nostre  Notizie  d^li  scavi. 

tf  II  ricco  deposito  di  oggetti  votivi  appartenenti  ad  un  tempio  del  terri- 
torio Atestino,  oggetti  acquistati  per  la  pubblica  collezione  di  Este,  forma 
aigomento  di  una  dotta  dissertazione  del  prof.  Gherardini,  nella  quale  sono  esa- 
minate e  descritte  minutamente  le  quattro  suddivisioni  principali  della  colle- 
zione, cioè  le  iscrizioni  euganee,  le  antichità  figurate,  gli  oggetti  di  ornamento 
e  gli  utensili,  infine  le  monete.  Questo  lavoro  è  corredato  da  undici  tavole 
di  disegni. 

«  Una  scoperta  modesta  rispetto  alle  precedenti,  ma  la  quale  pel  modo  di 
sua  illustrazione  nelle  Notizie  può  trovar  posto  &a  esse,  consiste  nei  frammenti 
di  iscrizione  in  cippo  marmoreo,  estratti  dall'alveo  del  Tevere,  presso  la  sponda 
di  Marmorata.  Questi  frammenti  di  una  epigrafe  onoraria  a  L.  lulio  luliano, 
Prefetto  del  Pretorio,  e  Prefetto  dell'Annona,  diedero  occasione  al  nostro  Socio 
corrispondente  Barnabei  di  descrivere  in  una  sua  Memoria  la  lunga  carriera 
percorsa  da  questo  personaggio  dal  tempo  della  guerra  Partica  sotto  Marco 
Aurelio  e  Lucio  Vero,  fino  all'anno  189  sotto  l'impero  di  Commodo,  nel  quale 
anno  luliano  fu  ucciso  per  ordine  dell'istesso  imperatore. 

«  Vari  altri  esempi  potrei  rintracciare  nelle  pubblicazioni  dell'anno  di 
lavori  illustrativi  di  scavi,  i  quali  oltrepassando  i  limiti  di  una  semplice  notizia 
costituiscono  memorie  originali  di  archeologia,  anche  perchè  vi  si  trovano  rife- 
rite e  discusse  le  opinioni  di  altri  dotti  nazionali  o  stranieri  sui  spedali 
argomenti. 

«  Ma  egli  è  facile  il  comprendere  che  non  tutti  gli  scavi,  non  tutte  le 
scoperte  che  da  essi  ci  si  rivelano,  hanno  la  medesima  importanza  scientifica  ; 
e  che  d'altra  parte  gli  uomini  egregi  preposti  dalla  direzione  generale  alla 
sorveglianza  degli  scavi,  avvenuta  una  scoperta  di  qualche  rilievo,  devono  rima- 


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—  611  — 

nere  perplessi  se  descriverla  esattamente,  disegnarne  quanto  occorre,  e  comu- 
nicarla tosto,  oppure  attendere  di  averne  fatto  uno  studio  completo. 

«  Da  questa  perplessità  panni  possa  nascere  un  desiderio  o  quella  aspi- 
razione alla  quale  io  alludeva  pocanzi.  Si  continui  la  pubblicazione  delle 
Notizie  degli  scavi  di  antichità,  della  quale  il  paese  deve  essere  grato  al 
chiaro  Collega  ricreili,  colla  forma  sciolta  e  rapida  introdotta  da  oltre  un  anno  ; 
ed  accanto  ad  essa  sorga  col  titolo  di  Bollettino  archeologico,  o  con  altra  de- 
nominazione poco  importa,  una  seconda  pubblicazione  nella  quale  sciegliendo, 
fra  quella  che  chiamerei  materia  prima  delle  notizie,  le  scoperte  che  più  inte- 
ressano la  scienza,  la  storia,  Tepigrafia,  l'arte;  le  elabori  nuovamente  e  le  pre- 
senti ai  dotti  del  mondo  come  un  celebre  Istituto  straniero  esistente  in  Roma 
dava  a  noi  fino  a  pochi  anni  or  sono  T  esempio.  La  selezione,  la  nuova  elabo- 
razione, dovrebbero  essere  affidate  agli  archeologi  delV Accademia. 

fc  L'epigrafia  forma  parte  delV archeologia;  non  mi  discosto  quindi  dal- 
l'argomento ricordando  una  pubblicazione  intrapresa  già  da  qualche  tempo  dal- 
l'Accademia e  compiutasi  in  quest'anno. 

«  È  il  primo  dei  volumi  destinati  a  completare  la  parte  che  riguarda 
l'Italia  del  Corpus  inscriptionum  latinarum  edito  per  cura  dell'Accademia 
delle  Scienze  di  Berlino.  Questo  nostro  volume  forma  supplemento  al  quinto 
dell'opera  di  Berlino,  il  quale  comprende  le  iscrizioni  della  Gallia  Cisalpina 
pubblicata  dal  nostro  illustre  collega  Mommsen.  E  devo  tosto  soggiungere 
essere  stato  sotto  la  direzione  dello  stesso  Mommsen,  a  cui  l'Accademia  è 
grata  della  sua  presenza  oggi  in  mezzo  a  noi,  che  il  prof.  Ettore  Pais  dopo 
avere  perlustrato  tutta  l'Italia  superiore  dall'Alisia  al  Varo,  ordinò  ed  illustrò 
il  copioso  materiale  raccolto  seguendo  la  stessa  distribuzione  del  Corptcs  in- 
scriptionum. 

«  La  nostra  opera  porta  per  titolo:  Corporis  inscriptionum  latinarum 
supplementa  italica,  e  questo  primo  volume  sarà  seguito  da  altri  corrispon- 
denti ai  sei  volumi  della  grande  opera  Berlinese  che  riguardano  l'Italia. 
Così  per  la  parte  epigrafica  può  dirsi  già  attuato,  per  opera  del  mio  prede- 
cessore e  per  consiglio  del  Collega  Mommsen,  il  concetto  di  pubblicazioni 
speciali  accanto  a  quella  delle  Notizie  sugli  scavi  che  mi  permisi  or  ora 
accennale. 

tf  Molto  avrei  a  dire  rispetto  al  contributo  che  anche  in  quest'anno  die- 
dero gli  studi  storici  alle  nostre  pubblicazioni,  ma  ognuno  comprende  per  quale 
ragione  io  debba  limitarmi  a  qualche  cenno.  Il  Collega  Tommasini  per  rispon- 
dere, almeno,  in  parte,  ad  un  desiderio  recentemente  espresso  dal  Villari  che 
un  Cedex  diplomaticus  Urbis  Bomae  possa  ristabilire  quella  catena  di  anelli 
dai  cui  pochi  frammenti  mal  si  può  connettere  la  storia  medievale  di  Boma, 
ha  pubblicato  nei  nostri  Atti  :  Il  Registro  degli  officiali  del  Comune  di  Roma 
esemplato  dallo  Scribasenato  Marco  Guidi.  «  Questo,  che  ora  pubblico,  scrive 
«  il  dotto  Collega,  non  è  atto  solenne ,  né  documento  giuridico.  È  tuttavìa 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  !<>  Sem.  79 


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—  612  — 

«  vestigio  di  fatto  certo,  e  registro  ufficiale  :  è  documento  sconosciuto  al  Yen- 
>  dettini,  al  Vitale,  ai  più  recenti  storici  della  città  di  Boma,  non  menzio- 
«  nato  dal  Giorgi  biografo  di  Niccolò  V  ;  citato  di  sfuggita  nell'opera  recen- 
«  tissima  del  Pastor  che  lo  indica  senza  fame  esame  e  trame  profìtto.  Noi 
«  abbiamo  innanzi,  continua,  un  catalogo  d'officiali  del  Comune  di  Boma  al 
«  tempo  di  Niccolò  Y,  esemplato  da  uno  scribasenattis  di  sua  propria  mano, 
«  per  commissione  di  Callisto  III,  che  succedette  a  quel  pontefice.  Abbiamo 
«  inoltre,  e  della  istessa  mano,  la  prima  tratta  de'  nuovi  officiali  deputati  da 
«  papa  Calisto,  designati  secondo  il  rione  cui  appartennero  e  secondo  il  loro 
a  particolare  officio.  Vedremo  com'egli  sia  per  lo  storico  qualcosa  di  meglio 
a  che  una  sterile  fila  di  nomi  » . 

«  E  di  questa  affermazione  dà  piena  prova  il  Tonmiasini  nel  suo  scritto, 
dimostrando  sotto  vari  aspetti  il  partito  che  egli  seppe  trarre  da  quel  docu- 
mento per  portar  luce  sui  rapporti  fra  il  Papato  ed  il  Comune  di  Roma  per 
quanta  fosse  la  mutabilità  dei  medesimi. 

«  La  Giustisia  e  Y  Ingiustizia  dipinte  da  Giotto  nella  cappella  degli  Scro- 
vegni  a  Padova  è  il  titolo  di  una  Nota  storica  del  Socio  corrispondente  Lum- 
broso.  La  rappresentazione  della  Giustizia,  egli  osserva,  è  chiara,  manifesta, 
e  pienamente  intelligibile  nelle  sue  linee  principali  e  secondarie;  ma  quel- 
l'uomo che  Giotto  ci  dà  come  tipo  della  Ingiustizia,  donde  mai  viene,  dove 
ricomparisce,  chi  sarà  mai?  E  l'autore  pensa  che  una  prima  risposta  a  quelle 
sue  domande  si  possa  rintracciare  in  due  testi:  l'uno  nella  notificazione  di  Cola 
di  Rienzo  ai  Fiorentini,  l'altro  in  una  delle  Prediche  Volgari  dette  da  San  Ber- 
nardino nella  piazza  del  Campo  in  Siena,  cioè  che  l'uomo  di  Giotto  sia  uno 
di  quei  rectores  raptores  illustrati  da  quelle  scritture. 

«  Il  Collega  Le  Blant  continuava  i  suoi  studi  sui  primi  cristiani,  comu- 
nicando all'Accademia  'un  suo  lavoro  col  titolo  :  Les  prèmiers  chrètiens  et  le 
démort]  il  Socio  Schupfer  le  sue  ricerche  storico-giuridiche  presentando  una 
poderosa  Memoria,  Sulla  legge  romana  vdinese^  ed  una  seconda,  Sull'editto 
di  Teodorico  ;  ma  queste  comunicazioni,  come  le  filologiche,  i  Frammenti 
copti  del  collega  Guidi,  i  Carmina  Samaritana  del  prof.  Men  di  Heidel- 
berg, gli  Studi  catalani  del  Parodi,  ed  altre  devo  sagrificare  al  desiderio 
d'essere  breve.  E  sarei  anche  lieto  se  questo  desiderio  non  mi  si  presentasse 
vivo  proprio  ora  che  dovrei  parlare  di  una  eradita  Memoria  filosofica  del 
Socio  Ferri,  Della  idea  del  vero  e  sua  relazione  coll'idea  dell'essere^  e  di 
una  curiosa  Nota  psicologica  del  Socio  Bonatelli  col  titolo:  Il  fenomeno  della 
ricordanza  illusoria.  Mi  limiterò  a  qualche  parela  sopra  questo  fenomeno; 
ma  sarei  un  disattento  osservatore  dei  giudizi  pronunciati  all'estero  sui  nostri 
lavori  accademici  se  non  riferissi  almeno  la  conclusione  di  quello  espresso 
à  l'Académie  des  sciences  morales  et  politiques  dal  filosofo  Franck  nel  pre- 
sentare la  Memoria  del  Ferri.  «  Il  attesto  chez  lui,  disse  il  Franck,  un  sens 
«  profond  des  plus  ardus  problèmes  de  la  philosophie,  et  une    connaissance 


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—  613  — 

«  approfondie  de  tous  les  systèmes  depui  Platon  jusqu*à  Schopenhauer  et  à 
«  Herbert  Spencer  » . 

s  La  scorsa  notte  io  sognava,  narra  il  Bonatelli,  di  avere  occupato  colla 
«  mìa  famiglia  un  quartiere  di  certa  casa  situata  non  so  in  quale  città.  Sve- 
«  gliatomi  e  ricordando  molto  nettamente  il  mio  sogno,  io  cominciai  a  chie- 
«  dere  a  me  stesso  in  quale  epoca  della  mia  vita  avessi  occupato  quella  casa 
«  e  in  quale  città.  L'energia  della  ricordanza  era  tanta  che  dapprima  non 
«  ebbi,  anche  nella  veglia,  il  menomo  dubbio  di  non  ricordare  cosa  realmente 
s  avvenuta;  soltanto  non  mi  riusciva  di  rammentare  la  città, e  Tepoca,  e  so- 
ft lamente  dopo  avere  percorso  col  pensiero  minutamente  tutti  gli  alloggi 
s  dove  sono  tornato  dalla  prima  infanzia  al  dì  d'oggi,  ho  finito  con  dovermi 
«  persuadere  che  quella  ricordanza  era  falsa.  Era  anch'essa  parte  del  sogno. 
«  Quel  dato  quartiere,  io  non  solo  non  l'ho  abitato  mai,  ma  nemmeno  ve- 
ti duto.  Ripensando  allora,  continua  il  Bonatelli,  mosso  dalla  maraviglia  e 
K  dalla  curiosità  alla  mia  vita  passata,  mi  ricordai  d'altri  sogni,  nei  quali 
«  mi  erano  apparse  quelle  stesse  camere  e  quello  che  è  più  singolare,  ricordai 
«  che  in  tali  sogni  quell'alloggio  mi  s'era  presentato  come  già  abitato  da 
«  me  molti  anni  prima.  Si  tratta  dunque,  conclude  il  collega,  d'una  rappre- 
«  sentazione  che  nel  sogno  apparisce  come  reminiscenza,  mentre  non  è  » . 

>  Ho  riferito  quasi  testualmente  il  sogno  dell'egregio  filosofo,  perchè  il 
fenomeno  che  egli  denomina  delle  ricordanze  illusorie  si  connette  a  quella 
serie  dì  fenomeni  che  si  classificano  siccome  psichici,  ma  che  in  realtà,  hanno 
piuttosto  il  carattere  di  fenomeni  fisiologici  o  megHo  patologici,  e  per  lo 
studio  dei  quali,  da  spiriti  irrequieti,  altri  direbbe  innovatori,  si  preconizza 
la  creazione  di  nuove  scienze.  La  scienza  attuale  non  rifugge  dall' esaminare 
i  fenomeni  apparentemente  estranei  ad  essa,  quali  i  fantasmi  del  pensiero, 
le  azioni  a  distanza,  i  successivi  stati  conscienti,  e  così  via,  come  avrebbe 
certamente  potuto  fare  in  altri  tempi  pei  così  detti  miracoli  ;  purché  però  la 
osservazione,  la  descrizione,  la  misura  di  quei  fenomeni  contengano  in  sé  le 
essenziali  condizioni  per  la  ricerca  del  vero.  Ed  è  nella  difiBcoltà  della  coe- 
sistenza di  questi  elementi,  nel  modificarsi  del  fenomeno  per  piccole  cause, 
e  nella  conseguente  necessità  di  raccoglierne  un  grandissimo  numero,  che  si 
devono  ritrovare  le  ragioni  del  lento  progredire  di  uno  studio  così  complesso 
da  abbracciare  lo  spirito  e  la  materia. 

«  Il  nostro  filosofo  conchiude  ed  io  con  lui,  che  i  casi  in  cui  sogliono 
prodursi  quelle  che  egli  definisce  per  ricordanze  illusorie,  e  per  false  rifles- 
sioni, sono  tali  da  ingenerare  una  vicenda  rapidissima  di  stati  psichici  ;  sono 
casi  cioè  in  cui  la  nostra  sensibilità  è  altamente  eccitata,  ed  il  nostro  si- 
stema nervoso  irritabilissimo. 

«  Morie,  assai  dolce  ti  legno,  così  il  divino  poeta.  E  di  recente  il 
maggiore  dei  nostri  poeti  viventi  soggiungeva:  «  La  morte  nelle  sembianze 
«  della  giovane  amata  è  la  pace:  la  morte  è  il  richiamo  del  Signore  degli 


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—  614  — 

«  angeli  alla  sua  gloria:   la  morte  è  il  passaggio  veracemente   alla  gloria 
«  etema  ». 

«  Ma  questa  dolce  immagine  d^Ua  morte  è  dessa  di  conforto  anche  a 
chi  sopravvive?  Pur  troppo  questo  non  è,  e  noi  siamo  ogni  anno  costretti 
di  abbandonare  per  sempre,  collabi,  amici,  stimati  e  cari;  ed  ò  lieve  tri- 
buto alla  fama  da  essi  acquistatasi  colle  loro  opere  se  io  ricordo  in  questo 
momento  i  nomi  del  Gozzadini,  del  Carrara  fra  i  nazionali;  del  Eirckhoff, 
dello  Stephani,  del  Summer  Maine  fra  gli  stranieri.  Ma  l'Accademia  non  di- 
mentica i  propri  morti  e  gli  uomini  insigni  che  le  appartennero,  ed  ancora 
in  quest'anno  essa  affidava  al  collega  Luzzatti  di  commemorare  in  speciale 
adunanza  la  nobile  figura  di  Marco  Minghetti. 

«  Due  premi  istituiti  dalla  munificenza  di  S.  M.  il  Be  potevano  essere 
conferiti  in  questa  occasione,  l'uno  relativo  alle  scienze  giuridiche  e  politiche, 
l'altro  alla  mineralogia  ed  alla  geologia.  I  concorrenti  al  premio  reale  nelle 
scienze  giuridiche  furono  undici,  e  le  Memorie  da  essi  presentate  di  genere 
assai  diverso.  La  Commissione  giudicatrice  composta  dei  Colleghi  Carle,  Ca- 
miti, Messedaglia,  Serafini  e  Schupfer  relatore,  osserva  in  un  elaborato  rap- 
porto che  in  generale  nelle  Memorie  stesse  «  c'ò  molta  serietà,  molto  ed 
«  accurato  studio  delle  fonti,  molto  fervore  di  ricerche,  una  certa  tendenza 
tt  a  fkre  finalmente  da  sé,  dopo  tanti  anni  che  si  è  scritto,  bene  o  male, 
«  sulla  falsariga  degli  altri  » . 

«  I  lavori  che  più  degli  altri  hanno  richiamata  l'attenzione  della  Com- 
missione sono  :  quello  del  prof.  Scaduto  che  ha  per  titolo  :  Le  relazioni  tra 
lo  Slato  e  la  Chiesa;  l'altro  del  prof.  Bmgi:  Dottrine  giuridiche  degli 
agrimensori  romani  \  infine  l'opera  del  prof.  Vivante  intomo  dXi^  Assicura- 
zioni sulla  vita. 

«  L'opera  dello  Scaduto,  osserva  la  Commissione,  è  concepita  molto  lar- 
gamente, e  assume  proporzioni  anche  più  larghe  di  quello  che  si  sospette- 
rebbe a  prima  giunta;  ma  che  del  resto  doveva  assumere,  imperocché  in 
quei  tempi  del  Medio  Evo  la  Chiesa  aveva  esercitato  una  grande  autorità  su 
molte  parti  del  vivere  civile,  che  ora  le  sono  irremissibilmente  sfuggite,  e 
più  deve  averla  esercitata  in  quel  regno  di  Napoli  che  la  Santa  Sede  con- 
siderava come  suo  vassallo. 

«  Però,  si  legge  nel  rapporto,  soprattutto  l'epoca  normanna  lascia  a  de- 
siderare ed  é  un'epoca  che  ha  la  sua  speciale  importanza  come  quella  a  cui 
si  riannoda  tutto  il  movimento  posteriore.  E  forse  non  bastava  neanche  rifarsi 
dai  Normanni  che  altri  ha  già  richiamato  l'attenzione  sul  Papismo  Bizantino 
che  c'era  stato  nell'Italia  meridionale,  ed  i  Normanni  non  fecero  che  conti- 
nuare per  questa  via.  Altre  osservazioni  aggiunge  la  Commissione  intomo  la 
adottata  distribuzione  della  materia. 

«  Bispetto  al  lavoro  del  Bmgi  così  si  esprime  la  Conmiissione  :  «  Qui 
«  non  abbiamo  davanti  a  noi  una  storia  nel  senso   proprio   della  parola,  e 


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—  615  - 

«  nondimeno  il  lavoro  è  un  prezioso  contribnto  che  potrà  qnando  che  sia 
«  servire  alla  storia  di  quella  proprietà  romana,  ancora  così  poco  conosciuta, 
«  nonostante  i  molti  stadi  che  si  sono  &tti  intomo  ad  essa,  e  d'altra  parte 
«  così  meritevole  di  esserlo  » . 

«  E  dopo  avere  esaminato  il  lavoro  nelle  sue  diverse  parti  così  conclude  : 
«  Tutto  sommato,  il  lavoro  dal  Brugi  fa  fede  di  uno  studio  amoroso,  paziente, 
«  molto  coécienzioso  degli  scritti  degli  antichi  agrimensori  ;  però  è  lavoro 
<»  ancora  frammentario  e  l'autore  stesso  avverte  che  altre  importanti  dottrine 
tf  giuridiche  contenute  nei  libri  degli  agrimensori  saranno  da  lui  esposte  in 
«  seguito.  Finora  abbiamo  solo  a  che  fare  con  un  saggio,  per  quanto  lodevole, 
«  di  un'opera  di  maggior  lena,  a  cui  l'autore  sta  attendendo,  e  così  prima 
«  di  pronunziare  un  giudizio  definitivo  è  parso  miglior  consiglio  l'aspettare, 
«  sperando  possa  condurla  presto  a  compimento  » . 

«  L'opera  del  Vivante  ci  trasporta  in  tutt' altro  ordine  di  idee.  Il  campo 
è  qui  strettamente  giuridico  e  di  tutta  attualità.  Si  tratta  di  una  speciale 
configurazione  contrattuale,  che  certo  ha  le  sue  radici  nel  medio  evo,  ma  che 
a'  dì  nostri  ha  assunto  vaste  proporzioni,  quali  certamente  il  medio  evo  non 
conosceva  e  anche  è  venuta  rizzandosi  su  nuova  base. 

«  Il  Yivante,  nota  la  Commissione  «  ha  scritto  un  libro  molto  pensato, 
«  diremo  di  piiu  ha  scritto  il  miglior  libro  giuridico  che  la  scienza  italiana  vanti 
«  su  questa  materia^  che  del  resto  non  ne  vanta  molti  ;  e  nondimeno  anche 
«  rispetto  ad  esso  sono  a  farsi  più  riserve.  Il  difetto  che  più  balza  agli  occhi 
B  è  la  deficienza  della  parte  economica.  Un'altra  cosa  abbiamo  indamo  desi- 
«  derata,  ed  è  la  parte  storica  che  pure  avrebbe  giovato  tanto  a  lumeggiare 
«  l'istituto  e  collocarlo  al  suo  vero  posto  ;  infine  considerando  che  le  imprese 
«  di  assicurazione  sono  essenzialmente  imprese  intemazionali,  era  desiderabile 
«  che  la  trattazione  di  questa  materia  fosse  condotta  per  via  di  comparazione. 

«  Così  pur  tributando  anche  a  questo  lavoro  gli  elogi  che  merita,  la 
«  Commissione  non  ha  creduto  che  raggiunga  veramente  quel  grado  di  asso- 
«  luta  bontà  intrinseca,  che  si  suole  generalmente  esigere  pel  conferimento 
«  del  premio  di  S.  M.  il  Be.  E  d'altra  parte  anche  questo  studio,  come  quello 
«  del  Brugi,  è  tale  da  accostarsi  molto  a  queste  maggiori  esigenze.  La  vostra 
s  Commissione  è  d'avviso,  che,  sebbene  nessuno  dei  due  possa,  allo  stato  attuale 
«  meritare  il  premio,  nondimeno  potrebbero  venir  messi  entrambi  in  condi- 
«  zione  di  meritarlo,  non  trattandosi  infine  che  di  un  lavoro  di  revisione. 
«  Ciò  ch«  importa  è  che  venga  completata  la  parte  manchevole,  tolte  alcune 
«  incertezze  e  inesattezze,  corrette  le  mende,  in  ispecie  data  qua  e  là  una 
«  dimostrazione  più  sicura  e  persuasiva,  e  forse  gli  autori  non  avranno  diffi- 
«  colta  a  farlo.  In  questa  speranza  la  vostra  Commissione  ha  sentito  meno  il 
«  dispiacere,  che  prova,  di  dovervi  proporre  che  il  presente  concorso  venga 
«  prorogato  di  un  biennio.  » 

«  L'Accademia  nella  seduta  di  ieri  approvando  le  conclusioni  di  questo 


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—  616  — 

rapporto  deliberava  di  prorogare  di  un  biennio  il  conferimento  di  questo 
premio. 

tt  Cinque  furono  i  concorrenti  al  premio  reale  di  Geologia  e  di  Minera- 
logia, ma  credo  dovermi  limitare  a  riassumere  il  rapporto  della  Commissione 
giudicatrice  composta  dei  Colleglli  Cannizzaro,  Meneghini,  Struever  e  Taramelli 
relatore,  rispetto  ai  lavori  di  due  Ara  i  concorrenti,  i  prof/^  Carlo  De  Stefani 
e  Giorgio  Spezia. 

«  Il  lavoro  presentfkto  dal  prof.  De  Stefani  è  un  manoscritto  di  1800 
pagine  sulla  Geologia  dell'Appennino  settentrionale  da  lui  percorso  quasi  do- 
vunque. «  La  competenza  dell'autore,  dice  la  Conmiissione,  è  grande  in  ispecie 
«  per  lo  studio  dei  terreni  e  delle  faune  terziarie;  ma  l'ampiezza  del  campo 
«  prescelto,  le  molte  ripetizioni  alle  quali  l'autore  è  obbligato  per  la  meno 
«  opportuna  suddivisione  dell'opera,  la  imperfezione  della- parte  grafica,  sce- 
«  mano  assai  il  pregio  dell'ampia  compilazione. 

«  Per  quanto  esteso,  conchiude  il  rapporto,  è  un  lavoro  incompleto  ed 
«  affrettato  :  mentre  che  l'autore  col  suo  ingegno,  colla  sua  operosità,  colle 
>  cognizioni  paleontologiche  che  lo  distinguono,  protrebbe  condurre  la  sua 
«  opera  a  tal  punto  da  riuscire  una  delle  più  importanti  pubblicazioni  della 
«  nostra  letteratura  geologica. 

«  Il  lavoro  del  prof.  Spezia  è  dì  sole  42  pagine  e  tratta  dei  minerali 
«  di  una  miniera  di  Sicilia  ;  ma  in  quelle  poche  pagine  si  trovano  conden- 
K  sate  molte  acute  osservazioni  sul  loro  giacimento,  sulla  loro  formazione,  e 
tf  sulle  alterazioni  da  essi  subita  ;  ed  insieme  importanti  esperienze  a  sostegno 
«  delle  ipotesi  prudentemente  avanzate  ;  se  non  che,  a^unge  la  Commissione, 
tf  lo  sviluppo  deiropera,  la  sua  forma,  la  trattazione  crìtica  e  sopratutto  il 
«  numero  e  la  importanza  dei  giacimenti  osservati,  non  corrispondono  inte- 
«  ramente  alla  importanza  del  soggetto  » . 

«  La  Commissione  opina  che  il  termine  del  concorso  abbia  colto  questi 
lavori,  d'altronde  pregevoli,  quando  non  erano  del  tutto  compiuti,  e  propose 
quindi  fosse  prorogato  di  due  anni  il  conferimento  di  questo  premio,  alla 
quale  proposta  annuiva  l'Accademia  nella  seduta  di  ieri. 

«  Come  vedesi  il  risultato  dei  due  concorsi  ai  premi  di  S.  M.  il  Be  po- 
trebbe dirsi,  pel  corrente  anno,  essere  stato  virtualmente  favorevole,  nella 
attualità  negativo.  Nell'una  e  nell'altra  delle  discipline  poste  a  concorso  si 
trovarono  lavori  di  natura  assai  differente,  e  questo  importa  notare,  in  ciascuno 
dei  quali  non  mancavano  pregi  riconosciuti  dalle  Commissioni  giudicatrici, 
ma  non  di  grado  così  alto  da  meritare  l'onore  di  un  premio  istituito  dal  Be. 
Però  questo  stesso  risultato  ci  affida  che  nel  tempo  indicato  l'Accademia  potrà 
coronare  i  vincitori. 

«  Premi  di  fondazione  del  Ministero  della  pubblica  istruzione  poteva 
quest'anno  conferire  l'Accademia  nelle  scienze  filologiche,  e  nella  fisica  e 
chimica.  Al  premio  per  le  scienze  filologiche  sì  presentarono  sei  concorrenti, 


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uno  però  di  essi  il  quale  aveva  per  unico  titolo  un  volume,  Tibullo^  lirica 
amorosa,  versione  barbaro-dattilica,  cioè  un  saggio  di  letteratura  amena, 
fu  escluso  dal  concorso. 

«  La  Commissione  composta  dei  Golleghi  Ascoli,  Comparetti,  D'Ancona, 
Govi  e  Monaci  relatore,  additò  con  accurato  rapporto  due  dei  concorrenti  sic- 
come superiori  agli  altri  e  propose  all'Accademia  che  uno  dei  detti  premi 
fosse  diviso  in  parti  eguali  fra  il  prof.  Luigi  Ceci  pel  suo  lavoro,  //  pronome 
personale  senza  distinzione  di  genere  nel  sanscrito,  nel  greco  e  nel  latino^ 
ed  il  prof.  Bemigio  Sabadini  pei  suoi  lavori  sul  Guarino  e  sul  Barbaro,  pro- 
poste accolte  favorevolmente  dalF Accademia  nella  adunanza  di  ieri. 

e  Liflne  al  premio  per  la  Fisica  e  Chimica  un  solo  concorrente  presen- 
tavasi  con  lavori  di  Fisica.  L'unico  concorrente,  il  prof.  Stefano  Pagliani, 
ottenne  pochi  anni  sono  uno  di  questi  premi,  e  la  Conmiissione  composta  dei 
Colleghi  Blasema,  Cannizzaro  e  Cantoni  relatore,  nel  mentre  giudica  degna  di 
lode  la  operosità  scientifica  del  Pagliani,  non  crede  sia  il  caso  di  accordargli 
nuovo  premio,  sia  per  qualche  appunto  fatto  ai  suoi  lavori,  ma  più  ancora 
pel  riguardo  che  in  taluni  dei  medesimi  si  continuano  argomenti  e  studi  i 
quali  valsero  a  lui  il  precedente  premio.  L'Accademia  acc(^lieva  le  proposte 
della  Commissione. 

e  Ecco ,  Auguste  Maestà ,  Altezze  Beali ,  Signore  e  Signori ,  quale  fu  per 
sommi  capi  il  lavoro  accademico  dell'anno.  Vorrei  averlo  riassunto  con  sufB- 
ciente  esattezza  e  senza  oltrepassare  i  dovuti  limiti,  sebbene  conosca  per  lunga 
esperienza  quanto  sia  difficile  il  mantenervisi,  se  il  pensiero,  anche  d'altri, 
eccita  il  proprio.  Nessuno  io  credo  più  comprovante  esempio  di  quello  offerto 
da  una  augusta  donna,  Caterina  11%  la  quale  mentre  per  ringraziare  d'Alembert 
dell'invio  di  un  opuscolo  filosofico,  principiava  la  sua  lettera  scrivendo  :  «  Je 
«  suis  comme  Philinte  dans  la  comedie;  j'admire  et  je  me  tais  »  neppure 
due  linee  dopo,  dimenticando  l'ammirazione,  donna  d'alto  ingegno  come  ella 
era,  compiacevasi  nell'esamìnare,  nel  discutere  il  ma^or  numero  delle  qui- 
stioni  considerate  nel  lavoro  dell'eminente  matematico. 

»  Nessuno  però  fra  noi  ambisce,  aspira  ad  ammirazione.  Noi  ci  terrenmio 
ricompensati  se  della  nostra  opera  collettiva  si  potesse  dire  che  essa  fa  di 
qualche  vantaggio,  di  qualche  lustro,  a  questa  patria  che  amiamo. 

«  Presento  alla  famiglia  Beale  i  più  vivi  ringraziamenti  dell'Accademia 
per  essersi  degnata  di  onorare  colla  sua  presenza  questa  adunanza  e  cedo  la 
parola  al  Collega  Comparetti  » . 


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1  canti  epici  della  Finlandia. 
Discorso  di  Domenico  Comparetti. 

tf  In  due  viaggi  che  io  feci  in  Finlandia  nel  1884  e  nel  1886,  rivolsi  spe- 
cialmente il  mio  studio  alla  poesia  popolare  e  tradizionale  di  quel  paese,  la 
quale  è  singolarmente  importante  per  talune  questioni  storiche  e  scientifiche. 
Presenterò  a  suo  tempo  air  Accademia  il  risultato  de'  miei  studi,  per  com- 
pletare i  quali  dovrò  fra  poco  recarmi  nuovamente  nel  nord.  Intanto  mi  sia 
lecito  indicarne  qui  con  parole  quanto  più  potrò  brevi  il  soggetto  e  lo  scopo. 

>  C'è  in  Finlandia  un  movimento  nazionale  che  va  crescendo  e  prospe- 
rando dai  primi  decenni  di  questo  secolo  ed  è  piuttosto  intellettuale  che 
politico.  Annesso  alla  Bussia  come  granducato  autonomo,  non  contrastato,  al- 
meno oggi,  ne' suoi  conati  di  progresso,  questo  paese  può  dirsi  politicamente 
soddisfatto.  Civilizzato  dalla  Svezia  e  da  essa  cristianizzato  nel  12^  secolo, 
fornito  di  ima  costituzione  politica  simile  alla  svedese,  con  ima  università 
fondata  nel  17^  secolo,  ma  essa  pure  svedese,  la  sua  civiltà,  la  sua  coltura 
farono  per  lunghissimo  tratto  essenzialmente  svedesi,  svedese  la  lingua  uffi- 
ciale, la  letteraria,  quella  della  società  superiore,  rimanendo  la  lingua  nativa, 
il  finlandese,  solamente  usata  dalle  classi  inferiori.  Ma  Talito  caldo  del  pa- 
triotismo  sa  spirare  anche  nelle  più  fredde  regioni  e  i  moti  di  altri  popoli 
doveano  pur  trovare  anche  in  Finlandia  una  ripercussione.  Bello  è  vedere  la 
forza  e  la  universalità  di  un  principio  fecondo  estendersi  da  questa  nostra 
antica  madre  di  civiltà  fino  a  quella  ancor  virginea  figlia  del  nord,  all'e- 
stremo lembo  dell'Em-opa  civile.  Vogliono  i  patrioti  finlandesi  esser  finni,  non 
svedesi  nò  russi  ;  lotta  politica  non  c'è  ;  poiché  la  Svezia  non  può  ormai  più 
nulla  imporre  loro,  né  la  Bussia  si  cura  punto  di  russificarli.  Ma  svellere 
le  profonde  radici  messe  dalla  nazionalità  estera  a  cui  la  Finlandia  deve 
ogni  suo  bene  civile,  non  era  facile.  Parve  dapprima  una  chimera  e  lunga 
lotta,  non  ancora  cessata,  si  impegnò  fra  il  partito  finnico  e  il  partito  svedese. 
Oggimai  però  la  causa  dei  finni  o  dei  fennomani,  come  li  chiamano,  ha 
vinto.  Da  circa  cinquantanni  è  nata  tutta  una  letteratura  nuova  esclusiva- 
mente finnica,  la  maggioranza  dei  giornali  è  scrìtta  in  questa  liagua,  am- 
messa pur  questa  nell'uso  ufficiale,  nella  università  ed  anche  nell'uso  dome- 
stico di  molte  famiglie  delle  classi  superiori.  Tal  trionfo  è  principalmente 
dovuto  al  prestigio  che  esercitò  la  pubblicazione  degli  antichi  canti  nazionali 
che  rivelarono  nel  popolo  finlandese  una  potenza  poetica  di  cui  non  si  aveva 
idea  e  lo  nobilitarono,  non  solo  agli  occhi  altrui,  ma  nella  sua  stessa  opinione. 
Questi  canti,  anche  indipendentemente  dalla  loro  entità  per  quella  nazione, 
costituiscono  un  fenomeno  tanto  singolare  e  importante   che   fin   dal   primo 


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loro  apparire  attirarono  Tattenzione  e  lo  studio  di  più  dotti  europei,  studio 
che  è  tuttavia  lontano  dall'essere  esaurito. 

«  Sono  questi  canti  tutti  raccolti  dalla  bocca  del  popolo  ;  anche  i  più 
lunghi  e  antichi  furono  tramandati  per  tradizione  orale,  senza  mai  essere 
scrìtti.  Non  in  ogni  parte  abitata  da  Finlandesi  si  trovano  ;  là  dove  minore 
è  la  coltura  più  abbondano,  e  la  coltura  è  minima  fra  i  finlandesi  della 
Garelia  russa,  delle  rive  del  Ladoga,  dell'Onega  e  del  governo  di  Archangel 
presso  il  Mar  Bianco,  tutti  di  chiesa  russa.  In  tutta  la  Finlandia  già  svedese 
e  perciò  luterana,  non  v*ha  contadino  che  non  sappia  almeno  leggere,  il  che 
se  è  una  bella  cosa  ed  anche  per  noi  invidiabile,  sappiamo  quanto  nuoccia 
al  conservarsi  delle  tradizioni  popolari  e  presto  le  spenga.  Fu  dunque  in 
quelle  parti  di  chiesa  russa,  più  verso  oriente,  che  i  patrioti  Finlandesi  de- 
siderosi di  raccogliere  le  memorie  della  loro  stirpe  fecero  la  messe  più  ab- 
bondante; Lònnrot  principalmente  e  Castrén,  e  Sjògren,  Topelius,  Borenius, 
Ahlquist,  Krohn  e  più  altri  le  visitarono  a  più  riprese  con  tanta  maggiore 
sollecitudine  che  quei  ricordi  si  vanno  anche  in  quelle  parti  pian  piano  spe- 
gnendo. I  primi  cercatori  trovarono  alcuni  vecchi,  fi^  gli  altri  un  tale 
Arhippa  ottantenne,  che  ne  aveano  la  mente  piena;  morti  questi,  altri  non 
mancarono  che  potessero  ben  contribuire;  ma  Tantico  retaggio  andavasi  di- 
radando; molto  si  perdeva;  tal  canto  raccolto  qualche  decennio  fa  ora  non  si 
trova  più  chi  lo  ricordi. 

«  I  numerosissimi  canti  raccolti  sono  di  varia  specie,  epici  o  mitici, 
lirici,  magici.  Ben  si  vede  dal  contenuto  che  i  più  sono  dì  molta  antichità 
e  molte  dovettero  essere  le  generazioni  che  vennero  attraversando  tradizio- 
nalmente. Infatti  essi  sono  intieramente  pagani  ;  mentre  nulla  in  essi  accenna 
a  idee  cristiane,  tanto  sono  pregni  di  paganesimo  che  da  essi  si  desume  in 
gran  parte  la  mitologia  e  la  credenza  di  quel  popolo  quaVera  prima  della 
sua  conversione,  ossia  prima  del  XII  secolo.  La  posizione  dunque  di  questi 
canti  nella  storia  nazionale  è  quella  stessa  dei  canti  omerici  pei  Greci  ;  essi 
rappresentano  la  vita  della  nazione  in  un  periodo  di  cui  sono  Tunico  monu- 
mento, di  cui  manca  qualsivoglia  altro  ricordo  di  altra  specie.  I  più  alta- 
mente importanti  per  tale  aspetto  sono  quelli  di  argomento  epico  o  mitico. 
Dalla  farragine  di  canti  di  tal  natura  da  lui  sparpagliatamente  raccolti,  il 
Ltonrot  riuscì  a  combinare  tutta  una  epopea  continua  che  nell'ultima  edi- 
zione conta  più  che  22,000  versi  ed  a  cui  egli  diede  il  titolo  di  Kalevala. 
Questo  poema  schiettamente  nazionale  e  tradizionale,  tramandato  di  bocca  in 
bocca  dai  padri  antichi  ai  nipoti  lontani  è  oggi  la  gloria  della  Finlandia,  la 
prova  e  la  misura  del  suo  genio  nazionale,  il  segnacolo  del  suo  vessillo,  il 
diploma  di  nobiltà  per  la  sua  lingua  ed  il  suo  pensiero. 

«  Dal  1836  quando  LOnnrot  pubblicò  la  prima  edizione,  il  Ealevala 
fu  tradotto  in  svedese,  in  russo,  in  tedesco,  in  francese  ed  arrivò  a  qualche 
notorietà  se  non  popolarità,  anche  all'infuori  della  sfera  dei  dotti  che  in  vari 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  !<>  Sem.  80 


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paesi  ne  fecero  soggetto  di  studio.  Dime  il  contenuto  è  cosa  da  non  po- 
tersi fare  in  poche  parole;  né  il  tempo  e  la  circostanza  me  lo  concedono. 
Mi  limiterò  a  dare  di  volo  qualche  accenno  sulla  natura  di  questa  singolare 
e  bella  composizione  epica. 

«  La  prima  strofa  dei  Niebelunghi  riassume  in  termini  generali  ciò  che 
può  dirsi  essere  il  soggetto  o  la  materia  propria  di  quella  con\e  di  ogni 
altra  epopea  nazionale: 

Uns  ist  in  alien  maeren  wnnders  vii  geseit 

Von  helden  lobebéren,  von  groszer  arebeit 

Von  freude  und  hochgeztten,  von  weinen  nnde  klagen 

Von  ktlhner  recken  striten,  muget  ihr  nn  wonder  hOren  sagen. 

«  Dunque  fatti  maravigliosi,  eroi  illustri,  grandi  travagli,  piaceri  e  feste, 
pianti  e  lutti  e  tenzonare  di  baldi  guerrieri  sono  la  materia  di  ogni  epopea  e 
in  termini  così  generali  pur  di  quella  finlandese:  ma  quanto  diversamente 
dalle  altre  !  Già,  di  spirito  cavalleresco  qui  non  c'è  da  parlarne.  Nel  costume 
primitivo  dei  popoli  finnici,  come  pure  di  altri,  era  che  Tuomo  non  dovesse 
cercare  la  sua  donna  nella  propria  tribù,  ma  piuttosto  in  un'altra,  anzi  in 
una  tribù  nemica,  averla  colle  buone  dando  un  donativo  secondo  richiesta,  o 
anche  e  spesso  colle  cattive  portandosela  via  con  ratto  violento.  Se  però  in  con- 
dizioni tali  sentimento  cavalleresco  non  si  può  aspettare,  esse  sono  singolar- 
mente propizie  allo  spirito  di  avventura,  alle  difficili  e  perigliose  intraprese. 
Cortesie  dunque,  no  ;  audaci  imprese,  assai.  Infatti  qui  nel  Kalevala  il  soggetto 
dominante  è  la  ricerca  della  sposa.  Eroi  del  paese  e  della  stirpe  di  Kalevala, 
finnica,  agognano  al  possesso  della  fanciulla  di  Pohjola  {Pohjolan  netto) 
che  è  paese  più  nordico  (come  dice  il  nome  pohja^  settentrione)  e  d'altra 
stirpe,  propriamente  Lappone,  e  nemica.  C'è  poi  di  mezzo  un  oggetto  mara- 
vìglioso,  di  significato  certamente  simbolico,  che  chiamasi  Sampo  ed  è  il  dona- 
tivo richiesto  per  avere  la  fanciulla  di  Pohjola.  Un  solo  eroe  di  Kalevala 
riesce  con  fino  congegno  a  costruirlo,  Ilmarinen  l'artefice  insigne,  ottenendo 
così  l'agognata  fanciulla.  É  quest'oggetto  una  specie  di  mola  o  macina  da  cui 
scaturisce  sale,  farina,  oro  e  ogni  ben  di  Dio  recando  prosperità  e  ricchezza 
al  paese  che  lo  possiede.  Dal  paese  di  Pohjola  torna  quest'oggetto,  per  grandi 
vicende,  a  quei  di  Kalevala  da  cui  provenne  e  fra  i  quali  con  esso  prende 
sua  dimora  la  prosperità  e  la  ricchezza,  di  cui  Pohjola  rimane  per  sempre  priva. 
Si  sente  in  tutto  ciò  vibrare,  benché  lontanamente,  una  qualche  nota  storica  : 
l'avanzarsi  dei  Finni,  venuti  d'Asia,  scacciando  dinanzi  a  sé  i  Lapponi  e  ridu- 
cendoli all'estremo  Nord;  come  pure  il  loro  prosperare  divenendo  popolo  agri- 
colo, non  più  vivente  di  caccia  e  pesca,  progresso  che  i  Lapponi  non  ebbero. 

«  Di  gueiTa  propriamente  detta  raramente  parlano  questi  canti;  l'azione 
è  tutta  individuale  di  alcuni,  pochi  eroi,  ma  eroi  tali  che  ognuno  vale  da  so 
solo  per  un  esercito.  E  tre  sono  i  principali  eroi  di  Kalevala:  Wàinàmòinen 


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Tantico,  il  vecchio  (vanha)  W&in&mOinen  il  cantore  insigne,  etemo  ;  Ilmarìnen 
il  grande  artefice ,  il  fabbro  maraviglioso,  il  Vulcano,  il  Ydlnnd  dei  finlandesi  ; 
e  Lemminkainen,  il  più  propriamente  guerriero,  uomo  di  spada,  ma  anche  il 
meno  savio  di  tutti.  Ogni  eroe  epico  è  assai  più  che  un  uomo,  ma  questi 
sono  tanto  superiori  che  quasi  sono  Dei;  il  maraviglioso  adunque,  il  wunder 
dei  Niebelunghi,  che  è  tanto  essenziale  in  ogni  invenzione  epica,  è  qui  nel  Ea- 
levala  straordinariamente  grande.  Piuttosto  che  ad  Achille  o  a  Rolando  questi 
eroi  per  l'entità  di  ciò  che  fanno  si  approssimano  ad  Ercole;  non  però  pel 
modo.  Poiché  la  forza  del  braccio  e  dell'arma  qui  figura  poco  ;  il  mezzo  più 
ordinario  per  cui  si  operano  fatti  maravigliosi  è  Y incantesimo.  È  questa  una 
prattica  tuttavia  esistente  in  Findandia,  come  pure  presso  la  sua  sorella 
l'Estonia,  ricche  ambedue  di  belli  ed  antichi  canti  magici;  dev'essere  un 
residuo  dello  sciamanismo  che  probabilmente  fu  la  prima  religione  dei  Finni, 
come  lo  è  di  altri  loro  afSni,  quali  i  Samojodi,  i  Lapponi  ecc.  Però,  in  questi 
canti  epici  il  maraviglioso  della  magìa  e  dell'incantesimo  è  singolarmente 
nobilitato  ;  spoglio  di  ogni  pratica  o  rito  magico,  esso  si  riduce  ad  un  con- 
cetto fantastico  e  poetico  del  potere  e  del  prestigio  che  accompagna  la  poesia, 
il  canto,  la  parola  sapiente.  L'idea  fondamentale  è  che  si  possa  agire  su  di 
una  cosa  o  persona,  dominarne  e  paralizzarne  il  potere  e  razione,  cantandone 
poeticamente  l'origine  {syntys);  così  p.  es.  vediamo  risanata  una  ferita  d'arma 
di  ferro,  con  un  canto  che  dice  la  origine  del  ferro,  e  in  una  sfida  di  canti 
sull'ordine  delle  cose  Wàindmòinen  cantando  fa  che  il  suo  nemico  Lappone 
si  sprofondi  nel  terreno.  Perciò  tietàjà  che  vuol  dir  sapiente,  vuol  dire  anche 
incantatore.  È  una  traduzione  poetico-fantastica  dell'impressione  che  produce 
sulla  società  primitiva  il  primo  rivelarsi  del  genio  artistico,  del  sapere.  Così 
gli  Scandinavi  antichi,  come  vediamo  nell'Edda,  attribuivano  un  potere  ma- 
gico a  quel  mirabile  istrumento  dell'intelletto  che  è  l'alfabeto,  alle  loro  rune; 
i  Finlandesi  che  ebbero  antichi  contatti  con  loro,  non  ancor  preparati  a  ser- 
virsi deUa  scrittura,  non  presero  la  cosa,  ma  presero  il  nome  e  chiamarono 
rune  {runot)  i  propri  canti  epici  e  magici. 

«  Questa  idea  entusiastica  del  canto  e  della  poesia  ispira,  informa  e  per- 
vade tutta  quella  epopea  da  cima  a  fondo  ;  poiché  in  essa  l'eroe  principalis- 
simo  é  Wàinàmòinen  che  ha  per  sua  prima  essenza  il  canto,  la  poesia,  la 
musica  tanto  da  ricordare  talvolta  l'Apollo  de'  Greci,  che  fu  pur  egli  Dìo  ar- 
mato e  abitò  volentieri  fra  gl'Iperborei.  Una  delle  parti  del  poema  ove  ciò 
meglio  traluce  é  il  lungo  e  bellissimo  canto  ove  narrasi  come  Wàinàmòinen 
fabbricasse  per  primo  la  kantele^  la  cetra  dei  Finlandesi,  e  per  primo  ne  traesse 
melodie  tali  che  tutta  la  natura  ne  fu  rapita  e  commossa.  La  kantele  é  un 
istrumento  a  corda  che  può  dirsi  una  varietà  di  quello  che  nei  paesi  germa- 
nici vien  chiamato  zither;  come  quello,  si  suona  tenuto  orizzontalmente,  per 
lo  più  sulle  ginocchia.  Come  la  cetra  dei  Greci  fu,  secondo  il  mito,  ima- 
ginata  e  costruita  da  un  Dio  ricavandola  da  una  testuggine  ed  Apollo  solo 


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seppe  per  primo  trarue  suoni  maravigliosi  cantando  su  quelle  le  origini  delle 
cose,  degli  uomini,  degli  Dei,  cosi  il  primo  inventore  della  kantele  è  l' eroe- 
dio  Wàin&mdinen  che  la  forma  colla  testa  di  un  pesce,  di  un  luccio,  serven- 
dosi dei  denti  per  pinoli  e  formando  le  corde  coi  crini  di  un  cavallo  mara- 
viglioso  0  coi  capelli  di  una  bella  fanciulla. 

«  Ed  è  la  kantele  pei  Finlandesi  Tistrumento  nazionale  per  eccellenza, 
simbolo  pure  dell'arte  musicale  e  della  poesia  come  la  cetra  o  la  lira  dei 
Greci.  Essa  accompagnò  sempre  i  canti  nazionali  nel  passare  di  generazione 
in  generazione.  Poiché  tre  persone  han  parte  a  quel  canto,  siccome  già  nei 
principi  di  questo  secolo  descriveva  per  primo  la  cosa  Titaliano  Acerbi  e  si 
vede  tuttora  ;  imo,  tenendosi  in  disparte,  suona  la  kantele  accompagnando  il 
canto,  due  cantano  stando  l'uno  di  contro  all'altro  a  cavallo  ad  una  panca, 
tenendosi  per  le  mani  e  dondolandosi  leggermente.  Uno  (edeltàjà)  è  il  can- 
tore vero  e  proprio,  l'altro  (sàestàjà)  ripete  a  certe  cadenze  qualche  verso 
dando  pausa  al  primo  e  tempo  di  risovvenirsi.  Così  vanno  innanzi  a  lungo 
per  nottate  e  giornate  intiere  e  cosi  si  conservarono  per  secoli  i  canti  patrii 
senza  mai  essere  scritti;  non  senza  difficoltà  e  con  qualche  segretezza;  poiché 
essendo  pieni  di  spirito  e  d'idee  pagane,  quei  canti  non  arridono  ai  preti  cri- 
stiani; i  quali  però  ormai  considerano  il  cantarli  come  un  semplice  rààkkà  o 
peccato  veniale  e  ne  danno  facilmente  l'assoluzione. 

«  La  melodia  é  un  motivetto  dolce,  semplice  e  senza  enfasi.  Il  verso  è 
breve,  disinvolto:  ha  otto  sillabe  che  formano  quattro  trochei,  non  ha  rime 
stabili,  ma  molte  alliterazioni  ed  anche  frequente  é  l'assonanza  nelle  cadenze 
delle  parole,  e  la  ripetizione  della  stessa  idea  espressa  variamente  in  versi 
successivi;  caratteri  tutti  di  poesia  primitiva,  mirabilmente  imitati,  eccetto 
Talliterazione,  dall'illustre  poeta  americano  Longfellow  nel  suo  Eiawatha. 
E  con  queste  forme  semplici  una  poesia  semplice  pure,  schietta,  limpida, 
calda,  commovente,  piena  di  sentimento  della  natura  e  di  sentimento  umano, 
superiore  assai  per  disinvoltura  a  quei  poemi  di  Ossian  o  di  Macpherson  che 
già  tanto  sorpresero  l'Europa;  una  poesia  che  quasi  senza  accorgervene  fa 
spesso  vibrare  le  più  fine  e  nobili  corde  del  cuore  umano,  arrivando  anche 
al  sublime  e  al  tragico,  come,  fra  gli  altri,  nello  sploDdido  episodio  di 
Kullerwo  più  volte  tradotto  in  più  lingue. 

«  Quando  io  arrivai  per  prima  volta  in  Finlandia  nel  1884,  appunto 
allora  era  morto  il  Lònnrot,  l'illustre  raccoglitore  dei  canti  nazionali.  Tutta 
quanta  la  tuhansen  jàrveen  maa  la  terra  dei  mille  laghi,  come  i  Finlandesi 
amano  chiamare  poeticamente  la  loro  patria,  rimpiangeva  l'uomo  venerando 
che  meritò  il  titolo  di  Omero  finlandese.  E  questo  nome  di  Omero  appli- 
cato al  Lònnrot  mi  giova  a  definire  uno  dei  numerosi  aspetti  sotto  i  quali 
questa  epopea  finlandese  riesce  assai  importante  anche  fuori  del  suo  suolo 
nativo.  Una  teoria  nata  nella  fine  del  secolo  passato,  cresciuta  poi  e  oggi  ben 
nota,  presenta  i  poemi  omerici  come  composti  di  canti  minori  originariamente 


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staccati  e  indipendenti  che  foron  poi  messi  assieme  facendone  risultare  due 
epopee  larghe  e  continue.  Anzi  parve  anche  a  taluno  che  lo  stesso  nome  Omero 
altro  non  esprimesse  se  non  il  raccogliere,  il  mettere  assieme,  Taggluti- 
nare.  E  questa  teorìa,  soggetto  di  forti  e  lunghe  polemiche  non  ancor  cessate, 
fu  pure  applicata  ai  Niehelunghi,  alla  Chanson  de  Boland  ed  in  generale,  sia 
di  fatto  sia  come  principio,  a  tutte  le  antiche  epopee  nazionali  di  ogni  popolo. 
Il  LOnnrot  sarebbe  adunque  TOmero  finlandese  secondo  tale  teorìa,  cioè  non 
come  poeta  (come  tale  poco  valeva  l'ottimo  uomo)  ma  come  racc(^litore  e 
formatore  di  tutta  una  epopea  per  via  rapsodica,  cucendo  e  combinando  as- 
sieme canti  e  frammenti  di  canti,  senza  però  mettervi  nulla  di  suo.  Ora, 
Talta  importanza  scientifica  del  Ealevala  sta  appunto  in  ciò  che  fra  tutte  le 
antiche  epopee  nazionali  a  noi  note  questa  è  la  sola  di  cui  possiamo  stu- 
diare la  formazione  cogliendola,  per  così  dire,  sul  fatto  e  quindi  molto  im- 
parare sulle  leggi  che  governano  questa  maniera  di  produzione  naturale  dif- 
ficile a  studiare,  perchè  proprìa  di  età  e  di  condizioni  sociali  remote  e  di- 
verse troppo  dalle  nostre.  Dal  &tto  vivente  assai  più  e  meglio  si  apprende 
di  quanto  si  rìesca  incertamente  a  divinare  attraverso  la  parola  morta  di 
antichi  manoscrìtti.  La  Società  letterarìa  finlandese,  depositarìa  di  tutte  le 
carte  di  Lònnrot  e  di  quelle  di  altrì  raccoglitorì,  dopo  la  morte  di  Lònnrot 
ha  deciso  di  intraprendere  la  pubblicazione  dei  canti  nazionali  nel  loro  stato 
orìginario,  cioè  staccati  e  stanti  ognuno  da  sé,  quali  solamente  li  conosce  il 
popolo  che  non  ha  alcun  concetto  dì  una  vasta  epopea  di  cui  siano  parti. 
Così  molte  idee  false  che  sul  Ealevala  corsero  fin  qui  fra  i  dotti,  verranno 
ad  essere  corrette;  e  con  questa  stampa,  di  cui  già  i  primi  fogli  mi  furono 
gentilmente  comunicati  da  quella  Società  e  con  altre  recenti  pubblicazioni 
di  dotti  della  Società  medesima  è  oggi  possibile  ciò  che  prìma  non  lo  era, 
studiare  e  definire  la  formazione  di  questa  epopea  in  ordine  alla  tanto  agi- 
tata questione  di  cui  ho  già  parlato.  E  questa  indagine  ardua  e  complicata 
è  proprìamente  il  soggetto  speciale  del  mìo  studio  e  di  una  Memorìa  che 
avrò  Tonore  di  presentare  aU'Academia  ». 


Relazione  della  Commissione  giudicatrice  del  concorso  al  premio 
Reale  per  le  Scienze  giuridiche^  per  l'anno  1886.  —  Commis- 
sari: Carle,  Carutti,  Messedaglia,  Serafini  e  Schupfer 
(relatore). 

tt  Le  Memorie,  presentate  questa  volta  al  concorso  pel  premio  Beale 
nelle  scienze  giurìdiche,  sono  state  undici  di  genere  assai  diverso. 

«  Ce  n'ha,  che  studiano  la  società  antica  nei  suoi  municipi,  e  nelle  con- 
dizioni della  proprietà  e  della  procedura;  altre  che  cercano  quali  fossero  le 


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relazioni  tra  lo  Stato  e  la  Chiesa  in  quella  società  medievale,  tanto  diversa 
dalla  nostra,  e  nella  quale,  nondimeno,  possono  ravvisarsi  i  germi  di  tante 
nostre  istituzioni;  altre  infine  che  si  occupano  di  legislazioni  moderne,  sia 
nei  riguardi  dello  Stato,  della  sua  costituzione  e  anuninistrazione  e  delle 
pratiche  parlamentari,  sia  nei  riguardi  del  diritto  privato  e  punitivo. 
«  Biproduco  l'elenco  di  queste  opere  : 

1.  Brugi  Biagio.  Dottrine  giuridiche  esposte  secondo  i  libri  degli 
agrimensori  romani  e  completate  col  Digesto  (ms.). 

2.  Galeotti  Ugo  e  Mancini  Mario.  Norme  ed  usi  del  Parlamento 
italiano  (st.). 

3.  Mosca  Gaetano.  Le  costituzioni  mx)derae  (st). 

4.  Beh  AUDI  Giuseppe.  La  pena  di  morte  e  gli  errori  giudiziari  (ms.). 

5.  BivALTA  Valentino.  Storia  e  sistema  del  diritto  dei  teatri  ser 
eondo  l'etica  ed  i  principi  delle  leggi  canoniche  e  civili  (st.). 

6.  Scaduto  Francesco.  Stato  e  Chiesa  nelle  due  Sicilie  dai  Nor- 
manni ai  giorni  nostri  (st.). 

7.  Soro-Delitala  Carmine.  L'amministrazione  e  la  giustizia  nelle 
industrie  (st.). 

8.  Taddei  Attilio.  Roma  e  i  suoi  Municipi  (st.). 

9.  VivANTE  Cesare.  Le  assicurazioni  sulla  vita  (st.). 

10.  Zocco-BosA  A.  La  Palingenesi  della  procedura  civile  di  Roma  (st.). 

11.  Anonimo.  Lo  Stato.  Studi  nuovi  filosofici  e  storici  di  scienza 
sociale^  voi.  I  (st.). 

«  Aggiungo  che,  esaminati  molto  attentamente  tutti  questi  lavori,  la 
vostra  Commissione  è  lieta  di  constatare  il  risveglio,  che  segnano  senza  dubbio 
negli  studi  giuridici. 

«  È  un  risveglio,  che  abbiamo  notato  già  altra  volta,  e  che  lascia  pre- 
sagire anche  meglio  per  l'avvenire.  In  generale  c'è  molta  serietà,  molto  e 
accurato  studio  delle  fonti,  molto  fervore  di  ricerche,  una  certa  tendenza  a 
fare  finalmente  da  sé,  dopo  tanti  anni  che  si  è  scritto,  bene  o  male,  sulla 
falsariga  degli  altri. 

«  Prescindendo  anche  dai  lavori,  sui  quali  la  Commissione  si  è  fermata 
più  di  proposito,  certo  è  che  molti  sono  «degni  di  lode.  Per*  es.  le  Norme  ed 
usi  del  Parlamento  italiano  dei  signori  Galeotti  e  Mancini,  sono  certamente 
una  compilazione  paziente,  fatta  con  discernimento  e  che  ha  la  sua  buona 
parte  di  utilità.  È  il  primo  lavoro  del  genere  che  siasi  pubblicato  in  Italia, 
ed  è  bene  che  anche  da  noi  venga  studiata  questa  giurisprudenza  parlamen- 
tare che  si  forma  ;  ma  d'altra  parte  manca  all'opera  quel  carattere  scientifico, 
che  solo  può  essere  considerato  nel  concorso  per  il  premio  Beale. 

«  I  lavori,  che  più  degli  altri  hanno  richiamato  l'attenzione  della  Com- 
missione, sono  quelli  dello  Scaduto,  del  Brugi  e  del  Yivante,  sia  per  la  im- 
portanza delle  materie  e  sia  pel  modo,  con  cui  esse  furono  svolte. 


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«  Certamente  le  relazioni  tra  lo  Stato  e  la  Chiesa  formano  una  delle 
pagine  più  interessanti  della  storia  civile.  Lo  Scaduto  stadia  quelle  del  Regno 
di  Napoli  attraverso  i  secoli.  Sono  relazioni  che  assunsero  forme  caratteristiche 
fin  dal  giorno  che  la  monarchia  normanna  strinse  come  in  un  fascio  le  varie 
popolazioni  longobarde  e  franche,  greche  e  musulmane.  E  hanno  fatto  luogo 
a  serie  lotte.  L'autore  si  occupa  delle  une  e  delle  altre  colla  scorta  deUe 
leggi  e  altri  documenti.  E  riempie  davvero  una  grande  lacuna.  Perchè  ciò 
che  si  sapeva  per  Taddietro  era  piuttosto  frammentario  :  risguardava  questo  o 
quel  periodo  ;  ma  una  trattazione  completa  mancava.  Ora  dopo  aver  letto  il 
libro,  abbiamo  veramente  un'idea,  se  non  completa,  certo  abbastanza  sicura 
dello  svolgimento  di  tutto  il  diritto  ecclesiastico  nella  bassa  Italia.  È  un  mo- 
vimento che  comincia  dalla  Legazia  Apostolica,  che  il  gran  conte  Buggero 
strappò  nel  1098  a  Papa  Urbano  II,  e  termina  con  le  riforme  quasi  esclu- 
sivamente civili  di  Carlo  III  e  Ferdinando,  tanto  diverse  da  quelle  contem- 
poranee della  Toscana,  che  volevano  per  di  più  una  riforma  interna  della 
chiesa.  Tra  questi  due  limiti  estremi  c'è  una  folla  di  leggi,  canoni  e  consuetu- 
dini giuridiche,  di  trattati  e  scritti  polemici,  di  materiali  giuridici  e  storici  e 
anche  letterari,  di  transazi(mi  e  di  lotte,  e  interessa  vedere  come  le  due 
podestà  rivali  ora  siensi  disputate  il  campo,  e  ora  di  conserto  abbian  tenuto 
lo  scettro,  e  quali  conseguenze  la  loro  unione  o  la  lotta  abbiano  prodotto 
sulle  condizioni  del  popolo,  e  come  la  vita  stessa  dello  Stato  o  della  chiesa 
sia  venuto  alterandosi,  e  come  le  idee  di  separazione  e  indipendenza  dei  due 
poteri  finissero  col  germogliare  e  crescere  in  quel  terreno  che  pareva  così 
poco  adatto  a  riceverle.  Lo  Stato  s'impone  alla  chiesa  in  tutto  il  periodo 
normanno'svevo.  Nessun  legato  pontificio  è  ammesso  nel  Segno  senza  il  con- 
senso sovrano,  e  il  Re  ha  il  diritto  di  apporre  il  veto  alla  elezione  dei  prelati; 
e  l'altro  di  mandare  ai  concili  da  tenersi  fuori  regno  quei  prelati  che  crede  ; 
e  restano  vietati  gli  appelli  a  Roma  ;  e  in  mezzo  a  tutto  ciò  ci  sono  leggi 
sull'ammortizzazione,  e  limitazioni  del  foro  ecclesiastico.  Gli  stessi  beni  eccle- 
siastici non  erano  di  regola  esenti  da  imposte.  Ma  tutto  ciò  si  muta  sotto  gli 
Angioini  e  gli  Aragonesi.  La  casa  d'Angiò  ottiene  il  trono  dal  Papa  e  non 
può  non  essergli  deferente.  Gli  Aragonesi  lottano  alquanto  contro  le  censure 
e  gli  interdetti,  ma  vengono  a  patti.  Sono  patti  umilianti.  Già  sotto  gli  Angioini 
non  c'è  legge  contraria  alla  così  detta  libertà  ecclesiastica,  che  non  venga 
revocata  ;  in  ispecie  si  ammette  la  libertà  delle  elezioni,  si  riconosce  la  immu- 
nità del  foro,  non  c'è  imposta  a  cui  gli  ecclesiastici  e  neppure  i  beni  eccle- 
siastici vengano  assoggettati.  É  tutta  una  polizia  ecclesiastica  diversa  dif'quella 
degli  Svevi.  Soltanto  Martino  I  (1392-1409)  inaugura  una  nuova  politica, 
seguita  dai  suoi  successori,  specie  da  Alfonso  I;  ma  neppur  essi  si  credono  abba- 
stanza forti  per  attaccar  di  fronte  le  pretese  della  curia  :  piuttosto  le  attaccano 
di  fianco.  Non  combattono  esplicitamente  le  teorie  e  i  canoni;  ma  cercano 
di  respingere  i  fatti.  In  sostanza  il  governo  si  sentiva  debole  e  fa  un  male  ; 


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perchè  questa  debolezza  non  potò  a  meno  di  produrre  col  tempo  perniciosi 
effetti.  Massimamente  dopo  Filippo  II  di  Spagna  (1598)  Tuguaglianza  civile 
si  può  dire  annientata:  le  inmiunità  ecclesiastiche  si  sono  venute  estendendo; 
ci  furono  comuni  che  sobillati  dal  clero  rifiutarono  persino  le  imposte,  perchè 
non  approvate  dal  papa,  oppure  gli  domandarono  il  permesso  dì  pi^^arle.  A 
questo  si  era  arrivati  dopo  un  periodo  così  luminoso  come  era  stato  quello  dei 
Normanni  e  degli  Svevi.  Il  movimento  regalista  ed  anticurialista  non  ricomincia 
propriamente  che  nel  secolo  scorso  con  le  case  d'Atistria^  di  Savoia  e  di 
Borbone,  specie  coi  Borboni.  Del  resto  c*era  qualcosa  nelFaria  che  spingeva 
da  per  tutto  alle  riforme. 

a  L'opera  dello  Scaduto  è  concepita  molto  largamente,  e  assume  propor- 
zioni anche  più  larghe  di  quelle  che  si  sospetterebbe  a  prima  giunta;  nm 
che  del  resto  doveva  assumere.  Imperocché  in  quei  tempi  del  medio  Evo  la 
Chiesa  aveva  esercitato  una  grande  autorità  su  molte  parti  del  vivere  civile, 
che  ora  le  sono  irremissibilmente  sfuggite,  e  più  deve  averla  esercitata  in 
quel  regno  di  Napoli,  che  la  santa  Sede  considerava  come  suo  vassallo.  Basterà 
accennare  alla  stampa,  su  cui  Tautore  ha  uno  speciale  capitolo,  che  non  è 
dei  meno  interessanti  del  libro. 

tt  II  compito,  poi,  che  l'autore  si  è  proposto,  doveva  riescire  anche  più 
malagevole,  perchè  moltissime  volte  ha  dovuto  farsi  la  strada  da  sé.  Un'opera 
generale,  che  tratti  delle  relazioni  tra  Stato  e  Chiesa  in  Italia  non  esiste, 
e  se  pure  possono  ricordarsi  a  titolo  di  lode  queUe  del  Malfatti  e  del  Crivel- 
lucci,  si  fermano  però  ad  un  tempo  troppo  discosto  da  quello,  che  forma 
propriamente  Toggetto  degli  studi  dello  Scaduto  ;  e  quanto  a  storie  particolari, 
non  si  sta  meglio.  In  ispecie  quelle  che  si  riferiscono  alle  due  Sicilie  sono 
piuttosto  insufficienti,  e  solo  qualche  speciale  periodo  è  stato  trattato  con 
amore,  o  almeno  si  son  raccolti  i  materiali  per  farlo.  Bicordo  soltanto  a 
mo*  d'esempio  la  Historia  diplomatica  Friderici  secundi  deU'Huillard-Brehol- 
les  e  II  regno  di  Vittorio  Amedeo  II  di  Savoia  dello  Stellardì. 

tf  Cosi  non  farà  meraviglia  che  l'opera,  come  sta,  sia  ancora  lungi  da 
quella  perfezione  che  sarebbe  stata  desiderabile,  e  che  si  presenti  qua  e  là 
piuttosto  deficiente,  pur  riconoscendo  di  buon  grado,  che  abbiamo  a  che  fare 
con  un  lavoro  il  quale  fa  molto  onore  agli  studi  storici  e  giuridici  odierni. 
Sopratutto  l'epoca  normanna  lascia  a  desiderare;  e  d'altra  parte  è  un'epoca 
che  ha  la  sua  speciale  importanza,  come  quella  a  cui  si  riannoda  tutto  il  movi- 
mento posteriore.  E  forse  non  bastava  né  anche  rifarsi  dai  Normanni.  Già  altri 
ha  richiamato  l'attenzione  sul  Cesaro-Papismo  bizantino,  che  c'era  stato  nel- 
l'Italia meridionale  ;  e  i  Normanni  non  fecero  che  continuare  per  questa  via. 
Certo  è  :  prima  ancora  di  avere  la  Legazia  Apostolica  ne  aveano  esercitato 
alcuni  diritti.  E  d'altra  parte  quali  furono  propriamente  i  diritti  attribuiti 
loro  dalla  Legazia?  Siccome  ci  fu  sempre  una  grave  disputa  su  essi  tra  fega- 
listi  e  curialisti,  importava  di  metterli  in  sodo.  Porse  si  trattava  degli  stessi 


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diritti  esercitati  dai  Bizantini.  D'altronde  né  la  bolla  di  Urbano  II  né  il 
concordato  di  Benevento  del  1156  dicono  in  che  cosa  abbiano  consistito,  e  quindi 
restava  da  vedere  quali  fossero  nel  fatto.  E  Fautore  non  rifugge  da  cotesta 
ricerca;  ma  il  resultato  non  è  grande.  Bicorda  solo  le  censure  minacciate 
contro  i  violatori  delle  concessioni  sovrane  alle  chiese  e  ai  monasteri,  e  iSinisce 
col  dubitare  anche  di  queste.  Ma  anche  altre  epoche  non  hanno  avuto  una 
trattazione  corrispondente  alla  loro  importanza.  In  generale  quelli  che  han 
trovato  un  ampio  svolgimento  sono  i  tre  ultimi  secoli  :  per  questi  c'è  addirit- 
tura una  folla  di  notizie,  e  il  quadro  storico  si  dispiega  dinanzi  agli  occhi 
pieno,  ampio,  sicuro  :  è  un  fiume  regale  che  svolge  il  volume  delle  sue  acque 
maestosamente;  e  nondimeno  anche  qui  Fautore  è  piuttosto  impacciato  ogni 
qualvolta  si  tratta  di  stabilire  se  un  diritto  sia  nuovo  o  vecchio;  perchè 
infine  tutto  il  libro  si  risente  della  deficienza,  che  abbiamo  notato  circa  le 
origini.  Né  si  può  dire  che  la  dimostrazione  riesca  sempre  convincente.  Addur- 
remo solo  un  esempio.  L'autore  dice,  che  in  generale  il  diritto  siculo-napo- 
letano è  informato  al  confessionismo,  e  che  per  questo  riguardo  non  c'è  divario 
tra  le  diverse  epoche.  Senonchè,  quanto  a  Federico  II  e  agli  Angioini,  sa 
dirci  soltanto  che  riconobbero  il  giuramento  e  ne  fecero  un  uso  giuridico 
abbastanza  ampio  e  che  proibirono  e  punirono  la  bestenmiia  :  cose  che  forse, 
e  senza  forse,  potrebbero  farsi  anche  indipendentemente  da  una  speciale  idea 
confessionistica.  Ad  ogni  modo  è  certo  che  quel  confessionismo  di  Fede- 
rigo II  e  degli  Angioini  era  una  cosa  ben  diversa  dal  confessionismo  piii 
recente.  A  ben  guardare  le  leggi  e  pratiche  confessionistiche  si  moltiplicano 
solo  negli  ultimi  secoli;  e  anzi  assumono  proporzioni  addirittura  mostruose. 
Basterà  ricordare  l'obbligo  di  adempiere  il  precetto  pasquale,  quello  d'inginoc- 
chiarsi al  passare  del  sacramento,  quello  dei  pubblici  ufBiciali  di  assistere  in 
corpo  a  certe  funzioni,  quello  dei  giudici  di  udire  la  messa  prima  di  aprire 
la  seduta,  quello  del  medico  di  avvertire  l'ammalato  perchè  si  confessi  e  non 
visitarlo  se  fra  tre  giorni  non  abbia  obbedito.  Sono  pratiche  che  non  si  trovano 
nelle  antiche  legislazioni. 

«  Qualche  altra  osservazione  vorremmo  fare  circa  la  distribuzione  della 
materia.  L'autore  promette  una  lunga  introduzione  in  cui  studia  nel  loro  com- 
plesso le  condizioni  dei  luoghi  e  dei  tempi  nei  quali  la  sua  storia  dovrà  svol- 
gersi :  quello  che  si  potrebbe  dire  l'ambiente  storico,  e  cioè  la  politica  eccle- 
siastica delle  varie  dinastie,  che  si  succedettero  nel  Begno  e  le  idee  del  popolo 
e  il  lavoro  scientifico,  per  passare  a  discorrere  dei  Rapporti  generali  fra 
Stato  e  Chiesa^  e  infine  di  alcune  questioni  che  vorrebbero  essere  particolari, 
cioè  dei  regi  economati  e  delle  imposte  ecclesiastiche,  della  manomorta  e 
della  riforma  del  clero  secolare  e  regolare.  Ma  o  c'inganniamola  partito,  o 
una  simile  distribuzione  di  materia  non  la  comprendiamo;  perchè,  in  verità, 
anche  nella  parte,  che  vorrebbe  essere  generale,  sono  trattate  molte  questioni 
particolari,  o  se  pure  si  vogliono  dire  generali,  lo  sono  né  più  né  meno  delle 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  81 


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altre.  Il  foro  ecclesiastico,  l'asilo,  l'esenzione  dalle  imposte,  la  stampa  ecc. 
non  si  distinguono  infine  da  quelle  sull'economato,  sulla  manomorta,  sulla 
riforma  del  clero,  se  non  per  la  loro  diversa  natura,  per  lo  speciale  carattere 
politico  che  domina  in  esse,  come  si  distinguono  le  altre  pel  loro  carattere 
economico  e  morale. 

«  £  neppm'e  il  metodo  è  quale  lo  avremmo  desiderato.  L'autore  non 
divide  la  sua  storia  per  periodi,  ma  per  istituti,  e  tratta  partìtamente  di 
ciascuno  di  essi  seguendone  lo  svolgimento  dal  suo  primo  apparire  nella  vita 
del  popolo  fino  alla  sua  decadenza  o  alla  forma  nuova  che  è  venuto  assu- 
mendo nei  tempi  a  noi  più  vicini  ;  e  questo  metodo  ha  certo  i  suoi  vantaggi, 
ma  non  tali  da  bilanciare  i  danni.  Certamente  può  interessare  e  giovare  allo 
studioso  di  trovare  in  ogni  capitolo  una  completa  monografia  e  tutto  ciò  che 
gli  fa  mestieri  per  l'argomento;  ma  la  unità  del  lavoro  ne  soffre;  non  sì  riesce 
a  scorgere  come  i  vari  istituti  si  colleghino  tra  loro  e  s'intreccino,  e  certo 
ne  va  perduto  il  carattere  dell'epoca.  Né  si  evitano  le  ripetizioni.  Non  sa- 
ranno ripetizioni  che  si  riferiscano  a  singoli  istituti,  ma  ripetizioni  di  infiuenze, 
di  cause,  di  idee,  in  mezzo  alle  quali  la  esposizione  non  può  che  soffiirne. 

«  Insieme,  ci  sarebbe  piaciuto  che  i  confronti  con  le  condizioni  civili  ec- 
clesiastiche degli  altri  Stati  d'Italia  fossero  più  frequenti;  e  invece  scarseg- 
giano. In  generale  l'autore  se  n'è  astenuto;  e  così  non  si  riesce  bene  a  capire 
quale  posto  occupi  questa  Storia  particolare  dello  Stato  e  della  Chiesa  nel- 
l'insieme della  Storia  generale  italiana;  e  manca  uno  dei  precipui  criteri, 
che  è  quello  del  paragone,  per  giudicare  della  importanza  dell'opera  legisla- 
tiva. I  fatti  stessi  sono  a  volte  esposti  troppo  nudamente,  mentre  noil  sarebbe 
stato  male  di  sollevarsi  sopra  essi;  e  anche  la  lingua  e  lo  stile  lasciano 
molto  a  desiderare. 

»  Un  carattere  affatto  diverso  ha  il  lavoro  del  Brugi  sulle  Dottrine  giu- 
ridiche degli  agrimensori  romani.  Qui  non  abbiamo  davanti  a  noi  una  storia 
nel  senso  proprio  della  parola;  e  nondimeno  il  lavoro  è  un  prezioso  contri- 
buto che  potrà  quando  che  sia  servire  alla  storia  di  quella  proprietà  romana, 
ancora  così  poco  conosciuta,  nonostante  i  molti  studi  che  si  son  fatti  intomo 
ad  essa,  e  d'altra  parte  così  meritevole  di  esserlo. 

«  In  generale  gli  scritti  degli  agrimensori  romani  sono  poco  studiati  dai^ 
giuristi.  Anni  sono  se  n'è  occupato  molto  sapientemente  il  Budorff;  ma  il  suo 
esempio  non  ebbe  seguito.  Ed  è  male,  perchè  la  importanza  di  quegli  scritti, 
anche  per  lo  studio  del  diritto,  è  grandissima,  essendoché  l'indole  stessa 
degli  uffici  degli  agrimensori  li  obbligasse  ad  avere  speciali  cognizioni  giu- 
ridiche; e  molte  cose  appaiono  realmente  in  una  nuova  luce.  Certo  il  fascino 
di  chi  si  fa  a  studiarli  attentamente  è  profondo;  e  anche  il  Brugi  non  vi 
ha  saputo  resistere. 

«  Un  contributo  importante  alla  storia  della  proprietà  offire  il  capitolo 
SM  la  occupazione  abusiva  del  suolo  puòblico. 


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«  L'autore  la  chiama  abusira  perchè  non  si  tarattaya  di  re^  ntdlius. 

«  Ora,  si  sa  qual  sorte  toccasse  alle  terre  conquistate;  tolte  aH'inimico 
passavano  nel  dominio  del  popolo;  e  quanto  più  si  risale  la  coirente  dei 
secoli  tanto  più  vediamo  questo  patrimonio  immobiliare  del  popolo  essere 
grande.  L*ager  privatus^  se  pur  e*è,  è  ben  poca  cosa  in  confronto  dell'a^'^ 
publiGus. 

tt  Ma  non  manca  la  occupazione  abusiva  del  suolo  pubblico.  Che  se  il 
magistrato  rivendica  talvolta  il  luogo  pubblico  occupato  dal  privato,  spesso 
la  occupazione  abusiva  viene  legittimata  dal  tempo.  Il  possesso  naturale  ha 
condotto  veramente  al  dominio,  L'autore  dice  a  ragione,  che  appunto  i  libri 
degli  agrimensori  ci  rivelano  questa  pagina  di  storia  a  larghi  tratti,  ma  sicuri. 
E  d'altra  parte  soggiunge  che  la  occupazione  protratta  per  lungo  tempo  con- 
serva sempre  il  suo  vizio  d'origine,  e  una  usucapione  a  rigor  di  diritto  è  im- 
possibile. Certo,  c'è  stata  lotta  tra  l'autorità  pubblica,  che  rivendicava  il  suolo 
pubblico  e  i  privati  che,  invocando  la  vettistas,  volean  difendere  la  occupa- 
zione. Spesso  poi  la  ricerca  dei  mbseeiva  allarmava  addirittura  le  popolazioni; 
e  si  finiva  col  tollerare  la  usurpazione  come  il  minore  dei  mali,  finché  un 
editto  di  Domiziano  liberò  tutta  l' Italia  dal  pericolo,  riconoscendo  come  prò* 
prietà  il  possesso  dei  subseciva. 

«  Altri  studi  risguardano  la  condizione  giuridica  dei  corsi  d'acqua,  che 
è  stata  sempre  oggetto  di  vive  dispute  tra  i  giuristi.  Alcuni  hanno  distinto 
i  fiumi  in  pubblici  e  privati;  mentre  Giustiniano  diceva  che  eran  tutti  pub*- 
blici.  E  in  questa  discrepanza  di  opinioni  interessa  vedere  come  la  pensasseifo 
gli  agrimensori.  Han  essi  conosciuto  veramente  dei  fiumi  privati?  E  quale 
era  il  trattamento  del  &ame  uoiV  ager  limitatm  e  quale  negli  agri  arci  finii? 
In  generele  è  oramai  assodato  che  la  differenza  di  condizione  ieHager  arci- 
finius^  rimpetto  al  limitattiSy  deve  aver  avuto  la  sua  grande  influenza,  specie 
per  la  questione  della  proprietà  dell'alveo;  ma  gli  agrimensori  non  si  sono 
occupati  di  agri  areifinii.  Del  resto,  secondo  essi,  l'antico  diritto  romano 
ammetteva  certamente  il  concetto  della  proprietà  dello  Stato  sull'alveo  del 
fiume  pubblico;  ma  il  concetto  sarebbe  venuto  meno  nei  frammenti  del  Di- 
gesto, per  un  complesso  di  cause,  tra  cui  principalissima  la  lenta,  ma  con- 
tinua, trasformazione  dell' a^^  publicus  in  suolo  privato.  L'autore  studia 
l'alveo  del  fiume  pubblico  quando  questo  era  stato  considerato  come  un 
subsecivus,  e  nota  come  gli  agrimensori  ne  abbiano  considerato  la  occupa- 
zione come  abusiva:  il  suolo  dell'alveo  era  pubblico.  Lo  stesso  dicasi  del 
caso  in  cui  i  fondi  rivieraschi  fossero  stati  le  antiche  striscio  lateralmente 
assegnate  al  fiume  e  poi  vendute  ai  privati,  o  quando  lo  spazio  di  suolo  ascritto 
al  fiume  pubblico  fosse  stato  un  locus  exceptus.  Il  locm  exceptus  era  una 
condizione  simile  ai  mbseeiva  ;  e  infatti  gli  agrimensori  lo  trattano  pure  come 
luogo  pubblico.  L'autore  conchiude  a  ragione ,  osservando  che  il  princi- 
pio, che  considera  il  letto  del  fiume  come  una  proprietà  dello  Stato,  sta  in 


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relazione  con  Taltro  della  proprietà  del  popidtcs  su  tutto  il  suolo  che  non  è  pas- 
sato legittimamente  in  proprietà  privata:  quanto  più  questo  secondo  principio 
scade  nella  coscienza  giuridica  popolare,  tanto  più  Taltro  svanisce  e  a  poco 
a  poco  scompare. 

a  Oggetto  di  speciale  trattazione  è  una  antinomia  tra  un  passo  di  Frontino 
e  uno  di  Ulpiano  trascurata  dagli  scrittori.  Secondo  Trontino  (50,9)  Talveo 
si  potrebbe  concedere  in  compenso  a  colui  che  è  danneggiato  dal  fiume,  che 
scorre  attraverso  il  suo  campo:  ma  lo  stesso  Frontino  si  ricrede;  mentre  i 
giureconsulti  avrebbero  interpretato  diversamente  la  cosa,  negando  che  il 
suolo  che  aveva  cominciato  ad  essere  del  popolo  romano,  potesse  venire 
usucapito  da  alcuno.  Ma  a  quali  agri  si  riferisce  Frontino?  Ed  ha  egli  ap- 
plicato bene  il  principio  dei  giuristi  che  i  luoghi  pubblici  non  si  usucapiscono? 

«  Per  ciò  che  risguarda  le  alluvioni,  l'autore  nota  il  diverso  modo  con 
cui  gli  agrimensori  e  i  giuristi  pongono  la  te^i.  Mentre  questi  portano  la 
propria  considerazione  sulla  qualità  del  fondo  {agri  Imitati  o  arcifinii)^  quelli 
la  portano  sul  fiume.  Quale  n'è  il  fondamento  giuridico?  Frontino  credeva 
che  fosse  più  argomento  da  giuristi  che  da  agrimensori  :  nondimeno  ne  parla. 
Le  particelle  di  terra  trasportate  dal  fiume  lungo  il  fondo  sono  acquistate  non 
per  se  stesse,  ma  come  parte  di  alveo  che  si  scopre.  E  la  causa  giuridica 
della  alluvione  è  la  irreconoscibilità  della  parte  abducta.  Perciò  il  possessore 
della  sponda  danneggiata  non  può  appropriarsi  il  suolo  scoperto  alla  riva  op- 
posta. Ma  quali  sono  i  fiumi  nei  quali  era  ammessa  l'alluvione  ? 

«  Altre  ricerche  si  riferiscono  alle  isole  fluviali,  al  cambiamento  del 
locm  qui  servit  nelle  servitù  di  passaggio,  alle  pertinenze  immobili  dei  fondi 
rustici  ;  e  specie  per  ciò  che  concerne  le  isole,  e'  erano  più  casi  da  studiare, 
per  es.  se  l' isola  era  nata  nel  fiume,  oppure  si  era  staccata  dal  fondo  rivierasco, 
0  si  trattava  di  un'  isola  tra  il  nuovo  e  il  vecchio  alveo  negli  agri  limitati  ecc. 

«  Tutto  sommato,  U  lavoro  del  Brugi  fa  fede  di,  uno  studio  amoroso, 
paziente,  molto  coscienzioso  degli  scritti  degli  antichi  agrimensori;  e  si  vede 
chiaro,  che  una  lunga  dimestichezza  lo  ha  reso  padrone  della  materia.  Insieme 
arriva  a  risultati  molto  soddisfacenti.  Non  tutti  però.  Molte  cose  si  sapevano 
già  prima,  e  quegli  scritti  non  fanno  che  confermarli  ;  ma  altre  si  presentano 
sotto  un  nuovo  aspetto.  Specie  le  regole  del  diritto  romano  sugli  incrementi 
e  decrementi  dei  fiumi,  avvicinate  alla  loro  ragione  storica,  che  alla  sua  volta 
dipende  dalla  diversa  natura  degli  acri  limitati  o  arci/inii,  si  capiscon  meglio. 
E  nondimeno  anche  questo  lavoro  non  parve  raggiungere  quel  grado  di  per- 
fezione, per  cui  gli  si  potesse  attribuire  il  premio. 

«  Intanto  è  un  lavoro  ancora  firanmientario  ;  e  l'autore  stesso  avverte  che 
altre  importanti  dottrine  giuridiche  contenute  nei  libri  degli  agrimensori  sa- 
ranno esposte  in  seguito.  Finora  abbiamo  solo  a  che  fare  con  un  saggio,  per 
quanto  lodevolissimo,  di  un'opera  di  maggior  lena,  a  cui  l'autore  sta  atten- 
dendo ;  e  cosi,  prima  di  pronunciare  un  giudizio  definitivo,  ci  è  parso  miglior 


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consìglio  Taspettare,  sperando  che  possa  condurla  presto  a  compimento.  E  anche 
ci  siamo  lusingati,  che  tornando  con  mente  più  riposata  sul  suo  lavoro,  potrà 
riempiere  qualche  lacuna  o  purgarlo  di  qualche  menda,  che  ora  ri  si  trova. 
Sopratutto  si  sarebbe  desiderata  una  critica  più  vigorosa  ed  acuta  delle  fonti. 
Quella  usata  dall'autore  ha  qua  e  là  un  carattere  piuttosto  fiacco  ;  e  cosi  non  dee 
far  meraviglia  se  a  volte  non  riesca  a  trasfondere  in  chi  legge  quei  convinci- 
menti che  certo  sono  in  chi  scrive.  Fu  anche  notato,  che  a  volte  egli  gira  attorno 
alle  questioni  senza  prenderle  di  fronte,  o  non  le  tocca  affatto.  Per  esempio 
l'autore  parla  di  una  occupazione  l^ttima,  del  suolo  pubblico,  cioè  di  una 
occupazione  permessa  sotto  date  condizioni  e  modi;  ma  quali?  Egli  non  lo 
dice;  eppure  in  Siculo  138,14,  che  egli  cita,  avrebbe  potuto  trovarne  una, 
che  non  differiva  gran  fatto  da  simili  condizioni  messe  da  altri  popoli  in 
simili  gradi  di  coltura  :  quod  aut  (miles)  excoluit  aut  in  spem  colendi  occu- 
paviU  Altrove,  parlando  di  un  passo  di  Frontino  (50,9)  su  Talveo  derelitto, 
ricordato  più  su,  dice  che  l'agrimensore  aveva  interpretato  bene  la  sentenza 
dei  giuristi,  che  i  luoghi  pubblici  non  si  usucapiscono;  ma  confesso  di  non 
comprendere  che  cosa  ci  abbia  a  fare  qui  la  usucapione.  Capirei  anche  che 
l'alveo  del  fiume,  come  cosa  del  popolo  romano,  non  si  possa  occupare  ;  ma  la 
usucapione?!  D'altronde  la  stessa  occupazione  mi  parrebbe  difficile  ad  esclu- 
dere, se  anche  l'alveo  fosse  stato  considerato  come  un  subsecivum,  tanto  più 
che  Domiziano  aveva  già  riconosciuto  la  proprietà  dei  subseciva  in  Italia. 
Nò  sarebbe  stato  inutile  di  tentare  una  conciliazione  di  Gaio  nella  L.  7 
§  5  D.  de  a.  r.  d.  41.1  col  §  23  I.  de  r.  d.  3.1  che  sembrano  cAitraddirsi. 
Specie  la  frase  di  Gaio  Sed  vix  est  ut  id  obtineat  è  una  frase  molto 
disputata.  Forse  voleva  dire  che,  rigorosamente  parlando,  il  proprietario  del 
terreno  invaso  dal  fiume  perde  la  sua  proprietà  su  esso  e  non  la  ricupera 
neppure  nel  caso  che  il  fiume  si  ritiri,  tornando  al  letto  di  prima  ;  ma  che 
d'altra  parte  generalmente  la  equità  prevaleva  sullo  stretto  diritto. 

«  L'opera  del  Vivante,  intorno  alle  Assicurazioni  sulla  vita  ci  trasporta 
addirittura  in  un  altro  ordine  d'idee.  Il  campo  è  qui  strettamente  giurìdico 
e  di  tutta  attualità.  Si  tratta  di  una  speciale  configurazione  contrattuale,  che 
certo  ha  le  sue  radici  nel  medio  evo,  ma  che  a'  dì  nostri  ha  assunto  vaste 
proporzioni,  quali  certamente  il  medio  evo  non  conosceva,  e  anche  è  venuta 
rizzandosi  su  nuova  base.  Al  magro  contratto  di  rendita  vitalizia,  che  si  trova 
dapprima  nella  storia,  si  sono  venute  via  via  aggiungendo  molte  altre  ope- 
razioni, per  il  caso  di  sopravvivenza  o  di  morte  ;  e  l'affare  isolato,  avventizio, 
ha  ceduto  sempre  più  il  posto  all'  impresa,  assumendo  quasi  un  nuovo  aspetto. 
Certo  la  differenza  tecnica  è  piuttosto  profonda,  perchè  ciò  ch'era  un  giuoco 
sulla  mortalità  altrui,  diventò  un'industria  equilibrata  e  prudente;  o  anche 
si  potrebbe  dire  che  l'assicurazione  è  entrata  in  un  ambiente  economico  più 
favorevole  al  suo  sviluppo.  Ora  l'intento  del  Vivante  è  appunto  di  cogliere 
le  assicurazioni  nella  pratica  della  attuale  vita  sociale ,  per  venire  poi  alla 


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—  632  ~ 

costruzione  giurìdica  della  assicurazione  sulla  vita,  notando  le  trasformazioni, 
che  si  vanno  effettuando  nel  suo  concetto  e  commentando  ad  un  tempo  Tat^ 
tuale  legislazione. 

it  La  natura  giuridica  del  contratto  di  assicurazione  sulla  vita  è  stata 
veduta  diversamente  dagli  scrittori.  Per  gli  uni  è  un  vero  e  proprio  contratto 
di  assicurazione  tendente  a  risarcire  il  danno  prodotto  dalla  morte  ;  per  gli 
altri  è  un  mero  contratto  di  capitalizzazione  e  di  risparmio,  senza  scopo 
d'indennità  e  senza  elemento  di  rischio;  il  Yivante  si  colloca  in  mezzo  tra 
queste  due  opposte  direzioni  e,  pur  riconoscendo  che  sia  un  contratto  di  assi- 
curazione, in  cui  il  debito  o  la  misura  del  debiti)  dei  contraenti  è  designato 
dalla  sorte,  esclude  che  ci  sia  uno  scopo  di  risarcimento.  In  sostanza  anche 
rassicurazione  sulla  vita  apparterebbe  alla  stessa  famiglia  giurìdica  delle 
altre.  Gli  elementi  comuni  ed  essenziali  di  tutti  questi  contratti  sarebbero 
secondo  il  Yivante:  un'impresa  assicuratrice,  un  rischio  indipendente  dalla 
volontà  delle  parti;  un  premio  pagato  all'impresa  secondo  le  probabilità  che 
il  rischio  succeda.  Specialmente  merita  osservazione  lo  sforzo  continuo  che 
l'autore  fa  per  piantare  l'assicurazione  sulla  base  dell'impresa.  È  un'idea  che 
domina  tutto  il  libro,  e  che  gli  è  stata  suggerita  dalla  larga  organizzazione 
industriale,  che  l'assicurazione  ha  assunto  oggigiorno,  e  particolarmente  dalla 
formazione  di  un  fondo  di  premi  e  dalla  necessità  di  una  amministrazione  che 
ne  curi  l'impiego.  Col  che  non  è  detto  che  si  possa  anche  concepire  un 
contratto  di  assicurazione  fuori  della  impresa  o  con  l'impresa  esercitata  da 
un  solo  idflividuo  ;  ma  l'autore  osserva  a  ragione  che  sarebbe  uh  anacronismo, 
una  forma  imperfetta  sia  economicamente  sia  giuridicamente ...  un  compito, 
che  eccederebbe  le  forze  e  la  vita  di  un  individuo  e  di  qualsiasi  ente  che 
riposi  sovra  il  credito  personale. 

s  Insieme  l'autore  ha  abbandonato  l'idea,  da  lui  altra  volta  sostenuta, 
che  il  contratto  di  assicurazione  sulla  vita  non  sia  xm  contratto  aleatorio  ;  e 
ha  fatto  bene.  Il  debito  o  la  misura  del  debito  dei  contraenti  sono  in  realtà 
designati  dalla  sorte,  e  nessuno  di  essi  può  sapere  se  trarrà  dal  contratto  un 
guadagno  o  una  perdita,  fino  al  verificarsi  dell'evento  fortuito^  D'altronde, 
soggiunge  il  Yivante,  il  contratto  d'assicurazione  sulla  vita  non  è  un  contratto 
d'indennità,  come  si  sostiene  ancora  da  molti  Lo  scopo  di  risarcimento,  se 
pur  c'è  nell'assicurazione,  resta  ignorato  o  indifferente  all'assicuratore,  non 
costituisce  la  causa  giuridica  del  contratto,  a  differenza  della  assicurazione  sulle 
cose.  E  certo  non  è  raro  il  caso  che  un  contratto  venga  via  via  spogliandosi 
di  elementi  creduti  un  tempo  essenziali  e  ridursi  alla  sua  forma  più  sem* 
plico.  Col  contratto  di  cambio  non  è  accaduto  diversamente.  La  rimessa  da 
luogo  a  luogo  parve  già  essenziale,  poi  passò  in  seconda  linea,  infine  ò  scom- 
parsa. Ciò  stesso  avviene  col  contratto  di  assicurazione.  Ci  fu  un  tempo,  in 
cui  il  principio  d'indennità  parve  sì  essenziale  che  il  contratto  stesso  fu  detto 
contratto  d'indennità:  adesso  esso  tendo  a  spogliarsene. 


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—  633  — 

e  II  Vivante  ha  scritto  un  libro  molto  pensato:  diremo  più,  ha  scritto 
il  miglior  libro  ginridico  che  la  scienza  italiana  vanti  su  questa  materia, 
che  del  resto  non  ne  vanta  molti.  La  sua  dottrina  è  copiosa.  Conosce  tutto  ciò 
che  è  stato  scritto,  da  più  anni,  in  proposito;  conosce  anche  i  r^lamenti 
e  le  statistiche  delle  molte  compiale  d'assicurazione,  le  clausole  delle  po- 
lizze, i  verdetti  dei  magistrati,  e  si  giova  di  tutto  questo  ricco  materiale 
scientifico  e  non  scientifico.  E  fa  bene.  In  genere  gli  istituti  del  diritto  com- 
merciale non  cessano  di  vivere  di  una  vita  attiva  e  feconda  perchè  sono  stati 
disciplinati  dalla  le^e  o  elaborati  dalla  scienza;  ma  seguono  da  vicino  i 
bisogni  reali,  si  adattano  alle  loro  mille  esigenze,  si  modificano  e  si  trasfor- 
mano; e  non  se  ne  coglie  la  fisonomia,  né  si  possono  presentare  nella  loro 
unità  organica,  senza  cacciar  lo  guardo  a  fondo  in  tutto  questo  largo  pro- 
cesso scientifico  e  pratico,  e  combinare  e  fondere  Tuno  coll*altro.  Dopo  ciò 
sarebbe  quasi  inutile  il  notare  che  il  metodo  seguito  dall'autore  ò  positivo, 
cioè  di  osservazione;  ma  del  resto  egli  procede  liberamente,  qua  e  là  con 
vedute  e  criteri  suoi,  e  con  un  certo  calore,  proprio  delle  intime  convinzioni. 

»  E  nondimeno  anche  relativamente  a  questo  libro  abbiamo  fatto  più 
riserve. 

«  Il  difetto  che  più  degli  altri  balza  agli  occhi,  è  la  deficienza  della 
parte  economica.  L'autore  di  proposito  non  ne  ha  voluto  trattare  ;  ma  la  vostra 
commissione  ha  ritenuto  che  non  ne  potesse  fare  a  meno.  Né  la  pretesa  parrà 
esagerata  per  poco  si  pensi  che  la  cifra  del  capitale  assicurato  s'accosta  ai 
35  miliardi;  e  infine  dalla  natura  economica  dipende  anche  la  costruzione 
giuridica.  Certo,  l'assiciurazìone,  studiata  cosi  nella  sua  base  economica,  si 
sarebbe  messa  in  relazione  coi  bisogni  odierni,  molto  più  che  ricorrendo,  come 
ha  fatto  l'autore,  ad  una  costruzione  tecnica  a  base  statistica,  la  quale,  dopo 
tutto,  non  è  così  sicura,  come  si  potrebbe  credere.  Infatti  fino  a  che  punto 
possono  dirsi  veramente  accettabUi  e  applicabili  le  tavole  di  mortalità?  Ce 
n'ha  di  varia  natura;  e  cotesta  incertezza,  e  in  parte  anche  cotesta  deficienza, 
della  base  statistica  può  riverberarsi  sull'intero  contratto.  In  realtà,  il  modo 
con  cui  queste  società  di  assicurazione  si  costituiscono  a  base  statistica  può 
far  luogo  a  sgradite  sorprese,  e  sarebbe  stato  prezzo  d'opera  l'accennarle. 

«  Fors'anco  dipende  da  ciò,  che  la  parte  critica  non  sia  trattata  con 
quell'ampiezza  che  sarebbe  stata  desiderabile.  Certo,  qua  e  là  l'autore  arrischia 
qualche  appunto  agli  attuali  ordinamenti  legislativi,  ma  piuttosto  timidamente, 
specie  in  vista  dei  forti  attacchi,  che  l'istituto  com'  è  disciplinato  oggigiorno 
da  noi;  ha  subito  per  parte  di  altri.  Infine,  dopo  letto  il  libro  del  Yivante, 
è  parso  che  restasse  il  dubbio,  se  tutto  non  vada  proprio  abbastanza  egregia- 
mente e  non  ci  sia  nulla  a  ridire,  o  se  occorra  ritoccare  qua  e  là,  e  introdurre 
qualche  temperamento  o  modificazione  o  riforma  corrispondente  all'indole  ed 
alle  accidenze  dell'istituto. 

ft  Un'altra  cosa  abbiamo  indarno  desiderato,  ed  è  la  parte  storica,  che 


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—  634  — 

pure  avrebbe  giovato  tanto  a  lumeggiare  Tistituto  e  collocarlo  al  suo  vero 
posto. 

«  Aggiungiamo  un* altra  considerazione.  Le  imprese  d'assicurazione  sono 
essenzialmente  imprese  intemazionali;  e  dunque  appunto  la  trattazione  di 
questa  materia  si  dovrebbe,  s'altra  mai,  condurre  per  via  di  comparazione. 
Invece  Vautore  s'è  contentato  di  ristampare  le  leggi  forastiere  in  calce  al 
volume,  e  appena  qua  e  là  c'è  qualche  riscontro  nel  corpo  dell'opera.  Ora, 
ciò  è  sembrato  insufficiente  alla  vostra  commissione.  La  comparazione,  fatta 
attentamente,  ci  avrebbe  fatto  toccar  con  mano  come  sieno  regolate  queste 
imprese  fuori  del  nostro  territorio,  e  quale  influenza  possa  avere  la  legge 
estera  sulla  nostrana  quando  ci  facciamo  a  contrattare  con  un  forastiero. 

m  Né  sarebbe  stato  male  di  attingere  più  laicamente  ai  principi  del 
diritto  civile.  Dopo  tutto  ci  son  materie,  per  es.  quella  della  cessione,  in  cui 
il  legislatore  non  ha  formulato  principi  propri,  e  si  è  attenuto  a  quelli  del 
diritto  civile.  Lo  stesso  Yivante  nota  questo  ;  ma  egli  non  è  forse  così  dotto 
civilista,  come  è  profondo  conmiercialista,  e  cosi  avviene  che  si  potrebbe  muo- 
vere qualche  serio  dubbio  a  talune  sue  conclusioni  giuridiche  desunte  special- 
mente dal  diritto  comune. 

«  Anche  la  forma  è  stata  trovata  troppo  ricisa  e  assoluta.  Col  che  non 
vogliamo  dire,  che  il  libro  ci  sarebbe  piaciuto  più  se  avesse  assunto  un  tono 
polemico  ;  ma  generalmente  ci  sono  troppe  affermazioni  donmiatiche,  che  la- 
sciano per  lo  meno  il  desiderio  di  una  più  larga  discussione,  e  troppe  diffi- 
coltà non  avvertite,  o  almeno  non  rilevate,  di  cui  si  sente  o  si  intravede  la 
esistenza,  e  non  si  sa  o  non  si  capisce  se  e  in  qual  modo  l'autore  sia  rie- 
scito  a  superarle. 

«  Così  pur  tributando  anche  a  questo  lavoro  gli  elogi  che  merita,  la 
commissione  non  ha  creduto  che  raggiunga  veramente  quel  grado  dì  assoluta 
bontà  intrinseca,  che  si  suole  generalmente  esigere  pel  conferimento  del  premio 
di  S.  M.  il  Re.  E  d'altra  parte  anche  questo  studio,  come  quello  del  Brugi, 
è  tale  da  accostarsi  molto  a  queste  maggiori  esigenze.  La  vostra  commissione 
è  d'avviso,  che,  sebbene  nessuno  dei  due  possa,  allo  stato  attuale,  meritare 
il  premio,  nondimeno  potrebbero  venir  messi  entrambi  in  condizione  di  meri- 
tarlo, non  trattandosi  infine  che  di  un  lavoro  di  revisione.  Ciò  che  importa 
è  che  venga  completata  la  parte  manchevole,  tolte  alcune  incertezze  e  ine- 
sattezze, corrette  le  mende,  in  ispecie  data  qua  e  là  una  dimostrazione  più 
sicura  e  persuasiva,  e  forse  gli  autori  non  avranno  difficoltà  a  farlo.  In  questa 
speranza  la  vostra  commissione  ha  sentito  meno  il  dispiacere,  che  prova,  di 
dovervi  proporre  che  il  presente  concorso  venga  prorogato  di  un  biennio  ». 

0- 


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—  635  — 

Reiasione  della  Commissione  giudicatrice  del  concorso  al  premio 
Reale  per  la  Mineralogia  e  Geologia  per  Tanno  1886.  — 
Commissari  :  Cannizzaro,  Meneghini,  Struever  e  Taramelli 
(relatore). 

«  Il  prof.  Giovanni  Moro,  presentò  un  manoscritto  di  130  pagine:  Sul 
mare  quaternario. 

a  L' argomento  delle  oscillazioni  del  livello  marino  fu  anche  recentetaente 
dibattuto  da  geografi  e  geologi,  in  particolare  da  Zoffritz,  Pfaff,  Suess  e  Penk, 
e  se  ne  trova  qualche  cenno  in  tutti  gli  ultimi  trattati  di  geologia.  L'autore 
è  affatto  digiuno  di  studi  recenti;  fidandosi  a  dati  scentifici  insufficienti,  in 
base  alle  proprie  osservazioni,  a  dir  vero  stabilite  in  vari  punti  della  costa 
italiana,  avendo  inteso  a  suo  modo  i  fenomeni  quaternari,  e  riconosciuto  nei 
cordoni  litorali  l'opera  di  grandiosi  fiumi  scendenti  da  smisurati  ghiaccia]*,  e 
scoperto,  a  cagion  d'esempio,  che  il  Po,  tra  le  altre,  ha  depositato  la  colli- 
netta di  Gampoformio  in  Friuli,  ed  indotto  che  per  tanta  acqua  allora  scor- 
rente il  mare  ^i  fece  allora  dolce  a  grande  raggio  attorno  alle  coste,  viene 
poi  alla  conclusione  che  in  epoca  glaciale  il  mare  rapidamente  si  è  alzato, 
poi  abbassato  per  dieci  metri,  ovunque.  Dice  che  la  invasione  del  mare  ha 
largamente  contribuito  «  all'  imbarbarimento  universale  dei  popoli,  colti  dal- 
l' orridezza  del  clima  glaciale  »  promettendo  di  somministrare  con  altro  lavoro 
la  spiegazione  della  comparsa  e  della  scomparsa  di  quant'acqua  occorreva  per 
produrre  l'affermata  oscillazione  generale  del  livello  marino. 

e  Queste  affermazioni  ed  i  sottili  ragionamenti,  che  le  appoggiano,  sono 
dirette  a  dimostrare  una  tesi  oltremodo  ardita.  Il  tempio  di  Serapide  e  le 
mura  dì  Pesto,  anteriori  all'epoca  quaternaria,  sono  i  monumenti  di  un  po- 
polo autoctono,  non  ancora  per  la  detta  cagione  imbarbarito. 

«  Non  aggiungiamo  altre  parole  in  difesa  della  commissione,  affatto  con- 
traria alla  speranza  che  nutre  l'autore,  di  aver  colte  le  cagioni  «  per  cui 
sorse  sterminatrice  la  gran  giornata  glaciale  » . 

«  P.  Cordenons,  Snl  meccanismo  delle  eruzioni  vulcaniche  e  geise- 
riane^  parte  prima,  stampata  in  Venezia,  1885;  parte  seconda,  manoscritto 
di  23  pagine. 

s  Nella  parte  stampata,  l'autore  svolge  la  «  ipotesi  della  esistenza  delle 
caldaje  sottocrostalì,  separate  affatto  dai  camini  vulcanici  « ,  ipotesi  che  egli 
aveva  due  anni  prima  incidentalmente  accennato,  trattando  dei  terremoti 
(Elude  sur  les  tremblements  de  terre  et  les  volcans.  Archives  des  sciences 
physiques  et  naturelles,  X,  1883). 

«  Dice  giuocoforza  supporre  che  la  materia  lavica  formi  un  mare  unico, 
lasciando  per  altro  indeciso  se  sotto  tutta  la  crosta  terrestre,  o  limitato  ad 
Sbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  82 


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—  636  — 

alcune  sue  parti.  Essa  teoria  del  mare  lavico  unico  si  concilia,  egli  dice, 
colla  localizzazione  e  coli' indipendenza  dei  vulcani,  ammettendosi  che  ogni 
vulcano  sia  un  pertugio  od  un  rubinetto,  pel  quale  sfugge  il  vapor  acqueo, 
accumulatosi  in  località,  vicine,  affatto  separate  da  quelle  dei  vulcani.  Suppone 
che  i  camini  vulcanici  sorgano,  non  inmiediatamente  al  di  sopra  di  queste 
cavità,  ma  lateralmente  ad  esse;  e  si  sprofondino  in  modo  che  la  loro  parte 
inferiore  rimanga  costantemente  immersa  nel  mare  lavico,  rimanendo  cosi 
tolta  la  libera  comunicazione  tra  il  camino  e  la  cavità,  nei  periodi  di  calma. 
La  eruzione  invece  avverrà  quando  la  massa  del  vapore,  aumentata,  avrà 
fatto  abbassare  sotto  di  sé  il  livello  del  mare  lavico,  per  ra^iungere  la  parte 
inferiore  del  camino  vulcanico,  scacciandone  polverizzata  lava  continuamente 
rimpiazzata  da  nuova,  spintavi  dalla  corrente  del  vapore  e  dalla  gravità,  che 
la  costringe  a  mantenere  costantemente  il  suo  livello. 

«  Immaginando  la  estremità  inferiore  del  camino  vulcanico  più  o  meno 
sprofondata  nel  mare  lavico,  od  air  opposto  da  esso  sollevata  ;  supponendo  più 
0  meno  vicine  cavità  diverse,  nelle  quali  si  accolga  ed  accumuli  con  sempre 
crescente  tensione  il  vapore  acqueo  (trascurando  la  minima  porzione  degli 
altri  gaz)  ;  ideando  convenientemente  disposte  esse  cavità,  perchò  in  dati  casi 
ne  avvenga  comunicazione  tra  di  loro  e  col  camino  vulcanico,  Tautore  trova 
che  la  sua  ipotesi  dà  facile  spiegazione  delle  varie  fasi  eruttive,  pliniana, 
stromboliana,  solfatarlca,  delle  alternanze  o  successioni  loro,  del  ridestarsi  e 
dello  spegnersi  dell'attività  vulcanica,  persino  dei  cerchi  craterici,  delle  fen- 
diture e  dei  vulcani  della  Luna.    » 

((  A  confermarne  la  attendibilità,  TAutore  intraprende  a  dimostrare  che 
le  ipotesi  proposte  degli  altri  autori  possono  spiegare  tale  o  tal*  altro  feno- 
meno; ma  nessuna  vale  a  spiegarli  tutti.  Prende  in  rapido  esame  la  teoria 
del  Mallet,  quella  del  Lapparent,  che  paragona  alla  Goriniana,  e  quella,  che 
egli  intitola  fisico-chimica  o  dei  laghetti  di  lava  intercrostali  e  che  attribuisce 
a  Volger;  e  tace  di  tutte  le  altre. 

tt  Nella  seconda  parte  manoscritta,  il  Cordenons  espone  come  sia  stato 
indotto  a  dedicare  i  suoi  studi  esperimentali  alle  eruzioni  geiserìane,  man- 
candogli i  mezzi  di  istituire  opportune  esperienze  sulle  vulcaniche. 

«  Dopo  aver  descritto  i  fenomeni  dei  geiser  d' Irlanda,  della  Nuova  Ze- 
landa e  dell'America,  espone  la  teoria  del  Mackenzie  e  quella  del  Bunsen, 
confermata,  egli  dice,  dagli  esperimenti  del  Tjndall.  Non  cita  quelle  di 
F.  Muller  e  di  E.  L.  Bauer. 

tf  Con  ottimo,  lodevolissimo  consiglio,  il  Cordenons  volle  assoggettare 
alla  prova  dell'esperimento  le  due  diverse  teorie.  Fece  costruire  un  tubo  si- 
mile a  quello,  del  quale  si  serviva  nei  suoi  esperimenti  il  Tjndall  (ma  non 
quello  di  F.  Muller):  provò  e  riprovò  in  tutti  i  modi,  ma  i  getti  che  ne 
ottenne  «  presentavano,  egli  dice,  caratteri  ben  differenti  da  quelli  che  con- 
traddistinguono le  eruzioni  geiserìane  «. 


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—  687  — 

«  Nelle  prove  (inyece)  fatte  colla  caldsya  chiusa,  cui  applicai  (egli  dice) 
un  canale  emissario,  foggiato  secondo  Videa  del  Mackenzie,  la  durata  dell'eru- 
zione era  proporzionatamente  molto  più  grande  ;  l'acqua  del  tubo  veniva  più 
volte  rimbalzata,  e  quindi  il  getto  riproduceva  esattamente  quelle  oscillazioni, 
che  sono  proprie  del  getto  di  tutti  i  geiser  e  massime  dei  grandi  « .  Così  di 
altri  singolarissimi  fenomeni  ottenne  la  riproduzione.  Ed  a  spiegare  quelli 
delle  così  dette  pseudo-eruzioni  del  Grande  d' Islanda  e  del  Gigante  d'Ame- 
rica, suppone,  in  luogo  di,  un  semplice  bacino,  in  cui  si  accolgano  i  vapori, 
una  lunga  caverna,  suddivisa  dalle  irregolarità  della  volta  in  più  bacini,  co- 
municanti 0  no  a  seconda  del  livello  dell'acqua.  Altre  analoghe  supposizioni 
spiegherebbero  i  getti  intermittenti  o  continui  di  soli  vapori. 

«  L'argomento  merita  ulteriori  studi,  essendo  gli  autori  tuttora  divisi  di 
parere  tra  la  teoria  del  Bunsen  e  quella  del  Lang.  È  indubitato  per  altro 
che  le  opinioni  devono  essere  rischiarate  dalla  conoscenza  geologica  del  ter- 
reno dove  questi  fenomeni  si  presentano. 

«  Sostenendo  coi  ragionamenti  e  colle  esperienze  la  spiegazione  antica 
del  Mackenzie,  ed  estendendola  (benché  dica  di  apprezzare  la  grande  diffe- 
renza) alle  eruzioni  vulcaniche,  il  Cordenons  ha  «  il  presentimento  che  la 
scienza  ufficiale,  togata  ed  irregimentata....  farà  passare  il  suo  scritto  inos- 
servato « .  Senza  seguirlo  nell'applicazione,  che  egli  fa  della  lotta  per  l'esi- 
stenza ai  prodotti  della  umana  intelligenza,  non  si  può  a  meno  di  proclamarlo 
felice  perchè  convinto  che  le  sue  idee  avranno  pieno  trionfo  quando,  nell'av- 
venire, saranno  dissepolte  da  qualche  uomo  illustre  di  oltre  alpe,  che  le  pro- 
clamerà come  proprie.  In  fatto  però  egli  non  fa  che  modificare  leggermente 
delle  idee  esposte  da  altri. 

«  La  commissione  non  vede  il  merito  di  molta  semplicità  e  nemmeno 
di  originalità  nelle  ipotesi  del  sig.  Cordenons  ;  né  ritiene  che  di  tali  disqui- 
sizioni si  avvantaggino  di  molto  la  geologia  e  la  fisica  terrestre. 

«  Marchese  Antonio  De-Gr^orio.  —  28  lavori  diversi,  i  più  di  paleon- 
tologia. 

tf  n  sig.  marchese  De-Gregorio  Antonio  presenta  complessivamente  al 
concorso  28  lavori  stampati  ed  aggiunge  come  documenti  illustrativi^  ma  fuori 
di  concorso  perchè  scritti  in  francese,  i  cinque  fascicoli  finora  usciti  dagli 
Annales  de  geologie  et  paleontologie^  da  lui  medesimo  fondati.  Allo  stesso 
oggetto  è  prodotto  l'opuscolo,  che  porta  per  titolo:  Moderne  nomenclature 
des  coquilles,  accompagnato  da  nota  manoscritta,  dalla  quale  si  apprende  che 
l'autore  ha  speso  oltre  cento  mila  lire  nell'acquisto  di  collezioni  e  di  libri,  ed 
ha  destinato  la  dote  annuale  di  lire  cinque  mila  all'aumento  progressivo  del 
suo  gabinetto  geologico.  Il  detto  opuscolo  va  annesso  al  volume  intitolato  : 
Fauna  di  s.  Giovanni  Ilarione  (1880).  Vi  sono  pure  addotte  le  ragioni,  che 
obbligarono  l'autore  a  ritardare  e  potremmo  ormai  dire  a  sospendere  le  pub- 
blicazioni di  questa  prima  parte.  Il  che  deve  molto  deplorarsi;  poiché,  Come 


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—  638  — 

giustamente  e  con  lealtà  lo  stesso  sig.  marchese  dichiara,  è  appunto  il  campo 
dei  molluschi  terziari  che  gli  è  più  famigliare.  Invece,  sedotto  dalla  attrat- 
tiva scentifica,  ToUe  dedicare  i  suoi  studi  e  i  suoi  mezzi  alla  illustrazione 
di  faune  secondarie;  in  un  campo,  cioè,  che  a  sua  confessione  gli  era  meno 
famigliare,  con  successo  quindi  assai  meno  felice.  Che  se  avesse  continuato, 
come  prometteva,  lo  studio  di  quella  sola  importantissima  fauna  terziaria  del 
vicentino,  che  ancora  non  era  stata  descritta  da  geologi  italiani  o  stranieri, 
egli  avrebbe  arrecato  alle  scienze  una  contribuzione  ben  più  utile  e  desiderata. 

«  Si  riferiscono  a  faune  secondarie  i  seguenti  lavori  :  Coralli  titonici 
della  Sicilia,  p.  11, 1882. —  Coralli  giuresi  della  Sicilia,  parti  due,  p.  12, 12, 
1882-83.  —  Nuovi  decapodi  titonici,  una  pagina,  1884.  —  Fossili  titoniani 
del  biancone  di  Rovere  di  VelOj  6  pagine,  1883.  —  Fossili  dei  dintorni 
di  Pachino  1882,  22  pagine  e  6  tavole.  —  Iconografia  delle  faune  dell'oriz- 
zonte alpiniano  in  4«^,  pag.  13,  e  30  tavole,  1886. —  Fossili  del  Giura4ias 
di  Segan  e  Valpore,  25  pag.  e  2  tavole.  —  Fossili  di  M.  Erice,  in  Sicilia, 
p.  12  e  2  tavole. 

tt  Si  riferiscono  a  faune  terziarie,  oltre  raccennato  princìpio  di  mono- 
grafia, uuo  scritto  sui  fossili  delle  argille  scagliose,  22  pag.  e  5  tavole  1882. — 
Sette  brevissimi  lavori  sopra  specie  e  generi  terziari,  ed  un  volume  di  430  pagine 
e  7  tavole  su  talune  specie  viventi  e  fossili  mediterranee. 

a  Tratta  di  fauna  di  mammiferi  quaternari  un*  ultima  pubblicazione  : 
Intorno  ai  depositi  dei  roditori  e  carnivori  sulla  vetta  del  monte  Pelle- 
grino, in  8°  grande  di  39  pagine,  con  4  tavole. 

«  Non  ci  dilungheremo  nell'esame  particolareggiato  dì  ciascuno  dei  suespo- 
sti lavori.  Per  dire  soltanto  dei  principali,  e  precisamente  dei  risultati  che 
con  essi  si  proponeva  dì  raggiungere  T egregio  autore,  possiamo  asserire  che 
a  proposito  delle  monografie  di  fossili  mesozoici  la  proposta  di  un  nuovo 
piano  e  di  sue  suddivisioni  non  incontrò  in  generale  l'approvazione  dei  geo- 
logi; e  che  le  descrizioni,  le  definizioni  e  le  nomenclature  delle  specie  non 
sembrarono  a  competenti  giudici  esenti  di  molte  contestazioni.  Alcune  forme 
descritte  come  nuove  erano  state  pubblicate  da  altri  con  materiale  prove- 
niente dalle  medesime  località;  in  generale  la  diagnosi  non  è  proporzionata 
all'abbondanza  delle  illustrazioni,  in  particolare  per  l'Iconografia  del  piano 
alpiniano.  Rimangono  bensì  le  molte  e  belle  tavole,  corredo  utilissimo  di 
studio,  del  quale  tutti  i  paleontologi  devono  essere  riconoscenti  alla  splendi- 
dezza dell'Autore  e  dell'Editore.  Più  completi  sono  i  lavori  sui  fossili  di 
Pachino  e  delle  Argille  scagliose;  ma  anche  in  questi  la  parte  descrittiva 
e  le  notizie  stratigrafiche  riescono  confuse  e  non  contemplano  l'importanza 
stratigrafica,   che  potrebbero  assumere  i  giacimenti  descritti. 

•  «  Nel  lavoro  sui  mammiferi  di  M.  Pellegrino,  le  considerazioni  generali, 
che  portano  l'autore  a  proporre  il  nuovo  nome  di  Frigidiano  pel  quaternario, 
secondo  un  concetto  che  taluni  autorevoli  geologi  potrebbero  ritenere  eiToneo, 


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sono  meno  in  accordo  coir  entità  dello  studio.  La  proposizione  di  un  genere 
nuovo  {Pellegrinia)  è  sostenuta  dairautorità  del  sig.  Porsith  Major,  al  quale 
l'autore  sottopose  il  suo  scritto  e  rende  largo  tributo  di  riconoscenza  ;  come 
fa,  ogni  qualvolta  gliene  si  offra  Toccasione,  verso  tutti  coloro  che  coir  opera 
e  coi  consigli  hanno  favorito  i  suoi  studi. 

«  La  attività  straordinaria  e  la  munificenza  del  nobile  Signore  sono  su- 
periori ad  ogni  elogio.  Quando  però  la  commissione  si  è  domandato  se  è  con- 
forme ai  bisogni  della  scienza  Y  indirizzo  di  raccolta,  di  determinazioni  spe- 
cifiche e  dì  pubblicazione,  sul  quale  egli  si  è  posto  da  parecchi  anni  ;  se  da 
tante  pubblicazioni  è  poi  venuto  alla  geologia  ed  alla  paleontologia  quel  van- 
taggio, che  si  riprometteva  e  coi  mezzi  materiali  impiegati  ben  poteva  rag- 
giungere r  Autore ,  con  molto  dispiacere  essa  conviene  in  una  risposta 
negativa.  Qui  non  si  tratta  di  una  illustrazione  metodica  di  faune  spente, 
zoologicamente  affini  o  per  vicini  rapporti  stratigrafici  Tuna  all'altra  coeve  o 
susseguenti.  Di  tali  lavori  monografici  può  essere  intessuta,  con  risultati 
utilissimi,  la  vita  intera  di  un  paleontologo.  Piuttosto  sono  descrizioni  sal- 
tuarie di  raccolte,  la  maggior  parte  acquistate,  in  generale  senza  la  guida 
di  un  concetto  stratigrafico,  senza  ragione  di  opportunità  per  venire  in 
ajuto  a  studi  contemporanei,  senza  quell'autorità  che  per  generale  consenso 
deve  essere  guadagnata  da  chi  moltiplica  a  centinaja  le  denominazioni  di 
specie  nuove.  In  questo  indirizzo,  ogni  incoraggiamento  sarebbe  contrario  a 
giustìzia  ed  allo  stesso  interesse  dell'autore,  il  quale,  se  con  più  pacato  or- 
dine e  con  sufficienti  rafirontì  terminerà  uno  soltanto  dei  lavori  iniziati,  in 
particolare  quello  della  fauna  eocenica  vicentina,  provvederà  nel  miglior  modo 
alla  sua  fama  scentifica. 

«  Carlo  De  Stefani,  Descrizione  geologica  dell'Appennino  settentrionale. 

«  L'introduzione  non  persuade  completamente  della  opportunità  dell'am- 
plissimo lavoro,  il  quale  potrebbe  dirsi  una  rivista  della  geologia  di  una  metà 
della. nostra  penisola.  Appunto  perchè  l'Appennino  settentrionale,  come  afferma 
l'autore,  è  una  regione  «  né  troppo  male  né  troppo  bene  conosciuta  »  più*  di 
una  sintesi  prematura  sarebbe  stata  opportuna  una  serie  di  studi  monogra- 
fici, per  località  o  meglio  per  formazioni^  sugli  argomenti  più  bisognosi  di 
ulteriori  indagini. 

«  Invero  non  manca  l'autore  nel  suo  scritto  di  oltre  1800  pagine  di  esten- 
dersi sopra  alcune  regioni  a  lui  meglio  note,  la  maggior  parte  però  descritte 
in  precedenti  suoi  lavori;  ma  per  quegli  argomenti  appunto  pei  quali  egli 
eleva  i  più  gravi  dubbi  sulle  osservazioni  precedenti,  è  d'uopo  convenire  che 
l'esame  dei  fatti  e  la  loro  illustrazione  grafica  sono  bene  spesso  insufficienti. 
Epperò,  quanto  al  concetto  generale  dell'opera,  se  è  anmiirabile  un  tentativo 
ardimentoso,  nello  stato  presente  delle  cognizioni,  tenuto  calcolo  anche  delle 
nuove  fomite  dall'autore,  alla  sintesi  che  questi  si  propose  mancavano  i  neces- 
sari elementi,  per  quanto  grande  sia  la  competenza  sua,  in  particolare  nello 


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—  640  — 

studio  delle  &une  terziarie*  Le  due  più  importanti  questioni:  dei  limiti  tra 
i  terreni  cretacei  e  gli  eocenici  e  delle  reali -equivalenze  dei  terreni,  ascritti 
ai  vari  piani  del  miocene,  non  s<mo  risolute  ;  anzi  la  seconda  ai  è  fatta  piii 
oscura  per  la  proposta  di  isocronismi,  che  si  litengono  meno  accettabili 

«  I  limiti  e  le  suddivisioni  topografiche  delle  regioni  descritte  non  sono 
sempre  felici;  queste  soverchie,  obbligando  l'autore  a  numerose  ripetizioni. 
Le  considerazioni,  ad  esempio,  per  le  quali  si  fissa  il  confine  nord-ovest  al 
Colle  dell'Altare  piuttosto  che  alla  Bocchetta,  avrebbero  potuto  persuaderlo 
a  mantenere  anche  la  distinzione  della  catena  metallifera,  dall' Appennino  ; 
distinzione  da  lui  stesso  altra  volta  seguita  (Geologia  del  Monte  Pisano, 
p.  96)  ;  non  essendo  punto  contrario,  come  egli  pensa,  alla  naturalezza  delle 
cose  il  distinguere  le  catene,  quando  lo  si  possa  come  in  questo  caso,  secondo 
la  varietà  delle  rocce  che  le  compongono.  Il  confine  meridionale,  piuttosto 
che  estendersi  verso  il  Tirreno  sino  al  Tevere,  avrebbe  forse  'dovuto  fissarsi 
airOmbrone,  anche  per  omettere  la  regione  vulcanica,  per  trattare  della  quale 
l'autore  disponeva  di  troppo  scarsi  elementi. 

«  Esaminiamo  partitamente  i  sette  capi,  nei  quali  l'opera  è  divisa. 

«  Parte  I.  Dal  Colle  dell'Altare  alle  valli  della  Polcevera  e  della 
Serivia  (pagine  162).  Una  particolareggiata  descrizione  della  tectonica  nelle 
adiacenze  di  Savona  conduce  l'autore  ad  ammettere  quivi  una  anticlinale 
rovesciata  a  nord  ;  tale  quindi  che  le  rocce  più  antiche  si  presentino  nella  parte 
mediana,  e  tra  queste  menziona  dei  gneiss  e  delle  rocce  amfiboliche,  le  quali 
non  sono  di  certo  somiglianti  ai  terreni  cristallini  che  affiorano  sotto  al  paleo- 
zoico nelle  Alpi  Marittime  o  nel  gruppo  dell'Estérel.  Ora,  la  semplicità  di 
questa  curva  anticlinale  a  chi  conosce  quella  regione  non  pare  evidente; 
infatti,  né  la  inclinazione  è  sempre  a  sud,  variando  in  più  sensi  in  partico- 
lare presso  Stella,  al  S.  Giorgio  ed  a  Montenotte,  né  la  serie  si  ripete  lungo 
il  Sansobbia  ed  il  Letimbro  in  modo  regolare,  come  dovrebbe  accadere  se- 
condo il  concetto  dell'autore.  Quanto  poi  alla  spettanza  della  così  detta  Appetì- 
ninite  (o  Besimaudite)  al  permo-carbonifero,  del  che  l'autore  non  conviene,  la 
stratigrafia  delle  Alpi  Piemontesi  non  meno  che  delle  Orobiche  torna  a  piena 
conferma  delle  idee  del  signor  Zaccagna,  dall'autore  impugnate.  Ed  a  propo- 
sito delle  rocce  magnesifere,  delle  quali  si  espone  una  serie  per  qualche  ri- 
guardo meno  esatta,  in  appoggio  della  nota  idea  della  loro  origine  per  alte- 
razione di  colate  di  rocce  peridotiche,  Tautore  non  cita  alcun  nuovo  argomento 
come  non  espone  .sufficienti  ragioni  per  dimostrare  del  tutto  erronea  la  deter- 
minazione ad  esse  assegnata,  alla  base  del  Trias,  dagli  autori  della  pregevole 
Carta  geologica  della  Liguria,  pubblicata  bensì  dopo  la  presentazione  del  lavoro 
ma  pronunciata  da  ampie  e  ripetute  pubblicazioni.  L'autore  non  ha  punto 
dimostrato  che  quelle  rocce  magnesiane  non  possano  essere,  se  non  sono  triaaiche, 
almeno  in  parte  gli  equivalenti  dei  più  recenti  terreni  paLeozoici,  come  risulta, 
almeno  nello  stato  attuale  delle  cognizioni,  per  le  Alpi  Betidie  e  Penni^fi* 


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—  641  — 

«  Sarebbe  importante,  quando  fosse  assicurata,  la  presenza  dell*albite  nel 
calcare  dolomitico  triasico  ;  le  analisi  offerte  non  la  confermano.  A  proposito 
di  questo  terreno,  spetta  al  signor  De  Stefani  il  primo  rinvenimento  di  fos- 
sili, daprima  noti  soltanto  nel  rersante  opposto  deUa  catena,  presso  MondoYÌ. 

«  La  critica,  che  Tautore  trattando  dei  terreni  terziari  della  r^one  muove 
ad  alcune  suddivisioni  del  signor  Mejer,  in  generale  è  molto  acuta  e  soste- 
nuta da  buoni  argomenti.  Tuttavìa  Tautore  non  prova  che  tra  il  Boimidiano 
ed  il  Tortoniano  manchi  realmente  un  terreno  distinto,  che  non  si  può  rite- 
nere una  facies  di  quest*ultimo  e  che  passa  tra  i  geologi  sotto  i  nomi  di 
Elveziano  o  Langhianò.  Poco  si  poteva  dire  dei  terreni  quaternari  ;  ma  Targo- 
mento  delle  recenti  oscillazioni  e  dei  terrazzi  litoranei  della  Liguria,  assai 
complesso  per  Vindole  opposta  delle  cause  che  vanno  considerate,  doveva  es- 
sere trattato  con  maggiore  ampiezza. 

«  Parte  II.  Dalle  valli  della  Poleevera  e  della  Scrivia  alle  valli  della 
Vara  e  del  Taro.  La  poco  felice  divisione  regionale  addottata  obbliga  Tautore 
a  trattare  in  questo  capo  dei  dintorni  della  Spezia,  dei  quali  la  struttura  geo- 
logica così  strettamente  si  annette  air  argomento  del  capo  seguente.  Poco  si 
aggiunge  a  quanto  è  già  noto,  ma  le  condizioni  tectonicbe  sono  studiate  con 
sufficiente  dettaglio,  ed  ancora  più  evidente  ne  sarebbe  la  esposizione  se  aiu- 
tata da  profili  e  da  carte  più  complete.  Dei  due  dubbi  avvanzati:  che  i  bac- 
trilli  sieno  pteropodi  piuttosto  che  diatomee,  e  che  le  Posidonomya  sino  ad 
ora  ritenute  liasìche  sieno  di  specie  giurassiche  recenti,  né  Tuno  né  l'altro 
è  risolto  ;  e  che  lo  fosse  in  particolare  il  secondo,  importava  moltissimo  anche 
per  la  interpretazione  della  stratigrafia  d^li  altri  afBoramenti  mesozoici  della 
Toscana. 

«  Se  l'autore  avesse  esaurito  lo  studio  stratigrafico  della  ancora  poco 
nota  regione  cretaceo-eocenica  della  L^ria  orientale  e  dei  monti  del  Pavese 
e  del  Piacentino,  avrebbe  reso  certamente  un  utilissimo  servizio  alla  geologia 
italiana.  Ma  alcune  sue  affermazioni  sono  decisamente  inesatte,  come  quando 
egli  anmiette  la  superiorità  delle  arenarie  quarzose  di  Bobbio  rispetto  alle 
brecciole  nunamulitiche  e  quando  descrive  la  stratigrafia  delle  due  valli  della 
Trebbia  a  valle  di  Bobbio  e  della  Nure  intorno  a  Bettola.  Altre  sono  assai 
discutibili,  come  la  posizione  costante  degli  strati  ad  Helmintoidea  sotto  la 
zona  ofiolitica  eocenica,  la  quale  trova  invece  almeno  un'eccezione  appunto 
nella  valle  delle  Nure  presso  a  Farini  d'Olmo.  Altre  male  si  associano,  come 
il  parallelismo  delle  lavagne  coi  gallestri  e  la  inferiorità  di  quelle  alla  zona 
delle  serpentine.  Eppure  quel  concetto  felicissimo  dei  rapporti  tra  le  stra- 
tigrafie della  Lunigiana  e  delle  montagne  di  Bobbio  e  di  Bettola,  il  quale, 
quando  fosse  del  tutto  dimostrato,  porterebbe  tanta  luce  nella  geologia  appen- 
ninica e  che  è  originale  del  signor  De  Stefani,  ben  meritava  più  minuziose 
indi^ini  e  che  fossero  definite  le  modificazioni  da  esso  apportate  alle  risul- 
tanze di  studi  aoterìoii. 


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—  642  — 

«  Parimenti  nella  tanto  dibattuta  questione  della  orìgine  della  zona  ser- 
pentinosa  eocenica  Tautore  non  porta  alcun  fatto  nuovo,  non  presenta  alcun 
argomento  di  fatto  che  appoggi  la  sua  convinzione  della  originaria  eruttività 
di  quelle  serpentine,  eufotidi  e  diabasi;  nò  esamina. abbastanza,  anzi  quasi 
nenmieno  ricorda  quel  mirabile  sviluppo  di  rocce  granitiche  e  quarzitìche, 
regolarmente  stratificate,  estese  per  chilometri  a  ponente  del  M.  Bs^ola.  Ed  an- 
cora, nella  importantissima  affermazione  di  un  orizzonte  pliostocenico  marino 
a  Cyprina  Islandica  nel  subappennino  di  Piacenza,  perchè  non  sono  stu- 
diati i  rapporti  di  questto  ultimo  sedimento  colle  conoidi  alluvionali,  ampia- 
mente estese,  profondamente  terrazzate,  sfumantisi  coi  teilreni  pliocenici,  affatto 
distinte  dalle  più  antiche  alluvioni  del  piano  sulla  destra  del  Po?  Più  avanti, 
a  pag.  381,  Tautore  affermando  che  le  spiagge  della  Liguria  orientale  offrono 
un  esempio  di  una  regione,  che  lentamente  si  ritira  nelVatto  stesso  che  è 
soggetta  ad  un  piccolissimo  e  reale  sollevamento,  confonde  cronologicamente 
due  fenomeni  con  tutta  probabilità  conseguenti,  senza  arricchire  di  molto 
il  numero  ancora  scarso  di  fatti  accertati. 

««  Pai-te  IH.  Alpi  Apuane  e  M.  Pisano  (p.  247).  Onora  grandemente 
Tautore  il  vedere  apprezzate  le  osservazioni  ed  accettate  le  deduzioni  degli 
altri  geologi,  contro  le  quali  per  tanti  anni  egli  aveva  guerreggiato  ;  le  ulte- 
riori notizie  paleontologiche  che  egli  espone  sopra  alcune  specie  liasiche  de- 
scritte e  figurate  sono  altro  prezioso  tributo  alla  geologia  di  quella  così  sel- 
vaggia Svizzera  tirrena;  ma  il  riferimento  al  trias  superiore  di  alcune  rocca 
che  dalla  maggioranza  dei  geologi,  in  particolare  al  monte  Pisano,  sono  rite- 
nute più  antiche,  rende  dubbioso  il  lettore  nell'accettare  integralmente  le  inter- 
pretazioni proposte  della  complicata  tectonica  di  quei  siti. 

«  I  capitoli  dove  si  parla  delle  rocce  ofiolitiche  della  valle  del  Serchio 
e  dei  depositi  lignitiferi  pliocenici  della  Garfagnana,  sono  ricchi  di  notizie  ori- 
ginali, condotti  col  miglior  metodo,  sommamente  istruttivi.  Il  riassunto,  con 
buone  aggiunte  di  fatti  nuovi,  di  quanto  concerne  terreni  e  fenomeni  quater- 
nari, in  specie  i  morenici,  è  del  pari  assai  commendevole. 

«  Parte  IV.  Dalle  valli  della  Vara  e  del  Taro  al  Santemo,  alla  Pieve, 
all'Amo  (p.  415).  Se  da  un  lato  le  notizie  paleontologiche  e  stratigrafiche 
sulle  montagne  del  Sasso-Bosso,  Alpe  di  Corfino,  e  del  Cerreto,  e  Tesame 
della  tectonica  prima  anzi  poco  nota  dell'alto  Appennino  Toscano,  argomenti 
della  prima  parte  di  questo  molto  importante  capitolo  dell'opera  esaminata, 
rappresentano  utilissimo  materiale  per  la  geologia  italiana,  la  unificazione 
che  Tautore,  sull'orme  del  Manzoni,  insiste  nel  proporre  di  tutto  quanto  egli 
considera  come  facies  diverse  del  Tortoniano,  sino  a  comprendere  in  questo 
terreno  la  Pietra  di  Bimantova  (p.  222)  e  la  fauna  echinologica  di  Montese  e 
di  Cinghi,  distinta  per  così  evidente  carattere  di  antichità  tra  le  analoghe 
terziarie,  non  troverebbe  di  certo,  almeno  nello  stato  attuale  delle  nozioni 
dettagliate  stratigrafiche,  molto  favore  tra  i  geologi  ;  per  quanto  essi  consentano 


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—  648  — 

coir  egregio  collega  nel  desiderio  di  abbandonare  le  denominazioni  locali, 
oppure  le  importate,  spesso  fraintese.  La  stessa  unificazione  nell'unico  piano 
astiano,  mantenuta  dall'autore  pel  Pliocene,  pare  un  ardimento  soverchio  ;  nò 
egli  scelse  il  miglior  mezzo  per  persuaderne  riportando  interi  cataloghi  di 
centinaja  di  specie  di  località  diverse,  mentre  sarebbe  stato  così  autorevole 
la  scelta,  che,  colla  competenza  in  lui  riconosciuta,  egli  avesse  fatta  degli 
elementi  di  ciascuna  fauna,  a  suo  modo  di  vedere  distinti  pel  solo  fatto  delle 
diverse  condizioni  batimetriche. 

«  Importanti,  sebbene  già  dall'autore  pubblicate,  le  notizie  sui  fenomeni 
quaternari  e  sui  laghi  di  questa  porzione  dell'Appennino. 

«  Parte  V.  Balle  valli  della  Pieve  e  del  Santerno  a  quelle  del  Foglia 
e  del  Chiascio,  del  Tevere,  della  Chiana  e  del  Chianti  (p.  187).  In  rap- 
porto colla  importanza  della  regione,  questo  capo  è  poco  diffuso;  l'esame 
delle  importanti  discrepanze  nelle  opinioni  che  corrono  tuttora  sulla  tectonica 
delle  adiacenze  di  Firenze  è  in  particolare  difettoso;  l'appunto  fatto  prece- 
dentemente può  ripetersi  per  la  determinazione  cronologica  dei  terreni  mio- 
cenici di  S.  Marino,  del  M.  Fumajolo  e  della  Vemia;  pei  terreni  gessiferi 
presso  Sogliano  sonovi  affermazioni  inesatte.  Invece  quanto  risguarda  le  vicende 
delle  conche,  già  lacustri,  dell'alta  e  bassa  valle  d'Amo,  della  Chiana,  del- 
l'alto bacino  del  Tevere,  ò  presentato  con  tratti  ma^trali  ed  i  confini  tra  il 
terziario  e  il  quaternario  sono  chiaramente  segnati,  meglio  che  in  alcun  altro 
lavoro  pubblicato  in  proposito. 

«  Parte  VI.  Dall'Arno  alla  Fiora  (p.  325).  In  questo  capo,  che  cer- 
tamente l'autore  non  ha  potuto  rivedere,  riesce  molto  confuso  quanto  riguarda 
i  depositi  detti  siluriani  di  Bovi,  il  carbonifero  di  Jano,  ed  i  terreni  del 
Trias  ;  è  meno  profondamente  discussa  la  porzione  delle  rocce  scistose  ed  ofio- 
litìche  del  capo  Argentare,  per  le  quali  ò  assai  vaga  l'affermazione:  «  che 
non  si  può  escludere  che  una  parte  almeno  di  esse  spetti  ad  un'età  più  an- 
tica del  trias  superiore  i>  ;  si  omette  a  torto  l' importante  argomento  delle 
rocce  feldispatiche,  citandosi  soltanto  per  incidenza  il  granito  di  Gavorrano 
senza  accennare  ai  rapporti  tra  le  trachiti  ed  i  graniti;  se  si  eccettuano  le 
poche  notizie  sui  fossili  dei  calcari  lìasici  del  Campigliese,  la  stessa  defi- 
cenza  di  sicure  determinazioni  avrebbe  dovuto  imporre  un  maggior  riserbo 
sulla  ripartizione  delle  rocce  nei  piani  mesozoici  superiori  al  lias.  Assai  mi- 
gliore è  la  descrizione  dei  terreni  terziari,  in  particolare  dei  pliocenici.  Ai 
venti  capitoli  di  questa  parte  sesta  uno  ne  va  aggiunto,  sul  piano  Pontico, 
che  fu  spedito  troppo  tardi  per  essere  compreso  nel  concorso,  ma  che  sarebbe 
ingiustizia  non  prendere  in  considerazione,  perchè  amplia  notevolmente  le 
cognizioni  su  questo  terreno,  pur  accettsmdosi  quasi  integralmente  le  conclu- 
sioni di  altro  recente  lavoro  del  prof.  Pantanelli. 

«  Parte  VII.  /  monti  della  Tolfa.  Anche  in  questo  capo  abbiamo  il 
contrasto  di  alcuni  argomenti  assai    ampiamente  trattati,   portandosi  anche 

BsNDiooNTi.  X888,  VoL.  IV,  1«  Sem.  88 


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—  644  — 

utilissimo  incremento  ai  fatti  noti,  come  a  proposito  del  terreno  pontico  sotto 
alle  trachiti,  colla  scarsità  delle  notizie  e  delle  considerazioni  a  proposito  di 
altri  fenomeni,  che  pur  formano  la  caratteristica  geologica  della  regione  ;  ad 
esempio,  sulla  composizione  delle  trachiti,  sulle  alterazioni  che  hanno  subito, 
e  sui  rapporti  coUe  trachiti  di  M.  Amiata  e  degli  altri  vulcani  tirreni.  In- 
dubbio è  il  merito  delle  nuove  osservazioni  sui  terreni  pliocenici  e  quater- 
nari, litoranei  o  palustri  o  lacustri  nelle  valli  o  presso  la  spiala  tirrena; 
ma  sulla  spettanza  al  quaternario  dei  più  recenti  terreni  marini  di  M.  Mario, 
della  Farnesina,  Acquacetosa,  Torrimpietra  non  rimangono  al  lettore  minori 
dubbi  che  per  l'accennata  determinazione  delle  sabbie  gialle  dell' Emilia.  In 
complesso,  le  conclusioni  quanto  ai  limiti  cronologici  dei  vari  cicli  eruttivi  dei 
vulcani  tirreni  sono  dubbie,  ed  esposte  come  tali  (p.  89);  alle  cose  dette  dal 
Ponzi,  dal  Veni,  dal  Tittoni  e  molti  altri,  assai  poco  si  aggiunge  ;  la  espo- 
sizione storica  della  complessa  quistione  dei  tufi  è  bensì  fatta  con  molta 
equanimità,  ma  anche  pei  colleghi  non  del  tutto  famigliari  all'argomento  non 
contiene  considerazioni  né  decisioni  di  tale  importanza  da  giustificare  l'amplia- 
mento, che  il  signor  De  Stefani  credette  di  poter  dare  alla  regione  illustrata. 
«  Chiude  il  manoscritto  un  riassunto  non  proporzionato  all'ampiezza  ed 
alla  suddivisione  dell'opera.  Evident'Omente  all'autore  mancò  il  tempo  di  racco- 
gliere le  fila  e  di  additare  egli  stesso  quali  fossero  i  principali  risultati,  otte- 
nuti, quali  le  idee  dimostrate,  quali  i  dubbi  ed  i  desideri  di  ulteriori  ricerche  ; 
dobbiamo  pur  convenirne,  non  era  all'opera  impari  il  suo  ingegno,  ma  perciò 
appunto  riteniamo  che  l'autore  stesso  non  consideri  raggiunto  il  compito  che 
si  è  prescritto.  Che  la  presentazione  del  lavoro  sia  stata  afErettata,  lo  dimostra 
altresì  lo  stato  disordinato  e  frammentario  della  parte  illustrativa,  della  quale 
faremo  breve  cenno.  Essa  è  composta  dei  seguenti  elementi  : 

a)  Trenta  fotografie  in  grande  formato  di  paesaggi  assai  bene  scelti. 
Sebbene  non  valgano  più  di  schizzi  abilmente  segnati,  queste  fotografie,  ri- 
prodotte in. fototipia,  formerebbero  un  bell'ornamento  di  una  pubblicazione  son- 
tuosa, in  grande  formato,  che  sarebbe  conveniente  per  un  lavoro  sopra  una  re- 
gione meno  nota  di  quanto  lo  sia  ai  geologi  italiani  e  stranieri  l'Appennino 
settentrionale. 

b)  Sette  tavole  di  profili,  in  scala  assai  piccola,  disegnati  e  disposti 
meno  lodevolmente. 

e)  Tre  fogli  della  carta  geografica  in  scala  di  1 :  600,000  per  indi- 
care i  piani  dei  suddetti  profili. 

d)  Tre  fogli  della  Carta  geometrica  della  Toscana,  nella  scala  di 
1 :  200,000,  colorita  qua  e  colà  in  modo  assai  incompleto. 

e  Due  fogli  della  carta  a  scala  di  1 :  250,000  per  l'Appennino  setten- 
trionale, coloriti  soltanto  per  la  Liguria  occidentale  sino  a  Savona  e  nei  din- 
tomi  della  Spezia.  Altrove,  sono  bensì  segnati  alcuni  contomi  in  matita  rossa, 
ma  mancano  le  lettere  ed  i  numeri  dei  terreni. 


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/)  Una  carta  geologica  delle  Alpi  Apuane  alla  scala  di  1 :  25,000 
Attendendosi  imminente  la  stampa  del  rilievo  fatto  nella  regione  medesima 
dagli  ingegneri  del  B.  Comitato,  la  pnbblicazione  dispendiosa  di  questo  grande 
figlio  sarebbe  meno  opportuna. 

g)  Una  serie  di  spaccati  nella  scala  della  carta  precedente,  e  come 
questa  imperfettamente  dichiarati  dal  testo. 

h)  Una  tavoletta  della  carta  topografica  nella  scala  di  1 :  50,000, 
dei  dintorni  di  Celle  e  di  Sassello,  presso  Savona;  è  sicuramente  errata  in 
più  siti;  anche  la  pubblicazione  di  questa  è  meno  opportuna  dopo  la  stampa 
della  Carta  geologica  della  Liguria  dei  signori  Issel  e  Mazzuoli. 

i)  Una  tavoletta  nella  scala  medesima  di  Vezzano-Lerici  ;  illustra  in 
parte  i  terreni  secondari  della  regione  lunense. 

j)  Altra  tavoletta  di  una  porzione  dell'alta  valle  del  Serchio  :  è  forse 
il  disegno  più  accurato. 

l)  Una  porzione  d'altra  tavoletta,  nei  dintorni  di  Monsummano  e 
M.  Catini;  sensibilmente  diversa  dalle  tavolette  rilevate  da  altri  geologi 
sulla  stessa  area. 

«  Come  fu  presentata  l'opera  del  signor  De  Stefani,  certamente  per  molti 
pregi  commendevole,  non  raggiunge  quel  grado  di  merito  che,  secondo  la 
Commissione,  corrisponde  al  cospicuo  premio  proposto  dalla  sovrana  munifi- 
cenza. Completato  §  meglio  ordinato,  con  uno  stile  meno  prolisso,  con  una 
chiusa  proporzionata  alla  quantità  delle  notizie,  sceverato  delle  dubbiezze  e 
delle  affermazioni  piuttosto  atte  ad  intralciare  che  a  sciogliere  i  concetti  stra- 
tigrafici sull'Appennino,  questo  lavoro  può  riescire  dei  più  importanti  nella 
letteratura  geologica  del  nostro  paese. 

«  G.  Spezia.  Studi  di  geologia  chimica  sopra  una  solfara  della  Sicilia, 
«  L'autore,  in  base  ad  un  molto  accurato  esame  delle  condizioni  di  gia- 
cimento dei  diversi  minerali  nella  miniera  di  Begalmuto,  si  propone  di  for- 
nire nuovi  argomenti  per  la  importante  questione  dell'origine  dei  depositi 
solfiferi.  È  noto  come  al  solfo  si  associno  il  quarzo,  la  calcedonia,  la  calcite, 
là  celestina,  e  tra  i  minerali  che  sono  rari,  od  almeno  in  tenuissimi  cristalli, 
la  Melanoflegite,  composta  di  silice  e  di  acido  solforico,  scoperU  dal  Lasaulx 
e  studiata  anche  dallo  Spezia.  Agli  argomenti,  che  rendono  dubbia  la  cristal- 
tizzazione  di  questo  minerale,  le  nuove  osservazioni  dello  Spezia  non  appor- 
tano un  peso  decisivo  ;  sembrano  però  dimostrare  che  la  sua  formazione  sia  stata 
in  generale  posteriore  a  quella  dei  minerali  più  abbondanti. 

«  Coir  esame  di  molti  e  vari  casi  di  sopraposizione  dei  minerali  sunno- 
minati, si  dimostra  la  diversa  e  reiterata  successione  dei  fenomeni,  che  li 
hanno  prodotti  ;  si  descrivono  e  figurano  dei  cristalli  di  celestina  e  di  solfo, 
finamente  zonati  per  successive  incrostazioni.  Si  osservarono  però  abbastanza 
frequenti  delle  tonache  rimaste  vuote,  di  silice  che  rivestiva  dei  cristalli  di  ce- 
lestina. Per  indagare  questa  scomparsa  del  solfato,  e  prima,  la  sua  alterazione, 
l'autore  ha  stabilito  interessanti  esperienze,  le  quali  fanno  ritenere  molto 


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probabile  che  sia  stata  quella  un'azione  dei  liquidi  alcalini,  col  progressivo 
cangiamento  del  solfato  in  carbonato  di  stronzio;  e  quanto  all'origine  della 
celestina,  con  altre  interessanti  esperienze  dimostra  come  possa  essere  av- 
venuta per  lenta  azione  di  cloruri  di  stronzio  e  solfato  di  magnesia  ;  mentre 
dimostra  assai  meno  verosimile  Tipotesi  del  Gorgon,  il  quale  riteneva  il  mi- 
nerale formato  per  reazione  di  solfati,  disciolti  in  cloruri  fusi. 

«  L'autore  vorrebbe  provare  che  le  alterazioni,  dissoluzioni  e  successive 
nuove  formazioni  dei  minerali  nel  giacimento  studiato,  continuino  tuttogiomo; 
e  lo  sostiene  in  base  alla  composizione  delle  acque  per  esso  circolanti,  deter- 
minata collo  studio  dei  depositi,  che  alcuni  campioni  di  queste  hanno  abban- 
donato successivamente,  con  lenta  evaporazione.  Quelle  acque  contenevano 
cloruri  di  sodio,  calcio  e  magnesio,  stronzio  e  litio,  carbonati  di  calce  ed 
alcalini  e  silice.  Spiega  la  quantità  eccezionale  di  queste  col  supporre  che 
le  acque  circolanti  per  le  miniere  attraversino  rocce  silicato,  alterabili. 

«  Passate  in  molto  breve  rassegna  le  principali  ipotesi  che  ftirono  avan- 
zate per  la  spiegazione  de'  depositi  gessoso-soliìferi  e  ricordata  in  particolare 
quella  assai  complessa  del  Mottura,  accetta  i  punti  essenziali  di  questa,  ed 
ai  fatti,  che  la  appoggiano,  uno  ne  aggiunge,  il  quale  certamente  può  rite- 
nersi tra  i  più  importanti  risultati  del  suo  studio,  almeno  pel  geologo.  Colla 
dissoluzione  progressiva  del  calcare  solfifero,  riusci  il  signor  Spezia  ad  estrarne 
dei  cristallini  isolati  e  perfetti  di  celestina  e  di  quarzo,  «  certamente  forma- 
tisi all'atto  del  deposito. 

«  Tutte  queste  belle  osservazioni  e  considerazioni  sono  condensate  in  42 
pagine  di  manoscritto,  con  una  tavola  di  disegni  fotografici.  I  grandi  pr^ 
del  lavoro  fanno  considerare  quanto  mai  questo  sarebbe  riuscito  più  commen- 
devole se  ordito  con  osservazioni  in  più  miniere  di  vari  giacimenti  solfiferi; 
se  fossero  state  esaminate  con  maggiore  ampiezza  le  teorie  proposte  dai  vari 
autori,  che  trattarono  dell'argomento;  se  all'importanza  del  tema  e  delle 
stesse  osservazioni  dell'autore  avesse  insonmia  corrisposto  lo  sviluppo,  e  di- 
remmo anche  per  alcuni  riguardi,  la  forma  del  lavoro. 

«  La  Commissione  riconosce  i  molti  pregi  dei  lavori  dei  concorrenti,  in 
particolare  dei  signori  Giorgio  Spezia  e  Carlo  de  Stefani.  Questi  scritti  però 
0  per  incompleto  sviluppo  delle  loro  parti,  o  per  insufficiente  trattazione 
critica  dei  lavori  che  li  hanno  sul  medesimo  argomento  preceduti,  oppure 
perchè  difettosi  nella  illustrazione  grafica  che  li  accompagna,  dimostrano 
che  il  termine  del  concorso  li  ha  colti  quando  non  erano  del  tutto  compiuti; 
mentre  il  forte  ingegno  e  l'operosità  dei  loro  autori  inspirano  intera  fiducia 
che  questi  lavori  potranno  venire  portati  a  tale  perfezione  da  corrispondere 
sotto  ogni  riguardo  all'alto  grado  di  merito,  che  si  desidera  coronare  col 
Premio  Beale. 

«  La  Conmiissione  quindi  propone  che  si  proroghi  il  concorso  per  la 
Geologia  e  Mineralogia  sino  al  81  dicembre  1890;  ammettendosi,  se  ripre- 
sentati, i  due  lavori  riconosciuti  di  maggior  merito  « . 


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Relamne  sul  concorso  ai  premi  del  Ministero  della  Pubblica 
Istruzione  per  le  scienze  filologiche y  pel  1886-87.  —  Commis- 
sari :  Ascoli,  Comparbtti,  D'ancona,  Govi  e  Monaci  (relatore). 

K I  concorrenti  faron  sei  ;  ma  il  primo  di  essi,  il  prof.  Casorati  Pietro, 
presentò  come  unico  titolo  un  volume,  TibuUo  :  lirica  amorosa^  versione  bar- 
baro-dattilica^ il  quale  non  essendo  che  un  saggio  di  letteratura  amena,  non 
poteva,  per  la  stessa  sua  natura,  dargli  adito  a  questo  concorso. 

tt  L'esame  dunque  fu  portato  sugli  altri  cinque;  dei  quali  ecco  i  nomi 
e  i  lavori: 

«  Ceci  Luigi.  Il  pronome  personale  senza  distinzione  di  genere  nel  san- 
scrito, nel  greco  e  nel  latino  (st). 

«  M1CHKI4ANGEL1  L.  A.  Sul  disegno  dell'inferno  dantesco  (st.). 

«  Romani  Enrico.  Grammatica  della  lingua  greca  (ms.). 

*  BiEPPi  Antonio.  Lo  scudo  di  Enea  di  Virgilio  con  alcuni  riscontri 
collo  scudo  d'Achille,  d'Omero  e  con  quello  d'Ercole  di  Esiodo  (st.). 

«  Sabbadini  Remigio.  ^)  Guarino  Veronese  e  gli  archetipi  di  Celso  e 
Plauto  con  un'appendice  sull'Aurispa  (st.).  —  ^)  Guarino  Veronese  e  il  suo 
epistolario  edito  e  inedito  (st.).  —  ^)  Centotrenta  lettere  inedite  di  Fran- 
cesco Barbaro  (st). 

«  L'argomento  preso  a  trattare  dal  prof.  Michelangeli  non  è  nuovo;  pareva 
anzi  che  ormai  bastassero,  seppure  non  eran  già  troppi,  gli  studi  sulla  forma 
e  grandezza  dell'Inferno  dantesco  fatti  dal  Manetti,  dal  Benivieni,  dal  Giam- 
bullari,  dal  V ellutello,  dal  Galilei  e  da  altri.  Invero,  che  .cosa  si  poteva  cer- 
care 0  sperare  di  più  in  simile  opera? 

«  L7nfemo  era  tutto  nel  pensiero  0  meglio  nel  sentimento  del  Poeta; 
e  però,  che  la  sua  compage  rispondesse  più  0  meno  alle  regole  della  statica 
poco  0  punto  importava  al  grande  artefice,  e  meno  ancora  importa  a  noi  che 
neppure  possiamo  riconoscervi  quel  tanto  di  realtà  esteriore  onde  ancora  lo 
materiavano  i  credenti  del  sec.  XIV. 

a  II  prof.  Michelangeli  stimò  invece  utile  il  ricominciare  il  lavoro,  e  ne 
empiva  61  pagine  di  una  elegante  edizione  in  4°  corredata  di  due  tavole  lito- 
grafiche. L'autore  deve  essere  stato  mosso  a  intraprendere  questa  disserta- 
zione dal  convincimento  che  poco  0  nulla  ne  avessero  inteso  i  suoi  predeces- 
sori. Questo  convincimento  si  manifesta  nel  libro  a  ogni  tratto,  e  dalla  seve- 
rità che  l'autore  usa  verso  gli  altri,  nonché  dalla  sicurezza  che  mostra  verso 
sé  stesso,  era  da  aspettare  qualcosa  veramente  di  nuovo  e  di  rilevante  sul- 
l'argomento. Ecco  invece  in  quali  termini  compendia  esso  il  suo  concetto: 
«  Chi  m'ha  seguito  con  attenzione  fin  qui,  sarà  convinto,  credo,  che  tutto  l'edi- 
ficio infernale  del  nostro  poeta  risponde  alle  leggi  di  gravitazione;  che  alla 


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stessa  logge  risponde  anche  il  mio  disegno;  che  fra  questo  e  le  parole  del 

poeta  y'è  concordanza  perfetta «;  dimeQticando  intanto  che  poche  pagine 

prima  (p.  14)  egli  medesimo  aveva  scritto  :  «  Ma  si  tenga  sempre  ben  fisso 
nella  mente,  che  T  architettura  dell'inferno  dantesco  non  può  condurci  oltre  un 
certo  concetto  dell'insieme  e  una  certa  proporzione  delle  parti,  non  essendo 
concesso^  ad  alcuno  di  stabilire  quelle  mism-e  che  forse  non  stabilì  né  in  carta 
nò  in  mente  l'autore  stesso,  e  s'anche  le  stabilì,  certo  non  credette  né  neces- 
sario nò  bello  esprimere  in  opera  poetica  i> .  Se  dunque  non  si  potevano  sta- 
bilire misure  né  proporzioni  delle  varie  parti  del  baratro  dantesco,  a  che  prò 
sudarvi  attorno  per  tante  pagine,  e  come  farne  un  disegno  il  quale  rispon- 
desse alla  legge  di  gravitazione  sì  da  pretendere  corrispondenza  perfetta  fra 
le  parole  del  poeta  e  la  rappresentazione  grafica  del  professore  ? 

«  Le  due  lezioni  di  Galileo,  in  questo  scritto  acerbamente  censurate, 
sono  tuttora  il  migliore  e  più  sicuro  commento  del  concetto  dantesco;  e  se 
il  prof.  Michelangeli  le  rileggesse  con  mente  pacata  e  con  animo  più  benevolo, 
forse  troverebbe  che  poco  o  punto  si  sarebbe  potuto  utilmente  aggiungere  a 
quanto  il  Galilei  in  quelle  aveva  detto. 

«  Nulla  pur  presenta  di  nuovo  la  Memoria  del  sig.  Rieppi  sullo  scudo 
di  Enea  secondo  Virgilio.  Di  erudizione  classica  v'é  abbondanza;  ma  insieme 
vi  si  tradisce  una  conoscenza  assai  scarsa  dello  stato  presente  di  questi  studi, 
e  punto  perizia  nella  economia  del  lavoro,  nella  critica,  nel  metodo.  La  ragion 
rettorica  domina  per  tutto  lo  scritto  più  che  la  vera  e  propria  indiane  storico- 
critica;  e  quantunque  il  libro  dia  buon  saggio  della  cultura  dell' autore  e  del 
suo  amore  per  le  lettere  classiche,  nemmeno  questo  parve  alla  Conmiissione 
lavoro  da  potere  esser  proposto  per  un  premio. 

«  E  a  conclusioni  simili,  sebbene  per  ragioni  diverse,  venne  la  Commis- 
sione anche  per  la  grammatica  greca  del  prof.  Bomani.  Crede  questi  che 
l'insegnamento  del  greco  nelle  scuole  secondarie  debba  esser  diretto  non 
solamente  a  far  conoscere,  oltre  l'italiano  e  il  latino,  un'altra  lingua;  ma 
eziandio  a  spiegare  il  meccanismo  secondo  il  quale  essa  «venne  scientifica- 
mente costituita  » .  La  grammatica  giustamente  riputata  dell'  Inama  gli  parve 
perciò  troppo  breve  in  alcune  parti  ;  altresì  gli  parve  che  troppi  fatti  lasciasse 
inesplicati  massime  nella  teoria  degli  accenti,  del  verbo  ecc.,  e  movendo  da 
questi  concetti  stimò  opportuno  nella  nuova  sua  grammatica  aggiungere  i 
quadri  comparativi  della  flessione  nominale  nel  proto-ario,  nell'antico  indiano, 
nel  greco  e  nel  latino.  Così  la  tendenza  a  esplorare  l'organismo  della  lingua 
greca  e  venuta  in  questo  lavoro  ad  accentuarsi  anche  più  che  non  nelle 
grammatiche  del  Curtius  e  dell'  Inama,  per  non  dire  di  quelle  del  Dtibner, 
del  Erùger,  del  Ktìhner,  benché  non  si  arrivi  agli  intenti  pm*amente  glotto- 
logici della  grammatica  di  Gustavo  Meyer,  che  egli  mostra  di  non  conoscere. 
Ora  sembra  che  l' insegnamento  del  greco  nelle  scuole  secondarie  abbia  e 
debba   unicamente   ave*  a  scopo  il  far  conoscere  quella  lingua  in  modo  da 


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intendere  bene  gli  scrittori  antichi.  A  ciò  conferisce,  è  vero,  se  adoperato  con 
misura,  anche  Tadditamento  d'indole  storico^lottologica  ;  ma  il  portare  in 
queste  grammatiche  addirittura  le  analisi  e  le  dimostrazioni  della  glottologia, 
è  tale  eccesso  da  rendere  sempre  più  difiScile  che  si  raggiunga  lo  scopo  a  cui  si 
mira.  Onde,  malgrado  la  fatica  e  il  molto  studio  che  all' A.  deve  esser  costato 
questo  lavoro,  eseguito  del  resto  con  cura  e  diligenza,  la  Conmussione  è  d'av- 
viso che  non  si  possa  ammetterlo  alla  partecipazione  di  un  premio;  sembrando 
altresì  discutibile  se  di  cotesti  pren]g  possa  mai  esser  parola  per  manuali  desti- 
nati air  insegnamento  e  non  ancora  messi  alla  prova  pratica  dagl'  insegnanti. 

«  Lavoro  d' indole  strettamente  scientifica  è  invece  quello  del  prof.  Ceci, 
il  quale  dà  prova  in  esso  di  molta  erudizione  e  di  una  seria  tendenza  agli 
studj  in  cui  entra  il  soggetto  che  v'  è  discorso.  L' assunto  (Sul  Pronome  ecc.) 
era  molto  difficile  e  scabroso,  e  anche  i  m^lio  preparati  non  avrebbero  po- 
tuto conseguire  sopra  codesto  campo  gran  che  di  certo  e  di  nuovo.  Tuttavolta 
una  esposizione  più  metodica  e  una  indagine  più  riposata  avrebbero  potuto 
condurre  il  Ceci  a  una  miglior  determinazione  dei  problemi  e  a  qualche  mi- 
glior tentativo  per  la  loro  soluzione.  Resta  sempre  che  il  suo  risulti  un  sag- 
gio notevole,  e  la  Commissione  fii  concorde  nel  riconoscerlo  meritevole  di 
esser  considerato  nella  premiazione. 

K  Veniamo  finalmente  ai  lavori  del  prof.  Sabbadini 

«  Il  primo  di  quei  lavori  è  un  indice  alfabetico  delle  epistole  del  Gua- 
rino, condotto  su  stampe  e  codici.  Esso  è  sopratutto  destinato  a  verificare  e 
come  inventariare  il  tesoro  presentemente  noto  di  lettere  guariniane,  per  age- 
volare il  ritrovamento  di  altre  che  ancora  fossero  ignote  e  nascose,  e  per  pre- 
pararne una  edizione  completa.  All'  indice  segue  una  vita  sommaria  del  Gua- 
rino desunta  dal  suo  epistolario. 

<t  II  secondo  r^uarda  un  aneddoto  o  meglio  un  problema  letterario  gua- 
riniane, che  diede  occasione  a  lunghe  dispute.  Il  Sabbadini,  dopo  altri,  ne 
tenta  la  soluzione  riordinando  ingegnosamente  parecchie  lettere  del  Guarini 
stesso  e  di  altri  umanisti  del  sec.  XY.  Segue  un  cenno  biografico  svlV  Au- 
vispa  tratto  da  lettere  e  documenti  contemporanei. 

«  Il  terzo  è  anch'esso  preludio  alla  edizione  critica  di  un  altro  epistolario  ; 
si  tratta  di  quello  di  Francesco  Barbaro,  e  contiene  l'indice  delle  lettere 
disposte  in  serie  cronologica,  più  un  sunto  di  ciascuna.  Segue  in  appendice 
una  vita  del  Barbaro  condotta  anch'essa  suU'  Epistolario  e  un  bel  manipolo 
di  lettere  inedite  di  lui,  tratte  da  archivi  e  biblioteche. 

«  E  questi  scritti  per  unità  di  concetto  e  d' intenti  e  per  conformità  di 
metodo  si  ricollegano  con  altri  non  presentati  in  questo  concorso,  con  i  quali 
tutti  il  prof.  Sabbadini  evidentemente  mira  a  mettere  in  ma^or  luce,  colla 
scorta  di  autorevoli  documenti  e  soprattutto  degli  epistolarj,  i  meriti  degli 
umanisti,  mostrando  quanto  jsi  debba  alla  operosità  loro  nel  rinnovamento 
degli  studj  classici  e  nella  conoscenza  dell'antichità, 


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a  II  Guarino  in  primo  luogo  e  poi  il  Barbaro  appajono  essere  fra  tutti 
gli  umanisti  del  sec.  XY  quelli  ai  quali  specialmente  si  volgono  le  ricerche 
del  Sabbadini;  ma  è  chiaro  non  potersi  di  essi  trattare  degnamente  se  non 
si  conosca  a  fondo  la  età  in  che  vissero,  e  non  si  abbia  quasi  una  specie  di 
familiarità  coi  loro  contemporanei  amici  o  avversar]',  studiosi  o  mecenati. 
Che  il  Sabbadini  possieda  questa  larga  e  sicura  conoscenza  dói  tempi  e  degli 
uomini  del  rinascimento  classico,  ci  sembra  apparisca  evidente  da  tutte  le 
sue  pubblicazioni,  mentre  dal  lavoro  di  già  premiato  su  la  storia  del  Cice- 
ronianismo si  desume  ancora  ch'egli  abbia  un  concetto  ben  chiaro  circa  l'uti- 
lità dell'opera  degli  umanisti  e  circa  l'opportunità  di  illustrarla  ancora  una 
volta  col  sussidio  di  nuove  ricerche.  Onde  parve  alla  Commissione  anche  il 
prof.  Sabbadini  meritevole  di  esser  considerato  per  la  premiazione. 

«  Pertanto  a  voti  unanimi  essa  venne  alla  seguente  conclusione  :  che  dei 
tre  premi  ne  sia  conferito  uno  solo,  ripartito  questo  per  giusta  metà  fra  il 
prof.  Ceci,  per  il  suo  lavoro  sul  Pronome,  e  il  prof.  Sabbadini  per  i  suoi 
lavori  sul  Guarino  e  sul  Barbaro  » . 


Relazione  sul  concorso  ai  premi  del  Ministero  della  Pubblica 
Istruzione  per  le  scienze  fisiche  e  chimiche^  pel  1886-87,  — 
Commissari:  Blaserna,  Cannizzaro  e  Cantoni  (relatore). 

«  n  sig.  professore  Stefano  Pagliani,  unico  aspirante  al  concorso  ai  premi 
ministeriali  per  le  scienze  fisico-chimiche,  presentò  dieci  opuscoli,  parecchi 
dei  quali  compiuti  in  comune  con  alcuni  suoi  assistenti. 

«  Il  primo  di  questi  lavori  riguarda  la  comprimibilità  dei  miscugli  di 
alcole  etilico  e  di  acqua,  fatti  in  comune  col  sig.  dott.  Luigi  Palazzo.  È  questo 
un  argomento  già  trattato  dal  Pagliani  in  un  opuscolo  presentato  pel  prece- 
dente concorso  del  1884,  e  sul  quale  uno  di  noi  ebbe  allora  a  riferire.  Il 
Pagliani  stimò  opportuno  di  rifarsi  sul  predetto  argomento,  attese  le  singolarità 
allora  avvertite,  sia  per  quanto  all'influenza  delle  varie  temperature  sui  pre- 
detti miscugli,  come  ancora  per  l'avvertita  diminuzione  nel  coefficente  di  com- 
pressione nei  miscugli  rispetto  a  quello  dell'acqua  pura.  Nella  presente  Memoria 
egli  sottopose  a  prova  otto  diversi  miscugli,  determinandone  il  coefficente  di 
comprimibilità  sotto  diverse  temperature  comprese  fra  0  gradi  e  70®  circa. 
Le  pressioni  furono  variate  in  generale  da  una  a  quattro  atmosfere  circa. 
I  procedimenti  sperimentali  furono  abbastanza  accurati,  ed  opà  prova  venne 
ripetuta  le  più  volte. 

*  Le  conclusioni  di  questo  lavoro  sarebbero  le  seguenti:  a)  Che  la  giunta 
di  piccole  quantità  di  alcole  tende  a  diminuire  la  comprimibilità  del  miscuglio 
rispetto  a  quella  dell'acqua,  e  ciò  distintamente  fino  alla  proporzione  del 
23  p.  7o  di  alcole,  b)  I  miscugli  alcoolici  contenenti  meno  del  19  p.  Vo  di  alcole, 


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—  651  — 

ofl&ono  una  comprimibilità  che  ?a  diminuendo  coll*aumentare  della  temperatura 
al  disopra  dello  zero;  ma  per  ciascmi  miscuglio  essa  assume  un  yalore  minimo 
sotto  una  data  temperatura,  oltre  la  quale  essa  va  invece  aumentando  colla 
temperatura,  e).  La  temperatura  del  minimo  di  comprimibilità  dei  detti  miscu- 
gli è  sempre  inferiore  a  quella  delFacqua,  e  tanto  più  quant*  è  maggiore  la 
ricchezza  alcoolica  del  miscuglio.  Osservano  però  gli  autori  a  questo  riguardo 
che  non  emerge  una  relazione  semplice  fra  i  valori  delle  temperature  pel  mas- 
simo di  densità  e  pel  minimo  di  comprimibilità  tra  l'acqua  ed  i  detti  miscugli 

«  Sebbene  questo  lavoro  sia  stato  condotto  dal  lato  sperimentale  colla 
solita  accuratezza,  che  il  Pagliani  pone  nelle  sue  ricerche,  ci  sembra  che  esso 
avrebbe  meritato  ulteriori  indagini,  non  difficili  a  compiersi.  Cosi,  ad  esempio, 
il  fatto  che  l'aggiunta  di  date  quantità  di  alcole  all'acqua  rende  le  diluzioni 
men  comprimibili  dell'acqua  stessa,  il  quale  a  prima  giunta  può  parere  strano, 
perde  ogni  significanza  quando  si  pensi  che  il  sistema  melecolare  del  miscuglio 
ha  già  subito  una  molto  profonda  modificazione  nell'atto  stesso  in  cui  l'alcole 
si  disciolse  nell'acqua,  come  ne  fanno  prova  la  rilevante  produzione  di  calore 
e  la  notevole  contrazione  nei  volumi  dei  due  liquidi  mescolati.  Ed  invero 
questa  contrazione  è  tale,  che  a  volerla  prodmre  sui  due  liquidi  separatamente 
per  opera  di  sola  pressione  meccanica,  richiederebbesi,  in  più  casi,  l'esercizio 
di  alcune  centinaia  di  atmosfere.  Epperò  una  diluzione  alcoolica,  fisicamente  al- 
meno, è  un  corpo  sui  generis,  cioè  affatto  differente  da  entrambi  i  costituenti 
di  essi,  del  pari  che  accade  nelle  combinazioni  chimiche  ;  tanta  è  la  efficacia 
delle  azioni  molecolari  fra  corpi  aventi  molecole  di  masse  differenti. 

«  Pertanto  crediamo  che  Tautore  avrebbe  dovuto  innanzi  tutto,  per  cia- 
scuno dei  suoi  miscugli,  tenere  conto  della  variazione  della  densità  che  i 
due  liquidi  presentano  nell'atto  della  loro  diluzione,  secondo  i  dati  delle  più 
accurate  determinazioni.  E  forse  allora  gli  sarebbe  apparsa  qualche  relazione 
abbastanza  semplice  fra  le  variazioni  di  densità  prodotte  dalla  compressione 
meccanica  sul  miscuglio  già  formato,  e  la  variazione  di  densità  determinata 
dalla  predetta  pressione  molecolare  nell'atto  in  cui  il  miscuglio  si  è  formato. 

«  Più  importante  ci  sembra  l'altra  Nota  presentata  dal  Pagliani  sul  coeffi- 
cente  di  dilatazione  e  sul  calore  specifico  a  volume  costante  di  molti  liquidi. 
Bicordate  le  note  formolo,  che  legano  la  caloricità  di  un  corpo  a  volume  costante 
con  quella  a  pressione  costante,  e  giovandosi  dei  dati  sperimentali  più  attendi- 
bili su  la  dilatabilità  termica,  su  la  comprimibilità  meccanica  e  su  la  caloricità 
specifica  dei  liquidi  medesimi,  presi  a  differenti  temperature,  egli  trova,  come 
era  facile  prevedere,  che,  fatta  eccezione  per  Tacqua,  per  gli  altri  liquidi  il 
calore  specifico  a  volume  costante  va  crescendo  coll'aumentare  della  tempera- 
tura, nel  mentre  che  il  coefficiente  di  dilatazione,  ridotto  pure  a  volume  costante, 
va  invece  diminuendo  col  crescere  della  temperatura.  Oltre  di  che  così  gli 
aumenti  della  prima  quantità  (caloricità  a  volume  costante)  come  i  decrementi 
della  seconda  (la  dilatabilità  a  volume  costante)  tendono  ad  assumere  valori 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  48 


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—  652  — 

mano  mano  decresoentì  coli' elevarsi  della  temperatura,  accennando  di  tendere 
entrambi  verso  xm  rispettivo  valor  lìmite.  Ed  invero,  mano  mano  che  ognnno 
dei  liquidi  considerati  si  avvicineranno  alla  rispettiva  temperatura  critica  tanta 
i  due  suoi  coefficienti  di  dilatazione,  quanto  i  due  calori  specifici  di  esso  (a 
pressione  costante  ed  a  volume  costante)  tenderanno  ad  assumere  valori  poca 
differenti  fra  di  loro. 

«  Ben  più  degna  di  considerazione  ci  sembra  un'altra  Memoria  del  prof. 
Fagliani  sulle  forze  elettromotrici  di  contatto  fra  due  liquidi  differenti.  Da 
principio  Fautore  ricorda  le  ricerche  di  altri  fisici  rivolte  a  determinare  se 
veramente  sia  da  ammettersi  una  propria  forza  elettromotrice  di  contatto  fra 
due  dati  liquidi  indipendentemente  dal  contatto  di  essi  coi  metalli  che  fun- 
zionano da  elettrodi  ;  se  questa  forza  elettromotrice  abbia  attinenza  piuttosta 
colle  rispettive  azioni  chimiche  che  con  atti  semplicemente  fisici  esercitantìsi 
fra  i  liquidi  stessi  ;  se  in  una  serie  di  liquidi  diversi  si  verifichi  la  legge  del 
Volta  quanto  alla  risultante  forza  elettromotrice,  e  se  finalmente  sussista 
una  relazione  fra  la  forza  elettromotrice  e  la  quantità  relativa  di  una  data 
sostanza  disciolta  in  un  medesimo  liquido. 

«  Dopo  di  che  il  Pagliani  passa  a  descrivere  il  processo  da  lui  seguito 
e  la  disposizione  delle  varie  parti  dell*  apparecchio  da  lui  usato  per  la  deter- 
minazione della  differenza  di  potenziali  fra  i  singoli  liquidi.  E  qui  ci  sembra 
abbastanza  appropriato  Tartificio  da  lui  immaginato  per  ridurre  a  contatto 
due  superficie  liquide  eterogenee,  erìtando  ogni  iniziale  commistione  od  agita- 
zione fra  i  due  liquidi  ridotti  a  contatto. 

«  Dairinsieme  delle  molte  sue  esperienze  il  Pagliani  trae  parecchie  dedu- 
zioni, talune  delle  quali  ci  sembrano  abbastanza  interessanti  :  a)  Il  contatto 
di  due  liquidi  eterogenei  è  per  sé  condizione  sufficiente  di  una  elettromozione 
analoga  a  quella  offerta  dal  contatto  di  due  solidi  eterogenei  ;  b)  La  differenza 
di  potenziale  fra  due  date  soluzioni  eterogenee  cresce  coir  aumentare  della 
differenza  delle  rispettive  loro  densità;  e)  La  legge  del  Volta  si  verifica  per 
rispetto  ad  alcuni  gruppi  di  elettroliti  disciolti,  laddove  per  altri  gruppi  di 
elettroliti  essa  si  verifica  soltanto  approssimatamente;  d)  Nel  più  dei  casi  la 
differenza  di  potenziale  riesce  più  distinta  con  quelle  coppie  di  soluzioni,  per 
le  quali  sono  maggiori  le  differenze  di  solubilità  dei  due  sali  e  quindi  anche 
le  differenze  dì  concentrazione  e  di  densità  delle  loro  soluzioni;  e)  Le  forze 
elettromotrici  di  contatto  risultano  più  grandi  nei  solfati,  i  quali  offrono  mag- 
gior tandenza  a  formare  sali  doppi. 

e  Da  ultimo  Tautore  osserva  che  in  queste  elettromozioni  di  contatto 
fra  liquidi  diversi  intervenendo  tanto  gli  atti  fisici  di  diffusione,  di  soluzione 
e  di  diluzione,  quanto  ancora  le  azioni  chimiche  propriamente  dette,  risultano 
in  generale  molto  complessi  i  particolari  valori  deUe  corrispondenti  forze  elet- 
tromotrici. 

«  Merita  ricordo  un'altro   opuscolo  del  Fi^liani,  in  cui,  descrive  xm 


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—  658  — 

fotometro  a  riflessione,  da  lui  ideato  per  agevolare,  negli  usi  indnstriali,  la 
comparazione  del  potere  illuminante  delle  varie  fonti  di  luce. 

«  Quattro  altri  opuscoli  presentò  il  Paglianì  riguardanti  tutti  l'attrito 
intemo  dei  liquidi;  i  primi  due  compilati  in  comune  col  doti  A.  Battelli,  il 
terzo  col  sig.  E.  Odone  ed  il  quarto  da  solo.  I  due  primi  vennero  pubblicati 
nel  1885,  gli  altri  nel  1887.  Per  queste  ricerche  venne  adoperato  un  processo 
di  misura  conforme  a  quello  già  usato  dal  Graham  e  da  altri  fisici,  quello^ 
cioò  del  volume  di  ogni  liquido  effluito  in  un  dato  tempo  da  un  cannello  capii*- 
lare  dì  dato  diametro  e  dì  data  lui^hezza  e  sotto  una  determinata  pressione. 

«  Sperimentando  sugli  alcoli  di  diversa  costituzione  e  su  miscugli  di  questi 
con  varie  quantità  d'acqua  ed  a  temperature  diverse  (qual'è  Toggetto  speciale 
del  primo  dei  detti  opuscoli),  gli  autori  giungono  alle  seguenti  conclusioni: 
a)  Negli  alcoli  omologhi  Tattrito  intemo  aumenta  col  crescere  del  rispettivo  loro 
peso  molecolare  e  del  loro  punto  di  ebollizione,  come  già  aveva  dimostrato  il 
Graham  ;  b)  Gli  alcoli  etilico,  metilico  e  propilico  sciolti  nell'acqua  in  varie 
proporzioni  presentano  un  massimo  d'attrito  il  quale  varia  colla  temperatura  : 
e)  Nelle  varie  soluzioni  di  codesti  alcoli  la  ricchezza  procentica  corrispondente 
al  massimo  attrito  aumenta  col  crescere  della  temperatura;  ma  non  emerge 
una  relazione  generale  fra  codesto  massimo  e  la  rispettiva  composizione  chimica; 
(£)  sembra  però  esistere  una  relazione  generale  fra  l'attrito  interno  per  le  singole 
soluzioni  alcooliche  e  la  rispettiva  tensione  dei  vapori  de'liquidi  mescolati. 

«  Nel  secondo  opuscolo,  sperimentando  sulVattrito  intemo  delle  soluzioni 
di  diversi  gas  nell'acqua,  gli  autori  giungono  alle  seguenti  deduzioni:  a)  Bastano 
piccole  quantità  di  gas  condensate  nell'acqua,  come  era  già  noto,  per  aumentarne 
sensibilmente  l'attrito  interno  ;  b)  Nelle  soluzioni  acquose  de'vari  gas  l'attrito 
interno  cresce  coU'aumentare  la  quantità  del  gas  disciolto,  però  sino  a  rag- 
giungere un  valore  massimo  per  un  dato  grado  di  condensazione;  e)  CoU'aumen- 
tare della  temperatura  va  pure  aumentando  il  coefficiente  d'attrito  di  ciascuna 
soluzione  gasosa  ;  d)  L'aumento  nell'attrito  intemo  dell'acqua  prodottovi  dalla 
condensazione  dei  vari  gas  riesce  tanto  maggiore  quant'ò  più  grande  il  coeffi- 
ciente di  attrito  intemo  pel  gas  stesso  in  istato  aeriforme. 

«  Nel  terzo  degli  opuscoli  succitati,  sperimentando  su  alcune  soluzioni 
acquose  di  acido  nitrico,  gli  autori  trovano  che  per  esse  la  ricchezza  procentica^ 
cui  corrisponde  il  massimo  d'attrito,  aumenta  col  crescere  della  temperatura. 

«  Finalmente,  nell'ultimo  dei  predetti  opuscoli  il  Paglianì,  occupandosi 
in  particolare  della  viscosità  di  alcuni  liquidi  grassi,  descrìve  un  apparecchio 
abbastanza  semplice  da  lui  immaginato,  col  quale  si  può  determinare  con  suffi- 
ciente approssimazione  la  viscosità  relativa  di  quegli  olì  che  in  varie  industrie 
s'impiegano  quali  sostanze  lubrificanti. 

«  Ora  crediamo  opportuno  dì  avvertire  che  l'apparecchio,  già  costratto 
dal  Desaga  di  Heilberg  pel  prof.  Naccarì  (nel  1883),  e  che  poi  fu  usato  dal 
Paglianì  nelle  ripetute  sue  esperienze  su  l'attrito  interno  dei  liquidi  offre 


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—  654  — 

alcuni  inconvenienti,  benché  non  molto  gravi.  Primieramente  il  cannello  capil- 
lare entro  cui  deve  scorrere  il  liquido,  avendo  i  suoi  estremi  saldati  colle 
due  bolle  pure  in  vetro,  quella  cioè  di  afflusso  e  quella  di  efflusso  del  liquido 
stesso,  trovasi  in  tali  condizioni  per  cui  non  è  dato  determinare,  direttamente 
e  col  dovuto  rigore,  né  la  lunghezza,  e  manco  poi  il  raggio  del  cannello  stesso. 
Tanto  che  il  Fagliani  dovette  accontentarsi  di  dedurre  indirettamente  codesto 
raggio  mediante  Tattrito  delFacqua  pura,  assumendo  i  valori  trovati  dal  Poi- 
seville,  e  supponendo  che  il  moto  fosse  lineare  anche  nel  caso  suo.  Infine 
non  è  strettamente  rigorosa  l'ipotesi  ammessa  dal  Pagliani,  cbe  cioè  la  pressione 
idrostatica  nel  passare  dal  vaso  di  afflusso  a  quello  di  efflusso  si  compensi, 
benché  nelle  date  circostanze  Terrore  che  ne  deriva  non  può  essere  rilevante. 

«  Crediamo  opportuno  dì  notare  altresì,  che  in  queste  ricerche  del  Pagliani 
sull'attrito  intemo  dei  liquidi,  come  ancora  in  quelle  ricordate  più  sopra  sulla 
comprimibilità  delle  soluzioni  alcooUche,  sulle  forze  elettromotrici  di  contatto 
fra  i  liquidi,  e  sui  loro  calori  specifici  a  volume  costante,  egli  si  preoccupa 
anzitutto,  il  che  é  pur  necessario,  di  determinare  con  cura  i  valori  numerici 
dei  singoli  dati  sperimentali  ;  mentre  poi  non  si  preoccupa  abbastanza  d'inve- 
stigare quali  relazioni  possano  sussistere  tra  codesti  dati  relativi  ad  una  proprietà 
fisica  de' corpi  e  le  altre  proprietà  fisiche  o  chimiche  de' corpi  stessi.  Laddove 
quest'ultimo  esser  dovrebbe  il  precipuo  intento  d^li  studi  sperimentali  della 
fisica  moderna,  i  quali  devono  pur  essere  diretti  a  riscontrare  il  valore  effettivo 
delle  previsioni  della  fisica  matematica.  Basterà,  ad  esempio,  l'accennare  gli 
importanti  e  recenti  studi,  teorici  e  sperimentali,  su  le  relazioni  trovate,  per 
non  poche  serie  di  soluzioni  affini,  fra  i  valori  dei  rispettivi  coefficienti  osmotici 
ed  i  valori  relativi  di  varie  altre  qualità  fisiche  e  chimiche  delle  soluzioni  stesse  ; 
perocché  codesti  studi  appunto  rivelano  nuovi  indirizzi  per  le  ricerche  fisiche. 

«  Ora  la  Commissione,  nel  mentre  giudica  esser  degne  di  lode  la  operosità 
scientifica  e  la  accuratezza  del  Pagliani  nelle  varie  sue  pubblicazioni,  non 
crede  però  che  sia  il  caso  di  accordargli  per  esse  un  novello  premio.  E  ciò 
per  riguardo  ad  alcuni  degli  appunti  fatti  più  sopra,  e  più  ancora  pel  riguardo 
che  in  taluni  dei  predetti  opuscoli  si  continuano  argomenti  e  studi  che,  pochi 
anni  sono,  valsero  al  Pagliani  un  premio  dello  stesso  ordine  di  quello  cui 
ora  egli  aspira. 

B  Perciò  la  vostra  Commissione  fu  altresì  unanime  nel  proporre  e  rac- 
comandare alla  classe  che,  a  sensi  dell'art.  5^  del  B.  decreto  14  m^gio  1886, 
venga  riaperto  un  concorso,  colla  scadenza  del  30  aprile  1891,  a  tre  premi 
nella  Fisica  e  nella  Chimica,  del  complessivo  valore  di  lire.  9  mila  ;  e  che 
però  a  questi  premi,  oltre  i  professori  delle  scuole  secondarie,  potranno  pure 
concorrere,  giusta  il  predetto  art.  5^,  i  professori  ed  assistenti  delle  Università 
e  Scuole  universitarie  ». 

P.  B. 
D.  C. 


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—  655  — 


i) 


RENDICONTI 

DELLE   SEDUTE 

DELLA    R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 

Glasse  di  scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

Seduta  del  3  giugno  1888. 
F.  Brioschi  Presidente 


MEMORIE   E    NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE   DA  SOCI 

Fisica  —  Nuovo  metodo  per  costruire  e  calcolare  il  luogo^ 
la  situazione  e  la  grandezza  delle  imagini  date  dalle  lenti  o  dai 
sistemi  ottici  complessi.  Nota  del  Socio  Qovr. 

K  La  teoria  delle  lenti  e  dei  sistemi  ottici  complessi  ha  preso  nuova 
forma  e  raggiunto  molto  maggior  perfezione  dacché  il  Moebius,  il  Gauss,  il 
Listing  ecc.  vi  hanno  introdotto  la  considerazione  di  certi  piani  e  punti  car- 
dinali, che  semplificano  la  costruzione  del  luogo,  della  situazione  e  della 
grandezza  delle  imagini,  permettendo  di  tener  conto  della  grossezza  dei  mezzi 
rifrangenti  attraversati  dalla  luce.  Però  le  operazioni  preparatorie  sian  esse 
costruzioni,  o  sian  calcoli,  colle  quali  si  giunge  a  determinare  il  luogo  dei 
punti  e  dei  piani  cardinali,  in  lenti  o  in  sistemi  progettati,  sono  lunghe  e 
fastidiose,  e  spesso  non  proporzionate  alla  importanza  del  risultato  che  se 
ne  vuol  ricavare  ;  sempre  poi  riesce  difScilissimo  il  determinare  sperimental- 
mente il  luogo  di  codesti  piani  e  di  tali  punti,  nelle  lenti  già  lavorate  o 
nei  sistemi  ottici  costituiti. 

«  I  Fisici  quindi,  malgrado  i  metodi  pratici  e  gli  apparecchi  suggeriti 
in  proposito  dal  Cornu,  dal  Gariel  e  da  altri,  si  limitano  ancora,  nella  mag- 
gior parte  dei  casi,  a  considerar  le  lenti  come  prive  di  grossezza,  o  a  calcolar 

Bbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  !<>  Sem.  83 


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—  65fl  — 

direttamente,  e  per  ogni  superficie  limitante,  la  via  battuta  dai  raggi  lumi- 
nosi attraverso  ai  mèzzi  studiati  o  proposti,  sagrificando  cosi  una  parte 
(talvolta  non  piccola)  della  esattezza,  o  accrescendo  la  fatica  dei  calcoli  quando 
si  tratti  di  molte  determinazioni  relative  allo  stesso  sistema  ottico. 

«  Non  sarà  dunque  discara  agli  odiosi  la  propoeta  d'un  metodo  più 
sbrigativo  per  costruire  o  calcolare  le  imagini  date  dalle  lenti  grosse,  lo 
stesso  metodo  applicandosi  pure  a  un  sistema  ottico  qualunque. 

«  Codesto  metodo  esige  la  determinazione  di  due  punti  che,  molto  pro- 
babilmente, non  vennero  considerati  fin  qui  dai  fisici  né  dai  matematici  i  quali 
hanno  trattato  codesti  argomenti,  e  diciamo  che  probabilmente  non  furono 
avvertiti,  perchè,  se  qualcuno  li  avesse  indicati,  sq  ne  sarebbero  immediata- 
mente riconosciute  Timportanza  e  Tutllità,  e  i  trattati  d'ottica  recentissimi 
ne  avrebbero  tenuto  conto. 

«  I  due  nuovi  punti,  pei  quali  viene  assai  semplificata  la  teoria  delle 
lenti,  e  che  molto  agevolmente  si  det^tminano  colla  osservazione,  sono  le 
imagini  dei  centri  di  curvatura  delle  due  faccio  anteriore  e  posteriore  della 
lente  veduti  attraverso  a  quella  delle  due  lìiccie,  alla  quale  non  appartengono. 
Per  .ottenerli  bisogna  supporre  che  i  raggi  luminosi  divergendo*  dal  centro  di 
curvatura  di  una  faccia,  o  convergendo  vefBo  di  esso,  vadano  ad  incontrare 
la  seconda  faccia  della  lente,  dove  per  ri&aiione  son  fatti  convergere  verso 
rimagine  di  esso  centro  o  divergere  da  codetta  imagine,  quando  essa  riesca 
virtuale.  Si  hanno  per  tal  modo  sull'asse  della  lente  i  luoghi  delle  due  ima- 
gini q  Q  Qi  dei  centri  e  e  Ci  ài  curvatura  delle  iue  facce  al^  bk . 


«  Fissata  la  posizione  di  questi  due  punti,  che  si  potrebbero  chiam»^ 
puati  centrici  di  quel  dato  sistema  lenticolare,  non  occorre  più  altro  per  deter- 
minare qualunque  foco  coniugato  d'un  punto  situato  sull'asse  o  fuori  del- 
l'asse principale  del  sistema,  e  per  ottenere  la  grandezza  e  la  situazione  delle 
imagini  reali  o  virtuali  che  dal  sistema  stesso  possono  esser  prodotte. 

«  La  determinazione  a  priori  di  codesti  punti  (come  la  determinazione 


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dei  punti  e  dei  piani  del  Gansi  a  del  Listing)  esige  la  conoscenza  della  lun- 
ghezza e  del  segno  dei  raggi  di  curvatura  delle  due  superficie  della  lente, 
quella  della  grossezza  di  essa  ^ente,  o  della  distanza  assiale  delle  due  super- 
ficie rifrangenti,  quella  infine  della  velocità  relativa  della  luce  nei  tre  mezzi 
successivi,  vale  a  dire  dei  loro  ìndici  relativi  di  rifirazione.  Si  può,  con  que- 
sti soli  dati,  costruire  o  calcolare  il  luogo  dei  punti  centrici  q  e  q^  senza  de- 
terminar prima  i  fuochi  principali  e  le  distante  principali^  o  fuochi  ante- 
riori^ delle  due  superficie  della  lente,  ma  si  possono  anche  determinar,  volendo, 
queste  quantità,  che,  introdotte  nei  calcoli  successivi  o  nelle  costruzioni  ul- 
teriori, abbreviano  o  semplificano  il  lavoro. 

«  A  ogni  modo^  ottenuti  i  due  punti  centrici^  non  si  ha  più  alcun  biso- 
gno, né  del  cmtro^ttico,  né  delle  sue  due  imagini,  o  punti  nodali  del  Li- 
sting, né  àé  piani  principali  del  Gauss,  né  dei  fochi  principali,  della  lente 
intera,  per  costruire  o  calcolare  per  essa  i  luoghi,  le  situazioni  e  le  grandezze 
delle  imagìof^  E  siccome  tali  costruzioni  si  fanno  molto  speditamente, 
così  si  puO  adoperarle,  senz'altro,  per  la  ricerca  dell'effetto  finale  di  una  se- 
rie quaMTOglia  di  superficie  e  di  mezzi  rifrangenti  diversi  centrati  sullo 
stessa  asse. 

«  Non  é  però  indispensabile  il  ricorrere,  pei  sistemi  ottici,  a  questo  pro- 
cedimento laborioso  di  costruzione  o  di  calcolo  per  via  d'imagini  successive, 
mentre  si  possono  sempre  determinare  in  ogni  sistema  ottico  (per  quanto  ^si 
voglia  complesso)  le  imagini  dei  centri  di  curvatura  della  sua  prima  e  della 
sua  ultima  superficie,  veduti  successivamente  attraverso  a  ttftto  il  resto  del 
sistema,  cercando  Timagine  del  centro  della  prima  superficie  attraverso  alla 
seconda,  poi  Timagine  di  questa  imagine  attraverso  alla  terza,  e  così  via  via, 
fino  all' imagine  di  tutte  le  imagini  precedenti,  veduta  attraverso  alVultìma 
superficie,  e  rifacendo  la  medesima  operazione  in  senso  inverso  pel  centro 
dell'ultima  superficie  e  per  le  sue  imagini  successive  fino  a  quell'ultima  che 
é  veduta  attraverso  alla  prima  superficie.  Operando  così  si  ottengono  i  punti 
centrici  del  sistema  intero,  mediante  i  quali  si  costruisce  poi,  o  si  calcola 
rapidissimamente  l'imagine  di  qualunque  punto  sitaito  a  qualsiasi  distanza 
dal  sistema. 

«  La  maggiore  semplicità  del  nuovo  metodo  nasce  dal  considerarvisi 
quei  raggi  che  non  subiscono  deviazione  né  trasporto,  sia  all'entrata  sia  al- 
l'uscita dei  varii  mezzi,  per  cui  le  faccio  della  lente,  o  le  superficie  esteme  del 
sistema  vengono  quasi  a  farvi  l'ufficio  dei  piani  principali  Gaussiani,  i  centri 
di  curvatura  di  queste  superficie  quello  dei  punti  nodali  del  Listing^  e  le 
loro  imagini,  o  punti  centrici,  quello  dei  fòchi  principali  del  sistema  ottico. 

«  Senza  entrare  per  ora  nei  minuti  particolari  del  nuovo  metodo,  basterà 
mostrare,  come  ricorrendo  ad  esso,  si  possano  trovar  facilmente  i  punti  centrici 
di  ima  lente  data,  e  come,  trovati  codesti  punti,  si  costruisca  agevolmente 


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—  658  — 

rimagìne  di  qualsiasi  oggetto  veduto  attraverso  alla  lente;  si  vedrà  così  se 
il  metodo  proposto  meriti,  o  no,  di  venir  preferito  agli  altri. 

e  Per  trovare  praticamente  la  posizione  dei  punti  centrici  d*una  data 
lente,  se  ne  misura  la  grossezza  /.  e  si  determinano  collo  sferometro,  o  per 
riflessione,  o  altrimenti  ;  i  raggi  di  curvatura  r  ed  ri  della  sua  prima  e  della 
sua  seconda  superficie. 

«  Ottenute  queste  quantità   si   pone,  normalmente   all'asse  della  lente, 

0 


un  ometto  dì  ^andezza  nota  og,  ,9,  una  distanza  determinata  ag  da  una 
delle  faccie,  e  si  cerca  Tinu^fine  Oi  Qi  reale,  o  virtuale  di  esso  cretto  veduto 
attraverso  alla  lente,  misurando  codesta  imagine,  e  determinandone  la  di- 
stanza bgi  dall'altra  faccia. 

