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HL DCTL A
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HARVARD LAW LIBRARY
Received OCT 4 1929
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ATTI
DBLLA
BEALE ACCADEMIA DEI LINCEI
ANNO CGLXXXV.
1888
SEIÒIB dU ^TòT J^
EENDICONTI
PUBBLICATI PER CUBA DEI SEGBETABI
VOLUME IV.
V Semestre
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI
1888
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IV-
é
0CT4 1929
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KENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACGADEMLA. DEI LINCEI
Glasse di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Seduta dell' 8 gennaio 1888.
F. Brioschi Presidente
. Astronomia. — Sui fenomem della cromosfera solare^ osser-
vati al R. Osservatorio del Collegio Romano 7iel 4"" trimestre
del 1887. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Ho Tenore di presentare air Accademia una breve Nota sulle osserva-
zioni della cromosfera solare fatte al B. Osservatorio del Collegio Romano
durante il 4"" trimestre del 1887. Anche queste osservazioni furono contrariate
dal cattivo tempo, e si poterono eseguire in sole 37 giornate, cioè 11 in ot-
tobre, 13 in novembre, e 13 in dicembre. Ecco i risultati di questa nuova
serie:
1887
Medio na.
mero delle
protnbennxe
per giorno
Hedù
•Itezia
por giorno '
media
Hasaima
alto!»
OBserrata
Ottobre . .
Novembre .
Dicembre .
4<* trimestre
6,3
11,0
8,3
8,65
S9"0
44,0
44,2
42,6
2*»!
1,6
1,6
1,7
90"
84
104
104
« Se si confrontano questi dati con quelli del precedente trimestre (vedi
Bendiconti 13 novembre 1887), si può dire che nell'ultimo trimestre del 1887
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— 4 —
i fenomeni cromosferici solari presentarono una lieve diminuzione, risultando
le medie del trimestre tutte inferiori di quelle del precedente. Anche in queste
serie non vi ha relazione stretta fra il fenomeno delle protuberanze e quello delle
macchie solari, perchè mentre il massimo numero diurno delle protuberanze
avrenne in novembre, in questo mese si ebbe un minimo secondario nelle
macchie. Qualche fenomeno eruttivo venne osservato in novembre e dicembre,
ma di poca importanza «.
Astronomìa. — Osservamni di macchie e facole solari fatte
al R. Osservatorio del Collegio Romano nel 4"" trimestre del 1887.
Nota del Corrispondente P. Tacchini.
' « Presento all'Accademia il riassunto delle osservazioni delle macchie
e facole solari, eseguite nel B. Osservatorio del Colico Bomano durante il
4* trimestre del 1887. Le osservazioni furono un poco contrariate dal cattivo
tempo, e non si poterono eseguire che in 55 giornate, cioè 19 in ottobre,
17 in novembre, e 19 nel dicembre. Ecco i risultati:
1887
Frequenta
delle
macchie
Frequenza
dei
fori
Frequenza
deUe
M + F
Frequenza
dei giorni
senza
M + F
Frequenza
dei giorni
coneoU
F
Frequenza
dei
gruppi
Media
delle
maocUe
Media
estensione
delle
facole
Ottobre . .
Novembre .
Il Dicembre .
40 trimestre
0^0
0,88
3.37
1,75
0,37
0,82
3,31
1,53
1,27
1,70
6,68
3,28
0,47
0/47
0,16
0,37
0,00
0,00
0,00
0,00
0,70
0,71
1,21
0,88
90,21
6,41
40,10
22,82
10.58
17,80
16,84
14,19
• Paragonando questi dati con quelli del trimestre precedente (vedi Ben-
diconti 18 novembre 1887), si vede che la diminuzione nel numero delle
macchie, già accentuata nel mese di settembre, continuò in ottobre e nel no-
vembre, nei quali mesi fu anche scarso assai il nomerò dei relativi gruppi,
così che ad onta dell'accrescersi del fenomeno nel mese di dicembre, le medie
per il 4® trimestre 1887 relative al numero delle macchie e frequenza dei
gruppi risultano inferiori a quelle del 8^ trimestre. Foca è invece la differenza
per Testensione delle macchie e delle facole. Sono da rimarcarsi i periodi dal
6 al 17 ottobre, dal 28 ottobre al 4 novembre e dal 21 novembre al P di-
cembre, in cui mancarono macchie e fori ».
Matematica. — Sulle superficie d^area minima negli spazi a
curvatura costante. Memoria del Corrispondente Ltrroi Bianchi.
Onesto lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Mamorie.
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5 —
Fisica. — Sulla conducibilità calorifica del bismuto posto in un
campo magnetico. Memoria del Corrispondente Augusto Righi.
Que&t» laToro sarà inserito nei rolumì delle Memorie.
Zoologia. — Morfologia e sistematica di alcuni protozoi pa-
rassiti. Nota preliminare del Corrispondente B. Grassi.
« É mio scopo il completare in alcuni punti gli studi da me fatti sui
protozoi parassiti nel 1879, e raccolti poi in una Memoria che vide la luce
nel 1882 (Atti della Soc. Ital. di Scienze naturali, voL XXIV). I migliora-
menti introdotti in questi ultimi anni nella tecnica microscopica e la pra^-
tica maggiore da me acquistata nelle ricerche, m*inyogliapono a tornare sul-
Targomento, nonostante che dopo di me fosse stato già ripreso e nuoyamente
illustrato da parecchi studiosi (Blochmann, Bfttschli, EOnstler, Fisch, See*
liger, Danilewskj).
s La forma da me descrìtta come Monere (?) delle Raganelle, è stata
ristudiata dal Fisch, che ne ha &tto risaltare la grande importanza morfo-
logica e rha definitivamente denominata Grassia Ranarum. Il Seeliger ha
invece sospettato che il nostro protozoo non fosse che una cellula epiteliale
a ciglia vibratili : è quasi inutile soggiungere che Terroneità di una tale sup-
posizione riescirà evidente a chiunque vorrà osservare le figure e le descri-
zioni date da me e dal Fisch.
Il Danilewsky ha riveduto il Paramecioides Costatuniy Grassi, e Tha ri-
tenuto nient'altro che una varietà del Tn/panosoma Sanguinisi Gruby. Il
Bntschli ha cancellato il mio genere Parameeioides^ facendolo sinonimo del
gen. Trypanonoma.
« Contro Topinione del Danilewskj devo ripetere ciò che nella mia
Memoria ho già fatto risaltare:
« I. che il Paramecioides a Bovellasca si trova appena nella Bana
Esculenta, in cui è anzi comunissimo, manca cioè costantemente negli altri
Batraci (Bana Temporaria, Hyla virìdis. Bufo varie specie) ancorché convi-
vano colla prima; che il Trypanosoma è per contrario comunissimo tanto
nella Bana Esculenta quanto negli altri or citati Batraci;
« II. che non si trovano forme intermedie tra il Trypanosoma e il
Paramicioides.
« Io poi non posso accettare la soppressione del gen. Paramecioides
proposta dal Bùtschlì, e ciò perchè la forma stabile del corpo e le coste o
(«ette, che ne percorrono la superficie in senso longitudinale, mi sembrano
caratteri di valore generico.
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— 6 —
K Premesse queste brevi osservazioni crìtiche, passo alle ricerche da me
nuovamente istituite: esse riguardano i Monocercomonas, i Cimaenomonas
(Trichomonas), i Trichomonas Grassi, i Plagiomonas e infine YAmoeba Coli,
« Sono già parecchi anni che io descrissi coi nomi di Joenia annectens un
Flagellato parassita del Calotermes Flavicollts; uno dei caratteri più sor-
prendenti della Joenia sf è un bastoncello, che percorre l'interno del corpo
di questo Protozoo, nel senso della lui^hezza, trafiggendolo talvolta da parte
a parte, e che air avanti presenta un'incavatura per accogliere il nucleo, il
quale possiede anzi una membrana che appare aderente al bastoncello in
corrispondenza alVincavatura. Questo organo venne da me interpretato come
una sorta di scheletro intemo. Nella stessa Nota io richiamava l'attenzione
sulla possibile omologia del bastoncello col cosidetto Kiel dei Trichomonas
(Sin. Cimaenomonas) e ne induceva la possibilità di far rientrare nella classe
dei Flagellati anche la famiglia delle Lophomonadine (da me stabilita per
i gen. Lophomonas e Joenia)^ famiglia che si trova esclusa nel sistema pro-
posto nell'opera classica del piti grande conoscitore di protozoi oggigiorno
vivente, il prof. Bùtschli (Brom's Protozoa). Molte e prolungate osservazioni
mi autorizzano ora a sostenere che nei Trichomonas {Cimaenomonas) no&
esiste, come asseriscono specialmente Bùtschli e Blochmann, » un Kiel auf
dem Edrper» cioè una carena o cresta sul corpo (superficiale); non è una
cresta, ma bensì un bastoncello molto simile a quello della Joenia^ non è
superficiale, sibbene intemo come quello della Joenia; esso sta però più av-
vicinato a quella superficie del corpo che i suddetti autori denominano obere,
che a quella che gli stessi denominano untere^ ma, ripeto, è certamente intemo.
M'è d'uopo aggiungere che in certi individui, talora in tutti quelli ospitati
da un dato esemplare d'un Batracio per es., il bastoncello non è visibile,
oppure è sottile come nelle figure del Blochmann, oppure trovasi limitato quasi
alla metà posteriore del corpo. Credo che tutte queste variazioni siano ascri-
vibili alla differente età degli individui. Il bastoncello è molto sviluppato e
relativamente grosso nei Trichomonas dei Bufo: si è negli esemplari molto
grandi che riesce facile di persuadersi che sta veramente nell'interno del corpo.
Io credo perciò omai indiscutibile la già da me supposta omologia di questo
bastoncello con quello della Joenia: non esito quindi a ritener dimostrata
la parentela della Joenia coi Trichomonas, parentela indicata anche da altri
caratteri (nucleo ecc.).
« È possibile che il bastoncello non sia altro che il prodotto della dif-
ferenziazione della membrana del nucleo. Notevole si è anche l'analogia del
bastoncello in discorso o^oW! Axenfaden di molti spermatozoi, i quali, com'è
noto, imitano nella loro stmttura i Flagellati.
« In tutte le forme da me ristudiate, ho potuto trovare un nucleo nella
parte anteriore del corpo, anche nel Plagiomonas e nel Trichomonas Orassi
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{Polymastix? Bùtschli) in cui m'era sfiiggito nel 1879. Nel Trichomonas Ba-
traehorum il nucleo possiede un evidente nucleolo.
■ Tutti i Flagellati da me riesaminati (eccetto il Megastoma, di cui qui
non mi occupo) si possono nutrire d'alimenti solidi in pezzi più o meno vo-
luminosi: possono assumere materie fecali dell'oste, corpuscoli amilacei, leu-
cociti, globuli rossi ecc.
« In tutti ho trovato una bocca che era già stata da me segnalata nella
Memoria precedente: riesce però iholto malagevole il formarsene un'idea
esatta. Patto sta che nei Trichomonas (Ctmaenomonas) fe l'impressione di
una fessura o d*un infossamento in vicinanza all'inserzione dei flagelli: le
labbra, o pareti, delimitanti questa fessura, possono presentarsi, già sul vivo,
distaccate l'una dall'altra, ovvero combaciantisi; e quest'ultimo è il caso più
comune, lo che spiega come l'organo in discorso sia sfuggito al Bùtschli, al
Blochmann ed al Eùnstler. Io credo che questa fessura esista appena virtual-
mente quando il protozoo è ben pasciuto, e venga a diventar beante quando
sta nutrendosi; diventa beante, a mio credere, per mezzo d'un vacuolo che
compare in essa, probabilmente uscente dal fondo della fessura stessa (Mund-
stelle): questo vacuolo allontanerebbe le due labbra l'una dall'altra e ver-
rebbe a sporgere fino al di fuori dell'apertura boccale. Esso mi apparve molto
più evidente nel citostoma del Plagiomonas e del Monocercomonas Insectorum.
Voglio aggiungere d'aver veduto non di rado un vacuolo boccale occupante
il grande citostoma (spazio peristomiale) del megastoma.
« Il gen. Trichomonas degli autori {Cimaenomx)nas) è caratterizzato
da un peculiare ondeggiamento che nella precedente Memoria io aveva at-
tribuito allo scuotersi d'un flagello originante anteriormente e rovesciato al-
Tindietro sul corpo dell'animale, del quale sorpassa la lunghezza per un
tratto maggiore o minore. Questo tratto distale appare ordinariamente spinto
da im lato rispetto all'estremità posteriore dell'animale. Il Blochmann, il
Bùtschli e il Klinstler si sono persuasi che questo flagello, nella parte cor-
rispondente al corpo dell'animale, non è libero, sibbene resta riunito al corpo
stesso per mezzo di una sottilissima membrana. Anch'io ho potuto convin-
cermi che essi hanno ragione: è quindi infondata l'interpretazione data del-
Toi^ano ondeggiante dallo Stein e recentemente ripetuta dal Seeliger. Questo
flagello rivolto all'indietro, ancorché strappato via dal corpo dell'animale,
purché vi resti fisso in un punto anteriore o posteriore (l'osservazione riesce
facile nel T. muris), continua a vibrare. La membranella riuniente il flagello
al corpo ha un margine più lungo e uno più corto: è più lungo quello che
s attacca al flagello, il quale descrive costantemente una linea serpentina:
è più corto quello che s'attacca al corpo dell'animale, percorrendo una
linea retta.
« Il Trichomonas Muris verso la parte media del crasso, e non di rado
anche prima, assume lo stato di riposo: in questo stato il corpo presentasi
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tondeggiante, il protoplasma addensato, quasi irrigidito, i flagelli sono scom-
parsi, può restare ancora traccia del bastoncello e déll*inserzione del flagello
rivolto all'indietro, il nucleo è sempre evidente, manca una vera capsula.
Una trasformazione simile ho trovato anche nel Monocercomonas Insectorum.
« Vengo ora alla parte sistematica. Il Bùtschlì ha adottato ben poche
linee dell'edificio sistematico da me proposto. Ora, dopo le nuove ricerche
da me fatte, mi è restata la convinzione che quello nuovo del Bùtschli non
può senz'altro venir preferito al mio. E infatti col sistema del Bùtschli Vffe-
teromita (Sin. Bado) viene ad essere in un sottordine difl^erente (Heteromor
stigoda) da quello (Isomastigoda) del Trichomastix Bloch. (Sin. Monocerco-
monas Orassi) per la semplice ragione che il Trichomastix possiede due
flagelli di più, mentre i Megastoma e le Hexamitae vengono ad essere ac-
cozzati in un medesimo sottordine {Isomastigoda) coi Trichomonas e coi
Trichomastix ecc. non ostante che presentino divergenze ben più considerevoli
anche nei flagelli, lì Heteromita (Bodo) resta in un sottordine differente da
quello del Plagiomonas (con cui presenta un'innegabile afSnità) (contraria-
mente a quanto suppone il Bùtschli, il Plagiomonas non è affatto un Heteromita
ma trova posto tra gli Isomastigoda con due flagelli anteriori). Anche il Fa-
ramecioides e il Trypanosoma col sistema del Bùtschli vengono enormemente
discostati dal Polymastix (?) e dal Trichomonas a cui pur naturalmente paiono
vicini. Non è neppur giustiflcata la separazione di sottordine delle Monomite
(fferpetomonas) e dei Plagiomonas. Dell' esclusione dei Lophomonas dai Fla-
gellati ho già sopra parlato.
« Il metodo della divisione dei Flagellati in semplici famiglie, metodo
da me seguito nella mia Memoria, mi sembra molto più naturale.
<t Anche per quel che riguarda la nomenclatura, vado convinto che il
Bùtschli ha tenuto troppo poco conto delle mie proposte. Ho già detto che
non possono esser considerati sinonimi Trypanosoma e Paramecioides, Plagio-
monas e Bodo. Io aveva fatto una famiglia speciale dei Megastomi {Mega-
stomidea) e l'aveva collocata dopo la famiglia delle Gercomonadina, della
quale l'ultimo genere era YHexamita, Con ciò volevo dire che il Megastoma
per un carattere sagliente (due flagelli posteriori) ricorda XHexamita^ ma che
si è però ulteriormente differenziato tanto da meritar d'esser collocato in una
famiglia differente. Il Bùtschli invece crea la famiglia delle Tetramitine e
delle Polymastigina: a quella riferisce i Monocercomonas, \ Trichomonas ecc.,
a questa le Hexamitae, i Megastoma, il Polymastix ì Bùtschli (Sin. Tri-
chomonas, Orassi). Intanto il termine Polymastigina è per lo meno superfluo
essendo anteriore quello di Megastomidea, Orassi. Ma perchè il Bùtschli ha
denominato la famiglia dal genere incerto Polymastix (?) Bùtschli ? Il Poly-
mastix (?) del resto è intimo parente delle Tetramitae e dei Plagiomonas e
non ha nulla che vedere colle Hexamitae e coi Megastoma. Il gen. Tricho-
mastix Bloch., adottato dal Bùtschli è forse superfluo, rientrando benissimo nel
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gen. Monocercomonas^ Orassi. Il Bùtschli infine, attenendosi alle leggi della
nomenclatura, ha respinto certi cambiamenti da me proposti, per es. quello
di Cimaenomonas, inyece di Trichomonas. Io li aveva suggeriti nella ferma
opinione che fosse lecito mutare i nomi che potrebbero dare una falsa idea
dell'animale che indicano, ogni qual volta non fosse possibile che il cam-
biamento producesse confusione.
« Per comodo del lettore riproduco qui la classificazione già da me adot-
tata, con pochissimi cambiamenti. Difetti ne presenta : la famiglia Cercomo-
nadine vuol esser scissa, ma io lascio volentieri queste innovazioni a chi si
occuperà anche delle forme libere.
Fam. Cercomonadine Kent emend.
« Gen.: 1. Herpetomonas Kent (Sin. Monomita Grassi). — 2. Trypa-
nosoma Gruby. — 3. Paramecwides Grassi (Sin. Paramecium Wedl 1850). —
4. Plagiomoaas 1882 Grassi (Sin. Gystomonas B. Blanch. 1886 (^). — 5. Bado
Ehr. (Sin. Heieromita Duj.). — 6. Momcercomoìias Grassi (Sin. Tnchoma-
Btyx Bloch.). — 7. Cinaenomonm Grassi (Sin. Trichomonas Donno). — 8. Co-
stifera Grassi 1887 (Sin. Polymastix? Bùt). — 9. JDicercomonas Grassi
{Sin. Hexamita Dui., Giardia Kùnst).
Pam. Hegastomidea Grassi 1882 (Sin. Polymastigim Biit. 1883).
« Gen. 10. Megastoma Grassi (Sin. Cercoìnona& Lambì 1859; Lamblia
K. Blanch. 1886).
Pam. Lophomonadidda Grassi.
« Gen. 11. Lophomonas Stein. — 12. Joenia Grassi.
« Riassumo brevemente le caratteristiche dei singoli generi.
1. Herpetomonas: Un solo flagello anteriore (cioè originante all'estremo an-
teriore del corpo), diretto anteriormente, nessuno posteriore.
2. Trypanosoma: Una membrana ondulante, terminante ih un flagello: forma
del corpo mutabilissima.
3. Paramecioides : Come il gen. 2, ma forma del corpo costante e corpo
percorso da creste longitudinali.
4. Plagiomonas: Due flagelli anteriori, diretti anteriormente, ed uno poste-
riore (caudale).
5. Dodo: Due flagelli anteriori, uno diretto anteriormente e Taltro poste-
riormente: nessuno posteriore.
6. Monocercomonas: Quattro flagelli anteriori, tre diretti anteriormente ed
uno più lungo rovesciato airindietro e sopravanzante l'estremità poste-
riore del corpo: nessuno posteriore.
7. Cimaenomonas: Quattro - cinque flagelli anteriori, tre -quattro diretti in
(1) Traité de Zool Medicale, Paris 1886, p. 78.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1*> Sem. 2
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avanti, uno rivolto air indietro, più lungo del corpo e fissato per un
gran tratto al corpo stesso con una sottilissima membranella, nessun fla-
gello posteriore: scheletro intemo fatto da un pezzo longitudinale (ba-
stoncello).
8. Costi fera: Quattro flagelli anteriori, tutti diretti più o meno nettamente
in avanti: un flagello posteriore delicatissimo: corpo percorso da eoste
0 creste longitudinali, quasi come nel gen. 3.
9. Dicercomonas : Quattro flagelli anteriori, tutti diretti più o meno netta-
mente in avanti : due flagelli posteriori : scheletro interno (Mto da uno
0 due pezzi?): corpo senza una distinta cuticula.
10. Megastoma: Y. Memoria speciale in corso di stampa.
11. Lophomonas: Molti flagelli anteriori, diretti più o meno nettamente in
avanti: scheletro intemo &tto da due pezzi.
12. Joenia: Molti flagelli anteriori, diretti più o meno nettamente in avanti:
scheletro intemo fatto da un pezzo principale (bastoncello) e da molti
piccoli accessori: metà posteriore del corpo rivestita di fine ciglia im-
mobili.
■ Mi sono convinto che quei corpiccioli sporgenti che presentano le Co-
stifere e che con grande riserbo io aveva nell'altra Memoria tentato di spie-
gare come corpi tricocistomorfi, sono veramente corpi estranei (batteri) insi-
nuatisi e fissatisi con un loro estremo nei solchi tra le coste, ond'è percorso
il corpo del protozoo. Un sospetto simile era già stato avanzato dal Eùnstler.
A proposito del Eùnstler non ho che a dolermi dall' aver egli ridescritto nei
Comptes Rendtis 1883, parecchie forme da me scoperte senza nemmeno ci-
tarmi: egli ha fatto così nascere una confusione che il Bùtschli ha cercato
di togliere.
« Il sopra esposto quadro sistematico conferma, se non m'inganno, la mia
opinione sulla posizione del gen. Megastoma. L' Eexamita non è prossima al
Megastoma tanto (guanto crede il Bùtschli : l'unico riscontro sicuro viene dato
dai due flagelli caudali: per gli altri caratteri THeiamita è molto più pros-
sima al MonocercomonaSy al Trichomonas ecc. (^) La forma da me descritta
come Dicercomonas'^ muris è veramente un Dicercomx>nas, e perciò lascio i
nomi Dicercomonas muris, togliendone soltanto il punto interrogativo.
■ Secondo le mie nuove ricerche il Monocercomonas hominis deve mutar
genere : esso è in realtà un Cimaenomonas, o se si preferisce, un Trichomonas
hominis a cui restano sinonimi anche Cimaenomonas hominis (Grassi) Cercom^o-
nojs Aomene£(Davaine), Cercomonas intestinalis (Leuckart), Aynoeha sp. (Lambì.)
Non ostante i dubbi sollevati dal Leuckart, dal B. Blanchard e prima di loro
{}) La forma ffexamitus infiatus Dns., quale viene ridescrltta da Bùtschli, dev'essere
considerata rappresentante d'un nuovo gen. (Duiardinia) per la disposizione dei flagelli
e per i vacuoli contrattili.
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— 11 —
dal Bttschli, rado convintisnmo che due sole specie di Monadine si riscoiH
trono nell'intestino dell'uomo in Italia, in Francia, in Oermania ed in Austria,
e cioè il Megastoma entericum (Grassi) e il Triehomonas hominis (Day.). La
piccolezza dì quest'ultimo parassita ne rende oltremodo difficile lo studio, da
ciò l'insufficienza della mia precedente descrizione. Con buone lenti ad immer-
sione ho potuto persuadermi che l'ondeggiamento yeriflcasi in tutti gli individui;
che quest'ondeggiamento è interamente paragonabile a quello dei Trichomonasi
che il flagello ondulante si comporta come nei Trichomonas e s'estende perciò
d'un bel trotto al di là dell'estremo posteriore dell'animale; che infine esiste
un bastoncello intemo pure come nei Trichomonas, ma questo bastoncello non
ò visibile che di rado, talvolta appena nella sua parte posteriore, tuttocìò
forse perchè gli individui in esame non sono interamente maturi.
• Riassumo brevemente i carotieri del Trichomonas hominis Dav. che iute*
ressa la scienza medica. Corpo piriforme, ovalare, o subovalare, un po' asimme-
trico; coda più 0 meno spiccata, lunga talvolta quanto- il corpo dell'animale, di
solito non corrispondente perfettamente al polo posteriore del corpo ; non più di
quattro flagelli anteriori e diretti anteriormente difficili a vedersi, appiccicantisi
facilmente l'uno all'altro, lunghi in generale circa una volta e un quarto la lun-
ghezza del corpo dell'animale, uguali tra loro, relativamente molto più lunghi
negli individui piccoli; citostoma (bocca) vicino all'inserzione dei flagelli; baston-
cello intemo longitudinale non sempre visibile, talvolta visibile appena nella sua
parte posteriore; nucleo con nucleolo, collocato anterionBente e corrispondente
alla parte curva del bastoncello; flagello ondulante rivolto all'indietro, più grosso
di quelli anteriori e riunito al corpo dell'animale per una delicatissima membra-
nella difficilissimamente visibile. Il flagello talvolta non ondeggia benché esista e
l'individuo si locomova (alterazione?). Notisi però che i movimenti dell'animale
rendono difficile di rilevare l'ondulamento, che perciò a tutta prima pare man-
cante n^lì individui che rapidamoite si locomovono. Il flagello ondulante
percorre in direzione longitudinale obliqua la superficie del corpo e prolungasi
sottilissimo al di là del corpo per un tratto lungo quasi come il corpo stesso.
Lungh. mass, del corpo 10-11 ju, laigh. mass. 5-6 ju. Lo strato superficiale
del corpo è alquanto ispessito, non esiste però una cutìcula distinta come nel
Megastoma. Molti individui assumono forma tondeggiante e presentansi allora
come tante sferette oscillanti e roteanti (alterozione?). Il Trichomonas hominis
viene ad esser similissimo al Trichomonas viginalis^ da cui io non saprei
distinguerlo se le osservazioni del Eùnstler, come si ha ragione di credere,
sono esatte.
• UT. batrachorum e il 7. Muris si differenziano dal 7. hominis perchè
hanno soltanto tre flagelli anteriori (almeno io non ne ho trovati che tre),
perchè sono più voluminosi, perchè il tratto distale del flagello ondeggiante
è meno sottile, può fare un passo spirale sulla coda prima di diventar libero ecc.
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Distinguere il T. batrachorum da quello Muris è molto difiScile ; può farlo sol-
tanto chi ha avuto sottocchio migliaia d'individui provenienti da diflTerenti osti»
« L'Amoeba Coli dell'uomo si incapsula (*) precisamente come YAmoéba
blattarum Bùtschli. Le capsule a completo sviluppo contengono più o meno
numerosi (tre-sei-nove) nuclei diflScilmente colorabili e circondati da scarsa'
protoplasma. Abbiamo trovato tutti gli stadi intermedi tra le Amoebae tondeg-
gianti e senza involucro e le capsule in discorso. Queste sono un po' più piccole
delle Amibe da cui provengono e risaltano nelle feccie perchè incolori e splen-
denti. Esse servono per fare la diagnosi ^oi^Amoeba Coli. Bipetuti sperimenti da
noi Mti dimostrano che se un uomo inghiotte queste capsule, riceve le Amibe,
e ne riceve probabilmente tante quanti sono i nuclei in esse contenuti. Si tratta
quindi di una riproduzione endogena; notisi che una volta sviluppate nel-
r intestino esse possono riprodurvisi enormemente per semplice scissione » .
Matematica. — Sui concetti di limite e di continuità. Nota
di E. Oesàro, presentata dal Socio Cremona.
<t Una funzione f{x) manca alla continuità ogni qual volta, nel tendere
di A a zero, /(.r + A) — f{x) ridiventa, in valore assoluto, superiore al nu-
mero € , positivo ed arbitrariamente piccolo. Più frequente è l'infrazione alla
continuità nell'in torno di ,r, più si è autorizzati a dichiarar grave la discon-
tinuità in ;r, e si capisce che discontinuità piena ed intera ò soltanto quella
di prima specie, poiché le funzioni discontinue di seconda specie non abban-
donano mai una certa tendenza più o meno insistente verso la continuità.
Limitandoci a studiare ciò che accade a destra di x, supponiamo calcolata
la probabilità che l'incremento assoluto della funzione superi e nell'inter-
vallo {x, x-\-h)^ facciamo decrescere h indefinitamente. Tenda verso tx5i{x) la
probabilità stessa, e sia:
rs{x) = lim TSt{x\
€ = 0
La funzione zs rappresenta il grado di discontinuità di f{x) in or, e si può
dire che 1 — rs ci dà la misura dell'aspirazione di /(«r) alla continuità. È
necessario tener presente l'espressione di tsi , afGinchè apparisca in qual modo
si è pervenuti a rs col decrescere di 6. Si osservi infatti che le funzioni
continue non sono caratterizzate da sr = 0 , perchè esistono funzioni infinita-
mente poco discontinue, nel senso che tsi tende a zero insieme ad « , ma
senza raggiungere il valore limite. Similmente, per le discontinuità di seconda
(*) Le ricerche suirAmoeba Coli sono fatte in collaborazione col signor Salvatore
Calandmccio.
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specie si potrà avere C7 == 1 , senza che il valore 1 sia, come per le discon-
tinuità ordinarie, effettivamente raggimito. Un esempio di ciò si ha nella funzione
che per ;r = 0 è zero, e per :p^0 è espressa da sen — . Posto f=cos— ,
con B compreso fra 0 ed 1, si cerchi la probabilità che il valore assoluto
di sen— superi e nell'intervallo (0,A). Indicando e n n il minimo intero
superiore ad —, si ottiene:
''•=„'!!? «X (2.+ n*-«* 5
ma, per applicazione d'nna celebre forinola di Eulero, la somma che %ura
nel secondo membro si ridace facilmente a
dove n^B{n) tende, per n infinito, ad un limite finito. Ne segue:
zs= lim nlog2/t — 1 + ^=^»
»=oo 2n — \ — B
Col tendere di « a zero, B tende all'unità, e però cr = 1 ; ma questo valore
non è mai raggiunto effettivamente da srg, cosicché la discontinuità della
funzione considerata, nell'intorno di ^ = 0, non è la piena discontinuìtìt,
benché ne differisca infinitamente poco. Essa si dileguerebbe quasi per intero
se la funzione si prendesse uguale a zero nei valori irrazionali di x^ oltreché
in ;r=0: si avrebbe t7(0)=0, e la funzione sarebbe quasi continua. Si avrebbe
dunque, per cosi dire, una discontinuità nascente.
« Si consideri ancora la funzione rappresentata da — per x
X L*Pj
diverso da zero, ed uguale a zero per x=^0. Si riconosce subito che por
essa la funzione w{x) differisce infinitamente poco dall'unità quando ^ = 0,
e rag^unge poi effettivamente il valore 1 a destra ed il valore 0 a sinistra
di infiniti valori di ^, differenti da zero meno di quantità arbitrariamente
piccole. È poi facile costruire delle funzioni che abbiano nell'intorno di ;2? = 0
un determinato grado B di discontinuità. Un calcolo in tutto simile al pre-
cedente conduce a considerare la funzione <f(«r), generalmente nulla, ma
uguale ad 1 nell'intervallo ( — B^B), La funzione espressa in generale
da ^ (sen— j , ed uguale all'unità per ^=0, é la funzione richiesta. Simil-
mente, la funzione uguale ad — — — quando questa espressione rappre-
X I X I
senta un numero non superiore a ^, ma nulla in ogni altro caso, ha, per ;r==0.
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una discontinuità di grado ^. Ciò è spiegato dair esistenza di infiniti tratti
di continuità, che vengono in qualche modo a rompere la discontinuità nel-
l'intorno di ar=0, derivando essi da infinite discontinuità ordinarie, che
riconducono incessantemente la funzione al valore che deve assumere per j: = 0 .
Ed ò anche discontinua di grado S, in ^ = 0, la funzione che per questo valore
è zero e per gli altri valori della variabile è espressa da — [-6 — — . Si
noti che a destra di zero la funzione è generalmente continua, pur presen-
tando discontinuità ordinarie a destra di infiniti valori di a:, arbitrariamente
piccoli.
« Ancorché due funzioni siano realmente discontìnue, si può giudicare
quale delle due aspiri meno fortemente ad avere quella determinata discon-
tinuità, studiando, per ciascuna di esse, il modo di variare di tfi , quando e
tende a zero. Così, per ar=0, il grado di discontinuità della funzione uguale
a zero per ^ = 0, ed espressa da seniA^sen—j quando x differisce dazerò,
è il limite, per e = 0, di 1 j-. Ne segue, per esempio, che mentre le
funzioni espresse in generale da
sen i sen— 1 , sen ( - sen — 1 ,
\ ^/ \n x)
hanno lo stesso grado di discontinuità in :r = 0, si può dire che Taspira-
zione della seconda alla continuità ò n volte più energica dell^tispirazione
della prima. Conviene dunque introdurre, oltre il concetto del grado tsr di
discontinuità, anche quello deirintenntà d'aspirazione al grado stesso, e, per
ciò che si è detto, tale intensità potrà essere convenientemente misurata dal
valore assoluto di -7-^ per « = 0 .
« Dato un gruppo di numeri, G, sia f{x) uguale ad 1 0 a zero, se-
condo che X appartiene 0 no a G . Già sappiamo definire la frequenza di G
a destra di x. Calcolata la probabilità che un numero del gruppo sia infe-
riore ad J7, è noto che la firequenza di cui si tratta è la derivata della pro-
babilità stessa, a destra di x. D'altra parte, se f{x) = 0 , e se ^ è una
frazione propria, piccola quanto si vuole, è chiaro che rst è il limite, per A = 0,
della probabilità che un numero dell'intervallo (^, X'\'h) appartenga a G,
e tale probabilità limite non differisce, come è facile vedere, dalla frequenza
testé definita. Così vediamo che il grado di discontinuità di f(x) a destra
d'ogni numero estemo a G è rappresentato dalla frequenza g{x) degli ele-
menti di G a destra del numero considerato, e si può scrivere:
rs{x) = f{x) + g{x) — 2f{x)g{x) .
È noto che, se G è di prima specie, se ne possono raccogliere gli elementi
in un intervallo arbitrariamente piccolo. In altre parole, i numeri costituenti
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un grappo di prima specie sono infinitamente rari fra i numeri reali. Ed è
evidente che la frequenza, generalmente nulla, è infinitesima nei valori lìmiti.
In questi ultimi si ha dunque discontinuità di grado infinitamente vicino
airunità o a zero, secondo che essi appartengono o no al gruppo. Anche se Q
fosse di seconda specie potrebbero presentarsi circostanze analoghe. In parti-
colare, la funzione di Hankcl, uguale ad 1 o a zero secondo che a: è razio-
nale 0 no» ha la proprietà di rappresentare il proprio grado di discontinuità,
in quanto che il suo stato è infinitamente prossimo alla piena discontinuità
per valori razionali di ^ , e raggiunge quasi la continuità per ogni valore
Irrazionale.
« Per poter misurare l'energia con cui una funzione aspira ad avere una
determinata discontinuità, occorre calcolare il limite, per f = 0, di ^ ^';
€
e quando tale limite non esiste, si è obbligati a ricorrere a criterii di pro-
babilità per formarsi un convincimento morale circa la maggiore o minore
aspirazione della fruizione considerata. Occorre dunque estendere ancora il
concetto di limite, ed a ciò si perviene come segue, nel caso più semplice
d*mia successione dì numeri, procedenti in un determinato ordine. Sia pt{a:)
la probabilità che un numero preso ad arbitrio nella successione a — ^i ,
x — a» , x — «3 , . . . . , riesca inferiore ad « in valore assoluto, e si rappre-
senti con p il limite ài pt per t = 0. La funzione p{x) rappresenta Tinten-
sità con cui la successione ^i , ^2 , ^3 , tende ad avere per limite il
numero x: essa è la misura dell'aspirazione di a» ad ^r. Se realmente la
successione considerata ha un limite determinato a , è chiaro che p{a) = 1,
e p(a:) = 0 pe d? < a . Se invece non esiste il limite di tìJn , per ;ì infinito,
ciò non può impedirci di ritenere che On tenda con maggiore o minor forza
verso ciascun numero ^, e nell'incertezza in cui siamo circa l'esistenza di
un limite non ci sentiamo meno propensi ad attribuire al limite stesso un
valore ben determinato, che cerchiamo di apprezzare studiando il succedersi
dei valori «i , aj , «3 , , col tener conto delle momentanee tendenze
verso valori preferiti, e della probabilità dì riuscita che ciascuno di essi
presenta. Cosi ad ogni valore a: si attribuisce una determinata importanza,
rappresentata da xp{x) secondo i più elementari principii del calcolo delle
probabilità. E però, immaginando che il limite atteso sia l'ammontare d'un
premio da conseguire, la media
X = Sxp{x)
è la speranza matematica, che possiamo considerare come il valore morale
del limite deUa data successione, poiché l rappresenta precisamente la somma
che potremmo equamente pretendere da chi volesse sostituirci, a suo rischio
e profitto, neUa ricerca del limite, considerata come caccia ad un premio.
In particolare, se il sistema dei numeri interi si può scindere in più sistemi Ai ,
At , As , . . . . , in modo che an tenda ad un determinato limite ^ quando n
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percorre A; , e se je?; è la frequenza di A; nel sistema dei numeri interi, è
chiaro che p{x) è uguale a zero in generale, ma p{x)=pi se ^ = A,-. Ne
segue:
Si consideri, per esempio, la successione
0,1,0,2,0,1,0,3,0,1,0,2,0,1,0,4,
ottenuta prendendo On uguale alVesponente della massima potenza di 2 che
divide n . Sebbene non esista il limite di questa successione, noi potremo
dire che essa ha per medio limite Tunità. Infatti, dopo aver messo in Ai
i numeri ottenuti moltiplicando per 2^"* gli interi dispari, si vede che i
sistemi A esauriscono, senza compenetrarsi, il sistema dei numeri interi,
e si ha :
1 1 - 'i \ ^ — 1
Pi = -2r ^ ;,• = ? — 1 , x = 2^
Ma bisogna osservare che non è sempre lecito invertire i sistemi A , e
quando le loro frequenze ed i limiti corrispondenti danno luogo a serie sem-
plicemente convergenti, occorre eseguire il calcolo di X pei primi n termini
della successione, e far poi crescere n all' infinito. È anche importante osser-
vare l'eguaglianza
^ = .Jl ~ (tì^i + «2 + «3 H h ^.) ^
la cui dimostrazione è facile. Essa ci conduce a definire altrimenti il limite
d*una successione. A questa si sostituisca
«1 1 T («1 + «2) , i («i + fl^t + «3) ,
Se la prima successione ha un limite determinato a , anche la seconda ha
un limite X = a.Se la prima successione non ha limite determinato, la seconda
può averne uno, che si assumerà come medio limite della prima, e questa
definizione del limite concorderà con quella data in principio. Se poi la seconda
successione non ha limite determinato, se ne deduca una terza, e così via,
si avrà un mezzo dì classificare le successioni di numeri, ascrivendo al
genere 0 quelle che hanno un limite determinato, al genere 1 quelle che,
non appartenendo al genere 0 , ammettono una prima successione derivata con
limite determinato; ecc. Benché queste successioni derivate tendano a dive-
nire «1 , fli , «i , può accadere che una successione sia di specie trascen-
dente, nel senso che, fra le sue derivate, non se ne trovi una a limite deter-
minato.
« Ritornando alle funzioni, si calcoli la probabilità che f(x) sia compreso
fra a — s ed a + f , nelV intervallo (or , or + A) , e si faccia tendere h a
zaro. Il risultato Pe tenda poi a P (.r , a) , per ^ = 0 . Questa funzione rap-
presenta Vaspirazione di f{x) al valore a. Quando f{x) è continua per
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x=^Xo, si ha P(^o,«) = l, se a~f(ao), e 'P{a:o,a) = 0 per ogni
altro valore di a . In generale si converrà di considerare come medio limite
di f(a:) , in ;zr , la sonmia
X = 2àP(x,a) ,
estesa a tutti i valori di a . Riprendendo la funzione f{x) = — — —
è facile vedere che Pi ha, per x=^Q, un valore indipendente da a, se
0 ^ « <C 1 , ed il valore zero se a è negativo o non inferiore all'unità. Il
medio limite di fiaa)^ quando x tende a zero, è dunque \ , giacché tutti
i valori dell'intervallo (0,1) sono egualmente probabili. Si consideri ancora
la funzione — — 2 — , supponendola nulla o uguale all'unità per
x = Q . L' intomo di zero è costituito da infiniti tratti di continuità, nei quali
si alternano i valori 0 ed 1 , egualmente probabili, cosicché P (0 , a) = | ,
quando a è zero o 1, e P(0,a) = 0 in ogni altro caso. Il medio limite
della funzione, per ^ = 0 , è dunque | . Si osservi che la discontinuità della
funzione considerata è di grado j, Siniilmente la funzione — — ^ q" »
supposta indifferentemente uguale a 0,1,2, per ^ = 0 , ha per questo
valore una discontinuità di grado y , ed il suo medio limite è 1 . Importa
osservare che le precedenti considerazioni permettono di supplire alla mancanza
di derivata mediante il calcolo del medio limite di ciascun rapporto incremen-
tale, quando l' incremento della variabile tende a zero. È questo un argomento
sul quale ritorneremo, per occuparci altresì dell' integrazione fondata su cri-
terii di probabilità.
« Non è probabile che la nozione del medio limite sia per rendere qualche
servizio all'analisi classica, dappoiché non é sempre possibile estendere a l
le proprietà degli ordinarli limiti ; ma non vien menomata l' importanza della
nozione stessa quando se ne circoscriva l'uso alle teorìe che l' hanno generata,
cioè allo studio degli eventi matematici e delle mutue distribuzioni numeriche.
Quanto alla discontinuità delle funzioni non é facile scorgere fin dove potrebbe
farsi sentire l'utilità di misurarla esattamente o in media; ma è certo che
la questione acquisterebbe alta importanza se il contegno della funzione spe-
cifica xs da noi introdotta avesse qualche influenza su taluni essenziali fatti
concementi le funzioni, come la derivabilità, l'integrabilità e l'esprimibilità
analitica».
EiNDiooNTi. 1888, VoL. IV, P Sem.
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Matematica. — Formole relative al moto c^un punto. Nota
di E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
« Due formole (^) del prof. Siacci, relative al moto d'un punto in un
piano 0 nello spazio, furono dimostrate dal prof. Gemiti mercè la teorìa dei
complessi (^). Ora noi vogliamo estendere le formole stesse al caso d'una tra-
jettoria n — 1 volte curva, mostrando che esse restano indipendenti dalle cur-
vature esterne al nostro spazio. Un punto 0 , jfisso nello spazio ad n dimen-
sioni, in cui si muove M , si projetti in 0' sul piano che oscula, in M , la
traiettoria (M) , e siano rispettivamente R , F , le componenti delV accelera-
zione secondo O'M e la tangente ad (M) , in M . Siano r ,1 ,p ^ le distanze
di 0' ad M , alla normale principale, alla tangente. Poiché le componenti
v^ vdì)
dell'accelerazione secondo queste ultime rette sono — , -j- , si vede subito che
r^ v^ ^ vdv_ J_ v^
p Q ' ds p Q
Ponendo pv uguale ad una funzione arbitraria T , la prima formola diventa
p^ Q
Per trasformare la seconda ricordiamo anzitutto che, in virtù delle formole
fondamentali della Geometria intrinseca delle curve, da noi recentemente sta-
bilite (3), si ha, per l' immobilità di 0 ,
d$ ^ Q ^ Ql
essendo q la projezione di OM sulla binormale principale, e Qi il raggio di
torsione. Dunque
ds ^\d8 ^ QiJ p p ds ^ p pi
ovvero
p T rfT . g T»
P* ds '^ p^ Qi
È questa la seconda formola cercata. Si osservi che occorrono n relazioni per
fissare 0 nello spazio, e quella da noi adoperata basta soltanto ad esprimere
che 0 non può spostarsi parallelamente alla normale principale di (M) . Ne
segue che 0 può, ad ogni istante, arbitrariamente muoversi in un determinato
spazio 2LÌ n — 1 dimensioni, senza che ne soffra l'esattezza delle due formole
(1) Atti deirAccademia dello Scienze di Torino, t. XIV
(«) Accademia dei Lincei, Transunti, 1879.
(3) Annali di Matematica, 1888.
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stabilita. Così, per esempio, quando il moto ha luogo in un piano, le for-
mole sussistono per due punti animati da velocità parallele, potendosi inoltre
assumere come 0 l'uno o Taltro dei punti stessi « .
Ottica mateniatica. — Le lamine sottili anisotrope colorate
nella luce polarizzata parallela. Nota dell' ing. Carlo Viola, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
GENERALITÀ'
« I fenomeni, che si ottengono quando si analizza la luce polarizzata, la
quale attraversi una lamina anisotropa (non isotropa, eterotropa) non assor-
bente, sono stati trattati spesso, anche matematicamente ; un ultimo lavoro
completo è di A. Bertin {}), Non è invece stato considerato il caso se la la-
mina assorbe la luce. A riempire questa lacuna tende la presente Memoria.
« Se una lamina assorbe la luce, essa ci apparisce colorita, e se è ani-
sotropa, può apparirci dicroica. L'intensità dei colori, di cui è composta la
luce bianca (solare) possiamo rappresentare colle ordinate di una curvilinea,
la quale presenta il suo massimo nel colore giallo, e tocca Tasse delle ascisse
negli estremi del rosso e del violetto. L'area racchiusa da questa curvilinea
e dall'ascisse è dunque Y intensità della luce bianca, che vogliamo assumere
eguale ad uno. L' intensità di un colore qualunque sia rappresentato dal
segno A*', essendo k l'ampiezza d'oscillazione eterea nello spazio vuoto. Avremo
per definizione: :?A*==1.
« Per ogni direzione del raggio luminoso in una lamina anisotropa (ad
uno 0 a due assi ottici) le oscillazioni dell'etere si decompongono in due dire-
zioni determinate, e variano, in tesi generale, da colore a colore ; queste due
oscillazioni sono tra loro perpendicolari ed individuano i piani di polarizza-
zione della luce. Oscillando l'etere in uno o nell'altro di questi due piani,
l'assorbimento della luce . nella lamina anisotropa sarà differente, e varierà
pure per ciascim colore. Vogliamo indicare con 1 — m^ e con 1 — n^ i coeffi-
cienti generali d'assorbimento pel colore la cui intensità è A*, e ciò relativa-
mente ai due piani di polarizzazione, di guisa che dopo il passaggio della
lamina 1* intensità A* diverrà m^ k^ ovvero n^ A' secondochè il raggio esce
polarizzato a seconda di una o dell'altra direzione (è ordinario o straordinario);
se neiresperienza si fa uso della luce bianca, essa passerà la grossezza della
lamina colle intensità rispettive 2m^ A* e ^n^ A*, e la sua intensità totale sarà
quindi 2w•A«+2^^U•^
« Ora prendiamo a sviluppare le formolo relative airinterferenza della luce
pel caso più generale contemplato da Bertin: un raggio monocromatico di
(*) Uebet die Farhen von Krystallplatten in elliptisch polarisirten Lichte, von A.
Bertin in Paris.— Zeitschr, f. Kry stali u. Àfiner, heratug., v. P. Groth, volume V, p. 86, 1881.
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intensità k^ e di lunghezza d'onda A nello spazio libero, si polarizza linear-
mente nel Nicol polarizzatore, attraversa una lamina di mica di ~ d*onda
(affine di assumere la polarizzazione ellittica), attraversa indi la lamina sottile
di un cristallo anisotropo senza cambiare direzione, infine attraversa un Nicol
analizzatore combinato con una mica di \ d'onda luminosa. Per passare dal caso
generale ai casi speciali, avremo da sopprimere l'una o l'altra delle due miche
od anche ambidue per avere il caso il più semplice.
« Per ottenere l'espressione generale dell'intensità della luce nell'analiz-
zatore, non seguiremo tutto lo sviluppo datoci da Bertin; ci basterà di rias-
sumerlo e di introdurvi le varianti, che sono relative ai coefficienti w e w, e
poscia estenderemo le nostre considerazioni all' interpretazione delle formolo
pei singoli casi sperimentali. Per direzione di una lamina anisotropa inten-
deremo sempre quella di estinzione tra i Nicol incrociati, e colla voce Nicol
intenderemo semplicemente i piani di polarizzazione e d'analisi di cui è for-
nito il microscopio. Denotino:
a l'angolo che la direzione della prima mica fa col Nicol polarizzatore,
9) l'angolo che la direzione del cristallo fa colla direzione della prima
mica ;
\p l'angolo che la direzione del cristallo fa colla direzione della 2^ mica e
fi l'angolo che quest'ultima racchiude col Nicol analizzatore.
« Per semplificare diciamo :
sen a = flj cos a = «i
sen y = z^ cos y = th
sQntp=u cos \p = Ui
seu fi = b cos fi = bi.
« Per ottenere l'ampiezza della luce nel Nicol analizzatore, avremo da
decomporre dapprima quella nel polarizzatore a seconda delle due direzioni
della prima mica, indi ciascuna di queste nelle due direzioni della lamina
anisotropa e così via fino a raggiungere il Nicol ahalizzatore, ove le ampiezze
normali ad esso non si tengono in conto. Ciò posto è facile vedere che in
seguito a questa decomposizione si ottengono otto ampiezze nel Nicol analiz-
zatore con ritardi diversi; a due a due però essi sono eguali, e quindi le
ampiezze rispettive possono essere sommate senz'altro. Con ciò si ottengono
le seguenti quattro ampiezze coi ritardi corrispondenti:
F =mk(abuiVi — aibiuv) col ritardo 0
X
Gt = mk(abiUVi — aibuiv) » -7-
B. = nk (aibiUiVi — abuv) » à
K = nk (abiUiV — aibuvi) » ^+T '
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Ove (f è lo spessore relativo (cioè spessore ottico) della lamina, ossia il prodotto
del sno spessore reale ^ per la differenza niassima o — ^ di due esponenti
di ri&angenza per la data direzione del raggio luminoso.
« Ognuna delle quattro ampiezze sopra notate è ancora decomponibile in
due: luna avente il ritardo nullo, l'altra \ d'onda. Le ampiezze relative
allo stesso ritardo di moto possono essere sommate, sicché ci risultano le due
seguenti :
X = P + H cos 2;r y — K sen 27r y
T = G+ H sen 27r Y -|- K cos 2n: -y .
« Un^ulteriore decomposizione non è possibile per modo che i ritardi
siano eguali tra loro, per conseguenza T intensità della luce sarà e=X'+T* {})
vale a dire:
i = (F« + G«+ H' + K«) + 2(FH + GK) cos 27r |+2(GH— PK) sen 27r^ . (1
« Per semplificare introduciamo :
sen 2a = A cos 2a = Ai
sen 2/J = B cos 2/9 = Bi
sen2f//=U cos2f// = Ui
sen 2g) = V cos 2sp = Vi
s Pin qui lo sviluppo condensato di A. Bertin. In seguito dobbiamo tenere
conto dei coefScienti m^ n ; non ci soffermiamo però alle riduzioni di genere
elementare, diamo senz'altro i valori delle tre quantità in parentesi, che pren-
dono parte a formare i\ essi sono:
P« + G» + H« + K«=^(l-B'U,-AiV, + AiB|U,VO +
+ ^(l + BxUi + AiVx + A,BiU.V.),
mn
4
2 (PH + GK) = ^ (AB — UVA, B,) ,
ed infine
2 (GH-PK) = i I AU[w« (Bx + VO + n' (B, - V0]+
+ BV \m' (Al + Ui) + w' (Al - UO] | •
(0 Ciò sì dimostra facilmente, redi tattavia: F. Neumann, Theoretiscke Optik, p. 18.
Leipzig, 1885.
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tt Per consegaenza Tespressione dell' intensità della Ince polarizzata ellitr
ticamente sarà:
^2|-i_B^XJi— AiVi+AiBiUiVi]+w' [l+BiUi+AiVi+AiB,UiVi] ^
+ mn [AB— UVA,Bi] cos 2n -j
+ BV[w»(A| + UO + w*(Ai — U,)]jsen27r-j
Discussione dell'equazione generale.
I Caso. La luce è polarizzata lineare.
1. Ltice monocromatica.
« Chiamiamo con ©(0 = g)4-V' + a) l'angolo, che l'analizzatore fa col
polarizzatore e manteniamo ad a il suo primo significato; l'espressione per
l'intensità della luce nell'analizzatore lineare sarà:
ji = k* [m cos a cos (© — a) — n sen a sen (0 — a) ]*+ (3
-|- mnk^ sen 2cr sen 2 (© — a) sen' tt — •
« Dando all'analizzatore un quarto di giro, ossia facendo ©-{-90^ in luogo
di ©, per l'intensità della luce avremo:
if = A* Vm cos a sen (© — «) + w sen « cos(© — a)J — (4
— mnk* sen 2a sen 2(© — a)sen'7r-y--
« La somma di ii e it è:
i = il + Ì2 = A* (^* cos* a-^-n^ sen* a) . (6
« Vale a dire :
L La somma delle intensità di un colore nell'analizzatore,
per due posizioni normali di questo, è eguale alla inten-
sità del colore prima di attraversare l'analizzatore.
« Supponiamo che lo spessore relativo S della lamina anÌEotropa sia eguale
ad un numero intero d'onda ; le intensità del colore per le due posizioni nor-
mali dell'analizzatore saranno in tal caso :
il = A* [m cos a cos (© — a) — n sen a sen (© — a)]*
tj = A* [m cos a sen (© — a) -j- w sen a cos (© — a)3* J
« Questa condizione si raggiunge per una grossezza qualunque della lamina
e per un qualunque colore, quando vi si sovrapponga una lamina di quarzo
(o di un'altra sostanza anisotropa) tagliata a bietta e non normalmente
all'asse di simmetria.
Se
© = 90% sarà: ii = k*(^ ^Ysen*2a. (7
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— 28 —
• L* intensità ii in questo caso non può annullarsi che per due soli valori
di a cioè: per «^=^0 e a = 90^ Essa invece è sempre nulla per m = n.
Quindi :
IL Se si introduce tra i Nicol incrociati una lamina aniso-
tropa in una direzione intermedia, e vi si fa passare
sopra parallelamente un cuneo di quarzo: se è possibile
ottenere Testinzione completa, adottando la luce mono-
cromatica, la lamina è monocroica, se no è dicroica,
a Se ® = 0, r intensità sarà : ii = A* {m cos* a-\-n sen* a)'. Vale a dire:
in questo caso Toscurimento non sarà mai possibile per un arbitrario valore
di a se m ed n sono differenti da zero.
« Se 0<[@<CdO'', r intensità i della luce potrà annullarsi quando sia
soddisfatta la condizione :
171
— = tga.tag(@ — a); quindi: (8
III. Assumendo per © un valore compreso tra 0* e 90"* e gi-
rando la lamina nel suo piano fino a tanto che vi sia
Toscurimento della luce, Tespressione superiore ci de-
termina il grado di dicroismo di un cristallo.
2. Luce bianca.
« Facendo uso nell'esperienza della luce bianca, otterremo V intensità
della luce nell*analizzatore per due posizioni normali di questo, dando a A:,
m,n,S e X tutti i valori possibili dall'estremo rosso all'estremo violetto, e
quindi facendo la sonunatoria dì tutte le singole intensità luminose della
forma 3 e 4, che così risultano. Avremo :
Il = 2k^ [m cos a cos(0 — a) — w sen a sen (© — a) ]• -j-
-{- sen 2a sen 2 (® — a) Smnk^ sen* n -y
I, = sk^ [m cos a sen(© — a) -{-nsQna cos (© — a)y —
à
— sen 2a sen 2 (© — a) 2mnk? sen* n -y
(9
« A rigore, l'angolo a è pure variabile se la lamina anisotropa appartiene
ad un cristallo a due assi ottici, ma però in via d'approssimazione ò permesso
di ritenerlo costante, e di introdurre nell*equazione un valore medio. Quindi:
lY. Le immagini sono colorate.
« Facendo la somma di li e I2, intensità della luce nell'analizzatore
corrispondenti a due sue posizioni normali, avremo:
I = Il + Ij = 2k^ (m* cos* a + ^* 8®ii* «)» quindi : (10
y. Sommando l'immagine di una lamina colorata monocroica
0 dicroica coli' immagine per una posizione di 90^ del
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— 24 —
Nicol analizzatore si ottiene per risultato il coloredella
lamina osservata senza T analizzatore; ovvero:
Le immagini d'interferenza di una lamina anisotropa
assorbente per due pos'izioni normali del Nicol analizza-
tore sono supplementari nel'Colore proprio della lamina.
« É interessante per la pratica di dare all'angolo a alcuni valori particolari.
« Se a = 0*, si avrà : li = 008^@2m*k*
I, = sen*0-2w*A* ^
Se « = 90*^ » Ii = CiOs*@Sn^k^
It = sen*©2««A*
« Quindi :
VI. Se la direzione della lamina è parallela al Nicol pola-
rizzatore, e facendo uso di luce bianca, si gira il Nicol
analizzatore di 90% 1* immagine cambia bensì di inten-
sità ma non di colore. Se invece si tengono fermi i due
Nicol e si dà alla lamina un quarto di giro, Tìmmagine
varia di colore se la lamina è dicroica, non varia se è
monocroica.
«I Se © — a = 0 , sarà : li = GOS^eSm^k^
«Se ©—« = 90^ » Ii = cos«02»«A*
It = 8eìì^02n^k*
« Quindi :
VII. Se la direzione della lamina è parallela al Nicol analiz-
zatore, e facendo uso di luce bianca, si gira T analizza-
tore di 90% l'immagine cambia di colore se la lamina è
dicroica, non cambia se è monocroica, al contrario, dando
alla lamina un quarto di giro, T immagine varia bensì di
intensità ma non di colore.
II Gaso. La luce à polarizzata circolare.
1. Ltice monocromatica.
« E cioè possono darsi tre combinazioni : o la luce si polarizza circolar-
mente, 0 la si analizza circolarmente ovvero infine la si polarizza e la si
analizza circolarmente. Le due prime sono le più interessanti pel dicroismo.
• a) La luce subisce la polarizzazione circolare solo aW entrata. Basta
porre a = it: 45* e /? =- 0 , onde si ha:
a=zìzat, ft = 0, fti = l, A=±l, Ai = 0, B = 0, Bi = 1;
quindi le intensità della luce per polarizzazione destrogira e levogira saranno:
4e = m^ A« (1— Ui) + n^ k^ (1+Ut) zìi UÀ' [m»(l+Vi)+/i«(l— Vi) ] sen2 n^
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— 25 —
ossia facendo alcime riduzioni ed introducendovi i seni e coseni :
2i = k^ {m* sen* f// 4" ^' ^^s* ip) it: sen 2 (// (w* cos* y + »^ sen* y ) sen 2;r y (13
o?e 9^:1:45 è Tangolo che la direzione della lamina fa col Nicol polariz-
zatore, e ìp rangole che la direzione della lamina racchiude coli* analizzatore.
È evidente che se i coefScienti m, n fossero tra loro eguali, Tintensità i non
dipenderebbe dalFangolo 9^. Quindi:
YIII. Girando il polarizzatore circolare(0 comunque sivoglia,
l'intensità della luce monocromatica non cambia se la
lamina è monocroica, cambia invece se essa è dicroica.
« b) La luce subisce la polariszasione circolare solo all'uscita. Basta
porre a = 0 e /fi? = =±= 45, onde si ha :
a = 0, fli=:.l, * = rt:*i, A==0, Ai = l, B = r!zl, Bi=0;
quindi le intensità della luce monocromatica per polarizzazione destrogira e
levogira saranno :
U = k^rn^ (1— Vi) + n^k^ (l+Vi) i^ V[w* (1 + Ui) + n« (1— U,) ] A* sen27r^,
ossia facendo alcune riduzioni ed introducendovi i seni e coseni :
2i = m* A* sen V + n*k* co8*y ^^ sen 2^ (w* cos*^ + n* sen*(//) A* sen 27r y • (14
K Questa combinazione ò analoga alla precedente, cioè : se i coefScienti
m, n sono eguali, V intensità del colore non varia se gira TanaUzzatore. Quindi:
IX. Tenendo fermo il polarizzatore lineare e girando 1* ana-
lizzatore circolare quanto si voglia, l'intensità della luce
non varia se la lamina ò monocroiea, varia invece se è
dicroica.
« Sono anche interessanti i casi particolari quando sen2;ry- è zero,
vale a dire quando la grossezza relativa della lamina anisotropa è identica-
mente ^^le ad un numero intero d'onda luminosa.
X. Girando comunque si voglia il Nicol con polarizzazione
circolare rispetto al Nicol con polarizzazione lineare,
r intensità del colore non varia mai se la lamina è mono-
eroica^ varia invece se è dicroica.
2. Luce bianca.
e Anche qui è interessante di considerare le due combinazioni sepa-
ratamente.
« a) La luce bianca si polarizza circolarmente solo alCentrata. Per
avere V intensità della luce nell'analizzatore basterà sommare tutte le intensità,
(<) Per Nìcol circolare si intende un Nicol ordinario fornito di una mica dì } d*onda
ed in posinone di 45® col Nicol.
Bbvdioonti. 1888, Vol. IV, 1* Sem. 4
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— 26 —
che si ottengono dalla equazione (13) introducendoyi tutti i valori possibili di
k, m, n, d Q X per la luce bianca. Chiamando questa intensità con I, avremo
per le due posizioni normali della mica:
21=^k^ {m^ sen^ìp + n^ cos^) — sen 2ipSk^ (m* cos*y+n* sen*y ) sen 2;r y (15
<t Da cui si ricava senz'altro :
XI. L'immagine è colorata.
XII. I colori delle immagini che si ottengono nelT analizza-
tore, polarizzando la luce d'entrata circolarmente levo-
gira e destrogira, sono supplementari nel colore proprio
della lamina.
XIII. Se si gira comunque si voglia il polarizzatore circolare,
l'immagine non cambia di colore sola lamina è mono-
eroica, cambia invece se essa è dicroica.
« b) La luce bianca si polarizza circolarmente solo all'mcitaj cioè
nel Nicol analizzatore. Qui si otterranno, in analogia coU'equazione (15)
le seguenti intensità della luce nell'analizzatore con polarizzazione circolare
destrogira e levogira :
21 = 2k^ (w* sen*y + w'cos'y) :±: sen 2(pSk* {m* C08*i// + n^ sen*i/^) sen 2;r j ;
da cui senz'altro si ricava:
XIY. L'immagine è colorata.
XY. I colori delle immagini che si ottengono nell'analizza-
tore, polarizzando la luce d'uscita circolarmente levo-
gira e destrogira, sono supplementari nel colore proprio
della lamina.
XVI. Se si gira comunque si voglia l'analizzatore circolare,
l'immagine non cambia mai di colore se la lamina è mo-
nocroica, cambia invece se essa è dicroica.
« Tutte queste proposizioni hanno qualche importanza nell'analisi delle
rocce ; la VII e la XVI ci forniscono il mezzo di riconoscere se un cristallo
è monocroico o dicroico, l'ultima proposizione senza alcun inconveniente.
« Il metodo che si segue generalmente in tale ricognizione consiste in
ciò: di levare il Nicol analizzatore e di far girare o il Nicol polarizzatore
ovvero la lamina sottile sul piatto del microscopio. In ambedue i casi vi
sono degli inconvenienti : intanto, dando alla lamina una diversa posizione
rispetto al polarizzatore, le linee di sfaldatura, le fenditure, i corpuscoli in-
clusi ecc., &nno sì che la luce trasparente ci apparisca diversa secondochò
essa sia polarizzata nell'entrata in un piano o nell'altro; in secondo luogo
girando il polarizzatore, diversa luce si riceve dallo specchio del microscopio,
la; quale è composta di due parti : di luce polarizzata linearmente e di luce
normale; inoltre girando il polarizzatore, l'osservatore si fa ombra colle dita.
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— 27 —
di guisa che anche per questa ragione semplice si osservano delle intensità
variabili ; di più girando il piatto del microscopio, ci appariscono le diverse
variazioni che la luce riflessa produce sulla superficie della lamina. In terzo
luogo non sarebbe raccomandabile, per le cose note e dette, di togliere il Nicol
polarizzatore e di sostituire in sua vece il Nicol analizzatore. Applicando la
XVI proposizione, che abbiamo dato, tutti codesti inconvenienti spariscono
perchè tutte le disposizioni nel microscopio rimangono inalterate, solo il Nicol
analizzatore gira nel suo asse verticale senza che diversa quantità di luce,
di variabile intensità e diversamente disposta rispetto alle singolarità della
lamina giunga all'analizzatore, se non per il solo effetto del dicroismo della
lamina sottile.
« Rimangono a considerare la 3^ combinazione ossia: luce polarizzata cir-
colarmente all'entrata e all'uscita, ed infine considerare il caso quando la luce
è polarizzata ellitticamente in tre combinazioni diverse. La nostra discussione
fermiamo qui : in primo luogo perchè l'ulteriore ha molta analogia colle cose
dette, in secondo luogo perchè l'espressioni per l'intensità della luce sono
più complicate, e non offrono dei dati semplici per il dieroismo dei cristalli ^ .
Astronomia fisica. — Le protuberanze solari 7iei loro rap-
porti colle variazioni del magnete di decllnasione diurna. Nota
del prof, P. M. Garibaldi, presentata dal Corrispondente Tacchini.
K La notissima corrispondenza fra i massimi e i minimi di macchie solari
e i massimi e i minimi del magnete di declinazione diurna messa in evidenza
anche nei particolari, in una nostra comunicazione (0 nella quale si paragona-
vano i valori assoluti mensili delle due serie, subì una notevole anomalia negli
anni 1885-86 che merita di essere segnalata perchè lascia supporre che, oltre
le macchie, vi siano altre espressioni dell'energia solare che possano influire
sopra l'ago di declinazione e regolarne l'amplitudine dell'oscillazione diurna.
« Dalla Nota sopra citata risulta che l'ultimo periodo di macchie solari
e variazioni declinometriche diurne coincideva, con un minimo comune, nel
giugno del 1879 e che terminava, con un maximum, nel maggio 1884 per
i valori di macchie e nel giugno successivo per quelli declinometrici : nei mesi
compresi fira questi estremi l'andamento dei termini delle due serie è quasi
parallelo e sincrono, tranne pochissime eccezioni, come appare dal quadro
numerico e dal diagramma in quella Nota riportato.
« Dal giugno 1884 in poi i valori delle variazioni diurne e quelli delle
macchie andarono diminuendo, come lo faceva prevedere il cominciamento
del nuovo periodo, toccando un primo minimo in aprile 1885 quelli di decli-
nazione e in marzo quelli di macchie; senonchè mentre queste ripigliavano
(») Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Classe di scienze fisiche, matematiche
natoiali. Seduta del 6 dicembre 1885.
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— 28 —
un l^giero aumento fino a luglio, per poi continuamente diminuire fino ad
oggi^ le variazioni magnetiche diurne crebbero straordinariamente sino a set-
tembre 1885 toccando un valore di 113,12 superiore a quello del maximum
periodico del giugno 1884 che era rappresentato da 111,26; inoltre nel mentre
il numero dei gruppi di macchie andava sempre diminuendo, meno una sta-
zionarietà nei mesi di marzo, aprile maggio e giugno 1886, i valori declino-
metrici ripigliavano sensibilmente nel dicembre 1885 fino alVaprile 1886,
epoca in cui raggiunsero il valore di 110,70, poco inferiore a quello notato
nel giugno 1884 nel tempo della ricorrenza del periodo undecennale.
« Dal sopra esposto si vede che i due massimi declinometrici, molto spic-
cati, che si riscontrano nel settembre 1885 e aprile 1886, non hanno la loro
base e riscontro in quelli di macchie solari le quali, per conseguenza, non
possono ritenersi come unici fattori da cui dipenda l'ampiezza della variazione
diurna dell'ago calamitato, la quale perciò, deve risentire l'azione di altro o
altri agenti.
« E questo dubbio è anche confortato dalla considerazione che se le va-
riazioni declinometriche diurne fossero solo, o principalmente, funzioni di
macchie solari, dovrebbero presentare una qualche ragione di grandezza con
queste, nel mentre, tal fiata, si verifica il contrario ; così per esempio si vede
che il maximum magnetico (periodico) del 1884 rappresentato da 111,26 è
accompagnato da un maximum (pure periodico) di macchie misurate da 722,82,
mentre nel 1885 il valore declinometrico massimo 118,12 ha per riscontro
un sistema di macchie solari misurato da 260,30.
« Fra le varie espressioni dell'energia solare quella che ci parve, con
maggiore probabilità, più atta ad influenzare il declinometro, fu quella deUe
protuberanze, specialmente in causa degli elementi fisici onde sono costituite.
« A questo proposito instituimmo una serie di calcoli, i quali ci fornirono
opportuni elementi per confrontare, con un'unità di criteri, declinazioni ma-
gnetiche diurne, macchie e protuberanze solari.
« Le basi di questi calcoli sono comuni a tutte tre le serie di fenomeni,
i quali perciò riescono perfettamente paragonabili.
li A), Dai valori declinometrici diurni si dedussero quelli di mese e per
mettere in evidenza l'influenza dei singoli, il valore d'ogni mese è rappresen-
tato da quello notato nella serie ottenuta dalla somma di dodici mesi suc-
cessivi: nel quadro seguente sono notati sotto la lettera Y.
« B). I valori delle macchie sono calcolati egualmente, però si tenne
conto del numero dei gruppi di macchie G e della loro estensione E : il va-
lore mensile 6XE risulta egualmente dalla somma di dodici mesi successivi.
K C), 1 dati per le protuberanze sono dedotti egualmente; anche a ri-
guardo di esse si tenne a calcolo la loro altezza media mensile A e la loro
estensione parimente media mensile E e i rispettivi valori di mese sono dati
da AXE, come sopra, calcolati.
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— 29 —
« Gli elementi per le macchie sono desunti dalle osservazioni fatte dal
sig. Tacchini al Collegio Bomano e notate nella Memoria degli spettrosco-
pisti italiani; quelli delle protuberanze furono tratti da osservazioni fatte a
Palermo dal sig. Bieco e da Tacchini a Roma e registrati nelle Memorie anzi-
dette ; le variazioni declinometriche sono quelle fatte regolarmente ogni giorno
neirOsservatorio dell'Università di Genova.
« I valori GXE, V, EXA sono notati nel seguente quadro numerico A
che comprende il sessennio 1882-87.
Quadro A.
1882
1883 1884
GXE
V
EXA
GXE
V
EXA
GXE
V
EXA
Gennaio ....
Febbraio . . .
Marzo
Aprile
Maggio ....
Giugno ....
LagUo
Agosto ....
Settembre. . .
Ottobre
Novembre . . .
Dicembre . . .
. 129,22
. 135,12
. 145,98
. 182,72
. 199,91
. 195,95
. 172,24
. 179,78
. 175,69
. 174,88
. 164,09
. 162,27
101,76
101,90
101,86
103,58
106,30
104,70
103,08
102,67
101,96
102,09
103,54
102,61
111,44
108,65
109,01
110,17
111,09
110,98
106,61
107,11
106,83
109,12
113,25
113,64
167,57
159,59
146,77
140,31
128,23
181,16
271,14
285,31
326,34
408,40
473,79
522,81
104,22
103,24
103.72
103,69
101,38
102,30
103,47
103,38
104,01
105,69
104,76
105,05
111,80
112,66
116,25
122,03
127,59
134,65
138,10
137,19
137,31
138,84
139,33
143,44
553,74
594,44
661,05
682,78
722,82
678,77
601,97
•604,12
574,01
492,11
436,82
896,28
105,38
107,89
109,99
110,56
111,07
111,26
110,54
109,.54
109,33
108,34
108,49
109,13
143,38
148,58
154,62
155,20
151,52
173,11
173,04
174,22
175,46
169,89
169,97
166,26
II
1885
1886
1887
GXE
V
EXA
GXA
V
EXA
GXE
V
EXA
Gennaio ....
Febbraio . . .
Marzo
Aprile
Maggio ....
Giugno ....
Loglio
Agosto
Settembre. . .
Ottobre ....
Novembre. . .
Dicembre . . .
. 854,12
. 342,57
. 277,82
. 286,54
. 217,47
. 259,16
. 276,95
. 267,77
. 260,32
. 249,41
. 241,16
. 232,77
107,90
105,29
103,03
101,55
104,38
106,10
109,75
113,05
113,12
111,55
110,70
109,37
163,81
162,88
151,16
144,70
142,78
118,46
122,71
130,73
137,05
146,41
160,27
161,80
228,88
203,19
211,67
211,07
178,82
125,28
94,47
83,14
69,13
61,05
58,95
57,85
110,50
110,19
110,48
110,70
109,68
107,64
105,15
102,77
100,38
100,72
100,41
101,20
161,21
162,27
164,64
160,54
160,97
156,11
149,83
140,72
131,07
125,78
107,26
102,59
54,07
52,68
35,42
27,63
22,69
21,07
15,91
15,98
14,13
100,58
100,42
98,74.
98,01
97,22
96,70
97,41
97,96
98,86
97,15
96,62
100,22
92,02
90,15
91,35
88,86
88,63
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— 30 —
« Per mettere in migliore evidenza l'andamento dei valori suddetti si co-
strusse il seguente diagramma B.
Diagramma B
Variazioni V
Protuberanze E X A.
Macchie G X K
tt Dall'analisi dei valori numerici e dal movimento delle curve si vede
che quella di V e GXE procedono armonicamente fino e durante il primo tri-
mestre 1885, dopo del quale cessano di essere concordanti e, in certi tempi,
sono opposte: così per esempio, ad un maximum declinometrico di aprile 1886
corrisponde un minimum di macchie in marzo dello stesso anno ; inoltre ad un
maximum assoluto di energia magnetica, che non ha riscontro negli ultimi
15 anni, svolgentesi nel secondo trimestre e specialmente nel settembre 1885,
corrisponde una grande debolezza in quanto a macchie solari.
« Considerando ora i valori EX A del quadro numerico A tradotto grafica-
mente nel diagramma B si vede che la curva delle protuberanze solari ha,
nel suo insieme, un andamento che corrisponde alle altre due fino alla metà
del 1885, colla differenza che i valori non si muovono sincroni e quelli delle
protuberanze sono alquanto in ritardo.
« Dopo il primo semestre 1885 le macchie sono in continua e sensibile
diminuzione mentre, invece, la curva rappresentante le protuberanze solari è
in marcatissimo aumento come quella delle variazioni declinometriche diurne ;
e questo potrebbe dimostrare che l'azione delle protuberanze sull'ago è analoga
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— 31 —
a quella delle macchie, e che talvolta rindebolimento dell'energia solare
(in quanto a macchie) può essere compensata o rimpiazzata da quella prove-
niente daUe protuberanze solari.
a Da ciò conseguirebbe che il movimento diurno dell'ago non può più
essere definito tenendo solo a calcolo le macchie, ma che neUo studio delle
amplitudini declinometriche di giorno, debbano anche considerarsi le azioni
che possono produrre le protuberanze dell'astro, la natura delle quali è spe-
cialmente e direttamente annoverata fra quelle che influenzano maggiormente
le condizioni elettriche del cosmos y> .
Fisica terrestre.— // terremoto di Firenze del 14 novembre 1887.
Nota del prof, Carlo Marangoni, presentata dal Socio Blaserna,
« 1. Benché il terremoto avvenuto a Firenze il 14 novembre p. p. non
abbia prodotto alcun danno materiale, pure è importante per la sismologia di
riferirne qui alcuni interessanti particolari.
« La prima scossa, che si verificò alle ore 6,48 ani (tempo medio di
Boma), parve in Firenze forte, sussultoria e brevissima; essa fu seguita da
5 0 6 oscillazioni, lente, orizzontali, della durata in tutto di 5 a 6 secondi.
» Pochi momenti avanti la prima scossa, fu udita una forte romba, simile
al rumore del vento in principio, che poi crescendo somigliava al rumore d'un
treno, e nel momento della scossa, allo scontro di due convogli
« Da taluno fu notato che, una mezz'ora avanti il terremoto, i canarini,
che stavano in una gabbia appesa al muro, schiamazzavano, ed erano straor-
dinariamente inquieti.
il Che la prima scossa abbia una componente verticale, anche in im ter-
remoto ondulatorio, la credo una necessità meccanica; e se i sismografi non
la registrano ordinariamente, come è avvenuto in questo di Firenze, ciò si deve
attribuire alla poca sensibilità, del sismografo verticale. Infatti una rapida
scossa orizzontale, nel propagarsi, urta gli strati che gli stanno avanti, e com-
primendoli, li solleva momentaneamente.
« Io che ero a letto provai l'impressione, dalla prima scossa, come se
uno avesse sollevato dappiede il letto e l'avesse tosto lasciato ricadere.
« 2. D sismografo a pendolo che da poco tempo avevo stabilito al R. Li-
ceo Dante mi ha segnata una bellissima traccia, che qui riproduco ingrandita
7 volte per mezzo della fotografìa. 11 sismografo è stabilito nell'angolo di due
robusti muri maestri al pian terreno. Esso amplifica 7 volte le dimensioni
della scossa {}) ; cosicché il disegno qui riprodotto è 49 volte più grande del
vero moto sismico di un punto della terra.
(^) n mio pendolo ha analogìa con quello immaginato dal P. Cecchi; ma la massa
pesante è a V? della distanza dalla sospensione cardanica alla punta; Tasta è fatta di un
tubo dì ottone, leggiera e rìgida a un tempo; finalmente la punta scrìve su d'una lastta
di vetro da specchi affumicata. Di qui la sensibilità dell'apparato e la nitidezza della traccia.
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32 —
« Nella traccia sì distinguono varie ellissi e una lemniscata, ovvero come
un 8. Tutte queste curve mostrano che vi furono più scosse a brevissimi inter-
valli in direzioni diverse. Ma la teorìa non si presta a trovare le direzioni
elementarì delle scosse, essendo il problema indeterminato.
« Mi limito a notare che Tasse maggiore delle più grandi ellissi è nella
traccia di nmi. 6 ; per lo che Testensione massima del moto sismico fu di V?
di millimetro ; e questo avvenne sensibilmente da nord a sud. Il prof. Pittei,
direttore del R. osservatorio meteorologico di Firenze, e il P. Giovannozzi
deir osservatorio Ximeniano, pure di Firenze, hanno notata nei loro sismografi
una traccia di circa un millimetro da nord a sud.
» La traccia mostra inoltre che le grandi ellissi sono punteggiate ; il che
proverebbe vibrazioni rapidissime del suolo nel tempo della scossa.
« La durata d'una oscillazione del mio pendolo sismometrico è di mezzo se-
condo : per lo che, se \ oscillcunione sismica fosse stata di uguale durata, cia-
scuna ellissi sarebbe stata descritta in 1" ; e siccome in ogni ellissi sono se-
gnati circa 50 punti, così si avrebbero avute 50 vibrasioni complete al secondo,
che corrisponderebbe all' incirca al sol-i . Ma non avendo io pendoli di diffe-
renti lunghezze, non posso stabilire la durata di una oscillasione; credo però
debba essere stata assai minore di 1".
« La lenmiscata sembra essere dovuta alla prima scossa, perchè ha il suo
nodo nel punto di equilibrio del pendolo. La sua forma ci dice che essa è
stata prodotta probabilmente da due scosse sensibilmente perpendicolari NS
e EW , aventi le durate rispettivamente come 2 : 1 ; che in oltre le due oscil-
lazioni perpendicolari s' incontrarono, nel nodo, nella fase della loro massima
I velocità. Ciò spiegherebbe la
romba straordinariamente fra-
gorosa udita al B. Liceo Dante.
Essendo poi cessata Toscilla-
zione, a periodo più breve, la
pimta descrisse le due grandi
ellissi e poi quelle più piccole
da est-nord-est a ovest sud-ovest.
Si noti che il moto reale della
terra è direttamente contrario al
moto apparente della punta che
I ha descritta la seguente traccia.
<i Anche i tromometrì del
I P. Bertelli alla Querce si mo-
strarono agitatissimi. Appena
I dopo la scossa il grande pendolo
Traccia m t-i^m^moto ài Firenze ingrandita 7 volte, tromometrico Segnava 6 divi-
ai^SL!"^'* '•" ^ pnntwUar. è meno r^lare di qnelU qui? gi^nj. q^ellO UOimale, di m. 1,50,
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— 38 —
segnaya 25 diyisìonL In oltre, dalle oBserrazioni gentilmente favoritemi dal
chiariss. P. Bertelli, risulta xm massimo al tutto straordinario nel novembre 87,
come apparisce dalle medie mensili in valore intensivo dei due tromometri
riuniti pel seguente quinquennio:
1883 1884 1885 1886 1887
Medie del Novembre 156 103 176 142 322
B 8. Un altro particolare interessante di questo terremoto si è la sua cir-
coscrizione molto ristretta e circolare non ostante l' intensità insolita per Fi-
renze. Nessuna notizia dai giornali di altri terremoti, se si eccettua quello
quasi simultaneo di Cavaillon e Saint Saturnin in Provenza.
» Mi recai alla Direzione dei telegrafi dove, per una circolare del P. Ser-
pieri gli impiegati devono dare notizie sui fenomeni sismici all'Ufficio cen-
trale. Ma il terremoto avvenne in un* ora nella quale tutti gli uffizi telegrafici
erano chiusi e non si ebbe alcuna notizia. Tuttavia il direttore compart*^
comm. Mazzanti, molto gentilmente mi promise di fornirmi privatamente delle
notizie sulle varie linee che irradiano da Firenze ; ed ho avute infatti le rela-
zioni da più di 50 stazioni telegrafiche.
« Anche il comm. Municchi direttore del Traffico della rete Mediterranea,
il sig. ing. Niccolari, direttore della Ferrovia Faenza-Firenze, rispetterò Mar-
tini della rete Adriatica, il proi Bombicci a Bologna, e i Sindaci di vari
Comuni della provincia di Firenze, da me interpellati, mi fornirono altre indi-
cazioni, che mi hanno servito benissimo per fare la carta della scossa sismica;
per lo che io ringrazio qui pubblicamente i prelodati Signori che nell'inte-
resse della scienza si sono data ogni premura.
« Ed ecco pertanto i risultati avuti dalla mia carta.
« n centro della scossa fu Firenze e si possono djlstinguere tre zone
circolari quasi concentriche.
« 1^ Un cerchio di 13 chilometri di raggio che ha per centro Firenze,
dentro il quale si è sentito molto forte il terremoto e parve generalmente sus-
sultorio, fu preceduto da più o meno forte romba. Questa 2ona comprende
al perimetro i paesi Pratolino, Pontassieve^ San Casciano, Lastra, Calenzano.
« 2^ Una zona anulare che ha per centro Firenze e che si estende
fra due raggi di 13 km. e 25 km»
« In questa zona la scossa fd ondulatoria, debole e senza romba, se si
eccettua Montespertoli dove si sentì forte con romba. Comprende al perìmetro
estemo i paesi Borgo S. Lorenzo, Beggello, Greve, Empoli.
« S'' Una zona che si estende fino al rs^gio di 50 km. avente però per
centro Tlmpruneta (9 km. al sud di Firenze).
« In questa zona la scossa fu appena sensibile a pochissimi e senza
romba, eccettuato Certaldo, dove questa fd sentita forte. I paesi estrèmi ebe
appena avvertirono la scossa furono Firenzuola Toscana, Arezs^o, Siena e
Pontedera.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1** Sem. 5
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— 84 —
ti Unisco qui Velenco di circa 70 località colle rispettive indicazioni for*
nitemi. Le divido in 4 zone. Chi volesse ricostruire la carta può prendere
quella della Provincia di Firenze da 1 a 12,500 del dott. Francesco Yallardi.
1* Zona.
Firenze. — Sì, fortissima sussultoria ondulatoria nord-sud. Forte romba.
Fiesole. — Si, forte sussultoria, 6^48.
Cercina. — Sì, forte.
Sveglia. — Sì, forte.
PratoUno. — Sì, forte, ondulatoria sussultoria. Grande romba.
Pontassieve. — Sì, forte sud-nord, 8".
Strada. — Sì, 6,48. Due scosse forti; forte romba prolungata avanti, ondula-
toria est-ovest.
Galluzzo. — Sì, forte sussultoria, 6,45.
Impruneta. — Sì, leggerissima ondulatoria.
San Casciano (Val di Pesa). — Sì, forte sussultoria (da far sonare i campa-
nelli), ondulatoria nord-sud. Forte romba.
Lastra a Signa. — Sì, fortissima ondulatoria sussultoria nord est -sud ovest.
Brozzi. — Sì, forte, 6,40.
Campi. — Sì, forte.
Cadenzano. — Sì, leggerissima ondulatoria preceduta da forte romba (secondo
altri, fortissima).
2* Zona.
Vaglia. — Sì, debolissima, 6,45
San Piero a Sieve. — Sì, leggerissima.
Borgo San Lorenzo. — Sì, leggerissima ondulatoria, 6,49.
Vicchio. — Sì, leggera ondulatoria, poi sussultoria, 6,55.
Bufina. — Sì, forte ondulatoria est-ovest, ore 7.
Vallombrosa. — Sì, debolissima.
Beggello. — Sì, forte ondulatoria.
Figline. — Sì, leggera ondulatoria.
Greve. — Sì, forte ondulatoria est-ovest, x)re 6,50.
Montespertoli. — Sì, forte ondulatoria nord ovest -sud est, preceduta da romba.
Montelupo. — Sì, forte.
Empoli. — Sì, forte ondulatoria nord-sud.
Piato. — Sì, forte ondulatoria sud-nord, 7a.
8* Zona.
Barberino di Mugello. — Sì, leggera ondulatoria, 6,30.
Firenzuola Toscana. — Sì, debolissima.
Scaiperia. — Sì, leggerissima ondulatoria.
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— 36 -
BoDta. — Sì, debole.
Crespino (snl Lamone). — No.
Dicomano. — Si, ondulatoria rapida, 6,80.
San Godenzo. — Si, leggerissima ondulatoria.
San Giovanni (Valdarno). — No.
Terranuova Bracciolini. — Si, leggera ondulatoria, sussultoria.
Montevarchi. — Si, leggerissima sussultoria.
Arezzo. — Si, leggerissima.
Poggibonsi. — Si, forte ondulatoria sud est -nord ovest, 6,45.
Colle Val d' Elsa. — Si, forte ondulatoria ovest-est.
Siena. — Si, leggerissima nord-sud.
San Gimignano. — Si, leggera ondulatoria.
Certaldo. — Si, leggera, con forte romba, 6,45.
Montajone. — No.
Castel Fiorentino. — Si, leggerissima ondulatoria.
Ponte a Elsa. — Si, debolissima.
San Miniato. — Si, leggera ondulatoria, 6,45.
Pucecchio. — Si, leggera ondulatoria sud-nord, circa le 7.
Santa Croce suU^Amo. — Si, due scosse leggere ondulatorie sud-nord.
Castel Franco di sotto. — Si, leggerissima ondulatoria, poco dopo le 7.
San Bomano. — Si, leggerissima ondulatoria.
Pontedera. — Si, leggera ondulatoria, nord nord ovest -sud sud est, circa le 7.
Monsummano. — Si, debole sussultoria, 6,50.
Pistoia. — Si, leggerissima ondulatoria nord-sud, 6,50.
Montale Agliana. — Si, debolissima.
4* Zona.
« Esternamente alla 3^ Zona non hanno avvertito il terremoto come ci
venne attestato dai seguenti luoghi situati a distanza maggiore di 50EnL
Bologna, Brisìghella, San Cassiano (sul Lamone), Bocca San Casciano, Vico
Pisano, Buti, Cascina, Calci, Navacchio, Pisa, Lucca, Bagni San Giuliano,
Pracchia, Sambuca.
« N. B. Nelle gallerie dell'Appennino, di Pratolino e in tutte le altre
secondarie della ferrovia Faenza- Firenze in costruzione, non fta avvertita
alcuna scossa di terremoto.
« 4. Quale può essere stata la causa del terremoto di Firenze? Le cause
principali dei terremoti si possono ridurre alle quattro seguenti :
« 1® Sollevamento per vulcanismo.
. 2^ Avvallamenti per plasticità o per azione dissolvente delle acque
sotterranee.
• 3^ Fenditure per contrazione della terra.
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— 36 —
«4"" Esplosione di miscugli gassosi sotterranei (*).
« Interroghiamo quindi i fatti per vedere di appurare la causa.
« Sebbene il yulcanismo sia la causa pia generale e poderosa che pro-
duce i terremoti, come lo ha luminosamente provato il eh. prof. Stoppani,
nessun fatto ci fa pensare che Firenze sia su di un cratere vulcanico sot-
terraneo.
s n giorno 14 novembre avvenne pure un forte terremoto alle 9,20 ant.
a Cavaillon (9,50 di Eoma) e a Saint Satumin in Provenza; e mentre a
Saint Saturnin fece screpolare le case, ad Avignone (che dista appena 60 chi-
lometri) non fu avvertito. Ciò mostra che questi terremoti furono proprio
locali e indipendenti Tuno dall'altro; per lo che sarei disposto ad escludere
razione vulcanica.
(t Sotto air Amo serpeggia un fiume invisibile che alimenta la galleria
filtrante donde Firenze ha Facqua potabile.
tf II giorno 16 settembre (1887) si osservò in Firenze un curioso fatto.
Alla mattina, avanti le 7, TArno era perfettamente asciutto: c'era solo un
po' d'acqua in quei burroni che stanno dietro le pile dei ponti; ed in quelle
piccole pozze, i pesci che vi si erano rifugiati vi si trovavano così fitti, che
i pescatori li prendevano colle mani.
« Foco dopo le 7 l'acqua cominciò a comparire e alle 4 di sera era ri-
tornata al livello ordinario.
« Dubitai che si trattasse di una firattura sotterranea che avesse inghiot-
tita l'acqua, la quale del resto è scarsissima nei mesi caldi nelVAmo; osservai
il sismografo che avevo impiantato appena da poco tempo, ma non mostrò
alcuna traccia di scosse.
« Venuto il terremoto del 14 novembre, mi sovvenni del fen^omeno dell'Arno
del 16 settembre. Le due date precedevano di un giorno il novilunio (^). In-
terrogai il F. Bertelli per sapere se il 16 settembre almeno i tromometrì
fossero stati agitati; ma questi mi assicurò che in tutta la 2^ quindicina di
settembre i tromometri segnarono zero. Mi venne allora un dubbio, e per chia-
rirlo andai dal capo meccanico dello stabilimento idraulico di San Niccolò,
dove trovansi le turbine per elevare l'acqua potabile, e seppi infatti che nella
notte dal 15 al 16, per la scarsità dell'acqua, fu elevata la chiusa dell'acqua
per potere lavorare il giorno dopo colle turbine le quali riprincipiarono il la-
voro aUe 7 antim. del 16, ora nella quale riapparve l'acqua: dimque quel
(^) La teorìa del Perreyi che ammette una marea lani*Bolare deUa crosta terrestre,
galleggiante su di un mare plutonico interno, non è più sostenibile ; imperocché pare pro-
vato che la terra sia totalmente o quasi totalmente allo stato solido. Tuttavia T influenza
luni-solaxe sui terremoti si può spiegare benissimo per Tattrazione dei detti astri sulle masse
fluide che stanno nascoste dentro le viscere della terra e a poca profondità.
(^) Si sa dagli studi statistici del Perrey che i terremoti sono più frequenti nei noviluni
che nelle altre fasi.
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— 87 —
proeciugamento non era dovuto a un fatto naturale. Eppure come sarebbe stato
fceile ingannarsi, e propendere per la teoria delle fratture.
« La teoria dell* esplosione di miscugli gassosi sotterranei, la quale è
validamente sostenuta dal prof, Bombicci, ha una certa relazione con quelle
di Aristotele e del Lemeiy; ma ne differisce, perchè la forza motrice nella
teoria del Bombicci è istantanea.
« Tre circostanze verrebbero in appoggio alla teoria del Bombicci:
« 1** Gli abbondanti depositi di ligniti che si trovano nel Valdarno, ca-
paci di generare Tidrogeno protocarburato.
« 2^ La forte romba che si è fatta sentire nel centro della scossa.
« Citerò una esperienza curiosa. Una volta avendo fatto passare l'ossigeno
attraverso a una boccia contenente petroleina, ed avendo riempito di quel
miscuglio gassoso un bicchiere a calice, di quelli alti che servivano per lo
champagne, nel darvi fuoco sentii uno spaventoso boato, simile all'urlo di
un animale feroce. La durata dell'urlo sarà stata di | secondo, e il volume
del miscuglio solo di 7^ di litro. Si comprende quindi agevolmente come una
massa maggiore di gas, capace di cagionare un terremoto, possa produrre una
romba fragorosa e prolungata per alcuni secondi.
« 3** Il terremoto del 14 novembre avvenne in una stagione piovosis-
smia. I mesi di ottobre e di novembre furono ostinatamente piovosi; circostanza
di grande valore per la teoria del Bombicci (").
« Ma la data del 14 novembre, che precede di un sol giorno il novi-
lunio, sarebbe più favorevole alle altre cause che non all'ultima. Si comprende
come la marea lunare possa determinare (come semplice causa occasionale)
delle fratture, dei dislogaiuenti nel suolo, e delle eruzioni vulcaniche ; ma non
si comprende, per ora almeno, come la marea lunare possa incendiare il
miscuglio esplosivo sotterraneo, senza il concorso di un'azione vulcanica.
Conclusione.
« Volendo spiegare il terremoto di Firenze col vulcanismo, si dovrebbe
anamettere la sede della scossa a grande profondità. In questo caso il raggio
di 60 Km. della zona che fu scossa è troppo ristretto.
• Per lo contrario, la zona scossa sarebbe troppo grande, se la causa fosse
stata un piccolo avvallamento od una piccola frattura. D'altra parte un avval-
lamento od una frattura avrebbero prodotto in Firenze (centro della scossa)
dei danni nei tubi dell'acqua potabile e del gas, ma verificai alle Direzioni
di questi servizi, che nessuna fuga straordinaria si verificò nel giorno del ter-
remoto. Soltanto r indicatore della pressione del gas lasciò, nella cm-va gra-
fica, il segno di una rapida depressione di circa 2 mm. in acqua, 12 minuti
P) Bombicci, Sulla costitugione fisica del globo terrestre ecc. UTemorie della R.
Accademia di scienze delllstitnto di Bologna, serie 4», tom. Vili, 1887,
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— 88 —
avanti le 7, cioè alI*ora della scossa ; e ciò tanto al misuratore del Gabinetto
del Mnnicipio, quanto all'officina del gas. Ma dopo questo seguono altri s^i
simili, dovuti alle diminuzioni di pressione che si fanno alla mattina nel rego-
latore del gas. Per il che rimane dubbio se quel segno sia dovuto alla scossa,
ovvero alla mano dell'operaio.
« L'ipotesi di un colpo istantaneo, come d una mina non riuscita, pro-
dotto dall'esplosione di un miscuglio gassoso, parrebbe più confiicente al caso
nostro, per la grande ristrettezza dello spazio ove si sentì la scossa verticale
e la romba; per l'istantaneità; per la natura vibratoria della scossa (come
lo prova la traccia sismica a punteggiature), simile alle vibrazioni elastiche
che devono provare le pareti di un eudiometro nel momento dell'esplosione ;
che poi, col liquefarsi del vapore acqueo prodottosi, cessa la causa di ulte-
riori spinte.
« Benché dal complesso dei fatti, e per esclusione, io sarei per applicare
la teoria del Bombicci al terremoto di Firenze, pure veggo che non ho un
valido argomento da potere asserire che così deve essere stato di certo. Sarò
lieto se altri verrà in mio aiuto con nuovi fatti, oppure mi toglierà dall'errore «.
Fisica terrestre. — Contributo allo studio delle rocce ma-
gnetiche dei dintorni di Roma. Nota I. di Filippo Keller, presentata
dal Socio BLA.SERNA.
tf Come risulta da ricerche assai estese, da me fatte in questi ultimi
anni, esistono nei dintorni di Roma delle rocce magnetiche in moltissime lo-
calità; prima però di entrare in una esposizione delle cose osservate, stimo
opportuno di fare alcune considerazioni sopra i diversi procedimenti atti a
riconoscere queste rocce magnetiche.
« In generale è facile a stabilire se una roccia possiede del magnetismo
0 no, ma riescirebbe difficilissimo di misurare questo magnetismo in un modo
assoluto. Tre sono i metodi per rintracciare il magnetismo del terreno; nel
primo si riduce una piccola porzione della roccia da sperimentarsi in polvere
e si porta questa in contatto con un magnete o elettromagnete più o meno
potente per estrarne le particelle magnetiche; in questo modo si giunge a
stabilire la quota percentuale magnetica del terreno. Nel secondo metodo si
distacca dalla roccia un frammento, che si analizza poscia coli' ago magnetico,
presentando a questo successivamente i diversi punti del campione e osservando
la relativa azione sull'ago. Finalmente nel terzo procedimento si studia l'in-
fluenza, che produce la roccia ovvero il terreno sugli istrumenti magneto-tel-
lurici e questo metodo è senza dubbio il più importante dal punto di vista
della fisica terrestre. In ordine al relativo valore di questi tre procedimenti
e l'opportunità della loro applicazione, devonsi fare le seguenti considerazioni.
« Trattandosi di rocce friabili o poco coerenti, allora riesce il primo metodo
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— so-
di grande speditezza e rileva la più piccola traccia di minerali estrattibiLi col
magnete. Sotto questo aspetto sarebbe preferibile agli altri due metodi, ma
im graye inconveniente sta in ciò, che Testrazione di queste particelle possa
cambiare le loro proprietà magnetiche, sia per Tindazione del magnete analizza-
tore, sia per la loro cambiata posizione e orientazione relativamente alla primi-
tiva giacitura. Se si ha poi da fare con rocce molto compatte, allora non è sicuro
se Toperazione meccanica della riduzione in istato polverulento non inflmsca
essa pure sul magnetismo delle particelle estratte. Infatti è notissimo che
gli urti forti indeboliscono i magneti e si sa poi anche da un altro lato,
che scuotimenti non molto violenti favoriscono l'azione induttrice della Terra.
Così percuotendo ripetutamente e con poca forza una sbarra di acciaio tem-
perato, tenuta in posizione verticale, questa si magnetizza talvolta conside-
revolmente e assai più forte che senza scosse. In ogni modo però è sicuro
che sebbene nella esecuzione di questo metodo sia da temersi un cangiamento
del magnetismo delle particelle 'estratte, rimane tuttavia provato che esse
sono soggette all'induzione magnetica e quindi devono nella loro posizione
iniziale, per lo meno possedere una certa intensità magnetica dovuta all'indu-
zione terrestre, la quale però potrebbe anche essere piccolissima. Se poi vi
sia pure del magnetismo permanente non pu^ essera deciso con questo proce-
dimento, e neppure l'analisi microscopica farebbe luce su questo punto, perchè
potrebbe avvenire benissimo, che il magnetismo permanente che si rileverebbe
in questo modo fosse derivato dal magnete, col quale vennero estratte le par-
ticelle in discorso.
« La terra, che viene depositata nei letti dei torrenti nell'Agro Bo-
mano o anche semplicemente lungo gli scoli delle acque piovane, con-
tiene spesse volte una quota percentuale di sabbia magnetica molto con-
siderevole. Tali depositi, che si formano in conseguenza del maggior peso
specifico di detta sabbia relativamente alle altre sostanze travolte dall'acqua,
si possono nella vicinanza di Boma assai bene osservare nella tenuta di Boma
Vecchia e altrove, ove la detta quota percentuale giunge talora persino a 22.
Il rinvenimento di questa sabbia magnetica e augitifera è in certe condizioni
anche di utilità pratica per la geologia, perchè addita la presenza di giaci-
menti vulcanici esistenti in località superiore del bacino del torrente. In questo
modo rinvenni non pochi giacimenti vulcanici negli Abruzzi.
« H secondo metodo per rintracciare le rocce magnetiche è meno difettoso
del primo ; qui non viene il magnete adoprato in contatto col corpo da speri-
mentarsi, la sua azione induttrice è quindi molto meno da temere e appunto
per ovviare il suo effetto o almeno per renderlo minimo è da raccomandare
di servirsi di aghi magnetici piccoli. Vi sono degli autori che distinguono i
minerali in ordine al loro comportarsi verso il magnete in due specie, cioè
in semplicemente magnetici e in magneto-polari. I primi chiamati anche
unipolari, sarebbero caratterizzati da un'azione attrattiva sopra ambedue i poli
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— 40 —
dell'ago magnetico, mentre la seconda specie (bipolare) attrae un polo e respinge
Taltro; il ferro dolce si comporterebbe nel primo modo e il magnete permanente
nel secondo. Ma questa classificazione non regge o almeno è poco opportuna
quando s'intende stabilita nel senso generale come ora Tenne enunciata; inoltre
essa dà luogo a molti equiyoci. Così analizzando un corpo debolmente magnetico
con un ago grande e assai forte, lo si troverà in generale semplicemente magne-
tico e soltanto nel caso di una distanza assai grande fra ago e minerale, comparirà
magneto-polare come è di fatto. La spiegazione di questo cambiamento delle
proprietà magnetiche del minerale è assai semplice e dipende unicamente
dalVinduzione esercitata dall'ago sul minerale stesso, che produce sempre
attrazione e finché il magnetismo proprio del corpo Tiene superato da questa
induzione si ha sempre attrazione; nel caso contrario si manifesta iuTece anche
la ripulsione.
« Il primo che ha richiamato l'attenzione su questo argomento è Hauy (*),
e il Melloni (*) che pare non aTer conosciuto il laToro di questo autore giunge
alla medesima conclusione. Melloni fece sotto questo punto di Tista degli studi
assai estesi sopra rocce Tulcaniche provenienti principalmente dalle adiacenze
del Vesuvio e dalle province Napoletane in genere, dando un elenco molto
dettagliato di quelle che possiedono del magnetismo e io mi sono occupato
di simile ricerche sulle rocce dei dintorni di Roma, sebbene l'oggetto prin-
cipale del mio studio fosse un altro, cioè di ricercare l'influenza di queste rocce
suUe misure magnete-telluriche. Ho trovato, conformemente a quanto dice
Melloni, che i minerali magnetici anche i più deboli si. palesano come i cosidetti
bipolari, quando si ha cura di ridurre abbastanza piccola l'induzione dell'ago
sul minerale. A questo scopo mi sono servito di aghi piccolissimi fomiti di
specchio e facendo la lettura con cannocchiale. Melloni invece adoprò l'ago
astatico grande, il quale però non si deve accostare troppo al minerale.
« In tutti i corpi magnetici si devono distinguere due magnetismi, uno
permanente, il quale suppone una certa forza coercitiva e l'altro indotto
della Terra, e quest'ultimo varia colla posizione fra il corpo e la Terra. In-
vece di distinguere in mineralogia i corpi magnetici in bipolari e uni-
polari, sarebbe molto meglio di prendere per base della classificazione la
prevalenza dell'uno o dell'altro dei due magnetismi ora accennati. Indispen-
sabile sarebbe però in queste ricerche di rendere minima l'influenza dell'ago
sul corpo ; inoltre non devesi perdere di vista, che il magnetismo indotto
dalla Terra varia colla forza di quest'ultima; volendo quindi togliere ogni
incertezza sulla classificazione in discorso, occorrerebbe di riferirla ad una
(*) Sur les Aimants naturels. Journal de physique, de chimie etc. par La Metherie,
tome 45, an. 1794, pag. 309.
(*) Memorie deirAcc idem ià delle Scienze di Napoli, fase. II dell'anno 185B, pag. 12l)
e seguenti. * ' '
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— 41 —
certa intensità terrestre fondamentale. Non mi sembra però che l'utilità di
questo argomento sia tale di meritare considerazioni così estese.
« Venendo ora al terzo metodo atto a rintracciare le rocce magnetiche,
conviene innanzi tutto riflettere che questo magnetismo si manifesta talvolta
con intensità assai forte in guisa da essere riconoscibile a colpo d'occhio con
una piccola bussola sprovvista persino di graduazione. Avvicinando questa
alla roccia da indagare si rilevano qualche volta delle deviazioni di 180°, e
di questi blocchi o rupi, consistenti tutti di lava basaltina, esistono nei dintorni
di Boma un numero non indifferente ; due di questi giacimenti sono descritti
nella Nota: Sulle rocce magnetiche di Rocca dì Papa (*). Per rintracciare sì
forte magnetismo non occorre uno speciale procedimento; occupiamoci invece
del caso di un magnetismo debole da rintracciarsi cogli strumenti magnete-
tellurici.
is Per tal fine potrebbe servire ciascuno dei tre elementi dei quali viene
caratterizzato il magnetismo terrestre (declinazione, inclinazione e componente
orìzzontale) e qui giova riflettere, che verificandosi in un tale luogo una ano-
malia del magnetismo terrestre, allora si può in generale ritenere che questa
si estende a tutte e tre le costanti magnetiche, e che il caso contrario è piut-
tosto eccezionale.
« Il metodo più perfetto in questo riguardo consisterebbe senza dubbio
nella misura assoluta di queste costanti; ma si giunge anche all'inteoito in
modo più 0 meno completo mediante le misure relative, e questa maniera di
operare è in generale assai più spedita.
Metodo della decli/iaiione.
« Supposte certe condizioni topografiche, questo metodo si presta assai
bene e il relativo procedimento si riduce in sostanza alla determinazione della
differenza di declinazione di due punti A e B, il che riesce molto semplice
quando si può mirare direttamente da un punto all'altro. Per tale fine basta
di stabilire in A ima bussola azimutale, di appuntare lo zero della scala al
punto B e di fare la lettura dell'ago ; si trasporta poi la bussola in B, mi-
rando verso A e facendo nuovamente la lettura dell'ago. Ammesso che in B
non si verifichi anomalia di declinazione e che le letture non coincidano, allora
è evidente che la loro differenza rappresenta l'azione del terreno in A. Sarà
appena necessario ricordare, che qui si prescinde dalla sfericità della Terra ;
per distanze AB grandissime bisognerebbe fare le dovute correzioni, come anche
per la variazione generale della declinazione colla posizione topografica. Trat^
tandosi poi di misure assai precise, come sarebbero richieste nel caso di un
magnetismo molto debole, non si potrebbero neppure più trascurare le variazioni
periodiche della declinazione.
(^) Rendiconti della B. Accademia dei Lincei, toI. II, anno 1886, pag. 428.
Rendiconti. 1888. Vol. IV, 1® S«m. 6
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— 42 —
« Volendosi esplorare una data località rapporto al suo magnetismo, allora
dopo fissata una buona mira B posta preferibilmente in terreno non magnetico,
si debbono, considerare due cose per la scelta del punto A. L*Ì8trumento
dev'essere posto primieramente in poca altezza sul suolo esponendolo così più
. da Ticino all'azione del terreno ; in secondo luogo poi à utile, ma non indi-
spensabile, di stabilire questo punto preferibilmente in un luogo ove esiste
qualche discontinuità del suolo ; così se è possibile al piede di una prominenza,
principalmente quando questa è di forte scarpata. In questa disposizione trovasi
l'ago dissinmietricamente esposto all'influenza del suolo, quindi meno facilmente
si elidono le azioni delle diverse parti del terreno circonvicino. Nell'incUno*
metro si farà questa neutralizzazione più diiScilmente sentire quando anche il
suolo sia perfettamente piano.
« Il metodo ora esposto si presta bene in pratica e una distanza AB
molto grande riesce favorevole alla precisione del risultato, ma spessissimo
volte rimane assai difficile di stabilire il punto B in guisa che soddisfaccia alle
supposte condizioni, di essere cioè visibile da A e di trovarsi in un terreno
privo di magnetismo, o almeno ritenuto come tale. In questo caso volendo
continuare a praticare il metodo nella sua semplicità come venne stabilito,
altro non rimane che di fissare questo punto in terreno dubbio o anche pro-
babilmente magnetico. Ma ciò posto, il risultato assume un significato molto
meno netto di prima e non si può concludere altro riguardo la differenza in
discorso, che la metà di essa rappresenta un limite inferiore della anomalia in
declinazione che si verifica in uno dei punti A e B senza poter precisare in
quale. Se però dal punto B fosse visibile una buona mira B^ posta in terreno
neutro, allora 'ripetendo lo stesso metodo si giungerebbe in fine a collegare
B^ con A ottenendo così la perturbazione di A in grandezza e direzione come
prima, e questo procedimento sarebbe ancora applicabile quando fra A e B^
fosse necessaria una serie di più punti invece di uno solo. Rinunciando
all'indicato vantaggio, allora il metodo ora trattato può essere modificato nel
senso di mirare da ambedue i punti A e B sopra un terzo C posto in grande
distanza e possibilmente nel prolungamento della A B • La semidifferenza
delle due letture rappresenta come prima un limite inferiore della perturba-
zione di declinazione in uno due punti A e B. Non verificandosi la condizione
dell'allineamento, allora deve applicarsi la dovuta correzione agli angoli, la
quale risulta in parità di circostanza tanto minore quanto sono maggiori le
distanze AC e BC. Questo modo di procedere non richiede una distanza AB
assai grande, anzi questa può essere anche piccola senza pregiudicare l'esattezza
del risultato; ma con ciò non intendo dire che non vi siano delle altre ragioni
che cons^liano di non oltrepassare un limite inferiore di questa distanza.
Difatti con questo metodo non si rileva in fondo altro che la differenza di
azione del suolo nei punti A e B, e facilmente si comprende essere in generale
più attendibile il caso, ove questa differenza cresce colla distanza, che non
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— 43 —
il contrario. In ogni modo però devonsi prendere possibilmente grandi le di-
stanze AG e BC.
« Per illustrare il fin qui detto con un esempio pratico, riporto i risul-
tati delle osservazioni fatte per esplorare il magnetismo del pendio setten-
trionale del monte sul quale siede il paese di Bocca Priora. Per tal fine
ho stabilito una visuale generale che termina da uu lato al palazzo munici-
pale di questo paese (il quale occupa il culmine del detto monte), e dall'altro al
casale di S. Angelo (territorio di Tivoli) sul declivio del monte omonimo,
in prossimità della via rotabile Tivoli-S. Gregorio ; la distanza di questi due
punti è di circa 15 km. Per sfuggire la possibile azione perturbatrice da
parte degli oggetti di farro contenuti in questi fabbricati, fissai i due punti
A e 6 nella indicata linea di mira, non proprio ai due estremi, bensì ad una
opportuna distanza dai medesimi, A a Bocca Priora e B a S. Angelo. Dalle
serie d*08servazioni fatte in entrambi i punti, risulta per la lettura media
dell'ago:
in A 32^65'
in B 30",14'
differenza 2^4r
e siccome Tandamento della divisione va nel presente caso in senso della declina-
zione crescente, dobbiamo concludere che la declinazione di S. Angelo sia infe-
riore a quello di Bocca Priora di 2^,41'. Finora non è stato provato diretta-
mente per quanto io sappia, se si verifica una qualche anomalia del magnetismo
terrestre nella località dame scelta a S. Angelo, ma tutto fa credere il contrario,
giacché il terreno consiste di roccia calcarea. Con ciò però non intendo dire che il
terreno adiacente sia assolutamente privo di magnetismo. Di fatti a circa m. 400
di distanza dal punto in discorso nella direzione verso Tivoli esiste un giacimento
poco esteso di tufo vulcanico di natura poco coerente, il quale palesa una forza
magnetica assai debole. Portando la bussola quasi fino al contatto con esso, non
ottenni col metodo dei tre punti A, B, C di sopra descritto che soli 16' di
differenza di lettura della bussola; basandosi su questo numero quale azione
sarebbe attendibile nella distanza di circa m. 400 ? Del resto gioverà qui notare,
essere nel territorio di Tivoli le rocce magnetiche non molto rare, così i tufi
vulcanici di villa Adriana, CorcoUe, Santa Balbina, Ponte dell' Acquòria, Vi-
triano e s^natamente quello di Valle degli Arci agiscono in modo molto pronun-
ciato sul declinometro, però questi giacimenti si trovano in distanza troppo
grande dal punto B, per poter credere che la loro azione arrivi fino a questo
punto.
« Possiamo quindi concludere, se non con certezza assoluta almeno con
grande probabilità che la differenza di 2^,41' che si verifica fra le declina-
zioni delle due località esplorate di Bocca Priora e S. Angelo derivi unica-
mente dall'azione del terreno di Bocca Priora. Che ivi esista positivamente
del magnetismo può essere comprovato assai speditamente col metodo dei tre
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— 44 —
punti, anteriormente descrìtto; per tale fine non occorre neppure una grande
distanza A B. Non sarà poi fuori di luogo di richiamare l'attenzione sulla
rupe 0 picco isolato denominato Fentima della Fontana, che non dista che
soli 700 m. dal punto A; questa rupe è dotata di un magnetismo assai forte
e qui si trovano diversi punti, ovvero se vogliamo chiamarli poli, che invertono
completamente la direzione dell'ago magnetico. Del resto è da notare che il
nucleo del monte su cui giace il paese di Bocca Friora consiste di sperone,
però nel punto A si trova invece un giacimento di terra di colore rosso scuro,
che viene estratta ad uso di pozzolana.
e Bapporto alla trovata differenza di declinazione, rimarrebbe ancora da
appurare un'ultima circostanza; si potrebbe cioè domandare fino a che grado
si faccia in questa differenza sentire Tinduzione della bussola sul suolo. La
risposta a questa domanda non è facile, è però verosimile che questa influenza
non sia di grande entità ; per chiarire questo argomento bisognerebbe ripetere
le osservazioni con aghi di diversa grandezza e intensità, il che rimane ancora
da farsi » .
Fisica. — Sulla scarica elettrica nell'aria fortemente riscaU
data. Nota del dott. Fietro Cardani, presentata dal Socio Blaserna.
I.
« Numerose esperienze, fatte a temperatura ordinaria, hanno dimostrato
che molto sensibilmente il potenziale al quale avviene la scarica varia pro-
porzionalmente alla pressione alla quale un gas determinato è sottoposto, e
quindi proporzionalmente alla sua densità : numerose esperienze, fatte invece
a temperatura variabile ma con pressione costante, hanno dimostrato che il
potenziale a cui avviene la scarica, diminuisce rapidamente col crescere della
temperatura; ma non hanno potuto stabilire con rigore se tale diminuzione
fosse esclusivamente dovuta alla variazione di densità del gas per Televarsi
della temperatura, o se fosse anche dovuta ad una minore resistenza alla sca-
rica che i gas riscaldati potrebbero presentare indipendentemente dalla loro
densità.
« Il metodo più sicuro e più decisivo per risolvere tale questione sarebbe
stato quello di riscaldare ad alte temperature un recipiente ermeticamente
chiuso, e nel quale vi fossero gli elettrodi tra i quali potesse avvenire la
scarica : ed è questo appunto il metodo che fu seguito dall'Harris. La misura
del potenziale, al quale avveniva la scarica, si faceva misurando le quantità
di elettricità ohe si somministravano al condensatore, con una bottiglia elet-
trometrica ; e THairis potè constatare che occorreva lo stesso numero di scin-
tille della bottiglia elettrometrica perchè avvenisse la scarica, sia che il reci-
piente, dove essa aveva luogo, fosse a temperatura ordinaria, sia che fosse alla
temperatura di 148 gradi.
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— 45 —
« Ma le esperienze dell'Harris non si possono considerare come snfScientL;
i limiti, txa i quali fece Tarìare la temperatnra, fiirono troppo ristretti; nò
gli era possibile salire a temperature pia elevate, giacché rinyolucro di vetro
attraversato dagli elettrodi, cominciava a diventar conduttore: e, tra questi
lìmiti di temperatura cosi ristretti, il metodo di misura da lui seguito non
comportava quella precisione che sarebbe stata necessaria, se la variazione di
resistenza del gas al passaggio della scarica col variare della temperatura
fosse stata tanto piccola, da abbisognare una differenza nelle quantità di elet-
tricità del condensatore, minore di quella che veniva misurata da una scin-
tilla della bottiglia elettrometrica.
« Il non possedere corpi isolanti ad alta temperatura fu difficoltà speri-
mentale così grave che il metodo dell'Harris non venne più oltre tentato. Si cercò
invece di risolvere la questione riscaldando i gas liberamente e tenendo conto
dell'effetto che avrebbe dovuto produrre la loro progressiva diminuzione di
densità: e dalle esperienze fatte con questo indirizzo, sia da quelle del Becquerel
dalle quali risulta che attraverso i gas al caler rosso passa anche la corrente
di pochi elementi di pila, sia da quelle del dott. Emo secondo le quali il
potenziale E a cui avviene la scarica varierebbe colla temperatura t secondo
una legge rappresentata dalla formola:
E=A — B<— C^«
sia anche da quelle più recenti del Baille, si ricaverebbe che col crescer della
temperatura, la resistenza che un gas presenta al passs^gio della scarica, dimi-
nuisce molto più rapidamente di quel che vorrebbe la semplice variazione di
densità, e quindi anche se il gas rimanesse a volume costante per il semplice
riscaldamento, dovrebbe offrire al passaggio della scarica, resistenze sempre mi-
nori col crescer della temperatura.
e In questa incertezza di risultati ho cercato di poter realizzare il me-
todo seguito dall'Harris per temperature molto più elevate di quella alla quale
^li era arrivato, ed ho rag^unto lo scopo propostomi, impedendo che la sca-
rica avvenisse lungo l'involucro che pel riscaldamento si comportava come un
corpo buon conduttore, col seguente apparecchio.
II.
Descrizione dell'apparecchio.
« L'apparecchio adoperato era formato di due parti principali :
« I. Di un tubo di vetro MN del diametro di circa 50™°* e della lun-
ghezza di circa 25 centimetri, al quale venne saldato un tubo di vetro quasi
capillare NL; nel tubo capillare era stata &tta precedentemente una saldatura
laterale con un tubo di egual diametro SB. Dentro il tubo NL si fece passare
un filo di rame sottilissimo che portava alla parte inferiore un'asticina di ottone
con pallina rappresentata nella figura in P. Dopo aver teso il filo di rame in
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li
N
M
r\
H
— 46 —
modo che Y asticina venisse a comprimersi fortemente contro il retro, si saldava
il filo di rame al tnbo di vetro in L con ceralacca. Così si otteneva in L una
chiusura perfetta, e la pallina P
restava immobile.
« IL Di un altro tubo di vetro
AB, del diametro di circa 40"°* e
della lunghezza di circa 35^°^ al
quale venne saldata dalla parte in-
terna con saldatura ^ campana, un
altro tubo di vetro BC, del dia-
metro di circa 15"»"" e più lungo
del tubo AB di 3 0 4*^«>.
K La zona conpentrica che ri-
maneva tra i due tubi era chiusa
in A con un turacciolo di sughero,
il quale a sua volta era attraver-
sato da due tubi di vetro di piccolo
diametro; di questi uno, il tubo E,
arrivava tino quasi alla saldatura a
campana, Faltro invece, il tubo D,
appena attraversava il sughero,
tt Sopra il sughero si colò del mastice, e così una corrente d'acqua en-
trando per D, circolava nella zona concentrica dei tubi ABC ed usciva per E.
e Nel tubo vuoto centrale si trovava una asticina rigida di ottone che
portava nella parte superiore una pallina pure di ottone. L'asticina era fer-
mata nella parte inferiore al tubo di vetro C, con sughero e mastice: lo spazio
poi che rimaneva tra l'asticina ed il tubo BC si riempì con paraffina fusa che
poi si lasciò lentamente solidificare.
« Per riunire queste due partì dell* apparecchio in modo da ottenere una
chiusura ermetica si seguì il seguente metodo : si prese un pezzo della stessa
canna di vetro che si era adoperata per fare la prima parte deirapparecchio
e della stessa lunghezza, e si dispose concentricamente aUa seconda parte del-
l'apparecchio, e nello spazio anulare rimasto tra i due tubi si versò paraffina
fusa sino a due centimetri circa dall'estremità superiore del tubo AB. Dopo
che la paraffina divenne solida, si riscaldò leggermente il tubo estemo e lo
si levò, rimanendo così aderente al tubo AB un cilindro di paraffina HE di
diametro esterno eguale al diametro intemo della prima parte dell'apparecchio.
Preparate così le due parti dell'apparecchio, si riscaldò leggermente il tubo MN
e vi si introdusse dentro il tubo AB, in modo che la pallina F venisse a
trovarsi distante dalla pallina P di 3 o 4"*"*.
« Perchè poi la paraffina aderisse bene al tubo MN, lo si riscaldava nuo-
vamente in due volte consecutive, in modo che prima si fondessero gli strati
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— 47 —
superiori mentre gli strati inferiori rimanendo solidi impedivano che la paraffina
medesima potesse gocciolare lungo il tubo AB, indi aspettando che questi
strati solidificassero e ripetendo la medesima operazione per gli strati infe-
riori dopo aver capovolto Tapparecchio. Per aver con più sicurezza la chiusura
dei due tubi a tenuta d'aria, si colò sopra la paraflBna anche un grosso strato
di ceralacca.
« Preparato oosl l'apparecchio, lo si sospese in un sostegno Bunsen ver-
ticalmente ed il tubo laterale SB si mise in comunicazione con un manometro
ad aria libera, formato di due tubi di vetro, dei quali, quello che comunicava
coli apparecchio, eri alto settanta centimetri, l'altro circa 180 cent. Inferiore
mente e lateralmente era saldato un rubinetto in vetro per fare uscire, all'oc-
correnza, il mercurio dal manometro. Dopo avere versato del mercurio nel ma-
nometro in modo da riempirne completamente il tubo più corto, si riuniva il
manometro col tubo S& e nella congiunzione si metteva uno strato di cera-
lacca: così nell'apparecchio veniva rinchiuso un certo volume d'aria che alla
temperatura ordinaria aveva la pressione atmosferica.
K La parte superiore del tubo di scarica MN venne circondata con rete
metallica ; e da due tubi ripi^ati circolarmente, posti uno sopra l'altro concen-
trici al tubo MN ed esterni alla rete e muniti di molti forellini, usciva il gas,
in modo che tutto l'apparecchio veniva circondato completamente dalle finmie.
« Col crescer della temperatura il volume dell'aria aumentava ma si ricon-
duceva al volume primitivo versando mercurio nel tubo aperto. Se tutto il
gas racchiuso nell'apparecchio avesse assunto una temperatura costante ed
uniforme, dall'aumento di pressione avrei potuto rigorosamente ottenere l'au-
mento di temperatura del gas : ma, per la corrente di acqua fredda che cir-
colava rapidamente nel tubo AB, l'aria aderente alla porzione di questo tubo,
che si trovava nell'ambiente circondato dalle fiamme, doveva essere ad una
temperatura inferiore a quella dell'aria che si trovava in contatto delle pareti
riscaldate, perciò la pressione risultante misurata dal manometro doveva esser
minore di quella che avrebbe dovuto essere, se tutta la massa d'aria rinchiusa
avesse avuta la temperatura delle pareti riscaldate. In alcune esperienze pre-
liminari, nelle quali invece di paraffina aveva adoperata della sabbia per
riempire tutto quello spazio che non prendeva parte alle variazioni di tempe-
ratura dell'apparecchio, era tale la condensazione dell'aria nelle parti fredde
che, mentre il vetro cominciava a diventar pastoso, la temperatura che si
avrebbe dedotto dalla pressione era inferiore di 200 gradi. CoU'uso della
paraffina, questo spazio, che chiamerei spazio nocivo, era ridotto ad avere una
influenza estremamente piccola ; ad ogni modo potremo tener contro di questa
causa di errore e considerare le temperature, dedotte dalle pressioni, di poco
inferiori alle temperature vere : del resto in tali ricerche anche un errore di
10 0 15 gradi nella temperatura, non sarebbe un errore di gravi conseguenze.
e La pallina superiore dell'apparecchio era metallicamente in comunicazione
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— 48 —
col suolo 6 la pallina inferiore rilegata ali* armatura intema di una bat-
teria di quattro grandi bottiglie, che si caricarano con una macchina di Holtz.
e L'armatura estema comunicava col suolo. Con un filo, isolato accura-
tamente. Tannatura intema era pure comunicante con un elettrometro di Bighi
e le deviazioni dell'ago, proporzionali ai quadrati dei potenziali, venivano lette
con cannocchiale e scala.
« Il metodo sopra descritto si prestava bene per eliminare Terrore che
potrebbe commettersi per le dilatazioni degli elettrodi sotto Tazione del riscal-
damento, stabilendosi una specie di compensazione tra le dilatazioni del vetro
e le dilatazioni delle asticine metalliche (0.
III.
Risultati delle esperienze.
« Ho fatto coll'apparecchio diverse serie, delle quali trascrivo qual-
cuna per esteso, sia per dimostrare che le deviazioni delTelettrometro erano
fra loro molto concordanti, sia per dimostrare Tandamento generale del feno-
meno in condizioni iniziali di pressione molto differenti.
« La serie seguente fu cominciata colla temperatura dell'ambiente di 26^.
« Pressione atmosferica 762"*"*.
« Deviazione dell'ago espresse in divisioni della scala perchè avvenisse
la. scarica del condensatore:
130 — 132 — 133 — 133 — 133 — 133.
« Riscaldo fortemente il tubo mantenendo il volume dell'aria costante.
Pressione data dal manometro 715""°*.
» Temperatura che corrisponderebbe a questa pressione 282"^.
«Deviazioni dell'ago: — 130 — 133—132 — 133 — 181.
« Lascio raffreddare il tubo e faccio una osservazione intermedia ; pres-
sione data dal manometro 300"*"* : temperatura che corrisponderebbe a questa
pressione 133^.
« Deviazioni delTago: — 133 — 135 — 137—136 — 135.
« Lascio raffreddare completamente il tubo : pressione atmosferica 762"*"* :
temperatura dell'ambiente 26^.
« Deviazioni dell'ago: — 134—137 — 135 — 136 — 135.
« Rinnovo la serie riscaldando il tubo.
« Pressione data dal manometro 530°*"*. Temperatura che corrisponderebbe
a questa pressione 215*^.
« Deviazione delTago: — 138 — 139 — 137 — 139—138.
{}) Per 300 gradi l*avvicinamento degli elettrodi sarebbe stato minore di 77: della
distanza tra gli elettrodi stessi.
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— 49 —
« Pressione data dal manometro IQT^'^. Temperatm*a che corrisponde*
rebbe a questa pressione 300*».
« Deviazioni dell'ago: -^ 115—118—114—116 — 113.
« Seguito a riscaldare T apparecchio : pressione data dal manometro 790°^'° :
temperatura che corrisponderebbe a questa pressione 809®.
. Deviazioni dell'ago: — 108 — 107 — 109 — 108 — 107.
« Lasciato raffireddare completamente T apparecchio trovo alla pressione
atmosferica ed alla temperatura ordinaria le seguenti deviazioni dell'ago:
184 — 135 — 137 — 135 — 136.
« Dalle esperienze sembrava quindi che risultasse questo fatto, che cioè
la resistenza opposta dai gas al passaggio deUa scarica diminuisse solo len-
tiamente col crescer della temperatura, ed essendomi sorto^ il dubbio che questa
diminuzione avesse potuto dipendere da una non omogenea distribuzione della
densità del gas nell'apparecchio, ho pensato di ridurre ancor più piccola la pa-
rete di vetro che rimaneva fredda per la circolazione dell'acqua. Smontato perciò
Tapparecchio, ed aggiunta lateralmente un'altra piccola quantità di parafiina,
ho fatto, dopo averlo rimontato col metodo superiormente descritto, la seguente
serie di esperienze.
« Pressione atmosferica 761™°*. Temperatura dell'ambiente 27®.
«Deviazioni deU'ago: — 137 — 135 — 134 — 135 — 135 — 136.
« Biscaldo l'apparecchio.
« Pressione data dal manometro 567""* : temperatura che corrisponderebbe
a questa pressione 230®.
«Deviazioni deU'ago: — 140 — 188—135 — 137 — 186.
« Pressione data dal mamometro 725<""* : temperatura che corrisponde-
rebbe a questa pressione 287®.
« Deviazioni dell'ago : — 128- 130 — 130 — 127 — 128.
« Pressione data dal manometro 845"**": temperatura che corrisponde-
rebbe a questa pressione 330®.
«Deviazioni dell'ago: — 119 — 122 — 119 — 121 — 122.
« Lasciato raffreddare l'apparecchio, trovo, risultati concordantissimi con
quelli avuti prima dì cominciare la serie.
« Anche con pressioni iniziali molto minori l'andamento generale del feno-
meno è sempre lo stesso: trascrivo come esempio una serie di osservazioni.
« Dopo aver eseguite diverse misure a temperatura ordinaria ed a pressione
di 762™™, dalle quali risultava che per avvenire la scarica tra le palline
occorreva una deviazione dell'ago di 98 divisioni della scala, tolgo la comu-
nicazione tra il tubo di scarica ed il manometro e riscaldo fortemente l'ap-
parecchio lasciando l'aria libera di dilatarsi: indi rimessa la comunicazione
col manometro e masticiata la congiunzione con ceralacca, lascio raffreddare
il tubo avendo cura di togliere successivamente del mercurio dal manometro
in modo da rimanere durante il raffreddamento il volume dell'aria costante.
Rendiconti, 1888, VoL. IV, 1*> Sem. 7
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— 50 —
« Alla temperatura ordinaria di 27® la pressione indicata dal manometro
è — 380™": la pressione del gas era quindi di 882"»"».
« Deyiazioni dell'ago: — 30—30—29—31 — 30—30.
« Riscaldo nuovamente il tubo, yersando mercurio nel manometro in modo
da rimanere il yolume dell'aria costante.
« Pressione indicata dal manometro 0, cioè pressione dell'aria contenuta
nel tubo di scarica 762""». Temperatura che corrisponderebbe a questa pres-
sione 300*».
» Deviazioni dell'ago: — 27 — 28 — 27 — 27 — 27.
« Lascio raffreddare l'apparecchio: a temperatura ordinaria trovo risultati
identici a quelli prima ottenuti.
IV.
Conclmione,
« Dalle serie trascritte risulta manifesto che la diminuzione di resistenza
che presentano i gas al passaggio della scarica per l'elevarsi della tempera-
tura è molto piccola, giacché bisogna tener presente che i potenziali variano
colle radici quadrate delle deviazioni dell' £^o dell'elettrometro, e che quella
piccola porzione di tubo che si trovava in contatto coli' acqua corrente, mentre
doveva produrre come una condensazione nell'aria aderente, doveva produrre
d'altra parte una diminuzione di densità del gas nel resto dell'apparecchio,
cospirando così a far diminuire il potenziale al quale doveva avvenire la sca-
rica: ed ove si osservi che fino oltre 250 gradi le deviazioni dell'ago sono
rimaste quasi costanti, se ne potrebbe concludere che solamente a tempera-
ture molto elevate la diminuzione di resistenza dei gas al pass£^gio della
scarica si rende sensibile, e che questa resistenza dovrebbe esser indipendente
dal numero degli urti molecolari. È inutile avvertire che questo si riferisce
alla scarica disruptiva, giacché la scarica che ha luogo per convezione, per
la quale l'elettricità si disperde nel gas di cui è circondato U corpo elettriz-
zato, avviene sempre più facilmente quanto più elevata è la temperatura, tanto
che una corrente d'aria calda è uno dei migliori mezzi per scaricare i corpi
elettrizzati; e nelle esperienze superiormente descritte era necessario girare
la macchina di Holtz con grande rapidità, quando la temperatura era elevata,
perchè la scintilla scoccasse tra le due palline.
<« Considerando poi che il potenziale a cui avviene la scarica dipende
essenzialmente dalla quantità di materia che deve attraversare, che non di-
pende invece dal numero degli urti delle molecole (e lo dimostrano le pre-
cedenti esperienze), che per il passaggio della scintilla la molecola dei corpi
gassosi si scinde, come lo provano le analisi spettroscopiche, e che nelle varie
sostanze gassose nelle identiche condizioni di temperatura e di pressione oc-
corrono potenziali differenti per produrre scintille della stessa lunghezza, tutto
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— 51 —
questo tenderebbe a dimostrare che la scarica compie nei gas un vero lavoro,
e che quindi, perchè si produca, il potenziale deve esser più o meno grande
secondo che è più o meno grande il lavoro che deve eseguire: ed in questo
caso è facile comprendere che la temperatura non può avere nella scarica che
una influenza piccolissima, giacché, secondo le classiche esperienze del Saint-
Glaire Deville suUa dissociazione, se occorrono temperature elevatissime per
ottenere parziali dissociazioni delle molecole dei corpi composti stabili, molto
probabilmente occorreranno temperature anche elevatissime per ottenere una
modificazione sensibile nella stabilità della molecola dei corpi semplici, e
quindi perchè la scarica esegua un lavoro sensibilmente minore per scinderla.
« Era mia intenzione sviluppare più distesamente questo concetto, di
vedere cioè se realmente il potenziale al quale avviene la scarica disruptiva
nei gas, dovesse dipendere dal maggiore o minor lavoro di disgregamento mo-
lecolare che essa deve compiere : concetto che sarebbe avvalorato dal fatto che
per la stessa distanza esplosiva la scarica avviene a potenziale minore del-
ridrogeno che nell'ossigeno, e nell*ossigeno a potenziale minore che nell'azoto,
e che nei composti stabili ddUazoto e dell'ossigeno ed in generale nei gas
composti, il potenziale è generalmente superiore di quello necessario pei gas
semplici componenti: come pure era mia intenzione tentare coll'apparecchio
superiormente descritto, di vedere se nei vapori di mercurio, la cui molecola
è mono-atomica, si potesse ottenere la scarica disruptiva, tanto più che in
una delle serie fatte, per un momentaneo abbassamento di temperatura, essendo
penetrata nell'apparecchio una piccolissima quantità di mercurio, trovai che
la deviazione dell'elettrometro istantaneamente era di molto diminuita. Il
cambiamento di residenza, da Palermo a Boma, mi impedisce di poter con-
tinuare per ora nel lavoro intrapreso, dal quale sperava poter ricavare qual-
che interessante relazione tra il potenziale di scarica e la costituzione mole-
colare dei corpi aeriformi » .
Mineralogia. — Sulla così detta S avite di Montecatini. Nota
di Ettore Artini (0 , presentata dal Socio Struever.
« Già dal 1856 Quintino Sella, in una lettera al cav. A. Sismonda (-),
dalle misure goniometrìche eseguite su alcuni « aghi di Savite finissimi » con-
clude che « poco resta a dubitare doversi considerare la Savite come una delle
« tante varietà di mesotipo che già si conoscono *>; ma, verso 4a fine del lavoro,
non avendogli permesso la piccolezza degli aghi lo studio dei caratteri ottici,
pare non escluda in modo assoluto la possibilità che si tratti di una varietà
di mesolite o scoleeite.
(i) Lavoro eseguito nel Laboratorio di Mineralogia della B. Università di Pavia.
(«) n nuovo Cimento, VII, 225.
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— 52 —
« Il D'Aehiardi (i) riporta i dati del Sella, e ritiene trattarsi di un meso-
tipo magnesiaco^ respingendo il sospetto di impurità del materiale sottoposto
ad analisi.
« Io potei avere, grazie alla gentilezza del prof. L. Bombicci, alcuni cri-
stalletti della Savile di Montecatini, abbastanza grossi, e tra questi ne trovai
due bellissimi, terminati ad una estremità; la lunghezza di entrambi è circa
un centimetro, essendo Tuno della grossezza di un millimetro, e di poco più che
mezzo millimetro l'altro. Presentano la combinazione (010) (100) (110) (111) ;
le facce di queste forme presentano gli stessi caratteri che nella Natrolite,
e 1 cristalli, per Faspetto generale, ricordano abbastanza quelli di Montecchio
Maggiore. I risultati delle misure goniometriche eseguite su questi, e sopra
un sottile prismetto non terminato, sono esposti qui sotto, col relativo peso.
Spigoli
misurati
XX»
I
XI» n
XX» m
Anenli calcolati
da BrOgger
per la Natrolite
110.1 Io
88» 54'
-II;
—
88" 49' — III;
88» 45' 80"
9
88 21
-II;
—
—
«
110.111
63 25
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630 24' —II;
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63 10 31
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64 18
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63 22
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lll.lll
53 11
-III;
62 28 —I;
—
53 39
lll.ìll
37 40
-II;
37 45 —III;
—
37 37 45
I»
37 41
-I;
—
—
ff
lll.lll 36 38(2)— II; 86 41(2)— III; _ 36 47 80
K Come si vede, questi angoli corrispondono a quelli della Natrolite, e
se ce qualche oscillazione, la si deve alle facce di (111) che sono spesso
poco piane e spezzate in questo minerale.
« Un risultato anche più soddisfacente e decisivo mi fornì lo studio delle
proprietà ottiche. Anzi tutto, nessuno dei molti prismi trasparentissimi osser-
vati al microscopio mi lasciò scorgere la più piccola deviazione della dire-
zione di estinzione dallo spigolo [110 . lIO] . Poi, nel più grosso dei due cri-
stalli predetti, dopo avere segata la estremità terminata per conservarla, tagliai
due lamine, normali alle due bisettrici, le quali, grazie alla perfetta traspa-
renza del cristallo, mi permisero misurazioni esattissime. Nessuna traccia di
geminazione apparve dallo studio di queste lamine; il piano degli assi ottici
{}) Mineralogia della Toscana, Uy 148.
(>) Osservai due vicinali abbastanza briUanti, che facevano colla rispettiva faccia
di (111), angoli di P8' e 1^86^ Siffatte vicinali poco definite abbondano nella Natrolite
di Montecchio Maggiore.
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— 53 —
ò parallelo alla (010) ; la bisettrice acuta, positiva, è parallela a [110 . lIO].
Trovai
2Ha= 62^44' (0 (Na)
2Ho=119<>38'(2) (Na);
da questi si calcola
2Y = 62«6'(3) (Na).
« Bisulta evidente da tutto ciò la perfetta identità del minerale detto
Savite colla Natrolite. Io non potei &nie l'analisi, per mancanza di materiale
puro in quantità sufficente, ma osservai che i più dei cristallini sono assai
torbidi, come per inclusione di sostanze estranee.
« Questo fatto, insieme al trovarsi il minerale su roccia molto mimesi-
fera, e nello stesso giacimento per Tappunto in cui dal medesimo autore fu
trovato il picranalctme, altra specie magnesifera, già abbattuta dalla analisi
di un materiale puro (^), e insieme alla riflessione che sarebbe strano che
la magnesia contenutavi in proporzione nientemeno che del 131 per cento
non portasse alcuna variazione, nemmeno nelle proprietà ottiche, da quanto
si trovò per la Natrolite, mi conferma che i risultati delle analisi &tte della
Savite non autorizzano affatto a mantenere questo nome, nemmeno ad ìndi-
care una semplice varietà » .
MEMORIE
DA SOTTOPOESl AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
P. BusiN. StUla frequenta delle alte e basse pressioni nell'emisfero
boreale. Presentata dal Socio Betocchi.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
n Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fira queste il fascicolo P della pubblicazione del Socio Gemmellaro:
La Fauna dei calcari con Fumlina della valle del fiume Sosio nella Pro-
vincia di Palermo ; la 3* edizione delVopera del defunto accademico P. Vol-
piCELLi: Trattato completo sulla elettrostatica indizione od elettrica in-
fluema; e Topuscolo del sig. E. E. G. Groth: An Essay on the Origin and
Development of the Solar System.
{}) Media di sei letture; limiti 62.35— 62.53.
(<) Media di sei lettore; limiti 119.36—119.42.
(3) Per la Natrolite fu trovata 2 V(Na)=«62«9'40"; 62ol5' (BrOgger) — 61052^;
61*32' ; 62«24' (Artìni).
(*) E. Bamberger, BechVs sogenannter u Picranalcim n von Montecatini. Zeit. fùr
Xryst VI, 32.
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— 54 —
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna dà comunicazione dei lavori presentati ai due
concorsi ai premi Beali, scaduti col 31 dicembre 1887, per la Matematica
e per la Chimica.
Lavori presentati al Concorso al premio di S. M. il Re per la Matematica.
(Concorso prorogato).
1. Ascoli Giulio, l) Integrazione della equazione differenziale J^ = 0
in un'area Riemanniana qualsivoglia (ms.). — 2) Le curve limite di una
varietà data di curve (stampata negli Atti dei Lincei, Memorie se. fis., ser. 3*,
voi. xvni)
2. De Paolis Riccardo. Fondamenti di una teoria, puramente geome-
trieaj delle curve e delle superficie (ms).
3. RiBOLDi Giovanni. Sopra il teorema relativo alla sommu degli angoli
di un triangolo rettilineo (st).
4. Ricci Gregorio, l) Principi di una teoria delle forme differenziali
quadratiche (st.). — 2) Sui parametri e gli invarianti delle forme qua-
dratiche differenziali (st.). 3) Sui sistemi di integrali indipendenti di una
equazione lineare ed omogenea a derivate parziali di P ordine.
Lavori presentati al Concorso al premio di S. M. il Be per la Chimica.
CiAMiciAN Giacomo. 1881. i) Sopra alcuni composti della serie del
pirrolo (st.). — 2) Sull'azione del cloroformio sul composto potassico del
pirrolo (st.). — 3) Sopra un nuovo (terzo) omologo del pirrolo contenuto
nell'olio di Dippel (si). — 1882. 4) Studi sui composti della serie del pir-
rolo. I. / derivati della pirocolla (1* parte) (st.). — 5) Studi sui composti
della serie del pirrolo. II. Trasformazione del pirrolo in piridina (st). —
6) Studi sui composti della serie del pirrolo. III. (st.). — 1883. 7) Sull'azione
del cloruro di cianogeno sul composto potassico del pirrolo (st). — 8) studi
sui composti della serie del pirrolo. IV. Adone dell'idrogeno nascente sul
pirrolo (st.). — 9) Studi sui composti della serie del pirrolo. V. / derivati
della pirocoUa (2* parte) (st.). — 10) Studi sui composti della serie del
pirrolo. YI. L'acetilpirrolo ed il pseudoacetilpirrolo {st). — 1884. H) Sin-
tesi della pirocolla (st). — 12) Ueb?r einen blauen Farbstoff au§ Pyrrol.
(Dai « Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft zu Berlin») (st). —
13) Sopra alcuni derivali dell' imide succinica (st.). — 14) Studi sui com-
posti della serie del pirrolo.YlI. I derivati dell'acido a-carbopirrolico (st). —
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— 55 —
15) Sull'azione dell' idrossilammina 8ul pirrolo (st). — i^) Sopra una nuova
sintesi dell'acido a-carbopirrolico (st). — 17) Sull'azione degli ipocloriti
ed ipobromiii sul pirrolo (st). — 18) Studi sui composti della serie del
pirrolo. Vili. Sull'azione di alcune anidridi organiche sul pirrolo (st.). —
1885. 19) Sull'azione del cloruro di carbonile sul composto potassico del
pirrolo («t.). — 20) Sulla monobromopiridina (st.). — 21) Sull'acetilpir-
rolo (st.). — 22) Sopra un solfoacido del pirrilmetilcheione (st.). — 23) Sul
dipseudoacetilpirrolo (st.). — 24) studi sui composti della serie del pir-
rolo. IX. Sull'azione dell'acido nitrico sul pirrilmetilcheione (st.). —
25) Sull'azione del calore sull'acetilpirrolo e sul carbonilpirrolo (st.). —
26) Sugli alcaloidi derivanti dal pirrolo (st.). — 27) Sull'azione degli alo-
geni sul pirrolo in presenza di idrati alcalini (st.). — 28) Sulla costitu-
zione del pirrolo (st). — 29) Sludi sui composti della serie del pirrolo. X.
Sugli alcaloidi derivanti dal pirrolo (st). — 1886. 30) Sul pirrolilene (st). —
31) Sopra un metodo di estrazione del pirrolo dalla parte non alcalina
dell'olio animale (st.). — 32) Sopra alcuni nitro composti della serie del
pirrolo (st). — 33) Sull'azione dell'anidride acetica sull'omopirrolo (metil-
pirrolo) (st). — 34) Sull'azione dell' allossana svi pirrolo (st.). — 35) Sopra
alcuni derivati bisostituiti del pirrolo e sulla loro costituzione (st.). —
36) Sul comportamento del metilchetolo (a-metilindolo) e sulla formola di
costituzione del pirrolo (st.). — 37) Sul tetrajodopirrolo (lodolo) e sulle sue
proprietà terapeutiche (st). — 38) Sintesi del pirrolo (st.). — 1887. 39) Sulla
trasformazione del pirrolo in derivati della piridina (st.). — 40) Sull'anione
dell'anidride acetica sul N-metilpirrolo e sul N-benzilpirrolo (st.). —
41) Studi sulla costituzione di alcuni derivati del pirrolo (due Note) (st.). —
•^2) Il pirrolo ed i suoi derivati (Monografia) (in corso di stampa).
Alle pubblicazioni sopraindicate il concorrente aggiunge tre Note di due
aUievi dell* Istituto chimico di Boma, perchè contengono la descrizione di
ricerche che hanno relazione coi suoi studi e perchè sono citate nella Mono-
grafia: Il pirrolo ed i suoi derivati.
a) Sul piperilene (di Gaetano Magnanini) (st.). — h) Sul joduro di
trimetilpropilammonio (di Tonamaso Langeli) (st.). — e) Sulla trasforma-
zione degli omologhi dell' indolo in derivati della chinolina (di Q. Ma-
gnanini) (st).
PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Blaserna legge le lettere di ringraziamento per la loro
nomina, inviate dal Corrispondente Golgi e dai Soci stranieri : von Bruecke,
De Bary, Dohrn, Gegenbaur, Hébert, Kekule, Klebs, Kovalewsky,
VON BiCHTHOFEN, WeBER 0 ZeUNER.
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— 56 —
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blaserna dà comimicazione di una lettera del Rettore
della B. Università di Bologna, colla quale s'invita rÀccademia ad assistere
alla celebrazione dell' 8<* centenario di quella Università.
L'Accademia unanime delibera di accettare il cortese invito, e di farsi
rappresentare alla solenne cerimonia da alcuni Soci, che a suo tempo saranno
delegati dalla Presidenza.
Lo stesso Segretario rende conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute :
La R. Accademia palermitana di scienze, lettere e belle arti di Palermo ;
la R. Accademia danese di scienze e lettere di Gopen^^hen; la Società sici-
liana per la storia patria di Palermo; la Società ligure di storia patria di
Genova; la Società batava di filosofia sperimentale di Rotterdam; la Società
filosofica di Birmingham; la Direzione dell'Archivio di Stato di Bologna; la
R. Deputazione di storia patria di Modena ; il Museo di geologia pratica di
Londra; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.
Annuncia l'invio delle proprie pubblicazioni:
L'Università di Freiburg.
P. B.
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— 57 —
EENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEIiLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 22 gennaio 1888.
G. FioRELLi Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — n Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle No-
tizie per lo scorso decembre , e lo accompagna con la Nota che segue :
» Le ultime informazioni intomo ai rinvenimenti d'antichità cominciano
con un rapporto sopra una tomba antica, scoperta in s. Pietro al Natisone
(Regione X). Ivi coi resti del defunto si trovò un braccialetto di bronzo,
che fa conservato nel Museo di Cividale del Friuli. Oggetti di varia età
nella stessa Regione X furono rimessi alla luce presso Cancello Veronese,
nel comune di Mizzole.
« In Torino (Regione XI) si riconobbero i resti di una strada dell' an-
tica Augtista Taurinorum, in via del Seminario. Nella città stessa, al di
là della Dora, nel punto dei nuovi quartieri segnato dalla vìa Foggia, si
scoprirono tombe della necropoli romana, e tra queste un frammento epigra-
fico, riferibile per la forma delle lettere al primo secolo dell'impero.
« Altri sepolcri, pure di età romana, furono scoperti a Rivoli, nella
contrada Mongioie.
» A Bertinoro presso Forlì (Regione Vili), negli scavi per le fonda-
zioni del nuovo cimitero, ad un chilometro dall' abitato, s' incontrarono og-
getti appartenenti alla suppellettile funebre di una tomba preromana : cioè
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Seja. 8
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— 58 —
braccialetti di bronzo; caspidi di lance di ferro; un giavellotto; ed altri
frammenti dello stesso metallo.
e Ma le notizie più importanti, contenute nel nuovo fascicolo, sono
quelle che riguardano gli scavi di Yetulonia (Regione VII). Annunziai già
{Notizie 1886, p. 148), che sotto la direzione delVispettore cav. Falchi erano
state ripigliate, per conto del Ministero, nuove ricerche nella necropoli vetu-
loniese, dove le esplorazioni precedenti avevano restituito ricco materiale
scientifico, aggiunto alle pubbliche raccolte del Museo di Firenze. Di questi
nuovi scavi, che diedero suppellettile anche più preziosa, tratta un ampio
rapporto che non si potè comunicare prima di ora, sia perchè era necessario
che fosse compiuto il restauro dei numerosi oggetti scoperti, sia perchè occor-
reva aggiungerci varie tavole, ove fossero rappresentati gli oggetti medesimi.
tt Le tombe esplorate furono moltissime ; tra le quali la più importante
è quella che fu denominata del duce, formata da un gran circolo di pietre,
dentro cui si scoprirono vari depositi di bronzi di sommo pregio, di fittili, e
di utensili riferibili ali* età alla quale vanno attribuiti gli oggetti del depo-
sito di Palestrina, conservato ora nel Museo Eircheriano, e la suppellet-
tile della tomba Begulini-Galassi di Cere, esposta nel Museo Gregoriano al
Vaticano.
tt In uno di questi depositi, si trovò una coppa fittile con iscrizione
etnisca; e con questa un vasetto di argento, coperto di lamina d*oro, ab-
bellito di ornati di stile fenicio, simili a quelle delle coppe di Cipro, di
Cere e di Palestrina. Anche questa nuova suppellettile fu esposta nel Museo
di Firenze.
« In Roma (Regione I) furono esplorati vari ambienti di una casa, di
età romana, sotto la chiesa dei santi Giovanni e Paolo al Celio, ove si ri-
conobbero pitture del secolo lY dell* era nostra, rappresentanti soggetti cri-
stiani e scene di martirio. In queste scene sembrò verosimile, doversi rico-
noscere fatti allusivi al martirio dei santi, ai quali fu dedicata la chiesa, e
che nella casa loro, sopra la quale fu poi costruita la chiesa stessa, vennero
trucidati per ordine dell'imperatore Giuliano, come è narrato da antichi do-
cumenti.
« Un bassorilievo marmoreo, rappresentante il ratto di Elena, fu recu-
perato negli sterri di via Cavour, dove pure si rinvennero non pochi fram-
menti epigrafici ; ed altra tomba del sepolcreto vetustissimo esquilino, ricom-
parve presso la chiesa di s. Martino ai Monti.
« Resti di suppellettile di altro sepolcro antichissimo si raccolsero in
piazza Vittorio Emanuele, nei cui pressi non mancarono avanzi d* iscrizioni.
« Merita qui pure di essere ricordato, che nuovi studi sull'epigrafe sco-
perta in piazza della Consolazione {Notisie 1887, p. 110, n. 4), e riferibile
al tempio di Giove Ottimo Massimo in Campidoglio, hanno condotto a rico-
noscere, che i popoli Asiatici quivi memorati, non gli Abeni, com« fii creduto.
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— 59 —
ma sono i Tabeni di Tabai della Caria, popoli dei quali si hanno altre
memorie epigrafiche e monete.
« Parecchie altre lapidi iscritte rividero la luce nel sepolcreto antico
fra le porte Pinciana e Salaria, dove pure fu recuperato un frammento di
calendario, riferibile ai giorni dal 14 al 21 di agosto.
« Una importantissima lapide onoraria, di un prefetto del pretorio e
prefetto dell'annona, fu estratta dall'alveo del Tevere presso la sponda di
Marmorata.
« Nel fondo Pattnrelli, presso santa Maria di Capua Yetere, fra Curti
e s. Prisco, dove tornarono a luce pochi mesi or sono due epigrafi osche, delle
quali fu data comunicazione alla S. Accademia, fu dissotterrato recentemente
un cippo, su cui sono incise due nuove epigrafi parimenti osche. Unitamente
a questo cippo, si rinvenne un'ara di tufo; quindi una statua fittile, man-
cante della testa, e rotta in minuti frammenti.
« In Pompei proseguirono gli scavi nell'isola 2* della Begione VII, e
nell'isola 7^ della B^one IX, e si trovarono monete ed anfore scritte.
« Finalmente in Vasto (Begione IV) si riconobbero altre tombe di età
romana, e si scoprirono mattoni con marche di fabbrica ».
Storia. — n Socio Tommasini presenta una Memoria illustrativa d'un
documento tratto da un manoscritto della Biblioteca Angelica, contenente un
Registro degli Officiali del Comune di Roma a tempo di Nicolò V e nel
primo anno di pontificato di Calisto III, scritto dallo scribasenato Marco
Guidi,
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Storia religiosa. — Le premiers cfirétiens et le démon. Me-
moria del Socio Edmondo Le Blant.
Questo lavoro sarà inserito nei volumi delle Memorie.
Archeologia. — n Socio Helbig intrattiene l'Accademia su di una
figura arcaica di guerriero, in bronzo, trovata nel santuario d'Asclepio ad
Epidauro, secondo l'iscrizione di dialetto dorico e d'alfabeto argiro graffita
sopra la base, lavoro d'un certo Hybriastas.
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— 60 —
Filologia — Frammenti Copti. Nota VIP del Socio Guidi.
« In quest'ultima nota pubblico i frammenti Borgiani relatiyi agli apo-
crifi del N. T. che restavano ancora inediti, vale a dii*e i N^ 114 e 115 del
Catalogo di Zoega ; anche questi, come parecchi dei precedenti, sono in forma
di omelie, forma comune nella letteratura copta (^). E come ho fatto per gli
altri Numeri, così nella pubblicazione di questi ho conservato i molti errori
di ortografia ecc. degli originali, nei quali non pochi fogli sono in cattivo stato
e di lettura assai difficile (^).
N« CXIV. (quattro fogli; p. 19-24, 31-32)
p.Te po<|>opei ILutoK ìtgHTov. Cita eKoveoj ov oit, Koveoj
+xuj njutoc itHTit X6 T-eTititAovoDJUt. nTCTÌtcu) tìHxua
coDTÌt e$,yA.YJUtoY. AitoK i-JtAT"CA&aiTrc cnA.6ia)x exgeit
JUtnHVe. AVO) +ltA.JUtOY'T6 epoUTÌt ltA.q FfojHpC. I^XCTFtKA
gHcjtHV itcuiTit ìtTè nKA.^. A.itoK +itAJUtovTe €pun-it X6
ltA.CItHV. I^TCTrttKA gìtK^HpOltOJUtOC HculTIt. A.ltOK +ltA-
ojounc itHTÌt ìtK^HpoitoJUtoc. 5\T-6TÌtKA grcojHpc Hcun-ìt
fi) Cfr. Amélineau, Étude sur le Christianisme en Égypte, 8.
(*) Indico qui alcune correzioni e supplementi che sono da fare nelle Note precedenti :
P. 20,2 1. Alta^pCAC. 8 AqJUtOYg leggi HqJUlOVg. 21,18 suppL [egoYit].
23,6 1. p. 7-10. 27,24 epOI 1. epOK. 29,8 la pag. IK comincia colla siUaba g6 di
WTepeqge. n togli Alt. 33,25 1. JUjì^atioc. 74,9 1. iiirronoc. 20 1. it-
eftpuujutc. 32 niteTC itorq. 77,10 suppi. [Hge]. h suppi. ite^ófx]. 17 suppi.
TAni^cTic]. S8 suppi. iin[o]YO€[i]ite e e:«:[it rt]. 78,27 1. Hne. (con
punto dopo). 79,4 1. nTeK[eni]'TI JULIA.? 80,6 suppL Gip? 23 «cinque» 1. «sei».
81,14 1. [+] nOVnp.? 256,25 1. T*AgO. Tralascio di notare, perchè cosa di poco
momento, qualche parola non ugualmente divisa nelle varie Note. Spero poi pubblicare fra
brcve la traduzione della maggior parte di questi apocrifi, con alcune osservazioni critiche
sulla lezione dei codici che talvolta è guasta da errori e lacune.
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— 61 —
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CJtCg. CtC ItAI AITAAV ItHXÌt ÌtT>9Sfl^l^ rilt6ttTA.T6'TÌt-
KAAY ftCOUXit, UìtItCA ItAI T-HpOV n€5CA.C It Aq ìttff TMAAV
ìtJtojHpe ìt^6&e^A.it)c. 2tc ncA.g a^ic !£€ka.c epe nA^jéiHpc
CltAV gJUlOOC OVA gì OYItAiUt lilitOK. AVO) OYA. gì gB.OYp
iiiutoK gpA.1 gif ^reKJutrt^Tppo. IH neiA.iTHAAA c^ro rtcA^nHpe
a> it^uutcpA^xe. 5Ciit eTuiit €T"U}ff xtit evgiite iinoYA.cp. (sic)
ujAitTOYpcvrricA^ca^poc iinu)HpG iinitoYT€. SCiit cycuik
iinccyitH gA itTfiT". cyAitT-oYgiiiooc jutìt ic gpAt gii neq-
eoov. AVO) ìtqiAOYT"e epooY itAq ìtcxjftj^p. IlexA^q FAp
ItAV Xe ìtTUiT-ft JtA.UJ&Hp. 3C6 IteitTAJCOTTJLWW TTHpOY Ht-ÌE p. 21
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— 62 —
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ftA.cujAu}K egoYit eTAiriTrppo FritJutnHve. 1\ft^pcA.c AqxA.-
jutoq. xe ovri gA.g iiiiftAitajujnc gli hhi HnA^eiuiT. Ia^kou-
&OC A.qnrcAJ&oq encqeooY gixlì nnroov. lougAJtJtHC A.q-
KA.A.q eq^H<repoq gxAc ncqn'£j&o. jutit TeqnA.peeitiA.
<l>t?Mnnoc A.qxcA^oq. xe +gii nA^etunr. avuì nA.6iu)T
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p. 23 iinKocjutoc. Oa.t^a.ioc >t6 A.Jtoic neni£)U)c cnritA^Ku) itTcq-
"^^OC" 8^ iteqicoov. CiAioujt X€ neitTA.qitAV epoi Aq-
iTA^Y enA^eioiT. Ia.icu)&oc nj^^npe ìtA.?\<|>A.ioc xc A.JtoK ne
TnwH linuiJtg. BA.peu)^OJULAioc. xc AJtoK ne noeiK
linoDftg. loY^A^c xe eqcooYit xe ovpeqxiove ne. A^qicA.
neK^ocorojutouit itxooTq. xe ìtiteqtfìt ^oitfe exoj. HTeige
oit eqitA.Y eguiK itiju. ayu) cqcooYit AÌnnrEB.o. AiH nTui$4i
iingHT- iinovA, novA JujutooY. 5\qitAY ern-BAo SingHT
FfiuugAJtftHC. A.qKA.A.q eqn~H<r epoq gu)C JUtepiT itA.q.
IlexA^q rA.p xe Jtepe te jute Hjutoq. ^oinojt eqcoovit
Hn^T nneiiyorTAiTAve neqpA^jt Hnpo^LOTOc. Aqi" itAq
icA.TA.poq. ^vo) ìiTepe ov^inrroit ^cone. nexA.q xe
OVit OYA itgHTTHVTTW ItAnA^pA^I^OY iìÙUlOI, HTepOT-
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itee ìtOYjaHpeKOVi eqitux git Kovitq ilneqeiuiT. nexAq
jtA.q xe xitoYq xe itijut ne. ^ nH tfe rroxq nexA.q exit
TJUiecTeitgHT itic AqxrroYq. IH xetitotf" HjijnHpe. u) nei-
peqi^uipeA. eTXHK e&o2\ Axit cyiB.e. I^vpujjute HcA.p2
Hxno ìtcgiAie itoxq git Kovitq iinitovTe. Ovóix itKA.c gì
cA.p2 ecitHX exit TAiecTifftHT Sic. Ov2\A.c ftcAp2 €q-
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— 63 —
(SIAX€ juut ntfovTc itTA^npo. gì xAiipo. ncitTA.qii?^A.cce
njuoq cqitHX 63crr TcqjutecxgHT. IH n6mo<ritgJUiOT. rtijut
ftgHT itpuiJutE. KA.Jt cftccuiq ìte€ iJnA.co2\oJUu)it ne*TitA.e{£i-
lAseve. H ftqty^oce ctiTA.io itjtcìpuijutc. Xirr eno^npc ìt^e-
Ae2^a.ioc novoige. jy^ njucpiT iInftoY*T6. 2£iJt encoit
ftiA.KuiKoc. j^A nAicpiT ìtYc 2£iit enJUAftgiJte Unovocp.
ujA.iTT'cqitoxq 62:H TJUiecTeFtgHT itic. xiit itenotfc itjéie
cqcitKOXK gtxuJOY. cyAit
cpoq ;£^kJ&u)k. ^ouTA^it ^e cicjAjA.itxu)K c&o^ ìtiteKgoov p. si
sxpsKci 6B.o2\ gn neiKOCJUtoc. cp;.yA.Jt nKA^ipoc jAjuune
exp6YovA.gK ftAgpit itcKcioxe. epjjjA.it Tevitov Si ojuine.
cxpeKKo» itcuiK nitgice ìtxAKOjonoY gli nencocuoc lin-
jtAv cxeicitA.eiJutc xe AYciite it AgpA.K ittff iteg&Hve linei-
KocAJioc. KitA.CK£pKU)pK e&oTv. nmcupeu} rtiteKtfTx e&o^.
ìtceiitopK eTooTK. aiw pATK, FfcexiTK enjuiA. exe iticovA.cyq
Alt. exe nejuigAAY ne. ^vu) ìtTepcqxe itA.i itA.q nexA^q
it^q x[e oJvAgK itc[uii], eiJtA0VA.gT" itcuiK T-uiit ai n^-
xo€ic. OvAgK itcoui u) ncTTpoc. itTAT-CAAoK enA.eiu)T
ifA.TJuiov. OvAgK ìtcoDi tatcaRok enA.eooY. xxH nxouK
ìtXAiutitTitoYTre. OvA.gK rfcuii TAKA-eicnrA ìIjuok linA-
npocuinoit gixit ToiKOYJuteitH THpc. Htok ne neTpoc eg-
pAj exeit xeineTpA 'fitAKouT n^TA^eicK^HciA^ a.vu) JuinYTvH
ìtAJtinxc itA.ec9tfiitfojut €lp]oc aji [+1^^+ itAK ttitejjjojijx p. S2
rfXiAffTppo ìtitJutnHve. avoli neTeK[itA]jutopq gi^^ii n[KA]g (sic)
qitAjéluinc cqiitHp gif itejutnHYe. avo) nenreKitAB.o2\q eB.o?\
gfxii nKAg. qitAjjjuine eqAH^ gìt ejutnHve. ^KitA^v xe
fiex^eio e+itATAAV itak. eco ìtito6~ eiteicgicc eTeKitAo^o-
nov. KA.irA.p ov ne neovoeijAj eTeKifA^AAq eicujcngice.
KitA.p i£)e ìtpOAinc. JxxmH ovoeiji). iJjutìt ovocpoitoc itA-
i^iont. Jin^jjcTO f JRo^ ilncArro iteTitAjAjoune itAK- TeitoY
de ovAgK ffcuii nAJUtepix. tatcaAok enxouK ìtTAimitT--
iiovTf . SkiKOT-q Htfl nexpoc. A.qitA.¥ 'eniuiA.eHTHc eqA-
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gcpA.T'q. ncTepe Te Aie iijuoq. IlexA^q iTA^q. xc nxoeic
(sic) HAI 7lB ìiToq Ite, 1\qovujajK jtAq H^ Te. 2:c cij^jA^it-
ovoDcy cTpeqtflb cyA.it+€i, itnric itiAi wtok. ovAgK Feoui. 9k
nttiiì^<:^t Xe ci e&o^ gìt rreeitav. iC€ iinAiA.-&»rrHe ctH-
jutA.Y ft^uutoY A.ft ojA. citeg. KA.irA.p ncT^itJUOY u) itAno-
eTo?\oe. itoYAiov Alt ne. a^||[?^a]
N° CXV. (sette fogli; pag. 43^4, 99-110)
p.Hr eTAvpoe. axc^m epoq itoYTiT^oc. Avei cgoYit Htfl git-
jutwTpe Hitovx. Avxu) itgHKATHropiA cgovit cpoq. av-
ojujjìB nxA.2te cnitovTe. KUaoy tfÉ eTÌtJuiirrc iinoov ai
X^ niiun- jùncitTAYCTAvpoY HiJioq. kaxa eA.p2- nv-
\I/A?\?\ei KATTA. negpHToit cnT-oojuie sncij^jA Jinoor.
« 9kYxi ìtovujoxiii HovoiTT ncxA.q gioveon, AYCJUiiitc
« itoY^iA.eHK6 epoK rì<n' it JULAitajujne ìtitiXoviuiA.ioe jum iti-
« [eiuiAji]?MT"Hc. jutoAÀ. jiAit itec&o^ gif A.rA.p. rcB^cp. Atti
« AJUUUtOUIt. lAÌt nAJUA^HK. JUtìt ltA?\?\o4>V?\Oe. AVO) lt€TOV^
« Hg xHpov git Tvpoe. KA.irA.p A^eeoYp A.qq6i nJijJLAX
« AVÌ"^OOTOY JUlit ItOjHpC it^OJT,» UìtlteA HAI AqXAiUtOOY
Enevujme JutH neYito(ntc6~cq2tai iljutoc xe. « %ptB€ itAY
<c itTA.icAAe HjutAAigAJUt jutft eicA^pA. A.YUJ rt^€ itiac&iit gii
(sic) « neoc'AAAppoe ìtrieuirt. avjRotov cJRo^ gì? oyjuia. €juut
« juooY itgHTq. A[v]j4iain6 rt [ec] TtiTit [HnicAg.] K[co it]-
♦_
p. sjtX « iteY[A.p^u)it] itee ita)pH&. Atre ^h£L. juit eA.&6H. jutit ca.?\-
« jutAJtA. itevApocoDit THpov. itAi Htavxooc. 3ce. jutaipcit-
« K?^Hpoitojutci itA.it ÀlnAAA c*rovA.A^ nnitovTE. nA.itoirrc
ce KAAY ìtee HOYTpOJOOC. We€ HoVpOOYi JUniÌTO B&<07\ JXTI'
« THY. W^€ HoYKUlgT CU^qpUIICg ìtOVAAAÌtif^lt. AVO) Tf-eC
ff HoYKcxigT cqpuiKg itgitxooY. EKenuiT fteouov. irreig€
« ftW TCKgAT-HV. AVO) €ICetyTpTU)pOV gif 'T6K[op]rH. JlACg
« it6v[go rtujjouoj. [A.VU) c]GitAaj[iit€ ReA] ne[K]pAit nxocie.
« UA.povxij4)ine ìfe€j4^TopTp rrjaA eiteg, Tteitcg. Hecovoi^sc.
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« ffcexAKO. AXiJJ AAApoyeiAic ^e ncKpAit ne nxoeic. xe
« ItTOK JUÀYAAK nCTltOCG exlÀ UKà^Q TTHpq, » 5\VCUK)Yg
rA.p ft^uute gft oYAiHn'A.rpioc cgpA.i exuiq. cvu)^ cB.o^
cniTsAT-oc. X6 A.Jtme jùùuioq CTAYpov lijutoq. avui qei G-
jutA.Y iSneitx^Axe git TÌtAiirre. ìtTititAjaqei epoit Alt BttuAx
epoq. % UM Kii) itAit egpA.1 Hgiìitojuoc cJutH aj[tf6jut] H-
JUtOlt 6
T6icjuiìt^A.nicTroc rAp. gouc ecqi juuul^^y ìtT'JutìtT'AnicToc p. 99
JtlteitT-AVpAntCTOC epOI ^OYety T€ICJUlÌtTgHT"CltAV U) ^1-
j^YJUioc- gcxic eccycoaix e&o?\ JùùmwTgirrcitAV itijut. 9kpi
AT-ftAgxe uj oajJuiA.c. Api ATitAgTe cnegoYo. xckac €ie-
TAxpo gui. 3t€ iteitT-AKitAV epoov 'tpjynHpe AitoK ìmoov
cu eOiJUtAC. XS nOJC AK^C e*T£ICO<|>IA CKAllAgTE njutOK noY-
KOYI git XeiJUlWTATItAg^i. Ag6 HCXAq iteJl OCJUAIAC Ì-COOYIt
itTJUtiiT-ArAeoc AÌinAxoeic. jmit TreqjuiìtTujngT"Hq. X€ €q-
ujAititAY cpoi 6Aigc cAo^ ìtoYKOvi. qitAei $éJA.poi ftq^iop-
eov IIaaoi HxAqci r^p enecHT 6neigu}J&. Kenep eiteqco-
— — («ic: le lettere
OYIt AlJUtOI :ìC6 ClUjIltC ItCA TCqAltACTACIC IC TAitAV 6pOC cqi^iTeq.
AqOVU)CgK FtfTÌC X€ AKpAT-|tAgT"€, eAKItAY epOI AKniCTe- Alt, aggiunte
ve. uEgciAATK KA^ouc git ovoDpx xcKAc EKegc encTeic-
• .
jyiite itcoDq. SkKitAV epoi git it€ic&A?\ u) oujjutAc. JUHnoTE p. 100
fftTA&U)IC €&0?\ glT-OOTTIC. ftrKTOK Olt CTCKJUÙtTATItAgTi
ffKccon. Alti ncKnrHHJ&e cnciJutA. itritAv citAtffx. ayu) tck-
tffoc itritoxc exjS nAcnip. ìiTTriijyuine iiAnicToc. a^?>a
nnicToc, 5\qoYaiu|K witT ea)JuiAc xe nAxoeic avui ha-
itovTc. 'fnicTeve €nrcK(nitci enecHT ttrxicAp^ gn iUApiA
«reiOAAAV linAp^eitoc 'fnicTcve €T6KtflitA?\6 cnccTAV-
pOC X6 WTK OYItOVre EqXHK 6JR0^. AVO) WTK OVpUIJUtC gH
OVAiC. +niCT6Ve eXeKAItACTACIC 6B.O^ gì? lt€TA100YT.
Ì-niCT6V€ u) HAxoeic xc ncoDJUtA itT-AKxnrq €B.o9\ gii
AAApiA XClUiAAY. ìtTOq Olt HG ìtTAIItAY Cpoq SqAOjC CHC-
CTTAVpoc. Hxoq Olt ne'titAV epoq git ftAAA?^ cqAge-
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1* Sem. 9
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X6 A.KitA.Y AKnicTeve. Haia.tov ff rf6TnnOYItA.Y. AVCO A.T-
p.p*. nicTeve. H^Tepeq&ouK nJR[o]^ giTOOTOV itijric. AVTA^po
enegovo. ayui AVJmovg ftpA.}x)e. eitevcyoon ^e ne giov*
con tt6T cijutouit ncnrpoc jutrc ea)AiA.c ncT6 oja.yiìioyt'c
epoq xe ^i2^VJUioc. avoli ii^^^A.ttà.H7\ ne eJRo^ gn ^TKAitA
fit^-rA.^l7^AIA• JUtit fttyHpC Ìt^e&C^A.IOC. AVO) KeCItA^Y 6JBlO^
git itEqjuiA.eHnrHc. nexA.q itA.Y ìt(n' cijutoiit nexpoc xe +itA-
iLu)K etfÉn tKt. nexAV itA.q xe TnitHV gu)um itnjutA.K
+itAKU) itc[(x)i iijn€gpH['To]it TTAei eg[pA.i e]xajK ui nsTpoc.
eTKe ov Keneevxiei 6TJuiHT0Vtx)g€ tiKccon. 6Av+itAic Htte-
JOVCIA HTOIKOYJUteitH THpC. €KltA.&U)K €(JÉn ^Et ìtCA OV
il) neTpoc. Axic iJjuiA.'Te neTCKOVAjxjq KitA^ge epoq.
Unpenievjutei cta^ok svxoi od nsTpoc. av+ itA.K ìtToi-
KOVAieitH TTHpC JUtlt [itejTItgHTC. UJUtOft n£XA.q +ltAA0DK
e6en ^Ex, ìC6ka.c eicxic&ou cTjmìtTovoDge Ftfen poDJUtc.
p.pE €iitA^icJ&oD eTcnpA^i^ic no^opn. xcka.c emAxic&ou oit epoc
Tertov. ^OK Aitr ovouge npeqtfen tEt. TeitoY tft aUt
oYODgs npeqtfin poojutc. Ho^opn juteit ciitax a.Aou ceA.7>AccA.
€i(JÉn tEt. Teitov d€ eiitAitoYX ititA.tyftE e^roiKovJueitH
THpc jutìt iteTitgHTC. X6 [ei]eTrA.itgo itit6[\Inr]3CH ititpoD[iui]€
ìtTAVKitoc gii nito&e. Ovxoi juieit Hi^^pn n€ juit geit-
ojftHV. Aitt geitovocep. ilnoov Xe gooooq oYneTpA itA*rKiJUt
Te. JUtit gertcAooYe ìtATouxit. Jutit oyciaov junrtovTe. HcA.q
gtiTET 6jaA.VJuiov Ite. A.V01I ejutit gHv jaoon gju nevjutor.
nnooY ^e goDouq gH^lnrjCH ìtpoujuie ej^jAVoung ite. avoj
oYit ovito(ritgHV ojoon gii nevooitg. HcA.q A.itoK Aiit itA^ep-
FATHC Ite ei+E€K€ itAV. iinooY ^e gouojq A^rt ok ne JutH
itA^ojEnp itAnocTO^oc epe nejcc +EeKe iiAJt. HcA.q ov^
cgiJUte Te Jutit geito^npe etyA.VJUioY. iin[ooY] Xe gouojq
p. 103 [nle^cc ne Aiit TeqeicK^^iciA. itAXJUtov. HcA.q OY+JUie ne juin
geitcvitreitHc, iinoov xe gooouq. Tne Te. juiit it^rre^oc.
Tenov 6ì^ k^att t^iEouk eEo^ TAÀOKiAJtA^e ììjulok TA^it^v
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— «7 —
3ce •i-wA.eiiie CTJUiwTovuige xm Sluoit. 5\vci ^c €£o?\
nexA.q AVA^e cnxoi. avo) ilnoYtf^n TsAAT git TevtyM
etHaaa.v. AJtOK ncTftA.T'AJUioK. €ni^H npoojuie eTpgu)K
CTTfl H H ■■ H ■■ TE. EqujA.ltU)CK EqitOYXE
HitEqtxjitHV e^aA.a.cca. wqxntfounE. |jA.qpicovi ftgHT-
CnCgOVO KqiCA.T-OOTq E&OX éT&E hai Aq^OKIJUA^E iì-
JUOOV Ktfì nXOElC. 3CÉ KAIt EVTÌi[<JU)nE ItTEVjaH ETÌÀJUIAV.
A.VU) Off «CEAJUlAgT'E nnEV^OTICAlOC itCETntftOffT. ATOJ
nCETAÀpKOYf ff^HT EHTHpq. OTKOVff OVft <R)A1 ÌLuIOOT Ep
T^iAKOftfA ttTAqr-ArrgovTov Epoc. IIH 1^ Hi US
■i H 08HT ftTOIICOVJUEffH THpC. IIlCECEEnE 2lE gtOOV p. 104
ETpE¥&U)K ETAi^OEltX) HnEqpAff ETTAEIHV. KATA OC"'?^
linoYA. novA n*Aoor. 3\ra> «noTtfÈn *saav gn TEVjyH
THpC ETJUlAAr. 3\rglCE AlEff. ATUJ AVKATOOTOV E&0?«v
nnOVEpKOVI HgHT. OV^E JxitOVXlXi ftOTjaAXE ÌtOVU)T
E&o^ g« puiOT. HTEpE }j^u)pn ^£ j^ounE Aqi fttfT Te Aq-
AgEpATq SI HEKpO HnECAlOT Rov[p]c«[AAE] ^B ^^ ^^
— m itEIUlHpE^Ì^AA JIAH OVIt ^vAAV ftTKT HTETHVTK.
ncxAV HAq xe liAAorr. AftoK rAp i-ptAjnHpÉ. 2ce na)c Aq-
JUIOVTE EpOOr XÉ J^HpE^HJUL. KEHEp «EpE g2s^0 ItgHTOr.
EftEpE OVOn itgHTOT EAqAIAI gli «V^OIKIA. AVO) ItgEft-
^HpEUJHJUl Alt ftE. 1\ftOK ^E -f ItATAJUETHVTft. XE ET&E
or AVJUOVTE EpOOY XE ^HpEJjJHAA. ChI^H ItTOq HEfCTAq-
xooc eKo7\ ^H pu)q iijuim iijuioq. xe gAJUHrr i-xtxj iiwoc
ltHT[ft X]e EI*AH[TÉ|] ftTETHlCE]T[THVTÌt ftXE]TftpOE HftJXJH- p.pÈ
pE$£|HJlA nitETH&OUIC EftOVff EXAAItXEpO iinitOVTE. CqAgE
pATq n6f nETCoovff Jin^HT tiorott mu.. Eqtfoujyr eAo?^
EpOOV. EqitAV EpOOV EVO HaTKAKIA. «OE HgEfftyHpÉJiiHA*.
AVO! EpE nEVgHX o ìtKA^Apoc. «M iinArtArrE^Gc ETgH
THE. EqitAV ^E EpOOr XE AVTAXpO KA^OJC AqWOVTE EpOOV
«TEI^E XÉ ftEl^HpEtXJHAA AIH nEX[Aq] [itAJV Ìt7s[AAV] El
■irrB ■■ Mi ■■ €H ^^ Ntooy ^e hexav ftAq xe
«TWOOOVIt Alt JiHEffdÓOnE. 3\0VUirf itfffilC&ATs OJ lìETpOC cov-
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OlItT AltOK n6*Ti£^X€ ttluUJLd^K. CoVODItT ItAK U) ClJUtOJft 3C€
AitoK ne nsK^ocic. itoi gli ììbkqht u) n^LCouTn xe aiftoK
neitTAiTCAAoK 6TrjutitTOYu)ge. Unppgonre u) nexpoc
6TB.6 nglCe ÌtT-€IOYyyH. ClC gHHTC AJtOK +Ag6pA.T linil-
p.p^ AAA.. AVO) i-it[Aq]l £^41 ■■ ■■ ■■ ■■ HO ■[^c]k[ac]
AitoK ^ft^TAJUtOK. 9UtoK nsftTA.i::£ooc tié<K xiit ìtyiiopn xe
KCO StftCK^ftHY HCUJK AJUtOY OVA.gK HCOUI. ^ftOK nSltTA.!-
'f ItAK itltCO^OjaT- ÌtfteKK?\HCIA. THpOY. 9UtOIC neitTAITAJit-
poK exit Tnenrp^ wattkijui. 9Utoic ncitTA.iTCA.J&oK snA^coonr
gixn nTo[ov] AitoK HI HH sa an E^ f':! Affoic neit-
TA.iTp€K6t {éj^poi eKJUtoooje gixtt ^^TsA^ccA. 11^6 iìnneT-
jyoYouov. ^noK n6itTA.iovu)itg itAic eAo^N itTepiTcuovit
cAo^ gì? itexJutooYT. 5\jtoK nertT-AiTCAAe eojJUiAc €ftA.tffx
Ain nA^cnip. 9kitoK ncTojA^xe itJLmA.K Tcrtov, Uh ìtr-*
COOYft lijULOI Alt U) neTpOC HtTAIXOOC ItAK X€ OYAglC ft-
(itrKui.it- ^^1 TAAAK it[ov]tx)g6 ftpeq[«£n p]u)jut6. T^ Hu) itcO H
p.107 Ik ■■ ìtr+gTTHK €lt6\[nr5CH ìtTAVTAAOV 6T00T-K. AiH
ovit 2>AAV HtEt nT€THVTÌt juuutoft ncxAV. ^OK neitT-
AiovegcAgrf€ itffrKT" eTSinrpevAoDK egovit eiteTÌtjijitHV.
xeicAC jutttftcA. OYKOYI eT-eTfritAitAv eite^fitAAAV, Hoyxc
Iin6{éjitH He A ovrtAJUt iinxoi. axìo T€T"ftitA.g€ eovoit.
Htooy xc nexAV itAq x€ A^rrgice eititovxe ìtrreitj^^HY
ÌtTCY}£jH T-HpC. AYU) JÌJìBti(Sè[u] 7>AAY. €*tB.c neKOjAJtte
Xe. AVO) gii neKpAit. TrritAKTOit itKecon. ayu) TftitA-
ftovxc ìtiteitajitHV enecHT enAioov. Teitov tff tftbjaT ui
ItACftHY ftT-eTitltAV 6TiUlìtTrCTJUlHT. JUltt TiUlìtTaiHgT"Hq.
Aift TJUitTCA^C tf IteipODAtC. OftTODC 6lt6 AltOK nc IteiltAXOOC
itAq. xe 6KcooYft Dùmoit Tuiit. ui npoujute. eie Htic rriAi h
or ne neKgoDÀ. h eKcooYit T[u)it] xe 6[it54)A]rf[ftov]x6 ^H
•
p. 108 H ■■ MS ^^?\A juinovxe ?\aay git it ai itcA nA.i aì-
JUA^Tc. xe enr&e neK^AJtte «rìtitAitoxq. ovXe itevcoovit
nAAoq A.it xe itToq ne, ov^Le ilneqovajit ititevAA^ expev-
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coYumq. 9k7\7^ a.yictoov HT-evitov a.V5CA^2>a ìtitcY}xjitHV.
ifT€povito3COY ffe UnoYcytfXitf&Jut ccokoy egpAi giTit TAjije
ftitTET. HToq 2l6 ftcqgjutooc ne Hnove eqtflbjijT- epoov
[cq]KU) ttpixiq ìtxepovfpjAT-tfCi* ■■ [gl]TÌt [ta]j4j[6] H (bop pliBC. €-
TF - XT COKOY e
IlBXAft ltlt6Y€pHY X€ JUlA^pOft eneKpO. HT-CpOYJUtOOltE 606- ^jt^^T?»
Kpo AVftaift 6govft 6poq. A.qovaift itrtevEA^ 6Tp6Vcova)fiq.
116X6 iu)gA.ftftHc 2^6 UneTpoc. X6 nxo6ic ne. HTepeq-
coutH X6 ittff nen-poc enpA^it iineqxoeic. iIn6qA.g6pA.nrq
enTHpq. a?\?sa Aqxi UneqeneftTHn-HC. 6X6 n6q<i>AriA.- \^f^y\l
pioft A.qjtitbpq Imoq. X6 iteqKH rA.p ica^^hy ne. Uneqtfuj
^AJtnreqei gì nxoi en'B.e neqjuie egovit epoq. a.?\?sa Aq-
Ao(R^ 6eA.?^AccA. itTevitoY. HxepeqitAV ^e iiSf nexccovit p. lo^
6it6T6 iInA.*T0Ycyu)n6 3C6 A^qAotf^ 6eA.?^AccA. Aqoveg-
cA^gite expe nAiooY AgepAnrq. axuj ìtq^xjojne itcoAnr ttee
FoYODfte. Hnrepeqei ^e eneKpo A,c[ttA,x epoq A.qcoYU)itq (sic)
X6 itnroq ne neqxoeic. avu) AqovcyT itAq HK6JUiA.eHXHc
^e gujov. A^vei 6Ycu)K junxoi. NTepovAioorre 2l6 eneKpo
AYitAY 6YC9Ag JUnitA^^TIKOIt JUtH OYTEt HìutXTIKOIt.
jutìt ovoeiK JutnrfA.*TiKOft evKH egpA.!. ^ycodk Xe Une-
jijitH eneKpo eqiuieg tittoS^iinrKT. ^ì'Yìjj JuiitficA ^eiA^o^n
«tEt Hne iteojjtHY ntx)g. IlexA^q Xe itAV xe A^itme
6&o?\ git «tEt nTATTenrHtfttnov Teitov. 1\vu) Hne oya
itgHTOv TO^ojuiA. exitovq xe ìtTK itijui. AVcoYuirtq r^p (sic)
X6 neYXoeic ne. IlexA^q itAV xe a^julhitH HTeTitOYODAi.
5\v6i Avgjuiooc HneqiiTo e&o^ Aqxt gS noeiK Aq+
itAY. AVO) oit 6J&o?\ gn nTEnr. IH itAnocTro?\oc todk
ti^HT xe OYitoó^ne npA.u^ ìt*rA.q^(X)n6 itHTÌt 6g[ov6] enKe-
ceene ìtitpuijute eTgixit nKA.g. Co^xe A^TeTnep oykovi p.no
novoeioj 6T6TÌtgoce jutit neTÌtxoeic. eie qhwtb xe Tenov
TeTÌtitAo^uine gii neiAToir u^a eiteg. ^qxi e&o?\ gii
noeiK Aq^ itAv. avuj on eEo7\ gii nTEx. OvoeiK iinov-
TAJUtioq git itdfx ftoYAJUtpH. oyxEt iinovfonq gn"ft ittfTx
ftoYoige. OTKujgT ejutevxepoiq giTtt tttflx ìtftpuiAie.
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[avc]o&T6 itirrit fiovgpe mwXTiKorr. 1\ftpu)^rf t-ctw juie-
6V6 e&o?\ 1\ftoK neitTAiTAJUiie itcTrtA^^oune. itTCTffpxP'^
Alt (J? itxixpon. OYi.6 eqipooYja ertA^nicAg. 3\icofi.Te nHTif
ifTiAnTcpo tfftJunHve. Unpjijnaicc tf€ xiit Tcitov. aìì^sjl-
<^Q HgH^ nuiT. juiit n^vHH. jutit nAajA.^ojut. auhitH
ftT-6TffovaiJUi. Hi^epovu) ^c cvovodai. ne^^aiq tfciAiuiit
neTpoc tttfi ic 2tc ciAiouit nujHpc ìtiu)gA.rtftHc kaìc ILuioi
egovc ercAi. HTepeqcuiTJU
» Con questo fi*aininento terminano i testi copti di letteratura apocriftì
conservati nel museo Borgiano. Speriamo che presto vengano ordinati e &tti
conoscere gli altri manoscritti copti di tal genere che si conservano nelle
varie biblioteche di Europa, se pure non sia possibile avere esatta contezza
di quelli che trovansi nei monasteri di Egitto. Sarà allora men difficile il
dare un'edizione critica degli Apocrifi Copti del Nuovo Testamento '»•
ÀrcheQlOgìa. — II Corrispondente Barnabei presenta una sua Me-
moria, nella quale è illustrata una preziosissima lapide, rinvenuta nell'alveo
del Tevere vicino alla sponda di Marmorata.
« Fu posta in onore di L. lulio luliano prefetto del pretorio sotto
Conmiodo, e nominato a questa carica neiranno 189 dell'era volgare. La
lapide contiene tutto il corso degli onori di questo personaggio, ricor-
dato dal biografo di Conmiodo e da Dione; e ci fa sapere che prima
che fosse stato egli eletto alla prefettura del pretorio, fu prefetto dell'an-
nona; preposto alla cura della cassa centrale dello Stato; comandante della
flotta pretoria Misenate e della flotta pretoria Ravennate; messo a capo di
corpi speciali di cavalleria in varie guerre ed in varie spedizioni, tra le
quali è ricordata la spedizione contro i Mauri che sotto Marco Aurelio in-
vasero la Spagna, ed i Castaboci che nel tempo stesso invasero la Grecia;
comandante di una flotta sul Ponto, comandante di vari corpi di cavalleria
nella guerra Germanica e Sarmatica (anni 170-175 e. y.), non senza farci
sapere che fece la sua prima carriera delle armi come tribuno della cohors
prima Ulpia Pannonioruntj come prefetto della cohors tertia Augusta Thra-
cum, finalmente come prefetto delV ala Tampiana^ e prefetto dell'a/a Her^
culana od Herculiana.
« La Memoria del Corrispondente Barnabei sarà inserita nel fìiscicolo
delle Notizie degli Scavi p^ lo scorso dicembre »,
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— 71
Archeologìa. — NoUce sur une vue de Rome et sur un pian
du Forum à la fin du XP sièele^ d'après un rectteil conserve
à VEscurial. Nota del sig, E. MQntz, presentata dal Socio Piorelli.
« Eh publiant Tannée dernière un recneil de docnmentB snr les monu-
ments antiques de Home, j'y mentionnai, d'après les indications gracieuse-
ment commnniquées par M. le professeur Jnsti, l'éinineut biographe de Win-
ckelmann, un album ìnédit renfermant diyerses ynes de la Ville étemelle au
temps dn pape Alexandre Yl (^). Depuis, à la saite de nombrenses démarches,
je Buis parvenu à obtenir la reproduction de deuz dea dessins conservés dans
cet album, ceux là méme que j*ai Thonneur de soumettre aujourd'hui à T Aca-
démie rojale des Lincei.
« Bappelons sommairement Torigine et le contenu de ce précieux recuelL
C'est un volume en papier de 63 feuillets, portant, d'ordinaire sur les deuz
cdtés, de nombreux dessins, dont les uns représentent des édifices entiers,
d*autres des fragments et surtout des omements. Nul doute que nous n^ayons
devant nous TcBuvre d*un des nombreux architectes qui sillonnaient alorsen
tous sens Tltalie, d*un contemporain de Giuliano da San Gallo, dont les deux
albums conservés, Tun à la bibliothèque Barberini, l'autre à la Bibliothèque
eommunale de Sienne, n ont plus besoin d*étre signalés, ou encore d*un con-
temporain de Fra Giocondo qui, nous le savons par une pubUcation recente,
recueillait ponr le compte du roi Ferdinand les principales antiqnités du
royaume de Naples (2). J^hésite à prononcer un nom, me bornant à recommander
le problème aux savants qui se sont voués a l'étude de la topograpMe romaine.
« L'exécution du recueil, on Ta vu plus haut, appartient aux d^mières années
du XY® siècle, à la fin du pontìficat dlnnocent YIII, ou au commencement
du pontifìcat d'Alexandre YI. En effet un des dessins (fol. 89) contient Tins-
cription: Boma|mcgcccxxx|xi; d*autre part la présence de la pyramide,
connue sous le nom de SeptUchrum Scipionum ou Meta RomulU prouve que
(») Lei antiquités de la ville de Rome aux XIV', XV* et XVI* tiècles. Paris,
LeroM, 1886, p. 157-161.
(*) Archivio storico per le provincie Tuxpoletane, 1884-1885.
1489. 19 octobre. H detto Lucio da Sessa ha pure 2 d. 3 1. spesi nei di passati alloi>
che Fra Giocondo o Jaeobo Sannazaro si recarono a Pozzuoli a vedere quelle anticaglie.
1489. 21 octobre. Fra Giocondo di Verona riceve 3 d. correnti per la spesa che gli
converrà fare andando a Mola ed Gaeta per vedere certe anticaglie.
1492. 30 juin. Si danno 4 d. 3 t. ed 11 gr. ad Antonello de Capua, pittore, e per
esso a Fra Giocondo prezzo di 126 disegni, che a fatto in due libri di Maestro Francesco
de Siena in carta di papiro, uno di architettura, e Taltro d*artiglìera e di cose apparte-i
nenti a guerra.
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— 72 -
le dessin correspondant a été exécuté avant Tannée 1499, date de la démolitìon
de ce moniimeni
' « En entreprenant de faire reprodaire par la photographie les prìnci-
paux dessins da volume de rEscurial, je me suis tout d abord attaché à la
vue de Rome, me rappelant Taccueil bienveillant fait par rAcadémie des
Lincei ò. une précédente conmmnication de méme nature, le pian du Livre
d'heures du due de Berri, que le regretté Marco Minghetti avait bien voulu
lui communiquer de ma part.
« Gotte TUO est un croquis fait très librement et qui, partant du Pan-
théon, que Ton voit représentée à TextrSme gauche, coupé la ville en ligne
droite pour aboutir au Ohateau Saint Ange, et de là suit la ligne des forti-
fications jusqu*au ^ Palazo papale « , e* est à dire jusqu'au Yatican inclu-
sivement.
« La partie la plus développée est donc le Borgo. On y reconnait successi-
vement la « Meta Bomuli », Thospice de Santo Spirito, avec sa coupole poly-
gonale, le clocher de Téglise attenante, puis, en revenant sur le premier pian,
la grosse tour construite par Nicolas Y, et enfin le palais pontificai et la
basilique de Saint Pierre. Le palais est vu de cdté, comme sur le pian de
Benozzo Gozzoli, et non de face comme sur les plans publiés par M. de Bossi.
« Nul doute que M.M. de Bossi, ou Lanciani, ces mattres de la topo-
graphie romaine, ne parviennent à identifier les différents autres monuments
indiqués dans la région représentée par Tanonyme de TEscurial.
« En attendant, il importe de signaler la parfaite sincérité de Tartiste
au quel est due cotte vue; il a representé - par fois un peu naivement - ce
qu il avait sous les yeux, sans tenir compte des plans antérieurs, depuis ceuz
qu'a publiés M. de Bossi jusqu'à ceui qu'ont mis au jour MM. Gregorovius,
Stevenson, Gnoli et Strzjgowskì. Les informations qu'il nous apporto sont
donc absolument ìndépendantes de celles de ses devanciers et n*en ont que
plus de prix.
« Les fouilles qui ont été entreprises au Forum avec tant de succès dans
les demiòres années, et qui ont complétement renouvelé cotte partie de la topo-
graphie romaine, m*ont décide à m'attacher, dans le choix des spécimens que
je me proposais de faire reproduire, un dessin assez fini, représentant le Campo
Yaccino tei qu'il était à la fin du XY* siècle.
« La vue du Forum est prise du haut du Capitole. On aper90it d'abord
les trois colonnes du tempie de Yespasien, puis, plus à droite, la colonnade
du tempie de Saturno, dans l'état, ou à peu près, dans le quel elle se trouve
atgourd'hui.
« La partie la plus intéressante est celle qui a été représentée à gauche.
Il n'est pas difficile de reconnaìtre Tare de Septime Sevère (inscriptton : Lucio
Settimeo Severo) (^), avec sa base presque complétement déblayée et son
0) £t non u Tarco Settìmes Severo » comme je Tavais imprimé par errenr dans mon
volume.
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oouronnement débarassé des costractions qu'y avait éleyées le moyen ftge (des
traces de constructions se yoient cependant encore sor le pian de DuPérac
qui date de 1575).
• A travers Tarcade principale, on apercoit un édifice a pilastres qui se
trouye à la hauteur de Téglise Sant* Adriano.
« Plus loin, du cdté du Colisée, s'élòve un édifìce construit en pierres
de grand appareil, avec une porte ou arcade cintrée au centro, et un fronton
triangulaire. Ce monument fait penser, soit au tempie de Cesar soit à un
are qui se trouvait autrefois dans cotte région. La rangée des colonnes qui
lui fait suite est éyìdemment le tempie d* Antonin et de Faustino. Quant au
campanile on peut y reconnaitre sans hésitatìon colui do ss. Cosma et Da-
miano. Au fond, enfin, le Colisée.
« La TUO consorrée à V Escurìal, outre qu'elle est peut étre la plus
ancienne des yuos du Forum Bomaiu, nous apporto dono des données inté-
lessantes sur plusieurs monuments qui ont disparu depuis, et quo les archéo-
logues romains n*auront pas de peine à restituer, en rapprochant les éléments
nouYoaui fournis par le dessinateur anonyme, des fouUles récemment oxécutées
par le gouvemoment italien.
« Panni les autros dessins rolatifs aux Antiquités de Rome, je citerai
. (fol. 4) ipe reproduction des mosaiques de Santa Costanza, dea omements
conserva à Santa Sabina (fol. 1), d*autres proyenant de la basilique des
Santi Apostoli (fol. 4), de Sant'Agnese (fol. 5), de Y « Archo male arriyato »
(fol. 7), des Yues du Colisée (fol. 13, 15, 31), les .détails du Chàteau
Sant'Angelo et de Sant'Adriano (fol. 14-27), de l'aro de Constantin (fol. 17),
du Panthéon (foL 18, 19, 33), du tombeau de Cecilia Metella et de Sant'Ur-
bano (foL 22), des reproductìons d'une statue d'Hercule trouyée au Monte
Cayallo et appartenant aù Cardinal de Sienne (fol. 26), des mosaiques de
88. Cosma e Damiano (fol. 27), un « yeduta d*Aracoeli « (foL 29), des cro-
quis de. fragments de sculptures conseryés près de San Sebastiano, à Santa
Maria in Trasteyere, à Santa Cecilia (fol. 31, 33), des yues da Taro de
Yespasien, de Tare de « Trusi », de Tare de Titus (fol. 34, 35, 36), du
théàtre des Sayelli (fol. 43), un dessin de TApollon du Belyédère (fol. 42),
alois encore conseryé dans les jardins du Cardinal de San Pietro in Vincoli,
c*est-à-dire de Julien dèlia BoYore, la plus ancienne reproduction à coup
sur de cotte statue célèbre, et une infinite de plans, de yues d^ensembleou
de détaila, de reproductìons d'omemonts de toutes sortes ».
BncniooNTi. 1888, Vol. IV, 1"* Sem. 10
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Etnografia. — Collezione etnografica della Nuova Galedonia
esistente nel Museo preistorico di Roma. Nota del dott. Q. A. Colini,
presentata dal Sòcio Fioorini.
« Quando il Cook nel 1774 scoprì la Nuova Galedonia, i suoi abitanti non
conoscevano affetto Toso del metallo, quantunque i minerali di ferro sieno
abbondanti nell'isola. Ma dal principio del secolo presente, e specialmente
dopo ^occupazione francese, essendo divenute frequentissime le loro relazioni
con le popolazioni civili, vanno lentamente perdendo i caratteri originalL
L^Opigez nel 1886 riferiva alla Società di Geografia di Parigi {BulL de la eoe.
de géogr., 1886, p. 411) che non si trovano al sud di Canala che indigeni
semicivili. Solamente le tzribìi della regione settentrionale vivono ancora allo
stato selvaggio, ma circondate da posti militari, dalle missioni e da stazioni
di coloni liberi o di deportati, non potranno a lungo resistere alla civiltà.
Le industrie e le arti specialmente sono troppo bambine, perchè possano con-
servarsi a lungo di fronte alla concorrenza straniera, e già le stoviglie indi-
gene e le accette di pietra sono state quasi completamente sostituite dai
prodotti europei o dell'Australia (Moncelon, Bull, de la soc. d'anthr. di Pa*
rigi, 1886, p. 376: Rev. d'Mhn. dell'Hamy, 1883, p, 840). È difficile pre-
vedere se i Neo-Caledonì sopiavviveranno alla violenza della tisi e ad altre
cause di distruzione, le quali mietono numerose vittime specialmente fra i
convertiti, ma possiamo con sicurezza presagire vicino il giorno, in cui anche
dalla Nuova Galedonia saranno scomparse le ultime tracce dell'età della pietra
e delle condizioni di vita che vi sono associate.
« 11 primo gruppo etnografico di quest'isola che ebbe il Museo Preistorico
di Boma, fu offerto nei primi anni della sua fondazione dal cav. Luigi Mari-
nucci, a cui nel 1885 e nel 1886 si aggiunsero due ricchi doni &tti Tuno dal
cav. Alessandro de Qoyzueta e l'altro dal cav. Luigi Hanckar, r. console
a Numea. Il materiale così raccolto è molto numeroso, e per la sua varietà
può somministrare agli studiosi un concetto esatto degli usi e dei costumi
degli indigeni. Dobbiamo soltanto dolerci che qualche pezzo mostri troppo
chiaramente l'influenza della civiltà europea, sopra tutto nelle decorazioni, e
qualche altro Seuscia perfino sorgere il sospetto di essere statò lavorato da in^-
digeni semicivìli per fame commercio. Ma ciò corrisponde perfettamente alle
mutate condizioni di quest'isola, ed oggi sarebbe difficile, rappresentare in
modo migliore le sue industrie e le sue arti.
« La serie più ricca della intera collezione è quella delle armi, che com-
prende mazze, giavellotti, pietre da lanciare con la fionda, archi, frecce ed
accette di pietra.
• Le mazze si ammirano per l'eleganza del lavoro e per la diversità della
forma, e distinguonsi da quelle dell'isole vicine per una specie d' impugnatura
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formata dall* iaTiossamento della parte superiore del manico. U tipo più
oomime è quello che i Francesi chiamano en forme de champignon^ perchè
somiglia ad un fungo gigantesco. Gli esemplari di questa forma spesso nella
superficie superiore hanno scannellature verticali, che partono dal centro, a
guisa di raggi, mentre in altri sul margine è intagliata una serie di punte»
Yi hanno inoltre maz^e con testa sferica provveduta all'intorno di bozze»
dal YieiUard e dal Deplanche paragonate a più seni di donne messi Tuno
accanto all'altro circolarmente. Ma le più belle, e nel tempo stesso le piji
micidiali, sono quelle che rappresentano una testa di uccello, probabilmente
del cagu {Rhynocetus jubatus J. Verr. e 0. des Murs), la quale sormonta
un lungo collo che serve da manico.
« Per fabbricare le dette armi i Neo-Galedont adoperano parecchi l^gni
duri e pesanti, specialmente queUi della Camarina equiseti folta Forst., della
Casuarina nodiflora Forsi, e di altre specie di Casuarina chiamate dagli
indigeni nanui. Le decorazioni consistono in stoffe di corteccia di Broussonetia
papyrifera o in tessuti europei avvolti intomo al manico, in nastri di vari
colorì, in cordoncini di lana, in treccioline di fibre vegetali o di peli di pipi-
strello {Pieropus rubricoUis LatL). Talune delle mazze en forme de cham-
pignon sono inoltre ornate nella superficie inferiore della testa con incisioni
imbiancate (Labillardière, HelaL du Voy. à la recherche de La Pérouse,
Parigi, anno Vm, voi. II, p. 246, tav. XXXVII, fig. 10-16; Vieillard e De-
planche, Rev. Mar. et Colon., voi. YI (1862), p. 220-21 ; PatouiUet, Trois am
en NouveUe-Calédonie, Parigi, 1873, cap. YIII, p. 141-43; Rev. d'Etkn.,
1888, pag. 338; Batzel, Vólkerkunde. voi. II, p. 241 e 244; Wood, The
noi. hisL of man, Londra, 1880, Nuov. Cai., p. 206-07).
« I giavellotti consistono in aste di legno arrotondate, lunghe da m. 1,80
a 2,80, con due cent, circa di diametro, colla punta talora dentata, e sono
sempre tinti in nero, salvo nel mezzo. Si anneriscono o col carbone oleoso
della noce àeìYAleurites iriloba Forst., od anche esponendoli al fumo del
kaori, resina che cola dal tronco della Dammara Moorii Lindi., della Dam-
mara ovata Moore, e della Dammara Lanceolata. In alcuni esemplari, a 10
0 15 centimetri dalla punta, sì trova un pungiglione di razza, legato in niodQ
c^e rimane conficcato nella carne nell'estrarre il giavellotto dalla ferita. A
questi se ne aggiungono altri colla base intagliata a coda di pesce per poterli
dirigere più facilmente, e perchè possano meglio fendere Taria. Una terza vsr
rietà finalmente più lunga delle altre è provveduta di tre o quattro punte a
guisa di fiocina e serve per la pesca. Quasi tutti questi giavellotti sono de-
corati con incisioni geometriche, e quelli usati nelle feste hanno inoltre ric-
chissime decorazioni di nastri di stoffa di Broussonetia^ di fili di lana, o di
cordoncini di pelo di pipistrello. L'ornamento però di tali armi più ele^ant^
e più pregiato dagli indigeni è una piccola tavoletta ovale di bambù, coperta
di ncami bianchi e neri,, legata all'asta con. treccioline di pelo 9 con fili di lana.
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— 7« —
• ì Neo-Caledont scagliano il giavellotto, prendendolo nel metzo fra
il pollice e le due prime dita, portando rapidamente il braccio dal di dietro
in aranti, o per gettarlo più lontano si servono di un piccolo strumento
cui danno il nome di tain o di tin, di puolé, nabo ecc., che ricorda Yamen-
tum dei Bomani. Viene cosi descritto dal Labillardière (voi. II, p. 246,
tav. XXXY). che figura anche il modo di servirsene: ^ J'admirai la méthode
« ingénieuse qu'ils ont inyentée pour accélérer la TÌtesse de ces javelots lors-
• qu'ils les lancent. Ils se serrent pour cet effet d*un bout de corde très-éla-
« stique fabriquée aree de la bourre de cocos et du poil de roussette ; ils en
« fixent rune des extrémités au bout de Tindex, tandis que Tautre qui est
« terminée par une sorte de bouton globuleux entoure la zagaie sur laquelle
e est disposée de manière qu*elle Tabandonne aussitdt qu*on lance cotte arme ».
Oltre le fibre del cocco, si usano per simili strumenti anche le fibre di altre
piante tessili ed una specie di giunco. Sono poi di grossezze diverse; alcuni
nostri esemplari sono come la penna di un'oca, altri poco meno del dito mi-
gnolo. Il giavellotto lanciato in tal guisa può colpire il bersaglio fino à
60 metri di lontananza. Nella corsa è sottomesso ad un movimento di ro-
tazione che rende le ferite tanto più gravi, quanto più si sono ricevute da
vicino, ma non produce serie conseguenze se non quando colpisce le parti
più delicate del corpo, come gli occhi, il petto, il ventre ecc. Del resto gli
indigeni sono così abili ed esercitati che evitano per lo più il colpo (Pa-
touillet, cap. Vili, p. 147-53; Vieillard e Deplanche, p. 221-23; Hev. d'Elhn.,
1883, p. 332-33; Wood, p. 205-6; Ratzel, p. 204, fig. 3).
« Manca nella nostra collezione la fionda fatta generalniente con le fibre
del cocco 0 delle foglie della Musa discolor Hort. {colabute degli indigeni).
Vi hanno però le pietre da lanciare, di forma ovoidale, poco più grosse di
un uovo di piccione allungato, che sogliono prepararsi strofinandole su pietre
dure bagnate. Ciascun uomo ne porta sempre una ventina con sé in un
sacco avvolto intomo alla vita. Abbiamo due esemplari di simili sacchi, e si
compongono di tre parti: nel mezzo vi è una borsa di un tessuto molto
stretto, più lunga che alta, la quale si porta davanti sul ventre e contiene
otto 0 dieci pietre ; le altre due parti, fra le quali è sospesa la precedente,
sono due sacchi a maglia abbastanza lunghi da potersi adattare intomo la
vita, nei quali si ripone un certo numero di pietre di riserva. Oli indigeni sono
abilissimi nell'uso della fionda, che portano sempre intomo la fronte, e lanciano
pietre alla distanza di 200 o 300 metri (Labillardière, voi. II, p. 186, 202-3,
tav. XXXV e tav. XXXVIII, fig. 16-18 ; Vieillard e Deplanche, p. 223, 680-1 ;
Patouillet, cap. Vili, p. 153-5; Wood, p. 205; Batzel, p. 250.
i Le frecce e gli archi sono usati comunemente dai Melanest, ma non
da tutti, n Labillardière non trovò queste armi fra i Neo-Caledonì; altri esplo-
ratori più recenti però ne constatarono l'uso nella caccia degli uccelli e nella
pesca. Probabilmente sono state da poco introdotte nell* isola. Le frecce
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esistenti nel Museo si compongono di ona punta di le^no nero l6vigiiti&&ima
e di un'asta* di canna con striscioline di corteccia d'albero ayyolte alle diie
estremità. Nella raccolta dell'Hanckar e del Marinncci ve ne hanno inoltre
molte con punte di osso, ma queste e gli archi di Cantiarina appartengono
indubbiamente alle Nuove Ebridi (Labillardière, voi. II, p. 246 ; Yieillard e
Deplanche, p. 220; Patouillet, cap. VI, p. 112; Moncelon, p. -371; Rev.
dTEthn., 1883, p. 336).
« I pezzi che attirano specialmente l'attenzione, sono le accette che i
Francesi chiamano en forme d'ostensotr : ne abbiamo tre esemplari, udo dei
quali con testa di nefrite. Le prime notìzie intomo a questi oggetti singo-»
lari si trovano nella relazione del Labillardière, il qnale non solo ne fece
un'esattissima descrizione e li figurò, ma somministrò ancora interessanti
particolari sul loro uso: • Ils (gli indigeni) avoieut apporto un instru-
« ment qu'ils appellent nbouet, nom qu'ils donnent également à leurs tdtn*
« beaux. Il étoit forme d'un beau morceau de serpentine aplatì, tranchant
« sur les bords, taillé à peu près en ovale, par&itement poli et de la ìon*
« gneur d un doublé decimetro. Il étoit percé de deuz trous dans chacun'
B desquels passoient deur baguettes tròs-flexibles qni le fixoient sur un manche
e de bois anquel elles étoientliées avec des tresses depoil de chauve-souris;
« cet instrument étoit porte sor un pied fabriqné avec ttn noyau de cocos
« qui étoit attaché aussi par des tresses de mdme nature dont quelques-nnes
« étoient plus grosses (voyez pi. 38, fig. 19). Nous n'avions pu jusqu'alors
« connoitre l'usage de cet instrument; ces Sauvagés nous apprirent qu'il sor-
• voit à conper les membres de leurs ennemis qu'ils partagent après le
• combat. Un d'entro eux nous en fit la démonstration sur un homme de
• réquìpage qui se coucha sur le dos d'après son invitation. D'abord il re-
« presenta un combat dans lequel il nous indiqua que l'ettnemi tomboit sotis
• les coups de sa zagaie et de sa massue qu'il agita violenoment, puis il exé-
• cuta une sorte de danse pjrrhique, tenant en main cet instrument de
e meurtre et nous montra qu'on commen90Ìt par ouvrir le ventre du vaincù
■ avec le nbouet et qu'on jetoit au loin les ìntestins après les avoir arrach^
« au moyen de Tinstrument figure dans la pi. 38, fig. 20, et qui est finriné
• de denx cubitus humains taillés, bien polis, et fixés dans un tissu de tresses
ft très-solide. Il nous'' montra qu'on détachoit ensuite les oiganes de la gè*
K nération qui deviennent le partage du vainqueur ; quo les jambes et les
« bras étoient coupés aux articulatìons et distribués ainsi que les autres
« parties à chacun des c(mibattans qui les portoit à sa famille. Il est difficile
• de peindre la feroce avidìté avec laquelle il nous exprima que les chairs
• de cotte malheureuse victìme étoient dévorées par eux après avoir été
« grillées sur les charbons. Ce cannibale nous fit connoitre en méme temps
« que la chair des bras et des jambes se coupoit par tranohes de sept i
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« hiut eentimètres d*épaisseur, et que les parties les pltiB musoiileoses étoient
« pour ces peaples un mets très-agréahle (voi. II, p. 215-17) ».
e Simili accette furono anche illustrate come armi di battaglia, ma i
moderni esploratori più degni di fede escludono quest'uso e si accordano nel
descriverle come insegne di potere, come una specie di scettri, dei quali gli
indìgeni fanno mostra nelle feste, nelle danze e nelle vìsite (Mejer, Jadeit- und
Nephrit-Object; Asien, Oceanien und A f riha, p. 55, tav. V, fig. 3; Heger,
Miith. d. Antkr. aesellsch. in Wien, 1880, voi. IX, p. 139-40, tav. n,
fig. 1-2; BatzeL p. 227 e 240, fig. 19; Patouillet, cap. VIU, p. 140, 146;
Rev. d'JSthn., 1883, p. 333; Vieillard e Deplanche, p. 221). Solamente il Gar^
nier {Bull, de la soc. de géogr. di Parigi, 1868, p. 459-60) prosegue a chia-
marle accette da aacrifizio. aggiungendo che servivano per tagliare i cadaveri
dei nemici uccisi, senza per altro dire se ha tratto questa notizia dalla rela-
zione del Labillardière o da altra fonte. Ora è difficile determinare in modo
certo qual fede meriti il racconto dell'illustre naturalista francese. Ad ogni
modo, sebbene nelle moderne relazioni non si trovi confermata qudla nar-
razione, e non vi si faccia nemmeno menzione dell'istrumento per estrarre gU
intestini dal ventre, è certo che la maggior parte delle numerose circostanze
da cui è accompagnata, si trova riferita con poche differenze da un gran numero
di esploratori. H cannibalidmo infatti dei Neo-Oaledoni è stato constatato da
testimoni oculari degni sotto ogni aspetto di fede, quali il Gamier {Tour
du monde, 1868, sec. sem., cap, X7). I particolari poi riguardanti la divisione
deirucciso sono accertati dal Yieillard e dal Deplanche. L'individuo ucciso,
essi scrivono, è sospeso al tronco di un albero, mentre im indigeno armato di
un coltello di bambù o di una valva di conchiglia comincia ad aprire il ventre ed
estrae gli intestini. Fatto ciò, stacca le cosce e le altre membra, e niente desta
maggior meraviglia che la facilità con cui si eseguisce questa operazione. Tutto il
cadavere è fatto in pezzi, e distribuito. Spesso accade che la quantità di carne su-
pera il bisogno attuale : allora si fa subire al corpo umano il medesimo processo di
disseccamento che si usa eoi pesci. Cadaveri intieri sono così affumicati e servono
da provvigioni da viaggio (p. 216). Tutte le parti del corpo non sono ugual-
mente apprezzate : la testa e gli organi sessuali appartengono di diritto ai capi,
come i pezzi più nobili e più delicati. Qualche pezzo succolento è avvolto
in foglie di banano e inviato agli amici e ai conoscenti delle tribù vicine, jb
il rimanente è distribuito fra i sottocapi e gli alti personaggi II basso po-
polo raramente ha l'onore di gustare questo cibo e le femmine ed i fanciulli
ne sono esclusi, ad eccezione delle donne dei capi, alcune delle quali mo-
strano una voracità straordinaria (p... 214-15). La verità delle circostanze ac-
cessorie sembra una prova molto seria per indurci a credere airintero raccontp
e farci ritenere che un giorno simili accette nelle feste non figuravano sol^-
«lente come oggetti di parat$^, . ■ . >*
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• Essendo le teste di queste aceette oggetti di pietra dei più noteyoli la-
Torati da popolaiioni selvagge, sarebbe interessante conoscere particolarmente il
metodo di fiibbricazione, ma non sembra che si sieno potute raccogliere su
eiò notizie positire. « En Nouyelle-Galédonie, scrive il Gamier {Rev. Mar. et
• CoL^ voL XIX (1867, voi. I), p. 907), les indigènes a^jourd'hui ou ne sa-
. s veat plus £ùre les belles plaques de jade poli auxquelles ils attachent
e tant de prix, ou ignorent d'où elles viennent. En general, quand on leur
• domande où ils se sont procnrés ces plaques, ils indiquent invariablement
« come lieu de provenance une localité tròs-éloignée de leur propre tetri-
• toiie •. Il Patouillet (cap. Ym, p. 143-44) riferisce il sistema di fabbri-
cazione quale gli ò stato spiato da alcuni vecchi indigeni Avrebbe con-
sistito nel mettere un pezzo, naturalmente piatto, di giada sotto una caduta
d'acqua, adattandolo in una cavità afinchò la corrente non lo spostasse.
L'acqua cadendo sulla giada, portava con so una piccia di sabbia che a
poco a poco la levigava, e sarebbero stati necessari due anni per ottenere
l'accetta. Osservando la forma regolare di simili strumenti, la grossezza non
unifonne, e Taffilatezza del taglio, riesce difficile convincersi che si fabbri-
cassero col processo indicato.
« Alle armi, nella collezione del Museo Preistorico, fanno segoito gir uten-
sili e gli stromenti da lavoro, fra cui ricorderò dapprima una valva levigatissima
di conchìglia con gli orli affilati, che le donne portano attaccata alla cintura
come ornamento o piuttosto come coltello. Conchiglie, frammenti di quarzo,
schede di bambti, ed ora pezzi di vetro di bottiglie rotte, sono gli unici stru-
menti da t^lio dei Neo-Caledonl per radersi la barba, per fare sanguigne ca-
pillari neUe parti malate, per intagliare gli oggetti di legno, per staccare le cor-
. tecce del niauli {Melaleuca viridifiora Gaertn.) da coprire le case ecc. (Yieillard
e Deplanehe, p. 204, 206, 228, 494, 619; Patouillet, cap. XII, p. 231, e tav.
p. 218, fig- 6; Bourgey, Nouv. Ann. de Voy., 1865, voL I, p. 346). Per
scavare invece i canotti usavano asce di pietra molto singolari, di cui due esem-
plari esistono nella collezione. Uno ha il manico molto corto, piegato ad angolo
nella parte superiore, con grosso nodo sferico allo spigolo e con l'estremità
intagliata perinserirvi la testa. Il Forster, l'illustre naturalista della spedizione
Cook, descrisse e figurò per primo queste asce, aggiungendo che servivano
per coltivare la terra e lavorare il legno. Sebbene anche in qualche illustra-
zione moderna sieno ricordate come stromenti agricoli, tuttavia i recenti
esploratori sono concordi nel far menzione di un solo di questi, ed è un ba-
stone di legno colla punta indurita al fuoco (Yieillard, p. 627 ; Patouillet,
cap. y, p. 98-99; Opigez, p. 439-40; Rev. d'Ethn., 1883, p. 337-88). Tutti
ammettono.poi che le asce di. pietra erano usate di preferenza per lavori da
l^aiuólo: il Yieillard e il Dqdanche aggiungono anche che qualche Tolta,
ma^ di rado, servivano come anni da guerra, prima che le accette di ferro
rdìv^fttassenoi rannft prediletta di quegli indigeni (Heger,. p. 140» tav. IJ,
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fig. 3-4; Meyer, p. 53, tav. V, iSg. 2; Congrès inUr. d'Anthr. et d'ArchéoL
Prehist.y 4 sess., Gopenaga, 1869, p. 477; YieiUard e Deplaiiche, p. 221;
Patouillet, cap. XII, p. 224). L'altra accetta della nostra raccolta differùce
dalla prima notevolmente, perchè il manico è più lungo, ed ha mi'appendice
che forma spìgolo con esso, nella quale è legata la testa. Abbiamo inoltre molte
teste per accette, alcune col taglio molto logoro, indizio sìcnro del lungo uso.
« Nella collezione non figurano le stoviglie, che le donne fabbricavano
. con molta abilità e servivano per cucinare i cibi. Yi hanno invece parec-
.chie zucche della Lagenaria vulgaris Ser. per conservare e trasportare l'acqua.
Dopo averle ben pulita e lavate gli indigeni ne aumentano la solidità cir-
condandole con treccioUne piatte di fibre di cocco, riunite poi a guisa di
manico per renderne più. facile l'uso (Yieillard e Deplanche, p. 498,^ 651).
A ciò si aggiungono, cestelli abilmente intessuti con erbe, e vai! esem-
plari della piccola mazza di legno, « qui rappelle assez bien par sa forme et
« ses stries une grosse pomme de pin » (Patouillet, cap. XII, p. 231). Si
, chiama fécapo^ néapo a Houagape, e sambo a Ganala. Serve per battere le
. cortecce d^lla Broussonetia papyrifera e del Ficm prolixa Porst (uangui
degli indigeni) con cui si preparano le stoffe da fame turbanti ed altri or-
. namenti. I Neo-Caledoni però non dimostrano in questa industria molta abi-
lità, e i loro prodotti sono di gran lunga inferiori a quelli delle isole Figi,
delle Samoa ecc. Nella collezione del cav. Hanckar ne esistono alcuni esem-
plari, ma non è certo che provengano dalla Nuova Galedonia..
« L'abito dei Neo-Caledonì è molto povero: consiste nella maggior parte
d^li uomini in un cordone adattato intomo alla vita, col quale sovente ten-
gono legati contro il ventre in posizione verticale gli organi genitali, general-
mente avvolti con stoffe e con. foglie di banano. (Bourgarel, Mém. de la Soc.
d'Anthr. di Parigi, voi. II, p. 401; LabUlardière, voi. II, p. 186, 237, tav.XXXY;
^ Pigeard, I^ouv. Ann. dì Voy.., 1847,. voi. I, p. 202-3; Bo\agQjyNouv. Ann.
de Voy., 1865, voi. I, p. 352; Moncelon, p. 351-2). Il vestito delle donne
invece è molto più decente: nubili, e di firequente prima della pubertà, por-
tano intomo la vita una specie di gonnellino lungo da 6 a 8 metri e largo
circa da 10 a 15 centimetri, chiamato mendha.0 ghi, formato da una cintura
.da cui pendono a guisa di. frangia fibre estratte dalle foglie del Pandanus
. Minda e del Pandanus macrocarpas^ o dalle corteccie della Thespesia popul-
nea^ del Parititm tiliaceum^ ecc. Tale gonnellino è avvolto intomo alle anche
. in modo che tutte le sue parti sono sovrapposte. Qualche volta vi aggiungono
un grembiule,, che giunge fino alla metà della coscia (YieiUard e Deplanche,
p. 204-5, 635, 641, 656; Bourgarel, vd. II, p. 402; Labillardiàre, vd. H,
p. 187, tav. XXXYI; Patouillet, cap. XII, p. 229). Abbiamo nella collezione
. parecchi di questi gonnellini, alcuni tinti in. nero con sostanze vegetali {Coleus
Blumei, Semecarpus atra, Eugenia Jambos, Dianella ensifolia) (YieiUard,
p. 645), Nella notte e nei giorni freddi e piovosi ambedue i sessi usano un
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mantello Atto eoi gambi mòlli e resistenti àxSX Eleocìtaris esculenta e del*
YEleoeharis Austro- Caledonica^ i quali sono semplicemente intessuti a guisa
di staoia nella parte interna, mentre esternamente pendono sciolti. Anche di
simili mantelli esiste nella collezione un beli* esemplare (Yieillard, p. 624;
Bourgarel, yol. Il, p. 402).
K I Neo-Galedonì hanno molta cura della loro capellatura, che tagliano
e dispongono in differenti fogge, ungono coU'olio di cocco, ed ornano con penne,
foglie, fiori, stoffe di Broussonetia e tessuti rossi. Per pettinarla usano due
forme differenti di pettini molto comuni anche in altre isole della Melanesia.
L*una consiste in lunghe asticelle di legno ben levigate, legate ad un'estremità,
l'altra in mezze rotelle dì bambù su cui sono intagliati i denti. Quasi tutti
i nostri esemplari sono ornati con disegni geometrici incisi (Yieillard e De-
planche, p. 204, 205, 206, 617, 619 ; Bourgarel, voi. II, p. 381 ; Opigez, p. 434;
Moncelon, p. 351-2; Labillardière, tav. XXXV, fig. 8-9).
« Come nel decorare le armi e gli utensili, così nel fare ornamenti per-
sonali attribuiscono speciale importanza e valore ai cordoncini del pelo del
Pteropus rubricoUis Lath. , che richiedono lunga e paziente preparazione
descritta dal Patouillet (cap. XII, p. 225-9). « Quando un pipistrello è stato
ucciso, egli scrive, Tindìgeno prende un pizzico di cenere fra le dita, aflSnchè
il pelo non gli scorra dalle mani, poi comincia a carpirlo dal dorso, dal ventre
e da sopra la testa. Il rimanente è troppo ruvido o piuttosto troppo nero per
essere utilizzato, oltre che non prenderebbe il celere. Il pelo ottenuto si con-
serva gelosamente, finché non se ne ha una quantità sufficiente, perchè quello
dì un solo animale non darebbe che due metri di corda. Per farla si prepa-
rano cordoncini di fibre del banano, intorno ai quali si avvolge il pelo.
Quando se ne hanno tre, ben coperti coi detti peli, s'intrecciano insieme. Tale
lavoro è lungo e se ne occupano egualmente gli uomini e le donne. Si ottiene
una corda di un bruno grigio, della grossezza di una penna di corvo e gene-
ralmente lunga una trentina di metri. Innanzi di servirsene però bisogna
tingerla in rosso, e simile operazione è riservata specialmente agli uomini « .
Il Vieillard (p. 646, 650-51) afferma che per la colorazione si adoprano le
radici della Morinda tinctoria Roib. fatte bollire con le foglie di un piccolo
arbusto chiamato dagli indigeni uabune affine aUa Barringtonia, Dalla rela-
zione del Patouillet si può desumere che il sistema tenuto per colorire
1 cordoncini è molto complicato, e si usano altresì la cenere e Tacqua di
mare. Quello che importa di rilevare poi si è che danno all' operazione un
carattere religioso, e perciò sottopongono al tabu il luogo della fabbricazione
attaccando ad un palo delle pagliuzze e un lungo pezzo di tapa. Un indi-
geno, egli aggiunge « róde aux alentours pour s'assurer que la curiosité des
« femmes n'expose pas les travailleurs à Tarrivée des génies protecteurs des
» roussettes. Ges esprits, disent-ils, fonciòrement salaces comme les animauz qu'ils
» patronnent, vont circulant partout autour des femmes, et ne manqueraient
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. U
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« pas, si quelqti'une s*approchait dn lieu protégé par le tabon, de se metiare
« à ses trousses et de découyrir eB la suivant ceux qui ont méchamment mis à
tt mori les animaux qu'ils aiment. À quelles extrémit'és, dans ce cas, la fnrenr
B les pousserait, c'est ce qu'on n'ose prévoir »» .
« Nella collezione vi hanno parecchi ornamenti personali di peli di pipi-
strello cui sono attaccate conchiglie {Ooula o Conus) e servono indubbia-
mente per ornare le gambe, il collo, o la vita (Vieillard e Deplanche, p. 205,
206, 477; Patouillet, cap. XII, 229). A ciò si aggiungono parecchi braccialetti
di Corms, un gioiello generalmente usato dai Melanesi « Get omement se fait
tf avec un cdne, scrivono il Deplanche e il Vieillard, que Ton use sur une
tt pierre, de manière à en détruire la base et le sommet et à ne laisser que le
« premier tour de spire ; il en resulto un anneau dans lequel on passe assez dif-
u ficilement la main » . (Labillardière, voi. II, pag. 245, tav. XXXVII, fig. 5-6 ;
Vieillard e Deplanche, p. 206 ; Patouillet, cap. XII, p. 224-25).
« Non mancano nella collezione alcuni fischietti di canna, soli strumenti
musicali dei Neo-Caledont. Più comunemente però sogliono accompagnare i
loro canti e le danze battendo in terra con una canna di bambù, o percuotendo
la stessa canna con la mano (Patouillet, cap. XI, p. 205-06 ; Vieillard e De-
planche, p. 209, 213; Rev. d'Ethn., 1883, p. 331). Queste canne servono
anche da bastoni di viaggio, ed allora generalmente vi sono incise figure
umane, di animali, di alberi, di case ecc., che richiamano alla mente fatti
importanti o scene che hanno colpita la fantasia del disegnatore. Il Gamier
fa menzione di un bambù, su cui erano stati incìsi i principali avvenimenti
di una spedizione firancese {BulL de la soc, de géogr. di Parigi, 1870, primo
sem., p. 26; Vieillard e Deplanche, p. 619; Opigez, p. 445; Rev. d'Mhn.,
1884, p. 352-53).
tt Finalmente debbo fare menzione di una maschera, in generale nelle
recenti relazioni detta masque de guerre. È di legno, tinta di nero, col naso
schiacciato e larghe narici molto convesse. Bappresenta una figura spavente-
vole, con una specie di parrucca tessuta di fibre vegetali e coperta di ca-
pelli. Intorno alla bocca sono attaccati con mastice semi rossi ieWAbrmpre-
catoriuSj mentre al collo è sospesa una lunga rete, in ciascuna delle cui
maglie è inserita una penna, formando così una specie di veste. Non essen-
doci fori agli occhi, chi la porta deve necessariamente guardare attraverso la
grande apertura della bocca (Eatzel, p. 240, fig. 9; Patouillet, p. 180).
« Il Labillardière che descrisse e figurò le maschere dei Neo-Caledoni
(voi. II, p. 239, tav. XXXVII, fig. 1), intorno al loro uso riferisce le se-
guenti notizie ^ tt Ils font usage sans doute de ces masques pour ne pas étre
« reconnus de leui^ ennemis lorsqu'ils entreprennent contro eux quelques ho-
« stilités » . Questa informazione è confermata e completata dalla relazione
del Patouillet, (cap, Vili, p. 159), dalla quale si rileva il modo con cui
simili maschere sono usate nelle dichiarazioni di guerra. Un guerriero vestito
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di ima di esse si reca nel villaggio nemico, portando da mia mano un gia-
Tellotto e dall'altra una moneta indigena (perle di conchiglia). Giunto in pre-
senza dei nemici getta la moneta in terra e scaglia il giavellotto. Fatto ciò,
la sua missione è finita e può ritirarsi tranquillamente, perchè la moneta serve
a compensare la tribii per Toffesa che personalmente le ha recato. Tali ma-
schere però figurano anche in alcune danze, e in ispecie nelle cerimonie alle*
goriehe ohe fanno parte delle feste date in onore dei capi morti, le quali
senza dubbio hanno carattere religioso (Yieillard e Deplanche, p. 210; Bour-
garel, voL II, p. 402-03; Opigez, p. 432-33; Moncelon, p. 351, 872; Gar-
nier. Tour du Monde, 1867, sec. sem., cap. XII, p. 206; Wood, p. 203-04;
Patouillet, cap. IX, p. 184). È quindi ragionevole il sospetto che a simili
oggetti si attribuisca dagli indigeni qualche significato religioso, che noi non
conosciamo*.
Àstronoinia. — Reiasione sulle esperienze istituite nel R. Os-
servatorio Astronomico di Padova in agosto 1885 e febbraio 1886
per determinare la lunghezza del pendolo semplice a secoìidi^ pre-
ceduta dalla esposizione dei principi del metodo e dalla descri-
zione dello strumento di Repsold. Memoria del Corrispondente Gio-
vanni LORENZONI.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Zoologia. — Significato patologico dei protozoi parassiti del-
Vuomo {}). Nota del Corrispondente prof. Battista Grassi.
« A chi studia la letteratura di questi ultimi anni sembra che stia per
spuntare sull'orizzonte medico una nuova stella : mentre la maggior parte degli
studiosi stanno concentrati intomo agli Schizomiceti ed agli Ifomiceti, alcuni
pochi, quasi pionieri, tentano dimostrare che i Protozoi non hanno minore impor-
tanza, che cioè molte malattie supponibili parassitarie, nelle quali fin qui
non si è dimostrato con sicurezza o non si è trovato alcun Schizomicete, alcun
Ifomieete, siano prodotte, invece che da questi esseri, dai Protozoi. È bene
che enumeriamo le malattie in. cui fino ad ora si è trovato, o almeno si è
creduto dì trovare, dei Protozoi. Esse. sono: la malaria, Tanemia perniciosa
progressiva, il gozzo colloide, certe pseudoleucemie, certi empiemi, il vainolo,
(}) Questa Nota forma qnasi un'appendice alla mia precedente Sulla Morf. e Sist.
dei Protozoi parauiti (▼. seduta deU*8 gennaio 1888).
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la yaricella, la tosse convulsiva, il morbillo, la scarlattina, il mollusco conta-
gioso, V herpes zoster, la dissenteria, certe enteriti, certe yaginiti (a catarro
purulento ed acido). E si noti che le ricerche su questa strada sono appena
cominciate; se dunque già all'inizio pochissimi osservatori hanno potuto racco-
gliere tanta messe, è ragionevolissima la speranza di poter rischiarare mol-
tissimi morbi colla face. dei Protozoi. Essendomi io molto occupato di protozoi
parassiti, quand'era ancor studente in medicina, ho creduto opportuno di ritor-
nare sull'argomento: la Nota che qui presento è appunto il frutto dei nuovi
miei studi.
e II Lòsch in Russia, avendo trovato un caso di grave colite comitata
dalla presenza di molte amibe (Amoeba Coli, Lòsch) le ritenne causa della
colite stessa. Il giudizio del Lòsch venne accettato senza discussione fino al
1878 in cui io sostenni che quest' Amoeba Coli è comunissima in Italia e
non si può concederle alcun valore patogenetico. Poco dopo di me il Gunnin-
gham in Calcutta è arrivato alla stessa mia conclusione. Orbene un amiba,
che dalle descrizioni risulta identica all' Amoeba Coli venne recentemente da
Kartulis ( Virchow's Archiv 1886) e da altri {Centralblatt f. Bacter. 1887)
proclamata causa di quella malattia infettiva che è nota col nome di dissenteria.
« Dopo nuove ed estese ricerche io sono stato costretto a ritornare alla
mia convinzione del 1878. Non si dimentichi che gli autori, a cui accenno,
non si sono dati la briga di fornire quelle prove che sono necessarie per
stabilire con sicurezza l'efficienza morbosa del parassita in discorso, quasi che
questa efficienza fosse naturalmente evidente come quella dell' anchilostoma.
Oltracciò sono convinto che se essi vorranno cercare, verificheranno facilmente
quel che in tutta Italia, al sud della Francia e su parecchi militari reduci
da Massaua ho potuto osservare e quel che ha confermato il Cunningham
in India : che cioè l' Amoeba Coli può accompagnare in più o meno numerose
coorti, talvolta in un numero veramente sterminato, le più svariate malattie,
tra cui nomino specialmente la tifoide, il colera, la pellagra, le coliti anche
secondarie a tumori del colon ecc.; che l' Amoeba' Coli può comparire in
enormi sciami per diarrea o dissenteria ab ingestis ; e che infine molti individui
sani, specialmente contadini e ragazzi, presentano nelle feccie (che eliminano
pultacee) (<), per mesi e mesi, non di rado numerosissimi, quei corpuscoli
speciali che io e Calandruccio dimostrammo amoeba coli incapsulata. In molti
casi assistenmio alla scomparsa delle amibe senza che l'individuo ne resentisse
alcun vantaggio. L' Amoeba può pascersi di corpuscoli sanguigni, di cellule
epiteliali, se trova liberi questi elementi nel cavo intestinale : se no, essa si
contenta anche di materie fecali (per es. di corpuscoli amilacei e dei fram-
menti di fibre musculari ecc.), perfino di megastomi e di trichomonas.
(^) Si noti che per sé solo il carattere paltaceo deUe feccie nei nostri contadini e
nei ragazzi, non esprime alcuna rUevabile alterazione del processo digestivo.
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« Le amibe sono abbastanza comuni nel colon dei Mns senza alcana appa-
rente alterazione dell'organo che le alberga; sono pure comuni nelle rane
(in tutta ritalia e nella Germania) e nelle Blatte (in Lombardia e in Ger-
mania), del pari senza che producano loro alcun danno rilevabile. Gonchiu-
dendo nego che le amibe siano causa della dissenteria epidemica : esse sono
semplici commensali del tutto innocui.
« Nel 1878 io ho dimostrato contro Zunker che i Trichomonas (Mono-
cercomonas o semplicemente Gercomonas) kominis (intestinalis) Davaine sono
del pari innocenti, e nessuno ha più pensato d'invocarli come cause morbose
tranne il Leuckart che li sospetta sempre capaci d'irritare. Il suo sospetto
per quanto autoreiole, non è però basato ad alcuna seria prova, ma invece
ad una imperfetta cognizione delle mie osservazioni e dei miei esperimenti.
« Il Eunstler ha recentemente creduto di poter tornare a sostenere che
le trichomonadi vaginali siano causa di vaginite a catarro aeido. Se le cose
stessero veramente in questi termini, almeno in molte parti d'Italia le vagi-
nitì in discorso dovrebbero essere di gran lunga meno frequenti che in Francia
e in Germania, essendoché il Trichomonas da noi è una grande rarità (io
non l'ho mai trovato) mentre esso è invece oltremodo comune in Germania
e in Francia. Ma possiamo noi seriamente ammettere questa enorme diversità
di frequenza delle vaginiti ? Certamente il ginecologo ne sarebbe stato colpito
e non aspetterebbe che noi coi nostri Trichomonas venissimo ad insegnarglielo.
K Passiamo ai Megastomi^ una forma che prima di me veniva confusa
coi Gercomonas \ com'io ho dimostrato, essi sono adattati alla vita parassi-
taria più perfettamente che molti altri Protozoi parassiti. Essi hanno una
grande bocca, o ventosa, ad orlo contrattile, colla quale stanno attaccati
alle cellule dei villi intestinali del duodeno e del digiuno: essi vivono a
spese di queste cellule, evidentemente le succhiano. 11 numero di questi
Megastomi è di spesso così considerevole che ogni cellula epiteliale ne pos-
siede uno 0 parecchi. Da queste mie osservazioni parrebbe risultare che
fossero causa morbosa. Ma di fronte ad esse stanno le osservazioni cliniche.
Queste ultime non mi autorizzano punto a ritenere che il Megastoma produca
quel danno di cui a tutta prima si crederebbe capace. Se certe diarree cro-
niche accompagnate da anemia paiono indubitatamente riferibili al Megastoma,
vi sono per contrario individui, e non pochi, i quali pur ospitando questo
parassita, anche in gran numero, godono di salute perfetta. Aggiungasi che
il Megastoma si trova in molti animali senza che mostrino di risentirne alcun
danno {% Per apprezzare convenientemente il Megastoma si deve tener conto
(') V^oglio qui soggiungere che resta sempre il valore diagnostico da me concesso
ai Protozoi parassiti nella mia Memoria. Quanto ai Megastomi ne ebbi una prora evidente :
ad un individuo che non presentava nelle feccie Megastomi né liberi né incapsulati, diedi
cinque plerocerchi di perca. Dopo due giorni cominciò ad eliminare colle feccie inumere-
Yoli Megastomi, in parte incapsulati; ciò durò 8 giorni dopo i quali restarono appena k
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della circostanza che rintestino dell'uomo è, per parere di parecchi autori,
molto più lungo che non occorrerebbe, e perciò parti considerevoli possono
molto probabilmente venir esportate o impedite di funzionare senza che la
salute resti seriamente compromessa. Non è assurdo il supporre che Tìnte*-
stino di molti animali, compreso anche quello dell'uomo, si sia allungato
appunto adattandosi a certi parassiti. In proposito notisi che rAnguillula
{Strongyloides) nell'uomo e nella donnola s'annida nelle ghiandole del
Lieberkuhn che altera non poco, e nel ratto abita i lunghi e grossi villi in
cuniculi (gallerie) serpentini che essa stessa scava insinuandosi tra Tepitelio
e il connettivo sottostante. È quindi certo che essa altera l'intestino, eppure
io ho studiato a lungo molti casi in cui erano presenti infinite schiere d'An-
guillule senza che potessi convincermi che gli osti ne risentissero alcun sin-
tomo molesto ! È il caso d'un ricco signore che può continuare a vivere con
gran lusso anche perdendo una parte dei suoi capitali.
« Il Balantidium Coli nell'uomo in Italia è rarissimo ; io lo vidi una sol
volta a Pavia. Nel colon dei porci in Italia è volgare oltre ogni credere. Al
proposito debbo esternare il sospetto che la specie dei porci sia differente da
quella dell'uomo, non essendo riusciti Galandruccio ed io a propagarlo nell'uomo,
dandoglielo a mangiare in condizione d'incistamento. In ogni caso manca
qualunque prova che il Balantidium sia causa morbosa.
« Passiamo ai Coccidì. Io ho a lungo cercato i Coccidi nell'uomo, sempre
invano. Eppure altri osservatori li hanno trovati facilmente ! Y'è però luogo
al dubbio che essi abbiano pigliati per Coccidi i corpuscoli speciali delle fec-
cie già de me stesso sospettati psorospermi, e che oggigiorno sappiamo Amibe
(Orassi) e Megastomi (Perroncito, Schewiakoff e Grassi) incapsulati. Certo è
però che veri Coccidi sono stati trovati parecchie volte nell'uomo e che sono
cause morbose, come è stato ammesso da molti osservatori. I ratti e special-
mente i ratti bianchi in Sicilia vengono tormentati da un coccidio che, se
le descrizioni di Eimer sono esatte, è differente dall'Eimeria. Il coccidio dei
nostri ratti, contrariamente a quanto sì ammette peli' Eimeria, per riprodursi
ha bisogno di passare un certo tempo in vita libei'a, in cui entra colle feccie
quando è incapsulato : in vita libera si segmenta e produce i corpi falciformi.
Se questo coccidio così sviluppato viene inghiottito, si trasforma in tanti
Coccidi quanti sono i corpi falciformi : si trovano i giovani Coccidi non ancora
incapsulati dentro le cellule dell'intestino tenue. Essi distruggono queste cellula
e s'incapsulano. Giunti a questo periodo di sviluppo, prima di segmentarsi^
capsule che andarono rarefacendosi ; dopo 15 giorni scomparvero interamente esse pare.
Dal comparire i Megastomi neUe feccie io indussi che i Plerocerchi s'erano sviluppati (si
sa che il Botriocefalo risiede nella parte superiore deUlntestino) e infatto dopo 23 giorni
Tindividuo col felce maschio eliminò tre Botriocefali. Il Botriocefalo evidentemente aveva
prodotto TeUminazione dei Megastomi.
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vengimo eliminati colle feccie. Qnesto andamento (compreso il pmito piti
importante e forse non ancora ben accertato per alcun altro coccidio, cioè
r infezione diretta coi Coccidi contenenti corpuscoli &lciformi), ò facilis-
simo ad osservare nei ratti bianchi tenuti in gabbia. D'estate bastano alcuni
giorni perchè il coccidio uscito colle feccie formi i corpi falciformi : e richie-
donsi meno di altri dieci giorni perchè il ratto bianco presenti nelle feccie
Coccidi incapsulati.
s n ratto può presentare una grave coccidiosi, grave a tal punto che
le sue feccie non sono quasi nient* altro che un*ammasso di Coccidi sospesi
in un liquido d'aspetto sieroso, o mucoso. Queste scariche diarroiche possono
essere di color bianco sporco, tirante al rossigno ; se si ripetono frequentemente,
lanimale dimagrìsce e muore. All'autopsia si trova quasi tutto l'intestino tenue
disepitelizzato e il contenuto intestinale è rappresentato quasi soltanto da
una enorme quantità di Coccidi con cellule intestinali più o meno alterate.