K  Se  allora  si  conduce  una  retta  daUa  estremità  libera  o  deiroggett"" 
al  centro  e  di  curvatura  della  prima  faccia  della  lente,  questa  retta  taglierà 
l'ultima  faccia  in  un  certo  punto  mi;  tirata  una  retta  dalla  estremità  Oi  del- 
rimagine  al  centro  di  curvatura  Ci  dell'ultima  faccia,  si  noti  con  m  il  punto 
in  cui  questa  retta  taglia  la  prima  faccia  della  lente.  Si  congiunga  Oi  con  niu 
il  punto  (?  in  cui  la  retta  Oi  mi  taglierà  l'asse  della  lente  sarà  il  primo  punto 
centrico,  cioè  il  luogo  della  imagine  del  centro  e  della  prima  faccia  veduto 
attraverso  alla  seconda.  Si  unisca  egualmente  o  con  m,  il  punto  ^i  in  cui 
la  0  m  taglierà  l'asse  sarà  il  secondo  punto  centrico,  cioè  Fimagine  del  cen* 
tre  Ci  della  seconda  faccia,  veduto  attraverso  alla  prima.  Ottenuti  cosi  i  punti 
q  e  ^1,  la  costruzione  dei  fòchi  principali  o  coniugati  del  sistema  e  quella 
di  tutte  le  imagìni  che  esso  può  dare  riesce  speditissima,  e  se  ne  possono  de- 
durre poi  molto  agevolmente  i  luoghi  dei  piani  principali,  dei  punti  nodali,  del 
centro  ottico  ecc.  ecc.  se  si  vogliono  trattare  i  problemi  relativi  alla  lente  data 
coi  metodi  del  Gauss,  del  Jiisting,  o  di  quegli  altri  matematici  che  si  sono  andati 
occupando  in  questi  ultimi  tempi  della  teoria  delle  lenti  e  dei  sistemi  ottici. 


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—  659  — 

ft  La  costruzione  precedente  mostra  subito  come  si  possa  ottener  l'ima- 
gine  di  un  punto  o  posto  fuori  dell'asse  della  lente  (se  il  punto  dato  fosse 
sull'asse,  si  innalzerebbe  da  esso  una  perpendicolare  sull'asse,  e  si  determine- 
rebbe rimagine  d*un  punto  qualunque  di  questa  perpendicolare,  tirando  poi 
dall'  imagine  ottenuta  una  normale  sull'asse  medesimo  ;  il  punto  di  incontro 
di  questa  normale  e  dell'asse  sarebbe  il  luogo  dell'imagine  del  punto  dato). 
Si  guidi  dal  punto  o  una  retta  al  centro  e  della  faccia  per  cui  s'intende  che 
penetri  la  luce,  una  tal  retta  rappresenterà  un  raggio  luminoso,  che  partito 
da  0  passerà,  non  deyìato  né  spostato,  attraverso  alla  materia  della  lente 
finché  incontri  in  mi  la  seconda  faccia.  Giunto  il  raggio  in  m\  esso  devierà 
piegando  verso  il  punto  ^,  imagine  di  e  ;  condotta  quindi  la  ^i  9,  su  questa 
retta  prolungata  dovrà  trovarsi  l'imagine  di  0.  Dal  medesimo  punto  0  si  guidi 
per  ^1  la  oqi  sino  a  incontrare  la  prima  faccia  della  lente  in  m.  Per  m  e 
per  Ci  si  conduca  la  Cim,  la  quale,  prolungata,  uscirà  non  deviata  dalla  lente, 
e  incontrerà  la  ^i  ;  in  un  punto  Oi  ;  il  punto  Oi  sarà  l'imagine  cercata  di  0. 

«  Se  dal  punto  0  si  abbasserà  sull'asse  la  perpendicolare  og^  e  da  Oi 
la  Oi  ^1 ,  il  punto  Qi  sarà  il  luogo  dell'imagine  del  punto  g  veduto  attraverso 
alla  lente. 

«  Per  ottenere  i  Fòchi  principali  di  una  lente  data,  convien   condurre 


un  rs^gio  le  al  centro  della  sua  prima  &ccia,  e  guidar  quindi  il  suo  ri* 
fratto  corrispondente  miq^  poi,  pel  punto  ^i  condurre  la  ^i  m  parallela  alla  le 
tirando  la  m  tri  e  prolungandola  fino  all'incontro  della  mi  q,  prolungata,  in  S; 


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—  660  — 

il  punto  S  sarà  rimagine  d'un  punto  situato  all'infinito  nella  direzione 
della  crrii  l.  Innalzata  da  S  una  normale  sull'asse,  si  avrà  in  Pi  un  fòco 
principale  della  lente.  La  stessa  costruzione  ripetuta  per  Taltra  faccia  darà 
il  secondo  fòco  principale  P,  o  punto  di  Distanza  principale  della  lente. 

«  Però  si  può  ottenere  più  prontamente  il  secondo  fdco,  quando  si  cono- 
sca già  l'altro,  approfittando  di  una  relazione  semplicissima  che  lega  fra  loro 
le  due  distanze  q  Pi  e  qiP  dei  due  fSchi  principali  dai  punti  centrici. 

«  Bappresentando  con  r  il  n^gio  di  curvatura  a  c^  della  prima  faccia  della 
lente;  con  ri  il  raggio  bci,  dell'altra  faccia,  con  %  la  distanza  bq  del  punto 
centrico  q  dalla  seconda  faccia  della  lente,  con  xi  Is^  distanza  a^^i  di  ;i 
dalla  prima  fEiccia,  e  indicando  con  ^  la  distanza  ^  Pi  e  con  Fi  la  qi  P,  si 
ottiene  con  facilità  la  relazione  seguente: 


Fi      ^  +  Xi 


che  dà  immediatamente  Fi  se  si  conosce  F,  o  F  quando  sia  noto  i^i. 

«  La  costruzione  di  questa  formula  è  semplicissima.  Dai  punti  q  e  qi 
si  conducano  due  normali  sull'asse,  pel  centro  e  si  conduca  la  ctu  ad  arbitrio 
fino  ad  incontrare  nel  punto  ti  la  normale  condorta  per  ^i  ;  pel  centro  Ci  si 
guidi  Ci  t  parallela  a  cti,  finché  essa  incontri  in  t  l'altra  normale  qt.  Unito 
allora  il  foco  principale  P  (che  si  suppone  conosciuto)  con  t,  si  faccia  passar 
per  ti  una*  parallela  alla  Pt,  il  punto  Pi  dove  essa  taglierà  l'asse  sarà  l'altro 
foco,  0  il  punto  della  Distanza  principale  della  Lento, 

«  Basteranno  per  ora  questi  brevi  cenni  sul  nuovo  metodo  per  la  ricerca 
delle  proprietà  delle  lenti  grosse  e  dei  sistemi  ottici,  il  suo  sviluppo  com- 
piuto non  potendosi  rinchiudere  nei  brevi  limiti  d'una  Nota. 

«  Si  avverta  che  lo  stesso  procedimento  grafico  (e  quindi  le  formule  che 
ne  derivano)  si  applica  assai  comodamento  anche  ai  Sistemi  ottici  compo- 
sti con  lenti  senza  grossezza. 

«  In  questo  caso  si  determinano  dapprima  le  im^ini  successive  del 
centro  della  prima  e  dell'ultima  lente  vedute  attraverso  a  tutte  le  altre,  poi, 
considerando  i  centri  delle  lenti  come  si  considerarono  dianzi  i  centri  di  cur- 
vatura (giacché  si  suppone  che  i  raggi  passino  per  essi  centri  senza  devia- 
zione e  senza  spostamento)  si  compiono  relativamente  ad  essi  e  alle  loro  inda- 
gini le  costruzioni  precedentemente  indicate,  e  cosi  si  risolvono  con  rapidità 
tutti  i  problemi  relativi  agli  strumenti  ottici  composti  con  lenti  sottili». 


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—  661  — 


Fisiologìa.  —  La  frequenza  cardiaca  negli  ammali  a  sangue 
freddo.  Osservazioni  e  sperienze  del  Socio  A.  Morigoia. 

«  In  parecchie  ricorrenze  sperimentali  ebbi  occasione  di  verificare  la 
maniera  diveisa  dì  comportarsi,  sotto  il  medesimo  influsso,  del  cuore  degli 
animali  omoiotermì  e  poicbilotermi,  per  cui  mi  risolsi  a  cercare  in  modo 
diretto  intomo  a  questo  fatto,  che  incidentalmente  io  ed  altri  ebbero  campo 
di  rilevare. 

«  Qualche  sperienza  operai  a  questo  proposito  sopra  tartarughe,  la  mas- 
sima parte  però  d^li  sperimenti  vennero  praticati  sopra  la  rana  esculenta  : 
a  questa,  legata  sul  patibolo,  veniva  messo  a  nudo  il  (more  colla  minor  per- 
dita possibile  di  sangue.  A  riscontrare  i  risultati  delle  rane  sperimentate,  se 
ne  tenea  sempre  una  di  confronto.  Le  sostanze  medicamentose  o  venefiche 
da  me  usate  erano  introdotte  per  via  ipodermica,  o  per  inalazione,  quando 
n*6ra  il  caso  (^).  Ecco  Telenco  delle  sostanze  adoperate  per  vedere  di  modi- 
ficare in  più  od  in  meno  la  frequenza  cardiaca,  essendo  precisamente  questa 
che  in  modo  speciale  presi  di  mira. 

ft  Vi  unisco  pure,  senza  classificarle,  quelle  che  leggendo  Memorie  di 
parecchi  autori  rilevai  aver  oiferti  risulati  in  rapporto  alla  firequenza  cardiaca, 
non  avendo  la  pretesa  che  di  aver  raccolto  relativamente  una  parte  molto 
piccola  del  materiale  qua  e  colà  abbondantemente  sparso,  riflettente  (Siffatto 
argomento  : 
K  Cocaina  :   atropina  :  santonato   sodico,    alcool   assoluto  :  etere,  cloroformio, 

■  cloralio,  ammoniaca,  nitrato  d* amile,  piridina,  morfina,  acetato  d'ammonio, 
»  neurina,  ossigeno,  cloruro  sodico,  eserina,  delfina,  aconitina:  triossimetilene, 

■  abrotina  :  alcaloide  del  xantilon  senegalense,  antipirina,  benzonitrile,  tallina, 
«  paraldeide,  ergotina,  segala  cornuta,  ecbolina,  acido  fenico  :  acidi  in  gene- 
«  rale  :  helleborus,  stricnina,  curaro,  apoatropina,  jequirity,  muscarina,  digi- 
tt  talina,  scillaina,  elleboreina,  cairina,  cairolina,  veratrina,  sublimato  corro- 
«  sivo,  saponina  :  acetal,  dimetiacetal,  ptomaine  in  genere,  nicotina,  chinino, 
<i  bile,  nichel,  cobalto,  coptis  teeta,  acetanilide,  strophantus,  ispidus,  le  so- 
ft stanze  settiche  in  genere,  lattato  di  etile,  urina. 

«  Fra  tutte  queste  sostanze  non  ve  n'ha  una  capace  di  destare  nella 
rana  non  solo  una  frequenza  febbrile,  ma  nemmeno  un'aumento  discreto  e 
prolungato  di  battiti,  anzi  quasi  tutte  ne  inducono  una  diminuzione  prolun- 
gata e  spesso  grave,  da  far  discendere  il  cuore  a  pochissime  battute  per  1'. 

«  Da  questo  lato  parrebbe  che  nelle  rane  non  esistessero  che  i  nervi 
frenatori. 

(0  Quando  non  sia  scrìtto  altrimentii  neU'ambiente  in  coi  si  lavoraya,  la  temperatura 
fu  da  lO^'  a  12^  del  centigrado. 


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—  662  — 

«  Abbastanza  facilmente  in  qaesto  animale  si  ottiene  Teffetto  annunciato 
dal  Weber  colla  corrente  indotta  sui  nervi  vaghi,  o  collo  stimolo  sul  midollo 
allungato,  come,  ancora  prima  di  tutti,  dimostrò  il  nostro  Galvani:  però 
recidendo  siffatti  nervi  non  s'incontra  nel  risultato  opposto,  quale  si  veri- 
fica negli  animali  a  sangue  caldo. 

«  N^li  animali,  omoiotermi  le  nominate  sostanze  suscitano  una  reazione 
dell'organismo,  una  maggiore  frequenza  cardiaca,  almeno  quasi  tutte,  special- 
mente in  certi  periodi  di  loro  azione,  ed  usate  in  certi  dosi;  ed  anche  quando 
vi  ha  tendenza  ad  abbassare  il  numero  dei  battiti,  in  generale  siamo  lontani 
dal  raggiungere  le  cifre  offerte  dal  batrace  :  anzi  ve  n'ha  talune,  tra  cui  la 
cocaina,  che  secondo  le  sperienze  di  Ugolino  Mosso,  anche  a  dosi  fortissime, 
tendono  ad  alzare  il  numero  de'  battiti. 

«  Un'altro  fatto  va  notato  :  è  conosciuta  negli  animali  a  sangue  caldo 
l'armonia  che  suole  intercedere  fra  il  numero  degli  atti  cardìaci  ed  i  respi- 
ratori, tantoché  nelle  circostanze  ordinarie  dal  nimiero  delle  respirazioni  si 
può  indurre  quello  delle  pulsazioni  e  viceversa:  questa  corrispondenza 
numerica,  se  non  sempre  (^),  in  generale  però  si  conserva  anche  sotto  l'im- 
perio de'  rimedi  e  veleni,  ma  per  le  rane  presto  e  facilmente  suole  sorgere 
un  distacco  abbastanza  grande  tra  i  numeri  normali  del  respiro  e  del  battito  : 
è  però  vero  da  dire,  che  anchb  nelle  condizioni  fisiologiche  il  rapporto  fira 
quei  due  atti  non  è  cosi  costante  e  regolare,  come  negli  animali  a  sangue 
caldo,  forse  anche  a  ragione  delle  differenze  nella  respirazione. 

«*  Sebbene  il  dolore  alla  lunga,  come  risulta  dalle  esperienze  del  Man- 
tegazza,  abbassi  la  frequenza  cardiaca  negli  animali  a  sangue  caldo,  sapendo, 
che  sul  principio  può  indurre  effetti  opposti,  massime  se  il  dolore  non  sia 
grave,  volli  pure  sperimentarlo  nelle  rane,  ma  frequenza  maggiore  non  ottenni, 
come  pure  colla  paura,  con  detonazioni  improvvise,  ecc. 

«  Osservai  nell'agonia,  provocai  emorragie  di  diverso  grado,  ma  i  battiti 
hanno  sempre  avuto  tendenza  a  calare,  e  talora  di  molto,  come  nell'emor- 
ragia. Con  correnti  elettriche  provocai  energico  e  prolungato  lavoro  muscolare, 
ma  il  cuore  non  si  smosse  dalla  sua  frequenza,  scemando  od  anche  arrestan- 
dosi, se  le  usava  forti,  per  azione  vasomotoria  o  sui  vaghi,  quantunque  gli 
elettrodi  fossero  applicati  ai  due  piedi. 

«  Questo  risultato  mi  ha  sorpreso,  essendo  noto,  un  grande  lavoro  mu- 
scolare poter  portare  n^li  animali  a  sangue  caldo,  la  frequenza  cardiaca 
anche  assai  oltre  il  doppio  della  normale,  massime  se  questa  non  sia  molto 
elevata,  e  tanto  più  il  fatto  toma  singolare,  pensando  che  nel  lavoro  musco- 
lare si  sviluppa  del  calore,  il  quale  ha  potentissima  azione  nei  batraci  per 

(*)  A  quest'uopo  basta  eccitare,  come  già  pubblicammo  Moleschott  ed  io,  con  cor- 
rente indotta  il  moncone  centrale  del  vago  nel  coniglio,  per  veder  rompersi  Tunisono  tra 
frequenza  cardiaca  e  respiratoria  ;  tale  disarmonia  viene  anche  in  iscena  talora  per  condi- 
zioni patologiche  tifo,  polmonite,  o  per  taluni  veleni,  curaro,  stricnina. 


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—  668  — 

affrettar  Topera  del  cuore  :  io  posi  rane  per  la  metà  posteriore  del  corpo  in 
bagno  a  38^  per  1'  a  2',  ed  1  battiti  da  25  in  ambiente  a  10^  salirono  a 
più  di  80  :  non  v'ha  che  il  calore  capace  a  portare  il  cuore  delle  rane  a 
stato  di  febbrile  frequenza,  producendosi  in  tali  casi  anche  un  discreto  grado 
di  anestesia  nelle  parti  collocate  nel  bi^o  caldo  :  recando  rane  da  ambienti 
a  10®,  in  altri  a  15®,  17^  trovai  crescere  la  frequenza  cardiaca  nella  pro- 
porzione di  quasi  due  battiti  per  ogni  grado  di  calore  in  più:  viceveisaf 
come  pur  si  conosce,  il  freddo  abbassa  assai  la  frequenza  de'  battiti:  tenni 
rane  colle  coscio  e  colla  pancia  sopra  il  ghiaccio  per  un'intera  notte  (febbraio); 
al  mattino  aveano  battiti  da  3  a  7,  colla  pelle  delle  coscie  e  del  ventre 
poco  0  quasi  punto  anestizzata  (0. 

«  Sarà  forse  per  un  certo  esaurimento,  ma  la  rana  trasportata  da  un 
ambiente  un  pochin  più  caldo,  in  altro  più  freddo,  in  cui  prima  stava,  per 
un  certo  tempo  presenta  un  battito  più  raro,  di  quello,  che  presentava  prima 
d'esser  stato  al  caldo. 

«  La  sensibilità  al  calore  di  tutti  gli  animali  e  specialmente  dei  poichi- 
lotermi  (^),  ora  per  esperienza  propria  nelle  rane,  trovo  tanto  grande,  che 
certamente  è  possibile  concepirla  facile  fonte  di  errore  nelVapprezzare  l'azione 
di  diverse  sostanze  sulla  frequenza  cardiaca,  per  cui  da  questo  lato  non  sa- 
ranno mai  troppe  le  precauzioni  da  pigliare  onde  assicurarsi  la  parte,  che 
può  avere  nel  risultato  il  variare  anche  minimo  di  temperatura  dell'ambiente 
in  cui  si  lavora,  potendo  già  avere  la  sua  quota  d'influenza,  specialmente 
d'inverno,  la  semplice  vicinanza  di  persone  all'anùnale  in  isperimento.  Questo 
fatto  unito  all'altro,  che  rane  normali  poste  in  medesimo  ambiente  sono  ca- 
paci di  aumentare  o  scemare  i  battiti  per  una  piccola  parte,  Tuna  più  o 
meno  della  compagna,  dovrà  forse  assumersi  per  concorrere  a  spiegare  i  ri- 
sultati in  apparenza  contradicenti  di  alcuni  sperimentatori. 

n  A  questo  proposito  ho  osservato,  che  se  è  basso  il  numero  primitivo 
delle  pulsazioni,  il  cuore  messo  a  nudo  tende  piuttosto  ad  aumentarle,  e  vi- 
ceversa, quando  si  presenta  dapprima  elevato  come  nella  state  per  es.  :  sulle 
rane  ho  tentato  anche  la  digitalina  in  rapporto  col  calore,  e  trovai  che  se  il 
battito  è  già  disceso  di  molto  per  es.  a  9  al  1',  allora  un  bagno  d'acqua 
a  37®  per  qualche  1'  non  vale  a  neutralizzare  o  vincere  l'azione  del  depri- 
mente :  se  per  es.  il  battito  non  è  calato  che  da  28  a  18,'  allora  il  caldo 

(^)  Negli  animili  a  sangae  caldo,  secondo  Bernard,  interviene  diversamente,  cioè  è  il 
freddo  e  non  il  caldo  ad  anestizzare  la  pelle. 

(')  A  cominciare  dalFovo  della  rana,  che  a  temperatura  più  elevata  può  accelerare 
il  suo  sviluppo  completo  anche  di  un  terzo  del  tempo  ordinariamente  necessario. 

Aggiungo  qui  un  altro  fatto,  che  ieri  m'occorse  dì  osservare  ;  studiando  i  battiti  in 
rane  mezzane  di  grandezza  a  temperatura  di  25'',  li  trovai  in  numero  di  96  a  102  al  1'; 
in  3  rane  piccolissime,  circa  il  quinto  in  peso  di  ciascuna  delle  altre,  contrariamente  ad 
ogni  aspettazione  non  arrivai  a  contarne  che  80;  la  cosa  merita  d'esser  studiata  su  più 
ampia  scala,  risalendo  anche  al  girino. 

RiNDiooNTi.  1888,  VoL.  IV,  1»  Sem.  87 


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—  664  — 

può  ancora  crescerlo,  ma  ciò  talora  si  opera  in  modo  assai  irregolare,  cioè 
si  risale  ora  a  25,  ora  a  20,  per  tornare  a  25,  rimanendo  però  sempre  sotto 
la  cifra  del  punto  primitivo  di  partenza. 

«  Dopo  Ts^ente  universale  calorico,  a  cui  nessun  vivente  si  sottrae, 
tra  le  diverse  sostanze  tentate  trovai  Talcool  assoluto  fiutato^  con  spugnetta 
per  circa  T,  poter  crescere  di  2  a  4  battiti  cardiaci  per  1',  ma  in  modo 
assai  passeggero  ed  ancora  non  costantemente  :  invece  il  medesimo  alcool 
diluito  in  diverse  proporzioni  iniettato  sotto  la  pelle,  li  ha  sempre  &tti  ca- 
lare :  ponendo  rane  in  aria  carica  di  ossigeno  mi  riuscì  crescere  di  qualche 
palpito  il  cuore,  come  pure  facendo  fiutare  per  alcuni  1''  una  spugnetta  ba- 
gnata con  ammoniaca  diluita  con  Vs  ^  V4  d'acqua  :  1  ce.  di  soluzione  di 
cloruro  sodico  0  gram.,  75  forni  un  lieve  aumento,  soluzioni  piti  cariche, 
davsmo  diminuzione. 

«  Il  solfato  neutro  di  atropina  ed  il  cloridrato  di  cocaina  alla  dose  di 
0  gram.,  0025  mi  diedero  qualche  battito  in  più  ma  a  dosi  maggiori  ve- 
niva la  diminuzione  :  quindi  per  la  cocaina  tengo  più  per  i  risulati  di  Ugo- 
lino Mosso  (^),  sebbene  abbia  esso  lavorato  con  circolazione  artificiale  in 
cuori  isolati,  che  per  quelli  di  Anrep,  benché  sperimentasse  su  cuori  in  posto. 

tt  Mosso  trovò  crescere  i  battiti,  colla  dose  0,0002,  mentre  Anrep  afferma 
non  ispiegarsi  effetto  dalla  dose  di  0,0005,  a  quella  di  0,0015,  salvo  che 
in  parte  ciò  possa  dipendere  dal  fatto  di  rane  forse  più  grosse  da  esso  usate, 
che  le  nostre  di  mezzana  grandezza. 

«  Forse  lavorando  con  uguale  diligenza,  cioè  abbassando  opportunamente 
le  dosi,  potrebbe  darsi,  che  pur  per  altre  sostanze  di  sopra  citate,  si  trovasse 
un  periodo,  in  cui  crescessero  pure  un^po*  la  frequenza. 

«  In  ogni  modo,  per  quanto  vidi,  si  tratta  sempre  di  aumento  numerico 
assai  tenue  e  per  lo  più  passeggero,  trapassando  dappoi  in  generale  a  dimi- 
nuzione, e  talora  ristabilendosi  allo  stato  quo  ante, 

«  In  vista  di  un  comportamento  così  speciale  del  cuore  d'anfibio,  pensai 
che  potrebbe  forse  la  cosa  cambiare,  se  per  mezzo  della  temperatura  si  avesse 
gìk  il  battito  elevato  ad  un  grado  da  accostarlo  a  quello  di  animali  a  sangue 
caldo  di  non  grande  frequenza  cardiaca:  agendo  anche  con  cuore  portato  a 
40,  50  battiti  per  T,  la  cosa  non  cambia,  anzi  pare  aggravarsi,  nel  senso 
che  quanto  maggiore  è  la  frequenza  cardiaca,  da  cui  si  parte,  e  più  le  so- 
stanze cimentate  tendono  in  generale  ad  abbassarla. 

«  Sarebbe  curioso  da  vedere  come  si  comportassero  da  questo  lato  gli 
animali  a  sangue  caldo  ridotti  quasi  a  sangue  freddo  con  diversi  mezzi,  che 
conosciamo,  cioè  col  taglio  del  midollo  spinale  sopra  il  rigonfiamento  brac- 
chiale,  colVimmersione  in  recipiente  a  ghiaccio,  0  dando  vernice  impermea- 
bile alla  pelle  :  con  questi  modi  si  può  portare,  senza  che  ancora  muoia,  un 

(')  Archiv.  Italien.  de  Biologie,  tom.  VUI,  fase.  IH.,  diretti  da  A.  Mosso. 


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conìglio  da  39<^  a  22®  e  veramente  per  quanto  riguarda  l'eccitabilità  dei 
nervi,  Tirritabilità  dei  muscoli,  le  loro  proprietà  elettriche,  il  rallentamento 
del  cuore  e  del  respiro  ecc.  risulta,  accostarsi  essi  agli  animali  a  sangue  freddo. 

■  Pensando  alla  grande  potenza  del  calore  per  indurre  il  cuore  in  più  rapida 
azione,  ed  alla  costante  od  almeno  generale  concomitanza  di  polso  frequente 
e  di  temperatura  elevata  negli  animali  superiori,  sotto  l'azione  di  diversi 
rimedi  e  veleni,  quasi  stavo  per  credere,  che  cotesti  accrescitori  di  batttiti 
inducessero  taV  effetto  aumentando  la  temperatura,  ma  pei  batraci  sensibilissimi 
al  calore  si  direbbe  le  sostanze  in  genere  non  agire  per  sifatta  ragione  (^), 
osservandosene  quasi  sempre  effetto  di  depressione.  Potrà  il  fatto  spiegarsi 
dalla  bassa  quota  respiratoria  che  si  verifica  nella  rana?  Risulta  dalle  spe- 
rienze  di  Begnault  e  Beiset,  che  un  chilogramma  di  rane  assorbe  per  ora 
0«^85,  il  doppio  circa  della  marmotta  in  letargo,  mentre  nell'anitra  si  ha 
1^<',882,  ma  dall'altro  lato  è  conosciuto  accentuarsi  anche  nella  rana  la  re- 
spirazione ed  il  ricambio  molecolare  durante  energico  lavoro  muscolare,  nel 
quale  ancora  non  si  trovò  elevarsi  il  battito  cardiaco. 

«  In  conseguenza  di  tutto  ciò,  i  risultati  offerti  dalle  rane,  specialmente 
per  quanto  concerne  la  frequenza  cardiaca,  male  si  possono,  almeno  in  generale, 
applicare  direttamente  agli  animali  a  sangue  caldo,  nei  quali  il  cuore  direi 
che  costituisce  l'organo  il  più  sensibile  per  concorrere  a  rivelare  anche  colla 
mutata  frequenza,  i  diversi  stati  dell'organismo  aniiùale,  che  in  esso  come 
in  fedele  specchio  si  sogliono  riflettere,  mentre  quello  degli  anfibi  o  tace  o 
risponde  con  una  nota  monotona  quasi  invariabile,  la  depressione  della  frequenza: 
sono  animali  a  sangue  ed  a  cuor  freddo  « . 


Fisiologìa.  —  Un  veleno  che  si  trova  nel  sangue  dei  mure- 
nidi.  Nota  Xni  del  Socio  A.  Mosso. 

§1- 

«  Fra  i  pesci  della  famiglia  dei  murenidi  ho  studiato  solo  il  genere  An- 
guilla, Muraena  e  Conger.  Non  ebbi  occasione  di  sperimentare  su  generi 
esotici,  benché  questi  siano  molto  numerosi. 

«  Il  siero  del  sangue  delle  anguille,  delle  murene  e  dei  congri  ha  un 
gusto  differente  da  quello  del  siero  degli  altri  pesci;  quando  se  ne  mette 
una  goccia  sulla  lingua  si  sente  un  gusto  leggermente  salato,  poi  vi  è  un  mo- 
mento in  cui  si  ha  la  percezione  confusa  di  un  sapore  alcalino,  e  dopo  10  a 
30  secondi  (raramente  dopo  uno,  o  due  minuti)  si  ha  un'  impressione  di  bru- 
ciore, ed  un  gusto  acre,  come  di  fosforo  e  di  bile.  Non  conosco  altra  sostanza 

{})  Potrebbe  questo  fatto  concoirere  a  dimostrare  la  laancanza  o  la  grande  deficienza 
in  simili  animali  dei  coti  detti  centri  termici? 


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nella  quale  esista  un  ritardo  cosi  lungo  fra  il  momento  nel  quale  si  mette 
sulla  lingua  e  quello  in  cui  se  ne  percepisce  il  sapore.  Se  in  vece  di  una 
goccia  se  ne  mettono  parecchie  in  bocca,  si  ha  una  sensazione  molestissima 
ed  irritante  che  dura  lungo  tempo  ;  e  anche  sciacquandosi  la  bocca  viene  dopo 
un  leggero  stringimento  alle  fauci,  seguito  da  abbondante  secrezione  della 
saliva:  e  si  è  molestati  per  lungo  tempo  dalla  sensazione  confusa  di  un  sa- 
pore astringente.  Forse  non  si  tratta  qui  di  un'  azione  gustativa,  ma  di  una 
irritazione  locale,  come  si  vedrà  m^lio  in  seguito  parlando  delle  iniezioni 
sottocutanee. 

«  Il  colore  del  siero  dei  pesci  può  variare  secondo  le  famiglie  ed  i  generi. 
Le  murene,  le  anguille  ed  i  congri  hanno  il  siero  fluorescente  ;  cioè  guardan- 
dolo per  trasparenza  è  giallognolo,  come  birra  chiara,  od  orina,  e  a  luce  ri- 
flessa è  di  color  bianco  azzurrognolo,  con  dei  riflessi  simili  al  petrolio,  o  alle 
soluzioni  di  chinino. 

«  Questo  però  non  ha  che  fare  colla  azione  velenosa,  perchè  bollendo  il 
siero  dei  murenidi  conserva  il  medesimo  colore  fluorescente  e  perde  l'azione 
tossica.  Tra  i  pesci  edi  rettili  ne  ho  trovati  molti  (p.  e.  la  Solea  e  la  Vi- 
pera) che  hanno  il  siero  identico  pel  colore  e  per  la  fluorescenza  al  siero  della 
murena"  e  dell'anguilla,  ma  senza  il  gusto  caratteristico,  e  senza  l'azione  velenosa. 
n  siero  del  Conger  myrus  e  del  Conger  vulgaris  ha  un  sapore  meno  bruciante 
ed  è  anche  meno  velenoso  di  quello  della  murena  e  dell'anguilla.  Il  sangue 
me  lo  procuravo  tagliando  colle  forbici  la  coda  e  raccogliendo  in  un  tubo 
di  vetro  le  goccio  che  uscivano  più  o  meno  abbondanti  (^).  La  coagulazione 
del  sangue  di  questi  pesci  succede  abbastanza  rapida  per  avere  in  alcune 
ore  parecchi  centim.  cubici  di  siero  trasparente  e  privo  di  corpuscoli.  Per 
essere  sicuro  che  l'azione  velenosa  non  dipendeva  dalla  putrefazione,  ado- 
peravo il  siero  freschissimo,  o  lo  conservavo  nel  ghiaccio.  Per  utilizzare  meglio 
il  sangue  dei  murenidi,  quando  non  era  necessario  di  conoscere  con  scrupolosa 
esattezza  la  quantità  del  siero  impiegato,  preferivo  mescolare  il  sangue  estratto 
dall'animale  con  due  volumi  di  Na  GÌ  0,75  Vo  ^  colla  macchina  centrifuga 
facevo  precipitare  rapidamente  i  corpuscoli  in  modo  da  avere  in  meno  di  un'ora 
un  liquido  limpido  e  trasparente. 

«  Del  resto  non  osservai  alcuna  differenza  fra  il  sangue  freschissimo,  e 
quello   dei  murenidi   morti  da  poco.   Cosi  che  le  anguille   fresche   che  si 

(^)  I  marenidi  hanno  poco  sangue  in  confronto  di  altri  pesci  (per  esempio  i  Belaci 
ed  i  percidi)  per  alcuni  dei  quali  ho  determinato  il  rapporto  fra  il  peso  del  corpo  e  quello 
del  sangue.  Da  un'anguilla  viva  che  pesava  1800  gr.  al  principio  di  marzo  estraggo  82  ce. 
di  sangue  cioè  circa  Vs*  del  peso  del  corpo.  Una  murena  presa  in  febbraio  neiracquarìo 
della  Stazione  zoologica  di  Napoli  che  pesava  1180  gr.  dà  12  cedi  sangue,  cioè  circa  Vto 
del  peso  totale.  I  congri  mi  diedero  anche  meno  sangue  delle  anguille  e  delle  murene. 
Ma  le  differenze  tra  i  vari  individui  sono  così  grandi,  e  il  metodo  così  fallace,  che  si 
dovrebbero  estendere  molto  queste  misure  per  ottenere  qualche  risultato  attendibile. 


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Tendono  sul  mercato,  sono  egualmente  buone  per  questi  studi  :  solo  che  il  siero 
è  un  poco  rosso  ;  ma  la  piccola  quantità  di  emoglobina  sciolta  non  influisce, 
tanto  è  micidiale  razione  del  siero. 

«  L'esperienze  sul  sangue  delle  murene  e  dei  congri  le  feci  in  parte 
alla  Stazione  zoologica  di  Napoli  e  in  parte  a  Torino.  Nell'inverno  è  facile 
aver  del  sangue  fresco  dalla  Stazione  zoologica  di  Napoli;  e  in  poco  piti  di 
24  ore  dopo  estratto  il  sangue  dai  pesci  marini,  potevo  fare  a  Torino  le 
esperienze  senza  che  esso  presentasse  alterazioni  visibili. 

K  II  sangue  ed  il  siero  puro,  od  allungato  con  la  soluzione  di  cloruro 
sodico,  venivano  sempre  centrifugati,  e  non  li  adoperavo  se  non  erano  tra- 
sparenti, per  eliminare  il  dubbio  che  i  corpuscoli  del  sangue  dei  pesci  venissero 
a  complicare  i  risultati  delle  esperienze. 

«  Per  evitare  inutili  ripetizioni  chiamerò  col  nome  di  veleno  dei  mure- 
nidi,  od  ittiotossico  «  il  veleno  del  siero  del  sangue  dell'anguilla,  della  mu- 
rena e  dei  congri  «. 

«  Riferisco  prima  alcune  esperienze  per  dare  un'idea  sonmiaria  dell'ar- 
zione  di  questo  veleno,  e  dopo  esaminerò  con  maggiori  particolari  gli  effetti 
che  produce  nei  vari  organi.   ^ 

Esperienza  L  —  Azione  del  siero  di  anguilla  sul  cane. 

7  maggio  1888. 
tt  Cane  normale  del  peso  di  15200  gr.  Frequenza  del  respiro  16  in  60".  Polso  120  in  60''. 

Ore  5.16.  Iniezione  di  0,5  ce.  di  siero  fresco  dì  anguiUa  nella  vena  giugulare. 

«  Appena  finita  Piniezione,  l'animale  si  agita  molto.  Slegato  sabito  e  messo  in  terra 

si  regge  male  snlle  gambe.  Respirazione  affannosa.  Emette  le  orine. 

Ore  5.18  cade  e  non  si  rialza  più.  Polso  90  in  60''.  Pupilla  dilatata.  Sussulti.  Accesso  di 
convulsioni.  Estremità  rigide.  Opistotono.  Perdita  delle  feci.  Le  convulsioni  durano 
circa  15".  Quando  cessano  Tanimale  non  respira  più.  Le  estremità  posteriori  sono 
insensibili:  anche  le  pressioni  fortissime  non  destano  più  alcun  movimento  riflesso. 

Ore  5.20.  L*animale  fa  qualche  movimento  respiratorio  colla  bocca:  il  polso  nelle  arterie 
è  scomparso;  mettendo  Torecchio  sul  torace  non  si  sente  più  battere  il  cuore.  Toc- 
cando la  cornea  le  palpebre  si  muovono. 

Ore  5.21.  Manca  ogni  riflesso  neirocchìo.  Compare  un  tremito  fibrillare  nei  muscoli  delle 
estremità. 

Ore  5.23.  Anche  questo  tremito  è  cessato. 

tt  Si  leva  il  sangue   dal   cuore   introducendo  un  tubo  di  vetro  dentro  la  giugulare: 

questo  sangue  non  coagula.  Il  siero  che  si  separa  dai  corpuscoli  rossi  è  trasparente.   Al 

mattino  successivo  trovo  che  vi  sono  due  strati:  Tuno  liquido,  trasparente,  e  Taltro  infe- 
riore dei  corpuscoli  rossi  che  sono  mobili  senza  coagulo. 

tt  Automa.  -    Non  si  vede  alcuna  lesione.  Cuore  in  diastole,  non  più  eccitabile  per 

le  azioni  meccaniche.  Manca  ogni  traccia  di  coagulazione  del  sangue  nel  cuore.  Polmoni 

normali.  Intestina  alquanto  congeste. 

«  Vedremo  in  seguito  che  anche  dosi  di  solo  0,02  ce.  per  chilogramma 

bastano  per  produrre  la  morte  nei  cani.  In  base  a  questa  ed  altre  esperienze 

analoghe  si  può  ritenere  come  probabile  che  un*  anguilla  del  peso  di  due 


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chilogrammi  sarebbe  capace  di  uccidere  per  lo  meno  dieci  uomini,  quando  po- 
tesse flCTFiisi  di  tutto  il  siero  del  suo  corpo,  come  fa  la  vipera  del  suo  veleno. 

«  Trattandosi  di  un'azione  tossica  del  siero  il  primo  sospetto  che  viene, 
è  che  si  tratti  di  un  fermento  il  quale  faccia  cof^ulare  il  sangue.  Ma  non 
è  così:  anzi  è  precisamente  il  contrario,  perchè  ho  visto  in  tutti  gli  animali, 
senza  alcuna  eccezione,  che  per  effetto  di  questo  veleno  il  sangue  non  coagula. 
E  non  si  altera  e  non  si  scioglie,  perchè  trovai  spesso,  come  in  questo  caso,  il 
siero  trasparente,  ed  il  sangue  incoagulabile. 

«  Pubblicherò  in  seguito  un^altra  Nota  per  dimostrare  che  razione  del- 
rittiotossico  rassomiglia  molto  al  veleno  della  vipera.  Accenno  preliminar- 
mente questa  affinità  dei  due  veleni  per  facilitare  Tinterpretazione  dei  fatti. 


«  Le  esperienze  che  ho  fatto  si  possono  dividere  in  due  gruppi:  in  uno, 
che  comprende  il  maggior  numero  di  esperienze,  gli  animali  morirono  con  forti 
convulsioni:  neiraltro  le  convulsioni  furono  deboli  e  talvolta  mancarono. 

Esperienza  IL  —  Azione  del  siero  di  anguilla  nel  cane, 
7  maggio  1888. 

ttUn  cane  del  peso  di  4620  grammi  viene  preparato  per  scrivere  la  pressione  del 
saDgne  nella  carotide  con  un  manometro  a  mercurio,  il  respiro  si  scrive  con  un  pneumo- 
grafo  di  Marey  legato  intomo  al  torace. 

a  Ore  8.42.  Si  inietta  un  centimetro  cubico  di  siero  d*anguilla.  La  respirazione  diviene 
più  frequente  e  più  forte,  l'animale  si  agita,  e  subito  succede  un  accesso  di  forti  convul- 
sioni. La  pressione  del  sangue  cresce  rapidamente  e  misura  150  millimetri.  Dopo  si 
abbassa  e  il  cuore  si  arresta.  H  torace  è  fermo  in  una  inspirazione  massima.  L'animale 
muore  in  tetano  alle  ore  3.43.  Cioè  un  minuto  dopo  Tamministrazione  del  veleno. 

a  Dopo  che  sono  cessati  i  movimenti  del  cuore  e  del  respiro  vedo  che  le  gambe  sle- 
gate fanno  dei  leggeri  movimenti.  Scopro  i  muscoli  e  trovo  che  sono  agitati  da  un  tremito 
fibrillarei  e  che  i  tendini  sono  tirati  con  scosse  irregolari.  Taglio  il  nervo  sciatico  ed  il 
nervo  crurale  e  questi  movimenti  persistono  ancora  per  qualche  minuto,  il  che  prova  che 
non  dipendono  da  eccitamenti  che  partissero  dal  midollo,  ma  che  sono  un  fatto  locale. 

«  Autossia  fatta  alle  ore  4.11.  —  Non  mostra  nulla  di  notevole.  Il  cuore  sembra  rigido 
e  contratto.  Nei  grossi  vasi  non  vi  sono  coaguli  e  cosi  pure  nel  cuore.  Il  sangue  preso  dai 
grossi  vasi  venne  messo  in  due  cilindri;  in  uno  alle  4.35  era  coagulato,  nell'altro  alle 
ore  5  è  ancora  liquido.  Nel  sangue  che  è  coagulato  non  si  separò  il  siero  ;  il  sangue  rimase 
gelatinoso,  e  il  coagulo  così  poco  denso  che  versandolo  in  un  altro  cilindro  si  disfà  tutto. 
Dopo  24  ore  il  sangue  dell'altro  cilindro  non  è  ancora  coagulato. 

Esperienza  IIL  —  Azione  del  siero  di  murena  sul  cane. 
25  maggio  1888. 
tt  Ad  un  cane  del  peso  di  6160  gr.  amministro  0,66  centim.  cub.  di  siero  di  murent, 
sciolto  con  2  volumi  di  Na  CI  0,75  per  cento.  Appena  finita  l'iniezione  l'animale  si  agita,  H 
respiro  ed  il  polso  sono  frequenti.  Messo  in  terra  cade  sul  fianco,  e  non  cerca  di  rialzarsi  ICnove 
le  gambe,  ma  non  ha  convulsioni  tetaniche.  Le  estremità  posteriori  sono  insensìbilL  Bitira 
le  anteriori  se  vengono  fortemente  compresse.  PupiUa  dilatata.  Il  torace  si  arrwiU»  poco 


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dopo  cessa  pure  la  respirazione  diaframmatica.  Il  cuore  batte  così  forte  che  si  vedono 
sollevarsi  le  coste  ad  ogpii  sistole.  Il  cane  estende  le  estremità  con  forza;  probabilmente 
per  effetto  delVasfìssia. 

tt  DalPamministrazione  del  veleno  alla  morte  sono  trascorsi  appena   cinque  minuti. 

«  AutOBsia,  —  Gli  organi  hanno  aspetto  normale.  Si  leva  il  sangue  dal  cuore  e  lo 
si  trova  fluido  senza  coaguli.  Dopo  20  minuti  non  è  coagulato,  e  nel  cilindro  in  cui  si 
è  raccolto,  i  corpuscoli  rossi  si  sono  separati  dal  siero,  il  quale  forma  uno  strato  limpido 
e  trasparente.  Raccolgo  questo  siero  con  una  pipetta,  e  lo  metto  in  un  cilindro  nel  ghiaccio. 
Dopo  due  ore  esso  non  è  ancora  coagulato,  e  così  pure  il  sangue.  H  giorno  dopo  trovo 
che  si  formò  nel  siero  un  coagulo  sottile  come  di  fibre  biancastre  sparse  nel  liquido,  che 
diventano  più  folte  verso  la  parte  inferiore  del  cilindro  in  contatto  coi  ^corpuscoli  rossi. 
Nell*altro  vaso  il  sangue  è  sciolto,  e  nel  fondo  vedesi  un  piccolo  coagulo  molle  gelatinoso. 

Esperienza  IV,  —  Azione  del  siero  di  murena  sul  cane. 

tt  Ad  un  cane  del  peso  dì  6760  grammi  iniettiamo  nella  giugulare  0,4  centim.  cubico 
di  siero  di  murena.  L'animale  si  agita,  i  battiti  del  cuore  raddoppiano  la  loro  frequenza. 
n  respiro  è  affannoso. 

«Taglio  i  nervi  vaghi  da  entrambi  i  lati.  Il  respiro  non  si  rallenta  e  i  battiti  del 
cuore  aumentano  alquanto  di  numero.  Faccio  una  seconda  iniezione  di  0,8  di  siero  di 
murena.  Succede  un  nuovo  aumento  nella  frequenza  dei  movimenti  respiratori;  la  loro 
ampiezza  è  tripla  del  normale.  È  caratterìstìca  in  questo  caso  la  debolezza  e  direi  quasi 
la  mancanza  delle  convulsioni,  malgrado  che  le  dosi  del  veleno  siano  forti.  Si  arresta  prima 
il  torace,  e  poi  il  diaframma:  il  cuore  batte  ancora  oltre  un  minuto. 

«n  sangue  nel  cuore  non  è  coagulato  ed  estratto  non  coagula. 

Esperienza   V.  —  Ajsione  del  siero  di  murena  sul  coniglio. 
21  maggio  1888. 

«  Ad  un  coniglio  del  peso  di  1030  gr.  si  amministra  0,3  ce.  di  siero  del  sangue  di 
murena  sciolto  in  2  voi.  di  Na  GÌ  0,75  %.  Dal  momento  che  si  fa  Tiniezione  del  veleno 
nella  giugulare  a  quello  della  morte  completa  passano  2'  80'^ 

u  I  fenomeni  osservati  sono  i  seguenti  :  Finita  la  iniezione  si  vede  che  il  respiro  diventa 
più  frequente.  L'animale  appena  slegato  cade  su  di  un  fianco  ed  è  paralitico.  Subito  in- 
sorge un  accesso  di  tetano,  le  estremità  diventano  rigide,  le  dite  divaricate.  La  testa  si 
piega  lentamente  sul  dorso,  e  rimane  fissa  con  forza  nella  massima  estensione. 

u  Seguono  rapidamente  tre  accessi  di  convulsioni  tetaniche:  quindi  cessa  il  respiro. 
I  muscoli  tremano,  rocchio  è  protuberante.  I  vasi  deirorecchio  contratti.  Esce  Torina.  Il 
cuore  batte  ancora.  L'animale  fa  qualche  movimento  respiratorio  colla  bocca  e  col  torace 
e  muore  ;  la  pupilla  è  dilatata,  le  muccose  della  bocca  livide.  Le  masse  intestinali  sono  scon- 
volte da  moti  peristaltici  così  forti,  che  si  vedono  a  traverso  le  pareti  dell'addome. 

u  Dopo  4  minuti  che  il  coniglio  è  morto  è  già  comparsa  la  rigidità  nelle  gambe 
posteriori;  manca  nelle  anteriori,  nella  mandibola,  e  nei  muscoli  del  collo:  dopo  altri  20 
minuti  la  rigidità  è  completa  in  tutti  i  muscoli. 

«  Il  siero  dei  murenidi  agisce  in  modo  letale  anche  quando  lo  si  inietta 
sotto  la  pelle,  o  nella  cavità  addominale. 


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Esperienza  YL  —  Azione  del  siero  di  anguilla  sulla  cavia. 
14  aprile  1888. 

tf  Ad  una  cavia  del  peso  di  290  gr.  si  iniettano  2  ce.  di  siero  d'anguilla  nella  cavità 
dell'addome  servendosi  di  nno  schizzetto  di  Pravaz. 

tf  Sono  le  ore  8.44  pom.  Si  slega  sabito  Tanimale  e  non  presenta  nulla  di  notevole. 
Ore  3.46.  Comprimendo  le  dita  delle   zampe   posteriori  l'animale  non  reagisce.  Si  lascia 

mettere  colle  gambe  larghe  senza  ritirarle. 
Ore  3.49.  Lo  stato  deiranimale  peggiora  rapidamente.  Non  si  regge  più  snlle  gambe  ;  messo 

sul  dorso  rimane  immobile.  Respirazione  affannosa  da  70  a  72  movimenti  respiratori 

in  80'^  Ha  un  aspetto  sonnolento. 
Ore  3.54.  La  congimitiva  è  ancora  sensibile;  in  tatto  il  resto  del  corpo  non  è  più  possi- 
bile ottenere  dei  movimenti  riflessi  per  mezzo  della  compressione. 
Ore  4.12.  L'animale  malgrado   tale  apparente  insensibilità  è  capace   di  muoversi  ;  dopo 

essere  rimasto  sul  dorso  si  volta  da  sé  spontaneamente. 
Ore  4.85.  Respira  a  stento,  apre  largamente  la  bocca.  Le  labbra  e  il  naso  sono  di  colore 

violaceo. 

«  Continua  per  circa  due  minuti  a  fare  delle  respirazioni  forzate,  una  ad  ogni  10  secondi 
circa.  Sono  semplici  inspirazioni  facciali  alle  quali  non  corrisponde  un  moto  visibile  del 
torace  e  dell'addome. 

«Ore  4.38.  Anche  la  bocca  cessa  di  spalancarsi,  e  il  movimento  respiratorio  è  limi- 
tato alle  narici,  poi  tutto  si  ferma.  Toccando  l'occhio  le  palpebre  non  si  muovono  più. 

a  Autopsia,  —  Cuore  in  diastole  e  fermo.  Toccato  collo  scalpello  il  ventricolo  sinistro 
fa  qualche  movimento  debole.  Le  orecchiette  pulsano  spontaneamente.  Le  anse  intestinali 
sono  fortemente  arrossate  con  macchie  emorragiche.  Si  raccoglie  circa  1  ce.  e  mezzo  di  un 
liquido  sieroso  rossastro  in  fondo  alla  cavità  addominale,  che  però  non  ha  il  sapore  del 
siero  dell'anguilla.  Malgrado  questa  infiammazione  che  si  estende  alle  pareti  dell'addome,, 
l'animale  non  ha  mai  gridato  o  dato  segno  di  dolore. 

«  In  altri  porcellini  ai  quali  iniettai  il  siero  d'anguilla  sotto  la  pelle 
del  dorso,  gli  effetti  non  furono  cosi  pronti,  forse  perchè  l'assorbimento  fu  meno 
rapido  che  non  per  mezzo  della  cavità  addominale.  In  questi  casi  osservai  una 
azione  irritante  locale,  e  il  tessuto  sotto  la  pelle  del  dorso,  dove  si  era  fer- 
mato il  veleno  era  infiammato  :  le  masse  intestinali  non  presentavano  alcuna 
traccia  di  congestione. 

Esperienza  VII.  —  Azione  del  siero  d'anguilla  sulla  cavia. 

a  Ad  un  altro  porcellino  del  peso  di  120  gr.  al  quale  iniettai  poco  meno  di  1  ce.  di 
siero  di  anguilla  nella  cavità  addominale  alle  9,53,  i  fenomeni  osservati  sono  alquanto  diffe- 
renti. Dopo  8  minuti  l'animale  ha  già  un  aspetto  sofferente,  e  poggia  il  muso  sulla  tavola, 
è  sonnolento,  socchiude  gli  occhi,  tiene  le  gambe  in  una  posizione  anormale. 
Ore  10.  Toccato  sembra  svegliarsi;  messo  sul  dorso  riprende  subito  la  posiziono  di  prima 

e  ritorna  a  socchiudere  gli  occhi  come  se  dormisse. 
Ore  10.10.  L'animale  che  aveva  presentato  prima  delle  contrazioni  irregolari  dei  niuscoli  deUa 

faccia  e  dei  muscoli  masticatori  e  specialmente  delle  orecchie,  per  cui  avvicinava  il 

padiglione  alla  testa,  ora  presenta  dei  veri  sussulti  della  testa  o  delle  estremità  come 

se  rinculasse  ;  ed  emette  contemporaneamente  un  gemito. 


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—  671  — 

Ore  10,15.  E  più  depresso:  non  si  regge  più  sulle  gambe;  sta  accosciato  sul  ventre. 
Ore  11.  Messo  sul  dorso  cerca  di  rialzarsi,  ma  non  riesce  che  a  volgersi  di  fianco,  e  rimane 

in  questa  posizione.  H  respiro  è  di£Eicile.  Spalanca  la  bocca.  La  sensibilità  delle  zampe 

non  è  ancora  scomparsa.  Alle  11,80  è  morto. 

«  Autossia.  Le  anse  intestinali,  il  grande  epiploon,  il  peritoneo  sono  fortemente  inietr 
tati.  Nella  cavità  deiraddome  raccolgo  3  o  4  ce.  di  un  liquido  roseo  che  al  microscopio 
trovasi  contenere  molti  corpuscoli  rossi  del  sangue  di  coniglio  e  pochi  leucociti. 

«  Anche  i  piccioni  muoiono,  se  si  inietta  loro  uno  o  due  centimetri  cubici 
di  siero  di  anguilla  o  di  murena  neir addome.  La  morte  si  produce  solo  dopo 
parecchie  ore  ;  e  nel  punto  dove  fu  iniettato  il  veleno  si  vede  che  ebbe  una 
azione  irritante. 

«  Nello  studio  delle  dosi  minime  di  siero  dei  murenidi,  capaci  di  pro- 
durre la  morte  nei  mammiferi,  trovai  che  il  quadro  del  veneficio  si  modifica 
notevolmente.  Intorno  a  questo  soggetto  mi  riserbo  di  fare  ulteriori  ricerche, 
intanto  riferisco  come  saggio  una  esperienza  fatta  su  di  un  coniglio. 

Esperienza  Vili.  —  Azione  del  veleno  dell'anguilla  sul  coniglio. 

11  maggio  1888. 

Ore  9.10  antim.  Un  coniglio  del  peso  di  1510,  riceve  0,4  ce.  di  siero  di  anguilla  sciolti 
in  4  ce.  di  Na  CI  0,75  %  nella  cavità  addominale  per  mezzo  di  uno  schizzetto  di  Pravaz. 

Ore  9.30.  L'animale  tiene  la  testa  in  una  forte  estensione  sul  dorso:  è  intontito  e  come 
ipnotizzato  :  non  si  lascia  spaventare,  e  non  si  muove  minacciandolo.  Pare  che  le  estre- 
mità siano  insensibili,  perchè  comprimendo  le  zampe  posteriori  non  reagisce. 

Ore  9.40.  Spande  Torina. 

Ore  9.45.  Messo  in  terra  si  muove  spontaneamente,  ma  cammina  male. 

Ore  9.55.  Cade  su  di  un  fianco  e  non  si  rialza.  Temperatura  anale  87o,6.  Le  masse  inte- 
stinali eseguiscono  dei  forti  movimenti  che  si  comunicano  alle  pareti  addominali. 
Pupilla  ristretta. 

Ore  10.5.  Di  quando  in  quando  alza  il  capo  e  tenta  sollevarsi  aiutandosi  colle  zampe  ante- 
riori, ma  non  può.  Non  muove  mai  le  gambe  posteriore  Finalmente  riesce  a  voltarsi  ; 
e  poggia  sulla  tavola  Taddome  e  il  torace  colla  testa  sollevata  indietro.  Poi  socchiude 
gli  occhi  e  la  testa  si  piega  poco  per  volta  air  innanzi  fino  a  che  viene  a  toccare  la 
tavola  col  muso.  Le  gambe  posteriori  sono  ancora  sensibili,  perchè  eccitandole  il 
coniglio  si  sveglia  e  reagisce. 

Ore  11.5  è  sempre  nelle  stesse  condizioni. 

Ore  12  è  inmiobile  e  pare  assopito  ;  poggia  la  bocca  sul  pavimento  tenendo  la  testa  in  mezzo 
alle  gambe,  e  la  parte  posteriore  del  corpo  è  piegata  di  fianco  colle  gambe  estese. 

Ore  12.30.  Ritomo  al  laboratorio  e  trovo  che  il  coniglio  è  già  morto  e  rigido:  ma  nessuno 
l'avrebbe  creduto  morto,  guardando  il  suo  atteggiamento.  L'animale  deve  aver  cambiato 
posizione  dopo  le  12  perchè  ora  l'addome  e  il  torace  poggiano  sul  pavimento  colle 
gambe  ripiegate  sui  lati  e  avvicinate  al  corpo.  La  testa  poggia  col  muso  ed  è  messa 
bene  verticalmente  colle  orecchie  diritte.  Sollevo  parecchie  volte  il  coniglio  ed  è  così 
rigido  in  tutti  i  suoi  muscoli,  che  non  si  altera  punto  l'atteggiamento  fisiologico  col 
quale  attraversò  l'agonia  e  la  morte  senza  scomporsi  e  muoversi. 


«  Le  rane  non  sono  immuni  alV azione  letale  del  siero  dei  murenidi. 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1*»  Sem.  88 


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Esperienza  IX.  —  Ajsione  del  siero  di  anguilla  sulla  rana, 

9  maggio  1888. 

tt  Ad  una  rana  escalenta  si  inietta  042  ce.  di  siero  di  anguilla  sotto  la  pelle  del 
dorso  con  uno  schizzetto  di  Pravaz  alle  ore  3  p.  Dopo  due  ore  la  rana  è  alquanto  eccitata, 
perchè  salta  continuamente  urtando  col  capo  contro  la  campana,  come  se  volesse  fuggire. 
Ore  7,30.  Sembra  morta  e  si  lascia  mettere  in  tutti  gli  atteggiamenti  ;  il  cuore  batte  bene  ; 
per  riflessione  guardando  le  pareti  del  torace  si  contano  20  sistoli  in  30''. 

«  I  nervi  sono  poco  eccitabili  colle  correnti  indotte;  solo  adoperando  degli  eccitamenti 
che  si  possono  dire  forti  per  la  lingua  ottengo  delle  contrazioni  nei  muscoli  della 
gamba,  mettendo  gli  elettrodi  sopra  la  pelle  in  corrispondenza  del  nervo  sciatico.  Taglio 
la  pelle  e  scopro  questo  nervo:  fra  i  muscoli  vi  è  una  vena  che  ledo  inawertentemente 
nel  mettere  gU  elettrodi  sotto  il  nervo.  Inmiediatamente  si  spande  molto  sangue  nella  ferita, 
il  che  prova  che  la  circolazione  è  ancora  abbastanza  attiva.  L*eccitabilità  del  nervo  sciatico 
scoperto  è  molto  diminuita  in  confronto  dello  stato  normale.  Per  ottenere  una  contrazione 
dei  muscoli  della  gamba,  bisogna  impiegare  una  corrente  indotta  che  si  sente  bene  distinta 
sulla  punta  della  lingua.  Faccio  il  confronto  con  una  rana  uccisa  di  fresco:  e  trovo  che 
la  diminuzione  della  eccitabiUtà  è  grandissima  da  26  a  16  cent,  sulla  scala  arbitraria  del 
mio  apparecchio  a  slitta. 

u  Alle  10,30  è  già  comparsa  la  rigidità;  nella  rana  che  uccisi  alle  ore  7  non  vi  è 
traccia  di  rigidità.  I  muscoli  sono  così  rigidi  che  non  si  piegano  tenendo  le  gambe  per 
Testremità  delle  dita  in  modo  che  sorreggano  tutto  il  peso  del  corpo.  Le  correnti  massime 
che  da  un  rocchetto  ad  induzione,  sono  affatto  inattive  sui  muscoli  delle  zampe  posteriori, 
sul  midollo,  sullo  sciatico,  mentre  che  invece  portando  questo  eccitamento  sopra  i  muscoli 
della  nuca  e  delle  estremità  anteriori,  questi  si  contraggono  ancora.  I  muscoli  dell*addome 
sono  pure  eccitabili. 

«  Nel  mattino  successivo  la  rana  avvelenata  è  ancora  rigida,  mentre  che  due  rane 
uccise  ieri  sera  alle  7  pom.  non  sono*  ancora  irrigidite  :  e  quantunque  si  fosse  distrutto  il 
midollo  in  entrambe,  i  muscoli  ed  il  nervo  sciatico  sono  eccitabili  tanto,  che  una  corrente 
che  non  sento  sopra  la  lingua  applicata  sul  nervo  sciatico  produce  delle  forti  contrazioni 
dei  muscoli. 

§11. 

Proprietà  generali  dell' ittiotossico. 

«  Alcane  esperienze  che  feci  per  determinare  la  natura  del  veleno  dei  mu- 
renidi  sono  tanto  elementari  che  basta  enunciarne  i  risultati. 

«  I.  Il  siero  dell'anguilla  e  della  murena,  perdono  il  gusto  acre  e  bru- 
ciante se  viene  riscaldato  a  100^. 

«  II.  Il  siero  dell'anguilla  e  della  murena  dopo  che  venne  riscaldato 
a  100*  non  è  più  velenoso. 

«  III.  Il  siero  dell'anguilla  e  della  murena  essicato  colla  macchina 
pneumatica  e  ridisciolto  conserva  il  suo  gu^to  e  la  sua  azione  tossica. 

«  lY.  Il  siero  dell'anguilla  e  della  murena  non  contiene  sali  della 
bile,  né  sostanze  coloranti  biliari. 


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«  V.  La  parte  velenosa  del  siero  dei  murenidi  non  si  scioglie  nel- 
Talcool  a  90*». 

«  VI.  Il  siero  della  murena  e  dell* anguilla  iniettato  nell'intestino  tenue 
con  un  schizzetto  di  Pravaz  a  traverso  le  pareti  addominali  produce  la  morte. 

«  VII.  Introdotto  nello  stomaco  è  innocuo. 

fi  Vili,  n  succo  gastrico,  Tacido  acetico  e  Tacido  cloridrico  distrug- 
gono la  parte  velenosa  del  siero  dei  murenidi. 

«  IX.  La  putre&zione  nel  siero  dei  murenidi  si  manifesta  nello  stesso 
tempo  dopo  la  morte,  che  nel  siero  degli  altri  pesci. 

«  X.  L'ittiotossico  è  probabilmente  una  sostanza  albuminosa. 
«  Da  questi  primi  saggi  fatti  per  conoscere  le  proprietà  dell'ittiotossico 
si  può  già  conchiudere  che  ha  qualche  rassomiglianza  col  veleno  dei  serpenti. 
La  differenza  e  le  affinità  neirazione  fisiologica  si  vedranno  meglio  nella 
seguente  Nota  » . 


Fisiologia.  —  Azione  fisiologica  del  veleno  che  si  trova  nel  sangue 
dei  murenidi.  Nota  XIV  del  Socio  A.  Mosso. 

§1. 
Re^pirasione. 

«  Buon  numero  di  esperienze  le  feci  col  metodo  grafico,  e  scrissi  il  respiro 
addominale  e  toracico,  la  pressione  del  sangue^e  il  polso  della  carotide  ecc.  In 
questa  comunicazione  preliminare  accennerò  solo  i  risultati  ottenuti,  e  pubbli- 
cherò poi  nelle  Memorie  dell' Accademia  le  grafiche  e  completerò  lo  studio 
comparativo  del  veleno  dei  murenidi  con  quello  della  vipera. 

«  Il  primo  effetto  che  produce  Tittiotossico  è  un  aumento  della  firequenza 
del  respiro.  Questo  fatto  è  di  origine  centrale  e  non  dipende  dairazione  dei 
vaghi:  ho  provato  a  tagliare  i  due  nervi  vaghi  appena  compariva  l'accele- 
ramento del  respiro,  e  non  ottenni  il  rallentamento  caratteristico  che  si  osserva 
sempre  dopo  tale  operazione.  Ho  già  riferito  in  esteso  una  di  queste  espe- 
rienze nella  Nota  XIII,  esperienza  lY. 

s  II  fenomeno  che  nella  morte  per  il  veleno  dei  murenidi  si  può  accer- 
tare più  facilmente,  è  l'arresto  del  respiro.  Prima  cessano  i  movimenti  respi- 
ratori del  torace,  poi  quelli  dell'addome,  ed  in  ultimo  compaiono  e  si  rinfor- 
zano quelli  della  faccia,  mentre  il  cuore  batte  ancora  fortemente. 

«  La  morte  succede  però  in  modo  diverso  secondo  le  dosi.  Per  dosi 
mortali  medie,  che  sono  di  0,02  a  0,03  per  chilogrammo  di  cane  si  arresta 
prima  il  respiro  e  poi  il  cuore.  Le  dosi  più  forti  possono  arrestare  contem- 
poraneamente il  respiro  ed  il  cuore,  e  colle  dosi  massime  l'animale  muore 


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istantaneamente  per  un  arresto  del  cnore,  mentre  il  torace  e  l'addome  e  spe- 
cialmente la  bocca,  continuano  per  qualche  minuto  a  muoversi. 

Esperienza  L  —  Siero  di  anguilla. 

10  maggio  1888.  Cane  del  peso  di  4350  grammi. 

tt  Ore  9,48.  Si  inietta  neUa  rena  gingnlare  0,2  centim.  cnbico  di  siero  di  angnilla  ('). 

tt  Scrivo  i  movimenti  respiratori  col  pnenmografo  di  Marey  legato  intomo  al  torace» 
il  polso  del  cuore  lo  scrivo  coirapparecchio  di  gomma  elastica  fatto  col  dito  di  guanto  e 
la  trasmissione  ad  aria  ad  un  timpano  registratore  secondo  il  metodo  di  Marey. 

tt  L'animale  finita  Tinìezione  fa  ancora  cinque  o  sei  movimenti  respiratori  normali; 
poi  improvvisamente  (senza  che  si  modifichi  il  respiro  od  il  polso)  scoppia  un  accesso  di 
convulsioni.  L'animale  si  agita  così  forte  per  circa  un  minuto  che  non  è  possibile  scrivere 
bene  il  tracciato. 

tt  Alle  9,50  appena  cessano  le  convulsioni,  il  polso  è  più  lento,  e  la  pressione  del  sangue 
diminuisce.  In  30  secondi,  prima  si  registravano  48  pulsazioni,  ora  ve  ne  sono  20.  La  pres- 
sione continua  a  scemare  e  l'altezza  delle  pulsazioni  carotidee  diminuisce  in  altezza.  Il 
respiro  diviene  irregolare,  poi  il  torace  si  dilata  lentamente,  e  rimane  fermo  in  posizione 
inspìratoria.  H  cuore  continua  a  battere  con  grande  frequenza,  56  in  30  secondi.  Scrivo  per 
(luasi  un  minuto  il  polso  deUa  carotide,  mentre  il  respiro  è  cessato  completamente. 

«  Alle  9,52  si  contraggono  fortemente  le  estremità.  Sembrano  contrazioni  dovute 
all'asfissia,  ma  non  ne  sono  sicuro,  perchè  si  ripetono  due  accessi  a  breve  intervaUo  e  nel 
primo  il  cane  muove  le  gambe  ripetutamente  come  se  nuotasse.  Durante  questi  accessi  vi 
è  perdita  delle  feci  e  dell'orina. 

tt  Si  fa  la  respirazione  artificiale  col  soffietto  ;  ii  cuore  batte  bene  ;  esistono  ancora  i 
riflessi  patellari,  e  manca  ogni  altro  movimento  riflesso;  la  pupilla  è  dilatata.  H  polso 
diventa  più  debole  e  frequentissimo,  poi  cessa.  L'animale  muore. 

«  Si  vede  da  questa  esperienza  che  per  la  dose  di  0,046  per  chilogrammo 
di  cane,  non  basta  più  la  respirazione  artificiale  per  salvare  la  vita. 


«  Biferisco  un  esperimento  nel  quale  si  amministrò  la  dose  di  0,028  gr.  di 
siero  per  chilogrammo.  In  questa  esperienza  la  respirazione  artificiale  diede 
tempo  al  centro  respiratorio  di  rimettersi  :  e  riprendendo  questo  le  sue  fanzioni 
comparve  il  fenomeno  della  respirazione  periodica,  o  remittente.  Bipetendo 
dopo  un  certo  tempo  la  stessa  dose  l'animale  soccombe  malgrado  la  respi- 
razione artificiale. 

Esperienza  IL  —  Siero  di  anguilla. 

11    maggio  1888.  Cane  del  peso  di  12000  grammi. 

tt  Si  prepara  la  trachea,  la  vena  e  la  carotide  e  si  scrive  il  tracciato  normale  della 
respirazione  toracica  e  del  polso  come  nella  esperienza  precedente. 

«  Alle  ore  3,10  pom.  si  inietta  0,25  centim.  cubico  siero  dì  anguilla. 

(■)  Per  dosare  meglio  le  piccole  quantità  di  siero  adopero  una  soluzione  che  contiene 
V*  siero  e  'A  Na  CI  0,75  Vo  •  Dopo  la  prima  iniezione  del  siero  nella  giugulare  faccio 
l'iniezione  neUa  vena,  un'altra  iniezione  di  un  centim.  cubico  di  cloruro  sodico  0,75  %  per 
pulire  la  cannula. 


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«  L^altezza  delle  pulsazioDÌ  diminuisce,  ma  non  diminuisce  la  pressione.  H  respiro  è 
più  frequente.  A  un  certo  ponto  il  onore  rallenta  i  suoi  battiti  ed  il  respiro  continua  colla 
medesima  frequenza.  Subito  dopo  succede  un  accesso  di  convulsioni  che  dura  pochissimo; 
quando  cessa,  la  pressione  diminuisce.  Il  polso  diventa  più  piccolo  ed  il  respiro  irregolare 
e  superficiale;  quindi  si  arresta.  Aspetto  un  minuto  e  vedendo  che  né  il  torace,  né  l'ad- 
dome si  muovono,  faccio  eseguire  la  respirazione  col  soffietto.  Si  continua  per  due  minuti 
circa  senza  che  Tanimale  faccia  spontaneamente  qualche  moto  respiratorio.  Faccio  cessare 
la  respirazione  artificiale  per  vedere  se  TasfisBia  incipiente  possa  destare  la  funzione  del  re- 
spiro, resa  inerte  forse  dall'apnea.  Infatti  succede  una  pausa  di  quasi  un  minuto,  e  dopo 
il  cane  fa  un  moto  inspiratorio  profondo.  Lo  aiuto  ancora  per  qualche  minuto  colla  respi- 
razione artificiale,  finché  comparisce  la  respirazione  spontanea  e  continua  da  sé. 

u  La  frequenza  del  respiro  è  la  metà  minore  di  quanto  era  nello  stato  normale,  e 
ha  dei  periodi  che  corrispondono  al  tipo  di  Cheyne  e  Stokes  che  ho  chiamato  respira- 
zione remittente  (*)  cioè  non  esiste  un'interruzione,  ma  ad  ogni  9  o  12  o  15  movimenti  respi- 
ratori ne  succede  uno  più  profondo  e  subito  dopo  questo  gli  altri  movimenti  diventano 
più  superficiali,  e  dopo  si  fa  una  scala  di  inspirazioni  successivamente  crescenti  fino  a  che 
se  ne  produce  una  massima. 

Ore  3,31  ripeto  l'iniezione  dì  0,25  cent,  cubico  del  siero  di  anguilla.  Succede  subito  un 
accesso  di  contrazioni  tetaniche  e  il  cuore  si  arresta;  succedono  altre  contrazioni  deboli,  men- 
tre il  respiro  addominale  é  abbastanza  forte.  Appena  vediamo  che  il  respiro  si  ferma,  fac- 
ciamo subito  col  soffietto  la  respirazione  artificiale,  ma  senza  alcun  risultato.  L'animale 
muore  alle  3,34,  cioè  tre  minuti  dopo  l'iniezione  della  seconda  dose  di  veleno. 

t  Nel  momento  che  cessa  il  respiro  e  mentre  si  faceva  ancora  la  respi- 
razione col  soffietto  scoprii  il  plesso  bracchiale,  ed  i  nervi  che  vanno  al  torace, 
eccitandoli  con  una  corrente  indotta  dell'apparecchio  a  slitta,  la  qnale  appena 
si  sentiva  sulla  lingua,  trovai  che  i  nervi  erano  bene  eccitabili.  Questo  dimostra 
che  l'arresto  del  respiro  dipende  da  un  disturbo  della  funzione  del  centro 
respiratorio  e  non  da  una  paralisi  dei  nervi  periferici. 


»  L'arresto  del  respiro  è  il  fatto  più  caratteristico  e  il  punto  dove  Ap- 
pare meglio  evidente  la  rassomiglianza  dell'ittiotossico  col  veleno  dei  ser- 
penti. Non  cito  gli  autori  antichi  perchè  le  loro  idee  sulle  funzioni  dell'or- 
ganismo erano  troppo  diverse  dalle  nostre  e  perchè  l'analisi  fisiologica  si  fa 
ora  con  altro  indirizzo. 

«  Uno  dei  lavori  più  importanti  è  quello  che  Lauder  Brunton  pubblicò 
con  I.  Payrer,  Sul  veleno  dei  serpenti  dell'India  {}).  Quivi  è  detto  che 
l'azione  sui  movimenti  respiratori  è  la  più  importante,  e  che  la  morte  per 
il  morso  dei  serpenti  è  dovuta  all'arresto  del  respiro  per  la  paralisi  del  mi- 
dollo spinale,  e  in  parte  per  la  paralisi  dei  nervi  motori  che  si  distribuiscono 
ai  muscoli  respiratori. 

«  Quando  mi  accorsi  dell'affinità  che  l'ittiotossico  aveva  col  veleno  dei 
serpenti  ho  voluto  fame  il  paragone  con  quello  della  vipera.  Sapendo  dalla 

(')  A  Mosso,  La  respirazione  periodica  e  la  respirazione  di  lusso.  Memorie  della 
R.  Accademia  dei  Lincei,  1886. 

(«)  Proceedings  of  the  Royal  Society.  Voi.  XXn,  p.  118,  1874. 


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pubblicazione  fatta  dal  prof.  Bomiti  che  a  Siena  vi  sono  delle  vipere  cosi 
grosse  che  una  sola  ha  potuto  uccidere  un  uomo  mordendolo  (^)  pr^;ai  il 
sig.  Brogi  di  mandarmi  le  vipere  aspis  più  grosse  che  egli  potesse  trovare 
nei  dintorni  di  Siena.  Tagliai  la  testa  a  due  di  queste  vipere  e  scoperte  le 
ghiandole  feci  uscire  dal  loro  interno  con  leggera  pressione  alcune  gocce  di 
veleno  di  colore  giallognolo  e  dì  reazione  acida,  che  dai  denti  feci  cadere  in 
un  vetro  da  orologio.  Ne  pesai  0,0561  grammi,  lo  sciolsi  in  1  ce.  dì  cloruro 
sodico  0,75  per  cento  e  feci  la  seguente  esperienza. 

Esperienza  III.  —  Azione  del  veleno  della  vipera, 

22  maggio  1888. 

u  Cane  normale  del  peso  di  7300  grammi.  Scrivo  il  respiro  col  puenmografo  dì  Marey 
messo  intorno  al  torace,  e  il  polso  del  onore  col  dito  di  gomma  elastica  e  la  trasmissione 
ad  aria  secondo  il  metodo  Marey.  Fatta  una  Unea  di  tracciato  normale  alle  ore  1.40  pom. 
inietto  nella  giugulare  il  veleno  della  vipera.  Succede  immediatamente  un  aumento  nella 
frequenza  e  nella  forza  dei  movimenti  respiratori,  il  cuore  invece  rallenta  e  rinvigorisce 
i  suoi  battiti.  Dopo  15''  che  si  è  fatta  V  iniezione  il  torace  e  Taddome  soi^o  completamente 
immobili.  Le  estremità  deiranimale  sono  rigide.  Il  torace  si  dilata  lentamente.  H  tracciato 
scritto  dal  pneumografo  segna  una  linea  che  si  solleva  gradatamente,  nella  quale  si  vede  un 
tremito  rapidissimo  dei  muscoli  toracici.  Questa  linea  si  solleva  lentamente  per  un  minuto 
e  mezzo  circa,  finché  il  torace  si  ferma  nella  sua  massima  dilatazione. 

tt  II  cuore  in  questo  frattempo  batte  con  una  frequenza  minore  del  normale,  cioè  di 
8  pulsazioni  in  IO''  e  le  sistoli  sono  forti.  Però  circa  1  minuto  e  mezzo  dopo  che  il  respiro 
è  cessato,  i  battiti  cardiaci  cominciano  a  diventare  più  piccoli  e  piti  frequenti  del  normale. 
A  questo  punto  faccio  eseguire  la  respirazione  artificiale  comprimendo  il  torace  colle  mani 
e  scopro  la  trachea  per  fare  il  respiro  col  soffietto. 

tt  AU1.45  incomincia  regolarmente  la  respirazione  artificiale  :  continua  per  un  minuto, 
ma  il  cuore  non  si  rinforza.  Sospendo  il  respiro  per  30",  e  non  vi  è  alcun  segno  che 
Tanimale  tenda  a  respirare  spontaneo.  Si  continua  il  respiro  artificiale  per  10  minuti  fino 
airi  .55.  n  cuore  batte  regolarmente  da  39  a  40  pulsazioni  in  10  secondi.  I  vasi  sanguigni 
sono  immohili  perchè  la  linea  del  tracciato  del  polso  carotideo  si  mantiene  diritta  ed 
orizzontale;  anche  sospendendo  il  respiro  per  30  secondi  la  pressione  non  cambia,  il  che 
dimostra  che  vi  è  una  paralisi,  od  una  insensibilità  profonda  dei  vasi. 

«Airi. 57  sospendo  la  respirazione  artificiale  per  50  secondi:  la  pressione  del  sangue 
aumenta  pochissimo  e  solo  in  fine  si  manifesta  la  tendenza  ad  aumentare.  Le  sistoli  del 
cuore  non  modificano  la  loro  frequenza.  Vedendo  che  il  cane  è  divenuto  così  profon- 
damente insensibile,  eccito  le  estremità  posteriori  con  delle  correnti  indotte  fortissime,  e 
guardo  la  pupilla  che  è  mediocremente  dilatata,  ma  essa  non  reagisce.  Ripeto  Tesperienza 
sull'altra  gamba,  e  pure  senza  effetto.  Faccio  eseguire  Teccitamento  nella  regione  delVano, 
e  l'animale  è  insensibile.  Anche  la  cornea  non  è  più  eccitabile. 

tt  Essendomi  persuaso  che  per  il  veleno  deUa  vipera  è  scomparsa  ogni  traccia  di  sen- 
sibilità, faccio  continuare  per  un'ora  la  respirazione  artificiale. 

a  Alle  ore  2.40  il  cane  respira  da  sé.  I  movimenti  sono  poco  profondi,  ma  regolari 
da  8  a  9  in  30".  Il  polso  è  piccolo  e  frequente,  30  pulsazioni  in  10'^ 

u  Quantunque  l'animale  sia  slegato  non  fece  mai  il  più  piccolo  movimento.  Alle 

0)  Romiti,  Archives  italiennes  de  biologie.  Tome  Y,  1884,  p.  87. 


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ore  8.3  succede  una  contrazione  forte  dei  muscoli  estensori  delle  gambe  e  cessa  il  respiro. 
Le  sistoli  cardiache  cambiano  pare  di  forma  e  di  frequenza  :  diventano  più  forti  e  più  lente  ; 
da  8  a  9  in  1(/'.  Dopo  circa  2(/'  comparisce  un  movimento  inspiratorio  spontaneo  e  pro- 
fondo. Aspetto  ancora  20  secondi,  e  poi  vedendo  che  il  respiro  non  compare  ricomincio  la 
respirazione  artificiale  col  soffietto.  Il  polso  toma  a  diventare  frequente,  ciò  che  dimostra 
che  il  precedente  ritardo  che  si  produsse  durante  e  dopo  le  convulsioni  era  forse  dovuto 
ad  una  eccitazione  dei  centri  nervosi  alForigine  del  vago. 

«  Alle  ore  3.12  si  sospende  il  respiro  artificiale,  ma  senza  effetto  sul  cuore  e  sul  centro 
respiratorio  che  è  di  nuovo  paralizzato. 

li  Alle  ore '3.13  si  prende  la  temperatura  nel  retto  =»  36*^,2.  Sospendendo  il  respiro 
si  vede  qualche  leggero  movimento  del  diaframma  trasmesso  alFaddome,  il  torace  e  tutto  il 
corpo  è  immobile.  Eccito  il  nervo  crurale  con  una  corrente  indotta,  succede  una  contrazione 
forte  dei  muscoli  corrispondenti,  ma  Tanimale  non  dà  alcun  segno  di  sentire  il  dolore  e 
la  pressione  del  sangue  non  varia.  Mancano  sempre  i  riflessi  delle  palpebre  quando  si  tocca 
la  cornea. 

u  Si  continua  colla  respirazione  artificiale.  Alle  3.26  si  sospende  e  Vedesi  che  Tanl- 
male  muove  spontaneamente  Taddome.  I  movimenti  del  diaframma  si  ripetono  colla  fre- 
quenza di  6  al  minuto,  e  rassomigliano  come  ad  un  colpo  di  singhiozzo,  tanto  è  rapida 
la  contrazione  del  diaframma.  La  frequenza  del  polso  è  60  in  30^'. 

tt  Alle  8.45  «uccede  un  altro  accesso  leggero  di  contrazioni  L^animale  estende  lenta- 
mente, ma  con  forza  le  estremità;  i  muscoli  tremano,  e  il  respiro  cessa,  il  cuore  si  rallenta. 
Non  aiuto  più  Tanimale  col  respiro  artificiale  ed  esso  muore  senza  altre  convulsioni. 

«  Ore  3,50.  Levo  il  sangue  dalla  giugulare  con  un  tubo  di  vetro  piegato  ad  angolo 
retto  che  entra  fino  al  cuore,  e  raccolgo  il  sangue  in  un  cilindro.  Questo  sangue  non  coa- 
gula, n  giorno  successivo  è  ancora  perfettamente  liquido:  il  siero  è  rosso. 

«  AiUonia,  Nel  cuore  e  nei  grossi  vasi  non  vi  sono  coaguli.  Del  resto  nulla  di  no- 
tevole :  solo  ì  polmoni  sono  un  po'  ingorgati  e  un  po'  meno  crepitanti  del  normale. 

«  Ho  riferito  questa  esperienza  alquanto  in  esteso  perchè  essa  ci  dà 
un*idea  esatta  del  meccanismo  di  azione  del  veleno  della  vipera,  e  dimostra 
l'utilità  della  respirazione  artificiale;  ma  più  che  tutto  perchè  ci  permette 
di  paragonare  nei  loro  effetti  mortali  le  dosi  del  siero  di  anguilla  col  veleno 
della  vipera.  Vediamo  cioè  che  il  cane  dell' esperienza  II,  il  quale  pesava 
12000  gr.,  è  morto  per  una  dose  di  veleno  di  siero  di  anguilla  eguale  a 
0,0208  per  chilogramma,  mentre  questo  che  pesava  7300  gr.  è  morto  un 
po'  meno  rapidamente  per  una  dose  di  0,0077  gr.  di  veleno  della  vipera 
per  chilogramma.  Si  può  dunque  dire  che  per  i  cani  il  veleno  della  vipera 
è  circa  tre  volte  più  velenoso  del  siero  di  anguilla. 

§11. 

Onore  e  vasi  sanguigni. 

«  Il  siero  dei  murenidi  ha  poca  azione  sul  cuore  delle  rane.  Se  si  met- 
tono in  due  vetri  da  orologio  due  cuori  di  rana,  e  ad  uno  si  aggiunge  sem- 
plicemente qualche  goccia  di  cloruro  sodico  al  0J5  per  cento,  e  all'altro 
qualche  goccia  di  siero  d'anguilla,  non  è  apprezzabile  la  differenza  colla  quale 
in  entrambi  si  spegne  poco  per  volta  il  moto. 


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—  678  — 

«  Sul  cuore  scoperto  di  una  rana,  ho  messo  una  goccia  del  siero  di  mu- 
rena, e  non  vidi  alcim  effetto. 

«  Non  ho  fatto  esperienze  colla  circolazione  artificiale  in  modo  che  il 
veleno  agisse  dalla  superficie  interna  del  cuore.  Forse  queste  esperienze  da- 
ranno risultati  più  evidenti  ;  ma  già  si  vede  che  Tittiotossico  non  esercita 
una  azione  efficace  sul  cuore. 

«  Questo  stabilisce  un  altro  punto  di  rassomiglianza  fra  il  veleno  dei 
murenidi  e  quello  dei  serpenti  (^).  Però  nelle  rane  che  avvelenavo  coU'ittio- 
tossico  il  cuore  cessava  di  battere  assai  prima  che  in  quelle  alle  quali  di- 
struggevo il  midollo.  Forse  le  esperienze  che  si  fanno  estirpando  o  scoprendo 
il  cuore  durano  poco,  e  il  cuore  si  altera  per  altre  cause  prima  che  Fazione 
locale  del  veleno  possa  rendersi  evidente  (2). 

«  Cercando  se  il  siero  dei  murenidi  era  velenoso  per  i  pesci,  ho  visto 
che  le  motelle  morivano  coli' iniezione  di  un  centimetro  cubico  di  siero  di 
murena  nella  cavità  addominale,  e  in  un  caso  tre  ore  dopo  Tiniezione  il 
cuore  era  fermo.  Continuerò  queste  indagini  :  intaoto  esaminiamo  cosa  succede 
nei  mammiferi,  dove  è  più  facile  Tanalisi  dei  fenomeni  nervosi  del  cuore. 

««  Nei  cani  il  primo  effetto  deirittiotossico  (come  abbiamo  già  veduto 
nell'esperienza  I  e  II)  è  una  diminuzione  di  frequenza  e  un  aumento  nella  forza 
dei  battiti  cardiaci,  come  se  vi  esistesse  un'irritazione  del  vago  ;  dopo  i  mo- 
vimenti cardiaci  diventano  frequentissimi,  come  se  il  vago  fosse  paralizzato  : 
ed  è  probabile  che  nel  centro  all'origine  del  vago  vi  sia  prima  un  eccita- 
mento e  dopo  una  paralisi. 

Esperienza  IV.  Siero  di  murena. 

23  maggio  1888. 

tt  Cane  del  peso  di  chilog.  21.  Preparata  la  carotide  e  ì* nervi  va^hi,  prendo  nn  pezzo 
di  tracciato  normale  scrivendo  il  respiro  col  pneumografo  di  Marey  intomo  al  torace,  e 
il  polso  della  carotide  coirapparecchio  anzidetto  di  Marej.  Qaindi  determino  quale  sia  la 
corrente  minima  di  un  apparecchio  Du  Bois  Reymond  che  applicata  sui  vaghi  rallenta  ed 
arresta  i  moti  del  cuore. 

u  Dalle  ore  10,7  alle  oie  10,9  si  inietta  lentamente  nella  giugulare  centim.  cub.  1,35 
di  siero  di  murena  coU'aggiunta  di  due  volumi  eguali  di  Na  CI.  0.75  Vo. 

(})  P.  Panceri  e  F.  Gasco  {Esperienze  intorno  agli  effetti  del  veleno  della  naja  egi- 
ziana e  della  ceraste.  Atti  della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Napoli,  1873,  pag.  23) 
avevano  già  detto  parlando  del  veleno  della  naja  egiziana  :  «  Una  prova  assoluta  che  questo 
non  è  un  veleno  del  cuore  sta  nel  fatto,  che  tenuto  sonunerso  da  noi  il  cuore  in  posto  di 
un  axolotl  nel  liquido  velenoso,  non  camhiò  punto  il  suo  ritmo  e  continuò  a  pulsare  lun- 
gamente con  sistoli  fatte  ancor  più  energiche  dal  nuovo  stimolo  ». 

(*)  Panceri  e  Gasco,  op.  cit,  pag.  24,  fecero  un'osservazione  sul  cuore  àtiWaxolotU 
la  quale  dimostra  come  il  veleno  della  naja  distrugga  Tazione  nervosa,  li  axolotl  essendo 
provvisto  di  hranchie  esteme  ha  l'apparecchio  respiratorio  disposto  nel  modo  il  più  favo- 
revole per  dare  tempo  all'animale  di  rimettersi  e  di  eliminare  il  veleno  quando  il  cuore 
continui  a  battere,  ma  cionuUameno  esso  muore. 


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—  679  — 

tt  Quando  il  respiro  ò  divenuto  irregolare  e  snperficiale,  27  in  10  secondi,  e  i  moTÌ- 
menti  cardiaci  deboli,  16  in  10  secondi,  irrito  meccanicamente  i  vaghi,  tirando  le  anse  del 
filo  nei  quali  li  ho  messi;  i  moti  del  respiro  diventano  fortissimi  e  più  lenti.  Nei  primi 
10  secondi  successivi  alla  irritazione  contansi  10  respirazioni.  I  battiti  del  cuore  si  rallen- 
tano e  si  rinforzano.  Cessato  l'effetto  delPirritazione  meccanica,  il  respiro  diventa  sempre 
meno  ampio  e  più  frequente.  Dopo  più  di  un  minuto  fa  88  respirazioni  in  10  secondi,  e 
tanto  piccole  che  appena  si  vedono  ;  il  cuore  batte  rapidissimo.  Un  altro  eccitamento  mec- 
canico del  vago  produce  lo  stesso  effetto  di  prima;  ma  sono  un  pò*  meno  profonde  le  inspi- 
razioni :  vi  è  una  scala  decrescente  di  respirazioni  sempre  più  piccole  fino  a  che  il  respiro 
si  arresta.  Preparo  subito  la  trachea  e  faccio  la  respirazione  dalle  ore  10,18  alle  10,19. 
tt  Sospendo  il  respiro  col  soffietto.  Dopo  81  secondi  fa  un  movimento  inspiratorio.  D 
cuore  batte  lentissimo,  fa  6  a  7  pulsazioni  in  10  secondi.  Continuo  col  respiro  artificiale 
dalle  10,21  alle  10,22.  Sospendo  il  respiro,  il  cane  fa  due  movimenti  uno  dopo  19  secondi, 
Taltro  dopo  25.  In  questo  punto  irrito  i  vaghi  e  succede  un  aumento  della  frequenza  dei 
battiti  cardiaci.  Prima  erano  4  in  10  secondi,  durante  Tirritazione  diventano  14  in  10 
secondi.  Un  fatto  analogo  venne  già  osservato  dal  prof.  Albertoni  nelle  sue  pregevoli 
ricerche  intomo  al  veleno  della  vipera  (0- 

«  Dopo  25  secondi  che  si  è  fatta  Tirritazione  del  vago,  il  respiro  ricomincia  sponta- 
neamente e  continua  colla  frequenza  di  6  in  80  secondi.  H  cuore  fa  8  a  9  pulsazioni  in 
10  secondL 

u  Alle  ore  10,27  si  irritano  i  due  vaghi,  ma  senza  effetto  :  aumentiamo  subito  Tin- 
tensità  dell'eccitamento,  e  si  vede  subito  un  effetto  nel  respiro  che  diventa  più  forte,  nel 
cuore  appare  un  leggero  rallentamento  dei  battiti. 

«  Alle  ore  10,86  il  respiro  continua  spontaneo  coUa  frequenza  di  5  inspirazioni  re- 
golari e  profonde  ogni  80  secondi:  il  cuore  nel  medesimo  tempo  fa  40  pulsazioni. 

«  Ore  10,87.  Si  inietta  lentamente  0,8  ceni  cubici  di  siero  di  anguilla  colFaggiunta 
di  due  volumi  eguali  di  Na  CI  0,75  per  cento  :  il  cuore  si  arresta,  il  respiro  continua,  ma 
diminuisce  l'ampiezza'  dei  movimenti. 

u  Si  fa  subito  la  respirazione  artificiale  e  si  continua  per  10  minuti,  ma  senza  ef- 
fetto, perchè  il  cuore  rimane  fermo. 

«  La  pupilla  si  dilata,  e  l'animale  muore  senza  convulsioni. 
«  È  questa  la  sola   esperienza   che   io   ho   fatto  dove  appare  evidente 
^  un'azione  dell'ittiotossìco   sui  nervi  vaghi;  non  riferisco  le  altre  che  hanno 
dato  dei  risultati  negativi. 

tt  La  morte  del  cuore  è  un  fenomeno  complesso,  e  Taumento  della  fre- 
quenza non  è  prodotto  dalla  paralisi  dei  vaghi.  Quando  Tavvelenamento 
non  è  troppo  grave,  manca  ogni  alterazione  nella  conducibilità  dei  vaghi,  e 
non  solo  la  loro  azione  centrifuga,  ma  anche  la  centrìpeta  è  conservata, 
perchè  i  movimenti  del  cuore  e  del  respiro  eccitando  il  nervo  vago  si  modi- 
ficano entrambi.  Ma  neirultimo  perìodo  deiravvelenamento  intenso  si  mani- 

0)  P.  Albertoni,  SulV  azione  del  veleno  della  vipera.  Sperimentale.  Firenze  1879. 
Credo  utile  riferire  le  sue  parole,  perchè  si  veda  meglio  l'affinità  del  veleno  dei  mu- 
renidi  con  quello  della  vipera.  «  L'apparecchio  nervoso  d'arresto  del  cuore  non  perde  la 
«  propria  attività  per  l'azione  del  veleno  viperino,  perocché  si  ha  l'arresto  cardiaco  per 
u  l'eccitazione  elettrica  del  vago.  Vi  è  però  uno  stadio  del  veneficio,  ed  è  quello,  che  pre- 
u  cede  immediatamente  la  morte,  nel  quale  per  l'irritazione  elettrica  del  vago  si  ha  un 
tt  acceleramento  negli  atti  cardiaci  in  luogo  che  un  rallentamento,  od  un  arresto  n. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1*^  Sem.  89 


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festa  un'azione  locale  dell'ittiotossico  sul  cuore.  Quando  i  battiti  del  cuore 
sono  divenuti  molto  lenti,  ho  veduto  che  tagliando  i  due  vaghi  non  si  aumen- 
tava la  frequenza  del  polso:  ma  questo  lo  si  vede  qualche  volta  anche  nel- 
Tagonia  senza  razione  dei  veleni. 

Azione  sui  vasi  sanguigni. 

a  Facendo  delle  esperienze  col  manometro  a  mercurio  messo  in  comu- 
nicazione colla  carotide,  osservai  dopo  Tiniezione,  un  fortissimo  aumento 
della  pressione  :  come  si  vede  nella  Nota  XIII,  esperienza  II. 

«  Questo  fatto  non  può  attribuirsi  esclusivamente  alla  contrazione  dei 
vasi  sanguigni  ed  alla  frequenza  maggiore  delle  sistoli  cardiache,  perchè  gli 
animali  per  effetto  del  veleno  entrano  in  convulsione,  se  le  dosi  sono  ele- 
vate, e  la  pressione  del  sangue  supera  i  120  mm.  e  tocca  nei  cani  anche 
ì  150  mm. 

tt  Quando  invece  le  dosi  sono  piccole  e  non  producono  convulsioni,  Tau- 
mento  della  pressione  è  minimo  e  fugace,  e  dopo  tende  a  diminuire. 

«  Albertoni  aveva  già  dimostrato  {})  che  per  il  veleno  della  vipera  vi  è 
uno  stretto  rapporto  fra  le  modificazioni  nella  pressione  sanguigna  e  la  rapi- 
dità maggiore  o  minore  dell'esito  letale  :  io  ho  trovato  la  medesima  relazione 
per  il  veleno  dei  murenidi,  e  vidi  che  la  pressione  del  sangue  diminuisce  ra- 
pidamente, cessato  il  periodo  delle  convulsioni. 

«  Le  piccole  dosi  non  paralizzano  i  vasi  sanguigni,  e  questo  lo  si  vede 
non  solo  col  manometro,  ma  anche  semplicemente  guardando  i  vasi  nell'orec- 
chio del  coniglio,  che  continuano  a  dilatarsi  e  contrarsi  a  periodi  irregolari. 

§  III. 
Azione  sul  sangue, 

«  Dirò  estesamente  in  una  prossima  Nota  come  il  sangue  non  coaguli  più 
negli  animali  avvelenati  coll'ittiotossico  ;  e  svolgerò  meglio  in  tale  circostanza 
il  fatto  accennato  nella  Nota  IX  che  anche  il  verde  metile  produce  tale 
effetto.  Per  ora  mi  basta  di  mettere  in  evidenza  l'af&nità  di  azione  dell'ittio- 
tossico, del  veleno  dei  serpenti  e  delle  vipere. 

«  Il  sangue  venoso  degli  animali  uccisi  col  siero  dei  murenidi  presenta 
un  colore  molto  scuro:  in  quelli  però  dove  si  è  fatta  la  respirazione  arti- 
ficiale fino  a  che  si  arrestò  completamente  il  cuore,  il  sangue  nel  ventricolo 
sinistro  è  più  rosso  che  nel  destro.  E  così  pure  sbattendo  il  sangue  venoso 
che  si  prende  dalla  giugulare  nel  cuore  destro,  si  vede  che  ritoma  rosso  come 
il  sangue  normale. 

{})  P.  Albertoni,  op.  cit.,  pag.  9. 


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«  n  fatto  più  interessante  e  quasi  costante  è  che  il  sangue  non  coa- 
gula più. 

tt  Bìfeiìsco  qualche  esempio.  Ad  un  cane  del  peso  di  4620  gr.  ucciso  il  7  m%gio 
col  siero  dell'anguilla,  prendo  100  cent,  cubici  del  suo  sangue  dalla  vena  giugulare  e  li 
mantengo  per  due  giorni  nella  ghiacciaia;  dopo  trovo  che  il  sangue  non  è  coagulato,  ha  il  siero 
rosso,  e  nel  sangue  liquido  sottostante  versandolo  si  trova  un  coagulo  molle  come  gelatina 
di  ribes;  messo  questo  coagulo  in  un  cilindro  graduato  misura  3,5  centimetri  cubici. 

«  Un  altro  cane  del  7  maggio  che  pesava  15200  gr.  ucciso  col  siero  dell'anguilla, 
dopo  48  il  sangue  preso  dalla  giugulare  e  conservato  nella  ghiacciaia  non  è  coagulato,  il 
siero  è  rosso.  H  sangue  sottostante  è  fluido.  Solo  intorno  alle  pareti  del  cilindro  vi  è  un 
coagulo  sottile  disteso  come  un  velo  roseo  sul  vetro. 


«  La  coagulazione  nel  yeneficio  col  siero  dei  murenidi  quando  succede, 
è  incompleta,  non  tì  è  retrazione  del  coagulo,  il  siero  non  si  separa  dal  cruore 
e  si  forma  come  una  gelatina,  la  quale  si  spappola  facilmente.  In  un  solo 
caso  trovai  il  sangue  coagulato,  e  fu  un  coniglio  avvelenato  col  siero  di  an- 
guilla, ma  temo  sia  successo,  perchè  ho  preso  il  sangue  dal  cuore  con  una 
pipetta  che  terminava  in  un  tubo  capillare  ;  se  come  nelle  altre  osservazioni 
avessi  estratto  il  sangue  dalla  giugulare,  od  inciso  il  cuore  mettendovi  sotto 
un  cilindro,  forse  si  sarebbe  verificato  anche  qui  un  ritardo  più  notevole  della 
coagulazione. 

«  Fayrer  nella  sua  grande  opera  intomo  ai  serpenti  velenosi  dell'India  (<) 
dice  che  il  sangue  è  fluido  negli  animali  morti  per  il  veleno  dei  serpenti 
viperini  e  copulato  negli  animali  che  morirono  per  il  veleno  dei  colubrini. 
Il  sangue  dell'uomo,  Fayrer  lo  trovò  fluido  in  tutti  i  casi  di  avvelenamento, 
tanto  per  i  colubrini,  quanto  per  i  viperini.  Nel  1873  Fayer  nella  prima  parte 
del  lavoro  pubblicato  con  Lauder  Brunton  {^)  dice  che  il  sangue  spesso  non 
coagula  negli  animali  morti  per  il  veleno  dei  serpenti. 

«  Panceri  e  Gasco  non  rilevarono  differenza  fra  il  veleno  di  ceraste  e 
quello  di  naja,  il  sangue  in  tutti  gli  animali  era  coagulato  nei  grossi  vasi, 
0  coagulabile  non  appena  uscito  dal  corpo  deiranìmale  di  recente  venuto  a 
morte. 

tf  Anche  Wall  trovò  il  sangue  fluido  nell'uomo  e  coagulato  negli  ani- 
mali avvelenati  col  morso  della  Naja  tripudians:  fatta  eccezione  di  alcuni 
casi  (3).  Quanto  al  sangue  degli  animali  uccisi  col  veleno  della  Daòoja  Rus- 
sellii,  egli  dice  che  non  coagulò  mai,  eccettuati  i  casi  nei  quali  la  morte 
successe  per  convulsioni  o  dopo  un  lungo  esaurimento  (^). 

0  Albertoni  afferma  che  il  veleno  della  vìpera  injettato  nelle  vene  rende 


(1)  I.  Fayrer,  The  Thanatophidia  of  India,  London,  1872,  pag.  64. 
(«)  Proceedings  of  the  Boyal  Society,  voi.  XXI,  pag.  871, 1873;  voi.  XXII,  1874,  p.  84. 
(>)  A.  J.  Wall,  Inàian  snake  poisoru  tkeir  Nature  and  EffecU,  London,  1888,  p.  15, 42. 
(*)  Op.  cit.  pag.  76. 


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—  682  — 

il  sangue  incoagulabile  {^).  Nelle  esperienze  che  ho  fatto  e  delle  quaU 
ho  riferito  un  esempio  nell'esperienza  ili  di  questo  paragrafo,  il  sangue  non 
coagulò.  Sono  appena  sei  casi  ;  tre  sui  conigli,  e  tre  sui  cani,  ma  il  risultato 
fu  costante. 

<i  Ho  voluto  dare  questo  rapido  sguardo  allo  stato  delle  cognizioni  d^oggi 
per  dimostrare  quanto  è  facile  errare  anche  nelle  cose  le  più  semplici.  Trat- 
tandosi di  constatare,  se  il  sangue  negli  animali  morti  per  veleno  dei  ser- 
penti sia  liquido,  0^  coagulato,  parrebbe  che  non  vi  possa  essere  discussione: 
eppure  Fontana  che  forse  fu  quegli  che  fece  il  maggior  numero  di  esperienze 
sulle  vipere,  dopo  aver  trovato  che  il  sangue  mescolato  fuori  delVorganismo 
col  veleno  della  vipera  non  coagula  più,  disse  che  «  la  coagulazione  del 
«  sangue  è  certamente  l'effetto  il  più  notevole  del  veleno  della  vipera,  quello 
«  che  deve  produrre  i  più  gravi  disordini  nei  visceri  » .  L'animale  morso  dalla 
vipera,  muore  unicamente,  secondo  Fontana,  perchè  il  sangue  si  coagula, 
corrompe  e  distrugge  gli  organi  (2). 

»  Malgrado  l'autorità  del  Fontana,  devo  ammettere  che  il  sangue  negli 
animali  uccisi  col  veleno  della  vipera  perde  la  facoltà  di  coagularsi,  e  questo 
stabilisce  una  rassomiglianza  col  veleno  dei  murenidi,  dove  il  sangue  lo  trovai 
sempre  sciolto,  o  non  coagulò  che  lentamente  e  male  estraendolo  dall'organismo. 

§  IV. 
Sistema  nervoso. 

»  Le  osservazioni  precedenti  fanno  già  intravedere  quale  sia  l'azione 
dell'ittiotossico  sul  sistema  nervoso. 

ft  Nel  quadro  del  veneficio  prevale  l'azione  sul  midollo  spinale,  sui 
centri  motori,  e  sul  centro  respiratorio,  ma  anche  i  nervi  non  sono  incolumi. 

«  Le  esperienze  fatte  sulle  rane  dimostrano  che  il  siero  dell'anguilla 
paralizza  i  nervi,  ed  agisce  pure  sulla  eccitabilità  dei  muscoli. 

«  Nell'esperienza  IX  della  Nota  XIII  ho  già  detto  come  la  diminuzione 
della  eccitabilità  dei  nervi  può  divenire  assai  evidente  nelle  rane  avvelenate 
col  siero  dell'anguilla,  ora  riferisco  un'altra  esperienza  dove  mentre  il  cuore 
batte  ancora,  non  mi  fu  piU  possibile  ottenere  delle  contrazioni  nei  muscoli 
della  gamba  eccitando  il  nervo  sciatico. 

Esperienza   V.  —  Azione  del  siero  di  anguilla  sulla  rana. 
8  maggio  1888. 
tt  Ad  una  rana  si  inietta  sotto  la  pelle  del  dorso  0,25  ce.  di  siero  di  anguilla  alle 
ore  3  pom.  Durante  tre  ore  non  si  vede  nuUa  di  particolare,  eccetto  che  una  leggera  de- 
pressione. 

(1)  Albertoni  e  Stefani^  Manuale  di  fisiologiay  1888.  Capitolo  sulla  coagulazione  del 
sangue, 

(<)  F.  Fontana,  Traité  sur  le  vénin  de  la  vipere,  Florence,  1781,  pag.  318  e  327. 


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—  683  — 

a  Ore  8  pom.  La  rana  è  ingobbita:  tocca  col  muso  il  piatto:  è  poco  eccitabile:  occhio 
depresso:  pupilla  stretta:  è  assopita  e  stnpida  come  una  rana  che  non  avesse  il  cerrello. 

u  Nel  mattino  successivo  alle  8  trovo  la  rana  rovesciata  sul  dorso  che  sembra  morta. 
Non  reagisce  pizzicandola  con  una  pinzetta.  Il  cuore  batte  così  debolmente  che  per  ri- 
flessione si  vede  appena  dairestemo.  Sotto  la  pelle  del  dorso  si  è  raccolto  un  liquido  co- 
lore citrino,  alcalino.  Vi  fu  azione  irritante  locale  perchè  il  tessuto  sottocutaneo  dorsale 
è  come  edamatoso.  I  cuori  linfatici  sono  immobili.  I  muscoli  dell'addome  e  delle  estre- 
mità eccitati  direttamente  con  una  corrente  indotta,  che  non  può  resistersi  sulla  Ungaa,  si 
contraggono  ancora  :  per  far  contrarre  i  muscoli  delle  estremità  posteriori  bisogna  servirsi 
di  un  eccitamento  molto  più  forte;  cioè  avvicinare  i  rocchetti  da  9  centim.  a  8  centim. 
Questa  corrente  indotta  cosi  forte  non  produce  alcun  effetto  applicata  nel  nervo  sciatico, 
dell'uno  e  dell'altro  lato.  Apro  il  torace  e  trovo  che  il  cuore  batte  ancora. 

0  Questa  esperienza  insieme  ad  altre  due  analoghe  dimostra  che  il  siero 
dell'anguilla  agisce  intensamente  sui  nervi  e  sui  muscoli,  ma  Teffetto  non  è 
costante,  perchè  in  altre  rane  e  col  siero  di  altre  anguille  e  delle  murene 
non  Tosservai  più. 

«  Valentin  ha  gUi  notato  un  fenomeno  analogo  nelle  rane  studiando  il 
veleno  della  vipera;  perchè  egli  disse  (^  ohe  spesso  dopo  5  ore  era  scom- 
parsa completamente  Teccitabilità  dei  muscoli,  e  dei  nervi. 

«  Nei  mammiferi  vi  sono  due  quadri  diversi  del  veneficio  :  secondo  che 
le  convulsioni  sono  forti  o  deboli,  ma  tanto  nell'un  caso,  quanto  nell'altro,  si 
vede  che  l'ittiotossico  appartiene  ai  narcotici.  Gli  animali  che  non  muoiono 
immediatamente  divengono  sonnolenti,  insensibili,  apatici.  Qualche  volta  hanno 
degli  accessi  di  vomito,  spesso  tremano.  Sembra  che  i  muscoli  siano  dolenti, 
0  rigidi,  perchè  l'animale  si  muove  con  stento,  o  prende  delle  posizioni  strane. 
La  sensibilità  della  pelle,  specialmente  delle  estremità  posteriori,  scompare 
molto  presto. 

«  Il  fatto  più  importante  è  che  la  sensibilità  scompare  prima  della  mo- 
tilità, ciò  che  non  sarebbe  favorevole  alla  supposizione  che  il  siero  dei  mu- 
remidi  rassomigli  per  i  suoi  effetti  al  curaro.  Per  dare  sommariamente  un 
esempio  di  questo  fatto  dirò  che  un  coniglio  il  quale  dopo  l'anmiinistra- 
zione  dell' ittiotossico  nella  vena  giugulare  passeggiava  per  il  laboratorio, 
e  cambiava  spontaneamente  di  posizione  e  di  luogo,  aveva  le  estremità  po- 
steriori tanto  insensibili,  che  non  solo  comprimendole  forte  col  piede  non  dava 
alcun  segno  di  dolore,  ma  anche  bruciandole  fino  all'osso  con  un  grosso  tubo 
di  vetro  arroventato  e  fiiso,  non  dava  alcun  s^no  di  dolore  e  non  si  moveva, 
né  reagiva. 

»  Se  pensiamo  che  questo  coniglio  gridava  fortemente  appena  si  compri- 
meva, 0  si  irritava  le  estremità  anteriori,  od  il  muso,  e  che  i  riflessi  negli 
occhi  erano  completi,  viene  escluso  il  dubbio  che  si  tratti  di  un'azione  gene- 
rale sui  nervi  sensibili.  In  tale  caso  dovrebbe  essere  generale  la  insensibilità; 
ma  questo  non  l'ho  veduto  in  nessuna  esperienza. 

0)  Op.  cit  pag.  111. 


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—  684  — 

«  Questo  fatto  stabilirebbe  im  altro  punto  di  rassomiglianza  col  veleno  della 
vipera.  Valentin  nel  suo  interessante  lavoro,  Sul  veleno  della  vipera  (^) 
osservò  che  qualche  volta  le  rane  avvelenate  reagiscono  colle  gambe  posteriori 
se  vengono  eccitate  le  estremità  anteriori,  e  non  reagiscono  punto  se  vengono 
eccitate  le  estremità  posteriori. 

«  Probabilmente  l'eccitabilità  delle  cellule  nei  centri  nervosi,  e  la  con- 
ducibilità del  midollo  verso  il  cervello  sono  lese  profondamente.  Io  non  so 
spiegarmi  in  altro  modo  questa  insensibilità  delle  gambe  posteriori,  mentre 
che  tutte  le  altre  parti  meno  lontane  dal  cervello  continuano  ad  essere 
sensibili. 

•>  La  conducibilità  dei  nervi  sensibili  deve  essere  abolita  per  le  estre- 
mità posteriori,  perchè  anche  guardando  la  pupilla  e  scrivendo  la  pressione 
del  sangue,  non  ho  più  veduto  alcuna  variazione  per  gli  eccitamenti  i  più 
forti  colla  pressione  meccanica  e  colle  correnti  elettriche  indotte  applicate 
sulle  estremità  posteriori.  Nei  medesimi  animali  degli  eccitamenti  molto  più 
deboli  applicati  alle  estremità  anteriori,  o  sulla  faccia,  producevano  una  forte 
reazione  locale  e  anche  dei  movimenti  riflessi  delle  estremità  posteriori. 

»  Si  può  supporre  che  nelle  estremità  posteriori  le  vie  nervose  del 
moto  siano  meno  lese,  oppure  che  gli  eccitamenti  che  partono  dai  centri 
per  muovere  i  muscoli  delle  estremità  posteriori,  abbiano  una  intensità  mag- 
giore, 0  che  possano  propagarsi  più  facilmente  nei  nervi  di  moto,  che  non 
gli  stimoli  che  noi  applichiamo  sui  nervi  sensibili. 


«  Nel  determinare  Fazione  che  l'ittiotossico  esercita  sul  sistema  nervoso, 
ho  trovato  le  stesse  difficoltà,  e  le  medesime  incertezze  che  si  incontrano 
nello  studio  del  veleno  dei  serpenti. 

«  Credo  utile  accennare  lo  stato  della  questione,  perchè  così  apparirà 
meglio  evidente  un  altro  punto  di  contatto  fra  il  veleno  del  sangue  dei  mu- 
redi,  e  quello  delle  ghiandole  velenose  dei  serpenti. 

«  Le  ricerche  più  complete  che  abbiamo  fino  ad  ora  su  questo  argo- 
mento oltre  quelle  celebri  del  Fontana  furono  fatte  da  Lauder  Brunton  e 
I.  Fayrer.  Essi  hanno  stabilito  che  la  morte  col  veleno  coagulato  dei  serpenti  è 
prodotta  invariabilmente  dalla  paralisi  della  midolla  spinale  e  che  i  nervi 
motori  sono  poco  lesi  nella  loro  funzione,  mentre  che  invece  col  veleno  secco 
qualche  volta  predomina  razione  paralizzante  sul  midollo  spinale  e  qualche 
altra  predomina  l'azione  sui  nervi  (^). 

«  Wall  nel  suo  libro   sui   serpenti  velenosi  dell'India  {^)  dice  che  il 


(»)  G.  Valentin,  Binige  Beoòachtungen  ùòer  die  Wirkungen  det  Vipemgiftes.  Zeit- 
schrift  fflr  Biologie,  1877,  p.  112. 

(«)  Proceedings  of  the  Royal  Society,  voL  XXII,  p.  93,  1874. 
(?)  Op.  cit,  pag.  81. 


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—  685  — 

veleno  della  Naja  tripudians  produce  gradatamente  una  paralisi  generale, 
e  che  le  convulsioni  che  precedono  la  morte  iiono  prodotte  unicamente  dal- 
l'asfissia, mentre  invece  il  veleno  del  Daboja  Rtissellii  produce  forti  con- 
vulsioni che  non  dipendono  dall'acido  carbonico,  e  la  paralisi  generale  che 
vi  succede  viene  seguita  dall'arresto  dei  movimenti  respiratori  che  prima 
diventano  irregolari. 

«  Facendo  delle  ricerche  sull'azione  del  veleno  delle  vipere  nella  mede- 
sima specie  osservai  queste  due  forme  diverse  di  avvelenamento. 

«  Erano  vipere  che  mi  aveva  spedito  da  Siena  il  sig.  Brogi,  prendevo 
il  veleno,  e  lo  amministravo  nello  stesso  modo  e  nella  stessa  dose  e  ciò  nulla 
meno  osservavo  delle  differenze  grandissime,  tanto  nei  conigli,  quanto  nei  cani. 
Alle  volte  col  veleno  della  vipera  morivano  con  delle  convulsioni  fortissime, 
in  altri  animali  senza  che  io  abbia  potuto  conoscere  la  causa,  non  si  avevano 
convulsioni,  o  tutto  al  più  compariva  qualche  leggero  movimento  epilettiforme 
delle  estremità. 

«  Avendo  osservato  la  medesima  incostanza  per  l'azione  del  veleno  dei 
murenidi,  temo  che  vi  siano  delle  variazioni  individuali.  Questa  è  una  sup- 
posizione che  forse  dipende  da  che  non  sono  ancora  abbastanza  numerose  le 
mie  esperienze  ;  ma  anche  quando  fosse  dimostrato  che  esistono  queste  diffe- 
renze individuali  per  la  velenosità  del  siero  nei  vari  individui,  e  per  la 
maggiore  o  minore  vulnerabilità  delle  vittime  nelle  quali  si  prova  tale  veleno, 
resterebbe  pur  sempre  aperta  una  grande  lacuna,  che  non  vedo  si  possa  presto 
colmare. 

«  Nei  conigli  che  furono  avvelenati  col  siero  dei  murenidi  la  rigidità 
cadaverica  compare  immediatamente  dopo  la  morte.  Gli  esempi  li  ho  dati 
nella  Nota  XIII,  esperienza  Y  e  Vili.  Questo  è  un  fatto  che  ho  verificato 
pure  nelle  rane  e  non  l'ho  mai  osservato  nei  cani.  Ho  cercato  facendo  l'allac- 
ciatura dell'aorta  addominale  se  era  un  fenomeno  dovuto  all'azione  del  veleno 
sopra  i  muscoli,  o  se  tale  fatto  dipendeva  da  un'  azione  nervosa. 

«  Tali  ricerche  avendomi  dato  dei  risultati  incerti,  mi  limito  per  ora 
ad  accennare  il  fatto,  notando  che  anche  col  veleno  delle  vipere  osservai  nei 
conigli  la  comparsa  rapidissima  della  rigidità  cadaverica  ed  in  meno  di  cinque 
minuti  dall'arresto  del  cuore  ». 

Chimica.  —  Sul  peso  molecolare  degli  acidi  citraconicOj  itaco- 
nico  e  mesaconico  e  degli  acidi  fumarico  e  maleico.  Nota  del  Socio 
E.  Paterno  e  del  dott.  R.  Nasini. 

0  È  ormai  noto  universalmente  che  le  formule  attuali  di  costituzione, 
fondate  principalmente  sulla  nozione  della  tetravalenza  del  carbonio,  non 
bastano  in  molti  casi  a  dare  spiegazione  di  alcune  isomerie  ben   constatate. 


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—  686  — 

ove,  ben  inteso,  nelle  fonnule  di  struttura  si  voglia,  come  si  de?e,  tenere 
stretto  conto  delle  funzioni  chimiche  dei  diversi  componenti  della  sostanza, 
della  sua  sintesi,  delle  reazioni  di  cui  è  capace,  del  modo  in  cui  essa  si 
decompone  etc.  etc.  Di  tali  isomerie,  inesplicabili  con  le  solite  formule,  sono 
tra  le  più  interessanti,  anche  pel  lato  storico  della  questione,  quelle  dei  tre 
acidi  della  formula  OsHsO^,  cioè  degli  acidi  citraconico,  itaconico  e  mesa- 
conico,  e  quella  dì  due  acidi  della  formula  C4  H4  O4,  cioè  degli  acidi  fumarico 
e  maleico. 

<t  Per  ispiegare  tale  genere  di  isomerie  si  è  ricorso  a  molte  ipotesi  : 
lasciando  da  parte  quelle  formule  che  non  corrispondono  alle  reazioni  chi- 
miche dei  composti  in  questione,  accenneremo  che  si  è  supposto  da  Fittig^ 
giacché  si  tratta  di  composti  cosi  detti  non  saturi,  che  in  alcuni  un  atomo 
di  carbonio  scambi  col  suo  vicino  due  delle  sue  valenze,  in  altri  invece  una 
sola,  rimanendo  libere  le  altre  due  :  ipotesi  questa  a  parer  nostro  e  di  molti 
chimici  assai  poco  probabile. 

«  Sola  spiegazione  che  corrisponda  a  tutte  le  esigenze  sembra  quella 
che  la  diversità  di  questi  composti  dipenda  dalla  diversa  posizione  nello 
spazio  degli  atomi  componenti  la  molecola.  Ed  appunto  per  spiegare  tali 
isomerie  e  per  dare  anche  ragione  di  molte  altre  isomerie  cosi  dette  fisiche  e 
che  principalmente  si  manifestano  col  diverso  modo  di  comportarsi  delle  sostanze 
rispetto  alla  luce  polarizzata.  Le  Bel  e  Yan't  Hoff  nel  1874  mostrarono  come  sia 
l'esistenza  e  la  diversità  del  potere  rotatorio  molecolare,  sia  la  possibilità  di 
isomerie  non  rappresentabili  colle  solite  formule  nel  piano,  ricevano  una  spie- 
gazione completa  quando  invece  si  considerino  gli  atomi  nello  spazio,  suppo- 
nendo che  Tatomo  di  carbonio  occupi  il  centro  di  un  tetraedro  regolare  e 
gli  atomi  0  gruppi  di  atomi  a  lui  uniti  i  vertici  di  esso. 

a  Questa  ipotesi  cosi  semplice  già  molti  anni  prima  di  Le  Bel  e  Yan't  Hoff 
era  stata  del  resto  emessa  da  uno  di  noi  come  mezzo  di  spiegazione  di  casi 
di  isomerìa  inesplicabili  con  le  solite  formule  di  struttura  (^). 

0  Tale  ipotesi,  accettata  da  qualche  tempo,  ma  soltanto  per  dare  ragione 
delVattività  ottica  delle  sostanze  organiche,  è  stata  ammessa  generalmente 
solo,  può  dirsi,  in  questi  ultimi  giorni  dietro  le  ricerche  di  Wislicenus,  V. 
Meyer  e  von  Baeyer  principalmente. 

«  Purtuttavia  in  molti  casi  potrebbe  farsi  Tobiezione  che  non  si  tratti 
di  vera  isomeria,  ma  bensì  di  casi  di  polimeria. 

s  E  questo  fii  anzi  esplicitamente  detto  da  Erlenmeyer  a  proposito  degli 
acidi  fumarico  e  maleico,  malgrado  resistenza  dei  loro  eteri  :  né  Tipotesi  è 
del  tutto  fiior  di  luogo,  considerato  il  grado  tanto  diverso  di  solubilità  dei 
due  composti. 


(1)  Paterno,   Giornale   di   Scienze  naturali  ed  economiche  dì  Palermo,  tomo  V, 
pag.  117  (1869). 


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—  687  — 

«  E  lo  stesso  potrebbe  dirsi  riguardo  agli  acidi  citraconico,  itaconico  e 
mesaconico,  e  particolarmente  dei  due  ultimi,  pei  quali  bisogna  ammettere 
assolutamente  la  stessa  formula  nel  piano.  Seguitando  lo  studio  da  noi  intra- 
preso or  sono  due  anni  (*),  in  cui  ci  proponemmo  per  i  primi  di  applicare 
la  legge  di  Baoult  sui  punti  di  congelamento  alla  discussione  di  molte  con- 
troversie sulle  formule  di  costituzione  dei  composti  organici,  noi  pubblichiamo 
oggi  una  piccola  parte  delle  esperienze  eseguite  per  risolvere  i  problemi  re- 
lativi agli  acidi  più  volte  nominati  ed  altri  problemi  analoghi  aventi  rela- 
zione colle  formule  di  struttura  nello  spazio. 

H  Rimandiamo  per  la  descrizione  dei  metodi  esperimentali  e  per  tutto 
quello  che  riguarda  Targomento,  alla  nostra  Memoria  pubblicata  negli  Atti 
di  questa  Accademia,  e  solo  facciamo  notare  come  la  legge  di  Baoult,  che  da 
principio  era  a  considerarsi  come  legge  empirica,  oggi,  mercè  i  bellissimi 
studi  di  Van't  Hoff  sulla  pressione  osmotica,  ha  acquistato  una  base  teorica 
indiscutibile. 

«  Le  nostre  esperienze  conducono  ad  ammettere  che  per  i  tre  acidi  ci- 
traconico, itaconico  e  mesaconico  non  si  può  parlare  di  polimeria,  ma  sibbene 
di  isomeria,  e  quindi  necessariamente  per  i  due  ultimi  di  isomeria  nello 
spazio;  e  alle  stesse  conclusioni  siamo  giunti  riguardo  agli  acidi  fumarico 
e  maleico. 

«  Le  esperienze  sono  state  eseguite  in  soluzione  acquosa  e  le  riferiamo 
qui  brevemente. 


Acido  citraconico. 

Concentrazione 

Coefficiente 

Abbassamento  molecolare 

delle  soluzioni 

d'abbassamento 

per  C.  H.  0* 

I. 

0,5847 

0.2053 

26,69 

IL 

0,7170 

0,1953 

25,34 

HI. 

1,5630 

0,1727 

22,46 

IV. 

3,7370 

0,1606 
Acido  mesaconico. 

20,88 

I. 

0,6728 

0,1709 

.  22,22 

II. 

1,373 

0,1529 
Acido  itaconico. 

19,88 

I. 

1,081 

0,1572 

20,44 

II. 

2,006 

0,1495 

19,43 

(1)  Paterno  e  Nasini,  Sulla  determinazione  del  peso  molecolare  delle  sostanze  or- 
ganiche per  mezzo  del  punto  di  congelamento  delle  loro  soluzioni.  Atti  della  R.  Acca- 
demia dei  Lincei,  1886. 


Eendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1»  Sem. 


90 


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—  688  — 

«  Come  si  vede,  per  gli  acidi  mesaconico  e  itaconico  si  hanno  valori 
normali  per  l'abbassamento  molecolare  quando  si  adotti  come  peso  molecolare 
quello  corrispondente  alla  formula  semplice  C5H6O4:  lo  stesso  è  a  dirsi 
per  le  soluzioni  III  e  IV  deiracido  citraconico. 

«  Per  questo  acido  poi  ci  sembra  notevole  il  fatto  che  per  le  soluzioni 
più  diluite  I  e  II  si  hanno  valori  che  si  discostano  assai  da  quelli  normaU  e 
che  accennano  ad  una  scissione  della  molecola.  Ora  questo  è  in  perfetta  ar- 
monia colla  natura  chimica  dell'acido  citraconico,  il  quale  dei  tre  isomeri  è 
quello  che  dà  con  maggior  facilità  l'anidride,  mentre  l'itaconico  non  la  dà 
se  non  pel  trattamento  con  cloniro  d'acetile  ed  il  mesaconico  non  la  dà 
affatto  0,  per  dir  meglio,  scaldato  col  cloruro  d'acetile  dà  anidride  citraconìca. 
Ora  è  molto  probabile  che  i  numeri  elevati  per  l'abbassamento  molecolare 
dell'acido  citraconico  in  soluzione  diluita  dipendano  dal  fatto  che  la  molecola 
si  è  scissa  in  acqua  e  anidride. 

«  Ma  su  questo  non  insistiamo,  perchè  lo  studio  qualitativo  e  quanti- 
tativo delle  disassociazioni  e  decomposizioni  che  avvengono  nelle  soluzioni 
sarà  argomento  di  una  prossima  comunicazione  all'Accademia. 

«  Per  gli  acidi  fumarico  e  maleico  si  ò  pure  sperimentato  in  soluzione 
acquosa  e  si  ò  trovato  : 

Acido  fumarieo. 

Concentrazione  Coefficiente  Abbassamento  molecolare 

della  soluzione  d'abbassamento  per  C4H4O4 

0,6122  0,1470  17,06 

Addo  maleico. 
1,243  0,2252  26,12 

«  Non  c'è  dubbio  quindi  che  all'acido  fumarico,  del  quale  si  dubitava 
che  fosse  un  polimero,  si  deve  attribuire  la  formula  semplice:  e  lo  stesso 
si  deve  dire  riguardo  all'acido  maleico,  quantunque  il  suo  abbassamento 
molecolare  sia  un  po'  troppo  elevato.  Se  si  riflette  che  l'acido  maleico  si 
scinde  con  facilità  grande  nell'anidride  e  in  acqua,  mentre  il  fumarico  solo 
con  trattamenti  più  energici  dà  l'anidride  maleica,  non  parrà  strano  di  sup- 
porre che  in  soluzione  l'acido  siasi  scomposto  in  anidride  ed  acqua. 

«  Anche  di  molte  ricerche  fatte  sopra  gli  zuccheri  e  gli  idrati  di  car- 
bonio ci  contenteremo  per  ora  di  riportare  quelle  che  si  riferiscono  alla  dulcite 
e  alla  sorbina,  sino  a  qui  non  esaminate  da  altri  :  per  la  dulcite  le  espe- 
rienze fatte  in  soluzione  acquosa  conducono  alla  formula  semplice  0«  H14  Oe, 
ossia  alla  stessa  formula  della  mannite,  della  soluzione  della  quale  già  era 
stato  determinato  il  punto  di  congelamento  da  Baoult  :  non  resta  quindi  che 
ammettere  una  isomerìa  nello  spazio.  Per  la  sorbina  trovammo  pure  che  ha  lo 
stesso  peso  molecolare  del  glucosio,  cioè  quello  corrispondente  alla  formula 
semplice  CeHitOe. 


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«  Dalle  esperienze  fatte  ci  sembra  intanto  di  essere  autorizzati  a  con- 
cludere che  nemmeno  Tipotesi  della  polimeria  spiega  l'esistenza  dei  tre  acidi 
citraconico,  itaconico  e  mesaconico,  e  quella  dei  due  acidi  famarìco  e  ma- 
leico:  non  resta  quindi  definitivamente  altra  spiegazione  possibile  se  non 
quella  fondata  sulla  diversità  delle  formule  di  struttura  nello  spazio  » . 

Fìsica  terrestre.  —  Sulle  osservazioni  magnetiche  fatte  ese- 
guire dall'Ufficio  centrale  di  Meteorologia  di  Roma.  Nota  del 
Corrispondente  P,  Tacchini, 

«  À  tutto  il  1887  il  dottor  Ghistoni,  quale  assistente  fisico  dell'ufficio 
cetitrale  di  meteorologia,  ebbe  da  me  Tincarico  speciale  di  eseguire  le  misure 
assolute  degU  elementi  magnetici  terrestri  di  molti  punti  d'Italia,  allo  scopo 
di  compiere  la  carta  magnetica  della  nostra  penisola,  di  cui  lamentavasi  la 
mancanza.  In  sette  anni  il  dottor  Chistoni  completò  le  misure  in  144  punti, 
dei  quali  venti  forono  compiti  durante  il  1887.  Dei  risultati  ottenuti  nel 
1887  l'Accademia  non  fu  ancora  informata,  ma  lo  sarà  tra  [breve.  Oltre  a 
ciò,  sempre  mantenendosi  nel  campo  del  magnetismo  terrestre,  il  Ghistoni 
studiò  le  variazioni  secolari  degli  elementi  del  magnetismo  terrestre  in  otto 
punti  d'Italia,  e  da  qualche  anno  stava  raccogliendo  i  dati  magnetici  rica- 
vati dalle  misure  fatte  in  Italia  prima  del  1880.  Non  passerà  molto  tempo, 
che  gli  annali  di  meteorologia  conterranno  un  contributo  allo  studio  del  magne- 
tismo terrestre  in  Italia,  nel  quale  staranno  compresi  colle  debite  citazioni 
tutti  i  valori  del  magnetismo  terrestre  trovati  in  Italia. 

«  Fu  poi  mia  cura  speciale  quella  di  collegare  la  nostra  rete  magnetica 
con  quelle  delle  regioni  a  noi  finitime.  Nel  1886  inviai  il  Ghistoni  a  Nizza, 
perchè  confrontasse  i  suoi  risultati  con  quelli  ottenuti  all'osservatorio  astro- 
nomico del  Mont  Gros,  e  si  ebbe  perfetta  coincidenza  fra  i  risultati  della 
declinazione  e  dell'inclinazione,  ma  non  fra  quelli  della  componente  orizzon- 
tale. Mentre  infatti  il  signor  Landry  ottenne  0,22029  per  componente  oriz- 
zontale (in  unità  G.  G.  S.),  il  signor  Ghistoni  ottenne  0,21867;  la  differenza 
fra  i  due  valori  è  quindi  di  0,00162.  Si  noti,  che  i  coefficienti  del  magne- 
tismo di  Nizza  furono  studiati  all'osservatorio  del  Pare  de  St.  Maur  presso 
Parigi.  Altra  occasione  di  confronto  fra  le  misure  francesi  e  le  nostre  si 
ebbe  allorquando  venne  a  Boma  il  signor  Moureaux  dell'osservatorio  del  Pare 
de  St.  Maur,  che  eseguì  misure  magnetiche  alla  nostra  scuola  pratica  di 
agricoltura  nel  1887,  nello  stesso  posto  ove  altre  volte  aveva  esperimentatp 
il  signor  Ghistoni.  L'accordo  fra  i  dati  della  declinazione  e  dell'inclinazione 
fu  perfetto,  ma  non  così  fra  quelli  della  componente  orizzontale.  Il  signor 
Moureaux  ottenne  0,23283  e  dai  nostri  istrumenti  si  ebbe  0,23127  ;  la  dif- 
ferenza è  quindi  di  0,00156,  cioè  quasi  identica  a  quella  trovata  a  Nizza. 
Era  quindi  naturale,  che  si  pensasse  a  risolvere  il   dubbio,  se  doò  l'errore 


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—  690  — 

proveniva  da  parte  nostra.  I  coefficienti,  che  entrano  nella  formola  espri- 
mente la  componente  orizzontale  e  che  devono  essere  determinati  dall'opera- 
tore sono  cinque  ;  e  cioè  i  coefficienti  di  temperatura  e  di  induzione,  il  coef- 
ficiente magnetometrico  o,  come  alcuno  chiama,  delle  deviazioni,  la  distanza 
assoluta  fra  il  magnete  deviatore  e  il  deviato  e  il  momento  d'inerzia  dell  ago 
delle  oscillazioni.  Dei  primi  due  non  mi  occupo  perchè  non  può  ammettersi 
che  un  osservatore,  quale  è  il  Chistoni,  possa  in  essi  commettere  tale  errore 
da  produrre  le  citate  differenze.  Del  coefficiente  magnetometrico  il  dottor 
Chistoni  ottenne  sperimentalmente  sempre  lo  stesso  valore,  valore  che  con- 
corda con  quello  che  si  dedurrebbe  teoricamente.  Il  dubbio  quindi  restava 
sul  valore  assoluto  dell'asta  metrica  e  del  momento  d'inerzia.  Nello  stesso 
anno  1887  feci  costruire  un'altra  asta  metrica,  che  venne  con  ogni  diligenza 
confrontata  col  metro  campione  dell'ufficio  dei  pesi  e  misure  di  Roma. 
Quanto  al  momento  d'inerzia  per  sottrarsi  alla  eterogeneità  dei  cilindri  di 
sovracarico,  si  fecero  costruire  tre  nuovi  cilindri  di  ottone,  dei  quali  si  de- 
terminò il  diametro,  la  lunghezza  e  il  peso,  sempre  confrontandoli  coi  tipi 
delfufficio  dei  pesi  e  misure  anzidetto.  Il  momento  d'inerzia  dell'ago  sulle 
oscillazioni  risultò  identico  per  ciascuno  dei  cilindri  di  sovracarico  ;  la  qual- 
cosa prova  che  i  tre  cilindri  erano  omogenei  e  che  il  momento  d'inerzia  del- 
l'ago è  bene  determinato.  Gol  magnetometro  così  nuovamente  e  completa- 
mente studiato,  il  dottor  Chistoni  ripetè  le  misure  alla  scuola  agraria  di 
Bom^,  ed  avuto  riguardo  all'aumento  secolare  di  -+- 0,00022  all'anno,  trovò 
per  la  componente  orizzontale  un  valore  identico  a  quelli  da  esso  trovati 
precedentemente.  E  perciò  si  deve  concludere,  che  ammessi  esatti  il  metro 
e  il  chilogramma  campioni  del  nostro  ufficio  di  pesi  e  misure,  non  è  a  du- 
bitarsi che  per  parte  nostra  si  siano  commessi  errori  nelle  misure  della 
componente  orizzontale  dal  1882  in  poi.  Bestano  così  dubbii  soltanto  i  valori 
ottenuti  in  Sicilia  nel  1881,  pei  quali  si  teme  che  il  cilindro  di  sovracarico 
non  fosse  omogeneo  ;  ma  sarà  mia  cura  di  fare  studiare  la  questione. 

«  Altre  osservazioni  di  collegamento  dovevano  farsi  a  Vienna,  e  le  ope- 
razioni non  ebbero  luogo  per  ragione  di  servizio  militare  del  signor  Liznar  : 
ma  anche  a  ciò  si  provvederà,  mentre  ora  il  dottor  Chistoni  sta  studiando 
a  Modena  un  magnetometro  proveniente  da  Eew;  e  siccome  il  professor 
Chistoni  altra  volta  eseguì  misure  magnetiche  in  quella  città,  così  potremo 
avere  una  nuova  prova  dell'esattezza,  colla  quale  le  nostre  operazioni  ma- 
gnetiche furono  condotte,  e  sono  lieto  che  il  Consiglio  direttivo  abbia  accettato 
la  proposta  di  affidare  ancora  nel  corrente  anno  e  nel  successivo  alcune  opera- 
zioni magnetiche  al  dottor  Chistoni,  ora  professore  di  fisica  nella  B.  Uni- 
versità di  Modena. 

«  Chiudo  intanto  emettendo  il  voto,  che  si  venga  ad  una  verifica  più 
concludente  fra  i  nostri  risultati  e  quelli  che  si  ottennero  in  Francia,  Sviz- 
zera ed  Austria,  essendo  troppo  evidente  l'utilità  di  questi  confronti  per 
potere  così  collegare  le  diverse  reti  magnetiche  dei  diversi  paesi.  * 


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~  691 


Fisica.  —  Di  alcuni  nuovi  fenomeni  elettrici^  provocati  dalle 
radiasioni.  Nota  IV.  del  Corrispondente  A.  Righi. 

«  Continuando  nelle  mie  ricerche  intomo  a  questo  argomento,  ho  ot- 
tenuti alcuni  altri  risultati,  dei  quali  rendo  conto  sonmiariamente  in  questa 
Nota  (0. 

«  a)  Per  vedere  se  le  radiazioni  ultraviolette  hanno  un'  azione  anche 
sui  coibenti,  ho  modificato  la  disposizione  della  prima  esperienza  della 
Nota  I.  applicando  al  disco  metallico,  un  disco  isolante  (solfo,  ebanite, 
gomma  lacca,  o  vetro),  in  modo  che  la  faccia  del  coibente  che  resta  libera, 
si  trovi  rivolta  alla  tela  metallica. 

«  Caricata  leggermente  questa  &ccia,  di  elettricità  negativa,  p.  es.  collo 
strofinamento,  mentre  il  metallo  che  regge  il  coibente  e  la  tela  metallica 
sono  in  comunicazione  col  suolo,  e  poi  isolato  il  disco  che  comunica  coll'elet- 
trometro,  si  ha  una  deviazione  positiva,  non  appena  le  radiazioni  ultraviolette, 
passando  attraverso  la  tela  metallica,  cadono  sulla  faccia  elettrizzata  del 
coibente.  Questa  deviazione  è  assai  forte  coUo  solfo  e  l'ebanite,  ed  assai 
piccola  colla  gomma  lacca  e  col  vetro. 

«  Se  il  disco  metallico  che  regge  il  coibente  viene  tenuto  in  comuni- 
cazione col  suolo,  e  si  mette  in  comunicazione  coU' elettrometro  la  tela 
metallica,  si  ottiene  naturalmente,  sotto  l'azione  delle  radiazioni,  una  devia- 
zione negativa. 

«  Dunque  :  le  radiazioni  determinano  la  convezione  di  elettricità  ne- 
gativa, anche  quando  il  corpo  elettrizzato  è  un  coibente^  od  almeno  uno 
dei  due  coibenti  nominati  sopra. 

e  Se  la  distanza  fra  coibente  e  tela  metallica  è  troppo  piccola  in  rap- 
porto alla  grandezza  della  carica  che  si  dà  al  coibente,  si  ha  deviazione 
anche  prima  che  agiscano  le  radiazioni,  per  ordinaria  dispersione  della 
carica.  Anche  in  tal  caso  però  le  radiazioni  mostrano  il  loro  effetto,  acce- 
lerando notevolmente  la  deviazione. 

«  Sopprìmendo  il  disco  metallico  e  mettendo  semplicemente  un  disco 
coibente,  elettrizzato  negativamente,  davanti  la  tela  metallica  comunicante 
coir  elettrometro,  appena  questa  viene  isolata  e  si  fanno  agire  le  radiazioni, 
si  ottiene  una  deviazione  negativa  assai  più  forte,  a  parità  di  condizioni, 
coir  ebanite  e  collo  solfo,  che  cogli  altri  due  coibenti.  L'effetto  ha  luogo 
anche  quando  la  faccia  del  coibente  elettrizzata  negativamente  non  è  quella 
rivolta  aUa  tela  metallica,  ma  l'altra.  In  tal  caso  la  fiiccia  rivolta  alla 
tela  si  carica  positivamente. 

{})  Bend.  deUa  B.  Acc.  dei  Lincei,  Sedate  4  marzo,  6  maggio,  20  maggio  1888. 


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—  692  — 

«  Nella  I*  Nota  (4  marzo)  ho  poi  annunciato  che  un  semplice  disco  me- 
tallico comunicante  coll'elettrome'ro,  si  carica  positivamente  facendo  cadere 
su  di  esso  le  radiazioni  ultraviolette  ;  orbene,  ho  constatato  recentemente  che 
una  lastra  d'ebanite^  previamente  scarica,  o  meglio  ancora,  una  di  solfo, 
si  elettrizzano  positivamente,  nelle  stesse  condizioni. 

«  b)  Avendo  constatato  che  verniciando  alla  gonmia  lacca,  o  meglio 
con  vernice  nera  da  metalli  (la  così  detta  vernice  giapponese  oppure  la 
vernice  nera  brillante  fabbricate  dai  fratelli  Soehnée  di  Parigi),  un  disco 
metallico,  cessa  quasi  di  prodursi  su  questo,  una  volta  elettrizzato  negati- 
vamente, la  nota  azione  delle  radiazioni  ultraviolette,  ho  tratto  partito  da 
questa  osservazione,  per  indagare  se  le  radiazioni  stesse  hanno  qualche  azione 
anche  sui  corpi  elettrizzati  positivamente. 

«  Quando  nell* esperienza  a)  della  Nota  I.  il  disco  è  di  zinco  e  la  tela 
è  di  ottone,  il  formarsi  della  deviazione  elettrometrica  sotto  Tinflusso  delle 
radiazioni  può  attribuirsi:  1^  ad  un'azione  delle  radiazioni  che  cadono  sulla 
tela  d'ottone  (che  è  negativa  rispetto  allo  zinco)  sia  sulla  faccia  estema 
della  tela,  sia  sulla  sua  faccia  intema  dopo  riflessione  o  diffusione  delle 
radiazioni  sullo  zinco;  oppure:  2^  ad  azione  delle  radiazioni  sull'elettricità 
positiva  dello  zinco.  Nella  Nota  I.  citata  considerai  il  fenomeno  nella  prima 
maniera,  e  la   seguente  esperienza  sembra  darmi  ragione. 

«  Infatti,  avendo  vemiciata  la  tela  d'ottone,  l'effetto  delle  radiazioni 
è  sparito  quasi  affatto. 

«  Mi  sembra  perciò  ragionevole  l'anomiettere  come  assai  probabile  che  : 
l'azione  delle  radiazioni  sui  corpi  elettrizzati  positivamente  sia  nulla,  e  che 
gli  effetti  che  si  ottengono  in  tal  caso  sieno  solo  dovuti  all'azione  delle 
radiazioni  riflesse  o  diffuse,  sui  corpi  circostanti,  carichi  negativamente 
per  influenza. 

«  Messo  di  fronte  alla  tela  d'ottone  vemiciata  un  disco  di  rame,  si 
ha  l'effetto  solito,  poiché  in  tal  caso  è  il  disco  che  è  negativo. 

«  e)  Dopo  aver  cercato  di  dimostrare,  colle  antecedenti  ricerche,  ch0 
realmente  le  radiazioni  determinano  un  movimento  di  particelle  materiali 
(probabilmente  le  molecole  del  gas  in  cui  si  fa  l'esperienza),  che  partono 
dai  corpi  elettrizzati  negativamente,  era  interessante  il  decidere  se  le  parti- 
celle suddette  erano  respinte  irr^olarmente,  in  modo  da  costituire  nell'as- 
sieme una  specie  di  soffio  d'aria  o  di  vento,  oppure  se  ciascima  di  esse  si 
spostasse  individualmente  come  farebbe  un  corpicciuolo  elettrizzato. 

M'  La  seconda  modalità  del  fenomeno  mi  sembrava  più  verosìmile.  Pare 
infatti,  dal  complesso  dei  fenomeni,  che  le  radiazioni  eccitino  svi  corpi  elet- 
trizzati negativamente,  quella  stessa  dispersione  o  quella  scarica,  che  di  so- 
lito non  cominciano  che  allorquando  le  cariche  sorpassano  un  certo  limite. 
Ora  con  molteplici  esperienze  ho  dimostrato,  che  nelle  scariche  elettriche, 
sia  ottenute  da  una  punta,  sia  ottenute  con  conduttori  di  forma  tondeggiante 


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il  trasporto  delle  cariche  si  fa  per  mezzo  di  particelle  materiali  elettrizzate, 
le  quali  sono  respinte  dair  elettrodo  e  seguono  traiettorie  che  sensibilmente 
coincidono  colle  linee  di  forza  del  sistema  (^). 

«  Era  dunque  da  prevedersi  che  le  particelle  che  sono  respinte  da  un 
corpo  elettrizzato  negativamente,  quando  su  di  esso  si  fanno  cadere  delle 
radiazioni  ultraviolette,  seguissero  le  linee  di  forza. 

«  Per  mostrarlo  ho  tentato  espe- 
rienze numerose  e  svariate.  Esse  si  ri- 
ducono in  fondo  a  realizzare  un  caso 
in  cui  le  linee  di  forza  abbiano  forma 
nota,  arrestando  poi  con  lastre  condut- 
trici 0  coibenti  parte  delle  particelle 
respinte.  Ma  queste  lastre  si  caricano 
per  influenza,  e  se  isolanti  od  iso- 
late acquistano  carica  dalle  particelle 
dalle  quali  sono  dapprima  colpite.  Si 
modifica  quindi  la  forma  delle  linee 
di  forza,  e  le  esperienze  perciò  non 
sono  scevre  da  obbiezioni.  Infine  sono 
giunto  ad  una  disposizione  sperimen- 
tale che  mostra  in  modo  assai  evidente 
la  esistenza  del  fenomeno  previsto. 

«  Una  grande  lastra  verticale  di 
zinco  AB,  comunicante  col  suolo,  può 
spostarsi  nel  proprio  piano  in  dire- 
zione orizzontale  ;  se  ne  l^ge  lo  spo- 
stamento su  una  scala  ST.  Nella  lastra  è  praticata  una  fenditura  verticale, 
occupata  quasi  per  intero  da  uno  stretto  rettangolo  di  zinco  mn,  che  non 
tocca  la  lastra,  e  che  è  posto  in  comunicazione  coli* elettrometro.  Di  fronte 
alla  lastra  AB  trovasi  un  cilindro  verticale  di  zinco  C  isolato;  esso  è  mo- 
bile intomo  al  proprio  asse,  ed  è  mantenuto  carico  negativamente  per  essere 
in  comunicazione  col  polo  di  una  pila  secca. 

«  Tanto  le  lastre  che  il  cilindro  sono  verniciati  colla  vernice  nera,  ad 
eccezione  di  una  sottile  striscia  p  compresa  fra  due  generatrici  del  cilindro. 
Infine,  un  cerchio  graduato  GH  serve  a  misurare  l'angolo  0  che  il  piano 
passante  per  V  asse  del  cilindro  e  per  la  striscia  non  verniciata  fa  col  piano 
passante  per  lo  stesso  asse  e  perpendicolare  al  piano  AB. 

«  Le  linee  di  forza  di  questo  sistema  sono  ben  note,  poiché  è  lecito 
considerare  il  piano  ed  il  cilindro  come  indefiniti,  se  le  loro  dimensioni  sono 
convenienti.  Tali  linee  non  sono  infatti  che  archi  di  cerchio  orizzontali,  aventi 

(')  Le  ombre  elettriche,  I.  Memoria.  B.  Acc.  di  Bologna  1881  ;  II.  Memoria.  R.  Acc, 
M  Lm^i,  1882. 


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—  694  — 

il  centro  nel  piano  AB.  E  siccome  dal  cilindro,  sotto  l'azione  delle  radiazioni 
che  partono  dalla  sorgente  L,  non  sono  respinte  le  particelle  elettrizzate  che 
in  corrispondenza  alla  striscia  p,  così  sarà  facile  spostare  il  piano  AB  finché 
la  lastrina  non  sia  colpita  dalle  particelle,  del  che  avvertirà  T elettrometro 
con  essa  comunicante. 

«  Eseguita  ripetutamente  Tesperienza,  mettendo  successivamente  in  po- 
sizioni diverse  la  striscia  nuda  del  cilindro,  ho  sempre  ottenuti  risultati  in 
perfetto  accordo  colle  previsioni.  Infatti,  dato  all'angolo  0  un  determinato 
valore,  e,  dopo  aver  isolato  il  rettangolo  mn,  fatte  agire  per  un  tempo  co- 
stante (5  secondi)  le  radiazioni,  si  ha  nell'elettrometro  ima  forte  deviazione, 
se  la  lastrina  mn  è  nel  luogo  in  cui  il  piano  AB  è  colpito  dalle  linee  di 
forza  che  partono  da  jo  ;  ma  la  deviazione  stessa  è  notevolmente  minore  se 
si  sposta  la  lastra  AB  di  pochi  millimetri  in  un  senso  o  nell'altro.  È  no- 
tevole poi  come  l'esperienza  riesca  benissimo  anche  coi  valori  di  B  mag- 
giori di  90®. 

«  Dicendo  z  la  distanza  DE  fra  il  punto  D  ed  il  punto  in  cui  la  linea 
di  forza  partita  da  p  incontra  il  piano,  e  chiamando  d  la  distanza  fira  il 
piano  AB  e  l'asse  del  cilindro,  ed  B  il  suo  raggio,  la  relazione  fra  j?  e  0  è 
la  seguente: 

2flg^(g«  +  rf»  — B')  +  2Bj(^^— rf'  +  B») 
^  4dRg*  —  :s'  +  (d^  —  Wy 

«  Si  potrebbero  facilmente  moltiplicare  le  esperienze  di  questo  genere. 
Per  esempio,  avendo  posto  in  X  un  cilindro  isolato  e  comunicante  con  G, 
ho  constatato  che  la  posizione  in  cui  devesi  portare  il  piccolo  rettangolo 
isolato  mn  per  ricevere  le  particelle  respinte  da  j9,  diviene  più  lontana  da  D. 
Mettendo  invece  il  nuovo  cilindro  in  T  avviene  l'opposto  ecc. 

«  Dunque  :  le  particelle  che  sotto  l'azione  delle  radiazioni  ultraviolette 
partono  da  un  corpo  elettrizzato  negativamente^  si  muovono  seguendo  sen- 
sibilmente le  linee  di  forza  ». 

Matematica.  —  Sulle  funzioni  ipergeometriche  generalisizate. 
Nota  I.  del  Corrispondente  S.  Pincherle. 

«  È  noto  che  ad  ogni  equazione  differenziale  lineare  a  coefficienti  razio- 
nali si  può  fare  corrispondere  una  equazione  lineare  alle  differenze  finite,  pure 
a  coefficienti  razionali.  Data  cioè  la  prima  equazione,  si  può  immediatamente 
scrivere  la  seconda,  e  reciprocamente  ;  e  dall'  integrale  dell'una  si  deduce  senza 
difficoltà  quello  dell'altra.  Di  questa  correlazione  fra  le  due  classi  di  equa- 
zioni, correlazione  che  sembra  quasi  trarre  la  sua  origine  da  un  principio 
di  dualità,  mi  propongo  di  esporre  nella  presente  Nota  una  applicazione  alle 
funzioni  ipergeometriche  generalizzate. 

«  Si  sa  che  la  generalizzazione  delle  funzioni  ipergeometriche,  dopo  che 


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—  695  — 

queste  furono  definite  dal  lavoro  dì  Biemann  come  integrali  della  nota  equa- 
zione differenziale  lineare  del  seeond*  ordine,  è  stata  cercata  principalmente 
in  due  direzioni  :  prima  dal  Pochhanmier  (^),  sostituendo  all'equazione  diffe- 
renziale di  second'  ordine  un'  equazione  d'  ordine  n^  con  n  punti  singolari  a 
distanza  finita,  uno  all'  infinito,  ed  alcune  coiidizioni  sul  modo  di  comportarsi 
degli  integrali  nell'intorno  dei  punti  singolari  ;  poi  dal  Goursat  (2),  il  quale 
considera  pure  un'  equazione  differenziale  d'ordine  qualunque,  ma  coi  soli  punti 
singolari  0,  1  ed  j^.  Le  due  £amiglie  di  trascendenti  scoperte  da  questi  autori 
sono  dunque  assai  diverse  fra  loro,  tostocchè  n  è  maggiore  di  2;  ora  io  mi 
propongo  di  mostrare  in  questo  lavoro,  come  l'accennata  correlazione  jfra  equa- 
zioni lineari  differenziali  ed  alle  differènze  finite  permetta  di  collegare  &a 
di  loro  le  due  specie  di  funzioni  ipergeometrìche  generalizzate.  Troveremo 
infatti  che  mentre  le  funzioni  ipergeometrìche  generalizzate  del  (joursat  pro- 
vengono da  un'  equazione  differenziale  lineare  di  ordine  qualunque,  coi  coef- 
ficienti razionali  in  ^  e  del  primo  grado,  le  trascendenti  del  Pochhanmier 
hanno  origine  da  una  equazione  alle  differenze  finite,  di  ordine  qualunque,  e 
coi  coefficienti  razionali,  interi  e  del  primo  grado  in  x  ;  troveremo  pure  che 
ad  ogni  proprietà  formale  od  effettiva  delle  funzioni  della  prima  famiglia 
corrisponde  una  proprietà  correlativa  per  le  funzioni  della  seconda,  e  inver- 
samente. 

«  1.  Per  mettere  meglio  in  evidenza  la  corrispondenza  fra  le  equazioni 
lineari  differenziali  e  a  differenze  finite,  mi  è  sembrato  utile  di  considerare 
i  coefficienti  dell'equazione  differenziale  come  funzioni  razionali  di  una  espo- 
nenziale anziché  della  stessa  variabile  indipendente.  Supponendo  tutti  questi 
coefficienti  del  medesimo  grado,  l'equazione  differenziale  si  prenderà  nella 
forma 

(1)  I  Ko  +  «^1  ^  +  an.,  ^«  H h  (^h.p  (T^W'  (0  =  0. 

ft  Formo  la  trasformata  di  Laplace  di  questa  equazione.  À  questo  effetto 
osservo  che  in  virtù  di  un  notevole  teorema  del  Poincaré  (^),  se  t  cresce  inde-' 
finitamente  per  valori  reali  e  positivi,  sarà 

(2)  limé-«XO  =  0 

per  ogni  valore  di  ^  la  cui  parte  reale  è  maggiore  della  massima  parte  reale 
dei  logaritmi  delle  radici  della  equazione 

(3)  ao.o  +  «1.0^  +  «2.0^*  H f-  am.o^  =  0 . 

(0  CreUe*  t.  LXXI,  1870. 

(*)  Annales  de  TÉcole  Normale,  ser.  n,  t.  Xn,  1883. 

(*)  American  Journal  of  Mathematìcs,  t.  VIE,  n.  3. 

Rkndicjonti.  1888,  Vol.  IV,  1«>  Sem.  91 


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ed 


—  696  — 
«  Bisulta  da  ciò  che  posto 

(4)  f(x)=J(r^tl;{t)dt 

ed  estesa  l' integrazione  ad  una  linea  l  che  venendo  dall'  infinito  positivo, 
ruoti  intomo  ad  alcuni  punti  singolari  dell'equazione  (1)  e  tomi  all'  infinito 
positiTO,  si  avrà  int^;rando  per  parti: 

(a;-{-kf  f(x-{-k)  =J<r^  e^  V""  (0  ^  5 

con  ciò  l'equazione  (1)  si  trasforma  nell'equazione  lineare  alle  differenze  finite, 
d'ordine  ^  e  coi  coefficienti  di  grado  m: 

(5)  t  (  flojk  +  «1.»  {x+k)  +  otj,  {x-\-ky  +  -  +  ««jk  (x-\-kY)f{x-\-k)=Q. 

tt  Questa  equazione  si  dirà  la  trasfonnata  della  (1);  ad  essa  si  poteva 
anche  giungere  seguendo  altre  linee  d' integrazione,  purché  le  parti  finite  nelle 
integrazioni  per  parti  siano  nulle  ai  limiti. 

«  2.  Sia  data  invece  una  equazione  alle  differenze  della  forma  (5).  In- 
dico con  f(x)  un  suo  integrale  e  pongo 

(6)  v(0=X^^YW^ 

dove  la  linea  d'integrazione  X  è  soggetta  alle  condizioni 

(7)  r  <^'f{x)dx=  r  ^^«*^>7(^+l)diP= =  r  e^^''f{x-^p)dx. 

J  (A)  ^J  (A)  ^  (A) 

«  Da  queste  risulta  colla  derivazione 

yp^^^  (t)  r-w  =  jV^  (^-j-A)  V(^+A)  dx 

e  con  ciò  Tequazione  (5)  si  trasforma  nella  (1). 

«  La  trasformazione  (6)  è  dunque  \  inversa  della  (4)  ;  si  tratta  soltanto 
di  determinare  la  linea  d*  integrazione  X  in  modo  che  soddisfi  alle  condizioni 
indicate  da  (7). 

«  3.  Ciò  si  può  ottenere  nel  seguente  modo.  È  possibile,  in  generale, 
di  determinare  T integrale  di  un'equazione  lineare  alle  differenze  finite  e  a 
coefficienti  razionali,  p.  es.  la  (5),  sotto  forma  di  una  funzione  uniforme,  con 
una  sola  singolarità  essenziale  all'infinito  e  con  singolarità  non  essenziali 
(poli)  nei  punti  radici  delle  equazioni 

r(^  +  7i)  =  0  (0, 
dove  si  è  posto 

(3')  r(^)  =  fl^o.o  +  «i.o^H H^.o^"* 

ed  n  è  un  numero  intero  qualunque  positivo  o  nullo. 

(1)  Vedi  Hj.  Mellin,  Ada  Mathematica^  t.  IX,  p.  159  e  seguenti. 


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—  697  — 

«  Indicando  con  ai,  a^, ...  «^  le  radici  della  r(^),  i  poli  di  /(^)  costi- 
tuiscono dunque  in  generale  gli  m  sistemi 

«fc,  «A  —  1 ,  «A  —  2 , a^  —  n, 

(A  =  1,  2,  3, ....  m) . 
tt  Prendo  a  considerare  una  linea  chiusa  ^  che  comprenda  i  punti 
«1,^1  —  1, ...  «1  —  n  fino  ad  un  valore  di  n  arbitrario,  e  non  racchiuda  alcun 
altro  punto  né  di  questo,  nò  degli  altri  m — 1  sistemi  di  poli.  L'integrale 

sarà  eguale  alla  sonmia  dei  residui  della  funzione  ^f{x)  nei  punti  ori, 
«1  —  1 , ....  cr,  —  n\  r  integrale 


1     f^(«^^i>Y(^-Li)ete 


sarà  invece  eguale  alla  somma  dei  residui  della  funzione  «^^'^"y  (;r  +  l) 
nei  punti  a?  =  a^ — 1 ,  ai — 2 , ...  ai — n ,  onde  segue  immediatamente  che  la 
differenza 

è  uguale  al  residuo  di  €^*fQc)  nel  punto  «i — n. 
«  Similmente  si  trova  che  la  differenza 

è  uguale  alla  somma  dei  residui  di  ff^^f{x)  nei  f  punti 

«1  —  w  »  «i  —  w  +  1 9  ••••  ^1  —  ^  '\'V  —  1  • 
e  Ingrandendo  ora  la  linea  A  per  modo  che  senza  cessare  di  soddisfare 
alle  altre  condizioni,  il  valore  di  n  cresca  indefinitamente,  se  \  integrale  con- 
serva un  significato  e  se  il  residuo  di  €f^^f{x)  nel  punto  «i — n  tende  azero 
per  w=oo ,  saranno  soddisfatte  le  condizioni  (7),  e  ad  un  integrale  f{x)  del- 
Tequazione  alle  differenze  conisponderà  l'integrale 


VW=J^^^^7(^)^ 


dell'equazione  differenziale  (1).  Si  è  indicata  con  X  la  linea  limite  di  A. 

«  4.  Non  mi  tratterrò  per  ora  a  sviluppare  maggiormente  le  proprietà 
di  questa  corrispondenza  fira  le  equazioni  (1)  e  (5)  (fi*a  le  quali  si  potrebbe 
notare  che  l'equazione  (3),  che  dà  le  singolarità  dell'equazione  alle  differenze, 
viene  ad  essere  T  equazione  determinante  dell'  equazione  differenziale  per 
^==-{-00,  e  correlativamente  l'equazione 
(8)  *  0^0  + Orni  x-\ 1-0,^^  =  0 

che,  come  insegna  il  Poincaré,  dà  i  limiti  del  rapporto      f\     per  x=co , 


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—  698  — 

è  quella  d*onde  risultano  le  singolarità  dell'equazione  differenziale);  e  passerò 
invece  a  trattare  i  casi  speciali  che  danno  origine  alle  due  famiglie  di  fun- 
zioni ipergeometriche  generalizzate. 

«  Supponiamo  pertanto  che  Tequazione  (1)  si  riduca  al  primo  ordine 

(1')  («00+^01  e^+"'+aop  erP'MO+i^io+an  e^+'-'+a^pC^)  tp'{t)=0. 
In  corrispondenza  a  questa,  si  avrà  un'  equazione  alle  differenze  con  coefficienti 
razionali,  interi  e  del  primo  grado  in  x,  che  sarà: 

(5)  (floo+fl^io^)/(^)+(aoi+flJii(^+l))A^+l)+"- 

+(aop+a,p{x+p))f{a;+p)=0 

La  soluzione  di  questa  equazione  si  potrà  scrivere  in  forma  d'integrale  de- 
finito (4),  con  una  linea  /  d' integrazione  presa  come  è  indicato  al  §  1  ;  ma 
l'equazione  (1')  si  può  integrare  in  forma  finita  ed  il  suo  integrale,  all'in- 
fuori  di  un  moltiplicatore  costante,  si  può  scrivere 

(9)  .  V'  (0  =  ^"^'  ^5  (1— aj.  e'f^ 

dove  le  «>  sono  le  radice  dell'equazione  (8)  (ni=l);  perciò  si  avrà  per  un 
campo  conveniente  (v.  §  1)  di  valori  di  a:: 

(10  f{x)  =  f{x;  a,,  a,,  ...Mp)=  f  ^<^P>'//(l-a»^0^*d^. 

«  Al  mutare  della  linea  d' integrazione  si  potranno  trovare  sotto  la  forma 

(10)  vari  integrali  della  (5'),  le  cui  combinazioni  lineari  (a  coefficienti  co- 
stanti 0  periodici)  saranno  pure  integrali  dell'equazione  stessa;  fra  queste 
combinazioni  se  ne  potranno  anche  trovare  di  quelle  valide  per  ogni  x  finito, 
cioè,  funzioni  trascendenti  intere.  Non  insisto  su  questa  analisi,  perchè  non 
nuova,  essendo  analoga  a  quella  svolta  in  una  questione  affine  dal  Poincaré  (^). 

«  5.  La  funzione  f{x)  data  dalla  (10)  dipende  non  soltanto  dalla  x,  ma 

anche  dai  parametri  ai,  ȣ, a^,   dei  quali  pure,  sotto  certe  condizioni, 

essa  è  funzione  analitica.  Ora  questa  funzione  soddisfa  ad  equazioni  lineari 
a  derivate  parziali  rispetto  a  due  o  più  di  queste  variabili,  e  ad  un'equa- 
zione differenziale  lineare  dell'ordine  p  rispetto  a  ciascuna  di  esse  conside- 
rata separatamente.  Ciò  si  può  provare  nel  seguente  modo. 

«  Derivando  parzialmente  la  (10)  rispetto  ad  «i,  «j, a^^  ed  inte- 
grando per  parti,  si  ottiene  dapprima: 

(11)  (.;+^)^(^)  +  «.^  +  «,^+...  +  «,^  =  0. 
(>)  Mem.  citata,  §  8. 


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—  699  — 
a  Ma  si  ha  pure  Y  identità 

(l—an  ^')P*-^  (1— a»  ^0^*  —  (l—^n  e")^*^  (1— «»  ^0^*"' 

moltiplicando  per 

e  peri  binomi  rimanenti  (1 — «j^')?»,  (1 — a,^)^», ....  ed  integrando  lungo  la 
linea  l^  si  ottiene 

equazione  a  derivate  parziali  del  second' ordine  cui  soddisfa  la /(^;ai,  a2,..,a^. 

«  Dalla  combinazione  delle  ^^^r — -  equazioni  della  forma  (12),  insieme 

air  equazione  del  prim' ordine  (11)  e  a  quelle  che  se  ne  deducono  colla  deri- 
vazione rispetto  alle  a,  si  ottengono  molteplici  equazioni  lineari  a  derivate 
parziali  ed  a  coefficienti  razionali  di  ordini  diversi  e  con  diverso  numero  di 
variabili.  Mi  propongo  di  mostrare  come,  in  particolare,  si  possa  ottenere 
un'  equazione  differenziale  lineare  dell'ordine  p  rispetto  ad  ogni  singola  va- 
riabile ^1 ,  cr^ , ...  ttp . 

«  Prendendo  infatti  quelle  jo — 1  equazioni  (12)  che  contengono  una  deter- 
minata a^ ,  per  esempio  la  a^ ,  e  derivando  ciascuna  di  queste  ^=2  volte 
rispetto  ad  «i,  avremo  {p — 1)*  equazioni  lineari  fra  le  quantità 

IL 


per  A=l,  2, 3, ...  jo  ed  A=l,  2,  3,  ...^ ,  eccettuata  la  combinazione  (A=jo,A==p). 
Derivando  invece  p — 1  volte  la  (11)  rispetto  ad  «i,  si  ottiene  un  sistema 
di  p  equazioni  lineari  (compresa  la  stessa  (11))  fra  le  medesime  quantità  (13), 

ed  in  più  la  f{x)  e  la  — ^  •  Fra  queste 

p'-p  +  l 
equazioni  si  possono  eliminare  le  p{p — 1)  quantità 

per  k  =  1, 2,  3, ...  jo  ed  A  =  2,  3, ...  p ,  e  si  ottiene  cosi  (volendo,  sotto  forma 
di  determinante)  un'equazione  lineare  a  coefficienti  razionali  fra 

f2L,lL Z/l. 

«  Questa  equazione  non  è  altro  che  l'equazione  ipergeometrica  delFochham- 
mer,  dell'ordine  p.  L'espressione  (11)  è  dunque  una  funzione  ipergeometrica 
d'ordine  superiore  del  Fochhammer  rispetto  a  ciascuna  delle  variabili  c^^i ,  a, , ...  a^; 
essa  si  può  anche  considerare  come  funzione  ipergeometrica  a  due,  tre,  ...p 


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—  700  — 

variabili  e  come  tale  soddisfa  ad  equazioni  lineari  simultanee  a  derivate  pra- 
ziali,  le  quali  si  deducono  dalle  (11),  (12)  e  dalle  loro  combinazioni  per 
derivazione  ed  eliminazione  lineare.  Nel  caso  particolare  di  j5  =  3,ori  =  l  si 
ritrova  la  funzione  ipei^eometrica  a  due  variabili  Pi  dell' Appell  (0  conside- 
rata pure  dal  Picard  (2). 

«  È  da  notarsi  che  se  la 

/7(1  — a,^')Pv 

si  sviluppa  in  serie  ordinata  per  le  potenze  di  una  o  piti  variabili  a,  e  la 
linea  d' integrazione  è  tale  da  permettere  l'integrazione  termine  a  termine,  si 
ottengono  serie  ipergeometriche  generalizzate,  a  più  variabili,  i  cui  più  coef- 
cienti  sono  funzioni  ipergeometriche  della  stessa  famiglia  ma  con  una  o  va- 
riabili di  meno  »  (3). 


Zoologìa.  —  Intorno  allo  sviluppo  dei  Cestodi.  Nota  preli- 
minare del  Corrispondente  B.  Grassi  e  di  Q,  Rovelli. 

•  Avendo  seguito  lo  sviluppo  del  cisticercoide  della  tenia  ellittica  nella 
pulce  dell'uomo  e  del  cane,  abbiamo  potuto  constatare  i  seguenti  fatti. 

«  L'embrione  esacanto,  costituito  da  un  blastoma  uniforme,  si  tramuta 
in  una  vescicola  a  cavità  eccentrica  {lacuna  primitiva)  e  perciò  a  parete  di 
vario  spessore,  e  più  precisamente  (tenendo  calcolo  del  futuro  cisticercoide) 
spessa  nella  metà  anteriore,  assottigliata  nella  posteriore  :  a  quest'ultima  cor- 
rispondono gli  uncini  e  propriamente  ad  una  metà  (che  potrebbe  forse  dirsi 
ventrale)  di  questa  metà  posteriore. 

a  Noi  supponiamo  che  la  lacuna  primitiva  (a  contenuto  liquido)  cor- 
risponda alla  cavità  dell'intestino  medio  (intestino  del  chilo)  degli  altri  pla- 
telminti:  essa  si  forma  in  tutti  i  cisticerchi  e  cisticercoidi. 

«  La  parte  anteriore  della  vescicola  si  ispessisce  sempre  più,  acquista  il 
rostello,  le  ventose  e  diventa  il  corpo  del  cisticercoide. 

«  Il  rostello  si  sviluppa  da  una  fossetta  od  invaginazione  anteriore  :  questa 
invaginazione  all'avanti  è  allargata,  all'indietro  si  restringe  e  poi* si  allarga 
di  nuovo:  crediamo  lecito  di  paragonare  la  dilatazione  anteriore  alla  cavità 
boccale  e  quella  posteriore  al  bulbo  fisuingeo  dei  trematodi  ;  anche  nella  di- 
latazione posteriore  si  formano  piccoli  uncini,  ma  più  tardi  scompaiono. 

«  Le  ventose  nascono  come  ispessimenti  e  susseguenti  introflessioni  già 
nel  luogo  dove  si  trovano  nell'adulto:  il  loro  accenno  è  appena  più  tardivo 
di  quello  del  rostello,  da  cui  sono  del  tutto  indipendenti. 


(»)  Journal  de  Mathématique,  ser.  3*,  t.  Vili,  p  173. 

(')  C.  B.  de  TAcadémie  des  sciences  de  Paris,  t.  XC,  p.  1267. 

O  Cfr.  Pochhammer,  loc.  cit,  p.  323. 


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—  701  — 

«  La  parte  posteriore  ventrale  della  vescicola  cresce  e  diventa  la  coda  ; 
vi  si  notano  gli  uncini  disposti  a  paia,  come  nell'embrione  esacanto,  ma  Yxm 
paio  assai  più  allontanato  dall'altro.  La  coda  raggiunge  una  lunghezza  con- 
siderevole e  poi,  man  matto  che  il  cistìcercoide  matura,  alla  sua  estremità 
prossimale  subisce  uno  strouamento  che  finisce  a  distaccarla  dal  corpo  :  essa 
non  gemma  e  va  certamente  perduta. 

«  La  lacuna  primitiva  viene  a  trovarsi  in  parte  nel  corpo  ed  in  parte 
nella  coda;  nel  primo  non  tarda  a  riempirsi  di  connettivo  ricco  di  umore 
acquoso,  nella  seconda  tende  pure  a  scomparire,  ma  si  può  ancora  trovare 
accennata  nella  coda  al  massimo  sviluppo. 

«  Contemporaneamente  all'allungarsi  della  coda,  dopoché  si  sono  formate 
le  ventose  ed  il  rostello,  la  parte  anteriore  del  corpo  a  poco  {a  poco  si 
introflette  nella  parte  posteriore  ;  cosi  si  ha  il  cistìcercoide  della  tenia  ellit- 
tica, descritto  dal  Leuckart;  esso  può  estrofletterà  «d  allora  è  perfettamente 
eguale  al  cistìcercoide  del  Cyclops  (Gruber).  La  introflessione  serve  forse  a 
permettere  allo  scolice  d'arrivare  nell'intestino  tenue  dell'oste  definitivo. 

«  Il  sistema  escretore  si  sviluppa  poco  dopo  l'apparire  del  rostello  e 
delle  ventose.  Gli  imbuti  terminali  colle  fiammelle  vibratili,  vennero  da  noi 
riscontrati  appena  dopo  la  comparsa  dei  canali  escretori.  Si  fonna,  come  al 
solito,  anterionnente  un  anello  escretore  con  quattro  tronchi,  i  quali  si  aprano 
in  una  vescicola,  sboccante  all'esterno  davanti  all'origine  della  coda:  nella 
coda  non  trovammo  traccia  di  apparato  escretore. 

«  I  corpuscoli  calcari  compaiono  in  piccolissimo  numero  contemporanea- 
mente all'accenno  del  rostello:  essi  vanno  diventando  numerosi  man  mano 
che  il  cisticercoide  matura.  Nella  coda,  o  non  se  ne  osservano,  od  appena  alcuni 
in  vicinanza  alla  sua  estremità  prossimale. 

«  Il  cisticercoide  della  tenia  ellittica  ha  grande  somiglianza  con  quello 
del  tetrarhynchus^  col  piestocystis^  collo  scolea  polimorphns  ed  infine  col  cisti- 
cercoide del  Cyclops,  Alcune  osservazioni  di  Monticelli  ci  lasciano  intravve- 
dere  che  identico  sia  il  modo  di  sviluppo  nello  %colex  polimorphus  e  nella 
tenia  ellittica. 

«  Abbiamo  studiati  anche  alcuni  stacU  evolutivi  del  cisticercoide  della 
tenia  murìna  ed  abbiamo  trovato  che  anche  in  esso  si  forma  la  lacuna  pri- 
mitiva, la  quale  si  estende  e  resta  infine  come  lacuna  angustissima  (virtuale)  nel 
cisticercoide  maturo.  Riteniamo  molto  verosimile  che  il  processo  dì  sviluppo 
dello  scolice  differisca  da  quello  della  tenia  ellittica,  in  quanto  che  l'inva- 
ginazione della  parte  anteriore  nella  posteriore,  invece  di  svilupparsi  dopo  la 
formazione  delle  ventose,  compare  prima  e  perciò,  mentre  forse  il  rostello  si 
accenna  anteriormente  prima  che  cominci  l'invaginazione  in  discorso,  le  ven- 
tose derivano  dalla  parte  periferica  del  fondo  di  questa  invs^azione,  presso 
a  poco  come  ha  descritto  il  Leuckart  per  i  cisticerchì  ordinari.  Questo  fondo 
va  sollevandosi  contemporaneamente   al   comparire   delle  ventose,  nascenti 


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—  702  — 

certamente  dopo  del  rostello.  Noi  abbiamo  veduto  che  il  sollevamento  continua 
e  si  viene  così  ad  avere  uno  scolice  con  un  collo  sorgente  dal  fondo  delVin- 
vaginazione.  S'intende  che  i  vasi  escretori  si  ripiegano  dal  collo  dello  scolice 
sulla  parte  invaginante  (parte  posteriore  dell'embrione). 

•  L'or  cennato  processo  dlnvaginazione  ci  pare  analogo,  per  esempio,  a 
quello  che  produce  la  gastrula  embolica.  In  conseguenza  di  esso,  la  lacuna 
primitiva  viene  a  mutare  di  forma  ed  a  tro\  arsi  compresa  tra  una  parete  esterna 
ed  una  intema.  I  vasi  escretori  vengono  appunto  a  continuarsi  dallo  scolice 
sulla  parete  intema.  L'apertura  esterna,  o  poro,  della  cavità  d*invaginazione, 
man  mano  che  si  solleva  lo  scolice,  va  restringendosi,  e  finisce  a  chiudersi 
interamente. 

«  Si  sviluppa  anche  una  coda,  relativamente  molto  corta. 

«  Noi  abbiamo  studiato  anche  i  cisticercoidi  della  tenia  leptocefala  e  pro- 
glottidina  ed  altri  due  indeterminati;  in  complesso  si  comportano  come  il 
cisticercoide  della  tenia  murina,  soltanto  che  la  parete  esterjia  della  parte 
posteriore,  cioè  invaginante,  si  differenzia  in  vari  strati  di  speciale  strattura. 

«  Tenendo  calcolo  di  tutti  questi  studi  e  di  quelli  del  Leuckart  e  del 
Yillot  sui  cistìcerchi  e  cisticercoidi,  ci  crediamo  autorizzati  a  ritenere  che  il 
cisticercoide  della  tenia  ellìttica  e  probabilmente  gli  altri  ad  esso  simili 
sopraccennati,  rappresentino  la  forma  la  più  semplice:  al  cisticercoide  della 
tenia  ellittica  si  possono  ridurre  tutti  gli  altri  cisticerchi  e  cisticercoidi. 

«  Cisticerchi  e  cisticercoidi  sono  fondamentalmente  ^uali,  soltanto  la 
lacuna  primitiva  è  virtuale  (cisticercoidi)  o  reale  (cisticerchi).  Possiamo  forse 
distinguere  i  cisticerchi  (senso  lato):  P  in  cisticerchi  (senso  stretto)  e  cisti- 
cercoidi, gli  uni  e  gli  altri  ad  invaginazione  anticipante  ed  a  lacuna  primi- 
tiva virtuale  o  reale  ;  2^  in  cisticercoidi  ad  invaginazione  tardiva  ed  a  lacuna 
primitiva  scomparsa. 

«  Le  distinzioni  messe  innanzi  dal  Yillot  sono  affatto  infondate. 

«  Nella  maggior  parte  dei  cisticercoidi  si  produce  una  coda,  come  nella 
tenia  ellittica;  questa  coda  alle  volte  lunga  due  o  tre  volte  più  del  corpo, 
porta  gli  uncini  e  varia  molto,  anche  nei  vari  individui  di  una  stessa  specie  ; 
è  certamente  un  organo  radimentale,  che  noi  non  esitiamo  a  paragonare  alla 
coda  delle  cercarie.  Come  coda  vuol  essere  interpretata  anche  la  speciale  ap- 
pendice, descritta  dal  Moniez,  come  parte  posteriore  di  un  cisticerco  in  via 
di  divisione  (cysticercm  pisiformis). 

«  Noi  abbiamo  seguito  anche  la  storia  dello  sviluppo  degli  organi;  in 
complesso  possiamo  dire  finora  che  lo  sviluppo  dei  cestodi,  da  noi  studiati, 
è  enormemente  abbreviato  ;  crediamo  interamente  soppresso  il  periodo  in  cui 
dovrebbero  essere  distinti  i  foglietti  germinativi  ;  gli  organi  per  quanto  abbiamo 
finora  veduto,  si  differenziano  da  un  blastoma  uniforme  e  costituente  una 
massa  unica  »  « 


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—  703  — 

Matematica.  —  Intorno  alla  trasformasione  del  differenziale 
ellittico  effettuata  per  messo  della  rappresentasione  tipica  delle 
forme  binarie  di  5^  e  4"  grado.  Estratto  di  lettera  del  prof.  G.  Pit- 

TARELLI   al   Socio    BrIOSCHI. 

«  Il  differenziale  \ — i,  dove  f(x)  è  una  forma  biquadratica  in  x=^\  \Xt, 
Vfi^) 

dz 
fu  dal sig. Hermite  (Cr^Ue's  Journal Bd. 52)  trasformato  nellaltro— =z= 

V^^—ii^—iJ 

IT 

con  la  sostituzione  z  = ^  ,  dove  H  è  l'hessiano  ed  i  e  j  sono  gì'  inva- 
riante di  /,  l'uno  e  gli  altri  definiti  dalle 

H  =  (/A,    i  =  {ff\.   j  =  {m.^ 

«  V.  S.  invece  e  ne'  Comptes  rendus  (1863,  pag.  659)  e  nel  tomo  VII, 
serie  2*  degli  Annali  di  Matematica,  trasse  la  precedente  trasformazione 
dalla  teorìa  de'  covarianti  associati  facendo  uso  della  sostituzione,  lineare  in  x, 


fy  A 

«  In  questa  sostituzione  adoperata  da  Lei  entrano  due  covarianti  :  la  forma  / 
e  rhessiano.  Ma  la  stessa  teoria  delle  forme  associate  fornisce  una  delle  più 
semplici  sostituzioni,  quella  nella  quale  una  delle  forme  lineari  è  il  cova- 
riante identico  {yoc):  ed  ecco  come,  in  poche  righe. 

«  I.  Sia  f{x)  il  prodotto  di  una  cubica  sf(^)=9«'  e  di  una  forma  li- 
neare {yx\  ossia  f{x)  =  {yx)  ip{x), 

«  Ponendo  (Clebsch,  Theorie  d.  binàren  Formen  §  86) 

1)  J  =  f^  =  y/y^,    ^^^^  =  2{yx)        (in  Clebsch  1?  =  IO 
si  ha 

2)  (J0  =  2y/  =  29)(y)  =  29,   per  maggior  semplicità, 
indi  la  forma  tipica  di  (f{x) 

3)  9^*(^)  =  ?^  +  l^??^  +  iQC^ 

dove  le  forme  J  =  (yy)«  e  Q  =  (9^)1  sono  scritte  col  parametro  y.  Ma  si 
prova  facilmente  che 

i=—\^.  y=— IQ; 

dunque  la  3)  diviene 

4)  9'*.<^(^)  =  ?^-i^K*-i;r. 
Si  ha  poi,  per  le  2)  e  pel  teorema  delle  identità 

^       ^  (?0  2y  2y        " 

llENDicoNTi.  1888,  VoL.  IV,  P  Sem.  02 


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—  704  — 

E  di  qui  saccessiyamente,  in  forza  poi  delle  4)  e  5) 

g.       (xdx)         m  —  Cdi       .    m  —  ^d^ grfC  — Cd? 


appunto  quello  che  si  voleva. 

«  Il  differenziale  6)  appartiene  alLi  curva  del  3^  ordine 
7)  a;3*(y^)  — y«:'  =  0, 

per  la  quale  il  punto  ^i=0,  Xt=0  è  un  flesso,  la  retta  (y^)=0  è  la  rela- 
tiva tangente,  le  rette  y«^=0  sono  le  altre  tre  tangenti  uscenti  da  esso,  e 
la  0:3=0  n'  è  la  polare  armonica.  È  noto  che  ogni  cubica  si  può  ridurre  alla 
forma  7). 

tf  Le  sostituzioni  1)  poi,  scrivendo  ij  in  luogo  di  —j=x%if  riducono  7) 

alla  forma 

dove  la  retta  t  è,  per  la  relazione  J  =  yy*y^,  la  retta  armonica  di  P  or- 
dine rispetto  alla  terna  di  tangenti  ifg^  =  0.  Un  triangolo  fondamentale  sì 
fatto  può  esser  sempre  trovato  :  e  se  la  curva  non  è  armonica  0  equianarmo- 

nica,  ponendo  —rt  ed  ^;  t/    •    in  luogo  di  t  ed  ij,   la  8)  si  può  scrivere 

rìK — J^+"^(7?f*  +  7C^)  =  0i  dove  figura  il  solo  invariante  assoluto  — • 
j  j 

«  II.  Sia  ora  /  una  forma  propria  del  4**  ordine,  e  T  il  suo  covariante 

sestico:  T  =  !«;«  =  (/H)! . 

«  Facendo  la  sostituzione 

9)  ?  =  T/T,,     r^  =  (ijx) 
si  ha  (Clebsch,  Theorie  ecc.  §  88) 

10)  TV(-)  =  /|  1^  +i J* r,*-{w  +  ^ V  |+^|(f3-|l,«+ 1^,), 

dove  le  forme  T,  /  ed  H  sono  scritte  col  parametro  y,  I  e  J  sono  gì'  invarianti 
della  forma  Hf  {x)—fT3.{x) ,  e 

11)  i2  (x,  A)  =  x3  —  1  ixX^  —  \jX^ 

è  il  primo  membro  della  nota  risolvente  cubica,  mentre  poi 

12)  T«=-|i2(H,-/); 

(si  vedano  i  §  41,  42,  88  dell'opera  citata  di  Clebsch). 

«  Sia  y  una  radice  di  f  (ipotesi  verificata  nel  caso  precedente,  dove  / 
era  eguale  ad  {yx)<p{a!)). 

«  Avremo  allora 

13)  T*  =  — |H^^  =  3H^    I  =  eH*,    J=yH3; 

e  posto 

u)  ì:=-|Hv 


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—  705  — 

verrà 

15)  A^)=-^5(^^-|^'?^'-5A^)^^=-^f^(?.«- 

«  Per  le  9)  e  14),   osservando  che  qui  si  ha  (f  r^)  ==  Ty®  =  T ,  si  ha 
analogamente  a  5) 

K  Di  qui  per  la  15) 

{xda:)  _   CdS  —  m  ^     _       Cd^  —  m 

come  in  6). 

«  Basta  porre  C  ==  1,  è'  =  2i' ,  ^«  =  -o'  »  {/s  =  ^   perchè  il  differenziale 

si  trasformi  nell'altro 

,  dx 


f4s^  —  giZ—g^ 

notissimo  oggi  e  che  serve  a  definire  la  funzione  doppiamente  periodica  s  ^=p{tì) 
di  Weierstrass,  adoperata  con  tanto  vantaggio  nelle  Vorlesungen  di  Clebsch- 
Lindemann  per  la  teoria  delle  curve  del. 3^  ordine  «. 

Fisica.  —  Suirinfluenza  delle  forze  elastiche  nelle  vibrazioni 
trasversali  delle  corde.  Nota  II  (0  del  prof.  Pietro  Cardani  presen- 
tata dal  Socio  Blaserna. 

III. 

Modo  come  si  eseguivano  le  esperienze. 

«  Gli  apparecchi  descritti  nella  Nota  precedente,  cioè  il  roteggio  che  faceva 
girare  il  disco  colle  fenditure,  il  sonometro  verticale,  il  cilindro  sul  quale 
scriveva  le  proprie  vibrazioni  il  diapason  ed  il  tasto  telegrafico,  erano  stati 
collocati  così  vicini  che  da  solo  poteva  eseguire  le  molteplici  operazioni  che 
si  richiedevano  per  la  determinazione  del  numero  delle  vibrazioni  della  corda 
data.  Il  modo  come  operava  era  il  seguente. 

•  I^.  Dopo  aver  posta  la  corda  sul  sonometro  e  caricata  dei  pesi  voluti, 
chiudeva  colla  vite  i  cuscinetti  inferiori  in  modo  da  limitare  la  porzione  della 
corda  vibrante  alla  distanza  tra  questi  cuscinetti  ed  il  piano  inclinato  superiore. 

«  IP.  Metteva  in  movimento  il  roteggio  che  portava  il  disco  colle  fendi- 
ture e  faceva  vibrare  la  corda  pizzicandola  nel  punto  di  mezzo,  ìq  modo  però 
di  dare  ad  essa  una  piccolissima  ampiezza  di  vibrazione  ed,  a  tentativi,  variando 
sia  il  peso  che  forniva  la  forza  motrice,  sia  l'inclinazione  delle  alette,  cercava 
di  vedere  sensibilmente  ferme  le  onde,  in  cui  sembrava  decomposta  la  corda 
elastica. 

«  IIP.  Quando  era  raggiunta  questa  condizione,  metteva  rapidamente  in 
(>)  V.  pag.  52i. 


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—  706  — 

azione  T elettrodiapason  colla  pila  Grenet,  chiudeva  Tinterruttore  del  rocchetto 
in  modo  che  la  punta  dì  acciaio  passando  nel  mercurio  ad  ogni  giro  chiudesse 
ed  aprisse  il  circuito  inducente:  così  tra  la  punta  dell' elettrodiapason  ed  il 
cilindro  scoccava  ad  ogni  giro  una  scintilla  che  forava  la  carta  e  vi  lasciava 
in  esso  un'impronta;  indi  lasciava  libero  il  cilindro  sul  quale  era  la  carta 
affumicata  di  girare. 

K IV^.  Siccome  il  moto  del  disco  non  era  rigorosamente  uniforme,  le  onde 
avevano  sempre  un  leggiero  movimento  di  traslazione  in  un  senso  o  nell'altro: 
quando  tutto  era  pronto,  quando  cioè  il  diapason  scriveva  sul  cilindro  girante 
le  sue  vibrazioni  e  corrispondentemente  ad  ogni  giro  del  disco  scoccava  una 
scintilla,  correggeva,  applicando  la  mano  sulla  fune  che  portava  il  peso 
motore,  la  velocità  del  disco  girante  in  modo  che  le  onde  della  corda  vibrante 
si  vedessero  rigorosamente  ferme:  in  quel  momento  faceva  scoccare  due  o 
tre  scintille  vicinissime  nel  cilindro  girante  per  mezzo  del  tasto  telegrafico 
e  subito  dopo  fermava  il  cilindro;  così  poteva  facilmente  ritrovare  alla  fine 
nella  scrittura  del  diapason  quel  tale  punto  che  corrispondeva  a  quella  velo- 
cità del  disco  per  la  quale  le  onde  si  vedevano  rigorosamente  ferme. 

«  Y"^.  Bilasciava  libero  il  cilindro  di  girare  e  ripeteva  l'esperienza  come 
precedentemente  e  cosi  di  seguito  sinché  il  diapason  avesse  scritte  le  sue 
vibrazioni  in  tutta  la*carta  affumicata  che  avvolgeva  il  cilindro.  Siccome  ui^a 
striscia  di  carta  mi  bastava  per  nove  osservazioni,  così  spesso  mutava  le 
condizioni  delle  esperienze,  o  cambiando  il  peso  tensore  o  la  corda  vibrante. 

«  VI.  Finalmente  tagliava  la  striscia  di  carta  e  contava  il  numero 
delle  vibrazioni  che  si  trovavano  fra  due  scintille  :  dividendo  il  numero  delle 
vibrazioni  che  dava  il  diapason  in  un  secondo,  cioè  100,  per  il  numero  delle 
vibrazioni  che  dava  la  durata  d'un  giro  del  disco,  aveva  quanti  giri  compiva 
il  disco  in  un  secondo,  e  moltiplicando  questo  numero  di  giri  per  il  numero 
delle  fenditure  (che  erano  8),  otteneva  il  numero  delle  fenditure  passate 
davanti  all'occhio  in  un  secondo  ;  moltiplicava  questo  numero  per  il  numero 
delle  mezze  onde  in  cui  sembrava  divisa  la  corda,  ed  otteneva  il  numero 
delle  vibrazioni  semplici  date  dalla  corda  e  finalmente,  prendendone  la  metà, 
il  numero  delle  vibrazioni  doppie. 

«  Per  ottenere  la  velocità  di  propagazione  delle  vibrazioni  trasversali 
nella  corda  data,  doveva  conoscere  la  lunghezza  della  corda  vibrante  giacché, 
come  si  sa,  la  velocità  Y  è  rilegata  al  numero  di  vibrazione  N  ed  alla  lun- 
ghezza della  corda  L  dalla  relazione 

Y=2NL; 
la  lunghezza  della  corda  era  data  dalla  distanza  tra  lo  spigolo  del  piano 
inclinato  superiore  ed  il  piano  dei  cuscinetti  inferiori;  e  questa  distanza  la 
misurai  con  la  massima  cura  per  mezzo  di  un  catetometro  di  Stark  di  grande 
precisione,  e  siccome  la  corda  veniva  caricata  con  differenti  pesi,  determinai 
anche  la  correzione  che  doveva  fare  alla  lunghezza  della  corda  per  la  flessione 
della  sbarra  di  acciaio  superiore,  correzione  che  era  di  circa   nmi.  0,15  per 


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—  707  — 

ogni  cMlogramma;  e  così  determìnaTa  la  yelocità  di  propagazione  delle  Yibra- 
zioni  trasversali  che  forniva  V esperienza. 

•  Per  paragonare  questi  risultati  dell*  esperienza  coi  risultati  della  teoria 
doveva  trovare  i  valori  della  velocità  Y  di  propagazione  delle  onde  trasversali 
dalla  formola 

nella  qual  formola  j9  indica  (come  si  diss^  nella  prima  nota)  il  peso  dell'unità 
di  lunghezza  della  corda  vibrante. 

«  Per  determinare  questo  valore  di  p  dapprima  ho  seguito  lo  stesso 
metodo  di  Savart,  di  pesare  cioè  10  metri  del  filo  su  cui  si  voleva  sperimentare, 
e  supporlo  di  diametro  costante;  ma  ho  dovuto  constatare  che  tagliando  in 
vari  punti  dì  questi  dieci  metri  quella  lunghezza  di  filo  che  mi  bastava  per 
il  sonometro,  applicando  a  queste  differenti  corde  lo  stesso  peso  tensore,  aveva 
nel  numero  delle  vibrazioni  delle  differenze  piccole  ma  non  trascurabili,  sulle 
quali  differenze  dovremo  in  seguito  ritornare  ;  per  cui  ho  creduto  che  quéste 
differenze  in  parte  fossero  dovute  a  non  essere  il  filo  perfettamente  cilindrico. 
Per  aver  con  maggior  esattezza  il  peso  p  ho  quindi  pensato  di  fare  nel  seguente 
modo  :  aUa  fine  della  serie  di  esperienze  fatta  con  una  data  corda  e  caricata  con 
un  peso  medio  tra  quelli  adoperati  per  tenderla,  ho  ravvicinato  colla  vite 
di  pressione  i  cuscinetti  inferiori  tra  loro,  in  modo  che  essendo  di  acciaio 
coi  loro  spigoli  prospicienti  tagliassero  quasi  la  corda;  ed  in  tali  condizioni 
con  un  tronchetto  di  acciaio  a  taglio  piano  recideva  la  corda  all'estremità 
superiore  nel  punto  dove,  lasciando  il  piano  inclinato  del  cuscinetto,  diventava 
libera.  Indi  levava  ì  pesi  tensori,  apriva  i  cuscinetti  inferiori  e  toglieva  la 
corda  dal  sonometro  :  bastava  ripiegare  la  corda  su  se  stessa,  perchè  si  rom- 
pesse dove  aveva  avuto  l'incisione  degli  spigoli  di  acciaio  dei  cuscinetti  infe- 
riori, e  così  aveva  per  determinare  p  la  stessa  corda  vibrante  la  cui  lunghezza, 
come  dissi,  aveva  misurata  colla  massima  cura.  Il  peso  di  questo  tratto  della 
corda  l'ottenni  con  una  bilancia  di  grandissima  precisione  e  con  una  pesiera 
paragonata  sul  chilogramoio  campione:  così  poteva  anche  conoscere  il  peso 
di  un  metro  del  filo  e  determinare  la  velocità  teorica  delle  vibrazioni  tra- 
sversali 

IV. 

Influenza  del  peso  tensore. 

tt  Le  prime  ricerche  eseguite  cogli  apparecchi  precedentemente  descritti 
ebbero  per  obbiettivo  di  constatare  se,  tra  i  risultati  della  teoria  e  quelli 
della  esperienza,  esisteva  quella  grande  differenza  che  aveva  constatato  il 
Savart,  e  se  tale  differenza  si  modificava  col  peso  tensore  in  modo  da  dimi- 
nuire continuamente  col  crescer  della  tensione  :  in  altre  parole  ho  voluto  rifare 
il  lavoro  del  Savart  e  ciò  allo  scopo  di  assicurarmi  fin  da  principio,  se  il 
Savart  nel  suo  lavoro  avesse   raggiunto  lo  scopo  che  si  era  prefisso,  cioè  di 


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conoscere  Tinfluenza  della  elasticità  sulle  vibrazioni  delle  corde,  o  se  al  contra- 
rio era  vero  quello  di  cui  dubitava,  e  che  esposi  nella  prima  nota,  che  cioè 
il  Sayart  avesse  trovato  invece  Tinfluenza  del  peso  tensore  sulle  vibrazioni  delle 
vei^he  elastiche  fisse  alle  due  estremità.  L'esperienza  solo  poteva  decidere 
nettamente  la  questione,  giacché  nella  prima  ipotesi  avrei  dovuto  col  metodo 
di  misura  da  me  adoperato,  completamente  diverso  da  quello  del  Savart,  arri- 
vare agli  stessi  risultati,  mentre  nella  seconda  ipotesi  ì  risultati  che  io  doveva 
ottenere,  sarebbero  stati  completamente  differenti  da  quelli  del  Savart. 

«  Come  risulta  dal  prospetto  riferito  nella  prima  nota,  il  Savart,  operò 
per  i  differenti  fili  da  un  peso  tensore  eguale  a  zero  fino  alla  tensione  che 
determinava  la  rottura  del  filo:  e  trovò  che  anche  a  questo  estremo  limite, 
quando  cioè  il  filo  stava  per  rompersi,  la  differenza  tra  il  numero  di  vibrazioni 
che  dava  la  corda  elastica  praticamente  e  quello  che  doveva  dare  teoricamentf 
era  molto  notevole.  Per  fissare  meglio  le  idee  riporto  pei  vari  fili  adoperati 
dal  Savart  le  differenze  trovate  per  una  tensione  zero  e  per  una  tensione  che 
quasi  determinava  la  rottura  del  filo. 


Sostanza 

Tensione 

in 

Chilogrammi 

N 

calcolato 

V.  d. 

N 

dall'espe- 

rienza  v.  d. 

V 

calcolata 
(metri)- 

-flr 

V 

dalPcspc- 

rienza  (metri) 

Rame  rosso. 

0,000 

0 

450 

0,00 

72,45 

2G,214 

1242 

1310 

199,80 

210,99 

Ottono    del 

0,000 

0 

450 

0,00 

72,45 

commercio . 

40,327 

1932 

1966 

310,84 

316,52 

Ferro.  .  .  . 

0,000 

0 

600 

0,00 

96,60 

29,583 

1656 

1765 

266,47 

284,16 

Acciajo.  .  . 

0,000 

0 

485 

0,00 

78,08 

. 

28,885 

2208 

2275 

355,33 

^ — 

366,27 

«  Per  rendere  paragonabili  questi  risultati  con  quelli  da  me  ottenuti  e 
che  trascriverò  in  seguito,  sarebbe  stato  necessario  che  io  avessi  fatte  le  mie 
esperienze  in  condizioni  identiche  a  quelle  del  Savart;  le  condizioni  erano 
invece  alquanto  differenti.  Anzitutto  la  lunghezza  delle  corde  da  me  adoperate 
era  di  mm.  419,90  mentre  quelle  adoperate  dal  Savart  avevano  una  lunghezza 
di  mm.  80,5  :  adoperando  corde  di  piccola  lunghezza  vi  era  la  possibilità  che 
esse  dessero  a  preferenza  il  suono  che  dovrebbero  dare  vibrando  come  verghe 
elastiche  anziché  come  corde,  ed  oltre  a  ciò  nelle  mie  ricerche  aveva  bisogno 
che  la  corda  rimanesse  in  vibrazione  per  un  tempo  abbastanza  lungo  mentre 
corde  di  piccola  lunghezza  si  riducono  quasi  istantaneamente  in  riposo.  Del 
resto  siccome  la  legge  che  il  numero  delle  vibrazioni  varia  in  ragione  in- 
versa delle  lunghezze  delle  corde,  è  dall'esperienza,  (almeno  così  si  crede). 


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—  709  — 

rigorosamlnte  verifìcata,  i  risultati  del  Sarart  erano  per  questo  riguardo  facil- 
mente parAgonabili  ai  miei;  anzi  se  invece  di  paragonare  tra  loro  i  numeri 
delle  vibrazioni,  si  paragonano  le  velocità  di  propagazione  delle  onde  trasver- 
sali corrispoAienti,  Tinfluenza  della  lunghezza  viene  completamente  eliminata. 
Infatti  questa  Velocità  è  eguale  al  prodotto  del  numero  delle  vibrazioni  per 
la  lunghezza  della  corda,  e  siccome  col  variare  della  lunghezza  della  corda 
vibrante,  il  numero  delle  vibrazioni  varia  in  ragione  inversa,  il  prodotto  di 
queste  due  quantiiìà,  (rimanendo  costanti  le  altre  condizioni  sperimentali), 
deve  rimanere  esso  l^ure  costante. 

s  In  secondo  luogo  non  ho  mai  spinto  la  tensione  sul  filo  in  modo  da 
oltrepassare  il  limite  A  elasticità,  ciò  che  fece  il  Savart  arrivando  fino  alla 
tensione  che  determinava  \k  rottura  del  filo  :  così  ho  cercato  di  non  avere  defor- 
mazioni permanenti  nel  filò  e  quindi  variazioni  nel  peso  dell'unità  di  lun- 
ghezza :  ma  per  le  piccole  tOlisioni  il  Savart  trovò  la  massima  differenza  tra 
il  numero  di  vibrazioni  che  diva  realmente  la  corda  e  quello  che  doveva 
dare  teoricamente,  per  cui  adopemndo  tensioni  non  molto  forti  mi  metteva 
appunto  nelle  condizioni  migliori  p«r  controllare  le  esperienze  del  Savart. 

tt  Una  terza  differenza  tra  le  esptóenze  del  Savart  e  le  mie  era  nel  modo 
come  si  faceva  vibrare  la  corda:  egli  infatti  applicava  l'archetto  il  più  leg- 
germente possibile,  mentre  io  faceva  vibAre  la  corda  pizzicandola  nel  mezzo: 
ma  i  suoni  che  si  ottengono  dalle  corde  elastiche  coli' archetto  sono  identici 
a  quelli  che  esse  danno  pizzicandole,  come  ha  dimostrato  il  Duhamel  in  un 
suo  lavoro  di  fisica  matematica. 

«  Finalmente  un'ultima  differenza  nelle  condizilMii  sperimentali  era  che 
i  fili  adoperati  dal  Savart  e  quelli  adoperati  nelle  mie  rieerche  non  avevano  lo 
stesso  diametro,  o  ciò  che  vai  lo  stesso,  per  la  lunghezza  di  im  metro  non  pe- 
savano egualmente. 

«  Il  seguente  prospetto  mostra  appunto  questa  differenza  : 


Sostanza 

Peso 

di  1  metro  del  filo 

adoperato 

dal  Savart 

Peso 
di  1  metro  del  filo 

adoperato 
in  queste  Ticerobe 

Rame  rosso  .  . 

Ottone 

Ferro 

Acciajo 

gr.  6,432 
n  4,089 
»  4,088 
n  2,242 

gr.  1,2489 
»  1,1272 
»  1,8324 
n  0,9618 

«  Se  i  diametri  dei  fili  non  avessero  avuto  alcuna  influenza  sulle  divergenze 
trovate  dal  Savart  tra  il  numero  delle  vibrazioni  che  la  corda  dà  pratica- 
mente e  quello  che  dovrebbe  dare  teoricamente,  i  risultati  del  Savart  si  potreb- 
bero rendere  paragonabili  ai  miei  caricando  i  fili  da  me  adoperati  con  tali 
pesi  tensori  che  dovessero  dare  teoricamente  lo  stesso  numero  di  vibrazioni 
di  quelli  del  Savart  :  od  in  altre  parole,  facendo  in  modo  che  le  velocità  di 
propagazione  teoriche  delle  vibrazioni  trasversali  nelle  esperienze   di  Savart 


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—  710  — 

e  nelle  mie  fossero  state  le  stesse,  ciò  che  si  poteva  facilmente  ottenere 
prendendo  costante  il  rapporto  P  tra  il  peso  tensore  ed  il  peso  deironità  di 

J 
lunghezza  della  'corda  vibrante.  Invece  dalle  esperienze  di  Savart  risulta 
che  i  diametri  dei  fili  hanno  una  grande  influenza  nelle  diveigenze  che  si 
notano  tra  i  risultati  teorici  e  quelli  pratici:  e  precisamente  la  divergenza 
nel  numero  delle  vibrazioni  tra  la  teoria  e  la  pratica  è  tanto  più  piccola 
quanto  più  sottile  è  la  corda  ed  anzi  per  una  tensione  eguale  a  zero  le  diver- 
genze sono  proporzionali  ai  diametri  dei  fili. 

«  Tenendo  conto  di  questa  proporzionalità,  mi  viene  facile  rendere  i 
risultati  del  Savart  completamente  paragonabili  ai  miei  calcolando  colla  formola 

i  risultati  che  avrebbe  dovuto  avere  il  Savart,  se  avesse  adoperato  fili  dello 
stesso  diametro  di  quelli  coi  quali  ho  eseguite  le  mie  esperienze. 

»  In&tti  la  formola  precedente  rappresenta  molto  fedelmente  i  risultati 
sperimentali  ottenuti  dal  Savart  ed  il  numero  delle  vibrazioni  N,  che  dà  una 
corda  realmente,  sarebbe  conosciuto  quando  fosse  noto  il  numero  di  vibrazioni  n 
che  dovrebbe  dare  teoricamente  per  un  peso  tensore  P  (e  che  si  potrà  sempre 
calcolare),  e  il  numero  di  vibrazioni  ni  che  dovrebbe  dare  per  le  sole  forze 
elastiche  e  per  un  peso  tensore  eguale  a  zero  :  ora  dalla  Memoria  del  Savart 
ricavo  i  diametri  delle  corde  da  lui  adoperate  conoscendone  il  peso  di  1  metro, 
e  siccome  è  dato  il  numero  rii  di  vibrazioni  che  esse  danno  per  un  peso 
tensore  eguale  a  zero,  con  una  proporzione  potrò  ricavare  il  numero  di  vibra- 
zioni n„  che  avrebbe  ottenuto  il  Savart  se  avesse  usato  delle  corde  dello  stesso 
diametro  di  quelle  di  cui  mi  sono  servito  in  queste  ricerche,  e  per  una  tensione 
eguale  a  zero  :  quindi  potrò  ricavare  il  numero  N  di  vibrazioni,  che,  secondo 
il  Savart,  devono  dare  queste  corde  quando  vibrano  oltre  che  per  le  forze  elasti- 
che anche  per  un  peso  tensore  determinato. 

«  Nel  seguente  prospetto  sono  riassunti  i  risultati  che  avrebbe  ottenuto 
il  Savart  se  avesse  operato  nelle  identiche  condizioni  delle  mie  esperienze, 
relativamente  ai  diametri  dei  fili  ed  ai  pesi  tensori,  ma  con  una  lui^hezza 
della  corda  vibrante  di  cm.  8,05: 


Sostanze 

h 
j'j 

Diametro  dei  fiU 

adoperati 
in  queste  ricerclie 

V.  d. 

»// 

osato 
in  queste  ricerche 

-ài^f 

N=fn-+V 

Rame  rosso. 

mm 

0,96 

0,43 

450 

201 

3574 

1040 

•1059 

Ottone  .  .  . 

0,78 

0,41 

450 

236 

2858 

970 

1007 

Ferro  .... 

0,82 

0,55 

600 

402 

5595 

1087 

1159 

Acciajo  .  .  . 

0,60 

0,896 

485 

320 

8030 

1104 

1149 

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—  711  — 

•  Finalmente  per  eliminare  anche  la  differente  lunghezza  delle  corde 
adoperate  nelle  ricerche  del  Savart  e  nelle  mie  non  mi  resta  che  ricavare, 
dal  numero  di  vibrazioni  N,  la  velocità  di  propagazione  delle  vibrazioni  trasver- 
sali e  paragonare  questa  velocità  pratica  con  quella  teorica.  Nel  seguente 
prospetto  è  fatto  appunto  questo  confronto  e  nell'ultima  colonna  sono  notate 
le  differenze  tra  la  teoria  e  la  pratica  che  secondo  le  esperienze  di  Savart 
si  dovevano  avere  colle  corde  da  me  adoperate. 


Sostanze 

Peso 
tensore 
grammi 

V=2NL 

metri 

■"-fi 

metri 

v-v« 

Rame.  .  i  . 
Ottone  .  .  . 
Ferro.  .  .  . 
Acciajo.  .  . 

0000 
3574 

0000 
2858 

0000 
5595 

0000 
3030 

32,36 
170,50 

37,99 
162,12 

64,72 
186,60 

51,52 
184,99 

0,00 
167,44 

0,00 
157,62 

0,00 
175,00 

0,00 
177,74 

32,36 
3,06 

87,99 
4,50 

64,72 
11,60 

51,52 
7,25 

«  Se  dunque,  riassumendo,  le  esperienze  del  Savart  avessero  raggiunto 
lo  scopo  che  egli  si  era  prefisso  avrei  dovuto  in  queste  ricerche  ottenere  i 
risultati  che  facilmente  si  possono  ricavare  dal  prospetto  precedente  e  cioè: 
«  I.  Nei  limiti  delle  tensioni  da  me  adoperate  la  differenza  tra  la 
velocità  di  propagazione  delle  vibrazioni  trasversali  pratica  e  quella  teorica 
dovrebbe  diminuire  col  crescer  della  tensione  e  variare  per  il  rame  da  un 
massimo  di  metri  32,36,  corrispondenti  ad  una  pressione  zero,  ad  un  minimo 
di  metri  3,06  per  la  pressione  massima  colla  quale  venne  teso  il  filo:  per 
rottone  da  un  massimo  di  metri  37,99  ad  un  mìnimo  di  metri  4,50  e  così 
potrei  dire  per  il  ferro  e  per  T  acciajo. 

IL  Queste  differenze  dovrebbero  presentare  valori  notevolmente  diversi 
da  sostanza  a  sostanza. 

«  Non  mi  resta  ora  che  riferire  i  risultati  da  me  ottenuti.  Le  prime 
esperienze  da  me  fatte  furono  dirette  a  stabilire  se  nelle  stesse  condizioni  di 
tensione  una  corda  renda  sempre  lo  stesso  numero  di  vibrazioni  ed  ho  potuto 
constatare  che  la  stessa  corda  collo  stesso  peso  tensore  può  presentare  delle 
differenze  nel  numero  delle  vibrazioni  che  possono  arrivare  fino  a  8  o  4  vibra- 
zioni specialmente  se  il  peso  tensore  non  è  molto  rilevante. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1»  Sem.  93 


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—  712  — 

•  Ho  cercato  di  stadiare  quali  erano  le  cause  che  determinavano  queste 
differenze,  ma  ne  smisi  tosto  il  pensiero  giacché  vidi  che  erano  cause  del  tutto 
occasionali  e  dipendenti  in  parte  dalle  cariche  che  avevano  precedentemente 
tesa  la  corda  e  quindi  da  fenomeni  di  elasticità  susseguente  :  da  queste  ricerche 
preliminari  ho  però  potuto  convincermi  che  l'ampiezza  di  vibrazione  modifica 
sensibilmente  il  numero  delle  vibrazioni  della  corda,  per  cui  tutte  le  esperienze 
vennero  fatte  con  piccolissime  ampiezze  di  vibrazione.  Per  ogni  peso  tensore 
ho  ripetute  molte  volte  le  osservazioni  ed  i  numeri  segnati  nei  seguenti  prospetti 
sono  le  medie  corrispondenti. 

•  Nella  prima  colonna  è  notato  il  peso  tensore  P  in  grammi. 

•  Nella  seconda  colonna  si  trova  la  durata  di  un  giro  del  disco  espresso 
in  vibrazioni  doppie  dell*  elettro-diapason  n. 

e  Nella  terza  colonna  il  numero  E  delle  mezze  vibrazioni  che  compiva 
la  corda  nell'intervallo  tra  il  passaggio  di  una  fenditura  davanti  all'occhio  e 
quello  di  una  fenditura  successiva. 

•  Nella  quarta  il  numero  N  di  vibrazioni  doppie  compiute  daUa  corda 
in  un  secondo. 

«  Nella  quinta  la  velocità  pratica  Y  =2NL  dove  per  L  è  stata  fatta  la 

correzione  per  la  flessione  della  sbarra  sotto  i  vari  pesi. 

.  /Vg   dove  p   è  i\  peso  del- 
«  Nella  sesta  la  velocità  teorica  V  *  =  1/  ~ 

l'unità  di  lunghezza. 

«  Nella  settima  finalmente  la  differenza  Y — Y  ^  tra  i  risultati  pratici  e 

quelli  della  teoria. 


Same. 
L=nmi.  419,90  per  P  =  0;  ^  =  gr.  1,2483. 


p 

n 

K 
3 

N 

V 

V 

V~V» 

358 

17,95 

66,87 

56,13 

52,98 

3,15 

715 

13,04 

3 

92,02 

77,44 

74,93 

2,51 

1072 

17,87 

5 

111,92 

93,93 

91,75 

2,18 

1430 

15,61 

5 

128,12 

107,62 

105,97 

1,55 

1787 

13,84 

5 

144,51 

121,24 

118,46 

2,78 

2144 

17,82 

7 

157,13 

131,81 

129,76 

2,05 

2501 

16,44 

7 

170,32 

142,86 

140,15 

2,71 

2860 

15,50 

7 

180,65 

151,52 

149,87 

1,65 

3217 

14,69 

7 

190,61 

159,86 

158,95 

0,91 

3574 

1 

13,94 

7 

200,86 

168,44 

167,54 

0,90 

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—  713  — 

Ottone. 
L  =  mm.  419,90  per  P  =  0;  ;?  =  gr.  1,1217. 


p 

n 

K 

N 

V 

V« 

V— V» 

857 

19,20 

5 

104,17 

87,44 

86,54 

+  0,90 

1143 

16,36 

5 

122,24 

102,61 

99,95 

+  2,66 

1429 

14,75 

5 

135,72 

113,92 

111,76 

+  2,16 

1714 

13,51 

5 

148,04 

124,22 

122,39 

+  1,83 

2000 

17,45 

7 

160,46 

134,61 

132,21 

+  2,40 

2286 

16,39 

7 

170,83 

143,37 

141,35 

+  2,02 

2572 

15,69 

7 

178,46 

149,69 

149,93 

-0,24 

2858 

14,85 

7 

188,55 

158,16 

158,04 

+  0,12 

Ferro. 


L  = 

=  ifnm.  419,90  per  P  =  0;  ^ 

)  =  gr. 

1,8301. 

P 

n 

E 
3 

N 

V 

V» 

V'-V» 

466 

18,25. 

65,75 

55,19 

50,02 

5,17 

932 

13,41 

3 

89,48 

75,10 

70,74 

4,36 

1398 

18,47 

5 

108,28 

90,87 

86,64 

4,23 

1865 

16,37 

5 

122,17 

102,50 

100,06 

2,44 

2331 

14,52 

5 

137,74 

115,55 

111,87 

3,68 

2797 

18,81 

148,86 

124,86 

122,54 

2,32 

3263 

17,41 

160,82 

134,89 

132,36 

2,53 

3729 

16,31 

171,67 

143,95 

141,50 

2,45 

4195 

15,39 

181,94 

152,54 

150,08 

2,46 

4661 

14,64 

191,26 

160,31 

158,19 

2,12 

5595 

13,50 

207,28 

173,91 

173,32 

0,59 

Acciajo. 
L  =  mm.  419,90  per  P  =  0;|?  =  gr.  0,9552. 


p 

n 

3 

N 

V 

V> 

V— V> 

126 

24,30 

49,38 

41,45 

35,96 

5,49 

253 

18,18 

3 

66,00 

55,41 

50,96 

4,45 

758 

18,45 

5 

108,84 

91,36 

88,20 

3,16 

1011 

16,30 

5 

122,70 

102,98 

101,86 

1,12 

1264 

14,50 

5 

137,93 

115,76 

113,90 

1,86 

1517 

18,53 

151,11 

126,81 

124,78 

2,03 

1770 

17,19 

162,88 

136,66 

134,78 

1,88 

2022 

16,06 

174,35 

146,26 

144,05 

2,21 

2275 

15,23 

183,85 

154,23 

152,80 

1,43 

2528 

14,55 

192,44 

161,42 

161,07 

0,35 

3030 

13,21 

211,96 

177,77 

176,34 

1,43 

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—  714  — 

s  Dai  precedenti  prospetti  si  possono  ricavare  i  seguenti  risultati: 

«  I.  Le  differenze  tra  la  teoria  e  la  pratica  sono  incomparabilmente  più 
piccole  di  quelle  trovate  dal  Savart  e  sembra  che  leggermente  crescano  col 
diminuire  della  tensione:  debbo  però  far  notare  che  con  piccole  tensioni  si 
avevano  da  una  esperienza  all'altra  valori  molti  differenti  nel  numero  di  vi- 
brazioni della  corda. 

«  II.  Queste  differenze  sono  quasi  le  stesse  per  le  differenti  sostanze 
adoperate. 

«  Le  conseguenze  alle  quali  portano  queste  mie  ricerche  sono  dunque 
completamente  differenti  di  quelle  trovate  dal  Savart  :  tra  la  teoria  e  la  pratica 
raccordo  è  quasi  perfetto  :  resta  così  dimostrato  che  le  divergenze  così  note- 
voli trovate  dal  Savart  dipendono  dall'aver  egli  preso  come  nota  della  corda 
elastica,  quella  che  essa  dava  vibrando  come  veiga  fissa  alle  due  estremità. 

«  Non  mi  resta  ora  che  di  provare  se  è  vero  Taltro  risultato  ottenuto 
dal  Savart  che  cioè  le  divergenze  tra  la  teoria  e  la  pratica  diventano  sempre 
più  grandi  col  crescere  dei  diametri  dei  fili  :  in  una  prossima  Nota  renderò 
conto  dei  risultati  ottenuti  ». 


Fisica.  —  Influenza  della  temperatura  mi  numero  delle  vibra- 
zioni d^un  corista.  Nota  I.  del  doti  Nazzareno  Pierpaoli,  pre- 
sentata dal  Socio  Blaserna. 

«  Parecchi  sperimentatori,  specialmente  in  questi  ultimi  anni  e  con  me- 
todi diversi,  studiarono  Tinfluenza  della  temperatura  sul  numero  delle  vibra- 
zioni di  un  corista.  Trovandomi  in  possesso  di  un  istrumento  capace  di 
dare  a  tale  scopo  ottimi  risultati,  ho  voluto  anch'io  trattare  una  tale  questione. 
In  questa  mia  prima  Nota  mi  limiterò  ad  esporre  il  metodo  seguito  in  questo 
studio  ed  i  risultati  ai  quali  sono  pervenuto,  riservandomi  però  in  altra  Nota 
di  confrontarli  con  quelli  ottenuti  dagli  altri. 

«  L'apparecchio  di  cui  mi  sono  servito  è  un  cronometro  a  corista,  costrutto 
da  B.  Eoenig  per  l'ufficio  centrale  del  corista  uniforme  in  Roma,  che  offre 
il  grande  vantaggio  di  tenere  il  corista  in  vibrazione  per  un  tempo  di  varie  ore. 

•  La  descrizione  di  un  apparecchio  simile  è  fatta  da  Eoenig  stesso  nel 
suo  libro:  Quelques  expériences  d'acoustique^  pag.  172  (').  In  sostanza  non 
si  tratta  d'altro  se  non  che  di  un  corista  che  dà  145  v.  s.  al  secondo,  e  che 
vibrando  mette  in  azione  un  movimento  d'orologeria,  ricevendo  in  pari  tempo 
ad  ogni  oscillazione  un  piccolo  impulso  atto  a  mantenerlo  in  vibrazione.  Tre 
quadranti  permettono  di  valutare  il  numero  totale  delle  vibrazioni  compiute 

0)  V.  anche  Annalen  von  Wiedemann  IX,  1880,  pag.  394. 


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—  715  — 

dal  corista  in  un  tempo  determinato  e  ad  una  determinata  temperatura.  Uno 
di  questi  quadranti  ha  145  divisioni  e  l'indice  fa  un  giro  intero  nel  tempo 
impiegato  dal  corista  a  fare  145  v.  s.;  gli  altri  due  quadranti  segnano  le 
ore,  i  minuti  ed  i  secondi  come  farebbe  un  cronometro  comune,  colla  sola 
differenza  che  esso  è  regolato  nel  suo  movimento  dal  corista. 

e  Un  secondo  cronometro  misura  con  esattezza  la  durata  dell'esperienza, 
e  con  esso  si  confrontano  le  indicazioni,  del  cronometro  a  corista,  affine  di 
poter  stabilire  se  il  corista  regolatore  ha  compiuto  un  numero  di  vibrazioni 
maggiore,  uguale  o  minore  di  145.  Quanto  al  numero  esatto  di  vibrazioni 
corrispondenti,  per  quella  data  temperatura,  ad  un  secondo,  esso  sarà  dato 
evidentemente  dal  quoziente  che  si  otterrà  dividendo  il  numero  totale  delle 
vibrazioni  compiute  per  la  durata  dell'esperienza  espressa  in  secondi. 

•  Per  la  misura  del  tempo  mi  sono  servito  del  cronometro  Williams 
dell'Istituto  fisico  della  B.  Università  di  Boma,  che  ho  dapprima  confrontato 
col  cronometro  a  pendolo  pure  dell'Istituto  fisico,  e  per  parecchi  giorni  di 
seguito  col  colpo  di  cannone.  Esso  ha  un  andamento  regolarissimo  ed  un  avan- 
zamento giornaliero  di  2!'  di  cui  ho  tenuto  conto  nei  calcoli. 

«  La  temperatura  del  corista  era  fornita  da  un  grosso  termometro  a  scala 
centigrada,  con  una  divisone  in  gradi  e  situato  fra  le  branche  dello  stesso 
corista  vibrante.  Esso  ha  uno  spostamento  deUo  zero  di  -f-  0,5  di  cui  ho  pure 
tenuto  conto  nell' assegnare  le  diverse  temperature. 

«  Modo  di  sperimentare.  —  Nelle  prime  misure  fatte  il  metodo  seguito 
era  molto  semplice  :  fissata  la  posizione  dei  quattro  indici  sui  tre  quadranti, 
ad  un  dato  istante  metteva  in  azione  l'apparecchio,  lo  faceva  funzionare  per 
un  certo  tempo,  in  media  otto  ore,  e  poi  ad  un  dato  istante  ne  arrestava  il 
movimento  :  notata  la  nuova  posizione  degli  indici,  dalla  differenza  fra  le  due 
letture  aveva  il  numero  delle  vibrazioni  compiute  dal  corista  in  quell'inter- 
vallo di  tempo  per  il  quale  l'apparecchio  aveva  funzionato. 

•  Dubitando  però  che  questo  metodo  portasse  con  so  qualche  causa  di 
errore,  non  potendo  esser  certi,  se  nell'istante  in  cui  si  mette  in  azione 
l'apparecchio,  il  movimento  sia  subito  regolare,  oppure  si  richieda  un  certo 
tempo,  ancorché  brevissimo,  perchè  ciò  accada,  così  è  che  l'ho  abbandonato 
per  seguirne  un  altro  capace  di  dare  risultati  più  attendibili,  metodo  prati- 
cato per  la  prima  volta  dallo  svedese  Hansteen  (^)  nelle  sue  misure  sallln- 
tensità  del  magnetismo  terrestre. 

«  Messo  in  azione  l'apparecchio,  anziché  fare  una  semplice  lettura  in 
principio  ed  in  fine  dell'esperienza,  io  osservava  con  un  cannocchiale  a  distanza 
l'indice  dei  secondi;  ad  un  dato  istante  ne  fissava  la  posizione  e  faceva  al- 
trettanto alla  fine  di  ogni  minuto  successivo  e  ciò  per  10  minuti  di  seguito; 
ripeteva  poi  la  stessa  operazione  in  fine  dell'esperienza,  cosicché  le   letture 

(*)  y.  Annalen  von  Poggendorff,  8,  1825,  pag.  253. 


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—  716  — 

iniziale  e  finale  mi  risultavano  come  medie  di  10  lettmre  fatte  ad  inteiralli 
di  un  minuto. 

«  Questo  metodo  rende  certo  più  complicata  Tesperìenza  ed  il  calcolo  di 
essa,  ma  è  incontestabilmente  più  preciso,  potendo  una  misura  essere  consi- 
derata come  media  di  dieci  altre  misure  fatte  in  identiche  condizioni.  La 
difficoltà  sta  tutta  nel  fissare  con  esattezza  la  posizione  dell'indice,  ma  con 
un  pò*  di  pratica  si  riesce  ad  apprezzare  il  decimo  di  secondo,  od  almeno 
ad  avere  con  esattezza  il  quinto  di  secondo. 

«  Quanto  alla  temperatura,  siccome  è  impossibile  che  essa  rimanga  co- 
stante per  tutto  il  tempo  dell'esperienza,  cosi  bisogna  almeno  porsi  in  con- 
dizioni tali  da  poter  avere  con  la  più  grande  esattezza  possibile  una  tempe- 
ratura media,  ed  io  ho  posto  ogni  cura  per  mettermi  in  tali  condizioni. 

«  Cosi  in  tutte  le  mie  misure  ho  procurato  sempre  che  le  variazioni  di 
temperatura  non  fossero  durante  l'esperienza  troppo  forti,  e  che  fra  la  mas- 
sima e  la  minima  temperatura  non  corresse  una  grande  differenza  (nella  maggior 
parte  dei  casi  tale  differenza  è  piccolissima,  mai  superiore  ad  P).  Inoltre  ho 
avuto  cura  che  le  diverse  esperienze  abbracciassero  periodi  uguali  prima  e  dopo 
quell'ora  in  cui  comunemente  suole  avvenire  il  massimo  od  il  minimo  nella 
temperatura,  potendosi  in  tal  caso  ritenere  che  la  media  delle  temperature 
osservate  rappresenti  con  molta  approssimazione  la  temperatura  media  del 
corista  per  tutto  il  tempo  dell'esperienza.  Aggiungerò  che  le  letture  del  ter- 
mometro le  ho  sempre  fatte  ad  intervalli  uguali.  Infine  faccio  notare  che  le 
diverse  temperature,  alle  quali  ho  esperìmentato,  le  ho  sempre  avute  natural- 
mente, senza  mai  ricorrere  a  mezzi  artificiali,  che  possono  lasciar  sempre  un 
po'  d'incertezza,  anche  prendendo  tutte  le  possibili  precauzioni.  Esperimentando 
da  luglio  a  gennaio  ho  potuto  disporre  di  temperature  variabili  da  30^  fino 
a  0^.  Siccome  però  è  assai  difficile  qui  in  Boma  avere  durante  il  giorno  delle 
temperature  prossime  allo  zero,  che  durino  per  un  tempo  abbastanza  lungo,, 
così  le  misure  a  tali  temperature  le  ho  dovute  £&re  dalle  3  alle  10  del  mattino. 

«  Io  son  sicuro  che  la  bontà  dei  risultati  ottenuti  la  debbo  in  gran  parte 
alle  precauzioni  prese  nella  misura  delle  temperature.  Però  nonostante  queste 
precauzioni  poteva  ancora  rimanere  un  dubbio,  se  cioè  l'andamento  del  cro- 
nometro a  corista  era  regolare  ;  ho  voluto  perciò  esaminare  anche  questo,  sce- 
gliendo quelle  giornate  in  cui  la  temperatura  ambiente  rimaneva  pressoché 
costante,  e,  facendo  delle  osservazioni  di  due  in  due  ore  e  talvolta  anche  di 
ora  in  ora,  secondo  il  metodo  suesposto,  ho  potuto  constatare  avere  il  crono- 
metro un  andamento  regolare;  almeno  le  differenze  ottenute  sono  dell'ordine 
stesso  di  quelle,  che  possono  provenire  dagli  errori  di  osservazione.  Del  resto 
per  precauzione  ho  adoperato  i  due  cronometri  sempre  negli  stessi  intervalli. 

«  La  tabella  seguente  contiene  tutta  la  serie  delle  esperienze  da  me 
eseguite.  In  terza  colonna  è  data  la  temperatura  media  durante  la  misura, 
in  quarta  il  numero   delle   vibrazioni  osservate,   in   quinta  le  vibrazioni 


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—  717  — 

calcolate  colla  formula  indicata  in  seguito  e  in  sesta  la  differenza  delle  due 
colonne  precedenti. 


P 

t 

No... 

Noal. 

^ 

P 

t 

No«. 

Nel. 

^ 

1 

1 

-  0,05 

145^1995 

145^959 

36 

25 

4 

12^96 

145^0130 

145^01 17 

13 

2 

1 

0,22 

n  1908 

n   1921 

-13 

26 

4 

13,35 

»  0060 

»  0062 

-  2 

3 

1 

0,45 

»  1881 

n   1888 

-  7 

27 

4 

13,69 

144,9985 

»  0014 

-29 

4 

1 

1,00 

»  1829 

1»  1810 

19 

28 

1 

14,00 

»  9939 

144,9970 

-31 

5 

1 

2,00 

n   1648 

»  1669 

-21 

29 

3 

14,44 

n   9868 

n   9907 

-89 

6 

2 

3,88 

n   1379 

»  1403 

-24 

30 

2 

14,73 

n   9788 

»  9866 

-78 

7 

1 

4,14 

n   1328 

1»  1366 

-38 

31 

3 

15,12 

n   9755 

»  9811 

-56 

8 

1 

5,04 

»  1239 

»  1238 

1 

32 

4 

16,25 

n   9645 

»  9651 

—  6 

9 

2 

5,37 

«  1183 

»»  1192 

-  9 

33 

2 

18,14 

n   9362 

»  9383 

-21 

10 

2 

5,92 

»  1117 

»  1114 

3 

34 

2 

19,13 

»  9231 

n   9243 

-12 

11 

1 

6,23 

1»  1078 

«  1070 

8 

35 

2 

19.91 

»  9127 

»  9133 

-  6 

12 

2 

6,78 

7f   1022 

»  0992 

30 

36 

4 

20,27 

»  9064 

»  9082 

-18 

13 

1 

7,06 

»  0985 

»  0953 

32 

37 

3 

20,59 

n   9020 

n   9037 

—  17 

14 

3 

7,37 

»  0932 

»  0909 

23 

38 

3 

21,07 

n   8952 

»  8969 

-17 

15 

3 

7,95 

n   0856 

»  0826 

30 

39 

3 

21,30 

n   8895 

n   8936 

-41 

16 

3 

9,18 

n   0682 

1»  0652 

30 

40 

1 

22.07 

»  8808 

»  8827 

-19 

17 

2 

9,60 

»  0631 

n   0593 

38 

41 

1 

22,42 

»  8771 

«  8777 

-  6 

18 

2 

9,83 

n   0587 

»  0560 

27 

42 

3 

24,62 

1»  8459 

n   8466 

-  7 

19 

2 

10,50 

»  0489 

»  0465 

24 

43 

2 

26,11 

n   8261 

»  8255 

6 

20 

1 

10,85 

»  0425 

»  0416 

9 

44 

3 

26,67 

»  8193 

n   8176 

17 

21 

3 

11,15 

1»  0387 

n   0373 

14 

45 

4 

26,92 

»  8149 

»»  8140 

9 

22 

2 

11,61 

»  0324 

»  0308 

16 

46 

2 

29,55 

»»  7800 

»  7768 

32 

23 

3 

11,94 

^  0259 

»  0261 

-  2 

47 

5 

29,92 

n   7746 

»  7715 

31 

24 

3 

12,63 

«  0165 

»  0164 

1 

«  Le  esperienze  fatte  sono  realmente  109,  però  siccome  per  alcune  le 
differenze  delle  temperature  medie  erano  piccolissime,  così  riunendo  insieme 
quei  risultati  che  si  riferivano  a  temperature  non  differenti  più  di  0°,2,  ho 
avuto  47  valori  riportati  nella  colonna  Noss*)  alcuno  dei  quali  è  quindi  medio 
di  2,  3  0  più  valori  osservati.  Nei  calcoli  perciò  ho  attribuito  ad  essi  un 
peso  P  proporzionale  al  numero  delle  osservazioni  che  lo  costituivano,  come 
risulta  dalla  colonna  P. 

«  Ho  poi  tracciata  anche  una  curva  portando  come  ascisse  le  tempera- 
ture e  come  ordinate  i  numeri  di  vibrazioni  corrispondenti,  e  vedendo  come 
con  molta  approssimazione  poteva  il  fenomeno  essere  rappresentato  da  una 
linea  retta,  per  calcolare  i  valori  della  colonna  Ncai.  mi  sono  servito  del- 
l'espressione lineare: 

Nt  =  No  — a/.  ...  (1) 


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—  718  — 

ed  applicando  alla  determinazione  delle  due  costanti  No  ed  a  il  metodo  dei 
minimi  quadrati,  che  mi  ha  condotto  alle  due  espressioni: 


No  = 


a  = 


n2t^  —  {2ty 

2^St  —  n.21ft 
n2t'  —  {2ty 


m  cm: 


ho  ottenuto: 


per  cui: 


n  =  109  2^*  =  31605,9906 

2 1  =  1653,00  21ft  =  239559,8711 

2  N  =  15802,8567     (2  tf  =  2732409 

No  =  U5^  1952 
a  =  0,01416 


Nt=  145,1952—0,01416^ 
N,  =  145,1952  (1  —  0,000097523)  t 
dalla  quale  risulta  che  il  corista  fa  esattamente  145  vibrazioni  semplici  per 
la  temperatura  di  13'',785. 

«  Dalla  colonna  6^  si  scorge  come  le  differenze  fra  i  valori  osservati  e 
quelli  calcolati  mediante  la  (1)  sono  molto  piccole,  non  raggiimgendo  mai 
neppure  il  centesimo  di  vibrazione.  Però  esaminando  attentamente  si  vede  che 
tali  differenze  procedono  piuttosto  a  periodi,  anziché  alternarsi  le  positive  con 
le  n^ative,  come  dovrebbe  essere  realmente  se  la  (1)  rappresentasse  bene  il 
fenomeno.  Ciò  fa  dubitare  che^  la  equazione  della  curva  del  fenomeno  sia 
alquanto  più  complicata. 

«  Tuttavia  trattandosi  di  differenze  così  piccole,  e  Terrore  medio  essendo 
dato  da  ±  0^,0025,  non  ho  creduto  andare  in  cerca  di  una  espressione  più 


Fisica.  —  Sulla  dilatazione  termica  di  alcune  leghe  binarie 
allo  stato  liquido.  Nota  I.  di  G.  Vicentini  e  D.  Omodei,  presentata  dal 
Socio  Blaserna. 

«  Lo  studio  da  noi  pubblicato  sulle  l^he  di  piombo  e  stagno  (^)  non 
può  autorizzarci  a  generalizzare  i  risultati  ottenuti,  estendendoli  anche  alle 
leghe  di  altri  metalli.  E  necessario  sottoporre  alla  ricerca  leghe  di  metalli 
diversi  e  già  studiati  allo  stato  liquido,  per  conoscere  se  per  esse  valgano  le 
stesse  leggi,  che  per  quelle  di  piombo  e  stagno,  e  per  stabilire  se  da  alcune 
proprietà  fisiche  presentate  dalle  leghe  si  possano  ricavare  dei  dati  sulle  cor- 
rispondenti proprietà  dei  metalli  che  le  compongono. 

0)  Bendiconti  della  B.  Acc.  dei  Lincei,  voi.  m,  fase.  9,  10,  11.  1887. 


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—  719  — 

■  Adesso  presentiamo  i  risultati  di  nuove  ricerche  estese  a  leghe  binarie 
formate  coi  metalli  sti^o,  piombo,  bismuto,  cadmio,  zinco  ed  antimonio. 

«  Come  si  yedrà,  essi  comprovano  non  solo  le  nostre  vedute  intomo  alle 
proprietà  delle  leghe,  mA  ci  ofl&ono  ancora  il  modo  di  ricalare  dei  dati  abba- 
stanza approssimati  sulla  densità  e  sulla  dilatazione  termica  dei  metalli  zinco 
ed  antimonio  allo  stato  liquido,  senza  aver  bisogno  di  studiarli  direttamente, 
cosa  molto  difficile  a  causa  della  loro  elevata  temperatura  di  fusione. 

Preparazione  delle  leghe 
e  determinazione  della  loro  densità. 

■  Nella  preparazione  delle  leghe  la  fusione  dei  metalli,  venne  &tta  in 
un  crogiuolo  di  carbone  di  storta,  munito  di  coperchio,  in  presenza  di  un 
po'  di  paraffina  sotto  una  corrente  di  gas  inerte.  Usando  simili  precauzioni  ed 
avendo  pure  cura  che,  dopo  la  formazione  delle  leghe,  queste  vengano  versate 
in  recipienti  ripieni  di  gas  inattivo,  non  si  ottiene  alcun  residuo  di  scoria. 

«  Nel  calcolo  delle  proporzioni  ponderali  destinate  alla  preparazione  delle 
leghe  di  data  composizione  molecolare,  abbiamo  preso  per  pesi  atomici  dei 
metalli  la  media  dei  valori  dati  da  Magnus  e  da  Seubert  e  Mayer,  cioè 
per  il  Pb  Peso  atomico  206,43  Q) 

Sn  r,  117,53 

Zn  «  64,89 

Bi  »  207,51 

«       Cd  «  111,77 

^       Sb  «  119,78 

«  Come  notammo  nello  studio  delle  leghe  di  piombo  e  stagno ,  il  peso 
specifico  di  una  lega  varia  sensibilmente  col  variare  del  modo  di  raffireddamento 
della  lega  fusa;  perciò  nella  determinazione  del  peso  specifico  delle  leghe 
abbiamo  studiati  masselli  metallici  ottenuti  in  modo  identico  con  fusioni  suc- 
cessive d'ogni  singola  lega. 

«  A  questo  scopo  le  leghe  fuse  venivano  versate  in  piccole  capsule  di 
porcellana,  sempre  disposte  sotto  una  campana  ripiena  di  gas  inerte,  in  ma- 
niera che  fosse  impossibile  l'ossidazione  durante  il  raffreddamento. 

«  È  inutile  soggiungere  che,  prima  di  preparare  le  leghe,  venne  ripetu- 
tamente determinato  il  peso  specifico  dei  metalli  componenti,  fusi  anch'essi 
parecchie  volte  e  fatti  solidificare  colle  cure  avute  per  le  leghe.  I  metalli, 
puri,  provengono  dalla  casa  Trommsdorflf  di  Erfurt. 

«  Prima  di  determinare  la  densità  dei  dischi  metallici  ottenuti  nel  modo 
indicato,  si  lavano  diligentemente  con  benzina  alquanto  riscaldata,  nella  quale 
sì  lasciano  per  qualche  tempo,  e  ciò  per  togliere  ogni  traccia  di  paraffina  che 

(^)  Landolt  u.  BOmstein,  Physikalisch-chemische  Tabellen.  S.  1. 
Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  r  Sem.  94 


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—  720  — 

avesse  potuto  insinuarsi  nelle  rugosità  superficiali.  Dopo  ciò  i  dlBchetti  asciu- 
gati e  riscaldati  leggermente  sono  conservati  per  alcun  tèmpo  n^  vuoto. 

«  Quando  nella  misura  della  densità  col  metodo  della  bilancia  idrosta- 
tica si  vuol  determinare  la  spinta,  che  ricevono  le  piastrine  metalliche  im- 
merse nell'acqua,  fa  d  uopo  che  questa  penetri  anche  nelle  più  piccola  cavità; 
perciò  la  lega  si  tiene  a  lungo  nell'acqua  lievemente  riscaldata  e  mantenuta 
in  ebollizione  nel  vuoto. 

»  È  da  considerare  sottinteso,  che  nel  calcolo  delle  densità  tanto  del  me- 
talli quanto  delle  leghe,  si  sono  fatte  sempre  le  correzioni  delle  pesate  per 
la  spinta  dell'aria,  e  la  riduzione  alla  temperatura  di  0"",  ammessa  eguale 
a  1  la  densità  dell'acqua  a  4"". 

K  Ecco  i  risultati  avuti  nella  misura  del  peso  specifico  dei  diversi  metalli 
fusi  parecchie  volte  di  seguito. 

«  Per  l'antimonio  e  per  lo  zinco,  causa  la  loro  temperatura  di  fosione 
più  elevata,  ci  siamo  limitati  ad  un'unica  fusione. 

Sn      Pb      Bi     Cd     Sb     Zn 
7,2834  9,8182   8,6589 

7,29015  11,3582   9,8200   8,6636 
7,2883   11,3595   9,8160   8,6595   6,6976   7,1425 

medie  7,28728  11,35885  9,81807  8,6607 

«  I  valori  delle  densità  dei  metalli,  che  adoperiamo  in  seguito  nei  cal- 
coli sulle  leghe,  sono  quelli  raccolti  nella  tabella  I  che  segue. 

«  In  essa  oltre  ai  valori  della  densità  Do  a  0^,  vi  sono  quelli  delle  den- 
sità Dt*  e  Dt'  dei  metalli  solidi  o  liquidi,  alla  temperatura  di  fusione  t,  cal- 
colati in  base  alla  variazione  di  densità,  che  essi  subiscono  per  il  cambiamento 
di  stato  e  quale  fu  da  noi  determinata  ('). 

K  La  tabella  contiene  ancora  il  coefBciente  di  dilatazione  dei  metalli  allo 
s^ato  liquido,  pure  da  noi  determinato. 

Tabella  I. 


Do 

X 

Di 

Di 

a 

Sn 

7,28728 

226^5 

7,17039 

6,97539 

0,000114 

Pb 

11,359 

325 

11,005 

10,645 

129 

Bi 

9,81807 

271 

9,70372 

10,0358 

120 

Cd 

8,6607 

318 

8,3594 

7,9822 

170 

Sb 

6,6967 

432  («) 

— 

— 

— 

Zn 

7,1425 

412 

— 

— 

— 

0)  Atti  R.  Acc.  di  Tormo,  voL  XXIU,  1887. 

(^)  La  temperatura  di  fusione  dello  zinco  e  deirantimonio  sono  quelle  date  dal  Ledebur 
(Wied.  Beiblfttter  V,  1881). 


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—  721  — 

«  Nella  tabellik  seguente  (tab.  II)  sono  raccolti  i  dati  che  si  riferiscono 
aUa  composizione  ed  alla  densità  delle  leghe  allo  stato  solido. 

«  In  essa  le  4ue  prime  colonne  danno  la  composizione  atomica  e  cente- 
simale delle  leghe;  la  terza  la  loro  densità  a  O""  (Do)  riferita  all'acqua  a  4^ 
come  unità. 

«  Per  poter  licavare  la  densità  delle  leghe  a  0",  da  quella  trovata  alla 
temperatura  ordiiitria,  si  è  impiegato  per  coefBciente  di  dilatazione  delle  leghe 
solide  il  valore,  ohe  risulta  in  base  al  fatto  provato  sperimentalmente  dal 
Matthiessen,  che  i  metalli  che  le  compongono,  conservano  anche  uniti  il  loro 
coefficiente  di  dilatazione.  La  formula  impiegata  per  ottenere  il  coefficiente 
di  dilatazione  pubica  delle  singole  leghe  è  la  seguente: 


«  III  essa  a ,  d ,  P  e  a' ,  d' ,  P'  rappresentano  rispettivamente  il  coefficiente 
di  dilatazione  cubica,  la  densità  ed  il  peso  dei  due  metalli  componenti  la 
lega.  I^' espressione  (1)  si  ha  nella  ipotesi  che  i  metalli  conservino  nella  lega 
i  loro  volumi,  ciò  che  si  può  anmiettere  senza  errore  nel  calcolo  di  A:.  I  diffe- 
renti valori  della  densità  d'ogni  lega  raccolti  nella  colonna  sotto  Do  si  rife- 
riscono a  determinazioni  &tte  in  seguito  a  differenti  fusioni.  La  colonna  suc- 
cessiva contiene  il  valore  medio,  che  si  prende  come  valore  della  densità  delle 
leghe  studiate.  Per  stabilire,  se  la  formazione  delle  leghe  è  accompagnata  da 
variazione  di  volume,  si  calcola  poi  la  densità  che  spetterebbe  a  0^  ad  (ognuna 
di  esse,  nel  caso  che  i  metalli  conservassero  il  loro  volume.  Serve  alVuopo 
la  formula: 


<^'  '>=w^'*' 


nella  quale  le  diverse  lettere  hanno  il  significato  indicato  più  sopra.  I  valori 
calcolati  con  la  (2)  registrati  nella  6^  colonna,  e  sono  saniti  dalle  differenze  d 
che  esistono  sono  fra  le  densità  trovate  e  la  calcolata.  Le  differenze  positive  indi- 
cano contrazione  ;  le  negative  aumento  di  volume  dei  metalli  allegati.  La  mas- 
sima variazione  di  volume  è  quella  che  accompagna  la  fonnazione  della  lega 
BÌ2  Pb;  variazione  rappresentata  da  una  contrazione  che  raggiunge  il  2  7o 
del  volume  totale. 

•  Le  leghe  di  piombo-antimonio  o  di  cadmio-zinco  si  sono  preparate  se- 
condo rapporti  ponderali  semplici  dei  loro  componenti,  senza  badare  alla  com- 
posizione molecolare. 


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—  722  — 
Tabella  II. 


Leghe 

CompoBÌzione 
centesimale 

Densità  trovata 

Densità 
calcolata 

ó 

Do 

Media 

I 

SnBi 

63,84 

36,157 

( 

8,7450 
8,7503 
8,5660 

8,7476 

8,7228 

+  0,0248 

n 

SmBis 

43,02 

56,98 

! 

8,5640 
8,5729 

8,5676 

8,5419 

0,0257 

m 

Sn.Cd 

67,77 

32,23 

1 

7,6790 
7,6814 
9,4796 

7,6802 

7,6710 

0,0092 

IV 

Bi,  Cd. 

73,58 

26,42 

9,4710 
9,4720 
10,497 

9,4742 

9,4882 

-  0,0090 

V 

BiiPb 

66,78 

88,22 

1 

10,522 
10,539 

10,519 

10,281 

+  0,238 

VI 

Pb-Sb 

90 

10 

1 

10,6849 
10,6361 

10,6355 

10,6182 

+  0,0173 

vn 

Pb-Sb 

82 

18 

1 

10,068 
10,086 

10,077 

10,094 

—  0,017 

vm 

Cd-Zn 

90 

10 

1 

8,478 
8,361 

8,420 

8,480 

-  0,060 

IX 

Cd-Zn 

85 

15 

1 

8,3658 

8,3486 

8,857 

8,893 

~  0,086 

X 

Cd  -Zn 

75 

25 

' 

8,2064 
8,2145 

8,2104 

8,2237 

-  0,0188 

Temperatura  di  fusione  delle  leghe. 

tt  Prima  di  sottoporre  le  leghe  allo  stadio  della  dilatazione,  si  è  deter- 
minata la  loro  temperatura  di  fusione,  e  si  è  cercato  di  conoscere  la  maniera 
colla  quale  esse  si  rafireddano. 

K  Le  osservazioni  si  sono  fatte  nel  modo  già  detto  per  le  leghe  di  piombo 
e  stagno  salvo  qualche  modificazione  suggerita  dalla  pratica.  Siccome  parec- 
chie leghe  di  bismuto  aumentano  di  volume  all'atto  della  solidificazione,  sa- 
rebbe stata  certa  la  rottura  del  termometro  se  si  fosse  immerso  senza  prote- 
zione alcuna  nella  massa  metallica.  Per  evitare  tale  inconveniente,  nelle 
attuali  ricerche  il  termometro  è  stato  introdotto  in  una  guaina  formata  da  un 
sottil  tubo  di  rame  di  diametro  poco  superiore  a  quello  del  termometro  ;  la 
intercapedine  fra  il  termometro  ed  il  tubo  si  mantenne  sempre  ripiena  di 
paraffina. 


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—  723  — 

•  I  dati  riferiti  in  seguito,  sono  sempre  la  media  dei  valori  di  più  de* 
tenninazioni.  Del  resto  non  si  abbandonava  una  l^a,  se  con  esperienze  &tte 
in  condizioni  diverse  non  si  ottenevano  curve  di  raffreddamenti  concordanti. 
Specialmente  per  quanto  riguarda  i  valori  della  vera  temperatura  di  ftisione 
(periodo  della  massima  sosta)  è  da  notare,  ch'essi  furono  sempre  concordan- 
tissimi,  la  differenza  fira  i  valori  più  divergenti  giungendo  al  massimo  a  pochi 
decimi  di  grado. 

«  Le  temperature,  che  diamo,  corrispondono  alle  indicazioni  del  termo- 
metro ad  aria. 

«  Ecco  i  risultati  avuti  colle  diverse  leghe. 


I.    Lega  Sn  Bi. 


■Hilliili 

|f|IBB5|IIM! 

lUiii  i«tti*  Bili! 

■iff6ip  iii«Bi«HB«ii 

!IB."mii 


!■■■■■■■ 

»■■«■■■ 
,___JB*llH|iB|i   .._ 
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SS 


fl  m<  ■!■■  «■■■I  HB 
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lOMBia***  *Bi*Sapv»^ WKi*  ili'c:  naa*  ■■■ 
UftaB  I  ■  ■■■  wm^Ti  s<  >■■■  Kt  ««■  ■■•■■■izaiìau 


vssam 

HHfiHni 


ICS  SUBÌ 


tei 

iUiil 


«  Sono  state  fatte  quat- 
tro determinazioni  della  tem- 
peratura di  fusione  di  questa 
lega.  Essa  venne  fusa  riscal- 
dandola sino  a  250^  circa  e 
quindi  portata  nell'apparec- 
chio deUe  fusioni  mantenuto 
due  volte  a  105^  ed  altre  due 
volte  a  125®.  La  lega  mostra 
di  raffreddarsi  regolarmente 
sino  a  \iQ'*  circa,  ma  da  que- 
sta temperatura  in  giù  dimi- 
nuisce di  molto  la  velocità 
di  raffreddamento.  A  136''4 
si  ha  la  sosta  prodotta  dalla 
completa  solidificazione.  Con- 
servando le  due  lettere  t  e 
T^,  da  noi  adoperate  nello  stu- 
dio delle  leghe  di  Pb  e  Sn, 
per  indicare  la  temperatura, 
alla  quale  nella  lega  liquida 
che  si  raffredda  incomincia  a 
separarsi  allo  stato  solido  uno 
dei  suoi  componenti,  e  la  tem- 
peratura fissa  di  fusione,  si 
ha  per  la  Sn  Bi: 
T^==146o       ir=136%4. 


14Q°     IfiO      180       200        £20      240       2«0      2^U      £00      SìH}    Wì 

IL  Lega  Sn4  BÌ3. 
■  Anche  questa  lega  dopo  fusa  e  riscaldata  a  260®,  venne  portata  nel- 
Tapparecchio  mantenuto  a  105®.  Con  essa  abbiamo  fatto  due  determinazioni 


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—  724  — 

che  hanno  portato  a  risultati  coincidenti.  La  curva  che  dà  la  legge  del  raffred- 
damento mostra  che  la  temperatura  della  lega  si  abbassa  regolarmente  sino 
a  circa  IST'^ò  ;  da  questo  punto  il  raffreddamento  avviene  con  maggior  len- 
tezza sino  a  134^,6  ;  la  temperatura  sale  quindi  gradatamente  a  137^,3  e  qui 
si  ha  una  lunghissima  sosta.  Perciò  t  =  137^3. 

tt  II  carattere  della  curva  del  raffreddamento,  e  la  mancanza  del  punto  t' 
mostrano  che  la  lega  Sn^  Bis  è  una  delle  così  dette  leghe  chimiche. 

III.  Lega  Sn,  Cd. 

«  La  lega  Sn^  Cd,  come  Tantecedente  mostra  di  essere  una  lega  chimica. 
Fusa,  riscaldata  a  250^,  quindi  portata  neir apparecchio  delle  fusioni  conser- 
vato a  150®,  essa  si  raflCredda  con  grande  regolarità  sino  a  173**,5  per  salire 
a  174^,8;  a  questa  temperatura  si  manifesta  una  lunghissima  sosta.  È  dunque 

ir=174«,8. 

«  Questo  valore  di  r  è  la  media  dei  risultati  di  parecchie  determina- 
zioni, fra  i  quali  i  più  divergenti  differiscono  di  0^,4. 

IV.  Lega   Bis  Cd». 

K  La  curva  del  raffreddamento  di  questa  lega  mostra  i  due  tratti  distinti^ 
che  indicano  non  essere  essa  una  lega  chimica.  Riscaldata  a  250®  si  è  portata 
nell'apparecchio  tenuto  una  volta  a  118®  e  Taltra  a  125®.  Nel  primo  caso 
la  lega  si  è  raffreddata  regolarmente  sino  a  190®,8  per  poi  manifestare  un 
abbassamento  di  temperatura  meno  rapido  che  si  è  arrestato  a  146®. 7;  risale 
poi  a  147®,1  e  a  questa  temperatura  si  mantiene  a  lungo.  Nel  secondo  caso 
la  velocità  del  raffreddamento  ha  cambiato  a  192,®8  e  la  temperatura  dopo 
essersi  abbassata  fino  a  146,9  è  risalita  a  147®, -3  dove  ha  manifestato 
la  sosta. 

K  Come  valori  medt  riteniamo  quindi 

t'=191®,8  ir=147®,2 

K  Per  determinare  con  maggior  precisione  il  valore  di  r'  abbiamo  fatto 
raffreddare  la  lega  nell'apparecchio  riscaldato  a  150®,  senza  levarla  mai  dal 
tubo  nel  quale  era  contenuta,  e  perciò  senza  rimescolarla  dopo  le  successive 
fusioni  e  solidificazioni,  alle  quali  fu  assoggettata.  In  tali  condizioni  si  è  tro- 
vato che  il  punto  t'  va  spostandosi  sulla  curva.  In  quattro  dej^erminazioni 
fatte  successivamente  si  sono  ottenuti  i  seguenti  valori  di  t: 

217,  225  ,  230  ,  234. 

«  Si  è  perciò  obbligati  ad  ammettere,  che  la  lega  in  seguito  alle  succes- 
sive fusioni  si  separa  in  parti  di  diversa  composizione  e  densità,  per  cui  va 
variando  il  valore  di  t^  per  la  porzione  di  lega  che  si  trova  all'altezza  del 
bulbo  del  termometro  impiegato  nella  determinazione. 

V.  Lega   Bij  Pb, 


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—  725  — 

K  Come  al  solito  si  è  studiato  due  volte  il  raffireddamento  della  lega 
da  245®  sino  alla  temperatura  di  solidificazione,  nell'apparecchio  della  fusione 
conservato  a  102''.  Nelle  due  determinazioni  si  sono  ottenuti  numeri  identici. 
Dapprima  la  lega  si  raffredda  rapidamente  e  con  regolarità;  ma  dopo  rag- 
giunto i  156'',8  con  maggior  lentezza  sino  a  126^6,  dove  si  mantiene  costante 
a  lungo.  ^ 

«  Si  assume  perciò 

l^'=156^8  T  =126^6 

VI.  Lega,  90Pb  +  10Sh. 

tt  Anche  per  questa  lega  la  curva  di  raffreddamento  ha  i  soliti  caratteri. 
In  tre  determinazioni  fatte,  portandola  fusa  e  sufficientemente  riscaldata  nel- 
Tapparecchio  a  V,  si  ottiene: 

200^  258^2  246,1* 

222  259,0  246,5 

224  259,1  246,7 

«  Sicché  come  valori  medi  si  ritengono  i  seguenti  : 
T'=258^8  T  =  246^4. 

VII.  Lega,  82Pb  +  18Sb. 

«  Questa  lega  si  raffredda  in  una  maniera  più  complicata  delle  altre  finora 
considerate. 

«  Abbiamo  fatto  due  serie  di  prove  e  si  sono  ottenuti  i  seguenti  risultati  : 
ff  1®  Lega  riscaldata  a  380®  e  portata  nell'apparecchio  a  223®.  Inco- 
mincia col  raffreddarsi  regolarmente  sino  a  254®,7  ;  al  disotto  di  questa  tem- 
^ratura  l'abbassamento  di  temperatura  si  fa  più  lento  e  si  ottiene  quindi 
una  notevole  costanza  a  249®, 7.  Dopo  questa  prima  sosta  si  raffredda  abba- 
stanza nipidamente  sino  a  245®,7  dove  vi  ha  accenno  ad  altra  sosta. 

«  2^  La  lega  a  340®  è  posta  nell'apparecchio  a  220®.  L'andamento 
della  curva  dri  raffreddamento  è  identico  a  quello  della  curva  data  dalla  prova 
precedente.  Si  ha  il  cambiamento  nella  velocità  di  raffreddamento  a  251®,3 
ed  una  sosta  a  249,4.  A  245,5  si  avrebbe  l'indizio  di  una  seconda  sosta.  Si 
assumono  perciò  i  seguenti  valori  medi  per  t  e  t' 

^  =  153®  T  =  249®,6 

«  Come  mostra  il  fatto  di  una  s^ta  non  perfetta  durante  la  solidifica- 
zione della  lega,  si  deve  arguire  che  il  cambiamento  di  stato  di  quest'ultima 
non  avviene  nella  maniera  la  più  semplice. 

Vili.  Lega,  90  Cd +  10  Zn. 
«  La  lega  riscaldata  a  355®  vien  m33sa  nell'apparecchio  a  195®.  A  279® 


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—  726  — 

si  manifesta  il  rallentamento  della  velocità  di  ra&eddamento  e  a  260^,6  ona 
Imiga  sosta.  Perciò 

t'  =  279*  T  =  260^6 

IX.  Lega,  85  Cd+ 15  Zn. 

«  Si  riscalda  la  lega  a  860^  e  si  porta  nell'apparecchio  a  212''.  Essa  si 
raffi-edda  regolarmente  sino  a  260^,4  per  salire  a  260^,7  e  mantenersi  a  lungo 
a  tale  temperatura.  Si  ha  dunque 

l:=260^7, 
e  la  lega  è  da  considerarsi  come  una  lega  chimica. 

X.  Lega,  75Cd+25Zn. 

«  Fu  studiata  due  volte,  e  nelle  determinazioni  si  sono  ottenuti  risultati 
coincidenti.  L'apparecchio  essendo  a  226°,  la  lega  si  raffredda  regolarmente 
sino  a  275°,  al  qual  punto  si  manifesta  una  brevissima  sosta;  dopo  ciò  si 
rafiEredda  dapprima  sino  a  261^,2,  e  qui  mostra  una  sosta  lunghissima.  Per 
ciò  si  anmnette 

t'  =  275°  ir  =  26P,2. 

«  Nella  tabella  III,  che  segue,  raccogliamo  i  valori  di  t  e  t'  trovati  per 
le  diverse  leghe,  e  vicino  ad  essi  poniamo  quelli  dati  dal  Rudberg(0- 

«  I  valori  di  %  segnati  con  asterisco  e  corrispondenti  alle  leghe  VI  e  Vili 
sono  dati  da  Ledebur  {^)  il  quale  ha  studiato  la  temperatura  di  fusione  di 
alcuni  metalli  e  di  diverse  leghe  col  metodo  calorimetrico. 

Tabella  III. 


T 

x' 

T 

(Rudberg) 

I 

SnBi 

136,4 

146 

136,4 

n 

Sn«  Bla 

137,3 

— 

— 

m 

Sn,Cd 

174,8 

— 

173,7 

IV 

BùCd, 

147,2 

191.8 

146,3 

V 

Bi.Pb 

126,6 

156,8 

125,3 

VI 

90Pb  +  10Sb 

246,4 

258,8 

236  ♦ 

vn 

82Pb  +  18Sb 

249,6 

253,0 

250  ♦ 

viu 

90Cd  +  10Zn. 

260,6 

279,0 

— 

IX 

85dd  +  15Zn 

260,7 

— 

— 

X 

75Cd  +  25Zn 

261,2 

275 

— 

(0  Rudberg,  Poggendorff 's.  AnDalen  LXXI  1847,  460. 
(*)  Ledebnr,  1.  e. 


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—  727  — 

«  I  valori  del  Budbei^  registrati  nella  tabella  III  sono  tolti  da  una  Nota 
pubblicatasi  dopo  la  di  lui  morte  e  che  riguarda  la  quantità  di  calore  nelle 
mescolanze  di  metalli.  In  essa  il  Eudberg  riteneva  come  leghe  chimiche  (leghe 
cioè  nelle  quali  il  raffreddamento  avviene  regolarmente)  le  Sn  Bii  e  Sn^  Cd, 
Bis  Cd,  e  BÌ2  Pb.  Le  nostre  osservazioni  e  lo  studio  della  dilatazione  delle 
leghe  liquide  portano  ad  ammettere,  che  fra  queste  leghe  solo  la  Sn,  Cd  gode 
di  tale  proprietà. 

•  Non  abbiamo  creduto  opportuno  richiamare  i  dati  sulle  temperature 
di  fusione  di  alcune  delle  nostre  leghe,  quali  sono  comunicati  nel  primo  studio 
che  ha  condotto  il  Rudberg[(i)  alla  scoperta  dei  due  punti  di  fusione  (fisso 
e  variabile)  di  leghe  fatte  con  proporzioni  diverse  di  dati  metalli.  Essi  sono 
incerti,  perchè  corrispondono  alle  indicazioni  non  corrette  di  termometri  a 
mercurio. 

«  Il  Mazzotto  (^)  nelle  sue  ricerche  sulle  calorie  di  fusione  delle  leghe 
binarie,  dà  come  temperatura  di  solidificazione  (punto  fisso)  delle  leghe  di  Sn 
e  Bi,  137*>;  per  quelle  di  Pb  e  Bi  125*  (Indicazione  di  termometro  a  mer- 
curio). Tali  valori  sono  molto  vicini  a  quelli  da  noi  trovati. 

«  Se  confrontiamo  fra  di  loro  separatamente  le  temperature  %  di  fusione 
dei  gruppi  dileghe  I,  II  —  VI,  VII,  —  Vili,  IX,  X  troviamo  provato  quanto 
abbiamo  osservato  per  le  leghe  di  Pb  e  Sn(3);  cioè  le  leghe  fatte  con  pro- 
porzioni diverse  di  due  metalli  hanno  temperature  %  di  fusione  molto  vicine  ; 
ma  non  perfettamente  eguali. 

«  Così  mentre  per  le  leghe  di  Pb  e  Sn  la  temperatura  fissa  di  fusione 
ci  risultò  approssimativamente  eguale  a  182%  appare  ora  per  quelle  di 


Bi  e  Sn 

di  1370 

Bb  e  Sb 

.  248» 

Cd  e  Zn 

»  261 

tt  La  temperatura  %  delle  due  leghe  di  Pb  e  Sb,  mostra  la  massima 
differenza;  arrivando  questa  a  3^.  Questo  fatto  non  deve  meravigliare  se  si 
rifiette  un  poco  ai  fenomeni  complicati  di  soprafusione  che  accompagnano  la 
solidificazione  delle  leghe  di  piombo  e  di  antimonio  (^). 

«  Alla  fine  dello  studio  della  dilatazione  delle  leghe  faremo  altre  con- 
siderazioni riguardo  al  fenomeno  della  loro  fusione  » . 


(0  Bndberg,  Wiedemann's.  Annalen  XVm,  1830. 

(t)  Mazzotto,  Memorie  del  R.  Istituto  lombardo,  voi.  XVI,  1886. 

(3)  Bend.  della  B.  Acc.  voi.  m,  fase.  9,  241. 

{})  F.  de  JoBsien,  Annales  de  Chim.  et  Phjsique  1879,  voi.  XVIII. 

RiiNDicoNTi.  1888,  VoL.  IV.  V  Sem.  95 


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—  728  — 

Fisica.  —  Sulla  velocità  del  suono  nei  vapori.  Nota  I.  dei  dot- 
tori Q.  Q.  Qerosa  ed  E.  Mai,  presentata  a  nome  del  Socio  G.  Cantoni. 

s  Ci  siamo  proposti  di  studiare  la  velocità  del  suono  nei  vapori  di  vari 
grappi  di  liqnidi,  appartenenti  a  diverse  fÌEuniglie  della  serie  organica  e  col- 
legati fra  di  loro  da  rapporti  molecolari  bene  stabiliti;  ma  qui  riferiamo  solo 
i  risultati  relativi  a  pochi  vapori,  non  avendo  ancora  potato  raccogliere  Top- 
portana  serie  di  liquidi,  e  ci  soffermiamo  piuttosto  intomo  al  metodo  di  ricerca. 

tt  Per  la  ricerca  ebbimo  ricorso  ad  un  metodo  molto  comodo  e  semplice, 
fondato  sulla  risuonanza  dei  tubi  sonori,  che  fino  dall*  81,  a  vero  dire,  venne 
seguito  con  profìtto  dal  Martini  (^),  ma  che  dev'essere  sottoposto  ad  esame. 

«  Le  cose  sono  cosi  disposte. 

«  Si  ha  un  tubo  cilindrico  di  vetro  (A),  alto  circa  50  cm.,  abbastanza 
calibro  (^)  ed  accuratamente  diviso  in  millimetri,  che  ad  una  estremità*  ò 
smerigliato  secondo  la  sezione  retta  e  dall'altra  è  saldato  ad  un  cannello 
di  piccolo  diametro,  il  quale,  vicino  alla  saldatura,  viene  ricurvato  in  modo 
che  il  suo  asse  riesca  parallelo  ed  a  poca  distanza  dal  tubo,  ed,  all'altezza 
poc'oltre  rimboccatura  del  tubo  stesso,  è  ripiegato  infuori  ad  angolo  retto. 
L'estremità  di  questo  cannello  è  unita  al  tubo  di  gomma  della  canna  mano- 
metrica (B)  del  termometro  ad  aria  di  Jolly.  La  canna  poi,  il  tubo  di  gomma 
e  parte  del  tubo  (A)  (per  l'altezza  di  qualche  centimetro)  vengono  riempiti 
di  mercurio,  di  cui  il  livello  nel  tubo  (A)  stesso  può  essere  variato  a  volontà 
alzando  od  abbassando  il  corsoio,  cui  è  raccomandata  la  canna  (B).  11  tubo 
graduato  sta  sospeso  al  centro  di  un  secondo  tubo  cilindrico  di  vetro,  un  poco 
più  alto  ed  assai  più  largo  (diam.  12  cm.),  il  quale  pesca  colla  parte  mfe- 
rìore  in  una  vaschetta  di  mercurio.  Esso  è  riempito  di  acqua  ed  in  alto  è 
chiuso  da  un  tappo  di  sughero,  da  cui  sporge  per  pochi  millimetri  il  tubo  (A) 
ed  attraverso  il  quale  passano  le  aste  di  un  agitatore  per  rimuovere  l'acqua 
ed  un  termometro  per  segnarne  la  temperatura.  Questa  può  essére  variata  e 
regolata  da  una  lampada  a  gas  posta  sotto  la  vaschetta.  Tutto  l'apparec- 
chio è  disposto  vicino  ad  un  muro,  nel  quale  è  infisso  un  breve  tronco  di 
legno,  di  cui  la  parte  estema  si  muove  a  cerniera  entro  l'altra  dall'alto  al 
basso;  ma  in  modo  da  non  oltrepassare  la  posizione  orizzontale.  Nella  testa 
della  parte  mobile  ò  avvitato  un  diapason,  in  guisa  che  i  suoi  rebbi  sieno 
in  un  piano  verticale  e  che  l'estremità  del  più  basso  riesca  circa  a  due 
millimetri  d'altezza  sull'orlo  del  tubo  (A),  quando  il  diapason  stesso  viene 
abbassato. 

(0  La  velocità  del  suono  nel  cloro.  Atti  del  R.  Istit.  Veneto.  YoL  VII,  serie  5% 
1881.  —  Cronaca  del  R.  Liceo  Foscarini,  1880^1. 

C)  La  sezione  S  del  tubo  vana  colla  distanza  l  (millim.)  dall'imboccatnra  secondo 
la  relazione  |^S=w20»°»<i-,  756  +  0,00056.  {, 


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—  729  — 

•.  Ora  si  sa  che,  se  il  diapason  rende  un  snoYO  di  n  vibrazioni  semplici, 
l'altezza  l  del  tubo  sonoro,  cui  corrisponde  il  massimo  di  risuonanza,  ò  data  da 

dove  t?  è  la  yelocità  del  suono  nell'aeriforme,  che  riempie  il  tubo:  ossia  che, 
giusta  la  legge  di  Bemoulli,  il  suono  fondamentale  reso  allora  dal  tubo  è 
di  n  vibrazioni. 

«  Per  cui  riesce  ovvio  come  si  possa  per  tal  vìa  determinare  la  velocità 
del  suono  negli  aeriformi,  ricercando,  noto  che  sia  il  numero  delle  vibrazioni 
del  diapason,  per  ciascuno  di  essi  l'altezza  l  corrispondente  alla  massima 
risuonanza. 

«  Però  havxi  la  difSicoltà  che  realmente  il  suono  reso  dai  tubi  sonori 
è  più  grave  in  generale  di  quello  assegnato  dalla  legge  di  Bemoulli,  e  la 
differenza,  come  dimostrò  Wertheim  (i),  dipende  da  parecchie  circostanze. 
Cosicché  la  relazione  di  Bemoulli  dev'essere  corretta,  secondo  Wertheim, 
in  questo  senso 

«  Wertheim  poi  assegna  ad  a  pei  tubi  aperti  di  sezione  rettangolare  il 
valore  seguente 

.  =  .(M  +  N)(2-^+^-j/|+^). 

dove  M  ed  N"  sono  le  due  dimensioni  della  sezione  S  del  tubo.  Si  ed  St  le 
aree  delle  due  aperture  i^li  estremi  e  c{=  0,210  pel  vetro)  un  coeflBiciente 
dipendente  dalla  sostanza  del  tubo. 

«  Un  tubo  chiuso  e  cilindrico  poi  può  essere  rispettivamente  conside- 
rato come  la  metà  di  un  tubo  aperto  ed  eguale  ad  un  tubo  quadrato  di  se- 
zione e  d'imboccatura  equivalente. 

«  Altre  circostanze  invero  possono  intervenire  a  variare  il  valore  di  x, 
come,  ad  es.,  la  ritardazione  dell'onda  per  Tattrito  contro  le  pareti  del  tubo, 
la  forma  dell'apertura  e,  pei  tubi  chiusi,  l'elasticità  della  parete  che  ne 
chiude  un  estremo  ;  ma  in  un  grado  abbastanza  piccolo,  se  si  sta  ai  risultati 
di  Wertheim.  ' 

Però  Wertheim  procedette  sempre  in  questa  maniera  :  o  teneva  fisse  le 
dimensioni  del  tubo,  facendolo  suonare  con  diversi  gas  e  notando  le  differenti 
altezze  dei  suoni  ch'esso  rendeva  ;  o  variava  le  dimensioni  del  tubo,  facendolo 
suonare  sempre  con  uno  stesso  gas  ;  in  ogni  caso  poi  le  esperienze  erano  sta- 
bilite alla  temperatura  dell'ambiente.  Che  se  invece  obblighiamo   un  dato 

(1)  Annales  de  Chemie  et  de  Physiqne.  Serie  8^  i  23  e  81. 


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~  730  ^ 

tubo  a  rendere  sempre  lo  stesso  saono  col  variare  solamente  la  sua  lunghezza, 
quando  cambia  la  natura  e  la  temperatura  del  gas,  la  correzione  x  del  tubo 
Taria  pure  in  modo  considerevole,  come  risulta  dalle  esperienze  qui  appresso 
riferite. 

«  Abbiamo  dapprima  determinato  coli*  aria  secca  la  variazione  dell'altezza 
del  tubo,  corrispondente  al  massimo  di  risuonanza  del  suono  del  diapason, 
col  variare  della  temperatura  fra  0**  e  100®.  E  si  procedeva  così  nell'esperienza. 

■  L'aria  era  richiamata,  attraverso  una  serie  di  tubi  di  purificazione  con 
nitrato  di  potassa  e  d*  essiccamento  con  acido  solforico  ed  anidride  solforica, 
entro  una  campana  di  vetro,  provveduta  di  un  foro,  che  veniva  capovolta  in 
un  vaso  di  acido  solforico  e  fungeva  da  gasometro.  Il  foro  della  campana 
era  chiuso  con  un  tappo  di  gomma,  attraversato  da  due  c^innelli  di  vetro, 
dei  quali,  mediante  tubi  di  gomma,  Tuno  era  unito  ai  tubi  d'essiccamento  e 
l'altro  ad  un  cannello  di  vetro  ch'era  impegnato  con  tappo  di  gomma  nel 
tubo  sonoro  (A)  e  si  spingeva  fino  a  breve  distanza  dalla  superficie  del  liquido 
contenuto  nel  tubo  stesso.  Un  altro  tubicino  poi,  capillare,  attraversava  appena 
il  tappo  ed  era  munito  di  rubinetto. 

«  Richiamata  l'aria  nel  gasometro,  essa  veniva  spinta  nel  tubo  sonoro, 
dal  quale  usciva  attraverso  il  tubetto  capillare;  e,  quando  si  riteneva  che 
l'aria  nel  tubo  sonoro  dovesse  essere  perfettamente  secca,  si  chiudeva  il  ru- 
binetto del  tubo  capillare. 

K  Notisi  infine  che  sulla  superficie  del  mercurio  nel  tubo  sonoro  era 
versato  per  l'altezza  di  3  o  4  cm.  uno  stato  di  acido  solforico  puro,  il  quale 
serviva  ad  un  tempo  a  mantenere  l'essiccamento  ed  a  rendere  più  sicura  la 
lettura  dell'altezza  della  colonna  sonora. 

«  Dopo  che  per  un  tempo  non  mai  inferiore  a  V4  d'ora  l'aria  era  man- 
tenuta a  temperatura  costante,  veniva  rimosso  dal  tubo  sonoro  il  tappo 
di  gonmia  che  lo  chiudeva,  si  abbassava  e  si  vibrava  il  diapason,  ed,  al- 
zando il  corsoio,  si  faceva  salire  nel  tubo  con  opportuna  velocità  il  liquido, 
cogliendo  attentamente  la  divisione  per  la  quale  avveniva  la  massima  ri- 
suonanza. 

«  Per  ciascuna  temperatura  si  è  ripetuto  almeno  cinque  volte  la  prova, 
ed  è  accaduto  di  rado  che  la  differenza  fra  le  varie  letture  eccedesse  il  mil- 
limetro. Del  diapason  fu  notata  prima  di  ciascuna  prova  la  temperatura, 
sebbene  insignificante  0  minima  risultasse  la  correzione  per  tale  riguardo; 
e  da  un  confironto,  più  volte  ripetuto,  con  un  diapason  campione  D03  del 
Koenig,  di  512  V.  S.  a  26°,2  e  con  un  coefiìciente  di  variazione  di  0,0572 
V.  per  ogni  grado  (i),  risultò  ch'esso  dà  491,85  V.  S.  a  16**,  ammettendo  un 
coefficiente  di  variazione  di  0,045  Y.  per  grado.  Al  numero  491,85  abbiamo 
riferiti  tutti  i  valori. 

(»)  Journal  de  Physique  (D'Almeida),  t.  X,  n.  113,  1881. 


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—  781  — 

*  Per  brevità  sono  qui  raecolti  i  risultati  medi  dell'esperienze: 


temp. 

/lO) 

osser. 

cale. 

3^8 

326T69 

326^6 

12,95 

331,95 

331,70 

22,4 

336,h,0 

336,91 

25,1 

338,49 

338,36 

34,2 

343,45 

3^3,14 

49,4 

350,48 

350,73 

60,4 

355,92 

355,93 

74,8 

361,84 

362,38 

82,4 

365,60 

865,63 

97,9 

371,81 

371,95 

dove  appunto  U  indica  Taltezza  della  colonna  sonora  che  a  t^  rinforza  al 
massimo  il  suono  del  diapason. 

«  I  valori  di  U  possono  essere  rappresentati  abbastanza  bene  da  questa 

relazione 

(2)  U  =  h)/l-\'at  —  \(at)\ 

in  cui  /o  =  324°*",2  ed  a  =0,00367  (coefficiente  di  dilatazione  dell'aria), 
come  appare  dal  confronto  dei  valori  osservati  di  1%  con  quelli  calcolati 
colla  (2). 

«  Ed  ora,  se  assumiamo  il  valore  di  331,4  m.  per  la  velocità  del  suono 
neiraria  a  0®  (come  ci  risultò  da  esperienze  più  innanzi  riferite),  la  rela- 
zione (1)  darebbe  nel  caso  nostro 

vale  a  dire  il  valore  di  x  varia  con  t  colla  regola  seguente: 

^t  =  ^Po  +  « .  <  +  è .  <*, 
dove  aro  =  12""",69,  a  =  0,0273  e  è  =  0,00057. 

«  Abbiamo  assunto  però  che  la  velocità  del  suono  nell'aria  varii  colla 
temperatura  secondo  la  legge 

ma  di  questo  ci  accertammo  direttamente,  sebbene  Dulong  (2),  Wertheim  {}) 


{})  Le  altezze  1%  furono  corrette  riguardo  alle  yarìazioni  di  lunghezza  del  tubo,  do- 
vute alle  variazioni  di  temperatura. 

(<)  Ann.  de  Chemie  et  de  Phys.  2^  ser.,  t.  XLI,  p.  113. 
(«)  Ann.  de  Chemie  et  de  Phys.  3*  ser.,  t.  XXXI,  p.  404. 


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—  782  — 

e  Witz  (0  Tavessero  confermato  fra  l' intervallo  di  0^  e  26%  e  Enndt  e 
Wiillner  per  la  temperatura  di  100®  (2). 

s  Ricorremmo  al  metodo  di  Emidt.  La  canna  di  yetro,  del  diametro 
di  17  mnL,  era  stata  accuratamente  divisa  in  millimetri  sotto  la  macchina 
divisoria  (sicché  le  distanze  fra  le  figure  erano  lette  direttamente  sulla  canna) 
ed  attraversava  una  vaschetta  di  latta,  provveduta  d^una  parete  di  cristallo. 
Nella  vaschetta  era  fatta  circolare  una  corrente  d'acqua,  derivata  da  un  grande 
serbatoio,  mantenuto  a  temperatura  costante.  Per  raggiungere  maggiore  si- 
curtà nel  precisare  il  punto  di  mezzo  delle  figure,  la  polvere,  prima  d'ogni 
prova,  veniva  divisa  da  un  solco  in  due  file,  per  cui,  quando  si  formavano 
le  figure,  le  regioni  ventrali  erano  fra  loro  separate  da  spazi  denudati  La 
lunghezza  dell'onda  era  dedotta  dalla  lettura  di  12  figure,  promosse  nella 
canna  dalle  vibrazioni  di  una  bacchetta  di  vetro,  lunga  circa  un  metro  e  del 
diametro  di  un  cm.,  che  in  s^uito,  essendosi  rotta,  venne  sostituita  con  una 
bacchetta  di  ferro,  leggermente  temprato. 

«  L'altezza  dei  suoni  resi  dalle  bacchette  fu  determinato  per  ciascuna 
temperatura  dell'esperienza,  ma  non  si  avveri!  una  differenza  apprezzabile 
per  tale  riguardo. 

«  I  risultati  medi  di  molte  prove  sono  questi: 


Terga 

V 

t 

% 

»« 

Tetro 

4946,723 

0 

1,6 

67T219 

831^542 

» 

8,8 

68,075 

331,439 

» 

10,4 

68,256 

331,274 

n 

23,0 

69,644 

330,830 

» 

38,7 

71,689 

331,379 

ferro 

6076,356 

1,3 

65,434 

331,311 

» 

47,7 

70,748 

331,246 

» 

67,0 

72,946 

331,687 

» 

93,1 

76,705 
media 

331,716 

331,4 

dove  il  rappresenta  le  distanze  ventrali,  v  il  numero  delle  vibrazioni  delle 
bacchette  e  t;o  la  velocità  del  suono  a  0*^  nell'aria,  dedotta  dalla 


(1)  CouTZ  de  manipvlatiùM  de  physique,  Paris  1883,  pag.  492. 
P)  Wiedemann's  Ann.  Bd.  IV,  S.  321,  1878. 


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—  788  — 

«  Ciò  confermato,  abbiamo  ripreso  le  esperienze  snl  tubo  sonoro,  sempre 
coll'aria  secca,  rinforzando,  anziché  il  suono  fondamentale,  Tottaya  dei  dia- 
pason. Si  ebbero  in  qtlesto  caso  i  seguenti  valori: 


temi^ 

Vi 

osser. 

cale. 

2> 

mm 

1S».40 

158^3 

18,7 

161,10 

161,48 

15,4 

161,50 

161,88 

24,7 

168,90 

164,26 

88,9 

167,70 

167,65 

57,8 

172,15 

171,59 

71,0 

174,40 

174,28 

97,2 

178,85 

178,62 

i  quali  soddisfEino  prossimamente  alla  relazione 
(4)  /',  =  /'o  )/l  +  cct-^{at)\ 

dorè  l\  =  157°^,63. 

«  Di  poi  si  è  ripetuta  T  esperienza,  rinforzando  ancora  il  suono  fonda- 
mentale del  diapason,  ma  impiegando,  in  luogo  dell'aria,  l'acido  carbonico, 
preparato  con  marmo  ed  acido  cloridrico  puro,  e  lavato  per  bene  in  una  so- 
luzione di  carbonato  di  potassa  prima  di  essere  mandato  nei  tubi  di  essic- 
camento. 

«  In  tal  caso  si  ebbero  i  seguenti  risultati: 


temp. 

U' 

ossei. 

cale. 

0 

8,2 

25M 

256T9 

13,5 

261,2 

260,89 

14,75 

261,5 

261,44 

30,5 

268,2 

268,20 

44,85 

273,4 

273,97 

60,0 

279,6  . 

279,71 

82,0 

287,5 

287,40 

che  possono  essere  rappresentati  con  tutta  approssimazione  dalla  fòrmola 

(5)  ir  =  lo''  \/l  +  cc,t-Ua,ty; 

dove  lo"  =  254">",69  ed  «i  =  0,00371  (coefficiente  di  dilatazione  dell'acido 

carbonico)». 


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—  734  — 

Fìsica*.  —  Ricerche  intorno  alla  magnetÌ2:a:asione  del  ferro. 
Nota  preliminare  del  dott.  Franco  Magrini,  presentata  dal  Corrispon- 
dente RÒITI  (0. 

«  Mi  permetto  di  comunicare  sommariamente  alcuni  resultati,  d*un  mio 
studio  intorno  alla  magnetizzazione  del  ferro. 

«  1.  Ho  cominciato  col  determinare  la  permeabilità  magnetica,  mediante 
una  disposizione  sperimentale  che  mi  permetteva  di  misurarla  direttamente. 
Essa  è  definita  come  il  rapporto  tra  il  numero  di  linee  di  forza  B,  che  tra- 
versano Tunità  di  sezione  nel  ferro,  e  la  forza  magnetizzante  F  (')  :  e  la  in- 
dicherò con  la  lettera  fi. 

«  L'esperienze  erano  condotte  in  modo  da  dare,  per  ogni  valore  di  F , 

■n 

un  numero  proporzionale  al  valore  corrispondènte  di  -=-.  Per  ciò  il  ferro,  messo 

entro  un*  elica,  veniva  magnetizzato  colla  corrente  ;  attorno  alla  parte  centrale 
dell'elica  vi  era  un  piccolo  rocchetto,  che  serviva  da  circuito  indotto;  in  luogo 
di  osservare,  con  un  galvanometro  balislico,  Tinduzione,  si  era  opposto  a 
quel  sistema,  un  altro  sistema  d'induzione,  privo  di  ferro,  il  cui  coefficiente 
d'induzione  mutua  era  variabile  a  piacere,  cambiando  il  numero  di  giri  del 
circuito  secondario.  Per  ogni  valore  di  F,  si  cercava  il  numero  di  giri  ne- 
cessari a  compensare  la  corrente  indotta  dal  primo  sistema.  Sottraendo  poi 
da  questo  numero  quello  capace  di  compensare  l'induzione  dell'  elica  sola 
senza   ferro   (e    che    è    indipendente    dalla    intensità    della   corrente),    il 

numero   che   rimane   sarà   proporzionale  al  rapporto  -^^  supposto  però,  che 

il  ferro,  prima  della  chiusura  della  corrente,  si  trovasse  allo  stato  neutro.  Basta 
in  seguito  determinare  una  volta  per  tutte,  il  coefficiente  necessario  per  dedurre 
da  quel  numero  il  valore  di  (i  in  misura  assoluta  nel  sistema  [C.  G.  S]. 

s  L'elica  magnetizzante,  di  cui  mi  sono  servito  era  lunga  70^  ed  era  for- 
mata da  due  fili  di  rame  coperti  di  seta,  fra  loro  attorcigliati  ed  avvolti  su 
un  cannello  di  vetro:  si  poteva  così  disporre,  pel  fine  che  dirò  poi,  di  due 
eliche  distinte,  fra  loro  identiche  e  costituite  ogmma  di  1916  giri  distribuiti 
in  sei  strati.  Il  diametro  intemo  di  quest'elica  era  di  0^,  9,  e  Testerno  di  4^ 
circa.  Il  circuito  secondario  abbracciava  la  parte  centrale  dell'elica  e  con- 
stava di  138  giri  di  filo,  ben  isolato.  Per  rocchetto  compensatore  ho  fatto 
uso  delle  due  eliche  lamellari  di  un  generatore  secondario  di  Gaulard  e  Gibbs, 
privo  del  nucleo  di  ferro.  Queste  eliche  non  erano  verniciate  sul  tratto  spor- 
gente di  ogni  spira,  così  che  mediante  morsetto  metalliche  si  poteva  inserire 
a  piacere  nel  circuito  un  numero  qualunque  di  spire.  Una  di  queste  eliche 

(*)  Lavoro  eseguito  nel  r.  Istituto  di  studi  superiori  in  Firenze.  —  Scuola  di  Fisica, 
Maggio  1888. 

(«)  Maxwell,  A  Treatise  on  Electr,  and  Magn,  U.  voi.  §  428. 


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—  735  — 

era  messa  per  intiero  in  serie  con  Telica  magnetizzante,  e  dell'altra  si  pren- 
deva, come  ho  detto,  quella  parte  necessaria  per  compensare  la  corrente  in- 
dotta dal  primo  sistema  col  ferro,  aggiongendola  al  circuito  secondario  di 
questo  e  ad  un  galvanometro  Thomson  di  piccola  resistenza  (35  ohm)  e  sen- 
sibilissimo. La  resistenza  di  tutto  il  Gaulard  è  trascurabile  rispetto  al  resto 
del  circuito  indotto  (al  massimo  0,4  ohm  rispetto  a  36  ohm  circa). 

«  Bisogna  però  notare  che  Tinduzione  di  tutta  un'elica  del  Gaulard,  su 
una  spira  qualunque  dell'altra,  dipende  dalla  posizione  di  questa  spira  :  si  è 
dovuto  dunque  calibrare  l'elica  indotta  rispetto  alla  sua  spira  centrale;  e 
questo  lavoro  era  già  stato  fatto  egregiamente  dal  dott.  Emico  Salvioni,  che 
me  ne  ha  favorito  i  dati.  Onde  in  seguito,  quando  si  parlerà  di  un  numero 
di  spire,  si  intenderà  sempre  il  numero  corretto ,  cioè  ridotto  alla  spira  cen- 
trale. Le  frazioni  di  spira,  vengono  poi  dedotte  dalle  deviazioni  del  galva- 
nometro Thomson. 

«  Nel  circuito  primario,  si  trovava  inoltre  un  commutatore  a  mercurio. 
Invertendo  con  esso  rapidamente  la  corrente,  Tinduzione  era  doppia  dell'in- 
duzione prodotta  dalla  magnetizzazione  totale,  ma  il  numero  di  spire  del 
circuito  compensatore  è  lo  stesso  che  per  la  semplice  chiusura,  giacché  con 
l'inversione  rapida  della  corrente  non  solo  raddoppia  l'induzione,  ma  anche 
forza  magnetizzante  :  onde  il  rapporto  tra  queste  due  quantità  resta  lo  stesso. 

«  La  corrente  magnetizzante  era  misurata  da  un  galvanometro  di  Wiede- 
mann,  messo  in  derivazione  sul  circuito  primario,  e  campionato  a  più  riprese 
con  voltametro  a  solfato  di  rame. 

«  I  fili  di  ferro  erano  lunghi  70^,  e  di  diametro  non  superiori  a  0°,  1  ; 
con  tali  dimensioni  è  eliminata  quasi  totalmente  l'azione  delle  estremità  {^). 

«  Prima  di  esporre  i  resultati  ottenuti,  dirò  come  si  possa  ricavare  con 
questa  disposizione,  il  valore  di  /i  in  mism-a  assoluta. 

K  Sia  s  la  sezione  dell'elica  magnetizzante ,  n  il  numero  di  giri  nell'unità 
di  lunghezza,  i  l'intensità  della  corrente,  a  la  sezione  del  filo  di  ferro  :  Tìn- 
duzione  dovuta  all'elica  sopra  un  giro  del  circuito  indotto,  o,  per  seguire  il 
linguaggio  di  Faraday,  il  numero  delle  linee  di  forza  che  si  trovano  nell'aria,  sarà: 

47tn{s  —  a)i 
e  se  Tii  è  il  numero  di  giri  del  rocchetto  indotto,  l'induzione  A  sarà  data  da 

A =4  TT  w  Wi  {s — a)  i. 
L'induzione  dovuta  alla  magnetizzazione  del  ferro,  sarà  invece: 

Q^aniB 
e,  poiché: 

B  =  fjL'F  =  ^nnfJitj 
si  ha: 

Q  =  4nnnifiaù 

(*)  Ewing,  Philosophical  Transactions,  voi.  CLXXVI,  pag.  629.  —  Mascart  et  Joubert, 
Legons  sur  VéUctr,  et  le  magn.,  voi.  n,  pag.  718. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1^  Sem.  96 


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—  786  — 


Onde  la  induzione  conaplessiva  riesce  espressa  da  : 

[1]  Q-f-A  =  Qi=r47rn»it(« — a+a/ii). 

s  Si  indichi  con  g  il  coefficiente  di  nna  delle  eliche  del  Gaulard  su  la 
spira  centrale  dell'altra,  e  con  N  il  numero  corretto  di  spire  necessarie  per 
compensare  la  corrente  indotta,  così  che  si  possa  applicare  la  formola  che 
vale  pei  solenoidi  fOliformi  ed  infiniti,  cioè 
[2]  Qi=(7N/. 

«  Ed  allora,  dalle  [1]  e  [2]  risulta  subito  : 

fl'N  —  4:nnniS  .  - 

/i  =  ^ — A ri 

4nnnia       ' 

od  anche,  se  Ni  ìndica  il  numero  corretto  di  spire  necessarie  per  compensare 

la  corrente  indotta  dall*elica,  quando  non  contiene  ferro,  si  ha. 

N— N, 


fi  =  g. 


+  1. 


^Trnnia 

Le  quantità  che  compariscono  in  questa  espressione,  eccetto  N,  sono  costanti 
e  vengono  determinate  una  yolta  per  tutte. 

s  Per  determinare  g^  confrontai  il  rocchetto  del  Gaulard,  con  un  roc- 
chetto di  induzione,  il  cui  coefficiente  era  noto:  e  precisamente  con  quello 
che  ha  servito  al  prof.  Ròiti  per  la  determinazione  dell'ohm  (0- 

«  Non  intendo  riferire  in  questa  Nota  i  valori  numerici,  ma  do,  come 
esempio,  tre  curve  sole  che  rappresentano  la  permeabilità  in  funzione  della 
forza  magnetizzante. 


(f  iO  20  30  ^  iO 

(»)  Nuovo  Cimento.  Voi.  XV,  1884. 


ìq 


70 


80  SO 


no 


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—  737  — 

«  La  curva  I  si  riferisce  ad  un  filo  di  ferro  del  Belgio,  la  curva  II  ad  uno 
di  ferro  crudo  del  Belgio,  la  III  ad  uno  di  acciaio  inglese  per  corde  da  pianoforte. 

«  Esaminando  queste  tre  curve,  si  osserva  : 
«  1^  Per  forze  magnetizzanti  non  molto  intense,  la  permeabilità  è  mag- 
giore nel  ferro  men  crudo  che  nel  più  crudo  :  maggiore  in  questo  che  nell'acciaio. 
8  2^  Il  valor  massimo  della  permeabilità  (corrispondente  al  punto 
d'inflessione  della  curva  della  magnetizzazione  totale) ,  si  raggiunge  più  presto 
per  il  ferro  dolce  che  per  il  crudo,  più  presto  per  questo  che  per  l'acciaio. 

«  Ciò  era  stato  notato  da  vari  sperimentatori,  tra  i  quali  citerò  Ewing  (0 
e  Bowland  (2). 

«  3^  Per  forze  megnetizzanti  superiori  alle  50  unità  [C.G.S],  i  valori 
della  permeabilità  sono,  con  grande  approssimazione,  indipendenti  dalla  qua- 
lità  del  ferro,  dipendono  dalla  sola  forza  magnetizzante  ;  almeno  per  i  cam- 
pioni, diversissimi  fra  loro,  da  me  cimentati. 

«  Noterò  inoltre  che  la  parte  del  ramo  discendente  della  curva,  comune 
a  tutte  le  qualità  di  ferro,  è  un  ramo  di  iperbole  equilatera  di  equazione  : 

b 
''~l  +  aF 
che  è  simile  a  quella  trovata  da  Fròlich  per  la  magnetizzazione  totale  (^). 
I  due  coefficienti,  i  cui  valori  assoluti  sono: 

a  =0,069  ,  *  =  1423 
possono  dunque  ritenersi,  senza  errore  sensibile,  appartenenti  a  tutte  le  qua- 
lità di  ferro:  cosa  questa  che,  per  quanto  io  so,  non  è  ancora  stata  segnalata 
da  alcuno. 

«  Le  curve  si  riferiscono  ad  esperienze  fatte  sopra  un  solo  filo  di  ferro  : 
ma  se  a  questo,  si  sostituisce  un  fascio  di  fili  della  stessa  qualità,  si  otten- 
gono esattamente  gli  stessi  valori,  purché  la  sezione  del  fascio,  sia  tale  da 
poterlo  considerare  di  lunghezza  infinita. 

«  Se  i  valori  di  ii  per  forze  magnetizzanti  maggiori  di  50  [C.  G.  SJ  sono 
sempre  gli  stessi,  le  varie  qualità  di  ferro  potranno  venir  definite  dai  valori 
di  fi  corrispondenti  a  forze  magnetizzanti  minori,  e  della  forza  magnetizzante 
che  produce  il  massimo  di  ^u.  E  non  sarà  fuor  di  luogo  insistere  per  toglier 
di  mezzo  l'opinione  frequentemente  manifestata  che  quanto  maggiore  è  la 
massa  di  ferro  di  un'elettrocalamita,  e  tanto  più  sia  lontana,  per  una  me- 
desima intensità  della  corrente  magnetizzante,  la  saturazione. 

«  Bisogna  però,  che  nella  determinazione  di  ix ,  le  esperienze  siano  con- 
dotte, per  le  varie  specie  di  ferro,  nelle  stesse  condizioni.  Infetti,  se  si  deter- 
minano i  valori  di /li,  per  P<50  [C.G.SJ,  crescendo  gradatamente  la  forza 
magnetizzante,  e  dopo  esser  giunti  ad  un  valore  di  questa  abbastanza  grande, 
si  toma  a  de  crescere  grado  a  grado,  i  valori  trovati  nella  discesa  coincidono 

{})  Loc.  cit.  pag.  574. 

(«)  Phil.  Mag.  Voi.  XLVI,  1873,  pag.  140. 

P)  Elektrot^chn.  Zeitschrift.  Voi.  H,  1881,  pag.  139. 


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—  738  — 

con  quelli  ottenuti  nella  serie  ascendente.  Ma  se  si  opera  con  uh  filo  iden- 
tico al  precedente,  e  mai  stato  magnetizzato,  cominciando  dalla  serie  discen- 
dente, i  valori  ottenuti  per  fi  sono  alquanto  più  grandi  di  quelli  ottenuti  nel 
modo  anzidetto  ;  e  seguitano  poi  a  mantenersi  gli  stessi,  anche  nelle  succes- 
sive serie  ascendenti  e  discendenti. 

«  È  questo  un  fenomeno  che,  rispetto  alla  permeabilità,  ha  qualche  ana- 
logia con  quello  che  Swing  ha  messo  in  rilievo  rispetto  all'induzione,  chia- 
mandolo isteresi  (*). 

e  2.  Si  può  ottenere  lo  spostamento  della  permeabilità  massima,  e  con 
esso  una  modificazione  di  tutti  i  valori  della  permeabilità,,  sottoponendo  il 
ferro,  durante  l'esperienza,  ad  una  forza  magnetizzante  costante. 

«  É  questo  il  motivo  per  cui  furono  fatte  quelle  due  eliche  identiche, 
coi  fili  fra  loro  attorcigliati.  In  una  di  esse  eliche,  che  chiamerò  H ,  facevo 
circolare  una  corrente  costante:  l'altra  E,  mi  serviva  come  nelle  esperienze 
precedenti.  Le  curve  ottenute  in  tali  condizioni,  hanno  un  andamento  perfet- 
tamente simile  a  quelle  più  sopra  riportate.  I  valori  della  permeabilità, 
quando  H  è  chiuso  sono  minori  dei  corrispondenti  quando  H  è  interrotto, 
fino  a  che  la  forza  magnetizzante  è  inferiore  a  50  [C.G.S].  Per  forze  mag- 
giori, l'azione  di  H  non  si  fa  più  sentire,  ed  i  valori  di  jit  sono  quegli  stessi, 
comuni  a  tutte  le  qualità  di  ferro.  L'abbassamento  ài  fi  e  lo  spostamento 
nella  posizione  del  suo  valor  massimo,  riescono  tanto  maggiori,  quanto  più 
intensa  ò  la  forza  magnetizzante  di  H. 

ti  Ciò  posto,  mi  sono  domandato  se  sia  possibile,  con  tale  artifizio,  con- 
ferire ad  una  data  specie  di  ferro  le  proprietà  magnetiche  di  un'altra  specie 
di  ferro  più  crudo.  Esattamente,  ciò  non  è  possibile,  ma  con  molta  appros- 
simazione sono  riuscito  ad  ottenere  da  un  filo  di  ferro  dolce  del  Belgio,  la 
stessa  curva  della  permeabilità  del  ferro  proveniente  da  CoUe  in  Val  d'Elsa, 
da  Lecco,  e  perfino  dell'acciaio  inglese  ;  cambiando  opportunamente,  per  ogni 
serie,  la  forza  costante  in  H. 

tt  Lo  spostamento  della  posizione  del  massimo  di  fi ,  dipende,  come  ho 
detto,  dalla  forza  Fi  dell'elica  H.  Indicando  con  P2  la  forza  per  cui  si  ha 
il  punto  d'infiessione  nella  curva  dell'induzione  allorché  è  aperta  l'elica  H 
ossia  Pi  =  0,  ho  trovato  che  per  Fi  minore  di  un  certo  valore  y  >  il  qnale, 
come  mostrerò,  è  proprio  di  ogni  qualità  di  ferro  ed  ha  un  significato  spe- 
ciale, il  valor  massimo  di  fi  con  l'H  chiusa,  si  osserva  per  una  forza  magne- 
tizzante F<Fi-|-F«:  per  Vi  =  9>  si  ha  F  =  Fi-j-F8;  per  F,>y  si  ha 
F>Fi  +  F,. 

«  Pare  dunque  che  l'effetto  di  questa  forza  Fi  sia  di  rendere  il  ferro 
più  crudo,  0,  in  altre  parole,  di  aumentarne  la  forza  coercitiva. 

«  3.  E  giacché  ho  nominato  la  for;sa  coercitiva,  espone  alcune  espe- 
rienze fatte  col  proposito  di  determinare  questa  quantità  per  le  varie  specie 

(1)  Loc.  cit.  pag.  524. 


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di  ferro,  accettando  per  essa  la  definizione  di  Hopkìnson  (Oi  il  quale  dà 
questo  nome  a  «  quella  forza  magnetizzante  inversa,  atta  a  smagnetizzare  com- 
pletamente il  ferro  che  sia  stato  prima  sottx)posto  ad  una  intensa  forza  ma- 
gnetizzante ». 

«  Quel  valore  9),  che  ho  più  sopra  nominato,  misura  appunto  la  forza 
coercitiva  di  quella  data  specie  di  ferro. 

ft  Le  prove  le  ho  fatte  con  fili  del  diametro  di  0^,09. 

«  Ed  ecco  come  ho  proceduto.  Chiudendo  ed  aprendo  la  corrente  nel- 
l'elica E,  senza  mai  invertirla,  si  ottiene  T induzione  temporaria,  che,  colla 
mia  disposizione  sperimentale,  può  calcolarsi  facilmente,  conoscendo  il  numero 
delle  spire  del  Gaulard,  e  la  forza  magnetizzante.  Ma  prima  di  chiudere  la  E, 
si  mandi  nella  H  una  corrente  inversa  a  quella  mandata  in  E:  alla  nuova 
chiusura  di  questa,  Tinduzione  sarà  maggiore  della  temporaria  :  minore  della 
totale,  se  la  corrente  in  H  non  avrà  completamente  distrutto  il  magnetismo 
lasciato  dalla  E;  ugnale,  se  lo  avrà  distrutto  tutto;  maggiore,  se  oltre  ad 
eliminarlo,  lo  avrà  invertito.  Crescendo  dunque  la  corrente  E ,  mentre  si  man- 
tiene per  H  lo  stesso  valore,  e  chiudendo  quest'ultima  tutte  le  volte  ed  apren- 
dola, prima  di  chiudere  E ,  la  curva  deirinduzione  dovuta  alle  chiusure  della  E, 
intersecherà  in  un  punto  la  curva  deirinduzione  totale;  la  forza  magnetiz- 
zante corrispondente  a  quel  punto,  sarà  quella  il  cui  effetto  è  distrutto  dalla  H. 
Si  comprende  dunque  come  si  possa,  crescendo  poi  la  H ,  trovare  qual  valore 
di  questa  sarà  necessario  per  eliminare  tutto  il  magnetismo  lasciato  da  una 
forte  corrente  mandata  in  E.  È  sufficiente  sempre  una  forza  molto  più  debole, 
come  è  già  stato  verificato  da  Àbria,  da  Wiedemann  ed  altri  :  così,  per  esempio, 
il  magnetismo  lasciato  da  una  forza  magnetizzante  di  120[C.G.SJ,  nel  filo 
di  ferro  dolce  del  Belgio,  vien  distrutto  da  una  forza  inversa  di  4  unità  :  nel 
filo  crudo  da  9  unità,  nell'acciaio  inglese  da  18  unità  [C.Q.SJ. 

«  Se  si  tratta  però  di  eliminare  il  magnetismo  lasciato  da  deboli  forze 
monetizzanti,  occorre  una  forza  smagnetizzante  maggiore  per  il  ferro  dolce 
che  per  il  crudo  e  per  Tacciaio  :  e  ciò  forse  si  spiega,  pensando  che  l'inten- 
sità di  magnetizzazione  è  in  tal  caso  tanto  maggiore  quanto  più  dolce  è  il  ferro. 

«  E  già  che  parlo  della  magnetizzazione  rimanente,  dirò  che  è  erronea 
la  credenza  che  essa  sia  minore  nel  ferro  dolce  che  nell'acciaio  :  è  dello  stesso 
ordine  di  grandezza:  solo  basta,  nel  ferro  dolce,  il  più  piccolo  urto  per  farlo 
in  gran  parte  sparire  (2). 

«  4.  Sostituendo  al  commutatore  un  semplice  interruttore,  e  chiudendo  ed 
aprendo  la  corrente,  si  ha  l'induzione  /?  dovuta  alla  magnetizzazione  tempo- 
raria, e  che  si  può  calcolare  in  misura  assoluta,  coUa  formula: 

N— Ni  ...       . 
^    ant        ' 

(»)  Philosophical  Transactions,  voi.  CLXXVI,  pag.  460. 
(«)  Cfr.  Ewing,  loc.  cit.  pag.  661. 


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che  si  deduce  facilmente  dal  ragionamento,  più  sopra  fatto,  per  il  calcolo 
di  /i:  è  da  notarsi  che  in  questo  caso  il  numero  N  ha  un  valore  assai  di- 
verso da  quello  corrispondente,  ottenuto  coU'inversione  rapida  della  corrente, 

«  Nell'induzione  temperarla,  si  verifica  benissimo  Xisleresi,  quando  si 
compia  un  ciclo  di  magnetizzazione,  crescendo  cioè  la  forza  magnetizzante, 
poi  tornando  indietro,  invertendo  di  segno  e  ripetendo,  colla  corrente  invertita 
le  due  serie  ascendente  e  discendente.  L'induzione  temporaria,  dovuta  alla 
chiusura  o  all'apertura  della  corrente,  è  sempre  maggiore  nella  serie  ascendente 
che  nella  discendente  :  e  gli  stessi  valori  si  ripetono  colla  corrente  invertita. 

ft  È  degno  di  nota  che  nella  rappresentazione  di  /$  in  funzione  della 
forza  F,  il  punto  di  inflessione,  occupa  posizioni  diverse  nei  due  rami:  nell'ascen- 
dente si  trova  per  un  valore  di  F  minore  che  nel  discendente  :  e  l'intervallo 
tra  questi  due  punti,  dipende  dalla  qualità  del  ferro,  ma  è  indipendente  da 
tutte  le  magnetizzazioni  precedenti,  cui  sia  stato  sottoposto  il  ferro. 

a  5.  Sono  poi  passato  a  studiare  le  correnti  indotte  di  chiusura  ed  aper- 
tura quando  il  ferro,  durante  l'operazione,  è  sottoposto  ad  una  forza  magne- 
tizzante costante,  contraria.  Per  questa  mi  servivo  al  solito  dell'elica  H; 
nell'altra  E  mandavo  delle  correnti  crescenti,  contrarie  alla  H  e  che  aprivo 
e  chiudevo  ogni  volta:  l'induzione  ottenuta  si  calcolava  come  ho  detto  più 
sopra.  Essa  per  debolissime  correnti  E,  si  mantiene  minore  della  induzione 
temporaria  (serie  ascendente)  ottenuta  quando  H  è  interrotta  ;  ma  ben  presto 
diventa  maggiore  di  questa.  Se  la  forza  in  H  è  minore  della  forza  coerci- 
tiva 9)  del  ferro,  l'induzione  è  sempre  minore  dell'induzione  totale  B,  otte- 
nuta con  H  interrotta  ;  ma  se  la  forza  in  H  è  maggiore  od  uguale  alla  forza  q> , 
allora  l'induzione  dovuta  alla  chiusura  od  apertura  di  E ,  si  mantiene  minore 
della  B ,  per  valori  di  F  minori  del  doppio  circa  della  forza  chiusa  in  H ,  e  di- 
venta maggiore  dell'induzione  totale  per  tutti  i  valori  di  F  più  grandi  di  quel 
limite:  e  se  la  forza  in  H  è  convenientemente  intensa,  può  divenire  anche 
il  doppio  di  B. 

«  Inoltre  le  correnti  indotte  di  apertura  sono  esattamente  uguali  a 
quelle  di  chiusura. 

«  Sotto  l'azione  della  forza  in  H  il  punto  d'inflessione  nella  curva  nell'in- 
duzione, si  sposta  e  si  trova  per  un  valore  di  F  all' incirca  doppio  della  H. 

«  Se  in  tali  condizioni  poi  si  compie  un  ciclo  di  magnetizzazione,  man- 
tenendo la  H  sempre  contraria  alla  F ,  non  si  constata  più  Y isteresi,  e  non 
v*ha  nemmeno  spostamento  del  punto  d'inflessione  nei  due  rami  ascendente  e 
discendente. 

«  6.  Se  invece  di  tenere  la  corrente  in  H  costantemente  chiusa,  si  apre 
ogni  volta  prima  di  chiudere  la  E ,  l'induzione  risulta  maggiore  di  quella  otte- 
nuta quando  H  resta  sempre  chiusa  ;  ciò  fino  ad  una  forza  F  all'incirca  doppia 
di  quella  che  si  chiude  in  H:  dopo  diventa  minore. 

ft  In  tal  caso  il  punto  d'inflessione  corrisponde  a  forze  magnetizzanti 


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minori  di  quella  in  H  ;  uguale  ad  essa  nel  solo  caso  che  la  forza  in  H  sia 
la  forza  coercitiva  del  ferro  studiato. 

«  Terminerò  questa  descrizione  sommaria,  facendo  notare  che  anche  debo- 
lissime forze  magnetizzanti  fanno  sentire  benissimo  la  loro  azione  sul  ferro, 
mentre  è  assoggettato  ad  una  intensa  magnetizzazione  ;  come  del  resto  ha  già 
stabilito  Lord  Bayleigh  (^). 

«  È  mia  intenzione  di  proseguire  l'esperienze  su  questo  soggetto,  per 
poter  coordinare  i  fatti  sopra  esposti  fra  loro  e  con  altri  che  per  brevità 
ho  tralasciato  di  qui  riferire;  riunirò  poi  tutto  in  un  unico  lavoro,  corre- 
dandolo di  tutti  i  dati  numerici  e  delle  tavole. 

K  Singrazio  intanto  infinitamente  il  prof.  Bòiti,  che  mi  è  stato,  come  sem- 
pre, largo  di  consigli,  e  mi  ha  fornito  tutti  i  mezzi  per  eseguire  questo  lavoro  » . 

Chimica.  —  Sugli  acidi  earbossilici  dei  c-metilindoli  {%  Nota 
di  Giacomo  Ciamician  e  Gaetano  Magnanini  presentata  dal  Socio 
Paterno, 

«  Il  presente  ed  il  seguente  lavoro,  sui  quali  fu.  presentata  a  questa  Ac- 
cademia una  breve  relazione  preliminare  nella  seduta  del  5  febbraio  1888, 
vennero  intrapresi  allo  scopo  di  comparare  il  modo  di  comportarsi  di  alcuni 
derivati  dell' indolo,  in  certe  reazioni  con  quello  dei  corrispondenti  derivati 
del  pirrolo.  L'analogia  che  esiste  fra  il  pirrolo  e  l'indolo  si  manifesta  nelle  rea- 
zioni descritte  in  queste  due  note  in  modo  veramente  sorprendente  e  la  diffe- 
renza di  comportamento  più  notevole  che  si  riscontra,  è  quella  di  una  maggiore 
stabilità  nei  derivati  indolici,  dovuta  certamente  alla  presenza  del  residuo 
aromatico  nella  molecola  di  questi  ultimi. 

tf  È  noto  che  si  può  introdurre  abbastanza  facilmente  il  carbossile  nel 
pirrolo  e  nei  c-metilpirroli  {})  facendo  agire  l'anidride  carbonica  a  tempera- 
tura elevata  sui  composti  potassici  di  queste  sostanze.  Questa  reazione  è  ap- 
plicabile anche  agli  indoli.  L'indolo  è  pur  troppo  ancor  sempre  un  composto 
difficile  ad  aversi  in  quantità  notevole,  e  noi  ci  siamo  limitati  perciò  ad  in- 
trodurre il  carbossile  nei  due  c-metil-indoli  (metilchetolo  e  scatole),  che  si 
possono  preparare  agevolmente  in  grande  quantità  mediante  le  belle  sintesi 
di  Emilio  Fischer. 

«  I  c-metilindoli  non  si  combinano  col  potassio  metallico,  che  molto 
difficilmente,  ma  per  introdurvi  il  carbossile  non  è  necessario  partire  dalle 
combinazioni  potassiche,  basta  riscaldare,  come  si  fa  nella  sintesi  degli  acidi 
ossinaftoici  un  miscuglio  equimolecolare  del  metilindolo  e  di  sodio  metal- 
lico, in  una  corrente  di  anidride  carbonica  secca. 

Q)  Phil.  Mag.  Voi.  XXin,  1887,  pag.  225. 

(')  La  nomenclatura  usata  in  questa  e  nella  seguente  Nota  è  quella  che  io  ho  adot- 
tata pei  derivati  del  pirrolo  nella  mia  Monografia  su  questa  sostanza.  Ciamician. 
{?)  Ciamician  e  Silber  Gazz.  chim.  XIV  264,  Ciamician  Gazz.  chim.  XI,  226. 


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—  742  — 

«  La  reazione  che  avverrà  secondo  l'eguaglianza 

C9H9N  +  Na  +  C0,  =  C9H8N-fH, 

COONa 

non  dà  un  rendimento  corrispondente  alla  teoria  perchè  resta  sempre  inalterato 
una  parte  del  metilindolo  impiegato  assieme  ad  una  parte  del  sodio  metallico. 
La  trasformazione  dello  scatole  dà  risultati  migliori  di  quella  del  metilchetolo. 

Acido  a-metil-/J-indolcarbonico  (metilchetolcarbonico) 

CCOOH     (^) 
CeH^/^CCHa     (a) 
NH 

<i  Per  preparare  Tacido  metilchetolcarbonico  ^i  riscalda  un  miscuglio  di 
10  gr.  di  metilchetolo  e  3, 6  gr.  di  sodio  metallico  in  una  stortina  rivolta 
air  insù,  in  un  bagno  di  lega  di  piombo  e  st^no,  mentre  si  fa  passare  at- 
traverso alla  massa  fusa  una  lenta  corrente  di  anidride  carbonica  secca.  Il 
sodio  si  discioglie  lentamente  nel  metilchetolo  con  sviluppo  di  gaz  (idrogeno  ?) 
e  si  trasforma  in  una  massa  solida  e  bianca.  Si  riscalda  per  tre  o  quattro 
ore  a  230^-240®,  per  ultimo  si  eleva  la  temperatura  fino  a  810^-315®.  Il 
metilchetolo,  che  si  volatilizza,  si  condensa  nel  collo  della  storta  e  ricade.  In 
fine  della  operazione  tutta  la  massa  è  solidificata  ed  ha  un  colore  bruno  o 
biancastro.  Il  prodotto  della  reazione  viene  trattato  nella  stortina,  in  cui  si 
trova,  prima  con  alcool,  per  liberarlo  dal  sodio  metallico,  che  rimane  sem- 
pre in  parte  inalterato,  e  poi  con  acqua  per  discioglierlo  completamente.  Si 
scaccia  l'alcool  a  b.  m.  e  si  filtra  il  liquido  alcalino,  meglio  ancora  lo 
si  distilla  in  una  corrente  di  vapore  acqueo,  per  eliminare  il  metilchetolo, 
che  non  ha  preso  parte  alla  reazione.  Acidificando  la  soluzione  alcalina  con 
acido  solforico  diluito  ed  estraendo  più  volte  con  etere,  si  ottiene  finalmente 
l'acido  metilchetolcarbonico  greggio,  che  è  per  lo  più  molto  colorato.  Da  10  gr. 
di  metilchetolo  se  ne  ottengono  3  gr. 

«  La  purificazione  del  nuovo  composto  è  una  operazione  difficile  e  ri- 
chiede molto  tempo  e  molto  materiale.  Il  prodotto  greggio  venne  prima  fatto 
cristallizzare  dall'alcool  diluito  bollente,  perchè  nell'acqua  è  quasi  insolubile, 
senza  però  un  notevole  vantaggio.  Il  metodo  migliore  è  quello  di  fare  cri- 
stallizzare alcune  volte  il  prodotto  secco,  dall'acetone  bollente;  per  raffred- 
damento si  ottengono  scagliette  o  tavolette  rombiche  quasi  bianche,  che  con- 
tengono acetone  di  cristallizzazione.  Si  seccano  perciò  a  100^  e  la  sostanza,  che 
resta  colorata  in  roseo,  viene  purificata  completamente  sciogliendola  in  im 
miscuglio  di  benzolo  e  di  etere  acetico,  agitando  a  lungo  la  soluzione  ete* 
reo-benzenica  con  nero  animale,  concentrando  il  liquido  quasi  scolorato  e  pre- 
cipitando con  etere  petrolico.  Per  ultimo  si  fa  cristallizzare  il  prodotto  al- 
cune volte  da  poco  etere  acetico  bollente. 

«  L'addo  metilchetolcarbonico,  ottenuto  nel  modo  descritto,  forma  una 


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—  743  — 

polvere  bianca,  cristallina,  che  fonde,  scomponendosi  in  metilchetolo  ed  ani- 
dride carbonica  a  170^-172®.  Il  punto  di  fusione,  che  è  veramente  un  punto 
di  scomposizione,  sembra  non  essere  costante,  ma  dipendere  dal  modo  di  ri- 
scaldamento; elevando  rapidamente  la  temperatura  del  bagno  si  osserva  un 
punto  di  fusione  più  alto. 

«  L'analisi  dette  numeri,  che  concordano  con  la  formola: 

«C10H9NO,  » 
gr.  0,2740  di  sostanza  dettero  gr.  0,6902  di  COt  e  gr.  0,1314  di  Ht  0. 

•  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  CioHtNOt 

C.      68,70  68,56 

H  5,33  5,14 

•  L*acido  metUchetolcarbonico  ò  assai  poco  solubile  nell* acqua,  poco  so- 
lubile nel  benzolo,  più  solubile  nelValcool  ed  etere  acetico,  si  scioglie  facil- 
mente nell'acetone  ed  è  quasi  insolubile  nell'etere  petrolico. 

K  Bollendo  la  sua  soluzione  acquosa  si  scinde  in  parte  in  metilchetolo 
ed  acido  carbonico.  La  scissione  avviene  più  prontamente  bollendo  la  solu- 
zione ammoniacale  dell'acido. 

Il  sàie  argeniico  [CioHgÀ^NOt]  si  ottiene  precipitando  la  soluzione 
neutra  dell'acido  nell'ammoniaca,  con  nitrato  argentico.  Forma  un  precipitato 
bianco,  cristallino,  che  dette  all'analisi  il  seguente  risultato: 
gr.  0,1359  di  sostanza  dettero  gr.  0^  0516  di  aigento. 

«  In  100  parti  : 

troTato  calcolato  .per  do  Ht  Ag  Nd 

Ag        37,96  38,29 

«  L'acido  metilchetolcarbonico  d&  in  soluzione  acquosa  le  seguenti  reazioni  : 

«  Con  cloruro  ferrico  in  soluzione  diluita  una  colorazione  bruna  e  poi 
un  precipitato  brunastro  ;  in  soluzione  concentrata  subito  un  precipitato  bruno. 

«  Con  acetato  di  piombo  in  soluzione  concentrata  un  precipitato  bianco. 

«  La  soluzione  acquosa  del  sale  ammonico  dell'acido  metilchetolcar- 
bonica  dà  : 

«  Con  solfato  di  rame  un  precipitato  verde  mela. 

•  Con  cloruro  mercurico  tm  precipitato  bianco. 

Acido  /J-metil-a-iadolcarbonico  (scatolcarbonico) 

C.CH3  {fi) 

C5H^<(^^C-C00H    (a) 
NH 

«  La  preparazione  dell'acido  scatolcarbonico  dallo  scatole,  corrisponde 
perfettamente  a  quella  ora  descritta  dell'acido  metilchetolcarbonico.  Si  ri- 
scaldano 3  gr.  di  scatole  per  volta  con  1  gr.  di  sodio  in  una  corrente  di 

IUbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  .  97 


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—  744  — 

anidride  carbonica  alla  stessa  temp^^tura  indicata  nella  preparazione  già 
descritta.  La  massa  ottenuta  Tiene  trattata  con  alcool  per  eliminare  il  sodio 
metallico,  indi  con  acqua,  ed  infine  distillata  con  vapore  acqueo  per  scac^ 
ciare  lo  scatole  rimasto  inalterato.  Acidificando  il  residuo  con  acido  solforico 
diluito  ed  estraendo  con  etere,  si  ottiene  l'acido  scatolcarbonico  greggio,  che 
si  fa  cristallizzare  una  volta  dall'alcool  diluito  bollente,  aggiungendo  carbone 
animale.  Per  raffreddamento  del  liquido  filtrato  si  ottiene  il  composto  ancora 
notevolmente  colorato. 

«  Da  12  gr.  di  scatole  impiegato  si  ottennero  3  gr.  di  acido  cristalliz- 
zato dall'alcool  e  7,  5  gr.  di  scatole  ricavato  mediante  la  distillazione  con 
vapore  acqueo.  L'ulteriore  purificazione  dell'acido  riusci  sci(^liendolo  nel  ben- 
zolo bollente,  agitando  per  molto  tempo  la  soluzione  benzenica  diluita,  con 
nero  animale  e  precipitando  il  filtrato  convenientemente  concentrato  con  etere 
petrolico.  Si  separano  immediatamente  aghetti  colorati  leggermente  in  giallo, 
che  si  fanno  cristallizzare  ancora  una  volta  dal  benzolo  bollente,  ^giungendo 
alla  soluzione  un  poco  d'etere  petrolico. 

«  L'acido  scatolcarbonico,  così  ottenuto,  forma  aghetti  bianchi  o  squamette 
madreperlacee  che  fondono  a  165*^-167<*. 

e  L'analisi  dette  numeri  concordanti  eon  la  formula: 
«  Co  Hg  NOt  » 
gr.  0,2300  di  sostanza  dettero  gr.  0,5790  di  CO,  e  gr.  0,1126  di  H,0. 

«In  100  parti: 

trovato  Calcolato  per  Ciò  H»  Nd 

C        68,66 .  68,56 

H  5,43  5,14 

«  L'acido  scatolcarbonico  è  poco  solubile  nell'acqua,  facilmente  nell'alcool 
e  nell'etere,  meno  solubile  nel  benzolo  bollente  ed  insolubile  nell'etere  pe- 
trolico. 

«  Fondendolo  si  scompone  in  scatole  ed  anidride  carbonica,  ma  è  più 
stabile  dell'acido  metilchetolcarbonico.  La  sua  soluzione  ammoniacale  resi- 
ste alla  ebullizione  più  di  quella  dell'acido  metilchetolcarbonico. 

«  L'acido  scatolcarbonico  riscaldato  con  acido  solforico  concentrato  su 
di  un  vetro  di  orologio,  dà  una  bellissima  colorazione  rosso-porpora,  che  sem- 
bra essere  propria  solamente  di  alcuni  derivati  dello  scatole.  L'istessa  colo- 
razione viene  prodotta  dallo  scatole  e  dall'a-acetilscatolo.  Non  danno  la  rea- 
zione nò  il  metilchetolo  (che  produce  una  lieve  colorazione  rosea),  né  l'acido 
metilchetolcarbonico  e  neppure  la  danno  gli  acidi  a-indolcarbonico  e  /^-ihdol- 
carbonico,  che  si  ottengono  dal  metilchetolo  e  dallo  scatole  per  fosione  con 
potassa  caustica. 

ft  L'acido  scatolcarbonico,  che  è  stato  ottenuto  ultimamente  per  sintesi 
da  W.  Wislicenus  ed  Ed.  Arnold  dall'idrazone  dell'acido  propionilformico  (^), 

(1)  Beri.  Ber.  XX, 


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—  745  — 

è  senza  dnbbio  identico  al  nostro,  abbenchò  qnesti  chimici  abbiano  trovato 
il  punto  di  fusione  de}  loro  prodotto  un  poco  inferiore  al  nostro  cioè  164^- 
165.®  Per  ultimo  è  da  notarsi  che  l'acido  scatolcarbonico  di  H.  ed  E.  Sal- 
kowski,  ricavato  dalle  proteine  nei  processi  di  fermentazione  naturale  ed  ar- 
tificiale, differisce  notevolmente  dall'acido  scatolcarbonico  ottenuto  da  noi  e 
Wislicenus  ed  Arnold,  principalmente  perchè  la  nostra  sostanza  non  dàle  co- 
lorazioni con  acido  nitroso  e  con  cloruro  di  calce,  descritte  da  E.  Salkowski, 
e  non  dà,  che  molto  più  difficilmente,  la  colorazione  con  cloruro  ferrico. 
Se  l'acido  scatolcarbonico  naturale  sia  perciò  da  ritenersi  un  composto  di- 
verso da  quello  prodotto  sinteticamente  è  cosa  che  noi  non  possiamo  deci- 
dere, perchè  potrebbe  darsi  benissimo,  che  le  differenze  di  comportamento 
rilevate  da  W.  Wilslicenus  ed  Arnold,  derivassero  da  piccole  traccio  di  ma- 
teria estranea,  che  accompagna  l'acido  scoperto  da  H.  ed  E.  Salkowski. 

«  Per  ultimo  è  da  notarsi  che  l'acido  scatolcarbonico  dà  per  riscalda- 
mento con  anidride  acetica  un  composto  che  è  probabilmente  la  sua  imminr 
anidride.  L'acido  a-indolcarbonico,  di  cui  l'acido  scatolcarbonico  e  l'omologo 
superiore,  dà  come  risulta  dalla  nota  seguente,  molto  facilmente  Timmin- 
anidride.  Se  si  bolle  l'acido  scatolcarbonico  con  anidride  acetica  in  un  tu- 
betto, si  ottiene  scacciando  l'eccesso  del  reattivo  e  riscaldando  il  residuo,  una 
sostanza  sublimata  in  aghetti  gialli,  insolubile  nel  carbonato  e  nell'  idrato 
sodico.  Questo  corpo,  che  non  è  certo,  né  scatole,  né  acetilscatolo,  non  può 
essere  altro  che  l'imminanidride  dell'acido  scatolcarbonico. 

^  Crediamo  utile  di  riunire  nel  seguente  specchietto,  in  fine  della  pre- 
sente comunicazione,  le  proprietà  principali  degli  acidi  scatolcarbonico  e  me- 
tilchetolcarbonico. 


acido  a-metil-i9-indolcarbonico 
(metilchetolcarbonico) 


acido  jS-metil-a-ìndolcarbonìco 
(scatolcarbonico) 


Punto  di  fasione 

Con  acido  solforico 

Con  cloniro  ferrico 
Con  acetato  piombico 
Con  acetato  ramico 


Si  scinde  intomo  a  1 700-172° 
in  COi  e  metilcbetolo. 

La  sua  soluzione  ammoniacale 
dà  coli' ebuUizione  pronta- 
tamente  metilcbetolo  libero. 

Non  dà  nessuna  reazione. 


Dà  in  soluzione  acquosa  un 
precipitato  bruno. 

Dà  in  soluzione  acquosa  concen- 
trata un  precipitato  bianco. 

La  soluzione  acquosa  del  sale 
ammonico  dà  un  precipitato 
yerde. 


Fonde  a  1660-167®  scompo- 
nendosi in  COi  e  scatole. 

La  sua  soluzione  ammoniacale 
resiste  alla  ebuUizione. 


Dà  per  riscaldamento  una  in- 
tensa colorazione  rosso-por- 
pora. 

Dà  in  soluzione  acquosa  un 
precipitato  bruno. 

Dà  in  soluzione  acquosa  un 
precipitato  bianco. 

La  soluzione  acquosa  del  sale 
ammonico  dà  un  precipi- 
tato yerde  chiaro. 


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—  746  — 


GMmica.  ^-  Sugli  acidi  earbossilici  delfindolp.  Nota  di  Gia- 
como CiAMiciAN  E  Carlo  Zatti,  presentata  dal  Socio  Paterno. 


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«  Oli  omologhi  del  pirrolo  non  danno  per  ossidazione  con  gli  ossidanti 
ordinari  gli  acidi  cùrbossilici  corrispondenti,  ed  anche  in  ciò  essi  ricordano 
i  fenoli  aromatici,  che  non  si  lasciano  trasformare  negli  ossiacidi,  che  me- 
diante speciali  reazioni.  Gli  omologhi  dell'indole  si  comportano  analogamente, 
ed  è  noto  che  p.  es.  il  metilchetolo  ossidato  col  permanganato  potassico  si 
converte  in  acido  acetil-o-amidobenzoico  {^).  Ci  è  sembrato  perciò  importante 
di  ricercare  se  si  potessero  ottenere  gli  acidi  indolcarbonici  dai  c-metilindolì 
per  fusione  con  potassa  caustica,  come  si  ottengono  gli  acidi  pirrolcarbonici 
ossidando  con  potassa  fondente  le  combinazioni  potassiche  degli  omologhi  del 
pirrolo  (^).  Le  nostre  previsioni  sono  state  confermate  pienamente  dalVespe- 
rienza  ed  anche  in  certo  modo  saperate,  inqnantochè  questa  reazione  conduce 
nella  serie  indolica  a  rendimenti  molto  migliori  di  quelli  che  si  hanno  nella 
serie  del  pirrolo. 

e  II  metilchetolo  e  lo  scatole  ^i  convertono  negli  acidi  a-indolcarbonico 
e  fi-indolearbonico. 

CH  CH 

CsHy^C.CHs  Ceai/^CCOOH 

NH  NH 

a-metil indolo  ftcido  cc-indolcarbonico 

(metilchetolo) 

C  .  CHs  C.  COOH 

C5H,<^CH  CeH^/^CH 

NH  NH    . 

/9-metilindolo  acido  /9-indolcarbonico 

(Beatolo) 

«  L'acido  a-indolcarbonico  è  stato  già  ottenuto  da  E.  Fischer  per  sin- 
tesi diretta,  dall'idrazone  dell'etere  piruvico  ;  la  preparazione  di  quest'acido 
dal  metilchetolo  è  però  ora  il  ìuetodo  più  conveniente  per  ottenerlo  in  grandi 
quantità,  perchè  il  metilchetolo  è  un  materiale  facile  ad  aversi  e  la  fusione 
con  potassa  dà  un  rendimento  di  acido  greggio  che  ascende  fino  al  50  Vo 
del  metilchetolo  impiegato.  L'acido  /9-indolcarbolico  non  era  stato  ottenuto 
finora  ;  la  sua  preparazione  è  però  assai  più  tediosa  di  quella  dell'altro  iso- 
mero,* per  le  proprietà  dello  scatole,  per  il  rendimento  di  gran  lunga  infe- 
riore e  per  la  difficoltà  che  si  incontra  nella  purificazione  del  nuovo  acido. 

(0  Jackson  Beri.  Ber.  XIV,  885. 

(<)  Ciamician,  Gazz.  chim.  XI,  226;  Dennstedt  e  Zimmermann,  Beri.  Ber.  1887,  850. 


747  — 


l**.  Aoido  a-indolcarboaico. 


«  Si  prepara  quest'acido  dal  metilchetolo  fondendo  qnest  ultimo  con  un 
peso  dieci  o  quindici  Tolte  maggiore  di  potassa  caustica  in  una  capsula  d'ar- 
gento. Il  metilchetolo  non  si  combina  immediatamente  con  l'idrato  potassico 
fuso,  per  cui  è  necessario  impedire  che  il  metilchetolo  si  volatilizzi  prima 
di  aver  potuto  entrare  in  reazione.  Questa  condizione  tanto  importante  per 
la  buona  riuscita  dell'esperienza  si  realizza  facilmente,  tenendo  coperta  la 
capsula  nel  primo  periodo  della  ftisione,  con  un  vetro  d'orologio  pieno  d'acqua. 
Il  metilchetolo  si  condensa  quasi  completamente  sulla  superficie  convessa  del 
vetro  e  ricade  nella  capsula,  mentre  il  vapore  acqueo,  che  si  genera  nella 
prima  fase  della  reazione,  può  liberamente  sfuggire,  nop  essendo  la  capsula 
chiusa  ermeticamente  dal  vetro  d'orologio,  che  per  la  sua  trasparenza  per- 
mette inoltre  di  seguire  l'andamento  della  reazione. 

t  L'andamento  dell'operazione  è  il  seguente  :  Si  fonde  prima  la  potassa 
sino  ad  eliminarvi  tutta  l'acqua  che  ordinariamente  contiene  e  si  introduce  ra- 
pidamente il  metilchetolo  (si  possono  impiegare  in  ogni  operazione  5  o  10  gr.  di 
metilchetolo),  dopo  aver  lasciato  raffreddare  convenientemente  la  massa  fusa,  si 
copre  subito  col  vetro  pieno  d'acqua  e  si  comincia  a  scaldare  moderatamente. 
Il  metilchetolo  fonde,  si  volatilizza,  ricade,  e  mentre  si  svolge  vapor  acqueo,  si 
converte  a  poco  a  poco  in  un  liquido  nero,  denso,  oleoso,  galleggiante  sulla 
potassa  fusa.  Questa  materia  oleosa  sarà  probabilmente  il  composto  potassico 
dall'a-metilindolo,  perchè  interrompendo  a  questo  punto  l'operazione  e  trat- 
tando con  acqua  la  massa,  si  riottiene  quasi  completamente  il  metilchetolo. 
Quando  la  materia  fondente  non  emette  più  vapori  di  metilchetolo,  si  toglie 
il  vetro  e  si  agita  con  una  spatola  dargento  o  di  ferro,  il  contenuto  della 
capsula,  che  principia  a  schiumeggiare.  Ora  si  svolge  idrogeno  dalla  massa 
nera  in  fusione,  s^o  che  l'ossidazione  è  incominciata.  La  durata  di  questo 
secondo  periodo,  dipende  dal  modo  di  riscaldare  e  dalla  quantità  del  metil- 
chetolo impiegato,  si  prolunga  la  fusione  fino  che  lo  strato  superiore  si  è 
sciolto  nel  resto  della  massa  e  che  questa  è  divenuta  omogenea.  Lo  sviluppo 
gassoso  rende  talvolta  difiScile  riconoscere  il  vero  momento  per  interrompere 
l'ossidazione  ed  un  poco  di  pratica  giova  in  questa  operazione,  come  già  in 
tutte  le  preparazioni  chimiche  un  po'  delicate,  molto  più  di  una  lunga  descri- 
zione. Quando  dunque  si  giudica  conveniente  di  interrompere  l'operazione,  si 
vuota  il  contenuto  della  capsula  sopra  una  lastra  di  ferro  e  si  incomincia 
una  nuova  preparazione.  La  massa  ottenuta  ò  dura,  fragile,  omogenea,  se 
l'operazione  è  stata  bene  condotta,  ed  ha  un  color  bruno  grigiastro.  Essa  con- 
tiene assieme  alla  potassa  eccessiva,  ed  a  carbonato  potassico,  il  sale  dell'a- 
cido cercato.  Quest'ultimo  si  ottiene  e  si  purifica  flEicilmente  come  segue:  Il 
prodotto  della  fusione,  sciolto  nell'acqua,  viene  saturato  quasi  completamente 
con  acido  solforico,  in  modo  però  che  il  liquido  rimanga  decisamente  alcalino. 


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—  748  — 

Per  raffreddamento  si  separa  gran  parte  del  solfato  potassico,  e  filtrando,  si 
libera  la  soluzione  alcalina  dell'acido  a-indolcarbonico,  anche  da  una  materia 
amorfa  e  nera,  che  si  forma  nella  fusione.  Se  questa  venne  interrotta  troppo 
presto  il  residuo  solido  contiene  anche  quantità  più  o  meno  rilevanti  di  me* 
tilchetolo.  Il  liquido  alcalino  convenientemente  concentrato  e  air  occorrenza 
filtrato,  viene  infine  acidificato  con  acido  solforico.  Si  ottieoe  un  abbondante 
precipitato  bruno  o  grigio-verdastro,  che  si  filtra  e  si  lava,  dal  filtrato  si 
può  ricavare  per  concentrazione  ed  in  fine  per  estrazione  oon  etere  un'altra 
quantità,  non  molto  rilevante,  dello  stesso  prodotto.  L'acido  a-indolcarbonico 
greggio  così  ottenuto,  viene  purificato  mediante  una  serie  di  cristallizzazioni 
dall  acqua  bollente,  scolorando  in  principio  la  soluzione  con  carbone  animale. 
L'acido  si  separa  in  principio  in  forma  d'una  polvere  crivtallina  o  di  croste 
cristalline  più  o  meno  colorate,  infine  in  aghetti  bianchi»  Volendo  avere  un 
acido  molto  puro,  con  sollecitudine,  conviene  usare  come  solvente  il  benzolo. 
Si  fa  a  caldo  una  soluzione  molto  diluita  dell'acido  nel  benzolo,  in  cui  ri- 
mane indisciolta  una  materia  nera,  si  agita  a  lungo,  il  liquido  filtrato,  con 
nero  animale,  si  filtra  e  si  precipita  il  filtrato  convenientemente  concentrato 
con  etere  petrolico.  L'acido  si  separa  subito  in  fonha  di  aghettini  quasi 
bianchi,  che  fondono  a  202-203  e  si  rammolliscono  già  a  196^.  Facendo 
cristallizzare  questo  prodotto  ancora  alcune  volte  alternativamente  dal  ben- 
zolo bollente  e  dall'acqua  bollente,  lo  si  ottiene  quasi  perfettamente  bianco 
e  fonde  allora  a  203-204^,  senza  rammollirsi  sotto  ai  200^,  in  un  liquido 
giallo.  Nella  fusione  si  nota  appena  un  lieve  svolgimento  di  gaz. 
1  L'analisi  dettero  i  seguenti  risultati  : 

I.  0,2573  gr.  di  materia  seccata  nel   vuoto,   dettero   0,6365   gr.  di  GO^  e 

0,1048  gr.  di  H,  0. 

II.  0^676  gr.   di  materia  seccata  a   100®,  produssero  nella  combustione 

0,6586  gr.  di  COg  e  0,1125  gr.  di  HtO. 
«  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  CtHiNOt 

I  II 

C        67,46  0)  67,12  67,08 

H         4,52  4,67  4,35 

«  L'acido  a-indolcarbonico,  così  ottenuto,  è  identico  a  quello  descritto  per 
la  prima  volta  da  E.  Fischer  (^).  È  poco  solubile  nell'acqua  firedda  e  note- 
volmente in  quella  bollente;  per  raffreddamento  si  separa  in  aghi  bianchi 
più  0  meno  lunghi,  è  solubile  nell'etere,  nell'alcool,  nel  benzolo  bollente,  da 
cui  si  separa  in  squamette  madreperlacee,  ed  è  insolubile  nell'etere  petrolico. 


(^)  n  composto,  che  era  stato  cristallizzato  dal  benzolo,  conteneva  tracce  di  questo, 
che  non  avea  perduto  completamente  nel  vuoto. 
(«)  L.  Ann.  236,  141. 


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—  749  — 

s  II  sale  orgenHco  [G»  H«  Ag  NOt]  è  stato  già  ottenuto  da  E.  Fischer, 
noi  lo  abbiamo  preparato  per  trasformarlo  nelVetere  metilico.  È  mi  precipi- 
tato bianco  fioccoso,  che  ai  ottiene  trattando  la  soluzione  del  saleammonico 
con  nitrato  argentico. 

a  L'analisi  dette  i  seguenti  numeri: 
0,1792  gr.  di  materia  dettero  0,0718  gr.  d'argento. 

«  In  100  parti: 

troTato  calcolato 

Ag        40,07  40,29 

«  V etere  metilico  [G9  He  (OHs)  NOg]  si  ottiene  scaldando  il  sale  argen- 
tico secco  con  joduro  di  metile  in  eccesso  a  lOO**  per  alcuni  minuti.  Si  estrae 
la  massa  con  etere  e  si  cristallizza  il  composto  ricayato  dalla  soluzione  eterea, 
prima  dall'alcool  diluito  e  poi  dal  benzolo  bollente.  Si  ottengono  aghetti 
bianchi  che  fondono  a  151-152®. 

«  La  stessa  sostanza  si  forma  pure  trattando  con  acido  cloridrico  gas- 
soso la  soluzione  dell'acido  nell'alcool  metilico.  Si  satura  a  0®  una  soluzione 
di  acido  a-indolcarbonico  in  10  volte  il  suo  peso  di  alcool  metilico  e  si 
abbandona  il  liquido  a  sé  stesso  per  alcune  ore  a  temperatura  ordinaria. 
La  soluzione  rossa  viene  indi  versata  nell'acqua  ed  il  liquido  saturato  con 
carbonato  sodico.  Si  separa  una  materia  rossastra,  che  si  filtra,  si  lava,  e  si 
secca  nel  vuoto.  L'etere  ottenuto  viene  poi  purificato  come  sopra.  Questo  se- 
condo metodo  è  naturalmente  più  comodo,  ma  dà  un  prodotto  un  po' meno 
abbondante  e  più  impuro. 

«  Le  analisi  dettero  i  seguenti  risultati  : 
I.  0,2850  gr.  di  sostanza  produssero  0,5922  gr.  di  GOt  e  0,1141  gr.  di  Ht  0. 
IL  0,1881  gr.  di  sostanza  produssero  0,4744  gr.  di  GOg  e  0,0891  gr.  di  Ht  0. 

«  In  100  parti  : 

taroTato  calcolato  per  Ciò  H«  NOt 

I  II 

G        68,73  68,74  68,57 

H         5,39  5,26  5,14 

«  L'acido  a-indolcarbonico  dà,  in  soluzione  acquosa,  con  cloruro  ferrico, 
una  colorazione  rossobruna  e  poi  un  precipitato  brunastro,  con  acetato  piom- 
bico  un  precipitato  bianco  non  molto  abbondante.  La  soluzione  acquosa  del 
sale  ammonico  dà  con  acetato  di  rame  con  precipitato  verde  mela. 

«  Gon  isatina  ed  acido  solforico  concentrato  si  ottiene  con  l'acido  a-in- 
dolcarbonico  una  colorazione  rosso-violetta. 

a  L'acido  a-indolcarbonico  è  molto  stabile  ;  bollendo  la  sua  soluzione 
acquosa  si  avverte  appena  la  presenza  di  indolo  libero  con  la  reazione  del 
fuscello  di  abete.  Fonde  quasi  senza  decomposizione,  e  come  notò  E.  Fischer, 
può  distillarsi,  se  si  riscalda  rapidamente,  quasi  senza  alterazione.  In  soluzione 


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—  750  — 

alooolica  concentrata,  si  ottiene  con  acido  picrico  un  picrato  cristallizzato  in 
aghi  gialli,  che  parimenti  fu  notato  già  da  E.  Fischer. 

«  L*acido  a-indolcarbonico  corrisponde  perfettamente  all'acido  a-carbo- 
pirrolico  e  dà  come  questo  per  azione  dell'anidride  acetica  un'imminanidride 
dell'acido  a-indolcarbonico,  che  corrisponde  in  tutto  alla  pirocolla. 

Imminanidride  dell'acido  a-indolcarbonico. 

»  Per  preparare  l' imminanidride  dell'  acido  a-indolcarbonico,  si  bol- 
lono 3  gr.  d* acido  con  15  gr.  d'anidride  acetica  in  un  apparecchio  a 
ricadere  per  10  o  15  minuti.  Durante  l'ebollizione  non  si  svolge  anidride  car- 
bonica; il  liquido  giallo  che  risulta,  viene  distillato  a  pressione  ridotta  a  b.  m. 
Besta  indietro  un  residuo  oleoso  bruno,  che  si  riscalda  a  bagno  ad  olio  sem- 
pre a  pressione  ridotta;  in  principio  passano  ancora  alcune  goccio  di  ani- 
dride acetica  e  quando  la  temperatura  del  bagno  è  salita  fino  a  circa  190®, 
il  liquido  entra  in  ebollizione,  spesso  molto  viva,  e  mentre  si  sviluppano 
vapori  di  acido  acetico,  si  converte  in  una  massa  solida,  cristallina,  nerastra. 
Si  bolle  il  prodotto  ottenuto  con  acido  acetico  glaciale,  in  cui  l'anidride  in- 
dolcarbonica  è  quasi  insolubile,  si  filtra,  dopo  il  raffreddamento,  e  si  lava  il 
residuo  con  acido  acetico  glaciale.  Il  prodotto  greggio,  così  ottenuto,  viene 
bollito  ancora  una  volta  con  acido  acetico  per  liberaiio  da  una  materia  ne- 
rastra, che  passa  nel  filtrato.  Le  soluzioni  acetiche  contengono,  oltre  ad  una 
materia  amorfa,  verdastra,  che  precipita  per  trattamento  con  acqua  e  che 
non  venne  ulteriormente  studiata,  acido  a-indolcarbonico  rimasto  inalterato, 
che  si  riottiene  svaporando  le  soluzioni  acetiche  a  b.  m.,  dopo  averle  libe- 
rate dalla  materia  amorfa  insolubile  nell'acqua.  Da  12  gr.  di  acido  si  ot- 
tennero 3,7  gr.  di  anidride  greggia  e  si  riottennero  4  gr.  di  acido  rimasto 
inalterato.  La  materia  amorfa  dà  per  distillazione  nuove  quantità  di  anidride. 

tt  L'anidride  indolcarbonica  è  quasi  insolubile  nei  solventi  ordinari  e 
venne  perciò  purificata  ulteriormente  facendola  sublimare  alcune  volte  fra 
due  vetri  d'orologio.  Si  ottengono  in  tal  modo  bellissimi  aghi  gialli  di  splen- 
dore serico,  che  si  bollono  infine  con  acido  acetico  glaciale,  si  lavano  con 
acqua  e  si  seccano  a  100®. 

«  L'inmiinanidride  dell'acido  a-indolcarbonico  fonde,  sublimando  parzial- 
mente, intomo  ai  312-315®  in  un  liquido  nerastro. 

«  L*analisi  dette  numeri  che  conducono  alla  formula: 

«  C»  H5  NO  » 
0,2454  gr.  di  sostanza  producono  0,6804  gr.  di  CO»  e  0,0815  gr.  di  Ht  0. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  C»H|NO 

C        75,62  75,52 

H         3,69  3,49 


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—  751  — 

«  L^ìmmìnanidride  indolcarbonica  si  fonua  come  si  vede  in  modo  per* 
fettamente  analogo  alla  pirocolla  e  la  sua  formazione  sar&  forse  preceduta 
come  quella  di  quest'ultima,  dal  formarsi  di  un  derivato  acetilìco  instabile 
dell'acido  a-indolcarbonico.  Noi  non  possiamo  per  ora  decidere  se  essa  abbia 
la  formula  semplice  O5  H9  NO  oppure  analogamente  all'imminanidride  carbo- 
pirrolica  la  doppia  formula,  abbenchè  ciò  apparisca  molto  probabile  in  vista 
del  punto  di  fusione  molto  elevato  e  della  insolubilità  del  composto. 

«  L'imminanidride  indolcarbonica  sarà  perciò  da  esprimersi  con  una  delle 
due  formule  seguenti: 

Cs  H5^  N^)>  oppure  Cs  H^  ^  ^^ .  CO  \  ^^  ^^ 

«  Il  suo  carattere  anidridico  si  svela  nel  suo  comportamento  con  le  basi: 
essa  resiste  molto  più  della  pirocolla  all'azione  della  potassa  acquosa,  perchè 
non  viene  quasi  per  nulla  intaccata  anche  bollendola  a  lungo  con  una  liscivia 
di  potassa  molto  concentrata.  La  potassa  alcoolica  concentrata  la  scioglie 
invece  prontamente  a  caldo,  e  dalla  soluzione  diluita  con  acqua  si  ottiene 
l'acido  a-indolcarbonico,  acidificando  con  acido  solforico  diluito. 

«  Riscaldando  l'acido  a-indolcarbonico  in  un  tubo  chiuso  con  un  eccesso 
di  anidride  acetica  a  220^,  si  elimina  anidride  carbonica,  e  si  ottiene  un 
composto  di  reazione  neutra,  che  cristallizza  in  aghi  dall'acqua  bollente,  il 
quale  potrebbe  essere  identico  all'acetilindolo  di  Baeyer.  Le  ulteriori  ricerche 
in  proposito  saranno  continuate  da  uno  di  noi,  ed  avranno  lo  scopo  di  stu- 
diare l'acido  a-indolcarbonico  da  tutti  i  lati  da  cui  è  stato  studiato  l'acido 
a-carbopirrolico. 

2^.  Acido  /?-indolcarbonìco. 

«  La  preparazione  dell'acido  /^-indolcarbonico  dallo  scatole  venne  es^uita 
seguendo  il  metodo  già  indicato  per  ottenere  l'acido  a-indolcarbonico  dal  me- 
tilchetolo.  L'operazione  *è  però  molto  disaggradevole,  perchè  per  quanto  si 
impedisca  la  volatilizzazione  dello  scatole  tenendo,  nel  primo  periodo  della 
fusione,  coperto  il  crogiuolo  d'argento  con  un  vetro  d'orologio  pieno  d'acqua, 
pure  non  si  può  evitare  che  ne  sfagga  una  piccola  quantità,  ciò  che  riesce 
di  gran  tedio  in  causa  delle  ben  note  proprietà  dello  scatole,  anche  lavorando 
sotto  una  cappa  d'aspirazione.  Si  fondono  3  0  5  gr.  di  scatole  per  volta  con 
un  peso  dieci  volte  maggiore  di  potassa  caustica.  Lo  scatole  si  combina  con 
la  potassa  fusa  più  presto  del  metìlchetolo,  formando  un  liquido  denso  e 
nero,  che  con  vivo  sviluppo  dldrogeno,  va  man  mano  sciogliendosi  nella  po- 
tassa fondente.  Il  punto  di  interrompere  la  fdsione  è  più  difficile  a  ricono- 
scersi in  questa  operazione,  che  in  quella  già  descritta,  e  non  vi  si  riesce 
che  dopo  alcune  prove.  Non  conviene  aspettare  che  la  massa  ftisa  sia  dive- 
nuta del  tutto  omogenea,   perchè   così  operando  si  evita  bensì  di  ottenne 

Rendiconti,  1888,  Vol.  IV,  1»  Sem.  98 


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—  752  — 

scatolo  inalterato,  ma  l'ossidazione  va  troppo  oltre  ed  una  gran  parte  del  pro- 
dotto viene  distratta.  La  massa  solidificata,  ottenuta  nelle  singole  fusioni,  ha 
un  aspetto  simile  a  quella  che  si  ottiene  col  metilchetolo,  ma  non  deve  es- 
sere del  tutto  omogenea  e  deve  contenere  delle  parti  più  colorate,  che  sono 
poi  quelle  che  con  l'acqua  rigenerano  lo  scatolo. 

«  Si  scioglie  tutto  il  prodotto  nell'acqua  e  si  filtra  dalla  parte  insolu- 
bile, che  contiene  tutto  lo  scatolo  ripristinato,  che  si  può  purificare  per  di- 
stillazione con  vapore  acqueo.  (Da  20  gr.  di  scatolo  impiegato  se  ne  riotten- 
nero 5  gr.).  Il  liquido  alcalino  viene  acidificato  con  acido  solforico  diluito, 
e  senza  tener  conto. dell'acido  che  si  separa,  agitato  molte  volte  di  seguito 
con  etere.  Distillando  l'estratto  etereo  resta  indietro  per  lo  più  una  materia 
oleosa  di  intenso  odore  indolieo,  che  si  solidifica  lentamente.  Si  scioglie  il 
residuo  nel  carbonato  di  soda,  si  filtra  dalla  parte  insolubile,  formata  prin- 
cipalmente da  materie  nerastre  ed  amorfe,  e  si  estrae  nuovamente  con  etere, 
dopo  avere  acidificato  il  liquido  con  acido  solforico.  Il  prodotto,  che  cosi  si 
ottiene,  si  solidifica  subito  ed  ha  un  aspetto  migliore.  Per  purificarlo  lo  si 
scioglie  in  molto  etere  acetico  bollente,  si  agita  per  molto  tempo  la  soluzione 
con  nero  animale  e  si  precipita  il  filtrato,  convenientemente  concentrato,  con 
etere  petrolico.  Il  nuovo  acido  si  separa  subito  in  forma  d'una  polvere  quasi 
bianca,  cristallina,  che  si  purifica  completamente  sciogliendola  nella  quantità 
necessaria  di  etere  acetico  caldo,  trattando  la  soluzione  con  etere  petrolico, 
e  ripetendo  alcune  volte  questa  operazione.  Si  ottiene  in  questo  modo  una 
polvere  bianca,  cristallina,  che  sublima  in  aghetti  se  la  si  riscalda  con  pre- 
cauzione e  che  fonde  in  un  tubetto  chiuso  intomo  ai  214^  scomponendosi  con 
sviluppo  di  gaz.  n  punto  di  fusione  non  è  però  molto  costante  e  sembra  di- 
pendere dal  modo  di  riscaldamento. 

«  L'analisi  diede  numeri  che  coincidono  con  la  formula: 

«  C9  H,  NO,  » 
0,2047  gr.  di  matèria  produssero  0,5019  gr.  di  CO,,  e  0,0884  gr.  di  H,  0. 

«  In  100  parti: 

troTato  calcolato 

C        66,87  67,08 

H         4,79  4,35 

«  L'acido  /9-indolcarbonico  è  poco  solubile  nell'acqua  anche  bollente,  da 
cui  si  separa  per  raffreddamento  in  squamette  0  pagliette  senza  colore;  si 
scioglie  poco  nel  benzolo  bollente,  più  facilmente  nell'etere  acetico,  notevol- 
mente nell'etere  e  nell'alcool,  nell'etere  petrolico  è  quasi  insolubile. 

»  //  sale  argentieo  [C9  H«  Ag  NO,]  si  ottiene  in  forma  d'un  precipitato 
bianco,  trattando  la  soluzione  neutra  dell'acido  nell'ammoniaca  diluita  con 
nitrato  argentieo.  Il  sale  seccato  nel  vuoto  sull'acido  solforico  dette  all'ana- 
lisi i  seguenti  numeri: 
0,3066  gr.  di  materia  lasciarono  un  residuo  di  0,1244  gr.  d'argento. 


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—  753  — 

«  In  100  parti  : 

troTato  calcolato  per  CtH«J^NOt 

Ag        40,57  40,30 

B  L'acido  /^-indolcarbonico  è  notevolmente  meno  stabile  del  suo  isomero; 
pcaldato  lentamente  sublima  senza  fondere  in  aghetti  senza  colore,  ma  ri- 
scaldato bruscamente,  fonde  con  sviluppo  di  gaz  (anidride  carbonica)  in  un 
liquido  senza  colore,  che  non  si  scioglie  nell'ammoniaca,  che  dà  un  picrato 
cristallizzato  in  aghetti  rossi  e  che  non  può  essere  perciò  altro  che  indolo. 
Bollendo  la  soluzione  acquosa  dell'acido  si  avverte  subito  l'odore  d'indolo, 
ed  i  vapori  arrossano  intensamente  un  fuscello  bagnato  con  acido  cloridrico. 
La  soluzione  ammoniacale  non  si  scompone  però  più  &cilmente  dì  quella 
acquosa. 

«  L'acido  /^-indolcarbonico  non  dà  in  soluzione  eterea  un  picrato  poco 
solubile,  con  isatina  ed  acido  solforico  dà  una  colorazione  violetto-brunastra. 

«  La  sua  soluzione  acquosa  satura  a  freddo  dà: 
«  Con  cloruro  ferrico^  una  colorazione  rosso-bruna;  • 

«  Con  acetato  piombico  non  dà  un  precipitato. 

«  La  sua  soluzione  ammoniacale  acquosa: 
tt  Dà  con  acetato  di  rame  un  precipitato  verde-chiaro,  solubile  nel- 
l'eccesso del  reattivo; 

«  Con  cloruro  ferrico  un  precipitato  rosso-bruno; 

«  Con  acetato  piombico  un  precipitato  bianco  solubile  nell'eccesso. 

«  Le  soluzioni  di  etere  acetico  e  petrolico  rimaste  indietro  nella  prima 
purificazione  dell'acido  ora  descritto,  contengono,  oltre  a  questo,  anche  l'acido 
a-indolcarbonico,  che  si  forma  nella  reazione  assieme  all'acido  /9-indolcarbo- 
nico.  Svaporando  questi  liquidi,  si  ottiene  un  residuo  di  intenso  odore  indo- 
lieo, che  venne  sciolto  in  carbonato  sodico  e  la  soluzione  estratta  con  etere. 
Questo  elimina  una  materia  oleosa  di  odore  fecale,'  che  arrossa  vivamente 
un  fuscello  bagnato  d'acido  clorìdrico,  e  dà  un  picrato  cristallizzato  in  aghi 
rossi.  Sarà  stato  certamente  indolo  sebbene  la  quantità  troppo  piccola  non 
abbia  permesso  di  identificarlo  mediante  il  punto  di  fusione.  La  soluzione 
alcalina,  acidificata  con  acido  solforico  ed  agitata  con  etere,  cede  a  questo 
una  materia  solida,  che  venne  sciolta  nell'etere  acetico  e  trattata  come  sopra, 
con  nero  animale  ed  etere  petrolico  ;  si  ottenne  un  lieve  precipitato  rossastro, 
ma  la  maggior  parte  del  prodotto  rimase  disciolta  e  scacciando  il  solvente 
si  ottenne  un  residuo  cristallino,  che  non  poteva  essere  acido  /i-indolcarbonico, 
perchè  precipitava  in  soluzione  annosa  coll'acetato  piombico.  La  sostanza 
così  ottenuta  venne  sciolta  nell'acqua  bollente,  in  cui  non  si  scioglie  com- 
pletamente; resta  indietro  un  residuo  oleoso  volatile  col  vapor  acqueo,  ma  in 
quantità  si  piccola  da  non  poter  essere  studiato  ulteriormente.  La  soluzione 
acquosa,  bollita  con  nero  animale,  dà  per  raffreddamento  una  sostanza,  che 
venne  purificata  facendola  cristallizzare  più  volte  dall'acqua  e  che  fa  tosto 


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—  754  — 

riconosciuta  per  acido  a-indolcarbonico,  al  sno  punto  di  fusione  ad  alle  altre 
sue  proprietà. 

a  Si  può  dire  perciò,  che  nella  ossidazione  dello  scatole  con  la  potassa 
fondente  si  forma  oltre  all'acido  i^-indolcarbonico  anche  Vindolo  e  special- 
mente l'acido  a-indolcarbonico.  La  formazione  di  quest'ultimo  è  dovuta  cer- 
tamente alla  poca  stabilità  dell'acido  /?-indolcarbonico. 

«  Crediamo  utile  di  comparare,  in  fine  di  questa  Nota,  le  principali  pro- 
prietà dei  due  acidi  indolcarbonici  per  fame  risaltare  le  differenze  di  com- 
portamento. 


Acido  a-indolcarbonìco 


Acido  /}-indolcarbonico 


Punto  di  fusione 


Con  acido  picrico 


Con  acetato  piombico 


Con  acetato  ramico 


Fonde  a  203-204<>  in  un  li- 
quido giallo,  con  lieve  btì- 
luppo  di  COt. 

Dà  in  soluzione  alcoolica  o 
eterea  concentrate  un  pl- 
orato cristallizzato  in  aghi 
gialli. 


Dà  in   soluzione   acquosa 
precipitato  bianco. 


un 


La  soluzione  acquosa  del  sale 
ammonico  dà  un  precipitato 
verde  mela. 


L*acido  si  separa  dalla  sua  so- 
luzione nell'acqua  bollente, 
in  cui  è  notevolmente  solu- 
bile, in  aghi  più  o  meno 
lunghi. 


i  scompone  intomo  a  214® 
in  COt  ^  indolo. 


Non   dà  nelle   stesse   condi- 
zioni un  plorato. 


La  soluzione  acquosa  satura 
a  freddo  non  precipita. 

La  soluzione  acquosa  del  sale 
ammonico  dà  un  precipi- 
tato verde  chiaro,  solubile 
neireccesso  del  reattivo. 

L'acido  precipita  dalla  sua 
soluzione  nell'acqua  bol- 
lente, in  cui  è  poco  solu- 
bOe,  in  pagliette  madre- 
perlacee. 


«  Riassumendo  i  risultati  contenuti  in  queste  due  Note  si  deve  conchiu- 
dere, che  l'analogia  di  comportamento  fra  il  pirrolo  e  T indolo  è,  per  quanto 
risguarda  le  reazioni  descritte,  assai  manifesta.  AUe  osservazioni  in  proposito 
già  esposte  più  avanti  aggiungeremo  per  ultimo  ancora  la  seguente:  che  tanto 
nell'indole,  che  nei  due  c-metilindoli  gli  «cidi  carbossilici,  che  contengono  il 
carbossile  nella  posizione  a,  sono  più  stabili  di  quelli  che  lo  contengono  nella 
posizione  fi;  questo  fatto  risulta  tanto  dalla  comparazione  degli  acidi  a-me- 
til-|9-indolcarbonico  e  /f-metil-a-ìndolcarbonico,  quanto  da  quella  dei  due 
acidi  a-  e  /9-indolcarbonici,  e  concorda  in  genere  coi  caratteri  degli  altri  de- 
rivati tetrolici  di  analoga  costituzione  « . 


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—  756  — 

Chimica.  —  Studi  sui  pirroli  terziari.  Nota  I.  di  Giovanni 
De  Varda  (0  presentata  dal  Socio  Paterno. 

«  Allo  scopo  di  stadiare  il  comportamento  chimico  del  piirolo,  quando 
ridrogeno  imminìco  non  è  più  libero,  ma  è  sostituito  da  nn  radicale  alcoo- 
lieo,  ho  intrapreso  una  serie  d'esperienze,  di  cui  pubblico  ora  una  prima  parte. 

K  II  punto  di  partenza  ò  stato  Tn-metilpirrolo  e  più  specialmente  il  suo 
derivato  acetilìco,  scoperto  alcuni  anni  fa  da  Oiamicilan  e  Dennstedt. 

«  Il  primo  compito  era  quello  di  studiare  i  prodotti  d'ossidazione  del- 
rn-metil-c-acetilpìrrolo  e  di  compararli  con  quelli  ottenuti  dall' a-acetilpirrolo 
e  di  stabilire  poi  la  posizione  dell' acetile,  onde  vedere  se  anche  nei  pirroli 
terziari  la  sostituzione  avviene  di  preferenza  nella  posizione  a. 

L  Ossidazione  deirn-metil-c-acetilpirrolo. 

L'ossidazione  dell'n-metil-c-acetilpirrolo  venne  fatta  con  permanganato 
potassico,  seguendo  le  norme  con  cui  ò  stato  preparato  l'acido  pirrilgliossilico  {}). 

«  Presi  gr.  5  del  suaccennato  composto  pirrolico,  gr.  500  d'acqua  ed  una 
piccola  quantità  d'idrato  potassico;  riscaldato  il  tutto  l^germente  aggiunsi 
a  poco  a  poco  una  soluzione  calda  di  gr.  15,50  di  pennanganato  potassico 
(un  po'  meno  del  calcolato  per  avere  l'acido  metilpirrilgliossilico)  in  gr.  500 
d'acqua.  L'ossidazione  avviene  prontamente  e  per  compierla  mantenni  il  tutto 
per  qualche  tempo  in  ebollizione;  distillai  indi  in  una  corrente  di  vapor 
acqueo,  ed  il  liquido  così  liberato  dalla  pìccola  parte  del  metilacetUpirrolo 
non  ossidata,  venne  filtrato  e  concentrato  a  b.  m..  La  soluzione  alcalina  co- 
lorata in  giallo,  venne  acidificata  con  acido  solforico  diluito,  ed  estratto  su- 
bito con  etere  il  nuovo  acido,  che  però  non  è  molto  solubile  in  questo  sol- 
vente. La  soluzione  eterea  lascia  indietro  per  svaporamento  una  massa  cri- 
stallina colorata  in  giallo,  che  venne  purificata  facendola  cristallizzare  più 
volte  dal  benzolo  bollente,  scolorando  in  principio  con  nero  animale. 

«  Il  rendimento  di  prodotto  greggio  ascende  a  50  Vo  del  metilacetilpir- 
rolo  impiegato. 

tt  U  nuovo  acido  si  presenta  in  cristalli  aghiformi,  d'un  color  giallo  pa- 
glierino, che  fondono  fra  14P  e  142. 5®  in  un  liquido  nero  e  non  conten- 
gono acqua  di  cristallizzazione.  Sono  poco  solubili  nell'acqua,  nel  benzolo, 
meno  nell'etere,  si  sciolgono  facilmeate  nel  carbonato  di  potassio  con  sviluppo 
d'acido  carbonico  ;  riscaldati  in  un  tabetto  si  scompongono  emettendo  in  sul 
principio  vapori  d'n-metilpirrolo,  poi  un  odore  marcatissimo  di  mandorle  amare. 


(})  Lavoro  esegaito  nelllstitato  Chimico  di  Padova. 
(*)  Ciamician  e  Dennstedt,  Gazz.  XTTT,  pag.  455. 


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—  756  — 

«  I  risultati  dell*analisi  dimostrano,  che  il  nuovo  composto  è  Yaeido 
n-metilpirrilgliossilico  della  fonaola  G4  H3  (GO.  CO  OH)  N  C  Hs . 
gr.  0,2542  dettero  gr.  0,5130  di  CO,  e  gr.  0,1059  di  H»  0 
«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  C7  H?  0«  N 

C        55, 04  54, 90 

H  4, 63  4, 57 

«  Il  sale  argerUico  (C7  He  O3  N  Ag)  si  ottiene  trattando  una  soluzione 
acquosa  dell*  acido,  neutralizzata  con  anmioniaca,  con  una  soluzione  acquosa 
concentrata  di  nitrato  d*argento  in  piccolissimo  eccesso. 

il  II  precipitato  seccato  nel  vuoto  sopra  Tacido  solforico,  dette  all'analisi 
i  seguenti  risultati: 
gr.  0,3535  dettero  gr.  0,1460  di  Ag. 
«  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  Ct  H«  0*  N  Ag 

Ag        41,30  41,46 

•  Ho  tentato  d'ottenere  dall'acido  or  descritto  \ aldeide  n-metilearbO' 
pirrolica  per  eliminazione  d'acido  carbonico.  È  noto  che  in  questo  modo  si  può 
ottenere  Taldeide  tiofenica  dall'acido  tienilgliossilico,  e  la  stabilità  dell'acido 
n-metilpirrilgliossilico,  maggiore  di  quella  dell'acido  piirilgUossilico,  faceva 
sperare  che  la  reazione  avvenisse  nel  modo  desiderato.  Però  abbenchè  di- 
stillando l'acido  in  questioQe  %ì  formino,  assieme  al  metilpirrolo,  piccole  quan- 
tità d'una  materia  d'odore  aldeidico,  che  potrebbe  essere  il  composto  cer- 
cato, pure  la  scomposizione  non  avviene  in  modo  da  invitare  ad  ulteriori 
esperienze  in  questo  senso. 

«  Anche  la  distillazione  dei  sali  dell'  acido  metilpirrìlgliossilico  non 
dette  risultati  migliori. 

«  Tentai  in  fine  d'ottenere  dall'acido  chetonico,  da  me  preparato,  l'acido 
carbossilico  corrispondente,  ma  l'acido  n-metilpirrilgliossilico  non  dà  per  fu- 
sione con  potassa  Yaeido  n-metilcarbopirrolico,  come  del  resto  non  si  può 
ottenere  l'acido  carbopirrolico  dal  pirrilgliossilico. 

«  Per  determinare  la  posizione  dell'acetile  0  rispettivamente  del  residuo 
.gliossilico  neU'n-metilacetilpirrolo  e  nell'acido  n-metilpirrilgliossilico,  ho  se- 
guito il  metodo  col  quale  Ciamician  e  Silber  (*)  hanno  determinato  la  posi- 
zione dei  radicali  in  vari  derivati  del  pirrolo.  Nel  mio  caso  se  il  radicale  si 
trova  in  posizione  a  si  deve  ottenere  dai  composti  bromurati,  per  ossidazione 
con  acido  nitrico,  Yimide  metilbibromomaleica. 

•  Per  accertarmi  che  anche  i  pirroli  terziari  bromurati  si  comportano 
in  questa  reazione  in  modo  analogo  ai  composti  corrispondenti  del  pirrolo, 
io  ho,  prima  di  tutto,  tentato   di  trasformare  il  tetrabromometilpirrolo  in 

(1)  Gazz.  chim.  17,  262,  269. 


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—  757  — 

metilimide  bibromomaleica,  per  azione  dell'acido  nitrico  fumante.  La  rea- 
zione avviene  realmente  in  modo  del  tatto  comparabile  alla  trasformazione  del 
tetrabromopirrolo  in  bibromomaleinimide,  e  nel  seguente  capitolo  dò  la  de- 
scrizione delle  rispettive  esperienze. 

II.  Trasformazione  del  tetrabromo-n-metilpirrolo 
in  bibrornometilmaleinimide. 

«  Il  tetrabromopirrolo  preparato  da  Hepp  (0,  dà  facilmente  il  derivato 
metilico,  trattando  la  sua  soluzione  nell'alcool  metilico  con  la  quantità  ne- 
cessaria di  potassa  e  joduro  di  metile.  La  reazione  si  compie  già  a  tempe- 
ratura ordinaria  abbandonando  il  miscuglio  per  12  ore  in  un  vaso  chiuso. 
Si  formano  lunghi  cristalli,  aghiformi,  bruno-scuri,  che  separati  per  decanta- 
zione dal  liquido  alcalino,  vennero  ripresi  con  acqua  e  raccolti  sopra  un  filtro. 
Il  composto  ottenuto  venne  fatto  cristallizzare  dall'etere  petrolico  bollente, 
aggiungendo  nero  animale. 

«  Per  raffireddamento  si  separano  lunghi  aghi  senza  colore,  che  fondono 
a  154^-155^  in  un  liquido  azzurro  intenso. 

«  All'analisi  dettero  numeri,  che  corrispondono  a  quelli  richiesti  dal- 
\ /HnetilUtrabromopirrolo  C*  Br^  N  (CH3). 
gr.  0,2856  dettero  gr.  0,5390  di  Ag  Br 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  C»  Ht  Br4  N 

Br        80,31  80,55 

«  Il  tetrabromometilpirrolo  è  insolubile  nell'acqua,  molto  solubile  nel- 
l'alcool e  poco  nell'etere  petrolico  anche  bollente. 

»  La  trasformazione  del  tetrabromometilpirrolo  in  bibromometilmaleini- 
mide  si  compie  facilmente  per  azione  dell'acido  nitrico  fumante. 

«  A  tre  parti  d'acido  nitrico  fumante,  raffreddato  con  neve,  aggiunsi  a 
poco  a  poco  una  parte  di  metiltetralMtomopirrolo  ;  la  reazione  è  viva  ed  il 
composto  bromurato  si  scioglie  prontamente  nell'acido.  Versando  la  soluzione 
nitrica  in  circa  dieci  volte  il  suo  peso  d'acqua,  si  forma  un  precipitato  bianco 
e  cristallino,  che  viene  filtrato  e  cristallizzato  più  volte  dall'acqua  bollente. 

Per  raffreddamento  si  separano  lunghi  aghi  leggermente  colorati  in  giallo, 
che  fondono  a  121®.  Il  rendimento  ascende  a  circa  un  quarto  del  metiltetra- 
bromopirrolo  impiegato. 

«  Il  composto  cosi  ottenuto  è 

la  bibrornometilmaleinimide  C4  Br,  Oj  N  (CH3) 
come  lo  dimostra  la  seguente  analisi: 

I.    gr.  0,3748  dettero  gr.  0,3072  di  CO,  e  gr.  0,0460  di  H,  0 
IL  gr.  0,2329       "       gr.  0,3246  di  Ag  Br. 

(1)  Kalle  u.  C«  Beri.  Ber.  20,  123  P. 


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—  768 


«  In  100  partì  : 


trovato  calcolato  per  Ci  E%  Oi  Bu  N 

I.  IL 

C        22,35  —                              22,34 

H         1,36  —                                1,11 

Br         —  59.29                           59,40 

«  È  poco  solubile  nelVacqua  ed  abbastanza  solubile  nell'etere;  è  vola- 
tile col  vapore  acqueo  ed  i  suoi  vapori  hanno  un  odore  piccantissimo  e  sono 
molto  irritanti.  Con  l'acido  solforico  concentrato  a  freddo  non  si  altera,  a 
caldo  si  scioglie  assumendo  prima  un  color*  violetto  spurio  e  poi  giallo  ;  per 
addizione  d'acqua  si  separano  dei  cristalli  biancastri. 

«  Ottenuta  nel  modo  anzidetto  la  bibromometìlmaleinimido,  ho  tentato, 
seguendo  il  metodo  di  Giamician  e  Silber,  di  trasformare  in  questa  sostanza 
l'acido  n-metilpirrilgliossilico  dopo  averlo  bromurato. 

«  Dico  subito  che  quest'acido  per  azione  del  bromo  anche  in  eccesso, 
tanto  in  soluzione  acquosa,  che  acetica,  non  mi  ha  dato  fin'ora  il  composto 
completamente  bromurato,  ma  bensì  l'acido  n-metilbibromopirrilgliossilìco. 
Questo  fatto  è  interessante,  perchè  ordinariamente  i  derivati  del  pirrolo  ten- 
dono a  dare  con  gli  alogeni  i  derivati  completamente  sostituiti. 

«  L'acido  n-metilbibromopirrilgliossilico  C^  Br»  H  (CO .  CO  OH)  NCH3 
si  ottiene  0  trattando  con  vapori  di  bromo  la  soluzione  acquosa  dell'acido 
n-metilpirrilgliossilico,  oppure,  meglio  ancora,  facendo  agire  il  bromo  sulla 
sua  soluzione  acetica. 

«  Ad  una  soluzione  &tta  a  caldo  del  composto  in  dodici  parti  d'acido 
acetico  glaciale,  venne  aggiunta  la  quantità  di  bromo  corrispondente  a  tre 
molecole  per  una  di  acido,  nelle  proporzioni  dunque  per  ottenere  un  com- 
posto tribromurato.  Il  bromo  viene  assorbito  in  parte  dalla  soluzione,  con 
sviluppo  di  calore  e  svolgimento  di  acido  bromidrico,  e  dopo  poco  tempo  in- 
comincia a  separarsi  un  composto  bianco  e  cristallino.  Tutto  il  prodotto  venne 
trattato  con  acqua  ed  anidride  solforosa  per  eliminare  il  bromo  rimasto  in 
eccesso.  Si  forma  in  questo  modo  un  precipitato  cristallino,  che  viene  filtrato 
e  seccato  nel  vuoto  sull'acido  solforico. 

«  Il  nuovo  acido,  che  è  bianco  appena  separato  dall'acqua,  prende  dopo 
qualche  tempo  un  color  giallo,  che  non  perde  anche  dopo  una  serie  di  cri- 
stallizzazioni dal  benzolo.  Da  questo  solvente  si  separa  in  forma  di  cristal- 
lini gialli,  che  fondano  cosiiantemente  a  160®,  decomponendosi  in  una  massa 
nera  e  voluminosa. 

«  L'analisi  dette  numeri  che  concordano  abbastanza  bene  con  quelli  ri- 
chiesti dalla  formola  C4  Br,  H  (CO.  CO  OH)  N  C  H3. 
gr.  0,2010  dettero  gr.  0,2448  di  Ag  Br. 


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—  759  — 


«  In  100  partì: 

trovato 

calcolato  per 
CiHaBr.NO,    e    Ct  H*  Br,  NO, 

Br 

51,82 

51,37                   61,46 

«  I  numeri,  oome  si  vede,  non  lasciano  alcun  dubbio  sulla  composi- 
zione della  sostanza  fusibile  a  160^,  abbenchò  il*  l^giero  eccesso  di  bromo 
trovato,  accenni  forse  alla  presenza  di  piccole  traccio  di  un  composto  più 
bromurato. 

«  L*  acido  n-metilbibromopirrilgliossilico  è  poco  solubile  nell'  acqua  ed 
abbastanza  solubile  nel  benzolo  e  nell'etere.  Con  gli  alcali  concentrati  si 
trasforma  subito  in  una  materia  bianca,  che  è  solubile  nell'acqua.  È  pro- 
babile perciò  che  i  sali  alcalini  di  quest'acido  sieno  poco  solubili  nelle  so- 
luzioni concentrate  degli  idrati  e  dei  carbonati  alcalini. 

«  L'acido  n-metilbibromopirrilgliossilico  si  scioglie  abbastanza  difficil- 
mente nell'acido  nitrico  fumante  raffreddato  a  —  10®.  Se  si  tratta  con  acqua 
la  soluzione  nitrica  Mta  a  freddo,  si  ottiene  assieme  ad  una  materia  oleosa, 
che  è  probabilmente  un  nitro-composto,  una  sostanza  cristallina  estraibile 
con  etere.  A  temperatura  ordinaria  non  si  ottiene  coll'acido  nitrico,  che  que- 
st'ultima sostanza. 

«  Piobabilmente  questo  composto  cristallino  è  la  metiUmide  bibromo- 
maleica,  sebbene  la  quantità,  che  ho  ottenuta  fin'ora,  non  m'abbia  permesso 
di  constatarne  col  rigore  necessario  l'identità. 

«  Se  il  composto  in  questione  è  realmente,  come  io  lo  credo,  la  metil- 
bibromomaleinimide,  l'acido  n-metilbibromopirrilgliossilico  non  può  avere 
altra  costituzione  che  la  seguente  : 


CBr 


CH 


\ 


CBr 


C.  CO.  COOH 


CHa 


Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1»  Sem. 


99 


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—  760  — 

Fisiologia.  —  Llteriori  ricerche  istologiche  sul  cervello  fetale. 
Nota  del  dott.  Q.  Magini,  presentata  dal  Socio  Moriogia. 

«  In  altra  Nota  (0  ho  descrìtto  il  risultato  di  alcuni  stu(U  intomo  alla 
istogenesi  cerebrale  di  vari  mammiferi,  risultato  che  credo  qui  opportuno 
riassumere  breyemente: 

«  P  Le  cellule  nervose,  le  cellule  di  nevroglia  e  le  fibre  nervose  del 
cervello  fetale  (di  uomo,  di  cane,  vitello,  coniglio,  cavia)  presentano  delle 
varicosità  singolari,  che  non  si  riscontrano  nel  cervello  adulto. 

«  2''  La  forma  predominante  delle  cellule  nervose  nel  feto  non  è  affatto 
quella  che  d'ordinario  si  rinviene  nell'adulto,  ma  è  assai  analoga  alla  forma 
che  hanno  le  piccole  cellule  nervose  della  fascia  dentata  del  pie'  d'Ippocampo 
nell'adulto. 

«  Non  avendo  nel  precedente  lavoro  potuto  decifrare  il  significato  di 
queste  varicosità,  le  quali,  per  certi  dati  che  offrivano,  m'inducevano  a  cre- 
dere avessero  qualche  importanza  sulla  istogenesi  del  cervello,  volli  ricercare 
in  perìodi  fetali  meno  avanzati  per  rìntracciare  donde  esse  originassero  e  come, 
e  possibilmente  quale  ne  fosse  la  natura. 

tf  A  tal  uopo  ho  usato  di  preferenza  la  reazione  nera  del  Golgi,  sola,  od 
associata  alla  colorazione  colla  ematossilina  di  Ehrlich  (^)  ;  ed  ho  assunto  come 
materìale  di  studio  cervelli  di  feti  vaccini  della  età  di  3  a  4  mesi  (me  li 
procurava  viventi  al  mattatojo  di  Roma)  che  ancor  caldi  poneva  nella  miscela 
osmio-bicromica. 

«  Ora  dirò  in  breve  delle  particolarìtà  istologiche,  che  mi  fu  dato  rile- 
vare, studiando  le  sezioni  verticali  degli  emisferì,  le  quali  comprendevano  lo 
spessore  che  corre  dalla  superficie  libera  del  cervello  aUa  cavità  dei  ventrì- 
coli laterali. 

«  P  Le  cellule  epiteliali  cilindrìche,  che  rìvestono  la  cavità  dei  ven- 
trìcoli, sono  piuttosto  sottili  (,u  4  a  6  in  generale),  e  si  continuano,  ciascuna 
di  esse,  in  un  filamento  sottilissimo,  che  a  guisa  di  raggio  si  porta  verso  la 
superficie  del  cervello,  fin  dove  spesso  ho  potuto  seguirlo  dopo  che  ha  attra- 
versato tutto  lo  spessore  (circa  mUl.  3)  della  sostanza  midollare  e  corticale; 
in  modo  che  nell*insieme  tutti  questi  filamenti  danno  l'aspetto  di  una  elegante 

0)  G.  Magini,  Nevroglia  e  cellule  nervose  cerebrali  nei  feti.  Atti  del  XII  Congresso 
medico.  Pavia,  1888  (con  una  tavola). 

(«)  Acqua lOO»*- 

Alcool  assoluto       100<»O" 

Glicerina 100««- 

Acido  acetico  cristall 10««- 

Ematossilina 2  grammi. 

AUume  in  eccesso.  Esponi  lungo  tempo  alla  luce. 


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—  761  — 

raggiera.  I  filamenti  misurano  in  genere  da  1  a  meno  di  un  micromillimetro,  e  sono 
leggermente  più  grossi  nel  tratto  di  continuazione  colle  cellule  epitebiali. 
Finora  non  mi  venne  fatto  di  vedere  diramazioni  latei-ali  nei  filamenti,  tranne 
in  qualcheduno  verso  l'alto  della  corteccia.  Mi  riserbo  però,  anche  a  questo 
scopo,  di  fare  tagli  in  diverse  direzioni. 

«  2^  La  maggior  parte  di  tali  filamenti  presenta  lungo  il  decorso  ricchezza 
di  rigonfiamenti  o  varìcosità  sferoidali  (a  distanze  talora  regolari,  talora  variabili) 
di  varia  grossezza  e  precisamente  le  più  grosse  varicosità  che  misurano  9-12  jeì 
in  generale,  si  trovano  presso  le  cellule  epiteliali,  mentre  le  meno  grosse  che  mi- 
surano 6-8  fi  per  lo  più  sono  intercalate  lungo  il  tratto  dei  filamenti  che  comprende 
la  sostanza  corticale  ;  e  finalmente  la  porzione  dei  filamenti  che  decorre  nella 
sostanza  midollare  o&e  assai  rare  varicosità  e  anche  qui,  anzi  più  che  al- 
trove, in  molti  tratti  i  filamenti  si  offrono  come  fatti  da  serie  lineari  di  pic- 
colissime granulazioni:  questa  limitata  rarità  di  rigonfiamenti  parrebbe  im- 
portante nel  senso  di  non  doverli  riferire  a  semplici  varicosità. 

«  Oltre  i  filamenti  ricchi  di  varicosità  se  ne  trovano  altri,  non  arri- 
vanti fino  all'epitelio,  con  poche,  ed  altri  pure  che  decorrono  senza  (0- 

«  3^  In  vicinanza  dell'estremo  limite  superiore  della  sostanza  grigia 
si  osserva  qualche  rarissima  cellula  nervosa  abbozzata,  cioè  con  pochi  e  corti 
prolungamenti  rivolti  principalmente  verso  la  superficie  estema  del  cervello. 
Si  trova  ivi  pure  qualche  cellula  nervosa  gemella. 

«  Finora  non  sono  riuscito  a  trovare  rapporti  terminali  dei  filamenti  colle 
cellule  nervose  ora  dette.  La  complicata  disposizione  dei  vari  elementi  isto- 
logici però  sfida  qualunque  descrizione,  e  pef  farsene  una  giusta  idea  è  meglio 
ricorrere  alla  fig.  1. 

«  4^  Dopo  aver  tentato  inutilmente  la  successiva  colorazione  delle  se- 
zioni (già  tinte  in  nero  dal  nitrato  d'argento)  con  vari  liquidi  coloranti,  trovai 
finalmente  nella  ematossilina  di  Ehrlich  quel  che  mi  occorreva  per  dilucidare 
la  natura  di  molte  varicosità.  Infatti  questa  ematossilina  modifica  in  alcuni 
luoghi  il  prodotto  della  reazione  nera  di  Golgi  in  modo,  che  per  questo  mezzo 
ho  potuto  constatare  nelle  varicosità  la  presenza  del  nucleo,  colorantesi  in 
violetto,  e  circondato  da  una  minima  quantità  di  protoplasma;  per  cui  molte 
varicosità  rimangono  constatate  quali  cellule  (Vedi  fig.  2).  Le  cellule 
cosi  colorate  dalla  ematossilina  sono  in  numero  sterminato,  specialmente  nella 
corteccia,  e  presso  l'epitelio  ependimale,  mentre  sono  rare  nella  sostanza 
midollare  e  nella  zona  superficiale  di  sostanza  bianca  (Vedi  fig.  1  B). 
Non  tutte  le  cellule  colpite  dalla  ematossilina  si  trovano  in  continuazione 
coi  filamenti  come  si  osserva  nella  fig,  2  ;  ma  v'ha  di  queste  cellule  che  stanno 
di  fianco,  o  sopra,  o  sotto  ai  filamenti  senza  che  vi  abbiano  apparentemente 

(^)  Vedi  fig.  ]    /.  Dove  ne  ho  rappresentato  un  certo  numero  insieme,  ma  in  realtà 
si  trovano  qua  e  colà  irregolarmente  sparsi. 


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—  762  — 

alcun  rapporto.  Il  che  potrebbe  anche  dipendere  dall*aver  reso  inTÌsibili  con 
i  due  reattivi  molti  filamenti,  o  che  alcune  di  quelle  cellule  con  questi  non 
abbiano  rapporto. 

«  Prima  di  concludere  non  mi  sembra  fuor  di  proposito  ricordare  quanto* 
finora  si  conosce  di  più  preciso  intorno  alla  istogenesi  cerebrale,  in  seguito  ai 
lavori  di  KdUiker  sul  coniglio  (^)  per  poter  fare  un  confronto  coi  rÌBultati 
delle  mie  ricerche.  Secondo  Edlliker  la  parete  del  cervello  consiste  origina- 
riamente in  cellule  omogeneej  allungate,  e  disposte  radialmente  ;  in  seguito 
questa  parete  si  divide  in  due  strati,  Testemo  dei  quali  contiene  Tabbozzo 
della  sostanza  grigia.  La  sostanza  bianca  consiste  originariamente  in  fibrille 
delle  più  delicate  e  piccole.  Per  ciò  Romiti  (^)  dice  doversi  ammettere  che 
la  sostanza  bianca  in  origine  non  consiste  che  in  prolungamenti  di  cellule 
nervose. 

«  Ora  faccio  osservare  che  tale  ipotesi  diventa  tesi  se  si  rifletta  a  quanto 
ho  potuto  rilevare  per  mezzo  della  doppia  colorazione  fatta  col  metodo  ar- 
gentico  di  Golgi  prima,  e  coll^ematossilina  di  Ehrlich  dopo.  Infatti  i  filamenti 
che  traversano  e  concorrono  a  costituire  la  sostanza  midollare  (almeno  molti 
se  non  tutti)  essendo  in  connessione  con  le  cellule  sferiche,  che^abbiamo  detto 
essere  in  numero  stragrande  nella  sostanza  corticale,  parrebbero  dover  essere 
piuttosto  fibre  nervose. 

«  Conclusione.  Il  significato  di  molte  varicosità  rimane  sufficientemente 
spiegato  da  quanto  ho  esposto;  cioè  molte  di  esse  sono  cellule  sferiche  le 
quali  da  un  lato  sono  connesse  colle  cellule  epiteliali  dell'ependima,  e  più 
in  alto  reciprocamente  tra  di  loro  per  mezzo  di  sottilissimi  filamenti  radiali 
di  cui  si  disse,  lungo  i  quali  sembrano  infilate  come  gli  acini  di  una  corona 
da  rosario. 

a  La  connessione  dei  filamenti  radiali,  colle  cellule  epiteliali  dei  ventri- 
coli ricorda  in  qualche  modo  la  disposizione  di  varie  cellule  nevroepiteliali 
degli  organi  sensoriali,  tanto  che  si  sarebbe  invitati  a  supporre  ohe  Tepitelìo 
ependimale  dei  ventricoli  cerebrali  possa  rappresentare  un  organo  sensoriale 
intemo. 

«  Finalmente  si  potrebbe  credere,  che  quelle  cellule  sferiche  (varicosità), 
probabilmente  rappresentanti  le  future  cellule  nervose  della  corteccia  cerebrale, 
si  originassero  da  successive  scissioni  delle  cellule  epiteliali  dell*ependima;  o 
in  altri  termini  potrebbero  per  avventura  le  cellule  epiteliali  ependimali  essere 
la  matrice  d*origine  di  cellule  nervose  e  quindi  anche  di  fibre  nervose  ce- 
rebrali ? 


(1)  Romiti,  Lesioni  di  embriogenià  umana  e  comparata  dei  vertebrati.  Parte  n.  Svi- 
luppo del  sistema  nervoso.  Siena  1882,  pag.  69. 
(*)  Romiti,  loco  citato. 


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—  768  — 


Fig.  1. 


Fig.  2. 


SPIEGAZIONE  DELLE  FIGURE 


Fig.  1.  X  250  circa.  E,  Cellule  epiteliali  cilindriche  dei  ventricoli  laterali  del  cervello 
di  feto  vaccino  al  4^  mese 

K.  Varicosità   (cellule   sferiche)   inserite  sui  filamenti  continuantisi  colle  cellule 
epiteliali. 

M.  Sostanza  midollare  con  filamenti  radiali,  e  scarse  varicosità  (cellule  sferiche). 
C,  Sostanza  corticale  ricca  di  filamenti  radiali,  e  di  cellule  sferiche,  ff  Cellula 
nervosa  abbozzata.  Cg.   Cellula   nervosa  gemella,  in  cui  la   scissione   non  si   è   ancora 
completata. 

B.  Zona  superficiale  di  sostanza  bianca  con  scarsissimi  filamenti  e  rarissime  cel- 
lule, sferiche,  fusiformi,  triangolari. 

Fig.  2.  X  600  circa.  S.  Tre  cellule  sferiche  della  corticale,  con  grosso  nucleo  n,  n'^n" 
e  una  traccia  di  protoplasma  airintomo,  inserite  sopra  un  filamento.  (Colorazione  Golgi, 
e  poi  ematossilina  Ehrlich). 


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—  764  — 


MEMORIE 
DA  SOTTOPORSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

G.  La  Valle.  StU  Diopside  della  «  Bome  de'  Brota  »  presso  Ala. 
Presentata  dal  Socio  Struver. 

G.  MiNQAZziNi.  Stdla  fina  struttura  della  Substantia  nigra  Som- 
meringa.  Presentata  dal  Socio  Todaro. 


RELAZIONI  DI  COMMISSIONI 

Il  Socio  Struver,  a  nome  anche  del  Socio  Blaserna,  legge  una  Re- 
lazione colla  quale  approvasi  l'inserzione  negli  Atti  accademici,  della  Me- 
moria dell*  ing.  G.  La  Valle  intitolata:  SulDiopside  della  ^Bome  de*Brous^ 
presso  Ala. 

Il  Segretario  Blaserna,  a  nome  dei  Soci  Tommasi-Crudeli,  relatore, 
e  Cantoni,  legge  una  Relazione  sulla  Memoria  dei  dottori  E.  Bonardi  e 
G.  G.  Gerosa,  intitolata:  Nuove  ricerche  intorno  all'azione  di  alcune 
condizioni  fisiche  sulla  vita  dei  microrganismij  concludendo  per  l'inserzione 
del  lavoro  negli  Atti  accademici. 

Le  conclusioni  delle  Commissioni  esaminatrici,  messe  partitamente  ai 
voti  dal  Presidente,  sono  approvate  dalla  Classe,  salvo  le  consuete  riserve. 


PRESENTAZIONE  DI  LIBRI 

Il  Segretario  Blaserna  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono^  segna- 
lando le  seguenti  inviate  da  Soci. 

T.  Taramelli.  Relazione  alla  Sottocommissione  geodinamica  sulla  di- 
stribuzione delle  aree  sismiche  nell'Italia  superiore  e  media. 

A.  Db  Zigno.  Nuove  aggiunte  all'ittiofauna  dell'epoca  eocena. 

N.  voN  KoKSCHARow.  Moterialien  zur  Mineralogie  Russlands.  Zehnter 
Band. 

Lo  stesso  Segretario  presenta  il  Voi.  XII  delle  Osservazioni  astrono- 
miche eseguite  all'Osservatorio  di  Pulkova  e  pubblicate  dal  Socio  0.  Struve, 
contenente  la  Memoria  del  sig.  A.  Wagnsh:  Bearbeitung  der  Rectaseen- 
sionsbestimmungen  fùr  die  Epoche  1865.  0;  presenta  inoltre  la  pubblicazione 


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—  765  — 

di  J.  Db  Ouerne:  Excursiom  soologiques  dans  les  tles  de  Fayal  et  de 
San  Miguel  {Agores),  inviata  in  dono  air  Accademia  a  nome  di  S.  A.  B. 
il  Prìncipe  di  Monaco. 


CORRISPONDENZA 

Il  Segretario  Blasbrna  dà  comonicazione  della  corrispondenza  relativa 
al  cambio  d^li  Atti. 

Bingraziano  per  le  pubblicazioni  ricevute: 

« 

La  Società  siciliana  di  storia  patria  di  Palermo  ;  il  Museo  britannico  e 
la  Società  Beale  di  Londra;  1* Accademia  delle  scienze  di  Zagabria;  la  So- 
cietà geologica  e  di  storia  naturale  di  Ottawa;  la  Società  filosofica  di  Cam- 
bridge; le  Società  archeologiche  di  Londra  e  dì  Filadelfia;  l'Istituto  Smithso- 
niano  di  Washington;  l'Istituto  meteorologico  rumeno  di  Bucarest;  il  Museo 
di  zoologia  comparata  di  Cambridge  Mass.  ;  TOsservatorio  di  Pulkowa  ;  rUni- 
versità  di  Oxford;  il  Comitato  geologico  russo  di  Pietroburgo. 

Bingrazia  ed  annuncia  l'invio  delle  proprie  pubblicazioni: 
La  Società  di  scienze  naturali  di  Francoforte  s.  M. 


ELEZIONI  DI  SOCI 

Nell'adunanza  generale  del  giorno  26  maggio  1888,  si  procedette  alla 
elezione  del  Presidente,  del  Vice-presidente,  dell'Amministratore  e  dell'Am- 
ministratore aggiunto,  scaduti  dalla  loro  carica  a  termini  dell'art.  5  dello  Sta- 
tuto accademico. 

Lo  spoglio  delle  singole  votazioni,  eseguito  dai  Soci  Moriggia  e  Tom- 
MASiNi,  dette  i  risultati  seguenti: 

n  Socio  Briosghi  venne  eletto  Presidente  con  43  voti  su  44  votanti 
(conferma). 

Il  Socio  FioRELLi  venne  eletto  Vice-presidente  con  37  voti  su  45  vo- 
tanti (id.) 

Il  Socio  Barilari  venne  eletto  Anmiinistratore  con  44  voti  su  45  vo- 
tanti (id.). 

Il  Corrispondente  Cerruti  venne  eletto  Amministratore  aggiunto  con 
45  voti  su  46  votanti  (id.). 

P.  B. 


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RENDICONTI 

DELLE    SEDUTE 

DELLA    R.    ACCADEMIA    DEI    LINCEI 

Glasse  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

Sedida  del  17  giugno  1888. 
G.  PioRBLLi  Vice-Presidente 


MEMORIE    E   NOTE 
DI  SOCI  0  PRESENTATE  DA  SOCI 

Archeologia.  —  n  Socio  Fiorelli  presenta  il  fascicolo  delle 
Notme  per  lo  scorso  mese  di  maggio ,  e  lo  accompagna  con  la  Nota 
che  segue  : 

«  Nuotì  avanzi  di  antiche  vie  romane  si  discoprirono  in  Milano  (Re- 
gione XI),  dopo  quelli  dei  quali  si  disse  nelle  comunicazioni  precedenti 
{Notizie  1888,  p.  128);  e  resti  di  antiche  fabbriche  pure  tornarono  all'aperto 
in  quella  città  nei  lavori  per  le  nuove  costruzioni  in  via  Giulini. 

«  Nel  comune  di  Castelletto  Ticino,  nelle  contrade  Caseine  Bagor  e 
Motto  della  Forca,  si  esplorarono  tombe  con  olle  cinerarie,  simili  a  quelle 
della  vicina  Golasecca,  la  cui  necropoli  si  estendeva  ampiamente. 

■  Nel  territorio  di  Ghemme  fu  scoperto  un  cippo  con  iscrizione  latina 
votiva;  in  Fontanetto  Po  un  ripostiglio  di  monete  imperiali  del  III  secolo 
dell'era  nostra  ;  ed  in  Torino  altre  tombe  del  sepolcreto  romano  nel  nuovo 
quartiere  di  via  Foggia,  al  di  là  della  Dora. 

«  Nuove  indagini  per  riconoscere  i  limiti  della  necropoli  felsinea  si 
fecero  fuori  porta  s.  Isaia  (Regione  YIII)  in  Bologna  ;  e  furono  ritrovate  alcune 
epigrafi  latine  in  Montefalco  nell'Umbria  (Regione  VI),  iscrizioni  già  edite 
sulla  fede  di  antichi  apografi. 

■  Molte  iscrizioni  marmoree,  per  lo  più  frammentate,  restituirono  gli 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1«  Sem.  100 


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—  768  — 

scavi  del  suolo  dì  Roma  (Regione  I);  ma  sono  tutte  funebri,  e  comuni,  eccettuate 
due  onorarie,  poste  da  prefetti  della  città,  tra  il  secolo  IV  e  Y  dell'era  volgare. 

«  Merita  speciale  riguardo  un'iscrizione  mutila  relativa  al  corpus  pisca- 
torum  urinatorum^  cioè  alla  associazione  dei  palombari  del  Tevere,  intomo 
al  quale  collegio  si  hanno  scarse  notizie.  Il  nuovo  frammento  estratto  dall'alveo 
del  fiume  presso  i  bagni  di  Donna  Olimpia,  ha  dato  materia  ad  una  Nota  del 
eh.  dott  Htilsen,  che  col  sussidio  di  altri  titoli,  ne  ha  restituito  il  testo. 

«  Si  recuperarono  pure  numerosi  fittili  iscritti,  e  sculture  ;  tra  le  quali 
è  degna  di  essere  ricordata  la  statuetta  di  un  Amore  dormiente,  scoperta  nella 
nuova  via  Cavour  sotto  la  chiesa  di  s.  Francesco  di  Paola. 

e  Ma  di  straordinario  pregio  artistico,  anche  per  la  finitezza  della  esecu- 
zione, è  un'Erma  bicipite  di  bronzo,  ripescata  nell'alveo  del  Tevere,  presso 
la  sponda  di  Marmorata.  Rappresenta  Bacco  giovine,  coronato  di  edera. 

«  Fu  esplorata  gran  parte  di  una  Terma  di  villa  rustica  nei  pressi  di  Men- 
tana, e  vi  si  notò  che,  pei  restauri  fatti  all'edificio  nei  tempi  bassi  dell'impero, 
si  adoperarono  materiali  tolti  dai  monumenti  della  prossima  via  Nomentana. 

«  Un'epigrafe  arcaica  assai  deperita  fu  scoperta  presso  l'abbadia  di  Yal- 
visciola  sotto  Sermoneta. 

e  In  Santa  Maria  di  Capua  Yetere  si  disotterrarono  tombe  romane 
neir ex-convento  di  s.  Pasquale  ;  ed  in  Sorrento  fu  rimessa  in  luce  una  statua 
atletica  di  buona  arte,  portante  inciso  il  nome  dell'artefice  greco  *A^Qoòi<f€vg^ 
dal  quale  fu  scolpita. 

«  Un  ripostiglio  di  armi  di  bronzo  fu  trovato  in  contrada  Castellano  nel 
comune  di  Ripatransone  nel  Piceno  (Regione  Y).  Sono  tutti  grandi  pugnali 
a  lama  triangolare,  quali  si  rinvennero  in  Castione  dei  Marchesi  nella  pro- 
vincia di  Roma,  ed  in  Camposacro  presso  Loreto  Aprutino  nella  provincia  di 
Teramo.  Un  saggio  di  tali  armi,  rappresentante  i  loro  vari  tipi,  fu  aggiunto 
alle  collezioni  del  Museo  preistorico  di  Roma,  per  generosità  del  sig.  mar- 
chese Bruti. 

•  Di  somma  importanza  è  un  firammento  epigrafico  scoperto  nell'abbadia 
di  Farfa  presso  Fara  di  Sabina,  di  cui  tratta  una  Nota  del  R.  Commissario 
comm.  Gamurrìni.  Dalla  reintegrazione  di  tale  frammento  risulta,  che  l'impe- 
ratore Commodo,  vivo  il  padre,  cioè  tra  gli  anni  177-180,  restaurò  un  tempio 
che  sorgeva  nel  luogo  della  celebre  abbadia,  e  le  cui  fondamenta  ora  appa- 
riscono per  la  prima  volta. 

e  Yarie  tombe  si  scoprirono  nel  territorio  dei  Pelignì  a  Prezza,  a  Sulmona 
ed  a  Raiano,  dal  quale  ultimo  paese  si  ebbe  pure  un'iscrizione  latina  funeraria 
arcaica. 

»  In  Brindisi  (Regione  II)  furono  dissepolte  due  statue  mutile,  l'una 
togata,  l'altra  con  lorica,  abbellita  da  rilievi  rappresentanti  una  Gorgone  ed 
un  trofeo.  Furono  donate  ambedue  alla  raccolta  pubblica  cittadina. 

e  II  fascicolo  che  mi  onoro  di  presentare  contiene  inoltre  un'ampia  rela- 
zione del  prof.  A.  Salinas,  sopra  un  tesoro  di  cento  ed  una  monete  antiche 


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—  769  — 

dì  allento,  scoperto  in  Sicilia  nella  regione  occidentale  dell'isola  ed  acqui- 
stato pel  Museo  nazionale  di  Palermo.  I  tipi  rappresentati  sono  1  di  Atene, 
2  di  Reggio,  2  di  Agrigento,  1  di  Camerina,  8  di  Catania,  1  di  Erico,  7  di 
Gela,  1  di  Himera,  3  di  Leontini,  11  di  Messana,  4  di  Motya,  1  di  Segesta, 
1  di  Selinunte,  21  di  Siracusa,  13  Punico-Siculi.  Alla  relazione  del  prof.  Sa- 
linas  sono  aggiunte  tre  tavole  a  fototipia,  rappresentanti  i  pezzi  più  notevoli 
di  questo  insigne  trovamento  ;  il  quale,  mentre  ha  arricchito  la  raccolta  nu- 
mismatica palermitana,  ha  fatto  acquistare  alla  scienza  nuovi  e  preziosi  dati  y> . 

Bibliografia.  —  H  Socio  Ferri  presenta  Topera  del  prof.  R.  Benzoni  : 
Dottrina  dell'essere  nel  sistema  Rosminiano,  colle  parole  seguenti: 

«  Ho  Vonore  di  presentare  all'Accademia,  da  parte  dell'autore  prof.  Ro- 
berto Benzoni,  che  insegna  filosofia  nel  regio  Liceo  Galilei  di  Firenze,  un  libro 
da  essa  giudicato  e  premiato  nell'ultimo  concorso  ai  premi  ministeriali  per 
le  scienze  filosofiche  e  sociali. 

«  È  intitolato:  Dottrina  dell'essere  nel  sistema  Rosminiano  —  Genesi, 
forme  e  discussione  del  sistema  (Fano,  Tipografia  Sonciniana,  1888).  L'opera  vo- 
luminosa ha  subito  poche  variazioni  dopo  il  giudizio  dell'Accademia  e  la  rela- 
zione che  ne  fece  il  nostro  collega  Bonatelli.  Essa  si  divide  in  tre  parti: 
una  introduzione,  una  esposizione  ed  una  discussione  e  conclusione.  Nella  intro- 
duzione l'autore  discorre  delle  condizioni  odierne  della  filosofia,  sostenendo 
le  ragioni  della  metafisica  contro  coloro  che  la  vogliono  bandita  dal  numero 
delle  scienze  filosofiche.  Senonchò,  trattando  degli  uffici  e  del  fine  di  questa 
sintesi  suprema  delle  umane  conoscenze,  egli  stabilisce  le  condizioni  da  cui 
dipende  il  suo  valore  scientifico.  Egli  non  la  vuole  né  fondata  a  priori  sopra 
idee  astratte  o  sopra  ipotesi  poco  o  mal  connesse  coi  fatti,  e  neppure  am- 
mette che  sia  un  insieme  di  postulati  derivanti  dalle  idee  morali  e  dal  sen- 
timento che  ne  è  la  radice,  e  molto  meno  che  si  restringa  ad  un*  opera  d'arte 
diretta  a  procurare  allo  spirito  un  alto  godimento  estetico. 