Tutti questi fatti s'intendono riferiti ai casi gravi, i quali si verificano a
gran preferenza nei ratti bianchi, nati da uno o da pochi mesi. In realtìt la
coccidiosi, per quanto ho detto, ha decorso acuto, se l'infezione non si ripete;
ripetizione che però accade facilmente d'estate se le gabbie in cui si tengono
i ratti non vengono ben ripulite giornalmente.
« Quando si trova che i ratti presentano il coccidio nelle feccie, se non
si vuole andare incontro al pericolo di vederli soccombere, si deve cambiar
loro la gabbia ogni giorno, servendosi di gabbie che siano state ben disin-
fettate. Così si impedisce che il ratto assuma nuovi germi, e si è certi di
veder scomparire i Coccidi dalle feccie dopo poco tempo.
« Questi &tti già stati intraveduti da altri, ma non esattamente osservati
per quanto io sappia, sono stati qui da me accennati perchè essi indicano
al medico le regole da osservare per la cura della coccidiosi.
• Prima di lasciar l'argomento voglio aggiungere che io ho cercato in-
vano i Coccidi pleurici, che sono stati dimostrati Cjausa di empiema in un
caso d'individuo proveniente da paesi tropicali (Eùnstler).
« Becentemente Pfeiffer (i), ha descritto un'altro Sporozoo e precisamente
una vera Gregarina (Monocjstis) nel vainolo, nella varicella e nelle pustole
vacciniche dell'uomo e di vari animali. Io mi sono occupato di confermare,
col sig. dott. Segré e da solo, questa interessante scoperta, la quale se fosse
vera, indicherebbe indubitatamente la vera causa del vainolo e della varicella,
inquantochè sappiamo che le Gregarine negli invertebrati sono capaci di
produrre seri disturbi. Senonchè noi ci siamo convinti che certamente lo
PfeiffMT non ha avuto sott' occhi una Gregarina ed ha pigliato per Greganna
degli elementi alterati, forse delle cellule epidermoidali in degenerazione.
(^) Per la bibliografia delle Memorie qui citate rimando il lettore al tanto diifaso
Centralblatt f. Bacter. a. Parasìtl. 1887
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— 88 —
I corpi descritti dallo Pfeiffer sono facilissimi a riscontrarsi in molte malattie
cutanee ma non dimostrano alcun carattere proprio degli esseri vivi. Parlano
in favore della nostra convinzione rirregolarità somma delle loro forme e
sopratutto il modo di succedersi degli stadi, il mancare i corpi falciformi ecc. ecc.
Alla medesima conclusione sono giunto per la Gregarina scoperta dallo stesso
Pfeiffer nell'herpes zoster e pel coccidio scoperto dal Perroncito nel mollusco
contagioso. Sono contento che il prof. Malocchi al Congresso medico di Pavia,
in cui comunicai una parte di queste osservazioni, siasi dichiarato perfet-
tamente d'accordo con me.
« Voglio ancora accennare al Protozoo scoperto da Deichler nella tosse
ferina. Purtroppo finora mi mancò Taccasione di studiar casi di tosse ferina :
le figure e le descrizioni date dal Deichler sono però tali da lasciar adito
al grave soispetto che si tratti di pseudoparassiti come quelli dello Pfeiffer.
I cenni del Deichler sul morbillo e sulla scarlattina sono troppo incompleti
per meritar seria attenzione. Un Flagellato è stato descrìtto come causa del-
Tanemia perniciosa progressiva (Klebs). Finora però le ricerche sono incom-
plete: io non l'ho trovato in un caso clinicamente classico della malattia in
discorso. Si è trovato anche una Monadina in casi di pseudoleucemia.
« È in ogni modo a notarsi che i Flagellati nel sangue degli anfibi,
dei rettili (ho trovato anche VBeteromita lacertae Grassi, nel sangue della
Lacertae viridis) e dei mammiferi non sono punto rari; che possano produrre
gravi malattie è possibile, ma non è punto dimostrato.
« Besta di accennare alla malaria. Il zoologo che studia le belle
Memorie di Marchiafava, di Celli e di Golgi si sente fortemente inclinato a
credere che il Plasmodium malariae sia un'amiba imperfettamente osservata,
un'amiba straordinariamente simile all'amiba pigmentifera da me scoperta
nei Chetognati, i quali per essa subiscono di sovente la castrazione cosidetta
parassitaria (Giard).
« Che il Plasmodium fosse un'amiba, era appunto la mia convinzione
fino a che ebbi io stesso occasione di osservare la cosa da vicino. Allora vi
cercai invano i caratteri di Sarcodino che mancavano nelle descrizioni dei
vari autori (compreso anche il Metschnikoff) e precisamente non vi trovai il
nucleo in alcun modo, non ho potuto determinare che il Plasmodium assuma
nutrimento solido co' suoi pseudopodi, non ho trovato neppure il Flagello nelle
cosidette spore, Flagello forse necessario per spiegar l'entrata loro nel globulo
sanguigno. Capisco che ai risultati negativi si deve concedere un valore rela-
tivo : in ogni modo a me pare lecito asserire che manca la prova che il Pla-
smodium malariae sia un essere vivo, ciò che ha già prima di me sostenuto
il prof. Toinmasi-Crudeli.
« Ora che abbiamo passato in rassegna le varie malattie in cui si de-
scrissero Protozoi, facciamo la somma.
« È dimostrato che certi Protozoi (i Coccidi sopratutto e forse in certi casi
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— 89 —
i Megastomì) (1) possono, prodnire malattie locali. Manca la prova che siano
capaci di far sviluppare le cosidette malattie infettive. Questa, dirò coeà,
indifferenza dei Protozoi che vivono parassiti, trova un importante riscontro
nei Protozoi che conducono vita libera. Come gli Schizomiceti e gli Ifomiceti
parassiti, quelli liberi hanno in complesso un'importanza grande nell'economia
nella natura (fermentazione, putrefazione, nitrificazione ecc.). Invece i Protozoi
liberi benché straordinariamente diffusi in modo che dapertutto dove c'è un
po' d'acqua s'incontrano in enorme numero, almeno per quanto finora si sa,
non hanno alcun significato se non in quanto servono di preda gli uni agli
altri e per altri esseri. Gli Schizomiceti e gli Ifomiceti producono fennenti
solubili, veleni ecc. I Protozoi non danno niente di simile. Insomma senza Schi-
zomiceti e Ifomiceti l'equilibrio degli esseri vivi sarebbe grandemente turbato,
ciò che non accadrebbe che molto limitatamente se scomparissero i Protozoi.
» E si tenga conto d'un altro fatto. I Protozoi parassiti se portati in
vita libera, o muoiono o si conservano in una condizione che possiamo deno-
minare morte apparento, mostrando cosi una proprietà negativa in confironto
alla maggior parto degli Schizomiceti e d^li Ifomiceti. Perciò i Protozoi già
a priori non si prestano a spiegare molti fenomeni proptì delle malattie
infettive, i cui germi in molti casi, come per es. nella malaria, debbono
poter moltiplicarsi fuori dell'oiganismo umano.
• Conchiudo. Io ho poca fede nei Protozoi considerati come causa di
malattie infettive. Essi possono produrre malattie locali neiruomo: questo
malattie però, almeno nei nostri paesi, sono relativamento rare. La stolla
adunque, a cui accenno nel principio di questa mia breve lettura, è secondo
me una stoUa cadente (2) ».
Fisiologia. — Ricerche sui gas contenuti nella vescica nata-
toria dei pesci. Nota II C) dì Margherita Traube Mengarini, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
< Nel 1883 il chiarissimo professore Emile du Bois-Beymond volse la mia
attonzione sulle esperienze di A. Moreau intorno alla vescica natatoria dei pesci.
« Il fatto veramente nuovo e sorprendento stabilito da Moreau ò che
l'esperimentatore può fsur variare la proporzione tra l'ossigeno e l'azoto nella
vescica natatoria dei pesci, variando la pressione aUa quale il pesce è esposto.
0) Fon'anche i Sarcodìni possono produrre malattìe locali, così Vffaplococcus reti'
cukUus Zùff nei mnscoH del porco (Biol. Centrablatt Bd. m, n. 22, 1883).
(>) Non ho ricordato in questa Nota XAmoéha parasitica Lenden. (trovata da Len-
denfeld in Australia nella ente di pecore affette da una grave malattia catanea) perchè non ho
potato consultare il lavoro originale : ne conosco appena un estratto pubblicato nel Wiener
Landwirt Zeitong 1886, n. 70.
(») V. Eendiconti. Voi. m, 2^ Sem., pag. $5.
Bkmdiconti, 1888, YoL. IV, 1» Sem. 12
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— 90 —
« Moreaa dimostrò che ciò dq^ende dall'aumanto dì oseigeno die av-
rìene nella vescica quando si rende il pesce specificamente più pesante;
amnento che egli spiega con una secrezionB di ossigeno nella vescica stessa.
Questo aumento dell'ossigeno nella vescica si può procurare, sia vuotando la
vescica stessa col trocart o colla pompa pneumatica, sia rendendo il pesce
più pesante applicandogli una zavorra, sia infine tenendolo forzatamente nel-
Tacqua ad una profondità maggiore di quella a lui solita.
« Da questo fatto fu dedotto, ed è ora generalmente ammesso, che i
pesci sono capaci di segregare nella vescica natatoria Tossigeno. L'azoto vi
si troverebbe per osmosi (Nota I 39 p. 77). L* autore non parla della pro-
venienza delle piccole quantità d'acido carbonico che spesso vi si rintracciano.
• Per dimostrare anohe meglio che i pesci non prendono i gas trovan-
tisi nella loro vescica dall'ambiente, Moreau fece sui pesci fisostomi la se-
guente esperienza che trascrivo per intiera dalle Revues scientifiques (40
p. 392) non avendo potuto in nessun modo ritrovarla fra le opere originali
di Moreau.
« Et maintenant d'où vient l'air de la vessie natatoire ? Lorsqu'il y a
tt un canal de communication avec l'estomac, on peut se demander si le pois-
» son, qu'on voit du reste souvent venir à la surface gober des buUes d'air,
« ne les introduirait pas directement dans sa vessie. On démontre qu'il
« n'en est rien en laissant pendant plusieurs fours le vase où nagent les
« poissons sous une vaste cloche pleine d'un mélange d'hydrpgène et d'oxy-
« gène: on ne trouve jamais d'hydrogène dans la vessie à moins qu'on ait
« au préalable vide le réservoir gazeux par le jeu de la pompe pneumatique • .
« Alcune esperienze da me fatte nel laboratorio del marchese Stefano
Capranica gentilmente posto dal proprietario a mia disposizione, confermano
soltanto l'ultima asserzione di Moreau, che cioè i pesci colla vescica vuo-
tata ad arte inghiottiscono il gas che trovano alla superficie dell'acqua.
« — Prima serie di esperienze eseguite sui carassius auratm ed infine
sui leucisctcs,
« Il carassius auratm ha, come è noto, la vescica natatoria ristretta a
circa due quinti della sua lunghezza, in modo da formare due sacchi comu-
nicanti. Questi sacchi però sono tanto indipendenti l'uno dall'altro, che si
possono benissimo vuotare separatamente. Perfino separandoli con un taglio il
gas non si perde.
« Credo però che questa indipendenza non debba attribuirsi ai due
muscoli annulari descritti da Mueller, ma bensì alla materia colloidale della
vescica, giacché pure i fori del trocart richiudonsi subito; e recidendo il
dutto esofE^eo dove sbocca nella vescica, pochissimo gas ne esce nonostante
che io abbia trovato i gas nella vescica del carassius auratus sempre sotto
pressione maggiore di quella dell'aria atmosferica.
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— 91 —
« Per Tuotare la vescica del pesce mi servii del metodo di Moreau
adoperando invece del trocart nna siringa di Pravaz capace di 10 ce.
« La siringa viene introdotta im po' al disopra della linea laterale del
pesce per non ferire Tintestino.
• Il pesce fu tenuto durante l'esperienza in acqua disaereata (^) satura
d'idrogeno.
« L'esperienza fa disposta nel seguente modo: il pesce operato venne
introdotto in un pallone di vetro chiuso ermeticamente con un tappo dì gomma
coperto di mercurio e attraversato da due tubi di vetro con robinetti ugual-
mente di vetro. Uno dei tubi, che eira destinato ad introdurre una abbon-
dante corrente di idrogeno nel pallone vi pescava poco oltre il centro di
esso, Taltro destinato all'uscita del gas non oltrepassava lo spessore del tappo.
« II pallone venne riempito d'acqua che vi fu fatta bollire prima alla
pressione atmorferica e poi per lungo tempo nel vuoto prodotto da una pompa
ad acqua.
« L'acqua poi venne tenuta satura d'idrogeno che vi gorgogliò durante
tutta l'esperienza, formando un'atmosfera di pochi centimetri di altezza tra
la superficie dell'acqua ed il tappo.
« L'idrogeno prima di entrare nel pallone passava per alcuni apparecchi di
lavaggio, cioè: due tubi ad u pieni di pezzetti di pomice imbevuti di sublimato
eorrosìvo, una bottiglia con nitrato di piombo, una con nitrato d'argento,
un tubo con potassa caustica e finalmente delle bolle di Liebig riempite dì
nitrato d'argento serventi di teste.
« Appena queste s'annerivano venn^x) fatti i necessari cambiamenti
negli altri apparecchi
« Queste precauzioni sono necessarissime per preservare i pesci dalle
velenose impurezze dell'idrogeno. Il pesce introdotto nell'acqua disaereata
non cade in fondo se ha perduto il gas di una vescica sola. Sta allora ver-
ticalmente colla testa in su, se il gas perduto è quello della vescica poste-
riore ; se invece è queUo della vescica anteriore si avvicina meno alla ver-
ticale e tenendo la testa in giù.
« Il pesce con ambedue le vesciche vuote riempie probabilmente prima
l'anteriore, giacché sta dopo poco tempo verticalmente colla testa in su.
« Questi fenomeni non si osservano nettamente che nei pesci messi dopo
roperasàone nell'acqua disaereata o guasta, oppure in quelli operati che per
qualunque lenone stanno male.
« Si vede che dipende dalla volontà del pesce o piuttosto dalle sue
facoltà di coordinazione dì controbilanciare col giuoco dei muscoli la spinta
(0 Sapevo da esperienze non ancora pubblicate che feci sulla proposta e sotto la
direzione del prof. Hugo Eronecker, che i pesci resistono relativamente bene alla man-
canza d^ossigeno se sì asporta Tacido carbonico, locchè allora si operò fissandolo col-
r idrato di sodio.
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— 92 —
che sente. Le posizioni straordinarie assunte dal pesce non dipendono da una
paralisi muscolare del pesce, poiché esso allo stesso tempo è capace di giun-
gere con straordinari sforzi muscolari sia alla superficie, sia in fondo del
Taso secondo che pesa più o meno dell'acqua.
« 1^ esperienza : Un pesce di 63 gr. viene introdotto nel pallone dopo
essere stato privato di circa 10 ce. di gas. Esso cade al fondo del vaso: soffre
di una forte dispnea e fa ogni sforzo per arrivare alla superficie, ciò che gli
riesce ad intervalli per mezzo di movimenti serpiformi. Arrivato alla super-
ficie succhia, per tutto il tempo che gli riesce di fermarvisi, avidamente
ridrogeno.
« Dopo circa tre ore e mezza il pesce galleggia alla superficie ; riesce
allora ad andare giù cogli stessi sforzi muscolari che al principio gli servi-
rono per salire. Non arriva però fino in fondo al vaso e finisce dopo poco
tempo per non muoversi più dalla superficie dove galleggia in posizione oriz-
zontale senza muovere le pinne. Viene ucciso dopo dodici ore di permanenza
nel pallone.
« Il gas della sua vescica viene introdotto nell'eudiometro e dà una forte
detonazione seguita da forte contrazione di volume.
« Il pesce dunque aveva aggiunto l'idrogeno all'ossigeno rimastogli nella
vescica.
« Quest'esperienza non parlerebbe contro la possibilità di una secrezione
dell'ossigeno nella vescica: il pesce sentendosi più pesante dell'ambiente e
vieppiù privo d'ossigeno, ha procurato di tornare allo stato normale più presto
che poteva inghiottendo il gas esistente alla superficie.
« 2^ esperienza : Senza cambiare l'apparecchio già descritto, circondai
il tubo afferente l'idrogeno d'una rete metallica a forma d'imbuto che chiu-
deva poi il collo del pallone in modo che il pesce introdottovi non potesse
più attingere né le bolle d'idrogeno che gorgogliavano nell'acqua, né l'idro-
geno alla superficie.
« Un pesce di 155 gr. introdottovi si comporta al principio come i pesci
della prima esperienza : tenta di andare alla superficie con movimenti serpi-
formi e finisce per tenersi verticalmente.
« Dopo due ore e mezzo però sta al fondo e non va in su che di rado.
Dopo trentasei ore rimane permanentemente al fondo del pallone. La sua
respirazione ha cambiato carattere. Invece delle respirazioni frequentissime,
ma con mosse normali della bocca e degli opercoli, respira molto di rado
spalancando la bocca e le branchie annerite in modo convulso.
« Viene ucciso dopo 71 ore e mezza di permanenza nel pallone. Il gas
della sua vescica introdotto neirendiometro esplode soltanto coU'aggiunta del-
l'ossigeno.
« Bipetei quest'esperienza su vari soggetti. Per l'ultima di esse misurai
i gas della vescica sebbene in modo poco preciso, senza catetometro.
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— 93 —
« Ottenni come risultato dell*analisi :
Idrogeno 3,30 ce.
Azoto 3,70 ce.
Acido carbonico 0,10 ce.
Queste esperienze provano che il pesce è capace di empire la Yescica nata-
toria non soltanto coi gas che trova alla superficie dell'acqua, ma anche con
quelli sciolti in essa, cosa negata da Humboldt e ProTen9al (0 e non più posta
in questione, per quanto io sappia, da alcun naturalista dopo di loro.
« 3* esperienza : Esiste un*ipotesi di Erman sulla respirazione dei pesci
colla quale si potrebbe pure spiegare come i pesci provveduti di dutto eso-
fageo siano capaci di riempire la loro vescica natatoria coi gas sciolti nel-
l'acqua.
« Egli (21) dice : « Io credo con buona ragione che gli animali con
« branchie producano od almeno favoriscano assai la separazione dell'aria
« (dall'acqua) aprendo rapidamente la cavità buccale prima fermamente chiusa
« attirando così l'acqua in uno spazio molto aggrandito ; Tana in parte libe-
« rata dalla pressione dell'acqua si espande e si stacca dall'acqua in boUi-
ft cine che l'animale nella seconda parte della respirazione dirige alle branchie • .
« Per verificare l'ipotesi di Erman variai le mie esperienze. Al pallone
chiuso venne sostituito una vasca a pareti di vetro, nel di cui centro per
mezzo di appositi tubi gorgogliano durante tutto il decorso dell'esperienza
due correnti gazzose : l'una di aria atmosferica, l'altra d'idrogeno. Delle reti
di nickel erano disposte in modo che i pesci non potevano attingere diret-
tamente i gas nò alla superficie, né lungo il tragitto delle bolle.
« Introdussi in questa vasca un Lmciscus colla vescica intatta e colla
bocca mantenuta permanentemente spalancata da un pezzo di sughero imbe-
vuto colla paraffina e spintogli nelle fauci in modo da non impedire il pas-
silo dell'acqua, ma da rendere immobile l'apparecchio buccale.
{}) 23 p. 283 tf On a fait reapirer des tanches non senlement dans da gaz Hjdro-
a gène, mais ansai dans nne des eanz chargées d'nn mélange d^Hydxogène et d'Ozygène.
« Pas nn atdme d^Hydrogène n'est entré dans la vessie natatoire des poissons sounis à
« ces ezpénences ».
tt Onesto risaltato negativo ottonato dal celebre natoralista dipende probabilmente
dalle impnrezze dell'idrogeno adoperato, poiché a p. 279 dice : a Les poissons placés dans
a on liqnide qai contenait de rOzygène, de THydrogène et de TAzote parnrent sonfErants
« dès qaMl farent placés soas la cloche qoi était renyersée sor da mercare. On les retire
a presqne morts après trois heares de temps ». £ poi : « Hs soaffirent plas dans THydrogène
« qae dans TAzote. Bs sont dans an état de mort apparente si on les y enferme pendant
a qaatre oa cinq heares. On remarqae généralement qae dans les gaz Azoto et Hydro-
tt gène, ils ferment leors opercoles comme poar garantir lears branchies da contact de ces
« deoz gaz ».
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— 94 —
« Il pesce reso dal sughero più l^igìero dell'acqua resta, come sospeso
e colla testa in su alla rete di nickel che gli rende impossibile l'accostarsi
alla superficie dell'acqua.
« Dopo due ore va verso il fondo con grandi sforzi muscolari. Abban-
donandosi però rimane dì nuovo sospeso sotto la rete, ma questa volta colla
testa obliquamente in basso.
« È difficile spiegare questo secondo spostamento nelle condizioni di equi*
librio del pesce giacché esso non perdette durante Tespenenza alcuna bolla di
gas (0* Dopo 20 oiinuti cambia di nuovo la sua posizione e finisce per rimanere
orizzontalmente sotto la rete.
Il II pesce venne sacrificato dopo 72 ore. È da notare che il numero
delle sue respirazioni era alla fine come al princìpio da 80 a 85. Le inspi-
razioni però parevano più ampie del normale, giacché il pesce dilatava molto
gli opercoli.
« L'aria della sua vescica esplose vigorosamente nell'endiemetro; essa
conteneva quindi oltre all'ossigeno suo proprio, mm ragguardevole quantità
d'idrogeno assorbito dall'acqua.
« Dalle esperienze finora descritte risulta :
« P Le citate esperienze di Moreau si verificano soltanto per ciò ohe
riguarda i pesci, i quali avendo la vescica natatoria vuotata ad arte vanno
alla superficie per inghiottire qualsiasi gas ivi trovano per riempirne la loro
vescica natatoria.
« 2"" I pesci fisostomi sono capaci di separare l'idregeno sciolto nel-
l'acqua e di riempirne la vescica.
(c 3^ Questo processo accade sia che per mancanza di gas nella vescica
essi sentano lo stimolo di riempirla, sia nel caso che avendo Iìnto causato
artificialmente una diminuzione di peso essi galleggino sull'acqua.
« 40 I pesci respirano benissimo senza far movimenti colla bocca.
Quindi la morte dei pesci tenuti colla bocca spalancata sotto l'acqua corrente
non può essere attribuita, come suppone Erman, alla loro incapacità di pro-
curarsi l'aria facendo il vuoto colla bocca.
« In altra nota dimostrerò che i pesci senza dutto esofageo si compor-
tano in modo identico ai fisostomi » .
(0 Dopo le esperienze di Charbonnel Salle (Annales dea Sciences nal 1887 voi. II
p. 305), pare escloso il dabbio che i ciprini siano capaci, come ammette MueUer, dietro
considensioni anatomiche, di spostare le masse di gas volontariamente da una Tescica
airaltra.
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— 96 —
MEMORIE
DA SOTTOPOBSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
P. ToLDo. / Fableaux, Presentata dal Segretario.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
n Segretario Carutti presenta, in nome del dotto e operoso editore,
le due seguenti opere: l"" il volume decimo della Bibbia volgare secondo
la rara edizione del 1 ottobre MGOCOLXXI, ristampata per cura di Carlo
NsaBONi; col quale Yolume, che contiene le « Lettere Apostoliche » e « T Apoca-
lisse* hA termine Topera; 2^ Le Letture edite e inedite di Giovan Bat-
tista G£Lu sopra la Commedia di Dante, raccolte per cura di Carlo Ne-
oRONi, sodo della r. Commissione pei testi di Lingua. Firenze, 1887, fratelli
Bocca editori; volami in ottavo.
Lo stesso Segretario presenta pure la Storia dell'Impero Ottomano da
Osman alla pace di Carlovitz, del senatore Yincbnzo Errante, Boma, 1882,
due volumi, e ne discorre; e l'opera del Socio Lampertico intitolata: La
Legge 14 luglio 1887, n. 4727 {Serie 5*) di abolizione ed a/francagione
delle decime.
n Socio Oumi presenta, a nome dell'editore prof. Bossi, / papiri eopti
del Mttóeo Egizio di Torino, ragionando dell'importanza e dell'utilità della
pubblicazione.
Il Socio Lampertico presenta all'Accademia la Balazione testò pub«
blicata in nome del Ministero d'Agricoltura, Industria e Conunereio sul com-
mercio, l'industria, il credito, ed aggiunge le seguenti parole:
« Autore ne è il comm. Monzilli, direttore Capo divisione dell'industria
e del commercio. La relazione con molta chiarezza di dettato e molta
copia di notizie & conoscere quale sia l'azione che nelle attribuzioni del
Ministero dell'Agricoltura, Industria e Conmiercio, l'amministrazione pubblica
esercita quanto all'industria, al commercio e al credito. Essa pecnliaimente
si occupa dì quanto concerne quella parte dell'istruzione che spetta ancora
al Ministero di Agricoltura, Industria e Conmifircio.
« Non ne fo una recensione, ma solo la presentazione, non senza segna-
larne l'importanza anche scientifica ndle svariate appUcazìom della scienza
in questo campo di attività dell' Anuninistraidoiie Pubblica ».
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— 96 —
n Socio Betocchi, a nome del conte di Charbngbt, fa omaggio del
tomo XV degli Atti della Società filologica di Francia^
Il CorriBpondente Lum eroso presenta in nome dell'autore, la seconda edi-
zione ampliata e corretta dei Ritratti e profili politici e letterari di Matteo
Bicci (Firenze, Cellini, 1888). Questa pregevole raccolta, in cui è da notarsi
che lo scrittore è fonte a sé stesso, contiene le monografie: Azeglio e Cavour;
Federigo Sclopis; i due Promis; Giovanni Prati; Caterina Ferrucci; Carlo
Bandi di Yesme; Ercole Bicotti; Cesare Campori.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Carutti annuncia all'Accademia la morte del Socio nazionale,
senatore Francesco Carrara, Socio della B. Accademia dal 9 marzo 1875,
avvenuta il 17 gennaio corr., dicendo che ogni sua parola sarebbe insufScìente a
segnare la dolorosa perdita che l'Accademia, la Scienza del diritto e l'Italia
hanno fatta.
Il Socio Mancini si associa ai sentimenti espressi dal Segretario Ca-
rutti, ed aggiunge che si riserba di commemorare l'illustre estinto insieme
al chiaro giurista Francesco Laurent, che faceva parte dell'Accademia
come Socio straniero.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Carutti dà comunicazione dei lavori presentati al concorso
al premio Beale per le Scienze filosofiche e morali, scaduto col 81 di-
cembre 1887.
1. Cbcconi Giovanni. La genesi dell'Italia (st).
2. Maltese Felice. Monismo o nichilismo, voi. I, II (st.).
8. Paoli Giulio Cesare. Fisioeosmos o saggio di un sistema naturale
di filosofia (ms.).
4. Paolini Eugenio Paolo. L'allevamento umano. Manuale per gli edu-
catori della prima infanzia. Educazione fisica (si).
6. PiTRELLi Nicola. L'uno per ogni verso o la lingua universale di
Leibnizio e la inesattezza delle scienze esatte (si).
6. Santangelo Spoto Ippolito, l) La tendenza delle classi sociali infe-
riori nella 2^ metà del secolo Jr/Z(st). — 2) Importala della monografia
di famiglia negli studi sociali (st.).
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— 97 —
7. Anonimo. (Motto : « Intima panduntur vieti penetralia coeli »). L' asso-
soluto vivente (ms.).
8. Anonimo. (Motto : « Laboravi » ). La dottrina del vovq noirjrixóg e na-
TtjT$x6g studiata in Aristotele e ne'suoi principali interpreti da Teofrasto
fino a giorni nostri (ms.).
9. Anonimo. (Motto : « Mestier gli fu d'aver sicm-a fronte » . Inf. XXI). —
Primordi del linguaggio (ms.).
CORRISPONDENZA
Il Spretano Carutti comunica una lettera del ff. di Sindaco marchese
GcicciOLi, colla quale s'invitano gli accademici ad assistere alla inaugura-
zione dei busti di Bartolomeo Borghesi e Guglielmo Henzen, che avrà
luogo in Campidoglio il 27 del corrente mese.
Lo stesso Segretario dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Bingraziano per le pubblicazionioni ricevute:
La Sovraintendenza agli Archivi nelle provincie Romane ; la Società di
scienze naturali di Ottawa; T Università di Oxford; la Scuola politecnica di
Delft; il Museo di zoologia comparata di Cambridge, Mass.
Annunciano rinvio delle loro pubblicazioni:
L'Accademia delle scienze di S. Francisco; la Società storica di Han-
nover; le Università di Utrecht e di Tubinga; il Museo nazionale di Mexico;
l'Istituto Teyler di Harlem; l'Osservatorio Morrison di Glasgow, Missouri.
D. C.
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— 99 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. AGGADEMLA. DEI LINCEI
Glasse dì scienze fisiche, matematiclie e naturali.
Seduta del 5 febbraio 1888.
F. Briosghi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Astronomia. — Osservazioni sul bordo e sulle protuberanze
solari^ fatte air Osservatorio del Campidoglio negli anni 1884,
1885, 1886 e 1887. Memoria del Socio K Respighi e del dott.
F. Giacomelli,
Questo lavoro sarà pubblicato nei Yolumi delle Memorie.
Minerale^. — Sulla così detta Savite di Montecatini. Comu-
nicazione del Socio Alfonso Cossa.
« A complemento di quanto fu giustamente asserito dal sig. Ettore Ar-
tini nella sua Nota presentata nella seduta del giorno 8 gennaio scorso, sulla
identità della Savite del Bechi colla' Nairolite, m'interessa di far cono-
scere che per riguardo alla composizione chimica l'identità dei due minerali
fu già stabilita. L'ingegnere Ettore Mattirolo esegui nel corso dell'anno 1886,
nel mìo laboratorio, delle indagini sulla composizione di cristalli della così
detta Sayite, dalle quali risulta che questo minerale quando è ben scelto
Rbnbioonti. 1888, Vol. TV, V Sem. 13
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non contiene traccio di magnesia, e presenta una composizione centesimale
che soddisfa a quella corrispondente alla formola della Natrolite (^) " .
Matematica. — Sopra alcuni invarianti simultanei di due
forme binarie degli ordini 5 e 4 j e sul risultante di esse. Memoria
del Corrispondente Enrico D'Ovidio.
« Il numero degl'invarianti e covarianti fondamentali di una o più forme
binarie cresce assai rapidamente all'elevarsi dell'ordine di ciascuna forma, e
non meno rapidamente si accumulano le difBicoltà che presenta il calcolo
degl'invarianti e covarianti medesimi. Ciò spiega come non siano stati ancora
stabiliti i sistemi completi simultanei di due forme, una almeno delle quali
sia di ordine superiore al 4P.
« Il presente scritto reca qualche contiìbuzione al sistema simultaneo
di due forme, una del 5^ ordine e l'altra del 4P\ e precisamente ha per
oggetto : di assegnare quegl' invarianti fondamentali che son di gradi non supe-
riori a 4 e 5 rispettivamente nei coefficienti delle due forme, e di esprimere
mediante essi il risultante delle due forme.
tt In conseguenza questo lavoro ha stretto legame con la mia Noia sulle
forme binarie del 5^ ordine (Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino,
voi. XV, 1880) e con la Memoria Sopra alcuni invarianti di due forme
binarie degli ordini 5 e 2, o 5 e 3j e in particolare sul risultante di esse
(Memorie della Società Italiana delle Scienze detta dei XL , tomo lY, 1881) " .
Questo lavoro sarà inserito nei volumi delle Memorie.
Matematica. — Sopra certi integrali definiti. Nota del Corri-
spondente S. PlNCHERLE.
« 1. Sia q{t) una funzione continua, reale o complessa, data per ogni
valore reale e positivo di / da 0 a oo, e finita per ogni valore finito di t^
eccettuato al più ^ = 0. Si supponga inoltre che sia
lim (f{t) er^ = Q
per ogni x la cui parte reale è maggiore di un numero reale dato a (*). In
tale ipotesi, è noto che l'espressione
X-
€r'^9{t)dt
0) Sulla Natrolite di Montecatini. Nota di E. Mattirolo. Atti della B. Accademia
delle scienze di Torino. Voi. XXI. Adunanza del 20 giugno 1886.
(*) Verrà indicata con r[x) la parte reale della quantità complessa x.
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rappresenta una ftmzione analitica di ^, regolare per r{x) > a e per e pic-
colo quanto si vuole ed anche per « == 0 se g>{t) è finita, o infinita d'ordine
(algebricamente) minore del primo, per < = 0. Ma se tp{t) è infinita per / = 0
d'ordine & >. 1, Tespressione
(1) \(r'^9it)dt
Jq
non avrà alcun significato, benché essa possa continuare a godere di proprietà
formali. Bensì avrà significato Tespressione
(2) i—l)^\e^t^9(t)dt
per ogni A >.A; e supponendo dora innanzi X intero, qust' ultima espres-
sione si potrà chiamare la derivata A***»»» formale della (1),
« Ciò posto, se in luogo della (1) prendiamo a considerare l'espressione
dove a è tale che r(a)^a, questa avrà significato per r(x)'^a e rappre-
senterà per quei valori di x una funzione analitica, le cui proprietà saranno
ai&tto simili a quelle di cui godeva formalmente la (1). In particolare le
derivate della (3), dall'indice X in avanti, coincidono colle (2).
K n procedimento con cui dalla (1) si è passati alla (8), è stato sug-
gerito da una formula che s* incontra nella teoria delle funzioni euleriane come
espressione di ^. . (i). Esso sarebbe suscettibile di generalizzazioni suUe
quali mi propongo di tornare, ed è appena necessario di avvertirne l'analogia
col metodo che si tiene nell'applicazione del teorema di Mittag-Leffler, quando
ai termini di una serie si sottraggono funzioni opportune in modo che la
serie si riduca convergente.
« 2. Prendo a considerare la serie multipla
(4) y (''^\ h\ . . .M {-ir^-^--^ ,
^ \ni/ \nt/ \nmj (x + Wi «i H- tit a, h- •■. n» ccmY
dove le n , rt , . . . rm sono quantità reali e negative e le ai , «2 , . . . a^
sono quantità complesse aventi la parte reale positiva, e la sonmia va estesa
a tutti i valori interi, positivi o nulli, degl'indici w^ , Wa , . . . »«• Siccome
questa serie converge e diverge insieme alla
( — l)n,-M4-H...na
^ 2i^ \»i/ W W/ (^1 «1 •
così mi occuperò prima di questa.
« Estraggo dalla (5) quel gruppo di termini, che dirò S;», in cui la
(») V. Hermite, Covri, 3»« ed., p. 131 (Paris, Hermann, 1887).
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somma ni + nt -|- • • • ^ ^^l' indici è costante e ugnale ad n: indi, essendo
a la minima fra le r(ai), r{at), . . . r(iKni)) osservo che in quel groppo
I «1 ai + », a, 4- - W« «« I >. Wi r («i) + », r (a,) + -n^ r (a,») >. »« ;
inoltre, per essere le ri , r, , . . . r^ negative, il coefficiente
è essenzialmente positivo; infine per le proprietà dei coefficenti binomialì,
dove la sonmia si estende ai valori degl' indici la cui somma è uguale ad n.
Per queste ragioni, si ha:
isi^ìis.l.i(-»"f-r-'--);?^-
Ma il rapporto di due termini consecutivi in quesVultima serie essendo
^ AH-riH-r,+ -rm-hl ^
n
si ha, per il criterio di Gauss, che essa sarà convergente sotto la condizione
(6) ^> — (ri-+-r,4-.-.r«).
Tale è la condizione di convergenza della serie (5) e conseguentemente della (4).
« 8. Tornando alle espressioni della forma (1), consideriamo il caso speciale
(7) ( er<^^n(l — er^%dt
Jo '-'
dove le a^ hanno le parti reali positive. La (7) si può riguardare come
la generalizzazione dell'integrale euleriano di prima specie, come si vede
scrìvendola sotto la forma
0 '
mediante la trasformazione u=sér^.
« Quando la (7) ha un significato, essa rappresenta, per r(x) > 0, una
funzione analitica regolare di ;r; ma se gli esponenti r^ sono, come li sup-
porremo quindi innanzi (*), reali e negativi, la funzione sotto il segno è infi-
nita dell'ordine — (ri-+-r,H-...rm) per /=^0 e la (7) non ha significato
se quest'ordine è maggiore dell* unità. Qa invece sempre un significato
Tespressione
(8) tlI^F^x-i)(^)= ( e-^t^-in(i—é^ty^dt,
kJq
per. A intero e soggetto alla condizione (6).
0) Si tralascia per brevità Testensione al caso che le fy siano complesse, e aU*altro,
i semplice, che alcune delle ry siano positive.
X-
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« Svolgendo in serie il prodotto sotto il segno nella (9), si pnò eseguire
r integrazione termine a termine, poiché in fbiza delle considerazioni svolte
nel § precedente, si può applicare un noto teorema del Dini (^) ; e si ottiene
così
« Il teorema di Mittag-LeflSer e' insegna, partendo da questa espressione,
integrando X — 1 volte e determinando convenientemente le costanti, a for-
mare un'espressione che nei punti — («iai-hnia,H — rimam) è infinita del
prim' ordine coi residui ( — 1)»* I Mi *)•••{ "*)• Ora, il mio scopo è ap-
punto di far notare come questa espressione si possa ottenere in forma d'in-
tegrale definito, applicando alla (7) il procedimento indicato al § 1 ; e questa
espressione si ha senz'altro nella forma
che, integrata termine a termine, dà appunto l'espressione indicata dal teo-
rema di Mittag-Lefier
_ ^. TI oh. RArmitA- n^.ArdjLTidn la nota ffìimola
I''
1 1— ^ (1—aY'*
l-hniai-h-rhno^ <1 -f- ni «1 + •••«« ««)*'" (l-l-»iai-l-
• 4. Il eh. Hermite, ricordando la nota formola
per il caso di r(a) > 0, si propone di vedere ciò che essa diviene per r{a) < 0 {}).
Il metodo accennato al § 1 conduce ben presto al risultato, che non è che
un caso speciale di quanto si è trovato al § 3. Infatti, posto « == r^, l'espres-
sione
^0
/(r^'{l—(r')^'dt
0
non ha, per r{a) <[ 0, alcun significato ; ma si indichi con X un numero in-
tero tale che sia
;H-r(a)<0 \
e si consideri la
• 0) Bini, lezioni litogr. di calcolo, calcolo integrale, p. 90. Pisa, 1877-78.
(*) Aeta Societ Scientianxm Fennicae, t. XII, 1881.
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questa sviluppata in serie diviene
I(-r(^01^TT^
1
1—x
x) « + 1 (»-+-!)*
(1— ;g)^-
-i
che non può differire dalla J! _ifl che per una funzione intera d'ordine
A — 1 al più » .
Astronomia. — Sulla distribusione delle protuberanze alla su-
perficie del sole durante Vanno 1887. Nota del Corrispondente
P. Tacchini.
« Presento air Accademia una breve Nota sulla distribuzione delle protu-
beranze alla superficie del sole durante il 1887. Dagli angoli di posizione
osservati per 1863 protuberanze, ne ricavai le corrispondenti latitudini elio-
grafiche, e dalla serie delle latitudini le cifre del quadro seguente, che rap-
presentano la frequenza relativa del fenomeno in ogni zona di 10 gradi in
ciascun emisfero solare.
Latitudine
1887. FrequeDza
P trimestre
2** trimestre
3° trimestre
4® trimestre
Anno
90°-f- 80O
0,000
0,016
0,003
0,006
0,006
80 -+-70
0,003
0,008
• 0,011
0,009
0,008
70 -+-60
0,005
0,008
0,009
0,009
0,008
60H-50
0,078
0,072
0,023
0,054
0,053
50 -+-40
0,140
0,070
0,056
0,110
0,086
40-^30
0,083
0,127
0,065
0,066
0,086
30-4-20
oao9
0,086
0,107
0,066
0,095
20-HlO
0,101
0,074
0,082
0,016
0,073
10 . 0
0,062
0,089
0,061
0,088
0,051
0-10
0,052
0,052
0,098
0,069
0,071
10-20
0,057
0,086
0,062
0,104
0,075
20-30
0,104
0,090
0,114
0,098
0,102
30-40
0,088
0,091
0,076
0,079
0,083
40-50
0,096
0,134
0,188
0,179
0,153
50—60
0,015
0,027
0,033
0,088
0,037
60-70
0,000
0,006
0,006
0,006
0,005
70-80
0,007
0,010
0,006
0,000
0,006
80-90
0,000
0,004
0,000
0,003
0,002
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« Nel primo trimestre le protuberanze furono più frequenti nell'emisfero
boreale del sole, come nell'ultimo trimestre dell'anno precedente con una fre-
quenza però sempre marcata fra H-10^ e +60° e fra — 10° e —50°, mentre
si mantennero relativamente scarse presso all'equatore solare, cioè da 0° a-=±= 10°.
Nell'emisfero boreale è notevole la zona (+40° -4-50°) di massima frequenza
assoluta.
« Nel secondo trimestre le protuberanze furono in numero quasi eguale
tanto al nord, che al sud dell'equatore solare. Nella zona equatoriale (0°:!= 10°)
si mantennero scarse come nel precedente trimestre, e ci furono due zone
ben distinte di massima frequenza a (+30° +40°) e( — 40" — 50°). Anche
per questo trimestre, come per il primo, la frequenza delle protuberanze so-
lari è bene marcata dall'equatore a :^60°, e raro il fenomeno nelle restanti
calotte polari.
« Nel terzo trimestre si appalesa una maggiore frequenza delle protube-
ranze nell'emisfero australe. È notevole la massima frequenza delle protube-
ranze nella zona australe ( — 40° — 50°), come nel 2° trimestre, mentre nella
zona equatoriale (0°:±:10°) non vi fu scarsità del fenomeno, come nei due
trimestri precedenti. Anche in questa nuova serie di osservazioni però può
dirsi, che le protuberanze furono sempre frequenti dall'equatore fino a zìz 60°.
Notiamo anche il fatto, che nel 1° trimestre 1887 in cui si ebbe una grande
prevalenza delle protuberanze nell'emisfero nord, la massima frequenza di
esse avvenne nella zona (+40° +60°), cioè alla stessa distanza dall'equatore,
come per l'emisfero sud in questo terzo trimestre.
« Nel quarto trimestre continuò la maggiore frequenza delle protuberanze
nell'emisfero australe. Inoltre si ebbe ancora la maggiore frequenza del feno-
meno nella zona ( — 40° — 50°), mentre intorno all'equatore le protuberanze
furono scarse. Puossi dire in complesso, che il fenomeno delle protuberanze
si manifestò con abbastanza frequenza in quest'ultimo trimestre dall'equatore
a 11:60°, con due massimi nelle zone (:±:40°:±:50°), e che fu assai raro
intorno ai poli.
« Nel risultato annuo si ha una maggiore frequenza delle protuberanze
• nell'emisfero sud, con due zone di massima frequenza equidistanti dall'equa-
tore (:±: 20°zt: 50°). Una frequenza sempre rilevante si manifestò dall'equatore
fino a :±:50° come nel precedente anno».
Astronomia. — SulVeclisse di Luna del 28 gennaio 1888.
Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Il cattivo tempo impedì quasi del tutto le osservazioni che ci eravamo
proposti di fare. La nostra attenzione era rivolta ad osservare le occultazioni
di stelle, che in numero considerevole ebbero luogo durante l'eclisse lunare;
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ma il continuo passaggio di nubi più o meno dense non permise di fare che
sole 5 osservazioni, che qui riferisco:
Roma 18 gennaio 1888.
N*
Grandezza
deUe stelle
Fenomeno osservato
Osservatore
Tempo medio di B<
186
9,5
Inunersione
MUlosevich
11»'.10».89»,57
148
10
«
«
11.27. 7,02
89
7,7
Emersione
Tacchini
11. 81. 40, 86
136
9,5
«
•
12.24.24,18
201
8,7
1»
•
12. 31. 88, 82
« La parte eclissata del disco lunare può dirsi che si mostrò quasi sempre
rosea; Fedisse totale doveva incominciare alle IP. 21"", e già alle 10^.50"^
era sensibile la tinta rosea della parte in ombra. Durante l'eclisse totale poi
il disco della luna si fece decisamente rossastro, e il fenomeno di detta colo-
razione è da ritenersi più inarcato che nel 1884, e paragonabUe invece alla
colorazione osservata nel 1877. Il contorno dell* ombra fo sempre trovato re-
golare, cioè senza indizio di distorsione o gobba, del genere di quella che
si annunziò essere stata veduta durante Teclisse lunare dell'ottobre 1884.
L'uscita della luna dall'ombra doveva aver luogo alle 2^, e ad 1^.42"* si
vedeva ancóra tinta di un roseo latteo la parte ombrata del disco lunare*.
Astronomia. — Osservazioni del pianetino (264) Lihussa. Nota
di E. MiLLOSEViCH, presentata del Corrispondente P. Tacchini.
« Nelle sedute 12 giugno e 13 novembre dell'anno decorso, ho presentato
all'Accademia gli elementi ellittici del pianetino (264) Libussa, che rappre-
sentano abbastanza bene l'insieme di tutte le osservazioni della prima oppo-i
sizione, ed una effemeride per la ricerca nella seconda opposizione. Quest'ul-
tima avrebbe bisogno d'una lieve correzione, poiché l'anomalia vera del pia-
neta fu da me calcolata con una costante dell'orbita, nel cui logaritmo mi
si insinuò un errore. Da ciò deriva che le posizioni che io potei fare in gen-
naio, dopo ritrovato il pianeta il giorno 8, sono molto più in accordo coi luoghi
dedotti dagli elementi, di quello che non sembri ad una semplice lettura di
confronto.
« Mi propongo ora di discutere ambedue le opposizioni allo scopo di de-
durre un sistema di elementi che le rappresenti ; ciò si potrà fare con maggiore
vantaggio possedendo osservazioni fino all'aprile prossimo ; attualmente do le
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— 107 —
cÌBqne posizioni che poss^o, le quali già da sole bastano per la formazione
d'un luogo normale.
Epoca
1888
Tempo medio
Roma
C R
a apparente (264)
Logaritmo
fattore
parallasse
à apparente (264)
Logaritmo
fattore
psrrallasse
Gran-
dezza
L 8
9
10
11
18
13*» 0«35»
12 28 46
10 57 56
11 25 28
11 32 16
10*»17»26»79
2,93
16 38,97
12,23
12 17, 78
9,406 n
9,481 n
9,628 n
9,587 n
9,522 n
H- 26«20'55"4
26 55,2
32 57,1
39 6,4
-h27 24 57,1
0,442
0,469
0,578
0,535
0,471
12,2
12,2
12,2
12,4?
12,2
Matematica. — Sopra una estensione della teoria di Riemann
sulle fumioni di variabili complesse. Nota n (0 del prof. Vito Vol-
terra, presentata dal Socio Dini.
« 1. In una Nota che ebbi l'onore di presentare recentemente, ho esposto
i fondamenti della estensione della teoria di Biemann. Nella presente mi pro-
pongo di stabilire la teoria delle caratteristiche relativa alle funzioni colle-
gate nel senso riemanniano.
« Dalle formule (6) trovate nella Nota citata si ricava
(1) J),dx-hT)tdtf + D, dz = il^'r'K'iì (D'i dx' 4- D',
Bidy-
L'espressione differenziale lineare Bidx
proprietà invarìantiva.
« Distingueremo due casi: quello cioè in cui
(2) Dida-hDidy-i-Didz — O
è integrabile, dal caso in cui non è integrabile.
-hVsds').
D3 dz gode quindi di una
(3)
(4)
1' Caso.
« 2. Nella ipotesi della (2) integrabile avremo
• Abbiasi una funzione <I> dipendente da linee e supponiamo che sia
D,
rf<I>
D,
d<l>
d<P
Foniamo
d^P
d(yz)
= a,
d{za;)
d(P
d(za)
= X
^d(xy)
d(P
= 0.
d{an/)
= ?i
0) V. Rendiconti, Voi. IH, 2« Sem. 1887, pag. 281.
EiNDicoNTi. 1888, VoL. rV, 1» Sem.
14
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— 108 —
avremo
quindi (yedi: Sopra le funz. dtp. da linee. Art. Ili, § 1) si potrà trovare
una funzione B la quale soddisfa alle condizioni
,,. m4i)_ d^eji^_ dje^fi)
^^^ %^)~ ' d{zx)-^' d{xy)-^'
« Le funzioni ^ e /i rimangono inalterate eseguendo un cambiamento di
d<l^
variabili. Se sopra una superficie a sarà — = 0 , nei tratti di essa ove fi
non è costante potremo prendere 6 = 0. (Vedi : Sopra le funz. dtp. da linee.
Art. Ili, § 2, 4).
« 3. Bicaviamo prima di tutto dalle formule precedenti un teorema ana-
logo a quello di Green. A tal fine consideriamo due funzioni 4>| e <l>t dipen-
denti da linee le quali soddisfino alla condizione (4). Esisteranno due fun-
zioni 6| e 6^ tali che
^^òOj_2fi^ '^2E— __^^ I^Oj^Jfi^ ÌÈlIH— —J^JL.
^y l^z lìz liy ~^^~ d{yz) 1 Dy l^z l^z l^y ~^*~ d(yz)
^^'^\ l^z l^x lix ^z~ ^' ~d{zx) ^^*^j ^z Dar 7x l^z~^'~ d(za:)
£^^_'^^_ d^x i]i^;^_;^2fi_ d^t
lix l^y l^y l\x ~ ^* ~ d(xy) \ l^x l^y l^y lix~^^~ d{xy)'
« Essendo noto il jeì, potremo limitarci a considerare una porzione di
spazio T entro il quale, comunque siano cri, xiy Qi'i ^si Xt^ Qi^ purché monodrome
finite e continue, le (6i) e (62) si possano soddisfare mediante delle funzioni
^i e Si pure monodrome finite e continue.
« Dando alle Ei« lo stesso significato attribuito loro nella Nota prece-
dente, avremo:
n\ TT^ ^ — Et8 gì Qt — Em (Qi Xt H- Qt Xi) -\- Ess Xi Xt
K ') J±*i*t — — j^-jj =
_ 1 ( /E,3y«— E|»oA7)6i (^t,Xt—^tt9tVòSi . /Easy»— E3«p,\l)6i)
~H\ D, J^x'^y Di ;7)y"^\ Di Jl^z)'^
_ 1 ( /EisXi— Ei»gA7)gt /E,3yi— EnOxU^t /EsaXi— E^^gAT^^t )
-H\ Di ji^x'^y Di hy v Di b^r
« Se lo spazio limitato dal contomo <r fa parte di quello T in cui si
considerano <l>i e <!>« , si ottiene facilmente dalle formule precedenti, mediante
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— 109 —
integrazione per parti, denotando con n la normale a a diretta verso l'esterno di S,
(A) CxE*,*,d3 =
T? •« 131 M "CI *# Tr.-_/»
_ [tf,P'»^'-^»g^co8n^+^'»^'~^»^'co8«y4-^"^'~^"^'co8«^jdtf-
^1~d; — )r
Cn (EisXg — Eugg , EgsXg — Egggt , Ess^i — Esggg
ss I e^jj ;^ COBTUe-i ^r cos»y-h fi (
J^ \ Hi Ux ìJ\ ;
ffl j "^ /EiaXg— Ei,g2\ . 1) /Eg3X«— E«2gt\ . "^ /E3>y«— Et3g»\ ) ^q
-Js'^M — d;^ — j+^i — d; — ;+^i s;^ ;r^-
« Queste fonnnle ci forniscono evidentemente il teorema analogo a quello
di Green.
« Altre formule che è utile stabilire sono le seguenti
***• Dilxi,?!! DelpntsrJ ^%Vix,tx
da cui si deduce, mediante integrazioni per parti,
(B) I A0^^^^ dS = ( ^1 (wi cos wor + xi cos ny -t- pi oos n^) d<x= jd^ —^(Ur=
= J di(cr2Cos/w? + X2COsny-f-p«co8«j)d<r=( ^i^lT^^ •
« « 4. Possiamo dare subito una applicazione della formula (A) dimo-
strando il seguente teorema:
«Se la funzione reale 9, dipendente da linee, soddisfa
alle condizioni
d^ ^ d^ -y r-^ d^ „ d^
Ei
d\xy) "disa)
Di
(C)
D,
dV
d{yz)
E31 ,/_ V — Est -77
E.
d(y^) ''"(^(ary)
D.
0-
D,
D-^-4-D-^
^*d{zx)^^U{xy)
]-
0
= 0
e si conoscono i valori di 9 corrispondenti a tutte le linee
del contorno a del campo S, (entro il quale X conserva sem-
pre lo stesso segno e che è interno a T) la^i-ò completamente
determinata per tutte le linee chiuse del campo S.
# Infatti supponiamo che esistano due funzioni ^ q ^' I0 quali sod-
disfino alle condizioni poste ; anche la loro difTerenza ^^' dovrà soddisfare
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— 110 —
alle condizioni (C) ed inoltre essa dovrà avere corrispondentemente alle linee
del contomo un valore nullo. Applichiamo ora la formula (A) prendendo
a>i=<I>,=9^''; si avrà
« Ma al contorno <r si ha —3 — = 0 , quindi (vedi § 2) potremo pren-
dere ^i=0 lungo cr, nei tratti in cui fi non è costante, mentre lungo questi
avremo
(8) cos7W?:co8;jy:cos»^=-^ • r~ • "C" ;
perciò la equazione precedente diverrà
I aHìp^'ìp"' do = 0
da cui risulta Hip///jp//' = 0 e quindi V' costante (vedi Nota prec. § 6).
La V' dovendo esser nulla al contomo, sarà sempre nulla e perciò y=:V''.
«Basterà dunque conoscere i valori corrispondenti alle
linee del contorno di S della parte realeo delia parte imma-
ginaria di una funzione collegata alla F nel senso rieman-
niano, perchè la funzione stessa sia nota.
« Il teorema precedente può dimostrarsi anche applicando la (B) e sup-
ponendo in essa <l>i + ^<l>2 collegata ad F nel senso riemanniano.
« 5. Riprendiamo la formula (6) e poniamo <I>i -+- (P^ = <I>. Avremo :
« Supponendo <l>f nullo per tutte le linee del contomo cr, potremo assu-
mere 61 = 0 lungo (T ove fi non è costante, mentre negli altri tratti ove
fi = cost., avremo soddisfatte le (8), onde applicando la (A) otterremo
« La condizione necessaria e sufBiciente affinchè I risulti massimo 0 mi-
nimo, per dati valori di <l> corrispondenti alle linee del contomo, e suppo-
nendo X sempre dello stesso segno in S, sarà quindi data da
.Qv "2) /EuX— Eitg\ . "^ /EssX— E«g\ . 1^ /EsaX— E3,g\ _
(^^ ^\ d; J'^^y D, )-^Vs\ Di )'-^
e si avrà per I un minimo od un massimo secondochè X sarà positivo 0
negativo.
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— Ili —
• Dall* esser soddìsfiitta la (9) insieme alla (4) segue (vedi Nota prec. § 7)
che esisterà una funzione <!>' tale che 4> + e<l^ sarà collegata alla F nel
senso riemanniano. É palese Tanalogia fra le presenti considerazioni e quelle
sa cui si hasa il così detto principio di Riemann-Dirichlet,
e 6. Se <l>i + i<l>2 è collegato ad F nel senso riemanniano, esisteranno
le due funzioni 6| e S^ (vedi § 2) le quali soddisfano le equazioni (5).
e Troviamo ora quali relazioni sussistono fra queste funzioni. Tenendo
conto delle equazioni (AO della Nota prec. § 4, ayremo
(10) ^D.^-D3^ = E«?^ + E«^ + E,.^
òS dX ùX Otf di
Ti ^ÈL n ^*" TP ^*» _J_ Ti' ^** _l_ 1? ^^*
^* -»-. — "^ ^vT — "31 -r— -t- iiijt -r— -+- Eli» -r—
dx dy àx oy ci
come pure le equazioni equivalenti
^' -»y -^* 7.^ p' -ix -^^^ Dy +^'' D^ j
^' 7»^ -^»7>x — i^"^ + ^" 7)y "^^" 7»J
^*Da:-^'^ — r"^-^^« 7>y ■+-^*' 7)ij
• Le due funzioni ^i e 6^ debbono dunque soddisfare ad una stessa equa-
zione differenziale che è la seguente
e lungo una superficie qualunque o*, per la quale il quadrato dell'elemento
lineare è ds* = 'Edu^ H- 2Fdu dv H- Qdv^y dovrà aversi (vedi : Sulle funz.
dipFda linee. Art. Ili, § 3)
da>, _ 1 rfK^iju) d^2_ 1 dje^ii)
d^ y'E(j—Y^d{u,v) ' de |/EG— F* g^(w»«^)
« 6. Le
dFi rfFi (flj^i
^' ~ d(y^) ' ^* ~ rf(^^) ' ^' ~ d(xy)
rfFg rfF» dF>
^'~d(y^) ' ^•~cÌ(^:p)' ^*~d(^y)
soddisfano anche esse alle condizioni (vedi Nota prec. § 4)
I "Da? "^y 7)^ I "ì;2r "^y liz
I Di;?i-hD2yi-hD3r, = 0 ] Di^j. + D^y, + Dsr, =0;
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— 112 —
quindi potremo porre
d(ti,n) „ d(ti,fi) d(ti,fi.)_
d(y,z)-P'' d{i,x)-^'' d{x,y) "^^
« Se ne deduce
Di:
d{txJt,(ì)^ P d (ti, ti, fi) 'h fi p __d(ti,tt,fi)lifi ,
' d(x,y,z)lix' • d{x,y,i)l!^y ' ' d{a; ,y ,z) l^z '
3 d(ti,tt,fi)
d{x,y ,z)
•» Eseguiamo un cambiamento di variabili e prendiamo invece di^,y,ir
un sistema di variabili x\ y\ /, tali che a? =^i , y'=^£ , /=ìkì . Avremo
Eii= 1 , E„ = 1 , E38= 0 ; E23= 0 , E3i= 0 , E,2= 0
Di = 0, D, =0, D3=— 1
e le equazioni (10) diverranno
« Ne segue che
(12) 6i 4- ed, = G (f 1 + 2^2 , /i) .
« Nell'Art. Ili, § 5 della Nota: 5^//^ /i^w^. rfep. rfa fo'n^^, abbiamo dimo-
strato che se sono doddisfatte le (6i) (62) (11) si ha
/a(pi cos ;i^ + gì cos «y H- r^ cos nz) rf<r =/l^i dyi
Sa{Pi cos «or H- ^2 cos ny + r, cos tw) d(f =/l ^e djit
/a (wicos «^ H- Zi cos wy -+- Pi cos w^) d(f =ft^6idfl
fa ( Wgcos «0? + afa cos «y H- ^2 cos nz) da = /l^» d/i
essQudo L la linea contomo della superficie cr.
« Ne segue che
F |[L]| =/l (^ 4- eM d/i , <I> |[L]| =/. (di + id.) dii
e reciprocamente se le fìmzioni complesse F e <l> dipendenti da linee saranno
ottenute colle formule precedenti da ti-hitt e Ot-hiSf, legate dalla (12),
esse saranno collegate fra loro nel senso riemanniano.
« Si ha dunque il modo di costruire le funzioni complesse di linee col-
legate fra loro nel senso riemanniano nel caso in cui la (2) sia integrabile.
Basta perciò prendere tre funzioni finite continue e monodrome ^i, ^2, M
di ;p, y , ^, tali che ")>' '"'''"x" < 0 e quindi una funziona finita continua e
^v^» y > z)
monodroma Q(C, i») di C=^i+i tt e di ju. Presa una linea qualunque L e posto
F|[LJ|=/.Wm, <I>ICL]|=/.Gditi
avremo che $" q 4> saranno collegate fra loro nel senso riemanniano.
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Eli
-òx
H-Ei,
E„
Dar
H-E„
Eji
+ E,.
— 113 —
2« Caso.
a Consideriamo ora il caso in cui la (2) non sia integrabile. Adottando
le solite notazioni, relativamente alle due funzioni F e <l> coUegate fra loro
nel senso riemanniano, si determinino ^i e ^t in modo che siano soddis&tte
le equazioni:
T^y ^:s ^i dy
(130 { E„e + E„?^-^E„^+D,?5-D.^ = /tx.
* ^'^ Dy ^3: l^x ^i
— - + ÌIJ33— -+ Di-r yy% -r— = A:pi
i>y i^z i^y ^^
in cui A è una funzione che lasceremo per ora indeterminata. Supporremo
dì rimanere entro un campo T in cui la equazioni precedenti possono essere
soddis&tte da funzioni (fi , 9^ monodrome finite e continue, comunque siano
k-, <»i, xi, Q\ purché anche esse monodrome finite e continue. A cagione
deUe relazioni (3) e (61) (vedi Nota I) avremo che delle equazioni prece-
denti, una risulta conseguenza delle altre due. Da esse si ricava, tenendo
conto delle formule (Ai), (3), (4') della Nota I,
(130 { E.i^+E„^+E.3^-D3?J+Di^ = A:x.
cx oy dz ox di
ox oy oz oy ox
« Moltiplicando le (133) per i e sommandole colle (13i), posto y i+ey» = 9
6 denotando con ^ , / , / i valori coniugati di ;? , j , r , avremo con un
calcolo facile:
^ l^x ^ l^y l>z p q r
Se ora eseguiamo un cambiamento di variabili e passiamo dalle x , y y z
alle y , / , / , si dimostra senza difBcoltà che basterà prender k in modo
che k{a! ,y\il)'=^k{x,y,z) ,/f'^/ \. afiBnchè colle stesse 91 e if%
^\X > y y z)
le (13i) e (13t) valgano qualunque siano le coordinate x^y , z.
« Abbiasi ora un'altra funzione <!>'=: <I>/-f-i<I>3' collegata alle pretfe^
denti nel senso riemanniano e a cui corrispondono or/ , X\ > fi' ; ^t • Xt » Qt
e le funzioni 9/ , 9/ , tali che fra esse passino le relazioni analoghe alle
(13i) e (I33).
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— 114 —
« Formiamo
E
E» gì e'i — Et» (gì /i H- g\ Xi) H- EssXi x'i
Esa Wi ro\ — Esi (oTi g^ + ro\ gì) + En Pi g'i
~ w
Eh Xi /i — Eit (yi ro'i -f- /i <Pi)-+- E^ p>i p'i
~ Da»
« Si otterrà facilmente
« Moltiplicando la (14) per kdS ed estendendo la integrazione ad un
campo S, intemo a T, entro il quale le funzioni che compariscono non hanno
alcuna singolarità, otterremo, mediante integrazione per parti,
(-) >^ =!(»■. t-*'. f ) <^= £(». t--^)^'
in cui le derlTazioni rispetto a a sono ospite in modo che la normale sia
diretta verso l'esterno di S. In particolare prendendo nri=nj', , Xi=/i , gi=g'i,
avremo H = 0 (vedi Nota L § 5) ; onde
(16)
^^^-Si<^^'-^^^''^h-
« 11. Dalle (14) si deduce facilmente la espressione diH per mezzo di
<jPij <ip2» 9'^^ 9'« ^^^ denoteremo con H(g)i, yj, j/'i, y'») e quella di ® me-
diante ^i e q>t che si indicherà con 0(91,^^)^
« Si ponga
essendo la somma del 2° membro costituita da tre termini che si ottengono
ruotando. Le equazioni a cui dovranno soddisfare 9^1 e <pi saranno
(17) r (q>, , yO = 0 ^ {92 , —9i) = 0 .
« Reciprocamente se g>i e q^t soddisfaranno alle equazioni precedenti le
^1 1 Xi 1 ?i ; ^f t X» ) Qt dedotte dalle (13i), e (18s) verificheranno le condizioni (E)
della Nota I.
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— 116 —
• Le (17) dipendono da nn problema di calcolo delle yarìazioni. In&tti
si consideri
I = T/8*®(yuy2)rfS
e si formi
Il = T /» *® (SPi + ^1 . y« + V'e)dS = I/b A© (yi , spOc^S + l/s A:© (V/i , V'^^
+/s AH (yi , 9)2 , Vi » V't) rfS .
« Snpponendo ìpi e xpi nulli al contomo, avremo mediante integrazioni
per parti
Il = I Js A© (^i, y 2) dS H- l/s A© (V'iV'*) cJS— /« (V^i^Cy 1, y,)+t^2 ^(9^. — yi))dS.
<t Quindi (supponendo k sempre dello stesso segno) affinchè sia I mas-
simo 0 minimo, per dati valori al contomo di 9^1 e «jPt, bisognerà che siano
soddisfatte le equazioni (17). Dalle formule precedenti si deduce pure facil-
mente che dati i valori di 91 e (p2 al contorno del campo S, le
funzioni stesse sono determinate dalle condizioni (17).
« 12. Biprendiamo la formula (15) e supponiamo k sempre dello stesso
segno entro tutto il campo S. Se esistessero due funzioni complesse di linee
^ e cP" collegate ad F nel senso riemanniano e che per le linee del con-
tomo di S avessero gli stessi valori, posto <!>' — <!>''== 4>, risulterebbe lungo
0", 0 = -^ = -^-f-e -T-^, quindi per la (15) si avrebbe ©=0 e perciò
<l> sarebbe nullo pef tutte le linee del campo S. Se ne conclude che i valori
al contorno di S di una funzione <P collegata ad F nel senso riemanniano
definiscono completamente la funzione ».
Matematica. — Sur la comparaison des séries divergentes.
Nota di E, Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
« Convenons de dire que, de deux séries divergentes, dont les termos
généraui sont e^ et !;„, la première est moins divergente que la seconde,
lorsque le rapport des sommes
Un = Wi + W2 H ]rUny Vtt = Vi + t?2 H f- ^n ,
tend vers zèro, pour n infini. Étant donne « < 0 , si le rapport — ^ tend
vers une limite A, il existe un nombre fini r, tei que les rapports
^-H ^ ?f^ , ^n
Bont tous compris entro X-^-s et A — «, quelque grand que soit n. Gela
est encore vrai pour le rapport
2^-n + e^v-g -j h?A» _ Uff — Uv ^
v^^i + v^^t -| 1- ^?„ Vn — Vv '
Rendiconti. 1888, Vol. IV, !<> Sem. 15
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— no —
pourvu que les nombres v soient positifs. Le dernìer rapport tend donc ausid
à i, pour n infini. En conséquence
liin5-» = lim^ . (1)
lorsque le second membre esiste. Il en résulte que, pour comparer deuz séries
divergentes, on peut se borner, dans un grand nombre de cas, à comparer
leurs termos généraui.
« Une sèrie divergente Vi-\-v^'\- étant donneo, on peut toujours en
construire une infinite d*autres, qui divergent moins. Il suffit de prendre
Un = f{Vi + Vt'\ 1- Vn) — f {Vi + ^« H 1" ^f^l) »
en Bupposant que f{x) croisse indéfiniment avec x, tandisque sa dérìvée tend
à zèro. On a alors
Un = /-(V«),
et Un croit indéfiniment avec n, bien que son rapport à Vn ait zèro pour
lìmite. Il est donc impossible de sèparer nettement la classe des sèries con-
vergentes de celle des séries divergentes. C'est à cette impossibilité que nous
devons Timperfection nécessaire de tous les caractères spéciaux de convergence.
« Ayant fiié une sèrie divergente Vx-^-Vt-^ , à termos positifs, sup-
posons que, pour une sèrie quelconque, dont le terme general est Un^ le rap-
Un
port — ait une limite A, pour n infini. On aura, en vertu de (1),
Vn •
lim^ = A. (2)
Si la sèrie est convergente, a = 0 ; mais il convient de remarquer que la
condition A = 0 n'est pas nécessaire pour la convergence; car —^ pour-
rait ne pas avoir de limite. Elle n'est jamais sufiisante, quelle que soit la
sèrie des v. Cette importante remarque, due à Abel, resulto immèdiatement
de ce que, d'après (2), les séries pour lesquelles A = 0 sont convergentes ou
moins divergentes que la sèrie des y, et nous savons qu'il est toujours pos-
sible de construire une infinite de sèries, qui divergent moins que la sèrie
des V. Il sufiBt de considèrer, par exemple, la sèrie dont le terme general est
On a Un = logVn. La sèrie diverge donc. Cependant, à cause de
1 ^ g^n ^ 1
Vn Vn Vn-i
on a A == 0 . On pourrait encore imaginer une fonction f{x), qui augmente
continuellement et indéfiniment avec x^ tandisque sa dérìvée reste finie. On
voit que, pour la sèrie dont le terme general est
««=^- (3)
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— 117 —
la condition A = 0 est remplie. Gependant, la sèrie est divei^g^nte. En effet
V„-V,
r(v«)
Pour n croissant à Tìnfini et v Constant, le second membra ne pent tendre
à zero, sans quei /^ (a;) devrait augmenter indéfiniment avec x, contraìrement
à rhypothèse. Il en est de méme, à plus forte raison, de Un — U^) quelque
soit V. Cela suffit pour affirmer que la sèrie est divergente.
» On sait, d'après Enmmer, qne, sì Ton pose
Wn
Vn-^l
10
r examen du rapport — foumit, pour les séries à termos positifs, un inté-
Un
ressant caractère de convergence, puisqne la sèrie des u est conyergente ou
divergente, suivant qne la limite dn rapport considéré, si elle existe, est
negative on positive {}). Si elle est nulle, on ne pent, en general, rien affir-
mer. Cela étant, supposons qne la sèrie proposèe soit divergente. La for-
male (1), appliquèe ani sèries des w et des u, donne
T Un V tOn
lim -= = lim — '
ponrvu que le second membro existe. Dono lim— ^ = 0, non seulement dans
Un
le cas de lim — = 0 , mais encore dans le cas où — tend, pour n infini,
vera une limite finie et dèterminée. Le caractère rappelè ne conduit dono à
rien, «toutes les fois que le caractère base sur Texamen de — ^ permet de
V,
n
constater la divergence de la sèrie. C*est pourquoi il convient de bomer Texa-
men de —^ aui sèries pour lesquelles -^ tend à zèro. Mais Ton peut faire,
ici, une remarque analogue à celle d'Abel {}\ en montrant qu'il existe une
infinite de sèries divergentes, qui satisfont aux conditions simultanèes
lim^ = 0, lim^ = 0,
Vn Un
quelle que soit la sèrie des v. Beprenons, dans ce but, la sèrie dont le terme
general est donne par Fègalité (3). On a
.Le second membro ne peut augmenter à l'infini avec n. puisque /'(^) est
(0 Voyez le Mémoire de Dini sulle se^^le a termini positivi (Annali deirUniv. Tose,
IX, § 18).
(«) Voyez Dini, loc. cit, § 23.
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— 118 —
toujours finie. Donc lim— ^=0. Il y a plus: —^ finit par prendre un signe
Un Un
li)
contraire à celuì de /"(Vn), lorsque V„ croìt à Tinfini avec n. Donc — ^
Ufi
tend à zèro par valeurs négatives. G'est précisément le cas qui nous interesse;
car, si — ^ tendait à zèro par valeurs positives, on pourrait toujours aflBrmer
Un
la divergence de la serie.
« On étend sans peine le théoròme (1) au cas où le rapport des termes
généraux, au lieu d'avoir une limite finie et déterminée, tend vers des limites
finies Al, ^2,.. Ar> en nombre fini, suivant que n parcourt un des systèmes
Al, As,... , A,., respectivement On suppose que tout nombre entier appar-
tienne à quelqu*un de ces systèmes, mais à un seul. On peut alors definir
une fonction <fi(^), qui soit égale à T unite ou à zèro, suivant que n appar-
tieni ou non au système A;. Si la limite
existe, pour toutes les valeurs de e, on a, au lieu de (2),
Um^ = ^iii + /2Ì, + .. + /,A,. (4)
' n
Lorsque ^^rt==l , U est la probabilitè qu'un nombre entier, pris au hasard,
appartienne au système A». Lorsque Vn'^n^ on peut dire que Un est la
forme asyinptotique du n'"" nombre du système A»; etc. Supposons mainte-
nant que les nombres v décroissent continuellement, et que Ai , As , soient
les systèmes des nombres impairs et des nombres pairs. On peut écrife
La sèrie du numèrateur n'est pas divergente. Donc, en observant que /i+/8=l,
on a
l^ — l^ = 0, d'où l, = l^ = ±.
ti
Par suite, si -^ tend vers a ou vers /J, suivant que n est impair ou pair,
on trouve, au lieu de (2),
» n
Conséquemment, pour que la sèrie proposée soit convergente ou moins diver-
gente que la sèrie des v, il est nécessaire que les limites a et /9, tant qu'elles
existent, soient ègales et de signes contraires. La formule (4) foumit ainsi
de nouveaux caractères de divergence, qui pourraient étre utiles lorsque
-^ oscillo entro des limites finies, en nombre fini».
Vn
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— 119 —
Matematica. — Sopra un teorema fondamentale nella teoria
del calcolo simbolico delle Forme ennarie. Nota di Ernesto Pascal,
presentata dal Socio Battaglini.
3 In nna mia Nota precedente ho data una semplice dimostrazione di un
teorema sul calcolo simbolico delle Forme binarie, che io avea già accen-
nato per incidente in altro mio lavoro, e che sta dimostrato in modo diverso
nella recente opera di Eerschensteiner, raccolta dalle lezioni di Gordan.
« n teorema il quale in fondo è che : mantenendosi sempre nei limiti delle
espressioni simboliche (cioè senza sviluppare mai i determinanti e i fattori
lineari che entrano nelle formazioni invariantive), si deve poter rintracciare
qumlunque relazione che esista fra le Forme invariantive, è, come si vede,
di fondamentale importanza, costituendo uno dei principi base del calcolo
simbolico.
• In un recentissimo lavoro il sig. Study ha esteso il teorema alle Forme
ternarie (*); io mi propongo in questa Nota di dimostrare lo stesso teorema
nella sua massima generalità, cioè per le Forme ennarie. Il vantaggio del
mio metodo di dimostrazione mi pare che sia quello di far penetrare molto
addentro neir intima natura del problema. La dimostrazione che lo Study dà
pel caso delle ternarie, ha in fondo la stessa tessitura della citata dimostra-
zione di Gordan pel caso delle binarie. Egli si serve di una certa generaliz-
zazione della formola di Gordan data da Clebsch in una importante Me-
moria (2). Io mi servo dei risultati ottenuti in una recente Memoria del
prof. Capelli sullo stesso argomento {^).
« Siano flji, «2, ... ^1, d?2 rispettivamente serie di coeflScienti e
di variabili dì specie », per modo che formino le forme lineari :
« È noto che fra un certo numero di tali elementi (coefficienti e varia-
bili) esiste sempre una relazione d*identità del tipo invariantivo, la quale
varia di forma secondochè si tratti o di tutte variabili, o di variabili e di
coefficienti, o di tutti coefficienti.
(*) Ueber ternàre lineare Formen, Math. Ann. Bd. 30, s. 120.
(*) Ueber eine Fundamentalaufgahe der Invari antentheorie. Abh. der k. Gres. d. Wiss.
zu GOttigen, Bd. 17, 1872. Cfr. anche: Gordan, Ueber Combinanteny Math. Ann. Bd. V.
P) Fondamenti di una teoria generale delle forme algebriche. Memorie della R.
Accademia dei Lincei, serie 3^ toI. XII, 1882.
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— 120 —
« Questa relazione prende cinque forme diverse che sono:
y (— l)^»(fl^-^i«i^2 .... flf-i) (fl.M2...*n-l) = 0 (1)
V (— 1)»»* (0,^1 «,>2\... fl<_,) aicc = 0 (2)
(«1 at ... rtn) (.Ti ^ZTj ... Xn) — («!«:» «2a:, ... a,ut^) = 0 (3)
V (—1)^* (^t4.i .r.>2 .... .Ti-i) flfoTi = 0 (4)
fW-l
^ (—1)**» (ari>i Xi^i .... ;r»-i) (.zr,- yi y, ... y,»-i) = 0 . (5)
K Cogli stessi 2« coeflScienti possono evidentemente comporsi I - l iden-
tità del tipo (1), mentre con w+l^^^ffi^ì^i^tì ^ ^°^ variabile non può com-
porsi che una sola identità del tipo (2), e così per (3).
« Le (1), (3), (5) possono dar luogo a molti casi particolari supponendo
due 0 più degli elementi che vi compariscono, fira loro eguali.
« Ora io dico che se si ha un'espressione del tipo invariantivo, cioè for-
mata con determinanti ennarii e con fattori lineari ennarii, e se questa espres-
sione è identicamente zero, essa può sempre ridursi in una somma di ter-
mini di cui ciascuno contenga per fattore una delle cinque suddette iden-
tità'Set'o, il che equivale a dire che usando solo le identità-zero deve po-
tersi riconoscere l'annullarsi dell'espressione senza aver bisogno di sviluppare
le diverse formazioni invariantivo che essa contiene.
K Intendiamo però che l'annullarsi dell'espressione sia di tale natura
che sussista quando i coef&cienti simbolici che in essa vi compariscono si
considerino come effettivi ; ma è chiaro, che se anche ciò non fosse, possiamo
sempre ridurvici prendendo la media aritmetica di tutte le espressioni che
si ottengono dalla data permutando i simboli equivalenti in tutti i modi
possibili fra loro. L'espressione data la supponiamo naturalmente omogenea
in ciascuna serie di coef&cienti e di variabili.
tt Supponiamo in primo luogo che non contenga che n-\'l serie di coef-
ficienti e una sola serie di variabili. Ponendo allora, per brevità,
{Oi^i Oi+i .... a,-i) = Ai
essa risulterà di tanti termini, ciascuno del tipo
B = Ar» A?* ASir ah ah aLVcc
mentre la (2) diventa
^(— l)»«Aia,v. = 0. (2')
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— 121 -
« Dalle condìziooi di omogeneità di tutti i tennini B, si ricaya:
«1 +atH hccn -t- i*n-M= cosi ^
a« -hcc3-\ hccn+i-hfii = COSt. I
CCn-t-l+yCl H h CCn^i-\- fin = COSt.
fil H-Z^sH \-fin +/?n+l=COSt.
dalle quali si ricavano:
(ai— /^i) — (a, —fit ) = cost.
fflfj— /Jj) — («3 — ^3 ) = cost.
(6)
(7)
(«n — fin) — («n-Hi— /^n+l ) = COSt. \
(«1 — fil) + (a* — i^g) H h («n — fin) = cosi '
« Da queste relazioni appare subito che
«1 — fii = cost, «2 — /?2 = cost a„^.i — /?„+i = cost. (8)
Quindi si ha che da ogni termine (2) possiamo togliere un fattore comune
e resta un* espressione che dovrà da sé essere identicamente zero, e che risulta
di termini del tipo:
— Al A2 ... AfM-l «la? aja; . • . dn-t-loc •
« Se Tespressione deve essere identicamente zero, considerando, cioè,
tutte le quantità che in esse figurano, come delle variabili fra loro indipen-
denti, sarà ancora zero se ad un certo numero di queste sostituiamo altre fra
loro indipendenti e legate alle prime da date relazioni algebriche. Introdu-
ciamo allora le altre quantità Ci, Cs,... C„, date da
Al «!« = Ci , A2 «jar = Cj , Anana = Cn (9)
e queste nuove n quantità fra loro indipendenti G possiamo supporre di in-
trodurlo in luogo delle altre n anche fra loro indipendenti:
« Da (2') si vede intanto che
n
An^ia„^l^ = y (—1)-^^ Ai ai:,=^ (—1)^' Ci = Cn^i • (10)
La espressione primitiva deve dunque ridursi a zero colle sole sostituzioni
(9), (10); deve essere quindi divisibile per
CnH.i-Ì;(-l)***-^Ci
t— 1
ovvero per
T(-1)'"G.,
i-I
come si volea dimostrare.
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— 122 —
« La dimostrazione suesposta, sussiste perfettamente se invece di »+l
coeflBcienti e una variabile, vi sono reciprocamente n-hl variabili e un coef-
ficiente.
« Consideriamo ora il caso generale, in cui vi sono p serie di coeflB-
cienti, e q serie di variabili. È chiaro in primo punto che
p + q^n-hl .
Infatti se uno dei due numeri p, q è eguale ad n-hl e Taltro è zero, al-
lora cogli elementi dati si possono formare solo n-hl determinanti ennarii.
ff A causa della omogeneità di tutta l'espressione in ciascuno elemento,
si possono stabilire delle relazioni analoghe alle (6) facendovi però in queste
le fi tutte zero. Allora dalle (7) appare che ciascuna delle a deve essere
costante, e allora l'espressione risulterebbe di termini tutti eguali.
« Se uno dei due numeri p, q è eguale slì n e l'altro è 1, allora si
può formare un solo determinante ennario, e poi n forme lineari.
tt Se dunque l'espressione data contiene in un suo termine il determi-
nante alla potenza a , e i fattori lineari alle potenze fii , fi^ ... fin , dovendosi
avere, a causa dell'omogeneità ,
a-hfii==GOst. cc-\-fii = cost a + fin = cost.
fil+fii-\ h/?n = COSt.
sarà per tutti i termini «== cost., e quindi allora togliendo da tutta l'espres-
sione il fattore comune (determinante), resta un'espressione composta solo di
&ttori lineari.
« Allo stesso caso ci riduciamo chiaramente se nessuno dei due numeri
p ^ q ò uguale o maggiore di n. Ora è chiaro che un tale aggregato non
può mai essere zero, abuenochè non lo sia nel senso che i varii termini si
distruggano addirittura fra loro; non lo paò essere cioè nel senso che per
riconoscere il suo annullarsi si debbano sviluppare le espressioni lineari che
contiene. Ed infatti se ciò fosse possibile, lo sarebbe ancora quando pongo
eguali a zero tutte le x, p. es. con un indice superiore a 1. Allora ogni forma
lineare ennaria diventa un sol termine, e la cosa è evidente.
« Prendiamo ora p — 1 serie di coefl&cìenti «i, Ot,... Op-i e trasformia-
moli in serie di variabili nel seguente modo : prendiamo n nuove serie di
variabili yi , y^, . . . y» e altre n — {p — 1) serie di coeflScienti o^, . . . a„ , e
trasformiamo le a nelle y in modo che p. es. ^u i ^is • • . dm si pongano propor-
zionali ai determinanti minori formati colle y^^ yz,- - -yn^ e così di seguito.
Il che equivale a porre le relazioni
Oii yji -+- ai2 yjt H h din yjn = 0
per tutti i valori di /, j da 1 ad ;» esclusi i valori eguali.
K Dalle quali relazioni posso reciprocamente con formolo perfettamente
analc^he a quelle con cui le a si esprimono per le y, esprimere le y per le a.
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— 123 —
« Così facendo, è chiaro che la espressione primitiva data si viene a
ridurre in un'altra contenente una sola serie di coefScienti, e r serie di va-
riabili, dove r > » avendo dimostrato che ^ + y > ?i + 1 . Prima d'andare
avanti è utile osservare a questo proposito che se J5 — 1 > » ed eguale p. es.
ad ^ + ^ allora per ciascuno dei primi z gruppi di n coefiScienti io posso
introdurre n nuove variabili, e per l'ultimo gruppo di t soli coefficienti posso
iutrodurre altre n nuove variabili ; per modo che se ; = 0 , allora essendo
j)>>n+l , si avrà r almeno eguale a 2/i e quindi, come abbiamo detto r>-n.
8 Altri due casi son da considerarsi; il primo è quando |>='l; allora
naturalmente non si introduce nessuna nuova serie di variabili, e le con-
siderazioni che seguono vi si adattano perfettamente; il secondo è quando
j5=0; ma per la perfetta reciprocità che vi è fra le variabili e i coefficienti,
questo caso chiaramente non è diverso da quello in cui ; == 0 che è stato già
considerato.
■ Ci serviremo ora deUa formola di Gordan generalizzata dal prof. Ca-
pelli in una recente Memoria {}\
• Ivi si dimostra (^) che un'espressione come quella a cui abbiamo ridotta
la espressione data, può esprimersi con funzione razionale ed intera di cova-
rianti identici e di polari di espressioni contenenti n serie di variabili, o anche,
se vogliamo, n+1 serie di variabili. Le polari poi son fatte fra tutte le va-
riabili che sono scomparse e solo n — 1 di quelle rimaste, che chiameremo
» Possiamo dunque fare sparire r — (w + 1) variabili, e sappiamo inoltre
che queste funzioni contenenti un minor numero di serie di variabili si rica-
vano dalla primitiva con aggregati di operazioni di polari, per modo che se
la primitiva è zero, anche queste funzioni derivate sono zero. Ma in queste,
avendo una serie di coefficienti e » + l serie di variabili, si può porre in
vista un fattore del tipo (4) e che sia lo stesso per tutte queste varie espres-
sioni derivate.
« Per costituire poi l'espressione primitiva dobbiamo effettuare su esse
un aggregato di operazioni di polari. Serviamoci di un teorema di Capelli (^),
che dice che quest'assieme di operazioni di polari può sempre supporsi composto
di polari le cui variabili nella formazione delle polari sono solamente le n — 1
variabili f • Allora il numero di tutte le possibili polari da dovere operare è
(r — n — 1) (n — 1) = ©
aumentato del numero delle polari che si ottengono combinando le n — 1 S con
Im stesse.
P) Capelli, op. cii
« § 74, pag. 58.
«§7,1«, pag. 9.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, !• Sem. 16
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— 124 —
« Però è da notarsi che, per un teorema fondamentale di Capelli sulle
operazioni invariantive (i), io posso in una operazione inTariantiya disporre
Verdine dei diversi fattori operativi come meglio mi piace; potrò quindi
porre avanti (cioè da operarsi prima) le polari effettuate fra le n — 1 varia-
bili ^. Ma allora Y identità-zero non muta di forma; restano quindi solo co
polari diverse che danno altrettante forme diverse alV identità-zero. Il numero
dei termini, ciascuno contenente un diverso fattore d* identità-zero è dunque
(»H-l = r« — «* — r+2.
« Bidotta Tespressione trasformata a questa forma, posso ora ripassare
air espressione primitiva data esprìmendo le nuove variabili y per le a. Con
ciò ripasserò naturalmente all'espressione data primitiva, a meno però di un
&ttore che conterrà pure i nuovi coefiScienti introdotti «p ....«„ che dovranno
staccarsi interamente.
« L'espressione data quindi, moltiplicata per una certa espressione evi-
dentemente mai zero (perchè dipendente dalla trasformazione affatto generale
che si è fatta) si trova sviluppata in termini, ciascuno contenente per fat-
tore una identità-zero. Di qui è chiaro che l'annullarsi della funzione pri-
mitiva data deve potersi ottenere facendo uso solo delle identità-zero » .
Fisica. — Scarica elettrica attraverso i minerali. Nota del
prof. Carlo Marangoni presentata dal Socio Blaserna.
K 1. In due Memorie, pubblicate nei Rendiconti di questa B. Accademia (^)
esposi alcuni fatti nuovi che mi parvero mostrare ima relazione fra l'elettri-
cità e la luce. Successivamente il prof. Fanebianco ha fatto opposizione alle
mie deduzioni teoriche, nella sua Rivista (3). Egli verificò e trovò esatti molti
dei risultati da me avuti. Però non ottenne mai nella calcite la perforazione
parallela all'asse, come io ho osservato in più casi. E ciò, forse, perchè il sul-
lodato professore non avrà traforati tanti cristalli di calcite, come me, cioè
piti di 40, 0 avrà impiegati esemplari a facile sfaldatura ; invece io traforai
del limpidissimo spato d'Islanda con distinta frattura concoide.
tt Ma il vero disaccordo sta nella interpretazione dei fatti. Il prof. Pane-
bianco mi muove due importanti obiezioni : 1^ Che i fenomeni da me osser-
vati nel salgemma « mostrerebbero nonché una ntcova relazione fra l'elettri-
cità e la luce, una improbabile differenza grandissima fra la luce e l'elet-
tricità*. 2^ « Che in tutti i casi, la scarica che fora il minerale altro ncm
produce che gli effetti meccanici, che si ottengono per mezzo della percussione * .
(1) Op. cit. pag. 9.
(*) Rendic. R. Accad. dei Lincei. Voi. HI, !<> Sem. 1887, pag. 136 e 202.
(3) Rivista di Minerai, e Cristallografia. Voi. I, fase. 1° e 2«. Padova, 1887.
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— 125 —
« Discuto subito quest'ultima obiezione, riservando la difesa della 1* ad
una prossima Memoria, come già promisi fino dalla 2* mia Nota.
« 2. Quarso. — Dopo tante prove sono riuscito a
traforare il quarzo, ed ecco come : La lastra A dì quarzo
viene saldata con cera gialla ftisa su di un tubo B di
vetro e circondata pure di cera, in modo che il quarzo
sia immerso nella cera. Un filo di rame penetra nel tubo B
fino a toccare il quarzo. H tubo di vetro è lavorato in
alto a smeriglio, e serve a tappare il fondo di una
vaschetta C di vetro. Si versa nella vaschetta il petrolio,
0 meglio la benzina, e sopra il quarzo si fa arrivare
Taltro filo metallico. Producendo la scarica col rocchetto
fin i detti fiU, la scintilla attraversa i cristalli, anche
se piccoli, senza scorrere sulla loro superfice. Così ho
forati dei quarzi da 8 a fino 5 millimetri di grossezza.
• In quattro quarzi, destrorsi e sinistrorsi, tagliati perpendicolarmente al-
l'asse, il foro è stato rettilineo, o in forma di una spezzata, e sembra diretto
parallelamente aUo spigolo formato da una faccia del romboedro primitivo con
una fiuscia plagiedra adiacente. Yi sono in oltre due incrinature striate che
hanno per intersezione il foro.
• Provai a spezzare uno dì questi quarzi, destrorso, nella direzione deUe
incrinature; ma la iiattura adiacente aUe incrinature era perfettamente concoide,
senza traccia di continuazione dei piani di incrinatura. Ecco intanto una dif-
ferenza fira la percussione e la perforazione elettrica. Inoltre i piani d'in-
crinatura sono finamente striati in direzione quasi perpendicolare al foro.
« Provai a misurare l'angolo diedro delle due incrinature col goniometro
a riflessione, e per ottenere una misura piìl approssimata, essendo tale determi-
nazione molto malagevole, ho adoperato il goniometro come circolo ripetitore,
riportando 10 volte il detto angolo, ed ottenni SbO^,0&\ cioè in media 35'',00';
or bene, l'angolo polare delle suddette facce che più si accosta a questo valore
è 85^,14', il quale è formato appunto dalla faccia del romboedro diretto
1,0,Ì|1 colla phigiedra 10,7,17,7.
s yolendo applicare poi il metodo ingegnoso del prof. Panebianco, della
riflessione contemporanea della luce sulle incrinature (s'intende attraverso
lamine a faccio parallele), e sulle fiftccie esteme del cristallo, per constatarne
il parallelismo, incollai sulla lastra un cristallo plagiedro giustamente orien-
tato, e trovai fira le fiiccette a gradinata delle due incrinature, e le fiuM^e del
romboedro primitivo, e la plagiedra adiacente il parallelismo supposto. Noto
che questa ultima faccia non è di sfaldatura.
« Traforai con maggior» difleoltà due esemplari fortemente plagiedri D e S
di quarzo aflfnmicato, deU* growezza di ò^"^. Il foro non riuscì che dopo molte
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— 126 —
scariche invertite ; esso riuscì un po' tortuoso, ma tendente ad essere paral-
lelo air asse, e quindi perpendicolare alla sezione fatta. Qui le incrinature sono
tre, inclinate di 120^ fra loro, giacenti in piani paralleli alle facce del prisma
di 2® ordine.
« Ma anche le incrinature sono irregolari e interrotte. In esse non scor-
gesi la disposizione a elice che credoTO di trovare; esse assomigliano piuttosto
alle perforazioni irregolari ottenute in certi vetri.
« E avendo voluto traforare una lastra di calcedonio bianco, non ostante
che fosse grossa appena mm. 1,5, vi riuscii con estrema difBcoltà, e qui pro-
dusse una sola incrinatura irregolare, come quando si rompe un vetro.
« 3. Gesso. — Il prof. Panebianco mi ha prevenuto nel pubblicare l'effetto
della scarica attraverso il gesso. Egli osservò una direzione del foro « [010] con
due incrinature che hanno per comune sezione la dii-ezione del foro. La più
estesa è parallela a 100 (piano di sfaldatura concoide), l'altra, parallela a 509.
(piano di frattura per percussione di Beusch) la quale, dopo qualche milli-
metro, dalle due parti del foro, cambia direzione, formando due estese incri-
nature parallele a 101 (piano di sfaldatura fibrosa) » .
« Ma io ho ottenuto, sopra più di un centinaio di fori, su lastre di gesso
parallele a 010, altre due direzioni diverse. Uno di questi fori è nell'inter-
sezione delle due incrinature 110,509, quindi la direzione del foro è [996];
l'altra le è simmetrica rispetto al piano 010, vale a dire le due incrinature
sono Ilo, 509, e la direzione del foro è quindi [995.] : Però la traccia delle
due incrinature oblique a 010 su questa faccia è la stessa come quando il
foro è perpendicolare alla lamina, e nell'insieme assomiglia ad una / disposta
orizzontalmente.
ff Delle volte si hanno tutte e due le direzioni simultaneamente e l'una
di seguito all'altra [995] , [995] e il foro ha la forma di un V orizzontale.
Ma facendo riflettere la luce su questi nuovi piani d'incrinatura obbliqui,
si vede che sono tutti a gradinata, e che le faccette di ogni scalino sono
parallele a 100 (piano di sfaldatura concoide). Ho misurato col goniometro
di Haùy l'angolo formato dalle due incrinature comprendenti il V e l'ho tro-
vato di 111® ^ circa, che corrisponde appunto all'angolo polare delle due /acce
110, 110 che hanno un'incidenza di 68^30'. I piani di queste due facce
indicano nel gesso due direzioni di più facile incrinatura, senza che sieno piani
di sfaldatura. Forse è per l'influenza di questi due piani che la sfaldatura
secondo la faccia 100 riesce concoide, essendo questa faccia tangente all'angolo
formato da quelle due.
« È strano che alle volte la scarica segua una via più lunga e a gradinata,
piuttosto che la più breve [010], la quale giace in oltre in due piani di sfal-
datura ; e ancora più strano sembrerà il fatto, quando si sappia che il foro
obbliquo è tanto più frequente di quello perpendicolare, quanto più la lastra
è grossa. In fine il rapporto fra la frequenza delle due direzioni del foro varia
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— 127 —
assai colla proyenienza del minerale. Questi fatti appariscono chiaramente
dal quadro che segue:
Grossezza
della
lamina
mm.
Numero dei fori
nella
Direzione
[010] [99530)
Gesso di Romagna
4,8
1,4
0,5
12
20
16
8
2
0
Gesso di^Sicilia
2,0
1,0
0,4
0
1
2
8
15
6
Gesso di provenienza incognita . . .
5,6
1,6
4
10
7
2
Gesso del Bolognese (molto fessurato)
7,7
1
3
Totale . . .
66
51
Conclusione.
• Le incrinature parallele alle facce del prisma di 2^ ordine e della
faccia pls^iedra suddetta nel quarzo, mostrano che vi sono dei piani di minima
resistenza, che non sono piani di sfaldatura. Lo stesso dicasi dei piani 110, 110
nel gesso. Dunque la scarica elettrica ha rivelato, nei cristalli, dei nuovi piani
di frattura, i quali sono quasi sempre striati, in causa della disposizione a
gradinata.
« Io li chiamerò piani di incrinatura ; essi rappresentano, insieme col
foro, le direzioni della minima resistenza al passaggio dell'elettricità » .
Fisica. — Sulla velocità del suono nelle leghe. Nola del dott.
G. Giuseppe Gerosa, presentata dal Socio Cantoni.
« Nella presente Nota mi limito a riferire i risultati conseguiti per la
velocità del suono nelle leghe di nnco e stagno.
ff Le leghe esaminate sono dieci, che vennero formate associando al peso
molecolare, valutato in grammi, dello zinco ordinatamente Vs» Vsi ^'s».-. *%
(■) Il segno ambipio ^ indica o Tana o Taltra delle direzioni [995] , [995].
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— 128 —
del peso molecolare, pure Talntato in grammi, dello stagno. La velocità del
suono fu dedotta dalle vibrazioni longitudinali dei fili di piccolissimo diametro
(A.Masson, Annales de Chemie et de Physique; 1858, s. 8% t. LUI, p. 260).
s Per preparare i fili, fondevo in un crogiuolo di porcellana, stretto e
profondo, i metalli da associarsi, presi nelle debite proporzioni accuratamente
stabilite, e, dopo aver agitato per bene la lega fusa con un tubetto di vetro
piegato a gomito e riscaldato ad un'estremità, ne assorbivo un cilindretto.
Questo poi era passato successivamente alla trafila di acciaio (per diametri
grandi) e di rubino (per diametri piccoli), e Toperazione veniva continuata
finché si fossero raggiunti diametri tali, per cui il suono reso dai fili rimanesse
invariabile, quando i diametri stessi venissero diminuiti ancora. I limiti in-
feriori dei diametri per lo zinco e lo stagno risultarono rispettivamente di
circa 0,2 e 0,4 mm. ; quelli delle leghe erano compresi fra questi.
« I fili venivano tesi orizzontalmente, stringendone le estremità fra due
morsetto in ferro, che erano impegnate a vite nei due carretti del tornio
dell*o£Scina delllstituto, fissati lungo le guide ad una data distanza. Per
meglio dire, dapprima un'estremità dei fiU veniva serrata in una delle morsetto,
ed all'altra estremità poi, dopo che i fili stessi erano stati fatti passare attra-
verso la seconda morsetta ed in seguito sulla gola di una puleggia, veniva
appeso un piattello da bilancia. Tesi i fili con un peso conveniente, veniva
serrata anche la seconda delle morsetto, delle quali le superfic! prementi i
fili erano rivestite di una lamina di legno.
« La distanza delle due morsetto, misurata fra i due piani verticali rasenti
le loro fronti prospettantisi, era di 1,4988 m.; e questa era la misura della
lunghezza del filo vibrante.
« I fili erano fatti vibrare longitudinalmente sfregandoli leggermente e
per brevissimo tratto fra due dita, cosperse di polvere di colofonia. Quand'essi
erano tesi con un peso sufficiente (250 a 350 granmii secondo la natura e
la sottigliezza del filo) emettevano suoni purissimi, che per la disposizione
dell'esperienza (essendo il tornio tutto in ferro e solidissimo) non potevano
essere influenzati dalle vibrazioni dell'apparecchio.
« Il numero delle vibrazioni dei suoni resi dai fili fu determinato, me-
diante il sonometro, sul quale era tesa una corda sottilissima d'argentana,
scelta fra le più omogenee. Per ciascun filo, sottoposto ad esame, venne suc-
cessivamente preso sulla corda del sonometro l'unisono e la prima ottava bassa
del suono fondamentale del filo stesso, non che l'unisono e la prima e seconda
ottava alta di un diapason do^, costruito dal Ednig, corrispondente a 512
vibrazioni. Per tal modo, oltre che assicurarmi dell'omogeneità del filo vibrante,
veniva a riferire i suoni del filo e del diapason a tratti poco diversi della
corda del sonometro. Le esperienze furono ripetute sopra diversi fili di una
stessa lega e ad epoche diverse, e le differenze nei suoni determinati da un'espe-
rienza all'altra non sorpassarono mai gli errori di ossewazione relativi alle
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— 129 -*
Yaiie prore di una medesima esperienza. Si deve però usare di una pazienza
estrema per ottenere dei fili omogenei
« Ora sono riassunti nella tabella seguente i risultati ottenuti;
Leghe
A
V
Vt
Vi
t>— «i
t^— w.
JX
Zinco poro
iisTs
11,087
11,135
._
-0,048
11,9
5 7
1
125, 7
10,037
9,966
10,132
-H 0,071
— 0,095
2
131, 4
9,602
9,598
9,578
H- 0,004
-H 0,024
8,9
3,0
2,8
2,1
2,0
2.6
3,6
4,0
13,5
3
135, 3
9,325
9,332
9,217
-0,007
-4-0,108
4
138, 3
9,123
9,131
8,963
-0,008
-f- 0,160
5
140, 6
8,973
8,970
8,775
-+-0,003
-H 0,198
6
142, 7
8,841
8,834
8,629
-4-0,007
.+-0,212
7
144, 7
8.719
8,700
8,514
-4-0,019
-f- 0,205
8
147, 3
8,565
8,549
8,419
.+-0,016
-4- 0,146
9
150, 7
8,372
8,373
8,341
— 0,001
-+- 0,031
10
154, 7
8,156
8,165
8,275
-0,009
- 0,119
Stagno paro
168, 2
7,501
7,536
—
-0,035
—
• I numeri 1, 2, 3, .... 10 della prima colonna indicano ordinatamente
le leghe formate col peso molecolare dello zinco, rahitato in grammi, unito
ad 1, 2, 3, .... 10 quinti del peso molecolare dello stagno: lo zinco e lo
stagno sono pure considerati come due leghe, nelle quali la quantità dello
stagno allegata allo zinco è nulla nel primo oaso ed infinitamente grande
nel secondo.
« I valori di X esprimono le lunghezze della corda del sonometro, che
danno suoni all'unisono dei suoni fondamentali resi dai fili.
« La t; indica la velocità del suono a 13® delle leghe, riferita a quella
a 0^ dell'aria, presa come unità. Essa fii calcolata colla relazione
k ,
e? = — .n.l ,
Vi
nella quale, pel caso presente, è;
/f = 1, riferendosi al suono fondamentale del filo ;
Vo = 331 m., velocità del suono nell'aria a 0* ;
/ = 1, 4988, lunghezza del filo vibrante;
»= -j- 512, essendo jì = 544, 2 mm. la lunghezza della corda del sono-
metro che vibra all'unisono col diapason.
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— 130 —
« Coi valori di v, assunti come ordinate, fa costruita la curva grafica
(indicata nella tavola sottostante), di cui le ascisse rappresentano le frazioni
del peso, molecolare dello stiano allegate al peso molecolare dello zinco nelle
varie leghe. La curva non si può esprimere con una relazione analitica molto
semplice ; essa approssimativamente corrisponde alla formola
(a)
z;i = 7,536 + 3,899^ ^ \ i,6 / ) ^
nella quale x esprime lascissa della ourra. Vale a dire, per ^ = 0 e per
X = co l'espressione {a) dà rispettivamente la velocità del suono nello zinco
e nello stagno, e per ^ = Vs = 0,2, = Vs = 0,4, = ^V» = 2 dà
quella delle leghe 1, 2, 10. Le diiferenze fra i valori v osservati
e quelli V\ calcolati colla {a) sono scritti nella colonna v-Vi della precedente
tabella.
« L'andamento della curva poi rivela come v varii molto più rapidamente
in corrispondenza dei valori estremi, in special modo dei più piccoli, che non
dei valori intermedi della w. E più precisamente la derivata seconda della {a)
d'vi
dx'
=—3,899^
-ìr-A'^yi
HtF)"
2)/x
(^)T]
4x\/x
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— 131 —
si annulla per ;zr= 1, 2345, ossia la curva presenta un flesso intomo al valore
f dell*ascissa; il che corrispónde a dire che la variazione della velocità del
suono da lega a lega risalta minima per le proporzioni di 1 di zinco a f circa
di stagno, riferite ai rispettivi pesi molecolari dei metalli.
« Nella tabella numerica surriferita si può notare inoltre che le differenze
V'Vt fra i valori v osservati e quelli Vt calcolali colla media aritmetica delle
velocità del snono dei pesi rispettivi dei metalli componenti le leghe, trovano
un valor massimo per le leghe intermedie e mutano di segno per le due leghe
estreme. Anzi, se si osserva la curva di (v-Vt) (tracciata nella tavola), ove
appunto le ordinate rappresentano le differenze v-Vt e le ascisse le frazioni
del peso molecolare dello stagno allegate al peso molecolare dello zinco, piti
sopra designate con ^, si rileva che essa presenta un massimo precisamente
in corrispondenza di a: = 1,24 ; per cui nello stesso tempo che le variazioni
della velocità del suono pella lega composta di 1 peso molecolare dello zinco
con -f- circa di quello dello stagno trovano un minimo, vi assumono un mas-
simo le differenze fra la velocità osservata e quella calcolata colla media aritme-
tica delle velocità dei pesi rispettivi dei metalli allegati.
8 La curva di (v-v^) poi taglia due volte l'ascissa, in corrispondenza dei
valori a: =• 0,358 ed ;r = 1,846 ; cosicché, mentre per le soluzioni normali
dì due sali àwi in corrispondenza di una dafai proporzione dell'uno di essi
una sola proporzione dell'altro, per cui le costanti fisiche del loro miscuglio
corrispondano alla media aritmetica dei valori delle costanti analoghe delle
soluzioni componenti il miscuglio stesso, qui vi sono due proporzioni diverse
dello stagno, che, unite ad un dato peso dello zinco, danno leghe cornspon-
denti rispetto alla velocità del suono, cioè che presentano il carattere in
discorso.
« É da osservare però che per i miscugli delle soluzioni saline sono molto
semplici i rapporti fra le proporzioni dei pesi molecolari dei rispettivi sali,
cui corrispondono siffatte proprietà ; mentre questa semplicità non si verifica
per le leghe qui studiate.
« Tuttavia, se da una parte risulta dalle esperienze di I. Kiewiet
(Wiedemann's Ann. 1886, t XXIX, p. 617), stabilite sopra verghe prismatiche
formate con leghe di zinco-rame e stagno-rame, che il coef&ciente di elasticità
(alla flessione) non è costante per le leghe stesse e dipende dal loro stato
molecolare, il quale può cangiare molto col modo di fusione, e che inoltre
non si può dedurre dalla legge di variazione termica del coefficiente di elasticità
dei metalli semplici la variazione di quello d'una data lega, dall'altra parte
non è mon vero che il numero delle vibrazioni longitudinali, rese dai fili
trafilati omogeneamente, si mantiene costante, a meno di piccole differenze,
e che, se non una legge fisica, certo ,una data norma di variazione si presenta
da una lega all'altra, come si può rilevare tosto anche dalle differenze ^A
dei valori di ^, registrate nell'ultima colonna della tabella numerica piii sopra
Rendiconti. 1888, Vol. IV, !• Sem. 17
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— 182 —
riferita. E siccome il numero delle vibrazioiii longitudinali dei fili può, secondo
Poisson (Avogadro, Fisica dei corpi ponderaci; 1837, t I, p. 241), essera
espresso da
doTe g significa T accelerazione di gravità, p il peso assoluto del filo e ^ la
tensione che si richiederebbe per allungare di A il filo, cosi dovrebbe il coeffi-
ciente d* allungamento dei fili stessi presentare un comportamento analogo al
valore di n.
« Ma riferirò per Tinnanzi i risultati relativi a siffatta ricerca, insieme
a quelli della velocità del suono corrispondente a leghe diverse dalle surri*
ferite e per la natura e per il numero dei metalli consociati « .
Fisica. — Sopra una relamne fra il potere termoelettrico
delle coppie bismuto-rame e la loro sensibilità rispetto all'azione
del magnetismo. Nota del dott. Giovan Pietro Grimaldi, presen-
tata dal Socio Blaserna.
« Alcune mie precedenti ricerche (0 hanno dimostrato che il potere ter-
moelettrico delle coppie bismuto-rame diminuisce notevolmente quando esse
vengono collocate in un intenso campo magnetico.
« Chiamando E la forza elettromotrice termoelettrica fuori del campo
magnetico ed E' la f. e. m. dentro il campo facendo
E— E' .
— r-=*
ho preso i come misura deirintensità del fenomeno suddetto, e ne ho deter-
minato i valori numerici, per diverse coppie ed in circostanze diverse. Ho tro-
vato così che i valori di S, positivi per il bismuto commerciale e negativi
per quello puro, per uno stesso campo magnetico variano moltissimo da coppia
a coppia, ed anche in una stessa coppia variano a seconda della posizione di
essa rispetto airelettro-calamita, e con la direzione della corrente termoelet-
trica, apparentemente senza r^ola alcuna.
a Ho voluto ora riprendere in esame la quistione per vedere se esista
qualche relazione fra i valori di <f e quelli del potere termoelettrico, che,
come si sa, nel bismuto varia molto da campione a campione.
(0 Rend. Acc. Lincei, Voi. IH, 1° Sem. 1887, pag. 134 e Nuovo Cimento, serie 3*,
voi. XXI e XXIL
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— 188 —
• U metodo sperimentale e^^to nelle sopia citate ricerche dava i valori
^ ó indipendentemente dalla detenninazione di quelli di K Ho determinato
perciò ora qnesti ultimi, ricorrendo
ad un metodo di compensazione. La
figura qui accanto disegnata rappre-
senta schematicamente la disposizio-
ne sperimentale. AAi indica la cop-
pia termoelettrica da cimentare, nel
cui circuito, fatto di un grosso filo
di rame, era inserita una resistenza r
di 2®*^ circa, rispetto alla quale era
perfettamente trascurabile quella in-
1;ema della coppia, e quella dei reofori MAi ed AI. P è la pila compensatrìce (una
«oppia Danieli a solfato di zinco); C una cassetta di resist^ize. In G è segnato il
galvanoscopio, che era una bussola di Wiedemann, grande modello Edelmann a
specchio, astatizzata. Le letture di essa venivano fatte secondo una disposi-
aione ideata recentemente dal Righi (^) , collocando cioè la scala a 8" di di-
stanza dalla bussola, ed il cannocchiale vicino ad essa, con Tasse fonnante
nn piccolo angolo con la normale allo specchio. Un doppio interrruttore non
disegnato nella figura permetteva di chiudere simultaneamente i due cir-
cuiti NPL ed NAi AL ; con un commutatore I si poteva sostituire ad MAi AI ,
MBi BI, dove Bi B è una coppia termoelettrica campione rame-ferro la cui
xesistenza intema non che quella dei fili MBi ed IB era anche trascurabile
rispetto ad r.
« Una delle due saldature di questa coppia campione era immersa nel
vapor acqueo, dentro un pallone con acqua bollente, il collo lungo del quale
«ara circondato esternamente da un tubo dove circolava anche il vapore per
un altezza di 25^°^ circa. Attorno ali* altra saldatura effluiva continuamente
deir acqua a temperatura costante, da un vaso di 60 litri di capacità, riem-
pito almeno 24 ore prima di cominciare le esperienze.
• Questa coppia, come mi risultò da esperienze preliminari, era di una
costanza perfetta durante una serie di esperienze, e delle sue variazioni da
una serie alTaltra, cagionate dalle variazioni di temperatura nelle saldature,
si poteva facilmente tener conto legende un termometro di Baudin diviso in
quinti di grado, immerso nell'acqua vicino alla saldatura fredda, ed un baro-
metro che permetteva di determinare la temperatura di ebollizione dell'acqua.
e Le saldature delle diverse coppie bismuto-rame venivano successiTa-
mente collocate l'una in un vaso contenente un miscuglio di neve pesta a di
acqua, Taltra in un bagno (contenente un termometro) dove effluiva continuamente
(>) Vedi Faé, In/hiMa del magnetismo iulla resistenza elettrica dei conduttori solidi.
Atti del B. Igtitato veneto, seiie VI, tomo V.
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— 134 —
dell* acqua proyenìente dallo stesso grande recipiente adoperato per la pila
[ normale. Queste saldature erano perciò ali* incirca alle stesse temperature
avute precedentemente nella determinazione di S.
« Si indichi:
Con E la f. e. m. della Danieli;
Con peni poteri termoelettrici delle coppie bismuto-rame e rame-ferro,
medi fra le temperature alle quali vennero rispettivamente portate le sal-
dature delle coppie suddette;
Con t Q 6 ÌQ differcDze fra le temperature delle saldature delle coppie bi-
smuto-rame e rame-ferro;
Con B ed Bi le resistenze della cassetta C , rispettivamente necessarie a por-
tare a zero il galvanometro quando vien chiuso o il circuito MAiAI
0 quello MBiBI.
« Avremo, come è noto, le due equazioni:
Ei=JL
E R
TtB r
dalle quali si ricava:
n ~ R t
— è la quantità da determinare {}),
« La resistenza deUa Danieli, non che quella dei reofori LPCN era tra-
scurabile rispetto ad R ed Ri che variarono, il primo da 2640^^°^ a 6870^**"*
ed il secondo da 2060^^"» a 2110^*^"*.
« Biporte qui sotto le misure eseguite sopra le 7 coppie di bismuto com-
merciale, contradistinte nel citato lavoro con le lettere B, D, A, I, H, E, C.
Da quelle eseguite sulle due coppie di bismuto puro, nessuna conseguenza si
può trarre, attesa Tesiguità del loro numero.
« Nella prima colonna della seguente tabella sono riportate le lettere
che indicano le diverse coppie ; nella seconda i valori di —, che danno i
poteri termoelettrici delle medesime riferite*a quello medio fra 0® e 100<^ della
coppia rame-ferro, preso come unità. NeUa terza colonna sono registrati i
(*) Come si vede, operando in tal modo, non occorre determinare né r, né E, che
solo si richiede sia costante durante il tempo necessario a fare due misure.
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— 185 —
yalori di à medi dei risultati ottenuti per le diverse orientazioni delle coppie,
e della corrente termoelettrica rispetto all'elettro-ealamìta.
9
ir
(f
B
2,05
0,0507
D
3,13
0,0323
A
3,21
0,0342 (1)
I
3,70
0,0322
H
4,27
0,0130
E
5,18
0,0124
C
5,25
0,0016
Come si vede nella superiore tabella al crescere dei valori di — i valori
di é vanno decrescendo, cioè : tanto più piccolo è il potere termo-elettrico di
una coppia^ tanto più grande è la stia sensibilità rispetto all'azione del
magnetismo (^). Sola eccezione fa nel nostro caso la coppia A per la quale
ò dovrebbe essere alquanto più piccolo; ma se si considera (come è detto
nel citato lavoro) che essa venne costruita con bismuto di diversa provenienza
delle altre, si spiegherà &cilmente questa leggiera divergenza.
« La relazione sopra enunciata diventa più interessante se si osserva
che le coppie in parola vennero preparate in modo diverso Tuna dall'altra,
alcune tagliando il bismuto direttamente da un grosso pezzo, quale proveniva
dal commercio senza fonderlo, altre fondendole e facendole raffreddare alla
temperatura ambiente, una infine immergendola, appena solidificata, nel-
l'acqua fredda.
« Se però i valori di d diminuiscono al crescere di -^ i prodotti —S
sono ben lungi dall'essere costanti. Se si disegna una curva prendendo i
valori di — come ascisse e quelli di ^ come ordinate, essa risulta piut-
tosto complicata: se si prendono invece come ascisse i valori di <f, i diversi
{}) Nella stampa della citata Memoria a pag. 13 s'incorse in on errore tipografico;
per la coppia A fa stampato <f, \ì)\ = 0,0536 mentre sì aveva effettivamente (f, \ìr\ «» 0,0436.
(*) Se invece dì prendere la media dei quattro valori di à ottenuti, due cambiando
Torientazione della coppia rispetto àirelettrocalamita, e due cambiando la direzione della
corrente termoelettrica rispetto a quella della corrente magnetizzante, si prende separata-
mente la media dei due valori nei quali la corrente termoelettrica resta costante e varia
solamente rorìentazioue della coppia, nelle due serie dei valori di <f così ottenuti si veri-
fica pure la su accennata relazione.
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— 136 —
pnBtì si trovano airìnoirca sopra una cmn che Tolge la sua concarità Terso
Tasse delle Xj al quale dÌTenta quasi paiBllela per i Talorì di <) Ae su-
perano 0,0320.
e È molto probabile che una relazione simile a quella sopra enunciata
sussista fra Taumento di resistenza elettrica che subisce il bismuto per razione
del magnetismo e la resistenza specifica, le quali quantità, come è noto, Ta-
riano da un campione all'altro. Spero di poter presto eseguire uno studio spe-
rimentale su questo argomento ».
Fisica. — Poteri induttori specifici di alcuni olii. Nota del
dott. Enrico Salvioni, presentata dal Corrispondente Roiti.
« In occasione di alcune ricerche suggeritemi dal prof. Beiti, delle
quali forse tornerò ad occuparmi, disponevo di due condensatori, i quali sa
prestano allo studio del potere induttore dei liquidi ; e ne ho approfittato per
determinare i poteri induttori di alcuni olii, cioè :
1^ di un campione di olio di colza, di Lombardia, fatto nel 1887 ;
2^ di lino, fatto a freddo, nel 1885, con semi del raccolto del 1884 ;
3'' di cotone del 1887, depurato a Marsiglia;
4^ di cotone, rancidissimo, preparato da almeno 12 anni;
5® di ulivo, di Pontassieve, del raccolto 1886-87 ;
O"" di sesamo di Giaffa, fatto a Firenze nel 1887, con semi pervenuti
da Gallipoli nel 1886 ;
7® di mandorle dolci;
8^ di ricino, questi due preparati due giorni prima del saggio;
9^ di arachide, preparato parimenti a Firenze, due giorni prima del
saggio, con semi pervenuti dalla Spagna nel 1886.
« Questa serie di olii mi fu gentilmente procurata dal sig. prof. Emilio
Bechi, il quale, come è noto, si è occupato con tanto zelo e con felice esito,
della ricerca dei mezzi atti, per fini doganali, a riconoscere le miscele dei
vari olii.
« I due condensatori hanno la stessa forma, e sono stati costruiti
saldando con mastice, Tuno dentro Taltro, due tubi di Tetro chiusi ad
una estremità, in guisa che gli assi coincidessero il meglio possibile.
Nel tubo interno ho Tersato del mercurio ben pulito, facendolo discen-
dere per un lungo e sottile imbuto di Tetro, Ti ho immerso poi un filo
di rame, per le opportune comunicazioni, ed infine Ti ho colato sopra della
parafina fusa. Fatto ciò, e osserTato minutamente che non fossero rimaste
aderenti al Tetro delle bollicine d'aria, ho riTestito di stagnola il tubo estemo,
curando che T*aderis8e bene, per tutto quel tratto che nel tubo intemo cor-
risponde al mercurio, lasciando scoperti solamente due tratti, Tuno in basso
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— 137 —
che corrisponde al mastice, l'altro in alto che corrisponde alla parafina. Ho
così due condensatori cilindrici, nei quali il mercurio fa da armatura intema
e la stagnuola ia da armatura estema. Le dimensioni approssimate delle varie
porti dei due condensatori, contraddistinti colle lettere A e B, costruiti iden-
ticamente, eccettochò in B non si colò la parafina, sono riassunte nel prospetto
che segue:
TUBO INTERNO A B
Lunghezza 6i.« 68.*»
Diametro interno medio 1.0 1.0
Grossezza media del vetro 0.09 0.09
Tratto immerso nel mastice, circa 2.5 3.5
n occupato dal mercurio 50. 48.
9 occupato dalla parafina 9. —
» lasciato Tuoto e verniciato con gommalacca ... 5. 20
TUBO ESTKRNO
Lunghezza 53.5 49.3
Diametro interno media. . . . , 1.3 1.2
Grossezza del vetro 0.1 0.1
Tratto scoperto inferiore 2.5 3.5
n rivestito di stagnola 47.0 44.8
» scoperto superiore 4.0 2.0
s Supponiamo che V intercapedine di uno di questi condensatori sia occu-
pata da un dielettrico di cui sia ^ il potere induttore specifico : questo con-
densatore può allora considerarsi come il sistema di tre condensatori riuniti
in cascata, perchè le superficie di contatto del dielettrico col vetro sono super-
ficie equipotenziali, o almeno molto prossimamente si possono ritenere come
tali, sia per la loro forma, sia per lo strato conduttore d'umidità che si
deposita sul vetro, e non sul mastice, perchè molto meno igroscopico.
• Posso quindi, senz'altro, porre per questo sistema :
Ci "^ Ce ■*" Aa "" C/ L -■
dove si indica con Ci la capacità del primo condensatore che ha per dielet-
trico il vetro del tubo intemo, con A; a la capacità dell'intermedio che ha
per dielettrico il mezzo occupante T intercapedine, così che a è la capacità
quando questo mezzo è l'aria secca, con Ct la capacità del terzo che ha per
dielettrico il vetro del tubo estemo, e infine con Ch la capacità di tutto il
sistema.
B Pel caso che anche V intercapedine contenga mercurio, la [1] diventa :
-^ + ^ = F-- [2]
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— 138 —
e questa riposa sul solo fatto che nello stato d*eqnilibrio il potenziale è costante
in un conduttore e sulla condizione che la durata della carica sia sufficiente
per raggiungere Tequìlibrio, senza che sia necessario ritenere A' = oo ; la quale
opinione è professata da molti (Mascart e Joubert (0) Mascari (rordon ecc.)
ma è messa in dubbio da Maxwell (^), e sarebbe contraria anche ad alcune
recenti esperienze {^).
tt Sostituiamo al mercurio Tarla secca ; se Ga è la capacità del sistema
in questo caso, in cui k=lj applicando la [1], si ha:
Le uguaglianze [1], [2], [3] danno allora:
, _ Cfc(Cm— Cg) p .-|
nella quale, come è naturale, alle Cn.Cmy Ga si possono sostituire quantità
ad esse proporzionali. Per determinare k, basterebbe quindi confrontare con
una capacità invariata, le capacità C» , Gm , Ca . Così ho tentato di fare sul
principio, assumendo il condensatore B, col mercurio nell' intercapedine, come
termine di confronto e paragonando con questo il condensatore A prima col-
l'aria nell'intercapedine, poi col mercurio, e infine col dielettrico, seguendo
il metodo esposto e discusso da Glazebrook (^).
tt Ma con un solo elemento Danieli, essendo piccolissime le capacità dei
due condensatori, la sensibilità non riusci sufficiente; quindi invece di au-
mentarla sia rendendo il metodo cumulativo, come facilmente si può imma-
ginare con un giuoco alternativo di contatti, sia aumentando la forza elettromo-
trice, ho preferito di misurare direttamente le capacità Ga, Gm, G» e sono
ricorso al metodo di Maiwell, quale fu modificato da Thomson {^) ; a questo
mi sono poi fermato definitivamente, perchè Tapprossimazione era sufficiente.
« Anche qui la disposizione è analoga ad un ponte di Wheatstone, colla
differenza che im lato è interrotto e nell* interruzione vibra un pezzo metallico
comunicante con un'armatura del condensatore, mentre Taltra comunica con
quell'estremo del lato, dove mette capo la diagonale del galvanometro. Va-
riando opportunamente le resistenze dei lati, si può far in modo che quest'ul-
timo rimanga a zero : se nell'unità di tempo si compiono n vibrazioni complete
(») Lefons sur VÉlectricité et le Afagnetisme. Tomo I, pag. 127.
(*) Treat on Elect and Magn, 2* ed., voi. I pag. 53.
(8) Cohn e Aroos, Wied. Ann, Tomo XXXIII, 1888.
W Phil. Mag. XI, 1881, pag. 370.
(5) Philosophical Transactions of the Royal Society, parte IH, 1883, pag. 707; vedi
anche: Roiti, Mem. delVAcc. di Torino, Serie 2*, XXXVIH; Nuovo Cimento, 1887, pag. 137.
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— 139 —
e 86 reqoilibrìo è raggiunto, Thomson ha dimostrato che la capacità X del
condensatore è data da:
nX=.
g[(a-hg+g')(g+j> + rf)— aH
[](fl + i + fiO (^ + ^) — a (a + rf)] [fl5 + ^) (^ H" ^ + fl' — ^(^+^)]
nella quale a, &, e, d, g sono le resistenze dei singoli rami, contrassegnati
colle stesse lettere nella fi--
gura. Nel caso presente ho
preso a=l (A,B.),d=1000,
e fu sempre di parecchie mi-
gliaja d'unità, ^è di 5630
unità A.B., e infine la re-
sistenza b della pila è molto
piccola : si yede allora facil-
mente che la formola si può
semplificare nella seguente
«X = — 10«
e
esprimendo X in microfaraday e ^ in ohm.
« Per alternare le cariche alle scariche, mi ha servito un diapason elet-
tromagnetico, isolato su ebanite, che porta, all'estremità d'un rebbio, due
striscioline di platino : ciascuna di esse, ad ogni oscillazione completa, viene
a toccare due linguette pure di platino H, K. Di queste Tuna (K) serve alla
carica del condensatore, l'altra (H) alla scarica, chiudendolo sopra sé stesso;
la prima comunica con imo dei vertici collegati all'elettromotore, la seconda
con uno dei vertici collegati al galvanometro, coli' armatura estema E del
condensatore e col suolo : l'armatura interna I comunica col rebbio vibrante.
« L'elettromotore usato era un elemento Danieli, che si tenne sempre
isolato su un isolatore Mascart. Il ponte ò fabbricato dagli EUiott di Londra,
graduato in unità britanniche, tutto isolato su ebanite. Il galvanometro ò di
Siemens ed Halske, cogli s^hi a campana, sensibilissimo, e presenta, coi
rocchetti in serie, come fu usato, una resistenza di 5630 (A.B.).Con tale di-
sposizione l'approssimazione è buona, così da avvertire una variazione nel
ramo ^ di 10 unità su 9000.
« In tutte le misure ho variato il dielettrico nel condensatore A ; ma
siccome alla sua capacità si aggiunge quella degli annessi (diapason e fili),
che importa eliminare, cosi ho approfittato anche del condensatore B, con
mercurio nell' intercapedine, collocato vicino al primo, per modo che due brevi
tratti di filo bastassero a riunirli; e ogni volta ho fatto prima una mi-
sura con entrambi uniti in superficie e subito dopo col solo B. Spesso poi
ho fatto una terza misura, in via di controllo, col solo A. Se si indicano
con Ba-i-b, Bb, Ba le resistenze nel ramo e che hanno dato l'equilibrio, allora
Rendiconti. 1888, Vol. IV. !<> Sem. 18
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— 140 —
le capacità di A -|- B , B , A , computati insieme gli annessi, sono, per la [5^,
proporzionali a - — * 5" ' ^ • Q^i^idìi continuando ad indicare con C (e nei
ìÌa-4-b -Kb jCCa
singoli casi Cjt , Ca , Gm) la capacità di A esclusi gli annessi, la C è propor-
zionale alla differenza ^ ^ > e P®r ^^^^^ 1* * basterà sostituire nella
[4], alle Cu, Ga.Cmì valori che si ottengono per questa differenza, secondo che
il dielettrico è un olio, o Taria, o il mercurio. La quantità 5-+ — — - —
xCa Kb -Ka-^b
poi sarà proporzionale alla capacità degli annessi ; e si mantenne in&tti co-
stante (avuto riguardo alla sua relativa piccolezza) come si vedrà nei pro-
spetti. Prima però di passare a questi, accennerò ad alcune delle cautele
osservate in tutte le misure, e cioò:
« 1® Ho determinato col cilindro di Duhamel il numero n delle vibra-
zioni compiute in un secondo, prima di cominciare e dopo terminata tutta
la serie delle misure: la prima volta ho trovato n = 126,6 vibr. comp. e
la seconda n = 126,9.
« 2^ Ho cercato di smuovere il meno che fosse possibile le viti che
avvicinano le linguette del diapason ai rispettivi contatti; giacché si sa che,
per la così detta penetrazione delle cariche, la capacità di un condensatore
non è indipendente dal tempo, per cui persistono le comunicazioni coi poli
della pila. Ed infatti, esagerando nell'avvicinare le linguette ai contatti, ho
constatato un leggero incremento della capacità.
« 3^ Ho avuto cura di tener ben puliti i detti contatti; uno strato
leggerissimo d'umidità 0 di untuosità basta a produrre, quando il diapason
vibra, una differenza di potenziale fra ciascuna linguetta ed il corrispondente
contatto. Da questa causa d'errore, che può diventare ragguardevole, mi sono
guarentito, sia chiudendo il ramo del galvanometro mentre vibrava il diapason
ed era aperta la pila, sia invertendo i poli di quest'ultima.
s 4^ Per notare con qualche esattezza la temperatura dei condensa-
tori, li ho racchiusi in due bussolotti di zinco del diametro di circa 20 cen-
timetri, dopo aver però constatato che essi non influivano sulla capacità. Come
appare dai prospetti, la temperatura media fu di 13^^, le variazioni mante-
nendosi entro stretti limiti; le corrispondenti variazioni sono generalmente
insignificanti, eccetto, se mai, nel caso in cui l'intercapedine conteneva
mercurio.
« In questo caso ho fatto sei misure, delle quali due sul principio e
quattro alla fine delle esperienze. Il mercurio era stato versato lentamente,
come |iveva fatto per il tubo intemo, sino a raggiungere, colla base del me-
nisco, l'orlo superiore della stimola. È in questa serie che ho avuto l'appros-
simazione relativa migliore : i risultati sono raccolti nel prospetto che segue,
dove come negli altri, N è il numero d'ordine, t la temperatura.
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— 141 —
Tavola 1.
N
t
Ra-hb
R.
Ra
(lèr-i)-
(k-
Rb Ra-»-b /
1
o
17,7
4831
9716
-».
0,10408
-
2
16,2
4796
9613
—
0,10452
—
18
14,0
4814
9785
9070
0,10501
0,0052
14
14,0
4808
9750
9050
0,10543
0,0050
17
12,9
4800
9726
—
0,10550
—
18
12,9
4880
9770
—
0,10419
Media
0,10487
Errore medio
±:
(p-i)
= 0,00022.
« Errore probabile it: f 1/ ' ^ l,i\"' ~ ^fi^^'^^ « ^^^^ dell'un per
mille circa.
e Le determinazioni nel caso in cui Tintercapedine era occupata dall'aria,
riuscirono alquanto difBcili; ho dovuto più volte migliorare le condizioni,
prima di ottenere risultati concordi. Ciò è dovuto alla circostanza, che il velo
umido onde è ricoperto il vetro si estende anche sopra la ceralacca, e cosi
tende ad uguagliare il potenziale sulle armature del condensatore intermedio.
Ciò risulta evidente dal seguente gruppo di osservazioni successive, che cor-
rispondono a condizioni igroscopiche via via migliori.
s L'intercapedine, lavata con una soluzione di soda e poi con molta
acqua distillata, è accuratamente asciugata con carta bibula:
Sa^b = 7800 , Rb = 9540 , 10« (:^ ^\ = 0,02339, {t = 1P,2) .
Faccio passare per circa due ore una corrente d'aria secca e trovo :
Ba-hb =^ 8640 , Bb = 9500 , 10^ L^ ^ = 0,01048, {t = 1P,6) ;
fo lo stesso per altre due ore e trovo :
Ba^b = 8680, Bb = 9620, ^«'(g^ — ^) = 0,01030, (i = ll%2);
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— 142 —
e così ordinatamente:
Ra-hb = 8800 , Bb = 9550 w(:J' :J-Ì
8840 9570
8690 9400
0,00894 (< = 10^0)
0,00863 (/=10^1)
0,00870 (^ = 10^2)
« Però, insistendo, sono riuscito ad ottenere una serie di osservazioni suffi-
cientemente concordanti: parte di queste si ebbero sul principio asciugando
semplicemente con carta bibula l'intercapedine daUa quale s*era fatto sgoc-
ciolare l'olio, parte infine (osservazioni 25* e 26*) dopo averla pulita con
acqua di soda, indi con acqua distillata e asciugata con corrente d'aria secca.
Ecco la serie ottenuta:
Tavola IL
N
t
Rah-b
Rb
Ra
Hé:-i}
\ R4 Rb Ra-i-b /
3
1Ì2
9265
9986
0,00779
10
14,7
8970
9660
—
0,00796
—
11
12,5
9000
9740
7475*
0,00844
0,0050
12
12,6
9040
9740
7815»
0,00795
0,0048
13
12,9
9070
9770
—
0,00790
—
15
12,9
9008
9720
—
0,00813
—
16
13,0
9180
9930
—
0,00822
—
19
13,4
9100
9810
—
0,00795
—
20
13,4
9095
9800
—
0,00791
21
13,3
9040
9750
—
0,00806
—
25
10,1
8840
9570
—
0,00863
—
26
12,0
9000
9730
—
0,00833
Media
0,00811
* Furono Tnisurate, f
acendo a=l, «2=10000, mentre le altre, pigliando a=l, rf==10000.
j» Errore medio di 0,00408. Errore probabile di 0,00005, cioè minore
dell'uno per cento.
a Qui trova posto anche una misura colla quale ho chiuso queste ri-
cerche, fatta allo scopo di schiarirmi un dubbio ; se cioè, alla capacità del
condensatore intermedio che fa parte di A, ed è costituito dal dielettrico che
sono andato variando e dalle superficie affacciate dei due tubi, non si ag-
giimga una capacità sensibile / ; quella del condensatore che si può sospet-
tare formato dall'aria e dai veli d'umidità condensate sul vetro, in corri-
spondenza a quel tratto del tubo estemo che non è rivestito di stagnola. Per
decidere su questo punto, nello stesso giorno in cui avevo fatto le osservazioni
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— 143 —
tegliate con a), ho tagliato il tubo estemo di A sin presso la stagnola;
dopo di che ho troTato «
B^^B = 8640 , Kb = 9370, 10«f^^^ :J-\ = 0,00902
\Aa^b -Kb/
6 cioè per A una capacità maggiore, mentre avrebbe dovuto risultare mi-
nore, se rinfluenza del tratto tagliato fosse sensibile rispetto a quella del-
rmnidità condensata sul vetro. Si può dunque trascurare y i^bì limiti delVap-
prossimazione raggiunta in queste determinazioni.
« Così pure sono indotto a ritenere trascurabile Tefifetto del mastice,
per quel tratto di tubo che all'esterno non è ricoperto di stagnola e che
contiene mercurio nell'interno; tanto più avendo verificato che l'aggiungere
del mercurio per P in quest'ultimo, non produce effetto sensibile.
e Le rimanenti misure che si riferiscono agli olii, mi riuscirono senza
difficoltà. Quando un campione d'olio aveva servito, lo si levava lasciandolo
sgocciolare per parecchie ore; poi l'intercapedine veniva detersa con lunghe
strisce di carta bibula, indi sciacquata coU'olio che doveva servire succes-
sivamente ; infine si toglieva questo, e si versava lentamente l'olio non ancora
usato, e diligentemente filtrato. I risultati di questa serie sono raccolti nella
tavola ITI : ogni osservazione, che figura in essa, è però sempre la media di
più di due, eccettochè per gli olii di ricino e di arachide, per i quali ne
ho fatte due sole ben conco];jdanti fra loro.
Tavola III.
N
R.
R.
\ Ra^-b Rb/ \ Ra Rb Ra-»-b/
l.Olìo dì colza . .
2. di lino
3. di cotone recente
4. dì cotone rancido
5. d'ulivo
6. di sesamo . . . .
7. di mandorle . . .
8. di rìcino
9. di arachide . . .
16,15
13,00
13,70
14,60
12,40
13,40
22. 13,20
23' 10,90
24! 11,40
8320
7924
8009
8000
8104
7914
7565
8035
10003| —
9691 3801*
9689 3837*
9741 3740*
9765 3935*
9775 3877*
9500
9715
9690
0,02022
0,02301
0,02165
0,02234
0,02099
0,02116
0,02110
0,02926
0,02125
0,0033
0,0044
0,0044
0,0044
0,0046
B I numeri segnati con' asterisco sono stati trovati, prendendo 6 = 1,
d=1000, mentre tutti gli altri prendendo * = 1, d = l000. In fine nella
tavola seguente do i valori avuti per A, sostituendo nella [4], a Cm 0,10487
(vedi tavola I), a Ca 0,00811 (vedi tavola n, e a C^k i valori dati per
W nella tavola III.
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— 144 —
Tavola IV.
Hopkinson *
Quincke ^
Palaz'
CohnetArons'
1. Olio di colia . ,
2,85
2. di lino
8,35
3. di cotone recente
3,10
4. di cotone rancido
3,28
5. d'ulivo
2,99
6. di sesamo . . . .
3,02
7. di mandorle . . .
3,01
8. di ricino
4,62
9. di arachide . . .
3,03
da 8,22 a 3,07
2,38; 3,29
3,03
3,37
:
~~"
3,15
~~^
:
3,17
—
—
4,78; 4,82; 4,84
_
4,61
3,17
—
—
4,48
* Nature 1887, pag. 142; Philosophical Magazine, Voi. Xm, pag. 242; Electrical
Review, Nov. 1887, pag. 537.
** Philosophical Magazine, Voi. XVI, 1883, pag. 5.
*** Lumière Électrique. Tomo XH, 1886, pag. 97; Archives de Genève. Tomo
XVn, pag. 415.
****L. e.
« L*errore probabile di k dipende quasi tmicamente dairerrore da cui
è affetta la media delle misure eseguite coU'aria, e cioè risulterebbe inferiore
dell'uno per cento (vedi tav. II) se non vi fossero errori costanti; siccome
poi gli errori meno facili da evitare tenderebbero ad aumentare la k, così sarei
inclinato a ritenere che i valori dati nella prima colonna, debbano essere
aumentati un poco, non però piti del due per cento.
« Chiudo ringraziando vivamente il prof. Beiti, che mi ha messo in
condizione di eseguire queste misure ».
Chimica. — Sintesi di acidi metilindolcarbonici. Nota preli-
minare di Giacomo Ci amici an e Gaetano Maonanini, presentata dal
Socio Cannizzaro.
• « L'analogia di comportamento del pirrolo con gli indoli è stata recen-
temente più volte provata. I &tti noti fin' ora , sebbene dimostrino in
modo indiscutibile la somiglianza chimica che esiste fra i derivati del pir-
rolo e quelli dell' indolo, pure non sono sufficienti a dare quel quadro com-
pleto di reazioni che è necessario per giudicare, in ogni singolo caso, del
modo di comportarsi delle sostanze appartenenti al due gruppi di composti.
La storia chimica dell* ìndole non ha raggiunto ancora quello sviluppo che
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— 145 —
oggi Tanta quella del pirrolo, sebbene si conoscano già alcune delle rea-
zioni più importanti comuni alle due serie di composti» come sarebbe quella
della trasformazione degli indoli in derivati della chinolina (Fischer, Ciami-
cian, Magnanini) e quella della formazione dei derivati chetonici dei meti-
lindoli dall'anidride acetica (Fischer). Guidati dal concetto ora esposto, noi
abbiamo iniziato una serie di ricerche sul gruppo degli indoli, dopo esserci
accordati col prof. Emilio Fischer, che coltiva pure questo campo di studi,
per una divisione del lavoro. Noi porgiamo, in questa occasione, sentiti rin-
graziamenti all'illustre chimico di Wùrzburg per la gentilezza che ebbe in
quella occasione a dimostrarci.
« In questa nota preliminare accenneremo brevemente soltanto ad al-
cuni dei fatti da noi trovati fin' ora, riserbandoci di esporre il tutto, a suo
tempo, in una più estesa comunicazione. '
« È noto che si possono ottenere abbastanza facilmente gli acidi pir-
rolcarbonici facendo agire Tanidride carbonica sul composto potassico del pir-
rolo e il carbonato ammonico sul pirrolo, ed è noto inoltre che in queste
reazioni il carbossile va principalmente a sostituire un atomo di idrogeno in
posizione cr. Ci sembrò interessante di vedere se queste reazioni fossero ap-
plicabili anche agli indoli, e di stabilire se entrambi i e - metilindoli sono
in grado di dare con eguale facilità gli acidi carbonici relativi, vale a dire
se il carbossile entra egualmente nella posizione a e nella posizione /?.
s I due e - metilindoli si prestano mirabilmente a questi studi, perchè
in uno di essi (scatole) è disponibile Tidrogeno in posizione a, nell'altro
quello in posizione ^. La sintesi dell'acido scatolcarbonico ha poi un inte-
resse speciale essendo questo composto, oltre all'indole ed allo scatole, un
prodotto costante della putrefazione delle materie albuminoidi.
« I tentativi fatti col carbonato ammonico non ci hanno dato finora ri-
sultati soddisfacenti; si ottengono invece facilmente gli acidi scatolcarbonico
e metilchetolcarbonico, facendo agire l'anidride carbonica sopra un miscuglio
equimolecolare di sodio metallico e scatole o metilchetolo. La reazione av-
viene a quanto sembra con uguale facilità in entrambi i casi, e si compie
intomo ai 230<>-250^
« Gl'acido metilchetolcarbonico o acido a-metil- fi- indolcarbonico
C . COOH
C6H4 C CH3 non era conosciuto fin ora. Cristallizza dall'alcool diluito in
\/
NH
aghettinì quasi insolubili nell'acqua, che si decompongono intorno ai 183^^
in anidride carbonica e a-metilindolo. È un composto poco stabile, che ri-
corda in parte il comportamento dell'acido /f-pirrolcarbonico ; si scinde nel
modo accennato anche bollendo la soluzione del suo sale ammonico.
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— 146 —
» L' acido seatolearbonico o acido §- metil- a- indolearbonico
C.CH,
/^
C6H4 0 • COOH ottenuto per sintesi dallo scatole è identico a quello sco-
NH
NI
porto da H. ed E. Salkowski(i). Cristallizza dall'acqua bollente in aghi finis-
simi e fonde scomponendosi in acido carbonico e scatole intorno a 165°.
£ più stabile dell'acido metilchetolcarbonico, la soluzione del suo sale am-
monico non si scinde in scatole libero per ebollizione.
« Sembra che per riscaldamento con anidride acetica possa dare una
anidride analoga alla pirocolla.
« Nel porre fine a questa breve comunicazione diremo ancora che è
nostra intenzione di studiare il comportamento dei metilindoli col fosgene,
retore clorocarbonico ed il cloruro di urea (CO ^^„ |. Abbiamo inoltre ten-
(- K^.>
tata Tossidazione dell' acetilmetilchetolo di Jackson, che, secondo le recenti
ricerche di E. Fischer, ò un yero chetone come il pseudoacetilpirrolo, abben-
chè venga facilmente scisso dall'acido cloridrico. L'ossidazione con camaleonte
pare non dia che l'acido acetil-o-amidobenzoico, che si ottiene pm:e dal metil-
chetolo con lo stesso ossidante ; sembra invece che tanto l'acetilmetilchetolo
che il metilchetolo diano, per ossidazione colla potassa fondente, l'acido a-in-
dolcarbonico, ottenuto per sintesi da E. Fischer dall'acido fenilidrazinpirora-
cemico. Questo fatto sarebbe interessantissimo perchè anche i c-metilpirroli
(similmente ai fenoli) non danno gli acidi pirrolcarbonici corrispondenti per
ossidazione col camaleonte, ma bensì per ossidazione dei loro composti potas-
sici colla potassa fondente.
« Per ultimo facciamo già ora osservare che l'introduzione dell'acetile
nello scatole offre qualche difficoltà, e sembra non avvenire agevolmente che
coir intervento di cloruri metallici. Ci ripromettiamo risultati interessanti
dallo studio del e - acetilscatolo perchè questa sostanza si avvicinerebbe per
la sua costituzione all'a - acetilpirrolo, più del derivato acetilico del metil-
chetolo che contiene l'acetile in posizione ?. Questo ultimo fatto forse potrà
servire a spiegare il comportamento dell'acetilmetilchetolo ».
Chimica. — Ricerche sull'Apiolo. Nota preliminare di Giacomo
CiAMiciAN e Paolo Silber, presentata dal Socio Cannizzaro.
« Nella presente Comunicazione esponiamo brevemente alcuni dei fatti,
che abbiamo trovato finora, allo scopo di riservarci lo studio ulteriore di
questa sostanza, che ci sembra degna d'interesse e per il suo comportamento
chimico e per le sue proprietà fisiologiche.
(1) Beri. Ber. 13, 189, 2217 ; 18, 410, 411 Ref.
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— 147 —
« La costituzione chimica dell' apiolo è ancora completamente ignota,
sebbene questo composto sia conosciuto già da molto tempo, ed anche noi,
lo confessiamo, ci troviamo ancor lontani dallavere trovato la soluzione del
difficile problema, che abbiamo intrapreso a risolvere.
fi Le ricerche più recenti suU'apiolo sono quelle di E. von Gerichten (*),
che datano dal 1876. L'apiolo è stato ottenuto dai semi di prezzemolo, as-
sieme ad un terpene, per distillazione con vapor acqueo. È un solido che
secondo v. Gerichten fonde a 80" e bolle senza scomposizione intorno ai 300**.
Cristallizza in aghi bianchi, insolubili nell'acqua e solubili nell'alcool e nel-
l'etere. Quando è fuso si solidifica molto difficilmente. La sua reazione ca-
ratteristica più nota è quella con l'acido solforico, in cui si scioglie per lieve
riscaldamento con colorazione rossa intensa; aggiungendo acqua alla soluzione
solforica si separa una sostanza fioccosa bruna. All'apiolo si attribuisce la
formola Cu Hu O4.
« Nostra prima cura è stata quella di avere dell'apiolo perfettamente
puro, per determinarne nuovamente la composizione. La sostanza proveniente
dalla fabbrica di E. Merck venne a questo scupo sottoposta ad una accurata di-
stillazione frazionata a pressione ordinaria ed a pressione ridotta. L'apiolo
bolle costantemente a 294^ a pressione ordinaria, ed a 179^ alla pressione
di 34 mm.
« I risultati delle nostre analisi confermano la formola C12 Hu O4, come
si vede dai seguenti numeri:
I. 0,2156 gr. di apiolo distillato a pressione ordinaria, dettero 0,5130 gr.
di COj e 0,1310 gr. di Hj 0.
II. 0,2378 gr. di apiolo distillato a pressione ridotta, dettero 0,5642 gr.
di CO2 e 0,1398 gr. di H, 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Cu Hj4 O4
I
II
e 64,88
64,77
64,86
H 6,75
6,53
6,31
« Finora non ci fu possibile di determinare il peso molecolare del-
l'apiolo per mezzo della densità di vapore.
« L'apiolo è volatile cod vapore acqueo, è solubile, oltre che nell'etere
e nell'alcool, anche facilmente nell'acetone, nel benzolo, nell'etere acetico e
petrolico. Non si combina con gli acidi né con le basi e finora non abbiamo
potuto ottenere composti coll'idrossilammina e colla fenilidrazina.
« Dei diversi prodotti di scomposizione dell'apiolo, che abbiamo ottenuti
finora, accenneremo soltanto a quello che si forma per ossidazione coU'acidoT
(I) Beri. Ber. K, 1477.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1» Sem. 19
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— 148 —
cromico. Si ossidano 4 gr. di apiolo con un miscuglio di 30 gr. di bicromato
potassico, 30 gr. di acido solforico concentrato e 600 e. e. d* acqua, bollendo
in un apparecchio a ricadere. Durante Toperazione si svolge anidride carbo-
nica e dei vapori di odore aldeidico, che però non riducono la soluzione d'ar-
gento ammoniacale. Dopo tre ore d'ebollizione, Tossidazione ò compiuta e per
raffreddamento si separano degli aghetti di una nuova sostanza. Si distilla
con vapor acqueo, per eliminare Tapiolo rimasto inalterato, ed assieme a
questo passano piccole quantità d'un acido volatile che non si è potuto affer-
rare finora. Filtrando si ottiene il nuovo corpo, che rimane in parte disciolto
nella soluzione cromica, da cui si può estrarre con etere. Il rendimento am-
monta al 20 Vo dell'apiolo impiegato. Ossidando l' apiolo con anidride cromica
in soluzione acetica non si hanno rendimenti migliori.
K II nuovo prodotto venne purificato facendolo cristallizzare dall'alcool
diluito. Fonde a 102°.
« Le analisi dettero i seguenti risultati, che conducono alla for-
mola CisHisOb.-
I. 0,1822 gr. di sostanza dettero 0,3838 gr. di CO^ e 0,0812 gr. di Hj 0.
II. 0,2268 gr. di sostanza dettero 0,4754 gr. di COt e 0,1006 gr. di H» 0.
III. 0,1928 gr. di sostanza dettero 0,4040 gr. di 00» e 0,0852 gr. di H, 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per OitHuOe
I II III
C 57,44 57,17 57,15 57,14
H 4,94 4,93 4,91 4,76
« La sostanza della formola Cu Hit Os ò perfettamente neutra. Non si
scioglie negli alcali ed è poco solubile nell'acqua. Si scioglie difficilmente
del pari nell'etere petrolico, facilmente invece nell'alcool, nell'etere, nel sol-
furo di carbonio, neU'acido acetico glaciale e nel benzolo ; da questo solvente
si separa in forma di lunghi aghi splendenti. Nell'acido solforico concentrato
si scioglie con colorazione gialla intensa; col riscaldamento la soluzione prende
un colore verde oliva e per aggiunta d'acqua si separano fiocchi bruni.
« Per ultimo vogliamo ancora aggiungere che l'apiolo dà, per ossida-
zione col camaleonte, del pari un prodotto neutro, che fonde a 122**, e pic-
cole quantità di un acido.
« Speriamo di potere fra non molto far seguire a questa breve Nota una
Comunicazione più estesa e più interessante.
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— 149 —
Ghimìca. — Ricerche chimiche sulla germinazione del Pha-
seolus vulgaris. Nota preliminare del dott. A. Menozzi, presen-
tata dal Socio Cannizzaro in nome del Socio Koerner.
« Nella germinazione dei semi le materie di riserva, azotate e non azotate,
servono per la costruzione dei primi oigani e pei diversi bisogni fisiologici
della nuova pianta ; e in questo periodo della vita vegetale avvengono neces-
sariamente molteplici metamorfosi sostanziali, diverse a seconda della natura
delle materie di riserva ed a seconda delle piante. Facendo astrazione da quella
parte di sostanze organiche che si scompone e si ossida fino a dare anidride
carbonica ed acqua, le materie non azotate, come amido, grassi, ecc., si tra-
sformano in sostanze diffusibili e si trasportano di cellula in cellula, dando
poi prodotti diversi a seconda delle circostanze. Anche le materie azotato,
gli albuminoidi, vanno soggette a profonde metamorfosi chimiche e danno pro-
dotti che si traspojtano da un punto all'altro dell'organismo per compire uf-
fici differenti
« Lo studio delle trasformazioni sostanziali in questo periodo presenta
uno speciale interesse, potendosi, meglio che in altri stadi, (quando la pianta
ha la facoltà di produrre nuova sostanza organica da anidride carbonica e da
acqua), ottenere dei criteri sicuri intomo alle funzioni delle sostanze organiche
diverse. Ed esso è stato argomento di ricerche per parte di molti scienziati.
Si sono fatti germinare dei semi in ambienti privi di sostanze organiche, i
germogli ottenuti si sono mantenuti all'oscurità, affinchò non intervenga il
processo di produzione di materia organica a complicare i fenomeni e rendere
non intelligibili i risultati, e dopo un certo tempo si è indagata la natura
delle sostanze contenute nelle pianticelle.
B I risultati però che queste ricerche ci hanno acquisito, sono lungi dal
completare le nostre cc^nizioni intorno alle trasformazioni diverse che avven-
gono nella germinazione. Così per le materie organiche non azotate le espe-
rienze del Boussingault ci hanno dimostrato che l'amido dei semi di maiz si
trasforma in zucchero, in celluioso, in gomma; quelle del Peters che le sostanze
grasse dei semi di zucca danno neUa germinazione, amido, zucchero, celluioso.
Osservando attentemente si scorge come restino non poche lacune, e fra altro
si presenta la domanda : di che natura è lo zucchero che si forma in queste
circostanze? Gli autori ammettono trattarsi di glucosio; ma il glucosio è stato
confiiso a lungo col maltese, ed a priori si comprende come non sia impro-
babile si formi maltese, almeno dapprincipio, inquantochè nei semi in germi-
nazione trovasi anche diastasi.
« Per ciò che riguarda le sostanze azotate le metamorfosi di queste fino
a poco tempo fa erano prese in poca considerazione. Gli sperimentatori si limi-
tavano a constatare che esse passano in parte sotto forma solubile, oltreché
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— 150 —
una parte dà luogo a formazione di fermenti diastasici è peptonigeni. Tuttavia
il fatto della presenza dell' asparagina nei germogli di parecchie piante, se-
gnatamente leguminose, mantenuti all'oscurità, in condizioni in cui Taspa-
ragina stessa non poteva provenire che dagli albuminoidi, indicava che queste
sostanze vanno soggette a profonde trasformazioni; e tanto più ciò risultava
quando a fianco dell'asparagina il Gorup-Besanez trovava nel 1874 nei germogli
di veccia, la leucina e la tìrosina. Ma un largo contributo di fatti hanno arre-
cato in questo campo, nell'ultimo decennio, le belle ricerche di E. Schulze
e dei suoi collaboratori, poiché ci hanno dimostrato una serie di trasformazioni
di sostanze azotate nelle piante, e ci hanno condotto alla conoscdnza di pa-
recchie nuove sostanze fisiologicamente molto interessanti. Nei germc^li di zucca
ha trovato glutammina, asparagina^ leucina, lirosina, ipoxantina, xantioa^
e guanina come prodotti di trasformazione degli albuminoidi. Nei germogli
del lupinus lutem, asparagina, acido fenil-ammidopropionico, acido am-
midovalerianico, traccio di leucina e tìrosina, ed una nuova sostanza azotata,
trovata dapprima nella veccia e nel trifoglio, e chiamata vernina. Una diffe-
renza essenziale &a le due sorta di germogli sta in ciò, che nei germogli di
zucca per quantità prevale la glutammina sngli attiri prodotti di scomposizione
degli albuminoidi, mentre nei germogli di lupino Taspars^ina ha di gran lunga
il sopravvento. Ciò che il Schulze spiega coli' ammettere che. questi prodotti
servano più o meno facilmente, a seconda delle piante, per la rigenerazione
degli albuminoidi, di guisa che i prodotti elaborati lentamente si accumulano
per una certa quantità, mentre quelli elaborati rapidamente non si trovano
che in piccola quantità o non si trovano afiatto.
« Il numero delle piante però a cui si riferiscono le ricerche del Schulze,
è troppo limitato per potere dai risultati delle ricerche stesse dedurre delle
conclusioni d'indole generale. Parecchie quistioni d'altronde rimangono insolute;
e si comprende come sia necessario accumulai'e quanto più è possibile ma-
teriale, instituendo esperienze con molte e diverse piante, e variando oppor-
tunemente le condizioni, onde ottenere i dati voluti per stabilire dei principi.
ft Nell'intendimento di contribuire all'esplorazione di questo campo, ho
instituito una serie di ricerche su piante in germinazione. Ho scelto dapprima
il Phaseolus vulgaris. Volendo indagare le trasformazioni delle sostanze azotate
e delle non azotate, la pianta da me scelta presenta condizioni favorevoli,
contenendo e le une e le altre in quantità notevoli.
» I semi furono posti a germinare nella sabbia, mantenuta umida con
acqua distillata, in un ambiente oscuro alla temperatura di 25^-30°. Nel ter-
mine di 10-12 giorni i germogli raggiunsero l'altezza di 25-30 cm. A questo
punto furono raccolti, tagliuzzati e spremuti. Il liquido ottenuto dalla spre-
mitura è poco colorato ; ha debole reazione acida ; fatto bollire e separato
dagli albuminoidi, che così si depositano, devia debolmente a sinistra il piano
della luce polarizzata; riduce il liquido di Fehling.
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— 151 —
e Concentiaiido il succo a b. m. e abbandonandolo quando è ridotto a
piccolo volume, dopo alcune ore comincia la separazione di asparagina^ sepa-
razione che continua per due o tre giorni. Raccogliendo Tasparagina, lavandola
con acqua fredda e rìcristallìzzandola da acqua bollente con un pò* di nero
aninoAle, si ottiene incolore e pura. La sostanza fu identificata oltreché
per l'aspetto e pel comportamento, anche colla determinazione dell* azoto e
dell'acqua di cristallizzazione.
gr. 0,2001 di sostanza seccata all'aria diedero e. e. 81,7 di azoto a 11^ e
alla pressione di 762 nun.;
gr. 0,9072 di sostanza perdettero a 100** gr. 0,1094 di acqua.
« Da cui:
Trovato Teorico per C* H. N« 0.. H, 0
No/o 18,96 18,67
H^O 12,06 12,00
^ « La quantità di asparagina che cosi si ottiene è piuttosto grande, e senza
dubbio nella pianta in questione essa supera di gran lunga gli altri prodotti.
L'asparagina fìi trovata nei fagiuoli in germinazione dapprima da Dessaignes
e Ghautard, in seguito dal Boussingault e da altri autori.
B II liquido da cui fu separata l'asparagina fu concentrato a sciroppo e
indi estratto ripetutamente con alcool a 90 % (voi). 11 primo estratto contiene,
a fianco d'nna piccola quantità d'asparagina, qua^i tutto lo zucchero e una
certa quantità degli altri prodotti che più sotto saranno descritti, ed esso fu
utilizzato per la separazione dello zucchero come si dirà in seguito. I successivi
estratti, separati da un deposito sciropposo e liberati dalla massima parte
dell'alcool, abbandonati per qualche tempo danno luogo a un deposito costi-
tuito da piccole masse, deposito che va lentamente aumentando per parecchi
giorni. La materia che così si separa ha l'aspetto della leucina greggia ; essa
risulta dalla miscela di diversi ammido-acidi, come esporrò fra poco. Una
nuova quantità della miscela stessa si ottiene diluendo il liquido sciropposo
molto colorato, da cui fu separata la materia or indicata, e trattando con
acetato basico di piombo. Il liquido separato dal precipitato, e liberato dal
piombo con idrogeno solforato, fornisce per concentrazione una nuova quantità
di miscela.
ft Questa miscela fu dapprima sottoposta a rìcristallizzazione da alcool
diluito, onde ottenerla incolore, e poscia si trattò in soluzione acquosa con
ossido idrato di rame. Si ottenne cosi una piccola quantità di un composto
insolubile di color bleu-chiaro ed un liquido di color bleu-cupo. H liquido
fa liberato dal rame con idrogeno solforato e indi concentrato. Ridotto
a piccolo volume, si depose poco alla volta una sostanza dell'aspetto e del
comportamento della leucina. Non potendosi aspettare d'aver a che fare con
un'unica sostanza pel fatto noto che i sali di rame degli ammido-acidi si
tengono reciprocamente in soluzione, la sostanza raccolta fu sciolta nell'acqua
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— 152 —
e trattata ancora con ossido idrato di rame. Si ottenne nuovamente nna pic-
cola quantità di composto insolubile. Il liquido fu liberato dal rame con
idrogeno solforato, e indi concentrato. La sostanza che si depose a piccolo
volume fu raccolta e purificata con ripetute cristallizzazioni da alcool diluito.
Da questa soluzione si depone per rafireddanmiento in magnifiche foglie bianche
splendentissime ; presenta grandissima rassomiglianza colla leucina naturale
purissima, e da essa con saggi qualitativi si distingue assai difScilmente.
L'analisi però del prodotto come pure quelle di alcuni suoi derivati, hanno
dimostrato in modo decisivo che la sostanza è acido ammido-valerianico.
L'analisi elementare ha dato questi risultati:
da gr. 0,2960 di sostanza si ebbero gr. 0,2562 di HjO e 0,5551 di COe;
da gr. 0,1903 di sostanza si ottennero e. e. 19,9 di azoto a 10^ ed alla
pressione di 744.
« Da cui :
Trovato Calcolato per C, H» NO.
C Vo 51,32 51,28
H » 9,64 9,40
N » 12,24 11,96
K La sostanza, tanto allo stato greggio quanto allo stato puro, presenta,
come s*è detto, grandissima rassomiglianza colla leucina naturale. Come questa,
una volta asciutta, galleggia sull'acqua, bagnandosi difficilmente; riscaldata
in tubetto d'assaggio dà un sublimato fioccoso, voluminoso, spandendo vapori
alcalini con odore di ammine. È però più solubile nell'acqua della leucina,
come è più solubile di quello della leucina il rispettivo composto ramìco.
[ Così pure il cloridrato ed il nitrato sono diversi dai corrispondenti composti
della leucina.
« Il sale di rame ottenuto colla soluzione dell'ammido-acìdo e ossido
idrato di rame, è abbastanza solubile nell'acqua specialmente a caldo, e dalla
soluzione bollente si deposita per raffreddamento sotto ferma di piccolissimi
cristalli di color bleu. L'analisi del sale di rame ha dato:
gr. 0,3041 di sale diedero gr. 0,0645 di Cu, pari a 21,2 Vo di Cu ;
Teorico per (0» H,o NOi)t Cu
Cu 21,4 Vo
B Per maggior sicurezza ho preparato il cloridrato ed il nitrato. Il cloridrato si
depone in prismi trasparenti solubilissind, della composizione CsHuNOt.HCl,
come risulta dalla determinazione del cloro:
gr. 0,3150 di sale hanno dato 0,2856 di Ag CI pari a CI 0,0714. Quindi:
Trovato Calcolato per C, Hn NO.. H CI
Cloro Vo 22,65 23,10
» Il nitrato si depone in lunghi aghi schiacciati bianchi, che si alte-
rano col riscaldamento sopra 100^.
« Acido ammido-valerianico è stato trovato da E. Scjiulze e I. Barbieri
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nei gennogli di lupini (^), e i caratteri dati da questi autori coincidono con
quelli della sostanza da me ottenuta dai fagiuoli. Non risulta se Schulze e
Barbieri abbiano osservato se il loro ammidoacido è otticamente attiro.
Quello da me ottenuto, in soluzione acquosa, è debolmente levogiro. La so-
stanza rassomiglia non poco all'acido ce-ammido-Talerianìco normale ottenuto
per sintesi dall'aldeide butirrica normale, ed all'acido ce-ammido-isoTalerianico
ottenuto dall'aldeide isobutirrica; tuttavia non si identifica con nessuno dei
due, differendone per la solubilità e per l'attività ottica. Così pure è diverso
da quello ottenuto dal Gorup-Besanez dal contenuto del pancreas.
« Mi riservo di sttidiare ulteriormente e di indagare la costituzióne di
quest'ammido-acido, il quale per la sua diffusione nelle piante acquista un
interesse fisiologico rilevante.
« H composto ramico insolubile ottenuto nel modo anzidetto dal tratta-
mento della miscela di ammido-acidi con idrossido di rame, fu sospeso nel*
l'acqua e scomposto con idrogeno solforato. Dal liquido risultante concentrato,
si ottenne un ammido-acido poco solubile nell'acqua fredda, e cristallizzabile
dall'acqua bollente in pagliette lucenti. L'analisi del prodotto, purificato ri-
trasformandolo in sale ramico e cristallizzandolo da acqua, ha dimostrato che
la sostanza ha la composizione C9H11NOS, corrispondente ^M* acido fenil-
ammido-propionico^ e l'esame delle proprietà indicherebbe trattarsi del me-
desimo anmiido-acido ottenuto da Schulze e Barbieri dai germogli di lupinus
luteus (^), pure a fianco di acido ammido-valerianico.
« Dall'analisi della sostanza si ottennero questi risultati:
gr. 0,2122 di sostanza diedero gr. 0,1332 di acqua e 0,5071 di GO^.
« e. e. 22,5 di azoto a 13<^C. e 747 mm. di
gr. 0,3099 «t
a
pressione.
« Da cui :
Trovato
cv.
65,17
H .
6,97
N »
8,42
Teorico per CsHxiNOt
65,45
6,67
8,48
« La sostanza scaldata al tubetto sublima con iscomposizione. La solu-
zione acquosa precipita con acetato ramico dando un composto di color bleu-
chiaro.
e Biserbandomi di ritornare in seguito sulle sostanze descritte per ciò che
si riferisce alla quantità ed alla distribuzione nelle diverse parti delle pian-
ticelle, nelle diverse condizioni ed epoche di sviluppo, farò notare che per
quanto ho potuto osservare finora, l'asparagina supera tutti gli altri prodotti
per quantità, poi viene l'acido ammido-valerianico e indi l'addo fenil-ammido-
pitopionico.
0) Joiini. f. prakt Chomie (2). 27. 387.
(') Jenni, fftr pnkt Chemie, L e.
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— 154 —
K Ag^xmgo che dai liquidi da cui si separò la miscela dì ammido-acidi
ora descritti, si ottenne, per ulteriore concentrazione, deposito di un ammido-
acido che piuttosto del conoportamento dell' acido ammido-yalerianico presenta
quello deUa leucina. Stante però la piccola quantità di sostanza ottenuta
finora, e la vicinanza grandissima nel comportamento fra acido ammido-va-
lerianico e leucina, non posso finora pronunciarmi su questo punto in modo
decisivo.
tt D*altra parte le sostanze descritte non sono i soli prodotti azotati pro-
venienti da trasformazioni degli albuminoidi nei germogli dei fagiuoli. I sci-
roppi da cui furono separate le anzidette sostanze danno un precipitato con
acido fosfo-volframico, che scomposto con barite ha fornito un prodotto cri-
stallizzabile. Così pure alcuni saggi indicherebbero la presenza di ipoxantina
e iantina. La caratterizzazione di queste sostanze è riserbata a ulteriori
ricerche.
« Come fu detto superiormente il primo estratto alcoolico del liquido
separato daU'asparagina e concentrato a sciroppo, contiene la massima quan-
tità dello zucchero. Quest'estratto ripreso parecchie volte con alcool e da ul-
timo abbandonato per qualche tempo, depone una massa cristallina costituita
principalmente da zucchero, ma inquinato da diverse altre sostanze, e molto
colorato. Liberata la materia cristallina dal liquido sciropposo, fu sottoposta
a ricristallizzazione da alcool. A motivo della presenza di altre sostanze fa-
cilmente solubili nell'alcool e nell'acqua non sono finora riuscito ad ottenere
zucchero allo stato di chimica purezza, e debbo quindi rimandarne lo studio
dettagliato. Ma faccio notare fin d'ora che l'aspetto ed il comportamento
deUo zucchero separato indicherebbero trattarsi di glucosio destroso. Riduce
il liquido di Pehling; devia a destra. Il composto con fenilidrazina, prepa-
rato secondo le indicazioni di E. Fischer, è costituito da aghi gialli facil-
mente cristallizzabili da alcool diluito e da acetone. Dopo averlo ricristal-
lizzato parecchie volte fonde a 205^.
« L'analisi elementare di questo derivato ha dato :
gr. 0,2499 di sostanza fornirono gr. 0,1371 di HjO gr. 0,5509 di COj.
gr. 0,1518 1» j» diedero e. e. 20,2 di azoto a 12*>C. e 747 neon, di
pressione.
« Da cui :
Trovato Calcolato per fenilglucosazone Ci8HssN«04
C Vo 60,12 60,33
H ». 6,09 6,14
N « 15,52 15,64
« In altra comunicazione renderò conto dei risultati delle ricerche sulla
natura precisa di questo zucchero, come pure delle prove instituite per inda-
gare se esso sia il solo zucchero contenuto nei germogli dei fagiuoli.
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— 155 —
« Faecio osservare che le sostanze descritte provengono da trasforma-
sione delle materie di riserva contenute nei semi, poiché ricerche apposita-
mente fatte hanno dimostrato che nei semi non germinati non si contengono
né asparagina, né zucchero, né nessun' altra delle sopradescritte sostanze tro-
vate nei germogli.
s È mia intenzione di estendere e completare le ricerche sulla germi-
nazione del Phaseolus vulgaris, per ottenere dei dati sui rapporti quantitativi
per diversi periodi e per le diverse parti delle piante, coltivate in condi-
zioni diverse. Come pure intendo instituire esperienze con altre piante appar-
tenenti a famiglie diflférenti, in ispecie con cereali, onde accumulare quel
materiale di fatti richiesti per •svelare e spiegare le trasformazioni sostan-
ziali nelle piante, e per dimostrare TufRcio delle singole sostanze accumulate
nei semi ».
MEMORIE
DA SOTTOPOBSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
P. CoRNAGLiA. Delle Spiaggie. Presentata dal Socio Betocchi.
PERSONALE ACCADEMICO
n Segretario Blaserna dà comunicazione di una lettera colla quale il
Socio straniero F. von Becklinghausen ringrazia l'Accademia per la sua
jiomina.
Lo stesso Segretario presenta inoltre una medaglia fatta coniare dalla
Società mineralogica di Pietroburgo in onore del mineralogo von Kokscharow,
Socio straniero dellAccademia, in occasione del 50^ anniversario della di
lui attività scientifica, e comunica la lettera colla quale la sopranominata
Società accompagnava il dono della medaglia.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, fa-
cendo particolare menzione delle seguenti inviate da Soci :
T. Taramelli. Del terreni terziari presso il Capo La Mortola in Liguria,
A. Kanitz. Magyar novénytaai oapok. XI Kvfoliam.
E. VON Bruecke. Varie opere, delle quali sai'à dato Telenco nel Bol-
lettino bibliografico.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1® Sem. 20
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— 156 —
Lo stesso SsaRETARio presenta anche la prima tradnzione italiana fatta
dai professori 6. e B. Canestrini, dell' opera di Carlo Darwin : Sulla
struttura e distribuzione dei banchi di corallo e isole madreporiche.
Il Corrispondente Cerruti presenta un fascicolo a stampa nel quale è
esposto il disegno deUa nuova edizione nazionale delle opere di Galileo, ed
aggiunge le seguenti parole:
» La nuova edizione, cui S. M. il Be ha concesso il suo alto patrocinio,
vien fatta a spese dello Stato e per cura del Ministero delVistruzione pub-
blica giusta il tenore del B. decreto 20 febbraio 1887. La direzione generale
del lavoro fd affidata al prof. Antonio Favaro del quale è nota la singolare
con^petenza negli stu^ galileiani: all'opera del Favaro, per quel che con-
cerne la cura del testo, sarà associata quella del prof. Isidoro del Lungo,
accademico della Crusca. Avanti che si mettesse mano alla pubblicazione, il
Ministero volle che fosse allestito e divulgato per le stampe un disegno esatto
della nuova edizione e che questo disegno fosse riveduto, discusso ed appro-
vato da tre nostri colleghi : i prof. Genocchi, Govi e Schiaparelli. Nel fasci-
colo, che ora presento all'Accademia, il prof. Favaro tesse una storia minuta
delle edizioni precedenti delle opere galileiane; parla delle vicende, non
sempre liete, toccate a manoscritti del Galileo e della sua scuola; espone i
criteri che saranno assunti come guida per la nuova edizione, la quale, per
quanto si prevede ora, comprenderà venti volumi di circa 500 pagine l'uno,
di sesto e caratteri pari a quelli di questo fascicolo. Il materiale inedito, o,
se già edito, non compreso nelle edizioni precedenti, non esclusa quella del-
l'Alberi, è considerevole pur computando soltanto il materiale già noto agli
studiosi. Ma non è dubbio che nuovi documenti ancora verranno alla luce
dalle ricerche che il Favaro si propone di istituire in biblioteche ed archivi
nazionali e stranieri ».
Il Corrispondente Boiti fa omaggio della 2* edizione dei suoi Mementi di
Fisica,
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna dà comunicazione di un avviso col quale parte-
cipasi all'Accademia essersi costituita in Milano una « Società Italiana di
elettricità pel progresso degli studi e delle applicazioni " ed aggiunge che
questa Società ha aperto un concorso a premio sul tema seguente :
« Monografia sugli elettromagneti, atta a servire di guida nello studio
delle forme e delle dimensioni degli elettromagneti di campo, nelle mac-
chine dinamo-elettriche ".
Tempo utile: 30 ottobre 1888; premio: una medaglia d'oro del valore
di lire 600.
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— 157
CORRISPONDENZA
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
La B. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo ; la B. Ac-
cademia zoolc^ca di Amsterdam; la Società Beale, la Società archeologica
ed il Museo britannico di Londra; la Società filosofica di Cambridge; Tlsti-
tato meteorolc^co rumeno, di Bucarest; l'Università di Oxford; il Comitato
geologico di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni:
La B. I. Accademia nautica di Trieste; le Università di Eiel e di
Heidelberg.
Bingrazia ed annuncia l'invio delle proprie pubblicazioni :
L'Università di Christiania.
P. B.
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— 159 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEL.LA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse dì scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 19 febbraio 1888.
G. FioRELLi Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SÒCI
Archeologia. — Il Vice-Presidente Fiorelli presenta il fasci-
colo delle Notizie degli Scavi per lo scorso mese di gennaio, e lo ac-
compagna colla Nota seguente.
s II territorio di Este nella Regione X, che dagli antichi sepolcreti che
circondavano Tabitato restituì in questi ultimi anni materiale ajrcheologico
preziosissimo, di età pre-renana e romana, diede nuora ed inaspettata copia
di oggetti oltremodo rari, che accrebbero le ricchezze del Museo atestino.
s Nel fondo del sig. Luigi Baratela, ad oriente della città, fu trovata
alcuni anni or sono un'abbondante suppellettile votiva, per lo più di bronzi
scrìtti in caratl;erì euganei, e si scoprirono resti architettonici di un edificio
sacro, che quivi sorgeva.
« Di questo nuovo materiale fece un accurato studio il prof. Gherardo
Ghìiardini, descrivendo partitamente le iscrizioni euganee, le antichità figu-
rate, gli oggetti di ornamento, gli utensili, e le monete.
« La prima parte di questo ampio lavoro inserita nel fascicolo di gennaio,
si occupa delle epigrafi, ed esamina prima quelle che sono incise in lami-
nette di bronzo, poi quelle che si veggono sui chiodi, in ultimo le iscrizioni
in piedistalli di pietra, destinati a sostenere statuette votive.
Kbndioonti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 21
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— 160 —
« Quattordici sono le epigrafi delle lamine, nna delle qnalì presenta pure
un'iscrizione latina. Di chiodi poi si ebbero circa dnecentocinquanta, e sorprende
in essi la varietà delle lettere che vi sono incise, e la maniera con cui furono
disposte. Le basi iscritte sono quindici.
<t Di questa scoperta furono date notizie incomplete fuori d' Italia ; e
dal favore col quale vennero accolte, si può argomentare la soddisfazione che
certamente avranno i dotti, nel trovare riunito nella monografia del Ghirar-
dini tutto quanto si può desiderare intorno air importante rinvenimento.
« Alla illustrazione de* monumenti scritti del deposito votivo di Este,
succedono note del ff. Gonmiissario dei Musei e scavi prof. E. Brizio, intomo
a vasi dipinti dell'antica necropoli di Bologna (Regione Vili) scoperti nel
fondo Arnoaldi, e sopra un sepolcro di tipo Yillanova, rinvenuto a Meglio
nel comune di Praduro e Sasso. ,
« A Cortona (Regione VII) nel luogo La Bassa^ fu scoperta un'urna di
pietra, sul cui coperchio è effigiata la figura di un uomo nel solito stile trascu-
rato delle urne volterrane; ed in contrada ScUvadagnOj si rinvenne altra
urna con iscrizione etrusca nel coperchio.
« In Orvieto continuarono le esplorazioni della necropoli volsiniese, in
contrada Cannicella, nel fondo Leone, dove varie tombe furono esplorate,
quasi tutte rovistate in antico.
« In Corneto furono pure visitate alcune tombe in contrada Ripagretta,
due delle quali solamente erano state rispettate dagli antichi depredatori. Erano
a buca quadrata, con entro un vaso dipinto in cui si contenevano i resti della
cremazione. Questi vasi sono anfore attiche, una di stile severo, un'altra di
maniera piuttosto trascurata.
« In Roma (Regione I) si trovarono avanzi di sculture marmoree, nei
lavori pel prolungamento di Via Cavour nella Regione della Subura; altre
tombe dell'antichissima necropoli esquilina, nella piazza Vittorio Emanuele;
altri avanzi di oggetti votivi, tra le vie Buonarroti e Macchiavelli, dove si
crede essere stato il tempio di Minerva Medica; ruderi di antiche fabbriche
in piazza di Termini, appartenenti agli edifici espropriati da Diocleziano,
quando costruì le grandiose Terme; finalmente molte iscrizioni si scopri-
rono nel cimitero tra le Porte Pinciana e Salaria. Dall'alveo del Tevere si
recuperarono varie migliaia di monete di bronzo e di argento, familiari ed
imperiali.
K In s. Maria di Capua Vetere, nel cortile del quartiere nuovo, tornarono
all'aperto ruderi di antiche fabbriche, e non pochi frammenti architettonici
marmorei, busti e statuette pure di marmo, e statuette fittili.
« In Gragnano, presso la piazza di s. Leone, fu rinvenuta un' urna di
marmo con iscrizione latina.
K In Nicotera (Regione III) si scoprì una parte di antico edificio, proba-
bilmente tempio, nel predio la Timpa, dove nelle indagini fatte pochi mesi
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— 161 —
prima, era stata rieonoscinta al proprio posto una colonna di granito, della
quale si potè misurare Taltezza che è di circa 6 metri.
s In lazzaro, frazione del cernirne di Motta s. Giovanni, nella provincia
di Seggio Calabro, fu recuperata un'iscrizione latina sepolcrale, che diede
occasione al Vice Direttore di quel Museo can. Di Lorenzo, di riassumere
tutte le memorie intomo alle antichità rinvenute nel paese predetto, ove
credè riconoscere il sito di Leucopetra, non esattamente indicato nella tavola
Peutingeriana.
s In Sard^a molte antiche sepolture si scoprirono nella r^one Carge-
ranu, nel comune di Settimo san Pietro, alcune costruite solo di embrici, altre
formate di grosse anfore con cadaveri incombusti. Vi si trovarono, a quanto
dìceei, parecchie monete di oro, ed altre di bronzo, molte delle quali, che
unitamente a globetti per collana, andarono disperse, erano forate ».
Psicologìa. — // fenomeno della rieordanza illusoria. Nota del
Socio Francesco Bonatelli.
« Questo, della ricordaraa illusoria^ è un fatto psichico che lo scri-
vente ha osservato parecchie volte in sé stesso ; perciò, quand'anche non fosse
intervenuto mai ad altri che a lui, meriterebbe pur sempre, come fatto che
gli è, che si cercasse di trovarne la spiegazione. Ma del resto io credo che
anche molti altri avranno avuto occasione d'osservarlo in sé medesimi e che
in moltissimi poi si sarà prodotto senza che lo avvertissero. Ragione di piti
per fame oggetto di stadio. Ed ecco qui di che si tratta. Preferisco esporre
dapprima un caso concreto; verremo dappoi al concetto generale.
« La scorsa notte io sognava d'avere occupato colla mia famiglia un
quartiere di certa casa situata non so in quale città. Discutendo con la moglie
sulla distribuzione dei mobili e sull' assegnare a questo o quell'uso le varie
camere del novo alloggio, io ricordava con perfetta chiarezza d'avere abitato
già parecchi anni prima quel medesimo appartamento e andava ripetendo:
qui allora s'era collocato il nostro letto, eostì era la stanza da studio e così
via. Svegliatomi e ricordando molto nettamente il mio sogno, io cominciai
a chiedere a me stesso in qual' epoca della mia vita avessi occupato quella
casa e in quale città. L'energia della ricordanza era tanta che dapprima non
ebbi, anche nella veglia, il menomo dubbio di non ricordare cosa realmente avve-
nuta; soltanto non mi riusciva di ranmientare la città e l'epoca, e solamente
dopo avere percorso col pensiero minutamente tutti gli alloggi dove sono tor-
nato dalla prima infanzia al dì d'oggi, ho finito con dovermi persuadere che
quella ricordanza era falsa. Era anch'essa parte del sogno. Quel dato quar-
tiere io non solo non l'ho abitato mai, ma nemmeno veduto.
« Itipensando allora, mosso dalla meraviglia e dalla curiosità, alla mia
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— 162 —
vita passata, mi ricordai d'altri sogni, nei quali m'erano apparse quelle stesse
camere e, quello ch'è più singolare, ricordai che in tali sogni queir alloggio
mi s'era presentato come già abitato da me molti anni prima. Si tratta dunque,
diremo generalizzando, d'una rappresentazione che nel sogno apparisce come
reminiscenza, mentre non è.
ft E qui taluno forse dirà che non c'è punto da meravigliarsi e che la
spiegazione del &tto è ovvia. Un sogno richiama un altro sogno e questo
secondo, rispetto al primo ò una riproduzione ; perciò figura come ricordanza
d'un fatto precedente. Come la vita della veglia, malgrado le interruzioni
del sonno e de' sogni, ripiglia la sua continuità al destarsi, così esser possi-
bile, anzi avvenire effettivamente in molti casi che la vita del sogno si con-
tinui malgrado le interruzioni della veglia. E invero taluni hanno descritto
de'casi di tali due vite d'uno stesso subbietto, alternantisi e costituenti cia-
scuna un tutto continuo e distinto.
« Io non so, di scienza certa, se quest'ultimo caso sia mai realmente
intervenuto con perfetta esattezza, e inclino a credere che siffatti racconti ten-
gano più del romanzo che della verità. Ma il caso mio particolare non si
acconcia del tutto alla pi-oposta spiegazione e ciò per le ragioni che seguono.
Prima di tutto, sebbene io sogni assai spesso, è un fatto per me accertato
da tutto quello che la memoria mi suggerisce, che non ho mai sognato due
volte di ritrovarmi nello stesso ambiente. Le case, le strade, le piazze, ove
mi vedo sognando, sono sempre assolutamente nuove e non corrispondono
mai in nulla a quel ch'ho veduto nella realtà. In psu*ticolare l' intemo delle
abitazioni da me sognate è sempre differentissimo — tranne rispetto a quell'ap-
partamento di cui ho parlato quassù — ; differenti, dico, tra di loro e da
quelli dove ho realmente abitato. In secondo luogo è da notarsi, che ciò che
ho riferito rispetto al sogno della notte passata, a me accade non di rado
anche nella veglia. Mi accade cioè che trovandomi in luoghi nuovi e in cir-
costanze nuove, i luoghi, le circostanze, i fatti, le persone, i discorsi che
si tengono, tutto insomma mi pare la esatta ripetizione di cosa intervenuta
im' altra volta. Ora qui, com'è chiaro, non è il caso di supporre che questa
illusione di reminiscenza sia dovuta a un sogno antecedente, dacché sarebbe
una combinazione improbabilissima o anche impossibile eh' io avessi sognato
prima esattamente proprio tutto quello che doveva accadermi più tardi.
« Quest'ultimo fenomeno — cioè il parere che ciò che è nuovo sia la
precisa ripetizione di cosa già avvenuta — io l'ho accennato più volte nelle
mie lezioni di psicologia e, per fissarlo con un appellativo, son solito chia-
marlo il fenomeno della falsa riflessione. Credo pure che altri psicologi l'ab-
biano notato, ma non rammento ora il nome di nessuno in particolare ; pro-
babilmente, se non erro, credo d'averne veduto qualche cenno nelle opere di
Herbart, ma non saprei trovare il luogo. Ora la spiegazione di questo fatto,
che mi sembra più verosimile, dovrebbe attagliarsi anche al caso della falsa
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— 16S —
ricordanza nel sogno. Si tratterebbe d'un gruppo di rappresentazioni attuali,
il quale benché affatto nuovo (almeno come un tutto, perchè quanto alle
parti si sa che debbono per forza essere o tutte o in grandissima parte ripro-
duzioni 0 ripetizioni) si affaccia alla coscienza come identico ad uno conser-
Tato nella memoria e che ora venga richiamato appunto per la sua identità
col presente.
• Se si pensa bene alle circostanze che accompagnano il fatto del ricor-
dare e dico particolarmente del ricordare che una cosa percepita ora ò stata
percepita altra volta, si vedrà che queste sono varie e di varia maniera. Per
altro la forma più ordinaria e quella che ci dà la persuasione più sicura
dell'aver già prima percepito quella tal cosa è questa: che T immagine della
cosa stessa, mentre ci è presente frammezzo a un complesso d'altre deter-
minate, ci apparisce anche sotto un aspetto più languido circondata da un
ambiente diverso. Siffatta diversità dell*ambiente impedisce, per la contrad-
dizione in cui sta coirambiente attuale, che rinunagine riprodotta di quel
dato oggetto si fonda e si unifichi con quella che ci viene offerta nel mede-
simo tempo dai sensi. Così si forma in noi un secondo piano, uno sfondo di
scena per così dirlo, il quale appunto perchè staccato dalla scena attuale
dev'essere per forza collocato fuori del presente, quindi nel passato o nel-
Tavvenire.
« In quali casi la scena fantastica che si contrappone alla presente (reale)
venga naturalmente, cioè in forza del gioco naturale del meccanesimo psichico,
collocata nell'avvenire anziché nel passato; in quali casi ancora oscilli in fra
due, talché si resti neU' incertezza se abbiamo davanti a noi una cosa acca-
duta 0 che potrà o dovrà accadere, è una ricerca di non piccolo momento per
la psicologia, ma che qui non crediamo necessario di approfondire (0- Per
(^) La coscienza della nostra individualità personale, che sotto forma più o meno distinta
ci accompagna costantemente, compendia in sé tutta la nostra vita passata. Perciò i fatti,
che appartengono realmente al nostro passato, hanno delle connessioni intime, quand'anche
non sempre esplicitamente avvertite e spesso nemmeno avvertibili, colla coscienza presente.
Questi legami peculiari, come servono a distribuire le memorie, almeno approssimativamente,
a* luoghi loro, dimodoché un fatto accaduto, poniamo, ventanni fa non si frammischia alle
ricordanze dell' ieri o dell'anno scorso, ma resta allogato fra altri gruppi più lontani, così
hanno per effetto immediato di resuscitare attorno a ciascuna reminiscenza un gruppo di
rappresentazioni e dì sentimenti, che già occupano un posto fisso nello schema generale
della nostra vita. Ecco, sommariamente significato, il carattere per cui le ricordanze si annun-
ciano alla nostra coscienza come tali. In quanto alPavvenire, esso non è, come parrebbe,
un campo interamente vuoto, attesoché noi pensiamo spesso al futuro, sia prossimo sia
più 0 meno lontano; un certo schema quindi, sebbene assai più indeterminato e vago, è
già tracciato anche per la vita avvenire. Di qui la distinzione tra le rappresentazioni che
si allogano decisamente nel futuro e quelle che non avendo nessun legame necessario nò
con lo schema del passato né con quello dell'avvenire, aleggiano per dir così in un campo
a&tto indeterminato.
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— 164 —
lo scopo di questa Nota basterà ricordare che altro ò il carattere con cui si
afiEsicciano aUa coscienza le mere riproduzioni (ricordanze), altro quello che con-
traddistiDgue i prodotti della fantasia (come soglionsi chiamare), vale a dire
le combinazioni nuove in tutto o in parte di elementi vecchi, ossia di riproduzioni.
« Tralascio dì ricordare altre circostanze, che possono concorrere a pro-
durre il medesimo effetto, come ad es. qualche mutazione sopravvenuta nella
cosa stessa, qualche particolar legame con un fatto già riconosciuto come appar-
tenente al passato e somiglianti e vengo al caso, che offre maggiore oscurità
ed è di più difficile spiegazione. Questo interviene aUorchò la percezione d'un
dato oggetto suscita in noi immediatamente il pensiero ch'esso fu percepito
altre volte, sebbene manchino tutti quegli accessori, che servono a proiettare
l'immagine nel piano del passato. In questo caso non ci sono nella nostra
coscienza due immiagini distinte della medesima cosa, l'una colla vivezza della
sensazione attuale, l'altra più pallida come riproduzione; bensì l'immagine
è unica, e ciò nulla meno siamo consci che la cosa fu percepita altre volte.
Parlando figuratamente, si direbbe che nei casi descritti dianzi la percezione
presente suscita dal fondo dell' incoscienza l' immagine identica, e questa nel
venire incontro alla sua gemella è arrestata davanti alla soglia del presente
dal contorno in cui è incastonata, cosicché rimane di fronte alla rappresenta-
zione attuale, e staccata ; nel caso ultimo, come isolata ch'ella ò, vola incontro
a questa con tanta rapidità che si fonde con essa, senza che la coscienza arrivi
a coglierla prima che la fusione siasi operata. Il che posto, si domanda dac-
capo donde nasca in tal caso la nostra persuasione che la cosa fu già altra
volta percepita.
« Io credo che a questa domanda non possa darsi, psicologicamente par-
lando, che una sola risposta. Un sentimento indistinto e indefinibile, eppure
efficace, accompagna questo fatto; sentimento che ha la sua causa sufficiente
nel processo psichico della riproduzione (e naturalmente anche ne' processi
fisiologici che la accompagnano, la condizionano o ne sono condizionati). Codesto
processo resta fuori della coscienza ; ma il suo valore come fatto psichico si
traduce in un sentimento. Ora un siffatto sentimento non ha alcun contenuto
rappresentativo (che altrimenti sarebbe rappresentazione e non sentimento) e
nella coscienza si annunzia solamente per il suo effetto, cioè per quella per-
suasione che vi produce che la rappresentazione attuale è, a dir così, foderata
d'una riproduzione.
« Ciò posto, se noi supponiamo che una rappresentazione attualmente pre-
sente nella coscienza (sia poi questa una percezione sensata, sia &ntasma puro
come nel sogno) per la particolar condizione in cui si trova o il sistema ner-
voso 0 l'anima nostra o tutti e due, dia origine a quel peculiare sentimento,
la rappresentazione ci si affaccerà come la ripetizione d'un'altra precedente.
Ed ecco spiegato e il &tto riferito del sogno e i fatti deUa falm ri/lemone
nella v^lia.
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— 165 —
ft Biinaiie a vedersi se questo tentativo di spiegazione debba arrestarsi
qui, 0 se sia possibile rendere qualche ragione anche del fatto introdotto nella
spiegazione detta, cioè del prodursi in noi quél sentimento anche senza che
sia data la sua causa solita e normale, che è il processo della effettiva ripro-
duzione. Io credo che, entro certi limiti, la cosa sia possibile ; ed ecco come :
« Conviene premettere una osservazione, che da vari psicologi è già stata
riconosciuta come vera, cioè che data nella coscienza una rappresentazione
attuale, che duri un certo tempo (ciò che in generale deve ammettersi di tutte),
mano mano che il processo della sua produzione prosegue, la parte di essa
che è passata si tragitta nel campo delle rappresentazioni oscurate e che pos-
siamo anche dir potenziali. Per es. a quel modo che, ove sia data la serie
successiva delle rappresentazioni A , B , G , al comparire di B si oscura A
e così B sì oscura al comparire di C , del pari se sia data una rappresenta-
zione B , la cui durata corrisponda a quella della intera serie A , B , G , noi
potremo concepirla come risultante da tre parti successive r , /, /', ciascuna
eguale nel contenuto ad. B, ma durante solo un terzo di questa e però al
comparire di / si oscurerà r, ed / si oscurerà al comparire di r".
« Ma le rappresentazioni uscite dall'attualità e doventate latenti possono,
com'è ben noto, rinnovarsi sia spontaneamente (che qui vuol dire per effetto
di processi intemi psico-fisici), sia per effetto del loro richiamo, dovuto a
un'altra rappresentazione attuale, che sia ad esse legata vuoi da somiglianzaT,
Tuoi da contemporaneità o successione. In tal caso quelle appariscono come
reminiscenze, semprechè non compaiano isolate, ma con quel contorno che s'è
detto di rappresentazioni e di sentimenti in contrasto con quelli che di pre-
sente occupano il campo. Ora la vicenda delle nostre condizioni complessive
è talora così rapida, che im elemento appena scomparso daUa coscienza, qua-
lora ricomparisca anche solo dopo un breve istante, trova mutato l'ambiento
psichico. In tal caso esso dovrà presentarsi coi caratteri d'una ricordanza. Farei
torto all' intelligenza del lettore se mi diffondessi a mostrare come questi fatti
contengano la spiegazione che da noi si cercava.
«Basti soltanto avvertire che effettivamente i casi in cui sogliono pro-
dursi queUe che abbiamo chiamato ricordanze illusorie e false riflessioni,
sono tali da ingenerare per l'appunto una vicenda rapidissima di stati psichici;
sono casi cioè in cui la nostra sensibilità è altamente eccitata e il nostro sistema
nervoso irritabilissimo. Il che infatti si avvera sia ne' sogni molto vivaci, sia
nella veglia quando ci troviamo in circostanze straordinarie, come a cag. d'es.
fra insolite peripezie di viaggi e somiglianti. In tali casi le rappresentazioni
attuali, man mano che si vengono svolgendo, sono accompagnate dalla ripro-
duzione della loro parte oscurata e così si genera nel nostro intimo quasi
un'eco incessante; donde quel peculiare sentimento che produco l'illusione
della reminiscenza » .
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— 166 —
Ardieologia. — II Socio Helbig presenta alla Glasse una figurina in
bronzo rappresentante un Sileno, ed accompagna la presentazione colle seguenti
parole :
« Ho l'onore di presentare all'Accademia una figurina di bronzo (alta
m. 0,11), la quale, come quella presentata nella seduta antecedente, fu trovata
ad Epidauro nel santuario di Asclepio. Rappresenta un Sileno, il quale sta
in piedi, appoggiando la sinistra sul fianco ed alzando la destra sopra il capo.
Siccome resta dubbioso, se quest* ultima mano abbia tenuto un attributo o sia
semplicemente stesa, così l'azione della figura non può determinarsi con sicu-
rezza. Può ^essere che il Sileno si prepari a ballare, alzando a tal uopo la
destra in maniera tipica, e può essere che abbia tenuto con questa mano un
vasetto e ne versi il liquore p. e. nella bocca d'una pantera che sarebbe stata
aggiunta sulla base mancante. Ma, malgrado quest'incertezza, spicca la ras-
somiglianza che tale figurina tanto nel tipo del volto quanto nella movenza
offre col Marsìa di Mirone. Essa dunque ci offre un nuovo esempio di come
i motivi inventati dai grandi maestri si modificavano e s'adoperavano in senso
diverso da altri artisti. Conosciamo giù due tipi che in tale maniera furono
derivati dal Marsia di Mirone, cioè quello dell' Atteone che si difende contro i
cani e quello d'un Satiro che col piede alzato vibra un colpo contro una
pantera (^). A questi tipi ora s'aggiunge il Sileno trovato ad Epidauro • .
Scienze sociali. — Un Socialista Cinese del V. secolo av. C. :
Mih'Teih. Memoria letta dal Corrispondente S. Cognetti de Martiis.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Storia letteraria. — Piero Strozzi fiorentino e la Metaf rasi greca
dei Commentarii di Giulio Cesare. Nota del Corrispondente Giacomo
LUMBROSO.
« U sig. Carlo Malagola ha ragione di ricordare nella sua Vita dell' Ureeo
(Bologna, 1878, p. 5) che « gli studi delle lettere elleniche in Italia fiori-
rono prima che altrove nella città di Firenze • , e di lamentare « non abbia
ancora trovato essa un uomo, come Venezia ebbe la ventura di trovarlo, che
imprenda a trattare questo argomento, utilissimo per tutte le città d'Italia,
per Firenze importantissimo e necessario « . E in fiitti vedasi il posto che
{}) Cf. FurtT&ngler: Der Satyr au9 Pergamon, p. 8 ss.
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— 167 —
occapa Tellenismo, perfino nella vita di un capitano di guerra ed ingegnere
militare, quale fu sopra tutto il fiorentino Piero Strozzi (1510-1558), ed il
gruppo che gli sta dietro di quesiti da sciogliere e dì ricerche da fare. Io
per me sono stato tratto a considerare da vicino questo episodio (^), dall'essere
venute, fra le mie letture, ad incontrarsi e combinarsi due notizie abbastanza
importanti in proposito, finora separate nella vastità della scienza ed incon-
sapevoli, per così dire, Tuna delFaltra. Uno schizzo dell'ellenismo nella vita
di Piero gioverà a porle in piena luce ; e non saprei cominciarlo meglio che
col ricordare l'ellenismo della vita del padre. Nel quale è notabile anzitutto
certo culto esclusivo della sapienza e letteratura antica pagana, che il figlio
ebbe poi comune con lui, o meglio tutti e due ebbero comune con altri in-
fervorati di rinascimento. « Il estoit fort S9avant (dice il Branthòme di Fi-
lippo Strozzi) ; et voylà pour quoy ce grand s9avoir luy nuisit à sa creance.
On dit que feu M. De Strozze son fils luy ressembloit un peu en ceste foy...
La reyne (Caterina de' Medici) qui l'aymoit, et son ame et tout, après l'avoir
souvant presse et importune de lire dans la Bible... après plusieurs reffus, le
tenant un jour en sa chambre, luy monstra ladicte Bible pour y lire au
moins un chapitre qu'eUe luy monstra, pour l'amour d'elle; ce qu'il fit et
le Ut: et y ayant trouvé un passage qui ne luy pleust, il ferma aussy test
le livre. et dit à la reyne que ce passage luy faisoit perdre le goustz de
lire les autres » (2). Del resto Filippo Strozzi « nei primi suoi anni, udì nelle
greche lettere Fra Zanobi Acciainoli nella sua facoltà eccellente » , e << attese
all'Umanità talmente, che quella lingua ben tosto possedè « , e « fece in sua
gioventù più annotazioni sopra scritture greche » (^). Poi, prigioniero nel
« Castello di Fiorenza » , troviamo che carteggiò col Vettori di testi e di
quesiti greci, ed a correggere, per uso di Alessandro Vitelli, im volgarizza-
mento del B Trattato degli Ordini della Bomana milizia », nel quale erano
molti errori « per non avere lo interpetre visto Polibio greco ma il latino » ,
« dal greco fonte trasse e formò i la sua traduzione (^), e infine par che
studiasse, poco prima di uccìdersi, uno scritto morale di Plutarco (^). Dunque
ellenista il padre di Piero veniente die di sua vita et decedente. Va poi
' notata in lui un'altra cosa che in quell'età, aprente o promettente il suo
cnrms honorum ecclesiastico agli umanisti, è per sé sola im indizio di sol-
(1) Oltre ai testi che andrò citando, mi è riuscito di leggere la poco divulgata operetta
di Francesco Tracchi, Vita di Piero Strozzi fiorentino, maresciallo di Francia, scritta
iui documenti originali, Firenze, 1847, ma senza profitto per il mìo soggetto.
(*) Oeuvres complètes, Paris (Jannet, Paquerre, DaflBs), 1 858-1878, t. V, p. 50 e segg.
P) Vita di Filippo Strozzi scritta da Lorenzo suo fratello, premessa alla Tragedia
del Niccolini, Firenze, 1847, p. XI e CXX.
(*) « Documenti letterari » aggiunti alla Vita suddetta, p. 343-357.
(5) Documento presso L. A. Ferrai, Cosimo de'Medici duca di Firenze, Bologna,
1882, p. 116.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1** Sem. 22
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lecito ayyiamento del figlio nelle lettere e nella erudizione Q). Filippo
ft disegnava, dice Antonio di Lnca Albizzi (^), come fosse Piero in età di
farlo prete, perciò che essendo stato il cardinal de'Medici (zio di Clarice sua
moglie) Tanno 1513 creato papa, sperava per suo mezzo esso dover venir
grande nella Chiesa, e questo fu la cagione per avventura, che egli lo man-
dasse, mentre era piccolo fanciullo per alcun tempo vestito da prete, e di
color paonazzo... Accrebbe il desiderio di Filippo la creazione di Clemente,
sì per lo parentado et amicizia... come anco per le molte speranze che il
Pontefice gliene dava; per questo si messe con ogni industria a persuader
Piero, che pigliasse Tabito da Prete e volesse attendere alla Corte Romana " .
Ed anche nel Varchi si legge che « sotto le promesse fatte da Clemente più
volte al padre di doverlo far cardinale, Piero s*era vestito da prete, e andato
fuora per Firenze in abito di sacerdote », il che più tardi « non poteva né
sdimenticarsi né sgozzare » (^). Il Branthdme poi ci dà, benché in ordine
rovescio, la correlazione degli studi di Piero a questo disegno paterno : « il
fust en ses premiers ans bien nourry et instruict aux lettres par le seigneur
Philippe Strozze son pere ; de sorte que, pour y estro trés parfaict, son pere
le voulut à Teglise » , soggiungendo « Mais, pour avoir esté reffusé d'un chap-
peau de cardinal, il quieta tout de despit, et prit les armes, non pas pour-
tant qu*il discontinuast jamais les sciences, encor qu*il fust à la guerre, ne
list et n*en escrist « {*): continuità dimostrata, come si vedrà, da altri fatti,
ed anche da questo che Piero alla sua volta « fust fort curieux de faire trés
bien nourrir, et sur tout trés bien instruire aux bonnes lettres (suo figlio Fi-
lippo); et desiroit qu*il y sceust autant que luy ; car il y estoit trés parfaict;
mais pourtant, son filz n'y pouvoit approcher; si en S9avoit il assez » (S).
Di più leggiamo altrove in Branthdme: « Il paroissoit bien aussy que ce
grand capitaine estoit bien amateur des lettres, car il avoit une trés belle
bibliotheque de livres. Je ne dìray pas de luy comme le bon rompu le roy
' Louis XI disoit d'un prelat de son royaume qui avoit ime trés belle librairie
(^) Xnstruzioni inRoscoe Lorenzo il M,, Pisa, 1816, t. 3®, App. p.LXXXI: « Messer
Giovanni, il quale io ho fatto Prete, e mi sforzo di lettere nutrirlo in modo, che non abbia
da vergognarsi fra gli altri ». Affò Vita di Pierluigi Farnese, Milano, 1821, p. 52: « Se
Banuccio suo figlinolo... con sommo calore attendeva allo studio delle greche, e latine let-
tere, il tutto avveniva per la sollecitudine del Pontefice, che disegnava di fame un chiaro
lume della Chiesa». P. 89: « Ranuccio... alla presenza del Papa e di vaij cardinali diede
pubblici saggi della sua letteratura greca e latina... onde meritò d'esser promosso di quest'anno
medesimo all'onor della porpora ». Dejob, Muret, 1881, p. 852: « Le titre d'érudit pouvait
inspirer Fespoir du cardinalati..» ecc.
(*) Vita di Piero Strozzi, nel volumetto di C(esare) G(uasti) Vite di Uomini d'arme ecc.
Firenze, Barbera, 1866, p. 512. Io mi sono valso qui del ms. Gorsiniano 1320.
(3) Storia fiorentina, ed. Arbib, Firenze 1844, t. 8, pag. 6.
(*) Oeuvres, t. Il, pag. 246.
P) Oeuvres, t. VII, pag, 286.
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et ne la voyoit jamais, qn'ìl ressembloit un bossn, qui ayoit une belle grosse
bosse sur son dos, et ne la yoyoit pas. Mais M. le mareschal visitoit, voyoit
et Hsoit souvant sa belle librarne « (^). Oltre alla quale aveva « uno stu-
diolo 0 scrigno pieno di medaglie d'oro antiche « (^), o come scrive Caterina
de*Medici ia suo carteggio, « de medailles et antiquitez » {^): cosicché sotto la
corazza del capitano di guerra, del « maraviglìosissimo bravo », come lo
chiama il Cellini, Piero Strozzi nascondeva anche questo tratto caratteristico
del 9ompinto umanista d'allora.
« Ma veniamo al greco. L'Albizzi nella citata biografia, non solo narra
ch'egli « attese nella sua fanciullezza agli studi dell'Umanità assai diligen-
temente, i quali non abbandonò mai mentre stette in Fiorenza», e che più
tardi « fu mandato a studio a Padova » (^), ma nota espressamente che « nella
greca lingua molto bene era introdotto », aggiungendo un « si dice essere
stato suo maestro Marcello Cervino da Monte Pulciano, che poi fu Papa
Marcello secondo ». Nulla di ciò nel commentario De vita Marcelli II di
Pietro Pollidori, Boma, 1744. Il Varchi coetaneo e conoscente di Piero (5),
ce lo presenta, a diciassette anni, « sotto la custodia di ser Francesco Zeffi
suo precettore » , e tornando a ragionare di lui quando era su i ventidue
anni (1532), dice che ^ intendeva comodamente la lingua latina, e faticava
più che non sogliono fare i suoi pari, sotto ser Francesco Zeffi suo precettore
nella greca » (^) : ellenista ed ins^nante non cattivo lo Zeffi, a giudicare
anche da altre notizie. Vincenzo Borghini che fu suo scolaro (1537, 1538),
racconta (Manni, Sigilli III, 84) delle sue lezioni di lettere greche e lo dice
« huomo litteratissimo », « del quale habbiamo fatto più frutto, che di alcun
altro maestro ». Al che il Bandini aggiunge (Calai, cod. lai. BibL Laur.^
Ili, 401) : « Habeo in privata mea bibliotheca Sophoclis tragoBdias septem,
ab Aldo Venetiis impressas a. 1502, cum correctionibus et notulis graecis
elegantissimis manu Francisci Zeffii, qui nomen suum prodit in ultima pagina
sic: xTfjjiia OQayxiCxov xov Zaifpiov xaì rtàv (pikcov »: il quale motto sembra
(») Oeuvres, t. H, pag. 248.
(*) MontalYo, Belat della guerra di Siena, presso Carlo Promis, Biografie di inge-
gneri militari italiani, Torino, 1874, p. 290.
P) Lettres de Catherine de Médicis, publiéesparHectorDeLaFerrière, Parigi, 1880,
t I, p. 563.
(<) Corsiniana 1320; cf. 410 (= Magliab. CI. XXV, 337)= Chigiana G. Vm. 220:
Vita di Piero Strozzi scritta da Gio. Batt. Strozzi il cieco, con lettera dedicatoria., d
Roma 23 gennaio 1611, e Bandini, Collectio vet. moniment., Arezzo, 1752, p. XXTT (Gio-
Tambattista Adriani famigliarìssimo in Padova de' figlinoli di Filippo Strozzi).
P) Opere di Donato Giannotti, Firenze, Le Monnier, 1850, II, p. 419 (Ben. Varchi
nell'a. 1538 in Venezia presso Messer Pietro Strozzi).
(«) Storia fior., ed. cit t. I, p. 167, t IH, p. 6.
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essere indìzio di non povera libreria (0; ma comunque, elegantissime postille
greche non si fanno da chi conosca così così quella lingua. Infine il prof. Pic-
colomini, in una lettera inserita dal prof. Yillari nel suo << Niccolò Macchia-
velli 1» (I, 540), scrive che nel Cod. Laur. 40 del Plut. 89 inf. si ha una tra-
duzione di Francesco Zeffi del frammento di Polibio sulle forme degli stati (^).
« È noto che Piero Strozzi, datosi in seguito all'armi, ed alla bandiera
che « pareva la più degna » ai repubblicani d'Italia {% si fece soldato di
Francia (1536), ebbe nell'anno 1543 in Parigi lettere di naturalitìi (*). Or
quivi correvano i tempi di Francesco I, correvano i tempi del Budeo, che è
quanto dire del nascimento e del primo fiorire deirellenismo in Francia, pro-
mosso e caldeggiato da dotti, da letterati, da stampatori, dal re, dai mi-
nistri, dai cortigiani (^). Fra i quali sopraggiunto lo Strozzi, e come oriundo
della dotta Italia e come Piero, è impossibile, chi lo conosca, gli venisse
meno in ciò solo la voglia d'essere tenuto eguale o superiore ad altri qual-
sifosse. Del resto da un passo del Branthdme che dovrò recitare più innanzi,
sì potrebbe arguire che avessero commercio, anziché od oltreché col figlio,
propriamente con luì, due valorosi cultori francesi dell' ellenismo, il Daurat
ed il Bonsard; né lo vieta punto la cronologia (^); e se così è stato, da quel
testo trapela il compiacimento con che talvolta andò loro mostrando il suo
valore nelle lettere greche. Ma checché sia di questo, un fatto certo e significante
é che la gran raccolta di manoscritti greci del card. Bidolfi, fu acquistata,
anni dopo, nel 50, da Piero Strozzi « qui aimoit passionément les livres «,
dice un relatore dell'acquisto, « et qui s9avoit le grec aussi bien qu'aucun
honmie de son siécle i»; e fattala trasportare in Francia, la tenne gelosa-
mente presso di sé finché visse (7).
« Tuttavia le notìzie che precedono sono un nulla a paragone di que-
sta, dataci dal solo Branthdme: « Pour plus grande preuve que j'aye jamais
(*) Lo usavano bibliofili insigni di quel tempo : v. Muntz et Fabre, La Biblioth. du
Vatican au XV* siécle^ 1887, p. 308 e 347; Bandini, De vita et script is Petri Victor i,
p. XXXIV; Le Boni de Lincj,Jiechercke3 sur Jean Orolierf Parigi, 1866, p. 65, 87.
(') Altri documenti, ma non per noi, della yita letteraria deUo Zeffi, possono Tederai
nel Bandini, Specimen litter, fiorente 1751, n, p. 94 e nella Vita di Filippo Strozzi il
vecchio scritta da Lorenzo suo figlio, con documenti ed illustrazioni di Gius. Bini e di
Pietro Bigazzi, Firenze, 1851, per Nozze, p. XXI. Nel Varchi è da osservarsi intomo allo
Zeffi anche il racconto a p. 259 e segg. del t. m.
(3) Carlo Promis, Biografie cit. p. 257.
(^) Benvenuto Cellini, Vita, lib. 2S § 19.
(5) D. Bebitté, Guillaume Bude restaurateur des études grecques en France, Pa-
rigi, 1846 , p. 104, 110, 116, 244, 248, 255, 274.
(«) P. Blanchemain in Oeuvres de Ronsard, Parigi, 1867, t. Vm, p. 12: « En 1543
Ronsard se donna tout entier aux Grecs et aux Latins... H s*en alla partager avec Antoine
de Balf, les lefons du savant helléniste Dorat».
P) V. r u Auteur du Mém. hist. » in Delisle, Le Cabinet des Manuscripts etc. 1868,
I, 209.
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yeu de mondìct sieur le maxeschal . . . de son s^avoir, 93 esté les Comman-
taires de Caesar qu'il avoit tournez de latin en grec, et luy-mesmes escrits
de sa main, avecque des Commants latins^ additionSj et instructions pour
gens de guerre^ les plus belles que je vis jamais, et qui furent jamais
escriptes. Le langage grec estoit tròs beau et tròs eloquant, à ce que j ay
ouy dire à gens très s^avans qui Tavoient veu et leu, comme M. de Bonsard
et M. Daurat, s*estonnans de la curiosité de cet homme à s'estre amusé de
£aire cette traduction, puisque Toriginal estoit si eloquant latin, et disoient
le grec valoir le latio. Voilà ce que je leur en ay ouy dire, car j'entends
autant le grec comme le hault alleman; mais sfachant un peu de latin, je
trouYois les Commants très beaui et dignes d'un grand homme de guerre.
M. de Strozze son fils m*a monstre souvant ce livre, et permis de lire dedans
devant luy, mais non jamais de le transporter ailleurs, ce que j'eusse fort
voulu pour en desrober les plus beaux traicts ; mais encor que nous fussions
fort grands amis, il m*en reffusoit tout à trac, tant il en estoit jaloux. Je
ne 89ay ce qu*il est devenu; mais e' est grand dommage que ce livre n'est
imprimé pour les gens de guerre »» (^). Avendo noi d'innanzi agli occhi la
vita intera dello Strozzi, tutta audacia, sapere, tenacità di proposito, ope-
rosità instancabile (^), e in quella vita intera, due vene principalissime di
studio : la lingua greca e Cesare (^), e non lungi dallo Strozzi Carlo Quinto,
pel quale un dato autore e una data lingua diversi, ma voluti entrambi
coltivare assiduamente, si fondon in una sola lettura ed occupazione che diventa
mezzo efficacissimo a ritenere Tuno e a non dimenticare l'altra (^), e non lungi
dalla metafrasi greca di Cesare, qualche frammentaria metafirasi greca di
altari classici latini (^), potremo forse dar ragione del fatto dello Strozzi,
ma questo rimarrà pur sempre sorprendente come agli occhi dei contemporanei.
« Quale sia stata la sorte poi del manoscritto, né il Branthdme (scri-
vente nel 1590) ce lo sa dire, né altri, credo, sa. Dal contesto si vede che
non passò insieme coi codici Ridolfi nella biblioteca di Caterina de* Medici,
qmndi nella Beale ed ora Nazionale biblioteca di Parigi (^), ma fu dopo la
(i) Oeuvres, t. Il, pag. 247.
(*) Carlo Promis, op. cit. p. 255-294.
(3) Albìzzì e Gio. Batt. Strozzi 11. citt. « Cesare i cui commentar] leggeva continua-
mente e portava appresso di sé » ; Montaigne, Msais, II, 34 : u il avoit prins Cesar pour
sa part » ; Branthòme, t. VII, pag. 312 : « il 89avoit et vouloit fort praliquer ce qu'il
aToit leu des guerres anciannes ».
(**) Branthdme, t. I, p. 102 : « il fist traduire Thistoire de messire Philippes de Co-
mines fran90Ì8e, en toutes les autres qu'il sjavoit, pour ne les oublier, les pratiquer, et re-
tenir mieux la diete histoire n,
(5) Mureti scripta selectà ed. Teubn., Lipsia, 1873, n, p. 35, Epist. XXIII (Seneca
tragico); Egger, Ilist. de VHellén, en France I, 222 (Virgilio, Marziale).
(«) Branthdme, II, 246 ; Delisle, 1. cit.; Mazzatinti, Invent. dei mss. ital. delle BibL
di Francia,!, Roma 1886, p. CXII; Nolhac, Invent, des mss. greca de Jean Lascaris in
«Mélanges de TÉcole de France de Rome », VI, 1886, p. 251.
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— 172 —
morte di Piero (1558) gelosissimamente custodito dal figlio ehe morì nel 1582.
È sperabile che in qualche ripostiglio d'oltremente esso esista tuttora e venga
fuori quando che sia alla luce. Ma intanto si può domandare se la traduzione
di Piero Strozzi niente abbia che fare colla metafrasi greca dei Commentar!
di Cesare edita nel 1606 e d'ignoto autore. Sarebbe ozioso il quesito se il
manoscritto che ha dato luogo alla stampa, fosse venuto, poniamo, da Bisanzio,
e se il testo avesse un sapore antico od orientale. Ma ecco la storia del
manoscritto, ecco la fortuna del testo, in questi tre secoli, presso i filologi,
i quali nulla sapendo del fatto strozziano, non sono stati al certo guidati mai
da un preconcetto. Paolo Petau (1568-1614) aveva in Parigi una bella biblio-
teca, ricca di manoscritti (^), in parte provenienti dalla dispersione (1590) di
quella del Fauchet (1530-1601), il quale, sia detto di passata ed a buon
conto, fu probabilmente intrinseco dello Strozzi (^). In quella biblioteca esi-
steva manoscritta (non si sa se originalo o copia) una metafrasi greca dei Com-
mentari di Cesare. Questa metafrasi, il dotto Bongars (1654-1612), cugino
del Petau (3), essendo Besidente ed Ambasciatore di Enrico IV in Germania,
comunicò, con grande aspettazione dei dotti {% allo Jungermann, che la rese
pubblica nella sua edizione di Cesare (Francoforte, 1606). Ma chi ne poteva
essere l'autore? Lo Jungermann e lo Scaligero opinarono che fosse Massimo Pia-
nude, od un coetano, od un imitatore di Planude ; altri non si contentò, ci vide
una mano migliore; altri Teodoro Graza. Questa, in breve, la prefazione del primo
editore. Ora si seguiti collo scritto De graeco metaphraste commentariorum
Caesaris dello Heller, nel « Philologus »» d'or fa trent'anni (t. XII, 1857,
p. 107-149). Dopo avere riferito quel « satis splendidum judicium de interprete »
il quale « in caussa fuit, cur translatio eius mox magnam auctoritatem conse-
queretur ^ , tanto che « insequentes commentariorum Caesaris sive editores sive
enarratores eam ubique consuluerunt, non tantum ad sensimi verborum ipsius
Caesaris indagandum, verum etiam ad textum eius constituendum «> , egli accenna
la declinante fortuna del testo così : » Nunc quidem apud Caesaris editores inter-
pretis auctoritas ad minimum fere redacta est. Quorum recentissimus Schneide-
rus, quamquam verba eius innumeris locis commemorat, in praefatione p. XLIX:
tf huic metaphrasi, inquit, nihil tribuimus, quippe quam ad Ubros miss, potius
quam ad editos seculo decimo sexto factam esse persuadere nobis nondum potue-
rimus » , indi prosegue : « Quod Schneiderus inchoavit nec perfecit . . . iam ^o
absolvam atque ita illustrabo, ut nisi caocus esse aut luci sponte occludere
(1) L. Jacob, Traicté des plus belles hihl. 1644, p. 552. Cf. per le vicende, Le Roui
de Lincy, op cit. p. 315, Delisle, op, cit. I, 287; Mazzaiinti, op. cit. p. CXXIX.
(«) J. Simonnet, Le Président Fauchet in Revue hist. de droit frariQ, et étrang, voi. IX,
1863, p. 425470 (« Pendant le siége de Sienne, en 1555, il fit plasieurs voyages en France,
pour en porter des nouvelles aa roi Henri Un).
(3) Lettres de Jacques de Bongars (a La Haye, 1695) n, p. 661. L. Anquez, Henri IV
et VAUemagne d'après les mém, et la corresp, de Jacques Bongars^ 1887, p. Xin.
(*) Scaligeriana, 1669, p. 73: aHabebimus Caesarem graece versum».
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— 173 —
Telis ocTilos, totam eam caossam te piane perspicere necesse sit fateare: ver-
tisseque sua metapfarasten ex Bob. Stephani exemplari Par. 1544 impresso,
iis eTÌncam aigamentis, ut in texta commentarioram Gaesaris recensendo emen<
dandoque ne mentio quidem graeci interpretis anoiplias fieri posse videator » ,
e provato ciò con yentotto pagine di argomenti, non si ferma: « lam sequitor
necessario nt graecus ille metaplirastes ne Graecus quidem fuerii Quis enim
Graecns post 1544 etiam nimc Gaesaris conmientarios vertisset? Qnod qnamvis
admirabile vel paradozon primo adspectu videatur, sermonem metaphrastae
accuratius consideranti iam non dubium apparebit . . . Sane panca quaedam
felidter expressisse metaphrasten non inficior; mnlta alia satis bene narrasse
Tidetnr: verum nulla fere est pagina, in qua non inveniantur gravissima vitia
ac peccata eiusmodi, qualia vix homo graecus natione committere potuisse
Yideatur » . Seguono vizi e peccati, e poi : << Jam sì Graecus non fuit graecus
ille metaphrastes, ex alia eum natione fuisse necesse est ...» . Ghi conosce
il fatto dello Strozzi e piglia gusto e diletto delle scoperte della critica, non
può giungere a questo punto del vigoroso e penetrante scritto, senza trame
ammirazione. Si direbbe che per virtù propria, per forza di raziocinio, la Gri-
tica filologica ancorché con una benda sugli occhi stia per toccare con mano
lo Strozzi. Ma poi si legge; « Ego arbitror Gallum eum fuisse etc. «. E se
indizi ci sono di mano gallica, bisogna contentarsi di oscillare fra queste due
supposizioni, 0 che si avesse nel manoscritto Petau una copia alcun poco infran-
cesata del lavoro strozziano, o che nello stessissimo luogo d'Europa e momento
della storia, siano state fatte nientemeno che due metafrasi greche dei Gom-
mentali.
« Pazienza per il greco, ma dove sono iti e chi ci darà mai i Commants
latinSj addiiions et tnstructtonSy insomma gli studi e le meditazioni di un
Piero Strozzi su Giulio Gesare capitano di guerra? ^
Filologia. — Per la Fonistoria protaria. Nota del prof. F. Q.
Fumi, presentata dal Socio Momaci.
Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Etnografia. — Ornamenti personali dei Melanesi esistenti nel
Museo Preistorico di Roma. Nota del dott. Q. A. Golini, presen-
tata dal Socio PiooRiNi.
« n dott. Ottone Finsch ha recentemente pubblicata un' interessante Me-
moria (0» la quale serve ad illustrare alcuni singolari ornamenti personali
della Nuova Guinea esistenti nel Museo Preistorico di Soma.
(1) Mittheil. d; Anthr. GeseUsch. in Wien, voi. XVH, p. 153.
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— 174 —
« I Melanesi, scriye il Finsch, non riconoscendo il valore delle nostre cose
preziose, stimano le monete di oro quanto quelle di rame, un diamante quanto
un vetro colorato, e senza esitazione preferirebbero un pezzo di ferro vecchio
0 di vetro al più splendido gioiello. Ad eccezione dei centri commerciali
importanti, come Mioko e Matupi nella Nuova Bretagna, nelle isole della
Melanesia s'incontra di rado qualche indigeno, il quale comprenda che il
dollaro ha maggiore pregio delle monete di conchiglia o dei braccialetti di
Trochus. Gli ornamenti personali fanno nel commercio e nei cambi le veci
delle monete, e ve ne hanno alcuni ai quali si attribuisce un altissimo valore
per la rarità del materiale di cui sono fatti, o per l'abilità con cui sono
lavorati. Siccome poi gli indìgeni sogliono tuffarsi nell'acqua o vagare nei
folti boschi rivestiti dei loro ornamenti, così per farli hanno bisogno di mate-
riale solido, e perciò usano di preferenza, insieme a varie specie di conchiglie,
i denti, i quali crescono di pregio quanto più sono rari per la loro natura,
0 per la scarsezza degli animali da cui sono tratti.
« Il Pinsch aggiunge che, ai denti degli animali selvaggi, salvo poche
eccezioni, si dà poco valore, e soltanto in determinate località, mentre quelli
degli animali domestici, il cane ed il porco, erano e sono ancora in parte
pregiati in tutte le isole del Mare del Sud. I canini del cane erano una volta
tanto stimati dagli indigeni delle Hawaii, quanto lo sono ora dai Melanesi
della Nuova Guinea e delle Salomone, i quali li annoverano fra i mezzi più
preziosi di cambio, e attribuiscono loro un valore che può compararsi a quello
deUe grosse monete di argento presso noi (^). Molto j)iù dei denti del cane
poi sono stimate le zanne del porco, da cui ricavano molti e vari ornamenti (2).
« Il Museo Preistorico possiede nelle collezioni della Nuova Guinea una
ricca serie di collane, di fasce per la fronte e per la vita ecc. ornate con
(*) A causa del loro alto valore, le collane di denti di cane debbono, insieme ad altri
oggetti preziosi, fare sempre parte del prezzo che gli indigeni della costa sud-est della
Nuova Guinea pagano per l'acquisi o di una moglie (Finsch, Mittheil. d. Anthr. Gesellsch.
in Wien, voi. XV, p. 20; D'Albertis, Alla Nuova Guinea, Fratelli Bocca e C», 1880,
p. 264, 287).
(') È certo che anche le popolazioni italiane dell'età della pietra fecero largo uso di
denti per ornarsi; se ne rinvennero infatti spesso esemplari forati alla radice nelle loro
tombe e nelle stazioni. Il Museo Preistorico di Roma, per esempio, comprende nelle sue
collezioni zanne di cinghiale e denti forati raccolti dal prof. Arturo Issel nelle caverne
della Liguria, dal sig. Francesco Orsoni nelle grotte di San Bartolommeo e di Sant'Elia
esistenti nel capo Sant'Elia presso Cagliari, e dal sig. Stefano De Stefani nelle palafitte*
del Lago di Garda (Issel A., Nuove ricerche sulle caverne ossifere della Liguria, estr.
dagli Atti della R. Accad. dei Lincei, Mem. della CI. di se. fis. mat. e nat, 1877-78, p. 19,
tav. I, fig. 15; De Stefani Stefano, N'otiz. degli Scavi comunic. alla R. Acc. dei Lincei, 1880,
p. 208; Sopra gli Scavi fatti nella palafitta centrale del Golfo di Peschiera ed in quella
del Mincio; esir. dal voi. LX, serie III, fase. I, dell'Acc. di Agric, Arti e Comm. di Ve-
rona, p. 34j. È notevole Irovare le zanne di porco usate per ornamento personale anche
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— 175 —
danti dì cane, oltre a molti gioielli formati con zanne di porco da portarsi
nel fletto nasale, al collo, snl petto, al braccio ecc., alcnni dei quali sono
notevolissimi per Toriginalìtà e per Teleganza della forma (^).
« Meritano spedalmento Tattonzione per la loro rarità due ornamenti
composti con una zanna piegata in modo, da formare quasi un circolo, intomo
ai quali il Finsch somministra nuovi ed interessanti particolari. L'uno & parto
della raccolta del fiume Flj (Nuova Guiaea) ed ò figurato dal D*Albertis (^)
come un braccialetto : Taltro invece, proveniente da Porto Finsch suUa costa
nord-est della Nuova Guinea, ò così descritto dal Finsch {^) « JabOj zanna
« di porco arcuata, ornamento da petto dei capi. Questo zanne, piegate artì-
s ficialmente quasi come circolo, formano in tutta la Melanesia Tomamento
s più prezioso e si ottengono con grande difficoltà « . La lunghezza dell'esem-
plare di Porto Finsch, presa intomo al margine estemo, è di millim. 210, il
diametro massimo intemo, non compresa la larghezza del dente, misura mil-
lim. 60 ; la punta levigata e arrotondata dista dalla base di millim. 15. Molto
più grande invece è la zanna proveniente dal fiume Fly ; la sua lunghezza
è di millim. 358, il diametro massimo intemo si eleva a millim.. 97; la
punte non è pienamente arrotondate, ha una leggerissima sfaccettetura, e
si sovrappone alla base di millim. 16, così che formerebbe un circolo com-
pleto se non divergesse di 25 mUlim.
ft Comparando tale esemplare con quelli ricordati dal Finsch si trova che
è uno dei più grandi : questi infatti variano nella lunghezza da millim. 230
io civiliÀ relativamente avanzate, come presso gli indigeni dell'Africa Equatoriale (Jacques V.
e Storms E., Bull, de la Soc. d'Anthr. de Bruxelles, 1886-87, p. 116, tav. X, fig. 133), e
presso le nostre popolazioni deUa prima età del ferro delle quali il Museo di Boma pos-
siede un magnifico esemplare legato in bronzo, proveniente da tombe del comune di Spi-
netoli nella provincia di Ascoli Piceno. Il che non deve recare meraviglia se pensiamo
che nella nostra medesima civiltà è sopravvissuto Tuso di portare simili zanne per orna-
mento, 0 piuttosto per amuleto.
0) Gli oggetti menzionati sono descritti o figurati nelle opere seguenti: Finsch, Ca-
talog der etknol Sammlung der Neu Guinea Compagnie ausgestelU im KgU Jfuseum f&r
Vdlkerkunde, Berlino, 1886, fase. I e n, n.» 40, 88, 138, 191, 280-81, 302, 314, 320, 361,
371, 634, 682, 744, 870, 879, 919, 921, 928; Original-MittheiL aus der ethnol Abtheil
der Kgl. Museen xu Berlin, an. I, fase, n e m, p. 59, 97, 99, tav. Il, fig. 5 ; Mittheil.
d. Anthr. GeseUsch. inWien, voi. XV, p. 21, fig. 12, p. 22-28, fig. 14; D'Albertis, op. cit,
p. 58, fig. 15, p. 154, fig. 5, p.l80, fig. 2 e 7, p. 211, fig. 4, 27, 28; Mantegazza, Arch,
per PAntr. e VEtnol, voi. VII, tav. XIV, n. 691, 976; Boll. deUa Soc. Geogr. Ital., 1873,
fase. 4-5, p. 64; Viaggio della Corvetta VeUor Pisani, anni 1871-72-73, estr. dalla Ri-
vista Marittima, tav. VI, fig. 9. H D*AlbertÌ8 ha compreso nelle sue collezioni del fiume
Fly e dell* isola Tuie molte zanne di porco ricordate e figurate nella relazione dei suoi
viaggi (p. 286, 287, fig. 1-8, p. 351) come strumenti usati nei lavori d'intaglio.
(«) D'AlbertiB, op. cit., p. 180, fig. 7.
(3) Catalogo cit n. 802.
Bbndiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 23
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— 176 —
a 265, mentre il loro diametro interno sta fra i 65 e i 75 millim. Essendo
calcolata dal Finsch la Imighezza di una zanna normale di notevole gran-
dezza a 230 millim., è necessario conchindere, che gli animali da cui si otten-
gono quelle piegate sono molto yecchi. Questo fatto, unito all'altro del nu-
mero ristretto dei porci aUerati dai Melanesi, basta a mostrare quanto simili
denti debbano essere rari.
« Il metodo usato per dare alle zanne la forma circolare, descrìtto con
cura dal Finsch, è semplicissimo. Consiste nel cavare al porco ancora giovane
il dente canino superiore corrispondente alla zanna che si vuole preparare,
la quale, non incontrando più alcun ostacolo che la costringa a divergere,
cresce ripiegandosi su so stessa e la punta giunge quasi a toccare la carne.
Quanto al modo di portarle il Finsch ricorda un capo delVisole Samoa, che
ne portava una attaccata a guisa di pendaglio al braccialetto. Ma più gene-
ralmente servono per ornamento del petto, sospese ad un laccio, come si
usa sulla costa nord-est della Nuova Ouinea e specialmente a Porto Finsch,
0 pendenti da fasce elegantemente ornate con anellini e dischetti di varie
conchiglie, costume comune agli indìgeni della costa orientale e deirarcipe-
lago d'Entrecasteaux. I nativi invece della Baia Astrolabio (costa nord-est
della Nuova Guinea) e dell'isola Willaumez (arcipelago della Nuova Bretagna)
formano preziosi ornamenti legando due denti per la base con la punta ri-
volta all'infaorL
e Ad eccezione delle piccole isole, ornamenti di tal natura s'incontrano
dalla Nuova Guinea fino a Samoa: essendo molto rari sono portati sola-
mente dai capi più potenti, e quindi servono anche come distintivo di potere.
Il colore giallo dei denti simili a vecchio avorio, e la levigatezza derivante
dal lungo uso fanno testimonianza deirantichità di tali gioielli trasmessi di
generazione in generazione. Questi ornamenti, passando di tribù in tribù per
mezzo del commercio di cambio, si trovano spesso in località lontanissime
dal luogo di fabbricazione, ma in generale sono ceduti molto difficilmente,
anche dietro l'offerta degli oggetti ricercati dagli indigeni con la maggiore avi-
dità. Un'altro fatto ha notato il Finsch molto importante, perchè può aiu-
tarci a conoscere l'orìgine di molti singolarì ornamenti, ed è che i capi infe-
rìorì, quando non possono avere zanne originali, ne fajmo delle artificiali che
ricavano dalla Tridacna. Anche tali imitazioni, richiedendo un grave lavoro
e moltissima abilità, hanno alto valore » (0-
(^) Un altro fatto simile è riferito dal Moseley pei Melanesi dell'Isole dell'Ammira-
gliato, che sogliono portare a guisa di amuleti ossa umane, specialmente del braccio, avvolte
con penne. Un nativo aveva sostituito alle ossa una testa dì omero intagliata nel legno
(Joum. of the Anthr. Inst of Great Brìtain and Ireland, voi. VI, p. 416).
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— 177 —
Fisica terrestre. — Risultati delle osservazioni idrotermicfie
eseguite al Porto ^Ischia nel 1887. Nota di Giulio Qrablovitz,
presentata dal Socio Blaserna.
« Gompìntasi col 1887 un' annata di regolari osservazioni idrotermiche
al Porto dlschia, ho esteso alla medesima le mie ricerche sulle influenze
mareometriche e barometriche con metodo analogo a quello seguito pel primo
trimestre (vedi voi. Ili, fase. Ili, 2*» semestre 1887) (') ed i risultati valsero a
confennare all'evidenza la prima delle dette influenze e ad escludere, o quasi,
razione diretta della seconda.
« Il dettàglio del procedimento matematico è esposto in apposita rela*
zìone rimessa all'ufficio centrale di meteorologia e geodinamica per la pub-
blicazione negli annali. Giova però qui accennare un'importante circostanza
di dettaglio ed è questa, che allorquando la sorgiva rimane sospesa in causa
d'un' eccessiva depressione del mare assunto nel suo valore medio diurno, la
temperatura osservata non è più atta a rappresentare il calore proprio della
sorgiva, ma è semplicemente quella d'un'acqua rimasta stagnante e perciò
in via di naturale raffi-eddamento. Queste temperature, essendo suscettibili di
rapidi abbassamenti ad acqua morta, e di repentini inalzamenti alla ricom-
parsa della sorgiva, se da un lato valgono a qualificare con tutta chiarezza
la sospensione dell'efflusso, dall'altro lato affettano i risultati matematici, in
modo da nascondere le altre proprietà, meno pronunciate, ma assai più signi-
ficanti. Si deve a questa circostanza se le osservazioni del primo trimestre,
quantunque mettessero in piena evidenza la legge idrostatica che regola l'efflusso
della sorgiva, lasciarono un residuo d'apparente influenza barometrica, che nel
trattamento dell'intiera annata andò eliminandosi, per iscomparire quasi del
tutto coli' esclusione di quelle basse temperature dall'analisi. In tale esclusione
ho compreso, in base a ripetute osservazioni dirette, le temperatore inferiori
a 48^, che evidentemente non si verificano a sorgente viva.
« Da 36 gruppi aventi per argomento altrettante quote medie mareome-
triche, ricavate dai dati disposti in ordine aritmetico, ho ricavato la seguente
fonoola :
I = 550 45 — 0^003736 (58 . 8558 — M)«
in coi I è il grado idrotermico corrispondente all'altezza M del mare espressa
in centimetri della scala mareometrica.
(^) Errata corrige: A linea 9 del 4^* capoYeno leggasi ed il in luogo della parola del.
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— 178 —
« Dal seguente quadretto apparisoono :
« 1) altezze del livello medio giornaliero del mare di 5 in 5 centimetn,
• s 2) i rispettivi valori idrotermioi desunti per interpolazione dalle medie
di 86 gruppi di valori osservati e senza esclusioni,
« 3) i medesimi con esclusione delle temperature inferiori a 48^
« 4) le temperature idrotermiche calcolate colla formola,
« 5) le differenze tra calcolo ed osservazione.
1
60
55
50
45
40
35
30
25
20
2
55.61
55.29
55.02
54.76
64.26
53.08
51.78
45.46
35.66
3
55.53
55.29
55.02
54.76
54.26
53.16
52.37
51.20
(50.12)
4
55.45
55.40
55.16
54.74
54.13
53.33
52.34
51.17
49.81
5
-^0.08
-0,11
-0.14
H-0.02
-+-0.13
-0.17
-hO.03
-+-0.03
(-+-0.31)
« Il valore posto tra parentesi alla quota 20 della terza linea è il medio
di soli 4 dati appartenenti a livelli compresi tra 22.5 e 21.0, essendo rimasti
esclusi quelli riferentisi a quote più basse.
« Da parecchi metodi di confronto è emersa l'importante conseguenza che
l'efflusso della sorgiva è giustificato assai meglio dallo stato del mare che da
quello del barometro, ma dove quest'ultimo si rivela del tutto inefficace si è
nel raffronto delle digressioni dei singoli dati idrotermici dai valori medi presi
a gruppi aventi per argomento le medie di pressoché uguali dati mareometrici
e barometrici ; poste a confronto le digressioni idrotermiche colle vicendevoli
digressioni barometriche e mareometriche, ottenni per risultato:
« 1) Per ogni centimetro d'aumento del mare, 0** 31 d'aumento idro-
termìco senza esclusione delle temperature basse o 0^ 134 con esclusione delle
medesime.
« 2) Per ogni millimetro d aumento barometrico, un abbassamento
idrotermico di 0^*027 e 0*010 rispettivamente.
« Conviene inoltre accennare che il valore rappresentante l'influenza ma-
reometrica è il medio di 36 risultati, tutti dello stesso segno e giustificanti
per V4 il totale delle digressioni senza riguardo al segno, mentre quello che
si riferisce all'influenza barometrica non ne giustifica che la 28°^^ parte, con
bizzarre alternative di segni.
« Le variazioni idrotermiche hanno dunque potuto essere attribuite alla
diretta influenza della pressione atmosferica, pel solo fatto che da queste dipen-
dono in grande parte le variazioni mareometriche depurate dalla marea luni-so-
lare ; ma dall'analisi matematica emerge chiaramente che, almeno per queste
termali del Porto d'Ischia, la pressione atmosferica non agisce che indiret-
tamente, cioè a mezzo dei cangiamenti di livello del mare.
« I fenomeni più salienti notati nel periodo di queste osservazioni e d'altre
anteriori, trovando in questa legge una completa spiegazione, non hanno più
bisogno d'essere attribuiti né a spinte, né ad assorbimenti d'origine vulcanica;
essendosi esclusa, almeno come causa diretta e predominante la pressione atmo-
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— 179 —
sferica, rimangono con essa allontanate le teorie endogene che alla medesima
si collegano. Ciò peraltro non esclude che riabbiano altre cause di variazione
del calore del sottosuolo, lo stadio delle quali rimane riservato ad osserva-
zioni più mature. Bimane del pari aperta la via ad investigazioni sugli effetti
meccanici, fisici e chimici, che questo regime idrico sotterraneo è atto a pro-
durre, esercitando un' azione più o meno pronunciata sui fenomeni sismici.
e Bimane intanto accertata un influenza che in seguito a maggior copia
d'osservazioni darà i valori definitivi della correzione da applicarsi alle tem-
perature osservate, per renderle confrontabili nello studio delle variazioni del
calore sotterraneo; e questi primi risultati debbono in pari tempo ammae-
strarci ad accogliere con molta cautela tutti quei fenomeni congeneri che a
primo aspetto possono inspirare concetti più fetntastici che reali.
« La mia relazione si chiude con im raffronto baro-mareometrico, da cui
risulta il rapporto di 1 : 13.81, che di poco s'allontana dal rapporto teorico
(1 : 13.3) dei pesi specifici dell'acqua marina e del mercurio » .
MEMORIE
DA SOTTOPOBSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
G. Filippi. L'arte dei Mercanti di Calimala in Firenze e il suo più
antico Statuto. Presentata dal Segretario Ferri a nome del Socio Db Leva.
C. Merkel. L'impresa italiana di Carlo I d'Angiò e l'opinione dei
contemporanei. Presentata dallo stesso.
C. Cipolla. Una congiura contro la repubblica di Venezia negli
anni 1522-1529. Presentata dallo stesso.
N. MoRELLL Relazione sugli scavi ^seguiti neUa caverna Pollerà,
situata nel Finalese {prov. di Genova). Presentata dal Socio Pigorini.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il S^etario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra queste un opuscolo del sìg. Julliot intitolato : Quelques inscriptions
romaines des Musées de Sens et de Lyon.
Il Socio Berti presenta l'opera del sig. F. Gabotto : Giason del Maino
e gli scandali universitari nel quattrocento^ coUe seguenti parole:
« Presento in nome dell'autore Ferdinando Gabotto un libro che porta
per titolo, Giason del Maino. — In questo libro è descritta la sua vita con
abbondanza di documenti e sono esaminati gli scritti. La giovane età dei-
Fautore e le diligenti ricerche che esso fece intomo all'argomento trattato
meritano grande lode « .
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— iso-
li Socio ToMMASiNi fa omaggio, a nome dell'autore sig. Bruto Amante,
dell* opera: La Romania iUusirata^ e ne discorre.
n Corrispondente Coonetti db Martiis offre una sua traduzione della
commedia di M. A. Plauto: I prigionieri di guerra {captivi).
PERSONALE ACCADEMICO
Il Presidente Fiorklli annuncia con rammarico airAccademia la per-
dita da questa fatta nella persona del suo Socio straniero Enrico Summer
Maine. Egli era Corrispondente straniero dall' 11 luglio 1876, e Socio stra-
niero dal 26 luglio 1883.
n Segretario Carutti comunica air Accademia i ringraziamenti inviati
dal prof. Gamurrini per la sua nomina a Corrispondente.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Carutti comunica che l'Accademia antropologica di Nuova
Tork ha mandato un invito per prender parte al Congresso antropologico in-
temazionale, che sarà tenuto in quella città nei primi giorni del prossimo giugno.
Lo stesso Segretario dà conto della corritipondenza relativa al cambio
degli Atti.
Bingrazìano per le pubblicazioni ricevute:
La B. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli; la
B. Società zoologica di Amsterdam; la Società geologica di Manchester; la
Società filosofica e T Università di Cambridge; l'Università di Oxford; il
B. Istituto del Lussemburgo; l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest;
rOsservatorio di S. Fernando; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
Il Ministero della Guerra; la B. Accademia della Crusca; l'I. Società
geografica russa di Pietroburgo ; la Società di scienze naturali di S. Ottawa;
la Società geologica di Washington.
D. C.
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— 181 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse dì scienze fisiche, matematiclLe e naturali.
Seduta del 4 marno 1888.
F. Brioschi Presidiate
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PBESENTATE DA SOCI
Matematica. — La risoluzione della equazione di sesto grado.
Estratto di una lettera del dott. H. Maschke al Socio Brioschi.
«< Si può, per mezzo di una trasformazione di Tschirnhaus :
trasformare Tequazione generale del sesto grado F (^) = 0 , nella :
/ + «y^ + /^y^ + -f y* + yy + * = o (i)
senza che, per la determinazione dei coefBcienti A , /t , si abbiano a risolvere
equazioni di grado superiore al quarto. Ora è sotto questa forma (1) che appare
la equazione (14) della mia Memoria {Ueber die lineare Gruppe der
Barchardtschen Modula. Mathematische Annalen. Bd. XXX).
« Supponendo che le sei ladici della equazione (1) yi , ^2 • • ^6 abbiano
i valori :
yi = 9 + 6 (— V'e — V's — ^4)
yt = (p + 6{—tt^2 + ^3 + ^4) . .
y^ = ^^6{+^p, — lPs + ^u) ^^ '
y4 = g> + 6 (+ 1^8 + V/3 — ^4)
ys = — 2y — 2 4^1 ^8 -Sfa *4 , ye = — 2sP + 2 4-?i ìTj 4:, J4
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1« Sem. 24
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— 182 —
essendo :
tp2 = Zi* 4'8* + -?3* ^4* , Va = Zi* iz^ + -8^4* ^t* , ^^4 = ^1* ^4* + ^t* ^S*
ho dimostrato nella stessa Memoria che le quattro quantità i soddisfano al
sistema di equazioni seguenti:
F8 = — ia , Fi, = |/9 , Fw = — iVx , F,4 = |* (3)
nelle quali le Fj^ sono forme determinate di grado k nelle z (equazioni 12).
« D*altra parte il dott. Bolza ha dimostrato (Math. Annalen. Bd. XXX,
pag. 478) in quale modo si possono calcoli^re gli invarianti A, B*, G^, J
di una forma binaria del sesto ordine / per i valori delle ^(0,0) apparte-
nenti alla stessa forma /.
« Ora esprimendo le ^ (0 , 0) per mezzo di moduli di Borchardt, vale
a dire colle quattro funzioni:
ji = d, = ^5 (0 , 0 1 2rH , 2x,t , 2ir„)
Zt = «23= ^t3(0 , 0 1 2Tn , 2rit , 2r„)
Zt = «01= ^oi(0 , 0 1 2ru , 2ri, , 2ir„) i W
-?4 = «4 = ^4 (0 , 0 1 2ru , 2r„ , 2r„)
si ottengono le formolo seguenti:
A:
Q' FS,-F,
C4
3*. 5. 2' P.P., — F,.
nelle quali ^ è un fattore dipendente dai periodi, e cioè:
Q = ^^ ' (6)
« Ne segue che le equazioni (3) sono soddisfatte dalle quattro quantità :
s^=. — e, , g^ = — e,, , g^^ Sol,, g^^^e^ (7)
Vq 1/9 Vq Vq
se si calcolano i periodi e le funzioni e cogli integrali normali iperellittici
appartenenti ad una forma binaria del sesto ordine, di cui gli invarianti hanno
i valori seguenti :
3.6.2» 2y — a/*
1 12»^ (S)
^*=-2:3r5« ' ^^^-OTS'^ ' ^ = -3^<2y-«;»)
«Le sei espressioni f/i,yi..y6 (2) sono quindi le radici
della equazione (1), essendo le z definite dalle formolo (7)
e le « appartenendo ad una forma binaria del sesto ordine
gli invarianti della quale hanno i valori (8).
«Berlino 26 febbraio 1888.
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— 183 —
Matematica. — Osservazioni sulla precedente comunicasione,
del Socio F. Brioschi.
« La singolare importanza della Memoria pubblicata dal dott. Maschke
nel volume XXX dei Mathematische Annalen aveva attirato tutta la mia
attenzione e già da oltre un mese in una lettera diretta al nostro Socio stra-
niero prof. Elein io dimostrava come una equazione qualunque del sesto grado
poteva trasformarsi nella equazione (14) della Memoria indicata. Nella pre-
cedente comunicazione il dott. Maschke giunge per via affatto differente allo
stesso risultato, ed io sono a lui assai grato di essersi diretto a me per ren-
derlo pubblico.
• Ecco ora in qual modo io vi giungeva. La equazione (14) della Memoria
del dott Maschke è la seguente:
y^ — 6Pg y* + 4F,, y^ + gPg* y« — 12Pto y + 4F,4 = 0
ossia la:
(y3 — SPg y + 2¥,^y + 12 (¥, P,, — P,o) y — 4 (P^t — P^) = 0 .
« Posta sotto questa ultima forma, pei valori di A , B*, C*, J determi-
nati dal dott. Bolza (i), la equazione stessa si trasforma nella:
(f^ — 5.3^B*f — 10.3^C*)« + -~-(J — 5.2'.A) = 0
nella quale f = | p* y .
« Facciasi ora:
f = 5.2^A — <»
e si giungerà alla:
C ^« — 3.5.2^A^^ + 3.5.(5.4'.A* — 9B*)^« +
i +1^*^ — 10(5«.4*^A« — 5.3^4^AB* — 3»C*) = 0.
« Sia u (xi ,Xt) = 0 una equazione qualsivoglia del 6** grado, e A = 4r (uu)4
un covariante di quarto ordine deUa forma u. Per un teorema da me dimo-
strato alcuni anni sono negli Annali di Matematica (^) se si pone:
toi + OTt A = 0 tut — X\k = 0
essendo Wi = i -3 — , th = T "3 — ; e si elimina il rapporto XiiXt da quelle
axi axt
due equazioni, si ottiene una trasformata della equazione 2^ = 0, cioè la:
<r^« + uit t^ + «u t^ + «15 ^ + Ui^ = 0
nella quale S ò il discriminante ài u ed Uit , Uu 9 «15 > 2^16 invarianti della
stessa forma Q).
(}) Darstellung der rationalen gamen Invarianten dar Binàrfartn sechsten Grades
durch die NuUwerthe der zugehdrigen &-^Functionen, Math. Aimalen. Bd. XXX, pag. 478.
(•) SuUe relatiani esistenti fra covarianti ed invarianti di una stessa forma binaria.
Tomo XI, serie 2\ anno 1888.
P) Non avendo eseguita la calcolazione di questi invarianti ho pregato alcune setti-
mane sono il prof. Maisano dell* Università di Messina di volerio fare. Egli ha aderito chie-
dendo qualche tempo per altre sue occupazioni, e fu questa la ragione per la quale non
pubblicai prima d^ora il risultato superiore.
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— 184 —
« Ora ponendo a oonfionto quest^ultìma equazione €olla superiore (1) si
ottengono per A , B*, C*, J i seguenti valori :
« Questi valori degli invarianti della forma binaria del sesto ordine degli
integrali noimali iperellittici sembrano a me degni di osservazione ; mi riservo
perciò di ritornare sui medesimi, e sulla trasformazione della equazione di
sesto grado che ad essi conduce, appena possa ottenere la calcolazione dei
quattro invarianti Un , Uu , 2^15 , ^le ' •
Astronomia. — Sulla distribuzione in latitudine delle eruzioni,
macchie e facole solari durante il 1887. Nota del Corrispondente
?• Tacchini.
• Colla presente Nota si dà termine al resoconto delle osservazioni solari
fatte nel B. Osservatorio del Collegio romano durante il 1887. Come si è
fatto per le protuberanze nella Nota precedente del 5 febb. 1888, così anche
per gli altri fenomeni solari diamo qui appresso la loro frequenza relativa per
ogni zona di 10 gradi in ciascun emisfero solare.
Latitudine
Frequenza
delle
eruzioni
Frequenza
deUe
macchie
Frequenza
delle
facole
90-4-80
0
0
0
80-f-70
0
0
0
70H-60
0
0
0
60-H50
0
0
0
50 -+-40
0
0
0,006
40-H80
0,050
0
0,029
30-H20
0
0,014
0,063
20-HlO
0,150
0,141
0,124
10 .. 0
0,150
0,141
0,188
0-10
0,450
0,422
0,312
10 — 20
0,050
0,282
0,229
20-30
0
0
0,041
80-40
0
0
0,012
40-50
0,050
0
0
50-60
0,100
0
0,006
60-70
0
0
0
70 — 80
0
0
0
80-90
0
0
0
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— 185 —
• Le eruzioni dunque, i groppi di maccMe e di facole furono più fre-
quenti, noU'emisfero australe del sole, come avvenne per le protuberanze.
« Tenendo presente i dati della Nota precedente sulle protuberanze, si
rileva:
• 1.^ Che mentre le protuberanze idrogeniche si osservarono dall'equatore
fino nelle calotte polari (:±: 80^ =£= 90), gli altri fenomeni vennero quasi intie-
ramente veduti fra 0^ e :±: 40^ come nell'anno precedente.
» 2.^ Che le macchie, facole ed eruzioni metalliche presentano un chiaro
accordo nelle rispettive zone di massima frequenza fra 0^ e =±: 20°, e che
im solo massimo di frequenza si ha per ciascuno dei 3 ordini dì fenomeni
nella stessa zona solare fra 0* e — 10^ precisamente come nell'anno 1886.
• 3.® Che la zona di massima frequenza delle protuberanze idrogeniche
non corrisponde con quella relativa ai massimi d^li altri fenomeni, perchè
le protuberanze presentano un massimo di frequenza ben marcato in ciascun
emisfero, nelle zone cioè (+ 20 + 50) e ( — 40* — 50^), ossia a latitudini
più elevate.
• 4.^ Che mentre le macchie si mantennero tutte nella zona equatoriale
fra i paralleli -f- 30^ e — 20^, le eruzioni e le facole si presentarono anche
a latitudini più elevate nei due emisferi, cioè fino a -f- 50^ e — 60^. Si
hanno dunque zone con facole ed eruzioni e senza macchie, e molta parte
della superficie solare con sole protuberanze idrogeniche, anche in regioni ove
le macchie non si formano^mai.
« Nel 1887 si conservò co^ì il carattere del minimo di attività solare
avvertito colle osservazioni del 1886 « .
Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici^ provocati dalle
radiazioni. Nota preliminare del Corrispondente A. Righi.
« Cercando la spiegazione dei fenomeni descritti recentemente da Hertz {}),
da E. Wiedemann e Ebert {^) e da Hallwachs {% sono stato condotto a
studiare l'azione della luce sui fenomeni dell'elettricità di contatto fra metalli,
ed ecco un breve cenno dei primi risultati ottenuti.
« a) Un disco metallico verticale A può collocarsi più o meno vicino
ad una rete metallica B tesa parallelamente al disco. Questa disposizione è
stata da me ideata allo scopo che sia possibile illuminare quelle parti d'uno
dei metalli che sono vicinissime all'altro metallo. Uno dei due metalli,
p. es. A, comunica con una delle coppie di quadranti di un elettrometro di
conveniente sensibilità (un Volta corrisponde ad una deviazione di circa
180 particelle della scala), l'altro B comunica coli' altra coppia di quadranti
0) Wied. Ann. 31. 1887, p. 983.
(») Wied. Ann. 38, 1888, p. 241.
p) Wied. Ann. 83, 1888, p. 301.
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— 186 —
e col suolo, mentre Vago deiristramento è mantenuto ad un potenziale costante
(con cento coppie rame-acqua-zinco). Se per im istante si fa comunicare eoi
suolo anche A, poi lo si illumina vivamente, si ottiene una deviazione, che
va crescendo sino ad un valore definitivo, che vien raggiunto tanto più presto,
quanto più vicina è la sorgente luminosa, e quanto più estese sono le due
superficie metalliche. La deviazione è negativa se A è zinco e B ottone, e
lo stesso valore finale si ottiene se si carica dapprima A in modo da avere
una deviazione maggiore. Se A è vicinissimo a B, la deviazione una volta
formata non varia sensibilmente se d un tratto A si allontana da B, il che
prova che i due metalli sono ridotti dalla luce al medesimo potenziale.
« Ne consegue che la deviazione suddetta misura in valore assoluto la
differenza di potenziale di contatto fra A e B. In&tti se si prende come zero
il potenziale dei quadranti posti in comunicazione col suolo, e se V è il
potenziale di A e V quello di B mentre comunicano col suolo, la differenza
di potenziale di contatto fra A e B sarà Y — Y'. Se poi X è il potenziale
dei quadranti, che comunicano con A, alla fine deiresperienza, X-f-Y sarà
quello di A, .mentre quello di B resta Y'. Si avrà quindi X + Y=V',
X=Y' — Y.
« Se si mette B invece di A in relazione coll'elettrometro, si ha devia-
zione di segno opposto, sensibilmente di egual valore assoluto.
« Il sistema dei due metalli A e B, quando sono illuminati, si comporta
dunque come una coppia voltaica, che si potrà chiamare eoppia fotoelettrica,
« La luce solare diretta non produce l'effetto in discorso, almeno in
modo ben distinto; la luce del magnesio è più attiva e quella deiraroo
voltaico dà risultati assai più notevoli. Se poi si ottiene l'arco fra carbone e
zinco, come quando si vuole proiettare in lezione lo spettro di questo metallo,
il fenomeno acquista la massima intensità, ottenendosi la deviazione elettro-
metrica in pochi secondi. Ciò fa pensare che sieno specialmente attivi i raggi
ultravioletti, il che è confermato dal fatto che una lastra di vetro basta a
intercettare quasi completamente l'azione, mentre una di quarzo Tindebolisce
assai poco, tanto che conviene in qualche caso il concentrare i raggi sui
metalli con una lente di quarzo.
« b) Quattro coppie fotoelettriche formate ciascuna da una lastra del
metallo A e da una rete del metallo B a quella vicinissima, sono riunite
in serie, e cioè la rete della prima è libera, quella della seconda comunica
colla lastra della prima, e così di sonito, sinché la lastra deir ultima,
rimasta isolata, costituisce Taltro polo della pila. Sotto razione delle radia-
zioni emesse dall'arco voltaico, questa, che può cìà9mB,m, pila fotoelettrica^
presenta i noti fenomeni elettrostatici di una pila a circuito aperto, come se
i metalli che la formano si trovassero immersi in un vaso pieno d'acqua.
« e) Se si sopprìme la rete, e si illumina semplicemente una lastra
conduttrìce comunicante coll'elettrometro, dopo che per un momento venne
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— 187 —
posta in comunicazione col snolo, si ha nna deviazione, lenta a formarsi, e
positiva òoi metalli finora messi in prova. Sembra che in questo caso i corpi
ehe circondano la lastra illuminata facciano le veci della rete metallica adope-
rata nella prima esperienza; per cui una quantità di elettriciià negativa,
eguale alla positiva acquistata dall* istrumento, passerà in quei corpi e
nel suolo.
« £{) Se A è un disco d'ottone coperto di selenio cristallino, si può
dapprima riconoscere che questo corpo è assai piti elettronegativo del carbone
di storta e che come questo, ma con maggior intensità, si comporta nel
formare con un altro conduttore una coppia fotoelettrica. Ma soppressi i raggi
ultravioletti, onde impedire la produzione del nuovo fenomeno piti sopra
descritto, si può riconoscere che gli altri raggi fanno variare la differenza di
potenziale fra il selenio ed un metallo qualunque, rendendolo piti elettronegativo.
Per es. accoppiato ali* ottone, la forza elettromotrice di contatto subisce un
aumento di circa un quarto del suo valore (con una determinata lastra di
selenio da me adoperata). È questa una proprietà del selenio, che dipende,
come altre ben note, dalla modificazione che le radiazioni producono in
questo corpo..
« Lasciando a parte quest* ultimo fenomeno, che è di diversa natura da
quella degli altri qui descritti, e senza entrare per ora in tentativi di una
completa spiegazione, che sarebbero prematuri, farò rilevare soltanto come
sembri accettabile, almeno provvisoriamente, l'idea che i raggi ultravioletti
&cciano nascere una convezione o trasporto di elettricità dai corpi sui quali,
in causa delle differenze di potenziale che si stabiliscono fra conduttori comu-
nicanti, la densità elettrica superficiale ha un dato segno (probabilmente il
n^ativo) a quelli sui quali ha, per la stessa causa, il segno contrario
(positivo) «.
Matematica. — Sul movimento di rotadone che prende nel
vmto od in un fluido incompressibile un corpo soggetto a forse
di potenziale Hi cos* « -{- H, cos (9 . Nota del dott. Bernardo Paladini,
presentata dal Socio Dini.
« Il problema della rotazione di un corpo rigido P, simmetrico rispetto
ad un asse C^ attorno ad un punto fisso O di questo asse si riduce alle qua-
drature ogni volta che il potenziale Y delle forze agenti sul corpo dipenda
unicamente dall'angolo 6 che Tasse ^ fa con una retta fissa 0^, il che evi-
dentemente ha luogo quando sui punti di P agiscono forze che emanano dai
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— 188 —
punti di un altro corpo fisso sinunetrìoo rispetto ad un asse ohe coincide
con Os.
« Presi gli angoli euleriani 6, g>, tp per determinare le successive orien-
tazioni della tema degli assi principali 0 (f , ly, f) di P relativi ad 0, rispetto
alla tema 0(x, y, z) congmente ad essa e fissa nello spazio, Tapplicazione
del metodo di Jacob! per la integrazione delle equazioni del moto, conduce
subito ai seguenti integrali:
a, (,-..=. (.-i)«-.)-Ji?^=^
1/^-^0=/^
(l_««)j/F((«)
(CrpCB — g)d(a
)\/¥{w)
essendo: t il tempo; (a=cos6; A, A, G i momenti d' inerzia respettivamente
intorno ad 0?, Oij, Of ; h la costante delle forze vive; g quella delle aree
relativa ad Oj ; Tq la componente della velocità angolare di rotazione intorno
a C (componente che si mantiene costante durante tutto il movimento);
^0 1 9^0 ) ^0 tre costanti dipendenti dalle condizioni iniziali ; ed
F(w) = (2A (V+A) — AC V) (1— ««) — (Oro « — gy.
tt La funzione F sarà algebrica razionale intera in cosd, come è neces-
sario aflBnchè gli integrali (1) conducano a delle trascendenti ellittiche od
abeliane, quando Y dipenda unicamente da cos 6 , che si presenta come varia-
bile di integrazione: se vorremo però limitarci alle trascendenti di ordine
non pili elevato delle ellittiche, dovremo supporre che per V si abbia :
_ Hi cos^ ^ + Hg cos^ e + H, cos^ ^ + H4 cos 6
con le H costanti qualunque.
« Nella mia tesi di laurea (novembre 1886) considerai appunto la rota-
zione del corpo P quando V prende questa forma, e poiché i risultati otte-
nuti sono in stretta relazione con quelli di Jacobi e Lottner nel problema
di Lagrange, e li contengono naturalmente come caso particolare, così credo
utile esporli brevemente in questa Nota.
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— 189 —
« 1. Se Tequazione F = 0 ha tutte e quattro le sue radici reali e queste
sono aij Ot, dz, a^ in. ordine crescente, sì ottiene :
cosd= -^—z '— —
8n*M — sn*er
y-^ia»—ai)ia*—at)
(3) d\oge,(iai) dìogeiiat)) . 1 6>, (« + ^ffi) 0 (?< + zff,)
essendo: t^ un argomento ellittico legato al tempo dalla relazione
u = {to — t) I/2A ^^'~^'^ («4— fl^«) ;
/;* il modulo delle funzioni ellittiche dato da 7-^ \LLs L.
irJ<fiJ<Si tre costanti ausiliarie inferiori ad ^K' definite dalle relazioni:
ai — at' («4— «sXl+fli) ^ ' («4— «3)(1— fl^i)
s^ 2. Se l'equazione F = 0 ha le due radici reali ai ed at e le altre due
immaginarie «3=^8 — Y(r^'=ai-\-fe^'\ ai=at — y'g»^'=ai-|-y'V*^"
si ottiene:
(cn eci -{- cn u) (cn e(r2 — cn iv) -[-• (cn eVg + cn u) (cn /(Ti — cn h)
\ (cnecTi — cn2(r2)(cn2:r-[-cne^)
I , i ro(C — ^A) , rflog(cner — cn/cTi) , rflog(cngr — cnetfg)
(4)
p ,(i^),(^)H.(i^)H,(i^)-|
"\ «(^)«(^H^)h.(^)J
, (dlog(cn?T — cng'ffj) rflog(cn?r — ene'ffi) , rflogH(zVi)
'^-'''*+j d<r, — da, "^ rf«r', ~
da', i 2 "^
Rendiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 25
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— 190 —
essendo :
ed ia\ = lE! — itfi , i&i = iS! — ia^ .
« 3. Ciascuno degli angoli (pe xp si compone di una parte proporzionale
ad t^ e di un'altra periodica : le due parti periodiche ^' e V^' dì essi hanno
poi, egualmente che 6, lo stesso periodo reale T. Quindi la rotazione di P
può considerarsi composta : da una rotazione uniforme progressiva attorno a ^
dovuta alla parte di (p proporzionale ad 2^; da una rotazione uniforme pro-
gressiva attorno a z dovuta alla parte di ip proporzionale ad u ; da una rota-
zione oscillatoria degli assi principali di P attorno a quelli fissi.
tt Per trovare la posizione del corpo al tempo t si deve :
(a) sostituire i valori di 6, (f\ \p\ corrispondenti a questo tempo, nelle
formole
ai =: cos y' COSI//' — sen 9)' sen ip' cos d, fi^ = cos y' sen %!/ + sen 9' cos xf/ cos 6,
/i = sen 5p' sen 6,
«2 = — sen y'cos tp' — cos y' sen i//' cos 0, fi^ = — sen 9' sen i/^'-j- cos y' cos V^'cos 6,
Y^ = cos 5p' sen 6,
«3 == sen ip' sen (?, /^s =— cos tp' sen 0, ^3 = cos d
e determinare la posizione corrispondente del corpo mediante le formole:
(b) far girare il corpo attorno a ^ di un angolo Wu-{'tpo
tt Non manca dunque, per completare la soluzione analitica del problema,
che costruire i nove coseni «i y^; ed a ciò osserveremo che dovendosi pren-
dere il seno ed il coseno degli angoli ^' e ìp^ non avremo per «i /a delle
espressioni razionali se non quando il divisore m unito agli integrali ellittrici
di terza specie che danno gli angoli 9 e V^ sia un multiplo di 2i. Volendo
che ciò accada si trova, per un noto teorema sul valore del divisore unito
ad un int. di 3* specie, che deve aversi fra i coeflScienti H del potenziale V:
Hi= — Ha ed Hs= — H4 ; nel qual caso V prende la forma : Hi cos*^-{~H« cos 6,
ed il divisore m viene precisamente 2i.
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— 191 —
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— 108
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a Fra le rotazioni alle quali appartengono le formolo (6) dobbiamo segna-
lare quella deUa terra attorno al suo centro di gravità: fd infatti mostrato
dal Tisserand che, tenendo conto dei termini piii considerevoli nello sviluppo
del potenziale delle forze agenti su di essa, si può dargli la forma Hicos*^
(con Hi y> 0), e che inoltre la equazione di quarto grado F = 0 ha neces-
sariamente due radici immaginarie.
« 6. Il seguente Teorema dà una inmiagine geometrica della rotazione
del corpo P.
• Larotazione di un corpo simmetrico rispetto ad un
asse, attorno ad un punto fisso del suo asse di simmetria
per r azione di forze il cui potenziale è HiCos'0 + HtCO8(9, si
può rappresentare mediante il rotolamento di un cono, il
cui asse coincide coir asse del corpo, su di una superficie
di secondo grado di rivoluzione attorno alla retta fissa da
cui si contano gli angoli ^, superficie che è un elissoide, un
paraboloide o un iperboloide ad una falda a seconda che
1 .. ì/2AH>
>, uguale 0 minore di ^-r — 77-
e /•© maggiore, uguale 0 minore di ' ^
ft La curva base del cono riferita ad un sistema di coordinate polari q
e ^ col centro al punto di incontro colVasse C del piano C=ro , ha per equazioni :
p« = i. (2Hx cos* e + 2H, cos d + 2A — Cro«)
^ = — (f + arctang send -^ =
dui)
t/FH
Per Hi=0 la superficie di secondo grado è una sfera, e la base del cono si
riduce ad un^erpolodia, come ha trovato anche il Darboux.
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— 194
II.
«< 1. Un corpo P soggetto a forze di potenziale Hi cos*d-j-H« costì si
muova in un fluido omogeneo incompressibile limitato da una superficie fissa
chiusa giacente all' infinito, colle condizioni che il .fiuiJo sia privo d'attrito,
che non possieda moto vorticoso, che sulle sue particelle non agiscano forze,
che la velocità varii in esso con continuità da punto a punto e non ne esista
altra che quella dovuta al moto del corpo: condizioni che permettono di
applicare il principio di Hamilton.
« Supponiamo che scegliendo convenientemente una tema di assi 0 (?, ij, f )
neU' intemo del corpo, la forza viva totale T del fiuido e del corpo prenda
la forma:
T = tìfn(M* + y*) + a^zto^ + «44 {f + ?*) + 2ai4 (up + vq) + ioz^wr + «66^*
essendo : le a coefficienti costanti ; u, v, w le componenti secondo f , ?;, C della
velocità del punto 0, e p^ q,r le componenti delle velocità angolari secondo
J, ?;, 4. Presi per parametri indipendenti qi.qt, q^ , che definiscono la posi-
zione del corpo, ordinatamente, le coordinate a, fi, y del punto 0 rispetto ad una
terna fissa (^, y, n) e gli angoli euleriani 6, (p, tp delle due terne, e posto, come
suol farsi per costruire la funzione caratteristica dell'equazione di Hamilton,
Pi — , la T espressa per le pi e le qi prende la forma :
<t)'
(T)=2J^ I ^""^^ (/^l*+P«*+?3*) + («66iM— «44^) COS2tìj03'+an^jP4*+a33/«P5*+
+ {aBefi—aAA^)sen*6(pi sen ip—picos \p) +—^(i?6—J55 costì)
sen \9
— 2^14 ^Pz {Pù—Ph COS tì) — 2^36 /* COS tì pa J55 +
+ 2 ( {a^n—a^AX) sentìcostìjos — «ae/isentìj^s + ax^X ^^ (pa —p^ cos tì) | X
X ( Pi sen ip — Pi cos ifi)
i
2ai4 Xp4 (pi cos ip-\-pi sen iff)i
essendo: . « 8
^ = «33 «66 «38 » /* = «11 «44 «14 *
« Prendendo per l'asse fisso s una conveniente direzione si può sempre
fare in modo che sia pi=0, pt=0, e pz = c= costante, quindi la equazione
a derivate parziali, un integrale completo della quale dà tutti gli integrali
del moto, è:
^ii^l "T^l +«33/^1 T"l H nriTT — costì— -[ —2ai^ic] — —costì — [
\-Dtì/ ' V^y/ ' sen*tì(7)V/ DyJ {^ip l^q>)
— 2«36 CfA cos tì- 1-«44^*^ sen*tì-|-«ee6?*iu cos^tì — 21 fi ] HiCOs^tì-f-HjCOstì-f-A \ =0
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— 195 —
e ad essa si soddisfa prendendo :
W = /9 + (7^ +
I de A I — y| 2A/t (Hi cos'^+H, cos d+A)— ^^aee.tt cos*d —c^a^Ai- sen* e
I sendl^ " —a^ziif^'\-2ax,cXg—2cf(^o^e{a,^é
« Gli integrali del moto del corpo F nel fluido sono dunque (ponendo
o) = COS0 ed indicando con F la espressione che è sotto il radicale)
8^(^44^—^36/01 (1— cos*6i)
fF(«)
P) »-,^^(.»/.-<.„i)(^-(.)+^y-J p= + j (i_,/,;5i^
[v^».=y('.-o+f/'7>^
. /* ->' (1— ft)') f F(ft))
( a— ao===--7=Ì===Sf'^lX«)8en^— ^ rL^(2Hift)+H,)fl— ««seni/;
1 c\\ — w*( ; «a^JyF((«))
(8) /^-/yo=-^|=|t/FHcosi^+seni^^^^ ^
y— yo=^'*^~^"^ (<— ^o) + ^ J" I <5 («** ^— «6« /*) « + / («36 /*— «u ^)j^^f7^y
s Occupandoci solo delle (7) che danno la rotazione attorno airorìgine .
degli assi f , r^ C noi possiamo dapprima riconoscere una rotazione uniforme
progressiva attorno a z colla velocità angolare —^^ , ed un'altra attorno a C
/*
colla velocità angolare ^ ^^ . — \±.J-. proporzionale cioè a costì; facendo
da queste astrazione, rimane la rotazione definita dalle formolo :
«11 J |/F(a»)
« Ma se in queste poniamo
j^ = A, ^ = C, g=-g, /=Cr,
»11 «33
(^) <! 2A + ~-(2flu^-a44e?) = 2À, H^ + 2^(a44A-a,eA*) = HM
^/ —
H, + -J^ («36 /i — «14 i) = H«
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— 196 —
esse divengono precisamente le (1) del § I; quindi si conclude che, astra-
zione fatta dalle rotazioni sopra dette, la rotazione nel fluido del
corpo F attorno all'origine 0 è identicaa quella che prende
nel vuoto un corpo F,simmetrico rispetto ad un asse, fissato
per un pu_nto di questo asse, soggetto a forze di potenziale
HiCos^d-f-HgCosd per il quale i momenti di inerzia A e_C, J^e
costanti g.roh inerenti alla rotazione ed i coefficienti Hi, H2
del potenziale, si compongono mediante i coefficienti a della
forza viva T, quelli del potenziale delle forze agenti su P
e le costanti >, f, g, h nel modo dato dalle formolo (9).
« Se il corpo F fosse simmetrico rispetto ad un asse, le rotazioni attorno
a C ed a ^ sparirebbero, e i movimenti di F e F' sarebbero perfettamente
gli stessi " .
Matematica. — '- Sopra una estemmie della teoria di Riemann
sulle funzioni di variabili complesse. Nota III(^) del prof. Vito Vol-
terra, presentata dal Socio Dini.
« 1. Nella Nota precedente su questo argomento venne esposta la esten-
sione della teoria delle caratteristiche alle funzioni di linee collegate fra loro
nel senso riemanniano. Nella Nota che ho l'onore di presentare viene breve-
mente trattata la teoria delle operazioni di derivazione e di integrazione rela-
tive alle funzioni stesse.
« Fer questo studio è necessario introdurre delle funzioni complesse dei
punti dello spazio collegate opportunamente alle funzioni fin qui considerate.
s Riprendiamo pertanto la definizione di Biemann relativa alle funzioni
di variabili complesse. Due variabili complesse y e t/^ (funzioni dei punti di
un piano, i quali si riferiscono alle coordinate cartesiane x, y) sono funzioni
l'una dell'altra quando
lix ly liyli{ — ^)~
ft Questa definizione è equivalente a quella enunciata nella Nota I, ed
essa può estendersi allo spazio. Infatti si abbiano due variabili complesse F
e /, la prima delle quali sia funzione delle linee e la seconda sia funzione
dei punti dello spazio. Diremo che P è collegata ad / nel senso riemanniano,
quando
^ ' d {yz) lix d {zx) l^y d{xy) '^s
K Stabiliremo di rappresentare le funzioni di linee mediante delle let-
tere maiuscole e quelle di punti coUe lettere minuscole.
(1) Vedi pag. 107.
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— 197 —
« 2. Ciò premesso si possono dimostrare facilmente le seguenti propo-
sizioni :
e 1^ Se una funzione f è collegata ad F essa lo sarà a tutte le fun-
zioni <E> collegate ad F nel senso riemanniano (vedi la Nota I).
« In&tti, posto
dF
dF
dF d<P d<P da>
'^iy')'
-J>.
d{tx)
~*' dixy)~'' d{ys)~'"' d(zx)~^' d{!cy)-
avremo
"^ — L — 9.
p q r
onde:
« 2* Le condizioni afSnchè più funzioni /<,(; = 1 ,2 . . n) siano colle-
gate ad una stessa funzione F sono date da
ìù. 2ÙL :^
7)0? ' "Sa? ' Da?
(2)
Vi ^ I^
7)y ' 7)y ' 7)y
2fi ìfr ^
* Infatti dalle
d(fi,fr,f,)
d(x,y,z)
= 0 (2,r,« = l,2,...«)
?A,
(i=l,2,..n)
risultano come cons^enza le (2).
« Se mantenendo fissi i ed r (supposto fi e /V indipendenti) e dando
ad s tutti i valori 1 , 2 , . . . w, esclusi i ed r, è sempre soddisfatta la (2) essa
sarà soddisfatta evidentemente per una combinazione qualunque di i ^r yS,
s 3. Quando si avrà un sistema di funzioni fi che soddisfano alle (2)
si dirà che esse sono collegate fra loro nel senso riemanniano.
B Si giustifica facilmente la ragione di questa denominazione, osservando
che porre la condizione (2) equivale a stabilire ciò che segue:
« Si prenda un punto M ove le tre funzioni hanno i valori ^,^,/3 e
due punti N e P infinitamente vicini ad esso: si denotino con /i-f-^^/'/i,
A+^7,,A + ^7r i valori di fi,f,,fr in N e con A + ^7i,/; + ^7.,
fr-^r^^'fr i loro valori in P e si ponga la condizione che i rapporti fra i
determinanti
j'fi, j"fi ^y„ ^7, ^7r, ^7r
^A, ^7, ' ^'fr.^rfr ' ^7, ^7i
abbiano dei limiti indipendenti dal modo con cui i punti N e P si avvici-
nano ad M indefinitamente.
BbndicoìNti. 1888, Vol. IV, P Sem.
20
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— 198 —
« 4. Abbiasi un sistema qualunque di funzioni <!>{ collegate fra loro nel
senso riemanniano e si prenda una funzione / collegata ad esse; sia cioè
d{fjjs) lix d{2x) 7)y d{xy) ^s
n Si potranno trovare delle funzioni qi tali che
^ d{yz) d{y,s) ' d{s,a:) d{2,x) ' d{xy) d{x,y)
« Le funzioni ifi saranno evidentemente collegate alle <l>i , alla / e sa-
ranno pure collegate fra loro.
« Reciprocamente se si ha un sistema di funzioni (fi collegate fra loro
nel senso riemanniano, posto
d{(fi,(f,) _ ^ di(fi,q,) _ d((fi,(f,) _
d{y.z) -^^•*' d{z,x) -^^•'' d{x^y) -^^'
avremo
'^x l^y l^z
li Esisterà dunque una funzione complessa (Pi« che soddisfa alle condizioni
d(Pi, dOu d^u
'^«' ^f^.,\ — ?«•
rf(y,-^)~ "' X^^) ~^"' d{xyy
« Le <l>t« sono fra loro collegate nel senso riemanniano.
tt Infatti dalle relazioni
d{x,y,z) ' rf(.r,y,^)
segue che
^ù Xn ^ Qi»
^rt Xrt Qrt
« Inoltre il sistema delle ^ts sarà collegato alle (fi. Quando fra ^i e
f e (fi passano le relazioni (3) si dirà che <!>< è coniugata alle f e 9i e reci-
procamente f ^ (fi coniugate a <!>»•. In questa ipotesi il valore di <l>i corri-
spondente ad una linea L sarà dato da
(4) <«>i|[L]|=:/.yid/
« (V, Sopra le funz. dip. da linee Nota II) supponendo che L faccia
parte di una porzione dello spazio in cui / e (fi sono monodrome.
H' Si consideri una superficie e ; fissato il senso positivo della normale n
sarà determinato
d^ii
--J— ■ = tffi, cos w^ + Xit cos ny + Qì^ cos nz .
« Ora se si prende sopra (f un sistema di coordinate curvilinea uv^ tali
che le direzioni ti, v , n siano disposte come le x, t/, z q che il quadrato
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— 199 —
dell' elemento lineare della superficie sia ds*=E du^-\-2 F du dv-\-(j dv^, avremo
(5)
da>i.
d^ y EG— F*
« 5. Ciò premesso si può passare allo studio delle operazioni di deriva-
zione e d'integrazione. Siano F e <l> collegate fra loro nel senso riemanniano.
Posto come precedentemente
dP
=i>.
d¥
; = ?'
dF
dtp
= ^; 'i7~{ = ^
d(P
: = Xi
dOf
d{tfs) ^' d(zx)~^' d{ay)~ ' d{ys) ' d{sx) ^' d{xy)
e preso in un punto un elemento qualunque di superficie dff^ avremo
= ?
m
UJ
[da)
d(P
« Questo rapporto indipendente da d(f lo denoteremo col simbolo -t= e
col nome di derivata di <P rispetto a d F. Essa sarà una funzione com-
plessa dei punti dello spazio. Come proprietà fondamentale può dimostrarsi
che la derivata di (P rispetto ad F è collegata alle due fun-
zioni <l> ed F nel senso riemanniano. Infatti, posto
d0
dF
= g>
si avrà
"t)w
'^x
1>X
^y ^y
i>y ' iss ~ 1)2 ^ i)s
^ ~òx
e quindi
« 6. Sia ora / collegata ad F e <r una superficie aperta o chiusa nello
spazio in cui sono definite le due funzioni; fissata la direzione della nor-
rfF
male n ^ <f ò definito -r- e quindi è pure definito
./-' da
che rappresenteremo col simbolo
fafd¥.
« Col cambiare il senso della normale cambierà il segno deirintegrale.
Se or non è chiusa, fissiamone la direzione dei contomi in modo che un osser-
vatore disposto nel senso positivo di uno qualunque di essi e rivolto verso
la superficie, veda la direzione positiva della normale andare dalla sinistra
i
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— 200 —
alla destra. Con questa convenzione, quando è stabilito il senso dei contorni
è fissato il segno dell'integrale.
« Si supponga e chiusa e tale che formi da sola il contomo di uno
spazio S entro il quale la /" e la F non abbiano singolarità. Avremo
S.fdY
cos nx '
7) dP
d{sx)
D 7)F
cos ny '
j / V dP ^ i>f dF , -ar
dF
d {xy)
1) 7>F
cosn,;
\da =
Isx d{ys) ' l^y d{sx) ' 7)* rf(^
« Quindi si ha il teorema espresso dalla formula
/,yrrfF = 0.
« Se invece di una sola superficie e si hanno le superficie (ri(e = 1 , 2 ... n)
che limitano lo spazio S, entro il quale non sussistono singolarità per / e F,
si avrà la formula
(6)
(6')
n n
2i\ fdF.
0
in cui le normali alle (Tì sono tutte prese nella direzione dall* estemo airin-
terao di S.
t( Il teorema contenuto nella formula precedente non è
altro che la estensione del teorema di Gauchy.
« É noto che il prof. Morera ha dato un teorema inverso a quello di
Cauchy (*); esso pure può estendersi al nostro caso. Sia cioè soddisfatta la (6)
per ogni superficie <r chiusa che limita uno spazio S, escluso per quelle che
hanno neirinterao dei punti o delle linee singolari di / o di F: se ne potrà
concludere che / e F sono collegate fra loro nel senso riemanniano. Si po-
trebbe stabilire la precedente condizione come definizione del collegamento
riemanniano fra una funzione di linee ed una di punti.
« 7. Si abbia un sistema di funzioni (fi collegate fra loro nei senso rie-
manniano. Frese due qualunque di esse (fi e (fs se ne trovi la coniugata <l>ij.
Si fissi il senso positivo della normale n a una superficie o*; sarà determi-
nato il valore di fa (fr d^u, e avremo applicando la (5)
(7) f^(prd<I»u=j^(fr—^d(X=[ ifr
t_/CT
1>U
Hv iv
du dv
in cui u Q 1^ sono un sistema di coordinate curvilinee tali che le direzioni
della tema u,v,n siano disposte come le x ,y ,s. Se denotiamo con d gli
(0 Rend. del R. Istit. Lomb. Serie E, voi. XIX, fase. VII.
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— 201 —
accrescimenti nel senso delle linee u e con i quelli nel senso delle linee v,
rintegrale precedente potrà scriversi
X
« Supponiamo (T chiusa e che limiti da sola uno spazio S nel quale nes-^
suna delle funzioni abbia singolarità, in tal caso Tintegrale (7) sarà nullo
e quindi
che è un'altra forma sotto cui può enunciarsi il teorema
precedente analogo a quello di Cauchj. Così pure vale anche sotto
questa forma il teorema reciproco, cioè Tanalogo del teorema di Morera.
• 8. Si tolgano, mediante delle superficie convenienti, dal campo in cui
sono definite due funzioni / e F (collegate fra loro) tutti quei punti e quelle
linee in cui le due funzioni presentano delle singolarità, e per mezzo di
opportune sezioni lineari si renda superficialmente il campo rimanente sem-
plicemente connesso. Ciò fatto ogni superficie chiusa che potrà tracciarsi sarà
contomo completo di uno spazio ove le due funzioni / e F non avranno
singolarità.
« Si prendano due linee Lo e Li aventi ciascuna una data direzione, tali
che si possa condurre per — Lg (^) e Li una superficie tf (vedi Sopra le funz.
dip. da linee Nota II). Si determini il senso della normale a e relativamente
alle direzioni di — Lo e L] nel modo indicato nel § 6. Sarà allora deter-
minato
(9) /ayrfF.
« È facile dimostrare che il valore dell'integrale precedente non dipen-
derà dalla superficie condotta a , ma dipenderà solo dalle linee — L© e Li .
Infatti condotta per le due linee un'altra superficie (Xi , avremo che l'insieme
di <r e (Xi formerà una superficie chiusa, quindi per le ipotesi ffttte
/<,^a.<fC?F = 0
donde la proprietà enunciata. Perciò l'integrale (9) potrà indicarsi con
(10)
rU
k"'^
« Combiando il senso della normale n cambia il segno dell'integrale (10)
(vedi § 6) per conseguenza si avrà
rL, /-Lo
(>) Con — Lo si intende la linea Lo presa in direzione opposta.
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JLo
— 202 —
« Se tenendo fissa la curva Lq si muta la Li , Tintegrale (10) potrà rite-
nersi come una funzione dipendente dalla linea Li e quindi potremo porre
%rfF = 4>|[L,]|.
Ilo
« La funzione 4> sarà collfìgata ad F nel senso riemanniano e avremo
vale a dire le due operazioni di integrazione e di derivazione si elidono scam-
bievolmente. Analogamente se le yi (e = 1 , 2 , . . n) saranno collegate fra loro,
otteremo
e Y I [Li] I sarà collegata alle ffi nel senso riemanniano.
tt Supponiamo che /* e 9) siano coniugate ad F, in questo caso avremo
« 9. Le equazioni (2) che passano fra le derivate delle /i , /i- , fs provano
che queste variabili prese tre a tre, debbono esser legate da relazioni
Beciprocamente ogni qualvolta fra le tre variabili fi , fri A passerà una rela-
zione F, , r , « {fi , fr , fi) = 0, ovvero sarà /i = y (A , fs) » risulterà soddisfatta
la (2) e perciò le tre variabili fi, fr, f»i saranno collegate fra loro nel senso
riemanniano.
« Ciò prova che la 'teoria esposta in questa Nota e nelle due precedenti
è strettamente legata allo studio delle funzioni di due variabili complesse
ed ai loro integrali, onde credo che le idee brevemente accennate potranno
mettere in evidenza la utilità di introdurre le funzioni dipendenti da linee
nello studio delle funzioni di due variabili complesse.
« Il sig. Poincaré in una importantissima Memoria pubblicata nel vo-
lume IX degli tt Acta Mathematica » ha esteso il teorema di Gauchy agli inte-
grali doppi: il teorema enunciato nel § 7 coincide colla estensione del teo-
rema di Gauchy data dal sig. Poincaré. Questo teorema è stato il punto di
partenza delle mie ricerche.
«*nna ulteriore estensione della teoria di Biemann alle funzioni di un
numero qualunque di variabili complesse può eseguirsi senza gravi difficoltà
purché le considerazioni, limitate in queste Note agli spazi a tre dimensioni,
si estendano ad uno spazio ad n dimensioni, e il concetto di fimzione dipen-
dente da linee si generalizzi alle funzioni dipendenti da iperspazi inmiersi
nello spazio ad n dimensioni n .
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— 308 —
Matematica. — Sulla classificazione delle forme differenziali
qtmdraticke. Nota del prof. Gregorio Ricci, presentata dal Socio Dini.
• In una mia Memoria pubblicata nel tomo XII della serie 2* degli
a Annali di Matematiche pure ed applicate y» proposi una classificazione fon-
damentale nello studio delle forme diflferenziali quadratiche. Chiamai classe
di una forma
n
y* = 2rs Ort dXr àx% ,
1
essenzialmente positiva nel campo, cui si estende la variabilità delle varia-
bili X , quel numero minimo h intiero, positivo o nullo, per cui è possibile
dedurre la forma stessa dalla
ds' = Stdy', ,
ponendo in questa per le y delle opportune fonzioni delle a: . Quella Memoria
contiene una nuova dimostrazione di un teorema già noto, che dà i criteiì
per riconoscere le forme di classe 0 , nonché il teorema analogo per le forme
di 1^ classe. Mi è ora riescito di trovare un teorema generale, che serve a
riconoscere la classe di ogni forma differenziale quadratica essenzialmente posi-
tiva, e questo teorema è oggetto della communicazione che ho Tenore di rivol-
gere alla Accademia.
s Per comodità indico con f^^^ la derivata rispetto ad \rr di una fun-
zione /di XiXt..Xn, con Z^'**^ la sua derivata seconda rispetto ad Xr e
ad Xi , etc. Se la forma ^' può dedursi nel modo indicato dalla espressione
di ds^ deve essere possibile determinare le y in funzione delle x per modo
che si abbia
Indico con tii (/ = 1 , 3 , . « -|" A, i = 1 , 2 . . A) un sistema di soluzioni linear-
mente indipendenti del sistema di equazioni algebriche
legate fra loro dalle relazioni
q\ %*'y y ( 0 per ^ $ /
1 ^ ( 1 per 2 =7
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— 204 —
Scelto ad arbitrio uno di tali sistemi dì soluzioni, ogni altro sistema analogo
si ha ponendo
h
le Yij (^\ y = 1 , 2 . . A) essendo i coefGicienti di una sostituzione ortogonale.
È di più facile verificare che, se si indica con a . Crs l'elemento reciproco
di Ors nel discriminante a di 9>' e si tien conto delle (1) alle identità, che
si hanno dalle (2) ponendovi f j = f ,i (e = 1 , 2 . . h) equivalgono le
5) i,^r,yryr=^-|f«'f--
« Posto
dalle (1) si traggono le
6) ««P.,=^.yryr
e se SI pone ancora
6') §ip,n = S^Uyf'' (/,i> = l,2..»,A = l,2..A)
1
le (6) e (6') risolute rispetto alle yt^^^^ danno
7) yf''' = 2r.Crtau,,ryr ^^kfiip.nU.
Dalle (6) si traggono pure le
e dalle (7) (6) e (6') avendosi
h
posto
n
*) ('^Ifn.pq = a\^^^ — a'jj^^^ + Sri Cri (aiq , r af„p , » — aip^rOfnq.i) ,
si giunge alle
h
I) ^lm,pq = Si (filp,ifimq,i — filq,iPmp,i) (/ , ^ ,/> , J = 1 , 2 . . »)
essendo per le (6')
I') filPti^=flpl,i'
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~ 205 —
• Le (2) essendo identicamente soddisfiitte per tt «= Ca si ba
^t f ,j Ut '^— -^t f «» Ut
ovvero per le (6')
mentre, posto
») »»a,, = ^. ?«C (»,A=1,2..A, « = 1,2,..»),
daUfl (3) si ha
Le (8) e (9) risolate rispetto alle ^|j|' danno, tenuto conto delle (1),
10) C = -^M<'«/»p.,»yr+^*'»«..f«
e poiché dalle (6') si ha
PlPr
tenuto conto anche delle (6) e (6'), si avrà
fiìp^n'^^r' CrBaip^rfiq9,n = 2% mn^g fiip,i + ^t Ctn ì/l ^^
e sottraendo da questa quella, che se ne trae scambiando p con q^
n h
« In fine dalle (9) si trae
^i»,. — ^a^= f « v^rt f«» — fii f «* ;
e per le (1) e (10)
III) w^j^^, — w{^^ + Sj {mnj^t mij^— mj^^ mij,r) — ^pq Cpq (/?rp,t ft^,* — firq^ /^v.»)
(e,A:=l,2..A; r,s = l,2../j).
« Se ora al sistema Ch di soluzioni indipendenti del sistema di equa-
zioni (2) se ne sostituisce un altro C\j , il quale si esprima per le precedenti
mediante le (4), posto
m'jir = -^1 r^; C[r ,
derivando le (4) e £&cendo uso delle (10) sì perviene facilmente alle
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1*» Sem. 27
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— 206 —
mentre le (7) si trasformano nelle
P) vT = f . ^rs aij, , . y';' + il» ni, ?ip ,»?;,.
« Ciò premesso supponiamo che la forma differenziale quadratica (p* essen-
zialmente positiva nel campo, a cui si considera estesa la variabilità delle x,
sia tale che, le espressioni aip^q ed aim,pq essendo definite dalle equazioni (a)
e (i), sia possibile trovare due sistemi di funzioni ;?rs,ii ^ù> (^^ = 1» 2, ..A;
r=l,2..?i), che soddisfacciano al sistema di equazioni (I) (II) (III). Con-
sideriamo il sistema di equazioni a derivate parziali, che risulta delle (a)
e delle (fi), nelle quali le funzioni yt e y,* si riguardano come incognite,
le C\i rappresentano un sistema qualunque di soluzioni del sistema di equa-
zioni algebriche
2tUyr = 0; 2,ì:hÌ:^j = b; 2tUU = 0 (^; = 1, 2, .. A-1)
h
J..t*«=l— J„C„y/n(
(O (»)
1
e dalle m'ji^r si intendono eliminate le derivate seconde deUe y mediante
le (/?). Se si tien conto delle note relazioni, che legano fra loro i coefficienti
Yik di una sostituzione ortogonale o, posto
h{h-l)^
2
si immaginano i coefficienti medesimi espressi per N funzioni indipendenti
Ai , At , . . Am per guisa che quelle relazioni siano identicamente soddis&tte e
si riguardano come incognite le funzioni X ed y, possiamo immaginare le (a)
risolute rispetto alle A^*\ come le (/?) lo sono rispetto alleai"'**. Così il sistema
di equazioni (a) e (/9) ci dà le derivate prime delle A e le seconde delle y
espresse per le A e per le derivate prime delle y. Le equazioni, che espri-
mono le condizioni di integrabilità di un tale sistema per le (I) (II) e (III)
riescono tutte identicamente soddisfatte, qualora per le derivate seconde delle y
e prime delle A si introducano i valori dati dal sistema stesso e in questo
senso dico che il sistema è completo. É poi noto che un tale sistema di
equazioni a derivate parziali, ammette un sistema integrale con tante costanti
arbitrarie quante sono complessivamente le derivate prime delle y e le A,
cioè » (;i + A) H , e che tali costanti arbitrarie possono determinarsi
in modo che le derivate prime delle y e ìq X prendano valori arbitrari per
un sistema arbitrario di valori delle variabili indipendenti x, per esempio
per 0^1 = Xt=^ — = oTn = 0. Se delle costanti stesse si dispone in modo
che per questo sistema di valori delle x siano verificate le (1), si deduce
dalle {fi) che le (1) seguiteranno a sussistere in ogni intorno del punto (0 0 . . 0)
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— 207 —
tale che in esso le Ort e le loro derivate siano tutte finite. Possiamo dunque
concludere che
La classe di una forma differenziale quadratica 9)* è data
da quel numero minimo intiero positivo 0 nullo A, pel
quale è possibile determinare un sistema di funzioni /?<p,i
^vv (^,i? = 1, 2 . .«; t,y = l,2..A), che soddisfacciano al si-
stema di equazioni (I), (I'), (II), (II') e (III), nelle quali le
espressioni aun^p dim^fq sono quelle definite dalle equa-
zioni {a) e (b).
71 (ti — |— 1)
« Dopo aver disposto nel modo indicato di — - costanti arbitrarie
,. . . . . (n-hhYn-hh — 1) , ^ i. i..^-
di integrazione, ne restano —^ -, che rappresentano larbitra-
rietà di una sostituzione ortogonale a coefficienti costanti, che si può appli-
care alle yt senza variare la forma della espressione di ds^.
« Nel caso di A = 0 restano soltanto le equazioni (I) sotto la forma
e nel caso di A = 1 le (I) e (I') sotto la forma
fltoi ,M == fiip §mq §lq fimp l filp = ft)J
e le (II) sotto la forma
^ip-^fq'\'^^r.Cr.{a^^r§q.-avq^rM = ^
come trovai già nella Memoria citata superiormente.
« Mi riserbo di applicare il teorema generale qui dimostrato alla classi-
ficazione ed allo studio delle forme differenziali quadratiche a tre variabili
e in generale di ritornare sull'argomento per ulteriori sviluppi e deduzioni » .
Matematica. — Su le trasformasiom imolutorie dello spazio
che determinano un complesso lineare di rette. Nota I. del dott. D.
MoNTESANO, presentata dal Corrispondente De Paolis.
« Ogni trasformazione involutoria dello spazio dà origine ad un com-
plesso di rette : quello delle rette congiungenti le coppie di punti coniugati
nella trasformazione.
« Nella presente Nota io mi occupo di quelle trasformazioni involutorie
che danno origine ad un complesso lineare contato una sola volta, tali cioè
che ogni raggio del complesso contenga una sola coppia di punti coniugati.
K Dalla considerazione delle superficie costituite dalle coppie di punti
coniugati situate sui raggi delle congruenze lineari del complesso, deduco il
tipo generale di siffatte trasformazioni, e lo costruisco con grande semplicità
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— 2Ò8 —
poftmido in eridekiza alconé iulieressttiiti propH^ di uaft corva di 10^ ^r-
dine e di genere 11, dalla quale la trasformazione è completamente deter-
minata.
« t^oì e£tttifìino i casi particolari più iMpo^H»ftti d«^uti Allò staeoiMi dì
una superficie fissa dalle sapetficie che ftèlllt ti-asfortnatione più genefule cor-
rispondono ai piani dello spaziò; ed ottengo anche in queèti casi pro^pìetà
noteToli per alcune cnrre e superficie gobbe.
à 1. Nello studio delle trasformamnì involutorie dello spazio hakino, in
generale, grande importanza le superficie E generate daUe coppie di punti co-
niugati situate in piani passanti per una retta r. Esse costituiscono un si-
stema 00 ^, e in generale ye ne sono due che passano per quattro punti dati {^).
« Ma nel caso che ci proponiamo di esaminare, che cioè i punti coniu-
gati nella trasformazione fossero su raggi di un complesso lineare r, le su-
perficie K,K' dovute a due rette r,r' coniugate nella cwrelazìone pdare
nulla (r) dovuta al complesso r, coincidono in un'unica, luogo delle coppie
situate sui raggi della congruenia lineare (r — r*), sicché le superficie K co-
stituiscono un sistema lineare ^, il quale risulta proiettivo al sistema delle
congruenze lineari del complesso r,
« Ogni superficie K passa semplicemente per le direttrici della congruenza
a cui è dovuta, ed ha altri due punti su ciascun raggio di tale congruenza,
sicché risulta di 4^ ordine.
« Essa di più contiene le curve fondamentali della trasformazione, ma
non i raggi fondamentali di essa, che sono ì ra^gi del complesso r di cui
ciascuno corrisponde nella trasformazione ad ogni suo punto.
« 2. Le congruenze lineari di un fascio * del complesso r danno ori-
gine À superficie E formanti un fascio F, la cui base è costituita dalla linea
fondamentale della trasformazione T e dalla curva luogo delle coppie di puÈti
della T situate sui raggi del sistema rigato B base del fascio ^.
a Ora quest'ultima curva con le direttrici di una qualsiasi congruenza
del fascio 0 forma la completa sezione della superficie E4 ^ dovuta a tale con-
graensta. con l'iperboloide I sostegno del sistema R, sicchò essa è di 6^ or-
dine e di genere 3, e quindi la linea fondam^tale della T è di 10"* erdine
e, se non si spezza, il suo genere è 11 (^).
it Partendo inversamente da Ima curva Ca di genere 3 situatil su di un
iperboloide I, due qualsiansi superficie E , Ki di 4* oMine passanti per essa
determinano un fascio F (che ha per base la Ca e una Ciò <li genere 11 don
20 punti sulla Ce), le cui superficie E , Ei , ... Er segano ttlterionnente la qua-
drica I secondo coppie di generatrici AA' , Ati A'i , . . . *r AV » che appartengono
(^) y. De Paolis, Le trtufornuuioni doppie dello spazio. Memorie dell^Accademia
dei Lincei. Serie 2% voi. I, § 39 e 40.
(*) Vedi Salmon-Fiedler, Anatytische Geometrie des Èaumes, tL TteiL, 3^ Au^age,
p. 132.
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al sidtMia delle qtaMs^òUàti della Ce e costituiscono su tale sistema un m-
TOltfzione oràlnariHi si^hS le congmetize lineari {k — k'),{ki — kfi),...
(kr — k^r)i di cui esee sono direttrìéi, appartengono ad uii doinplesso lineare
r e Ti formAlio un fiiecie <P proiettiTO al fascio F.
k Sé ora su eiflsCttaa superficie Kr^krk'r del fascio F si considerano
le eoppie di punti in cui i raggi della corrispondente congruenza {kr — kff) di 0
segano (oltre ohe sulle kr t k'r) la superficie, l'assieme di tali coppie col va-
rìtfé della Kt indiyidua ì&ello spazio una trasformazione iuvolutoria T della
spe^Ae cercata, in cui doò le coppie di punti coniugati sono su i raggi del
complesso r, ima in generale su ogni raggio.
« Si è dunque costruita la T.
« Evidentemente in essa è linea fondamentale la curva Gio che con
la Cs forma la base del fascio generatore F. Invece i punti della Gè risUl-
iand a due a due coniugati nella T. Due punti coniugati sono su una gene-
ratrice deiriperholoide I del sistema delle bisecanti della Gs.
« 3; Per deteiminare Tordine di moltiplicità della linea fondamentale Ciò
e il grado della trasformazione T si noti che i due fasci generatori F , ^
determinano ìà un qualsiasi piano a due fasci proiettivi, l'uno di raggi:
a , Al . . . Ar del complesso r, situati nelle congruenze del fascio ^ , Valtro
di curve del 4P ordine : z » Xi » • • • Zr » seiicmi con le superficie del fascio F ; e la
curva O5 generata da queéti due fasci si spezza nella conica {a I) ed in una
eurva di S^* ordine J3 che paesa per il centro A del lascio di ra^ e per i
punti {a Ciò), la quale risulta luogo delle coppie di punti della T giacenti
nel piano a (0 alUneati eoi punto A).
« Ora se il punto A è un punto della Ciò , gli 00 * punti che gli cor-
rispondono nella T soìio sulla c(H*rispondente linea Js (la quale allora viene
ad avere un punto doppio in A) sicché la curva Ciò è linea fondamehtale
tripla per la trasformazione T.
I» E dalla costruzione data della T segue anche che le ulteriori sue linee
fondamentali non possono essere che raggi del complesso r, di cui ciascuno
ha da corrispondere ad ogni suo punto. A questi raggi le curve J^ non si
appoggiano in generale ; d'altra parte esse curve Jz sono coniugate a sé stesse
nella T, sicché ogni superficie <^ che corrisponda nella trasformazione ad un
piano dello spazio, ha in òomune con ciascuna linea J tre punti non fondlh
mentali e dieci fondamentali che contano per 30, e quindi Tordine delle ^
è 11, e i ra^ fótìdamentali della trasformazione sono 20; cioè le d> sono
delle <Pii ^ Cio^ fli . . . «20 .
• Questi raggi «i . . . àto sono quatrìsecanti della Ciò .
• 4. Dal ragionamento fatto per costruire la trasformazione T si può
anche dedurrs che:
«Una linea do (degenete 0 no) tale che per essa passi un
fascio F di superficie di quart'ordìne di cui la ulteriore
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— 210 —
linea base sia una Ce di genere 3 non generale, ma si-
tuata su di un iperboloide (^) che non contenga alcuna
parte della Ciò, risulta linea base di un sistema li-
neare 00^, J?, di superficie di 4^ ordine siffatto che le
00^ superficie del sistema che passano per un punto F,
hanno in comune un secondo punto P' coniugato al pre-
cedente in una trasformazione T della specie che stu-
diasi (completamente determinata dalla Cio)i nella quale
il sistema delle superficie K (§ 1) coincide col sistema X
« Se la Ciò non si spezza, il suo genere è 11, ma essa non è la cur?a
più generale di tale ordine e genere, perchè come conseguenza del teorema
precedente si ha che:
«Nel sistema oo^ delle superficie di 4^ ordine passanti per
una curva data Ciò di genere 11 (2) le curye Ce di genere 3
che con la Ciò formano le basi dei fasci del sistema, sono
tutte della stessa natura, o tutte cioè non hanno quatri-
secanti (e questo è il caso più generale), o tutte le hanno.
Solo in quest*ultimo caso la data Ciò è linea base di una
traformazione T.
<< Come proprietà caratteristica che distingue tale curva Ciò dalla più
generale dello stesso ordine e genere, si può assumere anche questa che:
ogni piano dello spazio sega la Ciò in 10 punti situati sunna
curva di 3^ ordine.
« Ammesso infatti che esista una tale curva J^ di genere 1, si deduce
che vi è una rete di superficie K4^Cio'^3 e che un qualsiasi fascio F di
essa ha per iilteriore linea base una linea J di 3" ordine e di genere 1,
che ha 10 punti sulla Ciò e due sulla //, sicché le superficie del fascio F
segano i piani delle J,J' secondo due fasci di rette, che vengono riferiti
proiettivamente ed in modo che la retta comune ai due fasci corrisponde a
sé stessa, sicché le congruenze lineari che hanno per direttrici le coppie di
rette corrispondenti in tale proiettività, appartengono ad un complesso lineare
r e vi formano un fascio <P che viene a corrispondere proiettivamente al
fascio F in modo da poter generare una trasformazione T di cui la Ciò è
linea fondamentale. Ed ogni altro piano a segherà la curva Ciò in punti
situati sulla cubica z/3, luogo dei punti coniugati nella T giacenti in a (§ 3).
« 5. La superficie K4 della T dovuta alla congruenza lineare (r — r)
(*) Halphen, Sur la classi fication des couròes gauches algébriques. Journal de TÉcole
polytechnique. Cab. 52, cap. VI, 1.
(*) Che il sistema sia 00 * si deduce dal teorema del n. 20, cap. I, della Memoria citata
dairHalphen. Anche in seguito nella determinazione della specie dei vari* sistemi di su-
perficie che si considereranno, ci serviremo sempre di tale teorema senza citarlo ulterior-
mente.
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contiene nei piani per r o per r' le curve J dovute ai fasci (A — a) della
congruenza. Ora se le r^r^ coincidono in un raggio r del complesso r,
tutte le curve J situate nei piani per r passano per i due punti coniugati
nella T, situati su r, sicché questi punti risultano doppi per la corrispon-
dente superficie E.
> Inversamente si ha che : Nel sistema delle superficie K della trasforma-
tone T la superficie che ha un punto doppio in un punto arbitrario P, ne ha
un secondo nel punto F conii^ato a P nella T, ed è quella dovuta alla retta PP'.
« Si noti ancora che la superficie E della T dovuta ad uno dei suoi
raggi fondamentali ^i . . . 0%^ ha per retta doppia tale raggio a, giacché la
linea J dovuta ad ogni piano per a si spezza nella ^ ed in una conica.
6. Nella T la superficie Jacobiana delle (Pu è una l4o^Cio^n^i • • • ^»o)*;
la superficie punteggiata unita è una i^g^Cio' ^i . . . a«o (0) ^ 1& congruenza
delle congiungenti punti coniugati inf.^ vicini è di 4^ grado.
Il La curva Cu che nella T coirìsponde ad una retta arbitraria r ha
su questa 8 punti (i punti ri2g) e ne ha 10 suUa retta / coniugata alla r
rispetto al complesso r, perchè un piano n passante per / sega la Cu, fuori
della r\ solamente nel punto che nella T è coniugato al punto nr\
s Ogni congruenza Qm del complesso T determina una superficie unita
nella T, lu(^o delle coppie di punti coniugati situate sui raggi della con-
gruenza. Tale superficie passa m volte per la Ciò ed ha in comune con ogni
linea J olire gli m punti di appoggio con la Ciò altri 2m punti situati sui
raggi della congruenza appartenenti al fascio a cui è dovuta la ^, onde l'ordine
della superficie è ^m.
« Inversamente le congiungenti i punti di una superficie Fjk^Cio'* ai
punti coniugati (che sono su di una P'iijk-4o;i^Cio^*"'"'*) costituiscono una
congruenza del complesso V di grado 3A — lOA (2).
• Si è con ciò al caso di costruire e studiare tutte le trasformazioni
doppie dello spazio che hanno per involuzione congiunta la T nel senso in-
dicato da De Paolis. Basta assumere come spazio doppio uno spazio ordinario
su i punti del quale si sia rappresentato razionalmente il complesso T con
i metodi indicati da Cremona (^).
» Si noti infine che la trasformazione T che si studia, può supporsi
anche generata mediante il complesso lineare r e un connesso conico X1.2
di P grado e di 2® ordine (^), in modo che due punti coniugati nella T
(») V. De Paolis, iilem. e § cit.
(*) Ne segue che non vi è alcuna Fs = C,o. Veggasi la classificazione deirflalphen.
Mem. cit., cap. VI, n. 7.
P) Sulla corrispondenza fra la teoria dei sistemi di rette e la teoria delle super-
ficie. Atti deUa R. Accademia dei Lincei. Serie 2*, tomo III, g 3, in nota.
('*) V. Masoni, Su i connessi conici ecc. Rendiconti della R. Accademia di Napoli,
fase. 4«, 1883.
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— 212 —
siano 1 punti <^he nel connesso X sono coardinuti «d un raggio d^l own-
plesso r.
^ I raggi ai . . . a^ sono i raggi singolari i^\ ooQtnessQ situati n$l eomr
plesso F; e la Ciò è il luogo dei punti ; cui piani coordinati nel connosq^
coincidono con i piani polari nella correlazione polare nulla (r).
« 7. Dalla costrui^ione data nel § 4 della trasformazione T ipediante la
sua linea fondamentale Ciò segue che ogni quatrisecante della Ciò corrisponda
nella T a ciascun suo punto, ed è quindi un raggio del complesso T, ùmi9r
mentale per la T. Ora P9Ò succedere cbe la Ciò ei spillai in modo da am-
mettere 00 ^ quatrisecanti. Allora la superficie S^ del complesso r cbe ne è
il luogo, viene a far parte di ogni superfìcie (Pn della T, sicché, tmscurindp
tale superficie S^, si ottiene una trasformazione di ordine 11 — ^, nellA quale
le superficie ^ sono delle ^u^i»,^WWWWai...ai, ove Ls , Ls , l^i , Lo
sono le parti della Ciò (di ordine hik^kyh^ per /© 4- ^i H- ^2 -H ^a ==^ IQ)
multiple rispettivamente secondo 3, 2, 1, 0 per la superficie S^^.
« Il sistema della superficie K non si altera con lo staccarsi della S^^.
sicché ogni raggio r di questa si trova su tutte le superficie K di)vute alle
congruenze lineari di F pesanti per r, e perciò questo raggio contiene oo '
coppie di punti coni^ati della Tu.^.
«t Di un punto A della curva fondamentale Lr (per r:F=0, 1, 3) la cor-
rispondente linea J^ si spezza negli r raggi della Sp^ uscenti d» es^o ed in
ftna curva di ordine 3 — r, che corrisponde ad A nella Tn-^. Invece per ogni
punto A della L3 la linea 4 è costituita dalle tre generatrici della Sf& uscenti
da esso, sicché su un qualsiasi altro raggio di F che passi per A, i due
punti coniugati nella T coincidono in A, e quindi la Ls non risulta fonda-
mentale per la Tn_ut, ma ne é curva unita singolare.
u E la congruenza delle congiungenti punti coniugati inf.^* vicini si
spezza nella congruenza dei rs^gi del complesso F appoggiati alla Ls ed in
quella dei raggi dovuti ai punti della superficie punteggiata unita, la quale
superficie formando con la Sa la i?8 del caso generale risulta una i?g.u^Lo'Li.
«t Ne segue /a < 4 , ^tc < 8.
« La superficie Sa oltre le Lg , L3 i;on ha alcun*altra linea multipla.
La sua sezione con una superficie K si compone delle linee fi)ndamentali, e
dei fx ra^gi che essa ha nella congruenza lineare a cui è dovuta la E, in
modo che se per individuare la Tu-^ invece di partire dalla Ciò si parte
dalla Sa che soddisfi le condizioni accennate, riesce agevole stabilire gli or-
dini delle linee L; e considerando le congruenze d'ordine minore (1 0 2) del
complesso F che contengono la Sa, e le superficie unite che esse determinano
(§ 6), le quali comprendono la Sa, si viene a determinare la linea Gio e
la corrispondente trasformazione Tn_a.
« Ciò apparirà più chiaramente negli esempi che verremo ora a con-
siderare.
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— 213 —
s 8. La superfìcie Su sia un fascio di raggi (A — a) del complesso r.
Allora le superficie E4 della tarasformazione dovuta alle 00' congruenze li-
neari di r che contengono il fascio (A — a), si spezzano nel piano a ed in
supeificie di 3^ ordine E3 costituenti una rete, di cui risulta linea base
quella parte della linea fondamentale Ciò della T che non giace nel piano a.
E siccome due superficie della rete, dovute alle congruenze lineari {t — 1'\
{u — u'), hanno in comune, oltre la linea in questione, la conica Cs, che nel
piano fi^t' u' deUa stella A forma con il raggio a fi del &scio (A — a) la
linea J del piano fi, perciò la linea base della E3 è una C7 di genere 5
passante per A ed appoggiata in sei punti alla conica C^ .
K Partendo inversamente da una tale curva C7 e dal complesso r, riesce
agevole costruire la trasformazione Tio che cercasi.
« Si noti infatti che una C7 gobba di genere 5 è base di una rete di
superficie di 3^ ordine di cui i fasci hanno per ulteriori linee basi coniche Ct
appoggiate in sei punti alla C7. Di queste 00' coniche una ne passa per
ogni punto P dello spazio ; solo quando P è un punto della G^ , le coniche
del sistema che passano per esso, sono 00 ^ e giacciono sulla superficie della
rete che ha in P un punto doppio. -
« I piani delle coniche Cs costituiscono una stella di cui è centro un
punto A della C7. Che se Cs , C'2 sono due qualsiansi coniche del sistema,
basi dei fasci L , L' della rete, e tt , tt' sono i loro piani, il fascio L' sega
il piano 71 secondo un fascio di cubiche del quale sei punti base sono i
punti (C2-C7), onde gli altri tre sono su una stessa retta. Ora di questi
ultimi punti due sono i punti {n C't) e il terzo è il punto {n C7) ^ A non
situato su Ct, sicché pa: questo punto A determinato completamente dal
piano n della conica C2 , passa il piano ti' di ogni altra conica analoga C\ .
K E inversamente ogni piano tv passante per A contiene una conica Cs ,
dal che segue anche che una conica del sistema è determinata univocamente
da una sua corda che non passi per A {^).
« Ora se con la C7 è dato un complesso lineare r, le coppie di punti P F
(') Le superficie K. ^ C7 di un fascio F segano il piano n della conica Ci base del
Iglscìo secondo le rette del fascio (A. — tt). Da ciò segue che ciascuna superficie Ks
della rete contiene una retta k della stella A (essa è Tunica retta della Ks che
si appoggia in un solo punto alla C7), sicché essa superficie può riguardarsi come il luogo
delle coniche C» situate nei piani passanti per il raggio k. Ne segue che le conica Ci
che si appoggiano ad una retta r sono nei piani di un cono di 8» classe della stella A
e generano una superficie omaloide Fi^Ci'rCs* essendo quest'ultima la Ci che ha per corda
la r. Analogamente le coniche Ci tangenti ad un piano q sono nei piani di un cono di
4* classe della stella A, e generano una Fn^C?^, la quale è toccata dal piano q lungo una
C$ che ha 7 punti doppi sulla Ct.
Sì ha con ciò il mezzo di determinare le caratteristiche elementari del sistema deUe
coniche Ci.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 28
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sitnate sa una stessa conica Gs dell'assieme e su uno stesso raggio del com-
plesso r, determinano una trasformazione involutoria T della specie che stu-
diasi, in cui ogni raggio del complesso r contiene una sola coppia di punti
coniugati eccettuati i raggi del fascio (A — a) del complesso che ne conten-
gono 00*.
(t La C7 è linea fondamentale tripla per la trasformazione. Ogni suo
punto P ha per coniugata la sezione della Ks^P' C7 col piano polare di P
nella correlazione polare nuUa (F).
K L'altra linea fondamentale della trasformazione (doppia per essa) è il
luogo dei punti del piano a i cui piani polari nella (r) contengono le co-
niche Gt passanti per essi; e tale lu(^o è una Gs, perchè ogni retta r Hoc
contiene tre punti del luogo, che sono la sezione di r con la superficie E»
della rete che passa per la retta / della stella A coniugata alla r nella (f).
« Sicché nella trasformazione Tio che ne risulta, le <P sono delle
<Pio^G7^ G3' Al . . . ^15 , essendo ai.. , ais le trisecanti della G7 appoggiate
alla G3, raggi del complesso T; e la Jacobiana delle <P è costituita dalle
1,^07^ C3 tìJi . . . ai6 , l87^C7* Cs® («1 . . . a^Y, che corrispondono alle O3 C7.
s Queste due curye hanno in comune i punti {a G^) diversi da A.
< La superficie punteggiata unita della trasformazione è di 7^ ordine ; è
una Ì27^C7* C3 ai.. . «15 (0«
fi 9. Un caso particolare del precedente si ottiene quando la trasformazione
T presenti un punto fondamentale A, a cui corrisponde il suo piano polare a
nella (r).
« Gome prima le superficie E4 della T dovute alle congruenze lineari
che contengono il fascio (A — a), si spezzano nel piano a ed in superficie E3
di una rete, in cui però ogni conica, base di fascio, Gs deve contenere il
punto A che su di essa deve corrispondere al punto (àGt), sicché le super-
ficie Es risultano monoidi col punto doppio A in comune. La G7 (di genere 3)
passa per tale punto tre volte, mentre l'altra linea fondamentale Gs della
trasformazione vi passa semplicemente.
« E tutte le superficie E4 della T hanno in A un punto doppio.
« 10. La superficie Spi sia un sistema rigato B del complesso r. Allora
ciascuna congruenza lineare del fascio <P di r che ha per base il sistema R,
determina una superficie E che spezzasi nell'iperboloide I su cui giace il
sistema B, ed in una quadrica che col variare della congruenza descrive un
fascio F proiettivo al precedente.
e Partendo inversamente da due fasci proiettivi F , d> l'uno di quadriche
e l'altro di congruenze lineari appartenenti ad un complesso r, le coppie di
(1) A due a due le trisecanti della Ci sono coniugate nella T. Duo trisecanti coniugate
sono in un piano per A, il cui inviluppo è un cono di 5* classCi e il loro punto d'incontro
è su una curva Hi» della i2f, sicché dette trisecanti costituiscono una Sis^Ci'His*.
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— 215 —
punti PF situate su una stessa quadrìca S del fascio F e su uno stesso
raggio della congruenza Q del fascio ^ che nella proiettiTità data corrisponde
alla S, costituiscono una trasformazione involutoria T nella quale semplice-
mente i raggi del sistema B base del fascio <P contengono ciascuno oo ^ coppie
di punti coniugati.
• Le linee fondamentali di questa trasformazione T9 sono la curva G4
base del fascio F e la curva Ce luogo delle intersezioni delle quadriche S
del fascio F con le direttrici delle corrispondenti congruenze lineari Q del
fascio <1>. La prima curva è tripla per la <P« ; la seconda ne è doppia, è di
genere 3, ha per quatrisecanti i raggi del sistema B e ha in comune colla
G4 otto punti.
« I raggi fondamentali della T sono le ai . . . a^ corde comuni alle C4 , C« .
La Jacobiana delle ^ è costituita dalle superficie Ii6^C4*C6*(ai-..aif)*,
I,e^C4*C6' (ai.., ditY che corrispondono rispettivamente alle G4 , C«; e la
superficie punteggiata unita ò una SÌ^^Gi* Ca ai . . . ait ».
Gristallografla. — Criteri per stabilire una classificazione natu-
rale dei cristalli. Nota del prof. Carlo Marangoni, presentata
dal Socio Blaserna.
« 1. In questa Memoria mi propongo di provare che il salgemma è di-
metrico esagonale (0; ^ <^bOi P^^ induzione, appartengono all'esagonale tutti
quei minerali del sistema tesserale, che si sfaldano paraUekmente alle facce
del cubo. Non dove ripugnare l'esistenza d'un romboedro coir angolo di 90*» ;
è questa una forma intermedia fra i romboedri acuti e gli ottusi, sebbene
però un romboedro di 90® abbia la forma esterna di un cubo, esso non cessa,
per le sue proprietà, di essere un romboedro.
• La forma estema dei minerali è così mutabile, e spesso è mimetica,
pseudomorfa e può mancare affatto che essa costituisce un carattere secondario.
Il più importante carattere dei cristalli è l'assettamento regolare delle mole-
cole, il quale dà origine ai piani di sfaldatura.
K Qui mi limito a due soli casi: quello che dà luogo all'ottaedro di sfal-
datura e l'altro che dà luogo al romboedro di sfaldatura.
> Soltanto il primo può, secondo il mio modo di vedere, appartenere al
sistema tesserale; il secondo, all'esagonale. Dunque la fluorite, che si sfalda
in ottaedri, e il salgemma, che si sfalda in cubi (romboedri di B:B ==90®)
sono incompatibili nel medesimo sistema. Ma vediamo di appoggiare questa
mia ipotesi sopra dei fatti.
(») Rendic. d. R. Acc. dei Lincei. Voi. IV, fase. 3<», 1888.
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— 216 —
« 2. Rifrazione. — Se il salgemma è un romboedro in fonna di nn cubo»
una delle sue diagonali deve essere Tasse principale, e in questa direzione 1
fenomeni ottici devono essere diversi da quelli veduti nella direzione dello
altre tre diagonali. Per verificare ciò feci tagliare, da un medesimo cristallo
limpido di salgemma di Stassfurt, quattro lamine della grossezza di 5"*"^
nella direzione 111 e in modo di troncare i quattro angoli di una stessa
feiccia del cubo; così ciascuna sezione è perpendicolare a una delle quattro
diagonali diverse.
« Esaminando le dette lamine nel campo oscuro dell* apparato di Nòr-
remberg, a luce parallela, trovai infatti che tre di quelle lamine presenta-
vano due direzioni di estinzione retta come i cristalli uniassi, e quando
Tasse ottico era in direzione diagonale la luce appariva. La quarta lamina
invece lasciava passare solo poca luce, visìbile specie coll'apparato a tx)rma-
line, e Tintensità del campo non variava col girare la lamina. Il piano che
contiene Tasse ottico nelle tre prime lamine passa per una certa mediana della
faccia dell'ottaedro ed è perpendicolare alla lamina, dunque i piani degli
assi ottici delle tre lamine passano per una dissonale del cubo, quella per-
pendicolare alla quarta lamina. Dunque il salgenmia è un cristallo uniasse,
Tasse è una diagonale del cubo,
dunque il salgemma è un romboedro
colT angolo di 90**, sfaldabile, come
gli altri, parallelamente alle facce
del romboedro.
« Si noti che la luce nelle
prime tre lamine, in posizione dia-
gonale, non apparisce, uniforme,
come osservasi nelle lamine sfal-
date di calcite; ma apparisce a
linee sfamate, di color celeste chia-
ro, parallele al piano che contiene
Tasse,come vedesi nella fig. 1. Le
lamine triangolari avevano 22°*°*
di lato e vi si contavano 15 linee
luminose principali.
« 3. Perchè il salgemma non è birifirangente ? siccome vi sono romboedri
ottusi e acuti: romboedri ubativi e positivi, cercai se v'era una relazione
fra Tangolo B e il rapporto — dei due indici di rifrazione straordinario e ordi-
nario; e se per avventura il romboedro di 90® fosse il punto di transizione
fra i positivi e i negativi, nel qual caso dovevasi trovare — = 1, e quindi
nessuna traccia di doppia rifrazione. Ma non è così: il rapporto —varia poco
Grandezza doppia del yero.
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— 217 —
col Yarìare dell^angolo B e poi passa d*uii salto dai cristalli — ai + prima
d'anriyare all'angolo di 90^, come yedesi nel seguente specchietto :
Angolo
€
polare B
to
—
Tonn&lina
450.41'
0,990
—
Pirargirite
71.18
0,984
—
Dolomite
73.48
0,932
—
Calcite
74.55
0,895
+
Dioptasio
84. 5
1,034
+
Quarzo
85.45
1,006
s Occorre dunque di troTare un'altra spiegazione della mancanza di doppia
rifrazione. Si sa che sovrapponendo due lamine di calcite parallele ad B, della
stessa grossezza e disposte sinmietricamente, come se Tuna fosse Tinmiagine
dell'altra rispetto al piano B, guardando attrayerso la detta coppia di lamine
non si osserya più la doppia rifrazione; ma la luce rimane polarizzata coi
piani di estinzione come prinoA. Si può allora supporre che un cristallo
di salgemma sia una forma mimetica risultante di romboedri in forma di
cubi disposti simmetricamente in diverse positure, in modo che ne risulti
ancora un cubo di apparenza quasi isotropa. Se il mimetismo è così frequente
per le forme meno regolari, lo sarà maggiormente per le forme cubiche ; nelle
quali è quasi indifferente la positura delle singole molecole.
« Ad avvalorare l'ipotesi che il salgemma sia una forma che chiamerei
mimefarica isomorfa, sta l'apparenza striata che esso presenta fra i nicol in dire-
zione diagonale, simile a ciò che osservasi in vari minerali ripetutamente
geminati; ad esempio: nel microclino e in altri feldispati.
« 4. Piani d'incrinatura. — Anche i piani d'incrinatura, prodotti daUa
scarica elettrica, mostrano: 1^ una analogia fra il salgeumiae i cristalli
dell'esagonale; 2^ una differenza fra il salgemma e la fluorite, che è tes-
serale.
« Tanto il salgemma che la calcite possono essere attraversate dalla
scarica in tre direzioni perfettamente analoghe (0. La fluorite, invece lo è
in una sola direzione, diversa dalle tre suddette.
(1) Nella seconda Memoria (R. Lincei voi. ni, fase. 5*>, 1887), notai pel salgemma
ima dilezione di più: lo spigolo del tetraedro e dell'ottaedro sono una medesima direzione,
come risulta dal calcolo:
tetraedro, 111, 111 = [011]
ottaedro, 111, III = [011]
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— 218 —
• Ecco il quadro comparativo delle direzioni dei fori e dei piani :
Calcite Salgemma
fori
I. Spigolo culmi-
nante—2 BO
II. [0001]
III. Spigolo R
incrinature
B
1210
Olio
1010
1100
B
B
scalini
B
0111,1101
B
B
B
lisci
I
fori
[Oli] ::
[111]
[001]
incrinatture
100
Oli
110
lOl
Oli
100,010
eateae
iio,iio
breri
scalini
liscia
010,001
specolari
a strìe sottili
normali al foro
speculari
(?)
« Dal precedente quadro risulta:
tt 1^ che il foro della calcite, parallelo allo spigolo del romboedro
inverso — 2 B, corrisponde, nel salgemma allo spigolo del tetraedro ; perchè,
se si dispone il cubo con una diagonale verticale, presa come asse principale,
le diagonali delle fiu^ce del cubo, che partono dagli angoli terminali, sono
appunto spigoli del romboedro inverso — 2 R.
« Le due incrinature sono, in tutti e due i cristalli: una, parallela a
una faccia e Taltra, alla sezione principale perpendicolare a detta faccia.
« 2^ che il foro parallelo aU asse nella calcite è analogo al foro paral-
lelo aUa diagonale del cubo assunto come asse principale: in ambedue i
cristalli le incrinature son tre, che hanno per intersezione Tasse suddetto, e
fanno angoli di 120<^ fra loro; colla differenza che, nella calcite le incrinature
sono parallele alle facce del prisma esagonale di 1^ ordine; mentre che nel
salgemma sono parallele al prisma esagonale di 2^ ordine, parallelo alleasse
suddetto, n salgemma ha più analogia col quarzo, che forma pure tre incri-
nature parallele al prisma di 2^ ordine. Le tre facce d'incrinatura del salgemma
corrispondono ai piani di percussione del Beusch.
« Nella calcite gli scalini sono paralleli rispettivamente a una faccia
del romboedro; nel salgenmia non si scorge la direzione degli scalini.
« 3"" finalmente il foro parallelo agli spigoU culminanti del romboedro B
di calcite corrisponde al foro parallelo agli spigoli del cubo di salgemma;
{}) In un sol caso la calcite ha presentato un foro parallelo alla diagonale maggiore
di una faccia R. I due piani d*incrìnatura erano: R, striato perpendicolarmente al foro,
e il piano di scorrimento di Reusch. Ma questa direzione sta aUa I come, nel salgemma,
uno spigolo del tetraedro sta all*altro che gli è normale.
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— 219 —
le dae incrìnatare nella calcite sono due piani di sfiildatara, come nel sal-
gemma; ma in quest'ultima yì sono altri due piani in diagonale, cioè quelli
dì percussione.
« La maggiore analogia dei piani dlncrinatura del salgemma con quelli
del quarzo, piuttosto che con quelli della calcite, può confermare l'ipotesi
che il salgemma sia mimetico; il quarzo infatti è in generale formato dalla
riunione di un cristallo destrorso con uno sinistrorso.
« Se si trafora la fluorite, tagliata parallelamente a una &ccia del cubo,
0 dell'ottaedro, questa sì incrina sempre secondo due piani di sfaldatura che
hanno per intersezione il foro ; spesso questo è una spezzata che segue due spi-
goli successìTÌ dell'ottaedro. Ho misurato l'angolo formato da due incrinature e
l'ho trovato = 109H che è circa l'angolo dell'ottaedro regolare =109«.28M 6".
« Alle Tolte il foro è curvilineo nella fluorite ; ma allora si vede che
una incrinatura è fatta a gradinata, il decrescimento d^li strati segue una
legge irregolare e si ha una incrinatura di forma apparentemente cilindrica ;
di qui la ragione dei fori tortuosi.
• La scarica elettrica, o sfalda i minerali, o produce una incrinatura
la quale è intermedia a due piani di sfaldatura, e si direbbe essere la loro
risultante.
.« 5. Curve delle durezze^ elasticità. Exner trovò (^ che il salgenuna e la
fluorite si comportano oppostamente riguardo alla durezza, esperimentata in varie
direzioni su di una stessa faccia. Cioè, pel salgemma sulle facce 100 e IH,
la durezza è massima nella direzione dal centro della faccia ai vertici; ed
è minima dal centro ai punti di mezzo dei lati. Avviene l'opposto sulle cor-
rispondenti facce della flourite. NeUa calcite, invece sulle &cce del romboedro
e sulla faccia basale si hanno i massimi e i minimi precisamente come nel
salgenmia.
« Yoigt e Groth trovarono che l'elasticità nel salgeomia, normalmente
alle facce 100, 111, sta nel rapporto 1:0,763. Tutti questi fatti stanno a
provare che il salgenuna non è isometrico.
« Conclusione, — Non essendo possibile di provare ohe esista un cubo col-
l'angolo di 90^, (e su questo argomento richiamo al lettore l'importante lavoro
del prof. Orattarola: Bell'unità cristallonomiea) (^) è probabile che presto
si veggano sparire tutti quanti i minerali dal sistema tesserale ; e che questi,
emigrando di sistema in sistema, si riducano tutti nel triclino. Questo fatto
è necessaria conseguenza deiressere il sistema di Hafly artificiale. Basandoci
invece sul concetto dei piani di sfaldatura si può stabilire una classificazione
naturale delle forme cristalline ; e mi parrebbe di ridurre, per ora, molti
(') F. Exner, Untersuchungen ùber die Hàrte an Crystallflàschen, Wien 1873.
(*) G. Grattarola, Rivista scientifica di 6. Vimercati anno IX. 1877. Dirò solo che
rantore, avendo misurato on angolo del cubo della galena, ottenuto per sfaldatura, lo ha
troyato a:89^.51^ coll'approssimasione di 10 secondi.
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— 220 —
minerali sotto due soli tipi, ciò; l'ottaedro di sfaldatura e il romboedro di
sfaldatm'a.
« In questa nuova classificazione avverrebbe il fatto opposto ; che cioè,
minerali appartenenti a sistemi inferiori verrebbero a trovare il loro posto
nel primo tipo, cioè nell'ottaedrico ; imperciocché l'essere gli assi ugnali o
disuguali; Tessere gli angoli retti o quali si vogliano, non costituisce una
differenza esenziale, ma solo specifica. Il fatto fondamentale in mineralogia
è la forma di sfaldatura, dipendente dal numero e dalla disposizione dei
piani di sfaldatura. Qui non si passa in modo continuo da un valore all'altro
ma si salta recisamente da una forma a un altra.
« Mi sorgono, è vero, delle difiScoltà, e delle obiezioni ; ma trovo anche
molti altri argomenti in appoggio. Eppoi non sono le dif&ooltà che hanno
arrestata la scienza, ma sono esse principalmente che l'anno fatta progredire > .
Fisica. — Nuovo metodo per la determirtazione delle due co-
stanti di elasticità. Nota I. del dott. Michele Cantone, presen-
tata dal Socio Blaserna.
« La ricerca dei due coefficienti, che caratterizzano una sostanza relati-
vamente alle deformazioni elastiche, ha preoccupato molto i fisici senza che
si sia potuto venire sinora a conclusioni del tutto soddis¢i.
« Lungo sarebbe rifare la storia delle esperienze intraprese sul riguardo,
tanto più che una severa critica ha oramai scartate alcune di esse, perchè
non corrispondenti alle condizioni teoriche, in base alle quali le formule appli-
cate erano stabilite ; non accennerò pertanto né alle espeiienze fatte sui me-
talli temperati, corpi non isotropi e assai probabilmente non omogenei, né a
quelle fatte sul causciù, perchè riguardano una sostanza la quale cede alle
azioni deformatrici in modo diverso da quello che nella teoria si suppone.
Ma non potrò tacere delle esperienze di Wertheim, di Regnault e di Comu
relative alla determinazione della costante di Poisson, ordinariamante denotata
colla lettera fi.
« Non credo che alle prime si possa attribuire importanza di ricerche
decisive sulla questione assai controversa di quella costante, oltre che per le
ragioni esposte dai fisici i quali di questa critica si sono intrattenuti, anche
per le condizioni in cui si trovavano i tubi sottoposti a trazione, ben diverse
da quelle prevedute dalla teoria: non si poteva infatti, obbligando le parti
terminali a non subire contrazioni trasversali, ottenere nei recipienti quelle
variazioni di volume intemo che si sarebbero avute, supponendo i punti della
sezione terminale superiore capaci di avere spostamenti nel loro piano e quelli
della sezione terminale libera sottoposti ad una tensione uniforme.
« Le ricerche condotte con tanta cura da Regnault non hanno avuto esito
più fortunato delle prime, perchè nei calcoli relativi a quelle esperienze si
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— 221 —
assmneya come coefficiente di elasticità del vetro, di cui erano formati i reci-
pienti che yeniyano sottoposti esternamente a pressione miiforme, quello che
era stato dedotto dalle esperienze di Wertheim : or essendo abbastanza noto
il modo con cui varia il coefficiente di elasticità, non solo per tubi di varia
qualità di vetro, ma anche per quelli della medesima qualità, si è dai fisici
ritenuto poco attendibile il risultato avuto dall^illustre sperimentatore francese,
s Si è piuttosto ritenuto come assai probabile il valore di fi 0,250, cui
porterebbero approssimatamente le esperienze fatte da Comu applicando il
metodo di Fizeau per determinare la curvatura di una lastra di vetro sotto-
posta a jQessione, tanto più che per quella determinazione non occorreva la
conoscenza del coefficiente d'elasticità della sostanza su cui si operava. Certo
le ricerche di Comu furono eseguite con un metodo indiscutibilmente supe-
riore agli altri sino allora tenuti, non solo per la grande esattezza di cui
erano suscettibili le misure, ma bensì per il fatto che si producevano piccole
deformazioni; condizione essenziale perchè fosse possibile trovare un riscontro
coi risultati cui porta la teoria della elasticità. Purtuttavia è rimasto sempre
il dubbio che il valore di fi potesse variare non solo colla sostanza, ma fin anco
da una qualità ad un*altra di vetro ; per cui dai fisici, che si sono occupati
deUe variazioni di volume dei liquidi nei recipienti di vetro sottoposti a pres-
sione, 0 si è evitato con qualche artifizio di tener conto delle deformazioni
del recipiente, o nei casi in cui questo è stato impossibile, si ò adottato con
qualche incertezza da taluni il valore della costante fi trovato da Comu, da
altri quello dedotto da Begnault.
« In occasione di alcune mie esperienze sulle deformazioni dei conden-
satori è occorso anche a me di conoscere i valori di jit ed E per i recipienti
cilindrici di cui mi servivo, ed ho intrapreso talune ricerche in proposito, per
le quali, adoprando un metodo nuovo, son venuto con grande approssimazione
per fi al valore 0,250 cui, oltre alle esperienze di Comu, accennerebbero i
risultati ottenuti teoricamente da Poisson e in questi ultimi tempi, per via
diversa da Saint-Venant (i) : ho fiducia pertanto che la pubblicità, che io do
ad esse, valga ad avvalorare un fatto di grande importanza per la teoria
della elasticità.
« Debbo qui esternare sensi di viva gratitudine al chiarissimo prof. D. Ma-
caluso che mi ha ammesso nel Laboratorio di Fisica di questa Università
e mi ha fornito i mezzi per intraprendere le ricerche.
« Il Lamé ha calcolato le variazioni di lunghezza e di volume, ohe su-
bisce un recipiente di forma cilindrica, supposto che alle due superficie agis-
sero pressioni uniformi date ad arbitrio ; e si sa che le formule dedotte sono
con leggiera modificazione applicabili al caso di recipienti cilindrici terminati
da due emisferi. Ciò che rende difficilmente applicabili quelle formule è la
(1) De Samt-Venuit, C. R., UH, 1107.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 29
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— 222 —
determinazione dei raggi interno ed esterno del tnbo, di cui essi son formati;
non tanto perchè questa misura presenti inconvenienti speciali, quanto perchè
i tubi di vetro non hanno d* ordinario pareti dì spessore costante: fortunata-
mente però ho potuto trovarne alcuni a spessore sensibilmente costante, ed
ho ritenuto quindi potermi servire di quelle formule per dedurre da esse i
due coefficienti, dopo aver determinato sperimentalmente le variazioni di lun-
ghezza e di volume.
« I tubi da me adoperati per queste esperienze sono quelli di cui mi
ero servito per le ricerche mlle deformazioni dei condematori: sono di vetro
turingio, hanno pareti sottili e gli assi quasi perfettamente rettilinei. Ho avuto
cura di dare ai recipienti una lunghezza conveniente perchè le calotte termi-
nali avessero poca influenza sulle variazioni sia di volume che di lunghezza:
ed inoltre, per operare in condizioni più vantaggiose, ho procurato di pro-
durre nelle calotte stesse, mercè la fusione, un aumento di spessore, e una
curvatura non molto forte. A far ciò sono stato costretto a modificare le dimen-
sioni dei recipienti adoperati nelle esperienze elettriche, ragion per cui si tro-
veranno diverse le loro capacità da quelle che allora aveano. Bicorrendo a
tali precauzioni ho potuto supporre trascurabile Tinfluenza delle calotte e con-
siderare i recipienti come aventi forma cilindrica.
« Le esperienze hanno avuto per ìscopo di determinare per ciascun reci-
piente la diminuzione di capacità dell'unità di volume per una pressione
uniforme uguale ad uno all'esterno, e successivamente l'aumento di lunghezza
per una pressione uniforme uguale ad uno all'interno.
» Le formule che danno siffatte variazioni sono, come si sa :
Jy 5 — 4/1 Ri* '
VPi E Ri*
(1)
LPo ~ E Ri« — Ko* ^^^
dove Fi ed Ri denotano rispettivamente la pressione ed il raggio esterno,
Po ed Ro la pressione ed il raggio intemo.
« Ponendo
Jy J-.
si ha:
da cui si ricava:
^ VPi • LPo
5 — 4aRi*
1— 2.uRo*'
^' - (3)
2k|;-4
« Per avere \i non occorre che la ricerca di E e la determinazione dei
due raggi del tubo : noto ,a sarà facile ottenere il coefficiente di elasticità E.
« La misura del raggio interno di ciascun recipiente è stata fatta riem-
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— 223 —
piendolo di acqua distillata, privata d'aria mediante TeboUizione : questo li-
quido occupaya tutto il recipiente, un tubo intermedio destinato alla salda-
tura di un tubo capillare, e pornone di quest'ultimo; dalla differenza dei
pesi del recipiente pieno e ruoto si avea, fatta la correzione per la tempe-
ratura, il volume del liquido; da cui togliendo la porzione ohe riempiva i
due ultimi tubi, si avea con sufficiente approssimazione il volume intemo del
recipiente che si dovea sottoporre a pressione. Chiamando Y questo volume,
ho calcolato il n^o intemo Bo del tubo servendomi della nota formula:
^-]/n{i,+ihy
dove li denota la lunghezza della parte cilindrica del recipiente, ed It la
somma delle saette delle due calotte terminali.
« D'altra parte mediante lo sferometro si è avuto lo spessore delle pareti
del tubo, ottenendo i pezzettini occorrenti per questa determinazione dalla
rottura di due tratti anulari presi agli estremi della porzione che si adoperava
per la costmzione di ciascun recipiente. Il valore medio d^li spessori misurati
si adottava per la determinazione del raggio estemo. Aggiungerò che il dia-
metro intemo del tubo intermedio fra il recipiente e il cannello capillare erasi
determinato direttamente colla macchina a dividere, e che il diametro del
tubo capillare, destinato alla misura delle variazioni di volume, erasi dedotto,
dopo essersi accertati che il tubo fosse sensibilmente capillare, determinando
la lunghezza e il peso di ima colonna di mercurio introdottavi, e facendo la
correzione per la temperatura.
« Variazioni di volome per le pressioni esterne. — In un serba-
toio cilindrico B (fig. 1^), comunicante per un tubo laterale C col-
Vapparecchio di compressione dell'aria, veniva introdotto il reci-
piente A che si voleva sottoporre a pressione, e con un tappo di
sughero S, rivestito alla superficie di mastice, si operava la chiu-
sura ermetica della concamerazione compresa fra B ed A. In B si
conteneva dell'acqua destinata in parte a mantenere costante la tem-
peratura tutto all'intomo del recipiente A, e in parte a diminuire
il volume dell'aria che si volea comprimere, essendo ciò richiesto
dall'uso di una pompa-manometro di cui io mi serviva.
« Era questa costituita di due tubi di vetro a sezione piuttosto
grande, messi in comunicazione mediante un tubo di gomma fasciato,
e dei quali uno, comunicante col serbatoio B , era fissato stabilmente
alla parete, l'altro, aperto superiormente, era sorretto da apposita
custodia scorrevole lungo un'asta di ferro verticale. Fra i due tubi
si aveva un regolo graduato in millimetri per misurare la differenza
\J di livello del mercurio, che occupava parzialmente i due rami del
Fig. 1. manometro. Perchè tale misura non fosse affetta da errori provenienti
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— 224 —
dalla direzione della visuale deUossenratore, sì erano circondati i dne tnbi
grandi di vetro con anelli di ottone aventi il bordo superiore netto e scor-
revoli su guide verticali: sul prolungamento dei bordi superiori si avcfano
due indici che si potevano adattare, girando gli anelli, sul regolo graduato.
« Le dimensioni dei tubi di congiunzione e delle parti nelle quali si
osservano le variazioni di livello sono state scelte in modo che fossero pos-
sibili aumenti o diminuzioni di pressione sino a circa Vs di atmosfera. Ho ri-
tenuto sufficiente questo limite perchè si poteano avere variazioni notevoli
sia di capacità che di lunghezza, e d'altra parte perchè, volendo applicare
le formule teoriche, procuravo di non avere deformazioni troppo forti.
« Un termometro a contatto del recipiente B accennava a piccole varia-
zioni di temperatura nel periodo delle esperienze; e questo era dovuto al
fatto che si lavorava sotto Tanfiteatro della scuola di Fisica, in un ambiente
perciò poco esposto, e nel quale si lasciavano costantemente chiuse le finestre
e le imposte.
« Le letture relative alle variazioni di volume del recipiente si fiwseano
senza che Tosservatore stesse vicino all'apparecchio : si disponeva a tal uopo
di un cannocchiale, fissato ad un trepiedi solido, e munito di un micrometro,
su cui si valutavano gli spostamenti della superficie libera del liquido nel
tubo capillare T (fig. 1*). Per avere il valore assoluto di questi spostamenti
si attaccava al tubo T lateralmente una scala in millimetri, incisa sul vetro
mediante la macchina a dividere, e senza bisogno di spostare il cannocchiale
(cadendo la scala nel campo di esso), si verificava di quando in quando il
numero di divisioni del micrometro che corrispondevano ad ogni millimetro :
non si ebbero mai a constatare differenze sensibili fra queste letture di veri-
fica. L'ingrandimento adottato non potè essere lo stesso per tutti i recipienti,
perchè quello usato per due di essi non si trovò sufficiente per gli altri due;
si dovette quindi aggiungere una lente convergente all'obbiettivo del cannoc-
chiale per ovviare all'inconveniente di avere spostamenti assai piccoli ; opperò
si ebbe cura di determinare l'iDgrandimento in questo secondo caso colle stesse
cautele che si erano adoperate per il primo, e le esperienze di verifica fatte
per uno dei recipienti coi due ingrandimenti mostrarono che il rapporto loro
era uguale a quello ottenuto operando con recipienti diversi.
« Variazioni di lunghessa per pressioni interne. — Le variazioni di lun-
ghezza vennero da me determinate col metodo di Fizeau. Questo metodo non è
stato sinora adoperato per la misura di piccole deformazioui in corpi di lun-
ghezza considerevole forse perchè si è ritenuto di impossibile attuazione : si è
pensato, credo, che sarebbe stato assai difficile sottrarre il corpo a quelle
vibrazioni, provenienti dal passaggio dei carri in un centro abitato, che si
comunicano facilmente mediante le pareti ai corpi che sono ad esse legati.
Ammesse queste vibrazioni 'certo il metodo in parola non è applicabile; se non
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— 225 —
che ho potato constatare che tali vibrazioni sono temporanee e si possono in
gran parte evitare disponendo di un locale non troppo vicino a strade fre-
quentate da veìcolL Le esperienze mie furono fatte nello stesso locale cui
sopra si accennava, e non ostante mi trovassi ad mia distanza di circa 80 metri
da una delle vie di maggior traffico non ho risentito gran fatto, probabil-
mente per la natara del sottosuolo, T influenza di quella causa dìsturbatrice :
ho potuto in&tti produrre delle frangio che per molto tempo non subivano spo-
stamenti bruschi.
« La disposizione cui ho avuto ricorso è accennata
dalla fig. 2^ In una mensola di legno M, fissata soli-
damente al muro, era praticato un foro, nel quale, me^
diante un tappo di sughero S si adattava il recipiente A
in modo che il suo asse riuscisse perfettamente verti-
cale, operando la sospensione per una porzione del tubo
intermedio I. L'estremo inferiore di questo tubo attra-
versava un secondo tappo di sughero S', destinato a
sorreggere un tubo di vetro B , che circondava per quasi
tutta la lunghezza il recipiente A. Il tubo B portava
inferiormente un anello circolare C con tre fori, per
cui passavano tre viti v, facienti capo ad un secondo
anello G occupato internamente da una lastra di vetro /
a faccio piane e parallele : le viti v mediante i dati d,
che le reggevano superiormente, e le molle a spirali,
che le circondavano nei tratti compresi fra i due anelli,
permettevano, girando opportunamente i dadi, di spostare
- ^^JL^- ^ la lastrina inferiore e di darle una orientazione qualun-
que. Fra questa lastrina ed un'altra t , fissata mediante
un po' di colla da falegname all'estremo del recipiente A,
si producevano le frangio.
« La produzione di esse riusciva facile purché si
avesse cura di far combaciare le due lastrine prima che
la colla solidificasse : le frangio comparivano per U
fatto del combaciamento, sicché il giorno appresso, gi-
rando poco a poco i dadi, si poteano portare le lastrine
ad una distanza di circa mezzo millimetro senza perderle.
« Le frangio aveano in principio forma di anelli concentrici, ma in se-
guito le ho ottenute costantemente a forma di un doppio sistema di iperboli
ad assi incrociati, probabilmente perchè qualche volta nel combaciamento delle
due lastrine si dovette produrre una deformazione permanente in una di esse.
> Le frangio si rendeano visibili nel seguente modo. Al muro era attac-
cata in basso una seconda mensola di legno M' ; su cui veniva fissato con
moisetti il piano di un trepiedi F, analogo a quello che adoperava Fizeau
Fig. 2.
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— 226 —
per le sue ricerche, destmato a sorreggere colle punte delle tre viti ^ una
lente k piano convessa e ad orientarla in modo che la sua faccia piana riu-
scisse sensibilmente parallela alle due lastrine l , L Fra il piano del trepiedi
e la lente si avea uno specchietto o* formante un angolo di circa 45^ colla
yertlcale ed avente una orientazione tale che potessero per esso passare, tanto
all'andata che al ritomo, i raggi che producevano le frangio d*interferenza
fra le due lastrine. Per il resto la disposizione era identica a quella seguita
da Fizeau nelle sue determinazioni, come è accennato in pianta dalla fig. 8\
\""] ^ Un fascio di raggi provenienti da una lampada
Bunsen Q, resa monocromatica da una perla dì
solfato di soda, passava attraverso una lente a
corto foco L, Gonveigendo in vicinanza della
faccia riflettente di un piccolo prisma a rifles-
sione totale T, da cui veniva deviato e diretto
verso lo specchietto <r, dove subendo un*altra
deviazione, e passando poi attraverso la lente E
dava luogo ad un fascio parallelo che generava
le frangio per la riflessione alle due faccio della
lamina d'aria frapposta alle due lastrine 1,1!.
I raggi di ritomo, riflessi nuovamente dallo spec-
chietto cr, venivano ad un cannocchiale collocato
dietro il prismetto r, dando all'osservatore un'im-
^ine ingrandita delle frangio d'interferenza.
« La congiunzione del recipiente A col ma-
nometro si effettuava mediante tubi di vetro fis-
sati al muro: così veniva evitato che il reci-
piente, per qualche spostamento dei tubi che lo
faceano comunicare col manometro, avesse a subire
piccole rotazioni.
» Quanto all'influenza della temperatura si potea ritonere trascurabile,
anzitutto perchè quella dell'ambiente non soffriva variazioni notevoli, in se-
condo luogo perchè, essendo le lastrine l ei F attaccate a due tubi di vetro
della stessa lunghezza e della stessa qualità, gli spostamenti loro per effetto
della temperatura si compensavano, ed infine perchè si ebbe cura di proteggere
con doppio involucro di latta B e con una custodia di legno N il recipiente A
dalla irradiazione della lampada Bunsen di cui si facea uso per la produ-
zione della luce monocromatica. Le esperienze del resto mostrarono la poca
influenza della temperatura, non avendosi nelle frangio da una esperienza
all'altra spostamenti sensibili.
« D'altra parte i movimenti delle frangio riferiti a punti segnati sulla
lastrina l' erano presso a poco gli stessi per tutti i punti, ed avvenivano
gradatamente purché la pressione non variasse tutta d'un tratto. Si riconobbe
Fig. 3.
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— 227 —
superfluo pertanto di misurare Tolta per Tolta gli spostamenti relativi a di-
Tersi punti di riferimento, e si preferì invece di limitarsi alla misura di quelli
che avvenivano rispetto ad un punto segnato nel centro della lastrina Z'. In un
caso in cui si constatò che la condizione sopra citata non era soddisfatta, si
modificò la sospensione del recipiente A alla mensola M, rendendola anche
più solida, sino ad avere spostamenti dello stesso valore per tutti i punti di
riferimento.
A Con queste cautele si potea esser sicuri che il metodo impiegato per
constatare le variazioni di lunghezza era assai adatto perchè non suscettibile
di gravi cause di errori, di attuazione non molto difficile, e vantaggiosissimo
per il modo col quale direttamente ed in valore assoluto permetteva di misu-
rare quelle variazioni
B Debbo qui render grazie alla cortesia del chiarissimo prof. Antonio Beiti,
che mi ha permesso per queste ricerche l'uso di alcune parti dell'apparecchio
di Fizeau, attualmente in costruzione nel Gabinetto di Fisica del B. Istituto
Superiore di Firenze « .
Ghimiea. — Sulla formasione dei due tetrabromuri di pirro-
Ulene (0. Nota di G. Ciamician e G. Maonanini, presentata dal Socio
Cannizzaro.
« In una Nota presentata a questa Accademia nel novembre scorso (}),
uno di noi fece vedere, che in seguito alle ricerche di Ciamician e Magnaghi
e contrariamente alle asserzioni di Gcimaux e Cloez, il pirrolilene (o erìtrene),
ottenuto dall'eritrite o dalla pirrolidina, dà, per trattamento con bromo, di-
rettamente molto probabilmente due tetrabromuri isomeri diversi.
« I sigg. Grimaux e Cloez avevano osservato che il tetrabromuro meno
fusibile (118^-119'») si trasforma per distillazione nell'altro isomero più fusi-
bile (38^-39®), scoperto da Ciamician e Magnaghi, e da questo fatto, male
interpretando im lavoro di questi due chimici, credettero di poter conchiu-
dere che il tetrabromuro fusibile a 39<'-40^, ottenuto da Ciamician e Ma-
gnaghi, provenisse dalla trasformazione dell'altro isomero per distillazione e
non derivasse direttamente dall'idrocarburo.
« Nella Nota accennata, uno di noi ebbe già occasione di dimostrare che
questa interpretazione dipendeva principalmente dal non avere i due chimici
francesi letta con sufficiente attenzione la nota di Ciamician e Magnaghi, e
la quistione a risolversi venne posta nel seguente modo. Ciamician e Ma-
gnaghi fecero assorbire il pirrolilene, proveniente dalla pirroUdina e dall'eri-
trite dal bromo, e ne eliminarono l'eccesso riscaldando il prodotto a b. m.
{}) Lavoro eseguito nel R. Istituto Chimico di Padova,
(t) Beudiconti lU, 242.
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— 228 —
Il residuo semìsolido venne trattato con etere petrolico, che, lasciando indi-
sciolto il tetrabromuro di Henninger, fusibile a 118^-119^, asporta un bro*
muro liquido, che, scacciato Tetere petrolico, in un caso (nel prodotto ottenuto
dalla pirrolidina) si solidificò spontaneamente dopo molto tempo, e nelFaltro
(nel prodotto ottenuto dell'eritrite) venne purificato per distillazione frazionata
a pressione ridotta. In entrambi i casi risultò lo stesso composto, un tetra-
bromuro isomero a quello di Henninger, fusibile a SS^'-SQ^. Bestava perciò a
decidere se il tetrabromuro di Hennii^er potesse trasformarsi nell'altro iso-
mero per riscaldamento con bromo a 100^.
tt Noi abbiamo ripetuto a questo scopo le esperienze di Ciamician e
Magnaghi evitando con cura ogni riscaldamento del miscuglio dei tetrabro-
muri. I prodotti di decomposizione dell'eritrite con acido formico, vennero
fatti assorbire, impiegando l'apparecchio già descritto dai due autori citati,
dal bromo puro ed il prodotto ottenuto venne liberato dall'eccesso di bromo
mediante una corrente d'aria e poi lasciandolo per qualche giorno in un es-
siccatore sulla calce. Per trattamento con etere petrolico si separò facilmente
il tetrabromuro di Henninger e la soluzione petrolica lasciò indietro, per
spontaneo svaporamento, un olio di intenso odore canforioo, che si solidificò
in un miscuglio di neve e sale.
■ Abbandonando il prodotto solidificato per qualche tempo a sé stesso in
un ambiente freddo, si mantiene solido e non fonde più al calore della mano.
Si potè perciò spremerlo fra carta, per liberarlo da una materia oleosa, che
ne abbassa notevolmente il punto di fusione. La materia così ottenuta è
bianchissima, e venne sciolta nell'etere petrolico per eliminare delle piccole
quantità delV altro tetrabromuro, che non è del tutto insolubile in questo sol-
vente. Per lento svaporamento si ottennero cristalli tabulari che fondevano
a 88*^-39^ (^), e che avevano tutte le proprietà del composto scoperto da
Ciamician e Magnaghi.
« Con ciò è provato che il pìrrolilene dà direttamente col bromo due
tetrabromuri isomeri. Vogliamo però fare osservare che le quantità relative,
in cui si formano questi due corpi, possono variare e dipendono da cause che
non abbiamo potuto determinare. Questo fatto può forse servire a spiegare
in parte i risultati avuti da Glrimaux e Cioez. — La quantità relativa del
tetrabromuro più fusibile da noi ottenuto era minore di quella che ottennero
Ciamician e Magnaghi.
« Sebbene le esperienze or descritte non lascino alcun dubbio sulla
formazione dei due tetrabromuri dal pirrolilene, pure ci è sembrato interes-
sante di vedere se, operando in condizioni simili a quelle descritte da Cia-
mician e Magnaghi, fosse possibile la trasformazione del tetrabromuro meno
fusibile in quello più fusìbile. Prima di tutto ci siamo accertati, che il.
(^) Ciamician e Magnaghi trovarono il punto di fusione 39^-40^, Grimaoz e Cloez 37<*,5.
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— 229 —
tdtrabromuro di Henninger, non 8i trasfonna nel suo isomero, per riscalda-
mento prolungato con bromo, in un tubo chiuso a 100^; ma poi abbiamo
Toluto vedere se distillando il detto tetrabromuro a pressione ridotta, come
fecero Ciamician e Magnaghi per purificare il prodotto contenente il com-
posto fusibile a 38^-39'', avvenisse la trasformazione in proporzioni tali da
giustificare la supposizione di Orìmaux e Cloez.
> Noi abbiamo distillato il tetrabromuro di Henninger ad una pressione
di circa 6 centimetri; il composto bolle costantemente a 180®-18P, ed il
distillato, polverizzato e lavato con etere petrolico, non cede a quest'ultimo
che piccolissime quantità del tetrabromuro fusibile a 38^-39''. Ora Ciamician
e Magnaghi, distillando la parte del loro prodotto greggio, solicbile nell'etere
petrolico (^), a pressione ridotta, ottenere quasi esclusivamente il nuovo- te-
trabromuro e solamente le ultime porzioni del distillato erano formate dal
tetrabromuro di Henninger, che evidentemente, non essendo del tutto insolu-
bile nell* etere petrolico, venne da questo sciolto assieme all'altro composto.
Con ciò noi siamo lontani dal voler negare il fatto interessante scoperto da
Grimaux e Cloez, che il tetrabromuro di Henninger si trasformi in parte
per distillazione nel suo isomero, ma vogliamo soltanto mettere in rilievo il
&tto non meno accertato che, essendo questa trasformazione funzione della
temperatura, essa non avviene che in minima quantità se si fa la distilla-
zione a pressione ridotta.
« Le osservazioni di Grrimaux e Cloez sul lavoro di Ciamician e Ma-
gnaghi, sono perciò prive di fondamento: prima di tutto perchè realmente
il pirrolilene può dare col bromo direttamente due tetrabromuri diversi, iso-
meri, e poi perchè nelle condizioni in cui operarono Ciamician e Magnaghi,
la trasformazione del tetrabromuro meno fusibile in quello più fusibile non
poteva avvenire in modo da produrre il tetrabromuro che fonde a 38"-39<>,
nella quantità ottenuta da questi chimici.
« Per ultimo dobbiamo fare notare che il punto di fusione del tetra-
bromuro di Henninger, da noi osservato, è a 118^-119®, come trovarono Cia-
mician e Magnaghi.
« Avendo preparato nel corso delle esperienze ora descritte, quantità
notevoli del bromuro di Henninger, abbiamo invitato il eh. sig. prof. Bug-
gero Panebianco a volere fare lo studio cristallografico, essendo stato già stu-
diato da questo lato Taltro isomero dall'egregio ing. Giuseppe La Valle. —
Il prof. R. Panebianco ebbe la gentilezza di comunicarci un sunto del suo
lavoro, che verrà stampato per intero nella Bivista di Mineralogia e Cristal-
lografia italiana da lui diretta.
0)1 sigg. Grimanx e Cloez dicono nella loro pregevole Memoria :«.... mais en
Toolant purifier le Utraìfromure d'érythrène par distiUation ils (Ciamician e Magnaghi)
ont rencontré nn corps fnsible à 39^-40^ . ...» per cai potrebbe sembrare che si fosse
trattato del tetrabromuro a 118<^-119^ ciò che è erroneo.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, l» Sem. 30
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— 230 —
« Sistema cristallino : Monoclino
a :*: ^ = 2,63485 : 1 : 2,333815
/? = 80^55'
« Le misure istituite sopra un cristallino (fig. 1 proiettata su 010 e in-
grandita 30 volte circa) dettero :
001:100 = 80^ 55'
001:111 = 65 11
001:111 = 70 45
001:111 = 71 8
100:111 = 67 24
111:111 = 39 28
100:111 = 73 20
70« 56', 5
Tiffii
• Prendendo per angoU fondamentali: 001:100, 001:111 , 100:111, si
hanno dal calcolo le costanti anzi date ed i valori
001:111 = 700 46
111:111 = 38 47
100:111 = 73 49
«Sfaldatura perfetta: (100).
« Piano degli assi ottici: parallelo a (010). — Una bisettrice dell' angolo
degli assi ottici per la luce media è circa normale a (001). — L'angolo degli
assi ottici misurato nell'olio ed in una lamina parallela a (001) fu trovato
di circa 99®.
« Il prof. B. Panebianco ha fatto anche uno studio microscopico di questa
sostanza, che crediamo utile riassumere qui brevemente, perchè può servire
a riconoscerla anche in piccole quantità. — Svaporando lentamente su di un
copri oggetti alcune gocce della soluzione eterea si ottengono dei cristallini,
per lo più poggianti con la base sul vetrino. Alcuni dei cristalli maggiori.
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— 281 —
riportati alla stessa orientazione, sono raflSgurati, ingranditi circa 80 volte,
nelle fig. 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8. I cristalli rappresentati dalle iBg. 2 e 3 sono
i più cornimi e non sono infrequenti quelli della fig. 4 più o meno allungati.
• Per gli angoli piani si trova : •
[lll:O01]:[lll:001]=138M0'(n = 10) Lim. 137*» 50' — 139M0'
• Combinando i due valori, si ha per l'angolo piano della base
[lIl:001]:[lll:001] = 4P9'
da cui risulta a:b = 2,664 . . . ,
che è poco diverso dallo stesso rapporto ottenuto nei cristalli macroscopici,
viceversa in questi ultimi si ha dal calcolo:
[lll:001]:[lll:001] = 4lo34'
« Nel porre termine a questa comunicazione non possiamo omettere alcune
osservazioni sulle cause che possono determinare l'isomeria dei due tetra-
bromuri di pirrolilene. L'imo di noi fece osservare, nella Nota già citata, che
non è improbabile che l'isomeria in questione corrisponda a quella degli addi
racemico e tartrico inattivo; ora Otto e Rò8sing(i) e Hjelt {^) hanno pub-
blicato recentemente alcuni interessantissimi fatti sugli acidi dimetilsuccinici
e dietilsuccinici simmetrici, i quali fatti presentano una certa analogia col
comportamento dei due bromuri di pirrolilene. Anche presso i due acidi di-
metilsuccinici ed i due acidi dietilsuccinici sinmietrici, si osserva che V iso-
mero, che ha il punto di fusione più elevato, si trasforma per distillazione
in quello, che fonde a più bassa temperatura. — Il problema dell'isomeria
dei due tetrabromuri di piiTolilene si potrà risolvere trasformando le due so^
stanze negli alcooli corrispondenti ; noi abbiamo già fatto coli' acetato argen-
tico alcune esperienze in proposito, che crediamo conveniente di non pubbli-
care, avendo i sigg. Orimaux e Cloez annunciato interessanti ricerche su questo
argomento.
tt Crediamo in fine utile nunmentare ancora una volta, che anche l'iso-
meria dei due tetrabromuri di piperilene (^), osservata da uno di noi, sarà proba-
bilmente da interpretarsi in modo analogo » .
(1) Beri. Ber. XX, 2736.
(«) Ibid XX, 3078.
P) Vedi, Magnanini: Rendiconti della R. Acc. dei Lincei [4], II, 13.
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— 232 —
Chimica. — Sulle solfine e sulla diversità delle valenze dello
zolfo. Nota di Raffaello Nasini e Alberto Scala, presentata dal
Socio Cannizzaro 0).
« Da molto tempo noi eravamo occupati nello studio dei composti orga-
nici solforati, principalmente allo scopo di stabilire qualche cosa di positivo
riguardo alla tetravalenza dello zolfo e alla diversità delle sue valenze : noi
avevamo fatto speciale oggetto delle nostre ricerche i solfuri organici, le sol-
fine e i composti che da esse derivano. Sino a qui non avevamo creduto ne-
cessario di pubblicare i resultati dei nostri studi e attendevamo di averli
completati ancor maggiormente, ma un lavoro comparso recentemente negli
Annali di Liebig, eseguito dai signori Klinger e Maassen (2) nelllstituto chi-
mico dell'Università di Bonn, e nel quale gli autori lavorando nello stesso
nostro campo trovano risultati diametralmente opposti ai nostri, ci obbliga a
pubblicare almeno una parte delle nostre ricerche.
« La questione della tetravalenza dello zolfo è stata lungamente dibat-
tuta. Senza tener conto dei composti in cui questo elemento è unito con altri
elementi bivalenti o polivalenti, composti che in modo assoluto non possono
mai essere una prova della sua tetravalenza, vi sono poi altre combinazioni
in cui essa sembra non dubbia : queste sono oltre il tetracloruro di zolfo, che
non si è riusciti ad isolare, i derivati solfinici dei solfuri organici, i quali
possono tutti considerarsi come derivati degli ioduri solfinici che risultano
dair addizione di un solfuro organico M2 S con un ioduro alcoolico M I : questi
ioduri hanno quindi la composizione SM3I nei quali I può essere sostituito
da Br , CI , OH e che danno luogo poi a svariatissìmi composti nei quali rag-
gruppamento SM3 figura sempre come monovalente: i tre radicali alcoolici
possono essere uguali oppure differenti : ma sino ad ora si conoscono soltanto
composti del tipo S M3 A e S M'2 M'' A , ossia aventi tutti e tre i radicali alcoo-
lici uguali 0 pure soltanto due uguali. Disgraziatamente di tutti questi com-
posti né dei più semplici nò degli altri, si ò potuto determinare la densità
di vapore: quindi resta sempre il dubbio se si tratti di veri composti ato-
mici dalla riunione nei quali necessariamente e indubbiamente lo zolfo sa-
rebbe tetravalente, oppure di composti molecolari derivanti p. es. di solfuri
organici e di una molecola di ioduro alcoolico. Altra questione poi vi ò e del
più grande interesse che riguarda non solo la tetravalenza dello zolfo, ma
ancora la qualità delle sue valenze, se cioò esse sieno tutte uguali fra di loro.
Ove si potesse escludere l'ipotesi delle combinazioni molecolari, i fatti sco-
perti da Krùger, a proposito dei composti solfinici a cui sopra abbiamo accen-
0) Lavoro eseguito nelPIstituto chimico della E. Università di Roma.
{*) Liebig's Annalen. T. CCXLm, pag. 193.
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— 288 —
nato, sarebbero una prova indiscutibile che le quattro valenze dello zolfo non
sono uguali. P. Ertiger in un lavoro eseguito Tanno 1876 nel Laboratorio
di Kolbe (0 preparò, partendo dal solfuro d*etile e Tioduro di metile, il cor-
rispondente ioduro solfinico (CsHs)^ OH3SI e quindi molti derivati di questo :
partendo poi dal solfbro misto di metile etile e dall'ioduro di etile, preparò
poi il corrispondente composto solfinico GsHs . GHs . GtRs . S . I e i suoi deri*
vati. Malgrado che avessero l'identica composizione, trovò che né gli ioduri
né i derivati corrispondenti che si ottenevano erano identici : si avevano delle
isomerie. I derivati del primo ioduro solfinico li chiamò, per ricordare Tori-
gine, combinazioni della dietilmetilsolfina, gli altri combinazioni della etil-
metiletilsolfina.
« Nella piccola tabella seguente sono riuniti i resultati più interessanti
di Eruger a proposito di questa isomeria :
Combinazioni della dietilmetilsolfina Combinazioni della etilmetiletilsolfina
E. S . MI - olio. ESM . EI - cristallino.
2(E, S . MCI) PtCU . monometrico . p. di f. 214» 2(EMS . ECl) . Pta* . monoclino . p . di f. ISO»
E> S . MCI . Au CI, . aghi lunghi . p. di f. 192<> ESM.ECl.AuCl,.crÌ8t microscopici, p. di f. 178*
Et S . MCI . CHgClt .romboedrico, p. di f. 198» ESM . ECl . 2HgCl, . trimetrico . p. di f. 112<'
E, S . MCN . Hgl, . tetragonale, p. di f. 115<». ESM . ECN . Hgl« . monoclino . p. di f. 98^
B Come si vede le differenze tra i composti corrispondenti delle due sol-
fine sono abbastanza notevoli : sopra tutti poi è interessante il fatto dei due
cbroplatinati che, avendo composizione identica, cristaUizzano in sistemi diffe-
renti, e quello analogo delle combinazioni dei cianuri solfinici coll'ioduro mer-
eurico. Quanto ai punti di fusione, trattandosi di sostanze che si decompon-
gono con grande fiEU^ilità, non si può dar loro una grande importanza: quindi
appoggio principale in favore di tale isomeria sarebbe evidentemente il dì-
verso modo di cristallizzare. Ora ErQger non sembra che facesse deter-
minazioni cristallografiche, di più aggiunge nella sua Memoria che se le
soluzioni del cloroplatinato monoclino si lasciano a sé per molto tempo, si
ottiene poi cristallizzato quello monometrico. Tutto questo fece dubitare se
realmente fosse il caso di una isomeria 0 non piuttosto si trattasse di com-
poeti più 0 meno puri. Lossen (^) infatti crede che Erùger avesse tra le mani
composti impuri : crede che il cloroplatinato monoclino non fosse altro che il
monometrico impuro e che perciò, pure essendo monometrico, si presentava
con aspetto diverso, e dice che a tutte queste obiezioni Erùger avrebbe po-
tuto rispondere facendo fare esatte misure cristallografiche. E anche L. Meyer
nel suo celebre libro Die modernm Theorien der Chemie dice che l'esistenza
di tale isomeria non è perfettamente sicura (}). Notisi poi che anche ammet-
{}) Jonm. f. prakt Chem. [2] XIV, 193.
(«) Liebig'g Annalen. T. CXXXVI, pag. 1.
{?) Die modemen Theorien der Chemie. Pflnfte Auflage, pag. 353.
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— 234 —
tendo che realmente esistano quest'isomeri, non si potrebbe subito concludere
assolutamente che le yalenze dello zolfo sieno diverse ; giacché tutto si potrebbe
spiegare colla ipotesi delle combinazioni molecolari : in un caso si sono unite
due determinate molecole, nelV altro due molecole diverse. Di questa opinione
non era Eruger, il quale credeva che il comportamento chimico dei derivati soÌ-
finici non poteva spiegarsi supponendo che fossero combinazioni molecolari.
E anche Yan't Hoff ammette che si tratti di veri composti atomici (^): egli
crede che delle quattro valenze dello zolfo due sono spiccatamente positive,
le altre due invece decisamente negative: Tisomeria scoperta da Krtìger è
una conseguenza necessaria di questa teorìa che Yan't Hoff stabilì specialmente
sopra considerazioni di ordine chimico.
« Per contribuire a risolvere la questione della tetravalenza deUo zolfo
e quella della diversità delle sue valenze, noi avevamo da molto tempo ripe-
tuto le esperienze di Eruger, e poiché con ricerche attente e minuziose e con
esatte misure cristallografiche avevamo trovato sostanzialmente giusto quello
che da Krùger era stato esposto, così non avevamo creduto necessario di pub-
blicare fino ad oggi le nostre ricerche, tanto più che eravamo occupati a risol-
vere la questione se in generale le solfine si debbono considerare come com-
binazioni molecolari o atomiche, e l'altra importantissima se vi possono essere
casi di isomeria anche nei composti in cui lo zolfo bivalente è unito con atomi
0 gruppi monovalenti.
« Noteremo qui come vi sieno dei fatti che appoggiano una tale ipotesi.
Carius iacendo agire in tubi chiusi a ISO*" Talcool metilico o l'alcool ami-
lieo sul disolfofosfato di etile, ottenne due solfuri misti, quello di metileetile
e quello di etileamile, che analizzò e di cui determinò la densità di va-
pore, il primo dei quali bolliva a 58,8^-59,5^, il secondo a 132-133,6'' (2).
E identici composti disse di avere ottenuti il Linnemann (^) trattando con ioduro
di metile e di amile una soluzione di solfuro potassico nell'alcool etilico. Ma in
seguito trattando con ioduro di metile la mercaptide sodioetilica, fu ottenuto
appunto da Kruger un solfuro di metileetile bollente a 65^-66°, e per l'azione
dell'ioduro d'etile sulla mercaptide sodioamilica ottenne Saytzeff (^) un solfuro
di etileamile bollente a 158''-159". Carius analizzò e determinò la densità
di vapore dei suoi prodotti, e lo stesso fecero alla loro volta Eruger e Saytzeff:
del resto i punti di ebollizione dati da questi scienziati sono del tutto sicuri
perchè confermati da molti altri esperimentatori, mentre le esperienze di Carius
sino a qui non erano mai state ripetute. È probabile che si tratti anche qui
di un caso di isomeria, e Saytzeff stesso ne dubita e dice che sarebbe inte-
(}) Ansichten uher die organische Chemie. BrauDschweig 1881, pag.
(«) Liebig's Annalen. T. CXIX, pag. 313. Anno 1861.
(3) Liebig's Annalen. T. CXX, pag. 61. Anno 1861.
(*) Liebig's Annalen. T. CXXIX, pag. 354.
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— 285 —
lessante di vedere quale composto si ottiene facendo agire Tiodnro di amile
sulla mercaptide sodioetilìca. Noi abbiamo ripetuto le esperienze di Garius
e presto pubblicheremo i risultati delle nostre ricerche : per ora ci limiteremo
a far conoscere che nel modo indicato da Linnemann non si ottengono solfuri
misti e che, volendo preparare il solforo di etileamile nel modo suggerito
da Sajtzeff, con nostra meraviglia abbiamo osservato che Tioduro d'amile non
reagisce quasi affatto sulla mercaptide sodioetilica, mentre si ha, come è noto,
una reazione vivissima quando si tratta la mercaptide sodìoamilìca coll'ioduro
d'etile.
« Come abbiamo detto in principio, la Memoria dei signori Elinger e
Maassen comparsa sul finire del decembre delFanno decorso ci obbliga a pub-
blicare almeno una parte delle nostre ricerche, quella che riguarda i lavori
di Eruger. Klinger e Maassen affermano di avere pure ripetute le esperienze
di Erùger e di aver trovato che non esiste che un solo ioduro solfinico in cui
lo zolfo è unito con due etili e un metile, e conseguentemente non esiste che
una sola serie di derivati : tutti i composti li riguardano perciò come deri-
vanti dalla dietilmetilsolfina e affermano che tutte le combinazioni ottenute
da loro partendo dagli ioduri solfìnici preparati nei sei modi qui sotto indi-
cati, sono sempre identiche quando hanno identica composizione:
A) del solfuro di etile e ioduro di metile : 1) sotto 20^ ; 2) cri-
stallizzando il prodotto 1) dalle soluzioni calde; 3) a caldo.
B) del solfuro di etilmetile e ioduro d'etile : 4) sotto 20°; 5) cri-
stallizzando dalle soluzioni calde il prodotto 4) ; 6) a caldo (in questo modo
si ottengono composti meno puri).
< Ci ristringeremo a parlare dei cloroplatinati perchè questi, per le sol-
fine, sono i composti sopra i quali si è sempre maggiormente rivolta Tatten-
zione dei chimici: cristallizzano bene e si possono purificare e analizzare
facilmente. Klinger e Maassen non hanno potuto ottenere che un solo cloro-
platinato, quello che secondo Kiùger deriva dalla etilmetiletilsolfina, cioè il
monoclino: anche preparando l'ioduro nel modo descritto da Eruger e poi
&cendo il cloruro e il cloroplatinato, essi non hanno ottenuto che il composto
monoclino e che, secondo le loro esperienze, fonde a 210®. I cristalli dei clo-
roplatinati ottenuti coi diversi metodi U hanno sempre &tti ossenrare da un
cristallografo, il sig. 0. Laird, il quale ne ha determinato la forma e il si-
stema e ha trovato che sempre erano gli stessi, sempre monoclini (>). Secondo
gli autori se si trattano soluzioni molto concentrate di cloruro di solfina con
cloruro di platino, si ha inmiediatamente un precipitato costituito sempre da
cristalli monoclini, ma che a un occhio poco esercitato e con un esame super-
0) Ueber die ICrystallographischen Beziehungen der Metìiyl - und Aethylsulfinchlo'
roplatinate. Inangnral-Dissertation. G. F. Laird 1888. Zeitschift fftr KrystaUographie XIV,
1, 1888.
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— 236 —
fidale possono sembrare monometrici e precisamente, come dice Erùger, com-
binazioni del cubo, ottraedro e tetraedro. In questo modo gli autori si spie-
gano come Krùger si potesse essere ingannato. Concludono non esistere che
una sola solfina, la quale non dà naturalmente che una serie sola dì deri-
vati aventi la stessa composizione: in qualche caso si possono avere dei
sali diversi, ma diversi perchè aventi composizione diversa: così p. es. il
cloruro di solfina può combinarsi sia con sei, sia con due molecole di cloruro
mercurico e dar luogo a due composti diversi : ma è sempre la stessa solfina
che si imisce: isomeria non esiste.
« Ora le nostre ricerche sono in perfetta contraddizione con tutto quello
che dicono i signori Klinger e Maassen. Noi abbiamo preparati gli ioduri
delle solfine secondo le prescrizioni di Eruger, e abbiamo stabilito principal-
mente che esistono due cloroplatinati, Tuno monometrico che deriva dalla die-
tilmetilsolfina, l'altro monoclino che deriva dalla etilmetiletìlsolfina. Le deter-
minazioni cristallografiche furono eseguite dal prof. G. La Valle nel Grabinetto
mineralogico dell'Università di Roma diretto dal prof. Strùver e non lasciano
nessun dubbio in proposito. Oli ioduri solfinici, come abbiamo detto, li abbiamo
preparati nel modo indicato da KrOger : cioè si è scaldata a bagno maria, in un
apparecchio a reflusso e per vari giorni, una mescolanza di pesi molecolari di sol-
furo etilico e ioduro metilico o di solfuro di metiletile e ioduro di etile, aggiun-
gendo alla mescolanza un po' d'acqua (circa V4 del volume). Ottenuti gli ioduri,
preparanmio i cloruri per mezzo del cloruro d'argento e quindi i cloroplatinati.
Mentre la preparazione degli ioduri fii sempre fatta nel modo indicato, quanto
alla preparazione e alla cristallizzazione dei cloroplatinati abbiamo variato
moltissimo le condizioni sia di concentrazione che di temperatura : malgrado
questo noi abbiamo sempre potuto constatare che dall'ioduro di dietilmetìl-
solfina si ottiene sempre un cloroplatinato monometrico ; e anzi questo com-
posto si ottiene con molta facilità puro e ben cristallizzato: dall'ioduro di
etilmetiletilsolfina si ottiene sempre un cloroplatinato monoclino, sebbene la
purificazione sia un poco più difScile <b ci vogliano maggiori precauzioni per
ottenere cristalli che si possano ben misurare. Non abbiamo però mai sin qui
potuto constatare la trasformazione del composto monoclino nel monometrico,
sebbene le soluzioni del primo sieno state lasciate a so per molti mesi in
condizioni svariatissime di concentrazione e di temperatura.
« Facciamo seguire le nostre analisi dei cloroplatinati avvertendo che
le sostanze analizzate sono di preparazione diversa, ma tutte sono state stu-
diate cristallograficamente. Quanto ai punti di fusione noi avremmo trovato
che il cloroplatinato della dietilmetilsolfina fonde a 205'^, quello della etilme-
tiletilsolfina a 211^-212®. Del resto fondono male e si decompongono: perciò
crediamo che tale determinazione non abbia grande importanza.
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— 237 —
Cloroplatinato del cloruro di dietilmstil' Cloroplatinato del cloruro di etilmetil-
etiholfina. 2 (C, H,). CH, . GIS . PtCU . etilsolfim. 2 C. H, . CH, . C. H, GIS . PtGU .
P. di fusione 205<^ - Monometrico P. di fusione 211<'-212®-Monoclino
I) gr. 0,4718 di sost. dettero gr. 0,1480 di Pt I) gr. 0,8760 di sost. dettero gr. 0,1172 di Pt
H) gr. 0,3764 » » gr. 0,1180 » E) gr. 0,3372 n n gr. 0,1058 »
m) gr. 0,4980 y, n gr. 0,1570 » HI) gr. 0,5818 » n gr. 0,1826 »
IV) gr. 0,3807 di sost dettero gr. 0,2720 di IV) gr. 0,5592 di sost, dettero gr. 0,4071 di
CO, e gr. 0,1560 di H.O. GO. e gr. 0.2235 di H.O.
V) gr. 0,3165 di sost. dettero gr. 0,2292 di Di qui si ricaya:
CO, e gr. 0.1256 di H, 0 .
Di qui si ricava:
troTato calcolato per trorato calcdaio por
2(GtHs)i 2CiHs.GHt
I n ni lY y CH,sci.ptcu i ii m iv ctHssci.ptcu
e — ~ - 19,49 19,81 19,43 C - - - 19,84 19,43
H — — — 4,54 4,39 4,21 H - — — 4,46 4,21
Pt 31,86 31,34 31,52 — — 31,49 Pt 31,17 31,37 31,38 — 31,49
• Per tatto ciò che riguarda la conoscenza esatta della forma cristallina
dei due isomeri e la questione deUa morfotropia dei composti solfinici, a cui
accenna il Laird nella sua Memoria, facciamo seguire il lavoro cristallografico
che il prof. La Valle ha avuto la gentilezza di comunicarci:
Cloroplatinato di Etil-meUl-etil-solfina.
» Sistema cristallino = Monoclino.
Costanti fl5:A:^= 1,15113:1:0,794745.
/J = 49Mr.56''
« Forme osservate: (110) , (111) , (001) , (010)
« Combinazioni (110) (111) (001)
(110) (111) (001) (010).
« Sopra parecchi cristalli misurati, solo da tre ottenni valori angolari
« attendibili per numero di spigoli omologhi potuti misurare; e da essi ottenni:
Misurati
angoli
lìmiti
medie
calcolati
0.
001:110
60/
' 32' — 60.«
'36'
60.0 34'. 20"
•
7
111:001
55.
18 —55.
89
55. 26. 20
*
7
110:110
82.
U — 82.
28
82. 13. 20
•
8
111:111
77.3
77.3
760. 52'. 48"
4
110:111
67.
15 — 67.
34
67. 24. 30
67. 43.39.
5
» Sul piano di simmetria una direzione di estinzione è quasi normale
allo spigolo [001].
« Sulle &ccie del prisma (110) si osserva nettamente un apice d'iper->
bole con relativi anellL
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 31
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— 238 —
« La bisettrice acuta è quasi normale ad (100).
u Dispersione orizzontale.
001
«14
Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3
tf I cristallini sono spesso tabulari secondo due faccio parallele del prisma
verticale, ed in pari tempo allungati nel senso degli spigoli che queste for-
mano colla base; Tedi (fig. 1).
« Non meno sovente mostrano quasi egualmente sviluppate le forme (110)
e (001), vedi (fig. 2).
« Finalmente ma più di rado si osservano le forme (111) e (110) pre-
dominanti, come è raffigurato nella fig. 3.
« In ognuno di questi tre modi vari di sviluppo dei cristalli, le dimen-
sioni massime non superano i due millimetri.
Cloroplatinato di Bietil-metU-solfina.
» Sistema cristallino = Monometrico.
Combinazione (100), (111).
Misurati
angoli
limiti
.medie
calcolati
n.
111:001
64.» 12' — 55.» 37'
54.'» 52'
54.0 44'
17
001:100
89. 40 — 90. 34
90. 00
90. —
3
111:111
69. 52 — 71. 10
70. 32'
70. 32
6
« I cristalli osservati provenienti da parecchie
« cristallizzazioni, mostrano costantemente la sem-
« plico combinazione sopra indicata, ma con sviluppa
« così variabile delle singole &cce, che assai sovente
« si prenderebbero per monoclini (vedi fig. qui con-
« tro) e per identici a quelli del cloroplatinato di
« etil-metil-etil-solfina ; tanto più che gli angoli di
tf quest'ultimo non differiscono che di poco da quelli
« del sistema monometrico. Però l'esame ottico
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— 289 —
« esclude assolutamente il sistema monoclìno, poiché per quanti cristalli esami-*
s nassi nella luce polarizzata e nel senso normale a tutte le singole facce, non
s ne trovai mai alcuno che non fosse a semplice rifrazione.
• Insistx) sopra questo fatto perchè i resultati miei sono assolutamente
« opposti a quelli del Laird e confermano invece pienamente le osservazioni,
< quantunque poco esatte, come osserva il Laird, di Ertkger, il quale non ap-
« pare che avesse fatto misure cristall(^rafiche. Non vi ha dubbio quindi che
« secondo i resultati da me osservati, esiste realmente oltre al cloroplatinato
« monoclìno (di etilmetiletilsolfina) un altro monometrico (di dietilmetilsolfina).
« Dopo ciò è chiaro che questo fatto modifica le conclusioni relative
« alla così detta morfotropia, che il Laird ha voluto dedurre dalle osservazioni
ft fatte sopra la forma cristallina dei cloroplatinati di trimetilsolfina, dimeti-
^ letilsolfina e dietilmetilsolfina. Difatti si conosce omai con certezl^a la forma
« monometrica in tutti e tre questi composti , come d' altra parte risulta
i> chiaramente anche dallo studio cristallografico che non esiste una sola solfiua
« con un metile e due etili, bensì due, e il cloroplatinato dell'una è monome-
• trico, dell'altra è monoclìno ^ .
« È evidente da tutto quello che abbiamo esposto che esistono due ciò*
roplatinati isomeri aventi la composizione 2C5 His SCI. Pt CI4 ; e poiché l'uno
deriva dall'ioduro di dietilmetilsolfina e l'altro dall'ioduro di etilmetiletil-
solfina, è pure assai certo che anche i due solfuri debbono essere isomeri.
Però dalle osservazioni del prof. La Valle appare come sia facile scambiare
i cristalli monometrici con i monoclini, se la misura esatta degli angoli e
le proprietà ottiche non togliessero ogni dubbio in proposito. Notisi bene che
non si può ammettere che il composto monometrico risulti da mescolanze di
cloroplatinati di trimetilsolfina, dimetiletilsolfina e trietilsolfina, quelli che
potrebbero formarsi nella reazione: ciò sarebbe poco probabile anche dal lato
chimico giacché si ottiene sempre lo stesso composto anche variando i modi
dì preparazione : ma è poi impossibile ove si rifletta che il cloroplatinato dì
trietilsolfina, che necessariamente dovrebbe entrare nella mescolanza, è mono-
elino Q). L'isomeria scoperta, ma non rigorosamente dimostrata da Kruger,
esiste dunque realmente. Se si tratti dì combinazioni molecolari e quindi la
isomerìa derivi dal fatto che molecole differenti si sono unite fra loro, 0 se
invece si tratti di composti atomici e l'isomeria derivi, secondo quello che
pensa anche Yan 't Hoff, dal fatto che le valenze dello zolfo non sono uguali,
noi non potremmo dirlo in modo assoluto e aspettiamo dì aver completati
i nostri studi, specialmente quelli che riguardano le combinazioni dello zolfo
bivalente e l'isomeria delle solfine con tre radicali alcoolìci diversi. Ed es-
sendo stabilita tale isomeria, cade naturalmente la prova in favore della tetra-
Q) F. Dehn, Beitrag sur Kenntniss der Sulfinverbindungen. Liebig*s Annalen, supp.
T. IV, pag. 91, anno 1886.
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— 240 -^
yalenza dello zolfo che Elinger e Maassen avevano dedotto dal &tto, che
essi credevano di avere stabilito, che si forma sempre Tioduro di ima stessa
solfina sia unendosi il solfuro B^S coU'ioduro Bl , sia unendosi il solfino BB'3
coU^ioduro BS. Certamente è molto probabile che si tratti di combinazioni
atomiche : il &tto che, sostituendo ali* iodio degli ioduri solfinici un ossidrile
si hanno basi fortemente alcaline le quali, secondo l'ipotesi delle combinazioni
molecolari, altro non sarebbero che Tunione dei solfuri alcoolici con alcool (Ot
l'altro &tto che partendo da un determinato solfuro e ioduro organico con
radicali alcoolici differenti si possono, in certe condizioni, ottenere dei composti
solfinici in cui non entra che il radicale dell'ioduro alcoolico, certamente
tutti questi e altri fatti male si spiegherebbero coll*ipotesi delle combina-
zioni molecolari. Noi, or sono alcuni anni, avevamo cercato di risolvere spe-
rimentalmente la questione determinando il peso molecolare dei composti
solfinici per mezzo del punto di congelamento delle loro soluzioni. Sperimen-
tammo sull'ioduro di trìetilsolfina in soluzione acquosa e trovammo un coef-
ficiente di abbassamento così elevato (1,551 — 1,688), da dovere necessaria-
mente concludere che in soluzione diluita la molecola doveva essere forte-
mente disgregata.
a Ci riserviamo di continuare le ricerche di cui abbiamo tenuto parola
nel corso di questa Memoria, giacché è evidente che i sigg. Elinger e Maassen
e noi lavoriamo in direzioni perfettamente opposte ».
Botanica. — Pugillo di alghe tripolitane. Memoria dei dottori
G. B. De-Toni e David Levi, presentata dal Socio Passerini.
« La flora ficologica del Mediterraneo venne di recente compendiata dal-
TArdissone (^) e dopo la pregiata opera di questo botanico, ben poche con-
tribuzioni furono pubblicate allo scopo di accrescere la conoscenza delle ficee
che vegetano nel suddetto bacino.
tt n Borzi (3) aggiunse tre specie alla flora marina di cui si tratta, cioè
Nitophyllum earybdaeum Borzi, CaUophyllis laciniata Huds., e Polystpho-
nia Brodiaei (Dillw.) Grev., raccolte nel porto di Messina, il Fichi (^) indicò
nuove località lungo le spiagge toscane ed all'isola Gorgona per alghe già
(1) Hortmann - Theoretische Chemie, pag. 307.
(*) F. Ardissone, Phycologia mediterranea, parte prima: Floridee (Memori* della
Società crittogamologica italiana, voi. I). Varese 1888. — là., Phycologia mediterranea,
parte seconda: Oosporee, Zoosporee, Schizosporee (loc. cit, yol. n, disp. 1-2). Varese
1886-1887.
(«) A, Borzi, Nuove floridee mediterranee (Notarisia I, p. 70, tab. 2). Venezia 1886.
(*) P. Fichi, Elenco delle Alghe toscane {Floridee) (Atti della Società Toscana di
scienze naturali, voi. IX, fase. 1). Pisa 1888.
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— 241 —
riconosciute proprie del Mediterraneo stesso e noi pure (^) ebbimo occasione
di illustrare TAdriatioo superiore nei riguardi dei lidi veneti, mentre nuove
fanne aggiunse air Adriatico orientale THauck (^) e si occuparono delFArci-
pelago greco lo Schmitz {^) ed il Miliarakis (^).
• In particolar modo sono illustrate le spiagge della nostra penisola
(eccettuate le Maremme, le Puglie, la Calabria, la terra d'Otranto che ancora
mancano di speciali florule) e le isole maggiori ad opera di molti autori tra
ì più moderni de* quali, oltre il citato Ardìssone, meritano di esser ricordati
il Piccone (5), THauck («), lo StrafforeUo (7), il Palkenberg (8), il Debeaui (»),
il Langenbach (^^); le piccole isole vennero fatte in gran parte conoscere
dall'or menzionato Piccone (*0» dal Solla {^% dal Bodriguez (^^) ; minori cogni-
zioni si possedono intomo alla costa settentrionale dell'Africa, poiché soltanto
l'Algeria oflEre una notevole contribuzione nei lavori del Montagne (^^ e l'Egitto
nelle classiche opere del Forskael (^^) e del Dolile {^^).
• Della costa tripolitana poco si può ricavare di positivo e il primo
(}) G. B. De Toni e David Levi, Flora Algologica della Venezia, patte prima: Le
Floridee (Atti del R. Istituto Veneto, serie VI, tomo HI). Venezia 1885. — Id., pari»
seconda: Le Melano ficee (loc cit., serie VI, tomo IV). Venezia, 1886.— Id., parto terza:
Le Cloro/ìcee (loc. cit, serie VI, tomo V e VI). Venezia 1888.
(*) F. Hauck, Neue und kritische Algen des Adriatischen Meeres (Hedwigia XXVn,
p. 15). Dresden 1888.
(5) F. Schmitz, Ueber grune Algen aus dem Golfe von Athen. Halle 1878.
(*) S. Miliarakis, Beitràge sur Kenntniss der Algenvegetation von Oriechenland :
Die Jfeeresalgen der Jnsel Sciathos. Athen 1887,
(5) A. Piccone, Florula algologica della Sardegna (N. Giornale botan. ital. voi. X).
Firenze 1878. — Id., Spigolature per la /teologia ligustica (loc. cit. voi. XVII). Firenze
1885. — Id., Nuovi materiali per VAlgologia sarda (loc. cit. voi. XVI). Firenze 1884.
(«) F. Hauck, Die Meeresalgen Deutschlands und Oesterreichs, Leipzig 1885.
C) F. Ardissone e I. StraSoTéìlOy Enumerazione delle Alghe di Liguria. Mììbsìo 1877.
{») P. Falkenberg, Die Jfeeresalgen des Oolfes von Neapel (Mittheilungen aus der
Zoologischen Station zu Neapel, I. Band, 2 Heft). Leipzig 1879.
(») 0. Debeaui, Enumeration des Algues de Bastia (Corse). Paris 1874.
(1*^) G. Langenbach, Die Meeresalgen der Inseln Sizilien und Pantellaria. Berlin 1873.
(11) A. Piccone, Catalogo delle Alghe raccolte durante le crociere del Cutter Vio-
lante (Memorie della R. Accademia dei Lincei, sex. 3^ voi. IV). Roma 1879.
(") R. Solla, Auf einer Excursion nach den pelagischen Inseln, Aprii 1884, gesam-
melte Meeresalgen (Oesterr. botan. Zeitschrift. Jahrg. 1885, n. 2). Wien 1885.
(13) F. Rodriguez, Alcune osservazioni in lettere private ; di prossima pubblicazione
un lavoro sulle Alghe delle isole Balearù
(1^) C. Montagne, Cryptogames Algériennes (Annales des sciences naturelles 2 sér
tom. X, p. 268 et 334). Paris 1838. — Id., Ewploration scientifique de V Algerie, Algues,
tom. I, avec 16 pi. Paris 1846. — Id,, Sylloge generum specierumque cryptogamarum.
PariùÌB 1856.
(15) Forskael, Flora Aegyptiaco -Arabica, Haoniae 1775.
(i«) H. Delile, Flore d'Egypte, avec. 62 pi. Paris 1813.
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— 242 —
abbozzo si trova offerto da alcune determinazioni del Piccone (Of &tte sa
esemplari dragati a 5 miglia al nord di Tripoli mediante il gangano a circa
50 metri di profondità; delle 21 specie indicate dall'egregio algologo, 14 sono
diverse da qqelle enumerate nella presente nota, per cui si crede opportuno
riportarle : Valonia utrictUaris Ag., Udotea Desfontainii Decne, Stilophora
rhùodes J. Ag., Dictyota Fasciola Lamour., Dictyota linearh Ag., Zanar-
dima eollaris Crouan, Cystoseira Montagnei J. Ag., Chrysymenia digitata
Zanard. , Chrysymenia Chiajeana Menegh. , Cryptonemia Lomation J. Ag.,
Polysiphonia elongata Harv., Polysiphonia subtdifera Harv., RytipMoea
tinctoria Ag,, e Dasya spinella Ag.
« Precisamente in vista della così imperfetta conoscenza del litorale afri-
cano bagnato dal Mediterraneo, si ritiene opportuno di pubblicare la deter-
minazione dì materiali ficologici, raccolti nel golfo di Tripoli dall'egregio
prof. Raffaello Spigai, poiché essa può giovare sia per il confronto con le
specie indicate dal Montagne nell'Algeria, sia per il progresso della cono-
scenza intorno alla distribuzione geografica dei talassofiti. Egli fìi infÌEitti con
grande meraviglia che tra le alghe raccolte a Tripoli dal prof. Spigai, si
poterono notare alcuni esemplari della Oalaxaura adriatica Zanard., finora
scoperta soltanto nell'Adriatico a Lesina dal Botterl ed a Miramar dall'Hauck!
« Né si deve tacere che parecchie specie come la Grateloupia dicho-
toma J. Ag., VAcrodisctis Vidovichii Zanard., la Coniar inia peyssonelliifor-
mis Zanard., la Ricardia Montagnei Derb. et Sol., vengono nel nostro lavoro
indicate per la prima volta della costa africana settentrionale.
« Chiudiamo queste brevi osservazioni coli' esternare i nostri più vivi
ringraziamenti al eh. prof. Raffaello Spigai, residente in Tripoli, fiduciosi di
ottenere presto nuove raccolte ^Igologiche da una località così interessante,
pronti sempre a contribuire con le nostre povere forze al progredire della
fìcologia mediterranea.
Florideae
Cryptonemiaceae, J. Ag.
« 1. Grateloupia dichotoma J. Ag. Sp. II, p. 178; Epicr. p. 152. —
Kutz. Sp. p. 732; Tab. Phyc. XVII, t. 28, c-e. — Ardiss. Phyc. Medit. I,
p. 137.
tf Un solo esemplaretto, sorgente dalla base del caule d'una Cistosira.
Questa specie, come s'è già detto, è nuova per il litorale africano.
a 2. Halymenia MoNARDiANA Mout. Crypt. Algér., p. 8 ; JEay)L de
l'Algerie p. 115, t. XI, f. 2.— Klìtz. Sp, p. 717 non Tab. Phyc. XVII, t. 2, d.—
J. Ag. Sp. II, p. 203. — Zanard. Icon. phyc. adriat. II, p. 91, t. LXIII.—
0) A. Piccone, Risultati algologici delle crociere del Violante (Annali del Museo
Civico di Storia Naturale di Genova, voi. XX). Genova 1883.
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— 248 —
Ardiss. Phyc, MediU I, p. 149. — Haly menta me$enteroides Monard. m$cv. —
H. carnosa Hering in Ktìtz, Tao, Phyc. XVI, p. 35, t 98 ! — iT. palmata
Delle Ghjsge HydrophyU Neap.,t XV.
• Bara sulla spiaggia, piuttosto abbondante sugli scogli (n. 8). L'esem-
plare comunicatoci dal prof. Spigai, corrisponde perfettamente con la figura
della Halymenia carnosa Hering. offerta dal Elitzing nelle Tàbulae phyco-
logicae.
« 3. AcRODiscDs ViDoviCHii (Monegh.) Zanard. Icon. phyc, adriat. II,
p. 119, t. LXIV. — Hauck, Meeresalgen p. 132, f. 52. — Chondrus Vidovi-
chii Menegh. in Atti della 3^ Riunione degli scienziati italiani 1841, p. 11. —
Cryptonemia Vidovichii Zanard. Saggio p. 42. — Ardiss. Phyc, Medit. I,
p, 162. — De Toni e Levi, FI. Alg. Ven. 1, p. 59. — Euhymenia dichotoma
Klltz. Sp. p. 742 ; Tab. Phyc. XVII, t 72. — Cryptonemia dichotoma J. Ag.
Alg. Med. p. 100; Sp. II, p. 225; Epicr.-p. 161.
• Bara sulla spiaggia ed a poca profondità (n. 22). È indicata per la
prima volta per l'Africa.
Bhodymeniaceae, Harv.
• 4. Chrysymenia Uvaria (L.) J. Ag. Alg. med.^ p. 110; Sp. II, p. 214;
Epicr.^ p. 324. — Mont. Expl. de V Algerie p. 97. — Langenb. Meeresal-
gen Sizilien und Pantell., p. 19. — Piccone, Catal. Alghe Violante p. 12,
n, 41. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 210. — De Toni e Levi, FI. Alg. Ven. I,
p. 75. — Fucus Uvarius L. Syst. Ili, p. 714. — Chondria Uvaria Ag. Sp. I,
p. 347. — Physidrum Uvarium Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., t. XLIIL —
Gastroclonium Uvaria Kùtz. Sp. p. 865 ; Tab. Phyc. XV, t. 97.
« Bara, a poca profondità (n. 5). È specie frequente pressoché in tutto
il Mediterraneo.
Squamariaceae, Ardiss.
« 5. Pbyssonellia Squamaria (Qmel.) Decaisne, PI. de l'Arab., t. V,
f. 16.— J. Ag. Sp. II, p. 502; Epicr., p. 386. — Kùtz. Sp., p. 693; Tab.
Phyc. XIX, t. 97, a-b, — Mont. Expl. de l'Algerie, p. 123. — Langenb.
Meeresalgen Sizilien und PanteU., p. 20. — Piccone, Catal. Alghe Violante
p. 14, n. 49. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 227. — De Toni e Levi, FI. Alg.
Ven. I, p. 83. — Fucus squamaritis Gmel. ffist. fuc., p. 171, t. XX, f. 1. —
Ulva Squamaria Both Cat. IH, p. 322. — Zonaria squamaria Ag. Sp. I,
p. 131. — Flabellaria Squamaria Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., tlX.
« Sulla spiaggia, rejetta dalle onde e sugli scogli a poca profondità,
insieme alla specie seguente (n. 15).
• 6. Peyssonellia rubra (Grev.) J. Ag. Sp. II, p. 502 ; Epicr., p. 386. —
Piccone, Catal. Alghe Violante p. 13, n. 48 ; Rimlt. Violante p. 26, n. 85. —
Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 228. — De Toni e Levi, FI. Alg. Ven. I, p. 83.—
Zonaria rubra Grev. in Linn. Transactions, XV, 2, p. 349.
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— 244 —
« Sulla spiaggia e sulle scogliere a poca profondità (n. 15). Secondo il
Piccone questa specie venne già raccolta (durante le crociere del Cutter Vio-
lante) a 5 miglia a nord di Tripoli ad una profondità di 50 metri.
« 7. CoNTARiNiA PEYssoNELLiiFORMis Zanard. Saggio^. 45; Icon. Phye.
adriat. I, p. 47, t. XII. — J. Ag. Sp. II, p. 492. — Ardiss. Phyc. Medit. I,
p. 232. — De Toni e Levi, FL Alg. Ven. I, p. 84 ; Sehem. gen. Florid,^
t. IX, gen. 36, p. XXIV. — Hauck, Meeresalgen p. 32, f. 6.
« Rarissima, su frammenti di una Cystoseira (n. 17). La Contartnia
peyssoneluformis Zanard., era finora indicata dell'Adriatico sulle coste del-
ristria dall'Hauck e su quelle della Venezia dallo Zanardini e da noi, del
Tirreno nel golfo di Napoli dal Falkenberg. Il confronto istituito con gli
esemplari veneti da noi raccolti e pubblicati nel n. 8 della nostra Phycotheca
italica non ci lascia alcun dubbio riguardo all'esattezza della determinazione.
tf 8. Rhizophyllis Squamariae (Men^h.) Kutz. 5p., p. 877; Tab.
Phyc. XVI, t 8. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 224. — De Toni e Levi,
Fl.Alg. Ven. I, p. 85; Schem, gen. Florid.^ p. XXII, t. IX, gen. 33. —
Wormskjoldia Squamariae Menegh. Litt. ad Corinaldi n. 8. — Rhizophyl-
lis dentata Mont. Expl. de l'Algerie p. 63, t. XV, f. 2. — Zanard. Icon.
phyc. adriat. Ili, p. 29, t. LXXXVII. — Langenb. Meeresalgen Sisilien
und PantelL, p. 19. — Piccone, Catal. Alghe Violante p. 14, n. 50. —
Rhodomela perreptans J. Ag. Symb.^ p. 13.
« Un solo individuo sopra un iframmento àiPeyssonellia Sqtiamariau. (15).
Sphaerococcaceae, Ardiss.
« 9. Sphaerococcus coronopifolius (Good. et Woodw.)Ag. 5'y».p.29;
Sp. I, p. 291.— J. Ag. Sp. n, p. 644. — Mont. Fxpl. de l'Algerie p. 103.—
Langenb. Meeresalgen Sisilien und Panlell., p. 21. — Piccone, Catal. Alghe
Violante p. 15, n. 57. — De Toni e D. Levi, FI. Alg. Ven. I, p. 89 ; Schem.
gen. Florid., p. XXVII, t. X, gen. 40. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 247. —
Fucus coronopifolius Q. et W. in Linnean Transactions III, p. 185. —
Rhynchococcus coronopifolius Kùtz. Phyc. p. 403, t. 61, f. 1 ; Sp. p. 754;
Tab. Phyc. XVIII, t. 10, e-h.
» Rigettata sulla spiaggia dalla parte delle scogliere (n. 2)
Helminthocladiaceae, J. Ag.
« 10. Galaxaura adriatica Zanard. /(?on.j?Ay(?.^dna^. I, p. t XXII,
A. — J. Ag. Epicr., p. 527. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 274. — Hauck
Meeresalgen p. 64. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven. I, p. 99 ; Schem. gen.
Florid. t. XII, gen. 48, f. a! b.
« Bara sulla spiaggia (n. 12).
« n eh. Giacobbe Agai'dh al quale abbiamo spedito in comunicazione
uno degli esemplari tripolitani di questa specie, espresse l'opinione che la
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— 245 —
G> adriatica Zanard. non differisca dalla G. fragilis Decaisne. Tale parere
dell'illustre ficologo svedese è appoggiato dall'esame che potemmo istituire
tra esemplari di ambedue le specie esistenti nell'Algarium Zanardini, nonché
tra gli esemplari tripolitani e quelli adriatici raccolti a Miramar dalI'Hauck.
La figura della Galaxaura adriatica Zanard. data dal proprio autore nella
Iconographia, non rappresenta che esageratamente gli esemplari proYenienti
dall'Adriatico orientale e quello stesso raccolto a Lesina dal Botteri, sul
quale esemplare lo Zanardini propose la G. adriatica ; in realtà il cespuglio
assume la forma rappresentata nella tabula XII dei nostri Schemata gene-
rum Floridearum e riprodottavi mediante il processo eliotipico.
s Con tale aspetto del cespuglio e forma degli articoli, la Galaxaura
adriatica si avvicina molto alla G. indurata Kutz. Tao. Phyc. Vili, t. 31,-
cui si può riconoscere identica riguardo ai dettagli strutturali; secondo G.
Agardh (Epicr. p. 528) la specie ora accennata del Kùtzing corrisponderebbe
alla G. Sehimperi del Decaisne, semplice forma della ff. fragilis, ciò che
pure tenderebbe a dimostrare che la ff . adriatica e la fi^. fragilis sono una
medesima entità specifica. Né molto diversa ci sembra la G. spongiosa Eùtz.
Tao. Phyc. Vili, t. 34.
B Alquanto differente sarebbe invece per la sottigliezza della fronda
la Galaxaura cylindrica Decaisne, benché il modo di ramificazione e la
forma degli articoli sieno affi&tto eguali a quelli della G. fragilis.
Gelidiaceae, Harv.
• 11. Gblidium crinale (Turn.) Lamour. — J. Ag. Epicr.y p. 546. —
Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 290. — Piccone Catai. Alghe Violante p. 13,
n. 47. — De Toni e Levi FI. Alg. Vctl I, p. 106. — Fucus crinalis Turn.
Ifist fuc., t. 198. — Gelidium corneum var. crinalis J. Ag. Sp. II, p. 170. —
Mont jExpl. de l'Algerie p. 107. — Sphaerococeus comeus var. crinalis
Ag. Sp. I, p. 285. — Acrocarpus crinalis^ lubricm^ spinescens, corymbosus
Katz. Tab. Phyc. XVIII, t. 32, d-k, 33 a-c, 33 d-e, 36 a-c.
« Abbastanza frequente sulla spiaggia e sugli scogli (n. 19).
« 12. Pterocladia? tripolitana n. sp.
• Habitus Carpoblepharidis ceylanicae; fronde circ. 10-12 cm. alta,
piano-compressa, pinnato-ramosa, cartilaginea, sanguinea ; ramulis ultimis bi-
tricnspidatis; tetrasporis in soros laxiuscule coUectis, subglobosis, cruciatim
quadripartitis.
« Barissima sulla spiaggia, a poca profondità (n. 3). Molto importante
riesce questa specie la cui determinazione generica ci lascia in dubbio, a mo-
tivo della mancanza di esemplari provveduti del frutto capsulare o cistocar-
pio, sulla struttura e disposizione del quale è in gran parte fondata la clas-
sificazione delle Florideé.
K L'esemplare da noi posseduto ha Taspetto anche della Carpoblepharis
Bbndioonti. 1888, Vol. IV, V Sem. 32
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— 246 —
pinnatifolia figurata dal Kùtzing nel voi. XIX, t. 89 delle Tabulae Phr-
cologicae e descrìtta per la prima volta come Ptilotaì pinnatifolia dai. Suhr
nella Flora 1834, p. 732, t. II, f. 18, ma nel nostro esemplare le tetraspore
anziché essere disposte in serie trasversali e mostrarsi divise a triangolo, ap-
paiono piuttosto agglomerate in sori e divise a croce, ciò che non conviene
assolutamente coi caratteri del genere Carpoblepharis Efltz.
« Una gelidiacea che assomiglia molto alla Pterocladia? tripoUtana è
la Ptilophora pinìiatifida di G. Agardh, descritta nei Bidrag till Florideer-
nes Morphologie VII, p. 79 ma questa è assai più gracile della specie tri-
poUtana e per di più non se ne conosce la fruttificazione tetrasporìca. È da
sperare che esemplari raccolti in altra stagione e fomiti del cistocarpio, pos-
sano risolvere la determinazione generica di questa nuova specie.
Laurenciaceae, Harv.
« 13. Rie ARDI A Montagne! Derb. et Sol. in Ann, Seienc. Nat. 1866,
p. 209, 1. 1. — Zanard. Icon. phyc. adriat. II, t. LXI. — J. Ag. Epicr.,
p. 637. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 357. — De Toni e Levi FI. Mg. Ven.
I, p. 120.
« Su frammenti della specie s^uente (n. 23). È nuova per la flora
africana.
tf 14. Ladrencia obtusa (Huds.) Lamour. Esb,^ p. 42. — J. Ag. Sp.
II, p. 750; Epicr., p. 653. — Kùtz. Sp.y p. 854; lab. Phyc. XV, t. 54,
a-b. — Mont. Expl. de V Algerie, p. 92. — Langenb. Meeresalgen Sizilien
und PantelLj p. 22. — Piccone Catal. Alghe Violante p. 15, n. 61 ; Ri$tdi.
algol., p. 30 n. 105. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 326. — De Toni e Levi
FI. Alg. Ven. I, p. 118.— Fucm obtusus Huds. FI. Angl.,^. 686. — Tum.
Hist. Fuc.y t. 21.
« Abbondante sulla spi^gia e sulle scogliere (n. 23). Già raccolta a Tri-
poli nelle crociere del Violante.
« 15. Laurencia papillosa (Forsk.) Grev. — J. Ag. Sp. II, p. 756;
Epicr., p. 652. — Kùtz. Sp., p. 855; Tab. Phyc. XV, t. 62. — Langenb.
Meeresalgen Sizilien und Pantell., p. 22.— Mont. Expl. de l'Algerie p. 85. —
Piccone Bisult. algol., p. 30, n. 106. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 330. — De
Toni e Levi, FI. Alg. Ven. I, p. 119. — Fucus papillosus Forsk. FI. Aegypt.
Arab., p. 190. — Chondria papillosa Ag. Sp. I, p. 344. — Fticm eyanosper-
mm Del. Égypt, p. 152, t. 57, f. 3.
tt Insieme alla Laurencia obtusa (n. 23). Già indicata di Trìpoli dal
Piccone.
Khodomelaceae, Harv.
« 16. ViDALiA voLUBiLis (L.) J. Ag. Sp. II, p. 1121. — Langenb. Meere-
salgen Sizilien und PantelL, p. 23. — Piccone Catal. Alghe Violante p. 17,
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— 247 —
n. 70; Risiili. algoL, p. 34, n. 118. — Ardiss. Phyc. MediL I, p. 424. —
De Toni e Levi FI. Atg. Veri. I, p. 150. — Fucus volubilis L. Sysi. Ili,
p. 715. — Volubilaria mediterranea Lamour. — Mont. ExpL de V Algerie
p- 77. — Dictyomenia volubilis Grey.. — J. Ag. Alg. mediL, p, 146. —
Kùtz. iSp., p. 847. lab. PAyt?. XVI, t. 98, — Rhodomela volubilis kg. ijo.I,
p. 374.
« Bara sulla spiaggia (n. 21). Già indicata da Piccone, come raccolta a
5 miglia da Tripoli a 50 metri di profondità.
« 17. AcANTHOPHORA Delilbi Lamour. Ess., p. 44. — Decaisne PI de
l'Arab., p. 185.— J. Ag. Sp. II, p. 817. — Kùtz. Sp., p. 858; Tab. Phyc.
XV, t. 75, f. 1. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 352. — Fiicus najadiformis
Dolile ÉgypL, p. 292, t. 56, £ 1. — Fucm acanthophorus Turn. JHst. Fuc.,
t. 32. — Ghondria Delilei Ag. Sp. I, p. 363. — Cystoseira acanthophora
Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., t. XCII.
• Abbondante sulla spiaggia, fuori del golfo (n. 18). Lungo le coste afri-
cane, prima d'ora, era indicata solo di Alessandria d'Egitto.
Corallinaceae, Harv.
« 18. Jania RUBENS (L.) Lamour. Polyp., p. 272. — Mont. Expl. de
V Algerie p. 131. — Kùtz. Sp., p. 709; Tab. Phyc. VIII, t. 84, f. II-IV.—
Aresch. in J. Ag. 5^!?., II, p. 557. — Langenb. Die Meeresalgen Sizilien wid
PanteU.^ p. 21. — Piccone Calai. Alghe Violante p. 14, n. 54. — Ardiss.
Phyc. Medit. I, p. 459. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven. I, p. 164. — Co-
rallina rubens L. Syst. I. p. 1304. — Corallina cristata Eli. et Soland.
Zooph., p. 121 (sec. Areschoug.).
«Abbondante sulla spiaggia, sugli scogli (n. 14); alcuni esemplaretti
anche interposti ai filamenti del Gelidium crinale (n. 19).
Pha.eoph^'^oea.e.
Dictyotaceae, Harv.
« 19. DiCTYOTA DicHOTOMA (Huds.) Lamonr. in Desv. Journ. bot. II,
(1809), p. 42; Ess., p. 58. — Mont. Expl. de V Algerie p. 30. — J. Ag.
Sp. I, p. 92. — Kutz. Sp., p. 552; Tao. Phyc. IX, t. 10, f. I. — Langenb.
Meeresalgen Sizilien und Pantell., p. 14. — Piccone Calai. Alghe Violante
p. 9, n. 26. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 478. — De Toni e Levi FI. Alg.
Ven. I, p. 172. — Ulva dichotoma Huds. FI. Angl., p. 476, — Dictyota
vulgaris, attenuata, latifolia, sibenicensis Kutz. Tab. Phyc. IX, t. 9,10,11,12. .
« Bara, rigettata sulla spiaggia; sugli scogli a poca profondità (n. 1).
« 20. Padina Pavonia (L.) Lamour. Dici, class, d'hist. nat. XII, p. 589. —
J. Ag. Sp. I, p. 113. — Mont. Expl. del' Algerie ^.%^. — Langenb. Meere-
salgen Sizilien und Pantell. p. 14. — Piccone Calai. Alghe Violante, p. 10,
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— 248 —
n. 28. — Ardiss. Phyc. MediU li P- 486. — De Toni e Leyi FI. Alg. Ven.,
in, 173. — Ulva Pavonia L. SysL, li, p. 719. — Filcus Pavonius L. 5p.,
II, p. 1630. — Padina oceanica et mediterranea Bory Dici, class, d'hist.
nat^j XII, p. 590. — Zonaria tennis Kùtz. et Zonaria Pavonia Draparn.
in Kùtz. Sp., p. 565; Tab Phyc. IX, t. 70 et 71.
« Abbondante sulla spiaggia e sulle scogliere del porto (Spigai in litt.).
« 21. Halyseris polypodioides (Desf.) Ag. Sp., I, p. 142 — J. tk%.
Sp., I, p. 117. — Kutz. Sp., p. 261; Tab. Phyc, IX, t. 53. — Langenb.
Meeresalgen Sisilien und PantelL^ p. 14. — Piccone Calai. Alghe Violante^
p. 10, n. 29. — Ardiss. Phyc. Medit., I, p. 488. — De Toni e Levi FI. Alg.
Ven.j I, p. 174. — De Toni e Paoletti Conlr. fi. Massaua e Suakim n. 20. —
Fucus polypodioides Desf. FI. Atlantica, IT, p. 241. — Dictyopteris poly-
podioides Lamour. in Desv. Journ. bot., II, (1809) p. 130; Ess. p. 56. —
Mont. Expl. de V Algerie p. 28.
« Abbondante sulla spiaggia (n. 11).
« 22. Zonaria flava (Clem.) Ag. Syn. p. XX. — J. Ag. Sp. I, p. 110. —
Piccone Calai. Alghe Violante, p. 10, n. 27. — Ardiss. Phyc. Medit., T,
p. 490. — Fucvjs flavm Clem. Ensayo, p. 310. — Zonaria Tournefortiana
Mont. Expl. de V Algerie p. 32 ! — Phycopteris Tournefortii Kutz. Tao.
Phyc, IX, tab. 65 ! — P. dentata et P. cornea, Kutz.* /. e, t. 65 et 66.
« Abbastanza frequente sulla spiaggia, reietta dalle onde (n. 10). Questa
specie nel Mediterraneo è rara; finora venne scoperta nel golfo di Spezia
(Bertoloni), a Catania (Cosentino), a Palermo (Todaro), a Genova (Piccone),
ad Antibes (Bomet), sulle coste delle isolette Montecristo e Ponza (signora
Toscanelli), e dell'isola Gallita (Piccone). È invece comune nell'oceano
Atlantico.
Fucaceae, J. Ag.
« 23. Sargassum linifolium (Tum.) Ag. var. saucifolium J. Ag.
Sp., I, p. 342. — Picc. Risult. Algol Croc Violante, p. 19, n. 62. — Ar-
diss. Phyc Medit., II, p. 15. — Fu^us salici folitis, Gmel. Hist Fuc, t. 98? —
Bertol. Amoenit., p. 283, t. IV, f. 1. — Sargassum Boryanum, Mont. Expl.
de V Algerie, p. 4, t. I, fig. 3. — Kùtz. Sp., p. 613; Tab. Phyc, IX,
t. 22, f. IL
« Sulla spiaggia e nel golfo, in frammenti (n. 26). Già raccolto durante
le crociere del Violante, a 5 miglia da Tripoli mediante il gangano (Piccone).
- 24. Cystoseira discors (L.) Ag. Sp., p. 62. — J. Ag. Sp., I, p, 224. —
Mont. Expl. de V Algerie, p. 17. — Kutz. Sp., p. 601; Tab. Phyc, X, t. 51,
f. IL — Vallante Cystoseiren, -p. 17, t.VL — Langemb. Meeresalgen Sisilien
und PantelL, p, 14. — Piccone Risult. Algol., p. 18, n. 60. — Ardiss. Phyc
Medit., II, p. 29. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven., II, p. 33. — Fticus di-
scors L. Syst., p. 717, n. 48.
V Un solo esemplare raccolto sulla spiaggia.
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— 249 —
Ohlorophyceao
Siphonaceae, Orev.
« 25. Anadyomene stellata (Wulf.) Ag. Sp.^ I, p. 400. — Mont.
ExpL de l'Algerie^ p. 159. — Ardiss. Phyc. MediL, li, p. 181. — De Toni
e Levi FI. Alg. Ven., Ili, p. 111. — Ulva stellata Wulf. in Jacq. Coli.,
I, p. 351. — Anadyomene flabellata. Lamour. Polyp.j p. 365, t XIV, f. 8. —
Langenb. Meeresalgen Sizilien und Pariteli., p. 9. — Piccone Risult. algol.,
p. 10, n. 25. — Kutz. Sp., p. 511; Tab. Phyc. VII, t. 24. — Flabellaria
Aaadyomene Delle Ghiaje Hydrophyt Neap., t 54.
« Abbondante sulla spiaggia e nel golfo (20).
« 26. CoDiUM TOMENTOSUM (Huds.) Stackh. Ner. Brit., p. XIV et
p. 21, t. 7. — Mont Expl. de l'Algerie, p. 48. — Kutz. 5^., p, 500; Tab.
Phyc, VI, t. 94. — Langenb. Meeresalgen Sizilien und Pantell., p. 7. — Pic-
cone Risidt. algol., p. 10, n. 28. — Ardiss. Phyc. Medit., II, p. 170. —
De Toni e Levi, FI. Alg. Ven., IH, p. 106. — Fmìis tomentostis, Huds.
FI. AngL, p. 584. — Spongodium dichotomum Lamour. Ess., p. 73. — Co-
dium vermilara Delle Ghiaje Hydrophyt. Neap., p. 14, t. XXXIX. — Co-
dium fili forme Mont. /. e. p. 50, t. X, f. 2!
« Rigettata sulla spiaggia, raramente (n. 4).
« 27. Halimeda Tuna (E. et S.) Lamour. Polyp., p. 309, t. XI f. 8. —
Kutz. Sp., p. 504; Tab. Phyc., VII, t. 21, f. IV. — Langenb. Meeresalgen
Sùilien und Pantell., p. 8. — Piccone Catal. Alghe Violante, p. 7, n. 14,
f. 1!; Risult. algol., p. 11, n. 30. — Mont. Expl. de l'Algerie, p. 159. —
Zanard. Icon. Phyc. adriat.. Ili, p. 129, t CXII ! — Ardiss. Phyc. Medit.,
II, p. 174. — Corallina Tuna EU. et Soland. Zooph., p. Ili, t. 20 A. —
Flabellaria Opuntia Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., t. X. — Halimeda
sertolara Zanard. Syn., p. 124, t. IV, fig. 1. — H. Opuntia De Not. Spe-
cimen Alg. ligust., n. 70.
« Bara, sulla spiaggia (n. 27). Già pescala a 5 miglia da Tripoli col
gangano ad una profondità di 50 metri, durante le crociere del Violante.
« 28. CauleRsia PROLIFERA (Porsk.) Lamour. in /ourn. Hot., 11,(1809),
p. 142. — Dolile Égypt., p. 294, pi. 56, f. 4-7. — Mont. Expl. de l'Ai-
gèrle, p. 161. — Langenb. Meeresalgen Sizilien und Pantell., p. 8. — Pic-
cone Risult. algol., p. 9, n. 24. — Fucus prolifer Porsck. FI. Aegipt. Arab.,
p. 193, — Phyllerpa prolifera Kutz. Sp., p. 494.
B Abbondante sulla spiaggia (n. 6). Già dragata a 5 miglia da Tripoli,
secondo il Piccone.
Ulvaceae, Lamour.
« Ulva Lactuca (L.) Le Jol. List. Alg. Cherb., p. 38. — Bom. et
VmcÉt.phycol., p. 5, pi. II, III.— Mont. FI. d'Algerie, f.lhd. — ^taow
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— 250 —
RisulU algol, p. 6, n. 5. — Ardiss. Phyc. Medit., II, p. 193. — De Toni
e Levi FI. Alg. Ven., IH, p. 186.
« Abbondante sulla spiaggia e sulle scogliere poco lungi dalla costa
(Spigai in litt.) n.
PRESENTAZIONE DI MEMORIE PER COMMISSIONI
E. BoNARDi e G. G. Gerosa. Nmve ricerche intorno all'influensa
di alcune condizioni fisiche sulla vita dei microrganismi. Presentata dal
Socio G. Cantoni.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando tra queste i due Cataloghi pubblicati dall'Osservatorio di Parigi, ed
aventi per titolo: Étoiles observées aux instruments meridienSj de 1837-1881. —
Posilions observées, de 1837-1881; i volumi IV e VI (A r a e h n i d e s) contenenti
i risultati della spedizione scientifica francese al Capo Hom (1882-83); e la
pubblicazione del sig. M. Benedikt : Kraniometrie und Kephalometrie.
Lo stesso Segretario richiama poi in particolar modo l'attenzione dei
Soci sulla grande opera in cinque volumi del sig. E. Chantre : Recherches
anthropologiques dans le Caucase, di cui l'autore ha fatto omaggio all'Ac-
cademia.
Il Corrispondente Tacchini presenta le due Note a stampa del sig. E. Bras-
SART : Dtce nuovi anemometroscopi registratori dei fratelli Brassart. —
Sismoscopi 0 avvisatori sismici.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Presidente Brioschi, all'aprirsi della seduta, annuncia che a questa
assiste il Socio straniero Otto Struve.
n Segretario Blasbrna dà comunicazione di una lettera del prof. Vir-
CHOW, colla quale ringrazia l'Accademia per la sua nomina a Socio straniero.
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— 251 —
CONCORSI A PREMI
n Segretario Blaserna annuncia che la B. Accademia delle scienze
fisiche e matematiche di Napoli ha bandito un concorso a premio sul tema
seguente:
• Sulle curve piane del 4** ordine in reiasione con l'interpretazione
geometrica delle forme invariantive della forma ternaria biquadratica » .
Premio: lire 1000. Tempo utile: 31 marzo 1889.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blaserna dà comunicazione di una lettera dei Segre-
tari generali del Congresso geologico intemazionale, colla quale invitano
i Soci dell'Accademia a prender parte al Congresso stesso, che si terrà in
Londra dal 17 al 22 del prossimo settembre.
Lo stesso Segretario, a nome del Ministero della Pubblica Istruzione,
comunica ancora come una società di scienziati francesi, allo scopo di sta-
bilire relazioni fra i cultori della Chirurgia, ha deliberato di tenere un Con-
gresso a Parigi dal 12 al 17 del corr. marzo.
n Segretario Blaserna dà conto della corrispondenza relativa al cam-
bio degU Atti:
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
La B. Società zoologica dì Amsterdam ; la Società numismatica ed archeo-
logica di Filadelfia ; la Società degl'ingegneri civili di Londra; TUniversità
di Oiford ; l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
Il Coll^io degV ingegneri ed architetti di Palermo; la B. Università
di Boma; l'Osservatorio di Parigi.
P B.
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253 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEL.LA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 18 marzo 1888.
G. PioRELLi Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — n Socio FioRELLi presenta il fascicolo delle No-
tizie per lo scorso febbraio , e lo accompagna con la Nota che segue :
tt Una seconda Memoria del prof. Ghirardini illustra gli oggetti d*arte
figurata, scoperti nel deposito votivo del fondo Baratela presso Este (Re-
gione X), oggetti rappresentati in sette tavole, che comprendono più di cen-
tocinquanta figure. Si dividono in due ordini: in statuette di bronzo ed in
lamine figurate ; si aggiungono le fibule ed altri pezzi minori. Vi predomina
una rude arte locale, raramente ispirata ai modelli greco-romani ; ma il com-
plesso è importantissimo per lo studio della civiltà italica.
• In Milano (Regione XI) parecchi avanzi di costruzioni antiche furono
riconosciuti nei lavori per aprire la nuova strada fra la Piazza del Duomo
e la Piazza Castello. Inoltre una lapide con epigrafe latina sepolcrale fu tro-
vata tra i materiali di vecchie fabbriche vi Via Cavenaghi ; e varie anfore
e pezzi di vasi aretini e lucerne, scoperte in mezzo ad ossami presso Piazza
Castello, lasciarono il dubbio che quivi sia stato un sepolcreto gallo-romano,
compreso poi entro il recinto della città nel secolo lY.
Bbndiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 33
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— 254 —
« Da vari siti della provìncia di Bologna (Regione XIII) si ebbero
informazioni sopra antichità preromane quivi rinvenute ; delle quali mi limito
a dare il semplice annunzio, riserbandomi di presentare nel prossimo fa-
scicolo tutte le Note che a questa scoperta si riferiscono.
« Nel territorio di Chiusi e propriamente in contrada le Capanne di
sopra, fu trovato un pozzo formato con sette cilindri fittili, che uniti misu-
rano in altezza circa quattro metri. È simile al noto pozzo di C. Antonius.
rinvenuto nella necropoli Esquilina, ed intomo al quale molto fu disputato dai
dotti, altri ritenendo essere stato quello una tomba vera e propria, altri
ima conserva d* acqua.
« Parecchi oggetti di età varia, appartenenti a suppellettile funebre
preromana e romana, si rinvennero nel cimitero di Grosseto, a due chilometri
dalla città, ed a quattro dal sito ove sorgeva l'etnisca Rusellae.
« Da Givìtavecchia si ebbero alcune lapidi iscritte che provengono dal ci-
mitero cristiano di Centumcellae. La prima, che è dell'anno 545, ha dato materia
a dotte osservazioni del eh. comm. De Rossi. La seconda è del 557 ; la terza,
troppo mutila, si addimostra, per la forma della scrittura, pure appartenente
al secolo YI dell'era cristiana: alla quale età vanno riferite anche le altre
iscrizioni di quel cimitero.
« In Roma (Regione I) molte furono le scoperte. In Piazza Vittorio Ema-
nuele ricomparvero resti di muri medioevàli, nel cui perimetro si trovarono
caldaie di rame, vasetti di bronzo, ed un candelabro di ferro. Vi si trovò
pure una tomba della necropoli arcaica, tutta sconvolta e disfatta, ma con
molti resti della suppellettile funebre, consistente in fittili con ornati a colorì,
in buccheri di tipo laziale, in pezzi di bronzo ed in alcuni spirali a filo
d'oro.
« Molti altri fittili del deposito votivo, attribuito al Tempio di Minerva
Medica, si recuperarono tra le vie Buonarroti e Macchiavelli; cioè statuette
e teste di varie dimensioni; mani, piedi, e visceri umani; animali diversi;
e vari esemplari del noto gruppo rappresentante le divinità eleusine. I pezzi
finora raccolti intieri o frammentati ascendono a cinque o sei mila.
« Un tratto di antico muragliene a parallelepipedi di tufo si scopil
presso il palazzo senatorio in Campidoglio, vicino all'ingresso degli ufiici mu-
nicipali, dove fu pure trovata una sepoltura dell'età di mezzo.
« Resti di grandi costruzioni in travertino e mura laterizie con colonne
e pezzi di ornati marmorei rividero la luce negli sterri per la fogna della
Yia Arenula, in prossimità di Piazza Cenci.
« Altre iscrizioni si ebbero del noto sepolcreto della Via Salaria, il quale
rimonta al finire della repubblica ed al principio dell'impero. Ma scoperte
di maggiore importanza avvennero nella via stessa, e propriamente nel ci-
mitero cristiano di Priscilla. Come è dichiarato in una lettera scrittami
dal conmi. 6. B. De Rossi , e che oifre sommaria informazione di questi
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— 255 —
rinvenimenti, ne* nuovi scavi praticati nel cimitero sopra detto, si scoprì un
ipogeo di forme antichissime, diverse dal tipo ordinario dell* escavazione ce-
meteriale cristiana; e che quantunque orrihilmente devastato, mostra ancora
che fìi ricoperto di lastre marmoree e musaici.
« Dai frantumi delle epigrafi che vi si raccolsero si rileva che quivi
riposarono varie persone d^li Acilii, che abbracciarono il cristianesimo. Al-
cuni pezzi di una lastra marmorea in bei caratteri, rinvenuti nel luogo stesso.
appartengono ad un* iscrizione, certamente estranea all'ipogeo, dedicata a L. Mi-
nicio Natale, iscrizione di cui il eh. dott. Hùlsen restituì l'intiero contesto.
« Grandi latomie di tufo, esercitate sul finire della repubblica ed il
principio dell'impero, si riconobbero in contrada Pozzo Pantaleo sulla Via
portuense.
« Nel territorio tusculano presso Frascati, in contrada le Cappellette,
si rinvennero pezzi di fistule acquane plumbee col nome di Matidia come
in altri pezzi di fistule simili trovati in Ostia.
« Un'epigrafe onoraria ad Annia Agrippina^ scoperta in Pozzuoli nei
lavori del nuovo rione ci ricorda il marito di lei C, lulius ApoUonius de-
curialis Romae, al quale si riferisce un altro titolo puteolano, edito dal
Mommsen (C. I. L. X, 1721).
« Non mancano informazioni sopra scoperte avvenute in Sicilia ed in
Sardegna; ma trattandosene in Memorie, alle quali vanno unite delle tavole,
ed aspettandosi, per alcuni fatti, nuove dilucidazioni, mi riserbo di parlarne
alla B. Accademia nelle prossime tornate.
« Basti qui per ora il dire, che le scoperte accennate riguardano un
tosoretto di monete greche di argento trovato in Sicilia ed shunto al Museo
di Palermo; oggetti d'oro di ornamento personale rinvenuti nella necropoli di
Gela; nuove ed importantissime costruzioni rimesse all'aperto nell'acropoli
di Selinunte; colonne milliarie della strada romana di Sardegna scoperte nel
territorio di Olbia ; lapidi della necropoli di Tolti nel territorio stesso. Devo
fiaalmente annunciare che gli scavi fatti eseguire dentro e fuori il cimitero
siracusano, de' quali fu dato un accenno nelle Notìzie del 1886 p. 139, con-
dussero a riconoscere un muro robustissimo, largo quasi sei metri, formato a
grossi blocchi di pietra squadrata, che corre da sud a nord, fin sotto il colle
Temenite. Le nuove indagini fecero rinunciare al sospetto che si ebbe quando
di quel recinto si scoprirono i primi tratti dentro il camposanto, vale a dire
che fosse stata la platea in cui erano edificati i famosi templi di Cerere e
Proserpina, che, stando alle memorie classiche, in quella pianura, oggi detta
del Fusco, dovevano sorgere. Un'ampia Memoria sopra questo trovamento
sarà edita dal prof. Fr. Sav. Cavallari, come appendice al grande lavoro sopra
la topografia di Siracusa » .
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— 256 —
Filologia. — La traduzione degli Evangeli in Arabo ed in
etiopico (geez). Memoria del Socio I. Guidi.
« L'antica traduzione araba degli Evangeli nacque forse in Palestina,
nel XIII sec. ebbe una revisione nel Patriarcato Alessandrino, e questa edi-
zione corretta ebbe grande favore in Oriente e modificò Tantica traduzione
etiopica » .
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Giurisprudenza. — fili Statuti pistoiesi del secolo XIII a pro-
posito di uno studio di L. Zdekauer Q). Eiassunto e cenni critici
del Socio F. Schupfer.
« Le pubblicazioni dei nostri Statuti municipali si seguono, ma non si
rassomigliano. Non è molto il Lampertico pubblicò lo statuto di Vicenza :
adesso abbiamo dinanzi questo di Pistoia dovuto alle cure pazienti dello
Zdekauer; e l'uno e Taltro corredati da sapienti illustrazioni. Ma quanta
differenza nel resto ! Se il Lampertico si è &tto a studiare la storia civile
della sua Vicenza dai tempi romani tino a quelli del comune, e illustra lo
statuto, che pubblica, analizzandone gli elementi, riproducendone, per così
dire, la fisonomia, determinandone le relazioni col gius comune, lo Zdekauer
si ferma piuttosto alla parte esteriore della legge, che ha tra mano, rintrac-
ciando la via, per la quale, da una più antica compilazione del secolo XII,
si è, un po' alla volta, arrivati ad essa. E anche la forma è diversa. La
prefazione dettata dal Lampertico ha qualcosa di artistico; quella dello
Zdekauicr pare anzi schivare tutti i lenocini dell'arte : è irta di citazioni,
interaecata da diplomi, piuttosto pesante; e nondimeno ha anch'essa la sua
grande importanza. Da parte nostra non esitiamo a dire che è un molto sa-
piente e utile contributo alla storia del diritto medievale italiano, che po-
trebbe servire di esempio ad altre pubblicazioni di simil genere. Diremo di
più : coloro che si occupano di siffatti studi potranno anche trovarci interesse
a vedere come uno statuto si venisse mano mano formando ; perchè in so-
stanza tutta la prefazione dello Zdekauer si riduce a questo : di farci, con
una minuta analisi delle fonti, e attraverso le molte carte del secolo XIII
e gli scritti di antichi giureconsulti, assistere alla formazione dello statuto
pistoiese del 1296.
« Abbiamo già notato come esso si appoggi ad uno statuto più antico
{}) Statutum potestatis comunis Pistorii anni MCCLXXXXVI nunc primum edidit
LuDOYicus Zdekauer. Praecedit de statutis pistoriensibus saecali XITT dissertalo. —
Mediolani apud Ulricum Hoepli, pag. LXV-343.
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— 257 —
del secolo XII, di cui si consenrano tuttavia molti frammenti ; e infatti ben
24 capitoli sono uguali o quasi, e questi alla lor volta si riannodano ad
antiche leggi o consuetudini. Basterà ricordare lo statuto circa il maritar le
ragazze, che certo trae la sua origine dall*editto di Liutprando. Ma non può
dirsi che dopo quella pubblicazione la legislazione avesse sosta un solo istante.
EIrano tempi in cui la società veniva tutta rinnovellandosi ; e naturalmente
alle condizioni e ai rapporti nuovi della vita doveano anche corrispondere
leggi nuove. Ora, non dirò che vi si provvedesse sempre con una revisione
del vecchio statuto : per lo più si trattava di singole leggi, che venivano
pubblicandosi nei parlamenti secondo il bisogno; ma, ingrossando esse sempre
più col tempo, parrà naturale che si pensasse infine a riordinare tutto quel
materiale legislativo, che era venuto accumulandosi via vìa, e anche correg-
gerlo e completarlo dove faceva mestieri. Tra la redazione del secolo XII e
la redazione angioina, che vien dopo, c'è di mezzo addirittura un secolo ; e
in questo frattempo ci abbattiamo in tutta una folla di leggi, che T autore
ha avuto cura di annoverare. <
tt Ne ricordo una dell'anno 1191, che proibisce di alienare le torri;
im*altra riguardante l'alienazione delle cose pupillari, che un diploma del
1206 dice contenuta in constituto civitatis; una terza del 1209, che, ispi-
randosi al disposto del Senatoconsulto Macedoniano, vieta di far credenza ai
figli di famiglia prima che avessero diviso col padre ; uno statuto sulle cose
mobili, di cui è menzione in una carta del 1213 ; uno, di questo medesimo
anno, sulle donne che passavano a nuove nozze e sulla successione nei loro
beni; e altri provvedimenti degli anni 1217 e 1224 circa l'alienazione delle
case. Un altro statuto dev'essere stato scritto poco dopo l'anno 1219, in cui
fa fatta la pace tra Bologna e Pistoia, perchè vi si riferisce come a cosa
recente. Un provvedimento riguardante l'acquisto delle torri per successione
è dell'anno 1228. Lo statuto de arredo exiimato et rebus qtie solent e^xtimari
cum arredo è già ricordato in una carta del 1232, come contenuto nel consti-
tutum. Alcune leggi si sono occupate della locazione delle terre. Una del
1238 stabilì la prescrizione di tre anni per gli afGitti, giusta i principi del
diritto giustinianeo ; e una carta del 1236 conosce già la trina requisitio
domino facienda ut in constituto Pistorii continetur de terris in afflctum
datis. Anche un arbitrato del 1237, con cui fu messo termine ai dissidi,
che c'erano, tra la università dei militi e quella del popolo, doveva porsi
nel constitutum ; e sappiamo veramente che vi fu posto. Una concordia dei
Pistoiesi col popolo di Carmignano, che figura nelle redazioni posteriori, è del
1242. Una aggiunta vi fu fatta nel 1251. Altre riformazioni subite dalle
leggi sugli aflStti appartengono pure all'anno 1251. Uno statuto circa i tutori
da darsi dal giudice è del 1254. Un altro de casis non alienandis porta la
data del 1260.
« E così si arriva ai tempi angioini. Pistoia si era data (1267) a Carlo
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— 258 —
d'Angiò ; e allora per la prima volta, dopo circa un secolo, parve necessario
di rivedere tatta questa farraggine di leggi, e specialmente adattarla alle
mutate condizioni dei tempi. In realtà la nuova dominazione angioina scon-
volse da capo a fondo lo stato della città, e fu compilato im nuovo statuto
corretto ed emendato in tre libri col mezzo dei costitutari, che si distingue
caratteristicamente dall* antico. Quando precisamente ciò avvenisse, vedremo
più sotto: qui vogliamo osservare soltanto, che molte parti furono mutate;
ma più quelle che risguardavano il diritto pubblico. Molti provvedimenti
presi in favore dei Guelfi appartengono a questi tempi. Alcune leggi portano
addirittura il nome di Carlo d'Angiò, e concernono la elezione dell'avvocato
e sindaco del comune che ne difendesse le cause, la elezione dei custodi
delle porte, i custodi dei castelli e altri ufficiali pubblici. Uno statuto spe-
ciale contro coloro, che dicessero villania alla Santa Romana Chiesa, al Be
e alla Begina, fu anche pubblicato in questi tempi. Tra quelli di diritto
privato ce n'è uno, che regola la materia dei feudi, e un altro del 1271,
che proibisce di ricevere un figlio di famiglia come pagatore principale. Noto
anche alcuni provvedimenti deiranno 1273 relativi ai luoghi pii; uno sta-
tuto del 1278 sui legati, e un altro del 1283 sulla proprietà comune delle
case e delle torri. Un capitolo, votato nel 1284, ha questa intestazione, che
ne mostra la speciale importanza : qiwd dominus episcopus non adiungatur
alicui officiali civitatis Pistoni et quod sindicics et officicdes procedant
in officio suo absque domino potestate. Dino di Mugello nel cons. 28 cita
due altri statuti. Uno, che non si dovesse dare ascolto alle querele e recla-
mazioni dei banditi, sia che si trattasse di malefici o di debiti ; l'altro, che
non si dovesse render ragione a chi non era allibrato, salvo nei casi di morte
0 di spargimento di sangue. Questa ultima legge è del 1288. Insieme trovo
fatta parola di imo statuto del 1293 su gli artefici e artisti, che dal distretto
fossero venuti a stabilirsi in città : doveano pagare i dazi e le collette e fare
le funzioni con gli uomini del loro comune. In questi tempi cominciano anche
gli ordinamenta sacrata et sacratissima, come son detti certi statuti del
popolo.
<t Infine, correndo Tanno 1296, Pistoia dà a Firenze la » piena e libera
autorità, licenza e balìa di dirigere e riformare la città e il popolo in buono
e pacifico stato, e ordinare e statuire ciò che credesse pel buono e pacifico
stato della città stessa e del distretto » ; e nel medesimo anno Amadore di
Babbiacanina e Loteringo di Montespertoli, giudici mandati dai Fiorentini,
correggono lo Statuto. Il lavoro fu fornito nel breve spazio di tre mesi, ed
è quello pubblicato dallo Zdekauer; ma il nuo\o statuto segna il termine
della libertà pistoiese. La stessa legislazione è venuta foggiandosi su quella
di Firenze. L'autore ha notato ben 21 rubriche del solo libro II dello sta-
tuto fiorentino, che corrispondono a quelle del nuovo statuto pistoiese ! Del
resto è un lavoro di grande sapienza legislativa, nel quale si fondono l'antico
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— 259 —
spirito del comune, fedele alFimpero, con Tingegno politico della vittoriosa
Firenze, che impone le sue leggi alla città soggiogata.
> Tale è la nuova pubblicazione dello Zdekauer, e non esitiamo a tri-
butarle ogni più ampia lode. La stessa mancanza di un commento continuo
del testo, e anche del glossario delle voci, è supplita dagli indici metodici
copiosissimi, nei quali ha cercato di svolgere il contenuto intero dello statuto.
I franmienti poi, che si trovano riuniti nella dissertazione, serviranno molto
bene a quel lavoro d'analisi, che la edizione del testo ha iniziato.
«Soltanto non vorremmo accettare tutto ciò che dice della redazione
angioina.
• Egli crede che sia nata nel 1267, e ha cura di mettere assieme al-
cuni indizL Osserva, che lo statuto del 1296, che fu fatto sur essa, ricorda
ben otto volte il nome di Carlo d'Angiò e anche accenna al capitolo, che
vuol punite le villanie dirette contro il Be e la Begina ; ma queste non ci
paiono ancora ragioni sufficienti per ritenere che la redazione debba proprio
attribuirsi a quell'anno. Nò lo prova il nome di Cialde de' Cancellieri, che
fu podestà appunto nel 1267, e che ricorre tre volte nello statuto. Ciò che
possiamo e vogliamo ammettere è, che fin dalle prime si saran pubblicati
alcuni statuti, che provvedessero al mutato ordine di cose; ma che subito
si sia pensato a rifare tutto lo statuto, è cosa più presto detta che provata.
D*altronde sappiamo veramente di una revisione fatta nell'anno 1272, di cui
non si sarebbe, certo, sentito il bisogno a soli cinque anni di distanza. Anzi
ne esiste tuttavia un frammento in una carta pistoiese del 1821. Comincia
cosi : Eoe statutum noviter factum correctum et eraendatum per constitu-
tarios eomunis Pistoni tempore — dei et regis gratta konorabilis potè-
statis Pistoni, anno d, MCCLXXIL
B Né vorremmo ammettere che questa redazione angioina fosse piuttosto
arruffata. L'autore dice che deve essere stata più un cumulo di riforme che
non un vero corpo di leggi, o uno statuto legalmente ricevuto e rubricato ; ma,
appunto dai frammenti, che^ ne rimangono, rileviamo che era divisa in tre
libri ; e che il primo trattava dell'oflicio e della elezione del podestà, e degli
allari oflBciali della città e del distretto e dei loro assegni ; e il terzo, dei
giudizi, delle prescrizioni, delle successioni, dei contratti, delle appellazioni
e simili, oltre ad alcune cose straordinarie. Anzi la carta summentovata ri-
produce un capitolo, che vi era contenuto, sulle alienazioni delle donne. Vi
è detto che potean vendere con giuramento; ma ci voleva il consenso di
due parenti, e anche doveano aver giurato spontaneamente. Del secondo libro
non sappiamo nulla.
« Aggiungiamo qualche osservazione sugli Ordinamenti del popolo^ o
piuttosto sugli Ordinamenta sacrata et sacraiissima^ che l'autore tocca solo
incidentalmente qua e là.
>Non c'è dubbio, che questi sien nati da quelli; ma hanno il loro
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— 260 —
carattere speciale. Se Togliamo, sono leggi di sospetto, dirette contro Taristo-
crazia dominante, che a Pistoia, come a Bologna, foron dette veramente Or^
dinamenta sacrata et sacratmima, e a Firenze Ordinamenti di giuètizia.
Ora, il primo tentativo di uno speciale statuto del popolo pistoiese tendente
a frenare gli abusi dei maggiorenti, potrebbe trovarsi accennato in un di-
ploma del 1237, che ricorda certa colligantia artium, avvenuta a Pistoia,
contro la universitas dei militi e giudici. Perchè sembra, che il popolo, in questa
occasione, siasi dato degli speciali statuti, e che questi fossero diretti contro
i nobili: ma la cosa, a quanto pare, non ebbe seguito. Gli arbitri, eletti
a sedare quel dissidio, avrebbero stabilito, tra le altre e prima di tutto,
quod constitutum comune sii in civitate Pistoni tam prò maiori quam
prò minori et etiam in districtu. Et hoc servetur in hoc anno praesenti
et in perpetuum. In&tti, ancora nel 1259, il podestà giurò soltanto il con-
stitutum comunis, e non si trova fatta parola che del consiglio dei CG e di
quello dei C e XL. Ma già una provvisione del 1294, tendente a stabilire
se alcune persone, che si spacciavano per cittadini ed artisti, lo fossero ve-
ramente, dice che doveano scrutinarsi salvis semper statutis sacris et sa-
cratissimis. In queir anno era podestà di Pistoia Giano della Bella, un nome,
che simili ordinamenti avean reso celebre a Firenze l'anno avanti. E in
seguito gli esempi si moltiplicano. Lo stesso statuto di Pistoia del 1296
rammenta questi statuti e ordinamenti del popolo col nome di sacrata et
sacratissima ; e un documento del medesimo anno accenna anche alla loro
provenienza. Si tratta di un inventario dell'opera di San Giacomo del 1296,
che, tra i privilegi e stromenti del comune, registra appunto gli ordina-
menta sacrata que venerunt a civitate Bononiae sigillata dmbus sigUlis.
Questo inventario è ricordato dallo Zdekauer a p. LII ; e così Bologna
avrebbe dato codesti ordinamenti a Pistoia, come li ha dati a Firenze. L'au-
tore però soggiunge, che noi sappiamo ben poco degli ordinamenti bolognesi,
e ciò non è interamente conforme al vero. Certo se ne sa qualcosa di più
di ciò che sta scritto nel Dizionario del Rezzasco, a cui rimanda; perchè
essi si conservano tuttavia a Bologna e si stan pubblicando da quell'infati-
cabile e fortunato ricercatore di cose medievali, che è il nostro amico Gau-
denzi, per incarico della Deputazione di storia patria della Romagna. Sol-
tanto ci auguriamo che la pubblicazione possa procedere più alacremente,
che non ha fatto finora. Il fascicolo, che abbiamo sott*occhio, conta già due
anni di vita, e riproduce solo un frammento di statuti del popolo della metà
del secolo XIII, desunto da un codice membranaceo della biblioteca univer-
sitaria di Bologna, e gli statuti del popolo dell'anno 1282, sulla fede di un
codice membranaceo dei conti Malvezzi de' Medici e di un altix) dell'Archivio
di Stato contenente gli statuti di Bologna dall'anno 1289 fino al principio
del secolo XIY. Appunto il libro quinto di questi statuti è formato dagli
ordinamenti del popolo, promulgati tra gli anni 1282 e 1292, con le
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— 261 —
a^unte, modificazioni e detrazioni, alle quali andarono soggetti fino al 1296,
e riproduce gli statuti sacrati e sacratissimi. Il codice stesso, a proposito di
queUx del 1282, osserva : Eie est traetatus ordinamentorum sacratorum et
sacratissimorum et modifieaiionum eorum et aliorum ordinamentorum de-
pendentium et oceasionatorum ab eis. Fra i quali amo ricordarne uno, che
riguarda la responsabilità di tutto il casato pei delitti dei singoli membri,
che lo componevano. Certamente è lo statuto più importante, e per così
dire r anima, di cotesti ordinamenti; e può vedersi sì negli statuti sa-
erati e sacratissimi di Bologna e sì negli ordinamenti di giustizia di Fi-
renze. Anche Dino di Mugello ne allegò uno nel cons. 16 per Frodo dei
Cancellieri, e credo che interesserà di vedere, come appunto questo statuto
sacrato, che, secondo Dino, cominciava con le parole : ut lupi rapacitas^
trovi il suo riscontro in un altro degli statuti sacrati e sacratissimi del po-
polo bolognese dell'anno 1282, che comincia press'a poco allo stesso modo :
Volenles et intendente^ quod lupi rapace^ et agni mansueti ambulent pari
gradu, providerunt ecc. Ciò che piti importa, è l'indole della provvisione,
che concorda pure con quella citata da Dino: tutti della città e del di-
stretto, di cui erano descrìtti i nomi, doveano tra un anno e un mese pre-
stare buona ed idonea securtà al podestà del comune e al capitano de re-
presentando personaliter coram predictis dominis et quolibet eorum quo-
ciens ipn vel alter eorum fuerirU requisiti ex quacumque de causa et de
non tenendo vel esse seu stare permitendo in eorum domibus . . . aiiquos
bannitos eommunis Bononie prò mcUeficio aUquo ... vel aiiquos assassinos
vel infamatas persona»^ et de non offendendo seu offendi f adendo aliquem
vel aiiquos in personis vel rebus. Insieme è detto che ognuno doveva ri-
spondere tanto per sé quanto per tutti quelli della sua casa: Et teneantur
quilibet infrascriptorum et eius securitas^ tam prò se quam prò eo vel
eis de domo sua, tam . . . clerieis personis quam laicis, videlieet patribus^
filiis vel fratribus nepotibtis tam legitimis quam naturalibus. I maggio-
renti, che rifiutassero di dare la securtà, doveano essere banditi ; il podestà
cbe tralasciasse di esigerla era punito con una multa. Lo statuto f^unge,
che egli potrà procedere contro i detti maggiorenti per qualunque maleficio,
delitto 0 quasi delitto, eccesso o quasi eccesso, inquirendo^ multando^ pu-
niendoy condempnando et confinando ad suam voluntatem et arbitrium*.
Paletnologia. — Di alcune leghe mate nelle prime età dei
metalli. Nota del Socio Luigi Pigorini.
« L'on. barone Marcello Spinelli fece analizzare, anni sono, in Napoli dal
saggiatore d^li orefici una fibula, apparentemente di bronzo, dell'arcaica necro-
poli campana di Suessula. L'analisi, pubblicata dal eh. dott von Duhn {Bidl.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, l® Sem. 84
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dell' iBt. di corr. arch., 1878, p. 152), dimostrò che tale fibula, del pese
di gr. 8,466, si componeva di
oro gr. 0,235
argento .... » 0,705
rame .... » 5,526
« Poco dopo il Yon Duhn annunziò {Bull, cit 1879, p. 142) che l'ana-
lisi di altri oggetti d'ornamento della stessa necropoli, ritenuti pur essi di
bronzo, diede risultati ancor più notevoli, essendosi scoperto che ^ ve ne
erano alcuni consistenti per la maggior parte di oro puro » . E^li quindi
suppose che si fosse trovato il metallo corinzio, l'aurichalco tanto lodato da
Plinio e da altri, al quale in Napoli venne dato il nome di metallo Spinelli.
« Appresso, per cura del sig. Giacomo Egg di Piedimonte d'Alife, furono
analizzati degli oggetti, creduti anche questi di bronzo, raccolti in altra ne-
cropoli campana esistente nel territorio di Alife, coeva di quella di Suessula.
Il eh. dott. Dressel riferì {Ann. dell' ht. di corr. arch. 1884, pag. 247,
248) che si trovarono composti, talvolta di 7$ di argento, di Ve di oro e
di Ve di rame, tal'altra di V4 di argento e di 74 di rame.
« Questo risultato, osservò il Dressel, è non solo sorprendente, ma, seconda
« il mio avviso, anche erroneo. Imperocché un metallo composto di tre parti
tt di argento e di una sola parte di rame, ovvero di due parti di argento e
« di una parte metà oro, metà rame, si deve necessariamente riconoscere per
« argento, qualunque sia il suo stato di conservazione e di ossidazione, e non
« potrà mai apparire come bronzo. I pezzi in quistione nulla hanno di questa
« necessaria apparenza di argento, anzi non si distinguono punto dagli oggetti
« di semplice bronzo. Quale sia l'errore incorso nell'analisi chimica non saprei
« dire; ma che errore vi sia ò indubitato, come sono pure persuaso che Tana-
« lisi del metallo Spinelli vada soggetta a qualche modificazione « .
« BecoQtemente il von Duhn, nel suo terzo pregevole ragguaglio delle
scoperte di Suessula {BtUl. dell' Imp. Ist. arch. germ. Sez. rom. voi. II,
pag. 252, 253), ha pubblicato il risultato di una nuova analisi, eseguita nella
Università di Heidelberg sopra una fibula e un braccialetto di bronzo prove-
nienti dalle note tombe. E il seguente:
Braccialetto. Fibula.
rame 89,09 rame 90,54
stagno .... 8,85 stagno .... 6,98
piombo .... 1,99 piombo . . . ." 1,97
ferro 0,07 ferro 0,51
100,00 100,00
« Dunque, scrive il von Duhn, nò oro, nò argento ; invece una composi-
« zione somigliantissima al nostro metallo da cannoni, relativamente ricca di
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« rame, povera di stagno, più povera di piombo, affatto sprovvista dello zinco^
« conforme insomma alle leghe più arcaiche in genere del solito bronzo greco.
« Come combinare con questo risultato quello delle analisi napoletane, sopra
« le quali doveva fondarsi il mio giudizio anteriore non lo so ; lascio ai tecnici
« il decidere come abbia a spiegarsi la strana differenza che esiste positiva-
« mente fra Faspetto e la qualità del bronzo ordinario, e gli oggetti fatti
« del metallo Spinelli « .
« Non voglio escludere la supposizione del Dressel, vale a dire che sia
accaduto qualche errore nelle analisi ordinate dallo Spinelli e dalVEgg, spe-
cialmente nelle ultime per la circostanza che gli oggetti di Alife, i quali
sarebbero composti per la maggior p^e di argento, non si distinguono punto
all'aspetto da quelli di semplice bronzo. Credo ad ogni modo che, ove Terrore
esista realmente, si abbia soltanto in ciò che concerne la quantità dei metalli
riconosciuti in ogni singolo oggetto. Considerando pertanto che i risultati delle
analisi qualitative fatte in Italia sono molto diversi fra di essi, e assai diffe-
renti da quello ottenuto in Heidelberg, inclino a ritenere che le famiglie
campane, cui si riferiscono le antichità di Suessula e di Alife, lavorassero
oro e argento cui era unito artificialmente del rame, e inoltre facessero uso
tanto del bronzo comune, quanto di vere e proprie leghe di rame e di argento,
non che di rame, argento e oro. Lascio peraltro insoluto il problema se, nel
secondo caso, la lega venisse composta coi tre metalli presi separatamente,
oppure col rame e coli' elettro, ìq cui l'oro e l'argento già fossero natiural-
mente combinati.
ff I dubbi espressi sulla possibilità di simili operazioni nei giorni ai
quali rimontano le menzionate necropoli, potevano sembrare fondati fino a
che le osservazioni relative a Suessula e ad Alife si credevano una eccezione,
sebbene siasi citato anteriormente qualche fatto per dimostrare che innanzi
la fine della prima età del ferro, nelFItalia superiore esistevano oggetti di
argento cui era stato aggiunto del rame Q), e quantunque dell'arte di unire
il rame all'oro nella stessa età siensi trovate prove anche nelle celebri tombe
di HaUstatt (Morlot, nelle Mém. de la Soc. R, des Antiq. du Nord, 1866-
1871, pag. 31). Panni però che tali dubbi non abbiano più ragion d'essere,
dopo le importanti scoperte che gli egregi signori Enrico e Luigi Siret hanno
fatte nella Spagna, fra Cartagena ed Almeria, mirabilmente descritte ed illu-
strate nell'opera loro: Les premiers àges du metal dans le sud-est de
l'Espagne,
P) n Gozzadini {Ult scop. neWant necrop. a Marzabotto, tav. XATII, fig. 20) illustrò
una fibula di argento, rinvenuta in Marzabotto, scrìvendo a pag. 86, nota 283, quanto
segue : « L^analisi chimica ha dimostrato che vi è una piccola quantità di rame unita
« all^argento, secondo che si costuma per renderne più facile la lavorazione n. È da notare
che tale fibula non è etnisca come il Gozzadini ritenne, ma bensì gallica (Brizio, Tombe
e necrop, galliche della prov, di Bologna, 1887, pag. 70).
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— 264 —
« È noto che in Europa si lavoraya Toro nei primordi dell'età del bronzo,
ma comunemente si ritiene che Tuso dell'argento vi si introducesse soltanto
colla civiltà della prima età del ferro inoltrata. Le estese e fruttuosissime
esplorazioni dei signori Siret (op. cit. pag. 281) mostrarono invece, che l'ar-
gento si conosceva e si adoperava nel sud-est della Spagna chiusa appena
l'età della pietra (i), e che la scoperta di esso deve attribuirsi alla presenza
del metallo nativo esistente alla superficie del suolo. Le molte analisi chi-
miche delle antichità raccolte da quei due valenti investigatori provarono
inoltre, che nell'indicata contrada della Spagna, contemporaneamente ai pia
arcaici oggetti di rame e di bronzo, se ne fabbricarono altri tanto di argento,
quanto di una lega d'argento e di rame (Sbret, pag. 232).
« Li una tomba dell' Argar, per es., insieme con varie antichità figurate
dai Siret nel loro splendido Album (tav. XXXIX, gruppo 738), si rinvennero una
lama di coltello di rame coi chiodetti pel manico composti di rame e di
argento, oltre ad un pendaglio della stessa niateria, come risulta dalle seguenti
analisi (Siret, pag. 231):
Pendaglio. Chiodetti.
argento .... 22,65 argento .... 27,74
rame 51,35 rame .
ferro e piombo . . traccio stagno
piombo
28,22
3,55
2,04
« L'argento di cui si servivano i primitivi abitatori del sud-est della
(1) Stimo opportuno di citare in questo luogo un fatto osservato in Italia, che si
connetto colle questioni accennate nella presente comunicazione, e di cui devo la notizia
all'egregio collega prof. Pompeo Castelfranco. — Nel famoso sepolcreto di Bemedello in
provincia di Brescia, il quale rimonta ai primordi della metallurgia nel nostro paese
{Bull di paletn. ital. X, pag 133 e seg.; XI, pag. 138 e seg.), il eh. don Luigi Ruzze-
nenti di Asola scavò una tomba , trasportata intatta nel Museo civico bresciano, della quale si
legge il seguente breve ragguaglio nei Commentarii delV Ateneo di Brescia (1886. pag. 81).
«Lo scheletro ha sul ventre una roteUa di pietra alabastrina a sette raggi; sul fianco
u una cuspide di freccia di selce in direzione trasversale colla punta volta a sinistra e
« più basso, al lato destro, un gruppo di tre simili più piccole cuspidi colle punte verso
ti 1 piedi. Ma la parte più importante delParredo, importantissima da vero, è uno spillone,
« che, se è à'^argento, come non se ne dubita, mostrando Tuso dì questo metallo nell*età
u cupreolitica, turba e confonde gli argomenti onde si distinguono que' periodi e sottope-
u riodi primitivi n. — IL Castelfranco, il quale fu presente al saggio dello spillone eseguito
da un orefice bresciano, mi ha dichiarato che è indubbiamente di argento fuso. Dopo le
scoperte dei signori Siret il fatto acquista una considerevole importanza e merita di essere
studiato attentamente, imperocché in altre tombe del sepolcreto di Eemedello, coeve per
fermo di quella che conteneva lo spillone, si rinvennero oggetti di rame i quali sembrano
rimontare alla età di quelli antichissimi dello stesso metallo e di bronzo, che nel sud-est
della Spagna si trovarono uniti ad ornamenti di argento.
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— 265 —
Spagna era quello nativo delle Herrerias (Slret, pag. 226), un pezzo del quale,
sottoposto all'analisi (ibid. pag. 231), si vide contenere
argento 89,62
rame 0,18
cloro traccio
impurità 10,20 Vo
« Ove si confronti il risultato di tale analisi con quello delle due pre-
cedenti, appare chiaro che i chiodetti e il pendaglio sono stati formati con
una l^a. Nessuna meraviglia quindi che leghe analoghe fossero in uso anche
presso altri antichi popoli del bacino del Mediterraneo, quali le famiglie che
lasciarono le tombe di Suessula e di Alife.
8 Fra i molti oggetti scoperti dai Siret e che furono analizzati, non
se ne è trovato alcuno di un metallo simile a quello Spinelli. Ciò non esclude
che il fatto non possa verificarsi in seguito. Intanto è da tener conto che
i nominati autori, parlando (pag. 236) della composizione degli ornamenti
d*oro rinvenuti, notano che sono di oro pallido. Li ritongono formati « d*un
electrum naturel, dans lequel Tor domine » , e citano in proposito la notizia,
data già da Strabene, che Toro e Targento esistono naturalmente uniti nella
penisola iberica. Si può quindi con qualche fondamento supporre, che anti-
chissimamento sul bacino del Mediterraneo, come si componeva la lega di
rame e di argento, così si fabbricasse quella di rame e di elettro, la quale
potrebbe trovare riscontro nel metallo Spinelli della prima fibula suessulana
che fii analizzata.
« Dimostrato che nel sud-est della Spagna, quasi a partire dalla fine
dell'età neolitica, oltre fondere il rame e il bronzo, sapevasi unire il rame
coi metalli preziosi del paese, si può chiedere se le popolazioni di Suessula
e dì Alife, vissute posteriormente e che lavorarono leghe simili, le fabbri-
cassero esse 0 le ricevessero preparate dal di fuori. Occorrono altre ricerche
innanzi di tentare la soluzione del problema. Se consideriamo però che le
scoperte dei signori Siret avvalorano ciò che gli antichi raccontano sulla
notevole quantità di allento e di elettro, che in età molto lontana i Fenici
acquistavano dagllberi e vendevano altrove con grande profitto (Siret, pag. 236,
257, 259), e che la lega di cui ho parlato rìsale nel sud-est della Spagna
alle origini della metallurgia, non è inverosimile il credere che la lega ado-
perata nella Campania provenisse dalle spiaggie iberiche » .
Bibliografia. — Di un manoscritto di Rime del secolo ZF7,
recentemente acquistato dalla Biblioteca Angelica. Nota del Corri-
spondente E. Narducci.
« Tra i recenti acquisti &tti dalla Biblioteca Angelica mi è parso degno
di nota un manoscritto cartaceo, in 4^ piccolo, segnato ora col n. 1882, scrìtto
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tra il 1578 e il 1582, e contenente Rime di circa 50 dei migliori poeti di
quella età fecondissima, e specialmente dei più rinomati tra gli accademici
Intronati di Siena. Non mi è riuscito di appurarne la storia e la provenienza;
ma segno manifesto ch'esso dovè finora rimanersi celato alle indagini degli
eruditi, è il trovarvisi, tra molti componimenti di Torquato Tasso, cinque a
lui attribuiti, che invano si cercherebbero nelle raccolte a stampa delle sue
Bime II nostro manoscritto ci presenta inoltre rime di otto poeti e di una
poetessa, che non menziona il (Quadrio nella sua amplissima Storia della
poesia. Notevoli sono anche nove sonetti acrostici di Claudio Tolomei, le cui
prime lettere riunite formano il nome di margarita, e sono in lode di Mar-
gherita di Yalois, figlia di Francesco I re di Francia, disposatasi ad Emanuele
Filiberto, Duca di Savoia. Ho pertanto l'onore di presentare all'Accademia
l'analisi di questo manoscritto, tolta dal mio catalogo inedito dei codici del-
TAngelica.
1882.
Chartaceus, in 4.^ minori, ff. 125, sec. XYI. Quinquaginta fere auctorum,
et prsesertim Academicorum Intronatorum Senensium, carmina italica; in quibus
recensendis C. est prò ' Canzone ', M. prò ' Madrigale ', 0. prò ' Ottave ' seu
Ogdoadae, S. prò ' Sonetto '.
1. Claudii Tolomei, Corona novem epigr. (S.) in laudem Margarita Valesi»,
Francisci I. Francorùm regis fili», et uioris Emmanuelis Philiberti
Sabaudise Ducis: quorum cuiusque prima littera acrostichon efficit ' MAR-
GARITA '. Frsevia est eiusdem C. T. ad eamdem epistola, d. Parisiis,
16 mar. 1553, fol. l-3\
a. 'Mìraaano dal ciel gli angeli intenti*.
h, 'AltOi et caldo desir, che mi costrìgni\
e, ' Rìde a questa Fenice Tarìa intorno \
d. ' Gratie ch'a pochi il ciel largo destina \
e, *A mirar questa tua nuoua sorella*.
f, * Itaggio di Dio in uoi Donna riluce \
g. 'I nostri alti pensier di uirtù pieni*.
h. * TranquiUo porto al empia et ria tempesta *.
t. ' Alma real, da le cui luci sante *.
k. Eiusdem ' a M. CamP Spannocchi hauendo ed" suoi belli caratteri scritti
i precedenti son} * (S.).
' Non potendo con arte formar belle '.
Leguntur a, e et g ap. IJion. Atanagi, De le Mime di diversi nobili
poeti Toscani, lib. 2. Yen. 1565, f. 18^ et 21*
2. Bartholomìei Caroli Piocolomini (S.), fol. 4*.
a. ' Voi che *n questi uicini ombrosi monti '.
b, 'Splenda questo felice almo terreno*.
3. 'Dello Scacciato Intr.^' (S.), fol. 4*.
' Vani pensier che cosi dolcemente *.
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4. ' Dello Spaventato /«/r/« ' (S.), fol. 4*».
' Sì dolce fiamma già m*ardena il caore \
5. * D^W'Ombroso Intronato' (S.), fol. 5•-6^
a. ' Scarco de* graai miei martìri in parte \
b, * S'a* miei gingti disi! fatto pietoso *.
e. * Nel mio bel sol de la diaina luce \
d. ' Dell^cisato leggiadro habito altero \
e. * I sospiri amorosi del mio cuore *.
f. * Angelo in carne bnmana eletta et chiara \
g. ' In morte del Bugino \
' Anima bella che nel primo cielo *.
6. Claudu Tolombi (S.), fol. 6*»-10.
a. ' Un bello aurato nelo a Tanrea testa \
h. 'L^alma beltà de Paltò sole in terra*.
e. ' Quàl miseria o timor sarà mai grane *.
d. * Qaal gioir lieto non si nolge in pianto *.
e, 'Dietro al orme sanguigne oggi m* inaio*.
/. ' Negli antri habitar noglio one Echo tomi *.
g. ' Acque stillano gli occhi et sangue il cuore *.
A. ' D*amore essempio sopra ogni altro degno *.
i. * Quando per Tampio mar le turbate onde *.
k, * Eccomi giunto al loco, al tempo, al giorno *.
l, ' Qual pensier qnal desir neFalma annido *.
m. 'Quanti dolci pensier d*amore ardenti*,
n. ' Quando Tardente amor dal ciel discende *.
0. ' n tempo fugge come nebbia al uento *.
p. ' Se Talta speme nudrisce il desire *.
q, 'L* inferma spoglia che mi cìnse Adamo*,
r. 'Sotto 1* insegna del tuo sangue tinta*.
Sacra, prseter a, qnod est amatorium.
7. 'Del SusoRNioNE IntrJ'>' (S.), fol. 11-1 4^
a. * Se pur ti piace ancor che *1 nodo antico *.
b. 'Spira per lo sgranato aer sereno*.
e, 'Per folti boschi e per campagne aperte*.
d. ' Spirto gentil a cui *1 ciel largo diede *.
e. 'Valle oue i raggi del mio ricco sole*.
f. ' Mentre io gioiua ala bella opra intento *.
g. 'Né perch'io cerchi ognor nuoui paesi*.
h. 'Donna gentil se *1 ciel prigion mi diede*,
t. ' Così potessi io *1 duol che Tabona accoglie *.
k. ' Se dopo mille et mille uoglie erranti *.
1. ' Persa ho la uista del bel uiso adomo *.
ffi. ^S*amoro8Ì pensier dipinti in carte*.
n. 'Si leggiadra è la rete oue io son colto'.
0, ' Del uiuo fonte, del mio pianto etemo *.
8. Petri Ioannis Salvestri' IntroJ^ per m. Cesare Tolomei a mad.^ Frasia
Marzi' (8. cand.), fol. 14»».
' Se *1 ciel ni presti il dottor nostro tale *.
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9. SciPiONis Gonzaga (C. et S.), fol. 17.
a. 'Padre del ciel, se per dabbioso calle*.
b. ' Semplicetta fanciulla 11 fiero inganno *.
10. Incertorum (S.), fol. 18*.
a. * Chiedendo nn bacio ala mia cara Minta \
b. * Dela più bianca et mansueta agnella \
11. Cdrtii Vignali, 'Ad imitaiione di quello del Petr: Quando io son
tutto uolto in quella parte' (S.), fol. 18^.
' Quando i begli occhi di quel uiuo sole \
12. Incertorum, (S.), fol. 18^-19*.
a, 'Alla dantesca\
* Carlo ammira il Boote i tuoi trofei \
b, 'Deh potessi io Madonna uscir di ulta*.
13. 'Del Cieco d'Adria\ ì. e. Aloisii Groto (S.), fol. 19».
' Fortezza et senno amor dona non toglie *.
14. Incerti ' gentilh.'^ di GorfW (S.), fol. 19^
a. 'Questa di sempre uerdeggianti allori*.
3. ' Viua fiamma di Marte et di Bellona *.
Huìus carmina sequmitar infra, f. 41.
15. Livi^ Marzi de Placidis (S.), fol. 20-21»».
a, ' Arbor famoso li cui santi rami *.
b, * Non è gloria portar scettro o corona '.
e. 'Stupidi intenti et fissi gli occhi miei*.
d. ' Quando ueloce il sol Talbergo lassa *.
e, ' Crudo, iniquo et fier uento dispietato '.
/. 'L*idea a questa, o questa al* idea diede*.
g. ' Non potenza mortai, non stelle ingrate *.
16. Incerti (S.), fol. 2P.
'Speme che di dolcezza il duolo e *1 pianto*.
17. ThomìE Balbani (S.), fol. 22*.
' Candida neue et uoi purpuree rose *.
18. Cristophori GuiDicciONi ad emndem Th. B., fol. 22*.
' Balbani, uoi con destro alto sentiero *.
Post nomen A. eadem manu legitur : * oggi Vescouo di ... * Chr. G. electus est
episc. Adjacensis d. 13 maìi 1578, obiitque d. 18 nov. 1582 (Cf. Ughelli, IL Sa-
cra, ed. 2, to. 3. Yen. 1718, col. 497) ; ideoque scriptus codex intra quadrienninm.
19. Incerti (S.), f. 22^
* Hor che l'Aquila e '1 Gallo infetti i figli *.
Gf. infra sub 43^.
20. ThomìE Balbani 'Risposta al Guidicc.^^' (S.), fol. 22*>.
' Ben io seguendo un bel nobil pensiero *.
21. Fausti Sozzini ' Frastagliato Intr:^^ * (S.), foL 23*.
a. 'Il ciel de le sue gratie 0 seno aperse*.
b. 'Bagna dolor non gli occhi pur, ma bagna*.
Est a in laudem Isabella de Medicìs, ut ex acrosticho.
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22. ' Del Tardo Intr.^" al FrasL'^ Intr.^ ' (S.), fol. 28.»'
'Dunqae spirto gentil più tosto in carte".
23. (Fausti Sozzini), Responsio (S.), fol. 23^.
' Tu e' hai forse d*amor sì poca parte \
24. Anon., forte eiusdem P. S. (S.), fol. 24.
a. * Ben potete ueder negli occhi miei \
b, ' Dolor che '1 cuor mi premi et cangi il uolto \
e. 'Lo star mi strugge, e '1 fuggir non m'aita*.
d. * Vini, chiari, cocenti, altieri lumi \
Est d in laudem Yirginiae Spannocchi, ut ex acrosticho.
25. Antonii PiccoLOMiNi (S.), fol. 25*.
' Se la mia dea uia più d'ogni altra è bella \
26. Responsio (S.), fol. 25».
'Beltà non naie a farsi un'alma ancella'.
27. Mabii Colonna (S.), fol. 25*».
* Se '1 nostro uago giouenil desire '.
28. Responsio (S.), fol. 25^.
' Vana speranza di non uer gioire '.
29. Carmina anonyma, fol. 26-32^.
a. ' Al Materiale Intr.^ '.
' Quel duro laccio dì ch'amor t'auinse '.
ò. Eidem.
' Non perchè ognor uia più sommo ualore '.
e. * Poi che da te mio sol l'empia fortuna \
d. ' Se non bastando ala mia fiera stella '.
e, ' Gran uendetta d'Amor, il freddo petto '.
f. * In morte di m. Verg.^ Grazini Amaro Intr.^
' Lasciando in terra ciò, che in te d'amaro '.
g, * Del chiarissimo sol ch'eterno luce '.
A. * In morte di LS' CP '
' Già dolce scorta nel camin eh' io prendo '.
i, ' In rimembranza di mad.^ FiUide stui sorella già morta '.
' Volge il quinto anno, et lasso parmi un giorno '.
k. ' Stanze recitate nel trionfo dello Sdegno^ rappresentato in Siena dalVuni-
versità delli scolari'.
' S'alcun per gran desìo d'alta bellezza '.
l * Lodi dello Sdegno cantate nel suo trionfo \
* Giusto possente sdegno '.
m. * Canzone di David \
' 0 beato chi mai non muoue il piede '.
n. * Al maestro della musica. Canz, di David quando uenne a lui Natan
il Profeta, dopo Vessersi egli giaciuto con Batksaba ' (C).
' Habbi pietà di me, o Dio, secondo '.
0. ' ÀI maestro della musica sopra il Gkittih, Canz, viij '.
' 0 Iona signor nostro '.
p, ' Canz* di Dauid '.
' Iona ho io per pastore '.
q, ' Vostri uiuaci lumi '.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1» Sem. 35
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— 270 —
Sunt a ad i S, h Ogdoadas, / ad g' C. Versiones Psalmorum sunt m 1,
w 50, 0 8 et p 22.
30. * Del medJ* FrasL'' \ i. e. Fausti Sozzini (S.), M. 32^-33*.
a. ' In morte di mad.^ Erminia Colombini de Simoni, che morendo di parto
lassò di quello una fig.^\
* Che non può fiera morte, se il gran regno \
h. * In morte di mad.^ . . .' (sic),
* Donna, che giunta sei di questa uita '.
31. ' Cansone del 5/ D, Scipiose da Castro in morte della SS^ Padrona
dell'Ili.'*^ S/ Giou. Andrea Dona' (C), fol. 35-40.
* Tra Tantiche mine \
In frustulo chartaceo interserto, manu recentiori legitur * Il sig.*" Gius.*
Molini giudicò questo scritto di T. Tasso * ; quod refellitur ex eo quod sub
nomine eiusdem S. d. C. idem Carmen extat impressum in Rime di diversi
celebri poeti dell'età nostra, coli, a Jo. Bapt Licino. Bergomi 1587, p. 290
ad 296. Insuper T. T. versus ut ' Arder il Ciel, e lagrimar il Sole * nunquam
scripsisset.
32. Eiusdem incerti de quo supra ad n. 14 (S.), fol. 45*.
* Se dal terreno chiostro human pensiero \
33. Lauree Battiferri (S.), fol. 41^^.
a, ' Se gli occhi innalzo a rimirar talora \
h. ' Sotto r inuitta et militante insegna '.
e. * Di uirtute in uirtù salir desìo \
34. ToRQUATi Tasso S., praeter ea quse aliter subnotantur, fol. 42-52**.
a, ' Facelle son d' immortai luce ardenti'.
b. * Geloso amante apro miirocchi et giro \
e. ' L' incendio onde tai raggi uscir già fuore \
d. * D'aria un tempo nudrimmi, et cibo et uita\
e. ' Cinthia non mai sotto '1 notturno uelo \
f. ' La bella aurora mia, eh' in negro ammanto '.
g. ' Chi è costei, che 'n sì mentito aspetto '.
h. * Sorge lo sdegno, e 'n lungha schiera et folta '.
L ' Ciuel puro ardor, che da' soaui giri '.
Cf. infra sub t
.k, ' Tolse barbara gente il pregio a Roma '.
h * Gielo ha madonna il seno, et fiamma il uolto ' (M.).
m. * La bella pargoletta '. (M.).
n, * Allor che ne' miei spirti intiepidissi '.
0. ' Costei che su la fronte ha sparsa al uento '.
p. * Ilor che l'aura mia dolce altroue spira '.
q, • Alla Ss^ Leonora Contessa di Scandiano ^ per il Duca di Ferr,^ '
' Donna se ben le chiome ho già ripiene '.
r. 'Questa stirpe regal d'huomini, et d'opre'.
s. * 0 con le Gratio eletta et con gli Amori ' (C).
t. ' (Juel puro arder che da' fatali giri '.
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— 271 —
Est repetìtio i^ quibnsdam mutatìs. Neutnun piane concordat cum impresso.
«. 'Mentre madonjia il lasso fiancho posa*.
Cf. infra sub 36°.
V. * Amor, se fia giamai che dolce i' tocchi \
w. ' Tasson, qui doue il Medoniso scende \
X. * Quella candida via sparsa di stelle \
y. ' Qnando hauran queste Inci et queste chiome \
z. ' Vedrò dagli anni in mia uendetta (ancora) '.
a. ' Nelle nozze delVlll.'^ S."^ Don Alfonso et /).« Marfisa da Este ' (C).
* Già il notumo sereno '.
35. Gelsi Cittadini ' ad imitat.'^ del Tass."^ ' (M.), fol. 52*^.
* Al nostro dolce nero \
36. ToRQUATi Tasso S., praeter ea qu» alitar subnotantur; ubi animadver-
tendum Sj t^ u^ v et w^ inscripta esse ^ Del Tassino \ eo quod etiam
Bemardus, Torquati pater, clarus sui sevi poeta ftierit, fol. 53-61.
a. * Del med.^ T. Tasso essendo in carcere. Son. 2^, alla Dtich.^ di Ferr.^ \
* Alma real, che per leggiadro uelo \
b. * Al nostro dolce azzurro \ (M.X
e. * Alla SereJ^ SigS'* Margherita Gonzaga, Duch.'* di Ferr,^, Son, fP \
* 0 regia spera, al tuo bel nome altero \
d, * Alla med,<* 3.o \
* Se pietà uiua indarLO è che si preghi '.
e. * Alle figlie del Duca Ercole di Ferrara \
* 0 due figlie d'Alcide, onde s'oscura \
Cf. infra, sub 41,^.
/. * La man, ch'auuolta entro adorate spoglie \
g. * Sop."' Vhauer uisto due belle donne baciarsi insieme. Le donne furono
la sig.^ Marfisa da Este, et la sig.^ Lucretia Macchiauelli \
* Di nettare amoroso ebro la mente \
k. ' Cercando uà per questo et quel sentiero \
i. ' Sotto '1 giogo d'amor, speranza et fede \
k. ' Più non pot^a strai di fortuna, o dente '.
l. * A madama Lucretia da Este Duch.^ d' Vrbino \
'Negli anni acerbi tuoi purpurea rosa'.
m, * Alla Sig,^ Leonora Contessa di Scandiano '. Item ac n et o.
'Bose, che l'arte inuidiosa ammira'.
n. Repetitio 34 «.
0. * Quel labro, che le rose han colorito '.
p. ' Oue tra care danze in boi soggiorno '.
q. * Al tuo dolce pallore ' (M.).
r. * Se de' begli occhi dela donna mia ' (M.).
s. * Baci soaui et cari ' (C).
t. ' Alla Pietà ' (C).
* Santa Pietà, eh' in cielo '.
u. * Donna dela mia fé segno sì chiaro '.
V, ' Del Tassino alla Due.'' d' Vrb.'> \
'Se '1 mio Marte non ha Ciprigna alcuna'.
w\ 'Donna per cui trionfa Amore et regna'.
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— 272 —
37. ' I/una donna ' (0.), fol. 62-63\
' Se bella è la cagion, ch'amar m'accende \
38. 'D'una donna all'amante, in lontananza di lui (S.), fol. 63**.
'Bene aspetto io, né apparir ueggio ancora'.
39. Kesponsio (S.), fol. 63*».
'Se ntì fu grane et doro o donna all'ora'.
40. Tetrasticha sub tit. ' Epigrammi \ fol. 64.
a. ' Sendo detto a Caton, quando ei morìe '.
h, ' Farne a Lncretia indegno essere in uita '.
e. * Io arsi la mia destra, et non men pento '.
d, * Taciturno era giouinetto Cato '.
e. * Chiedi, un re disse a un saggio ; et ei discreto '.
/. ' Domitiano un fa sedersi appresso '.
g. ' Dice Plato, eh' in fallo il seruo mira '.
h, ' Fece sotto la fé il Pastor Leone '.
41. ToRQUATi Tasso, carmina, quorum aj ad A inscripta ' Del Tassino \ fol. 67-76.
a. * Al Duca di Ferrara ' (S.).
' Così perpetui il re de' fiumi altero '.
h, ' Sopra la malatia del Principe di Mantoua \
' Langue Vincenzo, e seco amor, che seco '.
e. ' Al Duca di Ferr.^' (C)
' 0 magnanimo figlio '.
d, ' Al Principe di Tose,'' Filippo de' Med. ' (C.)
' 0 figlie de la terra '.
e, * Questa che tanto il cieco uolgo apprezza * (0.)
f, * Sopra le fascie che per il suo cauterio gli mandò la Ss^ D.^ Lauinia
della Rouere^ (M.)
' Se da sì nobil mano '.
g, ' Dialogus inter amantem et Carontem'* (Ogdoada).
*i4. Caron, Caron? Ca: Chi sei importun, chi grida?
h. * Tirsi morir uolea ' (C.)
t. 'Odi Filli che tuona, odi ch'in gelo' (S.)
k, * Di sostener qual nuouo atlante il mondo ' fS.)
L * Al Principe di Parma ' (M.)
' 0 nipote d'Augusto '.
m. ' La natura compose ' (M.)
n. ' Tre gran donne uiddi io, eh' in esser belle ' (S.)
0, ' Donna, poi che fortuna empia mi nega ' (S.)
p, * Alla Ifuchessa d'Urh.^ et a mad.^ Leonora da Este sorelle, figliuole del
2>.» Ercole di Ferrara ' (S.)