«  La  metafisica  aspira  all'unità  del  sapere  e  per  essa  all'unità  dell'es- 
sere, elaborando  gli  ultimi  rìsultamenti  delle  scienze  circa  i  loro  oggetti  su- 
premi, collegandoli  ed  armonizzandoli  fra  loro  e  colle  leggi  del  pensiero,  in 
guisa  che,  sia  per  mezzo  delle  proprie  analisi,  sia  mediante  i  portati  delle 
discipline  positive,  essa  si  fonda  sulla  esperienza  e  sul  reale.  Quivi  è  il  prin- 
cipio della  ricerca  speculativa,  e  la  meta,  per  quanto  sia  alta  e  per  quanto 
numerosi  sieno  i  gradi  intermedi,  non  può  esserne  separata. 

«  Da  questa  ampia  introduzione  abbiamo  la  prova  che  T  autore  si  è  ac- 
cinto alla  esposizione  e  discussione  del  sistema  rosminiano  con  uno  -studio 
particolare  della  storia  della  filosofia  e  segnatamente  delle  dottrine,  che  hanno 
più  stretta  relazione  con  esso.  La  speciale  attenzione  da  lui  data  al  metodo, 
in  questa  parte  del  suo  lavoro,  si  riscontra  nella  esposizione  e  nella  discus- 
sione del  sistema,  o  piuttosto  del  principio,  che  è  il  soggetto  di  questo  libro; 


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—  770  — 

il  quale  per  altro,  benché  ristretto,  nel  titolo  e  nello  scopo  principale,  all'idea 
metafisica  deir  essere,  abbraccia  nondimeno  tutte  le  parti  più  sostanziali  del 
sistema  rosmìniano  e  vi  penetra  talvolta  profondamente  collegandole  col  con- 
cetto supremo,  che  ne  è  il  centro. 

«  Questo  lavoro  del  prof.  Benzeni  non  si  limita,  come  gli  altri  apparsi 
finora  in  Italia  sullo  stesso  argomento,  sia  ad  esporre  la  dottrina  del  Rosmini 
suirEssere,  ricavandola  soltanto  dal  Nuovo  Saggio  mila  Origine  delle  Idee, 
sia  a  discuterla,  ripetendo  le  crìtiche  dirette  al  filosofo  roveretano  dal  Gio- 
berti, dal  Mamiani,  dal  Testa,  dal  Franchi,  dal  Bertini  e  dalla  scuola  dei 
neo-tomisti.  Tanto  la  esposizione  quanto  la  discussione  consacrate  dal  Benzonìr 
alle  dottrine  del  Bosmini  si  distinguonojper  una  compitezza  di  analisi  e  indi- 
pendenza di  giudizio,  che  certo  non  sono  fira  i  minori  pregi  di  questo  volume. 

«  Mediante  uno  studio  accurato  e  paziente  l'autore  ricerca  in  tutte  le 
opere  del  Bosmini  le  formolo  variate  nelle  .quali  si  presenta  il  supremo  con- 
cetto dell'Essere  e  le  fasi  successive,  per  le  quali  passò  il  suo  pensiero  spe- 
culativo dal  Nuovo  Ss^gio,  che  si  può  riguardare  come  la  prima  forma  della 
sua  dottrina,  ai  cinque  volumi  della  Teosofia,  che,  pubblicati  dopo  la  sua 
morte,  ne  sono  pure  la  ultima  espressione. 

«  L'autore  ha  messo  in  chiaro  il  posto  che  nello  svolgimento  delle  idee 
speculative  del  Bosmini  si  deve  assegnare  alla  sua  Logica  e  al  suo  Saggio 
storico-critico  sulle  categorie  e  la  dialettica.  Fondandosi  sopra  notizie  biogra- 
fiche e  sopra  considerazioni  intrinseche  e  nessi  di  dottrina,  l'autore,  con  acuto  e 
coscienzioso  esame,  ci  mostra  il  processo  ascensivo  della  mente  di  Bosmini 
nei  gradi  di  una  speculazione  sempre  più  ardita  e  indipendente,  in  guisa 
che  noi  ne  vediamo  corrispondere  il  movimento  alle  tre  forme  da  lui  stesso 
assegnate  al  pensiero  filosofico  nel  suddetto  Saggio  storico-critico,  e  cioè  al 
pensiero  comune,  al  pensiero  dialettico  e  al  pensiero  trascendentale  assoluto. 

«  Il  Benzeni  ci  mostra  il  filosofo  italiano,  dapprima  intento  fin  dalla 
più  giovane  età  a  ideare  un  sistema,  ossia  un'  idea  dell'  Essere  uno  e  trino 
in  servigio  della  teologia:  poi,  scosso  dalle  polemiche  poderose  dei  filosofi 
suoi  avversari  intorno  alla  parte  che  concerne  direttamente  la  natura  della 
verità  e  il  valore  della  conoscenza,  cedere  in  parte  alle  obbiezioni,  modificare 
con  sincero  amor  del  vero  le  sue  formolo,  mettere  in  pratica  quello  sforzo 
di  conciliare  dialetticamente  le  opposte  sentenze,  che  fu  una  delle  norme 
ed  abitudini  costanti  del  suo  ingegno;  e,  crescendo  di  libertà  e  di  ardire, 
accostarsi  nella  logica  al  concetto  Hegeliano  dell'unità  fondamentale  dell'essere 
e  del  pensiero;  e  finalmente  nel  Saggio  storico-critico  più  volte  mentovato, 
cercare,  nello  studio  profondo  dei  sistemi  metafìsici,  le  traccie  delle  forme  im- 
perfette del  pensiero  speculativo  che  precedono  quella  in  cui  la  dialettica 
conduce  alla  forma  assoluta.  Nel  libro  del  Benzeni  condotto  con  singolare  ac- 
curatezza di  analisi  possiamo  conoscere  il  pensiero  metafisico  di  Bosmini  nella 
sua  realtà  storica. 

«  Tanto  dal  lato  psicologico  o  antropologico,  quanto  nell'ordine  speculativo, 


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—  771  — 

lo  studio  della  mente  dì  questo  grande  è  profondamente  istruttÌYO.  Addetto,  fin 
dalla  prima  giovinezza,  per  tradizioni  patrie  e  di  famiglia,  al  cattolicismo  ;  le- 
gato per  vocazione  e  libera  scelta,  agli  obblighi  del  sacerdozio,  egli  nondimeno  si 
afi&ancò  talmente  dalle  pastoie  del  dogmatismo  scolastico  e  dal  servOismo  della 
lettera  che  uccide,  st  purificò  talmente  nello  spirito  che  vivifica,  da  congiungere 
pacificamente  in  so  il  sentimento  religioso  e  la  sostanza  della  religione  da  lui 
professata  colle  più  ardimentose  indagini  e  speculazioni  della  filosofia  moderna. 

«  Il  Benzeni  nulla  ha  trascurato  di  ciò  che  può  servire  a  far  conoscere 
questo  altìssimo  ingegno. 

■  Il  suo  lavoro  riempie  una  lacuna  nella  Storia  della  Filosofia  Italiana  » . 

Storia.  —  Censimento  della  popolazione  di  Roma  dal  1686 
al  1715.  Nota  del  Corrispondente  Narducci. 

«  Il  censimento  della  popolazione  di  Boma  nel  periodo  dei  30  anni  che 
corsero  dal  1686  al  1715  è  complessivamente  inedito,  ed  il  più  antico  che  si 
abbia  per  una  serie  non  interrotta  di  anni.  Soltanto  dal  1716  in  poi,  come 
supplemento  al  Cracas,  si  pubblicarono  a  cura  del  governo  pontificio  degli 
Annuari  col  titolo  Notizie  di  Roma,  poi  cangiato  in  altri,  contenenti  lo  stato 
annuale  delle  anime,  dall'una  Pasqua  all'altra,  suddiviso  in  diverse  categorie. 
Da  certo  tempo  inoltre  venivano  anche  annualmente  in  luce  dei  fascicoli  in 
foglio  contenenti  il  medesimo  stato.  Vero  è  che  Francesco  Cancellieri  Q)  dio 
un  elenco  della  popolazione,  dei  nati  e  dei  morti  in  Boma  dal  1702  al  1816; 
nelle  seguenti  tabelle  per  altro  si  hanno  indicati,  per  soprappiù,  le  famiglie, 
i  maschi  e  le  femmine.  Oli  elementi  per  istendere  la  prima  di  queste  ta- 
belle furono  tratti  da  una  saltuaria  collezione  manoscritta  ufficiale  di  stati 
annuali,  che  va  dal  1686  al  1695,  proveniente  dal  Vicariato  di  Boma,  ora 
conservata  nella  biblioteca  Angelica  (^),  e  le  cui  lacune  possono  facilmente 
essere  supplite  dai  riassunti  decennali  che  accompagnano  gli  stati  di  ciascun 
anno  (^).  Fonte  tanto  più  pregevole,  se  si  consideri  che  nell'attuale  archivio 
del  Vicariato,  siccome  vengo  assicurato,  non  si  hanno  statistiche  risalenti  al 
tempo  di  che  ci  occupiamo.  A  titolo  di  curiosità  storica  giovi  conoscere  che 
questi  più  antichi  stati  erano  divisi  per  parrocchie  nelle  seguenti  categorie  : 

(*)  Lettera  al  doti.  Koreff  sopra  il  Tarantismo,  Varia  di  Roma,  ecc.  Roipa,  1817,  p.  74. 
(S)  Mas.  1944,  1945  e  1946. 

(')  Ayrerto  inoltre  che'nella  tabella  seguente  ho  dovuto  fare  le  seguenti  modificazioni, 
affinchè  il  numero  dei  maschi  e  delle  femmine  fosse  d'accordo  con  quello  della  popolazione, 
a.  1690    pop.  126641     corr.  129631 
1693  130655  130255 

1697  #  133894      133179 

1698  133874      133471 

1699  135089      135086 

La  necessaria  modificazione  di  qualche  entità,  fatta  all*a.   1690,  resta  pienamente 
giustificata  dal  numero  della  popolazione  degli  anni  1689  e  1691. 


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—  772  — 

Case  e  famiglie  —  Vescovi  —  Preti  —  Frati  e  religiosi  —  Monache  — 
Collegiali  e  scolari  —  Cortegiani  de*  SSS^  Cardinali  et  altri  —  Poveri 
d'Ospedali  —  Carcerati  —  Maschi  d'ogni  età  —  Femine  d'ogni  età  —  Atti 
alla  comunione  —  Non  atti  —  Comunicati  —  Non  comunicati  —  Mere- 
trici— Mori—  Pinzoche  o  Beghine—  Tutti  insieme.*!  Nati  ed  i  Morti 
non  appariscono  che  dal  1702  in  poi.  Trascurando  le  altre,  mi  sono  attenuto 
a  quelle  di  tali  categorìe  che  sono  le  più  importanti. 

a  A   facilitare  poi  le   deduzioni   storiche  e  clìmatologiche   che  possono 
Stato  annuo  della  popolazione  di  Roma  dal  1686  al  1715. 


Anni 

Popolazione 

Famiglie 

Maschi 

Femmine 

Nati 

Morti 

1686 

121183 

27121 

70529 

60654 

1687 

123151 

26834 

71681 

51470 

1688 

126117 

26337 

73891 

52226 

1689 

126440 

25947 

73849 

52591 

1690 

129631 

27623 

75847 

53784 

- 

1691 

131634 

28784 

77770 

53864 

1692 

129284 

28743 

75770 

53514 

1693 

130255 

29222 

76938 

53317 

1694 

131192 

28858 

76865 

54327 

1695 

130826 

30109 

76563 

54263 

1696 

131603 

29898 

77849 

53754 

1697 

133179 

28924 

78377 

54802 . 

1698 

133471 

29606 

77266 

56205 

1699 

135086 

29536 

78371 

56715 

1700 

149447 

30782 

88929 

60518 

1701 

141784 

32324 

83751 

58033 

1702 

138568 

34442 

80473 

58095 

3662 

2947 

1703 

134528 

34031 

78278 

56250 

4317 

3725 

1704 

133625 

32166 

77114 

56511 

3402 

3085 

1705 

132104 

30773 

77011 

55093 

3779 

3026 

1706 

132176 

32025 

76491 

55685 

4506 

4176 

1707 

133128 

31687 

76992 

56136 

4248 

3584 

1708 

134562 

30879 

77469 

57093 

3530 

4812 

1709 

134262 

31486 

78993 

55269 

4396 

6463 

1710 

132070 

32702 

76102 

55968 

4309 

6533 

1711 

132979 

36334 

77150 

55829 

4252 

5127 

1712 

133829 

31384 

77580 

56249 

4187 

4855 

1713 

132567 

31951 

7^95 

56372 

4029 

4772 

1714 

134050 

31194 

77081 

56969 

4080 

4777 

1715 

136287 

31621 

78612 

57675 

4056 

4605 

T ■ J 

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—  773  — 

trarsi  dalla  prima  delle  seguenti  tabelle,  mi  è  parso  utile  di  costruire  la 
seconda,  dalla  quale  emergono  a  colpo  d*  occhio  le  differenze  in  più  o  in  meno 
per  ciascuna  categoria  rispetto  ali* anno  precedente.  Il  notevole  aumento  del- 
Tanno  1700  è  da  attribuire  alla  solennità  dell'anno  santo,  aperto  da  Inno- 
cenzo XII  e  chiuso  da  Clemente  XI,  quando  i  soli  forastieri  alloggiati  negli 
ospedali  ascesero  a  328,390  (0;  onde  non  è  maraviglia  che  parecchi  fermassero 
in  Boma  più  o  meno  lunga  dimora. 


Proporzione  di  ciascun  anno 

rispetto  al  precedente. 

Anni 

Popolazione 

Famiglie 

Maschi 

Femmine 

Nati 

1 

Morti 

1686 









1687 

+  1968 

-  287 

+ 

1152 

+  816 

1688 

+  2966 

-  497 

+ 

2210 

+  756 

1689 

+   323 

—  390 

— 

42 

+  365 

1690 

+  3191 

+  1676 

+ 

1998 

+  1193 

1691 

+  2003 

+  1161 

+ 

1923 

+   80 

1692 

-  2350 

-   41 

— 

2000 

-  350 

1693 

+   971 

+  479 

+ 

1168 

-  197 

1694 

+   937 

-  364 

— 

73 

+  1010 

1695 

-   366 

+  1251 

— 

302 

-   64 

1696 

+   777 

-  211 

+ 

1286 

—  509 

1697 

+  1576 

-  974 

+ 

528 

+  1048 

1698 

+   292 

+  682 

— 

1111 

+  1403 

1699 

+  1615 

—   70 

+ 

1105 

+  510 

1700 

+  14861 

+  1246 

+ 

10558 

+  3803 

1701 

-  7663 

+  1542 

— 

5178 

-  2485 

1702 

-  3216 

+  2118 

— 

3278 

+   62 

1703 

—  4040 

-  411 

— 

2195 

—  1845 

+  655 

+  778 

1704 

-   903 

-  1865 

— 

1164 

+  261 

-  915 

-  640 

1705 

-  1521 

-  1393 

— 

103 

-  1418 

+  377 

-  599 

1706 

+    72 

+  1252 

— 

520 

+  592 

+  727 

+  1150 

1707 

+   952 

-  338 

+ 

501 

+  451 

-  258 

-  592 

1708 

+  1434 

-  808 

+ 

477 

+  957 

-  718 

+  1228 

1709 

-   300 

+  607 

+ 

1524 

—  1824 

+  866 

+  1651 

1710 

-  2192 

+  1216 

— 

2891 

+  699 

-  87 

+   70 

1711 

+   909 

+  3632 

+ 

1048 

-  139 

—  57 

—  1406 

1712 

+   850 

-  4950 

+ 

430 

+  420 

-  65 

—  272 

1713 

-  1262 

+  567 

— 

1385 

+  123 

-  158 

-   83 

1714 

+  1483 

—  757 

+ 

886 

+  597 

+  51 

+   5 

1716 



+  2237 

+  427 

+ 

1531 

+  706 

-  24 

—  172 

(1)  D.  M.  Manni,  Moria  degli  anni  santi,  Firenze,  1750,  p. 


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—  774  — 


Etnografia.  —  Collemne  etnografica  delle  Isole  dell' Ammirth 
gitalo  esistente  nel  Museo  Preistorico  di  Roma.  Nota  del  dott.  Giu- 
seppe Colini,  presentata  dal  Socio  L.  Pioorini. 

Qaesta  Nota  sarà  pubblicata  nel  prossimo  &scicolo. 


Fisica  terrestre.  —  StdlHmpianto  del  servizio  geodinamico  in 
Italia.  Nota  del  Socio  Pietro  Blaserna. 

«  1.  Nel  1883,  in  seguito  al  disastro  avvenuto  a  Casamicciola,  il  Go- 
verno propose  ed  il  Parlamento  accettò  di  erigervi  un  piccolo  osservatorio, 
collo  scopo  di  studiare  le  condizioni  geodinamiche  della  interessante  isola 
d'Ischia.  Più  tardi,  il  Ministero  deiragricoltura,  industria  e  commercio,  giu- 
stamente preoccupato  della  terribile  frequenza,  con  cui  movimenti  sismici  e 
tellurici  avvengono  ora  in  una,  ora  in  altra  parte  d'Italia,  propose  aUa  firma 
del  Re  la  nomina  di  una  Commissione,  incaricata  di  studiare  rimpianto  di  un 
servizio  geodinamico,  che  abbracciasse  Tltalia  intera.  Per  Tintima  connessione 
esistente  tra  la  costituzione  geologica  di  un  paese  e  le  sue  condizioni  sismi- 
che, era  giusto  ed  opportuno,  che  tale  iniziativa  partisse  da  quel  medesimo 
Ministero,  che  fra  i  suoi  compiti  ha  pur  quello  di  costruire  la  carta  geolo- 
gica dltalia  e  che  aveva  già  iniziato  simili  studi. 

«  Per  varie  ragioni,  inutili  a  ripetersi,  la  Commissione  reale  si  riunì 
soltanto  nel  1885;  ed  essendo  morto  nel  frattempo  l'illustre  Quintino  Sella, 
chiamato  a  presiederla,  essa  conferì  a  me  questo  onorifico  mandato.  Il  com- 
pito della  Commissione  non  era  nò  breve,  nò  facile.  Trattavasi  di  tener  conto 
4ei  molti  e  svariati  tentativi  fatti  per  il  passato,  di  esaminarli  alla  stregua 
dei  principi  ora  prevalenti  in  tale  materia,  di  studiare  le  condizioni  delle 
varie  parti  d'Italia,  tanto  diverse  nell'aspetto  vulcanico  e  stratigrafico,  e  pur 
abbracciando  in  un  concetto  sintetico  tutto  quanto  il  paese,  di  proporre  al 
Governo  un  piano  semplice  ed  economico  che  gli  permettesse  di  attuarlo  poco 
per  volta. 

«  Si  può  dire,  senza  esagerazione  e  con  vanto  per  il  nostro  paese,  che 
la  sismologia  ha  da  lungo  tempo  attirato  su  di  sé  gli  sguardi  di  esimi  cul- 
tori e  di  dilettanti.  Questa  scienza,  appena  nata,  ha  avuto  presso  di  noi  i 
suoi  precursori.  Per  non  parlare  che  dei  morti,  cito  a  titolo  d'onore  :  Nicolò 
Cacciatore,  padre  dell'attuale  direttore  dell'Osservatorio  astronomico  di  Pa- 
lermo; il  grande  Melloni,  il  quale  suggerì  al  governo  borbonico  di  erigere 
il  beirOsservatorio  vesuviano,  ora  da  molti  lustri  diretto  dal  nostro  collega 
Palmieri;  i  due  Gemmellaro,  padre  e  zio  all'egregio  nostro  collega  di  Pa- 
lermo, che  lasciarono  tanta  fama  per  i  loro  studi  intomo  all'Etna;  i  bene- 
meriti  professori   Savi  e  Pilla,   che   illustrarono  mirabilmente  i  terremoti 


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—  775  — 

toscani  del.  1846;  infine  fra  i  morti  più  recentemente:  il  Cavalieri,  il  Cecchi 
ed  il  Serpierì.  Intorno  ad  essi  si  accmnolarono  molti  altri,  tatt*ora  viventi. 
Si  costruirono  apparecchi,  che  si  collocarono  in  piccoli  osservatori;  e  con  pochi 
mezzi  anche  privati  si  iniziarono  e  si  continuarono  studi  d'ogni  genere  ed 
anche  osservazioni  metodiche,  a  cui  il  Btdletiino  del  vtUcanismo  italiano, 
pubblicato  per  cura  di  M.  S.  De  Rossi,  serviva  come   organo  di  diffusione. 

e  Non  si  può  asserire,  che  tutti  questi  tentativi  avessero  uguale  impor- 
tanza. Ma  qualunque  sia  il  giudizio,  che  si  possa  portare  su  molti  di  essi,  sa- 
rebbe ingiusto  il  non  riconoscerne  un  certo  merito.  Si  sono  illustrati  molti  fatti, 
si  è  intraveduta  qualcuna  deUe  leggi  ed  i  tentativi  anche  i  meno  riusciti  hanno 
talvolta  mostrato,  come  e  dove  era  a  cercarsi  la  soluzione  dei  nuovi  problemi. 
Io  credo  quindi  non  solamente  utile,  ma  altrettanto  doveroso  il  procedere  ad 
un  vero  e  serio  impisinto  del  servizio  geodinamico.  E  dico  servizio,  perchè 
come  per  la  meteorologia,  così  anche  per  la  geodinamica,  i  tentativi  isolati 
non  possono  approdare  a  nulla  di  concreto  e  di  concludente.  Non  basta  avere 
osservatori  anche  ben  collocati  e  dotati  di  buoni  istrumenti  :  impori»  coordi- 
narli e  collegarli,  per  trar  profitto  dalFinsieme  degli  studi.  Fra  tutti  i  paesi 
d'Europa,  ritaUa  è  certamente  il  più  ricco  e  il  più  infestato  di  fenomeni 
geodinamici  d'ogni  natura.  Da  Alessandro  di  Humboldt  in  poi,  molti  e  illu- 
stri stranieri  sono  venuti  fra  noi  a  studiarli  e  sarebbe  strano,  se  l'Italia 
risorta  non  ofirisse  un  largo  contributo  a  tali  studi,  essa  che  ha  i  fenomeni 
in  casa;  sarebbe  più  strano  ancora,  se  essa  non  provvedesse  a  ripararvi  per 
il  suo  proprio  vantaggio. 

«  Io  confido  quindi,  che  alcune  critiche  leggiere  e  superficiali,  avvenute 
recentemente,  non  varranno  a  fermare  il  Governo  in  questo  nobile  e  impor- 
tante suo  canmiino,  e  sono  certo  che  tosto  o  tardi  l'Italia  potrà  vantare  un 
semplice,  ma  completo  e  bene  ordinato  servizio  geodinamico,  come  essa  ha 
provveduto  in  modo  altamente  lodevole  al  suo  servizio  meteorologico. 

«  In  questo  lavoro  di  coordinamento,  vari  Stati  ci  hanno  purtroppo  pre- 
ceduto. Cito  in  prima  linea  ed  a  titolo  d'onore  il  Giappone,  paese  per  con- 
dizione geologica  e  geodinamica  tanto  simile  all'Italia.  Mercè  l'opera  di  al- 
cuni benemeriti  inglesi,  vi  fu  impiantato  un  servizio  altamente  commendevole. 
Basta  logore  le  molte  e  importanti  pubblicazioni  &tte  dalla  Società  sismo- 
logica di  quel  paese,  per  persuadersi  della  serietà  e  del  modo  strettamente 
metodico,  con  cui  quel  servizio  fri  impiantato  e  funziona.  Anche  negli  Stati 
Uniti  d'America,  dove  la  natura  ha  seminato  con  larga  mano  tutti  i  fenomeni 
grandiosi  e  terribili,  la  sismologia  è  attualmente  molto  coltivata.  Non  occorre 
altro  che  leggere  la  relazione  sul  recente  terremoto  di  Charleston,  per  vedere 
con  quanta  esattezza  furono  raccolti  i  dati  ad  esso  relativi.  Infine  tutti  gli 
Stati  d'Europa,  chi  più  chi  meno,  sono  entrati  largamente  in  questa  via.  Lo 
ripeto,  in  vista  di  questo  movimento  generale,  in  vista  dei  molteplici  suoi 

Kbndiconti.  1888,  Vou  IV,  1^  Sem.  101 


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—  776  — 

tentatavi  già  fatti,  sarebbe  strano  se  l'Italia,  la  più  interessata  a  questi  studi, 
volesse  sola  disinteressarsene. 

«  2.  L'Italia  ha  il  triste  privilegio,  di  essere  uno  dei  paesi  più  fun^ 
stati  dai  movimenti  sismici.  Ho  avuto  l'onore  di  presentare  all'Accademia, 
nell'ultima  sua  tornata,  la  bella  relazione  del  nostro  collega  Taramelli,  re- 
datta per  la  Commissione  reale  geodinamica,  e  di  richiamarvi  la  vostra  at- 
tenzione. Chieggo  ora  il  permesso  di  estrarre  da  questa  relazione,  che  ha 
tanto  giovato  ai  nostri  studi,  alcuni  passaggi  che  riguardano  l'attività  sismica 
del  nostro  suolo  negli  ultimi  secoli,  saltando  le  poche  e  rare  notizie  che  ab- 
biamo dei  secoli  precedenti: 

«  n  quindicesimo  secolo,  che  contò  nell'Abruzzo  e  nel  Principato  uno 
»  dei  più  disastrosi  terremoti,  nel  1456,  fu  per  l'Italia  superiore  e  media 
«  abbastanza  tranquillo,  tranne  però  che  per  l'alta  vaile  Tiberina,  per  Fi- 
«  renze,  Pisa,  Lucca,  dove  si  ebbero  forti  scosse  l'anno  medesimo  in  cui 
e  rovinò  Aquila;  e  per  la  Lombardia  tra  il  Ticino  e  l'Adda,  dove  avvenne 
jt  un  terremoto  rovinoso  nel  1473  e  si  rimarcò  anche  una  straordinaria  ab- 
«  bondanza  di  raccolti.  Questo  secolo  si  chiudeva  con  forti  scosse,  ma  non 
«  rovinose,  a  Spoleto  ed  a  Siena  nel  1496,  dal  giugno  al  dicembre  » . 

«  Al  principio  del  secolo  decimosesto  il  terremoto  infuria  nelle  Bomagne 
«  e  in  Lombardia,  in  particolare  sul  Bresciano  e  negli  anni  1570-71  scosse 
«  rovinose  colpiscono  Padova,  Bergamo,  Ferrara  e  molti  siti  di  Toscana,  del- 
a  l'Emilia  e  del  Veneto  ;  nella  seconda  metà  di  novembre  a  Venezia  si  eb- 
«  boro  84  scosse,  di  cui  36  molto  forti.  In  Ferrara  crebbero  le  acque  nei 
«  pozzi  e  si  udirono  singolari  rumori,  come  di  scrosci  sotterranei  ;  a  Bergamo 
«  scoscese  una  grossa  frana  al  Borgo  Canale.  Il  24  novembre  del  1590,  un 
«  forte  terremoto  fu  localizzato  a  Trevi  e  dintorni  ». 

«  Il  secolo  decimosettimo,  così  funesto  all'Italia  meridionale  pei  terre- 
«  moti  del  1627,  38,  54,  59,  87  e  88,  fa  assai  meno  disastroso  per  l'Italia 
tt  media  e  superiore  ;  e  sembra  quindi  che  appunto  quando  ripresero  a  divam- 
«  pare  i  vulcani  Flegrei  ed  in  particolare  il  Vesuvio,  anche  l'attività  sismica 
«  siasi  raccolta  più  da  vicino  alla  regione  vulcanica.  Non  mancarono  però 
«  nell'alta  e  media  Italia  terremoti  rovinosi  ;  come  ad  Argenta,  sul  Ferra- 
tt  rese,  quasi  distrutta  dalle  scosse  del  18  marzo  1624,  a  Milano  ed  a  Ber- 
»  game  nel  1642,  a.  Livorno  nel  1646  dopo  un  fortissimo  rombo,  ohe  venne 
«  dal  mare;  nell'Appennino  centrale  nel  1661  con  molte  vittime;  nella  Bo- 
«  magna  di  Faenza  e  di  Forlì,  nel  1689-90,  estendendosi  fino  a  Maradi, 
«  località  nota  nella  storia  dei  più  recenti  terremoti.  Nel  Mugello,  dove  si 
«  erano  risentiti  ancor  forti  i  terremoti  del  1335,  1378,  1393,  1669, 
«  fu  rovinoso  anche  il  terremoto  del  1672,  che  si  estese  fino  ad  Ancona, 
«  mietendovi  1500  vittime.  La  valle  del  Tevere  era  colpita  da  un  terremoto 
e  rovinoso  il  P  marzo  1694;  nell'anno  s^uente  incominciava  una  serie  di 
«  vasti  ft  rovinosi  terremoti  nel  Veneto,  con  forti  danni  nel  Trevisano  ;  e  nel 


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—  777  — 

giugno  era  commossa  la  regione  Yulsina,  straripando  le  acque  del  lago  ài 
Bolsena  sino  ad  inondare  paesi  a  tre  miglia  di  distanza  ;  le  fonti  del  Cli* 
tmmo  ricnperarono  l'acque  perdute  per  le  scosse  del  466.  Occorrerà  appena 
che  ranmienti  come  al  finire  di  questo  secolo  dal  9  ali*  11  gennaio  acca- 
desse nel  1693  il  più  grande  e  forse  il  più  micidiale  dei  terremoti  ita- 
liani nella  parte  orientale  della  Sicilia,  colla  morte  di  oltre  93,000  persone  » . 
«  Nel  secolo  decimottavo  si  continuarono  i  terremoti  nelle  provincie  me- 
ridionali, coi  disastri  del  Beneventano  nel  1702,  della  Sicilia  nel  1726-27, 
di  Foggia  nel  1731  con  4000  vittime,  di  Ariano  con  altre  2000  vittime, 
specialmente  coi  terremoti  Calabri  dal  1783  al  1786,  non  mancarono  scosse 
rovinose  alle  altre  regioni  italiane.  Si  notano  i  terremoti  di  Verona  e  dei- 
Umbria  del  1703,  dell'Umbria  e  della  Toscana  del  1730,  nel  1741  nelle 
Marche  in  particolare  a  Pesaro,  ed  a  Siena  ;  nell'anno  seguente  a  Livorno 
ed  in  altri  punti  della  Toscana;  nel  1755,  in  dicembre,  nel  Piemonte, 
Ganton  Ticino  e  Lombardia  e  con  minor  veemenza  nell'Emilia;  nell'Um- 
bria di  nuovo  nel  1762-63  e  67.  Nel  1779,  al  23  luglio,  incominciava  un 
lungo  periodo  di  terremoti  nel  Bolognese;  nel  1781,  in  gennaio,  forti  scosse 
colpivano  il  Senese  ed  in  luglio  le  Marche,  in  particolare  il  M.  Nerone, 
d'onde  partirono  fortissimi  rombi,  ed  il  M.  Jago,  che  a  breve  distanza 
franò.  Nel  1785  e  nel  1791  ancora  è  travagliata  l'Umbria  sino  a  Spoleto, 
e  nel  1798  la  Montagnola  Senese,  il  focolaio  da  cui  sembrano  irradiarsi 
le  scosse  per  quella  regione.  Nella  Toscana  era  avvenuto  anche  il  forte 
terremoto  del  1742  nella  regione  litoranea,  non  risparmiando  le  alluvioni 
di  Pisa;  in  Lombardia,  nel  Canton  Ticino,  nell'Emilia,  si  estesero  anche 
le  scosse  del  terremoto  di  Lisbona  del  1755,  se  pure  è  provato  che  fos- 
ti sero  le  scosse  tutte  contemporanee  sulla  larghissima  area,  che  di  solito  si 
ft  assegna  a  questo  esempio  classico  dei  pochi  terremoti  detti  tellurici". 

«  Per  il  nostro  secolo,  sia  che  l'attività  sismica  sia  realmente  aumen- 
tata, sia  —  il  che  è  più  probabile  —  che  le  notizie  e  le  descrizioni  sono  rese 
più  facili  e  più  accessibili,  l'enumerazione  e  lo  studio  particolar^giato  di 
fatti  sismici  d'ogni  natura  abbondano.  Trattandosi  dì  cose  molto  più  cono- 
sciute e  messe  alla  portata  di  tutti,  tralascio  di  parlarne.  Ciò  che  dissi,  basta 
a  dimostrare  l'importanza  d^li  studi  geodinamici  per  il  nostro  paese.  Mi 
permetto  soltanto  di  richiamare  l'attenzione  dell'Accademia  sulla  bella  carta 
sismica,  che  accompagna  la  già  citata  relazione  del  collega  Taramelli,  carta 
che  mostra  la  ripartizione,  la  frequenza  e  la  portata  dei  movimenti  sismici, 
che  dai  primi  tempi  storici  in  qua  hanno  infestato  le  singole  Provincie  d'I- 
talia. Da  essa  appare  come  nessuna  parte  d'Italia  ne  vada  veramente  esente 
e  come  coll'andar  dei  secoli,  l'attività  sismica  si  sia  singolarmente  spiegata  in 
molti  punti  sparsi  qua  e  là  senza  una  legge  finora  conosciuta. 

ft  3.  Un  servizio  geodinamico  ben  concepito  deve  quindi  abbracciare  tutta 
l'Italia  e  dare  in  pari  tempo  importanza  maggiore  a  quelle  regioni,  ove 


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—  778  — 

^osservazione  ha  dimostrato  maggiore  la  frequenza  e  Tintensità  dei  fenomeni 
sismici  di  qualsiasi  natura.  In  tale  riguardo  bis(^na  procedere  con  molta  cir- 
cospezione nella  scelta  dei  luoghi  di  osservazione,  e  nel  loro  coordinamento 
sia  fra  di  loro,  sia  con  un  ufficio  centrale,  destinato  a  sopraintendere  a  tutti 
i  lavori,  a  raccoglierli  ed  a  pubblicarli.  Si  devon  infine  scegliere  con  cura 
gli  istrumenti  ed  i  metodi  di  osservazione.  Su  questi  singoli  punti  chieggo 
il  permesso  ali*  Accademia  di  entrare  in  maggiori  particolari. 

a.Per  ciò  che  riguardi  la  scelta  dei  punti  di  osservazione,  il  caso  che 
presenta  la  geodinamica  è  simile,  ma  non  identico,  a  quello  che  presenta  la 
meteorologia.  Per  conoscere  la  distribuzione  del  calore,  della  pressione  e  del 
vapore  acqueo  alla  superficie  terrestre  e  tutte  le  meteore,  che  più  o  meno  ne 
dipendono,  basta  stabilire  un  numero  possibilmente  grande  di  osservatori  bene 
disposti  e  di  farvi  eseguire  osservazioni  metodiche  ad  ore  stabilite.  Il  l^ame 
fra  di  loro  e  col  resto  del  mondo  risulta  dalle  pubblicazioni,  fette  per  cura 
dell'Ufficio  centrale,  che  le  esamina,  le  classifica,  le  calcola  e  le  rende  di 
pubblica  ragione.  Per  l'Italia  questo  problema  è  stato  risoluto,  e  credo  po- 
terlo dire,  in  modo  altamente  commendevole,  col  prendere  a  base  la  divisione 
in  Provincie  e  coli' erigere  in  tutti  i  loro  capoluoghi  osservatori,  traendo  pro- 
fitto dagli  istituti  esistenti  e  coU'aiuto  volonteroso  delle  Provincie  e  dei  co- 
muni. Sono  questi  gli  osservatori  di  1^  classe,  ognuno  dei  quali  funziona  da 
ufficio  centrale  per  la  propria  provincia,  ed  ha  alla  sua  dipendenza  pochi  os- 
servatori di  seconda  e  quelli  di  3^  classe,  questi  ultimi  numerosissimi,  e 
che  dovranno  aumentare  ancora,  dove  con  piccoli  mezzi  si  osserva  soltanto  la 
temperatura  massima  e  minimariB  la  qualità  di  pioggia,  che  cade  nelle  24  ore. 
Molti  osservatori  di  prima  classe  contengono  già  istrumenti  registratori  ed 
altri  ancora.  Infine  alcuni  punti  rimarchevoli  per  la  loro  posizione  altime- 
trica,  0  perchè  vicini  al  mare,  o  per  altre  ragioni  ancora,  all'infuorì  dei  capi- 
luc^hi  di  provìncia,  sono  pure  di  seconda  e  possono  in  certi  casi  anche  di- 
venire di  prima  classe.  Per  tutti  questi  osservatori  si  è  studiata  l'ubicazione 
e  l'impianto  caso  per  caso  ;  ed  ora  si  può  dire  senza  esagerazione,  che  resta 
ben  poco  più  a  fare.  Il  servizio  meteorologico  italiano  è  stato  encomiato  da 
quanti  in  Italia  e  all'estero  hanno  avuto  occasione  di  conoscerlo,  e  non  è 
secondo  a  nessun  altro  del  mondo.  Esso  corrisponde  a  tutte  le  esigenze,  fin 
dove  la  scienza  certa  è  arrivata  e  sarà  in  grado  di  seguirne  i  progressi  con 
passo  sicuro. 

«  Il  servizio  geodinamico  è  appena  nascente  ed  avrà  bisogno  ancora  di 
molte  cure,  prima  che  esso  possa  rispondere  al  vero  e  grande  suo  scopo. 
Come  tutte  le  cose  nuove,  esso  presenta  maggiori  difficoltà  e  richiede  ancora 
molti  studi  ed  anche  molta  prudenza.  La  divisione  per  Provincie  non  avrebbe, 
per  esso,  alcuna  vera  ragione  di  essere.  La  Commissione  geodinamica  ha 
quindi  avuto  ragione,  scartando  il  concetto  della  divisione  per  provincie  e 
prendendo  a  base  la  divisione  per  regioni  sismiche.  Essa  mantenne  la  divisione 


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—  779  ~ 

degli  osserrator!  in  tre  classi,  limitando  considerevolmente  il  numero  delle 
dne  prime.  Queste,  cioè  la  prima  ed  anche  la  seconda,  destinate  a  conte- 
nere istrumenti  molto  sensibili,  devono  tenersi  lontane  dall'abitato  e  dalle 
strade  rotabili,  afSnchò  gli  istrumenti  non  siano  continuamente  perturbati  da 
tremiti  meccanici,  che  non  hanno  nulla  a  fare  coi  movimenti  sismici  pro- 
priamente detti.  Airincontro  gli  osservatori  di  3^  classe,  che  ricevono  soltanto 
gli  avvisatori  sismici  e  non  devono  indicare  altro  che  il  tempo,  in  cui  una 
vera  scossa  è  avvenuta,  la  direzione  di  essa  ed  il  sup  carattere,  non  solo  pos- 
sono ma  devono  collocarsi  nei  luoghi  abitati  e  di  preferenza  negli  ufSci  tele- 
grafici ;  perchè  la  notizia  di  una  forte  scossa  avvenuta  possa  essere  data  im- 
mediatamente alla  stazione  regionale,  ed  occorrendo  airufiicio  centrale.  Una 
simile  organizzazione  fu  adottata,  in  nucleo,  per  l'Etna,  dopo  l'eruzione  av- 
venuta nel  1879,  sulla  proposta  di  una  Commissione  composta  del  collega 
Genmiellaro,  del  prof.  Silvestri  e  di  me.  Intorno  al  grande  vulcano  furono 
collocati  gli  avvisatori  negli  uffici  telegrafici;  essi  fanno  capo  a  Catania  ed 
Iianno  bene  funzionato  nelle  ultime  eruzioni  etnee. 

«  Questo  concetto  fu  adottato  dalla  Commissione  geodinamica,  la  quale 
raccomanda  di  estenderlo  e  di  applicarlo  in  maggiore  o  minore  misura  a 
tutte  quante  le  regioni  sismiche  d'Italia.  Essa  propose  al  governo  di  consi- 
derare rOsservatorio  di  Catania  come  il  centro  delle  osservazioni  sismiche 
della  Sicilia  e  delle  isole  adiacenti,  indicando  i  luoghi,  dove  si  dovevano 
erigere  gli  osservatori  di  terza  classe  e  qualche  altro  più  importante,  tutti 
dipendenti  da  Catania.  Essa  propose  inoltre,  d'accordo  col  voto  del  Parla- 
mento, che  a  Gasamicciola,  vicino  alla  Grande  Sentinella^  sito  esaminato 
dai  geologi  governativi,  fosse  eretto  un  osservatorio  di  prima  classe,  col  si- 
stema baraccato,  destinato  ad  eseguire  tutte  le  osservazioni  non  solo  geodi- 
namiche, ma  anche  le  geofisiche,  che  riguardano  quella  interessante  isola. 
Propose  infine  che  a  centro  della  regione  dei  vulcani  laziali  fosse  creato  un 
osservatorio  in  Bocca  di  Papa,  ove  il  De  Rossi  aveva  già  iniziato  per  suo 
conto  una  serie  di  osservazioni. 

K  Queste  prime  proposte  della  Commissione  furono  accettate  dal  Grovemo 
e  dal  Parlamento.  Esse  ebbero,  con  diversa  fortuna,  un  principio  dì  esecu- 
zione. La  rete  etnea,  per  la  quale  molto  era  già  stato  fatto  in  precedenza, 
può  considerarsi  come  quasi  compiuta.  La  costruzione  dell'Osservatorio  di 
Casamicciola  è  stata  ritardata  da  varie  difficoltà  d'indole  amministrativa  e 
scientifica;  ma  ora  spero  che  vi  si  porrà  mano.  Intanto  il  direttore  sig.  Gra- 
blovitz  ha  eseguito  in  una  piccola  succursale,  vicina  al  porto  d'Ischia,  e  nel 
resto  dell'isola  una  serie  di  lavori,  che  furono  presentati  all'Accademia, 
parte  a  stampa,  parte  per  l'inserzione  nei  nostri  Bendiconti.  Per  ciò  che  ri- 
guarda infine  l'Osservatorio  di  Bocca  di  Papa  avvenne  questo  deplorevole 
fatto,  che  s'incominciarono  i  lavori  con  un  progetto  talmente  esagerato,  da 
oltrepassare  notevolmente  la  piccola  spesa  proposta   per  quell'Osservatorio. 


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—  780  — 

Il  Governo,  accortosi,  fermò  ì  lavori:  si  dovette  rifare  il  progetto,  in  ìnodo 
da  ridurne  notevolmente  la  spesa.  Ma  non  si  può  abbastanza  deplorare  questo 
&tto  ;  perchè  esso  ha  servito  a  falsare  in  gran  parte  Topinione  pubblica  ed 
a  far  credere  a  spese  ingenti,  che  l'impianto  geodinamico  per  tutta  Italia 
avrebbe  richiesto. 

«  4.  Con  queste  prime  proposte,  il  mandato  della  Conmiissione  geodi- 
namica era  ]ungi  dall* essere  esaurito.  Essa  non  poteva  non  considerare  la 
regione  vesuviana,  ove  da  decenni  il  nostro  collega  Palmieri  dirige  un  gran- 
dioso Osservatorio,  e  la  regione  non  meno  importante  del  Vulture,  senza  par- 
lare delle  altre  regioni  meridionali,  più  piccole  per  estensione  ma  non  per 
l'importanza  dei  fenomeni  sismici.  Essa  dovette  preoccuparsi  della  Liguria, 
le  cui  recenti  e  disastrose  commozioni  telluriche  sono  pur  troppo  note.  E 
parimenti  il  Piemonte,  la  Lombardia,  la  regione  Veneta,  TEmilìa,  la  To- 
scana non  potevano  trascurarsi.  Guidata  da  una  serie  di  lavori  preparatori  e 
prendendo  a  base  la  bella  carta  sismica  del  Taramelli,  essa  tracciò  a  larghi 
tratti  un  sistema  d'impianto  per  tutta  l'Italia  e  lo  raccomandò  alle  cure  del 
Governo.  Con  tali  proposte  Genova,  Pavia,  Verona,  Bologna,  Firenze  e  i  punti 
sovracennati  dellltalia  meridionale  sono  i  centri  delle  relative  regioni,  in- 
tomo ai  quali  si  aggrupperanno  tutti  gli  studi  di  fisica  terrestre,  compren- 
dendovi pure  il  magnetismo  terrestre  e  Telettricità  atmosferica,  studi  che 
tanto  interessano  la  scienza  e  il  paese. 

«  Un'altra  questione,  non  meno  importante  delle  precedenti,  riguarda 
rimpianto  dell'ufficio  centrale.  Sarebbe  un  errore  il  pensare,  per  la  geodina- 
mica, ad  un  impianto  speciale,  come  si  era  fatto  per  la  meteorologia.  Se  da 
una  parte  quella  si  appoggia  sulla  geologia,  d'altra  parte  i  suoi  legami  colla 
meteorologia  sono  molti  e  evidenti.  Si  sarebbe  creato  fino  ad  un  certo  punto 
un  inutile,  per  non  dire  dannoso,  raddoppiamento,  se  accanto  alla  meteorologia 
si  fosse  fatto  funzionare  un  secondo  ufficio  indipendente.  Molti  osservatoli 
meteorologici  servono  anche  alla  geodinamica,  la  quale  in  gran  parte  si  con- 
fonde con  quello,  eccettuati  pochi  centri  regionali.  E  però  la  Commissiona 
propose  e  il  Governo  accettò  :  che  al  nostro  collega  Tacchini,  il  quale  dirìge 
con  tanto  zelo  e  successo  la  meteorologia,  sia  pure  affidata  la  direzione  della 
geodinamica,  e  che  il  medesimo  ufficio  centrale  prov^  eda  al  servizio  dell'uno 
e  dell'altro  ramo  di  fisica  terrestre.  Tale  sistema  offre  al  Governo  il  doppio 
vantaggio  di  maggiore   semplicità  di   servizio  e  di  una   notevole   economia. 

«  Un'ultima  questione  rimaneva  a  risolversi  e  non  era,  in  verità,  la  più 
facile  :  quella  cioè  che  riguarda  la  scelta  degli  istrumenti.  In  questo  riguardo 
gli  studi  della  Commissione  furono  lunghi  ed  incessanti.  Non  vi  esiste  forse 
questione,  che  come  questa  dei  movimenti  sismici,  abbia  attirato  la  curiosità 
e  l'ingegno  degli  inventori  e  dei  dilettanti.  Gli  istrumenti  sismici  si  contano 
a  centinaia;  ma  ben  pochi  soddisfano  alle  condizioni  richieste  dal  difficile 
problema.  Le  osservazioni  sismiche  differiscono  in  un  punto  essenziale  dalle 


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—  781  — 

meteorologiche,  ed  è  che,  mentre  queste  si  eseguiscono  a  ore  fisse  e  determi* 
nate,  per  quelle  non  si  sa  mai,  se  e  quando  dovranno  eseguirsi.  Le  conmio- 
zioni  telluriche  Vengono  Mnpre  all^improwiso  e  non  si  può  presumere,  che 
l'osservatore  sia  lì  pronto  a  r^strarle.  Ne  segue,  che  gli  istrumenti  devono 
essere  automatici  e  registratori.  In  questo  riguardo  il  Giappone  ci  aveva  gran* 
demente  precorsi  ed  in  Italia  il  solo  Cocchi  era,  negli  ultimi  anni,  entrato 
nel  vero  ordine  di  idee.  Il  meccanico  Brassart  dell'Ufficio  centrale,  per  in- 
carico del  direttore,  riuscì  a  combinare  due  modelli  d'apparecchi,  che  corri- 
spondono alle  esigenze  richieste.  Sono  appuecchi  automatici,  che  registrano 
da  sé  le  tre  componenti  (le  due  orizzontali  e  la  verticale)  del  movimento 
sismico.  Quanto  agli  avvisatori,  il  problema  era  più  facile  ed  il  meccanico 
Brassart  riuscì  a  costruire  un  tipo  semplice,  la  cui  sensibilità  può  facilmente 
modificarsi  ed  anche  graduarsi.  Il  collega  Tacchini  ha  avuto  occasione,  nel- 
l'anno decorso,  di  richiamare  ripetutamente  l'attenzione  dell'Accademia  su 
questo  argomento. 

«  Con  questi  studi  e  con  queste  proposte,  il  mandato  della  Commi88Ìone 
reale  poteva  dirsi  esaurito.  A  me,  che  ho  avuto  l'onore  di  presiederlo,  sìa 
lecito  di  dire,  che  essa  ha  risoluto  un  problema  in  verità  molto  difficile,  e 
che  nell'esecuzione  del  suo  mandato  essa  ha  impiegato  uno  zelo,  un'atten- 
zione ed  una  serietà  scientifica  non  comune.  Quando  le  sue  proposte  saranno 
divenute  un  fatto  compiuto,  l'Italia,  che  fu  &a  i  primi  paesi  a  iniziare  studi 
sismplogici  e  che  poi  si  lasciò  oltrepassare  da  molti  altri,  riprenderà  in  questo 
riguardo  il  posto,  che  le  spetta  per  il  suo  passato  e  per  le  sue  condizioni 
geodinamiche.  E  di  ciò  ci  assicura  l'interesse,  che  ne  portano  gli  stranieri, 
i  quali  hanno  seguito  e  seguono  con  attenzione,  quanto  il  Oovemo  italiano 
sta  facendo  in  proposito. 

«  In  conseguenza  delle  sue  proprie  proposte,  con  Decreto  reale  dell'anno 
1887,  la  Commissione  geodinamica  fii  sciolta;  fu  stabilito  che  il  medesimo 
ufficio  centrale  provvedesse  alla  meteorologia  ed  alla  geodinamica  e  fu  creato 
un  Consiglio  direttivo,  diviso  in  due  sezioni  per  le  due  qui  indicate  branche 
della  fisica  terrestre.  Spetta  a  questi  il  compito,  di  proporre  al  Governo  l'ese- 
cuzione graduale  del  piano  proposto  dalla  cessata  Commisssione,  e  di  trac- 
ciare successivamente  il  programma  delle  indagini  da  eseguirsi.  E  in  ciò, 
esso  avrà  questioni  importanti  a  risolvere  :  l'esatta  misura  del  tempo  riguar- 
dante fenomeni,  che  arrivano  all'improvviso;  le  leggi  e  la  velocità  della 
propagazione  delle  onde  sismiche  in  terreni  più  o  meno  disuguali  e  fratturati; 
la  profondità  infine  del  focolaio  sismico.  Sono  problemi  codesti,  che  non  si 
risolvono  senza  una  forte  e  severa  organizzazione.  Ma  io  confido  che,  come 
il  Governo  ne  ha  preso  in  modo  tanto  lodevole  l'iniziativa,  esso  incoraggierà 
con  benevola  cura  questa  scienza,  affinchè  l'Italia  sia  posta  in  grado  di  stu- 
diare da  sé  gli  importanti,  numerosi  e  terribili  fenomeni,  che  avvengono  nel 
suo  proprio  suolo.  Questa  speranza  è  in  me  tanto  maggiore,  quando  considero 


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—  78à  — 

che  neirimportante  impresa,  oltre  al  Direttore  deirufflcio  centrale  Tacchini, 
ho  per  colleghi  uomini,  che  l'Accademia  e  il  paese  conoscono  ed  apprezzano, 
e  che  si  chiamano  Palmieri,  Cantoni,  Fincati,  Giordano,  Salyatori,  Magnaghi, 
Cornalia,  Taramelli,  Ferraris,  Issel,  Denza,  scelti  dai  quattro  Ministeri  della 
pubblica  istruzione,  delVagricoltura,  industria  e  commercio,  della  marina  e 
dei  lavori  pubblici,  che  sono  i  più  interessati  tanto  nel  servizio  della  me- 
teorologia, che  in  quello  della  geodinamica  « . 


Idrometrìa.  —  Effemeridi  e  statistica  del  fiume  Tevere, prima 
e  dopo  la  confluenza  dell'Amene  e  dello  stesso  fiume  Aniene  du- 
rante tanno  1887.  Memoria  del  Socio  A.  Betocchi. 

Questo  lavoro  sarà  pubblicato  nei  volumi  delle  Memorie. 

Biologia.  —  La  branchia  delle  Salpe.  Nota  preliminare  del 
Socio  Francesco  Todaro. 

Questa  Nota  sarà  inserita  in  uno  dei  prossimi  fascicoli. 


Chimica.  —  Sul  peso  molecolare  dello  zolfo^  del  fosforo^  del 
bromo  e  del  jodio  in  soluzione.  Nota  del  Socio  E.  Paterno  e  del 
dott.  R.  Nasini. 

K  La  perfetta  correlazione  che  gli  studi  di  Van  't  Hoff  sulla  pressione 
osmotica  dei  liquidi  hanno  dimostrato  esistere  fra  la  materia  allo  stato  gas- 
soso e  quella  che  si  trova  allo  stato  di  soluzione  diluita,  ha  condotto  pure 
ad  ammettere  che  la  legge  di  Avogadro  si  verifica  per  le  soluzioni  diluite 
come  per  i  gas,  purché  per  le  prime  in  luogo  della  pressione  ordinaria  si 
tenga  conto  della  pressione  osmotica.  Per  considerazioni  fondate  sulla  termo- 
<linamica,  e  che  non  è  qui  il  luogo  di  esporre,  si  dimostra  poi  come  la  legge 
di  Baoult  sopra  Fabbassamento  sia  del  punto  di  congelazione  sia  della  ten- 
sione di  vapore  delle  soluzioni,  è  una  conseguenza  di  questa  legge  di  Avo- 
gadro estesa  alle  soluzioni,  di  modo  che  la  determinazione  del  peso  moleco- 
lare basandosi  sulV  abbassamento  del  punto  di  congelazione  è  altrettanto  legit- 
tima di  quella  fondata  sulla  densità  del  vapore.  Continuando  le  ricerche  da 
noi  intraprese  su  questo  argomento,  ci  è  parso  importantissimo  sia  quale 
conferma  della  teoria  generale  delle  soluzioni  fondata  sulla  pressione  osmo- 
tica, sia  per  lo  studio  in  sé,  di  esaminare  se  la  legge  di  Baoult  sul  punto 
di  congelamento  era  applicabile  anche  alla  determinazione  dei  pesi  molecolari 
degli  elementi  e,  in  caso  affermativo,  a  quali  risultati  essa  conducaya.  Le 


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—  783  — 

nostre  esperienze  non  sono  ancora  complete,  nondimeno  ci  affrettiamo  a  pub- 
blicare i  risultati  di  quelle  già  eseguite,  in  considerazione  del  grande  inte- 
resse deir  argomento. 

«  Abbiamo  sino  ad  ora  esperimentato  sopra  lo  zolfo,  il  fosforo,  il  bromo 
e  il  jodio.  Le  esperienze  furono  eseguite  nel  modo  già  da  noi  descritto  in 
precedenti  pubblicazioni.  Per  lo  zolfo  adoperammo  come  solvente  il  benzolo, 
e  facemmo  osservazioni  sopra  soluzioni  di  concentrazione  assai  diversa:  tro- 
vammo che  il  coefficiente  d'abbassamento  si  mantiene  costante  e  che  Tabbas- 
samento  molecolare  conduce  alla  formola  Ss  per  la  molecola,  formola  che 
corrisponderebbe  al  peso  molecolare  dello  zolfo  determinato  per  mezzo  della 
densità  di  vapore  alla  temperatura  di  circa  500"*. 

Concentrazione  Coefficiente  dì  abbassamento         Abbassamento  molecolare 

per  St 
0,8501  0,2564  49,23 

0,2599  0,2693  51,78 

ft  Tralasciando  pel  momento  ogni  discussione  intomo  a  questi  risultati, 
notiamo  soltanto  che  la  concentrazione  della  soluzione  più  diluita  è  tale  che 
gr.  2,28  di  zolfo  occupano  il  volume  di  un  litro  :  ora  un  litro  di  vapore  di 
zolfo  a  500^  e  alla  pressione  di  760  mm.  contiene  gr.  3  circa  di  zolfo,  mentre 
alla  temperatura  di  1000^,  quando  la  molecola  è  composta  di  due  atomi,  soltanto 
gr.  0,6  circa  sono  contenuti  in  un  litro  :  siamo  quindi  molto  più  vicini,  per 
quello  che  riguarda  lo  stato  di  condensamento  dello  zolfo  nelle  soluzioni  da 
noi  esperimentate,  a  quello  stato  in  cui  ]a  molecola  è  rappresentata  da  sei 
atomi  che  non  a  quello  in  cui  essa  consta  solo  di  due.  Notisi  inoltre  che  non 
vi  è  qui  rintervento  del  calore  :  del  resto  poi  non  intendiamo  affermare  che 
la  natura  del  solvente  non  possa  influire  nel  senso  di  produrre  delle  differenze 
nella  complessità  relativa  delle  molecole  di  uno  stesso  corpo,  indipendente- 
mente dal  loro  stato  di  attenuazione  nelle  soluzioni. 

«  Per  il  bromo  abbiamo  esperimentato  in  soluzione  acquosa  e  in  solu- 
zione nelVacido  acetico,  sul  quale  come  è  noto  il  bromo  non  agisce  che  a 
caldo.  Abbiamo  trovato  dei  numeri  che  conducono  indubbiamente  alla  for- 
mula Brs. 

Soluzione  di  bromo  nelVacqtui. 

Concentrazione  Coefficiente  d'abbassamento  Abbassamento  molecolare 

per  Br« 
1,391  0,115  18,40 

Soluzione  di  bromo  neWacido  acetico, 

Conctmtrazione       Coefficiente  d'abbassamento  Abbassamento  molecolare 

per  Bri 
1,711  0,2513  40,21 

«  È  noto  che  il  bromo  si  combina  coir  acqua  per  formare  un  idrato  ; 
ma,  supposta  pure  l'esistenza  di  questo  idrato  nella  soluzione  diluita,  ciò  non 

Rendiconti.  1888.  Vol.  IV,  T  Sem.  102 


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—  784  — 

pu{^  portare  notevoli  differenze  nell* abbassamento  molecolare,  come  mostre- 
remo parlando  del  ponto  di  congelamento  di  quei  composti  che  si  uniscono 
col  solvente  per  semplice  addizione  o  che  si  scindono  dando  origine  alla 
stessa  sostanza  del  solvente,  come  p.  es.  un  acido  in  soluzione  acquosa  che 
si  scinda  in  anidride  e  acqua. 

é  Per  il  jodio  abbiamo  fatte  esperienze  in  soluzione  benzolica  e  acetica. 
Dalle  soluzioni  benzoliche  ricaviamo  dei  numeri  che  conducono  alla  formola  I2 
quando  si  opera  in  soluzioni  molto  diluite.  Per  soluzioni  più  concentrate  sem- 
brerebbe che  dovesse  ammettersi  una  maggiore  complessità  molecolare,  la 
qual  cosa  non  è  improbabile. 

Soluzione  di  jodio  nel  beruolo. 

Concentrazione         Coefficiente  d'abbassamento      Abbassamento  molecolare 

per  Ifl 
2,053  0,151  38,16 

0,8360  0,1675  42,54 

0,5599  0,1875  49,62 

«  Dalle  tre  soluzioni  acetiche  di  jodio  sulle  quali  abbiamo  esperimentato, 
ottenemmo  numeri  costanti  per  Tabbassamento  molecolare.  Questi  non  condu- 
cono però  alla  formola  I2,  ma  bensì  ad  una  formola  compresa  tra  Ig  e  I. 
Questo  risultato,  se  confermato  da  altre  esperienze,  non  deve  meravigliare, 
sapendosi  per  le  esperienze  di  V.  Meyer  che  la  molecola  del  jodio  I2  si 
scinde  a  temperature  elevate  con  facilità  molto  più  grande  che  non .  quella 
degli  altri  alogeni,  e  d'altra  parte  poi  sapendosi  ohe  di  tutti  i  solventi  Ta- 
cido  acetico  è  quello  che  meglio  degli  altri  impedisce  le  polimerizzazioni. 

Solmioni  di  jodio  neW acido  acetico. 

Concentrazione       Coefficiente  d'abbassamento       Abbassamento  molecolare 
0,8707  0,2009  50,98  per  I, 

25,49  per  I 
0,8376  0,2029  51,45  per  I, 

25,72  per  I 
0,4849  0,1959  49,76  per  I, 

24,88  per  I 
«  Quanto  al  fosforo  abbiamo  esperimentato  sopra  un  prodotto  che   non 
era  perfettamente  puro  e  per  conseguenza  altre  esperienze   sono    da   farsi: 
abbiamo  trovato  dei  numeri  che  condurrebbero  ad  ammettere  un   miscuglio 
di  Ph4  e  Phj. 

Soluzione  di  fosforo  nel  benzolo. 

Concentrazione      Cofficiente  d'abbassamento      Abbassamento  molecolare 

1,158  0,5526  34,26  per  Ph, 

68,52  per  Ph4 


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—  785  — 

tf  Come  è  noto,  rabbassamento  molecolare  dovrebbe  essere  49.  Crediamo 
utile  di  avvertire  come  V.  Meyer  a  temperatmre  elevate  aveva  appunto  tro- 
vato pel  fosforo  delle  densità  di  vapore  che  corrispondono  a  formule  inter- 
medie tra  Phj  e  Ph4. 

K  L'importanza  dei  risulati  esposti  è  tale  da  non  isfuggire  a  nessuno  e 
però  noi  ci  asteniamo  pel  momento  da  qualunque  altra  considerazione  > . 

Matematica.  —  Sulla  deformadone  di  un  corpo  elastico  iso- 
tropo  per  alcune  speciali  condizioni  ai  limiti.  Nota  del  Corrispon- 
dente V.  Cerruti. 

a  L*applicazione  che  avevo  fatto  del  metodo  generale  delineato  nella  mia 
Memoria  dal  titolo:  Ricerche  intorno  alV equilibrio  dei  corpi  elastici  isotropa}) 
al  calcolo  della  deformazione  di  un  corpo  indefinito  limitato  da  un  piano, 
concerneva  solo  i  due  casi  principali  ne'  quali  fossero  prescritti  o  gli  sposta- 
menti de'  punti  del  piano  limite  o  le  forze  esteme  applicate  a'  singoli  ele- 
menti del  piano  stesso.  Ora  il  sig.  Boussinesq,  in  una  Nota  (^)  pubblicata 
recentemente  ne'  Rendiconti  delV Accademia  delle  scienze  di  Parigi,  è  riuscito, 
con  metodo  ingegnoso  suo  proprio,  a  studiare  altri  due  casi  intermedi  in  cui 
i  dati  relativi  al  piano  limite  si  riferiscono  parte  agli  spostamenti  e  parte 
alle  forze:  cioè  a  dire  i  due  casi  in  cui  sono  assegnati  o  gli  spostamenti 
paralleli  al  piano  e  la  componente  delle  forze  normali  al  piano,  ovvero  le 
componenti  delle  forze  parallele  al  piano  e  gli  spostamenti  normali  ad  esso. 
Ma  il  metodo  generale  proposto  nella  mia  Memoria  abbraccia,  come  fo  ve- 
dere nella  Nota  che  ho  l'onore  di  presentare  all'Accademia,  anche  questi 
nuovi  casi,  e,  quando  si  tratti  di  im  corpo  indefinito  limitato  da  un  piano,  con- 
duce con  grandissima  facilità  a'  nuovi  risultati  conseguiti  dal  sig.  Boussinesq. 

«  1.  È  noto  che  la  dilatazione  cubica  @  in  un  punto  qualunque  (^i,  yi^Zi)^ 
quando  nell'  interno  del  corpo  non  agiscano  forze,  si  esprime  mediante  le  forze 
(L,  M,  N)  applicate  in  superficie  e  gli  spostamenti  (u^^  v^y  w^  de'  punti  di  essa 
nel  modo  seguente  (^)  : 


^^"Jrd^^R+^'^^R+^'rf^^RJ'^ 


(^)  Acc.  r.  de' Lìncei,  Memorie  della  Glasse  di  se.  fis.  mat.  e  nat.,  serie  3%  t.  XITT, 
pp.  81-122. 

(')  Èquilihre  d^élasticité  d'un  solide  sans  pésanteur,  etc.  Comptes  rendus  de  l'Aca- 
démie  des  sciences,  t.  CVI,  pp.  1043-1048,  1119-1123. 

(^)  Per  i  simboli  de'  quali  qui  non  si  dichiari  in  modo  esplicito  il  significato,  rimando 
alla  mia  Memoria  già  citata. 


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—  786  — 
Prendiamo  nn  sistema  di  coordinate  curvilinee  ortogonali  pel  quale  sia 

l'espressione  del  quadrato  di  un  elemento  lineare  qualunque  e  tale  che  la 
superficie  limite  del  corpo  appartenga  alla  famiglia  delle  q^  =  cost,  e  le  nor- 
mali in  im  punto  qualsivoglia  dello  spazio  alle  superficie  qi=cost.y  qt=cosL, 
qi=cosL,  prolungate  nel  senso  de'  parametri  qiy  qiy  qz  crescenti  costituiscano 
una  terna  di  rette  sovraponibile  alla  terna  degli  assi  x,  y,  z.  Sulla  superficie 
limite  del  corpo  si  avrà 

dx _,_  2^     ^ H  !^     éL -4-J^ 

dn       "~  7)5'3     dn     .      l^q^     dn      "~  "^5^3 

dove  sarà  da  tenere  il  segno  positivo  0  negativo,  secondo  che  procedendo  dalla 
superficie  verso  \  intemo  del  corpo  il  parametro  q^  cresce  0  diminuisce  :  per 
fissare  le  idee  supporrò  nel  seguito  che  si  debba  tenere  il  segno  positivo. 

«  Ciò  posto  sieno  91  ds ,  y^  fife ,  93  d%  le  componenti  secondo  le  dire- 
zioni ^1,  gs,  ^3  della  forza  applicata  all'elemento  d%  di  superficie  e  QiX|, 
Qsx<)  Q3X3  gli  spostamenti  di  un  punto  qualunque  secondo  le  medesime 
direzioni.  Per  noti  teoremi  si  avrà 

L  — —  -J-M—  —  -J-N—  — =  ^^— 4-^^  —  4- 5Ei -5.  J-, 
7)^  B  ^      ^y'&~     D^  B       Qi  D?i  B  "^  Qe  Iqi  B  ■'"  Q3  7)^3  B 

e  così  pure 

^xlii  B  '^^l^ylsì  B  "♦"^D^'d?  B  ""  ""'  iq.^-ò'^  B  "'■''*  7)|7,  '  T^f  B  "*" 

,      J_  JLi. 
■*''''-à?3'^?B' 
(  J  =  oc,  y,  z)  . 
Ma 

-^(?,. '  D?  B       ér  y-^fo  \Q.*  TI?,-  B  /   -^^i  "^  Q,«  7)ye  B  ■  l^qj  ^qt )  ' 
quindi 

-1    ^i.*4-     J^   -1  — 4-'    -1  -li-  — 

iè  ""'  v  mj  W  ^Qi  i^  /  *  ^Qi  "*"  Qi*  ^Qi  K  '  7>?j  7)?i  ;  * 

Accennati  con  x^*^  i  valori  delle  x  per  i  punti  della  superficie,  ne  seguirà 

d_2_l_i      A.Al.1      AAI.— 
^UnDx  B  ~^^'  dnDy  B  '^^'dn^z  B  ~ 

^■''y  ;f w J_  /ìL  -1-  i-\  Z;^  ^  4.  ^  ly  I  li  li\ 
i,^3 ^  ^  j^  ^  /_i!^  ;m  ,     "^v    2y  4.    "^'-g   li  \  , 


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—  787  — 

ossia,  avuto  riguardo  alle  relazioni  tra  le  derivate  parziali  delle  x,  y,  s  rispetto 
alle  q  e  &tto  per  compendio 

«  ^Q  JL/J_JLJ_\ L_5QiXJL  I  J_:^Xi-. 

*        'òqt  VQs*  M»  R/     Q»  Q»  "^Js  "3?»  B  "*"  Qs*  "3?t  "a?.  B  ' 


^'~^'^(q?^.b)+~^ 


1     .     1    IjQa  1 


*    "2>2'i  "a^-,  B  "*"  Q,»  7»?!  liqt  K 


la  trasformazione  finale 

Dopo  ciò,  fatto  le  debito  sostituzioni  nella  (1),  essa  si  cambia  nella 


4:7tQSÌ*0=  — 


T/^yi -±  J_  _L.  £»  J_  J_  _L  2» -^ -L\  rf, 
I J  \Q.  -a?,  B  "•■  Q,  7)«?.  B  "•■  Q,  -»q,  Sr 

+2?«»  j  (Sìx  X  r  +  «,  xr  +  «3  4"  )  ds  j 


(2) 


la  quale  ci  dà  la  dilatazione  cubica  0  espressa  nelle  nuove  coordinate.  Ho 
supposto  tacitamente  che  la  superficie  limite  del  corpo  appartenesse  tutta  ad 
una  medesima  superficie  ^3  =  cost.y  ma  ciò  potrebbe  anche  non  essere,  potrebbe 
la  superficie  limite  essere  composta  di  parti  appartenenti  a  superficie  q3=cosL 
diverse  :  il  lettore  per  altro  vedrà  agevolmente  da  sé,  come  la  (2)  dovA  essere 
modificata  in  questo  caso.  Se  a  un  nuovo  sistema  di  forze  (p\ds,g>\d8,  g/zds 
agenti  in  superficie  corrisponde  il  sistema  di  spostamenti  Qi  x\,  Q^x',,  Qs/3» 
per  un  teorema  conosciuto  del  prof.  Betti  si  avrà  la  equazione 

UQi  y  1  ^\''' + Q.  g>^  ^2'' + Qs  ^3  ^r  )ds  = 
=  UQi  y'i  ^r+  Q.  9\^i''  +Q3  y's  4'')ds 

la  quale,  combinata  colla  (2),  ci  somministra 

I(^'(«-'"+èÌÌ)+'^'(*''"+ÌÌT) 

\  +  xH2q(ù*  «3  —  Qo  g>',  n  ds^ 


4n^(»i2*©==- 


(3) 


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—  788  — 

E  da  essa  si  caverà  il  valore  di  G  tanto  nel  caso  in  cui  per  i  punti  della 
superficie  limite  sieno  dati  gli  spostamenti  tangenziali  Qi  x,^'\  Q^  x^^*^  e  la 
forza  normale  g>3,  quanto  nel  caso  in  cui  sieno  date  le  forze  tangenziali 
SPi)  9i  0  gU  spostamenti  normali  Qs^s^*^.  Basterà  calcolare  preventivamente 
nel  primo  caso  la  deformazione  che  corrisponde  alle  condizioni  ai  limiti 

"^    -~Q.^^(7.B        "*    — Q.^D?.B'     ^3—0^^3,      (4) 
e  nel  secondo  caso  la  deformazione  che  corrisponde  alle  condizioni  ai  limiti 

Ricordando  che  in  generale  si  ha 

"■ — '"k^+w.^ì' 
-=--'(lt+lt)' 

con  semplici  sostituzioni  e  riduzioni  utilizzando  le  espressioni  date  di  x\ ,  x't 
per  i  punti  della  superficie  la  terza  delle  condizioni  (4),  si  mette  agevolmente 
sotto  la  forma 

M»  \  '^  Q.'^q.'R)        ii*  V'    ^?3       '^  Q,»  ^»  7>?s  b;  ^*  ^ 

e  così  pure  le  prime  due  equazioni  (5)  colla  sostituzione  de'  valori  di  x'»'* 
dati  dalla  tierza  diventano 


(6) 


(5') 


Q,    V.     _g/l     ^Q.     1>        1  ll_Q»\n  QtJ_(J^^l\ 

^'    7)5-3  \Qi  "as-s  ■&?!  B       Qs  Tis-,  7)?,  B/      ^  7)?,  VQs*  7)?,  B/ 

Q,  V»  _g/l  7)Q,  7)    1        1  7).Q,_-a    ly     QtA/J_J_J_\ 
^*     7)?3  \Q»7)?s7)J,  R        Q,7i?t7>?sB/       ^'  7)y,  VQs*  7)?s  B  / 

Calcolata  la  dilatazione  cubica  &  e  sostituiti  i  valori  delle  derivate  di  9 
rispetto  alle  qi,  qt,  qz  nelle  equazioni  indefinite  per  l'equilibrio,  non  resta 
più  che  a  procedere  all'  assegnazione  definitiva  delle  xi,  xt,  xj  subordinatar 
mente  nel  primo  caso  alle  condizioni  ai  limiti 


Xl  =  x/*  ,  Xt  =  Xf*" 


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—  789  — 
«  nel  secondo  alle  condizioni  ai  limiti 


'iqs  Qi\Qi  "a^i.      ?«V' 


(8) 


^(*) 


^?3 
«3    =    «3'" 

tale  ass^nazìone  riesce  neiriino  e  nell'altro  caso  in  generale  meno  facile  che 
non  quando  sieno  dati  gli  spostamenti  de*  punti  in  superficie,  ma  più  che  non 
-quando  sieno  date  le  forze,  attesoché  si  può  fare  senza  che  sia  conosciuta  la 
funzione  designata  con  E  nella  mia  Memoria  (^). 

«  2.  Applichiamo  le  cose  precedenti  a  un  corpo  indefintio  limitato  da 
vn  piano,  che  assumeremo  come  piano  delle  xy  dirigendo  la  porzione  posi- 
idra  dell'asse  delle  ^  verso  Y  intemo  del  corpo  stesso:  possiamo  prendere  allora 
?i  =  ^,    ?«  =  y,    qs  =  s,    Qi  =  Q«  =  Q8  =  l. 

«  Per  rendere  il  problema  compiutamente  determinato  aggiungeremo  le 
condizioni  che  gli  spostamenti  riescano  entro  lo  spazio  occupato  dal  corpo 
funzioni  finite,  continue,  ad  un  sol  valore  e  si  annullino  all'  infinito  :  in  con- 
seguenza le  forze  o  gli  spostamenti  dati  per  j=0  dovranno  essere  tali  che 
queste  condizioni  possano  essere  soddisfatte. 

«  Nel  caso  in  cui  per  j:==0  sieno  dati  gli  spostamenti  Qi  xi  =  Us, 
<^^x^=:Vs  e  le  forze  normali  9)3  =  N,  bisognerà  cercare  un  sistema  di  spo- 
stamenti ausiliari  Qix'i  =  J,  Qjx',  =  1;,  Q3x'8  =  i:  colle  condizioni  per 
^  =  0  (v.eq.  (4)  e  (4')) 

^_ 5_i,  __JlÌ.      2^ ^J_  (Q\ 

K  Facciasi  a  questo  fine 

6d  alle  f  1 ,  iji ,  Ci  si  impongano  le  condizioni  di  mantenersi  entro  lo  spazio 
occupato  dal  corpo  finite,  continue,  ad  un  sol  valore,  dì  annullarsi  all'  infi- 
nito, di  soddisfare  entro  il  corpo  alla  J^=0  e  per  ^  =  0  alle  (9). 
«  Se  si  pone 

B'*  =  {x-  x,y  +  (y  -  yO*  +  (^  +  ^i)^ 
tutte  queste  condizioni  sono  verificate  prendendo 

Le  ^2 ,  1^8 ,  Cs  7  oltre  alle  solite  condizioni  generali,  dovranno  entro  il  corpo 
soddisfare  alle  equazioni  indefinite  per  Tequilibiio  e  sul  piano  js  =  0  alle 

0» 

(')  Cfr.  1.  e.  p.  89. 


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—  790  — 
quindi,  per  teoremi  noti,  in  tutto  il  corpo  saranno 

?«  =  0,    i?,  =  0,    f,  =  0. 
«  Arremo  dunque  semplicemente 

f  =  * a-    "  =  " Tyh-    '"^--tÀ'      <">■> 

che  per  le  forze,  le  qaali  applicate  sul  piano  ^=0  sarebbero  capaci  di  pro- 
durre la  deformazione  definita  dagli  spostamenti  f ,  17,  f ,  danno  le  espressioni 

«■'■ = (^'  ^  -f — *«"'  3?«  il..' 

«  Onseryando  poi  che  per  j  =  0  si  ha  ancora 

Ji^J 1)    1      _2J _^Jl,   JLJL==:JL-L. 

dalla  (3),  quando  si  facciano  le  debite  sostituzioni  e  si  ponga  per  compendia 


verrà 


0^ L_2i.  (12) 


«  3.  Pertanto  gli  spostamenti  «,  v,  «;  dovranno  soddisfare  alle  equazioni 
indefinite 

i2«  —  o)*     -^«8  Jì«  — o)*     -a'g 

6  per  ^1  =  0  (v.  eq.  (7))  alle 
«  Se  prendiamo 

«=««-4;;^^^'^'  ^^'-^;ì^''^'  «'=«''-ì;;ì^^«ì^  (13) 

ne  risulteranno  per  le  Ui^Vi,  Wx  le  equazioni  indefinite 


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—  791  — 
colle  condizioni  sul  piano  i^i  =  0 

-iti 


N 


ossia 


perciò 


fSi^ù 


Ui=- 


Wl  =  - 


1    -^^  j_ 


2;i=  — 


2;r  -Iti 


(14) 


4;r««7)«i    *   47ri2* 

«  4.  Se  poi  sul  piano  i8f=0  sono  date  le  forze  tangenziali  9>is=sL,  9>t=^M 
e  gli  spostamenti  normali  (iz»z^=Wi,  gli  spostamenti  ausiliari  |,  ri,  C  si 
dovranno  scegliere  in  goisa  che,  oltre  soddis&re  aUe  solite  condizioni,  per  ^=0 
yerifichino  le  equazioni  (y.  eq.  (5)  e  (5')) 


■òg 

-»*     1 

7»a 

=  — 

^     1 

"■J^B 

ciò  che  sì  ottiene  assamendo 

1  ^  ^ 

V  = 

-»  1 
'  "J>y  B'  ' 

'-è 

1 

Di  guisachè,  posto 

<=i 

0   C^<^ 

0IL  = 

^fi. 

fK^. 

?.= 

-f. 

S{: 


"SC    ,     "^'^ 


(15) 


risulterà  per  la  dilatazione  cubica  la  espressione 

Q_     1     ^^ 
2;ri2«  l)^i 

»  5.  Come  nel  caso  precedente  possiamo  mettere  le  espressioni  degli  spo- 
stamenti u,  V,  w  sotto  la  forma 


t^=:c'i- 


V=Vi- 


.ii- 


W=Wi' 


47r<»«i2«^'  7)4'i 


(16) 


47r  <»«Ì2*   'Hxi  '     47r ««i2«  ^*  Dy^ 

dove  le  Wi ,  ^i ,  Wi  debbono  soddisfare   entro   il   corpo  alla  J*  =  0,  e  per 
4^1  =  0  alle  equazioni  speciali  (v.  eq.  (8)) 

liUi '^w,_  L      i2«— to'  7)^_  1  /    7)^^ 


ja)*"^47ro>*Ì2«  Dy^      27r  \  T^yi 


Rendiconti,  1888,  Voi..  IV,  1»  Sem. 


T)-?!    *  to'  "^i-i*    '    2(o*i2«  7)yi^i?i. 


7*1-0 


108 


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—  792 
nelle  quali  equazioni  si  è  posto 


Quindi 


iil'=  (  s^dz 


^*       27r  -^^1  "•    27r(B*  "^^^  ">    4tn(ù^a^  HXi  * 
1  1)?  1     i^oro      i2«  — a)»>r 

^*      2/r  -^ifx  * 

«  Alle  espressioni  cosi  trovate  per  gli  spostamenti  si  possono  dare  altre 
forme,  come  pure  si  potrebbero  generalizzare  alquanto  i  risultati  precedenti 
tenendo  conto  anco  delle  forze  applicate  a'  singoli  elementi  di  massa,  ma 
non  mi  fermo  sopra  queste  minuzie,  le  quali  d'altronde  non  presentano  dif- 
ficoltà di  sorta  » . 


Fisica  terrestre.  —  Alcuni  risultati  di  uno  studio  sul  ter- 
remoto  ligure.  Nota  del  Corrispondente  T.  TarameIiLI  e  del  prof. 
G.  Mercalli. 


Questa  Nota  sarà  pubblicata  nel  prossimo  fascicolo. 


Matematica.  —  Sulle  funzioni  ipergeometriche  generalizzate. 
Nota  II  {})  del  Corrispondente  S.  Pincherle. 

«  6.  Nei  §§  4  e  5  abbiamo  preso  le  mosse  da  un'equazione  differenziale 
lineare  del  prim'  ordine  e  ne  abbiamo  formata  la  correlatiya  alle  differenze  : 
r  integrale  di  questa,  considerato  come  funzione  di  suoi  parametri,  ci  ha  date 
le  funzioni  ipergeometriche  d'ordine  superiore  ad  una  o  più  variabili.  Ora 
invece  prendiamo  a  considerare  il  caso  coniugato  del  precedente,  cioè  par- 
tiamo da  un'equazione  lineare  alle  differenze  finite  del  prim' ordine,  che 
scriveremo 
(5")  (ooo  +  flJio  ^  +  «80  ^*  +  -  flfmo  x^)  f(x)  + 

+(aoi  +  «H  (^  +  1)  +  -  +  Orni  (^  +  1  r)  /(^+ 1)  =  0 , 
la  quale  ammette  come  trasformata,  secondo  il  metodo  indicato  a  §  2,  l'equa- 
zione differenziale  lineare  d*ordine  m\ 

(1")  (aoo+^oi  O  V  (0 + («io+«i,0  rp'  (t)  + +  («mo+flmiO  V'"*'  {t)=0. 

(1)  V.  pag.  694. 


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—  793  — 

«  Ora  il  Mellìn  (^  ha  dimostrato  che,  in  generale,  F  integrale  dell* equa- 
zione (5'0  si  pnò  dare  nella  forma 

dove  le  q^  sono  le  radici  dell'equazione 

(3')  «00  +  dìo^  +  a«o^*  H H  ^»»o^  =  0 . 

«  Suppongasi  prima  che  Omo  ed  Omi  siano  entrambi  diversi  da  zero.  In 
tal  caso  il  numero  dei  fattori  r  del  numeratore  e  del  denominatore  nel 
secondo  membro  della  (14)  è  il  medesimo,  e  l'espressione  di  f{x)  dà  una  fun- 
zione analitica  uniforme  coi  poli  nei  punti 

(15)  Q.-n         ^^  =  o,l,2,3,....ooj' 

dove  i  punti  q^  si  supporranno  per  maggiore  semplicità  tutti  diversi. 

«  Applicando  il  metodo  indicato  a  §  3,  si  consideri  una  linea  X  che 
avvolga  i  punti  del  sistema 

Qì  y   Ql 1  ,   Ql 2  ,  ....  Qi  —  rij .... 

escludendo  tutti  i  poli  degli  altri  m — 1  sistemi  (15):  come  si  è  visto, 
l'espressione 

(6')  àX,^'^^^^"^ 

sarà  un'  integrale  dell'  equazione  (!''))  purché  essa  abbia  un  significato,  e 
purché  il  limite  del  residuo  di  e^^f{x)  relativo  al  punto  x=Qi — n  sia 
nullo  per  n  =  co.  Questo  residuo,  ricordando  le  note  proprietà  della  fun- 
zione r,  si  ottiene  facilmente  dalla  (14)  sotto  la  forma 

m 

^-  nr(Q,—<t,—n) 

«  Ora,  non  solo  questo  residuo  tende  a  zero,  ma  l'integrale  (6)  equi- 
vale aUa  serie 

n-o 

e  questa  si  trova  facilmente  essere  convergente  assolutamente  ed  in  egual 
grado,  per  tutti  i  valori  di  t  tali  che  sia 

(0  Acta  Mathematica,  t  Vin,  p.  37.  Cfr.  anche  ibid.,  t  IX,  p.  137. 


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—  794  — 

scoine  si  Tede  sub  ito  foimando  il  rapporto  B»  '  Bn-i  •  Questa  serie  è  dunque 
un  integrale  della  (1"),  ed  essa  si  può  scrivere 

(16)  e^^'SCner^ 

con 

e  riducendo  ed  indicando  con  C  un  fattore  costante  comune: 

n  {a^  —  ?i  +  1)  ((Tv  —  ?i  +  2) . .  •  (^v  —  pi  +  «) 

(17')  G^  =  Gfr--^ 

n\  n  (pv  —  ^i  +  1)  (?v  —  ?i  +  2) . . .  (pv  —  ?i  +  «) 

doye  è  manifesta  T  analogia  coi  coefiBcienti  della  serie  ipergeometrica. 

«  Con  un  facile  cambiamento  di  variabile,  l'equazione  (1")  si  riconduce 
all'equazione  differenziale  lineare,  a  coefScienti  razionali,  regolare  airinfi- 
nito,  considerata  dal  Ooursat  nella  citata  Memoria,  mentre  l'espressione  (16) 
si  riduce  alla  serie  ipergeometrica  generalizzata,  integrale  di  quell*  equa- 
zione, e  che  forma  l'oggetto  della  Memoria  stessa. 

«  7.  Al  sistema  ^i ,  qi  —  1 , . . .  ^i  —  ?i, ...  di  poli  considerato  in  ciò  che 
precede,  si  può  sostituire  uno  qualunque  degli  altri  sistemi  (15);  con  ciò 
si  ottengono  m  integrali  dell'equazione  (1"),  costituenti  nel  loro  insieme  un 
sistema  fondamentale.  Questi  integrali  sono  tali  che,  detto  \p^{t)  quello  re- 
lativo al  sistema  di  poli  Qh  —  n^  sarà  per  t  =  -\-co, 

se  la  parte  reale  di  ;r  è  maggiore  di  quella  di  q^. 

«  8.  Nella  (5")  si  sono  supposte  le  Omf^ ,  Omi  differenti  da  zero.  Se  sup- 
poniamo che  ami  sia  zero,  il  numero  dei  fattori  r  sarà  maggiore  nel  nu- 
meratore che  nel  denominatore  nel  secondo  membro  della  (14);  il  limite 
del  rapporto  Bn^Bti-i  considerato  a  §  6,  sarà  zero  per  qualunque  valore 
di  ^,  e  la  serie  integrale  S&n  sarà  una  funzione  trascendente  intera.  Si 
ottengono  così  le  trascendenti  accennate  nel  n.  10  della  citata  Memoria  del 
Gtoursat. 

«  Se  in  luogo  di  Omi  t  si  suppone  Omo  =  0,  la  serie  S&n  del  §  6  è 
sempre  divergente,  benché  essa  continui  a  soddisfare  formalmente  all'equa- 
zione differenziale.  Ma  considerando  77-T  invece  di  f(x) ,  si  ritoma  al  caso 

f{x)  '^ 

precedente,  e  con  ciò  si  vede  che  nel  caso  dì  una   funzione  f{x)  che  sod- 
dis£Et  ad  un'  equazione  alle  differenze  del  prim'  ordine,  le    espressioni   della 

forma   (4)   per   la   f{a:)   e  per  la  jr-:  sono  affatto  analoghe.  Ciò  spi^ 


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—  795  — 

Tanalogia  dì  fonna  fra  l'integrale  definito  ordinario  (euleriano)  che  rappre- 
senta la  funzione  r(a:),  e  l'integrale  di  Hankel  (^)  che  esprime  la  l:r(<2r). 
«  Nel  cago  in  cui  ^mi  è  zero,  si  può  limitare  l'integrazione  nella  (6) 
in  un  modo  che  mi  sembra  interessante  perchè  dà  un  esempio  notevole 
d'inversione  d'integrale  definito.  Dico  cioè  che  l'integrale  (6)  si  può  scrivere 

«Qx„,/A i_i  ' v-^' — Pi) T\x  —  Qt)...  r{x  —  e«^i) r{x  —  gm)  ^t^ 

(18)  V(0-ow\         r(^_aor(^-*,) ...  r(^-<r^.)         "^^ 


deve  a  è  un  numero  reale,  maggiore  delle  parti  reali  di  ciascuna  delle 
Qiy  ?«  1  • .  •  ^m  •  Posto  ^  =  J;  -j-  iiy ,  sulla  linea  ^  =  a  del  piano  x  nessuna 
delle  funzioni  r  diventa  infinita;  inoltre  al  tendere  all'infinito  di  ri  (supposta 
positiva),  la  r{x  —  ^v)  diviene  infinitesima  di  un  ordine  indicato  da 

ITU 

rf^^  e — r  ' 
dove  e  è  compreso  fra  — fe-[-i(^)©dinèil  massimo  intero  contenuto 
nella  parte  reale  di  a  —  ^.  Al  tendere  di  — iy   all'infinito,   r{x  —  Qh)  di- 
viene infinitesima  nello  stesso  modo. 

»  Da  questa  osservazione  applicata  ai  vari  fattori  del  numeratore  e  del 
denominatore  sotto  il  segno  della  (18)  si  può  dedurre  la  condizione  affinchè 
la  (18)  stessa  abbia  un  significato.  Posto  infatti  t  =  T-\-i(ff ,  ff^  avrà  il 
valore  assintotico  ^w  per  i;  =  it  oo ,  e  l'integrale  avrà  un  significato  sotto 
le  condizioni 

cioè  per  i  valori  di  ^  compresi  fra  due  parallele  all'asse  reale  alla  di- 
stanza it  — . 

«  Se  ora  consideriamo  nel  piano  x  un  rettangolo   coi  vertici  nei  punti 
kia  —  in]),    B(tìj  +  ^i?),    C(a  +  1  — ii?),    D(a+l+ei?), 
rintegrale  della  ef^  f{x)  esteso  al  contomo  del  rettangolo  è  nullo  per  il  teo- 
rema di  Cauchy;  ma  per  tj  =  co  ^  l'integrazione   estesa  ai  lati  AC,  BD   è 
nulla,  e  rimane 


1  <f'f{x)ix=  I  ^f{x)dx 


e  mutando  ^  in  ìt  + 1  ^®1  secondo  membro  : 


1  ef"fix)dx  =  é'     e''f{x-\-l)dx. 


(1)  Riportato  dal  Bigler  (Creile,  T.  CU,  p.  237). 
P)  Vedi  Nota  alla  fine  del  lavoro. 


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—  796  — 

Con  ciò  resta  dimostrato  che  Tespressione  (18)  soddisfa  alle  condizioni  (7), 
e  che  quindi  ìp{()  è  un  integrale  dell'equazione  (1")   nel  caso  di  «mi  =  0 . 
«  In  particolare,  per  ogni  valore  positivo  di  a.  Tìntegrale 


non  differisce  da  er^  che  per  un  fettore  costante. 

«  10.  Nello  stesso  modo  che  Tintegrale  (10)  della  equazione  (51),  con- 
siderato come  funzione  dei  parametri  «i ,  ag , . . .  a^ ,  soddisfa  ad  un'equa- 
zione differenziale  lineare  d'ordine  m  rispetto  a  ciascuno,  e  ad  equazioni  a 
derivate  parziali  d'ordine  inferiore  rispetto  a  due  o  più  di  essi  parametri, 
così,  mantenendosi  la  già  notata  dtcalità,  si  trova  che  l'integrale  (6)  del- 
l'equazione (1")  considerato  come  funzione  degl'infiniti  Qi.Qt,.*  -Qm  della 
f{a),  soddisfa  ad  un'equazione  lineare  alle  differenze  finite  dell'ordine  m 
rispetto  a  ciascuno  di  essi,  e  rispetto  a  due  o  più,  ad  equazioni  alle  diffe- 
renze parziali,  d'ordine  inferiore.  Le  quindici  note  relazioni  fra  le 
«  functiones  contiguae  »  di  Oauss  nella  teoria  delle  serie 
ipergeometriche,  e  le  generalizzazioni  di  queste  brevemente 
accennate  nel  n.  7  della  citata  Memoria  del  Goursat,  non 
sono  che  casi  speciali  di  tali  equazioni  alle  differenze 
ordinarie   o   parziali. 

«  Queste  equazioni  si  possono  ottenere  come  segue.  Si  ha,  sviluppando 
la  (6') 

Ora,  indicando  con  q  un  numero  intero  positivo  qualunque,  si  ha 

A^  — ?i  +  ?)  =  (^  — ei)(^  — ?i  +  l).-.(^  — ^i  +  y  — 1)^(^  — *i) 
ossia 

^{a  —  Qi  +  q)  =  {^  +  9x^''  +  9t^^^  +  "'  +  99-i^  +  9f)^{^^Qi) 
dove  le  g^  sono  fonzioni  intere  di  ^i ,  di  un  grado  indicato  dall'indice.   Se 
dunque  nella  (19)  si  sostituisce  ^i  —  ^  al  posto  di  ^i ,  si  ottiene  immedia- 
tamente : 

(20)  V[?.-?]=^+i^.^  +  ...  +  i^eV(0. 

Ponnando  le  equazioni  (20)  per  y  =  1,  2, . . .  w,   si  potranno  dedurre  i  va- 
lori di 

^^^''  dr-"  dr 

(*)  Scriverò  t/^f)  quando  non  importerà  considerare  i  parametri  ^y,  e  ^QhtQk] 
quando  si  vorranno  considerare  i  parametri  Qh,Qh  p.  es.,  e  non  la  variabile  t  e  gli  altri 
parametri  q. 


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—  797  — 
in  fiinzioiie  lineare  delle 

a  coefScienti  razionali  in  ^i ,  e  sostitnendo  le  espressioni  così  ottenute  nella 
equazione  (1''),  si  otterrà  (volendo,  in  forma  di  determinante)  un'equazione 
alle  differenze  ordinane,  lineare,  dell'ordine  m  e  a  coefficienti  razionali  in  ^i , 
cui  soddisfa  la  tp  considerata  come  funzione  della  sola  Qi,  Analogamente 
rispetto  a  ciascuno  degli  altri  parametri. 

«  Partendo  invece  da  ima  relazione  come 

^(^  —  ?i  +  r)r{x  —  Qt  +  8)'^{x  —  Qi){x—Qi  + 1) .. .  (a—Qi  +  r  —  1) 
{a:  —  Qt)..^{a:  —  Qt^8—l)r{a  —  Qi)r{a  —  Qi) 

e  procedendo  in  modo  analogo  a  quanto  si  è  fatto  precedentemente,  si  giun- 
gerà ad  un'equazione  alle  differenze  parziali,  lineare  e  a  coefficienti  razio- 
nali in  ^1 ,  ^t  ^  cui  soddisfa  la  ìI^Qi  ,  ^sl*  Similmente  si  troverebbero  rela- 
zioni fra  tre  o  più  parametri. 

«  11.  Riassumendo,  l'analogia  fra  le  due  class'  di  funzioni  studiate  in 
ciò  che  precede  si  può  far  risultare  dal  seguente  i^^ecchio  dei  risultati  di- 
mostrati : 


«  All'equazione  differenziale  li- 
neare a  coefficienti  razionali  in  er* 
si  fa  corrispondere,  con  una  trasfor- 
mazione, un'equazione  alle  differenze 
lineari,  a  coefficienti  razionali  in  x. 

«  Detto  ìp{t)  V  integrale  della 
prima,  ed  /(or)  quello  della  seconda, 
la  formola  di  trasformazione  è  della 
forma 


«  All'equazione  alle  differenze  fi- 
nite lineare  a  coefficienti  razionali  in  a: 
si  fa  corrispondere,  con  una  trasforma' 
zione,  un'equazione  differenziale  line- 
are, a  coefficienti  razionali  in  er*. 

«  Detto  f{x)  l'integrale  della 
prima,  ed  ìp{t)  quello  della  seconda, 
la  formola  di  trasformazione  è  della 
forma 


{a) 


f^a:)=f^^tp{t)dù,  (b)    m=-^je^'Mdx, 


l'integrale  essendo  preso  secondo  una 
linea  convenientemente  scelta. 

«  n  grado  j9  dei  coefficienti  della 
prima  in  er^  dà  l'ordine  della  seconda; 
l'ordine  m  della  prima  dà  il  grado 
in  X  dei  coefficienti  della  seconda. 

«  Se  dunque  l'equazione  diffe- 
renziale è  del  primo  ordine,  l'equa- 
zione alle  differenze  è  dell'ordine  p, 
a  coefficienti  razionali  di  primo  grado. 

«  In  questo  caso  l'espressione  (a) 
di  f{x)  dipende  da  p  parametri,  i 
cui  logaritmi  sono  i  punti  singolari 


l'integrale  essendo  preso  secondo  una 
linea  convenientemente  scelta. 

«  Il  grado  m  dei  coefficienti  della 
prima  dà  l'ordine  della  seconda; 
l'ordine  della  prima  dà  il  grado  in  er^ 
dei  coefficienti  della  seconda. 

«  Se  dunque  l'equazione  alle  dif- 
ferenze è  del  prim' ordine,  l'equazione 
differenziale  lineare  è  dell'ordine  m 
a  coefficienti  di  primo  grado  in  er* 
(equazione  del  Goursat  facendo  e^=z). 

«  In  questo  caso  l'espressione  {b) 
dipende  da  m  parametri  (poli  della 


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—  798 


dell'equazione  differenziale.  Rispetto 
a  ciascuno  di  questi,  la  f{x)  sod- 
disfa ad  una  equazione  differenziale 
lineare  (ipergeometrica  del  Pochham- 
mer)  a  coefficienti  razionali  e  del- 
l'ordine p.  Rispetto  a  due  o  più  pa- 
rametri, essa  soddisfa  ad  equazioni 
a  derivate  parziali  simultanee,  d'or- 
dine inferiore  a  ^ ,  e  a  coefficiènti 
razionali. 


f{a:)).  Rispetto  a  ciascuno  di  questi, 
la  %p{t)  soddisfa  ad  una  equazione 
alle  differenze  finite,  lineare  e  del- 
Tordine  m.  Rispetto  a  due  o  più 
parametri,  essa  soddisfa  ad  equa- 
zioni alle  differenze  finite  parziali 
simultanee,  a  coefficienti  razionali 
nei  parametri  stessi. 


NOTA 


«  Al  §  9  del  presente  lavoro  è  stato  enunciato  un  modo  di  tendere  a 
zero  della  funzione  r{x)  quando  {x)  tende  alVinfinito  nella  direzione  dell'asse 
inmiaginario.  Quell'asserto  si  può  dimostrare  semplicemente  come  segue. 

«  Pongasi 


r{xy 


Si  ha: 


Y{x)  =  e^xn  (i  +  ^\^-|-, 
dove  e  è  una  nota  costante;  onde  si  ottiene  facilmente 


e  prendendo  i  valori  assoluti  : 


W  +  ir,) 


F(f) 


si  indichi  questo  prodotto  assolutamente  convergente  con  P(ij). 
«  Si  ha  pure  l'altro  sviluppo  noto  : 


senh  n7]=snr]  J7  1 1  +  -^  j  , 


onde 
senh  TTr; 


«  Se  ora  m  è  il  massimo  intero  contenuto  in  ^ ,  ognuna  delle  frazioni 


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—  799  — 

sotto  il  segno  J7  sarà  minore  o   eguale  all'unità,  e  quindi   per  17  =  :±=  oo , 
P(ry)  andrà  all'infinito  d'ordine  inferiore  od  eguale  a 

senhyriy  ^ 

_in\ 

perciò  r{S-\'irj)  andrà  a  zero  di  ordine  inferiore   «d  ^uale  a  rj^^ie    *   , 
dove  1^  indica  il  valore  assoluto  di  1; .  Ma  siccome  possiamo  anche  scrivere 

«1^ — ^^ — 


dove  sotto  il  segno  n  ogni  fattore  è  maggiore  dell'unità,  P(ry)  sarà  infinito 
d'ordine  eguale  0  superiore  a 

senhTTi^ 

e  perciò  r(f-(-r;)  andrà  a  zero  di  ordine  eguale  0  superiore  a  r/^ie    *  . 
L'ordine  d'infinitesimo  di  r{x)  per  ij  =  00   è  dunque  dato  effettivamente  da 

dove  €  è  compreso  fra  —  i  è  +  i  » . 


Patologìa.  —  LaBilharziain  Sicilia.  Nota  del  Corrispondente 
A,  Grassi  e  del  dott.  Q.  Eovelli. 

«  Noi  vogliamo  richiamare  l'attenzione  dei  patologi  e  degli  igienisti  sul 
fatto,  da  noi  determinato,  che  la  Bilharzia  crassa,  Sons,  è  comunissima 
(circa  nel  75  Vo)  nelle  pecore  che  si  macellano  a  Catania,  e  che  proven- 
gono dalla  Piana  di  Catania,  in  cui  sono  nate  e  cresciute.  Questo  fatto  deve 
fare  una  grande  sorpresa,  perchè  finora  si  era  ritenuto  che  le  Bilharzie  ap- 
partenessero esclusivamente  all'AMca  :  esso  apre  una  strada  facile  a  chi  ha 
mezzi  di  studio,  per  scoprire  il  ciclo  evolutivo  di  questo  parassita  :  esso  lascia 
infine  adito  al  sospetto  che  la  Bilharzia  dell'uomo  possa  rendersi  endemica 
anche  nei  paesi  irrigui  dell'Italia  per  mezzo  di  qualche  soldato  che  ritor- 
nasse dall' Afirica  infetto  di  questo  terribile  parassita  ». 


Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  V  Sem.  104 


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—  800  — 

Fisica.  —  Sulla  velocità  del  suono  nei  vapori.  Nota  II Q)  dei  dot- 
tori G.  G.  Qerosa  ed  E.  Mai,  presentata  a  nome  del  Socio  Q.  Cantoni. 

«  Coi  dati  precedenti  componiamo  ora  la  tabella  qui  sotto,  per   trarre 
alcune  conclusioni. 


temp. 

li 

Vt 

Vi 

Xt 

1^'' 

yt 

\y^ 

v\ 

0 

mm 

824,20 

mm 

157,68 

mm 

254,69 

A 

mm 

12,62 

0,0392 

0,0392 

260,35 

10 

330,02 

160,44 

259,81 

13,00 

12,92 

394 

394 

260,84 

20 

335,61 

163,08 

263,74 

13,43 

13,36 

400 

401 

260,38 

80 

840,96 

165,56 

267,99 

13,99 

18,91 

410 

411 

260,82 

40 

346,09 

167,90 

272,06 

14,68 

14,57 

424 

425 

260,80 

50 

351,02 

170,08 

275,96 

15,48 

15,36 

441 

442 

260,28 

60. 

355,74 

172,18 

279,71 

16,40 

16,26 

461 

463 

260,25 

70 

360,27 

174,05 

288,29 

17,42 

17,27 

484 

486 

260,22 

80 

364,62 

175,83 

286,73 

18,55 

18,39 

509 

512 

260,19 

90 

868,78 

177,50 

290,03 

19,79 

19,59 

536 

541 

260,16 

100 

872,77 

179,04 

293,18 

21,12 

20,90 

566 

571 

260,12 



«  Se  colla  relazione  ^^^°  ^]^^  +  ^J  _  q»° 45763  |/i .+  a^  —  i-  {aty , 

analoga  alla  (3),  calcoliamo  gli  errori  x\,  relativi  ad  Vt,  e  li  [confrontiamo 
coi  valori  di  Xt ,  troviamo  che,  ad  una  stessa  temperatura,  x\  corrisponde 
ai  Y  di  .27t ,  come  si  rileva  dai  numeri  scritti  nella  5^  e  6"^  colonna  della 
tabella:  sicché  possiamo  dire  che 


(6) 


'•  +  *  =  ÌJ 


ed 


tt  +  \Xt  = 


ovvero  scrivendo  le  due  relazioni  (6)  in  quest'altro  modo 


(7) 


^.(i+yO  = 


2l 
2n 


ed 


4n 


Vt 


^'.(1+3/0  =  ^^: 


e  confrontando  i  valori  di  t/t  ed  y't  fra  di  loro,  risulta  che  /(  corrisponde 
ai  7  di  y^ ,  come  si  vede  dai  numeri  registrati  nella  7^  ed  8^  colonna  della 
stessa  tabella:  per  cui  dalle  (7)  risulta  come  sia 

-^  =  2  +  f^l'    dove    y,=y,|l  +  «^+l(«0«|- 

«  Però  non  riesce  facile  rendersi  ragione  del  rapporto  che  esiste  fra  Xt 
ed  Xt  r  a  meno  che  non  si  verifichi  il  fatto  seguente. 

p)  V.  pag.  728. 


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—  801  — 

«  Se  diciamo  X  la  lunghezza  dell^onda  che  corrisponde  al  suono  fonda- 
mentale del  diapason,  rappresenteranno  jX  e  ^X  rispettivamente  quelle  fra- 
zioni di  X  che  emergono  dal  tubo  sonoro  quand'osso  risuona  in  corrispondenza 
del  suono  fondamentale  stesso  del  diapason  e  della  sua  ottava, 

«  Ora,  ponendo 

cioè  supponendo  che  le  correzioni  Steno  inversamente  proporzionali  alla 
frazione  dell'onda  emergente  dal  tubo,  risulta  appunto 

«  Ma  se,  a  temperatura  costante,  la  correzione  cresce  quando  diminuisce 
la  lunghezza  della  colonna  sonora,  nel  caso  che  non  si  muti  Taeriforme  nel 
tubo,  tutto  Topposto  avviene  nel  caso  che  questo  venga  sostituito  con  altri 
diversi. 

«  Difatti,  se  poniamo  eguale  a  260,35  m.  la  velocità  Vo'  del  suono  a  0* 
nell'acido  carbonico,  i  valori  di  a!\  calcolati  per  ogni  temperatura  colla 

(8)  ^''  +  -"'  =  S-' 

soddisfano  in  ogni  caso  alla  relazione 

si\  =  -r  sot  ; 
^\ 

ossia  la  correzione  è  proporzionale  alla  lunghezza  del  tubo  che  rismna: 

tanto  che,  scrivendo  la  (8)  sotto  quest'altra  forma 

n(i+y.)=£ 

e  rapportando  membro  a  membro  quest'eguaglianza  colla  1'  delle  (7),  il  valore 

•»"«  =  «o7^^1-(«i-«)^ 
h 

che  se  ne  deduce,  è  costante  (a  meno  di  una  piccola  variazione  dovuta  alla 
differenza  fra  a  ed  ai),  come  si  vede  dall'ultima  colonna  della  tabella  nu- 
merica surriferita. 

«  E  pertanto  resta  sempre  vera  la  legge  di  Dulong  (0  che  i  numeri 
delle  vibrazioni^  corrispondenti  ai  suoni  resi  dai  medesimi  tubiy  parlanti 
successivamente  con  diversi  aeriformi^  esprimono  i  rapporti  delle  velocità 
di  propagazione  del  suono  negli  aeriformi  stessi:  dacché,  ad  una  data  tem- 
peratura e  con  uno  stesso  tubo  di  lunghezza  /,  fatto  suonare  con  due  aerì- 
formi  diversi,  pei  quali  le  velocità  del  suono  sono  rispettivamente  v  e  Vi  q 
l'altezza  ài  n  ei  ni  vibrazioni,  si  avrà 

(0  Ann.  de  Chem.  et  de  Phys.  Ser.  2*,  t  XLI,  pag.  113. 


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—  802  — 
dove  le  correzioni  sono  eguali,  essendo  eguali  le  lunghezze  l,  e  quindi 

n v^ 

ni  ~  Vi. 

«  Per  la  stessa  ragione  il  Martini  con  un  ragionamento  non  corretto  giunse 
ad  un  risultato  giusto.  Egli  ammise  nel  caso  pratico  la  legge  di  Bemoulli, 
che,  cioè,  sieno  le  lunghezze  l,  li  di  due  colonne  gassose,  le  quali  rinforzano 
al  massimo  una  stessa  nota,  la  quarta  parte  delle  corrispondenti  onde  A,  il] . 
Yale  a  dire 

(9).  ^  =  4^  =  V  '  ^=4A  =  ^; 

il  che,  nel  caso  presente,  non  può  essere  accolto.  Anzi,  se  per  Dulong,  che 
impiegaya  sempre  uno  stesso  tubo  senza  variarne  alcuna  dimensione,  aveva 
luogo  la  relazione 

n v^ 

ni~  Vi' 
deducibile  dalle  due 

in  quest'altro  caso,  nel  quale  varia  la  lunghezza  del  tubo,  pur  anmiettendo, 
secondo  Wertheim,  che  la  correzione  rimanga  costante,  non  è  più  possibile  de- 
durre dalle  relazioni 

la  seguente 

™  Tri- 

cui  il  Martini  (')  dedusse  dalle  (9).  Che  se  la  (10)  corrisponde  al  vero,  devesi 
al  fatto  più  sopra  riferito,  che  le  correzioni  sono  proporzionali  alle  lunghezze  /,  Zi, 
cioè  che  le  relazioni  (9)  devono  essere  sostituite  dalle  seguenti 

U{l+y)  =  ^  ,  4/,(l  +  y)  =  |i. 


(»)  Luoghi  citati.  —  Il  Martini  invero  prima  di  far  uso  della  (1^)  ha  stabilito  tre  espe- 
rienze, due  suiracidò  carbonico  a  0®  e  7®  rispettivamente  e  Taltra  sul  protossido  di  azoto 
a  7®.  Ma  calcolando,  ad  es.,  per  Tana  e  Tacido  carbonico,  mediante  i  dati  da  lui  riferiti, 
le  correzioni  x  si  ottengono  questi  valori: 

t.  aria  COi 

Qo  ll,2«~  9,3"« 

70  9,3  13,4        , 

i  quali  davvero  si  allontanano  di  molto  dalle  norme  più  sopra  incontrate. 


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—  803  — 

«  Stabilite  queste  cose,  nel  tubo  sonoro  (A)  abbiamo  portato  successi* 
vamente  sulla  superficie  del  mercurio,  in  luogo  dell'acido  solforico,  uno 
straterello  di  diversi  liquidi,  ed  abbiamo  ciascuna  volta  elevata  la  tempera- 
tura del  bagno  alla  temperatura  d'ebollizione  dei  liquidi  stessi.  In  tal  caso 
rimboccatura  del  tubo  era  coperta  da  una  lastrina  di  vetro. 

«  Quando  si  riteneva  per  certo  che  tutta  l'aria  era  scacciata  ed  il  tubo 
era  ripieno  solamente  di  vapore,  si  faceva  la  lettura,  la  quale  veniva  ripe- 
tuta almeno  sei  o  sette  volte.  Ed  era  cosa  facilissima  il  ripeterla,  poiché 
bastava  abbassare  il  corsoio  in  modo  che  la  superficie  del  mercurio  nel  tubo 
venisse  a  trovarsi  di  un  minimo  tratto  al  di  sotto  del  punto  raggiunto  nella 
prova  precedente,  perchè  il  liquido  entrasse  in  fervida  ebollizione  e  tutto 
fosse  pronto  per  una  nuova  lettura. 

«  Pei  vapori  i  risultati  delle  singole  prove  riescirono  più  concordanti 
che  per  i  gas,  poiché  le  risuonanze  erano  molto  più  distinte,  massime  pei 
vapori  più  densi. 

K  Ed  i  risultati  ottenuti  pei  vapori,  qui  sotto  nominati,  sono  questi: 


Vapori 

t 

L, 

'« 

V'o 

Vo 

ko 

d 

Cloroformio 

Etere  etilico  .... 

Gasolina 

Cloruro  di  metil.®  . 
Solfuro  di  carbonio 
Acetone  acetica.  .  . 
Alcole  allilico  .  .  . 
Alcole  etilico .... 
Propilaldeide  .... 

6Ì95 
35,55 
49,78 
43,29 
47,75 
58,23 
95,46 
79,68 
50,57 

mm 

156,47 
187,41 
182,19 
185,30 
198,98 
224,23 
246,19 
256,23 
•275,00 

mm 

367,08 
343,81 
350,91 
847,71 
349,91 
354,90 
370,59 
364,48 
851,28 

I44T2O 
179,91 
171,07 
175,73 
187,42 
207,98 
217,73 
230,83 
257,92 

I44T49 

180,04  0) 

171,26 

175,92 

187,67(1) 

208,38 

218,54 

231,64(0 

258,31 

1,1023 
1,0600 
1,2529 
1,1625 
1,1783 
1,1131 
1,2243 
1,0906 
1,7105 

4,138 
2,563 
3,348 
2,944 
2,622 
2,009 
2,009 
1,593 
2,009 

dove 

t  indica  la  temperatura  del  vapore; 

Lt  la  lunghezza  della  colonna  di  vapore  che  rinforza  al  massimo  il 
diapason  ; 

It  la  corrispondente  lunghezza  della  colonna  d'aria  secca; 

V'o  la  velocità  a  0®  del  suono  nel  vapore,  calcolata  colla  relazione 


L, 


V'o  =T^  Vo  |/l-(/y  — «)^ , 


(1)  Si  può  osservare  come  il  Masson  (Ann.  de  Chem.  et  de  Phys.,  S.  3%  t.  53, 
pag.  283,  1858),  avendo  studiata  la  velocità  del  suono  nel  vapore  dell'etere  etilico,  del  sol- 
furo di  carbonio  e  dell'alcole  etilico,  abbia  trovato  rispettivamente  i  valori  179,2,  189,  230, 
i  quali  sono  vicinissimi  ai  nostri. 


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—  804  — 

asBumendo  pel  coefBeiente  dì  dilatazione  dei  vapori  fi  =  0,00390  ; 

Yo  la  velocità  a  0°  del  suono  nel  vapore,  caloolata  colla  relazione 

_L,  1 

•~  /.^i  +  /»<-i(/?0*' 

ammettendo  che,  come  per  l'aria  e  l'acido  carbonico,  anche  pei  vapori  abbia 
luogo  la  relazione 

L,  =  Lo  f'i +/»<-!  (/»/)*; 

„        V,*.(f. 0,0012928  .,  ^     j  •      ,    .  -n-       A.  j  1 

^'  =  9.805.13,596.0.76  '^  "^P"^  ^"^  «^'"  '^'^'^  *  ^  ^'^ 
vapore; 

d  la  denfiìtà  teorica  dei  vapori  (meno  quella  della  gasolina  che  fa 
determinata  sperimentalmente),  come  quella  che  è  intermedia  in  generale  ai 
diversi  valori  sperimentali. 

«  Qui  si  potrebbe  notare  come  per  i  vari  vapori  i  rapporti  fra  le  velo- 
cità Y{  e  quelli  inversi  delle  radici  quadrate  dei  rispettivi  pesi  molecolari 
non  sieAO  molto  diversi,  come  appare  dal  seguente  confronto: 

Rapporti  delle  Rapporti  inversi  delle  radici 

velocità  quadrate  dei  pesi  molecolari 


Clorofor. 
Etere 

Clorofor. 
Clor.  di  metil. 

Clorofor. 
Solf.  di  carb. 

Clorofor. 
Acetone 

Clorofor. 
Ale.  allil. 

Clorofor. 
Alcol,  etil. 

Clorofor. 


0,839    .  |/ì^ -1  =  0,835 


|/ìW=».' 


Propilald. 

«  Però  se  ne  discosta  un  po'  Tetere,  pel  quale  si  è  dovuto  moltiplicare  il 
rapporto  dei  pesi  molecolari  per  f .  È  vero  che  anche  per  T  alcole  allilico  e 
per  la  propilaldeide,  isomeri  dell'acetone,  si  è  dovuto  moltiplicare  il  rapporto 
dei  pesi  molecolari  rispettivamente  per  j  e  |;  ma  quest'era  prevedibile,  in 
quanto  che  la  legge  stessa  di  Masson  (1.  e.)  che  i  calori  specifici  a  volume 


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—  805  — 

costante,  riferiti  air  unità  di  volume,  sono,  pei  gas  ed  i  vapori  composti,  pro- 
porzionali al  numero  dei  volumi  degli  elementi  semplici  che  costituiscono  il 
volume  del  composto,  non  ha  più  valore  in  tal  caso.  Anzi  è  interessante  l'os- 
servare come  molto  semplici  sono  tra  questi  isomeri  i  rapporti  suindicati  : 

Bapp.  della  veloc. 
^^^■^^  0.817  1/1  =  0,817 


Propilald.  '  y    8 

Ale.  allil.  /T  ♦ 

Propilald.  0,902  |/_  =  o,894 

Acetone  /T 

Ale.  aim.  0.906  |/|  =  0,913 

«  Ed  ora,  nelVipotesi  che  la  relazione  surriferita  avesse  luogo  in  gene- 
rale, il  rapporto  dei  calori  specifici  dei  vapori  alla  temperatura  assoluta  di 
ebollizione  dei  rispettivi  liquidi  risulterebbero  inversamente  proporzionali 
alle  temperature  stesse,  ed  il  coefficiente  di  proporzionalità,  quando  non  fosse 
Tunità,  sarebbe  un  numero  assai  semplice.  Ma  tanto  sia  per  ora  detto  colla 
massima  riserva,  comechè  fondato  sovra  pochissimi  dati  ^ . 


Fisica.  —  Sulla  dilatazione  termica  di  alcune  leghe  binane 
allo  stato  liquido.  Nota  II  (0  di  Q.  Vicentini  e  D.  Omodei,  presentata 
dal  Socio  Blaserna 

«  Nella  misura  della  dilatazione  delle  leghe  allo  stato  liquido,  abbiamo 
seguito  lo  stesso  metodo  ed  adoperato  il  medesimo  apparecchio  altra  volta 
descritti  (2). 

«  Le  leghe  si.studiano  in  dilatometri  di  vetro  di  noto  coefficiente  di  dila- 
tazione e  con  termometro  a  mercurio  confrontato  con  quello  ad  aria. 

«  Non  riteniamo  necessario  dare  qui  ulteriori  schiarimenti  sul  metodo 
sperimentale,  l'attuale  lavoro  essendo  da  considerarsi  quale  continuazione  dello 
studio  fatto  prima,  delle  leghe  di  Pb  e  Sn  e  pubblicato  nei  Bendiconti  di 
questa  B.  Accademia. 

«  Nel  comunicare  i  risultati  delle  nuove  ricerche  facciamo  cenno  del  modo 
col  quale  abbiamo  calcolato  certi  valori,  che  nello  studio  antecedente  si  sono 
consegnati  senza  alcun  schiarimento.  Passiamo  quindi  senz'altro  a  comunicare 
1  risultati  delle  osservazioni. 


0)  V.  pag.  718. 

(^)  Atti  della  B.  Aec.  di  Torino,  voi.  XXU,  1886  e  1887.  —  Rendiconti  della  B.  Acc. 
dei  Lincei,  fase.  10,  1887. 


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—  806  — 

I.  Lega  Sn  Bi. 

«  La  lega  Sn  Bi  è  stata  studiata  in  due  dilatometri  diversi,  i  quali  hanno 
dato  per  yalori  della  densità  D  alle  varie  temperature  t  quelli  registrati  nella 
tab.  lY.  Bicordiamo  che  Wn  indica  il  volume  dei  dilatometri  determinato  sino 
alla  divisione  n  del  loro  cannello,  ed  è  espresso  m(snx^\w  invece  è  il  volume 
di  una  divisione  del  cannello  nel  tratto  di  esso  ove  arriva  la  colonnina  del 
metallo  fuso,  ed  è  espresso  nella  stessa  unità. 

«  P  è  il  peso  in  grammi  della  lega  che  riempie  il  dilatometro.  È  inutile 
avvertire  che  tanto  nella  calibrazione  dei  dilatometri,  quanto  nelle  pesate 
delle  leghe  in  essi  introdotte  sì  tiene  sempre  conto  della  spinta  dell'aria,  ed 
i  numeri  riferiti  sono  sempre  corretti  rispetto  a  tal  causa  di  errore. 

Tabella  IV. 


Dilatometro  L 

Dilatometro  II. 

W^     = 

=  4,19264    w=:  0,0018485 

W...,==  5,13846    w  =  0,002300 

P=  36,9379 

P  =  45,1804 

1*  Serie            | 

2*  Serie 

t 

D 

t 

D 

1      1       t              D 

1 

151.2 

8.7709 

11 

168.7 

8.7829 

2 

179.6 

8.7621 

12 

178.9 

8.7774 

3 

186.3 

8.7572 

4 

214.5 

8.7311 

13 

204.8 

8.7580 

5 

246.5 

8.6968 

8 

250.7 

8.6965 

14 

242.6 

8.7211 

6 

277.9 

8.6617 

9 

275.9 

8.6696 

15 

274.0 

8.6874 

7 

298.3 

8.6441 

10 

289.7 

8.65405 

16 

306.6 

8.6521 

«  Come  fa  vedere  questa  tabella,  la  lega  Sn  Bi  è  stata  studiata  entro  un 
intervallo  di  temperatura  abbastanza  esteso  (15P — 307^).  Le  due  serie  di  mi- 
sure eseguite  col  dilatometro  I.  ci  hanno  mostrato  che  alle  temperature  più. 
basse,  cioè  a  quelle  inferiori  ai  210®,  dopo  parecchie  fusioni  e  lente  solidificazioni 
della  lega,  non  si  possono  ottenere  valori  concordanti  della  densità.  È  questa 
la  ragione  per  cui  non  riportiamo  sotto  la  IL  serie  i  valori  della  densità  alle 
temperature  inferiori  ai  250®,  perchè  riuscirono  troppo  piccoli,  ed  anzi  anda- 
vano diminuendo  di  valore  colla  ripetizione  delle  prove.  Alle  temperature  più. 
elevate  invece  i  risultati  concordano  pienamente  con  quelli  della  prima  serie. 

«  Coi  dati  delle  esperienze  1,  2,  3, 4  e  coi  valori  medi  di  quelli  delle 
esperienze  5-8 , 6-9 , 7-10,  abbiamo  costruita  la  curva  delle  densità  della 
lega,  assumendo  come  ascisse  le  temperature  (1*°°'  per  ogni  grado)  e  come 
ordinate  le  densità  (l""""  per  ogni  metà  della  terza  decimale).  Tale  curva  si . 


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—  807  - 

può  considerare  costituita  da  due  tratti  rettilinei  ben  distinti  ;  lune  molto 
inclinato  rispetto  all'asse  delle  ascisse,  che  rappresenta  le  densità  alle  tem- 
perature elevate  ;  Taltro  molto  meno  inclinato  in  corrispondenza  alle  tempe- 
rature inferiori.  Le  due  parti  rettilinee,  per  mancanza  di  un  numero  sufficiente 
di  punti,  sono  riunite  da  un  breve  tratto  curvilineo. 

«  Nel  dubbio  che  la  lega  avesse  perduta  la  propria  omogeneità  in  causa 
delle  ripetute  fusioni  e  solidificazioni  nell'interno  del  dilatometro,  fu  levata  e 
rimescolata  ben  bene  assieme  alla  parte  non  impiegata  nelle  misure  e  quindi 
introdotta  nel  dilatometro  IL  Studiata  con  esso  ha  dato  i  risultati  registrati 
pure  nella  tab.  lY  coi  quali  si  è  costruita  una  curva  che  sebbene  non  coincida 
con  quella  del  dilatometro  L  corre  però  perfettamente  parallela  ad  essa.  I 
valori  della  densità  della  lega  ad  una  stessa  temperatura,  quali  si  possono 
ricavare  dalle  due  curve,  differiscono  solo  di  due  millesimi  del  valore  totale. 
Questo  è  lo  scostamento  massimo  che  abbiamo  trovato  nel  valore  delle  den- 
sità delle  singole  leghe,  misurate  con  dilatometri  differenti. 

«  Dalle  due  curve  abbiamo  ricavato  i  valori  della  densità  della  lega  a 
diverse  temperature  t  quali  si  trovano  registrate  nelle  prime  colonne  della 
tabella  Y,  nell'ultima  colonna  della  quale  diamo  i  loro  valori  medi  che  hanno 
servito  a  costruire  la  curva  1  della  fig.  L 

Tabella  Y. 


Dilatometro  I. 

Dilatometro  II. 

Valori 
medi 

t 

D 

D 

150 

8,7850 

8,7710 

8,7780 

178 

8,7775 

8,7627 

8,7701 

185 

8,7740 

8,7585 

8,7662 

200 

8,7623 

8,7445 

8,7534 

215 

8,7480 

8,7303 

8,7391 

250 

8,7130 

8,6940 

8,7035 

280 

8,6«08 

8,6631 

8,6719 

310 

8,6484 

8,6324 

8,6404 

«  La  curva  1  fa  vedere  che  la  lega  Su  Bi  non  possiede  una  dilatazione 
regolare  e  quindi  non  è  una  lega  chimica. 

«  Essa  è  costituita  da  una  lega  ben  definita  di  stagno  e  di  bismuto  nella 
quale  si  deve  trovare  un  eccesso  di  uno  dei  componenti.  Nel  caso  attuale 
d'una  lega  di  stagno  e  bismuto,  nota  la  curva  della  densità,  è  facile  stabi- 
lire col  ragionamento  quale  è  il  metallo  eccedente. 

«  Il  tratto  di  curva  corrispondente  alle  temperature  più  basse,  sappiamo 
Ebndiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  105 


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—  808  — 

corrispondere  al  periodo  nel  quale  la  lega  chimica  è  già  fusa  ed  in  essa,  col- 
laumentare  della  temperatura,  vanno  discioglìendosi  porzioni  sempre  nuoTe 
del  metallo  eccedente. 

«  In  tale  periodo  la  densità  della  lega  (che  non  è  perfettamente  liquida) 
cambia  per  Taumento  di  temperatura,  e  per  la  rariazione  di  volume  del  me- 
tallo eccedente  che  continua  a  disciogliersi  in  essa.  Ora  per  la  Sn  Bi  il  primo 
tratto  della  curva  è  molto  meno  inclinato,  rispetto  air  asse  delle  ascisse,  di 
quello  che  non  sia  il  secondo  tratto  rettilineo,  che  dà  la  variazione  della  den- 
sità della  lega  completamente  fusa. 

«  È  questo  un  indizio  che  il  metallo  che  si  trova  in  eccesso,  nell'atto 
del  proprio  cambiamento  di  stato  diminuisce  di  volume. 

«  La  lega  è  quindi  troppo  ricca  di  bismuto. 

«  Prolungando  i  due  tratti  rettilinei  della  curva  essi  si  incontrano  appros- 
simativamente a  187°,  in  un  punto  al  quale  corrisponde  la  densità  8,768. 
L'eccesso  di  bismuto  sarebbe  quindi  tutto  disciolto,  saturando  la  lega  chimica, 
alla  temperatura 

t',  =  187^ 

«  Se  ci  serviamo  della  densità  a  150°  ed  a  178°  per  calcolare  la  varia- 
zione di  volume  che  subisce  l'unità  di  volume  della  lega  per  ogni  grado  di 
temperatura,  neirintervallo  nel  quale  essa  contiene  del  bismuto  solido,  si  ha 
il  valore 

a' =  0,0000822. 

«  Se  si  suppone  inoltre,  come  abbiamo  verificato  per  le  leghe  di  Pb  e  Sn, 
e  riconosceremo  esatto  per  altre,  che  fra  la  temperatura  di  fusione  t  della 
lega  e  la  temperatura  ifx  or  ora  determinata  la  variazione  di  densità  si  man- 
tenga proporzionale  a  quella  della  temperatura,  si  può  calcolare  coll'impiego 
di  d  la  densità  della  lega  alla  temperatura  t.  Facendo  il  calcolo  a  ciò  neces- 
sario si  ha: 

D^  =  8,8819 

come  densità  della  lega  alla  temperatura  di  fusione. 

tt  Nello  studio  dei  metalli  ed  in  quello  delle  leghe  di  Pb  e  Sn,  abbiamo 
veduto  come  riesca  facile  determinare  con  molta  approssimazione  la  densità 
Dt  di  essi  alla  temperature  di  fusione  ed  allo  stato  solido.  Valendoci  ora 
per  la  Sn  Bi  dei  dati  che  si  sono  ottenuti  coi  dilatometri  I.  e  IL  si  ha: 

«  Dilatometro  I.  Con  un  peso  di  lega  di  gr.  87,5810,  0%  =  8,7094. 

*    36,9851,  D%= 8,7084. 

«  Valore  medio  D*t  =  8,7089. 

«  Dilatometro  II.  Con  un  peso  di  lega  di  gr.  45,1804,  D«t  =  8,7250. 

«  Facendo  la  media  dei  valori  ricavati  coi  due  dilatometri  si  ha  quindi: 

D%  =  8,7169. 

«  Noti  che  siano  D^  e  D't  si  ricava  subito  il  valore  della  variazione  per- 


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—  809  — 

centaale  J  nella  densità  della  lega,  subita  nel  passaggio  dallo  stato  liquido 

al  solido.  Esso  risulta 

./=— 1,86 

vale  a  dire  la  lega  si  dilata  solidificandosi. 

«  Il  coefficente  di  dilatazione  della  lega  perfettamente  liquida,  la  quale 
come  mostra  la  curva  della  densità,  entro  i  limiti  di  temperatura  raggiunti 
si  dilata  uniformemente,  si  calcola  coi  valori  corrispondenti  alle  temperature 
215<>  e  810^  esso  è  dato  da 

«  =  0,00012085. 

«  Se  poi  si  calcola  il' coefficiente  di  dilatazione  a^  che  dovrebbe  avere 
la  lega  qualora  i  metalli  che  la  compongono  conservassero  la  dilatazione  che 
possiedono  allo  stato  liquido,  si  ha: 

«,=0,0001176 
che  è  di  poco  differente  dal  coefficente  a  trovato. 

«  Siccome  poi  noi  conosciamo  la  densità  dei  metalli  componenti  la  lega 
allo  stato  liquido,  nonché  il  loro  coefficente  di  dilatazione,  ci  è  possibile  cal- 
colare la  densità  che  dovrebbe  avere  la  lega  liquida  e  a  temperature  diverse, 
qualora  i  metalli  liquidi  conservassero  in  essa  il  loro  volume. 

«  Tale  densità  si  può  avere  ricorrendo  ali*  espressione 

U;  ^^— PD'4-FD 

dove  D  e  D'  sono  le  densità  dei  due  metalli  liquidi  alla  temperatura  che  si 
considera  e  P  e  P'  i  pesi  dei  due  componenti  secondo  il  rapporto  centesimale. 
«  Lo  studio  della  dilatazione  dei  metalli  fusi  ci  ha  portato  alla  conclu- 
sione che  vicino  alla  temperatura  di  fusione  essi  si  dilatano  uniformemente  ; 
quello  delle  leghe  di  Pb  e  Sn  e  della  lega  di  cui  qui  ci  occupiamo  prova 
che  la  stessa  cosa  si  verifica  per  esse,  quando  si  trovano  allo  stato  di  com- 
pleta fusione  ;  e  di  più  che  la  loro  dilatazione,  entr(T  i  limiti  degli  errori  di 
osservazione,  è  eguale  alla  sonmia  delle  dilatazioni  dei  metalli  componenti. 
Ciò  significa  che  i  metalli  conservano  nelle  leghe  fuse  il  proprio  coefficente 
di  dilatazione  anche  a  temperature  inferiori  di  molto  a  quella  della  loro  fa- 
sione.  Il  calcolo  della  densità  teorica  delle  leghe  liquide  col  mezzo  della  (1) 
si  può  applicare  anche  alle  temperature  alle  quali  i  metalli  presi  separata- 
mente sarebbero  solidi. 

«  Applicando  alla  Sn  Bi  la  (1)  per  le  temperature  226^,5  e  271®  (tem- 
peratura di  fusione  dei  suoi  componenti)  e  per  la  massima  temperatura  810, 
si  hanno  i  seguenti  valori  : 

D 

trovata  differenza 

8,6818  —0,006 

8,6625  +0,0208 

8,6404  +0,0875 


t 

calcolata 

226»,5 

8,6873 

271» 

8,6422 

310» 

8,6029 

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—  810  - 

B  Le  differenze  mostrano  che  alle  temperature  più  elevate  si  ha  contra- 
zione ed  alle  più  basse  mia  debolissima  dilatazione. 

«  Come  osserveremo  in  seguito,  lo  studio  delle  leghe  binarie  può  servire 
a  determinare  con  una  certa  approssimazione  il  coefBcente  di  dilatazione  e  la 
densità  di  un  metallo,  allo  stato  liquido,  quando  si  possa  unire  in  lega  con  un 
metallo  che  allo  stato  di  fusione  possiede  densità  e  coefficente  di  dilatazione 
noti.  Ammesso  di  fatto,  come  è  accennato  sopra,  che  nella  lega  aUo  stato  liquido, 
i  metalli  conservino  il  rispettivo  coeflBciente  di  dilatazione;  noto  che  sia  il 
coefficiente  di  dilatazione  a  della  lega  perfettamente  fusa,  quello  ci  di  uno 
dei  suoi  componenti,  che  entra  in  essa  col  peso  P  (rapporto  centesimale),  co- 
nosciute inoltre  le  densità  D  e  D'  del  metallo  stesso  e  della  lega  fusi,  ad 
una  determinata  temperatura,  il  coefficente  di  dilatazione  a''  del  secondo  com- 
ponente si  ottiene  applicando  la  formula 

,,      fg.lOOD  — g^PD^ 
^^^  ""  ■"       lOOD  — PD'     • 

Calcolando  questa  espressione  per  il  caso  della  lega  Sn  Bi,  supposto  incognito 
il  coefficente  di  dilatazione  del  bismuto,  questo  risulta 

«"  =  0,0001254 

valore  alquanto  più  grande  di  quello  dato  dall'esperienza  che  è  eguale  a 
0,000120.  Si  vede  dunque  che  qualora  a  non  fosse  conosciuto,  sarebbe  dato 
con  sufficente  approssimazione  collo  studio  della  Sn  Bi. 

tt  Finalmente  considerando  che  la  variazione  di  volume  che  accompagna 
la  formazione  delle  leghe  è  relativamente  piccola,  si  comprende  che  la  cono- 
scenza della  densità  di  queste  allo  stato  di  completa  fusione,  può  parimenti 
servire  alla  determinazione  del  valore  della  densità  di  uno  dei  loro  compo- 
nenti. Per  il  calcolo  basta  ricorrere  alla  formula 

(3)  ^-      P  +  P'_^ 

che  dà  la  densità  del  metallo  liquido  alla  temperatura  di  fusione,  in  funzione 
delle  densità  D  e  D'  che  alla  stessa  temperatura  possiedono  il  secondo  com- 
ponente e  la  lega,  ed  in  funzione  dei  pesi  P  e  F  dei  metalli  componenti 
(P  peso  di  quello  di  nota  densità). 

«  Eseguendo  il  calcolo  per  determinare  la  densità  del  bismuto  liquido 
alla  sua  temperatura  di  fusione  si  ha 

Dt  =  10,097 
in  luogo  di  10,0358  che  è  il  valore  trovato  direttamente  col  metodo  diiato- 
metrico.  La  differenza  tra  il  valore  calcolato  e  quello  trovato  è  solo  di  0,6 
su  cento. 

«  La  densità  calcolata,  come  era  prevedibile,  risulta  più  grande  di  quella 
misurata,  dappoiché  la  formazione    della   lega   liquida   alla  temperatura  di 


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—  811  — 

fusione  del  bismuto  (r=27P).  come  abbiamo  veduto,  è  accompagnata  da 
contrazione. 

n.  Lega  Sn4  BÌ3. 

«  La  lega  Sn4  Bis  è  stata  studiata  con  un  dilatometro  col  quale  si  sono 
fatte  tre  serie  di  determinazioni  che  hanno  portat<o  a  risultati  molto  concor- 
danti. Alla  fine  delle  esperienze  il  dilatometro  è  stato  vuotato  e  calibrafo  di 
nuovo  per  avere  un  controllo  dei  numeri  impiegati  nei  calcoli  delle  densità. 

«  Tanto  per  questa  lega  come  per  tutte  le  altre,  al  principio  ed  alla  fine 
di  ogni  serie  di  osservazioni  si  è  sempre  pesato  il  dilatometro  per  tener  conto 
delle  eventuali  perdite  di  lega  che  possono  accadere  nelle  operazioni  già  de- 
scritte quando  si  spiegava  il  metodo  sperimentale  seguito  nello  studio. 

Tabella  VI. 


Dilatometro  IH. 

Ws.e  =  8,63112 

t,;«  =  0,002425 

1*  Serie 

2»  Serie 

3*  Serie 

P  =  31,2898 

P=:  31 ,2.354 

P=x  31,2354 

t 

D 

9 

t- 

D 

t 

D 



_ 

148^5 

8,5689 





— 

— 

10 

153,6 

8,5636 

— 

— 

— 

— 

11 

154,4 

8,5621 

13 

154,3 

8,5628 

1 

178,5 

8,5379 

12 

174,9 

8,5402 

14 

176,2 

8,5392   1 

2 

202,9 

8,5133 

— 

— 

15 

202,5 

8,5126 

3 

240,0 

8,4732 

— 

— 

— 

— 

4 

249,3 

8,4653 

— 

— 

— 

— 

5 

269,8 

8,4465 

— 

— 

16 

270,4 

8,4418 

6 

275,4 

8,4376 

-- 

— 

— 

— 

7 

303,2 

8,4145 

— 

— 

17 

304,2 

8,4081 

8 

317,7 

8,3956 

— 

— 

— 

— 

«  I  numeri  della  tabella  VI  danno  già  un'idea  della  concordanza  dei 
risultati  ottenuti  in  giorni  e  condizioni  diverse.  Tracciando  la  curva  delle  den- 
sità (fig.  I  curva  n.  2)  si  trova  che  essa  è  rappresentata  da  una  retta.  La  lega 
Sn4  BÌ3  si  dilata  dunque  uniformemente,  a  partire  da  temperature  prossime 
a  quella  di  fusione;  è  perciò  da  considerarsi  una  lega  chimica.  Il  Mazzetto 
nel  lavoro  già  citato,  trovò  pure  che  fra  le  leghe  di  stagno  e  bismuto,  la 
Sn^  Bis  è  quella  che  nella  fusione  manifesta  il  carattere  di  lega  chimica. 

«  Dalla  cm'va  della  Sn4  Bis  togliamo  i  seguenti  valori  che  danno  la  den- 
sità della  lega  dì  venti  in  venti  gradi. 


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—  812  — 


Tabella  VII. 


Densità  della  lega  Sn4Bis  fra  150^  e  330^ 


f=:150,  D  =  8,5670 

170,  8,5466 

190,  8,5261 

210,  8,5057 

230,  8,4852 


f  =  250,  D  =  8,46^8 

270,  8,4444 

290,  8,4239 

310,  8,4035 

330.  8,3830 


«  Il  coefficente  di  dilatazione  per  la  lega  liqnida  è 

«  =  0,0001217. 
«  Quello  calcolato 

«,=0,0001172 
riesce  alquanto  minore  di  a. 

«  Il  modo  col  quale  si  raffredda  la  lega  Sn^  Bis,  come  ha  mostrato  a  noi 
e  ad  altri,  indica,  che  la  sua  solidificazione  avviene  completamente  alla  tem- 
peratura T  =  137^,3^  per  quanto  sappiamo  anche  la  dilatazione  della  lega  deve 
quindi  mantenersi  uniforme  sino  a  tale  temperatura. 

«  Perciò  col  valore  della  densità  a  150®  e  con  quello  del  coeflScente  di 
dilatazione  della  lega  ora  trovato  si  ottiene 

D^  =  8,5800 
quale  densità  della  lega  fusa,  alla  temperatura  di  fusione.  Tale  valore  si  ricava 
anche  dalla  curva  n.  2  prolungata  sino  al  punto  corrispondente  alla  tempe- 
ratura 137^3. 

«  La  densità  della  lega  solida  alla  stessa  temperatura  si  è  ricavata  nel 
modo  noto  colle  indicazioni  del  dilatometro  contenente  pesi  di  lega  fra  loro 
poco  differenti  e  si  è  ottenuto  :  i 

«  Con  un  peso  P  =  31,2421,  DS  =  8,5163 

31,2398,  »    =8,5185 

31,2354,  »»    =8,5225 

«  Medio         D't=  8,5191. 

(i  Per  mezzo  dei  valori  di  D^  e  D't  si  ha  che  la  variazione  percentuale 
della  densità  della  lega  all'atto  della  solidificazione  è  misurata  da 

z/=  — 0,71 
cioè  la  lega  aumenta  di  volume  solidificando. 

«  Se  si  applica  la  espressione  (1)  per  calcolare  la  densità  teorica  della 
lega  liquida  a  varie  temperature  si  ottiene 

D 

t  calcolata  trovata  differenza 

150^  8,5393  8,5670  +0,0277 

226.5  8,4640  8,4889  +0,0249 

271  8,4202  8,4434  +0,0232 

310  8,3821  8,4035  +0,0214 


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—  813  — 

«  La  formazione  di  questa  lega  allo  stato  liquido  è  dunque  accompa- 
gnata da  una  contrazione  di  volume,  che  va  debolmente  diminuendo  col  cre- 
scere della  temperatura. 

«  Applicando  la  (2)  si  ricava  per  coefScente  di  dilatazione  del  bismuto 

il  valore 

«"=0,0001302 

che  è  maggiore  del  valore  dato  dair  esperienza. 

«  Servendoci  infine  della  (3)  per  avere  la  densità  del  bismuto  liquido 
alla  temperatura  di  fusione  risulta 

Dt= 10,090. 
Anche  in  questo  caso  tale  numero  è  più  grande  di  quello  trovato. 

III.  Lega. 

«  La  lega  fu  dapprima  introdotta  nel  dilatom.  lY  di  volume  Wi  39=4,88693 
con  un  cannello  del  quale  una  divisione  ha  il  valore  ^^  =0,00280;  un  peso 
di  essa  eguale  a  gr.  37,3317  arrivava  fino  alla  divisione  19,5  ;  per  cui  la 
densità  della  Sus  Cd  solida  alla  temperatura  di  fusione  è 

D%=  7,5756. 

«  Essendosi  rotto  il  dilatometro  al  principio  delle  determinazioni  sulla 
lega  liquida,  si  dovette  con  essa  riempire  il  dilatometro  VI,  e  con  questo  si 
sono  fatte  le  due  i^erie  di  misure  raccolte  nella  tabella  Vili.  Dei  valori  delle 
densità  corrispondenti  a  temperature  molto  vicine  si  sono  ricavate  le  medie, 
e  con  queste  si  è  tracciata  la  curva  delle  densità,  che  risulta  una  linea  retta 
(fig.  I,  curva  3).  È  dalla  curva,  che  si  sono  tolti  i  valori  delle  densità  della  lega 
liquida  fra  180^  e  310^  quali  si  trovano  nell'ultima  parte  della  tabella  seguente  : 

Tabella  Vili. 
Densità  della  lega  Sn,  Cd  fra  180^  e  310^ 

Dilatometro  VI. 
W31  =  4,24001  w^  =  0,00282 


1»  Serie 
P  =  30,9165 

2*  Serie 
P  =  30,9124 

Valori  dedotti 
dalla  curva 

t 

D 

t 

D 

t 

D 

184^,9 

7,2796 

183^2 

7,2768 

180 

7,2820 

213,6 

7,2550 

221,6 

7,2445 

210 

7,2554 

253,2 

7,2200 

252,8 

7,2161 

250 

6,2203 

283,8 

7,1921 

284,0 

7,1893 

280 

7,1936 

304,8 

7,1696 

306,1 

7,1695 

310 

7,1670 

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—  814  — 

«  La  lega  Siis  Cd  è  una  lega  chimica,  come  ha  provato  la  legge  del  suo 
rafireddamento ,  ed  ora  indica  rimiforme  sua  dilatazione.  Ad  ess^  spetta  il 
coefficiente  di  dilatazione 

«  =  0,0001235 

col  quale  si  può  calcolare  la  densità  della  lega  liquida  alla  temperatura  di 
fusione  174^8,  e  si  ha 

D't  =  7,2867 
«  Con  D^,  e  D*t  dato  più  addietro,  si  calcola 

^  =  3,964; 

quindi  all'atto  della  solidificazione  della  Sn^  Cd  si  ha  un  notevole  aumento 
di  densità. 

«  Il  coefficiente  di  dilatazione  della  lega  calcolato  in  base  a  quello  dei 
metalli  componenti  è 

«,  =  0,0001305 

molto  più  grande  di  quello  trovato. 

«  Ecco  ora  i  valori  teorici  della  densità  della  lega  liquida  a  varie  tem- 
perature, calcolati  col  mezzo  della  (1)  della  Nota  antecedente,  e  le  loro  dif- 
ferenze sopra  i  valori  trovati. 

D 


t 

calcolata 

trovata 

diffcreuza 

180°, 

7,3479 

7,2820 

—  0,0659 

226°.5 

7,3038 

7,2412 

—  0,0626 

318» 

7,2178 

7,1599 

—  0,0579 

tt  La  formazione  della  l^a  Sn^  Cd  allo  stato  liquido  è  accompagnata 
da  dilatazione. 

«  CoU'impiego  della  (2)  si  trova  che  il  coefficente  di  dilatazione  posse- 
duto dal  cadmio  nella  lega,  ammesso  che  lo  stagno  vi  conservi  il  proprio,  è 

a"  =0,0001461 

valore  notevolmente  minore  di  quello  misurato  (0,000170). 

«  La  (3)  poi  ci  dice  che  la  densità  che  possiede  il  cadmio  liquido  a  % 
nella  lega  stessa  è 

D^  =  7,7662 
«  L'essere  questo  numero  più  piccolo  del  valore  di  D't  trovato  diretta- 
mente (7,982)  è  giustificato  da  quanto  abbiamo  più  sopra  ricavato,  intomo 
alla  dilatazione  che  accompagna  la  mescolanza  dei  metalli  liquidi  che  costi- 
tuiscono la  lega  » . 


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—  815  — 

Fisica.  —  Sui  sistemi  di  frangie  cP interferenze  prodotte  da 
una  sorgente  di  luce  a  due  colori.  Nota  del  dott.  Michele  Cantone» 
presentata  dal  Socio  Blaserna  ('). 

«  Sinora  non  si  è  potuto  procedere  allo  studio  di  deformazioni  istantanee 
mediante  rapparecchio  di  Fizeau,  perchè  gli  spostamenti  delle  frangie  d'inter- 
ferenza, per  la  grande  rapidità  con  cui  avvengono,  non  possono  seguirsi  dal- 
Tocchio.  Io  ho  pensato  però  che  fosse  facile  anche  in  tal  caso  Tattuazione 
del  metodo  in  parola  ricorrendo  per  la  produzione  delle  frangie,  invece  che 
ad  una  sorgente  di  luce  monocromatica,  ad  una  fiamma  che  desse  contempo- 
raneamente due  colori  semplici  dello  spettro.  Infatti  allora  in  luogo  di  avere 
anelli  di  una  sola  tinta,  si  devono  ottenere  anelli  a  colorazioni  diverse  e 
riproducentisi  con  un  dato  periodo,  per  modo  da  conseguire  un  effetto  analogo 
a  quello  che  si  ha  nel  fenomeno  prodotto  dal  prof.  Righi  {})  colla  formazione 
delle  frangie  negli  specchi  di  Fresnel  usufruendo  dei  n^gì  provenienti  da 
due  regioni  dello  spettro.  Con  tale  modificazione  se  si  è  in  grado  di  consta- 
tare nettamente  quel  periodo,  supposto  che  si  conosca  il  senso  dello  sposta- 
mento delle  frangie,  si  può  misurare  una  variazione  di  lunghezza,  avvenuta 
nel  corpo  in  esame,  corrispondente  ad  un  numero  di  frangio  minore  di  quello 
che  costituisce  il  periodo,  senza  bisogno  di  seguire  lo  spostamento  delle  strie 
una  per  una. 

«  Per  ottenere  risultati  praticamente  utili  conviene  che  le  tinte  sì  ripro- 
ducano coll*intervallo  di  un  numero  di  frangie  che  non  sìa  né  troppo  piccolo 
né  troppo  grande,  perchè  nel  primo  caso  si  potrebbero  constatare  variazioni 
di  lunghezza  assai  piccole,  e  nelValtro  si  avrebbe  incertezza  nell'apprezza- 
mento del  periodo. 

«  La  sorgente  che  si  presta  assai  bene  per  ricerche  del  genere  avanti 
esposto  è  quella  colorata  mediante  i  sali  di  sodio  e  litio:  con  essa  infatti 
le  colorazioni  devono  riprodursi  coli 'intervallo  di  circa  7,24  anelli  della  luce 
del  litio,  avendosi  in  quel  tratto  un  numero  uguale  aumentato  di  una  unità 
di  frangie  gialle  ;  cosicché  dato  sempre  il  caso  che  si  conosca  il  senso  dello 
spostamento,  si  può  arrivare  a  misurare  una  variazione  istantanea  di  lunghezza 
inferiore  a  nmi.  0,0024. 

«  Io  sono  riuscito  ad  avere  fra  due  lastre  di  vetro,  con  una  lampada  a 
gas  colorata  dai  vapori  di  sodio  e  litio,  un  sistema  di  frangie  a  tinte  varia- 
bili e  riproducentisi  periodicamente,  ed  ho  constatato  che  l'intervallo  costi- 
tuente il  periodo  era  precisamente  quello  preveduto  dalla  teoria.  L'aspetto 
del  campo  del  cannocchiale  era  quale  dovea  aspettarsi  per  la  sovrapposizione 

{})  Lavoro  eseguito  nel  laboratorio  di  fisica  della  R.  Università  di  Palermo,  maggio  1888. 
(^)  A.  Righi,  Ricerche  sperimentali  stUr interferenza  della  luce.  Memorie  dell'Acca- 
demia delle  scienze  dell'Istituto  di  Bologna,  serie  3%  tomo  Vili,  sessione  del  19  aprile  1877. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV.  1»  Sem.  106 


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--  816  — 

dei  due  sistemi  di  anelli:  spiccavano  alcune  frangie  di  un  rosso  vivo  sepa- 
rate da  serie  identiche  di  altre  meno  pronunziate  con  tinte  tendenti  all'azzur- 
rognolo ed  alter nantisi  con  dei  tratti  neri,  che  riuscivano  più  marcati  a  mi- 
sura che  si  trovavano  più  lontani  dalle  strie  rosse.  Il  periodo  poteva  pertanto 
apprezzarsi  sia  contando  il  numero  di  frangie  colorate  fra  due  successivi  tratti 
neri  aventi  la  massima  nettezza  e  i  bordi  ugualmente  colorati,  sia  tenendo 
conto  delle  frangie  che  si  aveano  fra  due  successive  colorate  in  rosso  vivo. 
«  Per  la  produzione  dei  vapori  metallici  nella  fiamma  mi  servivo  di  uno 
stoppino  di  fili  di  amianto,  alimentato  da  una  soluzione  di  carbonato  di  litio 
che  era  contenuta  in  un  recipiente  di  vetro  capovolto;  così  con  piccolo  con- 
sumo di  quella  sostanza  poteva  ottenere  per  molto  tempo  una  luce  suf&ciente- 
mente  intensa  per  la  produzione  del  fenomeno  che  si  volea  esaminare.  Non 
vi  fu  bisogno  di  aggiungere  nella  soluzione  del  cloruro  di  sodio,  perchè,  attese 
le  piccole  impurità  del  carbonato  di  litio,  la  luce  della  fiamma  esaminata 
allo  spettroscopio  diede  la  riga  rossa  del  litio  e  quella  gialla  del  sodio  sen- 
sibilmente colla  stessa  vivacità.  Quanto  alla  riga  del  litio  nel  giallo  non  potè 
constatarsene  la  presenza,  il  che  accennava  alla  piccola  intensità  dei  raggi 
corrispondenti  a  quella  riga  e  conseguentemente  airinfluenza  trascurabile  che 
la  presenza  di  tali  raggi  poteva  avere  nel  fenomeno. 

«  Accertatomi  che  il  metodo  da  me  ideato  era  attuabile,  ho  voluto  stu- 
diare una  modificazione  di  cui  esso  è  suscettibile,  tendente  ad  apportare  una 
maggiore  esattezza  nelle  misure.  Ho  pensato  infatti  che,  ottenendo  con  una 
lente  l'imagine  reale  delle  frangie  sulla  fenditura  dello  spettroscopio,  si  do- 
veano  vedere  le  frangie  prodotte  dalle  due  sorgenti  monocromatiche  separate 
da  uno  spazio  dipendente  dalla  dispersione  del  prisma  e  dalla  larghezza  della 
fenditura;  di  guisa  che  facendo  variare  opportunamente  siffatta  larghezza  si 
poteano  portare  i  due  campi  striati  a  contatto  l'uno  dell'altro.  Con  questo 
artificio,  specialmente  nel  caso  che  le  frangie  si  presentassero  a  forma  di 
tratti  paralleli  e  perpendicolari  agli  spigoli  della  fenditura  si  dovea  poter 
misurare  colla  massima  esattezza  la  differenza  di  fase  fra  i  raggi  rossi  e  i 
gialli  in  un  punto  qualunque  del  campo  visibile,  per  cui  valutando  gli  spo- 
stamenti delle  frangie  per  una  variazione  prodotta  nello  spessore  della  lamina 
d'aria  si  avea  il  mezzo  di  determinare  la  grandezza  della  variazione  con- 
nata, purché  questa  non  superasse  il  limite  di  mm.  0,0024. 

«  L'esperienza  ha  confermato  il  vantaggio  che  si  poteva  avere  daUa  modi- 
ficazione Sopra  esposta.  Le  frangie  si  ottenevano  in  questo  come  nel  caso 
precedente  con  un  apparecchio  analogo  a  quello  di  Fizeau.  Il  fascio  di  luce 
dopo  avere  subito  la  doppia  riflessione  sulle  due  faccio  della  lamina  d'aria 
cadeva  su  una  lente  acromatica  a  corto  foco,  collocata  al  di  là  del  punto  di 
convergenza  di  esso  fascio  :  lo  spettroscopio  veniva  disposto  in  modo  che  sulla 
fenditura  si  avesse  l'imagine  delle  frangie  e  il  collimatore  riuscisse  col  suo 
asse  sensibilmente   parallelo  alla  direzione   nella   quale  arrivavano  i  raggi. 


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—  817  — 

Allargando  coiiTeiiientemeiite  la  fenditura  si  aveano  due  imagini  di  essa  a 
contatto  fra  loro,  rossa  Tana,  gialla  Taltra,  e  portanti  entrambe  le  frangio 
d'interferenza,  le  quali,  modificando  opportunamente  Torientazione  della  lastra 
mobile  dell'apparecchio,  potevano  ottenersi  a  forma  di  tratti  perpendicolari 
ai  bordi  della  fenditura. 

«  Potendosi  nelle  condizioni  in  cui  si  operava  apprezzare  assai  bene  il 
decimo  di  frangia  si  fu  in  grado  di  constatare  che  fra  due  frangio  gialle 
sensibilmente  sul  prolungamento  di  due  rosse  ne  erano  comprese  7  e  '/«  circa 
delle  prime. 

«  Si  potrebbe,  a  mio  credere,  aumentare  il  limite  delle  variazione  istan- 
tanee di  lunghezza  suscettibili  di  misura  con  questo  metodo  adoperando  la 
luce  proveniente  da  due  regioni  dello  spettro  solare  più  vicine  delle  linee 
relative  al  sodio  ed  al  litio,  la  quale  si  farebbe  convergere  con  una  lente, 
nel  punto  stesso  ove  d'ordinario  si  colloca  la  fiamma  a  gas.  Se  il  periodo  in 
questo  caso  non  può  nettamente  determinarsi,  si  può  però  difBcilmente  commet- 
tere un  errore  superiore  alle  sette  frangio  ;  sicché  questa  disposizione  potrebbe, 
adoperandosi  alternativamente  coir  altra  precedentemente  esposta,  dare  con 
approssimazione  il  numero  di  frangio  che  sono  passate  per  un  determinato 
pimto,  riservando  la  disposizione  precedentemente  descritta  per  l'accertamento 
esatto  di  quel  numero.  Io  non  ho  fatto  delle  esperienze  in  proposito  perchè 
il  mio  apparecchio,  per  il  modo  come  era  collocato,  non  mi  permetteva  di 
realizzare  quelle  condizioni  per  le  quali  dovea  prodursi  il  fenomeno  ;  ma  non 
credo  che  siffatta  produzione  sia  per  se  stessa  molto  difficile. 

«  Accenno  infine  ad  un  risultato  sperimentale  cui  sono  pervenuto  e  che 
facilmente  si  potea  prevedere. 

«  Ho  prodotto  le  frangio  colla  sola  luce  del  sodio,  ho  &tto  cadere  Tima- 
gine  ottenuta  per  mezzo  di  una  lente  sulla  fenditura  di  uno  spettroscopio  a 
forte  dispersione,  ed  ho  osservato  che  la  imagine  della  fenditura  era  contor- 
nata lateralmente  da  due  sottili  striscio  di  minore  splendore,  anch'esse  striate 
trasversalmente,  epperò  in  modo  da  aversi  in  generale  una  differenza  di  fase 
colle  frangio  corrispondenti  del  campo  centrale,  in  un  senso  per  una  delle 
striscio  in  senso  opposto  per  l'altra.  Stringendo  mano  mano  la  fenditura  si 
potea  sopprimere  la  regione  centrale  e  portare  le  due  strisele  a  contatto  fra 
loro;  nel  qual  caso  la  differenza  di  fase  dei  due  sistemi  di  strie  si  poteva 
apprezzare  con  maggiore  precisione. 

«  Il  fenomeno,  come  si  può  subito  argomentare,  è  dovuto  al  fatto  che 
la  luce  del  sodio  non  è  monocromatica,  per  cui  si  hanno  sempre  due  ima- 
gini, le  quali  d'ordinario  sono  in  parte  sovrapposte  lasciando  due  porzioni 
del  campo  una  a  destra,  l'altra  a  sinistra  colorate  di  luce  monocromatica. 

tf  I  sistemi  di  frangio  che  si  hanno  in  queste  strie  non  sono  sul  prolun- 
gamento l'uno  dell'altro  se  non  nel  caso  in  cui  gli  anelli  colorati  si  presen- 
tano direttamente  colla  massima  nettezza  ;  sono  invece  in  opposizione  quando 


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—  818  — 

lo  spessore  della  lamina  d*arìa  sia  tale  da  aversi  rannullamento  delle  frangie 
osservate  direttamente  :  ho  visto  difatti  che  per  uno  spessore  della  lamina 
diaria  quasi  nullo  le  strie  dell*un  sistema  erano  sensibilmente  sul  prolunga- 
mento di  quelle  dell'altro,  e  in  queste  condizioni  allargando  la  fenditura  le 
frangio  apparivano  assai  marcate  nella  regione  centrale  comune  alle  due  ima- 
gini  della  fenditura;  mentre  aumentando  lo  spessore  della  lamina  d*aria  si 
arrivava  ad  avere  nella  porzione  comune  un  campo  colorato  uniformemente 
con  co  atomi  laterali  striati:  stringendo  allora  nuovamente  la  fenditura  sìdo 
a  portare  a  contatto  le  regioni  striate  i  tratti  luminosi  dell'un  sistema  si  trova- 
vano in  corrìspondonza  coi  tratti  oscuri  delV altro.  Aumentando  ancora  lo  spes- 
sore della  lamina  d*aria  variava  visibilmente  la  differenza  di  fase  dei  due 
sistemi  di  strie  ed  allargando  la  fenditura  si  trovava  che  le  frangio  ricompa- 
rivano nella  regione  centrale  » . 

Fìsica.  —  Stilla  influenza  delle  forze  elastiche  sulle  vibrazioni 
trasversali  delle  corde.  Nota  III  (^)  del  prof.  Pietro  Cardani,  pre- 
sentata dal  Socio  Blaserna. 

V. 

Influenza  del  diametro. 

«  I  risultati  esposti  nella  Nota  precedendo  relativi  all'influenza  del  peso 
tensore  hanno  dimostrato  chiaramente  che  tra  la  teoria  e  la  pratica  non  esi- 
stono quelle  forti  divergenze  che  aveva  trovato  il  Savart,  e  che  invece  l'ac- 
cordo è  quasi  completo  anche  con  pesi  tensori  molto  piccoli.  Besta  dunque 
fuor  di  dubbio  che  il  numero  di  vibrazioni  molto  elevato,  che  il  Savart  otte- 
neva dalle  corde  anche  con  un  peso  tensore  eguale  a  zero,  era  quello  corri- 
spondente alle  corde  vibranti  come  verghe  elastiche  fisse  alle  due  estremità, 
che  nel  corso  delle  esperienze  egli  aveva  seguito  le  modificazioni  che  a  questo 
numero  di  vibrazioni  apportavano  le  differenti  tensioni,  e  che  quindi  il  Savart 
nel  suo  lavoro  aveva  ottenuto  uno  scopo  del  tutto  differente  da  quello  pre- 
fiyssosi.  L'equivoco  in  cui  era  incorso  il  Savart  nel  prendere  come  nota  fon- 
damentale della  corda  quella  corrispondente  alla  stessa  corda  vibrante  come 
verga  elastica  fissa  alle  due  estremità,  doveva  necessariamente  portare  come 
conseguenza  l'altro  risultato  da  lui  ottenuto,  che  cioè  le  divergenze  dovevano 
essere  tanto  più  forti  quanto  maggiore  era  il  diametro  della  corda  elastica  : 
dimostrato  invece  dalle  mie  ricerche  l'accordo  quasi  completo  esistente  tra  la 
teoria  e  la  pratica  nel  problema  delle  corde  vibranti,  era  logico  supporre  che 
questo  accordo  dovesse  rimanere  tale  indipendentemente  dal  diametro  delle 
corde  adoperate. 

(»)  V.  p.  705. 


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—  819  — 

e  In  questo  studio  dell'influenza  del  diametro  nelle  vibrazioni  delle  corde 
ho  seguito  lo  stesso  metodo  descritto  nella  Nota  precedente,  sia  per  determi- 
nare il  numero  delle  vibrazioni  della  corda,  sia  per  determinarne  la  lunghezza 
ed  il  peso.  Per  rendere  i  risultati  esperimentali  meglio  paragonabili  tra  loro 
ho  cercato  che  presso  a  poco  il  peso  tensore  fosse  proporzionale  al  peso  del- 

P 
Tunità  di  lunghezza  della  corda,  per  cui  essendo  il  rapporto  —  quasi  costante, 

diventava  pure  quasi  costante  la  velocità  V  teorica  di  propagazione  delle  vi- 

p 
brazioni  trasversali,  ed  il  rapporto  —  fu  calcolato  in  modo  che  avesse  la  ve- 
locità V  un  valore  di  circa  100  metri. 

«  Ho  creduto  conveniente  in  queste  ricerche  delVinfluenza  del  diametro 
seguire  anche  neir  esposizione  dei  risultati  il  metodo  della  Nota  precedente, 
di  paragonare  cioè  quelli  da  me  ottenuti  con  quelli  che  avrei  dovuto  ottenere 
secondo  le  esperienze  del  Savart;  il  niunero  N  di  vibrazioni  che  dovevano 
dare  le  corde  da  me  adoperate  secondo  il  Savart  fu  calcolato  colla  solita 
formola: 


e  nel  modo  che  fu  precedentemente  descritto. 

«  Per  paragonare  tra  loro  le  velocità  di  propagazione  delle  vibrazioni 
trasversali  invece  che  i  numeri  delle  vibrazioni  basta  moltiplicare  entrambi 
i  membri  dell'equazione 

N  =  t/n«  +  nS 
per  2L;  la  nuova  equazione  sarà 

dove  V  è  la  velocità  di  propagazione  delle  vibrazioni  trasversali  nella  corda 
con  un  peso  tensore  eguale  a  P  e  che  si  determina  coll'esperienza,  v  quella 
corrispondente  ad  un  peso  tensore  P  =  0  e  che  si  ricava  dalla  Memoria  di 
Savart  supponendo  vera  la  legge  dei  diametri  da  lui  ottenuta,  e  Vi  quella 
che  teoricamente  dovrebbe  corrispondere  al  peso  tensore  P. 

«  Nei  seguenti  prospetti  nella  1*  colonna  è  segnato  il  pesoj»  dell'unità 
di  lunghezza  della  corda  adoperata. 

«  Nella  seconda  colonna  il  raggio  B. 

«  Nella  terza  il  peso  tensore  P. 

«  Nella  quarta  la  velocità  v=2nL  corrispondente  ad  un  peso  tensore 
P=0. nella  quale  n  viene,  c^me  si  disse,  dedotto  dalle  esperienze  del  Savart. 

«  Nella  quinta  la  velocità  Vi  =  1/-^  colla  quale  dovrebbero  teoricamente 

prop^rsi  le  vibrazioni  trasversali  con  un  peso  tensore  eguale  a  P. 

«  Nella  sesta  la  velocità  Y=yv^-{'V^i  che  dovrebbe  aversi  se  fossero 
vere  le  conclusioni  alle  quali  portano  le  esperienze  del  Savart. 


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—  820  — 

tf  Finalmente  nella  settima  le  differenze  V  —  v  tr^  la  velocità  pratica  e 
la  teorica,  che  esprimerebbero  secondo  il  Savart  Tinfluenza  del  diametro  nelle 
vibrazioni  delle  corde. 

Bame. 


■  p 

grammi 

R 

millimetri 

P 

grammi 

v=2nL 

metri 

metri 

metri 

metri 

7,9489 

0,537 

6908 

80,98 

92,30 

122,79 

30,49 

4,3712 

0,398 

4208 

60,05 

97,15 

114,21 

17,06 

2,0641 

0,274 

2362 

41,36 

105,59 

113,68 

7,79 

1,4214 

0,227 

1752 

34,13 

109,90 

115,08 

5,18 

1,2489 

0.213 

1430 

32,36 

105,93 

110,76 

4,83 

0,6207 

0,150 

633 

22,70 

100,00 

102,14 

2,54 

0,3769 

0,117 

437 

17,93 

106,59 

108,03 

1,44 

Ottone. 


p 

grammi 

B 

millimetri 

P 

grammi 

t?=2«L 
metri 

metri 

metri 

metri 

5,7990 

0,469 

5428 

87,10 

95,71 

130,56 

34,85 

3,1990 

0,349 

3008 

64,88 

95,99 

115,86 

19,87 

1,9071 

0,269 

1936 

49,91 

99,74 

111,53 

11,79 

1,4078 

0,231 

1435 

42,82 

100,09 

108,78 

8,69 

1,1272 

0,207 

1143 

37,99 

99,68 

106,77 

7,11 

0,5211 

0,141 

530 

26,08 

99,83 

103,17 

3,34 

0,4220 

0,126 

432 

23,34 

100,16 

102,84 

2,68 

0,1162 

0,066 

120 

12,24 

100,59 

101,33 

0,74 

Ferro. 


p 

R 

P 

t;=2»L 

metri 

V-r» 

V=|/t7«  +  rx« 

grammi 

millimetri 

grammi 

metri 

metri 

metri 

8,6551 

0,598 

7336 

140,87 

91,16 

167,76 

76,60 

6,5823 

0,521 

6708 

120,68 

99,95 

158,24 

58,29 

2,1330 

0,297 

2170 

70,03 

99,85 

121,96 

22,11 

1,8324 

0,275 

1865 

64,72 

99,87 

119,00 

19,13 

0,9387 

0,197 

964 

46,37 

100,32 

110,51 

10,19 

0,8412 

0,186 

858 

43,79 

99,97 

109,14 

9,17 

0,4884 

0,142 

497 

33,48 

99,86 

105,32 

5,46 

0,3490 

0,120 

361 

28,17 

100,68 

104,54 

3,86 

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—  821  — 
Aeeiajo. 


p 

gntmm! 

R 

mUlimetri 

P 

grammi 

7059 

4008 

1011 

561 

411 

361 

t?=2nL 

metri 

metri  ^ 

metri 

metri 

7,5503 
4,3724 
0,9618 
0,5411 
0,4036 
0,3583 

0,554 
0,420 
0,198 
0,148 
0,128 
0,121 

144,19 
109,32 
51,52 
38,47 
33,32 
31,47 

95,74 
94,79 
101,48 
100,79 
99,89 
99,36 

173,08 
146,39 
113,81 
107,88 
105,30 
104,22 

77,34 

51,60 

12.33 

7.09 

5,41 

4,86 

a  Nei  seguenti  prospetti  sono  invece  riassunti  i  risultati  che  ho  avuti 
dall'esperienza.  Nell'intervallo  di  tempo  tra  il  passaggio  di  una  fenditura  e 
quello  della  fenditura  successiva,  le  corde  compivano  5  vibrazioni  semplici  ed 
il  numero  delle  vibrazioni  della  corda  veniva  calcolato  nel  modo  descritto 
nella  Nota  precedente. 

.   «  Nella  prima  colonna  è  trascritta  la  durata  T  di  un  giro  del  disco  in 
vibrasioni  doppie  deirelettrodiapason. 

«  Nella  seconda  ilnum.  di  vibrazioni  N  compiuto  dalla  corda  in  un  secondo. 

«  Nella  terza  la  velocità  W  di  propagazione  delle  vibrazioni  trasversali 
corrispondente  al  numero  di  vibrazioni  N. 

»  Nella  quarta  la  velocità  teorica  e;i=l/— ^;  è  inutile  fare  osservai-e 

che  i  valori  di  Vi  sono  gli  stessi  di  quelli  dei  prospetti  precedenti. 

«  Nella  quinta  colonna  la  differenza  W — Vi  tra  i  valori  deU* esperienza 
e  i  valori  della  teoria,  la  quale  differeìiza  esprime  Tinfluenza  del  diametro 
nelle  vibrazioni  delle  corde  quale  risulta  da  queste  mie  ricerche. 

«  Finalmente  nella  sesta  colonna  ho  trascritti  nuovamente  i  valori  V — Vi 
dei  prospetti  precedenti  e  che  indicherebbero,  come  si  disse,  Tinfluenza  del 
diametro,  se  fossero  veri  i  risultati  del  Savart. 

Rame. 
L  =  mm.  419,00  per  P  —  0. 


T 

N. 

W 

Vi 

W— », 

V^vi 

17,71 

112,93 

94,61 

• 

92,30 

-4-2,31 

30,49 

16,70 

119,75 

100,42 

97,15 

-+-3,27 

17,06 

15,53 

128,78 

108,03 

105,89 

-4-2,14 

7,79 

15,14 

132,10 

110,83 

109,90 

-t-0,93 

5,18 

15,52 

128,78 

108,03 

105,93 

-h2,10 

4,83 

16,68 

119,90 

100,63 

100,00 

-f-0,63 

2,54 

15,66 

127,70 

107,19 

106,59 

-4-0,60 

1,44 

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—  822  — 

Ottone. 
L  =  iiim.  419,00  per  P  =  0. 


1  '^ 

N 

W 

Vx 

W— ri 

V-r, 

17,10 

116,96 

98,13 

95.71 

-+-2,42 

34,85 

16,95 

117,72 

98,79 

95,99 

-+-2.80 

19,87 

16,82 

118,90 

99,75 

99,74 

-+-0,01 

11,79 

16,69 

119,82 

100,55 

100,09 

-+-0.46 

8,69 

16,65 

120,12 

100,80 

99,68 

-+-1,12 

7,11     1 

17,06 

117,29 

98,44 

99,83 

-1,34 

3,34 

17,07 

117,16 

98,34 

100,16 

-1,82 

2,68 

17,04 

117,36 

98,52 

100,59 

-2,07 

0,74 

Ferro. 
L  =  mm.  419,00  per  P  =  0. 


Acciajo. 
L  =  mm.  419,00  per  P  =  0. 


T 

N 

W 

Vx 

Yf  —  Vx 

V-», 

17,71 

112,93 

94,61 

91,16 

+  3,45 

76,60 

16,15 

123,84 

103,78 

99,95 

+  3,83 

58,29 

16,66 

120,04 

100,70 

99,85 

+  0,85 

22,11 

16,61 

120,41 

101,02 

99,77 

+  1,15 

19,13 

16,60 

120,48 

101,10 

100,32 

+  0,78 

10,19 

16,58 

120,62 

101,22 

99,77 

4-1,25 

9,17 

16,75 

118,32 

99,32 

99,86 

-0,54 

5,46 

17,34 

115,34 

96,81 

100,68 

-3,87 

3,86 

T 

N 

W 

-    Vx 

W  — »i 

V-f;, 

17,12 

116,82 

97,89 

95,74 

+  2,15 

77,34 

17,34 

115,34 

96,72 

94,79 

+  1,93 

51,60 

16,55 

120,84 

101,41 

101,48 

-0,07 

12,33 

16,77 

119,26 

100,09 

100,79 

-0,70 

7,09 

16,71 

119,62 

100,41 

99,89 

+  0,52 

5,41 

16,64 

120,18 

100,88 

99,36 

+  1,52 

4,86 

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—  823  — 

«  I  numeri  trascritti  nella  quinta  e  sesta  colonna  dei  prospetti  prece- 
denti, mostrano  che  anche  nelVinfluenza  del  diametro  sulle  vibrazioni  trasver- 
sali delle  corde  il  disaccordo  tra  i  risultati  del  Savart  e  quelli  da  me  otte- 
nuti è  completo:  e  la  differenza  è  tale  da  escludere  anche  il  più  lontano 
dubbio  che  essa  possa  provenire  da  errori  di  osservazione  e  dal  metodo  diffe- 
rente usato  nelle  misure  :  questa  differenza  prevedibile  invece,  come  più  sopra 
si  disse,  supponendo  che  il  Savart  abbia  considerato  come  nota  della  corda 
elastica  quella  che  essa  dava  vibrando  come  verga  fissa  alle  due  estremità, 
conduce  alla  stessa  conseguenza  alla  quale  condussero  i  risult-ati  relativi  al- 
fiuenza  del  peso  tensore,  che  cioè  il  Savart  nel  suo  lavoro  invece  di  studiare 
quale  era  l'azione  delle  forze  elastiche  nelle  vibrazioni  delle  corde,  ha  tro- 
vato quale  era  l'azione  di  un  peso  tensore  sul  numero  delle  vibrazioni  di  una 
verga  fissa  alle  due  estremità. 

«  Da  queste  mie  esperienze  si  ricava  che  l' influenza  del  diametro  nel 
numero  delle  vibrazioni  delle  corde  elastiche  è  poco  sensibile;  ma  in  com- 
plesso dall'esame  dei  numeri  della  quinta  colonna  sembia  che  la  velocità  di 
propagazione  delle  vibrazioni  trasversali  nelle  corde  elastiche  sia  di  poco  supe- 
riore a  quella  che  vorrebbe  la  teoria  e  che  la  divergenza  cresca  leggermente 
col  crescere  del  diametro,  senza  però  che  dai  prospetti  medesimi  possa  ricar 
varsi  qualche  legge  in  proposito. 

s  Come  ho  avvertito  nella  Nota  precedente  vi  sono  moltissime  cause  per 
le  quali  le  corde  presentano  da  una  osservazione  ad  un'altra  delle  differenze 
dovxite  in  parte  a  fenomeni  di  elasticità  susseguente,  e  in  parte  dovute  pro- 
babilmente al  non  esser  la  costituzione  molecolare  delle  varie  corde  adope- 
rate rigorosamente  la  stessa  :  per  cui  potrebbe  darsi  che  a  cause  di  tal  fatta 
si  dovessero  le  piccole  irregolarità  che  si  osservano  nelle  divergenze  tra  la 
teoria  e  la  pratica  per  corde  di  diametri  differenti. 

«  Ma  il  problema  di  conoscere  la  parte  che  spetta  a  ciascuna  di  queste 
cause  nelle  vibrazioni  delle  corde,  mi  sembra  che  sia  tanto  complesso  quanto 
quello  che  riguarda  l'influenza  delle  stesse  cause  nella  loro  resistenza  elet- 
trica :  per  cui  uno  studio  con  tale  indirizzo  lo  crederei  di  molto  dubbia  riuscita. 

s  Farmi  invece  che  meriti  una  speciale  attenzione  l'influenza  che  sul 
numero  delle  vibrazioni  delle  corde  può  avere  la  loro  ampiezza  di  oscilla- 
zione, specialmente  se  si  potranno  eliminare  tutte  le  cause  occasionali  che 
possono  modificare  tale  numero,  coU'adoperare  sempre  la  stessa  corda  caricata 
da  molto  tempo  collo  stesso  peso^  tensore.  Se  i  risultati  che  otterrò  da  queste 
esperienze  presenteranno  qualche  interesse,  ne  renderò  conto  in  una  pros- 
sima Nota  ». 


RiNDicoNTi.  1888,  VoL.  IV,  1«  Sem.  107 


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—  824  — 

Ghimìca.  —  Ricerche  sulVapiolo.  Nota  III.  di  6.  Ciamician 
e  P.  SiLBER  presentata  dal  Socio  Paterno. 

s  Nelle  due  Note  precedenti  (0  abbiamo  dimostrato  che  Tapiolo  e  Tisapiolo 
danno  per  ossidazione  in  soluzione  acida  o  per  ossidazione  in  solnzione  al- 
calina l'aldeide  e  l'acido  apiolico.  Questo  a  sua  volta  perde  abbastanza  fa- 
cilmente una  molecola  di  anidride  carbonica  e  si  trasforma  in  apione. 

tt  La  relazione  esistente  fra  queste  sostanze  è  espressa  dalle  formule 
seguenti  : 

Cu  Hi4  O4  Ciò  Hio  Oe  Ciò  Hio  O5  Co  Hio  O4 

ossia 

C9  H9  O4  O9  H9  O4  C9  H9  O4  O9  Hio  O4 

C^  H5  COOH  CHO 

apiolo  ed  acido  apiolico  aldeide  apione 

isapiolo  apiolica 

s  In  tutti  questi  corpi  è  dunque  contenuto  il  nucleo  fondamentale  del- 
l'apione,  e  nella  nostra  precedente  comunicazione  (^)  abbiamo  espresso  la 
supposizione,  che  l'apione  potrebbe  essere  un  etere  di  un  fenolo  poliatomico. 
Gli  studi  ulteriori  da  noi  eseguiti  allo  scopo  di  sottoporre  questa  ipotesi  alla 
prova  dell'esperienza,  tendono,  come  si  vedrà  da  quello  che  segue,  a  con- 
fermarla. 

Aldeide  apiolica. 

«  L'aldeide  apiolica  può  ottenersi  dall' apiolo  0  dall'isapiolo  per  ossida- 
zione con  bicromato  potassico  ed  acido  solforico.  Noi  abbiamo  accennato  inoltre, 
che  questo  composto  si  forma  pure  per  ossidazione  dell'apiolo  con  acido  cro- 
mico in  soluzione  acetica.  Anche  l'isapiolo  dà  l'aldeide  apiolica  in  questo 
modo  ed  anzi  la  preparazione  dell'aldeide  apiolica  riesce  così  più  vantaggiosa, 
perchè  non  resta  dell'isapiolo  inalterato. 

«  Ad  una  soluzione  di  4  gr.  di  isapiolo  in  40  ce.  d'acido  acetico  gla- 
ciale, si  aggiungono  per  mezzo  di  un  imbuto  a  robinetto  (l'operazione  viene 
fatta  in  un  apparecchio  a  ricadere),  6  gr.  d'acido  cromico  sciolti  in  100  ce. 
d'acido  acetico  della  densità  1,06.  L'ossidazione  incomincia  prontamente  con 
forte  sviluppo  di  aldeide  acetica  e  si  compie  dopo  una  ebollizione  prolun- 
gata per  due  ore.  Il  liquido  ottenuto  viene  diluito  con  circa  un  litro  d'acqua, 
neutralizzato  con  carbonato  sodico  e  filtrato  attraverso  un  filtro  bagnato,  per 
togliervi  delle  materie  resinose.  Per  raffreddamento  della  soluzione  si  sepa- 

(1)  Acc.  L.  Rend.  IV,  1,  511  e  550. 
(«)  Ibid.  553. 


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—  825  — 

rano  lunghi  aghi,  che  si  purificano  facendoli  cristallizzare  due   o   tre    volte 
dall'alcool.  Il  rendimento  ascende  al  35*40  %  dell' apiolo  impiegato. 

«  Le  proprietà  dell'aldeide  apiolica  sono  state  di  già  descritte  dettaglia- 
tamente nelle  precedenti  Note,  e  non  ci  resta  ad  aggiungere  a  quanto  ab- 
biamo già  esposto,  che  la  descrizione 

àAVacetil-apiolaldossma  [C9  H»  O4 .  CH  :  NO  (COCH3)] . 

s  Come  accennammo  ultimamente,  si  forma  il  composto  acetilico  scaldando 
Tapiolaldossima  con  anidride  acetica.  2  gr.  di  ossima  dell'aldeide  apiolica 
vennero  riscaldati  per  circa  un'ora  con  10  e.  e.  d'anidride  acetica  a  b.  m.  Per 
raffreddamento  si  separano  dal  liquido  grossi  cristalli  in  forma  di  tavole  esa- 
gonali. Per  ottenere  il  nuovo  composto  si  diluisce  il  prodotto  della  reazione 
con  acqua,  si  satura  con  carbonato  sodico  e  si  estrae  con  etere.  Il  residuo 
dell'estratto  etereo,  una  massa  bianca  e  cristallina,  si  purifica,  facendolo  cri- 
stallizzare alcune  volte  da  poco  alcool.  L'acetU-apiolaldossima  fonde  a  128^- 
129^  e  dette  all'analisi  i  seguenti  sisultati: 
0,3166  gr.  di  materia  produssero  0,6272  gr.  di  CO2  e  0,1490  gr.  di  H»  0. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ci©  Hio  O4  (NOCt  Hi  0) 

C        54,03  53,93, 

H         5,23  4,87 

«  Essa  è  solubile  nell'etere,  nell'alcool  bollente,  da  cui  si  separa  per 
rafi&eddamento  in  prismi  di  splendore  vitreo,  è  poco  solubile  nell'acqua  bol- 
lente e  quasi  insolubile  nella  fredda.  L'acetil-apiolaldossima  è  alterabile  alla 
luce;  con  acido  solforico  concentrato  dà,  come  l'aldeide  apiolica  e  l'apiolal- 
dossima,  una  soluzione  gialla,  che  prende  un  colore  verde  oliva  col  riscal- 
damento. 

Azione  del  bromo  sull'acido  apiolico. 

«  Riscaldando  l'acido  apiolico  in  soluzione  acetica  con  bromo,  si  elimina 
anidride  carbonica  e  si  ottiene 

il  bibromoapione  [C©  Hg  Br«  OJ. 

«  Per  preparare  questo  composto  si  riscaldano  debolmente  per  cinque 
minuti  2  gr.  d'acido  apiolico,  sciolti  in  20  e.  e.  d'acido  acetico  glaciale,  con 
un  eccesso  di  bromo.  Si  svolgono  fumi  di  acido  bromidrico  e  dopo  scacciato 
l'eccesso  di  bromo,  si  ottiene  un  liquido  colorato  debolmente  in  giallo,  che 
viene  versato  nell'acqua.  Agitando  energicamente  con  una  bacchetta  di  vetro, 
il  liquido  che  è  in  principio  lattiginoso,  depone  un  precipitato  fioccoso,  che 
venne  filtrato,  lavato  e  fatto  cristallizzare  dall'alcool,  aggiungendo  nero  ani- 
male. In  questo  modo  si  ottengono  prismi  striati  0  aghi  bianchi,  che  fon- 
dono costantemente  a  99-100^ 


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—  826  — 

«  Le  analisi  dettero  i  segaenti  numeri  : 
I.     0,3646  gr.  di  sostanza  dettero  0,4288  gr.  di  COt  e  0,0970  gr.  di  H,  0. 
IL    0,3746  gr.  »  »       0,4414  gr.  di  CO»  e  0,0912  gr.  di  H,  0. 

in.  0,2800  gr.  »  »       0,3076  gr.  di  Ag  Br. 

•  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  Ct  Ht  Bri  O4 

I  II  in 

C         32,08        32,14  —  31,77 

H  2,95  2.70  —  2,35 

Br  —  —  47,75  47,06 

«  n  bibromoapione  è  facilmente  solubile  nell'etere,  etere  acetico,  nel- 
l'alcool caldo  e  nell'acido  acetico  glaciale;  è  assai  poco  solubUe  nell'acqua 
bollente  e  quasi  insolubile  nell'acqua  fredda.  Trattando  il  bibromoapione  in 
un  vetro  d'orologio  con  acido  solforico  concentrato,  esso  si  scioglie  dopo  qualche 
tempo  nell'acido  dando  una  soluzione  senza  colore;  riscaldando  lievemente 
questa  prende  una  bellissima  colorazione  azzurra  intensa,  che  diviene  tosto 
intensamente  violata;  coll'ulteriore  riscaldamento  passa  ad  un  colore  bruno 
sporco. 

«  Lo  stesso  composto,  ora  descritto,  si  ottiene  pure  dall'aldeide  apiolica 
bromurandola  in  soluzione  acetica  od  in  soluzione  di  solfuro  di  carbonio.  In 
questo  ultimo  caso  il  bromo  agisce  molto  lentamente.  Il  composto  ottenuto 
in  soluzione  acetica,  fonde  a  99-100**,  ha  tutte  le  proprietà  di  quello  deri- 
vante dalVacido  apiolico,  e  dette  all'analisi  il  seguente  risultato: 
0,1772  gr.  di  sostanza  dettero  0,1964  gr.  di  Ag  Br. 

«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  C»  Ht  Bri  0« 

Br       47,14  47,06 

s  Scaldando  il  bibromoapione  con  acido  cloridrico  in  un  tubo  a  140^ 
si  ottiene  una  materia  in  gran  parte  carbonizzata.  Aprendo  il  tubo  si  svolge 
un  gaz,  che  arde  con  fiamma  dai  bordi  verdi.  Estraendo  con  etere  il  prodotto 
della  reazione,  si  ottiene  una  soluzione  eterea  colorata  intensamente  in  rosso, 
che  lascia  indietro  per  svaporamento  una  pellicola  d'un  rosso  cupo  e  dai  ri- 
flessi metallici,  insolubile  nell'acqua  e  nell'alcoo].  Se  si  neutralizza  il  pro- 
dotto con  carbonato  sodico  prima  di  estrarlo  con  etere,  questo  estrae  una 
materia  d'un  colore  violetto  intenso.  In  nessun  modo  ci  fu  però  possibile 
ottenere  prodotti  cristallizzati. 

Acido  apiolico. 

«  Tutti  i  nostri  sforzi  per  ottenere  dall' apione  0  dall'acido  apiolico  il 
fenolo  tetratomico,  di  cui  probabilmente  queste  due  sostanze  sono  i  derivati, 
non  ci  dettero  fin'ora  il  risultato  desiderato.  Senza  dubbio  la  ragione  del  poco 
buon  successo  dei  nostri  tentativi  risiede  nella  poca  stabilità  del  fenolo,  che 


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—  827  — 

non  disperiamo  di  poter  isolare  in  avvenire.  L* acido  apiolico  p.  es.,  scaldato 
con  acido  jodidrico  a  100^  in  tubo  chiuso  od  anche  in  vaso  aperto,  viene  to- 
talmente trasformato  in  materia  carboniosa,  mentre  si  svolge  jodoro  metilico. 
Quest'ultimo  fatto  è  certamente  importante,  perchè  dimostra  la  presenza  di 
ossm^^^Yr  nell'acido  apiolico  e  perciò  anche  neU'apione.  Noi  abbiamo  t^en- 
tato  di  determinare  il  numero  degli  ossimetili  contenuti  nell'acido  apiolico, 
perchè  anche  non  conoscendo  attualmente  il  fenolo,  di  cui  l'apione  dovrebbe 
essere  l'etere,  si  può  dedurre  con  una  certa  probabilità  la  costituzione  di 
questa  ultima  sostanza  conoscendo  il  numero  di  ossimetili  che  contiene. 

«  A  tale  scopo  ci  siamo  serviti  dell'elegante  ed  esatto  metodo  proposto 
da  S.  Zeìsel  (^).  Una  quantità  pesata  d'acido  apiolico  venne  scaldata  con 
acido  jodidrico  nell'apparecchio  descritto  da  questo  autore,  e  la  determina- 
zione, eseguita  secondo  le  sue  prescrizioni,  dette  il  seguente  risultato: 
0,2616  gr.  d'acido  apiolico  dettero  0,5430  gr.  di  Ag  J;  da  questi  dati  si 
trova  che  l'acido  apiolico  contiene 

27,42  Vo  di  ossimettle  (OCH3), 

il  che  corrisponde  a  dice  ossimetili  nella  molecola  do  Hio  Oe ,  perchè  la 

formola 

Cg  H4  O4  (OCHa), 
richiede  : 

27,43  Vo  di*(0CH3). 

s  Se  l'acido  apiolico  contiene  due  volte  il  gruppo  ossimetile,  lo  deve 
contenere  pure  l'apione.  per  cui  le  formolo  di  queste  due  sostanze  sono  cer- 
tamente le  seguenti 

C  OCH3  /  nPTT 

G7H3  0,j0CH3  e           C^H^O^    ^nS' 

^COOH  <^^^^ 

acido  apiolico  apione 

»  Se  si  tiene  ora  conto  di  quanto  è  statb  detto  nella  nostra  Nota  pre- 
cedente, che  cioè  l'apione  deve  essere  un  composto  aromatico,  che  probabil- 
mente non  contiene  catene  laterali  carboniche  unite  direttamente  a  carbonio 
benzenico,  e  che  inoltre  ha  reazione  e  caratteri  perfettamente  neutri,  la  for- 
mola dell*  apione 

(  0  .  CH3 , 

da  noi  enunciata  in  via  ipotetica  e  con  la  massima  riserva,  acquista  un  certo 
grado  di  probabilità  ». 

(0  Monatshefte  fttr  Chemie  VI,  989. 


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~  828  — 

Ghimioa.  —  Sopra  alcuni  derivati  del  dimetilpirrolo  assitn- 
metrico.  Nota  I  di  Gaetano  Maonanini,  presentata  dal  Socio 
Paterno  0). 

«  Le  isomerie  nella  serie  del  pinolo  sono  state  fino  ad  ora  poco  stu- 
diate, principalmente  perchè  i  prodotti  che  si  ottengono  direttamente  dal 
pirrolo'per  sostituzione  contengono  i  radicali  sostituenti  quasi  sempre  nello 
posizioni  a  ed  a^  (^).  I  derivati  della  serie  fi  sono  stati  ottenuti  sopratutto 
per  sintesi  ;  fra  questi  il  più  interessante,  e  quello  inoltre  che  si  può  facil- 
mente avere  in  quantità  cospicua,  è  l'etere  dell* acido  dimetilpinoldicarbonico 
assimetrioo  : 

CH3 .  C  —  C  .  CO2  Cg  H5 

Il    II 

C0«  e,  H5 .  e      e  .  CH3 
NH 

che  è  stato  ottenuto  due  anni  or  sono  da  Enorr  (3),  riducendo  con  acido 
acetico  e  polvere  di  zinco  una  mescolanza  equimolecolare  di  etere  acetoace- 
tico  ed  etere  nitrosoacetoacetico.  Questa  combinazione  presenta  poi,  per  la 
storia  generale  dei  derivati  del  pirrolo,  un  certo  interesse  anche  perchè  è 
una  delle  poche  sostanze,  nelle  quali  i  quattro  idrogeni  metinici  del  pir- 
rolo sono  completamente  sostituiti  da  radicali  organici,  e  per  di  più  Tassim- 
metria  della  formula  di  questa  combinazione  permette,  nei  derivati  imme- 
diati della  medesima,  l'esistenza  di  un  numero  maggiore  di  isomeri,  di  quello 
che  possa  aver  luogo  per  i  derivati  dell'etere  dimetilpirroldicarbonico  sim- 
metrico : 

COs  Ct  H5 .  C  —  C  .  COs  C,  H5 

Il       II 
CH3 .  C       C  .  CH3 

\/ 

NH 

ottenuto  da  Knorr  (^)  dall'etere  diacetilsuccinico  per  azione  della  ammoniaca. 

«  Saponificando  l'etere   dell'  acido  dimetilpirroldicarbonico  assimmetrico 

colla  potassa  alcoolica  si  riesce   a  togliere  facilmente  alla  combinazione  un 

(1)  Lavoro  eseguito  neiristituto  chimico  della  R.  Università  di  Padova. 

(«)  Ultimamente  Dennstedt  e  Zimmermann  (Beri.  Berichte  XIX,  2189  ;  XX,  850)  hanno 
ottenuto  un  etilpirrolo  ed  nn  isopropilpirrolo  per  condensazione  del  pirrolo  colla  paraldeide 
e  coiracetone  in  presenza  di  cloruro  di  zinco.  Questi  omopirroli  contengono  probabilmente 
il  radicale  alcoolico  in  posizione  fi.. 

(3)  Liebig's  Annalen  236,  318. 

(*)  Loc.  cit. 


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—  829  — 

solo  etile,  e  si  ottiene  l'etere  monoetilico  dell'acido  dimetilpirroldicarbonico, 

già  descrìtto  da  Knorr,  il  qnale  non  ha  potato  determinare   quale  delle  due 

formolo  : 

CH, .  C  -^  C ,  CO,  C,  Hs  CH, .  C  —  C .  COOH 

Il       II  .11       il 

COOH.C      C.CH3  0  CO.CHs.C      C.CH, 


V 


NH 

sia  da  attribuirsi  alla  sostanza  da  lui  ottenuta. 

«  Io  non  TOglio  qui  esporre  i  motivi  i  quali  mi  hanno  condotto  a  pre- 
ferire la  prima  formula  alla  seconda;  la  descrizione  delle  esperienze  a  ciò 
relative  ed  ormai  condotte  a  termine,  sarà  oggetto  di  una  prossima  comuni- 
cazione; mi  limiterò  ad  accennare  clie  anche  in  questi  acidi  così  complessi 
il  carbossile  in  posizione  a  ha  grande  tendenza  a  dare  origine  a  composti 
di  forma  anidridica,  corrispondenti  perfettamente  alla  pirocolla.  La  disidrata- 
zione dell'etere  monometilico  delVacido  dimetilpirroldicarbonico  avviene  per 
semplice  ebullizione  colla  anidride  acetica  e  conduce  ad  una  sostanza  che 
fonde  a  270®,  che  è  poco  solubile  negli  ordinari  solventi  e  che  possiede 
senza  dubbio  la  costituzione 

CH3  •  C  —  C  .  COg  C%  H5 

Il    II 

co .  e     e .  CH, 

\y 

La  formazione  di  imminanidridi  analoghe  alla  pirooolla  sembra  un  fatto  ge- 
nerale, proprio  a  tutti  gli  acidi  pirrolcarbonici  i  quali  contengono  un  car- 
bossile in  posizione  a;  io  ho  trovato  che  anche  l'addo  dimetilpirroldicarbo- 
nico può  dare  una  imminanidrìde 

CHj.C  — C.OOOH 

Il       II 
00  .  C      e .  CH, 

\\/ 

la  quale  è  nello  stesso  tempo  un  acido  pirrolcarbonico  vero  e  proprio.  L*acido 
dimetilpirrolmonocarbonico,  il  cui  etere  è  stato  ottenuto  da  Knorr  (^)  per  eli- 
minazione di  anidride  carbonica  dall'etere  monoetilico  dell'acido  dimetilpirrol- 
dicarbonico, non  dà  una  imminanidride,  perchè  contiene  il  carbossile  nella 
posizione  ft. 

«  Nella  presente  comunicazione  do  la  descrizione  di  alcune  sostanze  le 
quali  contengono  un  acetile  nella  loro  molecola  e  sono  nello  stesso  tempo 
derivati  del  dimetìlpirrolo  assimmetrìco. 

0)  Loc.  cit. 


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830 


Etere  acetildimeUlpirrolmonocarbonico. 

K  Come  ho  accennato  Tanidride  acetica,  alla  temperatura  di  ebullizione, 
agisce  sull'etere  monoetilico  dell'acido  dìmetilpirroldicarbonico  assimmetrico 
come  disidratante  e  si  ottiene  la  imminanidride.  In  modo  completamente 
diverso  però  procede  la  reazione  se  si  &  agire  la  anidride  acetica  alla  tem- 
peratura di  200^,  alla  quale  la  sostanza  perde  anidride  carbonica  ;  in  queste 
condizioni  Tacetile  si  sostituisce  al  carbossile  e  si  ottiene  l'etere  dell'acido 
acetildimetilpirrolmonocarbonico ,  al  quale  spetta  per  conseguenza  la  co- 
stituzione : 

CH3.C  — C.CO.C.Hs 


CH3 .  CO  .  C     C  .  CH3 


>i 


«  Allo  scopo  di  ottenere  quantità  rilevanti  dell'  etere  monometilico  di 
Knorr  io  ho  impiegato  30  gr.  di  etere  dietilico  per  volta,  facendo  bollire  in 
un  apparecchio  a  ricadere  con  una  soluzione  di  25  gr.  di  potassa  in  240  e.  e. 
di  alcool.  Dopo  circa  un'  ora  di  ebuUizione  la  soluzione  alcoolica  non  preci- 
pita più  per  aggiunta  di  acqua  ;  si  diluisce  e  si  precipita  a  porzioni  per 
volta  l'etere-acido  con  acido  cloridrico,  meglio  ancora  con  acido  acetico;  è 
utile  riscaldare  dolcemente  la  soluzione  alcalina  prima  di  precipitarla,  afSn- 
chò  il  precipitato  si  riunisca,  ma  bisogna  raffreddare  e  filtrare  rapidamente 
perchè  la  sostanza  è  alterabile  e  si  arrossa  in  poco  tempo.  Da  30  gr.  di 
etere  dìetilico  si  ottengono  25-26  gr.  di  etere  monoetilico. 

«  20  gr.  dell'etere  monoetilico  divisi  in  quattro  porzioni  vengono  riscal- 
dati con  5  volte  il  proprio  peso  di  anidride  acetica  in  tubi  chiusi  alla  tem- 
peratura di  200^-205^,  per  5-6  ore.  Aprendo  i  tubi  si  nota  una  pressione 
abbastanza  forte  dovuta  ad  anidride  carbonica,  ed  il  contenuto  dei  medesimi 
è  formato  da  un  liquido  nero  che  si  versa  nell'acqua.  Precipita  una  resina 
che  si  estrae  replicatamente  con  acqua  bollente,  la  quale  abbandona  per  raf- 
freddamento l'etere  acetildimetilpirrolmonocarbonico  sotto  forma  di  aghi  lunghi 
filiformi  che  si  fanno  ricristallizzare  dall'acqua  bollente.  Il  rendimento  di- 
pende sopratutto  dal  numero  delle  volte,  e  dalla  cura  impiegata  nelle  estra- 
zioni della  resina.  Queste  estrazioni  si  fanno  comodamente  in  una  capsula 
di  porcellana  disaggregando  di  tanto  in  tanto  la  materia  con  alcool  bollente. 
Da  20  gr.  di  etere-acido  si  ottengono  in  media  9-10  gr.  di  etere  acetildime- 
tilpirrolmonocarbonico.  La  sostanza  venne  purificata  ulteriormente,  cristidliz- 
zandola  parecchie  volte  dall'  alcool  un  poco  diluito.  L'analisi  dette  numeri 
concordanti  colla  formola: 

«    di  Hi5  NO3    n 

gr.  0,2702  di  sostanza  dettero  gr.  0,6236  di  COj  e  gr.  0,1765  di  H,  0 


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—  881  — 
«  In  100  parti: 

trovato  calcolato  per  CnHitNOt 

C         62,94  63,15 

H  7,25  7,17 

«  L'etere  acetildimetilpirrolmonocarbonico,  cristallizzato  dall'acqua  boi* 
lente,  si  presenta  sotto  forma  di  aghi  ftUformi,  leggerissimi,  i  quali  conser^ 
vano  per  lo  più  una  lieve  tinta  giallastra  e  fondono  a  142^-143^  in  un  li* 
quido  incoloro.  È  una  sostanza  abbastanza  solubile  nell'acqua  bollente,  po- 
chissimo solubile  nella  fredda,  molto  solubile  nell'alcool  anche  a  freddo,  nel^ 
l'etere,  nell'acido  acetico,  nell'  etere  acetico,  nel  benzolo,  solubilissima  nel 
cloroformio  e  nell'acetone,  e  mediocremente  solubile  nell'etere  di  petrolio. 
Bollita  in  soluzione  alcalina  viene  saponificata  assai  facilmente. 