Est repetitio 36 e.
q, * Donne cortesi et belle ' (C).
r, ' Non s'agguagli ad Alcide ' (M.).
«. *D cuor che m'inuolò, donna, un furtiuo (S.).
42. Petri Francisci Moneglia, Jaaiuensis (Oda), fol. 83.
' Deh perchè pari agli empi antichi falli '.
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— 273 —
43. Carmina anonyma, fol. 85-93*.
a. * Ad imitatione della Cam. del Petrarca: Qual più diuersa et nuoua\
' Quante il sol di natura opre stupende * (C.)-
h. ' A mad,^ Laura Viuiana ' (S.).
' Come quanto han mìir alme, ìUnstrì et dine \
e, 'Ad imitatione della Canz, del Petrarca: Verdi panni sanguigni (C).
'Aspra selce di rupe alpestre et dura'.
Cf. infra sub /.
d. * Cam' ad imitata di quella del Petr,^ Verdi panni ' (C).
' Aure, ombre, herbette, fronde, frutti et fiori \
e. ' Hor che l'Aquila e'I Gallo infetti i figli ' (S.).
Est repetitio 19.
/. 'A imitatione della Canz. del Petr.^: Verdi panni' (C).
Est repetitio e.
g. * Stanze sop.^ la maniera della uita de' forzati in galera ' (0.).
'Le muse, onde qui s'odon canti et suoni .
44. ' Nella morte del Sereniss,^ Granduca di Toscana il sig. Cosimo de' Me-
dieij Caruone di m. Frano.® Baccelli, fisico in Fior/^ (C), fol. 93**-95*.
'Mentre pensoso io mi sedeuo aFombra'.
De hoc P. B., ac de eius scriptis et negotiis egi in ephem. H Bug-
narroti, ser. iii, voi. i. Rom» 1882, p. 261 et 262.
45. Thom^ Balbani (S.), foL 95*'-96.
a. 'Lieti pastor, che per Therbose sponde'.
b, ' Volgi gli occhi, Damon, riguarda intomo \
e. * Se in que' .begli occhi mi promette amore '.
d, ' Alla donna et gentil, che in questa etate \
In laudem Artemisise Borghesi, ut ex acrosticho.
46. Eq. SiNOLFi Saracini (S.), fol. 97.
a. * Con quel fero desio, che m'arde il cuore '.
ò. 'A che mi diede il ciel sì salda fede\
47. Jo. Bapt. Strozzi (C), fol. 98.
' Dal balcon doue amor si dolce fiocca \
48. Jo. Bapt. Strozzi, iunioris (C), fol. 99-100*^.
a. ' Di questa pietra Amore \
h. * Sop.*^ u.^ Donna di casa Spini o Malespini \
' Senza fiammelle o strali \
49. Incerti (M.), fol. 100^
' Tirsi, mentre io ti bacio \
50. ToRQUATi Tasso (S.), fol. 101.
' Mentr* è degli anni nostri il lieto maggio \
51. (Francisci) Coppetta (S.), fol. 102^.
' Locar sopra gli abissi i fondamenti *.
52. Malvicini, Responsio (S.), fol. 102^.
' I superbi pensier frenati et spenti \
63. Incerti (S.), fol. 103».
' Ben ho. Signor, di camminar desio \
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— 274 —
54. (Fr.) Coppetta (S.), fol. 103*.
'Amor m'ha posto come scoglio al*onda \
55. JuLii Caesaris Albicante, Mediolanensis, monachi Montis Oliveti (S.),
fol. 104-105.
a. * Già morta, hor uiua, o di mia stanca uita \
h. * Non è se ben' io piango, e 'nuan sospiro '.
e, 'Miracoli di morte^ intatta e aiaa\
d. * Morir dourei, così tenace e forte \
e. * Ben sapeu' io che troppo ardente e bella \
/. * Di questo mar turbato e porto e polo \
g, * Spiegar d'alto polo, onde scendesti \
h, * Tu che sfauilli in ciel, tu che '1 crin biondo \
Hsec trìa postrema in mortem Sabaudiae Dncissse.
56. DioMEDis Borghesi, acad. Intron. (S.), fol. 107.
a. ' Da te nasce il timor, nasce la spene \
b, * Per la Ss^ Laura Peuerera, MarU."^ Dama della Duc.^ di FerS"* \
* Questo uago ben culto, eterno lauro '.
e. * A richiesta di signora ingelosita et disperata \
* Ne la tua dura, auuersa, aspra partita \
57. Eq. [Felicis an Raphaelis ?] Gualtieri, Aretini ' In morte di m, Gi-
berto suo figliuolo ' (C), fol. 108-110*.
* Come uiuer poss' io ? se la mia uita \
58. Anonymi (S.), fol. 110^
* Corri di puro argento, alza le corna \
59. Jo. Bapt. Guarini, Ferrariensis (S.), fol. 110^.
* 0 nel silentio tuo, lingua bugiarda \
GO. Bruti Guerini, Fanensis (S.), fol. 111*.
* Con negra benda il ciel gli occhi uelarsi '.
61. (Christophori) Guidiccioni, episc. Adjacensis (S.), fol. 111*^.
a. * Di così ricco et sì gentil lauoro '.
h. *Ecco hor la bella donna estinta giace'.
62. Anonymi (C), fol. 112-114».
* Poiché più uolte inuano '.
63. Francisci Panigarola, Mediolanensis, ord. Minorum, fol. 114*-11')*.
a' ' Ben potrian que' begli occhi ' (M.).
h. ^ SopJ* lo sponsalitio del Principe di Mantoua colla Principessa di
Parma ' (C).
' In qual parte sì ratto i uanni muoue '.
e. ' Sopra l'Imperatrice Maria d'Austria passando per Pania 11 ottoL
1582 ' (M.).
* Ecco de la grande Austria a cui s'inchina '.
Subjicitur inscriptio eidem Imperatrici Januam ingredienti.
d, ' Amanti, o lieti amanti ' (Oda).
64. ' Per la sigS'' Laura lìangona. Del sig/ Giulio Cesare Gonzaga, risp."^ al
Son,^ del Tassino : Tolse barbara gente il pregio a Roma' (S.), fol. 116*\
* Pose a barbara gente il freno, e a Roma '.
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— 275 —
65. Laur^ Lucchesini Guidiccioni (M.), fol. 117.
a, * Onde è tiranno Amore '.
h, ' Per mad. Giusti de' Nanni \
* Donna, se giusta sete ' (M.).
66. DioTiSALvi Petri Senensis Francisco Petrarchae (S.), fol. 107^.
* n bel occhio d'Apollo del cui sg^iardo \
67. F. P., responsio (S.), fol. 118*.
* Se Phebo aV primo' amor non è bugiardo'.
68. Anonymi * Per la sS^ Marna' (M.j, fol. 118^.
* Qual può te oggi ntìo inferno \
69. Bruti Guerini, Fanensis (S.), fol. 119.
* Con negra benda il ciel gli occhi uelarti \
70. Alexandri Guglielmi, versio rythmica hymni ' Dies ircs \ praevia epi-
stola s. d. ad Nic. Costanti, quse ine. ' Filippo, re di Macedonia ',
fol. 120-122*.
* Giorno orrendo che 'n fauille \
71. 'Di Leonardo Vinci, famoso pittore', fol. 122^
* Chi non può quel che uuol, quel che può uoglia '.
Cf. Gustavi Uzielli, Sopra un sonetto attribuito a Leonardo da Vincij
in ephem. // Buonarroti, voi. X. Romse 1875, p. 177-191 et 249-268, ubi
concluditur auctorem hujus epigrammatis fuisse Antonium Mathaei di Meglio.
72. Marignani (S.), fol. 123^-124^
a. * Se 1 cuor ueramorose reti inuolto \
b. * ria mai quel di, che gratiosa siella \
73. Francisci Bembo (S.), fol. 124*.
* Quel gran ualor, ch'ai mondo in tante carte '.
74. CcELii Magni, responsio (S.), fol. 125^
* Quel pregio, che non pon mie roze carte \
75. Anonymi (S.), fol. 125^
* Speme che di dolcezza il duolo e 1 pianto \
De Intronatorum Academia docte disseruit ab. Fabiani in Nuova rac-
colta di opuscoli j to. iii. Ven. 1757, p. 6-25.
Auctores de quibus supra, prater Baccelli Pranciscum (44), Balbani Thomam (17,
20, 45), Guglielmi Alexandrum (70), Marignani (7^), Marzi Placidi Liviam (15), Mo-
NE6LIA Petrum Franciscum (42), Piccolomini Bartholomeum Carolum (2), Salvestri Pe-
trum Antonium (8), et Vignali Curtium (11), recensentur a Frane. Xaverio Quadrio Della
storia e della ragione d* ogni poesia. Bononije, 1739. — Mediol. 1752, 7 voli. 4° : Albicante
Julius Csesar (55), t. VI, p. 139, sqq. — Antonius Mathaei di Meglio (72), t. VII, p. 99,
170. — Battiferri de Ammannatis Laura (33), t. II, p. 250, 456, 661, 676 ; t. IV,
p. 78, 121, 434. — Bembo Franciscus (73), t. II, p. 431. — Borghesi Diomedes (56), 1. 1,
p. 474; t. n, p. 254; t. VI, p. 260; t. VII, p. 102. - Castro Scipio De. (31), t. H, p. 355;
t. Vn, p. 104. — Cittadini Celsus (35), t. I, p. 41, 474 ; t. H, p. 186, 267. — Colonna Ma-
rius (27), t. n, p. 270; t. IH, p. 187, 377. — Coppetta (Franciscus) (51), 1 1, p. 90, 764; t. H,
p. 241; t. m, p. 34, 184, 267; t. VI, p. 119; t. VH, p. 75, 161, 194. — Diotisalvi Senensis
(66), t n, p. 187. — Gonzaga Julius Csesar, seu Csesar (64), t. II, p. 376; t. V, p. 398. —
Gonzaga Scipio (9), 1 1, p. 85. — Gualtieri Felix (57), t. II, p. 257; t. VII, p. 105. — Groto
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Aloisius (13), passim. — Gualtieri Raphael (57); t. Il, p. 355. — Guarini Jo. Bapt. (59),
passim, — Guarino Brutus (60, 69), t II, p. 277; t. m, p. 264; t VE, p. 102. — Gui-
DicciONi Christophorus (18, 61), t. U, p. 514. — Lucchesini Guidiccioni Laura (65), t V,
p. 400, 433, 460. — Magno Ccelius (74), t H, p. 280; t. m, p. 103, 118, 267; t. VI,
p. 269. — Panigarola Franciscus (63), t I, p. 182, 196, 342, 360; t. m, p. 68; t. VII,
p. 105"«. — Petrarca Franciscns, passim. — Piccolomini Antonius (25), t. Il, p. 510. —
Saracini Sinolphus (46), t. IH, p. 67. — Sozzini Faustus, (21, 23, 30), t m, p. 267. —
Strozzi Jo. Bapt. fil. Laurentii Philippi (47), t. II, p. 346, 662; t. V, p. 83; t. VII,
p. 136. — Strozzi Jo. Bapt, fil. Laurentii Friderici (48), t. I, p. 70; t. Il, p. 369; t IH,
p. 306; t VI, p. 678; t. VH, p. 102, 106, 174, 175. — Tasso Torquatus (34,36,41,50;,
passim. — ToLOMEi Claudius (1, 6), passim. — Vincius Leonardus (72), t. V, p. 521 ; t VII,
p. 26, 27. Qui lateant sub tit. Acad. * Ombroso ' (5), 'Scacciato' (3), 'Spauentato' (4),
' Susomione ' (7) et * Tardo ' (22), quaerendum.
Carmina 36 hj i, r^ 41 g et 50 inter edita- T. T. minime reperiuntnr;
praeterea 34 K q^ u, 36 n^ pj s et 41 A in recentioribus editionibus ab im-
pressis maxime diffenmt. Initia eorum, quse in impressis desiderantor, ad
maiorem studiosormn commoditatem alphabetice subjiciuntur:
* CaroDr Caron - Chi sei, importuna grida ' (0.), f. 72*.
* Cercando va per questo e quel sentiero ' (S.), f. 54**.
' Mentr' è degli anni nostri il lieto maggio ' (S.), f. 101.
* Se de' begli occhi della donna mia ' (M.), f. 57*.
* Sotto 1 giogo d'amor, speranza et fede ' (S), f. 55*.
Ea et in Bernardi Tasso carminibns frustra requires; animadvertendom tamen,
qnod in rep. litteraria notissimum , ssepe medii et infimi sevi carmina
pseudoepigrapha reperiri; nec tantmn in mss., sed etiam in impressis, ut
ex gr. epigr. 71, quod a P. Lomazzo in Trattato dell'arte della pittura.
Mediol. 1584, p. 282, ìnscribitur Leonardo Vincio ; a Leone Allacci vero, in
Poeti antichi, Neap. 1661, p. 186, Dominico Burchiello. Insuper in exemplo
libelli : Rime et prose del signor Torquato Tasso. Parte terza^ Yen. 1583,
adnotationibus manu ipsius T. T. referto, cura et solertia d. Hectoris Novelli
reperto et bibl. Angelicae vindicato, tribus carminibus auctor apposuit: ' Non
è mio'.
Hic obiter notandum, operi Thom» Garzoni, cui tit. La Piazza umver-
sale^ quindecies saltem impresso, praeflxum esse epigr. T. T., v. ' Sonetto '
ad Alphonsum II Ferrarias Ducem, quod ine. ' Superbo foro, oue le scienze e
Tarti *, et latuit omnes eiusdem poetse carminum editores. (Cf. Strenam ephem.
La GioventU, Fior. 1863).
Archeologia. — Di unHscridone latina arcaica del console
Servio Fulvio Fiacco^ scoperta in s. Angelo in Formis presso
Capita. Comunicazione del Corrispondente F. Barnabei.
« Il Socio Corrispondente Bamabei discorre di un^importantissima iscri-
zione arcaica latina, scoperta recentemente in s. Angelo in Formis presso
Capua, dove sorgeva il famoso tempio di Diana Tifatina. L*iscrizione incisa
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in pietre di calcare infisse in un mnro antico, è Innga m. 4,16, e si rife-
risce al console Servtus Fidvitis Flaccus, che tenne i fasci nell'anno 619 di
Berna, 135 av. Or., e che nell'anno predetto, come sappiamo dalla lapide,
de mànubies (sic), cioè col denaro ricayato dal bottino di guerra, fece costruire
quel mnro forse per ringraziamento alla divinità colVaiuto della quale ayeya su-
perati i nemici La guerra a cui qui si allude fii quella contro i Yardei od
Ardei dell*Illirìco, come ci ò manifesto per il ricordo di Livio (Epit. 56).
• La ^ota del Socio Corrispondente Bamabei sarà inserita nel fascicolo
delle Notizie degli scavi in corso di stampa « .
Matematica. — Su le trasformazioni involutorie dello spazio
che determinano un complesso lineare di rette. Nota II {}) del
dott. D. MoNTESANO, presentata dal Corrispondente De Paows.
• Continuerò nella presente Nota Tesame dei casi particolari più note-
voli, che si presentano per le trasformazioni involutorie dello spazio nelle
quali i punti coniugati sono su i raggi di un complesso lineare r.
«.1. Nel caso che la superficie S^, che si stacca dalla superficie ^n
corrispondenti nel caso generale ai piani dello spazio, sia di 3® o di 4^ grado,
non si hanno più infinite congruenze lineari passanti per essa; nò è oppor-
tuno ricorrere alle congruenze quadratiche del complesso r che contengono
la superficie, ma ò più agevole costruire la corrìspondente trasformazione
Tii_^ mediante il 1^ teorema del § 4 (Notai), prendendo per &scio gene-
ratore F un fascio che contenga la superficie E4 dovuta ad uno dei raggi
fondamentali della trasformazione, la quale superficie, passando due volte per
tale raggio (§ 5, 1), può essere rappresentata su di un piano e permette con
ciò di scorgere che il fiucio costruito soddisfa alle condizioni volute per de-
terminare la trasformazione.
» Partiamo da prima da una superficie k^^ai^kCtUi mt m^ in cui le
ai,k, fr^ loro sghembe, si appoggino alle rette ^, e la conica C2 incontri la
«1 ma non la A: e le w (*). Segando la A4 con una superficie 83^ A* rrti mt ms
come ulteriore sezione si ottiene una C7 di genere 8 {^) che ha tre punti su
ciascuna delle ai^k (i punti di appoggio di queste rette con le m) e sei
sulla Ct, sicché vi ò certamente una superficie E^^AtCsCt diversa dalla A4 ;
e nel fascio F determinato dalle A4, K4 Tulteriore linea base è una Cs
C) V. pag. 207.
(') n dare una retta doppia per nna superficie di 4^ ordine equivalendo a 13 con-
dizioni lineari, restano ancora dne condizioni disponibili per individnare la A4.
(') Nella ben nota rappresentazione della A4 sn di nn piano si possono assumere
come immagini delle A , C, , m le C, =01 . . 5 , C4 = 0« T. . . 8 , Ci = 06 , Ci==07 , Ci = 08,
che aUora Timmagine della Ct è una Cs = 01 . . .5(678)'.
Bbndioonti. 1888, Yol. IV, V Sem. 36
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di genere 3 (<) ohe ha quattro punti sulla ai (i punti in cui questa incon*
tra le C7, C3), e che perciò giace con la ai su di un iperboloide, sul quale
non trovasi alcuna delle A , Gs , G7 . Perciò la linea Ciò > costituita da queste tre
curve, determina (§ 4, 1) una trasformazione T, nella quale sono fonda-
mentali tutti i raggi della Ss, essendo essi trisecanti della C7 e secanti
della k (§, 7, 1), sicché tale superficie S^^k^ C7 si stacca dalle <Pii; e nella
Tg che ne risulta le ^ sono delle <l>8 ^ Cz^ G7* kaia% ... a% a^ , ove le Ut , ... ^ ,
al pari delle ai , sono trisecanti della G7 appoggiate alla Gs, e la a« è la retta
del piano % della conica G2, clie unisce il punto {xk) al punto X^(xC7),
non situato su Gs.
» L'ulteriore sezione del piano % con la superficie A4 è una conica C't
appoggiata alle a\,k,mi,mt,mt, la quale perciò appartiene alV iperboloide
che passa per queste rette e per la direttrice semplice della superficie S3,
sicché la Gt' si appoggia a tale direttrice e il punto d' incontro è il punto X.
Perciò due generatrici della S3 uscenti da uno stesso punto P della k incon-
trano il piano X in due punti situati su una retta p passante per X, la quale
nella Tg corrisponde a P (§ 7, 1).
« n piano X appartiene perciò alla Jacobiana della ^, la quale ulte-
riormente comprende le Ig^Gg' G7* k^ ai...a^ a»*, I19 ^ G*'' G7'* A («i . . . a%y a»,
che corrispondono rispettivamente alle 0% , G7. La superficie punteggiata unita
della Tg è una iJs = G,* G7 «i . . . a».
« 2. Si parta in secondo luogo da una superficie A4 ^^a^ kU mi ... m^
in cui le ai , A: , k^ a due a due fra loro sghembe, si appoggino alle mi, .. ^4;
e si seghi la A4 con una supei-ficie 84^ (A: A')' m^.. . m^. Geme ulteriore sezione
si ottiene una Gg di genere 5 che ha per quatrisecanti le ai , A , ^, e che
trovasi certamente con le it , ^' su di una superficie K4 diversa dalle A4 , S4.
« Nel fascio F determinato dalle A4, K4, Tulteriore linea base è una Gè
di genere 3 {^) che ha per quatrisecante la ai e che perciò giace con questa
su di un iperboloide che non contiene alcuna delle k, kf, Gg, sicché queste
tre curve determinano una trasformazione T, nella quale tutti i raggi della
S4^(A A')* Gg (corde della Gg appoggiate alle A, /tf) sono fondamentali,
sicché ne nasce una T7 in cui le ^sono delle <l>7^Gg*AA/ai... ag, essendo
le a» , . . Og al pari della ai quatrisecanti della Gg.
« Le rette fondamentali A, l(f risultano coniugate rispetto al complesso P
originato dalla trasformazione, e a ciascun punto dell'una corrisponde in
questa tutta l'altra, sicché la Jacobiana delle <I> comprende semplicemente
una l84 ^ Gg' (k H a^ ... ag)*, che corrisponde alla Gg.
« La superficie punteggiata unita é una i24^Gg ai . . . ag.
(^) Nella rappresentazione data ora della A4 essa ha per immagine nna Ci^O* 1 ... 8.
(S) Le inunagioi delle A , A;' , C« , C« , mi , . . m^ sono rispettivamente le €■= 012345 ,
€, = 012367, C7 = 0« 123(4567)» 8«>C,:=0»1... 8, Ci=08 ed i punti 1, 2, 3.
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« La trasfonnazione ora stadiata è Funica trasfoimazione T che am-
mette dne linee fondamentali fra loro coniugate.
« 3. Si parta da ima superficie A^^ai^C^k, in etti la 0$ sia gobba e due
qnalsiansi delle Ui , 0$ , A; non abbiano alcon pmito in cornane. Segando la
saperficie con un» S4, che passi due volte per la C9 e contenga le rette
^1 , ... 17*4 della superficie A4, corde della Gs non appoggiate alla A, si ottiene
come ulteriore sezione una H« di genere 1. Al solito è possibile costmìre
im &9CÌ0 F=(A4£4)9 che abbia per base le k, Gg, H4 e una G« di genere 8 Q)
€on quattro punti sulla ai (2), sicché Tiene ad aversi una trasformazione T
in cui le A^ G3, H« sono fondamentali. In essa risultano fondamentali
tutti i raggi della S4^G8'H« (corde di entrambe le curve G^
He), e perciò si ottiene una T7 in cui le <P sono delle ^'j^k^'H^* G3 ai, .. a«,
essendo la Ot, al pari delle k^ a^ quatriseoante della H«, e db ... a^ le corde
della H« appoggiate alle A, Gg.
• La Jacobiana delle <l> è costituita dalle I4 ^ A;' H« Gs ^3 . . . a«,
Ii6=A* H«* Gs* {ai at)*(tf 3 -.««)*, 14^** He a3 — a«i che corrispondono rispet-
tivamente alle k.'Réj Gg. Le He, G3 hanno 8 punti in comune.
• La superficie punteggiata unita ò una i24^A:'*Heai...ae.
< Ogni congruenza quadratica Qs^S4 del complesso r, determinato dalla
trasfonnazione, dà origine ad una superficie unita 1X4 ^ ^* He (§ 7, I). Di
tali superficie vi è un sistema lineare 00^, dal quale si potrebbe anche par**
tire per individuare la trasfumnazione.
4. « Infine si parta da una superficie k^^^ai^k , che abbia sulla k due punti
doppi P, Q. I piani tangenti lungo la k alla superficie formano un &scio
proiettivo alla serie dei punti di contatto, sicché le quattro rette nti , .... ^4
della A4 divise da quelle che escono dai punti P, Q, appartengono con le k^ a\
ad un iperboloide I. Ora una superficie ^^sk^mi ... ^4 (la quale ha per diret-
trice semplice Tulteriore sua sezione con la I) sega ulteriormente la A4 secondo
una Gs^P^ Q', di genere 4, che con la k e una Gè di genere 3 appoggiata in 4
punti alla ai (^) forma la base di un fascio di superficie E4^P*Q*. Perciò
le Al, G9 determinano una trasfonnazione T nella quale sono fondamen-
tali tutte le generatrici della S4 (trisecanti della Go appoggiate alla
(I) Le immagini delle Ci , A , H« , Ce , mi , . . . m^ sono rìsp. le linee €4^0 (123)' 4 ... 8^
Ci=345,C.=0*1245(678)«,C, = 0»1...8,Ci = 04,C, = 05 ed i pnnti 1,2.
(>) D complesso lineure T che contiene ia saperficie 84 (e perciò i raggi mi, .. m4 di
qnesta) passa anche pel raggio ai . Infatti la cmra He passa per i punti ai mi , ... ai m*
senza toccaryi i piani ai mi , . . Oi ^4, i qnali invece risultano tangenti negli stessi punti
alla Ct e quindi anche all'iperboloide I^aiC«, sicché le direttrici della congruenza lineare
che passa per i raggi mi , . . . m4 coincidono in ai, il che equivale a dire che ogni com-
plesso lineare r che contenga 1 raggi mi, .. m4) passa anche pel raggio ai.
0 Le immagini dei punti P , Q e delle linee ^ , C» » €• , mi , . . m4 sono rìsp. le linee
Ci =012 , Ci =084 , Ci =567 , C4=01284 (567)« 8« , C.=0» 1 ... 8, Ci =08 e i punti 5, 6, 7.
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k\ sicché si ottiene mia T7 in cui le ^ sono delle ^'j^C^^ai ...a«> essendo le
ai ... a^ come la ai quatrisecanti della Co .
« Là Jacobiana delle ^ è una I^^^o'' {ai....a^^ che coirìsponde alla C9 .
La k inyece è linea unita singolare della trasformazione (§7-1)»
« La superficie punteggiata unita ò una Sì^^C^di....a9.
« 5. Le superficie S5 contenute in un complesso lineare r sono di due
spècie (^): l'una di genere 1 con curva doppia di 5** ordine e di genere 1;
l'altra di genere 0 con curva doppia di 6® ordine e di genere 1 dotata di
un punto triplo che è triplo, anche per la superficie (2).
«Se si suppone che la superficie S^ sia una Ss^Es', considerando la
sezione della superficie con una superficie K della trasformazione risultante Tet
si deduce che Tulteriore linea fondamentale di questa deve essere una Cs
che ha da essere linea base di un sistema lineare 00' di superficie di 3^ or-
dine coniugate a se stesse nella T^. (Sono le superficie determinate (§ 7,1)
dalle 00^ congruenze quadratiche che contengono la S5).
« Ora inversamente un sistema lineare oo^ di superficie di 3^ ordine che
abbia per base una curva gobba G5 di genere 1, determina una trasformazione
involutoria della specie che studiasi^ della quale mi occuperò in una pros-
sima Nota.
<t 6. Se invece si suppone che la superficie ^^ fosse una Ss^H^', Taltra
linea fondamentale situata sulla S5 risulterebbe una C3 gobba, sicché vi sa-
rebbe un'ulteriore retta fondamentale k tripla perle ^; e le 00* congruenze
quadratiche contenenti la Ss darebbero 00^ superficie Ss^A^^Cs coniugate a
se stesse nella T.
« Partendo inversamente da una rete di Sg^/t^Ca (in cui la C3 è gobba
ed ha per coi-da la A) e dal complesso lineare r, si può costruire la Te .
« Infatti ì fasci della rete hanno per linee basi variabili coppie di rette
PP' appoggiate alle k^ C3, sicché nella congruenza di P ordine Q, che ha
per direttrici queste due linee, viene ad aversi un'involuzione Jdi 1^ classe,
siffatta cioè che ogni retta dello spazio incontra una sola coppia jt^jo' diessa^
eccettuati semplicemente i raggi di una congruenza J costituita dalle diret-
trici semplici delle superficie S3 della rete, delle quali direttrici ciascuna si
appoggia alle 00^ coppie pp* situate sulla S3 a cui essa appartiene.
«* Fra le superficie della rete vi é un cono K3, col vertice V sulla &,
(^) Non teniamo conto (e faremo lo stesso anche in seguito) delle snperficie conte-
nate in congruenze lineari, ghiaccile esse evidentemente per /i>* 4 non possono essere con-
siderate come superficie S^.
(*) Nella rappresentazione di Nother e Lie dei raggi del complesso T sui punti dello
spazio ordinario, le due superficie S« del complesso T hanno rispettivamente per corrispon-
denti curve di 4^ ordine di genere 1 e 0 che hanno tre punti sulla conica fondamentale
della rappresentazione. V. Cremona, *S't*Wa corrispondenza fra la teoria dei sistemi di rette
e la teoria delle superficie. Atti della B. Accademia dei Lincei. Serie 2^ voi. Ili, § 19.
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laogo dei raggi g della Q che incontrano i loro coniugati nella J. I piani
99'\ 9iQ\^— di tali coppie speciali inviluppano nella stella V un cono di
2* classe Xt, ed uno qualsiasi (o^gg' ài essi è sostegno di un fascio di rette
della congruenza J^ costituito dalle direttrici semplici delle oo^ superficie
della rete che passano per \ò gg'.
« n centro 0 di questo fascio è il 8® punto (ooCs) non situato sulle
rette g^g'* Viceversa ogni punto 0 della Cs è centro di un fascio (O-o^)
della //, che trovasi nel piano a> del cono X2 passante per 0, diverso da
quello determinato dalla p^i^YO e dalla sua coniugata nella J.
» Sicché un piano n (0 una stella P) dello spazio contiene 3 (0 2) raggi
della J dovuti ai fasci (O-co) i cui centri sono in n (0 di cui i piani passano
per P), e quindi la congruenza // è di 2^ ordine e di 8^ classe, e unico suo
punto singolare è il punto Y vertice del cono.Ks appartenente alla congruenza.
» Ora le coppie di pimti PF situati su due raggi jo,j!>' della Q coniu-
gati nella J e su uno stesso raggio del complesso r, determinano una trasfor-
mazione T, nella quale ogni raggio di r contiene una sola coppia, eccettuati
i raggi del complesso situati nella congruenza J, i quali ne contengono 00 ^
« Ora pel teorema di Halphen {^) il luogo di tali raggi è una Ss^V^Ca
le cui generatrici si appoggiano alla C3 semplicemente, e che perciò risultando
di genere 0, ammette una curva doppia He^V^; sicché la trasformazione T
che ne risulta, è di 6° ordine ed in essa le ^ sono delle ^^^k^Cz^H^aiOtazi^),
essendo le ^i, ^2, 03 corde della H^ apppoggiate alle k^Gz.
« La Ha è di genere 1, ha sei punti sulla C3, tre su ciascuna genera-
trice della Ss e il solo punto Y sulla k,
« La Jacobiana delle <l> è costituita dalle l9^A^C3*H6 (fl^i fl^«a3)S
I^^A^Cs'Hetfifljgaa, l4^A*C3H6ai«2tf3, che corrispondono rispettivamente
alle He, 03,*.
« La superficie punteggiata unita della Tg è una i?3 ^ A^Cs , che è anche
il luogo dei raggi della congruenza Q coniugati a se stessi nella involuzione J.
^ 7. Tre specie di superficie di 6^ ordine esistono nel complesso lineare,
rispettivamente di genere 2, 1, 0.
« L'ultima non può essere considerata come superficie S^, perchè la trasfor-
mazione risultante avrebbe per linea fondamentale la curva doppia Ciò della
(0 Sur les droites qui satisfont à des conditions données. Comptes rendus, 1871-72.
V. anche Zeutcn, id. id., 1874 ; Segre, Su la geometria della retta ecc. Memorie della
R. Accademia delle scienze di Torino, serie 2», tom. XXXVI, § 109.
(*) Anche dalla legge di generazione data ora alla Te è agevole dedurre che le linee
A; , Cs , H« sono fondamentali per essa.
Si noti anche che ogni corrispondenza J involntoria e di 1* classe frai raggi di
una congmenza Q di P ordine, dà orìgine, insieme ad un complesso lineare r, ad una tra-
sformazione T della specie che studiasi, in modo analogo a quello ora accennato. Per essa
possono ripetersi i ra^onamenti fatti ora per la Ts.
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superficie, la quale perciò verrebbe ad avere in comune con una qualsiasi super-
ficie £4 della T la do e sei raggi, cioè in tutto una linea d'ordine 26, il
che è assurdo.
• Esiste invece una trasformazione Ts dovuta allo staccarsi dì una S^ ^ Eg*.
« Per costruirla, dopo avere notato che Tulteriore sua linea fondamentale
deve giacere anche essa sulla Sa , né può incontrarne le generatrici che già
sono quatrisecanti della K% , sicché deve essere costituita da due generatrici
h , k della superficie, dobbiamo ricorrere alla seguente proprietà della Ss'.
1^ Ogni Sa^Es^ é base di una rete di congruenze quadratiche.
I fasci della rete hanno per superficie basi variabili
sistemi rigati B, di cui ciascuno ha in comune con ì% S«
quattro raggi.
« L'assieme 2 di tali sistemi B è oo^ e per ogni raggio r del
complesso r ne passa uno. Semplicemente se il raggio r
appartiene alla Se, esso trovasi su 00^ sistemi B apparte-
nenti alla congruenza Qs^r* della rete.
« Le congruenze lineari del complesso r che passano per uq
qualsiasi sistema B delTassieme, hanno in comune con
la superficie Sa, oltre i quattro raggi (BSa), coppie di gene*
r atri ci costituenti sulla Ss un'involuzione, che é la stesst
qualunque sia il sistema B, in modo che se hjk sono duo
raggi coniugati in essa, ogni congruenza lineare Qi^hk
contiene un sistema B di 2 (che passa per i quattro
T^^ggi (QiSa) diversi da h^k); come viceversaogni sistema^
di S giace in una congruenza Qi^AA:(^).
« Con ciò su le direttrici di ciascuna congruenza Qi^hk vengono ad
(^) Rappresentando infatti il complesso F sollo spazio ordinario [S in modo che
un raggio arbitrario h della S« sia fondamentale nella rappresentazione, alla S« TÌen« a
corrispondere una Ci gobba di genere 2 che ba quattro pnnti snlla conica fondamentale
£t della rappresentazione; e i sistemi rigati B deirassieme ^ hanno per corrispondenti le
coniche Ct che sono le basi yariabilì dei fasci della rete delle S»^£tCf . Ora i piani di
queste coniche costituiscono una stella (§ 8, I), di cui è centro un punto £ della C»; il
raggio k della S« che corrisponde a questo punto in r, è il coniugato ad h nella corri-
spondenza inyolutoria su accennata.
Ad un sistema rigato B di ^ passante per h corrisponde nella spazio S una conica
Ct che si spezza in una trisecante t della Gì ed in una retta situata nel piano dtfUa co-
nica fondamentale Et; ed alle congruenze lineari del complesso F che contengono tale
sistema B^A, corrispondono in S i piani passanti per la t, sicché alle coppie h'k' ,,..
che le accennate congruenze determinano sulla superficie !«, corrispondono in S le coppie
di punti sezioni della Ct con i piani passanti per la t (non situati su questa), le quali
coppie sono quelle in cui le generatrici dell'iperboloide Iti^Cs di sistema opposto alla t
si appoggiano alla curra. Per la proprietà di tali coppie yeggasi Caporali, Sui complessi
e suUe congruenze di 2^ grado. Memorie deirAccademia dei Lincei, ser. 8*, voi. Il, n. 85.
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averBi due punteggiate proiettive, sezioni del sistema R contenuto nella con-
gruenza : e Tassieme di queste coppie di punteggiate proiettive (i cui sostegni
formano la congruenza lineare che ha per direttrici le h,k) determina nello
spazio una trasformazione T5 della specie che studiasi, perchè ogni raggio r
del complesso r appartenendo ad un solo sistema B di J? contiene una sola
coppia di punti coniugati, eccettuati i raggi della superficie Se che ne con-
tengono 00 \
« Ogni fascio (D-rf) di r che abbia il suo centro sulla curva doppia K«
della Ss, forma un sistema B di 2 con un secondo fascio (D'-d') che ha
anche il centro sulla Kg . Le direttrici d^ d ' della corrispondente congruenza
Qi^AA, appartenendo ai fasci (D-rf'), (D'-<^) vengono a corrispondere per
intero ai punti D', D nella T, sicché questa ha per linea fondamentale semplice
la Kg. È anche agevole di dedurre dalla legge di generazione data alla T,
che le h,k ne sono linee fondamentali doppie e che perciò le <P sono delle
^^^{hky Kg ai , .. 04 essendo ai ... a^ i ra^ di r corde della Eg appoggiati
alle h,k.
• La Jacobiana delle ^5 comprende le Ig ^ (AA)*Kg(ai...dJ4)*,
l4^=A*X:Kgai ... «4, l4^*A'Kgai ... «4, che corrispondono rispettivamente
alle Kg, h,k.
« Il genere della Kg è quello della superficie gobba Ig che le corri-
sponde, è cioè r8«».
« La superficie punteggiata unita della T5 è T^perboloide luc^o dei raggi
del complesso r appoggiati alle h , k.
« Invece ogni iperboloide che contenga un sistema rigato E^À^ di r
è unito nella T5.
« Si noti ancora che la Sg^Eg' determina 00^ trasformazioni T5 dovute
alle 00^ coppie hk della specie accennata situate su di essa.
« 8. Se infine per superficie S|a si assuma una Sg^Eo^ del complesso r,
mediante la solita rappresentazione del complesso si deduce che la superficie
ha due punti tripli À, B (tripli anche per la E9), e che essa insieme ai
fiisci (A-a), (B-/?) ^ ^ dovuti a tali punti forma la base di un fascio F di
congruenze quadraticrhe di r. In una qualsiasi congruenza Qg di tale fascio
la retta it^AB, congiungendo due punti singolari, è anche sezione di due
piani singolari tt, tti (i), i quali vengono incontrati dai singoli raggi della Qg
in coppie di punti costituenti una corrispondenza quadratica fira i due piani,
nella quale sono fondamentali le due terne di punti secondo cui i due piani
segano, oltre che in A e B, la E9, giacché questa curva è il luogo dei punti
singolari delle congruenze Qg del fascio F, non situati nei piani singolari a, fi.
• Ora yariando la Qg nel fascio F, la coppia tt tci varia attorno alla k
generando un'involuzione ordinaria I proiettiva al fascio F; e le 00^ corri-
{}) Caporali, Mem. cit, n. 1.
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spondenze quadratiche dovute a tali coppie determinano nello spazio una
trasformazione involutoria, in cui ogni r^gio di r (appartenendo ad una sola
congruenza Qt del fascio F) contiene una sola coppia di punti coniugati, eccet-
tuati semplicemente i raggi della Se, che ne contengono oo\ sicché la tra-
sformazione risulta di 5^ ordine, ed in essa le <D sono delle (P^^k^KgaiOtj
essendo ai,a% i raggi di r trisecanti della E9 appoggiati alla k.
« E la Jacobiana delle <l> è costituita dalle superficie h^k^K^aiOt;
Iij^A^Kq* {aiOtY, che corrispondono rispettivamente alle A, K9.
« Il genere di quest'ultima è 4: quello della superficie gobba Iit che
le corrisponde.
« La superficie punteggiata unita della T5 è costituita dai piani doppi
ù),a/ dell'involuzione I su accennata; e le congruenze O2, 0/. del fascio F,
che corrispondono alle coppie w co, co' w' della I, formano la congruenza delle
congiungenti punti coniugati nella T infinitamente vicini,
« I punti tripli A, B della E9 sono punti uniti singolari della T5.
« 9. La trasformazione T5 ora studiata è completamente determinata
dalla superficie Sa 0, ciò che è lo stesso, da un fascio F di congruenze Qt
di r, che abbiano in comune due fasci (A-of), (B-fi).
« Ora nel fascio F può trovarsi una congruenza Os costituita dai raggi
del complesso r appoggiati ad una conica Hs. La coppia di piani dell'invo-
luzione 1, che viene allora a corrispondere a tale congruenza, è costituita dal
piano (0 della conica H^ contato due volte (A e B sono sulla Ht), essendo
doppi per la congruenza 0^ i raggi del fascio (O-co) del complesso r.
« Per la natura di tali raggi si ha ancora che ognuno di essi corri-
sponde a ciascun suo punto nella trasformazione che viene ad aversi, sicché
questa, trascurando il piano o), si riduce ad xina T4. E siccome la superficie Se
risulta il luogo dei raggi appesati alla H^ di un'altra qualsiasi congruenza
del fascio F, perciò la sua linea doppia si spezza nella Es ed in una
K7^A* B* 0, sicché nella T* le <P sono delle ^A^f^Kn a, essendo a tri-
secante della E7 appoggiata alla k; mentre la H^ risulta linea unita singo-
lare della trasformazione.
« La Jacobiana delle <D comprende le Is^kK^a^ I9^A*K7*fl^ che
corrispondono rispettivamente alle k, K^. Quest'ultima linea è di genere 3.
« La superficie punteggiata unita della T4 è il piano doppio a/ dell'in-
voluzione I diverso da co, e come prima la congruenza delle congiungenti punti
coniugati infinitamente vicini spezzasi nella congruenza Os (dovuta alla curva
unita singolare Hg) e nella congruenza O't (dovuta alla superficie punteggiata
unita cr/).
> Inversamente dalla considerazione di una tale congruenza é agevole
dedurre che ogni trasformazione T4 della specie che studiasi, coincide con
quella considerata ora.
« 10. Esaminiamo infine il caso che la superficie S^ del complesso F
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— 285 —
sìa una S». La corrispondente trasformazione T3 non ayrà più una superficie
punteggiata unita, sicché la congruenza delle congiungenti punti conii^ati
infinitamente vicini sarà costituita dai raggi del complesso r appoggiati ad
una curra unita singolare C4 , thpla per la superficie Sg (§ 7, I).
tt Ed i tre raggi di questa superficie che escono da un punto arbitrario
della G41 formando la lìnea J dovuta a tale punto, conterranno ciascuno un
secondo punto della C4 , cioè la superficie Ss sarà il luogo delle corde della C4
raggi del complesso r, e quindi pel teorema di Halphen la congruenza delle
corde della C4 ha da essere dì 2^ ordine, cioè la C4 deve essere dì genere 1.
« Ogni linea J luogo dei punti coniugati nella T situati sui raggi di un
fascio (0 — a>) di r, passa per i punti (&> C4) e tocca in essi le rette che li
uniscono al punto 0, sicché due punti della J coniugati nella T, e perciò
allineati con 0, risultano reciproci rispetto al fìtscio di coniche che ha per
base i punti accennati, e perciò anche rispetto al fìtscio dì quadriche, di cui
è base la G4, sicché la trasformazione T risulta costituita da coppie di punti
situati su raggi di un complesso lineare T e reciproci rispetto alle quadriche
dì un fascio, ciò che determina completamente la T {}).
t L'unica sua linea fondamentale, semplice per essa, è una curva Ce di
genere 3 (affatto generale) che è la linea doppia della superficie Ss. Essa ha
otto punti sulla C4.
• TraÉformazioni T di grado inferiore al 3^ non esistono > .
Fisica. — L'isoterma dei gas. Nota I. di Aroldo Violi, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
Cenno storico deirisoterma.
t Nella seconda metà del secolo XVII (1670), Boyle e contempora-
neamente Marìotte, partendo da esperienze assai imperfette trovarono che:
< il volume di una data quantità di gas è in ragione inversa della pressione » ,
quando si mantiene costante la temperatura. Questa legge, conosciuta col
nome dei due sperimentatori, fu ritenuta conforme al vero per oltre un secolo
e mezzo; e soltanto nel 1826 Oersted e Swendsen ripetendo le esperienze
sulla compressibilità deiraria e dell'anidride carbonica, attribuendo certe de*
viazioni da loro osservate ad errori dì misura, confermarono la legge dì Boyle
per Varia ma non per ranidride carbonica. Tali risultati, per Taria, vennero
nuovamente confermati nel 1829 da Dulong e Arago fino alla pressione di
27 atmosfere. In seguito Despretz trovò che ranidride carbonica, Tìdrogeno
solforato, Tamoniaca ed il cianogeno si comprimevano più deiraria e Tidro-
gene meno ; e ritenendo per quest'ultimo applicabile la legge di Boyle, tutti
gli altri se ne allontanavano in diversa misura come fu confermato dalle
esperienze differenziali di Pouìllet.
0) Essa è affatto analoga alla trasformazione indiridnata nello spazio da una rete
di superficie di 2^ ordine. V. Reye, Die Geometrie der Lage • U.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 87
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k I metodi coi quali fino allora si era studiata la compressibilità dei gas
«raao assai imperfetti. Begnault, perfezionando il metodo di Boyle e Mariotte e
quello di Arago e Dulong, sottopose una serie di gas a misure che riuscirono
della massima esattezza per pressioni sempre crescenti fino a 20°^ di mer-
curio; e dimostrò che non solamente i gas coercibili ma anche i così detti
gas permanenti si scostano qual più qual meno da quella legge, e tanto più
quanto maggiore è la pressione a cui Tengono sottoposti.
• Mentre accennavano a moltiplicarsi le esperienze sulla compressibilità
dei gas a temperature prossime a zero, si cercò ancora di verificare la legge
di Gay-Lussac, il quale riunendo i risultati delle sue esperienze a quelli di
Dawy trovò che « tutti i gas han lo stesso coefBciente di dilatazione indi-
pendente dalla loro pressione ». Tali ricerche vennero fatte da Budbeig,
Magnus e più dettagliatamente da Begnault; e dalle loro esperienze sull'aria
atmosferica, Tazoto, Tidrogeno, l'ossido di carbonio, Tanidride carbonica, il
protossido di azoto, il cianogeno e Tanidride solforosa, emergono le seguenti
conclusioni : 1^ Riscaldando Tunità di volume di un gas in modo da far va-
riare la temperatura di un grado, mantenendo costante la pressione oppure
il volume, l'aumento di volume o di tensione sono quantità tali che la prima,
eccetto per Vidrogeno, è sempre maggiore della seconda; 2^ queste due quan-
tità, dette runa coefficiente di dilatazione e Taltra coefficiente di tensione,
crescono con la pressione, o tanto più rapidamente quanto più il gas è
vicino al suo punto di liquefazione.
• Queste importanti conclusioni offrirono un mezzo facile per la deter-
minazione della compressibilità dei gas a temperature elevate, ogniqual-
volta si conoscevano la compressibilità a zero e il coefficiente medio di dilata-
zione, a diverse pressioni, fra zero e la temperatura alla quale si sperimen-
tava. Infatti Blasema, confrontando i risultati ottenuti da Begnault a 100^
con quelli corrispondenti alla tidmperatura poco differente da zero, trovò che
Tarla a lOO"" segue quasi esattamente la legge di Boyle ; e alla stessa tem-
peratura la compressibilità dell'anidride carbonica è intermedia fira la com-
pressibilità corrispondente a 3^,26 e quella delVaria a 4^,75. A identiche
conclusioni giunse pure Amagat, il quale, con metodi più ristretti, studiò
la compressibilità deiraria, dell'anidride carbonica e deiranidride solforosa
a temperature diverse fino a 250^ e 820^. Amagat studiò ancora la dilata-
zione dell'anidride carbonica e dell'anidride solforosa; e trovò che diminuisce
regolarmente crescendo la temperatura, e si avvicina sempre più al valore
previsto dalla legge di Gay-Lussac senza però raggiungerlo alla temperatura
di 250».
« La compressibilità dei gas a fortissime pressioni fu studiata in principio
da Pouillet con un apparecchio differenziale che non permetteva di dedurne
i valori assoluti. Più tardi Natterer volendo liquefare i gas allora detti per-
manenti, ricorse a pressioni enormi, circa 3000 atmosfere ; e giunse al ri-
sultato inatteso che l'aria e l'azoto, a quelle pressioni, si comportavano come
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rìdrogeno, cioò si comprìmevaso meno di quanto esige la legge di Boyle.
Questo &tto fu confennato noiolto tempo dopo da Andrews come una probabile
proprietà di tutti i gas.
« Amagat fece delle espeiiente sulla compressibilità dell'azoto fino alla
pressione di 320°^ di mercurio, alle temperature 15^-22^, con un manometro
ad aria libera, formato di tubi d'acciaio, collocato nel pozzo d*una miniera ;
e troTÒ che il prodotto della pressione per il volume, anziché esser costante
come Terrebbe la legge di Boyle, col crescere della pressione prima dimi-
nuisce fino a raggiungere un valor minimo e poi aumenta rapidamente:
cioò Tazoto, per pressioni basse si comprime più e per le alte meno di quanto
esige la l^ge. Ciò venne anche confermato da Gailletet il quale ricercò la
compressibilità dell'azoto a 15^ con un manometro ad aria libera per pres-
sioni variabili da 39°^ a 182°^ di mercurio ; e sebbene i suoi risultati siano
un po' diversi da quelli di Amagat, pure si accordano neirandamento gene-
rale del fenomeno.
« Per pressioni variabili da 24" a 300"" di mercurio, Amagat si occupò
ancora della compressibilità dell'idrogeno, dell'ossigeno, dell'aria, dell'ossido
di carbonio, dell'etilene e del gas delle paludi, servendosi in parte di un
manometro ad aria libera di 75"^, in parte di un manometro chiuso ad azoto
che poteva esser graduato con sufficiente esattezza; e, ad eccezione dell'idro-
geno, giunse per gli altri gas a risultati identici a quelli avuti per l'azoto.
« Nel 1822 Cagniard de la Tour esponendo ad alte temperature dei
liquidi rinchiusi in tubi di vetro osservò ohe: « ad una determinata tempe-
ratura, i liquidi si trasformano bruscamente e totalmente in vapore ». Tale
temperatura, differente per i diversi liquidi, è caratterizzata dal fatto che il
menisco liquido diviene piano e rimangono perciò eliminati gli effetti capillari.
« Nel 1869 Andrews con classiche esperienze mostrò il comportamento
dell'anidride carbonica liquida e gassosa. Egli osservò la compressibilità del-
Tanidrìde carbonica in vicinanza del suo punto di liquefazione per pressioni
crescenti fino a 110 atmosfere e alle temperature 13°,1-48°,1; e giunse a
condudero che l'anidride carbonica al disopra della temperatura di 30^,92,
che egli chiamò temperatura critica, non è piii possibile poterla liquefare
qualunque sia la pressione impiegata ; ed anzi la compressibilità segue una
legge sempre più regolare quanto più è elevata la temperatura. Dalle stesse
esperienze Andrews calcolò la pressione alla quale si Uquefà l'anidride car-
bonica per diverse temperature al disotto di quella critica; ne studiò il coef-
ficiente di dilatazione per pressioni di 17"-223"™ di mercurio alle tempera-
ture 0°-100°, come pure il coefficiente di tensione; e confermando le con-
clusioni di Begnault venne ad estenderle per le alte pressioni.
« Il metodo di Andrews fu in seguito adottato da altri sperimentatori ;
Janssen sperimentò la compressibilità del protossido d'azoto alle tempera-
ture 12^-43^,8 per pressioni variabili da 51 a 123 atmosfere misurate con
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un manometro chioso ad aria, senza correzione per le deviazioni dalla
legge dì Boyle; e trovò la temperatura critica oscillante fra 36*,3 e 36^,7.
Both studiò la compressibilità dell* anidride carbonica, dell*anidride solforosa,
dell* etilene e dell'ammoniaca fino alla temperatura di 183'',8 (vapori di ani-
lina) e alle pressioni da 10 a 160 atmosfere, misurate con un manometro
chiuso ad azoto e senza correzione.
tt Finalmente Amagat pubblicò un'estesa serie di ricerche sulla compres-
sibilità dell'azoto, dell'idrogeno, dell'anidride carbonica, dell'etilene e del gas
delle paludi per pressioni crescenti da 30™ a 320°* di mercurio e alle tem-
perature 16''-100''. Le pressioni erano misurate con un manometro chiuso
ad azoto di cui era stata studiata la compressibilità con un manometro ad
aria libera. Tali ricerche provano sempre che i gas studiati, per pressioni
basse si comprimono più e per le alte meno di quanto richiede la legge di
Boyle, ad eccezione dell'idrogeno. Il coefficiente di dilatazione dedotto da
esse è una funzione complicata della pressione e della temperatura : a eguali
limiti di temperatura cresce prima con la pressione fino ad un massimo corri-
spondente alla pressione del minimo di compressibilità e poi decresce rego-
larmente; in generale poi diminuisce quando cresce la temperatura, sebbene
si verifichino dei curiosi spostamenti in vicinanza ai massimi.
« Dopo che le classiche esperienze di Begnault dimostrarono l'inesattezza
delle leggi di Boyle e Gay-Lussac, si pensò di sostituire alla semplice formola
PV=RT,
(nella quale P e Y rappresentano la pressione, e il volume del gas ; B una
costante differente per ogni gas; T la temperatura assoluta), altre formolo
più complicate che meglio rappresentassero l'insieme delle osservazioni.
« Begnault propose le due formolo empiriche
^.= H-A(P-1) + B(P-1)*
PV = l + a(-|r-l) + *(-^-iy
nelle quali il volume è espresso in funzione della pressione, e viceversa la
pressione in funzione del volume, essendo A, a^ B, b^ costanti date dalle
esperienze.
tt La teoria cinetica dei gas, che allora si sviluppava, offri occasione di
stabilire delle formolo più corrispondenti alle condizioni in cui devono con-
siderarsi i gas. Così Duprez introdusse il concetto del covolume G, e dette
l'equazione
P (V -h C) = costante
generalizzata poi da Budde.
« Amagat tenendo conto delle attrazioni molecolari, che chiama pressione
intema Pi, scrive
(P -f- Pi) V = costante;
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ed in altra occaisioiie, riconoscendo . che il volume di un gas doTeva ridursi
della quantità 9 dipendente dal volume delle molecole, adopera la formola
P (V — y) = costante.
« Hìm generalizzando questi concetti, e tenendo conto anche della legge
di Gay-Lussac, arriva all'equazione
(P + PO(V — «^) = RT
Bankine adopera la formola
PV = RT-^;
Becknagel, tenendo conto deUe attrazioni molecolari, sviluppa dalla teoria
dnetica l'altra
pv = bt(i-^)
in cui ^ è funzione della sola temperatura.
« Tutte queste formolo furono trovate difettose e non concordanti colle
esperienze fatte ultimamente sulla compressibilità e la dilatazione dei gas;
esse però tracciarono la via alla teoria sviluppata da Yan der Waals; il
quale esprimendo la pressione intema in funzione del volume, e tenendo conto
del volume molecolare, arriva all'espressione
che è Tequazione generale dell'isoterma da lui proposta, nella quale a e &,
per ogni gas, rappresentano l'attrazione molecolare e un multiplo del volume
molecolare, e sono quantità costanti calcolate con i risultati sperimentali.
• Dal confronto con le esperienze la formola di Yan der Waals rap-
presenta bene i fenomeni fin*ora osservati sulla compressibilità dei gas ; rende
perfettamente ragione del punto critico e oflre un mezzo semplice ed elegante
dì passare da questo alla determinazione delle costanti a e b; però nei cal-
coli numerici, quando si tratti di esperienze molto estese, essa dà valori molto
prossimi al vero ma non esatti.
« Anche Clausius è arrivato alle stesse conclusionL Egli crede che le
premesse, le quali condussero Yan der Waals alla sua formola, non sieno
sufficientemente esatte. Se a tale espressione diamo la forma
P RT a_
Y — è Y*
il termine — rappresenta la pressione intema, la quale sarebbe così indi-
pendente dalla temperatura T e in ragione inversa del quadrato del volume.
Clausius ritiene che la pressione intema debba dipendere dalla temperatura,
e debba crescere quando questa diminuisce; perciò modifica la formola cosi
P RT a
Y — b T(V + C)*
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essendo G una nuova costante. Cionfrontando questa espressione con le espe-
rienze di Andrews sull anidride carbonica, Clausius trova c^e tutte le serie
di esperienze, meno una, rientrano perfettamente nella fbrmola.
« Sarrau ha voluto esaminare se le estese esperienze di ^magat rien-
trano nella formola modificata da Clausius; e nei suoi calcoli Tha trovata
concordante per l'ossigeno, Tanidride carbonica, l'azoto, il gas d^e paludi,
l'etilene e l'idrc^eno (^).
Equazione generale dell'isoterma.
« Alla temperatura dello zero assoluto , immaginiamo un gas con-
tenuto in un cilindro verticale, di sezione uguale all'unità, mantenutovi da
uno stantuffo di peso uguale alla pressione esterna espressa in chilogrammi ;
e facendolo liberamente espandere, siscaldiamolo fino alla temperatura
1) « = -l-(l + aO
essendo t una temperatura misurata in scala centigrada, a una quantità eo-
stante dipendente dalla temperatura assoluta. Quando nella massa gassosa si
sarà stabilito il movimento stazionario, potremo ritenere le N molecole del
gas, di masse uguali ad m, mnoventisi con eguale velocità media u ; e poiché
l'effetto, corrispondente al numero degli urti che esse produranno nell'unità
di tempo sulle pareti del recipiente in cui sono contenute, è proporzionale
alla loro forza impulsiva totale, chiamando F la forza impulsiva totale del-
l'unità di volume del gas, la forza viva delle N molecole contenute nel vo-
lume Vi sarà espressa dalla formola di Erònig e Clausius
2) V,Fe;i = — 2 —
« Se le molecole del gas considerato fossero dei punti materiali posti
fra loro a distanze grandissime in modo da poterne trascurare la scambievole
influenza, la forza impulsiva determinante il loro movimento sarebbe precisa-
mente misurata dalla pressione estema. Ma in tesi generale le molecole sono
sistemi di punti materiali e tali che, oltre ad occupare uno spazio relativa-
mente piccolo, si possono influenzare scambievolmente rispetto alle distanze
alle quali si trovano: a questo aggiungansi le azioni interne molecolari. Allora
la forza impulsiva totale di ciascuna molecola potremo ritenerla uguale alla
(}) Questo sunto e i numeri delle tabelle, che troveremo nel confronto con le espe-
rienze delle equazioni dell' isoterma, relativi alle osservazioni di Regnaullf ed altri speri-
mentatori sono tolti dall'opuscolo litografato « Lezioni sulla teoria cinetica dei gas, dettate
nell'anno 1881-82 agli allievi dell'Istituto Fisico dì Roma dal prof. Pietro Blasema ».
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— 291 —
gomma dì due forze delle quali ima, quella di traslazìoiie, è equilibrata dalla
pressione esterna, e Taltra dall'insieme delle azioni intmie del gas. PercUy
rappresentando con i ciò che Claosius chiamò pressione intema del gas; con ^
il peso dellnnità di Yohmie di mercurio, e con h la pressione esterna espressa
in metri di mercurio, sarà
3) Y = Jh-hi
e la 2) si trasforma nella seguente
4) V.(^A + Ot'ì = N^'.
« La pressione interna del gas dipende naturalmente dall'attrazione mo-
leoolare totale ù del gas, la quale sarà eguale all'attrazione molecolare estema a',
rispetto alle masse molecolari che s* influenzano, diminuita dell'attrazione mo*
lecolare intema a" riferita alle singole masse molecolari; perciò potremo scriyere
5) i, = a' — a".
• L' insufSdenza dei mezzi d'osserrazione non ci permette di conoscere
fino a quale distanza le molecole dei corpi si possono scambievolmente in-
fluenzare, nò quello che ayyiene internamente in ciascuna di esse; e soltanto
oon considerazioni diverse si sono esposte delle teorie non troppo accettabili,
mano a mano che l'esperienza ci mostrava il vario comportamento dei corpi.
tt Avogadro (1811) e più tardi Ampòre (1814) ritenendo che, in eguali
condizioni di pressione, i gas si dilatino e contraggano quasi palmento per
un'eguale quantità di calore somministrata o sottratta, gìuDsero all' ipotesi che :
• eguali volumi di tutti i gas contengono un egual numero di molecole « .
Questa ipotesi ifii ben messa a profitto dai chimici i quali se ne valsero più
specialmente per determinare' con molta esattezza il numero d^li elementii
che formano le molecole dei corpi semplici.
« Nella sua ipotesi, Avogadro considera i centri delle singole molecole
tutti egualmente distanti fra loro; e siccome le molecole a quelle distanze
s'influenzano scambievolmente, ritenendo che le distanze dei centri moleco-
lari misurino precisamente i diametri delle sfere d'azione sensibile, rispetto
alle quali si deve verificare il movimento stazionario, ò allora una conse-
guenza di tali ipotesi che, in eguali condizioni di pressione, « le sfere d'azione
sensibile delle molecole di tutti i gas sono eguali fra loro « .
« L'intei]^tasione di questo principio dipende dal concetto che possiamo
formarci sulla costituzione dei corpi. Infatti, ammessa l'esistenza delle atmo-
sfere eteree per gli elementi e le molecole, supponiamo che ad ogni elemento
corrisponda un'eguale atmosfera eterea, la quale ne definisca la sua sfera
d'azione sensibile; allora ò fiicilmente accettabile l'espressione che, in eguali
condizioni di pressione « le sfere d'azione sensibile di tutti gli elementi sono
uguali fra loro ». Però le molecole, salvo poche eccezioni, sono formate di
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— 292 —
più elemenfi di ^aale o diversa natura secondo che i corpi risultanti
sono semplici o composti ; ed in questo caso l'ipotesi di Avogadro sarà solo
confermata quando si ammetta una condensazione nelle atmosfere eteree degli
elementi che si combinano insieme ad una deformazione nelle atmosfere^eteree
condensate; in modo che il volume dell'atmosfera eterea della molecola rìsul*
tante sia affatto eguale a quello dell'atmosfera eterea di un elemento qua-
lunque. La condensazione delle atmosfere eteree degli elementi che si com-
binano non implica l'intimo contatto della sostanza di cui sono formati, ed
è in relazione ai fenomeni fisici che si manifestano nelle reazioni chimiche > .
Fisica. — Nuom metodo per la determinazione delle due co-
stanti di elasticità. Nota II 0) del dott. Michele Cantone, presen-
tata dal Socio Blaserna.
« Risultati delle esperienze. Comincio col dare nella prima tabella le
dimensioni dei quattro recipienti di cui mi sono servito, e che per comodità
ho indicato coi numeri d'ordine I, II, III, IV.
Dimensioni dei recipienti
Numero
del
recipiente
Spessore
deUe
pareti
Raggio
int.
Raggio
est
Lunghezza
Volume
I
n
m
IV
0,394
0,394
0,617
0,472
rom
4.205
4,827
7,593
4.799
mm
4,599
4,721
8,210
5,271 •
mm
667
631
735
705
mmo
86930 1
86952
132210
50720
« Nelle quattro seguenti tabelle trascrivo nelVordine col quale furono
ottenuti i risultati delle esperienze da me fatte per le variazioni di volume
dei recipienti col variare della pressione intema ; facendo osservare che, tanto
in queste esperienze quanto in quelle relative agli allungamenti, ogniqualvolta
si produceva una variazione di pressione si riportava sempre il manometro,
successivamente, alla posizione iniziale, sicché gli spostamenti notati per le
diverse pressioni sono le medie di quelli (quasi sempre uguali) avuti nei due
casi. Nella prima colonna di ciascuna tabella ho segnato le pressioni, notando
col segno — quelle al di sotto della pressione atmosferica; nella seconda
colonna ho registrato le variazioni di volume corrispondenti, computate in divi-
sioni del micrometro ; nella terza quelle relative ad una variazione di pres-
sione di l"""*; nella quinta il loro valore medio in mm.c. ; e nell'ultima il
0) V. pag. 220.
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— 298 -
valor medio della Yariazione dell'imita di volume per mia pressione uguale
ad l"* su l™q.
Recipiente N. L
Diam. del tubo capii. = 0"»»S1767. Una div. del microm. = 0»»,2140
p.
(J,) div.
{J-,) div.
perP. — 1-«
perP. — lm-
VP.
120,0
174,0
sfes
6,80
8,85
o!b502
0,0517
0,0519
(VÒ01924
0,008838
Recipiente N. IL
Diam. del tubo capii. = 0™™*i,4074. Una div. del microm. = 0"»"»,1238
p.
(^v) div.
(^v)dÌT. ,
per Pi — 1™
perPi = l«»
VP,
mm
103,5
d
3,85
0*0372
147,5
194,0
5,60
7,40
0,0879
0,0381
oT001920
0,^3821
103,0
4,00
0,0888
180,7
6,90
0,0382
Recipiente N. III.
Diam. del tubo capiL = 0"'™^,6297. Una div. del microm.
, 0»»,2140
Pi
(J,) div.
{J.) div.
perPi = l™
perPi-=l™
VP,
138To
7,35
0,0553
174,0
9,60
0,0552
186,0
10,10
0,0543
241,5
13,45
0,0557
115,7
6,35
0,0548
0,007398
0,004116
- 97,5
— 5,25
— 0,0538
-139,5
— 7,60
— 0,0645
-185^
-10,35
-0,QW8..
- 212,5
rr
- 11,65
- 0,0548
RiNDicoNTi. 1888, VoL. IV, !• Sem.
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— 294 —
Recipiente N. IV.
Diam. del tubo capii. = 0°>°»^,4156. Una div. del microm. = 0»°*,1238
p.
{Jy) div.
W div.
per Pi -=1°^»
perPx = l»™
VP,
mm
90,5
157,5
208,7
d
4,25
7,40
9,75
0,0470
0,0470
0,0467
mmo
0,002412
0,003498
« Seguono i risultati ottenuti per gli allungamenti. Nella prima colonna
di ciascuna delle tabelle, in cui essi sono registrati, trovansi le pressioni,
nella seconda il numero di frangio che si spostavano rispetto al punto s^ato
nel centro della lastrina t , nella terza la frazione di frangia corrispondente
alla variazione di pressione di 1°*°* , nella quarta il valor medio della varia-
zione di lunghezza dell'unità lineare per una pressione di 1^^ su l°*™q.
Recipiente N. L
Po
(^Or
per Po = 1»"
per Po = 1«°
LPo
mm
r
F
172,0
3,40
0,0125
— 147,0
— 1,80
— 0,0122
-231,5
-2,85
- 0,0122
199,0
2,50
0,0126
284,0
3,55
0,0125
- 146,0
— 1,90
— 0,0126
-229,5
-2,85
- 0,0124
0,00000368
0,000406
— 230,0
-2,95
— 0,0128
275,0
3,50
0,0127
140,0
1,75
0,0125
277,0
:',52
0,0127
201,5
2,47
0,0128
284,5
2,57
0,0125
Recipiente K IL
Po
Wr
per Po = 1"^
per Po =1»"»
LPo
mm
r
r
- 146,5
— 1,65
- 0,0113
r
193,0
2,10
0,0109
1
195,0
2,25
0,0115
mm
— 145,3
-1,60
-0,0110
0,00000333
0,000388
— 227,0
-2,60
- 0,0114
— 226,0
-2,58
- 0,0114
195,0
2,20
0,0113
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— 295 —
Recipiente N. III.
Po
(A)r
per Po = 1"»
perPo=»l"»«*
LPo
146^5
2!bo
0,0138
— 227,5
-3,37
— 0,0148
-227,2
-3,27
— 0,0144
194,5
2,88
0,0148
0,00000*421
0,000421
-226,5
-3,25
- 0,0148
194,0
2,80
0,0144
195,0
2^72
0,0140
194,7
2,70
0,0139
Recipiente N. IV.
Po
(^lV
perPo=«l»«
perPo«:l—
LP,
- Uh fi
-l!65
- OfilU
- 145,0
-1,65
-0,0114
- 225,5
-2,60
- 0,0115
- 226,5
-2,60
- 0,0117
193,7
195,0
2,20
2,28
0,0113
0,0117
0™0000342
0,000856
196,5
2,33
0,0118
277,5
3,22
0,0116
- 144,0
-1,67
- 0,0116
— 144,0
-1,63
-0,0118
- 226,5
— 2,65
— 0,0117
'
195,0
2,27
0,0117
• In base ai risaltati ottenuti vennero calcolati i valori di ii che tro-
vansi qui appresso notati:
Valori di (i
I
0,246
n
0,261
m
0,264
IV
0,256
• Si vede che tali valori accennano sensibilmente alla costante 0,250
voluta dalla teoria e trovata sperimentalmente da Oomu; che se le cifre
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— 296 —
ottenute per i recipienti II e III si discostano più delle altre da quel yaloie,
ciò probabilmente è da attribuire ad errori di osservazione, come si può argo-
mentare riguardando le terze colonne delle tabelle relative a quei recipienti,
indicanti appunto una maggiore discordanza tra le cifre ottenute che non per
gli altri due serbatoi.
« Non credo però che cause di errori possano esservi di natura tale d&
alterare notevolmente i risultati : se in&tti si calcolano gli errori di ju in
funzione di quelli di £ e di !^ , unici elementi che compariscano nella for-
ili
mula (3) , si ottiene ;
Jfi =
!».! j^i 6^ j (m
• I coefficienti di^Ke^l^j sono per il recipiente I rispettivamente
0,036 , 0,408, e valori analoghi hanno per gli altri recipienti : se si considera
che errori di 0,2 in K e 0,03 in ^ danno per fi , qualora non vi sia com-
Ki*
penso di sorta, un errore di 0,02, si comprenderà come sia impossibile di
arrivscre con queste esperienze ai valori ottenuti da Begnault e da Wertheim;
e come invece sia perfettamente anmiissibile per fi il valore 0,250.
« Forse non varrà questa costante per tutti i corpi, anzi, volendo pro-
cedere d'accordo colla teoria, non può esserlo, perchè non tutte le sostanze
solide hanno perfetta elasticità di forma, e dovendo essere iw==0 per i li-
quidi, è prevedibile che avvicinandoci ai corpi cedevoli alle azioni deforma-
trici si abbiano valori diversi; ad ogni modo parmi si possa cominciare ad
asserire che il vetro abbia il comportamento di un corpo, quale nella teoria
della elasticità si anmaette.
« Ponendo fi = 0^250 ho proceduto alla determinazione del coefficienie
di elasticità per ciascuno dei recipienti da me adoperati.
« Avrei impiegato per questo scopo la formula:
^_ (5 -4>.) (1-2)1)
(l-2M)^-(5-4rt^
(la quale si ricava facilmente dalle (1) e (2)), perchè sul valore di E non
avrebbero influito Bi ed Bo ; ma non ho potuto farlo stante la eccessiva alte-
razione che sul valore di E avrebbero apportato gli errori anmiissibili per
-«^ e -T^. Non mi restava che ricorrere ad una delle formule:
YJti LJto
^_5 — 4.,, R.« ^ 1_2,H R„«
^y Ri« — Ro*' Jl^ R,* — Ro*
VP, LP,
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— 297 —
che si ricavano rispettivamente dalle (1) e (2) , e la cui scelta non era indiffe-
rente atteso il valore nnico di fi adottato per i diversi recipienti. Non ostante
che entrambe dessero E sensibilmente colla stessa approssimazione, ho prefe-
rito Tuso della seconda ; poiché, mentre nel primo caso il valore di E dipende
dalla determinazione di -^5-^ ^^^ 9^^^^ ^ in^fluenza il diametro del tubo
capillare e Tingrandìmento del cannocchiale, nel secondo caso invece quel
valore si ha mediante y^> che si ottiene in modo assoluto ricorrendo, come
io ho fatto, al metodo di Fizeau.
« Seguono i valori ottenuti per E.
Vcdori di E
I
6277
n
6783
in
7023
IV
6799
« Il non essere costante il coefficiente d'elasticità per i diversi reci-
pienti di cui mi son servito non è un fatto nuovo : nelle ricerche di questo
genere non si ha quasi mai valori vicini fra loro, per cui ritengo che tale
diversità in gran parte non sia dovuta a cause di errori ».
Micrografia. — Fotografia istantanea dei preparati microscopici.
Nota preliminare di Stefano Capranica, presentata dal Socio Tommasi-
Crudeli.
« Le conclusioni cui è giunto Tautore nelle sue ricerche sono le seguenti:
« 1® La fotografia rapida rr?^ o rapidissima -^rz-^, può essere ottenuta
col microscopio fotografico, usando obiettivi a forti ingrandimenti e ad immer-
sione.
« 2*» L'autore è giunto mediante un*otturatore ed una disposizione spe-
ciale, ad ottenere un numero qualunque di prove fotografiche successive dei
movimenti di un oggetto osservato, similmente a ciò che si ottiene macrosco-
picamente per il volo degli uccelli o per i movimenti rapidi di altri ani-
mali (Marey, Muybridge ecc.).
A 3^ Mediante il sistema delle pose successive, l'autore è giunto a ripro-
durre suiristessa lastra i diversi piani di un preparato qualsiasi, ottenendo
così una imica prova d'insieme.
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— 298 —
« L'autore richiama Tattensione dei micrografi specialmente sulle cose
accennate al n. 2, intieramente nnove in scienza, e suscettibili di molte
ricerche importanti per lo studio degli infusorii e di tutti i microrganismi
viventi »
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio PiGORiNi, relatore, a nome anche del Socio Taramelli, legge
una Belazione sulla Memoria del prof, don Niccolò Morelli, intitolata:
Scavi eseguiti nella caverna Pollerà silicata nel Finalese {provincia di
Genova), concludendo per l'inserzione della Memoria negli Atti accademici.
Le conclusioni della Commissione esamiDatrice, messe ai voti dal Pre-
sidente, sono approvate dalla Glasse, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando tra queste le seguenti, inviate da Soci o da estranei:
P. Lampertico. Discorso sull'indole e scopo dell'Associazione natio-
naie per soccorrere i missionari cattolici italiani, in relazione alla con-
dizione presente e avvenire dell* Italia, — Discorso pronunciato in Senato
nella tornata del 9 febbraio 1888.
E. Lbvasseur. La théorie du salaire. — Sia semaines à Some.
S. Levi. Vocabolario geroglifico copto-ebraico. Voi. VI ed ultimo.
Opera che ebbe il premio Beale per la Filologia nel 1884.
F. ScHAFF. Church and State in the United States. Opera inviata dal
Socio Corrispondente Botta.
Lo stesso Segretario presenta inoltre il volume II dei Discorsi par-
lamentari di Quintino Sella, raccolti e pubblicati per deliberazione della
Camera dei Deputati; i volmni III e IV della Miscellanea della B. Società
romana di storia patria, contenente Scritti vari di G. A. Sala e il Cronicon
Siculum incerti Authoris, ab anno 340 ad annum 1396, pubblicato dalla
Società di Storia patria napolitana per cura di G. De Blasiis.
Il Socio Messedaglia offire la Relazione del regio Ministro d'Italia
in Rumenia, conte G. Tomielli-Brusati {1882-83), facendo rilevare il valore
economico e statistico che questa opera presenta.
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— 299 -^
Il Segretario Carutti annunzia alla Glasse che è terminata la stampa
del primo volume del Supplementum al Corpiùs Inscriptionum, e che potrà
essere pubblicato fra non molto.
CONCORSI A PREMI
Dal Ministero della pubblica istruzione vennero trasmessi air Accademia
gli avvisi di concorso ad assegni per istudi di perfezionamento all'estero, di
L. 3000 ognuno, per un anno a cominciare dal 1° novembre 1888, istituiti
dal Ministero stesso, dall'Amministrazione del R. Collegio Ghislieri di Pavia,
e dalla Cassa di risparmio di Milano.
CORRISPONDENZA
n Segretario Carutti dà comunicazione di una lettera del Presidente
dell'Accademia Antropologica di Nuova York, colla quale si rinnova l'invito
ai Soci di prender parte al Congresso antropologico internazionale che avrà
lu<^o in Nuova York nei giorni 4, 5 e 6 del prossimo settembre. Nella let-
tera si fa preghiera ai Soci che non potessero intervenire al Congresso, di man-
dare qualche lavoro di Etnologia, di Etnografia, o di Archeologia preistorica.
Lo stesso Segretario dà conto della corrispondenza relativa al cambio
d^li Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
La Società Reale di Londra ; la Società di scienze naturali di Ottawa ;
le Società filosofiche di Cambridge e di Filadelfia; la Società archeologica
di Londra; le Università di Cambridge e di Upsala; l'Osservatorio di S. Fer-
nando; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
Il R. Istituto di studi superiori di Firenze; la Società entomologica
svedese di Stockholm; il Museo di scienze naturali di Lione; l'Università
di Jena; l'Osservatorio centrale di Pietroburgo.
D. C.
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— 301 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DKLLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
. Glasse di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Seduta dell' 8 aprile 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Matematica. — La forma normale delle equazioni del sesto
grado. Nota del Socio F. Brioschi.
> P. Denomino form^ normale di una equazione del sesto grado quella
che ottiensi da una equazione qualunque del sesto grado mediante la trasfor-
mazione indicata in una mia recente comunicazione all'Accademia (').
« Rappresentando con u (xi , ;zrt) = 0 la equazione del 6^ grado, e con
k==j {uu)4 il corariante biquadratico del secondo grado della forma u{xi ,x^,
eliminando il rapporto Xi:xt dalle due quintiche:
(1) y = ^««1 + 0?, A = 0 , tp = (Ui — Xik = 0
si ottiene la :
(2) (r^« + uit t^ + Wi4 1^ + Wi5 ^ + wi« = 0
nella quale t ò ì\ discriminante della forma u{xi^Xt) ed Vu^u^AiUn.Uxt
sono invarianti della forma stessa dei gradi 12, 14, 15, 16. La equazione (2)
è la forma normale delle equazioni del sesto grado.
K Questa forma normale non è quindi che la risultante delle due equa-
zioni di quinto grado y=0, i// = 0 ed un metodo diretto per giungere ad
(0 Rendiconti della B. Accademia dei Lincei. Sedata del 4 marzo 1888.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, l«*Sera. 30
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— 302 —
essa fu già fatto conoscere dal prof. Gordan vari anni sono (^). Però, nel caso
attuale, per la determinazione dei valori di Wi « , Wi 4 .- » conviene ricorrere
ad un altro metodo indiretto che indicheremo più avanti, limitandoci a fare
uso di alcuni risultati del metodo dovuto al prof. Gordan per altro scopo.
« n prof. Gordan introduce dapprima tre covarianti simultanei delle forme
9), ip^ da lui denominati ^, (f, t ; ossia :
p = 5 (91//), cr = ff (y 1^)3 T = I (<jpi/^)5 .
« Posto, per la forma del sesto ordine u(xiy Xt) ;
i primi due: covarianti dell* ottavo ordine, ed il terzo di quarto ordine, della
forma u\ ed
i due invarianti di secondo e quarto grado; si hanno, nel caso attuale, i
seguenti valori di ^, o*, r :
Q = hht^—Agt-\-k^
tf = J^ I2hkt^ + 24p] % = \ [5L^' + 6M] ,
e dalle due equazioni 9 == 0 , ìp^^O si deducono facilmente le cinque che
seguono :
Qini + ^(fnat^ + irxt^ = 0
Qiut — T ((fu Xi Xi — <fit Xt*) — I ror^^^i =« 0
?ii« + T (<^ii-^i* — ^li ^i^i + <^n ^«*) + T ^^«'«^Ti* = 0
Qitit — T (<^«2 ^1 Xi — o-it ori*) — I r^pg oTi^ = 0
Q2ttt + ^<fnx,^ + \ixi' = 0 '
nelle quali:
1 d^Q 1 rfV
5.6.7.8 rfoTi*' " SAdxi^
« Indicando con :
Ori Xi^ 4" *^« ^1^ ^« + 6fl^r3 ^i* «2?2* + 4tì^r4 ^i «Ts^ + ^rs ^«* = 0 (r=l, 2...5)
quelle cinque equazioni, si avrà dapprima che il primo membro della equa-
zione (2) è dato dal determinante :
Y = 2 (^ au Ufi dzz au «s»)
e sarà:
^ _ dV dV
X\\Xi —
cioè, come è noto, si dedurranno i valori delle radici della equazione m(^i ,^,)=0
da quelli delle radici della equazione trasformata (2) senza ricoiTere a riso-
luzioni di altre equazioni ausiliari.
(*) Uebeì' die Bildung der Resultante zweier Oleichungen, Math. Annalen. Bd. IH.
pag. 385.
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lu
li*
ht
m,i
mi2
rnit
«11
tilt
fin
— 303 —
« 2.^ Passiamo ora alla determinazione dei valori di Ui%y Uu.... Una
forma u{xi Xt) del sesto ordine possiede, oltre gli invarianti L, M, tre inva-
rianti dei gradi 6°, lOS 15* che indicheremo con N, P, E.
« N, come è noto, è l'invariante cubico di A; per fissare i valori di
P, B, sieno l^m^ni tre covarianti quadratici di u :
/ = (uk)4 , m = {lk)i , n = (wA),
e porremo:
P = j {mm)2 , R =
« Sieno ^1 , ^2 ... Xe le radici della equazione u{x, 1) = 0 e si indichino
con a, &, (T, 6^, e le espressioni :
essendo Xr una qualsivi^lia fra quelle radici. Ora per una nota proprietà
dei covarianti si ha {^):
k {xr) = 3*' — ^ac
e quindi, per le (1), si avrà :
, Uc — U^
a
« I valori degli invarianti L, M, N, P, E si possono pure esprimere in
funzione delle a, i, c,d,e e lo stesso avrà pur luogo per cf, un, Uu^ «^is» Ui^;
salvo che le ultime espressioni conterranno un certo numero di coefficienti
indeterminati. Sostituendo il valore superiore di tr e queste espressioni nella (2),
si otterrà una equazione identica la quale condurrà alla determinazione di
quei coefficienti. Evidentemente per T identità della equazione si potranno
anche supporre nulli una o più delle quantità a, b ...e ^ purché non si annulli
alcuno degli invarianti L, M... B. Per esempio, supponendo J = ^=0, si
ha ^r=0 e quindi identicamente f^ie = 0. Ma in questa ipotesi:
L=—6ae, M=3a*d, ìf=—^a*d'
P=— a^[a* + lSacPe + 81 dU^ + 5,81 .rf»]
e per questi valori vedesi tosto che Uie dovrà esprimersi come segue:
Wu = ?oL*N« + ?iL«M^ + e2LM*N + ?3MN* + ?4M^ + ^5NP
essendo ^os Q\ ••• coefficienti indeterminati. Sostituendo per L, M, N, P i valori
superiori ed eguagliando a zero, si hanno fra quei coefficienti le relazioni:
3^0 + ^5 = 0 pi = 0 3?, + ?5 = 0 Qz + 20q, = 0 3?-f|^5 = 0
(0 Vedi la mia Nota, Ueber die Trans format ion der algeòraischen Gleichungen durch
Covarianten. Math. Ànnalen Bd. XXIX, e la Memoria del dott. Hilbert, Ueber eine Darstel-
lungtweUe der iavarianten Gebilde imbinàren Formengebiete. Math. Annalen. Bd. XXX.
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— 304 —
e posto quindi ^5= — 12v si avrà:
me = vl{W + 2LN)« + 12N (20 MN — P)]
essendo v un coefficiente numerico ancora indeterminato. Due altri coe£Scienti
della equazione (2) sono noti, il ò discriminante della forma u(a:i^at) ed Ui^
non esistendo altro invariante di 15'' grado che B. Si hanno così le:
(f = A[32(5^L*N + 5^PM — 4P)— 5^^(8151* + 48MN + 3P)]
Wi5 = i^B
nelle quali X, fi sono coefBcienti numerici a determinarsi. Rimangono così a
trovarsi i valori di Un , Wu e dei coefBcienti A, /i, v.
« L*applicazione del metodo sopra indicato darà dapprima che posto:
^=— giTjT sono fi = 6 v = 12
e si avranno pei valori di Un, t^u, le espressioni seguenti:
Wu==|pM — 4.5.PM — ^PM« — 2.5^LMN + ^M^— 5!i^N«+
tti,=_2.4M*MN — 2.5.13.LM' — 3^4.5.LN• — 2.3.5Ml.M«N+
+3(L«+2.5^M)P.
« Queste espressioni si possono semplificare introducendo in luogo del-
l'invariante P del decimo ordine il discriminante (f, e posto L^^a, sosti-
tuendo agli invarianti M, N gli invarianti fi, y legati ai primi dalle due
relazioni :
5*.M = |(a»-/J), 5»N = ^(2a»-3«/J+y)
cioè gli ìnTarianti /9, y che si annullano con (f se la equazione u(x, l)s=0
ammette una radice tripla.
« Dal valore superiore di d si avrà co^ :
5». P = 3 . 4« <J + ^^ (9a* — 2O0V + 3a* y — 21a/J« -f 2/Jy)
e sostituendo questo valore di P e quelli di M, N nelle espreasioni trovate
sopra per Uit , Uu , Ui« si otterranno le :
6*. «., = 3 . 4». a«r + i- U , 5». «u = 3.4». (lla« — 8/J) * + 1^ V
5". «., =- 4« (2a» - 3ap + y) rf _ |^ W
essendo ;
U =— (Uafi — y)« — 20iJ»
V = aU -f 2 . 3»./»» (lOa^— y)
W=»(a*— 16/J)U— 4.8*/»'(|J* + 10«V— ay).
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— 305 —
■ È noto che il quadrato di S si esprìme in funzione razionale, intera
di L, H, N, F : e si ha :
R» = 9(20MN— P)E* — 6(M» + 2LN)Br— 12NP»
posto:
|b=3(P + 4MN) — 2L(M* + 2LN)
^ p =_ 3L (20MN— P) — 32M^ — 216N*.
* Ora:
5«(M«+2LN)=^(16«^-27«'/?+6/J«+5ay) = ^ H
5»(20MN— P)=— 3.4».«r— ^(8a»— 15a»/?+a*y— 57a/8»+9/?y)=
ol
=_3.43.<r-gK
inoltre :
|.5^E=3«.4».(r — y(15aV — «V + 62a/9« — 4/J/) =
^ . 5«. P= 3«. 4*. 5.arf+ 1^ (45«V— 3«V— 19.21.a*i?*+ 57a/Sy+82/»^— 2y»)=
= 3«.43.5.«cr + ^T
e sostituendo si otterrà B* espresso in funzione di a, fi,y,i; ossia :
^R«=_d3 + _^|-6S-4K-5aH-25««(2«3-8a/9+y)]cr«-
— 4F^[9S* + 4HT — 24KS — 15«HS + 40aT (2a3— Sa/? 4-y)] J+
+ 4i^ [3HST - 9KS« - 4TM2a3 _ 3a/9 + y)].
Sono cosi determinati tatti gli elementi che compongono la trasformata della
equazione del sesto grado ».
Bacteriologia. — // bacillo della malaria. Nota del Socio Cor-
rado Tommasi-Crudeli.
ft L^Àccademia ricorderà che nella seduta del 5 dicembre 1886, io pre-
sentai una Nota riassuntiva delle ricerche es^uite in Fola dal doti Bernardo
Shiavuzzi, illustrandola coi preparati microscopici inviati dall'autore in dono
all'Accademia (0. I risultati ottenuti dal dott. Schiavuzzi confermavano inte-
ramente quelli ottenuti da Elebs e da me nel 1879, e l'autore non dubitava
(1) Rendiconti dei Lincei. Voi. Il, 2<> semestre, 1886, pag. 829.
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— 306 —
di concludere che il fermento specifico della malaria è costituito da quello
Schizomicete, pel quale Elebs ed io proponemmo il nome di Bacillus malariae.
« In Italia l'annunzio di questi risultati fu accolto, dove con diffidenza,
dove con incredulità. Questa accoglienza fa in parte dovuta al discredito nel
quale le ricerche sulla natura della malaria erano cadute, dopo quel singo-
lare avvicendarsi di affermazioni, di contradizioni e di negazioni, di cui vi
tracciai la storia non edificante nel maggio dell'anno passato (i). Ma in parte
fu dovuta ancora ad un certo sentimento gerarchico che domina nel nostro
pubblico medico, quando si tratta di lavori di scienza pura, e specialmente
di lavori di fisiologia o di patologia sperimentale. Parve strano che un medico
esercente in un piccolo paese, si permettesse di asserire cose tanto contrarie
a quelle proclamate in alcuni dei principali Istituti patologici e clinici d'Italia;
e vi fu chi giunse perfino a dire che lo Schìavuzzi, ignaro di batteriologia, aveva
battezzato come bacillo specifico, il bacillo comunissimo della patata.
« Ma fuori d'Italia le cose procedettero altrimenti. Molti seppero apprez-
zare il rigore del metodo di ricerca usato dal dott. Schiavuzzi, e ne augu-
rarono bene per l'attendibiUtà dei risultati da lui ottenuti. Altri rammenta-
rono che la brillante carriera scientìfica di Boberto Eoch era incominciata
con un bel lavoro batteriologico, fatto quando egli era appunto nelle stesse
modeste condizioni dello Schiavuzzi, cioè medico di un distretto. Fra questi
ultimi vi fu l'illustre botanico di Breslavia, Ferdinando Cohn, il quale nei
suoi Deitràge iur Biologie der Pflanzen^ aveva pubblicato quel lavoro di
Eoch, e poste cosi le prime fondamenta della sua fama scientìfica. Ferdi-
nando Cohn, dopo letta la mia Nota del 5 dicembre 1886, andò apposita-
mente a Fola per prendere cognizione esatta dei lavori di Schiavuzzi. Egli si
persuase della realtà dei risultati ottenuti, e li dichiarò decisivi in seno alla
« Schlesische Gesellschaft fùr vaterlàndische Gultur » (^) , annunziando nello
stesso tempo che egli intendeva pubblicare il lavoro completo di Schiavuzzi
nei suoi « Beitràge ».
« Di questa pubblicazione, intìtolata : Untersuchungen uber die Malaria
in Pola (^), il dott. Schiavuzzi fa adesso omaggio alla nostra Accademia.
Essa è corredata da una tavola che riproduce le fotografie fatte a Breslavia,
sotto la direzione di Cohn, del Bacillus malariae interamente sviluppato,
non che delle varie fasi del suo sviluppo. Nella fig. 5 di questa tavola sono
poi raffigurate le degenerazioni subite dai globuli rossi del sangue negli ani-
mali inoculati con questo bacillo ; degenerazioni che erano state interpretate
da insigni patologi, italiani ed esteri, come rappresentanti lo sviluppo di un
Q) Rendiconti dei Lincei. Volume ni, 1^ semestre, pag. 855.
(«) V. Botanisches Centralblatt, V. XXXI, pag. 288. Theodor Fischer, Cassel. 1887.
(3) Beitràge zur Biologie der Pflanzen, herausgegeben von Dr. Ferdinand Cohn.
Voi. V, pag. 245 (Sonderabdnick). S. U. Kern's Verlag. Breslau, 1888.
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— 307 —
parasita animale nell' interno di quegli elementi. Questo preteso parasita,
chiamato da alcuni Plasmodium malariaej e poi da MetchnikofF Coccidium
Mcdoriae^ non esiste. Se ne riproducono tutte le forme che lo simulano, a vo-
lontà, ogni qualvolta si fanno morire lentamente i globuli rossi del sangue
in una cavità chiusa del corpo dei mammiferi o degli uccelli. Si tratta di
niente altro che di una necrobiosi dei globuli rossi, la quale avviene nel corso
della infezione malarica ; ma che può aver luogo anche in altri stati pato-
logici deiruomo, sia nel sangue circolante, sia nel sangue imprigionato entro
cavità del corpo. La conversione, quasi costante, delV emoglobina in pigmento
nero (melanemia) è Tunica particolarità che si riscontra in questa forma
della necrobiosi dei globuli rossi, quando essa avviene nel corso della infe-
zione malarica.
K L'insieme dei fatti verificati da Schiavuzzi e da Cohn, sembra ormai
mettere fuor di dubbio che la causa della malaria è riposta nel Bacillus
malariae. Sarebbe desiderabile che questa convinzione si facese rapidamente
strada nel mondo scientifico, onde riparare, in parte almeno, alla perdita di
tempo prezioso che si è fatta, spendendo nove anni in sterili controversie mor-
fologiche, invece di rivolgere tutti gli sforzi alla soluzione del gran problema
della bonìfica stabile dei terreni malarici. Per ora noi andiamo innanzi a
tentone, con bonifiche puramente sospensive^ che spesso riescono fallaci, e che
quando non riescono fallaci, sono per lo più di incerta durata. Onde riuscire
ad ottenere bonifiche sicure e stabili, occorre completare lo studio biologico
del fermento malarico, e scoprire le vere ragioni per le quali, mentre esso
alligna e prospera in terreni di svariatissima composizione, talvolta prospera,
e talvolta invece non alligna, in terreni apparentemente identici per la loro
composizione geologica, giacitura e condizioni idrauliche, sebbene appartengano
alla medesima regione, e siano non di rado finitimi; come avviene p. es. in
alcune località di Boma e delFagro romano. Occorre in ultimo trovare il modo
di modificare la composizione di questi vari terreni, in guisa da rendere im-
possibile la vita del fermento malarico entro di essi, pur conservando loro
la facoltà di produrre, con vantaggio economico, delle piante utili.
« Fino ad ora queste sono tutte incognite che richiedono un lungo ed
assiduo lavoro per essere rivelate. Adesso però che abbiamo un punto di par-
tenza il quale sembra sicuro, e possediamo metodi di ricerca perfezionati e
relativamente semplici, è sperabile che questo studio proceda senza interru-
zioni, motivate da dissidi scientifici e non scientifici. Già il dott. Schiavuzzi
si accinge a questo studio nella sua nuova residenza dì Parenzo, dove fu recen-
temente nominato medico distrettuale dal governo austriaco. Ed ho qualche
dato per ritenere che, parallelamente alle ricerche che si faranno neiristria,
v^ranno istituite ricerche identiche nella regione romana dal prof.-Cuboni,
il quale ora dirige il laboratorio di Patologia vegetale in Boma, ed il quale
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— 308 —
ha già altra volta inviato alla nostra Accademia un lavoro importante su
questo argomento » (^).
Astronomia. — Sulle osservasioni delle maeehie^ f acole e prò-
luheranze solari fatte al R. Osservatorio del Collegio Romano
nel P trimestre del 1888. Nota del Corrispondente P, Tacchini,
« Ho Tenore di presentare air Accademia il riassunto delle osservazioni
solari fatte nel V timestre del 1888. Per le macchie e per le facole il nu-
mero delle giornate utilizzate fu di 68, egualmente ripartite nei singoli mesi
del trimestre. Questo buon numero di osservazioni si deve al fatto, che du-
rante il giorno la nebulosità non fu continua, mentre in realtà la stagione
fu pessima. Ecco il solito quadro delle medie trimestrali:
1SS8
Frequenza
deUe
macchie
Frequenza
dei
fori
Frequenza
delle
M<*-F
Frequenza
dei giorni
senza
Mh-F
Frequenza Frequenza
dei giorni , .
con soU 1 *"
F 1 gruppi
Media
delle
macchie
Media 1
delle
faceto
Gennaio . .
Febbraio . .
Marzo . . .
1® trimestre
1,65
0,87
0,74
1,09
1,04
1,43
0,96
1,14
2,70
2,30
1,70
2,23
0,21
0,74
0,61
0,52
0,00
0,00
0,00
0,00
1,30
0,48
0,48
0,75
11,17
5,91
6,22
7,77
14,18
11,09
14,57
13,26
A Se si paragonano questi dati con quelli relativi airultimo trimestre
del 1887, si vede che il fenomeno delle macchie e delle facole solari con-
tinuò a diminuire, e perciò si fece maggiore la frequenza dei giorni senza
macchie e senza fori. Nel mese di febbraio sopra 23 giornate di osservazione
il sole presentò poche e piccole macchie nel giorno 1 e dal 20 al 27, mentre
nella serie intermedia le macchie e i fori mancarono sempre.
« Alla diminuzione delle macchie e delle facole non corrispose analoga
diminuzione nel fenomeno delle protuberanze, come rilevasi dal seguente
specchietto :
Protuberanze 1® trimestre 1888.
1888
Numero
dei giorni
osservazione
Medio nu-
mero delle
protuberanze
per giorno
Media
altezza
per giorno
Estensione
media
Massima
altezza
osservata
Gennaio . .
23
8,48
45"7
Vh
120"
Febbraio. .
13
8,07
45,5
1,6
120
Marzo . • •
19
10,31
45,5
1,5
110
Trimesire .
55
9,02
45,7
1,5
120
{}) Nuovi studi sulla natura della malaria. Atti dei Lincei. Memorie della Classe
di scienze fisiche, ecc. Serie 3*, volume IX, pag. 31. Roma 1881.
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— 809 -"
« Nel fenomeno delle protuberanze idrogeniche si ha dunque un logoro
aumento in paragone di quanto si notò nell'ultimo trimestre del 1887. Anche
la cromosfera si presentò spesso assai viva ed a fiamme molto pronunciate,
e nelle protuberanze predominò la struttura filosa e perciò a base relativamente
ristretta, ciò che portò la media loro estensione diurna un poco minore di
quella ricavata dalle osservazioni dell'ultimo trimestre del 1887 ».
Astronomìa. — Osservazioni sulla cometa Sawerthaly fatte da
Tacchini e Millosevich. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
• Questa cometa fu scoperta dal Sawerthal al R. Osservatorio del Capo
il 18 febbraio delFanno corrente. L'astro aveva allora una declinazione au-
strale di h^"^^ era visilbile ad occhio nudo, e la coda della cometa abbrac-
ciava un angolo di 2 gradi. Col rapido moto dell'astro verso l'equatore,
l'osservarlo divenne possibile anche per gli osservatoti europei ; ma il tempo
ostinatamente cattivo ritardò le osservazioni e a Boma la cometa fu veduta
per la prima volta nel mattino del 25 marzo. Il prof. Millosevich ottenne
all'equatoriale di Merz la seguente posizione:
1888 marzo 24. 17^ 5". 18». Roma (i m. C. R.)
a app «21»». 38« 21», 25 (9. 603 n)
S app 0€ 5*. 36'. 23", 6 (0. 707).
t La cometa era sempre visibile ad occhio nudo, con nucleo stellare di
6* a 5* grandezza, e coda abbastanza bella.
« Nel mattino del 26 si tentò l'osservazione spettrale, ma non si ottenne
imagine buona; invece l'osservazione riesci nel seguente mattino, cioè del 27.
Applicai al grande refirattore il solito spettroscopio usato per le precedenti
comete, e si trovò che il nucleo della cometa dava uno spettro lineare sot-
tilissimo in relazione alla piccolezza del nucleo veduto direttamente. Lo
spettro del nucleo però presentava tre rinforzi dì luce ai posti corrispondenti
alle solite zone del carbonio vedute negli spettri di altre comete, e lateral-
mente si avevano deboli tracce delle zone anzidette. Il punto più vivo dello
spettro lineare del nucleo era il più refratto dei tre. Lo spettro poi del
nucleo appariva su di uno spettro continuo assai debole e più largo, corri-
spondente forse alla luce riflessa dalla viva nebulosità oblunga, che avvol-
geva eccentricamente il nucleo. Dopo il prof. Ricco mi scrisse di avere nella
osservazione spettroscopica ottenuto risultati pressapoco come i nostri ; a Pa-
lermo la cometa fu veduta per la prima volta il 14 marzo.
• Il tempo si mantenne poi quasi sempse cattivo e solo nel mattino del
Rendiconti. 1888, Vol.. IV, P Sem. 40
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— 310 —
6 aprile si potò determinare nnovamente la posizione dell'astro dal prof. Mil-
losench. Ecco le nuove coordinate:
1888 aprile 5. 15\ 59°». 45». Roma (t. m. C. R.)
a app 0^22»». 15°». 21», 00 (9. 640 n)
rf app O^ + 1\ 58'. 23", 0 (1, 772).
« L'astro è indebolito, ma ancora visibile ad occhio disarmato ».
Meccanica. — Intorno ad un recente studio sulla gravità.
Nota del Corrispondente G. B. Fa vero.
« Il prof. J. W. Haussler in un articolo pubblicato nel Repertorium
der Physik, 1886, voi. XXII, p. 501, intende dimostrare che la gravità è
una conseguenza meccanica necessaria della rotazione della Terra intomo al
proprio asse. In un secondo articolo pubblicato nello stesso Repertorium, 1887,
voi. XXIII, p. 719, egli estende i suoi calcoU al sistema planetario, inten-
dendo dimostrarne matematicamente l'origine.
« Non mi è noto che altri siasi occupato di questi studi del prof. Haussler.
Non credo quindi del tutto inutile accennare qui brevemente alla insussistenza
del procedimento da lui seguito e dei risultati ottenuti.
« Egli trova che il numero di giri fatto dalla Terra intomo al proprio
asse nel minuto secondo vien diminuito di 8291. 91-** , quando alla sua su-
perficie il peso di un chilogrammo venga sollevato di un metro.
tt Sebbene questo coefSciente sembri piccolissimo, è facile però riconoscere
che esso è eccessivamente grande. Gli spostamenti di masse, che avvengono
alla superficie terrestre per forze naturali turberebbero, se quel coefBciente
fosse vero, in modo assai sensibile la durata della rotazione terrestre. Cosi,
per es., per citare un caso determinato, nel 1800 presso Goldau nella Sviz-
zera una frana di oltre venti milioni di metri cubi precipitò dal Rossberg
da un'altezza di oltre 900 metri; e questo fatto, secondo il coefBciente del
prof. Haussler, avrebbe dovuto produrre una diminuzione di oltre quaranta
minuti prinod nella durata della rotazione terrestre.
« Il coefficiente del prof. Haussler è dunque erroneo, e Terroiia proviene
da un procedimento erroneo di calcoli, mediante i quali egU vi perviene.
Senza entrare nei particolari di tali calcoli, ci limiteremo ad osservare che il
concetto stesso da cui parte l'autore è gratuito. Infatti egli considera una
sfera in rotazione, e suppone che alla sua superficie un elemento della massa
venga spostato, e che tale spostamento esiga un lavoro, e poi soggiunge : La
condizione dell'energia costante per l'intero sistema può essere soddisfatta
solamente, se la forza consumata per tale lavoro sia presa dall'energia cine-
tica della rotazione (p. 502). Ora ciò è appunto quanto dovrebbesi dimostrare.
Lasciata anche la considerazione di forze esterne, ed il moto dei centri di
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— 311 —
gravità delle masse rispetto al centro di gravità comune del sistema, vi sono,
per quanto riguarda la Terra, altre energie, oltre quella di rotazione, nelle
quali può essere convertito o dalle quali desunto un lavoro compiuto alla sua
superficie.
« Quanto al fatto accennato dal prof. Hàussler, che la velocità angolare
di masse rotanti aumenta, quando parti di esse masse si avvicinano all'asse
(p. 501), esso sussiste, ma si spiega in base alle note leggi della meccanica,
indipendentemente dalla gravità e da qualunque concetto sulla causa della
sua esistenza.
« Abbiansi infatti i punti materiali /«i , jUs , . . . ed il punto materiale m^
i quali si muovano sotto l'azione di forze reciproche, e di forze la sonuna
dei cui momenti sia nulla rispetto ad una retta fissa. Presa questa retta per
asse delle j, avrà luogo per quest'asse il teorema delle aree. Dette $ ed ?; '
le coordinate di un punto in, w ei y quelle del punto m, secondo gli altri
due assi, sarà dunque
dove con ju ed 772 si sono indicate le masse dei rispettivi punti. Se le masse
ju formano un sistema rigido rotante intomo all'asse delle ;;, saranno costanti
le loro distanze ^i , ^g , . . . da quest'asse. Inoltre preso un piano passante
per Tasse, e fisso al sistema rotante, detto 9 l'angolo di questo piano col
piano xis, ed ori , ots , . . . gli angoli fatti dalle Qi^Qì, . » » collo stesso piano
xs^ saranno costanti le differenze «i — y , «2 — y 1 ■ • • « quindi dai=^€Up ,
dai=id^ ,.. . Notando dunque che si ha J = ^ cos a , ij = ^ sen a , si ottiene
Sul^j^ — ^u)^^'^^^^^ ' ® P^^*^ .ì7:=r cos2^, y = rsenz^, si avrà
similmente ^^(^37 — y^)~^''*^» ® l'equazione superiore diverrà po-
nendo il momento d' inerzia JSfig^ = I
A + ^^.^ = C08t.
ai ai
« Se si considerano due tempi diversi, nei quali i valori delle velocità
angolari -^^ , -r: e del raggio r siano rispettivamente wq , ^0 » ^0 ed wi , ^i , /'i
di ai
avremo ^
I«o + wro* Vo = I«i + wri* Vi
K Che se nel primo dei due tempi considerati la massa m fa parte del
sistema rotante, e poi sotto l'azione delle forze accennate cambia di posto
rispetto al sistema stesso, in modo però da farne ancora parte nel secondo
dei tempi considerati, allora si ha t?o = «o , «^i = «i e quindi
/TI IX /TI «\ A ' m(ro^—ri*)(»o
(I + wro»)wo = (I + wri*)w, , da cm «1— «o=— ^jx^^^Ti —
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— 312 —
1 L alterazione prodotta biella velocità angolare del sistema rotante, per
il cambiamento di posto della massa m, è dunque proporzionale al valore
iniziale coo, ed è indipendente daUa variazione dell'angolo u e della coordi-
nata 2, corrispondenti alla posizione iniziale e finale deUa massa m: l'alte-
razione è nulla quando nel nuovo posto la massa m si trovi alla stessa di-
stanza dall'asse alla quale si trovava in origine.
« Invece dell'alterazione prodotta nella velocità angolare può esprimersi
quella prodotta nel numero dei giri fatti nell'unità di tempo, o quella nella
durata di un giro. Detti nel primo caso rio ed ni il numero dei giri, e nel
secondo To , Ti la durata di un giro, prima e dopo il cambiamento di posto
della massa m^ si hanno le relazioni 27inQ==(ao,27ini = (Oi,o)o'^o='2^ ^
cr)iTi = 27r, e quindi le formolo:
m(ro^—ri')no m(ri^ — ro*)To
n,-n,- ^^^^, , li-Io- j_^^^^, •
tt Le formole valgono anche per il caso che la massa m nel cambiare
di posto subisca degli urti elastici colle masse ju, o quando gli urti non es-
sendo del tutto elastici siano diretti all'asse, e non producano quindi perdita
di forza viva di rotazione.
« Prescindendo dall'azione dei corpi celesti, il cambiamento di posto di
masse alla superficie o neirinterno del globo teiTestre si fa per effetto di
forze reciproche, cioè tali che all'azione esercitata su tali masse corrisponde una
reazione eguale e contraria nel corpo terrestre. Se dunque si considera la
Terra come un corpo rotante intomo ad asse fisso, e si prescinde da perdite
di forza viva di rotazione prodotte da urti non elastici, potranno applicarsi
le formole superiori. L'alterazione nella velocità di rotazione sarà dunque nulla
se il cambiamento di posto delle masse si fa nella direzione del polo celeste o
lungo un parallelo. Eiguardando la Terra come una sfera di raggio B, sup-
poniamo che la massa m si trovi alla superficie e sia assai piccola in con-
fronto della massa M della Terra. Spostando m di una piccola ' quantità l
nel senso del meridiano, e di A nel senso dell'altezza, chiamata X la latitudine,
avremo ro = R cos A , j\ = (R + A) cos 1 A -f- — j . Inoltre si ha I = | MB*,
iti V
e sostituendo al rapporto ^rr delle masse, il rapporto ^ dei pesi, otterremo
Ti — Tq 5jPCosA(AcosA — IsenX)
To ~ PB
« Se lo spostamento si fa unicamente nel senso della verticale si ha
Ti — Tq 5jpAcos*A
To ""■ PR
« Se dunque all' equatore si solleva di un metro il peso di un chilo-
5
granmio, la diurata della rotazione della Terra viene aumentata di p^ del
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— 813 —
suo valore, ossia di —=-5 — minuti secondi, ritenuto To = 86164,1, ed es-
ra
sendo F il peso della Terra in chilogrammi ed B il suo raggio in metri.
Ritenendo eguale a 6 il peso specifico della Terra si trova
430820
PB
: 1043.10-'*.
<*» /«<i f rp
« Siccome poi nel caso attuale può ritenersi -^ -| — ^-^ — - — 0 ,
Ilo J-o
così il coefficiente no — rii , considerato dal prof. Haussler, ha il valore
;2o — »i---= 14052. 10-^^
invece del valore 8291.10-" da lui trovato ».
Fisiologia. — Ricerche sui gas contenuti nella vescica nata-
toria dei pesci. Nota IH (0 di Margherita-Traube Mengarini,
presentata dal Socio Blaserna.
B Le esperienze da me descritte nella precedente Nota si riferiscono a
pesci fisostomi.
ft Per sperimentare con quelli a vescica chiusa dovetti ricorrere a pesci
marini, non potendo procurarmi tali pesci di acqua dolce.
« L'apparecchio adoperato fu sempre il medesimo già descritto; solo fu-
rono ricoperte con mastice speciale inattaccabile dall'acqua le parti metalliche,
e la rete fii &tta di ferro stagnato.
« Anzitutto feci una serie di misure per verificare la quantità dì acido
carbonico che si trova nelle vesciche dei pesci dopo un soggiorno prolungato
in un'acqua bene aerèata; dopo avere constatato che di acido carbonico, o
non ve n'era punto, o ve n'erano tracce appena sensibili, decisi di tralasciare
questa ricerca.
> Tutte le misure furono fatte col metodo dì Bunsen, col catetometro
e scala millimetrica situato vicino all'eudiometro, ed in una stanza dell'Isti-
tuto fisico deUa B^a Università di Boma situata al nord e molto bene
adatta per simili misure.
tf n gas detonante fu preparato per via elettrolitica coU'apparecchio di
Bunsen. L'idrogeno e l'ossigeno furono preparati pure per via elettrolìtica
con speciale apparecchio da me costrutto e che descriverò in altra IJota.
Esso ovvia alla incertezza delle varie preparazioni dell'idrogeno e dell'ossi-
geno consigliate dai vari sperimentatori.
(0 V. pag. 89.
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— 314 —
<c II gas in questo apparecchio usciva preparato di fresco volta per volta
che occorreva, onde ovviare a fenomeni secondari che avrebbero potuto adul-
terare i risultati delle misure.
« Debbo alla squisita cortesia del chiarissimo professore Blasema di aver
potuto disporre per le mie esperienze del ricco materiale dell'Istituto fisico.
IL
« Insieme alle misure sui pesci senza dutto esofageo, ne feci due serie
su pesci fisostomi di acqua dolce, perchè volli persuadermi se le condizioni
fisiologiche del pesce abbiano una sensibile influenza suirandamento.
« Tale dubbio fu in me sollevato dalle esperienze di Moreau, dalle quali
egli deduce che i soli pesci sani siano capaci di produrre Tossigeno nella
loro vescica.
« Delle otto esperienze che qui trascrivo, tre (IV, V, VI) furono fatte su
pesci perfettamente normali ed uccisi quando essi si trovavano in piena vitalità.
« Le altre (VII, Vili, IX, XI, XII) furono fatte su pesci che dopo le
prime 24 ore di permanenza nella vasca si ammalarono per Tacqua forse
troppo calda, ed intorbidata dalle grandi quantità di uova che i pesci avevano
depositate.
« Dairesame delle diverse analisi risulta che in tutti i pesci sani od
ammalati penetrò Fidrogeno nella vescica, ma che nei pesci ammalati il pro-
cesso di assorbimento procede più lentamente che in quei sani. In ambedue
i casi la quantità d'idrogeno cresce colle ore di permanenza del pesce nel
bagno. Per la proporzioni dell'ossigeno nulla posso dire, non risultandomi
dalle cifre trovate alcuna relazione semplice.
tt Merita di essere osservato il fatto che mentre si constata per i Leu-
cisous un aumento progressivo dell'idrogeno, un pesce di altra specie, il
Cyprinus barbus cioè (n. XI), mostra una proporzione d'idrogeno diversa
dagli altri.
Data
1 •
Numero
d'ordine
deiresper.
Tempera-
tura
della Tasca
Durata
deir
esperienza
Ho/o
0%
NO/O
Pesci
adoperati
1 19 Maggio
20 Maggio
21 Maggio
IV
V
VI
19,2
19,2
19,4
ore 23,5'
ore 48
ore 74,30
5,86
8,21
9,19
17,86
7,69
28,79
76,44
84,10
57,46
Leuciscus
id.
id.
10 Giugno
12 Giugno
14 Giugno
16 Giugno
17 Giugno
ni
Vili
IX
XI
xn
22,7
22
22,6
22,4
22
ore 29
ore 48
ore 103,45
ore 153,15
ore 153,15
5,46
2,95
6,62
4,77
8,64
11,12
33,04
14,42
83,42
64,01
79,96
Leuciscus
id.
id.
Cyprinus
Leuciscus
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— Sl'S —
« Credo che queste esperienze siano sufficienti per dimostrare che una
differenza qualitativa tra i pesci normali ed i pesci patologici non esiste
riguardo all'assorbimento d'idrogeno della vescica.
B Fra i pesci asfittici ed i pesci normali, la differenza nella proporzione
dei gas nella vescica sembra accentuarsi ancora più che fra pesci sani ed
ammalati.
« I pesci delle esperienze lY e XII erano rimasti in un'acqua ben ae-
reata, e dimostravano sempre il colore delle branchie normale ; resta quindi
escluso trattarsi in quei anamalati di asfissia. Per contrario un Mugil ce-
pfuUm che mi venne portato in un vaso strettissimo, che gli impedì ogni
movimento e la respirazione normale, dimostrò tutti i segni dell'asfissia. Fu
messo allora in una vasca sufficientemente grande, nella quale gorgogliavano
idrogeno ed aria atmosferica.
« Il pesce senza l'ostacolo delle reti metalliche, cercò avidamente le bolle
di gas che si sprigionavano alla superficie. Morì dopo 12 ore. Gli vennero
estratti 14 ce. di gas dalla vescica; e di questo 70,21 Vo era idrogeno. Il
resto era azoto.
8 Pare dunque che a questo pesce colla vescica chiusa abbia giovato il
contatto diretto dei gas, dei quali non ritrovai nella vescica che l'idrogeno.
III.
« Il mugil della precedente esperienza sta in contatto diretto colle due
sorgenti gassose, idrogeno ed aria atmosferica.
« Le seguenti esperienze furono fatte tenendo i pesci lontani da ogni
diretto contatto coi gas.
« Due motelle pervenutemi dall'acquario di Napoli, morirono dopo 4 ore
30 minuti di permanenza nella vasca. Il gas delle loro vesciche introdotto
neir eudiometro esplose senza aggiunta d'ossigeno e di gas detonante.
« È questo il tempo minimo (ore 4,30) nel quale ho potuto constatare
idrogeno nelle vesciche dei pesci.
B Esclusi il dubbio che si trattasse in questo caso d'un gas esplodente
di decomposizione, che poteva sorgere essendo i pesci morti di morte naturale,
facendo apposite esperienze sopra i pesci quasi in putrefazione senza trovare
mai la benché minima traccia d'un gas esplodente.
< Ciò va d'accordo colle esperienze di Gonfigliacchi (22) e di Sohultze (45).
« Le seguenti analisi quantitative furono fatte su dei mtcgil cephaltis
tenuti nelle stesse condizioni delle motelle. Esse dimostrano che questi
pesci si riempiono in tali condizioni la vescica natatoria di idrogeno. Pare
che mentre questo aumenta, l'ossigeno diminuisco.
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— 316 —
« Ecco i risultati ottonati ;
Data
Numero
d'ordine
deiresper.
Tempera-
tura
Durata
deir
esperienza
H%
0%
NVo
Pesci
adoperati
1886
12 Maggio
n
ore 13
3,18
Mugil cephalus
1887
22 Febbraio
xm
0
5,7
ore 16,40'
2,21
35,17
62,62
id.
22
XIV
7,5
ore 17,45
7,97
—
—
id.
23
XV
7,5
ore 39
8,31
3,18
88,51
id.
28 y>
XVI
7,5
ore 37
16,78
1,76
81,46
id.
8 Marzo
XVII
12,0
ore 168
85,20
1,34
13,46
id.
« Per estrarre il gas dalle vesciche dì motella e di mugil cephaltis mi
convenne adoperare una siringa, che fu introdotta attraverso i muscoli late-
rali del pesce dopo avere scoperta la vescica dalla parte ventrale. Penetrando
direttamente nella vescica, questa si lacera ed il gas si disperde. La vescica
di cyprinm e di leuciscus potè essere introdotta direttamente sotto Teudio-
metro, punteggiandola sotto il mercurio.
n Da queste esperienze risulta :
« P Che l'idrogeno sciolto nell'acqua penetra nella vescica
natatoria, sia chiusa, sia provvista dì dutto esofageo.
« 2^ Che ciò non dipende dallo stato del pesce, ma che invece
. ridrogeno si ritrova nella vescica di ogni pesce che è
rimasto almeno 4 ore nell'acqua satura d'idrogeno.
« 3° Che il diretto contatto del pesce ed il bisogno d'aria
accelerano questo processo».
Fisica. — L' isoterma dei gas. Nota II (0 dì Arnoldo Violi,
presentata dal Socio Blaserna.
« Fìn'ora non s'è creduto necessario ricercare la legge di attrazione mo-
lecolare. Ma ritenendo che le molecole si comportino conformemente alla
legge fondamentale di Newton, l'attrazione d tr9k due molecole di masse
eguali ad m, i cui centri sì trovano alla distanza q (diametro della sfera
d'azione sensibile), sarà espressa da
(') V. pag. 285.
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— 317 —
essendo f una costante di attrazione. Indicando con Ni il numero delle mo-
cole contenute nelVunità di volume, questo sarà espresso, in funzione di ^, da
7) Nip' = l,
da cui
8) N.=^;
ed essendo Njm la massa molecolare delFunità di volume, avremo dalla 6)
per la 8)
e chiamando .u la massa dell'unità di volume, o la densità del gas,
per /*:=:= NiW, avremo
10) d = ^fii\
cioè l'attrazione molecolare estema è proporzionale al quadrato della densità,
conclusione identica a quella a cui giunse Yan der Waals col semplice
ragionamento.
s Facendo uguale ad uno il volume deUe sfere d'azione sensibile delle
molecole, per una qualunque di esse, sarà
quindi
-n
ovvero, per ti: = 3,1416,
11) ^=.1,24
e la 10) si riduce ad
12) d = \,2^fiJi}.
B In quest'espressione la densità del gas dipende dalla pressione esterna
e quindi dall'unità di misura adottata per questa; ma per la condensazione
delle atmosfere eteree degli elementi, la quantità / è una costante specifica
dipendente dal numero degli elementi componenti la molecola. Infatti non
ammettendo la condensazione delle atmosfere eteree degli n elementi com-
ponenti le molecole risultanti, prendendo per unità il volume d'uno di essi,
avremmo ottenuto
cioè
s
13) Qi = lMl/n
essendo ^i in questo caso, il diametro deUa sfexa d'azione sensibile delle
molecole risultanti. Ma per la 8) la quantità ^i non verifica più l'ipotesi
di Àvogadro; e soltanto sostituita a q nella 10) mostra come l'attrazione
molecolare esterna dipende allora soltanto da una costante di attrazione fi ,
eguale per le molecole di tutti i gas ; e siccome, anche non ammettendo la
BiNDiooNTi. 1888, VoL. IV, V Sem. 41
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— 318 —
condensazione nelle atmosfere eteree degli elementi che si combinano, Tat-
trazione molecolare estema dev'essere uguale a quella che si otterrebbe con
la supposizione più conforme al vero, per questa condizione, eguagliando il
valore di ci dato dalla 10) a quello che si ottiene dalla stessa sostituendo ^t
ed /i a p ed / avremo
da cui
e per le 11) e 13)
f-u'i
14)
f=Ufn
La costante /i , ossia Tattrazione dell'unità di massa distante di uno da
un'altra massa pure uguale ad uno, dovendo risultare uguale per le mole-
cole di tutti i gas, dipenderà dalla pressione iniziale alla quale si conside-
rano, e varierà inversamente a questa rispetto alla variazione delle distanze
dei centri molecolari. Perciò il rapporto fra fx , attrazione dell'unità di massa,
e la massa -- dell'unità di volume di mercurio, sarà uguale a quello fra la
massa - dell'unità assoluta di forza e la massa —hx della forza corrispon-
dente alla pressione iniziale, essendo hx la pressione iniziale espressa in
metri di mercurio e g l'accelerazione deUa gravità ad una determinata la-
titudine e altitudine; quindi
^^' 9 'g' 9
da cui
e la costante specifica /, per la 14), resta cosi determinata da
e per questo valore abbiamo dalla 12)
8
lo) a = r*^ iw* .
ghx
« Indicando con d il peso del gas di volume Vx alla pressione di 1™
di mercmio, alla pressione iniziale hi avremo
17) fA = — -;
Vx9 '
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— 319 —
e poiché la quantità d è riferita all'unità di volume del gas, rappresen-
tando con i il 'peso deirunità di volume d'idrogeno alla pressione di O^'^TG
e con p il peso molecolare del gas, sapendo che alla pressione hx
18)
oppure, per
■'-'/.'«f,^
A
19) •
essendo
*^' = 0,76
20)
la 17) ci dà
21)
e dalla 16) l'espressione
«r.A.p
'^ 2^ e;»
22) «' =
1,24 t/Ji, lò,f\
- 9 %9vJ
« Le quantità ^ , n, Si, p y sono costanti per un medesimo gas, per
cui scriveremo
23) ^^^IMfnéJfh.
e la 22) assume allora la forma
24) a' = ^,
e possiamo concludere, per l'espressione antecedente, che alla pressione ini-
ziale hi lattrazione molecolare estema
l'' è proporzionale alla radice cubica del numero degli elementi com-
ponenti la molecola;
2^ ò proporzionale al quadrato del peso molecolare;
3^ è inversamente proporzionale al quadrato del volume del gas.
• Quest'ultima conclusione è conforme a quella dedotta dall'espres-
sione 10) e già prevista da Van der Waals.
« Anche per gli elementi, non essendovi ragione alcuna di ammettere
una legge di attrazione diversa da quella delle molecole, l'attrazione dell'unità
di massa di un elemento qualunque rispetto all'unità di massa dell'atmo-
sfera eterea posta all'unità di distanza, sarà espressa per la 6) da
25) a" = f'
f essendo la costante di attrazione eguale per tutti gli elementi, avendo
essi un'uguale atmosfera eterea rispetto alla quale reagiranno con eguale
quantità di forza per mantenersi in equilibrio; e per gli n elementi conte-
nuti neUe N molecole del voliune Vi del gas, dovendo anch'essa essere in
ragione inversa del quadrato del volume del gas, avremo
26) a" = /' A •
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— 320 —
La costante f dipende solo dalla pressione esterna, variando con essa il
volume delle atmosfere eteree, e varierà in ragione inversa a questa; perciò
essa sarà determinata semplicemente dal rapporto della massa dell'unità as-
soluta di forza - e la massa —Ai della forza elastica estema, alla pres-
9 9
sione iniziale Ai, cioè
ovvero, ponendo
27) ««=/'=i:
avremo dalla 26)
28) a" = -^.
K Sostituendo nella 5) i valori di ^ e ci' dati dalle 24) e 28) abbiamo
e siccome alla pressione iniziale Ai le quantità Ui e at sono costanti, chia-
mando a la costante specifica di attrazione molecolare, sarà
30) a=^ai — (h
e la 29) assume la forma
« Così Tattrazione intema del gas, per la forma attuale, è rappresentata
da un'espressione identica a quella a cui giunse Van der Waals col semplice
ragionamento; ma in seguito mostreremo come essa debba esser modificata.
« Si è ricercata l'attrazione molecolare del gas partendosi da quella delle
masse di due molecole rispetto alle distanze, dei loro centri, uguali ai dia-
metri delle rispettive sfere d'azione ; e per conseguenza l'attrazione ix si rife-
risce ad una massa molecolare doppia di quella contenuta nell'unità di volume.
Quindi la pressione intema dell'unità di volume del gas sarà .
82) e = Vtei
ovvero, per la 31)
33) i =
e la 4) assume la forma
2v,^
2
« 11 volume del gas, ossia lo spazio nel quale si muovono le molecole,
è uguale alla differenza fra il volume totale del gas e;' e il volume molecolare
relativo h\ ossia lo spazio occupato dagli elementi molecolari; per cui
35) Vx^v'—H
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— 321 —
od anche, chiamando b il volume molecolare delFunità dì volume del gas,
36) v' = v{l — b).
« Il Tolume molecolare b , sarà uguale al rapporto fra ^1 peso del gas
dell*nnità di volume e il peso specifico molecolare, cioè sarà
37) è=--^
essendo d il peso deirunità di volume del gas alla pressione di 1°^ di mer-
curio, D il peso specifico molecolare alla pressione iniziale hi . Ma per la
legge di Avogadro, in condizioni eguali di pressione, essendo uguale il numero
delle molecole contenute in eguali volumi di tutti i gas, il rapporto fra il
numero Ni delle molecole contenute nell'unità di volume e la pressioue ini-
ziale Jhi espressa in chilogranuni, sarà uguale a quello di una molecola e
il peso specifico molecolare; per cui
Ni:./Ai = l:D
da cui
38) N. =fi .
« Nelle stesse condizioni di pressione, il peso specifico molecolare è ugnale
ad Ni volte il peso molecolare relativo p , cioè
da cui
P
ed egus^liando quesito valore a quello della 38), otterremo
39) D = yjhip
cioè alla pressioiie iniziale Jhi il peso specifico molecolare è proporzionale
alla radice quadrata di questa e del peso molecolare relatìro.
« Per la 20) e la 39) la 37) si riduce alla seguente
40)
= v.V«^
dalla quale si ricava che il volume molecolare è proporzionale
P alla radice quadrata del peso molecolare ;
2^ alla radice quadrata della pressione iniziale espressa in metri di
mercurio.
« Con la 40) resta cosi determinato il volume specifico molecolare ; quindi
per la 36) le 33) e 34) si riducono aUe seguenti
^^^ ^~ 2{v\l — b)y
*2) V.j^^+2).Xl'-^)r^^^^-^> = ^-^'
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— 822 —
« n volarne totale del gas in queste espressioni è riferito alla tempera-
tura assoluta 6 . Ordinariamente le temperature alle quali si misurano i volumi
dei corpi sono riferite ad un punto diverso da quello corrispondente allo zero
assoluto ; per cui volendo render confrontabili con le esperienze le espressioni
ottenute, adottando la scala centigrada per scala termometrica pratica, siccome
lo zero di questa corrisponde, in unità assolute, a
43) d,=i
a
quale si ottiene dalla 1) per f = 0° C. ; ed essendo i volumi di un medesimo
gas proporzionali alle respettive temperature assolute, indicando con v il volume
del gas alla temperatura assoluta ^i avremo la seguente proporzione
oppure, per la 1) e la 43)
V V«
da cui
45) v'= v{l+ ttt) .
a Sostitnendo questo valore nelle 41) e 42) abbiamo
^^^ * ^ 2\v{l—b){ì-hat)\*
K Clausius aveva già avuto occasione di avvertire come non fossero suf-
ficientemente rigorose le premesse che condussero Van der Waals all'equa-
zione generale dell'isoterma; e che l'attrazione molecolare doveva aumentare
col diminuire della temperatura assoluta. L'espressione 46) mentre conferma
quanto aveva preveduto Clausius, mostra ancora che la pressione intema del
gas, con la temperatura deve variare nel medesimo rapporto del volume, cioè :
la pressione interna del gas è inversamente proporzionale
al quadrato del volume del gas misurato alla corrispon-
dente temperatura espressa in unità assolute.
« Al punto cui siamo giunti è ben ricordare che la pressione interna non
è altro che quella parte della forza viva totale del gas trasformata in energia
potenziale, in conseguenza dell'attrazione molecolare estema ed intema; perciò
essa non ha relazione alcuna col coefSciente termico molecolare a , costante
per tutti i gas, il quale ad una determinata pressione misura l'aumento della
sola energia di traslazione molecolare per un grado di temperatura espressa
in unità assolute. Infatti riscaldando di 1^ l'unità di volume d'un gas che
si trovi alla temperatura dello zero assoluto e alla pressione di A°* di mer-
curio, mantenendolo a volume costante, il calore di riscaldamento si distri-
buirà egualmente &a gli n atomi delle Ni molecole componenti la massa
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r^^inejrw^a,.
— 323 —
gassosa. Ma del calore totale ai (calore atomico) di cui si riscalda un atomo,
una parte ne aumenterà la forza viva di traslazione e l'altra la sua energia
potenziale; per cui indicando con e il rapporto fra l'aumento di energia di
traslazione atomica e quello della forza viva totale delle Ni molecole alla
temperatura assoluta di P e alla pressione di 0"^,76 , alla stessa temperatura
e alla pressione di A'" il calore che aumenta la forza viva dì traslazione mole-
colare sarà
A
0,76
L'aumento d'energia di traslazione molecolare Ni ne , dell'unità di volume,
per un grado di temperatura, rappresenta il coefficiente termico molecolare a ,
per cui avremo
48) y="m"'-
« Facendo inoltre variare di 1^ la temperatura assoluta del gas, mentre
si mantiene alla costante pressione A, la stessa quantità V di calore sarà quella
che occorrerà per eseguire il lavoro di espansione della quantità di materia
contenuta nelV unità di volume, indipendentemente dalla pressione intema;
per cui indicando con e e e' i calori specifici dell'unità di peso del gas a
pressione costante e a volume costante, e con d' il peso dell'unità di volume
del gas alla pressione di 0",76 , alla pressione di A™ avremo
49) y = (,_Orf'^.
« Per alcune nostre considerazioni trovammo (0
p\ hn)
J ^
er=ai-
essendo jp il peso molecolare; perciò la 49) ci dà
50)
e siccome sappiamo che
SO) ^^V.f^'olè
i essendo il peso dell'unità di volume dell' idr(^eno a O" C. e alla pressione
di 0"",76 , la 50) si riduce a
„ S h
'<? 0,76
(«) A. Violi, Svila relazione di alcune proprietà jliiehe degli aeriformi col rapporto
dei due calori tpeci/ici a pretsione costante e a volume costante. Nota pubblicata nei
Tronaonti della R. Accademia dei Lincei, voi. VII, serie 3», 1888, pag. 112.
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tità N— r- nella 47) è una funzione della temperatura d = -(H~a^);
— 324 —
ed eguagliando questo valore a quello della 48) otteniamo
51) " = '^4'
tt Questa espressione dimostra chiaramente come il coefficiente termico
molecolare è una quantità costante per tutti i gas, dipendendo unicamente
dal peso delVunità. di volume d' idrogeno a 0^ G. e alla pressione di un'atmo-
sfera. Ponendo nella 51) ó = Cg. 0,089578 (peso di 1"* d' idrogeno a 0",76
di pressione) e ^ = 9°*,80533 , abbiamo
52) „ = 0,00365426 =--^^0).
<( Procedendo nello sviluppo della teoria, osserveremo infine come la quan-
N— r- nella
perciò scriveremo
53) t/3JL|«L = B'«
essendo B' una costante dipendente ancora dalle azioni inteme del gas, ed
allora la 47) assume la forma
oppure, per
54) Bi = — = ^NwM«
a 3a
la seguente
0 quest'altra più semplice
e siccome in pratica si esprime la pressione in metri di mercurio, &cendo
z/A = H, avremo, per la pressione di H metri di mercurio, l'espressione
che è l'equazione generale dell'isoterma, di cui ci serviremo in
seguito nello studio comparativo della compressibilità e della elasticità
dei gas » .
(1) La dimostrazione teorica del coefficiente termico molecolare è identica a quella
da me fatta altra volta pel valore teorico del coefficiente di tensione indipendentemente
dalle azioni inteme dei gas. ■ — A. Violi, Sul valore teorico del coefficiente di tensione f
del calore specifico atomico degli aeriformi e delV equivalente dinamico della caloria, Nota
pul^blipata pei Rendicopti dellt^ R. Accademif^ dei Jjincei, voi. VII; serie 3% 1883, pa^. 243,
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— 325 —
Fisica terrestre. — Contributo allo studio delle rocce magne-
tiche dei dintorni di Roma. Nota II, di Filippo Keller, presentata
dal Socio Blaserna.
« In una Nota precedente {}) ho esposto il metodo di rintracciare il ma-
gnetismo delle rocce mediante la declinazione, yengo ora a trattare quello della
componente orizzontale. Tale procedimento può mettersi in pratica anche per
un orizzonte ristretto, giacché qui non occorre di mirare da ciascuno dei due
punti A e B sull'altro o sopra un terzo ; si ha quindi molta latitudine nella
scelta del punto B, che può essere stabilito una volta per sempre e possi-
bilmente in una località non magnetica. Questa circostanza costituisce senza
dubbio un yantaggio non ispregevole di questo metodo in confronto di quello
della declinazione, potendosi più &cilmente scegliere delle località riparate
dal sole e dal yento. Importantissima poi è la sua applicazione a ristretti
ambienti sotterranei; simili ricerche hanno un interesse speciale in ordine
alla questione, se in spazi racchiusi da rocce magnetiche si manifesti la forza
magnetica, la quale azione è stata negata da alcuni.
« La misura assoluta della componente orizzontale, ideata da Gauss,
esige, come si sa, due operazioni distinte; nella prima si determina il tempo
di oscillazione di una sbarra magnetica, e nella seconda la deflessione pro-
dotta dalla stessa sbarra sopra un ago liberamente sospeso; ciascuna di queste
misure dà luogo ad un metodo speciale per la determinazione relativa della
componente orizzontale. Quale dei due metodi sia il più esatto non può essere
deciso in modo assoluto, giacché qui entra anche il grado di esattezza degli
strumenti adoperati. Lasciando da parte la sbarra m^netica, la quale dev'es-
sere costruita colla medesima cura in ambedue i modi di sperimentare, il
primo metodo richiede come parte più essenziale e delicata dell'apparecchio
sperimentale un cronometro di precisione, il quale istrumento essendo di uso
molto comune, non è poi tanto difBcile a procurarsi. Valendosi invece delle
deflessioni, allora occorre un istrumento per la misura degli angoli, di
grande precisione, di costruzione tutta speciale e per certo molto meno co-
mune deirorologio. Nelle mie ricerche in campagna mi sono sempre attenuto
al metodo delle oscillazioni il quale, tenendo conto di tutte le circostanze,
mi sembra molto piti opportuno dell'altro. E qui cade in acconcio di ricordare
il lavoro di Hellmann (^) che fece degli appositi studi comparativi rapporto
alla precisione dei due metodi, nei quali conclude sulla preferenza da doversi
dare alle oscillazioni.
(J) V. pag. 38.
(*) Karl, Repertorium der Expàrimentalphysiky voi. XVI, anno 1880, pag. 212.
Rendiconti, 1888, VoL. IV, !<> Sem. 42
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— 326 —
« Circa le norme pratiche, che si devono seguire in simili misure rimando
il lettore alla Nota: Misura della componente orizzontale del magnetismo
terrestre eseguita in alcune località dei dintorni di Roma {}) e in un'altra
pubblicazione {}) ho aggiunto alcune considerazioni, che riguardano Tinfluenza
prodotta dalla Terra su questo metodo, inquantochè questa induzione fa va-
riare, sebbene assai debolmente, Vintensità della sbarra oscillante.
ft Nel metodo della componente orizzontale, sia che si faccia uso delle
oscillazioni, sia delle deflessioni, esiste peraltro una causa di errore, che non è
punto da temei'si nel metodo della declinazione, cioè la variazione del mo-
mento magnetico della sbarra. Per evitare il suo effetto nocivo o almeno per
deprimerlo il più possibile, è indispensabile di tener conto del sua coefficiente
termico e si dev'essere sicuri che la sbarra non sia soggetta a un indeboli-
mento progressivo troppo sensibile e che tale perdita di forza non vada a
salti. Quest'ultimo difetto, che è senza dubbio il più dannoso, ed al quale forse
non tutti gli autori hanno data Timportanza che merita, richiede una perio-
dica verifica dello stato magnetico della sbarra. Si può fare a meno di tale
operazione nel solo caso in cui il tempo percorso fra le due osservazioni in A
e B è relativamente breve e quando le medesime vengono fatte a contrat-
tempo. Per l'accennata verifica sarebbe rigorosamente necessario di determinare
il momento magnetico in misura assoluta, ma quando non viene richiesto l'ul-
timo limite di precisione, cioè quando si tratta di rocce magnetiche non debo-
lissime, basta anche la misura del tempo di osciUazione in un luogo privo
di magnetismo, prescindendo così dalle variazioni periodiche del magnetismo
terrestre, le quali sono per dire il vero, tranne casi eccezionali, sempre
assai piccole.
tt Oltre la precauzione ora esposta è da raccomandare la massima cura
nel maneggio e nel trasporto della sbarra per evitare il più piccolo urto o
l'attrito, come anche il suo riscaldamento e il troppo suo avvicinarsi a (^getti di
ferro o peggio ancora a un magnete. Ora tutte queste cautele sono superflue
nel metodo della declinazione.
« Un'altra circostanza, che imbarazza in questo metodo maggiormente
che in quello della declinazione, consiste nel peso più grande che si deve
dare al magnete, perchè essendo questo più potente, produce una induzione più
forte sul terreno. La maggiore massa della sbarra è necessaria, inquantochè
influisce molto favorevolmente sulla regolarità delle oscillazioni. Infatti non
havvi causa più dannosa per le oscillazioni, che le deboli correnti di aria,
che si formano facilmente nell'interno della cassetta di oscillazioni e la non
perfetta stabilità di quest'ultima per causa del vento. Ora tali sorgenti di
(M Atti della R. Accademia dei Lincei, Meni, fis., voi. Il, serie 3*, anno 1878, pag. 577.
(*) Considerazioni sulla misura della componente orizzontale del magnetismo ter-
restre, ecc. Roma 1881, tipografia Salviucci, pag. 6.
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— 327 —
errore si fanno sentire assai più forti nelle sbarre leggiere ; per comprovare
la superiorità dei magneti pesanti, basta fare oscillare mia sbarra in mi primo
caso da so sola e in un secondo caricata da un anello o cilindro addizionale,
appunto come si procede nel noto metodo per la determinazione del momento
d*inerzia. Confrontando i rispettiyi risultati, si vedrà sempre come Terrore medio
corrispondente alla sbarra carica sia di molto inferiore all'altro. Vero è da
un altro lato, che le sbarre molto pesanti debbono essere escluse per altre
ragioni; ponderate bene le cose, sembra che sbarre di un peso di circa 50
grammi si prestino nel modo più opportuno allo scopo prefisso, ben inteso
sempre quando si tratta il misura da eseguirsi in viaggi.
K Non sarà fuori di luogo il riportare qui un esempio pratico del metodo
della componente orizzontale ; la misura in parola è stata fatta nel mese di
aprile 1880. La località A esplorata è una cava di peperino, ora abbando-
nata nella contrada Vallericcia poco distante da Marino (da non confondersi
colla valle omonima presso Ariccia). La ristrettezza di questa cava e il suo
orizzonte chiuso renderebbe impossibile Tapplicazione del metodo della decli-
nazione ; essa è del resto fatta a giorno e lo strumento si pose immediatamente
sol suolo. Come punto B di riferimento è stata scelta una cava di ghiaia
sotterranea posta nella tenuta di Casetta Mattei a pochi passi dalla Via Por-
tuense sul suo lato destro. In tale località non esistono terre vulcaniche ; essa
si trova a km. 7 da Porta Portese e km. 22 dal punto A di Marino ; la diffe-
renza di latitudine dei due punti è di minuti quattro e mezzo.
K Le osservazioni del tempo di oscillazione sono state fatte in modo iden-
tico nelle due località ; il numero delle oscillazioni era di 150 per ogni sin-
gola determinazione. Giunto sul luogo ho sempre usato la precauzione di
attendere almeno un ora e un quarto prima d' incominciare, dando così all'istru-
mento il tempo necessario per mettersi in equilibrio di temperatura. Nulla è
da temere dalV indebolimento progressivo della sbarra, come mi sono potuto
persuadere con frequenti confronti, anzi perfino in un intervallo di parecchi mesi
non si manifesta ancora una decisa perdita di forza. Le condizioni sono anche
buone riguardo alla temperatura; la differenza delle temperature medie è di
solo 0^,7 e non influisce sul rapporto delle due componenti orizzontali che
nella quarta cifra decimale. Il momento della sbarra uguaglia a circa 515
unità assolute (c.g.s); il rapporto delle due intensità orizzontali fii calcolato
colla formula semplificata
ove denotano ^ e /i i tempi di oscillazioni, B ^ B\ le temperature e a il coeffi-
ciente termico potendosi nel caso attuale prescindere dalla induzione, che pro-
duce la Terra sulla sbarra. Siccome poi le ampiezze iniziali sono rigorosa-
mente uguali e le finali almeno assai prossimamente, si può fare a meno della
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— 328 —
correzione dovuta agli archi di oscillazione. Parecchie serie di osservazioni
di 150 oscillazioni ciascuna davano per i valori medi
in A t = 829,3* B = 15^0
in B ^1=838,0» ^ = 14^3
dei quali si desume
^ = 1,0218,
« Non è qui il luogo di entrare in considerazioni sulla precisione di
questo risultato; quello che è certo si è che la intensità orizzontale della
località esplorata a Marino risulta maggiore a quella di Casetta Mattei. Tale
eccedenza di forza a Marino, che sarebbe a un dipresso t^» rivela senza
4o
dubbio la presenza di rocce magnetiche nella località in questione ; vi è però
da fare una piccola correzione in meno, per causa della diversa posizione topo-
grafica. Difatti è noto che la componente orizzontale diminuisce in Italia
colla latitudine e tale diminuzione uguaglia nella nostra latitudine (posta
la forza di Roma = 1) a circa 0,0003 per V (^ ; ora siccome il punto di rife-
rimento si trova di circa minuti 4,5 al nord di Marino, si vede che il tro-
X
vate valore di — dev'essere diminuito presso a poco di 0,0013. La vera ecce-
^\
denza di forza a Marino da attribuirsi al terreno è quindi di 0,0205. Rigo-
rosamente parlando sarebbe ancora da applicarsi la correzione per la differenza
di longitudine la quale non è ben nota ma certo è assai piccola.
tt Rapporto alle condizioni geologiche della località in parola è da notare,
che nei contorni di. Marino predomina dappertutto il peperino, il quale è,
come si sa, una lava fangosa indurita (^). Questa roccia palesa in generale
un magnetismo debole relativamente alle altre rocce dei monti Laziali di
carattere ben distinto, ma essa racchiude spesse volte dei blocchi più o meno
grandi di lava basaltina e alcuni di questi sono dotati di forte magnetismo.
Due di tali blocchi vicini alla sommità del Monte Crescenzio invertono com-
pletamente l'ago di una piccola bussola, e un altro consimile giace, nella
località appellata Costacasella, quasi in contatto col sentiero Marino-Palazzola,
il quale costella il bordo superiore del bacino del Lago di Castel-Gandolfo.
« Prima di mettere termine al metodo della componente orizzontale, dob-
biamo ancora fare un'altra riflessione. In generale è di vantaggio, ma non
strettamente necessario, lo stabilire il punto B in terreno neutro e possiamo
(^) Misura della componente orizzontale ecc. Memoria citata, pag. 582.
(') Chiamando il peperino nna lava fangosa, non voglio punto dichiararmi in modo
generale sulla parte che ha preso Tacqua nella sua formazione, se cioè rimpasto del ma-
teriale incoerente, di cui è composto questa roccia, si sia effettuato neirintemo del cratere
di emissione, ovvero all'esterno per mezzo delle pioggie. È però indubitato che quest'ul-
tima ipotesi dev'essere preferita se non sempre, almeno per alcuni giacimenti di peperino.
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— 329 —
qui procedere analogamente al metodo della declinazione di tre punti, yale a
dire possiamo stabilire i due punti A e B in distanza piil o meno piccola
imo dall'altro (senza aver bisogno di un terzo punto). Anzi vi sono dei casi,
da considerarsi peraltro piuttosto come eccezionali, in cui si trova con questo
procedere una differenza più marcata, che non per un punto B neutro. Poten-
dosi in questo modo più facilmente osservare a contrattempo, la correzione
per Tintensità della sbarra non ha più grande importanza.
Metodo della incUnasione.
e Questo metodo considerato in se stesso avrebbe dei pregi non indiffe-
renti ; infatti oltre di poterlo mettere in pratica in un orizzonte ristretto, dà
esso le sue indicazioni con una sola operazione, in misura assoluta e con
discreta sollecitudine. Però non si deve perdere di vista, che i difetti delVincli-
nometro sono così rilevanti da dare allo strumento una precisione inferiore
di molto a quella del declinometro e intensimetro. Ma siccome spesse volte
si possono rintracciare le rocce magnetiche senza aver bisogno di grande pre-
cisione dell'istrumento, cosi Tinclinometro può rendere buoni servizi agli studi
in proposito. Essendo poi il suo uso assai semplice, non serve di entrare in
considerazioni particolari sul medesimo.
ft Riassumendo il fin qui detto, abbiamo i seguenti sei modi di studiare
il magnetismo delle rocce, i due primi dei quali si possono eseguire in laboratorio,
mentre i rimanenti devonsi invece fare sul posto. P Ridotta una piccola por-
zione della roccia in polvere, si estraggono con un magnete le particelle ma-
gnetiche. 2^ Si analizza un frammento della roccia coU'ago magnetico. 3^ Si de-
termina l'influenza della roccia sul declinometro. 4"^ Si determina la sua
influenza sulla componente orizzontale mediante le oscillazioni. 5° Idem, me-
diante le deflessioni. 6^ Si determina la sua influenza sull'inclinometro. Pure
le misure della intensità totale potrebbero servire a questo medesimo scopo,
come anche le modificazioni introdotte in questi ultimi tempi ai metodi comuni
della misura della componente orizzontale; reputo però del tutto inutile di
intrattenermi su questo argomento per la sua stretta analogia colle cose esposte
anteriormente.
Cenni storici sulla scoperta di rocce magnetiche nei dintorni di Roma.
« La notizia più antica di queste rocce è senza dubbio di Breislak. Infatti
dice questo scienziato, ragionando delle condizioni geologiche della Valle
del Sacco (^): « Lorsque j'habitais Rome, j'ai suivi les traces des matières
« volcaniques depuis les montagnes d'Albano e di Frascati jusqu'à la plaine
fc de Segni, qui confine à celle d'Anagni, et c'est là que je découvris ce tuf
(*) Voyages physiques et lythologiques dans la Campanie. Tome premier. Paris 1801,
pag. 13.
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— 330 —
« dont beaucoup de lythologues ont parie, qui était doué d'une force et d'une
« polarité magnétique si grande, qu'il la manifestait à la distance de sii
« pouces » . Breislak tace sull'epoca di questa scoperta ; il suo libro è stato
pubblicato inizialmente in italiano nel 1798, ma la scoperta risale a un epoca
molto anteriore come si vede dal seguente brano di Lamétherie (^) « Le Pére
« Breislak, professeur de Physique au collège Nazarien, à Rome, a trouvé,
« au pied des Monts Albano un tuf qui a, à un degré éminent, la polarité
« propre à Faimant, sans paroìtre avoir la faculté d'attirer le fer. Il repousse
tf et attiro, à une très grande distance une aiguille aimentée ... Les moindres
« fragments de ce tuf ont la méme proprieté » . Lamétherie riferisce di aver
riprodotto questo brano dalle Mémoires sur les isles Ponces, pag. 46, par
Dolomieu; questa ultima opera è stampata nel 1788 (-). La scoperta di
Breislak risale quindi almeno a un secolo indietro. Ma vi è di più. Dice lo
Scacchi parlando delle rocce magnetiche del Monte Vulture (^). « Il primo,
« il quale abbia conosciuto qualche esempio di rocce col magnetismo polare
« è stato il nostro Breislak prima del 1761 ed egli rinvenne tale proprietà
« in un pezzo di tufo vulcanico trovato nella Valle Roscillo sotto Segni ».
(1) Journal de Physique, de Chemie etc. par Lamétherie. Anno 1794, tome 45, pag. 320.
(*) Biòliographisch'literarisches Haiidwòrterbuch zur Gèschichte der exacten Wissen-
schaften, von Poggendorff. 1° Band. p. 688.
(3) Rendiconti della R. Accademia di Napoli, anno primo (tornata del 23 gennaio 1853),
pag. 23. Devo al mio giovane amico dottore Giovanni Agamennone Taver avuto cognizione
di questo brano, tanto interessante per la storia della scoperta delle rocce magnetiche
romane. Le mie indagini fatte sul posto mi hanno condotto a riconoscere la località in
discorso presso la piccola chiesuola rurale chiamata Madonna di Rossilli; tale punto
si trova non nel territorio di Segni, come si potrebbe essere indotto a credere dal detto
di Breislak, bensì in quello di Gavignano ; esso dista poco più di un chilometro da questo
paese verso Nord. La distanza da Segni è in linea retta di chilometri tre circa. (La deno-
minazione Valle Roscillo, come scrive Breislak, non si conosce né a Segni né a Gavignano),
Questa contrada si trova appunto sul confine del terreno vulcanico del quale è coperta
gran parte della pianura interposta fra Gavignano e Anagni e per avere una indicazione
topografica più chiara sulla medesima, basta a osservare che l'antica via Latina (ora del
tutto deserta) viene in questo punto intersecata da un ruscello, il quale, raccogliendo le
acque di una grande parte del territorio di Gavignano, va poi a fluire nel fiume Sacco
fra le stazioni ferroviarie di Segni e Anagni. Non ho dettagliatamente esplorato questa
contrada, come lo meriterebbe, bensì mi sono limitato a una sola osservazione col metodo
della declinazione di tre punti ; la divergenza ottenuta era di 1® 9' corrispondente alla distanza
AB di m. 18 circa. E qui giova notare che il terreno poco si presta a questo metodo per
la difficoltà delle mire, gli strati più fortemente magnetici si trovano secondo ogni cre-
dere in maggiore profondità e questi sono soltanto accessibili nelle cave di pozzolana sot-
terranee ivi esistenti, in parte riempite di acqua. La divergenza osservata a RossiUi vera-
mente non è molto grande, ma non si deve perdere di vista che una sola osservazione non
basta per dare una giusta idea del magnetismo del suolo, giacché assai facilmente può acca-
dere che la forza deviatrice non abbia la direzione opportuna per produrre un forte effetto
sulla bussola ; vi sono poi ancora da considerare diverse altre circostanze riguardo a questo
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— 831 —
Qui però si deve osservare, che probabilmente è incorso qualche errore ri-
guardo alla data del 1761, perchè Breislak è nato nel 1748 (così almeno riporta
tanto l'Enciclopedia di Boccardo che il Vocabolario di Poggendorff) ed egli
ayrebbe quindi fatta la scoperta nell'età di soli 13 anni.
s Breiblak conosceva pure le proprietà magnetiche del tufo litoide del
suolo di Boma ; infatti descrìvendo egli minutamente le proprietà litologiche
del tufo della Collina Capitolina asserisce (0 • Son action siur le barreau
« aimanté est sensible à la distance de 5 à 7 millimètres » . Se questa osser-
vazione sia stata fatta prima o dopo il rinvenimento del tufo magnetico a
fiossilli, non può essere deciso, atteso che questo secondo passo di Breislak
non viene riportato da verun autore.
« Siccome poi viene detto, rapporto a questo tufo, che anche piccoli fram-
menti palesano il magnetismo, si vede a evidenza che l'autore si valse del
secondo dei sei metodi di sopra riportati. Degno di nota è anche il fatto,
argomeuto, come feci notare nella mia Nota precedente. Non cadrà qui inopportuno di
riportare alcune altre misure da me fatte nel 1886 nella zona vulcanica compresa fra Segni
e Anagni e nel suo prolungamento verso Yalmontone. Il metodo adoperato era sempre quello
della declinazione di tre punti. Le rocce componenti il suolo sono dappertutto il tufo di
diverse graduazioni e la pozzolana nera. Ecco le divergenze osservate :
Pontelungo (presso Valmontone)
12» 42'
Pontesacco
lOo r
Osteria Bianca
70 S'
Castellacelo
40 47'
Colleferro
20 35'
Da questi numeri risulta per la zona in parola un magnetismo molto pronunciato, e si
potrebbe fare la domanda sulla vera causa di questo grande accumulamento di terra magne-
tica in confronto ad altre regioni vulcaniche ; è principalmente la pozzolana nera che palesa
sì forte magnetismo. Ritengo per indubitato che nella formazione di detta pozzolana come
anche del tufo in genere, abbia avuta Tacqua una parte essenziale; similmente come si
deposita la sabbia nera vulcanica in gran parte magnetica al fondo di tanti ruscelli dei
dintorni di Boma per semplice effetto di lavatura (nel senso metallurgico), così dovevano
le fiumare dell'epoca pluviale formare dei giacimenti di terra di maggior peso specifico
e fra queste è appunto la pozzolana nera, che contiene la magnetite in discreta quantità.
Certo, l'ammettere che la distribuzione delle rocce magnetiche dipende in parte dalle condi-
zioni idrografiche nei tempi geologici sembra a prima vista un poco strano ; analizzando
però ripotesi più da vicino la cosa cambia di aspetto. Del resto, chi non volesse ammet-
tere il trasporto delle terre vulcaniche e la loro distribuzione per effetto delle alluvioni,
si troverebbe secondo il mio modo di vedere nella assoluta impossibilità di spiegare la
presenza di tanti giacimenti vulcanici nelle vallate degli Apennini. Tali depositi, spesse
volte di dimensioni assai piccole e molto lontani dai centri vulcanici, si trovano perfino
nel versante Adriatico, così nel bacino del Pescara nei pressi di Aquila, Solmona e in
altri siti.
(0 Voyagés physiques et lytologiques etc, tome II, pag. 252.
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— 332 —
che Breislak non osservò soltanto Tattrazione magnetica, bensì anche la repul-
sione, la quale è più difficile a riconoscere ; ciò fa arguire che egli si serri
di aghi assai piccoli.
tt Breislak non parla di altre rocce magnetiche dei dintorni di Roma ;
Bellevue invece fa menzione del magnetismo che palesa la lava basaltina nel
suo lavoro intitolato: Mémoire sur les crisiaux microscopiqìies et en parti-
culier sur la Séméline^ la Mélilite et le Selce-Romano (*). Infatti enumerando
egli le proprietà di quest'ultima lava, dice (pag. 460) : » Quelque fragment
de la masse, qu*on en prenne, il est attirable à Taimant par la présence des
petits cristaui dodécaèdres » . Qui però si deve aggiungere che forse Breislak
non ignorava l'esistenza delle lave magnetiche di Roma all'epoca di Bellevue,
quello che è certo si è, che egli conosceva bene il fatto, che vi siano delle
lave in genere che agiscono sul magnete, come viene avvalorato dal seguente
brano, che si riferisce alla sabbia magnetica, la quale si trova nelle spiaggia
dell'Isola di Ischia e del golfo di Napoli e di Baia, e alla sua possibile pro-
venienza dalle lave del Monte Somma : « Ce metal (il ferro) est généralement
repandu dans les laves qui font mouvoir l'aiguille aimantée » (^).
« Per completare quanto dicemmo finora sulle cognizioni che si ebbero
al principio di questo secolo sulle rocce magnetiche romane, conviene aggiun-
gere il celebre geologo Brocchi il quale enumera molte lave basaltine che
palesano del magnetismo, principalmente delle colate di Capo di Bove e di
Colonna {^), Nel museo geologico della nostra Università si trovano inoltre
molti campioni di lave magnetiche, senza conoscere positivamente il racco-
glitore; il prof. Meli opina che essi provengano appunto dalla raccolta di
Brocchi e forse anche dal Riccioli.
<t Riconosciuto una volta dal Breislak, che frammenti distaccati da varie
rocce dei contomi di Roma agiscono sull'ago magnetico, ne seguiva come con-
seguenza indiscutibile che il suolo di tale località deve necessariamente alte-
rare le indicazioni degli strumenti magnete-tellurici, sebbene forse in minima
scala. Ma doveva passare un intervallo di tempo abbastanza lungo finché venisse
fatta una osservazione positiva e sicm*a su questo argomento, e pare che al
Secchi deve attribuirsi la priorità della medesima. Inatti avendo questo
autore (^) nel 1859 eseguite delle misure della inclinazione a Monte Cavo e
alle Fratocchie, la trovò in questi due punti notevolmente più grande che non
a Roma, mentre secondo l'andamento generale delle isocline avrebbe dovuto
essere più piccola. Egli attribuisce questa anomalia all'azione delle lave e
scorie vulcaniche che ivi si trovano ovunque; che questa sia la vera causa
(1) Journal de Physique etc. par Lamétherie, tome LI anno 1800, pag. 442.
(*) Breislak, Voyages physiques etc, voi. II, pag. 229.
(3) Catalogo ragionato di una raccolta di rocce disposte con ordine geografico per
servire alla geognosia d'Italia, Milano 1817.
(*) Memorie del V Osservatorio del Collegio Romano dal IH 6 7 al 1859, pag. 204.
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— 333 —
è indubitato, salvo che le parole lave e scorie non si devono prendere in senso
troppo assoluto.
« Ma potrebbe dirsi : la campagna romana, questa classica regione, è stata
battuta nei tempi passati, come ancora al giorno di oggi da non pochi scien-
ziati, per fare delle ricerche topografiche principalmente sotto il punto di vista
archeologico, e molti di essi si sono senza dubbio serviti della bussola, stru-
mento dapprima molto in uso per causa della grande sollecitudine, con cui
si misurano gli angoli. Ora come è avvenuto, che a questi topografi sia ri-
masto occulto il magnetismo, che s'incontra in tanti punti deU'Agro Bomano?
La risposta a questa domanda è facile; le norme pratiche per fare una buona
misura colla bussola sono le stesse, sia che si tratta di esplorare il suolo sul
suo magnetismo, sia che si tratta di una misura topografica, ma i criteri per
la scelta dei punti, nei quali debbonsi eseguir le misure, sono ben differenti
nei due casi. In secondo luogo sono le bussole adoperate in topografia pel so-
lito assai piccole, il che rende meno facile di riconoscere le anomalie ma-
gnetiche. Finalmente è probabile, anzi quasi certo, che delle divergenze del-
l'ho della bussola siano state difatti osservate, ma siccome il vero e coscen-
zioso osservatore ha difficilmente delle idee troppo ottimiste delle sue misure,
si credette che tali divergenze fossero effetti di cause inevitabili di errori o
di imperfezione dello strumento.
« Eapporto alla applicazione della bussola per ricerche topografiche nel-
l'Agro Bomano, stimo opportuno dì citare alcuni nomi di non dubbia fama.
Westphal, parlando del rilevamento della sua Carta Topografica dei dintorni
di Boma, eseguito nel 1828 e 29, la quale era senza alcun dubbio la più
precisa a quei tempi, dice di aver prima stabilito una rete di punti fonda-
mentali e di essersi per il resto servito della bussola tascabile (*). Anche il
celebre Maresciallo Moltke nel rilevare la sua eccellente Carta Topografica
di Boma e dei suoi contomi, la quale operazione fu eseguita nel 1845 e 46,
fece uso della bussola {^). Boscovich invece, che fece la prima triangolazione
dello Stato della Chiesa e la misura del grado del meridiano, non adoperava
affatto la bussola per il dettaglio della carta, temendo egli la poca costanza
dalle sue indicazioni (^).
« I mie propri studi sul magnetismo delle rocce fatti mediante gli stru-
menti magneto-tellurici risalgono fino all'anno 1876, e la prima località, ove
ho constatata questa forza con certezza è una cava di pozzolana nella tenuta
di CerUrone. Tale cava, ben riconoscibile, si trova a pochi passi di distanza
P) Westphal, Die Rdmische Kampagne in topographischer und antiquariscker Hin-
skkt dargestellt. Berlin 1829, pag. 178.
P) Der Frànkische Kurier. Ntlrnberg, 15 November 1884.
P) Voyage astronomique et geographique dans VFtat de VEglise; par les PP. Maire
et Boscovich. Paris 1770, pag 169 e 838. Questa è la traduzione deiropera originale scritta
in latino e stampata a Roma nel 1755, opera piuttosto rara.
Rendiconti. 1888, Vol. TV, r Sem. ' 43
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— 334 —
della Tia Boma*Grottaferrata (che coincide qui perfettamente colla antica via
Latina) al suo lato sinistro, ed è compresa nel brevissimo tratto &a il ponte
sulla Marrana di Grottaferrata e la colonnetta chilometrica 13*. Esistono
quivi due punti pochi distanti fra loro, in cui si verificano le componenti oriz-
zontali di 1,1147 e 0,9603 (Roma=l); più tardi ho nella medesima loca-
lità osservato delle divergenze di declinazione di circa 8^ «.
Fisica. — Sopra i coefficienti termici dei magneti. Nota II.
del dott. Adolfo Cancani, presentata dal Socio Blaserna.
« In una prima Nota su questo medesimo argomento Q) , dopo avere
esposti i risultati delle mie ricerche sulle relazioni che passano fra le dimen-
sioni delle sbarre magnetiche ed i loro coefficienti termici, rimarcai che il
vario grado di raddolcimento che si può dare alle sbarre d*acciajo dopo averle
temperate, ha una certa influenza sul coefficiente termico.
« Già fin da Coulomb {}) si sapeva che la tempera più o meno forte
d'una sbarra d*acciajo ha influenza sulla quantità di magnetismo perduto nel
riscaldamento; ma i vari fisici che hanno accennato a questo fatto come
Dufour (3) Lamont (^) ecc. o non lo hanno studiato esplicitamente o non
hanno ben distinto le variazioni permanenti dalle transitorie.
« Nel mio primo lavoro già citato, feci alcune poche osservazioni per
sette sbarre portate a due soli gradi di raddolcimento corrispondenti al giallo
ed al bleu. Ho ripreso ora quello studio col considerare un maggior numero
di sbarre magnetiche, e coir estenderlo a tutti i gradi di raddolcimento dal
più debole al più forte che si sogliono dare airacciajo.
tt Due motivi mi hanno indotto a questa ricerca : il primo si è che sono
scarsissimi gli studi fatti su questo argomento, il secondo si è che ai pochi
valori numerici che si conoscono, come nota il Poloni. (S), non si può attri-
buire tutta l'importanza che avrebbero, se gli autori avessero tenuto conto
separatamente delle variazioni permanenti e transitorie.
« In una prima serie di ricerche preliminari ho determinato i coefficienti
termici negli stessi due magneti cilindrici cavi, di cui ho parlato nella prima
nota, ugualmente lunghi ma di vario diametro. Li ho raddolciti ad otto di-
verse temperature, ho riportato ogni volta al punto di saturazione la loro ma-
gnetizzazione e li ho ridotti ogni volta al così detto stato normoLe, prima di
determinare il corrispondente coefficiente termico, col portarli alternativamente
{}) Bendiconti della R. Acc. dei Lincei; sedata del 12 giugno 1887.
(*) Coli, de raém. relatifs à la Physique. Mém. de Coulomb, pag. 374.
P) Arch. de Sciences phys. et nat., tome XXXIV, année 1857, pag. 295.
(^) Lamont, Handhuch des Magnetismtis, pag. 377.
{^) Elettricista. Sul magnetismo permanente delVacciajo a diverse temperature,
pag. 194.
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— 835 —
dieci Tolte nell^acqua alla temperatura dell'ambiente e dieci volte nell'acqua
a 100« (^)-
« Ho fatto liso di un buon teodolite magnetico di Lamont posseduto dal
B. Istituto Fisico di Roma; ho seguito il metodo dei seni, ed ho calcolato
colla foimola
' ' ci
2cos
C =
a + a' a-
é^COSa
nella quale
C=coefiBciente termico
a = angolo di cui ha girato Vago deflesso per ritornare normale alla
sbarra deflettente, per la temperatura inferiore.
a' = angolo suddetto per la temperatura superiore.
d= differenza delle due temperature.
> Ho tenuto le due sbarre sempre alla distanza di cent. 22, centro a
eentro, dall' s^ deflesso, ed ho &tto uso di un bagno d'acqua calda corrente,
che si manteneva a temperatura sensibilmente costante neirintervallo di cia-
scuna misura.
« Nella seguente tabella espongo i risultati ottenuti per questa prima serie.
Magnete cilindrico cavo
Magnete cilindrico cavo
Lunghezza mm. 80
Diametro esterno mm. 12
Lunghezza mm. 80
Diametro esterno mm. 10
» interno » 6
» interno y> 6
Peso, grammi 50,400
Momento magnetico (C. G. S.) 292
Temperature Coefficienti
di raddolcimento. termici.
Peso, grammi 32,470
Momento magnetico (C. G. S.) 292
Temperature Coefficienti
di raddolcimento termici.
2320 0,00086
2210 0,00050
243 0,00093
254 0,00098
232 0,00060
243 0,00078
265 0,00106
277 0,00107
254 0,00072
265 0,00080
293 0,00152
317 0,00160
330 0,00170
277 0,00110
317 0,00120
332 0,00140
(1) È noto da lungo tempo e studiato fra gli altri dal Poloni che oltre la perdita
transitoria di magnetismo che subiscono le calamite per Fazione del calore, perdita rap-
presentata dal coefficiente termico, subiscono anche un indebolimento permanente ogni
qual volta venga innalzata la loro temperatura; ma questo cessa dalPaver luogo se per
un certo numero di volte la sbarra magnetica venga alternativamente scaldata e raffired-
data, ed aUora si dice che il magnete ha raggiunto lo ttato normale. È da avvertire però
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— 336 —
« Per una seconda serie dì ricerche condotte con maggior cura ho costruito
una serie di sbarre magnetiche uguali in tutto, eccetto che nel raddolcimento,
e le ho studiate in condizioni per quanto mi è stato possibile identiche.
« Ho preso perciò due pezzi d'acciajo inglese trafilato così detto in piedi
(perchè trovasi in pezzi lunghi un piede) e ne ho ricavato dieci sbarrette di
uguali dimensioni. Ho numerato ciascuna di queste in maniera che quelle
ricavate dal primo pezzo portassero i numeri progressivi dall'uno al cinque,
e quelle ricavate dal secondo i numeri dal sei al dieci ; ciò allo scopo di non
paragonare nei risultati fra loro quelle appartenenti ai due pezzi diversi, nel
dubbio che in questi potesse essere qualche piccola differenza nelle condizioni
chimiche e fìsiche.
« Ho temperato le dieci sbarrette tenendole tutte riunite con una specie
di gabbia di rame, in maniera che la fiamma potendo liberamente circolare
intomo ad esse, prendessero una identica temperatura, e portate tutte simul-
taneamente nell'acqua fredda prendessero tutte una medesima tempera.
« Per poterle raddolcire a temperature ben note, ho fatto uso di un bagno
d'olio e di un termometro a mercurio, al quale ho applicato le correzioni do-
vute allo spostamento dello zero ed alla colonna emergente.
« Ho raddolcito le sbarrette magnetiche alle temperature corrispondenti
ai colori qui notati.
N.» d'ordine dei magneti Colori Temperature
1 Giallo paglia pallidissimo 22P
2 « »» più scuro 232^
3 ^ arancio 243°
4 »» bruno 254°
5 » porpora 265°
6 Porpora 277^
7 Azzurro pallido 288°
8 n ordinario 293"
9 y nero scurissimo 317°
10 Verde chiaro 332°
« Io non ho visto questi colori perchè in un bagno d'olio, quindi fuori
del contatto dell'aria, questi non si formano ; perciò ho tenuto per sola guida
il termometro.
« Ho magnetizzato le sbarrette col metodo del contatto sopra i poli di
un elettromagnete. Per evitare poi l'ineguale magnetizzazione che quelle avreb-
bero potuto prendere, in causa deU' indebolimento dell'elettrocalamita dovuto
che ciò non deve intendersi in modo assoluto, perchè a questa stato normale non si arriva
mai; infatti ogni volta che nuovamente si scalda il magnete, una perdita permanente ha
luogo, questa bensì giungerà ad essere talmente piccola da potersi nel più dei casi affatto
trascurare.
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— 337 —
alla polarizzazione deUa pila adoperata, le ho magnetizzate in contrattempo.
Cioè ho dato, successivamente, in una prima operazione, a ciascuna sbarra
dalla prima all^ultìma tre contatti ; poi in una successiva operazione ho fatto
il medesimo, ma prendendo le sbarra in ordine inverso, cioè dalla decima
alla prima. Ciò ripetuto trenta volte, mi sono assicurato che tutte hanno
preso il medesimo grado di magnetizzazione ; il che mi è stato poi sufBcien-
temente confermato dall'esperienza. Infatti, avendo determinato i momenti ma-
gnetici delle singole sbarre, alla fine delle mie ricerche, li ho trovati poco
diversi fi-a loro.
» Dopo avere magnetizzato le sbarrette, le ho portate allo stato normale
neiristessa maniera descrìtta per Taltra serie.
« Ho fatto uso del medesimo teodolite magnetico e della formola istessa
di cui ho parlato di sopra per calcolare i coefficienti termici. Ho tenuto le
singole sbarrette sempre alla distanza di centimetri 16 dall'ago deflesso, ed
in un bagno d'acqua calda corrente che mantenevasi costante entro un mezzo
grado per tanto tempo, da essere ben sicuro entro questo limite della vera
tempei-atura posseduta dal magnete.
a Ho ripetuto le determinazioni dei coefficienti in due varie epoche ed in
ordine inverso, per accertarmi che le sbarrette non avessero subito col tempo una
variazione. I risultati sensibilmente identici che ho avuto nelle due serie di
misure mi hanno assicurato che nessun cambiamento in esse è avvenuto.
« Inoltre ho avuto cura che i limiti della temperatura entro cui deter-
minavo il coefficiente termico fossero poco diversi per ciascuna sbarra, perchè
è noto che quello non si conserva costante col variare la temperatura (^).
• Nella seguente tabella riferisco i risultati ottenuti per i coefficienti
termici dei dieci magneti suddetti del peso ciascuno di grammi 8,150. Ogni
risultato è la media di otto misure.
CoefficierUi termici di dieci magneti fra le temperature di W e 60^.
N.o d'ordine
Momento
maffnetico
(CGS)
l'emperature
di
raddolcimento
Coefficienti
termici
1
95
2210
0,001350
2
95
232
0,001405
3
81
243
0,001560
4
84
254
0,001575
5
84
265
0,001590
6
81
277
0,001665
7
84
288
0,001675
8
81
293
0,001685
9
82
317
0,001740
10
92
332
0,001790
{}) Poloni, Nuovo Cimento, tomo IV, serie 3*, pag. 206.
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— 338 ~
« La forinola
C = — 0,0014733 + 0,00001884 1 —0,000000027336 1^
rappresenta abbastanza bene la relazione che passa fra il coefficiente termico
e la temperatura di raddolcimento, come appare dalla seguente tabella, in
cui sono notati i valori dati dall'esperienza in correlazione coi valori dati
dalla formola
Coefficienti termici
dati dairesperienza
Coefficienti termici
dati dal calcolo
Differenze
0,00135
0,00135
0,00000
0,00141
0,00142
-H 0,00001
0,00158
0,00155
- 0,00003
0,00159
0,00160
H- 0,00001
0,00167
0,00165
- 0,00002
0,00168
0,00168
0,00000
0,00169
0,00170
-4- 0,00001
0,00174
0,00175
-K 0,00001
0,00179
0,00177
— 0,00002
« Ho voluto ancora determinare i coefficienti termici per due sbarrette
identiche alle dieci precedenti, ma luna temperata al massimo grado di du-
rezza e senza punto raddolcirla, l'altra lasciata nel suo massimo grado di
raddolcimento, cioè senza averla punto temperata.
« I risultati ottenuti sono i seguenti :
Magnete al massimo grado
. di tempera
Coefficiente termico fra 10** e 60®
0,000436
Magnete al massimo grado
di raddolcimento
Coefficiente termico fra 10<» e 60®
0,002635
Cioè luno è di molto inferiore (3 volte circa) e l'altro di molto superiore
(1,5 volte circa) a quelli di sopra notati.
« Da tutto ciò risulta assai manifestamente quanto grande sia l'influenza
che esercita il raddolcimento sopra i coefficienti termici dei magneti, e quanto
per conseguenza sia importante avere dei magneti molto fortemente tempe-
rati, ogni volta che importa ridurre al minimo l'influenza della temperatura,
tanto nelle misure elettriche quanto in quelle del magnetismo terrestre » .
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— 839 —
Fisica. — // problema delle attrazioni e ripulsioni capillari.
Nota del prof. Carlo Marangoni, presentata dal Socio Blaserna.
a § 1. Fino dai tempi di Galileo (^) erano noti diversi fenomeni curiosi che
si osservavano alla superficie dell'acqua. Più curioso è quello di attrazioni e
ripulsioni che avvengono tra corpi galleggianti sull'acqua. Quei movimenti non
si potevano allora spiegare, perchè non si conosceva la causa dei fenomeni
capillari. Più tardi si tentarono parecchie teorie, basandosi sulla tensione super-
ficiale dei liquidi, ovvero sulla pressione molecolare di Laplace {}). Ma sempre
si facevano intervenire anche le pressióui idrostatiche e perfino la pressione
atmosferica (3). Ciò ha deviato i fisici dalla base del problema ed ha rese
le teorie oscure e non corrispondenti esattamente ai fatti.
« § 2. Da alcune esperienze fatte sulle lamiae liquide mi sono convinto
che nel fenomeno delle attrazioni e ripulsioni capillari, le pressioni idrosta-
tiche non entrano punto in giuoco ; quindi, basandomi soltanto sulla tensione
superficiale, ho potuto stabilire ima teoria chiara e semplicissima di detti
fenomeni.
« Si sospenda a un filo di bozzolo, lungo \ metro circa, una pallina o di
sughero ; si bagni la pallina con acqua saponata ; poi, con un cerchio di filo
di ferro di cm. 10 di diametro, si produca una lamina di acqua saponata e
la si porti a contatto con la pallina. Se la lamina è orizzontale, il pendo-
lino rimane verticale; ma se quella viene inclinata, come in W (fig. 1), il
(1) Galilei. Opere, ediz. Alberi, voi XIV.
(') Io credo di essere stato il primo a provare che la pressione molecolare non esiste.
Rivista Scient. di Vimercati, Firenze 1880.
P) Vedi Mariotte, Monge dott. Young, Philos. Transact 1805 parte 1*; Laplace, Me-
cantque celeste, voi. IV 1845; Jamin, Cours de Physique; Leconte, Riley, Worthington;
Phil. Mag. 1883; Van der Mensbrogghe, BaU. Acad. Royale de Belgiqne 1883.
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— 340 —
pendolino è spostato in su dalla lamina, quando questa passa al disotto del
centro o (fig. A); non devia affatto se la lamina passa pel centro (fig. B)
ed è invece spostato in giù, se la lamina passa al disopra del centro o (fig. G).
« La lamina di acqua saponata si raccorda sempre ad angolo retto colla
superficie bagnata della sfera, pel noto principio di Plateau ; cosicché nel 1^ caso
si forma un menisco concavo verso Taltro intomo al cerchio d'attacco It ; nel
2° caso non si forma menisco; nel 3° caso, un menisco convesso.
« La pallina è adunque sollecitata a muoversi, in ogni punto del cerchio
d'attacco //', in direzione dei raggi o/, ol' che sono tangenti alFelemento me-
ridiano del menisco che tocca la pallina.
<: Chiamando t la tensione della lamina su di una listerella larga un mil-
limetro, r la risultante delle tensioni su tutto il cerchio. W, w langolo ro{,
r e / i raggi della pallina, e, del cerchio d'attacco, si ha:
T = 2^ cos omif^
e perchè, dalla figura 1,
si ha:
[1]
r =r sen a> ,
T = nrt sen 2o)
Quando « <] 90® , r è positivo
n « = 90*^, r = 0
^ w > 90"* , T è negativo
come si è verificato nei tre casi della figura 1.
« Cerchiamo ora il valore della componente orizzontale di questa forza.
Sia il pendolino in equilibrio nella posizione della figm-a 2. Al centro della
pallina sono applicate due forze: il peso p della me-
desima e la risultante r della tensione della lamina sul
cerchio d'attacco. Scomponendo le due forze secondo
l'orizzontale / t' e secondo la direzione o S del filo di
seta, le due componenti in quest'ultima direzione sono
equilibrate dalla resistenza del filo ; quindi le altre due
sono uguali e contrarie, cioè:
t'—p' = 0.
Chiamando a l'angolo poS si ha:
[2] y=j5tanga.
Chiamando fi l'angolo por, dalla figura si ha:
/\0tT =fi — a
/\oir'r = 90® + a
quindi dal triangolo ot'i: si ha la relazione:
, sen (/? — et)
Fig. 2.
sen (90« :±: a)
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— 341 —
e sostitaendo a r il valore dato dalla [V]:
[3]
, ^ sen (/? — «)
%' = Tire ^ — sen 2») .
COS a
« Qaesta relazione ci fa vedere che la componente orizzontale i' della
tensione del menisco è direttamente proporzionale al raggio della pallina,
alla tensione superficiale del liquido, e al seno dell'angolo tot' cioè dell'arco
di meridiano abbracciato dal minisco ; che infine i' cresce coli' inclinazione fi
della lamina liquida.
« Si può verificare la formola coli' esperienza: siccome p' = t\ combi-
nando la [2] e la [3] si ha:
. ^ sen (fi— a)
p tang a = irrt sen 2(») ,
^ ° COS a
0 piti semplicemente:
[4] ;? sen a = Tvrt sen (fi — a) sen 2o) .
« Per misurare a ho disposto accanto al pendolino una scala orizzontale
in millimetri, distante dal punto V di sospensione di | metro. Chiamando n
(fig. 2) lo spostamento del filo dalla verticale, espresso in millimetri, si ha :
tang a =
500-
« Per misurare fi ho fissato il cerchio che regge la lamina all'asse di
un goniometro, in modo che il cerchio era orizzontale quando il nonio era a
zero. La risultante r, essendo perpendicolare alla lamina, l'angolo di cui
s' inclina il cerchio è appunto l'angolo fi,
« L'angolo co è più difficile a determinarsi ; ho adottato il compenso di
misurare colle seste il diametro IH (fig. 1) del cerchio d'attacco; essendo 2/
questo diametro, si ha:
r'
sen 0) = —
r
« Ecco pertanto la tabella contenente i dati sperimentali e i valori cal-
colati delle componenti orizzontali, giusta le formolo [2] [3]. Il peso della
paUina bagnata di acqua saponata era di mg. 970; la tensione della lamina
su di 1 mm. è mg. 5,6, cioè il doppio della costante di capillarità della
superfice dell'acqua saponata.
n
/
r
«
P
to
P'
r'
p'-t'
mm
0
mm
10,4
mm
10,4
o%o'
0
30
90° OO'
o:s
ol
o7
12
10,0
n
1 22
15
74 5
23,1
22,7
-h0,4
20
6,5
»
2 17
15
38 42
38,6
39,3
-0,7
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1« Sem.
44
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— 342 —
« Le colonne segnate p' q if olirono i valori della componente orizzon-
tale della forza di gravità e della forza del menisco ; esse dovrebbero essere
uguali. Le piccole differenze notate nell' ultima colonna sono inevitabili, stante
la difficoltà di misurare a>.
K § 3. Attrazioni e ripulsioni fra corpi abbracciati dalle lamine li-
quide.— Disponendo due pendolini uguali di sughero, colle palline al medesimo
livello, distanti qualche centimetro fra loro, e facendovi aderire la lamina piana
di acqua saponata tenuta orizzontale, si osservano tre diversi effetti:
« 1° Attrazione tra le palline, quando la lamina si trova sopra o sotto
i loro centri ; e ciò perchè, per il principio di Plateau del minimo di super-
fice, la lamina fra le palline si porta
verso la parte più ristretta; quindi i
cerchi di attacco ll\ mrd (fig. 3, D, E)
sono inclinati in verso opposto, direi cioè,
srnclinali o anticlinali; per conseguenza
le resultanti delle forze dei menischi, che
sono perpendicolari a questi cerchi, con-
corrono runa verso l'altra.
« 2'* Nessuna azione quando la la-
mina passa pei centri delle palline ; per-
chè, non essendovi menischi, le risultanti
della tensione sono nulle.
<t 3"^ Disponendo una pallina più
alta dell'altra (fig, 3, F), e la lamina
sempre orizzontale, i due cerchi d'at-
tacco, ll\ mni sono inclinati nel mede-
simo verso, quindi le risultanti dei me-
nischi sono parallele, ma contrarie ; perciò
le palline si allontanano.
« § 4. Attrazioni e ripulsioni fra
i corjn galleggianti. — La teoria esposta
delle azioni esercitate da una lamina liquida si applica, con qualche mo-
dificazione, al caso dei corpi galleggianti, senza alcun intervento di pres-
sioni idrostatiche ed aerostatiche. Infetti se la pallina è bagnata, la tensione
solleva un menisco, e con esso una massa liquida, la quale abbassa la pal-
lina in modo, che l'aumento di spinta verticale faccia equilibrio al peso del
liquido sollevato. Il simile si dica quando la pallina non è bagnata. Dunque
le superficie dei menischi sono superficie equipontenziali, come quelle delle
lamine liquide libere; quindi non c'è da tener conto, sulle medesime, che
della tensione superficiale.
« Noto soltanto alcune differenze. I corpi galleggianti, se si attraggono,
si partano a contatto ; se si respingono, tendono ad allontanarsi indefinitamente.
Fig 3.
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— 843 —
Invece, nel caso discusso al § 3 (di pendolini abbracciati da una lamina
liquida), si ha una posizione di equilibrio stabile delle palline, senza che
arrÌTÌno a contatto.
Ci Ciò deriva dalla sospensione pendolare, per la quale si ha che sen a
cresce più rapidamente di sen 2». Infatti dalla equazione [4J , chiamando k
\ insieme delle costanti, si ha :
sena
sen 2&i
= k sen (/? — a) ,
sen et
« Ora, essendo a piccolissima, il rapporto -^r- cresce col crescere di
sen 2co
sen ^\ cioè sen a cresce con ragione piil rapida di sen 2»; e perciò v'è un
certo Talore di a che dà luogo all'equilibrio stabile.
« Invece nel caso dei corpi galleggianti il peso dei medesimi è perfet-
tamente equilibrato dalla spinta
del liquido; quindi non vi può
essere un componente della gra-
vità contraria a quella della
tensione. Siccome in questo caso
non vi è che una superficie li-
bera, bisogna prendere, per mi-
surare la tensione del menisco,
la semplice costante, o coeffi-
cente di capillarità: c=—t.
tt Ora chiamando co l'an-
golo i 0 1' (fig. 4), la formola [1]
diventa :
Fìr4.
ra
T = 2rr r ^ sen* w.
« Nello stabilire questa formola è anmoiesso che i menischi si raccordino
tangenzialmente alle palline; ciò non è rigorosamento vero, come dimostrò
Quinke (*); ma chiamando B l'angolo c't e* di raccordamente del menisco,
la [5] diventa:
[6] T = ìnrc sen w sen (w — d) ,
e così l'equazione è esatta.
« Scomponendo la fòrza r del menisco secondo la verticale e l'orizzon-
tale (fig. 4), e chiamando fi l'angolo ir%\ la componente verticale t" della
'{}) Ueber den Bandwinkel etc. Wiedemans Annalen Bd. Il, 1877. — Ueber die Be-
stimmung der Capillarconstanten von Flùssigkeiten. Wied. Ann., Bd. XXVn, 1886.
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— 344 —
forza capillare del menisco è equilibrata dalla spinta verticale del liquido,
e rimane attiva la sola componente orizzontale, cioè:
[7] X = 2^7irc sen w sen (w — 6) sen /?.
» Questa componente cresce rapidamente coirawicinarsi dei due corpi ;
imperocché l'inclinazione ^ del cerchio d'attacco //' va aumentando col di-
minuire la distanza delle palline ; di qui il moto rapidamente accelerato che
si osserva fino al contatto.
« S' intende, senz'altra spiegazione, come avvenga la ripulsione fra una
pallina bagnata ed una non bagnata, riferendosi alla (figura 3 F); però i
menischi nei corpi galleggianti sono alla rovescia di quelli delle lamine li-
bere ; perchè nel 1° caso la lamina si raccorda alle palline ad angolo retto,
invece nel 2P caso la superfice libera vi si raccorda quasi tangenzialmente.
tt Colla mia teoria si spiegano molti curiosi fatti, che formeranno l'og-
getto di una prossima comunicazione.
Conclusione.
(i Dalla esposta teoria risulta :
K r* Che a produrre le attrazioni e ripulsioni apparenti tra i corpi gal-
leggianti non intervengono affatto le pressioni idrostatiche;
« 2*" Che i detti movimenti dipendono solo dalla tensione superficiale
del liquido, e dal formarsi dei menischi i cui piani d'attacco sono inclinati sulla
superficie del liquido. E precisamente, se questi piani d'attacco sono sinclinali
0 anticlìnali, le due forze sono concorrenti, e vi è attrazione (fig. 3 D, E) ; se
quei piani sono paralleli, le forze sono parallele e contrarie, quindi vi è ripul-
sione (fig. P);
« 3" Infine, che i medesimi fenomeni di attrazioni e ripulsioni, si otten-
gono fra corpi abbracciati da una semplice lamina liquida ; il che esclude a
priori ogni intervento di azione idrostatica » .
Fisica. — Ricerche intorno alle deformasioni dei condensatori.
Nota I. del dott. Michele Cantone, presentata dal Socio Blaserna.
K Lo studio di queste deformazioni rimonta sin dai tempi di Volta, essen-
dosi da Fontana {}) per il primo osservato che la capacità di una boccia di
Leyda aumentava alla carica ; e si cercò sin dal principio di spiegare il feno-
meno attribuendolo, come Volta fece, alle pressioni che si devono produrre
alle due superficie del coibente per le elettricità di segno opposto che vi si
trovano accumulate. Altri fatti trovati successivamente e coUegantisi con questo
argomento portarono a spiegazioni diverse; se non che ricerche estesissime,
(1) Per la letteratura dell'argomento vedi Wiedemann, Die Lekere v. d. ElectricitàL
B. n. S. 105.
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— 345 —
fatte sol proposito negli ultimi tempi da Qnincke (^), )ianno mostrato che
la ipotesi di Tolta è quella che meglio renda ragione dei fenomeni relativi
alle deformazioni dei condensatori.
e II Quincke infatti tenendo conto delle pressioni che, secondo Maxwell,
si hanno sulle due &ccie del dielettrico, ed applicando le formule di Lamé
per le deformazioni dei recipienti cilindrici sottoposti a pressioni uniformi alle
due superficie ; ponendo uguale a | il coefficiente di Poisson, otteneva per le
variazioni di volume intemo dei termometri-condensatori da esso adoperati:
A 5 D P«
V I&ttE ^
Ko
(lognat|y
od approssimativamente, nel caso che i raggi estemo ed interno differissero
poco fira loro:
V 16arE()« ^^^
dove D è il potere induttore specifico della sostanza costituente le pareti;
P denota il potenziale dell* armatura intema, o la differenza di potenziale
delle due armature (essendo quella estema in comunicazione coUa terra);
E il coefficiente di elasticità e rf lo spessore delle pareti : e constatò che le
variazioni di voliune erano in certo modo proporzionali ai quadrati delle
differenze di potenziale P, e inversamente proporzionali ai quadrati degli spes-
sori. Però per quanto riguardava i valori assoluti di quelle variazioni di vo-
lume non potè ottenere un accordo fra i risultati delle esperienze e quelli che
si sarebbero dovuti avere teoricamente in base alla formula (*).
« Certo potevano sul valore di -^ influire sensibilmente gli errori ine-
vitabili nella determinazione di D e P , e probabilmente anche di più quelli
che si aveano per E e <^ ; ma le divergenze erano assai forti perchè potessero
venire attribuite a siffatte cause di errori; si è pensato perciò di studiare
teoricamente la quistione sotto un punto di vista diverso da quello tenuto
da Quincke.
« U prof. Helmholtz (2) per il primo ha cercato quali forze dovessero
destarsi nei punti di un dielettrico sottoposto a polarizzazione, nella ipotesi che
al variare della densità nel mezzo variasse la costante dielettrica. Le con-
clusioni a cui è arrivato, servendosi del principio della conservazione della
energia, sono diverse da quelle cui si arriverebbe supponendo col Maxwell
che le azioni elettriche si propagassero a distanza per le tensioni del dielet-
trico senza tener conto della variazione di quella costante colla densità del
coibante, pervenendosi nel caso trattato dall' Helmholtz a tensioni in direzione
(») Quincke, Flectrische Untersuchungen, Wied. Ann., B. XIX. S. 545, 705.
(*) Helmholtz, Ueber die auf das Innere magnetisch oder diélectrisch polarisirter
Kòrper wirkenden Kràfte. Wied. Ann., B. Xni. S. 385.
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— 346 —
delle linee di forza e a pressioni perpendicolarmente ad esse, come secondo
la teorìa di Maxwell ; avendosi però per le tensioni valorì assoluti diversi da
qnelli che si aveano per le pressioni.
« Son seguiti al lavoro del prof. Helmholtz altri lavori sullo stesso argo-
mento, fra cui importantissimi quelli quasi contemporanei di Eirchhoff (0 e
Lorberg (^), i quali seguendo vie diverse sono arrivati a risultati concordanti.
Questi fisici consideravano il problema sotto un aspetto più generale che non
fosse stato trattato precedentemente, in quanto che ricercavano quali dovessero
essere le forze elastiche di reazione nell'interno del coibente, nella ipotesi di
una variazione diversa della costante dielettrica per uno spostamento in dire-
zione delle linee di forza o perpendicolarmente ad esse.
« In base a questi risultati teorici si sono potute calcolare le variazioni
di volume interno dei condensatori aventi forma sferica o cilindrica, e per
questi ultimi si è trovato dover essere la dilatazione del recipiente presso
a poco il triplo della dilatazione lineare, fatto importante perchè confermato
dalle esperienze di Quincke.
« Le formule ricavate da Lorberg per le variazioni di volume e di lun-
ghezza in un condensatore cilindrico terminato da calotte sferiche, sono rispet-
tivamente :
^=ii(>-^'-)(^l)-<'-")^-i<'-.'')(3V=?-05Ì<^>
dx)'
dove a= — -jj, cioè, (tenendo presente che D = l + 47riJA); a denota il
rapporto fra Taumento della costante di polarizzazione i> e la contrazione
corrispondente nella direzione della linea di forza; e /? è il coflSciente ana-
logo per uno spostamento perpendicolare alla linea di forza. Quanto ad h^ è
una costante per un dato recipiente, e dipende dalla natura della calotta ter-
minale : nel caso che questa fosse un emisfero dello stesso spessore delle pa-
reti del tubo, si avrebbe A*=l.
« Il Lorberg ha cercato di applicare le formule ricavate ai valori speri-
mentali ottenuti da Quincke e ai quali avanti si è accennato; ma non ha
potuto procedere ad una verifica dei risultati teorici, sia perchè non riteneva
potersi adottare, come il Quinche avea fatto, per il cofBciente di Poisson il
valore \ , sia perchè non trovava, nei numeri ottenuti da Quincke, concordanza
relativamente alla legge che stabilisce la ^dipendenza fra le variazioni di vo-
lume e le differenze di potenziale delle due armature, sia ancora perchè il
(*) Kirchhoff, Ueher die Formànderung, die ein fesùer elastischer Kòrper erfàh%
wenn er magnetisch oder diélectrisch polarisirt v:ird. Wied. Ann., B. XXIV. S. 52;
XXV. S. 601.
(«ì Lorberg, i'eber Electrostriction. Wied. Ann., B. XXI, S. 300.
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— 347 —
Yalore di A* era incerto; si è limitato soltanto ad una verifica qualitativa,
deducendo da essa che i valori di a e /? delle precedenti formule non po-
teano essere uguali a zero.
« Importava come si vede di intraprendere altre ricerche le quali potes-
sero in modo più concreto mostrare se la nuova teoria fosse d'accordo coi
risultati sperimentaili, e dare, approssimatamente almeno, i valori delle co-
stanti a e /9 da questa teoria introdotte.
K Io ho voluto fare in proposito uno studio sperimentale i cui risultati
espongo nella presente Memoria. Le ricerche furono eseguite nel laboratorio
di fisica della fi. Università di Palermo, grazie alla cortese ospitalità accor-
datami dal chiarissimo prof. D. Macaluso.
« Esse hanno avuto per iscopo di determinare sperimentalmente le varia-
zioni di volume intemo e di lunghezza in vari condensatori cilindrici termi-
nati da calotte sferiche per diverse cariche date ai condensatori medesimi.
In base a questi valori, servendomi delle formule (2) e (8) ricavate da Lorberg,
ho proceduto alla determinazione delle costanti a e // nel modo che sarà in
seguito indicato.
« Espongo anzitutto come abbia determinato i vari elementi di cui si
deve fare uso volendo applicare le formule sopra accennate.
« Costanti di elasticità. In altra Memoria (0 ho pubblicato i risultati
dì uno studio ausiliare da me fatte allo scopo di avere i valori di tali costanti
per i recipienti che adoperavo come condensatori : ho cercato che questo studio
fosse condotto colla maggior cura possibile per ovviare a quelle incertezze che
in un argomento cosi strettamente legato colla teoria della elasticità avreb-
bero resi dubbiamente ammissibili i risultati delle esperienze. Ho determi-
nato perciò prima i valori della costante di Poisson per i diversi recipienti,
ed ho ottenuto con grande approssimazione per tutti il niunero 0,250 ; ho rica-
vato in base a tale dato i coefficienti di elasticità per i quali ho trovato valori
compresi fra 6300 e 7000 circa. Non è a meravigliare dei valori non con-
cordanti avuti per queste ultime costanti, giacché è noto come il vetro su-
bisca per i processi di fusione e di raffreddamento variazioni notevoli di strut-
tura. Del resto i fisici che si sono occupati del coefficiente di elasticità del
vetro, hanno trovato valori disparati per recipienti della medesima qualità, e
il Quincke fra gli altri operando con gran numero di recipienti pervenne a
risultati assai più discordanti dei miei.
« Dimensioni dei recipienti. I recipienti da me adoperati erano, come
si è accennato, di forma cilindrica, aveano pareti sottili e gli assi rettilinei;
ad un estremo erano chiusi da ima calotta sferica, all'altro estremo portavano
saldato, mediante un tubo intermedio, un cannello capillare destinato alla
lettura delle variazioni di volume.
{}) Cantone, Nuovo metodo per la determinazione delle due costanti di elasticità.
R€nd. Acc. Lipcei. Voi. IV, !<> aem., p. 220 e 292.
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— 348 —
« Le determinazioni del rolome di ciascun recipiente, del raggio interno Bo,
dello spessore à delle pareti, e della sezione del tubo capillare, vennero fatte
come è indicato nella memoria citata relativa alla ricerca delle due costanti
di elasticità.
« Valori di A*. Per evitare in parte gli errori cui avrebbe potuto dar luogo
la determinazione di questa costante per ciascun recipiente, ho procurato di
dar forma di emisferi alle calotte terminali dei vari condensatori, con uno
spessore non molto differente da quello delle pareti laterali. Verificate queste
condizioni si potea porre, come avanti si è accennato, A* = 1 , ed io ho rite-
nuto per A* questo valore, perchè assai approssimato nelle condizioni in cui
operavo. Del resto, sperimentando con diversi condensatori, le piccole incer-
tezze sui valori di A* non potevano notevolmente influire sulle costanti a e fi
che mi proponevo di determinare, perchè le ricerche estese ai vari recipienti
fornivano un controllo circa l'ammissibilità del valore dato ad A*. Aggiungerò
sul riguardo che la misura diretta fatta per gli spessori di alcuni pezzi otte-
nuti dalla rottura delle calotte terminali, diede in generale risultati soddisfa-
centi, mostrando appmito che tali spessori non erano assai diversi da quelli
delle pareti laterali. Pece solo eccezione uno dei recipienti, il quale presen-
tava una calotta notevolmente slargata; in esso si trovò eziandio un forte
assottigliamento delle pareti nella regione sferica terminale: siccome poi questo
condensatore diede risultati che presentavano anomalìe, non si tenne conto di
esso nei calcoli delle esperienze.
« Costante dielettrica del vetro. La ricerca di questa costante fu fatta
dopo che vennero determinate le variazioni di capacità e di lunghezza dei
condensatori. Ciascuno di questi tubi di cui erano formati i recipienti, rotte
le calotte terminali, veniva argentato internamente ed esternamente; tolta
poi l'argentatura negli estremi mediante Vimmersione successiva nell' acido
nitrico diluito, si avea, in seguito al pulimento ed alla verniciatura della
della parte scoperta, un involucro cilindrico coibente circondato airintemo ed
all'esterno da due armature metalliche della stessa lunghezza.
(( Si disponeva inoltre di un condensatore ad aria costituito da due lastre
da specchi, argentate per due porzioni rettangolari uguali, le quali si sovrap-
ponevano in modo che le due armature fossero prospicienti. Pra le due lastre
stavano agli angoli quattro pezzi di una lastra da specchio, aventi sensibil-
mente lo stesso spessore e destinati a mantenere parallele le due faccio argen-
tate. Le lastre che servivano a portare le due armature erano di uno spes-
sore di 3"^"" circa, e siccome non erano assai estese si sarebbe potuto trascurare
in certo modo rincurvamento dovuto alla flessione della lastra sovrastante;
però volendo procedere con più rigore, ho pensato di non poggiare la lastra
inferiore direttamente sul piano che dovea reggere il condensatore, ma di adat-
tarla su quattro pezzi di vetro posti sul piano di appoggio al di sotto di
quelli su cui poggiava la lastra superiore : così Y incurvamento delle due
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— 349 —
annatore si poteva ritenere uguale, e lo spessore della lamina d'aria lo stesso
in tutti i punti. Due sottili strisce di stagnuola fissate alle partii argentate con
acqua gommata in due punti non prospicienti, permettevano di caricare una
delle due armature e di porre Taltra in comunicazione col suolo.
• Sapendosi che la capacità di un condensatore piano ad aria è data dalla
formula:
S
C =
iTld
dove S denota Tai-ea di ciascuna armatura e rf lo spessore della lamina d'aria;
e che quella di un condensatore cilindrico si ottiene mediante la formula :
C = ^4;. (4,
4,605 Igg
dove D è la costante dielettrica della sostanza costituente le pareti, l la lun-
ghezza delle due armature ed RiRo i raggi del tubo; si vede che per la
determinazione di D basta fare il confronto delle capacità di due condensa-
tori cosiffatti.
« Per procedere a tale confronto ho operato nel seguente modo. Un poz-
zetto di mercurio a (bene isolato) poteva mettersi in comunicazione mediante
il conunutatore m con uno dei pozr
zetti b h\ contenenti anch' essi mer-
curio e dei quali il primo era sorretto
direttamente da un filo metallico sal-
dato ad uno dei poli di una piccola
batteria voltaica zinco-acqua-rame B ,
Taltro da un filo metallico fissato al
morsetto corrispondente ad una coppia
di quadranti in un elettrometro Ma-
scart E: d'ordinario per l'azione di
un piccolo contrappeso dalla parte dì V
applicato al commutatore, si avea la
comunicazione fra questo pozzetto ed a.
L'elettrometro avea, come si è detto,
una coppia di quadranti in comunica-
zione con h , l'altra col suolo e l'ago caricato mediante una batteria voltaica
di 100 elementi. Al pozzetto a facea capo un filo che serviva alla carica di uno
dei condensatori, poniamo per esempio quello ad aria; mentre il filo desti-
nato alla carica dell'altro si ponea in comimicazione con h\ Dando un piccolo
colpo al commutatore dalla parte di ^, si potea stabilire per circa 1'' la
comunicazione fra il condensatore ad aria e la piccola batteria B ; così l'ar-
matura non derivata del condensatore veniva al potenziale P fornito dalla
pila : stabilendosi successivamente la comunicazione fra V ed a, la elettricità
RiNDicoNTi. 1888, VoL. IV, 1» Sem. 45
Fig. !•
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— 350 —
che era servita alla carica del primo condensatore si distribuiva fra i dae e
Telettrometro con un potenziale comune P'. Si ripetea indi lo stesso processo,
tenendo però il condensatore ad aria in comunicazione col pozzetto V e quello
cilindrico con a.
« Chiamando a ed ci gli angoli di deviazione dell'ago nell* elettrometro,
avuti nei due casi, si hanno, come si sa, le seguenti relazioni:
CP
a = K
C + C'-hC
C'P
C + C'-f-C"
nelle quali indico con K la costante dell'elettrometro, con C C rispettiva-
mente le capacità del condensatore ad aria e di quello cilindrico, e con G'
la capacità dell'elettrometro. A tutto rigore quest'ultima sarebbe dipendente
dall'angolo di deviazione ; però gli errori provenienti dalla variazione di tale
angolo non sono considerevoli, e poiché d'altra parte si aveano angoli di devia-
zione assai piccoli, si potea supporre nel nostro caso C costante.
tf Mi sono assicurato precedentemente che queste formule erano appli-
cabili, misurando gli angoli di deviazione dell'ago, dopo aver messo in comu-
nicazione diretta b ^ h\ per cariche relative ad 1, 2, 3, 4 elementi della
piccola batteria ad acqua; ho trovato che gli angoli erano proporzionali al
numero degli elementi adoperati, e siccome le deviazioni ottenute per cia-
scuno di essi isolatamente erano sensibilmente uguali, ho potuto dedurre che
le deviazioni dell'ago erano proporzionali ai potenziali cui si portava la coppia
di quadranti in comunicazione con b\
« Dalle due precedenti relazioni si ricava:
e quindi:
a
« La lunghezza e la larghezza delle armature del condensatore essendo
di 340"*™ e 250™°* rispettivamente, e lo spessore della lamina d'aria di 0'"™,874,
si trovò:
C = 7858™™.
a Mediante questo valore e quelli di a ci fomiti dalle esperienze, per
ciascun condensatore cilindrico, si calcolarono i valori di C, e quindi ser-
vendosi della formula (4) si ebliero le costanti dielettriche del vetro per i
vari recipienti.
« I tubi cilindrici adoperati come condensatori furono in numero di quattro
ed io li segno coi numeri d'ordine I, II, III, lY relativi ai recipienti cui
tali tubi appartenevano, osservando che conservo le stesse notazioni adoperate
nella relazione sulle esperienze di elasticità.
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— 351 —
Biporte nella seguente tabella i risultati ottenuti per la determinazione
delle costanti dielettriche.
Numero
del
recipiente
Baggio
int.
Eaggio
est.
Lunghezza
deUe
armature
a
</
C
D
I
4,205
4,599
43o""
O / //
0.36.29
0 / //
1. 8. 4
14652™"
6,10
n
4,327
4,721
305
0.41.56
0.50.29
9454
5,39
m
7,593
8,210
411
0.32.54
1. 2.22
14887
5,66
IV
4,799
5,271
441
0.36.44
1. 2.28
13354
5,68
« I yalori ottenuti per D non sono uguali fra loro, ma questo fatto non
sì potrà attribuire ad imperfezione del metodo adoperato, perchè anche il
Quincke per i rari condensatori di cui fece uso trovò con metodo diverso per
il potere induttore specifico del vetro valori assai disparati ; converrà ritenere
piuttosto che le variazioni di struttura del vetro per i processi di fusione e
di raffireddamento portino la loro influenza sulla costante dielettrica.
« Misura dei potenziali. Non avendo a mia disposizione alcun apparec-
chio che mi permettesse direttamente la misura del potenziale cui si portava
Tarmatura intema di ciascun condensatore colla macchina elettrica, ho do-
vuto procedere a questa determinazione per via indiretta, servendomi di un
micrometro a scintille e basandomi sulle esperienze di Baille (^). Questi, in
uno studio accurato sulla distanza esplosiva delle scintille, era pervenuto al
risultato che, per distanze comprese fra certi limiti, la lunghezza della scin-
tilla fra due sfere, pur dipendendo dalle dimensioni loro, era sensibilmente
proporzionale alla diflérenza di potenziale delle due sfere. Dai risultati cui
è venuto il Baille si può dedurre Tinfluenza delle dimensioni delle sfere, e
inoltre, poiché i potenziali furono in quelle esperienze misurati in valori asso-
luti, si ha il mezzo, fondandosi su quelle ricerche, di ottenere i potenziali
in valori assoluti mediante la misura delle distanze esplosive fra due sfere
metalliche di diametri noti.
• n micrometro a scintille di* cui mi serviva, portava due sfere di ottone
del diametro di due centimetri; in esso, mediante una scala graduata in mil-
limetri e un nonio, si potea misurare la distanza delle due sfere con sufS-
ciente approssimazione, purché si avesse cura ^i girare la vite micrometrica
sempre in un senso, per evitare gli errori provenienti dal passo perduto.
« Variazioni di lunghezza e di volume dei condensatori. Ho voluto
determinare le variazioni di lunghezza dei condensatori cilindrici servendomi
del metodo di Fizeau, che ho trovato di attuazione non molto difBicile e che
(1) BaiUe, Ann. de Cbim. et de Phys. 25, P. 486. 1882.
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— 852 —
ho ritenuto preferibile a molti altri per il modo con cui in valori assoluti
si poteano avere quelle variazioni.
« La disposizione cui si avea ricorso era quasi identica a quella ado-
perata per constatare gli allungamenti dei recipienti cilindrici sottoposti a
pressione intema nelle esperienze per la ricerca delle due costanti di elasti-
cità, e permetteva nel tempo stesso di determinare le variazioni di volume
intemo dei serbatoi; io rimando pertanto il lettore per maggiori dettagli a
quella pubblicazione, limitandomi solo qui ad accennare all'assieme dell'ap-
parecchio e a quelle modificazioni che per il nuovo genere di ricerche ho
dovuto introdurre.
« Ad una mensola M (fig. 2*) attaccata al muro veniva fissato il con-
densatore A per una porzione del tubo intermedio I, che univa il recipiente
H stesso al cannello capillare T su cui si valutavano le
Il variazioni di volume. Al tubo intermedio I era inoltre
fissato un tubo B che circondava il recipiente A per
tutta la lunghezza e portava inferiormente una lastrina l.
Fra questa e un'altra P attaccata all'estremo del reci-
piente A si producevano le frangio d'interferenza per
la doppia riflessione di un fàscio parallelo di luce mo-
nocromatica. I recipienti erano pieni di acqua comune,
la quale costituiva l'armatura interna del condensatore :
un filo di platino saldato alla parte superiore del tubo I
era messo in comunicazione con una macchina elettrica
a strofinìo, e serviva a trasmettere la carica fornita
dalla macchina al liquido. Il recipiente era argentato
esternamente sino alla base del tubo I, dove mediante
alcuni strati di stagnuola si adattava il filo di rame
che metteva questa seconda armatura in comunicazione
col suolo. Ad evitare una possibile dispersione della
elettricità alla superficie del vetro lungo il tubo I, si
ebbe cura di rivestire questa superficie con vernice di
gonmia lacca. Il filo che metteva in comunicazione la
macchina col condensatore portava una diramazione che
facea capo ad una delle palline dello spinterometro,
di cui l'altra era in comunicazione colla terra.
» Lo stesso tubo capillare, di <nù si determinò colla
massima cura la sezione dopo essermi accertato che
fosse sensibilmente calibro, fu saldato successivamente
ai vari recipienti-condensatori : con questo ebbi il van-
taggio di evitare gli errori relativi che si sarebbero
avuti da un tubo all'altro adoperando cannelli capillari differenti. Gli sposta-
menti dell' estremo della colonna liquida alla carica del condensatore si
Fìff. 2*
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— 358 —
valutavano mediante un cannocchiale munito di micrometro, di cui poteva
avere con sufficiente esattezza Tingrandimento.
« Per ogni recipiente che si adattava alla mensola M si constatò, prima
di cominciare le esperienze relative alle deformazioni, se gli spostamenti delle
frangie rispetto a vari punti, di riferimento sanati nella lastrina t , fossero
uguali per tutti i punti, per accertarsi se le due lastre si spostassero paral-
lelameifte Tuna all'altra, e nei casi in cui non si trovò verificata questa con-
dizione ^i modificò la sospensione sino a riuscirvi. Si ritenne pertanto suffi-
ciente di misurare gli spostamenti delle frangio rispetto ad un punto segnato
nel centrq della lastrina t. Ad assicurarsi poi che lo spostamento delle frangie
non dipendesse in parte dal modo con cui si operava la sospensione, si fece
dopo una prima una seconda serie di esperienze coi vari condensatori: i ri-
sultati che si ebbero da questa seconda serie furono quasi coincidenti con
quelli della prima.
« Le esperienze furono fatte sotto l'anfiteatro della scuola di fisica, dove
la temperatura variava pochissimo durante la giornata. Del resto si erano
adoperate tali cautele, come ho accennato nel citato lavoro, per non avere
azioni disturbatrìci dalle variazioni di temperatura, che si potea esser sicuri
della influenza trascurabile di tale causa di errore.
« Per quanto riguarda il modo con cui furono fatte le osservazioni, dirò
che in taluni casi vennero misurate contemporaneamente le variazioni di vo-
lume nel tubo capillare e gli spostamenti delle frangie da due osservatori;
ma avendo visto i valori costanti che si aveano per una data lunghezza di
scintilla da ima parte e dall'altra, e riuscendomi inoltre difficile di disporre
sempre di un aiuto nelle mie rìcerphe, ho fatto da solo alternativamente le
misure per le variazioni di v(^u)pje e di lunghezza, ripetendo le une e le altre
più volte per assicurarmi deU-entiJb^ p/^i risultati ottenuti n.
Fisica. — Sulle modificazioni prodotte dal magnetismo nel
bismuto. Nota del dott. Qiovan Pietro Grimaldi, presentata dal Socio
Blaserna.
« Il sig. Herbert Tomlinson ha presentato alla Società fisica dì Londra,
nella seduta del 28 gennaio 1888 un'interessante Nota, riassunta nel fascicolo
del 3 febb. 88 della Electrìcal Beview.
« In essa, dopo aver accennato all'influenza del magnetismo sulla resi-
stenza elettrica di alcuni metalli, specialmente del bismuto, egli dice che riscal-
dando un'asta di bismuto sotto l'azione di una forza magnetizzante, si ha una
forza elettro-motrice, che va dal metallo non magnetizzato al magnetizzato
attraverso la giuntura calda.
« Questo fatto era stato da me annunziato fln da più di un anno fa in
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^ 354 —
una Nota presentata alla B. Accademia dei Lincei Q) nella seduta del 7 feb-
braio 1887 (pubblicata nel fascicolo del dicembre 1887 dal Philosophìeal
Magazine) e studiato accuratamente in una Memoria presentata ai primi dì
giugno 1887 alla Società di scienze naturali ed economiche di Palermo. In
questa Memoria dicevo appunto che in un^asta di bismuto in parte mugne-
tizzata, la corrente va attraverso la saldatura calda « dal bismuto nop ma-
gnetico al magnetico se commerciale, e dal magnetico al non magnotioo se
puro » (2).
« Nella Nota sopra accennata il Tomlinson dice inoltre che le variazioni
di dimensione subite dal bismuto per effetto del magnetismo, sono troppo pic-
cole per ispiegare la variazione di resistenza elettrica.
« Anch'io ho studiato le deformazioni del bismuto nel campo magnetico,
per vedere se possano rendere conto delle variazioni di potere termoelettrico,
come pare avvenga, secondo il Thomson, per il ferro.
ft Però io non ho potuto constatare, con un apparecchio molto sensibile,
alcuna variazione di lunghezza con aste di bismuto lunghe da 30^*^ a 40*^",
fatte con lo stesso metallo adoperato per lo studio termo-elettrico e sottoposte
air azione di un campo magnetico uniforme, che produceva nel ferro un note-
vole allungamento. Se si considera che nel bismuto la variazione di potere
termoelettrico è moltissimo più grande che nel ferro, mentre nessuna varia-
zione di lunghezza ho potuto scorgere, si dovrà nettamente escludere la spie-
gazione sopra accennata.
« Un simile studio era stato fatto dal Tyndall ; ma le proprietà fisiche
del bismuto variano così grandemente da campione a campione, come hanno
dimostrato tanti sperimentatori e recentemente von Aubel, che io ho creduto,
per poterne trarre conseguenze attendibili, rifare le stesse ricerche sopra il
metallo adoperato per le esperienze termoelettriche. Ne riferirò in seguito
i particolari i> .
(1) In una recente Memoria (Vfìeà, Ann. 1888, n. 8) i sigg. Ettingahansen e Nemst
dicono che il fenomeno in parola da me trovato, non è altro che Fazione term(HMignetica
longitvdinale da essi osservata solamente nelle lamine di bismuto collocate in un campo
magnetico, col piano perpendicolare alle linee di forza. Viceversa io ho dimostrato (Nuovo
Cimento voi. XXII pag. 5) che la detta azione, della quale gli autori non diedero alcuna
spiegazione (anzi esclusero che fosse di natura termoelettrica) è un effetto complesso dovuto
alla variazione di conducjbilità calorifica e di potere termoelettrico, che avviene nel bismuto
sottoposto all'azione del magnetismo, ed è impossibile, per il modo come le esperienze erano
condotte, distinguere quanto appartiene alFuna e quanto all'altra causa. La dissertazione
inaugurale del Nemst, nella quale egli studia anche l'effetto termomagnetico longitudinale
è posteriore ad entrambe le mie pubblicazioni.
(') È probabile che il Tomlinson abbia sperimentato sopra metaUo non chimica-
mente puro.
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— 855 —
Mineralogia. — Sopra gli sferoidi di GAistorrai presso Fonni
in Sardegna. Nota IV. di Domenico Lovisato, presentata dal Socio
Struever.
« Altra Yisita a Ghistorrai presso Fonni ed un esame più minuto, tanto
macroscopico che microscopico, sopra i curiosi sferoidi, racchiusi nella granu-
lile di quella interessante località, non andarono esenti da nuovi risultati, che
mi piace affidare a questa Nota, ora specialmente che ho potuto esaminare
qualche campione del granito yariolitìco dì Craftsburj nello stato di Vermont,
col quale voleva vedere una certa rassomiglianza (^).
« Le osservazioni da me già fatte (^), che gli sferoidi con un aggregato
centrale micaceo erano i più regolari, ma che queste concentrazioni di mica erano
anche affatto eccezionali, hanno avuto anche questa volta la più ampia con*
ferma: infatti sopra 69 inclusi sezionati, che quindi fanno vedere il nucleo
intemo, solo due mi si manifestarono di questa specie, e quindi in generale
Doi possiamo dire che la parte centrale degli sferoidi presentasi per lo più
quasi identica alla massa inglobante, non solo per la struttura, ma anche per
k sua composizione chimica.
• Ho potuto constatare ancora che tanto nella parte intema, quanto spe-
cialmente nella pasta granulitica inglobante quegli arnioni, l'epidoto è più
abbondante di quello che credea per l'esame finora praticato; come osserva-
zioni più attente m' haimo permesso di verificare assai più frequente la mica
biotite cloritizzata e la muscovite, mancante assolutamente nelle buccio, in
discreta quantità nella parte intema d^li arnioni ed abbondante nella roccia
che li involge, contrariamente quindi a quello che dissi (') , essere questa
mica eccezionale affatto nella granulite di Ghistorrai.
« Stavolta poi ho potuto trovare ed estrarre degli arnioni piccolissimi:
tino di questi, che sarebbe il più piccolo, involto da buccia micacea, che com-
pare come un involucro semplice, della lunghezza di 37 mm., ha nella sua
parte mediana il diametro maggiore di 20 mm. ed il minore di 12, appa-
rendo quasi della forma di un cristallo di feldespato un po' schiacciato ; la
compAge intema d'altro piccolo, col diametro maggiore di 32 mm. e col mi-
nore di 15 nella sua sezione mediana, mostra pochissima mica, mentre il
quarzo compenetra abbondantemente il feldespato, così da dare all'interno di
questo piccolo sferoide macroscopicamente l'apparenza di strattura micropeg-
matitica; un tei'zo, un po' più grande, ha lo stesso aspetto intemo, sebbene più
(*) Lovisato, Sùpra il granito a sferoidi di Ghistorrai presso Fonni in Sardegna,
Nota n. Rendiconti delia R. Accademia dei Lincei, Voi. I, 1884-85, pag. 820.
(*) Lavoro citato, p.824; e NotalQ, Rendiconti ecc. Voi. Il, T Sem., 1886, pag. 509.
(3) Lavoro citato, Nota n, pag. 823.
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— 356 —
rossigno, ed è così schiacciato su due lati da far pensare, meglio ancora del
primo, che un cristallo di feldespato, di cui sarebbero marcate le faccio P,
abbia servito da centro di attrazione; un quarto del diametro maggiore di
43, 5 mm., col minore di 24, presenta il nucleo centrale limitatissimo, di meno
che 240 millimetri quadrati, composto di quarzo, delle duo miche e dei due
feldespati uniformemente distribuiti, ma non però come la pasta normale deUa
roccia involgente ; anche la parte periferica non è così bene formata come nei
grossi sferoidi, cioè solo da buccio di mica biotite, regolarmente disposta in
mezzo a feldespato, ma lascia vedere dopo una specie d'involucro micaceo una
zona centrale formata da feldespato tutto disseminato di grossi grani di quarzo
e qualche poco di mica: succedono quindi le buccio terminali di mica abba-
stanza regolarmente disposte.
tt Ho trovato alcuni di questi sferoidi rotti, slogati, spostati, come fossero
derivati da piccole faglie avvenute nella massa granulitica, che li contiene,
e quindi risaldati col mezzo di quarzo, che sarebbe perciò di formazione
secondaria.
« Ho potuto col mezzo di mine addrentrarmi nella roccia fresca ed estrane
campioni, i quali fanno vedere, come veramente cristalli di feldespato o più
specialmente masse feldespatiche o masse feldespatiche mescolate con quarzo,
sieno stati i centri di attrazione perla genesi dei curiosi arnioni: alcuni di
questi campioni contengono presso ad uno sferoide completo od accanto alla
cavità lasciata da un altro di essi degli inclusi, che stanno per completarsi,
inclusi limitati da una prima buccia di mica, od anche talvolta appena accen-
nati. A questa granulite a grossi elementi, levigata e lucidata, tali inclusi
coi grossi cristalli di feldespato o formati da un aggregato centrale feldespa-
tico con particelle di quarzo, che lo compenetrano, ed inviluppati per la più
parte dalla mica biotite, danno un bellissimo aspetto, quasi porfiroide, spic-
cando nettamente dalla massa cristallina generale, e specialmente dai con-
tomi di mica nera il feldespato bianco o lievemente roseo, presentandosi sopra
una superficie di un decimetro quadrato ben 11 di quelli amioncini.
« Al microscopio però questi cristalli di feldespato si presentano estre-
mamente impuri, specialmente per ps^liette di mica bianca che appariscono
in essi in abbondanza.
« L'illustre Pouqué, secondando i mìei desideri, ha pubblicato una im-
portante Nota su questa granulite (0- Questo lavoro fu fatto dal Fouqué al
solo scopo di dare la sua opinione sulla curiosa roccia, non certamente nel-
l'intenzione di farne una descrizione completa ; e ciò serve a spiegare, perchè
l'esimio scienziato nella sua Nota non abbia parlato dell'apatite, dello sfeno,
del zircone, minerali quasi costanti in tal genere di roccie, né degli altri mi-
nerali accessori, che compariscono nella forma litologica di Ghistorrai.
(») M. Fouqué, Sur lei nodules de la granulite de Ghistorrai près Fonni (Bardai-
gne), Bulletìn de la Société fran9ai8e de Mineralogie. Janvier 1887.
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— 357 —
• Bignardo ai feldespati il distinto professore del Collegio di Francia nella
sua interessante Nota (^) ci dice che ha trovato che Tortosio e Toligoclasio,
d*un bianco lattiginoso, sono egualmente sviluppati ed al microscopio si pre-
sentano molto alterati, ciò che mostra anche Tantichità della roccia, ed en-
trano nella massa e nel nucleo, mentre è Talbite o un microclino molto sodi-
fero, che forma le buccio assieme alla biotite. Questo medesimo feldespato
fii trovato dal Fonqué in uno degli arnioni con concentrazione di mica, e per
l'importanza dell'osservazione riporto le sue parole : « On y trouve, en
effet, de gi-ands cristaui d'orthose et d'oligoclase altéréfl, de la biotite trans-
foimée en chlorite et epidoto, du mica blanc comme dans les noyaux et d'autre
part, on y volt un feldspath triclinique limpide à petits angles d'extinction,
comme Talbite que nous avons signalée dans la couronne et de la biotite
intacte irrégulièrement distribuée. Le tout est cimenté par du quartz moulant
tons les autres éléments et formant entro eux des plages irrégulières « .
« È a questo illustre uomo più che ad altri che devo andar riconoscente
per lo studio al microscopio delle sezioni sottili della curiosa roccia. Le se-
zioni portate con me in Francia erano soverchiamente grosse e non poteano
quindi mostrarmi specialmente certi minerali accessori, che si vedevano net-
tamente nelle preparazioni microscopiche fatte allestire dal sig. Werlein, e che
non ammettono confronto. Così ho potuto vedere posteriormente anche nelle mie
preparazioni, ridotte più sottili, che l'apatite era abbastanza abbondante ed
in discreta quantità lo sfeno. Non posso far a meno poi di manifestare la mia
più viya riconoscenza all'esimio naturalista del Collegio di Francia pel dono,
che mi volle fare, di una magnifica preparazione microscopica, fatta pure dal
sig. Werlein e che è quanto di più perfetto si possa immaginare. Questa se-
zione sottile, ottenuta dal taglio di grosso sferoide, cui stava attaccata una
bella massa dì granulite, misura 97 mm. dì lunghezza sopra 61 di larghezza,
quindi una superficie generale alquanto più grande di quella che presenta l'in-
gegnosa preparazione del sig. prof. Enop, fatta semplicemente dallo sferoide,
e regalatami dall'illustre prof, vom Rath dell'Università di Bonn (2), essendo
il diametro maggiore di essa di 90 mm., ed il minore di 65 con circa I mm.
di spessore.
« Anche lo zircone mi fu svelato in grani dal microscopio e fra non molto
potremo salutare una dotta Nota dell'illustre dott. E. de Eroustchoff, lo stesso
che studiò il granito variolitico di Craftsbury, nella quale vedremo come questo
distinto mineralista abbia trovato nella roccia di Ghistorrai oltreché lo zir-
cone del tipo del granito ordinario e del gneis, ancora un nuovo tipo carat-
teristico, affatto speciale ed unico per la roccia di Ghistorrai ; ci dirà ancora
come questo ultimo zircone comprenda dei pori vetrosi incontestabili e delle
(\) Lavoro citato, pag. 1.
(«) Loyisato, lavoro citato, Nota HI, 886, pag. 1508.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1« Sem. 16
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— 358 —
inclusioni fluidali, e come queste ultime sieno comprese anche nella seconda
specie di zircone e gli altri nella prima specie ; vedremo ancora come egli
abbia trovato un minerale ettaedrico anisotropo contenente delle inclusioni
vetrose, fatto d'una importanza reale per lo studio della granulite di Ghistorrai,
nella quale lo stesso dott. K. da Kroustchoff avrebbe ancora rinvenuto l'ana-
tasio in cristalli tabulari del tipo granitico.
tt Altri risultati ancora spero farà conoscere il valente naturalista di
Breslavia suUa curiosa granulite che egli imprese a studiare specialmente
pe' zirconi, che in tre anni di lavoro è riuscito ad isolare in circa 100 roccie
cristalline massicce e stratificate, nonché in 50 sedimentarie.
tt Che Ghistorrai presso Ponni sia ancora Tunica località in Sardegna,
dove si presenta il singolare fenomeno degli sferoidi, oggi più che mai vo
acquistandone la certezza, dopo aver attraversato in lungo ed in largo l'isola
ed averla esaminata specialmente nelle sue masse granitoidi. Rammenterò solo
che a cinque o sei metri di distanza dal punto della limitatissima lente di
Ghistorrai m'avvenne di trovare tre sferoidi completamente formati ed alcuni
altri appena tracciati; ciò mi fece pensare che nella massa granulitica di
Ponni possa esistervi qualche altra lente, racchiudente i famosi inclusi.
« Che poi la località di Ghistorrai sia oggi ancora l'unica sulla terra che
presenti la granulite cogli inclusi descritti, valse a convinceimi l'esame dei
due campioni del granito variolitico di Craftsbury, col quale aveva voluto
intravedere (0 una certa rassomiglianza, dopo la lettura della Nota descrittiva,
fatta dallo stesso dott. E. de Kroustchoff {% campioni che ebbi per sua
gentilezza.
ti Dopo l'esame della roccia dello stato di Vermont devo dichiarare che
essa nulla ha che fare con quella di Ghistorrai. A Craftsbury si tratta di
un granito ordinario a mica nera, quindi oscuro, mentre a Ghistorrai abbiamo
nettamente una granulite, che in nessun punto presentasi così oscura : in quello
non si distinguono ad occhio nudo le due miche, che si veggono distinta-
mente in questa, sebbene in quello abbiamo predominanza di mica bianca:
in quello abbiamo la calcite, che manca in questa ; infatti trattando tanto la
parte granitica inglobante, quanto e specialmente quella intema dei globuli
coll'acido cloridrico in molti punti vedesi una viva effervescenza ; questa cal-
cite, che in romboedri netti osservasi all'esame microscopico, particolarmente
all'orlo del nodulo centrale, diminuendo quanto più si procede alla periferìa
dell'arnioncino, deve poi essere considerata come elemento primitivo, poiché
si trova in forma di inclusioni negli altri elementi della roccia : in quello non
abbiamo inclusi netti come a Ghistorrai, dove gli sferoidi dalle belle forme
arrotondate e definite sono nettamente isolabili, e dopo una certa sene di
(*) Lavoro citato, Nota II, pag. 820.
(2) K. de Kroustchoff, Noie sur le granite variolitique de Craftsbury cn Amériqxic,
Biilletiii de la SuciétO Minéralogique de France. Tome Vili, u. 5. Mai 1885.
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— 359 —
buccie, mescolanza di mica nera con albite e qualche grano di quarzo, si
passa nettamente al nucleo centrale, per lo piti della stessa natura della
roccia inglobante, mentre nel granito di Craftsbury i globuli sono bitorzoluti,
non si possono isolare nettamente e macroscopicamente si passa in modo in-
sensibile dalla periferia dei globuli al nucleo centrale ed all'occhio nudo
sembra una massa eguale a quella della periferia ; inoltre i globuli del gra-
nito di Craftsbury sono piccoli, misurando il diametro maggiore pei campioni
da me avuti in esame meno di 30 mm., mentre gli inclusi di Ghistorrai vanno
dal diametro minore di 37 mm., a quello maggiore di 29 e 30 centimetri,
colla corona micacea involgente lo sferoide, che arriva in uno fino a 2 cen-
timetri ; nulla potrei dire del nucleo centrale dei due sferoidi, che hanno la
lunghezza di 29 e 30 centimetri, essendo essi tuttora non sezionati, ma dal-
Tesperienza fatta che quanto sono codesti arnioni più grossi, tanto piti sottile
hanno Tassieme degli straterelli, che costituiscono la buccia, mi pare di poter
dire che non sarà inferiore a 28 e 29 centimetri.
« Fra i minerali accessori nella nostra granulite l'apatite è più abbon-
dante che nel granito di Craftsbury, ma come in questo essa è disseminata
in tutti gli elementi ; in tutte due le roccie compariscono lo sfeno e lo zircone ;
manca si può dire la magnetite nella roccia di Ghistorrai, mentre essa si
trova in certa quantità in quella di Craftsbury.
K n sig. dott. K. de KroustchofF avrebbe trovato il rutilo come microlito
prismatico nel quarzo e nel feldispato del granito dello stato di Vermont e
Tanatasio, come dissi superiormente , nella granulite di Ghistorrai. SuUa
gigantolite, che io avrei trovato nella nostra granulite, tanto nella roccia in-
globante, quanto nel nucleo centrale, darò un cenno descrittivo in altra Nota
relativa ad alcuni minerali nuovi per la Sardegna.
« Un grosso campione di granito variolitico, come quello dello stato di
Vermont, vidi a Parigi nelle ricche collezioni ieìVFcoledes Minessl n. 1574,
229 colla scritta: Granite globuleux {orihose^ quarts et mica noir). Mas-
sachusetts {Etats- Uais). Avremo quindi che il granito variolitico studiato dal
dott K. de Kroustchoff per lo stato di Vermont, si troverebbe anche nell'altro
stato, che con quello confina a sud, e perciò questo granito avrebbe un'esten-
sione maggiore ^ .
Chimica. — Sopra im acido solfoisovalerianico. Nota di Gio-
vanni De Varda, presentata dal Socio Cannizzaro (^).
« Per ottenere l'acido solfoisovalerianico partii dall'acido clorosolfonico
e dall'acido isovalerianico, seguendo il processo d'Hemillian (2).
« Misi in una storta prima 100 p. d'acido isovalerianico e poi 100 p.
{}) LaToro eseguito neUlstituto chimico di Padova.
(«) L. Ann. 176, 1.
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— 360 —
d'acido clorosolfonico, un pò* meno cioè di quanto sarebbe stato necessario
(114.47 p.) a far entrare in azione tutto il primo acido. La reazione s'effet-
tuò con forte sviluppo di calore e leggiero abbrunimento ; dopo terminata la
reazione spontanea, credetti bene pon*e il tutto in un hdLgno ad olio, che portai
a 100**, e tenni qualche tempo a questa temperatura, ch'elevai poi a poco a poco
fino a 150®, temperatura assai vicina al punto d'ebollizione dell'acido cloro-
solfonico (153®), limite che non si dovea raggiungere, e meno poi oltrepassare.
La sostanza non tardò ad assumere un colore molto scuro, fino a che verso
la fine dell'operazione non ebbi che una massa densa e nera in causa d*una
parziale carbonizzazione dell'acido organico. Aggiunta poi dell'acqua al resi-
duo rimasto nella storta, sottomisi il tutto alla distillazione a bagno ad olio,
replicando l'addizione di nuove porzioni d'acqua fino a scomparsa dell'acido
cloridrico ed isovalerianico nel distillato.
« Al liquido denso rimastomi aggiunsi del carbonato di piombo, riscaldai
a lungo ed addizionato il tutto con acqua lo portai all'ebollizione; filtrai a
caldo e replicai sul residuo i trattamenti con acqua, onde estrarre tutto il
sale del nuovo acido, che è poco solubile.
« Il liquido giallo chiaro ottenuto venne liberato dal piombo con idro-
geno solforato, ed il filtrato trattato una seconda volta nel modo descritto,
per eliminare la materia colorante, che precipita assieme al solfuro dì piombo.
fi La soluzione acida, debolmente colorata in giallo, ottenuta in questo
modo, venne impiegata per ottenere l'acido libero e per preparare i sali di
piombo e di bario.
Acido solfoisovalerianico (C5 Hi© SO5).
« Svaporando nel vuoto sull'acido solforico la soluzione acquosa dell'acido
libero ottenuta dal sale piombico, ebbi un liquido denso, che dopo qualche
tempo si solidifica formando una massa cristallina deliquescente.
« Svaporando invece a b. m. avviene una parziale decomposizione, per
cui il liquido diventa bruno ed emette un odore che ricorda quello dell'acido
isovalerianico.
tt L'acido solfoisovalerianico riscaldato su lamina di platino si scompone
lasciando indietro un residuo carbonioso.
Solfoisovalenanato di piombo (C5 Hg Pb SO5 + 211% 0).
» Svaporando a b. m. la soluzione del sale piombico anzidetta fino ad
una certa concentrazione, si deposita una sostanza cristallina senza colore, che,
liberata dalle acquemadri, venne purificata per mezzo di ripetute cristalliz-
zazioni dall'acqua.
« Le varie cristallizzazioni di detto sale si mostrarono fra loro identiche,
dando cosi a credere trattarsi à^un solo solfoacido originato dall'azione del-
l'acido solfonico sull'acido isovalerianico.
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— 361 —
K II solfoisovalerianato di piombo si presenta iu minati cristalli tubii-
larì, di nessun odore e colore, di sapore dolce, difficilmente solubili nel-
l'acqua ed insolubili nell'alcool, etere e cloroformio ; sono infusibili e possono
venir riscaldati fino a 180^ senza indizi di scomposizione. La sua soluzione
acquosa anche concentrata non viene precipitata dall'alcool assoluto, ed ha rea-
zione acida non molto pronunciata. La sua solubilità è di 0.54 di sale anidro
in 100 p. d'acqua, come lo dimostra la s^uente determinazione:
gr. 24.667 d'una soluzione acquosa satura a 30"" dettero per evaporamento a
b. m. gr. 0.1334 di sale anidro seccato a ISO"".
<i II sale piombico ora descritto cristallizza con due molecole d'acqua,
che perde già a 100° parzialmente e a 150** completamente,
gr. 1.1236 perdettero a 150° gr. 0.098 di Hg 0 e dettero indi gr. 0.801 di
PbS04.
« In 100 parti:
Calcolato per C* H« Pb SO, Trovato
Pb — 53.47 53.34
Calcolato per C» H» Pb SO, + 2H, 0 Trovato
H,0— 8.51 8.72
Solfoisovalerianato di bario (Cs Hg B» SO5 +H8 0).
K Ottenni il sale barìtico saturando le soluzioni acquose deiracido libero
con carbonato baritico.
« Esso presentasi in minuti cristalli tabulari, senza colore e di nessim
odore, di sapore amarognolo astringente, facilmente solubili nell'acqua ed in-
solubili nell'alcool, etere e cloroformio ; sono infuòibili e possono venir riscal-
dati a 350° senza indizi di scomposizione. Contengono una molecola d'acqua
di cristallizzazione, che perdono stando per qualche giorno esposti all'aria,
diventando opachi. Hanno reazione acida,
gr. 0.6936 perdettero a 150° gr. 0.0347 di H2O;
gr. 0.905 di sale anidro dettero
gr. 0.6038 » » »
« In 100 parti :
Calcolato per C» H» Ba SO»
C —18.91
H— 2.53
Ba — 43.24
Calcolato per C* He B» SO, -
H,0— 5.37
ft La costituzione dell'acido ora descritto non è determinata completa-
mente, non avendo io stabilito la posizione del solfoossile. Hemillian dimostrò,
che l'acido solfo-butirrico ottenuto con lo stesso metodo, che io ho seguito
per preparare l'acido solfoisovalerianico, contiene il residuo dell'acido solforico
gr. 0.663
di Ba SO4;
gr. 0.415
di CO, e gr. 0.141 di H, 0
s
Trovato
18.74
2.60
45.98
i,0
TroTato
5.00.
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— 362 —
in posizione a, nel mio caso però non è esclusa la possibilità, che esso possa
trovarsi invece in posizione /?, essendo questa la posizione del residuo nitrico
nell'acido nitroisovalerianico, che sì ottiene direttamente dall'acido isovale-
rianico » (0.
Chimica. — Sui derivati acetilici del Metilchetolo e dello Scalolo.
Nota di Gaetano Magnanini, presentata dal Socio Cannizzaro 0-
« I derivati acetilici nella serie degli indoli sono stati fino ad ora troppo
poco studiati. Baeyer, il quale ha scoperto T indolo, descrisse parecchi anni
fa due sostanze da lui ottenute (^) riscaldando l' indolo con anidride acetica alla
temperatura di 180^-200°. La prima di queste sostanze, fusibile a 182^-183^
ha la composizione di un acetilindolo, e si forma accanto ad un altro com-
posto, più facilmente solubile nel benzolo, il quale fonde a 146* e rappre-
senta molto probabilmente un secondo derivato acetilico dell' indolo. Più tardi
Jackson (^) ha descritto l'acetilmetilchetolo il quale, analogamente all' ace-
tilindolo, si ottiene per azione della anidride acetica sul metilchetolo, so-
stanza ottenuta allora da Baeyer e Jackson (^) riducendo To-nitrofenilacetone
con polvere di zinco ed ammoniaca. Non avendo a quel tempo ancora Gia-
mician e Dennstedt (^) fatta conoscere la tendenza particolare del pirrolo di
formare colla anidride acetica un derivato chetonico, si anmiise che la for-
mazione dei derivati acetilici dell' indolo e del metilchetolo fosse paragona-
bile a quella dei derivati acetilici delle basi secondarie, e che però l'acetile
sostituisse nelle sostanze in discorso l'idrogeno del residuo imminico. Solo
recentemente E. Fischer {J) ha dimostrato che l'acetilmetilchetolo descritto
da Jackson è un vero chetone e che però, anche sotto questo punto di vista,
l'analogia fra pirrolo ed indolo è completa. Si può dire pertanto che, fino
ad ora, l'acetilmetilchetolo è l'unico derivato acetilico nella serie degli indoli
del quale si conosce la costituzione molecolare; se l' acetilindolo di Baeyer
sia un derivato chetonico, come è molto probabile, per ora non si può asse-
rire ; molto meno si conosce la natura della seconda sostanza fusibile a 146^
che si forma nella azione della anidride acetica sull' indolo e che potrebbe
essere un vero derivato acetilico, ma che però potrebbe egualmente essere,
come forse è probabile, un secondo derivato chetonico dell'indole. In ogni
(!) Bredt, Beri. Ber. 15, 2319.
(*) Lavoro eseguito nelP istituto chimico della R. Università di Padova.
P) Beri. Berichte XH, 1309.
(*) Ibd. XIV, 880.
(5) Ibd. Xm, 187.
(«ì Reale Accademia dei Lincei. Memorie voi. XY, 1882-1883.
0) Beri. Berichte XIX, 2980.
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— 363 —
caso però resistenza di veri derivati acetilici, degli indoli, nei quali Tacetile
si trovi legato all'azoto non è ancora dimostrata.
« Le mie ricerche sono dirette a riempire questa lacuna. Io ho trovato
che anche gli indoli possono dare, sebbene con una certa diflScoltà, dei veri
derivati acetilici, i quali a differenza dei loro isomeri sono decomponibili dalla
potassa; preferibilmente però si formano i derivati chetonici i quali si de-
compongono solo coir acido cloridrico concentrato bollente. Questa decomposi-
zione coll'acido cloridrico, non è ristretta ai derivati chetonici degli indoli;
anche l'a-acetilpirrolo, se viene bollito con acido cloridrico concentrato, in
parte si resinifica, ed i vapori che si svolgono colorano intensamente in rosso
una scheggia di legno di abete bagnata coU'acido cloridrico.
I. Acetilmetilchetolp.
tt Questa sostanza si forma allorquando si fa bollira.il metilchetolo con
anidride acetica, in presenza di acetato sodico anidro. E. Fischer nelle sue
recenti ricerche su questo composto (0 descrive un metodo dettagliato, nel
quale la separazione deiracetilmetilchetolo che si è formato, dalla resina, ha
luogo coir aiuto del cloroformio nel quale l'acetilmetilchetolo è relativamente
meno solubile. Il rendimento piuttosto grande (80 Vo) che si ottiene con questo
metodo, dimostra che quasi tutto il metilchetolo viene trasformato con questo
processo nel derivato acetilìco di Jackson. Io ho voluto indagare da che cosa
sia costituita quella materia resinosa nera che viene estratta col mezzo del
cloroformio.
« A questo scopo la soluzione cloroformica venne portata a secco e di-
stillata nel vuoto. La parte che passa sul princìpio della distillazione è co-
stituita da un liquido intensamente colorato in rosso che non si solidifica,
mentre la parte che boUe a temperatura più elevata si solidifica prontamente
nel tubo refrigerante e possiede le proprietà dell' acetilmetilchetolo. La fra-
zione liquida venne ridistiUata nel vuoto trascurando le prime frazioni colo-
rate in rosso. Si ottiene così un liquido colorato in giallo, il quale venne
distillato per una terza volta nel vuoto. La ms^gior parte di questa sostanza
passa a 200^-210^ ad una pressione di 40 m. m.. ed è costituita da un liquido
leggerissimamente giallognolo il quale non si solidifica anche sa viene raf-
freddato a — 15^ e che ha dato all'analisi i seguenti risultati:
gr. 0,3762 di sostanza dettero gr. 1,0596 di CO, e gr. 0,2337 di H^O.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ci Hn NO
C 76,77 76,30
H 6,90 6,36
0) Liebig^s Annalen 242, 379,
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— 364 —
« La differenza che si osserva fra i valori trovati e quelli richiesti dalla
formnla Cu Hn NO non deve fare meraviglia. La piccola quantità di sostanza
della quale disponevo non mi ha permesso di purificarla ulteriormente. Si può
però dimostrare che senza dubbio la nuova sostanza è un vero acetilmetil-
chetolo decomponendolo colla potassa. A questo scopo Vn-acetilmettlchetolo (0
venne fatto bollire per circa 20 minuti con una soluzione di potassa (d = 1,27)
in un apparecchio a ricadere. Si aggiunse acqua e si distillò in una corrente
di vapore. Il metilchetolo, il quale passò prontamente allo stato solido, venne
riconosciuto per mezzo della sua combinazione picrica. La soluzione alcalina
venne acidificata con acido solforico, distillata, ed il liquido ottenuto neutra-
lizzato con carbonato di soda e portato a secco ; il residuo trattato con acido
solforico ed alcool svolge intensissimo l'odore deiretere acetico. La nuova so-
stanza pertanto viene decomposta dalla potassa concentrata e bollente in acido
acetico e metilchetolo; il suo comportamento è dunque eguale a quello dei
derivati acetilici delle basi secondarie e però deve contenere l'acetile legato
all'azoto :
CH
N . co . CH3
tf II />-acetilmetilchetolo si forma anche per azione del cloruro di ace-
tile sul metilchetolo; io ho osservato a questo riguardo, specialmente se si
adopera il cloruro di zinco, la fonnazione di una materia colorante spuria,
molto simile alla fucsina, la quale starà senza dubbio in un certo rapporto
col dimetilrosindolo descritto da E. Fischer e Ph. Wagner (2).
Ossidazione del fi-acetilmetilcheéolo con camaleonte.
tt 5 gr. di /J-acetilmetilchetolo vennero sospesi in 500 e. e. di acqua
distillata e si aggiunse a poco a poco una soluzione fatta a caldo di 9 gr.
di camaleonte in 500 e. e. di acqua. L'ossidazione avviene prontamente sopra-
tutto se si ha cura di riscaldare e si compie bollendo ; si filtra la soluzione
bollente dall'ossido di manganese e la si lascia raffreddare affinchè si separi
un poco di acetilmetilchetolo che è sfuggito alla ossidazione. La soluzione
filtrata ed acidificata viene estratta con etere ; l'etere abbandona una sostaza
acida la quale venne purificata sciogliendola nel carbonato di soda, filtrando
(^) Seguirò nella nomenclatura dei derivati acetilici degli indoli quella stessa che è
stata adottata pel pìrrolo dal prof. Ciamician nella sua monografia, il Pirrolo ed i suoi
derivati ; per conseguenza n indica i prodotti di sostituzione dell' idrogeno imminico, <z e /^
sono le due posizioni nelle quali si trova il metile, rispettivamente, nel metilchetolo e nello
scatole.