Acido  acetildimetilpirrolmoncKJarbonico. 
OH,  nooF 


CH3.CO 


\ 


CH3 


ìì 


H 


tt  Si  forma  nella  saponificazione  dell'etere  corrispondente  con  una  solu- 
zione acquosa  di  potassa.  Si  fanno  bollire  5  gr.  di  etere  acetildimetilpirrol- 
monocarbonico  con  una  soluzione  di  12  gr.  di  potassa  in  200  e.  e.  di  acqua. 
Dopo  circa  una  mezz'ora  di  ebuUizione  la  saponificazione  è  completa  e  non 
cristallizza  più  nulla  per  ra£freddaménto.  L'acido  venne  precipitato  con  acido 
acetico  dalla  soluzione  alcalina,  lavato  con  acqua,  cristallizzato  dall'  acido 
acetico  e  dall'alcool  ed  analizzato. 

«  L'analisi  diede  numeri  concordanti  colla  formola: 

«  C9  Hn  NO3  » 

gr.  0,2971  di  sostanza  dettero  gr.  0,6511  di  CO2  e  gr.  0,1696  di  H^O. 
•  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  C^HuNOi 

C        59,76  59,66 

H  6,34  6,06 

«  L'acido  acetildìmetilpirrolmonocarbonico   è   una  sostanza  la  quale  si 
avvicina  nelle  sue  proprietà  generali  a  quelle  degli  altri   acidi  pirrolcarbo* 

Eendxconti.  1888,  Vol.  IV,  !<>  Sem.  108 


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—  832  — 

nici,  rispetto  ai  quali  però  possiede  una  stabilità  alquanto  maggiore,  dovuta 
certamente  alla  presenza  dell' acetile  nella  molecola.  Ciò  non  pertanto  Tacido 
acetildimetilpirrolmonocarbonico  viene  alterato  per  contatto  prolungato  cogli 
acidi  minerali,  e  riscaldato  in  un  tubicino  chiuso  ad  una  estremità  fonde 
a  152''-158<'  (incostante)  decomponendosi  completamente  in  anidride  carbo- 
nica ed  in  acetildimetilpirrolo  che  sublima  in  aghi  lunghi.  Nel  vuoto  della 
pompa  a  mercurio,  l'acido  acetildimetilpirrolmonocarbonico  sublima  inalterato. 
La  sostanza  è  quasi  insolubile  nell'acqua  anche  a  caldo,  quasi  insolubile 
nell'alcool  freddo,  non  molto  solubile  nel  caldo,  dal  quale  cristallizza  in 
mammelloncini ;  pochissimo  solubile  nell'etere,  cloroformio,  etere  petrolico, 
benzolo,  etere  acetico,  e  poco  solubile  anche  nell'acetone  ;  molto  solubile  nel- 
l'acido acetico  a  caldo  e  poco  a  freddo.  Da  una  soluzione  acetica  satura  a 
freddo  si  separano  per  svaporamento  degli  aghi  rettilinei  molto  allungati  e 
splendenti. 

«  Una  soluzione  ammoniacale  neutra  dell'acido,  abbastanza  diluita,  dà 
coi  sali  metallici  le  seguenti  reazioni  : 

con  acetato  di  piombo  un  precipitato  bianco  solubile  in  un  eccesso  del  reattivo, 
con  acetato  di  rame  un  precipitato  verde  solubile  in  un  eccesso  del  reattivo, 
con  cloruro  ferrico  un  precipitato  rosso-giallastro  insolubile  in  un  eccesso  del 

reattivo, 
con  cloruro  di  cobalto  un  precipitato  leggermente  roseo  insolubile  in  un  ec- 
cesso del  reattivo, 
con  cloruro  mercurico  un  precipitato  bianco  insolubile   in  un  eccesso  del 
reattivo, 
tt  L'acido  acetildimetilpirrolmonocarbonico  riscaldato  con  ìsatina  ed  acido 
solforico  concentrato  dà  origine  ad  una  colorazione  verde. 


Acetildimelilpirrolo. 
CH3, H 


CH3 .  CO 


NH 


CH3 


«  Questa  bellissima  sostanza,  che  è  un  omologo  del  pirrilmetilchetone, 
si  forma  allorquando  l'acido  acetildimetilpirrolmonocarbonico  viene  distillato 
a  secco,  a  pressione  ordinaria. 

«  Per  preparare  l'acetildimetilpirrolo  si  eseguisce  nel  miglior  modo  l'ope- 
razione, introducendo  l'acido  acetildimetilpirrolmonocarbonico,  ben  secco,  in 
una  stortina  senza  tubulatura  e  riscaldando   in-  un  bagno  di  lega  metallica 


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—  883  — 

sopra  200^  L'acido  fonde,  e  dalla  massa  ftisa  si  sprigiona  l'anidride  carbo- 
nica uniformemente,  mentre  sol  collo  della  storta  si  condensa  l'acetildime- 
tilpirrolo,  sotto  forma  di  aghi,  i  quali  raggiungono  anche  la  lunghezza  di  2 
0  3  centimetri.  È  conveniente  che  la  decomposizione  si  compia  adagio,  ed  « 
questo  scopo  non  si  deve  spingere  troppo  alta  la  temperatura  del  bagno  me- 
tallico; in  fine  della  operazione  rimane  nella  storta  un  piccolo  residuo  car- 
bonioso.  L'acetildimetilpirrolo  greggio  si  scioglie  in  acqua  bollente,  aggiun- 
gendo alcune  goccio  di  una  soluzione  di  carbonato  sodico  fino  a  reazione  al- 
calina; per  raffreddamento  la  sostanza  si  separa  sotto  forma  di  pagliette  e 
prismi  mescolati,  che  vennero  fatti  cristallizzare  prima  dall'alcool  diluito  e 
poi  dall'etere  petrolico  bollente;  fondono  costantemente  a  122<^-123^  e  sot- 
toposti alla  analisi  hanno  dato  il  seguente  risultato  : 
gr.  0,2788  di  sostanza  dettero  gr.  0,7210  di  CO»  e  gr.  0,2102  di  H,  0. 
«  In  100  parti  : 

trovato  calcolato  per  CtH,iNO 

C         70,52  70,07 

H  8,35  8,02 

«  L*acetildimetilpirrolo  è  una  sostanza  abbastanza  solubile  nell'  acqua 
bollente,  meno  solubile  nella  fredda,  dalla  quale  soluzione  si  può  estrarre 
con  etere  ;  è  molto  solubile  nell'alcool,  nel  benzolo,  nell'acido  acetico  anche 
a  freddo,  nell'etere  acetico  e  nel  cloroformio,  è  poco  solubile  a  freddo  nel- 
l'etere di  petrolio  ma  più  solubile  invece  a  caldo*  La  sostanza  sublima  già 
a  100^  in  aghettini  piccolissimi,  è  molto  volatile  in  corrente  di  vapore,  e 
possiede  un  odore  i^gradevole  che  ricorda  quello  del  pirrilmetilchetone.  L'ace- 
tildimetilpirrolo  fatto  bollire  con  una  soluzione  concentrata  di  potassa,  anche 
per  qualche  ora,  non  viene  sensibilmente  decomposto;  questa  sua  stabilità 
ne  dimostra  la  natura  chetonica;  invero  esso  forma  facilmente  coUa  fenili- 
drazina  l'idrazone  corrispondente,  e  la  sua  soluzione  acquosa  trattata  con 
una  soluzione  di  nitrato  di  argento  ed  una  goccia  di  anmioniaca,  dà  luogo 
ad  un  precipitato  biancastro,  che  senza  dubbio  è  il  composto  argentico,  il 
quale  però  non  è  stabile  e  si  riduce  prontamente  diventando  nero.  Bollendo 
l'acetildimetilpirrolo  con  acido  cloridrico  concentrato,  si  ottiene  aggiungendo 
acqua  una  soluzione  gialla,  la  quale  contiene  in  gran  copia  il  dimetilpirrolo. 
Questa  decomposizione  coU'acido  cloridrico  si  avverte  meglio  col  dimetilace- 
tUpirrolo  di  quello  che  coll'a-acetilpirrolo,  evidentemente  per  la  maggiore  re- 
sistenza che  gli  omopirroli  offrono  agli  acidi  minerali. 

»  Abbandonando  delle  soluzioni  sature  a  fireddo  di  acetildimetilpirrolo 
nell'etere  petrolico  alla  evaporazione,  si  ottengono  dei  cristalli  abbastanza 
sviluppati.  Il  dott.  G.  B.  Negri,  che  IL  ha  studiati  cristallograficamente,  mi 
comunica  cortesemente  quanto  segue: 


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—  834  — 
«  Sistema  cristaUino  :  monoclìno 

Forme  osservate  (110),  (120),  (Oli),  (028). 
Combinazioni:  (110)  (Oli) 

(110)  (120)  (OH) 

(HO)  (120)  (OH)  (023)  Pig.  1. 

misnrati 

79^20' 

42,59 

67,42 

16,45 

85,25 

58,35 

74,37 

68,54 

88,45 

I  cristalli  sono  piccoli,  alluDgati  sempre  secondo  Tasse  s; 
assmnono  un  aspetto  alquanto  tabulare  quando  predomi- 
nano due  delle  &ccie  di  (HO),  che  è  sempre  presente. 
Della  forma  (120)  di  sQvente  con  faccio  strettissime  si 
vedono  in  generale  due  faccie  soltanto  parallele.  Le  (HO) 
(120)  vanno  caratterizzate  per  essere  quasi  costantemente 
striate,  parallelamente  a  z. 

»  La  forma  (OH)  o£fre  faccie  poco  estese,  alquanto 
corrose  e  sovente  arrotondate,  le  quali  danno  perciò  misure 
mal  sicure  come  si  vede  dai  limiti  molto  lontani  neiran- 
golo  OH: oli.  Una  sola  volta  ho  riscontrato  in  zona 
con  011:011  una  sola  faccia  di  (023),  ma  sufSciente- 
mente  estesa,  riflettente  imagine  semplice.  Fra  parecchi 
cristalli  misurati  uno  solo  (HO)  (HO)  (OH)  (120)  si 
prestò  ad  essere  misurato  quasi  completamente  e  credo  bene  riportarne  i  ri- 
sultati ottenuti. 


angoli 

calcolati 

011:011 

* 

110:110 

* 

110:011 

* 

110:120 

16«,44' 

110:011 

84,56 

120:011 

58, 48^ 

120:011 

74,13 

028:011 

68,36 

110:023 

89,20 

lìmiti 

a 

78»,24'— 80M4' 

5 

42,  41  —  43,  06 

13 

67,11  —  68 

10 

16,17  —  17,15 

15 

85,  02  —  85, 57 

8 

58, 32  —  58, 40 

3 

— 

1 

— 

1 

.._ 

1 

ila 


ITO 


HO 


:^Ì3tO 


angoli 

misurati 

110:110 

42",  54 

120:110 

17. 

120:110 

120,  hk 

120:011 

.    58,32i 

110:011 

67,18 

110:011 

85,22 

011:0ll 

80,14 

120:011 

75 

medie 

n. 

42»,41'—  43S06' 

2 

16,  45  —  17, 14 

2 

120,    6  —  120,5 

2 

58, 32  —  58,  38 

2 

66, 56  —  67,  45 

5 

85,  02  —  85,67 

5 

1 

)pro88Ìmativamente) 

1 

Sfaldatura  non  osservata. 


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—  886  — 

9 1  orìstallini  non  si  prestano  allo  studio  ottico.  Sulle  faccio  di  (110) 
si  osserva  l'estinzione  quasi  parallela  a  ^  e  su  una  lamina  prossimamente 
parallela  a  (010)  un  angolo  di  estinzione  di  12®  circa  con  x. 

«  Messi  a  confronto  questi  risultati  cristallografici  del  dimetilacetilpir- 
rolo  con  quelli  ottenuti  dal  La  Valle  dallo  studio  del  pseudoacetilpirrolo, 
non  ho  potuto  riscontrare  analogia  cristallografica  di  sorta  fra  le  due  sostanze, 
né  rispetto  all'abito  dei  cristalli,  né  rispetto  ai  valori  angolari. 

«  Devo  rilevare  però  che  l'angolo  /9  da  me  calcolato  si  avvicina  al  fi 
misurato  dal  La  YaUe;  e  per  chi  volesse  trovare  accordo  morfotropico  fra 
le  due  sostanze,  dando  alla  forma  (HO)  il  simbolo  (210)  e  moltiplicando 
a  e  ^  del  dimetilacetilpirrolo  rispettivamente  per  ^Vs ,  si  avrebbero  delle  co- 
stanti vicine  a  quelle  del  pseudoacetilpirrolo  ». 

Ghimìoa.  —  Ricerche  chimiche  sulle  capsule  surrenali.  Nota 
del  dott.  P.  Marino-Zuco  Q)  presentata  dal  Socio  Paterno. 

«  Le  ricerche  chimiche  sulle  capsule  surrenali  sono  molto  limitate  ridu- 
oendosi  esse  a  studi  incompleti  sulla  materia  colorante  (^),  o  a  ricerche 
speciali  su  qualche  sostanza  in  esse  contenuta.  Wirchow  e  Neukomm,  tro- 
varono la  leucina,  Cloéz  e  Yulpian  l'acido  ippurico,  l'acido  taurocolico,  il 
cloruro  di  potassio  e  l'acido  benzoico. 

«  Nel  1883  i  prof.  Foà  e  Pellacani  (^)  si  occuparono  distesamente  sulla 
azione  tossica  dell'estratto  acquoso  di  questo  organo. 

«  Essi  constatarono  come  l' estratto  delle  capsule  surrenali  fresche 
injettato  su  cani,  conigli,  rane  riesce  sempre  velenoso.  Cercarono  ancora  di  stu- 
diare, quale  fosse  la  sostanza  che  producesse  simile  veneficio,  ma  le  loro  ri- 
cerche furono  infruttuose,  però  separarono  ima  ptomaina,  che  non  poterono  iden- 
tificare, la  quale  non  aveva  alcuna  azione  tossica  sugli  animali. 

«  Io  cominciai  le  mie  ricerche  col  constatare  la  velenosità  dell'estratto 
di  quest'organo  e  potei  assicurarmi,  come  basta  qualche  ceotimetro  cubico  del- 
l'estratto acquoso  di  poche  capsule  per  produrre  la  morte,  anche  in  grossi 
conigli. 

s  II  fatto  più  sorprendente  che  ho  potuto  notare  fin  dal  principio  delle 
mie  ricerche  fu  che  la  velenosità  dell'estratto  acquoso  sparisce  tosto  che 
questo  si  tratti  sia  con  un  acido  sia  con  una  base.  Lo  stesso  estratto  che 
prima  riusciva  letale  è  dopo  simile  trattamento,  diventato  completamente  in- 
nocuo. 50  capsule  nettate  meccanicamente  di  tutto  il  grasso  aderente  furono 

{})  Lavoro  eseguito  nell'Istitato  chimico  della  R.  Università  di  Roma. 

(«)  Vulpian,  Gaz.  med.  de  Paris  1858,  n.  24.  —  Vulpian  e  CloSz,  C.  R.  1857  II,  10  — 
ViTirchow,  Archiv.  f.  prot.  Anat.  XII,  181.  —  Harley,  Breit.  a  foreign.  medie,  chem.  Re- 
view  1858  XLL 

{?)  Archivio  deUe  scienze  mediche  V,  VII,  fase.  2P,  1888. 


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—  836  — 

pestate  fino  a  farne  una  poltiglia,  mescolate  con  un  litro  di  acqua  distillata 
e  fatte  digerire  a  caldo  a  bagno  maria  per  parecchie  ore.  Fu  passato  per  cencio 
il  liquido  freddo,  spremuto  il  residuo  e  Testratto  ottenuto  messo  a  concentrare 
a  bagno  maria.  Depositate  tutte  le  materie  albnminoidi,  si  filtra  per  carta, 
•  si  ba  così  un  liquido  limpidissimo,  che  si  porta  a  secchezza  sempre  a  bagno 
maria;  si  riprende  con  acqua  e  si  riporta  a  secchezza  di  nuoYO  e  si  filtra 
finché  si  arriva  ad  avere  un  residuo,  il  quale  si  scioglie  completamente  iu 
acqua  colorandola  di  un  rosso  vinoso  di  reazione  leggermente  acida. 

«  L'estratto  fu  portato  alla  diluizione  di  200  ce.  ed  1  ce.  iniettato  sotto 
la  cute  di  un  grosso  coniglio  ha  prodotto  in  cinque  minuti  la  morte. 

«  Il  liquido  fu  trattato  con  acetato  basico  di  piombo  ed  il  precipitato 
abbondante  fu  raccolto  sopra  un  filtro  e  lavato. 

K  Trattato  il  liquido  filtrato  con  una  corrente  d'idrogeno  solforato, 
separato  il  solfuro  di  piombo  e  concentrato  a  bagno  maria,  rimase  un  residuo 
sciropposo  colorato  in  rosso  fortemente  acido,  il  quale  fu  di  nuovo  ripreso  con 
acqua  e  svaporato  sino  a  scacciare  tutto  l'acido  acetico.  Questo  estratto  fu 
portato  alla  concentrazione  di  sopra  e  reso  alcalino  con  carbonato  sodico;  injet- 
tato  in  un  coniglio  riuscì  completamente  innocuo  anche  dato  in  dosi  vistose. 

(4  U  precipitato  piombico  fu  sospeso  in  acqua  acida  per  acido  cloridrico 
e  trattato  con  una  corrente  di  idrogeno  solforato.  Filtrato  il  liquido  e  svaporato 
a  bagno  maria,  si  ebbe  un  residuo  sciropposo  fortemente  colorato  in  rosso, 
il  quale  fu  sciolto  nella  quantità  di  acqua  pesata  come  sopra,  reso  legger- 
mente alcalino  con  carbonato  sodico  e  injettato  in  un  coniglio.  L'estratto  era 
diventato  completamente  innocuo.  Ma  un'esperienza  più  decisiva  fu  la  seguente: 

«  L'estratto  acquoso  velenos.)  se  si  tratta  con  acido  clorìdrico  e  si  sva- 
pora il  liquido  sino  a  mandare  via  l'eccesso  di  acido  tanto  a  caldo  a  bagno 
maria,  che  nel  vuoto,  si  ha  sempre  un'estratto,  il  quale  injettato  in  un  coniglio 
tal  quale  o  reso  alcalino  con  carbonato  sodico,  è  sempre  completamente  innocuo, 
quantunque  amministrato  in  dosi  vistose.  Lo  stesso  dicasi  se  l'estratto  trat- 
tasi  con  barite  o  con  qualunque  alcale  forte. 

tt  Constatato  questo  fatto  e  preveduta  l'impossibilità  o  almeno  Timmensa 
difficoltà  di  potere  isolare  la  materia  velenosa,  tanto  più  che  i  solventi  neutri 
etere,  benzina,  cloroformio,  alcool  amilico,  non  si  prestano  all'estrazione  di 
essa,  nel  dubbio  che  la  sostanza  velenosa  sia  una  di  quelle  che  sotto  l'azione 
degli  acidi  o  delle  basi  possono  scindersi  in  prodotti  innocui,  andai  alla  ricerca 
della  base,  la  quale  quantunque  innocua,  nelle  condizioni  accennate  pure  pare 
formare  uno  dei  prodotti  più  rilevanti  dell'estratto. 

«  Vari  sono  i  metodi  che  io  ho  cercato  d'impiegare  per  potere  ottenere 
la  base.  L'estratto  acquoso  acidificato  con  acido  solforico  o  cloridrico  dà  abbon- 
danti precipitati  tanto  col  joduro  di  bismuto  e  potassio,  col  joduro  di  mer- 
curio e  potassio,  quanto  col  cloruro  mercurico  e  altri  reattivi  di  separazione  ; 
però  quando  si  va  a  decomporre  questi  precipitati  o  non  vi  si  riesce  o  vi  si 


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—  837  — 

riesce  molto  incompletamente  restando  quasi  tutta  la  base  allo  stato  insolubile. 
Il  cloruro  d  oro  non  si  può  subito  adoperare  suir estratto  acquoso,  perchè  dà 
un  precipitato  brimo  in  mezzo  a  M  liquido  rosso  porpora  e  poi  una  grande 
jiduzione  di  oro  metallico.  Il  cloruro  di  platino  dà  nelle  soluzioni  molto  con- 
centrate un  precipitato  cristallino  di  cloroplatinato  potassico  essendo  le  capsule 
molto  ricche  di  sali  alcalini.  U  metodo  che  mi  ha  dato  dei  risultati  soddi- 
sfacenti è  il  s^uente: 

«  500  capsule  surrenali  nettate  con  diligenza  di  tutto  il  grasso  estemo, 
pestate  e  diluite  in  molt*  acqua  distillata  nel  rapporto  di  cinque  volte  circa  il 
Yolume  di  esse  furono  messe  a  scaldare  a  bagno  maria  per  quattro  o  cinque 
ore.  Il  liquido  acquoso  freddo  fu  filtrato  per  cencio;  il  ìresiduo  spremuto  e 
ripetuto  di  nuovo  il  trattamento  per  quattro  volte. 

«  Al  liquido  acquoso  fu  aggiunto  un  egual  volume  di  alcool  ^commerciale, 
previamente  purificato  e  mezzo  volume  di  etere:  in  questo  modo  si  precipi- 
tano tutte  le  sostanze  proteiche  solubili.  Si  distilla  Tetere  e  Talcool  ed  il 
liquido  acquoso  si  concentra  e  quando  è  raflfreddato  completamente  si  filtra  per 
carta  e  così  si  separano  le  poche  materie  grasse  rimaste  sciolte. 

K  L'estratto  acquoso  si  presenta  fortemente  colorato  in  rosso  e  di  leg- 
giera reazione  acida  alle  carte.  Si  precipita  il  liquido  così  ottenuto  con  ace- 
tato neutro  di  piombo;  si  ha  in  soluzione  acida  un  precipitato  abbondante 
bruno,  il  quale  si  separa  per  filtro.  Il  liquido  filtrato  fa  precipitato  con  ace- 
tato basico  di  piombo  con  che  si  ebbe  un  abbondante  precipitato  bianco  sporco 
formato  di  cloruro  di  piombo  e  sale  di  piombo  organici.  Siccome  questi  ultimi 
sono  solubili  nell'eccesso  del  reattivo,  bisogna  aver  cura  di  non  metterne 
che  un  piccolo  eccesso  e  di  ripetere  più  volte  questo  trattamento  curando  dì 
eliminare  l'eccesso  di  piombo  con  l'idrogeno  solforato,  concentrare  il  liquido 
e  riprecipitare  di  nuovo.  Il  liquido  così  preparato  si  acidifica  cpn  acido  clo- 
ridrico e  si  scaccia  l'eccesso  d'acido  a  bagno  maria  o  nel  vuoto. 

«  Esso  precipita  con  tutti  i  reattivi  generali: 

K  Col  joduro  di  bismuto  e  potassio  dà  un  precipitato  giallo  aranciato 
fioccoso  solubile  nell'eccesso  di  reattivo. 

K  Col  joduro  di  mercurio  e  potassio  dà  un  precipitato  bianco  fioccoso 
solubile  nell'eccesso  del  reattivo. 

«  Col  cloruro  mercurico,  quando  il  liquido  è  ben  purificato  coli' acetato 
basico  di  piombo,  non  dà  precipitato,  altrimenti  dà  un  precipitato  bianco 
fioccoso. 

«  Coir  acido  picrico  dà  un  piccolo  precipitato,  che  si  raccoglie  in  fondo 
del  vaso. 

ii  Col  cloruro  di  platino  dà  un  precipitato  cristallino  ettaedrico  di  cloro- 
platinato  potassico. 

à  Col  cloruro  d'oro  dà  un  precipitato  giallo  fioccoso ,  quando  il  liquido 
è  ben  depurato,  altrimenti  dà  un  precipitato  bruno  fioccoso  mentre  il  liquido 


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—  838  — 

si  colora  in  rosso  porpora,  colorazione  dovuta  alla  materia  colorante  del 
Vttlpian. 

«  Tutto  il  liquido  quindi  trattato  con  cloruro  d'oro  dà  un  abbondantissimo 
precipitato  giallo  sporco  fioccoso,  amorfo  senza  nessuna  apparente  riduzione, 
pochissimo  solubile  neir acqua  calda,  abbastanza  solubile  neiracido  cloridrico 
quantuQque  non  mai  completamonte:  non  ho  mai  potuto  averlo  cristallizzato 
per  quanto  abbia  tentato  in  diversi  modi.  Per  averlo  puro  si  scioglie  in  acido 
cloridrico,  si  precipita  con  idrogeno  solforato  l'oro  e  quindi  si  rifa  di  nuovo 
il  sale  ottenendo  in  questo  modo  un  prodotto  di  aspetto  più  bello,  sempre 
completamente  amorfo  e  leggero,  il  quale  quando  è  secco  prende  un  col(Nre 
scuro.  È  da  avvertire  che  basta  un  solo  di  questi  trattamenti,  perchè,  anche 
adoperando  tutte  le  cure  necessarie,  la  quantità  primitiva  del  prodotto  si  riduca 
almeno  a  metà. 

«  Il  sale  d'oro  di  seconda  precipitazione  spremuto  alla  pompa  e  seccato  dà 
all'analisi  dei  numeri  i  quali  mentre  sono  costanti  per  ciascuna  preparazione, 
oscillano  di  molto  fra  di  loro  ogni  volta  che  si  ottengono  di  preparazione  diversa* 

«  Le  determinazioni  d'oro  oscillano  fra  46,65  a  40,79  Vo»  il  carbonio 
da  11,82  a  13,01  7o  e  l'idrogeno  da  1,63  a  2,75  Vo. 

tt  Dalle  analisi  ripetutamente  eseguite  si  vede  subito  come  il  prodotto 
che  si  ottiene  in  queste  condizioni  non  rappresenta  una  sostanza  unica,  come 
si  vede  dalla  solubilità  sempre  incompleta  del  sale  d'oro  nelPacido  cloridrico. 
Se  il  liquido  primitivo  dopo  la  precipitazione  coli* acetato  basico  di  piombo  si 
tratta  con  ossido  di  magnesio  o  meglio  con  ossido  di  argento  e  si  filtra,  il 
liquido  filtrato,  dopo  tolto  l'argento  con  acido  cloridrico,  dà  col  cloruro  d'oro 
un  precipitato  giallo  cristallino  solubile  a  caldo  nell'acqua,  poco  a  freddo, 
e  dalla  quale  per  raffreddamento  cristallizza  il  sale.  Se  si  decompone  il  preci- 
pitato argentico  con  idrogeno  solforato  si  ha  un  residuo  il  quale  dà  col  cloruro 
d'oro  un  precipitato  bruno  insolubile  nell'acido  cloridrico  indecomponibile 
dall'idrogeno  solforato  e  probabilmente  si  tratta  di  un  composto  d'ossidazione 
della  materia  colorante. 

«  Il  sale  di  oro  cristallizzato  ha  dato  all'analisi  : 
gr.  0,2606  diedero  di  Au  gr.  0,1151  Au  Vo  4*47 
gr.  0,3271  diedero  di  Au  0,1351  Au  Vo  44,36. 
gr.  0,2945  diedero  di  Au  gr.  0,1299  Au  Vo  44;iL 

I.  gr.  0,6122  diedero  gr.  0,3045  di  CO*  e  gr.  0,1784  di  H»0. 

II.  gr.  0,4545  diedero  gr.  0,2240  di  CO*  e  gr.  0,1354  di  H«0. 

•  In  100  parti: 


trovato 

calcolato  per  C»H"OAzCl« 

Ri«dia 

1  .            n 

C    13,55        13,42 

13,66 

13,48 

H     8,23          3,30 

3,16 

3,26 

Au  44,80 

Aa  44,26 

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—  839  — 

«  L'analisi,  le  proprietà  fisiche  e  la  decomposizione  del  sale  con  srol- 
gimento  di  trimetilamina,  dimostrano  che  Talcaloide  estratto  è  Nenrina. 

«  Allo  scopo  dì  assicurarsi  se  airinfuori  della  Nomina  io  potessi  estrarre 
qualche  altro  alcaloide  insieme  ho  cercato  di  lavorare  su  grande  quantità  di 
materiale  e  cambiando  il  metodo  d'estrazione. 

M  Ho  preso  mille  capsule  surrenali,  ho  fatto  prima  Testratto  acquoso  come 
la  volta  precedente  cercando  di  ripetere  spesse  volte  il  trattamento  con  acetato 
basico  di  piombo. 

«  Quando  i  precipitati  piombici  sono  ben  lavati  e  fortemente  spremuti 
alla  pompa  non  ritengono  tracce  di  base. 

«  Il  liquido  depurato  fu  acidificato  con  acido  cloridrico,  svaporato  sino 
ad  avere  uno  sciroppo  denso,  il  quale  fii  ripreso  con  alcool  a  80®  parecchie 
volte  finché  rimase  un  residuo  di  sali  alcalini.  Queste  soluzioni  alcooliche 
trattate  con  cloruro  di  platino  diedero  un  precipitato  fioccoso  abbondante  che 
fu  tutto  raccolto  e  premuto  alla  pompa. 

«  Il  cloroplatinato  era  solubile  nell'acqua  alFinfuori  d*un  po'  di  cloro 
platinato  potassico  che  rimase  indietro  :  la  soluzione  si  mise  a  concentrare  nel 
vuoto,  levando  ripetutamente,  come  il  liquido  si  concentrava,  tutto  il  cloro 
platinato  potassico.  Quando  il  liquido  si  concentrò  fortemente  cristallizzò  un 
cloroplatinato  giallo  arancio,  il  quale  si  raccolse,  si  purificò  di  nuovo  per 
cristallizzazione  e  così  si  potettero  avere  di  questo  cloroplatinato  diversi  cam- 
pioni i  quali  furono  analizzati  separatamente. 

«  L'analisi  di  questo  cloroplatinato  dà: 
gr.  0,2208  dì  cloroplatinato  diedero  gr.  0,0700  di  Pt. 

«  In  100  parti  : 

trovato  calcolai»  per  (C»  H"  OAz  Cl)«  Pt  CI* 

31,7  31,55 


gr.  0,5342  diedero  gr.  0,3786  di  CO'  e  gr.  0,2255  di  H'  0. 
gr.  0,6724      .        gr.  0,4800  di  CO*  e  ^r.  0,2800  di  H*  0. 
«  In  100  parti: 

troT»to                calcolato  per  (C  H"  OAz  Cl)«  Pt  (31* 

T                                       TT 

media 

I                                      II 

C        19,34        19,47                          19,50 
H          4,65          4,62                            4,53 

19,40 
4,63 

«  Anche  con  questo  metodo  adunque  io  ho  estratto  come  la  volta  pre- 
cedente la  Neurina. 

«  La  presenza  però  della  Neurina  nelle  capsule  surrenali  non  può  spie- 
gare la  loro  velenosità,  sia  perchè  essa  non  si  trova  in  quantità  tali  da  poter 
produrre  simili  avvelenamenti,  sia  perchè  non  si  spiegherebbero  i  fatti  osser- 
vati come  lo  stesso  liquido  velenoso  dopo  acidificato  cessa  completamente  di 
esser  tale. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  !<»  Sem.  109 


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—  840  — 

«  Tra  ì  prodotti  separati  airinfaori  della  base  e  di  altri  principi  neutri 
che  ho  potato  isolare,  ma  di  nessuna  importanza  tossicologica  e  che  mi  riserbo 
di  studiare  in  sej^uito,  vi  sono  gli  acidi  precipitati  collacetato  di  piombo. 
K  Tutto  il  precipitato  piombico  sospeso  in  acqua  decomposto  con  idrogeno 
solforato  dà  im  liquido  acidissimo  formato  in  gran  parte  da  acido  cloridrico, 
fosforico  e  acidi  fosforati  organici  tra  cui  primeggia  Tacido  fosfoglicerico.  Se 
il  liquido  ottenuto  con  la  decomposizione  deiridrogeno  solforato  dei  sali  piom- 
bici si  tratta  con  barite  si  ha  un  precipitato  bianco  sporco  di  fosfato  di  bario 
che  per  purificarlo  si  può  sciogliere  in  acido  acetico,  filtrare  e  riprecipitare  di 
nuovo  con  ammoniaca  finché  si  ha  il  fosfato  di  bario  bianchissimo  e  sul  quale 
si  possono  eseguire  tutte  le  reazioni  speciali  dei  fosfati. 

•  Il  liquido  alcalino  per  barite  ò  trattato  con  una  corrente  di  anidride 
carbonica  per  eliminare  tutto  Teccesso  di  barite  ed  il  liquido  filtrato  scaldato 
a  bagno  maria  del  reattivo  per  precipitare  il  bicarbonato  di  bario  si  tratta  dopo 
raffreddato  con  una  soluzione  di  acetato  basico  di  piombo.  Si  ottiene  un  pre- 
cipitato bianco  di  cloruro  di  piombo  misto  a  sali  fosforati  organici  solubili  nel- 
l'eccesso del  reattivo. 

«  Questi  acidi  fosforati  si  possono  riconoscere  decomponendo  con  idrogeno 
solforato  il  sale  piombico  ottenuto,  dopo  di  aver  eliminato  colla  barite  tutto 
r  acido  fosforico.  La  soluzione  degli  acidi  si  svapora  con  acido  nitrico  sino  a 
consistenza  sciropposa,  si  ripiglia  con  acqua  e  in  questa  soluzione  si  può  consta- 
tare r  acido  fosforico,  sia  colla  barite  sia  col  molibdato  ammonico.  La  sepa- 
razione di  questi  acidi  mi  è  finora  riuscita  impossibile  poiché  oltre  a  dare 
essi  sempre  dei  sali  molto  solubili,  le  molte  materie  estrattive  che  Taccompa- 
gnano  rendono  sempre  più  diflScile  la  separazione.  Io  potei  assicurarmi  della  pre- 
senza dell'acido  fosfoglicerico,  per  il  fatto  che  il  liquido  acido  dà,  sia  per 
ebollizione  che  per  svaporamento,  dell* acido  fosforico.  Quando  inoltre  il 
liquido  si  scalda  con  acido  metafosforico  in  palloncino  si  sente,  dopo  distil- 
lata Tacqua,  un  forte  odore  di  aeroleina  caratteristico. 

«  Suppongo  inoltre  che  questi  acidi  fosforati  siano  diversi  stanteché 
coll'alcool  i  loro  sali  baritici  si  comportano  diversamente.  Io  continuerò  lo 
studio  di  questi  acidi  i  quali  pare  abbiano  una  grande  importanza  fisiologica. 
«  Se  gli  acidi  tale  come  si  ottengono  dalla  decomposizione  dei  sali  piom- 
bici si  saturano  con  neurina  e  la  soluzione  di  detti  sali  anche  diluitissima 
s'inietta  in  un  animale,  si  riproduce  tutto  il  quadro  tossicologico  delVestratto 
acquoso  delle  capsule  surrenali.  Bastano  piccolissime  dosi  di  questi  sali  per 
produrre  subito  la  morte  in  un  coniglio. 

«  La  stessa  quantità  di  soluzione  fortemente  venefica  acidificata  con  acido 
cloridrico  riesce  completamente  innocua;  cioè  iniettate  tre,  quattro  siringhe 
in  un  animale  di  questa  soluzione  acida  non  producono  più  effètti  tossici 
apprezzabili. 

«  Con  questi  sali  fosforati  di  neurina  si  possono  spiegare  tutti  1  fenomeni 


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—  841  — 

ohimici  e  fisiologici  che  presenta  1*  estratto  acquoso  delle  capsule  surrenali. 
Quando  si  tratta  l'estratto  acquoso  con  acido  cloridrico  diventa  innocuo,  perchè 
l'acido  cloridrico  sposta  Vacido  fosforato  formando  cloridrato  di  neurina,  il 
quale  in  quella  condizione  di  diluizione  riesce  innocuo.  Se  invece  si  tratta 
con  acetato  basico  di  piombo  allora  si  precipita  il  sale  di  piombo  e  resta  la 
neurina  in  soluzione;  quindi  nò  il  liquido  nò  il  precipitato  saranno  più  velenosi. 

K  In  un  altra  mìa  Nota  io  esporrò  insieme  al  dott.  Guarnieri  le  espe- 
rienze fisiologiche  eseguite  finora  tanto  suir  estratto  acquoso  delle  capsule 
quanto  su  questi  sali  fosforati. 

tt  Per  rendermi  maggiormente  ragione  del  fatto  ho  cominciato  a  preparare 
artificialmente  il  fosfato  e  il  fosfoglicerato  di  neurina  purissimo  per  constatare 
quale  fosse  la  loro  azione  fisiologica.  Ho  preso  dell'acido  orto-fosforico  e  lo 
saturai  fino  a  leggerissima  alcalinità  con  neurina.  Fatte  le  iniezioni  in  ani- 
mali si  potette  osservare  come  comincia  Tacido  fosforico  ad  aumentare  di 
molto  l'azione  venefica  della  neurina.  Ma  sorprendente  è  l'azione  del  fosfogli- 
cerato. Io  preparai  dell'acido  fosfoglicerico  trattando  la  glicerina  con  un  ec- 
cesso di  anidride  fosforica  prima  a  freddo  e  poi  scaldando  al  disotto  di 
cento  gradi  per  poche  ore:  il  liquido  fii  precipitato  con  acqua  di  barite  in 
eccesso  fino  a  reazione  nettamente  alcalina.  Fu  filtrato  il  fosfato  di  bario  pre- 
cipitato ed  il  liquido  filtrato  fu  trattato  con  una  corrente  di  anidride  carbonica. 
Il  liquido  di  nuovo  filtrato  fu  scaldato  a  bagno  maria  per  decomporre  il  bicar- 
bonato di  bario  ed  il  liquido  rifiltrato  fu  precipitato  con  acetato  basico  di 
piombo  curando  di  adoperarne  il  meno  possibile.  Si  ebbe  un  abbondante  precipi- 
tato bianchissimo,  il  quale  si  lavò  prìma  per  decantazione  e  poi  sul  filtro  alla 
pompa  ;  il  precipitato  si  sospese  in  acqua  distillata  e  si  trattò  con  eccesso  d'idro- 
geno solforato.  Per  iscacciare  l'eccesso  d'idrogeno  solforato  fu  fatta  passare  nel 
liquido  a  freddo  una  corrente  di  aria,  finché  un  poco  di  esso  trattato  con 
acetato  basico  di  piombo  dava  un  precipitato  bianco,  senza  alcun  annerimento. 

«  Questo  liquido  titolato  con  soda  N/io  fu  saturato  con  neurina.  Questo 
sale  ò  potentemente  velenoso;  basta  un  decimo  di  milligranmio  per  anmiazzare 
una  rana,  come  più  dettagliatamente  si  potrà  vedere  nella  Nota  che  pubbliche- 
remo col  dott.  Guarnieri. 

ft  Se  ora  si  compara  il  comportamento  dell'estratto  acquoso  delle  capsule 
surrenali,  con  quello  degli  acidi  fosforati  estratti  combinati  alla  neurina  e 
dei  sali  fosforati  preparati  artificialmente,  si  trova  una  spiegazione  adeguata 
di  tutti  i  fenomeni  fin  qui  osservati. 

«  A  causa  della  rilevante  differenza  di  velenosità  tra  la  h^e  ossietilica 
e  quelUa  vinilica,  come  risulta  dalle  ricerche  scrupolose  del  prof.  Cervello 
e  della  facilità  di  trasformarsi  Tuna  nell'altra,  si  potrebbe  attribuire  a  questo' 
fatto  la  velenosità  delle  capsule  surrenali.  Però  se  ciò  potrebbe  spiegare  in 
parte  il  fenomeno,  non  spiega  il  complesso  dei  fatti  chimici  e  la  più  ener- 
gica velenosità. 


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—  842  — 

«  Io  sto  preparando  i  sali  purissimi  delle  due  basi  per  potere  meglio 
controllare  questo  fatto  interessante. 

«  Questo  Note  preliminari  servono  solo  a  mettere  in  vista  i  fatti  sin*ora 
osservati  riservandomi  uno  studio  più  dettagliato,  in  vista  specialmente  della 
importanza  che  possono  acquistare  simili  studi  tanto  dal  lato  tossicologico  che 
fisiologico.  Prima  però  di  finire  è  bene  far  notare  che  lo  scopo  di  questa  mia 
Nota  non  è  di  avvalorare  quanto  alcuni  credono  di  aver  io  affermato,  che  cioè 
non  esistono  altre  ptomaine  all'infuori  della  neurina.  Io  invece  ho  detto  che 
ho  studiato  sempre  questo  argomento  dal  punto  di  vista  tossicologico  e  che 
nelle  perizie  legaU  limitate  a  poca  quantità  di  materiale,  la  base  che  più 
può  intralciare  le  ricerche  è  la  neurina,  e  non  ho  mai  escluso  che  si  possano 
ritrovare  altri  alcaloidi  come  si  rileva  dalle  mie  pubblicazioni  sull'argomento  » . 


Tossicologia.  —  Ricerche  sperimentali  suir asiane  tossica  del- 
r estratto  acquoso  delle,  capsule  soprarenali.  Nota  dei  dottori  G.  Guar- 
NiERi  e  F.  Marino-Zuco,  presentata  dal  Socio  Paterno. 

«  Già  da  alcuni  anni  nelV  83  il  prof.  Foà  ed  il  dott.  Pellacani  stabili- 
rono che  nelle  capsule  surrenali  si  conteneva  un  veleno,  il  quale  era  capace 
di  produrre  negli  animali  effetti  venefici  costanti  e  mortali.  Questo  fatto  fu 
controllato  completamente  da  alcune  nostre  prime  ricerche,  le  quali  poi  ser- 
virono di  base  ad  uno  studio  più  accurato  dell'argomento  tanto  dal  punto  di 
vista  chimico  quanto  da  quello  sperimentale. 

ft  E  sabito  potemmo  mettere  in  rilievo  il  fatto  che  l'estratto  acquoso  di 
capsule  surrenali  (10  capsule  di  bue  diluite  con  60  ce.  di  acqua)  injettato 
nella  proporzione  di  un  centimetro  cubico  ad  un  coniglio  di  media  grandezza 
era  capace  di  dare  la  morto  in  breve  spazio  di  tempo.  Mentre  invece,  appena 
l'estratto  veniva  trattato  con  un  acido  od  altro  reattivo,  nella  medesima  dose 
od  in  dose  anche  alquanto  maggiore  non  produceva  fenomeni  venefici  ap- 
prezzabili. 

ft  Le  ricerche  chimiche  in  seguito  misero  in  chiaro  che  i  principi  più 
rilevanti  dell'estratto  acquoso  delle  capsule  soprarrenali  erano  neurina  ed 
acidi  fosforati  organici.  Allora  combinando  questi  acidi  fosforati  con  neu- 
rina ed  injettandone  sotto  pelle  la  soluzione  in  animali  ottenemmo  il  noto 
quadro  dei  fenomeni  tossicologici  dell'estratto  acquoso  semplice.  I  conigli  sono 
colti  subito  da  ansia,  il  respiro  s'affretta,  emettono  gemiti,  fanno  piccoli  salti 
incomposti  ;  poi  subito  cominciano  fenomeni  paralitici,  giacciono  distesi  su  di 
un  fianco,  stimolati  si  muovono  appena  barcollanti.  Più  tardi  sono  resi  inca- 
paci di  spostarsi  dal  luogo  che  occupano  con  paralisi  del  treno  posteriore  e 
più  raramente  di  quello  anteriore.  Lo  stupore  che  poco  dopo  fatta  l'inocula- 
zione si  manifesta  rapidamente  cresce,  e  gli  animali  muoiono  in  tempo  variabile 


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—  843  — 

con  paralisi  respiratoria.  Durante  Toltimo  periodo  deir avvelenamento  Tani- 
male  non  dà  se^i  di  sensibilità,  mancano  i  riflessi.  Non  meno  caratteristico 
è  il  quadro  che  si  produce  sperimentando  con  le  rane.  Già  dopo  due  o  tre 
minuti  si  nota  ipoestesia  marcatissima  della  cornea  e  la  deglutizione  dell'aria 
è  fatta  ad  intervalli  lunghissimi,  finché  in  breve  cessa  completamente  la  respi- 
razione. Dopo  7  a  10  minuti  i  movimenti  volontari  non  si  fanno  piti,  e  la 
rana  stimolata  con  uno  spillo  al  tallone  eseguisce  dei  movimenti  incompleti 
e  molto  limitati  e  torna  a  giacere  con  gli  arti  lunghi  sulla  tavoletta.  Il  capo 
è  sollevato,  gli  occhi  aperti,  la  cornea  perfettamente  anestesica.  Stimolato 
il  tallone  con  acido  acetico  si  hanno  contrazioni  limitate  di  alcuni  muscoli 
non  sufficienti  a  spostare  gli  arti  dalla  posizione  che  occupano.  Eccitato  elet- 
tricamente lo  sciatico  si  hanno  contrazioni  limitate  all'arto  corrispondente  e 
nulla  in  altri  gruppi  muscolari.  Eccitata  la  cute  del  tallone  con  acido 
solforico  non  si  nota  alcun  movimento  riflesso,  come  anche  eccitando  elettri- 
camente il  tronco  centrale  dello  sciatico.  Dopo  25-30  minuti  eccitando  anche 
con  forti  correnti  il  tronco  periferico  dello  sciatico  d'ordinario  non  si  otten- 
gono più  contrazioni  muscolari  di  sorta,  e  la  rana  sembra  morta.  Senonchè 
asportato  lo  sterno  si  vede  che  il  cuore  ancora  batte  con  discreta  frequenza, 
e  cessa  solo  di  pulsare  dopo  altri  20-25  minuti  prossimativamente.  Anche 
dopo  4  ore  che  il  cuore  ha  cessato  di  battere  Teccitazione  elettrica  diretta 
dei  muscoli  dà  contrazioni  visibilissime. 

«  Ma  se  alla  soluzione  servita  allo  esperimento  si  aggiunge  acido  clo- 
roidrico  il  potente  efletto  venefico  cessa,  e  solo  triplicando  o  quadruplicando 
il  volume  deiriniezione  si  ottengono  disturbi  passeggeri  appena  rilevabili. 

«  La  ragione  di  questo  fatto  apparisce  chiara  ove  si  eseguiscano  espe- 
rienze simili  con  il  fosfato  e  fosfoglicerato  di  neurina  ottenuto  artificial- 
mente. Difatto  iniettando  gr.  0,003  del  primo  sale  ad  una  rana  robusta, 
questa  muore  d'ordinario  in  14-20  minuti,  coinè  ancora  con  iniezioni  di 
gr.  0,001  ed  anche  meno  si  stabilisce  rapidamente  Tavvelenamento  carat- 
teristico e  le  rane  muoiono  in  10-20  ore.  Piii  potente  è  ancoi-a  l'azione  del 
fosfoglicerato  giacché  si  ottiene  un  avvelenamento  mortale  anche  con  una  dose 
di  grm  0,0001.  Si  comprende  allora  facilmente  come  l'azione  dell'acido  clo- 
ridrico possa  rendere  inapprezzabile  la  potenza  venefica  dei  sali  ottenuti  con 
gli  acidi  fosforati  organici  e  la  neurina  e  dell'estratto  acquoso  medesimo, 
poiché  come  é  noto  per  gli  studi  del  prof.  Cervello  e  del  prof.  Meriggia, 
bisogna  adoperare  dosi  molto  più  elevate  per  produrre  con  il  clorìdrato  di 
neurina  fenomeni  venefici  mortali. 

«  Noi  seguitiamo  le  nostre  ricerche  su  questo  argomento,  e  speriamo  di 
poterne  esporre  completamente  i  risultati,  quando  conosciuti  dettagliatamente 
gli  acidi  fosforati  dell'estratto  acquoso  avremo  eseguite  nuove  esperienze  col 
possesso  di  sali  puri  perfettamente  dosati  » . 


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—  844  — 

Fisiologia.  —  Studi  sulla  fina  struttura  delle  capsule  sopra- 
renali.  Nota  preventiva  dei  Dottori  Q.  Quarnieri  e  Q.  Magini,  pre- 
sentata a  nome  del  socio  Morigoia. 

«  L'oscurità  tuttora  esistente  sulla  funzione  delle  capsule  soprarenali  ci 
ha  mosso  a  studiarle  dal  lato  istologico  e  fisiologico;  ed  in  prima  abbiamo 
voluto  ricercare  sulla  loro  fina  struttura.  Durante  il  corso  delle  nostre  ri- 
cerche abbiamo  riscontrato  molti  fatti  già  registrati  nella  ricchissima  lettera- 
tura, tra  i  quali  però  alcuni  sono  descritti  od  interpretati  in  modo  che  a 
noi  non  è  sembrato  giusto;  ed  abbiamo  potuto  rilevare. alcuni  altri  &tti  fi- 
nora sconosciuti  specialmente  per  quel  che  si  riferisce  all'epitelio  ed  ai  vasi 
sanguigni  di  questi  organi.  Perciò  ci  siamo  determinati  a  presentare  fin  da 
ora  una  Nota  preventiva  dei  nostri  primi  risultati,  riserbandoci,  in  seguito 
ad  ulteriori  ricerche,  di  discutere  ampiamente  il  contenuto  della  presente 
Nota,  ed  altre  questioni  in  corso  di  studio. 

«  Gli  animali  sui  quali  abbiamo  fatto  le  nostre  osservazioni  sono  il 
coniglio,  il  cane,  la  cavia,  il  topo,  il  bue  e  l'uomo.  Di  tutti  qnsti  animali 
(eccetto  l'uomo)  si  prendevano  le  capsule  soprarenali  subito  dopo  «la  morte, 
e  venivano  immerse  nel  liquido  di  Plemming,  o  nella  miscela  osmio-bicromica 
0  nel  liquido  di  Mùller,  o  in  quello  di  Kleinenberg,  o  nell'alcool  assoluto. 
Oppure  si  facevano  sezioni  dell'organo  fresco  mediante  il  microtomo  a  con- 
gelazione, 0  preparati  per  dilacerazione  in  liquidi  indifferenti  (alcool  al  d<^, 
cloruro  sodico  0,75  7o  ecc.).  Di  preferenza  ci  siamo  serviti  della  inclusione 
in  celloidina  per  le  sezioni  dei  pezzi  induriti. 

«  Come  materie  coloranti  abbiamo  prevalentemente  adoperato  l'ematos- 
silina  dì  Ehrlich,  l'ematossilina  eosinica  di  Guamieri,  il  carminio  borico,  il 
boracico,  Talluminoso,  il  bleu  di  metilene  in  soluzione  acquosa  neutra  o  al- 
calina, il  nitrato  d'argento  (reazione  nera  di  Golgi  pei  centri  nervosi),  il 
cloruro  d'oro. 

<<  Ora,  descrivendo  sommariamente  i  risultati  delle  nostre  ricerche,  ci 
limiteremo  ad  esporre  soltanto  quello  che  a  noi  è  sembrato  portare  qualche 
contrib  ito  alle  attuali  conoscenze  istologiche,  non  che  quello  su  cui  dissen- 
tiamo ds^li  altri  ricercatori,  senza  occuparci  di  ciò  che  è  già  sanzionato  intorno 
alla  istologia  dalle  capsule  soprarenali. 

«  La  capsula  esterna  è  formata  da  "strati  connettivalì  sovrapposti,  ed 
ha  nel  bue  uno  spessore  maggiore  che  negli  altri  animali  ;  t.n  le  fibre  con- 
nettivali  sono  intercalati  assai  scarsi  ganglii  nervosi  microscopici,  composti 
di  tre,  quattro  o  più  cellule.  Questo  involucro  della  ghiandola  è  trapassato 
da  molti  e  grossi  fisisci  di  fibre  di  Bemak  (bue). 

«  La  zona  esterna  della  sostanza  corticale  è  divisa  dalla  capsula  per 
mezzo  di  una  sottile  membrana  connettìvale  propria,  che  manda  sopimenti 


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—  845  — 

in  direzione  raggiata  verso  la  sostanza  midollare,  nella  quale  qnesti  non 
penetrano;  che  anzi  dopo  breve  tragitto  si  perdono  nella  stessa  sostanza  corticale; 
però  si  accompagnano  fino  alla  soi^tanza  midollare  non  più  in  forma  di  raggi, 
ma  seguendo  per  lo  più  il  decorso  proprio  dei  fasci  di  fibre  nervose.  Tra  i 
sopimenti  raggiati  sono  contenuti  tubetti  ghiandolari  contorti,  col  cui  di  sacco 
rivolto  alla  periferia,  costituiti  da  una  membranella  anista  basale,  su  cui  pog- 
giano cellule  epiteliali  cilindriche  molto  allungate,  con  nucleo  rotondo.  Questo 
è  situato  verso  la  metà  delle  cellule,  e  non  presso  la  membrana  di  sostegno 
come  generalmente  avviene  per  Tepitelio  delle  altre  ghiandole  tubulari. 

•  Le  estremità  centrali  delle  cellule  sono  incastrate  tra  le  estremità 
centrali  delle  cellule  opposte  in  modo  che  non  rimane  lume  ghiandolare. 
Nel  tratto  d'incastro  appariscono  i  nuclei  in  due  file  regolari  parallele  vicine 
tra  loro  presso  Tasse  del  tubetto.  Osservando  coi  migliori  e  più  forti  obbiet- 
tivi (obbiettivo  apocromatico  Zeiss  1,30  -  oculare  n.  12)  i  preparata  fissati  col 
liquido  di  Eleinenberg,  e  colorati  con  ematossilina  eosinica,  si  nota  che  il 
nucleo  possiede  un  reticolo  cromatico  a  larghe  magUe,  i  cui  fili  sottili  sono 
in  rapporto  con  uno  o  più  nucleoli.  Il  reticolo  protoplasmatico  si  presenta 
con  maglie  più  serrate  all'intorno  della  membrana  nucleare  e  alla  periferia 
della  cellula* 

«  La  zona  interna  della  sostanza  corticale  occupa  approssimativamente 
i  tre  quarti  della  corticale  intiera.  È  costituita  da  cellule  epiteliali  po- 
ligonali irregolari,  distribuite  in  parecchi  strati,  dei  quali  il  più  periferico 
contiene  le  più  grandi,  il  medio  le  mezzane,  il  centrale  le  più  piccole,  senza 
però  che  si  possa  dire  aversi  una  delimitazione  marcata  fira  i  diversi  strati, 
giacché  gradatamente  per  sfumature  si  passa  dallo  strato  più  periferico 
al  centrale.  Queste  cellule  hanno  nucleo  rotondo,  polinucleolato  il  più 
delle  volte,  ed  un  reticolo  protoplasmatico  fatto  di  filamenti  molto  più  sot- 
tili che  non  quelli  delle  cellule  cilindriche  della  zona  esterna. 

«  La  struttura  della  sostanza  midollare  è  la  più  complicata;  questa 
non  è  limitata  da  una  linea  regolare,  ma  come  s'indentra  a  zaffi  irregolaris- 
simi  nelle  parti  più  profonde  della  corticale,  così  la  corticale  manda  dei 
gettoni  che  si  approfondano  nella  midollare  seguendo  specialmente  il  decorso 
delle  fibre  di  Bemak  come  descriveremo  in  seguito.  In  essa  si  rinvengono  i 
più  grossi  vasi  sanguigni,  una  rete  nervosa  ricchissima  ed  uno  speciale  epi- 
telio, che  ne  forma  principalmente  la  massa.  L'epitelio  ha  una  particolare 
disposizione,  cioè  è  formato  di  più  ordini  di  cellule  le  quali  unite  in  forma 
di  circonvoluzioni  contornano  i  vasi,  i  fasci  di  fibre  nervose,  e  diramandosi 
in  propagini  fitte  e  sempre  tra  loro  connesse  costituiscono  nell'insieme  un 
blocco  epiteliale  centrale  della  ghiandola.  Questi  elementi  epiteliali  che, 
come  è  noto,  sono  alterabilissimi,  vengono  soltanto  in  parte  fissati  dal  liquido 
di  Eleinenberg,  poiché  mentre  trattati  con  questo,  lasciano  scorgere  il  nu- 
cleo nello  stesso  modo  che  con  altri  reattivi,  il  protoplasma  cellulare  invece 


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—  846  — 

si  coarta  d* ordinario,  per  oui  si  perde  il  rapporto  coi  diversi  elementi  Ticini; 
solo  alcune  cellule  midollari  rimangono  in  posto.  Il  liquido  di  Flemming 
riesce  il  migliore  di  tutti  gli  altri  per  fissarne  la  fina  struttura,  senza  alt^ 
rame  i  rapporti.  Noi  preparati  fissati  col  liquido  di  Kleinenberg,  osserFando 
i  luoghi  dove  l'epitelio  non  si  è  distaccato  dalle  vicine  parti  coartandosi, 
si  vede  come  ogni  cellula  abbia  la  forma  di  una  piramide  tronca  coir  apice 
in  contatto  con  quello  della  cellula  opposta.  È  negli  apici  delle  cellule  che 
sta  collocato  il  nucleo.  Il  reticolo  protoplasmatico  del  corpo  cellulare  è  &tto 
di  maglie  irregolari  allungate  nel  senso  del  maggior  diametro  della  cellula  ; 
questo  reticolo  si  mette  in  evidenza  nei  preparati  colorati  coll'ematossilina 
eosinica  che  lo  tinge  in  rosa,  lasciando  perfettamente  incolore  Tenchilema; 
il  quale  si  tinge  in  bruno  in  preparati  fissati  col  liquido  di  Flemming;  la 
tinta  bruna  occupa  i  tre  quarti  della  cellula,  mentre  Tapice  di  questa  e 
la  porzione  perinucleare  restano  perfettamente  scolorati.  Osservando  questi 
preparati  col  sistema  Zeiss  sopradetto  sembra  che  nell*enchilema  bruno  siano 
intercalate  delle  maglie  più  chiare,  disposte  secondo  il  diametro  longitudi- 
nale della  cellula,  che  siamo  portati  ad  interpretare  come  costituenti  il 
reticolo  protoplasmatico.  Alcune  volte  sulla  base  delle  cellule  si  notano  delle 
dentellature,  le  quali  segnano  la  terminazione  periferica  di  strie  parallele 
tra  loro,  che  ricordano  quelle  delle  cellule  epiteliali  del  rene. 

«  Costantemente,  in  preparati  fissati  con  liquidi  osmici  (liquido  di  Flem- 
ming, miscela  osmio-bicromica),  si  riscontrano  dei  corpi  cilindrici  di  sostanza 
fortemente  rifrangente,  circondata  da  un  sottile  strato  di  altra  sostanza  annerita 
dall'acido  osmico,  e  di  figura  circolare,  semilunare  o  irregolare.  Questi  corpi 
cilindrici  sono  situati  talora  tra  cellula  e  cellula,  tal'altra  (ed  ò  il  più  so- 
vente) perforano  il  corpo  delle  cellule  verso  la  periferia  o  nel  centro  occu- 
pando circa  V4  0  Vs  della  loro  stoffa. 

<<  I  fasci  di  fibre  nervose  della  sostanza  midollare  sono  accompagnati 
spesso  da  un  manicotto  di  cellule  epiteliali  poliedriche,  alquanto  simili  a 
primo  aspetto  a  quelle  della  zona  interna  della  sostanza  corticale,  dalle 
quali  però  differiscono  specialmente  perchè  provviste  di  un  reticolo  protopla- 
smatico a  maglie  più  strette.  Questi  manicotti  talora  seguono  il  fascio  ner- 
voso negli  strati  più  profondi  della  sostanza  midollare  fin  presso  i  grossi 
vasi  centrali  dove  frequentemente  si  riscontrano  in  sezione  trasversa.  Alcune 
volte  però  i  fasci  di  fibre  di  Bemak  della  midollare  sono  sprovveduti  di 
manicotti  epiteliali,  e  corrono  tra  i  vasi  e  le  fibre  connettivali. 

«  Le  terminazioni  nervose  nella  sostanza  corticale  e  nella  midollare 
non  le  abbiamo  potute  vedere  per  quanti  tentativi  abbiamo  £Eitto,  colorando 
le  sezioni  col  cloruro  d'oro  (metodo  Giaccio,  Banvier,  Eùpffer,  Mura). 

«  Nessuna  cellula  nervosa  ganglionare  abbiamo  potuto  mai  vedere  nò 
nella  sostanza  corticale,  nò  nella  midollare  di  un  grandissimo  numero  dì 
preparati  sebbene  non  siasi  trascurato  alcuno  dei  metodi  atti  alla  ricerca. 


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—  847  ~ 

•  I  vasi  arteriosi  entrando  nella  sostanza  corticale  tangenzialmente  si 
dividono  in  ramuscoli  che  la  percorrono  a  guisa  di  raggi  convergenti  verso 
la  sostanza  midollare,  dove  si  continuano  in  lacune  vascolari  irregolari,  e 
queste  alla  loro  volta  comunicano  colla  vena  centrale  che  esce  per  l'ilo  della 
ghiandola.  Com'è  conosciuto,  vasi  sanguigni  delle  capsule  soprarenali  hanno 
in  generale  pareti  sottilissime  composte  da  un'  esile  membrana  endoteliale  i 
cui  nuclei  sono  molto  distanti  tra  loro.  Questa  membrana,  a  quanto  ci  ap- 
pare, è  in  rapporto  diretto  colle  cellule  epiteliali  della  ghiandola. 

•  Vogliamo  insistere  sopra  un  &tto,  che  abbiamo  potuto  mettere  in  rilievo 
mediante  trattamento  delle  capsule  soprarenaU  colla  reazione  nera  all'argento  che 
Oolgi  adopera  pei  centri  nervosi  :  nella  zona  intema  della  sostanza  corticale 
si  osservano  costantemente  numeros^  figure  nere  singolari,  composte  di  un 
corpo  centrale  rotondo,  piriforme  o  a  triangolo  sferico,  il  quale  per  lo  più 
ò  provvisto  di  due  appendici  laterali  quasi  due  ali  aperte  di  farfalla,  netta- 
mente delimitate,  formate  da  un  reticolo  a  maglie  poligonali.  Queste  figure 
alate  si  vedono,  in  tali  preparati,  una  accanto  l'altra  a  distanze  variabili  e 
di  forme  analoghe  e  costanti.  Ove  i  preparati  vengano  successivamente  trattati 
con  ematossilina  o  con  carminio,  si  vedono  le  cellule  epiteliali  incastonate 
nelle  maglie  delle  ali.  Paragonando  queste  figure  alate  con  quelle  di  prepa- 
rati ottenuti  da  capsule  iniettate  con  massa  al  canninio  (o  già  per  so 
iniettate  di  sangue  e  colorate  con  ematossilina  eosinica)  si  riconosce  che  non 
rappresentano  altro  che  una  speciale  disposizione  di  vasi  Sanguigni,  che  non 
siamo  riusciti  a  mettere  completamente  in  evidenza  che  per  mezzo  della  rea- 
zione nera  di  Oolgi  in  sezioni'  piuttosto  spesse.  Questa  particolare  e  costante 
disposizione  dei  vasi  della  zona  intema  della  sostanza  corticale  ci  richiama 
in  qualche  modo  alla  mente  quella  che  si  osserva  nelle  isolette  del  fegato. 

«  É  noto  come  specialmente  nella  sostanza  midollare  delle  capsule 
surenali  si  trovino  dei  grossi  fasci  di  fibre  muscolari  liscie  che  per  lo  più 
circondano  il  lume  delle  vene  a  guisa  di  robusti  cingoli.  Indubbiamente  a 
questo  fatto  istologico  deve  corrispondere  un  proporzionale  effetto  fisiologico, 
per  cui  riteniamo  che  questi  fasci  muscolari  contraendosi  servano  a  regolare 
il  deflusso  venoso  in  modo  da  rallentare  potentemente  la  circolazione  san- 
guigna dì  queste  ghiandole. 

«  Iniettando  per  mezzo  di  un'apparecchio  a  pressione  costante,  in  varie 
capsule  freschissime  di  bue,  dell'acqua  tiepida  salata  per  la  vena  centrale 
abbiamo  notato  Taumento  di  volume  della  metà  circa,  in  media  (metodo 
dello  spostamento  del  liquido  in  cui  erano  immerse  le  capsule  prima  e  dopo 
la  iniezione). 

«  Ad  onta  di  ripetute  iniezioni  interstiziali  di  bleu  di  Prussia  solubile 
nelle  capsule  soprarenali  non  siamo  riusciti  che  a  far  penetrare  il  liquido 
nei  vasi  sanguigni;  quindi  nulla  possiamo  dire  della  disposizione  dei  vasi 
linfatici  *. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Som.  110 


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—  848  — 

MEMORIE 
DA  SOTTOPORSI  AL  GIUDIZIO  DI  COMMISSIONI 

G.  TERRiai.  Gli  Ostraeodi  Polùoi  a  Foraminiferi  del  calcare  di  Palo 
{vulgo  Macco  di  Palo).  Presentata  dal  Segretario  Blaserna. 

E.  Sciamanna  e  A  Torti.  Modificazioni  del  polso  cerebrale  nelle  di- 
verse posizioni  del  soggetto  e  per  l'uso  di  diversi  farmaci.  Presentata  Id. 
a  nome  del  Socio  Moriggia. 


RELAZIONI  DI  COMMISSIONI 

Il  Sodo  Carutti,  a  nom^  anche  del  Socio  Capasso,  relatore;  legge  una 
Relazione  sulla  Memoria  del  sig.  G  Merkel  intitolata:  L'opinione  dei  con- 
temporanei  sull'impresa  italiana  di  Carlo  I  d'Angiò,  concludendo  per  l'in- 
serzione del  lavoro  negli  Atti  accademici.. 

n  Socio  Monaci,  relatore,  a  nome  anche  del  Socio  D'Ancona,  legge 
una  Relazione  sulla  Memoria  dei  signori  EcHitLi  e  Gauchat,  intitolata  :  // 
Canzoniere  ProvenJiale  E  Cod.  Vaticano  3207,  proponendone  l'inserzione 
negli  Atti  accademici. 

Le  precedenti  Relazioni,  messe  ai  voti  dal  Presidente,  sono  approvate, 
dalla  Classe,  salvo  le  consuete  riserve. 


PRESENTAZIONE  DI  LIRRI 

Il  Segretario  Carutti  presenta  le  pubblicazioni  giunte  in  dono,  segna- 
lando fra  queste  le  seguenti  di  Soci  e  di  estranei: 
6.  Carle.  Le  origini  del  Diritto  romano. 

C.  Cadorna.  Il  primo  ed  unico  principio  del  diritto  pubblico  clericale. 
G.  Finali.  Commemorazione  di  Marco  Minghetti. 

Lo  stesso  Segretario  presenta  anche  il  IV  ed  ultimo  volume  dell'/n- 
veatario  del  R,  Archivio  di  Stato  in  Lucca. 

n  Presidente  Fiorelli  oflFre,  da  parte  dell'autore,  la  pubblicazione  in- 
titolata: On  the  track  of  Ulysses,  together  with  an  excursion  in  guest  of 
the  sO'Called  Venus  of  Melos,  del  sig.  W.  J.  Stillman. 


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—  849  — 

n  Segretario  Ferri  presenta  Topera  del  prof.  S.  Bknzoni:  Dottrina 
dell'essere  nel  sistema  HosminianOj  accompagnandola  con  un  cenno  biblio- 
grafico (^). 

Il  Segretario  Blaserna  fa  omaggio,  a  nome  dell*  autore  prof.  6.  Luvini, 
della  pubblicazione:  Contribution  à  la  Meteorologie  électrique. 

Il  Socio  Betocchi  presenta  il  1^  Volume  dell'opera  del  senatore  P.  Man- 
FRiN  intitolata:  Gli  ebrei  sotto  la  dominazione  romana. 


PERSONALE  ACCADEMICO 

Il  Presidente  Fiorelli  annuncia  che  alla  seduta  è  presente  il  Socio  stra- 
niero Gastone  Paris. 


CORRISPONDENZA 

Il  Segretario  Carutti  dà  conto  della  corrispondenza  relativa  al  cambio 
degli  Atti. 

Annunciano  rinvio  delle  loro  pubblicazioni: 

La  Società  filosofica  di  Cambridge;  la  Società  batava  di  filosofia  spe- 
rimentale di  Rotterdam;  il  Museo  britannico  di  Londra;  le  Università  di 
Cambridge,  di  Glasgow,  di  Upsala,  di  Leida,  di  New- York;  il  Museo  di  zoo- 
logia comparata  di  Cambridge  Mass.;  il  Museo  di  Beigen;  T  Istituto  meteo- 
rologico rumeno  di  Bucarest;  1* Istituto  tecnico  superiore  di  Earlsruhe;  il 
Comitato  geologico  russo  di  Pietroburgo. 

Bingraziano  ed  annunciano  rinvio  delle  loro  pubblicazioni: 

La  Società  di  storia  patria  di  Stuttgart;  la  Società  Beale  delle  scienze 
di  Upsala;  la  Società  di  fisica  e  di  storia  naturale  di  Ginevra;  la  Società 
di  scienze  naturali  di  Brunn. 

D.  C. 


C)  V.  pag.  769. 


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851  — 


INDICE  DEL  VOLUME  IV.  -  RENDICONTI 

1888  —  1*  Semestre. 


INDICE  PER  AUTORI 


Agamennone.  «  U  terremoto  Del  Vallo  Co- 
Bentìno,  del  3  decembre  1887  n.   532. 

Am Ami.  Presenta  un  «  Catalogo  »  delle  mo- 
nete masulmane  possedute  dalla  Biblio- 
teca nazionale  di  Parigi.  481.  * 

Andbbuni.  «  Sopra  alcuni  derìvati  della 
pirrolenffcalide  ».  560. 

Artini.  è  approvata  per  la  stampa  la  sua 
Memoria  intitolata  :  a  Quarzo  di  Val 
Malenco  n.  382. 

—  «  Sulla  così  detta  S avite  diMontecap 
tini  II.  51. 

— ^  «  Alcune  nuore  osservazioni  sulle  zoo- 
liti di  Montecchio  Maggiore  «.  536. 

Abcoli.  Fa  parte  della  Commissione  giudi- 
eatrice  del  concorso  ai  premi  Ministe- 
riali per  le  Scienze  filologiche^  pel 
1886-87.  647. 


B 


Balbiano.  Invia  per  esame  la  sua  Memo- 
ria intitolata:  a  Sopra  alcuni  derivati 
monoBostìtniti  del  piiazolo  e  sui  com- 
posti idrogenati  che  ne  derivano  n. 
600. 

—  M  Contribuzione  allo  studio  del  cromato 
basico  di  rame  ».  597. 

Bari  LARI.  Sua  conferma  ad  Amministra- 
tore. 765. 

Baenabei.  tt  Di  una  epigrafe  onoraria  a 
L.  luUo  luliano,  prefetto  del  pretorio 


e  prefetto  dell* Annona,  al  tempo  di 
Commodo  ».  70. 

—  «  Di  un'iscrizione  latina  arcaica  del  con- 

sole Servio  Fulvio  Fiacco,  scoperta  in 
S.  Angelo  in  Formis  presso  Capua  ». 
276. 
Betocchi.  Fa  omaggio  del  volume  XV 
della  Società  filologica  di  Francia.  96; 
di  vari  fascicoli  della  stessa  Società. 
482;  di  una  pubblicazione  del  prof. 
Bìuin,  482;  di  un'opera  del  senatore 
Manfrin.  849. 

—  Presenta,  perchè   siano   sottoposte   ad 

esame,  le  Memorie:  Busi».  53;  Cor- 
naglia,  155. 

—  a  Effemeridi  e  statistica  del  fiume  Te- 

vere prima  e  dopo  la  confiuenza  del- 
TAniene,  e  dello  stesso  fiume  Anione 
durante  Vanno  1887  ».  782. 

Berti.  Presenta  una  pubblicazione  del  si- 
gnor OaboUo  e  ne  discorre.  179. 

Blangbi.  «  SuUe  superficie  d'area  minima 
negli  spazi  a  curvatura  costante  ».  4. 

—  «  Sulla  equazione  a  derivate  parziali  del 

Cayley  nella  teoria  delle  superficie  ». 
442. 

—  tt  Sopra  una   classe   di   trasformazioni 

in  sé  medesima  della  equazione  a  de- 
rivate parziali  :  (I)    * 


+ 


{l-\-(l*)r 


2yi?»  +  (l+P')t 


1 


1 +;»•  +  }• 


=  C08t»»  ».  445. 


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—  852  — 


Blaserna  (Segretario).  Comunica  la  corri- 
spondenza relativa  al  cambio  degli 
Atti.  56;  157;  251;  384;  568;  765. 

—  Comunica  Tinvito  fatto  dal  Rettore  del- 

rUniversità  di  Bologna  per  la  celebrar 
zione  deirs^  centenario  di  quella  Uni- 
versità. 56. 

—  Dà  comunicazione  di  un  invito  pel  Con- 

gresso geologico  internazionale  di  Lon- 
dra, e  per  quello  di  chirurgia  di  Pa- 
rigi. 251  ;  id.  della  Società  delle  scienze 
di  Finlandia.  384. 

—  Presenta  le   pubblicazioni   inviate   dai 

Soci:  d'Abbadie.  563;  von  Bruecke. 
155;  De  Zigno.  764:  Gemmellaro.  53; 
Kanitz,  155;  von  Kokscharow.  764; 
von  Rath,  Resal.  383;  Taramelli.  155; 
764;  Volpicelli  53. 

—  Presenta  le   pubblicazioni   inviate  dai 

signori:  Benedikt  250;  Canestrini. 
156;  Chantre.  250;  DanieUien.  383; 
Falangola.  481;  Groth.  53;  Him,  Ko- 
ren,  Liasauer.  383;  Luvini.  849;  Lo- 
visato.  563;  Nansen,  Sars,  383:  Szaj- 
noche.  481;  Saccardo,  Saltini.  563; 
Tondini  de'  Quarenghi.  383. 

—  Presenta  due  «  Cataloghi  dell'Osserva- 

torio di  Parigi  »  e  i  volumi  IV  e  VI 
contenenti  i  risultati  della  spedizione 
scientifica  francese  al  Capo  Hom  (1882- 
83).  250;  il  voi. Ideile  opere  di  Fou- 
rier,  alcuni  volumi  dell*Osservatorìo  - 
di  Greenwich  e  varie  pubblicazioni  del- 
TAccademia  di  Cracovia.  383;  il  vo- 
lume Vin  deir  u  Indez-Catalogue  of 
the  Library  of  the  Surgeon  General*  s 
Office,  United  States  Army  n  donato 
dal  Socio  Bodio,  481  ;  il  voi.  XII  delle 
u  Osservazioni  astronomiche  »  eseguite 
airOsservatorio  di  Pulkova,  e  una  pub- 
blicazione del  sig.  de  Gueme,  inviata 
a  nome  di  S.  A.  il  Principe  di  Monaco. 
764. 

—  Dà  comunicazione  delle  lettere  di  rin- 

graziamento di  vari  Soci  dì  nomina 
recente.  55;  155;  250;  566. 

—  Presenta  una  medaglia  coniata  in  onore 

del  Socio  straniero  von  KokschaYow 
ed  offerta  dalla  Società  mineralogica 
di  Pietroburgo.  155. 


Blaserna  (Segretario).  Annuncia  la  morte 
del  Socio  straniero  von  Rath.  566  ;  id. 
del  Presidente  della  R.  Accademia  di 
Serbia,  dott  J,  Pancicf.  384. 

—  Dà  comunicazione  dell*elenco  dei  lavori 

presentati  ai  due  concorsi  ai  premi 
reali  del  1887  per  la  Matematica  e 
per  la  Chimica,  54. 

—  Id.  dei  lavori  presentati  al  concorso  ai 

premi  del  Ministero  della  pubblica 
istruzione  per  le  Scienze  matematiche, 
1887-88.  566. 

—  Id.   di   un   concorso   a  premi  bandito 

dalla  Società  italiana  di  elettricità. 
156;  id.  dalla  B.  Accademia  delle 
scienze  fisiche  e  matematiche  di  Na- 
poli. 251  ;  id.  dair  Associazione  di 
proprietari  ed  agricoltori  di  Napoli 
568. 

—  Fa  parte  della  Commissione  giudicatrice 

del  concorso  ai  premi  ministeriali  per 
le  Scienze  fisiche  e  chimiche,  pel 
1886-87.  650. 

—  Presenta,  perchè  sia  sottoposta  ad  esame, 

una  Memoria  del   dott.    Terrigi  848. 

—  Fa  parte  della  Commissione   esaminar 

trice  delle  Memorie:  Artini,  382;  La 
Valle.  764, 

—  u  Sull'impianto  del  servizio-  geodinamico 

in  Italia  n,  774. 

Bonatelli.  «  n  fenomeno  della  ricordanza 
illusoria».  161. 

Bordiga.  Invia  p^r  esame  la  sua  Memoria 
intitolata:  «  Di  alcune  forme  rigate  n. 
480. 

Bbioschi  (Presidente).  Annuncia  che  alla  se- 
duta Insistono  ì  Soci  stranieri:  Struve, 
250. 

—  Riferisce  sulla  Memoria  Comaglia.  382. 

—  Reiasione  alle  LL,  MM.  sui  lavori  del- 

TAccademia  e  sul  risultato  dei  con- 
corsi ai  premi  Reali  e  Ministeriali  ». 
603. 

—  fi  Osservazioni  sulla  comunicazione  del 

dott.  H.  Àfaschke,  relativa  alla  risolu- 
zione della  equazione  del  sesto  grado  ». 
181. 

—  «  La  forma  normale  delle  equazioni  del 

sesto  grado  ».  301  ;  485. 

—  Sua  conferma  a  Presidente.  765. 


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—  868  — 


YON  Bruecre.  Ringrazia  per  la  sua  nomina 
a  Socio  straniero.  55. 

BnsiN.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria: 
«  Sulla  frequenza  delle  alte  e  basse 
pressioni  nell'emisfero   boreale  ».   58. 


Cancani.  tt  Sopra  i  coefficienti  termici  dei 
magneti  ».  884. 

Cannizzaro.  Propone  rinvio  di  un  tele- 
gramma di  felicitazione  al  Socio  stra- 
niero Hofmann  in  occasione  del  1^ 
anniversario  della  sua  nascita.  384. 

—  Presenta  perchè   siano    sottoposte    ad 

esame  le  Memorie  :  Mauro.  882  ;  Bah 
hiano.  600. 

—  Fa  parte  della    Commissione   esamina- 

trice della  Memoria  Mauro.  568. 

—  Fa  parte  della   Commissione   esamina- 

trice del  concorso  al  premio  Beale  per 
la  Mineralogia  e  Geologia,  pel  1886. 
635. 

—  Id.  della  Commissione  gindicatrice  del 

concorso  ai  premi  ministeriali   per  le 
Sciente  fisiche  e  chimiche,  pel  1886- 
87.  650. 
Cantone.  «  Ricerche  intomo  alle  deforma- 
zioni dei  condensatori».  844;  471. 

—  «  Nuovo  metodo  per  la  determinazione 

delle  due  costanti  di  elasticità  ».  220; 
292. 

—  «  Sui  sistemi  di  frangio   d'interferenza 

prodotte  da  una  sorgente  di  luce  a  due 
colori  ».  815. 
Cantoni  G.  Presenta»  perchè  sia  sottoposta 
ad  esame,  una  Memoria  dei  dottori  Gè- 
rosa  e  Boccardi.  250. 

—  Fa  parte  della   Commissione    esamina- 

trice del  precedente  lavoro.  764. 

~  Riferisce  sul  concorso  ai  premi  Mini- 
steriali per  le  Scienze  fisiche  e  chi- 
miche, pel  1886-87.  650. 

Capasso.  Riferisce  sulla  Memoria  Merkel 
848. 

CAPRANtcA.  u  Fotografia  istantanea  dei  pre- 
parati microscopici  ».  297. 

Cardani.  «  Sulla  scarica  elettrica  nell'aria 
fortemente  riscaldata  ».  44.  ' 

—  u  Sull'  influenza   delle    forze   elastiche 


nelle  vibrazioni  trasversali  delle  corde  » . 
524;  705;  818. 

Carle.  Fa  parte  della  Commissione  giudi- 
catrice del  concorso  al  premio  reale 
per  le  Scienze  giuridiche  pel  1886. 
623. 

Carutti  (Segretario).  Dà  conto  della  cor- 
rispondenza relativa  al  cambio  degli 
Atti.  97;  180;  299;  488;.  602;  849. 

—  Dà  comunicazione  di  un  invito  del  sin- 

daco di  Roma  per  assistere  alla  inau- 
gurazione dei  busti  di  Borghesi  ed 
Eensen.  97. 

—  Dà  parte  di  un  invito  mandato  dall'Ac- 

cademia antropologica  di  Nuova  York. 
180;  299. 

—  Presenta  le    pubblicazioni   inviate   dai 

Soci:  Carle,  848;  Lampertico.  298; 
Levasseur.  298;  Loria,  Tabarrini. 
480. 

—  Presenta  le  pubblicazioni   inviate  dai 

signori.  Cadorna.  848;  Calvi,  480; 
Errante.  95  ;  Finali.  848  ;  Julliot.  179  ; 
L^i.  298  ;  Musatti.  480  ;  Negroni.  95  ; 
Rivalta.  601  ;  de  Salverte,  480;  Scha^. 
298;  Stocchi.  480. 

—  Presenta  la  nuova  edizione  del  suo  li- 

bro uTi  conte  Umberto  I  e  il  re  Ar- 
doino  »  e  ne  discorre.  481. 

—  Presenta  il  II  volume   dei  u  Discorsi 

parlamentari  di  Q.  Sella  »  e  vait  vo- 
lumi della  Società  romana  e  della  So- 
cietà napoletana  di  storia  patria.  298  ; 
il  voi.  XIV  del  «  Corpus  Inscriptionum 
Latinarum  »  e  il  voi.  XV  della  «  Cor- 
rispondenza politica  di  Federico  il 
Grande  ».  481  ;  il  voi.  I  dei  «  Discorsi 
parlamentari  di  M.  Minghetti  »,  e  un 
volume  delle  «  Relazioni  diplomatiche 
della  Monarchia  di  Savoia  dalla  pri- 
ma alla  seconda  restaurazione  (1559- 
1814)'»  pubblicate  dai  signori  Mauro, 
Ferrerò  e  Vayra.  601  ;  il  voi.  IV  del- 
l' tt  Inventario  del  R.  Archivio  di  Stato 
di  Lucca».  848. 

—  Annuncia  che   è   terminata  la  stampa 

del  primo  volume  del  «  Supplemen- 
tum  »  al  «  Corpus  Inscriptionum  La- 
tinarum ».  299. 

—  Dà  l'annuncio  di   concorsi   ad   assegni 


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—  854  — 


per  istadi  di  perfezionamento  all'estero. 
299;  id.  del  programma  pei  concorso 
al  premio  Hoeufft  pel  1889.  482. 

—  Dà  comunicazione  delle   lettere  di  rin- 

graziamento dei  Soci  di  nomina  re- 
cente. 180. 

—  Annuncia  la  morte  del  Socio  Carrara.  99. 

—  Gomonica  Telenco  dei  lavori  presentati 

al  concorso  al  premio  Beale  del  1887 
per  le  Scienze  filosofiche  e  morali.  96. 

—  Id.  dei  lavori  presentati  al  concorso  ai 

premi  del  Ministero  della  pubblica 
istruzione  per  le  Scienze  storiche  e 
filologiche,  1887-88.  601. 

—  Fa   parte   della   Commissione  giudica- 

trice del  concorso  al  premio  reale  per 
le  Scienze  giuridiche  pel  1886.  623. 

—  Fa  parte  della  Commissione   esamina- 

trice della  Memoria  MerkeL  848. 

Cavalli.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata:  «  Teorìa  delle  motrici  a  gas- 
luce  ».  382. 

Cerruti.  Presenta  un  fascicolo  a  stampa 
nel  quale  è  esposto  il  disegno  della 
nuova  edizione  nazionale  delle  opere 
di  Galileo,  e  ne  discorre.  156. 

—  «  Sulla  deformazione  di  un  corpo   ela- 

stico isotropo  per  alcune  speciali  con- 
dizioni ai  limiti  n.  785. 

—  Sua   conferma  ad  Amministratore   ag- 

giunto. 765. 

—  CesAro.  «  Sui  concetti   di   limite  e  dì 

continuità  ».  12. 

—  a  Formolo  relative  al  moto  di  un  pun- 

to ».  18. 

—  tt  Sur  la  comparaison  des  séries  diver- 

gentes  ».  115. 

—  u  Sur  les  lois  asjmptotiques  des  nom- 

bres».  452. 

—  u  Sur  les  systèmes  de  nombres  entiers  ». 

457. 
CiAMiciAN  e  Magnanini.  u  Sintesi  di  acidi 
metilindolcarbonici  ».  144. 

—  a  Sulla  formazione  dei  due  tetrabromurì 

di  pirrolilene  ».  227. 

—  «  Sugli  acidi  carbossìlici  dei  c-metilìn- 

doli  ».  741. 
Ciamigian   e   Silbsr.   «  Ricerche    suUV 
piolo».  146;  541;  550;  824. 


CiAMic[AN  e  Zatti.  «  Sugli  acidi  carbos- 
sìlici dell'indole  ».  746. 

Cipolla.  Invia  per  esame  la  sua  Memoiia 
intitolata:  a  Una  congiura  contro  la 
repubblica  di  Venezia  negli  anni  1522- 
1529  ».  179.  —  Sua  approvazione.  600. 

CooNBTTi  DE  Martiis.  Offre  una  sua  tradu- 
zione della  commedia  di  M.  A.  Plauto: 
«  I  prigionieri  di  guerra  (captivi)  n. 
180. 

—  «  Un    socialista   cinese   del   V  secolo 

av.  C:  Mih-Teih  ».  166. 
Colini.  «  Collezione  etnografica  della  Nuova 
Caledonia  esistente  nel  Museo  preisto- 
rico di  Roma  ».  74. 

—  «  Ornamenti  personali  dei  Melanesi  esi- 

stenti nel  Museo  preistorico  di  Roma  ». 
173. 

—  u  Collezione  etnografica  delle  isole  del- 

l'Ammiragliato,  esistente  nel  Museo 
preistorico  di  Roma  ».  774. 
Comparxtti.  Fa  parte  della  Commissione 
giudicatrice  del  concorso  ai  premi  mi- 
nisteriali per  le  Scienze  filologiche, 
pel  1886-87.  647. 

—  «I  canti  epici  della  Finlandia».   618. 

Cornaglia.  Invia  per  esame  la  sua  Me- 
moria: «  Delle  spiaggie  ».  155.  —  Sua 
approvazione.  882. 

CossA  A.  «  Sulla  COSI  detta  Sa v  ite  di  Mon- 
tecatini ».  99. 

Cremona.  Presenta,  perchè  siano  sottopo- 
ste ad  esame,  le  Memorie:  Bordiga, 
480;  Viola,  600. 


D'Ancona.  Fa  parte  della  Commissione 
giudicatrice  del  concorso  ai  premi  mi- 
nisteriali per  le  Scienze  filologiche, 
pel  1886-87.  647. 

—  Fa  parte  della  Commissione  esamina- 
trice della  Memoria  Kehrli  e  Gauchat, 
848. 

De  Bart.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a 
Socio  straniero.  55. 

De  Leva.  Presenta,  perchè  siano  sottoposte 
ad  esame,  le  Memorie  :  Filippi  ;  Àferkel  ; 
Cipolla,  179. 


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—  855  — 


Db  Paolis.  Chiede  che  sia  aperto  un  suo 
piego  suggellato.  5d8. 

—  Presenta,  perchè  sia  sottoposta  ad  esame, 

una  Memoria  del  dott.  Pascal.  563. 
Ds-ToNi  e  Levi,  u  PogiUo  di  alghe  tripo- 

litane».240. 
De  Yarda.  «Sopra  un  acido  solfoisoyale- 

rianicon.  359. 

—  tt  Studi  sui  pirroli  terziari  n,  755. 
DoHRN.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a  Socio 

straniero.  55. 
D'Ovidio  E.  «  Sopra  alcuni  inTarianti  si- 
multanei di  due  forme  binarie  degli  or- 
dini 5  e  4,  e  sul  risultante  di  esse  ».  100. 


F 


Faterò.  «  Intorno  ad  un  recente  studio 

sulla  gravità».  310. 
Ferri  (Segretario).  «  Cenno  bibliografico 

sull'opera  del  prof.  Benzeni:  Dottrina 

deiressere  nel  sistema  Bosminiano  » .  769. 
Filippi.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 

intitolata:  u  L'arte  dei  Mercanti  di  Ca- 

limala  in  Firenze  e  il  suo  più  antico 

statuto  n,  179. 
FiORELU.  Presenta  una  pubblicazione  del 

sig.  W,  /.  Stillman.  848. 

—  Annuncia  che  alla  seduta  assiste  il  Socio 

straniero  Paris,  849. 

—  Dà  annuncio  della  morte  del  Socio  stra- 
niero Summer  Maine.  180. 

—  «  Notizie  sulle  scoperte  di  antichità: 
1887-  del  mese  di  dicembre.  57;  1888- 
gennaio.  159  ;  febbraio.  253  ;  marzo.  385  ; 
aprile.  569;  maggio  i>.  767. 

—  Sua  conferma  a  Vicepresidente.  765. 
Fumi.  «Per  la  Fonistoria  protaria  ».  173; 

406. 


6 


Gauurrini.  Ringrazia  per  la  sua  elezione 

a  Corrispondente.  180. 
—  «  Sopra  un'antica  tazza  di  Lucio  Cano- 

leio».  404. 
Garibaldi.  «  Le  protuberanze  solari  nei  loro 

rapporti  colle  variazioni  del  magnete  di 

declinazione  diurna».  27. 
Gauchat.  —  V.  Kehrli. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1**  Sem. 


Geoenbaur.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a 
Socio  straniero.  55. 

Gerosa  «  Sulla  velocità  del  suono  nelle 
leghe».  127. 

Gerosa  e  Mai.  Inviano,  per  esame,  la  loro 
Memoria  intitolata  :  «  Nuove  ricerche  in- 
tomo all'iniuenza  di  alcune  condizioni 
fisiche  sulla  vita  dei  microrganismi  ». 
250.  —  Sua  approvazione.  764. 

—  «  Sulla  velocità  del  suono  nei  vapori  ». 
722;  800. 

Giacomelli.  V.  Respighi, 

Golgi.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a  Cor- 
rispondente. 55. 

Govi.  Offire  un  suo  scritto  intitolato  :  «  Il 
Microscopio  inventato  da  Galileo  »  e  ne 
discorre.  564. 

—  Fa  parte  della  Commissione  giudicatrice 
del  concorso  ai  premi  Ministeriali  per  le 
Scienze  filologiche,  pel  1886-87.  647.  • 

—  «  Dei  colori  invisibili  o  latenti  dei  corpi  ». 

572. 

—  «  Nuovo  metodo  per  costruire  e  calcolare  il 
luogo,  la  situazione  e  la  grandezza  delle 
imagini  date  dalle  lenti  o  dai  sistemi 
ottici  complessi».  655. 

Grablovitz.  «  Risaltati  delle  osservazioni 
idrotermiche  eseguite  al  Porto  d'Ischia 
nel  1887  ».  177. 

—  «  Sunto  del  metodo  per  determinare  le 
costanti  della  marea  lunare  con  una  o 
due  singole  osservazioni  al  giorno  ».  534. 

Grassi,  a  Morfologia  e  sistematica  di  al- 
cuni protozoi  parassiti».  5. 

—  u  Significato  patologico  dei  protozoi  pa- 
rassiti dell'uomo».  83. 

Grassi  e  Rovelli,  a  Intorno  allo  sviluppo 
dei  Cestodi».  700. 

—  «La  Bilharzia  in  Sicilia».  799. 

Grimaldi,  u  Sopra  una  relazione  fra  il  po- 
tere termoelettrico  delle  coppie  bismuto- 
rame  e  la  loro  sensibilità  rispetto  al- 
l'azione del  magnetismo  ».  132. 

—  a  Sulle  modificazioni  prodotte  dal  ma- 
gnetismo nel  bismuto».  353. 

GuARNiERi  e  Magini.  «  Studi  sulla  fina 
struttura  delle  capsule  soprarenali.  844. 

—  V.  Jfarino-Zuco, 

Guidi.  Presenta  una  pubblicazione  del  prof. 
Rossi,  95. 

Ili 


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—  866  — 


Guiói.  «Frammenti  copti».  60. 
—  tt  La  traduzione  degli  Erangeli  in  arabo 
ed  in  etiopico  (geez)».  256. 


HÉBERT.  Ringrazia  per  la -sua  nomina  a 
Socio  straniero.  55. 

Helbio.  u  Sn  di  nna  figura  arcaica  di  guer- 
riero, in  bronzo,  trovata  nel  santuario 
di  Asclepio  ad  Epidauro  ».  60. 

—  a  Su  di  una  figurina  in  bronzo  rappre- 
sentante un  Sileno  ».  166. 

Hofmann.  Gli  viene  inviato  dairAccademia 
un  telegramma  di  felicitazione,  in  oc- 
casione del  70®  anniversario  della  sua 
nascita.  384. 


Keller.  «  Contributo  allo  studio  delle  rocce 

magneticbe  dei  dintorni  di  Roma  n.  38; 

825. 
Kerulè.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a 

Socio  straniero.  55 
Xehrli  e  Gauchat.  Inviano  per  esame  la 

loro  Memoria  intitolata:  «  H  Canzoniere 

provenzale  H,  cod.  Vat.  8207  ».  600.  — 

Sua  approvazione.  848. 
Klebs.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a  Socio 

straniero.  55. 
XovALEwsRT.  Ringrazia  per  la  sua  nomina 

a  Socio  straniero.  55. 


Lampertico.  Presenta  una  «  Relazione  »  del 
sig.  Monzilli  e  ne  discorre.  95. 

La  Valle.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata:  «  Sul  Diopside della  Berne 
des  Brous  presso  Ala».  764.  —  Sua 
approvazione.  764. 

Le  Blant.  tfLes  premiers  chrétiens  et  le 
démon  ».  59. 

LiPSCHiTZ.  Ringrazia  per  la  sua  elezione  a 
Socio  straniero.  566. 

LoRENZONi.  «  Relazione  sulle  esperienze  isti- 
tuite nel  R.  Osservatorio  astronomico 
di  Padova  in  agosto  1885  e  febbraio 
1886,  per  determinare  la  lunghezza  del 


pendolo  semplice  a  secondi,  preceduta 
dalla  esposizione  dei  prìncipi  del  me- 
todo dello  strumento  di  Repsold».  83. 

LoviSATO.  «  Sopra  gli  sferoidi  di  Ghistotrai 
presso  Fonni  in  Sardegna.  355. 

LuHBROSo.  Presenta  una  pubblicazione  del 
sig.  M.  Ricci  e  ne  discorre.  96. 

—  tt  Piero  Strozzi  fiorentino  e  la  Mctafnai 
greca  dei  Commentarìi  di  Giulio  Ce- 
sare». 166. 

—  «L^Itinerarium  del  Petrarca».  390. 


Magini  V.  GuamierL 
Magnanini.  «Azione  della  anidride  acetica 
sulPacido  levulinico  ».  477. 

—  «  Sulla  trasformazione  del  metilcbetolo 
in  chinaldina  ».  556. 

—  «  Sui  derivati  acetilici  del  metilchetolo 
e  dello  «òatolo  ».  362. 

—  «  Sopra  alcuni  derivati  del  dimetilpìr^ 
rolo  assimmetrico».  828. 

—  V.  Ciamician. 

Magrini.  «  Ricerche  intomo  alla  magne- 
tizzazione del  ferro».  734. 

Mai.  V.  Gerosa. 

Mancini.  Si  riserba  di  commemorare  i  Soet 
Carrara  e  Laurmt.  96. 

Marangoni.  «H  teiremoto  di  Firenze  del 
14  novembre  1887».  31. 

—  «  Scarica  elettrica  attraverso  i  minerali  ». 

124. 

—  tt  Criteri  per  stabilire  una  classificazione 
naturale  dei  cristalli».  215. 

—  «n  problema  delle  attrazioni  e  ripul- 
sioni capillari  ».  339. 

—  tt  Movimenti  delle  polveri  alla  superficie 
dell'acqua».  520. 

Mari>o-Zuoo.  a  Ricerche  chimiche  sulle 
capsule  surrenali».  835. 

Marino>Zuco  e  Guarnieri.  a  Ricerche  spe- 
rimentali suirazione  tossica  delFestratto 
acquoso  delle  capsule  surrenali».  842. 

Maschre.  tt  La  risoluzione  della  equazione 
del  6<>  grado  ».  181. 

Mauro.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata  :  u  Studio  sui  fluossisali  di  Mo- 
libdeno. Memoria  1*  :  Fluossipomolibdatl 


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—  857 


dì  potassio  e  di  ammonio  ».  382.  —  Sua 
approvazione.  563. 

Meneghini.  Fa  parte  della  Commissione 
esaminatrice  del  concorso  al  Premio  reale 
per  ÌA Mineralogia  e  Oeologia,^^!  1886. 
635. 

MsNOzzi.  «  Ricerche  chimiche  sulla  germi- 
nazione del  Phaseolas  vulgaris». 
149. 

Merrel.  Inyia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata  :  u  L'impresa  italiana  di  Carlo  I 
d^Àngiò  e  Topinione  dei  contemporanei  n . 
179.  —  Sua  approvazione.  848. 

Mesbeoaglia.  Offre  una  «  Relazione  n  del 
conte  Tornielli'Brmati  e  ne  discorre. 
298. 

—  Fa  parte  della  Commissione  gindicatrice 
del  concorso  al  premio  reale  per  le 
Scienze  giuridiche^  pel  1886.  623. 

MiLLOSEviCH.  «Osservazioni  del  pianetino 
(264)  Libussa».  106. 

—  «  Osservazione  del  pianeta  (275)  e  della 
cometa  Sawertal».  504. 

—  «  Elementi  ellittici  di  (264)  Libnssa  in 
base  a  due  opposizioni (1886-87  e  1888)  ». 
505. 

MiNOAzziNi.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata:  «  Sulla  fina  stnittora  della 
Substantia  iiigra  Sommeringii». 
764. 

Monaci.  Presenta,  perchè  sia  sottoposta  ad 

esame,  una  Memoria  dei  signori  Kerhli 
e  Gauckat  600.  —  Riferisce  sulla  pre- 
cedente Memoria.  848. 

—  Riferisce  sul  concoso  ai  premi  ministe- 
riali per  le  Scienze  filologiche,  pel  1886- 
87.  647. 

Mondino.  «  La  produzione  delle  piastrine 
e  l^Bvoluzione  delle  emazie  nel  sangue 
dei  vertebrati  vivipari  ».  878. 

Mondino  e  Sala.  «  Studi  sul  sangue.  La 
produzione  delle  piastrine  nel  sangue 
dei  vertebrati  ovipari».  377. 

MoNTEMARTiNi.  «  Sulla  composizioue  chi- 
mica e  mineralogica  delle  rocce  serpen- 
tinose  del  Colle  di  Cassimoreno  e  del 
Monte  Ragola  (Valle  del  Nure)  ».  369. 

MoNTESANO.  «Su  le  trasformazioni  involu- 
torie  dello  spazio  che  determinano  un 
complesso  lineare  di  rette».  207;  277. 


MoNTBSANO.  «Sulle  reciprocità  birazionali 
nulle  dello  spazio».  588. 

MoBSLU.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata:  «Relazione  sugli  scavi  ese- 
guiti nella  caverna  Pollerà,  situata  nel 
Finalese  ».  179.  —  Sua  approvazione.  298. 

MoRiQGiA.  Presenta,  perchè  sia  sottoposta 
ad  esame,  una  Memoria  dei  dottori  Scia' 
manna  e  Torti.  848. 

—  «  La  frequenza  cardiaca  negli  animali 
a  sangue  freddo».  661. 

MoBSO.  «  Applicazione  del  verde  metile  per 
conoscere  la  reazione  chimica  e  la  morte 
delle  cellule».  419. 

—  «  Esame  critico  dei  metodi  adoperati 
per  studiare  i  corpuscoli  del  sangue». 
427. 

— -  «  n  sangue  nello  stato  embrionale  e  la 
mancanza  dei  leucociti».  434. 

—  «  n  sangue  embrionale  di  Scyllium 
catulus».  489. 

—  «  Un  veleno  che  si  trova  nel  sangue 
dei  murenidi  ».  Id,  665. 

—  «  Azione  fisiologica  del  veleno  che  si 
trova  nel  sangue  dei  murenidi  ».  Id*  673. 

MDntz.  «Notice  sur  une  vue  de  Rome  et 
sur  un  pian  du  Forum  à  la  fin  du  XV* 
siècle,  d*après  un  recueil  conserve  à 
TEscurìal».  71. 


N 


Narducci.  Presenta  un  esemplare  della 
«  Vita  di  Pitagora  »  scritta  dal  Baldi 
e  ne  discorre.  481. 

—  «  Di  un  manoscritto  di  Rime  del  secolo 
XVI,  recentemente  acquistato  dalla  Bi- 
blioteca Angelica  ».  265. 

—  «  Censimento  della  popolazione  di  Roma 
dal  1686  al  1715  ».  771. 

Nasini  e  Scala.  «  Sulle  solfine  e  sulla  di- 
versità delle  valenze  dello  zolfo  ».  232. 

—  V.  Paterno, 

NovATi.  «  Di  un  aneddoto  del  ciclo  Artu- 
riano  (Re  Artù  ed  il  gatto  di  Losanna)  ». 
580. 


0 


Omodei.  V.  Vicentini. 


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868  — 


Pajdoya.  tf  Una  nuova  applicazione  della 
teoria  delle  funzioni  ellittiche  alla  mec- 
canica n  507. 

Paladini,  a  Sul  movimento  di  rotazione  che 
prende  nel  vuoto  od  in  un  fluido  incom- 
pressibile un  corpo  soggetto  a  forze  di 
potenziale  Hi cos* B-^UtCosB  n.  187. 

PanÒk/.  Annuncio  della  sua  morte.  384. 

Pascal.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata  :  «  Sopra  le  relazioni  che  pos- 
sono sussistere  identicamente  tra  for- 
mazioni simboliche  dal  tipo  invariantivo 
nella  teoria  delle  forme  algebriche  » .  568. 

—  tt  Sopra  un  teorema  fondamentale  nella 
teoria  del  calcolo  simbolico  delle  Forme 
ennarie  n.  119. 

Paterno  e  Nasini.  «  Sul  peso  molecolare 
degli  acidi  citraconico,  itaconico,  e  me- 
saconico  e  degli  acidi  fumarìco  e  ma- 
leico  n,  685. 

—  tt  n  peso  molecolare  dello  solfo,  del  fo- 
sforo, del  bromo  e  del  jodio  in  solu- 
zione ».  782. 

Piccini  e  Giorgis.  «  Alcuni  nuovi  composti 

fluorurati  del  vanadio  ».  590. 
PiEBPAOLi.  «Influenza  della  temperatura  sul 

numero  delle  vibrazioni  di  un  corista  ». 

714. 
PiQORiNi.  Presenta,  perchè  sia  sottoposta 

ad  esame,  una  Memoria  del  sac.  Morelli 

179. 

—  Riferisce  sulla  Memoria  precedente.  298. 

—  a  Di  alcune  leghe  usate  nelle  prime  età 
dei  metalli  ».  261. 

—  «  Scavi  archeologici  nel  territorio  di  Si- 
bari».  571. 

PiNCHERLE.  u  Sopra  certi  integrali  definiti». 
100. 

—  «  Sulle  funzioni  ipergeometriche  ».  694; 
792. 

PiTTABELLi.  «  Sullc  formo  appartenenti  al- 
»  l'ottaedro  ».  509. 

—  tt  Intorno  alla  trasformazione  del  diffe- 
renziale ellittico  effettuata  per  mezzo 
della  rappresentazione  tipica  delle  forme 
binarie  di  8^  e  4^  grado  ».  708. 


voN  Rath.  Annuncio  della  sua  morte.  566. 
Razzaboni.  Presenta  una  sua  Nota  a  stampa 
e  ne  discorre.  883. 

—  Fa  parte  della  Commissione  esamina- 
trice della  Memoria  Comaglia,  882. 

Recklinghaussn.  Ringrazia  per  la  sua  ele- 
zione a  Socio  straniero.  155. 

Rbspighi  e  Giacomelli.  «  Osservazioni  sul 
bordo  e  sulle  protuberanze  solari,  fatte 
airOsservatorio  del  Campidoglio  negli 
anni  1884,  1885,  1886  e  1887  ».  99. 

Ricci.  «  Sulla  classificazione  delle  forme 
differenziali  quadratiche  ».  203. 

TON  Richthofen.  Ringrazia  per  la  sua  no- 
mina a  Socio  straniero.  55. 

Righi.  «  Sulla  conducibilità  calorifica  del 
bismuto  posto  in  un  campo  magnetico  » .  5. 

—  u  Di  alcuni  nuovi  fenomeni  elettrici,  pro- 
vocati dalle  radiazioni  ».  185;  498;  578; 
691. 

RoiTi.  Fa  omaggio  della  2*  edizione  dei 

suoi  a  Elementi  di  Fisica  ».    156. 
Rovelli.  V.  Grassi. 


S 


Sala.  V.  Mondino, 

Salvioni.  «  Poteri  induttori  specifici  di  al- 
cuni olii  ».  136. 

Scala.  V.  Nasini, 

Sciamanna  e  Torti.  Inviano  per  esame  la 
loro  Memoria  intitolata:  «  Modificazioni 
del  polso  cerebrale  nelle  diverse  posi- 
zioni del  soggetto  e  per  Tuso  di  diversi 
farmaci  ».  848. 

ScHUPFBR.  Presenta  un'  opera  del  sig.  Zde- 
kauer,  384. 

—  Presenta  una  pubblicazione  del  prof. 
Chiappelli  e  ne  discorre.  601. 

—  Riferisce  sul  concorso  al  premio  Reale 
per  le  Scienze  giuridiche,  pel  1886.  623. 

—  tt  Gli  Statuti  pistoiesi  del  secolo  XTTT,  a 
proposito  di  uno  studio  di  L.  Zdekauer  ». 
256. 

Segretario  della  Classe  di  scienze  mo- 
rali.  Presenta ,   perchè   sia  sottoposta 


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—  859  — 


ad  esame  la  Memoria  del  sig.  Tolda  : 
I  Fableanz  ».  95. 

Serafini.  Fa  parte  della  Commissione  giu- 
dicatrice del  concorso  al  premio  Beale 
per  le  Scienze  giuridiche,  pel  1886. 
623. 

SiLBER.  y.  Ciamieian, 

Strueter.  Presenta,  perchè  sia  sottoposta 
ad  esame,  una  Memoria  dell'ing.  La  Valle, 
764. 

—  Fa  parte  della  Commissione  esamina- 
trice del  concorso  al  premio  reale  per 
la  Mineralogia  e  Geologia,  pel  1886. 
635. 

—  Biferisce  snlle  Memorie:  ArtinL  382; 
Mavaro,  563;  La  Valle.  764. 

—  «  Ulteriori  osservazioni  sui  giacimenti 
minerali  di  Val  d'Ala  in  Piemonte.  II. 
L'idocrasio  del  banco  d'idocrasio  nel  ser- 
pentino della  Testa  Cìarra  al  piano  delia 
Mussa  ».  489. 

SuMMER  Maine.  Annuncio  della  sua  morte. 
180. 


T  AB  ARRiNi.  Biferisce  sulla  Memoria  Cipolla, 

600. 
Tacchini.  Presenta   le   pubblicazioni   del 

sig.  Brassart.  250;  883. 

—  Presenta  varie  Note  a  stampa  del  doti 
Orablovitz  e  ne  parla.  565. 

—  «  Sui  fenomeni  della  cromosfera  solare, 
osservati  al  B.  Osservatorio  del  Collegio 
Bomano  nel  4®  trimestre  del  1887  ».  8. 

—  a  Osservazioni  di  macchie  e  facole  so- 
lari fatt«  al  B.  Osservatorio  del  Collegio 
Bomano  nel  4®  trimestre  1887  ».  4. 

—  u  Sulla  distribuzione  delle  protuberanze 
alla  superficie  del  sole  durante  Tanno 

1887  ».  104. 

—  Suir  eclisse   di   Luna   del  28  gennaio 

1888  ».  105. 

—  tt  Sulla  distribuzione  in  latitudine  delle 
eruzioni,  macchie  e  facole  solari  du- 
rante il  1887  ».  184. 

—  a  Sulle  osservazioni  delle  macchie,  facole 
e  protuberanze  solari,  fatte  al  B.  Osser- 


vatorio del  Collegio  Bomano  nel  1*  tri- 
mestre 1888  ».  808. 

—  «  Osservazioni  sulla  cometa  Sawerthal 
fatte  da  Tacchini  e  Millosevich  ».  309. 

—  «  Sulla  distribuzione  in  latitudine  dei 
fenomeni  solari  osservati  al  B.  Osser- 
vatorio del  Collegio  Bomano  nel  1*  tri- 
mestre del  1888  ».  499. 

—  «  Sull'eclisse  totale  di  sole  del  19  agosto 
1887  osservato  in  Bussia  e  nel  Giap- 
pone ».  500. 

—  tt  Sulle  osservazioni  magnetiche  fatte 
eseguire  neirUificio  centrale  di  Meteo- 
rologia di  Boma  ».  689. 

Taramelli.  Fa  parte  deUa  Commissione 
esaminatrice  della  Memoria  Àforelli.  250. 

—  Biferisce  sul  concorso  al  premio  reale 
per  la  Mineralogia  e  Geologia,  pel  1886. 
635. 

Taramelli  e  Mercalli.  «  Alcuni  risultati 
di  uno  studio  sul  terremoto  ligore  ». 
792. 

Terriqi.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata:  «  Gli  Ostracodi  Polizoi  a  Fo- 
raminiferi  del  calcare  di  Palo  (Vulgo 
Macco  di  Palo)».  848. 

ToDARO.  Fa  omaggio  di  una  pubblicazione 
del  prof.  Brunetti  e  ne  parla.  865. 

—  Presenta,  perchè  sia  sottoposta  ad  esame, 
una  Memoria  del  doti  Mingazzini,  764. 

—  «  La  branchia  delle  Salpe  ».  782. 
ToLDO.  Invia  per  esame  la  sua  Memoria: 

tt  I  Fableauz  ».  95. 
Tommasi-Crudeli.   Offire  le  pubblicazioni 
dei  signori  Campana  e  Schiamiizù  883. 

—  Biferisce  sulla  Memoria  Bonardi  e  Gè- 
rosa.  764. 

—  a  n  bacillo  della  malaria  ».  305. 
ToMMASiNi.  Presenta  una  pubblicazione  del 

sig.  Bruto  Amante  e  ne  discorre.  180. 

—  Fa  parte  della  Commissione  esamina- 
trice della  Memoria  Cipolla,  600. 

—  tt  Begistro  degli  Officiali  del  Comune  di' 
Boma  a  tempo  di  Nicolo  V  e  nel  primo 
anno  di  pontificato  di  Calisto  m,  scritto 
dallo  scriba-senato  Marco  Guidi  ».  59. 

Traube-Menoarini.  tt  Bicerche  sui  gas 
contenuti  nella  vescica  natatoria  dei 
pesci  ».  89;  313. 


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—  860  — 


YiCKNTiNi  e  Omodsx.  a  Sullft  cUlatuioiie 
termica  di  alcune  leghe  bmarìe  aUo 
stato  liquido».  718;  805. 

YiOLA.  Intia  per  esame  la  sua  Memoria 
intitolata:  Il  principio  del  minimo  la- 
voro di  deformazione  ».  600. 

—  «  Le  lamine  sottili  anisotrope  colorate 
nella  Ince  polarizzata  parallela  ».  19. 

Violi.  «  L^isoterina  dei  gas».  285;  316; 
462;  518. 

ViRCHOw.  Ringrazia  per  la  sua  elezione  a 
Socio  straniero.  250. 


Volterra.  «  Sopra  una  estensione  dell& 
teoria  di  Biemann  sulle  fnnsioni  di  va- 
riabili complesse».  107;  196. 

W 

WsBBR.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a  Socio 
stnmiero.  55. 


Z 


Zatti.  V.  Ciamician. 
ZxuNER.  Ringrazia  per  la  sua  nomina  a 
Socio  straniero.  55. 


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—  861  — 


INDICE  PER  MATERIE 


Archeologia.  Di  una  epigrafe  onoraria  a 
L.  Inlio  luliano,  prefetto  del  pretorio  e 
prefetto  deII*Annona,  al  tempo  di  Com- 
modo.  F,  Bamabei,  70. 

—  tt  Di  una  iscrizione  latina  arcaica  del 
console  Servio  Fnlrio  Fiacco,  scoperta 
in  S.  Angelo  in  Formis  presso  Capua. 
Id.  276. 

—  Notizie  salle  scoperte  dì  antichità.  G.Fio- 
relli,  1887:  dicembre,  64;  1888:  gennaio, 
159;  febbraio,  258;  marzo,  885;  aprile, 
569;  maggio,  767. 

—  Sopra  on^antica  tazza  di  Lncio  Canoleio. 
F,  Oamurrini.  404. 

—  Sn  di  una  figura  arcaica  di  guerriero, 
in  bronzo,  trovata  nel  santuario  di  Ascle- 
pio ad  Epidauro.   W.  Helbig.  59. 

—  Su  di  una  figurina  in  bronzo  rappresen- 
tante un  Sileno.  Id.  166. 

—  Notice  sur  une  vue  de  Rome  et  sur  un 
pian  du  Forum  à  la  fin  du  XV*  siècle, 
d'après  un  recueil  conserve  à  TEscurial. 
E,  Muntz.  71. 

—  Scavi  archeologici  nel  territorio  di  Si- 
bari.  L,  Pigorini.  571. 

Astronomia.  Relazione  sulle  esperienze  isti- 
tuite nel  R.  Oservatorio  di  Padova  in 
agosto  1885  e  febbraio  1886,  per  deter- 
minare la  lunghezza  del  pendolo  sem- 
plice a  secondi,  preceduta  dalla  esposi- 
zione dei  principi  del  metodo  dello  stru- 
mento di  Repsold.  G.  Lorenzoni.  83. 

—  Osservazioni  sul  bordo  e  sulle  protube- 


ranze solari,  fatte  ali*  Osservatorio  del 
Campidoglio  negli  anni  1884, 1885, 1886 
e  1887.  L,  Respigki  e  Oiacomelli,  99. 

-  Sui  fenomeni  della  cromosfera  solare, 
osservati  al  R.  Osservatorio  del  Collegio 
Romano  nel  4«  trimestre  del  1887.  P.  Tac- 
chini. 8. 

-  Osservazioni  di  macchie  e  facole  solari 
fatte  al  R.  Osservatorio  al  Collegio  Ro- 
mano nel  4^  trimestre  1887.  Id.  4. 

-  Sulla  distribuzione  delle  protuberanze 
alla  superficie  del  sole  durante  Tanno 
1887.  /rf.  104. 

-  Sull^eclisse  di  luna  del  28  gennaio  1888.* 
Jd,  105. 

-  Sulla  distribuzione  in  latitudine  delle 
eruzioni,  macchie  e  facole  solari  durante 
il  1887.  Id.  184. 

-  Sulle  osservazioni  delle  macchie,  facole, 
e  protuberanze  solari,  fatte  al  R.  Osser- 
vatorio del  Collegio  Romano,  nel  1^  tri- 
mestre 1888.  Id.  308. 

-  Osservazioni  sulla  cometa  Sawerthal 
fatte  da  Tacchini  e  Millosevich.  Id.  309. 

-  Sulla  distribuzione  in  latitudine  dei  fe- 
nomeni solari  osservati  al  R.  Osserva- 
torio del  Collegio  Romano  nel  1»  tri- 
mestre del  1888.  Id.  499. 

■  Suireclisse  totale  di  sole  del  19  agosto 
1887,  osservato  in  Russia  e  nel  Giappone. 
Id.  500. 

■  Osservazioni  del  pianetino  (264)  Libussa. 

B.  Millosevich.  106. 
•  Osservazione  del  pianeta  (275)  e  della 
cometa  Sawerthal.  Id.  504. 


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—  862  — 


Astronomia.  Elementi  ellìttici  di  (264) 
Libassa  in  base  a  due  opposizioni 
(1886-87  e  1888).  Id,  505. 

Astronomia  pisica.  Le  protuberanze  solari 
nei  loro  rapporti  colle  variazioni  del  ma- 
gnete di  declinazione  diurna.  P,  M.  Oa- 
ribaldi,  27. 


B 


Bacteriologia.  n  bacillo  della  malaria. 
C.  Tommasi'CrudelL  305. 

Bibliografia.  Cenno  bibliografico  sulVopera 
del  prof.  Benzeni  :  u  Dottrina  deiressere 
nel  sistema  Rosminiano  ».  Z.  Ferri,  769. 

—  Di  un  manoscritto  di  Rime  del  secolo 
XVI,  recentemente  acquistato  dalla  Bi- 
blioteca Angelica.  E,  NarduccL  265. 

Biologia.  La  branchia  delle  Salpe.  F.  T(h 
darò.  782. 

Botanica.  Pugillo  di  alghe  tripolitane.  0,B. 
De  Toni  e  /).  Levi.  240. 


Chimica.  Sul  peso  molecolare  degli  acidi 
citraconico,  itaconico  e  mesaconico,  e 
degli  acidi  fumarico  e  maleieo.  E.  Par 
temo  e  R,  Nasini.  685. 

—  n  peso  molecolare  dello  solfo,  del  fo- 
sforo, del  bromo  e  dèi  jodio  in  solu- 
zione. Id.  782. 

—  Sopra  alcuni  derivati  della  pirrolenfla- 
.     lide.  F.  Anderlini.  560. 

—  Coniribnzione  allo  studio  del  cromato  ba- 

sico di  rame.  L.  Balbiano.  597. 

—  Sintesi  di  acidi  metilindolcarbonici. 
G.  Ciamician  e  G.  Magnanini.  144. 

—  SuUa  formazione  dei  due  tetrabromurì 
di  pirrolilene.  Id,  227. 

—  Sugli  acidi  carbossilici  degli  acidi  c-me- 
tiHndoli.  Id,  741. 

—  Ricerche  suU'Apiolo.  G.  Ciamician  e 
P.  Silber,  146;  541;  550;  824. 

—  Sugli  acidi  carbossilici  deirindolo.  G,  Cior 

mician  e  C  Zatti,  746. 

—  Sopra  un  acido  solfoisovalerianico.  G,  De 

Varda.  359. 

—  Studi  sui  pirroli  terziari.  Id,  755. 


Chimica.  Sui  derivati  acetilici  del  Metil- 
chetolo  e  dello  Scatole.  G.  Magnanini. 
362. 

—  Azione  deiranidrìde  acetica  sull^acido 
levulinico.  Id.  477. 

—  Sulla  trasformazione  del  metilchetolo  in 
chinaldina.  Id.  556. 

—  Sopra  alcuni  derivati  del  dimetilpirrolo^ 
assimmetrico.  Id.  828. 

—  Ricerche  chimiche  sulle  capsule  surre* 
nali.  F.  MarinO'Zuco,  835. 

—  Ricerche  chimiche  sulla  germinazione  del 
Phaseolus  vulgaris.  A.  Menoszi, 
149. 

—  Sulle  solfine  e  sulla  diversità  delle  valenze 

dello  zolfo.  R.  Nasini  e  A.  Scala,  232. 

—  Alcuni  nuovi  composti  fluorurati  del  va- 
nadio. A,  Piccini  e  G,  Giorgis,  590. 

Chimica  mineralogica.  Sulla  composizione 
chimica  e  mineralogica  delle  rocce  ser- 
pentinose  del  colle  di  Cassimoreno  e  del 
Monte  Ragola  (Valle  del  Nure).  C.  Mon- 
temartini.  369. 

Chimica  tossicologica.  Ricerche  sperimen- 
tali sull'azione  tossica  deirestratto  ac- 
quoso delle  capsule  surrenali.  G.  Guar- 
nieri  ©  F.  Marino-Zuco.  842. 

Concorsi  a  premi.  Relazione  sul  con- 
corso al  premio  reale  per  le  Sciente 
giuridichey]^e\  1886.  623. 

—  Id.  al  premio  reale  per  la  Mineralogia 
e  Geologia,  pel  1886.  635. 

—  Id.  ai  premi  ministeriali  per  le  «Srt^n^^ 
filologiche.  647. 

—  Id.  ai  premi  ministeriali  per  le  Scienze 
fisiche  e  chimiche,  pel  1886-87.  650. 

—  Elenco  dei  lavori  presentati  per  concor- 
rere ai  premi  reali  del  1887 ,  per  la 
Matematica  e  la  Chimica,  54. 

—  Id.  dei  lavori  presentati  per  concorrere 
al  premio  reale  del  1887,  per  le  Scienze 
filosofiche  e  mirali,  96. 

—  Id.  dei  lavori  presentati  al  concorso  ai 
premi  del  Ministero  della  Pubblica  istru- 
zione per  le  Scienze  matematiche,  1887, 
1888.  566. 

—  Id.  dei  lavori  presentati  al  concorso  ai 
premi  del  Ministero  della  Pubblica  istru- 
zione per  le  Scienze  storiche  e  filolo- 
giche, 1887-88.  651. 


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—  863  — 


Concorsi  a  premi.  Annuncio  di  nn  co- 
ncorso a  premio  istitaito  dalla  Società 
italiana  di  elettricità.  156  ;  id.  dalla  B. 
Accademia  delle  scienze  fisiche  e  mate- 
matiche di  Napoli.  251  ;  di  assegni  per 
istndi  di  perfezionamento  air  estero. 
299  ;  programma  pel  premio  Hoeufit,  pel 
1889.482;  programma  per  i  premi  isti- 
tuiti dair Associazione  di  proprietari  ed 
agricoltori  di  Napoli.  568. 

Cristallografia.  Criteil  per  stabilire  una 
classificazione  naturale  dei  cristalli. 
C,  Marangoni,  215. 


£ 


Elezioni  del  Presidente,  del  Vicepresi- 
dente, deir  Amministratore  e  dell' Ammi- 
nistratore aggiunto.  765. 

Etnografia.  Collezione  etnografica  della 
Nuova  Caledonia,  esistente  nel  Museo 
preistorico  di  Roma.  G.  A.  Colinu  74. 

—  Ornamenti  personali  dei  Melanesi,  esi- 
stenti nel  Museo  preistorico  di  Roma. 
Id.  173. 

—  Collezione  etnografica  delle  isole  del- 
TAmmiragliato  esistente  nel  Museo  prei- 
storico di  Roma.  Id*  774. 


Filosofia.  V.  Bibliografia. 
Filologìa.  I  canti  epici   della  Finlandia. 
D.  Comparetti.  618. 

—  Frammenti  Copti.  /  Guidi.  60. 

—  La  tradazione  degli  Evangeli  in  arabo 
ed  in  etiopico  (geez).  Id.  256. 

—  Per  la  Ponistoria  protaria.  F.  G.  Fumi. 
173;  406. 

—  Di  un  aneddoto  del  ciclo  Arturiano  (Re 
Artù  ed  il  gatto  di  Losanna).  F.  Novali, 
580. 

Fisica.  Dei  colorì  latinti  o  invisibili  dei 
corpi.  G.  Govi.  572. 

—  Nuovo  metodo  per  costruire  e  calcolare 
il  luogo,  la  situazione  e  la  grandezza 
delle  imagini  date  dalle  lenti  o  dai  si- 
stemi ottici  complessi.  Id.  655. 

Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1«  Sem. 


Fisica.  Sulla  conducibilità  calorìfica  del 
bismuto  posto  in  un  '  campo  magnetico. 
A.  Righi.  5. 

—  Di  alcuni  nuovi  fenomeni  elettrìci,  pro- 
vocati dalle  radiazioni.  Id,  185;  498; 
578;  691. 

—  Sopra  i  coefficienti  termici  dei  magneti. 
A.  Cancani.  334. 

—  Nuovo  metodo  per  la  determinazione 
delle  due  costanti  di  elasticità.  M,  Can- 
tone. 220;  292. 

—  Ricerche  intomo  alle  deformazioni  dei 
condensatori.  Id.  344;  471. 

—  Sui  sistemi  di  frangio  d'interferenza  pro- 
dotte da  una  sorgente  di  luce  a  due  co- 
lori. Id.  815. 

—  Sulla  scarica  elettrica  nelFarìa  forte- 
mente rìscaldata.  P.  Cardani.  44. 

—  Sull'influenza  delle  forze  elastiche  nelle 
vibrazioni  trasversali  delle  corde.  Id.  524; 
706;  818. 

—  Sulla  velocità  del  suono  nelle  leghe. 
G.  G.  Gerosa.  127. 

—  Sulla  velocità  del  suono  nei  vapori.  G.  G. 
Gerosa  ed  E.  Mai.  728;  800. 

—  Sulle  modificazioni  prodotte  dal  magne- 
tismo sul  bismuto.  G.  P.  Grimaldi.  353. 

—  Sopra  una  relazione  fra  il  potere  ter- 
moelettrico delle  coppie  bismuto-rame 
e  la  loro  sensibilità  rispetto  all'azione 
del  magnetismo.  Id.  132. 

—  Ricerche  intomo  alla  magnetizzazione 
del  ferro.  F.  Magrini.  734. 

—  Scarica  elettrica  attraverso  i  minerali. 

C.  Marangoni.  124. 

—  n  problema  delle  attrazioni  e  ripulsioni 
capillari.  Id.  339. 

—  Movimenti  delle  polveri  alla  superficie 
dell'acqua.  Id.  520. 

—  Infiuenza  della  temperatura  sul  numero 
delle  vibrazioni  di  un  corista.  N.  Pier- 
paoli.  714. 

—  Poteri  induttori  specifici  di  alcuni  olii. 
E.  Salvioni.  136. 

—  Sulla  dilatazione  termica  di  alcune  leghe 
binarie  allo  stato  liquido.  G.  Vicentini  e 

D.  Omodei.  718;  805. 

—  L'isoterma  dei  gas.  A.  Violi.  285  ;  316; 
462  ;  513. 

Fisica  terrestre.  Sull'impianto  del  ser- 

112 


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—  864  — 


vizio  geodinamico  in  Italia.  P.  Blasema, 
Ili. 

—  Salle  osservazioni  magnetiche  fatte  ese- 
goire  dall*Ufficio  centrale  di  Meteoro- 
logia di  Roma.  P.  Tacchini.  689. 

—  Alcuni  risaltati  di  ano  stadio  sul  terre- 
moto ligure.  T.  Taramelli  e  G.  Mer- 
calli.  792. 

—  Il  terremoto  nel  Vallo  Cosentino  del  3 
decembre  1887.  0.  Agamennone.  532. 

—  Risaltati  intorno  alle  osservazioni  idro- 
termiche eseguite  al  Porto  d'Ischia  nel 
1887.  G.  Grablovitz.  177. 

—  Sunto  del  metodo  per  determinare  le 
costanti  della  marea  lunare  con  una  o 
due  singole  osservazioni  al  giorno.  Id. 
584. 

—  Contributo  allo  studio  delle  rocce  ma- 
gnetiche dei  dintorni  di  Roma.  F.  Keller. 
88;  325. 

—  Il  terremoto  di  Firenze  del  14  novem-  - 
bre  1887.  C.  Marangoni.  31. 

Fisiologia.  La  frequenza  cardiaca  negli  ani- 
mali a  sangue  freddo.  A  Moriggia.  661. 

—  Applicazioni  del  verde  metile  per  cono- 
scere la  reazione  chimica  e  la  morte 
delle  cellule.  A  Mosso.  419. 

—  Esame  critico  dei  metodi  adoperati  per 
studiare  i  corpuscoli  del  sangue.  Id.  427. 

—  Il  sangue  nello  stato  embrionale  e  la 
mancanza  dei  leucociti.  Id.  434. 

—  n  sangue  embrionale  diScyllum  ca- 
tulus.  Id.  489. 

—  Un  veleno  che  si  trova  nel  sangue  dei 
murenidi.  Id.  665. 

—  Azione  fisiologica  del  veleno  che  si  trova 
nel  sangue  dei  murenidi.  Id.  673. 

—  Studi  sulla  fina  struttura  delle  capsule 
soprarenali.  G.  Magini  e  G.  Guamie- 
ri.  844. 

—  Studi  sul  sangue.  La  produzione  delle 
piastrine  nel  sangue  dei  vertebrati  ovi- 
pari. C.  Mondino  e  L.  Sala.  Z77. 

"  La  produzione  delle  piastrine  e  Tevolu- 
zione  delle  emazia  nel  sangue  dei  verte- 
brati vivipari.  C.  Mondino.  378. 

—  Ricerche  sui  gas  contenuti  nella  vescica 
natatoria  dei  pesci.  M.  Traube-Menga- 
Tini.  89;  313. 


G 


Giurisprudenza.  Gli  Statati  pistoiesi  del 
secolo  Xm,  a  proposito  di  uno  stadio 
di  L.  Zdekauer.  F.  Sckupfer.  256. 


loROMKTRi  A.  Effemeridi  e  statistica  del  fiame 
Tevere  prima  e  dopo  la  conflaenza  del- 
TAjiiene,  e  dello  stesso  flame  Aniene 
durante  Tanno  1887.  A.  Betocchi.  782. 

Invito  del  Rettore  dell* Università  di  Bo- 
logna per  la  celebrazione  àeìVS^  cente- 
nario di  quella  Università.  56. 

—  Id.  del  Sindaco  di  Roma  per  assistere  alla 
^  inaugurazione  dei  busti  di  Borghesi  ed 

ffenzen.  97. 

—  Id.deirAccademia  antropologica  di  Nuo- 
va York.  180  ;  299  ;  id.  pel  Congresso  geo- 
logico intemazionale  di  Londra,  e  pel 
Congresso  di  Chirurgia  di  Parigi.  251; 
id.  della  Società  delle  scienze  di  Fin- 
landia. 884. 


N 


Matematica.  Sulle  superficie  d*area  mi- 
nima negli  spazi  a  curvatura  costante. 
L.  Bianchi.  4. 

—  Sulla  equazione  a  derivate  parziali  del 
Cayley  nella  teoria  delle  superficie.  Id. 
442. 

—  Sopra  una  classe  di  trasformazioni  in 
sé   medesima  della  equazione  a  deri- 

Tate. parziali:     (I)    .'  ^^  +p7^q.y 
=  cost.     Id.  445. 


1 


—  Osservazioni  sulla  comunicazione  del 
dott.  ff.  Maschke,  relativa  alla  risolu- 
zione della  equibione  del  sesto  grado. 
F.  Brioschi.  181, 

—  La  forma  normale  delle  equazioni  del 
sesto  grado.  Id.  301  ;  485. 

—  Sopra  alcani   invarianti  simultanei   di 


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—  865 


dae  forme  binarie  degli  ordini  5  e  4,  e 
sol  risultante  di  esse.  E.  D'Ovidio.  100. 

—  Sopra  certi  integrali   definiti.   S,  Pin- 

cherle.  100. 

—  Sulle  funzioni  ipergeometriche  genera- 

lizzate. Id,  694;  792. 

—  Sui  concetti  di  limite  e  di   continuità. 

R  Ceedro.  12. 

—  Formole  relative  al  moto  di  un  punto. 

Jd,  18. 

—  Sur  la  comparaison  des  séries  dirergen- 

tes.  Id.  115. 

—  Sur  les  lois  asymptotiques  des  nombres. 

Id,  462. 

—  Sur  les  systèmes   de   nombres   entiers. 

Id.  457. 

—  La  risoluzione  della  equazione  del  sesto 

grado,  ff.  Maschke.  181. 

—  Su  le  trasformazioni    involutorie   dello 

spazio  che  determinano  un  complesso 
lineare  di  rette.  D.  Montesano.  207; 
277. 

—  Sulle  reciprocità  birazionali  nulle  dello 

spazio.  Id.  588. 

—  Una  nuova   applicazione    della    teoria 

delle  funzioni  ellittiche  alla  meccanica. 
E.  Padova,  507. 

—  Sul  movimento  di  rotazione  che  prende 

nel  vuoto  od  in  un  fluido  incompres- 
sibile un  corpo  soggetto  a  forze  di  po- 
tenziale Hi  cos»  6  -}-  H«  cos  é.  B,  Pala- 
dini, 187. 

—  Sopra  un  teorema  fondamentale   nella 

teoria  del  calcolo  simbolico  delle  forme 
ennarie.  E.  Pascal.  119. 

—  Sulle   forme   appartenenti    all'ottaedro. 

G,  Pittarelli.  509. 

—  Intorno  alla  trasformazione  del  differen- 

ziale ellittico  effettuata  per  mezzo  della 
rappresentazione  tipica  delle  forme  bi- 
narie di  30  e  4**  grado.  Id.  703. 

—  Sulla  classificazione  delle   forme   diffe- 

renziali quadratiche.  G,  Ricci,  203. 

—  Sopra  una   estensione   della  teoria  di 

Biemann  sulle  funzioni  di  variabili 
complesse.  V.  Volterra,  107;  196. 

—  V.  Meccanica, 

Meccanica.  Sulla  deformazione  di  un  corpo 
elastico  isotropo  per  alcune  speciali 
condizioni  ai  limiti.   V,  Cerruti,  785. 


Meccanica.  Intorno  ad  un  recente  studio 

sulla  gravità.  G.  B,  Favero.  310. 
Micrografia.    Fotografia    istantanea    dei 

preparati  microscopici.  S.  Capranica. 

297. 
Mineralogia.  Sulla  così  detta  Savite  di 

Montecatini.  A,  Cossa,  99. 

—  Ulteriori  osservazioni  sui  giacimenti  mi- 

nerali di  Val  d*  Ala  in  Piemonte. 
II.  L'idocrasio  del  banco  d'idocrasio 
nel  serpentino  della  Testa  Ciarva  al 
piano  della  Mussa.  G,  Strùver.  489. 

—  Sulla  così  detta  Savite  di  Montecatini. 

E,  Artini.  51. 

—  Alcune  nuove  osservazioni  sulle  zooliti 

di  Montecchio  Maggiore.  Id.  536. 

—  Sopra  gli  sferoidi  di  Ghistorrai  presso 

Fonni  in  Sardegna.  D.  Lovisato.  355. 


N 


Necrologie.  Annunzio  della  morte  del 
Soci:  Carrara,  96;  Summer  Maine. 
180;  von  Rath.bGQ. 


0 


Ottica  matematica.  Le  lamine  sottili  ani- 
sotrope  colorate  nella  luce  polarizzata 
parallela.  C.  Viola.  19. 


Scienze  sociali.  Un  socialista  Cinese  dei 
V  secolo  av.  C:  Mih-Teih.  S.  Cognetti 
de  Martiis.  166. 

Storia.  Registro  degli  Of&ciali  del  Comune 
di  Roma  a  tempo  di  Nicolò  V  e  nel 
primo  anno  di  pontificato  di  Calisto  III 
scritto  dallo  scriba-senato  Marco  Guidi. 
0.  Tommasini.  59. 

—  Censimento  della  popolazione  di  Roma 

dal  1686  al  1715.  E,  Narducci,  771. 
Storia  letteraria.  Piero  Strozzi  fioren- 
tino e  la  Metafrasi  greca  dei  Com- 
mentarii  di  Giulio  Cesare.  G.  Lum- 
broso.  166. 

—  L'Itinerarium  del  Petrarca,  /rf.  390. 
Storia  religiosa.  Les  premiers  chrétiens 

et  le  démon.  E.  Le  Blant.  59. 


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—  866  — 


Psicologia.  H  fenomeno  della   ricordanza 
ìllnsorìa.  F.  Bonatelli.  161. 


Paletnologia.  Di  alcune  leghe  asate  nelle 

prime   età  nei  metalli.  L.  Pigorini, 

261. 
Patologia.   La  Bilharzia  in   Sicilia. 

B,  Grassi  e  G.  Rovelli,  799. 
Piefirhi    suggellati.  Apertura   di    un 

piego  suggellato  del  Socio  De  Paolis. 

568. 


Z 


Zoologia.  Morfologia  e  sistematica  di   al- 
cuni protozoi  parassiti.  E,  Grassi,  5. 

—  Significato  patologico  dei  protozoi  paras- 

siti dell*uomo.  Id.  88. 

—  Intorno  allo   sviluppo  dei  Cestodi.    B, 

Grassi  e  G.  Rovelli.  700. 


ERRATA-CORRIGE 


Pag.     13  lin.  12  invece  di  m 


16 
266 


n     19  la  formula  A^ 


lim 


leggasi  Wt 
devesi  corr.  A  = 


lini . 


37  invece  di  a,  e  et  g  leggasi  a  ad  i 

38  n  lib.2.Ven.l565. 

f.l8t'et21*. 


276    n     12 

n 

lateant 

n        ^      13 

n 

*  Susomione  '  (7) 
et 'Tardo '(22), 
quserendum 

413    «      5 

maschile 

n        rj       l\           rt 

radici 

415    1     18a.f.» 

vi 

416    »       1         n 

-ère 

»      «     28       » 

inerenza  i 

425    n     lOaf.  n 

e,  Na  CI. 

Yen.  1565,  lib.  1,  f.  36  sqq.  et  lib.  2, 

f.  18»>  et  21». 
latent 


et  *  Tardo  '  (22),  eodem  servato  ordine, 
sunt  Figli  UCCI  US  Figli  ucci,  episc. 
Clusin.,  M.  Ant.  Cinuzzi,  Jo.  Bapt. 
Vignali,  et  eq.  Fortunius  Mar- 
tini.   '  Susomione  '  (7)  qnerendus. 

maschile-neutro 

diradici 

vi 

ere 

inerenza  i  u 

e  1,0  Na  CI. 


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REALE  ACCADEMIA  DEI  LINCEI 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


[L'asterisco  *  indios  l  libri  e  1  periodici  rìcernti  in  dono  dagli  autori  o  dagli  editori; 
il  segno  -f-  le  pubblicazioni  che  si  ricevono  in  cambio]. 


Pubblìcazioiii  non  periodiche 
pervenute  all^Accademia  nel  mese  di  dicembre  1887. 

Pubblicazioni  noiionali. 

*  Alvino  F.  —  l  calendari  Fase.  23-28.  Firenze,  1887.  8^. 

^Bibbia  (La)  volgare  secondo  la  rara  edizione  del  I  di  ottobre  MGCGGLXXI 

ristampata  per  cura  di  C.  Negroni.  Voi.  X.  Bologna,  1887.  8*. 
^Bilanci  comunali  per  l'anno  1885.  Roma,  1887.  4®. 
*Boccardo  E.  C.  —  Trattato  elementare  completo  di  geometria  pratica.  Disp.  19. 

Torino,  1887.  4^ 
*Bombicci  Z.  —  SuUa  costituzione  fisica  del  globo  terrestre,  sull'origine  della 

sua  crosta  litoide,  sulle  cause  dei  moti  sismici  che  più  frequentemente  vi 

avvengono.  Bologna,  1887.  4^ 
*Id.  —  Sulle  ipotesi  dell'azione  e  selezione  magnetica  del  globo  terrestre, 

sulle  materie  cosmische  interplanetarie  contenenti  ferro.  Bologna,  1887.  4". 
*Bortolotti  P.  —  Il  march.  Giuseppe  Campori  e  la  Deputazione  modenese  di 

storia  patria.  Modena,  1887.  8<^. 

*  Calvi  F.  —  La  filosofia  contemporanea  e  le  lezioni  di  Ausonio  Franchi.  Mi- 

lano, 1887.  8^ 
*Capa$so  B.  —  Novella  di  Ruggiero  re  di  Sicilia  e  di  Puglia.  Napoli,  1867. 4®. 
*/d.  —  Sulla  storia  estema  delle  costituzioni  del  regno  di  Sicilia  promulgate 

da  Federico  II.  Napoli,  1869.  4\ 
*Id.  —  Monumenta  ad  Neapolitani  Ducatus  historìam  pertinentia.  Yol.  I,  II. 

Neapoli,  1871.  4\ 
"^Id.  —  Historìa  diplomatica  Regni  Siciliae  inde  ab  anno  1250  ad  annum  1266. 

NapoU,  1874.  4^. 
*Id.  —  SuUa  circoscrizione  civile  ed  ecclesiastica  e  sulla  popolazione  della  città 

di  Napoli  dalla  fine  del  secolo  XIII  fino  al  1809.  Napoli,  1883.  A\ 

Bollettino  Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  1®  Sem.  1 


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—  II  — 

"*  Cherubini  G.  —  Statuto  municipale  della  città  di  Atri.  Atri,  1887.  4^ 
*Fae  G.  —  Influenza  del  magnetismo  sulla  resistenza  elettrica  dei  conduttori 

solidi.  Venezia,  1887.  8*>. 
*Goiran  A.  —  Appendice  e  note  al  Catalogo  dei  terremoti  veronesi.  Verona, 

1887.  8^ 
*Guignet  F,  —  Della  cheratoscopia.  Trad.  di  M.  Neuschùler.  Firenze,  1888.  8®. 
^Indici  e  cataloghi.  IV.  I  codici  palatini  della  Biblioteca  nazionale  di  Firenze. 

Voi.  1, 6.  —  V.  Manoscritti  italiani  delle  Biblioteche  di  Francia.  VoL  II. 

Roma,  1887.  8^ 
*Labtis  C.  —  Per  agevolare  Tasportazione  dei  polipi  mucosi  nasali.  Milano, 

1887.  8^ 

*  Lampertico  F.  —  Discorsi  pronunziati  in  Senato  nelle  tornate  22  e  23  no- 

vembre 1887.  Roma,  1887.  8^ 
*Levasseur  F.  —  Statistique  de  la  superficie  et  de  la  population  des  contrées 

de  la  terre.  Rome,  1887.  4*. 
*Levi  S.  —  Vocabolario  geroglifico  copto  ebraico.  Voi.  V.  Torino,  1887.  4®. 

*  Livellazione  del  fiume  Po  da  Moncalieri  al  mare.  Atlante.  Firenze,  1887. 

*  Macchiati  L.  —  Preparazione  della  clorofilla  e  delle  altre  sostanze  coloranti 

che  Taccompagnano.  Milano,  1887.  8*. 
"* Morselli  E.  —  L'ordinamento  didattico  nelle  iSicoltà  filosofiche  ed  il  Congresso 
universitario  di  Milano.  Milano,  1887.  8<*. 

*  Paoli  B.  —  Del  matrimonio  rispetto  ai  beni.  Firenze,  1887.  8**. 
*Pasqtudigo  G.  —  Il  volgarizzamento  delle  vite  dei  Santi  Padri  non  è  di  Do- 
menico Cavalca.  Firenze,  1887.  8*. 

*Pavan  A.  —  Ghirlanda  di  semprevivi  intrecciata  sulla  tomba  della  nobil  donnea 
Carla  Parodi-Giovio  Pavan.  Treviso,  1887.  8^. 

*  Per  indoli  C.  —  Legge  dei  satelliti.  Scoperta  delle  orbite  di  essi  ecc.  Milano, 

1888. 

*  Pezzi  D,  —  La  lingua  greca  antica.  Breve  trattazione  comparativa  e  storica. 

Torino,  1888.  8^ 
spinelli  G.  —  Dell'accentuazione  della  lingua  italiana.  Napoli,  1887.  8**. 
^Biccò  A.  —  Osservazioni  e   studi   dei   crepuscoli  rosei    1883-86.   Roma, 

1887.  40. 

*  Scacchi  A.  —  La  r^one  vulcanica  fluorifera  della  Campania.  Napoli,  1887. 4*. 

*  Simone  S.  —  Nerba  e  Ad  Veneris  ossia  Conversano  e  Castiglione.  Trani, 

1887,  8^ 

*  Statistica  delle  cause  di  morte.  Anno  1885.  Roma.  1887.  4^ 
^Statistica  giudiziaria  penale  per  Tanno  1885.  Roma,  1887.  4^. 

*  Tauro  G>  —  Scienza  e  pedagc^a.  Lingua  e  suo  contenuto  nella  scuola  ele^- 

montare.  Bari,  1887.  8*. 
*Ursini-Seuderi  S.  —  Il  fattore  personale  della  specie  umana,  proposto  a 


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—  Ili  — 

nuovo  organo  dello  discipline  filosofico-giuridico-sociali  secondo  il  comun 
consenso  degli  scienziati.  Voi.  I,  IL  Catania,  1887.  8^. 
"*  ZanoUi'Bianco  0.  —  La  luna,  sua  costituzione  e  sua  influenza  neUe  vicende 
atmosferiche.  Torino,  1887.  8^ 

Puiblicazioni  estere. 

^  Adler  G.  —  Die  Man'sche  Wertlehre  und  ihre  Consequenzen  fur  die  Kritik 

der  kapitalìstischen  Produktionsweise.  Tùbingen,  1886.  S^, 
^Allgayer  A.  —  Ueber  Central  Epithelialgeschwulste  des  Unterkiefers.  Tù- 
bingen, 1886.  8^ 
^Alt  //.  —  Ueber  Chinolinderivate  aus  metasubstituierten  Aminen   und  eine 

achte  Chinolincarbonsfture.  Hamburg,  1886.  8®. 
*  Anecdota  Oxoniensia.  Semitic  series.  Voi.  I,  part  IV.  {Neubauer.  Mediaeval 

jewish  ohronicles  and  chronolc^cal  notes).  Oxford,  1887.  4°. 
"^  Bauernfeind  C.  M.  —  Gedftchtnissrede  auf  Joseph  von  Fraunhofer  zur  Feier 

seines  hundertsten  Geburtst^.  Mùnchen,  1887.  4®. 
^Baumann  G.  —  Beitrag  zur  Eenntniss  der  Gliome  und  Neurogliome.  Tùbingen, 

1887.  8^ 
^  Bay  ha  H.  —  Ueber  Lupuscarcinom.  Tùbingen,  1887.  8*^. 
^Beck  M,  — Ueber  «inen  Fall  von  antoischer  Erweichung  des  Rùchenmarks. 

Tùbingen,  1887.  8«. 
^Behla  G.  —  Ueber  die  Einwirkung  von  Phosgen  auf  Anthracen.  Freiburg, 

1887.  8o. 
^Berberich  Th.  —  Ueber  Einwirkung  von  Salpetriger  Saure  auf  Ortho-diftthyl- 

amidophenol.  Freiburg,  1887.  8*. 
^Binder  A.  —  J^eber  die  Lage  der  Leprabacillen  in  den  Geweben.  Tùbingen, 

1887.  8\ 
^Binnecker  F.  —  Ueber  verschiedene  Metallsalze  als  SauerstoffubertrSger  an 

schweflige  Sfture.  Wetzlar,  1887.  8^ 
^Biographie  nationale  publiée  par  TAcadémie  r.  des  sciences,  des  lettres  et  des 

beaux  arts  de  Belgique.  T.  Vili  3;  IX  1,  2.  Bruxelles,  1885-87.  8\ 
^Blunt  n.  W.  —  The  Causes  of  the  Decline  of  the  Boman  Commonwealth. 

Oxford,  1887.  8^ 
^BonMffer   0.  —  Zur   Kenntniss   des   Diphenylhamstoffchlorids.   Stuttgart, 

1887.  8^ 
"^Bomemann  F.  —  Beitrige  zur  Kenntniss  der  Lemaneaceen.  Berlin,  1887.  8°. 
^Breitkopf  Ji.  —  Die  Punktion  und  ihre  Bedeutung  fùr  die  ftrztliche  Praxis 

in  diagnosti'schen  und  therapeutischen  Beziehung.  Wùrzburg,  1887.  8^. 
*5nVo  G.  de  —  Elogio  historico  do  Conselheiro  Antonio  Augusto  D'Aguiar. 

Lisboa,  1887.  8^ 
^Bueb   /.  —  Beitrftge  zur  Kenntniss  der  gechlorten  Naphtaline.  Freiburg, 

1887.  8*». 


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—  IV  — 

*Bur8tert  H.  —  Ueber  im  Kern  gechlorte  Derivate  des  Meta-xylols.  Freiburg, 

1886.  80. 

^Bùttner  F.  —  Perforation  des  Oesophagus  dnrch  einen  yerschlnckten  Enochen- 
splitter  mit  nachfolgender  septischer  Infektion.  Stuttgart,  1886.  8**. 

^Gatalogue  des  livres  de  la  bibliothèque  de  rAcadémie  royale  de  Belgique. 
Parties  1-3.  Bruxelles,  1881-87.  8^. 

*Catalogue  of  Transactions  of  Societies,  Periodicals  and  Memoirs  in  the  reading 
Boom  of  the  Badcliflfe  Library  at  the  Oxford  Museum.  4***  ed.  Oxford, 

1887.  80. 

**■  Claussen  0.  —  BeitrSge  zur  Kenntniss  aromatischer  Methylketone.  Freiburg, 

1887.  S\ 
^Cropp  G.  —  Ueber  Methyl-jo-Cymylketon.  Freiburg,  1886.  8^. 
*Culin  L.  —  China  in  America:  a  study  in  the  Social  Life  of  the  Chinese  in 

the  eastem  Cities  of  the  United  States.  Philadelphia,  1887.  8^. 
"^Danzenbrink  E.  —  Ueber  Lichtbrechung  in  Schwach  absorbirenden  Medien. 

Aachen,  1887.  4o. 
^  Delafontaine  M.  —  Sur  le  terbiimi  et  ses  composés  et  sur  Teiistence  pro- 

bable  d'un  nouveau  metal  dans  la  samarksite  de  la  Caroline  du  Nord. 

Genève,  1878.  8^. 
^Esperanto.  —  Langue  internationale.  Varsovie,  1887.  8^. 
^Eylmann  E.  —  Beitrag  zur  Systematik  der  Europaischen  Daphniden.  Freiburg, 

1886.  8V 

^Fahrion  W.  —  Beitrftge  zur  Kenntniss  des  Carvacrols  und  Carvols.  Freiburg, 

1887.  80. 

^Feist  P.  E.  —  Ueber  a-Naphtylmethylketon.  Freiburg,  1887.  8o. 

^Felsberg  0.  —  BeitrSge  zur  Geschichte  des  BOmerzuges  H^richs  VII.  — 

I.  Innere-  und  Finanzpolitik  Heinrichs  VII  in  Italien.  Coburg,  1886.  8". 
^Finckh  A.  —  Ueber  die  Endresultate  der  Castration  bei  Hodentuberkulose. 

Tubingen,  1886.  8o. 
"^Fink  K.  —  Ueber  windschiefe  Flachen  im  allgemeinen  und  insbesondere  uber 

solche  sechster  Grades.  Tubingen,  1887.  8^ 
^Fischer  E.  —  Beitrag  zur  Kenntniss  der  Antinomykotischer  Herde  im  Gehime 

und  seinon  Hàuten.  Tubingen,  1887.  8o. 
^Fischer  M.  —  Beitrag  zur  Lehre  von  der  Misohinfektion.  Tubingen,  1887.  8o. 
*Fonr  H.  —  Contributions  à  l'étude  du  système  crétacé  de  la  Belgique.  II.  IH. 

Liège,  1887.  8o. 
^Gadebtisch  G.  —  Beitràge  zur  Kenntniss  des  Chinolins.  Freiburg,  1886.  8o. 
*  Gàrtner  L.  —  Ueber  Methyl-wj-Xylylketon.  Frìaiburg,  1886.  8o. 
^  Gaupp  /.  —  Casuistische  Beitràge  zur  pathologischen  Anatomie  des  Bùcken- 

marks  und  seiner  Hftute.  Tubingen,  1887.  8o 
+  Gayler  /.  —  Zur  Histologie  der  Schrumpfniere  nach  chronischer  Bleivergiftung. 

Tubingen,  1887.  8o. 


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■*  Gesenim  S.  —  Ueber  Verftndenmgen  in  Muakeln  imd  Knochen  bei  Bleiver- 

giftung.  Jena,  1887.  8^ 
^Otesebrecht   W.  v.  —  Gedaohtnissrede  auf  Leopold  von  Banke  Mtinchen, 

1887.  40. 
"^  Gdjg  W.  —  Ueber  ausgedehnte  Resection  des  Schftdelknochen  nnd  das  Bege- 

nerationsvermOgen  derselben.  Tùbingen,  1887.  S^. 
^Greinert  M.  —  Beìtrftge  zur  Kenntniss  der  morphologischen  und  anatomi- 

8chen  Yerh&ltnisse  der  Loasaceen,  mit  besonderer  Berùcksicbtigung  der 

Behaarung.  Freiburg,  1886.  8^ 
^  Qronow  W.  —  Ueber  Dinitro-w-iylolsulfonsfture  und  einige  ihre  Derivate. 

Stiralsund,  1887.  8^ 
^  Gross  A.  -^  Darstellung  des  Bechtsmittelsystems  des  gegenw&rtigen  deuir 

schen  Strasprozesses  in  seinen  Grundzl^en.  Leipzig,  1887.  8^. 
"^  Gubkin  /.  —  Einige  Messungen  von  Eiektromotorischen  Kraften  gasfreier  und 

mit  Wasserstoff  gesatligter  Elemente.  Freiburg,  1886.  8**. 
^Hùller  S,  —  Beitrage  zur  Kenntniss  des  Pseudocumidins.  Berlin,  1886.  8®, 
'^Hassack  C.  —  Untersuchungen  ùber  den  anatomischen  Bau  bunter  Laubblatter 

ec.  Cassel,  1886.  8*>. 
'^Eassenstein  W,  —  Indicationen  zur  Therapie  des  Ulcus  Cruris  chronicum. 

Lyck,  1886.  8«. 
^ Heimburger  K.  —  Grammatische  Darstellung  der  Mundart  des  Dorfes  Otten- 

heim.  Lautlehre.  Halle,  1887.  8^ 
'  Heise  A.  —  Ueber  Schilddrùsentumoren  im  Innern  des  Kehlkopfes  und  der 

Luftròhre.  Tùbingen,  1887.  8« 
^  Ber  de  J.  —  Ueber  die  Pbosphorsaure  im  schwabischen  .Tura  und  die  Bildung 

der  phospàorsàurereichen  Geoden  Knollen  und  Steinkeme.  Kiel,  1887.  8®. 
^Hirschland  S.  —  Ein  Fall  von  latenter  Phtise.  Freiburg,  1887.  8^ 
^Hirzel  H.  —  Beitrage  zur  Kenntniss  der  Alkylaniline.  Freiburg,  1886.  8*>. 
^Hdlscher  A.  —  Ueber  einen  Fall  von  Darmverschluss  durch  perforirten  Gal- 

lenstein.  Freiburg,  1887.  8\ 
*Uublin  L.  —  Entretien  sur  la  gymnaistique.  Le  Mans,  1888.  8°. 
*/d.  —  La  place  de  la  république  au  Mans.  Le  Mans,  1887.  8®. 
*Id.  —  Le  Mans  pittoresque.  Le  Mans,  1884.  8*». 
*Id,  —  Notice  sur  le  tbéatre  et  sur  les  anciennes  salles  de  spectacle  du  Mans. 

Le  Mans,  1885.  8^ 
*Id,  —  Modifications  apportées  à  la  salle  de  spectacle  en  1886.  Le  Mans,  s.  d.  8^ 
*/<i.  —  Promenade  dans  la  vallèe  de  Saint-Blaise.  Notes  historiques  et  archéo- 

logiques.  Le  Mans,  1888.  8*. 
*Id.  —  Quelques  mots  sur  les  plans  du  Mans.  Le  Mans,  1879.  8®. 
^Junker  /.  —  Die  Verallgemeinerung  der  Hermiteschen  Transformation  im  Zu- 

sammenhang  mit  der  Invarianten  theoretischen  Beduktion  der  Gleichun- 

gen,  KOln,  1887.  4«. 


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—  TI  — 

*Kanit2  A,  —  Sulla  coltiyazione  delle  scienze,  specialmente  della  botanica» 

Kolozsvart,  1887.  8**. 
*/d.  —  Systematis  vegetabilium  janua.  Kolozsrart,  1887.  8*>, 
^Kappes  M.  —  Die  Aristotelische  Lehre  ueber  Begriff  und  Ursache  der  xivr^cig. 

Bina  Naturphilosophische  Stadie.  Bonn,  1887.  4^ 
^Kehrer  G.  —  Beitrage  zur  Kenntniss  des  Garpos  und  Tarsus  der  Amphibien, 

Beptilien  nnd  Sauger.  Freiburg,  1887.  8^. 
^  Klein  /.  —  Ueber  die  Anwendbarkeit  des  Diotliiokarbamins&uren  Ammons  in 

der  Analyse.  Hamburg,  1887.  8^. 
^Kloos  F.  J.  —  Zur  Casuistik  der  .Beckenfrakturen.  Tùbingen,  1886.  8". 
^KnorrE.—  Ueber  (4)nitro-w-iylol-(2)sulfonsaure.  Freiburg,  1887.8'. 
"^Kock  0.  —  Ueber  die  Operation  der  Gutartigen  Blasenpapillome  beim  Manne. 

Tùbingen,  1886.  8<>. 
^Kólmel  F,  —  Die  Grassmannsche  Erzeugungsweise  von  ebenen  Kurven  dritter 

Ordnung.  Lahr,  1886.  8^ 
^Korschelt  E.  —  Zur  Bildung  der  Eihùllen,  der  Mikropylen  und  Chorionan- 

hange  bei  den  Insekten.  Halle,  1887.  4<'. 
^Krebs  F.  —  Ueber  das  Vorkommen  der  hyalinen  Thrombose  in  embolischen 

Lungeninfarkten.  Tùbingen,  1887.  8^. 
^Kugler  F.  —  Ueber  Hodentuberculose.  Ottmachau,  1886,  8°. 
^EiUtner  P.  —  Ueber  die  Einwirkung  von  Halogenalkulen,  Phosphorpentachlo- 

rid  und  Brom  auf  die  Chinolin-o-sulfonsaure  und  die  Chinolin-jp-sulfon- 

saure.  Freiburg,  1886.  8^. 
^Lammfromm  IL  —  BeitrSge  zur  Geschichte  der  Erbschaftsklage.  Tùbingen, 

1887.  8^ 
^L6wy  M.  —  Ueber  neue  Derivate  des  Amarins,  Freiburg,  1^7.  8®. 
^Mai  Z.  —  Der  Gegensatz  und  die  Controversen  der  Sabinianer  und  Proculia- 

ner  im  Anschluss  an  die  Berichte  der  Gaianischen  und  Justinianischen 

Institutionen.  Ludwigshafen,  1886.  8°. 
^Manz  W.  —  Die  Aetiologie  der  alteren  und  modernen  Ophtalmologie  in  ihrer 

besonderen  Bedeutung  fur  die  Therapie.  Freiburg,  1886.  4^. 
*Marignac  C,  —  Sur  les  poids  atomiques  dn  chlore,  du  potassium  et  de  Tai^ent 

Genève,  1842.  8^ 
*/(i.  —  Analyses  diverses  destinées  à  la  vérification  de  quelques  équivalents 

chimiques.  Genève,  1843.  8°. 
*Id.  —  Notices  minéralogiques.  Genève,  1844-1866.  8^. 
*Id.  —  Sur  les  poids  atomiques  du  cérium,  du  lanthane  et  du  didyme. 

Genève,  1849.  8^ 
*Id.  —  Becherches  sur  la  congólation  et  rébuUition  des  hydrates  de  l'acide 

sulfurique.  Genève,  1853.  8*» 
*/d.  —  Eecherches  sur  le  didyme  et  sur  les  principales  combiaaisons.  Paris, 

s.  d.  8°. 


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—  VII  — 

^Marignac  G.  —  Kecherches  sur  les  fonnes  crìstallinefì  %i  la  composition  chi- 
inique  de  divers  sels.  Genève,  1856-57.  8^. 

*/rf.  —  Sur  les  óquivalents  chimiques  du  baiyum,  du  strontium  et  dtt  plomb. 
Genève,  1858.  8^. 

*Id,  —  Sur  risomorphisme  des  fluosUicates  et  des  fluostannates  et  sur  le  poids 
atomique  du  silicium.  Genève,  1858.  8^ 

"^Id.  —  Becherches  chimiques  et  cristallographìques  sur  les  fluozirconates. 
Paris,  1860.  8^ 

*Id,  —  Becherques  chimiques  et  cristallographìques  sur  les  tungstates,  les  fluo- 
tungstates  et  les  silicotungstates.  Genève,  1868.  8". 

*/rf.  —  Becherches  sur  les  acides  silicotungstiques  et  note  sur  la  constitution 
de  l'acide  tui^stique.  Paris,  1864.  8^. 

*/rf.  —  Becherches  sur  les  combinaisons  du  niobium.  I,  II.  Genève,  1866-66. 8*. 

*Id.  —  Becherches  sur  les  combinaisons  du  tantalo.  Genève,  1866.  8* 

*Id.  —  Essai  sur  la  séparation  de  l'acide  niobique  et  de  l'acide  titanique,  analyse 
de  l'aeschynite.  Genève,  1867.  8^. 

*/(i.  —  Sur  quelques  fluosels  de  l'antimoine  et  de  l'arsenic.  Genève,  1867.  8®. 

^Id.  —  Becherches  sur  la  réduction  du  niobium  et  du  tantalo.  Genève, 
1868.  ò\ 

"^Id.  —  Sur  la  chaleur  latente  de  volatilisation  du  sei  ammoniac  et  de  quel- 
ques autres  substances.  Genève,  1868.  8^. 

*Id.  —  De  Vinfluence  de  l'eau  sur  les  doubles  décompositions  salines  et  sur 
les  effects  thermiques  qui  les  accompagnent.  Genève,  1869.  8^. 

*Id.  —  Becherches  sur  les  chaleurs  spécifiques,  les  densités  et  les  dilatations 
de  quelques  dissolutions.  Genève,  1870.  8"*. 

*Id.  —  Notices  chimiques  et  cristallografiques  sur  quelques  sels  de  glucine  et 
des  metani  de  la  cérite.  Genève,  1878.  8^ 

*Id.  —  Sur  la  solubilité  du  sulfate  de  chaux  et  sur  Tétat  de  sursaturation  de 
ses  dissolutions.  Genève,  1878.  8**. 

*Id.  —  Becherches  sur  la  diffusion  simultanee  de  quelques  sels.  Genève, 
1874.  8^ 

*Id.  —  Sur  les  chaleurs  spécifiques  des  solutions  salines.  Genève,  1876.  8®. 

*M.  —  Suf  les  équivalents  chimiques  et  les  poids  atòmiques  comme  bases 
d'un  système  de  notation.  Genève,  1877.  8^ 

*Id.  —  Sur  les  terres  d«  la  gadolinite.  Genève,  1878.  8^. 

*/<i.  —  Sur  l'ytterbine,  terre  nouvelle  coAteaue  dans  la  gadolinite.  Genève, 
1878.  S\ 

*Id.  —  Sur  les  terres  de  la  samarkfiite.  Genève,  1880.  8^. 

*Id.  —  Yérification  de  quelques  poids  atòmiques.  V  Mém.  Bismuth,  manga- 
nése. 2*  Mém.  Zinc,  mapesium.  Genove,  1888.  8^. 

^Id.  —  Sur  une  prétendne  assoeìAtioH  par  cristalUsation  de  corps  n'offirant 
aucune  analogie  de  costitution  anatomique.  Genève,  1884.  8^. 


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—  vili  — 

*Marignac  C.  —  Quelques  réflerions  sur  le  groupe  des  terres  rares  à  propos  de 
la  théorie  de  M.  Grookes  sur  la  genèae  des  éléments.  Genève,  1887.  8^. 

*Id.  et  Des  Cloiseanx.  —  Aualyses  de  quelques  substanoes  minérales.  Genève, 
1844.  80. 

^ Markstahler  A.  —  Ueber  einseitig  trimethylirte  Benzophenone.  Karlsrulie, 

1886.  8^ 

^Mayer  Ph.  —  Ueber  Knorpelbindang  im  Oesophagus.  Freiburg,  1887.  8^. 
^Mohr  P. — Ueber  die  Ortho- Para- Dinitrobenzolsulfonsaure.  Freiburg,  1886.  8^ 
^Michlebach  F.  —  Beschreibung  einer  Dysenteric-epidemie  von  19  Fàllen  in  der 

Gemeinde  MùUheim  a.  Bach.  Freiburg,  1887.  8^. 
*Mùnster  A.  —  Giubileo  cinquantenario  dell'accad.  Nicola  Ivanowic  Kokscharow 

celebrato  il  6  gii^o  1887.  Pietroburgo,  1887.  8^. 
^Neumann  L.  —  Orometrie  des  Schwarzwaldes.  Wien,  1886.  4''. 
"^Nicolaides  C.  —  Ueber  Defecte  des  Septum  Atriorum  Cordis  &.  Freiburg, 

1887.  8^ 

^Nórdlinger  S.  —  Ein  Beitrag  zu  den  Dermoidkystomen  des  Ovarium.  Tu- 

bingen,  1887.  8^ 
"*^Notices  biographiques  et  bibliographiques  concemant  les  membres,  les  corre- 

spondants  et  les  associés  de  rAcadémie  r.  des  sclences,  des  lettres  et 

des  beaux  arts  de  Belgique,  1886.  Bruxelles,  1887. 
^  Ollivier  Beauregard  /.  —  Legislation  italienne.  Organisation  judiciaire  et 

analyse  du  Code  civil.  Paris,  1887.  8^ 
^Pahn  C.  —  Zur  Histologie  des  aeusseren  Milzbrandkarbunkels.  Tùbingen, 

1887.  8^ 
^  Petriceicu-Hasdeu  B,  —  Dictionarul  limbei  istorice  si  poporane  a  Romanilor. 

T.  II,  1.  Bucuresci,  1887.  4^ 
^Pieszczek  E.  —  Zur  Kenntniss  des  Orto-aethyltoluols  und  einige  seiner  De- 
rivate. Freiburg,  1886.  8^ 
^  Pluiarchus,  —  De  Proverbiis  Alexandrinorum  {nsQÌ  vciv  naQ^  "AlB^avéQevtfir 

naQoinKÒv)  ed.  0.  Cousìns.  Tùbingen,  1887.  4°. 
^  Prove  0.  —  Micrococcus  ochroleuchus,  eine  nene  chromogene  Spaltpilzform. 

Breslau,  1887.  8^ 
^Putensen  0.  —  Beitràge  zur  Kenntniss  der  Cyanursàure  -Verbindungen.  Frei- 
burg, 1887.  8^, 
^Reinhold  H.  —  Ein  Fall  von  Tumor  der  Zirbeldrùse.  Leipzig,  1886.  8^ 
^  Reiter  H.  —  Die  Stidpolarfrage  und  ihre  Bedeutung  fOr  die  genetisehe  Glie- 

derung  der  Erdoberflàche.  Weimar,  1886.  4^ 
*Beport  of  the  scientific  results  of  the  exploring  voyage  of  H.  M.  S.  Challenger 

1873-76.  Zoology.  VoL  XX,  XXI,  XXII.  London,  1887. 
^RiedelR  —  \ÌQ\i&[  das  Methyl-jo-Tolylketon.  Freiburg,  1886.  8^ 
^Roel  G.  V.  —  BeitrSge  zur  Kenntniss  der  Bibromcymolsulfonsau:e.  Freiburg, 

1886.  8^ 


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—  IX  — 

*Roiti  A.  —  Gomptes  rendus  dea  travaux  da  Gomité  intematìonal  chargé  dea 
essala  électriques  h  rExposition  universelle  d'Anvers.  Lìège,  1887.  4*». 

^SchleichC.  —  Ueber  nitrobenzylierte  Malonsftureester.  Tùbingen,  1887.  8*. 

^  Schneidler  K,  —  Der  Ort  der  begangenen  Handlung  in  strafrechtlìcher  und 
atrafprozessualeii  Bezìehnng.  Tùbingen,  1886.  8^. 

*  Schoneveld  van  der  Cloet  /.  C.  —  Ueber  die  Dichlor-a-Naphtochinonsulfon- 

sàure.  Freiburg,  1887.  8^ 
^Schònfeld  F.  —  BeitrSge  zur  Kenntniqp  der  Altyloialsfiuren  nnd  der  Alkyl- 

oialaether.  Bonn,  1887.  8^ 
^  Schulie  im  Hofe  /.  A,  —  Ueber  Cumol-  Orto-Sulfonsaure  und  Ortho-Cumin- 

sfture.  Freibui^  i.  B.  1886.  8<>. 

*  Schwartz  A.  —  Ueber  lineare  partielle  Differential-Gleichungen  II.  Ordnung. 

Berlin,  1887.  8^ 
^Sievers  K  —  Oiforder  Benedictinerregel.  Tùbingen,  1887.  4^ 

*  Sigerist  A.  —  Die  Lehre  von  der  Eatihabition  der  Bechtsgeschafte.  Tùbingen, 

1887.  8^ 
^Sigwart  Ck  —  Vorfragen  der  Ethik.  Freiburg,  1886.  4^ 
^Stàrker  E.  —  Die  Phosphorbehandlung  der  Bachitis.  Freiburg,  1887.  8^ 
^Steinike  G.  —  Zur  Kenntniss  dea  a-Naphtylphenylketons.  Freiburg,  1887. 8^ 
^  Steinkauler  Th.  —  Ueber  Sebacinsaure  und  Bibromsebacinsaure.  Freiburg, 

1886.  8*». 
^  Steudel  E.  —  Zur  Kenntniss  der  Begeneration  der  quergestreiften  Muskulatur. 

Stuttgart,  1887.  8«. 
^  Stóssner  P.  E,  —  Untersuchungen  ueber  den  Einfluss  yerschiedener  Aussaat- 

tiefen  auf  die  Entwicklung  einiger  Getreidesorten.  Berlin,  1886.  8^. 

*  Tesmer  E,  —  Ueber  die  Einwirkung  von  Phenylcyanat  auf  Polyhydroxylver- 

bindungen.  Berlin,  1886.  8^ 
^  Trainer  E.  —  Ueber  das  Verhalten  von  Acetaldehyd  gegen  Alkohole  und 

Phenole  unter  der  Einwirkung  von  Salzsauregas.  Freiburg,  1886.  8®. 
+  UhLand  E.  —  Zur  Kenntniss  der  Genital-Tuberculose  der  Weibes.  Tùbingen, 

1886.  8^ 
+  Valmr  F.  —  Ueber  Chinolindisulfonsauren  und  Derivate  derselben.  Aachen, 

1886.  8«. 

^  Waldner  E.  —  Die  Quellen  des  parasitischen  i  im  Altfranzdsischen.  Braon- 

schweig,  1887.  8^ 
^  Weber  A.  —  Étude  sur  les  algues  parasites  des  paresseux.  Haarlem,  1887.  4^ 
■^  Weber  J.  E,  —  Zur  Kenntniss  der  Terpene  und  aetherischen  Oele.  Bonn, 

1887.  8^ 

+  Weùsaecker  Th.  —  Die  Arthropathie  bei  Tabes.  Tùbingen,  1887-  8^. 

*  Werner  W.  S.  —  Ueber  Aethylen-Diketone  und  Benzoyl-  und  0.  P.  Dimethyl- 

Benzoyl-Propionsaure.  Freiburg,  1887.  S\ 

Bullettino-Rendxconti.  1888,  Vol.  IV.  P  Sem.  2 


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—  X  — 

*  Wiedersheim  R.  —  Der  Ban  dee  Menschen  ala  Zengniss  fOr  seine  Yeigan- 

genheit.  Freiburg,  1887.  8». 
^  Winkelmann  C.  —  Beitr^ge  zur  Eenntaiss  dea  £fymmetrÌ8Gheii  Tribromanìlin. 

Freiburg,  1887.  8^ 
^  Wissmann  E.  —  Beitrfige  zur  Eenntniss  dea  Amarìns.  Freiburg,  1886.  8^. 
^Zakrzewski  A.  J.  A.  —  Die  Grenzschichten  des  Braunen  zum  Weiasen  Jura 

inSchwaben.  Stuttgart,  1886.  8«. 
^  Zeeh  R.  —  Zur  Eenntuiaa  dea  Additj^onaproduGte  dee  Chinolina  mit  Benzylha- 

logen.  Freiburg,  1886.  8<>. 
^  Zwick  J.P.  —  Beitrftge  zur  Kenntniaa  dea  Cinchonina.  Freiburg,  1887,  8*. 

Pnbblicazioiii  periodiche 
pervenute  aU^Accademia  nel  mese  di  dicembre  1887. 

Pubblicazioni  italiane. 

^Annali  del  Museo  civico  di  storia  naturale  di  Genova.  Ser.  2%  voi.  Ili,  IV. 
Genova,  1886. 

m.  Salvadori.  Elenco  degli  nccellì  italiani.  —  IV.  Lataste,  Sur  le  système  dentaire 
da  genre  Daman.  —  Jacohy.  Descrìptions  of  new  Genera  and  Species  of  Phytophagoos 
Coleoptera  from  the  Indo-Malayan  and  Anstro-Malayan  snb-regionSi  contained  in  the  Genoa 
Ciyic  Mnseum.  Third  Part.  —  Id,  Descrìptions  of  some  nndescribed  species  of  Phytopha- 
gons  Coleoptera  from  Àbyssinia,  contained  in  the  Genoa  Civic  Museum.  —  Tappatone- 
Cariefri,  Fauna  malacologica  della  Nuova  Guinea  e  delle  isole  adiacenti.  Parte  I.  Mollu- 
schi estramarìni.  Supplemento  I.  —  Thomas  e  Boria.  Note  intomo  ad  alcuni  Chirotterì 
appartenenti  al  Museo  civico  di  Genova  e  descrizione  di  due  nuove  specie  del  genere 
Phyllorhina.  —  Thomas.  Diagnosis  of  new  species  of  Phascologale.  —  Emery,, 
Catalogo  delle  formiche  esistenti  nelle  collezioni  del  Museo  civico  di  Genova.  Parte  m. 
Formiche  della  regione  indo-malese  e  delF Australia.  I.^Camponotidae  e  Dolichode- 
ridae  .  —  Lataste,  Observations  sur  quelques  espèces  du  genre  Campagnol  (Micro tus 
Schranck,  Arvicola  Lacépède).  -—  Parona.  Elmintologia  sarda.  —  i)(9rta.  Res  Ligusticae. 
I.  I  Chirotterì  trovati  finora  in  Liguria.  —  Parona,  Nota  sulla  Collerabole  e  sui  Tisanuri.  — 
Id,  Res  Ligusticae.  II.  Venni  parassiti  in  animali  della  Liguria.  —  Thomas.  On  the  spe- 
cimens  of  Phascologale  in  the  Museo  Civico,  Genoa,  with  notes  on  the  allied  species 
of  the  genus.  —  Boulenger.  Description  of  a  newFrogof  the  genus  Me  galop  hrys.— 
Salvadori.  Catalogo  delle  collezioni  ornitologiche  fatte  presso  Siboga  in  Sumatra,  e  nel- 
risola  Nias  dal  sig.  Elio  Modigliani.  —  Dobson.  Description  of  new  species  of  Soricidae 
in  the  coUection  of  the  Genoa  Civic  Museum.  —  Salvadori.  Viaggio  di  L.  Fea  in  Bir- 
mania e  regioni  vicine.  I.  Uccelli  raccolti  nella  Birmania  superiore  (1885-1886).  —  Bou- 
Unger,  An  account  of  te  Scincoid  Lizards  coUected  in  Burma,  for  the  Genoa  Civic  Museum, 
by  Messrs.  G.  B.  Comotto  and  L.  Fea.  —  Lataste.  Description  dHine  nouvelle  espèce  de 
Chiroptère  d'Ègypte.  —  Boria.  Nota  intomo  alla  distribuzione  geografica  del  Chiropo- 
domys  penicillatus,  Peters.  —  Régimhart.  Dytiscidae  et  Gyrinidae  coUectés  dans  le 
rouyame  de  Scioa  (Abyssinie),  par  M.  le  doti  Ragazzi  en  1885. 

^^ Annali  di  chimica  e  di  farmacologia.  N.  5.  Milano,  1887. 

Sacchi.  Sulla  peptonuria.  —  Pollacci.  Altri  due  metodi  per  la  ricerca  delle  cosi  dette 
vinoline.  —  Capparelli,  Sulle  ptomaine  del  cholera.  —  Canio,  H  borato  di  soda  nella  cura 
della  tubercolosi  polmonale. 


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—  XI  — 

+Ateneo  (L*)  Tenete.  Ser.  XI,  voi.  II,  1-2.  Venezia,  1887. 

Fambri,  Pietro  Siciliani.  —  Brentari.  Venezia  e  i  suoi  monti.  —   Gotettù  Stefano 
Penoglio.  —  PietTogrande,  La  sitala  Benvenuti  del  Museo  d'Este.  —  D'Emilio.  Alcune 
osservazioni  snlla  proiezione  stereoscopica.  —  Salvagnini,  Nota  snlla  famiglia  Pisani. 
+Atti  della  Accademia  di  Udine  pel  triennio  1884-87.  2*  Ber.  voi.  VII.  Udine, 

1887. 

Occioni  Botta/fona,  Notizia  di  storia  friulana  cavata  dai  Commemoriali  della  Bepnb- 
Mica  di  Venezia.  —  Ostermann.  Gervasutta,  frazione  di  Udine  e  i  suoi  recenti  scavi.  — 
Murevo,  Nuova  opinione  suU^origine  del  popolo  friulano.  —  Occioni  Bonaffom.  Gli  Amasci 
e  i  loro  Diari  udinesi.  —  Pauluzzù  Iscrizioni  di  Palmanova  antiche  e  recenti.  —  /oppi. 
Dei  libri  liturgici  a  stampa  della  chiesa  d^Aquileja.  — -  Oortani.  La  leggenda  del  lago  di 
Montecucco.  —  Ostermann.  Di  alcune  medaglie  friulane  inedite.  —  Id,  Una  moneta  ine- 
dita di  Clodoveo  I. 
*  Atti  dell'Accademia  pontificia  dei  nuovi  Lincei.  Anno  XL,  sess.  I-VI.  Boma, 

1887. 

Provenzali.  Sulla  struttura  delle  vene  liquide.  —  Fgidi.  Nuovo  apparato  sismogra- 
fico.  —  Lais.  Trombe  terrestri  dell'S  novembre  1886.  —  Azzarelli.  Sul  caso  irreducibile 
dell'equazione  del  3«  grado.  —  Bertelli.  Sopra  una  Memoria  dei  prof.  T.  Taramelli  e 
G.  Mercalli  :  I  terremoti  andalusi  cominciati  il  25  dicembre  1885.  —  Lais.  Applicazione  dei 
sali  di  rame  al  preservamento  delle  viti  contro  la  peronospora.  —  Provenzali.  Sui  criteri 
per  distinguere  i  prodotti  delle  azioni  molecolari  da  quelli  delle  forze  atomiche.  —  Castra- 
cane.  Contribuzione  alla  flora  diatomacea  africana.  Diatomee  dell'Ogoue  riportate  dal  conte 
Giacomo  di  Brazzà.  —  Azzarelli.  Alcuni  teoremi  e  problemi  sopra  i  triangoli  annessi.  — 
Fgidi.  Intorno  alla  direzione  e  velocità  delle  nubi  ed  alla  correzione  del  barometro. 
+Atti  della  r.  Accademia  di  Siena  detta  dei  fisiocritici.  Ser.  8*,  voi.  IV,  1-8. 

Siena,  1885-87. 
*Atti  del  r.  Istituto  veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti.  Ser.  6*,  t.  V,  10.  Ve- 
nezia, 1887. 

Tamassia.  Sulla  docimasia  gastrica  secondo  i  più  recenti  studi.  —  Paglioni.  Sopra 
un  fenomeno  di  cristallizzazione  dei  sali  nella  elettrolisi  delle  loro  soluzioni.  —  Lussana. 
Le  circonvoluzioni  cerebrali  in  rapporto  ai  costumi  degli  animali.  —  Murer.  Sulla  supera 
ficie  di  5®  ordine,  dotata  di  quartìca  doppia  di  1*  specie.  —  Spica  e  Halagian.  Analisi 
delle  acque  che  alimentano  i  pozzi  della  città  di  Oderzo.  —  Spica.  Studio  chimico  del- 
Taristolochia  serpentaria.  —  Castelnuovo.  Sopra  una  congruenza  del  3®  ordine  e  6^  classe 
dello  spazio  a  quattro  dimensioni  e  sulle  sue  proiezioni  nello  spazio  ordinario.  —  Anderlini. 
Bicerche  chimiche  sulla  seta.  —  Id.  H  glicogeno  negli  animali  inferiori  ;  note  preliminari 
sulle  sue  combinazioni  coll*acido  solforico.  —  Bandini.  La  musica  nella  evoluzione 
della  civiltà  italiana.  —  Pirona.  Nuova  contribuzione  alla  Fauna  fossile  del  terreno  cre- 
taceo del  Friuli.  —  Cittadella  Vicodarzere.  La  voce.  —  Vigna.  Sopra  un  caso  di  para- 
noia rudimentale  impulsiva  d*origine  nevrastenica.  —  Salvagnini.  La  questione  edilizia  di 
Venezia.  —  Bordiga.  Di  una  certa  superficie  del  7®  ordine.  —  Faè.  Lifluenza  del  magne- 
tismo sulla  resistenza  elettrica  dei  conduttori  solidi.  —  Trois.  Nota  sopra  un  esemplare 
di  Utumania  torda  preso  sulle  spiaggie  di  Malamocco.  —  Palazzi.  Le  poesie  inedite 
di  Sordello.  —  Toni  e  Zm.  Flora  algologica  della  Venezia  (Parte  HI,  le  Cloroficee).— 
Marchesini.  Due  studi  biografici  su  Brunetto  Latini. 
^Bollettino  consolare.  VoL  XXIII,  11.  Roma,  1887. 

Pucci  Bavdana.  Brevi  cenni  sul  Porto  di  Anversa  e  Rivista  locale  sommaria  del  Com:- 
mercio  e  della  Navigazione  per  Tanno  1886.  —  De  Guòematis.  Condizioni  economiche  ed 


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—  xu  — 

ìndusiriali  del  Perù.  —  Dalla  Valle.  Cexmi  jBnlla  crìfii  agiicok  in  Ispagna.  —  Landòerg. 
Bapport  sur  le  commerce  ani  Indes  Néerlandaises  pendant  Fannée  1886.  —  Maiua,  Stati 
del  commercio  e  della  naTigazione  del  Porto  di  Tangerì  per  gli  anni  1885  e  1886. 
'^Bollettino  dei  Musei  di  zoloogia  ed  anatomia  comparata  della  r.  Univereità 

di  Torino.  N.  27-S2.  Torino,  1887. 
^Bollettino  del  Collegio  degli  ingegneri  ed  architetti  in  Napoli.  Voi.  V,  n.  10-11. 

Napoli,  1887. 

Varriale.  L'acquedotto  potabile  di  Torre  Annunziata.  —  Cariati.  Sull'insegnamento 
dell'igiene  nelle  scuole  degFingegneri.  —  Pepe.  Le  relazioni  sui  servizi  idraulici  in  Italia 
nel  biennio  1884-86. 
^Bollettino  della  Società  generale  dei  viticoltori  italiani.  Anno  II,  n.  23, 24. 

Roma,  1887. 

Cerletti.  Carta  vinicola  d'Italia.  —  Jd.  Sul  trattato  di  commercio  colla  Francia. 

^Bollettino  della  Società  geografica  italiana.  Ser.  2*  voi.  XII,  10-11.  Boma,  1887. 
Weitzecker.  Alla  ricerca  degli  Italiani  nell'Africa  australe.  —  Antinori,  Viaggio  nei 
Bogos.  —  Smith.  Esplorazione  di  J.  Chalmers  nella  Nuova  Guinea. —  Barda.  Sommario 
storico,  geografico  e  politico  della  Repubblica  di  Colombia.  —  Stradelli.  Dall'isola  Tri- 
nidad ad  Atures.  —  Colini.  Cronaca  del  Museo  preistorico  ed  etnografico  di  Roma.  — 
Fiorini,  Le  proiezioni  quantitative  ed  equivalenti  della  cartografia. 

^Bollettino  della  Società  geologica  italiana.  Voi.  VI,  3.  Roma,  1887. 

hsel.  La  nuova  carta  geologica  delle  riviere  ligure  e  delle  Alpi  marittime.  —  De  Ste- 
fani. L'Apennìnó  fra  il  colle  dell'Altare  e  la  Polcevera.  —  Id.  Il  terreno  terziario  nella  valle 
del  Mesima.  —  Verri.  Rapporti  tra  le  formazioni  con  ofiolitì  dell'Umbria  e  le  breccie  gra- 
niticbe  del  Sannio.  —  Tommasi.  A  proposito  del  Permiano  nell'Apennino.  —  Parona.  Ap- 
punti per  la  paleontologia  miocenica  della  Sardegna.  —  Foresti.  Alcune  forme  nuove  di 
molluschi  fossili  del  Bolognese.  —  Fomasini.  Di  alcuni  foraminiferi  provenienti  dalla 
spiaggia  di  Civitavecchia.  —  Id.  Intorno  ai  caratteri  estemi  delle  textularie.  —  Id.  Indice 
delle  textularie  italiane.  —  Id.  Sulle  textularie  «Abbreviate».  —  Clerici.  La  vitis  vi- 
nifera fossile  nei  dintorni  di  Roma. 

*  Bollettino  delle  nomine  (Ministero  della  guerra).  1887.  Disp.  52-54.  Boma. 

^Bollettino  delle  pubblicazioni  italiane  ricevute  per  diritto  di  stampa  dalla  Bi- 
blioteca nazionale  centrale  di  Firenze.  1887,  n.  47.  Firenze. 

^Bollettino  mensuale  pubblicato  dall'Osservatorio  centrale  in  Moncalieri.  Ser.  2*, 
voi.  VII,  11.  Torino,  1887. 
Le  stelle  cadenti  nel  periodo  di  agosto  1887. 

^Bollettino  di  notizie  agrarie.  1887,  n.  88-84.  Birista  meteorico-agraria,  n.  82-33. 
Boma. 

^Bollettino  meteorico  dell'Ufficio  centrale  di  meteorologia.  Anno  IX,  1887.  Di- 
cembre. Boma. 

^Bollettino  settimanale  dei  prezzi  di  alcuni  dei  principali  prodotti  agrari  e 
del  pane.  Anno  XIV,  1887,  n.  46-48.  Boma. 

"^Bullettino  della  r.  Accademia  medica  di  Boma.  Anno  XIII,  8.  Boma,  1887. 

Celli.  Ricerche  sperimentali  sul  virus  rabbico.  —  CoIosutUì  e  Guamieri.  La  glomerulo- 

nefirite  nella  rabbia  sperimentale.  — /i.  e  Moscatelli.  L'acido  paralattico  nell'orina  dei  soldati 

dopo  le  marcie  di  resistenza.  —  Marckiafava  e  Celli.  Sull'infezione  malarica.  —  Postempeki. 


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—  XIII  — 

Cinque  laparotomie  per  estirpadone  di  qaattro  tumori  oyarìci  ed  ano  uterino.  —  Leoni, 
Di  alcnne  tossi  ostinate  in  rapporto  a  tìz!  di  conformazione  acquisiti  e  congeniti  del- 
Tngola.  —  Berte,  Snll'arteria  dorsale  Ja  sulla  forma  dell'asta  nell'impotenza  virile.  —  Fer» 
raresi  e  Ommieri,  Sopra  un  caso  di  morva  dell'uomo.  —  Poggi.  La  cicatrizzazione  im- 
mediata deUe  ferite  dello  stomaco  in  rapporto  ai  diversi  metodi  di  suture.  —  Ferraresi, 
Gastrite  flemmonosa.  —  Bonuzzi,  I  vasomotori  ed  i  centri  vasomotori  nel  midollo  spinale 
e  nel  cervello.  I  nervi  vasodilatatori  nelle  radici  posteriori  del  midollo  spinale. 

^Calendario  deirOsservatorio  dell'Ufficio  centrale  di  meteorologia  al  Collegio 
romano.  Anno  IX,  1888.  Roma. 

^Circolo  (II)  giuridico.  Anno  XVIII,  10.  Palermo,  1887. 

D^ Amico.  La  rivendicazione  dei  titoli  al  portatore  smarriti  o  rubati. 

^Gazzetta  chimica  italiana.  Anno  XYII,  f.  8.  Appendice,  voi.  Y,  n.  21.  Pa- 
lermo, 1887. 

Lepetit.  L'azione  delle  tre  aldeidi  nitrobenzoiche  sull'etere  acetacetico  e  l'ammo- 
niaca. —  Ciamician.  Sui  tetrabomarì  di  pirrolilene.  —  Piccini.  Ancora  sulle  combinazioni 
corrispondenti  all'acido  pertitanico.  —  Kòmer  e  Wendfr.  Intorno  ad  alcuni  derivati  di 
sostituzione  della  benzina.  —  Garzino.  Sul  bromo  biclorofenolo  e  sulla  bibromobicloroben- 
zina.  —  Ouarezchi.  Bicercbe  sulle  basi  che  si  trovano  tra  i  prodotti  della  putrefazione. 

^Giornale  della  r.  Accademia  di  medicina  di  Torino.  Anno  L,  n.  9-10.  To- 
rino, 1887. 

Morselli  e  Tanzi.  Sulle  modificazioni  del  circolo  e  del  respiro  negli  stati  suggestivi 
dell'ipnosi.  —  Perroncito.  Incapsulamento  del  megastoma  intestinale.  —  Id.  Ancora  sulla 
priorità  dell'osservazione  dell' Actinomyces  bovis.  —  Fubini  e  Spallitta.  Rimarchevole  tol- 
leranza di  ferite  al  cuore.  —  De  Paoli.  Del  papiUoma  villoso  della  vescica. 

^Giornale  della  Società  di  lettmre  e  conversazioni  scientifiche  di  Genova.  Anno  X, 
2^sem.,  fase.  6-7.  Genova,  1887. 

Bertinaria,  Determinazione  dell'assoluto.  —  Àfarcer.  Delle  condizioni  essenziali  al- 
Tadempimento  del  Magistero  scolastico.  —  Du  Jardin.  Le  stazioni  alpestri  per  gli  adole- 
scenti deboli.  —  Squinabol  Nota  preliminare  su  alcune  impronte  fossili  nel  Carbonifero 
superiore  di  Pietratagliata. 

^Giornale  medico  del  r.  Esercito  e  della  r.  Marina.  Anno  XXXY,  n.  11.  Roma, 
1887. 

Bernardo.  La  trapanazione  del  cranio  a  proposito  di  un  caso  di  frattura  del  frontale 
con  intropressione  dei  frammenti.  —  Betti.  Sopra  un  caso  di  sarcoma  parvicellulare  del 

cervello. 

* 

^Giornale  militare  ufficiale  1887.  Part  1%  disp.  61-64;  parte  2^  disp.  61-63. 

Soma,  1887. 
^Ingegneria  (L*)  civile  e  le  arti  industriali.  YoL  XIII,  10.  Torino,  1887. 

Crugnola,  Dei  ponti  girevoli  in  generale  e  di  quello  recentemente  costruito  per  l'Ax^ 
sanale  di  Taranto.  —  Oandolfi,  Sulle  miniere  di  Somorrostro  (Spagna). 
^Programmi  d'insegnamento  per  Tanno  scolastico  1886-87  della  r.  Università 

degli  studi  di  Napoli,  Facoltà  matematica.  Napoli,  1887. 
^Memorie  della  Società  degli  spettroscopisti  italiani.  Voi.  XYI,  9.  Roma,  1887. 

Tacchini,  Osservazioni  spettroscopiche  solari  fatte  nel  r.  Osservatorio  del  Collegio 
romano  nel  3^  trimestre  del  1887  (Protuberanze).  —  Id,  Sulle  macchie  solari  osservate  ài 


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—  XIV  — 

r.  Ossenratorìo  del  Collegio  romano  nel  d^  trimestre  del  1887.  —  Id,  Facole  solari  osser- 
vate al  r.  Osservatorio  del  Collegio  romano  nel  8^  trimetro  del  1887.  —  Autoers.  Becher- 
ches  snr  le  diamètre  da  soleil. 

*Miiseo  italiano  di  antichità  classica.  Yol.  Il,  pnnt.  I,  n.  Firenze,  1886-1887. 
PuNT.  I.  Brizio.  Vasi  greci  dipinti  del  Museo  civico  di  Bologna  (Raccolta  De-Lnca).  — 
Comparettù  Saffo  nelle  antiche  rappresentanze  vascolari.  —  Sabhadini.  Della  Biblioteca 
di  Giovanni  Corvini  e  dolina  ignota  Comoedia  latina.  —  Onù  Di  nno  scudo  paleoetmsce.  — 
Milani.  A  proposito  di  un  Vaso  imitante  nn  baccherò  etrusco.  Lettera  al  dott.  Orsi  — 
Ealbherr  e  Comparettù  Epigrafi  arcaiche  di  varie  città  cretesi.  —  Id,  id.  Epigrafi  arcaiche 
di  Gortjna.  —  Milani.  Di  alcuni  ripostìgli  di  monete  romane,  studi  di  cronologia  e  storia. 
1®  Ripostiglio  di  Fiesole  (denari  republicani).  2^  Ripostiglio  di  Aleria  (den.  repubbl.).  3^  Ripo- 
stiglio di  Roma  nella  coli.  Ancona  di  Milano  (den.  repubbl.  contromarcati  e  den.  imperiali). 
4^  Ripostiglio  di  S.  Bernardino  (sesterzi,  dup.  assi).  5^  Ripostiglio  della  Venera  (antoniniani).  — 
PuNT.  II.  Sahbadini.  Codici  latini  posseduti,  scoperti,  illustrati  da  Guarino  Veronese.  — 
Pistellù  Dei  manoscritti  di  Giamblico  e  di  una  nuova  edizione  del  Protreptico  (con  un  saggio 
della  medesima).  —  Tomassetti.  Silloge  epigrafica  laziale.  ~  Piccolominù  La  simulata  pazzia 
di  Solone  e  l'Elegia  laXa^ig.  —  Halbherr,  Relazione  sui  nuovi  scavi  eseguiti  a  Gortyna 
presso  il  Letheo.  —  Comparettù  Iscrizioni  arcaiche  di  Gortjna  rinvenute  nei  nuovi  scavi 
presso  il  Letheo.  1^  Iscrizioni  del  muro  settentrionale.  2*  Frammenti  sparsi.  —  Id,  Iscri- 
zioni di  varie  città  cretesi  (Lyttos,  Itanos,  Praesos,  Knossos). 

^Rassegna  (Nnova)  di  viticoltura  ed  enologia.  Anno  I,  n.  22, 23.  Gonegliano,  1887. 
Cavazxa.  La  nuova  legge  filosserica.  —  Zecchini,  Sulla  ricerca  delle  materie  colo- 
ranti artificiali  nei  vini.  —  Ravizza,  L'aggiunta  di  acido  tartarico  nei  vini.  —  Ardinghù 
Come  si  possano  rinvigorire  le  viti  vecchie  e  deboli. 

^Bendiconti  del  reale  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere.  Ser.  2%  voi.  XX, 

17-18.  Milano,  1887. 

Gobbi.  Sul  secondo  Congresso  tenuto  in  Milano  dalle  Società  cooperative.  —  Buc- 
cellati. Efficacia  estensiva  della  legge  penale.  —  Sangalli.  Di  alcune  alterazioni  più  im- 
portanti e  rare  di  prima  formazione.  —  Scarenzio.  Sifilide  gommosa  del  naso  e  rinoplastica 
parziale  a  doppio  ponte. 

^Bevue  intemationale.  4*  année,  t.  XVI,  5,  6.  Roma,  1887. 

5.  /acini.  Le  principe  de  la  neutralisation  Internationale  applique  au  saint-siège.  — 
Palacio-  Valdés.  Riverita.  —  Lo  Forte-Randù  Un  humoriste  anglais.  —  Baluffe.  Fléchier 
iuconnu.  —  Chevassus.  La  question  monétaire  en  Angleterre.  —  Sacher  Masoch.  Jankel 
le  sourd.  Scènes  du  Ghetto.  —  Melegarù  La  «  Souris  »  d'Édouard  Pailleron.  —  6.  Palacio 
Valdés.  Riverita.  —  Lo  Forte-Randi,  Un  humoriste  anglais.  ~  De  D,  Levi.  La  réforme 
du  Sénat  italien.  —  Veuglaire,  Cette  grande  bète  de  Raboul.  Scènes  de  la  vie  militaire 
en  Franco.  —  Raineri,  Un  chapitre  d*histoire  maritime.  -—  CianeUÙ  Temi  et  Tìndustrie 
italienne. 

*  Rivista  di  filosofia  scientifica.  Ser.  2*,  voi.  VI,  nov,  1887.  Milano. 

Lombroso.  Le  nuove  conquiste  della  psichiatria.  —  Vaccaro.  Sulla  vita  degli  animali 
in  rapporto  con  la  lotta  per  resistenza.  —  Pietropaolo.  L'universalità  delle  leggi  della 
morale  ed  il  concetto  della  libertà.  —  Moleschott.  L'unità  del  sapere  («  Per  una  festa  della 
scienza  »).  —  Asturaro.  La  filosofia  dell'Hume  ed  il  Kantismo  secondo  Tarantino. 

"^Bivista  marittima.  Anno  XX,  fase.  11.  Soma,  1887. 

Colombo,  La  fauna  sottomarina  del  golfo  di  Napoli.  --  Géza  deWAdamù  II  mar 
Nero.  Studio  geografico  militare. 


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—  XV  — 

^IttTista  mensile  del  Club  alpino  italiano.  Voi.  VI,  n.  11-22.  Torino,  1887. 
^Biyista  scientifico-industriale.  Anno  XIX,  20-21.  Firenze,  1887. 

Semmola,  Snl  riscaldamento  delle  pante  metalliche  neiratto  di  scaricare  Telettricità.  — 

Martini.  U  monotelefono  o  risonatore  elettro-magnetico.  —  Tasti,  Deiranestesia  e  delPay- 

velenamento  nei  vegetali. 

"^Sessioni  dell'Accademia  pontificia  dei  nuovi  Lincei.  Anno  XL,  sess.  7,  8. 

1887.  Roma. 
Spallanzani  (Lo).  Ser.  2»,  anno  XVI,  11-12.    Boma,  1887. 

Poli,  Sul  modo  di  valutare  ed  indicare  razionalmente  gl'ingrandimenti  del  microscopio 
e  delle  imagini  microscopiche.  —  Fenoglio  e  Drogoul  Osservazioni  ed  esperienze  sulla 
chiusura  delle  coronarie  cardiche. 

'^Statistica  del  commercio  speciale  d*importazione  e  di  esportazione  dal  1^  gen. 

al  80  noy.  1887.  Roma. 
^Telegrafista  (II).  Anno  VII,  10.  Roma,  1887. 

Studi  sul  telefono  del  prof.  Thompson. 

Pubblicagioni  estere. 

^Abstracts  of  the  Proceedings  of  the  Chemical  Society.  N.  44.  London,  1887. 

^Annalen  des  k.  k.  naturistorhischen  Hofinuseums.  Bd.  II,  4.  Wien,  1887. 

Àfarktanner-Turneretscher.  Beschreihung  neuer  Ophiuriden  und  Bemerkungen  zu 
bekannten.  —  Kittl,  Beitràge  zur  Kenntniss  der  fossilen  Sftugethiere  von  Maragha  in  Per- 
sien.  I.  Camivoren.  —  von  Pelzeln  und  von  Lorenz,  Typen  der  omithologischen  Samm- 
lung  des  k.  k.  naturhistorischen  Hofmuseums..  —  Berwerth.  Das  Meteor  vom  21  Aprii  1887. 

+Annalen  des  physikalischen  Central-Observatoriums.  Jhg.  1886,  Th.  L  S.  Pe- 
tersburg,  1887. 

•^Annalen  (Mathematische).  Bd.  XXX,  4.  Leipzig,  1887. 

Hilbert,  Ueher  die  Singularit&ten  der  Discriminantenfl&che.  —  Ifaisano,  Die  Discri- 
minante der  hinftren  Form  6.  Ordnung.  —  Schlesinger,  Ueher  conjugirte  Curven  insbe- 
sondere  Ùher  die  geometrische  Relation  zwischen  einer  Curve  dritter  Ordnung  und  einer 
zu  ihr  conjugirten  Curve  dritter  Classe.  —  BoUa,  Darstellung  der  rationalen  ganzen  Invar 
rianten  der  Binarform  sechsten  Grades  durch  die  Nullwerthe  der  zugehOrigen  ^Funktio- 
nen.  —  Maschke,  Ueher  die  quatemare,  endliche,  lineare  Suhstitutionsgruppe  der  Bor- 
chardfschen  Moduln.  —  Krause,  Ueher  die  Entwickelung  der  doppelt  periodischen  Functioneh 
zweiter  und  dritter  Art  in  trigonometrische  Heihen.  —  Weltzien,  Zur  Theorie  derjenigen 
ehenen  Curven,  deren  Coordinaten  sìch  rational  und  ganz  durch  zwei  lineare  Functionen 
und  zwei  Quadratwurzeln  aus  ganzen  Functionen  eines  Parameters  darstellen  lassen.  — 
Bolza.  Ueher  Binftrfonnen  sechster  Ordnung  mit  linearen  Suhstitutionen  in  sich.  —  Heun. 
Integration  regul&rer  lineàrer  Differentialgleichung  zweiter  Ordnung  duch  die  Eettenhru- 
chentwicklung  von  ganzen  Aherschen  Integralen  dritter  Ordnung.  —  Hilbert.  Ve\iQT  hi- 
nftre  Formenbfischel  mit  hesonderen  Comhinanteneigenschaften.  —  Caspary.  Ueher  einen 
einfachen  Beweis  des  Bosenhain*schen  Fundamentalformeln.  —  Kurschdk,  Ueher  dem  Ereise 
ein-  und  umgeschriehene  Vielecke.  —  Sonine.  Sur  les  fonctions  cylindriques. 

^Annales  de  la  Société  météorologìque  de  Belgique.  4^  sér.  1. 1.  Bruxelles,  1886. 

Cossmann,  Catalogne  illustrò  des  coquilles  fossiles  de  Téocène  des  environs  de  Paris.  — 

Briarl  et  Delvaux,  Excursion  de  la  Socitété  royale  malacologique  de  Belgique  sur  le  littoral 

de  Blankenherghe,  à  Coxyde,  à  Aeltre  et  à  Gand.  —  Pergent  et  Meunier,  La  &une  des 


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—  XVI  — 

bryozoaires  garanmieus  de  Fase.  —  Vincent.  Liste  dee  coqnilles  da  tongrien  inférieiir  dn 
Limboorg  belge. 

^  Annales  de  l'École  polytechnique  de  Delft.  Tome  III,  3.  Léide,  1887. 

Hoogewerf  et  v.  Dorp,  Sar  qaelqaes  dériyés  de  risoqainoléine.  -—  Behrens.  Sar  Ib 
déterminatìon  de  la  darete  dea  matières  rocheases.  —  Détermination  de  la  darete  des  paitie 
intégrantes.  —  Déterminatìon  de  la  darete  mojenne.  —  SchoU.  Erreors  dans  lea  tables 
de  Callet.  —  Id.  La  loi  de  Terreur  résaltante. 

+Annales  des  ponts  et  chanssées.  6*  sér.  t.  XIV,  10*  caL  Paris,  1887. 

Widmer  et  Desprez.  Port  da  Havre.  Mémoire  sar  les  noavelles  portes  en  tdle  de 
Téclase  des  transatlantiqaes.  —  Goòin.  Étnde  sar  la  fabrication  des  chaaz  hydraulìqaes 
dans  le  bassin  da  Rhdne.  —  Lallemand.  Note  sar  la  théorie  da  nirellement  —  Clavenad. 
Note  sar  Temploi  des  sels  en  temps  de  neige. 

^Aimales  du  Muséum  r.  d'histoire  naturelle  de  Belgìque.  Sèrie  paléontologique. 
T.XIII,  Bruxelles,  1886. 
van  Beneden.  Description  des  ossements  fossiles  des  environs  d^Anvers. 

^Annales  (Nouvelles)  de  mathématiques.  3*  sér.  1887,  nov.-déc.  Paris. 

d'Ocagne.  Les  coordonnées  parallèles  des  points.  —  Errata  aax  Tables  de  Logari- 
thmes  de  SchrOn.  —  Lévy,  Sar  le  principe  de  Ténergie. —  Humbert  Sar  qaelqael  pro- 
priétés  métriqaes  des  coarbes.  —  Id,  Sar  qaelqaes  propriétés  des  coarbes.  —  Appeìl.  Sar 
les  yalears  approchées  des  polyndmes  de  Bemoallì.  —  Bonnet.  Théories  de  la  réfraction 
astronomiqae  et  de  Taberration. 

+Annales  scientifiques  de  l'École  normale  superiore.  3*  sér.  t.  IV,  n.  12  et  Suppl. 

Paris,  1887. 

Ouichard.  Sur  la  résolation  de  Téqaation  aax  différences  finies  G{^4"1)  — G(a?)=G(j?).  — 
Duhem.  Sar  qaelqaes  formales  relatives  aax  dissolutions  salines.  —  Jamet  Sar  les  sarfaces 
et  les  coarbes  tétraédrales  symétriqaes. 

^Anzeiger  (Zoologischer).  Jhg.  X,  n.  267.  Leipzig,  1887. 

vom  Rath.  Ueber  die  Haatsinnesorgane  der  Insecten.  ~  Bòttger,  Diagnoses  reptaliam 
Novorum  ab.  ili.  viro  Paal  Hesse  in  finibas  flaminis  Congo  repertoram.  —  Hartlauò.  Zar 
Eenntniss  der  Cladonemiden. 

+Annuaire  de  la  Société  météorologique  de  Franco.  1887,juill.-aoùt.  Paris. 

Hauvel.  Gaases  de  la  circalation  atmosphériqae.  —  Renou,  Bésamé  des  obsenrations 
météorologiqaes  faites  aa  Parc-de-Saint-Maur,  en  avril  et  mai  1887.  —  Legras,  Sar  on 
noavel  évaporomètre.  —  Harreaua.  Observations  hjdrométriqnes  de  la  Beance.  —  Crova, 
Sar  Tenregistrement  de  Tintensitil  calorifiqae  des  radiations  solaires.  —  Id.  Sor  la  transmis- 
sibìlité  de  la  radiation  solaire  par  Fatmosphère  terrestre. 

+Arcliives  néerlandaises  des  sciences  eiactes  et  naturelles.  T.  XXII,  2-8.  Har^ 

lem,  1887. 

Rauwenhojf.  Becherches  sar  le  Sphaeroplea  annolina  kg,  —  Engelmann,  Le  rhéostat 
à  vis.  —  SchoiUen,  Bègle  generale  ponr  la  forme  de  la  trajectoire  et  la  dorée  da  mort- 
vement  centrai.  —  Verheek.  La  meteorite  de  Djati-Pengìlon  (Java).  —  Spronck.  Note  sai 
nn  cas  de  polydactylie. 

^  Beiblatter  zu  den  Annalen  der  Physik  und  Chemie.  Bd.  XI,  11.  Leipzig,  1887. 
^Berichte  der  deutschen  chemischen  Gesellschaft.  Jhg.  XX,  17.  Berlin,  1887. 

17.  Weinberg,  Ueber  Ozydiphenylbasen.  —  Fittig.  Ueber  Lactone,  Lactonsaaren  and 
verwandte  KOrper.  —  Brdmann,  Ueber  die  Umwandlang  der  Naphtylaminsalfos&oren  in 


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—  XVII  — 

Dichlornaphtaline.  —  Autenrieth.  Ueber  gemischte  S&ureanhydride.  —  lapp  und  Klinge- 
tnann,  Ueb«r  die  Erseizbarkeit  des  Methylenwasserstoffs  in  Benzolazoaceton.  —  Kndfier  nnd 
Boeuneck.  UebeF  die  Condensation  von  Chloralhydrat  mit  terti&ren  aromatischen  Àminen.  — 
Gabriel  und  Weite,  Zur  weiteren  Eenntniss  des  o-Oyantolnols.  —  La  Coste  nnd  Valeur. 
Zar  Charakterìstik  der  /S-ChinolìndiBalfons&ure.  —  Lippmann  v,  Ueber  einige  organiscbe 
Bestandtheile  des  Rabensaftes.  —  Hantke,  Ueber  (^-Kresolsnlfonsauren.  —  Pechmann,  Ueber 
die  Spaltang  der  Nitrosoketone.  —  Anschiltz.  Ueber  die  Bildung  von  Anils&nren  ans  Anhy- 
driden  zweibasischer  Sauren.  —  Zincke  und  Oerland.  Ueber  die  Einwirknng  von  Brom 
anf  Diamido-ce-naphtol.  II.  —  Liehermann,  Ueber  die  Thiophenreactìon  mit  nitrosehaltiger 
Schwefelsànre.  —  Przyhytek,  Zur  Erforschung  des  Erythren-dioxyds,  C4  Hg  0«.  —  Id, 
Ueber  Diisobutenyloxyd.  —  Bmz  und  Kekulé.  Ueber  Orthoamide  des  Piperidins.  —  Vester- 
berg.  Ueber  Pimars&uren.  —  Gelzer.  Ueber  Delirate  desj^-Amidoisobutylbenzols.  —  Hooker. 
Zur  Kenntniss  des  PurpurogaUins.  —  Graebe,  Ueber  Ànramin. 

^Boletìn  de  la  Sociedad  de  geografia  7  estadistica  de  larepublica  Mezicana. 

3*  Ep.  t  VI,  4-9.  Mexico,  1887. 
+Bulletm  de  la  Socìété  entomologique  de  Franco.  1887,  feull.  22.  Paris. 
^Bulletin  des  sciences  mathématiques.  2®  sér.  t.  XI.  Dèe.  1887.  Paris. 

Bertrand.  Tbennodynamique.  —  Jordan.  Cours  d^analyse  à  TÉcole  polytecbniqne.  — 
Tannery.  La  geometrie  grecque,  comment  sont  histoire  nous  est  parvenue  et  ce  qne  nons 
en  savons. 

i^Centralblatt  (Botanisches).  Bd.  XXXII,  11-13.  Cassel,  1887. 
*Centralblatt  ftìr  Physiolc^e.  1887,  n.  19.  Berlin. 
Piotrowski.  QaflL8SÌnner?ation. 

"•Circulars  (Johns  Hopkins  University).  Voi.  VII,  n.  61.  Baltimore,  1887. 
+Circulars  of  information  and  bulletins  of  the  Bureau  of  education  for  1885 

and  1887.  1,2.  Washington,  1886-87. 
^Compte  rendu  des  séances  et  travaux  de  TAcadémie  des  sciences  morales 
et  politiques.  N.  S.  T.  XXVIII,  12.  Paris,  1887. 

Saint'Hilaire.  Linde  contemporaire.  —  Desjardins.  Le  sifflet  au  théàtre.  —  Bat^ 
drillart.  Les  popnlations  agricoles  de  FIle-de-France.  —  Say.  Les  papiers  de  Turgot.  — 
Bénard.  L'esthétìque  d'Àrìstote.  —  Lagneau.  De  la  durée  et  de  la  mutation  des  familles 
rurales. 

^Gomptes  rendus  hebdomadaires  des  séances  de  l'Académie  des  sciences.  T.  GV, 
22-25.  Paris,  1887. 

22.  Bertrand.  Théorème  rolatif  ani  erreurs  d'observation.  —  Lémj.  Sur  les  équations 
les  plus  générales  de  la  doublé  réfraction  compatibles  avec  la  surface  de  Tonde  de  Fresnel.  — 
Faye.  Objection  à  ma  théorie  tirée  de  la  déviatìon  des  flèches  du  vent  sur  les  Caftes  sy- 
noptiques.  —  Id.  Sur  la  marche  des  cirrus  et  leurs  relations  avec  les  cyclones.  —  Id.  Sur 
le  mouvement  de  translation  des  tempètes.  —  Brown-Séquard  et  d'Arsonval.  Recherches 
sur  rimportance,  surtout  pour  les  pbtisiques,  d'un  air  non  vicié  far  des  ezbalations  pul- 
monaires.  —  Liouville.  Sur  une  classe  d'équations  différentielles,  parmi  lesquelles,  en  pa]> 
ticulier,  toutes  ccUes  des  lìgnes  géodésiques  se  trouvent  comprises.  —  Collette.  Oscillations 
tournantes  d'un  solide  de  revolution  en  contact  avec  un  fluide  visqueux.  —  Ditte.  Action 
de  Tacide  vanadique  sur  le  fluorure  de  potassium.  —  Varet.  Cyanures  de  zinc  ammonia- 
caui.  —  Bourgeois.  Application  d'un  procède  de  de  Senarmont  à  la  reproduction  par  voie 
bumide  de  la  celestine  et  de  Tanglésite.  —  Freire.  Sur  un  alcaloide  eztrait  du  fruit-de- 
loup.  ~  Dangeard.  Sur  Timportance  du  mode  de  nutrition  au  point  de  vue  de  la  distinction 

BuLLETTiNO  RENDICONTI.  1888,  VoL.  IV,  1«  Sem.  3 


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—  xvin  — 

dea  animanx  et  des  végétaux.  —  Ledere  du  Saòlon.  Sur  les  sn^oirs  des  Rbinanthées  et 
dea  Santalacées.  —  Bleicher,  Sar  la  déconyerte  da  carbonifere  à  fossiles  marhis  et  à  pbmtes 
anx  environs  de  Raon-sor-Plaine.  —  de  Mercey,  Sur  la  position  géologique'de  la  craic  pho- 
sphatée  en  Picardie.  —  EenatUt.  Sur  Torganisation  comparée  des  feuilles  des  Sigillairet  et 
des  Lépidodendrons.  —  Bertinpt.  Sur  le  voi  des  oiseaux.  —  LaffonL  Contributions  à  Tétude 
des  excitatioDS  électriques  du  myocarde  chez  le  cbién.  —  Meunier.  Les  météoritcs  et  Vanar 
lyse  spectrale.  —  23.  Bertrand.  Sur  ce  qu'on  nomme  le  poids  et  la  précision  d'une  obser- 
vation.  —  Faye.  Lettre  à  M.  Bertrand,  à  propos  de  sa  précédente  Note  «  sur  un  théorème 
relatìf  aux  erreurs  d'observations.  —  Id,  Réponse  à  M.  Mascart,  à  propos  de  la  deviati on 
des  vents  sur  les  Cartes  synoptiques.  —  Comu.  Sur  la  synchronisation  des  horloges  de  pré- 
cision  et  la  distribution  de  Theure.  —  Duhem.  Sur  Paimantation  par  influence.  —  Bigourdan. 
Nébuleuses  nouvelles  découvertes  à  TObservatoire  de  Paris.  —  Pellet.  Division  approxi- 
mative  d'un  are  de  cercle  dans  un  rapport  donne,  à  Taide  de  la  règie  et  du  compas.  — 
Amagat.  Sur  la  dilatation  des  liquidea  compriméa,  et  en  partìculier  sur  la  dilatatìon  de 
Teau.  —  Vignon.  Sur  une  nouvelle  méthode  de  dosage  de  Tacide  carbònique  dìssous.  — 
de  Saint-Martin.  Influence  du  sommeil  naturel  ou  provoqué  sur  Tactivité  des  combustions 
respiratoires.  —  Straus  et  Duhreuilh.  Sur  Tabsence  de  microbes  dans  Tair  expiré.  — 
Marchal,  Sur  Vexcrétion  cbez  les  Crustacés  décapodes  brachyoures.  —  Gourret.  La  faune 
des  Crustacés  podophtbalmes  du  golfo  de  Marseille.  —  de  Mercey.  Sur  des  recberches  pour 
Texploitation  de  la  craie  phospbatée  en  Picardie.  —  Hehert.  Observations  sur  la  Classifi- 
fication  de  la  craie,  à  propos  de  la  Communication  de  Mr.  N.  de  Mercey.  —  Gorceix.  Sur 
le  gisement  de  diamants  de  CocaSs,  province  de  Minaa  GeraCs  (Brésil).  —  Termier.  Sur 
les  éruptions  de  la  région  du  Mézenc,  vera  lea  confina  de  la  Haute-Loire  et  de  TÀrdècbe.  — 
Labonne.  Sur  le  gisement  du  spath  disiando.  —  24.  Bertrand,  Sur  la  loi  des  erreurs 
d'observation.  —  de  Jonquières.  Generation  des  courbes  unicursales.  —  Wolf.  Comparaison 
des  divers  systèmes  de  synchronisation  électrique  des  horloges  astronomiques.  —  Berthelot. 
Sur  les  divers  modes  de  décomposition  explosive  de  Tacide  picrique  et  des  composcs  nitrés.  — 
Id.  Sur  la  «  Collection  des  anciens  Alchimistes  grecs  ».  —  Janssen.  Sur  Tapplication  de  la 
Photographie  à  la  Meteorologie.  —  Callandreau.  Becherchea  sur  la  tbéorie  de  la  figure 
des  planètes  ;  étude  speciale  des  grosses  planètes.  —  Isamhert.  Sur  la  compressibilité  de 
la  dissolution  d'étylamine  dans  l'eau.  —  Grimaux,  Sur  Taldéhyde  glycérique  fermente- 
scible.  —  Bouchardat  et  Lafont  Action  de  Tacide  sulfurique  sur  Tessence  de  térében- 
thine.  —  (Echsner  de  Coninck.  £ssai  de  diagnose  des  alcaloldes  volatils.  —  Gayon.  Sur 
la  recherche  et  le  dosage  des  aldéhydes  dans  les  alcools  commerciaux.  —  Fischer.  Sur  la 
distribution  géographique  des  Actinies  du  littoral  méditerranéen  de  la  France.  —  Richard. 
Remarques  sur  la  faune  pélagique  de  quelques  lacs  d'Auvergne.  —  Topsent.  Sur  les  pré- 
tendus  prolongements  périphériqucs  des  Cliones.  —  Crié.  Sur  les  affinités  des  flores  noli- 
thiques  de  la  France  occidentale  et  du  Portugal.  —  Cadéac  et  Malet,  Recberches  expéri- 
raentales  sur  la  transmission  de  la  tuberculose  par  les  voies  respiratoires.  —  Guignard  et 
Charrin.  Sur  les  variations  morphologiques  des  microbes.  —  Poincaré.  Sur  les  relatìons 
du  barometro  avec  les  positions  de  la  lune. —  Chuard.  Observations  concernant  le  méca- 
nisme  de  Tintroduction  et  de  Télimination  da  cuivre  dans  les  vins  provenant  de  vignea 
traitées  par  les  combinaisons  cuivriques.  —  25.  Bertrand.  Sur  les  épreuves  répétées.  — 
Jonquières.  Generation  des  surfaces  algébriques,  d'ordre  quelconque.  —  Faye.  Sur  la  cause 
de  la  déviation  des  flèches  du  vent  dans  les  cyclones.  —  Berthelot  et  André.  Sur  l'état 
du  soufre  et  du  phosphore  dans  les  plantes,  la  terre  et  le  terreau,  et  sur  leur  dosage.  — 
Sarrau  et  Vieille.  Influence  du  rapprochement  moléculaire  sur  IVquilibre  chimique  de 
systèmes  gazeux  homogènes.  —  Gaudry.  Découverte  d'un  Tortue  gigantesque  par  M.  le 
Dr.  Donnezan.  —  de  Caligny.  Expériences  sur  une  nouvelle  machine  hydraulique  employée 
à  faire  des  irrigations.  —  Lecoq  de  Boisbaudran.  A  quels  degrés  d'oxydation  se  trouvent 


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—  XIX  — 

le  chiome  et  le  manganése  dans  leurs  composés  flaorescents?  —  Viennei.  Éléments  et 
éphémérìdes  de  la  planète  (270)  Anahita.  —  CruU,  Sur  la  valeur  de  la  parallaze  da  soleil, 
déduite  dea  obserrations  des  Missions  brésilìennes,  à  Toccasion  da  passage  de  Yénas  sor 
le  soleili  en  1882.  —  fVeill.  Condition  d'egalité  de  deax  figares  symétriques.  —  Baròier. 
On  sappose  écrite  la  suite  naturelle  des  nombres;  qael  esile  (lO"®®*»)^*™* chiffre  écrit?  — 
Duhem.  Sar  Taimantation  par  ìnflaence.  —  Antoine.  Yariation  de  températare  d'an  gaz 
oa  d'une  vapeor  qui  se  comprìme  ou  se  dilate,  en  conser?ant  la  mSme  quantità  de  cha- 
lear.  —  Henry.  Sur  une  loi  expérìmentale  de  balistique  intérieure.  —  Doumer,  Des  vo- 
jelles  dont  le  caractère  est  très  aigu.  •—  Fabre.  Sur  la  chaleor  spécifique  da  tellure.  — 
Scheurer-Kestner  et  Jfeunier-Dolfìts.  Étude  sur  one  hoaìUe  anglaise.  —  Jungfieitch  et 
Léger.  Sur  les  iaoméries  optiques  de  la  cinchonine.  —  Ochmer  de  Coninck.  Essai  de  dia- 
gnose  des  alcaloldes  volatils.  —  Mallard.  Sur  diverses  substances  cristallisées  qu'Ebelmen 
avait  préparées  et  non  décrìtes.  —  de  SchuUen.  Not^  sur  la  reproduction  artificielle  de  la 
pyrochrolte  (hydrate  manganeux  cristallisé).  —  Oannard,  De  quelques  pseudo-morphoses 
dVMiveloppe  des  mines  de  plomb  da  Puy-de-Ddme  —  Guitel.  Sur  quelques  points  de  Tem* 
bryogénie  et  du  système  nerveui  des  Lépadogasters.  —  Hérouard.  Sur  le  système  lacunaire 
dit  sanguin  et  le  système  nerveux  des  Holothuries.  —  Deserei  et  Donnezan.  Sur  la 
Testudo  perpiniana  Depéret,  gìgantesque  Tortue  do  pliocène  moyen  de  Perpignan. — 
La/font.  Ànalyse  de  Taction  physiologique  de  la  cocaine.  —  Dastre.  Observations  au  su  jet 
d*une  Note  de  M.  de  Saint-Martin.  —  Cornil  et  Chantemesse.  Étiologie  de  le  pneumonie 
contagieuse  des  porcs.  —  Debove.  Pathologie  de  Turticaire  hydatique.  —  Dechevrens,  Sor  la 
reproduction  expérìmentale  des  trombes.  —  Bouquet  de  la  Orye  rappellci  à  ce  sujet,  qu*il 
a  précédemment  mentre  à  TÀcadémie  les  figares  qui  se  forment  dans  des  liquides  de  den- 
sités  différentes,  superposés  et  animés  d'un  mouvement  de  rotation.  —  Zenger.  Sur  revo- 
lution siderale.  —  Delaunay.  Cbute,  le  25  octobre  1887,  à  Than-Duc,  d*ane  météorìte  qui 
paraft  avoir  dispara  à  la  suite  d*un  rìcochet. 

+Cosmos.  N.  S.  n.  150-152,  Paris,  1887. 

'^Denkschriften  der  k.  Akademie  der  Wissenscfaaften.  Math-natur.  GÌ.  Bd.  LI. 
Wien,  1886. 

Fscherich  v.  Zur  Theorìe  der  linearen  Dìfferentialgleicbungen.  —  Rollett,  Untersa- 
cbungen  ueber  dea  Bau  der  quergestreiften  Muskelfasem.  —  OppoUer  v.  Entwurf  einer 
Mondtbeorie.  —  Spitaler.  Die  W&rmeverrtheilung  auf  der  Erdoberfl&che.  —  ZukaL  My- 
cologiscbe  Untersuchungen.  —-  Frauscher.  Das  Unter-Eocftn  der  Nordalpen  and  scine 
Fauna.  —  Stapfi.  Die  botanischen  Ergebnisse  der  Polak'schen  Expedition  nach  Persien 
im  Jahre  1882.  —  Id.  Beitr&ge  zur  Flora  von  Lycien,  Carìen  und  Mesopotamien.  — 
Schram,  Tafeln  zur  Berecbnung  der  n&heren  Umst&nde  der  Sonnenfinstemisse. 
"^Jalirbuch  der  Hamburgiscfaen  Wissenschafklichen  Anstalten.  Jhg.  IV.  Ham- 
burg, 1887. 

Prochownick.  Messungen  an  Stldseeskeleten  mit  Jbesonderer  Berflcksichtignng  des 

Beckens.  —  Pfeffer,  Die  Krebse  von  Slìd-Georgien  nach  der  Ausbeate  der  Deutschen  Station 

1882/83.  —  Rautenberg.  ROmische   und  germaniscbe  Altertbtlmer  aus  dem  Amte  Bitze- 

btlttel  und  aus  Altenwalde. 

^  Jahrbuch  ueber  die  Fortschritte  der  Mathematik.  Bd.  XYII,  Jhg.  1885,  Heft  1. 

Berlin,  1887. 
'^Jahresbericht  (3,  4,  5)  des  Yerein  fur  Naturwissenschaft  zu  Braunschweig. 
Braunschweig,  18834887. 

5.   Weber.  Ueber  die  allgemeinste  Form  der  Wheatstone'scben  Brftcke.  —  Elster  and 
GeiteL  Ueber  einige  Vorlesungsversuche  zum  Nachweis  der  Elektricit&tserregung  bei  der 


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—  XX  — 

TrOpfchenreibang.  —  Kloos,  Die  ftltestén  Sedimenta  des  NOrdlichen  Schwarziraldes  nnd 
die  in  denselben  eingelagerten  Eruptiygesteine.  —  Blasius.  Die  Vogelwelt  der  Stadi  Braun- 
schweig  and  ihrer  n&chsten  Umgebung. 

+ Journal  (The  american)  of  Phìlology.  Voi.  Vili,  3.  Baltimore,  1887. 

ffaupt.  The  Assyrian  ^Yowel.  —  Elmer,  Que,  Et,  Atque  in  the  Inscriptions  of  the  Be- 
public,  in  Terence,  and  in  Cato.  —  Gildersleeve.  The  Àrticnlar  Infinitive  Àgain.  —  ElliotL 
Speech  Mixtnre  in  French  Canada.  —  ffumphreys.  Thokydides  and  Geometiy.  Some  Erro» 
in  Liddell  and  Scott.  Some  Errors  in  Harpers'  Latin  Dictionary. 
^Journal  (American  chemical).  Voi.  IX,  6.  Baltimore,  1887. 

Eemsen  and  Orndorff.  On  the  Conduct  of  the  Salts  of  Diazo-Benzene  and  of  the 
Three  Diazo-toluenes  toward  Alcohol.  —  Brakett  and  Hayes,  On  the  Preparation  of  Ortho- 
Sulpho-Benzoic  Acid.  —  Brackett.  On  the  Ethers  of  Benzoic  Solphinide.  —  Hedrick. 
P-Amido-O^ulpho-Benzoic  Acid.  —  Wilber.  A  Convenient  Form  of  Gas  Receiver  for  Use 
in  Gas  Analysis  by  the  Absorbiometric  Method.  —  Atwater.  On  the  Chemistry  of  Fish. 

+ Jomnal  (The  American)  of  science.  Voi.  XXXIV,  n.  204.  New  Hayen,  1887. 

Nichols  and  Franklin,  Destruction  of  the  Passivity  of  Iron  in  Nitric  Acid  by  Ma- 
gnetization.  —  MicheUon  and  Morley.  Method  of  making  the  Wave-length  of  Sodium 
Light  the  actual  and  practical  standard  of  length.  —  Gilbert,  Work  of  the  International 
Congress  of  Geologists.  —  Hutchins  and  ffolden,  Ezistence  of  certain  Elements,  together 
with  the  discoYery  of  Platinum,  in  the  sun.  —  Le  Conte,  Flora  of  the  Coast  Islands  of 
California  in  relation  to  recent  changes  of  Physical  Geography.  —  Alien  Hazen.  Deter- 
mination  of  "  prevailing  wind  direction  ".  —  Hutchins,  New  instrument  for  the  measu- 
rement  of  Badiation.  —  Kunz,  American  Meteorites.  —  Id,  Mineralogical  Notes. 
^' Journal  de  la  Société  physico-chimique  russe.  T.  XIX,  8.  S.  Pótersbourg,  1887. 

Favorsky,  Transformation  isomériqae  des  hydrocarbnres  acétyleniques  disubstitnés  et 
da  valerylène  sons  Tinfluence  da  sodinm.  -^  Kaublovkoff.  Sor  les  lois,  goavemant  les 
réactions  d'addition.  —  Zelinsky,  Sur  la  próparation  des  acides  bromés  de  la  sèrie  grasse.  — 
Sokolojf,  Action  de  Tiodure  d'éthyle  et  du  zinc  sur  Téthylpropylketone.  —  Id.  Action  de 
riodure  de  méthyle  et  du  zinc  sur  Téthylpropylketone.  —  Id,  Sur  les  hydrocarbnres  C»  Hi« 
et  C»  Hjg .  —  Schoukowsky.  Action  de  Tiodure  d'éthyle  et  du  zinc  sur  le  malonate  d'éthyle.  — 
Oorboff,  Sur  les  acides  oxytétriques  et  hydroxytétriques.  —  Sokoloff,  Recherches  expéri- 
mentales  des  oscillations  électriques  dans  les  électrolytes.  —  Hesehus,  Sur  la  determina- 
tion  de  la  chaleur  spécifique  par  la  méthode  des  mélanges  avec  temperature  constante. 

*  Journal  de  physique  théorique  et  appliquée.  2®  sér.  t.  VI,  dèe.  1887.  Paris. 

Negreano,  Becherches  sur  le  pouvoir  inducteur  sfpécifique  des  liqaides.  —  Orimaldù 
Influence  du  magnetismo  sur  les  propriétés  thermo-électrique  da  bismuth.  —  Sentii,  Mé- 
thode pour  la  détermination  de  la  tension  superficieUe. 

^Journal  of  the  Chemical  Society.  N.  CCCI.  Dee.  1887. 

Perkin,T\Lt  Synthetical  Formation  of  Closed  Carbon-chains.  Part  I.  — /2tfy»oW«  and 
RatMay,  Experiments  for  the  purpose  of  comparing  the  Equivalent  of  Zinc  with  that  of 
Hydrogen.  —  Thorpe  and  Laurie,  Note  on  the  [Atomic  Weight  of  Gold.  —  Ramanis. 
Certain  Products  from  Teak. 

+ Journal  of  the  r.  Microscopical  Society.  1887,  part  6.  Dee.  London. 

Gosse,  Twenty-four  more  New  Species  of  Rotifera.  —  Brady,  A  Synopsis  of  the  Bri- 
tish  Recent  Foraminifera.  —  Nelson.  A  New  Eye-piece. 

^Lumière  (La)  électrique.  T,  XXVI,  n.  49-52.  Paris,  1887. 


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—  XXI   — 

^Magazìn  (Neues  lausitzisches).  Bd.  LXIII,  1.  G(Jrlitz,  1887. 

Knothe,  FortsetzQDg  der  Geschiclite  des  Oberlansitzer  Adels  nnd  seiner  Gùter  von 
Mitte  des  16.  Jahrhunderts  bis  1620.  —  Schùnwàlder,  Das  Qaellgebiet  der  Gorlitzer  Neìsse 
odor  der  Zagost  and  seine  BevOlkerong. 

^Mémoires  couronnés  et  autres  Mémoires  publiés  par  rAcadémie  royale  des 
Sciences  de  Belgique.  Coli,  in  8«»,  t.  XXXVII-XXXIX.  Bruxelles,  1886. 

XXXyn.  Neubery,  Sur  le  tetraèdro.  —  Blas.  Contribntìons  à  Tétude  et  à  Tanalyse 
des  eaoz  alimentaires  et  spécialement  des  eanx  de  la  viUe  de  Louvain  et  de  quelques 
antres  localités  de  la  Belgique.  —  Errerà,  Sur  le  glycogène  cbez  les  Basidiomycètes.  — 
Spring  et  Roland.  Recherches  sur  les  proportions  d*acide  carbonique  contenues  dans  Tair.  — 
Scheler,  Étude  lexicologique  sur  les  poésies  de  GiUon  le  Muisit  —  de  Harlez.  Lao-tze 
le  premier  philosopbe  chinois  ou  un  prédécesseur  de  Schelling  au  VI  siècle  avant  notre 
ère.  —  Scheler,  Le  Catholicon  de  Lille,  glossaire  latin-fran^ais  publié  en  extrait  et  annoté.  — 
Harlez,  Le  livre  da  principe  lumineox  et  da  principe  passif  shang  thsing  tsing  Mng.  — 
XXXVm.  Droogenbroeck'Asselòerghs.  Over  de  toepassing  Tan  het  grieksch  en  latijnsch 
metrom  op  de  nederlandsche  poezij.  —  Cesàro,  Description  de  quelques  cristaux  de  calcite 
belges.  —  Jorissen.  Les  phénomènes  chimiques  de  la  gemiination.  —  Selys  Longchamps, 
Eeyisìon  da  Synopsis  des  Agrionines.  —  Van  Beneden,  Histoire  naturelle  de  la  Baleine 
des  Basques.  —  XXX.  Monsckamp,  Histoire  du  Cartésianisme  en  Belgique. 
^Mémoires  couronnés  et  Mémoires  des  savants  étrangers  publiés  par  TAca- 

démie  r.  de  Belgique,  T.  XLVII,  XLVIII,  Bruxelles,  1886. 

XLYII.  Oravi»,  Bechercbes  anatomiques  sur  les  organes  yégétatifs  de  TUstica 
dioica  L.  —  fjograge.  Demonstration  élémentaire  de  la  loi  suprème  de  Wronski.  —  Ubaghs. 
Formules  de  la  nutation  annueUe.  —  Fievez,  Recherches  sur  le  spectre  du  carbone  dans 
Tare  ólectrique  en  rapport  avec  le  spectre  des  comètes  et  le  spectre  solaire.  —  Terby, 
Étude  sur  Taspect  physique  de  la  planète  Jupiter.  —  Deruydts.  Sur  certains  développe- 
ments  en  sérles.  —  Bali  Observations  des  surfaces  de  Jupiter  et  de  Venus  faites  en  1884 
et  1885  a  Tlnstitut  astronomique  annexé  à  TUniTersité  de  Liège.  —  Ubaghs,  Determinar 
tion  de  la  direction  et  de  la  vitesse  du  transport  du  système  solaire  dans  Tespace.  — 
Cesdro.  Sur  Tétude  des  érénements  arithmétiques.  —  XLVILL.  Demarteau.  Histoire  de  la 
dette  publique.  —  Lagrange,  Déireloppements  des  fonctions  d'un  nombre  quelconque  de 
variables  indépendantes  à  Taide  d'autres  fonctions  de  ces  mémes  variables.  Dérirées  des 
fonctions  de  fonctions.  —  Deruyts.  Sur  une  classe  de  polyndmes  conjugués. 

^Mémoires  de  TAcadémie  royale  des  sciences,  des  lettres  et  des  beauz  arts  de 
Belgique.  T.  XLVI.  Bruxelles,  1886, 

Catalan.  Quelques  théorèmes  d'arithmétique.  —  Id,  Problèmes  et  théorèmes  de  pro- 
babilités.  —  Him,  Recherches  expérimentales  et  analytiques  sur  les  lois  de  Técoulement 
et  du  choc  des  gaz  en  fonction  de  la  temperature.  —  Calalan,  Sur  un  développement  de 
rintégrale  de  première  espèce  et  sur  une  suite  de  nombre  éntiers.  —  Id,  Sur  les  fonctions 
Xn,  de  Legendre.  —  Id,  Sur  quelques  intégrales  définies.  —  Ilim.  La  cinétique  moderne 
et  le  dynamisme  de  Tavenir  et  reponse  à  dlTerses  critiqnes  faites  par  M.  Clausius  aux  con- 
closioni  de  mes  traraux  próeédents. 

'^Mémoires  et  compte  rendus  des  travaux  de  la  Société  des  ingénieurs  civils. 
Oct  1887.  Paris. 
Trélat,  Le  feu  aa  théàtre.  —  Lame,  Note  sur  les  phosphates  de  Beaural  et  d'Orville. 


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—  XXII  — 

+Mittheiliingen  der  deutschen  Gesellflchaft  fOr  Natur-  und  V5lkerkunde  Ostasieos 

in  Tokio.  37  Heft.  Yokohama,  1887 

Kellner.  Beitr&ge  zar  Eenntniss  der  Erii&hrang  der  Japaner.  —  Rathgen,  Eigebnisse 
der  Amtlichen  BevOlkerungssiatistìk  in  Japan.  —  0.  fV.  Eleinere  Mittheilungea.— Bine 
Japanische  Parade  vor  250  Jahren. 

+Mittheilungen  des  Vereins  ftir  Erdkunde.  1886,  Leipzig,  1887. 

Resultate  der  meteorologischen  Beobachtnngen,  angestellt  auf  der  Stemwarte  Leipzig 
im  Jahre  1886.  —  Emin  Pascha  (Dr.  Schnitzer).  Zwei  Briefe.  —  Id.  id,  Drei  neue  Briefe 
an  Dr.  Georg  Schweinfurt  in  Kairo  nnd  Bericht  ftber  eine  Reise  auf  dem  Albert  Nyanza.  — 
Bràss.  Beitr&ge  zur  Kenntniss  der  ktinstlichen  Schadelverbildungen. 

^Monatsblàtter  des  wissenschafklichen  Club  in  Wien  Jhg.  IX,  3.  Wien,  1887. 
^Nature.  Voi.  XXXVI,  n.  922-939;  XXXVI,  n.  940-941.  London,  1887. 
^  Notìces  (Monthly)  of  the  r.  Astro&omical  Society.  Voi.  XLVIII,  1.  London,  1887. 

Ghristie.  Description  of  the  Personal  Equation  Machine  of  the  Royal  Observatory, 
Greenwich.  —  Turner.  Results  obtained  with  the  Personal  Machine  at  the  Royal  Obser- 
vatory, Greenwich.  —  Downing.  Note  on  the  probable  errors  of  the  Star  Places  of  the  Ar- 
gentine General  Catalogne  for  1875,  and  the  Cape  Catalogne  for  1880.  —  Safford.  On  the 
reduction  of  Star  Places  by  Bohnenberger's  method.  —  Gore.  On  the  orbit  of  p  Eridani.  — 
Pritchard,  Further  researches  on  stellar  parallaz  by  the  photographic  method.  —  RoherU, 
Photographs  of  the  Nebuls  57  M  Lyrse  ;  27  M  Vulpecule  ;  the  cluster  13  M  Herculis  ;  and 
of  stars  in  Cygnus.  —  Id.  On  the  measurement  of  celestial  photographs  (eitract  from  a 
lettor  to  the  President).  —  Spitta.  On  the  appearances  presented  by  the  satellites  of  Ju- 
pit€r  during  transit,  with  a  photometric  estimation  of  their  relative  albedos,  and  of  the 
amonnt  of  light  reflected  from  the  different  portions  of  an  unpolished  sphere.  —  Copeland. 
The  total  solar  eclipse  of  1887,  August  19.  —  Perry,  The  total  solar  eclipse  of  August  19, 
1887.  —  Plummer,  Observations  of  comets  made  at  the  Orwell  Park  Observatory  in  the 
years  1886-87.  —  Dunsink  Observatory,  Occultation  of  Regulus  by  the  Moon.  —  Johnson. 
Occultation  of  Regulus.  —  Noble,  Note  on  the  latitude  and  longitude  of  Maresfield  Ob- 
servatory. —  Marth.  Ephemeris  for  physical  observations  of  Jupiter,  1888. 

^Proceedings  of  the  Academy  of  Naturai  Sciences  of  Philadelphia.  Part  II.  Aprii- 
August  1887.  Philadelphia. 

Heilprin.  Ovo-viviparous  Generation  in  Tropidonotus.  —  Fielde.  Notes  on  Fresh-water 
Rhizopodes  of  Swatow,  Chine.  —  Garrett,  The  Terrestrial  MoUusca  inhabiting  the  Samoa 
or  Navigator  Islands.  —  Meehan.  On  Aphyllon  as  a  Root  Parasite.  —  Id.  On  the  Stipules 
of  Magnolia  Frazeri.  —  Lexdy.  Asplanchna  Ebbesbornii.  —  PotU.  Contributions  towards 
a  Synopsis  of  the  American  Forms  of  Fresh water  Sponges  with  Descriptions  of  those  na- 
med  by  other  Authors  and  from  aU  parts  of  the  world.  —  Meehan.  Note  on  Chionanthus.  — 
Osborn.  On  the  Structure  and  Classification  of  the  Mesozoie  Mammalia.  —  Fielde.  On  an 
Aquatic  Larva  and  its  Case.  —  Eigenmann.  Notes  on  the  Specific  Names  of  Certain  North 
American  Fishes. 

+  Proceeding8  of  the  Birmingham  Philosophical  Society.  Voi.  V,  p.  2**,  sess. 

1886-87.  Birmingham. 

Crosskey.  A  Plea  for  A  Midland  University.  —  /amson  Smith.  The  Port  Royalists  : 
A  Chapter  from  the  History  of  Education.  —  Bertram  WindU.  Notes  on  the  Myology  of 
Rapale  Jacchus.  —  Turner.  The  Hardness  of  Metals.  —  Mathews.  The  Halesowen  Di- 
strict  of  the  South  Staffordshire  Coal-Pield.  —  France.  The  Control  of  Sewer  Gas.  — 
Poynting.  The  Electric  Current  and  its  Connection  with  the  Suiiounding  Field.  —  Id,  and 


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—  xxin  — 

Lope.  On  the  Law  of  the  Propagation  of  Light.  -—  Martin.  On  some  Sections  of  the  Drift 
between  Soho  and  Perry  Barr,  near  Binningham.  —  Gore.  On  the  Electrolysis  of  Alc(»holic 
and  Ethereal  Solutions  of  Metallic  Salts.  —  Id,  On  the  Effect  of  Heat  upon  Flnoride  of 
Ceriam.  —  Bertram  Windle,  On  the  Adductor  Mascles  of  the  Hand.  —  St  Clair.  Dreams  : 
An  Attempt  to  ABcertaìn  Laws.  —  Williams,  Queen  Elizabeth's  Last  Parliament.  —  Gore. 
Kelations  of  "  Transfer-Eesistance  "  to  the  Molecular  Weight  and  Chemical  Composition 
of  Electrolytes.  —  Tumer.  The  Estimation  of  Silicon  in  Iron  and  Steel.  —  Discnssion 
on  the  Advantages  that  wonld  leenlt  from  the  Establishment  of  a  Midland  University.  — 
ffarrison.  Instantaneons  Photography. 

■*"Proceeding8  of  the  r.  Geographical  Society.  N.  M.  S.  Voi.  IX,  12.  London,  1887. 

Carey.  A  journey  round  the  Chinese  Tnrkistan  and  along  the  horthem  Frontìer  of 
Tibet.  —  Silva  Porto's  journey  from  Bihe  (Bfe)  to  the  Bakuba  Country. 

^Proceedings  of  the  royal  Society.  Voi.  XLIII,  259.  London,  1887. 

Tomlinson,  The  Influence  of  Stress  and  Strain  on  the  Physical  Properties  of  Matter. 
Part  I.  Elasticity.  The  Velocity  of  Sound  in  Metals  and  a  Comparison  of  their  Moduli  of 
Longitndinal  and  Torsional  Elasticities  ad  determined  by  Statical  and  Kinetical  Methods.  — 
Latces  and  Gilbert  On  the  present  Position  of  the  Question  of  the  Sources  of  the  Nitro- 
gen  of  Yegetation,  with  some  new  Besults,  and  preliminary  ^otice  of  New  Lines  of  Inve- 
stigation.  —  Norman  Lockyer.  Besearches  on  the  Spectra  of  Meteorites.  A  Report  to  the 
Solar  Physics  Committee.  Communitcaed  to  the  Royal  Society  at  the  rcquest  of  the  Com- 
mittee.  —  ffopkinson.  Specific  Inductive  Capacity. 

^Proces-verbaux   des   séances   de   la   Société   r.  Malacologique  de  Belgique. 

T.  XVI.  Séances  8  janv.  à  4  juin  1887,  Braxelles. 
'^'Publications  de  TÉcole  des  langues  orientales  rivantes.  2®  sér.  t.  V,  2  ;  X VI. 
Paris,  1887. 

V,  2.  Baròier  de   Meynard,   Dictionnaire   turc-fran^ais.  Il,  2.  —  XVI.  De  Ronxy. 
ffistoire  des  dynasties  divines.  L 
TRepertorium  der  Physik.  Bd,  XXIII,  10.  Munchen-Leipzig,  1887. 

Nadeschdin,  Ueber  die  Àusdehnung  der  FlUssigkeiten  und  der  Uebergang  der  EOrper 
aus  dem  flUssigen  in  den  gasfOrmigen  Zustand.  —  Kurz.  Messung  der  inneren  und  ftusseren 
Wftrmeleitung  von  Metallen.  —  Exner.  Ueber  transportable  Apparate  zu  Beobachtung  der 
atmosph&rischen  Elektricitftt.  —  Weber,  Die  Entwicklung  der  Lichteroission  glQhender 
fester  KOrper. 

^Beport  and  Proceedings  of  the  Belfast  naturai  history  and  philosophical  Society, 
for  the  session  1886-87.  Belfast,  1887. 

Patterson.  Some  later  views  respecting  the  Irish  round  Towers.  —  Workmann. 
Eastem  reminiscences,  China  and  Manilla.  —  WiUon.  Power  and  its  Transmission.  — 
Grainger.  A  question  conceming  the  Antrim  gravels.  —  Milligan.  Recent  archeological 
Explorations.  —  Gray.  Technical  Education  and  our  Methods  of  Promoting  it.  —  Hartland. 
Serage  Disposai  and  River  Pollution,  its  Present  and  Future  Aspects  from  a  Sanitary  and 
Economie  Point  of  View.  —  LetU.  Fermentation  and  Kìndred  Phenomena.  —  Patterson. 
Some  account  of  the  Whale  and  Seal  Fisheries  past  and  present.  —  Scott.  Epidemie  Di- 
sease:  Can  they  ho  stamped  ont? 

^Report  (Annual)  of  the  Curator  of  the  Museum  of  Comparative  Zoòlogy  at 

Harward  College.  1886-87.  Cambridge. 
^Report  of  the  Commissioner  of  education  for  theyear  1884-85.  Washington,  1886. 


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—  xxrv  — 

^Beport  of  the  Superintendent  of  the  United  States  naval  Observatoiy  1887. 

Washington. 
^Résumé  des  séances  de  la  Société  des  ingénienrs  cìvils.  Séance  dn  2  dèe. 

1887.  Paris. 
^Revista  do  Observatorio  do  Rio  de   Janeiro.  Anno  II,  11.  Nov.  1887.  Rio 

de  Janeiro. 
^Revae  intemationale  de  Téleotricité  et  de  ses  applications  T.  Y,  n.  46-48. 

Paris,  1887. 
+Revue  politique  et  litt^^raire.  8*»  sér.  T.  XL,  n  23-27.  Paris,  1887. 
+Revue  scientifiqne.  8«  sér.  t.  XL,  n.  23-27.  Paris,  1887. 
^Rundschau  (Naturwissenschafkliche).  Jhg.  II,  n.  50-53.  Braunschweig,  1887. 
^Studies  (Johns  Hopkins^  University)  in  historical  and  politicai  science.  5^  Ser. 

X,  XI.  Baltimore,  1887. 

Fredericq,  The  studj  of  history  in  England  and  Scotland.  >-  Adams,  Seminarj  libra- 
ries  and  University  Extension. 
•Transactions  of  the  astronomical  Observatory  of  Tale  University.  VoL  I,  1. 

New  Haven,  1887. 
^Transations  of  the  Manchester  geological  Society.  Voi.  XIX,  11,  12.  Man- 
chester, 1887. 

Dickinson.  On  the  progress  of  mining  and  geology. 
^ Verhandlìingen  des  Vereins  zur  Bef5rderung  des  Gerwerbfleisses.  1887.  Heft  IX- 

Nov.  1887.  Berlin. 

Bdttcher,  Ueber  die  deatschen  Eohpetrole  deren  Untersachung  und  Verarbeitung.  — 
Moller  ond  Luhmann.   Ucber  die  Viderstandsfàhigkeit  anf  Druckbeanspnichter  eìsemer 
Baiikonstruktionstheile  bei  erhOhter  Temperatur. 
^Yierteljahrschrift  der  Naturforschenden  Gesellschaft  in  Zùrich.  Jhg.  XXII,  1. 

1887. 

IFolf.  Astronomische  Mittheilongen.  —  Keller.  Ortogonal-conjngirte  Schaaren  inono- 
confocaler  Kegelschnitte. 
Wochenschrift  des  5sterr.  Ingenieur-  und  Architekten-Vereines.  Jahg.  XII, 

48-51.  Wien,  1887. 

Pnbblicazioni  non  periodiche 
pervenute  airAccademia  nel  mese  di  gennaio  1888. 

Pubblicazioni  italiane. 

"^ Alvino  F.  —  I  Calendari,  f.  29-30.  Firenze,  1887.  8^ 

*Ball  R.  Stawell.  —  Una  parabola  dinamica.  Trad.  di  Giulio  Vivanti.  Mi- 
lano, 1887.  4^ 

^Bordoni  A.  —  Marco  Minghetti.  Persiceto,  1887.  8*». 

*Calì  A,  —  Scuole  e  scolari  in  Italia.  Catania,  1888.  8'*. 

*  Carassi  B.  —  Appendice  ai  materiali  per  un'avifauna  del  Golfo  di  Spezia  e 
della  Val  di  Magra.  Spezia,  1887.  8^ 


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—  XXV  — 

^Carotti  C.  —  Pitture  giottesche  neiroratorio  di  Mocchirolo  a  Lentole  sul  Se- 
vaso. MUano,  1887.  8^ 

^  Comes  0.  —  Il  mal  nero  o  la  gommosi  nella  vite  ed  in  qualsiasi  altra  pianta 
legnosa  e  gli  eccessivi  sbalzi  di  temperatura.  Napoli,  1887.  4''. 

'^Darwin  C.  —  Sulla  struttura  e  distribuzione  dei  banchi  di  corallo  e  delle 
isole  madreporiche.  Prima  trad.  ital.  di  G.  e  R.  Canestrini.  Torino, 
1888.  4^ 

^Le-  Vii  V.  —  Suirorigine  e  moltiplicazione  del  linguaggio.  Discorsi  accade- 
mici. Siena,  1888.  8^ 

^Errante  V.  —  Storia  delVimpero  osmano  da  Osman  alla  pace  di  Carlowitz. 
Roma,  1882-3.  Due  voi.  8^ 

*Favaro  A.  —  Per  la  edizione  nazionale  delle  opere  di  Galileo  Galilei.  Fi- 
renze, 1888.  4«. 

*Gelli  G.  B.  —  Letture  edite  ed  inedite  sopra  la  Commedia  di  Dante  raccolte 
per  cura  di  C.  Negrotti.  Voi.  I,  II.  Firenze,  1887.  8°. 

*  Gemmellaro  G.  G.  —  La  fauna  dei  calcari  con  fusulina  della  valle  del  fiume 

Sosio.  Palermo,  1887.  4^ 
*Lampertico  F.  —  La  legge  14  luglio  1887  n.  4727  (ser.  8)  di  abolizione  ed 
affrancazione  dello  decime.  Padova,  1888.  S"". 

*  Morselli  E.  —  Sull'azione  fisiologica  dei  bagni  idroelettrici  monopolari  (fara- 

dici e  galvanici).  Torino,  1887.  8®. 

*Pasqualigo  F.  —  Egloghe  di  Giovanni  del  Virgilio  e  di  Dante  Alighieri  an- 
notate da  anonimo  contemporaneo  recate  a  miglior  lezione,  nuovamente 
volgarizzate  in  versi  sciolti  e  commentate.  Lonigo,  1887.  S"^. 

^Pavesio  P.  —  IX  Gennaio  MDCCCLXXXVni.  Convitto  nazionale  di  Genova. 
Per  lo  scoprimento  dell'iscrizione  commemorativa  di  Re  Vittorio  Ema- 
nuele Il  nel  decimo  anniversario  della  morte.  Genova,  1888.  S''. 

*  Peroni  N.  ' —  Guarigione  spontanea  di  un  grosso  lipoma  congenito  in  bambina 

di  sette  mesi.  Napoli,  1888.  8^. 
^Piccioli  F*  —  Sui  rimboschimenti  eseguiti  in  Francia.  Firenze,  1887.  4®. 
^Relazione  sui  servizi  dell'industria,  del  commercio  e  del  credito  (Ministero 

di  agricoltura,  industria  e  conmiercio).  Roma,  1887. 

*  Riccardi  A.  —  Relazione  di  una  visita  nell'ottobre  1887  al  colle  di  S.  Co- 

lombano e  sue  vicinanze  esistenti  o  scomparse.  Milano,  1887.  8^ 
*Sicci  M.  —  Ritratti  e  profili  politici  e  letterari  con  una  raccolta  d'iscrizioni 

edite  ed  inedite.  2*  ei  Firenze,  1888.  8°. 
^Roiti  A.  —  Elementi  di  fisica.  2*  ed.  voi.  I,  II.  Firenze,  1887-88.  8^; 
*Eossi  F.  —  I  papiri  copti  del  Museo  egizio  di  Torino.  Voi.  I.  Torino, 

1887.  4^ 
^Schipa  M.  —  Storia  del  principato  longobardo  di  Salerno.  Napoli,  1887.  8^. 

*  Stefani  S.  de  —  Escursione  paletnologica  a  Peschiera  e  Breonio.  Parma, 

1887.  8«. 

Bullbttino-Rbndiconti,  1887,  Vol.  IV,  1^  Sem.  4 


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—  XXVI  — 

^Stef€m  S,  de  —  Sopra  alcune  reliquie  arcbeologiefae  ddle  aaticlie  eapauoe 
del  Bostel  nel  Vicentino.  Parma,  1887.  8*^, 

*  T&ramelli  T.  —  I>ei  terreni  terziari  piaeso  il  Oapo  La  Mortola  in  Liguria. 

Mflano,  1887. 
^  Tordi  D.  —  La  pretesa  tomba  di  Cola  di  Rienzo.  Dna  M^aorie.  Bonoa^ 
1887.  4^ 

*  Volpicelli  P.  —  Trattato  completo  sulla  elettrostatica  induzione  jo  elettrica 

influenza.  S^  ed.  Roma,  1888.  4<'. 

*  Zaccaria  A,  —  La  Scuola  e  la  Vita.  Faenza,  1886.  16". 
•/rf.  —  Marco  Mtnglwtti.  Cenni  biografici.  Faenza,  1887.  8*. 

Pubblicazioni  estere. 

^Abb&ma  Oudgeest  W.  A.  —  OTardraclrt  van  Er^enaamsduip  -en  hereditaiis 

petitio.  Uti^cht,  1«86.  8^ 
^Ameehoff  J.  E.  —  Eenige  Beschouwing^n  over  de  Aaosprakelijkheid  der  Spooi»- 

wegondernemingen  ten  opzichte  van  het  goederenverv^oez.  Utrecht,  1886. 8<^. 
^Aranjo  Cintra  B.  de  —  Essai  sur  la  suppuration  dans  les  néoplasmes.  Ge- 
nève, 1887.  8^ 
"^ Arata  P.  —  Composicion  quimica  de  las  aguas  del  oonsomo.  Buenos  Aires, 

1887.  8^ 
*Id.  —  Les  variations  du  niveau  des  eauz  sonterraines  dans  leurs  rapports 

avec  la  pression  atmosphérìque,  les  plnies  et  les  maladies  infectieuses. 

Buenos  Ayres,  1887.  8^ 
^Baer  A.  —  Die  Beziehungen  Venedigs  zmn  Eaiserreiche  in  der  staufischen 

Zeit.  I.  Vaaedig  und  Friedrich  Barbarossa.  Innsbruck,  1887.  8''. 
^BaroncelU  R.  —  Contribution  à  Tótude  physiologique  des  courants  unipolaires. 

Genève,  1887.  8^ 
^Bartels  W.  —  Die  Wortstellung  in  den  Quatre  livres  des  Rois. Hanno- 
ver, 1886.  8°. 
"^Bastert  D.  —  Beschimping  van  Afgestorvenen.  Utrecht,  1886. 8**. 
^Baum  E.  —  Ein  Gombinations-  Studium  ueber  die  Entwicklungs-  Geschichte 

der  Erdkruste.  Wien,  1887.  8°. 
^Behrens  Th.  —  Ueber  FremdkOrper  in  den  Luttwegen.  Kiel,  1887.  8». 
^Behschnitt  M.  —  Das  franzòsische  Personalpronomen  bis  zum  Anfang  des  XII 

Jahrhunderts.  Bonn,  1887.  8°.. 
^B erger  G.  —  Fùnf  Falle  voa  Erweiterung  der  StimhOhlen  durch  Flussigkeit- 

sammlung,  Kiel,  1887.  8*. 
^Berlinerblau  M.  —  Ueber  das  Vorkommen  der  Milchsàure  im  Biute  und  ihre 

Bildung  im  Organismus.  Leipzig,  1887.  8^ 
^Bicker  Caarten  G.  —  De  assurantie  in  quovis.  Rotterdam,  1886.  8**. 
"^Bing  F.  M.  —  La  Société  anonjme  en  droit  italien.  Genève,  1887.  S*. 


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—  XXVtt  — 

^Bùdom  IL  C.  —  Beirige  Baschoawiugen  over  artikel  i  borgerli^kQ  regtotor* 
derìjìg.  Ftrecht,  1880.  9\ 

^JSlass  F,  —  KatnraHsmHS  und  Materialistmig  in  OrieehenlaBd  zu  PlaW8 
Ze«.  mei,  1887.  8* 

^  Blindemann  Jf.  —  Ueber  die  neneren  Behandlungsmethoden  der  Kehltopfsch- 
windsucht  unter  besonderer  Benicksichtigang  der  in  der  Heidelbeiger 
ambulatorìschen  Klinik  fùr  Eehlkopf-  Bachen-  nnd  Nasenkranke  erzielten 
Resultate.  Heidelberg,  1887.  &>. 

^Bogolinbsky  A.  —  Ueber  Pigmentflecken  der  Hant.  Bem,  1887,  8** 

^  Sonde  E.  —  Zur  Statistik  der  Carcinom  der  oberen  Gesichtflgeigend,  Berlin, 
1887-  80. 

^  Borei  E,  —  Étude  sur  la  souveraineté  et  Tétat  fédératìf.  Bern,  1886.  8**. 
^Borgeaud  Ch.  —  Le  plébiscite  daus  l'antiquité.  Grece  et  Bome.  Genàve, 

1886.  %\ 
^Bourget  JL  —  CoutributioiL  à  Tétude  des  ptomalnes  et  des  bates  tonques  de 

Turine  dans  la  filovie  puerpérale.  Lousanne,  1887.  8®. 
^Breidt  E.  —  De  Aurelio  Prudentio  Clemente  Horatii  imitatore.  Heidelbergae, 

1887*  8^ 
^Brink  /.  P.  van  den  -^  Eenige  opmerkiiigen  omtrent  onderhuur.  UtrecH 

1886.  8^ 
"^Brógger  W.  C.  —  Die  silaiiscben  Etagen  2  und  8  im  Kriistianiagebiet  und 

auf  Eker.  Kristiania,  1882.  4*.- 
*  Bruche  E.  —  Anatomisehe  Beschreibung  des  menschliohen  Augapfels.  Berlin^ 

1847.  40. 
^Id.  —  Ueber  eine  neue  Methode  dar  Phonetischen  Tranascrìption.  Wieir, 

1863.  8^ 
*Id,.  —  Die   Physiologisehan   Gnmdlagen  der  neuhochdeutschw  Yerskunst. 

Wien,  1871.  8*. 
•7d.  —  Grundztìge  derPhysiologie  und  Systematik  derSprachlaute  fùrLinguisten 

und  Taubstummenlehre.  Wien,  1876.  8^. 
*/d.  —  BmclistlìGke  aus  der  Theorie  der  bildenden  K^ste.  Leipzig,  1877.  8^ 
♦7d.  —  Die  Physiologie  der  Farben  fOr  die  Zwecke  der  Euastgewerbe  auf 

Anreguog  der  Direction  des  Kais.  Oesterr.  Museum»  fur  Eunst  und  In« 

dustrie.  Leipzig,  1887.  8^. 
•/d:  —  Vorlesungen  ueber  Physiologie.  Bd.  I,  IL.  Wien,  1885-87.  8«. 
^Brug  A.  P.  van  der  —  Over  den  invloed  van  Magisterium-biamuthi  op  het 

glijmvlies  van  de  maag.  Utrecht,  1887.  8^. 
^Bruhn  Th.  —  Beitrag  zur  Statistik  der  Eitirpation  tuberkulOser  Lympdrtisen- 

tumoren,  Kìel,  1887.  8«. 
^Bruijn  /.  —  De  rol  dar  aanirijzingen  in  het  bewijsrecht.  Utrecht,  1885.  8*» 
^ Bruma  W.  B.  —  kit  148-146  Wetboek  van  Strafrecht.  Utrecht,  1887.  8^ 


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—  XXVIII  — 

^Cailler  C.  —  Becfaerches  sur  les  équations  aux  dérivées  partielles  et  sur 

quelques  points  du  calcai  de  généralisation.  Genève,  1887.  8^. 
^  Caspari  C.  P.  —  Eìrckenhistorìsche  Anecdota  nebst  nenen  Ausgaben  patri- 

stischer  und  Kìrcklich-mittelalterlichen  Schriften.  I.  Lateinische  Schriften. 

Die  Texte  und  die  Anmerkungen.  Ghristiania,  1883.  8^. 
^Caspersohn  C.  —  Zur  Statistik  und  Radicaloperation  des  Mastdannkrebses. 

Kiel,  1887.  80. 
'^Catalogne  de  la  Bibliothèque  de  la  Fondation  Teyler  dressé  par  C.  Ekama. 

Livr.  5,  6.  Harlem,  1886.  4\ 
^Catalogus  Codicum  manuscriptonun  Bibliotecae  Universitatìs  Rheno-Trajecti- 

nae.  Utrecht,  1887.  8^ 
^  Chodat  R.  —  Notice  sur  les  polygalacées  &  synopsis  des  polygala  d'Europe 

et  d'Orient.  Genève,  1887.  8*. 
^  Cohen  M.  R.  —  Over  huur  van  schepen.  Amsterdam,  1877.  8®. 
^Crab  P.  van  der  —  Personlijke  diensten  ten  behoeve  der  gemeente.  Art.  192 

en  193  der  Wet  van  29  Juni  1851,  Staatsblad  85.  Utrecht,  1887.  8^ 
^Daae  L.  —  Kong  Christiem  den  fórstes.  Norske  historie  1448-1458.  Chri- 

stianìa,  1879.  8^ 
^7(^.  —  Om  humanisten  og  satirikeren  Johan  Lauremberg.  Ghristiania,  1884. 8^ 
^li.  —  Johannis  Agricolae  apophthegmata  nonnulla.  Christianiae,  1886.  4^ 
^Bahl  B.  —  Die  lateinische  Partikel  ut,  Kristiania,  1882.  8^. 
^Danielsen  E.  —  Erebs-  Statistik  nach  den  Befunden  des  Fathologischen  In- 

stituts  zu  Kiel  vom  J.  1873-1887.  Kiel,  1887.  8^ 
^Das  ir.  —  Het  onvermogen  van  Asbestfilters  om  micro-organismen  uit  drinkwa- 

ter  te  verwijderen.  Utrecht,  1887.  8°. 
^Déking  Dura  /.  —  Handhaving  der  rechten  van  obligatiehouders.  Amster- 
dam, 1886.  8^ 
^Dénériaz  /.  —  Étude  sur  la  Cheloide.  Genève,  1887.  8^. 
^Dind  E.  —  De  la  responsabilité  et  des  erreurs  professionelles  en  médecine. 

Lausanne,  1887.  8^ 
^Doesburg  /.  /.  —  De  Wording  van  den  vrede  van  Utrecht.  Utrecht,  1886.  8*. 
^Doude  van  Eroostwijk  E.  /.  —  De  Landbouw  als  tak  van  Staatszoig. 

Utrecht,  1887.  8^ 
^Drachmann  A.  B.  —  Catuls  Digtning  belvst  i  forhold  til  den  tidligere  graeske 

og  latinske  litteratur.  Kidbenhavn,  1887.  8^. 
^Id.  —  Gudeme  has  Yergil.  Bidrag  til  belysning  af  Aeneidens  Komposition. 

Ki5benhavn,  1887.  8°. 
^Duparc  L.  —  Recherches  sur  Tacide  o.  nitrophénoxylacétique  et   dórivés. 

Genève,  1887.  8^ 
^Elbel  K.  —  Ueber  einige  Derivate  der  Opiansaure.  Kiel,  1887.  8*. 
^Elsner  A.  v.  —  Ueber  Form  und  Verwendung  des  Personalpronomens  im 

Altprovenzalischen.  Kiel,  1886.  8*. 


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—   XXIX  — 

^Englànder  F.  —  Ueber  die  Oxydation  des  CopaivaOls.  Wien,  1887.   8^. 

^Eudoxttó,  —  Ars  astronomica  qnalis  in  charta  aegyptiaca  superest  denuo  edita 
a  Priderico  BlasB.  Kiliae,  1887.  4^ 

+Eiploration  intemationale  des  régions  polaires  1882-1883  et  1883-1884.  Eipé- 
dition  polaire  finlandaise.  T.  II.  Magnetismo  terrestre.  Helsingfors,  1887. 4^. 

^Falek  E.  —  Beitrag  zur  Lehre  und  Casuistik  der  Bindegewebsgeschwùlste 

des  Halses.  Kiel.  1887.  8^ 
^Fischer  B.  —  Ueber  einen   lichtentwickelnden,  im  Meerwasser  gefundenen 

Spaltpilz.  Leipzig,  1887.  8^ 

* Fischer-Benzon  L.  v.  —  Ein  Beitrag  zur  Anatomie  und  Aetiologie  der  be- 
weglichen  Niere.  Kiel,  1887.  8^ 

^Frankfeld  H.  —  Becherches  sur  la  décomposition  pyrogénée  des  sels  et  acides 
sulfonés  de  la  sèrie  aromatique.  Genève,  1887.  8®. 

^Fuhrmann  /.  —  Die  alliterierenden  Sprachformeln  in  Morris'Early  English 
Alliterative  Poems  und  im  Sir  Gawajne  and  the  Green  Knight.  Ham- 
burg, 1886.  8^ 

*  Ganser  A.  —  AUes  reale  Sein  beginnt  als  Act  eines  intelligenten  WoUens. 

Schluss  der  Eosmogonie.  Graz,  1888.  8^. 
^  Geduld  S.  —  Beitr&ge  zur  pathologìschen  Anatomie  der  Nasenhaut.  Odessa, 

1887.  8^ 
^Gerling  K.  —  Ueber  Athetosis,  Kiel,  1887.  8°. 
"^Ginger  S.^.  Zur  Casuistik  der  Koefverletzungen.  Leipzig,  1887.  8*. 
^Ginzel  F,  K.  —  Finstemiss-Canon  fùr  das  Untersuchungsgebiet  der  rOmi- 

schen  Chronologie.  Berlin,  1887.  8*^. 
^Id.  —  Ueber  einige  von  persischen  und  arabischen  Schriftstellern  erwàhnte 

Sonnen-  und  Mondfinstemisse.  Berlin,  1887.  8^ 
^Gitiss  A.  —  Beitarage  zur  vergleichenden  Histologie  der  peripheren  Ganglien. 

Bem,  1887.  8^ 
+  Gobius  du  Sari  /.  W.  F.  —  De  Geschiedenis  van  de  liturgische  geschriften 

der  nederlandsch  hervormde  kerk  op  nieuw  onderzocht.  Utrecht,  1886.  8*». 
^Goerke  E.  —  Die  Sprache  des  Kaoul  de   Cambrai,  eine  Lautuntersuchung. 

Kiel,  1887.  80. 
+  Goldberg  II.  —  Beitrag   zur   Mortalitatsstatistik  der  Entbindungsanstalt  in 

Bem.  Bem,  1887.  8o. 
^Greffrath  C.  C.  F.  —  Casuistische  Beitrftge  zur  Operation  der  Mastdarm- 

fisteln.  Leipzig,  1887.  8°. 

*  Groote  R  A.  —  Jets  over  de  erfdienstbaarheden  van  uitzicht  en  van  licht. 

Amsterdam,  1878.  8°. 
^Grosse  W.  —  Ueber  Polarisationsprismen.  Hannover,  1886.8  . 
^  Groth  E.  R.  G.  —  An   essay  of  the  origin  and  development  of  the  Solar 

System.  London,  1884,  8*» 


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^ Guldberg  C.  M.  et  Mohn  H.  —  Étndes  sur  les  monvaneirts  de  latmosplière. 

Part  1,  2.  Christiania,  1876.  4» 
^IIoMke  E.  —  Ein  Beitrag  znr  pathologìBchen  Histologie  des  llagens.  Kiel, 

1887.  8^ 
^HasB  C.  —  Beitrage  zur  Lehre  von  der  Arthritis  gonorrholca.  Kiel,  1887.  8*. 
"^Heerdink  /.  W.  —  Ueber  die  Fibroine  der  Bauchdecken.  Heidelberg,  1887.  8*. 
^Heijning  /.  C.  —  Over  hypotheck  ter  verzekering  eener  vordering  uit  papier  aan 

order.  Utrecht,  1886.  8°. 
^Heilagra  Manna  S5gur.  Fortallinger  og  Legender  om  Hellige  Maend  og  Kvinder 

udg.  af.  C.  R  Unger.  Christiania,  1887.  Voi.  2  in  8^ 
^Helland  A.  —  Lakis  kratere  og  lavastrOmme.  Kristiania,  1886.  4*. 
^Hensen  V.  —  Die  Naturwissenschaft  im  Universitatarerband.  Kiel,  1887.  8^. 
^Hoeufft   W.  B.  —   De  Aard   der  Reclame  van   den  Verkooper.   Utrecht, 

1886.  8°. 
^Hoffmann  E.  —  Die  vocale  der  lippischen  Mundart.  Hannover,  1887.  8*. 
^Holst  E.  —  Om  Poncelet's  betydning  for  geometrie.  Ein  bidrag  til  de  mo- 

demgeometriske  ideera  udviklinghistorie.  Udg.  ved  S.  Lie.  Christiania, 

1878.  8^ 
^Hònck  E.  —  Drei  Falle  von  allgemeinem  futalem  Hydrops.  Kiel,  1887.  8*. 
^Iwanoff  W.  —  Beitrage  zur  Kenntniss  der  physiologischen  Wirknng  des  An* 

tìpyrins.  Leipzig,  1887.  8**. 
^Johannsen  /.  0.  —  Beitrag  zur  pathologischen  Anatomie  und  Histologie  des 

Magengeschwtìrs.  Kiel,  1886.  8°. 
*/t)was   r.  —  Photometrische  Bestimmung  der  Absorptionsspektra  roter  und 

blauer  Bliìtenferbstoffe.  Katibor,  1887.  8^. 
*  Jong  E.  J.  C.  L  de  —  Consulare  rechtsmacht  in  strafzachen.  Utrecht,  1886.  8*. 
^Juillard  P.  —  Recherches  sur  Tacide  diphtalique.  Genève,  1887.  8*. 
^Junker  /.  —  Die  Verallgemeinerung   der   hermitischen   Transformation  im 

Zusammenhang  mit  der  Invarianten  theoretischen  Beduktion  der  Glei- 

chungen.  K5ln,  1887.  4^ 
^Kahle  B.  —  Zur  Entwicklung  der  consonantischen  Declination  im  Germa- 

nischen.  Berlin,  1887.  8*». 
^Kanitz  A.  —  Magyar  nOvénytani  lapok.  XI  Érf.  Kolozsvart,  1887.  8*». 
"^Kauffmann  A.  —  Vom  «  Wachs  des  Schellacks  «r.  Stuttgart,  1887.  8*». 
'^Kaiz  J.  —  Ein  Fall  von  Sarkom  des  Uterus.  Kiel,  1887.  8^ 
^  Koch  M.  — '  Untersuchungen  ueber  den  Kersanit  von  Michaelstein.  Beriin, 

1886.  8^ 
^Kock  A.  —  Ueber  Desinfection  der  Scheidentampons.  Heidelberg,  1886.  8*. 
^Kolls  A.  —  Zur  Lanvalsage.  Eine  Quellenuntersuchung.  Berlin,  1886.  8®. 
^  Kotlarewsky  A.  —  Physiologische  und  mikrochemische  Beitrage  zur  Kennt- 
niss der  Nervenzellen  in  den  periferen  Ganglien.  Bem,  1887.  8^ 
^Kreling  M.  A.  —  De  usu  poeticorum  et  dialecticorum  rocabulorum  apud 


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—  XXXI  — 

ftorìpt^roB  graacos  ^riores.  Par.  I.  Indìoem  e  Poli])io  et  Diodoro  faaustum 

continens.  Trajecti  ad  Bhenum,  1886.  8^*. 
^Kimie  F.  —  Beitrag  zvx  Lehre  dar  Staubinhalationakrankheiten.  Kiel,  1887.  S**. 
^Lange  W.  —  Ein  Fall  von  Lebervenenobliteration.  Kiel,  1886.  8*». 
^Lm  B.  —  Beitrag  zar  Eeimtniss  der  Wirkung  des  Strychnins.  Elmshon}, 

1886.  80. 

^Lebe^bimm  IC  —  Ueber  die  Menge  des  bei  Spaltung  des  HamoglobinB  m 

Eiweiss  und  Hamatìn  aufgenommenen  Sauerstoffs.  Wien,  1887.  S^. 
^Lenard  Ph.  —  Ueber  die  Schwingungen  fallender  Tropfen.  Leipzig,  1886.  8^. 
\l,ie  S.  —  Classificatìon  der  Flachen  nach  der  Trausformationsgruppe  ibjer 

f^eodatifichen  Curven.  Kristiauia,  1879.  4^. 
*Z*oon  van  lierson  /.  W.  van  —  Over  den  invloed  plaatselijte  beleedigi^ig 

op  de  electrische  prikkelbaarheid  van  hart  en  gewone  spieren.  Utrecht, 

1881.  «^ 
^  Luti  F.  —  Friedrich  Rudolf  Ludwig  von  Canitz  sein  Verhàltnis  au  dem  fran- 

zOsiBcheu  Klajssizismus  und  zu  den  lai  Satirikem,  nebst  einer  Wùrdi- 

gnng  seiner  dichterischen  Th&tigkeit  fùr  die  deutsche  Literatur.  Neostadt, 

1867-  8^. 
^Machon  F.  —  Contribution  à  Tétude  de  la  dilatation  de.  l'estomac  chez  les 

Bnfantsi.  Genève,  1887.  8^ 
^Morchie  van  Voorthuysen  E.  du  —  Theoretische  Beschouwingen  over  Kiesregt 

{Art.  76  4er  grondwet).  Utrecht,  1876. 8^ 
^Matter  G.  —  Der  Verzug  des  Gllubigers  (mora  accipiendi)  nach  dem  Bun- 

desgesetz  libar  das  Obligationenrecht  unter  Beriìcksichtigimg  des  gemeinen 

Eechts.  Zùrich,  1887.  8*. 
*ifoy  ir.  —  Ueber  das  GeruchsvermOgen  des  Krebse  nebst  einer  Hypotheae 

ueber  die  analytische  Thàtigkeit  der  BiechhSxchen.  Kiel,  1887.  8^. 
^  May  P.  —  Beitrdge  zur  Casui^tik  der  Hùftgelenksexarticuldtion.  Heidelberg, 

1887.  8^ 

^Mayer  /.  —  Zar  Kenntniss  der  normalen  Brenzweins&ure  (Glutars&ure).  Stutt- 
gart, 1887.  80. 

^Miffì^and  X.  /.  A.  —  Contribution  à  l'étude  anatomo-pathologipe  des  mala- 
dies  de  la  voute  du  pharynx.  Genève,  1887.  8^. 

^Meijer  /.  F.  C.  —  De  Aard  van  het  rechi  van  den  legitimaris.  Alfen,  1887.  8®. 

^Meindersma  S.  —  Jets  over  resectie  van  de  onderkaak.  Utrecht,  1882.  8**. 

^Metzger  G.  A.  —  Marie  Huber  (1695-1753),  sa  vie,  ses  oeuvres,  sa  théologie. 
Gflnève,  1887.  8«. 

^Meyer  £!.  v.  —  Beziehung  der  Tuberculose  zur  Onychia  maligna.  Berlin, 
1887.  8^ 

^Meyer  3.  —  Knochenabscesse.  Kiel,  1887.  8^ 

^Meyer  P.  J.  —  Untersuchungen  ueber  die  Verànderungen  des  Blutes  in  der 
Schwangerschafk.  Leipzig,  1887.  8*^. 


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—  XXXII  — 

^  Moens  P.  L.  —  Verantwoordelijkheid  voor  schade  door  anderen  veroorzaakt 

ZwoUe,  1886.  8*». 
^Molengraaff  G.  A.  F.  —  De  Geologie  van  het  Eiland  S*  Eustatius.  Leiden, 

1886.  4«. 
"^ Monti jn  A.  M.  M. —  Aantekening  op  de  leer  van  het  intemational  privaat- 

recht  bij  Bartolus.  Utrecht,  1887.  8^ 
^Moniijn  J.  F.  L.  —  De  praepositionran  usu  apnd  Aristophanem.  Trajecti  ad 

Ehenum,   1887.  8^ 
^Mose  F.  —  Ueber  Eienteratio  bulbi.  Kiel,  1887.  8**. 
^Moser  Ch.  —  Ueber  Gebilde,  welche  durch  Fiiation  einer  sphftrischen  Curve 

und  Fortbewegung  des  Projections  Centrums  entstehen.  Bem,  1887.  8*. 
^  Muheim  F.  —  Die  Principien  des  Intemationalen  Privatrechts  im  Schweize- 

rischen  Privatrechte.  Altdorf,  1887.  8^. 
^NeumannL.  A.  G-  W.  —  De  wettelijke  gemeenschap  van  geoderen  (Art.  174- 

178  B.  W.).  Utrecht,  1881.  8^ 
^Neumeister  R,  —  Zur  Kenntniss  der  Albumosen  und  ueber  Vitellosen.  Hei- 
delberg, 1887.  8^ 
^Niemeyer  II.  —  Ein  Fall  Yon  Lungenarterien-  Embolie  nach  einer  Distorsio 

pedis.  Kiel,  1887.  8^ 
^Nohl  H.  —  Die  Sprache  des  Nicolaus  von  Wyle.  Laut  und  Fleiion.  Heidel- 
berg, 1887.  8^ 
^Nòlting  /.  —  Ueber  das  Verhàltniss  der  sogenannten  Sehalenblende  zur  re- 

gulàren  Blende  und  zum  hexagonalen  Wurtzit.  Kiel,  18£7.  8^. 
+  Oechelhàuser  A.  v.  —  Die  Miniaturen  der  Universitats-  Bibliothek  zu  Hei- 
delberg. Heidelberg,  1887.  4^ 
+  Oldach  H.  —  Ueber  eine  Synthese  des  /f-Methyltetramethylendiamins  und  des 

/f-Methylpyrrolins.  Kiel,  1887.  8^ 
^  Oppen  A,  F.  E.  H,  van  —  Eene  rechtsvraag  omtrent  handelsbizen  (Art  I''  W. 

V.  K.  èn  298  W.  v.  B.  Bv.).  Gulpen,  1884.  8^ 
*  Osami  A.  —  Beitrag  zur  Kenntniss  der  Labradorporphyre  der  Vogesen.  Strass- 

burg,  1887.  8^ 
^Panoff  A,  —  Ueber  die  Zerlegung  der  aromatischen  Saure-Ester  im  Oiga- 

nismus  tmd  durch  das  Pankreas.  Bem,  1887.  8**. 
^  Peteì'sen  if.  —  Ueber  HorDhautflecke  als  Ursache  der  Myopie  und  Anisome- 

tropie.  Kiel,  1887.  8^ 
"^Plehn  A.  —  35  Falle  von  Schadel-Fractur.  Kiel,  1886.  8^ 
^Plehn  F.  —  Beitrag  zur  Lehre  vom  chronischen  Hydrocephalus.  Kiel,  1887.  8^. 
^RacineS, —  Recherches  sur  les  acides  ortho-toluique  et  ortho-aldéhido-phtalique. 

Genève,  1887.  8°. 
^  Raeder  H.  —  Die  Tropen  und  Figuren  bei  R.  Ganiier,  ihrem  Inhalt  nach 

Untersucht  und  in  den  rdmischen  TragOdien  mit  der  lateinischen  Vorlage 

yerglichen.  Wandsbeck,  1886.  8^ 


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—    XXXIII   — 

^Masch  C.  M.  —  Aantekeningen  op  axtikel  138  2^®  lid  van  het  gewijzigd  wet- 
boeck  van  strafvordeving.  *S  Gravenhage,  1886.  8*. 

^Regard  P.  —  Contribution  à  Tétude  de  la  Bronchite  fibrineuse.  Genève, 
1887.  8^ 

^Reher  Z.  —  Ueber  Aethylderivate  dea  Chynolins.  Kiel,  1887.  8^. 

^Ribbim  R.  M.  —  De  Nood-  of  uitweg  volgens  de  Nederlandsche  Wetgeving. 
Tiel,  1877.  S\ 

^Riesenfeld  P,  —  Ueber  Hysterie  bei  Kindern.  Kiel,  1887.  8^. 

^Rtjkebusch  P,  A.  H,  —  Bijdrage  tot  de  Kennis  der  Polydactylie.  Utrecht, 
1887.  4^ 

*Rouviere  L.  —  Leyes  cosmicas  ségun  el  principio  dinamico  del  caler.  Bar- 
celona, 1887.  8*». 

^Rujppel  K.  W.  —  Die  Teilnahme  der  Patrizier  an  den  Tributkomitien.  Hei- 
delberg, 1887.  8^ 

'^Sach^  E.  —  BeitrSge  zur  Statistik  des  Lupus.  S.  1.  1887.  8^ 

*  Salomonson  H.  W.  —  Sur  les  acides  nitrophénylparaconiques.  Genève,  1887.  8®. 
^  Sasse  E.  F.  A.  —  Bydrage  tot  de  kennis  van  de  outwikkeling  en  betee- 

kenis  der  hypophysis  cerebri.  Utrecht,  1886.  8^ 
^  Savelberg  H.  M.  A.  —  De  crediet-hypotheek.  Heerlen,  1885.  8°. 

*  Savornin  Lohman  W,  IT.  de  —  De  rechten  van  derden  bij  de  overeenkomst 

van  levensverzekering.  'S  Gravenhage,  1886.  8°. 
^Schibler  W.  —  BeitrSge  zur  einer  vergleichend-systematischen  Anatomie  des 

Blattes  und  Stengels  der  Boragineen.  Bern,  1887.  8^. 
^Schopen  E.  —  Ueber  die  Bedeutung  der  sogennanten  motorischen  Sphàren 

des  Grosshims.  Bern,  1886.  8^. 
^Sch&beler  F.  C.  —  Viridarium  norvegicum.  I,  2;  II,  1.  Christiania,  1886.  4^ 
^Sehàlte  P.  —  Beitrage  zur  Poetik  Otfrids.  Kiel,  1887.  8^ 

*  Sehwartz  A.  —  Ueber  lineare  partielle  DiflFerential-Gleichung  II.  Ordnung. 

Berlin,  1887.  8^ 
^  Seng  A.  —  Die  Sachmiete  nach  dem  Code  Civil.  Lahr,  1887.  8°. 
^  Sierra  /.  P.  —  Contribution  à  Tétude  des  ulcérations  chroniques  de  la  val- 

vule  tricuspide.  Genève,  1886.  8®. 

*  Sievers  Z.  —  Schmarotzer-Statistik  aus  den  Sections-Befanden  des  pathologi- 

schen  Instituts  zu  Kiel  vom  Jahre  1877  bis  1887.  Kiel,  1887.  8°. 
^  Sndrnowa  A,  —  Ueber  das  Verhalten  der  drei  isomeren  Nitrobenzaldehyde 

im  Thierkòrper.  Bem,  1887.  8^ 
^  Smit  A.  —  Annotatio  in  saturas  D.  Junii  Juvenalis.  Dotecomiae,  1886.  8*. 
^  Soutter  A,  —  Contribution  à  Tótude  des  résections  atypiques  dans  les  arti- 

culations.  Genève,  1887.  8*. 

*  Spanje  N.  P.  van  —  Proeven  over  de  working  van  Convallamarine.  Utrecht, 

1887.  80. 
^  Stahl  C.  —  Beitrag  zur  Casuistik  der  Schadelverletzungen.  Kiel,  1887.  8**. 

Bullbttino-Rbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  1®  Sem.  5 


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—  xxxrv  — 

*  Sfeinhàuslin  /.  II.  —  Ueber  die  pharmakologischen  Wirkungen  und  die  the- 

rapeutische  Anwendung  des  Coniinum  hydrobromatum.  Bern,  1887.  8^ 
^  Stener sen  L,  B.  —  Myatfundet  fra  Graeslid  i  Thydalen.  Christiania,  1881.  4*». 
^/rf.  —  Catuls  Digtning  oplyst  i  dens  sammenhaeng-  med  den  tidligere  graeske 

og  latinske  literatur.  Kristìania,  1887.  8®. 
^Id,  —  Udsigt  over  den  Romerske  Satires  forskjellige  arter  og  deres  oprin- 

delse.  Kristiania,  1887.  8\ 
^  Stocker  F.  —  Welchen  Einfluss  ùben  die  Mydriatica  und  Myotica  auf  den 

intraocularen  Druck  unter  physiologischen  Verhàltnissen  ?  Berlin,  1887.8**. 
^  Stocker  /.  —  Darstellung  der  historischen  Entwickelung  ehelichen  Gtiterrechts 

im  Kanton  Bern  (alten  Theils)  von  der  Lei  Burgundiorom  bis  zur  Berner 

Handveste.  Aarau,  1887.  8^. 
^  Strick  van  Limchoten  U,  IL  —  Eenige  bpmerkingen  over  desertie.  Utrecht, 

1887.  8^ 
^  Syc  Cli,  ff.  —  Beitràge  zur  Anatomie  und  Histologie  von  Jaera  marina. 

Kiel,  1887.  4^ 
"'  Thomas  E,  —  De  l'atrophie  musculaire  progressive  consecutive  à  la  paralysie 

infantile.  Genève,  1886.  8**. 

*  Thomas  W,  C.  —  Het  overspel  strafrechtelijk  beschouwd.  Utrecht,  1877.  8**. 
^  Torp  A,  —  Die  Fleiion  des  Pàli  in  ihrem  Verhftltniss  zum  Sanskrit.  Chri- 
stiania, 1881.  8^ 

^  Tross  0.  —  BeitrSge  zur  Frage  ueber  die  Uebertragbarkeit  der  Carcinome. 

Heidelberg,  1887.  8«. 
'  Trzebinski  Z.  —  Einiges  ueber  die  Einwirkung  der  Hartungsmethoden  auf 

die  Boschaffenheit  der  Ganglienzellen  im  Bùckenmark  der  Hunde  und 

Kaninchen.  Berlin,  1887.  8^ 
''Turk  /.  K.  IL  —  Beschouwingen  over  Muntmisdrijven.  Utrecht,  1886.  8«. 
'  Tussenbroek  A.  P.  C.  van  —  Over  normale  en  abnormale  melkafecheiding. 

Utrecht,  1887.  8^ 

*  Umhach  C.  —  Ueber  den  Einfluss  des  Antipyrins  auf  die  StickstofFausscheidung. 

Stuttgart,  1887.  8^ 
*Universidad  de  Zaragoza. — Apertura  del  curso  academico  1883-84  y  1887-88. 
Zaragoza,  4°. 

*  Verhoeff  P,  31.  F.  —  Het  herroepen  en  vervallen  van  uiterste  wilsbeschikkin- 

gen.  volgens  het  nederlandsche  Burgerlijke  Eecht.  Utrecht,  1876.  8^*. 

^  Vries  van  Doesburgh  J.  de  —  Onterving  van  wettelijke  erfgenamen.  Rotter- 
dam, 1886.  8*». 

^  Waldschmidt  /.  —  Zur  Anatomie  des  Nervensystems  der  Gynmophionen. 
Jena,  1887.  8^ 

+  Wandschneider  W.  —  Zur  Syntax  des  Verbs  in  Langleys  Vision  of  William, 
conceming  Piers  the  plowman  together  with  vita  de  Dowel,  Dobet  and 
Dobest.  Leipzig,  1887.  8\ 


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—  XXXV  — 

^  WasHermam  M,  —  Beitràge  zur  Statistik  der  Bindegewebs-Tumoren  des 

Kopfes.  Leipzig,  1887.  8". 
^  WassilieffN,  W.  —  Wo  wird  der  Schluckreflex  ausgel5st?  Mùnchen,  1887.  8^ 
*  Weder  A.  —  Zur  Behandlung  der  politischen  Verbecher  im  internationalen 

Strafrecht.  Berneck,  1887.  8^ 
^  Wegner  E.  —  Zur  Casuistik  der  Hirntumoren.  Kiel,  1887.  8*^. 
^  Werner  W.  —  Ueber  Theilungsvorgànge  in  den  Kiesenzellen  des  Knochen- 

marks.  Berlin,  1886.  8^ 
^Zumsteln  /.  /.  —  Ueber  das  Mesoderm  der  Vogelkeimscheibe  (Huhn  und 

Ente).  Bem,  1887.  8". 

Pubblicazioni  periodiche 
pervenute  air  Accademia  nel  mese  di  gennaio  1888. 

Pubblicazioni  italiane, 

^Annali  di  agricoltura.  1887,  n.  138,  139.  Boma. 

Debarbieri.Le  scuole  pratiche  e  speciali  di  agricoltnra  nel  biennio  1883-1885.  —  Id. 
Procedimenti  di  estrazione  dello  zucchero  dalle  melasse  studiati  nelle  fabbriche  di  zucchero 
in  Germania. 
^Annali  di  chimica  e  dì  farmacologia.  1887.  N.  6,  die.  1887.  Milano. 

Gavazzi,  Azione  del  fluoruro   di  silicio  sulla  chinina  sciolta  in  liquidi  diversi.   — 
Garzino.  Sul  bromobiclorofenolo  e  sulla  bibromobiclorobenzina. 
"Annali  del  r.  Museo  industriale  in  Torino.  1887-88.  Torino. 

Beltrandi.  Stile  egizio.  —  De  Paoli.  La  laminazione  del  fluido  motore  attraverso  le 
luci  di  distribuzione  delle  motrici  termiche. 
•Archivio  della  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  X,  3-4.  Roma,  1887. 

Galisse.  I  prefetti  di  Vico.  —  Fontana.  Nuovi  documenti  vaticani  intorno  a  Vittoria 
Colonna.  —  Corvisieri.  Il  trionfo  romano  di  Eleonora  di  Aragona. 
'Archivio  storico  italiano.  T.  XX,  6.  Firenze,  1887. 

La  Mantìa,  Notizie  e  documenti  su  le  consuetudini  delle  città  di  Sicilia.  ~  Sforza, 
Episodi  della  storia  di  Koma  nel  secolo  XVIII.  Brani  inediti   dei  dispacci   degli  agenti 
lucchesi  presso  la  Corte  papale.  —  Stocchi.  La  prima  conquista  della  Britannia  per  opera 
dei  Bomani. 
^Archivio  storico  lombardo.  Anno  XIV,  f.  4*^.  Milano,  1887. 

Gian,  Un  episodio  della  storia  della  Censura  in  Italia  nel  secolo  XVI:  L'edizione 
spurgata  del  «Cortegiano».  —  Medin.  Serventese,  Barzeletta  e  Capitolo  in  morte  del  conte 
Jacopo  Piccinino.  —  Garotti.  Pitture  giottesche  neiroratorio  di  Mocchirolo  a  Letante  sul 
Seveso.  —  Beltrami.  Le  bombarde  milanesi  a  Genova  nel  1464.  —  Spinelli,  Di  un  Codice 
milanese.  —  Ghinzoni,  Trionfi  e  rappresentazioni  in  Milano. 
^Archivio  storico  per  le  province  napoletane.  Anno  XII,  4.  Napoli,  1887. 

Barone.  Notizie  storiche  tratte  dai  registri  di  Cancelleria  di  Ladislao  di  Durazzo.  — 
Schipa,  Storia  del  principato  longobardo  in  Salerno.  —  Baróne.  Giovanni  de  Gillo,  archi- 
tetto ed  ingegnere  napolitano.  —  Simoncelli.  Della  prestazione  detta  Calciarium  nei 
contratti  agrari  del  medio-evo.  —  Gapasso.  I  registri  angioini  deirArchivio  di  Napoli,  che 
erroneamente  si  credettero  finora  perduti.  —  Elenco  delle  pergamene  già  appartenenti  alla 
famiglia  Fusco  ed  ora  acquistate  dalla  Società  di  storia  patria. 


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—  XXXVI  — 

^Archivio  veneto.  N.  S.  Anno  XVII,  f.  68.  Venezia,  1887. 

CecchettL  Funerali  e  sepolture  dei  veneziani  antichi.  —  Saccardo,  I  pilastri  Acritani.  — 
della  Rovere.  DeU'importanza  di  conoscere  le  firme  autografe  dei  pittori.  —  CarrerL  Icno- 
grafia storica  Spilirabergese.  —  Marcello.  Una  lettera  di  Giovan  Paolo  Manfrone.  —  Giù- 
riato.  Memorie  venete  nei  monumenti  di  Roma.  —  B.  C.  Testamento  di  Lorenzo  Lotto, 
pittore  veneziano,  25  marzo  1546.  —  Id.  Un  bailo  accusato  di  stregoneria.  —  hd.  Le  sco- 
perte archeologiche  del  Veneto  durante  Tanno  1886. 

+Atti  del  Collegio  degli  ingegneri  ed  architetti  in  Palermo.  Anno  1887,  f.  2. 
Palermo. 

La  Mensa.  Le  acque  dei  monti  di  Renda.  —  Pace.  Misura  delle  sorgenti  intomo  ai 
monti  di  Renda. 

*Atti  della  r.  Accademia  dei  Fisiocritici  di  Siena.  Ser.  3*,  voL  IV,  4.  Siena,  1887. 

^Atti  della  r.  Accademia  delle  scienze  di  Torino.  Voi.  XXIII,  1.  Torino, 

1887-88. 

Basso.  Commemorazione  di  Gustavo  Roberto  Kirchhoff.  —  Zanotti-Bianco,  Alcuni 
teoremi  sui  coefficienti  di  Legendre.  Nota  seconda.  —  Spezia.  Suirorigine  del  gesso  mi- 
caceo e  anfibolico  di  Val  Gherasca  neirOssola.  —  Vicentini  e  Omodei.  Sulla  densità  di 
alcuni  metalli  allo  stato  liquido  e  sulla  loro  dilatazione  termica.  —  Salvadori.  La  Ae- 
gialitis  asiatica  (Pali.)  Irovata  per  la  prima  volta  in  Italia.  —  Fabretti,  Commemo- 
razione del  Socio  G.  Gozzadìni.  —  Cognetti.  Fondamento  storico  di  una  leggenda  italiana. 

^Atti  della  r.  Accademia  di  scienze  morali  e  politiche  di  Napoli.  Voi.  XXI, 

XXII.  Napoli,  1887-1888. 

XXI.  Arabia.  Della  prerogativa  parlamentare.  —  Capuano.  Dell'albinaggio.  —  Palumbo. 
Andrea  dlsernia.  —  XXII.  Persico.  Del  silenzio  come  sorgente  di  obbligazioni.  —  Ma- 
riano, n  ritorno  a  Kant  e  ai  neokantiani.  —  Arabia.  Del  codice  penale  italiano  —  Chiap- 
pelli.  Su  alcuni  frammenti  di  Eraclito.  —  Masci.  Un  metafisico  antievoluzionista,  Gust. 
Teicmtiller.  ~  Mariano.  Studi  critici  sulla  filosofia  della  religione,  —  Miraglia.  1  pre- 
supposti deireconomia  politica.  —  Pepere.  Le  consuetudini  de*  comuni  deiritalia  meridionale. 

Atti  della  r.  Accademia  medica  di  Roma.  1886-87.  Anno  XIII,  ser.  2*,  toI.  III. 
Mingaszini  e  Ferraresi.  Encefalo  e  cranio  di  una  microcefala.  —  Sergi.  Antropologia 
fisica  della  Fuegia.  —  Ficalbi.  Sulla  ossificazione  delle  capsule  periotiche  nell^uomo  e  negli 
altri  mammiferi.  —  Mingazzini.  Osservazioni  anatomiche  sopra  75  crani  di  alienati.  — 
Vincenzi.  Sulla  fina  anatomia  dell'oliva  bulbare  nell'uomo.  —  Giovannini.  Sullo  sviluppo 
normale  e  sopra  alcune  alterazioni  dei  peli  umani.  —  Crety.  Ricerche  sopra  alcuni  cisti- 
cerchi  dei  rettili.  —  Guamieri.  Ricerche  sulle  alterazioni  del  fegato  nella  infezione  da 
malaria.  —  Marchiafava  e  Celli.  Sulla  infezione  malarica. 
^Atti  della  Società  toscana  di  scienze  naturali.  Processi  verbali.  Voi.  VI,  sed. 

del  13  nov.  1887.  Pisa,  1888. 
^Atti  del  r.  Istituto  veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti.  Ser.  6*,  t.  VI,  1.  Ve- 
nezia, 1887. 

Torelli.  Cenni  biografici  intomo  ad  alcuni  personaggi  contemporanei  ed  attori  del 

risorgimento  d'Italia.  —  Minich.  Estrazione  di  un  enorme  calcolo  dell'uretra  spongiosa  e 

membranosa,  seguita  da  guarigione.  Storia  clinica  con  osservazioni.  —  Marinelli.  Materiali 

per  l'altimetria  italiana.  Regione  veneto-orientale  e  veneta  propria.  Serie  Vili. 

•Bollettino  del  Collegio  degli  ingegneri  ed  ai'chitetti  in  Napoli.  Voi.  V,  n.  12. 

Napoli,  1887. 


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—    XXXVII  — 

^Bollettino  della  Società  generale  dei  viticoltori  italiani.  Anno  III,  1,  2. 

Roma,  1888. 

Ferrario,  Ivini  italiani  all'estero.  —  6'^2^f<t.  Esposizione  italiana  a  Londra  ed  ivini. 
^Bollettino  della  Società  geografica  italiana.  Ser.  2*,  voi.  XII,  12,  sor.  3*,  voi.  1^1. 

Soma,  1887-88. 

Notizie  dallo  Scioa.  —  Rizzetto.  Le  annessioni  coloniali  tedesche  in  Africa  ed  Oceania. — 
Fiorini,  Le  projezioni  quantitative  ed  equivalenti  della  cartografia.  —  Ragazzi,  Il  viaggio 
da  Antoto  ad  Harar. 

^Bollettino  delle  pubblicazioni  italiane  ricevute  per  diritto  di  stampa  dalla  Bi- 
blioteca nazionale  centrale  di  Firenze.  N.  48-50.  Firenze,  1887. 
^Bollettino  del  r.  Comitato  geologico  d'Italia.  1887.  Voi.  XVIII,  9-10.  Roma. 

Mazzuoli.  Sulla  relazione  esistente  nelle  riviere  liguri  fra  la  natura  litologica  della 
costa  e  quella  dei  detriti  che  costituiscono  la  spiaggia.  ~  Lotti,  Le  condizioni  geologiche 
di  Firenze  per  le  trivellazioni  artesiane.  —  Bucca,  Studio  micrografico  sulle  roccie  erut- 
tive di  Radicofani  in  Toscana.  —  Clerici.  Sopra  i  resti  di  castoro  finora  rinvenuti  nei 
dintorni  di  Roma. 
^Bollettino  dì  legislazione  e  statistica  doganale  e  conmierciale.  Anno  IV,  2®  sem. 

Nov.-dec.  1887.  Roma. 
^* Bollettino  di  notizie  agrarie.  Anno  IX,  n.  85-87.  Riv.  met.-agi-.  Anno  IX,  n.  84- 

36;  X,  n.  1.  Roma,  1887-88. 
^Bollettino  di  notizie  sul  credito  e  la  previdenza.  Anno  V,  n.  22,  23.  Roma,  1887. 
•Bollettino  di  paletnologia  italiana.  Ser.  2*,  t.  Ili,  n.  11-12.  Parma,  1887. 

Pigorini.  Tombe  neolitiche  di  Monteroduni.  —  Issel,  Conchiglia  esotica  nella  caverna 
delle  Arene  Candide.  —  De  Stefani.  Escursione  a  Peschiera  e  Breonio.  —  Prosdocimi, 
Avanzi  di  antichissime  abitazioni  neU'agro  atestino. 

^Bollettino  mensuale  della  Soc.  meteor.  italiana.  Ser.  II,  voi.  VII,  12.  Dee. 

1887.  Torino. 

Ricco.  Osservazioni  e  studi  dei  corpuscoli  rossi.  1883-86.  —  Roberto.  I  sismografi 
del  P.  Cecchi. 

^Bollettino  meteorico  dell'Ufficio  centrale  di  meteorologia.  Anno  IX,  1887.  Gen- 
naio. Roma. 
^Bollettino  semestrale  del  credito  cooperativo,  ordinario,  agrario  e  fondiario. 

Anno  IV,  2*»  sem.  1886.  Roma,  1888. 
^Bollettino  settimanale  dei  prezzi  di  alcuni  dei  principali  prodotti  agrari  e 

del  pane.  Anno  XIV,  n.  49-52  ;  XV,  n.  1.  Roma,  1887-88. 
^Bollettino  ufficiale  dell'istrazione.  Voi.  XIII,  11.  Roma,  1887. 
^Bollettino  ufficiale  del  Ministero  della  guerra.  1887,  disp.  55;  1888,  disp. 

1-4.  Roma. 
^Bullettino  della  Conunissione  archeologica  comunale  di  Roma.  Ser.  3*,  anno 

XV,  11-12.  Roma,  1887. 

Gatti.  Trovamenti  risguardanti  la  topografia  e  la  epigrafia  urbana.  —  Visconti.  Tro- 
vamenti  di  oggetti  d'arte  di  antichità  figurata. 
^BuUettino  della  Società  entomologica  italiana.  Anno  XIX,  3-4.  Firenze,  1887. 

Allard  e  Dodero.  Due  nuovi  Coleotteri  italiani  raccolti  in  Sardegna  dal  sig.  Umberto 
Lostia.  —  Carlini.  Rincoti  del  Sottoceneri.  —  Casagrande,  Sulle  trasformazioni  che  subisce 


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—   XXXVIII  — 

il  sistema  digerente  dei  Lepidotteri,  passando  dallo  stato  larvale  a  quello  d^insetto  perfetto.  — 
Chatin.  Terminazioni  nervose  nelle  antenne  della  T  i  n  e  a  t  ape  zeli  a.— (7»(;(;aft.  Intorno 
alla  struttura  del  cerveUo  della  Somomya  erythrocephala.  — Emery.  Le  tre  forme 
sessuali  del  Dorylus  helvolus  L.  e  degli  altri  Dorilidi.  —  Id.  Formiche  della  provincia 
di  Rio  Granee  do  Stll  nel  Brasile.  —  fforvath.  Note  emitterologiche.  —  Lostia.  Dell'ubi- 
cazione di  alcune  specie  di  Coleotteri  nell'isola  di  Sardegna.  —  Àf agretti»  Sugli  Lnenotterì 
della  Lombardia. 

'l'Bullettino  di  bibliografia  e  di  storia  delle  scienze  matematiche  e  fisiche. 

T.  XX,  marzo  e  aprile  1887.  Roma. 

F avaro.  Documenti  per  la  storia  dell' Accademia  dei  Lincei  nei  manoscritti  Galileiani 
della  Bibl.  naz.  di  Firenze. 

^Cimento  (Il  nuovo).  Ser.  3%  t.  XXII,  nov.-dec.  1887.  Pisa,  1888. 

Righi.  Studi  sulla  polarizzazione  rotatoria  magnetica.  —  Palmieri.  Origine  delle  va- 
riazioni d'intensità  nelle  pile  a  secco  e  modo  di  evitarle.  —  Battelli.  Sul  fenomeno  Thom- 
son. —  BoggiO'Lera.  Sulla  cinematica  dei  mezzi  continui.  —  Morera.  Sulle  derivate 
seconde  della  funzione  potenziale  di  spazio.  —  Palmieri,  Condizioni  per  avere  manifesta- 
zioni elettriche  con  la  evaporazione  spontanea  dell'acqua  e  col  condensamento  dei  vapori 
dell'ambiente  per  artificiale  abbassamento  di  temperatura. 

^Circolo  (II)  giuridico.  Anno  XVIII,  11-12.  Palermo,  1887. 

D'Amico.  La  rivendicazione  dei  titoli  al  portatore  smarriti  o  rubati. 

^Commentari  dell'Ateneo  di  Brescia  per  Tanno  1887.  Brescia. 

Fé  d'Osliani.  Brescia  nel  1796.  —  Casasopra.  Dei  partiti  politici  in  Italia.  —  Ar- 
cioni. Ricerche  intorno  al  palazzo  comunale  di  Brescia.  —  Afartinengo  Villagana.  L'an- 
fiteatro Morenico  d'Iseo  nel  periodo  glaciale.  —  Lodrini.  Sulla  probabile  attinenza  fra  il 
magnetismo  terrestre  e  i  terremoti  così  detti  tectonici.  —  Cazzago.  Storia  di  Brescia  nar- 
rata al  popolo.  L'età  preistorica.  —  Rizzini.  Tomba  romana  recentemente  scoperta  presso 
Brescia.  —  Bettoni  Cazzago.  L'Abissinia  e  l'Italia.  —  Comiani.  Gli  Italiani  al  Piata.  — 
Livi.  Due  visite  misteriose  di  Napoleone  all'isola  d'Elba.  —  Oar belli.  D  sacco  di  Brescia 
nel  1512  narrato  in  un  vecchio  opuscolo  pochi  giorni  dopo  l'avvenimento.  -^  Casasopra.  — 
Engarda.  Leggenda  bresciana  medievale.  —  Rosa.  Le  belle  arti  nel  rinnovamento  d'Italia.  — 
Ruzzenenti,  Ipotesi  nella  causa  fisica  del  diluvio  universale. 

+Docmnenti  per  servire  alla  storia  di  Sicilia.  1*  serie.  Diplomatica.  Voi.  XI,  1. 
Palermo,  1887. 
Silvestri.  Tabulano  di  S.  Filippo  di  Fragalà,  e  S.  Maria  di  Maniaci. 

^Gazzetta  chimica  italiana.  Appendice.  Voi.  Y,  22-24.  Palermo,  1887. 
+ Giornale  d'artiglieria  e  genio.  1887,  disp.  XII.  Roma,  1887. 
*  Giornale  della  r.  Accademia  di  medicina  di  Torino.  Anno  L,  n.  11-12.  To- 
rino, 1887. 
Morselli.  Sull'azione  fisiologica  dei  bagni  idro-elettrici  monopolari  (faracidi  e  galva- 
nici). —  Fod  e  Carbone.  Di  un  particolare  elemento  morfologico  nella  milza  dei  mammi- 
feri. —  Id.  e  Bonome.  Contribuzione  allo  studio  delle  inoculazioni  preventive.  —  Id.  e 
Carbone.  I)\  una  reazione  speciale  degli  elementi  colorati  del  sangue.  —  Orassi  e  Rovelli. 
Contribuzione  allo  studio  dello  sviluppo  del  botriocefalo  lato. 

^Giornale  della  r.  Società  italiana  d'igiene.  Anno  IX,  11, 12.  Milano,  1887. 

Uffreduzzi.  L'esame  biologico  del  ghiaccio  in  rapporto  con  la  pubblica  igiene.  — 
Salveraglio.  Bibliografia  della  pellagra. 


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—  XXXIX   — 

'Giornale  dì  matematiche  ad  uso  degli  studenti   delle  Università   italiane. 

Voi.  XXV,  1M2.  NapoU,  1887. 

Amodeo.  Sopra  un  particolare  connesso  (2, 2)  con  due  punti  singolari  e  due  rette  sin- 
golari. —  Zecca,  Sopra  una  classe  di  curre  razionali.  —  Be$so.  Sull'integrale  del  prodotto 
di  una  funzione  razionale  pel  logaritmo  di  una  funzione  razionale.  —  Murer.  Sulla  serie 
di  superficie  algebriche  d'indice  1  e  2.  —  Tognoli.  Sulla  funzione  au, 

^Giornale  medico  del  r.  Esercito  e  della  r.  Marina.  Anno  XXXV,  12.  Boma,  1887. 
Pecco.  Operazioni  chirurgiche  state  eseguite  durante  Fanno  1886  negli  stabilimenti 
sanitari  militari.  —  Lucciola.  Cura  d'un   caso  di  pleurite  purulenta  mercè  la  resezione 
cottale  seguito  da  guarigione. 

^Giornale  militare  ufficiale.  1887,  parte  l*',  disp.  65;  parte  2%  disp.  64.  1888 
parte  1»   disp.  1-4;  parte  2*,  disp.  1-4.  Roma,  1887-88. 

^  Ingegneria  (L')  civile  e  le  arti  industriali.  Voi.  XIII,  11.  Torino,  1887. 

Crugnola.  Dei  ponti  girevoli  in  generale  e  di  quello  recentemente  costruito  per  l'ar- 
senale di  Taranto.  —  P.  Di  un  modo  speciale  di  attacco   degli  argini  in  muratura  alle 
spalle  dei  ponti.  —  Ferrerò.   L'area  nelle  mappe  censuarie.  Metodo  grafico-numerico.  — 
Gandolfi.  Note  sulle  miniere  di  Somorrostro. 
+ Pubblicazioni  del  r.  Osservatorio  di  Brera  in  Milano.  N.  XXX.  Milano,  1887. 

Porro.  Determinaiione  della  latitudine  della  stazione  astronomica  di  Termoli  mediante 
passaggi  di  stelle  al  primo  verticale. 

^Bassegna  critica  della  letteratura  italiana.  Anno  IV,  6.  Firenze,  1887. 
^Bassegna  (Nuova)  di  viticoltura  ed  enologìa.  Anno  I,  24;  II,  1-2.  Conegliano, 

1887-88. 

I,  24.  Soncini.  Primo  travaso.  —  Baccarini.  Patologia  vegetale.  Coniothyrium 
Diplodiella  Sacc.  —  Thomas.  Dei  trattamenti  per  combattere  Tantracnosi.  —  ^.  H 
commercio  dei  vini  In  Italia  nei  primi  11  mesi  del  1887.  —  Soncini,  Viti  americane.  — 
n,  1.  Soncini.  Scelta  dei  vitigni.  —  Stradatoli.  Cantina  esperimentale  imolese.  —  Picaud. 
Le  fillossere  aptere  col  digiuno  si  trasformano  ìxk  fillossere  alate.  —  Meneghini.  Deirim- 
pianto  delle  talee.  —  Cencelli.  Effetti  dell'innesto  sulle  viti  americane.  —  Bordas  e  Che- 
vreul.  —  Nuova  malattia  dei  vini  di  Algeria.  —  Vannttccinù  II  vitigno  americano  nei  ter- 
reni calcarei  bianchi  (cretacei).  —  Soncini.  Viti  americane  (Labrusche).  —  Plotti.  Nuovo 
mezzo  per  combattere  la  peronospora.  —  Morin.  Sulla  composùtione  dell'acquavite  di  vino. 
^Bendiconti  del  Circolo  matematico  di  Palermo.  T.  I,  marzo-luglio  1887. 

Palermo. 

AUeggiani.  Sopra  un  teorema  dì  Hermite.  —  Id.  Generalizzazione  di  dae  teoremi  ri- 
guardanti le  parentesi  d'ordine  ».  —  Id.  Intorno  ad  alcune  formolo  nella  teorica  delle  fun- 
zioni ellittiche.  —  Cantoni.  Teoremi  sulla  cubica  gobba.  —  Catalan.  Sur  les  nombres  de 
Segner.  —  Cesàro,  Intorno  ad  una  ricerca  di  limiti.  —  Id.  SuU'uso  dell'integrazione  in 
alcune  questioni  d'aritmetica.  —  Id.  Intorno  ad  una  questione  di  probabilità.  —  Id.  Sul 
moto  di  un  punto  sollecitato  verso  una  retta.  —  Conti.  Sulle  congruenze  generate  da  una 
coppia  di  piani  in  corrispondenza  doppia.  —  Del  Pezzo.  Intorno  alla  rappresentazione  del 
complesso  lineare  di  rette  sullo  spazio. di  punti  a  tre  dimensioni.  —  Id.  SuUe  superficie 
dell'»"*®  ordine  immerse  nello  spazio  di  »  dimensioni.  —  Del  Re.  Su  certi  luoghi  che 
s'incontrano  nello  studio  di  tre  forme  geometriche  fondamentali  di  2*  specie  proiettiva- 
mente riferite  due  a  due.  —  Oebhia.  Sopra  un  metodo  per  formare  le  equazioni  a  derivate 
pàniali,  delle  superficie  che  ammettono  una  generatrice  dì  forma  costante.  —  Oerhaìdi. 
Sulle  realità  dei  punti  e  delle  tangenti  comuni  a  due  coniche.  —  Giudice.  Sulla  determi- 


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—   XL   — 

nazione  delle  radici  reali  delle  equazioni  a  coefficienti  numerici  reali.  —  Id.  Un  teorema 
sulle  sostituzioni.  —  Id,  Sulle  equazioni  irreducibili  di  grado  primo  risolubili  per  radi- 
cali. —  Ouccia.  Formole  analitiche  di  trasformazioni  Cremoniane.  —  Id.  Generalizzazione 
di  un  teorema  di  NOther.  —  Id.  Sulle  superficie  algebriche  le  cui  sezioni  prime  sono  uni- 
cursali.  —  Id,  Sulla  riduzione  dei  sistemi  lineari  di  curve  ellittiche  e  sopra  un  teorema 
generale  delle  curve  algebriche  di  genere  P.  —  Id.  Sui  sistemi  lineari  di  superficie  alge- 
briche dotati  di  singolarità  base  qualunque.  —  Hirst,  Sur  la  congruence  Roccella,  du 
troisième  ordre  et  de  la  troisième  classe.  —  Martinetti.  Sopra  alcuni  sistemi  lineari  di 
curve  piane  algebriche  di  genere  due.  —  Segre,  Sui  sistemi  lineari  di  curve  piane  alge- 
briche di  genere  p. 

^Bendiconti  del  r.  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere.  Ser.  2*^,  voi.  XX,  19. 
Milano,  1888. 

Taramelli.  Dei  terreni  terziari  presso  il  Capo  la  Mortola  in  Liguria.  —  Sorniani. 
Ancora  sui  neutralizzanti  del  virus  tubercolare. 

^Bendiconto  dell'Accademia  delle  scienze  fisiche  e  matematiche.  Ser.  2\  voi.  I, 
11-12.  Napoli,  1887. 

Manfredi,  Boccardi  e  /appelli.  Influenza  dei  microrganismi  sull'inversione  del  sac- 
carosio. —  Capellù  Determinazione  delle  operazioni  in  varianti  ve,  fra  due  serie  di  variabili, 
permutabili  con  ogni  altra  operazione  della  stessa  specie.  —  Costa.  Miscellanea  entomo- 
logica. —  Pascal.  Sopra  un  metodo  per  esprimere  una  forma  invariantiva  qualunque  di  una 
binaria  cubica  mediante  quelle  del  sistema  completo.  —  Pergola.  Posizioni  apparenti  di 
alcune  stelle  deirEridano  osservate  al  Circolo  mediano  di  Repsold  nel  r.  Osservatorio  di 
Capodimonte. 

*  Rendiconto  delle  tornate  e  dei  lavori  dell'Accademia  di  scienze  morali  e  po- 
litiche (Soc.  r.  di  Napoli).  Anno  XXVI,  gen.-apr.  1887.  Napoli. 

*Bevue  intemationale.  V*  année,  t.  XVII,  1,  2.  Bome,  1888. 

I.  Blaze  de  Bury.  Mes  souvenirs  de  la  «  Revue  des  deui  Mondes. —  Bonghi,  La  po- 
litique  étrangère  de  Tltalie.  —  Delpit,  La  vengeance  de  Pierre.  —  Loliée.  Les  immoraui.  — 
Stevenson.  Un  cas  extraordinaire.  Imité  de  Tanglais.  —  Crésus.  Les  Banques  et  la  circu- 
lation  fiduciaire  en  Italie.  —  II.  Blaze  de  Bury:  Mes  souvenirs  de  la  «  Bevue  des  deux 
Mondes  ».  —  Veuglaire,  Un  ministre  réformateur.  Le  comte  de  Saint-Germain  (1707-1 778).-— 
Delpit.  La  vengeance  de  Pierre.  —  Pierantoni.  L'incident  consulaire  de  Florence.  —  Ste- 
venson, Un  cas  extraordinaire.  Imité  de  Tanglais.  —  Chevassus.  La  question  monétaire  en 
Angleterre. 

^Bivista  di  artiglieria  e  genio.  Anno  1887.  Nov.-dic.  Boma. 

12.  Biancardi.  Le  fortezze  e  l'assedio.  —  Canino.  Cenni  descrittivi  sul  Collegio  mi- 
litare di  Messina.  —  Parodi.  Puntamento  indiretto  per  le  artiglierie  da  campagna.  —  Si- 
racusa. L'artiglieria  campale  italiana.  —  13.  Falangola.  Sulle  grandi  mine  nella  roccia  cal- 
carea della  catena  peloritana  (Sicilia)  e  nella  roccia  granitica  di  Baveno  (Lago  Maggiore).  — 
Siacci.  Spazio  battuto  ed  errore  battuto.  —  Parodi.  Relazione  tra  cariche  e  velocità  ini- 
ziali. —  Mariani.  La  mitragliatrice  Maxim.  —  (***).  Notizie  di  alcuni  fra  i  primi  -cultori 
italiani  dell'aeronautica.  —  Siracusa.  L'artiglieria  campale  italiana. 

*BivÌ8ta  di  filosofia  scientifica.  Ser.  2%  voi.  VI,  die.  1887.  Torino. 

Romiti.  L'origine  e  la  continuità  della  vita.  —  Asturaro.  Studi  psico-biografici.  Ge- 
rolamo Cardano  e  la  psicologia  patologica.  —  Julia.  Terenzio  Mamiani  e  i  suoi  «  Dialoghi 
di  scienza  prima  n. 


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—   XLI  — 

^Biyista  marittima.  Amio  XX,  12.  Roma,  1887. 

TadinL  I  marinai  italiani  nelle  Spagne.  —  Pesca  del  corallo  nei  banchi  di  Sciacca.  — 
Colombo,  La  fauna  sottomarina  del  golfo  di  Napoli.  —  Polveri  usate  in  Eussia,  Germania, 
Francia,  Austria  e  Italia  per  cannoni  di  diversi  calibri.  —  Cenni  su  alcuni  cannoni  della 
fabbrica  di  Elswick. 

^BiTista  mensile  del  Club  alpino  italiano.  Anno  VI,  1.  Torino,  1888. 

^Rivista  scientifico-industriale.  Anno  XIX,  23-24.  Firenze,  1887. 

Palmieri,  Studi  sperimentali  per  ridurre  le  osservazioni  di  meteorologia  elettrica  a 
misure  assolute.  —  La  telegrafia  sopra  i  treni  delle  strade  ferrate.  —  Influenza  che  esei^ 
cita  il  silicio  sullo  stato  del  carbonio  contenuto  nelle  ghise. 

^Telegrafista  (II).  Anno  VII,  1M2.  Roma,  1887. 
Studi  sul  telefono  del'prof.  Thompson. 

Pubblicazioni  estere. 

^■Aaarsberetning  (Bergens  Museums)  for  1886.  Bergen,  1887. 

Grieg.  Bidrag  til  de  norske  alcyonarier.  —  Namen,  The  structure  and  combination 

of  the  histological  elements  of  the  Ceiitral  nervous   System.  —  Brunchorst,  Ueber  eine 

sehr  verbreitet  Erankheite  der  Eartoffelknollen.  —  Id,  Zur  Bekampfung  der  Eohlhemie.  — 

Id,  Die  Structur  der  InhaltskOrper  in  den  Zellen  einiger  Wurzelanschwellungen. 

^Abhandlungen  aus  dem  Gebiete  der  Naturwissenschaften  herausg.  vom  Nator- 

wiss.  Vereln  in  Hamburg.  Bd.  X.  Hamburg,  1887. 

Bolau,  Zur  Geschichte  des  Naturvrissenschaftlichen  Vereins  in  Hamburg.  —  Wohltoill, 
Joachim  Jungius  und  die  Emeuerung  atomistischer  Lehren  im  17  Jahr.  —  Kiessling,  Bei- 
tr&ge  zu  einer  Chronik  ungewOhnlicher  Sonnen-  und  Himmelsfìlrbungen.  —  Neumayer,  Die 
Th&tigkeit  der  deutschen  Seewarte  w&hrend  der  ersten  12  Jahre  ihre  Bestehens.  —  Kruss, 
Die  Farben-Korrektion  der  FernrohivObjektive  von  Gauss  und  von  Fraunhofer.  —  Voller, 
Ueber  die  Messung  hoher  Potentiale  mit  dem  Quadrant-Elektfometer.  —  GotUche,  Die  Mol- 
lusken-Fauna  des  Holsteiner  Gesteins.  —  Kraepelin.  Die  deutschen  Susswasser-Bryozoen.  -— 
Afdòitu.  Das  Flaschentierchcn  (Folliculin-  ampulla).  —  Pfeffèr.  Beitr&ge  zur  Morphologie 
der  Dekapoden  und  Isopoden.  —  Stuhlmann.  Zur  Eenntniss  des  Ovariumsder  Aalmutter 
(Zoarces  viviparus  Cuv.). 

^Abhandlungen  der  math.-phjB.  Classe  der  kto.  S&chsischen  Gesellschaft  der 
Wissenschaften.  Bd.  XIV,  6,6.  Leipzig,  1887. 

5.  Droick,  TJntersuchungen  ueber  die  papiUae  foliatae  et  Circumvallatae  des  Eanin- 
chen  und  Feldhasen.  —  Hankel,  Elektrische  Untersuchungen.  XYm.  Fortsetzung  der  Ver- 
Buche  ueber  das  elektrische  Verhalten  der  Quartz-  und  der  Boracyt-crystalle. 
^  Abstracts  of  the  Proceedings  of  the  Chemical  Sociely.  N.  45, 46.  London,  1888. 
^Acta  mathematica.  XI,  1.  Stockholm,  1887. 

Picard.  Démonstration  d*un  théorème  general  sur  les  functions  uniformes  liées  par 
une  relation  algébrique.  —  Strauss,  Eine  Yerallgemeinerung  der  dekadischen  Schreibweise 
nebst  functionentheoretischer  Anwendung.  —  Lerch,  Note  sur  la  fonction  B  (ir ,  d? ,  «).  — 
Bruns,  Ueber  die  Integrale  des  VielkOrper-Problems. 
^Actes  de  la  Société  philologique.  T.  XV.  1785.  Alenjon,  1887. 
"^Anales  del  Museo  naeional  de  Mexico.  Tomo  III,  Entrega  11.  Mexico,  1886. 
/.  S.  Mapa  de  Tepechpan.  Historia  sincronica  y  sefiorial  de  Tepechpan  j  Mexico. 

Bullxttino-Rbndiconti,  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  6 


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—  XLII  — 

^Annalen  der  Physik  und  Chemie.  N.  F.  Bd.  XXXIII,  1.  Beibl&tter  Bd.  XI,  12  ; 
XII,  1.  Leipzig,  1888. 

Himstedt.  Ueber  cine  neue  Bestimmung  der  GrOsse  „r".  —  Cohn  und  Aron».  Messnng 
der  Dielectricitàtscontfltante  leitender  Flassigkehen.  — /i.  id.  Nachtrag  zu  dem  Aufsaiz: 
„LeitungsvermOgen  und  Dielectricitàtsconstante".  —  TomoszevoikL  Beìtrag  zur  Eenntniss 
der  Dielectricitfttsconstante  der  Fltssigkeiten.  —  Kohlrausch.  Ueber  eine  Zosammenhang 
zwischcn  Magnetisirbarkeit  und  clectrìschem  LeitungBYermOgen  bei  den  Terschiedenen  Ei- 
sensorten  und  Nickel.  —  Hartwig.  Die  electrische  Leitungsfòhigkeit  Yon  LOsungen  einiger 
Glieder  der  Fettsàurereihe  in  Wasser  und  einigen  Alkobolen.  —  Fromme,  Ueber  das  Ma- 
ximum der  galTanischen  Polarisation  von  Platinelectroden  in  Schwefels&ure.  —  v.  Ettings- 
hausen,  Bemerkungen  zu  dem  Aufsatze:  „Ueber  eine  neue  pobure  Wirkung  des  Magne- 
tisraus  auf  die  galvanische  Wftrme  in  '  gewissen  Substanzen".  —  Id,  Ueber  den  Einflnss 
magnetischer  Krafte  auf  die  Art  der  W&rmeleitung  im  Wismuth.  —  Eòert  Ueber  den 
Einfluss  der  Schwellenwerthe  der  Lichtempfindung  auf  den  Charakter  der  Spectra.  —  Id. 
Ueber  den  Einfluss  der  Dicke  und  Helligkeit  der  strablenden  Schicht  auf  das  Aossehen 
des  Spectrums.  —  Kurlbaum.  Bestimmung  der  Wellenl&nge  Fraunhofcrscher  Linien.  —  Pul- 
frich,  Ein  experimenteller  Beitrag  zur  Theorie  des  Regenbogens  und  der  flberz&hligen 
Bogen.  —  /rf.  Ueber  eine  dem  Regenbogen  verwandte  Erscheinung  der  Totalreflexion.  — 
JVolf,  Bestimmung  der  chromatiscben  Abweichung  acbromatischer  Objective.  —  Batter, 
Ein  einfacher  Apparai  zu  Yorfdbrung  aller  Lagen  zweier  Punkte,  welche  eine  gegebene 
Strecke  barmonisch  theilen,  sowie  aller  Lagen  eines  durch  einen  spbftrìscben  Spiegel  oder 
eine  spb&riscbe  Linse  erzeugten  Bildes.  —  Angstrom.  Die  Volumen-  und  Dicbtigkeitsye- 
rànderungen  der  Flflssigkeiten  durch  Absorption  von  Gasen.  —  Fromme.  Zur  Frage  nach 
dem  Maximum  des  tempbrftren  Magnetismus.  —  Id.  Zur  Frage  der  anomalen  Magnetìsi- 
rung.  —  V.  Uljanin.  Bemerkung  zu  einer  Stelle  in  Hrn.  Exner's  Abhandlung  flber  Con- 
tacttheorie.  ~  Braun.  Berichtigung,  die  Compressibilit&t  des  Steinsalzes  betrefifend. 

'  Annalen  (Justus  Liebig's)  der  Chemie.  Bd.  CCXLII.  Leipzig,  1887. 

Beese.  Ueber  die  Ein  wirkung  von  Phtalsftureanbydrid  auf  Amidosàuren.  —  IVisli- 
cenus.  Ueber  die  Producte  der  Einwirkung  von  Pbtalyldichlorllr  auf  Natriummalonsfture- 
ester.  —  Volhard.  Ueber  schweflige  Saure  und  Jodometrie.  —  Polko.  Ueber  Butenyltricar- 
bons&ure  und  Aethylbemsteìns&are.  —  Barnstein.  Ueber  Isobutenyltricarbons&ure  und  die 
unsymmetrische  Dimethylbernsteinsfture.—  Volhard.  Ueber  Darstellung  a-bromirter  Sfturen.  — 
Mickaelis.  Ueber  die  Verbindungen  der  Elemento  der  Stickstoffgruppe  mit  den  Radicaien 
der  aromatischen  Reihe.  —  Id.  und  Genzken.  Ueber  die  drei  isomeren  Tritolylstibine.  — 
Levy  und  Englànder.  Ueber  die  Oxydation  des  CopaivabalsamOla.  —  Graehe  und  Juillard. 
Ueber  Diphtalylsfture.  —  Thoms.  Ueber  den  Bitterstoff  der  Ealmuswurzel,  Entgegnung.  — 
DÒbner.  Ueber  a-Alkylcincboninsfturen  und  a-Alkylchinoline.  —  Id.  und  Oieseke.  Ueber 
a-Pbenylcinchonins&ure  und  ihre  Homologen.  —  Moller.  Ueber  Jodalkylate  des  Cbinaldins.  — 
Id.  Ueber  Derivate  des  Tetrahydrochinaldins.  —  Hinz.  Ueber  JD-Benzoylchinaldin  undj9-Di- 
chinaldin.  —  Griepentrog.  Ueber  eine  Bildnngsweise  des  Triphenylmethans  und  homolo- 
ger  Kohlonwasserstoffe.  —  Dóìmer  und  Petschotc.  Ueber  Verbindungen  von  Eetonen  mit 
Dimethylanilin  und  Diftthylanilin.  —  Fischer  und  Steche.  Verwandlung  der  Indole  in  Hy- 
drocbinoline.  —  Steche.  Ueber  einige  Derivate  des  ^S-Napbtindols.  —  Fischer.  Ueber  das 
Methylketol.  -—   Wagner.  Azo-  und  Araidoderivate  des  Methylketols. 

+Annales  des  ponts  et  chaussées.  Nov-déc.  Paris,  1887. 

Nov.  Alexandre.  Port  de  Dieppe.  Mémoire  sur  la  construction  de  recluse  d'aval  du 
bassin  de  Mi-Marée.  —  Gros.  Note  sur  les  càbles  transporteurs  aériens  (système  Gourjon).  — 
Murgue.  Expériences  faites  à  Bessèges  pour  déterminer  la  résistance  &  Tincurvation  des 


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—  XLIII  — 

càbles  métalliques.  —  DÉc.  Nohlemaire.  Les  prìz  de  revient  sur  les  chemins  de  fer  et  la 
répartition  du  trafic.  —  Bricka.  Note  sur  les  formnles  de  résistance  du  fer  et  de  Tacier 
employées  en  Allemagne  et  sur  Tapplication  auz  ponts  métalliqnes  dea  résaltats  des  expé* 
rìences  de  WOhler  et  Spangenberg.  —  Oalliot  Étude  sur  les  portes  d'écluses  en  tdie.  — 
Clavenad.  Le  pian  de  rupture  et  la  poussée  dans  les  massifs  cohérents  et  sans  cohésion. 

^Annales  (Nouvelles)  de  mathématiques.  3®  sér.jany.  1888.  Paris. 

Ilumbert  Sur  les  arca  des  curbes  planes.  —  Jfarchand,  Solution  de  la  question  pro- 
posée  au  concours  general  de  1885.  —  Id.  Solution  de  la  question  proposée  au  concours 
general  de  1886.  —  Stieltjes.  Sur  une  généralisation  de  la  formule  des  accroissements 
finis.  —  Faure,  Sur  un  théorème  de  Chasles. 

^Annals  of  the  New  York  Academy  of  sciences,  late  Lyceam  of  Naturai  Hi- 

story.  Voi.  IV,  1-2.  New  York,  1887. 

Kigenmann  und  Homing.  A  Review  of  the  CbsBtodontidae  of  North  America.  —  Car- 
rington  BoUon.  Supplement  to  a  Catalogne  of  Chemical  Periodicals.  —  Lawrence,  De- 
scription  of  a  New  Species  of  Thrush  from  the  Island  of  Grenada,  West  Indies.  —  Boll- 
man,  Notes  on  North  American  Julidae.  —  Hidden.  On  the  Iron  Meteorite  which  fell  near 
Mazapil,  during  the  Stai>shower  of  November  27,  1885.  —  Lawrence.  Descriptions  of  New 
Species  of  Birds  of  the  Families  Sylviidae,  Troglodjtidse  and  Tyrannid». 

^Annuaire  de  rAcadémie  r.  des  sciences  de  Belgique.  1888.  Bruxelles. 

^Anzeiger  (Zoologischer).  N.  26-270.  Leipzig,  1887-88. 

268.  Sarasin.  Enospenbildung  bei  Seestemen.  —  Beddard,  On  the  so  Called  prostate 
glans  of  the  Oligochaeta.  —  /i.  Note  on  the  reproductive  organs  of  Moniligaster. — 
Veidovsky.  Das  larvale  und  definitive  Excretionssjstem.  —  SchilL  Antony  van  Leenven- 
hoek's  Entdeckung  der  Microrganismen.  —  269.  Fjektrup,  Ueber  den  Bau  der  Haut  bei 
Globiocephalus  melas.  —  Karsck,  Scorpione  mit  KreisfOrmingen  Stigmen.  — 
Boume,  The  vascular  System  of  the  Hirudines.  —  -^acAflria^.  Vorschlag  zur  Grfindung 
von  zoologischen  Stationen  behufs  Beobachtungen  der  Stisswasserfauna.  —  270.  Imhof, 
Notiz  ueber  die  microscopische  Thierweli  —  Leydig.  NervenendkOrperchen  in  der  Haut 
der  Fische  —  Baur.  Dermochelys,  Dermatochelys  oder  Sphargis.  —  Cholod- 
kowsky,  Ueber  einige  Chérmes-Arten.  —  Imhof.  Eines  neues  Mitglied  der  Tiefseefauna 
der  Susswasserbecken.  —  Zacharias.  Ueber  Psorospermium  Haeckelii. 

^Archaeologia  or  Miscellaneous  tracts  relating  to  Antiquity,  pubi,  by  the  So- 
ciety of  Antiquaries  of  London.  Voi.  L.  London.  1887. 
Freshfield,  Mason's  Marks  at  Westminster  Hall.  —  Micklethwaite.  A  Note  on  the 
Hall  of  William  Bufns  at  Westminster.  —  Clarke,  The  west  side  of  Westminster  Hall.  — 
Freshfield.  Some  remarks  upon  the  Book  of  records  and  history  of  the  Parish  of  St.  Ste- 
phen. —  Pullan.  On  recent  excavations  on  the  supposed  site  ofthe  Artemisium  near  the 
Lake  of  Nemi.  —  Middeton,  On  a  saxon  Chapel  at  Deerhurst.  —  Green,  On  the  XV  Cen- 
tury  Diptych  of  the  Chevalier  Philip  Hinckaert,  Chastelain  de  Tervueren,  in  Brabant.  — 
Parker.  The  Manor  of  Aylesbury.  —  Fortnum.  The  seal  of  Cardinal  Andrea  de  Valle  A. 
D.  1517.  —  ffope.  On  the  english  mediaeval  drinking  bowls  called  Mazers.  —  Gomme. 
On  archaic  Conceptions  of  property  in  relation  to  the  laws  of  succession.  —  Nichols.  Some 
remarks  upon  the  Begia  the  Atrium  Vestae  and  the  originai  locality  of  the  fasti  Capitolini. 

^Archives  du  Musée  Teyler.  Sér.  2%  voi.  Ili,  1.  Haarlem,  1887. 

Lorié.  Contributions  à  la  geologie  des  Pays  Bas.  IL  Le  diluvium  ancien  ou  grave- 
leux.  n.  Le  Diluvium  plus  recent  ou  sableux  et  le  système  Eemien. 


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—  XLIV  — 

^Berìolite  der  deutschen  Chemìschen  GeseUschaft.  Jhg.  XX,  18  ;  XXI,  1.  Be- 
lili, 1888. 

XX,  IS,  Latsck%noto,JJe\>eT  àie  empirìsche  Formel  der  CholsUare.  — /app  nnd  Klinge- 
mann.  Zar  EenntnisB  der  Benzolazo-  nnd  Benzolhydrazopropions&oren.  —  Raissert  fieraer- 
knng.  —  Gottschalk.  Einwirkong  yon  Salpeters&are  auf  Pentamethylbenzol.  —  Meyer.  Notìz 
flber  Orthocyanphenol.  — Baitker.  Ueber  Tetramethyldiamidothiobenzophenon.  —  Lippfnanm 
von.  Ueber  eine  im  Btibenrohzucker  vorkommende  redncirende  Sabstanz.  —  Bischler,  Conden- 
sationsproducte  ans  Paratoluidin  mit  ParanitrobittermandelOl.  —  Lossen.  Ueber  die  Lage  der 
Atome  im  Ramn.  —  Ekstrand  und  Johanson.  Zur  Kenntniss  der  Kohlehydrate.  —  Peters.TìeheT 
die  EinwirknDg  yon  wfissrìgem  Anmioniak  aof  alkylisirte  Acetessigsànrealkylester  nnd  den 
Einfluss  von  Alkobolen  auf  die  Carboxyl-Alkylgrappen  der  Acetessigester.  —  Bailey.  Die 
Componenten  der  Absorptionsspectra  erzengenden  seltenen  Erden.  —  Damòergis.  Analyse  der 
Mineralqnellen  der  Halbinsel  Methana.  —  Polis.  Ueber  aromatiscbe  Bleiverbindongen.  — 
Hantzsch  und  Weber.  Berichtigimg.  —  Otto.  Synthese  der  Anbydride  aromatìscher  Solfin- 
s&oren.  —  Bamberger.  Zur  Kenntniss  des  Cbinolins.  —  Traube.  Ueber  die  electrolytischc 
Entstebung  des  Wasserstoff hyperoxyds  an  der  Anodo.  —  Id.  Berichtigung.  —  Knop.  Ueber 
die  Einwirkung  Ton  Phosphorspentasulfid  auf  Anilin.  —  Weinberg.  Ueber  die  Umlagenuig 
der  /J-Naphtylaminsulfosauren.  —  Kossel.  Ueber  das  Adenin.  IIL  —  Hill.  Notiz  uber  die 
Furfuracryls&ure.  —  Hollemann.  Ueber  die  Einwirkungsproducte  von  Salpeters&ure  1.4  spec. 
Gewicht  auf  Acetophenon.  —  Schall.  Festes  Orthojodphenol  aus  Jod  und  Phenolnatrìum.  — 
Id.  und  Dralle.  Ein  neues  Brasilinderivat.  —  Rukemann.  Ueber  die  Einwirkung  von  Ani- 
moniak  auf  Aetber  fetter  S&uren.  Zur  Kenntniss  des  Pyrìdìns.  —  Skinner  und  Ruhemann. 
Ueber  die  Einwirkung  von  Phenylhydrazin  auf  die  Glieder  der  Hamstoflfreibe.  —  Pfordten 
von  der.  Die  niedrigste  Verbindungsstufe  des  Silbers.  —  Meyer.  Ueber  die  Darstellung  von 
Jodwasserstoff.  —  Fischer  und  Tafel.  Syntbetische  Versuche  in  der  Zackergruppe.  IL  — 
Schulze,  Bemerkungen  zur  Titration  von  Pyridinbasen.  —  Wislicenus.  Ueber  den  Óxal- 
essigster.  II.  —  Id.  und  Arold.  Ueber  den  Methyloialessigester.  —  Raikow.  Zur  Ge- 
scbichte  der  rc-Metbylzunmtsàure.  —  Japp  und  Klingemann.  Ueber  sogenannte  ngemischte 
Azoverbindungentt.  —  Afauzelius.  Ueber  die  Einwirkung  von  rauchender  Scbwefels&ure 
auf  salzaures  a-Naptylamin  bei  niedriger  Temperatur.  —  Id.  Ueber  die  ai=arBromnapbta- 
lins&ure.  —  Klason.  Ueber  Darstellung  von  Sulfhydraten  und  Sulfiden  des  Methans  und 
Aethans.  —  Id.  Ueber  Alkylpolysulfide.  —  Pictet  und  Duparc.  Ueber  Pi^AethylindoL  — 
Pictet.  Ueber  die  Darstellung  der  secundàren  aromatischen  Amine.  ->  XXI,  1.  Rùdorff. 
Zur  Constitution  der  LOsungen.  I.  —  Meyer.  Ueber  die  Constitution  der  gemischten 
Azoverbindungen.  —  Braun  und  Meyer.  Ueber  die  Aldine  und  das  Eso-Amidoaceto- 
phenon.  —  Biltz  und  Meyer.  Ueber  Siedepunkt  und  Molecularfonnel  des  Zinncblortirs.  — 
Meyer.  Zur  Darstellung  der-/SJodpropionsaure.  —  Id.  Ueber  Vorlesungsieperimente  mit 
Chlorstickstoff;  —  Kipping.  Versuche  zur  Darstellung  von  isomeren  Naphtalinderiva- 
ten.  —  Id.  Ueber  die  Meta-  und  Paraphenylendipropionsàuren.  —  Id.  Ueber  Metar 
und  Paraphenylendiessigsauren.  —  Id.  Notiz  tiber  die  Darstellung  von  Isophtals&ure.  — 
Einorhn.  Beitr&ge  zur  Kenntniss  des  Cocalns.  —  Bamberger  und  Lodter.  Ueber  die  Re- 
duction  aromatischer  S^urethiamide.  —  Urech.  Zur  thermodinamischen  Formulirung  des 
Temperatureinflusses  auf  die  chemische  Boactionsgeschwindigkeit.  —  Móhlau  und  Krohn. 
Ueber  die  Umwandlungen  des  Dimethylanilins  und  Monometbylanilins  unter  dem  Einfluss 
des  Schwefels.  —  Lunge.  Zur  Theorie  des  Bleikammerprocesses.  —  Ansckùtz.  Ueber  die 
Bildung  von  Phenylhydrazilsauren  aus  den  Anhydriden  zweibasischer  Sàuren.  —  Otto.  Ana- 
logien  zwìschen  Ketonsiluren  und  alkylsulfonirten  Fettsàuren.  —  Schall.  Zur  Dampfdichte- 
bestimmung.  —  Billeter  und  Strohl.  Ueber  die  Einwirkung  von  Thiopbosgen  auf  secun- 
dare  Amine.  II.  —  Hinsberg.  Ueber  die  Einwirkung  der  Natriumbisulfltverbindung  des 
Glyoxals  auf  aromatiscbe  Monamine.  —  Meyer.  Notiz  tiber  Benzol-Azomalons&ure.  —  Jor 


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—   XLV  — 

novsky,  Ueber  eine  Azotoluol-monosalfos&ore.  —  ìVol/f.  Ueber  Dimeihylmdol.  —  Kruu. 
Ueber  das  Atomgewicht  des  Goldes.  --  Id,  Ueber  ein  neues  Vorkommen  des  Gsrmaniams.  — 
Feit  Zur  Kenntniss  der  Wolframverbindungeii. 

^Bericht(X)  der  naturwissenschaftlichen  Gesellschaft  za  Chemnitz.  1884-86. 
Ghenmitz,  1887. 

Pabst.  Die  Gross-SchnppeDflflger  (Macrolepidoptera)  der  Umgegend  ron  Chemnitz 
und  ihre  Entwickelungsgeschichte.  II  Teil.  —  Liebe,  Die  Aufgabe  der  Naturw.  Vortrag 
in  der  Festsitzung  zur  Feier  des  25*  Bestehens  der  Gesellschaft.  —  HaupU  Die  Massen- 
vergiftung  dnrch  Fleichgenuss  in  Chemnitz.  —  Kramer.  Die  Verànderung  velche  das  Pflan- 
zenbild  Earopas  darch  die  Einwirkung  des  Menschen  erfahren  hat.  —  SterzeL  Ueber  die 
Entstehung  des  Erzgebirges.  —  ^immermann.  Die  Pisanggewachse  (mnsa).  —  Kramer. 
Phytoph&nologische  Beobachtungen.  —  Sterzel.  Rhinoceros  tichorhinus  Cuvier  aos  dem 
Dilaviom  von  Chemnitz.  —  Id.  Ueber  den  grossen  Psaronins  in  der  natorwissenscbaftli* 
chen  Sammlong  der  Stadi  Chemnitz. 

^Bidrag  till  kànnedom  od  Finlands  Natar  och  Folk.  H.  44.  Helsingfors,  1887. 
Bonsdorff.  JordlOsningen  och  dess  circolation  i  den  odlade  jorden.  —  Ramsay.  Om 
de  ark&iska  bildningama  i  nordOstra  delen  af  Jaala  sòcken.  —  Hjelt.  Journal  da  general 
J.  Ereith  pendant  la  guerre  en  Finlande  1741-1743.  —  Berner.  Ett  KaleTata-ord.  —  ffausen, 
Anteckningar  gjorda  under  en  Antiqvanst  forskningsresa  sommaren  1886  i  Oestra  Nyland.  — 
Tigerstedt.  Studiar  rdrande  sOdra  Finlands  lerlager. 

^Bijdragen  tot  de  Taal-  Land-  en  Yolkenkande  van  Nederlandsch-Indié.  5  Yolg. 
Ili,  1.  'S  Gravenhage,  1888. 

Tromp,  Uit  de  Salasila  van  Koetei.  —  Snouck  Hurgronje,  Nog  iets  over  de  Sala- 

sila  van  Koetei.  —   Wilken,  Oostersche  en  Westersche  Bechtsbegrippen.  —  Kielstra,  Hot 

contract  met  Bondjol  van  Januari  1824.  —  HotUsma,  Een  brief  van  Anquetil  du  Perron. 

^Boletim  da  Sociedade  de  Geografia  de  Lisboa.  V  Serie,  n.  2.  Lisboa,  1887. 

de  Paiva,  Expedi^ào  ao  Cubango.  —  Chojfat,  Dos  terrenos  sedimentares  da  Africa 

portugueza  e  con8idera90es  sobre  a  geologia  d'este  continente. 

^Boletin  de  la  real  Academia  de  la  Historìa.  Tomo  XI,  6.  Madrid,  1887. 

de  Artecke,  Diario  vallisoletano  durante  la  guerra  de  la  Independencia.  —  de  Pano. 
Acta  de  apertura  y  reconoscimiento  de  los  sepulcros  reales  del  Monasterio  de  Sijena.  — 
de  Mandrazo,  El  supuesto  retrato  de  Hugo  de  Moncada.  —  Danvila,  Nuevos  datos  para 
escribir  la  historìa  de  las  Cortes  de  Castilla  en  el  reinado  de  Felipe  IV. 

*Bulletin  derAcadómie  r.  dessciences  de  Belgiqaes.  3*  sòr.  t.  XIV,  11.  Bru- 
xelles, 1887. 

Plateau.  Recherches  expérìmentales  sur  la  vision  chez  les  Arthropodes.  Vision  chez 
Ics  Arachnides.  —  Spring,  Simple  observation  au  sujet  d'un  travail  de  M.  W.  Hallock  in- 
titulé:  «  The  Flow  of  Solids,  etc.  ».  —  Mourlon.  Sur  les  dépdts  rapportés  par  Dumont  à 
ses  systèmes  laekenien  et  tongrìen  au  S.-E.  de  Bruxelles.  —  Corin.  Action  des  acides  sur 
le  goùt.  —  Stroobant.  Observations  physiques  de  Satume  faites  en  1887,  à  TObservatoire 
royal  de  Bruxelles.  —  Deruyts,  Sur  la  théorie  d'involution.  —  de  Lettenhove.  La  dernière 
séance  du  Conseil  avant  le  supplice. 

'l'Bulletin  de  la  Société  entomologique  de  Franco.  1887.  Cab.  23,  24.  Paris. 

^Bulletin  de  la  Société  i.  des  naturalistes  de  Moscou.  1887,  n.  3.  Moscou,  1887, 

V.  Menzbier,  Vergleichende  Osteologie  der  Pinguine  in  Anwendung  zur  Haupteinthei- 

lung  der  VOgel.  —  Lindeman.  Die  Hessenflegie  (Cecidomya  destructor  Say)  in  Russland.  — 

KHCJAKOBCKArO.  XRMHHecKift  xapasrepi  JlHDe^sHX'b  MiraepaifcHHzi  boj^i.  ~  Weinberg. 


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—  XLVI  — 

Ueber  die  zunehmende  Zahl  der  Blitzschl&ge  nnd  die  IJrsachen  derselben.  —  Smimtnc. 
Énumeration  des  espèces  de  plantes  vasculaires  du  Caucase.  —  JEHTBHHOBA.  Chhcok-l 
pacTCHift  ABHopacTyniHX'b  vb  TaHÓOBCKoft  ry6epHÌH.  —  Ballion.  Otiorhynchns  Turca  Ster. 
Ein  Besch&diger  des  Weinstockes. 

^BuUetin  de  la  Société  khédivìale  de  Geographìe.  2®  sér.  n.  12.  Le  Caire,  1887. 
Junker,  Sept  ans  de  voyages  dans  TAfrique  centrale. 

•^Bulletin  de  la  Société  mathématique  de  Trance.  T.  XV,  7.  Paris,  1887. 

Anglin.  Sur  le  coefficient  du  terme  general  dans  certains  déyeloppements.  —  Laitant. 
Théorèmes  de  trigonometrie.  —  Poincaré.  Sur  les  hypothèses  fondamentales  de  la  geome- 
trie. —  de  Fresie.  Développement  en  produit  des  fonctions  0  et  H  de  Jacobi  et  recherche 
des  valeurs  de  ces  fonctions  quand  les  périodes  sont  divisées  par  un  nombre  entier. 

^Bolletin  des  sciences  mathématiques.  2^  sér.  t.  XII,  jany.  1888.  Paris. 

Schoenfiies.  Sur  les  courbes  et  surfaces  décrites  pendant  le  mouvement  à  cinq  con- 
ditions.  —  Weyr.  Extrait  d'une  lettre  à  M.  Hennite.  —  Kcenigs.  Un  théorème  concemant 
la  surface  de  Steiner,  et  l'ensemble  de  trois  coniques  qui  se  coupent  dans  Tespace. 

•Bulletin  of  the  Buffalo  Society  of  naturai  Science.  Voi.  V,  2.  Buffalo,  1886. 
Walker.  The  Gape  Worm  of  Fowls  (Syngamus  tracheali s):  .The  Earthwonn 
(Lumbricus  terrestri s),  Its  Originai  Host.  —  Id,  On  the  Prevention  of  the  Disease 
in  Fowls  Called  the  Gapes,  which  is  Caused  by  this  Parasite.  —  Fish.  Yentrìloquial  and 
and  Imitative  Power  of  Birds.  —  Williams.  Notes  on  the  Fossil  Fishes  of  the  Genesee 
and  Portage  Black  Shales.  —  Mixer  and  Williams.  Fish  Remains  from  the  Corniferous, 
near  Buffalo.  —  Day.  Native  and  Naturalized  Pian ts  of  Buffalo  and  its  Vicinity  (Second 
Supplement).  —  Pohlman.  The  Thickness  of  the  Onondaga  Salt  Group  at  Buffalo,  N.  Y. 

^BuUetìn  of  the  California  Academy  of  Sciences.  Voi.  II,  6,  7.  S.  Francisco,  1887. 
7.  Becker.  The  Washoe  Bocks.  —  Comstock.  Tiofisìonal  Vaine  of  the  Latitude  of  the 
Lick  Observatory.  —  1.  Lee  Greene.  Some  Genera  Which  Have  Been  Confus'ed  Under  the 
Name  Brodiaa.  —  2.  Miscellaneous  Species,  New  or  Noteworthy.  —  On  Tetraodon  Setosus 
a  New  Species  AUied  to  Tetraodon  Meleagris  Lacép.  —  Casey.  Descriptive  Notices  of  North 
American  Coleoptera.  —  Davidson.  Submarine  Valleys  on  the  Pacific  Coast  of  the  United 
States.  —  Bryant.  Additions  to  the  Ornithology  of  Guadalupe  Island.  —  Davidson.  Stand- 
dard  Geodetic  Data.  —  Id.  Early  Spanish  Voyages  of  Discovery  on  the  Coast  of  Califor- 
nia. —  7.  Richter.  Gcean  Currents  Contiguous  to  the  Coast  of  Califomia.  —  Parry.  The 
Pacific  Coast  Alders.  —  Cooper.  West  Coast  Pulmonata;  Fossil  and  Living.  —  Lee  Greene. 
Studies  in  the  Botany  of  Califomia  and  Parts  Adiacent.  VI.  —  Emerson.  Omithologìcal 
Observations  in  San  Diego  County.  —  Wolle.  Desmids  of  the  Pacific  Coast.  —  ffarkness. 
Fungi  of  the  Pacific  Coast.  —  Davidson,  Occultations  of  Stars  by  the  Dark  Limb  of 
the  Moon. 

'  Bulletin  of  the  United  States  Geological  Surwey.  N.  34-39.  Washington. 

White,  On  the  relation  of  the  Laramie  MoUusean  Fauna  to  that  of  the  succeedings 
Fresh-water  Eocene  and  other  groups.  —  Barus  and  Strouhal.  The  Physical  Properties  of 
the  Lron  Carburets.  —  Barm.  The  Subsidence  of  small  particles  of  Insolnble  Solid  in 
Liquid.  —  Ward.  Types  of  the  Laramie  Flora.  —  Diller.  Peridotite  of  Elliot  County,  Ken- 
tucky. —  Upham.  The  Upper  Beaches  and  Deltas  of  the  Glacial  Lake  Agassiz. 

^Centralblatt  (Botanìsches).  Bd.  XXXIII,  1-5.  Cassel,  1888. 

Jankò.  Equisetum  albomarginatum   Eitaibel.  —  Hansgirg.  Einige  Bemerkungen  znr 

Aufsatze  A  Tomaschek^s  «Ueber  bacillus.muialis».  —  Murr,  Ueber  die  Einschleppnng 
nnd  Yerwilderung  von  Pflanzenrarten  im  mittleren  Nord-TiroL 


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—  XLVII  — 

^•Centralblatt  fur  Physiologie.  1887,  n.  20-22,  Wien,  1887. 

Wurster.  Ammoniakbestìmmiing  im  Ham.  —  Edgren.  Cardiographische  nnd  sphygmo* 
graphische  Studien.  —  Danilewiky,  Ein  Kymorheonom.  —  Engelmann.  Polyrhèonom.  — 
de  Varigny,  Seethìere  im  SQsswasser. 

^Circulars  (Johns  Hopkins  University).  Voi.  VII,  62.  Baltimore,  1888. 

^Civilingenieur  (Der).  Jhg.  1887.  N.F.  Voi.  XXXIII,  3.  Leipzig,  1887. 

Nagel,  Mittheilungen  aus  dem  Gebiete  der  Geodasie.  —  Mohr.  Ueber  Geschwin- 
digkeitspl&ne  und  Beschleunigungsplftne.  —  Hartig,  Die  mikoskropische  Untersuchung 
des  Papieres. 

^Compte  rendu  des  séances  de  la  Commission  centrale  de  la  Société  de  gèo- 
graphie.  1887,  14-16;  1888,  n.  1.  Paris. 

^Gomptes  rendu  des  séances  et  travam  de  TAcadémie  des  sciences  morales  et 
politiques.  N.  S.  T.  XXIX,  1-2.  Paris. 
Zeller.  Discours  prononcé  à  la  séance  publique  annuelle  du  17  décembre  1887.  — 
Simon,  Notice  historique  sur  la  vie  et  les  travaux  de  M.  Louis  Reybaud.  —  Chéruel,  Ròle 
politique  de  la  Princesse  Palatine  (Anne  de  Gonzagne)  pendant  la  Fronde,  en  1651.  — 
Doniol.  Documents  inédits  sur  le  rapprochement  du  gouvemement  de  Louis  XVI  avec  Fré- 
dérìc  n.  —  Levasseur,  Statistique  de  la  superficie  et  de  la  population  des  contrées  de  la 
terre.  —  Gréard,  Notice  sur  la  vie  et  les  travaux  de  M.  Demolombe. 

'^Comptesrendus  hebdomadaires  de  séances  des  l'Académie  des  sciences.  T.  OV, 
26;  evi,  1-4  Paris,  1887-88. 
evi,  1.  Bertrand,  Sur  rassociation  des  électeurs  par  le  sort.  —  de  Jonquières.  Dt^^tei^ 
mination  du  nombre  maximum  des  points  doubles,  proprement  dits,  qu'il  est  permis  d'at- 
tribuer  arbitrairement  à  une  surface  algébrìque  de  degré  m,  dont  la  détermination  est 
complétée  par  d'autres  points  simples  donnés.  —  Comu,  Sur  une  objection  faite  à  Temploi 
d'amortisseurs  électromagnétiques  dans  les  appareils  de  synchronisation.  —  Charlois, 
Observations  de  la  comète  d'Olbers,  faites  à  TObservatoire  de  Nice  (équatorial  de  Gautier, 
de  0"»,38  d'ouverture).  —  Stanoiéwitch,  L'éclipse  totale  du  soleil  du  9  aoùt  1887,  observée 
en  Russie  (Pétrowsk).  —  Janssen.  Bemarques  sur  la  Communication  précédente.  ^  Rauche, 
Sur  un  problème  relatif  à  la  durée  du  jeu.  —  Bertrand.  Démonstration  du  théorème  énoncé 
par  M.  E,  Rouché  dans  la  Note  précédente.  —  Kosnigs.  Déterminationi  sous  forme  ezplìcite, 
de  tonte  surface  réglée  rapportée  à  ses  lignes  asymptotiques,  et  en  particulier  de  toutes 
les  surfaces  réglées  à  lignes  asymptotiques  algébrìques.  —  Demartres,  Sur  les  système  de 
courbes  qui  divisent  homographiquement  une  suite  de  cercles.  —  Antoine,  Sur  les  varia- 
tions  de  temperature  des  gaz  et  des  vapenrs  qui  conservent  la  méme  quantité  de  chalenr, 
sous  des  tensions  différentes.  —  WiU,  De  Ténergìe  nécessaire  pour  la  création  d*un 
champ  magnétique  et  Taimantation  du  fer.  —  Sabatier.  Sur  la  vitesse  de  transformation 
de  Tacide  metaphosphorique.  —  Lévy,  Sur  un  alliage  de  titane,  de  silicium  et  d'alumi- 
nium.  —  Jungfleisch  et  Léger,  Sur  quelques  dérìvés  de  la  cinchonine.  —  Caventou  et 
Girard,  Action  de  Tacide  oxalìque  sur  la  cinchonine  en  présence  de  Tacide  sulfurìque.  — 
RoìiX  et  Louise,  Sur  la  densité  de  vapeur  de  raluminium-^thyle.  —  Oonnard,  De  la 
genèse  des  phosphates  et  arséniophosphates  plombifères  de  Roure  et  de  Rosiers  (Pont* 
gibaud).  —  Sauvageau,  Sur  la  présence  de  diaphragmes  dans  les  canaux  aérifères  de  la 
Tacine.  —  Bimar.  Recherches  sur  la  dìstrìbution  des  vaisseauz  spermatiques  chez  divers 
mammifères.  —  Bieco,  Sur  les  trombes.  —  Bordas.  Sur  une  maladie  nouvelle  du  vin  en  Al- 
gerie. —  2.  Comu.  Sur  le  réglage  du  courant  électrique,  donnant  à  roscillation  synchro^ 
nisée  une  amplitude  déterminée.  —  Debray  et  Joly.  Recherches  sur  le  ruthénium  :  oxyda- 
tion  du  ruthénium  et  dissociation  de  son  bioxjde.  —  Broum-Siquard  et  d^Arsonval.  Recher- 


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—  XLvni  — 

chea  démontnnt  qae  Tair  expìré  par  lliomme   et  les  mammìfères   à  Fétat  de   aasiìé, 
contìent  un  agent  toxiqae  très  puissant. —  Vemeuil,  Dea  abcès  profonds  etloiatans,  consé- 
cntifs  à  ranthrax.  —  Antoine,  Yariation  de  temperature  d'une  vapeur  comprìmée  ou  di- 
latée,  en  conservant  la  méme  chalear  totale.  —  Picard.  Bemarques  sur  les  groupes  de  trans- 
formatìons  relatifs  à  certaiiies  équations  différentielles.  —  Lucas.  Généralisation  dn  théorème 
de  Bolle.  —  Riemann.  Sur  une  généralisation  du  principe  de  Dirichlet.  —  Deffbrges.  Sor 
la  mesure  de  Tintensité  absolue  de  la  pesanteur.  —  Ledeboer.  De  Tinfluence  de  la  tempe- 
rature sur  Taimantatìon.  —  Moureaux.  Sur  la  valeur  actuelle  des  éléraents  magnétiqnes 
à  rObservatoire  du  pare  Saint-Maur.  —  Bauhigny.  Sur  Temploi  de  Thydrogène  sulfuré  pour 
purifier  les  sels  de  cobalt  et  de  nikel.  —  Hautefeuille  et  Margottet.  Sur  les  phosphates 
de  sesquioxyde  de  fer  et  d'alumine.  —  Vivier.  Nouvelle  méthode  de  dosage  des  nitrites.  — 
Lafant.  Action  de  Tacide  formique  sur  Tessence  de  térébenthine  fran9aise.  —  Combes,  Sur 
les  synthèses  dans  la  sèrie  de  la  quinoléine  au  moyen  de  Facétylacétone  et  de  ses  dérivés.  — 
Hénocque,  —  Des  variations  de  Tactivité  de  reduction  de  Toxyhémoglobine  chez  Thomme  sain 
et  chez  Thomme  malade.  —  Joyeux-Laffuie.  Sur  le  système  nerveux  du  Chétoptère  (C.  Va- 
lencinii).  —  Rivière.  Sur  une  nouvelle  station  humaine  de  Tàge  de  la  pierre,  découverte 
dans  les  bois  de  Fausses-Reposes  (Seine^trOise).  —  3.  Bertrand.  Su/la  loi  de  probabilité 
des  erreurs  d'observation.  —  de  Jonquières.  Sur  un  trait  caraetéristique  de  dissemblnnce 
entro  les  surfaces  et  les  courbes  algébriques,  d*où   dépendent  les  limites   respectives  des 
nombres  de  points  doubles  qu'il  est  permis  de  leur  attribuer  arbitrairement  —  Comu.  Re- 
marques  sur  la  demière  Note  de  M.  Wolf.  —  Faye.  Sur  le  tome  HI  des  «  Annales  de  TOb- 
servatoire  de  Rio- Janeiro  ».  -—  Brown-Séquard  et  d'ArsonvaL  Nouvelles  recberches  sur  les 
phénomènes  produits  pas  un  agent  tozique  très  puissant  qui  sort  sans  cesse  des  poumons 
de  rhomme  et  des  mammifères,  avec  Tair  ezpiré.  —  Vemeuil.  Du  tétanos  spontané.  —  de  Les- 
8ep$.  Sur  le  percement  de  risthme  de  Panama.  —  Albert  de  Monaco.  Sur  des  courbes 
barométriques  enregistrées  pendant  la  troisième  campagne  scientifique  de  r«  Hirondelle  ».  — 
Lelieuvre.  Sur  les  lignes  de  courbure  et  les  lignes  asymptotiques  des  surfaces.  —  Lerch. 
Sur  une  formule  d'arithmétique.  —  Goursat.  Sur  les   systèmes  d'équations  linéaires  qui 
sont  identiques  à  leur  adjoint.  —  d'Ocagne.  Sur  la  détermination  du  chifire  qui,  dans  la 
suite  naturelle  des  nombres,  occupo  un  rang  donne.  —  Defforges.  Sur  la  mesure  de  Tin- 
tensitè  absolue  de  la  pesanteur.  —  Lucas.  Détermination  électrique  des  racines  réelles  et 
imaginaires  de  la  dérìvée  d*un  polyndme  quelconque.  —  Àfeslin.  Sur  la  polarisation  elliptì- 
que  par  transmission  à  travers  les  métauz.  —  Janet.  Sur  Tapplication  du  pbénomène  de 
Taimantation  transversale  à  Tétude  du  coefficient  d*aimantatìon  du  fer.  —  Soret.  Sur  la 
polarisation   atmosphérique.   —   Mard.   Sur   la  solubilité   décroissante   des  sulfates.  — 
ffenninger  et  Sanson.  Présence  d'un  glycol  dans  les  produits  de  la  fermentation  alcooli- 
que  du  sucre.  —  Haller  et  Held.  Sur  Tacétyloyanacótate  de   méthyle.  —    Wurtz.  Sur  la 
présence  de  bases  yolatiles  dans  le  sang  et  dans   Tair   ezpiré.  ~   Meunier.  Conditions 
géologiques  du  gisement  phosphaté  de  Beauval  (Somme).  —  Dastre.  Ròle  de  la  bile  dans 
la  dìgestion  des  graisses,  étudié  au  moyen  de  la  fistule  cholécysto-intestinale.  —  Heckel. 
Sur  le  traitement  préventif  du  «rouge  de  la  morue».  —  Dechevrens.  Réponse  àM.  Faye, 
sur  la  critique  qu'il  a  faite  de  mes  ezpérìences  sur  les  trombes  artificielles.  —  Henger. 
Les  applications  de  la  photographie  en  meteorologie.  —  de  Tillo.  Bépartition  symétrique 
des  centres  des  quatre  principauz  continents.  —  4.  Tisserand.  Remarque  à  Toccasion  d'une 
Communication  de  M.  J.  Bertrand.  —  Bertrand.  Probabilité  du  tir  à  la  cible.  —  de  Jon- 
quières. Sur  quelques  notions,  prìncipes  et  formules,  qui  interviennent  dans  plusieurs  que- 
stìons  concemant  les  courbes  et  les  surfaces  algébrìques.  —  Comu.  Sur  le  cadran  solaire 
portatif  de  M.  Faivre.  —  Meunier.  Contribution  à  Thistoire  des  organismes  problémati- 
ques  des  anciennes  mers.  —  Joumée.  Sur  la  yitesse  de  propagation  du  son  produit  par  les 
armes  à  feu.  —  Bisset.  Nouvelles  ezpérìences  relatives  à  la  désinfection  antiphyllozérìque 


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—  XLIX  — 

des  plaats  de  vigne.  —  Roger,  Sur  les  distances  mojennee  des  planètes  aa  soleil.  — 
Tacchini,  Résumé  des  obseirations  solaires  faitos  à  Rome  pendant  le  qaatrième  trimestre 
de  1887.  —  Sijfert  Sur  les  phases  de  Jupiter.  —  Rouché,  Sur  la  darée  dn  jeu.  —  Voyer, 
Sur  un  ploblème  da  calcai  des  probabilités.  —  ffumòert,  Sar  les  lignes  de  co  arbore  des 
cyclides.  —  Hadamard,  Sar  le  rayon  de  convergence  des  séries  ordonnées  suivant  les  pais- 
sances  d'une  variable.  —  Autonne,  Snr  Tapplication  des  sabstitutions  quadrati qaes  crémo- 
niennes  à  Vintégration  de  Téqaation  différentielle  da  premier  ordre.  —  Pincherle.  Sur  une 
généralisation  des  fonctions  ealérìennes.  —  Lucas,  Résolution  électriqae  des  éqnatìons  al- 
gébriques.  —  Ditte,  Action  de  Tacide  yanadiqne  sar  les  fluorares  alcalins.  —  Engel.  Action 
de  Tacide  cblorhydiique  sor  le  chlorure  caivriqae;  chlorhydrate  de  chlorure  caivrique.  — 
Pouchet  Note  sor  des  combinaisons  des  dérìvés  métalliqaes  des  pbénols  avec  les  chlora- 
res  mercureux  et  caivreax.  —  Istrati,  Sor  les  francéines.  —  Lindet  Sur  le  dosage  des 
bases  dans  les  flegmes  industrìels.  —  Bourquelot.  Sor  la  fermentation  alcooliquc  da  ga- 
lactose.  —  Maquenne,  Sur  Tacide  galactose-carbonique.  —  GrékanL  Sur  les  accidents  pro- 
duits  par  Toxyde  de  carbone.  —  Martin.  Sur  Tanesthésie  prolongée  et  continue  par  le  mé- 
lange de  protoxyde  d'azot«  et  d'oxygène  sous  pression  (méthode  Paul  Bert).  —  Béchamp. 
Sar  la  zymase  de  Fair  expiré  par  Tbomme  sain.  —  Billet.  Sur  le  cycle  évolutif  et  les 
variations  morphologiques  d'une  nouvelle  Bactériacée  marine  (Bacterium  Lamina- 
ri a  e).  —  Rietscht  Johert  et  Martinand.  L'epidemie  des  porcs  à  Marseille,  en  1887.  — 
Koehler.  Sur  la  doublé  forme  de  spermatozoTdes  chez  lesMurexbrandaris  et  irun- 
culus  et  le  développement  de  ces  spermatozoldes.  —  Brunette.  Recherches  sur  la  structure 
de  roeil  chez  un  Branchiomma.  —  Giard  et  Bonnier.  Sur  deux  nouveaux  genres  d'Épica- 
rides  (Probopyrus  et  Palegyge).  —  Fol.  Sur  la  structure  microscopique  des  muscles 
des  iTòllusques.  —  Roule,  Sur  la  structure  histologique  d'un  Oligochfiete  marin  apparte- 
nant  à  un  genre  nouveau.  —  ffovelacque.  Sur  les  tiges  souterraines  de  TUtricularia 
montana.  -—  Ifer.  Des  causes  qui  produisent  l'exentrìcité  de  la  moelle  dans  les  si^ins. 

+Cosmos.N.  S.n.  153,  31  dee.  1887.  Paris. 

^Forhandlinger  Yed  de  Skandinaviske  Natiirforskeres.  1886.  Christiania,  1887. 
^  H3BÌCTÌH  IlMnepaTopcKaro  PyccKaro  reorpa(j)HqecKaro  06mecTBa.  Tom-b  XXIII, 
5.  1887. 

By  HFE.  IIpeABapHTejbHHft  othotb  06%  3KcueAHi;ÌH  uà  HoBO-CHÓapcKie  ocxposa.— IIETPH. 
3aAa>iH  Haywoft  Feorpac^iH.  —  POBHHCKIH.  MipoBoaaptHie  nepHoropueirb  (iipoAo.iaeuie}.  — 
■i  HHKOJlbCKUS.  0  piii6ojioBCTB'fe  bt»  B0J^ax•B  ApajibCKaro  Óaccefiua. 
+Jaarboek  der  Bijks-Universiteit  te  Utrecht.  1877-1887.  Utrecht. 
^Jahrbuchdes  k.  deutschen  Archaologischen  Instituts.  Bd.  III.  4.  Berlin,  1888. 
Bòhlau,  Eine  melische  Amphora.  —   Winter,  Zur  altattischen  Kunst.  —  von  Duhn. 
Charonlekythen.  —  Robert.  Beitràge  zar  Erklftrung  des  pergamenischen  Telephos-Frieses.  — 
Gercke.  ApoUon  der  Galliersieger.  —  Koepp.  Giganten  in  Waifenrastung.  —  Kuhnert.  Eine 
neue  Leukippidenvase.  —  Loeschke.  Archaische  Niobidenvase. 

■^Jahrbuch  des  norwegischen  meteorologischen  Instituts  for  1881-1885.  Chri- 
stiania. 
*  Jornal  de  sciencias  mathematicas  e  astronomicas.  Voi.  Vili,  2.  Coimbra,  1887. 

Gutsmer,  Sur  une  sèrie  considérde  par  M.  Lerch.  —  Le  Pont.  Note  de  calcai  inte- 
grai. —  Id.  Note  sur  Ics  lignes  asymptotiques  et  les  lignes  de  courbure. 

+ Journal  (American  Chemical).  Voi.  X,  1.  Baltimore,  1888. 

Atvcater.  On  the  Chemistry  of  Fish.  —  Morley.  Deterniination  of  the  Atomic  Weight 
of  Oxygen.  -  -  Long,  Investigations  of  the  Oxidation  of  Sewage.  -—  McCaleb.  On  Titanio 

Bullbttino-Rbndiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  7 


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Oxide  in  Soils.  —  Price.  Analysis  of  Tscheffkinite  from  Nelson  Connty,  Virginia.  — 
Bachman,  Ozidation  of  Solutions  of  Salphurous  Acid  and  Sulphites.  —  Walker.  Analysis 
of  Varvacite  from  Wythe  Co.,  Virginia.  —  Bachman.  Attempi  to  Form  Arsenio  Nitride.  — 
Walker.  Analysis  of  «  Genthite  »  from  North  Carolina.  ~  Bachman,  Analysis  of  a  Nicke- 
liferons  Tale.  —  Id.  On  a  Freezing  Mixtnre.  —  Catlett  and  Price,  Analysis  of  a  Hand 
Fire  Grenade.  —  Hooker,  Notes  on  Purpnrogallin.  —  Ladd,  Sngars  and  Starch  in  Fodders, 
and  their  Determination.  —  Willard.  An  Improved  Form  of  Gas  Apparatos.  —  Norton 
and  Eichardson.  On  the  Fatty  Acids  of  the  Drying  Oils.  —  Laist  and  Norton,  On  the 
Occurrence  in  Nature  of  Copper  Antimonide.  —  Norton  and  Otten,  On  a  New  Apparatas 
for  Fractional  BistiUation.  —  Jd.  and  Twitchell.  On  the  Alloys  of  Calcium  and  Zinc. 

'^  Journal  (American)  of  Mathematics.  Voi.  X,  2.  Baltimore,  1888. 

Paxton  Young.  Solvable  Quintic  Equations  with  Commensurable  Coefficients.  —  Bar- 
erò ft.  Forms  of  Non-Singular  Quintic  Curves.  —  Morley.  On  Critic  Centres.  —  MacMahon. 
The  Expression  of  Syzygies  among  Perpetuants  by  means  of  Partitions.  —  Faà  de  Bruno. 
Démonstration  directe  de  la  formule  Jacobienne  de  la  transformation  cubique.  —  Morley, 
Note  on  Geometrie  Inferences  from  Algebraic  Symmetry.  —  Appell.  Surfaces  telles  que 
Torigine  se  projette  sur  chaque  normale  au  milieu  des  centres  de  courbure  principauz. 

•Journal  (The  American)  of  science.  Voi.  XXXV,  n.  205.  New  Haven,  1888. 
Newcomb  and  Dutton.  Speed  of  Propagation  of  the  Charleston  Earthquake.  —  Dana 
History  of  the  changes  in  the  Mt.  Loa  Craters.    —   Biggs.  Analysis  and  Compositìon  of 
Tourmaline.  —   Williams.  Different  types  of  the  Devonian  System  in  North  America.  - 
llastings.  Law  of  Doublé  Refraction  in  Iceland  Spar.  —  Marsh,  Notice  of  a  New  Genus 
of  Sauropoda  and  other  new  Dinosaurs  from  the  Potomac  Formation.  —  Jd.  Notice  of  a 
New  Fossil  Sirenian,  from  California. 

^Journal  and  Proceedings  of  the  r.  Society  of  New  South  Wales.  Voi.  XX, 

1886.  Sydney,  1887. 

V.  Mueller.  Description  of  an  unrecorded  Ardisia  of  New  Guinea.  —  Pratt  A  Com- 
parison  of  the  Dialects  of  East  and  Wesf  Polynesian  Maley,  Malagasy,  and  Australian.  — 
Bancroft.  Preliminary  notes  on  some  new  Poìsenous  Pianta  discovered  on  the  Johnstone 
Ri  ver,  North  Queensland.  —  Liversidge.  Metallic-Meteorite,  Queensland.  —  v.  Mueller. 
Further  additions  to  the  Census  of  the  Genera  of  Plants  hitherto  known  as  indigenous  to 
Australia.  —  Madsen.  Notes  on  the  process  of  Polishing  and  Figuring  18-in  Glass  Specula 
by  Hand,  and  Experiments  with  Fiat  Surfaces.  —  Cox.  Tin  Deposits  of  New  South  Wales.  — 
MacPherson.  The  Aboriginal  Names  of  Rivers  in  Australia  Philologically  examined.  — 
Gipps.  Our  Lakes  and  their  Uses.  —  Russell.  Notes  upon  the  History  of  Floods  in  the 
Ri  ver  Darling.  —  Rennie.  Notes  on  the  Sweet  Principio  of  Smilax  Glycyphylla.  —  Threh 
fall.  Notes  on  the  Theory  of  Dissociation  of  Gases.  —  Tebòutt.  Results  of  the  Observa- 
tions  of  the  Comets  Fabry,  Barnard  and  Brooks  (No.  1),  1886  at  Windsor,  N.  S.  W.  — 
Liversidge.  Notes  on  some  Rocks  and  Minerals  from  New  Guinea,  ec.  —  Id.  Notes  on 
some  New  South  Wales  Silver  and  other  Minerals.  —  Id.  On  the  Composi tion  of  some 
Pumice  and  Lava  from  the  Pacific.  —  Russell.  Notes  upon  Floods  in  Lake  George.  — 
Warren.  The  Strength  and  Elasticity  of  Ironbark  Timber  as  applied  to  Works  of 
Construction. 

*  Journal  de  la  Société  physieo-chimique  russe.  T.  XIX,  9.  St.  Pétersbourg,  1888. 

Menschutkin.  Sur  la  vitesse  de  la  formation  des  dthers  acétiques.  —  Matweieff.  Action 

de  rio  dure  d^allyle  et  du  zinc  sur  le  malonate  d'éthyle.  —  Spiridonoff.  Sur  l'acide  dioxy- 

stéarique.  —  Latchinoff.  Sur  la  formule  empirique  de  Tacide  cholique.  —  Mihailoff.  Sur 

Tétat  gélatineux  des  substances  albuminoldes.  -—  Somoff,  Sur  le  nombre  des  paramètres 


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-^   LI  — 

qui  déterminent  le  déplacement  d'une  chaine  cinématìque.  —  Rosenberg,  Sur  la  dépen- 
dance  de  la  couleur  du  corps  de  Tangle  qui  font  les  rayons  incidente  aree  la  surface  du 
corps. 

■^Journal  de  Physique  théorique  ed  appliquée.  2®  sér.  t.  VII.  Janv.  1888,  Paris. 

Duhem.  Sur  quelques  propriétés  des  dissolutions.  —  Fotissereau.  Sur  Tinfluence  de 

la  pression  dans  Taltération  des  chlorures  par  Teau.  —  Id.  Sur  la  décomposition  réver- 

sible  de  divers  sels  par  Teau.  —  Leduc,  Sur  la  période  variable  d'un  courant  dans  le  circuit 

d'un  électro-aimant  de  Faraday. 

^Journal  fùr  die  reine  und  angewandte  Mathematik.  Bd.  CU,  3.  Berlin,  1887. 

Perott  Sur  Tóquation  f*  — i)tf*  =  — 1.  —  Kònigsherger,  Untersuchungen  lìber  die 

Existenz   eines  Functionaltheorems.  —  Bigler.  Ueber  Gammafunctionen  mit  beliebigem 

Parameter.  — -  Scheilmer.  Ueber  die  Producte  von  drei  und  vier  Thetafunctionen.  —  Kro- 

necker,  Bemerkungen  Uber  die  Jacobiscben  Thetaformeln. 

^Journal  of  the  chemical  Society.  N.  CCCII.  January.  London,  1888. 

Perkin.  Synthetical  Formation  of  Closed  Carbon-chains  in  the  Aromatic  Series.  Part  I. 
On  some  Derivatives  of  Hydrindonaphtbene  and  Tetrahydronaphthalene.  —  Kipping.  Syn- 
thetical Formation  of  Closed  Carbon-chains  in  the  Aromatic  Series.  Part  II.  —  Pattison 
Muir  and  Adie.  Contributions  from  the  Laboratory  of  Gonville  and  Caius  College,  Cambridge. 
No.  X. — The  Interaction  of  Zinc  and  Sulphuric  Acid.  —  Camelley  and  Walker,  The  De- 
hydration  of  Metallic  Hydroxides  by  Heat,  with  special  reference  to  the  Polymerisation  of 
the  Oxides,  and  to  the  Periodic  Law.  —  EUworthy.  Note  on  a  Modification  of  Traube's 
"  Capillarimeter  ".  —  Laurie,  The  Constitution  of  the  Copper-zinc  and  Coppei>tin  AUoys.  — 
Crompton.  An  Extension  of  Mendeléeff 's  Theory  of  Solution  to  the  Discussion  of  the  Electri- 
cai  Conductivity  of  Aqueous  Solutions.  —  Armstrong.  Note  on  Electrolytic  Conduction  and 
on  fividence  of  a  Change  in  the  Constitution  of  Water:  an  Addendum  to  the  foregoing 
Paper.  —  Dunstan  and  Dymond'.  On  the  AUeged  Existence  of  a  Second  Nitroethane.  — 
Goti  aud  Pattison  Muir.  Contributions  from  the  Laboratory  of  Gonyille  and  Caius  College 
Cambrige.  No.  XI.— Bismuth  lodide  and  Bismuth  Fluoride.  —  Stuart.  Halogen  substitu- 
ted  Derivatives  of  Benzalmalonic  Acid. 

'^Journal  of  the  iron  und  steel  Instìtute  1887.  London. 

Ashhury,  On  the  metallurgical  and  Mechanical  exhibits  at  the  Manchester  r.  Jubilee 
Exhibition.  —  Beli.  On  the  Reduction  or  ores  of  Iron  in  the  Blast  fumace.  —  Wailes. 
Notes  on  the  Basic  Open-Hearth  Process. 

■^Journal  of  the  r.  geological  Society  of  Ireland.  N.  S.  voi.  Vili,  part  II. 
Dublin,  1887. 
Kinahan.  Marbles  and  Limestones.  —  Id.  Irish  Arenaceous  Bocks. 

^Journal  (Quarterly)  of  pure  and  applied  Mathematics.  VoL  XXII,  n.  86-88. 

London,  1887. 

86.  Chree.  A  new  solution  of  the  equations  of  an  isotropie  elastic  solid,  and  its  ap- 
plication to  the  theory  of  beams.  —  Greenhill.  Complex  multiplication  of  Elliptic  Functions. — 
Jdssop.  The  mechanical  tracing  of  curves.  —  Cayley.  On  Rudio's  inverse  centro-surface.  — 
Johnson.  On  self-conjugate  polygons  and  polyhedra.  —  Greenhill.  Complex  multiplication 
of  Elliptic  Functions.  —  Workman.  The  theory  of  the  singular  solutions  of  integrable  diffe- 
rential  equations  of  the  first  order.  —  87.  IVorkman.  The  theory  of  the  singular  solutions 
of  integrable  dififerential  equations  of  the  first  order.  —  Hart.  Note  on  a  system  of  cubie 
curves.  —  Dixon.  On  Abel's  theorem.  ~  Herman.  On  the  motion  of  two  spheres  in  fluid 
and  allied  problems.  —  Sharpe.  Motion  of  compound  bodies  through  liquid.  —  ìVaìton, 


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—  Ul  — 

Oh  a  physic&l  property  of  a  certain  gen^rator  of  the  ware-mn&ce  of  a  bfaxìs  erystaL  — 
Cookie.  Sccond  addeodnm  on  the  relatioDs  of  certain  symhols.  —  CayUy,  On  multiple 
algebra.  ~  88.  Cayley.  On  multiple  algebra.  —  Workman.  The  theory  of  the  singnbar 
Solutions  of  integrable  differential  equations  of  the  first  order.  —  Johnson.  Symmetric  pro- 
ducts  in  relation  to  curves  and  surfaces.  —  Herman,  On  a  problem  in  fluid  motion. 

^Lumière  (La)  électrique.  T.  XXVI,  52-53;  XXVII,  1-4.  Paris,  1888. 

^Mélanges  d'archeologie  et  d'histoire.  Année  Vili,  5.  Rome,  1887. 

Ducheme.  Notes  sur  la  topographie  de  Rome  au  moyen-àge.  Sainte-Anastasie.  —  de 
la  Bianchire,  Découyerte  d'une  place  à  Terracine.  —  Batiffol.  Inscriptions  byiantines  de 
Saint-Georges  au  Vélabre.  —  Jabre.  Un  nouveau  catalogne  dea  églises  de  Rome.  —  Auvray, 
Une  source  de  la  «  Vita  Roberti  Regis  »  du  moine  Helgaud.  —  Noiret  Huit  letkes  iné- 
dites  de  Démétrius  Chalcondyle. 

^Mémoires  et  Compte  rendu  des  travaiii  de  la  Société  des  ingénieurs  civils. 
1887.  Nov.-dóc.  Paris. 

Nov.  Cerbelaud.  Le  Congrès  intemational  des  chemins  de  fer  (2«  session)  Milan  1887.  — 
fforsin-Déon.  Étude  sur  les  appareils  de  condensation.  —  Moreau.  Mémoire  sur  la  solu- 
bilità des  phosphates  et  leur  utilisation  en  agriculture.  —  DÉc.  Martin.  L'éclairage  électri- 
que aux  États-Unis,  en  mars  1887.  —  Gaget.  Secours  contre  Vincendie  dans  les  théàtres.  — 
Lévy.  Mouvement  de  l'eau  dans  les  tuyaux  circulaires.  —  Vallot  Table  pouf  le  calcul  der 
conduites  d'eau. 

"^Mémoires  de  la  Société  des  naturalistes  de  la  Nouyelk  Bossie.  T.  XII,  1. 

Odessa,  1887. 

Umoio.  Ueber  die  Gesetze  der  LOslichkeit  einiger  Salze.  —  Balaschewa.  De  Tinfluencc 
du  milieu  extérìeur  et  principalement  celle  des  dimensions  du  bassin  d*eau  sur  quelques 
des  mollusques.  —  Klossovsky.  Sur  les  osciUations  de  la  temperature  et  la  densité  de  Veau 
de  la  mer  Noire  à  Odessa.  —  Woltke.  Zur  Entwiklungsgeschichte  d.  Urospora  mirabili s 
Aresch.  —  Saveliew.  Les  propriétés  du  psychromètre.  —  Nusbaum.  Zur  Entwicklungsge- 
schichte  d.  Mysis  Chamal.  Thomp.  —  Khawkine.  Lois  de  Thérédité  appliquées  ani  orga- 
nismes  unicellaires. 

^Memoirs  of  the  national  Aeademy  of  siencies.  VoL  111,2.  Washington,  1886. 
Loomis,  Contributions  to  Meteorology.  —  Peters.  On  Flamsteed's  Stars  «Observed, 
but  not  Existing».  —  Id.  Corrigenda  in  Various  Star  Catalogues.  —  Comstock.  Ratio  of 
Meter  to  Yard.  —  Billings.  On  Composite  Photography  as  applied  to  Craniology.  — 
Matthews.  On  Measuring  the  Cubie  Capacity  of  Skulls.  —  Billings  and  MaUhetvs.  On  a 
New  Craniophore  for  Use  in  Making  Composite  Photographs  of  SkuHs.  —  Packard.  On 
the  Syncarida,  a  hitherto  Undescribed  Synthetic  Group  by  Extinct  Malacostracous  Crusta- 
cea.  —  Id.  On  the  Gampsonychidae,  an  Undescribed  Family  of  fossil  Schizopod  Crustacea.  — 
Id.  On  the  Anthracaridae,  a  Family  of  Carboniferous  Macrurous  Becapod  Crustacea.  — 
Id.  On  the  Carboniferous  Xiphosurous  Fauna  of  North  America.  —  Cope.  On  Two  New 
Forms  of  Polyodont  and  Gonorhynchid  Fishes  from  the  Eocene  of  the  Rocky  Mountains. 

^Mittheilungen  der  Anthropologischen  Gesellschaft  in  Wien.  Bd.  XV,  4;  XVII, 

8-4.  Wien,  1885-1887. 

XV,  4.  Eadirnsky  und  Szombathy,  Urgeschichtliche  Forschungen  in  der  Umgegend 
von  Wies  in  Mittel-Steiermark.  II.  —  XVII,  3-4.  IIoll  Ueber  die  in  Tirol  vorkommenden 
Schàdelfomien.  —  Finsch.  Abnorme  Eberhauer,  Pretiosen  im  Schmuck  der  Sfldseevfilker.  — 
Baumann.  Beitrage  zur  Ethnographie  des  Congo. 


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—  LUI  — 

+MittheaiiBgen  des  naturwiss.  Vereines  fur  Steiennark.  Jhg/1886.  Graz. 
"  Frischauf.  Convergenz  der  Kugelfunction-Reihen.  —  Id,  Zur  Theorie  der  Kugelfuii- 
ctionen.  —  Heinricher,  Histologische  Dififerenzierung  der  pflanzl.  Oberhaut.  —  Grajf,  Die 
Fauna  der  Alpenseen.  —  Hauf.  Oniithologische  Beobachtnngen  am  Puitteiche  tmd  dessen 
Umgebung  tos  Junì  bis  December  1886.  —  M^mimez.  Ueber  einige  se^teneve  £r8chei- 
Dungen  in  der  Vogelfanna  Osterreich-Ungarns.  —  ReiòenschuL  ChemiBche  UntersQchung 
neuer  MlDeralquellen  Steiermarks  (Fortsetzung).  IV.  Der  HygiearSprudel.  —  V.  Der  Sauerbru- 
nnen  zn  Radein.  —  Ilatle.  Mineralogische  Miscellaneen  ans  dem  nataristorhischen  Museum 
am  Joanneum.  —  Prohaska.  Die  Gewitter  des  Jahres  1886  in  Steiermark,  Kàrnten  und 
Oberkrain.  —   Wilhelm,  Die  atmospbarischen  Niederschl&ge  in  Steiermark  in  Jabre  1886. 

*Monatsbiatter  des  wissenschaftlichen  Club  in  Wien.  Jhg.  IX,  4.  Wien,  1888 
\Natarforscher  (Der).  Jhg.  XX,  n.  49-52  ;  XXI,n.  1-2.  Tubingen,  1888. 
^Notices  (Monthly)  of  the  r.  Astronomica!  Society.  Voi.  XLVIII,  2.  London,  1888. 
Airy,  Tbe  Nnmerical  Lanar  Teory  (extract  from  a  letter  to  tb©  Secretary).  —  Gore. 
On  tbe  doublé  star  £  1847.—  i/«r^A.  Ephemerìs  for  pbysical  observations  ofMars,  1886. 

^Ofersigt   o?er  det  k.  Danske  Videnskabernes  Selskabs  forhandlinger.  1887 

n.2.  Ki5benhavn,  1887. 

Steenstrup,  NotaB  teutbologicae.  7.  —  Ussing.  Et  Par  Bemserkninger  om  Vergils  Stil.  — 
Heiherg:  Bidrag  til  Mathematikens  Historie  bos  Byzantineme. 

*Papers   read  before  the  New-Orleans  Academy  of  sciences.  1886-87  New- 
Orleans,  1887- 

^Proceedings  of  the  american  philosophical  Society.  Voi.  XXIV,  125.  Phila- 
delphia,  1887. 

BrirUon.  Criticai  Bemarks  on  ibe  Editìons  of  Diego  4e  Land's  Writings.  —  StotvelL 
Tbe  Facial  Nerve  in  Ibe  Domestic  Cat.  —  Genth.  Contributions  to  Mineralogy.  —  Cope. 
Synopsis  of  tbe  Batracbia  and  Beptilii  obtained  by  H.  H.  Smitb,  in  tbe  Province  of  Mato 
Grosso,  Brazil.  —  Stevenson.  À  Geological  Beconnaissance  of  Bland,  Giles,  Wytbe  and 
portions  of  Pnlaski  and  Montgomery  Counties  of  Virginia.  —  Osbom.  The  Triassic  Mam- 
n»ls  Dromatherinm  and  Microconodon.  —  Kirkwood.  Tke  Relation  ^af  Àerolites  to  Shoo- 
ting  Stars.  —  Claypole.  Organic  Variation  Indefinite  not  Definite  in  Direction— an  Outcome 
of  Enviromneni  —  Mooney.  Tbe  Medicai  Mythology  of  Ireland.  —  Barker.  On  tbe  Henry 
Draper  Memoria!  Pbotograpbs  of  Stellar  Spectra.  —  Stevenson.  Note  on  the  Surface 
Geology  of  South-west  Virginia.  —  Blasius.  The  Signal  Service  Bureau.  Its  Metbods  and 
Results. 

^Proceedings  of  the  Birmingham  philosophical  Society.  Voi.  II,  1,  2.  Birmin- 
gham, 1879-81. 
^Proceedings  of  the  royal  Geographical  Society.   N.  M.  S.  Voi.  X,  1.  Lon- 
don, 1888. 

Daly.  Explorations  in  Britisb   North  Borneo,  1883-87.  —  Hetherwick.  Notes  of  a 
Jouruey  from  Domasi  mission  Station,  Mount  Zomba,  to  Lake  Namaramba,  August  1887. 
^Proceedings  of  the  r.  Society.  VoL  XLIII,   n.  260.  London,  1887. 

Seeley.  On  the  Classification  of  the  Fossil  Ànimals  commonly  named  Dinosauria.  — 
Id.  Researches  on  the  Structure,  Organisation,  and  Classification  of  the  Fossil  Reptilia. 
Part  in.  On  Parts  of  the  Skeleton  of  a  Mammal  from  Triassic  Rocks  of  Klipfontein,  Fra- 
serberg,  South  Africa  (Theriodesmus  pbylarchus,  Seeley),  iUustrating  the  Beptilian 
Inheritance  in  the  Mammaliaa  Band.  —  Matthey.  Further  ConirìkitioBs  to  the  Metallitrgy 


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—  LIV  — 

of  Bismuth.  —  Basset,  On  the  Motion  of  a  Sphere  in  a  Viscous  Liquid.  —  Lartnor.  On 
the  Direct  Application  of  First  Principlef  in  the  Theory  of  Partial  Differential  Eqaatìons.  — 
Gardiner.  On  the  Power  Contractility  exhibited  by  the  Protoplasm  of  certain  Plant  Cells 
(Preliminary  Communication). 

^Programm(47)  zmn  Winckelmannsfeste  der  Archaol.  Gesellschaft  zuBerlin,  1887. 
Puchstein.  Das  jonische  Capitel. 

+Records  of  the  Geological  Survey  of  India.  Voi.  XX,  4.  Calcutta,  1887. 

Oldham.  Note  on  some  points  in  Himalayan  Geology.  —  Middlemm.  Crystalline  and 
Metamorphic  Eocks  of  the  Lower  Himalaya,  Garhwal  and  Eumann,  Section  II.  —  Pror 
mata  Nath  Bose.  The  Iron  Indnstry  of  the  Western  Portion  of  the  District  of  Baipnr.  — 
Jones,  Notes  on  Upper  Bnrm^..  —  King.  Bering  Exploration  in  the  Chhattisgarh  Coal- 
fìelds  (Second  Notice).  —  McMahon.  Some  remarks  on  Pressure  Metamorphism  with  re-ì 
ference  to  the  Foliation  of  the  Himalayan  Gneissose-Granite.  —  Id,  A  list  and  index  of 
papers  on  Himalayan  Geology  and  Microscopie  Petrology. 

^Bepertorium  der  Physik.  Bd.  Xlll,  12.  Mùnchen-Leipzig,  1887. 

Nadeschdin,  Ueber  die  Spannkraft  der  gesàttigten  D&mpfe.  —  Weinkold.  Ueber 
Quecksilberdestillirapparate.  —  Lecher.  Neue  Versuche  uber  den  gaWanischen  Lichtbogen.  — 
Luggin.  Bine  einfache  Methode  zur  Vergleichung  magnetischer  Felder.  —  Kohlrattsck. 
Ueber  die  Herstellnng  sehr  grosser  genau  bekannter  elektrischer  Widerstandsyerhàltnisse 
und  ùber  eine  Anordnung  von  Rheostatenwiderstànden.  —  Burton.  Ueber  den  Werth  von 
„x"  far  ein  vollkommenes  Gas. 

+Beport  (IV**^  Annual)  of  the  Bureau  of  Ethnology  1882-83.  Washington,  1886. 
+Beport  (VI  Annual)  of  the  United  States  Geological  Surwey.  1884-85.  Wa- 
shington. 
^Bésumé  des  séances  de  laSociété  des  ingénieurs  civile.  Séance  du  6  et  20  jan- 

vier.  Paris,  1888. 
+Bevista  do  Observatorio  de  Bio  de  Janeiro.  Anno  II,  12.  Decembre  1887.  Bio 

de  Janeiro. 
+Bevue  Internationale  de  l'électricitó  et  de  ses  applications.  T.  VI,  49, 50.  Pa- 
ris, 1888. 
^" Berne  (Nouvelle)  historique.  Année  XI,  6,  nov.-déc.  1887.  Paris,  1887. 
Oérardin.  Le  lega  de  la  chose  d'autrai.  —  Beauchet.  La  loi  de  Vestrogothie. 
+Bevue  scientiflque.  T.  XLI,  n.  1-5.  Paris,  1888. 
^Bevue  politique  et  littéraire.  T.  XLI,  n.  1-5.  Paris,  1888. 
■^Bundschau  (Naturwissenschaftliche).  Jhg.  Ili,  n.  1-5.  Braunschweig,  1888. 
+Skrifter  (Vidensk.  Selskab)  6«  B.  Naturw.  og  math.  Afd.  IV,  4.  Kióbenhavn,  1887. 
Lutken.  Tillaeg  til  Bidrag  til  Eundskab  om  Arterne  of  Slacgten   Cyamus  Latr. 
eller  Hvallusene. 
■^Tijdsehrift  (Natuurkundig)  voor  nederlandsch-Indié.  Ser.  8',  Deel  VII,  Bata- 

via,  1887. 
+Transactions  and  proceedings  of  the  New  Zealand  Institute.  Voi.  I,  IX,  XV. 

1875-76.  1883. 
•^Transactions  of  the  Seismological  Society  of  Japan.  Voi  XI. 

Milne.  Earth  Tremors  in  Central  Japan.  —  Seikei  Sekiva.  The  Severe  Japan  £arth- 
quake  of  the  15th  of  Janaaiy,  1887.  —  Milne,  Earthquake  EfFects,  Emotional  and  Moral.  — 


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—  LV  — 

Id,  On  Construction  in  Earthquake  Countries.  —  Seikei  Sekyva.  A  Model  showing  the 
Motìon  of  an  Earth-particle  during  an  Earthquake. 

■^Verhandlungen  der  k.  k.  Zoologisch-botanischen  Geselleschaft  in  Wien.  Jhg. 
1887.  Bd.  XXXVII,  3,  4.  Wien. 

m.  Brauer.  Ueber  die  Verwandhng  der  Meloiden.  —  Grobhen,  Ueber  cine  Missbil- 
dung  von  Taenia  saginata  Goeze.  —  ffagen.  Ueber  Plothus  cursitans.  -—  Id. 
Neurobasis  und  Vestalis.  —  Lorenz  v.  Bericht  tlber  eine  omithologische  Studien- 
reise.  —  Mayr,  SUdamerikanische  Formiciden.  —  Komhuher.  Ueber  das  in  der  Wiener 
Flora  eìngebiirgerte  Carum  Bulbocastanum  (L.) Koch.  —  Kronfeld.  Hat  Goethe  da» 
Ergr&nen  der  Coniferenkeimlinge  im  Dankleo  entdeckt  ?  —  0$termeyer.  Beitrag  zar  Flora 
der  jonischen  Inseln  Corfù,  Sta.  Maura,  Zante,  Cerigo.  —  SchuUer  von  Mùggenòurg,  Be- 
merkungen  zu  dem  Aufsatze  Haszlinski^s  :  „Einige  neue  oder  wenig  bekannte  Discomy- 
ceten".  —  Stapf,  Drei  neue  Iris-Arten.  —  Wettstein,  Ueber  zwei  ftlr  NiederOsterreicli 
neue  Pfianzen.  —  Id,  Ueber  eine  Stengelfasciation  ron  Lilium  candidus.  —  IV.  Lorenz  v. 
Ueber  das  Auftreten  der  Alca  torda  in  der  Adria.  —  Rogenhofer,  Ueber  das  Auftreten 
von  Heliothis  armiger  in  Europa.  —  Beck.  Die  in  den  Torfmooren  NiederOsterreichs 
Yorkommenden  FOhren.  —  Breidler.  Bryum  Beyeri  nov.  spec,  —  Burgerstein,  Mate- 
rialien  zu  einer  Monographie  betreffend  die  Erscheinangen  der  Transpiration  der  Pfianzen. — 
Hackel.  Ueber  das  Vorkommen  von  Leersia  hexandra  Sw.  in  Spanien.  —  Haldcfy  v. 
Ciraiuni  Vindobonense  nov.  hybr.  —  Kra&ser,  Zerklflftetes  Xylem  bei  Clematis 
Vitalba  L.  —  Id,  Zur  Kenntniss  der  Heterophyllie.  —  Kronfeld,  Ueber  das  Doppelblatt.  — 
Id.  Ueber  Wurzelanomalien  bei  cultivirten  Umbelliferen.  —  Afolisck.  Ueber  Wurzelauss- 
cheidungen.  —  Procopianu-Procopovici.  Beitrag  zur  Kenntniss  der  Gefàsskryptogamen  der 
Bukowina.  —  Eassmann.  Ueber  die  Flora  der  Tlirkenschanze  wfthrend  der  letzten  fflnf 
Jahre.  —  Rdthay,  Ueber  die  Geschlechtsverh&ltnisse  der  Reben  und  ihre  Bedeutung  fOr 
den  Weinbau.  —  Richter.  Ueber  die  Gestalt  der  Pfianzen  und  deren  Bedeutung  ftlr  die 
Systematik.  —  Sennholz,  Ueber  zwei  neue  Garduus-Hybrìden  und  einige  neue  Standorto 
von  solchen  und  einer  Cirsium-Hybride.  —  Stapf,  Ueber  die  Schleuderfrflchte  der  Al- 
stroemeria  psittacina.  —  Stofil.  Ueber  das  Auftreten  des  Lepidi um  majus  Darr. 
in  Oesterreich.  —  Wettstein  v,  Pinus  Cembra  L.  in  NiederOsterreich.  —  Id.  Ueber  die 
systematische  Verwerthung  der  Anatomie  der  Coniferen.  —  Zukal,  Ueber  die  AscenMchte 
des  Penicillium  crustaceum  Lk. 

^Verhandlungen  der  Physiologischen  Gesellschaft  zu  Berlin.  Jhg.  1887-88,  1-4. 
Berlin,  1888. 

^Yerhandlungen  des  Yereins  zur  Befórderung  des  Oewerbfleisses.  1887  HeftX. 