(«) Beri. Berichte XX, 815.
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— ses-
ia soluzione, acidificasdo ed estraendo di nuovo con etere. Cristallizzando
ripetatamente il residuo della evaporac&one ^11* etere dalVaeido acetico diluito,
si ottengono delle bellissime laminette quasi incolore di una sostanza acida,
le quali fondono a 183^-184". Precipitando con nitrato di argento una solu-
zione ammoniacale neutra della sostanza, si ottiene un sale argentico il quale
ha dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,3990 di sostanza calcinati, dettero gr. 0,1506 di Ag.
• In 100 parti:
trovato calcolato per C» H« NOt Ag
Ag 37,74 37,76
« La composizione e le proprietà di questa sotanza <x)iiDCÌdono con quelle
dell'acido acetilortoamidobenzoico ottenuto da Bedson e King (0 nella ossida-
zione della acetil-ortotoluidina e da Jackson (^) nella ossidazione con cama-
leonte del metilchetolo. Questo ultimo modo di formazione deiracido acetil-
ortoamidobenzoico è importante; esso c'insegna che nella ossidazione con
camaleonte dell'acetilmetilchetolo deve accadere prima l'eliminandone d^'ace-
tile e poi l'ossidazione del metilchetolo risultante:
C — COCH3 COOH
C«H4 C.CH3 +30 + H,0 = CeH4 COCH3 +C2H40,
NH NH
Fusione con potassa del fi-acetilmelilchetolo.
« Vennero fusi 60 gr. di potassa in un crogiuolo di argento ed, agitando,
Tennero introdotti a poco a poco 3 gr. di /?-acetilmetilchetolo. La maggior
parte della sostanza viene trattenuta e si ottiene cosi una massa fusa scura
sulla quale nuota un olio nero. Si eleva alquanto la temperatura e si man-
tiene il riscaldamento agitando fino a che tutto l'olio sia scomparso. Si lascia
raffreddare, si aggiunge acqua, si fa bollire e dopo raffreddamento si filtra;
si acidifica con acido solforico e si estrae ripetutamente con etere. Il residuo
dell'estratto etereo è costituito da una massa nerastra, la quale si scioglie
quasi totalmente nel carbonato di soda con sviluppo di acido carbonico. La
soluzione alcalina filtrata venne acidificata nuovamente ed estratta con etere.
L'etere abbandona per distillazione una ipassa solida colorata in bruno che
venne cristallizzata dall'acqua, bollendo con carbons animale. Per raffredda-
mento si deposita una polvere cristallina colorata in giallo bruno, la quale
si scic^lie quasi completamente nel benzolo bollente mentre, resta indisciolto
un residuo colorato in rosso. La soluzione benzolica venne scolorata, agitan-
dola per parecchio tempo con carbone animale, e precipitata con ligroina.
(1) Journal of Chem. Soc. 1880, 752.
(«) Beri. Berichte XIV, 885.
Bbndiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 47
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— 366 —
La sostanza che si ottiene così quasi perfettamente bianca è senza dabbio
un deriyato deir indolo, giacché riscaldata in un tubicino chiuso ad una estre-
mità, svolge dei vapori che colorano intensamente in rosso un pezzetto di l^no
di abete umettato con acido cloridrico, e per di più riscaldata con isatina ed
acido solforico concentrato da origine ad una colorazione rosso-violetta. Fonde
a 200^-202** in un liquido rosso, ed è identica all'acido a-indolcarbonico che
Fischer (i) ha ottenuto dal composto fenilidrazinico deiracido piruvico. Pre-
cipitandone la soluzione anmioniacale neutra con nitrato di argento, si ottiene
il sale argentico il quale ha dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,2423 di sostanza calcinati dettero gr. 0,0979 di Ag.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ct H« NOt Ag
Ag 40,40 40,29
K La formazione dell'acido cr-indolcarbonico dal /9-acetilmetilchetolo si
spiega facilmente tenendo conto della tendenza che ha Tacetile in questo
composto a venire eliminato. Il metilchetolo che si forma dà poi per fusione
colla potassa l'acido, a-indolcarbonico (2).
IL Acetilscatolo.
C . CH3
C« H4 C . COCH3
NH
« Questa sostanza si forma in piccola quantità allorquando si fa agire
un eccesso di anidride acetica sullo scatolo, in tubi chiusi, sopra 200*. Il
metodo migliore per preparare l'acetilscatolo, è quello di fare agire il cloruro
di acetile sullo scatolo in presenza di cloruro di zinco. Io ho osservato a
questo riguardo che un poco di umidità nello scatolo che si adopera non nuoce
all'esito della reazione, anzi, la determina più prontamente e la preparazione
dell' acetilscatolo riesce più facile e più sbrigativa.
« Porzioni di 1 gr. di scatolo e 0,5 gr. di cloruro di zinco granuloso,
intimamente mescolati, vengono introdotte in altrettanti palloncini e si versano
sopra 10 gr. di cloruro di acetile per volta. La reazione è pronta ed ha luogo
con sviluppo di acido cloridrico, mentre si ottiene una soluzione violetta la
quale viene trattata direttamente con acqua. L'acqua distrugge una materia
colorante spuria, evidentemente analoga a quella che si foima per azione del
(1) Liebig's Annalen 236, 142.
(') V. Ciamìcìan e Magnanini, Sintesi di acidi metilindolcarbonici. Rendiconti della
B. Accademia dei Lincei. Sedata del 5 febbraio 1888.
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— 367 —
cloruro di acetile sul metìlchetolo, e rimangono sospesi nell'acqua dei fiocchi
di una materia cristallina, il cui colore varia dal bianco al rosso e che non
possiede più le proprietà dello scatolo. La nuova sostanza viene disciolta nel-
l'alcole bollente, precipitata con un quantità conveniente di acqua e cristal-
lizzata dall'acqua bollente leggermente alcoolica. Si ottiene cosi in ragione
del 70 Vo dello scatolo impiegato una sostanza in bellissimi aghi filiformi
bianchi, i quali cristallizzati ripetutamente dall'acqua bollente fondono co-
stantemente a 147^-148^ ed hanno dato all'analisi i seguenti risultati:
L gr. 0,2621 di sostanza dettero gr. 0,7372 di COg e gr. 0,1548 di Hj 0
IL gr. 0,2510 » » gr. 0,7012 i» gr. 0,1476
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ci Hn NO
I II
C 76,71 76,19 76,30
H 6,56 6,53 6,36
« L'a-acetilscatolo è una sostanza abbastanza volatile in una corrente di va-
pore acqueo, ricorda nell'odore Ta-acetilpirrolo e riscaldata con acido solforico
concentrato da orìgine prontamente ad una colorazione rosso-carmino intensa ; è
quasi insolubile nell'acqua a freddo, più solubile a caldo» molto solubile nel-
l'alcool bollente da cui cristallizza e si separa in gran parte per raffreddamento,
solubile nell'acetone e mediocremente solubile nell'etere. Mescolando soluzioni
benzoliche sature di acetilscatolo e di acido picrico si separano dopo qualche
tempo dei lunghi aghi filiformi, di un colore giallo aranciato, i quali sono
molto solubili nel benzolo a caldo e non molto solubili a freddo; trattati con
ammoniaca a freddo diventano subito bianchi decomponendosi e si ripristina
l'acetilscatolo. Questa combinazione picrica cristallizzata dal benzolo bollente
fonde costantemente a 156^-157^. La natura chetonica dell'acetilscatolo è
dimostrata dal suo comportamento con l'idrossilamina; l'acetilscatolo non viene
decomposto dalla potassa concentrata bollente, boUito però a lungo con acido
clorìdrico subisce una parziale decomposizione, in parte si resinifica e si forma
dello scatolo.
« L'acetilscatolo si forma anche allorché si fa bollire per qualche ora
lo scatolo con un eccesso di cloruro di acetile. La quantità di scatolo che
viene così trasformata nel . derivato acetilico è però molto piccola ; la maggior
parte dello scatolo rimane inalterata ed in parte si resinifica; io ho notato
però ancora la formazione, in piccola quantità, di un olio molto volatile in
corrente di vapore; questo olio non si solidifica, ha un odore che ricorda
quello dell' /^acetilpirrolo e con molta probabilità rappresenta l'/^-acetilscatolo
corrispondente all'^-acetilmetilchetolo da me descritto.
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— 36a —
Ossima dell' acetilscaiolo.
tt Questa combinazione si forma a preferenza facendo bollire per alcnne
ore una soluzione alcoolica di acetilscatolo con cloridrato di idrossilamina in
presenza di carbonato di soda. Se non si impiega il carbonato di soda ovvero
se si adoperano soluzioni alcooliche troppo diluite, accade talvolta che la tra-
sformazione del chetone in ossima è solo parziale ed il prodotto che si ottiene
è in parte insolubile nella potassa.
« Si introducono 3 gr. di acetilscatolo, 3 gr. di cloridrato di idrossila-
mina e 6 gr. di carbonato di soda anidro in un apparecchio a ricadere e si
fa bollire con 70 e. e. di alcool per 5-6 ore. Si filtra la soluzione, dopo che
si è raffreddata, e si distilla la maggior parte dell'alcool. Aggiungendo acqua
precipita un olio il quale però dopo poco tempo si solidifica ; la sostanza so-
lidificata viene cristallizzata ripetutamente dall'acqua bollente, previa aggiunta
di una piccola quantità di alcool. Si ottengono cosi degli aghettini piccolis-
simi i quali si separano completamente dalla loro soluzione dopo un riposo
di 12 ore e fondono a 119^. Si sciolgono prontamente a freddo in una solu-
zione di potassa, e bolliti per alcuni minuti coU'acido cloridrico concentrato
vengono completamente decomposti rigenerando l'acetilscatolo. Biscaldati con
acido solforico concentrato non danno però la colorazione rosso-carmino intensa
che dà nelle medesime condizioni l'acetilscatolo.
« Una determinazione della quantità di azoto contenuta nella sostanza
ha dato il seguente risultato:
gr. 0,1292 di sostanza svolsero 16,5 ce. di azoto misurati alla temperatura
di 10^2 ed alla pressione di 761 m. m.
« In 100 parti:
Irovato calcolato per Ci 1 Hi 8 NjO
N 15,12 14,89
« I risultati esposti, se vengono paragonati con quelli che furono otte-
nuti dallo studio dei derivati acetilici nella serie del pirrolo, possono dar
luogo alla seguente conclusione la quale non è altro che l'espressione dei fatti:
« Il metilchetolo dà, se viene bollito con anidride acetica, quasi esclu-
sivamente il ^-acetilmetilchetolo ottenuto da Jackson parecchi anni fa e che
secondo le recenti ricerche di Fischer è un vero chetone. In piccola quantità
si forma però anche l'^^-acetilmetilchetolo liquido. Anche lo scatole, quando
si trova in condizioni di dare un derivato acetilico, dà di preferenza, come si è
visto, l'a-acetilscatolo, che è il derivato chetonico. Il pirrolo invece (ed anche
Ta-metilpirrolo) può dare i due derivati acetilici il pirrilmetilchetone cioè e
r/2-acetilpirrolo con eguale facilità. Sembra dunque che nella serie degli indoli
la mobilità degli idrogeni metinici del nucleo tetrolico, sia ancor più accen-
tuata che nel pirrolo, mentre sarebbero diminuite le proprietà basiche dalle
quali la sostituibilità dell'idrogeno iminico, dall' acetile, evidentemente dipende « .
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— 369 --
Chimica mineralogica. — Sulla composizione chimica e miìie-^
ralogica delle roccie serpentinose del Colle di Cassimoreno e del
Monte Bagola ( Valle del Nure). Nota del dott. Clemente Monte-
martini, presentata dal Socio Alfonso Cossa.
u 1. Il professore Ciro Chistoni nei suoi lavori relativi alla formazione
della carta magnetica d'Italia accennò anche alle pertnrbazioni degli elementi
del magnetismo terrestre che si incontrano in alcune località deiritaUa supe-
riore, ed accettando il con3Ìglio del prof. Taramelli rivolse le sue osservazioni
magnetiche alla regione del Monte Bagola nella Valle del Nure. Nell'ese-
guire queste sue nuove indagini, al nord del Monte Bagola nel Colle di Cassi-
moreno afifatto distaccato dal monte trovò nell'arenaria, da cui le carte geo-
logiche indicano costituito il colle, dei massi di una roccia serpentinosa la
quale presenta in modo molto distinto i fenomeni di polarità magnetica, mentre
questi mancano affatto nella gran massa serpentinosa del Monte Bagola, la
quale, al pari di tutte le roccie serpentinose, agisce sull'ago calamitato come
ferro dolce (i). Però il Chistoni nel salire sul Bagola (la base del quale è di
arenaria) incontrò, pure neir arenaria, dei massi serpentinosi di forma pirami-
dale formanti parte integrale del monte, i quali mostravano fortemente la po-
larità magnetica come la roccia del Colle di Cassimoreno.
a II prof. Chistoni inviò cortesemente dei campioni delle serpentine del
Colle di Cassimoreno e della grande massa del Bagola al prof. A. Cossa, il
quale volle affidarmene lo studio di cui riassumo i risultati in questa Nota.
tt 2. La serpentina del Colle di Cassimoreno è massiccia, e molto compatta ;
presenta un aspetto brecciato o porfiroide. In una massa fondamentale di un
colore verde nerastro, costituita da serpentino, si trovano disseminati dei cri-
stalli di un minerale lamellare, con splendore ora metallico, ora madreper-
laceo, che Tanalisi chimica e l'osservazione microscopica dimostrarono formati
per la massima parte da un pirosseno trimetrico e precisamente da enstatite
(bronzite). Per questo suo aspettto brecciato la serpentina di Cassimoreno
si rassomiglia assai ad altre serpentine appenniniche ed in ispecie a quella
di Bovegno nel Bobbiese, la quale è anche essa essenzialmente formata da
0) Chistoni, Misure assolute degli elementi del magnetismo terrestre fatte nelVanno
18S6. Appendice I. Annali della meteorologia italiana. Parte 1», 1885. Roma, 1887.— Chi-
stoni, Valori assoluti della declinazione ed inclinazione magnetica, determinati in alcuni
punti delV Italia settentrionale nell'estate del 1887, Rend. dell'Accad. dei Lincei, Sed. 9 gen-
naio 1887. — Tacchini, Osservazioni magnetiche fatte sul Monte Bagola, Rend. dell'Accad.
dei Lincei. Sed. 13 novembre 1887.
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-.- 370 -.-
una pasta serpentinosa in cui trovansi disseminati porfiricamente dei grossi
cristalli di enstatite (^).
« Preparando con un campione di questa roccia, del peso di circa due
chilogrammi e mezzo, una superficie levigata che misurava 8 centimetri in
larghezza, e 12 centimetri in lunghezza, ho rilevato che i cristalli lamellari
del minerale pirossenico erano disposte in serie parallele leggermente ondulate.
Questa disposizione è molto probabilmente affatto accidentale nel campione
che ebbi l'opportunità di esaminare ; ma io volli notarla perchè ad essa dovrò
riferirmi nel descrivere i fenomeni di polarità magnetica che in questa roccia
si presentano in un modo molto eminente.
tt Oltre airenstatite, coir osservazione macroscopica, si notano nella roccia
in piccola quantità un minerale pure lamellare, verdognolo (diopside), e dei
granuli di un minerale molto duro, che in sezioni sottili è trasparente e do-
tato di un colore bruno (picotite).
« La magnetite, che è pure uno dei componenti principali dì questa roccia,
è in granuli amorfi così internamente disseminati nella massa serpenUnosa
fondamentale, che, anche nella polvere molto fina della roccia, non si può
separare nettamente con una calamita.
tt La durezza della roccia nella massa fondamentale è circa 6, 5 ; però
in alcuni punti (in corrispondenza ai granuli di picotite) la roccia riga il
quarzo.
<i La determinazione del peso specifico eseguita col picnometro alla tem-
peratura di 13°c. con tre porzioni differenti della roccia diede i risultati
seguenti:
2,76
2,75
2,73.
« 3. Tutti i pezzi di serpentina del Colle di Cassimoreno di cui ho potuto
dispone possegono in modo assai marcato la polarità magnetica. Cimentando un
pezzo di questa roccia, che pesava circa due chilogrammi e mezzo, con un ago
calamitato, osservai che in vane partì della sua superficie esistono centri ma-
gnetici non solo di nome differente, ma anche di diversa intensità. Con questo
modo di esperìmentare però non si possono precisare nò la posizione né il
numero di tali centii, perchè razione di ognuno di essi resta naturalmente
alquanto alterata da quella dei circostanti ed anche dairazione del blocco
in massa.
« Biducendo la serpentina in frammenti della grossezza di circa mezzo
centimetro cubico, si nota che in quasi tutti i frammenti persiste ancora il
(*) A. Cessa, Ricerche chimiche e mineralogiche su roccie e minerali d'Italia, To-
rino 1881, pa^. 1C4.
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— 371 —
fenomeno della polarità. Però procedendo oltre nella divisione meccanica della
roccia, va sempre diminnendo il numero dei minati frammenti dotati di pò*-
larità magnetica, e ciò appunto doveva avvenire, perchè, come fu già sopra
avvertito, nella roccia esistono porfiricamente disseminati dei cristalli di en-
statite i quali coli* osservazione microscopica si dimostrano privi di magnetite.
« Quando si sospende il grosso pezzo della serpentina tra i poli di una
forte elettrocalamita , esso si dispone in modo che la direzione secondo la
quale i grossi cristalli di enstatite trovansi disseminati nella roccia, riesce
parallella alla linea che congiunge i poli dell' elettro-magnete. Identico fotte
si osserva esperimentando sopra un frammento staccato dallo stesso pezzo.
« Un'altra esperienza mi ha confermato che la serpentina del Colle di
Cassimoreno possiede un*orientazione magnetica. Con un pezzo della roccia
ho preparato per mezzo di tagli paralleli quattro lastre dello spessore di circa
due millimetri. Presentando le varie parti delle faccio di ogni lastra davanti
al polo di un ago magnetico, si osservò:
« 1^ che nelle sìngole faccio esistono poli o, per meglio dire, zone di
opposto nome magnetico;
« 2" che in una stessa lastra a zone di un dato nome poste su di una
faccia, stanno dì contro, suUa faccia opposta, zone di nome contrario;
« 8^ che le linee che dividono le zone di una faccia, corrispondono press'a
poco a quelle che limitano le zone della faccia opposta della stessa lastra;
« 4^ che alle zone d*azìone magnetica esistenti sopra una data faccia
{superiore od inferiore) (^) di una lamina corrispondono in posizione e nome
le zone di azione magnetica delle faccio omonime delle altre lastre;
« ò^ che riunendo le quattro lastre in guisa da ricostituire il pezzo pri*
mitivo non camhia il nome delle zone della faccia superiore della prima la-
mina e dell'inferiore deirnltima, ma solo aumenta la forza con cui l'ago è
attratto o respinto.
« Col pezzo più grosso di cui disponevo si fecero due lamine a faccie
parallele, dello spessore di circa 8 millimetri; una lunga 12, larga 8 centi-
metri ti^liata secondo una direzione qualunque; l'altra lunga 12,5, larga 7 cen-
timetri e sulla quale si osserva hene la speciale distribuzione dei cristalli
di enstatite già più volte ricordata. Esaminata la prima con un ago magne-
tico, diede fenomeni identici ad una qualunque delle lastre precedentemente
osservate. Per meglio vedere in essa la distribuzione dei centri magnetici, ne
ho esaminato lo spettro magnetico. Facendo vibrare la carta tesa su un telaio
a non più di un mezzo millimetro dalla sua faccia, si osseiTò che la lastra
può produrre uno spettro ben marcato il quale mostra vari centri di azione
(1) Le qualifiche di superiore ed inferiore si riferiscono alla disposizione secondo la
quale le lamine furono tagliate.
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— 372 —
r^gruppatì in due distinte posizioni ; ogni gruppo è costituito quasi esclusi*
vamente da poli omonimi.
u Esperimentando in egual modo colla seconda lastra, non si ha uno spettro
a centri distinti, ma si osservano due zone confuse corrispondenti agli estremi
delle linee secondo le quali sono distribuiti i cristalli di enstatite. In questa
seconda lastra non ho potuto trovare punti opposti nelle due faccio che fos-
sero di nome magnetico contrario. Con un i^o magnetico si osserva pure che
il bordo della lastra si può distinguere in due zone, che non si interrompono
a vicenda e che esercitano opposte azioni sullo stesso polo dell* ago; i punti
di massima azione di queste zone si trovano agli estremi della linea secondo
la quale sono disposti i cristalli di enstatite. La lastra sospesa tra i poli di
un'elettrocalamita si dispone in modo che la linea dei poli è parallela alla
distribuzione deirenstatite.
« Da queste osservazioni si può dunque conchiudere che la serpentina
del Colle di Cassimoreno presenta un'orientazione magnetica e che questa orien-
tazione è, almeno in tutti i pezzi che potei esaminare, collegata colla distri-
buzione dei cristalli di enstatite.
« 4. La polvere della roccia ha un colore grigio cinereo ; presenta come
tutte le roccie serpentinose una reazione alcalina molto marcata. Per razione
di una temperatura elevata, in presenza deiraria, la polvere assume una
tinta ocracea.
« La roccia è decomposta parzialmente dairacido cloridrico e dall* acido
solforico con separazione di sìlice fioccosa. Esaminando al microscopio la parte
insolubile negli acidi, dopo averla liberata dalla silice sottoponendola ripe-
tute volte air azione di una soluzione bollente di carbonato sodico, risultò prin-
cipalmente composta da lamine di enstatite e da alcuni granuli di picotite.
tf Fondendo la polvere della roccia con una miscella di carbonato di sodio
e di potassio, la decomposizione è completa, ad eccezione di piccolissima quan*
tità di picotite in polvere minutissima che rimane insieme alla silice.
<i Sotto razione prolungata per parecchie ore delVacidio solforico, diluito
con metà il proprio peso d'acqua, in tubi chiusi alla temperatura di 120^
la roccia si decompone completamente ad eccezione sempre di una pìccolis-
sima quantità di picotite.
tf Ho potuto separare per levigazione una tenue porzione della polvere
nera che resiste all'azione degli acidi e dei carbonati alcalini in fusione, ed
ho trovato che essa non è attirabile dalla calamita e che cimentata al can-
nello presenta ben distinta la reazione caratteristica del cromo.
« rendendo la polvere della roccia con bisolfato potassico, riprendendo
con acqua e facendo bollire in una atmosfera di gaz anidride carbonica, non
potei ottenere alcun indizio della presenza del titanio. Ottenni pure un risul-
tato negativo cimentando il prodotto della fusione coll'acqua ossigenata.
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— «73 —
a L* analisi chimica eseguita per conoscere la composizione centesimale
complessiva della roccia, diede i risultati seguenti:
Perdita per calcinazione 10,13
Anidride silicica , . . 41,19
Allumina ' 2,77
Ossido ferrico 4,03
Ossido ferroso 4,33
Calce 2,32
Magnesia • . . . 34,03
98,80
« o. Per meglio conoscere la natura del minerale pirossenico contenuto
nella roccia del Colle di Cassimoreno, e corroborare i risultati delle osserva-
zioni microscopiche, ho scelto accuratamente delle laminette del minerale in
modo di averle per quanto mi fu possibile scevre da particelle della massa
serpentinosa aderente. Però l'osservazione microscopica delle laminette dimo-
stra che esse erano infiltrate in tenuissima quantità da una materia serpen-
tinosa; erano però affatto prive di granuli di magnetite.
« Le laminette di questo minerale si fondono assai difficilmente sui bordi
formando uno smalto grigiastro.
<s L'analisi rivelò la composizione centesimale s^uente :
Acqua 2,78
Silice 50,65
Allumina 5,05
Ossido ferroso 7,99
Calce 1,69
Magnesia 31,44
99,60
ft Da questa composizione risulta che questo minerale pirossenico può
essere classificato tra quella varietà di enstatite ferruginosa conosciuta col
nome di bronzite. La presenza dell'acqua è spiegata dalla incipiente serpen-
tìnizzazione del minerale.
« L'enstatite della serpentina del Colle di Cassimoreno si avvicina assai per
la sua composizione alVeustatite della Iherzolite di Germagnano in Piemonte
Rendiconti, 1888, Vol. IV, !<> Sem. 48
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— 374 —
della quale riproduco qui i risultati dell* analisi eseguita dal professore
A. Cos8a(0.'
Acqua 1,77
Silice 52,19
Allumina 2,15
Ossido ferroso * . 8,85
Calce 2,96
Magnesia 31,84
99,76
ti 6. Anche colla sola osservazione macroscopica di una lastra sottile della
roccia del Colle di Cassimoreno, si scorge che essa è composta di due parti
ben distinte ; cioè di una parte serpentinosa che presenta i caratteri delle ser-
pentine provenienti dalla decomposizione del peridoto, e da un minerale lamel-
lare (enstatite), al quale sono frammisti in piccola quantità granuli di altri
minerali e specialmente di uno spinello, un pirosseno verde (diopside) e dì la-
mine di anfibolo.
tf L'esame di diverse lamine sottili della roccia dimostra come i rapporti
tra la parte serpentinosa della roccia e la parte lamellare varia assai. Così,
a cagion d'esempio, in una lastra della superficie di circa quattro centimetri
quadrati il minerale lamellare occupava circa il quarto della superficie ; mentre
in un altro preparato della superficie di circa 80 centimetri quadrati, l'esten-
sione del minerale lamellare rispetto a quella della parte serpentinosa non
raggiungeva un ottavo dell'intera superficie.
« Coir esame microscopico la parte serpentinosa della roccia presenta la
nota struttura reticolare delle serpentine peridotiche; assume però tinte più
0 meno scure a seconda della maggiore o minore quantità di magnetite dalla
quale è compenetrata. In alcuni punti si notano ancora molto ben distinti dei
frammenti di olivina, riconoscibili ai loro caratteri ottici, ed al modo di com-
portarsi quando si trattano con acido cloridrico. Nei maggiori frammenti di
olivina non si riscontrano traccio di sfaldatura, e nessuna inclusione ad ecce-
zione di qualche raro granulo di magnetite. Questi granuli di olivina sono
cii'condati da un serpentino fibroso, di un colore verde giallognolo, che pre-
senta disposti parallelamente alle fibre delle minutissime granulazioni amorfe
di magnetite. In altri punti invece le fibre serpentinose che circondano i gra-
nuli ancora indecomposti di olivina sono così infarcite di magnetite da pre-
sentarsi come masse nere opache. Solo trattando convenientemente le sezioni
sottili con acido cloridrico, la massa nera, apparentemente uniforme, per il
disciogliersi della magnetite lascia scorgere distintamente la struttura fibrosa
(*) A. t'ossa. luo<(o citato, pag. 112.
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~ 375 —
caratteristica del serpentino. Finalmente in alcuni preparati ho notato che la
serpentinizzazione è così avanzata, da non lasciar più scorgere alcuna traccia
di olivina inalterata.
tt n minerale lamellare che ih alla roccia del Colle di Cassimoreno un
aspetto porfirico, è per la massima pai-te costituito da enstatite,. come venne
comprovato dall'esame dei suoi caratteri ottici e con più sicurezza ancora dal-
Tanalisi chimica. Questo minerale si presenta in grani, mai in cristalli ter-
minati; ha una struttura lamellare non però così distinta come quella del
dialla^o, ed una lucentezza madreperlacea. Le laminette che riuscirono pa-
rallele alla direzione di più facile sfaldatura, presentano delle fini striature
fra loro parallele. Fra i nicol incrociati ad angolo retto presentano dei colori
di polarizzazione vivi, meno però di quelli che si notano nei frammenti di
olivina non ancora alterati. Gli assi di elasticità ottica sono paralleli e nor-
mali alla fina striatura. Nelle lamine parallele alla più facile sfaldatura non
si osserva alcuna figura assiale ben distinta. Esaminando alcune laminette di
sjfietldatura di questo minerale ho potuto osservare un leggero discroismo; cioè
le laminette appaiono colorate leggermente in bruno quando le striature sono
perpendicolari alla sezione principale del nicol polarizzatore, e si presentano
invece colorite in verde molto pallido in una direzione normale a quella
accennata.
tt Alcuni cristalli di enstatite esaminati nella luce polarizzata presentano
intercalate delle laminette che fra i nicol incrociati ad angolo retto non si
estinguono contemporaneamente.
« Tutti i grani cristallini di enstatite mostrano indizi di una incipiente
serpentinizzazione, che si manifesta coUinterposizione tra le lamelle del mi-
nerale di una materia verde chiara che nella luce polarizzata offre tutti i
caratteri del sei-pentino. È importante di notare che nella materia serpentinosa
che infiltra i cristalli di enstatite non si trova traccia di magnetite.
« Oltre all' enstatite, all'olivina, al serpentino ed alla magnetite, l'osser-
vazione microscopica dimostra, nella roccia del Colle di Cassimoreno, l'esi-
stenza dei minerali seguenti:
« a) Poche lamine di diallagio facilmente riconoscibile per l'orienta-
zione degli assi di elasticità ottica, e per la figura assiale che osservasi at-
traverso a lamine parallele alla direzione di più facile sfaldatura.
« b) Pochissimi .grani di diopside verde.
« e) Delle lamine di un minerale bruno monoclino, che ritengo essere
anfibolo perchè presentano un dicroismo simile a. quello di questo minerale,
e perchè dalle misure fatte sopra quindici frammenti di cristalli, l'angolo mas-
simo di estinsloue che le traccio di sfaldatura prismatica fanno con una delle
diagonali del nicol non superò mai i 25"". .
K d) Dei grani di un minerale che in sezioni molto sottili presenta
un colore bruno cupo ed è perfettamente isotropo. Questi grani cristallini
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— 376 —
oredo che debbano attribuirsi a spinello (picotite), perchè isolati presentano
una durezza maggiore di quella del quarzo, non sono intaccati dagli acidi,
presentano distintamente la recezione del cromo, e non sono attirati dalla ca-
lamita. Dall'esame delle sezioni sottili appare che questi grani sono per lo
più circondati da una materia bianca, che non ha una struttura cristallina e
che resiste all'azione degli acidi. Molto probabilmente questa materia può
essere costituita da silice amorfa ; ma non mi fu possibile di determinare con
sicurezza la sua vera composizione.
« 7. Dall'esame microscopico e chimico appare che la serpentina del Colle
di Cassimoreno deriTa dall'alterazione di ima roccia Iherzolitica, ed appoco
questo asserto alla presenza nella roccia oltre che dell' enstatite, dello spi-
nello (picotite) e del diopside verde, i quali, come è noto, sono caratteristici
della Iherzolite.
« 8. Il campione della serpentina del Monte Ragola, trasmessomi dal
prof. Ghistoni, non presenta il fenomeno della polarità magnetica ed ha un
aspetto affatto diverso da quello della roccia del Colle di Cassimoreno.
ii La roccia serpentinosa del Monte Bagola è costituita da una massa di
colore verde chiaro, nella quale sono disseminati dei noduli di una materia di un
colore verde cupo che si possono distaccare nettamente e con facilità dalla
massa fondamentale della roccia. Questi noduli dall'osservazione microscopica
risultano formati da agglomerazioni di bastite alterata. In alcuni rari punti
del campione si vedono ancora delle lamine di bastite indecomposte, con ri-
flessi metallici ed a superaci flessuose.
tt L'esame microscopico delle sezioni sottili ha dimostrato che questa ser-
pentina presenta prevalentemente i caratteri delle serpentine che derivano dal-
l'alterazione di un minerale pirossenico. In mezzo alla massa serpentinosa,
attraversata in alcuni punti da vene di crisotilo, si vedono dei grani cristal-
lini di bastite, dei quali alcuni sono ancora ben conservati a segno da potere
riconoscere alcune delle proprietà ottiche caratteristiche di questo minerale.
« Non ho potuto rilevare in questa roccia la presenza dell'enstatite, del
diopside verde, dello spinello che caratterizzano la serpentina del Colle di
Cassimoreno, e pertanto non si ha alcun criterio sicuro per ritenerla prodotta
dalla modificazione di una Iherzolite.
« L'analisi chimica complessiva della roccia diede i risultati seguenti:
Perdita per calcinazione 12,81
Anidride silicica 39,18
Allumina 3,65
Ossido ferrico 7,26
Ossido ferroso 1,55
Calce 0,42
Magnesia 34,79
99,56
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— 377 —
« Si hanno inoltre segni della presenza del cromo, nichel, del manganese.
l' Il peso specifico, determinato col picnometro alla temperatura di H''
su tre porzioni differenti della roccia, risultò eguale a 2,54.
« Termino ringraziando vivamente il prof. Cessa, non solo per avermi posto
in grado di eseguire il presente lavoro, ma più ancora pei consigli e sugge-
rimenti di coi sempre mi fu largo nella esecuzione del medesimo it .
Fisiologia — Studi sul sangue. La produzione delle piastrine
nel sangue dei vertebrati ovipari. Nota dei dottori C. Mondino e
L. Sala, presentata dal Corrispondente Golgi.
tt L'importanza delle questioni oggi ancora controverse sull'anatomia del
sangue e la speranza di potere colla costante e paziente indagine riuscire a
portare qualche nuovo contributo per la loro soluzione, ci spinsero ad intra-
prendere una serie di osservazioni, il cui risultato esponiamo ora in modo
sommario mentre siamo lavorando per la pubblicazione in esteso.
H Studiammo la produzione delle piastrine nel sangue dei vertebrati
ovipari, sia durante la sua riparazione nelladulto, sia durante il suo accre-
scimento neir embrione; ci servimmo della rana, della salamandra, del pollo.
« Per studiare la riparazione del sangue, praticavamo abbondantissimi
salassi, per es. nella rana amputavamo tutto un arto superiore ; come reagente
olorante usammo il siero stesso del sangue che studiavamo addizionato di
metil-violetto fino a raggiungere un color mammola un pò* intenso e passato
ad un filtro lavato di soluzione acquosa di bicloniro di mercurio al 0,50 Voi
per cui conteneva tracce di questo sale che valevano a fissare più rapida-
mente le piastrine nella forma che hanno sortendo dai vasi.
« Nel sangue di rana incominciando dal 3*^ giorno ad arrivare al 6^,
dopo il salasso si notano abbondanti le forme cariocinetiche delle piastrine :
ad osservare chiare le forme nucleari giova una goccia di soluzione acquosa
diluita di acido acetico che penetra per capillarità nel preparato: il filamento
nucleare si presenta molto grosso e descrive delle volute ampie che si pos-
sono seguire facilmente.
» Abbiamo visto tutti gli stadi successivi della cariocinesi fino alla sepa-
razione delle due piastrine figlie. Dal 6® giorno in poi le figure cariocinetiche
diminuiscono.
fi Con identica tecnica abbiamo osservato la cariocinesi delle piastrine
nel sangue di embrioni di pollo e di girini di pochi giorni.
« Durante la riparazione del sangue nella rana ebbimo campo di stabilire
ripetute osservazioni, che comprovano essere la coaguabilità del sangue in ra-
gione diretta della quantità di piastrine che contiene ; avviene infatti di ottenere
sangue poverissimo di piastrine : questo coagula con grande difficoltà ; capita
di ottenere sangue ricchissimo di piastrine: coagula rapidissimamente ».
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— 878 —
Fisiologia. — La prodmione delle piastrine e revoluzlone
delle ema2Ìe nel sangue del vertebrati vivipari. Nota del prof.
Casimiro Mondino, presentata dal Corrispondente Golgi.
« Proseguendo gli studi sul sangue, constatai che la cariocinesi delle
piastrine si verifica ogni qualvolta avviene un consumo considerevole e ra-
pido deir organismo.
tt Conservando rane nella stufa ove si stanno incubando ova di gallina,
esse consumano rapidamente ; dopo un numero di giorni, che varia a seconda
la grossezza e robustezza deiranimale, si trovano quelle forme enormemente
grosse di piastrine che Hayem ha osservato nelle rane dissotterrate al fine
deirinverno e che, colla opportuna tecnica riferita, si dimostrano non essere
altro che magnifiche forme cariocinetiche.
« Dopo aver ripetutamente constatato la cariocinesi nelle piastrine degli
ovipari, la questione della produzione delle piastrine nei vivipari si presen-
tava con nuovi dati per la sua risoluzione: io la studiai sia nel sangue in
via di riparazione, sia nel sangue fetale. Mi valsi di cavie, cenigli, topi.
In qualunque di questi animali sottoposto a salassi quotidiani, valendosi dello
siero al metile suddescrìtto, si constata che le piastrine aumentano via via
di volume : se ne hanno di quelle che superano in lunghezza il diametro dei
globuli rossi.
K É detto che sotto razione dell'acqua o dell'acido acetico, le piastrine
si dividono in una sostanza granulosa, che si raccoglie verso la parte centrale,
ed in una sostanza ialina periferica.
tt Le piastiine trattate colla delicata tecnica esposta lasciano scorgere
ugualmente una sostanza granulosa che tende a raccogliersi verso il centro
dell'elemento; però nelle piastrine allungatissime del sangue che si sta ripa-
rando, questa sostanza si raccoglie costantemente in due ammassi, uno per
ciascuna metà dell'elemento il quale nella linea mediana si presenta molto
pallido.
tt Si trovano esagerazioni di questa figura microscopica fino ad osservare
piastrine colla forma di allungatissima cifra oo e colla sostanza granulosa
disposta in due ammassi: uno per ciascuna metà dell'elemento.
tt Questa sostanza granulosa si scorge perchè si tinge più intensamente
che non il resto dell'elemento col violetto di metile; Hayem ha notato che
si colora intensamente colla ematossilina.
« Il fatto che questa sostanza è cromatica, che tende a raccogliersi in
una unica massa più o meno centrale nelle piastrine di volume ordina-
rio, che si raccoglie in due masse nelle piastrine allungate, disposte a
cifra cDo del sangue che si sta riparando, il fatto stesso di questo aumento
di volume e di questa disposizione a cifra oo delle piastrine durante la
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— 879 —
riparazione del sangue e, infine, la descritta cariocinesi degli elementi omo-
loghi nei vertebrati ovipari, panni autorizzino la conclusione che le piastrine
dei vivìpari si moltiplichino per mitosi e che la sostanza granulosa è so-
stanza nucleare.
« Osservai le piastrine nell'embrione di topo di 8, 9, 10 millimetri di
lunghezza: aperte le membrane dell'evo con un taglio netto di forbici, rac-
coglievo in un vetro d'orologio scaldato a 37** il liquido amniotico limpidis-
simo ed il feto: con un colpo di forbici aprivo il cuore pulsante; raccolto
in una pipetta calda a 37^ il sangue che fuorusciva diluendosi nel ^ liquido
amniotico, lo esaminavo immediatamente alla temp. di 37"^.
« È difficile studiare senza colorazione elementi così piccoli ; ma coi
ripetuti tentativi ho visto senza dubbio alcuno più volte una piastrina molto
allungata dividersi in due.
« Il processo avviene rapido, e perchè in questi primi momenti che il
preparato è allestito le piastrine non sono ben férme, e perchè non sono co-
lorate è difficile afferrarne i dettagli ; ma non vi ha dubbio che una piastrina
molto allungata la quale mentre move nel preparato si è offerta alla osser-
vazione da ogni sua parte, si è mostrata all'evidenza un elemento unico (os-
Df 2 0™"*
servazione coU'obb. j — ' om. imm. ed oc. 18 (10""™) Zeiss) poco dopo
si dimostra come due piastrine riunite capo a capo, e se seguitano i leggeri
movimenti nella preparazione le due piastrine si separano.
« Del resto questi leggeri movimenti nel preparato possiamo prolungarli
a volontà, senza perdere d'occhio l'elemento, alitando dolcemente verso la
preparazione, non certo toccando il coproggetti con un ago, che allora si pro-
voca uno scompiglio tale da rendere inevitabile non solo coi potenti ingran-
dimenti che qui occorrono, ma anche coi deboli, il perdere di vista l'elemento
oggetto di osservazione.
« Si potrebbe dire che si tratti di rottura delle piastrine, non della loro
moltiplicazione ; ma se si tien conto delle descritte figure microscopiche che
offrono le piastrine lunghe quando vengono colorate con siero-metile; del
fatto che le piastrine non molto allungate non si vedono dividere mai, e che
d'altronde mai si vedono alterate le piastrine dalla delicatissima tecnica
usata, è ovvio ritenere che realmente si tratta di moltiplicazione, non di al-
terazione.
tf L'ultima serie delle mie ricerche fu diretta a stabilire come dalle
cellule rosse nucleate derivino le emazie adulte prive di nucleo dei mammiferi.
« Mi valsi di cavie, conigli, topi e studiai il sangue fetale ed il sangue
in via di riparazione.
« Nel sangue dei feti di topo, preparato nel modo sopraesposto, si no-
tano grosse cellule rosse di diametro molto superiore a quello normale delle
emazie, emazie ordinarie e microemociti.
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— 380 —
fi Una goccia di siero-metile intensamente colorato che si fa penetrare
per capillarità nel preparato, basta per colorare opportunamente gli elementi.
« Si vedono cellule rosse nucleate di grandissimo diametro; poi tutte
le forme di passaggio da queste alle comuni emazie; le cellule rosse dimi-
nuiscono di volume a misura che si sviluppa in esse il cercine periferico
caratteristico dei globuli rossi : se ne vedono di quelle in cui questo cercine
occupa appena appena Testrema periferia delVelemento, ed il loro diametro
è appena un poco diminuito : poi si trovano tutti gli stadi successivi di ac-
crescimento dell'inspessimento periferico e proporzionale diminuzione di dia-
metro deir elemento fino ad arrivare alle ordinarie emazie.
ft Contemporanemente a questi mutamenti di forma si osservano le diverse
fasi di un processo speciale di distruzione cui sottostà il nucleo : la sostanza
di questo si risolve, tutto in giro, in trabecole granulose che si dirigono verso
la periferia deirelemento. Queste trabecole, nelle emazie in cui il processo è
poco avanzato, si tingono al pari della massa centrale residua del nucleo:
in fasi più avanzate, se ne trovano di quelle' che non assumono più una co-
lorazione intensa se non in certi tratti; nel resto della loro estensione si
tingono poco, e se si fa agire l'acido acetico, in questi tratti la colorazione
non resiste e la sostanza della trabecola scolorata si distingue soltanto per
una rifrazione speciale; in fasi ancora più avanzate una gran parte delle tra-
becole in cui si è risolta là sostanza nucleare non si tinge più affatto,
né più si distingue in mezzo al protoplasma, il quale va perdendo quella
delicatezza che offre nelle forme giovani: ne risultano figure svariate di so-
stanza nucleare tingibile sparsa qua e là neirelemento.
« A misura che si osservano forme più adulte di emazie, si vede che,
collo sviluppo del cercine periferico, va di pari passo una specie di coarta-
zione del protoplasma che diventa più resistente ai reagenti; contemporanea-
mente cresce l'intensità del colore rosso.
« Le emazie che contengono tuttavia quantità discrete di sostanza nu-
cleare tingibile, la lasciano intravedere coiruso dello siero-metile ; esse sono
naturalmente le meno adulte; nelle più adulte non si riesce più a vedere
sostanza nucleare tingibile perchè questa, oltre all'essersi &tta scarsissima,
è meglio velata dal protoplasma fortemente colorato.
« Se si fa agire l'acido acetico, molte emazie che col semplice siero-
metile non mostravano tracce di nucleo, impallidendo ne lasciano scorgere
resti più 0 meno abbondanti ed evidenti.
tf Le emazie che contengono maggior quantità di sostanza nucleare an-
cora tingibile sono le più grosse, e sono generalmente le prime ad impalli-
dire sotto l'azione dell'acido acetico; quelle che resistono meglio all'acido
sono in genere forme più piccole e quando impallidiscono offrono o scarsis-
simi 0 nulli i residui nucleari.
fc I micro-emociti sono per la massima parte resistentissimi all'acido
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— 881 —
acetico e pochi contengono residui nucleari ; la loro colorazione rossa è assai
intensa.
« Questo complesso di caratteri unitamente al loro diametro li allontana
assai dalle forme di globuli rossi e7identemente giovanissime, e rende poco
accettabile Vopinione che le considera come forme giovani di emazie.
> Lo studio del midollo delle ossa di animali ripetutamente salassati
mi diede risultati identici a questi ottenuti col sangue fetale.
« Tutto ciò prova che le cellule rosse moltiplicatesi per cariocinesi
(Bizzozero) danno luogo alle emazie per una successiva trasformazione della
forma: la sostanza che sta al centro dell'elemento si porta alla periferìa la
quale si inspessisce mentre il centro si assottiglia ; il diametro dell'elemento
intanto diminuisce.
« Anche la sostanza nucleare migra verso la periferia: le trabecoleche
forma questa sostanza migrante dapprima sono ancora tingibili, ma poi mentre
si avverano tutte queste modificazioni che formano l'evoluzione dell'emazia
anche la sostanza nucleare si trasforma : perde l'affinità pei colori come perde
il significato di nucleo.
« Per quanto la successione delle forme sia criterio di molto valore
negli studi morfologici, pure volli controllare coli' esperimento i risultati ai
quali mi aveva condotto.
« Se veramente il processo descritto è quello pel quale le emazie per-
dono il nucleo, nel sangue d'un animale ben nutrito, nel quale l'ematopoiesi
è scarsissima, si devono incontrare tutte o quasi emazie adulte che perciò non
offrono più traccia di nucleo : in un animale ripetutamente salassato si devono
avere quasi tutte emazie giovani con residui nucleari cioè assai abbondanti.
« Presi due animali adulti press'a poco d'egual peso (ripetei l'esperi-
mento sui topi, sui conigli, sulle cavie) e dopo averli ingrassati esaminavo
il sangue tingendo con siero-metile e rischiarando con acido acetico.
« In iscarsissime emazie riescivo a tingere qualche granulo di sostanza
nucleare.
« Incominciavo a salassare abbondantemente uno di questi animali
mentre tutti e due venivano nutriti egualmente ; già nel giorno successivo al
salasso molte emazie mi lasciavano vedere residui nucleari, e insistendo nei
salassi, finivo per ottenere un sangue nel quale quasi tutte le emazie conte-
nevano sostanza nucleare tingibile; in alcune la forma del nucleo era ancora
conservata assai bene.
« Nelle emazie che contenevano molta sostanza nucleare, questa, forte-
mente tinta in violetto, traspariva leggermente anche prima dell'azione del-
l'acido acetico; nel massimo numero però delle emazie la sostanza nucleare
non si rivelava se non coll'azione dell'acido acetico.
« Mentre avveniva questa modificazione nel sangue dell'animale salassato,
il sangue dell'animale tenuto per controllo si conservava invariato.
Rendiconti, 1888, VoL. IV, !<> Sem. 49
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« Sospesi i salassi e nutrito abbondantemente ranimale, in 15, 20
giorni il suo sangue ritornava normale, preciso a quello del compagno non
salassato.
« Ho ripetuto fino a tre volte Tesperienza sul medesimo soggetto, poi
sul soggetto che prima serviva di controllo invei-tendo così le parti: il ri-
sultato rimase costante.
« Ho visto spesso nuclei di cellule rosse protundere dal corpo proto-
plasmatico, lo vidi anzi protundere tanto che questo dava luogo ad una spe-
cie di stelo il quale, allargandosi alla sua estremità, abbracciava il nucleo;
ma posso recisamente affermare che mai il nucleo viene ad uscire dal corpo
cellulare, ad esser messo in libertà : non avviene di vedere questa cosa nep*
pure quando si esamina il sangue in condizioni tali da assistere alla scissione
delle emazie.
« Del resto più frequentemente, e meglio che nelle cellule rosse dei
mammiferi, si vede protundere il nucleo delle emazie delle rane, che non
' son destinate a perderlo; ma neppur qui avviene ma|i di vedere il nucleo
staccarsi dall'elemento; si tratta di un semplice dislocamento del nucleo e
che non va mai tant' oltre da mettersi il nucleo in libertà.
« Pubblicherò presto queste osservazioni, dando quel corredo di disegni e
quelle descrizioni di dettagli tecnici che sono necessari perchè l'esposizione
di un fatto istologico sia chiara e completa ».
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
F. Mauro. Studio sui fluossisali di Molibdeno. Memoria 1*: Fluomipo-
molibdati di potassio e di ammonio. Presentata dal Socio Cannizzaro.
E. Cavalli. Teoria delle motrici a gas-luce. Presentata dal Corrispon-
dente Cerrutl
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Brìoschi, relatore, a nome anche del Socio Bazzaboni, leggo
una Relazione sulla Memoria dell' ing. P. Cornaglia, intitolata: Delle Spiag-
gie, concludendo per l'inserzione del lavoro negli Atti accademici.
Il Socio Struver, relatore, a nome anche del Socio Blaserna, legge
una Relazione sulla Memoria del dott. E. Artini, intitolata: Quarzo di Val
MalencOj concludendo per la sua inserzione negli Atti accademici.
Le conclusioni delle Commissioni esaminatrici, messe ai voti dal Pre-
sidente, sono approvate dalla Classe salvo le consuete riserve*
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PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra esse le seguenti opere di Soci e di estranei:
G. VON Bath. Vortràge und Mittheilungen.
H. Resal. Traile de Physique mathématique, 2* edizione.
C. Tondini de' Quarenghi. Sui vantaggi e la possibililà dell' adosione
generale del Calendario Gregoricmo.
G. A. HiRN. JRemarques sur un principe de physique d'où pari M. Clou-
sius dans sa nouvelle théorie des moteurs à vapeur.
A. LissAUER* Die pràhistorischen Denkmàler der Provins Weslpretcssen
und der angrenzenden Gebiete. Dono della Società di scienze naturali di
Danzica.
M. Sars, J. Koren e D. C. Danielssen. Fauna litoralis Norvegiae,
p. 2, 3. Dono del Museo di Bergen.
J. Koren e D. C. Danielssen. Nye Alcyonider, Gorgonider og Pen-
nalulider ecc. Id. id.
P. Nansen. Bidrag til Myzostomernes anatomi og histologi, Id. id.
Lo stesso Segretario fa anche particolare menzione del volume I delle
Oeuvrcs de Fourier^ pubblicate per cura di G. Darbodx sotto gli auspici
del Ministero della pubblica istruzione di Francia; presenta inoltre alcuni
volumi dell'Osservatorio di Greenwich, contenenti i Risultati spettrosco-
pici e fotografici pel 1885, e le Osservazioni astronomiche^ magnetiche
e meteorologiche per lo stesso anno, e varie pubblicazioni dell'Accademia
delle scienze di Cracovia.
Il Socio Tommasi-Crudeli ofifre la pubblicazione del prof. E. Campana:
Alcune dermatosi neuropatiche^ e il lavoro del dott. B. Schiavuzzi, intito-
lato: Untersuchungen ùber die Malaria in Pota, di cui tratta in una sua
Nota («).
Il Socio Bazzaboni presenta una sua Nota a stampa intitolata: Sofira
alcune modificazioni in un Molinello idrotachimetrico a volante di Ro-
binson^ discorrendo di questo suo lavoro.
Il Corrispondente Tacchini fa omaggio delle due seguenti pubblicazioni
del sig. E. Brassart: / Sismometri presentemente in uso nel Giappone. —
Il Sismometrografo a tre componenti con una sola massa stazionaria.
(1) Vedi pag. 305.
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Il Socio ScHUPFER offre, a nome dell'autore, lo Statutum potestatis
comunis Pistoni del 1296, pubblicato da L. Zdekauer con uno studio degli
statuti pistoiesi del secolo XIII, opera di cui lo stesso Socio dette nel pas-
sato fascicolo un cenno bibliografico (').
PERSONALE ACCADEMICO
Il Socio Cannizzaro ricorda come oggi la Società chimica di Berlino
celebri il 70*' anniversario della nascita del prof. A. G. Hofmann, Socio stra-
niero deir Accademia, e propone che a questi si mandi un telegramma di fe-
licitazione e di auguri.
La proposta, messa ai voti dal Presidente, è approvata alFunanimità.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blaserna comunica esser giunta all'Accademia la part-e-
cipazione di morte del dott. Josif Pan eie, presidente della B. Accademia
di Serbia.
Lo stesso Segretario dà lettura di un invito della Società delle scienze
di Finlandia, la quale celebrerà con una seduta solenne, il 29 corr., il 50®
anniversario della propria fondazione.
Il Segretario Blaserna dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Bingraziano per le pubblicazioni ricevute:
La B. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo ; la B. So-
cietà zoologica di Amsterdam ; la Società batava di filosofia sperimentale di
Botterdam ; la Società geologica e l' Istituto Smithsoniano di Washington ;
l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest; l'Osservatorio di Praga; l'Osser-
vatorio di S. Fernando; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.;
il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni:
La B. Accademia prussiana delle scienze di Berlino ; la Società di scienze
naturali di Danzica; la B. Università di Lund; la B. Università di Bonn;
il B. Osservatorio dì Greenwich.
Bingraziano ed annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni:
La Società di scienze naturali di Francoforte s. M.; la Società geolo-
gica e di storia naturale di Ottawa.
P. B.
(1) Vedi pag. 256.
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RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELiLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze morali, storiche e fllologiolie.
Seduta del 22 aprile 1888. •
G. FioRELLi Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — n Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle
NotÌ2Ìe per lo scorso mese di marzo , e lo accompagna con la Nota
che segue :
« Al deposito votivo del fondo Baratela presso Este (Begione X) si rife-
riscono due altre relazioni del prof. Ghirardini; la prima delle quali descrive
gli oggetti di ornamento e gli utensili; la seconda le monete.
« A Centemero in prov. di Como (B^one XI) si dissotteri'arono varie
tombe romane e galliche, della cui suppellettile funebre pochi oggetti si ricu-
perarono, i quali vennero aggiunti alle raccolte del Museo Comense.
« Pavimenti di musaico si scoprirono nella città di Bologna (Begione Vili)
presso porta d'Azeglio, a poca distanza dal luogo, ove molti anni or sono
altri se ne rinvennero.
« Al tenitorio bolognese si riferiscono pure varie note del ff. B. Commis-
sario prof. Brizio, secondo le quali sono indicati come centri di popolazione
antichissima Crespellano, Castelfranco, Croara, Bipe della Ghedarina nelllmo-
lese. Argenta, Marzabotto, Quaderna.
« In Fossombrone (Begione VI) fu scoperta una lapide latina in contrada
La Stonga; e presso Isola di Fano, lungo il torrente Tarrugo, si trovarono
Rendiconti. 1888, Vol. IV. !• Sem. 50
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— 386 —
tre statuette Yotive di bronzo, dell'arte stessa delle due altre, che quivi tor-
narono in luce negli anni scorsi, e che appartengono senza dubbio ad una
stipe votiva.
« In Orvieto (Regione VII) continuarono gli scavi della necropoli vol-
siniese in contrada Cannicella, dove parecchie tombe furono esplorate, somi-
glianti per lo stile alle tombe arcaiche dell'altra necropoli in contrada Cro-
cifisso del Tufo, nel lato opposto della città.
« Proseguirono pure gli scavi nella necropoli di Tarquinia, in contrada
Kipagretta, dove secondo un rapporto dell'ispettore prof. Helbig, avvenne
una scoperta di grande importanza, essendosi trovata una tomba a corridoio,
che può considerarsi come la più antica di questo tipo, la quale mentre pre-
senta, pel suo contenuto, stretti rapporti con le tombe a fossa, ha pure rap-
porti intimi con quelle a pozzo.
ti In Roma (Regione I), e precisamente nella regione quinta urbana,
presso porta Maggiore, si rinvennero gli avanzi dei pilastri dell'acquedotto
dell'Anione vetere, che da Frontino sappiamo essersi diretto alla porta Esqui-
lina. Tra la terra di scarico si raccolsero vari titoli di colombari, alcuni dei
quali interessanti per la menzione che vi è fatta del conlegium scabillario-
rum, già conosciuto per altre epigrafi sepolcrali.
« In via di s. Martino al Castro Pretorio si raccolse un frammento
marmoreo, recante parte di un titolo dedicato s^li imperatori dai soldati delle
coorti pretoriane, dei quali titoli più volte si ebbero avanzi, provenienti di^li
alloggiamenti di quei militi.
« Varie stoviglie aretine, alcune con bolli di fabbrica, tornarono in luce
in via della Purificazione ; e nel casamento Galli, in via del Governo Vecchio,
si trovò in un pilastro del pianterreno una grande ara marmorea con epi-
grafe, dedicata agli imperatori Settimio Severo e Caracalla. Questo monu-
mento era già conosciuto dai trascrittori del secolo XVI, e sul loro apografo
ne fu edita l'iscrizione nel C. 7. Z. VI, n. 410.
« Nel suburbio poi, a pie' delle colline di ponte Buttero sulla via Ostiense,
in occasione de' lavori di prosciugamento del sottosuolo, si rinvenne un sepolcro
a cassettoni, con entro uno scheletro e vari fittili da riportarsi al II secolo
dell'impero.
« Una cella sepolcrale, con traccio di pitture parietali policrome, fu
messa in luce sulla destra della Prenestina, presso la sommità del pendio,
che dal fosso di Acqua Bollicante, ascende verso la villa dei Gordiani.
« E sulla via Portuense, entro il perimetro degli antichi orti di Cesare,
si rinvenne un notevole ripostiglio di assi, di buona conservazione, e di tipo
normale, col solito Giano bicipite e la prua di nave.
« Nuove indagini furono fatte nell'area del tempio di Diana Nemorense
sotto Nemi; e vi si scoprirono antefisse fittili con la protome della dea, e
oggetti comuni di stipe votiva. Singolare fu il rinvenimento di un pezzo di
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manno scrìtto, servito pel fastigio di una piccola edicola, dove come è mani-
festato dairiscrizione, qualcuno addetto alla casa di Augusto pose alla dea
un lame perpetuo, per la salute di Tiberio Claudio Augusto Germanico, di
Giutia Agrippina, di Tiberio Claudio Britannico e di Nerone Claudio Cesare.
» Nel territorio stesso di Nemi, in contrada s. Maria, furono fatte molte
indagini, che portarono allo scoprimento dei resti di un ninfeo e di un gran-
dioso suburbano, assai guasto per ripetute devastazioni e per frane.
B Presso il lago di Licola, nella Campania, si esplorarono molte tombe
della necropoli Cumana, cioè 41 di tufo, 2 di tegoli, ed 1 a camera ; nelle
quali si trovarono pochi oggetti degni di nota.
« Nel territorio di Corfinio (Begione IV), a poca distanza dal moderno
abitato di Pentima, si scoprirono varie tombe senza suppellettile alcuna.
Una di queste era formata di tutte pietre iscritte tolte da sepolcri di età
anteriore.
« Più di trenta tombe dell* epoca romana, si dissotterrarono poi nei la-
vori stradali in s. Sebastiano comune di Airola (Begione II); e non lungi
da queste riapparvero vari pavimenti in musaico, e frammenti di ornato
architettonico.
« Finahuente, una tomba della necropoli dell'antica Gela in Sicilia,
restituì ricchi ornamenti personali di oro, cioè una collana formata di pic-
coli cilindri, un laccio a maglie, uno spirale, due orecchini e molte bratteae,
cose tutte di gusto finissimo, e proprio del III secolo avanti Tera volgare.
<t Mi preme ora di richiamare Tattenzione della K Accademia sui saggi di
esplorazioni, che si vanno facendo nella regione Sibarìtica.
» Le premure vivissime che vennero da ogni parte, afSnchè il Ministero
deiristruzione pubblica facesse intraprendere nuove esplorazioni nel territorio
dell'antica Sibari, dopo i saggi quivi eseguiti circa dieci anni addietro (cfìr. No-
tùie 1879, p. 49, 77, 122, 156, 245, tav. V, VI; 1880, p. 152, tav. VI),
indussero il Governo a fer praticare molti studi e scavi, per determinare con
precisione Tarea in cui la città greca era edificata.
« Si esplorarono moltissimi punti nel piano in cui il Grati ed il Coscile
s'incontrano, sotto le alture della Serra PoUinara, nel luogo cioè ove le tra-
dizioni classiche portano, che la città fosse stata costruita: ma le indagini
alle quali si mise mano fino dallo scorso novembre, così verso il Grati come
verso il Coscile (Sybaris) nella pianura sopradetta, non fecero intravedere
finora alcun indizio della scomparsa città. Nel corso intanto di tali ricerche,
si credette opportuno di studiare nuovamente le alture prossime, e vari scavi si
fecero sulla collinetta denominata Co^^o del Michelicchio ed altri nella
Grotta del Mal Consiglio. Il Cozzo del Michelicchio è una delle tante
alture della Serra Polinara, dove si vedevano avanzi di costruzioni, e molti
frammenti di laterizi. La speranza quindi di scoprirvi qualche cospicuo resto
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d'importante fabbricato, indusse a farri regolari scavazioni in tutto il mese
di decembre, le quali per altro furono abbandonate, visto cke non risponde-
vano al fine per cui erano state intraprese. Perocché trovandosi quivi le
cose antiche a poca profondità, erano state tutte sconvolte e guaste dai la-
vori agricoli e dalle ricerche dei contadini, i quali da quel luogo princi-
palmente trassero i materiali per la costruzione dei loro tuguri. Parve non-
dimeno potersi determinare, che quivi fu un centro abitato in età antichissima,
che rimase aperto al commercio dei Fenici, come è provato da alcuni scarabei
di pasta vitrea che vi si raccolsero,; ed aperto al commercio degli isolani
dell'arcipelago, secondochè pure sembra dimostrato dai resti di vasi fittili
dipinti a decorazione geometrica, e da vasi rozzi di arte locale e primitiva;
e che finalmente risentì tutto quanto il beneficio della civiltà greca al tempo
della colonizzazione Achea, come sarebbe provato dai resti di antefisse fit-
tili colorate, residui del coronamento di qualche tempio.
« Assai meno si raccolse nella Grotta del Mal Consiglio ^ dove torna-
rono in luce pochi frammenti di tubo fittile, usato forse per condottura di
acqua, e si riconobbero tratti di pavimento ad opera spicata, indizi certi
di un edificio dell'età imperiale romana.
« Abbandonate quindi queste due località, sembrò conveniente di mettere
mano all'esplorazione di un'altura prossima, dove non pareva fossero per
riuscire infiiittuose le ricerche. Quest'altura, posta nel punto ove il torrente
Esaro perde le sue acque nel Coscìle, a circa 12 chilometri a monte del
luogo, in cui oggi il Coscìle o Sybaris si congiunge al Grati, chiamasi
Torre del MordillOj dalla torre cilindrica in mattoni e breccia che vi si
trova, ed è nel territorio di Spezzano Albanese. Vart anni or sono i lavori
di drenaggio, eseguiti per conto del comune, vi fecero già riconoscere molte
antichità. Incominciativi adunque gli scavi nella metà dello scorso mese, si
vide subito estendersi colà un sepolcreto abbastanza vasto, che dalle tombe
sino ad oggi esplorate e' indica un centro abitato, che sorgeva in quelle vici-
nanze nell'età precedente alla venuta dei coloni greci di Sibari, ossia nel tempo
anteriore all'anno 720 innanzi l'era volgare.
« La suppellettile funebre raccolta dalle molte tombe fino ad oggi esplo-
rate, presenta quasi costantemente i medesimi tipi, cioè fittili di arte rude,
e bronzi d'industria locale; oggetti che mentre hanno rapporto colle opere
di arte italica vetustissima, nessun segno manifestano di quel gusto, che la
civiltà greca portò poi in quel territorio.
B Le tombe disposte irregolarmente ed in più ordini, sono formate da
uno strato di pietre informi e di brecce senza indizio alcuno di cemento, e
sono finora tutte ad inumazione. Fa parte principale del corredo un vaso
fittile, talvolta coperto di ciotola, lavorato a mano e cotto a fuoco libero,
del genere che si comprende sotto la categoria dei buccheri di arte italica.
In esso è da notare la forma, la quale richiama alla mente, massime
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nel collo, il tipo dei cinerari di Yillanova, e nelle altre parti molto si
aTTicina ai vasi del sepolcreto vetusto di Bisentium, sul lago di Bolsena
neirEtruria, e di Temi nell'Umbria. Non mancano vasetti accessori; parecchi
dei quali somigliano a quelli che si dissotterrano dalle tombe laziali dei
colli albani. Uno solo tra questi fittili presenta finora dei fasci ornamentali
a decorazione geometrica, estuiti con qualche accuratezza mediante un pet-
tine a cinque denti.
« Sparse al di sopra dello scheletro trovansi in ciascuna tomba parecchie
fibule di bronzo, tra le quali predomina il tipo della così detta fibula a drago,
precisamente come quelle che si scoprirono nella ricordata necropoli di Bisenzio,
e nel sepolcreto antichissimo di Yetulonia. Alcune fibule di questo tipo,
specialmente di modulo grande, sono di ferro. Altre fibule di bronzo hanno
sull'arco Tomamentazione a quattro spirali, nel modo identico a quelle che
provengono dalla necropoli di Suessola nella Campania.
8 Fra gli ornamenti della persona predomina una collana di bronzo ad
anelli, talvolta anomagliati quattro a quattro, e raro incontrasi il monile a
globetti di vetro, e più raro ancora a globi o pendagli di ambra. Notevoli
sono i braccialetti, formati di un filo di bronzo raddoppiato e neirestremità
ondulato, braccialetti che trovano riscontro nei moltissimi esemplari pro-
venienti specialmente dalle tombe di Bisenzio e di Terni, e che appar-
tengono senza dubbio all'ornato muliebre, essendosi sempre trovati in tombe
dove non occorse mai di raccogliere armi di sorta.
« Finalmente devono essere ricordate cuspidi e puntali di lancia, in
bronzo ed in ferro, che per nulla si discostano dai tipi più comuni alle
necropoli di sopra ricordate, e alcune lame di coltelli e di corte spade, di
ferro, esse pure di tipo usuale.
» Certamente le ulteriori indagini mostreranno, che anche questa popola-
zione antichissima risentì più tardi i benefici del commercio cogli orientali,
e quelli maggiori della civiltà greca sibaritica. Intanto anche il materiale
che finora si è raccolto è proficuo per lo studio dell' antichissima storia
d'Italia, avendo esso grande analogia coi prodotti che ritornarono in luce in
tanti luoghi discosti fra loro, nella parte media e superiore della penisola,
e provando la uniformità dei costumi della gente italica avanti il periodo
della colonizzazione orientale.
« Limitandomi per ora a queste semplici notizie, mi riserbo di presen-
tare nel prossimo mese l'elenco degli oggetti scoperti, a seconda delle tombe
alle quali si appartengono « .
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Storia letteraria. — V Itinerarium del Petrarca. Nota
del Corrispondente Giacomo . Lumbroso.
« Fra i tanti scritti lasciatici dal Petrarca nessuno forse è stato tanto irascurato dai
suoi biografi quanto Tltinerario Siriaco » . Questo diceva il Fracassetti or fa dieci anni (i),
e questo bisogna dire anche oggi. Come il Tiraboschi (ed. mil. 1823, Y, 183) si stupiva che
Tab. de Sade non ne avesse fatta parola ne' suoi tre tomi di Memorie per la vita del Pe-
trarca, così possiamo stupirci che non ne faccia parola il (jaspary nel primo tomo in gran
parte petrarchesco della sua recente e dotta Storia della letteratura italiana (Torino, Loe-
scher, 1887). Se a coloro poi che ne parlano, si domanda che cosa è, che valore ha, che
posto tiene questa operetta, << è libro, dice il Tiraboschi (1. e), che alla storia e alla geo-
grafia di que' tempi reca non poco lume » ; « quest'opera, dice il Levati ( Viaggi di F. P.,
1820, n, 14), dimostra quanto ben addentro egli fosse penetrato nello studio della geografia »;
non basta: a è il primo modello d'illustrazione geografica che vanti la moderna lette-
ratura », scrive il Baldelli {Del Petrarca e delle sue opere 1797, p. 40); ed il Mézières
{Pétr.y 1868, p. 254): « Par son Itinéraire Syriaque ... Pétrarque ressuscitait les études géo-
graphiques »j oppure, tutt'altro tono, « è una delusione », confessa suppergiù Tito Tobler
innamoratosene per fama, poi vedutolo da presso con occhio unicamente intento alla sua
Bibliographia geographica Palàestinae (Lips., 1867, p. 208). Per il Koerting {Petrarcà's
Leòen urui Werke, Lips. 1878, p. 614), che ne ha forse o senza forse parlato meglio
d'ogni altro, è a un ritratto eccellente della mente nuova, mezzo pagana e mezzo cristiana
del Petrarca » ; ma dove ha egli veduto che questo « ritratto della mente » il Petrarca
lo abbia sostituito ad un « ritratto del viso » chiestogli dall'amico prima della partenza, e
com'è ch'egli crede aver voluto il Petrarca consegnare questo « ritratto della mente » ap-
punto qui, nell'Itinerarium ? H u pars mei optima », 1' a effigies animi ingeniique mei »,
non è forse un suo prediletto ritornello, come può vedersi nelle prefazioni al De vita soli-
taria, al De otio religiosoruniy e nella lettera a Luigi di Eampen in cui chiama V Africa
credo, u effigie vera dell'animo suo e fedelissimo suo ritratto » (Fracass. Fam. I, 239)? Se
poi si domanda chi fu quell'amico, u noi possiamo conoscere da' codici stampati, risponde il
Tiraboschi, e solo veggiamo ch'ei fu milanese, poiché il Petrarca, a lui parlando, gli dice :
patria tua Mediolanum, Ma in un codice a penna di questo opuscolo, che si conserva in
questa biblioteca Estense, esso è indirizzato ad dominum lohannem de Mandello, famiglia
antica e nobile in Milano . . »; e dopo il Tiraboschi, nessun passo, se non indietro, poiché
il Koerting tira fuori Laudensem coloniam patriae tuae proaimam, dimenticando quel
chiaro e lampante patria tua Mediolanum. Se si domanda in qual luogo fu scritto l'Iti-
nerarium : niente. Se in qual tempo, u solo una cosa può asserirsi, dice il Fracassetti, che
cioè esso è posteriore ai viaggi marittimi del Petrarca, i quali avvennero del 1336, 37, 43.
Del resto non v'ha nell'Itinerario una parola da cui possa arguirsi il tempo in cui egli
lo scrisse » (Lincei, L e). Il Koerting al contrario lascia supporre che fu scritto mentre
Giotto vivea {der erste der leòenden Maler), dunque avanti il 1336. H Tobler, senza dare
la ragione, lo pone «circa il 1370 ». Il Petzholdt (Anz. 1862, 186) «prima del 1374»,
prudentissimamente: essendo certo e sicuro almeno questo che il Petrarca non lo scrisse
dopo morto. Ma tutto ciò sia detto unicamente perchè il soggetto mi tira per i capelli, e
(1) Lincei, Mem. classe stor., sene 3*, voi. Ili, p. 494.
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senz^ombra dMrriveFenza od offesa a chicchessia, tanto sono scorrette e deformi e ripu-
gnanti ad nno studio coscienzioso le edizioni che abbiamo e tanta è la vergogna che non sia
stata ancora fatta an*edizion moderna, un'edizion critica delle opere latine dei Petrarca. Tra
le qnalì si trova, indicibilmente scorretto, deforme e ripugnante ad uno studio coscienzioso
ritinerarium. Ond'io stimolato da alcuni passi che mi parevano atti a spargere qualche
luce sui quesiti sovraccennati, e d'altra parte vedendo la poca fidanza che sulle stampe
si poteva fare, mi volsi ai tre manoscritti indicati nel Catalogo de' codici petrarcheschi
delle biblioteche di Roma, del sig. 'Enrico Narducci (1874, p. 24, 49, 58) : due nella vati-
cana {Urbin. 382, e. 187; Vatic. 3357) ed uno nella chigiana (L. VII. 262, e. 54*>): il
primo membranaceo del secolo XV (?), il secondo ed il terzo cartacei del secolo XIV: e
li collazionai tutti e tre, copiando il primo interamente, poi notando dove il secondo va-
riava dal primo e infine riscontrando il terzo col primo e col secondo. Se debbo dire il
giudizio che me ne sono formato, non mi sembrano essi parenti per retta linea, ma tra-
versale, poiché non solo in parecchi punti uno dei tre è diverso dagli altri due (0> nia
in parecchi punti sono diversi tutti e tre Tun dall'altro ('). Computate poi le varianti che
migliorano e quelle che peggiorano il testo, parmi che nessuno di essi possa vantare una
superiorità assoluta sugli altri due, neanche il vaticano, ch'io non posso credere né auto-
grafo, come affennavasi in casa Bembo, né autentico (non scritto ma dettato e riveduto
dal Petrarca oppur copiato presso di lui), come insinua il sig. De Nolhac (La hihU de Fulv,
Orsini, Parigi, 1887, p. 291): non sembrandomi ammissibile né quella maggiore né questa
minor nobiltà in un testo cosparso di scorrezioni (3), guasto qua e là da errori grosso-
lani (^), e da lacune (^). E poi come può essere autografo od autentico un manoscritto
che confessa talvolta in margine, anzi nel testo le sue incertezze (^) ? Del resto ed in
(1) Ch. aitera Yat. aita Urb. aita (1. 54); Ch. pn'us capnt Vat. caput Vih. caput (1. 68);yAt. gr arissima Ch.
gratinima Urb. ffraiissima (1. 8Q); Ch. numtnts Yat. modus Urb. modus (l. 106); "Vai. inditam Ch. iucu/tam Urb.
ihCHltàm (1. 135); Ch. Populonia quae kuhc Massa maritima dicitur Yat. Populonia Massa maritima Urb. Popu-
lonia Massa maritima (1. 141); Ch. Post Tìielamonis Vat. TAeiamonis Urb. Tke/amoms (1. 142); Ch. U/tra Yat.
Intra Urb. Intra (1. 199); Ch. faci/i protehor Yat. provehorVth.protehoi' (1. 262); Ch. romanae Yat. humanae Urb.
humanae (1. 383); ecc.
(S) Ch. viriòusque et mofHihus Yat. turribus et mivnihus Urb. virisque et mieniòns (1. 59); Ch. pairii ritsts
imnumitate Yat. pari ritus immmitate Urb. peritus immam feste (1. 185) ; Ch. capeiltan regie intrare Yat. eeepeiiam
reffÌMm intrare Urb. capeiiam intrare regie (1. 232): Ch. urttis illius ricos Yat. iitius urbis cieos Urb. vicos urbis
iliius 0» ^^)i Ch. Matona Yat. Montana Urb. Motona (1. 306); Ch. polius longum mihiquam necessarium tibiUih.
longum pcUus mihi quam tibi necessarium Yat. mihi iongissimum et nequaquam necessarium tibi (1. 878) ecc.
(3) ^èmmpit (1. 5), posthas (1. 85), demostrari (L 45), inscuita 0- 05), metnorafia (1. 66), in/ltam (1. 73).
destra (!• 74)» 90iii (Ì.S2), maragdo (1. 88), quoincidens (1. 105), inesaustis (1. 188), Tracina (1. 168), Licernum (1. 168),
Inarme (l- 172), mwoneio (1. 183), Giorgica (1. 208), Lucillum (1. 226), profexioni (1. 240), mieto (I.240),«7'K;;;are
(1..248), Messassis (l< 270), undisolium (l. 272), aiutoque (l. 295), ovium (1. 297). Montana (1. 306), Corna (1.306),
Bistm^ioH (L 318), pnìetrimi (1. 331), intenctione (l. 364), astrahet (1. 396), assinthio (1- 452), Acciatam (I. 459).
Pollea (l. 468), ecc. Pih gimyi in die per in dies (\. 41), tu ... licebit per ^l'^t .^ lìcebit (1. 42), nequaquam per ne-
quicquam (1. 78), monstnm per nostrum (1. 95), fatigatus per fatigatis (l. 96), euncta per cuMctis (1. 101), nec
inttr septem per ne ecc. (1. 14^), praeterita per praeterea (1. 189), frustrcUus per frustratur (1. 209), certamine per
eertamen (1. 259), excepta per e999cta (1. 279), reniens per renies (I. 289), cum per causa (I. 294), iter per inter
(1. 310) Asiam minorem per Asia minor (1. 321), «* quam occasio per ne qua occasio (1. .S26) ecc.
(*) iam tune ridens praesagissimo per iam tum tideiicet praesagiens (1. 152). in cineribus patrie negatuni
per et cineribus pairiae negatis (1. 169), kabilatione per habitatore (1. 191), ab initio perforati per ab ilio perfo-
rati (1. 228), at piratarum per arx piratan$m (1. 323), nune ^xtunc (1. 824), sua mollities per egra moilit es (l. 839),
iam cum gentibus per iam tum gentibus (1. 407), ubi aliquando diu habitat tamen per ubi aiiquando habitavit din
quaesitum tandem (}. 412), transvectum per transitmm (1. 433), Alexandri opus per Alexandri corpus (\. 4^0), urnam
et Pompei einerem ostenditur per urnam quae Pompei cinerum ostenditur (1. 466).
(5) fateor (1- 7), sic (1. 32), et quoniam ita vis his etiam comitabor scriptis (1. 88), me (1. 102), breris
insula (1. 162), erit (171), surrexit (1. 175), est (1. 198), fumum (1. 194), ut{\.ZAS),improrisus(}.U\)Joca (1.423).
(6) Vulganus vel Vulcanus (1. 264), Corcgcam rei Cortyram (1. 298), rigeretur nel testo, in margine vel
ageretur (1. 206).
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sostanza, e ognuno dei tre, e tanto più tutti e tre insieme lumeggiandosi Tun Taltro, stanno
a quella falsa e ria Babilonia deiredizione a stampa, madre d'errori, fucina d'inganni e
nido di tradimenti, come il giorno alla notte.
« Ora avendo sott'occhi il testo che essi danno, tomo a quei passi deiritinerario, di
cui avevo adocchiata Tutilità.
tt n Petrarca (nato nel 1804) parla in questa sua operetta di Giotto (morto nel 1336)
come d'uomo già defunto da un pezzo (1. 282 conterraneus olim meus . . . reliquit . . . mo>
nimsnta), là dove accenna ad un sommo pittor fiorentino de' suoi tempi (pictorum nostri
aevi princeps) che avea lavorato nella « Orpella regis » di Napoli, cioè senza verun dubbio
a Giotto, poiché sappiamo per altra parte che u in quella città erano alcune pitture di man
propia di Jocto ... E dentro la cappella del Castelnovo era dipinto per tutte le mure di
mano di Jocto lo testamento v.° e tt.** » (*). Parla àéìV Africa (1. 103 in Africae mcae loco
quodam [VI, vs. 482 sqq.] ... Qui liber . . aliquando forte sub oculos tuos veniens . .) come
di un'opera, se non condotta a quella perfezione ch'ei vagheggiò indefinitamente come
ognun sa, certo compiuta: e noi conosciamo l'anno in cui concepì la prima idea di scri-
vere' quel poema, 1889, e l'anno in cui prese a proseguirlo e quasi lo compì, 1341 (*). Parla
di re Roberto (morto nel gennaio del 1348), come di persona che non è più tra i vivi (1. 218
Robertus ... humanitate fretus regia, qua non reges modo, sed homines vicit). Parla de' suoi ripe-
tuti viaggi marittimi con tanto abborrimento, con animo cosi decisamente alieno oramai dal
navigare (1. 28 Erpertus metuo. Quotiens putas illud monstrum retentavi .. Congressum .. noti
hostis exhorreo ... An unquam vero posthac .. subdifficilis coniectura est), che la serie altronde
nota di quei viaggi, 1813-1843 (3), dev'essere chiusa mentre scrive: con che si arriva al 1844.
Noto tutti questi passi più per la loro intonazione che sembra già implicare una certii
distanza dai singoli anni a cui vanno ragguagliati, che per non poter fame senza, poiché
non solo quei singoli anni eliminano successivamente e rendono superfluo l'im l'altro, ma
sono tutti lasciati indietro dal 1348 in cui cominciò ad infierire la peste famosa (^), poiché
veggiamo il Petrarca notarne qui le orrende stragi (1.237 antequam pestis orbem t«rrae
funditus exhausisset). Anzi risultando, se non erro, da certa frase (1. 179 nam hoc Mediolano
proximum .. Cumum est non Cumae) che in Milano fu scritto l'Itinerario, si viene a toccare
un ulterior terminus a quo, cioè l'anno in cui il Petrarca andò a stabilirsi colà (^), ossia
il 1353. Creta « olim lovis regnum » è « nunc possessio Venetomm » in questa guida (1. 307).
Così essendo, bisogna tener conto del fatto dei Cretesi ribellatisi ai Veneziani sul cadere
del 1862 e sottomessi nel 1364 (^), e collocare lo scrìtto fuori di questo intervallo, o prima
del 1363 0 dopo il 1864, e, poiché dopo par difficile o meno naturale che tacesse di un
fatto così strepitoso, piuttosto prima che dopo. E piuttosto prima che dopo consigliereb-
bero anche quei passi dell'esordio (1. 13 cum multae .. me teneant causae, ntdla potentior
quam pelagi metas ; 1. 32 quem non sic, iunior , horruissem ; 1. 85 an unquam . . posthac
metum hunc victura sit carìtas ; L 41 hanc voltus imagfnem cuius in dies mutatio multa fit)
dai quali possiamo arguire che il Petrarca, quando scrisse l'Itinerario, se non era più gio-
vanissimo, non era per anche vecchissimo. Poi ci sono qua e là pensieri e circostanze che
stanno bene col penultimo decennio della sua vita. Così il virgiliano a vicit iter durum
()) Pietro Sammonte ap. Cioogna, yita e opere di MaretuU. Michiel nelle Mem. deirint Yen. Tot. IX, 1800.
pag.411. Cf. YMari-Milaneei, Fir. 1878, I, 890.
(«) Fracassetti, FamìL I, 168 e Mgg. Zardo, // Petr. e i Carraresi 1887, p. 257.
(3) De Sade I. 20, 314, 435; II. 143. FxMaegetti. Fami. I, 181 segg., H. 24 «egg. Bwrtoli, Stor. della Leti,
Hai, tYII, 1884, p. 18 segg.
(4) Fncafls. Fam'L li, 85, 211; Seiùl, I, 8S8. Cf. Ghronioon Sicalnm (340-1896) edito testé daUa Soc. nap.
di storia paCda a cara di Qias. De BUaiis. Napoli, 1887, p. 8.
(5) Cronologia in Frscassetti, FatniL l, 181 segg.
(6) Fraoassetti, Seuil. I, p. 195 segg.
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pietas n (1. 421) e Tepifonema a viitate animi et rerum gloria, non regno, non sceptro, non
diademate regem fieri n (1. 462) ricordano detti del 1354 quando Carlo IV venne in Italia (') ;
il «ratio principia rerum regit, eventum fortuna moderatur, nihil autem magis adversum
rationi quam fortuna » (I. 3) fa pensare al u De remediis utriusque fortunae n cominciato
nel 1358 ('); il « qui libor (Africa) nisi vel vitae brevitas ... vel aliorum librorum unum
in tempus cura concidens, yel' quorum nullus est modus fortunae impedimenta ecc. n (1. 104),
ha una certa somiglianza colla lettera del 1359 a Luigi di Kampen {^) : « Sono .. impacciato ..
da grande quantità di scritti di diversa specie, che in mia casa conservo ... Yinsemi la cara
delle opere dì maggior lena, che da lungo tempo interrotte . . ho per le mani. Yinsemi il
pensiero della brevità della vita . . . Che se potrò dare un giorno l'ultima mano a quella
(l'Africa, pare) che sto lavorando ... Or d'altra cosa m'ò forza parlarti ... Fu cosi lunga, fu
cosi fiera che m'ebbe vinto, la guerra della nemica fortuna .. Prima di questo misero tempo
chi fu che .. sentisse mai da me voce di querela e di pianto ?».
« L'Itinerario fu quel che si chiama uno scritto d'occasione. (In nobile milanese (1. 55,
239, 339; 1. 242), affezionato e caro al Petrarca (1. 34, 37, 40, 47, 55, 390), avendo riso-
luto di fare con altri gentiluomini (1. 46, 82, 439) il viaggio di Terra Santa, e sperato fino
all'ultimo di attrarre il Petrarca nella comitiva (1. 7, 84), poi veduto che per multe ragioni
e soprattutto per quella paura del mare bisognava rinunziare alla carezzata idea (1. 48),
mentre spuntava la primavera (1. 46) e preparavasi al viaggio, pregò l'illustre uomo ed
amico di stendergli un breve ragguaglio delle cose che dovea vedere (1. 39, 48). H tratto
fra Milano e Genova ove s'imbarcava, gli era noto e famigliarìssimo (1. 57), ma Genova stessa
affatto nuova (1. 58). Del resto gli proponeva, forse andandogli a' versi, questo triplice pro-
gramma, gli accennasse quanto avrebbe creduto utile all'anima, alla mente ed al cuore:
sorgendo, come si vede qui (1. 51 seg.), fin da ora^ accanto all'ideale della vita cristiana
(salus animae), quello della vita scientifica (notitia rerum) e della grandezza storica (me-
moria exemplorum). H Petrarca lieto di accompagnarlo almeno in ispirìto (1. 39, 48), pre-
stossi con grazia a servire cosi di Baedeker anche in luoghi da lui non mai veduti (1. 49,
50, 56), ed aiutato lungo la costa d'Italia dalle proprie memorie, oltre Italia dai viaggi
fatti sui libri e sugli atlanti (cf. SeniL IX, 2 Fracass. Il, 38), ed ovunque dalla molta sua
erudizione sacra e profana, in tre giorni (1. 478), currente calamo (1. 476), compì questa
guida breve (1. 54), e concisa *(1. 155, 190), questa letteruccia-itinerarietto (l. 39, 48 literulas
quae brevis itinerari! loco sint), com'egli la chiama ; e i pedanti ne hanno fatto addirittura
un trattato, coli' « incipit prologus » ed « explicit prologus » (Urhin.)t e con un titolo che
non finisce piti (« Francisci Petrarchae v. e. Itinerarium \n quo, quicquid per Europam vel
Asiam peregrinis Hierosolymitanis memorabile occurrit, diligentissime describitur »,'ed. di
Basilea, 1554, I, 617). Ma è una letteruccia molto caratteristica, molto preziosa, chi la
guardi dallo stesso punto di veduta che il Koerting.
« Detto cosi del quando, del dove, del come fu scritto l'Itinerario, vediamo del per-
sonaggio a cui l'ebbe il Petrarca indirizzato. Aveva costui ingegno pronto ed aperto (1. 474),
viva curiosità (1. 55), una certa coltura classica (1. 71, 161) e pratica di Virgilio (1. 189, 242,
273), quantunque fosse un uomo d'arme (1. 55, 239, 339) è non un erudito (l. 180, 380, 448) :
del resto di una religiosità medioevale (1. 164), cristiano nell'anima (1. 83), intento a meditare
prima del viaggio e ruminare l'Evangelio (1. 362, 379). Era un uomo fatto, non vecchio
(1. 426), avea moglie e figli (1.395). Era notissimo ed accarezzato in Milano (1.47, 390). Qualche
manoscritto ne dà il nome. Nell'estense, nel chigiano, la lettera del Petrarca ha questo
indirizzo : Egregio militi domino lohanni De Afandello, Un Giovanni di Mandello, in quei
(1) Carlo Romnssi, Peit'orea a Milano 1874, p. 4« segg. Fam. XIX, 8.
(«) Pracaasetti, pref. alle Fam. I, p. 1.
(3) FnujMMtti, Famil. I, p. 239 segg. (cf. IV, p. 279).
Rendiconti. 1888. Vol. IV, 1® Sem. 51
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tempi, ci fu, e a capitano generale di Milano nel 1340, pretore di Piacenza nel 1846, gover-
natore di Pavia nel 1351, eletto 2 settembre 1352 capitano generale in Piemonte contro
Savoia e Monferrato, 1354 podestà di Bergamo, e 8 dicembre 1359 luogotenente in Milano
pel duca Gian Galeazzo Visconti, che onoravalo altresì col titolo di suo cugino germano f
(Damiano Muoni, Famiglia Mandelli, Mil. 1877, tav. VI). Altro non so dire. Ma il mila-
nese Archivio di Stato che ci ha dato testé notizie di pellegrini lombardi del secolo XV
e tra gli altri un salvacondotto ducale per recarsi a S. Giovanni di Gallizia a favore del
nobile Raftaello di Mandello (Em. Motta, in Arch. stor. lomb. 1886, p. 866 seg.), chi sa che
non conservi notizia o salvacondotto della petrarchesca comitiva del secolo XIV?
u Ora vedano gli studiosi se mi sia sfuggito qualche passo più opportuno alla storia
di questa operetta. Io do qui il testo che ho ricavato dai tre manoscritti, utile provviso-
riamente, mentre delle opere latine del Petrarca si hanno mostruose edizioni a stampa,
e Tedizione nuova che tenga conto di tutti i codici non è ancor nata.
Karo admodum spei nostrae rerum exitus re^pondent ; saepe prac meditata desti tuunt, inspe-
rata contingunt; neque id mirum cuiquam e^se debet, mirum potius si quid aliter accidat.
Siquidem ratio principia rerum regit, eventum fortuna moderatur, nihil autem magis ad-
versum rationi quam fortuna. Itaque saepe telam quam ingeniose illa quidem ordita erat,
5 htiec impetuose ante tempus abrumpit. Quod probatione utinam egeret, neque iis querelis
adeo vita hominum piena esset, ut iam fere nil aliud ingemiscat. Sed ut ad rem no stram
veniam, decreveras quidem me volentem, fateor, optantemque viae comitem habere. Nam
quae usquam optabilior, aut sanctior via est ? quae iustior peregrinatio ? quam ad sepul-
crum, ubi ille iacuit, cuius temporalis mors, immortalitatem nobis et aetemam vitam pe-
lo perit; sepulcrum, ubi si dici fas est, et vieta mors simul et victrix vita sepulta est. 0 bea-
tum iter et invidiosum Christiane animo spectaculum. Hinc ego nunc nescio quibus pec-
catorum vectibus arceor, uncisque detineor. Infans quidem, ut Flaccus ait, pudor loqui
prohibet, sed imperiosa veritas fari iubet, et ut paream cogit. Cum multae igitur me te-
neant causae, nulla potentior quam pelagi metus, non quod aut vitae cupidior, aut timidior
15 mortis sim, quam ceteri mortales, aut terrestrem mortem maritimae praeferendam rear: non
cnim in loco, sed in animo est, quod felices facit et miseros, et cum ubique morìendum
sciam, ubi mori sit melius ignoro. Frustra bellum et maria vitamus, frustra labores fugi-
mus, perituroque parcimus corpusculo : in medias voluptuosorum latebras, inque ipsos regum
thalamos, invisa mors penetrat, et saepe quam forte labor et ezercitium distulissent
20 iners luxus anticipat. Semel utique moriendum est, et hanc mortem ut accersere vetitum,
aie evitare velie dementia est, procrastinare mollities, at aequanimiter expectare, tanquam
ubique proximam et horis omnibus affuturam, ea virtus eximia est verumque viri opus.
Secundam mortem omni nisu fugere consilium est, sed ita res se habet : ad impossibilia
studium omne conversum est : non mori, non aegrotare, non laborare, non dolere, non ser-
2.5 vire, non egere volunt omnes, non peccare vult nullus, cum ea vera et maxima mortis et
aegritudinis et laboris et doloris et servitutis et penuriae causa sit. Mihi vero nunc forte
dicat aliquis : si mortem ergo non metuis, quid metuis ? Longam mortem, et peiorem morte
nauseam, non de nihilo quidem, sed expertus metuo. Quotìens putas illud monstrum reten-
tavi si forte naturam consuetudo vel vinceret, vel leniret. Si quid profecerim quaeris, non
30 metum minui, sed geminavi potius cum navigatione. Supplicium hoc forsan animo vago et
rerum novarum visione inexplebili oculo frenum posuit natura. Congressum itaque nunc
noti hostis exhorreo, quem non sic iunior horruissem, horrui autem semper, sed in dies
magis, cuius prospectu tamen adeo delector, ut quem vel tangere abominor quam cupide
videam stupor ingens sit. Iste me nunc metus hic detinet. Exoptatum mihi comitatum
85 tuum invidet fortuna. An unquam vero posthac metum hunc victura sit carìtas subdifficilis
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coniectara est. Ibis ergo sine me, et malta conspicies, quorum tibi dum vixeris memoria
volaptatem renovet. Ego interim dum tu redis, quod ut celeriter feliciterque sit cupio, Eu-
ropae Italiaeque finibus contentus agam. Nihilominus te animo comitabor, et quoniam ita
vis bis etiam comitabor scriptis, quae tibi brevis itinerarìi loco sint. Morem enim secutus
amantium, cuius praesentia cariturus es, imaginem fl agitasti, qua utcumque tuam absentiam 40
solareris, non banc vultus imaginem cuius in dies mutatio multa fit, sed stabiliorem effi-
giem animi ingeniique mei, quae quantulacumqne est, profecto pars mei optima est. Hic tibi
ergo non amici domicilium corpus boc, quod videntes quidam totum se bominem ridisse falso
putant, sed amicum ipsum intemis spectare luminibus licebit Quoniam ut ait Cicero, mens
cuiusque is est quisque, non ea figura quae digito demonstrarì potest. Sed iam nimiumte 45
moror, quem socii eipectant, quem tranquilla veris facies faventesque vocant aurae, quem nos
omnes qui te suspiramus abeuntem, iamiam reducem exoptamus. Poscis ergo vir optime, quo-
niam me non potes, comites bas babere literulas, in quibus quae oculis ipse tuis moz vi-
debis, ex me, qui ea certe nec dum vidi omnia, nec unquam forte visurus sum, audìre expetis,
mirum dictu, nisi quia passim multa quae non vidimus scimus multa quae vidimus igno- 50
ramus. Parebo equidem, coque promptius, quo iustius cupis, primum scili cet ut quae ad
salutem animae, debinc quae ad notitiam rerum et ingenii omamentum, postremo quae ad .
memoriam exemplorum excìtandumque animum pertinere videbuntur explicem, iterque lon-
gissimum brevi stylo metiar: prima quarum, nisi fallor, religiosi prorsus ac fidelis, altera
ferventis ac studiosi, tertia militarìs ac magni animi cura est. Quid vero non possit amor ? 55
Certius te visurum speras, quae calamus mens bine, quam quae oculus tuus tibi inde mon-
straverìt. Ingrediamur vero iam tandem iter boc, et media praetervecti, quae assidue su-
biecta oculis inculcare auribus supervacuum est, nondum tibi visam, ut ais, Januam ve-
niamus. Yidebis ergo imperiosam urbem lapidosi Collis in latere, turrìbus et moenibus
superbam, quam dominam marìs aspectus ipse pronuncìat. Sua sibi potentia, quod multis 00
iam fecit urbibus obstat, atque officit, iugis unde materia cìvilium simultatum scatet. Àuc-
torem urbis et nominis, Janum ferunt, primum ut quibusdam placet Italiae regem. Quod
an ita sit, an ipse situs, urbi nomen dederìt, quod nostri orbis quasi ianua quaedam esse
videatur, incertum babeo. Prima ibi celebrior opinio est, et in cbronìcis eorum scrìpta, et
publicis insculpta monumentis. Utrique autem illud obstat, quod apud veteres non Januae, 05
sed Genuae nomen in usu est. Hnins sane multa recentia et memorabilia dici possunt,
quae praetereo, ncque enim scrìbo' nunc historìam, sed loca describo; antiqua autem pan-
ciera, quod non semper boc, sed quantum intelligere est, prìus caput gentis Albigaunum
fuerat Ipsa quidem de qua loquor Janna, temporibus belli punici secundi a Carthaginien-
sibus eversa, a romanis ducibus restituta est. In qua tu nunc et populi habitum et locorum 70
situm et aedificiorum decus, atque in primis classem quod de t^a scriptum vides, cunctis
terribilem tremendamque litoribus, tum molem pelago obiectam, portumque mirabere, ma-
nufactum, inextimabilis sumptus, infìnitae operae, quem quotidianae nequicquam ferìunt
procellae. Quid multa ? Cum sedulo civitatem banc, et dextra laevaque circumfusum litus,
ac montes fluctibus impendentes, ad baec corpora, mores, animos, et victum gentis aspexeris, 75
scito te vidìsse cotem illam alteram, quae romanae virtutìs aciem, longo exercitio, multos
olim annos exacuit, quod si quid Livio creditur, nulla provincia magis fecit, ut cui scilicet
essent omnia, quae vigilem ac solUcitum romanum exercitum haberent, locorum montana
dnrities, bostis prompta velocitas, commeatunm difficultas, insidiarum opportunitas, com-
munitio castellorum, labor iugis, perìculi plurimum, praedae minimum, otii nibil. Itaque 80
* cum ubique terrarum cum sìngulis, hic cum multis difficultatibus uno tempore pugnandum
erat. Hinc tu tametsi socii properent et nautae de litore funem solvant, non tamen ante
discesseris, quam pretiosum illud et insigne vas solido e smaragdo quo Cbristus, cuius te
tam procul a patria amor trahit, prò paropside usus fertur, videas devotum si sic est,
alioquin suapte specie clarum opus. Hinc digressus ad laevam, totum illum diem, ne oculos 85
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a terra dimoveas caveto, malta enim illis occurrent, quae multo tibi facilius sii mirari
quam cuiquam hominnm stylo amplecti, valles amoenissimas interlabentes rìvnlos, coUes
asperitate gravissima et mira fertilitate conspicuos, praevalida in rupibus oppida, vicos
amplissimos, et marmoreas atqae auratas domos, qaocamqae te verteris, ridebis sparsas in
90 litore et stupebis urbem talem decori suorum rurium deliciisque succumbere. Viginti nisi
fallor passuum. millia emensns, extentnm in undas promontorìam, Caput montis ipsi vocant,
obvium habebis, et Belphini sive ut nautae nuncupant Alphini portum perexiguum, sed
tranquillum, et aprìcis coUibus abditum, inde Bapallum ac Siestrum, et nomine Venerìs
insignem portum, securum ventorum omnium, et omnium quae sub coelo sunt classiam
95 capacem, nostrum prope Erycem, habet enim alterum Sicilia. In medio sinus est maria
opportunus fatigatis puppibus. Et hoc quidem litus omne palmifemm, atque cedriferum ut
adyersum Cereri, sic Baccho gratissimum, ac Minervae, nulli usquam terrarum cedere certmn
est. Quo magis id priscis rerum scriptoribus et praesertim vatibus praetermissum miror. Sed
adducor ut eztimem non inyidiam neque desidiam causam dedisse silentio, sed quod nondum •
100 tentata, ideoque nondum nota fertilitas locorum erat. Hinc est, ut cum claris saepe carminibus
Meroen Falemunique concelebrent, terrasque alias, hanc cunctis hac laude praestantem omnes
indictam praeterierint. Id me movit omnium qui scripserunt, et ingenio, et stylo, et aetate
novissimum, ut in Africae meae loco quodam, idoneam nactus occasionem, loca ìsta de-
scriberem, charactere dicendique genere longe alio. Qui liber nisi vel Vitae brevitas, vel
105 ingenii tarditas, vel aliorum librorum unum in tempus cura concidens, vel quorum nullus
est modus, fortunae impedimenta vetuerint, aliquando forte sub oculos tuos veniens, in
horum te atque aliorum, quae nunc visurus es, locorum memoriam revocabit. Sed multum
nobis viae restat. Progrediamur ad reliqua. Non procul hinc circa extremos fines Januen-
sium Corvum famosum scopulum, et nomen a colore sortitum, ac paululum provectus,
110 Macrae amnis ostia, quae maritimos Ligures ab Etruscis dirimit, supraque litus maris,
sinistramque ripam fluvii ruinas Lunae iacentis aspicies, si famae fides est. Àliud enim
hac in parte nihil habeo: magnum exemplum fugiendae libidinis, quae saepe non modo
singulorum hominum, sed magnarum urbium et locupletium populorum, ac regum opes,
fortunasque pessumdedit, licet huiusce rei exemplum maius et antiquius Troia fuit.
115 Ulne iam sensim cedentibus montibus, aliquandiu planum, et absque scopulis, lene litus,
portus rari, castella procul in collibus, plaga maris inhospita, Sarzanum paulo submotum
a litore, novum frequensque oppidum, inde Laventia vicus ignobilis, Fluvius deinde re
ac nomine Frigidus, aquis arenisque perlucidus, secus Massam amoenissimam terram de-
scendit in pelagus. Prope oppidum est quod Petramsanctam dicnnt, cuius auctor ut audio,
1 20 concivis quidam tuus fuit, illius tunc provinciae praeses, et vir domi clarus et nobiUs. Itaque
familiae suae nomen transtulit in suum opus. Ultra iam praeter duas Pisanorum arces nihil
memorabile, quarum alteram Mutronem, alteram vero Vìam Regiam appellane Nec multo
post Sercli atqne Arni fluminum fauces sunt, quorum alter Lucam praeterlabitur, alter patriae
meae muros primum, tandem Pisas interfluit. Et de Luca quidem dubius sum, Florentia
125 prorsus extra conspectum latet, Pisas autem ex ipsa puppe gubernaculi tibi rector ostendet,
civitatem pervetustam, sed recenti et decora specie, et licet in plano sitam, non tamen ut
magna pars urbium paucis turribus, sed totam simul eminentissimis aedifìciis apparentem,
quondam quoque maris potentissimam, donec patrum memoria, non modo vires aequoreas,
sed animos, navigandique propositum, magno vieti proelio Januensii^m amisere. Post haec
130 paucis passuum millibus portus et ipse manufactus, Pisanum vocant, aderit, et fere conti-
guum Liburnum, ubi praevalida turris est, cuius in vertice pemox fiamma navigantibus
tuti litoris signum praebet. Hinc si ad dexteram te deflectas. Gorgon atque Capraria, parvae
quaedam Pisanorum insulae, praesto erunt, nec non turris exigua, pelagi medio, quae Melora
vulgo dicitur, infausta illi populo, quod scilicet illic ipsa cuius paulo ante memini, pugna
135 commissa est. Sin pressius intenderis, videbis et Corsicam inclitam insulam, et armentis
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silvestiibus abandantem. Quinquaginta inde vel non multo amplins passuum millibus, Plnm-
binum, insigne oppidmn,.ad laeyam fertQi sedet in colle, portns sube^, nec multarnm
oapax navium, et securitatis ambigaae. Ad dexteram exiguo spatio, Uva est, insula inexbau-
stis Cbalybum generosa metallis, ut Maro aìt. Perbibent qui longiores ibi traxerunt moras,
omnia illic ad Tictum optime proTenire, denique post Sardiniam amissam, Pisanarum opum 140
illam praecipuam sedem esse. Haud procul inde Populonia, Massa maritima, Grossetum,
Telamonis portus, an ab Aiacis patre, an unde dictus, profiteor me nescire. Inde rursus ad
dexteram, Igilium insula, vino et marmerò nobilis. Ad laeram Sancti Stepbani, quem dìcunt,
et mox Portus Herculeus, Argentariae mons medius. Post, Oometum, turritum, et spectabile
oppidnm, gemino cinctum muro, et ab alto colle maria longa despiciens. Huius in fìnibus 145
Tarquinii fuerunt, olim ciyitas, nunc nihil praeter nudum nomen ac ruinas, unde qui Komae
regnarunt, Tarquinii prodiere. Post hoc illa quae Civitas vetus dicitur, decem nisi fallor
passuum millibus sita est Deinde quem Adriani portum Tocant, opus inter cuneta mirabile,
quod ne inter septem illa famosissima numeretur, nihil sibi nisi aetas et iactantia graia
defuerit. His exactis tiberinae fauces ad laeyam sunt, ad dexteram remanente Sardinia. Supra 150
Tiberis ripam Ostia est, Anci Marcii colonia quarti Bomanorum regis, quam in ipso maris
fluminisque confìnio posuit, ut ait Florus, iam tum videlicet praesagiens animo futurum
ut totius mundi opes et commeatus ilio velut maritimo urbis hospitio reciperentur. Illic
sane cum fueris, scito te a regina urbium Boma, non nisi duodecim passuum millibus abesse,
de qua si tara parvo in spatio loqui velim, intolerandae nimis audaciae sim, cuius gestis 155
ac gloriae totus terrarum orbis angustus est, cuius nomini libri linguaeque omnes non suffi-
ciunt. Post ostia tiberina. Caput Antii apparet, ita enim vocant nautae. Civitas ibi Antium
fuit, Vulscorum caput, quae cum multa olim bella cum Romanis gessisset, capta demum
et cum tota gente subacta est. Proxime Astura est, inde mons praealtus, cui carminibus
potens Circe nomen imposuisse dicitur. Ibi enim, ut aiunt, habitavit atque ibi Ulixis socios 160
conyertit in beluas, quae transformatio quid mysterii yellet nosti. Locus est autem et fama
Celebris et scriptorum ingeniis. Hinc ad dexteram Pontiae remanent, breyis insula, et olim
career illustrium. Progredienti tibi Terracina nunc, olim Anxur, primum aderit, mox Caieta,
nutricis Aeneae nomen servans, ubi quo prosperior navigatio sit, sacrum Erasmi tumulum
adire non pigeat, cuius opem multis iam in maritimo discrimine profuisse opinio constans 165
est Hic flexus Utorum, et pelagì sinus ingens, saltusque lauriferi cedriferique et odoratum
ac sapidum semper laete yirentiuni nemus arbuscularum. In hoc tractu Formiae seu Fo]>
mianum et Litemum sunt, dicam verius fuerunt : alterum Ciceronis infanda caede, alterum
Scipìonis indigno exilio npbilitatum et cineribus patriae negatis. Sed haec duo loca exti-
matìone magis animi quam oculis assequeris, alter enim iacet, alter et latet, nisi quod 170
apud Formias adhuc duae seu tres magnae supereminent *ruinae. Ipsa sed in oculis erit
Inarime quae se se obviam dabit, insula poetarum nota praeconio, Isclam moderni yocitant,
sub qua Joyis edicto, obrutum Typhoeum gigantem fama est ; fecitque locum fabulae vapor,
yelut hominis anhelantis, et aetnaeo more aestuare solitum incendium. Vicina buie Prochyta
est, parva insula, sed unde nuper magnus vir quidam surrexit, Johannes ille qui formidatum 175
Caroli diadema non veritus, et gravis memor iniuriae, et malora si licuisset ausurus, ultio-
nis loco habuit regi Siciliam abstulisse. Simul et ad laevam Cumas colle humili Sybillae
patriam videbis, ubi Tarquinius superbus, regno pulsus, tandemque Tuscorum et Latinorum
destitutus auxiliis, exul obiit. Nam hoc Mediolano proximum, Lario inmiinens, Alpibus
adiacens, Cumum est, non Cumae, quod ne forte cum vulgo fallereris dixerim. Hinc iam 180
Misenus Collis in mare porrigitur, illic humati tubicinis phrygii nomen habens, cuius rei
meminit Yirgilius Sunt qui putent Misenum ibi peremptum ab Aenea diis infernis sacra
facturo, quae ut asserunt absque humana caede fieri nequeunt, atrocitatemque facinoris maro-
neo eloquio excusatam, illic sane sacrificatum ab Aenea narrasse Virgilium ubi sacrificasse
Ulixcm Homerus ante narraverat, pari ritus immanitate, ut quidam putant; res enim ambigua 185
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est valde, esse Sititem hniuscemodi sacrìs apta loca, qnod ibi sint Ayemns atque Acheron
tartarea nomina, ibi Bitis ostia limen irremeabile, et illic facilis descensus Ayerni, de quo
loquitnr poeta, quem patentem diebus dixit ac noctibus, 6ed laboriosi atque operosi reditas, de
qua re quia quod scriptum est legisti, si quid ipse praeterea viderim atque audierim sequar,
190 extra propositi metaa^eam. Hic Sibyllae cumanae domus maxima, super horrentem Avemi
ripam cemitur, iam senio semiruta, habitatore quidem nullo, sed Tarìarum volucrum nidis fre-
quens. In eodem flexu, fontes calidi tepentesque insignius quam in alia parte nostri orbis emm-
punt, quidam vero sulfureum ac ferventem cinerem eructantes ; est ubi terra sine igne visibili,
sine aquis, ex seipsa salubrem vaporem, et medentemcorporibus fumum profert; denique iisdeni
195 in locis et humanae vitae remedium convenisse dixeris et mortis hgrrorem. Et sub Miseno qui-
dem semper in ancoris romanarum una classium stabat, ad occurrendum repentinis incursibus,
alia eqnidem Ravennae erat, idque alto Consilio Augustus Caesar instituit, ut mare superum
atque inferum, quibus insulae instar Italiae magna pars cingitur, boc gemino praesidìo tuta
essent. Ultra Misenum Baiae sunt, ab illic sepulto Baio quodam socio Ulìxis appellatae, situ
200 longe amoenissimo, ut non immerìto hibemae romanorum deliciae videantur fuisse, quod et
marmoreae testudines calidis fontibus superiectae, et murorum reliquiae indicant, amplissimae
urbi etiam satis mnltae, et scriptorum etiam astipulatur fldes. Hic neronianae piscinae, ìngentia
monstrantur exordia, nam fnroris alterius quo fossam, ab Avemo usque Ostiam, tanto terra-
rum spatio, per tot montes, non impensa rei publicae, sed iactura, non labore populorum, sed
205 exitio fodiend(am) destinarat, ut humano vieta studio natura tuto et libere tantum iter, non
aperto quidem mari, sed marinis aquis, ac navibus ageretur, nulla quae noverim nisi in
literis vestigia remanserunt Hic angulus et Lucrinum habet et undam illam Juliam atque
aequor indignans, quorum et poeta recordatus est dum Georgica scriberet, opus autem a
JuUo exstructum, ab Augusto Caesare immutatum, et aut memoria irustratur, aut mare
210 mortuum'appellant, sic maris ferociam atque impetam compressero hominum manna. Centra
Misenum et Baias Puteolae, tribus' aut quatuor passuum millibus procul apparent. Hoc maris
intervallum Gaìus romanorum quartus imperator, pessimorum vero post Neronem primus,
per inanem sumptuosamque iactantiam terrestri ponte connexuit, quem ipse idem equestri
primum habitu, mox triumphantis in morem, magno procerum comitatu, fastuque plus quam
215 caesareo permeavit. Non longe a PuteoUs, Falemus Collis attollitur, famoso palmite nobilis.
Inter Falemum et mare, mons est saxeus, bominum manibus perfossus, quod vulgus insul-
sum a Virgilio magicis cantaminibus factum putat Ita clarorum fama hominum, non verìs
contenta laudibus, saepe etiam fabulis vìam facit. De quo cum me olim Robertus regno
clarus, sed praeclarus ingenio ac literis, quid sentirem multis astantibus percontatus esset,
220 humanitate fretus regia, qua non reges modo, sed homines vicit, iocans, nusquam me legisse
marmorarium fuisse Yirgilium respondi, quod ille serenissimae nutu frontis approbans, non
ilUc magiae, sed ferri vestigia esse confessus est Sunt autem fauces excavati mentis angu-
stae, sed longissimae atque atrae, tenebrosa intus, et horrifica semper nox, publicum iter
in medio, mirum et religioni proximum, belli quoque temporibus inviolatum, si vera populi
225 vox est, et nuUis unquam latrociniis attentatum patet. Cryptam neapolitanam dicunt, cuius
et in epistolis ad Lucilium Seneca mentionem facit. Sub finem fusci tramitis, ubi primo
videri coelum incipit, in aggere edito, ipsius Virgilii busta visuntur, pervetusti operis, unde
haec forsitan ab ilio perforati mentis flnxit opinio. Juxta breve sed devotissimum sacellum
supra ipsum cryptae exitum. Et mox ad radicem mentis in litore, Virginìs Matris templum,
280 quo magnus populi, magnus quotidie pernavigantium fit concursus. Proxima in valle sedet
ipsa Neapolis, inter urbes litoreas, una quidem ex paucis, portus hic etiam manufactus, supra
portum regia, ubi si in terram exeas, capellam regia intrare ne omiseris, in qua contei^
raneus olim meus, pictorum nostri aevi princeps, magna reliquit manus et ingenii moni-
menta. Non audeo te hortari ut extantem in colle urbi proximo Cartusiae domum adeas.
285 Scio ut navigatio fatigationem et fastidium parit. At Clarae virginis praeclarum domiciliam
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qnaniTÌs a litore paramper abscesserìt TÌdetOi reginae seniorìs amplissimnm opus. Illud nulla
festinatio, nallus Ubor impediate quin daos illìus urbis vicos, Nidum scilicet et Capnanam,
TÌdeas, aedificiis sapra priratam modam, et antequam pestis orbem terrae funditus oxhausis-
set, vix caiqaam credibili militiae numero, ac decore memorabiles. Militem ad militiae pelar
gus {var, ad militem pelagi), opus professioni tuae debitum, te mitto, non studiosum veri- 240
tatis ad fabulas, et idcirco Castrura Ovi titulo cognitum eminus aspezisse satis fuerit. Haec
est civitas, ubi Yirgilius noster, liberalibus studiis operam dedit, cum iam ante patria illum
tua Mediolanum, tenerioribus annis, discipulum habuisset. Hic se Carmen illud georgicum
scripsisse, hic se ignobili otio floruisse verecundìssime memorat. Hanc dulcem yocat ille
Parthenopem, id enim est aliud de nomine conditricis civitati nomen. Demum peregre 245
moriens, inter eictrema suspirìa suae meminit Neapolis, et bue revebi optavit, ut quam
virus amaverat, vita functus incoleret. Hinc tandem digresso, biceps aderit Veserus (vulgo
Somma monti nomen), et ipse flammas eructare solitus. Ad quod olim spectaculum visen-
dum cum experiendi noscendique cupidine perrezisset Plinius secundus, vir scientiae multi-
plicis, et eloquentiae floridae, vento cinerem ac favillam excitante compressus est, mise- 250
rabilis tanti viri ezitus. Sic Neapolis, hinc mantuani, inde veronensis civis ossa custodit.
Mons est autem multarum rerum, sed in primis vini ubertate mirabilis, quod graecum ideo dici-
tur, quia illa pars Italiae a graecis possessa olim Magna Graecia dicebatur. Hinc ad dexteram
Capreae insula linquitur, asperrimis rupìbus circumsepta, secessus infamis senilium Tiberii
voluptatum, et officina saevitiae. Pulcberrimus terrarum tractus ad laevam Pompeios et Her- 255
culaneum habuit, celebres olim urbes, nunc inania nomina, quas terremotibus eversas Seneca
inter ceteros teste dìdicimus. Superest adhuc Surrentum et ipsum mellifluo palmite genero-
sum. Tota regio Terra Laboris hodie, pars olim Campaniae fuerat, utraque praecipuae uber-
tatis appellatio. Quo praetextu Cereris bic Liberique certamen incerta Victoria statuere. Post
hoc gremium maria ecce moz aliud ex ordine panditur, in quo Salernum videbis et Silerim. 260
Fuisse hic medicinae fontem fama est, sed nihil est quod non senio ezarescat. Hinc utinam
tu secundis ventìs et cursu tam facili proveharis ut ego ad Italiae finem facili provehor stjlo.
Laeva itaque perpetuo tractu calabrum litus extenditur. Dextera autem longe Trinacria
et Vulcanus ac Liparis minoresque insulae ipsae fumum flammamque fundentes, vento-
saeqoe adeo ut Aeoli ventorum regis, hic regiam fuisse, vel fabulosum certe vel histo- 265
ricum sit, utrumque enim lectum est. Hinc quod convenit Aeoliae dictae sunt. Ubi angu-
stissima Italia est, Scaleam vocant, nescio quam vetus oppidum, sed nomen haud dnbie
modernum. Uude cum ad extremum Italiae angulum perveneris, eum scilicet qui ad oc-
casum vergit, hinc Rhegium Calabriae metropolim, hinc Siciliae Messanam parvo admo-
dum oculorum flexu et fere simul aspicies. In medio Pharus est, qui messanensis dicitur, 270
in quo sunt infamia illa portenta, multum formidata navigantibus, Scylla et Charybdis.
Scyllam saxum esse constat ad laevam undisonum procellosum, Charybdim centra aquarum
magnam quandam rapidamque vertiginem. Ncque te moveat, quod libro tertio divini poe-
matis locatae aliter a Virgilio videantur. Ille enim venientis, ego autem euntis iter pro-
sequor. Causa vero tantae vertiginis apud poetas et historicos una est Ferunt enim hunc 275
nostrum qui nos obit ac dirimit Apenninum, in Trinacriam protendi solitum, donec multis
seculis duo maria velut ex condicto, geminum latus montis hinc illinc, sino intermissione
tundentia, undis succumbere coegerunt. Ideoque illic amoto obice maria suo impetu acta
concurrere, Apennìni autem ultima, sic a toto corpore montis exsecta, nomine etiam amisso,
concessisse in nomen montis siculi Pelori, unius scilicet ex bis tribus, unde Trinacriae 280
appellatio sumpta est, qui mons Messanae proximus est, cui quod nomen ante fuerit in-
certum habeo. Hoc enim a Pelerò gubematore Hannibalis, quem ille sive tota cum
classe Italiam linquens, ut Valerio placet, sive ut alii volunt et similius vero est, pa-
triam suam puppe unica repetens et romanos fugiens victores, propterque locorum an-
gustias dum eminus exitum non intelligit, falli ratus occiderat, ibique tandem errore 285
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rdcognito tenue mandaverat, accepisse notissimam est. Et Scalea quìdem digressis,
usqae Rheginm fenne, rectus in merìdiem est cursus. Inde cursus ad orientem relieta
procul a dextris Aetna, flammantium prìncipe montium. Inde brevi flexu in septen-
trìonem versus et Scylaceum naufragiis infame transiUens, Crotonem venies civitatcm
290 quondam inter Italiae populos et animorum robore et corporum et forma et oplbos et
gloria praecellentem, nunc, quid non proterit longa dies, vix ipsis italicis bene notam.
Hic lunonis Laciniae templum fuit, toto orbe percelebre. Inde in intimo quodam pelagi
recessu, Tarentum tibi monstrabitur, Ennio natalis, Virgilio fatalis locus, quamvis alii
Brundusium dicant, magni quoque cum Romanis belli causa, Pyrrbo rege in Italiam accer-
295 sito, adiutoque armis ac mcenibus, post longum tempus Hannibale, quos hostilium ducum
prìmos romanae historìae omnibus seculis numerabunt. lam ad finem orbis italici ventum
est, in quo ultimum cum Hydruntem attigerìs pedem * habuerìs. Obvium Adrìaticum aequor
emensus, prìmam insularum ab adverso litore Corcyram, ignobilesque alias invenies, donec
ad Achaiae prìmum angulum pervenerìs. Illic equidem optabis Istìimum, quod quibusdam
300 venit in mentem, esse perfossum, quo cum rectior tibi tum brevior cursus sit. Mons est
duo maria dirimens, qui si loco ccderet, insula esset Achaia. Eius in vertice Corinthus
est, situ inexpugnabili. Id sibi cum a Romanis capta esset, eversionis praebuit materiam,
secutis opportunitatem loci maxime, ut ait Cicero, ne posset aliquando ad bellum faciendum
locus ipse adhortari. Cum vero limes aequoreus ille praeclusus sit, parendum naturae, et
305 praetermissa Corintho, Maleae flexus ille longior obeundus est, videndumque litus acbai-
cum, atque urbes in litore, Motona, Corona, et quicquid terrarum mare illud alluit, usque
ad extremum regionis angulum. Ut vero alter Italiam, sic ille Cretam respìcit, nunc pos-
sessionem Venetorum, ut humana omnia volvuntur, olim lovis regnum, superstitionum fere
omnium fontem atque principium. Hanc a dextris, Euboeam, quam Nigropontum vocant
310 a sinistris habens, inter Cyclad(a)s aegaei maris insulas, quae siderum in morem, pelagus
illud illustrant, crebris portibus tutum iter ages. Hic Scjros Achillei amoris atque ado-
lescentiae prima sedes, unde ulixeo tortum astu, fulmen illud venit ad Troiam. Hic Cous
Hippocratis, Lesbos Tbeophrasti, Samos Pythagorae patria, qua ille deserta, in has nostran
terras venit, et italicus philosophus dici meruit, cum philosophiae nomen, quod primus
315 invenerat, summo studio atque ingenio exomasset. Sed quid ago ? Non multo facilius,
Cyclad(a)s omnes, quam coeli stellas enumerem. Per has ergo navigans, et procul a tergo
linquens illa duo Graeciae lumina, Lacedaemonem et Athenas, ad laevam vero Hellesponti
fauces, Se(8)tonque et Abydon infaustis amorìbus notas et Byzantion, atque Hìon, illud
aemulatione romani imperii, hoc propriis famosum malis, recto tramite Rhodum petes,
320 olim soli, nunc Christo, verius scilicet soli sacram, et militiae domicilium lohannis. lam
bine Asia minor, ad laevam iacet, olim provinciarum mitissima, post Troiae ruinam graecis
referta cultoribus, nunc Turcorum veri hostium ferox regio. Huius partes, ad austrum
versae, et itinerì tuo proximae sunt Lycia atque Cilicia, et caput regionis Isaùria, arx
olim omnium piratarum, qui summis tunc viribus, maria cuncta pervaserant, ita ut ipsis
325 quoque romanis classibus, aperta acie decertarent. Summa tamen Pompei magni virtute
ac prudentia superati, abductique maritimis latrociniis, et terrae cultibus restituii, ac ne
qua unquam occasio illos ad consueta retraheret, a conspectu maris procul abstracti suni
Ex bis inter ceteras laudensem coloniam, patriae tuae proximam constare, et de Pompei
laudibus sumptum nomen traditur. Quae quidem non tantum a mari, sed a fluminibus
330 etiam longe erat, donec nuper eversa, dum resurgeret, ut sibi casus ad aliquid profuisse
videretur, translatis sedibus, ripam pulcherrimi amnis obtinuit. Sed nondum tempus est
in patriam redeundi. Ad ea quae restant procedamus. Ante Ciliciae frontem Cyprus est,
terra nulla re alia quam inertia ac deliciis nota, quam merito Veneri sacram dixere. Et
nunc quoque Veneri, magis quam Marti seu Palladi sacra est. Raro ibi, seu nunquam vir
335 aliquis clarus fuit Ncque enim in molli agro voluptatis, virtutum rigida semina coalescunt.
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Libidinem incolarom, teirae cceliqne fervor indìcat. Cam enim reg^ones tractn maximo soli
YÌciniores, grata temperie perfraantur, haec prope contra naturam, intolerandis ardoribus
aestuat, quasi hominnm complexio ad elementa transierit. Noli ibi multum immorarì. Non
est enìm militaris certe neque virilis habitatio. Fastus gallicns, syra moUities, graecae
blanditiae ac frandes, unam in insnlam convenere. Qaod optimum atque pretiosissimam 340
habent, illic, dìssimìllimis moribas aliunde veniens, iacet Hilarion. Contra Cyprnm in
extremo maria angulo, minor latet Armenia, cui tergum pappis obyertens in dextrum latus
agenda est. Sed iam quasi tecnm periculi fastidiique particeps, ad terram pervenisse
gaudeo. In quam ubi descensurus sis nescio. Neque enim unus tantum portus patet ac-
cessui. Magistri sententia, comitum consensus, ventus, mare, dìes, locus, opportunitas, 345
quid te agere oporteat dìcent. Nam ut antiquo proverbio monemur, Consilia capiuntur ex
tempore. Sunt autem in litore ilio, ut ab aquilone in austrum descendam, maritima oppidiv,
Tortosa, Tripolis, Baruth, Sur, Caesarea, lafa, Ascalon, borumque in medio nobilis olim,
nunc eversa et in cinerem versa iacet Acon, summum et inexpiabile dedecus ac turpis-
sima cicatrix cbristianorum regum, nisi aliquanto turpior esset ipsa lerusalem. Sane si 350
altius descendas, id babebis amplius, ut videas caput Syriae Daraascum. Sic enim vocat
eam non quicumque cosmographus sed clarissimus propbetarum Isaias. Quamvis non
ignorem apud alios Antiochiam Syriae primam ac metropolim baberi, cui sententiae ac-
cedit Hegesippus libro 3 historiarum losephum secutus, aliquanto tamen nobilior ut puto
et certe multo vetustior est Damascus. Yidebis civitatem et forma spectabilem, et aetate, 355
de qua quidem ab ipsis temporibus regum Israel, multis seculis ante urbem condì-
tam, crebra in utrisque literis sacris, ac secularìbus est mentio. Si injfra magis appli-
cueiis, quantum spectaculo defuerit, tantum demitur labori, minus terrestri calle laxa-
berls, quod in terram egresso vicina lerosolima est, itineris propositique tui terminus.
Itaque tametsi multa tibi in medio quaerenda et visenda monstraverim, quae poteras 360
improvisus forte solumque viae finem cogitans praeterire, hic quid te moneam non habeo.
Omnia enim iam bine antequam pedem domo moveas, praeconcepta animo, et diu agitata
sunt tibi, quoniam finis rerum, ut philosophis placet, sìcut in executione ultimus sic in
intentione primus est. Neque vero tu aliam ob causam tantum laboris, ac negotii suscepisti,
nisi ut in illa morte domini sacra urbe, locisque finitimis videres oculis, quae animo iam 365
videbas: amnem scilicet quo lotus est Cbristus, templum seu templi ruinas in quo docuit,
locum ubi summa cum bumilitate passus est corpore ut nos animi passionibus liberaret,
sepulcTum ubi sacratissimum corpus illud substitit, dum ipse mortis et inferni Victor, ad
regna bostis spolianda descenderet, unde etiam reversus idem, corpusque iam immortale
recipiens, pressis gravi sopore custodibus, resurrexit, Sion praeterea et Oliveti montem, ad 370
baec et unde in coelum ascendit, quo ad iudicium reversurus creditur, ubi ventis et flucti-
bus imperavit, ubi cibo exiguo maximam turbam pavit, ubi aquam vertit in vìnum, quae
licet magna convivantibus viderentur, facilia erant illi qui cibum et vinum et aquam et
ipsos de nibilo creaverat convivantes, ubi denique elegit indoctos atque ìnopes piscatores ,
quorum hamis ac retibus piscarentur imperatores ac reges gentium, ubi caecos illuminavit, 375
leprosos mundavit, paralyticos erexit, mortuos suscitavit, quodque bis omnibus maius esset,
nisi quia onmia aeque facilia sunt deo, daemonìbus ac peccatis oppressam, sepultamque
animam restituit libertati, multa etiam quae persequi mibi longissimum et nequaquam ne-
cessarìum tibi est, cui omnia ex Evangelio nota sunt, quae fixa mente cementisi per singulos
passus devotam animam pins horror invadet. Unum quod elabi posset admoneo, videro te 380
urbem illam, quam vicisse victores gentium Bomani tam clarum opus esse duxerunt, ut Titus
tunc exercitus, post imperii gubemator, in ipso ingressu moenia urbis admirans, tantam
victoriam non humanae virtutis, sed divinae gratiae fateretur. Et profecto sic erat. Cbristus
ipse quem eradicasse de terra viventium extimabant, adversus suos hostes suis merito fa-
vebat ultoribus, licet adhuc illis incognitus, noscendus tamen eorum successoribus et 385
Rendiconti. 1888, Vol. IV, r Sem. 52
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colendns. Itaqne cum saepe alias, tamen in ea vastatione praecìpae impletnm est, qnod ex
persona eias in psalmo dicitori Resuscita me et retrìbaam eis, ea hominixm strages, ea
fames miseronim tam maestà necessitas, quae si ex ordine nosse cnpis, losephnm lege, non
andita, sed visa, et commnnia sibi cum ceteris referentem. Quid vero nnnc cogìtas ? An
390 nondam te desiderium nostri cepit, nt domam nt patrìam nt amicos invisere animns sit?
Credo id qnidem, imo ne aliter fieri posse certas snm. Sed nnllns est acrior stimnlns quam
virtatis. nie nnnc per omnes difficultates, generosum animom impellìt, nec consistere pa-
titor, nec retro respicere, cogitqae non voluptatam modo, sed honestornm pignomm atqne
affectuom oblinsci, nibil aliad qaam virtutis speciem optare, nihil deniqne cogitare. Hic
395 stimalus qui Ulixem Laertis, et Penelopes, et Telemachi fecit immemorem, te nnnc nobis
vereor, abstrahet dintias qnam vellemns. Video tibi faciem esse longins enntis. Nec imme-
rito. Ubi enim dimittes Bethleem civitatem David, qaam codesti ortn claram fore diyinì
vates praesago ore cecinerant. In illa primo conabola nostri regis aspiciens, cogitabis quan-
tum Deo grata fuerit semper humilitas, quam in filii sui unigeniti primordiis evidentis-
400 sime consecravit, cogitabis ineffabilem Salvatorìs originem qui ante principium genitus, in
fine temporum, si ad aetatum numerum attenditur natus est Virginem matrem in praesepio
iacentem contemplabere, et divinum infantem in cunis Tagientem, angelos ab aethere con-
cinentes, pastores attonitos, stupentesque reges alienigenas, cum muneribus affusos, indi-
genam vero regem, gladio saevientem, terram innocuo sanguine beatorum infantium et mi-
405 serarum genitricum lacrimis madentem, et maestis resonans coelum omne gemitibus. Inter
haec monitu angelico, sanctum altorem cum intemerata matre, coelestique alumno, clam
ex ingrata patria, in Aegyptum ire tanto pignori tutas latebras quaerentem, iam tum gen-
tibus spe iniecta, primogenito propter ingratitudinem abdicato, snmmi patris bereditatem
ad minorem filìum, hoc est ad populum gentium esse venturam. Sed tu quoque nunc ut
410 auguror Joseph imo Mariam, imo Christum profngum sequi vis, sacrum profecto teque
dignum iter. Sequendus in terris, quaerendusque nobis Christus est, ut vel sic discamus
eum ad coelum sequì, et ubi aliquando habitavit din quaesitum tandem ubi habitat inre-
nire. Iam vero non longe bine, mare, quod Sodomorum dicitur, Jordanis influit, ubi con-
sumptarum urbium vindictaeque coelestis aperta vestigia apparent. His deserti solitudo
415 proxima est. Durum iter fateor, sed ad salutem tendenti, nulla difficilis via videri debet.
Multas ubique difficultates, multa tibi taedia vel hominum vel locorum hostis noster obji-
ciet, quibus te ab incepto vel retrahat, vel retardet, vel si neutrum possit, saltem in
sacra peregrinatione minus alacrem efficiat, hic vero praeter cetera natìvam locorum
ingeret asperitatem, penuriamque rerum omnium. Sed meminisse conveniet omne opti-
420 mum, magno pretio constare, et virgilianum illud, in tuos usus transferre, ubi ait:
Yicit iter durum pietas, et illud Lucani paululum immutare, durum iter ad leges,
animaeque mentis, amorem. Nihil tam durum , quod virtus ardens, et pietas * incensa
non molliat. Equidem si per Syrtes libycas , et arenosa loca serpentium M. Cato
mite Caesaris imperium fugisse laudatur, tu per desertum non fugies immite feroxque
425 iugum Satanae, per quod tantus olim populus fugit saevitiam Pharaonis? Et quod
senes ac pueri et mulierculae potuerunt, tu vir fortis ac iuvenis non poteris? Deus cum
illis erat, et tecum erit. His autem in locis legem datam Moysi, colloquium cum Deo ha-
bitum, visionem rubi, laps(a)m de coelo manna(m), ceterasque erga carum, sed ingratum
popnlum divinas blanditias, ac divina iudicia tecum volves. Incidet vero cupiditas maris
430 rubri videndì, quod proprie a poeta non mare, sed litus rubrum dictum est, non enim ab
aqois, sed a colore lìtoris nomen habet. Quo cum pervèneris, non odores indìcos, et eoas
merces, illis faucibus in Aegyptum atque inde nostrum in mare convectas, sed populum
Deo adiutum, per medios fluctus, sicco pedo transitum meditabere. Ulud enim humanao
cupiditatis et inopiae, hoc divinae pietatis ac potentiae est Hic Catherinae virginis
435 corpus cemes, ubi angelici» manibus coUocatum fertur, nec indignum fait, ut quae prò
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lege Dei usqne ad mortem decertaverat, in eo ipso monte reqniesceret, ubi lex divinitas
data eral Per haec loca formidabiles esse solent, Arabom incursos, sitis, fames, labor, sed
nihil fere periculosins errore viae, nollis indiciis ad rectam referentibos. Ideo yigilanter
cave ne ulla te necessitas seiangat a sociis. Jam tandem in Aegyptam laborioso et anci-
piti calle perventom est. Ibi ergo supra Nilam yidebis Babylonem novam Cambjsis opus 440
et Carras aegyptìas firequentissimam arbem et immensam, qaae Babylonem veterem trans
Eaphratem et Carras assyrias repraesentant Spectabis insignem Asiae atqne Africae li-
mìtem, adversum Tanai, flnmen ingens, stupendamqne, de quo et philosopbi et poetae et
cosmographi multa sunt opinati, Aristoteles vero libro integro disseruit, flumen, et aestivi
mirabilis incrementi, et inundatìonis uberrimae, et infiniti alvei, et fontis incogniti, cuius ceiv 445
titudinem, et Aegyptiorum et Persarum et Macedonum reges, ad postremum romani quoque
imperatores, sed frustra omnes quaesiere. Fons hactenus ignoratus manet, opiniones, atque
inquisitiones hominum, et historiae de hoc scriptae multa legentibus notae sunt. Clarum
quiddam et relatu dignum, quod ab illustribus tìtìs accepimus, locus hic exigit Ferunt
fontem esse perlucidum illic ubi ab Herodis rabie Christum occultabant, quem puer om- 450
nipotens e terra arida in refrigerium anxiae matris eduxerit. Ex ilio christianos iucundis-
sime bibere, saracenis absinthio amariorem esse, ita ut degustare illum yel summis labiis
poena sit, nostrosque inde tam cupide haurientes ceu monstrum aliquod admirentur. Nec
sane magnum fuit illi qui fontem fecit, eidem quoque quas voluit leges dare, et prò ya-
rietate bibentium fidei, yarium saporem aquis immittere. Nil iam restat memorabile quod 455
quidem non meminerim, praeter Alexandrìam, Alexandrì opus, Alexandri nomen, Alexandri
bustum. Ad quod Julius Caesar, post thessalicum diem, mortemque Pompei, cum Alexan-
driam yenisset, ambiguo turbati yulgi murmurc permotus, per speciem religionis descen-
disse legituT. Et Augustus Caesar, post yictoriam actiacam, Antoniumque devictum et
coactum mori, eodem yeniens, Alexandri corpus reyerenter aspexit. Cumque ex eo quaere- 460
retur, an et Ptolemaeum yellet aspicere,- elegantissime regem alt se yidere yelle non
mortuos. Cui dicto illa proculdubio sententia inest, yirtute animi et rerum gloria, non
regno, non sceptro, non diademate regem fieri. Hoc tu dictum eatenus inflectes, ut sanctos
cupias spectare, non mortuos. Quia tamen vetustas et fama clarorum hominum, non siue
quibusdam facibus animos tangunt, poteris et hoc bustum, si nondum senio cesserit spec- 465
tare, nec mìnus umam quae Pompei cinerum ostenditur. Illum enim graeoi, hunc romani
scrìptores magnum yocant. Galli autem hoc cognomen ad suum Carolnm transtulére. Bios
duos habet una urbs, quorum alterum arctos, altemm miserat occidens, illum Pelle, hunc
Boma. Yidebis ubi iniquo marte praeyentus et circumyentus, Illa magnalìa, et vix credi-
bilia gessit Caesar. Yidebis Pharum, unde hoc phari nomen per alias terras usquequaque 470
diffusum est. Spectabis multifidas Nili fauces, ubi fortuna populi romani^ truncum sui
dncìs, et lacerum cadayer, abscisumque trunco caput flens yictor aspexit, sic cum genero
partitus orbem, ut illum Nilus, Tibrìs hunc abluat. 0 fortunae fides, o rerum finis ha-
manarum. Certe ut es ingenio promptus ac docilis, tantis ac talibus magistris, quantum
prosperis sit fidendum disces perpetuoque meminerìs. Sed iam satis itum, satis est scriptum, 475
hactenus tu remis ac pedibus maria et terras, ego hanc papyrum calamo properante sul-
cayerim, et an adhuc tu fessus sis eundo certe ego iam scribendo fatigatus sum, coque
magis, quo celerius incessi. Quod enim iter tu tribus forte vix mensibus, hoc ego triduo
consummayi. Hic utrique igitur yiae modus sit. Tibi domi, mihi ad mea studia redeundum,
quod ego confestim fecero, tibi yero plusculum uegotii superest peragendum Christi ope 480
feliciter. His spectaculis, et hoc duce doctior nobis ac sanctior remeabis.
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Archeologia — Sopra un'antica tazza ài Lucio Canoleio. Nota
del Corrispondente F. Gamurrini.
«< Premessi i ringraziamenti per la sua elezione a Socio dell'Accademia,
espone Ta. una patera ombelicata, cioè concava coW!oii^aXo^ nel mezzo, di
quelle, che precipuamente servivano per i sacrifizi, e dopo il convito per le
libazioni agli dei : dice provenirne la forma e l'uso dall'oriente, e quindi per
i Fenici essersi diffusa in Grecia ed in Italia. La patera è di fine argilla,
con vernice nera alquanto iridescente, la quale fu prodotta col processo stesso
per cui risaltava il fondo nero dei vasi greci dipinti. La parte concava rap-
presenta una serie di nove navi a basso rilievo, le quali sembrano formate l'una
dietro l'altra col medesimo stampo, di tipo romano, rostrate, e si dirigono a
destra. Simili si riscontrano negli assi di Roma, che hanno la prua a destra,
mentre quelli fusi o coniati fuori di Soma si distinguono sovente colla prora
a sinistra.
« Nel campo fra You^aXog e le navi, sta impresso un ornato composto
di una doppia fila di ovoletti, separata da una linea e chiusa da due altre
formate di punti. Sotto una delle navi, e precisamente nel fusto del rostrum
tridens, è segnato il nome del figulo in questo modo: U-CANOLIIIO.
« Il nome di Lucio Canoleio ben si conosce, e si ripete in diverse tazze,
che furono prodotte nella sua figulina di Cales,QX2L Calvi: in una delle quali
si rivela così più completo: U • CANOUEIVS- U • FFECIT CAUENOS.
É da riputarsi pertanto ingenuo, e che appartenesse alla nota famiglia plebea
di Boma : giacché fra i Canolei apparisce per la prima volta un tribuno della
plebe nel 445 av. C. Faceva egli pertanto parte della colonia, che fu dedotta
in Cales nel 320 av. C, e vi trovò l'industria fiorente di tali stoviglie, che
furono dai Romani tolte e seguite per proprio conto. Nelle tazze calene si
mostrano, dal tempo della deduzione della colonia fino verso la prima guerra
punica, altri padroni di fabbriche di figuline, cioè un K • ATIUIO, e un C- ed
un U • GABINIO con due nomi dei loro servi, R IITVS e SIIRVIVS. Ora per la
colonia romana colà stabilita è manifesto, che Atilio e Gabinio (il cui nome
si è tratto da Gabi) provengono di Roma. Tali fabbriche romane si sostitui-
rono alle greche, che vi esistevano (^): e quindi si diffusero nel Lazio, e
neU'Etruria, dove si imitarono, e per ciò il nome, che loro è stato dato di
stoviglie etrusco-campane; le quali di frequente trovandosi con monumenti
t
{}) Nei bolli deUe tazze calene si sono trovati nomi scritti in greco : ed il prof. Helbig
ha veduto in quella ben nota delle quadrighe le lettere IBoTB, scritte fra i raggi di
una rota. Bull d, Inst, arch, a. 1881, p. 149.
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certissimi della prima metà del secolo terzo ay. C, non ewi dubbio che
spettino a quel periodo.
« La tazza, che per proposta del disserente fa acquistata dalla Direzione
generale di antichità, se non si può dire assolutamente unica è certo igno-
rata ed inedita: inoltre la si deve pregiare per vari riguardi. In prima seb-
bene si conosca, che le stoviglie romano-calene furono l'effetto della colonia
dedotta in CaUs^ giova però molto per la storia della ceramica antica in
Italia fissare sempre meglio il loro svolgimento cronologico. Alla ricordata
età specialmente appartiene la forma paleografica; la E con due linee II, la U
ad angolo acuto, la N pendente, la O non precisamente chiusa. Inoltre ciò
confermasi dalla terminazione di Canolelo per Ganoleim^ che è ancora la prima
volta, che s'incontra nelle opere di lui, essendoci noto Canoleios e quindi
Canoleius, colla E scritta nella forma comune: ed in conseguenza questa tazza
colle navi si dovrà stimare per l'arcaica terminazione, e come sta scrìtto il
suo nome, quale una delle prime, che siano uscite dalla sua figulina.
« Se poi si esamina la forma della nave, si nota che il rostro è posto sotto
alla carena, come lo fu la prima volta che i Romani lo presero agli Anziati.
Perocché negli assi librali di Roma il rostro non apparisce, ma nella serie
trientale, cioè nella ridotta dalla librale. Si aggiunga, che a determinare
meglio il tempo della tazza, è pregevole Vornamento del fusto del rostro, di
cui si è servito Oanoleio per stampare le sue navi ; è il meandro detto corri-
dietro, che simbologia Tonda del mare o del fiume, la quale si travolge e
si arriccia; ornamento antichissimo provenuto dall'Asia minore. Ora appunto
neUa serie trientale di stile campano, si scorge la nave della forma medesima
che nella tazza, e di più lo stesso meandro nella trave del rostro. E se si
riguarda la testa di Mercurio del sestante della detta serie, la riconosceremo
inclusa nella linea punteggiata, che ha usato Ganoleio, e che si riscontra
nelle monete emesse in quel tempo in Etruria e nella Campania.
« Dalle osservazioni generali fatte in altre occasioni, e da quelle più spe-
ciali che si sono esposte, è dato di concludere, che la tazza di Ganoleio
comparve nel tempo che fu ridotto l'asse alla serie trien-
tale. n qual fatto avvenne secondo il Mommsen verso il principio della
prima guerra punica: ma nonostante la grande autorità dell'insigne storico
ed archeologo, il riferente opina per gravi osservazioni pure da altri rilevate,
che la riduzione dell'asse combini colla emissione del denaro d'argento, cioè
nel 269 av. G. (484 di Roma). Ne conseguita che la tazza, la quale, come
si è detto, fu una delle prime della ofiicina di Ganoleio, fu prodotta verso
il 490 di Boma, e le altre che sieno degli anni successivi. Il che è d'im-
portanza grande per riconoscere il tempo d'un trovamento, nel quale compa-
risca una tazza di Ganoleio, che abbia o no la nota del suo nome.
« Infine si rivela una cosa particolare fra la prua e la poppa delle navi,
che non è da trascurarsi. Si veggono due scudi oblonghi in alto, che si toccano
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Tun laltro, e della forma che è impressa in una moneta fusa rettangolare
di Roma del sistema trientale. Sotto si scorge una testa forse d'un guerriero,
che sta entro la cabina o sotto coverta della nave. A me pare che Ganoleio
abbia qui voluto effigiare o ricordare una battaglia: ma ben mi accorgo che
la cosa non è del tutto chiara. Se mai egli ciò intese, ed impresse in una
patera, che doveva trovare il suo spaccio, e servire per i conviti dei Bomani
e per le festive libazioni, certamente ha fatto allusione ad una vittoria navale
di Boma. Fu celeberrima allora, e poi sempre nei &stì la vittoria di Duillio
sulla flotta cartaginese (493 di Boma), per cui divenne Boma da quel tempo
la regina del mare: e Duillio fii il primo, che menò trionfo della vittoria
navale, e fra gli emblemi della salutazione imperatoria figurarono le navi
rostrate » .
Filologia. — Per la Fonistoria protaria. Nota preventiva del
prof. F. Q. Fumi, presentata dal Socio Monaci (0.
« Le dottrine dei glottologi più anziani non bastarono a penetrare nel
complicato labirinto del vocalismo indeuropeo, ma anche quelle dei più
recenti, che ne hanno trovato T ingresso, non il filo d'Arianna, vi si muovono
ancora impacciate. Non ostante la bella mostra che la nuova teoria vocalica
e sonantica fa nel Manuale del Brugmann, si può dire nell'anno di
grazia 1888 ciò che un caldo collaboratore di quella teorìa onestamente con-
fessava nel 1885, cioè che le indagini sul vocalismo indeuropeo, nonché finite,
sono appena iniziate (Hubschmann, Indog. Vocalsystem; nachtràge^. 191
fine). Mi sia lecito, pertanto, di comunicare alcuni pensieri fondamentali d'una
mia vecchia congettura (^).
« 1. Premetto due savie sentenze del nostro maestro, rAscoLi. La prima
dice : ^ La natura stessa del soggetto {indagini glottologiche). . . in ispecie
cagiona che possa mancarci la prova d'aver colpito nel vero, quando pur e' è
riuscito di farlo {Poscritta, p. 82) ». La seconda riguarda le indagini glot-
togoniche e vuole che nella scuola sien parche, e istituite « solo in ordine
a quegli addentellati da cui penda manifestamente la intelligenza di feno-
meni che son vitali nel linguaggio come si agita nella, realtà della storia
{Lettera a P. Merlo j p. 64)». La prova della giustezza della mia coi^elr
(i) Nella seduta del 19 febbraio 1888.
{*) Pensieri destati nel 1876 daUa Nasalis sonans del Bruohann, ricordati nelle le-
zioni introdattorìe al corso di Fonologia presso TUniversità di Palermo nel 77 e neir82,
ed esposti come teorìa nel novembre e decembre deir87. In 12 anni si sono snccedutc
curiose somiglianze, ad es. con De Saussure, Osthoff, Fed. Mììller, Merlo ecc. (e debbo a
questo amico e alla sua Nota recente u Ragione del permanere delVk e del suo mutani
in E (0) ecc.» la spinta a parlare), argomenti contrarj pochi e controversi. Così pare a
me: giudichino gP intendenti. (Palermo, gennaio 1888).
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tura non so darla ; la dimostrazione o esemplificazione la do appunto nel corso
di Ponistoria indo-greco-italica. Spero poi che tutti ammetteranno l'assoluta
necessità di cercare nell'età del protario indiviso i germi e le cause del mo-
vimento vocalico, che variamente avviva le lingue arie nella realtà della
storia. Del resto quel linguaggio teorico figura in capo-lista nel citato Ma-
nuale del Bruqmann, come figurava nel Compendio dello Schleicher, e,
malgrado di qualche divergenza nei concetti e di molte confessioni di dubbio
0 d'ignoranza, ci si offre sin d'ora copioso e istruttivo più di qualcuno fra
i derivati di cui ci giunse certa notizia. Studiandolo come vivo e analizzan-
dolo si rafforza l'antica credenza, che il processo flessivo siasi svolto dall'appo-
sitivo e questo dall'isolante: spingersi all'evo radicale è fare un salto nel
buio, ma affacciarvisi appena sarà temerità innocente : avventurarsi nella
penombra dell'agglutinazione sarà un'audacia, spero, non infeconda.
tt 2. Penso, adunque, che nelle primissime origini il vocaleggio delle
radici protarìe abbia alternato fira la vox naturalis (indistinta o fognata,
fira a ed df), che segno tt, e il così detto a teorico, sommo nella piramide
0 mediano nella linea dello schema vocalico. È l'alternanza indicata per Va
scr.^ dallo scolio a una regola Paniniana riferito dal Polle nella Gramm.
scr., 2 n., e che si continua nei viventi vernacoli indiani, ha riscontri mol-
teplici in più lingue e si legittima per le nuove ricerche della Fonofisica e
della Tonologia. Mi par verisimile che il colore neutro sia rimasto nella
radice meno intonata, e la specifica articolazione dell' a sia venuta dalla into-
nazione piena di quella radice, che in ima data sequela dovea dominare. Se
due 0 più radici non si sieguono a formare un'unità embrionale di forma,
non si ha linguaggio. La vicenda d.-.v o ò...d {gii apici non li do per
accenti veri, ma per due gradi cromatici) non è da riferire alle radici in
astratto, ma alle seguente radicali^ protoplasmi delle categorie grammaticali
dell'avvenire, in cui » era dello stato debole o ipofono, ed a dello stato forte
(rafforzato) o ipso fono. In questa prima età non credo a dilegui né a propria
atonia; suppongo esclusivo il gemino vocalismo ora accennato, giudicando i
suoni i u non peranco enucleati da ^ ^ consonanti.
i( 3. Man mano che certe seguenze radicali corsero e ricorsero come pro-
totipi di forma e di funzione, le cellule del libero aggregato vennero vie più
addossandosi le une sulle altre col predominio intenzionale e fonico d'una o
di più, secondo il numero e il valore loro nell'aggregato unitario. Ora io
penso che Va dei nucleoli radicali dominanti sia stato profferito, per effetto
d'una intonazione morante o prolungata, come espanso o sdoppiato, presso a
poco QQ {St^wvog 0 bivocalis). In una fase ulteriore della sua vita apponente,
il protario, pur serbando in certe forme radicali e in date mozioni Vaa ere-
ditato come isofono, nel maggior numero dell'une e dell'altre lo cadenzò coll'abi-
tuale alternanza a...v, a? ... a,, cioè come dittongo raccolto allofono an od va.
La variazione inversa dei due termini avrà avuto certamente i suoi motivi, ad es.
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incrociamenti accentuali estensivo-intensivi (accenius e ictm) combinati, azione
di suoni laterali od anche assimilazione intervallata, distinzione funzionale,
e sviluppo analogico di tipi prodottisi in virtù di uno o più dei motivi ora
supposti. Comunque sia di ciò, m'immagino che quei due dittonghi sieno
giunti in altra fase del periodo appositivo a proiferìrsi cev, V0. È una vera
apofonia o dissimilazione, in quanto per adattamento orale Tarticolazione di a
puro anteposto in unica emissione di fiato ad v indistinto mi sembri più an-
teriore, più estema, più chiara, insonuna vicina ad e (e però segno (b\ e
all'incontro quella del medesimo a posposto mi paia più posteriore, più in-
tema, più cupa, vicina ad o (e però segno (t>\ cb co digrammi per l'occhio,
monottonghi per l'orecchio). Quando gli antichissimi Arj profferirono, puta
caso, ^ e ^ d'una mora e mezza, livellarono anche i pochi m sopravis-
suti, smorzandone l'espansione in o^, di una mora e mezza esso pure. Le tre
supposte modulazioni son quindi di timbro sempre cUfaistico e rimpiazzano
con diritti eguali 1'^ primigenio, spettano, cioè, allo stato forte della radice
0 meglio della forma radicale: questa mantenne allo stato debole l'io per la
triade intiera, e veramente per l'a originatore di essa.
« Il concetto della difonia o protrazione di pronunzia dell'a nello stato
forte (integro, pieno) d'una radice, che doveva predominare, risponde ali* insi-
stenza mentale dei parlanti, che fisicamente si manifesta in una cadenza più
marcata, come avviene nelle lingue monosillabiche e anche nelle agglutinanti.
La ulteriore apofonia, i cui motivi adombrai più sopra e che, mutatis muiandis,
s'appaia per l'effetto dell'accentatura ai continuatori romanzi ài e o latini, è
il lento prodotto dell'istinto differenziativo (moto psichico) esplicato in gra-
dazioni fono-toniche (moto fisico); al medesimo istinto riferisco la conserva-
zione dei pochi casi, ove a^ s'era fossilizzato isofono. L'ipotesi del Merlo,
che in tanti rispetti armonizza colla mia, è seducente e benissimo motivata;
tuttavia, a tacere di quell'assimilazione a distanza di un ^ e di un m sulla
vocale tematica e sulla radicale per dare e al verbo ed o al nome, mi pare
bisogni d'altri chiarimenti, sia per la congettura cardinale circa l'entità e la
priorità degli esponenti intransitivi di persona, sia, per quella che pur ne di-
pende circa il permanere di a radicale nel verbo appunto intransitivo. Essa,
non pertanto, vai meglio della teoria tonica del Fick, che non regge alla
stregua dei fatti. Ma tutte e due ammettono la schietta triade a e o nel pro-
tario (non però autogena per il Merlo) ; il che mi sembra mal conciliabile
colla natura e la vicenda di e/o^ coll'a arico, in ispecie indo-perso, in parte
anche col così detto a del nord e con altro ancora.
« 4. Il vocaleggio, adunque, delle figure radicali in istato ipsofono e semi-
ipsotono era g^, ^, «$, in istato debole (ridotto, fognato), cioè ipofono e
semi-ipotono, era t) per le tre modulazioni dell' a originario. Tutti gli ele-
menti sinfoni (consonanti) poterono precedere, seguire o circuire scempj e
multipli gli elen^enti vocali ora detti, i soli veramente aiUofoni. Ma rispetto
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ai dittonghi vocali pieni g^, ^, im, Yv isolato è una semivocale {subvocalis),
un vero scevà indeuropeo; e però è da aspettarsi, che meno siasi sostenuto
e in contatto di elementi dotati di inerenza vocalica ne abbia risentito razione
esercitandone più o meno su di essi. La qual reciproca azione fu favorita,
inmii^no, e dairaccostamento dei nuclei radicali e dalla combinazione su
indicata delle due accentature, la musicale e Tenfatica.
« Fra gli elementi sinfoni dotati d* inerenza vocalica primeggiano y qw.
I fonofisici, compreso il Sievers, ammettono che l'articolazione ìli i ^ u sia
più consonantica che vocalica, e anche i Neogrammatici hanno ^ u come con-
sonanti. E però supposi (§ 2 in fine) che y w fossero consonanti, d'una arti-
colazione quale, p. e., s'ode in jomu del siculo centrale (quasi yjornu col y
alla neogreca), e in vwmo (quasi pvomo), come s'ode in qualche regione
italiana. L' inerenza o sonanza ài y w ò rappresentata nel mio nesso grafico
dalle spiranti j v\ \ò quali credo surte in questa età o nella successiva in
particolari situazioni, specie al principio di alcune radici, appunto da yj fiv
quasi assimilati nei due elementi o rallentati nell'elemento esplosivo. Noterò
'y "hv^ rilevata per T u sopralineari l'inerenza (a rigore ambilatere nei
sonanti: cfr. Pullè, Gramm. 8cr,, 40 n., e la pronunzia erre enne ecc., ma vu).
Ora questa si smarriva affatto quando y w s'univano ai suoni vocali pieni,
ma con v agiva sovr'esso e assorbendovisi lo rideterminava col proprio timbro
in T w; onde vy vw (e yv wv) riuscivano, credo, sul finire dell'età agglu-
tinativa ad Ty uiv (yl wu). Non si obietti che tal processo, se vero, avrebbe
dovuto effettuarsi anche con fev-hy, tv e cony,w-h^; dacché in questa
terza fase quei due sviluppi bivocalici avevano raggiunto la profferenza mo-
nottonga, o almeno acusticamente vi dominava quasi sola la vocale piena.
« 5. A questi due primissimi elementi sonanti, y w, sieguono le due liquide,
r U verisimUmente autogene, benché fra loro permutabili. La loro sonanza,
che la Fonofisica, le vicende che ebbero in più linguaggi antichi e moderni
e l'orecchio ci attestano, oscilla in un vocaleggio indefinito della scala i-u
(fra i ed e per r, fra w ed o per l) ; e suoni simili ritroviamo nei linguaggi
pracritici, nelV odierna pronunzia dei bramini più accreditati e nelle equivalenze
di più lingue arie, per r l indiani. Noto per ^, fi capovolto sopralineare,
questa inerenza promiscua delle due liquide alternanti.
e II terzo luogo fira gli elementi sonanti tengono le nasali, n m {n con
particolari segni diacritici rappresenterà la nasale omorganica delle esplosive
assegnabili a questa età del protario, m la nasal labiale). Nessuna delle
lingue storiche indeuropee ha consenrato le nasali vocaleggianti, cioè atte a
far sillaba da sé e a portar l'accento. Ciò per altro é possibile fisicamente,
e alcune lingue moderne, specie della famiglia teutonica e della slava, che
han pure r l vocaleggianti, le hanno nella pronunzia effettiva, e l'orecchio
ce ne dà conferma. L'inerenza vocalica di questi elementi risonanti nel naso
pare che s'avvicini a ? brevissimo (ad a per n^ ad 6 per m\ e lo segnerò,
al solito, capovolto e sopralineare, £.
Bbndiconti. 1888, Vol. IV, 1« Sem. 53
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« In quello stato radicale, frattanto, in cui era l'elemento suvvocale o e in
cui rì^y rfiw per la speciale energia sonantica Ai y w s'eran rideterminati
in Ty uw^ suppongo non avvenuta la rìdeterminazione di i7 a contatto delle
liquide e delle nasali, a cagione della scarsa sonanza delle prime, più scarga
ancora delle seconde. Penso quindi che, paralleli di situazione e di funzione
ad 4?, ly uw^ vivessero, non importa con quale effettiva pronunzia, le coppie
foniche v^r vH per le liquide, vtn vìm per le nasali, e con v posposto
r^v ni'ù ecc. (segnando la sonanza ambilatere avremmo xfir^ e ^V^o ecc.). —
È superfluo avvertire che le liquide e più ancora le nasali mantenevano la
loro natura consonantica a contatto delle vocali piene, cioè che la loro inerenza
vocalica si smarriva in tal contatto anche più di quella assai spiccata dei
suoni y w. Un'altra avvertenza generale aggiungerò circa le supposte fasi
degl'incontri di suvvocale e sonanti, ed è questa, che non pretendo né di
metter fuori concetti in tutto nuovi né di manifestarli con tutta la precisione
e cogli esatti schemi grafici d'una dimostrazione scientifica : son pensieri con-
getturali indotti dall'analisi dei fenomeni vocalici reali negli idiomi indeuropei.
« 6. Quanto agli altri elementi sinfoni, nulla vieta che si pensino già
vivi nell'età appositiva quelli che oggi si pongono nell'età flessiva del pro-
tario. Escluderei soltanto le esplosive sorde, o forti, aspirate ; e suppongo nate
dapprima le sonore, o deboli, per aderenza di scempie finali colYadflatus la-
ringeus lenis (sonoro, non sordo), il nvevfia ìptXóv, di vocale iniziante la
cellula successiva. In cambio, p.rò, porrei qui l'intacco parassitico delle guttu-
rali schiette in certe contingenze, quell'intacco Ascoliano onde, ad es., un A:
si fece A^ (t; come ù) : le ulteriori evoluzioni palatale e velare spetterebbero
all'età flessiva. Ma del consonantismo dirò solo quel poco che basti a com-
pletare la teoria e i miei pensieri sul vocalismo,
a L'indole fonica del protario apponente mi verrebbe a risultare ricca e
sfumata di colori vocalici, sul fondo dell'a aperto e dell'» fognato, per effetto
della ricorrenza di date cellule radicali in libero nesso, ma in funzione più
0 meno fìssa, con proprie intonazioni, rilevate ciascuna, secondo il posto e
Tuflicio rispettivo nell'embrione formale, da uno scatto orale intensivo della
scala acuto-grave o grave-acuta, che predominò più tardi in alcuni dialetti
del protario. Ogni nucleo aveva quindi il suo vocaleggio variamente cadenzato
ed espirato : nessun dilegno ancoi-a e nessuna vera atonia. Quanto all' indole
grammaticale, suppongo specializzati ed esuberanti i rami della derivazione
e flessione ormai sbocciate, men copioso, forse, che nel passato, il tesoro delle
radici. E se ponessimo in questa età la prima disgregazione degli Àrj ? Oggi
par che vada prevalendo la credenza che sia stata in Europa, non nell'Asia,
la lor sede primitiva, quella insomma in cui la gente e la favella sì costi-
tuirono nell'unità caratteristica lor propria. GV Indo-erani allora si sarebbero
pei primi avanzati a sud-est per compiere la prima migrazione nell'Asia; e
cosi spiegheremmo certi aì^caismi del loro sistema di suoni e di forme.
Successive separazioni parrebbero, sempre in quanto a vocalismo, quelle dei
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Balto-slavi, dei Teutoni e dei Celti (?) ; poi degli Armeni e le altre, quando
la tema alfaistica s'era vie più inoltrata (nelVetà flessiva?) verso i suoni a e o
appunto in Armenia e nell'Europa meridionale. In breve molti problemi fo-
netici, tonici e grammaticali, tacendo degli etnici, s'avvierebbero a più pro-
babili soluzioni, pare a me, se riferissimo all'età agglutinante la prima scissione
idiomatica dell'unità protaria. Ma questa, più che ipotesi, è arditezza ; e poiché
ne basta un saggio per volta, torno a quello che vado mostrando.
7. Astrazion fatta, pertanto, dalle idee accennate da ultimo, riprendo
quelle che mi condussero a immaginare la storia fonetica già sbozzata e i
suoi effetti nell'età della flessione. Questa ci si mostra come un'agglutinazione o
composizione perfetta delle cellule radicali, già disposte e differenziate per
grado fonotonico e per funzione negli avvicinamenti appositivi. I prototipi
formàU passano dai liberi legami alle saldature delle parti in un tutto, e si
fissa per sempre l'organismo della parola indeuropea. Non descriverò questo
organismo notissimo ; rilevo soltanto, che la coalescenza di radici dominanti,
latrici del significato, con radicele servili (atte però a dominare alla lor volta),
latrici della forma (suffissi morfici e disiaci), produsse, a mio avviso, due
fatti caratteristici strettamente connessi : 1) prevalenza dell'accento espiratorio
sul musicale, vivi entrambi, ma di efficacia inversa a quella dell'età appo-
sitiya; 2) attrito della materia fonica, in ispecie della vocalica (riduzioni,
assorbimenti, dilegui), nell'amalgama formale avente una cellula sola chirio-
tona, su cui cadeva, cioè, \ictus principale che dava unità alla parola. L'in-
tonazione (il vero accentus, ngoCfiìSia) la immagino anch'io più nella frase
che nella parola a so; tuttavia, badando sopratutto all' indo-greco, conviene
ammettere che perdurasse nella sillaba con o senza ictus. L'energia di pro-
nunzia, onde il suono vocalico s'alza o s'abbassa, ha numerose gradazioni,
le quali toccano ogni sillaba; e difatto anche le atone (pausiione) non sono
tali che di nome ; se non si tien conto che di 2 o 8 più marcate, e scritte
e avrertite nelle lingue arie, ciò non importa che nel protario sieno state le
sole 0 le sole influenti. L'antica spezzatura dell'età appositiva traspare ancora
in certe dissoluzioni formali e in qualche duplicità tonica di parole inflesse,
p. e. nel vedico. E la parola inflessa, che sentiamo come un tutt'uno, fu
sentita quando nacque come untone di parti, sì che, in ispecie, nell'aggre-
gato bimembre o plurimembre avessero proprio risalto fonotonico la parte ra-
dicale e la parte formale. L'azione combinata delle due accentuazioni con
prevalenza dell'espiratoria nella parola a sé spiega, mi pare, colle altre con-
cause certe fusioni vocaliche suscettibili di varia quantità e in parte le per-
mute graduative (metafonie) e certi fenomeni degli elementi sonanti molto
diversi da lingua a lingua. Poiché le lingue arie, qualunque sia l'età del loro
primo distacco, non lo compirono tutte ad una volta e in un tempo solo;
e perciò, a tacere di varietà dialettali già iniziate verìsimilmente nell'età uni-
taria, tutte insieme talvolta, ed or l'una, or l'altra, mostrano curiosi innesti
di vecchio e nuovo, reliquie fossili di tempi anteriori, rifacimenti analogici
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e livellazioni d'ogni natura. Tenendo presenti tali concetti, abbozzo i linea-
menti deirevoluzione vocalistica protaria nello stadio finale della flessione.
« 8. Accennai esplicitamente in fine del § 4 e or ora allusi alle risul-
tanze che ebbero, nella mia ipotesi, tra il chiudersi dell'età apponente e
l'aprirsi della inflettente gli sviluppi bivocalici, isofono e allofoni, che notai
(f^, <m, V0. Penso infatti che il suono aperto abbia assorbito o assimilato
a sé quello fuggevole e fognato, onde sien nati tre monottonghì di quantità
ancipite, che segno a ce iè, proprj naturalmente in origine solo della forma
radicale integra o forte. Come, dove e perchè siffatte vocali ormai semplici
poterono continuarsi nelle lingue uscite dal protario, or come lunghe a ce cd^
or come brevi a ^ co? Diflìcile quistione, che non presumo risolvere. Intanto
si dee tener conto di due cose : che, anzitutto, nessuna delle lingue arie ci
ha tramandato intiero il patrimonio delle sue parole quotidiane, e che, in
secondo luogo, ogni linguaggio suole generalizzare e disciplinare giusta il
proprio carattere i nuovi atteggiamenti dei suoni e le varianti di grammatica
0 di lessico che ne risultano. A darci qualche ragione del come nel sistema
delle forme reali apparisca, o la vocale lunga, o la breve, o entrambe a vi-
cenda, può aiutarci la qualità e quantità deiraccento originario, sia della
sillaba che le contiene, sia delle sillabe contigue, poi il tipo flessionale delle
forme rispettive, e da ultimo anche la situazione di dette forme nei composti
e nella frase (allotropi, doppioni sintattici, decomposti ecc.). Per ciò che ri-
guarda l'accento, è lecito pensare che le ancipiti fossero egualmente ortotone,
ma che nel valore protratto si sentissero macrotone o perispomene, nel valore
rattratto acrotone o propriamente ossitene : non turbandosi l'unità tonica della
radice forte né il trigradismo dell'accento espiratorio colla duplicità estesa o
scattante deU'^V^to, come non si turba il trisillabismo greco colle omonime
qualità del xvqioq róvog. Certo la determinazione in sedi flsse d'una delle
due movenze fonotoniche era funzionale o semantica per eredità dell'evo an-
teriore, ma nel sistematismo dell*evo flessivo fu probabilmente sorretta da motivi
diversi e concorrenti, quali l'espansione analogica di prototipi formali, l'azione
meccanica di suoni attigui, Tequilibrio sillabico, e, perchè no? -anche il so-
vraccarico materiale degli esponenti flessivi, delle sillabe reduplicanti e dei
primi membri di composizione. Le antichissime fusioni vocaliche tra una finale
tematica e una iniziale derivativo-flessiva^ e viceversa, e le dislocazioni
od anastrofi anche antichissime dell'originaria accentuazione finirono di sviare
il già sconvolto ordinamento delle lunghe e delle brevi nate da a S £.
« Con queste modulazioni ancipiti di a credo sian da riferirsi quelle
astrazioni o estrazioni che si chiamano radici protarie, basandosi naturalmente
per la fissazione d'una delle tre sul vocali&mo reale delle lingue che poi le
distinsero nettamente, massime se quelle che non le distinsero, almeno nella
scrittura, presentano affezioni consonantiche e altri indizj di omofonia origi-
naria. In casi dubbj basterà notare 1 per lo stato forte, y per il debole.
E s'intende che questo vocalismo e i segni con cui lo rappresento convengono,
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nella mia congettura, anche alle radicele che servirono ai processi di deriva-
zione e di flessione ; ma tutti consentono che quivi più che nelle radici car-
dini si alterarono ab antico le condizioni e le veci del vocalismo primitivo.
Queste veci, sopratutto, o metafonie delle sillabe desinenziali e predesinen-
ziali, eccetto quelle di a/ a nel nome fenmiinile e di o/e nel maschile, in
parecchi sufBssi derivativi e nel verbo di flessione detta tematica, sono ancora
le più difficili a spiegare e ricomporre. Credo anch'io che per intendere il
vocalismo predesinenziale bisogni partire in molti casi da forme radicali bi-
sillabe, da temi già fatti con particolari suffissi uscenti in oje ecc. o in 2? pro-
teiforme, onde sien venute nella coscienza e nella sistemazione formale dei
parlanti non poche di quelle radici mutilate, che TAscoli ben disse lessicali
e altri già vollero provviste di suoni determinanti. Né dubito che quelle
pseudo-radici fossero di valore indifferente tra verbo e nome più ancora delle
semplici ; ma il colore assunto dalla vocale propriamente radicale nel fissarsi
del bisillabo nell'una 0 nell'altra cat^oria non pare dipenda dalla vocal te-
matica immediatamente. Nell'ipotesi del Merlo ne dipenderebbe mediata-
mente per effetto dell'accennata assimilazione coU'o innanzi m casuale nel
nome, coll'2 desinenziale di mi si ti ecc. nel verbo attivo. Se l'è finale delle
desinenze medie non ebbe influenza, dovrenmio aspettarci karatai, se l'ebbe
a produrre karetai, mi pare che questo difficilmente sarebbesi sottratto alla
livellazione con kereti; e l'un tipo 0 l'altro doveva nel vocalismo, almen
radicale, malgrado le altre influenze notate dall'autore, prevalere e vincere.
Propendo, ciò non ostante, a convenire che il colore 0 siasi flssato particolar-
mente nel nome, quello e più specialmente nel verbo attivo ; e sembra anche
a me che le deviazioni del vocalismo radicale in certi temi nominali sien
da riferirsi a peculiari attinenze col verbo, e del pari che Vo radicale nel
verbo sia un intruso variamente penetratovi, 0 col nome stesso, 0 nella sua
parvenza. (L'ingegnosa spiegazione Merliana del perfetto singolare attivo
con 0 mi convince meno ; ma la parvenza del nome nel perfetto fu più volte
notata, benché talora vi si sieno viste invertite le parti).
« Nella mia gradazione alfaistica e colla supposta natura ancipite delle
vocali nello stato forte della radice non resta a dire, quanto alla fissazione
prosodiaca di dette vocali e alle loro permute negli accidenti flessionaU, se
non questo poco. I lessicografi indiani e i glottologi odierni variano nell'attri-
buire a molte radici, specie in vocale uscente-iniziante, la lunga 0 la breve: ed
io pongo per tutte la vocale ancipite, quale mi risulta dai supposti dittonghi
anteriori. La successiva determinazione non riguarda più le radici, ma le forme,
ove fu prodotta da più concorrenze già sopra accennate; alcune delle quali
operarono eziandio sulla determinazione del colorito : ambo le determinazioni
quantitativa e qualitativa erano, giova ripeterlo, eredità dell'età anteriore più
0 meno cosciente per gli Aij dell'età flessionale. Stabilire basi radicali con
una delle 6 vocali piene come nativa é una semplice constatazione, spesso
soggettiva, dell'ultimo termine a cui sembrano risalire le analisi del materiale
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conservatosi nelle diverse lingue indeuropee. Ma queste stesse analisi, fatte
da altre mani, o riducono le serie da 6 a 4, o spostano qualità e quantità
vocaliche, o ritentano una via allunila : e di fronte al vocalismo mobile endo-
geno e metafonico delle forme radicali nella parola, fenno vedere che poche
e spesso di vocalismo irrigidito sono le basi, ove la vocale lunga faccia
serie da sé, che la serie di 5, o si riattacca a quella di a (V f scr. per a avrà
ragioni proprie, ma sempre rappresenta o, ovvero lo stato ridotto deUa radice),
0 può spiegarsi con passaggi da un tipo temporale ad un altro e con motivi
estrinseci (merlo), e che i pochi casi, ove le due serie mostrano metafonie
con 0 0 , permettono altre spiegazioni e in specie Teguagliamento fonico cal-
cato per analogia sui prodotti similari della serie più generalizzata, che è
quella dell'? colla metafonia dell'? (una serie indipendente in o, non con-
nessa con quella in ó, fu fondata sopra pochi esempj, speciali, in genere, e
mal sicuri). Mi pare quindi che, già prevenuti di non poter trovare tutto in
regola nella quantità e qualità vocaliche che ci mostrano le lingue arie, pos-
siamo muovere da basi radicali, in cui già nell'età flessiva il protario avesse
le modulazioni a S co atte a graduarsi, nello stato forte, sia per a ^ ^, sia
per a ce co.L'ar=qa bivocale isofono dovea resistere come a; ma gli apofoni
(devocales) di qa, cioè ce [»] ed [»]<«?, veri gemelli differenziati dalla posi-
zione dell'i? e proclivi ad abbreviarsi espungendolo, non solo divennero come
brevi il vocalismo alterno dominante, ma poterono, con altre spinte (azione
di yw ecc.), violentare la ingenita resistenza di a.
« 9. Nello stato debole della base radicale l'unico v rappresentava anche
in questa età le tre (o le sei) modulazioni piene di a. Per effetto dell'accento
trigrado più efBcace e della correlativa equivalenza fonica nella compire
della forma inflessa, la suwocale, o rimase, o s'estinse. Indi la base radicale
che la conteneva appare nelle lingue indeuropee, o con particolare vocaleggio
rideterminato a seconda delle rispettive idiofonie, o sincopata, se per varie
azioni la sincope non ebbe disguidi. Il vocaleggio di v rìdeterminato dai
suoni ond'è vicario riappare, insiem col mero assottigliamento in i e col re-
stauro generico in a, in tutte quelle contingenze in cui Yn sembra od è irra-
zionale (protesi, svarabakti) ed ove smarrisce quasi il senso della connes-
sione formale (in sillabe reduplicanti non perfettali, mediano in derivati, in
composti, in flessioni tematiche, e forse finale in certi esponenti). Il doppio
esito suindicato riguarda Yv in contatto con elementi sinfoni, esclusi i sonanti,
e permette di suddividere lo stato debole della base radicale, che rispetto
al forte è subaccentato {ipotono) in due forme, la vera debole {paratona,
munita d'accento secondario) e la debolissima {pausitona od atona). Se si
vogliono tener distinte le due forme, la lunga e la breve, dello stato forte
{ipsotono\ si raggiungono i 4 stati dei Neogrammatici. A dire intiero il mio
pensiero, io inmiagino che la suwocale, perdendo il coaccento, divennisse eva-
nescente, mera eco vocalica; e vorrei dirla advocalis, o nonvocalis, e no-
tarla ^ , cioè ti sopralineare ; il che varrà quanto lo zero, 0, del Manuale del
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Bruomann. Ammessi tal concetto e tal segno si potrebbe, come accennai,
rìcondmre la terna a ce €b ni etesii vw^ e la tema acècèt^iace^ ^0.
« Ho messo a parte i contatti di v (e '') cogli elementi sonanti, come
richiede la loro natura e il prodotto a cui eran giunti, secondo la mia ipo-
tesi, nell'età appositiva. Il prodotto ^ v -h y w {y w -h v) einly uw (yT tt>5),
giusta il § 4; e però a quello dovean ridursi nello stato debole le unioni ditton-
gali ay aw, cèy cèw, cby oòw (e di regola anche le sillabe inverse ya wa ecc.)
delle basi radicali di stato forte. Nell'età flessiva quei due prodotti si so-
stennero innanzi vocali (e sonanti?), ma con altri elementi si ridussero per
graduale stemperamento Ai y w consonanti ad TT uUj onde J u paratoni,
I u {*y 'w, vocali 0 spiranti) pausitoni. La vocalizzazione si estese poi
variamente ai dittonghi della radice sana, e nelle singole lingue arie subì
speciali vicende in relazione colle altre qualità di y 2<; ; che per le fasi anzi-
dette e l'ufficio loro nell'età flessiva chiamo convocales, essendosi ridotta a
pochi avanzi (più visibili per y che per w) la qualità consonantica e intrec-
ciandosi troppo colla vocalica la qualità fricativa. A siffatto stemperamento
si dovrà, in parte e in singole lingue, il predominio, 0 l'abbreviazione, innanzi
consonanti di ay cèw ecc. contro ay cew ecc.
« 10. I prodotti di oH-r /,+« w nell'età appositiva erano, per limitarci
a questa sola posizione dei termini, ©«'r o»/, vtn vSm (v. § 6). Avvertii
che non so dir nulla di preciso circa la pronunzia né presumo coi detti schemi
grafici di far della scienza esatta. Quei prodotti li esige la teoria e la vio-
lenza del sistema. Nell'età flessiva suppongo che t?, mantenendosi suvvocale
e paratona, siasi conquista coli' inerenza liquida e nasale e il vocal^gio misto
indistinto abbia avuto una quantità protratta, suscettibile a sentirsi maggiore
d'una mora: e segnerò in mancanza di meglio vr vi, vn tm. Se lo stato
debole scendeva alla vocale pausitona, venivano ^r^lj^n^m (né m'opporrei
a notar qui e nei prodotti suvvocalici con nasali un anusvara 0 una tilde, se
tanti segni non dessero impaccio). Il suono indistinto si rivocal^;giò ( r l ri-
masero, in apparenza, vocali nel scr.) nelle singole lingue arie, 0 sul timbro
delle inerenze, 0 su quello generico dell'a; e forse il tempo semi-ancipite, che
per solito si risolve in breve e coincide (eccetto il nasale nell'indo-greco)
col brevissimo dell'atonia 0 pausitonia (rinismo obliterato nell'indo-greco),
lasciò qualche avanzo, come logoditropo, nelle liquide e nasali sonanti lunghe.
II parallelismo formale con ? i^, 7 2 spiega molti fatti; come quello fisico,
calcolando la resistenza maggiore nelle liquide, minore nelle nasali a stem-
prarsi, eovL y w aiuta a chiarire il formale e la scarsezza di nessi ar al,
oèn cDm ecc. nelle basi radicali di stato forte. Questi ricompariscono nello
stato debole come sonanti lunghe, ancora molto misteriose, ma spesso tra-
sposti nei termini. Senza ricorrere qui e anche nei prodotti brevi alla metatesi,
che pure é naturale coi suoni liquidi, serve a capacitarci l'inerenza ambi-
latere degli elementi sonanti o, date sillabe rv nv ecc. che si risolvano come
le inverse, la meccanica ripercussione della vocal fognata dalla fine al principio
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— 416 —
della sillaba (quasi (o)rt?, onde vr {ri) ecc. a mo' dellTr^zendico = r scr.).
In tali fenomeni e negli sviluppi di sonanti vocaleggiate innanzi sonanti y*è
ancora troppa incertezza: certo è che spesso lo stato ipotono s*è reso indi-
pendente e però s*è rinsanguato nelle diverse lingue arie diversamente, e che
alcune crisi fonetiche dovute all'j? policromo nativo e anaptittico e altre anche
più speciali (escogitate, p. e., dai Pratigakhya vedici) hanno alterato la
fisionomia primitiva del sonantismo protario.
tt II concetto e la notazione grafica che io adotto rispondono alle pre-
messe della congettura; ma non guasta nulla l'adottare i segni rf nn ecc.,
purché la species non distrugga la substantza, cioè l'illusione ottica non
travii la percezione acustica. Un lieve ed incoloro vocaleggio s'afferra anche
nelle profferenze tedesche, slave ecc. di quei suoni : io lo noto con segni vo-
calici, altri con im piccolo punto o cerchiello o lineetta sotto i segni delle
liquide e nasali. Anche ammesso che in dati intrecci fraseologici e nella pro-
nunzia comune di lingue nordiche odierne, le sonanti non sien fantasmi fonici,
ma vere sillabe accentate o vocali accentuabili, ciò non autorizza a porle
senz'altro come fonemi così frequenti nel protario; il quale, tutto sommato,
parrebbe nel fonetismo generale aver ritratto assai più l' indole delle lingue
meridionali, della greca p. e., che delle settentrionali d'Europa.
« Quanto al consonantismo del protario flessivo mi limito a dichiarare
che mi pare accettabile lo schema del Brugmann^ La lista dei sinfoni so-
nanti comprende le varietà nasali svoltesi a contatto delle varietà esplosive ;
ma non vi porrei y tv (i u), che come sinfoni esplosivi non hanno conti-
nuità propria e certa nelle lingue arie, come convocali danno prodotti auto-
fonì, come sinfoni spiranti (j v\ o risultano, o variamente alternano colle
qualità anzidette. Epperò ài j v ^ delle sibilanti s z^ che fisicamente e sto-
ricamente mostrano una natura semi-sonantica (Sievers cita nella Fonofisica
ess. tedeschi e inglesi con sib. vocaleggiate, e un'inerenza i è fatta valere da più
linguisti in più lingue), farei una sotto-classe (subsonantes). Gli elementi muti,
occlusivi, esplosivi con e senza implosione, o come altramente s'abbiano a chia-
mare, sono sinfoni o consonanti per eccellenza, il profferimento dei quali non
è possibile se non aderiscono a un vocaleggio (indi adsonantes o nonsonantes).
La precedenza ha le sue ragioni : pongo poi anche le schiette gutturali o faucali,
e penso, come accennai al § 6, che in questa età flessiva le gutturali intac-
cate dsL il {v greco) siansi spartite, secondo il colorito i od u preso da quel-
l'appoggiatura, in gutturali anteriori o palatali e in gutt. posteriori o velari.
È la dottrina del nostro Ascoli, il cui concetto e sviluppo conseguenziale
dominano ancora sovrani. Ammettere la serie distinta delle gutt. pure mi
sembra una necessità per chi badi alle vicende del complessivo gutturalismo
nelle varie lingue indeuropee e al fatto che esse vi esistono : ciò è implicito
nelle teorie dei ritomi o risanamenti, non essendovi ritorni a ciò che più
non è, né risanamenti di quanto è morto. L' influenza dei suoni, specie voca-
lici, attigui sull'articolazione delle 3 varietà è incontestabile; ma non entro
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— 417 —
nella quistione. — Usa seconda aggiunta al consonantismo delVetà anteriore
è un pò* disputabile : alludo alle aspirate forti (sorde), non frequenti come
eredità nelle lingue arie e mal ferme anche in quelle che n* han più, per ciò
che è della continuazione e legittimità storica. Tuttavia il scr., che cogli
invertimenti ài s h (per sé sonoro) descritti dall'AscoLi e col suo visarga
(A sordo) richiama un antichissimo ad/latus laringeus asper {nvsviia da(si\
consiglia, non a porre indipendente un h protario, ma a supporre che per
analogia fonetica colle aspirate deboli (sonore) si fossero prodotte le asp. forti
almeno in qualche varietà dialettale, in qualche clan degli Arj. — E a simili
varietà saranno da ricondursi, se han consistenza o non entrano fra le affe-
zioni idiosincratiche, certi suoni scempj o complessi che vanno evocando alcuni
recentissimi, ad es. f e? interdentalì {cf per kt\ jh {éyci = ahdm), sh, sh
e via dicendo. E nell'individualismo etnoglottico saranno, credo, alcuni dei
motivi per cui vennero di buon'ora molti spostamenti accentuali, che con-
corsero a dare un abito tanto vario, benché della stessa stoffa, alle singole
lingue derivate dalla protaria.
« E qui finisce il mio cenno congetturale, arido e conciso più del con-
veniente, ma adatto, spero,- al suo scopo, che è di comunicare ai compagni
di studio la teoria vocalica, che avevo in mente scrivendo nel 79 e 80 la
Glottologia e i Neogrammatici (Napoli 1881, vedi le pagg. 70-71) e nell' 81
la prefazione alle Note glottologiche^ I (Palermo 1882; vedi p. XIII), e
che dimostrata ed esemplata nel corso fonistorico di quest'anno potrà, in-
contrando adesioni, ricomparire, non in ischeletro, ma in carne e sangue a suo
tempo. Vedo io pel primo i lati deboli e qualche deduzione dall'aria artifi-
ciosa 0 vacillante, così nella congettura, come negli sviluppi, e capisco che
per certe somiglianze con altre teorie non tutti mi crederanno sulla parola.
Circa il primo punto non posso dir che questo: ho studiato la letteratura
glottologica contemporanea e non sono riuscito a far mie tutte le opinioni
che sembrano prevalere ; e però, fidando nella cortesia dei colleghi di studio
e di scuola per non venire imbrancato fra gì' ingegni solitarj, metto innanzi
un modesto contributo ad una quistione aperta, e non presumo di scioglierla.
Quanto al secondo punto potrei appellarmi ai miei scolari di un intiero de-
cennio : preferisco però che ciascuno giudichi a sua posta. Aggiungerò soltanto,
per chiudere, che l'esitanza e il silenzio s'erano imposti ai cultori della glotto-
logia in Italia per rs^ioni ben note ; rimesso tutto a suo posto e tornata la
concordia da me augurata, riprendiamo il coraggio e la parola.
Avvertenza. — Un quadro dei moni protariani qui annesso riassume
alla meglio le cose esposte. La nomenclatura di mia invenzione è barbara,
ma non è elegante nessuna terminologia e tanto meno quella degli scritti
glottologici. Ho voluto renderla paesana : la buona intenzione mi sia di scusa !
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1» Sem. 54
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— 419 — •
Fisiologia. — Applicanoni del verde metile per conoscere la
reazione chimica e la morte delle cellule. Nota IX. del Socio A. Mosso.
B Fu Heidenhain che ebbe il primo Tidea di servirsi delle sostanze
coloranti per studiare le funzioni delle cellule {}) e sono note le sue celebri
esperienze col solfo indigotato di soda. Cortes (^) trovò che i corpuscoli
bianchi del sangue della rana lasciati per 24 ore in una camera umida si
coloriscono leggermente colla cjanina, quantunque presentino ancota dei mo-
vimenti ameboidi. Brandt {}) sì servì deirematossilina per studiare gli in-
fusori; ed avendo osservato che nei vacuoli delle amebe il colore violetto
dell' ematossilina cambia in bruno, conchiuse che i vacuoli sono mi organo
di escrezione, e che contengono una sostanza acida.
« Pfeffer pubblicò recentemente un lavoro assai pregevole intomo al-
Yassorbimento dei colori di anilina nelle cellule viventi (^). Sono ricerche
fatte sulle piante, che hanno un grande interesse per la biologia cellulare.
Pfeffer vide che il protoplasma finché è vivo non si lascia colorire dal bleu
di metilene, mentre che invece si tinge colla più grande facilità appena si
altera e muore. La colorazione delle cellule vive succede più facilmente, col
violetto metile, ma Pfeffer fa notare che il violetto metile è una sostanza molto
velenosa e che bisogna essere cauti nel conchiudere. La colorazione del nu-
cleo che succede dopo pochi minuti, quando si fa agire una soluzione del
0,0003 per cento o anche solo del 0,0001 per cento, sarebbe già dovuta, se-
condo Pfeffer, ad un*alterazione delle cellule.
« In nessun caso col violetto metile egli trovò una colorazione del pro-
toplasma, 0 del nucleo, durante la vita ; e i punti che nelle piante si lasciano
colorare meno facilmente, sono quelli dove sono più numerose le cellule giovani.
• Ehrlich fece alcuni lavori assai interessanti in questo riguardo. Nel
suo scritto intorno alla reazione della sostanza nervosa vìvente col bleu di
metilene (^) egli fa notare che la reazione alcalina e la saturazione coli' os-
sigeno sono due condizioni indispensabili perchè succeda la colorazione az-
zurra dei nervi.
« La reazione chimica delle cellule si può conoscere con varii colorì di
anilina: quello che mi diede i migliori risultati è il verde metile (^).
(0 R. Heidenhain, Pflflger's Archiv 1874, Bd. 9, p. 1.
(*) A. Certes, Comptes rendns 1881, voi. 92, p. 424.
(») K. Brandt, Biolog. Centralblatt, 1881, p. 202.
(*) W. Pfeffer, Untersnchungen ans dem botan. Institnt in Tfibingen, Bd. Il, p. 179.
(5) Ehrlich, Deutach. med. VTochenschrift 1886, N. 4.
(*) n verde metile che adoperai in queste ricerche mi era stato provveduto dal si-
gnor Trommsdorff di Erlangen e dal signor Grflbler di Lipsia.
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• — 420 —
«* Il verde metile (C25 H31 CI4 N3 Zn) fu introdotto nella tecnica microsco-
pica da E. Calberla (^). Egli vide che i nuclei delle cellule del tessuto
connettivo sottocutaneo, dei vasi, e del neurilenuna si coloriscono in rosa:
che le cellule del corion, e specialmente il loro nucleo, si colorisce in rosso
violetto : che gli elementi deirepidermide prendono un colore verde azzurro.
Calberla non cercò le cause di questa differenza di colore. Erlicki estese Tuso
del verde metile alle indagini istologiche dei centri nervosi.
tf Ehilich (^) si servì del verde metile nello studio dei leucociti, ma in
combinazione colla fucsina acida, il che non gli ha permesso di avere cono-
scenza delle reazioni specifiche di questa sostanza. In sonito ad uno studio
fatto con molti colori di anilina, egli affermò che nei leucociti vi sono cin-
que qualità differenti di granulazioni specifiche che si coloriscono con differenti
colori. Ehrlich metteva una piccola goccia di sangue fra due vetrini: dopo
averlo disteso con leggera pressione in uno strato sottile, staccava i vetrini,
0 li faceva essicare alla temperatura di 120^ a 130^ per 2 0 3 ore, quindi
li coloriva con varie sostanze. Egli dice che le differenti granulazioni speci-
fiche si producono come una attività secretoria delle cellule, ma non dà alcun
sviluppo a questa dottrina, che si limita ad accennare dopo aver detto che
sulla natura di queste granulazioni mancano dei dati positivi.
(t Heschel (^) adoperò il verde metile come reagente per conoscere la so-
stanza, amiloide, e dopo lui Curschmann (^) confermò che i tessuti in dege-
nerazione amiloidea si coloriscono in violetto e che le parti non degenerate
si coloriscono in azzurro od in verde.
<i Strassburger (^) se ne servì per colorire le figure carìocinetiche e dopo
lui parecchi altri lo adoperarono col medesimo scopo, ma nessuno che io
sappia cercò di conoscere la causa delle differenze di colore che presentano
le cellule immerse in una medesima soluzione di questa sostanza.
<( Generalmente mi servo del verde metile in una soluzione acquosa di
cloruro sodico all' 1 per cento, nella quale è sciolto il 0, 2 per cento di verde
metile. Quanto alla dose di cloruro sodico, bisogna che il titolo della solu-
zione corrisponda alla resistenza delle cellule che si devono studiare, per-
chè una soluzione troppo acquosa le altera. Per vedere l'azione del verde
metile sui leucociti e sui corpuscoli rossi del nostro sangue basta fare una
puntura in un dito, e messa una goccia della soluzione su di un vetro por-
taoggetti toccare con essa leggermente la goccia di sangue.
(1) E. Calberla, Morphologisches Jahrbuch, UE. 1877, p. 625.
(2) P. Ehrlich, Zeitschrift fttr klinische Medicin,;i, 1880, p. 663.
(3) Heschel, Wiener med. Wochenscbrift, 1879, N. 2.
(*) Curschmann, Arch. f. path. Anat. nnd Phya. Bd. LXXIX, p. 556.
(^) Strassburger, Arch. f. Mikrosk. Anatomie, Bd. XXI, p. 476. Zellbildung und
Zelltheilung, 3. Aufl. p. 141.
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— 421 —
« Nel primo momento i leucociti sembrano resistere, dopo prendono mia
tinta uniforme leggermente violetta che va sempre più rinforzandosi Q),
« I corpuscoli rossi si alterano, alcuni si infossano e prendono la forma
di una coppa : in altri appaiono nel centro delle infossature irregolari, e que-
sto assottigliarsi della sostanza gialla del corpuscolo nel mezzo, produce delle
figure simili a quelli che Marchiafava e Celli hanno descritto come carat-
teristiche dell'infezione malarica (^).
» Per seguire le trasformazioni che subiscono gli elementi del sangue nel
verde metile basta mettere il preparato nella camera umida, oppure (se si chiude
la goccia di sangue in un cerchio di vasellina come indicai nella Nota III {^)
si può lasciare il preparato sotto il microscopio e seguire per molte ore le
trasformazioni che subisce il sangue.
» Dopo 6 ore alcuni leucociti prendono una tinta più azzurrognola, ed
altri diventano verdi, ma il maggior numero ha un colore violetto intenso.
Le figure plasmodiche nei corpuscoli rossi sono quasi scomparse, molti corpu-
scoli hanno perduto il loro color giallo e sono divenuti trasparenti.
« Dopo 24 ore molti leucociti hanno i cosidetti nuclei intensamente colo-
riti in verde ; la rimanente parte del corpuscolo è fatta da una sostanza gra-
nulosa leggermente azzurrognola ; alcuni leucociti si sono disfatti, e lasciarono
un detrito granuloso di colore violaceo.
« 1 leucociti rimasti violetti continuano ad avere i nuclei poco distinti in
confronto di quelli colorati in verde. Vi sono dei leucociti violetti coi nuclei
verdi, sui quali cominciano ad apparire delle sporgenze e delle goccie ialine.
« Sotto l'influenza del verde metile alcuni corpuscoli rossi perdono nelle
prime ore l'emoglobina, si scoloriscono e formano le così dette ombre; più
tardi appare un'altra differenza &a i corpuscoli rossi più resistenti. Alcimi
diventarono fortemente granulosi e si colorirono in azzurro violetto senza
che la loro forma siasi alterata. Altri si coloriscono in azzurro violaceo senza
diventare granulosi : in altri la parte centrale rimane omogenea, si colorisce
in azziuTO verdognolo, e intorno si foi-ma uno strato finamente granuloso.
« Il verde metile produce altre modificazioni dei corpuscoli rossi, che sono
interessanti per conoscere la struttura di queste cellule. Questo argomento
lo tratterò in un'altra Nota.
(0 Le osseiYazioni contennte in questa Nota e neUe seguenti, vennero fatte con nn
obbiettivo apocromatico Zeiss 2,0 miUimetri ad immersione omogenea, apertura 1,80. Mi
servii quasi sempre delPoculare N. 4: per un maggiore ingrandimento del N. 12, ed in
casi eccezionali, del N. 18.
(*) Ritornerò in una delle seguenti Note su questo argomento per confermare con
nuove osservazioni il dubbio già espresso, che le figure plasmodiche siano probabilmente
delle infossature centrali dovute alle alterazioni di necrobiosi dei corpuscoli rossi.
(3) Rendiconti deirAccademia dei Lincei, 1887. Voi. HI, l® Sem. pag. 318.
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— 422 —
« Il pus fresco trattato col verde metile serve meglio del saogue per dimo-
strare, le grande differenza di colorazione dei leucociti. Riferisco un osserva-
zione in esteso per dare un'idea più concreta del modo di agire di questa
sostanza.
« 15 GENNAIO 1888. Incido con una lancetta una piccola pustola che mi è venata
sopra nna mano, e dopo aver messo una goccia della soluzione (verde metile 2 per cento,
Na CI 1 per cento) sul vetro portaoggetti, tocco colla pustula questa goccia in modo che
vi passi dentro del pus. Pel maggior numero i corpuscoli del pus appaiono come sfere
hianche in un liquido verde : molti corpuscoli sono coloriti in violetto : pochi sono
già verdi.
u I corpuscoli verdi non presentano più alcuna traccia di movimento. Quelli che si
muovono sono incolori ed alcuni hanno una tinta leggermente violetta.
ti 1 corpuscoli rossi sono poco numerosi : alcuni sono rotondi e normali ; altri sono
incavati come una coppa, altri hanno delle infossature centrali irregolari per cui ne risulta
nel mezzo una figura chiara che rassomiglia ai plasmodi di Marchiafava e Celli.
« I corpuscoli rossi resistono bene, ma in alcuni vedesi che si formò da un lato una
mezza luna granulosa, la quale si è colorita in violetto, mentre che la massa del corpu-
scolo è per due terzi costituita da un corpuscolo giallo omogeneo.
u La sostanza ialina dei corpuscoli del pus che forma delle goccio, e dei gavoccioli
attaccati alla superficie non si colorisce, e dentro ai corpuscoli vi sono dei frammenti verdi
0 violetti come ho già descritto nella Nota V e VII.
u Dopo dieci minuti quasi tutti i corpuscoli bianchi sono scomparsi, e sono diven-
tati più numerosi i corpuscoli violetti e verdi.
« Metto il preparato nella camera umida e lo riprendo dopo due ore. I corpuscoli
gialli hanno resistito bene, il maggior numero conserva il colore normale, solo alcuni
pochi sono coloriti in verde ed hanno un grosso nucleo più intensamente colorato che mi-
sura 5 /i di diametro, e intorno vi è una sostanza granulosa tinta in verde chiaro per cui
il diametro del corpuscolo è di 7 /i. Altre forme analoghe mostrano il passaggio dei cor-
puscoli rossi con gradi meno intensi di colorazione dove predomina ancora la tinta gialla.
a Nei corpuscoli del pus vi è una sostanza finamente granulosa che si colorisce
difficilmente, ed un*altra che si colorisce più facilmente. Questa seconda sostanza forma
dei globetti più o meno regolari che ho chiamato frammenti, perchè non sono veri nuclei.
Questi globetti o frammenti prima appaiono bipnchi, poi violetti, poi azzurrognoli, ed in
ultimo verde smeraldo. Essi sono un prodotto del processo di necrobiosi, e derivano da
una specie di coagulazione, da un disgiungersi, o dal rigonfiarsi delle sostanze che costi-
tuiscono il corpuscolo. Una terza sostanza che vediamo nei corpuscoli del pus è la così
detta sostanza ialina che non si colorisce mai. Dopo 24 ore, invece dei violetti, predomi-
nano i corpuscoli colorati in verde. Se ne vede ancora qualcheduno bianco. Rimetto il
preparato nella camera umida e lo esamino dopo tre giorni. Tutti i corpuscoli del pus sono
verdi e bene conservati. Sono rari quelli che hanno una tinta violacea, e anche in essi
la tendenza è al verde più che alPazzurro. In alcuni vi sono due o tre frammenti globosi
di color verde, e accanto uno o due globetti simili di color violetto. In tutte queste cel-
lule la parte meno colorata è quella granulosa che forma il corpo della cellula, dentro alla
quale stanno i così detti nuclei, o frammenti corpuscolari.
a Le granulazioni delle cellule sono splendenti, e la massa ialina incolora è più
sviluppata che nel primo giorno, per cui molte cellule non sono più rotonde, ma elissoidee
con delle sporgenze ialine trasparenti da un lato. Dopo quattro giorni non vi è più un
solo corpuscolo del pus che abbia la tinta violetta, sono tutti verdi smeraldo. Pochissimi
sono incolori, e questi hanno aspetto di una massa ialina trasparente poco granulosa senza
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— 428 —
nnolei o frammenti. Alcuni coipnscolì del pus sono fortemente granulosi, e formano come
una sfera che contiene dentro due o tre globetti di color verde smeraldo.
tt I corpuscoli del pus sono costituiti da una sostanza finamente granulosa che forma
come una spugna che non si colorisce, e dentro a questa sfera vi sono dei globeiti di una
sostanza che si è colorita intensamente in verde. Nel primo periodo, quando tutta la cel-
lula era colorita in violetto, tale distinzione fn le 'due sostanze era meno evidente.
• Abbiamo già veduto nelle note precedenti che il pus giovine si distingue
dal pus vecchio per una differenza profonda nella struttura dei corpuscoli, che
rappresentano dei gradi diversi e più o meno progrediti nella degenerazione.
Questa distinzione viene ora confermata dalla reazione col verde metile, per
mezzo della quale i corpuscoli giovani si coloriscono in violetto, mentre si
coloriscono in verde quelli che si trovano nell'ultima fase del processo di
necrobiosi. Nel pus giovane e fresco vediamo che il maggior numero dei
corpuscoli diventa violetto e pochi sono coloriti in verde. Se conserviamo il
medesimo pus in un vetro da orologio per 4 o 5 giorni nella camera umida,
e dopo lo esaminiamo, si trova che quasi tutte le cellule si coloriscono im-
mediatamente in verde smeraldo. Se affrettiamo la decomposizione del pus
mettendolo in una stufk alla temperatura di 38^ le cellule perdono la pro-
prietà di colorirsi in violetto, ed appaiono subito verdi. La stessa cosa si ve-
rifica se prendiamo, da un ascesso del pus vecchio di parecchie settimane.
s Vedendo che una medesima cellula si colorisce prima in violetto, poi in
azzurro e finalmente in verde, bisogna supporre che' 1» colorazione dipenda
da un fatto chimico, il quale si modifichi col pfocesso di necrobiosi.
it Le cellule che si trovano in condizioni normali di vitalità non si lasciano
colorire intensamente; anche quando sono già entrate nella prima fase del pro-
cesso di necrobiosi, resistono ancora alla imbibizione delle sostanze coloranti.
Mi sono assicurato di questo fatto non solo col verde metile, ma adoperando
il rosso di Magdala, o l'eosina, o il violetto metile, o il verde di jodo, o
l'azzurro di metilene ecc. Di queste osservazioni ne riferisco una sola fatta
sopra il pus preso da un piccolo ascesso formatosi sotto la lingua.
liosso di Magdala 0^4 per cento. NaCS 0,75 per cento.
u Metà circa dei corpuscoli del pus si coloriscono subito in rosso, Taltra metà non si
lascia tingere. Guardando più attentamente si vede che nei corpuscoli di pus i quali non
si lasciano colorire, vi è un movimento vivace dei granuli ; mentre che nei corpuscoli di
pus colorati in rosso tutto è immobile. Fissando lungamente una cellula coi granuli in
movimento, si vede che questa poco per volta si colorisce e anche i granuli si arrestane.
In questo pus i corpuscoli rossi* sono molto scarsi.
« Riepilogando risulta dalle esperienze sovraesposte che le cellule non si
lasciano colorire, quando danno segno di essere nel pieno esercizio delle loro
funzioni vitali ; che venendo queste a diminuire, si coloriscono in violetto; che
tale tinta si modifica successivamente nella medesima cellula, prima tende
al verde azzurro, e finisce per diventare verde chiaro smeraldo.
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— 424 —
« Questo è quanto si osserva generalmente nelle cellule, ma ve ne sono
di quelle che sembrano diventare verdi senza essere state prima violette.
« Colla soluzione del verde metile 0,2 per cento, Na CI. 1 per cento, si
osserva una rapida e profonda alterazione dei leucociti.
« Nel sangue dei pesci {Mustelus laeviSy p. e.) dopo aver fissato l'atten-
zione sui corpuscoli bianchi omogenei che eseguiscono dei rapidi movimenti,
se si aggiunge una goccia della soluzione sul bordo del vetrino, i leucociti
ritirano immediatamente le loro espansioni, diventano globosi e dentro appaiono
molti globetti o vacuoli. Il corpuscolo prende una tinta leggermente violetta.
I vacuoli non si coloriscono, invece il nucleo è più intensamente colorato ìq
violetto, ed è rotondo, o ha la forma di un rene, o sono due nuclei vicini.
« Alcuni corpuscoli in pochi minuti diventano una sfera ialina con delle
granulazioni grosse e dei frammenti in forma di nucleo da una parte, e dal-
l'altra si vede la sostanza ialina che ha dentro dei granuli che si muovono
vivacemente come ho già descritto nei corpuscoli del pus. Altre volte il cor-
puscolo bianco che si muove, sorpreso dall'azione deleteria di questa solu-
zione, si altera prima che abbia tempo di conglobarsi e appaiono dentro al
corpuscolo ancora disteso ed irregolare, dei vacuoli o dei globettini in numero
di 10, 0 15,0 anche più, intomo al nucleo: e poco dopo il corpuscolo appare
violetto, ritira le espansioni e diventa sferico.
« Il verde metile al 0,2 per cento nella soluzione di clonux) sodico al-
l'uno per cento, produce in questo caso una morte così rapida dei leucociti,
che noi vediamo succedersi in un medesimo corpuscolo le trasformazioni che
nel pus dentro all'organismo dei mammiferi impiegano un tempo assai
maggiore. Vediamo cioè dei leucociti, prima omogenei, che si arrestano rac-
colgono le loro espansioni e diventano globosi ; dentro (forse per un processo
di coagulazione) si forma un certo numero di globetti da 15 a 20 o 30 che
riempiono tutta la cellula; alcuni frammenti maggiori si coloriscono più in-
tensamente e rappresentano i nuclei ; e nell'ultimo periodo della necrobiosi,
si separa dalle granulazioni una sostanza ialina nella quale si vedono dei
granuli che si muovono come quelli del pus, mentre il resto della cellula è
intensamente colorato.
« Le cellule epiteliali con ciglia vibratili e gli spermatozoi sono gli
elementi più indicati per studiare i rapporti che passano fra la colorazione
delle cellule e la loro vitalità. Se si prende un pezzo della muccosa della
faringe di una rana e lo si dilacera nella soluzione (0,2 per cento Na CI 0,75
per cento) le cellule nelle quali le ciglia si muovono hanno un colore vio-
letto, quelle dove le ciglia sono immobili hanno invece un color verde.
Fissando l'attenzione su queste che hanno le ciglia mobili, si vede che non
presentano traccia di nucleo : dopo mezz'ora circa, si fermano le ciglia ed
appaiono uno o due nuclei di colore azzurro, ma il loro contomo è confuso;
solo dopo 2 0 3 ore circa il nucleo è più distinto e prende una tinta verde:
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le ciglia non sono colorate. Dopo 4 o 5 ore tatti i nuclei sono coloriti in
verde smeraldo e sono rare le cellule che hanno una tinta violacea.
« Ho ripetuto le medesime osservazioni sulle cellule a ciglia vibratili
dell* Unio e M\!AnodorUa^ che ricoprono le branchie, o che stanno sul man-
tello. Queste ultime servono meglio perchè si staccano spontaneamente, e
siccome hanjQO le ciglia molto lunghe, si vede ogni più piccola traccia di
movimento, e il volume considerevole del loro corpo rende più fiacile lo
studio delle alterazioni necrobiotiche.
s Le cellule A&Xì^ Anodonta e delF Unto finché si muovono con vivacità
non si lasciano colorire dal verde metile, né dal rosso Magdala, né da altre
sostanze. Questo é il periodo della piena vitalità, nel quale le cellule ese-
guiscono dei movimenti così vivaci, che spesso si vedono attraversare il campo
del microscopio flagellando colle lunghe ciglia tutti i corpuscoli e le cellule
che stanno vicino nel liquido.
« Poi viene il periodo dell'agonia nel quale, o non si muovono più, o si
muovono, ma assai lentamente; in questo periodo, o sono incolori, o prendono
una leggera tinta violacea, ma non si vede ancora il nucleo.
s Quando si colorisce il nucleo ed appare distinto nel corpo della cel-
lula, le ciglia si sono già fermate, oppure i moti sono molto lenti e interrotti
da pause, oppure sono disordinati, cosicché il ciuffo delle ciglia si divide come
in due parti che si muovono in direzione contraria.
K Nelle cellule vibratili che si colorirono in violetto, il nucleo diventa
sempre più evidente, può apparire come diviso in parecchi nuclei o frammenti,
e questi tendono sempre più all'azzurro e finalmente diventano verdi.
« n processo di necrobiosi qualche volta é già iniziato e le ciglia si
' muovono ancora. Questa parte che riguarda la morte e la degenerazione delle
cellule con ciglia vibratili la tratterò in una Nota speciale, ed in essa dimo-
strerò che il processo di necrobiosi studiato nei corpuscoli del sangue si ripro-
duce fedelmente in tutte le sue particolarità nelle cellule epitelliali, e nelle
cellule con ciglia vibratili.
• Il verde metile é velenoso anche per gli spermatozoi : ho provato su
quelli della cavia, e su quelli della torpedine, e vidi che si fermano subito.
Per timore che la soluzione 0,2 per cento e, Na CI. per cento, non contenesse
abbastanza cloruro sodico ho preso la stessa acqua marina come liquido per
la soluzione con 0,2 per cento di verde metile e ho veduto che si coloriscono
rapidamente e muoiono. Sono rari quelli che essendosi già coloriti fanno an-
cora dei movimenti, in questo caso si vede che sono moribondi, perchè le
loro oscillazioni sono lente non guizzano più, ma si agitano con intervalli di
riposo e poi si fermano. Atteso la piccolezza della testa degli spermatozoi
non ho potuto constatare con sicurezza se tutti prendono un colore violetto
prima di diventare verdi.
« L'azione del verde metile e di altre sostanze coloranti sul protoplasma
RiNDicoNTi. 1888, VoL. IV, V Sem. oo
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contrattile dalle cellule vegetali, Y ho studiato sui peli dei fiori della
Tradescantia virginica e sulle spore di un alga marina, YUlva lactuca.
L'effetto del verde metile è micidiale. Gli sporangi àeìYUtva lactuca sono
masse ovali che misurano 3/i, 5 per 5/i, le quali portano ad una estremità
due appendici filiformi che sono dotate di un movimento vivacissimo. Se al-
l'acqua di mare nella quale stanno queste spore, si aggiunge un po' di verde
metile 0,2 per cento sciolto nell'acqua di mare, le spore si coloriscono e si
fermano immediatamente. Il contenuto degli sporangi diventa granuloso, ed
alla superficie appaiono delle goccio ialine. Il processo della morte ras-
somiglia a quello dei leucociti, perchè nella sostanza ialina delle spore si
vedono dei granuli che si muovono come quelli che ho già descritto nei cor-
puscoli del pus. Ritornerò in una prossima Nota su questo argomento stu-
diando i fenomeni della necrobiosi nelle cellule vegetali.
tt Ho voluto cercare la ragione chimica di questi fatti ; e ho trovato che
se l'alcalinità delle cellule è molto grande, questa distrugge il verde metile
che tende a penetrare nel loro corpo ; e perciò la colorazione delle cellule in
violetto, sarebbe indizio di un alcalinità meno grande.
u Se si prendono gr. 0,002 di potassa caastica sciolti in 2 ce. di acqua, e vi si ag-
giungono gr. 0,002 di verde metile in 1 ce. di acqna, il colore verde si modifica e in
5 minati diventa rosso violaceo, come il colore delle cellule. Se a questa soluzione di co-
lore rosso violaceo si aggiunge qualche goccia di una soluzione di acido acetico 11 per
cento, ritorna lentamente il color verde primitivo.
u Se invece di parti uguali adoperiamo un eccesso di verde metile, non succede più
la trasformazione del colore in violetto ; cioè se a grammi 0,002 di potassa aggiungesi 2,
ce. di acqua al gr. 0,003 di verde metile in 3 di acqua, la soluzione rimane verde. In
altre parole, questa reazione manca quando adoperiamo una quantità troppo grande di
verde metile. In soluzioni più aUungate se la quantità dell^alcali non si trova in propor-
zioni eguali a quella del verde metile, ma è superiore, la soluzione si scolorisce comple-
tamente in pochi minuti. Così ad esempio gr. 0,0004 di potassa caustica sciolti in 4 ce.
di acqua scoloriscono 0,00016 di verde metile sciolti in 0,08 ce. di acqua.'n verde metile
però non si distrugge, perchè se aggiungiamo alla soluzione divenuta trasparente due
goccie di una soluzione di acido acetico al 10 per cento, ricompare lentamente il colore
verde primitivo.
ti Non si può dire però che mescolando un eccesso di potassa nella soluzione di
verde metile questo si scolori completamente. Manca il colore perchè le soluzioni sono
troppo allungate, ma se invece prendiamo gr. 0,008 di potassa caustica sciolti in 0,8 di
acqua e vi aggiungiamo 0,002 di verde metile sciolti in 1 ce. di acqua, quantunque la pro-
porzione della potassa al verde metile sia sempre di 4 ad l,lo scoloramento non è com-
pleto, ed il liquido essendo meno diluito coll'acqua, prende un colore giallo hruno.
ti Ho trovato che il verde metile impedisce la coagulazione del sangue,
a Una soluzione del verde metile al 0,5 per cento nel cloruro sodico 0,75
per cento, ritarda notelmente la coagulazione del sangue, anche solo nel rap-
porto di 2 ce. su 40 ce. di sangue.
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« Adoperando 8 o 4 ceni cubici di detta soluzione su 40 ce. di sangue,
questo non coagula più. Di questo parlerò più estesamente in una prossima
Nota sulla copulazione del sangue e sulla formazione della cotenna.
« I leucociti del sangue reso incoagolabile col verde metile, hanno la
sostanza incolora e dentro i così detti nuclei colorati in verde smeralde. In
alcuni la sostanza verde è circonfusa e riempie tutto il corpuscolo; altri
leucociti invece sono completamente scolorati ; ma il maggior numero dei cor-
puscoli è violetto, senza traccia dei cosidetti nuclei.
• Mescolando 5 o 6 ce. di soluzione di verde metile al 0,5 per cento
con 40 ce. di sangue che esce dallarteria, è facile essicurarsi che il verde metile
si distrugge. Già Tesame fatto col microscopio dimostra che l'intensità di colora-
zione dei corpuscoli e del siero non corrisponde alla quantità di verde metile
aggiunto al sangue e molti leucociti rimangono bianchi.
« Aggiungendo al sangue dell' acido acetico in qualunque proporzione ed
allungando con acqua, non si ottiene più il color verde caratteristico ; que-
sto prova che la scomparsa iéi verde non è dovuta all'alcalinità del sangue.
« Ho supposto che il verde metile in èontatto col sangue si scolorisca per
un processo di ossidazione, e cercai se coli' acqua ossigenata potevo riprodurre
tale fenomeno. I risultati ottenuti confermarono pienamente questa supposi-
zione; tralascio per brevità di riferire queste esperienze, intomo alle quali
dovrò ritornare in una prossima Nota dove parlerò dell'azione fisiologica del
violetto di metile ».
Fisiologia. — Esame critico dei metodi adoperati per studiare i
corpuscoli del sangue. Nota X. del Socio A. Mosso,
« In una Nota precedente sulla resistenza dei corpuscoli rossi (0 ho
già dimostrato che una soluzione di cloruro sodico al 0,75 per cento può
alterare e scolorire rapidamente i corpuscoli rossi del cane. Nelle seguenti
ricerche intomo al sangue dei pesci ho studiato quali siano le soluzioni di
cloruro sodico che alterano meno i corpuscoli del sangue: e ho veduto che
nel sangue di un medesimo animale vi sono dei corpuscoli rossi di maggiore
0 minor resistenza, i quali per non alterarsi avrebbero bisogno ciascuno di
soluzioni diverse.
« Yi sono dei generi di pesci i quali hanno un sangue tanto delicato,
che appena esce dai vasi sanguigni si altera subito in tutte le soluzioni di
cloruro sodico, qualunque sia il loro titolo.
« Né per lo studio del sangue di tali pesci giova procurarsi prima il
siero di animali della medesima specie e mescolarlo col sangue che esce dai
vasi sanguigni per impedire, od almeno smorzare, il contatto dei corpuscoli
Q) Atti B. Accademia Lincei. Voi. m, pag. 257.
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col vetro, perchè Tadesione^e l'attrito che si produce, quando i corpuscoli
scorrono fra il vetrino ed il porta oggetti, è già sufficiente per scolorire molti
corpuscoli.
« L'uso del siero, che sembra essere il metodo più razionale, presenta
la grave di£Scoltà che quando si tratta di specie molto piccole è impossibile
di procurarsi del siero puro e trasparente, senza che contenga dei corpuscoli
i quali hanno già subito un'alterazione per essersi trovati fuori dell'organismo.
Anche il siero iodato non serre, perchè constatai che esso scolorisce rapida-
mente tanto i corpuscoli più fragili dei pesci, quanto quelli dei nuunmiferi.
« Visto che non si può esaminare il sangue vivo e fresco fuori dei vasi
sanguigni, mi servii dei liquidi fissatori per rendere solido il sangue nel mo-
mento stesso che esce dal corpo. La difficoltà più grave è di trovare un li-
quido che indurisca i corpuscoli e non ne alteri il colore.
Bicloruro di mercurio
« Goadby è stato il primo che si servì del sublimato corrosivo nella
tecnica istologica {}). Fu colle soluzioni di questa sostanza alla quale ag-
giungeva del cloruro di sodio e dell'allume, che cinquantanni fa egli è riuscito
a conservare i primi preparati microscopici di tessuti animali chiusi fra due
vetri.
«Però è stato Filippo Pacini che introdusse definitivamente l'uso del
bicloruro di mercurio nella tecnica per la conservazione dei corpuscoli del
sangue (^). G. Hayem modificò le formolo del Pacini, diminuendo alquanto
(0 Hartìng, Dos Mikroskop, 1859, pag. 920.
(*) F. Pacini, Di alcuni metodi di preparazione e comervatione degli elementi
microscopici dei tessuti animali e vegetali. Giornale intemazionale delle scienze me-
diche, 1880.
La prima pubblicazione deUe formole dei liquidi di Pacini fu fatta dal dott. Galligo
nel 1861, in una relazione sui preparati che il Pacini presenta airesposizionc nazionale*
di Firenze {Imparziale, I, 1861, pag. 98). In questa comunicazione non si parla dell'agi
giunta di glicerina alla soluzione di bicloruro di mercurio. Nel 1880 quando Pacini pub-
blicò le formole dei suoi liquidi conserratori le ridusse a quattro. Le più importanti per
lo studio del sangue sono la 2* e la 3* cioè:
II.
Bicloruro di mercurio 1 gr.
Cloruro sodico 2 »
Acqua distillata 200 n
III.
Bicloruro di mercurio 1 gr.
Cloruro sodico 4 »
Acqua distillata 200 n
La soluzione II, che contiene meno cloruro sodico, Pacini la preferisce per con-
serYarc i corpuscoli degli animali a sangue freddo ; la lU, per gli animali a sangue caldo.
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la dose del bicloruro di mercurio (^). — Perchè Hayem abbia aggiunto
il solfato di soda nella proporzione di 5 grammi per 200 di acqua io non lo
so, ed egli stesso fion lo dice. Le osservazioni che ho fatto in proposito mi
hanno convinto che il solfato di soda ò poco adatto per conservare il san-
gue. Infatti in una soluzione del 2, 5 per cento di acqua i corpuscoli rossi
perdono la forma discoide diventano sferici e poi si scoloriscono. Se il sangue è
poco resìstente, è maggiore il numero dei corpuscoli rossi che si scolorano:
molti si svotano e troviamo nel liquido dei mucchi di granulazioni gialle
e delle ombre.
« L'azione del bicloruro di mercurio sui corpi albuminosi è tanto ener-
gica che raggiunta del solfato di soda, o della glicerina, credo giovi a nulla.
« Per escludere ogni apprezzamento personale nel giudizio di formolo em-
piriche, ho voluto cercare la ragione delle dosi che Tesperienza aveva dimo-
strato più efScaci a conservare il sangue. Credo non sia inutile che io rife-
risca alcune esperienze sull'azione del bicloruro di mercurio, perchè sono giunto
alla conclusione che non bisogna più servirsi di questa sostanza nelle ricerche
esatte sulla natura dei corpuscoli del sangue.
ft Per provare l'azione fissatrice delle varie soluzioni di bicloruro di
mercurio mi servii di una stufa d'Arsonval che dava una temperatura co-
stante di 38^. Vi mettevo dentro le boccette che contenevano una goccia di
sangue su 30 ce. di uno dei liquidi fissatori, e dopo 12 o 24 ore facevo il
confronto tra questo sangue e quello che avevo lasciato in un liquido eguale
alla temperatura ambiente di 12^ o 16®.
« Gol liquido Pacini tanto nella formola II che nella formola III non
Deve essere stato verso il 1860, quando era in yoga la glicerina come liquido
conservatore, che qualchednno pensò di aggiungere questa sostanza al bicloruro di mei^
curio, ma non ho potuto sapere chi sia stato il primo che modificò la formola del liquido
Pacini, e gliela attribuì erroneamente quale ora si trova nel maggior numero dei trattati
di tecnica istologica. H. Reinhard {Das Mikroskop, 1864, pag. 26) attribuisce questa for-
mola al Lambì, ma la cosa non mi pare certa.
(0 Liquido in Hayem A.
Acqua distillata 200
Cloruro di sodio 1
Solfato dì soda 5
Bicloruro di mercurio 0.50
Liquido in Hayem B.
Acqua distillata 200
Cloruro dì sodio 1
Solfato dì soda 5
Bicloruro dì mercurio 0.50
Qlicerina neutra a 28» B 10
G. Hayem, Archives de physìologie, 1878, p. 70 ; 1879, p. 208.
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si osservò alcuna differenza per il fatto della temperatura elevata. Gol li-
quido Hajem il sangue generalmente resiste alla temperatura ambiente, ma si
altera a 38°. Ho trovato dei cani di cui il sangue si alterava nel liquido
Hayem anche alla temperatura ambiente. Biferisco una di queste osservazioni :
tt Dalla carotide di un cane faccio cadere una goccia di sangue in due boccette che
contengono 60 ce. di liquido Hayem ; e una di queste viene messa nella stufa a 88®.
Dopo 12 ore si fa Tesarne di entrambe. Il sangue freddo è discretamente conservato, vi
sono però di quando in quando delle forme irregolari che hanno tante piccole sfere
intomo, oppure hanno delle sporgenze irregolari, filiformi che danno loro l'aspetto strano
di certe lettere giapponesi : vi sono delle forme a bozzolo o strozzate nel mezzo o stirate
in forma di lagrima. Sono figure identiche a quelle che Schultze (i) descrisse e disegnò
studiando le alterazioni dei corpuscoli del sangue esposto aUa temperatura dì bV a 52^.
Vedremo meglio in seguito che i corpuscoli rossi degli animali a sangue freddo ed a
sangue caldo, presentano dei movimenti di contrazione anche alla temperatura ordinaria in
condizioni speciali. Intanto non possiamo fare a meno di considerare queste fonne come
un effetto del liquido Hayem perchè nel cloruro sodico 0,75 per cento e nell'acido osmico
1 per cento esse mancavano completamente.
u Più gravi erano le alterazioni del sangue conservato nel liquido Hayem alla ieTDr
peratura di 38*^ gradi. I corpuscoli rossi normali lisci ed omogenei sono molto rari ; ab-
bondano quelli finamente granulosi ; alcuni coi granuli abbastanza grossi. Vi sono dei
corpuscoli che sembra stieno perdendo la sostanza granulosa gialla che essi contengono,
e questa ha formato degli ammassi granulosi giallognoli. Trammezzo a queste granula-
zioni si vedono delle ombre, ossia dei corpuscoli vuoti o scolorati. Vi sono dei corpuscoli
rossi profondamente alterati nella loro forma, che rassomigliano esattamente alle figure
di Schultze.
« Da queste osservazioni risulta che il biclomro di mercurio nel liquido
Hayem è contenuto in quantità troppo piccola; e che il liquido Hayem è
meno atto del liquido Pacini a fissare bene ed immediatamente i corpuscoli
del sangue.
ft Una soluzione di sublimato corrosivo su 10,000 di acqua coagula e
precipita tutta l'albumina che si trova nel siero del sangue ; ma se si aggiunge
la metà di acqua al liquido Hayem, benché si abbia ancora una soluzione
del 0,125 per cento di biclomro di mercurio, questa non conserva più il
sangue neppure alla temperatura ambiente. La conservazione del sangue col
bicloruro di mercurio, non è dunque un semplice fenomeno di coagulazione,
ma il risultato di fenomeni complessi ; e neppure colle dosi elevate di biclo-
ruro di mercurio, si riesce ad uccidere immediatamente i corpuscoli senza
lasciare loro tempo di alterarsi.
« L'aggiunta del bicloruro sodico è necessaria, e diminuendone la dose
ho veduto che i liquidi col sublimato corrosivo alterano maggiormente il
sangue. La ragione è questa, che il bicloruro di mercurio forma delle soluzioni
un po' acide e l'aggiunta di cloruro sodico diminuisce non solo questa acidità,
ma rende il bicloruro di mercurio più solubile e più stabile. Non è il cloruro
(1) Schultze, Archiv, f. mickrosk. Anat. Voi. I, pag. 1.
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di mercorìo che agisce nel liquido Padni ed Hajem, ma un cloromercurato
dì sodio.
« La soluzione II del liquido Facini che contiene 1 gr. di sublimato
corrosivo, per 2 gr. di cloruro sodico, è quella che soddisfa meglio a queste
condizioni; ma ciò malgrado neanche questa soluzione conserva inalterati tutti
i corpuscoli del sangue.
« Questo difetto dei liquidi Pacini lo si riconosce facilmente quando si
rende un cane anemico con qualche salasso, e dopo si fa cadere una goccia
di sangue in uno .qualunque dei liquidi Facini, o nel liquido Hajem.
« La goccia che esce dall'arteria appena tocca il liquido si raggruma
e quando tocca il fondo del vaso è già coagulata. Invece il sangue normale
resiste, e si spande nel liquido come una polvere leggera. Né può dirsi che
sia l'abbondanza del siero che nel sangue anemico produce questo fenomeno
dèlia immediata coagulazione, perchè è facile distinguere le granulazioni
dovute al copularsi del siero, da quelle giall(^nole che si producono per il
disfarsi dei corpuscoli rossi meno resistenti, quando essi vengono in contatto
col liquido Facini, e col liquido Hayem.
« Un'alterazione non meno grave che subisce il sangue nel liquido
Pacini, 0 nel liquido Hayem e lo scolorarsi dei corpuscoli gialli.
a Le soluzioni di bicloruro acide trasformano Tossiemc^lobina in metae-
moglobina, ma questo Tho veduto solo nelle soluzioni concentrate di 5 per
cento, 0 di 1 per cento. Nel liquido Pacini Tossiemoglobina si trasforma in
una sostanza che si potrebbe confondere per il colore colla metaemoglobina,
ma che non ne presenta i caratteri spettroscopici; perchè manca ogni stria
delle sostanze coloranti del sangue e lo spettro è scomparso al di là del
verde ed è leggermente oscurato nel resto, presentando nel verde Tombra di
una stria pochissimo marcata.
« Ho fatto anche delle ricerche colla ossiemoglobina pura; mettendone
un po' nel liquido Pacini ; ho veduto «he questa si altera rapidamente, il
liquido prende un colore giallo caffè, ed allo spettroscopio nou si osserva più
alcuna stria caratteristica ; onde si può ritenere che la sostanza colorante del
sangue siasi così profondamente alterata, da perdere affatto le proprietà ottiche
dell'emoglobina e dei suoi derivati.
« Esaminando dopo qualche tempo il sangue conservato nel liquido
Pacini od Hayem, si trova sempre che i corpuscoli gialli hanno una tinta
molto più pallida del normale, e qualche volta sono del tutto scolorati. Di
questa alterazione dell'ossiemoglobina e dello scolorarsi dei corpuscoli nel
sublimato corrosivo in qualunque dose e specialmente nel liquido Hayem e
Pacini, vedremo in seguito degli esempi evidentissimi. Yi sono dei corpuscoli
rossi tanto delicati come quelli delle sardine e delle alici che si alterano
completamente nel liquido Pacini e nel liquido Hayem, per cui il sangue
diventa irreconoscibile, e scompare ogni traccia di emoglobina.
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« Questo rapido scolorarsi di molti corpuscoli rossi nelle soluzioni di
bicloruro di mercurio è stato causa di gravi errori, e lo dimostrerò nella
seguente Nota.
« Il liquido Pacini ed il liquido Hayem hanno il grave inconveniente
che coagulano il siero. Hayem temo sia caduto in errore quando dice che
dagli ematoblasti esce una sostanza che vi rimane aderente. CoU'acido osmico
1 per cento non si osserva mai nulla di simile ; ed io credo che la sostanza
della quale parla Hayem, sia semplicemente siero del sangue coagulato dal
bicloruro di mercurio.
« Dei metodi di Hayem per studiare i corpuscoli, uno altera il sangue
in modo chimico, Taltro in modo meccanico. Mettendo egli il vetrino copri-
oggetti ad una piccolissima distanza dal vetro portaoggetti con un pò* di
paraffina, in modo da produrre uno spazio capillare nel quale deve scorrere
ed espandersi una goccia di sangue, necessariamente questo si altera per il con-
tatto contro le pareti asciutte del vetro. Anche quando il vetro è già bagnato,
è facile dimostrare che in tali circostanze si altera un grande numero di cor-
puscoli rossi. Se si prende una goccia di sangue di pesce (ad esempio di
Mustelm laevis) e si fa toccare una goccia di soluzione di verde metile 0,2
per cento Na CI. 1 per cento, e poi la si copre con il vetrino e si esamina
(anche aggiungendovi sopra la goccia di olio di cedro per l'immersione della
lente) i corpuscoli non si alterano e dopo parecchie ore sono ancora bene
conservati. Se invece si mette sul vetro una goccia di sangue fresco, o per
&re Vesperienza in condizioni più favorevoli, si aspetta che il sangue siasi
coagulato, e dopo si prende una goccia mista con molto siero, e si ricopre
con un vetrino, si vedrà alterarsi tutti i corpuscoli, appena si mette una goccia
di verde metile sul bordo del vetrino, e si assorbe il liquido della parte
opposta con un pezzo di carta bibula. Dopo due minuti non vi ò più un
solo corpuscolo normale ; la sostanza gialla è scomparsa in tutti, e il nucleo
si è colorato. Questa semplice esperienza dimostra che la coesione, o il mo-
vimento del sangue negli spazi capillari, ledono ed alterano i corpuscoli
rossi del sangue.
Acido osmico.
ff L'acido osmico, introdotto da Schultze nella tecnica istologica, ò un
ossidante energico che conserva i corpuscoli sanguigni meglio di qualunque
altra sostanza. L'acido osmico, nella soluzione del 1 per cento, non coagula
l'albumina come il bicloruro di mercurio. Se si mescola col siero traspa-
rente del sangue di cane, in qualunque proporzione non si forma un preci-
pitato fioccoso come succede coi liquidi Pacini ed Hayem.
ff L'acido osmico all'I per cento fa scomparire immediatamente le due
strie caratteristiche dell' ossiemoglobina pura, ed in loro vece compare la stria
della metaemoglobina.
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— 433 —
« n siero del sangue nelVacido osmico prende un colore rosso, ma se la
quantità di siero è piccola come quando si mescola solo una goccia di siero
con 20 ce. di soluzione di acido osmico alVl per cento, il colore diventa
giallognolo. Questo colore è dovuto all'azione degli alcali e spocialmente
della potassa, che produce un colore giallo rosa quando si aggiunge in quan-
tità sufficiente.
« Il color leggermente giallo che prende una soluzione di acido osmico
quando vi si fa cadere dentro una goccia di sangue, non è dunque dovuto
alla perdita dell'emoglobina per parte dei corpuscoli rossi; ma dipende dalle
sostanze alcaline del siero e del sangue.
« L'acido osmico 1 per cento fissa i leucociti nella forma in cui si tro-
vano. Li rende alquanto più granulosi, ma li conserva trasparenti come nello
stato normale : colla superficie irregolare, le sporgenze e le frangio sottili in
tutto identiche a quanto si vedeva pochi secondi prima sotto il microscopio.
É interessante che un corpuscolo bianco contrattile può morire senza aver
tempo di contrarsi e formare una massa globosa : la causa di tale fenomeno
deve cercarsi probabilmente nell'estrema lentezza dei movimenti prctoplas-
motici dei leucociti, e nell'azione rapidissima dell'acido osmico che uccide
istantaneamente il corpuscolo.
« Il pus conservato nell'acido osmico mostra ancora una differenza nella
colorazione dei corpuscoli, quando questi vengono sottoposti all'azione del verde
metile. Vi sono dei corpuscoli, delle granulazioni e dei frammenti che si
tingono in violetto, ed altri in verde, pochissimi rimangono incolori. La causa
di questa colorazione dipende da ciò che la soluzione di acido osmico 1 per
cento è pochissimo acida, e spesso l'aggiunta del pus o del sangue la rende
neutra. Il pus conservato nell'acido acetico allungato si colorisce sempre in
verde, anche nelle soluzioni molto allungate purché siano ancora acide.
« Avremo occasione di persuaderci nelle seguenti note che l'acido osmico
è, di tutte le sostanze conosciute fino ad o^, quella che conserva me-
glio il colore rosso dei corpuscoli sanguigni. Il colore bruno quasi nero che
prendono dopo un certo tempo le soluzioni di acido osmico, è dovuto ed un
processo di riduzione: ma anche dopo un anno, quando è scomparso l'odore
e la reazione caratteristica dell'acido osmico ed il sangue appare nerastro, si
trova che i corpuscoli sono ancora bene conservati. Eccetto la spesa alla
quale non si può badare quando si tratta di fare delle ricerche esatte, gli
altri inconvenienti dei vapori irritanti, e driV annerirsi della soluzione non
mi hanno dato molestia. Anzi trovo che queste ricerche sono più comode di
molte altre, perchè basta avere una serie di tubi di vetro, o di boccette col
collo largo, vi si mette dentro 15 o 20 ce. della soluzione e fatto un taglio
nella coda di un pesce si inmierge subito il moncone nel liquido ; quando si
è raccolta una goccia di sangue, si tappa anche semplicemente con un sughero,
e questo sangue si conserva per ulteriori studi e confronti ».
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1» Sem. 56
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Fisiologia. — // sangue nello stato embrionale e la mancanza
dei leucociti. Nota XI. del Socio A. Mosso.
« Ho fatto una serie di osservazioni sul sangue dei pesci nella Stazione
zoologica di Napoli. Nel riferirne ì risultati incomincierò col mettere a raf-
fronto il sangue degli animali adulti di alcuni gruppi di pesci col loro
sangue nello stato embrionale e fetale.
« Mi è sembrato che questo fosse il modo più semplice per tentare la
soluzione del grave problema di conoscere le differenze tra i corpuscoli gio-
vani e quelli adulti, o decrepiti.
« Ho scelto nel gruppo degli squali la famiglia dei Mustelus dove la
generazione si compie per mezzo di un utero e di placente simili a quelle
dei mammìferi, e la famiglia dei Scyllium dove lo sviluppo delV embrione si
fa nelle uova fuori delVoi^anismo materno.
« Una femmina di Mustelus laevis lunga 1™30 viene portata viva nella
Stazione zoologica: pesa circa 8 chilogrammi. Dissanguo incompletamente
l'animale facendo un taglio alla coda, e si raccolgono in due cilindri circa
95 ce. di sangue che coagula immediatamente. Aperta la cavità deiraidome
e delFutero si estraggono 20 Mustelus lunghi 28 centim. che pesano circa
60 grammi ciascuno. Tagliato il cordone ombellicale e messi nell'acqua
nuotano con agilità e respirano bene. Ad alcuni si taglia la coda e si rac-
coglie, come si fece per la madre, qualche goccia di sangue direttamente
neir acido osmico 1 per cento: dì altri determino la resistenza del sangue
che è circa 1,75. Na CI. per cento di acqua. Il sangue della madre è un
pò meno resistente.
« Il corpo privo dei visceri pesa 5 chilogrammi; la milza solo 3 gt. 5.
« Il coagulo si disfa spontaneamente dopo 2 o 3 ore, tanto nel sangue
adulto, quanto nel sangue fetale e i corpuscoli rimangono liberi nel siero.
« Il sangue adulto preso nella parte superiore ha i corpuscoli rossi ovali
regolari ; il diametro maggiore è in media di 21 ju a 23 ju , il minore di
14 ]ti a 16 ju. Non sì vede il nucleo. Ma nella sostanza gialla del corpuscolo
vi sono delle piccole macchie rotonde, trasparenti, in numero di 30 o 40,
molto piccole, che si muovono : il loro diametro è minore di 1 ^u.
« In alcuni corpuscoli queste macchie sono meno abbondanti e più grosse
e hanno il diametro di circa 2 /i.
« Vi sono molte cellule granulose (KOmchenzellen di Leydig) circa 2
a 3 per cento corpuscoli rossi. Dimostrerò in una prossima Nota che le cel-
lule granulose sono corpuscoli rossi in necrobiosi.
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— 435 —
« Abbondano i leucociti, ed alla temperatura di 15^ eseguiscono dei
movimenti vivaci, e cambiano rapidamente di forma ; sono finamente granu-
losi ; misurano dal0iEial3.a,e dentro si vede più o meno distinta la
forma di un nucleo. Altri corpuscoli incolori sono rotondi e non si muovono.
« I leucociti sono così abbondanti, che ne conto da 8 a 9 per cento
rossi. Nel sangue preso sul fondo del cilindro i leucociti sono meno abbon*
danti, ma si muovono egualmente ed hanno lo stesso aspetto e ne conto da
2 a 3 per cento di rossi. I leucociti spesso hanno delle ramificazioni e delle
frangio ; nessuno presenta delle goccio ialine alla superficie.
« Sono abbondanti le forme di corpuscoli, simili a quelle che Hayem
descrisse col nome di ematoblasti, e rappresentò nelle tavole della sua me-
moria (1): poche hanno una tinta giallognola; alcune sono rotonde, ma per
il maggior numero sono ovali e misurano 8 fi, 75 per 10 /e : il nucleo è omo-
geneo e così grande che intorno vi rimane appena uno strato corticale dello
spessore di 1 ^, 5 leggermente granuloso : il nucleo è omogeneo liscio, e
dentro si vedono generalmente due piccolissimi nucleoli. Molti ematoblasti
sono fortemente granulosi ed alcuni si muovono, cosicché formano dei leucociti
più piccoli di quelli precedentemente descritti.
« Il sangue fetale lo prendo anche negli strati superiori, perchè non sia
troppo denso e si trovi mescolato con del siero. La differenza nella forma
dei corpuscoli rossi è così grande, che non si può confondere col sangue
adulto : infatti :
«PI corpuscoli non sono più ovali e regolari nel loro contomo, ma
un grande numero si sono accartocciati e ripiegati, in modo che formano una
massa gialla conglobata colla superfìcie irregolare e bernoccoluta. Tale cam-
biamento corrisponde a quello che si osserva nei corpuscoli rossi dei mam-
miferi quando perdono la forma di disco e diventano sferici con la superficie
irta di spine. Bitomeremo in seguito su questa alterazione: per ora constato
che a differenza del sangue adulto, nel sangue fetale circa un terzo dei cor-
puscoli rossi perdono nelle prime ore la forma a disco e diventano conglobati.
« 2^ Quasi tutti i corpuscoli rossi sono lisci ed omogenei, mentre che
nel sangue adulto il maggior numero dei corpuscoli presenta delle piccole
macchie e dei vacuoli nella sostanza gialla.
« 3'' Mancano completamente i grandi leucociti contrattili del sangue
adulto. Gli ematoblasti sono tutti scolorati: alcuni si muovono e sembrano
piccoli leucociti, altri sono granulosi tondi od ovali ed immobili. Alcuni cor-
puscoli rossi che si sono scolorati presentano un vivace movimento dei gra-
nuli sulla sostanza corticale.
• 4"" Mancano le cellule granulose (Edrnchenzellen di Leydig).
« Nel sangue fetale si vede un grande numero di globetti rotondi col
(0 G. Hayem, Archives de physiologie, 1879.. pag. 208,
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— 436 —
diametro ài 1 in fino a 5 e 7 /i. Sono piccole sfere di sostanza ialina che
derivano da nn^alterazione dei corposcoli. Parlerò più estesamente di questi
globetti nella nota intorno al processo di necrobiosi studiato nelle celiale con
ciglia vibratili.
tt Dopo 24 ore il sangue della madre si è separato in due strati ; quello
dei corpuscoli rossi rappresenta poco più di un terzo deli-altezza totale ; gli
altri due terzi sono di siero giallognolo di colore dell'orina chiara. Alla super-
ficie dei corpuscoli rossi vi è mostrato bianco spesso 3 mm. Esaminato, consta
di corpuscoli scolorati finamente granulosi, rotondi. Sono rarissimi i corpù-
scoli rossi, abbondano le cellule granulose. Mancano i leucociti irregolari che
eseguiscono dei movimenti o sono scarsissimi in confronjko di jeri.
« Delle cellule granulose hanno una tinta leggermente giallognola, e
viceversa dei corpuscoli rossi sono pallidi e quasi scolorati. Per buona parte
questo strato bianco consta di ematoblasti, ovali o rotondi con un grosso
nucleo, hanno il diametro di 7 /t a 9 /e, e sono spessi 4 o 5 /i. Lo strato
corticale sottile è leggermente granuloso, il nucleo liscio o granuloso.
« I corpuscoli rossi vicini sono grossi quasi il doppio dei leucociti ; solo
i coi-puscoli rossi più piccoli che misurano 10 /«, 5 per 10 fi. con un grosso
nucleo sono quasi tutti scolorati, o sono molto meno gialli dei corpuscoli
che hanno i due diametri dì 14 /t per 24 /i, e nei quali non vi è traccia
di nucleo.
« Nel sangue fetale sebbene io abbia raccolto insieme il sangue di tre
mustelus in un piccolo cilindro, non vi è traccia di questo strato bianco dei
leucociti; solo guardando la superficie, si vede che è meno rossa sullo strato
supeiìore, di ciò che sia sui lati del cilindro ; vi è dunque uno strato sotti-
lissimo del quale coll'occhio non può apprezzarsi lo spessore che rappresente-
rebbe lo strato di 3 mm. su 45 mm. che abbiamo trovato nel sangue adulto.
Prendo con grande precauzione una goccia di siero misto al sangue che sta
nello strato supremo e trovo che sono metà corpuscoli rossi e metà leuco-
citi; ma questi sono piccoli e misurano generalmente 7 /* Alcuni conservano
la forma degli ematoblasti, altri hanno delle frangie e delle sporgenze, ed
eseguiscono dei movimenti vivaci. Molti corpuscoli gialli sono scolorati, e
conservano nell'interno dei frammenti giallognoli. Circa la metà dei corpu-
scoli rossi continua ad essere globosa e bernoccoluta. È interessante di aver
constatato la resistenza degli ematoblasti e la loro attitudine ad eseguire dei
movimenti amebiformi. Alcuni corpuscoli che a primo aspetto sembrano leu-
cociti di un diametro maggiore si vede che sono corpuscoli rossi scolorati.
tt Esamino il sangue adulto e fetale negli strali profondi, e confermo
Venorme ricchezza di leucociti nel sangue materno in confronto del san-
gue fetale.
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— 437 —
Sangue di Mustelus adulto nell'acido osmico 1 per cento
« I corpuscoli rossi sono alquanto piti piccoli di quelli esaminati nel
siero: il diametro maggiore oscilla fral9fie21iEiil minore fra 12 e 14 /i.
La superficie e piena di macchiette e vacuoli in pochissimi è omogenea.
« Mancano i leucociti colle forme irregolari e frangiate che abbiamo
veduto cosi abbondanti nel sangue coagulai». Le forme che più rassomigliano
ai leucociti sono certi corpuscoli scolorati, omogenei, rotondi, col diametro di
12 i» finamente granulosi senza nucleo, alcuni di questi corpuscoli sono
ovali e misurano 16 /i nel diametro maggiore e 14 jci nel minore.
• Abbondano gli ematoblasti; ve ne sono dei lisci e dei granulosi. Essi
hanno il diametro di 8 /i a 10 fi. Tutto il corpascolo è formato da un
grande nucleo con uno strato corticale sottile: il colore giallo in alcuni è
evidentissimo. Vi sono pure dei corpuscoli gialli un poco più grossi rotondi
col diametro di 12 /t che hanno un grosso nucleo, e che si è incerti se si
devono mettere fra i microciti o fra gli ematoblasti.
Sangue fetale nell'acido osmico 1 per cento
« I corpuscoli rossi sono meno dittici che nel sangue adulto. Qui ab-
abbondano i corpuscoli rotondi, o poco ovali, che hanno il diametro di 12 /i
a 14 /u con un nucleo di 7 ju. Quelli dittici hanno le stesse dimensioni
che nel sangue adulto. Il nucleo è più grosso nei corpuscoli gialli rotondi
e ha il diametro di circa 10 ju. Nei corpuscoli ovali invece è più piccolo;
anche in questi, guardandoli di fianco, si vede che il nucleo forma una spor-
genza da entrambi i lati come una sfera messa nel centro di un fuso. I cor-
puscoli adulti conservano meglio la forma di un disco e visti in profilo sono
più sottili dei fetali.
K Vi sono dei corpuscoli rossi che sopra una lunghezza di 21 /e hanno
dentro un nucleo rotondo del diametro di 12 /u e anche 18 jiì ; in generale
il nucleo nel sangue fetale è maggiore che nel sangue adulto.
« Qli ematoblasti formano dei corpuscoli ovali omogenei, non granulosi,
di 7 ili in trasverso per 12 /e in lunghezza. Altri corpuscoli gialli hanno
le stesse forme e dentro vi è un grosso nucleo granuloso che ha il dia-
metro di 8 a 9 ]ti. Si vedono tutte le forme di passaggio fra gli ematobla-
sti e i microciti. Gli ematoblasti più piccoli sono ovali, con un grande nu-
cleo rotondo che li riempie nel centro, e solo alle due estremità vi è un
po*di sostanza granulosa, essi misurano 8 /u, 75 per 10 /i, sono giallognoli.
« Le osservazioni sul sangue fetale sono tanto più interessanti quanto
più gli animali sono giovani. Vedremo nella seguente nota che, prima di
uscire dall'uovo, alcuni Scyllium presentano già in abbondanza delle forme
decrepite di corpuscoli.
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— 438 —
ti L^esame del sangue in altri Mustelm che erano di alcuni mesi più
giovani, mostra infatti meglio distinti i caratteri dal sangue fetale.
« Mtùsteltis laevis. La mattina del P febbraio 1888 portarono alla Sta-
zione zoologica venti Mustelus staccati prima del parto dall'utero della
madre. Su di essi ho fatto le seguenti osservazioni.
« Sono lunghi da 20 a 21 centim. e parecchi hanno ancora un pezzo
del cordone ombellicale aderente all'addome, che sporge per la lunghezza di
5 a 6 millimetri. Messi nell'acqua nuotano, ma sono poco vivaci.
« Esamino subito il loro sangue e ne metto nell'acido osmico 1 per
cento e nel liquido Pacini e nel liquido Havem.
« Alcuni muoiono dopo 3 o 4 ore, parecchi resistono fino al giorno se-
guente, ma dopo 48 ore sono tutti morti. Taglio la coda ad uno, e tocco col
vetro porta oggetti la goccia che esce. Bicopro subito col vetrino, ed esami-
nando vedo che i leucociti sono quasi la metà in numero dei corpuscoli rossi;
ma è facile accorgersi che questo è un sangue alterato per il contatto col
vetro: perchè oltre ai nuclei liberi, vi sono molti corpuscoli rossi deformati,
col nucleo in posizione eccentrica ; ed in altri il nucleo sta per uscire ; vi
sono dei corpuscoli rossi scolorati e dei nuclei che hanno intorno dei fram-
menti di sostanza corticale, come goccioline gelatinose giallognole.
« Che il sangue preparato nel modo comune, come indicai or ora, fosse
profondamente alterato, potei subito assicurarmene esaminando il medesimo
sangue raccolto nel liquido Pacini e meglio ancora nell'acido osmico 1 per
cento mentre usciva dalla coda.
« Bipeto parecchie volte questa osservazione, incidendo diversi Mustelus,
e sempre trovo che il numero dei leucociti è straordinariamente grande se
tocco col vetro la goccia di sangue che esce dalla coda e poi la ricopro
col vetrino. E! assai minore se metto prima una goccia di cloruro sodico
0,75 per cento sul portaoggetto e tocco con questa goccia il sangue, e man-
cano completamente i corpuscoli bianchi se raccolgo il sangue nei liquidi
fissatori.
« Acido osmico 1 per cento. Il sangue di Mustelus messo direttamente
in questo liquido ha i corpuscoli gialli più tondi, cioè meno dittici che il
sangue dei Mustelus adulti. I corpuscoli rotondi, o quasi rotondi, costituiscono
circa un quarto dell'intero numero dei corpuscoli.
« Neiracido osmico 1 per cento i corpuscoli hanno delle dimensioni un
poco inferiori a quelle del sangue fresco; ossia nel sangue senza l'aggiunta
di liquido, la lunghezza dei corpuscoli gialli varia in media fra i 20ìiì e
24 /E^ e la larghezza fra i 10/i, 6 e 14ji4, 3. Nell'acido osmico i corpuscoli
che hanno 21 a 22 /i di lunghezza per 10 o 12 /e di larghezza sono
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— 439 —
abbastanza rari ; generalmente i più grossi hanno 17 e 18 ju di lunghezza
e 10 a 12/1^ di larghezza.
• Paragonando questo sangue con quello di un Mustelns adulto conser-
vato neiracido osmico, si vede nel Mustelus adulto sono assai piti lunghi,
ossia più elittici, mentre che nel sangue giovane sono più circolari.
• Un'altra differenza caratteristica è nel rapporto fra la grossezza del
nucleo e del corpuscolo. Mentre nel sangue adulto il rapporto del diametro
trasverso dell'intero corpuscolo sta a. quello del nucleo come 3 ad 1, o poco
meno, nel sangue fetale sta solo come 2 ad 1.
« Vi sono dei corpuscoli gialli rotondi, o leggermente ovali, che hanno
il diametro di 12 ju a 15 /i e dentro un nucleo di 10 fi, oppure un corpu-
scolo giallo lungo 17 ju 3 e largo 12 ju contiene un nucleo lungo 13 fi, 3
e largo 10 fi 6: e questo nucleo è più omogeneo e più liscio dei nuclei
minori che generalmente sono granulosi con delle macchie irregolari e scure.
« Questi corpuscoli con nucleo molto grosso sono abbastanza comuni.
K I corpuscoli del sangue adulto formano un disco come la tesa di un
cappello; la coppa è rappresentata dal nucleo che sporge come una mezza
sfera da un lato oppure da entrambi i lati. Visto dì fianco il corpuscolo giallo
rassomiglia ad un fiiso che ha lo spessore di 2 fi, 5 e porta nel mezzo un
globo, ossia il nucleo, che ha il diametro generalmente inferiore ai 4/i.
« Nei giovani corpuscoli invece questa massa centrale è molto grossa
6 fi fino ad 8 fi ; in alcuni questo nucleo centi-ale è così rigonfiato che forma
una massa globosa di 9 /i di diametro, che rassomiglia al gambo di un fungo
dove la coppa rappresenta il disco giallo del corpuscolo.
« Queste forme sono caratteristiche, vedute di fianco rassomigliano a dei
fusi gialli lunghi 17 fi a 20 ju, spessi 5 /e a 7 fi con una grossa sfera nel
mezzo, del diametro di8jual0/i;e veduti di fronte hanno la forma co-
mune di dischi elittici con un nucleo nel mezzo.
« Qualche volta il nucleo per effetto dell'acido osmico si gonfia tanto
-che scoppia, e si formano alla superficie dei lembi e delle frangio come
quando si soffia una bolla fusa di vetro che si fa scoppiare. Colle inegua-
glianze prodottesi alla superficie i nuclei rigonfi si attaccano insieme e for-
mano delle catene di 5 o 6 corpuscoli o dei mucchi di corpuscoli.
« Quando due si toccano e sono così strettamente attaccati che anche
scorrendo non sì separano, e resistono agli urti, guardando nel punto di con-
giunzione non sì vede nulla; ì nuclei sono fusi in una massa trasparente dove
manca ogni particolarità di struttura.
« Nel sangue adulto vi sono dei corpuscoli che hanno il nucleo grosso
e globoso, ma sono rari e meno grossi e non scoppiano a questo modo.
« Le differenze fra il sangue embrionale e quello adulto sono dunque:
« P La forma più rotonda dei corpuscoli giovani;
K 2^ La grossezza maggiore del nucleo ;
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— 440 —
K 3^ La tendenza a gonfiarsi ed a scoppiare nelVacido osmico 1 per cento.
« Ma la differenza più caratteristica è la mancanza dei leucociti nel
sangue embrionale e fetale, che ho costatata pure negli embrioni dei mammiferi.
« Il sangue fetale di Mustelus laevis conseryato uoiM acido osmico 1 per
cento contiene né corpuscoli bianchi, nò cellule granulose, né ematoblasti
scolorati. Si vede qualche elemento ovale che misura 6 /e, 6 per 10 /i, 6
senza nuclueo, ma anche questi corpuscoli sono gialli. Altri sono più grossi,
leggermente ovali coi due diametri di 9 /«, 3 per 8 /e, oppure sono rotondi
col diametro di 8 ^u e sono intensamente gialli. Né vedendo la mancanza di
leucociti può credersi che siansi distrutti, perchè non si trovano né granula-
zioni, nò frammenti. Anche cercando negli strati più superficiali dove gene-
ralmente galleggiano i leucociti, non si trovano che corpuscoli rossi. I più
pallidi sono le grandi cellule ovali con grosso nucleo omogeneo, ma anche
essi hanno una tinta giallognola.
« La superficie dei corpuscoli gialli è liscia ed omogenea nella parte
corticale; alcuni hanno delle macchiette bianche o scure a seconda che si
alza 0 si abbassa il tubo del microscopio. Queste macchie sono rotonde in
numero di 5 o 6 sparse irregolarmente alla superacie del corpuscolo, spesso
in numero assai maggiore, ma sono sempre piccole in modo che non superano
0,4 jw e 0,6 ju di diametro.
K II tipo dei corpuscoli non ò quello di un disco, ma di una sfera con
un anello intorno. Guardando il nucleo di fronte, a primo aspetto sembra una
massa costituita da frammenti filiformi, ma se si esamina bene il nucleo di
fianco si vede che queste linee scure sono coaguli irregolari sospesi in una
sostanza omogenea, ed alcune volte formano delle frangio irregolari che dalla
base del nucleo sopra il disco anulare si dirìgono verso la parte culminante
del nucleo che é più omogeneo. •
« Nel liquido Pacini i corpuscoli rossi di questi feti di Mtisteltcs laevis
hanno in media il diametro maggiore di 21 ju e l'altro di 10 ju , ed il nucleo
di 5 jii, 25 ; ma vi sono anche dei nuclei di 8 .a dentro un corpuscolo di 10 /i, 5.
Nei corpuscoli ovali lunghi, è dove i nuclei sono più piccoli e in media misu-
rano 3 iii,5; invece nei corpuscoli rossi più rotondi si vedono dei nuclei ovali che
hanno il diametro ài 7 fi per 10 ,u,5: e questi grandi corpuscoli rossi che misu-
rano 17 /i a 18 /i sono appiattiti, per cui hanno la forma di un disco come
i corpuscoli rossi normali. Si può ritenere come un fatto dovuto ai liquidi
conservatori, se i corpuscoli nell'acido osmico 1 per cento hanno il nucleo più
gonfio che non quelli conservati nel liquido Pacini.
« Un'altra differenza che però va a danno del liquido Pacini, è che in
esso i corpuscoli rossi diventano più granulosi; in moltissimi si vede una pun-
teggiatura di macchiette chiare e scure, sparse irregolarmente come una granitura
leggiera, e il nucleo presenta delle granulazioni più forti ch3 rendono il con-
tomo un po' irregolare e meno netto. Vi sono dei corpuscoli rossi che hanno
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— 441 —
una estremità acuminata e Taltra rotonda, e di quelli che rassomigliano ad
un fuso, perchè entrambe le estremità sono stirate in punta.
« L'alterazione più singolare è quella dei corpuscoli rossi che hanno nel
mezzo uno strozzamento più o meno forte, cosi che prendono la forma come
di una bisaccia o di una borsa, essendo il corpuscolo diriso in due parti rotonde
eguali 0 differenti per mole che stanno riunite da un tratto di sostanza gialla.
Su queste forme sottili, che furono già descritte da Bizzozero, ritornerò in
seguito perchè le osservai frequentemente nel sangue dei pesci.
• Che il liquido Pacini alteri il sangue fetale del Mustelus laevis
lo si vede con facilità, perchè frammezzo ai corpuscoli vi sono nel liquido
non solo delle granulazioni bianche, che potrebbero essere prodotte dalla coagu-
lazione del siero, ma si vedono anche delle granulazioni gialle che certo sono
frammenti di corpuscoli rossi disfatti; e frammezzo a queste granulazioni vi
sono dei nuclei bianchi omogenei ovali o rotondi con un diametro di 5 a 6 ju.
Anche qui mancano i leucociti, o sono rarissimi, e invece sono discretamente
comuni le forme scolorate simili a quelle descrìtte da Hayem col nome di
ematoblasti.
« Il paragone del sangue dì Mustelm conservato nel bicloruro di mercurio
colle soluzioni di Pacini o di Hayem, ci dà il modo di convincersi che il colore
del sangue adoperato come base di classificazione è un criterio instabile e
Mlace. Mettendo a raffronto il sangue conservato neir acido osmico al 1 per
cento e quello che venne in contatto col liquido Pacini o col liquido Hayem,
noi vediamo che il sublimato corrosivo ha scolorato, deformato e distrutto
molti corpuscoli rossi che neiracido osmico conservano ancora una tinta gial-
lognola. È solo coll'uso di reagenti più sicuri che ci metteremo in grado di
conoscere quale sia la natura degli elementi morfologici costitutivi del sangue,
e qui^ le forme dei corpuscoli prodotti artificialmente o dai reattivi, o dalle
condizioni anormali della vita dei corpuscoli per un arresto o un rallentamento
della circolazione.
« Nel sangue di questi Mustelus e in quello di altri pesci di cui parlerò in
appresso, ebbi modo di persuadermi che le forme acuminate, a bisaccia, o strette
nel mezzo come una cifra ad 8, o stirate come se avessero una coda od un
flagello e tutte le altre forme di corpuscoli scoloriti che Hayem descrisse come
ematoblasti, sono semplicemente dei corpuscoli rossi alterati. E nel medesimo
sangue si osservano delle forme eguali per struttura e per forma che talora
sono gialle e talora completamente scolorite, come ad esempio i corpuscoli
rotondi od ovali di 8 a 9 /« che hanno un nucleo di 5 a 6 ju.
« Che gU ematoblasti siano delle forme alterate lo si conosce facilmente
dalle estremità acuminate, stirate come lagrime di vetro; nei vedremo che
questa è una forma assai comune nei corpuscoli rossi che si alterano per
una ragione qualsiasi. Questi elementi fusiformi che hanno delle code lunghe
con un nucleo ovale omogeneo, o rotondo, che qui appaiono scolorate, le
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1* Sem. 57
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— 442 —
vedremo abbondanti in aliai animali e perfettamente colorate in giallo; Tessere
scolorate è un grado maggiore di alterazione e non un carattere per fame mi
elemento speciale. Infatti, anche in questo sangue si vedono tutti i passaggi
dalle forme gialle a quelle scolorate. È particolarmente nello studio di queste
forme intermedie che si riconosce l'afiSnità degli elementi che gli istologi
moderni tendono a disgiungere.
« Finché si tratta di riconoscere un corpuscolo rosso, non vi è alcuna
difficoltà, sia esso tondo od ovale, col nucleo piccolo o grande : la interpreta-
zione diviene controversa solo quando si tratta di classificare le forme che
possono a piacimento mettersi o &a i leucociti o fra le piastrine o fra gli
ematoblasti.
« Quando incontriamo un corpuscolo bianco di 8iu a 9jeì, se è rotondo
non si può per questo solo metterlo fra i leucociti. Se ha un grosso nucleo
con sottile sostanza corticale e dentro al nucleo omogeneo uno o due nucleoli,
io lo metterei fra le giovani cellule; se invece si tratta di un corpuscolo
bianco con eguale diametro che ha dentro un nucleo irregolare o multiplo, io
lo metterei fra le cellule in necrobiosi, cioè fra i leucociti.
« La struttura del corpuscolo e la forma del nucleo deve essere la base
della classificazione dei corpuscoli, perchè il colorito e la forma possono va-
riare e mutarsi per molti accidenti.
« Infatti Hayem confuse coi leucociti delle forme che sono a mio parere
diverse per loro natura, e che stanno piuttosto nella cat^oria dei corpuscoli
giovani, 0 degli ematoblasti ; e viceversa fondandosi sul criterio fallace della
sua classificazione egli diede il nome di ematoblasti a degli elementi che
non sono più germi di corpuscoli rossi, ma corpuscoli alterati che diventa-
rono fusiformi ».
Matematica. — Sulla equamne a derivate parziali del Cayley
nella teoria delle superficie. Nota del Corrispondente Luigi Bianchi.
«Se Tespressione
(1) ds^ = edx^ + gdy^
definisce Telemento lineare di una superficie S, riferita alle sue linee di
curvatura x = cost., y -= cost. e con s si indica una funzione incognita di x, y,
la equazione in discorso è data, nelle solite notazioni di Monge, da:
(2) ,^^Hre ^^logV~9
^ i^y ^ i^x ^
« Il suo significato geometrico, come è ben noto, è il seguente. Staccando
sopra ogni normale di S un segmento infinitesimo q == éz^ dove s è una co-
stante infinitesima, la superficie S' luogo degli estremi dei segmenti ^ è la
superficie successiva alla S in un sistema triplo ortogonale.
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— 443 —
« In questa Nota mi propongo di risolvere il problema: Può l'equa-
zione (1) del Cayley ammettere soluzioni indipendenti dalle
flessioni della superficie S? Supponendo cioè che dopo una flessione
la superficie S acquisti le nuove linee di curvatura
x' =. cost ^ = cost
e sia
(3) d8' = edx'-hgdg* = (fdaf*-hs^dy'^
si domanda se la fonzione di ir, espressa per a', y' potrà nuovamente soddi-
sfare alla equazione del Cayley
^_l)log^^,^7)logt/?^
e Tale questione si può enunciare sotto forma ^ta, ricorrendo ad un
teorema di Bibaucour sui sistemi co ' di circoli che ammettono una serie di
superficie ortogonali, sistemi che chiamo per brevità sistemi normali di
circoli. Ad ogni soluzione x della equazione (1) del Cayley corrisponde un
sistema normale di circoli ortogonali aUa superficie S (0 e se immaginiamo
la S flessibile ed inestendibile e il sistema di circoli invariabilmente legato
alla superficie S durante la deformazione, il problema proposto equivale
all' altro :
Un sistema normale di circoli, ortogonali alla superficie S,
può mantenersi normale dopo una flessione di S?
« Per risolvere questo problema cominciamo dall'osservare che se
fife» = eda^ + 2 fdxdy + gdy^
è l'elemento lineare di una superficie e ir è una funzione qualunque di x, y
l'espressione differenziale
[HVHVÌ«]^+^[H'iVr2l'>''H]'-fi>-|fì']*'
dove To ( ^ il iioto simbolo introdotto dal sig. Chrìstoffel nella teoria delle
forme differenziali quadratiche (Journal von Creile Bd. LXX), non varia can-
(») V. la mia Nota 2* Sui sistemi ciclici § 4, Giornale di Battaglini, voi. XXn.
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(4)
— 444 —
giando comunque le coordinate curvilinee x, y. In particolare pei due sistemi
di coordinate ortogonali {x, y\ {su', j/) supposti nella formola (3) avremo
« Supponendo adunque che le due equazioni del Cayley relative ai due
sistemi (x,y), {x\i/)
(5) {
)j J12)' , , il2)' ,
siano insieme soddisfatte, dovremo avere
Ma per la (3) si ha altresì
e siccome le linee coordinate (x, y) sono differenti dalla (x', y') ne risulterà
c) ^['-ivip-iVìo-'D-Hi-ifìO-
tt Se la soluzione cercata s esiste, essa dovrà dunque soddisfare simul-
taneamente la 1*^ delle (5) e la (6). Inversamente se ciò accade, le for-
molo (4) dimostrano che, cangiando le coordinate curvilinee (or, y) in altre
ortogonali qualunque {x\y') saranno soddisfatte da / {x\i/) = z{Xyy)
le equazioni analoghe
^[''-lV|V-iVjV]w[.-|fjV-f|jV].
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— 445 —
« Ciò posto prendiamo a linee coordiiiate w = cost le lìnee 2 = cost e
a linee y = cost le loro traiettorie ortogonali, di guisa che avremo
i = f{a:).
■ Le equazioni da soddis&isi (5,i) e (6) diventano
f"{x)_ 1 7>g
f'{x) 2g-òx
e poiché non è f {w) = 0, dovrà essere — =0, per cui, cangiando il para-
metro x, potremo fare ^ = 1, La 2* ci dimostra che p' è il prodotto di due
funzioni, Tuna di x^ Taltra di y. Cangiando il parametro y potremo prendere
e ne risulterà
K Sene conclude quindi: Le uniche superficie per le quali la
equazione del Cayley ammette soluzioni indipendenti dalle
flessioni della superficie, sono quelle applicabili sopra su-
perficie di rotazione.
« I corrispondenti sistemi normali di circoli sono quelli considerati al
§ 10 della mia Nota citata.
« Qui abbiamo supposto che nella flessione considerata cambino le linee
di curvatura della S. Altrimenti questa superficie ò una superficie del Monge
con un sistema di linee di curvatura in piani paralleli, e i corrispondenti
sistemi di circoli sono quelli di cui si tratta alla fine del § 2 della stessa
Nota ».
Matematica. — Sopra una classe di trasformazioni in sé mede-
sima della eqtcazione a derivate parziali:
n\ ^ rt — s* (1 >f q*)r—2pqs+(l-^p^) t 1 ,^
Nota del Corrispondente Luigi Bianchi.
« 1. Le trasformazioni di cui tratto in questa Nota appartengono al ge-
nere di quelle che il sig. Bàcklund ha studiato nel XYII e XIX volume dei
Matematische Annalen (0- Per maggior chiarezza riassumerò qui brevemente
dei risultati ottenuti da Bàcklund quelli che mi occorrono nel seguito.
« Siano
(1) z = z{x,y), / = /(^,/)
(') Cfr. Bpecialmente volume XVn, pag. 311 sgg. ; volume XIX, pag. 412 sgg.
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due funzioni incognite delle rispettàve variabili indipendenti x,y; af, y' legate
fra di loro da quattro equazioni
/ F, (x, y, i, x\ -jf, z\ p, q, f\ q') = 0
^ j F, (x, y, /, a:', y', /, p, q, p\ q') = 0
( V^ix,y,g,x^,i/',/,p,q,p\^) — 0,
dove
„ _ ■^•» „ "J* . „' V „f V
c Affinchè ir = 9> (^, y) sia una particolare forma della fdnzione Ji che
renda le (2) compatibili, si richiede che eliminando x^y fra le quattro equa-
zioni (2), ove si è fatto
^ = 9(s,y),p = ^,q^^'
le due equazioni risaltanti per / :
^ A(y,y',/,/,y') = 0
ÌB(ar'.y',/,/,?') = 0
ammettano un integrale comune. La condizione d'involuzione
[AB] = 0
viene, per mezzo delle (2), trasformata direttamente da B&cklund nella seguente
(3) [AB] = )34|[PiP.]+j42|[F.P3]+|23|CF,P4]+|12([P,P,]-t-
+ } 13 j [P4P,]+ 1 14 { [P,P,] = 0 ,
dove i simboli \ik\j QF<Fit] hanno il significato dato dalle formolo
-ìx '^ DS -dp -iq 7)y " -hi -Jtp l)q
-dx ^ -»z -òp -iq -Jy ^ -òg ^ Tip -bq
-òx*' '~ -òx-òy' -dy*
W "*"^ V / V \v '^^ w) V ■
« Il caso che qui esclusivamente ci interessa è quello in cui la (3) con-
tiene ^,y\/,p^,gf soltanto in un fattore isolato che si possa sopprimere;
allora essa è per ^ una equazione a derivate parziali del 2* ordine, che defi-
nisce le infinite forme di t corrispondenti a soluzioni del sistema (2). Se dì
più le (2) sono siounetriche in x, y, z, p, q, ; s^, y\ /, p', q', la / soddisfa
essa stessa, come funzione di x\ y', alla medesima equazione. In tale ipotesi
(«) \iki =
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le formolo (2) definiscono una trasformazione in sé medesima della equazione
a derivate parziali (3) e per mezzo di esse, nota una soluzione particolare
della (8), si possono trovarne infinite nuove mediante integrazione di equa-
zioni differenziali ordinarie.
• Ove si riguardino or, y^ z come coordinate cartesiane ortogonali di un
punto dello spazio, le (2) definiscono una trasformazione di ogni elemento
piano (a^t/,2,pyq) condotto pel punto {x.t/.z) normalmente alla retta i cui
coseni di direzione sono proporzionali a
p,q, — l,'
in 00* elementi {af,y\i^,p\q'). Se si considera una superficie -? = /(^, y),
la trasformazione (2) fa nascere dai suoi oo* elementi piani una tripla infi-
nità di tali elementi. Solo quando la superficie z = f{x, y) è una superficie inte-
grale della (3) è possibile distribuire questi oo^ elementi in oo* serie di oo'
elementi, costituenti ciascuna una superficie; allora la superficie z^=f{x,y)
viene trasformata dalla (2) in oo* nuove superficie, che, nel caso qui consi-
derato della simmetria delle (2), appartengODO alla medesima classe.
< 2. Un esempio molto interessante di tali trasformazioni di un' equa-
zione a derivate parziali in sé medesima è quello che il sig. Lie (0 ha de-
dotto, per la equazione
che definisce le superficie pseudosferiche di ra^o a, dalla costruzione che
io ho chiamato trasformazione complementare.
• Le formolo (2) relative a questo caso sono
p{a:' — x) + q{ì/ — y) — {s! —z)=^0
p'{af — a)-hq'(t/ — y) — (z' — z)=^0
pp'-^q^-i-l =0
(x — /y-h(y — yy-h(z — /y =«*;
allora la (3) si riduce appunto alla (4).
• La trasformazione di ogni superficie pseudosferica in altre oo* tali super-
ficie data dalle formolo ora scritte fu poi generalizzata da B&cklund (^) col
sostituire alla 3^ di queste forQiole l'altra più generale
(K cost*«).
• Nella presente Nota mi propongo di far conoscere una classe analoga
di trasformazioni in sé medesima della equazione a derivate parziali (I). E
sebbene nelle verifiche da farsi sulle successive equazioni (6), (10) si possa
prescindere da ogni significato geometrico, pure non sarà inutile indicare per
quale via queste formolo sono state stabilite. Esse non sono altro che le for-
0) ArchiT forMathematik og Naturridenskab Bd. V. {Zur Theorie der Fìàchen con-
ttanter Krummung HI).
(«) Lunds Univ. Arsskrift. T. XIX.
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mole della trasformazione complementare o dì B^Lcklund per le superficie
pseudosferiche dello spazio di Lobatschewsky a curvatura costante K= — — .
Prendendo per elemento lineare di questo spazio B
(5) dB^ = ^ {dx^ + dy^ + di*) ,
la equazione a derivate parziali (I) definisce appunto in B le superficie a
curvatura costante, il P membro di essa, moltiplicato per —, rappresen-
tando la curvatura relativa della superficie z=^ 2{x^ y) (')•
« 3. Bicorrendo alle note proprietà della rappresentazione conforme dello
spazio di Lobatschewsky sullo spazio euclideo, che si ottiene riguardando
nella (5) x, y, z come coordinate cartesiane ortogonali di un punto di quest'ul-
timo spazio (^), troveremo per definire analiticamente la trasformazione com-
plementare descritta al n. 8 M. e. le formolo seguenti :
\ 1^^= p'{x' — x)'+' q{y' — y) — kz — sf = 0
^^nY,=pp' + qq' — k =0.
( ¥^ = {x'—xy+{i/—yY+z^+^*+Zkz^=Q,
dove k è una costante.
« Possiamo ora facilmente verificare, prescindendo da ogni significato
geometrico di queste formolo, che esse definiscono una trasformazione, della
specie sopra descritta, della equazione a derivate parziali (I) in sé medesima.
Se infatti pel sistema (6) costruiamo le espressioni \ik\y [F^Fk] definite
dalle (a)(/9), troviamo in primo luogo:
[PiP,] = (A* — 1)^, [Pi Fa] =;?« + ?* + A», [P»F,] = 0
[P,P3]---0 , [F,PJ = 2(1-A*)^«, [F3PJ = 2(1-A:»)^,
talché la condizione d'involuzione (8) diventa
(7) {k^—l)z ]M\ 4-(;>*+?*+A:*) J42Ì +2(1— A*V jl2{ +2(1— A«)^» j31| =0.
« Abbiamo poi :
]U\^2rp\q{z+k:^)+y—i/]^-+-2s^^^^^ (^+A/)| —
—2t^ \p(Z'^k£)-{-x—art
J42H ^\(Ì'^kq)(x'-x)-{p'+kp)(i/-y)'^{p'q-pq'){z+k^)
)3i(= \p'{y-y)-i'(^-^)\ . {rt-z')
\l2\=r{x-x'){(i + kq)-i-s^{^ + kq){y — i/)-{p'+kp){x-x')^
-t{y-y')(il + kp)
(1) Veggasi il § I della mia Memoria inserita nel Volume IV, serio 4% CI. se. fis. ecc.
degli Atti della B. Accademia.
(«) Cf. n. 1, M. e.
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— 449 —
e la (7) prende per ciò la forma
(8) A(r^ — 5*) + Br + C«-hDf + B=:0.
« Calcolando effettivamente i coefficienti A, B, C, D, E, facendo uso
delle formolo di trasformazione (6) per porre in evidenza in ciascuno di essi
il &ttore
* = 2Jy(y'-y)-y'(^-^)|,
risulta:
A = (l— A«y.i, B = (l — A*)^(H-(?«).A, G=—2{l—k^)g.pq.ìi,
« Sopprimendo quindi dalla (8) questo fattore A, che non può essere
nullo, troviamo che g deve soddisfare alla equazione della forma (I)
(9) r^ ^^-^' ,Al+g')r-2pqs+{l-^p')t 1 1_ .
« D'altronde le formolo (6) essendo simmetriche in x, y, s,p, q; x\ /, /,
/, ^, risulta dimostrato che esse danno una trasformazione in sé medesima
della equazione (9). È però da osservarsi che la trasformazione è reale sol-
tanto, a causa dell'ultima (6), quando A:*<1, ossia, per usare il linguaggio
geometrico, solo per le superficie dello spazio di Lobatschewsky a curvatura
relativa costante negativa (Cf. n. 8, M. e).
• Non tralascieremo di notare una conseguenza delle ricerche ai §§ III,
lY, M. e. contenuta nel teorema :
n Se 4f=/(;r,y) è una particolare superficie S integrale
della (9), le co* superficie S' derivate dalla S per mezzo della
trasformazione (6) fanno parte di un sistema triplo orto-
gonale ed hanno per traiettorie ortogonali un sistema di
circoli.
« 4. Come le formolo (6) esprimono analiticamente la trasformazione
complementare per le superficie pseudosferiche dello spazio di Lobatschewsky,
così le altre più generali
Fi =/) (a?'— 5?) + j(/— y)4-a+A:/ = 0
(^^^ ) P3 =pp'+q^—k— cos fs |/l+;?«H-g* |/l+p'*+?'* = 0
p,= (^_;r)«+(/_y)«4-**+/' + 2A^/ =0,
dove (T è un angolo costante arbitrario rappresentano per queste medesime
superficie la trasformazione di Bftcklund.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 58
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« Le verìfiche sì fiuranno anche qui come al n. prec**. Abbiamo :
|TiF,]=(A;*— 1>, [F,F,]=p«+j«+A*— cos*ff(l-hP*+j*), [F,F4>=0
[FtF,]=0 , [F. F4]=2(l— A») g* , [F,F4]=2 (1—**) s
|34j=2rp' {q (i+A^H-y — y'|+2s \l/{af—a)-^(y'—y)+{qq'^pp') (*+A:/)| —
—2tq' {pis-hk/y-hx—af j+2 eoa a ]^^"^^]"^^'1 rp | i/—y—q (s-h/a^) j +
\42\=2{(^-hkq)iaf—a;)—Ìp' + kp)iy'—y)-hip'q—p^)ii+k/)^
(rt—s*)
« La condizione (3) prende ancora la forma (8) e se si calcolano i coef-
ficienti A, B, C, D, E, col porre in evidenza in ciascuno di essi, per mezzo
deUe (10), il fattore
U=2(/-cos.l^^S.;.)(/-y)-2(g--cos/il^
si trova
A=(1-A*>«.U, B=<l-A:*)if(l+?*)U, G=-2{l'-k')z.pqV, D=(l-A«)i(l+J5*)U
E==— |l+;?* + y«M;?* + y* + A*— co8*o'(l+p«H-y«)|.IJ.
« Colla soppressione del fattore U troviamo quindi nuovamente per ^
l'equazione a derivate parziali della forma (I) :
• Ne concludiamo che le formolo (10) definiscono una trasformazione di
questa equazione a derivate parziali in sé medesima.
« 5. Terminerò questa Nota enunciando, per le superficie integrali della
equazione (I), alcuni teoremi che si deducono facilmente dai risultati della
mia Memoria sopra citata. Ricorrendo alle proprietà delle superficie evolute
(M. e. § I, II) si può in primo luogo stabilire il teorema :
« Nota una superficie S integrale della equazione (I), le
sue linee di curvatura si determinano con quadrature.
. < Distinguiamo ora il caso in cui la costante G del 2^ membro della (I)
è negativa da quello in cui è positiva.
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— 451 —
•> Se C ò nativa, diciamo
e poniamo
1 A*
potremo riguardare le superficie della classe (I) come immagini, nello spazio
euclideo, delle superficie a curvatura assoluta = — 1, esistenti nello spazio
a curvatura costante K= ^' Per ogni tale superficie
l'espressione differenziale
introducendo i parametri u, v delle linee di curvatura, si riduce alla forma
cos* 0 du* + sen* fi dv^,
dove é^ è un integrale dell'equazione a derivate parziali
(12) 5!?. _ ^ = send cos» .
« Inversamente ad ogni integrale B di questa equazione corrisponde una
superficie S della classe (I) che si determina nel modo seguente.
« Posto
a> = — »
g
si determinerà ^ dalle equazioni simultanee
O — tgS—- — hcotd— •
"Da' k*-hl ^ liul^u l^v D»
. sen0cos(
1 ']/ A'+l ( cos*e\iiu) "^ sen*d \iiv) )
(13) J:^!^=_tg(?^^+cot(^^^
* — tgd hcotd —
Isvl^ A* + l ^ 7)t«"^w l)t; "Dt?
sentf
|/;fei:fri 'K A*+1 j cos*« \-^w/ sen«d \7)t;/ i '
le quali, in virtù della (12), formano un sistema illimitatamente integrabile.
Determinata z in funzione di % v, si calcoleranno x^ y dalla relazione
dx^ + dy* = 4 (cos* » du^ + sen« e dv*) — (— du-¥~- v\ ,
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— 452 —
il che richiede solo, come è noto, Y integrazione dì un* equazione di Biccati.
Se la costante C è positiva, diciamo
c=+i.
e poniamo
1 A*
— = ± r; — r- secondo che A* 5 1,
Tespressione differenziale
si ridurrà alla forma
cos h* 0 du^ -4- sen * hO dv*,
dove 0 è un integrale della equazione
(14) ^^^= senhdcoshd per A*>1
(14') ^ + ^=— senhdcoshd per A«<1.
« Inversamente se d è nota si otterrà <P = — colla integrazione di un
sistema analogo al sistema (13), indi x, y come sopra. Si vede adunque che
r integrazione della (I) si riduce a quella delle (12), (14) o (14') susseguita
dalla integrazione di equazioni differenziali ordinarie «.
Matematica. — Sur les loù asymptotiques des nombres. Nota
di E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
« En cherchant à établir les principes fondamentaux d'une théorie
asymptotique des nombres, nous avons été conduits à cotte remar-
quable généralisation d*un théorème de Cauckjjr: «On a, pour n in fi ni,
^^ gì gì + ^2 ^» H h fl^ gn _ ^^ fl^i + g» -1 h gn , Q)
*l «1 + *« «« H [- *n «» *l + *8 H \-bn
pourvu que le second membro eziste, et que le rapport des
nombres
(bi+bt-\ \- bn) «n+l , *l «1 + *« «« H h *n «n , (2)
reste fini, tandisque leur différence crott à Tinfini sans
osciller».
«Soit
ai'\-at'\ \-an = (bi + bt'\ h *it) ^m lim An = ^ .
On a identiquement
*,él+*8f8-j ^bn€n ** ' *lfl+*2*«+-+*««nV ** Vi+Vt+""^Vn }
OÙ
Vi+Vi-\ h«^n = (*l + *8H }rbn)fn^i—ibi€i+btft'\ f-*nfn).
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— 453 —
En verta des hypcthèees la sèrie t^i + Vt + «^3 + • • • ©st divergente, et ses
teimes ont mème sìgne. Donc
puis :
1» gì gì + ^t gg H 1" ^ ^** ^:^ 1
*l «1 + *« *« H h *« *n
« On peut énoncer la réciproque da théorème (1) toutes les fois que
le rapport des nombres (2) reste différent de zèro, et qne la différence des
mémes nombres, préalablement divisée par «m+i , croit à Tinfini sans osciller.
En particulier on peut ócrire, pour r > — 1 ,
^a, + 2^a,^ \-nra^_ 1 ^^g, + a, + . ■ > + fl^
si Tun des deux membres existe. Il en résnlte que, sì la fonction On
est asymptotique à kn"^ ^ la fonction tr^ On est égale en mo-
yenne à ky et réciproquement.
<Nous allons maintenant démontrer que, si une fonction f(n)y
toujours finie, admet une valeur moyenne constante k, la
somme des valeurs deìa fonction, étendue à tous les divi-
seurs de n^ est asymptotique à klogn. Soit, en effet,
A(»)=/(fl) + /'(*)+/(c) + ...,
a , & , ^ , . . . étant les diviseurs de n . On sait que ^
A(i)+A(2)+-+A(«)=[j]/(i) + [|]/(2) + [f]/'(3) + -..
Les valeurs absolues de f{n) ne surpassant pas, par hypothèse, un certain
nombre fixe, il en est de méme de la différence
Jj/.(i) + A(2) + -- + A{«)|-j/(i) ++/(2)+-+^A«)|-
D'après (1) la relaidon
n
entratne
/(l) + |/(2)-+---+i/(«)
lim z =A.
log»
nìogn
En particulier, si f{n) prend les valeurs 1 ou ò , suivant que n possedè ou
non une propriété donneo, on voit que le nombre des diviseurs de »,
doués d*une certaine propriété, est asymptotique au loga-
rithme de », multiplié par la probabilité qu'un nombre
Donc
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— 454 ^
entier, pris au hasard, jouisse de la mSme propriété. Par
exemple: «Le nombre des diyiseurs de n, déponrvus de divi-
. . fi
seurs carrés, est asymptotique à — j-logw». Ce théorème est dù
à Gauss.
« Si ToD représente par w (n) le nombre de divisenrs, dont il vieni d*étre
qnestion, la demière proposition revient à ceci : .
^^a»(l) + a)(2)+-+«(«)_ 6
n log n TT*
On en déduit, en vertu du théorème (1) ,
a)(l) + |a,(2) + .-. + J«(n) 3
lim Ti r; =-T*
(log ny n^
Or on sait que, B{n) étant le nombre des diviseurs de ^, on a
d(n«) = fi) (a) + «(*) + «(<?) + ....
Conséquemment
l^^(l) + g(4) + -- + <^W_ 3
n (log nf . TT*
Autrement dit: «Le nombre des diyiseurs de r? est asympto-
g
tique à — r(logw)*».
« Le théorème (1) permet d'écrire, en partant de la demière relation,
lim Ti TI =~^'
(log ny TT*
On sait, d'autre part, que
6»(w) = »(a0 + <^(**) + »(^*) + ---.
Dono
n (log rif TI*
n en resulto que le carré du nombre des diviseurs de n est
asymptotique au cube du logarithme de n, divise par li^ .
« Plus généralement, il est facile de voir que, si Ton construit une suite
de fonctions, / , A , /t , A , • • • » d'après la loi
en supposant que la fonction f{n) soit en moyenne égale à A, la fonction
k
fr{n) est asymptotique à — j-(logn)'". On retrouve les résultats pré-
cédents en supposant que f{n) soit 1 ou 0 suivant que n est divisible ou
non par des carrés, autres que l'unite, et en observant que
A(n) = «(»), ^(») = ^(/^0, f,{n) = e^{n), ...
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— 455 —
« Il est aisé de reconns^tre que les conditions restrictives contennes dans
Ténoncé du théorème (1) ne sont pas absolument nécessaires. Si Ton établis-
sait le minimum de conditions on parrìendrait du méme coup à ouvrir une
Yoie largo et feconde pour Tétude des nombres premiers. Bornons-nous à faire
obsorver que» pour des formes convenables de f{n)y que nous cherchons
actuellement à déterminer, on peut écrire
^°^ ;(l) + /(2) + ... + /(n) -'' ^^^
j^i )j02) ' ** fl'v 1 étant, les nombres premiers, non supérieurs à n.
Pour
la relation (3) nous dit que, si Ton considère les nombres pre-
miers, non snpérieurs à n: P Leur nombre est asjmptotique
fi
à -; . 2° La somme de leurs inverses est asymptotique
log»'
àloglogn. 3° La somme de leurs logarithmes est asympto-
tique à n. 4^ La sonìme des carrés des mémes logarithmes
est asymptotique à nlogn; — etc.
« Le théorème de Gauss, signalé plus baut, se présente conmie cas par-
ticulier d'une autre proposition, qu*on rencontre dans Tétude de la fonction
FW=/(a,i)+/(»,|)+/(.,f) + -, (4)
f{id) désignant une fonction finie du plus grand commun diviseur de i
et j . On remarquera d'abord que, si Ton pose
/'(w) = /_, (a) + A, (*) + /L, (e) + • • • ,
rinversion de cette égalité mentre que la valeur absolue du rapport de /Li (n)
à B{n) ne surpasse pas la valeur absolue de f{n). Dès lors, si Ton tient
compte de la relation evidente
^/0-,;)=[y]V->(i)+[QV-i(2) + [QV-.(3)+--,
on peut afSrmer que la différence
n
est ìnférieure, en valeur absolue et à moins d'un &cteur Constant, au nombre
2^|»(l) + »(2) + -- + n«)| + J|»(l) + |»(2)+-- + i<»(«)|.
Or on sait que
Imi ^ ' ' — —^ ' — i-^ = 21mi T^ t; =1-
wlogn (log»)*
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— 456 —
Donc
n
D'autre part, le premier membre 4e cotte égalité, lìmite ani couples de
yaleurs de i et j qui donnent ij ~n, représente éyidemment la somme
P (1) + F (2) H h F («) . En conséquence
J^«=Jl[f>[^>[ir]+-|/-.«.
Cela étant, on sait que, pour toute valeur fixe de i , le coeffident de /L| {i)
est asymptotique à
^log«— ^(log»-C + |).
Il en résulte, pour n infini,
On voit donc, par comparaison avec (5) , que
F(l) + F(2) + .-- + F(.)^ J_y
Si, par exemple, f{n) est 1 ou 0, snivant que n jouit ou non d*une proprietà
donnée, on peut dire que: «Le nombre dea décompositions de n
en deuz facteurs, dont le plus grand commun diyiseur pos-
sedè une certaine propriété, est asymptotique au loga-
rithme de n, multiplié par la probabilité que le plus grand
commun diviseur de deux nombres quelconques, pris au
hasard, soit doué de la méme propriété». Après une simple
transformation de la sèrie contenue dans le second membre de (5) on peut
dire que: «Le nombre des décompositions de n en deuz facteurs,
admettant pour plus grand commun diyiseur un terme de la
suite Ui,Ut,Uz,.., , est asymptotique à
« Signalons, pour finir, quelques intéressantes propriétés de ces fonctions
F {n) . Si Ton convient de prendre /(ar) = 0 , lorsque x n'est pas un nombre
entier, on peut écrire, au lieu de (4) ,
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r
— 457 -T
On déduit de là, comme d'habitude,
Y-FO)»(0 >v-a.(e)i^(0 <^f(i)^Hi) ,
Z. *•* Z- i" "Z. ^■*'-
1 1 1
où tfj est une fonction quelconque, douée de lapropriété ^(i)^(j) = ^(ij)
pour les yalenrs entiòres de la yariable. Posons
"»• — ir "T 2'' "'^ à*" ' *" — l*" ' 2** ' 3*" "»"''•
Les propriétés de la fonction cu condaisent sans peine au résultat suivant :
1
Donc
1
Par exemple, en faisant r = 2 et \p{n)^=\, on troupe que, si P(») est
le nombre des décompositions de n en deux facteurs, dont
le plus grand commun diyisettr appartienne au système
Ui^Ut^ìiz,. .. , on a
Fa) + |F(2) + ip(3) + ...-|(-l- + ^ + ±+...).
Si ìp {n) = sin —r- , on trouve que le quotient des séries
F(1)-ÌP(3) + ^F(5)-... 1. + ^+^ + ..,
est indépendant du système Ui.Ut.Uz,- - . Sa yaleur est
■^(0,915965594...)'.
Enfin, en supposant que ^> (») soit 1 ou —1 , suivant que n est compose
d*un nombre pair on d*un nombre impair de fiicteurs premiers, égaux ou iné-
gaux, on trouve que la somme de la sèrie
F(1)-ÌP(2)-|F(3) + ÌP(4)-^F(5) + ^F(6)-..
2
est égale aux - de la somme des inverses des quatrièmes puissances des
5
nombres du système «.
Matomatica. — Sur les systèmes de nombres entiers. Nota
di E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
« Considérons un système i2 de nombres entiers et positifs*. Soient a^ ^s, 6^3 , . . .
ces nombres, rangés par ordre de grandeur croissante. Soit ii{n) = 1 , si » ap-
partient à i2, et i2(/^) = U dans le cas contraire. Si Ton pose
Ì2(l) + iJ(2) + i2(3)+ . . . J^a{n) = rmn ,
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 50
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— 458 —
la fréqmnce des nombres du système est la limite rar de ar„ , pour n infini.
Cela étant, on sait que
«« = (« + ^)log(l + ^)-l<12^(^.
Évidemment, la sèrie e«i -[- z^t + W3 + • • • 6st convergente. Il en est de méme
de la sèrie fi^i -|-e2W2 + f3W3 + . . . , si les nombres « sont définis par
régaUté
Soit
1 — log A = f 1 t^i -)- ée Wg + ^3 W3 + (1)
Le reste de la serie est inférieur à
1 ( ^H ■ fv«<- 1 I fi±_? I \ — ^
12(r(r + l)"*"(r+l)(v + 2)'^(. + 2)(v + 3)"*"--"i-^12i'-
On peut donc écrire
0 étant compris entre 0 et 1. D'autre part
'^' r^wv + i
^ fiUi- log ^^^jj ^^2^ ^^^3j ^^^^ - 2_'<
Donc, si Ton fait
et que l'on pose
n(v) = 1 , r = «„ , rar^ = » ,
on a
Il faut remarquer que le rapport de Cn à On tend vers zèro, pour n infini.
En effet,
D'après cela nous pouvons écrire
lim — = lim ]- (*i + fi + . . . + *v) — o5^\= lim f^ — w = 0 ,
lim 1/ — — = lim é^ = e^ ,
et cette relation nous donne une cxpression nouvelle de la frcquence de /i.
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— 459 —
« Il eat assez remarquable que, malgré les variatìons illimitées qu on
peut feire subir à iJ , la constante A ne yarie d'un système à l'autre qu'entre
des limites fort rapprochées. On sait qua sa valeur est \l^n lorsque les nom-
bres 6 sont tous égaui à Tunit^ Donc k^)/%n, D'autre part
I 1
d'oìi
logA<^lim(l + i + J + ... + 2^-|log«) = log2 + |c,
C étant la constante d'Euler 0,5772... En résumé
2,5066 . . . = t/2^ = A< 2^*"^ = 2,6691 . . .
K Portons sur une droite, à partir d'un point fixe 0 , et en sens con-
/ — ic
traires, les distances OP = y 2/r , OQ = 2^ . Tonte valeur de A peut étre
représentée par la dìstance de 0 à un point de la circonférence décrìte sur
le diametro PQ, le point Q étant considéré comme inaccessible. Les
constantos relati ves à deux systèmes complémentaires représentent les
longueurs des segments déterminés par 0 sur une des cordes qui y passent ;
car, si r/n et B sont ce que deviennent e^ et A pour le complémentaire
de i2, on a
7Jsyn + 2 w(l — «^n) + 2 1
^ + 2 ^-+2
et la formule (1) donne
2 - log AB ==^«; +^ 27+T = (l - ^"S \'^) + (l - log 2.*°) ,
1 1
d'où
AB = |/8^ = 6,0905 . . .
tf La formule (1) ^e prete à une fonie d'autres développements, plus
ou moins curieui. Il est aisé de reconnaìtre que, si Ton pose
l+i 2+i 3+i n-l
on peut écrire
1 -logA= ^ |(» + |)S«,-(S,. + S„, + . . . + Sa„)| . (2)
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— 4G0 —
D'ailleurs S„ ne diffèr« pas de
On trouvc donc, par substitutioii dans (2),
1 2e
en posant, pour abréger,
En d autres termos
4 r. _L JL 31 187
^ «_ 2e ** **'*'960*'~ 8064 *«"^ 30-7*0 *'^" ÌQ)
Il serait facile de rendre le demiers calculs parfaitement rigoureux en in-
troduisant Texpression du reste dans les séries semi-convergentes
qui 7 figurent. Nous nons bomerons à faire remarquer que, quelque soit le
système i2, la constante qa*il définit est siipérieore à
Parexemple, sii2estlesystèmedo8 nombres premiers 2,3,6,7,11,18,...,
on a
A >2^«'*««'- =2,6192....
Du reste, la formule (3) permet de calculer A avec une très-grande ap-
proiimation.
« Le considérations qui préoèdent pom-raient étre appliquées à im sr-
stème quelconque de nombres, à densité variable. Nous reviendrons proba-
blement sur ce sujet; mais, pour le moment, nous allons faire voir que,
tout en restant dans le champ des nombres entiers, il y a moyen de ratta-
cher cetle étude à celle de certaiues fonctiones, qui sont de la plus haute im-
portance dans Tanalyse. Bemarquons, avant tout, quii sufiit de changer n
en n -f- ^ dans les formules initiales pour obtenir, par les mémes procédés,
la formule
où
«■ + •2^ + 2
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1
— 4tìl —
On volt que, poor one valear donnée de x, le minimum de A(^) se produit
lorsqne les nombres e sont tous ^ax à l'unite. On a donc
^ ' «=00 (» + ^)"-^**Ì ^(1 + ^)
Si l'on privait Si de tous ses éléments, A.(a) tendrait vere sa plus grande
valeur. En conséquence
1+^-log 1 (l+^^r-i A (x) } > (^ + 1) ^ jlog (l + r^) ■
doù
pourru que l'on pose, pour abiéger,
Par exemple
Du reste on peut écrire
/+^+|ì
w ^ o 2 , 2 2 , 2
*(^> = 2-rT2^ + 3-8 + 2^ + 5----
2,8284 . . . = 2 1/2 ^ A (|W e''* * = 2,9364 ....
A.(a;) = X .e "" ,
où 6 est une fraction proprement dite, dont la valeur dépend de x et de Sì
On Toit que, x croissant à l'infini, l'influence de Sì sur A.{x) tend à disparaitre.
» Pour tdcher d'obtenir l'espression de A(^), relative à un système quel-
conque, on est d'abord porte à étudier la sèrie
(f{x)=
1— OTi , 2— 2mg , 3— Sots
(•+i)('+^+i) M)(^+^i) (M-i)(a-^r ■
Le produit du terme general par le rang du terme tend vera 1 — w. Pour
que la sèrie soit convergente il faut donc que les nombres ai, at, a^, . . ,
soient infiniment fréq::ents panni les nombres entiers. En particulier, la
sèrie 9> est conyergente lorsque ar» tend yers sa limite 1 sans osciller; mais
alors le système oorrespondant n'offre aucun intérét, parcequ'il fìnit par con-
tenir totcs ks entiers supérieurs à un certain nombre. Quoiqu'il en soit, si
la sèrie q> est convergente, on peut definir une fonction analogue à la fon-
ction r par l'ègalitè
G(l + ;r)==lim ^"''
■0+t)('+t)-('+t)
et les formules précédemment établies permettent d'écrire
K( \ A (0) g^<«'
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— 462 —
Pour ces systèmes partìcaliers, le nombre
K = limS — + — + — + •••+ — — log «.|
existe, et l'on a
«nV^-'-rrio+i)'-^
« Or nous pouvons toujours demander à cette formule la définition de
la fonction 0, en obsenrant qu'une fonction holomorphe à racines entières ne
saurait étre que du genre 1 ou du genre 0. La fonction G étant ainsi définie,
tàchons de remplacer la sèrie q> par une autre, dont la convergence ne dé-
pende pas de 12. On y parvìent en remarquant que la fonction
K + y(^) = lim — + — H h— — loga^H 1
existe toujours. Il en résulte que la sèrie
i ì
^<^'— ?i(;^iPTF)-
est convergente, quelque soit i?. Cela étant, on démontre sans peine que la
fonction A est donneo par la formule
On trouve ensuite, par des transformations connues,
Fisica. — L'isoterma dei gas. Nota III Q) di Aroldo Violi,
presentata dal Socio Blaserna.
Confronto con le esperienze delle equazioni deirisoterma.
« Volume specifico molecolare. Abbiamo già detto che il volume spe-
cifico molecolare varia proporzionalmente alla radice quadrata del peso mo-
lecolare e a quella della pressione espressa in metri di mercurio; per con-
seguenza facendo nella 40) i = Cg. 0,117866 (peso di 1"^ d'idrogeno a 0** C.
e alla pressione di 1*" di mercurio), e J^Cg. 13596 (peso di 1"' di mercurio
a 0**C.) avremo:
55) A = 0,0005 |/pAÌ^.
« Il volume specifico molecolare è adunque eguale per tutti quei gas
che han lo stesso peso molecolare, indipendentemente dal numero degli ele-
menti che formano le molecole e dalla qualità della sostanza di essi ; e so-
0) V. p. 316.
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— 468 —
stituendo nella espressione 55) i pesi molecolari di alcuni gas, i relativi vo-
lumi specifici molecolari a 0°C. e alle pressioni di 0"»,76 e di 1"
espressi dai nmneri inseriti nelle colonne della seguente
Tabella L
sono
- -
Aeriformi
Formola
Peso
1
b
molecolare
0«,76
jm
Idrogeno
Ammoniaca
Etilene
Aria
Anidride carbonica
Protossido d'azoto
H,
NH,
N,0
CO.
N,0
2
17
28
28,86
44
44
0,000616
0,001797
0,002306
0,002341
0,002892
0,002892
0,000707
0,002061
0,002646
0,002686
0,003317
0,003317
fc Confrontando i numeri calcolati da Van der Waals e Blaserna dai
risultati sperimentali di Eegnault per l'aria, Tidrogeno e Tanidride carbo-
nica, e quelli ricavati da Van der Waals dalle esperienze di Janssen e Roth
pel protossido d'azoto, ranomioniaca e Tetilene, con quelli inseriti nella colonna
corrispondente alla pressione di 1*° di mercurio della Tab. I) si ha:
Tabella IL
Formola
Peso
B
w
calcolato
Aeriformi
molecolare
Idrogeno
H.
2
0,00069
0,00069
0,000707
Aria
N,0
28,86
0,0018
0,0026
0,002686
Anidride carbonica
Protossido d'azoto
CO.
N.O
44
44
0,0075
0,0030
0,00331 7
0,003317
J
R
0,00194
»
Ammoniaca
NH,
17
»
0,00631
0,002061
Etilene
CH*
28
n
0,00268
0,002646
a Di qui chiaro appaiisce la concordanza con i valori ricavati da Van
der Waals (W) dalle esperienze di Regnault per l'idrogeno, Taria e l'ani-
dride carbonica e la discordanza di quelli ottenuti da Blaserna (B) pei me-
desind gas rispetto ai relativi valori calcolati con la 55) ; e tal differenza è
presto spiegata qualora si rifletta che Blaserna ottenne tali risultati p^r una
sola serie di osservazioni, mentre i numeri di Van der Waals si riferiscono a
molte serio di osservazioni. Sappiamo inoltre che Janssen e Uoth eseguirono
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— 464 —
lo loro esperienze con un manometro chiuso ad aria, senza tener conto
delle deviazioni relative alla legge di Bojle; ed il protossido d* azoto stu-
diato da Janssen non era .perfettamente puro. Questi fatti bastino per ora a
giustificare il non indifferente disaccordo del valore ricavato da Yan der
Waals dalle esperienze di Janssen (J) pel protossido di azoto con quello
calcolato. É poi soddisfacente la concordanza del valore trovato con quello
calcolato per T etilene, il quale si può ottenere piuro assai facilmente.
« Van der Waals, nello sviluppo deUa sua teoria, arrivò a concludere
che il volume del gas doveva esser diminuito di 4 volte il volume moleco-
lare assoluto; e ricavò dalle esperienze di Begnault dei numeri assai con-
cordanti con quelli che per noi esprimono il volume specifico molecolare re-
lativo, ottenuto dal rapporto del peso specifico del gas e il peso specifico
molecolare. Se ora indichiamo con V^ il volume specifico molecolare dato
dal rapporto della densità del gas e la rispettiva densità molecolare,
siccome abbiamo ottenuto dalla 39) il peso specifico molecolare in fun-
zione della radice quadrata del peso molecolare J9, scriveremo un'espres-
sione identica a quella per il volume V , relativamente alle masse del gas
0 delle molecole, avremo cioè
essendo Di la densità molecolare, la quale per la 39) è determinata da
quindi V sarà espresso da
D.= |/^A.£
,„_ 1 dhx
la quale differisce dalla 37) per |/^ che moltiplica D. Ora per 5^=9,80533,
si ha |/^ = 3,13; valore un po' inferiore a 4 come ottenne Van der Waals,
ma soddisfacente rispetto alla concordanza dei risultati ottenuti per il vo-
lume specifico molecolare relativo. Quindi la differenza stabilita da Yan der
Waals, fra multiplo del volume molecolare assoluto e volume molecolare
assoluto, corrisponde per noi a quella fra volume del peso specifico moleco-
lare e volume della massa molecolare.
« Costante specifica di attrazione molecolare. Come risulta dalla 30)
la costante specifica di attrazione molecolare è uguale alla differenza fra la
pressione estema ed intema molecolare. Facendo nella 27) // = 13596, per
le pressioni iniziali di 0"*,76 e 1*" si ha
0™,76 1™
56) a^ = 0,00009677 ; 0,00007355
e dalla 23), per ^ = 9,80533; Ji = 0,117866,
3 _
57) fli = 0,000004568 / \n Ih
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— 46S —
« Dalla fonoa di nmsi'tafiesÀom risalta die la tastante speoifica delle
atbttioni moleoolari è agitale per tutti i gas le cui moleoole hanno eguale
il peso relatÌTo e il muneio degli elementi componenti. Quindi, p^ i gas
già presi in oeisideranone, la ooatante specifica di attrazione moleoolare per
la 30) e i valori dati dalle 56) e 67), alle pressioni di 0«,76 e di 1" di
meronrio i espressa nella
Tabslla III.
Aerìfenni
Pormola
Peso
n
a
molecolare
0»,76
1"
Idrogeno
Ammoniaca
EtQene
Aria
Anidride carbonica
Protossido d'azoto
H,
NH,
C.H4
N,0
CO.
N.O
2
17
28
28,86
44
44
2
4
6
2
3
3
— 0,000079
0,001495
0,004849
0,003547
0,009598
0,0095S8
- 0,000050
0,002022
0,006434
0,004721
0,012682
0,012682
« Confrontando i valori ivi inseriti p^ la pressione iniziale di i*" di
mercnrìo con qnelli calcolati da Van dar Waals e Blaserna dalle esperienze
di Begnanlt, e da Yan der Waals dallo esperienze di Janssen e Both alla
stesi» pressione di 1^ si ha:
Tabella IV.
Aeriforrai
Formola
Peso
n
B
w
calcolato
molecolare
Idrogeno
Aria
Anidride carbonica
Protossido d*azoto
Ammoniaca
Etilene
N,0
CO,
N.O
NH,
C.H«
2
28,86
44
44
17
2
2
3
3
4
6
0,0000
0,0029
0,0160
0,0000
0,0037
0,0115
- 0,000050 ^
0,004721
0,012682
0,012682
0,002022
0,006434 ■
J
B
0,00742
n
0,0169
0,00786
Bendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem.
60
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— 466 —
« Dairispezione dei numeri inseriti in questa tabella, per Tetilene, Tam-
moniaca, il protossido d'azoto e l'anidride carbonica, non abbiamo che da ri-
petere quanto già si disse del volume specifico molecolare di essi.
« Per l'aria la costante specifica di attrazione molecolare è un po' su-
periore a quella di Yan der Waals; ma qui è opportuno ricordare che noi
l'abbiamo dedotta considerando Taria come un corpo composto chimicamente
definito, e non come un miscuglio quale essa è.
« È abbastanza singolare il valore negativo della costante a dell'idrogeno,
ossia l'attrazione molecolare interna superiore a quella estema ; ma a questo
riguardo avremo occasione in seguito di fare qualche rilievo.
« Compressibilità. Supponiamo, come fece Begnault, che alla pressione
di 1™ di mercurio e a 0*^ C. il volume del gas sia eguale ad uno ; per questo
caso speciale, facendo nella I) H = l , v = l , t = 0^ si ha
ed essendo allora determinato il valore di Bi , l'equazione generale dell'iso-
terma assume la forma
^^^ r+ 2]v{i-b){i+at)\' r=^ + 2(r^r*)^=^^
dalla quale si ricava l'espressione
"' "'èKiT^-ìp-hèFF
2aH
2(1 -*)M )(l-i)(l+«0(*
la quale permette di calcolare il volume a 0® C. a cui si riduce il gas alla
corrispondente pressione H, mentre si mantiene costante la temperatura t^
con i valori iì a e b dati dalle tabelle III e I). Moltiplicando la II) per H
la compressibilità del gas sarà rappresentata da
HI) H.=./. \i + ^g^l == y. p/|i +^^\' - ^^i=^^^.
« Quest'espressione è un po' differente da quella empirica di Begnault
e da quella che risulta dall'equazione generale di Yan der Waals ; però essa
rappresenta assai bene, nelle differenti parti, l'andamento generale del fe-
nomeno, come confermeremo nel confronto progressivo con le esperienze.
« Intanto incominceremo a rilevare che, per i valori positivi della quan-
tità sotto il radicale, il prodotto Ev è sempre minore dell'unità per tutti i
gas, meno l'idrogeno il cui valore della costante a è negativo, cioè i gas
si comprimono più di quanto esige la legge di Bojle : l'idrogeno soltanto si
comprime meno, essendo per esso il prodotto Rv maggiore dell'unità.
« Con la formola II), e rispetto alle crescenti pressioni comprese fra 0*"
e 20™ di mercurio, calcolando i valori di v per l'aria, alle temperature 0® ;
4^75 ; 100** ; per l'anidride carbonica a 0^ ; 3%25 ; 100^ ; per l'idrogeno a 6* ,
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— 467 —
servendosi dei yalori di a e 6 inseriti nella colonna 1"^ di pressione delle
Tab. Ili e I), abbiamo la seguente
Tabella V.
H
in
metri
Aria
Anidride carbonica
Idrogeno
0*>
4^75
100^
0»
3^25 1 100«
6<>
0
0,76
1
5
10
15
20
00
1,3165
0,999986
0.198077
0,978136
0,064372
0.04763'4
00
1,3166
1,000086
0,198167
0,097898
0,064459
0,047722
00
1,3176
1,001080
0,1992
0,09895
0,06553
0,04882
00
1,3178
0,999993
0,194739
0,093859
0,060026
0,042904
00
1,3181
1,000191
0,194698
0,094029
0,060213
0,043112
00
1,3208
1,002941
0,197830
0,097124
0,063509
0,046662
00
1,3158
0,999998
0,200018
0,100021
0,066687
0,050022
« Ora indicando con v il volume del gas alla pressione H di 1"^ di
mercurio e con v' il volume del medesimo gas alla pressione di H' metri
di mercurio, i rapporti —7-7 e -7- confrontati con queUi ricavati dalle espe-
rienze di Begnault per l'aria a 4^,75, Tanidride carbonica a 3^,25 e l'idro-
geno a 6^, sono rappresentati dai seguenti numeri :
Tabella VI.
H
Aria a 4^75
Anidride carbonica a 3^25
Idrogeno a 6°
Ev
Ev
HV
V
Ev
V
v'
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
caleoUto
osaer-
rato
calcolato
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
calcolato
0
0,90886
0,99771
0
0
0,99221
0,99884
0
0
1,00050
1,000028
0
0
0,76
ojmn
0,99945
0.7598
0,7596
0,99808
0,99851
0,7585
0.7588
1,00014
0,99998
0.76011
0,75909
1
1.00000
1,00000
1,0000
1.0000
1,00000
1.00000
1,0000
1,0000
1,00000
1,00000
1.00000
1,00000
5
1,00417
1,009886
5.0208
5.0467
1,08652
1,02742
5.1826
5,1871
0,09748
0,99991
4,98740
4,99954
10
1,00851
1,021559
10,0851
10.2156
1,09422
1,06870
10,0422
10,687
0,99408
0,99979
0,94080
9,99788
15
1.01190
1.084840
15,1784
15,5151
1,16582
1,10739
17,4798
16.6108
0,99028
0.99969
14,85845
14.99540
20
1,01482
1.047824
20,2868
20.9565
1.24982
1,15999
24,9964
28,1998
0,98745
0,99956
19,74900
19,99117
tt Le differenze per Varia e Tanidride carbonica non possono attribuirsi
altro che al fatto della sola serie di osservazioni da cui furono ricavati i
valori numerici ivi inseriti. Per l'idrogeno la deviazione dalla legge di Boyle,
per i numeri calcolati, è meno marcata di quello che risulta dall'esperienza.
Tali differenze diminuiscono notevoknente aumentando la temperatura, come
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— 468 —
risulta dal seguente confronto per l'aria e Tanidride carbonica alla tempe-
ratura di lOOV
Tabella VII.
H
Aria
Anidride carbonica
Ev
HV
V
f/
Ev
HV
V
v'
oBservato
calcolato
osservato
calcolato
osservato
calcolato
osserrato
calcolato
0
0,99991
0,99771
0
0
0,9967
0,99384
0
0
0,76
0,99998
0,9997
0,75998
0,75977
0,9992
0,9991
0,7594
0,7593
1
1,00000
1,0000
1,00000
1,00000
1,0000
1,0000
1,0000
1,0000
&
1,00031
1,0051
5,00161
5,0255
1,0133
1,0139
5,066
5,0697
10
1,00063
1,01166
10,0063
10,1166
1,0306
1,0326
10^06
10,3264
15
1,00086
1,0184
15,0129
15,2762
1,0485
1,0528
15,727
15,7921
20
1,00102
1,02534
20,0204
20,5068
1,0669
1,0747
21,338
21,4937
« Per Varia naturalmente è sempre un pò* inarcata te differesiza ; ma è
però soddisfacente raccordo fra i valori deirosservazione e quelli calcolati
per l'anidride carbonica.
« Coefficiente di dilatazione. Moltiplicando la 59) per il binomio (1 + «0
essa si trasforma nella seguente
60) (l + aOHt;-f-
a
2v{\^at){l — bY
= 1
2(1
^.|(l + «0
Indicando con v^ il volume del gas alla tempwatura ^o = 0** G. , e
con v'=Vt{\-\-at) il volume del medesimo gas alla temperatura / e alla
costante pressione H, dall'espressione 60) otteniamo le due equazioni
Hy'-
61)
2»o(l+«0(l-
:^=|i+2(r^^i+«')'
Hvo
1 +
2(1—*)* '^2(X — *)*'
e dividendo la prima per la seconda, defalcando l'unità e ridncendo si ottiene
«2)
/» =
V — Wo
1' +
{2-^at)a
V4 r • 2H(l+aOK(l — *)!*)
cioè il coefficiente di dilatazione fi , comprimendosi in generale i gas più di
quanto esige la legge di Boyle, evidentemente aumenterà proporàonalmente
aUa pressione e diminuirà inversamente ali* aumento di temperatura. Per Taria
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— 469 —
e ranidride carbonica, alla temperatura di O^C, abbiamo i segmnti Talorì
messi a confronto con qnelli osseiTati da B^ault.
Tabella Vili.
H
t^o
Aria
V.
Anidride earV)nica
OM«nrato
«alcoUto
oaaeivftto
calcolato
0
0.76
1
5
10
15
20
1
0,003658
0^003670
0,008674
0,003730
0,008788.
0,003834
0,003866
0,008654
0,003667
0,006671
0,008745
0,003835
0,008988
0,004085
00
1
0,003660
0,003710
0,008727
0,004057
0,004615
0,005332
0,006210
1 ==
0,008654
0,008669
0,003701
0,003900
0,004188
0,004518
0,004821
0,7595
1
1
0,7588
1
1
5,0484
1
5.185
1
10,2233
1
10,6542
1
15,5345
1
16,6598
1
20,9994
23,3077
« I Talori di ro riportati in questa tabella sono quelli deteiminati dal
rapporto di Vo alla pressione di H™ e queUo della pressione 4i 1~ dei ri-
spettivi yalorì della Tab. V) inseriti nella colonna corrispondente a 0® C.
« In quanto alla diiFerenn fra i valori oeswvati e quelli calcolati, spe-
cialmente per ranidride carbonica» nulla abbiamo da a^ungere a quanto si
disse della compressibilità di questi gas a temperature poco differenti da zero.
« plasticità 0 tensione. Dall'equazione 59) si ha
63)
^-J^+2(l^*)*r ^(1+c^o^n
la quala, alla tempetatura t , permette di ealeolare la pressiooo H quando si
mantenga costante il volume v ; e conseguentemente T elasticità q t^aiiooe
del gas, ptf la 68) sarà rappresentata da
IV)
H^ = l+2(l-*)«h-t;(l + «0'|
rispetto alla quale i valori di H 90110 quelli calcolati con la 63) in fun-
zione di V.
« Caeflleiente di riasticità 0 di tensione. Indicando con H» la Isna
elastica del gas a O^C. e con H'»aHo(l + «0 q^olla alla temperatola t
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— 470 —
di esso, mantenuto a volume costante v , dall'espressione 60) ricaTiamo le
due equazioni
64)
g'''+2»(i+.mi-«)--'j'+2(r^-j<'+°"
Ho«-
.i = l +
2«(1+A)« ' ' 2(1 — *)*'
dividendo la prima per la seconda, defalcando l'unità, e riducendo si ottiene
(2 4- at)a
65)
/S' =
g — H,
= 1
a.
Dunque il coefficiente di tensione è rappresentato da una espressione iden-
tica a quella del coefficiente di dilatazione ; cioè conformemente all'esperienza
aumenta proporzionalmente alla pressione e diminuisce inversamente alla
temperatura. Calcolando con la 63) i valori di Ho abbiamo per fi i seguenti
valori calcolati per Taria e l'anidride carbonica a 0^ C.
Tabella IX.
V
Ho
Aria
Ho
Anidride carbonica
osservato
calcolato
osservato
calcolato
00
1
0,76
1
1/6
1/10
1A5
1/20
0
0,7604
1,0000
4,9525
9,7864
14,5017
19,0982
0,003654
0,003665
0,003669
0,003723
0,003778
0,003821
0,003861
0,003654
0,003667
0,003671
0,003742
0,008831
0,003923
0,004017
0
0,7612
1,0000
4,8723
9,4255
13,6596
17,5744
0,003654
0,003688
0,003702
0,003939
0,004340
0,004858
0,005492
0,003654
0,003689
0,003701
0,003898
0,004148
0,004421
0,004714
> Le differenze fra i valori osservati da Regnault, per questi due gas,
e quelli calcolati sono assai minori di quelle del rispettivo coefficiente di
dilatazione.
« Dall'equazione generale deirisoterma proposta da Yan der Waals si
ottiene, pei coefficiente di elasticità,
/»''
■('+E?)«
indipendente dal volume specifico molecolare e dalla temperatura, la cui di-
pendenza è espressa dalla 65) conformemente alle osservazioni di Amagat ' .
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— 471 —
Fisica. — Ricerche intorno alle deformazioni dei condensatori.
Nota II. (0 del dott. Michele Cantone, presentata dal Socio Blaserna.
Rimltati delle esperienze. Accennerò anzitutto che gli aumenti di Tolume
interno avvenivano gradatamente a misura che cresceva la carica nel conden-
satore, e che scoccando la scintilla nello spinterometro, la colonna liquida ritor-
nava un poco al di sopra della posizione iniziale: tale spostamento residuo,
che era sensibilmente proporzionale alla variazione di volume subita dal reci-
piente alla carica, e che in tutti i casi costituiva una frazione assai piccola
dì questa variazione, spariva dopo qualche minuto. Un tal fatto è da attri-
buire probabilmente ad una piccola variazione di temperatura subita dal vetro
nel passaggio istantaneo dallo stato deformato allo stato iniziale, poiché ho
visto essere lo spostamento resìduo molto accentuato quando sì faceano suc-
cedere diverse scariche a brevi intervalli di tempo.
« Gli spostamenti delle frangio avvenivano anch'essi gradatamente col
crescere della carica ed accennavano ad un allungamento del condensatore;
non si potea però avere alcun particolare sul moto dì ritorno, tranne nel caso
in cui lo spostamento prodotto fosse minore di una frangia, perchè negli altri
casi il moto di ritomo, sempre di brevissima durata, non potea seguirsi dal-
l'osservatore. Quando sì producevano alla carica pìccoli spostamenti, si ebbe
costantemente il ritomo alla posizione iniziale.
« Alcuni studi preliminari hanno inoltre mostrato che le deformazioni
dì un condensatore dipendono dalla durata della carica. Ho visto infatti che
a seconda della velocità con cui motava il disco della macchina elettrica, si
aveano tanto per le variazioni dì capacità che per quelle dì lunghezza valori
accennanti in modo netto ad una deformazione sempre maggiore col crescere
della durata della carica necessaria a portare l'armatura ìntema ad un dato
potenziale.
« B^tro nelle seguenti tabelle i risultati delle esperienze da me fatte
in proposito sui vari condensatori. Per ogni valore della distanza delle pal-
line nello spinterometro, sono segnate accanto ai corrispondenti valori delle
durate delle cariche, avuti mediante un contaseoondì, in ciascuna tabella a
sinistra le variazioni di volume computate in divisioni del micrometro, e in
ciascuna di quella a destra gli spostamenti delle frangìe rispetto al punto se-
gnato nel centro della lastrina l\
(ì) V. pag. 344-
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— 472 --
Recipiente N."
/.
Distanza espi.
Distanza espi.
Distanza espi.
6«m
6-«
5m»
/*T
t
^L
t
^L
t
13*8
2:1
3'35
3>
2'80
^fi
13,8
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3,5§
S.2
240
2.7
14,8
5,0
3,80
6,4
2,60
4,0
15,8
6,0
4,30
10,0
2,65
5,8 j
16,2
10,0
4,60
12,0
15,?
11,0
4,65
17,4
20,7
30,0
4,60
21,8
5,15
34,5
Beeiptente N."
//.
Distanza espi.
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
Distanza espi.
Distanza espi.
Distanza espi.
5- 1
A
t
^y
t
^v
t
Jx.
t
A
t
A
t
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24,7
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d
8,3
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1)90
<1
^5,6
4,9
16,6
4,0
8,6
5,0
5,85
3,8
4,05
3,6
1,95
2,7
27,1
6,3
17;8
5,8
8,9
8,2
6,06
4,4
4,26
6,0
2,00
3,0
27,3
6,8
17,7
6,1
9,1
0,0
6,55
5,7
4,60
10,2
2,30
7,2
31,^
10,7
18,2
7.7
6,75
7,0
4,75
14,2
2,46
"
Recipiente N.^ III.
Distanza espi.
Distanza espi.
6»*
Distanza espi.
Distanza espi.
6-- ''1
Jv
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t
A
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31,0
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zy
2,46
Ù
hio
^fi
31,7
5,2
20,7
6,2
2,80
6,0
1,85
7,0
35,6
7,7
21,3
7,7
2,95
8,0
1,90
7,5
21,7
9,3
2,00
12,3
24,5
16,3
2,25
15,8
25,8
22,3
2,30
16.7
^- :
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473 —
Recipiente N." IV.
Distanza espi.
7m»
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
5B«
Distanza espi.
ymm
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
5inm
^T
t
ày
t
^v
t
Ju
t
A
t
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15,7
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d
9,8
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d
7,3
Ù
4,80
^fi
3!^30
41
3,3
2^30
<1
16,3
4,7
10,5
3,8
7,4
2,5
5,00
5,0
3,45
5,0
2,45
3,4
16,9
5,1
10,8
4,0
7,8
5,0
5,25
6,0
3,60
6,1
2,50
3,5
17,9
8,0
11.2
4,8
8,1
5,8
5,45
7,6
3,65
6,7
2,60
3,8
19,5
12,0
11,7
5.4
5,50
8,0
4,00
11,3
21,0
18,2
12,5
9,8
6,15
12,2
4,90
26,0
21,2
19,3
« I dati fornitimi dalle esperienze non sono certamente tali da permet-
termi imo stadio sulla legge che mette in relazione le deformazioni colla du-
rata della carica, ma bastano per mostrare l'influenza di tale durata sui fenomeni
sottoposti al nostro esame, e ad indicare quali gravi errori si commettereb*
bere non tenendone conto.
« Io ho procurato pertanto di dare alla macchina elettrica un andamento
regolare in tutte le esperienze successiTe, e son riuscito ad ottenere la sca-
rica allo spinterometro in intervalli di tempo pressoché costanti per una data
lunghezza di scintilla, e sensibilmente proporzionali alle lunghezze delle scin-
tille, ossia alle differenze di potenziale delle armatm*e nel condensatore ; per
modo che, se non ho potuto evitare quella incertezza cui da luogo la varia
deformazione per differenti durate della carica, mi son messo nelle migliori
condizioni per risolvere il problema relativamente a durate comprese fra li-
miti ristretti.
« Passo finalmente ai risultati definitivi sulle variazioni di volume intemo
e di lunghezza dei condesatori alla carica ; risultati che registro nelle s^uenti
tabelle. Nella prima colonna di ciascuna di esse ho sanato le distanze esplo-
sive allo spinterometro, nella seconda le corrispondenti durate medie della
carica, nella terza le variazioni dell'unità di lunghezza, nella quarta quelle
dell'unità di volume, nella quinta e nella sesta i valori corrispondenti a quelli
delle due precedenti colonne per una differenza di potenziale uguale ad uno,
e nell'ultima i rapporti fra il triplo della dilatazione lineare e la dilata-
zione cubica.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1» Sem.
61
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— 474 —
Recipiente N.^
/.
Disi espi.
Durata
della carica
L
V
LP»
VP»
^r* V
-6
-6
—9
-9
3.
2:3
0,479X10
1,270X10
0,417X10
1,106X10
1,13
4.
2,5
0,902
2,510
0,442
1,230
1,08
5.
2,9
1,345
3,873
0,422
1,186
1,04
6.
3,5
1,920
5,314
0,418
1,157
1,08
Recipiente N.^
IL
Disi. espi.
Durata
della carica
L
V
LP«
VP»
^L* V
mm
3.
<2
-6
0,403X10
-6
1,216X10
-9
0,351X10
-9
1,059X10
1,00
4.
2,5
0,670
2,061
0,328
1,009
0,98
5.
3,0
1,025
3,132
0,321
0,982
0,98
6.
3,4
1,365
4,169
0,298
0,908
0,98
7.
4,0
2,000
6,197
0,320
0,991
0,96
Recipiente N.^
IIL
Dìst. espi.
Durata
della carica
L
V
LP»
VP»
^L- V
mm
3.
<l
-6
0,177X10
-6
0,499X10
-9
0,154X10
^9
0,437X10
1,07
4.
2,6
0,289
0,871
0,142
0,426
1,00
5.
• 3,2
0,457
1,261
0,143
0,395
1,09
6.
3,7
0,628
1.715
0,136
0,373
1,09
7.
4,3
0,989
2,622
0,158
0,419
1,18
Recipiente NJ*
IV.
1
' Dist. espi.
i
Durata
della carica
L
V
LP»
VP»
^LV
mm
4.
2:è
-6
0,652X10
-6
1,222X10
-9
0,319X10
-9
0,599X10
1,60
5.
3,2
0,931
1,750
0,292
0,549
1,60
6.
3,6
1,313
2,444
0.286
0,533
1,61
7.
4,2
•
1,989
3,667
0,318
0,586
1,63
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— 475 —
tt È a notare dai valori della quinta e sesta colonna di ciascuna tabella,
come le variazioni sia di volume che di lunghezza risultino sensibilmente pro-
porzionali ai quadrati dei potenziali P cui si porta Tannatura intema di cia-
scun condensatore, e da quelli della settima come la dilatazione cubica sia
in generale tripla della dilatazione lineare. Farebbe solo eccezione il reci-
piente n. IV, il quale si scosta notevolmente nel suo modo di comportarsi
da quest'ultima l^ge : se si tien conto pertanto delle anomalie cui si è accen-
nato relativamente alla forma di questo condensatore, si comprende come non
si possa tener conto per la verifica delle formule teoriche dei risultati con
esso ottenuti.
« Dalle formule (2) e (3) ricavate da Lorberg si può avere una rela-
zione indipendente da h^ ; infatti ponendo per brevità :
alle (2) e (3) si può dare rispettivamente la forma
3P'
cE<r»
« Moltiplicando la prima per .. e sottraendo da essa la seconda si ha :
cui:
EJ»
P*
da cui:
E£^l— 2
P«
• In questa relazione che lega a e ^ indipendentemente da h*, ho sosti-
tuito alle varie lettere i valori ottenuti mediante l'esperienza, prendendo
per p^ e — le medie delle cifre registrate nelle quinte e seste colonne delle
ultime tabelle, ed ho avuto rispettivamente per i recipienti I, II, III le se-
guenti relazioni :
/ 0,263 = 0,297» — 0,797/9
(A) I 0,249 = 0,295» — 0,795/9
( 0,269 = 0,291a — 0,791/J
« Questo sistema di equazioni non si presta, come si vede, per la deter-
minazione delle costanti a e /9 per la natura dei coefficienti delle incognite;
però i valori pressoché identici dei primi membri servono a mostrare la bontà
dei risultati relativamente alle formule alle quali si son voluti applicare.
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— 476 —
Si ricavarono pertanto le costanti a e fi separatamente per ciascun recipiente
dalla (5) e dalla relazione:
"-F^-|-('-^*')-Ì<'*+»*)-|"-"> («'
fornita dalla formula (3), facendo in essa A*=l . Tale ipotesi non è, come
si è detto, rigorosamente anmiissibile ; ma con molta approssimazione stante
la forma delle calotte terminali dei vari recipienti, per cui ho ritenuto poter-
mene servire nella ricerca dei valori approssimati di a e /t.
« Son venuto pertanto, applicando la (6), al sistema delle tre equazioni :
/ — 0,080 = 0,625a — 0,375)5
(B) j — 0,103 = 0,625a — 0,375/9
( _ 0,066 = 0,625a — 0,375/5
« Bisolvendole simultaneamente colle corrispondenti (A) ho ottenuto :
a. =—0,420 fii = — 0,486
a„ =—0,454 i5„= — 0,481
«in =— 0,397 ^ /Ji„ =— 0,476
« Questi risultati, accennando sensibilmente all'uguaglianza dei valori di
<( e fi, porterebbero alla conseguenza che il dielettrico si comporti, relativa-
mente alle deformazioni, allo stesso modo per spostamenti pa/alleli alle linee
di forza come per quelli perpendicolari ad esse, o in altri termini che la co-
stante dielettrica dipenda solo dalla densità del coibente, come nel caso dei
liquidi. Per quanto riguarda il segno si perverrebbe ad un altro risultato im-
portantissimo, se non in generale almeno per il caso del vetro, che cioè la
costante dielettrica aumenti col diminuire delle densità.
> Il modo come varia questa costante colla temperatura ha fatto ritenere
probabile il risultato opposto ; se non che le ricerche relative ai coibenti sot-
toposti a varia temperatura hanno lasciato il dubbio che la diminuzione della
costante dielettrica al riscaldamento fosse apparente, e fosse invece dovuta
ad un aumento di conducibilità. Del resto ammessa anche tale diminuzione,
non viene provato che essa sia effetto della variazione dì densità avvenuta
nel corpo, potendo benissimo essere effetto del fenomeno calorifico. D'altra parte
le esperienze di Qmncke, relative alla influenza della pressione sull'indice di
rifrazione, che sole potrebbero apportare un po' di luce per la nota legge fra
il potere induttore specifico e quest'indice, hanno dato per il vetro risultati
dubbi, essendosi avuto con un aumento di pressione in talimi casi un aumento
in altri una diminuzione dell'indice ; opperò sempre variazioni così piccole da
far ritenere i risultati non attendibili.
« Ho voluto infine calcolare il valore comune delle costanti a e fi nella
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— 477 —
ipotesi che queste costanti fossero uguali fra loro, servendomi della relazione (5)
per evitare gli errori relativi ad A', e son venuto ai seguenti risultati
a, = — 0,526 «n = — 0,498 a,n = — 0,638 .
B La media di tali valori sarebbe — 0,520 ossia approssimatamente — i.
« Besterebbe a studiare il modo come a ^ fi variino col variare della
durata della carica, per vedere sino a che punto tali costanti dipendano dalla
natura del dielettrico indipendentemente dalllnfluenza che sulle deformazioni
possa avere la penetrazione delle cariche, ed io spero poter presto intrapren-
dere ricerche in proposito « .
Chimica. — Azione della anidride acetica sull'acido levulinico.
Nota di Gaetano Maonanini (*), presentata dal Socio Canntzzaro.
« Negli ultimi anni è stata eseguita da diversi sperimentatori tutta una
serie di sintesi di derivati tetrolici col mezzo dei chetoni ovvero degli acidi
chetonici. Dall*acetofenonacetone si sono ottenuti (') derivati corrispondenti del
furfurano, del tiofene e del pirrolo, e l'acetonilacetone dà un dimetilpirrolo
quando viene trattato con ammoniaca ('). Parimenti Tetere etilico dell* acido
acetofenonacetoacetìco (% l'etere dietilico delVacido diacetilsuccinico (^), e
l'etere dietilico dell'acido diacetilglutarìco (^), che si ha dall'etere /9-bromo-
levulinico, reagiscono coll'ammoniaca e colle amine dando origine ad una serie
di acidi pirrolcarbonici sostituiti. Anche l'etere acetonilacetoacetico di Weltner
trattato con acido clorìdrico fumante, dà origine all'etere dell'acido pirotrita-
rìco(7) il quale probabilmente è un derivato del furfurano.
B In relazione alle ricerche sui nuclei tetrolici, attualmente in corso in
questo laboratorio, io ho fatto alcune esperienze dirette ad ottenere per sin-
tesi nuovi derivati del furfurano. In questa Nota preliminare comunico i primi
risultati ottenuti nell'azione della anidride acetica sull'acido levulinico, allo
scopo di riserbarmi questo campo di studio.
* L'acido acetillevulinice è stato ottenuto quasi due anni or sono da
Bredt (^), il quale ha dimostrato che l'anidride acetica alla temperatura di 100^
introduce facilmente nell'acido levulinico un acetile. Siccome però da quel
tempo Bredt non si è più occupato dell'argomento, e siccome l'ordine delle
idee che lo hanno guidato nello studio di quella reazione, è completamente
{}) Lavoro esegnito neiristìtato chimico della R. Università di Padova.
(«) Paal Beri. Berichte XVII, 913; 2756; XVIH, 367.
(3) Paal, ibid., XVm, 2251.
(*) Lederei e Paal, ibid., XVm, 2591.
(5) Knorr, Liebig's Annalen 236, 200.
(«) Beri. Berichte, XIX, 46.
C) Paal, Beri. Berichte, XVH, 2756.
(*) Liebig's Annalen, 236, 225.
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— 478 —
diverso dal mio, ho creduto di potere liberamente proseguire la mie ricerche;
3 gr. di acido levulinico per volta vennero riscaldati con 5 volte il proprio
peso di anidride acetica, in tubi chiusi, alla temperatura di 200'' — 225^.
L'aumento di pressione che si nota nei tubi dopo il riscaldamento è quasi
insensibile; si distilla l'anidride acetica nel vuoto completamente, si fa
bollire il residuo con acqua e si filtra bollente. Il liquido che 8i intorbida
per raffreddamento si estrae con etere, si distilla Tetere, ed il residuo si &
bollire con acqua, scolorando con carbone animale, e si filtra bollente. La solu-
zione acquosa lascia cristallizzare per raffreddamento d^li aghetti, i quali tal-
volta si dispongono in forma di manmielloni, e che cristallizzati ripetutamente
dall'acqua bollente fondono a 15P,5 — 152^ Sottoposti all'analisi hanno dato
il seguente risultato:
gr. 0.2628 di sost. dettero gr. 0.5706 di CO» e gr. 0.1282 di Hg 0.
t^ In 100 parti:
trovato
C 59.21 .
H.. 5.42
da cui si calcola la formula:
che richiede:
»C9 Hio O4IÌ
C = 59.34
H = 5.49
La nuova sostanza è un acido; arrossa la tintura di tornasole, si scioglie
nei carbonati alcalini, e scioglie i carbonati alcalino-terrosi, formando i sali
corrispondenti. Io ho analizzato i sali di argento e di bario; queste analisi
confermano la formola C9 Hio O4 , la quale contiene un «olo atomo di idro-
geno sostituibile dai metalli cioè, probabilmente, un solo carbossile.
Sale argentico Cg H9 O2 . COO Ag
K Si separa cristallino dopo poco tempo, allorché si mescola a freddo una
soluzione anmioniacale neutra dell'acido con una soluzione acquosa di nitrato
di argento. Non si altera alla luce, è pochissimo solubile nell'acqua ed ha
dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0.2289 di sostanza dettero gr. 0.0849 di Ag.
«In 100 parti:
trovato calcolato per €« H» Ag O4
Ag 37.10 37.37
Sale di Bario (Cg H9 0» . COO)^ Ba
« Questo sale si ottiene facendo bollire una soluzione acquosa dell'acido
con un eccesso di carbonato baritico. Quando il liquido ha reazione neutra si
filtra e si concentra, dapprima a bagnomaria e finalmente nel vuoto sull'acido
solforico. Dopo 24 ore si ottiene un magma cristallino che si spreme sul filtro
alla pompa e si lava con poco alcool assoluto. È una sostanza molto solubile
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— 479 —
nell'acqua, contiene una molecola di acqua di cristallizzazione che perde sola-
mente sopra del 110^, ed ha dato all'analisi i segaentì risultati:
L gr. 0,4057 di sostanza seccata a 100^ perdettero a 110^—120^ gr. 0.0145
di acqua;
n. gr. 0.3912 di sostanza anidra dettero gr. 0.1819 di BaS04.
• In 100 parti:
trovato . calcolato per
I n (C,H.04).Ba+HiO (CH.OOtBa
Ba — 27.32 — 27.45
H,0 3.57 — 3.48 —
« Sulla natura chimica della sostanza C9 Hio O4 io non posso per ora
asserire nulla, se non che essa è un acido monobasico ; uno studio ulteriore
deciderà sulla costituzione molecolare del residuo CgH^Ot. Si possono però
in via di ipotesi prendere in esame alOune formule egualmente probabili, le
quali dovranno essere assoggettate ad una crìtica sperimentale.
« La formula C9 Hio O4 è quella di xm omologo dell'acido deìdroacetico.
Che la sostanza in discorso possa essere invero un derivato del pirone non è asso-
lutamente escluso; anzi se si riflette che la formazione dell'acido deidroace-
tico dall'etere acetoacetìco è un processo ancora molto oscuro, non appare inve-
rosimile che dall'acido levulinico, che è un omologo dell'etere acetoacetico,
possa formarsi, in condizioni abbastanza comparabili, una sostanza analoga
all'acido deidroacetìco. In questo caso la form'ula di costituzione dell'acido ot-
tenuto da me potrebbe essere la seguente:
CO
(COOH)C C.CH3
I! Il
CH3 . C e . CH3
Y
« La nuova sostanza potrebbe però anche essere un derivato del furfu-
rano. La formula C9 Hio O4 rappresenta un acido diacetillevulinico meno una
molecola di acqua:
C5 He O3 (CH3.C0)t — H2O = C9H10O4
« Un acido diacetillevulinico non lo si conosce, è noto inceve l'acido ace-
tillevulinico ottenuto da Bredt (^ per azione della anidride acetica a 100""
sull'acido levulinico. Nulla prova però che un acido diacetilico non possa esi-
stere ; anzi se all'acido acetillevulinico di Bredt si vuol dare la costituzione
CH3— CO — CH — CH,.COOH
I
CO
I
CH3.
(*) Loc. cit.
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— 480 —
si può intendere facilmente come un secondo acetìle possa sostituire un atomo
di idrogeno del metilene vicino al carbossile, allorquando si riscalda Tacido
leyulinico con un eccesso di anidride acetica sopra 200^. In quelle condizioni
un acido diacetillevulinico, nella forma desmotropica labile, dovrebbe perdere
una molecola di acqua e dare un derivato del furfurano, come dall*etere del-
Tacido diacetilsuccinico si ottiene col mezzo dei disidratanti Tetere delVacido
carbopirotritarico :
CH3— CO -C C — COOH CH3 — CO — C C — COOH
Il II -HeO= Il II
COH COH C C
CH3 CHs CH3 0 CH3
Acido diacetillevulìnico nuova sostanza
« Finalmente un'altra costituzione è possibile per Tacido C9H10O4; am-
mettendo che gli atomi vi si trovino concatenati in quella stessa guisa che
Fittig (1) ammette nell'acido metronico. Questo ultimo caso, però, secondo il
quale la sostanza C9H10O4 sarebbe un derivato del pentametilene, è forse
meno probabile.
« Lo studio ulteriore dell'acido C9 Hio O4 porterà luce sulla sua costitu-
zione, e su di questo spero di potere fare fira non molto una comunicazione
a questa Accademia « .
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
0. BoRDiGA. Di alcune forme rigate. Presentata dal Socio Cremona.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando le seguenti di Soci e di estranei.
M. Tabarrini. Memorie di Gino Capponi. — Studi di critica storica. —
Vite e ricordi d'italiani illustri.
A. Loria. La teoria economica della costituzione politica.
G. Stocchi. La prima conquista della Britannia per opera dei Ro-
mani. Lavoro che ebbe un premio d'incoraggiamento dall'Accademia nel con-
corso del 1885 ai premi del Ministero della Pubblica Istruzione.
(1) Beri. Ber. XVm,
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— 481 —
E. Musatti. Storia di un lembo di terra. Venezia e i Veneziani.
F. Calvi. Bianca Maria Sforza- Visconti^ Regina dei Romani, Impe-
ratrice germanica^ e gli Ambasciatori di Lodovico il Moro alla Corte Ce-
sarea; secondo nuovi documenti.
G. DE Salverte. La famille de Salverte et ses alléances.
Lo stesso Segretario oflfre pure un esemplare del suo libro : // eonte
Umberto I e il re Ardoino, Ricerche e documenti del Barone Domenico
Cardtti, nuovamente riveduti dall'autore. Roma, Tipografia della R. Acca-
demia dei Lincei, 1888. L*autore accenna ad alcune variazioni e giunte .di
questa edizione, e segnatamente a quelle relative alla data della morte di
Umberto Biancamano, che ora può dirsi accertata, e alla seconda moglie del
marchese Bonifacio del Vasto. Presenta infine il voL XIV del Corpus In-
scriptionum Latinarum ed il voi. XV della Politische Correspondenz Frie-
dnch*s des Grossen, inviati in dono dall'Accademia di Berlino.
Il Socio Amari presenta, discorrendone, il Catalogo delle monete mus-
sulmane della Biblioteca nazionale di Parigi, pubblicato dal sig. E. Lavoix
e di cui il Ministero francese della Pubblica Istruzione inviava un esemplare
in dono all'Accademia.
Il Corrispondente Narduoci presenta una pubblicazione colle seguenti
parole:
« Ho l'onore di presentare all'Accademia un esemplare della vita di
Pitagora scritta da Bernardino Baldi, da me tratta dall'autografo. Parmi che
questa vita debba convenientemente occupare il primo luogo, dopo quelle dei
matematici italiani, sì perchè Pitagora visse lungamente in Italia, e fu il
fondatore della filosofia italica e l'inventore del nome stesso di filosofia, sì
ancora perchè la medesima vita è la più estesa e dotta, e la più sottilmente
trattata delle altre.
a A corredo poi del lavoro mi è parso opportuno di riportare in 442 note,
testualmente o secondo le migliori traduzioni^ i brani delle opere di autori
greci e latini che avvalorano o spiegano le asserzioni dell'autore. Dal lato
filologico poi posso assicurare che il vocabolario della nostra lingua si vantaggerà
di non poche giunte « .
Il Socio Blaserna presenta, a nome del Socio Cremona, la pubblica-
zione del maggiore P. Palanqola : Sulle grandi mine nella roccia calcarea
della catena peloritana {Sicilia) e nella roccia granitica di Baveno {Lago
Maggiore). Presenta inoltre una Nota a stampa del doti W. Szajnoche, in
polacco, intitolata : Di alcune specie di pesci fossili del Monte Bolca presso
RENDICONTI. 1888, VoL. IV, 1° Sem. 62
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— 482 —
Verona e il voi. Vili MY Index- Catalogne of the Library of the Surgeon-
General's Office, United States Army, dono del Corrispondente Bodio.
Il Socio Betocchi fa omaggio dell'opuscolo del prof. Busin : Le predi-
zioni del tempo, e di alcuni fascicoli della Società filologica di Francia, nei
quali sono riportati vari studi del conte de Charencey.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Carutti annunzia che la B. Accademia delle Scienze di
Amsterdam ha trasmesso il progranmia del concorso di poesia latina per Tanno
1889, secondo il disposto del legato Hoeufft, e il giudicio pronunciato sopra
il concorso delVanno 1887. In questo il bolognese Giuseppe Albini cons^uì
la menzione onorevole pel carme Ad Urbem Bononiam:
Il Socio Blaserna presentali seguente tema della fondazione Beneke:
« Per Tanno 1891 la Facoltà filosofica dell'Università di Gottinga pone
il seguente problema:
K Negli ultimi decenni si è sempre più riconosciuta l'importanza fonda-
« mentale della legge dell'entropia per la teoria di tutti quei fenomeni fisici
« e chimici, che sono accompagnati da produzione o assorbimento di calore. In
■i modo più speciale dagli sviluppi, che la legge delT energia ebbe in seguito
tt al tema Beneke del 1884, si è resa manifesta la necessità di completare
a la legge dell'energia con quella dell'entropia. In pari tempo sono notevolmente
« progrediti i lavori, che riguardano la dimostrazione della legge dell'entropia
« col mezzo dei principi generali della meccanica. Lo svolgimento di tutte le
« questioniy che stanno in reiasione colla legge dell'entropia, appare quindi
« molto opportuno.
« Tale svolgimento dovrebbe comprendere lo sviluppo delle dimostrazioni
« empiriche della legge dell'entropia, nei suoi rapporti coi lavori di Camot ;
ft dovrebbe poi trattare in via storica e critica tutti i lavori, che concernono
« le relazioni fra la legge dell'entropia ed i principi generali della meccanica;
« esso dovrebbe infine contenere una relazione estesa di tatto le applicazioni,
« che la legge dell'entropia ha avuto fin qui nella teoria di processi fisici o
« chimici » .
« I concorrenti potranno presentare i loro lavori fino al 31 agosto 1890,
alla Facoltà filosofica di Gottinga, in lingua tedesca, latina, francese o inglese,
assieme ad una lettera sigillata che contenga nome, professione e domicilio
dell'autore. Primo premio marchi 1700, secondo marchi 680. Il lavoro coro-
nato rimane proprietà esclusiva dell'autor^
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483 —
CORRISPONDENZA
11 Segretario Carutti dà comunicazione della corrispondenza relativa
agli Atti accademici.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
L Accademia delle scienze di Nuova Tork ; la Società filosofica di Cam-
bridge; la Società archeologica di Londra; l' Istituto Egiziano del Cairo; l' Isti-
tuto Teyler di Harlem; F Istituto meteorologico rumeno di Bucarest; l'Uni-
versità di Upsala; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.; l'Os-
servatorio di S. Fernando; l'Osservatorio di Oxford,
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
La Scuola politecnica di Parigi; il Museo nazionale del Messico.
D. C.
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485 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse dì scienze fisiclie, matematiclie e naturali.
Seduta del 6 maggio 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Matematica. — La forma normale delle equamni del sesto
grado. Nota IL del Socio F. Brioschi.
« 1.^ Nella precedente comunicazione (0 col medesimo titolo ho deter-
minato il valore dei coefficienti della equazione che si ottiene trasformando
una equazione qualsivoglia del sesto grado u{x) = 0 , di cui le radici sono
^0 9 ^1 1 — ^5 7 por mezzo della relazione :
iac — 3b*
tf, —
a
essendo
In questa Nota prenderemo ad esaminare i valori deUe radici ^/q^ ti ... h
della, trasformata normale. Posto :
u(x) = {x — ^o)9>(^)
risultando :
u' (Xo) = 9 (xo) , u" (xo) == 2g>' {xo} , u'" {Xo) = 3sp" (^o)
(*) Rendiconti della R. Accademia dei Lincei. Seduta dell' 8 aprile 1888.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 63
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si ha
ma:
— 486 —
2 . 5*. y (xo) .to = b(p (xo) (p" (xo) — 4^'* (^o)
essendo
1
«,. =
ÌCq """" «yf
sì otterrà quindi:
5*. to = 9 (Xa)^'^ara, — 2^ar*J
nella quale gli indici r, s sono differenti fra loro. Indichiamo con {rs) il bi-
nomio Sr — a, ed osservando essere:
«r — a, = {rs)ara,
il valore superiore di tt si trasforma nel sdente:
5*. Ifo = Vi + V« + V*» + V4 + Vs
essendo
V. = (^[(12)(15)(03)(04) + (13)(14)(02)(05)'
V« = (-gjy [(21) (23) (04) (05) + (24) (25) (01) (03)
^»=(è) [(32)(34)(05)(01) + (35)(31)(04)(02)
^* = ^^[i^mi^)i^^n(^^) + (41)(42)(03)(05)
V5 = ^ [(51) (54) (02) (03) + (52) (53) (01) (04)
ossia posto:
V, = (12345)
saranno :
V« = (21543), V3 = (32154), ^4 = (43215), V5 = (54321).
« Si introducano ora come nella teoria delle funzioni iperellittidie le
dieci espressioni (i) :
Y,*= (02)(24)(40)(13)(35)(51) )l= (03) (34) (40) (12) (25) (51)
A = (03) (35) (50) (12) (24) (41) Yt*= (04) (45) (50) (12) (23) (31)
yi, = (01) (15) (50) (23) (34) (42) y}, = (01) (12) (20) (34) (45) (53)
^0"= (01)(13) (30) (24) (45) (52) A = (02) (23) (30) (14) (45) (51)
/„ = (01) (14) (40) (23) (35) (52) y/= (02) (25) (50) (13) (34) (41)
(*) Ueber die Parameterdarstellung der Verhàltìiisse der Thetafunctionen zweier
Verùnderlicherj von Otto Stande. Math. Annalen. Bd. XXIV, pag. 286.
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— 487 —
e notisi come per le medesime le fanzioni superiori fpi, ipt, ... tpt si esprì-
mono nel modo che segue:
^ y«+y/ ^ Yi* — ro* ^ y«+y»'
^' (01) (25) (34) ' ^* (02) (13) (45) ' ^' (03) (16) (24)
• ^* (04)(12)(35) ' ^* (05)(14)(23)
« Ma posto :
Ò^ = (01) (02) (03) (04) (05) (12) (13) (14) (15) (23) (24) (25) (34) (35) (45)
ossia:
si ha che ciascuna delle cinque espressioni seguenti :
ys*)'.*)'l.)'J«(01)(25)(34)
yJ.yS,yJ«yl3(02)(i3)(45)
y.V4*)'f4y!.(03)(i5)(24)
y4*yo*y|.^(04)(i2)(35)
yo*ys»yì,y!4(05)(14)(23)
è eguale a ny.
» I valori di tf>i, tpt ... si possono quindi esprimere in funzione delle
dieci quantità y, e si hanno le:
Dy . tpx =— y,* y.» A y\, [yfe + y**]
ny.tp»= YliYl,y*«Y*«ly**-Yo'2
ny.fp,= y,« y,' yf, y»« \jU + ys*J
ny.ip,= Y^Y^AyIUÌì—A']
ny.ff>, = — yo* ys' y|, yf* [/« + y},]
ma dalle note relazioni fra i quadrati delle dieci funzioni y, si ottengono le :
Yu Y<a Yit Ytt = ^m \Ym ~r Yoì) Yì Y* Yoi Y-m
Yz* Y** yI Yìt =- Yt' (yi + yU) + ys* y«' yJ, y^
Y* yo* y|« yos = y» (ys* — yo*) — ys* y.' ySi y»
yo* Y* Ya yi4 = ys* (yì. — y«*) + ys* y«* ySi yL
e quindi sommando si giunge al valore di ^o^
5*. ny.u=— y»* (yi y^ + yj. yj*) + y«* (yJ. yl - yJ» yJ.) —
- yi (ys* y«* + y** yS.) + y\, (ys* y»* - y«* yì»)
al quale per le suindicate relazioni ponno darsi forme differenti. I valori di
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— 488 —
ti , tt .... si deducono tia quello- di ^o per mezzo di sostitazioni circolari
e si hanno :
5*. /7y . /. = Y,* (Yt* yU + y/ YÌi) - yU (y/ Yt2 - A ì'u) +
+ yìt (y»^ yU + yii yW - y** (y»* yt. - yi» y.*)
5«. 27y . /. =- Y,* (yJ3 yJt + y{ yìa) + yi* (y.* yÌ3 - y«* y^) -
— yìj (ys" yÌ4 + yi y»*) + y«* (y»^ yì* — yl, yi.)'
5«. /7y . /3 = ys* (y/ yì« + yJi yj^) — y»* (yi yJ* — y/ yt,) +
+ yi (ys* y»^ + yi. yJ.) - A (y»" y»* - yj, ytJ
5». /7y . u =-Y^' Ìy," Yt' + Y** yU) + yis (y^^ yU - ro* )W -
—Y4* (ys* y*M + y^ yì.) + yì, (y** yì, — yj. y,*)
5». /7y . /, = r,* (yj. yJs + yo« Yh) — yÌ4 (y»* yìs — y** yÌì) +
+ Yo' (ys* yJ« + y4* y.*) - j j, (y** y^ - y<* yS.) •
« 2.0 Si indichino ora con d, e^^eu, ... espressioni analoghe alle ys, Yo^Yh--:
ma formate colle radici della forma binaria f del sesto ordine appartenente
agli integrali normali iperellittici. Bammentando la relazione :
|=5.2'.A — ^*
della mia prima commiicazione (<}, oppure la:
ed osseirando che dai risultati dei dottori Maschke e Bolza (^), si deducono
le formolo s^uenti :
('^^^''^-KJo+f^+Js) ?V«=-i(?„+?,+j4) f«e/=_±(?o4-?34-i:,)
('•'^..■'=-i(?.+J4+?0 ?'^t4=-i(?.+S^+f5) pV«=-K?.+?3+Ì-5)
(r* CU =-i(?«+f4+-J5) ?V«=-i(?,+?,+?4)
SÌ otterranno fra le dieci funzioni e e le dieci y le relazioni :
P^^o^^K^'+^'+^o'— <.*-/3*-/o') ?V«=i(<3*+^4'+^**-/o*— /i'— ^«*)
?' 4 = i (^o'+^'+/4'-/3'— ^*— f S') Q' Ct* = i (/„«+f .«-}-4»_/,»_/.»_^«)
e' <?4*= i (/0*+^3*+/4*-/.'-^»'-4*) P* <?ì, = i (/,'+/3*+/5*-<.*-/.'— ^4')
essendo, come è noto:
{2mf
Q =
**ii w»» — Wi» <''»i
(■) Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, seduta del 4 marzo 1888.
(>) Hath. Annalen. Bd XXX.
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— 489 —
Mineralogia. — Ulteriori osservazioni sui giacimenti minerali
di Val d^Ala in Piemonte. II. Z* idocrasio del banco di idocrasio
nel serpentino della Testa Ciarva al piano della Mussa. Memoria del
Socio Struever.
Questo laFoio sarà pubblicato nei Tolumi delto Memorie.
Fisiologia. — Il sangue embrionale di Scyllium catulus.
Nota XII. del Socio A. Mosso.
e DoTendo fare una serie di comunicazioni sul sangue dei pesci, non
starò a ripetere per ciascuna specie che ho studiato, tutte le cose che ho
già riferito parlando del sangue di specie affini. Per brevità cercherò di
svolgere in ogni Nota un gruppo di osservazioni che mettano in evidenza
qualche fatto generale : e passerò in silenzio le cose che ho già dette, o che
dovrò analizzare più estesamente nelle Note successive.
• Il 27 gennaio 1888 viene portato alla stazione zoologica di Napoli un
uovo di Scyllium caltdus pescato alla profondità di, 50 m. circa. Apro il gu-
scio e ne estraggo un pesce lungo 14 centim. che fa dei movimenti vivaci.
tt 11 sig. Lo Bianco mi disse che questo pesce aveva Tetà di circa sei
mesi, e che fra una settimana, o due, sarebbe uscito dal guscio. Taglio la
coda dell*animale e raccolgo una goccia di sangue nel liquido Pacini : taglio
un'altra volta la coda e la immergo neir acido osmico 1 per cento, per met-
tere immediatamente il sangue in contatto col liquido fissatore.
» Dopo determino la resistenza del sangue; ne prendo una goccia nella
soluzione di cloruro sodico al 0,75 Vo all'I per cento e airi,5 per cento. Altre
esperienze fatte prima sul sangue dei Scyllium camcula mi avevano già
mostrato che tale è il titolo delle soluzioni che alterano meno i corpuscoli
rossi dei pesci cani.
« Infatti parecchie ore dopo che ho messo il sangue in queste soluzioni
di cloruro sodico, vedo che nel liquido al 0,75 e airi per cento vi è una leggera
colorazione rossa, mentre che il liquido ali* 1,5 per cento è trasparente e sco-
lorato ed ì corpuscoli si sono depositati sul fondo. Si può dunque ritenere
che la resistenza di questo sangue è tra 1 e 1,5. Il sangue coagula rapi-
damente; anche nell'acido osmico 1 per cento e nel liquido Pacini forma
un grumo, e non si mescola come una polvere sottile : e nel deposito che si
forma sul fondo del vaso vi sono dei piccoli grumetti di sangue non sciolto.
tt All'autopsia trovo che la milza è rossa e bene sviluppata. Le cellule
che stanno nel plasma della milza trattate col verde metile si coloriscono
immediatamente in verde {}).
(^) Queste ed altre osservazioni verranno esposte in una delle seguenti Note dove
parlerò delle ricerche che feci sul sangue della milza e sulle funzioni di quest'organo.
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— 490 —
« Acido osmico 1 per cento. I corpascoli gialli sono generalmente elit-
tici : e il loro diametro maggiore varia fra 22 jU, 75 e 24 /i, 50 : il minore
fra 10 ,u, 5 e 12 ju, 25. Ye ne sono anche dei meno allangati che misurano
21 jti, per 10 /*, 5.
<t Guardando un corpuscolo di fianco, nel maggior numero dei casi si
vede che il nucleo fa una sporgenza rotonda da un lato e dall'altro del di-
sco, per cui si ripetono le forme che ho già descritto nel precedente capitolo
parlando del sangue di Mustelus.
a La superficie dei corpuscoli gialli è finamente macdiiettata. Sono pic-
cole macchie rotonde e chiare, quasi trasparenti, che in alcune posizioni del
microscopio appaiono scure o gialle, perchè essendo scolorite riflettono il color
giallo della sostanza del corpuscolo in cui stanno racchiuse. Il loro diametro è
di 0,2 /i a 0,3 fi in media, sono disposte irregolarmente in numero di 25, o 50
0 100 per ogni corpuscolo. Spesso sono molto yicine le une alle altre, in
modo che la superficie del corpuscolo sembra un crivello, o rassomiglia alle
foglie pertugiate di alcune piante come YHypericum perforatum- Ritornerò
a parlare di queste macchie in seguito.
« Dentro ai corpuscoli si vede un nucleo ovale, spesso in posizione ec-
centrica od obliqua, qualche volta sta nel mezzo, e il suo diametro maggiore
e minore corrispondono a quelli del corpuscolo. In questo caso si vedono
dei corpuscoli che hanno intomo al nucleo come un alone, od un margine
chiaro. Questo fatto lo si deve attribuire alla sottigliezza maggiore che ha
la sostanza del corpuscolo intomo al nucleo : e di ciò uno può assicurarsi
facilmente esaminando questi corpuscoli di profilo, che mostrano una infos-
satura circolare intorno al nucleo.
« Fra i corpuscoli rossi ve ne sono di tre specie : quelli lisci ed omo-
genei, quelli macchiettati, e quelli granulosi: in questi ultimi la sostanza
del corpuscolo è come spugnosa e generalmente non lasciano vedere il nu-
cleo. Nei corpuscoli lisci invece si vede che il nucleo è fortemente granuloso.
Questi corpuscoli omogenei hanno generalmente un volume più piccolo di
quelli che sono spugnosi.
« Vi sono dei piccoli corpuscoli gialli ovali che misorano 10 /i, 5 per 7 .u
e hanno dentro un nucleo di 8 u, 5 : alcuni sono manieri e visti di fianco
rassomigliano ad un fuso lungo 12 ju a 14jU con un nucleo di 8. a a 10 /f.
Ve ne sono che hanno la lunghezza di 17^» con un nucleo di 10 /t.
^ La nota caratteristica di questi microciti è la grossezza del nucleo
che quasi tocca il bordo estemo del corpuscolo, o non ri rimane separato che
da uno strato sottile della corteccia gialla. Cosicché solo dal lato dell'asse
maggiore vi è un po' di sostanza corticale leggermente granulosa. Spesso, invece
di essere elittici sono quasi rotondi, e allora formano una cellula leggermente
gialla costituita da un nucleo omogeneo di 10 fi che contiene dentro uno, o
due nucleoli splendenti, che hanno il diametro da 0,6jct a l/u e intorno a
questo grande nucleo vi è uno strato di sostanza granulosa spesso 1 a 2ju.
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— 491 —
tt Alcuni di questi corpuscoli hanno la figura di un elissoide con un
diametro di 24 fi per 17 /e, e ve ne sono dei più piccoli e di varie forme; al-
cuni di questi grandi nuclei sono dittici e molto allungati, cosicché formano
un corpuscolo di 21 /e per 10 «e; in essi la sostanza corticale forma uno
strato dello spessore di 1 /i, 75, tutto il resto è nucleo omogeneo.
' « I più piccoli misurano da 8 » a 10 ju; sono molto pallidi, ma visibil-
mente gialli. Di tali corpuscoli in questo sangue ne ho contato da 10 a 15
per cento corpuscoli ordinari.
« La colorazione gialla di questi corpuscoli, il grande nucleo omogeneo
che quasi li riempie, e la presenza di uno o due nucleoli, fanno di -questi
corpuscoli un tipo speciale che non li lascia confondere cogli altri.
« Io li considero come corpuscoli giovani, e fino a che non venga me-
glio chiarita Torìgine dei corpuscoli rossi, anziché chiamarli col nome di
ematoblasti o di piastrine, per evitare confusione credo sia meglio designarli
colle' loro note caratteristiche. Anche il nome di microciti non serve, perchè
abbiamo dei corpuscoli giovani che sono grossi quanto i corpuscoli rossi
adulti, e ve ne sono anche dei maggiori. La grossezza del nucleo, ed i suoi
rapporti colla sostanza corticale, sono a mio parere i criteri più sicuri per
procedere ad una classificazione dei corpuscoli. Noi vediamo infatti che dai
più piccoli, dove tutto è nucleo, esiste una serie ascendente di forme nelle
quali la sostanza corticale diventa sempre più sviluppata,
« D nucleo cresce finché raggiunge un limite massimo e poi diminuisce :
in questo secondo periodo, nel quale il nucleo si riduce, diviene più spiccata
la forma a disco dei corpuscoli adulti.
Corpuscoli rossi deformati.
« I corpuscoli rossi sì alterano e cambiano di forma colla più grande
facilità, specialmente nel sangue embrionale. Qui infatti si trovano molti cor-
puscoli gialli che da una parte sono tirati in punta. Queste punte alcuni le
hanno da entrambe le estremità, talora sono diritte e qualche volt^ sono pie-
gate le^ermente ad uncino. Questi corpuscoli hanno la forma come di una
lacrima di vetro coli' estremità sottile curva o diritta; alcuni presentano due
strozzamenti per cui da una parte il corpuscolo ha la sua convessità normale ;
poi viene un leggero strozzamento che abbraccia il nucleo e questa seconda
parte del corpuscolo si restringe un pò* e quindi termina come un filo: in
alcuni comparisce una terza leggera espansione ; cosicché questi corpuscoli pren-
dono il profilo di certe lancio antiche col bordo sinuoso. Tali corpuscoli che
hanno tre strozzamenti sono quelli che dimostrano con maggior evidenza la
natura del processo che produce le forme irregolari. Non si tratta qui di un
fatto fisiologico di scissione che serva alla riproduzione dei corpuscoli san-
guigni, ma di un fatto morboso, o di un'alterazione cadaverica, che appare
^lo quando il sangue si trova in condizioni anormali.
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— 492 —
« Che del resto Tacido osmico non basti per fissare immediatamente
tutti i corpuscoli rossi nello stato in cui si trovano uscendo dai vasi, lo prova
il fatto di trovare, in questo medesimo liquido, dei corpuscoli molto più
deformati, che quasi non sono più riconoscibili, tanto sono accartocciati; essi
formano come una pallottola gialla con sporgenze irregolari; altri corpuscoli
sono diventati fortemente granulosi.
« Le modificazioni che subisce il sangue quando esce dai vasi, è la parte
che ho meglio studiato in queste ricerche. A tale scopo fissavo i corpuscoli
dentro i vasi immergendo le branchie nell'acido osmico 1 per cento, oppure
facendo con esse dei preparati nel semplice cloruro di sodio. Questo esame
deve farsi sempre, perchè è la pietra di paragone, e non considero come ele-
menti normali del sangue se non quelli che osservo e studio entro ai vasi
sanguigni.
« Servendosi di questo controllo, è facile assicurarsi che i corpuscoli rossi
si alterano profondamente appena escono dal loro ambiente naturale e toc-
cano degli oggetti, o dei liquidi. La sostanza del corpuscolo rosso essendo
contrattile, come dimostrerò- meglio in seguito, si restringe in alcune parti e
produce delle forme che rassomigliano ad un rene, ad una patata, o ad altre
cose, che abbiano delle infossature e delle sporgenze: se lo stringimento ò
circolare, ne risulta una strozzatura, che può essere centrale o laterale, che
può abbracciare il nucleo, o lasciarlo intatto ; così si producono dei corpuscoli
che nel profilo rassomigliano ad un 8, o ad una borsa a maglia, ecc.
tt È stato Bizzozero il primo che ha descrìtto queste forme di corpu-
scoli nella Memoria da lui presentata a questa Accademia il 2 dicembre 1883
insieme al dott Torre. Credo indispensabile citare un passo di questo im-
portante lavoro:
« Tra i globuli rossi dei ciprini, ed anche di qualche individuo degli
« altri pesci da noi esaminati, trovammo talvolta degli elementi che meri-
« tane particolare menzione (fig. 4). In qualche caso essi erano abbastanza
« numerosi ; in preparati di sangue o di milza dei ciprini talora ne con-
« tammo uno o due per ogni campo di microscopio. Gli elementi in que-
« stione sono di differente aspetto. Alcuni sono in tutto simili ai soliti gio-
ii bull rossi adulti salvo che nel nucleo, il quale invece di essere ovale, ha
« uno strozzamento equatoriale che lo fa rassomigliare ad un 8. In altri la
« cellula è essa pure allungata e strozzata equatorialmente, e le due metà
« del nucleo non aderiscono fra loro che per un filo. Se ne vedono altre
« ancora, in cui le due metà del corpo cellulare sono allontanate Tuna
tt dair altra, contenenti ciascuna un nucleo e riunite fra di loro per un pe-
« duncolo colorato debolmente dall'emoglobina, od anche incoloro, ora di*-
« ritto ora curvo in modo da dare all'elemento la forma di bisaccia.
« Non possiamo negare che questi elementi ci hanno fortemente im-
« pressionati, e che, per quanto ci ripugnasse d'ammettere che^nei pesci la
« scissione dei globuli rossi decorra in modo diverso dagli altri vertebrati,
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— 493 —
« ci abbiano fiitto travedere la possibilità che in questi animali i globuli
« rossi si moltiplichino per scissione diretta. D* altra parte, però, il fatto
« che esse ci occorsero quasi soltanto nei ciprini, non è favorevole alla sup-
tt posizione che esse ci rappresentino una forma fisiologica costante dell' or-
« ganismo dei pesci » .
« Nelle figure che diede il prof. Bizzozero di questi corpuscoli rossi
«olla forma di bisacce, il nucleo è diviso da uno strozzamento, oppure vi sono
due nuclei nelle due metà del corpuscolo. Questo è il caso più comune ; ma
nel sangue dei solaci e dei teleostei ho potuto assicurarmi che non succede
fiempre così e che il nucleo può restare tutto da ima parte, e dallaltra non
vi è che sostanza gialla.
« Il dubbio espresso dal prof. Bizzozero che non si tratti qui di una
forma fisiologica, venne pienamente confermato dalle mie osservazioni. Infatti
io non ho mai risconti:ate tali forme nei vasi sanguigni, ed ho invece veduto
che si producono in abbondanza quando espongo il sangue a degli agenti
energici, che mettono in azione la contrattilità dei corpuscoli rossi. È special-
mente nel liquido Kleinenberg e nel liquido Pacini che si produce più facil-
mente questa alterazione dei coi-pus'coli rossi che Bizzozero paragonò giustamente
alla forma delle bisacce. Siccome osservai le medesime forme anche negli
animali a sangue caldo, ritornerò nelle seguenfi Note su questo argomento,
quando parlerò del sangue embrionale degli uccelli e dei mammiferi (0.
Cellule granulose,
« Leydig (2) distinse per il primo nel sangue dei Solaci tre ^specie di
cellule,, cioè: V i corpuscoli ovali e colorati, 2^ i corpuscoli senza colore,
pallidi e rotondi e 3*» le cellule granulose (Kòmchenzellen) che sono due
volte più grosse dei corpuscoli incolori.
« La caratteristica del sangue embrionale è la scarsità, o la mancanza
dei leucociti, e la presenza di cellule granulose gialle; così almeno risulta
da tutte le osservazioni che ho fatto fino ad ora.
« Lasciando un preparato di sangue fresco due ore sotto il microscopio, il
numero delle cellule granulose diventa maggiore, perchè vi sono dei corpuscoli
{}) Il prof. Mondino e il doti. L. Sala pubblicarono recentemente una Memoria Sulla
produzione delle piastrine nel sangue dei vertebrati ovipari, Palermo 1888, intorno alla
quale avevano presentato una Nota air Accademia dei Lincei nella seduta deirS aprile scorso.
Le figure che essi diedero mi fanno Timpressione che non si tratti di un processo fisiolo-
gico di scissione delle piastrine, ma semplicemente di un'alterazione a bisacce di alcuni
corpuscoli sanguigni della rana. Per togliermi questo dubbio dovrò prima assicurarmi che
tali forme in scissione esistono dentro i vasi sanguigni e questo fino ad ora, né a me, né ad
altri é stato possibile di osservarlo.
(*) F. Leydig, Lehrhuch der Histologie^ pag. 450.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, r Sem. 64
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ohe si, 8colocìj9(x>no; specialmente nel cloruro sodjico. sco^iparisce prestq Verno-
globina. Abbiamo dei corpuscoli rossi scolorati che . rimangono lisci, ed altri
in cui la sostanza corticale diventa granulosa, per cui si formano delle cel-
lule rotonde di 14 fi che rassomigliano ai leucociti.
« Vi sono delle cellule granulose di colore giallognolo che hanno i gra-
nuli in movimento, come ho già descritto per le granulazioni piccole e grandi
dentro ai corpuscoli del pus e nei corpuscoli rossi in degenerazione.
« L'origine e la struttura delle cellule granulose nel sangue dei Solaci
le studierò minutamente in una prossima Nota; qui si vede che la loro
tinta giallognola è un residuo dell'emoglobina del corpuscolo rosso primitivo,
non una semplice imbibizione colla emoglobina che possa esservi nel siero.
Le cellule finché si muovono non assorbono emoglobina, e anche quando sono
inmiobili non mi è riuscito di tingerle coU'ossiemoglobina sciolta nel siero,
od in altri liquidi. Su questo fatto, che ha una grande importanza per la mia
dottrina della necrobiosi dei corpuscoli rossi, ritornerò in seguito.
« Le traccio evidenti di color giallo nelle cellule granulose mi inducono
a ritenere che questi elementi derivino dai corpuscoli rossi. Un altro argomento
si impone subito agli occhi, ed è la forma di alcune cellule granulose, che
conservano esattamente le dimensioni e la forma dei corpuscoli rossi.
« Vi sono delle cellule granulose che sembrano avere due nuclei; invece
guardandole meglio si vede che hanno un nucleo solo piegato come un G ; in
altri il nucleo è piegato come una lettera S. Queste cellule nel sangue embrio-
nale del Scyllium sono quelle dove si vede la maggiore irregolarità dei nuclei;
in alcune si ripetono i medesimi strozzamenti e le medesime forme a bisacce
che abbiamo riscontrato nei corpuscoli rossi.
« Siccome si trovano delle cellule granulose che hanno un nucleo grande
e di quelle invece che hanno il nucleo piccolo, credo dover supporre che il
fatto dello scolorirsi, e del diventare granuloso sia un processo di morte che
attacca gli elementi giovani e gli elementi vecchi del sangue. Questo mi pare
ragionevole ed io non saprei spiegare in altro modo i &tti osservati.
« Fino a che si tratta, come succede qui, di una alterazione del sangue fuori
del suo ambiente naturale, non è una grave complicazione che i corpuscoli
giovani e quelli vecchi muoiano della stessa malattia. Il problema ci sem-
brerà più complesso, quando fra poco vedremo delle forme granulose dentro
i vasi sanguigni, le quali ci assicurano che vi è un processo comune di necro-
biosi che attacca non solo i corpuscoli decrepiti, ma anche gli adulti ed i
giovani; per cui alcune di questi cessano di vivere, prima di essere giunti
alla loro completa maturità.
« Nel sangue embrionale di Scyllium ho trovato qualche leucocito che
si muoveva, e colla camera lucida ho potuto disegnare tutti i cambiamenti
del suo profilo. Uno lo seguii dall' apparizione di, uno strozzamento centrale,
fino all'ultima fase in cui vi erano due masse eguali, globose, che sembra-
vano staccate, senza però essere divise.
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« Non mi è mai capitato di osservare una scissione completa, in n^odo
che le due metà del corpuscolo si separassero Tmia dalPàltra. Ho veduto
spesso dei nùclei' che sgusciavano dall* intemo della sostanza corticale, ma
non ho veduto ancora una cellula contrattile, o un corpuscolo rosso sèpa^rsi
in due metà, quantunque la cosa sia possibile, perchè altri Tha già osservato.
« Nel verde metile le cellule granulose diventano violette; alcune hanno
il nucleo verde e la sostanza granulosa violetta. I corpuscoli gialli hanno pure
il nucleo violetto, mentre che i corpuscoli rossi scoloriti l'hanno verde.
« Il fatto che i leucociti sono meno abbondanti nel sangue durante la
vita fetale e mancano completamente nell'embrione, è un fatto che viene in
appoggio alla dottrina della necrobiosi dei corpuscoli rossi. L'epoca nella
quale compaiono i primi leucociti nel sangue fetale, ci indicherebbe presso
a poco la lunghezza della vita dei corpuscoli rossi; perchè i leucociti io
li considero come elementi decrepiti e forme cadaveriche.
tt L'esistenza di soli corpuscoli rossi nel sangue embrionale, mi obbliga
a fare altre considerazioni ed entrare in un campo assai controverso. Non
intendo di svolgere la letteratura di questo argomento. Il Socio "Bizzo-
zero presentò a quest'Accademia una sua Memoria molto interessante sulla
produzione dei globuli rossi, e non ho da aggiungere nulla a quamto egli ha
•già detto (J).
tf Dopo lo scritto di Bizzozero, M. LOwit (^) con una serie di lavori sostenne
il concetto primitivo di KOUiker, che i corpuscoli rossi derivano da cellule prive
di emoglobina. Certo nella sua primissima origine il sangae deve derivare
da cellule bianche, ma non è men vero, che dentro i vasi sanguigni del pul-
cino nel quarto giorno non se ne trovano più, e anche nell'embrione del
coniglio, quando k lungo 10 mm. non ho più veduto delle cellule bianche,
e nei pesci mancano pure i leucociti nel sangue embrionale.
« Non è possibile fare rapidamente un cenno delle ricerche di Lowit,
tanto sono numerose e svariate le sue osservazioni ; ma è facile dimostrare
che probabilmente egli non ha osservato il sangue in condizioni normali.
Infatti per lo studio della linfa e del sangue egli adopera un liquido che
scolorisce completamente i corpuscoli rossi {^). Non tiene conto delle altera-
zioni di contatto, e prende il sangue dal cuore con un schizzetto di Piuvaz,
oppure essica il sangue col metodo di Ehrlich e lo riscalda fino a 110® o 120**,
P) G. Bizzozero, Memorie dell'Accademia dei Lincei, XVIQ, 2 dicembre 1883.
(«) M. LOwit, Sitzangber. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien 1883. Bd. 88, IH, Àbth.
p. 856. Bd. 92, ni, Abth. p. 22 Bd. 95. IH Abth. Mlrz 1887.
(3) A, 5 a 6 ce. di una soluzione di cloruro sodico airi per cento. LOwit aj^unge
3 a 6 goccio di una soluzione allungata del miscuglio di Flemming che ha la seguente'
composizione: acido cromico 1 per cento, 80; acqua, 80; acido osmico 2 per cento, 8;
acido acetico 2.
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— 496 —
oppure adopera un liquido fissatore che scolorisce ugualmente molti corpuscoli
rossi. Ldwit dice che è il liquido Pacini modificato ; a me sembra piuttosto
una modificazione del liquido Hayem, colla differenza in peggio che contiene
meno bicloruro di mercurio ; infatti esso consta di 800 ce. di acqua ; cloruro
sodico 2 gr. ; solfato di soda 5 gr. ; sublimato corrosivo 5 ce. di una soluzione
satura a freddo. Siccome alla temperatura ordinaria di 15^ il bicloruro di
mercurio si scioglie nella proporzione di circa 7 gr. in 100 gr. di acqua, il
liquido di Lòwit contiene una dose di sublimato corrosivo che è inferiore
alla metà di quella del liquido Hayem. Ho già dimostrato nella Nota X. che
la dose del bicloruro di mercurio è insufSciente nel liquido Hayem; e quanto
ho già detto in proposito, vale a fortiori pel liquido di LOwit. Infatti para-
gonandolo colla soluzione di acido osmico 1 per cento, è facile persuadersi
che altera molti corpuscoli del sangue e li scolorisce.
« Le discrepanze e le contraddizioni degli autori dipendono dalla diffe-
renza dei metodi adoperati nello studio del sangue, e la concordia potrà solo
stabilirsi quando siasi perfezionata la tecnica in modo da fissar bene i corpu-
scoli del sangue senza alterarli colle manipolazioni.
« Hayem ebbe il grande mento di aver messo le basi delle ricerche
suir evoluzione dei corpuscoli del sangue. Non sono d'accordo con lui su tutti
i punti; ho già detto che egli ha confuso i leucociti cogli ematoblasti, e
viceversa una differenza da lui stabilita fra gli ematoblasti ed i leucociti,
riguardo ai movimenti, non esiste; perchè nel sangue embrionale dei pesci ho
veduto che gli ematoblasti eseguiscono gli stessi movimenti dei leucociti;
temo che studiando il sangue nei vasi col metodo di Cohnheim abbia confuso
cogli ematoblasti dei corpuscoli rossi scolorati durante la stasi venosa; ma è
pur sempre vero, che Hayem portò un largo contributo di conoscenze alla
storia del sangue e le descrizioni che ho fatto nelle pagine precedenti dei
giovani corpuscoli rossi, corrispondono in molti punti a quanto Hayem aveva
già pubblicato per il sangue della rana fino dal 1879.
<t Ma Hayem non si occupò deir origine vera dei giovani corpuscoli : fii
Bizzozero che diede queste ricerche alla scienza colla serie memorabile delle
sue ricerche. Nella Memoria che Bizzozero e Torre hanno presentato a questa
Accademia nel 1883, sulla produzione dei globuli rossi, dimostrarono fra
l'altre cose che :
« Nei vertebrati inferiori (rettili, anfibi e pesci) il sangue circolante
tt presenta quella particolarità che allo stato embrionale si osserva nel sangue
« di tutti i vertebrati, contiene cioè in maggiore o minor numero dei globuli
«rossi giovani, e delle forme in scissione indiretta.
« Ho confermato pienamente le osservazioni di Bizzozero e Torre an-
che nei pesci.
« Nella tecnica fisiologica manca fino ad ora un metodo, che metta in
evidenza le figure cariocinetiche senza alterare profondamente la struttura
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dei corpuscoli sanguigni, e togliere ad essi Temoglobina, o renderli colla
coagulazione prodotta dai reagenti così diversi dal loro stato normale, che
non sono più riconoscibili. Ritornerò in seguito su questo argomento; per
ora mi limito ad esporre le osservazioni che ho fatto coli* acido osmico 1 per
cento sul sangue di questo Scyllium catulus.
« In ogni preparato si trovano degli elementi giovani in scissione, forse
2 0 3 per cento corpuscoli adulti. Sono cellule omogenee formate da un grande
nucleo della lunghezza di 14 fi a 17 fi: nel primo stadio della scissione pre-
sentano la forma di un rene, o di xm fagiolo; vi è una infossatura che in
altre cellule prende Taspetto di una linea che divide il nucleo in due : e
ciascuna metà conserva un nucleolo ed è rivestita della sostanza corticale
che si accumula alle estremità opposte.
« La caratteristica di questi corpuscoli è, che il processo di scissione
appare solo nel nucleo e non alla superficie della cellula, la quale conserva la
sua forma elissoidea. Si vedono tutti i passaggi della scissione endogena :
fino airultime forme, che constano di elementi rivestiti da uno strato leg-
germente granuloso, che ricopre come un velo sottile due nuclei staccati
luno dall'altro e lontani da 1 /i a 2 ju. Questi nuclei sono ovali ; misurano
da 8 ili a 9 jii in lunghezza, da 5 /x a 7 /i in larghezza. Altre volte si vedono
però delle cellule eguali per struttura che hanno dentro invece di due, tre
divisioni, e in alcuni sembra che non si tratti di una vera scissione, ma di
protuberanze del nucleo per cui assumono l'aspetto di masse isolate, o con-
giunte appena per un piccolo tratto in qualche punto. Tali forme si allontanano
molto dal tipo della scissione per cariocinesi.
e Lo studio di questi elementi è importante, perchè nella fisiologia del
sangue non è ancora deciso, se l'opera della riproduzione dei corpuscoli rossi
si compia nel sangue che circola nei vasi ; come pure non sappiamo se vi è un
solo, 0 due modi di generazione dei corpuscoli ; se cioè la riproduzione sia uni-
camente afiSdata alle cellule adulte, o se dovendo queste compiere l'ufficio
della respirazione e della nutrizione dei tessuti, divengano incapaci alle fun-
zioni riproduttive, e siano i giovani corpuscoli che si moltiplichino.
« Malassez nella sua importante Memoria : Sur r origine et la formation
des globules rouges dans la moéUe des os (^) ha già posto chiaramente tale
questione : e i fatti da lui osservati sono degni di fiducia per la critica che
fece dei metodi della tecnica, e l'uso dell'acido osmico da lui raccomandato.
Un'altra ipotesi è che gli elementi in scissione così abbondanti nel sangue
embrionale siano delle forme in necrobiosi, e dei corpuscoli giovani che
muojono prima di aver raggiunto il loro sviluppo. Nelle prossime Note cer-
cherò di risolvere questo problema » .
(1) Laboratoire dTiistologie du Collège de France. Travaux de Tannée 1882.
(«) ReDd. della R. Acc. dei Lincei, 4 mano 1888.
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Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettHm^ provocati 4alie
radiazioni. NotaJI. del Corrispondente A. Ekfhi.
« Continuando nello studio di questi fenomeni, ho realizzata un'espe-
rienza, che mi pare di natura tale da fornire qualche criterio intorno alla
loro causa.
« Ho fatto rilevare, alla 'fine della mia prima Nota (2), che dal com-
plesso dei fatti sembrata potersi supporre, che delle particelle materiali elet-
trizzate partissero, sotto l'azione delle radiazioni ultraviolette, dai corpi elet-
trizzati negativamente, e recassero le loro cariche ai corpi elettrizzati
positivamente. Nel caso delle mie esperienze, essendo p. e. negativo il disco
di rame dorato e positiva la tela d'ottone, la convezione elettrica avrebbe
luogo a partire dal disco, per non cessare che allorquando i due metalli sono
ridotti allo stesso potenziale, e quindi sono privi di carica nelle loro super-
ficie prospicienti.
« Se questa convezione elettrica esiste effettivamente, e se il conduttore
negativo illuminato è facilmente movibile, esso deve spostarsi per reazione,
alla stessa maniera delle alette d'un radiometro.
« Pensando che la differenza di potenziale di contatto non fosse sufficiente
sid ottenere questo effetto, ho cercato di realizzare l'esperienza, facendo co-
municare il metallo col polo — di una pila secca, e l'esperienza è riuscita.
« Ecco come ho disposto l'apparecchio. Una cassetta a pareti quasi
tutte di vetro, meno che dalla parte per cui devono entrare le radiazioni,
ove essa è chiusa con selenite (corpo questo assai permeabile alle radiazioni
ultraviolette), difende la parte mobile dalle correnti d'aria. Questa parte mo-
bile poi consiste in due laminette di alluminio, portate da una leva orizzontale
sospesa a due fili di bozzolo.
« I moti della leva si osservano per mezzo d'un piccolo specchio, e con
cannocchiale e scala.
« Fatta comunicare una delle lastrine col polo — della pila, appena che
le radiazioni dell'arco voltaico (fra carbone e zinco) cadono sul sistenola, si
vede lo spostamento nel senso previsto. Se si sopprime la pila, le radiazioni
più non producono tale effetto, giacché la seconda lamina di alluminio com-
pensa gli effetti dovuti alle correnti d'aria provocate dal riscaldamento della
prima, e così pure accade se lasciando le comunicazioni còlla pila, si pone isnl
canmiino delle radiazioni una lastra di vetro, che assorbe i raggi ultraviolétti.
« Senza entrare, per ora, in maggiori dettagli aggiungerò, che l'espe-
rienza è riuscita in modo tale, che mi pare non lasci alcun dubbio circa la
causa del moto osservato, e cioè sembrami escluso che esso sia dovuto ad
azioni elettrostatiche, a correnti d'aria provocate da riscaldamento, ecc. « .
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Astronomìa. — Sulla distribuzione in latitudine dei fenomeni
solari osservati al R. Osservatorio del Collegio romano nel /^ tri-
mestre del 1888. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Dalle latitudini eliografiche calcolate per ogni protuberanza, gruppo
di facole, gruppo di macchie e per ogni eruzione solare, ho ricavato il se-,
guente quadro, che dà la frequenza relativa di ogni ordine di fenomeni in
ciascuna zona di 10 in 10 gradi.
Latitudine
Macchie
Erazioni
Facole
Protuberanze
SCM-So""
0,000 \
0,000
0,000
0,008 \
80-*-70
0,000
0,000
0,000
0,014
70-t-60
0,000
0,000
0,000
0,016
60-4-50
0,000
0 000
0,000
0,044
50-+-40
0,000 y 0,500
0,000 > 0,167
0,000) 0,334
0,054) 0,370
40-f-30
0,000
0,000
0,024
0,054 1
30-H20
0,000
0,000
0,024
0,0441
20-hIO
0,125
0,000
0,000
0,078 1
10.0
0,375 ^
0,500 '
0,167
0,167
0,286
0,058 /
0,050 \
0-10
0,476
10-20
0,000
0,666
0,166
0,087
20—30
0,000
0,000
0,024
0,115
30—40
0,000 r
0,000
0,000
0,107
40-50
0,000 > 0,500
0,000) 0,833
0,000) 0,666
0,169 > 0,630
5Ò-60
0,000
0,000 1
0,000 1
0,066
60-70
0,000
0,000 1
0,000 1
0,020
70-80
0,000
0,000 1
0,000 1
0,010
1
80-90
0,000 ;
0,000 ^
0,000
0,006 ^
« I gruppi delle macchie furono egualmente frequenti al nord e al sud
deir equatore solare e tutti contenuti fra i paralleli -j- 20® e — 10®. Le
eruzioni si presentarono quasi tutte nelVemisfero australe col massimo di
frequenza nella zona ( — 10® — 20®); anche le eruzioni si mantennero in una
ristretta zona equatoriale compresa fra i paralleli + 10^ e — 20®.
K Le facole furono, come le eruzioni, assai più frequenti al sud del-
Tequatore, con un massimo nella zona (0® — 10®) come le macchie. Le facole
si estesero a latitudini superiori a quelle delle macchie e delle eruzioni.
« Le protuberanze idrogeniche frurono più numerose nell'emisfero australe
come le eruzioni e le facole, e il massimo assoluto di frequenza ebbe luogo
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.— 500 —
nella zona ( — 40<* — 50^), cioè in regioni assai lontane da quelle in cui si
osservarono le macchie e le eruzioni solari. Le protuberanze, a differenza degli
altri fenomeni, si presentarono in tutte le zone, e si mantennero abbastanza
frequenti tanto al nord che al sud dell'equatore fino a 60 gradi di latitudine,
e da quei paralleli diminuisce poi rapidamente il loro numero, come nell'ul-
timo trimestre del 1887. Anche in questa nuova serie di osservazioni è dunque
chiaro, che non si può ammettere la stretta relazione fra le macchie solari
e le protuberanze, nel senso che le protuberanze siano prodotte da macchie
0 da fori, perchè appunto abbiamo il fatto, che le protuberanze si possono
presentare colla maggior frequenza in regioni solari, nelle quali mai si osser-
vano macchie né fori » .
A^stronomia. — SuirecUsse totale di sole del 19 agosto 1887
osservato in Russia e nel Giappone. Nota del Corrispondente
P. Tacchini.
« Il sig. Handrikof, professore di astronomia nella università russa di
Eief, aveva scelto, 25 anni or sono, per tema della sua dissertazione dotto-
rale, il calcolo di questo eclisse visibile dalla Russia, e desideroso di osser-
varlo si era recato sul monte fìlagodat, che trovasi nel versante orientale
degli Urali, a 58M7' di latitudine nord e 3^.59™ di longitudine est da
Greenwich. Il posto da lui scelto era assai vicino alla linea centrale dell' e-
clisse. L'Handrikof, contro la previsione dei meteorologisti russi, fu abbastanza
favorito dal buon tempo, per modo che egli potè fare diverse osservazioni
durante la totalità, e di cui ha reso conto in una relazione accompagnata
da 4 tavole in cromolitografia ed una figura intercalata nel testo.
« Quando il disco lunare si projettò su quello del sole, egli dice di
avere osservato con precisione i monti della luna, ed arrivata l'occultazione
a metà non ebbe ad accorgersi di grande diminuzione nella luce. Invece una
rapida diminuzione di luce incominciò ad avvertire 10 minuti prima dell'e-
cljsse totale, e allora gli oggetti apparivano giallastri e la carta giallo-rossa.
Poco prima della totalità, 15 secondi, la sottile falce solare fu suddivisa
dalle prominenze della luna, e il corno nord-est si vide molto spuntato, ed
a quel posto, poco distante dalla punta del corno, scorgevasi il contomo
della luna esternamente al sole, perchè si projettava sulla corona, che inco-
minciava ad apparire.
« Al momento del primo contatto, allo sparire cioè dell'ultimo punto
lucente del sole, l'Handrikof dice che si accese improvvisamente, tutto intomo
al nerissimo disco lunare, un meraviglioso fuoco d'artifizio; apparve cioè la
corona di uno splendore argenteo coi suoi raggi e pennacchi luminosi e le
protuberanze, che illuminandosi presero tali colori, che invano si cercherebbero
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— 501 —
sulla tavolozza del pittore. Le meravigliose lìngue di fuoco erano di co-
lore azzurro-rosa. Al principiare della totalità dell* eclisse egli notò quattro
protuberanze all'orlo orientale del sole, di cui quella più a sud aveva le
maggiori dimensioni ed era visibile anche ad occhio nudo. Le tre minori
oolVavanzarsi della luna scomparvero, mentre la più grande rimase visibile
fino alla fine deireclisse totale. Le sue dimensioni possono dirsi colossali,
soggiunge THandrikof, perchè in altezza arrivava circa a un terzo del n^o
solare.
K In quella giornata le osservazioni spettroscopiche solari in pieno sole
riescirono tanto a Roma che a Palermo, eseguite dai signori assistenti Chi-
stoni e Mascari. In tutto furono osservate 10 protuberanze, le quattro più grandi
delle quali vennero egualmente studiate nelle due specole, e i disegni trovansi
abbastanza bene in accordo, come bene si accordano le posizioni assegnate
alle protuberanze medesime. Tre di esse formano come un grappo a sé, nel-
Temisfero boreale del sole, e l'altra, la più alta dì tutte, stava isolata nell'e-
misfero centrale, ed era la più bella protuberanza fra quelle osservate in
quel giorno. Questa protuberanza figura nel disegno del sig. Handrikof, e
così il gruppo da 69'' a 92^ est trova il suo riscontro tanto nei disegni del
professore russo, come nelle fotografie del Giappone, fatte a Tomeiji-yama
dal sig. Sugiyama, ad una latitudine di 37°.37' nord e longitudine 138*^.39'
est di Greenwich. Qui notiamo il fatto, che mentre nelle osservazioni spettro-
scopiche in pieno sole, la più alta protuberanza di quel gruppo non arriva
che a 60'', le altezze notate dal sig. Handrikof sono quasi il doppio ; così
la protuberanza a 147^ trovata di un'altezza di 64" tanto a Roma che a
Palermo, è egualmente più alta nella osservazione a sole eclissato. Inoltre
il sig. Handrikof assicura, che durante la totalità la più alta protuberanza
arrivava almeno in altezza a 300"; e deve essere stato così, perchè rimase
visibile ad occhio nudo fino alla fine dell'eclisse totale, mentre le atr» tre
sparirono coU'avanzarsi della luna. Inoltre il sig. Handrikof ha operato da
astronomo, e le cortesi lettere scritteci da lui, ci hanno fornito i dati sicari
per il confronto che ci interessava di fare. Or bene, tanto a Palermo che a
Roma, in quella parte del bordo solare ed a molta distanza a nord e a sud
dal posto determinato dall'osservatore, non fu veduta che semplice cromosfera
con qualche basso fiocco più o meno lucente ; siamo dunque in un caso ana-
logo a quelli da me riscontrati all'isola Carolina e in Grenada nel 1883
e 1886, cioè di grandi protuberanze osservate distintamente durante l'eclisse
totale, mentre erano affatto invisibili collo spettroscopio a pieno sole.
« Allo stesso ordine di fenomeno deve appartenere il grande tratto roseo
esservato dall'Handrikof sul bordo occidentale, che si estendeva su di un
arco di 60 gradi. L'altezza di questa massa rosea era ovunque di circa due
minuti d*arco, vale a dire una altezza rispettabile se paragonata alla media
altezza delle protuberanze idrogeniche solari ; or bene in pieno sole in quel
Rendiconti. 1888, Vol. IV, !• Sem. 65
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— 602 —
inatto di bordo non fu vediate, che semplice cromosfera, tanto a JSoma che
a PaL^mo.
« Qaesto gruppo di protuberanze, che il sig. Handrikof dice assai impor-
tante e che veniva a costituire come un enorme rialzo della cromosfera in
grande estensione, trovasi anche riprodotto nelle fotografìe, dalle quali si
vede anche come fosse dotato di luce assai intensa e fotogenica, perchè nella
parte centrale si sovrappone nella fotografia al disco lunare, che rimane così
come intaccato, con leggera irradiazione anche più internamente, cioè verso
il centro della luna.
« Tale particolarità è pure visibile nelle fotografìe fatte dal sig. Earelin
di Nijnj-Novgorod, quantunque il cielo fosse ingombro sempre da nebbie e
nuvole. Invece la grande protuberanza, veduta anche ad occhio nudo, non
arrivò ad impressionare la lastra fotografica, ma solo vi ha in quella dire-
2Ìope un rialzo nella traccia della corona, alto appunto un terzo del raggio
lunare, e che rimase attivo anche 34 secondi prima della fine della totalità ;
così eguale rialzo della corona corrisponde al gruppo delle protuberanze
boreali all'est, e molto più marcata ed alta vedesi la corona in quel tratto
corrispondente alVarco vivo di protuberanze all'ovest Delle altre protube-
ranze poi non si ottenne nelle fotografie, che la sola impressione della loro
base. Abbiamo così da registrare altri casi, in cui molti oggetti appartenenti
alla cromosfera ed atmosfera solare mentre sono visibili durante un eclisse totale
di sole e fotografabili, non sono visibili colle ordinarie osservazioni spettrali.
Sembra poi risultare dalle fotografie giapponesi un nesso fra le protuberanze
e la maggiore estensione della corona. £ sebbene il direttore dell'osservatorio
di Tokio dichiari modestamente di non avere avuto a sua disposizione buone
macchine, e di non avere ottenuto risultati soddisfacenti, pure noi crediamo
che quelle fotografie abbiano ugualmente una grande importanza, perchè le
cose fotografate a Yomeiji-yama si completano con quelle osservate sul
Mdgodat, oltre che la fotografia dimostra la realtà della corona solare, da non
confondersi con quegl'altri fenomeni, che possono prodursi per il semplice
incontro dei raggi solari colla luna, e che non trovansi, nel caso di questo
eclisse, riprodotti nelle fotografie, ad onta che il sig. Handrikof dichiari, che
tutti i raggi e pennacchi erano di un intenso splendore argenteo e immobili
conservando la loro forma e posizione per tutta la durata della totalità.
« Bitomando ora alle protuberanze, abbiamo rimarcato come la più
grande rimanesse visibile fino alla fine dell'eclisse totale, e come la sua
altezzsii fosse cinque volte m^glore di quelle osservate in quel giorno a pieno
sole, e come quelle vedute anche in pieno sole, apparissero tutte ben più alte
durante, la totalità; ora aggiungeremo che anche in larghezza le protuberanze
vedute dorante Teolisse sorpassavano le corrispondenti osservate in pieno sole,
e più del doppio. Tali differenze sono dell'ordine di quelle da noi trovate in
altri 9cli§si, e confermano il fatto, che cioè allo spettroscopio noi non vediamo
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— 503 —
che la parte interna, dirò così l'ossatura, di una protuberanza, mentre rinto-
lucro esteriore più largo assai ed alto, si rende solo visìbile in occasione di
eclissi totali. Il materiale delle protuberanze sorpassando certi limiti di altezza
rispetto alla cromosfera, sì raffredderà rapidamente arrivando a farsi solido
specialmente nelle parti più elevate, per modo che quel materiale non rie-
scirà più visibile colla osservazione spettrale. Quelle protnberanze poi, e fittora
sono le più alte, di cui non si ha traccia allo spettroscopio, mentre così bene
osservansi anche ad occhio nudo durante un eclisse totale, io ritengo altro
non siano, che materie solide sospese a grande altezza nellatmosfera solare,
sulle quali projettandosì il disco lunare né nasce Tappuenza di protuberaiìze,
come le intendiamo ordinariamente, cioè oggetti attaccati o sfilanti dalla
cromosfera, mentre in realtà possono essere intieramente staccati e intiera-
mente molto distanti dalla superficie del sole, come il pennacchio argenteo
veduto, da me pure, durante Teclisse del 1882, e che aveva la forma di
una cometa.
« Le cose più importanti osservate durante la totalità di quest'ulfinìo
eclisse stavano neir emisfero australe del sole, e ciò sembrami importante di
fare rimarcare che sta in relazione col risultato da me ottenuto Colle ordi-
narie continue osservazioni, che cioè allora come oggi la maggiore attività
solare si è manifestata quasi costantemente nelF emisfero australe del sole;
così dicasi della corona, la cui estensione fu più grande al sud che al nord
dell'equatore (^). Ciò mi sembra di una grande importanza, perchè collega
assieme i fenomeni coronali, quelli della cromosfera e fotosfera e quelli più
straordinari, che in seno all'atmosfera solare possiamo vedere solamente a
sole totalmente eclissato.
« Il sig. Handrikof nota poi in fine della sua Memoria, come essendo
allora vicini al minimo delle macchie solari, si dovesse attendere una scarsa
comparsa di protuberanze durante l'eclisse totale dell'agosto 1887, ed aven-
done invece veduto parecchie e molto grandi, esso conchiude che ciò forma
la contraddizione della relazione, che dovrebbe esistere fra macchie e protu-
beranze. Ducimi che il gentilissimo sig. Handrikof non abbia avuto occasione
di fermare l'attenzione sua sqlle numerose serie di osservazioni solari da me
pubblicate, perchè si sarebbe facilmente convinto, che la relazione fra i due
fenomeni nel senso da lui considerato noi non l'anmiettiamo, e che appunto
abbiamo già osservazioni a migliaja, che dimostrano come certi massimi nel
fenomeno delle protuberanze avvengono in regioni solari, ove né macchie né
fori si presentano mai. Non bisogna confondere il fenomeno generale delle
protuberanze idrogeniche con quelle protuberanze, che d'ordinario sogliono
accompagnare i gruppi delle macchie. D'altra parte non neghiamo, che una
relazione esista fra i diversi fenomeni, che anzi abbiamo contribuito a
(^) Montly Notices. London, Febmary 18é8^.
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dimostrarla, ma bisogna bene intenderla in un senso largo, cioè nel senso che
nell'epoca della maggiore attività solare come si hanno molte e grandi mac-
chie si presentano anche molte e grandi protuberanze, mentre le vere epoche
dei rispettivi massimi assoluti non vanno rigorosamente di accordo, perchè
le osservazioni finora raccolte fanno vedere ad esempio, che il maximum
delle protuberanze segue il maximum delle macchie, ciò che si è notato
anche per le aurore polari. Ma poi vi è un'altra considerazione da &re, ed
è ohe le osservazioni di eclissi totali di sole sono troppo rare, mentre per
ben giudicare dei rapporti fra i fenomeni che di giorno in giorno andiamo
osservando nel sole e quelli visibili a sole eclissato, occorrerebbe un eclisse
totale per giorno, mentre un tale fenomeno si ripete a lunghi intervalli di
tempo. Solo dopo molte osservazioni si potrà stabilire l'importanza di ciò
che spetta ad un dato eclisse in rapporto alla attività solare, mentre oggi
tutto si confonde assieme sotto il nome di protuberanze. Così mentre noi
abbiamo ragione nel dire, che nel giorno dell'eclisse dell'Aoste 1887 al bordo W
del sole non vi erano protuberanze, il sig. Handrikof ha pure ragione nel dire,
che in quello stesso giorno allo stesso posto osservò una stupenda serie di
protuberanze per il fatto, che l'osservazione sua corrisponde a sole totalmente
eclissato, mentre a Roma e Palermo si osservava a sole pieno.
« La parola dunque protuberanza può in questi casi avere l'identico si-
gnificato per i diversi osservatori ? Noi crediamo di no. Bisogna dunque con-
chiudere, che vi è ancora molto da studiare, e bisogna augurarsi, che ii^
avvenire vi siano molti, i quali a somiglianza del sig. Handrikof, abbiano la
premura di recarsi in lontani paesi per osservare astronomicamente gli eclissi
totali di sole, accettando una distribuzione di stazioni senza riguardo alcuno
alle comodità personali, ma solo stabilita in vista della maggiore probabilità
di riescita dell'osservazione » .
Astronomia. — Osservazione del pianeta (275) e della cometa
Sawerthal. Nota di E. Millosevich, presentata dal Corrispondente
P. Tacchini.
« Degli ultimi pianetini scoperti non ho potuto osservare che il (275)
come segue:
1888 aprile 18. 11^ 47"». IP. t. m. Roma (C. B.)
a apparente 12^ 37". 11»,92 (9.056)^ r • 11 0
i apparente +3^ 41'. 58",3 (0.737))
« La cometa Sawerthal, sulla quale ha testé riferito il prof. Tacchini,
fu da me riosservata il 3 maggio, come segue:
1888 maggio 3. 13\ 58™. 44«. t. m. Roma (C. R.)
a app cometa 23^ 30°». 2P,51 (9. 691 n)
i app cometa + 28«. 13'. 59",0 (0. 760)
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— 505 — .
« L'astro ooBserva aspetto interessante, peraltro non vedesi più ad occhio
nndo. La coda, quasi disposta sul parallelo e precedente il nucleo, è un og-
getto delicato, la cui lunghezza (ampiezza) può essere stimata da 20' fino
a 50', secondo lo stato del cielo e il cannocchiale che si adopera » .
Astronomia. — Elementi ellittici di {264) Liìmssa in base
a due opposizioni {1886-87 e 1888). Nota di E. Millosevich,
presentata dal Socio P. Tacchini.
« Dell'orbita ellittica sulle osservazioni della prima opposizione del pia-
netino (264) Libussa ho reso conto all' Accademia in una mia Nota speciale.
- « Gli elementi allora dedotti erano :
1887.0; eclittica.
T = 1887 Gennaio 1, 5 Berlino
M= 15^31' 40^5
« = 334 21 2.5; riduzione a 1890.0 = + 6".6
j2= 50 5 33.6 ^ +144.3
e = 10 28 31.9 » +0.8
y = 7 33 9.1
li = 770". 8262
(Iga == 0.442033).
« I nuovi elementi dall' insieme della prima e della seconda opposizione
da me dedotti sono i seguenti:
1890.0; eclittica.
T = 1887 Gennaio 1, 5 Berlino
M= 13038' r'.o
« =336 32 17.8
i2= 60 6 44.9
* = 10 27 23.0
y = 7 55 56.6
H = 758". 8083
(Iga == 0.446583).
« I costanti per il calcolo delle coordinate equatoriali eliocentriche sono :
X, = [9.9957476] sen (116^ 10' 40".6 -^v)r
y 1 = [9.9380602] sen ( 30 48 43 . 8 + ^^) r
ir, ==[9.7137112] sen ( 12 43 25.1 + 2^)^-
• Riservandomi di calcolare un'eflfemeride rigorosa per i confronti fra
le osservazioni e il calcolo per l'epoca della terza opposizione, dò qui una
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— 506 —
piccola porzione deir effemeride annua, che ho calcolato per conto del Rechen-
Institute di Berlino per il 1889.
1889Marzo 22 0^ Berlino : a = 14»* 44" 17» i = — l(y>òl\l lg^=±=0.372
Aprile 11 14 81 40 —10 21,6 0.344
Maggio 1 14 14 24 — 9 42, 7 0.337
Maggio 21 13 58 29 — 9 17, 9 0.352
Eq:Yero dell'epoca. Opposizione 1889 Aprile 26. Grandezza 12.8.
« La posizione del piano, come aveva previsto fino dai primi saggi d'orbita,
si modificò di pochissimo, mentre fi e n mutarono notabilmente.
ti Non riferirò particolari di calcolo, del resto notissimi, coi quaU {^rrenni
ai migliorati elementi; basterà un fugace cenno.
« Il pianeta in seconda opposizione fu da me osservato, ma poche volte,
fra rs gennaio e il 4 marzo 1888.
« Due osservazioni fece il dott. Enorre a Berlino.
« Assunto un luogo normale della prima opposizione (1886. 20 XII
12^ Berlino) e l'ultima mia osservazione del 1888 4 III, col metodo delle
variazioni delle distanze e coi principi del calcolo delle probabilità dedussi
l'orbita più probabile che soddisfacesse all'insieme delle osservazioni inter-
medie, mentre di necessità doveva rappresentare i due luoghi su cui si obbli-
gavano a passare.
« I luoghi intermedi vennero rappresentati con lievi differenze, come
appare dal seguente specchietto, una piccola parte delle quali deve imputarsi
alle tavole logaritmiche, avendo usato tavole a sei figure.
(20 Die. 1886 12»» Berlino rAacosJ 0».00 ; ^(r + 0".8)
22 Gen. 1887 0^ » — 0 . 85 +5.1
10 Qen. 1888 12"
— 0.29
+ 8.0
18 Gen. 1888 12"
+ 0.05
+ 6.0
4 Pebbr. 1888, 529572 .
+ 0.25
+ 4.5
6 Febbr. 1838, 366284 •
— 0.15
+ 3.8
10 Pebbr. 1888 12"
+ 0.51
+ 1.5
( 4 Marzo 1888, 352280 •
— 0.07
+ 0.3)
« Il primo e l'ultimo sono le epoche di base del calcolo e raccordo altro
non prova che non vi sono errori di calcolo.
« Alcxmi luoghi intermedi sono normali, altri semplici osservazioni, a cui
peraltro ho dato eguale peso, imperocché il metodo, per natura sua eccellente
per dare all'orbita un assetto quasi completo, suppone senza errore alcuno le
osservazioni di base, una delle quali, la seconda, è isolata, decita peraltro
ptrehò la estremo.
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— 607 —
« Si potrebbe ora migliorare Forbita con altro metodo di calcolo, ma
sarebbe opportmio di confrontare accuratamente tutte le osservazioni con una
effemeride rigorosa, investigare i luoghi delle stelle di confronto e formare
alcuni luoghi normali più sicuri ; tuttavia, considerando che fu omesso, come
doveva essere fatto, il calcolo dello perturbazioni, poiché gli elementi erano
ancora assai difettosi, è meglio possedere qualche osservazione della terza oppo-
sizione per rassetto finale degli elementi, e per preparare, mercè il calcolo
delle perturbazioni speciali, elementi osculanti per la quarta opposizione.
« Del resto è fuor di dubbio che il pianeta in terza opposizione, mercè
gli elementi ora dedotti, si troverà con facilità ed aberrante di poco».
Matematica. — Una nuova applieanone della teoria delle funr
2Ìoni ellittiche alla meccanica. Nota di Ernesto Padova, presen-
tata dal Socio Pini.
• Consideriamo una sfera di centro S obbligata a restare sopra un piano
orizzontale, sul quale può ruotare ma non strisciare ; in essa supponiamo la
materia distribuita in modo che il baricentro sia in S ed i momenti princi-
pali d* inerzia sieno fra loro uguali. Con A indichiamo il valore dei momenti
d* inerzia e con B il punto di contatto della sfera e del piano. Supponiamo
inoltre che nel punto C della sfera sia applicata una forza verticale costante P,
e determiniamo il movimento che in queste condizioni prende la sfera, che
inizialmente era dotata di una velocità qualunque data.
« Pongasi se =a 9 e prendasi la retta SC per asse delle x ; per assi
delle y e delle z prenderemo due rette ortogonali fra loro e perpendicolari
ad SC condotte per S . La forza viva T del corpo sarà determinata dalla
equazione
2 T = M V* + A tó» ,
ove M è la massa della sfera, Y la velocità di S ed (u la velocità angolare
risultante. L'asse della rotazione risultante dovendo passare costantemente
per B , se si scompone la velocità angolare co in due, una orizzontale ed una
verticale, chiamando o* e m le due componenti, è evidente che sarà
se B è il raggio della sfera. Sieno ora ai , a, , «3 ; fii, fiiyfi^; yi , y» , ys i
coseni degli angoli che la verticale e due orizzontali perpendicolari fra loro
fanno cogli assi mobili ^xy z ^ e, seguendo Tordinaria notazione di Lagrange,
indichiamo con un accento le derivate prese rapporto al tempo, avremo
0^ = {a\ fi, + a\ fi, + «'3 fizy + («'1 Yi + cc\ y, + a\ y,)« =
^a'I-^a^.^a'l — a'Xal-aWz — ^'ìcfz + ^c^.c/.ifi.fi.-^y.r,)^
+ 2a\a\{fi,fi, + r,y,)Jf2a\a\{r,rz + fi^fiz) = ^'\ + A + cc'l
quindi sarà
(1) 2 T = (M R« + A) («'J + a'\ + a'J) -f A co* .
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— 508 —
« Prendiamo un sistema di coordinate polari che abbia per asse la
retta SC , si avrà
(2) al + «1 -}- a'I = y * + sen* ^ 9?'» .
<t La forza ha allora la funzione potenziale
(3) U = — P5 cos ^ .
K Ciò posto, per trovare le funzioni incognite del tempo m , ^ e 9
potremo &r uso del principio di Hamilton, osservando però, come ha fatto
Lagrange, che
àof = -jT" +i> ^^i + y *«« + ^ *as =
l>CCi
"^«s
OTe 01 è una rotazione elementare attorno alla vertioale, p ,q ,r sono le com-
ponenti della velocità angolare attorno agli assi mobili; le equazioni del moto
sono allora
i 9" (M R» + A) sen« » -\-
(4)
=(MB'+A)^^5^
0 = A
dt
Di queste si ha subito l' integrale m = cost ; e se inoltre si osserra che è
«1 -r^ oTi =seni^. 9 ,
Dofi ^a, 7)^3 ,
chiamando e la costante cui è uguale cd , un altro integrale delle (4) sarà
(5) A(? cos ^ = (M B« + A) sen* (>. 9'+ (?» .
Un terzo integrale si ha dal principio delle forze vive ed è
(6) (MR* + A)(^'« + sen«^y'«) + 2P.5.sen^ = 2A.
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— 509 —
Eliminando fra le (5) e (6) la y' si ha, coli' indicare con Ai , 5i , é?^ , c^ delle
nnoye costanti
(7) sen« &. ^'* = (Al + 2 Si cos ^) sen« & — (cos ^ + c^y Cs .
* Pongasi cos 1^ = M e la (7) darà
dt = :t: , ^»
t/(A, + 2 s. «) (1 — K«) — (« + e,)* <^3
talché 1^ sarà una funzione ellìttica del tempo. Dalla (5) si ha poi
du
yihi-\'2siU){l—u^) — C3{u-\-Ciy
per cui anche (p potrà considerarsi come una fonzione nota del tempo.
« Dalle note equazioni di Foisson
ci^i=rai — qa^ , a'i = a3p — air , a\ = aiq — a^p
si deducono immediatamente le relazioni
p=aiaf-\-a\a3 — cc'^a^^ q=a2m-\-a\ai — c^iccn^ r=a3<ìS-\-a\ai—a\ai
poiché, come è noto, si ha
cor = a^p + «2 ? + «3 ?• .
Possiamo dunque dire che, trovate le m , xh ^ ip , e quindi anche le a in
fimzione del tempo, lo sono anche p ,q ,r\ e poiché delle equazioni di Foisson
si ha la soluzione a ,^ si hanno le altre dae /$ e }" con semplici quadrature.
« Le coordinate 172, , Cb del punto B nel piano orizzontale si possono deter-
minare osservando che quel punto è sempre sull'asse istantaneo e che le sue
coordinate rispetto agli assi mobili sono B a^ , B ^e , B «3 , per cui si ha
-^ = — B(ai/i +ai/« + «3/3),
nelle quali i secondi membri sono funzioni note del tempo e così resta com-
pletamente determinato il moto della sfera » .
Matematica. — Sulle forme appartenenti all'ottaedro. Estratto
di lettera diretta dal prof. Q. Pittarelli al Socio Brioschi.
« Alle forme binarie, il cui 4® armonizzante è identicamente nullo, vol-
sero i loro studi, in diverse occasioni e per fini anche diversi, matematici
eminenti: Schwarz, Clebsch, Cayley, Klein, Gordan e V. S., per nominar
quelli di cui lessi gli scritti. V. S. poi, specialmente nella Nota : SulV equa-
zione dell'ottaedro (Transunti de' Lincei voi. Ili, 1879) trattò l'argomento
Rendiconti. 1888 Vol. IV, !<> Sem. 66
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— 510 -
campìutamente dal punto di Tista della teoria delle forme. Intanto, mi con-
cede Ella chMo le comunichi un* osservazione appunto mxìV ottaedro^ ch'io
feci quasi per spiegare a me stesso 1 risultati avuti da Lei?
« L*osservazione è questa : che la relazione unica esistente tra la forma
del sest' ordine F rappresentante Tottaedro, il suo hessiano H=(FF)2, il
covariante T = (FH)i e T unico invariante A = (FF)e è quella stessa di Cayley
che passa tra le forme appartenenti ad una form» cubica binaria qualunque.
Da quella relazione poi traggo in modo semplicissimo le trasformazioni dei
due differenziali
(xdx) (xdx)
yW j/H
in differenziali ellittici : la seconda delle quali, prevista da Schwarz^ non mi
pare sia stata effettuata.
« Sia / una delle forme biquadratiche di cui F è il covariante del 6® or-
dine, i e j i suoi invarianti, h il suo hessiano e ^ il covariante di 6** órdine,
che sarà perciò eguale ad F : tutte le biquadratiche aventi la detta proprietà
saranno in numero semplicemente infinito appartenenti al fascio sizigetico
tt Come si possa trovare / mostrò Glebsch nella Theorie der binàren^
Formen, e mostrò anche V. S. nell'altra Nota : Sopra una classe di forme
binarie (Annali di Matematica, serie 2^, tomo Vili).
« Si ha intanto la relazione di Cayley tra le forme /, A, i, j\ / == F :
1) F = ^*=-|(A3_Ì.Ar + i/')=-|fi(A,-/)=-|^
dove è posto, come nella Theorie ecc.,
et) indi x = A e X= — / ossia x/-}- AA =--/*x = 0.
« Nella Theorie (§ 43) ò poi provato che
H = H«,« = (FF')* F,^ FV = (^0* U' ^ V =- ^ {ih^' - 2jhf+ ^A =
1 .
= — — t^^_f
dove ixx è r invariante quadratico di fx\ -
« Chiamando J Thessiano di i2, B il discriminante e Q il covariante
cubico (in Clebsch J^, B^, Q^, § 41), si ha
e*x=— 3^=— 3^(x,A),
dunque
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— 611 —
■ Si ha pure {Theorie, § 48):
3) A = (PFT = (/o* = j(|— ;*)=|b.
« Il precedente valore sviluppato di H e quello di A si trovano nella
Sua Nota: Sull'equazione dell' ottaedro \ e vi si trova pure calcolato il va-
lore di T = (PH)i=(PH)F«,*Ha,'' (da Lei chiamato ©). E si potrebbe mo-
strare a posteriori che si ha la relazione :
4) T = TÌ*=-ÌQ(A,-/) = -|q=^;V^ ;
ma questo risaltato importante merita d'esser trovato direttamente, e forse
più presto di ciò che, per altro fine, si legge nella Theorie pag. 345 § 88.
« Dalla (2) si ha la forma polare
e da questa, per yt=Fi=/i , yi=s — P,= — ^t > « moltiplicando per F«,'=/a,'',
T = (FH)F^»H^' = |
« Ma {Theorie, ^ag. 143)
T = (FH)F^»H^' = ||^(iA)/.»A«»+|^(</)<^Y«'-
(^A)CA<.»=-Ì^.
Dunque
T = — — Z^^ — ^^.
E ricordando che
se ne conclude, per la sostituzione a\ il precedente valore di T.
« Sostituendo 1 valori 1), 2), 3), 4) nella relazione di Cayley esistente
tra le forme i2, 2/, B e Q :
5) 2Q* + ./« + Rfi» = 0
si ha la:
6) 36T« + 18H3 + AF^ = 0,
eh' è la relazione tra le forme F, H, A e T.
« Di qui segue che la risoluzione deirequazione del 24^ ordine
7) XF = ?
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— 512 —
si riduce a quella che fornisce i valori di x : A per i quali il fascio x/-{- A A = 0
ammette un dato rapporto anarmonico.
« Perchè infatti la 7), per i valori 1), 2), 3) e per la relazione 5), si
trasforma nell'altra
— 2Q* = (l + 18Rp)i2*:
e da questa, ponendo
'-® = rfl8E^'
si ha
((? — 6)Q* = 3IU2«;
e questa equazione, eseguendo in essa la sostituzione a), diventa identica a
quella che fornisce il parametro x:X pel quale il fascio xf-\-lh = 0 am-
mette un dato rapporto anarmonico o*, essendo e legato a a dalla relazione
notissima
' = ^^^l^aY^ltf^-2ay iTheone,v^. 172).
« Le trasformazioni de*due differenziali si possono eseguire così:
« I. -^ — - . Ponendo 18B=A, scrivo la 6) sotto la forma
8) 2T«=- H^ — BF^
« Se poi nella 7) si pone in luogo del parametro q il parametro ^[o"?'»
viene -^j = — f^, ed in coordinate omogenee ?i:?«=? si può porre
9) H=— ?i, B^F^ = f,.
» Da 8) e 9) ricavasi la :
10) 2*B«TF^ =|/(fi^— ?2')?2.
« Differenziando e componendo T espressione (frfj) = ?irf?8 — Std^i si ha
(fdj) = 8B^F^(Pa,«Ha;' Hd«— H^»Fa,^Frf«)
= 8B^F"^(FH)Fa,^Ha;' {ada:) = SBÌF^T{a;da).
« Di qui
\/F 8B^TF^ 8B* Fl^i— ^«j$t
«t Adunque: il differenziale ^ ^^ si trasforma in un dif-
|/F
ferenziale ellittico con Tinvariante g^ = 0.
•» n. ^ — ^- Per questo si dee porre :^=j- = — J* , ed in coordinate
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— 513 —
omogenee ^ j^
12) H^=fi, B*F=— f,.
« Con ciò la 8) diviene
13) 2*T = l/f,*— fi*.
« Poi si ka
(fd|)=— ^H"^T(dr<te), dove « = t/=l-
« Di qui per la 13)
14) (ar<^ar) _ t^" (?(^)
j/H 6B^ |/?.*— Il*
«Adunque, siccome osservò lo Schwarz: con la trasformazione
algebrica 12) il differenziale -^i — - si trasforma in un diffe-
t/H
renziale ellittico appartenente alla periferia della lemni-
scata, pel quale cioè è nullo Tinvariante g^.
« Le precedenti trasformazioni mi furono suggerite dalla lettura della
Nota del Klein : Binare Formen mit Transformationen in sich (Math. An-
nalen, Bd IX), dove egli esegue la riduzione, pure prevista dallo Schwarz,
del differenziale ■— — ^ in ellittico con T invariante ^^^ = 0, essendo <1> il
primo membro dell' equazione dell'icosaedro. La sostituzione da Lei adoperata
pel primo differenziale, si riduce a quella adoperata qui, ponendo S^ = t,
salvo fattori numerici ».
Fisica. — L' isoterma dei gas. Nota IV (0 di Arnoldo Violi,
presentata dal Socio Blaserna.
• Temperature corrispondenti alle tre velocità molecolari. Qualche
anno fa occupandomi della ricerca teorica delle velocità molecolari, indipen-
dentemente dalle azioni interne dei gas {}), ottenni le espressioni
66) t^=|/H(7^7)
per le velocità corrispondenti a quella della media energia di Clausius e alla
più probabile di Maxwell, e
67) ii' = )/m
per la vera velocità di Maxwell, nelle quali H rappresenta la pressione
(*) V. p. 316.
(*) A. Violi, Le velocità molecolari degli aeriformi. Nota pubblicata negli Atti
della R. Accademia dei Lincei, voi. Vili, dicembre 1888.
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— 514 —
esterna, ed e^ e\ rìspettìvamente l'energia di traslazione e di moto proprio
molecolare, espreuse da
2<? , ..26
P P
in funzione della temperatura assoluta S e del peso molecolare p ; tantoché
per questi valori e quello di a della 51), essendo d = — 1 -[-«/), le espres-
sioni 66) e 67) si riducono alle seguenti:
68)
»"=l/f
^(l + oO
oppure, per il valore della mas^a dell'unità di volume del gas, dato
da M = ^, a quest'altre due
«' = i/Vsh|v.(i- 75)^(1 + «0J
69)
«"=|/v3h|v.^(i + «o|.
« Al rapporto -zj fra l'unità di massa e la massa M dell'unita di vo-
M
lume, possiamo sostituire l'altro ,^ , . fra il volume specifico molecolare
e il volume a t^ del gas ; quindi le 69) si trasformano in quest'altre
70)
• Sostituendo suocessiTaménte i valori di queste due velocità alla quan-
tità u dell'espressione
71) ^N»m«»==;7-M«»
nella quale Ni rappresenta il numero delle molecole di massa m contenute
nell'unità di volume, otteniamo
72)
1/3, M«« = V.« MH |V«(1 ^ 'A)|j
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75)
— 615 —
La quantità Vaa^^ ^ soltanto dipendente dalla pressione intema del gas;
perciò per .
73) B = V.«MH
dalle 53) e 54) otteniamo
R, (1 -f. ai) = 'A. M«* = B . V, (1 ^ Vs) ^
74)
R^ (1 + aO =» Vs«M«« = B . V, I
e dall'espressione a) le dne seguenti, per //A = B,
i° + 21.(l->)(l+..0i-j''"-*"'+''"°'^-"^'^''Ì'-
« Nell'equazione generale dell'isoterma è tacitamente ammesso il con-
cetto delle tre yelocità molecolari; perciò la quantità ^/t{l±^/^) — o
Y altra Vs ~ ^^^^ considerarsi come al divisore della quantità Bi della 58).
Allora sostituendo al valore di B delle 75) quello di Bi della 58) e ridu-
cendo si hanno le equazioni:
76)
S= + swi^iir+^l •'<'+''''= V- f h +2(1^1 •
s Con queste due equazioni, dedotte dall'equazione generale delVisoterma
in relazione ai valori teorici delle velocità molecolari, sarà focile determi-
nare le temperature a queste corrispondenti, essendo la temperatura una fun-
zione della forza viva molecolare.
• Ora qualunque sia il concetto col quale intendiamo seguire le mole-
cole nel loro movimento di traslazione, avremo sempre tre temperature ri-
spetto alle quali i movimenti calorifici molecolari saranno equilibrati dalla
pressione intema del gas. Questa condizione sarà sodisfatta ponendo nelle
76) H = 0, ed avremo
a
77)
l+€r^
= y,{lz^%)b\2{l-by + a\
^ ^y,b]2{l-by + al
1+a^
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— 516 —
e indicando con ti e h le temperature espresse dalla prima di queste equa-
zionije con 7 quella rappresentata dalla seconda, avremo
. , . 5a
78) l+at^=^ ^"^
6*12(1 — *)* + a\
^"^''^~3*}2(1 — *)»-(- aj
« La prima di queste espressioni si riferisce alla somma dei movimenti
calorìfici molecolari estemi ed intemi, cioè essa rappresenta la temperatura
alla quale un gas può ridursi liquido indipendentemente dalla pressione
estema. Yan der Waals, dalla sua equazione generale, per la stessa tempe-
ratura ti giunge alla seguente espressione :
« La seconda delle espressioni 78) si riferisce alla differenza dei movi-
menti calorifici molecolari esterni ed intemi; e quindi con molta probabi-
lità, sta ad indicare quella temperatura alla quale il gas, indipendentemente
dalla pressione estema, si mantiene in tale stato senza dissociarsi.
« Entro questi limiti dev'esser naturalmente compresa quella tempera-
tura alla quale i veri movimenti traslatori delle molecole saranno equili-
brati dalla sola attrazione molecolare. Questa temperatura è rappresentata
dalla terza equazione delle 78), la quale acquista allora un valore molto
importante ; poiché oltre quella temperatura non essendo più possibile Vequi-
librio fra i movimenti calorifici delle molecole e la loro rispettiva attrazione,
siccome l'esperienza c'insegna che, indipendentemente dalla pressione, un li-
quido può trasformarsi in vapore ad una certa temperatura, costante per
ogni liquido, temperatura che Andrews chiamò temparatura critica, eviden-
temente essa è espressa dalla terza equazione delle 78) cioè da
2a
^^ ^^""^ 3b]2{l — by-\'a\'
* Van der Waals, per la stessa temperatura t , ottenne l' espressione
im po' differente
. , 7 8fl^
^'^''^-27b{l — b){l + a)'
« Dividendo la prima per la terza delle 78) si ha
! + «/, = 7,(1 + «7)
e invece delle espressioni di Van der Waals si ottiene
l-|-a^,=^73,(l + a7):
peraltro la differenza fra Ve « 'Va? non è rilevante.
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— 517 —
« Punto critico. Alla costante temperatura critica comprimendo un gas
arriveremo a liquefarlo, quando cioè il volume del gas sarà ridotto a quello
del liquido risultante. Questa condizione è determinata dalla II) per
79) |l + ;
_\* 2Ha
= 0
2(1-*)') |(l_d)(l+«0(*
ed indicando con V il voliune critico a cui si ridurrà il gas nell'atto della
sua liquefazione e con H la pressione critica corrispondente, avremo dalla li)
per la 79)
e dalla 79), in funzione della temperatura critica t ,
ovvero per la Y) le 80) e 81) si riducono così:
a
VI) H =
18i*(l— *)*
vn) ^^9i«)2(i -«■+.;
ad
« Dunque il punto critico, ossia la temperatura assoluta critica, la pres-
sione critica ed il volume critico di un gas, è rappresentato dal seguente
sistema di equazioni:
l-j-at =
82) H =
a
0-
18*« (1 — bf
«|2(1— ^)^ + g{
a
« Van der Waals ottiene invece per il punto critico
27**' 27*(1 — *)(! + «)•
« Con i valori di « e * , alla pressione di 0"',76, dati dalle Tab. Ili e I),
abbiamo per Tanidride carbonica
F=29^4; H = 64»*™; iF = 0,00774==y2^ ;
mentre dalle misure di Andrews risulta:
1 = 30^92 ; H = 70*^°»- ; v = 0,0066 = -r^ ;
loi,o
e dalle formolo di Yan der Waals si avrebbe
7 = 32^5; H = 61*^"»;2;==0,0069 = T^ .
145
Rendiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 67
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— 518 —
* Le differenze dei valori di J B.v da noi calcolati in confronto a quelli
misurati da Andrews non possono spiegarsi altro che riferendosi a quella pic-
cola quantità d'aria che rendeva impura ranidride carbonica sperimentata.
ft I gas, pei quali le costanti a e b sono eguali, cioè per quelli che han
lo stesso peso molecolare, avranno ancora un egual punto critico come risulta
dalle 82). In questo caso si trovano, per esempio, l'anidride carbonica e il
protossido d'azoto, il quale per le esperienze di Janssen avrebbe la tempe-
ratura critica oscillante fra 36**,3 e 36",7. Questa temperatura è un po' su-
periore a quella dell'anidride carbonica; ma forse tal differenza si potrebbe
far sparire riflettendo che il protossido d'atoto studiato da Janssen era im-
puro in proporzione maggiore della anidride carbonica dell' Andrews ; ed inoltre
il Janssen non tenne conto di alcune correzioni da farsi ai risultati delle sue
esperienze, per le deviazioni della legge di Boyle, rispetto al manometro
chiuso adoperato.
« Per un gas ideale rispetto al quale, per un'estrema rarefazione, si pos-
sano trascurare il volume specifico molecolare e la costante specifica di at-
trazione molecolare, ossia per « = 0, A = 0, abbiamo dalla 59)
83 Hz; = Bo;
ma alila temperatura critica, la 80) confrontata con la 59) ci dà pure
84) H^=V.Ro
la quale, rispetto alla 83), mostra come alla temperatura e pressione cri-
tica il volume del corpo è la metà di quello che sarebbe qualora esso se-
guisse le leggi di Boyle e Gay-Lussac. In conseguenza di ciò la densità è
naturalmente raddoppiata in confronto a quella che il corpo avrebbe allo
stato di gas perfetto; ossia al pimto critico un corpo ha un numero doppio
di molecole di queUe che avrebbe qualora nelle stesse condizioni di tempe-
ratura, di pressione e di volume si potesse considerare come un gas perfetto.
«t Dalle espressioni di Van der Waals risulta che alla temperatura e
pressione critica il volume del gas è Yg di quello che sarebbe allo stato di
gas perfetto, cioè un valore un po' più piccolo di quello dato dalla 84).
« Esprimendo la temperatura assoluta, la pressione ed il volume in parti
della temperatm*a critica assoluta, della pressione critica e del volume cri-
tico, cioè ponendo
H = AH; l-\-at = m{l'\-(tT); v=nv
e sostituendo questi valori nella 59) otteniamo
Vili) j/,_^ 1^L_2
equazione nella quale è scomparso tutto ciò che vi ha di specifico per un
dato corpo. Questa è dunque l'equazione generale dell'isoterma indipendente
dalla natura dei corpi, o, secondo Van der Waals, l'equazione ridotta del-
l'isoterma, e forma quindi lo scheletro molecolare.
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— 519 —
« Per risoterma ridotta, Van der Waals ottiene Tequazione alquanto
diversa
(A+|)(3«-l) = 8m,
n Dalle esperienze di Cailletet e Amagat, sulla compressibilità dei gas
ad altissime pressioni e temperature superiori alla critica, risulta che il pro-
dotto della pressione per il volume del gas diminuisce con le crescenti pres-
sioni, arriva ad un minimo e poi cresce indefinitamente passando pel valore
iniziale: sola eccezione mostra Tidrogeno per il quale non si ha minimo.
« Ora Tespressione III) conferma pienamente quanto indica Tesperienza
sulla compressibilità dei gas; la condizione del minimo valore della com-
pressibilità è rappresentata, in funzione della pressione e della temperatura,
dalla 79), la quale risoluta ci dà la 81), cioè la pressione H alla quale si
verifica per la temperatura t.
« La III) per i valori riferiti al segno positivo del radicale indica come
la compressibilità diminuisce regolarmente con l'aumento della pressione; e
raggiunge il minimo valore per
^^ = ^+2(1-*)* = ^^
espressione identica alla 84); ossia il minimo valore della compressibilità
dei gas corrisponde perfettamente alla compressibilità del punto critico.
« Una volta raggiunto il minimo valore la curva della compressibilità
devierà simmetricamente al primo ramo; e per conseguenza per un certo
volume e una certa pressione ripasserà pel valore iniziale. Questa condizione
ò espressa dalla curva che rappresenta i valori di segno negativo del radi-
cale. E qui è opportuno ricordare che Tespressione III) darà sempre un valor
minimo, rispetto ad una data pressione e temperatura, tutte le volte che la
costante a è positiva. Per Tidrogeno, essendo a negativa, non avremo minimo,
come infatti l'esperienza conferma. Per la continuità del fenomeno, a tem-
perature superiori alla critica, rappresentato dalla III) è naturale la conclu-
sione che vi è perfetta continuità fra lo stato liquido e quello gassoso.
« Riassumendo brevemente quanto abbiamo esposto, l'espressione gene-
rale I) comprende tutti i fenomeni che si riferiscono alla compressibililÀ e
alla elasticità dei gas. Il concetto delle tre velocità molecolari rende per-
fettamente conto della temperatura critica, e conseguentemente del punto
critico. Inoltre la I) spiega ancora il comportamento dei gas ad elevate pres-
sioni e temperature superiori alla critica, il minimo di compressibìltà e
l'inversione della cuiTa di essa oltre il minimo. Anche l'espressione gene-
rale di Van der Waal? comprende i diflFerenti punti d'un tale ordine di
fenomeni; ma è difettosa in ciò che si riferisce alla variazione di tempera-
tura, la quale è quantità essenziale per la variazione della attrazione mo-
lecolare.
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— 520 —
e Abbiamo avuto occasione di rilevare delle discordanze nel confronto
fra i valori ricavati dalle osservazioni e quelli calcolati. Ma ripeto che i ri-
sultati dell'esperienza presi in esame, per alcuni gas si riferiscono ad una
sola serie di osservazioni, per altri a gas la cui condizione chimica non era
corrispondente alla loro costituzione molecolare. Le impurità per Ysoo di aria
del proprio volume delVanidride carbonica studiata da Andrews e quella
di 3,5 Vo al 5 Vo di un gas estraneo permanente nel protossido d'azoto esa-
minato da Janssen, non sono davvero da trascurare qualora si rifletta che,
nella teoria esposta, i valori della costante specifica di attrazione moleco-
lare sono dipendenti dal peso molecolare relativo. Ed oggi che la chimica
offire dei mezzi sicuri per riconoscere se un corpo è quale ce lo indica la
sua costituzione molecolare, è da augurarsi che dagli sperimentatori si terrà
molto calcolo di ciò, prima d'intraprendere lo studio di una data serie di
fenomeni, se non si vorranno moltiplicare le difKcoltà per la ricerca delle
leggi che, nella loro semplicità, stabiliscono un perfetto accordo fra i feno-
meni fisici e la costituzione molecolare dei corpi » .
Fisica. — Movimenti delle polveri alla superficie delt acqua.
Nota del prof. C. Marangoni, presentata dal Socio Blaserna.
§ 1.
tt Nella precedente seduta ho comimicata, a questa onorevole Accademia,
ima Memoria sulle attrazioni e ripulsioni capillari^ nella quale sono ve-
nuto alla conclusione che : la componente orizzontale della tensione, cioè
l'attrazione esercitantesi fra due sfere galleggianti di raggio r è espressa da :
t' = 2nrc sen w sen {(a — B) sen fi
nella quale t? è la costante, o coefBcente di capillarità ; o» l'angolo i o t
(vedi la figura) e B l'angolo di raccordamento del menisco colla superfice
della pallina.
§ 2.
« Se sulla superficie dell'acqua si lasciano cadere delle polveri sottili si
osservano quattro casi : o le polveri
/ ^ si attraggono e formano un disco, o si
espandono rapidamente, o rimangono
indifiTerenti ove cadono, o si osser-
vano dei movimenti rotatori e tra-
slatori in ogni singolo frammento.
« Alcune di queste apparenze
dipendono dalla teoria delle attra-
zioni e ripulsioni capillari; altri,
da difierenza di tensione specifica.
li La componente orizzontale r,
i
>
Z"
r -r
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— 521 —
dipende anzitutto dal valore della risultante r della tensione sul cerchio
d'attacco, espressa dalla [63:
T =r 27ire sen « sen (w — S)
• Questa risultante può variare fra zero e un valore massimo.
« La funzione [6] è della forma
y = sen « sen (» — S)
differenziando si ha:
-fi = cos (0 sen (w — d) -f- sen « cos (« — S).
• Eseguendo le riduzioni ed uguagliando a zero, si ha :
tang 2(0 = tang B,
« Di qui, pel valore minimo di r si ha :
2(0 — 6 = 0; quindi o) = —
e per il valore massimo di t :
2(ù — e = 180° ; quindi a> = 90^ + — .
« Se rangole di raccordamento è piccolissimo si può ritenere che il
valore minimo di t corrisponde alVincirca al caso di una sfera totalmente
emersa o totalmente sommersa, cioè tangente la superfice del liquido nel punto
piìi basso 0 piti alto; e che il massimo valore di t si ha quando la sfera
è immersa quasi per metà.
« Cercai di verificare questi risultati facendo galleggiare nell'acqua due
palline cave di vetro, aperte in alto, come sarebbero due serbatoi da termo-
metro. Il diametro esterno delle palline era di millimetri 16. Introducendo
dei pallini di piombo, in modo da fare immergere le palline di vetro quasi
per metà, esse > si attiravano vivamente quando erano vicine; e, tenen-
done una fissa, per staccare Taltra occorreva la forza di mg. 120. Quando
le palline erano inmierse per circa V4 occorreva nenmieno la metà di detta
forza; e quando le palline erano quasi sommerse, esse non mostravano piti
attrazione sensibile.
§ 3.
« Ed ora riassumiamo i fatti osservati sulle polveri :
« P Gruppo. Polveri che si contraggono sull'acqua: litargirio, cinabro,
polveri metalliche, carbone di bossolo, carbone animale.
« 2° Gruppo. Polveri che si espandono sull'acqua : rena di mare, cenere
del Vesuvio, cinabrese, fiirina fossile, tripolo, biossido di manganese, amido,
limatura di midollo di sambuco, acido tannico, panamina e saponina in polvere.
» 3** Gruppo. Polveri indifferenti : licopodio, limatura di sughero, ra-
schiatura di cera gialla, di spermaceto, cromato di piombo, rena di Fontai-
nebleau, oro musivo, indaco.
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— 522 —
« 4^ Oruppo. Polveri che si mostrano in continuo moto di rotazione e
traslazione: raschiatura di canfora, violetto di HoS'mann, sapone, panamina
in pani, belzuino, gomma mirra, 8ug3 di liquirizia, acido pirogallico, assa fe-
tida, acido gallico, acido poligallico, solfato di chinina. Delle listerelle di
carta imbrattate in un angolo col balsamo del Canada, corrono nelFacqua
come le foglie fresche dello Schinus molle.
« Le polveri del prima gruppo si attraggono, perchè i loro granelli sono
tutti bs^nati (carbone) o non sono bagnati (polveri metalliche). Esse si at-
tirano maggiormente quanto più son dense, perchè allora (o si avvicina al
valore che dà il massimo di r. È per questo che mettendo della fina polvere
di bronzo sull'acqua, ed intingendovi la penna, si scrive in oro sulla carta,
tanto si attraggono fortemente le particelle di ottone per effetto dei menischi,
tf Se si mescolano delle polveri che si bagnano ad altre che non si ba-
gnano, si osserva ripulsione tra le polveri eterogenee, come vuole la teoria.
« Ma perchè le polveri piii dense possano galleggiare, è necessario uno
strato gassoso attorno ai granelli ; se queste polveri si fanno riscaldare,
messe sull'acqua cadono in fondo.
« Le polveri del secondo gruppo si espandono, o perchè hanno un velo unto
attorno ai granelli, il quale gode di una tensione min'ore dell'acqua, ovvero
perchè la polvere si scioglie e fa diminuire la tensione dell'acqua, come
Tacido tannico.
0 Qui si rientra nel fenomeno dell'espansione delle gocce, da me spiegato
nel 1865 (0* Infatti, se si lavano bene quelle polveri, non si espandono più ;
per lo contrario, se si stropicciano tra le dita le polveri del primo gruppo,
queste si espandono, a cagione del sevo cutaneo che le ha imbrattate. Dunque
l'espansione delle polveri è dovuta alla minor tensione delle materie imbrat-
tanti rispetto all'acqua pura.
tt Le polveri del terzo gruppo si mostrano indifferenti, o perchè sfiorano
la superfice, come il licopodio, o perchè stanno quasi sommerse, come il
pulviscolo vecchio alla superfice delle acque stagnanti.
tf II licopodio, appena tocca la superfice dell'acqua, pare indifferente.
Dopo un poco si inumidisce, si bagna e mostra di attirarsi bene ; tantoché
si fa il gioco di introdurre la mano nell'acqua, coperta di licopodio, e di
estrarla asciutta. Arrivata a un massimo, l'attrazione reciproca dei granelli
scema lentamente (^).
n Colla mia bilancina capillare ho trovato che l'attrazione del pulvi-
scolo di licopodio appena passato sull'acqua ei-a di mg. 0,07 su di un mil-
limetro. Dopo 2 giorni arrivò al massimo di mg. 4,10. L'acqua con polvere
di bronzo presentava un'attrazione di mg. 1,95. Di qui l'origine della ela-
sticità superficiale.
0) Pavia, tip. Fusi. Ved. Estratto N. Cimento 1870 e Pogg. Ann. 1871.
(*) Vedi la mia Difesa della teoria della elasticità superficiale. N. Cimento 1878.
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— 523 —
§ 4.
s I fenomeni o^erti dai corpi del 4^ gruppo fecero scervellare i fisici
per molto tempo ; fu J. Thomson il primo a ricondurli suUa buona strada,
facendo intervenire la tensione superficiale, secondo il concetto del doti Young.
Ma fu poi il professore Yan der Mensbrugghe, che pubblicò un accurato e
completo studio {^) del fenomeno in discorso, specie di quello della canfora.
s Ecco la teoria di Mensbrugghe :
« La tensione dell'acqua pura è di mg. 7,5, quella dell'acqua canforata,
di mg. 4,5 ; dunque un frammento di canfora, di forma irregolare, tocca
Tacqua in diversi punti asimmetrici. Dalla parte ove sono più punti di con-
tatto lacqua scema maggiormente di tensione, e perciò la canfora è attirate
dalla parte opposta ; inoltre il frammento, per la dissimmetria suddetta, ruote
intomo a se stesso. Posando sulla superfice dell'acqua un filo flessibile an-
nodato, in modo che tocchi dappertutto il liquido, il Mensbrugghe osserva
che un frammento di canfora introdottovi, in principio gira rapidamente;
intanto il filo prende la forma circolare ; poi, a poco a poco, il movimento
scema finché cessa; perchè l'acqua entro il cerchio è tutte canforate. Se si
solleva in un punto il filo si vede tutto il cerchio muoversi dalla parte op-
posta; perchè, dove si è sollevato, Tacqua canforate si espande al di fuori.
« Orbene, ecco una pìccola modificazione dell'esperimento, che da qualche
anno ripeto in scuola. Si facciano cadere sul vaso a trabocco del professore
Pisati (^), dei minuzzoli di canfora, rischiandola colla punte di un temperino.
Intento che i franmienti girano si faccia cadere sull'acqua poca polvere di
licopodio con uno steccio a velo. Si osserverà:
s 1<^ Che il licopodio è scacciato dalla canfora ed intomo a ciascun
franunento si forma un cerchio di acqua pulite contornato da licopodio sti-
pato, e il frammento vi mota nel centro come una girandola.
» 2** Seguitando a fiEU* cadere il licopodio, questo si proiette nella dire-
zione del raggio così velocemente, che il cerchio apparisce attraversato da
un gran numero di raggi, imitanti la pioggia d'oro dei fuochi d'artifizio.
< 3^ Finalmente, quando il licopodio è in tenta quantite da formare una
superfice continua, i frammenti più grossi di canfora perdono quasi il moto
rotetorio e acquisteno un tortuoso moto traslatorio.
(*) Sur la tension super/icielle des liquides etc, premier mémoire. Mémoires Cou-
ronnés de TAcad. R. de Belgìqae 1869.
(') Si può improvvisare un apparato a trabocco posando, su due regoli appoggiali
i\ un catino, un piatto da tavola ben pulito collo spirito, e versando ad ogni esperienza
tant'acqua sul piatto che trabocchi da tutte le parti. Cosi la superfice delPacqua riesce
pulitissima ; condizione indispensabile alla riuscita deiresperiraento ; è bene che il fondo
del piatto sia annerito.
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— 524 —
K Attorno ai frammenti si forma uno spazio ovale senza licopodio che
termina con una coda tortuosa, in direzione opposta al movimento. Queste
figure ranmientano i citati cerchi aperti àA Mensbrugghe.
s I moti dei frammenti e di quelle ellissi caudate rassomigliano ad un
formicolio di infusori, o ancora ai movimenti degli spermatozoi.
K Hartley {% Stokes (^) e Mensbrugghe {}) cercarono di spiegare i moti
browniani colla semplice variazione di tensione superficiale. Chi sa che anche
i moti di quelle semplicissime cellule, che si chiamano spermatozoi, non
sieno pure dovuti a semplici variazioni di tensione delle superfiei di con-
tatto di quelle cellule col mezzo ambiente » .
Fisica. — Sulla in/luema delle forze elastiche nelle vibrazioni
trasversali delle corde. Nota I. del prof. Pietro Cardani, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
I.
Introduzione.
tt II problema delle corde vibranti è stato largamente discusso nel campo
matematico, e la verificazione sperimentale dei risultati del calcolo fu fatta
per le vibrazioni trasversali dal Savart, nell'intento di poter conoscere Tin-
fluenza che in tali vibrazioni dovevano avere le forze della materia; è noto
infatti che nel calcolo non si tiene conto di tali forze, considerandosi i punti
materiali della corda vibrante come tanti pendoli semplici, e quindi era lo-
gico supporre che i risultati della esperienza dovessero alquanto differire dai
risultati matematici.
« Il numero N delle vibrazioni trasversali di una corda di lunghezza L,
come è noto, viene espresso dalla formola
dove Y è la velocità di propagazione delle vibrazioni medesime ed il valore
di Y è dato teoricamente dalla relazione
'=1^
P
dove P è il peso tensore della corda, g Taccelerazione dovuta alla gravità
e p a peso dell'unità di lu9ghezza.
(0 Proc. Roy. Soc. XXVI, pp. 187149.
(«) Ibid. ibid. pp. 150-152.
(«) Bull. Acad. R. de Belgique, XLIV, 1877.
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— 526 —
« Conosciute le quantità L, P,jo, p^, il Sayart paragonava 1 numero N
delle vibrazioni così ottenuto, col numero che dava l'esperienza ed i risultati
per un filo di rame il cui peso di metri 0,0805 era di grammi 0,5178 sono
riassunti nella seguente tabella:
p
N
N
V
V
calcolato
dall'esperienze
teorica
pratica
0000
0
900
Mietri 0,00
72,45
824
276
950
22,20
76,47
1295
552
1067
44,40
86,87
2918
828
1229
66,60
98,93
5178
1104
1422
88,80
114,47
8091
1380
1659
111,00
183,55
11650
1656
1900
133,20
152,95
15858
1932
2183
155,40
171,71
20712
2208
2350
177,60
189,17
26214
2484
2621
199,80
2i0,99
« Nella lY e Y colonna sono riportate le velocità di propagazione delle
vibrazioni trasversali dedotte dalla teoria e dalle esperienze e se dalle cifre
soprascritte si dovesse giudicare dell'esattezza dei risultati matematici, tale
rattezza sarebbe davvero da mettersi in dubbio ; il Savart però seppe benis-
simo rilegare i risultati pratici con quelli teorici mediante una relazione
semplicissima, cioè
N = t/^^+^
dove N rappresenta il numero delle vibrazioni che dà la corda realmente, n
quello che dovrebbe dare teoricamente per la tensione eguale ^ P ei ni
quello che dovrebbe dare per le sole forze elastiche, e quindi per una ten-
sione P eguale a zero ; ed il numero N in tal modo calcolato era così poco
differente da quello ottenuto dall'esperienza, da poter attribuire le divergenze
agli errori di osservazione.
« In una breve Nota che segue la Memoria di Savart, il Duhamel mo-
strava come i risultati ottenuti si potessero prevedere dalla teoria matema-
tica, supponendo di sostituire alle forze elastiche una tensione della corda
tale da farle produrre un egual numero di vibrazioni, per cui la corda do-
veva vibrare come se fosse sottoposta ad una pressione che sarebbe la somma
del peso realmente applicato alla corda e del peso ipotetico che corrisponde-
rebbe all'azione delle forze elastiche.
tt Malgrado questo accordo che così risultava quasi perfetto tra la teoria
e la pratica, malgrado che le esperienze fossero state fatte da un fisico di
indubitata abilità sperimentale, specialmente nell'acustica, mi è sorto tuttavia
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 68
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— 526 —
il dubbio che in tale questione i risultati ottenuti dal Savart non fossero
corrispondenti allo scopo ohe egli si era proposto.
K jói noto infatti che le verghe elastiche vibrano con leggi completamente
differenti di quelle seguite dalle corde elastiche, e, come osserva il Savart
medesimo, quando il filo metallico adoperato vibra con una tensione nulla,
esso si comporta realmente come una verga elastica ; per cui un filo metal-
lico 'dovrebbe dare sempre due suoni secondo che esso vibri come verga ela-
stica 0 come corda; il suono corrispondente al filo vibrante come verga cresce
in altezza proporzionalmente al diametro del filo ed in ragione inversa del
quadrato della lunghezza del filo, mentre il suono corrispondente al filo vi-
brante come corda, varia in altezza in ragione inversa del diametro ed in
ragione inversa della semplice lunghezza ; ed è facile comprendere che di
questi due suoni differenti che un filo metallico può rendere, si debba piti
facilmente ottenere o Tuno o Taltro, secondo che nelle condizioni sperimentali
il filo si avvicini di più allo stato di verga elastica anziché a quello di
corda elastica.
a Per verificare sperimentalmente se le corde seguano le leggi dedotte
col calcolo e per conoscere quindi l'influenza delle forze elastiche sulle loro
vibrazioni, panni che il Savart avrebbe dovuto cercare di avvicinarsi piti
che fosse possibile, alle condizioni teoriche poste nel problema delle corde
vibranti; cioè adoperare fili di grande lunghezza e di piccolo diametro; in
tali condizioni doveva esser facile ottenere il suono corrispondente al filo
metallico vibrante come corda, difficile ottenere quello che dovrebbe dare
vibrando come verga elastica ; mentre, al contrario, con fili molto corti do-
vrebbe essere molto facile ottenere il suono corrispondente ai fili vibranti
come verghe elastiche, anziché quello che dovrebbero dare se vibrassero
come corde.
» Il Savart sperimentò sopra fili molto corti, di soli 8 centimetri, e,
come egli stesso dice, ebbe la precauzione di applicare Tarchetto il più leg-
germente possibile, senza della quale precauzione poteva darsi, specialmente
con cariche poco considerevoli, che la pressione dell^archetto causasse una
estensione del filo ed allora, per quanto piccola potesse essere questa esten-
sione, si otteneva un suono sensibilmente troppo grave.
« Con fili cosi corti e eolla precauzione avuta dal Savart nell'applicare
Tarehetto, ò facile immaginare che il filo si sarà comportato come una vei^a
elastica, ed il Savart, forse credendo che la eorda nrai potesse vibrare che
in un modo unico, ha preso la nota che otteneva dal filo vibrante come
verga elastica come se fosse quello che doveva dare il filo vibrando come
corda elastica, ed ha seguito le modificazioni che a queata nota venivano
apportate dalla pressione esercitata sul filo; mentre probabilmente la nota
fondamentale del filo vibrante come corda era precisamente quella nota più
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— 527 —
bassa, che il SaYart con (^ cura cercava di evitare e che credeva esser
dovuta air estensione del filo.
» Ho voluto per semplice curiosità applicare ai fili adoperati dal Savart,
la formola
che dà il numero N delle vibrazioni doppie di una verga elastica prismatica
di spessore ^ e di lunghezza /, essendo Y la velocità di propagazione delle
onde longitudinali nel corpo adoperato, la qual formola dà le vibrazioni di
una verga cilindrica fissa alle due estremità sostituendo allo spessore e la
quantità r|/3 dove r è raggio del cilindro.
« Per y ho presi i valori dati dal Wertheim e nel seguente prospetto
sono riassunti i valori ottenuti dal Savai-t coll*esperienza e quelli da me
avuti applicando la formola precedente :
Peso
N
N
Sostanza
di un metro
del filo
ottenuto
dallo
oUeonto
dAUe
fomiolo
1
V. d.
V. d.
Rame . .
gr. 6,432
450
483
Ferro . .
4,083
600
556
Acciajo .
2,242
485
400
Piombo .
11,211
195
191
ed i valori di N sono abbastanza concordanti, ove si pensi che per determi-
nare r ho dovuto adoperare per i pesi specifici i numeri che si trovano nel
Naccari e Bollati, mentre i fili adoperati dal Savart potevano avere pesi
specifici alquanto differenti, e la stessa osservazione è da ripetersi per i va-
lori di V.
« Il lavoro del Savart, malgrado questa differenza nella nota fondamen-
tale presa come punto di partenza, nulla perde della sua importanza speri-
mentale, ma viene cambiato lo scopo a cui mirava il lavoro medesimo;
' invece di trovare l'infitterua della elasticità nelle corde vibranti, il Savart
ha trovato l'influenza della tensione nelle verghe elastiche fisse alle due
estremità; e sotto questo punto di vista la relazione semplicissima trovata
dal Savart
indica che una verga elastica sottoposta anche ad una tensione si comporta
come «na corda elastica, purehè alla tensione ebe realmente si esercita su
di essa si aggiunga quella tal tensione ipotetica per la quale si otterrebbe
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— 528 —
dalla verga elastica vibrante come corda Io stesso numero di vibrazioni che
essa dk quando vibra per le sole forze elastiche e quindi per una tensione
eguale a zero.
K Le esperienze del Savart quindi non risolvono il problema deirin-
fluenza delle forze elastiche sulle vibrazioni delle corde : né, dopo il Savart,
altri fisici si sono occupati, a quanto sappia, di fare su di esso studi ulte-
riori : alla risoluzione di questo problema mirano appunto le esperienze che
imprendo a descrivere ; le quali esperienze furono eseguite nel R Istituto
Fisico della Università di Roma.
II.
Descrizione degli apparecclii.
K Per paragonare la velocità di propagazione dell*onde trasversali teo-
rica con quella pratica, era necessario poter apprezzare col maggior rigore
possibile, il numero delle vibrazioni realmente compiuto dalla corda : per
tale determinazione si è finora adoperato in quasi tutte le ricerche di acu-
stica il sonometro, accordando dapprima la corda del sonometro con un diar
pason di cui si conosceva esattamente il numero delle vibrazioni, e poi os-
servando quale parte di questa corda rendeva un suono identico a quello
della corda data.
« Questo metodo però porta sempre nelle misure qualche incertezza,
sia perchè non è facile accordare rigorosamente due corpi all'unisono, spe-
cialmente quando producono suoni di metallo differente, sia perchè il para-
gone è fondato sulla squisitezza del nostro orecchio : un errore di una vibra-
zione sopra cento era con questo metodo facile a commettersi: per cui ho
creduto conveniente di abbandonare questo metodo, dove la precisione si aveva
dalla fattura più o meno perfetta dell' organo dell' udito dello sperimentatore,
ed ho invece adoperato il metodo stroboscopico di Plateau.
« Davanti alla corda vibrante ho fatto quindi girare un disco di cartone
sul quale ad eguali intervalli erano praticate otto fenditure: il movimento
di rotazione era impresso per mezzo di un buonissimo roteggio con regolatore
a palette, che dava una velocità sensibilmente costante.
s La corda vibrante era osservata sopra un fondo chiaro omogeneo, che
otteneva, illuminando fortemente un foglio di carta oleata con una fiamma a
gas, ed il campo dell'occhio era limitato da una fenditura praticata in un qua-
drato di cartone che si poneva davanti al disco e vicinissimo ad esso, e di
larghezza eguale all'intervallo tra due fenditure del disco girante : così quando
il disco girava rapidamente, si vedeva la corda come se il disco medesimo
fosse stato trasparente e se ne vedeva ima parte di lunghezza quasi eguale
alla distanza tra due fenditure del disco specialmente se coli' occhio si stava
alquanto discosti. *"
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— 529 —
« Se la corda sì faceva vibrare pizzicandola nel mezzo, ed il disco aveva
tale velocità che, mentre la corda compiva una vibrazione doppia, una fen-
ditura del disco si' spostasse di un arco eguale a quello che lo separava dalla
fenditura successiva, l'occhio doveva vedere la corda per le varie posizioni
delia fenditura in tutte le &8i del suo movimento: la corda presentava la
forma di una sinusoide, e la lunghezza delVonda che sembrava immobile era
data dalla distanza tra le due fenditure del disco.
tf Se la corda invece di una vibrazione, nello stesso tempo avesse com-
piute K vibrazioni, si sarebbero osservate nella corda, attraverso il disco, N
onde la cui lunghezza totale sarebbe sempre stata la distanza tra due fen-
diture successive.
« Se la velocità di rotazione del disco fosse stata maggiore di quella
necessaria per vedere la corda, in una data posizione delle fenditure, sempre
nella stessa fase di movimento, doveva sembrare che le onde si spostassero
nella direzione in cui si muoveva la fenditura; e se la velocità era minore
doveva sembrare che le onde si spostassero in direzione contraria; ed è ma-
nifesto che se per KN vibrazioni della corda, passassero N — -fenditure, si
avrebbe uno spostamento di un^onda, la quale onda risulterebbe tanto più
piccola quanto maggiore è il numero K.
« Essendo in nostro arbitrio la velocità ed il diametro del disco girante
ed il numero delle fenditure, e quindi anche la distanza tra due fenditure
e la lunghezza delle onde in cui sembra diviso il tratto della corda che si
osserva, potremo dare all'apparecchio quella sensibilità che più ci aggrada,
giacché nel solo caso in cui per N K vibrazioni della corda passino davanti
all'occhio per la stessa posizione N fenditure, vedremo rigorosamente la corda
immobile : altrimenti la più piccola differenza ci sarà resa manifesta dallo
spostamento delle onde.
« Il numero delle vibrazioni ci sarà dato moltiplicando il numero delle
fenditure che passano in un secondo, per il numero delle onde che si osser-
vano nella corda : per cui la determinazione del numero delle vibrazioni della
corda si riduce alla determinazione esatta della velocità del disco nel mo-
mento in cui le onde stanno rigorosamente ferme.
K Per poter poi apprezzare con maggiore esattezza la immobilità delle
onde, ho adoperato un artificio che mi ha dato nelle misure una costanza
ammirevole. Supponiamo di dare al disco tale* velocità, che mentre la corda
compie 2K4-1 vibrazioni passino davanti all'occhio per la stessa posizione
2 K I 1
due fenditure : attraverso una fenditura si vedranno le prime — ^^ vibra-
zioni della corda cioè un numero impari di mezze vibrazioni della corda, e colla
seconda fenditura le seconde — ^^^ mezze vibrazioni della corda, cioè un
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— 530 —
altro nnmoro impari di mezze vibrazioni, cosicchò avendo la corda com-
piato nn numero impari di vibrazioni semplici quando comincia a ve-
dersi colla seconda fenditura, si vedrà la corda in una fase di movimento
opposta a quella in cui si vede colla prima fenditura, e così la terza fendi-
tura farebbe vedere la corda nella fase di movimento identica a quella della
prima, e la quarta in fase contraria cioè identica a quella in cui la corda
si vede attraverso la seconda fenditura e così di seguito. L'impressione che
si ottiene nelVocchìo ò come se nella corda si formassero delle onde stazio-
narie e per la persistenza delle immagini si vede la corda come divisa in
una serie di nodi e ventri.
« Il più piccolo spostamento di questi nodi risulta evidente, e quindi si
può con tutta precisione notare il momento in cui essi stanno fermi rigoro-
samente: allora conoscendo il numero delle fenditure che ad ogni secondo
passano davanti alV occhio, cioè la velocità del disco, ed osservando il nu-
mero dei nodi che si formano (il qual numero corrisponderebbe al numero
di vibrazioni semplici compiute dalla corda dal passaggio di una fenditura
a quello della fenditura successiva), si avrebbe nel prodotto, il numero delle
vibrazioni semplici compiute dalla corda in un secondo, e quindi anche il
numero delle vibrazioni doppie.
s Per conoscere la velocità del disco ricorsi al metodo cronografico. Dal-
l'asse di rotazione del disco partiva, nella direzione di im raggio, un filo
metallico che veniva legato rigidamente al disco medesimo : questo filo por-
tava saldata alV estremità una punta d'acciaio, a lama di coltello, affilatissima,
che sporgeva di circa 2 cm. dal bordo del disco.
« Il disco girevole era per metà contenuto dentro una scatola di cartone
prismatica, nel cui fondo si metteva uno strato di mercurio nel quale pescava
la punta di acciaio : la scatola era stata fatta così alta in modo da racchiu-
dere metà del disco, per impedire che il mercurio venisse lanciato lontano
dall'apparecchio per la velocità colla quale la punta di acciaio ne tagliava,
girando, la sua superficie.
<i Uno dei poli di una batteria di sei elementi Bunsen venne messo in
comunicazione col mercurio della scatola, mentre l'asse del roteggio si fece
comunicare coU'altro polo della pila attraverso il circuito inducente di un
rocchetto di Ruhmkorff. La punta di acciaio passando attraverso il merctirio ad
ogni giro chiudeva per un istante il circuito e corrispondentemente alla chiu-
sura ed all'apertura del circuito inducente si otteneva una corrente di in-
duzione nel circuito indotto.
< Sopra delle lastre di ebanite si trovavano isolati iin cilindro girante
sul quale si poneva la carta da affumicare ed un elettro-diapason di EOnig
ohe sopra la carta scriveva le sue vibrazioni; il diapason eseguiva 100 vibra-
zioni doppie al secondo.
• Il cilindro era messo in movimento da un roteggio a peso ed era dotato
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— sal-
di movimento elicoidale: reletiaro-diapason veniva eccitato da una pila Grenet
e così, quando il roteggio funzionava, il diapason scriveva sulla carta le sue
vibrazioni senza che potessero sovrapporsi per il movimento laterale da cui
era animato il cilindro.
« Uno dei capi del filo indotto del rocchetto si fece comunicare coli* elet-
tro-diapason, Taltro capo col roteggio, e così ad ogni giro del disco scoccava
tra il diapason ed il cilindro una scintilla che lasciava la propria impronta
sulla carta affumicata: veramente si dovevano ottenere due scintille, una cor-
risp<Nidente alla chiusura del circuito fatta dalla punta di acciaio, ed una
corrispondente all'apertura: ma la scintilla di chiusura quasi sempre mancava,
perchè non era sufSciente a forare la carta, mentre la scintilla di apertura
si osservava costantemente.
« Contando le vibrazioni tra due scintille, si otteneva la dorata di un
giro del disco, e siccome si poteva con tutta comodità leggere con sicurezza
U decimo di vibrazione, si aveva nella misura con sicurezza il millesimo di
secondo.
« Le varie fasi del movimento del roteggio si potevano così trascrivere
in un foglio di carta : le più piccole variazioni di velocità del disco venivano
avvertite daUa distanza delle scintille, e così potei constatare che il moto del
roteggio, malgrado fosse ottimamente costruito, era tuttavia molto variabile :
la qual cosa per le mie ricerche non avrebbe avuto grande importanza, se
avessi potuto determinare la velocità del disco in quel momento in cui le onde
si vedevano ferme, giacché queste variazioni di velocità del disco erano del
resto piccolissime ed avvenivano in modo continuo, per cui per la durata di
due 0 tre giri la velocità si poteva ritenere con tutto rigore costante.
0 Per poter segnare sul cilindro, dove il diapason scriveva le vibrazioni,
il momento preciso in cui le onde si vedevano ferme, aggiunsi una derivazione
al circuito inducente del rocchetto ed un tasto telegrafico, in modo che la
corrente si poteva chiudere o dalla punta di acciaio o col tasto: così poteva
con esso far scoccare tra il diapason ed il cilindro al momento opportuno
due 0 tre scintille vicinissime e che quindi non potevano confondersi con
quelle equidistanti date dalla rotazione del disco.
• Finalmente per completare la descrizione deirapparecchio non mi rimana
che ad esporre come era costituito il sonometro adoperato.
» Esso era verticale ed era formato da una grossa colonna di ferro fissata
sopra un robusto e pesante treppiede di ferro. Alla parte superiore della colonna
era fermata rigidamente a vite una grossa e lai^a sbarra d'acciaio la quale
portava all'estremità un cuscinetto pure di acciaio sul quale doveva appog-
giarsi la corda vibrante. Questo cuscinetto lavorato con molta cura aveva la
forma di un piano inclinato, cosicché mentre era nettamente determinato il
punto dove la corda diveniva libera, non vi era pericolo che la corda venisse
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— 582 —
tagliata dall'essere lo spigolo delV acciaio molto tagliente. Prima del cascinetto
vi erano due serrafili nei quali si chiudeva uno dei capi della corda.
« Nella colonna del sonometro poteva scorrere una seconda sbarra di
acciaio pure molto grossa, la quale poteva fissarsi in varie posizioni della
colonna con due robuste viti a pressione. All'estremità portava due cuscinetti
in acciaio dei quali uno era rigidamente unito alla sbarra, l'altro mobile con
ima vite, di modo che questi due cuscinetti potevano portarsi a contatto e
quindi chiudere tra loro anche una corda di diametro sottilissimo. Anche
questi cuscinetti furono lavorati con molta cura ed avevano la forma di due
piani inclinati rovesciati. Le basi di questi due piani così capovolti erano
esattamente nel medesimo piano.
ti Si applicava alla corda il peso voluto, indi si avvicinavano i cuscinetti
inferiori in modo da eluder la corda così tesa, e si dava al sonometro tale
posizione che la corda, quando era chiusa, si trovasse verticale.
» Nella costruzione del sonometro ho fatto in modo che, tra questi cusci-
netti e la sbarra di acciaio che li sosteneva, vi fosse una lastrina di ebanite
in modo che rimanessero isolati e sopra di uno di essi feci porre a vite un
serrafilo: così si poteva fare attraversare da una corrente elettrica la corda
vibrante, mettendo uno dei poli della pila in comunicazione col serrafilo del
cuscinetto superiore, e l'altro col serrafilo dei cuscinetti inferiori: ed ho data
questa disposizione all'apparecchio pel caso che avessi creduto, col procedere
del lavoro, essere utile studiare anche l'influenza della temperatura sulla velo-
cità di propagazione del suono nelle corde elastiche.
<< Questa la disposizione generale degli apparecchi; mi riservo in una seconda
Nota di esporre come le esperienze venivano fatte ed i primi risultati ottenuti » .
Fisica terrestre. — // terremoto nel Vallo Cosentino del 3 de-
cembre 1887. Nota del dott. G: Agamennone, presentata dal Corri-
spondente Tacchini.
« Un mese e mezzo dopo la catastrofe di Bisignano, per incarico del
prof. P. Tacchini, direttore dell' Uflìcio Centrale di Meteorologia e Geodi-
namica in Roma, mi recai nella Calabria Citeriore allo scopo di raccogliere
ne' paesi più danneggiati il più grande numero di notizie che mi fosse pos-
sibile per lo studio di quel terremoto. Una relazione più particolare^ata
del medesimo sarà fra poco pubblicata negli annali della Meteorologia Ita-
liana; ma intanto credo utile di affrettarmi a rendere di pubblica ragione
le conclusioni più importanti a cui sono pervenuto.
« 11 recente sconvolgimento sismico che ha funestato il Vallo Cosentino,
è sotto moltissimi aspetti analogo a quello che nel 1835, pure verso la fine
dell'anno, scoppiò tra Cosenza e Bisignano, producendo la totale distruzione
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di Gastìglioiie (0- Se non che questo terremoto del 1835 ebbe una violenza
assai maggiore, perchè rese malconci non pochi paesi e riuscì a danneggiare
più 0 meno fortemente moltissimi altri, tra cui lo stesso Bisignano. Nel
terremoto del 8 decembre 1887 l'esplosione è accaduta invece tra questo
Comune e quello di Reggiano, presso la stazione di Mongrassano lungo la
linea ferroviaria Sibarì-Cosenza. In tal modo il massimo scuotimento ha col-
pito la parte settentrionale del Vallo ; e naturalmente, a causa della grande
vicinanza all'epicentro, questa volta Bisignano ha dovuto subire Vestrema
rovina.
< Però la forza del terremoto è stata relativamente limitata, qualora si
consideri che un altro solo paese (Reggiano) è stato gravemente danneggiato,
mentre altri a distanze quasi uguali ed anche minori dall'epicentro hanno
sfuggito il pericolo. Se con centro alquanto ad est dalla stazione di Mon-
grassano, resa inabitabile insieme ad alcuni caselli prossimi, si descriva un
cerchio con raggio di circa dieci chilometri, ci troviamo ad aver racchiusa
non solo l'area disastrosa^ ma eziandio quella rovinosa, dando a queste pa-
role il significato ordinariamente adottato in sismologia. Paesi, quali S. Sofia,
Tarsia, S. Marco, Luzzi, Acri, situati entro o poco al di fuori della predetta
zona, non hanno alcuni sofferto che debolmente, ed altri sono rimasti inco-
lumi; e la spiegazione di tal fatto si riscontra in parte nella qualità più
resistente del suolo su cui si trovano costruiti. Alla rovina di Bisignano in
special modo ha contribuito la natura pessima del terreno, costituito di sab-
bie plioceniche erodibilissime che si sgretolano col bastone, e la posizione
su di una collina assai prominente e per di più frastagliata per la corrosione
delle acque in altrettante radiali prominenze, sulle cui sottili creste si al-
lungano i diversi rioni.
« L'impulso sismico, nonostante i limitati disastri cui ha dato origine,
si è propagato tuttavia a notevole distanza, fino a Benevento a nord-ovest,
e fino a Reggio e Messina a sud-sud-ovest ; ma si è reso insensibile all'uomo
assai prima in molte altre direzioni, di guisa che • gli estremi limiti a cui è
pervenuto si possono ritenere costituire, come una prima approssimazione,
una ellisse con l'asse maggiore di circa quattrocento chilometri in direzione
NNW-SSE e Tasse minore di lunghezza circa metà.
« Il terremoto di Bisignano risultò di due scosse poderose, l'una pre-
valentemente ondulatoria alle 4*» 45" a. e l'altra eminentemente sussultoria
alle 6^ 25™ a., le ore essendo espresse in tempo medio di Roma. La prima
scossa lesionò gravemente la maggioranza delle case, ma provocò la rovina
soltanto di poche con lievi danni alle persone ; la seconda invece compì l'opera
devastatrice. Il numero limitatissimo di morti e feriti devesi alla previdenza
della popolazione, riversatasi quasi tutta nelle strade e nella campagna subito
dopo la prima scossa.
(1) Rossi, Storia dei tremuoti di Calabria negli anni 1835 e 1836.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. !<> Sem. 69
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— 534 —
« Per la troppa incertezza nelle ore osservate nelle djyerse località, non
ha potuto emergere una velocità media di propagazione da prendersi in serio
conto.
K Le predette due scosse forti furono forse precedute poche ore prima
da qualche altra debolissima ; e ne' giorni seguenti non mancarono delle re-
pliche più 0 meno leggiere anche in Provincie limitrofe alla Calabria Gitra.
« Entrambe le scosse ebbero airincirca lo stesso epicentro ed ebbero
uguali limiti di propagazione; ciò è risultato dall'insieme delle notizie che
io stesso ho potuto raccogliere sul luogo e. da quelle trasmesse a questo Uf-
ticio. Ma la prima scossa, pel suo carattere specialmente ondulatorio anche
per località prossime all'epicentro, deve essersi probabilmente originata a de-
bole profondità; mentre la seconda, a causa del carattere sussultorio bene
spiccato, esteso a tutta una vasta zona attorno all'epicentro, parrebbe dover
essere provenuta da profondità maggiore.
« In quanto ai danni prodotti su i fabbricati, risulta eziandio dal pre-
sente terremoto come le buone costruzioni valgano certamente ad attenuare
i disastri e per lo meno ad impedire un maggior numero di vittime. Invece
le case, non ristaurate convenientemente in seguito all'ingiurie subite o dal
tempo 0 da terremoti antecedenti, oppure costruite con male intesa economia,
sono state in special modo quelle che hanno largamente contribuito alla ca-
tastrofe, fortunatamente limitata a' soli danni materiali ; mentre però, date
altre condizioni nella produzione del terribile fenomeno, avrebbero potuto
causare una immane nuova ecatombe di vite umane, inutilmente rimpiante a
fatti compiuti ».
Fisica terrestre- — Sunto del metodo per determinare le costanti
della marea lunare con una o due singole osservazioni al giorno.
Nota del prof. Q. Grablovitz, presentata dal Corrispondente P. Tac-
chini.
« In apposita Memoria destinata agli Annali dell' U£Scio Centrale di
Meteorologia e Geodinamica espongo anzitutto le proprietà delle curve marco-
grafiche trattate colla formola besseliana a 4 termini ; dopo avere accennato
che il 8^ e 4^ termine costituiscono piti che altro un dettaglio del P e 2^,
limito l'ulteriore discussione a questi due, che bastano da sé soli a rappresentare
i caratteri principali della marea, pure sotto il punto di vista teoretico ge-
nerale, poiché il primo dà una curva ad un massimo ed un minimo nelle
24 ore lunari ed il secondo due massimi e due minimi nello stesso inter-
vallo. Anzi, siccome l'elemento più importante, cioè lo stabilimento del porto
nel suo valore medio è esclusivamente collegato al secondo, non tengo il
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— 535 —
primo in considerazione se non per la parte concernente Tineguaglianza che
esso produce in quello.
« Pongo per base alle ulteriori discussioni il fatto, che le altezze del
mare osservate tutti i giorni ad uno stesso istante appartengono ad altret-
tanti angoli orari della luna pressoché equidistanti ed abbraccianti nel corso
d*una lunazione Tintiera periferia ; traendo partito da ciò, espongo il metodo
per la ricerca dello stabilimento del porto, metodo che consiste nel ridurre
i dati per interpolazione aritmetica a 24 angoli esattamente equidistanti, e
sviluppare lo stabilimento del porto col secondo termine della formola
besseliana.
« Un tal metodo suppone invariabile il livello neutro, con che intendo
il livello deiristante, depurato delle oscillazioni della marea a periodo diurno;
essendo esso invece alquanto variabile per molteplici cause, riesce necessario
un corredo piuttosto abbondante d'osservazioni, perchè gli errori si elidano
a sufficienza.
« Ma per ottenere ciò più nettamente, esamino il caso di due osserva-
zioni giornaliere colFintervallo di 6**12", cioè d'un quarto di giornata lunare
e con una breve dimostrazione giungo a concludere che gli errori riescono
in tal modo molto ridotti, perchè sparisce completamente Tinfluenza d'errori
a lungo periodo e tutto si limita alle variazioni accidentali che possono
avvenire in quel breve intervallo, e che con molta probabilità in 30 giorni
si compensano soddisfacentemente.
• Lo stesso metodo vale in pari tempo a determinare l'ampiezza media
della marea lunare ed il livello medio del mare pet la serie a cui si rife-
risce, e nella discussione, tenuto conto di tutte le perturbazioni, si espongono
le condizioni della loro eliminazione. Dal che risulta che anche un solo mese
d'osservazioni basta a dare valori abbastanza prossimi ai medi, fatta ecce-
zione per maree che siano affette (come quelle dell'Adriatico) da una forte
oscillazione di 24 ore, nel qual caso è necessaria un'annata intiera all'eli-
minazione della perturbazione che ne dipende.
« Messo in pratica il metodo nel porto d'Ischia, ne ottenni i seguenti
risultati :
Epoche Ampiezza
d'osservazione media
da marzo a giugno 1885 215"".
gennaio 1888 245 »
febbraio « 257 «
marzo ^ 236 ^
« Il livello medio ha origine dal piano della panchina ; i dati pel 1885
si basano su una sola osservazione giornaliera, gli altri su due.
« Mentre la cognizione dell'ampiezza e dello stabilimento del porto
porgono base alla ricerca delle leggi di propagazione dell'onda-marea, la
Ora lanare
LWello
del porto
medio
8''32'»
68.4«"
8 33
63.4»
8 35
57.2-
8 45
58.1 »
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— 536 —
determinazione del livello medio è atta, mediante opportuni confronti, a
rendere importanti servigi ad altri rami della scienza e particolarmente allo
studio dei bradisismi.
a Neir esporre questo metodo ho considerato che per la facilità dell'im-
pianto di scale mareometriche e della loro lettura a due istanti fissi del
Iberno, la cognizione delle principali costanti mareometriche potrebbe com-
prendere un numero di punti di gran lunga superiore a quello che s*otter-
terrebbe dai mareografi, i quali, se è bene che funzionino in determinati
punti principali per l'analisi delle' circostanze di dettaglio, non possono, e
per le spese e difiicoltà richieste dal loro impianto e per la loro manuten-
zione guidata da buoni criteri scientifici, costituire un allineamento troppo
denso «.
Mineralogia. — Alcune nuove osservasioni sulle zeoliti di
Montecchio Maggiore. Nota di Ettore Artini 0, presentata dal
Socio Struever.
tf In alcimi recenti scavi praticati a Montecchio Maggiore, oltre alle
zooliti già note e descritte per quella località, se ne trovarono due non de-
scritte finora, cioè la Heulandite e la Stilbite. Veramente a pag. 311, voi. I,
dell'opera, / tesori sotterranei dell'Italia, di Gr. Jervis, si trova citata la
HetUandite per Montecchio; ma d'altra parte Jervis non dà la fonte cui at-
tinse la notizia, e poi né il Catullo (2) né il Zepharovich (3) ne fanno men-
zione, nò mi riuscì trovare alcuna più recente Memoria che ne parlasse;
ad ogni modo, nessuno al certo la fece mai oggetto di studio cristallografico.
« La Stilbite, che è per sicuro un minerale nuovo per Montecchio Mag-
giore, si presenta piuttosto raramente, in eleganti fiocchetti di colore bian-
chissimo, con perfetta e facilissima sfaldatura, e viva lucentezza madreper-
lacea; non sono riconoscibili foime cristalline in tali piccoli aggregati, che
hanno al massimo la grandezza di un grano di riso, o poco più.
« La Herdandite, assai più frequente, è sempre in cristalli, di gros-
sezza variabile da meno di \ mm. a 2-3 nmi. Osservai le forme :
(001) , (010) , (101) , (lOl) , (HO) , (Oli) , (112) (^).
(0 Lavoro eseguito nel Gabinetto di Mineralogia della K. UniTersità di Pavia.
(*) Elementi di Mineralogia, Padova, 1833,
(3) Mineralogisches Lexicon fùr das Eaiserthum Oesterreich. 1859.
(*) Secondo Torientazione di Dee Cloizeaux.
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— 537 —
Tutte sono abbastanza frequenti, le prime quattro anzi sono costanti; trovai
le seguenti combinazioni:
I. (001) (010) (101) (101) Fig. 1.
IL (001) (010) (101) (101) (HO) Fig. 2.
III. (001) (010) (101) (101) (110) (Oli)
IV. (001) (010) (101) (101) (HO) (112)
V. (001) (010) (101) (101) (HO) (OH) (H2) Fig. 3.
.^<^' "■
OOi
^<^
\ ■ *" y
/A
/^~x
no
\
X^-'^T^
/~ssr^
b^
Fig. 1.
Fig. 2.
Fig. 3.
« Le facce della (010) sono sempre brillanti, e qnando sono prodotte
da sfaldatura, si nota su di esse la fortissima lucentezza madreperlacea ca-
ratteristica per questo minerale. Le (101), (101) sono per lo più brillanti,
ma in alcuni gruppetti di cristalli si mostrano come corrose e a superficie
molto scabra; la seconda è generalmente più sviluppata della prima. Le facce
di (110), (Oli), (112) sono piuttosto lucenti, e quelle di (110) prendono
spesso un grande sviluppo.
« Tutte queste facce però, anche quando sono assai brillanti, danno im-
magini assai brutte, multiple e diffuse, come al solito nella Heulandite; e
per questo mi limitai a misurare un numero esiguo di angoli, unicamente
per stabilire i simboli delle forme. Trovai:
Misurato
Calcol. da Des Cloìzeaux
010 . HO
67.10
68.2
—
67.34
—
HO . Ho
43.28
43.56
001 . 101
66.37
66.00
010 . OH
49.8
49.22
110.112
41.11
41.39
« Il simbolo della forma (112) è anche determinato dalle due zone [110.00 1]
e [101. Oli], che verificai al goniometro.
« I cristallini talora sono allungati secondo l'asse [y], qualche volta
tabulari secondo (010), ma i più grossi, belli e brillanti, presentano quello
sviluppo pressoché imiforme delle facce di (101), (lOl), (HO), che fu osser-
vato nella così detta Beaumontite di Jone*s Falls presso Baltimore, creduta
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— 538 —
prima tetragonale da Lévy (i), e oggi ritenuta generalmente come una va-
rietà di Heulandite,
« Se per le proprietà cristallografiche è simile ad altre già note, per
le proprietà ottiche invece questa Heulandite presenta differenze grandissime,
e degne veramente di nota. Il piano degli assi ottisi e la bisettrice acuta
sono qui, come al solito, normali alla faccia di sfaldatura (010) ; ma il piano
stesso non è nò parallelo né normale alla base, unici due casi registrati dal
Des Cloizeaui (}) e confermati da P. von Jeremeìew (3), A. Lacroii (^) ecc. ecc.
In numerose lamine studiate trovai che il piano degli assi ottici fa costan-
temente un angolo di 30^-34^ colla (001), restando sensibilmente normale
alla (101). Né riuscii ad osservare alcuna lamina in cui la sua orientazione
fosse quella indicata dagli autori per la Heulandite delle altre località. Non
rimarcai nemmeno quella fortissima oscillazione del valore dell'angolo fra gli
assi ottici nei diversi punti di una stessa lamina, benché una certa diffe-
renza ci sia, e indubbiamente esista in modo assai più sensibile fra i diversi
cristalli. In tre lamine di tre cristalli diversi trovai neiraria:
1» lamina : 2Ea = 81.14 (Na)
2*^ lamina : 2Ea = 94.27 (Na)
3* lamina: 2Ea = 89.54 (Na).
« La differenza, come si vede, è assai forte, ma è notevole che il 2Ea
di questa Heulandite oscilla entro limiti assai più elevati di quelli che son
dati dagli autori : infatti il Des Cloizeaux dà angoli vari che oscillano fra 2V
e 53^, e il Mallard (^) non trovò mai che il limite massimo di variazione
oltrepassasse i SO*". È dunque l'angolo degli assi ottici maggiore del comune
nella Heulandite^ e sembra essere intermedio fra questo e quello della va-
rietà Beaumontite, il quale fu osservato da Des Cloizeaux e W. Klein (^)
essere molto vicino a 130^. Del resto un angolo quasi altrettanto grande era
già stato osservato sulla Heulandite Elbana (^), e precisamente = 89* (luce
gialla) : ma in questo caso il piano degli assi ottici era normale alla (001).
« Dove poi questa Heulandite si mostra affatto lontana dalle altre, si
è nella variazione delle proprietà ottiche per effetto del riscaldamento. Primo
fii Des Cloizeaux a trovare che scaldando una lamina di Heulandite fin
0) Compt. Rend. de TAc. d. Se. 1839.
(«) Manuel, p. 425.
{?) Heulandit aus dem Turkestan. Zeit. far Kryst. U, 503.
(*) Bull, de la Soc. min. de Fr. 1885, Vm, 321.
(5) De V action de la chaleur sur la Heulandite. Bull, de la Soc. minerai, de
Fr. V, 255, 336.
(*) Beitràge zur Kenntniss der optischen Aenderungen in Krystallen unter dem
Einflusse der Erwàrmung. Zeit. ftlr Kryst. IX, 38.
(') F. Sansoni, Sulle geoliti dell'isola d'Elba. Atti della Soc. tose, di Se. natur.,
voi. IV, fase. 2«.
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— 589 —
verso i 100*, Vangelo degli assi ottici va facendosi. più acuto, poi diventa
nullo successivamente per i vari colori, e finalmente si aprono gli assi in
un piano normale al primo; col raffreddamento tornano alla posizione pri-
miera. Questa esperienza fu ripetuta da Mallard (*) e da W. Klein con iden-
tici risultati ; quest'ultimo poi operando sulla Beaumontite trovò che gli assi
ottici si avvicinano bensì, ma non arrivano ad unirsi.
« Io scaldai tre lamine, una dopo l'altra, con precauzione, fin verso i 150®,
sotto al polariscopio, ma non osservai affatto un avvicinamento dei due assi ;
anzi quando la temperatura arrivò a un certo punto, li vidi, in tutti i casi
con identica maniera, rapidamente allargarsi in modo sensibile ; e questa va-
riazione, che io ritengo col Mallajrd essere prodotta per la perdita di alcune
molecole d'acqua, è accompagnata da un inipallidimento degli anelli colorati ;
non solo, ma dopo il raffreddamento completo, resta costante l'alterazione.