Berlin. 

Moller  und  Lùhmann,  Ueber  die  Wiederstandsfòhigkeit  auf  Druck  beansprucht<;r 
eisemer  Bankonstmktionstheile  bei  erhohter  Temperatur. 

^Viestnik  hrvatskoga  arkeologickoga  Druztva.  God.  X,  1.  U  Zagrebu,  1888. 

Prima  scoperta  preistorica  dì  abitazione  dell'epoca  della  pietra  nel  nostro  regno.  — 
Monumenti  di  forma  speciale  dell'epoca  della  pietra,  scoperti  in  Dalmazia  ora  nel  Museo 
archeologico  in  Zagabria.  —  Insigne  iscrizione  romana.  —  Zlatovic,  Antichità  croate  in 
Knin.  —  Tributo  agli  antichi  monumenti  croati  e  d'ornamento  da  Nona.  —  Vukasovic, 
Iscrizioni  antiche  bossìnesi  in  Bossina  e  in  Hercegovina  (Gontinuazione).  —  Intorno  il 
progresso  della  scienza  archeologica  nel  nostro  regno  croato. 
+Woclienschrift  des  dsterr.  Ingenieur-  und  Architekten  Vereines.  Jhg.  XIII,  1-4. 

Wien,  1888. 


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—  LVI  — 

^Zeiteelurift  der  deutschen  moigenl&ndischen  GesellBcbaft.  Bd.  XLI,  3.  Leip- 
zig, 1887. 

Vollers.  Beitrft^  zar  Eenntniss  der  lebenden  arabischen  Sprache  in  AegypteD.  —  von 
Amhard.  Die  Wasserweihe  nach  dem  Ritus  der  àthiopischen  Kirche.  —  Klamrotk,  Ueber 
die  AuszQge  aus  griechischen  Schriftstellern  bei  al-Ja*qùbi.  —  Gelzer.  Àogyptisclies.  — 
von  Wlislocki.  Màrchen  des  Siddhi-Kur  in  Sietenbflrgen.  —  ffimly.  Anmerkungen  in  Be- 
ziehnng  aaf  das  Schach-  und  andere  Brettspiele.  —  Aufrecht.  Bemerkungen.  —  Bollensen. 
Beitr&ge  zar  Eritik  des  Veda.  —  Oldenberg.  Die  Adhyàyatheilang  des  Rigveda. 

^Zeitschrift  des  historischen  Yereines  far  Niedersachsen.  Jhg.  1887.  HannoTer. 
Bothmarm.  Herzog  Jalias  vonBrannschweig  als  deat«clier  Beichsfì&rst,  1568-1589.  — 
Ulrich.  Zar  Geschicfate  der  Grafen  von  Roden  in  12.  n.  13.  Jabrh.  —  Id.  Die  Wa^bstafeln 
der  Kaafmannsinnang  in  Hannover.  —  Erler.  Zar  Geschicbte  dea  Bisthams  Veiden  in  den 
Jabren  1395-1402.  —  Bohlmann.  Zur  Geschicbte  des  Dorfes  Eilte  im  Kreise  FallingbosteL  — 
Bodemann.  Neae  Beitr&ge  zar  Geschichre  der  Celliscben  Herzogìn  Eleonore  geb.  d'Olbrense.— 
Id.  "WHete  Ortscbaften  ìa  der  Provinz  Hannover,  nacb  officiellen  Bericbtea  der  Aemter  u. 
Stadie  in  J.  1715,  —  Jd,  Die  angebliche  Conversion  des  Prinzen  Maximilian  von  Hannover 
im  J.  1695.  —  Koldewey.  Die  Verschiedenen  Ansgaben  der  Eirebenordnong  des  Henogs 
Jalias  von  Brannsehweig-Wolfenbtlttel.  —  /anicke,  Das  Weinamt  der  Damberren  m 
Hildesbeim.  I. 

•Zeitschrift  des  ósterr.  Ingenieur-  una  Architekten-Vereins.  Jhg.  XXXIX,  4. 

Wien,  1887. 

Lorenz.  Die  transkaakasiscbe  Einsenbabn.  —  KohvÀ.  Adbftsions-  und  Zabnradbahn 
fllr  den  Erztransport  in  Marienbfttte  bei  Golnitz  (Ungam).  —  Auer.  Die  Qaaderbossiran- 
gen  der  italieniscben  Renaissance. 

'Zeitschrift  (Històrische).  N.  F.  Bd.  XXIII,  2.  MuBchen-Leipzig,  1888. 

V.  Beloìo.  Zar  Entstebnng  èer  denlscben  Stadtverfassang.  —  GehhardL  Mattbias  DOring 
der  Minorìi  —  Der  Unprang  des  deatscben  Yerwaltnngsratbes  von  1813. 

^  Zeitschrift  fur  Naturwissenschafte.  4«  Folge,  Bd.  VI,  3,  4.  Halle,  1887. 

Borkert.  Beitràge  zar  Kenntniss  der  dilnvialen  Sedimentaergoscbiebe  in  der  Gegend 
von  Halle  a.  S.  —  Weiss.  Ueber  Cholin  and  verwandte  Verbindungen. 


Pubblicazioni  non  periodiche 
pcarf«BiiCe  atrAocadeHia  nel  mese  di  febbraio  1888. 

Pubblieeunoni  italiane. 

*Alvim  F.~l  calendari,  émc  38-34.  Firenze,  1888.  8^. 

*  Baro //lo  F.  e  Sforza  G.  —  Compendio  di  chirurgia  di  guerra.  B;oma,  1887.  8^ 
^Brassari  E.  —  Due  nuovi  anemometroscopi  registratori.  Roma,  1888.  4«. 
•/d.  —  Sismosoopi  o  avvisatori  sismici.  Roma,  1888.  4®. 

^ Bruma  T.  —  Precetti  e  sentenze  di  Plauto.  Roma,  1888.  8®. 

*  Catalogo  della  Biblioteca  del  Ministero  della  guerra.  1<*  suppl.  Roma,  1887.  S^". 
'^Gabotto  F.  —  Giasoa  del  Maino  e  gli  scandali  universitari  nel  quattrocento. 

Torino,  1888.  8^ 


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—   LVII  — 

*Giovannueei  ff.  —  Le  italiane  Tennopili.  Tragedia,  1888.  8^ 

+  Oecioni-Bonaffom  6.  —  Bibliografia  storica  friulana  dal  1861  al  1885.  Voi.  II. 
Udine,  1887.  8^ 

^Palagi  F.  —  Sulla  costituzione  della  nebbia  e  delle  nubi.  Nota  2*.  Firenze, 
1888.  8^ 

*Parona  C.  —  Appunti  storici  di  elmintologia  italiana  a  contributo  della  co- 
rologia elmintologica  umana  in  Italia.  Milano,  1888. 8". 

"* Plauto.  —^  I  prigionieri  di  guerra  (captivi).  Commedia  tradotta  da  S.  Cognetti 
de  Martiis.  Trani,  1887.  8^ 

*Polt  A.  —  Sulla  misura  delVingrandimento  dei  disegni  degli  oggetti  micro- 
scopici. Parma,  s.  d.  8**. 

*/rf.  —  Sul  modo  di  valutare  ed  indicare  razionalmente  gl'ingrandimenti  del 
microscopio  e  delle  immagini  microscopiche.  Eoma,  1887.  8°. 

*Puleio  D.  —  Il  vero  fine  della  civiltà  nella  nuova  comprensione  della  ragione. 
Eoma,  1888.  8^ 

*  Ragazzi  V.  —  Da  Antoto  ad  Harar.  Note  di  viaggio.  Roma,  1888.  8°. 

*  Revello  L.  E.  —  Elogio  del  comm.  avv.  Angelo  Morello.  Genova,  1888.  8**. 

*  Salomone- Marino  S.  —  Studi  di  clinica  medica.  Palermo,  1887.  8®. 
■^Statistica  giudiziaria  civile  e  commerciale  per  Tanno  1885.  Roma,  1887. 4*. 

*  Taceìdni  P.  —  Sul  clima  di  Massaua.  Relazioni  a  S.  E.  il  Ministro  della 

guerra.  Roma,  1888.  4^ 

Pubblicazioni  estere. 

*Benedikt  M.  —  Kraniometrie  und  Kephalometrie.  Wien,  1888.  8^. 
^Beobachtungen  der  russischen  Polarstation  and  der  Lonamundung.  Il  Th.  Me- 
teorl.  Beobacht.  2«  Lief.  Beobacht.  v.  Jahre  1883-1884.  S.  Petersburg,  1887. 

*  Cailler  C.  —  Recherches  sur  les  équations  aux  dérivées  partielles  et  sur  quel- 

ques  points  du  calcul  de  généralisation.  Genève,  1887.  8"". 

*  Catalogne  de  TObservatoire  de  Paris.  T.  I  (0**  A  VP.).  —  Positions  observées 

des  étoiles.  —  Etoiles  observées  aux  instruments  méridiens  de  1887  à 
1881.  Paris,  1887,  2  voi.  4^ 

*  Chantre  E.  —  Recherches  anthropologiques  dans  le  Caucaso.  T.  I-IV  avec  Atlas. 

Paris,  1885-87.  4o. 
Fauna  und  Flora  des  Golfes  von  Neapel  und  der  angrenzenden   Meeres.  — 

Abschnitte  herausg.  von  der  zoolog.  Station  zu  Neapel.  XV  {Kochy  Die  Gor- 

goniden),  —  XVI,  1,  2  {Eisig,  Die  Capitelliden).  Berlin,  1887.  4°.  acq. 
^Holden  E.  S.  —  List  of  recorded  Earthquakes  in  California,  lower  California, 

Oregon  and  Washington  territory.  Sacramento,  1887.  8". 
*Julliot  G.  —  Quelques  inscriptions  romaines  des  Musées  de  Sens  et  de  Lyon. 

Sens,  1877.  8^ 
Lebensbild  des  Prof,  der  Mineralogie  an  der  Universitàt  Dorpat  Dr.  Constantin 

Grewingk  +  18/30  Juni  1887.  Dorpat,  1887.  8^ 

Bullettino-Rbndiconti,  1888,  Vou  IV,  V  Sem.  8 


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—   LVllI  — 

Léonard  de  Vinci.  —  Les  manuscrits.  —  Ms.  B  et  D  de  la  Bibliothèqae 
de  rinfltitut  publiés  en  fac-sìmilés  (procède  Arosa)  ayec  transcription 
littérale,  trad.  fran9aise  &  par  Ch.  Bavaisson-Mollien.  Paris,  1881-83.  f.^ 
(acquistato). 

*  Maeoun  /.  —  Catalogue  of  Canadian  pianta.  Part  III.  Apetalae.  Montreal, 

1886.  8^ 
*Mission  scientifique  du  Gap  Hom  1882-88.  T.  IV  (Geologie) ;  VI  (Zoologie: 

Arachnides).  Paris,  1887.  4«. 
^Petrik  L.  —  Ueber  ungariscbe  Porcellanerden,  mit  besonderer  Berùcksichti- 

giing  der  Shyolith-Kaoline.  Budapest,  1887.  8<> 

*  Zsigmondy  W.  —  Mittheilungen  uber  die  Bohrthermen  zu  Harkàny  &.  Post, 

1878.  8^ 


Pubblicazioni  periodiche 
pervenute  all'Accademia  nel  mese  di  febbraio  1888. 

Pubblicazioni  italiane. 

^Annali  della  Società  degli  ingegneri  e  degli  architetti  italiani.  Anno  II,  4. 

Roma,  1888. 

Magamini,  La  bonificazione  di  Barana.  —  Vacchelli.  Sulle  travi  continue  ad  arco.  — 
Lampugnani.  Congresso  intemazionale  ferroviario.  Le  traverse  metalliche  e  Timpiego  del- 
l'acciaio nei  ponti. 

^Annali  di  agricoltura.  1887,  n.  143.  Roma. 

Rotondi.  Sull'industria  deiramido  e  sulle  principali  applicazioni  delle  sostanze  ami- 
dacee nei  rapporti  colFagricoltura. 

■^Annali  di  chimica  e  di  farmacologia.  Ser.  4,  voi.  VI,  n.  1  gen.  1888.  Milano. 
Borgiottù  Studio  clinico  suU'azione  terapeutica  delPAdonis  ^Gstivalis.  —  Piutti. 
Sintesi  deU'acido  aspartìco.  —  KoherL  Ptomaine  e  sostanze  analoghe.  Sunto  e  traduzione 
del  Compendio  di  tossicologia  pratica. 

+ Annali  di  statistica.  Ser.  4%  n.  17.  Roma. 

Atti  della  Commissione  per  la  statistica  giudiziaria,  civile,  commerciale  e  penale. 
Sess.  del  1887. 

♦Annuario  della  r.  Università  di  Bologna.  Anno  1887-88.  Bologna,  1887. 
Bertolinu  Bologna  nella  storia  del  Risorgimento  italiano. 

•«•Annuario  della  r.  Università  degli  studi  di  Roma  per  l'anno  scolastico  1887-88. 
Roma,  1888. 
Moleschott»  Per  una  festa  della  scienza. 

•^Annuario  della  r.  Università  degli  studi   di  Torino  per  Tanno  accademico 
1887-88.  Torino,  1888. 
LumbroBO.  Le  nuove  conquiste  della  psichiatria. 

■«■Annuario  meteorologico  italiano.  Anno  I  (1886),  III  (1888).  Torino,  1886-88. 
■^Annuario  militare  del  regno  d'Italia.  1888.  Roma. 


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—   LIX   — 

^Ateneo  (K)  Veneto.  Serie  11%  voi.. II,  n.3-5.  Venezia,  1887. 

Faàris,  La  Mostra  nazionale  di  belle  arti  in  Venezia.  —  Bernardi.  Giuseppe  Ja- 
copo Ferrazzi.  —  Castellani,  £a  stampa  in  Venezia  dalla  sna  orìgine  alla  morte  di  Aldo 
Manuzio  seniore.  —  Morsolin.  Tito  Perlotto  e  Um(  Foscolo.  —  Marchesi,  L'età  eroica 
della  Repubblica  veneta. 

+Attì  della  r.  Accademia  delle  scienze  di  Torino.  Voi.  XXIII,  2, 3.  Torino,  1888. 
Oeìd.  Contribuzione  allo  studio  della  circolazione  del  sangue.  —  Jadanza.  Sul  cal- 
colo degli  azimut  mediante  le  coordinate  rettilinee.  —  NaccarL  Sui  calori  specifici  di  alcuni 
metalli  dalla  temperatura  ordinaria  fino  a  320<>.  --  Charrier.  Lavori  deirOsservatorio  astro- 
nomico di  Torino.  —   Bollati  di  Saint-Pierre.  Un  inedito  documento  sulla  battaglia  di 
Guastalla.  —  Giacomini.  Su  alcune  anomalie  di  sviluppo  deirembrione  umano.  —  Sacco. 
Studio  geologico   dei   dintorni  di   Guarene  d'Alba.  —  Charrier.  Lavori  deirOsservatorio 
astronomico  di  Torino.  —  Ferrerò.  Di  alcune  iscrizioni  romane  della  valle  di  Susa. 
♦Atti  della  r.  Accademia  economieo-agraria  dei  Georgofili  di  Firenze.  Ser.  4*, 
Yol.X,  4.  Firenze,  1887. 
De  Stefani.  Sulle  ligniti  della  valle  di  Serchio. 
■*Atti  della  Società  dei  naturalisti  di  Modena.  Memorie.  Ser.  3*,  voi.  VI.  Ren- 
diconti. Sen  3*,  voi.  III.  Modena,  1887. 

Memorie.  Cenni  sul  clima  di  Marcia.  —  Silipranti.  Contribuzione  alla  flora  dei  din- 
tomi  di  Not^.  —  Pantanelli  e  Montese.  Cenno  monografico  intomo  alla  fauna  fossile  di 
Montese.  —  Picaglia.  Contribuzione  all'erpetologia  di  Bellavista  (Rep.  Argentina).  —  Ca- 
panni, Cenni  intomo  alla  corrente  ciclonica  che  fece  la  traversata  del  Correggese  la  notte 
del  4  al  5  agosto  1886. 

"^Atti  della  Società  veneta-trentina  di  scienze  naturali  residenti  in  Padova. 
Voi.  XI,  1.  Padova,  1888. 

Sicher  ed  Arrigoni  degli  Oddi.  Alcuni  uccelli  anomali  del  Veneto,  —  Miani.  Di  alcuni 
crostacei  isopodi  terrestri  osservati  nel  Veneto.  —  Berlese.  Intomo  ad  alcune  specie  poco 
note  del  genere  Leptosphaeria.  —  Canestrini.  Esperienze  sopra  alcuni  effetti  prodotti 
dalle  scintille  d'induzione.  —  Paoletti.  Revisione  del  genere  Tubercularia.  —  Corde» 
nons.  Antichità  preistoriche  anariane  della  Regione  euganea.  —  Canestrini.  Intorno  ad  alcuni 
acari  ed  opilionidi  dell'America. 

^Atti  del  r.  Istituto  veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti.  Ser.  6*,  t.  VI,  2.  Ve- 
nezia, 1888. 

De  Toni  e  Levi.  Flora  algologica  della  Venezia  (Parte  IH,  le  Cloroficee),  —  Ahetti. 
Osservazioni  astronomiche  fatte  a  Padova  nel  1887.  —  Lazzeri.  Le  curve  e  le  sviluppabili 
multiple  di  una  classe  di  superficie  algebriche.  —  Bellati  e  Lussana.  Alcune  ricerche  elet- 
triche sui  seleniuri  di  rame  e  d'argento,  Que%^%kg%%e.  Nota.  —  Favaro.  Intomo  ad  alcune 
applicazioni  sul  metodo  delle  equipollenze.  —  De  Giovanni.  Sullo  sforzo  cardiaco.  —  Ca- 
vagnis.  Contro  il  viras  tubercolare  e  contro  la  tubercolosi.  Tentativi  sperimentali.  —  Id. 
Deirimmunità  artificiale  della  tubercolosi.  —  Id,  Appendice.  L'allattamento  per  parte  di 
animali  tubercolosi:  il  latte,  il  sangue,  la  bile  d'animali  tubercolosi.  —  Tamassia.  Una 
vecchia  questione  nella  diagnosi  della  morte  per  annegamento.  Ricerche  sperimentali.  — 
Levi.  Su  Cheronzio  Augustale,  Taide  da  Licopoli  e  Publio  Clodio  Quirinale.  Memorie  tre 
di  scoperte  archeologiche. 

*Atti  e  Memorie  delle  r.  r.  deputazioni  di  storia  patria  per  le  Provincie  mo- 
denesi e  parmensi.  Ser.  8*,  voi.  IV,  2.  Modena,  1887. 
Sola,  Curiosità  storico-artistico-letterarie  tratte  dal  carteggio  dell'inviato  estense  Giu- 
seppe Riva  con  L.  A.  Muratori.  —  Ceretti.  Giovanni  di  F.  Pico.  -—  Vischi.  Come  L.  A, 


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—   LX  — 

Muratori  fosse  chiamato  Dottore  all^Ambrosiana  di  Milano.  —  Sandonnino.  Un  famoso 
bandito  Modenese.  —  Levi  Aica  Trayeraari,  aneddoto  Salimbeniano.  ■—  CrespeUani.  Scavi 
del  modenese  (1886-87). 

^Bullettino  della  Commissione  archeologica  commiale  di  Boma.  Amio  XYI,  1. 
*  Roma,  1888. 

Lanciarli.  La  Venus  hortorum  Sallustianorum.  —  ^or«ari.  Le  mura  e  porte 
di  Servio.  —  Gatti.  Antichi  monumenti  esistenti  in  s.  Stefano  del  Cacco.  — -  Id.  Trova- 
menti  risguardanti  la  topografia  e  la  epigrafia  urbana. 

*Bullettino  della  sezione  dei  cultori  delle  scienze  mediche  nella  r.  Accademia 
dei  fisiocritici  di  Siena.  Anno  VI,  n.  1.  Siena,  1888. 
Toscani.  Sul  lavoro  intemo  ed  estemo  della  coppia  galvanica.  —  Bemabei  e  Sana- 

relli.  Prime  rlcherche  bacteriologiche  sperimentali  nel  Caucaso. 

*  Bollettino  della  Società  generale   dei  viticoltori  italiani.   Anno  III,  3,  4. 

Roma,  1888. 

Ceri  etti.  Le  malattie  dei  vini  e  la  r.  Stazione  di  patologia  vegetale.  —  Feletti.  Cenni 
sulla  viticoltura  ed  enologia  del  Canavesano.  —' Lunardoni.  Metodi  curativi  per  combat- 
tere la  filossera.  —  Cerletti.  Commissione  enologica  in  Sicilia.  —  Boldi.  Confronti  econo- 
mici suU'impianto  della  vigna  in  Puglia. 

^Bollettino  della  Società  geografica  italiana.  Ser.  3*,  voi.  I,  2.  Roma,  1888. 

Memorie  e  Relazioni:  Notizie  del  do'tt.  L.  Traversi.  —  Le  recenti  collezioni  del 
doti  V.  Ragazzi.  —  Badia.  L'emigrazione  svedese.  —  Franco  Grillo.  H  Rio  di  Chopim.  — 
Marinelli.  L'opera  del  prof.  Umlauft  sulle  «  Alpi  ».  —  Annoni.  Da  Agram  a  Costantinopoli, 
per  Belgrado  a  Bucarest.  —  Colini.  Cronaca  del  Museo  etnografico  e  preistorico. 

*  Bollettino  delle  nomine  (Ministero  della  guerra).  1888.  Disp.  6-8.  Roma. 
■^Bollettino  delle  pubblicazioni  italiane  ricevute  per  diritto  di  stampa  dalla 

Biblioteca  naz.  centrale  di  Firenze.  N.  51,  52.  Firenze,  1888. 
^Bullettino  delle  scienze  mediche  pubblicato  per  cura  della  Società  medico- 
chirurgica di  Bologna.  Ser.  6%  voi.  XX,  5-6.  Bologna,  1887. 

Gamberini.  L'idros-adenia,  il  lichene  rosso  e  Teczema.  —  Taruffi.  Intorno  alle  ano- 
malie del  funicolo  ombellicale.  —  Pinzani.  Lafluenza  della  segala  cornuta  sul  puerperio. 
^Bollettino  del  Ministero  degli  affari  esteri.  Parte  1*,  voi.  I,  gennaio  1888. 

Roma. 
^Bollettino  di  legislazione  e  statistica  doganale  e  commerciale.  Anno  Y,  1®  sem. 

genn.  1888  con  Suppl.  Roma. 
^Bollettino  di  notizie  agrarie.  Anno  X,  n.  1-6.  —  Rivista  meteorico-agraria. 

Anno  X,  n.  2-4.  Roma,  1888. 
+ Bollettino  di  notizie  sul  credito  e  la  previdenza.  AnnoV,  n.  24;  VI,  n.  1-3. 

Roma,  1887-88. 

*  Bollettino  mensuale  pubblicato  per  cura  dell'Osservatorio  centrale  del  r.  Col- 

legio C.  Alberto  in  Moncalieri.  Ser.  2',  voi.  Vili,  1,  gennaio  1888.  Torino. 
^Bollettino  meteorico  deirUflScio  centrale  di  meteorologia.  Anno  X,  febbraio 

1888.  Roma. 
'^Bollettino  settimanale  dei  prezzi  di  alcuni  dei  principali  prodotti  agrari  e 

del  pane.  Anno  XV,  1888,  n.  2-5.  Roma,  1888. 


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—   LXI  — 

'BollettìDO  ufficiale  della  istruzione.  Voi.  XIII,  dicembre  1887;  XIV,  gen- 
naio 1888.  Berna. 

*Bullettino  della  Commissione  speciale  dlgiene  del  Mmiicipio  di  Eoma.  Anno 
Vili,  7-9.  Eoma,  1888. 
Finto,  Il  governo  delle  acque. 

*Bullettino  sanitario  (Ministero  dell'interno).  Gennaio  1888.  Roma. 

*  Gazzetta  chimica  italiana.  Appendice.  Voi.  VI,  1.  Palermo,  1888. 

"*  Giornale  della  r.  Accademia  di  medicina  di  Torino.  Voi.  XXXVI,  1.  To- 
rino, 1888. 

Marro,  Di  un  nuovo  criterio  diagnostico  nella  paralisi  progressiva  derivato  dall'ana- 
lisi delle  orine.  —  Calderini.  Cellule  simili  a  quelle  della  decidua  ottenute  sperimental- 
mente mediante  stimolo  meccanico.  —  Foà  e  Bonome.  Di  un  microfita  patogeno  per  Tuomo 
e  per  gli  animali.  —  Id.  e  Carbone,  Sulla  fisiopatologia  della  milza.  —  Id.  e  Bonome. 
Sulla  biologia  del  Proteo  capsulato. 

*  Giornale  della  Società  di  letture  e  conversazioni  scientifiche  di  Genova.  Anno  X, 

2^  Sem.  f.  8-11.  Genova,  1887. 
Pizzetti.  Contribuzione  allo  studio  geometrico  della  superficie  terrestre.  —  Piuma,  In- 
torno a  due  classi  di  integrali  esprimibili  con  soli  logaritmi.  —  Loria,  Sugli  enti  geome- 
trici generati  da  forme  fondamentali  in  corrispondenza  algebrica.  —  Morera.  Sulla  integra- 
zione delle  equazioni  a  derivate  parziali  del  primo  ordine.  —  Perroni.  Sul  punto  doppio 
apparente  della  cubica  gobba.  —  Balbi.  Studi  sulla  storia  del  diritto  pubblico  degli  It&- 
liani  nelle  prime  età  del  medio  evo.  —  Chinazzi,  Brevi  stud!  intorno  a  Socrate.  —  Ba- 
èteri.  Flora  ligustica.  —  Premi.  Trattati  commerciali  colla  Francia  e  TAustria-Ungheria.  — 
Marcer,  Della  Storia  considerata  qual  mezzo  di  educazione. 

^Giornale  medico  del  r.  Esercito  e  della  r.  Marina.  Anno  XXXVI,  1,  gennaio 

1888.  Boma. 
+ Giornale  militare  ufficiale  1888.  Part.  I,  5,  6;  parte  II,  5-7.  Roma. 
•Giornale  (Nuovo)  botanico  italiano.  Voi.  XX,  1.  Firenze,  1888. 

Berlese.  Monografia  dei  generi  Pie o spora,  Clathrospora  e  Pyrenophora. — 
Beccari,  Nuove  specie  di  Palme  recentemente  scoperte  alla  Nuova  Guinea. 

■^Ingegneria  (L*)  civile  e  le  arti  industriali.  Voi.  XIII,  12.  Torino,  1887. 

Brayda,  A  proposito  di  alcuni  rilievi  architettonici  torinesi.  —  Crugnola,  Dei  ponti 
girevoli  in  generale  e  di  quello  recentemente  costruito  per  Tarsenale  di  Taranto.  —  Gan- 
dolfi.  Note  sulle  miniere  di  Somorrostro  (Spagna). 

^Memorie  deUa  Società  degli  spettroscopisti  italiani.  Voi.  XV,  10.  Roma,  1888. 
Ricco  e  Mascari,  Dimensioni,  aree  e  latitudini  eliografiche  dei  gruppi  di  facole  rile- 
vati nel  r.  Osservatorio  di  Palermo  negli  anni  1882-1884. 

^Osservazioni  meteorologiche  eseguite  nelVanno  1887  nelr.  Osservatorio  astro- 
nomico di  Brera,  col  riassunto  composto  sulle  medesime.  Milano,  1888. 
^Programma  del  r.  Istituto  tecnico  superiore  di  Milano.  Anno  1887-88.  Milano. 
^Bassegna  (nuova)  di  viticoltura  ed  enologia.  Anno  II,  3.  Con^liano,  1888. 

Grazzi  Soncini,  Colbertismo.  —  Comboni,  Cosa  si  può  sostituire  al  gesso  nella  ges- 
satura dei  vini.  —  Mùller  Thurgau.  Delle  uve  gelate,  e  del  sapore  che  comunicano  al  vino.  — 
Cettolini,  L'enologia  e  la  lotta  di  tariffe  fra  la  Francia  o  lltalia.  —  Com^s.  Patologia.  Il 
mal  nero  o  la  gommosi.  —  Gaia,  L'Enocianina. 


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—   LXII   — 

+Kendicoiiti  del  r.  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere.  Ser.  2*,  voi.  XX,  20  ; 

XXI,  1-3.  Milano,  1888. 

XX.  20.  Brambilla.  Lo  omografie  che  mutano  in  se  stesse  una  curva  gobba  razionale 
del  quarto  ordine.—  Trevisan.  Se  sia  vero  che  il  bacillo  imetrofo  (micrococcus  prodi- 
gio su  s  di  antichi  autori)  proceda  sempre  come  agente  specifico  predisponente  al  calcino  del 
baco  da  seta.  —  VoUa,  H  circuito  elettrico  male  isolato.  —  Ferrini.  Intenzione  ed  effetto 
dei  negozi  giuridici.  —  CantU.  Cose  d'Africa.  —  XXI.  1.  Stramhio.  Rendiconto  de'  lavori 
della  Classe  di  lettere  e  scienze  storiche  e  morali.  —  Ferrini.  Rendiconto  de'  lavori  della 
Classe  di  scienze  matematiche  e  naturali.  —  Inama.  Commemorazione  del  comm.  Bernar- 
dino Biondelli.  —  2.  Tondini  de"  Quarenghi.  Sui  vantaggi  e  la  possibilità  dell'adozione 
generale  del  Calendario  gregoriano.  —  CantU.  Osservazioni  alla  Comunicazione  del  P.  Ton- 
dini De'  Quarenghi.  —  Zucchi.  Il  quinto  e  sesto  progetto  di  legge  sanitaria.  —  Zoja.  Una 
quistione  di  priorità  circa  la  «  Bulla  ethmoidalis  del  Zuckerkandl.  —  Pini.  Riassunto  delle 
Osservazioni  Meteorologiche,  eseguite  presso  il  r.  Osservatorio  Astronomico  di  Brera  nel- 
l'anno 1887.  —  3.  Vignali.  Audizione  colorata.  —  Villa  Pernice.  Le  casse  di  risparmio 
e  il  nuovo  progetto  di  legge  per  il  loro  riordinamento.  —  Buccellati.  Progetto  del  Codice 
penale  del  Regno  d'Italia  del  ministro  Zanardelli.  —  Vidari.  La  convenzione  di  Berna  del 
9  settembre  1886.  Protezione  delle  opere  letterarie  ed  artistiche.  —  Bardelli.  Proprietà  ste- 
reometriche di  un  sistema  di  forze.  —  Rajna.  Escursioni  diurne  del  magnete  di  declina- 
zione fra  8  ore  ant.  e  2  ore  pom.  determinate  nel  r.  Osservatorio  di  Brera  durante  Tanno 
1887.  —  Chiazza.  Sulla  derivazione  dell'Eugeniol  dalla  Conlferina. 
■^Eevue  Internationale.  T.  XVII,  3,  4.  Home,  1888. 

m.  Blaze  de  Bury.  Mes  souvenirs  de  la  «  Revue  des  Deux  Mondes».  —  Bogliettu 
La  politique  extérieure  de  l'Autriche-Hongrie  depuis  Sadowa.  —  Delpit  La  vengeance  de 
Pierre.  —  Frènes.  Jean-Pierre  Vieusseux  d'après  sa  correspodance  avec  J.-C.-L.  De  Sismondi.— 
Stevenson.  Un  cas  extraordinaire.  Imité  de  l'anglais.  -—  \*  L'eiploitation  et  la  construction 
des  chemins  de  fer  en  Italie.  —  IV.  Blaze  de  Bury.  Mes  souvenirs  de  la  «  Revue  des  Deux 
Mondes  ».  —  Bonfadini.  La  France  et  l'Italie  en  1888.  —  Delpit.  La  vengeance  de  Pierre.  — 
Frènes.  Jean-Pierre  Vieusseux  d'après  sa  correspondance  avec  J.-O.-L.  De  Sismondi.  — 
Loliée.  La  Reine  Pompadour  et  son  temps.  —  /,  L'exploitation  et  la  construction  des  che- 
mins de  fer  en  Italie. 
^Eivista  di  artiglieria  e  genio.  Gennaio  1888.  Roma. 

Cerroti.  Esame  critico  delle  varie  formole  in  uso  sulla  spinta  dei  terrapieni  ecc.  — 
Sobrero.  Alcune  proposte  riguardo  all'artiglieria  da  campagna.  —  Rovere.  Circa  gli  ordi- 
namenti militari  in  relazione  col  progresso  civile  e  coU'armameuto.  —  Sulle  esperienze  di 
rottura  di  due  ponti  di  ferro  a  travate  rettilinee  presso  la  stazione  di  Bilt  (Utrecht).  '— 
Siracusa.  L'artiglieria  campale  italiana. 
*  Rivista  italiana  di  filosofia.  Anno  III,  voi.  I,  gen.-feb.  1888.  Roma. 

Pietrohono.  La  teoria  dell'amore  di  Dante  Alighieri.  —  Benzoni.  Teorica  del  bello 
nelle  ultime  pubblicazioni    d'Estetica  in   Italia.  —   Valdamini.  La  scienza  moderna  e  la 
Filosofia  teoretica.  —  Ferri.  Di  una  vecchia  definizione  del  concetto.  —   Valdamini.  U 
Dizionario  francese  di  pedagogia  e  una  Enciclopedia  pedagogica  italiana. 
+ Rivista  marittima.  Anno  XXI,  1,  gennaio  1888.  Roma. 

Tadini.  1  marinai  italiani  nelle  Spagne  (Appunti  storici).  —  Colombo.  La  telegrafia 
ottica.  —  Colomb.  1  blocchi  nelle  attuali  condizioni  della  guerra  marittima.  —  Barlacci. 
Cannone  a  Retrocarica,  sistema  dell'ingegnere  Quick  (Trad.). 
+ Rivista  scientifico-industriale.  Anno  XX,  1-3.  Firenze,  1888. 

1.  Rovelli.  Le  tinte  dei  crepuscoli  in  relazione  collo   stato  igrometrico   dell'atmo- 
sfera. —  Palagi.  Sulla  costituzione  della  nebbia  e  delle  nubi.  Nota  U.  —  Canestrini.  Espe- 


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—   LXIII  — 

rienze  sopra  alcuni  effetti  prodotti  dalle  scintille  d'induzione.  —  Bargagli.  Insetti  nocivi 
al  vino  in  bottiglie.  —  2.  Palmieri,  Come  cadendo  la  pioggia  sul  luogo  delle  osservazioni 
si  possa  avere  elettricità  negativa.  —  Canestrini.  Esperienze  sopra  alcuni  effetti  prodotti 
dalle  scintille  d'induzione.  —  Maugim,  Probabile  causa  della  valenza  degli  atomi.  —  3.  Ca- 
nestrini, Esperienze  sopra  alcuni  effetti  prodotti  dalle  scintille  d'induzione.  —  Maugini, 
Probabile  causa  della  valenza  degli  atomi.  —  Poli,  I  movimenti  del  protoplasma  in  rela- 
zione colla  tensione  superficiale. 

^Statistica  del  commercio  speciale  di  importazione  e  di  esportazione  dal  P  gen. 
al  31  die.  1887.  Roma,  1888. 

T Studi  e  documenti  di  storia  e  diritto.  Anno  Vili,  3-4.  Roma,  1887. 

Alibrandi.  Osservazioni  giuridiche  sopra  un  ricorso  de'  Monaci  di  Grottaferrata  al 
pontefice  Innocenzo  II»  —  Tomassetti,  Note  storico-topografiche  ai  documenti  editi  dall'Isti- 
tuto austriaco  (Campagna  romana).  —  Calisse,  Note  (Patrimonio  di  s.  Pietro  in  Tuscia).  — 
De  Nolhac,  Les  correspondants  d'Aide  Manuce.  Matériaux  nouveaux  d'histoire  littéraire. 

Pubblicazioni  estere. 

*Abstracts  of  the  Proceedings  of  the  Chemical  Society.  N.  47,  48.  London,  1888. 
^ Actes  de  TAcadémie  nationale  des  sciences,  belles-lettres  et  arts  de  Bordeaux. 

3«sór.  47  année  1885.  Bordeaux,  1885. 
^Anales  del  Instituto  y  Observatorìo  de  marina  de  San  Fernando.  Seccion  2.* 

Observaciones  meteorologicas.  S.  Fernando,  1887. 

^Annalen  der  Physik  und  Chemie.  N.  F.  Bd.  XXXIII,  2,  3.  Leipzig,  1888. 

2.  IViedemann  u.  Mert.  Ueber  den  Einfluss  des  Lichtes  auf  die  electrischen  Entlar 
dungen.  —  Meyer.  Ueber  die  thermiscbe  Veranderlìchkeit  des  Daniell'scben  Elements  und 
des  Accumijlators.  —  Ber  liner.  Ueber  das  Zerstauben  glflhender  Metallo.  —  Narr.  Ueber 
die  Leitung  der  Electricitfit  durch  die  Gase.  —  ffallwachs.  Ueber  den  Einfluss  des  Lichtes 
auf  electrostatistisch  geladene  KOrper.  —  Stenger.  Zur  absoluten  Messung  magnetischer 
Felder.  —  Braun.  Bemerkung  tiber  die  Erkl&rung  des  Diamagnetismus.  —  Tamtnann, 
Ueber  cine  dynamische  Methode  zur  Bestimmung  der  Dampfspannungen.  —  Braun,  Ueber 
einen  allgemeinen  qualitativen  Satz  ftìr  Zustands^nderungen  nebst  einigen  sich  anschliessen- 
den  Bemerkungen,  insbesondere  tiber  nicht  eindeutige  Systeme.  —  Ketteler.  Experimental- 
untersuchung  tiber  das  RefractionsvermOgen  der  Pltissigkeiten  zwischen  sehr  entfemten  Tem- 
peraturgrenzen.  —  Kurlòaum.  Bestimmung  der  Wellenlange  Fraunhofer'scher  Linien.  — 
Braun.  Ein  Versuch  tiber  Lichtemission  gltihender  KOrper.  —  Oosting.  Zwei  Methoden  zur 
Erregung  der  Lissajous'schen  Schwingungscurven.  —  3.  Dieterici.  Ueber  cine  Bestimmung 
des  mcchanischen  Aequi valentes  der  Warme  und  tiber  die  specifische  Wàrme  des  Wassers.  — 
Winkelmann.  Die  Verdampfung  in  ihrer  Abh&ngigkeit  vom  ausseren  Druck.  —  Koch.  Ueber 
das  AusstrOmen  der  Electricitàt  aus  einem  glUhenden  electrischen  KOrper.  —  Streintz.  Expe- 
rimentaluntersuchungen  tiber  die  galvanische  Polarisation.  —  v,  Ettingshausen  u.  Nemst. 
Ueber  das  thermiscbe  und  galvanische  Yerhaltnen  einiger  Wismuth-Zinn-Legirungen  im 
magnetischen  Pelde.  —  Foeppl.  Ueber  die  Leitungsfòhigkeit  des  Vacuums.  ~  Ketteler. 
Experimentaluntersuchung  tìber  das  RefractionsvermOgen  der  Flttssigkeiten  zwischen  sehr 
entfemten  Temperaturgrenzen.  —  Schmidt.  Ueber  die  durch  feine  Rohrchen  im  Kalkspath 
hervorgerufenen  Lichtringe  und  die  Theorie  derselben.  —  Wolf.  Ueber  die  Farbenzei^ 
streung  im  Auge.  —  v,  Wyss,  Ueber  eine  neue  Methode  zur  Bestimmung  der  Rotationa- 


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—  LXIV  — 

dispersion  einer  activen  Substanz,  und  flber  eine  Fall  von  anomaler  Dispersion.  —  OUzewski. 
Ueber  das  Absorptions^dCtram  dea  flQssigen  Sauerstoffs  and  der  yerfltUsìgten  Lnft.  —  PtUuj. 
Fallapparat. 

^Annalen  Mathematische.  Bd.  XXXI,  1.  Leipzig,  1888. 

Kdnig,  Ueber  eine  neue  Interpretation  der  Fundamentalgleicbungen  der  Dinamìk.  — 
Sckdnflies.  Ueber  die  regelmassigen  Configurationen  ««.  —  Busche,  Ueber  die  Enler*sche 
<3K>-Functioii.  —  Koenigsberger,  Ueber  algebraiscbe  Beziehungen  zwischen  den  Fnndamen- 
tftlintegralen  nnd  deren  Ableitangen  fOr  eine  irrednctible  lineare  bomogene  Differential- 
gleichung  zweiter  Ordnung.  —  v.  LilienthaU  Ueber  eine  besondere  Art  von  Strahlensy- 
stemen.  —  Meyer.  Zar  Algebraischen  Erzeugung  sammtlicher,  auch  der  zerfallenden  ebenen 
rationalen  Curren  vierter  Ordnung.  —  Wiltheiss.  Partielle  Differentialgleicbnngen  der  by- 
perelliptischen  Thetafunctionen  und  der  Perioden  derselben.  —  Schafheitlin.  Ueber  eine 
Integraldarstellung  der  hypergeometrischen  Reibe. 

+Annuaire  de  la  Société  géologique  du  Nord.  XV,  1.  Lille,  1888. 

Barrois,  Les  modifications  et  les  transformations  des  granulites  di  Morbiban.  — 
Garton.  Lettre  de  Métameur  (Tunisie).  —  Delvaux  et  Ortliek  Les  poissons  fossiles  de 
Targile  ypresienne  de  Belgique. 

^Annales  des  mines.  8®  sér.  t.  XII,  4.  Paris,  1887. 

Baudry,  Notes  sur  le  servi  ce  du  matériel  et  de  la  traction  de  quelques  cbemins  de  fer 
américains.  —  Aguillon,  Grande-Bretagne.  Loi  de  1887  sur  les  mines  de  bouille.  — 
Leseure.  Note  sur  la  société  cooperative  formée  pour  Tassociation  des  carrières  de  Bourré. 

*Annales   scientifiques  de   TÉcole   nonnaie  supérieure.  3®  sér.   t.  V,  1,  2. 

Paris,  1887. 

1.  Sauvage.  Sur  les  solutions  régulières  d*un  système  d'équations  différentielles  (deu- 
xième  Mémoire).  —  Nazimow,  Sur  quelques  applications  de  la  tbéorie  des  fonctions  ellipti- 
ques  à  la  tbéorie  des  nombres.  —  2.  Nazimow.  Sur  quelques  applications  de  la  tbéorie 
des  fonctions  elliptiques  à  la  tbéorie  des  nombers.  —  Combescure.  Sur  le  déplacement 
tangentiel  de  deux  surfaces  rigides. 

^Annals  of  the  astronomical  Observatory  of  Harward  College.  Voi.  XIII,  2. 
Cambridge,  1888. 

Zone  observations  made  with  the  transit  wedge  pbotometer  attached  to  the  equato- 
rial  telescope  of  fifteen  incbes  aperture  during  the  Years  1882-1 886,  under  the  Direction 
of  E.  C.  Pickering. 
+Annuaire  de  la  Société  météorologique  de  Franco.  1887.  Sept.  Paris. 

Araheyré.  Projet  de  sismographe  enregistreur.  —  Hauvel.  Sur  les  cause  d'une  classe 
de  bourrasques.  —  Renou.  Résumé  des  observations  météorologiques  faites  au  Parc-de-Saint- 
Maur,  en  juin  1887.  —  Cceurdevache.  Variations  du  barometro  entre  deux  jours  consécu- 
tifs  en  janvier.  —  Arabeyré,  Projet  de  prévision  automatique  du  mistral  à  Faide  d'un  appareil 
électrique  (Résumé). 

■^Annuaire  de  Vlnstitut  de  Franco  pour  1888.  Paris. 

+Anzeiger  (Zoologischer).  N.  271,  272.  Leipzig,  1888. 

271.  Grassi,  Ersatzpaar  bei  den  Termiten.  —  Fewkes,  The  Sucker  on  the  Fin  of  Pter o- 
tr  a  e  h  e  a .  —  Schimkewitsch.  Sur  le  développement  du  coeur  des  moUusques  pulmonés  d'après 
les  observations  de  M.  Schalfeew.  —  Simroth,  Ueber  die  azorisch-portugiesische  Nacktschne- 
kenfauna  und  ihre  Beziehungen.  —  VilloL  Encore  un  mot  sur  le  développement  et  la  déter^ 
mination  spécifique  des  Gordiens  adultes.  —  272.  Simroth.  Ueber  die  azorisch-portugiesi- 
sche &.  —  Beddard.  Preliminary  note  on  the  "  Mucous  Gland,,  of  Urochaeta.  —  /rf. 


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—  LXV  — 

Preliminuy  Notes  on  the  Anatomy  ofPerichaeta.—  Enckerman.  On  interesting  Spe- 
cimen ofTaeniasaginata.  —  Saeftingen,  Das  Nervensystem  der  Phjlactolaemen  SQss- 
wasser-Bryozoen. 

^'Archiv  der  Mathematik  und  Physik.  2  Keihe.  T.  V,  4;  VI  1.  Leipzig,  1887. 
V,  4.  Hofmann,  Die  synthetischen  Gmndlagen  dar  Theorie  dee  Tetraedroid-Comple- 
xes.  —  KÒtter.  Ueber  die  Contractio  venae  bei  spaltfOrmigen  und  kreisfOrmigen  Offnun- 
gen.  —  Hoppe.  Das  n  dehnige  («+1)  eck  in  Bezìehung  ans  scine  Haupttragaxen.  —  Decker. 
Ueber  die  sph&risch-elliptische  Bewegnng.  —  Sckiffher,  Ueber  den  geometrischen  Ort  dar 
Mittelpnnkte  von  Kreisen,  welche  durch  2  Punkte  gehen  und  eine  Gerade  treffan.  —  VI,  1. 
Fiihrmann,  Der  Brocard'scbe  Winkel  des  Dreiecks.  —  Ekama.  Die  Lissajous'scben  Curven.  — 
Hoppe,  Erweiterung  zweier  S&tze  auf  n  Dimensionen.  —  Hermann,  Ueber  Triederscbnitte 
und  Minimalteiraeder.  —  Klug,  Construction  der  den  Brennpunkten  eines  Kegelscbnitts 
entsprecbenden  Punkte  im  collinearen  System.  —  Id,,  Ueber  mehrfacbperspective  Tetraeder. — 
Simon.  Zur  Tbeorie  der  barmoniscben  Reibe.  —  Oekinghaus.  Ueber  die  Normalen  der  Ke- 
gelscbnitte. 

^Berichte  der  deutschen  chemischen  Gesellschaft.  Jhg.  XXI,  2,  3.  Berlin,  1888. 

2.  Hrùhl.  Untersuchnngen  tiber  die  Terpene  und  dexen  ÀbkOmmlinge.  —  ZUrcher, 
Zur  Oxydation  der  Chinolin-o-Bulfonsfture.  —Polonowsky,  Ueber  das  Verhalten  einiger  Dio- 
xime  gegen  Pbenylbydrazin.  —  Fromm,  Zur  Kenntniss  der  Disulfone.  —  Tsckacher,  Ueber 
die  Condensation  des  m-Nitrobenzaldebydes  mit  Eohlenwasserstoffen.  —  Landolt,  Ueber 
polaristrobometrisch-cbemische  Analyse.  —  Hartmann.  Ueber  die  speciflsebe  Drehung  der 
Bechtscamphers&ure  und  ibrer  Salze.  —  Selmons.  Ueber  die  Zersetzung  der  Peijods&ure 
durch  schweflige  Sfture,  und  ihren  zeitlichen  Verlauf.  —  Fahlherg  und  Lùt,  Zur  Bildung 
der  (^Sulfamincarbons&uren.  —  Brunner  und  Chuit  Ueber  Dichrolne,  Phenoloxychroln, 
Thymolochroln  und  Thymochinon.  —  Bamberger  und  Lodter,  Ueber  o-Naphtalinaldebyd.  — 
Lange,  Ueber  die  Einwirkung  yon  Scbwefel  auf  die  Salze  der  aromatischen  Oxyverbindun- 
gen.  —  Demuth  und  Meyer.  Zur  Kenntniss  der  Isodibrombemsteins&ure.  —  Loeto.  Ueber 
die  Condensation  des  Formaldehyds  unter  verschiedenen  Bedingungen.  —  Kdmer,  Ueber 
einige  Derivate  der  Phenyldibromisobnttersfture.  —  Reese,  Ueber  die  Einwirkung  von  Pbtal- 
s&ureanhydrid  auf  Amidos&uren.  —  Rudorjf.  Ueber  das  Calciumkupferacetat.  —  Seubert.  Die 
Benzylester  der  chlorsubstituirten  Essigs&uren.  —  Ladenburg,  Ueber  >^-Bicolin  und  ^^Pipeco- 
lin.  —  Petersen.  Ueber  das  Pyrrolidin.  —  Hacker,  Ueber  /S-Bicolin.  —  Durkopfunà  Schlaugk, 
Die  Constitution  des  ÀldehydcoUidins.  — -  Rùgheimer  und  Schramm,  Ueber  die  Einwirkung 
von  Phosphorpentachlorid  auf  ftthylmalonsaures  Ànilin  und  fttbylmalonsaures  (>-Toluidin.  — 
Friedheim,  Zur  Frage  der  Existenzdesvon  der  Pfordten'schen  Ag^O  und  flber  die  Ein- 
wirkung des  K  Mn  Oi  auf  Silber.  —  Levy  und  Jedlicka.  Zur  Kenntniss  des  vierfach  gecblorten 
Diacetyls.  —  Witt,  Ueber.  Derivate  des  «-Naphtols.  —  Memnger  und  Engels.  Ueber  die 
Entwicklung  von  gasfOrmigem  Phosphorwasserstoff  und  dessen  Einwirkung  auf  Aldebyde 
und  Ketons&uren.  —  Hergreen,  Untersuchnngen  flber  das  Thiophosgen.  —  Meyer.  Ueber 
schwefelhaltige  ÀbkOmmlinge  des  Desoxybenzoins  und  seiner  Analogen.  —  Neumann.  Eine 
neue  Methode  zur  quantitativen  Bestimmung  des  Thalliunis.  —  Classen.  Quantitative  Ana- 
lyse durch  Elektrolyse.  —  Id,  Ueber  eine  neue  quantitative  Methode  zur  Trennung  des 
Titans  von  Eisen.  —  Lunge,  Ueber  eine  verbesserte  Form  des  Nilrometers.  —  Ris,  Ueber 
einige  Derivate  des  Brenzcatechins  mit  Alkylendiaminen.  —  Hrdmme,  Die  Einwirkung  von 
Brom  auf  die  Naphtochinonoxime.  —  Id,  Die  Einwirkung  von  Monaminen  auf  die  Naphto- 
chinonoxìme.  —  Vallach,  Ueber  Irisin.  —  Lellmann  und  Reusck,  Ueber  Pseudochinolin- 
ananitril.  —  Patcletoski.  Ueber  Einwirkung  von  Chloraceton  auf  Diphenylsulfohamstoff.  — 
Ledermann,  Zur  Kenntniss  der  Tetrabenzylphosphoniumverbindungen.  —  Lóscher.  Einwir- 
kung von  Brom  auf  Jodoform.  —  Frentsel,  Ueber  die  Polymerìsationsproducte  der  Tolyl- 

BuLLiTTiNO  Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  P  Sem.  9 


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—   LXVI  — 

cyanate.— /oco^jo».  Ueber  die  Einwirkang  yon  Schwefelkohlenstoff  auf  Benzolazo-/}-iiaphtoI. — 
Mehne,  Ueber  Gondensation  yon  Forfarol  mit  Monochloraldehyd.  —  Nietzki  und  Guiter- 
man.  Zar  Eenntniss  der  Chinondioxime.  —  Lieòermann.  Ueber  die  Leakostafen  der  antlua- 
chinonfarbstoffe.  —  Id,  Ueber  therapeutische  Ersatzmittel  des  Ghrysarobins.  —  3.  Brùhl. 
Untersuchungen  liber  die  Terpene  und  deren  AbkOmmlinge.  —  Bongartz.  Ueber  Verbin- 
dungen  der  Aldehyde,  Ketone  und  Ketonsàuren  mit  der  ThioglycolsSure.  —  Polonowska. 
Ueber  die  Oxime  des  Benzils.  —  Zincke.  Untersuchungen  iiber  P-Naphtochinon.  —  Graebe, 
Ueber  Phenylsalicylsàure  und  Dipbenylenketonoxyd.  —  Kuhn  und  Hemchel.  Ueber  substi- 
tuirte  Biurete.  —  Scholl.  Umwandlung  von  Ketoximen  in  Pscudonitrole.  —  Mòhlau.  Ueber 
die  Identitat  des  Diphenyldiisoindols  und  des  Pr-3-Phenylindol8.  —  Weyl.  Weitere  Ver- 
suche  tiber  die  Giftigkeit  des  Saffransurrogats  (Dinìtrokresols).  —  Brunn.  Ueber  das  Mu- 
rexoin.  —  Gùnther,  Versuche  zur  Umlagerung  von  Benzildioxim.  —  Amchùtz,  Ueber  die 
Isomerie  der  Fumarsàure  und  der  Malelnsàure.  —  Conrad  und  Limpach.  Sinthese  yen 
«-Phenyl-y-oxychinolin.  —  Id.  Synthese  der  Homologen  des  y-Oxychinaldins.  —  WillgtTodt. 
Ueberfuhrung  yon  Ketonen  und  Aldehyden  in  S&uren  und  Sàureamide  mittelst  gelben  Schwe- 
felammoniums.  —  Meyer.  Ueber  die  Raoult'sche  Methode  der  Moleculargewichts-Be- 
aUmmung.— Zincke  vakà/aenke.  Ueber  Orthoamidoazoyerbindungen  des  Xylols  und  Pseudocu- 
mols.  — /app  TmàKlingemann.  Bildungsweisen  yon  Mono-  und  Dibydraziden  dera-Diketone. — 
Jd.  und  Huntly.  Einwirkung  yon  Phenylhydrazin  auf  ein  ungesftttìgtea  y^Diketon.  — 
LepsiiiS.  Analyse  des  «TOnnissteiner  Heilbrunnens«.  —  Id,  Vorlesungsyersuch  zur  Demon- 
stration  der  Valenz  der  Metallo.  —  Gòttig.  Ueber  bis  jetzt  unbekannte  Verbindungen  des 
Aetznatrons  mit  Methylalkohol,  welcbe  sich  auf  der  Wasseroberfl&che  bewegen.  —  Gabriel. 
Ueber  einige  Derivate  des  Aethylamins.  —  Strassmann.  Ueber  einige  AbkOmmlinge  des 
o-Xylols.  —  Wislicenw.  Ueber  die  Lago  der  Atome  im  Raume.  —  Id.  Antwort  auf 
W.  Lossen's  Frage.  —  Kruss  und  Nilson.  Die  Componenten  der  Absorptionsspectrum 
erzeugenden  seltenen  Erden.  —  Heim,  Ueber  einige  Nitroderiyate  des  Phenyl-jS-naphtyl- 
amins.  —  Fkstrand  und  /ohanson.  Zur  Kenntniss  der  Kohlehydrate.  —  Lieòermann.  Ueber 
das  Nuclein  der  Hefe  und  klìnstliche  Darstellung  eines  Nucleins  aus  Eiweiss  und  Meta- 
pbosphorsfiure.  —  Meldola.  Ueber  den  Ersatz  der  Amidogruppe  durch  die  Acetylgruppe  mit 
Hùlfe  der  Diazoreaction.  —  Will.  Ueber  einige  Reactionen  der  Trimethylàther  der  drei 
Trioxybenzole  nnd  ueber  die  Constitution  des  Asarons.  —  Wohl.  Ueber  Amidoacetale.  — 
Roos.  Ueber  einige  schwefelhaltige  Verbindungen  des  Chinolins. 
+Bibliothèqiie  de  TÉcole  des  Chartes.  XLVIII,  6«  livr.  Paris,   1887. 

Delisle.  Deux  notes  sur  des  impressions  du  XV«  siècle.  —  Moranvillé.  Guillaume  du 
Breuil  et  Robert  d'Artois.  —  Omont.  Deux  registres  de  prète  de  manuscrits  à  la  biblio- 
thèque  de  Saint-Marc  de  Venise  (1545-1559). 
+Bibliothèque  des  Écoles  fraii9aises  d'Athènes  et  de  Rome.  Fase.  XLVTII. 

Paris,  1887. 

Muntz  et  Fabre,  La  Blbliothèque  du  Vatican  au  XV®  siècle  d'après  des  documenta 
inédits. 
+Boletim  da  Sociedade  degeographia  de  Lisboa.  7*  Serie,  n.  3,  4.  Lisboa,  1887. 

Cardoso.  ExpedÌ9ao  às  terras  do  Muzilla  em  1882.  —  Contributions  à  la  flore  crypto- 
gamique  du  nord  du  Portugal.  —  de  Serpa  PimenteL  0  Congo  portuguez.  Relatorio  sobre 
as  feitorias  do  Zaire,  seu  commercio,  trabalbos  de  Stanley  e  missOes  inglezas. 
^BuUetin  de  TAcadémie  delfinale.  3*  sér.  t.  XX,  1885.  Grenoble,  1886. 

Crozals.  L'esprit  public  en  Franco  et  le  moyen  age.  —  Giraud,  L'heUénisme  en 
Italie.  —  Reymond,  Esquisse  d'une  estétique.  —  Charvet.  Les  hamachements  des  cbeyaux 
de  selle  au  moyen  age.  —  Kirwan.  La  nouyelle  cosmogonie.  —  Prudhomme.  Méraoires 
historiques  sur  la  partie  du  comté  de  Valentinois,  située  sur  la  riye  droite  du  Rbone.  — 


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—  LXVII  — 

Belachenal,  Charte  comunale  de  Crémieu.  —  Id.  Le  gentilshommes  daaphìnoìs  à  la  ba- 
taille  de  Vemeuil.  —  Roman,  Deux  chartes  dauphinoises  inéditea  du  XI*  siècle.  —  Cha- 
pelle,  Fouilles  archéologiques  faites  sur  le  territoire  de  la  Comune  de  Pact  (Isère). 

"^BuUetin  de  la  Société  académique  Indo-Chinoìse  de  France.  2®  sér.  t.  II, 
années  1882-83.  Paris,  1883-85. 

+Bullettìn  de  la  Société  de  géographle.  V  sòr.  t.  Vili,  4  tr.  1887.  Paris. 

Auhry.  Une  mission  au  Choa  et  dans  les  pays  Gallas.  —  Vallière,  Notice  géogra- 
phìque  sur  le  Soudan  fran^ais.  —  de  Monaco.  Deuxième  campagne  scìentiiique  de  THir  on- 
d  e  1 1  e  dans  TAtlantique  nord.  —  Gouin.  Le  Tonkin,  le  haut  Fleuve  Bouge  et  ses  affluents. 
+Biilletìn  de  la  Société  des  antìquaires  de  Picardie.  1886  n.  1-4;  1887  n.  1. 

Amiens. 
•^Bulletin  de  la  Société  des  sciences  de  Nancy.  Sér.  2%  t.  Vili,  20.  Paris,  1887. 

Thouvenin,  Localisation  du  tannin   dans   les   Myristicacées.  —  Bleicher  et  Fliche, 
Note  sur  la  flore  pliocène  de  Monte  Mario.  —  Bichat  et  BlondloL  Sur  un  électromètre  à 
indications  contìnues.  —  Vuillemin,  Études  biologìques  sur  les  champignons. 
^■Bulletin  de  la  Société  entomologique  de  France.  1888,  feull.  2,  3.  Paris. 
+Bulletin  de  la  Société  géologique  de  France.  T.  XV,  4-6.  Paris,  1887. 

4.  GosseleL  De  renyahissement  progressif  de  Tancìen  continent  cambrien  et  silurìen 
de  TArdenne  par  les  mers  dévonniennes.  -^  Id.  Kemarques  sur  la  faune  dévonnienne  de 
TArdenne.  —  Bergeron.  Sur  le  bassin  houiller  d'Auzits  (Ayeyron).  —  Dru,  Description  du 
pays  situò  entre  le  Don  et  le  Volga,  de  Kalatch  à  Tsaritsine.  —  de  Saporta.  Nouveaux 
documents  relatifs  aux  organismes  problématiques  des  anciennes  mers.  —  5.  de  Saporta, 
Organismes  problématiques.  —  Sarran  d' Aliar d  {de).  Note  sur  les  environs  de  Pont- Saint- 
Esprit.  --  Bourgeat.  Contribution  à  l'étude  du  crétacé  supérieur  dans  le  Jura  meridional.  — 
Collot.  Age  des  Bauxites  du  S.-E.  de  la  France.  —  Fabre.  Origine  des  Cirques  volcani- 
ques  (volcans  de  Beauzon)  Ardèche).  —  de  Margerie.  Présentation  d'un  relief  en  plàtre 
de  la  Pennsylyanie  au  nom  de  MM.  J.  P.  Lesley  et  observations  sur  les  plissements  des 
terrains  paléozoiques.  —  Mouret.  Note  sur  le  Lias  des  environs  de  Brives.  —  Berge- 
ron. Note  sur  les  terrains  anciens  de  la  Montagne  Noire.  —  de  Lapparent.  Contraction 
et  refroidissement  du  globe  terrestre.  —  Boekm  et  Chelot.  Note  sur  les  calcaires  à  Perna 
et  à  Megalodon,  du  moulin  de  Jupilles  (Sarthe).  ~Ì0  Sarran  d'Allard,  Bésnmé  de  la  ' 
monographie  géologique  de  Cabrières  par  M.  de  Rouyille.  —  6.  de  Serran  d'Allard.  Mo- 
nographie  de  Cabrières,  par  M.  P.  de  Rouville.  —  Oaudry.  Sur  le  petit  Ursus  spelsBUs 
du  Muséum.  —  Bertrand,  Conférence  sur  la  chaìne  des  Alpes  et  la  formation  du  conti- 
nent européen.  —  Orossouvre,  Sur  les  gisements  de  phosphate  de  chaux  du  Centre  de  la 
France.  —  Viguier,  Sur  TAlbien  supérieur  des  Corbières.  —  Meunier,  Sur  le  tremble- 
ment  de  terre  de  Ligurie  (1887).  —  Kilian,  Note  sur  le  Gault  de  la  montagne  de  Lure 
et  le  Schloenbachia  inflatiformis.  —  Oaudry.  Communication  sur  le  Dimodo- 
saurus  polignyensis.  —  Depéret,  Sur  les  horizons  mammalogiques  miocènes  du 
bassin  du  Rhdne.  —  de  Grossouvre.  Sur  le  système  oolitbique  inférieur  dans  la  partie 
occidentale  du  bassin  de  Paris.  —  Goret.  Geologie  du  bassin  de  TUbaye. 
+Bulletin  de  la  Société  nationale  des  antiquaires  de  Franco.  1885-86.  Paris, 

1885-86. 
^BuUetin  de  la  Société  zoologique  de  France  pour  Tannée  1887.  Voi.  XII, 

2-4.  Paris. 

Pilliet,  Note  sur  Taspect  des  champs  de  Cohnheim  dans  les  fibres  musculaires  striées 
chez  Tadulte.  —  Moniez.  Sur  un  Champignon   parasite   du  Lecanium  hesperìdum 


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—  LXVIII  — 

(LecaniascuB  polymorphus  nobis).  —  PiUiet  et  Boulart.  Glandes  odorantes  da 
fourrean  de  la  verge  chez  un  Coati  brun.  —  Richard.  Liste  dea  Cladocères  et  dea  Ck>pé- 
podes  d'ean  douce  observés  en  France.  —  Jotisseaume.  Mollusques  nonyeaiix  de  la  Bépn- 
blique  de  TÉquatenr.  —  Cousin,  Faune  malacologique  de  la  Bépnbliqae  de  rÉqnatenr.  — 
Chevreux.  Catalogue  des  Crastacés  amphipodes  marìns  du  sadroaest  de  la  Bretagne,  snivi 
d'un  aper9u  de  la  distrìbution  géographique  des  amphipodes  surs  le  c^^tes  de  France.  — 
de  Gueme.  Sur  les  genres  Ectinosoma  Boeck  et  Po  don  Lilljeborg,  à  propos  de  deus 
Entomostracés  (Ectinosoma  atlanticum  G.  S.  Brady  et  Robertson,  et  Podon  mi- 
nutus  6.  0.  Sars),  tronvés  à  la  Corogne  dans  Testomac  des  sardines.  —  Vian.  Monogra- 
phie  des  Poussins  des  oiseaux  d'Europe  qui  naissent  vétus  de  duvet  (P ti lopedes  Snnd- 
wal).  —  Simon,  Arachnides  recueillis  à  Obock,  en  1886,  par  M.  le  Dr.  L.  Fanrot  — 
Simon,  Liste  des  Arachnides  recueillis  en  1881,  1884  et  1885,  par  MM.  J.  de  Gueme  et 
C.  Rabot,  en  Laponie  (Norvège,  Finlande  et  Russie).  -—  Id,  Espèces  et  genres  nouveaux 
de  la  famille  des  S ^ &y &8bì àvò.  —  Schlumberger,!^ ote  sur  le  genre  Planispirina. — 
Sauvage,  Note  sur  le  plexas  brachial  et  le  plexus  sacro-lombaire  du  Zonure  géant.  — 
Blanchard,  Bibliographie  des  Hématozoaires.  —  Moniez,  Liste  des  Gop^podes. 

+Bulletin  des  sciences  mathématiques.  2«  sér.  t.  XII,  févr.  1888.  Paris. 

Tannery.  Pour  Thistoire  de  la  science  hellène  :  de  Thalès  à  Empedocle.  —  Pearsan. 
A  History  of  the  theory  of  elasticity  and  of  the  strength  of  materiais  from  Galilei  to  ihe 
present  timo,  bj  Isaac  Todhunter.  —  Kapteyn,  Note  sur  les  différentielles  bindmes. 

+Bidletin  of  the  Museum  of  Comparative  Zoology  at  Harwaxd  College.  Vol.Xni, 
6.  Cambridge,  1887. 
Parker,  The  eyes  in  Scorpion. 

+Ceiitralblatt  (Botanisches).  Bd.  XXXIII,  6-10.  Cassel,  1888. 

Murr,  Ueber  die  Einschleppung  und  Verwilderung  von  Pflanzenarten  im  mittleren 
Nord-Tirol.  —  Dùnnenberger,  Bacteriologisch-chemische  Untersuchung  ueber  die  beim  Auf- 
gehen  des  Brotteiges  virkenden  Ursachen. 

*Centralblatt  fur  Physiologìe.  1888,  n.  23,  24.  Wien,  1888. 

*Civilingenieur  (Der).  Jhg.  1888,  Heft  1.  Leipzig,  1888. 

Connert  Mittheilungen  aus  dem  mechanisch-technologischen  Laboratorium  des  EOnigl. 
Polytechnikums  zu  Dresden.  —  Beck,  Historische  Notizen.  —  Friedrich,  Geognostische 
Wanderungen  in  der  Gegend  von  Zittau  u.  d.  Umgebung. 

+Commmiica9oSs  da  CommissSlo  dos  Trabalhos  geologicos  de  Poriiugal.  T.  I,  2. 

Lisboa. 

de  Lima.  Oswald  Heer  e  a  flora  fossil  portugueza.  —  de  Vasconcellos  Pereira  Cor 

hral,  Traces  d'actions  glaciaires  dans  la  Serra  d'Estrella.  —  Choffat.  Recherches  sur  les 

terrains  secondaires  au  sud  de  Sado.  ^  Macpherson.  Étude  des  roches  érnptives  recueilliea 

par  M.  Choffat  dans  les  affleurements  secondaires  au  sud  du  Sado. 

■J^Compte  rendu  de  la  Société  de  géographie.  1888,  n.  2-4.  Paris. 

+Comptes  rendus  hebdomadaires  des  séances  de  TAcadémie  des  sciences.  T.  CVI, 

5-7.  Paris,  1888. 

5.  Janssen.  Note  sur  Téclipse  totale  de  lune  du  28  janvier  1888.  —  Stephan,  0b8e^ 
vation  de  Téclipse  totale  de  lune  du  28  janvier,  à  TObservatoire  de  Marseille.  —  Debray 
et  Joly.  Recherches  sur  le  ruthénium  :  acide  hyperruthénique.  —  Cailletet,  Appareil  pour 
des  erpériences  à  haute  temperature,  au  sein  d*un  gaz  sous  pression  élevée.  —  Wolf,  Sur 
la  statistiqne  solaire  de  Tannée  1887.  —  Léauté,  Sur  la  distrìbution  dans  les  machines  à 
quatre  tiroirs.  —  Rauche,  Sur  la  durée  du  jeu.  —  Demartres,  Sur  la  surface  engendrée 
par  une  conique  doublement  secante  à  une  conique  fixe.  —  Fouret,  Sur  quelques  proprìótéa 


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—  LXIX  — 

géométriques  dea  Btellotdes.  —  Carvallo.  PormuleB  d'interpolation.  —  Blondlot  Sur  la 
doublé  réfractìon  diélectrìque;  simnltanéité  dea  phénomènes  électrìqne  et  optique.  —  Ma- 
neuvrier  et  Ledeboer.  Sur  Temploi  dea  électrodynamomètreB  pour  la  mesure  dea  intenaités 
moyennea  dea  conrants  alternatifa.  —  Le  Chatelier.  Sur  lea  loia  de  réqmlibre  chimiqne.  — 
/ung/leiich  et  Légér.  Sur  la  cinchonigine.  —  Morin.  Sur  lea  baaea  eitraitea  dea  liquidea 
ayant  aubi  la  fermentation  alcoolique.  —  Wurtz,  Sur  la  toxicitó  dea  baaea  provenant  de 
la  fermentation  alcoolique.  -—  GaUier.  Peraiatance  de  la  virulence  rabique  dana  lea  cada- 
yrea  eufonia.  —  Maximowitch,  Dea  propriétéa  antiseptiquea  du  naphtol-a.  —  Moniez.  Sur 
le  Toenia  nana,  paraaite  de  Thomme,  et  aur  aon  Cyaticerque  auppoaé  (Cyaticercua 
tenebrioni  a).  —  Bouvier.  Sur  l'anatomie  et  lea  affinitéa  zoologiquea  dea  Ampullairea. — 
PomeL  Sur  le  Thagaatea,  nouveau  genre  d'échinide  eocène  d'Algerie,  et  obaervationa 
aur  le  groupe  dea  Fibulariena.  —  Munier-Chalmas  et  Bergeron,  Sur  la  préaence  de  la 
faune  primordiale  (Paradoxidien)  dana  lea  environa  de  Ferrala-lea-Montagnea  (Hérault).— 
ffébert  Remarquea  aur  la  découverte  faite  par  M.  Bergeron  de  la  faune  primordiale  en 
France.  —  Thomas.  Sur  lea  giaementa  de  pboaphate  de  chaux  de  TAlgérie.  —  JauherU 
Note  relative  à  Tobaervation  de  Téclipae  totale  de  lune  du  28  janvier  1888,  à  TObaerva- 
toire  populaire  du  Trocadéro.  —  6.  Bertrand.  Seconde  Note  sur  la  probabilité  du  tir  à  la 
cible.  —  Chauveau.  Sur  le  mécaniame  de  Timmunité.  —  Faye.  Remarquea  aur  une  objection 
de  M.  Ehandrìkoff  à  la  théorie  dea  tachea  et  dea  protubérancea  aolairea.  —  Sylvester.  Sur 
lea  nombrea  parfaita.  —  Trépied.  Obaervationa  faites  à  TObaervatoire  d'Alger  pendant 
Téclipae  totale  de  lune  du  28  janvier  1888.  —  Rayet.  Obvservationa  d'immersiona  et  d'émei^- 
aiona  d'étoilea,  faltea  à  TObaervatoire  de  Bordeaux,  pendant  Téclipae  totale  de  lune  du 
28  janvier  1888.  —  Perrotin.  Obaervation  de  Téclipae  de  lune  du  28  janvier  1888,  faite 
à  rObserratoire  de  Nice  (équatorial  de  0",38  d'ouverture).  —  Charlois.  Éphéméride  de  la 
planète  (252)  pour  Toppoaition  de  1888.  —  Robin.  Diatribution  de  Télectricité  induite  par 
dea  chargea  fixea  aur  une  aurface  fermée  convexe.  —  Brillouin.  Déformationa  permanen- 
tea  et  Ihermodinamique.  —  Tanret.  Sur  une  dea  baaea  extraitea  par  M.  Morin  dea  liquidea 
ayant  aubi  la  fermentation  alcoolique.  —  Hanriot  et  Richet  Inliuence  de  Talimentation, 
cbez  rhomme,  aur  la  fixation  et  Télimination  du  carbone.  —  Robert.  Sur  la  apermatogé- 
nèae  chez  lea  Aplyaiea.  —  Blanchard,  De  la  préaence  dea  muaclea  atrìéa  cbez  lea  moUu- 
aquea.  —  Barrois.  Sur  lea  modiflcationa  endomorphea  dea  maaaifa  granulitiqnea  du  Mor- 
bihan.  —  Nicklès.  Note  aur  le  aénonien  et  le  danien  du  aud-eat  de  TEapagne.  —  Jfeunier, 
Gonditiona  favoiable  à  la  foaailiaation  dea  platea  d'animaux  et  dea  autrea  empreintea  phy- 
aiquea.  —  7.  Bertrand.  Sur  la  détermination  de  la  précision  d'un  ayatème  de  meaurea.  — 
Berthelot  Sur  un  procède  antique  pour  rendre  lea  pierrea  précienaea  et  lea  vitrìficationa 
phoapboreacentea.  ~  Sylvester.  Sur  une  claaae  apeciale  dea  diviaeur  de  la  aomme  d'une 
aérie  ge'ométrique.  —  de  Caligny.  Sur  lea  propriétéa  d'une  nouvelle  machine  bydraulique, 
employée  à  faire  dea  irrìgationa.  —  Lecoq  de  Boisbaudran.  A  quela  degréa  d'oxydation  ae 
trouvent  le  chrome  et  le  manganèae  dana  leura  compoaéa  fluoreacenta  ?  —  Vicaire,  Sur  lea 
propriétéa  communea  à  toutea  lea  courbea  qui  rempliaaent  une  certaine  condition  de  mi- 
nimum ou  de  maximum.  —  de  Mondésir.  Sur  le  rdle  du  pouvoir  abaorbant  dea  terrea  dana 
la  formition  dea  carbonatea  de  aoude  naturela.  —  Charlois.  Obaervationa  de  la  nouvelle 
planète  (272),  découverte  le  4  février,.à  l'Obaervatoire  de  Nice.  —  Trouvelot.  Nouvellea 
obaervationa  aur  la  variabilité  dea  anneaux  de  Satume.  —  Brunel.  Sur  lea  racinea  dea  ma- 
tricea  zéroldalea.  —  Poulain.  Théorèmea  aur  lea  équationa  aJgébriquea  et  lea  fonctiona 
quadratiquea  de  Campbell.  —  Painlevé.  Sur  la  repréaentation  conforme  dea  polygonea.  — 
Humbert.  Sur  quelquea  propriétéa  dea  airea  apbériquea.  —  Amagat.  Sur  la  vérification  ex- 
périmentale  dea  formulea  de  Lamé  et  la  valeur  du  coefficient  de  Poiaaon.  —  Brillouin, 
Déformationa  permanentea  et  tbermodinamique.  —  Duhem,  Sur  lea  équilibrea  chimiquea.  — 
Haute feuiUe  et  Perrey.  Sur  l'action  minéraliaatrìee  dea  aulfnrea  alcalina.  Reproduction  de 


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—  LXX  — 

la  cjmophane.  —  Destrem,  Déplacement  da  cnivre  par  le  zinc,  dans  qnelqnes  solutions  de 
selfi  de  cuivre.  —  de  Saint-Martin,  Sor  le  dódoublement  du  chiorofonne  par  la  potasse 
alcoolique,  et  sur  son  dosage  à  Faide  de  eette  réaction.  —  Hanriot  et  Bichet.  InflucDCe 
des  différentes  alimentations  sur  les  échanges  gazenx  respiratoires.  —  Giòier.  Étude  sor 
Tétiologie  de  la  fièvre  jaoDe.  —  Giard.  Sur  la  castration  parasitaire  chez  les  Eokyphotes 
des  genres  Pala»mon  et  Hippolyte.  —  Soulier,  Sur  la  formation  du  tube  chex 
quelques  annélides  tubicoles.  —  Hovelacque.  Sur  les  propagules  de  Pingnicula  vul- 
g  a  r  i  s .  —  Lemoine,  Sur  quelques  mammifères  camassiers  recueillis  dans  Téocène  infé- 
rieur  des  environs  de  Beims.  —  Ladrière.  Découverte  d'un  silex  tallio  et  d'une  défense 
de  Mammouth,  à  Vitry-en-Artois.  —  Delauney,  Sur  un  théorème  relatif  aux  écarts  du  tir. 

*  Effemeridi  astronomico-nautiche  pubblicate  dalla  i.  r.  Accademia  di  commercio 
e  nautica  di  Trieste.  Anni  II,  III,  1888,  1889.  Trieste,  1886-87. 

♦Ergebnisse  der  Meteorologischen  Beobachtungen  im  Jahre  1886,  herausg.  von 
dem  k.  pruss.  Meteor.  Institut.  Beriin,  1888. 

+Jaliresbericht  des  wissenschaftlichen  Club.  1887-88.  Wien. 

^Jahresbericht  (64)  der  Schlesischen  Gesellschafk  far  Vateriandische  Cultur. 
1886.  Brealau,  1887. 

^Jahresbericht  ùber  die  Portschritte  der  classischen   Alterthumswissenschaft. 

Jhg.  XV,  3-4.  Berlin,  1888. 

SusemihL  Bericht  flber  Aristoteles  und  Theophrastos  fttr  1886.  —  Bomemann.  Jabres- 
bericht  flber  Pindar  1885-1887.  —  Heinze,  Bericht  flber  die  in  den  Jahren  1881-1886  erscbie- 
nenen  auf  die  nacharistotelische  Philosophie  bezflglichen  Scbriften.  —  Becker,  Bericht  flber 
die  Litteratur  zu  Quintilian  aas  den  Jahren  1880  bis  1887.  —  Heydenreich.  Bericht  flber 
die  Litteratur  zu  Propertius  fflr  die  Jahre  1881  bis  1884.  —  Schiller.  Jahresbericht  flber 
rOmische  Staatsaltertflmer  fflr  1885.  —  Gùnther,  Bericht  flber  neuere  Publikationen  auf  dem 
Gebiete  der  Naturwissenschaft,  der  Technik,  des  Handels  und  Verkehrs  im  Altertum. 

^^  Journal  de  physique  théorique  et  appliquée.  2®  sér.  t.  VII,  férr.  1888.  Paris. 

Macé  de  Lépinay.  Mesure  absolues  effectuées  au  moyen  du  sphéromètre.  —  Carimey. 
Sur  la  théorie  des  bandes  de  Talbot.  —  Branly,  Calcul  de  la  largeur  des  franges  dans 
Texpérience  des  deux  miroirs.  —  Grimaldi.  Sur  la  dilatation  thermique  des  liquides  à  di- 
verses  pressions.  —  Simon.  Expérience  de  cours. 

^Journal  fiir  die  reine  und  angewandte  Mathematik.  Bd.  CU,  4.  Berlin,  1888. 

Hemel.  Theorie  der  unendlich  dflnnen  Strahlenbflndel.  —  Schottky.  Zur  Theorie  der 
Abelschen  Functionen  von  vier  Variabeln. 

^Journal  (The  american)  of  science.  Voi.  XXXV,  n.  206.  Febr.  1888.  New 

Haven. 

Mendenhall.  Seismoscopes  and  Seismological  Investigations.  —  Williamz,  Petrogra- 
phical  Microscope  of  American  Manufacture.  —  Clark.  New  Ammonite  which  throws  ad- 
ditional  light  upon  the  geological  position  of  the  Alpine  Rhastic.  —  McGee.  Three  For- 
mations  of  the  Middle  Atlantic  Slope.  —  Pratt.  Erperiments  with  the  Capillary  Electro- 
meter  of  Lippmann.  —  Crew.  Period  of  the  Rotation  of  the  Sun  as  detennined  by  the 
Spectroscope.  —  Reid.  Theory  of  the  Bolometer.  —  Fewkes.  Are  there  Deep-Sea  Medusse  ? 

+ Journal  of  the  Chemical  Society.  N.  OCIII,  febr.  1888.  London. 

Brauner  and  Tomicek.  Action  of  Hydrogen  Sulphide  on  Arsenic  Acid.  —  BothanUey. 
Notes  from  the  Chemical  Laboratory  of  the  Yorkshire  College.  No.  I.  Reduction  of  Potas- 


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—   LXXI  — 

Siam  Dichromate  by  Ozalic  Acid.  —  Id.  and  Thompson,  No.  II.  Estimation  of  Chlorates 
by  means  of  the  Zinc-copper  Couple.  —  Ball.  The  Alloys  of  Copper  and  Antìmony  and 
of  Copper  and  Tin. 

+ Journal  of  the  r.  Microscopical  Society.  1888,  part  1'*.  London. 

Bennett.  Fresh-water  Algae  of  the  english  Lake  district.  —  Maskell.  Note  on  Mi- 
crasterias  americana,  Balfs,  and  ita  varieties.  —  Gulliver.  Note  on  the  minnte  Stractnre 
of  Pelomyza  palostris. 

+K5ztóny  (FOldtani).  K(Jt.  XYII,  7-12.  Budapest,  1887. 

7-8.  ffantken.  Tinnyea  Vàsàrhelyii  no?,  gen.  et  nov.  spec.  —  Noth.  Bergtheer  nnd 
Petrolenrnvorkommen  in  Eroatien-Slavonien  nnd  im  sQdwestlichen  Ungam.  —  Oezell.  Me- 
tallbergbaa  nnd  HQttenwesem  Ungarns.  —  Id.  Antimonerzbergban  bei  Eiraly-Lnbella  im 
Liptauer  Comitat  —  9-11.  Fischer,  Die  Salzqaellen  Ungarns  —  12.  Schmidt,  Zinnober 
von  Serbien. 

^Lumière  (La)  électarlque.  T.  XXVII,  5-8.  Paris,  1888. 

«•Mémoires  de  TAcadémie  de  Nimes.  8*  sér.  t.  Vili,  1885.  Nimes,  1886. 

Aurés.  Nouvel  essai  de  restitution  de  Tinscription  antique  des  baina  ae  la  Fontaine.  — 
Villard,  Los  banques  popalaires  et  le  crédit  agricole.  —  Magnen,  Glanes  botaniqaes,  no- 
tice  sor  diverses  plantes  à  ajonter  à  la  Flore  da  Gard. 

^Mémoires  de  TAcadémie  des  sciences,  arts  et  belles-lettres  de  Dijon.  8®  sér. 
t.  IX,  années  1885-86.  Dijon,  1887. 

Jonmal  d'nn  professeur  à  TUniversité  de  Dijon  (1743-1774)  Mercnre  Dijonnois  (1748- 
1789). 

^Mémoires  de  FAcadémie  des  sciences,  belles  lettres  et  arts  de  Savoie.  3®  sér. 

t.  XII;  4«  sér.  t.  1.  Chambéry,  1887. 

Xn.  Pillet  Notes  ponr  la  guerre  de  Savoie  (1690-1697).  —  Id.  Nouvelle  description 
géologique  et  paléontologique  de  la  comune  de  Lémanc,  sur  Chambéry.  —  Descostes.  La 
petite  et  la  grande  Franco.  —  Levanchy.  Origine  et  nature  de  certains  droits  seigneuriaux.  — 
Perrin.  Histoire  du  Prìeuré  de  la  vallèe  de  Chamonix  du  X«  au  XVIII^  siècle.  —  I.  Truchet. 
Saint-Jean  de  Maurienne  au  XVI*  siècle. 

^Mémoires  de  TAcadémie  des  sciences  et  lettres  de  Montpellier.  Sect.  des  let- 
tres. T.  IV,  3,  4;  V,  VII,  1.  Sect.  des  sciences.  T.  XI,  1.  Montpellier, 
1886-87. 

Lettres.  VII,  1.  Revillout.  Antoine  Gombaud,  chevalier  de  Mère;  sa  famille,  son 
frère  et  ses  amis  illustres.  —  Cordière.  De  Torganisation  politique  du  parti  protestant 
en  1573.  --  Cellarier.  Esquisse  d'une  théorie  des  principes  rationnels.  —  Lisbonne.  Étude 
sur  le  président  J.  Grasset  et  ses  ceuvres.  —  Sciences.  XI,  1.  Note  sur  un  pluviometro 
enregistreur  installò  à  d'École  nationale  d'agriculture  de  Montpellier.  —  Combescure.  Sur 
le  principe  des  Vitesse  virtuelles.  —  Crova.  Observations  actinométriques  faites  pendant 
Tannée  1885  à  TObservatoire  météorologique  de  Montpellier.  —  Jlondaille.  Étude  des 
pluies  de  1885.  —  Id.  Description  d'un  contact  à  brèves  émissions  de  courant,  applique 
à  Tanémomètre  enregistreur  Rédier.  —  Bautheville.  Démonstration  d'un  théorème  de 
M.  E.  Picard  relatif  à  la  décomposition  en  facteurs  primaires  des  fonctions  uniformes 
ayant  une  ligne  de  points  singuliers  essentiels.  —  Brocard.  Propriétés  d'un  groupe  de  trois 
Paraboles.  —  Combescure.  Sur  quelques  théories  élémentaires  de  calcul  integrai.  —  de  Rou- 
ville.  Monographie  géologique  de  la  Commune  des  Cabrières  (Hérault).  —  Crova.  Obser- 
vations  actinométriques  faites   pendant  l'année  1886  à  l'Observatoire  météorologique  de 


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—  LXXII  — 

Montpellier.  —  Brocard.  Bemarques  sui  Tanaljse  indéterminée  da  premier  degré.  —  Orava, 
Obserrations  actinométrìqnes  faites  pendant  Tannée  1884  à  rObserratoire  météorologiqne 
de  Montpellier. 

^Mémoire  de  rAcadémie  de  StanMas  1886.  6«  sér.  t.  IV.  Nancy,  1887. 

Guyot.  Hìstoire  d*an  domaine  mral  en  Lorraine.  —  Puton.  Le  tarif  dea  donanes  et 
les  produits  forestiers.  —  Flicke,  Notice  sur  D.  A.  Godron.  —  CkassigneL  Sonyenirs  dn 
camp  de  Kab-Élias  (Syrie)  et  d'une  excursion  aux  ruines  de  BalbeL  —  Maggiolù.  Le 
théàtre  classique  en  Lorraine.  —  Barbier.  Essai  d'un  Leziqne  géographìqne.  —  Benoit. 
Une  comédie  politique  d'Aristophanes. 

^Mémoires  de  la  Société  de  physique  et  d'histoire  naturelle  de  Genève.  T,  XXIX, 
12.  Genève,  1888. 
Gauthier,  La  première  comète  périodique  de  Tempel  1867  II. 

^Mémoires  de  la  Société  des  antiquaires  de  Picardie.  3®  sér.  t.  IX.  Amiens,  1887. 
Crampon.  Girart  de  Ronsillon,  chanson  de  geste.  —  Lefèvre.  Histoire  des  commnnes 
rurales  da  Canton  de  Doallens.  —  Ledieu.  Deux  années  d'invasion  espagnole  en  Picardie 
1635-1636.  —  Durand,  Eglise  de  S.  Pierre  de  DouUens  (Lomme). 

'^Mémoires  de  la  Société  des  sciences  physiques   et  natorelles   de  Bordeaux. 

3«  sér.  t.  II,  2;  III,  1.  Bordeaux,  1886. 

n,  2.  Gayon  et  Dupetit.  Recherches  sur  la  réduction  des  nitrates  par  les  infiniment 
petits.  —  KowaUki.  Note  sur  la  tbéorie  élémemtaire  des  machines  dynamo-^léctriqnes.  — 
Hautreux,  Sables  et  vases  de  la  Gironde.  —  Elie,  Des  constantes  d'élasticité  dans  les  mi- 
lieux  anisotropes.  —  III,  1.  BruneL  Monographie  de  la  fonction  gamma. 

^Mémoires  de  la  Société  géologique  de  Pranee.  3*  sér.  t.  lY.  Paris,  1887. 
Grand'Eury,  Formation  des  couches  de  houille  et  du  terrain  houiller. 

^Mémoires  de  la  Société  nat.  des  antiquaires  de  Franco.  5*  sér.  t.  VI,  VII. 

Paris,  1885-86. 

VI.  Bay  e,  Sujets  décoratifs  empnmtés  au  régno  animai  dans  rindnstrìe  gauloise.  — 
Td.  Sur  les  carreaux  émaillés  de  la  Champagne.  —  Briquet.  Recherches  sur  les  premier» 
papiers  employés  en  Occident  et  en  Orient  du  X«  au  XIV«  siede.  —  Chardin,  Peintures 
murales  de  Kermaria-Nisquit  (C6tes-du-Nord).  —  Flouest  Le  char  do  la  sépulture  gauloise 
de  la  Bouvandau,  commune  de  Somme-Tourbe.  —  Bey,  Notice  sur  la  Cavea  da  Raob  ou 
Scheriat-el-Mansur.  —  Riant.  La  part  de  Tévéque  de  Bethléem  dans  le  butin  de  Constan- 
tinople  en  1284.  —  Tamyzey  de  Larroque.  Lettres  adressées  à  Peiresc  par  Jean  Trìstan, 
sieur  de  Saint-Amant.  —  Tourret,  Les  anciens  missels  du  diocèse  d'Elne.  —  VII.  CoUi- 
gnon.  Le  combat  d'Érechthée  et  dlmmarados  sur  une  tessere  grecque  en  bronzo.  —  Le  coy 
de  la  Marche.  L'art  d'enluminer,  traité  italien  du  XIV«  siede.  —  Delaville  Le  Rouls- 
Les  sceaux  des  archives  de  l'ordre  de  S.  Jean  de  Jérusalem.  —  Prost.  La  justice  prirée 
et  rimraunité. 
+Mémoires  de  la  Société  r.  des  antiquaires  du  Nord.  N.  S.  1887.  Copenhague. 

Mailer.  Trouvailles  danoises  d'ex  voto ,  des  àges  de  pierre  et  de  bronzo.  --  Bahnson, 
Sépultures  d'hommes  et  de  femmes  de  Tàge  de  bronzo.  —  Tuxen,  Les  longues  nefs  de 
Tancienne  marine  septentrionale.  —  Stephens,  The  oldest  yet  found  document  in  danish. 

^Mémoires  de  la  Société  r.  der  sciences  de  Liége.  2«  sér.  t.  XIV,  Bruxelles^ 
1888. 

Ubaghs,  Notice  sur  TObservatoire  de  Cointe.  —  Deruyts,  Sur  une  classe  de  polynò- 
mes  analognes  aux  fonctìons  de  Legendre.— /rf.  Sur  certaìns  systèmes  de  polindmea  associes. — 


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—   LXXIII  — 

ciés.  —  Id.  Generation  d'une  surface  du  troisième  ordre.  —  Id,  Sur  quelques  transform»- 
tions  géométriques.  —  Studnicka,  Sur  Tanalogue  hyperbolique  du  nombre  II.  —  Lambotte. 
La  flore  mycologique  de  la  Belgìqae.  —  Folle,  Traile  dea  réductions  stellairea. 

^Mittheilungen  des  k.  deutschen  Archaeologischen  Instituts.  Athenische  Abthei- 

lang.  Bd.  XII,  3.  Athen,  1887. 

Gonze,  Teuthrania.  —  Regel.  Àbdera.  —  Mordtmann.  Inschriften  ans  Bithynien.  — 
Wernicke,  Pausanias  und  der  alte  Athenatempel  anf  der  Akropolis.  —  Doerpfeld.  Der  alte 
Athenatempel  auf  der  Akropolis  IH.  —  Six,  Ein  Portràt  des  Ptolemaios  IV  Philometor.  — 
IVinter.  Vasen  aus  Earien.  —  KONTOAESIS.  'EniyQatpal  r^g  ^EXfiaaoyog  ^Aalag, 

^Monatsblàtter  des  wissenschaftlichen  Club  in  Wien.  Jhg.  IX,  5.  Wien,  1888. 

^Notìces  (Monthly)  ofthe  roy al  Astronomica!  Society.  Voi.  XL Vili,  3.  London. 
Oudemans,  Request  to  observers  of  variable  stars.  —  Storte.  Observations  of  the  Moon 
made  at  the  Radcliffe  Observatory,  Oxford,  darìng  the  year  1887,  and  a  comparison  of  the 
results  with  the  tabular  places  from  Hansen's  Lunar  Tables.  —  Hind,  Note  on  the  total 
Solar  Eclipse  of  1889,  January  I.  —  Bryant,  The  opposition  of  Sappho  (80)  in  1888.  — 
Tupman,  On  the  cross  reticule.  —  Tennant.  Note  on  the  definition  of  reflecting  telesco- 
pes,  and  on  the  images  of  bright  stars  on  photographic  platea.  —  Common,  Note  on 
testing  polished  fiat  surfaces.  —  Perry,  Notes  on  the  Solar  surface  of  1887.  —  Backhouse. 
Nebula  in  Andromeda,  and  Nova,  1885.  —  Denning.  The  chief  meteor  showers.  —  Id, 
Heights  of  fire-balls  and  shooting  stars.  —  de  Kòvesligethy,  On  invisible  stars  of  per- 
ceptible  actinie  power.  —  Royal  Ohservatoryy  Greenwich,  Spectroscopic  results  for  the 
motions  of  stars  in  the  line  of  sight,  obtained  in  the  year  1887.  No.  XI.  —  Id,  id,  Ob- 
servations of  occultations  of  stars  by  the  Moon,  and  of  phenomena  of  Jupiter^s  satellites, 
made  in  the  year  1887.  —  Tebbutt,  Observations  of  phenomena  of  Jupiter's  satolli tes,  made 
at  Windsor,  New  South  Wales  in  the  year  1887.  —  Marth,  Ephemeris  of  the  satellites 
of  Mars,  1888.  —  Id,  Ephemeris  of  the  satellites  of  Uranus,  1888. 

fProceedings  of  the  London  Mathematical  Society.  N.  291-300.  London,  1887. 
Greenhill,  Note  on  the  Weierstrass  Elliptic  Functions   and  their  Applications.  — 
Simmons.  A  New  Method  for  the  Investigation  of  Harmonic  Polygons.  —  Oenese,  On  Re- 
lati ons  between  Circles  and  Algebraic  Curves,  with  Applications  to  Dynamics.  —  Cayley. 

•   On  Briot  and,  Bouquefs  Theory  of  thq  Differential  Equations  Fi  u,  -r-  )  =  0.  —  Curran, 

Sharp,  On  the  Properties  of  Siraplicissima  (with  especial  regard  to  the  related  Spherical 
Loci.  —  Hill.  On  the  Incorrectness  of  the  Rules  for  contracting  the  processes  of  fìnding 
the  Square  and  Cube  Roots  of  a  Number.  —  Cockle.  On  the  Equation  of  Riccati.  ~  JRo- 
berts.  On  Polygons  inscribed  in  a  Quadric  and  circumscribed  about  two  Confocal  Quadrics.  — 
Lloyd  Tanner.  On  the  Binomial  Equation  a?*  — 1=0.  —  Leudesdorf.  Second  Paper  on 
Change  on  the  Independent  Variable;  with  applications  to  some  Functions  of  the  Reci- 
procant  Eind. 

^Proceedings  of  the  r.  Geographical  Society.  N.  M.  S.  voi,  X,  2.  London,  1888. 
Steaim,  An  Exploration  of  the  Rio  Dòce  and  ita  Northern  Tributaries  (Brazil).  — 
Houtum-SchindUr,  Notes  on  Demàvend.  —  Work  of  the  native  Explorer  M— H  in  Tibet 
and  Nepal  in  1885-86. 
^Proceedings  of  the  r.  Society.  Voi.  XLIII,  261.  London. 

Seeley.  On  the  Bone  in  Crocodilia  whicht  is  commonly  regarded  as  the  Os  Pubis, 
and  ita  representative  among  the  Eitinct  Reptilia.  —  Heathcote,  The  Post-embryonic 
Development  ofJulua  terreatris.  —  Hickson,  On  the  Sexual  Cella  and  the early  Stages 
in  the  Development  ofMillepora  plicata.  —  Abney  and  Festing,  On  Photometry  of 

Bullbttiko-Rbndiconti,  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  10 


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—  LXXIV   — 

the  Glow  Lamp.  —  Symons.  On  the  Detonating  Bolide  of  Noremher  20th,  1887.  —  Alder 
Wright  and  Thompson,  Note  on  the  Development  of  Feeble  Cuirents  by  pmely  PhyBical 
Action,  and  on  the  Ozidation  under  Voltaìc  Inflnences  of  Metals  not  oidinarily  regaided 
as  spontaneously  oxidisable.  —  Lockwood,  The  Early  Deyelopment  of  the  Pericardium, 
Diaphragm,  and  Great  Veins.  —  Brown.  and  Schàfer.  An  Investigation  into  the  Fnnction 
of  the  Occipital  and  Temperai  Lobes  of  the  Monkey's  Brain.  —  Preece,  On  the  Heatìng 
Eflfects  of  Electric  Currents.  No.  II.  —  Hemlow,  A  Contribution  to  the  Study  of  the  Com- 
parative Anatomy  of  Flowers.  —  Bury.  The  Early  Stages  in  the  Development  ofAntedon 
rosacea.  —  Andrews.  Heat  Dilatation  of  Metals  from  low  Temperatures. 

*Publications  of  the  Morrison  Observatory.  N.  1.  Lynn  Mass.  1887. 

^Repertorium  der  Physik.  Bd.  XXIV,  1.  Mùnchen-Leipzig,  1888. 

Kulp.  Experimentaluntersuchungen  ùber  magnetische  Coercitivkraft.  —  Batter.  Zur 
Polbestimmnng  der  Influenzmaschine.  —  Kurz.  Schulmessung  der  scheinbaren  Grosse  der 
Senne.  —  Evner.  Zur  Theorie  meiner  Versuche  tlber  Contactelektricitàt.  —  v.  Ettingshau- 
seti.  Die  Widerstandsver&nderungen  von  Wismuth,  Antimon  und  Tellur  im  magnetischen 
Felde.  —  Lecker.  Ueber  Convection  der  Elektricitat  durch  Verdampfen.  —  Hàussler.  Ei^ 
widerung  auf  die  Bemerkungen  des  Herrn  E.  Lampe  zn  meiner  Abhandlnng:  ,^Die  Schwere 
analytisch  dargestellt  als  ein  mechanischer  Princip  rotirender  KOrper". 
^Beport  of  the  Commissioner  of  education  for  the  year  1885-86.  Washington, 

1887. 
+Report  (41,  42  Annual)  of  the  Director  of  the  Astronomieal  Observatoiy  of 

Harward  College.  Cambridge,  1887. 
*  Reperì  (Annual)  of  the  secretary  to  the  Board  of  regents  of  the  University 

of  California,  1887.  Sacramento. 
^Resumé  des  séances  de  la  Société  des  ingénieurs  civils.  Séances  du  3  févr. 

1888.  Paris. 
TRevista  de  ciencias  históricas.  T.  V,  5.  Barcelona,  1887. 

Cundaro.  Historia  politico-crltico-militar  de  la  plaza  de  Gerona.  —  Coroleu.  Colec- 
ción  de  documentos  catalanes  históricos  y  basta  boy  inéditos.  —  Fermdndez  y  Oonzdlez. 
Noticias  de  poetas  aràbigo-espanoles.  —  de  la  Vinaza.  Adiciones  a  los  siglos  XVI,  XVH 
y  XVin  del  Diccionario  de  los  mas  ilustres  Prefesores  de  la  Bellas  Artes  en  Espana,  de 
don  Jaan  Agustln  Cean  Bermùdez. 
'^RoTue  Internationale  de  Télectricité  et  de  ses  applications.  T.  YI,  51,  52. 

Paris,  1888. 
+Bevue  (Nouvelle)  historique  de  droit  fran9ais  et  étranger.  Janv.-févr.  1888. 
Paris. 

Wallon.  Notice  sur  la  vie  et  les  travaux  de  M.  Édouard-René  Lefebvre-Laboulaye.  — 
Girard.  Les  actions  noxales.  — -  BrutaiU.  Étude  sur  Tarticle  72  des  Usages  de  Barcelone, 
connu  sous  le  nom  de  lei  Stratm.  —  Réhouis.  Coutumes  de  Castel-Amouroui  et  de  Saint- 
Pasto  ur  en  Agenais.  —  Fournier.  La  question  des  fausses  décrétales. 
'  Revne  politique  et  littéraire.  3  sér.  t.  XL,  n.  5-8.  Paris. 
+Revue  scientifique.  3  sér.  t.  X,  n.  5-8.  Paris. 

'Rundschau  (Naturwissenschaftliche).  Jhg.  Ili,  n.  6-9.  Braunschweig,  1888. 
•Tidskrift  (Entomologisk.).  Arg.  Vili,  1887.  Stockholm. 

Un  Morie  (Vanessa  antiopa  L.)  hivemant  dans  une  touffe    de  sphaigne.  —  Lampa. 
Sur  la  présence  de  larves  de  mouches  dans  le  canal  intestinal  de  Thomme.  —  Holmgren. 


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—   LXXV  — 

Observations  lépidoptérologiqnes  aux  environs  de  Stockholm.  -*-  Meves.  Bavages  occasion* 
nés  par  les  insectes  forestiers.  —  Id.  Pour  les  éleveurs  de  larves.  —  Bergroth,  Liste  de 
la  lìttératare  entomologìque  finlaindaise  poor  1886.  —  Porat.  Myriapodes  norvégìens.  — 
AdUrz.  Notices  myrmécologiques.  —  AurivillivA,  Nouveaux  détails  sur  les  larves  des 
lycaenides  et  les  fourmis.  —  AmmitzhòlL  Contrìbution  à  la  connaissance  de  Teitension 
géographiqae  des  Lépidoptères  suc^dois.  —  Schdyen,  Aper^ n  analytìqne  des  genres  scan- 
dinaves  des  Hyménoptères  scandinaves.  —  Aurivillius,  Notes'  entomologiqiieB  recaeilles 
dans  le  Roslag  septentrìonal.  ^  Sandahl,  Quelqaes  mots  sur  le  Hanneton  da  maronnier 
(Melolontha  Hippocastani). 

^Tranesaotìons  of  the  Manchester  Geological  Society.  Voi.  XIX,  13.  Manche- 
ster, 1888. 

Clifford.  On  the  Richmond  Coal-Field,  Virginia. 
^Verhandlungen  der  Berliner  Gesellschafk  far  Anthropologie,  Ethnologie  und 

Urgeschichte.  Sitz.  v.  18  Juni,  16  Juli  und  15  Oct.  1887.  Berlin. 
^Verhandlungen  des  Vereins  zur  BefìJrderung  des  Gewerbfleisses  1888.  Heft  1. 
Berlin. 

Hahermann.  Ueber  Eis-und  E&lteerzengungsmaschinen. 
^Wochenschrift  der  (Jsterreichischen  Ingenieur- und  Architekten-Vereines.  Jhg. 

XIII,  5-8.  Wien,  1888. 
•Zeitschrift  des  deutschen  geologischen  Gesellschaft  Bd.  XXXIX,  8.  Berlin, 
1888. 

Zeise.  Ueber  das  Vorkommen  yen  Riesenkesseln  bei  Lftgerdorf.  —  Felix.  Untersu- 
chnngen  tlber  fossile  HOlzer.  Drittes  SttSck.  —  Weiss.  Mittheilungen  flber  das  ligurische 
Erdbeben  yom  23.  Febmar  1887  nnd  folgende  Tage.  --  Eck.  Bemerkungen  lìber  einige 
Encrinns-Àrten.  —  Lemberg,  Zur  Kenntniss  der  Bildang  and  Umbildung  von  Silica- 
ten.  —  Struckmann,  Notiz  Uber  das  Yorkommen  des  Moschus-Ochsen  (0  v  i  b  o  s  m  (»  - 
8  e  h  a  t  u  s)  im  diluvialen  Flusskies  von  Hameln  an  der  Weser.  —  Neumayr.  Ueber  P  a  - 
ladina  dilayiana  Eunth. 
•Zeitschrift  (Historische).  N.  P.  Bd.  XXIII,  8.  Mtinchen  und  Leipzig,  1888. 

Lenz.  Zar  Erìtik  Sezyma  Rasin's.  —  Riefe.  Die  Sagen  von  der  GrQndang  Roms.  -  ■ 
Lòìcenfeld,  Paul  Ewald.  —  Ein  Schreiben  des  Grossen  Eurftlrsten  an  seine  Richte,  die  Eo- 
nigin  Charlotte  Amalie  von  D&nemark  (Mai  1671).  —  Aos  der  Zeit  des  Waffenstillstands 
von  1818. 


Pubblicazioni  non  periodiche 
pervenute  airAccademia  nei  mese  di  marsEO  1888. 

Pubblicazioni  italiane. 

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^Boccardo  E.  C.  —  Trattato  elementare  completo  di  geometria  pratica.  Disp.  20. 
Torino,  1888.  4^ 

^Brassart  K  —  Il  sismometrografo  a  tre  componenti  con  una  sola  massa  sta- 
zionaria. Roma,  1888.  4"*. 

•/(i.  —  I  sismometri  presentemente  in  uso  nel  Giappone.  Boma,  1888.  4*. 


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*  Campana  R.  —  Alcuna  dennatosi  neuropatiche.  Studi  clinici  ed  anatomici. 

Genova,  1885.  4^. 

*  Campi  L.  —  Di  alcune  spade  di  bronzo  troYate  nel  Veneto,  nel  Trentino  e 

nel  Tirolo.  Parma,  1888.  8^ 

*  Clerici  E.  —  I  fossili  quaternari  del  suolo  di  Roma.  Boma,  1886.  8". 
*Id.  —  Il  travertino  di  Piano  Bomano.  Boma,  1887.  8**. 

*/rf.  —  La  yitis  vinifera  fossile  nei  dintorni  di  Boma.  Boma,  1887.  8^ 
*/«i.  —  Sopra  alcune  formazioni  quaternarie  dei  dintorni  di  Boma.  Boma, 

1886.  8^ 

*/rf.  —  Sopra  alcuni  fossili  recentemente  trovati  nel  tufo  grigio  di  peperino 

presso  Boma.  Boma,  1887.  8^ 
*/flf.  —  Sopra  i  resti  di  castoro  finora  rinvenuti  nei  dintorni  di  Boma.  Boma, 

1887.  8^ 

*Id.  —  Sulla  natura  geologica  dei  terreni  incontrati  nelle  fondazioni  del  pa- 
lazzo della  Banca  nazionale  in  Boma.  Boma,  1886.8''. 

'  Cronicon  Siculum  incerti  authoris  ab  anno  340  ad  annum  1396.  Ed.  J.  De  Bla- 
siis.  Neapoli,  1887.  4^ 

* Foateanive  JR.  —  Guida  per  gli  avanzi  di  costruzioni  poligonie  dette  ciclo- 
piche, saturnie,  e  pelasgiche  nella  provincia  di  Boma.  Boma,  1887.  8**. 

*  Lachi  P,  —  La  tela  coroidea  superiore  e  i  ventricoli  cerebrali  dell'uomo. 

Pisa,  1888.  8^ 

*  Lampertico  F.  —  Associazione  nazionale  per  soccorrere  i  missionari  cattolici. 

Indole  e  scopo  dell^associazione  ecc.  2*  ed.  Firenze,  1888.  8^. 
*/rf.  —  Discorso  pronunziato  in  Senato  nella  tornata  del  9  febb.  1888.  Boma, 

1888.  8^ 

^Levi  S.  —  Vocabolario  geroglifico  cofto-ebraico.  Voi.  VI.  Torino,  1887.  4**. 
*Magini  G,  —  Nevroglia  e  cellule  nervose  cerebrali  nei  feti.  Pavia,  1888.  8**. 

*  Magrini  F. —  Osservazioni  continue  della  elettricità  atmosferica  fatte  a  Fi- 

renze negli  anni  1883-1886.  Firenze,  1888.  8^ 
*Maugini  F.  —  Probabile  causa  della  valenza  degli  atomi.  Firenze,  1888.  8^. 
'^Natella  M.  —  Come  si  preparano  le  rivoluzioni.  Fisiologia  politica.  Boma, 

1887.  8^ 
*Nocito  P.  —  Alta  Corte  di  giustizia.  Torino,  1886.  8^ 

*  Pascal  C.  —  Asinio  Pollione  nei  Carmi  di  Virgilio.  Napoli,  1888.  8*^. 
*Perreau  P.  —  Intorno  ad  alcune  donne  ebree  letterate.  Trieste,  1888.  8®. 
*Ragona  D,  —  Il  termometro  registratore  Bichard.  Modena,  1888.  4**. 

*/rf.  Pressione  atmosferica  bi-oraria  del  1887.  Modena,  1888.  4®. 
"^Razzdboni  C  —  Sopra  alcune  modificazioni  a  un  molinello  idrotachimetrico 

a  volante  di  Bobinson.  Bologna,  1888.  4^ 
Ricci  G.  —  I  primordi  dello  Studio  di  Bologna.  Bologna,  1888.  S**  (acq.). 
"^Rondani  C.  —  La  tignuola  minatrice  delle  foglie  della  vite.. Bologna,  1876.  8^ 
"^Sala  G.  A.  —  Diario  romano.  Voi.  Ili,  IV.  Boma,  1886-88.  8<» 


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*  Sella  Q.  —  Discorsi  parlamentari.  Voi.  IL  Roma,  1888.  8®. 

*  Simone  S.  — La  cattedrale  di  Bitonto  ed  il  suo  restauro.  Bari,  1888.  8^. 
^Statistica  delle  opere  pie  al  81  dicembre  1880  e  dei  lasciti  di  beneficenza 

fatti  nel  quinquennio  1881-85.  VoL  IIL  Veneto.  Roma,  1887.  4^. 
*Statutum  Potestatis  Communis  Pistorii  anni  MCCLXXXVL  Ed.  L.  Zdekauer. 

Mediolani,  18£8.  4^ 
*Tarantelli  R.  —  Moralità  del  passato  e  del  presente.  Firenze,  1888.  8®. 

*  Todaro  della  Galia  A.  —  La  raccolta  degli  statuti  municipali  italiani  e  il 

suo  denigratore  Vito  la  Mantia.  Palermo,  1888.  8**. 

*  Tondini  de  Quarenghi  G.  —  Sui  vantaggi  e  la  possibilità  dell'adozione  ge- 

rale  del  Calendario  gregoriano.  Milano,  1888.  8^. 

Pubblicazioni  estere, 

^Acta  Mariyrum  Scilitanorum.  Bonnae,  1881.  4®. 

^Acta  S.  Pelagiae  Siriace  edita  a  J.  Gildemeister.  Bonnae,  1879.  4®. 

"^Airy  G.  B.  —  Numerical  lunar  theory.  London,  1888.  4®. 

^Albert  de  Monaco.  —  Deuiième  campagne  de  V  «  Hirondelle  »  dans  l' Atlan- 

tique  nord.  Paris,  1887.  8^ 
*Id.  —  Sur  des  courbes  barométrìques  enregistrées  pendant  la  troisième  cam- 
pagne scientifique  de  Y  «  Hirondelle  » .  Paris,  1888.  4**. 
*Id.  —  Sur  la  troisième  campagne  scientifique  de  Y  «  Hirondelle  » .  Paris,  1887. 4®. 
♦/d.  —  Sur  les  resultats  parUels  des  deui  premières  expóriences  pour  déter- 

miner  la  direction  des  courants  de  l'Atlantique  nord.  Paris,  1887.  4^. 
^Alsdorff  /.  —  Ueber  die  Geschwùlste  der  Parotis.  Bonn,  1887.  8^ 
^Antike  Denkmàler   herausg.  yon  k.  d.  Archflol.  Institut.  Bd.  I,  2.  Berlin, 

1888.  f.^ 
^Apetz  R.  —  Ueber  die  pathologische  Bedeutung  des  Bonn  engerausches  fOr 

anàmische  Zustànde.  Berlin,  1887.  8^. 
^Arens  R.  —  Die  Thomasschlacke,  ihre  Analyse  und  Verwertung  zu  Land- 

wirtschaftlichen  Zwecken.  Wiesbaden,  1886.  8*^. 
^Amhold  M.   —   Zur  Eenntniss  des  dreibasischen  Ameisensàureàthers  imd 

verschiedener  Methylale.  Jena,  1886.  8**. 
^Asthoewer  L.  —  Ueber  die  Grittfsche  Operationsmethode.  COln,  1887.  8®. 
^Bachem  C,  —  Zur  Therapie  der  Hamròhrenstrikturen.  Bonn,  1887.  8®. 
^Baldus  W.  —  Ueber  die  Eesektion  der  Thoraiwand  mit  Qrtiffung  der  Pleura- 

hòhle  bei  Extirpation  von  Qeschwulsten.  Bonn,  1888.  8®. 
^Bergmann  W,  —  Ueber  Hydrocele  feminae.  Bonn,  1887.  8". 
^ Benninghoven   W.  —  Die  Dannnaht.  Bonn,  1887.  8^. 
*Benrath  P.  —  Vokalschwankungen  bei  OtMd.  Aachen,  1887.  S''. 
^Bermbach  W,  —  Ueber  n-mal  nacheinander  angewandte  Substitutionen,  durch 

welche  drei  Quadrate  in  sich  Selbst  transformirt  werden.  Bonn,  1887.  8^. 


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—   LXXVIII   — 

^Bernhardt  W.  —  Die  Werke  des  Trobadors  N'At  de  Mons  zum  ersten  Male 
herausgegeben.  I  Teil.  Leipzig,  1887.  8^. 

^Beyer  F.  —  Die  franzòsischen  Sprachlaute.  C5ten,  1887.  8^. 

"^Bickenbach  P.  —  TJeber  die  entzundlichen  Krankheiten  des  Placenta.  Jena, 
1887.  8«. 

^Bleibtreu  Z.  —  Ueber  die  Gròsse  des  Eiweissumsatzes  bei  dem  Menschen. 
Bonn,  1887.  8^ 

^Bode  0.  —  Ein  Beitrag  zur  Eonntniss  der  in  den  normalen  menschliclien 
Faeces  vorkommenden  niedersten  Organismen.  Jena,  1887.  8^. 

^Boneko  F.  —  Nachweis,  Entstehung  und  Vorkommen  des  Schwefelwasserstoffs 

im  Ham.  Jena,  1887.  8^ 
^Braschoss  /.  —  Merkwùrdige  Palle  von  Favuserkrankung.  Bonn,  1887.  8°. 
^Bruckhaus  A.  —  Ueber  Carcinoma  penis  und  dessen  operative  Bebandlung. 

Lechenich,  1887.  8^ 
^Bruhn  B.  —  Ueber  sarkomatctee  Neubildungen  der  Vulva  nebst  2  einschla- 

gigen  Pallen.  Jena,  1887.  8^ 
^BUcheler  /.  —  Interpretatio  tabularum  Igorinaram.  Bonnae,  1880.  4^ 
^  Id,  —  Lexicon  italicum.  Bonnae,  1881.  4^. 

^Buss  K,  —  Beitràge  zur  Kenntniss  des  Titanits.  Stuttgart,  1887.  8*». 
^Bùttner  A.  —  Ein  Beitrag  zu  der  Lehre  von  den  Cyclischen  Psychosen.  Jena, 

1887.  8<>. 
^BAHner  B.  —  Zur  Totalextirpation  des  Carcinomatòsen  Uterus.  Jena,  1887.  8  '. 
^Buttner  F.  —  Adam  und  Eva  in  der  bildenden  Kunst  bis  Michel  Angelo. 

Leipzig,  1887.  8^ 
*Caspar  L.  —  Ueber  das  Colobom  des  Sehnerven.  Bonn,  1887.  8**. 
^Chils  /.  A.  V.  d.  —  Nederlandsch-indisch  Plakaatboek,  1602-1811.  4  Deel 

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*  Curi  J.  —  Die  Besection  der  Rippen.  Lechenich,  1887.  8"*. 
^Dapper  C.  —  Beitràge  zur  paroxysmalen  Hamoglobinurie.  Bonn,  1887.  8®. 
^Dierk$  H.  —  Houdons  Leben  und  Werke.  Gotha,  1887.  8«. 
^Dittmar  C.  —  Mikroskopische  Untersuchung  der  aus  KristaDinischen  Gestei- 

nen  insbesondre  aus  Schiefer  herruhrenden  Auswùrflinge  des  Laacher  See. 

Bonn,  1887.  8^ 
^ Eich  A.  —  Ueber  die  Verkrùmmungen  der  Nasen&cheidewand   und  deren 

Behandlung.  Bonn,  1887.  8^ 
^Elfes  A.  —  Aristotelis  doctrina  de  mente  humana  ex  Commentarioriim  grae- 

corum  sententiis  eruta.  Pars  prior.  Alexandri  Aphrodisiensis  et  Johannis 

grammatici  Philoponi  Commentationes  continens.  Bonnae^  1887.  8^. 
^  Esser  P.  —  Die  Entstehung  der  Bluten  am  alten  Holze.  Bonn,  1887.  8* 
^ Esser  Th.  —  Die  Behandlungsmethoden  des  Genu  vaìgum.  Bonn,  1887.  8°. 


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— -1 


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^Fassbender  L.  —  Die  franzCsischen  Bolandhandschriften  in  ihrem  Verhalt- 

nis  zu  einander  und  zar  Earlamagnussaga.  Edln,  1887.  8®. 
^Fischer  F.  —  Ueber  die  Tracheotomie  und  die  prophylaktischen  Operations- 

Methoden  bei  Operationen  in  der  Mund-  Bachen-  und  Schlundhòhle. 

Camen,  1887.  8^ 
^Fischer  P.  —  Quaestiones  de  Atheniensium  Sociis  historicae.  Bonnae,  1887.  8**. 
^Flothmann  B.  —  Die  Operationen  der  Cephalocelen.  Jena,  1886.  8**. 
^Foropulo  ff.  —  EiQiijvrjy  r}  "Adrjvakcy  avroxQarsiQa  ^P(afia((av  769-802.  Lipsiae, 

1887. 
*Fourier  J.  B.  /.  —  Oeurres  publiées  par  les  soins  de  M.  Gaston  Darboui. 

T.  I.  Paris,  1888.  4^ 
^Freiburg  /.  —  Ueber  den   Luftwiderstand  bei  kleinen  Geschwindigkeiten. 

Bonn,  1887.  8^ 
^Fricke  E.  —  Ueber  Congenitalen  Defect  der  Fibula.  Bonn,  1887.  8^ 
^Friederichs  C.  —  Matronarum  monumenta.  Bonnae,  1886.  4®. 
^Friedlànder  F.  A,  —  Die  Embriotomie  mit  dem  Schultze'schen  Sichelmessen. 

Jena,  1887.  8^ 
^Fùlles  H.  —  Ueber  Mikroorganismen  bei  Syphilis.  Bonn,  1887.  8<*. 
^Furbringer  R.  —  Die  Hauflgkeit  des  Echinokokkus  in  Thùringen.   Jena, 

1887.  8^ 

*  Gatzen  W.  —  Ueber  Erysipele  und  erysipelartige  Affektionen  im  Verlaufe  der 

Menschenpocken  und  der  Impfkrankheit.  Bonn,  1887.  8^. 
^  Gehlsdorf  K  —  Die  Prage  der  Wahl  Erzherzog  Josephs  zum  ròmischen  K5- 

nige  hauptsachlich  von  1750  bis  1752.  Bonn,  1887.  8<». 
'  Geiger  A.  —  Ueber  Schussverletzungen  der  Arteria  axillaris  und  deren  Be- 

handlung.  Jena,  1887.  8^ 

♦  Goetz  G.  —  De  Sisebuti  carmino  disputatio.  Jenae,  1887.  4®. 
^/d.  —  Nova  meletemata  Festina.  Jenae,  1887.  4^ 

^Id.  —  Quaestiones  Varronianae.  Jenae,  1887.  4®. 

^  Goldschmidt  M.  —  Zur  Eritik  der  altgermaniscben  Elemento  im  Spanischen. 
Lingen,  1887.  8^ 

^  Górdes  M.  —  Genaue  kritische  Er5rtenmg  der  yerschiedenen  alteren,  neueren 
und  neusten  Yerfahren  beim  Eaiserschnitt  und  der  Momento,  welche  beute 
fùr  die  Wahl  der  Methode  bestimmend  sein  mùssen.  Bonn,  1887.  8^. 

^Góiting  G.  —  BeitrSge  zur  Kenntniss  der  Constitution  des  Nitroaethans. 
Jena,  1887.  8^ 

^Greshoff  M.  —  Chemische  Studien  ueber  den  Hopfen.  Nùmberg,  1887.  8^ 

^Guischard  W,  —  Beitrag  zur  Casuistik  der  Kochsalztherapie.  Bonn,  1887.  8®. 

^  Sachs  /.  —  Ueber  Summen  von  grossten  Ganzen.  Bonn,  1887.  4*». 

^Baessner  L.  R.  —  Untersuchungen  ueber  den  Nahretoffgehalt  in  den  Wur- 
zeln  und  EOrnem  der  Gerste  und  Yerhalten  desselben  zu  den  im  Boden 
vorhandenen  assimilirbaren  Ptìanzen-Nàhrstoffen.  Jena,  1887.  8*^. 


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^Hahn  E.  —  Die  geographische  Verbreitung  der  Coprophagen  Lamellieomer. 

Lubeck,  1887.  %\ 
^Hansen  /.  —  Untersuchungen  ueber  den  Preis  des  Getreides  mit  besonderer 

Bucksicht  auf  den  Nahrstoffsgehalt  desselben.  Jena,  1886.  8^. 
^Hartwich  E,  —  Kehlkopf-innervation,  Stimmband-Làhmung  und  -Contractur. 

Jena,  1887.  8^ 
^Haumann  A.  —  Ueber  Gelenklipom,  lipoma  arboreseens  und  Sehnenschei- 

denlipomatose.  Bonn,  1887.  8^. 
^Hausdorff  ff.  —  Des  WurmsamenOl.  Jena,  1886.  8«». 
^Heitzmann  M.  —  De  substantivi  eique  attributi  apud  poetas  satiricos  col- 

locatione.  Part.  I.  Bonnae,  1887.  8^ 
^Helm  A,  v,  d.  —  Versuche  ueber  einige  arzneiliche  Erregungsmittel.  EGln, 

1887.  8^ 
^Hernicke  E.  —  Untersuchungen  ueber  den  Temperatursinn  bei  Nervenkrankhei- 

ten.  Bonn,  1887.  8^ 
^Eerzfeld  J.  —  Ueber  Abkòmmlinge  des  Toluchinolins.  KOln,  1886.  8^. 
^Heusler  F.  —  Ueber  aromatische  Pluorverbindungen.  Bonn,  1887.  8". 
Hegel  W.  —  Histoire  de  commerce  du  Levant  au  moyen-àge.  Trad.  de  Purcy 

Reynaud.  Leipzig,  1885-86.  S\  T.  I,  II  (acq.). 
^Hilger  W.  —  Ueber  die  Titration  des  Harnstoffs  mit  Mercurinitrat  nach  der 

Methode  von  Rautenberg  und  Th.  Pfeiffer.  Bonn,  1887.  8^ 
*Hirn  G,  A.  —  Remarques  sur  un  principe  de  physique  d'où  part  M.  Clau- 

sius  dans  sa  nouyelle  théorie  des  moòeurs  à  vapeur.  Paris,  1888.  4**. 
^  Ed  land  M.  —  Ueber  einige  Substitutionsproducte  des  Methylenchlorids.  Jena, 

1886.  8^ 

^Ilubbard  Z.  Z.  —  BeitrSge  zur  Kenntnis  der  Nosean-fuhrenden  Auswtìrflinge 

des  Laacher  Sees.  Wien,  1887.  8^. 
^Buffer  E  —  Zwei   neue  Quellén  zur  Geschichte  Friedrich  Wilhelm  III. 

Aus  dem  Nechlass  Joh.  Wilhelm  Lombards  und  Girolamo  Lucchesinis. 

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^Jacobs  P.  —  Beitrag  zur  Histologie  der  acuten  Entzundung.  Die  acute  Ent- 

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^Jung  F.  —  Syntax  des  Prenomens  bei  Amyot.  Jena,  1887.  8*>. 
^Kajan  S.  —  Ein  Beitrag  zur  Therapie  der  puerperalen  Sepsis.  Jena,  1886.  8^ 
^Kaufmann  F.  —  Die  Stellung  des  Privatreehtssubjects  zvr  rea  extra  Com- 

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^Kekulé  R,  —  Ueber  ein  griechischen  Yasengemàlde  im  akademischen  Kunst- 

museum  zu  Bonn.  Bonn,  1879.  4^ 
^  Klein   J.   —   Ueber    die  Behandlung  der  typischen   Radiusfractur.   Bonn, 

1887.  8^ 

^Klingemann  F.  —  Beitràge  zur  Kenntniss  der  Aconitsaure.  Bonn,  1887.  8**. 


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—   LXXXI   — 

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^Enops  C.  —  Ueber  die  Molecularrefraction  der  Isomerien  Pumar-Maleln- 

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^Kohn  M,  —  Die  wesentlichsten  terapeutischen  Indicaidonen  der  Uterus-Myome. 

Jena,  1887.  8^ 
^Kolesch  K.  —  Ueber  Eooidaris  Kejserlingi  Gein.  Jena,  1887.  8^ 
^Eómpel  E.  —  Ueber  Lichen  ruber.  Bonn,  1887.  8®. 
^Eotschovits  /.  —  Erfolge  der  operativen  Behandiung  [der  Stroma  maligna. 

Jena,  1887.  8^ 
^Erabbel  H.  —  Ein  Fall  von  Paraplegie   nach  Gelenkrheumatismus.  Bonn, 

1887.  8^ 
^  Eùkenthal  W.  —  Ueber  das  Nervensystem  der  Opheliaceen.  Jena,  1887.  8^. 
^  Laehr  G.  —  Ueber  den  Untergang  des  Staphylokokkns  pyogenes  aureus  in 

den  durch  ihn   heryorgeriìfeDen  Entzùndungprocessen  der  Lungo.  Bonn, 

1887.  80. 
^  Langen  /.  —  De  Commentariorum   in  epistolas   paulinas  qui  Ambrosii  et 

Quaestionum  biblicarum  quae  Angustini  nomine  feruntur  scriptore  disser- 

tatio.  Bonnae,  1888.  4^ 
^  Lem   R,   —  Zur  Physiologie   und   Geschichte   der   Palatalen.    Gùtersloh, 

1887.  8^ 
*Levasseur  E.  —  La  théorie  du  salaire.  Paris,  1888.  8®. 
*Id,  —  Sii  semaines  à  Rome.  Paris,  18S8.  8^. 

^  Lewin  /.  —  Ueber  die  Deviationen  der  Nasenscheidewand.  Bonn,  1887.  8^ 
^Liliencron  R.  v.  —  Der  Bunenstein  von  Gottorp.  Kiel,  1888.  8**. 
^Lissaner  A.  —  Die  prahistorischen  Denkmaler  der  Provinz  Westpreussen  und 

der  Angrenzenden  Gebiete.  Leipzig,  1887.  8**. 
^Loewe  II.  —  Die  Stellung  des  Kaisers  Ferdinand  I.  zum  Trienter  Konzil 

vom  Oktober  1561  bis  zum  Mai  1562.  Bonn,  1887.  8^ 
^  Luebbert  E.  —    Cpmmentatio  de   Pindaricorum  Carminum  compositione  ex 

Nomorum  historia  illustranda.  Bonnae,  1887.  4®. 
+/d.  —  Conmientatio  de  Pindari  studiis  chronologicis.  Bonnae,  1887.  4**. 
+  /(i.  —  De  Pindari  studiis  Hesiodeis  et  Homericis  dissertatio.  Bonnae,  1882.  4®. 
^Id.  —  Commentatio  de  Pindaro  dogmatis  de  migratione  animarum  Cultore. 

Bonnae,  1887.  4^ 
t/d.  —  Commentatio  de  Pindaro  Locrorum   Opuntiorum  amico  et  patrono. 

Bonnae,  1883.  4^ 
^Id.  —  Meletemata  de  Pindari  Carminum  quibus   Olimpiae  origines   canit 

fontibus.  Bonnae,  1882.  4®. 
^Id.  —  Originum  eliacarum  capita  selecta.  Bonnae,  1882.  4^. 

BullbttinoRkndiconti.  1888,  Vol.  IV.  1®  Sem.  H 


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—   LXXXII   — 

^Luhrmann  F.  —  Ueber  die  Behandlung  der  Gaumenspalten.  Bonn,  1887.  8®. 
^Macoan  /.  —  Catalogue  of  Canadian  Plants.  Part  II.  Gemopetalae.  Montreal, 

1884.  %\ 

^Maiweg  H.  —  Beitrag  znr  Statistik  der  Lippen  Carcinome.  Bonn,  1887.  8**. 

^  Malinowski  L.  —  Modlitwy  Waclawa  zabytek  jezyka  Polskìego  z  W.  XV. 
z  Kodeksu  VI.  n.  2.  Bibl.  Uniw.  w  Budapeszcie.  W  Krakowie,  1887.  8«. 

^Mangold  G.  —  De  Ecclesia  primaeva  prò  Caesaribus  ac  Magistratibus  ro- 
manis  preces  fundente  dissertalo.  Bonnae,  1881.  4^ 

^  Manno  R.  —  Die  Stellung  des  Substanzbegriffes  in  der  Kantischer  Erkennt- 
nistheorie.  Bonn,  1887.  8^. 

^Manzoni  A,  —  Le  cinq  mai.  Trad.  roumabe  de  M.  G.  Obédénare.  Mont- 
pellier, 1885.  %\ 

^Mittag  E.  —  Beitràge  zur  Lehre  vom  Pemphigus.  Jena,  1887.  8^. 

^Moore  G.  D.  —  Ueber  die  Einwirkung  von  Phosphorpentachlorid  auf  die 
drei  isomeren  Monooiybenzoesauren.  Bonn,  1887.  8®. 

^Mùller  G.  —  Beitene  Folgen  der  Endocarditis.  Jena,  1887.  8°. 

^Nansen  t\   —   Bidrag  til   Myzostomernes  inatomi   og   histologi.  Bergen, 

1885.  4^ 

^Neumann  ff.  S.  —  Schwefelsaure  als  JodubertrSger.  Jena,  1887.  8^. 
^Nevhaevser  /.  —  De  Anaximandri  Milesii  natura  infinita.  Part.  I.  Bonnae, 

1879.  4^ 
^Nitzelnadel  E,  —  Zur  Therapie  des   Nabelschnurvorfalles   bei  Schàdellage. 

Altenburg,  1887.  8°. 
^Noah  E.  —  Zur  Kenntniss  der  Oxyanthrachinone.  Berlin,  1887.  8**. 
"^  Nolte  C.  —  Brown-Séquard'sehe  Halbseitenlàsion  des  Rùckenmarkes,  Bonn, 

1887.  8^ 
^'Nùrnberg   W,  —  Zur  Lebre  von  Tetanus  idiopaticus.  Jena,  1887.  8<*. 
+  Odenthal  W,  —  Cariòse  Zahne  als  Eingansgpforte  infectiósen  Materials  und 

Ursache  chronischer  Lymphdrùsenschwellungen  am  Halse.  Bonn,  1887.  8**. 
^Ollendorff  G,  —  Lupus  und  Carcinom.  Bonn,  1887. 8*^. 
^  Paulm   Crosnensis  et  Joannes   Vislicensis.  Carmina   ed.  B.  Kruczkiewicz. 

Cracoviae,  1887.  8^ 
^  PeUer  C.  —  Ueber  das  akute  Hydramnion.  Bonn,  1887.  8^. 
^Pfeiffer  A.  —  Beitrag  zur  Histologie  der  acuten  Entzùndung.  Die  acute  Ent- 

ziindung  der  Herzmuskel.  Bonn,  1887.  8°. 
^  Pinders   W.   —  Ueber  Dermoidcysten  des  vorderen  Mediastinums.   Bonn, 

1887.  8°. 
"^Piange  0.  —  Ueber  die  Wirkung  des  Cyankaliums  auf  Art  und  Gròsse  der 

Atmung.  Bonn,  1887.  8°. 
^Psaltirea  in  versuri  intocmita  de  Dosofteiu  Mitropolitul  Moldovei  1671-1686, 

pubi,  de  Pf.  J.  Bianu.  Bucuresci,  1887.  %\ 
"^Rath  G,  V.  —  Vortràge  und  Mittheilungen.  Bonn,  1888.  8^ 


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—  LXXXIII  — 

^Reinkardt  Ch.  —  Zwei  PftUe  von  Pyasalpinx.  Jena,  1886.  8«. 

*2iesal  H.  —   Traité   de   physique   mathématìque.   2*  ed.    Paris,    1887-88. 
Voi.  I,  II.  4^ 

^Rimbach  A.  —  Beitrag  zur  Kenntniss  dar  Schutzscheide.  Weimar,  1887.  8®. 

^  Rittinghatis  P.  —  Ueber  die  Widerstandsfahigkeit  des  PoUens  gegen  aussere 
Einflùsse.  Bonn,  1887.  8*. 

^  RiLScheweyh  J7.  —  Ueber  die  Bedeutung  der  sogenannten  «  Ovarial-Hyper- 
astesie».  Jena,  1886.  8^ 

+  Sars  M.,  Koren  /.,  Danielssen  D.  C.  —  Fauna  littoralis  Norvegiae.  Heft  2,  8. 

Bergen,  1856.  1877.  4o. 
+  Schaff  Ph,  —  Church  and  State  in  the  United  States,  on  the  american  idea 

of  religious  liberty  and  its  practical  effects.  New  Jork,  1888.  8°. 
+  Schaiùs  A.  —  Ueber  Schiefstand  der  Nasenscheidewand.  Berlin,  1887.  8^ 
^Schenck  F.  —  Ziu:   Kritik   der   HamstoflTbestimmung   nach  Plehn.   Bonn, 

1887.  8^ 
^Scherer  C.  —  De  Aelio  Dionysio  musico  qui  vocatur.  Bonnae,  1886.  8*. 

*  Schiavuszi  B.  —  Untersuchungen  ueber  Bacterien,  XII.  Untersuchungen  ueber 

die  Malaria  in  Pela.  Bresiau,  1887.  8^. 
^  Schmalfuss  C.  —  Ueber  die  antifebrile  Wirkung  des  Chininum  amorphum 

boricum.  Bonn,  1887.  8^ 
^  Schoenkolz  Z.  —  Ueber  das  primare  Carcinom  des  UteruskOrpers.  Bonn, 

1887.  8«. 

*  Schwabe  G.  —  Pichtes  im  Schopenhauers  Lehre  vom  Willen  mit  ihren  Kon- 

sequenzen  fOr  Weltbegreifung  und  Lebensfùhrung.  Jena,  1887.  8°. 

^  Schwann  C.  A,  —  Larynx-Tuberkulose  und  Jodol  sowie  Wirkung  des  letztern 

bei  einigen  Erkrankungen  der  Nasen-Schleimhaut.  Bonn,  1887.  8^. 

*  Semon  R.  —  Beitrage  zur  Naturgeschichte  der  Synoptiden  des  Mittelmeeres. 

Leipzig,  1887.  8<>. 
"^Id.  —  Die  indifferente  Anlage  der  Keimdrùsen  beim   Hùhnchen  und  ihre 

Differenzirung  zum  Hoden.  Jena,  1887.  8^. 
^  Skutsch  F.  —  Die  Beckenmessung  an  der  lebenden  Prau.  Jena,  1886.  8**. 
^  Starck  M.  —  Ueber  die  Anwandungsweise  der  neueren  Cannabis  praparate. 

Bonn,  1887.  8^. 
^  Steilberger  H.  —  Ueber  Nachweis  von  Spenna  zu  forensischen   Zwecken. 

Bonn,  1887.  8'. 
^  Stephanus  Alexandrintis. —  Opusculum  apotelesmaticum  ab  H.  Usenero  edi- 

tum.  Bonnae,  1880.  4^ 
^Stourdza  i).  ^.  —  Le  10  Mai.  Bucarest,  1887.  8^ 
^Strasburg  /.  —  Beitrage  zur  Blutbildung  in  der  embryonalen  Saugetierleber. 

Bonn,  1887.  8^ 
'^  Strauscheid  F. —  Ueber  Geschwùlste  des  Mittelfellraumes.  Bonn,  1887.  8^ 


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—   LXXXIV   — 

^  Strunden  F.  —  Oasuistischer  Beitrag  zur  Lehre  vom  pulsirenden  Milztumor. 

Bonn,  1887.  8^ 
^  Theile  H.  —  Ueber  die  Unterkieferbrtìche  und  ihre  Behandlung.  Bonn,  1887.  8*». 
■*"  Thusen  W.  v.  d,  —  Ueber  yeraltete  Luiationen.  Bonn,  1887.  8^ 
^Trottmann  A.  —  Ueber  die  Eitirpation  der  Scapula.  Lechenìch,  1887.  8**. 
^Usener  IT.  —  De  Stephano  Alexandrino.  Bonnae,  1879.  4^. 
^Id.  —  De  Stepbano  Alexandrino  Commentatio  altera.  Bonnae,  1880.  4<^. 
^Id.  —  Epicuri  specimen.  Bonnae,  1881.  4**. 
^  Viehdfer  E.  —  Ueber  intrauterine  Amputationen.  Bonn,  1887.  8^' 
^  Vdgeding  W.  —  Ueber  die  klinische  Bedeutung  dea  Sparteinum  sulfuricum. 

Bonn,  1887.  8°. 
^  Vo88  P.  —  Ueber  Kectum-Tumoren.  Bonn,  1887.  8^. 
"^  Wéber  B.  —  De  ov(fiag  apud  Aristotelem  notione  ejusque  c(^noscendae  ra- 

tione.  Bonnae,  1887.  8^. 
^  Wendelborn  F.  —  Sprachliche  Untersuchnng  der  Eeime  der  Végéce-Versifi- 

cation  des  Priorat  von  Besan9on.  Wurzburg,  1887.  8**. 
^  Wilmann  W.  —  Ezzo's  Qesang  von  den  Wundem  Christi.  Bonnae,  1887.  4**. 
+  Winnefeld  H.  —  Sortes  Sangallenses  ineditae.  Bonnae,  1887.  8^. 
**"  Wirts  Q,  —  Beitrage  zur  Kenntniss  der  Fumar-  und  Maleìnsfture.  Bonn, 

1887.  S\ 
^  Wirz  P.  —  Die  locale  Behandlung  der  Laryni-  Tuberculose.  Bonn,  1887.  8^ 
^  Witter  /.  —  Die  Beziehungen  und  Verkehr  des  Kurfùrsten  Moritz  von  Sach- 

sen  mit  dem  B^mischen  EOnige  Ferdinand  seit  dem  AbscUusse  der 

Wittemberger  Kapitulation  bis  zum  Passeuer  Vertrage.  Neustadt,  1886, 8**. 

*  Wolff  C.  —  Welche  Rechtwirkungen  hat  die  Cession  eines  Suspensio  bedingten 

Vermachtnisses?  Bonn,  1887.  8  . 
+  Wolff  F.  —  Das  Empyem  der  StirnhOhlen.  Bonn,  1887.  8^ 

*  Wunderwald  A.  —  Heilung  des  Uterusprolapsus  mittelst  Laparotomie.  Jena, 

1887.  8^ 

*  Wùstenhòfer  Fr.  —  Ueber  Trigeminus-  Neuralgie  und  deren  operative  Be- 

handlung durch  Neurectomie.  Bonn,  1887.  8®. 
*Zbi6r  wiadomoSci  do  Antropologii  Krajowej.  T.  XI.  KrakOw,  1887. 
^  Zerbst  M.  —  Ein  Vorlàufer  Lessings  in  der  Aristotelesinterpretatìon.  Jena, 

1887.  8^ 

*  Ziehen  /.  —  Ephemerides  Tallianae  rerum  inde  a  XVII  M.  Martii  49  A.  Chr. 

usque  ad  IX  M.  Augusti  A.  Chr.  gestarum.  Budapestini,  1887.  8**. 
^  Ziehen  Th.  —  Sphygmographische  Untersuchungen  an  Gaistesìranken.  Jena, 

1887.  8^ 
^Zillessen  R.  —  Beitrage  zur  Lehre  von  der  Magen-Darm-Schwimmprobe. 

Bonn,  1887.  8^  ' 

^  Zimmermann  H.  —  Ueber  die  Behandlung  profuser  Schweissabsonderungen 

mit  Agaricin.  Bonn,  1887.  8**. 


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LXXXV    — 


Fnbblicazioiii  periodiche 
pervenute  all'Accademia  nel  mese  di  marzo  1888. 

Pubblicazioni  italiane, 

^Annali  del  r.  Istituto  veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti.  Ser.  6*,  t.  VI,  3. 

Venezia,  1888. 

De  Toni  e  Levi,  Plora  algologica  della  Venezia  (Parte  HI,  le  CI  oro  ficee).  —  Fa- 
varo.  Sulla  Bìbliotheca  Mathematica  di  Gustavo  EnestrOm.  -—  Torelli.  Alcuni  ap- 
punti su  Alessandro  Manzoni.  Memoria  postuma.  —  Saccardo  e  Paoletti.  Mycetes 
Malacenses.  Funghi  della  penisola  di  Malacca,  raccolti  nel  1885  dall'abate  Benedetto 
Scortechini. 

^Annali  di  agricoltura.  1888,  n.  136,  146.  Roma. 

136.  Abignente.  La  proprietà  del  sottosuolo.  —  146.  Atti  del  Concorso  internazionale 
di  caseificio  tenuto  in  Parma  nel  settembre  1887. 

"^ Annali  di  chimica  e  di  farmacologia.  1888,  n.  2.  Milano. 

Guarescki.  Sull'acido  a  monobromoftalico.  —  Campani  e  Grimaldi.  La  vanillina  nei 
acmi  del  lupinus  albus.  —  Bufalini.  Sull'uso  terapeutico  della  cascara  sagrada.  —  Mariotti. 
DelFantipirina  come  medicamento  analgesico. 

+ Annali  di  statistica.  Ser.  IV,  n.  18,  19.  Roma,  1887. 

Notizie  sulle  condizioni  industriali  delle  provincie  di  Sondrio  e  di  Catania. 

"^Annuario  della  r.  Scuola  superiore  di  agricoltura  in  Portici.  Voi.  V,  3,  4.  Na- 
poli, 1887. 

3.  Comes.  Il  marciume  delle  radici  nei  vigneti  di  Angri.  —  Id.  La  peronospora  della 
vite  e  le  altre  malattie  degli  alberi  fruttiferi  nella  provincia  di  Napoli.  —  Id.  Sulla  Gril- 
lotalpa (Gryllotalpa  vulgaris)  e  sul  mezzo  di  combatterla.  —  Id.  Istruzioni  sulla 
mosca  olearia  (Dacus  oleae).  —  Id.  Il  mal  nero  o  la  gommosi  nella  vite  ed  in  qual- 
siasi altra  pianta  legnosa  e  gli  eccessivi  sbalzi  di  temperatura.  —  4.  Savastano.  La  tuber- 
culosi  delPolivo.  —  Id.  Iperplasie  e  tumori. 

*  Annuario  della  r.  Università  di  Pavia.  Anno  1887-88.  Pavia,  1888. 
Sormani.  L'igiene  pubblica  ed  il  progresso  sociale  in  Italia. 

*Annuario  della  r.  Università  degli  studi  di  Pisa  per  l'anno  accademico  1887-88. 
Pisa,  1888. 
Romiti.  L'orìgine  e  la  continuità  della  vita. 

'^Annario  della  Società  degli  ingegneri  e  degli  architetti  italiani  per   Tanno 
1888.  Eoma,  1888. 

^Annuario  del  r.  Istituto  di  studi  pratici  e  di  perfezionamento  in  Firenze  per 
l'anno  accademico  1887-88.  Firenze,  1887. 

■*■  Archivio  per  l'antropologia  e  la  etnologia.  Voi.  XVII,  3.  Firenze,  1887. 

Bastami.  Superstizioni  religiose  nelle  provincie  di  Treviso  e  di  Belluno.  —  Karusio. 
Pregiudizi  popolari  Putignanesi  (Bari).  —  Mauticchi.  Leggende,  pregiudizi  e  superstizioni 
del  volgo  nell'alto  Polesine.  —  Bianchi.  Sul  modo  di  formazione  del  terzo  condilo  e  sui 
processi  basilari  dell'osso  occipitale  nell'uomo.  Osservazioni  anatomiche. 


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—  LXXXVI  — 

■^Archivio  storico  italiano.  Sor.  6,  1. 1,  1.  Firenze,  1888. 

Gaudenzi.  Statuti  dei  mercanti  fiorentini  dimoranti  in  Bologna  degli  anni  1279-1289.  — 
Guasti.  Ricordanze  di  messer  Gimignano  Inghirami  concementi  la  Storia  ecclesiastica  e 
civile  dal  1378  al  1452.  —  Zini.  Le  Memorie  del  duca  di  Broglie. 

i^ Ateneo  (L')  veneto.  Ser.  X,  voi.  II,  6.  Venezia,  1887. 

GIobì.  La  legge  delle  guarantigie.  —  Bonvecchiato.  Dalla  galera  al  manicomio.  — 
Codemo.  Bebbo  Carraro.  —  Nani  Mocenico.  I  precursori  del  nostro  risorgimento.  —  Mot- 
menti,  La  scomunica  di  Fra  Paolo  Sarpi. 

+Atti  della  r.  Accademia  delle  scienze  di  Torino.  Voi.  XXIII,  4, 5.  Torino,  1888. 

Battelli.  Sulle   yariazioni   della   resistenza   elettrica  e  del  potere  termoelettrico  del 

Nichel  al  variare  della  temperatura.  —  Sansoni.  Note  di  mineralogia  italiana.  Datolite  e 

Calcite  di  Montecatini  (Valle  di  Cecina).  —  Giacomini.  Su  alcune   anomalie   di  sviluppo 

deirembrione  umano. 

^Atti  della  Società  italiana  di  scienze  naturali.  Voi.  XXX,  4.  Milano,  1888. 

Molinari.  Le  funzioni  della  silice  nella  crosta  terrestre.  —  Mer calli.  Il  terremoto  di 
Lecco  del  20  maggio  1887.  —  Parona.  Contributo  allo  studio  dei  Megalodonti.  —  Bozzi, 
Sopra  una  specie  pliocenica  di  pino  trovata  a  Castelsardo  in  Sardegna.  —  Mercalli.  Le 
lave  di  Radicofani.  —  Sansoni.  Studio  cristallografico  sopra  alcuni  composti  organicL 

Atti  della  Società  ligure  di  storia  patria.  Voi.  XII,  p.  I,  f.  2;  voi.  XII 

(appendice);  voi.  XVIII,  XIX,  1.  Genova,  1887-88. 

XII,  1  (2).  Remondinu  Iscrizioni  medievali  della  Liguria.  —  XII  (app).  Belgrano. 
Tavole  a  corredo  della  1*  serie  dei  Documenti  riguardanti  la  colonia  genovese  di  Pera.  — 
XVm.  Belgiano  e  Beretta.  D  secondo  registro  della  Curia  arcivescovile  di  Genova.  —  XIX,  1. 
Desimoni.  Regesti  delle  lettere  pontificie  riguardanti  la  Liguria  dai  più  antichi  tempi  fina 
airawenimento  d'Innocenzo  HI.  —  Amari.  Aggiunte  e  correzioni  ai  nuovi  ricordi  arabici 
su  la  storia  di  Genova.  —  Belgrano.  Trattato  del  sultano  d'Egitto  col  comune  di  Ge- 
nova. MCCXC. 

•Bollettino  annuale  della  Biblioteca  civica  della  città  di  Torino.  Anno  IV, 
1887.  Torino,  1888. 

^Bollettino  dei  Musei  di  zoologia  ed  anatomia  conaparata  nella  r.  Univereitèi 

di  Torino.  Voi.  II,  n.  34,  38.  Torino,  1888. 

Gihelli.  Variazione  di  colore  nel  Carabus  Olimpi  a  e.  —  PoZZoaffrfl.  Nuove  specie 
di  molluschi  dello  Scioa.  —  Rosa.  Sulla  struttura  dell'Hormogaster  Redii.—  Carne- 
rano.  Girino  anomalo  di  Rana  esculenta  Linneo.  —  /rf.  Ricerche  intomo  alla  anatomia 
ed  istologia  dei  G ordii. 

^Bollettino  del  Collegio  degli  ingegneri  ed  architetti  in  Napoli.  Voi.  VI,  n.  1- 
Napoli,  1888. 

♦Bollettino  della  sezione  dei  cultori  delle  scienze  mediche  (Accademia  dei  fisio- 
critici  di  Siena).  Anno  VI,  2.  Siena,  1888. 

^Bollettino  della  Società  generale  dei  viticoltori  italiani.  Anno  III,  5.  Eoma,  1888- 
Cettolini.  Invecchiamento  e  imbottigliamento  del  vino.  —  De  Pasquale.  Questioni 

enotecniche  in  Sicilia.  —  Ferrano.  1  vini  italiani  all'estero. 

^Bollettino  della  Società  geografica  italiana.  Ser.  3*,  voi.  I,  f.  3.  Roma,  1888. 
Porena.  La  geografia  in  Roma  e  il  Mappamondo  vaticano,  —  Bodio.  Notizie  sulla 

superficie  e  la  popolazione  deU'Etiopia.  —  Annoni.  Da  Agram  a  Costantinopoli,  per  Bel- 


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—  LXXXVII  — 

grado  a  Bucarest.  —  Amat  di  S.  Filippo.  Recenti  ritrovamenti  di  Carte  nautiche  in  Parigi, 
in  Londra  ed  in  Firenze.  —  D,  V.  Giacomo  di  Brazzà. 

'^Bollettino  della  Società  geologica  italiana.  Voi.  VI,  4.  Roma,  1888. 

Sacco.  Il  passaggio  tra  il  ligurìano  ed  il  tongriano.  —  Malagoli.  Fauna  miocenica 
a  foraminiferi  del  vecchio  castello  di  Baiso.  —  Taramelli,  Osservazioni  geologiche  sul 
terreno  Raibliano  nei  dintorni  di  Gorno  in  Val  Soriana  provincia  di  Bergamo.  —  Squi- 
nabol.  Conlribuzioni  tJla  fiora  fossile  dei  terreni  terziari  della  Liguria.  Fucoidi  ed  elmin- 
toidee.  —  Tuccimei,  Nota  preventiva  sul  Villafranchiano  nelle  valli  Sabine. 

^Bollettino  delle  nomine  (Ministero  della  guerra).  1888.  Disp.  9-13.  Roma. 

^Bollettino  delle  pubblicazioni  italiane  ricevute  per  diritto  di  stampa  dalla 
Biblioteca  nazionale  centrale  di  Firenze.  1888,  n.  53,  54.  Firenze. 

^Bollettino  del  Ministero  degli  affari  esteri.  Part.  1*,  yoI.  I,  2.  Roma,  1888. 

^Bollettino  del  r.  Comitato  geologico.  Ser.  2\  voi.  Vili,  11-12.  Roma,  1888. 

taccagna.  Sulla  geologia  delle  Alpi  occidentali.  —  Portìs,  Sulla  scoperta  delle  piante 
fossili  carbonifere  di  Viozena  nell'alta  valle  del  Tanaro. 

*  Bollettino  di  legislazione  e  statistica  doganale  e  commerciale.  Anno  V,  1888 

febb.  e  suppl.  Roma. 
■^Bollettino  di  notizie  agrarie.  Anno  X,  1888,  n.  7-13.  —  Rivista  meteorico- 

agraria,  n.  5-8.  Roma,  1888. 
^Bollettino  di  notizie  sul  credito  e  la  previdenza.  Anno  VI,  4.  Roma,  1888. 
^Bollettino  mensuale  pubblicato  per  cura  dell* Osservatorio  centrale  di  Monca- 

lieri.  Ser.  2*,  voi.  Vili,  2,  febb.  1888.  Torino. 

Hildebrandsson,  Principali  risultati  delle  ricerche  sulle  correnti  superiori  delPatmo- 
«fera  fatte  nella  Svezia. 

*  Bollettino  meteorico  deirUfficio  centrale   di  meteorologia.  Anno  X,  marzo 

1888.  Roma. 
"^^ Bollettino  sanitario  (Direzione  della  Sanità  pubblica).  Febbraio,  1888.  Roma. 
^Bollettino  settimanale  dei  prezzi  di  alcuni  dei  principali   prodotti  agrari  e 

del  pane.  Anno  XV,  1888,  n.  6-11.  Roma. 
^Bollettino  ufficiale  dell'istruzione.  Voi.  XIV,  2,  febb.  1888.  Roma. 
^Bullettino  della  Commissione  archeologica  comunale  di  Roma.  Anno  XVI,  2. 
Roma,  1888. 

Cantarelli,  H  Cursus  honorum  dell'imperatore  Petronio  Massimo.—  Gatti.  Degli 
avanzi  deiracquedotto  vergine.  —  Tomassetti.  Notizie  epigrafiche.  —  Gatti.  Trovamenti 
risguardanti  la  topografia  e  la  epigrafia  urbana.  —  Id.  L*epitafio  di  u  Ioannes  exiguus  » 
vescovo  d'ignota  sede  nel  secolo  -sesto. 

^Bullettino  dell'imperiale  Istituto  archeologico  germanico.  Sez.  romana.  Voi.  II,  4. 
Roma,  1887. 

Gamurrini.  Dell'arte  antichissima  in  Roma.  —  v,  Duhn.  La  necropoli  di  Suessula.  — 
I.  La  comune  provenienza  da  Cuma  delle  urne  di  bronzo  e  delle  ciste  a  cordoni. —  li.  Due  figure 
di  urne  di  bronzo.  —  HI.  L'epoca  delle  urne  di  bronzo.  —  Pauli.  Inscriptiones  clusinae  ine- 
ditae.  —  Dessau.  Un  amico  di  Cicerone  ricordato  da  un  bollo  di  mattone  di  Preneste. 
^BuUettino  della  r.  Accademia  medica  di  Roma.  Anno  XIV,  1.  Roma,  1888. 

De  Rossi.  Della  scuola  medica  agli  Stati  Uniti  e  principalmente  degli  studi  speciali.  — 
Poslempski.  Sutura  metallica  nelle  fratture  della  clavicola.  —  Id.  Resezione  enartrodiale 


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—  LXX.XVII1  — 

del  femore;  processo  Volkraann.  —  Sergi,  Antropologia  fisica  della  Fuegia.  —  GualdL 
Emiparesi  del  bacino  da  isteria.  —  Impallomeni.  Sopra  dae  casi  di  anomalie  di  reni  e 
delle  corrispondenti  arterie.  —  Mingazzini.  Intorno  ai  solchi  e  le  circonvoluzioni  dei  Pri- 
mati in  paragone  con  quelli  del  feto  umano.  —  ZagielU  L'oftalmia  detta  egiziana. 

^Bullettìno   di  bibliografia  e  di   storia  delle  scienze  matematiche  e  fisiche. 
T.  XX.  Maggio  1887. 
Narduccù  Vita  di  Pitagora,  scritta  da  Bernardino  Baldi.     • 

^Bullettiiio  di  paletnologia  italiana.  Ser.  2*,  t.  IV,  1-2.  Parma,  1888. 

Pigorini.  Cuspidi  di  selce  ovoidali  delPItalia.  —  Morelli.  Antichi  manufatti  metal- 
lici della  Liguria  ~  Campi.  Spada  di  bronzo  del  Veneto,  del  Trentino  e  del  Tirolo.  — 
Buffoni.  Torbiera  dlseo. 

*  Circolo  giuridico  (II).  Anno  XIX,  1-3.  Palermo,  1888. 

SantangelO'Spoto.  La  insequestrabilità  degli  stipendi  degli  impiegati  comunali  e  pro- 
vinciali a  proposito  del  progetto  Crispi. 
^Giornale  d'artiglieria  e  genio.  Anno  1888,  disp.  I.  Roma. 
^Giornale  della  r.  Società  italiana  d'igiene.  Anno  X,  1-2. 1888.  Milano. 

Zucchi.  n  quinto  e  sesto  progetto  dì  legge  sanitaria.  —  Maggiora.  Belazione  deUc 
discussioni  tenute  alla  r.  Società  italiana  djigiene  (Sede  Piemontese)  sul  progetto  di  legge 
per  la  tutela  d*ìgìene  e  sanità  pubblica  presentato  in  Senato  nella  tornata  del  25  novem- 
bre 1887.  —  Easeri.  Statistica  delle  cause  di  morte  nei  comuni  capoluoghi  di  prorincia 
e  di  Circondario  per  Tanno  1885.  —  Sodio.  Della  statistica  sanitaria  in  Italia.  Lettera  al 
prof.  A.  Corradi. 
^Giornale  della  Società  di  letture  e  conversazioni  scientifiche  di  Genova.  Anno  X^ 

2^  sem.  f.  12.  Die.  1887.  Genova. 

Chinazzi.  Il  comporre  nelle  scuole  inferiori.  —  Castellini.  I  Siculi,  ricerca  di  una 
civiltà  italiana  anteriore  alla  greca  per  Rosario  Salvo  di  Pietraganzilli.  Recensione.  — 
Daneo.  La  scuola  nelPofficina. 
^Giornale  medico  del  r.  Esercito  e  della  r.  Marina.  Anno  XXXVI,  2.  Roma,  1888. 

Panara.  Considerazioni  statistiche  sulle  febbri  malariche  curate  neirOspedale  militare 
di  Roma  dal  febbraio  1886  al  gennaio  1887.  —  Bianchi.  Sifilodcrma  ulceroso.  '    Colasanii 
e  Moscatelli.  L'acido  paralattico  nella  orina  dei  soldati  dopo  le  marcie  di  resistenza. 
^Giornale  militare  ufficiale.  1888.  Parte  1*,  disp.  7-12;  parte  II,  disp.  8-13. 

Soma. 
^Ingegneria  civile  (L')  e  le  arti  industriali.  VoL  XIY,  1,  2.  Torino,  1888. 

1.  Ferrando.  Le  guglie  del  Siam. —  Ruggiero.  Intorno  al  canale  Villoresi  per  una 
derivazione  d'acqua  dal  fiume  Ticino.  —  H  tunnel  del  Sempìone.  La  grande  gallerìa  di 
Ronco  per  la  linea  succursale  dei  Giovi.  La  trazione  funicolare  per  la  galleria  dei  Giovi.  — 
L'acciaio  al  manganese.  Macchina  a  vapore  compound  di  grandi  dimensioni.  —  2.  Gragnola, 
Dei  ponti  girevoli  in  generale  e  di  quello  recentemente  costruito  per  l'arsenale  di  Taranto.  — 
Penati.  Il  motore  ad  aria  calda  di  Benier.  —  Sul  busto  meccanico  universale  del  signor 
Emilio  Ferrari:  Relazione  alla  Società  promotrice  dell'industria  nazionale. 
^Mélanges  d'archeologie  et  d'histoire.  Année  VIII,  1-2.  Rome,  1888. 

de  Nolchac.  Giovanni  Lorenzi,  bibliothécaire  d'Innocent  VHI.  —  Prou.  Notice  et 
extraits  du  manuscrit  863  du  fonds  de  la  reine  Christine  au  Vatican.  —  Le  Blant  Lea 
chrétiens  dans  la  société  palenne  anx  premiere  àges  de  l'église.  —  de  la  Blanchère.  La 
poste  sur  la  voie  Appienne  de  Rome  à  Capone.  —  Gsell.  Notes  d'épigraphie.  —  Muntz, 
Les  sources  de  l'archeologie  chrétienne  dans  les  bibliothèques  de  Rome,  de  Florence  et  de 


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—  LXXXIX  — 

Milan.  —  Cadier  Étnde  sur  la  sigìllographie  dea  rois  de  Sicile.  I.  Les  balles  d'or  des 
Archìves  du  Vatican.  —  Lécrivain.  L'appel  de  jage&'jiiiés  sous  le  hautrempire.  —  Le  BlanL 
Note  sur  une  coupé  de  verre  grave  dócouverte  en  Sicile.  —  Id,  Necrologie. 

*  Memorie  della  Società  degli  spettroscopistì  italiani.  Voi.  XVI,  11,  12.  Roma, 

1888. 

11.  Ricco.  Osservazioni  e  studi  dei  crepuscoli  rossi  del  1883  e  1886.  —  Tacchini. 
Fotografie  della  corona  atmosferica  attorno  al  sole,  fatte  in  Itoma  nel  settembre  1887.  — 
Lockyer.  Recherches  sur  les  météorites.  Conclusions  générales.  —  12.  Tacchini.  Macchie 
e  facole  solari  osservate  al  regio  Osservatorio  del  Collegio  Romano  nel  4°  trimestre  1887,  — 
Id.  Osservazioni  spettroscopiche  solari  fatte  nel  regio  Osservatorio  del  Collegio  Romano 
nel  4®  trimestre  del  1887.  —  Ricco.  Osservazioni  astrofisiche  solari  eseguite  nel  regio  Os- 
servatorio di  Palermo.  Statistica  delle  macchie  e  delle  facole  nel  1887.  —  Garibaldi. 
Astronomia  fisica.  Le  protuberanze  solari  nei  loro  rapporti  colle  variazioni  del  magnete 
di  declinazione  diurna. 

^Rassegna  (nuova)  di  viticoltura  ed  enologia.  Anno  II,  n.  4-6.  Conegliano,  1888. 
4.  Soncini.  Pensiamo  alla  cantina.  —  Cettolini.  L*enologia  e  la  lotta  di  tariffe  fra 
la  Francia  e  l'Italia.  —  SiLCci.  Processo  Gedudlt'  per  la  determinazione  dello  zucchero.  — 
Briolini.  Produzione  e  commercio  del  Cognac  in  Francia.  —  Ravaz-Bassi.  Propagazione 
per  gemma  isolata,  —  Flotti,  Statistica  viticola  del  Cantone  di  Neuchatel.  —  Soncini, 
Viti  americane  (VitisRupestris  di  Schede).  —  5.  Carpenh  II  carbone  nella  pratica 
delle  filtrazioni  dei  vini.  —  Soncini.  Peronospora  della  vite.  Risultati  degli  esperimenti 
fatti*  per  combatterla  nei  vigneti  della  r.  Scuola  di  viticoltura  ed  enologia  in  Conegliano.  -— 
Pini.  Le  malattie  dei  vini  in  Sicilia.  —  Cettolini.  La  questione  fillosserica  in  Francia.  — 
Joulie.  Sulla  clorosi  della  vite.  —  6.  Comboni.  Ciò  che  entra  in  Italia.  —  Soncini,  Pero- 
nospora della  vite.  Risultati  degli  esperimenti  fatti  per  combatterla  nei  vigneti  della 
r.  Scuola  di  viticoltura  ed  enologia  in  Conegliano. —  Cencelli.Ltk  tortrice  dell'uva  (Tor- 
triz  ambiguella  Hflbner).  —  Sestini.  L'iposolfito  sodico  ed  il  solfito  calcico  nella  eno- 
tecnica. —  Mancini.  Ampelomiceti  della  famiglia  degli  Agarìcini.  —  Soncini.  Viti  ame- 
ricane (Vitis  Cordifolia  di  Michaux). 

^Rendiconti  del  r.  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere.  Ser.  2%  voi.  XXI,  4,  5. 

Milano,  1888. 

4.  Buccellati.  Progetto  del  Codice  penale  pel  regno  d'Italia  del  ministro  Zanardelli.  — 
Strambio.  Da  Legnano  a  Mogliano  Veneto.  Un  secolo  di  lotta  contro  la  pellagra.  Bricciole 
di  storia  sanitario-amministrativa.  —  Bellini.  Esegesi  del  frammento  *  Fugitivus  '  di  Claudio 
Trifonino.  —  Ardissone.  Le  alghe  della  Terra  del  Fuoco  raccolte  dal  prof.  Spegazzini.  — 
Aschieri.  Del  legame  fra  la  teoria  dei  Complessi  di  rette  e  quelle  delle  corrispondenze 
univoche  e  multiple  dello  Spazio.  —  Ascoli.  Riassunto  della  mia  Memoria:  u  Le  curve 
limite  di  una  varietà  data  di  curve  » ,  ed  osservazioni  critiche  alla  medesima.  — 
5.  Strambio.  Da  Legnano  a  Mogliano  Veneto.  Un  secolo  di  lotta  contro  la  pellagra.  Bric- 
ciole di  storia  sanitario-amministrativa.  —  Celoria.  Nuove  orbite  delle  jatelle  doppie  0£ 
298  nella  costellazione  di  Boote  e  fi  del  Delfino.  —  Verga.  Poche  parole  sulla  spina  tro- 
cleare  dell'orbita  umana.  —  Ascoli.  Riassunto  della  mia  Memoria  :  «  Le  curve  limite  di  una 
varietà  data  di  curve»,  ed  osservazioni  critiche  alla  medesima. 
^Bendiconto  dell'Accademia  delle  scienze  fisiche  e  matematiche.  Ser.  2\  voL  II, 

1-2.  Napoli,  1888. 

1.  Pergola.  Rapporto  dei  lavori  compiuti  dair Accademia  delle  scienze  fisiche  e  ma- 
tematiche nell'anno  1887.  —  Malerba  e  Sanna- Salar is.  Su  di  un  microrganismo  trovato 
nell'urina  umana  alla  quale  impartisce  una  consistenza  vischiosa.  —  Traversa.  Azione  della 

Bdllbttino-Rbndiconti.  1888,  A'ol.  IV,  1®  Sem.  12 


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—  xc  — 

Strofantina  sull'apparato  cardiaco-rascolare  o  sui  mnscoli  striati.  ~  Del  Re.  Su  certi  sistemi 
di  qnartiche  e  sestiche  sviluppabili  che  si  presentano  a  proposito  delle  trasformazioni 
lineari  di  una  certa  quartìca  gobba  in  se  stessa.  —  Capellù  Ricerca  delle  operazioni  inya- 
riantive  fra  più  serie  di  variabili  permutabili  con  ogni  altra  operazione  invariantiva  fra 
le  stesse  serie.  —  2.  De  Gasparis.  Riassunti  decadici  e  mensili  delle  osservazioni  meteo- 
riche fatte  nel  r.  Osservatorio  di  Capodimonte  nell'anno  1887.  —  Id.  Determinazioni  asso- 
lute della  inclinazione  magnetica  nel  r.  Osservatorio  di  Capodimonte.  —  Albini.  Conti- 
tinuazione  delle  ricerche  sperimentali  sulla  segregazione  dei  vegetali.  —  Pascal.  Sopra  un'ap- 
plicazione del  metodo  per  esprìmere  una  forma  invariantiva  di  una  binaria  cubica  mediante 
quelle  del  sistema  completo.  —  Masoni.  Su  di  una  nuova  formola  proposta  pel  calcolo 
della  portata  nelle  bocche  a  stramazzo. 

^Bendiconto  delle  tornate  e  dei  lavori  dell* Accademia  di  archeologia,  lettere  e 
belle  arti.  N.  S.  Anno  I,  1887.  Napoli. 

*Bevue  intematìonale.  V®  année,  t  XVII,  5,  6.  Bome,  1888. 

5.  Blaze  de  Bury.  Mes  souvenirs  de  la  «Revu^  des  deux  Mondes. —  K.  Les  lettres 
militaires  du  prince  de  Hohenlohe.  —  Fontane.  Les  marionnettes.  —  Frhies.  Jean-Pierre 
Vieusseux  d'après  sa  correspondance  avec  J.-C.-L.  De  Sismondi.  —  Heard.  Masima.  — 
Raineri.  Les  grandes  lignes  de  navigation.  —  6.  MassaranL  A  mes  amis  de  Franco.  — 
De  Bunsen.  L'empereur  Guillaume. 

^Biyista  critica  della  letteratura  italiana.  AnnoV,  n.  1.  Firenze,  1888. 

"^Bivista  di  fQosofia  scientìfica.  Ser.  2^,  yol.  VII,  gen.-feb.  1888.  Milano. 

Ardigò.  L'equivoco  à^WIncoMcio  di  alcuni  moderni.  —  Sergi.  Evoluzione  umana.  — 
Grossi.  La  divisione  del  lavoro  nelle  società  preistoriche.  Ricostruzione  sociologica.  — 
Mazzarelli.  Di  alcuni  organi  rudimentali  nella  serie  animale  e  del  loro  significato  filoge- 
netico. —  Cesca.  La  «  Cosa  in  sé  n.  I.  La  dottrina  di  Emanuele  Kant  sulla  «  Cosa  in  sé  ».  — 
Lourie.  Studi  di  psicologia,  I  fatti  e  le  teorie  dell'inibizione.  II.  Le  teorie. 

^Bivista  italiana  di  filosofia.  Anno  III,  yol.  I,  marzo-aprile.  1888.  Boma. 

Ferri.  La  filosofia  politica  in  Montesquieu  ed  Aristotele.  —  Mariano.  D  processo  sto- 
rico della  Chiesa.  —  Segrè.  La  statistica  e  il  libero  arbitrio  in  rapporto  alla  nuova  scuola 
di  diritto  penale. 

^Bivista  marittima.  Anno  XXI,  2,  febb.  1888.  Boma. 

Raineri.  Il  canale  di  Corinto.  —  Maldini.  I  bilanci  della  marina  dltalia.  —  Studio 
sull'ufficio  e  l'organizzazione  delle  batterie  da  costa.  —  Beresfold.  L'ufficio  navale  di  infor- 
mazioni in  Inghilterra.  —  De  Haig.  Il  cannone  pneumatico  a  dinamite. 

^Bivista  mensile  del  Club  alpino  italiano.  Voi.  VII,  2, 3.  Torino,  1888. 

Brentari.  I  colli  euganei.  —  Bellucci.  L'Osservatorio-rifugio  del  monte  Vettore.  — 
Bonacossa.  Pizzo  Rodes  e  prima  ascensione  al  pizzo  Biolco.  —  Budden.  L'utilità  pratica 
dei  ricoveri  alpini. 

+Bivista  scientifico-industriale.  Anno  XX,  4-6.  Firenze,  1888. 

4.  Canestrini.  Esperienze  sopra  alcuni  effetti  prodotti  dalle  scintille  d'induzione.  — 
Determinazione  colorimetrica  dello  solfo  nel  ferro.  —  Poli.  La  peronospora  dei  grappoli.  — 
5.  Martinetti.  Studi  sulla  termogenesi  magnetica.  —  Faè.  Rivista  di  alcune  ricerche  intorno 
all'influenza  della  luce  sui  conduttori  elettrizzati.  —  Finocchi.  Sul  fenomeno  di  Leiden- 
forst.  —  6.  Influenza  del  magnetismo  sulla  resistenza  elettrica  dei  conduttori  solidi.  — 
Fritsck.  Produzione  industriale  del  nitrato  di  etile.  —  Poli.  Microscopio  da  acquario  del 
prof.  E.  Schulze. 

^Sessioni  dell'Accademia  pontificia  dei  nuovi  Lincei.  Anno  XLI,  sess.  1-4. 
1887-88.  Boma. 


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—  XCI  — 

^Spallanzani  (Lo).  Anno  XVII,  ser.  2%  1-2.  Boma. 

Ciaccio.  Del  sangue.  —  Paladino,  Principali  fenomeni  della  vita  delle  ovaja  nei  mam- 
miferi. —  Postempsky,  Frattura  della  colonna  vertebrale.  Fratture  delle  ossa  del  bacino. 
Rottura  delPuretra.  Contusioni  delle  partì  molli  e  trattamento  dei  versamenti  sanguigni 
per  contusione.  Contusioni  degli  organi  cavitari.  —  iannuizi.  Emissione  di  cisti  di  echi- 
nococco. 
^Statistica  del  commercio  speciale  d'importazione  e  di  esportazione  dal  1®  gen. 

al  29  feb.  1888.  Boma. 
^Telegrafista  (II).  Anno  Vili,  1.  Roma,  1888. 

Hoppe  e  Finto,  Per  la  storia  della  legge  delle  tensioni  di  Volta.  —  Bracchi,  Elet- 
trometrìa ad  uso  degli  impiegati  telegrafici. 

Pubblicasioni  estere^ 

•Abhandlungen  der  k.  geologischen  Beichsanstalt.  Bd.  XI,  2.  Wien,  1887. 

Stur,  Die  Carbon-Flora  der  Schat^larer  Schichten. 
^AbhandluDgen  herausg.  von  der  Senckenbergiachen  Natnrforschenden  Gesell- 
schaft.  Bd.  XV,  1.  Frankfurt  a.  M.  1887. 
Geiler  und  Kinkelin,  Oberpliocàn-Flora  aus  den  BaugrUben  des  El&rbeckens  bei  Nie- 
derrad  un  der  Schleuse  bei  HOchst  a.  M.  —  Mdschler,  Beitràge  zur  Schmetterlings-Fauna 
der  Goldktlste.  —  Noli.  Experimentelle  Untersuchungeu  ueber   das  Wachstum  der  Zell- 
membran. 

*Abstracts^f  the  Proceeding?  of  the  Chemical  Society.  N.  49,  50.  London,  1888. 
^Acta  historica  res  gestas  Poloniae  illnstrantia.  T.  IX,  X,  XI.  W  Erakowie, 
1886-87. 

IX.  Cardìnalis  Hosii  epistolae.  1551-1558.  —  X.  Lauda  conventuum  particularìum  terrae 
Dobrinensis.  —  XI.  A  età  Stephani  regis  1576-1582. 
•  Acta  Universitatis  Inndensis.  T.  XXIII,  1886-87.  Lmid. 

Philos.-Sprakvet.  ocH  HisTORi.  Paulson,  studia  Hesiodea,  I.  —  IVulf,  Poèmes  iné- 
dites  de  Juan  de  la  Cueva.  —  Thyrén.  Verldsfreden  under  Napoleon.  —  Mathem.  och 
Naturv.  Rosén,  Solution  d'un  problème  d'électrostatique.  —  Agardh.  Till  Algemas  Syste- 
matik  (Femte  Afdelningen).  —  Batts-och  Statsv.  Ask,  Om  formaliteter  vid  kontrakt  enlìgt 
romersk  och  svensk  fOrmOgenhetsràtt. 

*Analele  Academiei  Eomane.  Ser.  2,  t.  Vili,  sect.  2;  t.  XI.  Part.  adm.  Mem. 

sect.  ist.  Mem.  sect.  sciint.  Bucuresci,  1888. 

Mem.  sect.  ist.  Vm,  2.  Ghica.  Amintiri  despre  Grigorie  Alexandrescu  —  Baritiu. 
Apulum,  Alba-Julia,  Belgradu  in  Transilvania.  ~  Melchisedech.  Schite  din  vièta  Mitropo- 
litului  Ungro-Vlachiei  Filoret  Il-lea,  1792,  si  ale  altoru  persóne  bisericesci  cu  cari  elu 
a  fostu  in  relatiuni  de  aprópe.  ~  Papadol-Calimachu.  Notita  isterica  despre  orasulu  Boto- 
sani.  —  Tocilescu.  Raporturi  asupra  càtoru-va  manastiri,  schituri  si  biserici  din  téra,  pre- 
sentate Ministeriului  Culteloru,  si  alu  invetamintului  publicu.  —  Sturdza,  Dare  de  Sèma 
despre  colectiunea  de  documente  istorice  romàne  aflate  la  Wiesbaden.  —  Id,  L  Scrisore 
autografa  de  la  Michaiu-Vitèzulu.  II.  Stegulu  lui  Serbanu-Yoda  Cantacuzino,  III.  Nóue  desco- 
periri  numismatico  romànesci.  —  IX.  Mem.  sect.  i^tor,  Sturdza.'Dece  Maiu,  Memoriu.— 
Marianu.  Biserica  din  Parhauti  in  Bucovina.  —  Urechia,  Sèma  visteriei  Moldovei  din  1818  — 
Id.  0  statistica  a  Terei  Bom&nesci,  din  1820.  —  Id.  Inscriptiuni  dupe  manuscrise.  Comu- 
nicari  si  note.  —  Papadol-Calimachu,  Generalulu   Pavelu  Kisseleff  in  Moldova  si   Tera 


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—  xcu  — 

Romanésca,  1829-1834,  dapè  docnmente  rusesci.  —  Urechia,  Notile  despre  slobozii  — 
M£M.  SECT.  sciiNT.  Cabalcsscu.  Despre  orìginea  si  modulu  de  zacere  ala  Petroliulni  in 
generala  si  particalam  in  Carpati.  —  Stefanescu.  A  treia  sesinne  a  Congresulni  Geologica 
intemationala  tinata  la  Berlin  in  1885.  —  Bacaloglo,  Aperatoriala  de  trasneta  (Pataton- 
nerre).  —  Felix.  Ala  Vl-lea  Congresa  intemationala  de  Igiena  si  demografie  si  exposi- 
tianea  de  igiena  si  demografie  din  Yiena  (Septembre-Octobre  1887). 
^Annalen  der  Chemie.  Bd.  CXLIII.  Leipzig,  1888. 

Dobriner.  Ueber  die  Siedepankte  and  specifischen  Volamina  der  Aether  normaler 
Fettalkohole.  ~  Id,  Ueber  die  specifischen  Volamina  der  normalen  Alkyljodide.  —  Pinette. 
Siedepantke  and  specifische  Volamina  einiger  Phenole  and  Phenolàther.  —  Lo$sen,  Bemer- 
kangen  za  den  voraasgehenden  Abhandlangen.  —  Gotting.  Beitrage  zar  Kenntniss  der  Con- 
stitation  des  Nitroàthans.  —  Hesse.  Beitr&ge  zar  Kenntniss  der  Chinaalkalolde.  —  Wisli' 
cenus.  Neae  Reactionen  des  Dichlor&thers.  —  Klinger  and  Maassen.  Ueber  einige  Salfin- 
verbindungen  and  die  Valenzen  des  Schwefels  ;  erste  Abhandlang.  —  Wallach  and  Heuiler. 
Ueber. organische  Flaorverbindangen.  —  Laubmann.  Ueber  die  Verbindungen  des  Phenyl- 
hydrazins  mit  einigen  Eetonalkoholen.  —  ffasselbach.  Ueber  Hydrodiphtallactons&are  and 
Hydrodiphtalyl.  —  Jkuta,  Ueber  j5-Nitrosodiphenylamin.  —  Wacker,  Zar  Kenntniss  aroma- 
tischer  Nitrosobasen.  —  Kock.  Ueber  einige  aromatische  Nitrosobasen.  —  ìVekmer  and 
Tollens.  Ueber  die  Bildang  von  Lavalinsàare,  eine  Eeaction  aller  wahren  Eohlenhydrate.  — 
Id,  id.  Ueber  das  Verhalten  des  Methylenitans  (der  sog.  Formose  von  Loew)  beim  Erhilzen 
mit  S&aren.  —  Einhorn  und  Lauch.  Ueber  das  Verhalten  des  Chinolins  and  seiner  Deri- 
vate gegen  anterchlorige  S&are.  —  Id.  and  Orabfield.  Zar  Kenntniss  der  Paramethoxyphe- 
nylacryls&are. 

^  Aimalen  der  Physik  und  Chemie.  N.  F.  Bd.  XXXIII,  4.  Beiblàtter  XII,  2, 3. 

Leipzig,  1888. 

Stenger.  Ueber  die  Gesetzm&ssigkeite  im  Absorptionsspectram  eines  KOrpers.  ~ 
V.  Oettingen  a.  v.  Gernet.  Ueber  Knallgasexplosion,  —  Lecker.  Ueber  eleciromotorische 
Gegenkràfte  in  galvanischen  Lichterscheinangen.  —  Arrhenius.  Ueber  das  LeitangsvermO- 
gen  beleuchteter  Laft.  —  Rontgen  a.  Schneider.  Ueber  die  Compressibilitat  des  Wassers.  — 
Meyer  zar  Capellen.  Mathematische  Theorie  der  transversalen  Schwingangen  eines  Stabes 
von  veranderlichem  Qaerschnitt.  —  Kohlrawtch.  Das  WarmeleitungsvermOgen  harten  and 
weichen  Stahles.  —  Natamon.  Ueber  die  kinetische  Theorie  unvollkommener  Gase.  —  Narr. 
Zar  Verhalten  der  Electricitat  in  Gasen.  —  Gockel.  Bemerkangen  za  einem  Aafsatze  des 
Hrn.  P.  Dahem,  die  Peltier'sche  Wirkang  in  einer  galvanischen  Kette  betreifend. 

^  Annalen  des  k.  k.  naturhistorhischen  Hofmuseums.  Bd.  Ili,  1.  Wien,  1888. 
Weithofer.  Ueber  einen  neaen  Dicynodonten  (Dicynodon  simocephalas)  aas 
der  Karrooformation  Stldafrikas.  —  Id.  Ueber  ein  Vorkommen  von  Eselsresten  in  der  Hohle 
wPytina  jama«  bei  Gabrowitza  nachst  Prosecco  im  Ktistenlande.  —  von  Marenzeller.  Ueber 
einige  japanische  Tarbinoliiden.  —  Kriechbaumer.  Neae  Ichneumoniden  des  Wiener  Mu- 
seams.  —  von  Pelzeln  and  von  Lorenz.  Typen  der  omithologischen  Sammlung  des.  k.  k. 
natarhistorischen  Hofmaseams.  —  von  Washington.  Ueber  ein  Vorkommen  des  Peleca- 
nas  sharpeì  da  Bocage  in  Oesterreich-Ungam  nebst  einigen  allgemeinen  Bemerkangen 
tiber  dieso  Art.  —  von  Beck.  Zar  Kenntniss  der  Torf  bewohnenden  Fohren  Nieder- 
Osterreichs.  —  Berwerth.  Dritter  Nephritfand  in  Steiermark. 
^Annalen  des  physikalischen  Central-Observatoriums.  Jhg.  1886,  Th.  II.  S.  Pe- 

tersburg,  1887. 
^^Annalen  (Mathematische).  Bd.  XXXI,  2.  Leipzig,  1888. 

Dingeldey.  Die  Concomitanten  der  temaren  cabischen  Formen,  insbesondere  der  Form 


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—  xeni  — 

XxXt*  —  4a?t*+^t  iPi"iPt+^8a?i*.  —  Id.  Ueber  die  Transformatìon  der  Gleichnng  der  ebenen 
Curve  dritter  Ordnang  mit  Doppelpunkt  auf  die  Normalfonn.  —  Schlesinger.  Ueber  die 
Verwerthung  der  5-Pniictionen  flir  die  Curven  dritter  Ordnang  nebst  einer  Anwendong  auf 
die  su  einer  Curve  dritter  Ordnung  apolaren  Curven.  —  Koenigsòerger.  Ueber  algebrai- 
sche  Beziehungen  zwischen  Integralen  linearer  Differentialgleicbungen.  —  Frtcke.  Ueber 
ausgezeichnete  Untergruppen  in  der  Gruppe  der  elliptischen  Modulfunctionen.  —  Zeuthen. 
Sur  la  détermination  d'une  courbe  algébrique  par  des  points  donnea.  —  Killing,  Die  Zu- 
sammensetzung  der  stetigen  endlichen  Transformationsgruppen.  —  Kupper.  Ueber  die  auf 

einer  Curve  m*^''  Ordnung  C^  vom  Geschlecht  p  von  den  oo*  Geraden  Q  der  Ebene  aus- 

p 
geschnittene  lineare  Schaar  ^^■>.  —  Koenigsberger.  Ueber  die  Emiedrigung  der  Ordnung 

m 

algebraischer  Differentialgleicbungen  mit  Hùlfe  bekannter  Integrale. 

^Annales  des  mines.  8®  sér.  t.XII,  5.  Paris,  1887. 

Marie.  Les  régulateurs  de  yitesse.  —  Ricour.  Notice  sur  la  répartition  du  trafic  des 
chemins  de  fer  fran^ais  et  sur  les  prix  de  revient  des  transports.  —  Noblemaire.  Le  prix 
de  revient  sur  les  chemins  de  fer  et  la  répartition  du  trafic.  —  Babu,  Note  sur  le  Ram- 
melsberg  (Bas-Harz).  —  Id.  Note  sur  Tétude  géométrique  des  croisements  de  filons. 

+AimaleB  des  ponts  et  chaussées.  1888  janvier-février  et  personnel.  Paris. 

Janv.  Noblemaire,  Notice  biographique  sur  M.  Alexandre  Surell.  —  Colson,  L'orga- 
nisation  financière  des  ports  maritimes  de  commerce  en  Angleterre.  —  Fevr.  Alayer.  Note 
sur  les  égouts  des  yilles.  —  Durand-Clave,  Examen  des  systèmes  Waring  et  Shone  pour 
Tévacuation  des  eaux  d'égout.  —  Laurent  Note  sur  le  nettoyage  des  ouvrages  d'art  au 
moyen  des  procédés  chimiques  brevetés  de  M.  Liebhaber.  —  Chicoineau.  Note  sur  les  ap- 
paraux  employés  au  rejointoiement  du  viaduc  de  Dinan. 

+Annales  (Nourelles)  de  mathématiques.  3^  sér.  1888  févT.   Paris. 

Cesaro.  Sur  la  convergence  des  séries.  ~  Laurent.  Sur  la  théorie  de  Télimination.  — 
Pomey.  Sur  le  plus  grand  commun  diviseur  de  deux  polyn6mes  entiers.  —  Hoffmann.  Sur 
Texistence  de  trois  racines  réelles  de  Tdquation  qui  détermine  les  axes  prìncipaux  d'un 
cdne.  —  Worontzoff,  Sur  un  théorème  de  M.  Weill.  —  Cesaro,  Sur  les  cercles  inscrits  à 
un  triangle. 

+Amiales  scientifiques  de  TÉcole  normale  supérioure.  3*  sér.  t.  V,  3.  Mars 

1888.  Paris. 

Combescure.  Sur  le  déplacement  tangentiel  de  deux  surfaces  rigides.  —  Darboux.  Sur 
la  représentation  spbérique  des  surfaces.  —  Duhem,  Sur  la  pression  (^lectrique  et  les  phé- 
nomènes  électrocapillaires. 

+Annnaire  de  la  Société  des  iogénieurs  civils.  1888.  Paris. 

^Annuaire  de  la  Société  météorologique  de  Franco.  1887  oct.-nov.  Paris. 

Poincaré,  Déplacements  du  champ  des  alizés  boréaux  dans  Tannée  météorologique 
1883.  Note  complémentaire  sur  Tinfluence  de  Tamplitude  de  Toscillation  de  la  lune  en  dé- 
clinaison.  —  Ouilbert.  Étude  sur  les  dépressions  secondaires  du  golfe  de  Génes  et  obser- 
vations  relatives  à  leur  prévision.  —  Renou.  Résumé  des  observations  météorologiques  faites 
au  Parc-de-Saint-MaDr,  en  juillet  et  aoùt  1887. 

^Anzeiger  (Zoologischer).  Jhg.  XI,  n.  273-275.  Leipzig,  1888. 

273.  Mitsukuri.  The  Ectoblastic  Origin  of  the  Wolffian  Duct  in  Chelonia.  — 
Meinert.  Ein  bischen  Protest.  —  Fritsch,  Ueber  die  Brustflosse  von  Xenacanthus  De- 
che ni  Godf.  ~  V,  Fischer.  Ein  EOmerfressendes  Reptil.  —  Sarasin.  Die  L&ngsmuskeln 


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—   XCIV  — 

and  die  Stewart'sehen  Organe  dei  Echinothoriden»  —  Richard.  Note  sur  Moina  bathy- 
cola  (Vernet).  —  274.  Horst.  Canningham  on  «the  cardiac  body«.  —  v.  Perényi,  Bnt- 
wicklnng  des  Amnion,  Wolff 'schen  Ganges  and  der  Allantois  bei  den  Reptilien.  —  Repiar 
choff.  Noch  eine  an  Nebalien  lebende  Torbellarie.  —  275.  Goette.  Ueber  die  Eetwìcklnng 
von  Petromyzon  fluviatilis.  —  Cholodkotcsky.  Ueber  die  Bildong  des  Entoderms 
bei  Blatta  germanica.  —  Imhof,  Faona  der  Snsswasserbecken. 
^Archaeologìa  or  Miscellaneous  tracts  relating  to  Antìquity,  pubi,  by  ihe  So- 
ciety of  antiquaries  of  London.  Yol.  L,  2.  London,  1887. 
Kirby,  The  Alien  Priory  of  St.  Andrew,  Hamble  and  ite  transfer  to  Winchester  Col- 
lege in  1391.  —  Hilton  Pricce.  Further  Notes  upon  Excavations  at  Silchester.—  Cheales. 
On  the  Murai  Paintings  in  AH  Saints  Church,  Friskney,  Lincolnshire.  —  Browne.  On 
Basket-work  Figares  of  Men  represented  on  Scolptared  Stones.  —  Church.  Beginald  bishop 
of  Bath  (1174-1191)  ;  bis  episcopate,  and  bis  share  in  the  building  of  the  church  of  Wells.  — 
Atkinsan.  Notes  on  an  Ancient  Boat  found  at  Brigg.  —  Peacock.  Notes  from  the  Records  of 
the  Manor  of  Bottesford,  Lincolnshire.  —  Thomas.  On  excavations  in  an  Anglo-Saxon  ce- 
metery  at  Sleaford,  in  Lincolnshire.  —  Freshfield.  On  certain  churches  on  the  eastem  coast 
of  Italy.  —  Gomme.  The  History  of  Malmesbury  as  a  Village  Community.  —  Sparrowe 
Simpson.  Two  Inventories  of  the  cathedral  church  of  St.  Paul,  London,  dated  respectively 
1245  and  1402  ;  now,  for  the  first  time,  printed,  with  an  Litroduction. 
^Beitràge  zur  vaterlSudischen  Geschichte.  N.  F.  Bd.  II,  4.  Basai,  1888. 

Burckhardt.  Christian  Wurstisen.  —  Wachemagel.  Beschreibung  des  Basler  Mansters 
und  seiner  Umgebung  von  Christian  Wurstisen.  —  Burckhardt.  Worte  der  Erinnerung  an 
Pfarrer  Emanuel  LaRoche. 

+Berichte  der  deutschen   Chemischen   GeseUschaft.    Jhg.    XXI,  4,  5.   Ber- 
lin, 1888. 

4.  Erdmann.  Notiz  flber  Eetonapthol  (Aceto-a-napthol).  —  Id.  Ueber  /S-Naphtylamin-c^ 
sulfos&ure  und  /9-Naphtylaminsulfos&ure  F.  —  Limpach.  Ueber  Gesetzm&ssigkeiten  bei  der 
Substitution  aromatischer  Amine.  —  Id.  Ueber  die  Eernmethylirung  von  symmetrischem 
Metaxylidin.  —  Sievers.  Ueber  krystallisirte  Halogenquecksilbersalze.  —  Otto.  Ueber  den 
Vorgang  bei  der  Bildung  von  Monosulfonen  aus  deren  Monohalogensubstìtuten  und  snlfin- 
sauren  Salzen  sowie  Alkoholaten.  — ■  Id.  Zur  Eenntniss  des  Methylenchlorphenylsulfons.  — 
Schneider.  Ueber  Amine  dreibasischer  organischer  S&uren  der  Fettreihe.  —  Ciamician 
und  Magnanini.  Ueber  Indolcarbonsauren.  —  Fischer  und  Hepp.  Ueber  Dibromnitroso- 
phenol.  —  Id.  id.  Ueber  Azophenin  und  Chinonanilide.  II.  —  Id.  id.  Paranitrosoanilin.  — 
Grùnewald  und  Meyer.  Untersuchungen  liber  die  Dampfdichte  des  Eisenchlorids  bei  ver- 
schiedenen  Temperaturen.  —  Auwers.  Ueber  die  Anwendbarkeit  der  Raoult'schen  Me- 
thode  der  Moleculargewichts-Bestimmung  in  chemischen  Laboratorien.  —  Witt.  Ueber  Eu- 
rhodine  und  Saflfranine.  —  Id.  Ueber  Naphtalinderivate.  —  Mehne.  Ueber  Nitrosotolni- 
dine.  —  Freer  und  Perkin  (jun.).  Synthese  von  Hexamethylenderivaten.  —  Id.  id.  Zur 
Eenntniss  des  Heptamethylenringes.  -  Coiman  und  Perkin  (jun.).  Ueber  Pentamethylen- 
derivate.  —  Bernthsen.  Zur  Beziehung  zwischen  Hydraziden  und  Azoverbindungen.  — 
Gerber.  Ueber  Derivate  des  Orthotolidins.  —  Gattermann.  Zur  Kenntniss  des  Chlorstick- 
stoffs.  —  Ladenburg  und  Abel.  Ueber  das  Aethylenimin  (Spennin  ?).  —  Beckmann.  Zar 
Eenntniss  der  Isonitrosoverbindungen.  V.  —  Knorre  v.  und  Oppelt.  Ueber  pyrophosphorsaure 
Salze.  —  5.  Ziegler.  Ueber  eine  neue  Synthese  des  Tetraphenylàthylens.  —  Boessnech. 
Ueber  die  Condensatìon  von  Chloralhydrat  mit  secundàren  aromatischen  Aminen.  —  Auwers 
und  Meyer.  Untersuchungen  (iber  die  zweite  van  t'Hoff'sche  Hypothese.  —  Baurath. 
Ueber  a-Stilbazol  («-Styrylpyridin)  und  scine  Reductionsproducte.  —  Ahrens.  Zur  Eennt- 
niss des  Spartelns.  —  Durkopf  und  Schlaugk.  Ueber  ein   Parvolin.  —  Bamberger  nnd 


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—  xcv  — 

Lodter,  Zar  Charakteristik  partiell  hydrirter  aromatìscher  Sabstanzen.  —  Id,  und  Afùller. 
Ueb«r  ^Tetrahydropbtylamin.  —  Holleman.  Einfaches  Verfahren  zur  Moleculargewichts- 
bestimxnang  nach  der  Ranolt'schen  Methode.  —  Ziegler.  Ueber  molecnlare  Umlagerangen 
in  der  Chinolinreihe.  —  Rathkte.  Ueber  Monophenylisocyannrs&ure  ;  liber  ein  viertes  Tri- 
phenylmelamìn  and  seine  Umwandlang  in  das  normale.  —  Id.  Ueber  Cyanarverbindangen 
des  Taorìns.  —  Schùn,  Yorkommen  der  Oels&are  and  nicht  der  Hypogftasftare  im  ErdnassOl.  — 
Kreiling.  Ueber  das  Vorkommen  von  Lignocerins&uren,  Ct*  H»8  Oi ,  neben  Àrachins&are, 
Cm  H  40  Oi ,  im  ErdnassOl.  —  Elbs.  Erwiderang.  ~  Kònig.  Ueber  Orthooxychinaldincarbon- 

8&are.  —  Krokn.  Ueber  Oxy-iS-isodorylsftnre ,  C«  H(CH,).  OHCOOH.  —  Fogh.  Ueber  das 
Dimethylanilea-Gbinonimid  und  dessen  Sulfons&ure.  —  deve.  Ueber  die  Einwirkang  von 
Chlor  aaf  «-and  ^Naphtol.  —  Hempel.  Ueber  die  Darstellung  des  wasserfreien  Cblorma- 
gnesiams.  —  Id.  Ueber  die  Darstellang  fester  Sttlcke  von  Salmiak  and  kohlensanren  Àm- 
moniak.  —  Id.  Ueber  die  Àbsorption  des  Kohlenoxydgases  durch  Kupferchlorflr.  —  Id. 
Ueber  die  Benatzang  des  Siemens^scben  Regenerativgasbrenners  zam  Eindampfen  von 
Fltlssigkeiten.  —  Id.  Ueber  die  cbemiscbe  Bindung  des  Kohlenstoffes  dnrch  Eisen  bei 
hohem  Dmck.  —  TòhL  Ueber  das  benacbbarte  Tetraraethylbenzol.  —  KoKler.  Ueber  m-Oxy- 
nitrosodiphenylarain.  —  Locher.  Ueber  die  Einwirkang  von  Blntlaagensalz  aaf  Diazoben- 
zol.  —  Ciamician  und  Silber.  Ueber  das  Apiol.  —  Kiliani.  Ueber  die  Eìnwirkpng  von 
Blans&ore  aaf  Galactose.  —  Fittig.  Ueber  das  Verbalten  der  anges&ttigten  S&aren  bei  vor- 
sichtiger  Oxydation.  —  Wunter.  Anwendung  des  Tetxamethylparaphenylendiamins  zar  quan- 
titativen  Scb&tzang  activen  Sanerstoffs.  —  Leicy.  Ueber  die  Basen  aus  Bromacetophenon 
and  S&areamiden.  —  Freund.  Znr  Eenntniss  des  Ferrocyanftthyls.  —  Id.  Znr  Ecnntniss 
des  Platincyan&tbyls.  —  HanUsch  und  Traumann.  Amidotbiazole  aas  Salfohamstoff  nnd 
balogenisirten  Ketonen  resp.  Aldehyden.  —  Hantzsch  and  Arapides.  Ueber  Metbylthiazol.  — 
Id.  Syntbese  von  Thiazolen  and  *Oxazolen.  —  Meyer  and  Riecke.  Einige  Bemerkangen 
tiber  das  Kolhenstoffatom  und  die  Valenz.  —  AnichtUz.  Ueber  die  Eininrkung  von  Pho- 
sphorpentachlorid  aaf  einige  Anils&uren  zweibasischer  Sfturen.  —  Id.  und  Reuter.  Ueber 
die  G  0 1 1 1  i  e  b-M  i  e  h  a  e  1  sche  Itaconanilsàure.  —  Reissert.  Bemerkung.  —  Wagner,  Ueber 
das  Titanchlorid  und  die  Titans&ure.  —  Evers.  Ueber  die  aus  Dinaphtylsulfobamstoff  durch 
Addition  von  Alkylhalolden  entstehenden  Basen  und  deren  Umsetzungsproducte.  —  Griets. 
Neuere  Untersuchungen  tiber  Diazoverbindungen. — Fischer.  Ueber  die  Hydrazone.-— /(i.  Ueber 
die  Verbindungen  des  Phenylhydrazins  mit  den  Zuckerarten.  III. —  Otto  R.  und  Otto  W. 
Wcitere  Beitr&ge  zur  Eenntniss  der  Analogien  zwischen  alkylsulfonirten  Fetts&uren  und 
Ketonsàuren.  —  Behrend  und  Roosen,  Ueber  synth^tische  Versuche  in  der  Hamsfturereihe. 

^Bericht  des  naturwissenschaftlichen-medizinischen  Yereines  in  Innsbruck.  Jhg. 
XVI  (1886-87).  Innsbruck,   1887. 

NicoladonL  Bericht  der  chirurgiscben  Elinik  in  Innsbruck  far  die  Zeit  von  1  Oct. 
1884  bis  31  Dez.  1885. 

^Bericht  (26,  27  n.  28)  ueber  die  Th&tigkeit  des   Offenbacher  Yereins  fùr 
Naturkunde.  Oifenbach,  1888. 

Bóttger.  Materialien  zur  herpetologischen  Fauna  von  China.  II.  —  Id.  Emeunte  Auf- 
z&hlung  der  Reptilien  und  Batrachier  des  chinesischen  Reiches.  —  Volger.  Die  Bedeutung 
der  Pfleges  der  Naturkunde  fQr  das  Gemeinwohl. 

♦Beilchte  ueber  die  Verhandlungen  der  k.  Sach.  Gesellschaft  der  Wissenschaft. 

Math,-phy8.  CI.  1887,  MI;  Philol-hist.  CI.  1887,  IV-V.  Leipzig,  1888. 