« Per accertarmene definitivamente, misurai in una lamina limpidissima
l'angolo degli assi ottici, il cui piano aveva la solita posizione, e trovai:
2Ea = 92.46 (luce bianca)..
« Scaldata la lamina fino circa ai 150®, osservai il solito fenomeno del-
l'allontanamento degli assi, e dopo completo raffreddamento, nello stesso punto
della lamina misurai:
2Ea = 103.50 (luce bianca).
« A luce parallela, fra i nicol incrociati, queste lamine parallele a (010),
si mostrano formate di 4 settori, come già ebbe occasione di osservare Mallard ;
questi risultano evidenti dalla diversità dei colori di polarizzazione sugli orli
della superficie di contatto, che è sempre curva e affatto irregolare. Del resto
tutti i 4 settori hanno i rispettivi piani degli assi ottici paralleli, è quindi
mi pare che potrebbe forse non trattarsi di una vera geminazione, come in-
vece sarebbe quella osservata da F. J. Wiik (2). Ad ogni modo, questi cri-
stalli non mostrano struttura omogenea, ma, a luce polarizzata, fanno vedere
piuttosto un aggregato di piccolissimi individui, analogamente a quanto av-
viene per i feldspati triclini, ciò che del resto era tenuto per fermo da
Breithaupt, Hessenberg e vom Bath. Le stesse lamine di sfaldatura mostrano
qualche volta una struttura chiaramente zonata.
K Questa Heulandite si trova in croste che tappezzano assai vagamente
le cavità d'un amigdaloide nerastro, e allora è di colore lievemente rossic-
cio; invece i cristallini più limpidi, grossi e incolori si trovano isolati o
in piccoli gruppetti, nelle cavità della stessa roccia.
« Insieme alla Stilbite e alla Iletdandite si trovano : brillanti cristal-
lini di Calcite che presentano le forme (211), (lOT), (111), (100), (3ll), (223),
(•) Loco citato.
(«) Mineralogische Mittheilungen. Zeit. fflr Kryst. VII, 188.
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— 540 —
(111), (554), (110), (310), (410), (301), (502), (302), (312), (715), (già date
da Mohs, Lévy e Haidinger), trasparentissimi, di colore giallo-paglia, talora
geminati (111); numerosi cristalli di Andcime (211) (100) e di ApofUlite.
ii Su quest'ultimo minerale stimo non inutile smungere qualche cosa a
quanto ne fu scritto. Il dott. G. B. Negri pubblicò nel 1886 una Memoria
su questa Apofillite {% nella quale dice aver trovate le forme (100) (111)
(001) (113) (115); ma forse l'autore non sapeva che il Rumpf aveva, 7 anni
prima, studiata la stessa Apofillite (2), trovandovi le forme (100), (001),
(111), (9. 9. 10), (24. 24. 25) (3) e che, fin dal 1864, Schrauf (^) aveva di-
segnato un cristallo del Vicentino {Altavilla l ì) della combinazione (100)
(111) (001) (210), assai analogo ad alcuni di quelli che passerò poi a descri-
vere. Nò fu chiarita dai suaccennati autori la confusione che tuttora regna
sulle località precise della provincia di Vicenza in cui questo minerale si
trova. Il dott. Negri anzi, a proposito ielV Apofillite di Montecchio Maggiore,
cita il dott. Wiser (^), il quale nella sua lettera nomina « Castel di Vi-
cenza n , riferendosi evidentemente a Castel Gomberto, località pure basaltica,
a metà strada fra Montecchio Maggiore e Valdagno. Certo è che nel Leo-
nhard (^) e nel Zepharovich (7), per la località « Castel Gomberto » sono
citati lYAnalcime, la Celestina e V Apofillite; anche Des Cloizeaux ne parla (^);
ma a me non consta che recentemente nessun mineralista siasi recato sul
sito per sciogliere la questione, nò so se il dott. Negri abbia in mano le
prove sicure che le due geodi da lui studiate sieno veramente di Montecchio
Maggiore piuttosto che di Castel Gamberto. Ad ogni maniera credei utile
muovere la questione, afRnchò qualche mineralista che ne abbia Topportunità
riprenda con più cura l'argomento, e precisi bene quello che ancora può es-
serci di dubbio.
« L' Apofillite che si trova insieme alla Eeulandite, non rassomiglia che
mediocremente a quella descritta dagli autori sopra citati; si trovano talora
(1) Atti del R. Istituto veneto di se. lett. ed a. V, ser. 6*.
(*) [leòer den Krystallbau des Apophyllits, Tschermak's miner. und petrograph.
Mittheilungen. Serie 2* 1879, 370.
(3) Veramente il lavoro del Rampf si trova dae volte nelPelenco bibliografico dato
dal dott. Negri nel suaccennato lavoro, ma parrebbe che l'autore non lo avesse letto,
poiché dice : u per quanto egli sappia, non essere ancora stata illustrata una specie mi-
u nerale tanto importante, di Montecchio Maggiore » e anzi la cita in modo curioso : ri-
porta infatti la citazione dello Zeitschrift fOr Kryst. in questa maniera : a Ebenda, S. 369-391 y» ,
non avendo notato, come pare, che in quella rivista erano fatte prima altre recensioni di
lavori pubblicati nelle Tschermak's Min. Mitth., e nel suo elenco restava quindi senza si-
gnificato queir u Ebenda n.
(*) Atlas der Krystallformen des Mineralreiches. Tav. XXI, fig. 3.
(5) Neues Jahrbuch, 1840, 828.
(•) Handwdrterbuch der topographùchen Mineralogie, Heidelberg, 1843.
n Loco cit. 13, 27, 117.
(•) Loco cit. p. 128.
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— 541 —
dei cristallini isolati o in gruppetti di 2-5, della combinazione (100) (001) (111)
(fig. 4); qnesti cristallini, di estrema piccolezza, sono allungati assai mar-
catamente secondo Tasse [j], così da assumere un elegante
aspetto prismatico. Ma la massima parte dei cristalli sono
assai più grossi, riuniti in numero vario, e sviluppati egual-
mente secondo i tre assi (fig. 5). Molte volte sono anche
questi della combinazione (100) (111) (001), ma spesso si
presentano facce di un prisma ottagono,
facce che sono generalmente scabre, ma
qualche tolta si prestano a mism-e di-
screte. Dalle misure trovai che appar-
tengono al prisma (310), già noto per
VApofiUite in genere, ma nuovo per la
località. A questi cristalli si avvicina,
come dissi, il disegno dello Schrauf,
colla differenza che, invece della forma
(310), porta la (210).
too
Ticr. 4.
Fig. 5.
« Misurai:
Misurato
Calcol.
da Des Cloizeaux
001 . Ili
60.24
60.32
—
60.31
—
100 . 310
18.37
18.34
17.60
« In questi esemplari di Heulandite e Stilbite non mi riuscì mai di
constatare la presenza della Natrolite n.
Chimica. — Ricerche sulVapiolo. Nota I. di Q. Ciamician e
P. SiLBER, presentata dal Socio Cannizzaro.
« In una Nota presentata a questa Accademia nella seduta del 5 feb-
braio scorso, abbiamo brevemente accennato agli studi da noi iniziati allo
scopo di scovrire la natura chimica dell'apiolo. Poco tempo dopo la nostra
pubblicazione, comparve nei » Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft
zu Berlin » (fase. YI, pag. 1192) un lavoro del sig. I. Ginsberg sopra lo
stesso argomento, nel quale lavoro egli accenna ad alcuni derivati dell' apiolo
che noi pure abbiamo ottenuto. Questa spiacevole coincidenza ci obbliga a
pubblicare già ora i risultati dei nostri studi, affinchè apparisca chiara
la via da noi fin qui percorsa, che pure è quella che noi intendiamo prose-
guire ulteriormente, perchè ci sembra la più adatta a condurci alla solu-
zione del problema che ci siamo proposti.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1* Sem. 70
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— 542 —
I. Comportamento dell'apiolo con la potassa alcoolica.
« Yon Oerichten (') ottenne trattando l'apiolo con potassa alcoolica, un
nuovo corpo cristallizzato in squamette, di cui non determinò definitivamente
la composizione; noi abbiamo perciò ripetuto le sue esperienze iniziando in
questo modo i nostri studi suUapiolo. Questo punto di partenza ci apparve
tosto bene indovinato, perchè la sostanza scoperta da von Gerichten è un
isomero delVapiolo. Noi proponiamo di chiamarla perciò:
tf Isapiolo ».
Siamo ben lieti di poter constatare che anche il sig. Ginsberg ottenne nelle
sue analisi numeri che conducono alla stessa coochiusione.
« Per preparare Tisapiolo si riscaldano a b. m. in un apparecchio a rica-
dere 26 gr. di apiolo (2) con una soluzione di 50 gr. di potassa in 250 e. e.
d'alcool assoluto, per 12 fino a 15 ore. Il liquido giallo-bruno ottenuto, dal
quale già spontaneamente si separano dei cristalli dopo alcune ore, venne
versato, senza aspettare che si fosse del tutto raffreddato, in un litro d'acqua.
Airintorbidamento latteo della soluzione, segue prontamente la formazione
d'un precipitato, che aumenta coir agitare, che si fa, del liquido, finché da
questo, che resta colorato in giallo, si è completamente separato il corpo
solido. Si filtra, si secca il precipitato suir acido solforico, lo si spreme fira
carta per liberarlo da una materia oleosa che vi aderisce e lo si fa cristal-
lizzare dall'alcool ordinario. Si ottengono in tal guisa tavole o squamette in-
colore, che fondono a 55-56^ e ritornano a solidificarsi a 46^. Distillano a
pressione ordinaria a 303-304'* ed a pressione ridotta a 33 mm. a 189**.
« Le analisi fatte con la sostanza purificata per distillazione dettero i
seguenti risultati:
I. 0,2094 gr. di sostanza dettero 0,4966 gr. di CO, e 0,1250 gr. di H^O.
IL 0,2036 gr. » r. 0,4822 gr. di CO2 e 0,1172 gr. di HgO.
« In 100 parti:
I II
C 64,65 64,59
H 6,63 6,39
« Queste cifre sono identiche a quelle che si ottengono analizzando l'apiolo,
per cui l'isapiolo può avere anch'esso la formola:
che richiede:
C 64,86
H 6,31 .
0) Beri. Ber. IX, 1477.
(*) Proveniente dalla fabbrica di E. Merck, Darmstadt.
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— 543 —
« L'ìsapiolo è facilmente solubile nell'etere, nell'etere acetico, nell'ace-
tone, nel benzolo, nell'acido acetico e nell'alcool bollente, ed ò insolubile
nell'acqua e del pari negli idrati e carbonati alcalini. Trattato su di un vetro
d'orologio con acido solforico concentrato, dà una soluzione rossa che diviene
bruna e sporca col riscaldamento.
« Il rendimento di isapiolo è in media il 70-75 % dell'apiolo impiegato.
Dalle acque madri alcaline, acquoso-alcooliche per svaporamento, e dalla
carta che ha servito a spremere la materia greggia si ottiene un corpo il
quale trattato nuovamente con potassa alcoolica, dà nuove quantità di cri-
stalli fusibili a 55-56**.
<i L'isapiolo deve avere, come si vedrà più tardi, una formola non mi-
nore di quella che comunemente si attribuisce all'apiolo (Cu Hu O4), ed è
assai probabilmente un isomero e non un polimero di questo, perchè gli si
accosta assai nei punti di fusione e di ebollizione:
Apiolo Isapiolo
Punto di fusione 30^ 55-56°
-n xi j- V 11- • (a pressione ordinaria 294*» 304®
Punti di ebollizione i 00 o j 1 nr^. 1 ono
( a 33-34 mm. . . 179*» 189°
« Noi abbiamo studiato parallelamente i prodotti di ossidazione dell'a-
piolo e dell'isapiolo e di queste esperienze trattano le seguenti pagine.
« Né l'apiolo, nò l'isapiolo danno composti con la fenilidrazina e con
l'idrossilammina.
II. Ossidazione dell'apiolo col permanganato potassico
in soluzione alcalina.
« 6 gr. d' apiolo sospesi in 600 ce. d'acqua bollente, resa alcalina con
potassa, vennero trattati, agitando energicamente il liquido, con una solu-
zione di 24 gr. di permanganato potassico sciolto in 950 ce. d'acqua. L'ossida-
zione avviene prontamente ; per ultimo si riscalda il pallone per circa un'ora
a b. m. Lasciando raffreddare, assieme al precipitato manganico, si deposi-
tano pure dal liquido alcalino, che resta colorato in giallo, piccoli cristallini
solubili nell'etere. Si estrae tutta la massa con questo solvente fino che esso
non toglie più nulla al liquido alcalino ; a questo scopo bisogna ripetere per
12-15 volte l'estrazione. Il residuo ottenuto dagli estratti eterei è una ma-
teria bianca e cristallina, che si lava sul filtro con etere ; per liberarla dal-
l'apiolo inalterato che contiene, la si scioglie in poca acqua bollente e si
distilla con vapore acqueo la soluzione. Questa si converte per raffreddamento
in una massa semisolida formata da piccole squamette bianche e splendenti,
che dopo essere state seccate sull'acido solforico, vengono fatte crìstsdlizzare
ripetutamente dal benzolo bollente. Si ottengono così pagliette di splendore
vitreo, che fondono a 122®.
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— 544 —
tf Le analisi dettero i risaltati seguenti, che conducono alle formole:
I. 0,1952 gr. di sostanza dettero 0,4032 gr. di CO, e 0,1118 gr. di HjO.
IL 0,2402 gr. « " 0,4998 gr. di CO, e 0,1386 gr. di H, 0.
ITI. 0,2976 gr. »» « 0,6156 gr. di CO,.
IV. 0,2530 gr. « ^ 0,5238 gr. di CO, e 0,1450 gr. di H,0.
« In 100 parti :
trovato calcolato per
I II III IV Cit Hi« 0. Cit Hu 0«
C 56,33 56,74 56,42 56,46 56,25 56,69
H 6,36 6,41 — 6,37 6,25 5,51
K II nuovo corpo, che fonde costantemente a 122"*, è poco solubile nel-
retore, ed è solubile a caldo neiralcool, nel benzolo, nelU etere acetico e
neir acqua. Per raffreddamento esso si separa quasi completamente dalle sue
soluzioni in tutti questi solventi. Ha reazione neutra, non si scioglie nei
carbonati né negli idrati alcalini. Si scioglie nell'acido solforico concentrato
con colorazione gialla, che per lieve riscaldamento diventa rossa e finalmente
bruno-sporca.
K La soluzione alcalina esaurita con etere nel modo ora descrìtto, viene
filtrata dagli ossidi manganici e concentrata notevolmente. Essa contiene un
nuovo acido, che si può estrarre acidificando con acido solforico diluito ed
agitando con etere. Si ottiene, svaporando l'etere, una materia cristallina,
mescolata ad una sostanza resinosa, che ne rende difficile la purificazione.
Per liberarla da quest'ultima, si digerisce tutto il prodotto con poco etere,
che scioglie principalmente la resina. Il residuo cristallino viene poi fatto
cristallizzare dall'acqua bollente con aggiunta di nero animale. Si ottengono
così piccoli aghetti bianchi, che fondono a 175^.
« Il nuovo acido ha, come si vedrà più tardi, la formola :
« Ciò Hio Oe ».
ed è identico al composto di questa composizione che si ottiene dall'isapiolo,
per ossidazione col camaleonte.
K L'analisi dette:
0,2174 gr. di sostanza dettero 0,4252 gr. di CO, e 0,0938 gr. di H,0.
« In 100 parti:
troTato calcolato per Ciò Hio De
C 53,34 53,09
H 4,79 4,43
« Impiegando nell'ossidazione dell' apiolo quantità di camaleonte mag*
giorì a quelle anzidette (p. es. 4 gr. d'apiolo e 28 gr. di pennanganato
potassico), non si ottiene più il composto neutro che fonde a 122^, ma sola-
mente piccole quantità della materia acida. All'incontro ossidando Tapiolo
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— 545 —
con camaleonte in difetto (9 gr. di apiolo e 9 gr. di permanganato potassico)
si forma principalmente il composto neutro e si hanno piccole traccio della
sostanza acida molto impura. In quest'ultimo caso l'estratto etereo del pro-
dotto acido ha un forte odore d'acido formico.
in. Ossidazione iieirapiolo con bicromato potassico
ed acido solforico.
« Questa esperienza venne di già accennata nella Nota preliminare del
ò febbraio scorso. Ossidando l'apiolo con addo cromico sia in soluzione sol-
forica che in soluzione acetica, si ottiene una sostanza neutra, che fonde a
102^ e che è identica al composto che si ottiene dall' isapiolo neUe stesse
condizioni. Essa ha, per ragioni che si vedranno più tardi, la formola:
« Ciò Hio O5 » •
ed è un'aldeide.
« Per preparare questo composto dall'apiolo, se ne ossidano p. es. 4 gr.
con un miscuglio di 30 gr. di bicromato potassico, 30 gr. di acido solforico
concentrato e 500 ce. d'acqua. Bollendo il tutto a ricadere, si svolge ani-
dride carbonica e si nota la presenza di vapori d'odore aldeidico. Dopo tre
ore d'ebollizione l'ossidazione è compiuta, e per, raffreddamento si separano
gli ghetti della nuova sostanza. Il liquido, che contiene ancora dell'apiolo
inalterato, viene liberato da questo per distillazione con vapore acqueo ed
assieme all'apiolo passano piccole quantità d'un acido volatile. Filtrando la
soluzione cromica, che resta indietro, si ottiene la nuova sostanza, che non
essendo del tutto insolubile viene estratta con etere. Il rendimento ammonta
al 20 Vo dell'apiolo impiegato.
tt II composto fusibile a 102^ viene purificato facendolo cristallizzare
dall'alcool diluito.
« Le analisi dettero i seguenti risultati :
1. 0,1822 gr. di materia dettero 0,3838 gr. di CO» e 0,0812 gr. di H2 0.
0,4754 gr. di COj e 0,1006 gr. di H,0.
0,4040 gr. di CO2 e 0,0852 gr. di H. 0.
calcolato per Ciò Hio Os (0
57,14
4,76
» L'ulteriore descrizione di questo corpo verrà fatta più tardi
(^) Nella Nota citata ayeyamo assegnato, in via provrisoriai a questo composto la
formola d Hit Oc , per ragioni che sono facili ad intendersi, la quale naturalmente richiede
gli stessi numeri della formola Ciò Hio 0» .
II. 0,2268 gr.
f
III. 0,1928 gr.
n
« In 100 parti :
trovato
I II
III
C 57,44 57,16
57,15
H 4,95 4,93
4,91
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— 546 —
IV. Ossidazione dell'isoapiolc con permanganato potassico.
« L'isapiolo dà per ossidazione con pennanganato potassico principal-
mente Tacido già menzionato, che fonde a 175® ed il composto neutro che
fonde a 102«.
tf L'operazione venne eseguita ossidando 8 gì. d*isapiolo sospesi in 800 gr.
di acqua bollente, con una soluzione, fatta a caldo, di 32 gr. di camaleonte
in 1600 ce. d'acqua. Agitando fortemente la mescolanza la reazione avviene
prontamente e si compie, riscaldando a b. m. per circa un'ora. Il liquidoj
soprastante al precipitato manganico si scolora completamente, e tutto il con-
tenuto del pallone viene estratto con etere. Dopo 5 o 6 agitazioni l'esauri-
mento è completo, e gli estratti eterei svaporati lasciano un residuo non
molto abbondante, che fonde fra 50 e 55**. Cristallizzando però il prodotto
frazionatamente dall'alcool, si riesce ad ottenere dalle prime frazioni l'isapiolo,
rimasto inalterato, con tutti i suoi caratteri, mentre invece le ultime con-
tengono piccole quantità del composto aldeidico che fonde a 102®.
tt La soluzione alcalina esaurita con etere venne filtrata, concentrata ed
acidificata con acido solforico diluito. Si ottiene subito un precipitato giallo
pulverulento che si deposita facilmente e che venne filtrato e lavato. Dal
liquido si possono ottenere delle altre quantità di questa sostanza per estra-
zione con etere. Il precipitato e l'estratto etereo vennero entrambi fatti cri-
stallizzare ripetutamente dall'acqua bollente, aggiungendo carbone animale.
Si ottengono per raffireddamento piccoli aghetti che fondono a 175®, e che
sono la stessa sostanza, che si forma in quantità più piccola dall' apiolo per
ossidazione con camaleonte.
tt Questo acido che noi chiameremo
« Acido apiolico »
ha la formola Ciò Hio Oe, come lo dimostrano le analisi dei suoi sali argen-
tico e calcico.
« Esso dette all'analisi:
0,2048 gr. di materia diedero 0,3988 gr. di COj e 0,0842 gr. di H»0.
K In 100 parti :
trovato calcolato per Ciò Hio 0«
C 53,11 53,09
H 4,56 4,43
K L'acido apiolico è solubile nell'etere, nell'alcool bollente, nell'acido
acetico glaciale, nel benzolo e nell'etere acetico, poco solubile nell'acqua
bollente. Da quest'ultimo solvente si separa quasi completamente per raffred-
damento.
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— 547 —
« Il sale argentico [Ciò H9 Oe Ag] si ottiene in forma d'un precipitato
Manco fonnato da lunghi aghi, trattando con nitrato d'argento la soluzione
neutra dell'acido nell'ammoniaca.
« L'analisi dette:
I. 0,3982 gr. di materia dettero 0,1284 gr. di argento.
IL 0,2932 gr. » ^ 0,3866 gr. di CO2 e 0,0732 gr. di H^ 0.
« In 100 parti :
trovato calcolato per Ciò Ho Ag Ot
I II
C — 35,96 36,04
H — 2,77 2,70
Ag 32,24 — 32,43
tt II sale calcico [(Ciò H9 O^t Ca] ottenuto saturando una soluzione
acquosa dell'acido con carbonato calcico puro, forma cristalli prismatici splen-
denti, che non perdono di peso se vengono seccati sull'acido solforico ed a 120^.
0,2550 gr. di materia seccata a 120'» dettero 0,0688 gr.' di Ca SO4 .
^ In 100 parti :
trovato calcolato per Cto H 1» dt Ca
Ca 7,94 8,16
« L'etere metilico [Ciò H9 (CH3) Og] ottenuto riscaldando il sale argen-
tico con joduro metilico a lOO'' in un tubo chiuso, esaurendo poi la massa
con etere e cristallizzando il prodotto ottenuto dall'acqua bollente, forma aghi
bianchi che fondono a 71-72®.
« L'analisi dette :
0.1890 gr. di sostanza diedero 0,3818 gr. di C0« e 0.0884 gr. di H« 0.
K In 100 parti:
trovato calcolato per Ciò H» (CH») Ce
C 55,09 55,00
H 5,19 5,00
« L'etere metilico dell'acido apiolico è solubile nell'etere, alcool ed acido
acetico glaciale; poco solubile nell'acqua, da cui si separa per raffreddamento
in aghi bianchi.
« L'acido apiolico dà inoltre, in forma di sale ammonico, in soluzione
neutra, mediocremente concentrata, le seguenti reazioni:
Con cloruro calcico : in principio una soluzione incolora, che per sfregamento
con una bacchetta di vetro dà subito degli aghi bianchi.
Con solfato di magnesio : una soluzione incolora, che non dà precipitato.
Con cloruro baritico : una soluzione incolora, che con lo sfregamento dà su-
bito un precipitato d'aghi bianchi, lunghi.
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Con solfato di sinco: subito un precipitato bianco.
Con solfato di cadmio: subito un precipitato bianco.
Con solfato di rame : un precipitato azzurro chiaro o aghetti raggruppati in
forma di mammelloncini.
Con nitrato di cobalto: dopo lungo sfregamento aghi rosei chiari.
Con nitrato di nickel: dopo lungo sfregamento aghi.
Con cloruro ferrico: un precipitato rossobruno caseoso.
Con cloruro mercurico : dopo lungo sfregamento un precipitato bianco caseoso-
« L'acido apiolico non si combina colla fenilidrazina, l'amalgama di
sodio in soluzione alcalina non l'altera. Fondendolo con potassa si ottiene
acido acetico ed ossalico. Con acido jodidrico a 100^ dà joduro metilico o
etilico.
« Il rendimento da 8 gr. di isapiolo è in media di 3 gr. di acido. Im-
piegando un eccesso di camaleonte (8 gr. di isapiolo e 45 gr. di permanganato)
non si ottiene che acido acetico ed ossalico.
V. Ossidazione deirisapiolo con bicromato potassico
ed acido solforico.
tt L'isapiolo dà per ossidazione con acido cromico il composto Ciò Hio Ost
che come si vedrà non è altro che l'aldeide apiolica corrispondente all'adda
apiolico or descritto.
« L'ossidazione dell'isoapiolo venne eseguita in un apparecchio a rica-
dere munito d'un imbutino a robinetto ; si fa gocciolare lentamente nel pal-
lone, ore trovasi l'isapiolo, un miscuglio formato da 10 gr. di bicromato po-
cromato potassico e 200 gr. d'acido solforico diluito (1 a 10). La reazione
avviene prontamente mentre si sviluppano copiosamente vapori di aldeide ace-
tica. Dopo tre ore d'ebollizione la reazione è compiuta. Si distilla il conte-
nuto del pallone con vapore acqueo e si prolunga l'operazione fino che il
distillato non ha più reazione acida. Questo contiene piccole quantità dei
cristallini della sostanza Ciò Hio O5 ed acido acetico. Si satura con carbo-
nato sodico e si estrae con etere per eliminare il composto fusibile a 102^.
Il liquido acquoso viene concentrato e distillato con acido solforico. Il pro-
dotto ottenuto, neutralizzato esattamente con carbonato sodico e concentrato,
venne precipitato frazionatamente con nitrato d'argento. Il sale argentico
venne cristalUzzata alcune volte dall'acqua, da cui si separa in forma di
lunghi aghi. L'analisi dette il seguente riisultato.
0,3262 gr. di materia dettero 0,2104 gr. d'argento.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ct Hs Ot Ag
Ag 64,50 64,66
ft II prodotto dell'ossidazione 46U'Ì£ii^iolo con acido cromico, liberato
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— 549 —
nel modo ora descrìtto dall'acido acetico, per distillazione con vapore acqueo,
venne filtrato ancor caldo, per eliminare alcune sostanze resinose. Per raffred-
damento si separano copiosamente piccoli aghetti bianchi, che si purificano
facendoli cristallizzare dall'alcool diluito. Fondono a 102^ e sono del tutto
identici alla sostanza ottenuta daU'apiolo con lo stesso reattivo.
« L'analisi dette:
0,2156 gr. di sostiinza produssero 0,4538 gr. di GOs e 0,0976 gr. di H2 0.
« In 100 parti :
^ trovato calcolato per CioHioOs
C 57,40 57,14
H 5,03 4,76
« n composto Ciò Hio O5 è come dimostreremo più tardi
l'aldeide deW acido apiolico
perchè si combina col bisolfito sodico, dà una aldossima e si converte per
ossidazione nell'acido apiolico già descritto.
« L'aldeide apiolica è poco solubile nell'acqua, del pari si scioglie dif-
ficilmente nell'etere petrolico, facilmente invece nell'alcool, nell'etere, nel sol-
furo di carbonio, nell'acido acetico e nel benzolo; da questo solvente si
separa in forma di aghi lunghi e splendenti. Nell'acido solforico concentrato
si scioglie con colorazione gialla intensa; col riscaldamento la soluzione
prende un colore verde oliva e per aggiunta d'acqua si separano fiocchi bruni.
K II rendimento d'aldeide apiolica è più abbondante partendo daU'isa-
piolo che dall' apiolo. Da due grammi del primo se ne ottengono 0,7 di al-
deide, il che corrisponde al 35 Vo-
lt Essendo stabilita per mezzo delle analisi dei sali, la formola dell'a-
cido apiolico ne viene di conseguenza, che l'aldeide corrispondente abbia la
formola GioHioOs e non la formola CisHuOs, come avevamo ammesso
nella nostra Nota preliminare, già citata, nò altra più semplice. Ora siccome
l'aldeide in questione si forma per ossidazione delVisapiolo assieme ad aldeide
acetica ed acido acetico, ne segue che Tisapiolo deve avere una formola con-
tenente due atomi dì carbonio di più dell acido apiolico e dell'aldeide apio-
lica, cioè
che è, come s'è detto più sopra, con molta probabilità anche la formola
dell'apiolo » .
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 71
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— 550 —
Chimica. — Sull'aldeide apiolica e sull'acido apiolico. Nota II.
di G. CiAMiciAN e P. SiLBER, presentata dal Socio S. Cannizzaro.
« Diamo nella presente Nota la descrizione ulteriore delle proprietà e
del comportamento chimico deiracido apiolico e deiraldeide apiolica, che, come
abbiamo dimostrato nella Nota precedente, si ottengono per ossidazione del-
Tapiolo e dell' isapiolo.
I. Aldeide apiolica [C10H10O5].
« Il composto della formola soprascritta, che fonde a 102^, manifesta la
sua natiùra aldeidica, perchè si combina col bisolfito sodico. A freddo non si
combina con questo reattivo, perchè può venire estratto, completamente inal-
terato, dall'etere;- se si riscaldarla combinazione avviene con forte sviluppo
di calore e per raffreddamento si separano lamelle larghe, striate della com-
binazione bùolfUica dell'aldeide apiolica. Bollendo questi cristalli con una
soluzione concentrata di carbonato sodico, si ottiene un liquido, da cui l'etere
estrae il composto Ciò Hio O5 ripristinato, che fonde a 102''.
'^Vapiolaldossima [Ciò Hio O4 . NOE] si ottiene trattando l'aldeide
apiolica con idrossilammina in soluzione alcalina. 1 gr. di aldeide, sciolta in
40 C.C. d'alcool a 92 7o » venne trattata con 1 gr. di cloridrato di idrossil-
ammina ed 1 gr. di carbonato sodico sciolto in 5 ce. d'acqua. La reazione
incomincia subito e si manifesta col separarsi di croste cristalline formate da
aghi bianchi. Si bolle per circa un'ora a ricadere a b. m., per rendere com-
pleta la reazione, si svapora indi l'alcool a b. m. e si estrae il residuo sciolto
nell'acqua, con etere. Il composto così ottenuto, cristallizzato alcune volte da
poco alcool, forma ^hi lunghi e bianchi, che fondono a leO-lGl'^ e che det-
tero all'analisi i numeri seguenti:
1. 0,2820 gr. di materia produssero 0,5516 gr. di CO, e 0,1374 gr. di H, 0.
IL 0,2308 gr. di materia svolsero 12,5 ce. d'azoto misurato a 15** e 753 mm.
«In 100 parti:
calcolato per Ciò Hu N Os
53,33
4,89
6,22
« L'apiolaldossima è fitóilmente solubile nell'etere, nell'etere acetico, nel-
l'acido acetico e nell'alcool bollente, nell'acqua bollente è poco solubile e si
separa per raffreddamento quasi completamente dalla soluzione.
trovato
I II
e
53,35 —
H
5,41 —
N
— 6,28
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— 551 —
« Scaldando Taldossima cob anidride acetica, si ottengono per lento raf-
freddamento grossi cristalli di splendore vitreo^ che fondono a 129^ e che
stiamo presentemente studiando.
« L'apioMdossima ed il suo derivato acetilico, come pure la stessa aldeide
apiolica, danno con acido solforico un' intensa colorazione gialla, che col riscal-
damento diviene verde oliva.
« Con la fenilidrazina Taldeide apiolica dà probabilmente un fenilidra-
zone; che abbiamo ottenuto dalla soluzione acetica per precipitazione con acqua
in forma d'un precipitato resinoso.
1. Ossidazione dell'aldeide apiolica
con permanganato potasssico in soluzione alcalina.
« Le reazioni suaccennate dimostrano la natura aldeidìca del composto
che fonde a 102^, esso si manifesta in modo evidente quale aldeide dell'acido
apiolico, perchè può essere facilmente trasformato in quest'ultimo composto
per ossidazione col camaleonte.
« Ad 1 gr. dì sostanza sospesa in 100 ce. d'acqua bollente, resa alcalina
con un po' di potassa, venne aggiunto un gr. di permanganato potassico sciolto
in 50 C.C. d'acqua. L'ossidazione avviene prontamente ed il prodotto ottenuto
contiene soltanto minime quantità di aldeide inalterata, che si estrae con
etere. Il liquido alcalino filtrato dagli ossidi manganici e convenientemente
concentrato dà un acido solforico diluito un precipitato di piccoli aghetti
bianchi, che dopo due cristallizzazioni dall'acqua bollente fondono a 175^ e
sono in tutto identici all'acido apiolico^ ottenuto per ossidazione dell' apiolo
e dell' isapiolo in soluzione alcalina.
« L'analisi venne a confermare la composizione dell'acido ottenuto :
0,2066 gr. di sostanza dettero 0,4018 gr. di COj e 0,0902 gr. di H» 0 .
i^In 100 parti:
trovato calcolato per CioHiaOc
C 53,04 • 53,09
H 4,86 4,43
•t La quantità d'acido apiolico così ottenuto corrisponde stechiometrica-
mente a queUa dell'aldeide impiegata.
2. Azione dell'acido nitrico sull'aldeide apiolica.
« Trattando l'aldeide apiolica in soluzione acetica con acido nitrico, si
ottiene facilmente un composto nitrico, di cui non abbiamo ancora compiuto
lo studio, che intendiamo proseguire alacremente, perchè questo còrpo ci
sembra adatto a recare luce sulla natura del nucleo fondamentale dell'apiolo,
che è senza dubbio di natura aromatica.
« Un grammo di aldeide apiolica sciolta in 10 ce. d'acido acetico gla-
ciale, venne introdotta a poco a poco in 40 gr. d'acido nitrico (d = 1,35)
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— 552 —
raffreddato con acqua. La soluzione nitrica si colora in giallo ed agitando svi-
luppa prodotti gassosi. Finita l'effervescenza cominciano, dopo breve tempo
(10-15 minuti), a separarsi dal liquido aghetti gialli, che dopo una mezz'ora
lo convertono in una massa semisolida.
« Il prodotto venne versato neir acqua, filtrato, lavato e fatto cristalliz-
zare dall'alcool. Si ottengono aghi gialli che fondono a 137-138®.
« Le analisi dettero > seguenti numeri, che sembrano condurre alla formola
« C, H, N O5 »
a cui però non corrispondono troppo esattamente:
I. 0,2660 gr. di sostanza dettero 0,4498 gr. di CO» e 0,0928 gr. di HjO.
IL 0,2552 gr. di sostanza dettero 0,4332 gr. di CO2 e 0,0948 gr. di H2O.
III. 0,2780 gr. di sostanza dettero 0,4696 gr. di C0« e 0,0980 gr. di HgO. .
IV. 0,1148 gr. di sostanza svolsero 7 ce. d'azoto misurato a 7^ e 761 nmi.
« In 100 parti :
trovato calcolato per C? H? N Os
I II IH IV
C 46,12 46,29 46,07 — • 45,40
H 3,88 4,13 3,92 — 3,78
N — — — 7,40 7,57
«Il nuovo composto è del tutto diverso da quello ottenuto da von
Gerichten (^) e da Ginsberg (^) dall' isapiolo.
« Trattando il composto nitrico or descritto in soluzione alcoolica con
stagno ed acido cloridrico, risulta un liquido rosso, da cui si ottiene per trat-
tamento con potassa e successiva estrazione con etere un composto amidato,
che cristallizza dell'alcool in aghi gialli. Esso si scioglie negli acidi minerali
con colorazione rossa, e dà un cloroplatinato. Ci riserbiamo di fare fra breve
ulteriori comunicazioni su questo alcaloide.
IL Acido apiolico [CioHioOe].
•
«* L'acido apiolico, che si ottiene per ossidazione deirapiolo e dell' isapiolo
col camaleonte in soluzione alcalina, e che si forma anche per ossidazione
dell'aldeide apiolica, con lo stesso reattivo, perde in certe condizioni abba-
stanza facilmente una molecola di anidride carbonica per trasformarsi in una
sostanza neutra, che noi proponiamo di chiamare provvisoriamente :
« Apione » [Cg Hio 0^] ,
fino a che la sua natura chimica non sarà definitivamente messa in chiaro.
tf Scaldando 3 gr. di acido apiolico con 45 ce. d'acido solforico diluito
(1 a 3) in un tubo chiuso, a 130-140" per cinque ore, si nota dopo il riscal-
damento, neir aprirlo un abbastanza abbondante sviluppo di anidride carbonica.
W Beri. Ber. IX, 1477.
(«) Ibid. XXI, 1192.
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— 553 —
Il contenuto del tubo, che è fonnato da un liquido bruno e da croste cristal-
line, venne distillato con vapore acqueo. Passa una sostanza molto volatile,
che si depone nel distillato in forma di aghetti bianchi, ed il residuo contiene
una massa nerastra e resinosa, da cui si può estrarre in piccola quantità
l'acido rimasto inalterato.
« Il composto volatile venne separato dall'acqua e &tto cristallizzare dal-
l'alcool acquoso. Fonde costantemente a 79^.
« Le analisi condussero alla formola sopra scritta :
I. 0,1142 gr. di sostanza dettero 0,2492 gr. dì GOs e 0,0630 gr. di HsO.
II. 0,2024 gr. di sostanza dettero 0,4410 gr. di COj e 0,1038 gr. di H^ 0 .
« In 100 parti :
trovaio calcolalo per Ct Hi© O4
I II
C 59,51 59,42 59,34
H 6,13 5,69 5,49
n L'apione ha reazione neutra, è solubile nell'etere, nell'etere acetico, nel-
l'acido acetico e nell'alcool bollente ed è insolubile nell'acqua. Il suo vapore
ha un odore aromatico aggradevole.
K Sembra che distillando il sale baritico dell'acido apiolico con calce 0
barite si ottengano prodotti diversi daU'apione.
«Noi continuiamo la studio di questa interessante sostanza; che costi-
tuisce, senza dubbio, il nucleo fondamentale dell*apiolo e dei suoi derivati.
« Per ultimo accenneremo ancora che Tacido apiolico e cosi pure l'aldeide
apiolica danno per trattamento con bromo in soluzione acetica lo stesso com-
posto bromurato, che fonde a 99-100® e che sembra essere un ^Bibromoapione » .
« Le analisi dettero per il composto ottenuto dall'acido apiolico 46,75 Vo
e per quello avuto dall'aldeide apiolica 47,14 Vo di bromo. Un bibromoapione
richiederebbe 47,01 Vo di bromo.
« Il composto bromurato dà come lo fanno in genere tutti i derivati del-
Tapiolo, con acido solforico concentrato, una colorazione caratteristica. Scaldan-
dolo con acido solforico appena lievemente, si ottiene una bellissima tinta
azzurra, che col ulteriore riscaldamento diventa violetta intensa e poi brunastra.
« Gli studi ulteriori faranno luce sulla natura dell' apione e dei suoi derivati.
III. Considerazioni sulla costituzione dell'a piolo e dell' isapiolo.
« Comparando le formolo dell'acido apiolico, dell'aldeide apiolica e del-
l'apione, con quella dell'apiolo e dell' isapiolo
C12 Hi4 O4 Ciò Hio Oe Ciò Hio O5 C9 Hio O4 ,
apiolo e isapiolo acido apiolico aldeide apiolica apione
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— 554 —
si nota che in tutti questi composti è contenuto il nucleo fondamentale del-
Tapione, Tacido apiolico e l'aldeide apiolica si possono per tanto considerare
come derivati dell'apione :
C» H9 O4 Cg H9 O4
CHO COOH
aldeide apiolica acido apiolico 0 acido apioncarbonico.
« Comparando infine direttamente la formola dell apiolo e dell' isapiolo
con quella dell'apione, risulta che quest'ultimo differisce dai primi per con-
tenere un idrogeno invece di un gruppo « C3 H5 » . Se si considera che il residuo
allilico molto spesso si riscontra nei composti organici naturali e specialmente
in quelli che si ottennero dalle umbellifere e se si tiene conto del fatto ohe
Tapiolo e V isapiolo danno per ossidazione un acido monocarbossilico, Tapio-
lico, si può come prima ipotesi ammettere, che il residuo G3 H5 sia contenuto
in questi composti in forma di un'unica catena laterale, che cioè apiolo ed
isapiolo sieno due propenilapioni isomeri della formola :
C9 H.9 O4
C3 H5
« Se si considera infine che tanto l'apiolo che l' isapiolo danno gli stessi
prodotti di ossidazione (acido ed aldeide apiolica), (non tenendo conto per ora
del composto neutro ottenuto soltanto dall' apiolo col camaleonte, che fonde
a 122^ e che contiene certo lo stesso numero d'atomi di carbonio che esistono
nell'apiolo) si arriva alla conclusione; che l' isomerìa delle due sostanze risie-
derà probabilmente appunto nella costituzione del residuo C3 H5 . L'apiolo
e r isapiolo potrebbero avere perciò le formolo :
Cg H9 O4 C9 H9 O4 C9 II9 O4
CH CH,
CH
1
Il CH, CH3
CH3 CHg
Dando p. es. all' isapiolo la prima di queste formolo si spiega molto elegan-
temente la sua scissione per ossidazione con l'acido cromico in aldeide apio-
lica ed acetica:
C9 H9 O4 C9 H9 O4
il
CHO
l
+ 0,=
CH CHO
I
Jn.^ CHj
isapiolo.
» Sulla natura dell'apione, non si possono fare presentemente che delle
congetture, che devono essere considerate come lo schema che ci servirà di
guida nelle ricerche che presentemente ci occupano.
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— 555 —
k Se si tiene conto dei seguenti fatti: che Tapiolo e Tisapiolo sono com- -
posti indifferenti insolubili nei carbonati ed anche negli idrati alcalini, che
non danno ne idrazoni, ne ossime ; che l'acido apiolico non dà per ossidazione
ulteriore che acido acetico ed ossalico ; che lapione è del pari un corpo neutro
molto volatile e di odore aromatico aggradevole ed in fine che il nucleo apio-
nico per la &cilità con cui dà composti nitrici è assai probabilmente di natura
aromatica, si viene alla conchiusione :
che Tapione è probabilmente un etere d*un fenolo poliatomico che non con-
tiene catene laterali unite direttamente al carbonio aromatico (i).
« Queste considerazioni noi le esponiamo con la massima riserva e spe-
riamo dì potere in breve tempo trovare in una nuova serie di fatti la con-
fermazione dei nostri concetti. A questo scopo ci riserbiamo l'ulteriore studio
dei prodotti d'ossidazione deU'apiolo ed isapiolo e dei loro derivati.
APPENDICE
tt In seguito alle note proprietà terapeutiche dellapiolo, abbiamo invitato
i sigg. dottori Francesco Gervellin e Felice Lussanna, assistenti alla Clinica
Medica di Padova, diretta dal eh. sig. prof. A. De Giovanni, di volere intra-
prendere alcuni studi sulle proprietà fisiologiche e terapeutiche dell'Isapiolo,
nella speranza che questo composto potesse avere un'azione più efficace e più
vantaggiosa dell' apiolo naturale. Ecco quanto i due egregi giovani clinici vol-
lero cortesemente comunicarci « L'Isapiolo ha un'azione sul sistema vasomo-
u torio. A piccole dosi 0,2-0,4 gr., somministrato per la via digestiva, si ottiene
« mezz'ora od un'ora dopo l' ingestione, eccitazione cardiaca con polso valido
K ed espanso ; a dosi maggiori, 0,6-0,8 gr., polso dicroto, che persiste a lungo,
« per parecchi giorni, anche dopo la sospensione del preparato, se questo prima
« lo si era sonmiinistrato per vari giorni ; a questo fa talvolta seguito aritmia
« cardiaca ed irregolarità del polso.
« L' isapiolo porta come l'apiolo naturale un senso di calore al capo e
«pass^giero esilaramento. Le dosi ripetute danno distiirbi digestivi, dolore
« e peso allo stomaco, inappetenza, qualche dolore di ventre, dolor di capo
« e perfino febbre. Non dette nessun resultato come emmenagogo, e diede pure
ft resultato negativo in un malarico ^ .
(}) Quasi involontariamente si è tentati, dopo quanto s'è esposto, a suppone che
Tapione possa avere la seguente costituzione :
(q>ch. (o>^h«
G.H, VQ(^g \ , Tapiolo e T isapiolo avrebbero per conseguenza la formola C«H VQng \
|(pCH,
e sarebbero come si vede sostanze analoghe al safrolo C« H» < O'^ * . (Vedi Beri.
Ber. XIX, 1098).
^CH.
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— 566 —
Ghìmica. — Sulla trasformazione del metilchetolo in chinai-
dina. Nota di Gaetano Magnanini (') presentata dal Socio Can-
NIZZARO.
« Alcuni mesi fa, in una Nota presentata a questa Accademia (^), ho
dimostrato che il metilchetolo e lo scatole si trasformano per azione del clo-
roformio e del bromoformio, in presenza di alcoolato sodico, in basi alogenate,
rispettivamente isomere tra di loro, alle quaU spettano le formule Ciò Hg NGl
e Ciò Hs NBr. Lo studio di quella reazione fii da me intrapreso allo scopo
di verificare la natura piirolioa della molecola dell'indole e stabilire cosi
una analogia che, sebbene prevista, non era allora, si può dire, ancora stata
dimostrata. Ammisi pertanto che le sostanze Ciò Hg N CI e Ciò Hg N Br fos-
sero derivati di sostituzione rispettivamente di due monometilchinoline, e che
l'addizione di un atomo di carbonio nel metilchetolo e nello scatole, fatta
col mezzo del cloroformio e del bromoformio fosse, per conseguenza, parago-
nabile alla formazione della /9-ploro- e /^-bromo-pirìdina dal pirrolo col mezzo
dei medesimi reattivi. La mancanza di materiale mi impedi però ^ verificare
la natura chinolica delle nuove sostanze da me descritte, e promisi dì ritor-
nare suir argomento.
» Delle quattro sostanze alogenate, una, quella ottenuta dal metilche-
tolo con bromoformio, si è lasciata ridurre, ed ho potuto isolare una base,
priva di bromo, la quale ha la composizione e le proprietà della chinaldina.
La formazione della chinaldina dal metilchetolo presenta poi anche un certo
interesse, perchè è la prima volta che dagli indoli si ottiene un derivato
noto della chinolina.
tt 4 gr. di bromochinaldina, ottenuta dal metilchetolo col metodo de-
scritto (3), vennero rinchiusi in 4 tubi di vetro, 1 gr. per ciascun tubo, con
10 volte il proprio peso di acido iodidrico concentrato ed una piccola quan-
tità di fosforo amorfo e si riscaldò a 180^ per 6-7 ore.
« Il contenuto dei tubi venne soprasaturato con potassa e distillato in
una corrente di vapore acqueo il quale trascina un olio alcalino di intenso
odore chinolinico; questo olio, dopo un riposo di 12 ore, non si è solidificato.
11 distillato venne estratto con etere e l'estratto etereo seccato con potassa
solida; scacciato l'etere a bagno-maria rimase l'olio il quale venne distillato
direttamente. La maggior parte della sostanza passa intorno ai 238*-240';
(i) Lavoro eseguito neiristituto chimico della R. Università di Padova.
(*) Rendiconti, seduta del 12 giugno 1887.
(3) Loco cit.
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— 557 —
venne raccolta questa frazione, trascurando una piccola quantità di una ma-
teria bollente a temperatura più elevata e costituita in massima parte da
bromochinaldina inalterata.
• La sostanza ottenuta dà con ossido di rame alla fianmia ancora la
reazione del bromo dovuta ad una piccola quantità dì bromo-chinaldina. Mi
sono servito, per separare la chinaldina, della precipitazione frazionata aggiun-
gendo successivamente una soluzione alcoolica di acido picrico in difetto, alla
soluzione alcoolica, riscaldata, della sostanza. Per ra&eddamento si separano
da principio degli aghi filiformi gialli che fondono a 192^' e che sono picrato
di chinaldina; le ultime frazioni sono costituite da aghettini corti i quali
posseggono le proprietà del picrato di bromochinaldina. Io ho analizzato il
picrato ottenuto nella prima precipitazione, il quale fondeva esattamente a 192<*
ed ho ottenuto il risultato seguente:
gr. 0,2772 di sostanza dettero gr. 0,5293 di CO2 e gr. 0,0871 di Hj 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ci» H» N C« U> (NO.), OH
C 52.07 51.61
H 3.48 3.23
« I picrati fusibili intorno a 192®, ottenuti nei successivi frazionamenti
vennero riuniti, si mise la base in libertà con potassa e si distillò la solu-
zione alcalina in una corrente di vapore ; dal distillato venne estratta la base
con etere, scacciato l'etere, acidificato il residuo con acido cloridrico e la
soluzione acida precipitata con cloruro di platino. Si separano così dalla so-
luzione degli aghi giallo-aranciati, i quali cristallizzati dalla soluzione clo-
ridrica si trasformano in prismi rosso-aranciati, fusibili a 228^-230** ; l'analisi
di questo sale, seccato a 100®, ha dato il risultato seguente:
gr. 0,3324 di sostanza calcinati dettero gr. 0,0930 di Pt.
« In 100 parti:
trovato calcolato per (Co H» NH CI), Pt CI4
Pt 27.95 27.95 (>)
« Le analisi del picrato e del cloroplatinato della base ottenuta nella
riduzione della sostanza bromurata, dimostrano che quella base ha la com-
posizione di una metilchinolina. Ora, prescindendo dalle toluchinoline otte-
nute da Skraup (^), le quali contengono il metile nell'anello aromatico e pos-
seggono per conseguenza formolo che non si possono attribuire alla metil-
chinolina che si ha dal metilchetolo, si coAOScono tre metilchinolìne, tutte
quelle previste dalla teoria, le quali contengono U metile nel nucleo piridico.
Esse sono: la lepidina che è stata ottenuta dalla cinconina (^) e che contiene
0) Pt== 194.34
(«) Monatshefte fìlr Chemie II, 153 ; m, 382.
(3) Williams, Jahresberìchte f. Ghem. 1855, 1856, 1863.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1« Sem. 72
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— 558 —
il metile in posizione /; la /^-metìlcUnolina ottenuta col mezzo dell'aldeide
propilica da Doebner e Miller (^) ; e la chinaldina la quale contiene il metile
in posizione a,
« Quantunque il punto di ebollizione della base ottenuta da me ed il
punto di fusione del picrato analizzato escludano per quella sostanza Tiden-
tità colla lepidina e colla /?-metilchinolina, io ho voluto preparare il jodo-
metilato della mia base, ed bo trovato che coincide perfettamente nelle sue
proprietà col jodometilato di chinaldina. A tale scopo la base venne riscal-
data a 100** in tubo chiuso per circa 10 minuti con un eccesso di joduro di
metile; venne scacciato Teccesso del reattivo a bagno-maria e ripreso il re-
siduo con acqua scolorando con carbone animale ; la soluzione qi^asi scolorata
venne concentrata nel vuoto sull'acido solforico, ed il residuo cristallizzato
dall'alcool assoluto bollente. Si ottennero così degli aghi di un bel colore
giallo citrino, fusibili a 195^. Biscaldati in presenza dell'aria a bagno-maria
con una soluzione concentrata di potassa, danno origine ad una materia colo-
rante di un rosso-carminio, solubile nell'alcool. Secondo Doebner e Miller (2)
questa reazione che è caratteristica per il jodometilato di chinaldina non è
comune al jodometilato di /9-metilchinolina.
« Il seguente specchietto mentre dimostra l'identità della base ottenuta
dal metilchetolo colla chinaldina di Doebner e Miller, mette anche in rilievo
le differenze che si osservano nei derivati delle tre metilchinoline :
Base
ottenuta
dal
Chinaldina
^-Metilchinolina
Lepidina
metilchetolo
Punto di ebol-
lizione ....
intomo
238^-240*'
240°
250°
256°
Picrato
192^
192° incofit.
KnOTT (3).
187°
Doebner e Miller P)
207°-208°
Doebner e MiUer (^)
CloToplatinato .
228«-230°
226*>-230°,A--
zcher e Ku-
zel; 226%
Friediànder
e Góhring
226°-230°
Knorr
lodometilato . •
195°
195°
Doebner e
Miller
221°
Doebner e Miller
1730.1740
Doebner e Miller
0) Beri. Ber. XVHI, 1640.
(2) Beri. Berichte XVIII, 1643.
(3) Liebig's Annalen 236, 96.
(*) Beri. Ber. XVHI 1646.
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— 559 —
« La formazione della chinaldìna dal metilchetolo dimostra, prima di
tutto, che le sostanze alogenate ottenute dal metilchetolo col cloroformio e
col bromoformio non sono altro che, rispettivamente, una monooloro- ed una
monobromo-chinaldina. A stabilirne però la costituzione occorre conoscere la
posizione deiralogeno. Già nella mia Nota citata io feci vedere come molto
probabilmente in queste sostanze il cloro ed il bromo occupassero la posi-
zione fi del nucleo piridico. Dimostrai questo fitcendo Tipotesi che sul me-
tilchetolo e sullo scatole il cloroformio ed il bromoformio agissero alla stessa
guisa e che Tatomo di carbonio, che entrava nella molecola di quelle sostanze,
entrasse in entrambe nella didesima posizione. Questa ipotesi era plausibile,
in quanto che il metilchetolo e lo scatole non differiscono fra di loro che
per la posizione del metile nella molecola. La formazione della chinaldina
dal metilchetolo, dimostrando che, nella bromobase e, per conseguenza con
tutta probabilità, anche nella clorobase che si ottiene da questo, il metile
si trova nella posizione a del nucleo piridico, permette di determinare anche
la posizione deiralogeno nella cloro- e nella bromochinaldina. Invero si co-
nosce una clorochinaldina, fusibile a 42^-48^, che è stata ottenuta da M. Conrad
ed L. Limpach (i), la quale contiene il cloro in posizione /. Siccome la cloro-
chinaldina che io ho otÌM«uia dal metilchetolo fonde a 7P-72*» ed è per con-
seguenza diversa da quella di M. Conrad ed L. Limpach, e siccome la posi-
zione a è già occupata in entrambe le clorometilchinoline dal metile, l'alogeno
non può occupare nella mia clorochinaldina che la terza ed ultima posizione
rimanente. L'isomeria delle due sostanze è indicata per conseguenza dalle
seguenti formule:
CI
CH3 CH3
N N
CloTOchinaldiiia dì Conrad e Limpach Clorochinaldina dal metilchetolo
« Con questo rimane definitivamente dimostrato che l'atomo di carbonio
che entra nella molecola dell'indole, nelle reazioni col cloroformio e col bro-
moformio, va ad occupare la posizione fi nel nucleo piridico del derivato
chinolinico che si forma, come avviene neUe corrispondenti metamorfosi del
pirrolo. Dalle ricerche di E. Fischer e A. Steche (2) risulta che quando la
trasformazione degli indoli in chinoline viene fatta invece per mezzo del jo-
duro di metile, il gruppo metilenico entra in posizione a, probabilmente perchè
in questo caso si ottengono delle idrochinoline che sono basi secondarie *.
(i) Beri. Ber. XX, 952.
(2) Liebig's Annalen. Verwandlung der Indole in Hydrochinoline 242, 348.
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— 560 —
Chimica. — Sopra alcuni derivati della pirrolenftalide. Nota
di Francesco Anderlini, presentata dal Socio Cannizzaro (0.
tf Fra ì derivati del pirrolo e quelli del benzolo ftirono riscontrate molte
analogie circa la loro genesi e costituzione come venne posto in evidenza dal
prof. Ciamician nella sua Monografia sui composti del pirrolo (^).
« Tuttavia la sostituzione dell'idrogeno nei due nuclei non si ottiene
con eguale facilità, anzi, per quanto lo stesso #rof. Ciamician potè intrave-
dere (^), il pirrolo, in via generale, offre minore resistenza e permette di
introdurre nella sua molecola altri elementi o radicali con maggiore facilità
che il benzolo. Scopo precipuo del presente lavoro si è appunto di contribuire
a dilucidare questo punto.
« Uno dei composti che parve dovesse prestarsi sufficientemente a tale
dimostrazione per la sua stabilità e resistenza al calore, è la pirrolenftalide
\/
C
CO,
ottenuta da Ciamician e Dennstedt (0 per razione dell'anidride ftalica sul
pirrolo. Questi chimici studiarono il suo modo dì comportarsi colla potassa, la
quale la trasforma nell'acido pirrolenfenilcarbinol-o-carbonico
C^H^N
COH
C« H*(^
COOH.
« La costituzione della pirrolenftalide ammessa da Ciamician e Denn-
stedt non è stata dimostrata in modo assoluto, ma apparisce probabile da
tutto il suo modo di comportarsi.
« Io ho cercato di ottenere un composto idrazinico della pirrolenftalide,
perchè in questi ultimi tempi è stato dimostrato (^), che anche i lattoni,
come p. es. la fkalide, reagiscono con la fenilidrazina.
P) Lavoro eseguito neir Istituto di chimica dell' Università di Padova.
(*) // pirrolo ed i suoi derivati. Acc. dei Lincei. Ser. 4*, voi. IV, 1887.
(«) Ibid.
(*) Acc. L. M. XIX, (183a^4).
(5) W. Wislicenus, Ber. deut. chem. Gesell. XX, 40L
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— 561 —
K La pirrolenftalide però non si combina con questo reattiro, e non
ottenni nessun risultato con la fenilidrazina né direttamente nò in presenza
di acido acetico.
• L'acido pirrolenfenilcarbinol-o-carbonico si trasforma per riscaldamento
nell'anidride da cui deriva. Io ho voluto studiare il comportamento di un
sale di tale acido, perchè in questo caso la formazione dell'anidride non è
più possibile.
« La pirrolenftalide venne sciolta nella potassa concentrata, a caldo, e
poi, dopo eliminata tutta l'acqua, venne mescolato il residuo con circa 10 volte
il suo peso di carbonato potassico, il miscuglio introdotto in una stortina e
scaldato in bagno di lega metallica oltre i 360®. Distillò un liquido i cui
vapori coloravano vivamente un fuscello d'abete, accompagnato da altro liquido
che presentava le proprietà del benzolo.
Azione del bromo in soluzione alcalina
sull'acido pirrolenfenilcarbinol'O-carbonico.
« La pirrolenftalide venne sciolta nella potassa a caldo, e prima del
raffreddamento fu aggiunto un eccesso di bromo rapidamente. Il liquido reso
alcalino venne agitato con etere, il quale estrasse un corpo insolubile nel-
l'acqua, solubile nell'alcool, che si colorava in verde scuro coli' acido solforico,
instabile e contiOnente bromo; possedeva infine tutte le proprietà che offre
il tetrabromopirrolo col quale fu confrontato.
« Il liquido acquoso ed alcalino fu trattato con acido solforoso fino a
reazione acida ed esso pure agitato con etere. Il residuo lasciato dall'estratto
etereo presentava l'aspetto dell'acido ftalico^ col quale del resto fa identi-
ficato coi dati dell'analisi del sale d'argento, colla formazione della fluore-
sceina, scaldandolo colla resorcina ed acido solforico, e col suo punto di fusione.
« L'acido pirrolenfenilcarbinol'O'Carbonico si scinde dunque per l'azione
del bromo in soluzione alcalina in tetrabromopirrolo ed acido ftalico. Questa
reazione ha servito per riconoscere la posizione del bromo e del residuo ni-
trico nei prodotti di sostituzione della pirrolenftalide.
Bibromopirrolenftalide.
« Sopra 2 grammi di pirrolenftalide, sciolta in 15 grammi di ac. acetico
glaciale, furono fatti agire a caldo 8 grammi di bromo versato a piccole por-
zioni ed agitando. Per raffi-eddamento si separarono dei cristalli fortemente co-
brati in bruno, che furono liberati dal liquido madre il più che fu possi-
bile ed indi fatti cristallizzare dall'alcool. Si ottennero in tal guisa circa
gr. 1,3 di prodotto fondente a 198®. Dopo ripetute cristallizzazioni dall'alcole
bollente il punto di fusione rimase fisso a 199®.
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— 562 —
« Una determmazione di bromo nella sostanza seccata sull'acido solfo-
rico nel vuoto condusse ai risultati seguenti:
0,2188 gr. diedero 0,2314 gr. di Ag Br.
(( In 100 parti :
trovato calcolato per C* H» Br« NO»
Br 45,00 45,07
« La bibromopirrolenftalide fatta cristallizzare dall'alcool si presenta in
piccoli aghi disposti a fascetti, di un bel colore giallo vivo; disseccati for-
mano una massa dall'aspetto della seta. È insolubile nell'acqua, solubile con
difficoltà nell'alcool anche a caldo, pochissimo a freddo e così nell'etere.
CoU'acido solforico concentrato produce una bella colorazione rosso-viva,
Mononitropirrolenftalide,
(( L'acido nitrico concentrato scioglie la pirrolenftalide con grande faci-
lità dando origine ad un nitroderivato. Per prepararlo si procede n^l modo
seguente. Si scioglie la pirrolenftalide, introducendola a poco a poco, in un
eccesso di acido nitrico concentrato, e si precipita con acqua. Si separa un
precipitato fioccoso giallognolo, che si raccoglie su di un filtro e si lava con
acqua per liberarlo dall'acido. La massa seccata si scioglie nell'alcool caldo
bollendo coU'aggiunta di carbone animale. La soluzione filtrata abbandona
pel rafl^eddamento degli aghi giallognoli, che si fanno ripetutamente cristal-
lizzare dall'alcool per depurarli.
(( Analizzato condusse ai risultati che corrispondono con la formola
C^* W (N0«) N0«
I. 0,2500 gr. diedero 0,5700 gr. di CO* e 0,0618 gr. di H* 0.
II. 0,1940 gr. svolsero 19 e. e. di azoto misurato a 1P,5 e 756,7 nun.
trovato calcolato per C>« H« (NO») NO»
I II
C 59,79 — 59,50
H 2,64 — 2,48
N — 11,62 11,57
tf Questo composto è poco solubile nell'alcool caldo, quasi insolubile in
quello freddo, appena solubile nell'etere caldo, insolubile nell'acqua. Dalla
soluzione alcoolica calda si deposita pel raEfreddamento in aghi minutissimi
disposti in gruppi a guisa di ventaglio.
« La riduzione "con stagno ed acido cloridrico fornì delle materie amorfe,
che non vennero però studiate ulteriormente.
« Tanto il bromo che il nitroderivato sotto l'influenza del bromo in
presenza di potassa si decompongono formando acido ftalico. Per constatare
questo fatto si scioglie sia il bromocomposto sia il nitroderivato nella potassa
a caldo, e prima che la soluzione si raffreddi, si aggiunge del bromo goccia
a goccia. Quando il liquido si è raffreddato, si acidifica con acido solforoso
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— 563 —
e si estrae con etere. La soluzione eterea abbandona per Tevaporazione delle
sqnamette piti o meno colorate, che si rendono bianche per ripetute cristal-
lizzazioni. L' identità dell'acido ottenuto dai due derivati della pìrrolenftalide
con l'acido ftalico, fu rilevata seguendo il modo indicato più sopra.
« Dalla formazione di acido ftalico dalla nitropirrolenftalide e dalla
bibromopirrolenftalide con ipobromito potassico risulta evidente, che nei
due composti, il bromo ed il residuo nìtrico si trovano nel nucleo pirrolico e
non neiraromatico. Le formolo dì questi due composti sono pertanto
C*HBr*N
C*H*(NO*)N
\/
\/
0
C
/\
/\
C« H* 0 e
C«H« 0
\/
\/
CO
CU
« I fatti qui esposti contribuiscono a dimostrare la maggiore facilità
di sostituzione degli atomi di idrogeno del nucleo del pirrolo in confronto
di quelli del nucleo benzolico « .
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI '
E. Pascal. Sopra le relazioni che possono sussistere identicamente
tra formazioni simboliche del tipo invariantivo nella teoria delle forme
algebriche. Presentata a nome del Corrispondente De Paolis.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Struver, relatore, a nome anche del Socio Cannizzaro, legge
una Relazione sulla Memoria del prof. F. Mauro, intitolata: Studio sui
fluossisali di Molibdeno^ concludendo per l'inserzione del lavoro negli Atti
accademici.
Le conclusioni della Commissione, messe ai voti dal Presidente, sono
approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blasbrna presenta le pubblicazioni giunte in dono, facendo
partdcolar menzione delle opere seguenti di Soci e di estranei:
A. D'Abbadie. Récit d'un voyage magnétique en Orient.
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— 564 —
D. LovisATO. Cenni geologici mila Sardegna. — Déscription des roches
recueillies à la Terre de Feu.
P. A. Saccardo. Silloge fwngorum^ omnium huctisque eognitorum.
Voi. VII, parte 1*.
G. E. Saltini. Della vita e delle opere di Giuseppe Martelli^ archi-
tetto e ingegnere fiorentino. Cion atlante inciso da F. Livy.
n Socio Govi offre in dono all'Accademia un suo scritto intitolato: Il
miscroscopio composto inventato da Galileo. • In questo scritto, soggiunge il
prof. Govi, riportando un documento a stampa contemporaneo, provo che già
nel 1610 Galileo aveva trasformato il cannocchiale olandese in microscopio,
per guardare oggetti vicinissimi e scorgervi quei particolari che l'occhio nudo
non sarebbe giunto a discernere ; come, per esempio, gli occhi di alcuni in-
setti, ecc. ecc. Egli ne riparlò a Giovanni Tarde nel 1614, raccontandogli
certe sue osservazioni sulle mosche, e nel 1622, scrivendo il Saggiatore^
consigliò al Padre Grassi di osservare le più minute scabrosità dei corpi
valendosi del cannocchiale, disposto per veder da vicino. Galileo aveva dunque
indubbiamente inventato e adoperato fin dal 1610 un microscopio composto^ con
l'obbiettivo convesso e coU'oculare concavo, quello stesso microscopio che oggi
i Micrografi conoscono e adoperano, chiamandolo Lente di Brake. Cornelio
Drebbel ricavò più tardi (nel 1621) un altro microscopio composto, dal can-
nocchiale del Keppler, ed è il microscopio composto che si adopera ancora
a' di nostri, perchè scevro di quei difetti, che limitavano troppo il campo e
la potenza amplificante del microscopio Galileano. Galileo, avendo veduto a
Roma nel 1624 il microscopio del Drebbel, si rimise a fEibbricarne de' suoi,
che chiamò allora Occhialini^ sperando forse di superar con essi quelli ve-
nuti d'Olanda; ma dovette accorgersi presto che la gara non era sostenibile,
sicché da allora in poi non ne fece più altri, né si hanno prove che se ne
occupasse ancora negli ultimi quindici anni della sua vita. Questa fase della
storia del microscopio, nel 1624, raccontata altre volte dall'Abate Bezzi, per
dimostrare che Galileo non aveva inventato il microscopio composto, si leggerà
assai più largamente esposta e documentata in questo mio lavoro, nel quale
mi sono studiato di correggere parecchi errori del Bezzi, e di mostrare
inoltre che i primi microscopi semplici^ ossia le prime lenti d'ingran-
dimento, vanno attribuiti . senza dubbio a Buggero Bacon (alla fine del
XIII secolo); rimanendo pur sempre a Salvino degli Armati la gloria d'avere
inventato gli occhiali da naso per viste lunghe e corte. Molte altre cose
contiene questa scrittura concementi la storia dell' Ottica presso gli antichi,
e nei tempi di mezzo, sino al principio del secolo XVII, alle quali passerò
sopra per brevità, notando soltanto ancora che vi dimostro, con documenti
sincroni, che i nomi di Telescopio e di Microscopio vennero dati a questi
due strumenti àdiX Accademia dei Lincei^ il primo essendo stato proposto
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dal Cesi o dal Demisiano, Taltro da Giovanni Faber di Bamberg ; e tì provo
che il mioroscopìo semplice fatto con una gocciola o perlina di vetro fuso^
fa ideato ed eseguito prima d'ogni altro da Evangelista. Torricelli nel 1643,
0 nel 1644, così che si può adesso affermare che l'invenzione del microsco-
pio semplice più acuto e quella del primo microscopio composto fatto d*un
vetro convesso e d*un concavo, appartengono incontestabiltiiente all'Italia, l'uno*
dovendosi al Torricelli, l'altro a Galileo ».
Il Socio ToDARo offre, a nome dell'autore, una pubblicazione del prof.
L. Brunetti sulla Tanniszasione dei tessuti^ dando notizia di quanto in
essa ò trattato.
D Corrispondente Tacchini presenta sei Note del dott.G.GRABLOViTz diret-^
tore dell'Osservatorio geodinamico d'Ischia. Delle due prime. Sulle sorgive ter-
mali del porto d'Ischia, fii già pubblicato un sunto nei Rendiconti dell'Acca-
demia dell'agosto 1887. La terza Nota è una relazione Sul terremoto del
27 agosto 1886, nella quale si descrive come siasi manifestato nell'isola
d'Ischia quel terremoto, che scosse violentemente la Morea e s'estese alla
nostra penìsola : dalla detta relazione risulta, che l'isola d'Ischia si trovò quasi
all'estremo della plaga sensibilmente scossa; l'esame poi delle variazioni idro-
termiche condusse l'autore ad un risultato negativo. Nella quarta Nota Studi
mareometrici al porto d'Ischia, l'autore trova per Vora del porto 8^ 49™,
quale medio intervallo in tempo solare tra il passaggio della luna al meri-
diano e l'alta marea successiva in base ad osservazioni fatte anteriormente
ad Ischia una volta al giorno per la durata di tre mesi e da lui rintracciate.
Coir aiuto delle medesime e d'altre eseguite da lui stesso sulla fine del 1886,
determina il medio livello del mare nella cifra rotonda di 60 cm. sotto l'orla
della panchina. Conclude collo stabilire che la scala del mareografo da im-
piantarsi abbia origine a m. 1,84 sotto lo stesso punto, in prossimo accorda
coi mareografi dell'estuario veneto.
Nella quinta Nota, Anemometria, l'autore considera il vento sotto il
punto di vista delle sue due componenti orizzontali e dimostra l'utilità di
&me pure l'osservazione diretta sotto questo aspetto, allo scopo di calcolare
con tutta l'accuratezza analitica quegli elementi che si ricavano separatamente
dall'anemometro Bobinson e dall'anemoscopio, cioè la velocità e la direzione.
Nella sesta Nota descrive l'Osservatorio meteorologico e geodinamico al porto
d'Ischia. Tutte queste Note sono state di recente pubblicate negli Annali
dell'Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 73
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PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Blaserna annimcia la perdita fatta dallAccademia nella
persona del suo Socio straniero Gherardo vom Sath; morto il 23 aprile
acorso. Era Socio Corrispondente dal 13 giugno 1879, e Socio straniero dal
26 luglio 1883.
Lo stesso Segretario dà comunicazione di una lettera, colla quale il
prof. BoDOLFO LiPSGHiTZ riDgrazia per la sua nomina a Socio straniero, e si
scusa di non aver potuto mandar prima i propri ringraziamenti, essendone
stato impedito da grave malattia.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna legge il seguente elenco dei lavori presentati
per concorrere ai premi del Ministero della pubblica istruzione per le seierue
Matematiche, 1887-88.
1. Amodeo Federico, l) Sopra un particolare connesso (2, 2) con
due punti singolari e due rette singolari (st.). — 2) Sulle coniche bitan-
genti a due coniche (st.).
2. Andriani Angelo. Elementi di geometria euclidea (st.).
3. Arno Valentino. Applicasioni di geometria descrittiva (st.).
4. Bettazzi Bodolfo. i) Teoria delle grandezze (ms.). — 2) Sul con-
cetto di numero (st).
5. BiASi Giovanni. La dualità nella congruenza (ms.).
6. BoRDiGA Giovanni. 1) Studio generale della quartica normale (st). —
2) Di alcune superficie del S^ e del 6^ ordine che si deducono dallo spazio
•a sei dimensioni (st.). — 3) Le surface du sixième ordre avec six
droites (st.). — 4) Nouveaux groupes de surfaces à deua dimensions dans
les espaces à n dimensions (st.). — 5) La superficie del 6^ ordine con dieci
rette nello spazio B4 e le sue projezioni nello spazio ordinario (st). —
^) Dei complessi in generale nello spazio a 4 dimensioni ed in particolare
di uno del primo ordine e della quarta classe. Sua projezione nello spazio
ordinario. Sua rappresentazione. Trasformazioni dello spazio che se ne
ottengono ecc. (ms.). — 7) Di alcune forme rigate (ms.).
7. Brambilla Alberto. 1) Ricerche analitiche intorno alle curve gobbe
razionali del 4^ ordine (st). — 2) Sopra alcuni casi particolari della
curva gobba razionale del quarto ordine (st.). — 3) intorno alla quartica
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^^obba dotata di due tangenti stazionarie (st). — ^) Le omografe che
mutano in se stessa una curva gobba razionale del quarto ordine (st). —
^) Sopra una classe di superficie algebriche rappresentabili punto per
punto sul piano. Nota 1* (st.).
8. Canella Giuseppe. Trattato di prospettiva pratica elementare (ms.).
9. CoRDENONs Pasquale. Trattato di algebra ad uso dei Licei e degli
istituti tecnici (st.).
10. De Angelis Nicola. Equazione rettificatrice di ogni arco circo-
- lare per approssimaiione convergentissima geometrizzabile (ms.).
11. Delitala Giuseppe, i) Ricerche elementari di geometria appli-
cata (ms.). — 2) Sul limite di precisione delle misure angolari (ms.).
12. Du MoNTEL Enrico. Sul significato della > geometria non eucli-
dea (ms.).
13. Galassini Alfredo, i) Manuale teorico-pratico per l'uso del regolo
calcolatore Mannheim (st.). — 2) Filatura della layia (st). — 3) // techeo-
metrino e il regolo techeometrico Soldati (st.).
14. Giuliani Giulio, i) Alcune osservazioni di aritmetica, (ms.) —
2) Sulla potenza ed esponente irrazionale di un numero irrazionale (st.). —
3) Sulle fUiUioni di n variabili reali che soddisfano alla
4) Sulla funzione potenziale della sfera in uno spazio di n dimensioni (st.). —
5) Sopra certe funzioni analoghe alle sferiche (st.). — 6) Osservazioni sopra
le funzioni sferiche di ordine superiore al secondo e sopra altre funzioni
che se ne possono dedurre (ms.). — 7) Aggiunte ad una Memoria del sig.
Kummer (ms.).
15. Pannelli Marino, i) Sulle trasformazioni multiple involutorie di
due spazi (st). — 2) Sui connessi ternari di 2° ordine e di 2* classe (st). —
^) Sulle trasformazioni multiple associate ad ogni trasformazione piana
birazionale (ms.). — 4) Sui complessi associati ad ogni trasformazione
arazionale dello spazio (ms.). — 5) Sulle superficie del quarto ordine gene-
rate da due stelle di piani e da una rete di quadriche projettive fra loro (ms.).
16. Pierantoni Luigi Filippo. Teoremi inversi delle parallele {ms.).
17. Pittarelli Giulio, i) Sulle curve del ter z' ordine con un punto
doppio (st.). — 2) Gli elementi immaginari delle forme binarie cubiche
(st). — 3) Le curve di 3^ ordine e di 4^ classe (st).
18. Ketali Virginio, l) Sulle coniche coniugate (st). — 2) Sopra la
frojezione immaginaria della superficie del second'ordine e delle curve
gobbe del quart' ordine (st.). — 3) Osservazioni analitico-geometriche sulla
proiezione immaginaria delle curve del second'ordine (st). — 4) Sull'im-
maginario in geometria (ms.). — 5) Sulle coniche conjugate degeneri (st.). —
•^) Sulle forme binarie cubiche (st.).
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19. Ricotti Mauro. Elementi di aritmetica razionale. esposti con rne^
todo deduttivo (st.).
20. Sadun Elcia. 1) SuUa teoria delle funzioni implicite (st.)- —
2) Sx alcuni teoremi relativi alla divisione algebrica (st). — 3) Sìdla
risoluzione in numeri positivi interi o nulli delle equazioni :
^+ ^2+ h^ f- K = r
1^1 + 2A2 + 3^3 -j \'nK = n
21. Torelli Gabriele. 1) Un problema sulle espressioni differen-
ziali (st.). — 2) Sul sistema di piU forme binarie cubiche (st.). — 3) Air
cune relazioni fra le forme invariantive di un sistema di binarie (st.). —
4) Alcune formole relative agli integrali ellittici (st.). — 5) Su qualche
proprietà delle curve piane del terz' ordine fornite di un punto doppio (st.).
22. ToRLASco Antonio. 1) I numeri irrazionali e le operazioni coi
medesimi elementarmente e rigorosamente esposti (ms.). — 2) La teorica
dei numeri negativi (ms.). — 3) Appunti geometrici (ms.).
23. Varisco Bernardino. 1) Sui numeri primi (st). — 2) L'indicatore
nautico (in collaborazione col prof. Pietro Agnino) (st.). — 3) Appendice
all'Indicatore nautico (ms.). — 4) Memoria suiropuscolo L'indicatore nau-
tico (ms.).
24. Anonimo (« Omnia commutai natura et vertere cogit » Lucrezia
lib. V.). Nuova f or mola relativa ai poligoni regolari (ms.).
U Segretario Blaserna presenta il programma di concorso a due premi,
di lire 2000 ciascuno, istituiti dall'Associazione di Proprietari ed Agricoltori
di Napoli.
CORRISPONDENZA
. In seguito a richiesta del Corrispondente De Paolis, si procede dal Pre-
sidente all'apertura di un piego suggellato, che nella seduta del 6 marzo 1887
era stato presentato dal Socio stesso per prend3r data.
Il Segretario Blaserna dà comunicazione della corrispondenza relativa .
al cambio degli Atti.
Kingraziano per le pubblicazioni ricevute:
Il Comitato di geologia e di storia naturale di Ottawa; la Società d^li
antiquari di Landra; la Società filosolìca ed il Museo di zoologia comparata di
Cambridge; la E. Biblioteca dì Berlino; l'Osservatorio di Madison; il Comitato
geologico russo di Pietroburgo,
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
La Presidenza della Camera dei Deputati; il Ministero delle Finanze;,
la R. Scuola Normale Superiore di Pisa.
P. B.
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RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEI.LA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 20 maggio 1888.
G. FioRELLi Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio PioRELLi presenta il fascicolo sui
rinyenimenti di antichità per lo scorso mese di aprile, e lo accom-
pagna con la Nota seguente:
« Varie scoperte avvennero in questi ultimi tempi nella Venezia (Re-
gione X). Si riconobbero tombe romane a sud di Asolo, nel comune di Riese ;
a Spineda nel comune medesimo; ed a Crespignano nel comune di Maser,
pure nel territorio Asolano. Avanzi di suppellettile funebre di età romana
si ebbero in contrada il Capitello della Lovara presso Este ; ed xm deposito
di anfore si riconobbe in contrada le Bressane, nel prossimo comune di
s. Elena. In s. Bmson, nel comune di Dolo, fu dissotterrato un cippo milliario
della Via Emilia Altinate con iscrizione dell'età costantiniana. In Verona
si fecero nuove indagini presso la cattedrale, per riconoscervi Testensione
dell'antico pavimento in mosaico, del quale in vari tempi sotto e presso la
cattedrale medesima eransi scoperti molti pezzi; ed avanzi di scheletri con
armi lìtiche si rinvennero in contrada Carotto, presso Peri, nel territorio
veronese.
e Dalla Cispadana (Regione Vili) si ebbero oggetti di varie età, prero*
mani e romani, scoperti fuori Porta Ravaldino in Forlì; e dall'Umbria
Rendiconti. 1888, Vol, IV, 1* Sem. 74
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(Regione VI) vari bronzi, cioè fibule, rotelle e bottoni, che si raccolsero nel terri-
torio di Sarsina, e che probabilmente sono avanzi di qualche stipe votiva.
« Una nota del prof. Milani illustra un sarcofago di alabastro policromo,
scoperto presso Città della Pieve (Regione VII), ora aggiunto alla raccolta
del Museo etrusco fiorentino. Proseguirono poi le esplorazioni nell'agro vol-
siniese e falisco, delle quali si dirà nei prossimi fascicoli.
e In Roma (Regione I) numerosi come al solito furono i rinvenimenti,
relativi così alla topografia urbana, come alla epigrafia ed alla storia dell'arte.
Mi basterà di ricordare un sacello compitale, scoperto sul bivio delle strade
s. Martino ai Monti e Giovanni Lanza, sacello dell'antichissima regione esqui-
lina, che nell'età di Augusto fa restaurato, come dall'iscrizione che vi è incisa
chiaramente si dimostra. Questa epigrafe, dell'anno 10 av. Gr., ricorda che
con le strenne offerte dal popolo romano consacrò Augusto in quel sacello la
statua di Mercurio, nel modo stesso con cui mediante il prodotto de'medesimi
donativi, dedicò statue di altre divinità in altri santuari degli antichi vici.
« Un cippo di travertino, rinvenuto a poca distanza dal detto sacello
spetta ad una legale terminazione di area pubblica, pure dell'età augustea.
e Molto importanti fmrono gli scavi fatti nel Foro Romano a richiesta
del prof. 0. Richter, e sotto la direzione di lui; scavi che portarono a sco-
prire tra il tempio del Divo Giulio e quello dei Castori, le fondamenta del
famoso arco di Augusto, di cui nel secolo XVI era stata scoperta l'epigrafe
(C. /. Z. VI. n. 873).
e Un prezioso frammento degli atti arvalici fu recuperato nell'alveo del
Tevere, presso la sponda di Marmorata : il Gamurrìni che lo tolse in esame,
riconobbe che si riferisce agli anni tra il 38 ed il 40 dell'era volgare, e che
ricorda il sacrificio fatto dagli Arvali per l'anniversario del natale di Dru-
silla, figlia di Germanico, già consacrata; commemorazione che avvenne in-
nanzi il tempio di Augusto nel Foro.
e Dagli stagni di Campo Salino, sull'antica via Campana, alla destra del
Tevere, proviene una rara epigrafe, incisa nel piedistallo di una statua, la
quale epigrafe ha rapporto col campus salinarum romanarum, come è ampia-
mente detto in una nota del prof. Lanciani. Il monumento fu posto dai Sac-
carii Salarii, che costituivano la corporazione addetta al trasporto del sale
dalle ofiicine della spiaggia di ponente al porto Claudio-Traiano, cioè dalle
saline della sponda destra del Tevere, che furono le antichissime dei Veienti,
e che divennero poi il campo delle saline romane, denominazione rimasta
fino ad oggi a quel luogo, nell'appellativo di Campo Salino. Ha notato il
eh. Hulsen, che con questa lapide è dimostrata la prima volta l'etimologia della
via Campana, intorno alla quale erano state emesse varie ed erronee opinioni.
« Ai terreni prossimi alla via Portuense, e forse al santuario della Dea
Dia, spetta il rinvenimento di molte statuette di bronzo di tipo arcaico, illu-
strato in una nota del eh. Helbig.
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« A destra poi della via Salaria, nel grande viale della Regina, si sco-
prirono varie iscrizioni cemeteriali cristiane.
e Farono ricominciati gli scavi di Ostia tra la piazza del Teatro ed il
cosidetto' tempio di*Matidia; e vi si riconobbero finora due gruppi di edifici
non esplorati negli ultimi quattro secoli, e non appartenenti airordine dei
magazzini frumentari. Uno sembrò essere la Statio Vigilum ; Taltro una teima.
Vi si trovarono statue, iscrizioni ed oggetti, di cui si dirà nel prossimo mese.
« Avanzi di una torma furono pure riconosciuti in Anzio, in prossimità
della villa Adele, dove si trovarono tubi plumbei scritti/ e busti di marmo,
di buona arte e di ottima conservazione.
« In Pozzuoli, presso l'anfiteatro, ove fu scoperta di recente la base con
Tepigrafe ad Annia Agrippina {Notisie 1888, p. 143), altre due pregevolis-
sime basi scritte tornarono in luce; la prima dedicata a C. Elio Domitiano.
Gauro, l'altra al pantomimo L. Aurelio Pilade, che fiorì sotto M. Aurelio e
L. Vero. Merita singolare ricordo la memoria che vi è fatta di munera gladia-
torum venatione passiva, nel valore di promiscua; il che mentre toglie dubbio
sopra una frase della lapide riprodotta nel voi. X del C. L L, n. 3704, riceve
luce dalla lapide medesima, ove una venatio passiva si dice essere stata
composta denis bestiis et IIII feris derUaiis et IIII paribus ferro dimi-
cant%b{us).
. « Resti di una cella vinaria si dissotterrarono tra la vecchia e la nuova
stazione di Sulmona (R^one lY); ed avanzi di mura, con oggetti di età
romana, si riconobbero nel comune di Roccacasale, territorio dei Peligni, nel
quale territorio presso Pratola si dissotterrarono pure tombe a tegoloni, con
fibule di bronzo ed oggetti di suppellettile funebre.
« Proseguirono gli scavi della vetusta necropoli nel territorio di Sibari,
dove altre tombe furono riconosciute. In attesa dei rapporti illustrativi di
queste nuove scoperte, presento il catalogo degli oggetti rinvenuti nelle tombe
esplorate precedentemente, in conformità di ciò che promisi nell'ultima riunione
della Classe.
« Finalmente in Cagliari, presso la chiesa dei ss* Cosma e Damiano o
antica basilica di s. Saturnino, si riconobbero varie tombe prive di suppellet-
tile, appartenenti forse, al cimitero cristiano, che sul principio del secolo XVII
fu scoperto in quel sito ; e vicino il palazzo Vicer^o si . ricuperò un
franunento di iscrizione cufica sepolcrale, esaminato dai chh. prof. Amari
e Guidi».
Archeologia. — Scavi archeologici nel territorio di Sibari.
Comunicazione del Socio Pigorini.
Questa Nota verrà pubblicata nei fascicoli delle Notizie degli Scavi.
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Fìsica. — Dei colori invisibili o latenti dei corpi. Nota del
Socio Qovi.
« Sin dal tempo del Newton i Mei sanno che i colori dei corpi non sono
altro se non le varie radiazioni luminose, diffuse, trasmesse, o altrimenti man-
date dai corpi all'occhio, il quale le sente, sicché noi le chiamiamo poi con
nomi diversi, secondochò esse stimolano la retina in mi modo, o in un altro.
Senza luce non si hanno colori nei corpi, nò la luce sola basta a destarli,
se non vi concorre una certa disposizione molecolare, per cui le cose riescono
atte a diffondere, o a lasciar passare, sia un colore determinato, sia certe mesco-
lanze di colori, sia la luce bianca perfetta, che in sé tutti li contiene e che
•perciò li può tutti partecipare.
« Di qui nasce che un corpo il quale sia atto a diffondere solamente la
luce rossa, dove venga illuminato con luce turchina, non potendola diffon-
dere, la assorbe, si riscalda, si scompone o subisce altre modificazioni, e
apparisce nero all'occhio che lo contempla; un mezzo trasparente soltanto
per la luce violetta, illuminato con luce gialla si mostra opaco e nero, e
così via discorrendo. Ma in natura' difScilmente, o forse mai, s' incontrano
corpi i quali diffondano una sola specie di luce, o si lasciino attraversare
da vibrazioni luminose di una sola durata. Tutti i corpi che noi diciamo colo-
rati, lo siano essi per diffusione o per trasparenza, diffondono o trasmettono
infinite qualità di radiazioni luminose, e se li nominiamo, verdi, ranciati o
cerulei li chiamiamo così soltanto perchè fra le molte radiazioni che essi man-
dano a noi prevalgono quelle che sono atte a destare nella nostra retina la
sensazione del verde, dell'aranciato o del ceruleo.
« Di qui un primo errore di quelli (ottici o pittori) i quali s' immagi-
nano che mescolando insieme i colori della tavolozza, chiamati da essi coi
nomi di rosso, d'aranciato, di giallo, di verde, di ceruleo, di turchino e di
violetto s'abbiano a produrre sulla vista quei medesimi effetti che si otter-
rebbero mescolando i raggi colorati puri somministrati da un prisma o da un
reticolo. Ogni pigmento della tavolozza, o del tino dei tintori, è un misto di
colori svariatissimi, combinati fra loro in proporzioni assai difiBcilmente asse-
gnabili, così che unendone due, tre ecc. se ne mischiano effettivamente non
due, nò tre soltanto, ma un grandissimo numero in proporzioni sconosciute, e
però il risultato della mescolanza è lontano sempre (o quasi sempre) da quello
che si sarebbe ottenuto colla combinazione binaria, ternaria ecc. dei colori spet-
trali del medesimo nome. Sa, per esempio, ogni dipintore che dall'unione dei
pigmenti gialli cogli azzurri si ottiene il verde, mentre combinando con certo
giallo dello spettro un turchino proporzionato, l'occhio ne riceve l'impressione del
bianco. E l'occhio trova pur bianco il miscuglio d*un certo rosso scarlatto dello
spettro con un ceruleo glauco o smeraldino, mentre i colori materiali dello stesso
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— 573 —
nome uniti insieme danno una tinta grigio-bmnastra lontanissima dalla bian-
chezza. Non si possono dunque applicare ai pigmenti dei pittori, o dei tintori
quelle leggi che risultano al fisico dallo studio dei colori spettrali e delle loro
mescolanze, e hanno grandemente errato quegli artisti, o quegli scrittori di pit-
tura, i quali si sono immaginati di perfezionare l'arte del colorito col ridurre a
tre soli i pigmenti della tarolozza, perchè, secondo alcuni, si possono ridurre a
tre soli colorì spettrali variamente combinati tutte le possibili gradazioni di
tinte che l'occhio può percepire e distinguere. Noi non possediamo materie co-
loranti che diffondano unicamente e separatamente ciascuno di quei tre colori
semplici, alla varia mistura dei quali si sòn volute ridurre tutte le tinte
possibili, e quando pure le possedessimo, non potrenmio aver da esse i colori
desiderati, prima di tutto perchè non si sa quali abbiano a essere precisamente
codesti colori fondamentali (alcuni volendo il rosso, il giallo e il turchino, altri
il rosso, il verde e il violetto) ; poi perchè veramente le tinte dello spettro non
sono né tre, né cinque, né sette, ma una infinità, e che solo da questa infi-
nità di colori diversi variamente combinati può riceve.*e la retina quelle im*
pressioni che le danno i colori naturali.
e Converrebbe dunque per parlar correttamente dei colori nell'arte del
dipingere, abbandonar le vecchie denominazioni consacrate dall'uso e indicar
invece ogni materia colorata con una formula o simbolo atto a rappresentare
la qualità e V intensità delle varie radiazioni semplici che essa può diffondere
0 trasmettere. Se non che una tale definizione dei colori materiali è tuttavia
impossibile per la scienza, e però convien contentarsi di studiare in ogni sin-
golo caso il risultato immediato delle mescolanze, facendone tesoro pei casi
avvenire. Ma neppure cosi operando si possono ass^ar regole sicure per
le combinazioni dei colori materiali, perchè la loro &bbricazione non consente
d'averli sempre eguali, quantunque composti colle medesime. sostanze, e perchè
le reazioni reciproche, il tempo, l'ambiente e la luce vanno continuamente
alterandoli senza legge assegnabile e senza certa misura. Bisogna quindi su
tal proposito contentarsi, per ora, di alcuni precetti generali e approssimativi,
senza pretendere d'andar molto più in là, malgrado i progressi dell'ottica, e
malgrado quelli della chimica tecnica.
ft Ma oltre alle cagioni esposte, per le quali vien meno l'aiuto della teoria
quando si vogliano determinare gli effetti di certe miscele di colori, oltre
alla varia opacità e alla trasparenza diversa dei diversi pigmenti, oltre
alla fluorescenza d'alcuni di essi o alla loro forforescenza, un'altra causa, non
considerata fin qui, contribuisce ancora a rendere incerto il nostro giudicio
sul colore proprio dei corpi e quindi su quelli che possono risultare dalle loro
mescolanze.
» Se la luce del sole (e quindi la luce del giorno, o luce diffusa) con-
tenesse veramente tutte le radiazioni colorate che si riscontrano nello spettro
d'un corpo solido incandescente (luce di Drummond, fili di platino o di car-
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bone incandescenti ecc.) e se rocchio non potesse sentire veramente (come par
che non senta) altre radiazioni se non quelle che son comprese fra il rosso
estremo e Testremo violetto dello spettro, la luce solare, o la luce diffusa,,
ci farebbe veder bianchi, o variamente colorati tutti quei corpi che fossero
atti a diffonder tutte le vibrazioni luminose, o alcune di esse soltanto, mentre
ci apparirebbero neri tutti quegli altri che non valessero a diffonderne alcuna.
« Ma si è scoperto dal Wollaston nel 1802 e dal Fraunhoer nel 1815
che nella luce del sole mancano, o si trovano soltanto in minima quantità
certe radiazioni o vibrazioni luminose, così che lo spettro solare invece d'essere
continuo apparisce come un intarsio mal connesso di parti luminose e d* inter-
valli oscuri, 0 pressoché buj, e la bianchezza della luce solare risulta, non
dalVunione di tutte le gradazioni colorate possibili comprese fra il rosso
estremo e l'estremo violetto, ma dalla mescolanza di certe gradazioni soltanto,
mancandovi un numero grandissimo di altre.
« Se si esamina lo spettro, ottenuto con molti prismi di solfuro di car-
bonio, 0 coir azione diffrangente d'un finissimo reticolo del Butherfurd si vede
che in esso difettano assai più radiazioni dal verde verso l'estremo violetto,
che non ne manchino dal rosso al verde, e sebbene non si sia tentato ancora
di misurare la quantità delle radiazioni indebolite o mancanti nella luce
solare, quantità che sarebbe rappresentata dalla poca intensità luminosa, dalla
larghezza e dal numero delle linee oscure che solcano lo spettro, dalla riga A
all' Hs (limiti che si possono considerare come quelli dello spettro visibile, quan-
tunque l'occhio possa veder ancora per breve tratto al di là di A e di Hs (0 )
si può dire però con sufBciente esattezza che la luce del sole e quella del
giorno, che è ancora luce di sole diffusa, paragonate colla luce dei solidi incan-
descenti, devono riuscire assai più volgenti al rosso ranciato che al bianco
perfetto, poiché esse contengono più assai di quelle tinte che vanno dal roseo
pel ranciato e pel giallo al verde, di quello che non posseggano di quelle
altre che si distendono dal verde sino all'estremo violetto. La mancanza, o la
debolissima intensità di molte radiazioni colorate nella luce del Sole,'Ja rendono
quindi inetta a mostrare tutte le colorazioni che sarebbero proprie dei corpi,
vale a dire le attitudini che essi avrebbero a diffondere o a lasciar passare
{}) n Newton assegnava alla luce visibile nello spettro del Sole due limiti, uno nel-
Vestremo Rosso, corrispondente a una lunghezza d'onda X^, di 0t^,645 (millionesimi dì mil-
limetro) e Taltro hqM^ estremo Violetto^ dove K = OM',406. • Il Listìng ha posto gli stessi
limiti alle lunghezze d'onda A|.=«0t^,7284, e A«=i 0^3967, le quali lunghezze d'onda cor-
risponderebbero, la prima, A^, a 412,5 billioni di vibrazioni intere al secondo, e Taltra,
Kt a 752,1 billioni, supponendo che la luce nel vuoto percorra 298360000 metri al secondo
[Poggendorff, Ann. d. Phys. und Ckem. — W' sene, T. XI (201), 1867, pag. 564-577].
La riga A corrisponde a Aa == 0t*,7604, e la H», a Aa== 0t*,3933. Le osservazioni più re-
centi del Langley danno le lunghezze d'onda A^ssOf^^SlO, e A,» =» 0)^,360 come limiti della
luce percettibile per un occhio normale.
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certe determinate radiazioni luminose; cosi che se si riscontrasse in natura
un corpo atto a diffondere o a lasciar passare qualcuna soltanto di quelle tinte
che sono debolissime o mancano quasi affatto nella luce solare, questo corpo,
alla luce del giorno, ci dovrebbe parer nero o di una tinta assai sbiadita,
mentre si mostrerebbe invece coloratissimo e splendente dove lo si illumi-
nasse col vapore incandescente di quel corpo, che genera nello spettro del
sole la riga scura corrispondente.
ft Finora non pare che si sia tenuto conto di questa singolare circostanza,
cioè della oscurità del sole per rispettQ a certe tinte, e fu solo avvertito da
secoli che alcuni corpi sembrano di color diverso nelle diverse ore del giorno,
a cielo nuvolo, o sereno, durante le eclissi solari, a lume di sole e a lume
di candela, e in questi ultimi tempi si è pur notato la mutazione di colore
che avviene quando, invece del sole o del giorno, è la luce dell'arcò voltaico,
0 quella del magnesio ardente che illumina i corpi colorati.
«Però, anche a questo proposito, corrono le più strane idee e si spac-
ciano spiegazioni assai poco scientifiche, non solo fra i meno istruiti, ma
ancora fra gli uomini e nei libri, dove parrebbe che non dovessero incon-
trarsi mai.
« Quante volte per esempio non si è ripetuto e non si ripete che i colori
turchini appariscon verdi a lume di candela, perchè il giallo della luce arti-
ficiale si mescola col turchino e genera il verde, quasiché il corpo turchino
avesse virtti luminosa sua propria e indipendente dalbi luce che lo colpisce,
così che, illuminato con luce gialla, valesse a trasformarla in verde (ammet-
tendo che verde con giallo produca un lume verdeggiante) meschiandovi la sua
radiazione azzurra spontanea !
« Non si trova però menzionato presso gli scrittori più conosciuti alcun
caso di colori non avvertiti alla luce del ^ole e fatti comparire invece da un
lume artificiale.
« Ora, se colla fiamma pochissimo luminosa dell' idrogeno puro si arro-
venta un cono di coke poroso, o di pomice, imbevuto di cloruro di sodio, si
ottiene come tutti sanno una bella fiamma giallo ranciata la quale emette
quelle radiazioni di cui il sole è poverissimo, e che perciò nello spettro solare
sono rappresentate dalle linee oscure Di , Dt . Ottenuta una tal fiamma in
una stanza perfettamente buia, la maggior parte dei corpi colorati vi perdono
la loro luminosità e vi appariscotio neri, o d'un giallo più o meno adombrato.
ft Solo i corpi bianchi e i gialli (almeno molti corpi gialli) vi si mostrano
luminosi, diffondendo un lume biancogiallognolo, il quale non è altro se non
quello del vapore incandescente del sodio. E fin qui nulla di nuovo, anzi da
questa morte d'ogni colorazione davanti alla luce gialla del sodio, s'era tratto
da tempo remotissimo un artifizio che valeva a far apparire orribili e come
spettrali i visi delle persone raccolte intomo a una larga fiamma d'alcool
salato, che si accendeva dopo d'avere spento ogni altro limie.
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— 676 —
« Ma se si espongono a codesta luce, pressoché monocroma, alcuni
colori aranciati come il giallo aranciato di cadmio, quello di cromo, il minio,
il vivacissimo bijoduro di mercurio p scarlet degringlesi, ogni rossezza scom-
parisce da questi corpi che appaiono invece come fossero bianchi o debol-
mente tinti di giallo.
tf Accanto ad essi il cinabro, che pure al lume del giorno sembra diffe-
rirne assai poco, piglia una tinta brunogialla assai cupa, il carmino divien
quasi nero, e pressoché neri appariscono i più bei verdi e gli azzurri più vivaci.
« Nel minio, nello scarlatto (bijoduro di mercurio) ecc. si ha dunque una
eccezione alla regola generale, per cui ogni corpo d'un certo colore, illuminato
con radiazioni monocrome di colore diverso deve apparir nero, o per lo meno
oscurissimo, non potendosi aver mai luci assolutamente monocrome, né corpi
che diffondano proprio una sola specie di luce.
» Chi vede per la prima volta questo singolare fenomeno non può cre-
dere ai propri occhi, egli oonvien ripetere. più volte Tosservazione, ora alla
luce del giorno, ora a quella del sodio per allontanare dall'animo ogni sospetto
d' illusione.
« Messe in fila su un fondo bianco o su un fondo nero alcune tavolette
dei seguenti colori inglesi de* più puri : bianco d'argento, carbonato di piombo,
giallo di Napoli, giallo di cromo, giallo di cadmio, arancio di cromo, arancio
di cadmio, minio, scarlet (bijodm*o di mercurio), cinabro chiaro, cinabro
chinese .... e illumi^atili colla luce del sodio, i primi appariscono tutti della
stessa tinta bianco-gialliccia, appena lievemente ombrata, mentre i due cinabri
si mostrano bruno-giallognoli oscurissimi, quantunque alla luce del giorno
quelle diverse tinte formino quasi un solo colore rosso-ranciato, che dal rosso
più vivo e forte del cinabro va diluendosi nel giallo per svanire nel bianco
purissimo.
ft Codesto rischiararsi e illuminarsi dei pigmenti aranciati, perdendo ogni
rossezza davanti alla luce del sodio, difficilmente si sarebbe potuto prevedere
secondo i precetti della cromatica professata dal Newton fin qui. L'aranciato
avrebbe dovuto apparire aranciato, o spegnersi nell'ombra, come fa appunto
il cinabro, e come fa ancor meglio il più brillante carminio in polvere che
alla luce del sodio piglia l'aspetto del nerofumo.
» Se dunque il minio, lo scarlet ecc. imbiancano, ciò vuol dire che inter-
viene a loro riguardo un nuovo fenomeno, il quale donianda una spiegazione
nuova. E codesta spiegazione sta tutta, molto probabilmente, in quanto fu
detto dianzi e che si può riassumere brevemente cosi.
« Il minio, il bijoduro di mercurio ecc. sono corpi, i quali valgono a dif-
fondere potentemente quella specie di luce gialla che manca o scarseggia
moltissùno nel sole e che vien data invece dai vapori roventi del sodio. Essi
diffondono pure una piccola parte delle radiazioni rosse aranciate e gialle che
il sole possiede e che il sodio non dà, ma quel tanto che ne diffondono é poca
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cosa di fronte a ciò che essi diffonderebbero delle radiazioni D| . Dz se queste
fossero nel sole. Illuminate quindi tali materie colla luce del sodio, esse la
diffondono gagliardamente e appariscono giallo-chiare, spegnendovisi la poca
rossezza e il colore aranciato per difetto di luce rossa e aranciata che ne
possa esser diffusa.
« Accade insomma per questi colori, come avrerrebbe pei colori verdi,
per esempio, se il nostro sole, invece d'esser com'è, brillasse soltanto per idro-
geno incandescente. In tal caso noi vedremmo, di giorno, bellissimi alcuni
rossi, certi azzurri, e i turchini violetti, ma non ci apparirebbero gli aranciati,
i gialli, e i verdi, se non come toni bruni o grigiastri più o men rossigni,
turchinicci o violacei. Se allora si illuminasse una stanza buia con vapori
incandescenti di Tallio noi saremmo grandemente sorpresi nello scorgervi le
tinte verdi vìvaci delle foglie e del calice d'una rosa, che a lume d'un sole
d* idrogeno ci erano sembrati lividi, bruno-scuri o grìgiognoli e privi d'ogni
vaghezza.
tt Bisognerà quindi* non dimenticar mai, d'ora innanzi, che il sole e la
luce diffusa non sono atti a destar nel nostro occhio la sensazione di tutti
i colori visibili, e che vi sono numerosissime tinte le quali potrebbero appa-
rirci sui corpi, se questi ricevessero altro lume da quello col quale l'uomo
è avvezzo a vederli.
« Si potrebbero aggiungere altre considerazioni a quelle esposte fin qui
per meglio assodare la novità di tale fenomeno e la probabilità della sua spie-
gazione accennata poc'anzi, ma tanto può bastare ai fisici per eccitarli ad en-
trare in un campo d' indagini, il quale può divenir fecondo di conseguenze
inattese per la scienza e per l'arte.
« Questo fenomeno presentato dal minio, dal bijoduro di mercurio ecc.
manifesta ai fisici un primo caso di corpi atti a diffondere quelle radiazioni
luminose e colorate che mancano, o sono scarsissime nel sole, ma chi sa quante
altre sostanze s'incontreranno, che finora si giudicarono scolorite, o di
tutt' altro colore da quello che si vedranno assumere quando saranno illumi-
nate colle radiazioni che ad esse convengono e che non si riscontrano, o son
troppo deboli nella luce solare.
tt Non è quindi improbabile che ricorrendo alla luce data dal vapore
incandescente ^el litinio^ del cerio, del rubidio, del thallio, dell'indio, del
gallio, ecc., e intercettando alcune radiazioni di tali corpi con vetri o liquidi
colorati, 0 con altre materie assorbenti, si giunga a veder nuovi colori, nuove
armonie e nuovi contrasti di tinte, e che si possa aggiungere così, collo studio
dei colori latenti^ un capitolo sommamente curioso al trattato dei colori dei
corpi, compiendo la dottrina iniziata dal Newton e accresciuta a poco a poco
da' suoi continuatori 9 . *
Rendicouti, 1888. Vol. IV. !<► Sem. 75
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Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici provocati dalle
radiazioni. Nota III. del Corrispondente Augusto Righi.
« a). In una precedente Nota (^) ho descrìtta una esperienza, la quale
dimostra, che un corpo elettrizzato negativamente e facilmente mobile si sposta,
allorquando perde la sua carica sotto razione di radiazioni ultraviolette, pro-
babilmente in causa della ripulsione fra il corpo e le particelle che traspor-
tano lontano la sua carica. Siccome ripetendo più volte l'esperienza la lami-
netta d'alluminio isolata finisce col caricarsi, e questa carica può essere causa
di errori, cosi ho modificato l'apparecchio nel modo seguente.
« Le laminette d'alluminio A e B (di 2'^,5 per S'^.S) sono attaccate a
fili metallici A o C, B o D, fissati col mastice sopra una laminetta dì
mica muj e della forma indicata
dall'annessa figura. Il filo G è sospeso
ad un filo finissimo di platino verti-
cale C P , pel quale la laminetta A
riceve la sua carica, mentre il filo D,
munito di uno specchietto S e di una
lastrina di mica destinata a spegnere
presto le oscillazioni, pesca in un
vasetto y contenente acido solforico
comunicante col suolo. I centri delle
due laminette A e B distane dal filo
di sospensione di questa piccola bi-
lancia di torsione, dì circa 4^,5.
tt Le radiazioni, che penetrano
nella cassa che contiene l'apparecchio, passando per una parete formata da
una lastra di selenite, investono simultaneamente le due laminette. Se anche
la laminetta A comunica col suolo, il sistema mobile non devia, ma solo si
pone ad oscillare qualche poco ed irregolarmente, allorquando le radiazioni
dell'arco voltaico cadono su di esso, dato che l'arco stesso sia collocato in
posizione conveniente {^). Lo stesso avviene se A è carica positivamente. Ma
se ad A fu data carica negativa, si ottiene subito una deviazione, nello stesso
senso come se la laminetta carica fosse respinta dalle radiazioni.
« Due antiche pile secche (che datano dal 1830), delle quali non ho
ancora misurata la forza elettromotrice, e che sono lunghe ognuna 40 cm..
(1) Rend. della R. Acc. dei Lincei, seduta del 6 maggio 1888.
(*) Se si facessero cadere le radiazioni sopra una sola delle lamine, si otterrebbe una
forte deviazione nello stesso senso come se essa fosse attratta dalla sorgente luminosa, in
causa delle solite correnti d'aria provocate dal riscaldamento della laminetta.
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— 579 —
poste runa in capo all*altra, con imo dei poli estremi in comunicazione col
suolo e l'altro colla laminetta A , hanno servito per dare a questa la neces-
saria carica. La sorgente delle radiazioni è stata, come per le altre esperienze
qui narrate, Tarco Yoltaico ottenuto fra un cilindretto di carbone ed uno di
zinco (0-
« Siccome non si nota deyiazione alcuna nell'atto di elettrizzare la lami-
netta A, così resta eliminato anche il sospetto che la deyiazione osservata
sia dovuta al variare delle forze elettrostatiche, in seguito alla possibile dimi-
nuzione di carica della laminetta.
« b), L* esperienza seguènte prova, che se nella prima esperienza della
Nota I (^), i metalli (disco e tela metallica) sotto l'azione delle radiazioni
sono ridotti allo stesso potenziale, ciò si deve ad un trasporto di elettricità
nativa, dal metallo negativo al metallo positivo.
« Fra la rete metallica ed il disco ad essa parallelo, ho posto una lami-
netta di selenite in modo che non toccasse i due metalli. Mantenuti questi
in comunicazione col suolo, e £Eitte agire per qualche tempo le radiazioni ultra-
violette, ho riconosciuto che sempre la laminetta di selenite trovasi elettriz-
zata negativamente. Per constatare questa carica basta accostare, sino a due
0 tre millimetri di distanza, la lamina ad un disco metallico comunicante
coll'elettrometro (che nel caso mio aveva tale sensibilità da deviare di 120
a 130 particelle della scala per un Volta). Si ottiene così una deviazione
negativa, che può salire a 100 e più particelle della scala.
« Se l'esperienza ò disposta in guisa che il disco sia negativo (p. es. disco
di rame e reticella di zinco), le particelle elettrizzate respinte dal disco, che
è illuminato attraverso la rete, dirigendosi verso di questa, incontrano la
lamina, e depongono su di essa le loro cariche. Nel caso opposto (p. es. rete
d'ottone e disco di zinco) le particelle sono respinte dalla rete verso il disco.
La rete ò diffatti illuminata anche nella faccia intema, dalle radiazioni riflesse
dal disco; ma a parità di durata, le radiazioni producono naturalmente in
tal caso minor effetto.
« e). Che realmente la carica n^ativa constatata colla precedente espe-
rienza nella lamina di selenite si formi in questa maniera, lo dimostra meglio
quest'altro esperimento.
{}) È bene evitare che le radiazioni ultraviolette emesse dal vapore di zinco incan-
descente, giungano agli occhi. Esse producono infatti, dopo pochi secondi, un senso di bru-
ciore essai molesto, che può durare anche per molte ore successive, se si seguita a guar-
dare a lungo direttamente la luce dell'arco voltaico ottenuto nel modo detto più sopra.
Questo effetto fu provato da quasi tutte le persone che furono messe alla prova. Una lastra
di vetro abbastanza grossa posta davanti agli occhi, impedisce quasi completamente questo
effetto, mentre una di selenite non lo impedisce quasi affatto. Si tratta qui dunque, a quanto
pare, di una azione speciale dei raggi ultravioletti molto intensi, che non mi consta sia
stata sino ad ora da altri notata.
(<) Seduta del 4 marzo 1888.
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e Due laminette di selenite sono collocate &a i due metalli, senza toc-
carli e senza toccarsi fra loro. Se il disco è negatiro, si trova, dopo che le
radiazioni hanno agito, che è la laminetta posta dalla parte del disco che
è carica negativamente, mentre Taltra o non si mostra carica o dà segni varia-
bili di lievi cariche accidentali. Se invece è negativa la rete, si trova elet-
trizzata negativamente Taltra lamina di selenite » .
Filologia. — Di un aneddoto del ciclo arturiano {Re Ariti ed il
gatto di Losanna). Nota del prof. F. Novati, presentata dal Socio
Monaci.
« Nel Merlino si narra che re Artù, vìnti i Romani , invece di spingersi
fino a Soma, rinnovando le glorie di Belino e di Brenne, per consiglio
del profeta si volse a liberare la Gallia da un mostro che spandeva il ter-
rore in tutti i paesi vicini al lago di Losanna (i). Il mostro, il demonio, non
era per verità se non un semplice gatto; ma la battaglia che il re sostenne
contro di lui riuscì così difScile e così aspra come non era forse stata quella
data al gigante rapitore della nipote di Hoel, il conte di Brettagna (^).
« La battaglia di Artù contro il gatto è narrata, oltreché dal Merlino
in prosa, anche da altri testi. Così ne è fatto cenno, come ha avvertito testé
G. Paris (3), in un frammento di poema tedesco del secolo XII, evidente-
mente cavato da una fonte francese, che l'editore ha intitolato dal nome dei
protagonisti Manuel und Amande {% Fatti molti e caldi elogi del valore
di Artù, il poeta viene poi, per quanto sembra, a narrare la sua fine, e
come di questa fosse stato cagione un mostro, che era un pesce ed in pari tempo
aveva la forma d'un gatto (^): diciamo per quanto sembra, perchè il luogo
del poema è assai oscuro e vi fanno difetto alquanti versi.
« Questa stessa leggenda deUa morte del prode sovrano brettone avve-
nuta in seguito ad una lotta col gatto-pesce ò ranmientata in secondo luogo da
un poeta normanno, il quale però, animato da viva simpatia per Tlnghilterra,
se ne sdegna e la respinge come una favola inventata dai francesi per spar-
gere il ridicolo sopra l'eroe prediletto della Brettagna. I versi di André de
(i) P. Paris, Les Bom. de la Tahle Ronde mis en nouv, long., t U, p. 358 e sgg.
(«) Ibid., p. 362.
0^) Les rom. en vert de la T. R,, Paris, 1887, p. 219-20.
(^) Osw. Zingerle, Manuel und Amande^ Bruchstucke eines ArtusromanSt in Zeitsch.
far deutsch. Alterth., N. F., XIV, p. 304, v. 151 e sgg.
(5) Daz sie iz fvr war wizzen, Fin visch wurde vf gerizzen, Daz der kunic sere
engalt, Als e in katze gestalt. y. 155 e sgg.
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— 581 —
Goutances sono stati essi pure riferiti dal Paris, ma è prezzo dell*opera ri-
portarli per esteso:
Il ont dìt qae riens n'a yalu,
Et donc à Arflet n'a chalu
Que boté fu par Capala
Li reis Artu en la palu;
Et qae le chat Tocist de gaerre,
Paia passa outre en Engleterre,
E ne fa pas lenz de conquerre,
Aìnz porta corone en la terre
E fa sire de la contrée.
Où ont itel fable trovée ?
Men9onge est, Dex le sot, provée
One greignor ne fa encontrée (').
Il Paris sembra inclinato a credere che quello di Capalu sia il nome del
gatto portentoso. In tal caso, egli conclude, si tratterebbe del mostro dello
stesso nome, che apparisce nella Bataille Loquifer, e che ha per Tappunto
la testa di gatto, i piedi d'un dragone, il corpo d'un cavallo e la coda d'un
leone (2).
« Quest'identificazione del gatto di Losanna con Capalu o Chapalu^
sulla quale del resto il Paris non insiste molto, urta a mio avviso contro
difficoltà che sono, o mi paiono, insormontabili. Io credo infatti che André
de Goutances nei versi or riportati alluda non già ad una, bensì a due sto-
rielle, se non inventate, come egli par credere (3), trasformate ed alterate dai
Francesi in guisa che si prestassero a beffeggiare gli abitanti dell' Inghilterra
abbassando Artù. Si tratterebbe quindi di due avventure di Artù affatto in-
dipendenti runa dall'altra; di due battaglie intraprese contro due diversi
mostri; le quali avrebbero però avuto gli stessi risultati disastrosi per il
sovrano della Brettagna. Giacché nella lotta con Chapalu egli avrebbe avuto
la peggio e sarebbe stato sommerso in una palude ; ed in quella col gatto
ci avrebbe lasciato addirittura la vita. E che le cose stiano realmente così
risulterà evidente quando si giunga ad accertare la differenza che passa fra
Chapalu ed il gatto di Losanna.
e Se il primo infatti è da identificare, come vide acutamente il Paris,
con il Chapalu della Bataille Loquifer, esso rientra nella categoria dei
mostri fantastici, risultanti dall'accozzamento di membra tolte ad animali
(0 A. Jabinal, Nouv. Ree, de Contes, Dits, Fabliaux ecc. T. Il, p. 2-3. Le Ro-
mani des Franceis, così si chiama il poemetto, è stato composto sai principio del sec. AHI.
(«) Cfr. ffist. Littér, de la Fr., T. XXn, p. 537 ; Nyrop-Gorra, St. delVEp. Frane.,
p. 143.
(3) Cfr. str. 9, 10 ecc.
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diversi, nella famiglia cioè che ha per capostipite la Chimera. Ma il gatto
di Losanna ò tutt* altra cosa. Esso è né più né meno che un gatto, ma un
gatto che ha raggiunto dimensioni del tutto fuori del comune, ed è dotato
di una forza straordinaria e d* una spaventosa ferocia. Ma come e perchè ?
Il come ed il perchè noi lo rinveniamo descritto nel modo più soddisfacente
in un luogo del Tristan de Nanteuil, nel quale il poeta si compiace di
dare spiegazione ai suoi uditori della forza sovrumana che possedeva il suo
eroe e di quella non meno stupefacente di cui era fornita la cerva che
Taveva nutrito del suo latte:
Nourris farent d'un lait qai fut de tei maistrie,
D'ane seraine fat, sj com ristoire crìe.
Il est de tei verta et de tei seignorie
Que se baste en a beu eUe devient foaniye,
Si grande et si poissant, nel tenés [à folye],
Qae noi ne dare à lui, tant ait chevallerie.
Artus le noos aprouve, qai tant ot bajronnye,
Car au temps qa'i regna poar voir le voas affie,
Se combati aa chat qa*alecta en sa vie
Da let d'ane seraine qui en mer fat peschie ;
Mès le chat devint tei, ne voas mentiray mye,
Que nuls homs ne daroit en la soye partie
Qu'i ne mesist affin, à duel et à hachie.
Artus le conquesta par sa bachelerie,
Mais ains Tacheta cher, sy con Tistoire crye (*).
s Questo luogo del Tristan de Nanteuil è adunque di molto interesse
per la soluzione del nostro piccolo problema. Esso giova infatti a togliere
ogni dubbiezza intomo alla natura dell'animale sotto le cui granfie sarebbe
perito, se diamo retta alla leggenda, raccolta dall' autore del Manuel und
Amande (^), e sdegnosamente respinta da André de Coutances, il più valo-
roso dei re. Il Chapalu multiforme della Bataille Loquifer non ha nulla
a che vedere con questo gatto mostruoso, che un pescatore ha incautamente
nutrito col latte d'una sirena. In secondo luogo poi l'autore del Tristan ci
{}) P. Meyer, Notice sur le roman de Tristan de Nanteuil in Jahrb. fQr Rom. und
Engl. Liter , IX, p. 11. E cfr. p. 8, dove il poeta narra più distesamente come una sirena
aUattasse in mare Tristan, che a cagione di tal nutrimento divenne grande come un cheval
de Cìwrtage. L'idea di far bere il latte della sirena a Tristan ed alla cerva deve esser
stata suggerita all'autore dalla lettura di un romanzo del ciclo arturianOi nel quale si nar-
rava che Artù era venuto alle prese col gatto, ma aveva potuto vincerlo. Da questo fonte
ei deve aver pur tratto quel che narra delle prime stragi perpetrate dalla cerva sul pe-
scatore che aveva raccolto Tristan e sulla di lui famiglia ; altrettanto fa il gatto diabolico
nel Merlino (P. Paris, op. cit, p. 360).
(^} Le ambigue parole del poeta tedesco, che non sa se il gatto sia un vero gatto
0 un pesce d'aspetto felino, ci fan credere che nella sua fonte la cosa fosse narrata in
modo oscuro o troppo succinto.
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fa accorti che la leggenda primitiva dì Artù e del gatto era assai diversa
da quella che è narrata nel Merlino, dove Tapparizione del gatto-demonio
è provocata dalla collera di Domeneddio, che vuol punire un pescatore col-
pevole di non aver mantenuto il suo voto. Punizione ben grande per colpa
relativamente lieve I (i).
« Che un pescatore brettone o francese abbia trovato nelle sue reti una
sirena non farà meraviglia a chi rammenti come le classiche insidìatrici di
Ulisse avessero conservato labitudine di affascinare i naviganti anche nel
medio evo. Gervasio di Tilbnry afferma che esse apparivano spesso nel mare
britannico (^). Ma né Gervasio nò altri scrittori da me consultati narrano
che il latte loro avesse sì prodigiose virtù come son quelle di cui la storia
del gatto e quella della cerva nutrice di Tristan ci fanno testimonianza.
Forse ad altri, più pratici di me de* Bestiari, riuscirà di trovare qualche
notizia in proposito « .
Matematica. — Sulle reciprocità birazionali nulle dello spazio.
Nota del dott. D. Montesano, presentata dal Socio Cremona.
« Una reciprocità birazionale fra due sistemi S, S' dello spazio è quella
che liga con corrispondenza univoca i punti del sistema S ai piani del si-
stema S'.
« Una siffatta reciprocità può sempre riguardarsi come dovuta al prodotto
di una corrispondenza Cremoniana con una correlazione ordinaria.
In generale ogni reciprocità (birazionale o no) determina una superficie
luogo dei punti che trovansi nei piani corrispondenti, ed una superficie invi-
luppo di tali piani.
« Però in alcuni casi può succedere che tali superficie riescano indeter-
mioate, che cioè due qualsiansi elementi corrispondenti (punto e piano) si
appartengano.
« A siffatte reciprocità fu data la stessa designazione che si dà alle cor-
relazioni ordinarie che presentano lo stesso carattere; esse cioè furono chia-
mate mdle (NuUsystem di grado superiore) (3).
0) Come poi sia nata Tidea di far di Losanna e del monte del Lago il nascondiglio
del gatto mi rimane ignoto.
(*) Cf. P. Liebrecht, Des Oervoè. von Tilhury Otia Imperialia, p. 81.
(3) Vedi la Nota dello Stnrm, Ueòer die reciproken und mit ihr zusammenhangenden
Verwandtschaften (Math. Annalen Bd. XTX) (nella qnale a pag. 477 si considera ona reci-
procità nulla di 3<^ grado, determinata da una correlazione ordinaria dello spazio) e le
Memorie delFAmeseder (Sitzungsberichte der E. Akademie der Wissenschaften in Wieii,
Tol. LXXXm, e Jonmal f. d. r. n. a. Mathematik. Bd. XCVH) nelle quali si esaminano le
reciprocità birazionali nulle di 2^ grado. Delle reciprocità nulle di grado superiore al 8*
nessuna era stata sino ad ora costruita.
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— 584 —
« Le reciprocità nulle birazionali sono l'oggetto di questa Nota, nella
quale dopo avere stabilito alcuni teoremi generali, costruisco delle reciprocità
nulle, quelle in cui le superficie <P, che nel primo sistema corrispondono alle
stelle di piani del secondo, sono delle superficie monoidali, se, allargando
una denominazione già in uso, per superficie monoidale si convenga indicare
quella superficie che ha in comune con ogni raggio di una congruenza di
1^ ordine un solo punto non singolare per la congruenza Q).
« 1. Il prodotto di una reciprocità birazionale nulla E e
di una correlazione polare nulla r e una corrispondenza bi-
razionale dello spazio,nella quale due punti corrispondenti
sono su di un raggio del complesso lineare (r), dovuto alla
correlazione F.
«E inversamente: Ogni corrispondenza birazionale dello
spazio, nella quale le rette che uniscono punti corrispon-
denti costituiscono un complesso lineare (r), combinata con
la correlazione polare nulla r dovuta al complesso, dà come
prodotto una reciprocità birazionale nulla.
« I due teoremi sono senz' altro evidenti. Più generalmente :
Il prodotto di una reciprocità birazionale nulla Xeon
una correlazione ordinaria F ò una corrispondenza birazio-
nale dello spazio, nella quale due punti corrispondenti sono
reciproci rispetto alla T; e inversamente.
« Sicché la determinazione delle reciprocità birazionali
nulle dello spazio può farsi dipendere da quella delle cor-
rispondenze birazionali in cui due punti corrispondenti
siano reciproci rispetto ad una correlazione ordinaria, o
anche, in particolare, da quelle corrispondenze birazionali
che diano origine ad un complesso lineare (^).
« Delle corrispondenze birazionali della prima specie daremo ora vari tipi.
« 2. In due sistemi S, S' dello spazio si abbiano due stelle di rette
riferite Tuna all'altra con una corrispondenza birazionale X, nella quale ad
un fascio di raggi della prima stella corrisponda nella seconda un cono
(>) L'esistenza di queste infinite reciprocità nnUe che verremo & costntìre, mostra
essere inesatta la dimostrazione di Lazzeri, il quale nella sua Nota, Su le reciprocità
biroiionali nello spazio (Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, voi. Il, 1886, pag. 78)
cercò mostrare che le reciprocità nulle di grado superiore al 1<^, dehhono da essere di S^ grado.
Regge invece il teorema (già dimostrato dallo Sturm nella Nota citata a pag. 474) che nel
piano vi è una sola reciprocità birazionale nulla, che è di 2^ grado.
(') Di tali corrispondenze quelle involutorie che danno origina al complesso
lineare contato una sola volta, furono già ottenute. V. le mie Note pubblicate in questo
voi. a pag. 207 e 277. Sicché una prima famiglia di reciprocità birazionali nulle viene ad
essere determinata da tali corrispondenze.
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F'n ^ ki^' ' • ' kf^r e ad un fascio di raggi della seoonda corrisponda nella
prima un cono Fn ^ Ai*» . . . Ar*»-.
« Insieme a questa corrispondenza X sia data anche una correlazione
ordinaria r fra i sistemi S, S' a cui appartengono le stelle.
« Se allora ad ogni punto P dello spazio S, situato sul raggio p della stella
0, si fa corrispondere nello spazio S' il punto F in cui il r^gio p' che cor-
risponde a p nella X, sega il piano tt' che corrisponde a P nella r, la cor-
rispondenza arazionale E fra i sistemi S, S' che con ciò viene ad aversi, è
della specie cercata; cioè in essa due punti corrispondenti sono reciproci
rispetto alla correlazione r.
« Ai punti P di una retta r (situati perciò nei raggi j!> di un fascio
della stella 0) corrispondono i punti F situati sui singoli raggi p* di un
cono Fn e nei singoli piani n' di un fascio, sicché il luogo di questi punti
F, che è la curva che corrisponde alla r nella E, è di ordine n-\-\.
K Analogamente si costruisce la curva del primo spazio che conìsponde
ad una retta di S^ cur^a che risulta anche essa di ordine n-\-\.
« È anche evidente che le superficie <Z>n^i (o le (P'n-i-i) che nello spazio
S (o in S') corrispondono ai piani dell'altro spazio, sono dei monoidi col ver-
tice in 0 (od in 0') e che ciascun raggio fondamentale h (o k) della corri-
spondenza X è anche fondamentale dello stesso ordine in S (o in S') per la
corrispondenza K.
« Di questa i punti 0, 0' risultano fondamentali, e le corrispondenti
superficie sono i piani m\ m che loro corrispondono nella correlazione r.
« Ogni punto P di C0 ha per corrispondente il punto 0' nella E, eccet-
tuato il caso in cui il raggio p' della stella 0' che nella X corrisponde al
raggio OP, appartenga al piano tt' che nella stella 0' corrisponde nella cor-
relazione r al punto P, giacche allora al pimto P viene a corrispondere nella E
tutto il raggio p\
« Ora siccome col variare di P in a> il raggio p' e il piano /r' deUa
stella 0' che corrispondono rispettivamente al raggio OP e al punto P nella X
e nella F, determinano una reciprocità di grado n nella stella 0', perciò gli
elementi p\ n che si appartengono, sono rispettivamente su di un cono di
rette U'^Ai''^»...AA di ordine /i+l ed in un cono-inviluppo V di classe
/i-(-l (^), sicché la ciurva C+i del piano o> che corrisponde nella correlazione F
al cono y risulta linea fondamentale semplice per le ^^^x ed ha per corri-
spondente nello spazio S' il cono U' su accennato.
« La traccia G'^^i di questo cono U' sul piano o)' é, a sua volta, linea fon-
damentale semplice per le superficie <ì>\^\ , ed ha per corrispondente il cono
(0 Vedi Jung, Sui sistemi cremoniani reciproci di grado m. Rendiconti deUa R.
Accademia dei Lincei, 1885, pag. 774.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1« Sera. 76
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— 586 —
U^^Ai^'... Ar"r che proietta da 0 la Cn, sicché le superficie <P sono delle
e analogamente le <P' sono delle
« Ai raggi fondamentali h corrispondono nella corrispondenza E gli stessi
coni della stella 0' che ai raggi h comspondono nella X, e questi coni insieme
al piano co^ contato due volte ed al cono U'nH-i formano la Jacobiana delle
superficie <P'.
« Analogamente si determina la Jacobiana delle superficie <P.
« Vi sono, in generale, 2 {ri 4- 2) punti uniti nella corrispondenza K.
Essi sono i punti in cui la curva generata dalle due stelle 0, 0' {^) incontra
la superficie luogo della correlazione r.
« 3. Vogliamo ora estendere questi risultati al caso in cui, invece di due
stelle 0, 0', si avessero più generalmente negli spazi S, S' due qualsiansi
congruenze di 1" ordine riferite fra loro birazionalmente.
« Per brevità di lii^aggio diremo che una congruenza Q di 1^ ordine
è di 1* 0 di 2* 0 di 3* specie, secondo che essa è costituita dalle rette di
una stella 0, o da quelle appoggiate ad una retta d e sA una curva razio-
nale J^ che abbia fi — 1 punti sulla d (^), o dalle corde di una cubica
gobba Jz , sicché la classe a della congruenza nel primo caso è 0, nel secondo
è fi, nel terzo è 3; e il numero delle rette della congruenza appoggiate a
due rette dello spazio è cr-l-l, avendo tr i valori accennati nei singoli casi.
« Ciò posto, siano date negli spazi S, S' le congruenze Q, Q' di 1^ or-
dine e di classe (X, (/ rispettivamente, e siano esse riferite fra loro con cor-
rispondenza birazionale X, nella quale ad ogni superficie della congruenza Q'
costituita da raggi appoggiati ad una retta arbitraria dello spazio S' corri-
sponda nella congruenza Q
una superficie Pn^^O'*Ai*» ... Ar"*- se la Q è di prima specie
0 » » Pn^rfTz/p**-Tf Al*' ... Ar"'" 1» j» « j» » seconda »
0 ri n Fn^^* Al*» ... A^.*»- » j» » i» »» torza i> (3)
in modo che due qualunque di queste superficie abbamo in comune, oltre i
raggi fondamentali A e le direttrici della congruenza Q, <r' -|- 1 raggi variabili.
« Analogamente nella coirispondenza X alle superficie costituite dai raggi
(0 Vedi Cremona, Su le trasformazioni razionali nel piano. Giornale di Matema-
matiche, toI. III.
(') In generale la J^ è gobba; ma pnò anche trovarsi, in casi particolari, in un
piano n, avendo allora per punto (^—l)-j9Zo il punto (dn),
(') n in questo caso è pari.
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— 587 —
della congruenza Q che si appc^giano alle singole rette dello spazio S, cor-
rispondano nella Q' superficie F' ^ AjP» . . . A,P*. Queste superficie saranno dello
stesso ordine n delle superficie E, e avranno in comune oltre i raggi fonda-
mentali &i...ks (e oltre le direttrici d\J^' multiple secondo y' e n! — y',
0 oltre la J^ multipla secondo —, se la Q' è di 2* o di 3* specie) c-f-l
raggi variabili.
« Ogni raggio fondamentale hi (o kì) avrà per corrispondente nella K
una superficie di ordine ai (o ^i) della congruenza Q'(o della Q); come ad
ogni cono dì una delle due congruenze che abbia il suo vertice su una diret-
trice m-pla per le F (o per le F') corrisponderà neir altra congruenza una
superficie di ordine m.
» Variando il punto nella direttrice, queste superficie formano un fascio
se la direttrice considerata appartiene ad una congruenza (Q o Q') di 2* specie;
formano invece un sistema d'indice 2 se la congruenza ora accennata è di
3* specie.
tt Segando le due congruenze con due piani tt, tt! rispettivamente, e
riguardando come corrispondenti le tracce su tali piani di due raggi che si
corrispondano nella X^ si viene ad ottenere una corrispondens^ birazionale %
di grado n fra i piani tt, tt', la quale in tt ha per punti fondamentali mul-
tipli secondo a^ ... a^ le tracce dei raggi A^ , . . . A^ e per punti fondamentali
semplici le tracce dei er" raggi della Q che nella X corrispondono ai ^ raggi
della Q' giacenti in 7i\
• Ulteriormente se la Q è di 2* o di 3* specie, le tracce delle sue diret-
trici su n sono punti fondamentali per la /, multipli rispettivamente secondo
l'ordine di multiplicità di tali direttrici per le superficie Fn- Ne segue che
jSa -|- cr' = 3 (;^ — i) se la Q è di 1* specie
0 che 2a-}-y + /i(w — y)-}-(y' = 3(7i — 1) » » » » » 2* »»
0 che 2a + 3| + (r' = 3(»— 1) » » » » n 3* >»
Ci
Analoghe considerazioni valgono pel piano tt' e per la ^/^.
« Ed è agevole costruire la corrispondenza % che soddisfi alle condizioni
accennate per poi ottenere da essa la corrispondenza JC fra le due congruenze.
« 4. Se ora insieme alla corrispondenza birazionale X fra le congruenze
Q, Q' si dà anche una correlazione T fra gli spazi S, S' che contengono le
due congruenze, facendo corrispondere ad ogni punto P dello spazio S che
sia sul raggio jo della congruenza Q, il punto P' dello spazio S' in cui il
raggio y che corrisponde a jd nella JT, sega il piano -n! che corrisponde a P
nella r, la corrispondenza birazionale K che viene ad aversi, è della specie
cercata.
« In essa le superficie <P (o le <P') che nello spazio S (o in S') corrispon-
dono ai piani dell'altro spazio, sono superficie monoidali di ordine 7^-[-l,
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avendo in comime con ogni raggio della congruenza Q (o della Q') un unico
punto non fondamentale.
« È eyidente ancora che ì raggi fondamentali {h o k) e le direttrici di
ciascuna delle due congruenze Q, Q' sono multiple per le superficie 0 0 per
le <P' dello stesso ordine di multiplicità che per le superficie F 0 per le F'.
« Per avere Tulteriori linee fondamentali della corrispondenza K si noti
che in generale i due raggi p\ p\ , che corrispondono ad un raggio arbi-
trario p della congruenza Q nella X e nella r rispettivamente, non hanno
alcun punto comune. Se ciò succede, anche il raggio pi che conìsponde nello
spazio S a jo' nella r, si appoggerà al raggio p ; e nella K al punto ppi^P
corrisponderà in S' tutto il raggio/, come al punto p'p\^P corrisponderà
in S il raggio p, sicché le due curve C, C luoghi dei punti P, F ora accennati
saranno linee fondamentali semplici per la K, Tuna nello spazio S, l'altra
nello spazio S'.
« Ora se Qi è la congruenza di ordine a' e di classe 1 che corrisponde
alla Q' nella r, essa risulta riferita alla congruenza Q con corrispondenza
birazionale, e il luogo dei punti d* incontro di due raggi corrispondenti è la
prima deUe curve fondamentali che cercasi.
«Se cr' = 0, se cioè la congruenza Qi è costituita dalle rette di un
piano et), questa curva fondamentale G ò di ordine n'{-l.
« Se invece a' è diverso da 0, le due congruenze Q, Qi vengono a sta-
bilire in ogni piano dello spazio una corrispondenza di punti (1, a'), quella
in cui due punti corrispondenti A, A' sono le tracce di due raggi corrispon-
denti pypi della Q, Qi, e siccome in tale corrispondenza ai punti A di una
retta corrispondono i punti A' di una curva di n^ ordine, perciò vi sono
n-\'C'^l punti uniti, dei quali ciascuno è sulla curva Oche cercasi, il cui
ordine perciò è ^i + cr'-j-l.
« Analogamente la curva fondamentale semplice C dello spazio S' è di
ordine w + cr-f-l.
« Né vi sono nella K altre linee fondamentali, giacché per le superficie
<P, p. e., si ha che nella linea sezione di due di esse, le linee fondamentali h
e le direttrici della Q contando come nella sezione di due superficie F della
congruenza, equivalgono perciò ad una linea di ordine n^ — cr' — 1, e si ha che
(^jt — cr' — l)-(-(w + (r' + l) = (/^^-l)7^.
j^ Questo fatto del resto risultava evidente anche per la genesi deUa
corrispondenza E.
« È anche facile la determinazione delle superficie Jacobiane della tra-
sformazione.
« Da prima, mediante il teorema che : « Se le generatrici di due superficie
razionali F^, , Fg sono riferite le une alle altre con corrispondenza univoca, vi
sono i? -hf 4~ 1 generatrici dell' una superficie che incontrano le corrispondenti
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generatrici dell'altra « si può agevolmente detenninare Tordine di mnltipli-
cità dei centri o delle direttrici delle congruenze Q, Q' per le superficie J, J'
delle due congruenze, che corrispondono nella K alle curve C, C, deter-
minando con ciò Tordine delle due superficie; e si ottiene che la J è una
J„^i ^ 0"-^^ C»+<yr+i se la congruenza Q è di 1* specie, è invece una
Jn+pKi^flft^^Tz/^'Mr-^^Cn^tfr+i 80 la Q è di 2* specie, o risulta essere una
n_,
-2
Jn^^J^ Cn^a'-^i 86 la Q ò di 3* specio, sicché in ogni caso l'ordine della
superficie J è eguale a quello della curva C, a cui essa corrisponde.
« Analogamente la superficie 3'^=C'n-t-<i-^i che corrisponde alla G, ha lo
stesso ordine w+'^' + l della C.
« Ciò posto, se la Q è di 1* specie, la Jacobiana delle superficie ^ è
costituita: l** dalle superficie che corrispondono ai raggi h le quali sono
quelle che ai raggi h corrispondono nella X, sicché la sonmia dei loro ordini
è S{ìi — 1) — a'; 2® dalla superficie J»+a/+i che corrisponde alla C; 3* dal
piano co' che corrisponde al centro 0 della Q, da contarsi due volte.
« Se la Q è di 2^ specie, alla sua direttrice rettilinea d corrisponde nella K
una superficie J'^+i^C'„+a^.i generata dal fascio dei piani che corrispondono
nella r ai punti della d e dal fascio proiettivo al precedente costituito dalle
superficie di ordine y della Q' che nella X corrispondono ai coni della Q
aventi i vertici sulla d. Analogamente alla J^ corrisponde una superficie
y^^n^>^^^i^C'n-^<s-*-i generata dalle superficie della Q' che nella X corrispon-
dono ai fasci della congruenza Q, e dalla serie dei piani che nella F cor-
rispondono ai punti della J^.
« Ulteriormente la Jacobiana delle <!>' contiene la superficie Jn-t-a'-hi che
corrisponde alla G, e le superficie che nella X e nella K corrispondono ai
raggi A, gli ordini delle quali danno per somma 3{n — 1) — y — l^i^ — y) — <^'-
» Se infine la Q è di 3^ specie la Jacobiana delle <P' è costituita dalle
superficie che nella X e nella E corrispondono ai ra^ A, delle quali gli
H
ordini danno per somma 3(;«— 1) — 3- — </, dalla superficie Jn+a'+i che cor-
risponde alla G, eda una superficie Js^^ ^G'^n^a^i> che corrisponde alla
direttrice z/s, la quale superficie è quella generata dalle superficie di ordine ^
che nella X corrispondono ai coni della Jz (^ che formano un sistema di
indice 2) e dai piani che nella F corrispondono ai punti della J^.
tt Analoghe considerazioni si possono ripetere per la Jacobiana delle
superficie <l>n+i.
« Anche in questo caso le due congruenze Q, Q' generano una curva di
ordine »+2, luogo dei punti d'incontro di raggi corrispondenti ; ed i 2(w-|-2)
punti che questa curva ha in comune con la superficie luogo della correla-
zione r sono punti uniti nella corrispondenza E.
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— 590 —
« 5. Combinando ciascuna delle corrispondenze birazionali K preceden-
temente ottenute con la correlazione r, a coi la comspondenza è dovuta, si ot-
tiene una reciprocità birazionale nulla, nella quale le superficie del primo spazio
che corrispondono alle stelle di piani del secondo, sono le stesse superficie <Pni-i
della K, mentre le superficie-inviluppo ^fn+i che corrispondono ai piani pun-
teggiati del primo spazio, sono quelle che corrispondono alle superficie <X^n^i
nella F.
« In fondo la reciprocità K che si ottiene, può supporsi generata rife-
rendo birazionalmente una congruenza di 1"^ ordine Q dello spazio S ad una
congruenza di 1* classe Qi dello spazio Si, e facendo corrispondere ad ogni
punto P del primo spazio che sia sul raggio jc? della Q, il piano ti del secondo
spazio che passa pel punto P e pel raggio p' che nella Qi corrisponde al
raggio p ; e viceversa.
« Inversamente è chiaro che ogni reciprocità birazionale nulla, nella quale
le superfìcie <P del primo spazio che corrispondono alle stelle di piani del
secondo, siano monoidali, è della specie studiata » .
Chimica. — Alcuni nuovi composti fluorurati del vanadio.
Nota I. di A. Piccini e G. Giorgis (^), presentata dal Socio Cannizzaro.
« Tra le diverse serie di composti, che il vanadio è capace di dare, al
di sotto del limite YX^, quella corrispondente al biossido si distingue per
la sua stabilità relativamente grande. Allo scopo di mettere in relazione il
vanadio con altri elementi capaci di dare composti della forma BX^ e di
accumulare ancora nuovi esempi delle parziali analogie che un solo elemento
può avere con molti altri, anche di gruppi diversi, quando si considerino le
forme simili di combinazione ci siamo occupati di preparare dei fluossisali
corrispondenti al VO' ; sia perchè il fluoro suole, in generale, impartire una
maggiore stabilità ai composti inferiori, sia perchè fa comparire delle analogie,
che invano si cercherebbero con altri mezzi.
« Quello che si sa sull'argomento da Berzelius in poi è ben poco. Guyard {^)
dimostrò che trattando l'acido vanadico con acido fluoridrico e con alcool si
ottiene un liquido azzurro, che, quando si concentra, diventa verde e lascia
per svaporamento un residuo verde-cupo. L'unico fluossisale, corrispondente
al biossido di vanadio, descritto con precisione è Tipofluossivanadato ammo-
nico di Baker. Per ottenerlo si scioglie il pentossido di vanadio nell'acido
fluoridrico, si fa passare nella soluzione una corrente d'idrogeno solforato e
si filtra il liquido divenuto azzurro. Aggiungendo fluoruro di ammonio si sepa-
(1) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della R. Università di Roma.
(«) Bull. Soc. Chim. XXV-350.
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— 691 —
rano dei cristalli azzurri, monoclini che hanno la formola 2NH* FI, VO FI*
+H«oe).
« Noi avremmo atteso a pubblicare le nostre ricerche, ancora incomplete,
se non fosse di recente comparso un lungo lavoro del Ditte (2), nel quale
egli comincia a sottoporre a nuovi studi tutte le serie di composti dati dal
vanadio allo scopo di dedurre qualche conclusione ben fondata sul posto che
converrebbe assegnargli.
(t Lo scopo che noi ci prefiggiamo, e a cxii abbiamo già accennato, è molto
più modesto ; d'altra parte dopo i molti lavori sperimentali fatti sul vanadio
e dopo le speculazioni del Mendelejeff la posizione di questo elemento non
lascia, almeno ci sembra, luogo ad alcun dubbio.
tf Se si scioglie nelV acido fluoridrico acquoso il metavanadato ammonico
e si tratta con anidride solforosa, a caldo, si ottiene im liquido azzurro che,
neutralizzato con ammoniaca e addizionato di fluoruro ammonico neutro lascia
precipitare una polvere cristallina, azzurrognola. Dopo averla raccolta sul
flltro, lavata con pochissima acqua e spremuta fortemente tra carta bibula
si può purificare sciogliendola di nuovo. Dapprincipio si separano dei prismi
monoclini, che hanno la composizione del sale di Baker, poi si formano dei
cristalli piccoli, splendenti, di colore azzurro. Sono ottaedri monometrici, tal-
volta modificati dalle facce del cubo, si sciolgono bene nell'acqua, dando un
liquido azzurro, da cui il fluoruro di ammonio separa il sale primitivo. In
questa sostanza si può riconoscere la presenza del fluoro, del vanadio e del-
l'ammoniaca, n vanadio fu da noi determinato mediante la riduzione subita
dal permanganato potassico ; il fluoro col processo di Penfield (^) e l'ammo-
niaca distillando la sostanza con soda sciolta nell'acqua e raccogliendo il
N N
distillato nell'acido cloridrico — che veniva rititolato con potassa — . Otte-
nemmo cosi dei numeri che si accordano colla formula VO FP. 3NH* FI,
come si vede dalla seguente tabella:
I II IH IV V VI VII vili media
V = 51 23,63 23,69 23,80 23,81 23,14 — — — — 23,61
0 = 16 7,40 — — — — — — — —
FI* = 95 43,98 — — — — 43,88 45,03 — - 44,43
3NH* = 54 24,99 —— — — — — 24,3325,1524,74
VOFl» . 3NH* FI = 216 100,00
che raccoglie i risultati di tutte queste determinazioni.
(>) Ann. d. Chim. CCII, 262.
(«) Ann. Phys. Chim. Xm, (6) !90.
{?) Chem. News. XXXIX-197, D metodo consiste nel convertire il flaoro in fluoruro di
silicio e fare assorbire questo da una soluzione idroalcoolica di cloruro potassico. Si preci-
pita cos\ idrofluosilicato potassico e si libera dell'acido cloridrico, che si determina con
una soluzione alcalina titolata.
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— 692 —
N
I gr. 0,2855 di sostanza decolorarono 13,27 ce. di permanganato — -
II - 0,4567 » » 21,43 »
III » 0,5214 » » 23,82 «
IV • 0,2836 » • 12,87 « »
V Per gr. 0,2763 si impiegarono 42,5 ce. di ammoniaca —
ai)
VI n 0,2541 fi 40,16 » » ^
N
VII gr. 0,3843 saturarono 10,39 di acido cloridrico —
Vili « 0,2000 »» 5,5 » »
« Questo fluossisale che chiameremo ipofluossivanadato ammonico ottae-
drico ha il comportamento generale dei termini appartenenti alla forma VX*.
« Ci parve di qualche interesse il tentare se fosse stato possibile di
sostituire Tossìgeno col fluoro e ottenere cosi un ipofluovanadato, e perciò
abbiamo trattato il VO FP. 3NH* FI con acido fluorìdrico concentrato. Dalla
soluzione di colore azzurro intenso cristallizzarono, dopo qualche giorno, dei
prismi monoclini, trasparenti che analizzammo.
Gr. 0,3105 decolorarono 16,03 ce. di permanganato -rr
» 0,3025 1» 15,54 «
» In 100 parti:
I II calcolato per VOPl» . 2NH* FI + H« 0
V 26,33 26,19 25,88
avevamo dunque ottenuto il sale di Baker, il quale, alla sua volta, rìdi-
sciolto nell'acido fluorìdrico concentrato ricristaUizza inalterato.
« Oltre che col processo sopra descritto, si può ottenere Tipofluossiva-
nadato ottaedrìco rìducendo col polo negativo di una batterìa elettrica, il
metavanadato ammonico, acidificato con acido fluoridrico e addizionato di fluo-
ruro ammonico. Si impiega vant^giosamente l'apparecchio, di cui uno di noi
si servì per preparare il fluotitanito ammonico basico {}). Dopo qualche ora
il liquido diviene azzurro e quindi comincia a precipitarsi una polvere cri-
stallina. Si può seguire anche il metodo di Gujard, ridurre cioè la soluzione
fluoridrica di acido vanadico mediante l'alcool e aggiungere poi fluoruro
ammonico. Se questo non è in grande eccesso, il liquido azzurro si mantiene
dapprincipio trasparente ma, per evaporazione spontanea, lascia deporre l'ipo-
fluossivanadato ammonico in cristalli ben definiti. I cristalli che si depongono
in principio sono azzurri, poi se ne depongono di colore diverso che varia
(^) K. Accademia dei Lincei. Transunti, 1885.
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— 598 —
dal celeste al Terde. Intanto anche Tacqua madre diviene di un verde sempre
più chiaro e finalmente gialla. Allora si depongono dei cristalli ettaedrici di
un bel colore giallo di cromo.
« Questa nuova sostanza appartiene alla serie vanadica normale e si è
formata per dazione dell'ossìgeno atmosferico sulla soluzione acquosa di ipo-
fluossivanadato anmionico ettaedrico. Noi l'abbiamo potuta ottenere diretta-
mente partendo dall'acido vanadico. Si scioglie questo in un eccesso di acido
tluoridrìco, che si neutralizza poi con ammoniaca, mentre il liquido è ancora
caldo ; per raffreddamento si ottiene una massa abbondante di cristalli ettae-
drici, solubili nell'acqua. L'ammoniaca non deve essere aggiunta in eccesso,
altrimenti si ottiene, insieme ai cristalli gialli, una polvere bianca cristallina ;
un eccesso fortissimo di ammoniaca è capace di decomporre anche i cristalli
già formati dando la stessa sostanza bianca. I cristalli ettaedrici, gialli con-
tengono vanadio, fluoro, ammonio ed ossigeno. Il vanadio fu determinato
0 per mezzo del permanganato potassico (dopo avere ridotto la sostanza con
anidride solforosa) oppure ricorrendo alla calcinazione moderata, in contatto
dell'aria. A 100'' la sostanza non perde di peso anche dopo molte ore;
a temperatura più elevata comincia un imbrunimento e si sviluppano dei
fumi bianchi; arrivati al rosso incipiente si ha un residuo rosso bruno, che
non emette più fumi; questo, bagnato con acido azotico, poi riscaldato len-
tamente di nuovo fino a fare svaporare l'acido e calcinato con precauzione,
prende un color cannella e non cambia più di peso per quanto lo si riscaldi ;
si ha allora del pentossido di vanadio puro. Af&nchè la determinazione riesca
bene occorre la massima cautela. Jl fluoro e l'ammoniaca si determinarono
coi soliti metodi. Le analisi furono eseguite sopra saggi ottenuti da più pre-
parazioni fatte partendo sia dall'acido vanadico, sia dall'ipofluossivanadato
anmionico ettaedrico.
1 gr. 0,4609 di sostanza, previamente ridotta, decolorarono ce. 21,4 di per-
manganato —
II gr. 0,5828 di sostanza dettero gr. 0,2493 di pentossido di vanadio
N
III Per gr. 0,3011 » si impiegarono ce. 37,78 di potassa —
ai)
IV « 0,3040 » " " 38,03 »
V « 0,3059 » " ^ 38,54 » «
N
VI gr. 0,3321 saturarono ce. 9,46 di acido cloridrico —
VII » 0,3109 8,86 1» » « »
VIII « 0,3931 11,44 » »»
IX n 0,3311 9,44 » n li n
Rendiconti. 1888, Vol. IV, r Sem. 77
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— 594 —
« Queste esperienze conducono alla formola YO* FI . 3NH^ FI, come ri-
sulta dalla seguente tabella:
I II III IT V VI Yii Vili IX media
V = 51 23,94 23,44 23,97 — — — — — — — 23,70
0« = 32 15,02 — — — — — — — — —
FI* = 76 35,68 — — 35,71 35,65 35,90 — — — — 35,75
3NH* = 54 25,36 — — — — — 25,6325,6426,1925,6625,78
V0«FL3NH*F1=213 100,00
« Come si vede i risultati delle analisi si accordano molto bene tra loro
e con quelli calcolati per la formola VO' FI . 3NH* FI, sulla quale quindi non
può cader dubbio. La sostanza bianca, cristallina, che si ottiene facendo agire
l'ammoniaca sulla soluzione concentrata di questo fluossisale non contiene
fluoro ed è metavanadato ammonico, come si rileva dalla seguente determi-
nazione di vanadio:
N
gr. 0,4024 di sost. ridotti con SO* scolorarono ce. 34,32 di permanganato — .
« In 100 parti:
trovato calcolato per NH*VO«
V 43,3 43,52
« Quindi razione dellammoniaca può rappresentarsi cosi:
VO* FI + (NH^)« 0 = NH* V03 + NH* FI.
« Il metavanadato formatosi si separa per il fluoruro di ammonio conte-
nuto nel liquido.
« Il Baker, molti anni sono, intraprese lo studio dei fluossisali di vanadio
per compararli con quelli di niobio e, tra gli altri, descrisse un fluossivanadato
ammonico che cristallizzava in forma di piramidi semplici o modificate, che
somigliavano a degli ottaedri regolari ma agivano sulla luce polarizzata. Di
più questa sostanza dava coli* acido fluoridrico un fluossisale aciculare, le cui
analisi sono assai discordanti, talmentechè Tautore fu costretto a dame la
formola dietro Tanalogia col fluossivanadato potassico aciculare. Anche il
nostro composto ettaedrico giallo presenta le forme dell* ottaedro regolare,
modificato dal cubo, e agisce sulla luce polarizzata ; anche questo si scioglie
neir acido fiuoridrico acquoso ti-asformandosi in una sostanza aciculare, le cui
analisi non ci hanno dato per ora numeri soddisfacenti. Ci sarebbe dunque
da dubitare che il Baker e noi fossimo giunti per diverse vie alla stessa
sostanza ; ma le sue analisi e la formola 12NH* FI . V* 0* . 2V0 FP che se
ne deduce si allontanano troppo dalle nostre, per quel che riguarda il fluoro,
perchè si possa attribuire la differenza al metodo seguito. Egli infatti trova
in media il 39,42 Vo) di fluoro in accordo colla formola, del resto assai
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— 596 —
complessa, da lui attribuita alla sostanza, che esigerebbe il 38,98 Vo '
mentre noi non trovanmio mai più del 35,90 Vo- I valori per il vanadio e
per Tanmioniaca, che si deducono dalla formola di Baker, sono assai vicini a
quelli che si deducono dalla nostra.
« Sia comunque, il fluossivanadato oitaedrico normale ora descritto,
VO* FI. 3NH* FI, presenta per la forma cristallina, una stretta relazione col-
ripofluossivanadato ammonico pure ettaedrico. L'egr^o dott. Bucca che ha
esaminato i cristalli delle due sostanze ci comunica gentilmente quanto segue :
Tutti e due i sali sono monometrici ; Tuno (ripofluossivanadato) presenta quasi
solo Tottaedro (111) l'altro anche le facce del cubo (100). Però ambedue
offrono delle anomalie ottiche, come l'allume, ossia alla luce polarizzata, fra
i nicols incrociati, non sì estinguono, ma rimangono luminosi. Ciò dipende
da tensioni interne sviluppatesi dopo il consolidamento dei cristalli.
« Si noti poi che i due sali contengono lo stesso numero di atomi:
VOOFl . 3NH* FI
V0F1F1.3NH*F1
e ci offrono il secondo caso di isomorfismo fra composti di uno stesso ele-
mento, appartenente a serie diverse, poiché il primo (e anche ben più spiccato
perchè si riferisce al sistema trimetrico) fu additato dal prof. Mauro per il
fluossimolibdato anmionico (MO* FI*. 2NH* FI) e l'ipofluossimolibdato ammo-
nico (MO FP. 2NH^ FI) da lui scoperti, e descrìtti in una Memoria già pre-
sentata a questa Accademia.
« Di più, comparando il fluossivanadato anunonico ettaedrico col fluossi-
niobato (Nb 0 FP. 3NH* FI) e col fluossitantalato (Ta 0 FP. 3NH* FI) corri-
spondenti mentre si scorge un'analogìa per il numero di molecole di fluoruro
di anmionio combinato colle fluoanidridi acide, per la forma cristallina si
nota una differenza nella composizione delle fluoanidridi stesse. Le quali,
pure mantenendosi nella stessa forma limite BX^, contengono un numero
diverso di atomi. Questo divario nella composizione può mettersi in rapporto
con la crescente facilità con la quale tende ad accumularsi il fluoro nelle
fluoanidridi d^li omologhi superiori del vanadio. I fluossiniobati potassico e
ammonico ordinari sono Nb 0 FP. 2K FI, Nb 0 FP. 2HH* FI mentre il tan-
talio (Nb = 94, Ta= 182) dà, in corrispondenza, i fluotantalati Ta FP. 2K FI,
Ta FP. 2NH^ FI. E, come il niobio dà, sebbene più dif&cilmente del tantalio,
alcuni fluosali (colla fluoanidride Nb FP), così anche il vanadio potrà, in
determinate condizioni, dare dei fluossitali, la cui fluoanidride sia più ricca
di fluoro. Del resto nel vanadio, come in quello che serve a collegare i due
sottogruppi del gruppo V, non si poteva prevedere, neppure per i composti
fluorurati, una completa analogia col niobio e col tantalio.
« Il fluossivanadato e ripofluossivanadato ammonici ettaedrici, avendo
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— 596 —
un numero 'diverso di atomi, non possono dunque prender posto nella serie
di termini isomorfi:
Nb OFP . 3NH* FI , Ta OFP . 3NH* FI , Zr FI* . 3NH* FI , Ti 0» FI* . 3NH* FI
ma inyece si potrebbero mettere in relazione con alcuni fluosali della for-
ma KX^ p. es. con Fé FP. 3NH* FI con Cr FP . 3NH* FI, che cristallizzano nel
sistema regolare in cubi od ottaedri e contengono lo stesso numero di atomi :
VO' FI
. 8NH* FI
VO PI*
. 8NH* FI
Fé Fl^ .
3NH* FI
Cr FI» .
, 3NH* FI
Anche qualora si voglia ammettere che le forme cubiche od ettaedriche
regolari non siano, da sole, sufficienti a costituire il vero e proprio isomor-
fismo non si può disconoscere che in tutti questi composti contenenti tre
molecole di fluoruro di ammonio l'identità della forma cristallina, non può
essere casuale. Ci guarderemmo bene dal discutere se si debba domandare la
spiegazione del fenomeno al così detto isomorfismo di massa o ad altre
simili nozioni ; vogliamo soltanto richiamare Tattenzione sul fatto. In quanto
poi si riferisce airipofluossivanadato e al fluossivanadato ammonico ettaedrici
crediamo potere assicurare il perfetto isomorfismo, giacché sono capaci di
deporsi nello stesso cristallo.
« L'ossidazione che l' ipofluossivanadato ammonico subisce, quando si
trova sciolto, in presenza dell'aria, e la sua trasformazione in fluossivanadato
ammonico può esprimersi coli' equazione seguente:
2V0 FP + H* 0 + 0 = 2V0* FI + 2HF1 .
« Abbiamo tentato di preparare un ipofluossivanadato ammonico conte-
nente una sola molecola di fluoruro di ammonio, e perciò abbiamo ridotto
colla pila una soluzione fluoridrica di metavanadato ammonico. Il liquido
azzurro lasciò deporre delle croste cristalline, che non dettero per or.i all'ana-
lisi numeri soddisfacenti.
> Trattando con fluoridrato potassico la soluzione di metavanadato ammo-
nico ridotta con SO* si ottengono, per svaporamento del liquido azzurro, delle
croste cristalline azzurro-celesti che hanno la composizione VO FI*. 2K FI
come si vede dalle seguenti analisi:
I
Il
Ili
IV
media
T = 51
23,09
23,06
23,11
—
—
23,08
0 = 16
7,24
—
—
—
—
—
FI* = 76
34,88
—
—
84,02
32,95
38,48
K« = 78
35,29
—
—
—
—
—
VOFl* . 2KF1 = 221
100,00
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— 597 --
N
I Gr. 0,4377 decolorarono 19,80 ec. di permanganato —
n » 0,2818 . 12,77 » " N
III Per gr. 0,2144 si impiegarono 25,6 ce. di ammoniaca rr
IV » 0,2504 » 28,95 ..
« Sciogliendo l'anidride vanadica neir acido fluoridrico, aggiungendo la
quantità di fluoridrato potassico, voluta dalla formula YO FP. 2E FI, e ridu-
cendo colla pila, si ottiene un liquido azzurro verdastro, che, per svaporamento
dà dei cristalli, la cui analisi non è ancora completa.
« Altri esperimenti sono in corso sui quali ritorneremo fra breve « .
Chimica. — Contribuzione allo studio del cromato basico di
rame. Nota del dott. L. Balbiano, presentata dal Socio Cannizzaro.
« Se ad una soluzione dì solfato ramico, contenente un peso molecolare
di sale disciolto, si aggiunge una soluzione di cromato neutro di ammonio,
che contiene pure un peso molecolare di sale disciolto, si ha inmiediatamente
un precipitato giallo-bruno di cromato basico di rame.
« Biguardo alla composizione di questo sale basico le opinioni sono di-
verse. Freese (^) dice che trattando soluzioni di solfato ramico con cromato,
neutro di potassio si ha il cromato doppio,
K« Cu» Cr^ 0", 2 acq.
che coU'acqua bollente si decompone in
K«Cr«0' e Cu» Cr 0«, 2 acq.
« Lo stesso composto doppio si forma, secondo Knop, trattando T idrato
ramico con una soluzione di dicromato potassico. Al contrario Man. Bosen-
feld (^) ha dimostrato che il cromato di rame e di potassio non esiste, che,
sia in soluzioni concentrate quanto diluite, tanto a caldo che a freddo, si
precipita sempre il cromato basico di rame
Cu'O^Cr. 2acq.
e questo stesso composto si ottiene anche col processo di Knop.
« Com'era da prevedersi, il cromato neutro di anmionio precipita il sol-
fato ramico nello stesso modo, e difatti il precipitato ottenuto mischiando a
freddo le soluzioni di un peso molecolare di due sali diede all'analisi i se-
guenti risultati:
gr. 0,4707 di ostanza disseccata a lOO^'-llO^^ diedero gr. 0,2975 dì Cu 0 e
gr. 0,0997 di Cr« 0\
(0 Berliner Berichte. T. Il, p. 478.
(«) n n T. Xm, p. 1469.
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— 598 —
« In 100 parti:
trovato calcolato per Cu» Cr 0» 2 acq.
Cu 0 63,1 63,58
CrO' 27,8 26,80
« Lo stesso composto sì genera a caldo, perchè il cromato ottenuto con-
tiene 63,19 Vo di CuO.
(t In detta reazione il rame non passa tatto allo stato insolubile, cioè
sotto forma di cromato basico, quantunque si trovi un eccesso di cromato
d*anmionio, ma, per ottenere una soluzione scevra di rame, bisogna aggiun-
gere una certa quantità di ammoniaca, che fa precipitare un composto dal-
l'aspetto fisico del cromato basico formatosi nella prima fase della reazione.
La reazione è perciò più complicata perchè si formano contemporaneamente
composti di rame e di cromo solubili insieme al cromato basico insolubile,
ed è per questa ragione che ho creduto bene di seguirla passo a passo e ten-
tare dì spigarne il meccanismo, determinando dapprima la composizione del
precipitato che si ottiene coir aggiunta dell'anmioniaca, in seguito le quantità
rispettive dei due composti di rame insolubili che si originano.
« Grammi 24,95 di solfato ramico, depurato mediante ripetute cristal-
lizzazioni previa bollitura con poco acido nitrico, sciolti in 100 ce. di acqua,
vennero trattati a caldo con una soluzione di cromato neutro di ammonio con-
tenente, in 100 ce. gr. 15,26 di sale, ed il precipitato ottenuto ben lavato diede
all*analisi la quantità di Cu 0 corrispondente alla formola (Cu 0)^ Cr 0^ 2 acq.
gr. 0,3122 di sostanza seccata a HO*» diedero gr. 0,1973 di CuO.
« In 100 parti:
trovato calcolato
Cu 0 63,19 63,58
» Il liquido filtrato, colorato in giallo-verde con una punta di rosso, si
trattò con anmaoniaca acquosa diluita, fino a che il precipitato giallo-bruno
formatosi, cominciava a ridisciogliersi. Il precipitato ben lavato venne dis-
seccato a 110^ e sottoposto all'analisi,
gr. 0,5204 di sostanza diedero gr. 0,332 di CuO e gr. 0,1086 di Cr*0^
<( Da questi dati si calcola in 100 parti :
trovato
calcolato (Cn 0)» Cr 0» 2 acq.
CuO
63,79
63,58
CrO»
27,40
26,80.
tt II composto precipitato dall'ammoniaca acquosa è quindi lo stesso cro-
mato basico che si deposita nella prima fase della reazione.
« Ho determinato in seguito la quantità di (Cu 0)^ Cr 0' 2 acq. che si
forma nalla prima fase della reazione.
gr. 0,7485 di solfato ramico con 6 molecole di acqua, e gr. 0,4572 di cromato
neutro di ammonio, diedero gr. 0,2265 di(Cu0)^Cr0^2acq. disseccato a 110*.
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— 599 —
« Le acque di lavaggio svaporate al volume primitivo delle solusdoni
vennero addizìoDate di gr. 0,068 di ammoniaca, avendo dedotto da mi saggio
preliminare che tale quantità era necessaria per la precipitazione completa
del rame allo stato di cromato basico ; il precipitato di (Cu 0)^ Or 0^ 2 acq.
raccolto, lavato e disseccato a 110'' pesava gr. 0,1475.
« Il liquido risultante dalla filtrazione unito alle acque di lavaggio era
colorato intensamente in giallo chiaro, ciò che indicava la presenza di un
eccesso di cromato ammonico, perciò si dosò la quantità di acido cromico
sciolto e si ottenne gr. 0,154 di Cr*0^.
tf Da questi dati analitici si ha che la reazione fra solfato ramico e
cromato ammonico può rappresentarsi colle equazioni seguenti:
I^ fase : 5(Cu 0 SO^ 5H« 0) + 5(NH*)* 0 Cr 0^ = 8H« 0 + (Cu Oy Cr^ . 2W0 +
+ 2Cu 0 Cr« 0« + 5(NH*)«0 SO^.
II» fase : 3Cu 0 Cr« 0« + 10 Nff + 7 H« 0 = (Cu 0)^ Cr 0« 2ff 0 +
+ 5(NH*)«OCrO^
« Difatti secondo queste equazioni si calcola che
gr. 0,7486 di CuS0^5H«0 reagwido con gr. 0,4572 di (NH*)«CrO* de-
vono dare:
calcolato troYato
I» faae gr. 0,2253 di (Cu 0)^ Cr 0» 2 acq. gr. 0,2265,
aggiunto gr. 0^067 di H^ N gr. 0,068,
II» fase gr. 0,1496 di (Cu 0)^ Cr 0' 2 acq. gr. 0,1475,
e gr. 0,1528 di Cr« 0^ gr. 0,154,
corrispondenti a
gr. 0,3048 di (NH*)*CrO* gr. 0,307.
« L'aggiunta di ammoniaca può far precipitare completamente il rame
allo stato di cromato basico e la reazione deve in questo caso rappresentarsi
coll'equazione
3(Cu 0 S0% 5H* 0) + (NH*)« 0 Cr 0^ + iNR^ = (Cu 0)^ Cr 0^ 2W 0 +
+ 3(NH*)* 0S0« + H* 0.
« Infatti adoperando
gr. 0,7485 di CuS0*5H«0
gr. 0,1524 di (NH*)*CrO*
gr. 0,068 di H« N
si ottenne
gr. 0,375 di (Cu 0)^ Cr 0^ 2 acq.
mentre la soprascritta equazione ne richiede gr. 0,3749 ed il liquido filtrato
era scolorito. Un'ultima prova che in prima fase di reazione si forma vera-
mente il dicromato di rame ^ ha nel seguente fatto.
ft Se si tratta del cromato basico di rame con acido cromico, si ha una
soluzione completa solo quando i pesi dei due composti stanno nei rapporti
(Cu Oy Cr 0^ 2 acq + 5Cr 0^ = 3Cu 0 Cr« 0«.
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— 600 —
e In questa soluzione non esìste acido cromico libero perchè Tacqua
ossigenata neutra non dà Tacido percromico.
e Ho tentato di separare il di<»romato di rame evaporando la soluzione
a bagno maria ; si ottiene una massa amorfa, solubile parzialmente nell'acqua,
e nella soluzione acquosa si trova libero dell'acido cromico riconoscibile col-
l'acqua ossigenata neutra. La stessa decomposizione ha luogo evaporando la
soluzione nel vuoto sull'acido solforico, e da questo posso confermare l'osser-
vazione di Freese (Gmelin Eraut voi. Ili, p. 698) in contradizione colle
esperienze di Dròge (Jah. 1857, p. 248) il quale dice di avere ottenuto un
dicromato di rame cristallizzato che coUa bollitura con acqua forma il cromato
basico.
L'aggiunta di alcole alla soluzione acquosa di dicromato ramico fa de-
positare lentamente una polvere verde-giallo-bruna, che è per la massima
parte ossido di cromo, mentre il rame passa in soluzione sotto forma di ace-
tato. La spiegazione più semplice di questo fatto è che si formi di nuovo
coU'aggiunta di alcole il cromato basico e l'acido cromico messo in libertà
ossidi l'alcole trasformandolo in acido acetico « .
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
Kehrli e Gauchat. Il Canzoniere provenzale vaticano 3207 (E).
Presentata dal Socio Monaci.
L. Balbiano. Sopra alcuni derivati monosostituiti del piraiolo e sui
composti idrogenati che ne derivano. Presentata dal Socio Gannizzaro.
C. Viola. // principio del minimo lavoro di deformazione. Presentata
dal Socio Cremona.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Tabarrini, relatore, a nome anche del Socio Tommasini, legge
Belazione colla quale approvasi l'inserzioiie negli Atti accademici della
Memoria del pro£ Cipolla, intitolata: Una congiura contro la Repubòlica
di Venezia negli anni IS22'1529.
Le conclusioni della Commissione esaminatrice, messe ai voti dal Presi*
dente, sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
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— 601 —
PRESENTAZIONE DI LIBIH
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra queste il Voi. I dei Discorsi parlamentari di Marco Minghetti^
raccolti e pubblicati per deliberazione della Camera dei Deputati^ e un
discorso : Sopra la scuola delle leggi romane in Ravenna ed il Collegio dei
giureconsulti ravennatij offerto dall'autore avv. Valentino Bivalta.
Lo stesso Segretario presenta inoltre il nuovo volume delle Relazioni
diplomatiche della Monarchia di Savoia dalla prima alla seconda restaura-
zione (1559-1814) pubblicate da A. Manno, E. Ferrerò e P. Vayra, nella
Biblioteca Storica Italiana^ edita per cura della B. Deputazione di Storia^
Patria di Torino, e ne discorre. Il volume riguarda le relazioni colla Francia,
e contiene il fine della legazione del barone Perrone, e la legazione del
marchese di Entremont, l'uno e l'altro ambasciatori del re Vittorio Amedeo II
a Parigi.
n Socio Schupfer fa omaggio deUa pubblicazione del prof. Luigi Ghiap-
pelli intitolata : Lo Studio bolognese nelle sue origini e nei suoi rapporti
colla scieiUa pre-Irneriana e ne discorre.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Carutti le^e il seguente elenco dei lavori presentati per
cwicorrere ai premi del Ministero per le scienze storiche 1887-88:
1. Bersi Luigi Adolfo. Seno fonte ^ la spedizione di Ciro commentata{sb,).
2. Bustelli Giuseppe. Sulla decollazione di Francesco Bussone conte
di Carmagnola (st.).
3. Casagrandi Vincenzo. 1) Storia e archeologia romana (st.). —
2) Lo spirito della storia d'occidente, parte I (st.).
4. Colombo Elia. Gli Angioini^ re Renato e duca Giovanni in
Italia (ms.).
6. Cusumano Vito. Storia dei Banchi della Sicilia. I Banchi pri-
vati (st.).
6. Glanandrea Antonio, l) Della signoria di Francesco Sforza nella
Marea secondo le memorie e i documenti dell archivio settempedano (st.).
2) Il pidazzo del Comune di Jesi (st.).
7. Mantovani Gaetano. // territorio sermidese e limitrofi (st.).
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— 602 —
8. Pais Ettore. Stràboniana. Contributo allo sttidio delle fonti della
storia dell'amministrazione romana (st)*
9. Paravicini Tito Vespasiano. L'Abazia di Chiaravalle mila-
.^Mse (ms.)
10. Sansone Alfonso. La rivoluzione del 1820 in Sicilia (st).
11. Sanesi Giuseppe. Stefano Porcari e la sua congiura (st)-
12. Saviotti Alfredo. Pandolfo Collenuccio umanista pesarese del
secolo XV (st.).
13. ScHiPA Michelangelo. Storia del Principato longobardo di Sa-
lerno (st).
14. Anonimo («0 magna vis yeritatis quae contra hominnm ìngenia,
calliditatem, soUertiam, contraque fictas omnium insidìas, facile se per se
ipsa defendit ». Cic. prò M. Cael. XXVI, 63). — A. Gabinio e ismi pro-
cessi (ms.).
15. Anonimo (Poco spero e nulla chiedo), l) Sul significato politico
delle tre principali congiure fatte nel secolo XV (ms.). — 2) Della ditta-
tura romana e dei limiti suoi rispetto al tribunato della plebe (ms.).
16. Anonimo (Pro veritate). Ricerche sulla storia civile del Comune
di Cremona fino al 1334 (ms.).
Concorrenti al premio del Ministero per le scienze filologiche.
Premio non conferito e rimesso a concorso sul tema fisso:
Bibliografia e critica degli scritti in poesia latina che comparvero in Italia nel-
VXI e XII secolo, — Osservazioni nella lingua adoperata in cotesti scritti e sulla in-
fluenza che ebbero i poeti latini classici in quei due secoli di decadenza.
Scaduto il 30 aprile 1888.
Ronca Umberto.
CORRISPONDENZA
11 Segretario Carutti dà comunicazione della corrispondenza relativa
al cambio degli Atti.
Bingraziano per le pubblicazioni ricevute :
La B. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli ; la So-
cietà archeologica di Londra; l'Università di Strasburgo.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
L*L Accademia Leopoldina di Halle e T Università di Greifswald.
D. C.
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— 608 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELiLA R, ACCADEMIA DEI LINCEI
ADUNANZA SOLENNE DEL GIORNO 27 MAGGIO 1888
ONOKATA DALLA PRESENZA DELLE LL. MM. IL BE E LA BEGINA
E DALLE LL. AA. RR. IL PRINCIPE DI NAPOLI
E LA DUCHESSA DI GENOVA
Relazione del Presidente Y. Brioschi
Augusto Sire, Graziosissima Begina, Principe, Altezza Beale,
e Onorato anche in questo anno di potere esprimere, in nome dell'Acca-
demia, i più fervidi voti di felicità per la famiglia Beale ; giustamente orgo-
glioso di dovere qui, alla presenza delle LL. M. e di una tanto gentile e
colta assemblea, esporre quale fii nelle sue linee generali Tattività scientifica
dell'Accademia dall'ultima adunanza solenne, non dissimulo però che l'animo
mio nutre la fiducia di una larga benevolenza di tutti i presenti.
« E di questa invocata benevolenza ecco una speciale ragione. Io mi
rammento che molti anni sono, forse con poca carità, ma non senza spirito,
dicevasi, e si è anche scritto, di un eminente letterato francese «» qu'il com-
men^ait par faire sa phrase et pensait ensuite à ce qu'il mettrait dedans » .
« Ora io mi trovo nella situazione opposta, e non sentendomi l'autorità
di pronunciare o di ripetere quella fiera interruzione — tanto peggio per la
firase — attribuita al conte di Cavour dallo storico Beumont nell'ultima sua
opera — sento d'altra parte che la cura della frase o per dir meglio della
forma mi è resa pressoché impossibile dall'affollarsi alla mia mente di quel
complesso di nuove ricerche, di nuovi fatti, di nuove idee, delle quali posso
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 78
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— 604 —
parlare senza immodestia non essendo opera mia, ma bensì quella dei miei
egregi Golleghi, e di mia eletta schiera di giovani scienziati italiani che trova
in mezzo a noi la più festosa accoglienza.
a Questa, potrei dire moderna funzione delle Accademie scientifiche, di
offrire cioè il mefto ai giovani cultori delle scienze di pubblicare i loro lavori
riconosciuti degni, incoraggiandoli e sostenendoli così nei primi passi di una
carriera la quale non potrà mai dare ad essi che quelle prime soddisfazioni
intellettuali e morali, ha una importanza, forse non ancora adeguatamente
apprezzata, ma che ha certamente contribuito, e contribuisce al progresso
scientìfico presso ciascuna nazione.
e Non è dato a molti il conoscere da vicino quanta influenza possa avere
suir avvenire di un giovane che si destina al culto della scienza, la parola
benevola ma schietta di chi ha già acquistato qualche rinomanza in essa.
Fra le bellissime lettere di Carlo Darwin, che la venerazione del figlio ci ha
posto in grado di leggere, e nelle quali si rimane in dubbio se ammirare
più le squisite qualità dell'animo o le superiori dell' intelligenza di quell'uomo
che oramai tutto il mondo civile ha consacrato come il più grande scienziato
di questo secolo, una ve n'ha che dipinge al vero le dubbiezze, le perples-
sità di un giovane modesto.
« Essa è diretta al celebre botanico Henslow. Il Darwin era presso a
compiere il ventinovesimo anno di età ed era da pochi mesi di ritomo da
quel viaggio sulla nave della marina militare inglese the Beagle^ viaggio
durato cinque anni e che aveva deciso del suo avvenire.
» Se io vivrò anche fino agli ottanta anni, scrìve il Darwin, mi mera-
« vigilerò sempre d'essere divenuto un autore. Fino a pochi mesi prima della
tt mia partenza avrei pensato essere questa eventualità così poco probabile
« come quella di essere trasformato in un angelo. È a voi, caro Henslow,
a che io devo questa meravigliosa metamorfosi » .
« Tutti i rami delle scienze naturali trovansi rappresentati nelle nostre
pubblicazioni dell'anno; la Fisica e la Chimica diedero un maggiore numero
di comunicazioni, altri rami, quali la Zoologia, l'Anatomia comparata, la
Mineralogia, la Fisiologia, la Patologia, memorie più estese.
« Un giovane naturalista, il dott. Alfonso Sella, figlio dell' illustre ed
amato mio predecessore, ha presentato all'Accademia uno studio completo del
minerale scoperto alcuni anni sono dal nostro Collega Struever e che porta
il nome di Sellaite, Il lavoro del Sella fu giudicato importante per fatti nuovi,
accuratamente constatati e coscienziosamente descritti; condotto seguendo il
nuovo indirizzo sperimentale degli studi mineralogici.
« Un secondo giovane mineralista, il dott. Ettore Artini, ha inviato due
interessanti lavori di mineralogia e di cristallografia relativi il primo alla
Natroliie della regione Veneta, l'altro al minerale denominato Epidoto
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— 605 —
dell'Elba. I giudici di questi lavori, i Colleglli Gessa e Struever conchiudono il
loro rapporto dichiarandosi lieti di yeder sorgere nel nostro paese un altro
giovane mineralista, il quale non solo osserva e sperimenta con cura, ma
applica alle sue osservazioni metodi esatti di calcolo e le espone in modo
chiaro e conciso.
« Infine un altro giovane cultore della mineralogia, che pur segue le
orme di un padre illustre, il dott. Eugenio Scacchi in collaborazione col prof,
di chimica Francesco Mauro presentavano uno studio chimico e cristallografico
sui composti denominati fluossimolibdati ammoniciy studio nel quale i Gol-
leghi Gannizzaro e Struever riscontrarono fatti importanti per la chimica pura
non solo ma anche per la teoria dell' isomorfismo. Mi limito ad accennare
appena le comunicazioni del dott. Montemartini, sulla composizione chimica
e mineralogica di alcune roccie serpentinose ; del dott. Keller sulle roccie
magnetiche dei dintorni di Roma, del Socio Struever sui giacimenti minerali
di Val d'Ala in Piemonte, del dott. Artini e del Socio Gessa intomo la Sa-
vite ; per passare tosto ad una delle più importanti Memorie pubblicate nel-
l'anno la quale porta il titolo : Anatomia comparata dei Tisanuri e consi-
derazioni generali sulla organizzazione degli insetti. Il prof. Grassi, nostro
Socio corrispondente, autore della medesima, fa precedere il suo lavoro da
una introduzione nella quale dà prova di molta dottrina e di un non comune
acume di esame e dì critica intorno ai metodi ed alle dottrine seguite da
altri naturalisti. « A chi guarda superficialmente, scrive il Grassi, può sem-
tf brare che il metodo della morfologia sia stato ben determinato, e già da
ft parecchio tempo; anzi v*ò chi crede non occorra ritornare suir argomento.
« Per certo \ evoluzione viene generalmente riconosciuta come punto di par-
li tenza di ogni ragionamento morfologico, e si sa che le conclusioni possono
« scaturire dalla paleontologia, dalla zoologia, dall'anatomìa comparata e dalla
« embriologia. I disaccordi cominciano però subito quando si tratta di trovare
e il movente della trasformazione, per esempio di un dato sistema organico,
« allora la via che si prende è differente a seconda che si adotta Tuna o
« l'altra delle varie teorie proposte per spiegare revoluzione. Queste difScoltà
tf crescono ancora quando si tratta di stabilire il peso che si deve concedere
« alle singole materie sopranominate nel determinare una speciale trasforma-
« zione. Infine la quistione si complica ancora più perchè l'enorme varietà
tf deUe forme e delle disposizioni non lascia di leggeri distinguere l'acces-
« serio dal principale, non permette cioè dì stabilire, con sicurezza indiscu-
« tibile, delle norme sul valore che meritano i singoli fatti « .
K Esposto così con molta lucidezza lo stato della quistione dal punto
di vista della scienza moderna il prof. Grassi aggiunge : « La meta del mor-
ie fologo è ben definita : ricostruire l'albero genealogico degli animali e dei
« vegetali, per poi intuire le leggi che regolano la discendenza e concorrere
« a spiegare l'organizzazione dei singoli esseri viventi » .
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« Più avanti, schierandosi, per raggiungere quella meta, fra i zoologi i
quali inducono le loro conclusioni non dallo studio di un solo sistema organico,
ma basandosi sulla intiera organizzazione, osserva come anche per questi ultimi
rimanga a decidersi sulla scelta delle forme a studiare. E prendendo ad esempio
gli insetti scrive : « V ideale sarebbe di studiarli tutti quanti e compararli
« Tuno coir altro ; certamente il risultato sarebbe il migliore, ma chi mai
« potrebbe assumere lo studio di più di duecento mila insetti, che a tanti
tf appunto sommano gli insetti finora noti alla scienza? * Conchiude il Grassi
coir illustre morfologo Gegenbaur, nostro Socio straniero, che bisogna consi-
derare tutti i sistemi organici, bisogna prescegliere le forme primitive.
« Deve TAccademia alla signora Margherita Traube-Mengarini alcune
interessanti ricerche sui gas contenuti nella vescica natatoria dei pesci. iLa
esistenza e la orìgine di questi gas era già nota nel secolo scorso, ma suc-
cessivamente non piccolo numero di fisiologi si occupò della quistìone, la quale
poteva dirsi pochi anni sono, cioè nel 1870, giunta, dopo le esperienze di
Moreau, a quanto ne scrìve Paul Bert nelle sue lezioni sulla respirazione:
« Il se fait dono dans la vessie natatoire une vérìtable sécrétion d'oxigène
e aux dépens du sang « .
« L'autrìce dimostra, già dal principio del suo lavoro, la sua estesa col-
tura rìferendo brevemente le esperienze e le opinioni di oltre quaranta natu-
ralisti i quali si occuparono dell'argomento ; e condotta dall'accurato esame, passa
a stabilire quali altri desiderata sperimentali potessero occorrere per risolvere il
problema postosi da Moreau : d'onde provenga l'aria della vescica natatoria. Le
nuove esperienze, che non mi è possibile di qui descrivere, sono condotte con
molta sagacia e conoscenza del metodo ; esse non confermano che in parte i
risultati di Moreau o per dir meglio, ne limitano il campo, aggiungendo nuovi
fatti, i quali secondo il procedimento scientifico moderno, portano luce sopra
altri aspetti della questione.
e Altri lavori anatomici, fisiologici o di rami afBni dovrei ora citare,
quali, ad esempio, quello del dott. Fusari di Pavia, Intorno alla finaanor
tomia dell'Encefalo dei Teleostei; gli studi sul sangue del prof. Mondino di
Palermo ; non che le comunicazioni dei Colleghi Meriggia, Mosso, Tommasi-
CrudeU ed altri. Ma chiedo venia a questi ultimi ed a tutti i Colleghi
della Classe se : prefissomi quest'anno di porre in evidenza quale sia l'aiuto
che l'Accademia offire alla nuova generazione che si destina al culto della scienza,
e come da ogni parte d'Italia questo aiuto sia accolto ed apprezzato dai gio-
vani scienziati, io debba limitare specialmente questi brevi cenni alle opere loro.
« 11 vasto campo della Fisica fu in quasi tutte le sue parti percorso
nell'anno da trenta comunicazioni all'incirca presentate all'Accademia.
K Bicorderò dapprima un lavoro sperimentale condotto con molta cura e
precisione presentato dal dott. Mengarini col titolo: Il massimo d'intensità
luminosa dello spettro solare, È noto che circa sessanta anni or sono il padre
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della spettroscopia, Fraonhofer, era giunto alla conclusione che il massimo
potere illuminante nello spettro solare si trova nel giallo medio, cioè ad un
dipresso nel centro dello spazio occupato dalla luce gialla. Il Mossotti, di
cui il nome non posso pronunciare senza aggiungere una parola di riverente
affetto, il Mossotti dedusse dalle misure del Fraunhofer, col mezzo dell'analisi
matematica, quale dovrebbe essere la distribuzione deirintensità luminosa
nello spettro di diffrazione e trovò che il massimo d'intensità deve trovarsi
a metà distanza fra le righe D ed E, e che la curva dell'intensità deve ca-
dere simmetricamente dalle due parti del massimo. Ma col progredire delle
ricerche sperimentali sull'argomento, i primi risultati del Fraunhofer dovettero
subire qualche modificazione, specialmente rispetto alla costanza del fenomeno.
Le nuove esperienze del dott. Mengarini danno ragione di questi dubbi, e
conducono a dimostrare che la intensità luminosa relativa delle diverse regioni
dello spettro è variabile di giorno in giorno e d'ora in ora anche con cielo
costantemente sereno e con aria tranquilla; che nello spettro solare prismatico
esiste un massimo d'intensità nel giallo, ma che esso non ha una posizione
fissa; che infine nelle ore pomeridiane il massimo d'intensità luminosa è
generalmente meno accentuato che nelle antimeridiane.
« Ed ancora allo spettro solare si riferiscono alcune interessanti ricerche
sperimentali del Socio 6ovi intorno le quali egli intratteneva di recente l'Ac-
cademia. La presenza delle linee oscure dello spettro solare indicando la man-
canza di certi colori nella luce del sole, il Socio Govi pensò che avrebbero
potuto esservi corpi i quali non valendo a diffondere (almeno in quantità con-
siderevole) altra luce colorata, se non qualcuna di quelle che mancano al
sole, illuminati quei corpi da esso sarebbero apparsi neri, grigi, o di tutt'altra
tinta di quella che avrebbero potuto assumere rischiarandoli con una luce
artificiale appropriata. Sperimentando su diverse materie, ebbe la fortima di
imbattersi nel minio, nel bijoduro di mercurio, ed in qualche altra sostanza,
che alla luce solare appariscono di un bel colore aranciato o di un rosso scar-
latto, mentre illuminati dai vapori incandescenti del sodio si mostrano giallo-
chiari e pressoché bianchi.
« Il Socio Govì conchiude da queste sue sperienze potersi sperare la
scoperta dì molti altri corpi colorati di colori ignoti fin qui e che egli pro-
pone di chiamare latenti perchè non ponno manifestarsi alla luce del sole.
« Il dott. Battelli di Torino ha inviato all'Accademia tre lavori speri-
mentali, i primi due sulla termoelettricità del mercurio e sulla termoelet-
tricità delle amalgame, il terzo sul fenomeno Thomson nel nikel. La natura
di questi interessanti lavori non mi permette che di farne menzione, mentre
sarei costretto a troppi particolari per rendermi chiaro. Bisulta però dai me-
desimi, e questo non voglio tacerlo, come i lavori di questo giovane fisico
sieno apprezzati fuori d'Italia ed in modo speciale dall'eminente fisico in-
glese sig. Tait.
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« Lavoro di lunga lena è quello presentato dai dott. Vicentini ed Omodei,
Sulla dilatazione termica delle leghe di piombo e stagno allo stato liquido.
Le loro esperienze si estendono a cinque leghe di piombo e stagno, nelle quali
la composizione centesimale in peso dei due metalli varia da 64 a 36 per
cento, a 13 e 87. Allo studio propostosi della dilatazione termica allo stato
liquido fecero precedere quello della densità delle leghe allo stato solido, della
loro temperatura di fusione, della loro densità alla temperatura di fusione,
e della variazione di volume airatto del loro cambiamento di stato per giun-
gere infine al risultato, che le cinque l^he hanno allo stato di perfetta fu-
sione un coefficiente di dilatazione eguale a quello che si può calcolare coi
coefficienti di dilatazione dei metalli che le compongono.
ft Le ricerche sperimentali del prof. Ascoli sopra alcune relazioni fra
l'elasticità e la resistenza elettrica dei metalli, limitando un problema finora
studiato con poco frutto, condussero Tautore a stabilire alcune conclusioni
che acquistano importanza dalla difficoltà dell'argomento. Esse sono : ogni causa
che modifica F elasticità modifica anche la resistenza elettrica dei metalli;
ad ogni stato elastico normale corrisponde uno stato normale per la resistenza
elettrica; in generale questa diminuisce all'aumentare della elasticità.
« Se non temessi di abusare della bontà di chi m'ascolta, e troppe altre
cose non avessi a dire, mi sarebbe grato il menzionare ancora la bella Me-
moria del prof. Righi: Sulla conducibilità calorifica del bismuto posto in
un campo magnetico ; quella : Sulla resistenza elettrica delle amalgame di
sodio e di potassio del dott. Grimaldi; Taltra d'argomento afSne del dott. Gerosa;
lo studio del dott. Keller: Sulla deviazione del filo a piombo prodotta dal
prosciugamento del lago di Fucino ; l'interessante lavoro d'ottica matematica
del dott. Viola, Sulle lamine sottili anisotrope colorate nella luce polariz-
zata parallela ; e non dovrei arrestarmi qui, che le comunicazioni del Violi,
del Grablovitz, del Cardani, del Cantone e di altri non potrebbero essere
dimenticate.
e Anche le comunicazioni relative alla Chimica e specialmente alla Chi-
mica organica furono numerose e dovute a giovani professori delle nostre
Università, quali il Ciamician, il Balbiano, • ed a giovani chimici come il
Nasini, il Magnanini, il Menozzi, il Coppola ed altri.
« Ma tacerò di esse come delle astronomiche, desiderando rivolger^ tosto
l'attenzione dell'Assemblea ai lavori della Classe di scienze storiche e
filologiche, ed in primo luogo ai lavori archeologici. Già due anni or sono io
annunciava che per aderire al desiderio manifestato dai cultori dell'archeo-
logia in Italia ed all'estero, l'Accademia aveva stabilito di iniziare una pub-
blicazione speciale comprendente le notizie relative ai risultati dei nuovi scavi.
Infatti da oltre un anno si compie da essa una pubblicazione mensile col
titolo: Notizie degli scavi di antichità, comunicate alla B. Accademia dei
Lincei per ordine di S. E. il Ministro della pubblica istruzione.
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« Per fonnarsi un concetto chiaio di questa pubblicazione giova pre-
mettere che ritalia, archeologicamente parlando, è divisa in tredici regioni,
cioè : Latium et Campania, Apulia, Lucania et Brutiij Samnium et Sabina,
Picenunij Umbria^ Etruria, Cispadana, Liguria, Venetia, Transpadana,
Sicilia, Sardinia; e che in ciascuna di queste regioni la direzione generale
degli scavi ha rappresentanti o dipendenti, i quali sorvegliano e curano gli
scavi da essa ordinati, ed hanno diritto di sorveglianza sopra scavi i quali
fossero intrapresi da privati, o da corpi morali. Ogni scavo, ogni oggetto sco-
perto, è descritto, e disegnato se occorre, da quelle stesse persone; descri-
lione e disegni sono inviati alla direzione degli scavi del Ministero e da essa
comunicati mensilmente all'Accademia, la quale come già dissi, con una spe-
ciale pubblicazione mensile porta a cognizione degli archeologi una raccolta
di &ttì quale nessun'altra nazione potrebbe dare. E sebbene dalla mole di
un libro nessuno vorrà arguire del suo valore, pur siccome essa ha un certo
peso in una pubblicazione intesa a diffondere notizie di fatto ancora più che
ad illustrarle, aggiungerò, colla fatta riserva, che i dodici fascicoli di Notizie
degli scavi, pubblicati nell'anno di cui mi occupo, formano un volume di
circa 700 pagine, con 37 tavole, oltre i molti disegni intercalati nel testo,
ft Queste poche indicazioni potrebbero già essere sufficienti per compren-
dere il favore che la pubblicazione delle notizie ha incontrato presso i dotti
d'Europa; ma non basta al mio scopo, che pel momento è di precisare meglio
fin dove spingasi nella pubblicazione attuale la illustrazione delle fatte sco-
perte, per concldudere con una nuova aspirazione delF Accademia a maggiore
incremento di questi studi.
e Biferirò rapidamente qualche esempio. È noto che nella regione VII.
Etruria, presso Orvieto, esiste una vasta necropoli etnisca la quale occupa
tutto il monte intomo alla rupe della città, si estende nella valle, risale i
colli circonvicini, e daUa parte di sud-ovest si dirama in direzione del lago
volBiniese (0- Or bene in uno dei rapporti dei sigg. Cozza e Pasquì, addetti
ai lavori per la Carta archeologica deirEtruria, si legge: « Gli scavi fatti ese-
« guire dal Ministero della pubblica istruzione nella necropoli nord di Orvieto,
<< oltre ad avere portato notevole sussidio alle ricerche topografiche sulle tombe
« della città etnisca , ed avere aggiunto nuovo materiale alla epigrafia dei
« sepolcri ed alla loro speciale struttura, portarono in luce elementi tali, per
i( cui lo studio della suppellettile funebre rinvenuta, condurrà a stabilire con
a sufficiente precisione, quale fosse il corredo di vasi che nelle singole tombe
« di quel tempo e di quella località solevasi deporre. Innanzi di dimostrare
tf il risultato di tale osservazione, giova mettere sottocchio la numerosa suppel-
« lettile raccolta, e ciò faremo disponendola a forma di catologo, rispondente
« ai numeri dì ciascuna tomba delineata nella tavola, descrivendo brevemente
{}) Notìzie degli scavi di antichità. Settembre 1887.
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« il carattere e lo stato di conservazione di ciascun oggetto, e se questo lo me-
« riti, ricorrendo per maggiore chiarezza a disegni». ^
« Segue il catalogo degli oggetti rinvenuti distinti per tomba e corre-
dato da cinque tavole di disegni. La necropoli, le tombe, le iscrizioni, sono
illustrate in uno scritto del comm. Gamurrini che precede quel rapporto, scritto
esso pure corredato da opportuni disegni.
tf Altra importante necropoli nella stessa regione Etruria è quella di Ye-
tulonia, dalla quale provengono molti fra quegli oggetti che si ammirano nel
Museo etrusco di Firenze. Devesi al cav. Falchi ispettore degli Scavi Tavere
riconosciuto sul poggio di Colonna presso Grosseto, i resti della ricercata città
etnisca Vetulonia, e di aver diretti gli scavi in quella necropoli, scavi che
diedero frutto scientifico anche superiore all'aspettativa.
• Gli scavi eseguiti nell'anno 1886 furono altresì argomento ad una rela-
zione del nostro egregio collega Helbig, pubblicata nel Bullettino dell'Istituto
archeologico germanico; le nuove scoperte, e specialmente quella della tomba
denominata del Duce, sono descrìtte e disegnate coi maggiori particolari nella
Memoria del Falchi pubblicata in un fascicolo delle nostre Notizie d^li scavi.
tf II ricco deposito di oggetti votivi appartenenti ad un tempio del terri-
torio Atestino, oggetti acquistati per la pubblica collezione di Este, forma
aigomento di una dotta dissertazione del prof. Gherardini, nella quale sono esa-
minate e descritte minutamente le quattro suddivisioni principali della colle-
zione, cioè le iscrizioni euganee, le antichità figurate, gli oggetti di ornamento
e gli utensili, infine le monete. Questo lavoro è corredato da undici tavole
di disegni.
« Una scoperta modesta rispetto alle precedenti, ma la quale pel modo di
sua illustrazione nelle Notizie può trovar posto &a esse, consiste nei frammenti
di iscrizione in cippo marmoreo, estratti dall'alveo del Tevere, presso la sponda
di Marmorata. Questi frammenti di una epigrafe onoraria a L. lulio luliano,
Prefetto del Pretorio, e Prefetto dell'Annona, diedero occasione al nostro Socio
corrispondente Barnabei di descrivere in una sua Memoria la lunga carriera
percorsa da questo personaggio dal tempo della guerra Partica sotto Marco
Aurelio e Lucio Vero, fino all'anno 189 sotto l'impero di Commodo, nel quale
anno luliano fu ucciso per ordine dell'istesso imperatore.
« Vari altri esempi potrei rintracciare nelle pubblicazioni dell'anno di
lavori illustrativi di scavi, i quali oltrepassando i limiti di una semplice notizia
costituiscono memorie originali di archeologia, anche perchè vi si trovano rife-
rite e discusse le opinioni di altri dotti nazionali o stranieri sui spedali
argomenti.
« Ma egli è facile il comprendere che non tutti gli scavi, non tutte le
scoperte che da essi ci si rivelano, hanno la medesima importanza scientifica ;
e che d'altra parte gli uomini egregi preposti dalla direzione generale alla
sorveglianza degli scavi, avvenuta una scoperta di qualche rilievo, devono rima-
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nere perplessi se descriverla esattamente, disegnarne quanto occorre, e comu-
nicarla tosto, oppure attendere di averne fatto uno studio completo.
« Da questa perplessità panni possa nascere un desiderio o quella aspi-
razione alla quale io alludeva pocanzi. Si continui la pubblicazione delle
Notizie degli scavi di antichità, della quale il paese deve essere grato al
chiaro Collega ricreili, colla forma sciolta e rapida introdotta da oltre un anno ;
ed accanto ad essa sorga col titolo di Bollettino archeologico, o con altra de-
nominazione poco importa, una seconda pubblicazione nella quale sciegliendo,
fra quella che chiamerei materia prima delle notizie, le scoperte che più inte-
ressano la scienza, la storia, Tepigrafia, l'arte; le elabori nuovamente e le pre-
senti ai dotti del mondo come un celebre Istituto straniero esistente in Roma
dava a noi fino a pochi anni or sono T esempio. La selezione, la nuova elabo-
razione, dovrebbero essere affidate agli archeologi delV Accademia.
fc L'epigrafia forma parte delV archeologia; non mi discosto quindi dal-
l'argomento ricordando una pubblicazione intrapresa già da qualche tempo dal-
l'Accademia e compiutasi in quest'anno.
« È il primo dei volumi destinati a completare la parte che riguarda
l'Italia del Corpus inscriptionum latinarum edito per cura dell'Accademia
delle Scienze di Berlino. Questo nostro volume forma supplemento al quinto
dell'opera di Berlino, il quale comprende le iscrizioni della Gallia Cisalpina
pubblicata dal nostro illustre collega Mommsen. E devo tosto soggiungere
essere stato sotto la direzione dello stesso Mommsen, a cui l'Accademia è
grata della sua presenza oggi in mezzo a noi, che il prof. Ettore Pais dopo
avere perlustrato tutta l'Italia superiore dall'Alisia al Varo, ordinò ed illustrò
il copioso materiale raccolto seguendo la stessa distribuzione del Corptcs in-
scriptionum.
« La nostra opera porta per titolo: Corporis inscriptionum latinarum
supplementa italica, e questo primo volume sarà seguito da altri corrispon-
denti ai sei volumi della grande opera Berlinese che riguardano l'Italia.
Così per la parte epigrafica può dirsi già attuato, per opera del mio prede-
cessore e per consiglio del Collega Mommsen, il concetto di pubblicazioni
speciali accanto a quella delle Notizie sugli scavi che mi permisi or ora
accennale.
tf Molto avrei a dire rispetto al contributo che anche in quest'anno die-
dero gli studi storici alle nostre pubblicazioni, ma ognuno comprende per quale
ragione io debba limitarmi a qualche cenno. Il Collega Tommasini per rispon-
dere, almeno, in parte, ad un desiderio recentemente espresso dal Villari che
un Cedex diplomaticus Urbis Bomae possa ristabilire quella catena di anelli
dai cui pochi frammenti mal si può connettere la storia medievale di Boma,
ha pubblicato nei nostri Atti : Il Registro degli officiali del Comune di Roma
esemplato dallo Scribasenato Marco Guidi. « Questo, che ora pubblico, scrive
« il dotto Collega, non è atto solenne , né documento giuridico. È tuttavìa
Rendiconti. 1888, Vol. IV. !<> Sem. 79
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« vestigio di fatto certo, e registro ufficiale : è documento sconosciuto al Yen-
> dettini, al Vitale, ai più recenti storici della città di Boma, non menzio-
« nato dal Giorgi biografo di Niccolò V ; citato di sfuggita nell'opera recen-
« tissima del Pastor che lo indica senza fame esame e trame profìtto. Noi
« abbiamo innanzi, continua, un catalogo d'officiali del Comune di Boma al
« tempo di Niccolò Y, esemplato da uno scribasenattis di sua propria mano,
« per commissione di Callisto III, che succedette a quel pontefice. Abbiamo
« inoltre, e della istessa mano, la prima tratta de' nuovi officiali deputati da
« papa Calisto, designati secondo il rione cui appartennero e secondo il loro
a particolare officio. Vedremo com'egli sia per lo storico qualcosa di meglio
a che una sterile fila di nomi » .
« E di questa affermazione dà piena prova il Tonmiasini nel suo scritto,
dimostrando sotto vari aspetti il partito che egli seppe trarre da quel docu-
mento per portar luce sui rapporti fra il Papato ed il Comune di Roma per
quanta fosse la mutabilità dei medesimi.
« La Giustisia e Y Ingiustizia dipinte da Giotto nella cappella degli Scro-
vegni a Padova è il titolo di una Nota storica del Socio corrispondente Lum-
broso. La rappresentazione della Giustizia, egli osserva, è chiara, manifesta,
e pienamente intelligibile nelle sue linee principali e secondarie; ma quel-
l'uomo che Giotto ci dà come tipo della Ingiustizia, donde mai viene, dove
ricomparisce, chi sarà mai? E l'autore pensa che una prima risposta a quelle
sue domande si possa rintracciare in due testi: l'uno nella notificazione di Cola
di Rienzo ai Fiorentini, l'altro in una delle Prediche Volgari dette da San Ber-
nardino nella piazza del Campo in Siena, cioè che l'uomo di Giotto sia uno
di quei rectores raptores illustrati da quelle scritture.
« Il Collega Le Blant continuava i suoi studi sui primi cristiani, comu-
nicando all'Accademia 'un suo lavoro col titolo : Les prèmiers chrètiens et le
démort] il Socio Schupfer le sue ricerche storico-giuridiche presentando una
poderosa Memoria, Sulla legge romana vdinese^ ed una seconda, Sull'editto
di Teodorico ; ma queste comunicazioni, come le filologiche, i Frammenti
copti del collega Guidi, i Carmina Samaritana del prof. Men di Heidel-
berg, gli Studi catalani del Parodi, ed altre devo sagrificare al desiderio
d'essere breve. E sarei anche lieto se questo desiderio non mi si presentasse
vivo proprio ora che dovrei parlare di una eradita Memoria filosofica del
Socio Ferri, Della idea del vero e sua relazione coll'idea dell'essere^ e di
una curiosa Nota psicologica del Socio Bonatelli col titolo: Il fenomeno della
ricordanza illusoria. Mi limiterò a qualche parela sopra questo fenomeno;
ma sarei un disattento osservatore dei giudizi pronunciati all'estero sui nostri
lavori accademici se non riferissi almeno la conclusione di quello espresso
à l'Académie des sciences morales et politiques dal filosofo Franck nel pre-
sentare la Memoria del Ferri. « Il attesto chez lui, disse il Franck, un sens
« profond des plus ardus problèmes de la philosophie, et une connaissance
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« approfondie de tous les systèmes depui Platon jusqu*à Schopenhauer et à
« Herbert Spencer » .
s La scorsa notte io sognava, narra il Bonatelli, di avere occupato colla
« mìa famiglia un quartiere di certa casa situata non so in quale città. Sve-
« gliatomi e ricordando molto nettamente il mio sogno, io cominciai a chie-
« dere a me stesso in quale epoca della mia vita avessi occupato quella casa
« e in quale città. L'energia della ricordanza era tanta che dapprima non
« ebbi, anche nella veglia, il menomo dubbio di non ricordare cosa realmente
s avvenuta; soltanto non mi riusciva di rammentare la città, e Tepoca, e so-
ft lamente dopo avere percorso col pensiero minutamente tutti gli alloggi
s dove sono tornato dalla prima infanzia al dì d'oggi, ho finito con dovermi
« persuadere che quella ricordanza era falsa. Era anch'essa parte del sogno.
« Quel dato quartiere, io non solo non l'ho abitato mai, ma nemmeno ve-
ti duto. Ripensando allora, continua il Bonatelli, mosso dalla maraviglia e
K dalla curiosità alla mia vita passata, mi ricordai d'altri sogni, nei quali
« mi erano apparse quelle stesse camere e quello che è più singolare, ricordai
« che in tali sogni quell'alloggio mi s'era presentato come già abitato da
« me molti anni prima. Si tratta dunque, conclude il collega, d'una rappre-
« sentazione che nel sogno apparisce come reminiscenza, mentre non è » .
> Ho riferito quasi testualmente il sogno dell'egregio filosofo, perchè il
fenomeno che egli denomina delle ricordanze illusorie si connette a quella
serie dì fenomeni che si classificano siccome psichici, ma che in realtà, hanno
piuttosto il carattere di fenomeni fisiologici o megHo patologici, e per lo
studio dei quali, da spiriti irrequieti, altri direbbe innovatori, si preconizza
la creazione di nuove scienze. La scienza attuale non rifugge dall' esaminare
i fenomeni apparentemente estranei ad essa, quali i fantasmi del pensiero,
le azioni a distanza, i successivi stati conscienti, e così via, come avrebbe
certamente potuto fare in altri tempi pei così detti miracoli ; purché però la
osservazione, la descrizione, la misura di quei fenomeni contengano in sé le
essenziali condizioni per la ricerca del vero. Ed è nella difiBcoltà della coe-
sistenza di questi elementi, nel modificarsi del fenomeno per piccole cause,
e nella conseguente necessità di raccoglierne un grandissimo numero, che si
devono ritrovare le ragioni del lento progredire di uno studio così complesso
da abbracciare lo spirito e la materia.
« Il nostro filosofo conchiude ed io con lui, che i casi in cui sogliono
prodursi quelle che egli definisce per ricordanze illusorie, e per false rifles-
sioni, sono tali da ingenerare una vicenda rapidissima di stati psichici ; sono
casi cioè in cui la nostra sensibilità è altamente eccitata, ed il nostro si-
stema nervoso irritabilissimo.
« Morie, assai dolce ti legno, così il divino poeta. E di recente il
maggiore dei nostri poeti viventi soggiungeva: « La morte nelle sembianze
« della giovane amata è la pace: la morte è il richiamo del Signore degli
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« angeli alla sua gloria: la morte è il passaggio veracemente alla gloria
« etema ».
« Ma questa dolce immagine d^Ua morte è dessa di conforto anche a
chi sopravvive? Pur troppo questo non è, e noi siamo ogni anno costretti
di abbandonare per sempre, collabi, amici, stimati e cari; ed ò lieve tri-
buto alla fama da essi acquistatasi colle loro opere se io ricordo in questo
momento i nomi del Gozzadini, del Carrara fra i nazionali; del Eirckhoff,
dello Stephani, del Summer Maine fra gli stranieri. Ma l'Accademia non di-
mentica i propri morti e gli uomini insigni che le appartennero, ed ancora
in quest'anno essa affidava al collega Luzzatti di commemorare in speciale
adunanza la nobile figura di Marco Minghetti.
« Due premi istituiti dalla munificenza di S. M. il Be potevano essere
conferiti in questa occasione, l'uno relativo alle scienze giuridiche e politiche,
l'altro alla mineralogia ed alla geologia. I concorrenti al premio reale nelle
scienze giuridiche furono undici, e le Memorie da essi presentate di genere
assai diverso. La Commissione giudicatrice composta dei Colleghi Carle, Ca-
miti, Messedaglia, Serafini e Schupfer relatore, osserva in un elaborato rap-
porto che in generale nelle Memorie stesse « c'ò molta serietà, molto ed
« accurato studio delle fonti, molto fervore di ricerche, una certa tendenza
tt a fkre finalmente da sé, dopo tanti anni che si è scritto, bene o male,
« sulla falsariga degli altri » .
« I lavori che più degli altri hanno richiamata l'attenzione della Com-
missione sono : quello del prof. Scaduto che ha per titolo : Le relazioni tra
lo Slato e la Chiesa; l'altro del prof. Bmgi: Dottrine giuridiche degli
agrimensori romani \ infine l'opera del prof. Vivante intomo dXi^ Assicura-
zioni sulla vita.
« L'opera dello Scaduto, osserva la Commissione, è concepita molto lar-
gamente, e assume proporzioni anche più larghe di quello che si sospette-
rebbe a prima giunta; ma che del resto doveva assumere, imperocché in
quei tempi del Medio Evo la Chiesa aveva esercitato una grande autorità su
molte parti del vivere civile, che ora le sono irremissibilmente sfuggite, e
più deve averla esercitata in quel regno di Napoli che la Santa Sede con-
siderava come suo vassallo.
« Però, si legge nel rapporto, soprattutto l'epoca normanna lascia a de-
siderare ed é un'epoca che ha la sua speciale importanza come quella a cui
si riannoda tutto il movimento posteriore. E forse non bastava neanche rifarsi
dai Normanni che altri ha già richiamato l'attenzione sul Papismo Bizantino
che c'era stato nell'Italia meridionale, ed i Normanni non fecero che conti-
nuare per questa via. Altre osservazioni aggiunge la Commissione intomo la
adottata distribuzione della materia.
« Bispetto al lavoro del Bmgi così si esprime la Conmiissione : « Qui
« non abbiamo davanti a noi una storia nel senso proprio della parola, e
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« nondimeno il lavoro è un prezioso contribnto che potrà qnando che sia
« servire alla storia di quella proprietà romana, ancora così poco conosciuta,
« nonostante i molti stadi che si sono &tti intomo ad essa, e d'altra parte
« così meritevole di esserlo » .
« E dopo avere esaminato il lavoro nelle sue diverse parti così conclude :
« Tutto sommato, il lavoro dal Brugi fa fede di uno studio amoroso, paziente,
« molto coécienzioso degli scritti degli antichi agrimensori ; però è lavoro
<» ancora frammentario e l'autore stesso avverte che altre importanti dottrine
tf giuridiche contenute nei libri degli agrimensori saranno da lui esposte in
« seguito. Finora abbiamo solo a che fare con un saggio, per quanto lodevole,
« di un'opera di maggior lena, a cui l'autore sta attendendo, e così prima
« di pronunziare un giudizio definitivo è parso miglior consiglio l'aspettare,
« sperando possa condurla presto a compimento » .
« L'opera del Vivante ci trasporta in tutt' altro ordine di idee. Il campo
è qui strettamente giuridico e di tutta attualità. Si tratta di una speciale
configurazione contrattuale, che certo ha le sue radici nel medio evo, ma che
a' dì nostri ha assunto vaste proporzioni, quali certamente il medio evo non
conosceva e anche è venuta rizzandosi su nuova base.
« Il Yivante, nota la Commissione « ha scritto un libro molto pensato,
« diremo di piiu ha scritto il miglior libro giuridico che la scienza italiana vanti
« su questa materia^ che del resto non ne vanta molti ; e nondimeno anche
« rispetto ad esso sono a farsi più riserve. Il difetto che più balza agli occhi
B è la deficienza della parte economica. Un'altra cosa abbiamo indamo desi-
« derata, ed è la parte storica che pure avrebbe giovato tanto a lumeggiare
« l'istituto e collocarlo al suo vero posto ; infine considerando che le imprese
« di assicurazione sono essenzialmente imprese intemazionali, era desiderabile
« che la trattazione di questa materia fosse condotta per via di comparazione.
« Così pur tributando anche a questo lavoro gli elogi che merita, la
« Commissione non ha creduto che raggiunga veramente quel grado di asso-
« luta bontà intrinseca, che si suole generalmente esigere pel conferimento
« del premio di S. M. il Be. E d'altra parte anche questo studio, come quello
« del Brugi, è tale da accostarsi molto a queste maggiori esigenze. La vostra
s Commissione è d'avviso, che, sebbene nessuno dei due possa, allo stato attuale
« meritare il premio, nondimeno potrebbero venir messi entrambi in condi-
« zione di meritarlo, non trattandosi infine che di un lavoro di revisione.
« Ciò ch« importa è che venga completata la parte manchevole, tolte alcune
« incertezze e inesattezze, corrette le mende, in ispecie data qua e là una
« dimostrazione più sicura e persuasiva, e forse gli autori non avranno diffi-
« colta a farlo. In questa speranza la vostra Commissione ha sentito meno il
« dispiacere, che prova, di dovervi proporre che il presente concorso venga
« prorogato di un biennio. »
« L'Accademia nella seduta di ieri approvando le conclusioni di questo
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rapporto deliberava di prorogare di un biennio il conferimento di questo
premio.
tt Cinque furono i concorrenti al premio reale di Geologia e di Minera-
logia, ma credo dovermi limitare a riassumere il rapporto della Commissione
giudicatrice composta dei Colleglli Cannizzaro, Meneghini, Struever e Taramelli
relatore, rispetto ai lavori di due Ara i concorrenti, i prof/^ Carlo De Stefani
e Giorgio Spezia.
« Il lavoro presentfkto dal prof. De Stefani è un manoscritto di 1800
pagine sulla Geologia dell'Appennino settentrionale da lui percorso quasi do-
vunque. « La competenza dell'autore, dice la Conmiissione, è grande in ispecie
« per lo studio dei terreni e delle faune terziarie; ma l'ampiezza del campo
« prescelto, le molte ripetizioni alle quali l'autore è obbligato per la meno
« opportuna suddivisione dell'opera, la imperfezione della- parte grafica, sce-
« mano assai il pregio dell'ampia compilazione.
« Per quanto esteso, conchiude il rapporto, è un lavoro incompleto ed
« affrettato : mentre che l'autore col suo ingegno, colla sua operosità, colle
> cognizioni paleontologiche che lo distinguono, protrebbe condurre la sua
« opera a tal punto da riuscire una delle più importanti pubblicazioni della
« nostra letteratura geologica.
« Il lavoro del prof. Spezia è dì sole 42 pagine e tratta dei minerali
« di una miniera di Sicilia ; ma in quelle poche pagine si trovano conden-
K sate molte acute osservazioni sul loro giacimento, sulla loro formazione, e
tf sulle alterazioni da essi subita ; ed insieme importanti esperienze a sostegno
« delle ipotesi prudentemente avanzate ; se non che, a^unge la Commissione,
tf lo sviluppo deiropera, la sua forma, la trattazione crìtica e sopratutto il
« numero e la importanza dei giacimenti osservati, non corrispondono inte-
« ramente alla importanza del soggetto » .
« La Commissione opina che il termine del concorso abbia colto questi
lavori, d'altronde pregevoli, quando non erano del tutto compiuti, e propose
quindi fosse prorogato di due anni il conferimento di questo premio, alla
quale proposta annuiva l'Accademia nella seduta di ieri.
« Come vedesi il risultato dei due concorsi ai premi di S. M. il Be po-
trebbe dirsi, pel corrente anno, essere stato virtualmente favorevole, nella
attualità negativo. Nell'una e nell'altra delle discipline poste a concorso si
trovarono lavori di natura assai differente, e questo importa notare, in ciascuno
dei quali non mancavano pregi riconosciuti dalle Commissioni giudicatrici,
ma non di grado così alto da meritare l'onore di un premio istituito dal Be.
Però questo stesso risultato ci affida che nel tempo indicato l'Accademia potrà
coronare i vincitori.
« Premi di fondazione del Ministero della pubblica istruzione poteva
quest'anno conferire l'Accademia nelle scienze filologiche, e nella fisica e
chimica. Al premio per le scienze filologiche sì presentarono sei concorrenti,
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uno però di essi il quale aveva per unico titolo un volume, Tibullo^ lirica
amorosa, versione barbaro-dattilica, cioè un saggio di letteratura amena,
fu escluso dal concorso.
« La Commissione composta dei Golleghi Ascoli, Comparetti, D'Ancona,
Govi e Monaci relatore, additò con accurato rapporto due dei concorrenti sic-
come superiori agli altri e propose all'Accademia che uno dei detti premi
fosse diviso in parti eguali fra il prof. Luigi Ceci pel suo lavoro, // pronome
personale senza distinzione di genere nel sanscrito, nel greco e nel latino^
ed il prof. Bemigio Sabadini pei suoi lavori sul Guarino e sul Barbaro, pro-
poste accolte favorevolmente dalF Accademia nella adunanza di ieri.
e Liflne al premio per la Fisica e Chimica un solo concorrente presen-
tavasi con lavori di Fisica. L'unico concorrente, il prof. Stefano Pagliani,
ottenne pochi anni sono uno di questi premi, e la Conmiissione composta dei
Colleghi Blasema, Cannizzaro e Cantoni relatore, nel mentre giudica degna di
lode la operosità scientifica del Pagliani, non crede sia il caso di accordargli
nuovo premio, sia per qualche appunto fatto ai suoi lavori, ma più ancora
pel riguardo che in taluni dei medesimi si continuano argomenti e studi i
quali valsero a lui il precedente premio. L'Accademia acc(^lieva le proposte
della Commissione.
e Ecco , Auguste Maestà , Altezze Beali , Signore e Signori , quale fu per
sommi capi il lavoro accademico dell'anno. Vorrei averlo riassunto con sufB-
ciente esattezza e senza oltrepassare i dovuti limiti, sebbene conosca per lunga
esperienza quanto sia difficile il mantenervisi, se il pensiero, anche d'altri,
eccita il proprio. Nessuno io credo più comprovante esempio di quello offerto
da una augusta donna, Caterina 11% la quale mentre per ringraziare d'Alembert
dell'invio di un opuscolo filosofico, principiava la sua lettera scrivendo : « Je
« suis comme Philinte dans la comedie; j'admire et je me tais » neppure
due linee dopo, dimenticando l'ammirazione, donna d'alto ingegno come ella
era, compiacevasi nell'esamìnare, nel discutere il ma^or numero delle qui-
stioni considerate nel lavoro dell'eminente matematico.
» Nessuno però fra noi ambisce, aspira ad ammirazione. Noi ci terrenmio
ricompensati se della nostra opera collettiva si potesse dire che essa fa di
qualche vantaggio, di qualche lustro, a questa patria che amiamo.
« Presento alla famiglia Beale i più vivi ringraziamenti dell'Accademia
per essersi degnata di onorare colla sua presenza questa adunanza e cedo la
parola al Collega Comparetti » .
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1 canti epici della Finlandia.
Discorso di Domenico Comparetti.
tf In due viaggi che io feci in Finlandia nel 1884 e nel 1886, rivolsi spe-
cialmente il mio studio alla poesia popolare e tradizionale di quel paese, la
quale è singolarmente importante per talune questioni storiche e scientifiche.
Presenterò a suo tempo air Accademia il risultato de' miei studi, per com-
pletare i quali dovrò fra poco recarmi nuovamente nel nord. Intanto mi sia
lecito indicarne qui con parole quanto più potrò brevi il soggetto e lo scopo.
> C'è in Finlandia un movimento nazionale che va crescendo e prospe-
rando dai primi decenni di questo secolo ed è piuttosto intellettuale che
politico. Annesso alla Bussia come granducato autonomo, non contrastato, al-
meno oggi, ne' suoi conati di progresso, questo paese può dirsi politicamente
soddisfatto. Civilizzato dalla Svezia e da essa cristianizzato nel 12^ secolo,
fornito di ima costituzione politica simile alla svedese, con ima università
fondata nel 17^ secolo, ma essa pure svedese, la sua civiltà, la sua coltura
farono per lunghissimo tratto essenzialmente svedesi, svedese la lingua uffi-
ciale, la letteraria, quella della società superiore, rimanendo la lingua nativa,
il finlandese, solamente usata dalle classi inferiori. Ma Talito caldo del pa-
triotismo sa spirare anche nelle più fredde regioni e i moti di altri popoli
doveano pur trovare anche in Finlandia una ripercussione. Bello è vedere la
forza e la universalità di un principio fecondo estendersi da questa nostra
antica madre di civiltà fino a quella ancor virginea figlia del nord, all'e-
stremo lembo dell'Em-opa civile. Vogliono i patrioti finlandesi esser finni, non
svedesi nò russi ; lotta politica non c'è ; poiché la Svezia non può ormai più
nulla imporre loro, né la Bussia si cura punto di russificarli. Ma svellere
le profonde radici messe dalla nazionalità estera a cui la Finlandia deve
ogni suo bene civile, non era facile. Parve dapprima una chimera e lunga
lotta, non ancora cessata, si impegnò fra il partito finnico e il partito svedese.
Oggimai però la causa dei finni o dei fennomani, come li chiamano, ha
vinto. Da circa cinquantanni è nata tutta una letteratura nuova esclusiva-
mente finnica, la maggioranza dei giornali è scrìtta in questa liagua, am-
messa pur questa nell'uso ufficiale, nella università ed anche nell'uso dome-
stico di molte famiglie delle classi superiori. Tal trionfo è principalmente
dovuto al prestigio che esercitò la pubblicazione degli antichi canti nazionali
che rivelarono nel popolo finlandese una potenza poetica di cui non si aveva
idea e lo nobilitarono, non solo agli occhi altrui, ma nella sua stessa opinione.
Questi canti, anche indipendentemente dalla loro entità per quella nazione,
costituiscono un fenomeno tanto singolare e importante che fin dal primo
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loro apparire attirarono Tattenzione e lo studio di più dotti europei, studio
che è tuttavia lontano dall'essere esaurito.
« Sono questi canti tutti raccolti dalla bocca del popolo ; anche i più
lunghi e antichi furono tramandati per tradizione orale, senza mai essere
scrìtti. Non in ogni parte abitata da Finlandesi si trovano ; là dove minore
è la coltura più abbondano, e la coltura è minima fra i finlandesi della
Garelia russa, delle rive del Ladoga, dell'Onega e del governo di Archangel
presso il Mar Bianco, tutti di chiesa russa. In tutta la Finlandia già svedese
e perciò luterana, non v*ha contadino che non sappia almeno leggere, il che
se è una bella cosa ed anche per noi invidiabile, sappiamo quanto nuoccia
al conservarsi delle tradizioni popolari e presto le spenga. Fu dunque in
quelle parti di chiesa russa, più verso oriente, che i patrioti Finlandesi de-
siderosi di raccogliere le memorie della loro stirpe fecero la messe più ab-
bondante; Lònnrot principalmente e Castrén, e Sjògren, Topelius, Borenius,
Ahlquist, Krohn e più altri le visitarono a più riprese con tanta maggiore
sollecitudine che quei ricordi si vanno anche in quelle parti pian piano spe-
gnendo. I primi cercatori trovarono alcuni vecchi, fi^ gli altri un tale
Arhippa ottantenne, che ne aveano la mente piena; morti questi, altri non
mancarono che potessero ben contribuire; ma Tantico retaggio andavasi di-
radando; molto si perdeva; tal canto raccolto qualche decennio fa ora non si
trova più chi lo ricordi.
« I numerosissimi canti raccolti sono di varia specie, epici o mitici,
lirici, magici. Ben si vede dal contenuto che i più sono dì molta antichità
e molte dovettero essere le generazioni che vennero attraversando tradizio-
nalmente. Infatti essi sono intieramente pagani ; mentre nulla in essi accenna
a idee cristiane, tanto sono pregni di paganesimo che da essi si desume in
gran parte la mitologia e la credenza di quel popolo quaVera prima della
sua conversione, ossia prima del XII secolo. La posizione dunque di questi
canti nella storia nazionale è quella stessa dei canti omerici pei Greci ; essi
rappresentano la vita della nazione in un periodo di cui sono Tunico monu-
mento, di cui manca qualsivoglia altro ricordo di altra specie. I più alta-
mente importanti per tale aspetto sono quelli di argomento epico o mitico.
Dalla farragine di canti di tal natura da lui sparpagliatamente raccolti, il
Ltonrot riuscì a combinare tutta una epopea continua che nell'ultima edi-
zione conta più che 22,000 versi ed a cui egli diede il titolo di Kalevala.
Questo poema schiettamente nazionale e tradizionale, tramandato di bocca in
bocca dai padri antichi ai nipoti lontani è oggi la gloria della Finlandia, la
prova e la misura del suo genio nazionale, il segnacolo del suo vessillo, il
diploma di nobiltà per la sua lingua ed il suo pensiero.
« Dal 1836 quando LOnnrot pubblicò la prima edizione, il Ealevala
fu tradotto in svedese, in russo, in tedesco, in francese ed arrivò a qualche
notorietà se non popolarità, anche all'infuori della sfera dei dotti che in vari
Rendiconti. 1888, Vol. IV, !<> Sem. 80
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paesi ne fecero soggetto di studio. Dime il contenuto è cosa da non po-
tersi fare in poche parole; né il tempo e la circostanza me lo concedono.
Mi limiterò a dare di volo qualche accenno sulla natura di questa singolare
e bella composizione epica.
« La prima strofa dei Niebelunghi riassume in termini generali ciò che
può dirsi essere il soggetto o la materia propria di quella con\e di ogni
altra epopea nazionale:
Uns ist in alien maeren wnnders vii geseit
Von helden lobebéren, von groszer arebeit
Von freude und hochgeztten, von weinen nnde klagen
Von ktlhner recken striten, muget ihr nn wonder hOren sagen.
« Dunque fatti maravigliosi, eroi illustri, grandi travagli, piaceri e feste,
pianti e lutti e tenzonare di baldi guerrieri sono la materia di ogni epopea e
in termini così generali pur di quella finlandese: ma quanto diversamente
dalle altre ! Già, di spirito cavalleresco qui non c'è da parlarne. Nel costume
primitivo dei popoli finnici, come pure di altri, era che Tuomo non dovesse
cercare la sua donna nella propria tribù, ma piuttosto in un'altra, anzi in
una tribù nemica, averla colle buone dando un donativo secondo richiesta, o
anche e spesso colle cattive portandosela via con ratto violento. Se però in con-
dizioni tali sentimento cavalleresco non si può aspettare, esse sono singolar-
mente propizie allo spirito di avventura, alle difficili e perigliose intraprese.
Cortesie dunque, no ; audaci imprese, assai. Infatti qui nel Kalevala il soggetto
dominante è la ricerca della sposa. Eroi del paese e della stirpe di Kalevala,
finnica, agognano al possesso della fanciulla di Pohjola {Pohjolan netto)
che è paese più nordico (come dice il nome pohja^ settentrione) e d'altra
stirpe, propriamente Lappone, e nemica. C'è poi di mezzo un oggetto mara-
vìglioso, di significato certamente simbolico, che chiamasi Sampo ed è il dona-
tivo richiesto per avere la fanciulla di Pohjola. Un solo eroe di Kalevala
riesce con fino congegno a costruirlo, Ilmarinen l'artefice insigne, ottenendo
così l'agognata fanciulla. É quest'oggetto una specie di mola o macina da cui
scaturisce sale, farina, oro e ogni ben di Dio recando prosperità e ricchezza
al paese che lo possiede. Dal paese di Pohjola torna quest'oggetto, per grandi
vicende, a quei di Kalevala da cui provenne e fra i quali con esso prende
sua dimora la prosperità e la ricchezza, di cui Pohjola rimane per sempre priva.
Si sente in tutto ciò vibrare, benché lontanamente, una qualche nota storica :
l'avanzarsi dei Finni, venuti d'Asia, scacciando dinanzi a sé i Lapponi e ridu-
cendoli all'estremo Nord; come pure il loro prosperare divenendo popolo agri-
colo, non più vivente di caccia e pesca, progresso che i Lapponi non ebbero.
« Di gueiTa propriamente detta raramente parlano questi canti; l'azione
è tutta individuale di alcuni, pochi eroi, ma eroi tali che ognuno vale da so
solo per un esercito. E tre sono i principali eroi di Kalevala: Wàinàmòinen
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Tantico, il vecchio (vanha) W&in&mOinen il cantore insigne, etemo ; Ilmarìnen
il grande artefice , il fabbro maraviglioso, il Vulcano, il Ydlnnd dei finlandesi ;
e Lemminkainen, il più propriamente guerriero, uomo di spada, ma anche il
meno savio di tutti. Ogni eroe epico è assai più che un uomo, ma questi
sono tanto superiori che quasi sono Dei; il maraviglioso adunque, il wunder
dei Niebelunghi, che è tanto essenziale in ogni invenzione epica, è qui nel Ea-
levala straordinariamente grande. Piuttosto che ad Achille o a Rolando questi
eroi per l'entità di ciò che fanno si approssimano ad Ercole; non però pel
modo. Poiché la forza del braccio e dell'arma qui figura poco ; il mezzo più
ordinario per cui si operano fatti maravigliosi è Y incantesimo. È questa una
prattica tuttavia esistente in Findandia, come pure presso la sua sorella
l'Estonia, ricche ambedue di belli ed antichi canti magici; dev'essere un
residuo dello sciamanismo che probabilmente fu la prima religione dei Finni,
come lo è di altri loro afSni, quali i Samojodi, i Lapponi ecc. Però, in questi
canti epici il maraviglioso della magìa e dell'incantesimo è singolarmente
nobilitato ; spoglio di ogni pratica o rito magico, esso si riduce ad un con-
cetto fantastico e poetico del potere e del prestigio che accompagna la poesia,
il canto, la parola sapiente. L'idea fondamentale è che si possa agire su di
una cosa o persona, dominarne e paralizzarne il potere e razione, cantandone
poeticamente l'origine {syntys); così p. es. vediamo risanata una ferita d'arma
di ferro, con un canto che dice la origine del ferro, e in una sfida di canti
sull'ordine delle cose Wàindmòinen cantando fa che il suo nemico Lappone
si sprofondi nel terreno. Perciò tietàjà che vuol dir sapiente, vuol dire anche
incantatore. È una traduzione poetico-fantastica dell'impressione che produce
sulla società primitiva il primo rivelarsi del genio artistico, del sapere. Così
gli Scandinavi antichi, come vediamo nell'Edda, attribuivano un potere ma-
gico a quel mirabile istrumento dell'intelletto che è l'alfabeto, alle loro rune;
i Finlandesi che ebbero antichi contatti con loro, non ancor preparati a ser-
virsi deUa scrittura, non presero la cosa, ma presero il nome e chiamarono
rune {runot) i propri canti epici e magici.
« Questa idea entusiastica del canto e della poesia ispira, informa e per-
vade tutta quella epopea da cima a fondo ; poiché in essa l'eroe principalis-
simo é Wàinàmòinen che ha per sua prima essenza il canto, la poesia, la
musica tanto da ricordare talvolta l'Apollo de' Greci, che fu pur egli Dìo ar-
mato e abitò volentieri fra gl'Iperborei. Una delle parti del poema ove ciò
meglio traluce é il lungo e bellissimo canto ove narrasi come Wàinàmòinen
fabbricasse per primo la kantele^ la cetra dei Finlandesi, e per primo ne traesse
melodie tali che tutta la natura ne fu rapita e commossa. La kantele é un
istrumento a corda che può dirsi una varietà di quello che nei paesi germa-
nici vien chiamato zither; come quello, si suona tenuto orizzontalmente, per
lo più sulle ginocchia. Come la cetra dei Greci fu, secondo il mito, ima-
ginata e costruita da un Dio ricavandola da una testuggine ed Apollo solo
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seppe per primo trarue suoni maravigliosi cantando su quelle le origini delle
cose, degli uomini, degli Dei, cosi il primo inventore della kantele è l' eroe-
dio Wàin&mdinen che la forma colla testa di un pesce, di un luccio, serven-
dosi dei denti per pinoli e formando le corde coi crini di un cavallo mara-
viglioso 0 coi capelli di una bella fanciulla.
« Ed è la kantele pei Finlandesi Tistrumento nazionale per eccellenza,
simbolo pure dell'arte musicale e della poesia come la cetra o la lira dei
Greci. Essa accompagnò sempre i canti nazionali nel passare di generazione
in generazione. Poiché tre persone han parte a quel canto, siccome già nei
principi di questo secolo descriveva per primo la cosa Titaliano Acerbi e si
vede tuttora ; imo, tenendosi in disparte, suona la kantele accompagnando il
canto, due cantano stando l'uno di contro all'altro a cavallo ad una panca,
tenendosi per le mani e dondolandosi leggermente. Uno (edeltàjà) è il can-
tore vero e proprio, l'altro (sàestàjà) ripete a certe cadenze qualche verso
dando pausa al primo e tempo di risovvenirsi. Così vanno innanzi a lungo
per nottate e giornate intiere e cosi si conservarono per secoli i canti patrii
senza mai essere scritti; non senza difficoltà e con qualche segretezza; poiché
essendo pieni di spirito e d'idee pagane, quei canti non arridono ai preti cri-
stiani; i quali però ormai considerano il cantarli come un semplice rààkkà o
peccato veniale e ne danno facilmente l'assoluzione.
« La melodia é un motivetto dolce, semplice e senza enfasi. Il verso è
breve, disinvolto: ha otto sillabe che formano quattro trochei, non ha rime
stabili, ma molte alliterazioni ed anche frequente é l'assonanza nelle cadenze
delle parole, e la ripetizione della stessa idea espressa variamente in versi
successivi; caratteri tutti di poesia primitiva, mirabilmente imitati, eccetto
Talliterazione, dall'illustre poeta americano Longfellow nel suo Eiawatha.
E con queste forme semplici una poesia semplice pure, schietta, limpida,
calda, commovente, piena di sentimento della natura e di sentimento umano,
superiore assai per disinvoltura a quei poemi di Ossian o di Macpherson che
già tanto sorpresero l'Europa; una poesia che quasi senza accorgervene fa
spesso vibrare le più fine e nobili corde del cuore umano, arrivando anche
al sublime e al tragico, come, fra gli altri, nello sploDdido episodio di
Kullerwo più volte tradotto in più lingue.
« Quando io arrivai per prima volta in Finlandia nel 1884, appunto
allora era morto il Lònnrot, l'illustre raccoglitore dei canti nazionali. Tutta
quanta la tuhansen jàrveen maa la terra dei mille laghi, come i Finlandesi
amano chiamare poeticamente la loro patria, rimpiangeva l'uomo venerando
che meritò il titolo di Omero finlandese. E questo nome di Omero appli-
cato al Lònnrot mi giova a definire uno dei numerosi aspetti sotto i quali
questa epopea finlandese riesce assai importante anche fuori del suo suolo
nativo. Una teoria nata nella fine del secolo passato, cresciuta poi e oggi ben
nota, presenta i poemi omerici come composti di canti minori originariamente
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staccati e indipendenti che foron poi messi assieme facendone risultare due
epopee larghe e continue. Anzi parve anche a taluno che lo stesso nome Omero
altro non esprimesse se non il raccogliere, il mettere assieme, Taggluti-
nare. E questa teorìa, soggetto di forti e lunghe polemiche non ancor cessate,
fu pure applicata ai Niehelunghi, alla Chanson de Boland ed in generale, sia
di fatto sia come principio, a tutte le antiche epopee nazionali di ogni popolo.
Il LOnnrot sarebbe adunque TOmero finlandese secondo tale teorìa, cioè non
come poeta (come tale poco valeva l'ottimo uomo) ma come racc(^litore e
formatore di tutta una epopea per via rapsodica, cucendo e combinando as-
sieme canti e frammenti di canti, senza però mettervi nulla di suo. Ora,
Talta importanza scientifica del Ealevala sta appunto in ciò che fra tutte le
antiche epopee nazionali a noi note questa è la sola di cui possiamo stu-
diare la formazione cogliendola, per così dire, sul fatto e quindi molto im-
parare sulle leggi che governano questa maniera di produzione naturale dif-
ficile a studiare, perchè proprìa di età e di condizioni sociali remote e di-
verse troppo dalle nostre. Dal &tto vivente assai più e meglio si apprende
di quanto si rìesca incertamente a divinare attraverso la parola morta di
antichi manoscrìtti. La Società letterarìa finlandese, depositarìa di tutte le
carte di Lònnrot e di quelle di altrì raccoglitorì, dopo la morte di Lònnrot
ha deciso di intraprendere la pubblicazione dei canti nazionali nel loro stato
orìginario, cioè staccati e stanti ognuno da sé, quali solamente li conosce il
popolo che non ha alcun concetto dì una vasta epopea di cui siano parti.
Così molte idee false che sul Ealevala corsero fin qui fra i dotti, verranno
ad essere corrette; e con questa stampa, di cui già i primi fogli mi furono
gentilmente comunicati da quella Società e con altre recenti pubblicazioni
di dotti della Società medesima è oggi possibile ciò che prìma non lo era,
studiare e definire la formazione di questa epopea in ordine alla tanto agi-
tata questione di cui ho già parlato. E questa indagine ardua e complicata
è proprìamente il soggetto speciale del mìo studio e di una Memorìa che
avrò Tonore di presentare aU'Academia ».
Relazione della Commissione giudicatrice del concorso al premio
Reale per le Scienze giuridiche^ per l'anno 1886. — Commis-
sari: Carle, Carutti, Messedaglia, Serafini e Schupfer
(relatore).
tt Le Memorie, presentate questa volta al concorso pel premio Beale
nelle scienze giurìdiche, sono state undici di genere assai diverso.
« Ce n'ha, che studiano la società antica nei suoi municipi, e nelle con-
dizioni della proprietà e della procedura; altre che cercano quali fossero le
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relazioni tra lo Stato e la Chiesa in quella società medievale, tanto diversa
dalla nostra, e nella quale, nondimeno, possono ravvisarsi i germi di tante
nostre istituzioni; altre infine che si occupano di legislazioni moderne, sia
nei riguardi dello Stato, della sua costituzione e anuninistrazione e delle
pratiche parlamentari, sia nei riguardi del diritto privato e punitivo.
« Biproduco l'elenco di queste opere :
1. Brugi Biagio. Dottrine giuridiche esposte secondo i libri degli
agrimensori romani e completate col Digesto (ms.).
2. Galeotti Ugo e Mancini Mario. Norme ed usi del Parlamento
italiano (st.).
3. Mosca Gaetano. Le costituzioni mx)derae (st).
4. Beh AUDI Giuseppe. La pena di morte e gli errori giudiziari (ms.).
5. BivALTA Valentino. Storia e sistema del diritto dei teatri ser
eondo l'etica ed i principi delle leggi canoniche e civili (st.).
6. Scaduto Francesco. Stato e Chiesa nelle due Sicilie dai Nor-
manni ai giorni nostri (st.).
7. Soro-Delitala Carmine. L'amministrazione e la giustizia nelle
industrie (st.).
8. Taddei Attilio. Roma e i suoi Municipi (st.).
9. VivANTE Cesare. Le assicurazioni sulla vita (st.).
10. Zocco-BosA A. La Palingenesi della procedura civile di Roma (st.).
11. Anonimo. Lo Stato. Studi nuovi filosofici e storici di scienza
sociale^ voi. I (st.).
« Aggiungo che, esaminati molto attentamente tutti questi lavori, la
vostra Commissione è lieta di constatare il risveglio, che segnano senza dubbio
negli studi giuridici.
« È un risveglio, che abbiamo notato già altra volta, e che lascia pre-
sagire anche meglio per l'avvenire. In generale c'è molta serietà, molto e
accurato studio delle fonti, molto fervore di ricerche, una certa tendenza a
fare finalmente da sé, dopo tanti anni che si è scritto, bene o male, sulla
falsariga degli altri.
« Prescindendo anche dai lavori, sui quali la Commissione si è fermata
più di proposito, certo è che molti sono «degni di lode. Per* es. le Norme ed
usi del Parlamento italiano dei signori Galeotti e Mancini, sono certamente
una compilazione paziente, fatta con discernimento e che ha la sua buona
parte di utilità. È il primo lavoro del genere che siasi pubblicato in Italia,
ed è bene che anche da noi venga studiata questa giurisprudenza parlamen-
tare che si forma ; ma d'altra parte manca all'opera quel carattere scientifico,
che solo può essere considerato nel concorso per il premio Beale.
« I lavori, che più degli altri hanno richiamato l'attenzione della Com-
missione, sono quelli dello Scaduto, del Brugi e del Yivante, sia per la im-
portanza delle materie e sia pel modo, con cui esse furono svolte.