Mat.-Phys.Cl.  Bruni,  Ueber  die  Integrale  des  VielkOrper-Problems.  I.  Mittheilung.  — 
Dyck.  Beitr&ge  zur  Analysis  situs.  m.  Mittheilung.  —  Schldmilch,  Ueber  eine  Entwicke- 
lung  des  Logarìthmus.  —  Bruns.  Ueber  die  Integrale  des  YielkOrper-Problems.  II.  Mitthei- 


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—  XCVI  — 

lung.  —  Lie.  Die  Bagriffe  Grappe  und  Invariante.  —  Engel,  Eleinere  Beitr&ge  zur  Grup- 
pentheorìe.  —  Thomae.  Bemerkang  uber  Thetafunktionen  vom  Geschlecht  3.  —  Hilbert. 
Ueber  die  Bflschel  von  binaren  Formen  mit  der  n^mlichen  FnnktionaldeterminaDte.  — 
Meyer,  Ueber  ein  Bewegungsproblem.  —  Walther.  Die  Entstehung.  von  KantengerOllen  in 
der  Galalawttste.  —  Study.  Ueber  den  Begriff  der  Invariante  algebraiscber  Formen.  — 
Neumann,  GrandzQge  der  analjtischen  Mechanik,  ìnsbesondere  der  Mecbonik  starrer  EOr- 
per.  —  Hamack.  Ueber  die  Darstellnng  einer  willktirlicben  Fanction  darch  die  Fourier- 
Beaselschen  Functionen.  —  Philol.-hist.  Cl.  Zamcke.  Znm  Ànnoliede.  —  Id.  Christian 
R-euter  als  Passionsdichter.  —  Wachsmuth.  Neue  Beitràge  zur  Topographie  von  Athen.  — 
Fleischer.  Eine  Stimme  ans  dem  Morgenlande  tlber  Dozy's  Sapplément  aux  dictionnaires 
arabes.  —  v.  d.  Gabelents.  Ueber  das  taoistische  Werk  Wén-tsl*. 
+Bibliothèque  de  TÉcole  des  hautes  études.  Fase.  74,  L.  Paris,  1887. 

de  Nolhac.  La  Bibliothèque  de  Fulvio  Orsini. 
^Boletin  de  la  real  Academìa  de  la  Historia.  Tomo  XII,  2,  3.  Madrid,  1888. 

2.  Beer.  La  ler  romana  Visigothorum  y  la  Biblia  itàlica  en  un  còdice  palimpsesto  de 
la"  catedral  de  Ledn.  —  de  la  -Fitente.  Supuesto  parto  de  una  supuesta  reina.  —  Danvila, 
Origen,  naturaleza  y  extensiòn  de  los  derechos  de  la  Mesa  Maestral  de  la  Orden  de  Cala- 
trava.  --  Fita.  Tres  bulas  inéditas  de  Alejandro  III,  referentes  à  la  historia  de  Espana.  — 
3.  Duro,  Centenario  tercero  de  D.  Alvaro  de  Bazàn.  —  Fita,  El  rey  D.  Fernando  II  de 
Aragòn  en  la  historia  parlamentaria  de  Cataluna.  —  Riu  y  Cabanas.  Piezas  inéditas  del 
Concilio  provincial  mejicano  IV,  celebrado  en  1771.  —  de  Dios  de  la  Rada  y  Delgado. 
Una  viria  ó  torques,  extremena.  —  Ferndndez  y  Gonzdlei.  Sobre  la  adición  de  una  k, 
delante  de  vocal  que  se  observa  en  el  tezto  palimpsesto  del  Breviario  deAniano, 
descubierto  por  el  Sr.  Beer  en  la  biblioteca  del  Cabildo-catedral  de  Leon.  —  Duro.  Una 
escuadra  de  galeras  de  Castilla,  del  siglo  XIV.  * 

»Boletin  de  la  Sociedad  geogràfica  de  Madrid.  T.  XXIII,  Madrid,  1887. 

Minguez,  Los  Celtas.  —  Montano,  Excursión  al  interior  y  por  el  Oriente  de  Min- 
danao.  —  Ferndndez  Duro,  El  valle  de  Aràn.  —  de  Cueva$,  Larache.  —  de  Foucauld, 
Itinerarios  en  Marruecos.  —  El  Sahara  occidental.  —  Los  franceses  en  TimVuctó.  — 
VA  vapor  francés  en  Timbuctii.  —  Ferrocarril  de  Riga  al  Pacifico  à  través  de  Rusia  y 
Siberia.  —  Carta  catalana  del  1339,  por  Dulceri.  —  Ferreiro.  Memoria  acerca  de  los  pro- 
gresos  geogràficos.  —  Canga-Argùelles.  La  isla  de  la  Paragua.  —  Trabajos  cientfficos  y 
geogràficos  en  Bolivia.  —  Aguilar,  La  Repùblica  de  Liberia.  —  Sdnchez  de  Toca,  El 
canal  de  Panama  en  1886. 
+Bulletin  de  TAcadémie  r.  des  scìences,  des  lettres  et  des  beaui-arts  de  Bel- 

gique.  3«  sér.  t.  XIV,  12;  XV,  1.  Bruxelles,  1887-88. 

XIV,  12.  Montigny.  Infiuence  des  bourrasques  sur  la  scintillation  des  étoiles.  — 
Spring,  Sur  la  vitesse  de  réaction  du  spath  disiando  avec  quelques  acides.  —  Spring  et 
Winssinger,  De  Taction  du  chlore  sur  les  combinaisons  sulfoniques  et  sur  les  oiysulfurea 
organique.  —  Winssinger,  Sur  quelque  dérivés  nouveaux  de  Talcool  heptilique  normal,  com- 
parés  a  leurs  homologues.  —  Malaise.  Sur  la  découverte  de  poissons  devoniens  dans  le  bord 
nord  du  bassin  de  Namur.  —  Renard  et  Klément,  Sur  la  nature  minerale  des  silex  de  la  craie 
de  Nouvelles,  contribution  à  Tétude  de  leur  formation.  —  Francotte.  Contribution  à  Tétude 
du  développement  de  Tépiphyse  et  du  troisième  ceil  chez  les  reptiles.  —  /orissen  et  Hairz. 
Sur  un  nouveau  glucoside  azoté  retiré  duLinum  usitatissimum.  —  Cogniaux,  Notìce 
sur  les  Mélastomacées  austro-américaines  de  M.  Ed.  André.  —  XV,  1.  Van  Beneden.  De  la  fixa- 
tion  du  blastocyste  à  la  muqueuse  uterine  chez  le  Murin  (Vespertilio  murinus).  — 
Plateau.  Recherches  expérimentales  sur  la  vision  chez  les  Arthropodes  :  a.  Vision  chez  les 
Chenilles  ;  b,  ROle  des  ocelles  frontaux  chez  les  Insectes  parfaits.  —  Van  Bambeke,  Remarques 


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—  xcvu  — 

surla  reproduction  de  la  Blennie  vivipare  (Zo arce s  viviparua  Cuy,).-^  Henry, Ètuàes 
sur  la  volatilitó  dans  les  composés  carbonés.  Composés  polj-oxygénés.  —  De  Heen.  Note  su 
le  travail  molécnlaire  des  liquides  organiqnes.  —  Id,  Détermination  des  varìations  de  la  cha- 
leur  spéclfiqiie  des  liquides  avec  la  temperature.  —  Damry.  Sur  la  détermination  de  la  forco 
du  vent  en  grandeur  et  en  direction.  —  Van  Aubel.  Étude  ezpérimentale  sur  Tinfluence 
du  magnétisme  et  de  la  temperature  sur  la  résistanoe  électrique  du  bismuth  et  de  ses  allia- 
ges  avec  le  plomb  et  .l'étain.  —  Sckoentjes.  Sur  quelques  expériences  relatives  à  la  t«nsion 
superficielle-  des  liquides. 

'^Balletìn  de  la  Société  entomologìqne  de  France.  1888  feuill   4,  5.  Paris. 
+Bulletin  de  la  Société  mathématique  de  France.  T.XVI,  1.  Paris,  1888. 

Kcenigs,  Le  lieu  des  póles  d'un  pian  fixe  par  rapport  aux  coniques  tracées  sur  une 
surface  de  Steiner  est  une  autre  surface  de  Steiner.  —  Issaly.  Nouveaui  principes  de  la 
théorie  des  congruences  de  droites. 
+Bulletin  des  sciences  mathématiques.  2®  sér.  t.  XII,  mars  1888.  Paris. 

Oilbert.  Sur  la  convergence  des  intégrales  a  limites  infinies. 
^Bulletin  of  the  Museum  of  Comparative  Zoòlogy  at  Harwal  College.  Voi.  XIII,  7. 
Cambridge,  1888. 

Fewkes.  On  Certain  medusae  fron  New  England. 
^Centralblatt  (Botanisches).  Bd.  XXXIII,  11-13;  XXXIV,  1.  Cassel,  1888. 

Dùnnenòerger.  Bacteriologischchemische  Untersucbung  ueber  die  beim  Aufgehen  des 
Brotteiges  wirkenden  Ursachen.  —  Brotherus.  Musei  novi  transcaspici. 
+Centralblatt  fur  Physiologie.  1888,  n.  25,  26*.  Wien,  1888. 

Alòertoni,  Hemmungs-Centren .  der  KrOte. 
^  Circulars  (Johns  Hopkins  University).  Voi.  VII,  63,  64.  Baltimore,  1888. 
+Compte  rendu  des  séances  de  la  Société  de  géographie.  1888,  n.  5,  6.  Pai-is. 
^Compte  rendu  des  séances  et  travaux  de  TAcadémie  des  sciences  morales 
et  poUtiques,  N.S.  T.  XXIX,  3,  4.  Paris,  1888. 

3.  Waddington.  Le  Parmenide  de  Platon.  —  Franck.  L'irréligion  de  Tavenir.  — 
Courcelle-Seneuil  et  Frànck.  Observations  à  la  suite.  —  Baudrillart.  Les  populations  agri- 
coles.  L'Ile-de-Prance.  —  Picot,  Quatrième  rapport  de  la  commissin  cbargée  de  la  publi- 
cation  des  Ordonnances  des  rois  de  France.  —  4.  Boutmy.  L'état  et  Tindividu  en  Angle- 
terre.  —  BeatMsire.  Questions  de  droit  des  gens. 

"^Comptes  rendns  hebdomadaires  des  séances  de  TAcadémie  des  sciences.  T.  CVI, 

n.  8-12.  Paris,  1888. 

8.  Bertrand.  Troisième  Note  sur  la  probabilité  du  tir  à  la  cible.  —  Sylvester.  Sur 
Timpossibilité  de  Texistence  d'un  nombre  parfait  impair  qui  ne  contient  pas  au  moins  cinq 
diviseurs  premiers  distincts.  —  de  Jonquières,  Construction  géométrique  de  la  surface  du 
troisième  ordre.  Réflexions  sur  la  generation  des  surfaces  algébriques  à  Taide  de  deux  fai- 
sceaux  projectifs.  —  Marion  et  Kowaleviky.  Sur  les  espèces  de  Proneomenia  des  cdtes 
de  Provence.  —  Rambaud  et  Sy.  Observations  de  la  nouvelle  planète  (272)  Cbarlois,  faites 
à  rObservatoire  d'Alger,  au  télescope  de  0"*,50.  —  Borrelly.  Observations  de  la  planète  (272), 
faites  à  TObservatoire  de  Marseille  (équatorial  d*£ichens,  ouverture  0™,268).  —  Peinlevé, 
Sur  les  équations  différentielles  linéaires  à  coefBcìents  algébriques.  —  Brillouin.  Défor- 
mations  permanentes  et  Thermodynamique.  — .  Oouy.  Sur  Tattraction  électrostatique  des 
électrodes,  dans  Teau  et  les  solutions  étendues.  —  Izam.  De  Temploi  des  tubes  de  Giessler 
pour  Tobservation  des  mouvements  vibratoires  en  general  et  de  la  veine  liquide  en  parti- 
culìer.  —  Godard.  Sur  les  coefficients  de  proportionnalité  en  chaleur  rayonnante.  —  Ifoissan, 

Bullbttino-Rendiconti.  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  13 


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—  XCVIII  — 

Préparation  et  proprìétés  d'an  biflnorfaydrate  et  d'un  trìfluorhydrate  de  flaornre  de  potas- 
siurn.  —  Milliau,  Réactìon  nouvelle  des  prodaits  de  saponìfication  de  limile  de  coton,  per- 
mettant  de  trouver  1  pour  100  de  cette  huile  dans  Thuile  d'olive.  —  Voiry  et  Bouchardai. 
Sur  Tessence  d'aspic.  —  Kunstler,  Sur  de  nouveaux  Vere  remarquables.  —  Pouchet.  Le 
regime  de  la  sardine  sur  la  còte  océanique  de  France  en  1887.  —  Rivière.  Sur  la  station 
quatemaire  de  la  Quina  (Charente).  —  Gojmard.  Sur  une  association  de  fluorine  et  de  babel- 
quartz  de  Villevieille,  près  de  Pontgibaud  (Puy-de-Ddme).  —  ffermiU.  Sur  la  méthode  pho- 
tochronoscopique.  ~  9.  Bertrand.  Sur  la  rigueur  d'une  démonstration  de  Gauss.  —  Fremy 
et  Verneuil.  Production  artificielle  des  cristaux  de  rubis  rhomboédriques.  —  Des  Cloizeaux. 
Sur  la  forme  que  présentent  les  cristaux  de  rubis  obtenus  par  M.  Fremy.  —  Berthelot. 
Sur  quelques  conditious  générales  de  la  fixation  de  Tazote  par  la  terre  vegetale.  —  Ran- 
vier.  Des  tissus  veineux  des  ganglions  sympatiques.  —  Chancel  et  Parmentier.  Sur  un 
procède'  de  dosage  du  chloroforme  et  sur  la  solubilité  de  ce  corps  dans  Teau.  —  Rivihre. 
L'epoque  néolitique  à  Champigny  (Seine).  —  Charlois.  Éléments  et  éph(?méride  de  la  pla- 
nate (272).  —  Gruey.  Sur  un  nouvel  oculaire  pour  les  observations  méridiennes.  —  Liicas. 
Détermination  éléctrique  des  lignes  isodynamiques  d'un  polynftme  quelconque.  —  Brillouin. 
Déformations  permanentes  et  Thennodynamique.  —  Berson.  Recherches  expérimentales  sur 
les  variations  de  l'aimantation  d'un  barreau  d'acier  par  le  choc.  —  Bouty.  Eitension  de 
la  loi  des  conductibilités  moléculaires.  Gas  de  l'acide  azotique  fumant.  —  Hallwachs.  Re- 
marque  sur  une  Note  de  MM.  Ledeboer  et  Maneuvrier.  —  Le  Chatellier.  Sur  les  lois  de 
l'équilibre  chiniique.  Réponse  à  M.  Duhem.  —  Vivier.  Sur  un  nouvel  hydrate  de  l'acide 
molybdique.  —  Louise  et  Roux.  Sur  la  densité  de  vapeur  de  l'aluminium-méthyle.  —  Fau- 
connier.  Action  de  l'aniline  sur  répichlorhydrine.  —  Amaud  et  Brongntart.  Sur  une 
cigale  vésicante  de  la  Chine  et  du  Tonkin.  —  Gréhant  el  Quinquaud.  Sur  la  respiration 
de  la  levure  de  grains  à  diverses  températures.  —  Weill.  De  l'acide  carbonique  applique 
au  traitement  de  certaines  formes  de  dyspnée.  —  Cornil  et  Chantemesse.  Sur  les  proprié- 
tés  biologiqijies  et  l'atténuation  du  virus  de  la  pneumo-entérite  des  porcs.  —  Pourquier, 
Un  parasite  du  cowpox.  —  Saini-Remy.  Recherches  sur  le  cerveau  de  l'Iule.  —  Joyeux- 
Laffuie.  Sur  le  Delagia  Cbastopteri,  type  d'une  nouveau  genre  de  Bryozoaires.  — 
Jourdain.  Sur  le  Mach  il  is  maritima  Latr.  —  Chevreux  et  de  Guerne.^va  un  Amphi- 
pode  nouveau  (Cyrtophium  chenolophilum),  commensal  de  Thalassochelys  ca- 
retta L.  —  Bartet  et  Vuillemin.  Recherches  sur  le  rouge  des  feuilles  du  Pin  sylvestre 
et  sur  le  traitement  à  lui  appliquer.  —  Lacroix.  Sur  la  bobierrite.  —  10.  Bertrand.  Sur 
l'indétermination  d'un  problème  résolu  par  Poisson.  —  Berthelot.  Sur  la  transformations, 
dans  le  sol,  des  azotates  en  composés  organiques  azotès.  —  Sylvester.  Sur  les  nombres 
parfaits.  —  Jacquemin.  Du  saccharomyces  ellipsoideus  et  de  ses  application  in- 
dustrielles  a  la  fabrication  d'un  vin  d'orge.  —  Lucas.  Résolution  imm<^diate  des  équations 
au  moyen  de  l'électricité.  —  Méray.  Sur  des  systèmes  d'équations  aux  dérivées  partielles, 
qui  sont  dépourvus  d'intégrales,  contrairement  à  tonte  prévision.  —  Darboux.  Remarques 
sur  la  Communication  précédente.  —  Bougaieff.  Sur  une  intégrale  numérique  suivant  les 
diviseurs.  —  Pellet.  Sur  les  surfaces  réglées,  applicables  sur  une  surface  de  revolution.  — 
Bouty.  Sur  la  conductibilité  électrique  de  l'acide  azotique  concentré.  —  Jungfleisch  et 
Léger.  Sur  la  cinchoniline.  —  Tanret.  Produits  d'oxydation  des  hydrazocamphènes.  — 
Bouchardat  et  Voiry.  Sur  le  terpinol,  reproduction  artificielle  de  l'eucalyptol  ou  terpane.  — 
de  Forcrand.  Sur  la  préparation  des  glycérinates  bibasiques.  —  Mairet  et  Combemale. 
Influence  degenerative  de  l'alcool  sur  la  descendance.  Recherches  expérimentales.  —  Fouque. 
Sur  le  développement  et  la  marche  de  la  pneumonie  contagieuse  des  porcs  dans  le  midi.  — 
Cuénot.  Sur  le  développement  des  globules  rouges  du  sang.  —  Gamault.  Sur  la  structure 
des  organes  génitaux,  l'ovogénèse  et  les  premiers  stades  de  la  fécondation  chez  l'Helix 
aspersa.  —  Lemoine.  Sur   le   cerveau  du  phylloxera.  —  Bernard.  Sur  le  manteau  des 


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—  XCIX  — 

Gastéropodes  prosobranches  et  les  organes  qui  en  dépendent.  —  Le  Mesh.  Sur  les  calcalres 
cretacee  à  foramìnifères  de  Tunisìe.  —  Vidal.  Sur  les  tourbilloDs  de  ponssière  observés  dans 
les  rnes  d'Àtbènes.  —  11.  Bertrand,  Sur  la  combinaison  des  mesures  d^une  inéme  grandeur.  — r 
Laswy  et  Puiseux,  Thóorie  nouTclle  de  Téquatorial  coudé  et  des  équatorìaux  en  general. 
Exposé  de  Tensemble  des  méthodes  permettant  de  rectifier  et  d'orienter  ces  instmments.  — 
Berthelot  et  André.  Sur  le  phosphore  et  Tacide  phosphoriqpe  dans  la  végétation.  ~  de.Laca-^ 
le-Duthiers.  La  classification  des  Gastéropodes,  basée  sur  les  dispositions  du  système  nei^ 
veux.  —  Qruey.  Application  de  Toculaire  nadiral  à  la  détermination  des  constantes  de  Tho- 
rizon  gyroscopique.  —  Jensen,  Sur  un  théorème  general  de  convergence.  —  (TOcagne.  Sur 
les  équations  algébriques  à  racines  toutes  réelles.  —  Fabry.  RéductibiUté  des  équations 
différentielles  linéaires.  —  Joubin.  Sur  la  mesure  des  champs  magnétiques  par  les  corps 
diamagnétiques.  —  Duhem.  Sur  Taiinantation  des  corps  diamagnétiques.  —  Paquelin,  Nou- 
vel  éolipyle.  —  Deslandres.  Détermination,  en  longueurs  d'onde,  de  deux  raies  rouges  du 
potassium.  —  Etard.  Sur  la  solubilité  décroissante  des  sulfates.  —  Gorgeu.  Action  du 
grillage  sur  plusieurs  oxydes  et  sels  de  manganése.  —  de  Forcrand,  Cbaleur  de  formation 
du  glycérinate  de  sonde  bibasique.  —  Tanret.  Produits  d'oxydation  des  hydrazocamphènes. 
Acide  térébenthique.  —  Hugo  de  Vries,  Détermination  du  poids  moléculaire  de  la  raffinose, 
par  la  méthode  plasmolytique.  —  Gautier  et  Drouin.  Recherches  sur  la  fiiatiou  de  Tazote 
par  le  sol  et  les  végétaux.  —  Mairet  et  Combemale.  Rechercbes  expérimentales  sur  Tin- 
toxication  chronique  par  Talcool.  —  Fumouze,  Sur  THuechys  sanguinea  (Cicada 
sanguinolenta  d'Olivier).  —  May  et.  Sur  les  éléments  figurés  du  sang  leucocythémique.  — 
Perrier,  Sur  la  coUection  d'étoiles  de  mer  recueillie  par  la  Commission  scientifiques  du 
cap  Hom.  —  Bemy  Perrier.  Sur  le  rein  des  Gastéropodes  prosobranches  monotocardes.  — 
Kumtler.  Foraminifère  nouveau.  —  Afangin.  Sur  la  perméabilité  de  Tépiderme  des  feuilles 
pour  les  gaz.  —  Villot.  Sur  le  classement  des  alluvions  anciennes  et  le  creusement  des 
vallées  du  bassin  du  Rhdne.  —  Dolio.  Iguanodontiae  et  Camptonotidae.—  Michel 
Lévy  et  Lacroix.  Béfringence  et  biréfringence  de  quelques  minéraux  des  roches.  —  Tho- 
raude.  Prétendue  pluìe  de  sang,  qui  serait  tombée  le  13  décembre  demier  en  Cochinchine.  — 
Blanchard.  Observations  relatives  aux  prétendues  pluiesde  sang.  —  12.  Faye.  Sur  certains 
poìnts  de  la  théorie  des  erreurs  accidentelles.  —  Bertrand.  Sur  la  yaleur  probable  des 
erreurs  les  plus  petites,  dans  une  sèrie  d'observations.  —  Tisserand.  Sur  un  point  de  la 
théorie  de  la  lune.  —  Loswy  et  Puiseux.  Théorie  nouvelle  de  Téquatorial  coudé.  Recher- 
che  des  termes  correctifs  dépendant  du  miroir  intérieur  et  de  Taxe  de  déclinaison.  — 
Berthelot  et  André.  Sur  Tabsorption  des  matières  salines  par  les  végétaux:  sulfate  de 
potasse.  —  Schlcesing.  Sur  les  relatìons  de  Tazote  atmosphérique  avec  la  terre  vegetale.  — 
Crova.  Sur  les  observations  actinométriques  faites  à  Montpellier  pendant  Tannée  1887.  — 
Tondini.  Sur  Tunification  du  calendrier.  —  Bassot.  Laméridienne  de  Laghouat.  —  Mannheim. 
Sur  certain  conoldes,  et  en  particulier  sur  le  conoide  de  Plllcker.  —  Bortniker.  Sur  la 
théorie  des  cyclides.  -r-  Bioche.  Sur  certaines  surfaces  réglées,  à  propos  d'une  Note  de 
M.  Pellet.  —  Jamet.  Sur  deux  systèmes  de  courbes  orthogonales.  —  Jensen.  Sur  une  gé- 
néralisation  d'un  théorème  de  Cauchy.  —  Duter.  Sur  le  passage  du  courant  électrique  à 
travers  le  soufre.  —  Ader.  Le  phono-signal,  pour  la  télégraphie  sous-marine.  —  Olivier. 
Sur  un  photomètre  inscripteur  et  régulateur:  le  radiographe.  —  Deslandres.  Spectxe  de 
bandes  nltra-violet  des  composés  hydrogénés  et  oxygénés  du  carbone.  —  Duhem.  Sur  les 
lois  de  l'équilibre  chimique.  Réponse  à  M.  H.  Le  Chàtelier.  —  de  Forar  and  et  Villard. 
Sur  l'hydrate  d'hydrogène  sulfuré.  —  Villiers.  Sur  un  nouvel  acide  oyxgéné  du  soufre.  — 
André.  Action  de  certains  oxydes  sur  les  chlorures  de  zinc  et  de  manganése  dissous.  — 
Renard.  Sur  le  ditérébenthyle.  —  (Echsner  de  Coninck.  Contribution  à  l'étude  des  pto- 
malnes.  —  Patein.  Composés  cyanogénés  des  sulfines.  —  Gautier  et  Drouin.  Recherches 
sur  la  fixation  de  l'azote  par  le  sol   et  les  végétaux.   —  Ferré.  Contribution  à  l'étude 


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séméiologìqne  et  pathogésiqiie  de  la  rage.  —  Charrin  et  Roger,  Sur  une  psendotabercn- 
lose  bacillaire.  —  Àfairet  et  Combemale.  Recherches  expérimentaleB  sur  Tintoneation 
chroniqtie  par  Talcool.  —  Houle,  Snr  la  stractnre  des  fibres  muscalaires  appvtenant  avz 
muscles  rétractears  des  valves  des  Hollusques  lamellìbranches.  —  Pouchet  et  Beauregard. 
Sur  la  présence  de  deux  Baleines  francbes  dans  les  eauz  d'Àlger.  —  Ledere  du  Sablon. 
Sur  la  formation  des  antbérozoldes  des  hépatiques.  —  Michel.  Sur  la  production  par  la 
Toie  sècbe  de  quelques  séléniates  crìstallìsés.  —  Gonnard.  Sur  les  macles  et  groupements 
régnliers  de  Torthose  du  porphyre  quartzifère  de  FouMa-Brouque,  près  d'Issoìre  (Puy-de- 
Ddme). 

+Jahrbuch  d.  k.  k.  geologischen  Reichsaostalt.  Jhg.  1887,  Bd.  XXXVII,  2. 

Wien. 

Waagen.  Die  carbone  Eiszeit.  —  Dòli,  Zwei  neue  Kriterien  ftir  die  Orientirung  der 
Meteoriten.  -—  Hofmann.  Ueber  einige  Sàugethierreste  aus  der  Braunkohle  von  Voitsberg 
und  Steieregg  bei  Wies,  Steiermark.  —  Schuster  und  v,  Foullon.  Optisches  Verhalten  und 
chemische  Zusammensetzung  des  Andesins  vto  Bodenmais.  —  Woldrich,  Diluviale  Funde 
in  den  Prachover  Felsen  bei  Jicin  in  Bobmen.  —  Sjògren.  Der  Ausbrucb  des  Scblamm- 
vulcans  Lok-Botan  am  Kaspischen  Meere  von  5.  Jànner  1887.  —  Haug,  Die  geologiscben 
Verhaltniss  der  Neocomablagerungen  der  Puezalpe  bei  Corvara  in  Stidtirol.  —  Bitfner,  Ueber 
Koninckiniden  des  alpinen  Lias.  —  Vacek,  Bemerkungen  flber  einige  Arten  der  Gattungen 
Karpoceras  und  Simoceras.  —  Id.  Einige  Bemerkungen  flber  den  hohlen  Kiel  der  Falci- 
feren.  —  Stelzner.  Ueber  die  Bohnerze  der  Villacher  Alpe.  —  Paul.  Beitr&ge  zur  Kenntniss 
des  schlesisch-galizischen  Karpalhenrandes.  —  Tietze.  Bemerkungen  tìber  cine  Quelle  bei 
Langenbruck  unweit  Franzensbad.  —  Weithofer.  Bemerkungen  flber  eine  fossile  Scalpellum- 
art  aus  dem  Schlier  von  Ottnang  und  Kremsmflnster,  sowie  Ober  Cirripidien  im  Allgemeinen. 
^  Jahrbuch  der  kòn.  Freuss.  geologischen  Landesanstalt  und  Bergakademie.  Jah. 

1880-1884,  1886.  Berlin. 

Lossen.  Ueber  Aufnabmen  auf  den  Messtischbl&ttern  Elbingerode,  Wernigerode  und 
Harzburg  im  nOrdlichen  Mittelharze.  —  Kock.  Ueber  Aufnabmen  auf  den  Sectionen  Wer- 
nigerode und  Elbingerode.  —  Koenen,  Ueber  Untersuchungen  in  dem  Gebiete  westlich  des 
Harzes.  -—  Bomemann  sen,  Ueber  Aufnabmen  auf  Section  Wutha.  —  Bomemann  jun. 
Ueber  Aufhabme  der  Section  FrOttstedt.  —  Beyschlag.  Ueber  Aufnabmen  auf  den  Bl&ttem 
Salzangen  und  Altmarscben.  —  Zimmermann,  Ueber  Aufnabmen  auf  Section  Crawinkel.  — 
Loretz,  Ueber  Aufnabmen  im  Bereicbe  der  Blatter  KOnigsee  und  Scbwarzburg.  —  Pro&- 
scholdt,  Ueber  Aufnabmen  und  Revisionen  der  Sectionen-Hildburgbausen,  Dingsleben,  The- 
mar  und  Schwarza.  —  Oebbeke,  Ueber  Aufnabme  der  Section  Neukirchen.  —  Grebe,  Ueber 
die  Aufnabmen  an  der  Mosel,  Saar  und  Nahe.  —  Scholze.  Ueber  Aufnabmen  in  den  Sectionen 
Brandenburg  a/H.  und  Piane  und  tiber  die  in  der  zweiten  H&lfte  des  Sommers  1887  erfolg- 
ten  Untersncbungen  im  Ostlichen  Rtlgen.  —  Gruner,  Ueber  Aufnabmen  und  den  Sectionen 
Parey  und  Werben.  —  Jentzsch.  Ueber  Aufnabmen  in  Westpreussen.  —  Klebs,  Ueber 
Aufhname  der  Section  Falkenau.  —  Schrdder.  Ueber  die  Aufnabme  der  Section  B<Sssel 
und  des  Ostlicben  Theiles  der  Section  Heilige  Linde.  —  Koenen.  Ueber  postglaciale  Dislo- 
kationen.—  Laufer,  Bemerkungen  flber  die  Fortsetzung  des  alten  Havellaufes  von  Scbwie- 
low-See  und  Caniner  Lucb  nach  Brandenburg.—  Branco,  Weissia  bavaricag.  n.  sp., 
ein  neuer  Stegocepbale  aus  dem  Unteren  Rothliegenden.  —  Bùcking.  G^birgsstOrungen 
sfldwestlicb  vom  Tbflringer  Wald.  —  Koch,  Die  Kersantite  des  Unterharzes.  —  Berendt, 
Zur  Geognosie  der  Altmark.  Unterscbiede  in  den  geognostiscben  Verhaltnissen  derselben 
gegenflber  denen  der  Mark  Brandenburg.  —  Bomemann.  Geologiscbe  Algenstudien.  — 
Keilhack.  Ueber  Deltabildungen  am  Nordrande  des  Fl&ming  und  flber  Geb&ngemoore  auf 
demselben.  —  Zimmermann.  Die   zonenweise   gesteigerte   Umwandlung  der  Gesteine  in 


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—  CI  — 

OsrtthUiiiigen.  —  Proescholdt  Die  Zechsteinformation  am  Sleinen  TbMnger  Wald  bei 
BischofsTod.  —  Id.  TJeber  cine  Dilavialablagerang  bei  Themar  im  Werrathal.  —  Dathe, 
Ueber  die  Gniessformation  am  Ostabfall  dea  Eulengebirges  zwischen  Langenbielan  und 
Oampersdorf.  —  Scholz.  Ueber  das  Quartór  im  sttdOstlicben  Rllgen.  —  Heilhack,  Ueber  alte 
Elblftufe  zwischen  Magdeburg  und  Havelberg.  —  WahnscKaffe.  Ueber  zwei  conchylienftthr- 
ende  LOssablagerangen  nOrdlich  vom  Hart.  —  EberU  Teredo  megotara  Hanley  ans  dem 
Septarienthon  von  Finkenwalde.  —  Id,  Beitrag  zur  Kenntniss  der  terti&ren  Decapoden 
Deutschlands.  —  Loreti.  Bemerkungen  llber  das  Vorkommen  von  Granii  und  verftnderten 
Schìefer  im  Quellgebiet  der  Schleuse  im  Thtlringer  Walde.— ^aZ/ar.  Einige  Notizen  tiber 
im  Jahre  1886  ausgefùhrte  geognostische  Untersuchungen  auf  dem  nordwestlichen  Ober- 
harz.  —  Frantzen.  Ueber  Gervillia  Goldfussi  von  Strombeck.  —  Stapf.  Geologische  Beo- 
bachtungen  im  Gebiete  des  Messtischblattes  Charlottenbrunn  (Eulengebirge).  —  Dathe, 
Quarzaugit-Diorit  von  Lampersdorf  in  Schlesien.  —  Lossen,  Ueber  ein  dnrch  Zufall  in 
einer  Fensterscheibe  entstandenes  Torsionsspaltennetz.  —  Rinne,  Die  Dachberg,  ein  Vulkan 
der  RhOn. 

* Jahres-Bericht  der  Naturforschenden  Gesellschaft  Graubtindens.  N.  F.  Jhg.XXX, 
1885-86.  Chur,  1887. 

Pianta,  Ueber  die  Zusammensetznng  einiger  Nektar-Arten.  —  Am  Stein,  Nachtrag 
zu  den  .bei  Semeus  beobacbt,  Binnenconchylien.  —  Tmkof,  Studien  tiber  die  Fauna  hochal- 
piner  Seen  insbesondere  des  Eantons  Granbfinden. 

i^Jahresbericht  des  Wissenschaftlichen  Club.  1886-87.  Wien. 

+Jalire8bericlit   ùber  die  Portschritte  der  classischen  Alterthumswissenschaft. 

Jhg.  XIV,  12.  Berlin,  1888. 

Wecklein,  Bericht  tiber  die  die  griechischen  Tragiker  betreffende  Litteratnr  der  Jahre 
1885  und  1886.  —  Schwenke,  Jahresbericht  llber  die  Litteratur  zu  Cicero's  philosophischen 
Schriften  aus  den  Jabren  1884-1886. 

+ Journal  de  la  Société  physico-chimique  russe.  T.  XX,  1, 2.  S.  Pétersbourg,  1888. 

1.  Brauner  et  Tomiczek,  Action  de  Tacide  sulfhydrique  sur  Tacide  arsénique.  —  Bod- 
sianko.  Sur  les  dérivés  nitrés  de  l'acide  paraazobenzolque.  —  IVedensky,  Sur  la  structure 
de  Tacide  phosphoreux.  —  Kondakoff.  Sur  le  glycol  triméthyl^thylénique.  —  Mihailojf. 
Sur  Tétat  gélatineux  des  substances  albuminoides.  —  Wagner,  Sur  Toxydation  des  hydro- 
carbures  et  des  alcools  non  sature».  —  Pirogoff,  Sur  le  Virial.  —  Woulf.  Compensateur 
pour  la  mesure  de  Tangle  de  rotation  du  pian  de  polarisation.  —  2.  Gustavson,  Action  du 
chiorure  d'aluminium  sur  le  chlorure  d'acétyle:  critique  du  mémoire  de  M.  Combes.  — 
Ossipoff.  Action  de  Tacide  maléique  sur  Taniline.  —  Id,  Sur  risomene  de  Tacide  fumari- 
que  et  de  Vacide  maléique.  —  Lonatcheféky-Petruniaka,  Sur  Tabsorption  de  Toxyde  de 
carbone  par  le  chlorure  cuivreux.  —  Bevad,  Action  du  zincéthyle  sur  le  nitroéthane.  — 
Kabloukoff.  Sur  les  regularités  des  réactions  de  Taddition  directe.  —  Selivanoff.  Sur  les 
bourgeons  de  pommes  de  terre.  —  Kondakojf.  Sur  la  chloruration  de  Tisopropyléthylène.  — 
Id.  Sur  la  chloruration  de  l'amylène.  ^  Mihailoff,  Sor  Tétat  gélatineux  des  substances  albu- 
minoides. —  Zetline,  Méthode  pour  dètérminer  la  combinaison  la  plas  avantageuse  des  élé- 
ments  d'une  batterie.  —  ChwoUon,  Sur  le  deuxième  théorème  de  Kirchhof.  —  Id,  Sur  la 
dimension  du  potentiel  électromagnétique  dans  le  systhème  électromagnétique.  ->  Jourawsky, 
Un  sìmple  électroscope. 
^Journal  de  physique  théorique  et  appliquóe.  2®  sér.  t.  VII,  mars.  1888. 

Blondht  Sur  la  doublé  réfraction  électrique.  Simultanéité  des  phénomènes  électiiqw 
et  optique.  ■—  Gouy,  Sur  Félectromètre  à  quadrants.  —  Oernez.  Recherches  sur  Tapplication 
du  pouvoir  rotatoire  à  Tétude  des  composés  fonnés  par  Taction  du  molybdate  d'ammc^ 


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—  cu  — 

niaqae  sor  les  solatìons  d*acide  tartriqne.  —  Ckabry.  Procède  nouvean  ponr  étndìer  la 
dìfiasion  des  acides.  —  Duhem.  Sur  un  Mémoire  de  M.  Bobert  Yon  Helmholtz  «  Sur  la  Ya- 
riation  du  point  de  congélation  n.  —  Td,  Sur  un  Mémoire  de  M.  Max  Plank  ayant  pour 
titre:  a  Sur  le  principe  de  raccroissement  de  Ventropie». 

+Joiinial  of  the  Chemical  Society.  N.  CCCIV.  March  1888.  London. 

Ball,  The  AUoys  of  Copper  and  Antimony  and  of  Copper  and  Tin.  —  Thorpe  and 
Smith.  On  Morindon.  ~  Id,  and  Hambly.  On  Manganese  Trioxide.  —  Id.  id.  Note  on 
Chatard's  Method  for  the  Estimation  of  Small  Quantities  of  Manganese.  —  Japp  and  Huntly, 
Action  of  Phenylhydrazine  on  an  Unsaturated  y-Diketone.  —  Coiman  and  Perkin.  Contri- 
butions  from  the  Research  Laboratory  of  the  Owens  College.  The  Synthetical  Formatìon  of 
Closed  Carbon-chains.  Part  IH.  Some  Derivatives  of  Pentamethylene.  —  Freer  and  Perkin, 
The  Synthetical  Formation  of  Closed  Carbon-chains.  Part  IV.  Some  Derivatives  of  Hexar 
methylene.  —  Id,  id.  The  Synthetical  Formation  of  Closed  Carbon-chains.  Part  V.  Experì- 
ments  on  the  Synthesis  of  Heptamethylenederivativcs.  —  Rùcker.  On  the  Rango  of  Mole- 
cular  Forces.  —  Schunck,  On  the  Supposed  Identity  of  Rutin  and  Quercitrin.  —  Divers 
and  Michitada  Kawakita,  On  the  Composition  of  Japanese  Bird-lime. 
^Journal  of  the  China  Branch.  of  the  r.  Asiatìc  Society.  Voi.  XXII,  1-2. 
Shanghai,  1887. 

Parker.  Military  Organization  of  China  prior  to  1842.  —  Becher,  Notes  on  the  Mi- 
nerai Resources  of  Eastem  Shantung.  —  Chinese  Partnerships  :  Liability  of  the  Individuai 
Merabers.  —  Hirth.  Notes  on  the  Eearly  Histoiy  of  the  Salt  Monopoly  in  China.  —  Parker. 
The  Salt  Revenue  of  China.  —  Carles.  Remarks  on  the  Production  of  Salt  in  China.  — 
Nocentini,  Names  of  the  Sovereigns  of  the  Old  Corean  States  etc. 
^Journal  of  the  r.  Microscopical  Society.  1888.  part  V\  febr.  London. 

Bennett.  Fresh-water  Algaa  (including  Chlorophyllous  Protophyta)  of  the  English  Lake 
District.  With  descriptions  of  a  new  Genus  and  five  new  species.  —  Maskell.  Note  on  Mi- 
crasterias  americana,  Ralfs,  and  its  Varieties.  —  Gulliver.  Note  on  the  Minute  Structure 
of  Polomyxa  palustris. 
+ Journal  (The  american)  of  Philology.  Voi.  Vili,  4.  Baltimore,  1887. 

FMiè.  Further  Notes  on  the  Ciris  and  other  Poems  of  the  Appendix  Vergiliana.  — 

Perrin.  The  Odyssey  under  Historical  Source-criticism.  —  Seaton.  The  Symplegades  and 

the  Planctae.  —  Brugmann.  Der  Ursprung  der  lateinischen  Gerundia  und  Gerundiva.  — 

Goehel,  Poetry  in  the  Limburger  Chronik. 

■*•  Journal  (The  American)  of  science.  N.  207,  voi.  XXXV,  March  1888.  New 

HaTen. 

Dana,  Asa  Gray.  —  Shea,  Calibration  of  an  Electrometer.  —  Robinson.  On  the  so- 

called  Northford,  Maine,  Meteorite.  —  Dana,  History   of  the   Changes   in  the  Mt.  Loa 

Craters.  —   Wakott.  The  Taconic  System  of  Emmons,  and  the  use  of  the  nam^  Taconic 

in  Geologie  nomenclature.  —  Dana  and  Penfield.  On  the  crystalline  form  of  Polianite. 

■*■  Journal  (The  Quarterly)  of  pure  and  applied  Mathematics.  N.  89  febr.  1888. 

London. 

Cookie.  On  synthetical  solution  and  on  deformation.  —  WaUon.  On  the  coincidence 
of  ray-directions  in  biaxis  crystal  which  correspond  to  certain  conjugate  planes  of  polari- 
zation.  —  Chree,  Further  applications  of  a  new  solution  of  the  equations  of  an  isotropie 
elastic  solid,  mailny  to  various  cases  of  rotating  bodies.  —  Routh,  On  a  theorem  of  Ja- 
cobi  in  dynamics.  —  Forsyth.  On  the  theory  of  forms  in  the  integration  of  linear  diffe- 
rential  equations  of  the  second  order.  —  Whitehead,  On  the  motion  of  viscous  incompres- 
sible  fluids.  —  Larmor,  Electro-magnetic  and  other  images  in  spheres  and  planes. 


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—  CHI  — 

+ Journal  (The  quarterly)  of  the  geological  Society.  Voi.  XLIV,  1.  London,  1888. 
Brady.  On  the  so-called  Soapstone  of  Fiji.  —  Bonney.  On  some  Results  of  Pressure 
and  of  the  Intrusion  of  Granite  in  Stratified  Paleozoic  Rocks  near  Morlaix,  in  Brittany.  — 
M*Kenny  Hughes,  On  the  Position  of  the  Ohermittweida  Conglomerate.  —  Bonney.  On 
the  Ohennittweida  Conglomerate.  —  Id,  On  part  of  the  Huronian  Series  in  the  Neigh- 
bourhood  of  Sudhnry  (Canada).  —  Lydekker,  On  a  new  Wealden  Ignanodont  and  other  Dl- 
nosaurs.  —  Geikte,  On  the  Altered  Limestone  of  Strath,  Skye.  —  Woodward.  On  the 
Discovery  of  Trilobites  in  the  Upper  Green  (Carabrian)  Slates  of  the  Penrhyn  Quarries.  — 
Seeley.  On  Thecospondylns  Daviesi  (Seeley),  with  some  Remarks  on  the  Classifi- 
cation  of  the  Dinosanria.  —  PrestwicL  On  the  Correlation  of  the  Eocene  Strata  in  Bn- 
gland,  Belgium,  and  the  North  of  Franco.  —  APKeuny  Hughes,  On  the  Cae  Gwyn  Cave. 

+Lotos,  Jahrbuch  fùr  Natnrwissenschaft.  N.  F.  Bd.  Vili,  1888.  Pr^. 

Bruder.  Palaeontologische  Beitr&ge  znr  Kenntniss  der  nordbohmischen  Juragebilde.  — 
Oussenbauer.  Ueber  den  Schmere. 

^Lumière  (La)  électrique.  T.  XXVII,  n.  9-13.  Paris,  1888. 

^Magazin  (Nenes  Lausitzìsches).  Bd.  LXIII,  2.  Gòrlitz,  1888. 

Paur.  Das  frQheste  Verst&ndniss  von  Dante's  Commedia.  —  KorscheU,  Die  Strafen 
der  Vorzeit  in  der  Oberlausitz.  —  Id.  Kriegsdrangsale  von  GOrlitz  nnd  Umgegend  zar 
Zeit  des  dreissigjàhrigen  Krieges. 

^Mémoires  et  compte  rendus  des  trayaui  de  la  Société  des  ingénieurs  civils. 

Janv.-févr.  1888.  Paris. 

Bonnami,  Théorie  de  la  fabrication  et  de  la  solidification  des  produìts  hydranli- 
ques.  -  Lefer.  Étude  sur  le  travail  des  gaz  et  son  application  anx  machines.  —  Boude- 
noot.  Note  sor  la  brochure  de  M.  Piat  relative  à  un  projet  de  port  en  eau  profonde  à  Ca- 
bourg  (Calvados).  —  Canovetti,  Travaux  du  port  de  Venise.  —  de  Cordemoy.  Le  port  de 
SaintrPierre  (ile  de  la  Réunion).  —  Lavalley  et  Molinos.  Le  port  et  le  chemin  de  fer  de 
l'ile  de  la  Réunion.  —  Polonceau,  Note  sur  Téclairage  an  lucigène. 

^Mittheilungen  aus  der  Stadtbibliothek  zu  Hamburg.  V,  1888.  Hamburg. 
Hamburg  in  vorigen  Jahrhnndert.  —  Analecta  italica.  —  Analecta  hispanica. 

^Mittheilungen  der  Mathematischen  Gesellschaft  in  Hamburg.  N.  8.  Leipzig, 
1888. 

Lieòenthal.  Das  Potential  des  EUipsoids.  —  Keferstein,  Bine"  Methode  znr  Bestim- 
mnng  der  primitiven  Wurzeln  der  Kongrnenz  g^—^^l  (mod  p)  fQr  einen  reellen  Prim- 
zablmodal  p, 

'^Mittheilungen  des  k.  deutschen  Arch^ologischen  Instituts.  Athenische  Abthei- 

lung.  Bd.  XII,  4.  Athen,  1888. 

Milchhoefer.  Antikenbericht  aus  Attika,  Fortsetzung.  —  Judeich,  Pedasa.  —  Lolling, 
Mittheilungen  aus  Thessalien  11.  Grabinschriften  (Schluss).  —  Id.  und  Walter s.  ZumMo- 
nument  des  Eubulides.  —  Studniczka,  Zu  dem  Bronzekopfe  *  Museen  von  Athen  \  —  Winter. 
Vaso  aus  Mylasa.  —   Wolters.  Apollo  und  Artemis,  Relief  in  Sparta. 

^  Mittheilungen  des  Omitologischen  Vereins  in  Wìen.  Jhg.  XII,  n.  8.  Wien,  1888. 
+Monatsblàtter  des  Wissenschaftlichen  Club  in  Wien.  Jhg.  IX,  6.  Wien,  1888. 
■*■  Monumenta  medii   aevi  historica   res   gestas  Poloniae  illustrantìa.   T.  X. 

W  Krakowie,  1887. 

Codicis  diplomatici  Poloniae  minoris  pars  tertia. 


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—  CIV  — 

^Natnrforscher  (Der).  Jhg.  XXI,  n.  S-11.  Tùbingen,  1888. 
^Notices  (Monthly)  of  the  royal  Astronomica!  Society.  Voi.  XLVIII,  4.  Lon- 
don, 1888. 
^Notulen  van  de  algemeene  en  Bestuurs-Yergaderingen  van  het  Batayiaasch 
Genootschap  van  Eunsten  en  Weteaschappen.  Deel  XX Y,  3.  Batavìa,  1888. 
^Observations  (Astronomica!  and  magnetica!  and  meteorologica!)  made  at  tlie 

r.  Olwervatory  Greenwicli  in  the  year  1885.  London,  1887. 
*Pamietnik  Atademie  Umiejetnosoi  w  Krakowie.  Wydz.  fi!o!.  i  histor.-fi!oz. 
T.  VI.  Krakow,  1887. 

Ulanowski»  0  zalozenia  klasztoru  sw.  Andrzeja  w  Krakowie  i  Jego  najdawniejszych 
przywilejach.  —  Kawczymku  Porownawcze  badania  oad  rytmem  i  rytmami.  —  WiilockL 
0  wydawnictwie  Liber  diligentiarum  krakowskiego  fakultetn  filozoficznego  z  lat  1487-1563.  — 
Kallenhach.  Rewizyja  tekstu  pierwszejczesci  «  Dziadów  »  podlng  auctografu.-~^(!?rz«»tdtr«^*. 
0.  autorach  zywotu  Pietra  Kmity  i  opisu  wojny  kokoazaj. 

^Proceedings  of  the  Cambrico  philosofica!  Society.  Voi.  VI,  3.  Cambrico, 

1888. 

Airy,  On  a  special  algebraic  fanction  and  its  application  to  the  solntion  of  some 
eqnations.  —  Basterfield.  Some  observations  on  Permanganic  Acid.  —  Chret.  On  the  eqnar 
tions  of  an  Isotropie  Elastic  SoUd  in  Pelar  and  Cylindrical  Coordinatesi  their  solntion 
and  application  —  Newman,  On  a  Table  of  the  values  of  e*  for  valnes  of  x  between  0 
and  2  increasing  by  '001.  —  Basset.  On  the  Application  of  Lagrange*s  Eqnations  to  the 
Motion  of  Perforated  Solids  in  a  Liquid  when  there  is  Circulation.  —  Shipley.  On  the 
Fpngns  causing  the  onion  disease  Peronospora  Schleideniana.  —  Reynolds  Vaizey.  On 
Alternation  of  Generations  in  Green  Plants.  —  Warburton.  On  a  new  species  of  spider, 
with  some  observations  on  the  habits  of  certain  Araneina.  —  Glaisher.  On  expressions 
for  the  Theta  Fanctions  as  Definite  Integrala.  —  Pattison  Afuir  and  Adie.  On  the  inte- 
raction of  zinc  and  snlphuric  acid.  —  Basset.  On  the  Application  of  Lagrange's  Eqnations 
to  the  Motion  of  a  nnmber  of  Cylinders  in  a  Liquid  when  there  is  Circnlation.  —  Love. 
Note  on  Kirchhoff 's  theory  of  the  defonnation  of  elastic  plates.  —  BriU.  On  a  New  Geo- 
metrical  Interpretation  of  the  Qnaternion  Analysis. 
+Proceedings  of  the  r.  Geographical  Society.  N.  M.  S.  Voi.  X,  8.  March,  Aprii 

1888.  London. 

March.  Àfayne.  Summary  of  Explorations  in  British  North  Borneo.  —  Strachey. 
Lectnres  on  Geography,  Delivered  before  the  University  of  Cambridge,  1888.  —  Ramsay, 
Note  on  the  Map  of  Lycia-Pamphylia.  —  April.  Holme.  A  Joumey  in  the  interior  of  La- 
brador, Jnly  to  October,  1887.  —  Strachey,  Lectures  on  Geography,  DelÌFcred  before  the 
University  of  Cambridge,  1888. 
+Proceedings  of  the  r.  Physica!  Society.  VoL  IX,  2.  Edinbury,  1887. 

Duns,  Note  on  the  Water  Vole  (Arvicola  amphibia,  JeDyns).  — -^<?»rf<?rw».  The 
Echinodermata  of  the  Firth  of  Clyde.  —  Rattray,  List  of  Shells  collected.  —  Hoyle,  On  the 
West  Coast  of  Africa  and  the  adj  acent  Islands.  —  Cunningham.  On  the  Development  of  the 
Ovidnctin  Toleosteans.  —  Tumer,  Notice  of  the  Captare  of  Delphinos  delphis  in  the 
Firth  of  Forth.—  TVc^wair.  Notes  on  Chondrosteus  acipenseroides,  Agassiz.  — 
Brook.  ìifotes  on  the  British  Species  of  Zengopterus.  — /<i.  Notes  on  the  Reproduction 
of  Lost  Parts  in  the  Lobster  (Homarus  vulgaris).  —  Kelso.  Notes  on  an  Indian  Wa- 
teMnake(Enhydrina  Valakadyen).  —  Woodhead,  Simple  Method  of  Testing  the  Effi- 
cacy  of  Antiseptics. 


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—  cv  — 

^Proceedings  of  the  r.  Society.  Voi,  XLIII,  262,  263.  London,  1888. 

Beddard.  Preliminary  Note  on  the  Nephridia  ofPerichaeta.  —  Forsyth,  Inva- 
riante, Covariants,  and  Quotient  Derivatives  associated  wìth  Linear  DifTerentìal  Eqaa- 
tions.  —  Lockyer.  Notes  on  the  Spectmm  of  the  Aurora,  —  Parker.  On  the  Secondary 
Carpala,  Metacarpale,  and  Digital  Rays  in  the  Wings  of  existing  Cannate  Birds.  —  Durham» 
The  Emigration  of  Amceboid  Corpuscles  in  the  Starfish.  —  Id.  Note  on  the  Madreporite 
of  Cribrella  ocellata.  —  Shaw.  Report  on  Hygrometric  Methods.  First  Part, 
inclading  the  Satnration  Method  and  the  Chemical  Method,  and  Dew-point  Instruments.  — 
Buchanan.  On  Tidal  Currents  in  the  Ocean.  —  Liveing  and  Dewar.  On  the  Spectmm 
of  the  Oxyhydrogen  Flame.  —  Wright  and  Thompson.  On  the  Voltaic  Circles  produci- 
ble  by  the  Mutual  Neutralisation  of  Acid  and  Alkaline  Fluida,  and  on  various  related  Forms 
of  Electromotors.  —  Love.  The  Small  Free  Vibrations  and  Deformation  of  a  Thin  Elastic 
Shell.  —  Poulton.  True  Teeth  in  the  young  Ornithorhynchus  paradoxus.  —  iJay- 
leigh.  On  the  Relative  Densities  of  Hydrogen  and  Oxygen.  Preliminary  Notice.  —  Wool- 
dridge.  Note  on  the  Changes  eifected  by  Digestion  on  Fibrìnogen  and  Fibrìn.  —  Camelley 
and  Wilson.  A  new  Method  for  determining  the  Number  of  Micro-organisms  in  Air.  — 
Id.  id.  Note  on  the  Number  of  Micro-organisms  in  Moorland  Air.  —  Mivart.  On  the  pos- 
sibly  Dual  Orìgin  of  the  MammaUa.  —  Gasiteli.  On  the  Relation  between  the  Structure, 
Function,  and  Distribntion  of  the  Cranial  Nerves.  Preliminary  Communication.  —  Parker. 
Preliminary  Note  on  the  Development  of  the  Skeleton  of  the  Apteryx,  —  Id.  On  Remnants 
or  Yestiges  of  Amphibian  and  Reptilian  Structures  found  in  the  Skull  of  Birds,  both  Ca- 
nnata and  Ratit». 

^Bepertorium  der  Physik.  Bd.  XXIV,  2.  Mtinchen,  1888. 

Roth.  Ueber  die  Bahn  eines  freien  Theilchens  auf  einer  sich  gleichmftssig  drehenden 
Scheibe.  —  Frdhlich.  Seismograsph  mit  elektrìschem  Registrirapparat.  —  Rysdnek.  Ver- 
8uch  einer  dynamischen  Erkl&rung  der  GravitAtion.  —  Tumlirz.  Ueber  die  Fortpflanzung 
ebenen  Luftwellen  endlicher  Schwingungsweite. 

^Beport  of  the  fifty-seventh  Meeting  of  the  British  Association  for  the  advan- 

cement  of  scienc^,  held  at  Birmingham  in  Angust  and  September  1887. 

London,  1888. 
^Besults  (Greenwich  spectroscopic  and  photographic)  1885.  London,  1887. 
^Besumé  des  séances  de  la  Société  des  ingénieurs  civils.  Séances  dn  17  févr.  et 

2,  16  mars.  Paris,  1888. 
^Bevista  do  Observatorio  imperiai  de  Marina  de  Bio  Janeiro.  Anno  III,  n.  1,  2. 

Eio  Janeiro,  1888. 
^Bevne  historìqne  paraissant  tous  les  deux  mois.  T.  XXXVI,  2.  Mars-avrìl 

1888.  Paris. 

Monceaux.  Le  grand  tempie  du  Puy-^e-DOme,  le  Mercure  gaulois  et  Thistoire  des 
Arvernes.  —  Fagniez.  Le  Pére  Joseph  et  Richelieu.  La  préparation  de  la  rupture  ou verte 
avec  la  maison  d'Autriche  (1632-1635).  --  H.  Fran90is  de  la  None  et  la  conversion  du  roi.  — 
Du  Casse.  La  reine  Catherine  de  Westphalie,  son  journal  et  sa  correspondance.  —  Savin- 
hiac.  L^Espagne  et  Texpédition  du  Mexique.  Une  lettre  inèdite  du  maréchal  Prim. 

+Bevue  intemationale  de  Télectricité  T.  VI,  n.  53,  54.  Paris,  1888. 

^Bevile  politique  et  littéraire.  8*  sér.  t.  XLI,  n.  9-18.  1888. 

^•Bevue  scientiflque.  3*  sér.  t.  XLI,  n.  9-13.  1888. 

'^Bocznik  zarzadu  Akademii  Umiejetnosci  W  Krakowie.  Bok  1886.  W  Erakowie. 

Bullbttino-Rbndiconti,  1888,  Vol.  IV,  V  Sem.  14 


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—  evi  — 

^Bozprawy  i  sprawozdania  z  posiedzen.  Wydz.  filol.  t  XII  ;  hist.-filo0.  t.  XIX, 
XX.;  matem.-prayr.  t.  XV,  XVI.  W  Krakowie,  1887. 

^Bimdschau  (NaturwiBBenBchaftliche).  Jhg.  Ili,  n.  10-14.  Braunschweig,  1888. 

^Scriptores  rerum  polonicarum.  T.  XI.  Krakow,  1887. 
Diaria  Coroitiorum  Poloniae  anni  1587. 

^Sprawozdania   komìsyi  do  badania  historyi  sztuki  w  Polsce.  T.  III,  4.  Kra- 
kow, 1887. 

^Studies  (Johns  Hopkins  University)  in  historical  and  politicai  Science.  5^ 
Series,  XII.  Baltimore,  1887. 
White.  EuTopean  Schools  of  history  and  politics. 

TTransactions  of  the  Manchester  Geological  Society.  Voi  XIX,  14-17.  Man- 
chester, 1888. 
Bainbridge.  On  a  New  Deacription  of  Minerà'  Safety  Lamp.  -—  Bramali  On  a  New  Lead 

Rivet  Mould.  —  Bolton,  Observations  on  Boulders  from  the  High-Level  Driff  of  Bacup.  — 

Cowèum.  On  Boulders  in  Goal  Seams.  —  Stirrup.  On  Foreign  Boalderti  in  Goal  Seams.  — 

PiTcy.  On  Mine  Rents  and  Minerai  Royalties. 

^Verhandlungen  der  k.  k.  geologischen  Beichsanstalt.  1887,  n.  9-16.  Wien. 

+Vorhandlungen  der  Naturforschenden  Gesellschaft  in  Basel.  Th.  Vili,  2. 
Basel,  1887. 
Mùller.  Ftlnfter  Nachtrag  zmn  Eatalog  der  herpetologischen  Sammlung  des  Basler  Mn- 
seums.  —  Kollmann.  Das  Grabfeld  von  Elisrìed  and  die  Beziehungen  der  Etimologie  za 
dcn  Resnltaten  der  Ànthropologìe.  —  Id.  Sch&del  aus  jenem  HUgel  bei  Genf,  auf  dem 
einst  der  Matronenstein,  Pierre  anx  Dames,  gestanden  hat.  —  Id,  Schfidel  von  Genthod 
nnd  Lnlly  bei  Genf.  —  Id,  Ethnologìsche  Literatnr  Nord-Amerikas.  ~  Kahìbaum.  Ueber 
Dampftemperatnren  bei  Yermindertem  Dmck.  —  Id,  Welche  Temperatnr  haben  die  ans 
kochenden  SalzlOsnngen  anfsteigenden  D&mpfe  ?  —  Mùller,  Zar  Grastaceenfaana  Yon  Trin- 
cornali.  —  Gilliéron,  Sur  le  calcaire  d'eaa  douce  de  Moatier  attrìbaé  aa  parbeckien. 

^  Verhandlungen  der  Physiologischen  Gesellschaft  zu  Berlin.  Jhg.  1887*88,  n.  5-6. 

^Verhandlungen  desjnatorhist.  Vereines  der  preuss.  Bheinlande,  Westfalens  ecc. 
Jhg.  XLIV,  2.  Bonn,  1887. 

Ho8ÌU8,  Ueber  den  Septarienthon  von  Schermbeck.  —  FoUmann,  Unterdevonische 
Crinoiden.  —  Schulz,  Geognostische  Uebersicht  der  Bergreviere  Amsberg,  Brilon  and 
Olpe.  —  V.  Dechen  a.  Rauf.  Geologische  and  mineralogische  Litteratar  der  Bheinproyinz 
and  der  Provinz  Westfalen  ecc.  — -  Dittmar,  Mikroskopische  Untersachang  der  aus  Eri- 
stallinische  Gesteinen,  insbesondere  aus  Schiefer  herrfihrenden  Aaswflrflingc  des  Laacher 
Sees.  —  Esser.  Die  Entstehung  der  Bluthen  an  altem  Holz.—  Knops,  Ueber  die  Moleku- 
larrefraktion  der  Isomerieen,  Fumar  Malelns&ure,  Mesacon-Gitracon-Itacons&are  and  des 
Thiophens  and  ihre  Beziehung  zar  cbemischen  Eonstitation  dieser  Substanzen.  —  Brauns. 
Was  wissen  wir  ueber  die  Ursachen  der  optiscben  Anomalien? 

••■Verhandlungen  des  Vereins  zur  Befòrderung  des  Gewerbfleisses.  1888, 2. 

Kosmann,  Die  Marmoraten  des  Deutschen  Eeicbes. 
+ Wochenschrift  des  Osterr.  Ingenieur-  und  Architekten- Vereines.  Jhg.  XIII,  9-13. 

Wien,  1888. 
^  Wùrtembergische   Vierteljahrshefte  fur   Landes-Geschichte.   Jhg.  X.   1877. 

Stuttgart. 


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—  cvn^ 

^Zeitschrift  des  Osterr.  Ingenieur-  und  ArcMtekten-Verems.  Jhg.  LX,  1.  Wien, 
1888. 

Das  Detailprojekt  fOr  die  Wìenflussregelung.  Mit  Bentitzung  des  Berichtes  dee  Stadi- 
banamtes  an  den  Gemeinderath  dea  Stadi  Wien.  —  Land.  Emematische  Theorìe  der  sta- 
tisch  besiimmten  Tr&ger.  —  Prokop,  Die  Eonkurrenzpl&ne  fOr  das  n  Deutsche  Hans  a  in 
BrOnn.  —  Das  Grabdenkmal  fttr  Dr.  Cari  Riti.  v.  Gbega  auf  dem  Ehrenfriedhofe  der 
Stadi  Wien. 

^Zeitung  (Stettiner  Entomologische).  Jhg.  10-12.  Stettin,  1888. 

PabbUcazioni  non  periodiche 
pervenute  airAccademia  nel  mese  di  aprile  1888. 

Ptibblicazioni  italiane. 

*  Brunetti  Z.  —  La  tannizzazione  dei  tessuti  animali  che  mi  appartiene  de- 

v'essere impiegata  dagli  anatomici  e  compresa  dai  patologi.  Padova, 

1888.  8^ 
*Btmn  P.  —  Sulle  predizioni  del  tempo.  Roma,  1888.  8**. 
""  Canuti  D.  —  Il  Conte  Umberto  I  e  il  Be  Ardoino.  Eoma,  1888.  8^ 

*  Deodati  E,  —  Della  medicina  legale,  dei  suoi  ufBcì  e  dei  suoi  lìmiti.  Venezia, 

1888.  80. 
^De  Toni  G.  B.  e  Levi  D.  —  L'Algarium  Zanardini.  Venezia,  1888.  8*». 
^Falangola  F.  —  Sulle  grandi  mine  nella  roccia  Calcarea  della  catena  pelo- 

ritana  (Sicilia)  e  nella  roccia  granitica  di  Baveno  (Lago  Maggiore).  Boma, 

1887.  8». 

*Oovi  0.  —  Il  microscopio  composto  inventato  da  Galileo.  Napoli,  1888.  4*>. 

*Grablovits  G.  —  Anemometria.  Boma,  1888.  4<». 

^Id.  —  Descrizione  dell'Osservatorio  meteorologico  e  geodinamico  al  Porto 

d'Ischia.  Boma,  1888.  4?. 
*Id.  —  Studi  mareometrici  al  Porto  d'Ischia,  Boma.  1888.  4*» 
*Id.  —  Studi  preliminari  sulle   soi^ve   termali   al  Porto  d'Ischia.  Boma, 

1888.  4^ 

"^Id.  —  Sulle  sorgive  termali  del  porto  d'Ischia.  Boma,  1888.  4^^. 
*Id.  —  Sul  terremoto  del  27  agosto  1886.  Boma,  1888.  4^ 

*  Loria  A.  —  La  teoria  economica  della  costituzione  poUtica.  Torino,  1886.  8^. 
*Lovisato  D.  —  Cenni  geologici  sulla  Sardegna.  Cagliari,  1888.  8®. 
*Majetti  E.  —  Cenno  storico  e  utilità  della  stenografia.  Napoli,  1887.  8"*. 
*Marcacci  G.  —  Statistica  nosologica  del  r.  Arcispedale  di  S.  Maria  Nuova 

e  stabilimenti  riuniti  di  Firenze.  Pistoia,  1888.  4"". 

*  Martini  T.  —  Esperienze  di  confronto  fra  i  vari  tipi  di  accumulatori  elet- 

trici. Venezia,  1888.  8^ 
^Nazari  G.  —  Il  prof.  Cesare  Lombroso  e  il  valore  scientifico  delle  sue  opere. 
Oderzo,  1887.  8^ 


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-^  CVIU   — 

^Onoranze  fìmebrì  rese  al  prof.  Francesco  Carrara.  Lncca,  1888.  8^. 
'apertile  A.  —  Storia  del  diritto  italiano  dalla  caduta  dell'impero  Romano  alla 

codificazione.  Voi.  VI,  2.  Storia  della  procedura.  Padova,  1887.  8*^  {acq.). 
^Saccardo  P.  A.  —  Sylloge  fungorum  omnium  hucusque  cognitonim.  Voi.  VII,  1, 

Patavii,  1888.  8^ 

*  Saltini  G.  K  —  Della  vita  e  delle  opere  di  Giuseppe  Martelli,  architetto  e 

ingegnere  fiorentino.  Firenze,  1888.  4^.  con  atl. 
*Strambio  G.  —  Il  nuovo  ed  il  nuovissimo  progetto  di  legge  per  la  tutela 
dell'igiene  e  della  Sanità  pubblica  ecc.  Milano,  1888.  8^. 

*  Stocchi  G,  —  La  prima  conquista  della  Britannia  per  opera  dei  Romani.  Fi- 

renze, 1888.  8^ 
*Tabarrini  M.  —  Gino  Capponi,  i  suoi  tenlpi,  i  suoi  studi,  i  suoi  amici. 

Firenze,  ljB79.  8^ 
*/rf.  —  Studt  di  critica  storica.  Firenze,  1876.  8^ 
*/rf.  —  Vite  e  ricordi  d'italiani  illustri  del  secolo  XIX.  Firenze,  1884.  8^. 

Pubblicazioni  estere. 

*Abbadie  A.  d\  —  Récit  d'un  voyage  en  Orient.  Paris,  1888.  8<». 

^Adam  C.  —  Bine  menschliche  Frucht  mit  verkfimmerten  obem  Gliedmaassen 

Unterkiefer.  Kònigsberg,  1887.  8*». 
"^  Alexander  H.  —  Ueber  hydroiylaminhaltige  Platinbasen.  KOnisberg,  1887.  8**. 
^Ammann  F.  —  Die  Schlacht  bei  Prag  am  6  Mai  1757.  Heidelberg,  1887.  8®. 
^AnhulE.  —  In  Dionysium  Periegetam  quaestiones  criticae.  Regimonti,  1888.  8^ 
+AHT0HI1HA.  A.  —  Hb'b  PyMejia.  CaHKTneTopnyprB  188G.  4^ 
^Arem  M.  —  Statistik  der  geburtshùlfiichen  Operatìonen  an  der  k.  gynako- 

logischen  Universitatsklinik  zu  Kònigsberg  in  Pr.  vom  1.  Januar  1886  bis 

1.  Januar  1886.  KOnigsberg,  1887. 
^Arnoldt  C,  —  Einige  Untersuchungen  ueber  quadratische  Strahlen  Compiere. 

Strassburg,  1887.  8^ 
^Beets  K.  —  C  und  Ch  vor  lateinischen  A  in  altfranzòsischen  Texten.  Darm- 
stadt, 1887.  8^ 
^Bernhard  A.  —  Ueber  Leberabscesse  im  Kindesalter,  im  Auschluss  an  drei 

in  der  Strassburgen  Kinder-  Klinik  beobachtete  Falle.  Leipzig,  1886.  8®. 
^Bienemann  Fr.  —  Conrad  von  Scharfenberg  Bischof  von  Speier  und  Metz 

und  Kaiserlicher  Hofkanzler.  1200-1224.  Strassburg,  1886.  8^ 
^Blink  H,  —  Wind-  und  MeeresstrOmungen  im  Gebiet  der  Kleinen  Sunda- 

Inseln.  Stuttgart,  1887.  8*». 
^Bluth  /.  —  Ueber  einen  Fall  von  Hàmatocele  des  Samenstranges.  Stettin, 

1887.  8^ 
^Bochert   P.   —   Untersuchungen   ueber   das   Netzhaut-Gliom.   Kònigsberg, 

1887.  8^ 
^Bomtsis  /.  —  Grundlinien  des  Bosporus.  Kònigsberg,  1887.  8**. 


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—   CIX   — 

^Boll  F.  —  Ueber  den  Einfluss  der  Temperatur  auf  den  Leitungswiderstand 

und  die  Polarisation  thierischer  Theile.  Kònigsberg,  1887.  8^. 
"^Bongers  P.  — Ueber  Synthesen  im  Organismus  der  V5gel.  KOnigsberg,  1887.  8°. 
^Borries  E.  von  —  Das  erste  Stadiuin  des  i-TJmlauts  im  Germanischen.  Strass- 

burg,  1887.  8^ 
^Bdttcher  G.  —  Unterauchungen  ueber  die  histologischen  Vorgange  und  das 

Verhalten  des  Blutes  in  doppelt  unterbundenen  Gefassen.  Jena,  1887. 8^. 
^Brauch    Th.  —  Beitrag   zur   Lehre  von   den  Talusfracturen.   Strassburg, 

1887.  8^ 
^Buchenau  H.  —  Ueber  den  Gebrauch  und  die  Stellung  des  Adjectivs  in  Wolf- 

rams  Parzival.  Còthen,  1887.  8^ 
^Buck  C.  —  De  scholiis  Teocriteis  vetustioribus  quaestiones  selectae.  Argen- 

torati,  1886.  8«. 
*  Caro  R.  —  Zur  Prophylaie  der  Blenorrhoea  neonatorum.  KOnigsberg.  1887.  8°. 
^  Cohen  R.  —  Experimentelle  Bestimmung  des  Verhaltnissea  der  beiden  spe- 

cifischen  Warmen  des  Wasserdampfe.  Sti'assburg,  1887.  8*». 
^Corpus  Inscriptionum  latinarum  Consilio  et  auctoritate  Àcademiae  litteramm 

regiae  Borussicae  editum.  Voi.  XIV.  Berolini,  1837.  f.° 
+  Daimler  C.  —  Ueber  neue  Synthesen  mit  Oxalsauren-  und  Malonsaureester. 

Strassburg,  1886.  8^ 
^Dannefd  H,  —  Die  Kettenlinie  auf  einigen  Rotationsflachen.  Greifswald, 

1887.  8^ 
^  David  R.  —  Ueber  die  Syntai  des  Italienischen  im  Trecento.  Genf,  1887.  8®. 
^Davidsohn  K.  —  Versuche  uber  die  Wirkung  des  Nitroprussidnatriums.  K5- 

nigsberg,  1887.  8*. 
^Dessau  B.  —  Ueber  Metallschichten  welche  durch  Zerstauben  einer  Eathode 

entstehen.  Leipzig,  1886.  8^. 
^Didymus.  —  De  Aristarchea  Odysseae  recensione  reliquiarum  supplementum 

ab  A.  Ludwich  editum.  Regimontii,  1887.  4^. 
^Dietzel  A.  —  Condensation  von  Acetessigester  mit  Branzweinsauren  Natrium. 

Strassburg,  1887.  8^ 
^Du  Bois  H.  E.  L  G.  —  Magnetische  Circularpolarisation  in  Cobaltund  Nickel. 

Leipzig,  1887.  8^ 
^ Durre.  —  Bede  zum  Gedachtniss  an  K.  Wilhelm  I.  Aachen,  1888.  8^. 
^Eekerlein  /.  —  Ein  Fall  von  Pulsirenden  Exophthalmus  beider  Augen  in 

Folge  einer  Traumatischen  Buptur  des  Carotis  intema  im  Sinus  Caver- 

nosus.  Kònigsberg,  1887.8**. 
^Elsner  W.  —  Untersuchungen  zu  dem  mittelenglischen  Fabliau  «  Dame  Siriz  » . 

Berlin,  1887.  8^ 
^Emden  R.  —  Ueber  die  Dampfspannungen  von  Salzlòsungen.  Leipzig,  1887.  8®. 
^Engelbreckt  P.  —   Die  Compeisation  mit  naturalobligationen.  Kflnigsberg, 

1887.  8^. 


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—  ex  — 

^Engelien  R.  —  Ueber  das  Yerhalten  der  Ammoniakausscheidung  bei  Phosphor- 

vergiftung.  Kònigsberg,  1887.8*. 
^Eynern  F.  von.  —  Condensation  von  Acetessìgester  mit  bemsteiuBaiirem  Na- 

trium.  Strassburg,  1887.  %\ 
^Fetzer  C.  A.  —  Voruntersuchimg  zu  einer  Geschichte  des  Pontificats  Ale- 

landers  IL  Strassburg,  1887.  %\ 
^Feldmann  L.  —  Ueber  die  Entwicklung  organischer  Erkrankungen  des  Gen- 

tralen  Nervensystems  bei'  Personen  velche  lange  an  Schwerer  Hysterìe 

gelitten  haben.  Leipzig,  1887.  8®. 
^Frick  A.  —  Ueber  den  Frùhjahrskatarrh  der  Conjunctiva.  Wurzburg,  1886. 8®. 
"^Friedrich  d.  6r.  —  Politische  Correspondenz.  Bd.  XV.  Berlin,  1887.  8*. 
*Gaspertni  lì.  —  Contributo  alla  conoscenza  geologica  del  diluviale  dalmato. 

Zara,  1885. 
*Id.  —  Secondo  contributo  alla  conoscenza  geologica  del  diluviale  dalmato. 

Spalato,  1887.  8^ 
*Id.  —  Notizie  sulla  fauna  imenotterologa  dalmata.  I,  II.  Zara,  1887.  8^. 
^Geil  G.  —  Ueber  die  Abhangigkeit  Locke's  von  Descartes.  Strassburg,  1887. 8®. 
'Grethen  R.  —  Die  politischen  Beziehungen  Clemen's.  VII.  zu  Karl  Vin  den 

Jahren  1523-1527.  Hannover,  1887.  8^ 
^  Groll  S.  —  Untersuchungen  ueber  Hamoglobingehalt  des  Blutes  bei  voU- 

st&ndiger  Inanition.  Edn^berg,  1887.  8"*. 
+  GroUmtcs  M.  —  De  M.  Tullio  Cicerone  poeta.  Part.  I.  De  inscriptionibus,  de 

argumentis,  de  temporibus  singulorum  carminum.  Begimonti,  1887.  8^ 
^  Grossmann  E.  —  De  doctrinae  metricae  reliquiis  ab  Eustathio  servatis.  Ar- 

gentorati,  1887.  8*». 
^Haagen  M.  —  Ueber  den  Einflnss  der  Darmf&ulnis  auf  die  Entstehung  der 

Kynurensaure  beim  Hunde.  Kónigsberg,  1887.  8*^. 
^Handelmann  H.  —  XXXVIII  Bericht  zur  Alterthumskunde  Schleswig-Hol- 

steins.  Kiel,  1885.  4^ 
^Hergesell  H.  —  Ueber  die  Aenderung  der  Gleichgewiohtsflftchen   der   Erde 

durch  die   Bildung  polarer  Eismassen  und   die  dadurch  verursachten 

Schwankungen  des  Meeresnìveaus.  Stuttgart,  1887. 8*. 
^Ilerkner  H.  —  Die  Anf&nge  der  BaumwoUindustrie  im  Ober-Elsass.  Strass- 
burg, 1886.  8«. 
^Herzog  B.  —  Ueber  den  praktischen  Nutzen  des  Wolffberg*schen  Apparates 

zur  diagnostischen  Verwertung  der  quantitativen  FarbensinnprOfung.  Ed- 

nigsberg,  1887.  8^ 
^Heydrich  E.  —  Beitrag  zur  Lehre  der  hyalinen  Degeneration  der  queigestreif- 

ten  Muskulatur.  Strassburg,  1887.  8^. 
^Hilbert  P.  —  Ueber  das  physiologische  und  chemisohe  Verhalten  des  Ace- 

tanilids  und  einiger  werwandter  Substanzen  im  Tier-Eòrper.  Ednigsberg, 

1888.  8^ 


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—   CXI  — 

^Hofer  B.  —  UntersnGhungoiL  ueber  den  Bau  der  Speicheldrusen  und  dee  daza 

gehdrenden  Nervenapparats  von  «Blatta.  Halle,  1887.  4^. 
^Hofmann  L.  —  Ueber  die  Allegorie  in  Spensers  Faerie  Queene.  Oleiwitz, 

1887.  40. 
^Hofmann  0.  —  De  javandi  apud  Athenienses  formulis.  Darmstadii,  1886.  8". 
^Hoven  Th.  —  Beitrag  zTir  Anatomie  der  Gerebralen  Kinderl&hmung.  Strass- 

bnrg,  1887.  8*>. 
*Index  Catalogne  of  the  library  of  the  Surgeon-general*s  office  United  States 

Army.  Voi.  Vili.  Washington,  1887.  4^ 
^  Jacob j  /.  C.  —  Ueber  Eisenauscheidnng  ans  dem  ThierkOrper  nach  subcuta- 

ner  und  intravenOser  Jnjection.  Strassburg,  1887.  8^. 
^Jacobson  B. — Beitrftge  zur  Frage  nach  dem  Betrage  der  Besidualluft  nebst  Uè- 

berblick  ueber  die  bisherigen  Bestimmungs-Metboden.EOnigsberg  1887. 8.^ 
*Jaeobson  H.  —  Ueber  einige  Pfanzenfette.  KOnigsberg,  1887.  8". 
^Jordan  H.  —  Gommentationis  fragmentum  de  Sallustii  historiarum  libri  II 

relìquiis  quae  ad  beUum  Piraticiim  Servìlianum  pertinent.  Begimontii, 

1887.  40. 
^Jo$t  L.   —  Ein   Beitrag  zur  Eenntniss  der  Athmungsoi^ane  der  Pflanzen. 

Strassburg,  1887.  4P. 
^KeUert  0.  —  Die  Insel  Gotland  im  Besitz  des  deutschen  Ordens.  1398- 1408. 
^Keibel  F.  —  Die  Urbewohner  der  Canaren.  Ein  anthropologischer  Versuch. 

Strassburg,  1887.  8^ 
^Klamroth  A.  —  Ueber  die  neueren  Methoden  des  Eaiserschnitts.  Strassburg, 

1887.  80. 
^Kny  E.  —  Untersuchungen  ueber  den  galvanischen  Schwindel.  Berlin,  1887.  8''. 
^KochH.  —  Richard  von  Comwall.  I  Th.  (1209-1267).  Strassburg,  1887.  8°. 
^Koch  /.  —  Quaestionum  de  proyerbiis  apud  Aeschylum,  Sophoclem,  Euripi- 

dem.  Caput  I.  Begimonti,  1887.  8^ 
^Kónig  G.  —  Zu  Shaksperes  Metrik.  Strassburg,  1888.  8^ 
^  Lackner  G.  —  De  incursionibus  a  Gallis  in  Italiam  factis.  Quaestio  histo- 

rica.  Begimonti,  1887.  4^. 
^Lavoix  H.  —  Catalogne  des  monnaies  musulmanes  de  la  Bibliothòque  natio- 
naie.  E!halifes  orientaux.  Paris,  1887.  8^. 
^Legiehn  /.  —  Ueber  die  Aetiologie  der  Beckenendlagen.  Kdnigsberg,  1887.  8^. 
"^Levy  E. —  Eritische  Besprechung  der  verschiedenen  Behandlungsmethoden 

der  Placenta  praevia  auf  Orundyon  13  in  der  hierigen  gebustrhdlfli- 

chen  Poliklinik  beobachteten  F9llen.  Strassburg,  1887.  %\ 
^  Loebel  0.  —  Anatomie  der  Laubbl&tter,  yorzùglich  der  Blattgrun  fùhrenden 

Gewebe.  Ednigsbei^,  1888.  8^ 
^Loewe  Aem.  —  De  Aesculapi  figura.  Argentorati,  1887.  8®. 
^Lojender  H.  —   BeitrSge  zur  Eenntniss   des   Drachenblutes.   Strassburg, 

1887.  4*. 


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—   CXII   — 

*Lovt8aio  D.  —  Description  des  roches  recueillies  à  la  Terre  de  Feu.  Paris, 

1887.  40. 
^Ludwich  A,  —  Homeri  Iliadis  et  Odysseae  periochae  metrìcae.  Regimonti, 

1887.  4^ 
^  Marburg  R.  —  Synthesen  der  a-Methyl-Butyrolactoncarbonsàure  und  Methyl- 

Vinaconsàure.  Strassburg,  1887.  8®. 
^Maret  H.  —  Ueber  die  Impetigo  herpetiformis  Hebra's.  Metz,  1887.  8®. 
^  Maschke  M.  —  Ein  Beitrag  zur  Lehre  der  Aderhautsarkome.  Kònigsberg, 

1887.  80. 
^  Michael  C.  —  Die  Statistik  des  Militar-Ersatz-Geschafkes  im  deutschen  Reiche. 

Leipzig,  1887.  8^ 
^Maurer  L,  —  Zur  Theorie  der  linearen  Substitutionen.  Strassbui^,  1887. 4<». 
^  Merkel  F.  —  Beitrag  zur  Casuistik  der  Castration  bei  Neurosen.  Nùraberg, 

1887.  8^ 
^Milsand  Ph.  —  Bibliographie  bourguignonne.  Supplement.  Dijon,  1887.  8®. 
^Moldenke  Ch,  E.  —  Ueber  die  in  Altàgyptischen  Texten  erwahnten  Bàume 

und  deren  Verwerthung.  Leipzig,  1887.  8**. 
^Moszeik  0.  —  Morphologische  Untersuchungen  ueber  den  Glycogenansatz  in 

der  Leber.  Kònigsberg,  1887.  8®. 
"^Natamon  E.  —  Ueber  die  Abkuhlung  der  Kohlensaure  bei  ihrer  Ausdehnung. 

Leipzig,  1887.  8^ 
^Naihan  N,  —  Das  lateinische  Suffix-éi/e5  in  Franzdsischen.  Darmstadt,  1886. 8^. 
^Newmark  L.  —  Ueber  die  Methoden  und  die  Erfolge  der  Neurektomi^  des 

Trigeminus.  Strassburg,  1887.  8^. 
^Nickell  R.  —   Untersuchungen  ueber  das  Centrum  des  reflectorischen  Lid- 

schlusses.  Kònigsberg,  1888.  8®. 
"^Noldeke  A.  —  Die  Fortdauer  der  Offenen  Handelsgesellschaft  w&hrend  der 

Liquìdation.  Strassburg,  1887.  8®. 
^  PetriceicU'Hasdeu,  —  Dictionarul  limbei  istorice  si  poporane  a  Bomanilor. 

T.  Il,  2.  Bucuresci,  1887.  8«. 
^Pfukl  E.  —  Untersuchungen  ueber  die  Rondeaui  und  Virelais  speoiell  des 

XIV.  und  XV.  Jahrhunderts.  Regimonti,  1887.  8^ 
+ Pietzeker  E,  —  Die  juristiche  Natur  der  R  e  s  p  u  b  1  i  e  a  e.  Hamburg,  1886. 8**. 
^  Pincus  0.  —  Beitrag  zur  Lehre  vom  Staphyloma  Comeae  congenitum.  K5- 

nigsberg,  1887.  8^ 
spiate  0.  —  Die  Kunstausdruche  der  Meistersinger.  Strassburg,  1887.  8**. 
^Prehn  A,  —  Quaestiones  Flautinae  de  pronominibus  indefinitis.  Aigentorati, 

1887.  40. 
^Reicke  Aera.  —  De  rebus  post  Alexandri  Magni  mortem  Babylone  gestis  quae- 

stionum.  Particula  1*.  Regimonti,  1887.  8°. 
^  Reipschlaeger  E,  —  Ueber  die  Cholecystìtis  suppurativa  und  ihre  chirurgi- 

sche  Behandlung.  Strassburg,  1887.  8<'. 


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—    CXIII   — 

"^Riff  A.  —  XJeber  einige  Palle  von  Syphilis  im  spàteren  Kindes-  und  Jugend- 

alter.  Wien,  1887.  8^ 
^Robinsohn  2).  —  Untersuchungen  ueber  Jodol  und  dessen  Wirkimgen.  K5- 

nigsberg,  1887.  8^ 
^Roihenberg  M.  —  Missbildungen  des  weiblichen  Genitalschlauches.  KOnigsberg, 

1887.  %\ 
^  Rudershausen  E,  —  Die  Castration  der  Frauen  bei  nervòsen  Leiden.  Wurz- 

burg,  1888.  8^ 
^Rudolph  E.  —  Ueber  submarine  Erdbeben  und  Eruptionen.  Stuttgart,  1887.  8°. 

*  Saint  A.  —  Antifebrin  als  Antiepileptikum.  Strassburg,  1887.  8®. 
"^Salverte  G.  de  —  La  famille  de  Salverte.  Paris,  1887.  8®. 

^  Scharschmidt  C.  —  Tertiàrer  Amylalcohol  als  Schlafmittel.  Strassburg, 
1887.  8^ 

^Skmoyama  Y,  —  Beitràge  zur  Eenntniss  des  japanischen  Klebreises,  Mo- 
zigome.  Strassbuj^,  1886.  8". 

^  Sehmidt  A,  —  Einwirkung  ron  Butyraldehyd  auf  bemsteinsaures  Natrium 
bei  Gegenwart  von  Essigsaure-Anhydrid.  Strassburg,  1887.  8<>. 

'  Sehmidt  0.  —  Ueber  die  Endungen  des  Praesens  im  Altprovenzalischen.  Darm- 
stadt, 1887.  8^ 

^Sehneegans  H.  —  Laute  und  Lautentwickelung  des  Sicilianischen  Dialectes 
nebst  einer  Mundartenkarte  und  aus  dem  Yolksmunde  gesammelten 
Sprachproben.  Strassburg,  1888.  8®. 

*  Seelig  F.  —  Der  Elsassische  Dichter  Hans  von  Bùhel.  Strassburg,  1887.  8<>. 
^  Servaes  F.  —  Die  Poetik  Bodmers  und  Breitingers.  Strassbusg,  1887.  S\ 
^Skibbe  G.  —  Ein  Thoracopagus.  Kònigsberg,  1887.  8°. 

+  Skrzeezka  0.  —  Ueber  Pigraentbildung  in  Extravasaten.  Kdnigsberg,  1887.  8®. 
^Spengler  C.  —  Ueber  die  Erblichkeit  multipler  Eiostasen.  Strassburg  i  E. 

1887-.  8«. 
^  Stoeber  P.  —  Die  Parlamentarische  Immunitat  des  Landesausschusses  fur 

Elsass-Lothringen.  Freiburg  i.  B.  1886.  8^ 

*  Siorp  /.  —  Untersuchungen  ueber  foetale  Rachitis.  Kdnigsberg,  1887.  8^. 
^Stossieh  M,  —  Il  genere  Heterakis  Dnjardin.  Zagreb,  1888.  8^ 

*/rf.  —  Prospetto  della   Fauna    del    mare   Adriatico.    Parte   IV.    Trieste, 

1885.  8^ 
'  Szajnoehe   W.  —  0.  Kilku  gatunkach  ryb  kopalnych  z  Monte-Bolca   pod 

Werona.  W  Krakowie,  1886.  4^ 

*  Takahasi  S.  —  Vier  Falle  von  primarer  infectiflser  Osteomyelitis.  Strassburg, 

1887.  80. 
^Tavel  F.  von  —   BeitrSge  zur  Entwickelungsgeschichte  der  Pyrenomyceten. 

Strassburg,  1886.  4o. 
*Tktel  A.  —  Beitrage  zur  Kenntniss  der   experimentellen   Glycosurie.  K5- 

nigsberg,  1887.  8\ 

Bullbttino-Rbndiconti,  1888,  Vol.  IV,  2?  Sem.  15 


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—   CXIV   — 

+  This  C.  —  Die  Mundart  der  franzòsiBchen  Ortschaften  des  Kantons  Falken* 
berg  (Kreis  Bolchen  in  Lothringen).  Strassbuig,  1887.  8®. 

*  Vliet  W.  F.  van  —  Winden  en  Regenverdeeling  over  Sumatra.  Beverwijk, 

1887.  8^ 
^Voelsch  M.  —  Beitrag  zur  Frage  nach  der  Tenacitftt  der  Tuberkelbacillen. 
KOnigsberg,  1887.  8^ 

*  VoUert  /.  —  Ueber  Durohbohrung  der  Darmscheide  bei  Invaginatìonen.  Strass 

bui^,  1887.  8«. 
^  Voss  G.  —  Beitràge  zur  Kenntnis  der  ameinsauren  S^lze.  Ktoigsberg,  1887. 8**. 
+  Wiener  0.  —  Ueber  die  phasenanderung  des  Lichtes  bei  der  Reflerion  und 

Methoden  zur  Dickenbestimmung  dùnner  Blàttchen.  Leipzig,  1887.  8^. 

*  Wiens  A.  —  Beitrj^e  zur  Kentnis  des  specifischen  Volumens  fliissiger  Ko- 

hlenstoffverbindungen.  Kònigsberg,  1887.  8*". 

*  Wolfheim  P.  —  Ueber  die  eigentliohen  Sehnerrengeschwtìlste.  Kònigsberg, 

1887.  8^ 

*  Wolfowics  ff .  —  Ueber  die  Prage  der  Pathc^enen  Eigenschaften  des   »  Ty- 

phusbaciUus  »» .  Kónigsberg,  1887.  8®. 

*  Wìittke  R.  —  Die  Anfechtung  des  Kaufvertrages  wegen  laesio  enormis.  Leipzig, 

1887.  8^ 
^  Zanner  A.  —  Ueber  eine  neue  mit  Terpenylsaure  isomere  Saure.  Limburg, 
1886.  8^ 

Pabblìcazioiii  periodiche 

pervenute  àirAccademia  nel  mese  di  aprile  1888. 

Pubblicazioni  italiane. 

*  Annali  della  r.  Scuola  superiore  di  Pisa.  Pilos.  e  filol.  voi.  V.  Pisa,  1888. 

Nencini.  De  contaminatione  in  P.  Terenti  Adelphis.  ~  Saviotti.  Pandolfo  CoUenuccio 
umanista  pesarese  del  secolo  XV. 

^Annali  della  Società  degli  ingegneri  e  degli  architetti  italiani.  Anno  III,  f.  1. 
Roma,  1888. 

Frascara.  L'arte  neirarchitettura  moderna.  —  Lampugnani.  LMlluminazionc  e  il 
riscaldamento  dei  treni  e  Taderenza.  delle  ruote  delle  locomotive.  —  Ceradini.  Sopra  un 
Capitolato  tipo  per  le  costruzioni  metalliche.  —  Costa.  La  Farnesina.  —  Betocchi.  L'or- 
dinamento dei  Congressi.  —  Agudio.  Come  si  potrebbe  aumentare  la  potenzialità  del  va- 
lico dei  Giovi.  —  Ceradini.  Sopra  una  formola  della  teoria  della  resistenza  dei  mate- 
riali. —  Boriato.  La  edizione  nazionale  delle  opere  di  Galileo  Galilei. 

*  Annali  dell'Università  libera  di  Perugia.  Anno  II,  voi.  I,  fac.  giur.  efac.  med.- 

chim.  Perugia,  1887. 

^Annali  del   Museo  civico   di  storia  naturale  di  Genova.  Ser.  2*,  voi.  V. 
Genova,  1887-88. 

Tkorcll.  Viaggio  di  L.  Fea  in  Birmania  e  regioni  vicine.  II.  Primo  saggio  sui  Ragni 
Birmani,  —  Boulenger.  An  account  of  the  Batrachians  obtaincd  in  Burma  by  M.  L.  Fea, 


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—  cxv  — 

of  the  Genoa  Cìtìc  Mnseum.  --  Dohson,  Description  of  a  new  species  of  the  Genus  Cro- 
cidnra  in  the  Collection  of  the  Genoa  Civìc  Mnsenm.  —  Emery.  Catalogo  delle  Formiche 
esistenti  nelle  Collezioni  del  Museo  civico  di  Genova.  Parte  ITE.  Formiche  della  regione 
Indo-malese  6  dell' Anstralia.  Continuazione  e  fine.  —  Boulenger.  An  acconnt  of  the  Reptiles 
and  Batrachians  obtained  in  Tenasserim  by  M.  L.  Fea,  of  the  Genoa  Civic  Mnseum.  — 
Gestro,  Res  Ligusticae.  III.  Gli  Anophthalmus  trovati  finora  in  Liguria.  —  IsseL  Cenm 
di  una  accetta  litica  proveniente  dalla  Birmania.  Lettera  al. marchese  G.  Doria.  —  Salva- 
dori.  Diagnosi  di  nuove  specie  d'uccelli  del  Tenasserim,  raccolte  dal  signor  L.  Fea.  — 
Afonticellù  Note  chirotterologiche.  —  Salvador L  Descrizione  di  una  nuova  specie  del  ge- 
nere Hemixus  raccolta  in  Sumatra  dal  dott.  0.  Beccari.  —  Emery,  Catalogo  delle  For- 
miche esistenti  nelle  collezioni  del  Museo  civico  di  Genova.  Parte  IQ  (Supplemento).  For- 
miche raccolte  dal  sig.  Elio  Modigliani  in  Sumatra  e  neirisola  Nias.  —  Gruber,  Res  Ligu- 
sticae. rV.  Enumerazione  dei  Protozoi  raccolti  nel  porto  di  Genova.  —  Salvadori,  Viaggio 
di  Leonardo  Fea  nella  Birmania  e  nelle  regioni  vicine,  in.  Uccelli  raccolti  nel  Tenasse- 
rim (1887).  —  Gestro.  Descrizione  di  un  nuovo  genere  di  Lamellicomi. 

*Aimali  di  agricoltura.  1888,  n.  140,  146,  147.  Roma. 

140.  Ohlsen,  La  razza  bovina  macchiata  rossa  del  Cantone  di  Berna.  —  146.  Targioni- 
Totzetti,  Relazione  intomo  ai  lavori  della  Stazione  di  entomologia  agraria  di  Firenze.  — 
147.  Provvedimenti  a  vantaggio  della  produzione  equina  degli  anni  1887-88. 

^Annali  di  chimica  e  di  farmacologia.  1888.  N.  8,  Milano. 

Brignone.  Alcune  osservazioni  sui  vari  metodi  di  dosamento  dei  cloruri  neirurina.  — 

Venturini  e  Gasparrini,  Sugli  effetti  anestetici  locali  della  elleboreina.  —  Gaglio.  Nota  1*. 
Sulla  resistenza  delle  funzioni  del  cuore  e  della  respirazione  alla  paralisi  per  azione  della 
stricnina  —  Id,  Nota  2*.  D  protossido  di  azoto  neiravvelenamento  con  la  stricnina.  —  Pisenti. 
Sul  modo  d'azione  del  bromuro  di  potassio  sui  centri  nervosi. 

^Aimnario  del  Ministero  delle  finanze  del  regno  dltalia.  1888.  Statistica  finan- 
ziaria 1888.  Roma. 

^Archivio  veneto.  N.  S.  Anno  XVIII,  69.  Venezia,  1888. 

Bellemo.  Sul  viaggiatore  Nicolò  De'  Conti.  —  Cecchetti,  Appunti  sulle  finanze  antiche 
della  Repubblica  veneta.  —  Caffi.  Pittori  veneziani  nel  milletrecento.  —  C.  Appunti  sugli 
strumenti  musicali  usati  dai  veneziani  antichi.  —  /oppi.  Diario  del  campo  tedesco  nella 
guerra  veneta  dal  1512  al  1516,  di  un  contemporaneo.  —  Simonsfeld,  Sulle  scoperte  del 
dott.  Roberto  Galli  nella  Cronaca  Altinate.  —  Frati.  Un  manoscritto  ignoto  delle  lettere 
di  Francesco  Barbara  —  Cipolla.  Statuti  rurali  veronesi,  Cavalpone.  —  Pietrogrande, 
Iscrizione  interessante  la  storia  civile  ed  ecclesiastica  di  Venezia. 

♦Atti  del  Collegio  degli  ingegneri  ed  architetti  in  Palermo.  1887   sett.-dic. 

Palermo. 
*Atti  della  Accademia  olimpica  di  Vicenza.  Voh  XX.  Vicenza,  1885. 

De  Faveri.  Raggio  verde.  —  Negrin,  Gio.  Belilo  e  la  sua  scuola.  —  Ciscato.  E.  C. 
Davila. 

"i^ Atti  dell'Accademia  pontificia  dei  nuovi  Lincei.  Anno  XL,  sess.  7,  8.  Roma, 
1888. 

De  Rossi,  n  P.  Filippo  Cecchi  d.  S.  P.  ed  elenco  delle  opere  del  medesimo.  —  Lansi, 
Le  diatomee  fossili  del  Monte  delle  Piche  e  della  via  Ostiense.  —  Guidi,  L'energia  ma- 
gnetica modificata  dalle  vibrazioni  sonore. 

^Atti  della  r.  Accademia  delle  scienze  di  Torino,  Voi.  XXIII,  6-8.  Torino. 
1888, 


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—   CXVI  — 

Pioltù  Sulla  Cossaiie  del  colle  dì  Boasson  (alta  valle  di  Sosa).  —  Porro.  Intorno 
airecclisse  totale  di  lana  del  28  gennaio  1888.  —  Claretta.  niustrazione  di  sigilli  inediti 
dei  secoli  XV  e  XVI.  —  Jadanza,  Sullo  spostamento  della  lente  anallattica  e  sulla  rerti- 
calità  della  stadia.  —  Charrier.  Lavori  dell'Osservatorio  astronomico  di  Torino.  —  Schia- 
garelli.  Sull'etnografia  della  Persia  antica  anterione  alle  invasioni  ariane.  —  Lustig,  Sulle 
cellule  epiteliali  nella  regione  olfattiva  degli  embrioni.  —  Bossi.  Tre  documenti  copti. 
^Attì  della  r.  Accademia  economico-agraria  dei  georgofili  di  Firenze.  4*  ser. 
voi.  X,  3.  Fii-enze,  1887. 

Passerini.  Sulle  acque  di  pozzo  di  Firenze  ed  in  particolare  sull'acqua  potabile  mu- 
nicipale. —  Gotti.  L'Ufficio  che  possono   avere   certe   Accademie  scientifiche  in  un  go- 
verno libero.  —  Del  Puglia.  Sulla  cultura  della  barbabietola  considerata  come  pianta  da 
foraggio.  —  Sestini.  Del  rame  negli  esseri  viventi. 
^Atti  della  Società  degli  ingegneri  e  degli  industriali  di  Torino.  Anno  XXI,  1887. 

Torino. 
*Atti  della  Società  toscana  di  scienze  naturali.  Processi  verbali.  Voi.  VI,  adu- 
nanza del  15  gen.  1888. 
^Bollettino  del  Collegio  degli  ingegneri  ed  architetti  in  Napoli.  Voi.  VI,  1-3. 

Napoli,  1888. 
^Bollettino  della  Società  generale  dei  viticoltori  italiani.  Anno  III,  6-8.  Soma, 
1888. 

Cerletti.  Provvedimenti  legislativi   a  favore  deirinduslria  enologica.  —  Celotti.  La 
distribuzione  dei  sessi  nei  fiori  della  vite  e  la  colatura.  —   Boldi.  Altri  confronti  econo- 
mici sull'impianto  della  vigna  in  Puglia. 
'^Bollettino  della  Società  geografica  italiana.  Ser.  III,  voi.  I,  4.  Roma.,  1888. 

Porena.  La  geografia  in  Koma  e  il  Mappamondo  vaticano.  —  Restagno.  Le  missioni 
e  le  scuole  italiane  in  Oriente.  —  Schiaparelli.  Gli  interessi  italiani  in  Oriente.  —  Raineri. 
Il  Canale  di  Corinto.  —  Badia.  H  Sund  o  TOresund. 
•Bollettino  della  sezione  dei  cultori  delle  scienze  mediche  fr.  Accademia  dei  fisio- 

critici  in  Siena).  Anno  VI,  3.  Siena,  1888. 
^Bollettino  delle  nomine  del  Ministero  della  guerra.  1888.  Disp.  14-17.  Roma. 
+ Bollettino  delle  opere  moderne  straniere  acquistate  dalle  Bibl.  pubbl.  governa- 
tive (Bibl.  naz,  centr.  V.  Emanuele).  Voi.  II,  4-6.  Roma,  1888. 
+ Bollettino  delle  pubblicazioni  italiane  ricevute  per  diritto  di  stampa  dalla  Bi- 
blioteca naz    centr.  di  Pirenze.  N.  55-56.  Firenze,  1888. 
^Bollettino  del  Ministero  degli  affari  esteri.  Part.  1*,  voi.  I,  3.  Roma,  1888. 
^' Bollettino  del  r.  Comitato  geologico  d'Italia.  Ser.  2*,  voi.  IX,  1-2.  Roma. 

Mazzuoli.  Sul  modo  di  formazione  dei  conglomerati  miocenici  dell'Apennino  ligure.  — 
Lotti.  Un  problema  stratigrafico  nel  monte  Pisano.  ~  Portis.  Sui  terreni  attraversati  dal 
confine  franco-italiano  nelle  Alpi  marittime.  ~  Bucca.  Contribuzioni  allo  studio  petrogra- 
fico  dei  vulcani  viterbesi. 

T  Bollettino  di  legislazione  e  statistica  doganale  e  commerciale.  Anno  V,  marzo 

1888.  Roma. 
^Bollettino  di  notizie  agrarie.  Anno  X,  1888,  n.  14-19.    Rivista  meteorico- 

agraria.  Anno  X,  1888,  n.  9^  10.  Roma. 
^.Bollettino  di  notizie  sul  credito  e  la  previdenza.  Anno  VI,  5.  Roma,  1888, 


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—   CXVII  — 

^Bollettino  mensiiale  pubblicato  per  cura  dell'Osservatorio  centrale  di  Mgnca- 
lieri.  Ser.  2*,  voi.  Vili,  2.  Torino,  1888. 

Eildebrandsson,  Principali  risultati  delle  ricerche  sulle  correnti  superiori  dell'atmo 
sfera  fatte  nella  Svezia. 

+ Bollettino  meteorico  deirUflScio  centrale  di  meteorologia.  Anno  X,  aprile  1888. 
'^'Bollettino  settimanale  dei  prezzi  di  alcuni  dei  principali  prodotti  agrari  e 

del  pane.  Anno  XV,  12-15.  Boma.  1888. 
■^Bullettino  delle  scienze  mediche.  Ser.  4*,  voi.  XXI,  1, 2.  Bologna,  1888. 

Novi.  Sul  tempo  di  eccitamento  latente  dei  riflessi  muscolari.  —  Ceccherelli.  Di  una 
cistotomia  soprapubica  per  tumore  della  vescica.  —  Franceschi.  Sul  peso  delPencefalo, 
del  cervello,  degli  emisferi  cerebrali,  del  cervelletto  e  delle  sue  metà,  del  midollo  allun- 
gato e  nodo,  e  dei  corpi  striati  e  talami  ottici  in  400  cadaveri  bolognesi.  —  Poggi,  Aspor- 
tazione della  scapola  destra  con  ablazione  deirintero  arto  e  resezione  della  metà  acromiale 
della  clavicola  per  voluminoso  fibro-sarcoma.  —  Gotti.  Di  una  cisti  sierosa,  dell'orbita.  — 
Medini.  Di  un  piccolo  osteoclaste  per  la  correzione  del  ginocchio  valgo  e  varo. 
^Bullettino  della  Commissione  archeologica  comunale  di  Roma.  Anno  XVI,  3. 
Roma,  1888. 

Lanciani.  Il  «Campus  salinarum  romanarum».  —  Borsari,  Del  pons  Agrippae 
sul  Tevere  tra  le  regioni  IX  e  Xim.  —  Cantarelli.  Osservazioni  onomatologiche.  —  Gatti. 
Trovamenti  risguardanti  la  topografia  e  la  epigrafia  urbana.  —  Visconti.  Trovamenti  di 
oggetti  d'arte  e  di  antichità  figurata.  —  Lanciani,  Notizie  del  movimento  edilizio  della 
città  in  relazione  con  Tarcheologia  e  con  Tarte. 

^BuUettino  di  bibliografia  e  di  storia  delle  scienze  matematiche  e  fisiche.  T.  XX, 

giugno-luglio  1887.  Roma. 

Baldi.  Vita  di  Pitagora.  —  Favaro.  Di  G.  Tarde  e  di  una  sua  visita  a  Galileo  dal,  12 
al  15  nov.  1614.  —  Id.  Appendice  prima  alla  libreria  di  Galileo. 
■^  Documenti  per  servire  alla  storia  di  Sicilia.  1*  serie.  Diplomatica.  Voi.  II, 

f.  3;  X,  2.  Palermo. 

n,  3.  Corrispondenza  particolare  di  Carlo  d'Aragona.  —  X,  1.  Starabha.  Lettere  e 
documenti  relativi  a  un  periodo  del  Vicariato  della  Regina  Bianca  in  Sicilia. 
^^Gazzetta  chiniica  italiana.  Anno  XVII,  9-10;  XVIII,  1.  Appendice  VI,  2. 

Palermo,  1887-88. 

XVn,  9-10.  Maugini.  Analisi  dell'acqua  ferruginosa  di  Raffanelo  di  proprietà  del  Co- 
mune di  Canale  Monterano,  provincia  di  Roma.  —  Flutti.  Sintesi  dell'acido  aspartico.  — 
Gucci,  Reazioni  fra  la  m-fenilendiammina  ed  il  solfuro  di  carbonio  in  tubi  chiusi.  — 
Grassi  Cristaldi.  Azione  della  fenilidrazina  sulla  santonina.  —  Borrelli.  Sulla  benzo- 
tribromanilide.  —  Ricciardi.  Sull'azione  dell'acqua  del  mare  nei  vulcani.  —  Schiff. 
Composti  cogli  zuccheri  con  le  aldeidi  e  con  gli  acetoni.  —  Mendeleief.  Sui  composti 
deU'alcool  etilico  con  Tacqua.  —  Campani  e  Grimaldi,  La  vanillina  nei  semi  del  lupinus 
albus.  —  Colasanti  e  Moscatelli.  L'acido  paralattico  nell'orina  dei  soldati  dopo  le  marce 
di  resistenza.  —  Schiff,  Isomeri  dell'acido  tannico.  —  Id,  Anidridi  dell'acido  cresotico.  -  - 
Gavazzi.  Azione  del  fluoruro  di  silicio  sulla  china  sciolta  in  liquidi  diversi.  —  Grimaldi, 
Sulla  teoria  dei  liquidi.  —  Gliveri.  Ricerche  sulla  costituzione  della  quassina.  —  XVTQ,  1. 
Spica.  Richerche  sulla  diosma  crenata  (2^  comunicazione).  SuUa  diosmina.  —  Guareschi, 
Sall'acido  a-monobromoftalico.  —  Naccari,  Sui  calori  specifici  di  alcuni  metalli  dalla  tem- 
peratura ordinaria  fino  a  820<^.  —  Ricciardi,  Ricerche  di  chimica  vulcanologica.  Con- 
fronto ira  le  roccie  degli  Euganei,  del  monte  Amiata  e  della  Pantelleria.  —  Sestini,  Sulla 


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—  CXVIII   — 

composizione  chimica  del  concio  delle  nostre  stalle  ;  rìcercbe  ed  osserrazioni.  —  Gigliolù 
Salla  fosforite  del  Capo  di  Leuca.  Analisi. 

^Giornale  d'artiglieria  e  genio.  Anno  1888,  t.  IL  Boma. 

^^  Giornale  della  r.  Accademia  di  medicina  di  Torino.  Anno  LI,  2-3.  To- 
rino, 1888. 

Bonome.  Di  una  forma  insolita  di  tubercolosi  laringea.  —  Balp  e  Broglio,  Sull'azione 
fisiologica  e  terapeutica  deiret«re  nitroso  dimetiletilcarbin elico  (nitrito  amilico  terziario).  — 
Fod  e  Bonome.  Sopra  una  grave  setticoemia  neiruomo.  —  Perronoito.  Sul  modo  di  diffon- 
dersi dei  cercomonas  intestinali.  —  3f asini.  Nuove  ricerche  sui  oentri  motori  corticali 
della  laringe.  —  Lut2.  Sul  modo  di  trasporto  dell'À scaris  lumbricoides.  —  Di  Mattel. 
Sulla  durata  dell'immunità  negli  animali  per  i  bacilli  del  carbonchio  dopo  Tinnesto  pre- 
ventivo dei  cocchi  dell'eresipela.  —  Perroncito.  Considerazioni  sul  modo  di  presentarsi 
del  virus  nei  tubercoli  e  nobuli  tubercolari.  —  Carbone.  Sugli  adenomi  nel  tenue. 

^Giornale  della  r.  Società  italiana  d'igiene.  Anno  X,  3.  Milano,  1888. 
Conti.  Il  clima  del  Masino. 

^Giornale  della  Società  di  letture  e  conversazioni  scientilìche  di  Genova.  Anno  XI, 

1888, 1^  sem.  fase.  1-2.  Genova. 

Bossi.  L'igieqe  della  donna  in  rapporto  alla  profilassi  ostetrica  e  ginecologica.  —  | 

Celesia,  Saggio  di  Toponomia  ligure.  —  Chinazzi.  Deirinfluenza  del  temperamento  e  del-  i 

Tetà  suireducazione  dei  fanciulli.  ' 

^Giori^ale  di  matematiche  ad  uso  degli  studenti  delle  Università  italiane. 
VoL  XXVI,  gen.-febb.  1888. 

Pannelli,  Sui  connessi  ternari  di  2P  ordine  e  di  2^  classe  in  involuzione  doppia.  — 
Bettazzi.  Sulla  derivata  totale  delle  funzioni  di  due  variabili  reali  e  suirinversìone  delle 
derivazioni.  —  Pascal.  Su  di  un  teorema  sul  calcolo  simbolico  nella  teoria  delle  forme 
binarie.  —  Lerch.  Démonstration  élémentaire  d'une  forme  de  Raabe.  —  Certo.  Sulle  forme 
di  terzo  grado  generate  da  due  forme  elementari  proiettive  di  primo  e  di  secondo  grado 
di  un  piano  o  di  una  stella.  —  Id.  SullVagono  inscritto  isoclino  in  un  n-agono  piano 
semplice  dato.  —  D'Arone.  Intorno  ad  un  teorema  di  Tchébychew. 
^Giornale  medico  del  r.  Esercito  e  della  r.  Marina.  Anno  XXXYI,  8.  Boma,  1888. 

De  Renzio.  Sulla  verruga  peruana. 
^Giornale  militare  ufficiale.  1888.  Parte  1*  disp.  13-16;  parte  II,  disp.  14-17. 

Boma. 
*  Giornale  (Nuovo)  botanico  italiano.  Voi.  XX,  2.  Firenze,  1888. 

Berlese.  Monografia  dei  generi  Pleospora,  Clathrospora  e  Pyrenophora. — 
Massalongo.  Contribuzione  alla  teratologia  vegetale. 
^Ingegneria  civile  (L')  e  le  arti  industriali.  Voi.  XIV,  3.  Torino,  1888. 

Ferria.  La  mole  Antonelliana.  —  Ruggiero.  Intorno  al  Canale  Villoresi  per  una 
derivazione  d'acqua  dal  fiume  Ticino.  —  Crugnola.  Dei  ponti  girevoli  in  generale  e  di 
quello  recentemente  costruito  per  l'arsenale  di  Taranto. 

^Memorie  della  reale  Accademia  delle  scienze  di  Torino.  Ser.  2^,  t.  XXXVIII. 
Torino,  1888. 

Segre.  Le  coppie  di  elementi  imaginari  nella  geometria  proiettiva  sintetica.  —  Pollo- 
nera.  Molluschi  fossili  post-pliocenici  del  contorno  di  Torino.  —  Roiti.  Misure  assolute 
di  alcuni  condensatori.  —  Sellar  di.  I  molluschi  dei  terreni  terziari  del  Piemonte  e  della 
Liguria.  —  Rosa.  Sul  criodrilus  lacnum.  —  Portis.  Contribuzioni  alla  ornitolitologia  ita- 
liana. —  Vincenzi.  Contributo  allo  studio  dei  vizi  congeniti  del  cuore.  —  Cattaneo.  Sugli 


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—   CXIX   — 

organi  nervosi  terminali  mascolo-tendinei  in  condisioni  normali  e  sul  loro  modo  di  com- 
portarsi in  seguito  al  taglio  delle  radici  nervose  e  dei  nervi  spinali.  —  BeUardi,  I  mol- 
luschi dei  terreni  terziari  del  Piemonte  e  della  Liguria  (parte  V,  continuaz).  —  Loria. 
H  passato  e  il  presente  delle  principali  teorie  geometriche.  —  Mattirolo.  Illustrazione  di 
tre  nuove  specie  di  tuberacee  italiane.  —  Camerario.  Ricerche  intorno  al  parassitismo  dei 
GordS.  —  Ferraris.  Sulle  differenze  di  fase  delle  correnti,  sul  ritardo  d'induzione  e 
sulla  dissipazione  di  energia  nei  trasformatori.  ~  Rossi.  Vita  di  Santllarione  e  martirio 
di  Santlgnazio,  vescovo  di  d'Antiochia,  trascritti  e  tradotti  dai  Papiri  Copti  del  Museo  di 
Torino.  —  Ferrera.  Conmiemorazione  di  Luigi  Prospero  Gachard.  —  Fabretti.  Statuti 
ed  ordinamenti  suntuari  intomo  al  vestire  degli  uomini  e  delle  donne  in  Perugia  dall'anno 
1266  al  133C  raccolti  ed  annotati.  —  Eossi.  I  martiri  di  Gioore,  Heraei,  Epimaco  e  Pto- 
lomeo  con  altri  frammenti;  trascrìtti  e  tradotti  dai  Papiri  Copti  nel  Museo  egizio  di 
Torino.  —  Ferrerò.  Della  vita  e  degli  scritti  di  Ercole  Ricotti.  —  Cognetti  De  Martiis. 
n  fondamento  storico  di  una  leggenda  italica.  —  Ferrerò.  La  strada  Romana  da  Torino 
al  Monginevra.  —  Puntoni.  Sulla  narrazione  del  mito  di  Prometeo  nella  Teogenia 
Esiodea. 

^Bassegna  (Nnoya)  dì  viticoltura  ed  enologìa.  Anno  U,  n.  7, 8.  Conegliano,  1888. 

Soncini.  La  guerra  delle  tariffe.  —  Id.  Peronospora  della  vite.  —  Mancini.  Ampe- 
lomiceti  della  famiglia  degli  Agaricini.  —  Comhoni.  Ricerca  del  rame  nei  vini.  —  Mina 
Palumbo.  La  melanosi  della  vite.  —  Perroncito  e  Maggiora.  Ricerche  sul  vino  amaro. 
^Bendiconti  del  Circolo  matematico  di  Palermo.  T.  II,  1,  2.  Palermo,  1888. 

1.  Retali.  Sulle  forme  binarie  cubiche;  Nota  di  geometria  immaginaria.  —  Giudice. 
Sopra  la  determinazione  di  funzioni  d'una  variabile  definite  per  mezzo  d'un'equazione  con 
due  variabili  Un'osservazione  relativa  alla  costante  che  compare  negli  sviluppi  in  serie 
delle  funzioni  circolari.  —  Del  Re.  Sur  une  question  élémentaire  de  geometrie.  —  Halphen. 
Sur  l'équation  d'Euler  (Eztrait  d'une  lettre  adressée  à  M.  G.-B.  Guccia).  —  Segre.  Alcune 
considerazioni  elementari  sull'incidenza  di  rette  e  piani  nello  spazio  a  quattro  dimensioni.  — 
2.  Segre.  Alcune  considerazioni  elementari  sull'incidenza  di  rette  e  piani  nello  spazio  a 
quattro  dimensioni.  —  Vivanti.  Sulle  equazioni  a  derivate  parziali  del  P  ordine.  —  Jordan. 
Sur  la  marche  du  cavalier.  —  Volterra.  Sulla  teoria  delle  equazioni  differenziali  lineari. 
^Rendiconti  del  reale  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere.  Ser.  2*,  yoI.  XXI, 

6,  7.  Milano,  1888. 

Stramòio.  Da  Legnano  a  Mogliano  veneto.  Un  secolo  di  lotta  contro  la  pellagra.  Bric- 
ciole  di  storia  sanitario-amministrativa.  —  Schiaparelli.  Osservazioni  fatte  nella  R.  Spe- 
cola di  Brera  durante  l'eclisse  totale  di  luna  avvenuta  il  28  gennaio  1888.  —  Aschieri. 
Del  legame  fra  la  teoria  dei  complessi  di  rette  e  quella  delle  corrispodenze  univoche  e 
multiple  dello  Spazio.  —  Ascoli  Giulio.  Riassunto  della  mia  Memoria  :  u  Le  curve  limite 
di  una  varietà  data  di  curve  n,  ed  osservazioni  crìtiche  alla  medesima.  —  Maggi.  Intorno 
ai  protozoi  viventi  sui  muschi  delle  piante.  —  Buccellati.  Progetto  del  Codice  penale  pel 
Regno  d'Italia  del  ministro  Zanardelli.  —  Stramòio.  Da  Legnano  a  Mogliano  veneto.  Un 
secolo  di  lotta  contro  la  pellagra.  Bricciole  di  storia  sanitario-amministrativa.  —  Bertini. 
Sopra  alcuni  teoremi  fondamentali  delle  curve  piane  algebriche.  —  Brambilla.  Sopra  una 
classe  di  superficie  algebriche  rappresentabili  punto  per  punto  sul  piano.  —  Maggi  Sul- 
l'importanza dei  fagociti  nella  morfologìa  dei  metazoi.  —  Ascoli  Giulio.  Riassunto  della 
mia  Memoria:  «Le  curve  limite  di  una  varietà  date  di  curve»,  ed  osservazioni  crìtiche 
alla  medesima. 
+Bevue  Internationale.  T.  XVIII,  2.  Rome,  1888. 

Philis.  La  Franco  et  l'Italie  en  1888  (Lettre  à  M.  Bonfadini).  —  Rizo-Rangabé.  Le 
notaire.  —  Fuster.  Francesca  da  Rimini.  —  Blaze  de  Bury.  Mes  souvenirs  de  la  a  Revue 


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—  cxx  — 

des  deax  mondes».  —  Blondel,  B.  TOpffer  crìtiqae  littéiaire.  A  propos  d^nne  étnde  inèdite 
BM  «  Gii  Blas  ».  —  Loliée.  Le  inoyen  &ge  moral  et  licencienx.  —  Frènes.  Jean-Pieire 
Vieusseoi  d*après  sa  correspondance  avec  J.-O.-L.  De  Sismondi. 
^Rivista  di  artiglieria  e  genio.  Febbraio  1888.  Roma. 

V,  Anni  a  ripetizione.  Studi  delle  armi  a  ripetizione  fatti  in  Austria.  ~  Messina, 
n  canale  navigabile  fra  la  rada  ed  il  mare  piccolo  di  Taranto.  —  Freddi.  Proposta  di 
una  carabina  a  rinculo  ntilizzato  per  Tarmamento  delle  tmppe  d'Africa. 

^Rivista  di 'filosofia  scientifica.  Voi.  VII,  marzo-aprile  1888.  Milano. 

Pietropaolo,  Contributo  alla  storia  della  filosofia  in  Italia.  Considerazioni  sulla  filo- 
sofia di  Pasquale  Galluppi.  —  GalluppL  Lettere  inedite.  I.  Sui  rapporti.  II.  Sulla  possi- 
bilità intrinseca.  —  Tansi  e  Musso,  Le  variazioni  termiche  del  capo  durante  le  emozioni. 
Ricerche  termo-elettriche  sopra  individui  ipnotizzati.  —  Cesca,  La  «  Cosa  in  sé  ».  n.  Di- 
mostrazione della  u  Cosa  in  sé  ».  —  Bunge,  Vitalismo  e  Meccanismo.  —  Valerianù  D  prin- 
cipio d'identità  e  TApriorismo  nella  filosofia  scientifica.  —  Puglia.  Le  leggi  di  composi- 
zione e  decomposizione  delle  aggregazioni  sociali  umane. 

^Rivista  italiana  di  numismatica.  Anno  I,  1.  Milano,  1888. 

Gnecchi.  Di  alcune  monete  inedite  e  sconosciute  della  zecca  di  Scio.  —  Ambrosoli, 
D  ripostiglio  di  Lurate  Abbate.  —  Rossi.  I  medaglisti   del  Rinascimento   alla  Corte   dì 
Mantova.  I.  Ermes  Flavio   de  Bonis.  —    Mulazzani.  Studi   economici  sulle   monete  di 
Milano.  —  Motta.  Gli  zecchieri  di  Milano  nel  1479. 
^Rivista  marittima.  Anno  XXI,  f.  S^*.  marzo,  1888. 

Busin.  Sulle  predizioni  del  tempo.  —  E.D.  Operazioni  di  salvamento  del  piroscafo 
tt  Taurus  ».  —  Discussione  del  bilancio  della  marina  francese  per  Tanno  1888.  —  D  can 
none  pneumatico  a  dinamite  Zalinskj. 

*  Rivista  mensile  del  Club  alpino  italiano.  Anno  VII,  n.  4.  Torino. 
^Rivista  scientifico-industriale.  Anno  XX,  7.  Firenze,  1888. 

Osservazioni  delle  comete  di  Sawerthal.  —  Giovannozzi.  Il  sismografo  analizzatore 
del  P.  Filippo  Cecchi.  —  Martinotti,  Studi  sulla  termogenesi  magnetica.  —  SuUe  diffe- 
renze di  fase  delle  correnti,  sul  ritardo  deirinduzìone  e  sulla  dissipazione  dell'energia  nei 
trasformatori,  pag.  118. 

*  Spallanzani.  (Lo)  Anno  XVII,  ser.  2*,  f.  3-4.  1888.  Roma. 

Durante.  Gli  ospedali  degli  Stati  Uniti  di  America.  Relazione  al  Ministro  della  pub* 
Mica  istruzione.  —  De  Rossi.  Della  Scuola  medica  agli  Stati  Uniti,  e  principalmente  degli 
studi  speciali.  Relazione  alla  R.  Accademia  dì  medicina  in  Roma,  —  Postetnpski.  Ferite 
delle  parti  molli ,  semplici  e  complicate  (Dall'Ospedale  di  S.  M.  della  Consolazione  in 
Roma).  —  Marchesini,  Studio  sperimentale  sugli  organi  digerenti  e  sulla  digestione  delle 
sanguisughe.  —  Lepori.  Suirimportanza  dei  sali  di  calce  nelVorganismo  animale  e  sulla 
reale  natura  delle  così  dette  ghiandole  del  collo  nel  Phyllodactjlus  europaeus. 

^  Studi  e  documenti  di  storia  e  diritto.  Anno  IX,  1.  Roma,  1888. 

Ambrosi  de-Magistris.  Note  ai  documenti  editi  dell'Istituto  Austriaco  relativi  alla 
storia  della  Campania.  —  Talamo.  Le  origini  del  Cristianesimo  e  il  pensiero  stoico.  — 
Parisotti.  Ricerche  suirintroduzione  e  sullo  sviluppo  del  culto  di  Iside  e  Serapide  in  Roma 
e  nelle  provincie  dell'Impero  in  relazione  colla  epigrafia.  —  Campello  della  Spina,  Pon- 
tificato di  Innocenzo  XII.  Diario  del  conte  Giovanni  Battista  Campello. 

*  Telegrafista  (II).  Anno  Vili,  2.  Roma,  1888. 

Bracchi.  Coefficienti  d^induzione  propria  di  alcuni  apparati  telegrafici.  —  Duron,  Sul 
fenomeno  di  fulminazione  avvenuto  a  Favignana. 


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—   CXXI  — 


Pubblicazioni  estere. 


*  Abhandlungen  der  PhìloL-hist.  CI.  der  Eon.  S&chsischen  Gresellschafb  d.  Wìssen- 
schaften  Bd.  X,  8.  Leipzig,  1888. 
van  der  Qabelentz,  Beitr&ge  zar  Chinesischen  Grammatìk. 
♦Abstracts  of  the  Proceedings  ofthe  Chemical  Society.  N.  51,  52.  London,  1888. 
^Acta  mathematica.  XI,  2.  Stockholm,  1888. 

Heun,  Zar  Theorìe  der  mehrwerthigen,  mehrfach  line&r  verknflpften  Fanctionen.  — 
Schwerihg,  Eine  Eìgenschaft  der  Primzabl  107.  —  Thomson,  On  the  Division  of  Space 
with  Minimam  Partìtional  Area.  —  Ooursat.  Sar  an  mode  de  transformation  dea  sarfaces 
minima.  —  Hurwitz.  Ueber  die  Entwicklang  complezer  GrOssen  in  Kettenbrftche. 

^Analele  Academiei  romane.  Seria  II,  T.  V,2;  VI,  2.  Bucoresci,  1884-85. 

^Analele  Institatulul  meteorologie  al  Bomaniei.  T.  II,  1886.  Bucuresci,  1888. 

+Anales  del  Museo  nacional  de  Mexico.  T.  IV,  1.  Merico,  1887. 

Ten  Kate.  Materiales  para  servir  &  la  Antropologìa  de  la  Penlnsala  de  California.  — 
de  Molina.  Arte  de  la  lengaa  mexicana  y  castellana  (1571).  —  Tonalamatl.  Calendario 
ritnal  mezicano. 

+Annalen  der  Physik  nnd  Chemie.  N.  P.  Bd.  XXXIV,  1.  Beiblatter  XII,  4. 
Leipzig,  1888. 

Hùfner,  Einige  Yersacbe  Qber  die  Absorption  von  Gasen  darch  graaen  valkanisirten 
Kaatschak.  —  Blùmcke,  Ueber  die  Bestimmang  der  specifischen  Gewichte  and  Dampfspan- 
nangen  einiger  Gemische  von  schwefliger  S&are  and  Kohlens&are.  —  Ludeking,  Anomale 
Dichten  von  geschmolzenem  Wismath.  —  Graels.  Ueber  die  Reibang  von  FlUssigkeiten.  — 
Eòert  Die  Methode  der  hohen  Interferenzen  in  ihrer  Verwandbarkeit  far  Zwecke  der  qaan- 
titativen  Spectralanalyse.  —  Zehnder.  Ueber  den  Einflass  des  Drackes  aaf  den  Brechongs- 
exponenten  des  Wassers  fBr  Natriamlicht.  —  SheMon.  WechselstrOme  and  Electrolyte.  — 
Planck.  Das  chemische  Gleichgewicht  in  verdiinnten  LOsungen.  —  Hertz.  Ueber  die  Ein- 
wirkang  einer  geradlinigen  Schwingang  aaf  eine  benachbarte  Strombahn.  —  Nahrwold. 
Bemerkangen  za  der  Abhandlnng  des  Hrn.  F.  Narr  :  »  Ueber  die  Leitang  der  Electricit&t 
darch  Gase«.  —  Auerbach,  Ueber  die  Erregang  des  dynamoelectrischen  Stromes.  —  Hen- 
richsen.  Ueber  den  Magnetisraas  organischer  Yerbindangen.  —  Foeppl.  Versach  einer  ma- 
thematischen  Theorie  der  Gasentladangen. 

^Annalen  (Mathematische).  Bd.  XXXI,  3.  Leipzig,  1888. 

henkrahe.  Ueber  die  Anwendang  iterirter  Fanctionen  zar  Darstellang  der  Warzeln 
algebraischer  and  transcendenter  Gleichangen.  —  v.  Gali.  Das  vollstanlige  Formensystem 
der  binSren  Form  7*®'"  Ordnnng.  —  Nekrassoff.  Der  Modal  des  Maximam  Maximoram  einer 
Fanction  >)/  {re^^)  in  Bezug  aaf  ìp  and  die  Anwendang  seiner  Eigenschaften  aaf  die  Reihe 
von  Lagrange.  —  Neovitis.  Ueber  eine  specielle  geometrische  Aafgabe  des  Minimams.  — 
ffeun.  Ueber  Ealer's  homogenen  lineSren  Multiplicator  zar  Integration  der  regal&ren  linea- 
ren  Differentialgleichungen  zweiter  Ordnang.  —  Brill.  Ueber  algebraische  Corresponden- 
zen.  —  ìViltheiss.  Ueber  die  Potenzreihen  der  hyperelliptischen  Tfaetafnnctionen.  —  v.  Gali. 
Die  irredacibeln  Syzyganten  zweier  simaltanen  cabischen  Formen.  —  Stroh.  Ueber  einen 
Satz  der  Formentheorie.  —  Stroh.  Ueber  die  asyzygetischen  Covarianten  dritten  Gradcs 
einer  binàren  Form. 
^■Annales  de  l'Académie  d'archeologie  de  Belgique.  4®sér.  t.  II.  Anrers,  1886. 

Hagemans.  Vie  domestiqae  d'an  seignear  chàtelain  da  moyen  àge.  —  Soil.  Un  inven- 
taire  de  1527  oa  le  mobilier  d*an  boorgeois  de  Toamai  aa  commencement  da  XVP  siècle. — 

Bullbttino-Rendiconti,  1888,  Vol.  IV,  2^  Sem.  16 


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—  cxxu  — 

Dejardin,  Deuxième  supplément  à  la  descriptìon  des  cartes  de  la  proTince  d^Anrers  et  des 
plans  de  la  ville. 

'^Annales  de  la  Société  d'agrìcnlture,  sciences,  arts  et  belles-lettres  de  Tonrs. 
Année  126,  t.  LXVII,  7-13.  Tours,  1887. 

ff ignare,  Etude  des  phénomèDes  de  la  foadre  dans  le  département  dlndre-et-Loire. 
i^Annales  de  la  Société  géologique   du  Nord  1886-87.  Livr.  5-6;   1887-88 
livr.  2\  Lille. 

5-6.  Thibout.  Compte-reDdu  da  Texcursion  dirìgée  dans  le  terrain  devonien  de  Par- 
rondissement  d'Aresnes  par  M.  Gosselet,  du  13  au  16  avril  1887.  —  Cayeux,  Compto-renda 
de  rexcorsion  faite  à  Lezennes  et  à  Cjsoing.  —  Gosselet.  Le^ons  sor  les  Nappes  aquifères 
du  Nord  de  la  France,  professées  par  M.  Gosselet,  à  la  Paculté  des  sciences  de  Lille  en 
1886-1887.  —  2.  Delvatix  et  Ortlieb,  Les  poissons  fossiles  de  Targìlle  jpresienne  de  Bel- 
gique.  —  Malaquin.  Coupé  d'une  carrière  située  au  sud-est  de  Verlain.  —  Barrois,  Les 
pyroxénit«s  des  iles  du  Morbihan.  —  Id.  Exposé  des  opinions  de  M.  Grand'Eury  sur  la 
formation  des  couches  de  houille  et  du  terrain  houiller.  —  Gosselet.  Sur  la  présence  da 
coticule  dans  le  poudingue  de  Salm-le-chàteau  et  de  la  biotite  dans  les  schistes  de  Tar^ 
kose  gedinienne.  —  Ladrière.  Note  sur  la  découverte  d'un  silex  taillé  et  d'une  défense 
de  Mammouth  à  Vitry-en-Artois.  —  Barrois.  Sur  le  terrain  dévunien  de  la  Navarre. 
^Annuaìre  de  la  Société  météorologiqne  de  France.  1888.  Janvier.  Paris. 

Lasne.  Remarques  théoriques  sur  les  raouvements  gyratoires  de  l'atmosphère. 
^Annales  de  l'École  polytechnique  de  Delfi.  T.  Ili,  4.  Léide,  1838. 

Cardinaal.  Application  des  principes  de  la  geometrie  synthétique  à  la  solution  des 
problèmes  de  la  geometrie  descriptive.  —  Intersection  des  surfaces  du  second  ordre.  — 
Prejection  des  courbes  gauches  qui  résultent  de  Tintersection  des  surfaces  du  second  ordre.  — 
Construction  et  intersection  des  courbes  planes  d'après  le  principes  de  la  géomértìe  syn- 
thétique. —  Solution  de  quelques  problèmes  sur  la  construction  et  les  intersections  des 
surfaces  du  second  ordre.—  Schols.  Démonsf ration  directe  de  la  loi  limite  pour  les  erreurs 
dans  le  pian  et  dans  l'espace. 
^ADnales  des  Ponts  et  chaussées.  1888  marsJ  Paris. 

de  Préaudeau.  Note  sur  la  stabilite  des  écluses  de  grande  ouverture.  Application  des 
courbes  de   pression.  —  Flamant.   Note   complémentaire   sur   la  statique  graphique  de 
M.  Maurice  Lévy.  —  Voisin.  Mémoire  sur  l'organisation  et  le  fonctionnement  du  service 
hydrométrique  et  d'amionce  des  craes  du  bassin  de  la  Liane. 
+Aimales  (Nouvelles)  de  mathématiques.  3®  sér.  mars  1888.  Paris. 

Fouret.  Sur  les  pSles  principaux  d'inversion  de  la  cyclide  de  Dupin.  —  Laurent.  Sur 
la  théorie  de  l'élimination.  —  Hoffmann.  La  solution  géométrique  de  l'éqnation  du  qua- 
trième  degré.  —  de  Coelingk.  Transformation  de  figures  analogue  à  la  transformation  par 
rayons  vecteurs  réciproques.  —  Cesaro.  Questions  de  geometrie  intrinsèque.  —  Id.  Sur  la 
courbure  des  coniques. 

+ Annales  scientifiques  de  TÉcole  normale  supérieure.  3®  sér.  t.  V,  4.  Paris,  1888. 

Duhem.  Sur  la  pression  et  les  phénomènes  électro-capillaires. 
^Anaarìo  de  la  real  Academia  de  Ciencias  exactas,  fisicas  y  natorales.  1888. 

Madrid,  1888. 
+Anzeiger  (Zoologischer).  Jhg.  XI,  276,  277.  Leipzig,  1888. 

276.  Imhof.  Fauna  der  Slisswasserbecken.  --  Schoof.  Beitr&ge  zur  Kenntnìss  der 
Urogenitalsystems  der  Saurier.  —  Rohde.  Histologische  Untersuchungen  fiber  das  Nerwen- 
system  von  Amphioxus.  —  277.  Urech.  Bestimmuugen  der  successiven  Gewichtsabnahme 
der  Winterpuppe  von  Pontia  brassica  und  mechanisch-physiologische  Betrachtungen 


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—  cxxin  — 

darftlwr.—  Zacharias,  Summerischer  Berìcht  ttber  die  ÀQfnahme  meines  Vorschlags  (Studinm 
der  SUsswasserfauna  &.)  seitens  der  Fachkreìse.  —  Sarasin,  Ueber  die  Niere  dea  Seeigel. 

^Beiicht  (XIV)  des  naturhistorischen  Vereins  zu  Passau  fùr  die  Jahre  1886- 
87.  Passan,  1888. 

^Berichte  der  deutschen  chemischen  Gesellschaft.  Jhg.  XXI,  6.  Berlin,  1888. 

6.  Mohler.  Ueber  Pyridinbasen  aus  Steinkohlentheer.  —  Goldschmidt  und  Holm.  Ueber 
gemischto  Diazoaraidoverbindungen.  —  Zincke,  Ueber  die  fiinwirknng  von  Chlor  auf  Phe- 
nole.  —  Gabriel  Ueber  Vinylamin.  —  Petersen.  Ueber  das  fttherische  Oel  von  Asarnm 
europaeum  L.  —  Hoòòs,  Ueber  einige  Derivate  des  Orthotolidins.  —  Auwers  und  Meyer. 
Uebes  die  Raoalt'sche  Methode  der  Molecalargewichtsbestimmung  und  das  Acetozim. — 
Fischer  und  Schmitt,  Ueber  Pr-2-PhenylindoL  —  Blau,  Die  Destillation  pyridinmonocarbon- 
saurer  Salze.  —  Schumann,  Ueber  die  Einwirkung  von  Titanchlorid  auf  Phenol.  —  Marckwald. 
Ueber  die  Furfuralmalons&are.  —  Hantzsch  und  Herrmann.  Bemerkung  zu  Geuther's 
Auffassung  der  Acetessigsfture  und  der  Gruppe  des  Succinylobernsteinsaureàthers.  —  Weber, 
Ueber  den  Einfluss  der  Zusammensetzung  des  Glases  auf  die  Depressionerscbeinungen  der 
Thermometer.  —  Stalle.  Ueber  m-Ditolyl.  —  deve.  Ueber  die  Sulfimidoverbindungen.  — 
Bokomy,  Ueber  das  angebliche  Vorkommen  von  Wasserstoffsuperoxyd  in  Pflanzen-  und  Thier- 
sftften.  —  Vortmann.  Ueber  die  Anwendung  des  Natxiumpyrophosphats  zur  Bestimmung  und 
Trennung  von  Metallen.  —  Pictet  und  Crépieux.  Ueber  Alkylformanilide.  —  Bamberger  und 
Mailer,  Ueber  /J-Tetrahydronaphtylamin.  —  Bamberger,  Zur  Formulirung  der  Campherba- 
sen.  —  Brómme  und  Claisen.  Ueber  die  Einwirkung  des  Oxalathers  auf  Acetophenon.  — 
Claisen  und  Fischer,  Ueber  den  Benzoylaldehyd.  —  Id.  und  Stylos,  Ueber  die  Einwirkung  des 
Oxalftthers  auf  Aceton.  —  Id.  id.  Ueber  den  Acetessigaldehyd,  CH,  .CO  .  CH,  COH.  —  Id. 
und  Loicman,  Zur  Kenntniss  des  Benzoylacetons.  —  Constam  und  Goldschmidt.  Zur  Kennt- 
niss  der  Amidoisopropylbenzole.  —  Beckmann,  Ueber  das  Moleculargewicht  der  Oxime.  — 
Liebermann  und  Jellinek.  Ueber  die  Aether  der  Oxyanthrachiuone.  —  Liebermann.  Ueber 
die  Leukostufen  von  Antbrachinonderivaten  (Fortsetzung).  —  Id,  Ueber  Methyloxanthra- 
noi.  —  Goldmann.  Ueber  Derivate  des  Antbranols.  —  Sachse,  Ueber  die  Halogenadditions- 
producte  des  Dianthryls.  —  Wolffenstein,  Ueber  die  Einwirkung  von  Phosphorpentachlorid 
auf  «-Oxynaphtoesàure.  —  Ginsberg.  Ueber  das  Apiol.  —  Meerson,  Ueber  einige  Derivate 
des  Biamidonaphtols.  —  Rabe,  Laboratoriumsturbine.  —  Knorr,  Ueber  die  Identit&t  des 
Phenylmethylpyrazolonazobenzols  mit  dem  Phenylhydrazinketophenylmetylpyrazolon  und 
tlber  die  innere  Anhydridbildung  der  Diphenylhydrazinacetylglyoxylsàure  und  Diphenylhy- 
drazindioxyweinsàure.  —  Id.  und  Laubmann.  Ueber  das  Verhalten  der  Pyrazole  und  Pyra- 
zoline.  —  Laubmann.  Notiz  flber  das  1 . 5-Diphenylpyrazolon.  —  Janovsky  und  Reimann, 
Ueber  Substitutionsproducte  des  Paraazotoluols.  —  Pinner.  Einwirkung  von  Hamstoff  auf 
Hydrazine.  —  Nietski  und  Schmidt.  Ueber  Benzoltriphenazin.  —  ÌVagner,  Ueber  di  Oxy- 
dation  der  Olefine  und  der  Alkohole  der  Allylalkoholreihe.  —  Freund  und  Goldsmith, 
Ueber  die  Einwirkung  von  Phosgen  auf  Hydrazide.  —  Freund.  Ueber  einige  Derivate  der 
AethylmalonsSure.  —  Ruhemann,  Ueber  das  Amid  der  Dioxyisonicotins&ure.  —  Lossen  und 
Mierau,  Uober  die  Einwirkung  der  salpetrigen  Sàure  auf  einige  organische  Bascn  und 
tlber  Dinitrosobenzenylamidin.  —  Bischoff.  Ueber  die  Zersetzung  von  Aniliden  bei  bOherer 
Temperatur.  —  Pawlewski,  Erwiderung.  —  Otto,  Ueber  die  Einwirkung  des  Chlorkohlen- 
oxyds  auf  ameinsensaures  Natrium.  —  MeyeiC'  Bericbtigung.  —  Braun  und  Meyer.  Ueber 
die  Aldine.  —  Tomòe,  Ueber  das  Trimethylen  und  die  Bildung  des  Allylalkobols  aus 
symmetrischem  Dichlorbydrin.  —  Meyer,  Ueber  die  negative  Natur  organischer  Hadicale 
und  die  Frage  der  Existenz  wahrer  NitrosokOrper.  —  Id,  und  Oelkers,  Ueber  die  negative 
Natur  organischer  Radicale  :  Untersuchung  des  Desoxybenzoins.  —  Meyer,  Ueber  Phenyl- 
essigs&uren  und  Benzylcyanid.  —  Rattner.  Zur  Kenntniss  der  negativen  Natur  organischer 


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Radicale.  —  Schnéidewind,  Vennche  Qber  snbstìtnirbarkeit  organìscher  Verbindnngen,  die 
negatÌTe  Radicale  enthalten.  —  Pàpcke.  Ueber  die  Sabstituirbarkeit  des  Benzolns  nnd 
eìniger  Analogen  des  Desoxjbenzoins  and  Benzylcyanids.  —  KnoevenageL  Beìtr&ge  zar 
Eenntniss  der  negativen  Natar  organischer  Radicale.  —  Zi.  Ueber  Bidesyle.  —  Reissert. 
Condensationsproducte  ron  /^Anilidos&aren  (III.  Mittheilung).  —  Id.  Oondeasationsprodacte 
Yon  /^Anilidos&aren  (TV.  Mittheilang).  —  Id,  Condensationsprodacte  von  /9-Aailidos&aren 
(V.  Mittheilong).  —  Piccini.  Ueber  die  Einwirkang  des  Wasserstoffsaperozyds  aaf  die  Titan- 
sftare  (Zar  Wahrang  der  Priorit&t).  —  Boyen  von.  Ueber  Derivate  Bromengenols.  — 
Marckwaldt  Zar  Kenntniss  der  Farfuranverbindangen.  II.  —  Harpe  de  la  and  Reverdin. 
Ueber  das  Nitrosonitroresorcin.  —  WeyL  Zar  Kenntniss  der  Seide.  I.  —  Pechmann  von 
Stadien  liber  1.  2-Diketone.  —  Kiliani.  Ueber  Metaznckers&are.  —  Heymann  nnd  Koe- 
nigs.  Ueber  einige  Lepidinverbindangen.  —  Ciamician  and  Magnanini,  Ueber  die  Bildang 
der  beideii  isomeren  Tetrabromide  des  Pyrrolylens.  —  Wilm,  Zam  chemiscben  Verhalten 
des  EaliamplatincjanQrs.  —  Quincke,  Ueber  die  Reactionsprodncte  des  Acenaphtens  mit 
der  Salpeteraftare  and  einige  Derivate  derselben.  —  Levy  and  Andreocci,  Ueber  die  Ein- 
wirkang von  Phosphorpentacblorid  aaf  Saccinylobemsteinsftnre&ther. 

^Bìjdragen  tot  de  Taal-  Land-  en  Volkenkimde  van  Nederlandsch-Indié.  Yolg.  5, 
Deel  III,  2.  'S  Gravenhagen,  1888. 

Joung,  Tben  Sioe  Kim  Njong,  in  de  Westerafdeeling  van  Bomeo,  bekend  als  Njonja 
Kaptai.  In  memoriam.  —  Campen.  Beschrijving  van  de  westknst  van  bet  Noordeivschierei- 
land  van  Halemabera.  —  Wilken,  De  verbreiding  van  het  Matriarchaat  op  Sumatra.  — 
KieUtra.  Snmatra's  Westkast  van  1826-1832. 

^■Boletin  de  la  real  Academia  de  la  historia.  T.  XII,  1.  Enero  1888.  Madrid. 
Danvila,  Nnevos  datos  para  escribìr  la  historia  de  las  Cortes  de  Castilla  en  el  rei- 
nado  de  Felipe  IV.  —  Riano,  Historia  de  Baeza.  —  Gonzdles.  Archivo  hispalense.  —  de 
la  Rada  y  Delgado.  Historia  de  Cannona.  —  Fita,  Euro  (Mataró). 

^Bulletin  deTAcadémie  d'archeologie  de  Belgique.  N.  10-15.  Anvers,  1887-88. 

^Bulletin  de  l'Académie  r.  des  sciences  de  Belgique.  3*  sér.  t.  XV,  n.  2,  3.  Bru- 
xelles, 1888. 

Vanderkindere.  Sur  la  dilatura  dans  les  textes  francs.  —  Philippson,  Demière  séance 
du  Conseil  avant  le  supplice  de  Marie  Stuart,  par  le  baron  Kervyn  de  Lettenhove.  — 
Kervyn  de  Lettenhove.  Réponse  à  Tinterpellation  de  M.  Philippson.  —  La  féte  de 
la  Toussaint  à  Fotberingay.  —  Rousseau.  Léonard  de  Vinci.  —  Van  Bambeke.  Sur  des 
follicules  rencontrés  dans  Tépiderme  de  la  màchoire  supérieure  chez  le  «  Tursiops  tursio  » 
(avec  planche).  —  Renard.  Notice  sur  les  haches  en  fibrolite  trouvées  en  Espagne  par 
MM.  H.  et  L.  Siret.  —  De  Heen.  Détermination  des  variations  de  la  chaleur  spécifique 
des  liquides  au  voisinage  de  la  temperature  critique.  —  Ma^ius.  De  Tinfluence  de  pneu- 
mogastrique  sur  la  sécrétion  urinaire.  —  Lamy.  Elie  de  Nisibe,  sa  Chronologie.  —  Phi- 
lippson. Assassinat  de  Henri  Damley,  époux  de  Marie  Stuart. 

+Bulletin  de  la  Société  académique  de  Brest.  1886-87.  Brest. 

Jouan,  La  fregate  la  «Belle  Poule».  —  6^0ttfa»ctf.  Madagascar,  en  1829.—  Guickon 
de  Grand'Pont.  Ovidius  Nauticus.  —  Pradère.  Causeries  humoristiques.  —  Jouan.  La  fregate 
la  «  Belle  Poule  »  (suite  et  fin).  —  Turiault.  Jean  Dubuc  et  le  Pacte  colonial.  —  Ouichon  de 
Grand'Pont.  L'Amiral  de  Gueydon.  —  Jardin.  Mode  d'administration  à  la  fin  da  siècle 
demier.  —  Augier,  Brives-Cbarensac.  —  Le  Balle.  A  la  Muse  —  Id.  Ave  Mater  Alma.  — 
Id,  Sonnet  à  ma  Femme.  —  Id.  En  Caréme.  —  Le  Lan,  Trois  Légendes.  —  A.  C.  Cod- 
férences  et  soirées. 


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—  cxxv  — 

^Bulletin  de  la  Société  académiqae   Indo-Ghinoise  de  France.  2^  sér.  t.  II, 
AnnéeB  1882-88.  Paris,  1888-85. 

Kern.  Lea  inscriptions  khmers  recueillìes  au  Cambodge  par  M.  J.  Moura.  —  Bergaigne, 
Inscrìptions  khmers.  La  date  du  règne  de  Sùrya-Vannan.  —  Lesserteur.  Inscriptions  ghia- 
mes  de  Tancien  Ciampa.  —  SckoebeL  Histoire  des  origines  et  du  développement  des  Castes 
de  rinde  (première  partie).  —  Geniti.  Mahé  et  6oa,  d'après  un  manuscrit  ìnddìt  de  la  bi- 
bliothèque  de  M.  Tabbé  Pierfite,  cure  d'Ainvelle  (Vosges)  intitulé  :  Note  de  voyage  à  bord 
de  la  Cordillère,  par  Tabbé  Guerret,  aumAnier  de  la  Marine.  —  Delavaitd.  Journal  des 
deux  voyages  à  Siam  de  Du  Quesne-Guitton  (1681-1691),  manuscrit  inédit,  n.  12,  543,  de 
la  bibliotbèque  de  la  Mamière-Hocbefort.  —  Castonnet  des  Fosses,  Les  relations  de  la 
France  avec  le  Tongkin  et  la  Cochinchine,  d'après  des  docuraents  inédits  des  Arcbives  du 
Ministère  de  la  marine  et  des  Colonies  et  des  Arcbives  du  Dépdt  des  cartes  et  plans  de 
la  marine.  —  Bartet.  Archeologie  khmer.  —  Trau-Nguyen-Hành.  Coutumes  et  constitution 
de  la  famille  annamite.  —  Dru.  La  péninsule  malaise.  —  Projet  de  percement  de  Tisthrae 
de  Erau.  —  San-Januario.  Documents  sur  les  missions  portugaises  au  Cambodge  et  en 
Cocbinchine.  —  Bouillevaux,  Le  premiers  princes  de  TAnnam,  d'après  les  annales  indi- 
gènes  (suite  et  fin). 

^BuUetin  de  la  Société  entomologìque  de  France.  1888,  Cab.  6,  7.  Paris. 

+Biilletin  de  la  Société  géologique  de  France.  3*  sér.  t.  XV,  7,  8;  XVI,  1. 
Paris,  1887. 

XV,  7.  Goret.  Geologie  du  bassin  de  TUbaye.  —  Seunes.  Sur  quelques  Ammonites 
du  Gault.  —  Scklumòerger.  Note  sur  les  Biloculina  bullotdes  et  B.TÌngens.  —  De  Cos- 
signy.  Sur  le  Crétacé  inférieur  du  sud-est  du  bassin  de  Paris.  —  De  Lacvivier,  Sur  le  Cré- 
tacé  de  TAriège.  —  Nolan.  Note  sur  le  Trias  de  Minorque  et  de  Majorque.  —  Boussel. 
Étude  sur  le  Crétacé  des  Petites  Pyrénées  et  des  Corbières.  —  Cotteau.  Catalogne  des  Échini- 
des  recueillis  par  M.  Roussel  dans  le  terrain  crétacé  des  Petites  Pyrénées  et  des  Corbières.  — 
XV,  8.  Cotteau.  Echinides  des  petites  Pyrénées  et  des  Corbières.  —  Bertrand.  Hot  tria- 
sique  du  Beausset  (Var).  Analogie  aree  le  bassin  houiller  franco-belge  et  avec  les  Alpes 
de  Glaris.  —  Vélain.  Le  Carbonifere  dans  la  région  des  Vosges.  —  de  Mercey.  La  craie 
phosphatée  à  Belemnitella  quadrata  dans  le  Nord  de  la  France.  —  Sauvage,  Note 
sur  Tare  pectoral  d'un  Ichthyosaure  du  Lias  de  Watchet  —  de  Ztgno.  Sur  les  Siréniens 
fossiles.  —  Seunes,  Note  préliminaire  sur  la  geologie  du  département  des  Basses-Pyrénées.  — 
Gourdon.  Note  sur  les  débris  de  mammifères  du  sud-ouest  '  -  de  Rouville.  L'horizon  ar- 
moricain  dans  la  région  de  Cabrières  (Hérault).  —  Léenhardt.  Le  Crétacé  inférieur  de 
La  Clape  (Ande).  —  Douvillé.  Chamidés  et  Rudistes.  ->  XVI,  1.  Margerie  (de).  L'oeuvre 
du  Congrès  géologique  intemational  par  M.  G.-K.  Gilbert.  —  Porte,  Note  sur  les  gisements 
de  charbon  de  la  Nouvelle-Calédonie.  —  Gaudry.  Lettre  de  M.  Capellini  sur  TOurs  de 
Cassana.  —  Stuart- Menteath,  Note  sur  la  constitution  géologique  des  Pyrénées.  —  Seunes. 
Note  sur  la  geologie  des  Pyrénées-Occidentales.  —  Kilian  et  Léenhardt.  Note  sur  le  Cré- 
tacé inférieur  du  sud-est.  —  Girar  dot.  Note  sur  les  Corralligènes  jurassiques  supérieurs 
au  Rauracien,  dans  le  Jura  du  Doubs.  —  Stanislas-Meunier,  Contribution  à  la  geologie 
de  TAfrique  occidentale.  —  Tardy.  Nouvelles  Observations  sur  la  Eresse.  —  Rouville  (de), 
Les  formations  paléozoTques  de  la  région  de  Cabrières,  par  le  docteur  Frech,  de  Berlin. 

■^BuUetin  de  la  Société  imperiale  des  naturalistes  de  Moscou.  1887,  n.  4.  Moscou. 
Gustavson,  Die  organi schen  Verbindnngen  in  ihren  Beziehungen  zu  den  Haloidsalzen 
des  Alumìniums.  —  Wagner.  La  regénération  des  organes  perdus  chez  les  araignées.  — 
Ballion,  Kurze  Notìzen  flber  einige  russische  Blaps-Arten.  —  Walter,  Vorlftufìge  Diagnose 
und  Beschreibung  zweier  neuer  Branchiopoden  aus  Transkaspien.  —  Smirnow,  Énuméra- 
tion  des  espèces  de  plantes  vasculaires  du  Caucase. 


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—   CXXVI   — 

^Bulletin  de  la  Sooiété  mathématique  de  France.  T.  XYI,  2,  3.  Paris,  1888. 

Jssaly,  Nouveaui  prìncipes  de  la  théorìe  des  congraeDces  de  droites.  —  Id,  Nouvcau 

prìncìpes  de  la  théorie  des  congraences  de  droites.  —  Ferriti,  Sur  Tidentité  des  péninvar 

riants  des  formes  binaìres  avec  certaines  fonctions  des  dérivées  nnilatérales  de  ces  fonnes. 

^Bulletin  de  la  Sociétó  zoologique  de  France  1887.  Voi.  XII,  5-6;  XIII,  1. 
Paris,  1888. 

Boulanger,  Les  espèces  du  genre  Ophimore.  —  Moniez.  Sur  un  parasite  nonveau  da 
Ver  à  Soie.  —  Plateau.  Sur  le  r61e  des  palpes  chez  les  arthropodes  maxillés.  —  Cotteau, 
Sur  la  famille  des  Brissidées.  —  Chevreux.  Crustacés  amphipodes  noureaux  dragués  par 
THirondelle  pendant  la  campagne  du  1886.  —  Bigot.  Diptères  nouveaui  ou  peu  connus.  — 
Taczanowsky,  Conlributions  à  la  faune  omithologiqne  du  Caucase.  —  Cotteau.  Échinides 
noureaux  ou  peu  connus. 

^Bulletin  de  Tlnstitut  égyptien.  2*  sér.  n.  1887.  Le  Caire,  1888. 

Walther.  L'apparition  de  la  craie  aux  environs  des  pyramides.  —  Vidal  Pacha. 
Le  sol  égyptien  analysé  par  la  betterave.  —  Id,  Sur  les  quantités  dites  négatives  et  ima- 
ginaires.  —  Gay  Lussac.  Quelques  observations  sur  Temploi  des  engrais  en  Égypte.  — 
Sorelli  Bey.  Notes  à  propos  de  documents  relatifs  à  rexpédition  fran9aise  en  Égypte.  — 
Ventre  Bey.  De  la  densité  du  sucre.  —  Rossi  Bey.  Quelques  mots  sur  la  rage.  — 
Schweinfurth.  Sur  une  recente  exploration  géologique  de  TOuady  Arabah.  —  Yacouò  Ar- 
tiri  Pacha.  Note  sur  le  Dra-el-Cherl.  —  Ascherson.  Le  lac  Sirbon  et  le  mont  Gasius.  — 
Ventre  Bey.  Quelques  recherches  sur  Tare  voltalque.  —  Artin  Pacha.  Monnaies  de  Mehdy 
Mouhammed  Ahmed  du  Soudan.  —  lòrahim  Bey  Afoustapha,  La  valeur  des  intervalles 
dans  la  musique  arabe. 

+Bulletin  du  Comité  géologique.  Voi.  VI,  8-10  e  Suppl.  S.  Pétersbourg,  1887. 
Sokolov.  Compte-rendu  préliminaire  des  recherches  géologiques  faites  dans  la  partio 
septentriouale  du  gouveniement  de  la  Tauride.  —  Pavlow.  Aper^u  géologique  de  la  région 
entre  les  rivières  Swiaga,  Barysch  et  Soura  dans  le  gouvem.  de  Simbirsk.  —  Mickalsky. 
Aper9u  géologique  de  la  partie  de  sud-est  du  gouvemement  de  Kielce.  —  Krasnopolsky. 
Compte-rendu  préliminaire  des  recherches  géologiques  dans  la  partie  de  sud-est  de  la 
feuille  126.  —  Fedoroff.  Note  sur  l'origine  des  «schistes  verts»  (GrQnschiefer). 

^BuUetin  du  Comité  international  permanent  pour  rexécution  photographique 

de  la  carte  du  ciel.  Fase.  I®*".  Paris,  1888. 
^Bulletin  des  sciences  mathématiques.  2^  Sér.  t.  XII,  avril  1888.  Paris. 

Lerch.  Sur  une  formule  d'arithmétique. 
^Bulletin  of  the  Museum  of  Comparative  Zoology  at  Harward  College.  V0I.XIII, 

8  ;  XVI,  1.  Cambridge,  1888. 

Xin,  8.  Slade.  On  Certain  vacuities  or  deficiencies  in  the  Crania  of  mammals.  — 
Hobbs.  On  the  petrographical  Charaters  of  a  dike  of  diabase  in  the  Boston  basin. 

^Centralblatt  (Botanisehes).  Bd.  XXXIV,  2-5.  Cassel,  1888. 

Godlewsky.  Einige  Bemerkungen  zur  Auffi&ssung  der  Reizerscheinung  an  den  wachsen- 
den  Pflanzen. 

*Centralblàtt  ffir  Physiologie.  1888.  Aprii  15-28,  Mar*  31.  Wien. 
*Civilingenieur  (Der).  Jhg.  1888,  Heft  2.  Leipzig,  1888. 

Hiyn.  Dachbinderconstruction  tlber  einem  Maschinenhause.  —  Connert,  Mittheilnngen 
aus  dem  mechanìsch-technologischen  Laboratorium  desKOnigl.  Polytechnikums  zuDresden. — 
Land.  Ueber  die  Berechnung  und  die  bildliche  Darstellung  von  Tr&gheits-  und  Centrifu- 
galmomenten  ebener  Massenfiguren. 


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—  cxxvn  — 
+Compte  rendu  de  la  Société  de  géographie  de  Paris.  1888,  n.  7-8.  Paris. 
'^Comptearendas  hebdomadaires  de  séances  des  VAcadémie  des  sciences.  T.  CVI, 
n.  13-16.  Paris,  1888. 

13.  Bertrand.Sur  réTalaation  a  posteriori  de  la  confiance  méritée  par  la  mojenne 
d*Qiie  Bérie  de  mesores.  —  Loewy  et  Puisetix.  Théorie  noayelle  de  IMqaatorìal  condé  et 
des  équatoriauz  en  general.  Termes  dépendant  de  la  sitaation  da  miroir  eztériear.  Forrnn- 
les  générales.  —  Schlassing.  Sur  les  relations  de  Tazote  atmosphériqae  aree  la  terre  vege- 
tale. ^  Berthelot  et  André.  Sur  Tabsorptìoii  des  matières  salines  par  les  T<<gétaax.  Ace- 
tato et  azotate  de  potasse.  —  de  Jonquières,  Construction  géoraétrique,  par  denz  faisceauz 
projectifs,  de  la  snrface  da  troisième  degré  déterminée  par  diverses  conditions  données.  — 
Mouchez,  Nouvelles  nébalenses  remarquables,  découvertes,  à  Faide  de  la  photographie,  dans 
les  Pléiades,  par  MM.  Henry.  —  Id,  Travanz  préparatoires  ponr  Tezécution  de  la  Carte 
photographiqne  da  elei.  Publication  d'an  Balletin  special.  —  Berthelot.  Traitement  des 
sables  aorifères^  par  amalgamation,  chez  les  anciens.  CoUection  des  alchimistes  grecs.  — 
de  Lssseps  donne  qnelqnes  nouvelles  indications  sur  les  travauz  du  canal  maritime  de  Pa- 
nama. —  Bigourdan.  Observation  de  la  comète  a  1888,  faite  à  TObservatoire  de  Paris 
(équatorial  de  la  tour  de  TOuest).  —  Périgaud,  Nouveau  bain  de  mercure,  pour  Tobser- 
vation  da  nadir.  —  Wolf  appello  Tattention  des  astronomes  et  des  physiciens,  sur  Tezpé- 
rience  de  M.  Périgaud.  —  Hatt*  Sur  Té^aluation  des  erreurs  inhérentes  au  système  des 
coordonnées  rectangulaires.  —  Carvallo.  Sur  Tapplication  de  la  méthode  des  moindres 
carrés.  —  Kcenig».  Sur  la  dìstribution  des  volumes  engendrés  par  un  contour  ferme,  tour- 
nant  autoar  de  toutes  les  droites  de  Tespace.  —  Gouy.  Sur  les  actions  électrostatiques 
dans  les  liqnides  conducteurs.  —  Krebs.  Essai  d'un  moteur  électrique  alimenté  par  des 
accumulateurs  destinés  à  un  bateau  sous-marin.  —  de  Laòouret.  Sur  la  propagation  du 
son  produit  par  les  armes  à  feu.  —  André,  Sur  quelques  combinaisons  ammoniacales  des 
sels  de  nickel.  —  de  Forcrand  et  Villard.  Sur  la  formation  Jes  hydrates  de  gaz.  —  Sckeu- 
rer-Kestner.  Expériences  sur  Temploi  du  calorimetro  Thompson  pour  la  détermination  du 
pouvoir  calorifìque  pratiqne  de  la  houille.  —  Gautier  et  Drouin.  Becherches  sur  la  fiza- 
tion  de  Tazote  par  le  sol  et  les  végétauz.  —  Baeine.  Sur  quelques  dérivés  de  Tacide  or- 
thoaldéhydophtalique.  —  Boucfieron.  Surdit^  pour  les  harrooniques  de  la  parole,  dans  Toto- 
piésis.  —  Poncet,  Sur  une  nouvelle  déformation  des  mains  chez  les  verrìers;  mains  en 
crochet.  —  Sahatier.  Sur  les  formes  de  spermatozoTdes  de  TElédone  musquée.  —  Petit. 
Note  complémen taire  sur  Tanatomie  du  pétiole  des  Dicotylédones.  —  Dolio  et  Buisseret. 
Sur  quelques  Paléchinides.  —  Rolland.  Les  atterrìssements  anciens  du  Sahara,  leur  àge 
pliocène  et  leur  synchronisme  avec  les  formations  pliocènes  d'eau  douce  de-  TAtlas.  — 
Démoulin.  Nouvelles  indications  sur  la  nature  cosmiqne  de  certaìnes  poussières  de  Tair.  — 
Saint'Loup.  Sur  la  trisection  de  Tangle.  —  14.  Bertrand.  Sur  Terreur  à  craindre  dans 
Tévaluation  des  trois  angles  d'un  triangle.  —  Lcewy  et  Puiseux.  Théorie  nouvelle  de  Téquar 
torial  coudé  et  des  équatoriauz  en  general.  Procédés  nouveauz  pour  rorientation  de  Taze 
polaire.  Étude  de  la  flezion  du  bras.  —  Wolf.  Bésultats  des  comparaisons  de  la  toise  du 
Pérou  au  mètro  international,  ezécutées  au  Bureau  intemational  des  Poids  et  mesures  par 
M.  BenoSt.  —  Schkesing,  Sur  les  relations  de  Tazote  atmosphériqae  avec  la  terre  vege- 
tale. —  Dehérain,  Sur  la  fabrication  du  fumier  de  ferme.  —  Faye.  Sur  le  blizzard  des  11 
et  12  mars  dernier  auz  Etat»-Uni8.  —  Cayley.  Note  sur  les  surfaces  minima  et  le  théo- 
rème  de  Joachimsthal.  —  Bigourdan.  Sur  une  disposition  qui  permettrait  Temploi  de  puis- 
sants  objectifs  dans  les  observations  méridiennes.  —  Charlois,  Observations  de  la  comète 
Sawerthal,  faites  à  TObservatoire  de  Nice  (équatorial  de  Gautier,  de  0™,38  d'ouverture).  — 
Jung.  A  propos  de  deuz  Communications  récentes  de  M.  J.  Bertrand,  sur  la  probàbilité 
du  tir  à  la  cible.  —  VioUe  et  Vautier.  Sur  la  vitesse  du  propagation  du  son.  —  Forel. 


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—   CXXVIII  — 

Expériences  photographiqnes  sur  la  pénétration  de  la  lamière  daus  les  eaux  da  lac  Léman.  — 
Ckappuis,  Sur  les  chaleurs  latentes  de  vaporisation  de  qaelqaes  sabstanceB  très  volatiles.  — 
Le  Chatelier,  Sar  les  lois  de  Téquilìbre  chimiqae.  —  Amattd,  Sar  la  matière  cristalllsée 
active  des  flèches  empoìsonnées  des  i^omalis,  extraìte  da  bois  A'On&hBXo.  —  Levalloig.  In- 
flaence  des  engrais  chimiqaes  sur  la  composition  de  la  graine  da  Soja.  —  Brulle,  F&lsifi- 
cations  des  hailes  d'olive.  —  Oodefroy,  Sar  une  méthode  simple  et  usuelle,  poar  déceler 
et  pour  doser  les  impuretés  contenaes  dans  les  alcool»  d'industrio.  —  Leplay,  Sor  la  for- 
ni ation  des  acides  organiques,  des   matières   organiqaes  azotées  et  da  nitrato  de  potasse, 
dans  les  différentes  parties  de  la  betterave  en  végétation  de  première  année.  par  Tabsor- 
ption  par  les  radiculcs  des  bicarbonates  de  potasse,  de  chaux  et  d'ammoniaque.  —  Lépin^ 
et  Porterei,  De  Tinfluence  qa*exercent  les  substances  antipyrétiqaes,  et  en  partìculier  Pan- 
tipyrine,  sur  la  teneur  du  foie  en  glycogène.  —  Dupuy.  Expériences  sur  les  fonctions  mo- 
trices  du  cerveau.  —  Dor.  Pseudo-tuberculose  bacillaire.  —  PeUeneer.  Les  Pélécypodes 
(ou  Lamellibranches)  sans  brancbies.  —  LijLcroix,  Sur  la  syénite   éléolitbique   de  Ponzac 
(Hautes-Pyrénées).  ~  de  Tillo.  Sur  le  déplacement  des  grands  centres  d'action  de  Tatmo- 
sphère.  —  15.  Mouchess,  Observations  des  petitcs  planètos,  faites  au  grand  instrument  mé- 
ridieu  de  TObservatoire  de  Paris  pendant  les  troisième  et  quatrième  trimestres  de  Vumée 
1887.  —  Bertrand.  Sur  les  lois  de  mortalité  de  Gompertz  et  do  Mekeham.  —  Bomsinesq. 
Equilibro  d'élasticité  d'un  solide  sans  pesanteur,  homogène  et   isotrope,  dont  les  parties 
profondes  soint  maintenue  fixes,  pendant  quo  sa  surface  éprouve  des  pressions  ou  des  de- 
placements  connus,  s'annulant  hors  d'une  région  restrcinte  où  il  sont  arbitraires.  —  Ber- 
tkelot.  Observations  sur  la  fixation  de  Tazote  par  certains  sols  et  terres  végétales.  —  Cùilletet. 
Nouveau  thermomètre  à  gaz.  —  Bigourdan.  Observations  de  la  comète  Sawerthal  {a  1888), 
faites  à  TObservatoire  de  Paris  (équatorial  de  la  tour  de  TOuest).  —  Trépied  et  Sy,  Ob- 
servations de  la  nouvelle  planète   Palisa  (découverte  le  3  avril  1888),  faites  à  TObserva- 
toire  d'Alger  au  tólescope  de  0™,50.  —  Rayet  et  Courty,  Observations  de  la  comète  Sa- 
werthal, faites  à  Téquatorial  de  0™,  38   de   TObservatoire  de  Bordeaux.  —  Pellet  Sur  la 
formule  de  Fourier  et  ses  analogues.  —  Demartres.  Sur  les  courbes  de  M.  Bertrand,  cod- 
sidérés  comme  lignes  géodésiques  de  surfaces  cerclées.  —  Bougaief,  Sur  les  fonctions  di- 
scontinues  logarithraiques.  —  Loir.  Caractère  de  la  divisibilité  d'un  nombre  par  un  nombre 
premier  quelconque.  —  Lucas.  Résolution  des  équations  par  l'électricité.  —  Quantin,  Action 
du  tétrachlorure  de  carbone  sur  le  composés  oxygénés  minéraux  exempts  d'hydrogène.  — 
Leidié.  Sur  le  sesquichlorure  de  rhodium.  —  Saint-Edme.  Sur  la  passivité  du  fer  et  da 
nickel.  —   Varet.  Action  du  cyanure  de  zinc  sur  quelques  chlorures.  —  ffaller.  Synthèses 
au  moyen  de  l'éther  cyanacétique  :  II.  Homologues  supifrieurs  de  l'éther  acétylcyanacétique.  — 
Renard.  Sur  les  hydrocarbures   qui    accompagnent  le   ditérébenthyle  dans  des  huiles  do 
rèsine.  —  Petit.  Chaleur  de  formation  de  l'aniline.  —  Henry.  Su  la  volatilità   dans   les 
composés  carbonés  polyoxygénés.  —  Scheurer-Kestner.  Chaleur  de  combustion  de  la  houillo 
da  nord  de  la  Franco.  —  Duroziez.  Sphincter  du  trou  ovale.  —  Rietsck  et  Jobert.  L'epi- 
demie des  porcs  à  Marseille,  en  1887.  —  Gautier  et  Drouin.  Recherches  sur  la  fixation 
de  l'azoto  par  le  sol  et  les  végétaux.  —  Gorgeu.  Sur  une  pseudomorphoso  de  l'acerdèse. 
Production  artifìcielle  de  la  pyrolusito. —  VerneuiL  Recherches  •  sur  la  blende  hexagonale 
phosphorescente.  —  Poincaré,  Relations  entre  les  mouvoments  baromótriques  et  les  posi- 
tions  de  la  lune  et  du  soleil.  —  NoguH.  Sur  la  vitesso  de  transmission  des  ébranlomonts 
souterrains.  —  16.  Bertrand,  Sur   la  méthode   des   muindres  carrés.  —  Janssen,  Sur  les 
spectres  de  l'oxygène.  —  Bowsinesq,  Équilibre   d'élasticité   d'un   solide   sans   pesanteur, 
homogène  et  isotrope,  dont   les   parties  profondes   sont  maintonues  fixes,  pendant  quo  sa 
surface  éprouve  des  pressions   ou   des  déplacements  connus,  s'annulant  hors  d'une  région 
restreinto  où  ils  sont  arbitraires.  —  Schlcesing.  Sur  les  relations  de  l'azoto  atmosphérique 
avec  la  terre  vegetale.  Réponse  aux  observations  de  M.  Berthelot.  —  Perrin.  Sur  quelques 


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—   CXXIX  — 

familles  d'op^rateurs  différentìels.  —  Fouret.  Sur.  une  soorce  d'équations  algébriqn^  ayant 
tontes  lears  racines  réelles.  —  Paraf.  Sur  deux  théorèmes  de  Jaoobi  relatifs  au  lignea  gèo- 
désiques.  —  Bonnet.  Observations  relatìves  à  la  Conimunicafìon  précédente.  —  Cesavo. 
Sur  deux  récentes  Communications  de  M.  Jensen.  —  Guyou.  Sur  une  solution  élémentaire 
du  problème  du  gyroscope  de  Foucault.  —  Mathias.  Sur  un  nouvelle  méthode  de  mesure 
de  la  cbaleur  de  vaporisation  des  gaz  liquéfiés.  —  Stoletow,  Sur  une  sorte  de  couranta 
électriques,  provoqués  par  les  rayons  ultra-violets.  — -  Berget.  Sur  la  varìatìon  de  la  con- 
ductibilité  calorifìque  du  raercure  avec  la  temperature.  — .  Pollak.  Régulftteur  de  lumière 
électrique  fonde  sur  la  dilatation  thermique  des  fils  conducteura.  —  ^smonrf.  Contribution 
à  Tétude  des  fontes.  -*  Hugounenq  et  MoreL  Sur  un  carbonate  sodico-potassique.  —  Scheu- 
rer-Kestner.  Chaleur  de  combustion  de  la  houille  du  nord  de  la  France  (bitssin  de  Cbar- 
leroi).  —  Vignon,  Thennochimie  des  composés  diazolques.  —  Henry,  Sur  la  volatilité  dans 
les  composés  carbonés  polyoxygénés.  —  Chautard.  Sur  la  cyanaldéhyde.  —  Lafont  Action 
des  acides  et  des  anhydrides  sur  les  terpilénols.  —  Haller.  Synthèses  au  moyen  des 
éthers  cyanacétiques.  IH.  Éthers,  benzol,  orthotoluol  ot  paratoluolcyanacétiques.  —  Oautier 
et  Drouin.  Recherches  sur  la  fixation  de  Tazote  par  le  sol  et  les  végétaux.  —  Liebreich, 
Sur  la  fonctìon  biologique  des  éthers  cholestériques  nommés  lanoline.  —  Fol.  Sur  la 
répartition  du  tissu  musculaire  strie  cbez  divers  invertébrés.  —  Oiard,  Sur  les  Nepbro- 
myces,  genre  nouveau  de  Champighons  parasites  du  rein  des  Molgulidées.  —  Viguier. 
Sur  l'oligocène  du  bassin  de  Narbonne  et  la  formation  des  couches  à  végétaux  d'Armissan.  — 
Tsckerning.  Étude'  sur  la  posìtion  dù  crìstallin  de  TobìI  humàin.  —  Straw  et  Sanchez 
Toledo.  Recherches  bactériologiques  sur  Tutérus  après  la  parturìtion  physiologique.  — 
Galtier,  Nouvelles  expériences  sur  Tinoculation  antirabique,  en  vue  de  préserver  les  ani- 
maux  herbiyores  de  la  rage  à  la  suite  des  morsurcs  de  chiens  enragés.  —  Luvini.  Les 
cyclones  et  les  trombes. 

^Gosmos.  Bevue  des  scìences  et  de  leurs  applications.  37®  année,  S.  N.  n.  154- 

171.  Paria,  1888. 
^Hsbìctììi  PlMnepaTopcKaro  PyccKaro  reorpa(j)HqecKaro  OsmecTEa.  Tomi  XXIII. 

6.  1887.  C.-IleTepóypr-B,  1888. 

Ky3HEII,0B'b.  UpnpoAa  h  SHrejiH  BOCTOHnari^  ciuona  ciBepnaro  Ypaja.  —  THXIO. 
PacnpeAi^eide  ^enrpoBi»  uaTepHKOBii  na  noBepxHocTH  aeHHoro  mapa. 

'^  Jahrbuch  neber  die  Fortschrìtte  der  Mathematik.  Bd.  XYII,  2.  Berlin,  1888. 

'^'Jahresbericht  (XIII)  der  Gewerbeschule  za  Bistritz.  1886-87.  Bistrìtz. 

+ Jornal  de  sciencias  mathematicas  e  astronomicas.  Voi.  VIII,  3.  Coimbra,  1887. 

Le  Pont,  Deuxième  Note  de  calcul  integrai.  —  Outzmer.  Remarques  sur  la  théorie 
des  séries. 

^Journal  (American  Chemical).  Voi.  X,  2.  Baltimore,  1888. 

Cooke  and  Rickards,  The  Relative  Values  of  the  Atomic  Weights  of  Hydrogen  and 
Oxygen.  —  ffaynes.  Note  on  the  Absorption  of  Ammonia  by  Acid  Solution  in  Nitrogen 
Detemiinations  with  Soda-Lime.  —  Atwater  and  Ball,  On  Certain  Sources  of  Loss  in  the 
Determination  of  Nitrogen  by  Soda-Lime.  —  Clarice.  The  Chemical  Structure  of  the  Na- 
turai Silicates.  -—  Norton  and  IVestenhoff.  On  the  Amine  Salts  of  Benzene-Sulphonic  Acid.  — 
Id.  and  Schmidt.  On  Some  New  Metallic  Salts  of  Benzene-Sulphonic  Acid.  —  Id,  and  Otten, 
On  the  Amine  Salts  of  Para-Toluene-Sulphonic  Acid.  —  Novy,  Some  Higher  Homologues 
of  Cocaine.  —  Morse  and  Burton,  On  the  Supposed  Dissociation  of  Zino  Oxide,  and  the 
''  Condition  of  the  Atmosphere  within  a  Platinum  Vessel  heated  by  a  Gas  Flame.  —  Id.  id, 
A  Method  for  the  Separation  and  Determination  of  Borie  Acid.  —  Michael  Preliminary 
Note  on  the  Constitution  of  Sodium  Acetacetic  and  Malonic  Éthers. 

Bullettino-Rendiconti..  1888,  Vol.  IV,  2°  Sem.  17 


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—  cxxx  — 

+ Journal  (Thie  American)  of  Archaeology  and  of  the  history  of  fine  ats.  Voi.  Ili, 
n.  3.  Baltimore/ 1887. 

Emerson.  The  Portraiture  of  Alexander  the  Qnat:  A  terracotta  Head  in  Munich  (II).  — 
Merriam,  Painted  sepulchral  Stelai  from  Alexandria.—  Wood,  The  Boston  Cubit.  —  Goodyear, 
Egyptian  origin  of  the  Ionie  Capital  and  of  the  Anthemion.  —  Merriam.  Greek  Inscriptions 
Published  in  1886-87.  —  Marquand,  A  Silver  Patera  from  Kourion.  —  Hayes  JVard.  Notes 
on  Orientai  Antiquities.  IV.  An  Eye  of  Nabu.  V.  A  Babylonian  Bronzo  pendant.  VI.  The 
Stone-Tablet  of  Abn-Habba.  —  Ramsay,  Antiquities  of  southern  Phrygia  and  the  Border- 
land8(I).  —  Schreiher,  Mittheilungen  aus  Italianischen  Museen.  —  Lewis,  The  Old-Port 
Earthworks  of  Greenup.  County,  Kentucky.  —  Hayes  Ward,  Assyro-Babylonian  Forgciy. 
II.  The  Sund-God  on  Babylonian  Cylinders. 

♦Journal  (The  American)  of  science.  Voi.  XXXV,  N.  208.  New  Haven,  1888. 
Beli  The  Absolute  Wave-length  of  Light.  —  Dana,  History  of  the  changes  in  the 
Mt.  Loa  Crat«rs.  —  Nickols  and  Franklin,  The  Electromotive  Force  of  Magnetization.  — - 
Hillebrand  and  Washington,  Notes  on  certain  rare  Copper  Minerals  from  Utah.  —  Wal- 
coti.  The  Taconic  System  of  Emmons,  and  the  use  of  the  name  Taconic  in  Geologie  no- 
menclature. —  McGee,  Three  Formations  of  the  Middle  Atlantic  Slope.  —  Kemp,  Diorite 
Dike  at  Forest  of  Dean,  Grange  County.  —  Stewens,  New  Lecture  Apparatus  for  deter- 
mination  of  Reflection  and  Befraction. 

■^Journal  de  l'École  polytechnique.  Cah.  LVII.  Paris,  1887. 

Hugoniot,  Sur  la  propagation  du  mouvement  dans  les  corps,  et  spéeialement  dans 
les  gaz  parfaits.  —  Moutier,  L'energie  libre  et  les  changements  d'état.  —  David,  Dére- 
loppement  des  fonctions  implicites.  —  Humbert,  Sur  les  arcs  des  courbes  planes  algébri- 
ques.  —  Liouville,  Sur  quelques  équations  différentielles  non  linéaires. 

+ Journal  de  Physique  théorique  ed  appliquée.  2®  sér.  t.  VII.  Ayril  1888,  Paris. 
PéroU  Sur  la  mesure  du  volume  spécifique  des  yapeurs  saturées  et  la  détermination 
de  Téquivalent  mécanique  de  la  chaleur.  —  Brillouin.  Chaleur  spécifique  pour  une  transfor- 
mation  quelconque  et  thermodynamique.  —  Righi.  Phénomènes  électriques  produita  par 
les  radiations.  —  de  ffeen.  Note  touchant  un  travail  de  M.  Grimaldi  «  sur  la  dilatabilité 
thermique  des  ììqnides  n ,  —  Duhem.  Sur  la  liquéfaction  de  Tacide  carbonique  en  présence 
de  Tair. 

'^Journal  far  die  reìne  mid  angewandte  Mathematik.  Bd.  CHI,  1.  Berlin,  1888. 
August,  IJeber  die  Rotationsflftche  kleinsten  Widerstandes  und  tlber  die  gflnstigste 
Form  der  Geschossspitzen  nach  Newtonschen  Theone.  —  Knoblauch,  Ueber  Fundamen- 
talgrOssen  in  der  Flàchentheorie.  —  Id.  Ueber  die  Bedingung  fOr  die  Isometrie  der  Krftm- 
mungscurven.  —  Kòtter.  Anwendung  der  A  b  e  Ischen  Functionen  auf  ein  Problem  der  Statik 
biegsamer,  unausdehnbarer  Fl&chen.  —  Scheibner,  Ueber  cine  Transformationsformel  fUr 
Doppelintegrale.  —  Pincherle,  Sur  la  nature  arithmétique  des  coefBcients  des  séries  inté- 
grales  des  équations  différentielles  linéaires.  —  Heymann,  Bemerkung  flber  elliptische 
Integrale. 

*  Journal  (The)  of  Comparative  Medicine  and  Surgery.  Voi.  IX,  1,  2.  New 
York,  1888. 

^Journal  of  the  Chemical  Society.  N.  CCCV.  Aprii  1888.  London. 

Divers  and  Michitada  Kawakita,  On  the  Composition  of  Japanese  Bird-lime.  — 
Debtis.  Chemical  Investigation  of  Wackenroder's  Solution,  and  Explanation  of  the  Formaiion 
of  ita  Constituents.  —  Brauner,  Note  on  the  Density  of  Cerium  Sulphate  Solutions.  — 
Frankland,  A  Gasometric  Method  of  Determining  Nitrous  Acid.  —  Id,  The  Action  of  some 
Specific  Micro-organisms  on  Nitric  Acid.  —  Purdie  and  Marshall,  Action  of  Alcohols  ou 


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—   CXXXI  — 

Ethereal  Salta  in  Presence  of  Small  Onantities  of  Sodìc  Alkylates.  —   Couldridge,  Some 
Interactions  of  Nitrogen  Chlorophosphide.  —  Stuart  Action  of  Phosphorus  Penthacloride 
on  Salicylaldebyde.   —  Werner,   Reaearches   on    Chrom-organic   Acids.   Part  IT.  Certain 
Chromoxalates.  Red  Series. 
■^Journal  of  the  royal  Microscopical  Society.  1888,  part  2.  Aprii.  London. 

Massee.  On  the  Type  of  a  new  order  of  Fungi.  —  Dallinger.  The  President's  Address. 
+ Lumière  (La)  électrique.  T.  XXVIII,  n.  14-17.  Paris. 
^  Mémoires  du  Comité  géologique  de  S.  Pétersbourg.  Voi.  II,  4-6  ;  III,  3.  S.  Pé- 
tersbourg,  1887. 

II,  4.  Schmalhausen.  Die  Pflanzenreste  der  Artìnskischen  uDd  Permischen  Ablage- 
rnngen  im  osten  des  Enrop&ischen  Russlands.  —  II,  5.  Pavlow.  La  Presqu'ile  de  Samara 
et  lea  Gegonlia.  —  HI,  8.  Tschemy scheto.  Die  Fauna  dea  Mittleren  und  oberen  Deyon  am 
Weat-Abbange  dea  Tirala. 

^Memoires  et  compte  renda  des  travaux  de  la  Société  des  ingénienrs  civils. 
Mars  1888.  Paris. 

Le  Brun,  Mémoire  sur  les  améliorations  à  apporter  aux  établisaementa  maritimea  de 
la  Seine.  —  Quinette  de  Rochemont.  De  Tamélioration  du  port  du  Havre  et  dea  paaaea 
de  la  Baaae-Seine.  —  Cerbelaud.  Note  aur  un  appareil  de  auspeuaion  axial  pour  le  tran- 
sport  dea  blesaéa  en  campagne,  ayatème  de  M.  le  docteur  Gayoy.  —  Durassier.  Le  Congrèa 
de  rinduatrie  minerale  dans  Test  de  la  France  et  en  Belgìque. 

^Memorias  de  la  real  Academia  de  ciencias  exactas,  flsicas  y  naturales.  T.  XII, 

XIII,  1.  Madrid,  1887. 

Rojas.  Eatndio  elemental  teorico-practico  de  laa  maquinaa  dinamo-electricaa.  —  QraelU, 
Teoriae,  suposicionesi  discordanciaa,  miaterios,  comprobaciones  e  ignorancia  sobre  cuestio- 
nea  biologico-ontogénicaa  y  fiaiologicaa  de  loa  afidios. 
^Mittheilnngen  der  Anthropologischen  Gesellschaft  in  Wien.  Bd.  XVIII,  1. 

Wien,  1888. 

Hall,  Ueber  die  in  Voralberg  vorkommenden  Sch&delformen.  —  Wintemitz.  Der  Sa^ 
pabali  ein  altindiacher  Schlaugencult 
^Mittheilungen  des  Anthropologischen  Vereins  in  Schleswing-Holstein.  Heft  1. 

Eiel,  1888. 

Anagrabungen  bei  Immenatedt. 
^Mittheilungen  des  Omithologischen  Vereines  in  Wien.  Jhg.  XII,  4.  Wien,  1888. 
^Mittheilungen  (Monatliche)  ans  dem  Gesammtgebiete  der  Naturwissenschaften. 

Bd.  VL  Berlin,  1887. 

Hering,  Ueber  Diainfectiona-Mittel  und  Diainfectionamethode.  —  Wemecke,  Beitrag 
zur  Kenntnias  der  Erregung  von  Magnetiamua  unter  dem  Einflusae  dea  Erdmagnetismua.  — 
Tòllner,  Ueber  die  practiache  Verwendung  der  Meereaalgen.  —  Wiehecke,  Ueber  Torf  ala 
Verbandmittel  und  Zuaatz  zu  den  Fftcalien.  —  Dreger,  Darstellung  der  Verschiedenen . 
Theorien  der  Tonnerfllecken.  —  ffuL  Ameiaen  ala  Pflanzenschutz.  —  Hoeck,  Die  Heiniath 
der  Angebauten  HQaenfrachte.  —  Wiebecke.  Boden  und  Krankheìt  —  Id,  Geschichtliche 
Entwicklung  unserer  Kenntniss  der  Ptomalne  und  verwandter  KOrper.  —  Meyer,  Die  Be- 
deutung  der  Bacterien  fflr  die  Eeimung  der.Pflanzen.  —  Funcke,  Ueber  Gletscher  im  Allge- 
meinen  und  ueber  den  Gletachergarten  in  Luzem.  —  v.  Blomberg.  Die  FQtterung  dea 
Wildea  in  atrengen  Wintern.  —  Monkemeyer,  Betracbtungen  Uber  daa  tropiache  Weat- 
Airika.  —  Neuhatu.  Die  Ameiaen  der  Mark  Brandenburg.  —  Jltfth,  Myrmekophile  und 
myrmelophobe  Pflanzen. 


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—   OXXXH  — 

^^Monatseblatter  des  Wissenschaftlichen  Club  in  Wien.  Jhg.  IX,  7.  Wien,  1888. 

^Nature.  Voi.  XXVII,  n.  942-964.  London,  1887-88. 

^Naturforscher  (Der).  Jhg.  XXI,  12-17.  Tùbingen,  1888.  i 

*Notices  (Monthly)  of  the  r.  Astronomical  Society.  Voi.  XL Vili,  5.  London,  1888. 
Airy,  The  numerical  lunar  theory.  ~  Glasenapp,  Orbit  of  the  binary  star  X  Ophiu- 
chi,  —  Johnson.  Southern  doublé  stars.  —  Gore.  On  the  orbit  of  70  (p)  Ophiuchi.  — 
Id.  Observations  of  the  variable  star  S  (10)  SagittcB.  —  Franks.  Introdnctìon  to  a  Ca- 
talogue  of  the  mean  colonrs  of  758  stars;  with  an  appendix,  contaìning  the  coloursof  26 
southern  stars.  —  Dreyer.  Occultations  of  stars  dnring  the  total  t?clipse  of  the  Moon  1888, 
Jannary  28,  obserred  at  the  Armagh  Observatory.  —  Rambaut,  The  total  lunar  eclipse 
of  1888,  Jannary  28,  observed  at  the  Dunsink  Observatory.  —  Glasgow  Observatory.  Ob- 
serrations  of  stars  made  in  connection  with  the  total  eclipse  of  the  Moon  of  1888,  Ja- 
nnary 28.  —  Hartnup.  Occultations  of  stars  observed  at  Liverpool  Observatory,  Bidston, 
Birkenhead,  during  the  total  eclipse  of  the  Moon,  1888,  Jannary  28.  —  Radcliffe  Obser- 
vatory. Observations  of  occultations  of  stars,  made  during  the.  total  lunar  eclipse  of  1888, 
Jannary  28.  —  University  Observatory.  Observations  of  stars  occulted  by  the  Moon  du- 
ring the  eclipse  of  1888,  Jannary  28.  —  Perry.  Total  eclipse  of  the  Moon,  1888,  Ja- 
nnary 28,  — ■  Tupman.  Occultations  observed  at  Harrow  during  the  total  eclipse  of  the 
Moon,  1888,  Jannary  28.  —  Crossley.  An  improved  centering  tube  for  reflecting  tclesco- 
pes.  —  Doberck.  Telegraphic  determination  of  the  longitude  of  Haiphong.  —  Marth. 
Ephemeris  for  physical  observations  of  the  Moon  for  the  nine  lunations  from  Aprii  12  to 
the  end  of  1888.  —  Gill  Comet  Sawerthal,  1888. 

^Pamietnik  Akademii  Umiejetnosci  w  Krakowie.  Wydz.  Mat.-Przjr.  T.  XIII. 
W  Krakowie,  1887. 

^Rapporto  annuale  deirOsservatorio  marittimo  diT^rieste  per  l'anno  1885.  Voi.  IL 
Trieste,  1887. 

+Records  of  the  geological  Survey  of  India.  Voi.  XXI,  1.  Calcutta,  1888. 

Middlemiss.  Crystalline  and  Metamorphic  Rocks  of  the  Lower  Himalaya,  Garhwal, 
and  Kumaon,  Section  III.  —  Carpenter.  The  Birds-Nest  or  Elephant  Island,  Mergui  Archi- 
pelago.  -^  Oldham.  Memorandum  on  the  results  of  an  Exploration  of  Jessalmer,  with  a 
wiew  to  the  discovery  of  Goal.  —  Warth.  A  Facetted  Pebble  from  the  Boulder  Bed 
("Speckled  Sandstone")  of  Mount  Chel  in  the  Salt-Range  in  the  Punjab.  —  Jones.  Exa- 
mination  of  Nodular  Stones  obtained  by  trawling  off  Colombo. 

^Repertorium  der  Physik.  Bd.  XXIV,  8.  Mùnchen-Leipzig,'1888. 

van  Aubel.  Ueber  den  Einfluss  des  Magnetismus  und  der  Witrme  auf  den  elektri- 
schen  Widerstand  des  Wismuths  und  dessen  Legirungen  mit  Blei  und  Zinn.  —  Fuchs. 
Ueber  Verdampfung.  —  Pernter.  Ueber  die  baroroetrische  Hohenmessformel.  —  Hàussler. 
Die  Rotationsbewegung  der  Atorae  als  Ursache  der  molecularen  Anziehung  und  Ab- 
stossung.  —  Handl.  tìraphische  Darstellung  der  Linsenfurmel.  —  Kurtt,  Ueber  Messungen 
der  irdischen  Schwerkraft. 

^Report  (Annual)  of  the  Torkshire  Philosophical  Society.  1887.  York. 
^Resumé  des  séances  de  la  Société  des  ingénieurs  civils.  Séances  du  6  et  20 

avril  1888.  Paris. 
^Reyista  de  los  progresos  de  las  ciencias  exactas,  fisicas  y  naturales.  T.  XXII,  4. 

Madrid,  1887. 

Echegaray.  Estudios  sobre  etectro-estatica  y  electro-dinàmica. 


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—  cxxxin  — 

Rerae  historique.  T.  XXXVII,  1.  Paris,  1888. 

Philippson,  Études  sur  rhistoire  de  Marie  Staart  Lea  letires  de  la  cassette.  Saite  : 
les  historiens  contemporains.  —  Nisard,  Des  poésies  de  sainte  Radegonde  attrìbuée  jusqa*ici 
à  Fortnnat  —  Babeau.  Le  dae  d'Enghien  gouvemeurde  Champagne.  —  Ahnfelt.  La  diplo- 
matie  russe  à  Stockholm  en  décembre  1810.  —  Du  Casse.  La  reme  Catherine  de  West- 
phalie,  soD  journal  et  sa  correspon dance.  Saite. 

'^Bevne  intemationale  de  Téleetricité  et  de  ses  applications.  T.  YI,  55,  56. 

Paris,  1888. 
^Beyne  (Nouvelle)  historique  de  drait  franpais  et  étranger.  12^  année,  mars- 
ayril  1888.  Paris. 

Beaudomn.  La  participation  des  hommes  lìbres  au  jugement  dans  le  droit  frane. 
5*  Les  scabins.  6**  Procedure  ordinaire  et  procedure  extraordinaire.  —  Léouzon  Le  Due, 
Le  re'gime  de  Thospitalité  chez  les  Burgundes.  —  Fsm^n.  Le  serment  promissoire  dans 
le  droit  canonique.  —   Tardif.  Un  mémoire  de  Guillaume  Du  Breuil.  . 

^Revue  politique  et  littéraire.  T.  XLI,  n.  14-17.  Paris. 

+Revue  scientìfique-  T.  LXI,  n.  14-17.  Paris,  1888. 

^'Bundschaa  (Natarwissenschaftliche).  Jhg.  Ili,  n.  15-18.  Tabingen,  1888. 

*3anHCKH  BocTO^Haro  OrxbjiemK  HMn.  PyccKaro  Apxeo-iorHiiecKaro  OsmecrBa. 

T.  I,  II,  1-2.  CaHKTnerepBypr'B,  1886. 
^3anHCKH  HMpep.   PyccKaro  ApxeojiorH^ecKaro   Osmecra.   T.  II.    CaHKTne- 

Tepsyprb.  1887. 
*3anHCKH  OTA'kjiemH  Pvcckoh  h  CjaBancKOH  ApKcojioriH  hmd.  PyccKaro  Apxeo- 

jormecKaro  06in;ecTBa.  T.  IV.  C.-IleTepfiypr'B,  1887. 

^Transactions  of  the  New  York  Academy  of  Science.  VoL  IV,  1884-85.  New 

York,  1887. 
•^Verbandlungen  der  k.  k.  geologischen  Beichsanstalts.  1887,  n.  17-18;  1888, 

n.  1-4.  Wien. 
*VerhandIimgen  der  k.  k.  zool.-bot.  Gesellschaft  in  Wien.  Bd.  [XXXVIII,  l. 
Wien,  1888. 

Beling.  Beitrag  zur  Metamorphose  einiger  zweiflQgeliger  Insecten  aus  der  Familie 
Tabanidae,  Empidae,  Syrphidae.  —  Heller.  Die  postembryonalen  Entwicklungs- 
stftnde  des  Dermestes  perurianus  Cast.  --  Latzel,  Von  Dr.  J.  Karlinski  in  Bosnien, 
in  der  Herzegowina  und  in  Novibazar  gesammelte  Myriopoden.  —  L6w,  Uebersicht  der 
Psylliden  Ton  Oesterreich-Ungarn  mit  Einschluss  von  Bosnien  und  der  Herzegowina  nebst 
Beschreibung  neuer  Arten.  —  Kieffer,  Ueber  Gallmùcken  und  Mflckengallen.  —  Kohl  Fr. 
Neue  Hymenopteren.  DI.  —  Fntleutner.  Die  ZiergehOlze  von  Sftdtirol.  —  Fritsch.  Beitrfige 
zur  Flora  von  Salzburg.  —  Loitlesòerger,  Beitrag  zur  Algenflora  OberOsterreichs.  —  Bai- 
mann.  Ueber  die  Fichtenformen  aus  der  Umgebung  von  Lunz,  sowie  ùber  Calycanthemie  bei 
Cyclamen.  —  Richter.  Floristisches  aus  Niederftsterreich.  —  Weinlànder.  Die  bltkhenden 
Pflanzen  der  Hochschobergruppe.  —  Wettstein,  Beobachtung  llber  den  Bau  und  die  Keimung 
der  Samen  von  Nelumbo  nucifera  Gartn.  —  Id.  Vorarbeiten  zu  einer  Pilzflora  der 
Steiermark. 

■^Verhandlungen  des  Vereins  zur  Bef5rderung  des  Gewerbfleisses.  1888.  III. 

Kosmann,  Die  Marmoraten  des  deutschen  Reicbes.  —  Habermann.  Ueber  Eis-  und 
K&lteerzeugungsmaschinen. 


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—  CXXXIV  — 

"^Viestnik  hrvatskoga  Arkeologickoga  Draztra.  Qod.  X,  2.  U  Zagrebu,  1888. 
Lj'ubic.  Scoperta  di  monete  romane  in  gran  bronzo  del  1  e  2  secolo  dopo  Cristo  Ti- 
cino a  Prugovac  di  sotto  la  Drava.  —  Radic  i  Vid  Vuletic  F.  Tre  nuovi  oggetti  prei- 
storici dall'isola  di  Cnrzola.  —  Vid  Vuletic  Vukasovic.  Iscrizioni  antiche  bossinesi  in 
Bossina  e  in  Hercegorina  (Continuazione).  —  S.  L,  Intorno  il  progresso  della  scienza  ar- 
cheologica nel  nostro  regno  croato.  —  Vid  Vuletic.  Aggiunta  airiscrizione  del  duca  Stefano. 

■^Wochenschrifk  d.  Osterr.  Ingenieur-  und  Architekten  Vereines.   Jhg.  XIII, 
14-17.  Wien,  1888. 

^Zeitschrift  far  Mathematik  und  Physik.  Jhg.  XXXIII,  2.  Leipzig. 

SchendeL  Yerschiedene  Darstellungen  der  Resultante  zweier  bin&ren  Formen.  —  Stoll. 
Ueber  einige  S&tze  J.  Steiner's.  —  Bochow,  Zusammenhang  zwischen  particul&ren  und  allge- 
meinen  Integralen  gewisser  Diflfórentìalgleichungen.  —  Hossfeld.  Ueber  eine  Aufgabe  aus 
der  projectiven  Geometrie  des  Rajimes,  und  Construction  der  Uaumcurven  dritter  Ordnung 
aus  imagin&ien  Pnnkten.  —  Buka.  Bemerkungen  zu  der  Grtlbler'schen  Bestimmung  der 
Erfimmungsmittelpunkte  der  Polbahnen  eines  ebenen  Systems.  —  Cantar.  Ueber  eine  Pro- 
portion  aus  der  elementaren  Geometrie.  —  Beyel.  Vier  Aufgaben  flber  drei-  und  vierpunktige 
Berùhrung  von  Kegelschnitten.  —  Weihrauch.  Ueber  gewisse  Determinanten.  —  Gelcich. 
Entwurf  einer  Geschichte  der  Gesetze  des  Stosses. 

+Zeitschrift  (Historisch).  N.  F.  XXIV,  1.  Munchen,  1888. 

Biess.  Der  Ursprung  des  englischen  Unterhauses.  —  Schiemann.  Zur  Geschischte  des 
Posener  Friedens  von  1806.  —  Hàbler.  Neuere  Arbeiten  zu  Geschichte  Spaniens  im  17. 
Jarhrhundert. 


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