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— 625 —
« Certamente le relazioni tra lo Stato e la Chiesa formano una delle
pagine più interessanti della storia civile. Lo Scaduto stadia quelle del Regno
di Napoli attraverso i secoli. Sono relazioni che assunsero forme caratteristiche
fin dal giorno che la monarchia normanna strinse come in un fascio le varie
popolazioni longobarde e franche, greche e musulmane. E hanno fatto luogo
a serie lotte. L'autore si occupa delle une e delle altre colla scorta deUe
leggi e altri documenti. E riempie davvero una grande lacuna. Perchè ciò
che si sapeva per Taddietro era piuttosto frammentario : risguardava questo o
quel periodo ; ma una trattazione completa mancava. Ora dopo aver letto il
libro, abbiamo veramente un'idea, se non completa, certo abbastanza sicura
dello svolgimento di tutto il diritto ecclesiastico nella bassa Italia. È un mo-
vimento che comincia dalla Legazia Apostolica, che il gran conte Buggero
strappò nel 1098 a Papa Urbano II, e termina con le riforme quasi esclu-
sivamente civili di Carlo III e Ferdinando, tanto diverse da quelle contem-
poranee della Toscana, che volevano per di più una riforma interna della
chiesa. Tra questi due limiti estremi c'è una folla di leggi, canoni e consuetu-
dini giuridiche, di trattati e scritti polemici, di materiali giuridici e storici e
anche letterari, di transazi(mi e di lotte, e interessa vedere come le due
podestà rivali ora siensi disputate il campo, e ora di conserto abbian tenuto
lo scettro, e quali conseguenze la loro unione o la lotta abbiano prodotto
sulle condizioni del popolo, e come la vita stessa dello Stato o della chiesa
sia venuto alterandosi, e come le idee di separazione e indipendenza dei due
poteri finissero col germogliare e crescere in quel terreno che pareva così
poco adatto a riceverle. Lo Stato s'impone alla chiesa in tutto il periodo
normanno'svevo. Nessun legato pontificio è ammesso nel Segno senza il con-
senso sovrano, e il Re ha il diritto di apporre il veto alla elezione dei prelati;
e l'altro di mandare ai concili da tenersi fuori regno quei prelati che crede ;
e restano vietati gli appelli a Roma ; e in mezzo a tutto ciò ci sono leggi
sull'ammortizzazione, e limitazioni del foro ecclesiastico. Gli stessi beni eccle-
siastici non erano di regola esenti da imposte. Ma tutto ciò si muta sotto gli
Angioini e gli Aragonesi. La casa d'Angiò ottiene il trono dal Papa e non
può non essergli deferente. Gli Aragonesi lottano alquanto contro le censure
e gli interdetti, ma vengono a patti. Sono patti umilianti. Già sotto gli Angioini
non c'è legge contraria alla così detta libertà ecclesiastica, che non venga
revocata ; in ispecie si ammette la libertà delle elezioni, si riconosce la immu-
nità del foro, non c'è imposta a cui gli ecclesiastici e neppure i beni eccle-
siastici vengano assoggettati. É tutta una polizia ecclesiastica diversa dif'quella
degli Svevi. Soltanto Martino I (1392-1409) inaugura una nuova politica,
seguita dai suoi successori, specie da Alfonso I; ma neppur essi si credono abba-
stanza forti per attaccar di fronte le pretese della curia : piuttosto le attaccano
di fianco. Non combattono esplicitamente le teorie e i canoni; ma cercano
di respingere i fatti. In sostanza il governo si sentiva debole e fa un male ;
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— 626 —
perchè questa debolezza non potò a meno di produrre col tempo perniciosi
effetti. Massimamente dopo Filippo II di Spagna (1598) Tuguaglianza civile
si può dire annientata: le inmiunità ecclesiastiche si sono venute estendendo;
ci furono comuni che sobillati dal clero rifiutarono persino le imposte, perchè
non approvate dal papa, oppure gli domandarono il permesso dì pi^^arle. A
questo si era arrivati dopo un periodo così luminoso come era stato quello dei
Normanni e degli Svevi. Il movimento regalista ed anticurialista non ricomincia
propriamente che nel secolo scorso con le case d'Atistria^ di Savoia e di
Borbone, specie coi Borboni. Del resto c*era qualcosa nelFaria che spingeva
da per tutto alle riforme.
a L'opera dello Scaduto è concepita molto largamente, e assume propor-
zioni anche più larghe di quelle che si sospetterebbe a prima giunta; nm
che del resto doveva assumere. Imperocché in quei tempi del medio Evo la
Chiesa aveva esercitato una grande autorità su molte parti del vivere civile,
che ora le sono irremissibilmente sfuggite, e più deve averla esercitata in
quel regno di Napoli, che la santa Sede considerava come suo vassallo. Basterà
accennare alla stampa, su cui Tautore ha uno speciale capitolo, che non è
dei meno interessanti del libro.
tt II compito, poi, che l'autore si è proposto, doveva riescire anche più
malagevole, perchè moltissime volte ha dovuto farsi la strada da sé. Un'opera
generale, che tratti delle relazioni tra Stato e Chiesa in Italia non esiste,
e se pure possono ricordarsi a titolo di lode queUe del Malfatti e del Crivel-
lucci, si fermano però ad un tempo troppo discosto da quello, che forma
propriamente Toggetto degli studi dello Scaduto ; e quanto a storie particolari,
non si sta meglio. In ispecie quelle che si riferiscono alle due Sicilie sono
piuttosto insufficienti, e solo qualche speciale periodo è stato trattato con
amore, o almeno si son raccolti i materiali per farlo. Bicordo soltanto a
mo* d'esempio la Historia diplomatica Friderici secundi deU'Huillard-Brehol-
les e II regno di Vittorio Amedeo II di Savoia dello Stellardì.
tf Cosi non farà meraviglia che l'opera, come sta, sia ancora lungi da
quella perfezione che sarebbe stata desiderabile, e che si presenti qua e là
piuttosto deficiente, pur riconoscendo di buon grado, che abbiamo a che fare
con un lavoro il quale fa molto onore agli studi storici e giuridici odierni.
Sopratutto l'epoca normanna lascia a desiderare; e d'altra parte è un'epoca
che ha la sua speciale importanza, come quella a cui si riannoda tutto il movi-
mento posteriore. E forse non bastava né anche rifarsi dai Normanni. Già altri
ha richiamato l'attenzione sul Cesaro-Papismo bizantino, che c'era stato nel-
l'Italia meridionale ; e i Normanni non fecero che continuare per questa via.
Certo è : prima ancora di avere la Legazia Apostolica ne aveano esercitato
alcuni diritti. E d'altra parte quali furono propriamente i diritti attribuiti
loro dalla Legazia? Siccome ci fu sempre una grave disputa su essi tra fega-
listi e curialisti, importava di metterli in sodo. Porse si trattava degli stessi
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diritti esercitati dai Bizantini. D'altronde né la bolla di Urbano II né il
concordato di Benevento del 1156 dicono in che cosa abbiano consistito, e quindi
restava da vedere quali fossero nel fatto. E Fautore non rifugge da cotesta
ricerca; ma il resultato non è grande. Bicorda solo le censure minacciate
contro i violatori delle concessioni sovrane alle chiese e ai monasteri, e iSinisce
col dubitare anche di queste. Ma anche altre epoche non hanno avuto una
trattazione corrispondente alla loro importanza. In generale quelli che han
trovato un ampio svolgimento sono i tre ultimi secoli : per questi c'è addirit-
tura una folla di notizie, e il quadro storico si dispiega dinanzi agli occhi
pieno, ampio, sicuro : è un fiume regale che svolge il volume delle sue acque
maestosamente; e nondimeno anche qui Fautore è piuttosto impacciato ogni
qualvolta si tratta di stabilire se un diritto sia nuovo o vecchio; perchè
infine tutto il libro si risente della deficienza, che abbiamo notato circa le
origini. Né si può dire che la dimostrazione riesca sempre convincente. Addur-
remo solo un esempio. L'autore dice, che in generale il diritto siculo-napo-
letano è informato al confessionismo, e che per questo riguardo non c'è divario
tra le diverse epoche. Senonchè, quanto a Federico II e agli Angioini, sa
dirci soltanto che riconobbero il giuramento e ne fecero un uso giuridico
abbastanza ampio e che proibirono e punirono la bestenmiia : cose che forse,
e senza forse, potrebbero farsi anche indipendentemente da una speciale idea
confessionistica. Ad ogni modo è certo che quel confessionismo di Fede-
rigo II e degli Angioini era una cosa ben diversa dal confessionismo piii
recente. A ben guardare le leggi e pratiche confessionistiche si moltiplicano
solo negli ultimi secoli; e anzi assumono proporzioni addirittura mostruose.
Basterà ricordare l'obbligo di adempiere il precetto pasquale, quello d'inginoc-
chiarsi al passare del sacramento, quello dei pubblici ufBiciali di assistere in
corpo a certe funzioni, quello dei giudici di udire la messa prima di aprire
la seduta, quello del medico di avvertire l'ammalato perchè si confessi e non
visitarlo se fra tre giorni non abbia obbedito. Sono pratiche che non si trovano
nelle antiche legislazioni.
« Qualche altra osservazione vorremmo fare circa la distribuzione della
materia. L'autore promette una lunga introduzione in cui studia nel loro com-
plesso le condizioni dei luoghi e dei tempi nei quali la sua storia dovrà svol-
gersi : quello che si potrebbe dire l'ambiente storico, e cioè la politica eccle-
siastica delle varie dinastie, che si succedettero nel Begno e le idee del popolo
e il lavoro scientifico, per passare a discorrere dei Rapporti generali fra
Stato e Chiesa^ e infine di alcune questioni che vorrebbero essere particolari,
cioè dei regi economati e delle imposte ecclesiastiche, della manomorta e
della riforma del clero secolare e regolare. Ma o c'inganniamola partito, o
una simile distribuzione di materia non la comprendiamo; perchè, in verità,
anche nella parte, che vorrebbe essere generale, sono trattate molte questioni
particolari, o se pure si vogliono dire generali, lo sono né più né meno delle
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 81
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altre. Il foro ecclesiastico, l'asilo, l'esenzione dalle imposte, la stampa ecc.
non si distinguono infine da quelle sull'economato, sulla manomorta, sulla
riforma del clero, se non per la loro diversa natura, per lo speciale carattere
politico che domina in esse, come si distinguono le altre pel loro carattere
economico e morale.
« £ neppm'e il metodo è quale lo avremmo desiderato. L'autore non
divide la sua storia per periodi, ma per istituti, e tratta partìtamente di
ciascuno di essi seguendone lo svolgimento dal suo primo apparire nella vita
del popolo fino alla sua decadenza o alla forma nuova che è venuto assu-
mendo nei tempi a noi più vicini ; e questo metodo ha certo i suoi vantaggi,
ma non tali da bilanciare i danni. Certamente può interessare e giovare allo
studioso di trovare in ogni capitolo una completa monografia e tutto ciò che
gli fa mestieri per l'argomento; ma la unità del lavoro ne soffre; non sì riesce
a scorgere come i vari istituti si colleghino tra loro e s'intreccino, e certo
ne va perduto il carattere dell'epoca. Né si evitano le ripetizioni. Non sa-
ranno ripetizioni che si riferiscano a singoli istituti, ma ripetizioni di infiuenze,
di cause, di idee, in mezzo alle quali la esposizione non può che soffiirne.
« Insieme, ci sarebbe piaciuto che i confronti con le condizioni civili ec-
clesiastiche degli altri Stati d'Italia fossero più frequenti; e invece scarseg-
giano. In generale l'autore se n'è astenuto; e così non si riesce bene a capire
quale posto occupi questa Storia particolare dello Stato e della Chiesa nel-
l'insieme della Storia generale italiana; e manca uno dei precipui criteri,
che è quello del paragone, per giudicare della importanza dell'opera legisla-
tiva. I fatti stessi sono a volte esposti troppo nudamente, mentre noil sarebbe
stato male di sollevarsi sopra essi; e anche la lingua e lo stile lasciano
molto a desiderare.
» Un carattere affatto diverso ha il lavoro del Brugi sulle Dottrine giu-
ridiche degli agrimensori romani. Qui non abbiamo davanti a noi una storia
nel senso proprio della parola; e nondimeno il lavoro è un prezioso contri-
buto che potrà quando che sia servire alla storia di quella proprietà romana,
ancora così poco conosciuta, nonostante i molti studi che si son fatti intomo
ad essa, e d'altra parte così meritevole di esserlo.
« In generale gli scritti degli agrimensori romani sono poco studiati dai^
giuristi. Anni sono se n'è occupato molto sapientemente il Budorff; ma il suo
esempio non ebbe seguito. Ed è male, perchè la importanza di quegli scritti,
anche per lo studio del diritto, è grandissima, essendoché l'indole stessa
degli uffici degli agrimensori li obbligasse ad avere speciali cognizioni giu-
ridiche; e molte cose appaiono realmente in una nuova luce. Certo il fascino
di chi si fa a studiarli attentamente è profondo; e anche il Brugi non vi
ha saputo resistere.
« Un contributo importante alla storia della proprietà offire il capitolo
SM la occupazione abusiva del suolo puòblico.
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~ 629 —
« L'autore la chiama abusira perchè non si tarattaya di re^ ntdlius.
« Ora, si sa qual sorte toccasse alle terre conquistate; tolte aH'inimico
passavano nel dominio del popolo; e quanto più si risale la coirente dei
secoli tanto più vediamo questo patrimonio immobiliare del popolo essere
grande. L*ager privatus^ se pur e*è, è ben poca cosa in confronto dell'a^'^
publiGus.
tt Ma non manca la occupazione abusiva del suolo pubblico. Che se il
magistrato rivendica talvolta il luogo pubblico occupato dal privato, spesso
la occupazione abusiva viene legittimata dal tempo. Il possesso naturale ha
condotto veramente al dominio, L'autore dice a ragione, che appunto i libri
degli agrimensori ci rivelano questa pagina di storia a larghi tratti, ma sicuri.
E d'altra parte soggiunge che la occupazione protratta per lungo tempo con-
serva sempre il suo vizio d'origine, e una usucapione a rigor di diritto è im-
possibile. Certo, c'è stata lotta tra l'autorità pubblica, che rivendicava il suolo
pubblico e i privati che, invocando la vettistas, volean difendere la occupa-
zione. Spesso poi la ricerca dei mbseeiva allarmava addirittura le popolazioni;
e si finiva col tollerare la usurpazione come il minore dei mali, finché un
editto di Domiziano liberò tutta l' Italia dal pericolo, riconoscendo come prò*
prietà il possesso dei subseciva.
« Altri studi risguardano la condizione giuridica dei corsi d'acqua, che
è stata sempre oggetto di vive dispute tra i giuristi. Alcuni hanno distinto
i fiumi in pubblici e privati; mentre Giustiniano diceva che eran tutti pub*-
blici. E in questa discrepanza di opinioni interessa vedere come la pensasseifo
gli agrimensori. Han essi conosciuto veramente dei fiumi privati? E quale
era il trattamento del &ame uoiV ager limitatm e quale negli agri arci finii?
In generele è oramai assodato che la differenza di condizione ieHager arci-
finius^ rimpetto al limitattiSy deve aver avuto la sua grande influenza, specie
per la questione della proprietà dell'alveo; ma gli agrimensori non si sono
occupati di agri areifinii. Del resto, secondo essi, l'antico diritto romano
ammetteva certamente il concetto della proprietà dello Stato sull'alveo del
fiume pubblico; ma il concetto sarebbe venuto meno nei frammenti del Di-
gesto, per un complesso di cause, tra cui principalissima la lenta, ma con-
tinua, trasformazione dell' a^^ publicus in suolo privato. L'autore studia
l'alveo del fiume pubblico quando questo era stato considerato come un
subsecivus, e nota come gli agrimensori ne abbiano considerato la occupa-
zione come abusiva: il suolo dell'alveo era pubblico. Lo stesso dicasi del
caso in cui i fondi rivieraschi fossero stati le antiche striscio lateralmente
assegnate al fiume e poi vendute ai privati, o quando lo spazio di suolo ascritto
al fiume pubblico fosse stato un locus exceptus. Il locm exceptus era una
condizione simile ai mbseeiva ; e infatti gli agrimensori lo trattano pure come
luogo pubblico. L'autore conchiude a ragione , osservando che il princi-
pio, che considera il letto del fiume come una proprietà dello Stato, sta in
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— 630 —
relazione con Taltro della proprietà del popidtcs su tutto il suolo che non è pas-
sato legittimamente in proprietà privata: quanto più questo secondo principio
scade nella coscienza giuridica popolare, tanto più Taltro svanisce e a poco
a poco scompare.
a Oggetto di speciale trattazione è una antinomia tra un passo di Frontino
e uno di Ulpiano trascurata dagli scrittori. Secondo Trontino (50,9) Talveo
si potrebbe concedere in compenso a colui che è danneggiato dal fiume, che
scorre attraverso il suo campo: ma lo stesso Frontino si ricrede; mentre i
giureconsulti avrebbero interpretato diversamente la cosa, negando che il
suolo che aveva cominciato ad essere del popolo romano, potesse venire
usucapito da alcuno. Ma a quali agri si riferisce Frontino? Ed ha egli ap-
plicato bene il principio dei giuristi che i luoghi pubblici non si usucapiscono?
« Per ciò che risguarda le alluvioni, l'autore nota il diverso modo con
cui gli agrimensori e i giuristi pongono la te^i. Mentre questi portano la
propria considerazione sulla qualità del fondo {agri Imitati o arcifinii)^ quelli
la portano sul fiume. Quale n'è il fondamento giuridico? Frontino credeva
che fosse più argomento da giuristi che da agrimensori : nondimeno ne parla.
Le particelle di terra trasportate dal fiume lungo il fondo sono acquistate non
per se stesse, ma come parte di alveo che si scopre. E la causa giuridica
della alluvione è la irreconoscibilità della parte abducta. Perciò il possessore
della sponda danneggiata non può appropriarsi il suolo scoperto alla riva op-
posta. Ma quali sono i fiumi nei quali era ammessa l'alluvione ?
« Altre ricerche si riferiscono alle isole fluviali, al cambiamento del
locm qui servit nelle servitù di passaggio, alle pertinenze immobili dei fondi
rustici ; e specie per ciò che concerne le isole, e' erano più casi da studiare,
per es. se l' isola era nata nel fiume, oppure si era staccata dal fondo rivierasco,
0 si trattava di un' isola tra il nuovo e il vecchio alveo negli agri limitati ecc.
« Tutto sommato, U lavoro del Brugi fa fede di, uno studio amoroso,
paziente, molto coscienzioso degli scritti degli antichi agrimensori; e si vede
chiaro, che una lunga dimestichezza lo ha reso padrone della materia. Insieme
arriva a risultati molto soddisfacenti. Non tutti però. Molte cose si sapevano
già prima, e quegli scritti non fanno che confermarli ; ma altre si presentano
sotto un nuovo aspetto. Specie le regole del diritto romano sugli incrementi
e decrementi dei fiumi, avvicinate alla loro ragione storica, che alla sua volta
dipende dalla diversa natura degli acri limitati o arci/inii, si capiscon meglio.
E nondimeno anche questo lavoro non parve raggiungere quel grado di per-
fezione, per cui gli si potesse attribuire il premio.
« Intanto è un lavoro ancora firanmientario ; e l'autore stesso avverte che
altre importanti dottrine giuridiche contenute nei libri degli agrimensori sa-
ranno esposte in seguito. Finora abbiamo solo a che fare con un saggio, per
quanto lodevolissimo, di un'opera di maggior lena, a cui l'autore sta atten-
dendo ; e cosi, prima di pronunciare un giudizio definitivo, ci è parso miglior
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consìglio Taspettare, sperando che possa condurla presto a compimento. E anche
ci siamo lusingati, che tornando con mente più riposata sul suo lavoro, potrà
riempiere qualche lacuna o purgarlo di qualche menda, che ora ri si trova.
Sopratutto si sarebbe desiderata una critica più vigorosa ed acuta delle fonti.
Quella usata dall'autore ha qua e là un carattere piuttosto fiacco ; e cosi non dee
far meraviglia se a volte non riesca a trasfondere in chi legge quei convinci-
menti che certo sono in chi scrive. Fu anche notato, che a volte egli gira attorno
alle questioni senza prenderle di fronte, o non le tocca affatto. Per esempio
l'autore parla di una occupazione l^ttima, del suolo pubblico, cioè di una
occupazione permessa sotto date condizioni e modi; ma quali? Egli non lo
dice; eppure in Siculo 138,14, che egli cita, avrebbe potuto trovarne una,
che non differiva gran fatto da simili condizioni messe da altri popoli in
simili gradi di coltura : quod aut (miles) excoluit aut in spem colendi occu-
paviU Altrove, parlando di un passo di Frontino (50,9) su Talveo derelitto,
ricordato più su, dice che l'agrimensore aveva interpretato bene la sentenza
dei giuristi, che i luoghi pubblici non si usucapiscono; ma confesso di non
comprendere che cosa ci abbia a fare qui la usucapione. Capirei anche che
l'alveo del fiume, come cosa del popolo romano, non si possa occupare ; ma la
usucapione?! D'altronde la stessa occupazione mi parrebbe difficile ad esclu-
dere, se anche l'alveo fosse stato considerato come un subsecivum, tanto più
che Domiziano aveva già riconosciuto la proprietà dei subseciva in Italia.
Nò sarebbe stato inutile di tentare una conciliazione di Gaio nella L. 7
§ 5 D. de a. r. d. 41.1 col § 23 I. de r. d. 3.1 che sembrano cAitraddirsi.
Specie la frase di Gaio Sed vix est ut id obtineat è una frase molto
disputata. Forse voleva dire che, rigorosamente parlando, il proprietario del
terreno invaso dal fiume perde la sua proprietà su esso e non la ricupera
neppure nel caso che il fiume si ritiri, tornando al letto di prima ; ma che
d'altra parte generalmente la equità prevaleva sullo stretto diritto.
« L'opera del Vivante, intorno alle Assicurazioni sulla vita ci trasporta
addirittura in un altro ordine d'idee. Il campo è qui strettamente giurìdico
e di tutta attualità. Si tratta di una speciale configurazione contrattuale, che
certo ha le sue radici nel medio evo, ma che a' dì nostri ha assunto vaste
proporzioni, quali certamente il medio evo non conosceva, e anche è venuta
rizzandosi su nuova base. Al magro contratto di rendita vitalizia, che si trova
dapprima nella storia, si sono venute via via aggiungendo molte altre ope-
razioni, per il caso di sopravvivenza o di morte ; e l'affare isolato, avventizio,
ha ceduto sempre più il posto all' impresa, assumendo quasi un nuovo aspetto.
Certo la differenza tecnica è piuttosto profonda, perchè ciò ch'era un giuoco
sulla mortalità altrui, diventò un'industria equilibrata e prudente; o anche
si potrebbe dire che l'assicurazione è entrata in un ambiente economico più
favorevole al suo sviluppo. Ora l'intento del Vivante è appunto di cogliere
le assicurazioni nella pratica della attuale vita sociale , per venire poi alla
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costruzione giurìdica della assicurazione sulla vita, notando le trasformazioni,
che si vanno effettuando nel suo concetto e commentando ad un tempo Tat^
tuale legislazione.
it La natura giuridica del contratto di assicurazione sulla vita è stata
veduta diversamente dagli scrittori. Per gli uni è un vero e proprio contratto
di assicurazione tendente a risarcire il danno prodotto dalla morte ; per gli
altri è un mero contratto di capitalizzazione e di risparmio, senza scopo
d'indennità e senza elemento di rischio; il Yivante si colloca in mezzo tra
queste due opposte direzioni e, pur riconoscendo che sia un contratto di assi-
curazione, in cui il debito o la misura del debiti) dei contraenti è designato
dalla sorte, esclude che ci sia uno scopo di risarcimento. In sostanza anche
rassicurazione sulla vita apparterebbe alla stessa famiglia giurìdica delle
altre. Gli elementi comuni ed essenziali di tutti questi contratti sarebbero
secondo il Yivante: un'impresa assicuratrice, un rischio indipendente dalla
volontà delle parti; un premio pagato all'impresa secondo le probabilità che
il rischio succeda. Specialmente merita osservazione lo sforzo continuo che
l'autore fa per piantare l'assicurazione sulla base dell'impresa. È un'idea che
domina tutto il libro, e che gli è stata suggerita dalla larga organizzazione
industriale, che l'assicurazione ha assunto oggigiorno, e particolarmente dalla
formazione di un fondo di premi e dalla necessità di una amministrazione che
ne curi l'impiego. Col che non è detto che si possa anche concepire un
contratto di assicurazione fuori della impresa o con l'impresa esercitata da
un solo idflividuo ; ma l'autore osserva a ragione che sarebbe uh anacronismo,
una forma imperfetta sia economicamente sia giuridicamente ... un compito,
che eccederebbe le forze e la vita di un individuo e di qualsiasi ente che
riposi sovra il credito personale.
s Insieme l'autore ha abbandonato l'idea, da lui altra volta sostenuta,
che il contratto di assicurazione sulla vita non sia xm contratto aleatorio ; e
ha fatto bene. Il debito o la misura del debito dei contraenti sono in realtà
designati dalla sorte, e nessuno di essi può sapere se trarrà dal contratto un
guadagno o una perdita, fino al verificarsi dell'evento fortuito^ D'altronde,
soggiunge il Yivante, il contratto d'assicurazione sulla vita non è un contratto
d'indennità, come si sostiene ancora da molti Lo scopo di risarcimento, se
pur c'è nell'assicurazione, resta ignorato o indifferente all'assicuratore, non
costituisce la causa giuridica del contratto, a differenza della assicurazione sulle
cose. E certo non è raro il caso che un contratto venga via via spogliandosi
di elementi creduti un tempo essenziali e ridursi alla sua forma più sem*
plico. Col contratto di cambio non è accaduto diversamente. La rimessa da
luogo a luogo parve già essenziale, poi passò in seconda linea, infine ò scom-
parsa. Ciò stesso avviene col contratto di assicurazione. Ci fu un tempo, in
cui il principio d'indennità parve sì essenziale che il contratto stesso fu detto
contratto d'indennità: adesso esso tendo a spogliarsene.
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— 633 —
e II Vivante ha scritto un libro molto pensato: diremo più, ha scritto
il miglior libro ginridico che la scienza italiana vanti su questa materia,
che del resto non ne vanta molti. La sua dottrina è copiosa. Conosce tutto ciò
che è stato scritto, da più anni, in proposito; conosce anche i r^lamenti
e le statistiche delle molte compiale d'assicurazione, le clausole delle po-
lizze, i verdetti dei magistrati, e si giova di tutto questo ricco materiale
scientifico e non scientifico. E fa bene. In genere gli istituti del diritto com-
merciale non cessano di vivere di una vita attiva e feconda perchè sono stati
disciplinati dalla le^e o elaborati dalla scienza; ma seguono da vicino i
bisogni reali, si adattano alle loro mille esigenze, si modificano e si trasfor-
mano; e non se ne coglie la fisonomia, né si possono presentare nella loro
unità organica, senza cacciar lo guardo a fondo in tutto questo largo pro-
cesso scientifico e pratico, e combinare e fondere Tuno coll*altro. Dopo ciò
sarebbe quasi inutile il notare che il metodo seguito dall'autore ò positivo,
cioè di osservazione; ma del resto egli procede liberamente, qua e là con
vedute e criteri suoi, e con un certo calore, proprio delle intime convinzioni.
» E nondimeno anche relativamente a questo libro abbiamo fatto più
riserve.
« Il difetto che più degli altri balza agli occhi, è la deficienza della
parte economica. L'autore di proposito non ne ha voluto trattare ; ma la vostra
commissione ha ritenuto che non ne potesse fare a meno. Né la pretesa parrà
esagerata per poco si pensi che la cifra del capitale assicurato s'accosta ai
35 miliardi; e infine dalla natura economica dipende anche la costruzione
giuridica. Certo, l'assiciurazìone, studiata cosi nella sua base economica, si
sarebbe messa in relazione coi bisogni odierni, molto più che ricorrendo, come
ha fatto l'autore, ad una costruzione tecnica a base statistica, la quale, dopo
tutto, non è così sicura, come si potrebbe credere. Infatti fino a che punto
possono dirsi veramente accettabUi e applicabili le tavole di mortalità? Ce
n'ha di varia natura; e cotesta incertezza, e in parte anche cotesta deficienza,
della base statistica può riverberarsi sull'intero contratto. In realtà, il modo
con cui queste società di assicurazione si costituiscono a base statistica può
far luogo a sgradite sorprese, e sarebbe stato prezzo d'opera l'accennarle.
« Fors'anco dipende da ciò, che la parte critica non sia trattata con
quell'ampiezza che sarebbe stata desiderabile. Certo, qua e là l'autore arrischia
qualche appunto agli attuali ordinamenti legislativi, ma piuttosto timidamente,
specie in vista dei forti attacchi, che l'istituto com' è disciplinato oggigiorno
da noi; ha subito per parte di altri. Infine, dopo letto il libro del Yivante,
è parso che restasse il dubbio, se tutto non vada proprio abbastanza egregia-
mente e non ci sia nulla a ridire, o se occorra ritoccare qua e là, e introdurre
qualche temperamento o modificazione o riforma corrispondente all'indole ed
alle accidenze dell'istituto.
ft Un'altra cosa abbiamo indarno desiderato, ed è la parte storica, che
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pure avrebbe giovato tanto a lumeggiare Tistituto e collocarlo al suo vero
posto.
« Aggiungiamo un* altra considerazione. Le imprese d'assicurazione sono
essenzialmente imprese intemazionali; e dunque appunto la trattazione di
questa materia si dovrebbe, s'altra mai, condurre per via di comparazione.
Invece Vautore s'è contentato di ristampare le leggi forastiere in calce al
volume, e appena qua e là c'è qualche riscontro nel corpo dell'opera. Ora,
ciò è sembrato insufficiente alla vostra commissione. La comparazione, fatta
attentamente, ci avrebbe fatto toccar con mano come sieno regolate queste
imprese fuori del nostro territorio, e quale influenza possa avere la legge
estera sulla nostrana quando ci facciamo a contrattare con un forastiero.
m Né sarebbe stato male di attingere più laicamente ai principi del
diritto civile. Dopo tutto ci son materie, per es. quella della cessione, in cui
il legislatore non ha formulato principi propri, e si è attenuto a quelli del
diritto civile. Lo stesso Yivante nota questo ; ma egli non è forse così dotto
civilista, come è profondo conmiercialista, e cosi avviene che si potrebbe muo-
vere qualche serio dubbio a talune sue conclusioni giuridiche desunte special-
mente dal diritto comune.
« Anche la forma è stata trovata troppo ricisa e assoluta. Col che non
vogliamo dire, che il libro ci sarebbe piaciuto più se avesse assunto un tono
polemico ; ma generalmente ci sono troppe affermazioni donmiatiche, che la-
sciano per lo meno il desiderio di una più larga discussione, e troppe diffi-
coltà non avvertite, o almeno non rilevate, di cui si sente o si intravede la
esistenza, e non si sa o non si capisce se e in qual modo l'autore sia rie-
scito a superarle.
« Così pur tributando anche a questo lavoro gli elogi che merita, la
commissione non ha creduto che raggiunga veramente quel grado dì assoluta
bontà intrinseca, che si suole generalmente esigere pel conferimento del premio
di S. M. il Re. E d'altra parte anche questo studio, come quello del Brugi,
è tale da accostarsi molto a queste maggiori esigenze. La vostra commissione
è d'avviso, che, sebbene nessuno dei due possa, allo stato attuale, meritare
il premio, nondimeno potrebbero venir messi entrambi in condizione di meri-
tarlo, non trattandosi infine che di un lavoro di revisione. Ciò che importa
è che venga completata la parte manchevole, tolte alcune incertezze e ine-
sattezze, corrette le mende, in ispecie data qua e là una dimostrazione più
sicura e persuasiva, e forse gli autori non avranno difficoltà a farlo. In questa
speranza la vostra commissione ha sentito meno il dispiacere, che prova, di
dovervi proporre che il presente concorso venga prorogato di un biennio ».
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Reiasione della Commissione giudicatrice del concorso al premio
Reale per la Mineralogia e Geologia per Tanno 1886. —
Commissari : Cannizzaro, Meneghini, Struever e Taramelli
(relatore).
« Il prof. Giovanni Moro, presentò un manoscritto di 130 pagine: Sul
mare quaternario.
a L' argomento delle oscillazioni del livello marino fu anche recentetaente
dibattuto da geografi e geologi, in particolare da Zoffritz, Pfaff, Suess e Penk,
e se ne trova qualche cenno in tutti gli ultimi trattati di geologia. L'autore
è affatto digiuno di studi recenti; fidandosi a dati scentifici insufficienti, in
base alle proprie osservazioni, a dir vero stabilite in vari punti della costa
italiana, avendo inteso a suo modo i fenomeni quaternari, e riconosciuto nei
cordoni litorali l'opera di grandiosi fiumi scendenti da smisurati ghiaccia]*, e
scoperto, a cagion d'esempio, che il Po, tra le altre, ha depositato la colli-
netta di Gampoformio in Friuli, ed indotto che per tanta acqua allora scor-
rente il mare ^i fece allora dolce a grande raggio attorno alle coste, viene
poi alla conclusione che in epoca glaciale il mare rapidamente si è alzato,
poi abbassato per dieci metri, ovunque. Dice che la invasione del mare ha
largamente contribuito « all' imbarbarimento universale dei popoli, colti dal-
l' orridezza del clima glaciale » promettendo di somministrare con altro lavoro
la spiegazione della comparsa e della scomparsa di quant'acqua occorreva per
produrre l'affermata oscillazione generale del livello marino.
e Queste affermazioni ed i sottili ragionamenti, che le appoggiano, sono
dirette a dimostrare una tesi oltremodo ardita. Il tempio di Serapide e le
mura dì Pesto, anteriori all'epoca quaternaria, sono i monumenti di un po-
polo autoctono, non ancora per la detta cagione imbarbarito.
« Non aggiungiamo altre parole in difesa della commissione, affatto con-
traria alla speranza che nutre l'autore, di aver colte le cagioni « per cui
sorse sterminatrice la gran giornata glaciale » .
« P. Cordenons, Snl meccanismo delle eruzioni vulcaniche e geise-
riane^ parte prima, stampata in Venezia, 1885; parte seconda, manoscritto
di 23 pagine.
s Nella parte stampata, l'autore svolge la « ipotesi della esistenza delle
caldaje sottocrostalì, separate affatto dai camini vulcanici « , ipotesi che egli
aveva due anni prima incidentalmente accennato, trattando dei terremoti
(Elude sur les tremblements de terre et les volcans. Archives des sciences
physiques et naturelles, X, 1883).
« Dice giuocoforza supporre che la materia lavica formi un mare unico,
lasciando per altro indeciso se sotto tutta la crosta terrestre, o limitato ad
Sbndiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 82
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alcune sue parti. Essa teoria del mare lavico unico si concilia, egli dice,
colla localizzazione e coli' indipendenza dei vulcani, ammettendosi che ogni
vulcano sia un pertugio od un rubinetto, pel quale sfugge il vapor acqueo,
accumulatosi in località, vicine, affatto separate da quelle dei vulcani. Suppone
che i camini vulcanici sorgano, non inmiediatamente al di sopra di queste
cavità, ma lateralmente ad esse; e si sprofondino in modo che la loro parte
inferiore rimanga costantemente immersa nel mare lavico, rimanendo cosi
tolta la libera comunicazione tra il camino e la cavità, nei periodi di calma.
La eruzione invece avverrà quando la massa del vapore, aumentata, avrà
fatto abbassare sotto di sé il livello del mare lavico, per ra^iungere la parte
inferiore del camino vulcanico, scacciandone polverizzata lava continuamente
rimpiazzata da nuova, spintavi dalla corrente del vapore e dalla gravità, che
la costringe a mantenere costantemente il suo livello.
« Immaginando la estremità inferiore del camino vulcanico più o meno
sprofondata nel mare lavico, od air opposto da esso sollevata ; supponendo più
0 meno vicine cavità diverse, nelle quali si accolga ed accumuli con sempre
crescente tensione il vapore acqueo (trascurando la minima porzione degli
altri gaz) ; ideando convenientemente disposte esse cavità, perchò in dati casi
ne avvenga comunicazione tra di loro e col camino vulcanico, Tautore trova
che la sua ipotesi dà facile spiegazione delle varie fasi eruttive, pliniana,
stromboliana, solfatarlca, delle alternanze o successioni loro, del ridestarsi e
dello spegnersi dell'attività vulcanica, persino dei cerchi craterici, delle fen-
diture e dei vulcani della Luna. »
(( A confermarne la attendibilità, TAutore intraprende a dimostrare che
le ipotesi proposte degli altri autori possono spiegare tale o tal* altro feno-
meno; ma nessuna vale a spiegarli tutti. Prende in rapido esame la teoria
del Mallet, quella del Lapparent, che paragona alla Goriniana, e quella, che
egli intitola fisico-chimica o dei laghetti di lava intercrostali e che attribuisce
a Volger; e tace di tutte le altre.
tt Nella seconda parte manoscritta, il Cordenons espone come sia stato
indotto a dedicare i suoi studi esperimentali alle eruzioni geiserìane, man-
candogli i mezzi di istituire opportune esperienze sulle vulcaniche.
« Dopo aver descritto i fenomeni dei geiser d' Irlanda, della Nuova Ze-
landa e dell'America, espone la teoria del Mackenzie e quella del Bunsen,
confermata, egli dice, dagli esperimenti del Tjndall. Non cita quelle di
F. Muller e di E. L. Bauer.
tf Con ottimo, lodevolissimo consiglio, il Cordenons volle assoggettare
alla prova dell'esperimento le due diverse teorie. Fece costruire un tubo si-
mile a quello, del quale si serviva nei suoi esperimenti il Tjndall (ma non
quello di F. Muller): provò e riprovò in tutti i modi, ma i getti che ne
ottenne « presentavano, egli dice, caratteri ben differenti da quelli che con-
traddistinguono le eruzioni geiserìane «.
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« Nelle prove (inyece) fatte colla caldsya chiusa, cui applicai (egli dice)
un canale emissario, foggiato secondo Videa del Mackenzie, la durata dell'eru-
zione era proporzionatamente molto più grande ; l'acqua del tubo veniva più
volte rimbalzata, e quindi il getto riproduceva esattamente quelle oscillazioni,
che sono proprie del getto di tutti i geiser e massime dei grandi « . Così di
altri singolarissimi fenomeni ottenne la riproduzione. Ed a spiegare quelli
delle così dette pseudo-eruzioni del Grande d' Islanda e del Gigante d'Ame-
rica, suppone, in luogo di, un semplice bacino, in cui si accolgano i vapori,
una lunga caverna, suddivisa dalle irregolarità della volta in più bacini, co-
municanti 0 no a seconda del livello dell'acqua. Altre analoghe supposizioni
spiegherebbero i getti intermittenti o continui di soli vapori.
« L'argomento merita ulteriori studi, essendo gli autori tuttora divisi di
parere tra la teoria del Bunsen e quella del Lang. È indubitato per altro
che le opinioni devono essere rischiarate dalla conoscenza geologica del ter-
reno dove questi fenomeni si presentano.
« Sostenendo coi ragionamenti e colle esperienze la spiegazione antica
del Mackenzie, ed estendendola (benché dica di apprezzare la grande diffe-
renza) alle eruzioni vulcaniche, il Cordenons ha « il presentimento che la
scienza ufficiale, togata ed irregimentata.... farà passare il suo scritto inos-
servato « . Senza seguirlo nell'applicazione, che egli fa della lotta per l'esi-
stenza ai prodotti della umana intelligenza, non si può a meno di proclamarlo
felice perchè convinto che le sue idee avranno pieno trionfo quando, nell'av-
venire, saranno dissepolte da qualche uomo illustre di oltre alpe, che le pro-
clamerà come proprie. In fatto però egli non fa che modificare leggermente
delle idee esposte da altri.
« La commissione non vede il merito di molta semplicità e nemmeno
di originalità nelle ipotesi del sig. Cordenons ; né ritiene che di tali disqui-
sizioni si avvantaggino di molto la geologia e la fisica terrestre.
« Marchese Antonio De-Gr^orio. — 28 lavori diversi, i più di paleon-
tologia.
tf n sig. marchese De-Gregorio Antonio presenta complessivamente al
concorso 28 lavori stampati ed aggiunge come documenti illustrativi^ ma fuori
di concorso perchè scritti in francese, i cinque fascicoli finora usciti dagli
Annales de geologie et paleontologie^ da lui medesimo fondati. Allo stesso
oggetto è prodotto l'opuscolo, che porta per titolo: Moderne nomenclature
des coquilles, accompagnato da nota manoscritta, dalla quale si apprende che
l'autore ha speso oltre cento mila lire nell'acquisto di collezioni e di libri, ed
ha destinato la dote annuale di lire cinque mila all'aumento progressivo del
suo gabinetto geologico. Il detto opuscolo va annesso al volume intitolato :
Fauna di s. Giovanni Ilarione (1880). Vi sono pure addotte le ragioni, che
obbligarono l'autore a ritardare e potremmo ormai dire a sospendere le pub-
blicazioni di questa prima parte. Il che deve molto deplorarsi; poiché, Come
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giustamente e con lealtà lo stesso sig. marchese dichiara, è appunto il campo
dei molluschi terziari che gli è più famigliare. Invece, sedotto dalla attrat-
tiva scentifica, ToUe dedicare i suoi studi e i suoi mezzi alla illustrazione
di faune secondarie; in un campo, cioè, che a sua confessione gli era meno
famigliare, con successo quindi assai meno felice. Che se avesse continuato,
come prometteva, lo studio di quella sola importantissima fauna terziaria del
vicentino, che ancora non era stata descritta da geologi italiani o stranieri,
egli avrebbe arrecato alle scienze una contribuzione ben più utile e desiderata.
« Si riferiscono a faune secondarie i seguenti lavori : Coralli titonici
della Sicilia, p. 11, 1882. — Coralli giuresi della Sicilia, parti due, p. 12, 12,
1882-83. — Nuovi decapodi titonici, una pagina, 1884. — Fossili titoniani
del biancone di Rovere di VelOj 6 pagine, 1883. — Fossili dei dintorni
di Pachino 1882, 22 pagine e 6 tavole. — Iconografia delle faune dell'oriz-
zonte alpiniano in 4«^, pag. 13, e 30 tavole, 1886. — Fossili del Giura4ias
di Segan e Valpore, 25 pag. e 2 tavole. — Fossili di M. Erice, in Sicilia,
p. 12 e 2 tavole.
tt Si riferiscono a faune terziarie, oltre raccennato princìpio di mono-
grafia, uuo scritto sui fossili delle argille scagliose, 22 pag. e 5 tavole 1882. —
Sette brevissimi lavori sopra specie e generi terziari, ed un volume di 430 pagine
e 7 tavole su talune specie viventi e fossili mediterranee.
a Tratta di fauna di mammiferi quaternari un* ultima pubblicazione :
Intorno ai depositi dei roditori e carnivori sulla vetta del monte Pelle-
grino, in 8° grande di 39 pagine, con 4 tavole.
« Non ci dilungheremo nell'esame particolareggiato dì ciascuno dei suespo-
sti lavori. Per dire soltanto dei principali, e precisamente dei risultati che
con essi si proponeva dì raggiungere T egregio autore, possiamo asserire che
a proposito delle monografie di fossili mesozoici la proposta di un nuovo
piano e di sue suddivisioni non incontrò in generale l'approvazione dei geo-
logi; e che le descrizioni, le definizioni e le nomenclature delle specie non
sembrarono a competenti giudici esenti di molte contestazioni. Alcune forme
descritte come nuove erano state pubblicate da altri con materiale prove-
niente dalle medesime località; in generale la diagnosi non è proporzionata
all'abbondanza delle illustrazioni, in particolare per l'Iconografia del piano
alpiniano. Rimangono bensì le molte e belle tavole, corredo utilissimo di
studio, del quale tutti i paleontologi devono essere riconoscenti alla splendi-
dezza dell'Autore e dell'Editore. Più completi sono i lavori sui fossili di
Pachino e delle Argille scagliose; ma anche in questi la parte descrittiva
e le notizie stratigrafiche riescono confuse e non contemplano l'importanza
stratigrafica, che potrebbero assumere i giacimenti descritti.
• « Nel lavoro sui mammiferi di M. Pellegrino, le considerazioni generali,
che portano l'autore a proporre il nuovo nome di Frigidiano pel quaternario,
secondo un concetto che taluni autorevoli geologi potrebbero ritenere eiToneo,
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sono meno in accordo coir entità dello studio. La proposizione di un genere
nuovo {Pellegrinia) è sostenuta dairautorità del sig. Porsith Major, al quale
l'autore sottopose il suo scritto e rende largo tributo di riconoscenza ; come
fa, ogni qualvolta gliene si offra Toccasione, verso tutti coloro che coir opera
e coi consigli hanno favorito i suoi studi.
« La attività straordinaria e la munificenza del nobile Signore sono su-
periori ad ogni elogio. Quando però la commissione si è domandato se è con-
forme ai bisogni della scienza Y indirizzo di raccolta, di determinazioni spe-
cifiche e dì pubblicazione, sul quale egli si è posto da parecchi anni ; se da
tante pubblicazioni è poi venuto alla geologia ed alla paleontologia quel van-
taggio, che si riprometteva e coi mezzi materiali impiegati ben poteva rag-
giungere r Autore , con molto dispiacere essa conviene in una risposta
negativa. Qui non si tratta di una illustrazione metodica di faune spente,
zoologicamente affini o per vicini rapporti stratigrafici Tuna all'altra coeve o
susseguenti. Di tali lavori monografici può essere intessuta, con risultati
utilissimi, la vita intera di un paleontologo. Piuttosto sono descrizioni sal-
tuarie di raccolte, la maggior parte acquistate, in generale senza la guida
di un concetto stratigrafico, senza ragione di opportunità per venire in
ajuto a studi contemporanei, senza quell'autorità che per generale consenso
deve essere guadagnata da chi moltiplica a centinaja le denominazioni di
specie nuove. In questo indirizzo, ogni incoraggiamento sarebbe contrario a
giustìzia ed allo stesso interesse dell'autore, il quale, se con più pacato or-
dine e con sufficienti rafirontì terminerà uno soltanto dei lavori iniziati, in
particolare quello della fauna eocenica vicentina, provvederà nel miglior modo
alla sua fama scentifica.
« Carlo De Stefani, Descrizione geologica dell'Appennino settentrionale.
« L'introduzione non persuade completamente della opportunità dell'am-
plissimo lavoro, il quale potrebbe dirsi una rivista della geologia di una metà
della. nostra penisola. Appunto perchè l'Appennino settentrionale, come afferma
l'autore, è una regione « né troppo male né troppo bene conosciuta » più* di
una sintesi prematura sarebbe stata opportuna una serie di studi monogra-
fici, per località o meglio per formazioni^ sugli argomenti più bisognosi di
ulteriori indagini.
« Invero non manca l'autore nel suo scritto di oltre 1800 pagine di esten-
dersi sopra alcune regioni a lui meglio note, la maggior parte però descritte
in precedenti suoi lavori; ma per quegli argomenti appunto pei quali egli
eleva i più gravi dubbi sulle osservazioni precedenti, è d'uopo convenire che
l'esame dei fatti e la loro illustrazione grafica sono bene spesso insufficienti.
Epperò, quanto al concetto generale dell'opera, se è anmiirabile un tentativo
ardimentoso, nello stato presente delle cognizioni, tenuto calcolo anche delle
nuove fomite dall'autore, alla sintesi che questi si propose mancavano i neces-
sari elementi, per quanto grande sia la competenza sua, in particolare nello
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studio delle &une terziarie* Le due più importanti questioni: dei limiti tra
i terreni cretacei e gli eocenici e delle reali -equivalenze dei terreni, ascritti
ai vari piani del miocene, non s<mo risolute ; anzi la seconda ai è fatta piii
oscura per la proposta di isocronismi, che si litengono meno accettabili
« I limiti e le suddivisioni topografiche delle regioni descritte non sono
sempre felici; queste soverchie, obbligando l'autore a numerose ripetizioni.
Le considerazioni, ad esempio, per le quali si fissa il confine nord-ovest al
Colle dell'Altare piuttosto che alla Bocchetta, avrebbero potuto persuaderlo
a mantenere anche la distinzione della catena metallifera, dall' Appennino ;
distinzione da lui stesso altra volta seguita (Geologia del Monte Pisano,
p. 96) ; non essendo punto contrario, come egli pensa, alla naturalezza delle
cose il distinguere le catene, quando lo si possa come in questo caso, secondo
la varietà delle rocce che le compongono. Il confine meridionale, piuttosto
che estendersi verso il Tirreno sino al Tevere, avrebbe forse 'dovuto fissarsi
airOmbrone, anche per omettere la regione vulcanica, per trattare della quale
l'autore disponeva di troppo scarsi elementi.
« Esaminiamo partitamente i sette capi, nei quali l'opera è divisa.
« Parte I. Dal Colle dell'Altare alle valli della Polcevera e della
Serivia (pagine 162). Una particolareggiata descrizione della tectonica nelle
adiacenze di Savona conduce l'autore ad ammettere quivi una anticlinale
rovesciata a nord ; tale quindi che le rocce più antiche si presentino nella parte
mediana, e tra queste menziona dei gneiss e delle rocce amfiboliche, le quali
non sono di certo somiglianti ai terreni cristallini che affiorano sotto al paleo-
zoico nelle Alpi Marittime o nel gruppo dell'Estérel. Ora, la semplicità di
questa curva anticlinale a chi conosce quella regione non pare evidente;
infatti, né la inclinazione è sempre a sud, variando in più sensi in partico-
lare presso Stella, al S. Giorgio ed a Montenotte, né la serie si ripete lungo
il Sansobbia ed il Letimbro in modo regolare, come dovrebbe accadere se-
condo il concetto dell'autore. Quanto poi alla spettanza della così detta Appetì-
ninite (o Besimaudite) al permo-carbonifero, del che l'autore non conviene, la
stratigrafia delle Alpi Piemontesi non meno che delle Orobiche torna a piena
conferma delle idee del signor Zaccagna, dall'autore impugnate. Ed a propo-
sito delle rocce magnesifere, delle quali si espone una serie per qualche ri-
guardo meno esatta, in appoggio della nota idea della loro origine per alte-
razione di colate di rocce peridotiche, Tautore non cita alcun nuovo argomento
come non espone .sufficienti ragioni per dimostrare del tutto erronea la deter-
minazione ad esse assegnata, alla base del Trias, dagli autori della pregevole
Carta geologica della Liguria, pubblicata bensì dopo la presentazione del lavoro
ma pronunciata da ampie e ripetute pubblicazioni. L'autore non ha punto
dimostrato che quelle rocce magnesiane non possano essere, se non sono triaaiche,
almeno in parte gli equivalenti dei più recenti terreni paLeozoici, come risulta,
almeno nello stato attuale delle cognizioni, per le Alpi Betidie e Penni^fi*
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« Sarebbe importante, quando fosse assicurata, la presenza dell*albite nel
calcare dolomitico triasico ; le analisi offerte non la confermano. A proposito
di questo terreno, spetta al signor De Stefani il primo rinvenimento di fos-
sili, daprima noti soltanto nel rersante opposto deUa catena, presso MondoYÌ.
« La critica, che Tautore trattando dei terreni terziari della r^one muove
ad alcune suddivisioni del signor Mejer, in generale è molto acuta e soste-
nuta da buoni argomenti. Tuttavìa Tautore non prova che tra il Boimidiano
ed il Tortoniano manchi realmente un terreno distinto, che non si può rite-
nere una facies di quest*ultimo e che passa tra i geologi sotto i nomi di
Elveziano o Langhianò. Poco si poteva dire dei terreni quaternari ; ma Targo-
mento delle recenti oscillazioni e dei terrazzi litoranei della Liguria, assai
complesso per Vindole opposta delle cause che vanno considerate, doveva es-
sere trattato con maggiore ampiezza.
« Parte II. Dalle valli della Poleevera e della Scrivia alle valli della
Vara e del Taro. La poco felice divisione regionale addottata obbliga Tautore
a trattare in questo capo dei dintorni della Spezia, dei quali la struttura geo-
logica così strettamente si annette air argomento del capo seguente. Poco si
aggiunge a quanto è già noto, ma le condizioni tectonicbe sono studiate con
sufficiente dettaglio, ed ancora più evidente ne sarebbe la esposizione se aiu-
tata da profili e da carte più complete. Dei due dubbi avvanzati: che i bac-
trilli sieno pteropodi piuttosto che diatomee, e che le Posidonomya sino ad
ora ritenute liasìche sieno di specie giurassiche recenti, né Tuno né l'altro
è risolto ; e che lo fosse in particolare il secondo, importava moltissimo anche
per la interpretazione della stratigrafia d^li altri afBoramenti mesozoici della
Toscana.
« Se l'autore avesse esaurito lo studio stratigrafico della ancora poco
nota regione cretaceo-eocenica della L^ria orientale e dei monti del Pavese
e del Piacentino, avrebbe reso certamente un utilissimo servizio alla geologia
italiana. Ma alcune sue affermazioni sono decisamente inesatte, come quando
egli anmiette la superiorità delle arenarie quarzose di Bobbio rispetto alle
brecciole nunamulitiche e quando descrive la stratigrafia delle due valli della
Trebbia a valle di Bobbio e della Nure intorno a Bettola. Altre sono assai
discutibili, come la posizione costante degli strati ad Helmintoidea sotto la
zona ofiolitica eocenica, la quale trova invece almeno un'eccezione appunto
nella valle delle Nure presso a Farini d'Olmo. Altre male si associano, come
il parallelismo delle lavagne coi gallestri e la inferiorità di quelle alla zona
delle serpentine. Eppure quel concetto felicissimo dei rapporti tra le stra-
tigrafie della Lunigiana e delle montagne di Bobbio e di Bettola, il quale,
quando fosse del tutto dimostrato, porterebbe tanta luce nella geologia appen-
ninica e che è originale del signor De Stefani, ben meritava più minuziose
indi^ini e che fossero definite le modificazioni da esso apportate alle risul-
tanze di studi aoterìoii.
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« Parimenti nella tanto dibattuta questione della orìgine della zona ser-
pentinosa eocenica Tautore non porta alcun fatto nuovo, non presenta alcun
argomento di fatto che appoggi la sua convinzione della originaria eruttività
di quelle serpentine, eufotidi e diabasi; nò esamina. abbastanza, anzi quasi
nenmieno ricorda quel mirabile sviluppo di rocce granitiche e quarzitìche,
regolarmente stratificate, estese per chilometri a ponente del M. Bs^ola. Ed an-
cora, nella importantissima affermazione di un orizzonte pliostocenico marino
a Cyprina Islandica nel subappennino di Piacenza, perchè non sono stu-
diati i rapporti di questto ultimo sedimento colle conoidi alluvionali, ampia-
mente estese, profondamente terrazzate, sfumantisi coi teilreni pliocenici, affatto
distinte dalle più antiche alluvioni del piano sulla destra del Po? Più avanti,
a pag. 381, Tautore affermando che le spiagge della Liguria orientale offrono
un esempio di una regione, che lentamente si ritira nelVatto stesso che è
soggetta ad un piccolissimo e reale sollevamento, confonde cronologicamente
due fenomeni con tutta probabilità conseguenti, senza arricchire di molto
il numero ancora scarso di fatti accertati.
«« Pai-te IH. Alpi Apuane e M. Pisano (p. 247). Onora grandemente
Tautore il vedere apprezzate le osservazioni ed accettate le deduzioni degli
altri geologi, contro le quali per tanti anni egli aveva guerreggiato ; le ulte-
riori notizie paleontologiche che egli espone sopra alcune specie liasiche de-
scritte e figurate sono altro prezioso tributo alla geologia di quella così sel-
vaggia Svizzera tirrena; ma il riferimento al trias superiore di alcune rocca
che dalla maggioranza dei geologi, in particolare al monte Pisano, sono rite-
nute più antiche, rende dubbioso il lettore nell'accettare integralmente le inter-
pretazioni proposte della complicata tectonica di quei siti.
« I capitoli dove si parla delle rocce ofiolitiche della valle del Serchio
e dei depositi lignitiferi pliocenici della Garfagnana, sono ricchi di notizie ori-
ginali, condotti col miglior metodo, sommamente istruttivi. Il riassunto, con
buone aggiunte di fatti nuovi, di quanto concerne terreni e fenomeni quater-
nari, in specie i morenici, è del pari assai commendevole.
« Parte IV. Dalle valli della Vara e del Taro al Santemo, alla Pieve,
all'Amo (p. 415). Se da un lato le notizie paleontologiche e stratigrafiche
sulle montagne del Sasso-Bosso, Alpe di Corfino, e del Cerreto, e Tesame
della tectonica prima anzi poco nota dell'alto Appennino Toscano, argomenti
della prima parte di questo molto importante capitolo dell'opera esaminata,
rappresentano utilissimo materiale per la geologia italiana, la unificazione
che Tautore, sull'orme del Manzoni, insiste nel proporre di tutto quanto egli
considera come facies diverse del Tortoniano, sino a comprendere in questo
terreno la Pietra di Bimantova (p. 222) e la fauna echinologica di Montese e
di Cinghi, distinta per così evidente carattere di antichità tra le analoghe
terziarie, non troverebbe di certo, almeno nello stato attuale delle nozioni
dettagliate stratigrafiche, molto favore tra i geologi ; per quanto essi consentano
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coir egregio collega nel desiderio di abbandonare le denominazioni locali,
oppure le importate, spesso fraintese. La stessa unificazione nell'unico piano
astiano, mantenuta dall'autore pel Pliocene, pare un ardimento soverchio ; nò
egli scelse il miglior mezzo per persuaderne riportando interi cataloghi di
centinaja di specie di località diverse, mentre sarebbe stato così autorevole
la scelta, che, colla competenza in lui riconosciuta, egli avesse fatta degli
elementi di ciascuna fauna, a suo modo di vedere distinti pel solo fatto delle
diverse condizioni batimetriche.
« Importanti, sebbene già dall'autore pubblicate, le notizie sui fenomeni
quaternari e sui laghi di questa porzione dell'Appennino.
« Parte V. Balle valli della Pieve e del Santerno a quelle del Foglia
e del Chiascio, del Tevere, della Chiana e del Chianti (p. 187). In rap-
porto colla importanza della regione, questo capo è poco diffuso; l'esame
delle importanti discrepanze nelle opinioni che corrono tuttora sulla tectonica
delle adiacenze di Firenze è in particolare difettoso; l'appunto fatto prece-
dentemente può ripetersi per la determinazione cronologica dei terreni mio-
cenici di S. Marino, del M. Fumajolo e della Vemia; pei terreni gessiferi
presso Sogliano sonovi affermazioni inesatte. Invece quanto risguarda le vicende
delle conche, già lacustri, dell'alta e bassa valle d'Amo, della Chiana, del-
l'alto bacino del Tevere, ò presentato con tratti ma^trali ed i confini tra il
terziario e il quaternario sono chiaramente segnati, meglio che in alcun altro
lavoro pubblicato in proposito.
« Parte VI. Dall'Arno alla Fiora (p. 325). In questo capo, che cer-
tamente l'autore non ha potuto rivedere, riesce molto confuso quanto riguarda
i depositi detti siluriani di Bovi, il carbonifero di Jano, ed i terreni del
Trias ; è meno profondamente discussa la porzione delle rocce scistose ed ofio-
litìche del capo Argentare, per le quali ò assai vaga l'affermazione: « che
non si può escludere che una parte almeno di esse spetti ad un'età più an-
tica del trias superiore i> ; si omette a torto l' importante argomento delle
rocce feldispatiche, citandosi soltanto per incidenza il granito di Gavorrano
senza accennare ai rapporti tra le trachiti ed i graniti; se si eccettuano le
poche notizie sui fossili dei calcari lìasici del Campigliese, la stessa defi-
cenza di sicure determinazioni avrebbe dovuto imporre un maggior riserbo
sulla ripartizione delle rocce nei piani mesozoici superiori al lias. Assai mi-
gliore è la descrizione dei terreni terziari, in particolare dei pliocenici. Ai
venti capitoli di questa parte sesta uno ne va aggiunto, sul piano Pontico,
che fu spedito troppo tardi per essere compreso nel concorso, ma che sarebbe
ingiustizia non prendere in considerazione, perchè amplia notevolmente le
cognizioni su questo terreno, pur accettsmdosi quasi integralmente le conclu-
sioni di altro recente lavoro del prof. Pantanelli.
« Parte VII. / monti della Tolfa. Anche in questo capo abbiamo il
contrasto di alcuni argomenti assai ampiamente trattati, portandosi anche
BsNDiooNTi. X888, VoL. IV, 1« Sem. 88
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utilissimo incremento ai fatti noti, come a proposito del terreno pontico sotto
alle trachiti, colla scarsità delle notizie e delle considerazioni a proposito di
altri fenomeni, che pur formano la caratteristica geologica della regione ; ad
esempio, sulla composizione delle trachiti, sulle alterazioni che hanno subito,
e sui rapporti coUe trachiti di M. Amiata e degli altri vulcani tirreni. In-
dubbio è il merito delle nuove osservazioni sui terreni pliocenici e quater-
nari, litoranei o palustri o lacustri nelle valli o presso la spiala tirrena;
ma sulla spettanza al quaternario dei più recenti terreni marini di M. Mario,
della Farnesina, Acquacetosa, Torrimpietra non rimangono al lettore minori
dubbi che per l'accennata determinazione delle sabbie gialle dell' Emilia. In
complesso, le conclusioni quanto ai limiti cronologici dei vari cicli eruttivi dei
vulcani tirreni sono dubbie, ed esposte come tali (p. 89); alle cose dette dal
Ponzi, dal Veni, dal Tittoni e molti altri, assai poco si aggiunge ; la espo-
sizione storica della complessa quistione dei tufi è bensì fatta con molta
equanimità, ma anche pei colleghi non del tutto famigliari all'argomento non
contiene considerazioni né decisioni di tale importanza da giustificare l'amplia-
mento, che il signor De Stefani credette di poter dare alla regione illustrata.
« Chiude il manoscritto un riassunto non proporzionato all'ampiezza ed
alla suddivisione dell'opera. Evident'Omente all'autore mancò il tempo di racco-
gliere le fila e di additare egli stesso quali fossero i principali risultati, otte-
nuti, quali le idee dimostrate, quali i dubbi ed i desideri di ulteriori ricerche ;
dobbiamo pur convenirne, non era all'opera impari il suo ingegno, ma perciò
appunto riteniamo che l'autore stesso non consideri raggiunto il compito che
si è prescritto. Che la presentazione del lavoro sia stata afErettata, lo dimostra
altresì lo stato disordinato e frammentario della parte illustrativa, della quale
faremo breve cenno. Essa è composta dei seguenti elementi :
a) Trenta fotografie in grande formato di paesaggi assai bene scelti.
Sebbene non valgano più di schizzi abilmente segnati, queste fotografie, ri-
prodotte in. fototipia, formerebbero un bell'ornamento di una pubblicazione son-
tuosa, in grande formato, che sarebbe conveniente per un lavoro sopra una re-
gione meno nota di quanto lo sia ai geologi italiani e stranieri l'Appennino
settentrionale.
b) Sette tavole di profili, in scala assai piccola, disegnati e disposti
meno lodevolmente.
e) Tre fogli della carta geografica in scala di 1 : 600,000 per indi-
care i piani dei suddetti profili.
d) Tre fogli della Carta geometrica della Toscana, nella scala di
1 : 200,000, colorita qua e colà in modo assai incompleto.
e Due fogli della carta a scala di 1 : 250,000 per l'Appennino setten-
trionale, coloriti soltanto per la Liguria occidentale sino a Savona e nei din-
tomi della Spezia. Altrove, sono bensì segnati alcuni contomi in matita rossa,
ma mancano le lettere ed i numeri dei terreni.
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— 645 —
/) Una carta geologica delle Alpi Apuane alla scala di 1 : 25,000
Attendendosi imminente la stampa del rilievo fatto nella regione medesima
dagli ingegneri del B. Comitato, la pnbblicazione dispendiosa di questo grande
figlio sarebbe meno opportuna.
g) Una serie di spaccati nella scala della carta precedente, e come
questa imperfettamente dichiarati dal testo.
h) Una tavoletta della carta topografica nella scala di 1 : 50,000,
dei dintorni di Celle e di Sassello, presso Savona; è sicuramente errata in
più siti; anche la pubblicazione di questa è meno opportuna dopo la stampa
della Carta geologica della Liguria dei signori Issel e Mazzuoli.
i) Una tavoletta nella scala medesima di Vezzano-Lerici ; illustra in
parte i terreni secondari della regione lunense.
j) Altra tavoletta di una porzione dell'alta valle del Serchio : è forse
il disegno più accurato.
l) Una porzione d'altra tavoletta, nei dintorni di Monsummano e
M. Catini; sensibilmente diversa dalle tavolette rilevate da altri geologi
sulla stessa area.
« Come fu presentata l'opera del signor De Stefani, certamente per molti
pregi commendevole, non raggiunge quel grado di merito che, secondo la
Commissione, corrisponde al cospicuo premio proposto dalla sovrana munifi-
cenza. Completato § meglio ordinato, con uno stile meno prolisso, con una
chiusa proporzionata alla quantità delle notizie, sceverato delle dubbiezze e
delle affermazioni piuttosto atte ad intralciare che a sciogliere i concetti stra-
tigrafici sull'Appennino, questo lavoro può riescire dei più importanti nella
letteratura geologica del nostro paese.
« G. Spezia. Studi di geologia chimica sopra una solfara della Sicilia,
« L'autore, in base ad un molto accurato esame delle condizioni di gia-
cimento dei diversi minerali nella miniera di Begalmuto, si propone di for-
nire nuovi argomenti per la importante questione dell'origine dei depositi
solfiferi. È noto come al solfo si associno il quarzo, la calcedonia, la calcite,
là celestina, e tra i minerali che sono rari, od almeno in tenuissimi cristalli,
la Melanoflegite, composta di silice e di acido solforico, scoperU dal Lasaulx
e studiata anche dallo Spezia. Agli argomenti, che rendono dubbia la cristal-
tizzazione di questo minerale, le nuove osservazioni dello Spezia non appor-
tano un peso decisivo ; sembrano però dimostrare che la sua formazione sia stata
in generale posteriore a quella dei minerali più abbondanti.
« Coir esame di molti e vari casi di sopraposizione dei minerali sunno-
minati, si dimostra la diversa e reiterata successione dei fenomeni, che li
hanno prodotti ; si descrivono e figurano dei cristalli di celestina e di solfo,
finamente zonati per successive incrostazioni. Si osservarono però abbastanza
frequenti delle tonache rimaste vuote, di silice che rivestiva dei cristalli di ce-
lestina. Per indagare questa scomparsa del solfato, e prima, la sua alterazione,
l'autore ha stabilito interessanti esperienze, le quali fanno ritenere molto
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— 646 —
probabile che sia stata quella un'azione dei liquidi alcalini, col progressivo
cangiamento del solfato in carbonato di stronzio; e quanto all'origine della
celestina, con altre interessanti esperienze dimostra come possa essere av-
venuta per lenta azione di cloruri di stronzio e solfato di magnesia ; mentre
dimostra assai meno verosimile Tipotesi del Gorgon, il quale riteneva il mi-
nerale formato per reazione di solfati, disciolti in cloruri fusi.
« L'autore vorrebbe provare che le alterazioni, dissoluzioni e successive
nuove formazioni dei minerali nel giacimento studiato, continuino tuttogiomo;
e lo sostiene in base alla composizione delle acque per esso circolanti, deter-
minata collo studio dei depositi, che alcuni campioni di queste hanno abban-
donato successivamente, con lenta evaporazione. Quelle acque contenevano
cloruri di sodio, calcio e magnesio, stronzio e litio, carbonati di calce ed
alcalini e silice. Spiega la quantità eccezionale di queste col supporre che
le acque circolanti per le miniere attraversino rocce silicato, alterabili.
« Passate in molto breve rassegna le principali ipotesi che ftirono avan-
zate per la spiegazione de' depositi gessoso-soliìferi e ricordata in particolare
quella assai complessa del Mottura, accetta i punti essenziali di questa, ed
ai fatti, che la appoggiano, uno ne aggiunge, il quale certamente può rite-
nersi tra i più importanti risultati del suo studio, almeno pel geologo. Colla
dissoluzione progressiva del calcare solfifero, riusci il signor Spezia ad estrarne
dei cristallini isolati e perfetti di celestina e di quarzo, « certamente forma-
tisi all'atto del deposito.
« Tutte queste belle osservazioni e considerazioni sono condensate in 42
pagine di manoscritto, con una tavola di disegni fotografici. I grandi pr^
del lavoro fanno considerare quanto mai questo sarebbe riuscito più commen-
devole se ordito con osservazioni in più miniere di vari giacimenti solfiferi;
se fossero state esaminate con maggiore ampiezza le teorie proposte dai vari
autori, che trattarono dell'argomento; se all'importanza del tema e delle
stesse osservazioni dell'autore avesse insonmia corrisposto lo sviluppo, e di-
remmo anche per alcuni riguardi, la forma del lavoro.
« La Commissione riconosce i molti pregi dei lavori dei concorrenti, in
particolare dei signori Giorgio Spezia e Carlo de Stefani. Questi scritti però
0 per incompleto sviluppo delle loro parti, o per insufficiente trattazione
critica dei lavori che li hanno sul medesimo argomento preceduti, oppure
perchè difettosi nella illustrazione grafica che li accompagna, dimostrano
che il termine del concorso li ha colti quando non erano del tutto compiuti;
mentre il forte ingegno e l'operosità dei loro autori inspirano intera fiducia
che questi lavori potranno venire portati a tale perfezione da corrispondere
sotto ogni riguardo all'alto grado di merito, che si desidera coronare col
Premio Beale.
« La Conmiissione quindi propone che si proroghi il concorso per la
Geologia e Mineralogia sino al 81 dicembre 1890; ammettendosi, se ripre-
sentati, i due lavori riconosciuti di maggior merito « .
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647 —
Relamne sul concorso ai premi del Ministero della Pubblica
Istruzione per le scienze filologiche y pel 1886-87. — Commis-
sari : Ascoli, Comparbtti, D'ancona, Govi e Monaci (relatore).
K I concorrenti faron sei ; ma il primo di essi, il prof. Casorati Pietro,
presentò come unico titolo un volume, TibuUo : lirica amorosa^ versione bar-
baro-dattilica^ il quale non essendo che un saggio di letteratura amena, non
poteva, per la stessa sua natura, dargli adito a questo concorso.
tt L'esame dunque fu portato sugli altri cinque; dei quali ecco i nomi
e i lavori:
« Ceci Luigi. Il pronome personale senza distinzione di genere nel san-
scrito, nel greco e nel latino (st).
« M1CHKI4ANGEL1 L. A. Sul disegno dell'inferno dantesco (st.).
« Romani Enrico. Grammatica della lingua greca (ms.).
* BiEPPi Antonio. Lo scudo di Enea di Virgilio con alcuni riscontri
collo scudo d'Achille, d'Omero e con quello d'Ercole di Esiodo (st.).
« Sabbadini Remigio. ^) Guarino Veronese e gli archetipi di Celso e
Plauto con un'appendice sull'Aurispa (st.). — ^) Guarino Veronese e il suo
epistolario edito e inedito (st.). — ^) Centotrenta lettere inedite di Fran-
cesco Barbaro (st).
« L'argomento preso a trattare dal prof. Michelangeli non è nuovo; pareva
anzi che ormai bastassero, seppure non eran già troppi, gli studi sulla forma
e grandezza dell'Inferno dantesco fatti dal Manetti, dal Benivieni, dal Giam-
bullari, dal V ellutello, dal Galilei e da altri. Invero, che .cosa si poteva cer-
care 0 sperare di più in simile opera?
« L7nfemo era tutto nel pensiero 0 meglio nel sentimento del Poeta;
e però, che la sua compage rispondesse più 0 meno alle regole della statica
poco 0 punto importava al grande artefice, e meno ancora importa a noi che
neppure possiamo riconoscervi quel tanto di realtà esteriore onde ancora lo
materiavano i credenti del sec. XIV.
a II prof. Michelangeli stimò invece utile il ricominciare il lavoro, e ne
empiva 61 pagine di una elegante edizione in 4° corredata di due tavole lito-
grafiche. L'autore deve essere stato mosso a intraprendere questa disserta-
zione dal convincimento che poco 0 nulla ne avessero inteso i suoi predeces-
sori. Questo convincimento si manifesta nel libro a ogni tratto, e dalla seve-
rità che l'autore usa verso gli altri, nonché dalla sicurezza che mostra verso
sé stesso, era da aspettare qualcosa veramente di nuovo e di rilevante sul-
l'argomento. Ecco invece in quali termini compendia esso il suo concetto:
« Chi m'ha seguito con attenzione fin qui, sarà convinto, credo, che tutto l'edi-
ficio infernale del nostro poeta risponde alle leggi di gravitazione; che alla
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— 648 —
stessa logge risponde anche il mio disegno; che fra questo e le parole del
poeta y'è concordanza perfetta «; dimeQticando intanto che poche pagine
prima (p. 14) egli medesimo aveva scritto : « Ma si tenga sempre ben fisso
nella mente, che T architettura dell'inferno dantesco non può condurci oltre un
certo concetto dell'insieme e una certa proporzione delle parti, non essendo
concesso^ ad alcuno di stabilire quelle mism-e che forse non stabilì né in carta
nò in mente l'autore stesso, e s'anche le stabilì, certo non credette né neces-
sario nò bello esprimere in opera poetica i> . Se dunque non si potevano sta-
bilire misure né proporzioni delle varie parti del baratro dantesco, a che prò
sudarvi attorno per tante pagine, e come farne un disegno il quale rispon-
desse alla legge di gravitazione sì da pretendere corrispondenza perfetta fra
le parole del poeta e la rappresentazione grafica del professore ?
« Le due lezioni di Galileo, in questo scritto acerbamente censurate,
sono tuttora il migliore e più sicuro commento del concetto dantesco; e se
il prof. Michelangeli le rileggesse con mente pacata e con animo più benevolo,
forse troverebbe che poco o punto si sarebbe potuto utilmente aggiungere a
quanto il Galilei in quelle aveva detto.
« Nulla pur presenta di nuovo la Memoria del sig. Rieppi sullo scudo
di Enea secondo Virgilio. Di erudizione classica v'é abbondanza; ma insieme
vi si tradisce una conoscenza assai scarsa dello stato presente di questi studi,
e punto perizia nella economia del lavoro, nella critica, nel metodo. La ragion
rettorica domina per tutto lo scritto più che la vera e propria indiane storico-
critica; e quantunque il libro dia buon saggio della cultura dell' autore e del
suo amore per le lettere classiche, nemmeno questo parve alla Conmiissione
lavoro da potere esser proposto per un premio.
« E a conclusioni simili, sebbene per ragioni diverse, venne la Commis-
sione anche per la grammatica greca del prof. Bomani. Crede questi che
l'insegnamento del greco nelle scuole secondarie debba esser diretto non
solamente a far conoscere, oltre l'italiano e il latino, un'altra lingua; ma
eziandio a spiegare il meccanismo secondo il quale essa «venne scientifica-
mente costituita » . La grammatica giustamente riputata dell' Inama gli parve
perciò troppo breve in alcune parti ; altresì gli parve che troppi fatti lasciasse
inesplicati massime nella teoria degli accenti, del verbo ecc., e movendo da
questi concetti stimò opportuno nella nuova sua grammatica aggiungere i
quadri comparativi della flessione nominale nel proto-ario, nell'antico indiano,
nel greco e nel latino. Così la tendenza a esplorare l'organismo della lingua
greca e venuta in questo lavoro ad accentuarsi anche più che non nelle
grammatiche del Curtius e dell' Inama, per non dire di quelle del Dtibner,
del Erùger, del Ktìhner, benché non si arrivi agli intenti pm*amente glotto-
logici della grammatica di Gustavo Meyer, che egli mostra di non conoscere.
Ora sembra che l' insegnamento del greco nelle scuole secondarie abbia e
debba unicamente ave* a scopo il far conoscere quella lingua in modo da
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intendere bene gli scrittori antichi. A ciò conferisce, è vero, se adoperato con
misura, anche Tadditamento d'indole storico^lottologica ; ma il portare in
queste grammatiche addirittura le analisi e le dimostrazioni della glottologia,
è tale eccesso da rendere sempre più difiScile che si raggiunga lo scopo a cui si
mira. Onde, malgrado la fatica e il molto studio che all' A. deve esser costato
questo lavoro, eseguito del resto con cura e diligenza, la Conmussione è d'av-
viso che non si possa ammetterlo alla partecipazione di un premio; sembrando
altresì discutibile se di cotesti pren]g possa mai esser parola per manuali desti-
nati air insegnamento e non ancora messi alla prova pratica dagl' insegnanti.
« Lavoro d' indole strettamente scientifica è invece quello del prof. Ceci,
il quale dà prova in esso di molta erudizione e di una seria tendenza agli
studj in cui entra il soggetto che v' è discorso. L' assunto (Sul Pronome ecc.)
era molto difficile e scabroso, e anche i m^lio preparati non avrebbero po-
tuto conseguire sopra codesto campo gran che di certo e di nuovo. Tuttavolta
una esposizione più metodica e una indagine più riposata avrebbero potuto
condurre il Ceci a una miglior determinazione dei problemi e a qualche mi-
glior tentativo per la loro soluzione. Resta sempre che il suo risulti un sag-
gio notevole, e la Commissione fii concorde nel riconoscerlo meritevole di
esser considerato nella premiazione.
K Veniamo finalmente ai lavori del prof. Sabbadini
« Il primo di quei lavori è un indice alfabetico delle epistole del Gua-
rino, condotto su stampe e codici. Esso è sopratutto destinato a verificare e
come inventariare il tesoro presentemente noto di lettere guariniane, per age-
volare il ritrovamento di altre che ancora fossero ignote e nascose, e per pre-
pararne una edizione completa. All' indice segue una vita sommaria del Gua-
rino desunta dal suo epistolario.
<t II secondo r^uarda un aneddoto o meglio un problema letterario gua-
riniane, che diede occasione a lunghe dispute. Il Sabbadini, dopo altri, ne
tenta la soluzione riordinando ingegnosamente parecchie lettere del Guarini
stesso e di altri umanisti del sec. XY. Segue un cenno biografico svlV Au-
vispa tratto da lettere e documenti contemporanei.
« Il terzo è anch'esso preludio alla edizione critica di un altro epistolario ;
si tratta di quello di Francesco Barbaro, e contiene l'indice delle lettere
disposte in serie cronologica, più un sunto di ciascuna. Segue in appendice
una vita del Barbaro condotta anch'essa suU' Epistolario e un bel manipolo
di lettere inedite di lui, tratte da archivi e biblioteche.
« E questi scritti per unità di concetto e d' intenti e per conformità di
metodo si ricollegano con altri non presentati in questo concorso, con i quali
tutti il prof. Sabbadini evidentemente mira a mettere in ma^or luce, colla
scorta di autorevoli documenti e soprattutto degli epistolarj, i meriti degli
umanisti, mostrando quanto jsi debba alla operosità loro nel rinnovamento
degli studj classici e nella conoscenza dell'antichità,
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a II Guarino in primo luogo e poi il Barbaro appajono essere fra tutti
gli umanisti del sec. XY quelli ai quali specialmente si volgono le ricerche
del Sabbadini; ma è chiaro non potersi di essi trattare degnamente se non
si conosca a fondo la età in che vissero, e non si abbia quasi una specie di
familiarità coi loro contemporanei amici o avversar]', studiosi o mecenati.
Che il Sabbadini possieda questa larga e sicura conoscenza dói tempi e degli
uomini del rinascimento classico, ci sembra apparisca evidente da tutte le
sue pubblicazioni, mentre dal lavoro di già premiato su la storia del Cice-
ronianismo si desume ancora ch'egli abbia un concetto ben chiaro circa l'uti-
lità dell'opera degli umanisti e circa l'opportunità di illustrarla ancora una
volta col sussidio di nuove ricerche. Onde parve alla Commissione anche il
prof. Sabbadini meritevole di esser considerato per la premiazione.
« Pertanto a voti unanimi essa venne alla seguente conclusione : che dei
tre premi ne sia conferito uno solo, ripartito questo per giusta metà fra il
prof. Ceci, per il suo lavoro sul Pronome, e il prof. Sabbadini per i suoi
lavori sul Guarino e sul Barbaro » .
Relazione sul concorso ai premi del Ministero della Pubblica
Istruzione per le scienze fisiche e chimiche^ pel 1886-87, —
Commissari: Blaserna, Cannizzaro e Cantoni (relatore).
« n sig. professore Stefano Pagliani, unico aspirante al concorso ai premi
ministeriali per le scienze fisico-chimiche, presentò dieci opuscoli, parecchi
dei quali compiuti in comune con alcuni suoi assistenti.
« Il primo di questi lavori riguarda la comprimibilità dei miscugli di
alcole etilico e di acqua, fatti in comune col sig. dott. Luigi Palazzo. È questo
un argomento già trattato dal Pagliani in un opuscolo presentato pel prece-
dente concorso del 1884, e sul quale uno di noi ebbe allora a riferire. Il
Pagliani stimò opportuno di rifarsi sul predetto argomento, attese le singolarità
allora avvertite, sia per quanto all'influenza delle varie temperature sui pre-
detti miscugli, come ancora per l'avvertita diminuzione nel coefficente di com-
pressione nei miscugli rispetto a quello dell'acqua pura. Nella presente Memoria
egli sottopose a prova otto diversi miscugli, determinandone il coefficente di
comprimibilità sotto diverse temperature comprese fra 0 gradi e 70® circa.
Le pressioni furono variate in generale da una a quattro atmosfere circa.
I procedimenti sperimentali furono abbastanza accurati, ed opà prova venne
ripetuta le più volte.
* Le conclusioni di questo lavoro sarebbero le seguenti: a) Che la giunta
di piccole quantità di alcole tende a diminuire la comprimibilità del miscuglio
rispetto a quella dell'acqua, e ciò distintamente fino alla proporzione del
23 p. 7o di alcole, b) I miscugli alcoolici contenenti meno del 19 p. Vo di alcole,
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ofl&ono una comprimibilità che ?a diminuendo coll*aumentare della temperatura
al disopra dello zero; ma per ciascmi miscuglio essa assume un yalore minimo
sotto una data temperatura, oltre la quale essa va invece aumentando colla
temperatura, e). La temperatura del minimo di comprimibilità dei detti miscu-
gli è sempre inferiore a quella delFacqua, e tanto più quant* è maggiore la
ricchezza alcoolica del miscuglio. Osservano però gli autori a questo riguardo
che non emerge una relazione semplice fra i valori delle temperature pel mas-
simo di densità e pel minimo di comprimibilità tra l'acqua ed i detti miscugli
« Sebbene questo lavoro sia stato condotto dal lato sperimentale colla
solita accuratezza, che il Pagliani pone nelle sue ricerche, ci sembra che esso
avrebbe meritato ulteriori indagini, non difficili a compiersi. Cosi, ad esempio,
il fatto che l'aggiunta di date quantità di alcole all'acqua rende le diluzioni
men comprimibili dell'acqua stessa, il quale a prima giunta può parere strano,
perde ogni significanza quando si pensi che il sistema melecolare del miscuglio
ha già subito una molto profonda modificazione nell'atto stesso in cui l'alcole
si disciolse nell'acqua, come ne fanno prova la rilevante produzione di calore
e la notevole contrazione nei volumi dei due liquidi mescolati. Ed invero
questa contrazione è tale, che a volerla prodmre sui due liquidi separatamente
per opera di sola pressione meccanica, richiederebbesi, in più casi, l'esercizio
di alcune centinaia di atmosfere. Epperò una diluzione alcoolica, fisicamente al-
meno, è un corpo sui generis, cioè affatto differente da entrambi i costituenti
di essi, del pari che accade nelle combinazioni chimiche ; tanta è la efficacia
delle azioni molecolari fra corpi aventi molecole di masse differenti.
« Pertanto crediamo che Tautore avrebbe dovuto innanzi tutto, per cia-
scuno dei suoi miscugli, tenere conto della variazione della densità che i
due liquidi presentano nell'atto della loro diluzione, secondo i dati delle più
accurate determinazioni. E forse allora gli sarebbe apparsa qualche relazione
abbastanza semplice fra le variazioni di densità prodotte dalla compressione
meccanica sul miscuglio già formato, e la variazione di densità determinata
dalla predetta pressione molecolare nell'atto in cui il miscuglio si è formato.
« Più importante ci sembra l'altra Nota presentata dal Pagliani sul coeffi-
cente di dilatazione e sul calore specifico a volume costante di molti liquidi.
Bicordate le note formolo, che legano la caloricità di un corpo a volume costante
con quella a pressione costante, e giovandosi dei dati sperimentali più attendi-
bili su la dilatabilità termica, su la comprimibilità meccanica e su la caloricità
specifica dei liquidi medesimi, presi a differenti temperature, egli trova, come
era facile prevedere, che, fatta eccezione per Tacqua, per gli altri liquidi il
calore specifico a volume costante va crescendo coll'aumentare della tempera-
tura, nel mentre che il coefficiente di dilatazione, ridotto pure a volume costante,
va invece diminuendo col crescere della temperatura. Oltre di che così gli
aumenti della prima quantità (caloricità a volume costante) come i decrementi
della seconda (la dilatabilità a volume costante) tendono ad assumere valori
Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 48
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mano mano decresoentì coli' elevarsi della temperatura, accennando di tendere
entrambi verso xm rispettivo valor lìmite. Ed invero, mano mano che ognnno
dei liquidi considerati si avvicineranno alla rispettiva temperatura critica tanta
i due suoi coefficienti di dilatazione, quanto i due calori specifici di esso (a
pressione costante ed a volume costante) tenderanno ad assumere valori poca
differenti fra di loro.
« Ben più degna di considerazione ci sembra un'altra Memoria del prof.
Fagliani sulle forze elettromotrici di contatto fra due liquidi differenti. Da
principio Fautore ricorda le ricerche di altri fisici rivolte a determinare se
veramente sia da ammettersi una propria forza elettromotrice di contatto fra
due dati liquidi indipendentemente dal contatto di essi coi metalli che fun-
zionano da elettrodi ; se questa forza elettromotrice abbia attinenza piuttosta
colle rispettive azioni chimiche che con atti semplicemente fisici esercitantìsi
fra i liquidi stessi ; se in una serie di liquidi diversi si verifichi la legge del
Volta quanto alla risultante forza elettromotrice, e se finalmente sussista
una relazione fra la forza elettromotrice e la quantità relativa di una data
sostanza disciolta in un medesimo liquido.
« Dopo di che il Pagliani passa a descrivere il processo da lui seguito
e la disposizione delle varie parti dell* apparecchio da lui usato per la deter-
minazione della differenza di potenziali fra i singoli liquidi. E qui ci sembra
abbastanza appropriato Tartificio da lui immaginato per ridurre a contatto
due superficie liquide eterogenee, erìtando ogni iniziale commistione od agita-
zione fra i due liquidi ridotti a contatto.
« Dairinsieme delle molte sue esperienze il Pagliani trae parecchie dedu-
zioni, talune delle quali ci sembrano abbastanza interessanti : a) Il contatto
di due liquidi eterogenei è per sé condizione sufficiente di una elettromozione
analoga a quella offerta dal contatto di due solidi eterogenei ; b) La differenza
di potenziale fra due date soluzioni eterogenee cresce coir aumentare della
differenza delle rispettive loro densità; e) La legge del Volta si verifica per
rispetto ad alcuni gruppi di elettroliti disciolti, laddove per altri gruppi di
elettroliti essa si verifica soltanto approssimatamente; d) Nel più dei casi la
differenza di potenziale riesce più distinta con quelle coppie di soluzioni, per
le quali sono maggiori le differenze di solubilità dei due sali e quindi anche
le differenze dì concentrazione e di densità delle loro soluzioni; e) Le forze
elettromotrici di contatto risultano più grandi nei solfati, i quali offrono mag-
gior tandenza a formare sali doppi.
e Da ultimo Tautore osserva che in queste elettromozioni di contatto
fra liquidi diversi intervenendo tanto gli atti fisici di diffusione, di soluzione
e di diluzione, quanto ancora le azioni chimiche propriamente dette, risultano
in generale molto complessi i particolari valori deUe corrispondenti forze elet-
tromotrici.
« Merita ricordo un'altro opuscolo del Fi^liani, in cui, descrive xm
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fotometro a riflessione, da lui ideato per agevolare, negli usi indnstriali, la
comparazione del potere illuminante delle varie fonti di luce.
« Quattro altri opuscoli presentò il Paglianì riguardanti tutti l'attrito
intemo dei liquidi; i primi due compilati in comune col doti A. Battelli, il
terzo col sig. E. Odone ed il quarto da solo. I due primi vennero pubblicati
nel 1885, gli altri nel 1887. Per queste ricerche venne adoperato un processo
di misura conforme a quello già usato dal Graham e da altri fisici, quello^
cioò del volume di ogni liquido effluito in un dato tempo da un cannello capii*-
lare dì dato diametro e dì data lui^hezza e sotto una determinata pressione.
« Sperimentando sugli alcoli di diversa costituzione e su miscugli di questi
con varie quantità d'acqua ed a temperature diverse (qual'è Toggetto speciale
del primo dei detti opuscoli), gli autori giungono alle seguenti conclusioni:
a) Negli alcoli omologhi Tattrito intemo aumenta col crescere del rispettivo loro
peso molecolare e del loro punto di ebollizione, come già aveva dimostrato il
Graham ; b) Gli alcoli etilico, metilico e propilico sciolti nell'acqua in varie
proporzioni presentano un massimo d'attrito il quale varia colla temperatura :
e) Nelle varie soluzioni di codesti alcoli la ricchezza procentica corrispondente
al massimo attrito aumenta col crescere della temperatura; ma non emerge
una relazione generale fra codesto massimo e la rispettiva composizione chimica;
(£) sembra però esistere una relazione generale fra l'attrito interno per le singole
soluzioni alcooliche e la rispettiva tensione dei vapori de'liquidi mescolati.
« Nel secondo opuscolo, sperimentando sulVattrito intemo delle soluzioni
di diversi gas nell'acqua, gli autori giungono alle seguenti deduzioni: a) Bastano
piccole quantità di gas condensate nell'acqua, come era già noto, per aumentarne
sensibilmente l'attrito interno ; b) Nelle soluzioni acquose de'vari gas l'attrito
interno cresce coU'aumentare la quantità del gas disciolto, però sino a rag-
giungere un valore massimo per un dato grado di condensazione; e) CoU'aumen-
tare della temperatura va pure aumentando il coefficiente d'attrito di ciascuna
soluzione gasosa ; d) L'aumento nell'attrito intemo dell'acqua prodottovi dalla
condensazione dei vari gas riesce tanto maggiore quant'ò più grande il coeffi-
ciente di attrito intemo pel gas stesso in istato aeriforme.
« Nel terzo degli opuscoli succitati, sperimentando su alcune soluzioni
acquose di acido nitrico, gli autori trovano che per esse la ricchezza procentica^
cui corrisponde il massimo d'attrito, aumenta col crescere della temperatura.
« Finalmente, nell'ultimo dei predetti opuscoli il Paglianì, occupandosi
in particolare della viscosità di alcuni liquidi grassi, descrìve un apparecchio
abbastanza semplice da lui immaginato, col quale si può determinare con suffi-
ciente approssimazione la viscosità relativa di quegli olì che in varie industrie
s'impiegano quali sostanze lubrificanti.
« Ora crediamo opportuno dì avvertire che l'apparecchio, già costratto
dal Desaga di Heilberg pel prof. Naccarì (nel 1883), e che poi fu usato dal
Paglianì nelle ripetute sue esperienze su l'attrito interno dei liquidi offre
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alcuni inconvenienti, benché non molto gravi. Primieramente il cannello capil-
lare entro cui deve scorrere il liquido, avendo i suoi estremi saldati colle
due bolle pure in vetro, quella cioè di afflusso e quella di efflusso del liquido
stesso, trovasi in tali condizioni per cui non è dato determinare, direttamente
e col dovuto rigore, né la lunghezza, e manco poi il raggio del cannello stesso.
Tanto che il Fagliani dovette accontentarsi di dedurre indirettamente codesto
raggio mediante Tattrito delFacqua pura, assumendo i valori trovati dal Poi-
seville, e supponendo che il moto fosse lineare anche nel caso suo. Infine
non è strettamente rigorosa l'ipotesi ammessa dal Pagliani, cbe cioè la pressione
idrostatica nel passare dal vaso di afflusso a quello di efflusso si compensi,
benché nelle date circostanze Terrore che ne deriva non può essere rilevante.
« Crediamo opportuno dì notare altresì, che in queste ricerche del Pagliani
sull'attrito intemo dei liquidi, come ancora in quelle ricordate più sopra sulla
comprimibilità delle soluzioni alcooUche, sulle forze elettromotrici di contatto
fra i liquidi, e sui loro calori specifici a volume costante, egli si preoccupa
anzitutto, il che é pur necessario, di determinare con cura i valori numerici
dei singoli dati sperimentali ; mentre poi non si preoccupa abbastanza d'inve-
stigare quali relazioni possano sussistere tra codesti dati relativi ad una proprietà
fisica de' corpi e le altre proprietà fisiche o chimiche de' corpi stessi. Laddove
quest'ultimo esser dovrebbe il precipuo intento d^li studi sperimentali della
fisica moderna, i quali devono pur essere diretti a riscontrare il valore effettivo
delle previsioni della fisica matematica. Basterà, ad esempio, l'accennare gli
importanti e recenti studi, teorici e sperimentali, su le relazioni trovate, per
non poche serie di soluzioni affini, fra i valori dei rispettivi coefficienti osmotici
ed i valori relativi di varie altre qualità fisiche e chimiche delle soluzioni stesse ;
perocché codesti studi appunto rivelano nuovi indirizzi per le ricerche fisiche.
« Ora la Commissione, nel mentre giudica esser degne di lode la operosità
scientifica e la accuratezza del Pagliani nelle varie sue pubblicazioni, non
crede però che sia il caso di accordargli per esse un novello premio. E ciò
per riguardo ad alcuni degli appunti fatti più sopra, e più ancora pel riguardo
che in taluni dei predetti opuscoli si continuano argomenti e studi che, pochi
anni sono, valsero al Pagliani un premio dello stesso ordine di quello cui
ora egli aspira.
B Perciò la vostra Commissione fu altresì unanime nel proporre e rac-
comandare alla classe che, a sensi dell'art. 5^ del B. decreto 14 m^gio 1886,
venga riaperto un concorso, colla scadenza del 30 aprile 1891, a tre premi
nella Fisica e nella Chimica, del complessivo valore di lire. 9 mila ; e che
però a questi premi, oltre i professori delle scuole secondarie, potranno pure
concorrere, giusta il predetto art. 5^, i professori ed assistenti delle Università
e Scuole universitarie ».
P. B.
D. C.
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— 655 —
i)
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Seduta del 3 giugno 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Fisica — Nuovo metodo per costruire e calcolare il luogo^
la situazione e la grandezza delle imagini date dalle lenti o dai
sistemi ottici complessi. Nota del Socio Qovr.
K La teoria delle lenti e dei sistemi ottici complessi ha preso nuova
forma e raggiunto molto maggior perfezione dacché il Moebius, il Gauss, il
Listing ecc. vi hanno introdotto la considerazione di certi piani e punti car-
dinali, che semplificano la costruzione del luogo, della situazione e della
grandezza delle imagini, permettendo di tener conto della grossezza dei mezzi
rifrangenti attraversati dalla luce. Però le operazioni preparatorie sian esse
costruzioni, o sian calcoli, colle quali si giunge a determinare il luogo dei
punti e dei piani cardinali, in lenti o in sistemi progettati, sono lunghe e
fastidiose, e spesso non proporzionate alla importanza del risultato che se
ne vuol ricavare ; sempre poi riesce difScilissimo il determinare sperimental-
mente il luogo di codesti piani e di tali punti, nelle lenti già lavorate o
nei sistemi ottici costituiti.
« I Fisici quindi, malgrado i metodi pratici e gli apparecchi suggeriti
in proposito dal Cornu, dal Gariel e da altri, si limitano ancora, nella mag-
gior parte dei casi, a considerar le lenti come prive di grossezza, o a calcolar
Bbndiconti. 1888, Vol. IV, !<> Sem. 83
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— 65fl —
direttamente, e per ogni superficie limitante, la via battuta dai raggi lumi-
nosi attraverso ai mèzzi studiati o proposti, sagrificando cosi una parte
(talvolta non piccola) della esattezza, o accrescendo la fatica dei calcoli quando
si tratti di molte determinazioni relative allo stesso sistema ottico.
« Non sarà dunque discara agli odiosi la propoeta d'un metodo più
sbrigativo per costruire o calcolare le imagini date dalle lenti grosse, lo
stesso metodo applicandosi pure a un sistema ottico qualunque.
« Codesto metodo esige la determinazione di due punti che, molto pro-
babilmente, non vennero considerati fin qui dai fisici né dai matematici i quali
hanno trattato codesti argomenti, e diciamo che probabilmente non furono
avvertiti, perchè, se qualcuno li avesse indicati, sq ne sarebbero immediata-
mente riconosciute Timportanza e Tutllità, e i trattati d'ottica recentissimi
ne avrebbero tenuto conto.
« I due nuovi punti, pei quali viene assai semplificata la teoria delle
lenti, e che molto agevolmente si det^tminano colla osservazione, sono le
imagini dei centri di curvatura delle due faccio anteriore e posteriore della
lente veduti attraverso a quella delle due lìiccie, alla quale non appartengono.
Per .ottenerli bisogna supporre che i raggi luminosi divergendo* dal centro di
curvatura di una faccia, o convergendo vefBo di esso, vadano ad incontrare
la seconda faccia della lente, dove per ri&aiione son fatti convergere verso
rimagine di esso centro o divergere da codetta imagine, quando essa riesca
virtuale. Si hanno per tal modo sull'asse della lente i luoghi delle due ima-
gini q Q Qi dei centri e e Ci ài curvatura delle iue facce al^ bk .
« Fissata la posizione di questi due punti, che si potrebbero chiam»^
puati centrici di quel dato sistema lenticolare, non occorre più altro per deter-
minare qualunque foco coniugato d'un punto situato sull'asse o fuori del-
l'asse principale del sistema, e per ottenere la grandezza e la situazione delle
imagini reali o virtuali che dal sistema stesso possono esser prodotte.
« La determinazione a priori di codesti punti (come la determinazione
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— 657 —
dei punti e dei piani del Gansi a del Listing) esige la conoscenza della lun-
ghezza e del segno dei raggi di curvatura delle due superficie della lente,
quella della grossezza di essa ^ente, o della distanza assiale delle due super-
ficie rifrangenti, quella infine della velocità relativa della luce nei tre mezzi
successivi, vale a dire dei loro ìndici relativi di rifirazione. Si può, con que-
sti soli dati, costruire o calcolare il luogo dei punti centrici q e q^ senza de-
terminar prima i fuochi principali e le distante principali^ o fuochi ante-
riori^ delle due superficie della lente, ma si possono anche determinar, volendo,
queste quantità, che, introdotte nei calcoli successivi o nelle costruzioni ul-
teriori, abbreviano o semplificano il lavoro.
« A ogni modo^ ottenuti i due punti centrici^ non si ha più alcun biso-
gno, né del cmtro^ttico, né delle sue due imagini, o punti nodali del Li-
sting, né àé piani principali del Gauss, né dei fochi principali, della lente
intera, per costruire o calcolare per essa i luoghi, le situazioni e le grandezze
delle imagìof^ E siccome tali costruzioni si fanno molto speditamente,
così si puO adoperarle, senz'altro, per la ricerca dell'effetto finale di una se-
rie quaMTOglia di superficie e di mezzi rifrangenti diversi centrati sullo
stessa asse.
« Non é però indispensabile il ricorrere, pei sistemi ottici, a questo pro-
cedimento laborioso di costruzione o di calcolo per via d'imagini successive,
mentre si possono sempre determinare in ogni sistema ottico (per quanto ^si
voglia complesso) le imagini dei centri di curvatura della sua prima e della
sua ultima superficie, veduti successivamente attraverso a ttftto il resto del
sistema, cercando Timagine del centro della prima superficie attraverso alla
seconda, poi Timagine di questa imagine attraverso alla terza, e così via via,
fino all' imagine di tutte le imagini precedenti, veduta attraverso alVultìma
superficie, e rifacendo la medesima operazione in senso inverso pel centro
dell'ultima superficie e per le sue imagini successive fino a quell'ultima che
é veduta attraverso alla prima superficie. Operando così si ottengono i punti
centrici del sistema intero, mediante i quali si costruisce poi, o si calcola
rapidissimamente l'imagine di qualunque punto sitaito a qualsiasi distanza
dal sistema.
« La maggiore semplicità del nuovo metodo nasce dal considerarvisi
quei raggi che non subiscono deviazione né trasporto, sia all'entrata sia al-
l'uscita dei varii mezzi, per cui le faccio della lente, o le superficie esteme del
sistema vengono quasi a farvi l'ufficio dei piani principali Gaussiani, i centri
di curvatura di queste superficie quello dei punti nodali del Listing^ e le
loro imagini, o punti centrici, quello dei fòchi principali del sistema ottico.
« Senza entrare per ora nei minuti particolari del nuovo metodo, basterà
mostrare, come ricorrendo ad esso, si possano trovar facilmente i punti centrici
di ima lente data, e come, trovati codesti punti, si costruisca agevolmente
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— 658 —
rimagìne di qualsiasi oggetto veduto attraverso alla lente; si vedrà così se
il metodo proposto meriti, o no, di venir preferito agli altri.
e Per trovare praticamente la posizione dei punti centrici d*una data
lente, se ne misura la grossezza /. e si determinano collo sferometro, o per
riflessione, o altrimenti ; i raggi di curvatura r ed ri della sua prima e della
sua seconda superficie.
« Ottenute queste quantità si pone, normalmente all'asse della lente,
0
un ometto dì ^andezza nota og, ,9, una distanza determinata ag da una
delle faccie, e si cerca Tinu^fine Oi Qi reale, o virtuale di esso cretto veduto
attraverso alla lente, misurando codesta imagine, e determinandone la di-
stanza bgi dall'altra faccia.
K Se allora si conduce una retta daUa estremità libera o deiroggett""
al centro e di curvatura della prima faccia della lente, questa retta taglierà
l'ultima faccia in un certo punto mi; tirata una retta dalla estremità Oi del-
rimagine al centro di curvatura Ci dell'ultima faccia, si noti con m il punto
in cui questa retta taglia la prima faccia della lente. Si congiunga Oi con niu
il punto (? in cui la retta Oi mi taglierà l'asse della lente sarà il primo punto
centrico, cioè il luogo della imagine del centro e della prima faccia veduto
attraverso alla seconda. Si unisca egualmente o con m, il punto ^i in cui
la 0 m taglierà l'asse sarà il secondo punto centrico, cioè Fimagine del cen*
tre Ci della seconda faccia, veduto attraverso alla prima. Ottenuti cosi i punti
q e ^1, la costruzione dei fòchi principali o coniugati del sistema e quella
di tutte le imagìni che esso può dare riesce speditissima, e se ne possono de-
durre poi molto agevolmente i luoghi dei piani principali, dei punti nodali, del
centro ottico ecc. ecc. se si vogliono trattare i problemi relativi alla lente data
coi metodi del Gauss, del Jiisting, o di quegli altri matematici che si sono andati
occupando in questi ultimi tempi della teoria delle lenti e dei sistemi ottici.
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— 659 —
ft La costruzione precedente mostra subito come si possa ottener l'ima-
gine di un punto o posto fuori dell'asse della lente (se il punto dato fosse
sull'asse, si innalzerebbe da esso una perpendicolare sull'asse, e si determine-
rebbe rimagine d*un punto qualunque di questa perpendicolare, tirando poi
dall' imagine ottenuta una normale sull'asse medesimo ; il punto di incontro
di questa normale e dell'asse sarebbe il luogo dell'imagine del punto dato).
Si guidi dal punto o una retta al centro e della faccia per cui s'intende che
penetri la luce, una tal retta rappresenterà un raggio luminoso, che partito
da 0 passerà, non deyìato né spostato, attraverso alla materia della lente
finché incontri in mi la seconda faccia. Giunto il raggio in m\ esso devierà
piegando verso il punto ^, imagine di e ; condotta quindi la ^i 9, su questa
retta prolungata dovrà trovarsi l'imagine di 0. Dal medesimo punto 0 si guidi
per ^1 la oqi sino a incontrare la prima faccia della lente in m. Per m e
per Ci si conduca la Cim, la quale, prolungata, uscirà non deviata dalla lente,
e incontrerà la ^i ; in un punto Oi ; il punto Oi sarà l'imagine cercata di 0.
« Se dal punto 0 si abbasserà sull'asse la perpendicolare og^ e da Oi
la Oi ^1 , il punto Qi sarà il luogo dell'imagine del punto g veduto attraverso
alla lente.
« Per ottenere i Fòchi principali di una lente data, convien condurre
un rs^gio le al centro della sua prima &ccia, e guidar quindi il suo ri*
fratto corrispondente miq^ poi, pel punto ^i condurre la ^i m parallela alla le
tirando la m tri e prolungandola fino all'incontro della mi q, prolungata, in S;
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— 660 —
il punto S sarà rimagine d'un punto situato all'infinito nella direzione
della crrii l. Innalzata da S una normale sull'asse, si avrà in Pi un fòco
principale della lente. La stessa costruzione ripetuta per Taltra faccia darà
il secondo fòco principale P, o punto di Distanza principale della lente.
« Però si può ottenere più prontamente il secondo fdco, quando si cono-
sca già l'altro, approfittando di una relazione semplicissima che lega fra loro
le due distanze q Pi e qiP dei due fSchi principali dai punti centrici.
« Bappresentando con r il n^gio di curvatura a c^ della prima faccia della
lente; con ri il raggio bci, dell'altra faccia, con % la distanza bq del punto
centrico q dalla seconda faccia della lente, con xi Is^ distanza a^^i di ;i
dalla prima fEiccia, e indicando con ^ la distanza ^ Pi e con Fi la qi P, si
ottiene con facilità la relazione seguente:
Fi ^ + Xi
che dà immediatamente Fi se si conosce F, o F quando sia noto i^i.
« La costruzione di questa formula è semplicissima. Dai punti q e qi
si conducano due normali sull'asse, pel centro e si conduca la ctu ad arbitrio
fino ad incontrare nel punto ti la normale condorta per ^i ; pel centro Ci si
guidi Ci t parallela a cti, finché essa incontri in t l'altra normale qt. Unito
allora il foco principale P (che si suppone conosciuto) con t, si faccia passar
per ti una* parallela alla Pt, il punto Pi dove essa taglierà l'asse sarà l'altro
foco, 0 il punto della Distanza principale della Lento,
« Basteranno per ora questi brevi cenni sul nuovo metodo per la ricerca
delle proprietà delle lenti grosse e dei sistemi ottici, il suo sviluppo com-
piuto non potendosi rinchiudere nei brevi limiti d'una Nota.
« Si avverta che lo stesso procedimento grafico (e quindi le formule che
ne derivano) si applica assai comodamento anche ai Sistemi ottici compo-
sti con lenti senza grossezza.
« In questo caso si determinano dapprima le im^ini successive del
centro della prima e dell'ultima lente vedute attraverso a tutte le altre, poi,
considerando i centri delle lenti come si considerarono dianzi i centri di cur-
vatura (giacché si suppone che i raggi passino per essi centri senza devia-
zione e senza spostamento) si compiono relativamente ad essi e alle loro inda-
gini le costruzioni precedentemente indicate, e cosi si risolvono con rapidità
tutti i problemi relativi agli strumenti ottici composti con lenti sottili».
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— 661 —
Fisiologìa. — La frequenza cardiaca negli ammali a sangue
freddo. Osservazioni e sperienze del Socio A. Morigoia.
« In parecchie ricorrenze sperimentali ebbi occasione di verificare la
maniera diveisa dì comportarsi, sotto il medesimo influsso, del cuore degli
animali omoiotermì e poicbilotermi, per cui mi risolsi a cercare in modo
diretto intomo a questo fatto, che incidentalmente io ed altri ebbero campo
di rilevare.
« Qualche sperienza operai a questo proposito sopra tartarughe, la mas-
sima parte però d^li sperimenti vennero praticati sopra la rana esculenta :
a questa, legata sul patibolo, veniva messo a nudo il (more colla minor per-
dita possibile di sangue. A riscontrare i risultati delle rane sperimentate, se
ne tenea sempre una di confronto. Le sostanze medicamentose o venefiche
da me usate erano introdotte per via ipodermica, o per inalazione, quando
n*6ra il caso (^). Ecco Telenco delle sostanze adoperate per vedere di modi-
ficare in più od in meno la frequenza cardiaca, essendo precisamente questa
che in modo speciale presi di mira.
ft Vi unisco pure, senza classificarle, quelle che leggendo Memorie di
parecchi autori rilevai aver oiferti risulati in rapporto alla firequenza cardiaca,
non avendo la pretesa che di aver raccolto relativamente una parte molto
piccola del materiale qua e colà abbondantemente sparso, riflettente (Siffatto
argomento :
K Cocaina : atropina : santonato sodico, alcool assoluto : etere, cloroformio,
■ cloralio, ammoniaca, nitrato d* amile, piridina, morfina, acetato d'ammonio,
» neurina, ossigeno, cloruro sodico, eserina, delfina, aconitina: triossimetilene,
■ abrotina : alcaloide del xantilon senegalense, antipirina, benzonitrile, tallina,
« paraldeide, ergotina, segala cornuta, ecbolina, acido fenico : acidi in gene-
« rale : helleborus, stricnina, curaro, apoatropina, jequirity, muscarina, digi-
tt talina, scillaina, elleboreina, cairina, cairolina, veratrina, sublimato corro-
« sivo, saponina : acetal, dimetiacetal, ptomaine in genere, nicotina, chinino,
<i bile, nichel, cobalto, coptis teeta, acetanilide, strophantus, ispidus, le so-
ft stanze settiche in genere, lattato di etile, urina.
« Fra tutte queste sostanze non ve n'ha una capace di destare nella
rana non solo una frequenza febbrile, ma nemmeno un'aumento discreto e
prolungato di battiti, anzi quasi tutte ne inducono una diminuzione prolun-
gata e spesso grave, da far discendere il cuore a pochissime battute per 1'.
« Da questo lato parrebbe che nelle rane non esistessero che i nervi
frenatori.
(0 Quando non sia scrìtto altrimentii neU'ambiente in coi si lavoraya, la temperatura
fu da lO^' a 12^ del centigrado.
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— 662 —
« Abbastanza facilmente in qaesto animale si ottiene Teffetto annunciato
dal Weber colla corrente indotta sui nervi vaghi, o collo stimolo sul midollo
allungato, come, ancora prima di tutti, dimostrò il nostro Galvani: però
recidendo siffatti nervi non s'incontra nel risultato opposto, quale si veri-
fica negli animali a sangue caldo.
« N^li animali, omoiotermi le nominate sostanze suscitano una reazione
dell'organismo, una maggiore frequenza cardiaca, almeno quasi tutte, special-
mente in certi periodi di loro azione, ed usate in certi dosi; ed anche quando
vi ha tendenza ad abbassare il numero dei battiti, in generale siamo lontani
dal raggiungere le cifre offerte dal batrace : anzi ve n'ha talune, tra cui la
cocaina, che secondo le sperienze di Ugolino Mosso, anche a dosi fortissime,
tendono ad alzare il numero de' battiti.
« Un'altro fatto va notato : è conosciuta negli animali a sangue caldo
l'armonia che suole intercedere fra il numero degli atti cardìaci ed i respi-
ratori, tantoché nelle circostanze ordinarie dal nimiero delle respirazioni si
può indurre quello delle pulsazioni e viceversa: questa corrispondenza
numerica, se non sempre (^), in generale però si conserva anche sotto l'im-
perio de' rimedi e veleni, ma per le rane presto e facilmente suole sorgere
un distacco abbastanza grande tra i numeri normali del respiro e del battito :
è però vero da dire, che anchb nelle condizioni fisiologiche il rapporto fira
quei due atti non è cosi costante e regolare, come negli animali a sangue
caldo, forse anche a ragione delle differenze nella respirazione.
«* Sebbene il dolore alla lunga, come risulta dalle esperienze del Man-
tegazza, abbassi la frequenza cardiaca negli animali a sangue caldo, sapendo,
che sul principio può indurre effetti opposti, massime se il dolore non sia
grave, volli pure sperimentarlo nelle rane, ma frequenza maggiore non ottenni,
come pure colla paura, con detonazioni improvvise, ecc.
« Osservai nell'agonia, provocai emorragie di diverso grado, ma i battiti
hanno sempre avuto tendenza a calare, e talora di molto, come nell'emor-
ragia. Con correnti elettriche provocai energico e prolungato lavoro muscolare,
ma il cuore non si smosse dalla sua frequenza, scemando od anche arrestan-
dosi, se le usava forti, per azione vasomotoria o sui vaghi, quantunque gli
elettrodi fossero applicati ai due piedi.
« Questo risultato mi ha sorpreso, essendo noto, un grande lavoro mu-
scolare poter portare n^li animali a sangue caldo, la frequenza cardiaca
anche assai oltre il doppio della normale, massime se questa non sia molto
elevata, e tanto più il fatto toma singolare, pensando che nel lavoro musco-
lare si sviluppa del calore, il quale ha potentissima azione nei batraci per
(*) A quest'uopo basta eccitare, come già pubblicammo Moleschott ed io, con cor-
rente indotta il moncone centrale del vago nel coniglio, per veder rompersi Tunisono tra
frequenza cardiaca e respiratoria ; tale disarmonia viene anche in iscena talora per condi-
zioni patologiche tifo, polmonite, o per taluni veleni, curaro, stricnina.
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— 668 —
affrettar Topera del cuore : io posi rane per la metà posteriore del corpo in
bagno a 38^ per 1' a 2', ed 1 battiti da 25 in ambiente a 10^ salirono a
più di 80 : non v'ha che il calore capace a portare il cuore delle rane a
stato di febbrile frequenza, producendosi in tali casi anche un discreto grado
di anestesia nelle parti collocate nel bi^o caldo : recando rane da ambienti
a 10®, in altri a 15®, 17^ trovai crescere la frequenza cardiaca nella pro-
porzione di quasi due battiti per ogni grado di calore in più: viceveisaf
come pur si conosce, il freddo abbassa assai la frequenza de' battiti: tenni
rane colle coscio e colla pancia sopra il ghiaccio per un'intera notte (febbraio);
al mattino aveano battiti da 3 a 7, colla pelle delle coscie e del ventre
poco 0 quasi punto anestizzata (0.
« Sarà forse per un certo esaurimento, ma la rana trasportata da un
ambiente un pochin più caldo, in altro più freddo, in cui prima stava, per
un certo tempo presenta un battito più raro, di quello, che presentava prima
d'esser stato al caldo.
« La sensibilità al calore di tutti gli animali e specialmente dei poichi-
lotermi (^), ora per esperienza propria nelle rane, trovo tanto grande, che
certamente è possibile concepirla facile fonte di errore nelVapprezzare l'azione
di diverse sostanze sulla frequenza cardiaca, per cui da questo lato non sa-
ranno mai troppe le precauzioni da pigliare onde assicurarsi la parte, che
può avere nel risultato il variare anche minimo di temperatura dell'ambiente
in cui si lavora, potendo già avere la sua quota d'influenza, specialmente
d'inverno, la semplice vicinanza di persone all'anùnale in isperimento. Questo
fatto unito all'altro, che rane normali poste in medesimo ambiente sono ca-
paci di aumentare o scemare i battiti per una piccola parte, Tuna più o
meno della compagna, dovrà forse assumersi per concorrere a spiegare i ri-
sultati in apparenza contradicenti di alcuni sperimentatori.
n A questo proposito ho osservato, che se è basso il numero primitivo
delle pulsazioni, il cuore messo a nudo tende piuttosto ad aumentarle, e vi-
ceversa, quando si presenta dapprima elevato come nella state per es. : sulle
rane ho tentato anche la digitalina in rapporto col calore, e trovai che se il
battito è già disceso di molto per es. a 9 al 1', allora un bagno d'acqua
a 37® per qualche 1' non vale a neutralizzare o vincere l'azione del depri-
mente : se per es. il battito non è calato che da 28 a 18,' allora il caldo
(^) Negli animili a sangae caldo, secondo Bernard, interviene diversamente, cioè è il
freddo e non il caldo ad anestizzare la pelle.
(') A cominciare dalFovo della rana, che a temperatura più elevata può accelerare
il suo sviluppo completo anche di un terzo del tempo ordinariamente necessario.
Aggiungo qui un altro fatto, che ieri m'occorse dì osservare ; studiando i battiti in
rane mezzane di grandezza a temperatura di 25'', li trovai in numero di 96 a 102 al 1';
in 3 rane piccolissime, circa il quinto in peso di ciascuna delle altre, contrariamente ad
ogni aspettazione non arrivai a contarne che 80; la cosa merita d'esser studiata su più
ampia scala, risalendo anche al girino.
RiNDiooNTi. 1888, VoL. IV, 1» Sem. 87
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— 664 —
può ancora crescerlo, ma ciò talora si opera in modo assai irregolare, cioè
si risale ora a 25, ora a 20, per tornare a 25, rimanendo però sempre sotto
la cifra del punto primitivo di partenza.
« Dopo Ts^ente universale calorico, a cui nessun vivente si sottrae,
tra le diverse sostanze tentate trovai Talcool assoluto fiutato^ con spugnetta
per circa T, poter crescere di 2 a 4 battiti cardiaci per 1', ma in modo
assai passeggero ed ancora non costantemente : invece il medesimo alcool
diluito in diverse proporzioni iniettato sotto la pelle, li ha sempre &tti ca-
lare : ponendo rane in aria carica di ossigeno mi riuscì crescere di qualche
palpito il cuore, come pure facendo fiutare per alcuni 1'' una spugnetta ba-
gnata con ammoniaca diluita con Vs ^ V4 d'acqua : 1 ce. di soluzione di
cloruro sodico 0 gram., 75 forni un lieve aumento, soluzioni piti cariche,
davsmo diminuzione.
« Il solfato neutro di atropina ed il cloridrato di cocaina alla dose di
0 gram., 0025 mi diedero qualche battito in più ma a dosi maggiori ve-
niva la diminuzione : quindi per la cocaina tengo più per i risulati di Ugo-
lino Mosso (^), sebbene abbia esso lavorato con circolazione artificiale in
cuori isolati, che per quelli di Anrep, benché sperimentasse su cuori in posto.
tt Mosso trovò crescere i battiti, colla dose 0,0002, mentre Anrep afferma
non ispiegarsi effetto dalla dose di 0,0005, a quella di 0,0015, salvo che
in parte ciò possa dipendere dal fatto di rane forse più grosse da esso usate,
che le nostre di mezzana grandezza.
« Forse lavorando con uguale diligenza, cioè abbassando opportunamente
le dosi, potrebbe darsi, che pur per altre sostanze di sopra citate, si trovasse
un periodo, in cui crescessero pure un^po* la frequenza.
« In ogni modo, per quanto vidi, si tratta sempre di aumento numerico
assai tenue e per lo più passeggero, trapassando dappoi in generale a dimi-
nuzione, e talora ristabilendosi allo stato quo ante,
« In vista di un comportamento così speciale del cuore d'anfibio, pensai
che potrebbe forse la cosa cambiare, se per mezzo della temperatura si avesse
gìk il battito elevato ad un grado da accostarlo a quello di animali a sangue
caldo di non grande frequenza cardiaca: agendo anche con cuore portato a
40, 50 battiti per T, la cosa non cambia, anzi pare aggravarsi, nel senso
che quanto maggiore è la frequenza cardiaca, da cui si parte, e più le so-
stanze cimentate tendono in generale ad abbassarla.
« Sarebbe curioso da vedere come si comportassero da questo lato gli
animali a sangue caldo ridotti quasi a sangue freddo con diversi mezzi, che
conosciamo, cioè col taglio del midollo spinale sopra il rigonfiamento brac-
chiale, colVimmersione in recipiente a ghiaccio, 0 dando vernice impermea-
bile alla pelle : con questi modi si può portare, senza che ancora muoia, un
(') Archiv. Italien. de Biologie, tom. VUI, fase. IH., diretti da A. Mosso.
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— 665 —
conìglio da 39<^ a 22® e veramente per quanto riguarda l'eccitabilità dei
nervi, Tirritabilità dei muscoli, le loro proprietà elettriche, il rallentamento
del cuore e del respiro ecc. risulta, accostarsi essi agli animali a sangue freddo.
■ Pensando alla grande potenza del calore per indurre il cuore in più rapida
azione, ed alla costante od almeno generale concomitanza di polso frequente
e di temperatura elevata negli animali superiori, sotto l'azione di diversi
rimedi e veleni, quasi stavo per credere, che cotesti accrescitori di batttiti
inducessero taV effetto aumentando la temperatura, ma pei batraci sensibilissimi
al calore si direbbe le sostanze in genere non agire per sifatta ragione (^),
osservandosene quasi sempre effetto di depressione. Potrà il fatto spiegarsi
dalla bassa quota respiratoria che si verifica nella rana? Risulta dalle spe-
rienze di Begnault e Beiset, che un chilogramma di rane assorbe per ora
0«^85, il doppio circa della marmotta in letargo, mentre nell'anitra si ha
1^<',882, ma dall'altro lato è conosciuto accentuarsi anche nella rana la re-
spirazione ed il ricambio molecolare durante energico lavoro muscolare, nel
quale ancora non si trovò elevarsi il battito cardiaco.
« In conseguenza di tutto ciò, i risultati offerti dalle rane, specialmente
per quanto concerne la frequenza cardiaca, male si possono, almeno in generale,
applicare direttamente agli animali a sangue caldo, nei quali il cuore direi
che costituisce l'organo il più sensibile per concorrere a rivelare anche colla
mutata frequenza, i diversi stati dell'organismo aniiùale, che in esso come
in fedele specchio si sogliono riflettere, mentre quello degli anfibi o tace o
risponde con una nota monotona quasi invariabile, la depressione della frequenza:
sono animali a sangue ed a cuor freddo « .
Fisiologìa. — Un veleno che si trova nel sangue dei mure-
nidi. Nota Xni del Socio A. Mosso.
§1-
« Fra i pesci della famiglia dei murenidi ho studiato solo il genere An-
guilla, Muraena e Conger. Non ebbi occasione di sperimentare su generi
esotici, benché questi siano molto numerosi.
« Il siero del sangue delle anguille, delle murene e dei congri ha un
gusto differente da quello del siero degli altri pesci; quando se ne mette
una goccia sulla lingua si sente un gusto leggermente salato, poi vi è un mo-
mento in cui si ha la percezione confusa di un sapore alcalino, e dopo 10 a
30 secondi (raramente dopo uno, o due minuti) si ha un' impressione di bru-
ciore, ed un gusto acre, come di fosforo e di bile. Non conosco altra sostanza
{}) Potrebbe questo fatto concoirere a dimostrare la laancanza o la grande deficienza
in simili animali dei coti detti centri termici?
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nella quale esista un ritardo cosi lungo fra il momento nel quale si mette
sulla lingua e quello in cui se ne percepisce il sapore. Se in vece di una
goccia se ne mettono parecchie in bocca, si ha una sensazione molestissima
ed irritante che dura lungo tempo ; e anche sciacquandosi la bocca viene dopo
un leggero stringimento alle fauci, seguito da abbondante secrezione della
saliva: e si è molestati per lungo tempo dalla sensazione confusa di un sa-
pore astringente. Forse non si tratta qui di un' azione gustativa, ma di una
irritazione locale, come si vedrà m^lio in seguito parlando delle iniezioni
sottocutanee.
« Il colore del siero dei pesci può variare secondo le famiglie ed i generi.
Le murene, le anguille ed i congri hanno il siero fluorescente ; cioè guardan-
dolo per trasparenza è giallognolo, come birra chiara, od orina, e a luce ri-
flessa è di color bianco azzurrognolo, con dei riflessi simili al petrolio, o alle
soluzioni di chinino.
« Questo però non ha che fare colla azione velenosa, perchè bollendo il
siero dei murenidi conserva il medesimo colore fluorescente e perde l'azione
tossica. Tra i pesci edi rettili ne ho trovati molti (p. e. la Solea e la Vi-
pera) che hanno il siero identico pel colore e per la fluorescenza al siero della
murena" e dell'anguilla, ma senza il gusto caratteristico, e senza l'azione velenosa.
n siero del Conger myrus e del Conger vulgaris ha un sapore meno bruciante
ed è anche meno velenoso di quello della murena e dell'anguilla. Il sangue
me lo procuravo tagliando colle forbici la coda e raccogliendo in un tubo
di vetro le goccio che uscivano più o meno abbondanti (^). La coagulazione
del sangue di questi pesci succede abbastanza rapida per avere in alcune
ore parecchi centim. cubici di siero trasparente e privo di corpuscoli. Per
essere sicuro che l'azione velenosa non dipendeva dalla putrefazione, ado-
peravo il siero freschissimo, o lo conservavo nel ghiaccio. Per utilizzare meglio
il sangue dei murenidi, quando non era necessario di conoscere con scrupolosa
esattezza la quantità del siero impiegato, preferivo mescolare il sangue estratto
dall'animale con due volumi di Na GÌ 0,75 Vo ^ colla macchina centrifuga
facevo precipitare rapidamente i corpuscoli in modo da avere in meno di un'ora
un liquido limpido e trasparente.
« Del resto non osservai alcuna differenza fra il sangue freschissimo, e
quello dei murenidi morti da poco. Cosi che le anguille fresche che si
(^) I marenidi hanno poco sangue in confronto di altri pesci (per esempio i Belaci
ed i percidi) per alcuni dei quali ho determinato il rapporto fra il peso del corpo e quello
del sangue. Da un'anguilla viva che pesava 1800 gr. al principio di marzo estraggo 82 ce.
di sangue cioè circa Vs* del peso del corpo. Una murena presa in febbraio neiracquarìo
della Stazione zoologica di Napoli che pesava 1180 gr. dà 12 cedi sangue, cioè circa Vto
del peso totale. I congri mi diedero anche meno sangue delle anguille e delle murene.
Ma le differenze tra i vari individui sono così grandi, e il metodo così fallace, che si
dovrebbero estendere molto queste misure per ottenere qualche risultato attendibile.
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— 667 —
Tendono sul mercato, sono egualmente buone per questi studi : solo che il siero
è un poco rosso ; ma la piccola quantità di emoglobina sciolta non influisce,
tanto è micidiale razione del siero.
« L'esperienze sul sangue delle murene e dei congri le feci in parte
alla Stazione zoologica di Napoli e in parte a Torino. Nell'inverno è facile
aver del sangue fresco dalla Stazione zoologica di Napoli; e in poco piti di
24 ore dopo estratto il sangue dai pesci marini, potevo fare a Torino le
esperienze senza che esso presentasse alterazioni visibili.
K II sangue ed il siero puro, od allungato con la soluzione di cloruro
sodico, venivano sempre centrifugati, e non li adoperavo se non erano tra-
sparenti, per eliminare il dubbio che i corpuscoli del sangue dei pesci venissero
a complicare i risultati delle esperienze.
« Per evitare inutili ripetizioni chiamerò col nome di veleno dei mure-
nidi, od ittiotossico « il veleno del siero del sangue dell'anguilla, della mu-
rena e dei congri «.
« Riferisco prima alcune esperienze per dare un'idea sonmiaria dell'ar-
zione di questo veleno, e dopo esaminerò con maggiori particolari gli effetti
che produce nei vari organi. ^
Esperienza L — Azione del siero di anguilla sul cane.
7 maggio 1888.
tt Cane normale del peso di 15200 gr. Frequenza del respiro 16 in 60". Polso 120 in 60''.
Ore 5.16. Iniezione di 0,5 ce. di siero fresco dì anguiUa nella vena giugulare.
« Appena finita Piniezione, l'animale si agita molto. Slegato sabito e messo in terra
si regge male snlle gambe. Respirazione affannosa. Emette le orine.
Ore 5.18 cade e non si rialza più. Polso 90 in 60''. Pupilla dilatata. Sussulti. Accesso di
convulsioni. Estremità rigide. Opistotono. Perdita delle feci. Le convulsioni durano
circa 15". Quando cessano Tanimale non respira più. Le estremità posteriori sono
insensibili: anche le pressioni fortissime non destano più alcun movimento riflesso.
Ore 5.20. L*animale fa qualche movimento respiratorio colla bocca: il polso nelle arterie
è scomparso; mettendo Torecchio sul torace non si sente più battere il cuore. Toc-
cando la cornea le palpebre si muovono.
Ore 5.21. Manca ogni riflesso neirocchìo. Compare un tremito fibrillare nei muscoli delle
estremità.
Ore 5.23. Anche questo tremito è cessato.
tt Si leva il sangue dal cuore introducendo un tubo di vetro dentro la giugulare:
questo sangue non coagula. Il siero che si separa dai corpuscoli rossi è trasparente. Al
mattino successivo trovo che vi sono due strati: Tuno liquido, trasparente, e Taltro infe-
riore dei corpuscoli rossi che sono mobili senza coagulo.
tt Automa. - Non si vede alcuna lesione. Cuore in diastole, non più eccitabile per
le azioni meccaniche. Manca ogni traccia di coagulazione del sangue nel cuore. Polmoni
normali. Intestina alquanto congeste.
« Vedremo in seguito che anche dosi di solo 0,02 ce. per chilogramma
bastano per produrre la morte nei cani. In base a questa ed altre esperienze
analoghe si può ritenere come probabile che un* anguilla del peso di due
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chilogrammi sarebbe capace di uccidere per lo meno dieci uomini, quando po-
tesse flCTFiisi di tutto il siero del suo corpo, come fa la vipera del suo veleno.
« Trattandosi di un'azione tossica del siero il primo sospetto che viene,
è che si tratti di un fermento il quale faccia cof^ulare il sangue. Ma non
è così: anzi è precisamente il contrario, perchè ho visto in tutti gli animali,
senza alcuna eccezione, che per effetto di questo veleno il sangue non coagula.
E non si altera e non si scioglie, perchè trovai spesso, come in questo caso, il
siero trasparente, ed il sangue incoagulabile.
« Pubblicherò in seguito un^altra Nota per dimostrare che razione del-
rittiotossico rassomiglia molto al veleno della vipera. Accenno preliminar-
mente questa affinità dei due veleni per facilitare Tinterpretazione dei fatti.
« Le esperienze che ho fatto si possono dividere in due gruppi: in uno,
che comprende il maggior numero di esperienze, gli animali morirono con forti
convulsioni: neiraltro le convulsioni furono deboli e talvolta mancarono.
Esperienza IL — Azione del siero di anguilla nel cane,
7 maggio 1888.
ttUn cane del peso di 4620 grammi viene preparato per scrivere la pressione del
saDgne nella carotide con un manometro a mercurio, il respiro si scrive con un pneumo-
grafo di Marey legato intomo al torace.
a Ore 8.42. Si inietta un centimetro cubico di siero d*anguilla. La respirazione diviene
più frequente e più forte, l'animale si agita, e subito succede un accesso di forti convul-
sioni. La pressione del sangue cresce rapidamente e misura 150 millimetri. Dopo si
abbassa e il cuore si arresta. H torace è fermo in una inspirazione massima. L'animale
muore in tetano alle ore 3.43. Cioè un minuto dopo Tamministrazione del veleno.
a Dopo che sono cessati i movimenti del cuore e del respiro vedo che le gambe sle-
gate fanno dei leggeri movimenti. Scopro i muscoli e trovo che sono agitati da un tremito
fibrillarei e che i tendini sono tirati con scosse irregolari. Taglio il nervo sciatico ed il
nervo crurale e questi movimenti persistono ancora per qualche minuto, il che prova che
non dipendono da eccitamenti che partissero dal midollo, ma che sono un fatto locale.
« Autossia fatta alle ore 4.11. — Non mostra nulla di notevole. Il cuore sembra rigido
e contratto. Nei grossi vasi non vi sono coaguli e cosi pure nel cuore. Il sangue preso dai
grossi vasi venne messo in due cilindri; in uno alle 4.35 era coagulato, nell'altro alle
ore 5 è ancora liquido. Nel sangue che è coagulato non si separò il siero ; il sangue rimase
gelatinoso, e il coagulo così poco denso che versandolo in un altro cilindro si disfà tutto.
Dopo 24 ore il sangue dell'altro cilindro non è ancora coagulato.
Esperienza IIL — Azione del siero di murena sul cane.
25 maggio 1888.
tt Ad un cane del peso di 6160 gr. amministro 0,66 centim. cub. di siero di murent,
sciolto con 2 volumi di Na CI 0,75 per cento. Appena finita l'iniezione l'animale si agita, H
respiro ed il polso sono frequenti. Messo in terra cade sul fianco, e non cerca di rialzarsi ICnove
le gambe, ma non ha convulsioni tetaniche. Le estremità posteriori sono insensìbilL Bitira
le anteriori se vengono fortemente compresse. PupiUa dilatata. Il torace si arrwiU» poco
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dopo cessa pure la respirazione diaframmatica. Il cuore batte così forte che si vedono
sollevarsi le coste ad ogpii sistole. Il cane estende le estremità con forza; probabilmente
per effetto delVasfìssia.
tt DalPamministrazione del veleno alla morte sono trascorsi appena cinque minuti.
« AutOBsia, — Gli organi hanno aspetto normale. Si leva il sangue dal cuore e lo
si trova fluido senza coaguli. Dopo 20 minuti non è coagulato, e nel cilindro in cui si
è raccolto, i corpuscoli rossi si sono separati dal siero, il quale forma uno strato limpido
e trasparente. Raccolgo questo siero con una pipetta, e lo metto in un cilindro nel ghiaccio.
Dopo due ore esso non è ancora coagulato, e così pure il sangue. H giorno dopo trovo
che si formò nel siero un coagulo sottile come di fibre biancastre sparse nel liquido, che
diventano più folte verso la parte inferiore del cilindro in contatto coi ^corpuscoli rossi.
Nell*altro vaso il sangue è sciolto, e nel fondo vedesi un piccolo coagulo molle gelatinoso.
Esperienza IV, — Azione del siero di murena sul cane.
tt Ad un cane del peso dì 6760 grammi iniettiamo nella giugulare 0,4 centim. cubico
di siero di murena. L'animale si agita, i battiti del cuore raddoppiano la loro frequenza.
n respiro è affannoso.
«Taglio i nervi vaghi da entrambi i lati. Il respiro non si rallenta e i battiti del
cuore aumentano alquanto di numero. Faccio una seconda iniezione di 0,8 di siero di
murena. Succede un nuovo aumento nella frequenza dei movimenti respiratori; la loro
ampiezza è tripla del normale. È caratterìstìca in questo caso la debolezza e direi quasi
la mancanza delle convulsioni, malgrado che le dosi del veleno siano forti. Si arresta prima
il torace, e poi il diaframma: il cuore batte ancora oltre un minuto.
«n sangue nel cuore non è coagulato ed estratto non coagula.
Esperienza V. — Ajsione del siero di murena sul coniglio.
21 maggio 1888.
« Ad un coniglio del peso di 1030 gr. si amministra 0,3 ce. di siero del sangue di
murena sciolto in 2 voi. di Na GÌ 0,75 %. Dal momento che si fa Tiniezione del veleno
nella giugulare a quello della morte completa passano 2' 80'^
u I fenomeni osservati sono i seguenti : Finita la iniezione si vede che il respiro diventa
più frequente. L'animale appena slegato cade su di un fianco ed è paralitico. Subito in-
sorge un accesso di tetano, le estremità diventano rigide, le dite divaricate. La testa si
piega lentamente sul dorso, e rimane fissa con forza nella massima estensione.
u Seguono rapidamente tre accessi di convulsioni tetaniche: quindi cessa il respiro.
I muscoli tremano, rocchio è protuberante. I vasi deirorecchio contratti. Esce Torina. Il
cuore batte ancora. L'animale fa qualche movimento respiratorio colla bocca e col torace
e muore ; la pupilla è dilatata, le muccose della bocca livide. Le masse intestinali sono scon-
volte da moti peristaltici così forti, che si vedono a traverso le pareti dell'addome.
u Dopo 4 minuti che il coniglio è morto è già comparsa la rigidità nelle gambe
posteriori; manca nelle anteriori, nella mandibola, e nei muscoli del collo: dopo altri 20
minuti la rigidità è completa in tutti i muscoli.
« Il siero dei murenidi agisce in modo letale anche quando lo si inietta
sotto la pelle, o nella cavità addominale.
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670
Esperienza YL — Azione del siero di anguilla sulla cavia.
14 aprile 1888.
tf Ad una cavia del peso di 290 gr. si iniettano 2 ce. di siero d'anguilla nella cavità
dell'addome servendosi di nno schizzetto di Pravaz.
tf Sono le ore 8.44 pom. Si slega sabito Tanimale e non presenta nulla di notevole.
Ore 3.46. Comprimendo le dita delle zampe posteriori l'animale non reagisce. Si lascia
mettere colle gambe larghe senza ritirarle.
Ore 3.49. Lo stato deiranimale peggiora rapidamente. Non si regge più snlle gambe ; messo
sul dorso rimane immobile. Respirazione affannosa da 70 a 72 movimenti respiratori
in 80'^ Ha un aspetto sonnolento.
Ore 3.54. La congimitiva è ancora sensibile; in tatto il resto del corpo non è più possi-
bile ottenere dei movimenti riflessi per mezzo della compressione.
Ore 4.12. L'animale malgrado tale apparente insensibilità è capace di muoversi ; dopo
essere rimasto sul dorso si volta da sé spontaneamente.
Ore 4.85. Respira a stento, apre largamente la bocca. Le labbra e il naso sono di colore
violaceo.
« Continua per circa due minuti a fare delle respirazioni forzate, una ad ogni 10 secondi
circa. Sono semplici inspirazioni facciali alle quali non corrisponde un moto visibile del
torace e dell'addome.
«Ore 4.38. Anche la bocca cessa di spalancarsi, e il movimento respiratorio è limi-
tato alle narici, poi tutto si ferma. Toccando l'occhio le palpebre non si muovono più.
a Autopsia, — Cuore in diastole e fermo. Toccato collo scalpello il ventricolo sinistro
fa qualche movimento debole. Le orecchiette pulsano spontaneamente. Le anse intestinali
sono fortemente arrossate con macchie emorragiche. Si raccoglie circa 1 ce. e mezzo di un
liquido sieroso rossastro in fondo alla cavità addominale, che però non ha il sapore del
siero dell'anguilla. Malgrado questa infiammazione che si estende alle pareti dell'addome,,
l'animale non ha mai gridato o dato segno di dolore.
« In altri porcellini ai quali iniettai il siero d'anguilla sotto la pelle
del dorso, gli effetti non furono cosi pronti, forse perchè l'assorbimento fu meno
rapido che non per mezzo della cavità addominale. In questi casi osservai una
azione irritante locale, e il tessuto sotto la pelle del dorso, dove si era fer-
mato il veleno era infiammato : le masse intestinali non presentavano alcuna
traccia di congestione.
Esperienza VII. — Azione del siero d'anguilla sulla cavia.
a Ad un altro porcellino del peso di 120 gr. al quale iniettai poco meno di 1 ce. di
siero di anguilla nella cavità addominale alle 9,53, i fenomeni osservati sono alquanto diffe-
renti. Dopo 8 minuti l'animale ha già un aspetto sofferente, e poggia il muso sulla tavola,
è sonnolento, socchiude gli occhi, tiene le gambe in una posizione anormale.
Ore 10. Toccato sembra svegliarsi; messo sul dorso riprende subito la posiziono di prima
e ritorna a socchiudere gli occhi come se dormisse.
Ore 10.10. L'animale che aveva presentato prima delle contrazioni irregolari dei niuscoli deUa
faccia e dei muscoli masticatori e specialmente delle orecchie, per cui avvicinava il
padiglione alla testa, ora presenta dei veri sussulti della testa o delle estremità come
se rinculasse ; ed emette contemporaneamente un gemito.
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Ore 10,15. E più depresso: non si regge più sulle gambe; sta accosciato sul ventre.
Ore 11. Messo sul dorso cerca di rialzarsi, ma non riesce che a volgersi di fianco, e rimane
in questa posizione. H respiro è di£Eicile. Spalanca la bocca. La sensibilità delle zampe
non è ancora scomparsa. Alle 11,80 è morto.
« Autossia. Le anse intestinali, il grande epiploon, il peritoneo sono fortemente inietr
tati. Nella cavità deiraddome raccolgo 3 o 4 ce. di un liquido roseo che al microscopio
trovasi contenere molti corpuscoli rossi del sangue di coniglio e pochi leucociti.
« Anche i piccioni muoiono, se si inietta loro uno o due centimetri cubici
di siero di anguilla o di murena neir addome. La morte si produce solo dopo
parecchie ore ; e nel punto dove fu iniettato il veleno si vede che ebbe una
azione irritante.
« Nello studio delle dosi minime di siero dei murenidi, capaci di pro-
durre la morte nei mammiferi, trovai che il quadro del veneficio si modifica
notevolmente. Intorno a questo soggetto mi riserbo di fare ulteriori ricerche,
intanto riferisco come saggio una esperienza fatta su di un coniglio.
Esperienza Vili. — Azione del veleno dell'anguilla sul coniglio.
11 maggio 1888.
Ore 9.10 antim. Un coniglio del peso di 1510, riceve 0,4 ce. di siero di anguilla sciolti
in 4 ce. di Na CI 0,75 % nella cavità addominale per mezzo di uno schizzetto di Pravaz.
Ore 9.30. L'animale tiene la testa in una forte estensione sul dorso: è intontito e come
ipnotizzato : non si lascia spaventare, e non si muove minacciandolo. Pare che le estre-
mità siano insensibili, perchè comprimendo le zampe posteriori non reagisce.
Ore 9.40. Spande Torina.
Ore 9.45. Messo in terra si muove spontaneamente, ma cammina male.
Ore 9.55. Cade su di un fianco e non si rialza. Temperatura anale 87o,6. Le masse inte-
stinali eseguiscono dei forti movimenti che si comunicano alle pareti addominali.
Pupilla ristretta.
Ore 10.5. Di quando in quando alza il capo e tenta sollevarsi aiutandosi colle zampe ante-
riori, ma non può. Non muove mai le gambe posteriore Finalmente riesce a voltarsi ;
e poggia sulla tavola Taddome e il torace colla testa sollevata indietro. Poi socchiude
gli occhi e la testa si piega poco per volta air innanzi fino a che viene a toccare la
tavola col muso. Le gambe posteriori sono ancora sensibili, perchè eccitandole il
coniglio si sveglia e reagisce.
Ore 11.5 è sempre nelle stesse condizioni.
Ore 12 è inmiobile e pare assopito ; poggia la bocca sul pavimento tenendo la testa in mezzo
alle gambe, e la parte posteriore del corpo è piegata di fianco colle gambe estese.
Ore 12.30. Ritomo al laboratorio e trovo che il coniglio è già morto e rigido: ma nessuno
l'avrebbe creduto morto, guardando il suo atteggiamento. L'animale deve aver cambiato
posizione dopo le 12 perchè ora l'addome e il torace poggiano sul pavimento colle
gambe ripiegate sui lati e avvicinate al corpo. La testa poggia col muso ed è messa
bene verticalmente colle orecchie diritte. Sollevo parecchie volte il coniglio ed è così
rigido in tutti i suoi muscoli, che non si altera punto l'atteggiamento fisiologico col
quale attraversò l'agonia e la morte senza scomporsi e muoversi.
« Le rane non sono immuni alV azione letale del siero dei murenidi.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1*» Sem. 88
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Esperienza IX. — Ajsione del siero di anguilla sulla rana,
9 maggio 1888.
tt Ad una rana escalenta si inietta 042 ce. di siero di anguilla sotto la pelle del
dorso con uno schizzetto di Pravaz alle ore 3 p. Dopo due ore la rana è alquanto eccitata,
perchè salta continuamente urtando col capo contro la campana, come se volesse fuggire.
Ore 7,30. Sembra morta e si lascia mettere in tutti gli atteggiamenti ; il cuore batte bene ;
per riflessione guardando le pareti del torace si contano 20 sistoli in 30''.
« I nervi sono poco eccitabili colle correnti indotte; solo adoperando degli eccitamenti
che si possono dire forti per la lingua ottengo delle contrazioni nei muscoli della
gamba, mettendo gli elettrodi sopra la pelle in corrispondenza del nervo sciatico. Taglio
la pelle e scopro questo nervo: fra i muscoli vi è una vena che ledo inawertentemente
nel mettere gU elettrodi sotto il nervo. Inmiediatamente si spande molto sangue nella ferita,
il che prova che la circolazione è ancora abbastanza attiva. L*eccitabilità del nervo sciatico
scoperto è molto diminuita in confronto dello stato normale. Per ottenere una contrazione
dei muscoli della gamba, bisogna impiegare una corrente indotta che si sente bene distinta
sulla punta della lingua. Faccio il confronto con una rana uccisa di fresco: e trovo che
la diminuzione della eccitabiUtà è grandissima da 26 a 16 cent, sulla scala arbitraria del
mio apparecchio a slitta.
u Alle 10,30 è già comparsa la rigidità; nella rana che uccisi alle ore 7 non vi è
traccia di rigidità. I muscoli sono così rigidi che non si piegano tenendo le gambe per
Testremità delle dita in modo che sorreggano tutto il peso del corpo. Le correnti massime
che da un rocchetto ad induzione, sono affatto inattive sui muscoli delle zampe posteriori,
sul midollo, sullo sciatico, mentre che invece portando questo eccitamento sopra i muscoli
della nuca e delle estremità anteriori, questi si contraggono ancora. I muscoli dell*addome
sono pure eccitabili.
« Nel mattino successivo la rana avvelenata è ancora rigida, mentre che due rane
uccise ieri sera alle 7 pom. non sono* ancora irrigidite : e quantunque si fosse distrutto il
midollo in entrambe, i muscoli ed il nervo sciatico sono eccitabili tanto, che una corrente
che non sento sopra la lingua applicata sul nervo sciatico produce delle forti contrazioni
dei muscoli.
§11.
Proprietà generali dell' ittiotossico.
« Alcane esperienze che feci per determinare la natura del veleno dei mu-
renidi sono tanto elementari che basta enunciarne i risultati.
« I. Il siero dell'anguilla e della murena, perdono il gusto acre e bru-
ciante se viene riscaldato a 100^.
« II. Il siero dell'anguilla e della murena dopo che venne riscaldato
a 100* non è più velenoso.
« III. Il siero dell'anguilla e della murena essicato colla macchina
pneumatica e ridisciolto conserva il suo gu^to e la sua azione tossica.
« lY. Il siero dell'anguilla e della murena non contiene sali della
bile, né sostanze coloranti biliari.
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— 673 —
« V. La parte velenosa del siero dei murenidi non si scioglie nel-
Talcool a 90*».
« VI. Il siero della murena e dell* anguilla iniettato nell'intestino tenue
con un schizzetto di Pravaz a traverso le pareti addominali produce la morte.
« VII. Introdotto nello stomaco è innocuo.
fi Vili, n succo gastrico, Tacido acetico e Tacido cloridrico distrug-
gono la parte velenosa del siero dei murenidi.
« IX. La putre&zione nel siero dei murenidi si manifesta nello stesso
tempo dopo la morte, che nel siero degli altri pesci.
« X. L'ittiotossico è probabilmente una sostanza albuminosa.
« Da questi primi saggi fatti per conoscere le proprietà dell'ittiotossico
si può già conchiudere che ha qualche rassomiglianza col veleno dei serpenti.
La differenza e le affinità neirazione fisiologica si vedranno meglio nella
seguente Nota » .
Fisiologia. — Azione fisiologica del veleno che si trova nel sangue
dei murenidi. Nota XIV del Socio A. Mosso.
§1.
Re^pirasione.
« Buon numero di esperienze le feci col metodo grafico, e scrissi il respiro
addominale e toracico, la pressione del sangue^e il polso della carotide ecc. In
questa comunicazione preliminare accennerò solo i risultati ottenuti, e pubbli-
cherò poi nelle Memorie dell' Accademia le grafiche e completerò lo studio
comparativo del veleno dei murenidi con quello della vipera.
« Il primo effetto che produce Tittiotossico è un aumento della firequenza
del respiro. Questo fatto è di origine centrale e non dipende dairazione dei
vaghi: ho provato a tagliare i due nervi vaghi appena compariva l'accele-
ramento del respiro, e non ottenni il rallentamento caratteristico che si osserva
sempre dopo tale operazione. Ho già riferito in esteso una di queste espe-
rienze nella Nota XIII, esperienza lY.
s II fenomeno che nella morte per il veleno dei murenidi si può accer-
tare più facilmente, è l'arresto del respiro. Prima cessano i movimenti respi-
ratori del torace, poi quelli dell'addome, ed in ultimo compaiono e si rinfor-
zano quelli della faccia, mentre il cuore batte ancora fortemente.
« La morte succede però in modo diverso secondo le dosi. Per dosi
mortali medie, che sono di 0,02 a 0,03 per chilogrammo di cane si arresta
prima il respiro e poi il cuore. Le dosi più forti possono arrestare contem-
poraneamente il respiro ed il cuore, e colle dosi massime l'animale muore
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istantaneamente per un arresto del cnore, mentre il torace e l'addome e spe-
cialmente la bocca, continuano per qualche minuto a muoversi.
Esperienza L — Siero di anguilla.
10 maggio 1888. Cane del peso di 4350 grammi.
tt Ore 9,48. Si inietta neUa rena gingnlare 0,2 centim. cnbico di siero di angnilla (').
tt Scrivo i movimenti respiratori col pnenmografo di Marey legato intomo al torace»
il polso del cuore lo scrivo coirapparecchio di gomma elastica fatto col dito di guanto e
la trasmissione ad aria ad un timpano registratore secondo il metodo di Marey.
tt L'animale finita Tinìezione fa ancora cinque o sei movimenti respiratori normali;
poi improvvisamente (senza che si modifichi il respiro od il polso) scoppia un accesso di
convulsioni. L'animale si agita così forte per circa un minuto che non è possibile scrivere
bene il tracciato.
tt Alle 9,50 appena cessano le convulsioni, il polso è più lento, e la pressione del sangue
diminuisce. In 30 secondi, prima si registravano 48 pulsazioni, ora ve ne sono 20. La pres-
sione continua a scemare e l'altezza delle pulsazioni carotidee diminuisce in altezza. Il
respiro diviene irregolare, poi il torace si dilata lentamente, e rimane fermo in posizione
inspìratoria. H cuore continua a battere con grande frequenza, 56 in 30 secondi. Scrivo per
(luasi un minuto il polso deUa carotide, mentre il respiro è cessato completamente.
« Alle 9,52 si contraggono fortemente le estremità. Sembrano contrazioni dovute
all'asfissia, ma non ne sono sicuro, perchè si ripetono due accessi a breve intervaUo e nel
primo il cane muove le gambe ripetutamente come se nuotasse. Durante questi accessi vi
è perdita delle feci e dell'orina.
tt Si fa la respirazione artificiale col soffietto ; ii cuore batte bene ; esistono ancora i
riflessi patellari, e manca ogni altro movimento riflesso; la pupilla è dilatata. H polso
diventa più debole e frequentissimo, poi cessa. L'animale muore.
« Si vede da questa esperienza che per la dose di 0,046 per chilogrammo
di cane, non basta più la respirazione artificiale per salvare la vita.
« Biferisco un esperimento nel quale si amministrò la dose di 0,028 gr. di
siero per chilogrammo. In questa esperienza la respirazione artificiale diede
tempo al centro respiratorio di rimettersi : e riprendendo questo le sue fanzioni
comparve il fenomeno della respirazione periodica, o remittente. Bipetendo
dopo un certo tempo la stessa dose l'animale soccombe malgrado la respi-
razione artificiale.
Esperienza IL — Siero di anguilla.
11 maggio 1888. Cane del peso di 12000 grammi.
tt Si prepara la trachea, la vena e la carotide e si scrive il tracciato normale della
respirazione toracica e del polso come nella esperienza precedente.
« Alle ore 3,10 pom. si inietta 0,25 centim. cubico siero dì anguilla.
(■) Per dosare meglio le piccole quantità di siero adopero una soluzione che contiene
V* siero e 'A Na CI 0,75 Vo • Dopo la prima iniezione del siero nella giugulare faccio
l'iniezione neUa vena, un'altra iniezione di un centim. cubico di cloruro sodico 0,75 % per
pulire la cannula.
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— 675 —
« L^altezza delle pulsazioDÌ diminuisce, ma non diminuisce la pressione. H respiro è
più frequente. A un certo ponto il onore rallenta i suoi battiti ed il respiro continua colla
medesima frequenza. Subito dopo succede un accesso di convulsioni che dura pochissimo;
quando cessa, la pressione diminuisce. Il polso diventa più piccolo ed il respiro irregolare
e superficiale; quindi si arresta. Aspetto un minuto e vedendo che né il torace, né l'ad-
dome si muovono, faccio eseguire la respirazione col soffietto. Si continua per due minuti
circa senza che Tanimale faccia spontaneamente qualche moto respiratorio. Faccio cessare
la respirazione artificiale per vedere se TasfisBia incipiente possa destare la funzione del re-
spiro, resa inerte forse dall'apnea. Infatti succede una pausa di quasi un minuto, e dopo
il cane fa un moto inspiratorio profondo. Lo aiuto ancora per qualche minuto colla respi-
razione artificiale, finché comparisce la respirazione spontanea e continua da sé.
u La frequenza del respiro è la metà minore di quanto era nello stato normale, e
ha dei periodi che corrispondono al tipo di Cheyne e Stokes che ho chiamato respira-
zione remittente (*) cioè non esiste un'interruzione, ma ad ogni 9 o 12 o 15 movimenti respi-
ratori ne succede uno più profondo e subito dopo questo gli altri movimenti diventano
più superficiali, e dopo si fa una scala di inspirazioni successivamente crescenti fino a che
se ne produce una massima.
Ore 3,31 ripeto l'iniezione dì 0,25 cent, cubico del siero di anguilla. Succede subito un
accesso di contrazioni tetaniche e il cuore si arresta; succedono altre contrazioni deboli, men-
tre il respiro addominale é abbastanza forte. Appena vediamo che il respiro si ferma, fac-
ciamo subito col soffietto la respirazione artificiale, ma senza alcun risultato. L'animale
muore alle 3,34, cioè tre minuti dopo l'iniezione della seconda dose di veleno.
t Nel momento che cessa il respiro e mentre si faceva ancora la respi-
razione col soffietto scoprii il plesso bracchiale, ed i nervi che vanno al torace,
eccitandoli con una corrente indotta dell'apparecchio a slitta, la qnale appena
si sentiva sulla lingua, trovai che i nervi erano bene eccitabili. Questo dimostra
che l'arresto del respiro dipende da un disturbo della funzione del centro
respiratorio e non da una paralisi dei nervi periferici.
» L'arresto del respiro è il fatto più caratteristico e il punto dove Ap-
pare meglio evidente la rassomiglianza dell'ittiotossico col veleno dei ser-
penti. Non cito gli autori antichi perchè le loro idee sulle funzioni dell'or-
ganismo erano troppo diverse dalle nostre e perchè l'analisi fisiologica si fa
ora con altro indirizzo.
« Uno dei lavori più importanti è quello che Lauder Brunton pubblicò
con I. Payrer, Sul veleno dei serpenti dell'India {}). Quivi è detto che
l'azione sui movimenti respiratori è la più importante, e che la morte per
il morso dei serpenti è dovuta all'arresto del respiro per la paralisi del mi-
dollo spinale, e in parte per la paralisi dei nervi motori che si distribuiscono
ai muscoli respiratori.
« Quando mi accorsi dell'affinità che l'ittiotossico aveva col veleno dei
serpenti ho voluto fame il paragone con quello della vipera. Sapendo dalla
(') A Mosso, La respirazione periodica e la respirazione di lusso. Memorie della
R. Accademia dei Lincei, 1886.
(«) Proceedings of the Royal Society. Voi. XXn, p. 118, 1874.
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— 676 ~
pubblicazione fatta dal prof. Bomiti che a Siena vi sono delle vipere cosi
grosse che una sola ha potuto uccidere un uomo mordendolo (^) pr^;ai il
sig. Brogi di mandarmi le vipere aspis più grosse che egli potesse trovare
nei dintorni di Siena. Tagliai la testa a due di queste vipere e scoperte le
ghiandole feci uscire dal loro interno con leggera pressione alcune gocce di
veleno di colore giallognolo e dì reazione acida, che dai denti feci cadere in
un vetro da orologio. Ne pesai 0,0561 grammi, lo sciolsi in 1 ce. dì cloruro
sodico 0,75 per cento e feci la seguente esperienza.
Esperienza III. — Azione del veleno della vipera,
22 maggio 1888.
u Cane normale del peso di 7300 grammi. Scrivo il respiro col puenmografo dì Marey
messo intorno al torace, e il polso del onore col dito di gomma elastica e la trasmissione
ad aria secondo il metodo Marey. Fatta una Unea di tracciato normale alle ore 1.40 pom.
inietto nella giugulare il veleno della vipera. Succede immediatamente un aumento nella
frequenza e nella forza dei movimenti respiratori, il cuore invece rallenta e rinvigorisce
i suoi battiti. Dopo 15'' che si è fatta V iniezione il torace e Taddome soi^o completamente
immobili. Le estremità deiranimale sono rigide. Il torace si dilata lentamente. H tracciato
scritto dal pneumografo segna una linea che si solleva gradatamente, nella quale si vede un
tremito rapidissimo dei muscoli toracici. Questa linea si solleva lentamente per un minuto
e mezzo circa, finché il torace si ferma nella sua massima dilatazione.
tt II cuore in questo frattempo batte con una frequenza minore del normale, cioè di
8 pulsazioni in IO'' e le sistoli sono forti. Però circa 1 minuto e mezzo dopo che il respiro
è cessato, i battiti cardiaci cominciano a diventare più piccoli e piti frequenti del normale.
A questo punto faccio eseguire la respirazione artificiale comprimendo il torace colle mani
e scopro la trachea per fare il respiro col soffietto.
tt AU1.45 incomincia regolarmente la respirazione artificiale : continua per un minuto,
ma il cuore non si rinforza. Sospendo il respiro per 30", e non vi è alcun segno che
Tanimale tenda a respirare spontaneo. Si continua il respiro artificiale per 10 minuti fino
airi .55. n cuore batte regolarmente da 39 a 40 pulsazioni in 10 secondi. I vasi sanguigni
sono immohili perchè la linea del tracciato del polso carotideo si mantiene diritta ed
orizzontale; anche sospendendo il respiro per 30 secondi la pressione non cambia, il che
dimostra che vi è una paralisi, od una insensibilità profonda dei vasi.
«Airi. 57 sospendo la respirazione artificiale per 50 secondi: la pressione del sangue
aumenta pochissimo e solo in fine si manifesta la tendenza ad aumentare. Le sistoli del
cuore non modificano la loro frequenza. Vedendo che il cane è divenuto così profon-
damente insensibile, eccito le estremità posteriori con delle correnti indotte fortissime, e
guardo la pupilla che è mediocremente dilatata, ma essa non reagisce. Ripeto Tesperienza
sull'altra gamba, e pure senza effetto. Faccio eseguire Teccitamento nella regione delVano,
e l'animale è insensibile. Anche la cornea non è più eccitabile.
tt Essendomi persuaso che per il veleno deUa vipera è scomparsa ogni traccia di sen-
sibilità, faccio continuare per un'ora la respirazione artificiale.
a Alle ore 2.40 il cane respira da sé. I movimenti sono poco profondi, ma regolari
da 8 a 9 in 30". Il polso è piccolo e frequente, 30 pulsazioni in 10'^
u Quantunque l'animale sia slegato non fece mai il più piccolo movimento. Alle
0) Romiti, Archives italiennes de biologie. Tome Y, 1884, p. 87.
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— 677 —
ore 8.3 succede una contrazione forte dei muscoli estensori delle gambe e cessa il respiro.
Le sistoli cardiache cambiano pare di forma e di frequenza : diventano più forti e più lente ;
da 8 a 9 in 1(/'. Dopo circa 2(/' comparisce un movimento inspiratorio spontaneo e pro-
fondo. Aspetto ancora 20 secondi, e poi vedendo che il respiro non compare ricomincio la
respirazione artificiale col soffietto. Il polso toma a diventare frequente, ciò che dimostra
che il precedente ritardo che si produsse durante e dopo le convulsioni era forse dovuto
ad una eccitazione dei centri nervosi alForigine del vago.
« Alle ore 3.12 si sospende il respiro artificiale, ma senza effetto sul cuore e sul centro
respiratorio che è di nuovo paralizzato.
li Alle ore '3.13 si prende la temperatura nel retto =» 36*^,2. Sospendendo il respiro
si vede qualche leggero movimento del diaframma trasmesso alFaddome, il torace e tutto il
corpo è immobile. Eccito il nervo crurale con una corrente indotta, succede una contrazione
forte dei muscoli corrispondenti, ma Tanimale non dà alcun segno di sentire il dolore e
la pressione del sangue non varia. Mancano sempre i riflessi delle palpebre quando si tocca
la cornea.
u Si continua colla respirazione artificiale. Alle 3.26 si sospende e Vedesi che Tanl-
male muove spontaneamente Taddome. I movimenti del diaframma si ripetono colla fre-
quenza di 6 al minuto, e rassomigliano come ad un colpo di singhiozzo, tanto è rapida
la contrazione del diaframma. La frequenza del polso è 60 in 30^'.
tt Alle 8.45 «uccede un altro accesso leggero di contrazioni L^animale estende lenta-
mente, ma con forza le estremità; i muscoli tremano, e il respiro cessa, il cuore si rallenta.
Non aiuto più Tanimale col respiro artificiale ed esso muore senza altre convulsioni.
« Ore 3,50. Levo il sangue dalla giugulare con un tubo di vetro piegato ad angolo
retto che entra fino al cuore, e raccolgo il sangue in un cilindro. Questo sangue non coa-
gula, n giorno successivo è ancora perfettamente liquido: il siero è rosso.
« AiUonia, Nel cuore e nei grossi vasi non vi sono coaguli. Del resto nulla di no-
tevole : solo ì polmoni sono un po' ingorgati e un po' meno crepitanti del normale.
« Ho riferito questa esperienza alquanto in esteso perchè essa ci dà
un*idea esatta del meccanismo di azione del veleno della vipera, e dimostra
l'utilità della respirazione artificiale; ma più che tutto perchè ci permette
di paragonare nei loro effetti mortali le dosi del siero di anguilla col veleno
della vipera. Vediamo cioè che il cane dell' esperienza II, il quale pesava
12000 gr., è morto per una dose di veleno di siero di anguilla eguale a
0,0208 per chilogramma, mentre questo che pesava 7300 gr. è morto un
po' meno rapidamente per una dose di 0,0077 gr. di veleno della vipera
per chilogramma. Si può dunque dire che per i cani il veleno della vipera
è circa tre volte più velenoso del siero di anguilla.
§11.
Onore e vasi sanguigni.
« Il siero dei murenidi ha poca azione sul cuore delle rane. Se si met-
tono in due vetri da orologio due cuori di rana, e ad uno si aggiunge sem-
plicemente qualche goccia di cloruro sodico al 0J5 per cento, e all'altro
qualche goccia di siero d'anguilla, non è apprezzabile la differenza colla quale
in entrambi si spegne poco per volta il moto.
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— 678 —
« Sul cuore scoperto di una rana, ho messo una goccia del siero di mu-
rena, e non vidi alcim effetto.
« Non ho fatto esperienze colla circolazione artificiale in modo che il
veleno agisse dalla superficie interna del cuore. Forse queste esperienze da-
ranno risultati più evidenti ; ma già si vede che Tittiotossico non esercita
una azione efficace sul cuore.
« Questo stabilisce un altro punto di rassomiglianza fra il veleno dei
murenidi e quello dei serpenti (^). Però nelle rane che avvelenavo coU'ittio-
tossico il cuore cessava di battere assai prima che in quelle alle quali di-
struggevo il midollo. Forse le esperienze che si fanno estirpando o scoprendo
il cuore durano poco, e il cuore si altera per altre cause prima che Fazione
locale del veleno possa rendersi evidente (2).
« Cercando se il siero dei murenidi era velenoso per i pesci, ho visto
che le motelle morivano coli' iniezione di un centimetro cubico di siero di
murena nella cavità addominale, e in un caso tre ore dopo Tiniezione il
cuore era fermo. Continuerò queste indagini : intaoto esaminiamo cosa succede
nei mammiferi, dove è più facile Tanalisi dei fenomeni nervosi del cuore.
«« Nei cani il primo effetto deirittiotossico (come abbiamo già veduto
nell'esperienza I e II) è una diminuzione di frequenza e un aumento nella forza
dei battiti cardiaci, come se vi esistesse un'irritazione del vago ; dopo i mo-
vimenti cardiaci diventano frequentissimi, come se il vago fosse paralizzato :
ed è probabile che nel centro all'origine del vago vi sia prima un eccita-
mento e dopo una paralisi.
Esperienza IV. Siero di murena.
23 maggio 1888.
tt Cane del peso di chilog. 21. Preparata la carotide e ì* nervi va^hi, prendo nn pezzo
di tracciato normale scrivendo il respiro col pneumografo di Marey intomo al torace, e
il polso della carotide coirapparecchio anzidetto di Marej. Qaindi determino quale sia la
corrente minima di un apparecchio Du Bois Reymond che applicata sui vaghi rallenta ed
arresta i moti del cuore.
u Dalle ore 10,7 alle oie 10,9 si inietta lentamente nella giugulare centim. cub. 1,35
di siero di murena coU'aggiunta di due volumi eguali di Na CI. 0.75 Vo.
(}) P. Panceri e F. Gasco {Esperienze intorno agli effetti del veleno della naja egi-
ziana e della ceraste. Atti della R. Accademia delle scienze di Napoli, 1873, pag. 23)
avevano già detto parlando del veleno della naja egiziana : « Una prova assoluta che questo
non è un veleno del cuore sta nel fatto, che tenuto sonunerso da noi il cuore in posto di
un axolotl nel liquido velenoso, non camhiò punto il suo ritmo e continuò a pulsare lun-
gamente con sistoli fatte ancor più energiche dal nuovo stimolo ».
(*) Panceri e Gasco, op. cit, pag. 24, fecero un'osservazione sul cuore àtiWaxolotU
la quale dimostra come il veleno della naja distrugga Tazione nervosa, li axolotl essendo
provvisto di hranchie esteme ha l'apparecchio respiratorio disposto nel modo il più favo-
revole per dare tempo all'animale di rimettersi e di eliminare il veleno quando il cuore
continui a battere, ma cionuUameno esso muore.
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tt Quando il respiro ò divenuto irregolare e snperficiale, 27 in 10 secondi, e i moTÌ-
menti cardiaci deboli, 16 in 10 secondi, irrito meccanicamente i vaghi, tirando le anse del
filo nei quali li ho messi; i moti del respiro diventano fortissimi e più lenti. Nei primi
10 secondi successivi alla irritazione contansi 10 respirazioni. I battiti del cuore si rallen-
tano e si rinforzano. Cessato l'effetto delPirritazione meccanica, il respiro diventa sempre
meno ampio e più frequente. Dopo più di un minuto fa 88 respirazioni in 10 secondi, e
tanto piccole che appena si vedono ; il cuore batte rapidissimo. Un altro eccitamento mec-
canico del vago produce lo stesso effetto di prima; ma sono un pò* meno profonde le inspi-
razioni : vi è una scala decrescente di respirazioni sempre più piccole fino a che il respiro
si arresta. Preparo subito la trachea e faccio la respirazione dalle ore 10,18 alle 10,19.
tt Sospendo il respiro col soffietto. Dopo 81 secondi fa un movimento inspiratorio. D
cuore batte lentissimo, fa 6 a 7 pulsazioni in 10 secondi. Continuo col respiro artificiale
dalle 10,21 alle 10,22. Sospendo il respiro, il cane fa due movimenti uno dopo 19 secondi,
Taltro dopo 25. In questo punto irrito i vaghi e succede un aumento della frequenza dei
battiti cardiaci. Prima erano 4 in 10 secondi, durante Tirritazione diventano 14 in 10
secondi. Un fatto analogo venne già osservato dal prof. Albertoni nelle sue pregevoli
ricerche intomo al veleno della vipera (0-
« Dopo 25 secondi che si è fatta Tirritazione del vago, il respiro ricomincia sponta-
neamente e continua colla frequenza di 6 in 80 secondi. H cuore fa 8 a 9 pulsazioni in
10 secondL
u Alle ore 10,27 si irritano i due vaghi, ma senza effetto : aumentiamo subito Tin-
tensità dell'eccitamento, e si vede subito un effetto nel respiro che diventa più forte, nel
cuore appare un leggero rallentamento dei battiti.
« Alle ore 10,86 il respiro continua spontaneo coUa frequenza di 5 inspirazioni re-
golari e profonde ogni 80 secondi: il cuore nel medesimo tempo fa 40 pulsazioni.
« Ore 10,87. Si inietta lentamente 0,8 ceni cubici di siero di anguilla colFaggiunta
di due volumi eguali di Na CI 0,75 per cento : il cuore si arresta, il respiro continua, ma
diminuisce l'ampiezza' dei movimenti.
u Si fa subito la respirazione artificiale e si continua per 10 minuti, ma senza ef-
fetto, perchè il cuore rimane fermo.
« La pupilla si dilata, e l'animale muore senza convulsioni.
« È questa la sola esperienza che io ho fatto dove appare evidente
^ un'azione dell'ittiotossìco sui nervi vaghi; non riferisco le altre che hanno
dato dei risultati negativi.
tt La morte del cuore è un fenomeno complesso, e Taumento della fre-
quenza non è prodotto dalla paralisi dei vaghi. Quando Tavvelenamento
non è troppo grave, manca ogni alterazione nella conducibilità dei vaghi, e
non solo la loro azione centrifuga, ma anche la centrìpeta è conservata,
perchè i movimenti del cuore e del respiro eccitando il nervo vago si modi-
ficano entrambi. Ma neirultimo perìodo deiravvelenamento intenso si mani-
0) P. Albertoni, SulV azione del veleno della vipera. Sperimentale. Firenze 1879.
Credo utile riferire le sue parole, perchè si veda meglio l'affinità del veleno dei mu-
renidi con quello della vipera. « L'apparecchio nervoso d'arresto del cuore non perde la
« propria attività per l'azione del veleno viperino, perocché si ha l'arresto cardiaco per
u l'eccitazione elettrica del vago. Vi è però uno stadio del veneficio, ed è quello, che pre-
u cede immediatamente la morte, nel quale per l'irritazione elettrica del vago si ha un
tt acceleramento negli atti cardiaci in luogo che un rallentamento, od un arresto n.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1*^ Sem. 89
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festa un'azione locale dell'ittiotossico sul cuore. Quando i battiti del cuore
sono divenuti molto lenti, ho veduto che tagliando i due vaghi non si aumen-
tava la frequenza del polso: ma questo lo si vede qualche volta anche nel-
Tagonia senza razione dei veleni.
Azione sui vasi sanguigni.
a Facendo delle esperienze col manometro a mercurio messo in comu-
nicazione colla carotide, osservai dopo Tiniezione, un fortissimo aumento
della pressione : come si vede nella Nota XIII, esperienza II.
« Questo fatto non può attribuirsi esclusivamente alla contrazione dei
vasi sanguigni ed alla frequenza maggiore delle sistoli cardiache, perchè gli
animali per effetto del veleno entrano in convulsione, se le dosi sono ele-
vate, e la pressione del sangue supera i 120 mm. e tocca nei cani anche
ì 150 mm.
tt Quando invece le dosi sono piccole e non producono convulsioni, Tau-
mento della pressione è minimo e fugace, e dopo tende a diminuire.
« Albertoni aveva già dimostrato {}) che per il veleno della vipera vi è
uno stretto rapporto fra le modificazioni nella pressione sanguigna e la rapi-
dità maggiore o minore dell'esito letale : io ho trovato la medesima relazione
per il veleno dei murenidi, e vidi che la pressione del sangue diminuisce ra-
pidamente, cessato il periodo delle convulsioni.
« Le piccole dosi non paralizzano i vasi sanguigni, e questo lo si vede
non solo col manometro, ma anche semplicemente guardando i vasi nell'orec-
chio del coniglio, che continuano a dilatarsi e contrarsi a periodi irregolari.
§ III.
Azione sul sangue,
« Dirò estesamente in una prossima Nota come il sangue non coaguli più
negli animali avvelenati coll'ittiotossico ; e svolgerò meglio in tale circostanza
il fatto accennato nella Nota IX che anche il verde metile produce tale
effetto. Per ora mi basta di mettere in evidenza l'af&nità di azione dell'ittio-
tossico, del veleno dei serpenti e delle vipere.
« Il sangue venoso degli animali uccisi col siero dei murenidi presenta
un colore molto scuro: in quelli però dove si è fatta la respirazione arti-
ficiale fino a che si arrestò completamente il cuore, il sangue nel ventricolo
sinistro è più rosso che nel destro. E così pure sbattendo il sangue venoso
che si prende dalla giugulare nel cuore destro, si vede che ritoma rosso come
il sangue normale.
{}) P. Albertoni, op. cit., pag. 9.
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« n fatto più interessante e quasi costante è che il sangue non coa-
gula più.
tt Bìfeiìsco qualche esempio. Ad un cane del peso di 4620 gr. ucciso il 7 m%gio
col siero dell'anguilla, prendo 100 cent, cubici del suo sangue dalla vena giugulare e li
mantengo per due giorni nella ghiacciaia; dopo trovo che il sangue non è coagulato, ha il siero
rosso, e nel sangue liquido sottostante versandolo si trova un coagulo molle come gelatina
di ribes; messo questo coagulo in un cilindro graduato misura 3,5 centimetri cubici.
« Un altro cane del 7 maggio che pesava 15200 gr. ucciso col siero dell'anguilla,
dopo 48 il sangue preso dalla giugulare e conservato nella ghiacciaia non è coagulato, il
siero è rosso. H sangue sottostante è fluido. Solo intorno alle pareti del cilindro vi è un
coagulo sottile disteso come un velo roseo sul vetro.
« La coagulazione nel yeneficio col siero dei murenidi quando succede,
è incompleta, non tì è retrazione del coagulo, il siero non si separa dal cruore
e si forma come una gelatina, la quale si spappola facilmente. In un solo
caso trovai il sangue coagulato, e fu un coniglio avvelenato col siero di an-
guilla, ma temo sia successo, perchè ho preso il sangue dal cuore con una
pipetta che terminava in un tubo capillare ; se come nelle altre osservazioni
avessi estratto il sangue dalla giugulare, od inciso il cuore mettendovi sotto
un cilindro, forse si sarebbe verificato anche qui un ritardo più notevole della
coagulazione.
« Fayrer nella sua grande opera intomo ai serpenti velenosi dell'India (<)
dice che il sangue è fluido negli animali morti per il veleno dei serpenti
viperini e copulato negli animali che morirono per il veleno dei colubrini.
Il sangue dell'uomo, Fayrer lo trovò fluido in tutti i casi di avvelenamento,
tanto per i colubrini, quanto per i viperini. Nel 1873 Fayer nella prima parte
del lavoro pubblicato con Lauder Brunton {^) dice che il sangue spesso non
coagula negli animali morti per il veleno dei serpenti.
« Panceri e Gasco non rilevarono differenza fra il veleno di ceraste e
quello di naja, il sangue in tutti gli animali era coagulato nei grossi vasi,
0 coagulabile non appena uscito dal corpo deiranìmale di recente venuto a
morte.
tf Anche Wall trovò il sangue fluido nell'uomo e coagulato negli ani-
mali avvelenati col morso della Naja tripudians: fatta eccezione di alcuni
casi (3). Quanto al sangue degli animali uccisi col veleno della Daòoja Rus-
sellii, egli dice che non coagulò mai, eccettuati i casi nei quali la morte
successe per convulsioni o dopo un lungo esaurimento (^).
0 Albertoni afferma che il veleno della vìpera injettato nelle vene rende
(1) I. Fayrer, The Thanatophidia of India, London, 1872, pag. 64.
(«) Proceedings of the Boyal Society, voi. XXI, pag. 871, 1873; voi. XXII, 1874, p. 84.
(>) A. J. Wall, Inàian snake poisoru tkeir Nature and EffecU, London, 1888, p. 15, 42.
(*) Op. cit. pag. 76.
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il sangue incoagulabile {^). Nelle esperienze che ho fatto e delle quaU
ho riferito un esempio nell'esperienza ili di questo paragrafo, il sangue non
coagulò. Sono appena sei casi ; tre sui conigli, e tre sui cani, ma il risultato
fu costante.
<i Ho voluto dare questo rapido sguardo allo stato delle cognizioni d^oggi
per dimostrare quanto è facile errare anche nelle cose le più semplici. Trat-
tandosi di constatare, se il sangue negli animali morti per veleno dei ser-
penti sia liquido, 0^ coagulato, parrebbe che non vi possa essere discussione:
eppure Fontana che forse fu quegli che fece il maggior numero di esperienze
sulle vipere, dopo aver trovato che il sangue mescolato fuori delVorganismo
col veleno della vipera non coagula più, disse che « la coagulazione del
« sangue è certamente l'effetto il più notevole del veleno della vipera, quello
« che deve produrre i più gravi disordini nei visceri » . L'animale morso dalla
vipera, muore unicamente, secondo Fontana, perchè il sangue si coagula,
corrompe e distrugge gli organi (2).
» Malgrado l'autorità del Fontana, devo ammettere che il sangue negli
animali uccisi col veleno della vipera perde la facoltà di coagularsi, e questo
stabilisce una rassomiglianza col veleno dei murenidi, dove il sangue lo trovai
sempre sciolto, o non coagulò che lentamente e male estraendolo dall'organismo.
§ IV.
Sistema nervoso.
» Le osservazioni precedenti fanno già intravedere quale sia l'azione
dell'ittiotossico sul sistema nervoso.
ft Nel quadro del veneficio prevale l'azione sul midollo spinale, sui
centri motori, e sul centro respiratorio, ma anche i nervi non sono incolumi.
« Le esperienze fatte sulle rane dimostrano che il siero dell'anguilla
paralizza i nervi, ed agisce pure sulla eccitabilità dei muscoli.
« Nell'esperienza IX della Nota XIII ho già detto come la diminuzione
della eccitabilità dei nervi può divenire assai evidente nelle rane avvelenate
col siero dell'anguilla, ora riferisco un'altra esperienza dove mentre il cuore
batte ancora, non mi fu piU possibile ottenere delle contrazioni nei muscoli
della gamba eccitando il nervo sciatico.
Esperienza V. — Azione del siero di anguilla sulla rana.
8 maggio 1888.
tt Ad una rana si inietta sotto la pelle del dorso 0,25 ce. di siero di anguilla alle
ore 3 pom. Durante tre ore non si vede nuUa di particolare, eccetto che una leggera de-
pressione.
(1) Albertoni e Stefani^ Manuale di fisiologiay 1888. Capitolo sulla coagulazione del
sangue,
(<) F. Fontana, Traité sur le vénin de la vipere, Florence, 1781, pag. 318 e 327.
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a Ore 8 pom. La rana è ingobbita: tocca col muso il piatto: è poco eccitabile: occhio
depresso: pupilla stretta: è assopita e stnpida come una rana che non avesse il cerrello.
u Nel mattino successivo alle 8 trovo la rana rovesciata sul dorso che sembra morta.
Non reagisce pizzicandola con una pinzetta. Il cuore batte così debolmente che per ri-
flessione si vede appena dairestemo. Sotto la pelle del dorso si è raccolto un liquido co-
lore citrino, alcalino. Vi fu azione irritante locale perchè il tessuto sottocutaneo dorsale
è come edamatoso. I cuori linfatici sono immobili. I muscoli dell'addome e delle estre-
mità eccitati direttamente con una corrente indotta, che non può resistersi sulla Ungaa, si
contraggono ancora : per far contrarre i muscoli delle estremità posteriori bisogna servirsi
di un eccitamento molto più forte; cioè avvicinare i rocchetti da 9 centim. a 8 centim.
Questa corrente indotta cosi forte non produce alcun effetto applicata nel nervo sciatico,
dell'uno e dell'altro lato. Apro il torace e trovo che il cuore batte ancora.
0 Questa esperienza insieme ad altre due analoghe dimostra che il siero
dell'anguilla agisce intensamente sui nervi e sui muscoli, ma Teffetto non è
costante, perchè in altre rane e col siero di altre anguille e delle murene
non Tosservai più.
« Valentin ha gUi notato un fenomeno analogo nelle rane studiando il
veleno della vipera; perchè egli disse (^ ohe spesso dopo 5 ore era scom-
parsa completamente Teccitabilità dei muscoli, e dei nervi.
« Nei mammiferi vi sono due quadri diversi del veneficio : secondo che
le convulsioni sono forti o deboli, ma tanto nell'un caso, quanto nell'altro, si
vede che l'ittiotossico appartiene ai narcotici. Gli animali che non muoiono
immediatamente divengono sonnolenti, insensibili, apatici. Qualche volta hanno
degli accessi di vomito, spesso tremano. Sembra che i muscoli siano dolenti,
0 rigidi, perchè l'animale si muove con stento, o prende delle posizioni strane.
La sensibilità della pelle, specialmente delle estremità posteriori, scompare
molto presto.
« Il fatto più importante è che la sensibilità scompare prima della mo-
tilità, ciò che non sarebbe favorevole alla supposizione che il siero dei mu-
remidi rassomigli per i suoi effetti al curaro. Per dare sommariamente un
esempio di questo fatto dirò che un coniglio il quale dopo l'anmiinistra-
zione dell' ittiotossico nella vena giugulare passeggiava per il laboratorio,
e cambiava spontaneamente di posizione e di luogo, aveva le estremità po-
steriori tanto insensibili, che non solo comprimendole forte col piede non dava
alcun segno di dolore, ma anche bruciandole fino all'osso con un grosso tubo
di vetro arroventato e fiiso, non dava alcun s^no di dolore e non si moveva,
né reagiva.
» Se pensiamo che questo coniglio gridava fortemente appena si compri-
meva, 0 si irritava le estremità anteriori, od il muso, e che i riflessi negli
occhi erano completi, viene escluso il dubbio che si tratti di un'azione gene-
rale sui nervi sensibili. In tale caso dovrebbe essere generale la insensibilità;
ma questo non l'ho veduto in nessuna esperienza.
0) Op. cit pag. 111.
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« Questo fatto stabilirebbe im altro punto di rassomiglianza col veleno della
vipera. Valentin nel suo interessante lavoro, Sul veleno della vipera (^)
osservò che qualche volta le rane avvelenate reagiscono colle gambe posteriori
se vengono eccitate le estremità anteriori, e non reagiscono punto se vengono
eccitate le estremità posteriori.
« Probabilmente l'eccitabilità delle cellule nei centri nervosi, e la con-
ducibilità del midollo verso il cervello sono lese profondamente. Io non so
spiegarmi in altro modo questa insensibilità delle gambe posteriori, mentre
che tutte le altre parti meno lontane dal cervello continuano ad essere
sensibili.
•> La conducibilità dei nervi sensibili deve essere abolita per le estre-
mità posteriori, perchè anche guardando la pupilla e scrivendo la pressione
del sangue, non ho più veduto alcuna variazione per gli eccitamenti i più
forti colla pressione meccanica e colle correnti elettriche indotte applicate
sulle estremità posteriori. Nei medesimi animali degli eccitamenti molto più
deboli applicati alle estremità anteriori, o sulla faccia, producevano una forte
reazione locale e anche dei movimenti riflessi delle estremità posteriori.
» Si può supporre che nelle estremità posteriori le vie nervose del
moto siano meno lese, oppure che gli eccitamenti che partono dai centri
per muovere i muscoli delle estremità posteriori, abbiano una intensità mag-
giore, 0 che possano propagarsi più facilmente nei nervi di moto, che non
gli stimoli che noi applichiamo sui nervi sensibili.
« Nel determinare Fazione che l'ittiotossico esercita sul sistema nervoso,
ho trovato le stesse difficoltà, e le medesime incertezze che si incontrano
nello studio del veleno dei serpenti.
« Credo utile accennare lo stato della questione, perchè così apparirà
meglio evidente un altro punto di contatto fra il veleno del sangue dei mu-
redi, e quello delle ghiandole velenose dei serpenti.
« Le ricerche più complete che abbiamo fino ad ora su questo argo-
mento oltre quelle celebri del Fontana furono fatte da Lauder Brunton e
I. Fayrer. Essi hanno stabilito che la morte col veleno coagulato dei serpenti è
prodotta invariabilmente dalla paralisi della midolla spinale e che i nervi
motori sono poco lesi nella loro funzione, mentre che invece col veleno secco
qualche volta predomina razione paralizzante sul midollo spinale e qualche
altra predomina l'azione sui nervi (^).
« Wall nel suo libro sui serpenti velenosi dell'India {^) dice che il
(») G. Valentin, Binige Beoòachtungen ùòer die Wirkungen det Vipemgiftes. Zeit-
schrift fflr Biologie, 1877, p. 112.
(«) Proceedings of the Royal Society, voL XXII, p. 93, 1874.
(?) Op. cit, pag. 81.
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veleno della Naja tripudians produce gradatamente una paralisi generale,
e che le convulsioni che precedono la morte iiono prodotte unicamente dal-
l'asfissia, mentre invece il veleno del Daboja Rtissellii produce forti con-
vulsioni che non dipendono dall'acido carbonico, e la paralisi generale che
vi succede viene seguita dall'arresto dei movimenti respiratori che prima
diventano irregolari.
« Facendo delle ricerche sull'azione del veleno delle vipere nella mede-
sima specie osservai queste due forme diverse di avvelenamento.
« Erano vipere che mi aveva spedito da Siena il sig. Brogi, prendevo
il veleno, e lo amministravo nello stesso modo e nella stessa dose e ciò nulla
meno osservavo delle differenze grandissime, tanto nei conigli, quanto nei cani.
Alle volte col veleno della vipera morivano con delle convulsioni fortissime,
in altri animali senza che io abbia potuto conoscere la causa, non si avevano
convulsioni, o tutto al più compariva qualche leggero movimento epilettiforme
delle estremità.
« Avendo osservato la medesima incostanza per l'azione del veleno dei
murenidi, temo che vi siano delle variazioni individuali. Questa è una sup-
posizione che forse dipende da che non sono ancora abbastanza numerose le
mie esperienze ; ma anche quando fosse dimostrato che esistono queste diffe-
renze individuali per la velenosità del siero nei vari individui, e per la
maggiore o minore vulnerabilità delle vittime nelle quali si prova tale veleno,
resterebbe pur sempre aperta una grande lacuna, che non vedo si possa presto
colmare.
« Nei conigli che furono avvelenati col siero dei murenidi la rigidità
cadaverica compare immediatamente dopo la morte. Gli esempi li ho dati
nella Nota XIII, esperienza Y e Vili. Questo è un fatto che ho verificato
pure nelle rane e non l'ho mai osservato nei cani. Ho cercato facendo l'allac-
ciatura dell'aorta addominale se era un fenomeno dovuto all'azione del veleno
sopra i muscoli, o se tale fatto dipendeva da un' azione nervosa.
« Tali ricerche avendomi dato dei risultati incerti, mi limito per ora
ad accennare il fatto, notando che anche col veleno delle vipere osservai nei
conigli la comparsa rapidissima della rigidità cadaverica ed in meno di cinque
minuti dall'arresto del cuore ».
Chimica. — Sul peso molecolare degli acidi citraconicOj itaco-
nico e mesaconico e degli acidi fumarico e maleico. Nota del Socio
E. Paterno e del dott. R. Nasini.
0 È ormai noto universalmente che le formule attuali di costituzione,
fondate principalmente sulla nozione della tetravalenza del carbonio, non
bastano in molti casi a dare spiegazione di alcune isomerie ben constatate.
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ove, ben inteso, nelle fonnule di struttura si voglia, come si de?e, tenere
stretto conto delle funzioni chimiche dei diversi componenti della sostanza,
della sua sintesi, delle reazioni di cui è capace, del modo in cui essa si
decompone etc. etc. Di tali isomerie, inesplicabili con le solite formule, sono
tra le più interessanti, anche pel lato storico della questione, quelle dei tre
acidi della formula OsHsO^, cioè degli acidi citraconico, itaconico e mesa-
conico, e quella dì due acidi della formula C4 H4 O4, cioè degli acidi fumarico
e maleico.
<t Per ispiegare tale genere di isomerie si è ricorso a molte ipotesi :
lasciando da parte quelle formule che non corrispondono alle reazioni chi-
miche dei composti in questione, accenneremo che si è supposto da Fittig^
giacché si tratta di composti cosi detti non saturi, che in alcuni un atomo
di carbonio scambi col suo vicino due delle sue valenze, in altri invece una
sola, rimanendo libere le altre due : ipotesi questa a parer nostro e di molti
chimici assai poco probabile.
« Sola spiegazione che corrisponda a tutte le esigenze sembra quella
che la diversità di questi composti dipenda dalla diversa posizione nello
spazio degli atomi componenti la molecola. Ed appunto per spiegare tali
isomerie e per dare anche ragione di molte altre isomerie cosi dette fisiche e
che principalmente si manifestano col diverso modo di comportarsi delle sostanze
rispetto alla luce polarizzata. Le Bel e Yan't Hoff nel 1874 mostrarono come sia
l'esistenza e la diversità del potere rotatorio molecolare, sia la possibilità di
isomerie non rappresentabili colle solite formule nel piano, ricevano una spie-
gazione completa quando invece si considerino gli atomi nello spazio, suppo-
nendo che Tatomo di carbonio occupi il centro di un tetraedro regolare e
gli atomi 0 gruppi di atomi a lui uniti i vertici di esso.
a Questa ipotesi cosi semplice già molti anni prima di Le Bel e Yan't Hoff
era stata del resto emessa da uno di noi come mezzo di spiegazione di casi
di isomerìa inesplicabili con le solite formule di struttura (^).
0 Tale ipotesi, accettata da qualche tempo, ma soltanto per dare ragione
delVattività ottica delle sostanze organiche, è stata ammessa generalmente
solo, può dirsi, in questi ultimi giorni dietro le ricerche di Wislicenus, V.
Meyer e von Baeyer principalmente.
« Purtuttavia in molti casi potrebbe farsi Tobiezione che non si tratti
di vera isomeria, ma bensì di casi di polimeria.
s E questo fii anzi esplicitamente detto da Erlenmeyer a proposito degli
acidi fumarico e maleico, malgrado resistenza dei loro eteri : né Tipotesi è
del tutto fiior di luogo, considerato il grado tanto diverso di solubilità dei
due composti.
(1) Paterno, Giornale di Scienze naturali ed economiche dì Palermo, tomo V,
pag. 117 (1869).
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« E lo stesso potrebbe dirsi riguardo agli acidi citraconico, itaconico e
mesaconico, e particolarmente dei due ultimi, pei quali bisogna ammettere
assolutamente la stessa formula nel piano. Seguitando lo studio da noi intra-
preso or sono due anni (*), in cui ci proponemmo per i primi di applicare
la legge di Baoult sui punti di congelamento alla discussione di molte con-
troversie sulle formule di costituzione dei composti organici, noi pubblichiamo
oggi una piccola parte delle esperienze eseguite per risolvere i problemi re-
lativi agli acidi più volte nominati ed altri problemi analoghi aventi rela-
zione colle formule di struttura nello spazio.
H Rimandiamo per la descrizione dei metodi esperimentali e per tutto
quello che riguarda Targomento, alla nostra Memoria pubblicata negli Atti
di questa Accademia, e solo facciamo notare come la legge di Baoult, che da
principio era a considerarsi come legge empirica, oggi, mercè i bellissimi
studi di Van't Hoff sulla pressione osmotica, ha acquistato una base teorica
indiscutibile.
« Le nostre esperienze conducono ad ammettere che per i tre acidi ci-
traconico, itaconico e mesaconico non si può parlare di polimeria, ma sibbene
di isomeria, e quindi necessariamente per i due ultimi di isomeria nello
spazio; e alle stesse conclusioni siamo giunti riguardo agli acidi fumarico
e maleico.
« Le esperienze sono state eseguite in soluzione acquosa e le riferiamo
qui brevemente.
Acido citraconico.
Concentrazione
Coefficiente
Abbassamento molecolare
delle soluzioni
d'abbassamento
per C. H. 0*
I.
0,5847
0.2053
26,69
IL
0,7170
0,1953
25,34
HI.
1,5630
0,1727
22,46
IV.
3,7370
0,1606
Acido mesaconico.
20,88
I.
0,6728
0,1709
. 22,22
II.
1,373
0,1529
Acido itaconico.
19,88
I.
1,081
0,1572
20,44
II.
2,006
0,1495
19,43
(1) Paterno e Nasini, Sulla determinazione del peso molecolare delle sostanze or-
ganiche per mezzo del punto di congelamento delle loro soluzioni. Atti della R. Acca-
demia dei Lincei, 1886.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1» Sem.
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« Come si vede, per gli acidi mesaconico e itaconico si hanno valori
normali per l'abbassamento molecolare quando si adotti come peso molecolare
quello corrispondente alla formula semplice C5H6O4: lo stesso è a dirsi
per le soluzioni III e IV deiracido citraconico.
« Per questo acido poi ci sembra notevole il fatto che per le soluzioni
più diluite I e II si hanno valori che si discostano assai da quelli normaU e
che accennano ad una scissione della molecola. Ora questo è in perfetta ar-
monia colla natura chimica dell'acido citraconico, il quale dei tre isomeri è
quello che dà con maggior facilità l'anidride, mentre l'itaconico non la dà
se non pel trattamento con cloniro d'acetile ed il mesaconico non la dà
affatto 0, per dir meglio, scaldato col cloruro d'acetile dà anidride citraconìca.
Ora è molto probabile che i numeri elevati per l'abbassamento molecolare
dell'acido citraconico in soluzione diluita dipendano dal fatto che la molecola
si è scissa in acqua e anidride.
« Ma su questo non insistiamo, perchè lo studio qualitativo e quanti-
tativo delle disassociazioni e decomposizioni che avvengono nelle soluzioni
sarà argomento di una prossima comunicazione all'Accademia.
« Per gli acidi fumarico e maleico si ò pure sperimentato in soluzione
acquosa e si ò trovato :
Acido fumarieo.
Concentrazione Coefficiente Abbassamento molecolare
della soluzione d'abbassamento per C4H4O4
0,6122 0,1470 17,06
Addo maleico.
1,243 0,2252 26,12
« Non c'è dubbio quindi che all'acido fumarico, del quale si dubitava
che fosse un polimero, si deve attribuire la formula semplice: e lo stesso
si deve dire riguardo all'acido maleico, quantunque il suo abbassamento
molecolare sia un po' troppo elevato. Se si riflette che l'acido maleico si
scinde con facilità grande nell'anidride e in acqua, mentre il fumarico solo
con trattamenti più energici dà l'anidride maleica, non parrà strano di sup-
porre che in soluzione l'acido siasi scomposto in anidride ed acqua.
« Anche di molte ricerche fatte sopra gli zuccheri e gli idrati di car-
bonio ci contenteremo per ora di riportare quelle che si riferiscono alla dulcite
e alla sorbina, sino a qui non esaminate da altri : per la dulcite le espe-
rienze fatte in soluzione acquosa conducono alla formula semplice 0« H14 Oe,
ossia alla stessa formula della mannite, della soluzione della quale già era
stato determinato il punto di congelamento da Baoult : non resta quindi che
ammettere una isomerìa nello spazio. Per la sorbina trovammo pure che ha lo
stesso peso molecolare del glucosio, cioè quello corrispondente alla formula
semplice CeHitOe.
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— 689 —
« Dalle esperienze fatte ci sembra intanto di essere autorizzati a con-
cludere che nemmeno Tipotesi della polimeria spiega l'esistenza dei tre acidi
citraconico, itaconico e mesaconico, e quella dei due acidi famarìco e ma-
leico: non resta quindi definitivamente altra spiegazione possibile se non
quella fondata sulla diversità delle formule di struttura nello spazio » .
Fìsica terrestre. — Sulle osservazioni magnetiche fatte ese-
guire dall'Ufficio centrale di Meteorologia di Roma. Nota del
Corrispondente P, Tacchini,
« À tutto il 1887 il dottor Ghistoni, quale assistente fisico dell'ufficio
cetitrale di meteorologia, ebbe da me Tincarico speciale di eseguire le misure
assolute degU elementi magnetici terrestri di molti punti d'Italia, allo scopo
di compiere la carta magnetica della nostra penisola, di cui lamentavasi la
mancanza. In sette anni il dottor Chistoni completò le misure in 144 punti,
dei quali venti forono compiti durante il 1887. Dei risultati ottenuti nel
1887 l'Accademia non fu ancora informata, ma lo sarà tra [breve. Oltre a
ciò, sempre mantenendosi nel campo del magnetismo terrestre, il Ghistoni
studiò le variazioni secolari degli elementi del magnetismo terrestre in otto
punti d'Italia, e da qualche anno stava raccogliendo i dati magnetici rica-
vati dalle misure fatte in Italia prima del 1880. Non passerà molto tempo,
che gli annali di meteorologia conterranno un contributo allo studio del magne-
tismo terrestre in Italia, nel quale staranno compresi colle debite citazioni
tutti i valori del magnetismo terrestre trovati in Italia.
« Fu poi mia cura speciale quella di collegare la nostra rete magnetica
con quelle delle regioni a noi finitime. Nel 1886 inviai il Ghistoni a Nizza,
perchè confrontasse i suoi risultati con quelli ottenuti all'osservatorio astro-
nomico del Mont Gros, e si ebbe perfetta coincidenza fra i risultati della
declinazione e dell'inclinazione, ma non fra quelli della componente orizzon-
tale. Mentre infatti il signor Landry ottenne 0,22029 per componente oriz-
zontale (in unità G. G. S.), il signor Ghistoni ottenne 0,21867; la differenza
fra i due valori è quindi di 0,00162. Si noti, che i coefficienti del magne-
tismo di Nizza furono studiati all'osservatorio del Pare de St. Maur presso
Parigi. Altra occasione di confronto fra le misure francesi e le nostre si
ebbe allorquando venne a Boma il signor Moureaux dell'osservatorio del Pare
de St. Maur, che eseguì misure magnetiche alla nostra scuola pratica di
agricoltura nel 1887, nello stesso posto ove altre volte aveva esperimentatp
il signor Ghistoni. L'accordo fra i dati della declinazione e dell'inclinazione
fu perfetto, ma non così fra quelli della componente orizzontale. Il signor
Moureaux ottenne 0,23283 e dai nostri istrumenti si ebbe 0,23127 ; la dif-
ferenza è quindi di 0,00156, cioè quasi identica a quella trovata a Nizza.
Era quindi naturale, che si pensasse a risolvere il dubbio, se doò l'errore
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proveniva da parte nostra. I coefficienti, che entrano nella formola espri-
mente la componente orizzontale e che devono essere determinati dall'opera-
tore sono cinque ; e cioè i coefficienti di temperatura e di induzione, il coef-
ficiente magnetometrico o, come alcuno chiama, delle deviazioni, la distanza
assoluta fra il magnete deviatore e il deviato e il momento d'inerzia dell ago
delle oscillazioni. Dei primi due non mi occupo perchè non può ammettersi
che un osservatore, quale è il Chistoni, possa in essi commettere tale errore
da produrre le citate differenze. Del coefficiente magnetometrico il dottor
Chistoni ottenne sperimentalmente sempre lo stesso valore, valore che con-
corda con quello che si dedurrebbe teoricamente. Il dubbio quindi restava
sul valore assoluto dell'asta metrica e del momento d'inerzia. Nello stesso
anno 1887 feci costruire un'altra asta metrica, che venne con ogni diligenza
confrontata col metro campione dell'ufficio dei pesi e misure di Roma.
Quanto al momento d'inerzia per sottrarsi alla eterogeneità dei cilindri di
sovracarico, si fecero costruire tre nuovi cilindri di ottone, dei quali si de-
terminò il diametro, la lunghezza e il peso, sempre confrontandoli coi tipi
delfufficio dei pesi e misure anzidetto. Il momento d'inerzia dell'ago sulle
oscillazioni risultò identico per ciascuno dei cilindri di sovracarico ; la qual-
cosa prova che i tre cilindri erano omogenei e che il momento d'inerzia del-
l'ago è bene determinato. Gol magnetometro così nuovamente e completa-
mente studiato, il dottor Chistoni ripetè le misure alla scuola agraria di
Bom^, ed avuto riguardo all'aumento secolare di -+- 0,00022 all'anno, trovò
per la componente orizzontale un valore identico a quelli da esso trovati
precedentemente. E perciò si deve concludere, che ammessi esatti il metro
e il chilogramma campioni del nostro ufficio di pesi e misure, non è a du-
bitarsi che per parte nostra si siano commessi errori nelle misure della
componente orizzontale dal 1882 in poi. Bestano così dubbii soltanto i valori
ottenuti in Sicilia nel 1881, pei quali si teme che il cilindro di sovracarico
non fosse omogeneo ; ma sarà mia cura di fare studiare la questione.
« Altre osservazioni di collegamento dovevano farsi a Vienna, e le ope-
razioni non ebbero luogo per ragione di servizio militare del signor Liznar :
ma anche a ciò si provvederà, mentre ora il dottor Chistoni sta studiando
a Modena un magnetometro proveniente da Eew; e siccome il professor
Chistoni altra volta eseguì misure magnetiche in quella città, così potremo
avere una nuova prova dell'esattezza, colla quale le nostre operazioni ma-
gnetiche furono condotte, e sono lieto che il Consiglio direttivo abbia accettato
la proposta di affidare ancora nel corrente anno e nel successivo alcune opera-
zioni magnetiche al dottor Chistoni, ora professore di fisica nella B. Uni-
versità di Modena.
« Chiudo intanto emettendo il voto, che si venga ad una verifica più
concludente fra i nostri risultati e quelli che si ottennero in Francia, Sviz-
zera ed Austria, essendo troppo evidente l'utilità di questi confronti per
potere così collegare le diverse reti magnetiche dei diversi paesi. *
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~ 691
Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici^ provocati dalle
radiasioni. Nota IV. del Corrispondente A. Righi.
« Continuando nelle mie ricerche intomo a questo argomento, ho ot-
tenuti alcuni altri risultati, dei quali rendo conto sonmiariamente in questa
Nota (0.
« a) Per vedere se le radiazioni ultraviolette hanno un' azione anche
sui coibenti, ho modificato la disposizione della prima esperienza della
Nota I. applicando al disco metallico, un disco isolante (solfo, ebanite,
gomma lacca, o vetro), in modo che la faccia del coibente che resta libera,
si trovi rivolta alla tela metallica.
« Caricata leggermente questa &ccia, di elettricità negativa, p. es. collo
strofinamento, mentre il metallo che regge il coibente e la tela metallica
sono in comunicazione col suolo, e poi isolato il disco che comunica coll'elet-
trometro, si ha una deviazione positiva, non appena le radiazioni ultraviolette,
passando attraverso la tela metallica, cadono sulla faccia elettrizzata del
coibente. Questa deviazione è assai forte coUo solfo e l'ebanite, ed assai
piccola colla gomma lacca e col vetro.
« Se il disco metallico che regge il coibente viene tenuto in comuni-
cazione col suolo, e si mette in comunicazione coU' elettrometro la tela
metallica, si ottiene naturalmente, sotto l'azione delle radiazioni, una devia-
zione negativa.
« Dunque : le radiazioni determinano la convezione di elettricità ne-
gativa, anche quando il corpo elettrizzato è un coibente^ od almeno uno
dei due coibenti nominati sopra.
e Se la distanza fra coibente e tela metallica è troppo piccola in rap-
porto alla grandezza della carica che si dà al coibente, si ha deviazione
anche prima che agiscano le radiazioni, per ordinaria dispersione della
carica. Anche in tal caso però le radiazioni mostrano il loro effetto, acce-
lerando notevolmente la deviazione.
« Sopprìmendo il disco metallico e mettendo semplicemente un disco
coibente, elettrizzato negativamente, davanti la tela metallica comunicante
coir elettrometro, appena questa viene isolata e si fanno agire le radiazioni,
si ottiene una deviazione negativa assai più forte, a parità di condizioni,
coir ebanite e collo solfo, che cogli altri due coibenti. L'effetto ha luogo
anche quando la faccia del coibente elettrizzata negativamente non è quella
rivolta aUa tela metallica, ma l'altra. In tal caso la fiiccia rivolta alla
tela si carica positivamente.
{}) Bend. deUa B. Acc. dei Lincei, Sedate 4 marzo, 6 maggio, 20 maggio 1888.
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« Nella I* Nota (4 marzo) ho poi annunciato che un semplice disco me-
tallico comunicante coll'elettrome'ro, si carica positivamente facendo cadere
su di esso le radiazioni ultraviolette ; orbene, ho constatato recentemente che
una lastra d'ebanite^ previamente scarica, o meglio ancora, una di solfo,
si elettrizzano positivamente, nelle stesse condizioni.
« b) Avendo constatato che verniciando alla gonmia lacca, o meglio
con vernice nera da metalli (la così detta vernice giapponese oppure la
vernice nera brillante fabbricate dai fratelli Soehnée di Parigi), un disco
metallico, cessa quasi di prodursi su questo, una volta elettrizzato negati-
vamente, la nota azione delle radiazioni ultraviolette, ho tratto partito da
questa osservazione, per indagare se le radiazioni stesse hanno qualche azione
anche sui corpi elettrizzati positivamente.
« Quando nell* esperienza a) della Nota I. il disco è di zinco e la tela
è di ottone, il formarsi della deviazione elettrometrica sotto Tinflusso delle
radiazioni può attribuirsi: 1^ ad un'azione delle radiazioni che cadono sulla
tela d'ottone (che è negativa rispetto allo zinco) sia sulla faccia estema
della tela, sia sulla sua faccia intema dopo riflessione o diffusione delle
radiazioni sullo zinco; oppure: 2^ ad azione delle radiazioni sull'elettricità
positiva dello zinco. Nella Nota I. citata considerai il fenomeno nella prima
maniera, e la seguente esperienza sembra darmi ragione.
« Infatti, avendo vemiciata la tela d'ottone, l'effetto delle radiazioni
è sparito quasi affatto.
« Mi sembra perciò ragionevole l'anomiettere come assai probabile che :
l'azione delle radiazioni sui corpi elettrizzati positivamente sia nulla, e che
gli effetti che si ottengono in tal caso sieno solo dovuti all'azione delle
radiazioni riflesse o diffuse, sui corpi circostanti, carichi negativamente
per influenza.
« Messo di fronte alla tela d'ottone vemiciata un disco di rame, si
ha l'effetto solito, poiché in tal caso è il disco che è negativo.
« e) Dopo aver cercato di dimostrare, colle antecedenti ricerche, ch0
realmente le radiazioni determinano un movimento di particelle materiali
(probabilmente le molecole del gas in cui si fa l'esperienza), che partono
dai corpi elettrizzati negativamente, era interessante il decidere se le parti-
celle suddette erano respinte irr^olarmente, in modo da costituire nell'as-
sieme una specie di soffio d'aria o di vento, oppure se ciascima di esse si
spostasse individualmente come farebbe un corpicciuolo elettrizzato.
M' La seconda modalità del fenomeno mi sembrava più verosìmile. Pare
infatti, dal complesso dei fenomeni, che le radiazioni eccitino svi corpi elet-
trizzati negativamente, quella stessa dispersione o quella scarica, che di so-
lito non cominciano che allorquando le cariche sorpassano un certo limite.
Ora con molteplici esperienze ho dimostrato, che nelle scariche elettriche,
sia ottenute da una punta, sia ottenute con conduttori di forma tondeggiante
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— 693 —
il trasporto delle cariche si fa per mezzo di particelle materiali elettrizzate,
le quali sono respinte dair elettrodo e seguono traiettorie che sensibilmente
coincidono colle linee di forza del sistema (^).
« Era dunque da prevedersi che le particelle che sono respinte da un
corpo elettrizzato negativamente, quando su di esso si fanno cadere delle
radiazioni ultraviolette, seguissero le linee di forza.
« Per mostrarlo ho tentato espe-
rienze numerose e svariate. Esse si ri-
ducono in fondo a realizzare un caso
in cui le linee di forza abbiano forma
nota, arrestando poi con lastre condut-
trici 0 coibenti parte delle particelle
respinte. Ma queste lastre si caricano
per influenza, e se isolanti od iso-
late acquistano carica dalle particelle
dalle quali sono dapprima colpite. Si
modifica quindi la forma delle linee
di forza, e le esperienze perciò non
sono scevre da obbiezioni. Infine sono
giunto ad una disposizione sperimen-
tale che mostra in modo assai evidente
la esistenza del fenomeno previsto.
« Una grande lastra verticale di
zinco AB, comunicante col suolo, può
spostarsi nel proprio piano in dire-
zione orizzontale ; se ne l^ge lo spo-
stamento su una scala ST. Nella lastra è praticata una fenditura verticale,
occupata quasi per intero da uno stretto rettangolo di zinco mn, che non
tocca la lastra, e che è posto in comunicazione coli* elettrometro. Di fronte
alla lastra AB trovasi un cilindro verticale di zinco C isolato; esso è mo-
bile intomo al proprio asse, ed è mantenuto carico negativamente per essere
in comunicazione col polo di una pila secca.
« Tanto le lastre che il cilindro sono verniciati colla vernice nera, ad
eccezione di una sottile striscia p compresa fra due generatrici del cilindro.
Infine, un cerchio graduato GH serve a misurare l'angolo 0 che il piano
passante per V asse del cilindro e per la striscia non verniciata fa col piano
passante per lo stesso asse e perpendicolare al piano AB.
« Le linee di forza di questo sistema sono ben note, poiché è lecito
considerare il piano ed il cilindro come indefiniti, se le loro dimensioni sono
convenienti. Tali linee non sono infatti che archi di cerchio orizzontali, aventi
(') Le ombre elettriche, I. Memoria. B. Acc. di Bologna 1881 ; II. Memoria. R. Acc,
M Lm^i, 1882.
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— 694 —
il centro nel piano AB. E siccome dal cilindro, sotto l'azione delle radiazioni
che partono dalla sorgente L, non sono respinte le particelle elettrizzate che
in corrispondenza alla striscia p, così sarà facile spostare il piano AB finché
la lastrina non sia colpita dalle particelle, del che avvertirà T elettrometro
con essa comunicante.
« Eseguita ripetutamente Tesperienza, mettendo successivamente in po-
sizioni diverse la striscia nuda del cilindro, ho sempre ottenuti risultati in
perfetto accordo colle previsioni. Infatti, dato all'angolo 0 un determinato
valore, e, dopo aver isolato il rettangolo mn, fatte agire per un tempo co-
stante (5 secondi) le radiazioni, si ha nell'elettrometro ima forte deviazione,
se la lastrina mn è nel luogo in cui il piano AB è colpito dalle linee di
forza che partono da jo ; ma la deviazione stessa è notevolmente minore se
si sposta la lastra AB di pochi millimetri in un senso o nell'altro. È no-
tevole poi come l'esperienza riesca benissimo anche coi valori di B mag-
giori di 90®.
« Dicendo z la distanza DE fra il punto D ed il punto in cui la linea
di forza partita da p incontra il piano, e chiamando d la distanza fira il
piano AB e l'asse del cilindro, ed B il suo raggio, la relazione fra j? e 0 è
la seguente:
2flg^(g« + rf» — B') + 2Bj(^^— rf' + B»)
^ 4dRg* — :s' + (d^ — Wy
« Si potrebbero facilmente moltiplicare le esperienze di questo genere.
Per esempio, avendo posto in X un cilindro isolato e comunicante con G,
ho constatato che la posizione in cui devesi portare il piccolo rettangolo
isolato mn per ricevere le particelle respinte da j9, diviene più lontana da D.
Mettendo invece il nuovo cilindro in T avviene l'opposto ecc.
« Dunque : le particelle che sotto l'azione delle radiazioni ultraviolette
partono da un corpo elettrizzato negativamente^ si muovono seguendo sen-
sibilmente le linee di forza ».
Matematica. — Sulle funzioni ipergeometriche generalisizate.
Nota I. del Corrispondente S. Pincherle.
« È noto che ad ogni equazione differenziale lineare a coefficienti razio-
nali si può fare corrispondere una equazione lineare alle differenze finite, pure
a coefficienti razionali. Data cioè la prima equazione, si può immediatamente
scrivere la seconda, e reciprocamente ; e dall' integrale dell'una si deduce senza
difficoltà quello dell'altra. Di questa correlazione fra le due classi di equa-
zioni, correlazione che sembra quasi trarre la sua origine da un principio
di dualità, mi propongo di esporre nella presente Nota una applicazione alle
funzioni ipergeometriche generalizzate.
« Si sa che la generalizzazione delle funzioni ipergeometriche, dopo che
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— 695 —
queste furono definite dal lavoro dì Biemann come integrali della nota equa-
zione differenziale lineare del seeond* ordine, è stata cercata principalmente
in due direzioni : prima dal Pochhanmier (^), sostituendo all'equazione diffe-
renziale di second' ordine un' equazione d' ordine n^ con n punti singolari a
distanza finita, uno all' infinito, ed alcune coiidizioni sul modo di comportarsi
degli integrali nell'intorno dei punti singolari ; poi dal Goursat (2), il quale
considera pure un' equazione differenziale d'ordine qualunque, ma coi soli punti
singolari 0, 1 ed j^. Le due £amiglie di trascendenti scoperte da questi autori
sono dunque assai diverse fra loro, tostocchè n è maggiore di 2; ora io mi
propongo di mostrare in questo lavoro, come l'accennata correlazione jfra equa-
zioni lineari differenziali ed alle differènze finite permetta di collegare &a
di loro le due specie di funzioni ipergeometrìche generalizzate. Troveremo
infatti che mentre le funzioni ipergeometrìche generalizzate del (joursat pro-
vengono da un' equazione differenziale lineare di ordine qualunque, coi coef-
ficienti razionali in ^ e del primo grado, le trascendenti del Pochhanmier
hanno origine da una equazione alle differenze finite, di ordine qualunque, e
coi coefficienti razionali, interi e del primo grado in x ; troveremo pure che
ad ogni proprietà formale od effettiva delle funzioni della prima famiglia
corrisponde una proprietà correlativa per le funzioni della seconda, e inver-
samente.
« 1. Per mettere meglio in evidenza la corrispondenza fra le equazioni
lineari differenziali e a differenze finite, mi è sembrato utile di considerare
i coefficienti dell'equazione differenziale come funzioni razionali di una espo-
nenziale anziché della stessa variabile indipendente. Supponendo tutti questi
coefficienti del medesimo grado, l'equazione differenziale si prenderà nella
forma
(1) I Ko + «^1 ^ + an., ^« H h (^h.p (T^W' (0 = 0.
ft Formo la trasformata di Laplace di questa equazione. À questo effetto
osservo che in virtù di un notevole teorema del Poincaré (^), se t cresce inde-'
finitamente per valori reali e positivi, sarà
(2) limé-«XO = 0
per ogni valore di ^ la cui parte reale è maggiore della massima parte reale
dei logaritmi delle radici della equazione
(3) ao.o + «1.0^ + «2.0^* H f- am.o^ = 0 .
(0 CreUe* t. LXXI, 1870.
(*) Annales de TÉcole Normale, ser. n, t. Xn, 1883.
(*) American Journal of Mathematìcs, t. VIE, n. 3.
Rkndicjonti. 1888, Vol. IV, 1«> Sem. 91
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ed
— 696 —
« Bisulta da ciò che posto
(4) f(x)=J(r^tl;{t)dt
ed estesa l' integrazione ad una linea l che venendo dall' infinito positivo,
ruoti intomo ad alcuni punti singolari dell'equazione (1) e tomi all' infinito
positiTO, si avrà int^;rando per parti:
(a;-{-kf f(x-{-k) =J<r^ e^ V"" (0 ^ 5
con ciò l'equazione (1) si trasforma nell'equazione lineare alle differenze finite,
d'ordine ^ e coi coefficienti di grado m:
(5) t ( flojk + «1.» {x+k) + otj, {x-\-ky + - + ««jk (x-\-kY)f{x-\-k)=Q.
tt Questa equazione si dirà la trasfonnata della (1); ad essa si poteva
anche giungere seguendo altre linee d' integrazione, purché le parti finite nelle
integrazioni per parti siano nulle ai limiti.
« 2. Sia data invece una equazione alle differenze della forma (5). In-
dico con f(x) un suo integrale e pongo
(6) v(0=X^^YW^
dove la linea d'integrazione X è soggetta alle condizioni
(7) r <^'f{x)dx= r ^^«*^>7(^+l)diP= = r e^^''f{x-^p)dx.
J (A) ^J (A) ^ (A)
« Da queste risulta colla derivazione
yp^^^ (t) r-w = jV^ (^-j-A) V(^+A) dx
e con ciò Tequazione (5) si trasforma nella (1).
« La trasformazione (6) è dunque \ inversa della (4) ; si tratta soltanto
di determinare la linea d* integrazione X in modo che soddisfi alle condizioni
indicate da (7).
« 3. Ciò si può ottenere nel seguente modo. È possibile, in generale,
di determinare T integrale di un'equazione lineare alle differenze finite e a
coefficienti razionali, p. es. la (5), sotto forma di una funzione uniforme, con
una sola singolarità essenziale all'infinito e con singolarità non essenziali
(poli) nei punti radici delle equazioni
r(^ + 7i) = 0 (0,
dove si è posto
(3') r(^) = fl^o.o + «i.o^H H^.o^"*
ed n è un numero intero qualunque positivo o nullo.
(1) Vedi Hj. Mellin, Ada Mathematica^ t. IX, p. 159 e seguenti.
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« Indicando con ai, a^, ... «^ le radici della r(^), i poli di /(^) costi-
tuiscono dunque in generale gli m sistemi
«fc, «A — 1 , «A — 2 , a^ — n,
(A = 1, 2, 3, .... m) .
tt Prendo a considerare una linea chiusa ^ che comprenda i punti
«1,^1 — 1, ... «1 — n fino ad un valore di n arbitrario, e non racchiuda alcun
altro punto né di questo, nò degli altri m — 1 sistemi di poli. L'integrale
sarà eguale alla sonmia dei residui della funzione ^f{x) nei punti ori,
«1 — 1 , .... cr, — n\ r integrale
1 f^(«^^i>Y(^-Li)ete
sarà invece eguale alla somma dei residui della funzione «^^'^"y (;r + l)
nei punti a? = a^ — 1 , ai — 2 , ... ai — n , onde segue immediatamente che la
differenza
è uguale al residuo di €^*fQc) nel punto «i — n.
« Similmente si trova che la differenza
è uguale alla somma dei residui di ff^^f{x) nei f punti
«1 — w » «i — w + 1 9 •••• ^1 — ^ '\'V — 1 •
e Ingrandendo ora la linea A per modo che senza cessare di soddisfare
alle altre condizioni, il valore di n cresca indefinitamente, se \ integrale con-
serva un significato e se il residuo di €f^^f{x) nel punto «i — n tende azero
per w=oo , saranno soddisfatte le condizioni (7), e ad un integrale f{x) del-
Tequazione alle differenze conisponderà l'integrale
VW=J^^^^7(^)^
dell'equazione differenziale (1). Si è indicata con X la linea limite di A.
« 4. Non mi tratterrò per ora a sviluppare maggiormente le proprietà
di questa corrispondenza fira le equazioni (1) e (5) (fi*a le quali si potrebbe
notare che l'equazione (3), che dà le singolarità dell'equazione alle differenze,
viene ad essere T equazione determinante dell' equazione differenziale per
^==-{-00, e correlativamente l'equazione
(8) * 0^0 + Orni x-\ 1-0,^^ = 0
che, come insegna il Poincaré, dà i limiti del rapporto f\ per x=co ,
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è quella d*onde risultano le singolarità dell'equazione differenziale); e passerò
invece a trattare i casi speciali che danno origine alle due famiglie di fun-
zioni ipergeometriche generalizzate.
« Supponiamo pertanto che Tequazione (1) si riduca al primo ordine
(1') («00+^01 e^+"'+aop erP'MO+i^io+an e^+'-'+a^pC^) tp'{t)=0.
In corrispondenza a questa, si avrà un' equazione alle differenze con coefficienti
razionali, interi e del primo grado in x, che sarà:
(5) (floo+fl^io^)/(^)+(aoi+flJii(^+l))A^+l)+"-
+(aop+a,p{x+p))f{a;+p)=0
La soluzione di questa equazione si potrà scrivere in forma d'integrale de-
finito (4), con una linea / d' integrazione presa come è indicato al § 1 ; ma
l'equazione (1') si può integrare in forma finita ed il suo integrale, all'in-
fuori di un moltiplicatore costante, si può scrivere
(9) . V' (0 = ^"^' ^5 (1— aj. e'f^
dove le «> sono le radice dell'equazione (8) (ni=l); perciò si avrà per un
campo conveniente (v. § 1) di valori di a::
(10 f{x) = f{x; a,, a,, ...Mp)= f ^<^P>'//(l-a»^0^*d^.
« Al mutare della linea d' integrazione si potranno trovare sotto la forma
(10) vari integrali della (5'), le cui combinazioni lineari (a coefficienti co-
stanti 0 periodici) saranno pure integrali dell'equazione stessa; fra queste
combinazioni se ne potranno anche trovare di quelle valide per ogni x finito,
cioè, funzioni trascendenti intere. Non insisto su questa analisi, perchè non
nuova, essendo analoga a quella svolta in una questione affine dal Poincaré (^).
« 5. La funzione f{x) data dalla (10) dipende non soltanto dalla x, ma
anche dai parametri ai, ȣ, a^, dei quali pure, sotto certe condizioni,
essa è funzione analitica. Ora questa funzione soddisfa ad equazioni lineari
a derivate parziali rispetto a due o più di queste variabili, e ad un'equa-
zione differenziale lineare dell'ordine p rispetto a ciascuna di esse conside-
rata separatamente. Ciò si può provare nel seguente modo.
« Derivando parzialmente la (10) rispetto ad «i, «j, a^^ ed inte-
grando per parti, si ottiene dapprima:
(11) (.;+^)^(^) + «.^ + «,^+... + «,^ = 0.
(>) Mem. citata, § 8.
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a Ma si ha pure Y identità
(l—an ^')P*-^ (1— a» ^0^* — (l—^n e")^*^ (1— «» ^0^*"'
moltiplicando per
e peri binomi rimanenti (1 — «j^')?», (1 — a,^)^», .... ed integrando lungo la
linea l^ si ottiene
equazione a derivate parziali del second' ordine cui soddisfa la /(^;ai, a2,..,a^.
« Dalla combinazione delle ^^^r — - equazioni della forma (12), insieme
air equazione del prim' ordine (11) e a quelle che se ne deducono colla deri-
vazione rispetto alle a, si ottengono molteplici equazioni lineari a derivate
parziali ed a coefficienti razionali di ordini diversi e con diverso numero di
variabili. Mi propongo di mostrare come, in particolare, si possa ottenere
un' equazione differenziale lineare dell'ordine p rispetto ad ogni singola va-
riabile ^1 , cr^ , ... ttp .
« Prendendo infatti quelle jo — 1 equazioni (12) che contengono una deter-
minata a^ , per esempio la a^ , e derivando ciascuna di queste ^=2 volte
rispetto ad «i, avremo {p — 1)* equazioni lineari fra le quantità
IL
per A=l, 2, 3, ... jo ed A=l, 2, 3, ...^ , eccettuata la combinazione (A=jo,A==p).
Derivando invece p — 1 volte la (11) rispetto ad «i, si ottiene un sistema
di p equazioni lineari (compresa la stessa (11)) fra le medesime quantità (13),
ed in più la f{x) e la — ^ • Fra queste
p'-p + l
equazioni si possono eliminare le p{p — 1) quantità
per k = 1, 2, 3, ... jo ed A = 2, 3, ... p , e si ottiene cosi (volendo, sotto forma
di determinante) un'equazione lineare a coefficienti razionali fra
f2L,lL Z/l.
« Questa equazione non è altro che l'equazione ipergeometrica delFochham-
mer, dell'ordine p. L'espressione (11) è dunque una funzione ipergeometrica
d'ordine superiore del Fochhammer rispetto a ciascuna delle variabili c^^i , a, , ... a^;
essa si può anche considerare come funzione ipergeometrica a due, tre, ...p
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— 700 —
variabili e come tale soddisfa ad equazioni lineari simultanee a derivate pra-
ziali, le quali si deducono dalle (11), (12) e dalle loro combinazioni per
derivazione ed eliminazione lineare. Nel caso particolare di j5 = 3,ori = l si
ritrova la funzione ipei^eometrica a due variabili Pi dell' Appell (0 conside-
rata pure dal Picard (2).
« È da notarsi che se la
/7(1 — a,^')Pv
si sviluppa in serie ordinata per le potenze di una o piti variabili a, e la
linea d' integrazione è tale da permettere l'integrazione termine a termine, si
ottengono serie ipergeometriche generalizzate, a più variabili, i cui più coef-
cienti sono funzioni ipergeometriche della stessa famiglia ma con una o va-
riabili di meno » (3).
Zoologìa. — Intorno allo sviluppo dei Cestodi. Nota preli-
minare del Corrispondente B. Grassi e di Q, Rovelli.
• Avendo seguito lo sviluppo del cisticercoide della tenia ellittica nella
pulce dell'uomo e del cane, abbiamo potuto constatare i seguenti fatti.
« L'embrione esacanto, costituito da un blastoma uniforme, si tramuta
in una vescicola a cavità eccentrica {lacuna primitiva) e perciò a parete di
vario spessore, e più precisamente (tenendo calcolo del futuro cisticercoide)
spessa nella metà anteriore, assottigliata nella posteriore : a quest'ultima cor-
rispondono gli uncini e propriamente ad una metà (che potrebbe forse dirsi
ventrale) di questa metà posteriore.
a Noi supponiamo che la lacuna primitiva (a contenuto liquido) cor-
risponda alla cavità dell'intestino medio (intestino del chilo) degli altri pla-
telminti: essa si forma in tutti i cisticerchi e cisticercoidi.
« La parte anteriore della vescicola si ispessisce sempre più, acquista il
rostello, le ventose e diventa il corpo del cisticercoide.
« Il rostello si sviluppa da una fossetta od invaginazione anteriore : questa
invaginazione all'avanti è allargata, all'indietro si restringe e poi* si allarga
di nuovo: crediamo lecito di paragonare la dilatazione anteriore alla cavità
boccale e quella posteriore al bulbo fisuingeo dei trematodi ; anche nella di-
latazione posteriore si formano piccoli uncini, ma più tardi scompaiono.
« Le ventose nascono come ispessimenti e susseguenti introflessioni già
nel luogo dove si trovano nell'adulto: il loro accenno è appena più tardivo
di quello del rostello, da cui sono del tutto indipendenti.
(») Journal de Mathématique, ser. 3*, t. Vili, p 173.
(') C. B. de TAcadémie des sciences de Paris, t. XC, p. 1267.
O Cfr. Pochhammer, loc. cit, p. 323.
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« La parte posteriore ventrale della vescicola cresce e diventa la coda ;
vi si notano gli uncini disposti a paia, come nell'embrione esacanto, ma Yxm
paio assai più allontanato dall'altro. La coda raggiunge una lunghezza con-
siderevole e poi, man matto che il cistìcercoide matura, alla sua estremità
prossimale subisce uno strouamento che finisce a distaccarla dal corpo : essa
non gemma e va certamente perduta.
« La lacuna primitiva viene a trovarsi in parte nel corpo ed in parte
nella coda; nel primo non tarda a riempirsi di connettivo ricco di umore
acquoso, nella seconda tende pure a scomparire, ma si può ancora trovare
accennata nella coda al massimo sviluppo.
« Contemporaneamente all'allungarsi della coda, dopoché si sono formate
le ventose ed il rostello, la parte anteriore del corpo a poco {a poco si
introflette nella parte posteriore ; cosi si ha il cistìcercoide della tenia ellit-
tica, descritto dal Leuckart; esso può estrofletterà «d allora è perfettamente
eguale al cistìcercoide del Cyclops (Gruber). La introflessione serve forse a
permettere allo scolice d'arrivare nell'intestino tenue dell'oste definitivo.
« Il sistema escretore si sviluppa poco dopo l'apparire del rostello e
delle ventose. Gli imbuti terminali colle fiammelle vibratili, vennero da noi
riscontrati appena dopo la comparsa dei canali escretori. Si fonna, come al
solito, anterionnente un anello escretore con quattro tronchi, i quali si aprano
in una vescicola, sboccante all'esterno davanti all'origine della coda: nella
coda non trovammo traccia di apparato escretore.
« I corpuscoli calcari compaiono in piccolissimo numero contemporanea-
mente all'accenno del rostello: essi vanno diventando numerosi man mano
che il cisticercoide matura. Nella coda, o non se ne osservano, od appena alcuni
in vicinanza alla sua estremità prossimale.
« Il cisticercoide della tenia ellittica ha grande somiglianza con quello
del tetrarhynchus^ col piestocystis^ collo scolea polimorphns ed infine col cisti-
cercoide del Cyclops, Alcune osservazioni di Monticelli ci lasciano intravve-
dere che identico sia il modo di sviluppo nello %colex polimorphus e nella
tenia ellittica.
« Abbiamo studiati anche alcuni stacU evolutivi del cisticercoide della
tenia murìna ed abbiamo trovato che anche in esso si forma la lacuna pri-
mitiva, la quale si estende e resta infine come lacuna angustissima (virtuale) nel
cisticercoide maturo. Riteniamo molto verosimile che il processo dì sviluppo
dello scolice differisca da quello della tenia ellittica, in quanto che l'inva-
ginazione della parte anteriore nella posteriore, invece di svilupparsi dopo la
formazione delle ventose, compare prima e perciò, mentre forse il rostello si
accenna anteriormente prima che cominci l'invaginazione in discorso, le ven-
tose derivano dalla parte periferica del fondo di questa invs^azione, presso
a poco come ha descritto il Leuckart per i cisticerchì ordinari. Questo fondo
va sollevandosi contemporaneamente al comparire delle ventose, nascenti
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— 702 —
certamente dopo del rostello. Noi abbiamo veduto che il sollevamento continua
e si viene così ad avere uno scolice con un collo sorgente dal fondo delVin-
vaginazione. S'intende che i vasi escretori si ripiegano dal collo dello scolice
sulla parte invaginante (parte posteriore dell'embrione).
• L'or cennato processo dlnvaginazione ci pare analogo, per esempio, a
quello che produce la gastrula embolica. In conseguenza di esso, la lacuna
primitiva viene a mutare di forma ed a tro\ arsi compresa tra una parete esterna
ed una intema. I vasi escretori vengono appunto a continuarsi dallo scolice
sulla parete intema. L'apertura esterna, o poro, della cavità d*invaginazione,
man mano che si solleva lo scolice, va restringendosi, e finisce a chiudersi
interamente.
« Si sviluppa anche una coda, relativamente molto corta.
« Noi abbiamo studiato anche i cisticercoidi della tenia leptocefala e pro-
glottidina ed altri due indeterminati; in complesso si comportano come il
cisticercoide della tenia murina, soltanto che la parete esterjia della parte
posteriore, cioè invaginante, si differenzia in vari strati di speciale strattura.
« Tenendo calcolo di tutti questi studi e di quelli del Leuckart e del
Yillot sui cistìcerchi e cisticercoidi, ci crediamo autorizzati a ritenere che il
cisticercoide della tenia ellìttica e probabilmente gli altri ad esso simili
sopraccennati, rappresentino la forma la più semplice: al cisticercoide della
tenia ellittica si possono ridurre tutti gli altri cisticerchi e cisticercoidi.
« Cisticerchi e cisticercoidi sono fondamentalmente ^uali, soltanto la
lacuna primitiva è virtuale (cisticercoidi) o reale (cisticerchi). Possiamo forse
distinguere i cisticerchi (senso lato): P in cisticerchi (senso stretto) e cisti-
cercoidi, gli uni e gli altri ad invaginazione anticipante ed a lacuna primi-
tiva virtuale o reale ; 2^ in cisticercoidi ad invaginazione tardiva ed a lacuna
primitiva scomparsa.
« Le distinzioni messe innanzi dal Yillot sono affatto infondate.
« Nella maggior parte dei cisticercoidi si produce una coda, come nella
tenia ellittica; questa coda alle volte lunga due o tre volte più del corpo,
porta gli uncini e varia molto, anche nei vari individui di una stessa specie ;
è certamente un organo radimentale, che noi non esitiamo a paragonare alla
coda delle cercarie. Come coda vuol essere interpretata anche la speciale ap-
pendice, descritta dal Moniez, come parte posteriore di un cisticerco in via
di divisione (cysticercm pisiformis).
« Noi abbiamo seguito anche la storia dello sviluppo degli organi; in
complesso possiamo dire finora che lo sviluppo dei cestodi, da noi studiati,
è enormemente abbreviato ; crediamo interamente soppresso il periodo in cui
dovrebbero essere distinti i foglietti germinativi ; gli organi per quanto abbiamo
finora veduto, si differenziano da un blastoma uniforme e costituente una
massa unica » «
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Matematica. — Intorno alla trasformasione del differenziale
ellittico effettuata per messo della rappresentasione tipica delle
forme binarie di 5^ e 4" grado. Estratto di lettera del prof. G. Pit-
TARELLI al Socio BrIOSCHI.
« Il differenziale \ — i, dove f(x) è una forma biquadratica in x=^\ \Xt,
Vfi^)
dz
fu dal sig. Hermite (Cr^Ue's Journal Bd. 52) trasformato nellaltro— =z=
V^^—ii^—iJ
IT
con la sostituzione z = ^ , dove H è l'hessiano ed i e j sono gì' inva-
riante di /, l'uno e gli altri definiti dalle
H = (/A, i = {ff\. j = {m.^
« V. S. invece e ne' Comptes rendus (1863, pag. 659) e nel tomo VII,
serie 2* degli Annali di Matematica, trasse la precedente trasformazione
dalla teorìa de' covarianti associati facendo uso della sostituzione, lineare in x,
fy A
« In questa sostituzione adoperata da Lei entrano due covarianti : la forma /
e rhessiano. Ma la stessa teoria delle forme associate fornisce una delle più
semplici sostituzioni, quella nella quale una delle forme lineari è il cova-
riante identico {yoc): ed ecco come, in poche righe.
« I. Sia f{x) il prodotto di una cubica sf(^)=9«' e di una forma li-
neare {yx\ ossia f{x) = {yx) ip{x),
« Ponendo (Clebsch, Theorie d. binàren Formen § 86)
1) J = f^ = y/y^, ^^^^ = 2{yx) (in Clebsch 1? = IO
si ha
2) (J0 = 2y/ = 29)(y) = 29, per maggior semplicità,
indi la forma tipica di (f{x)
3) 9^*(^) = ?^ + l^??^ + iQC^
dove le forme J = (yy)« e Q = (9^)1 sono scritte col parametro y. Ma si
prova facilmente che
i=—\^. y=— IQ;
dunque la 3) diviene
4) 9'*.<^(^) = ?^-i^K*-i;r.
Si ha poi, per le 2) e pel teorema delle identità
^ ^ (?0 2y 2y "
llENDicoNTi. 1888, VoL. IV, P Sem. 02
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— 704 —
E di qui saccessiyamente, in forza poi delle 4) e 5)
g. (xdx) m — Cdi . m — ^d^ grfC — Cd?
appunto quello che si voleva.
« Il differenziale 6) appartiene alLi curva del 3^ ordine
7) a;3*(y^) — y«:' = 0,
per la quale il punto ^i=0, Xt=0 è un flesso, la retta (y^)=0 è la rela-
tiva tangente, le rette y«^=0 sono le altre tre tangenti uscenti da esso, e
la 0:3=0 n' è la polare armonica. È noto che ogni cubica si può ridurre alla
forma 7).
tf Le sostituzioni 1) poi, scrivendo ij in luogo di —j=x%if riducono 7)
alla forma
dove la retta t è, per la relazione J = yy*y^, la retta armonica di P or-
dine rispetto alla terna di tangenti ifg^ = 0. Un triangolo fondamentale sì
fatto può esser sempre trovato : e se la curva non è armonica 0 equianarmo-
nica, ponendo —rt ed ^; t/ • in luogo di t ed ij, la 8) si può scrivere
rìK — J^+"^(7?f* + 7C^) = 0i dove figura il solo invariante assoluto — •
j j
« II. Sia ora / una forma propria del 4** ordine, e T il suo covariante
sestico: T = !«;« = (/H)! .
« Facendo la sostituzione
9) ? = T/T,, r^ = (ijx)
si ha (Clebsch, Theorie ecc. § 88)
10) TV(-) = /| 1^ +i J* r,*-{w + ^ V |+^|(f3-|l,«+ 1^,),
dove le forme T, / ed H sono scritte col parametro y, I e J sono gì' invarianti
della forma Hf {x)—fT3.{x) , e
11) i2 (x, A) = x3 — 1 ixX^ — \jX^
è il primo membro della nota risolvente cubica, mentre poi
12) T«=-|i2(H,-/);
(si vedano i § 41, 42, 88 dell'opera citata di Clebsch).
« Sia y una radice di f (ipotesi verificata nel caso precedente, dove /
era eguale ad {yx)<p{a!)).
« Avremo allora
13) T* = — |H^^ = 3H^ I = eH*, J=yH3;
e posto
u) ì:=-|Hv
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— 705 —
verrà
15) A^)=-^5(^^-|^'?^'-5A^)^^=-^f^(?.«-
« Per le 9) e 14), osservando che qui si ha (f r^) == Ty® = T , si ha
analogamente a 5)
K Di qui per la 15)
{xda:) _ CdS — m ^ _ Cd^ — m
come in 6).
« Basta porre C == 1, è' = 2i' , ^« = -o' » {/s = ^ perchè il differenziale
si trasformi nell'altro
, dx
f4s^ — giZ—g^
notissimo oggi e che serve a definire la funzione doppiamente periodica s ^=p{tì)
di Weierstrass, adoperata con tanto vantaggio nelle Vorlesungen di Clebsch-
Lindemann per la teoria delle curve del. 3^ ordine «.
Fisica. — Suirinfluenza delle forze elastiche nelle vibrazioni
trasversali delle corde. Nota II (0 del prof. Pietro Cardani presen-
tata dal Socio Blaserna.
III.
Modo come si eseguivano le esperienze.
« Gli apparecchi descritti nella Nota precedente, cioè il roteggio che faceva
girare il disco colle fenditure, il sonometro verticale, il cilindro sul quale
scriveva le proprie vibrazioni il diapason ed il tasto telegrafico, erano stati
collocati così vicini che da solo poteva eseguire le molteplici operazioni che
si richiedevano per la determinazione del numero delle vibrazioni della corda
data. Il modo come operava era il seguente.
• I^. Dopo aver posta la corda sul sonometro e caricata dei pesi voluti,
chiudeva colla vite i cuscinetti inferiori in modo da limitare la porzione della
corda vibrante alla distanza tra questi cuscinetti ed il piano inclinato superiore.
« IP. Metteva in movimento il roteggio che portava il disco colle fendi-
ture e faceva vibrare la corda pizzicandola nel punto di mezzo, ìq modo però
di dare ad essa una piccolissima ampiezza di vibrazione ed, a tentativi, variando
sia il peso che forniva la forza motrice, sia l'inclinazione delle alette, cercava
di vedere sensibilmente ferme le onde, in cui sembrava decomposta la corda
elastica.
« IIP. Quando era raggiunta questa condizione, metteva rapidamente in
(>) V. pag. 52i.
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— 706 —
azione T elettrodiapason colla pila Grenet, chiudeva Tinterruttore del rocchetto
in modo che la punta dì acciaio passando nel mercurio ad ogni giro chiudesse
ed aprisse il circuito inducente: così tra la punta dell' elettrodiapason ed il
cilindro scoccava ad ogni giro una scintilla che forava la carta e vi lasciava
in esso un'impronta; indi lasciava libero il cilindro sul quale era la carta
affumicata di girare.
K IV^. Siccome il moto del disco non era rigorosamente uniforme, le onde
avevano sempre un leggiero movimento di traslazione in un senso o nell'altro:
quando tutto era pronto, quando cioè il diapason scriveva sul cilindro girante
le sue vibrazioni e corrispondentemente ad ogni giro del disco scoccava una
scintilla, correggeva, applicando la mano sulla fune che portava il peso
motore, la velocità del disco girante in modo che le onde della corda vibrante
si vedessero rigorosamente ferme: in quel momento faceva scoccare due o
tre scintille vicinissime nel cilindro girante per mezzo del tasto telegrafico
e subito dopo fermava il cilindro; così poteva facilmente ritrovare alla fine
nella scrittura del diapason quel tale punto che corrispondeva a quella velo-
cità del disco per la quale le onde si vedevano rigorosamente ferme.
« Y"^. Bilasciava libero il cilindro di girare e ripeteva l'esperienza come
precedentemente e cosi di seguito sinché il diapason avesse scritte le sue
vibrazioni in tutta la*carta affumicata che avvolgeva il cilindro. Siccome ui^a
striscia di carta mi bastava per nove osservazioni, così spesso mutava le
condizioni delle esperienze, o cambiando il peso tensore o la corda vibrante.
« VI. Finalmente tagliava la striscia di carta e contava il numero
delle vibrazioni che si trovavano fra due scintille : dividendo il numero delle
vibrazioni che dava il diapason in un secondo, cioè 100, per il numero delle
vibrazioni che dava la durata d'un giro del disco, aveva quanti giri compiva
il disco in un secondo, e moltiplicando questo numero di giri per il numero
delle fenditure (che erano 8), otteneva il numero delle fenditure passate
davanti all'occhio in un secondo ; moltiplicava questo numero per il numero
delle mezze onde in cui sembrava divisa la corda, ed otteneva il numero
delle vibrazioni semplici date dalla corda e finalmente, prendendone la metà,
il numero delle vibrazioni doppie.
« Per ottenere la velocità di propagazione delle vibrazioni trasversali
nella corda data, doveva conoscere la lunghezza della corda vibrante giacché,
come si sa, la velocità Y è rilegata al numero di vibrazione N ed alla lun-
ghezza della corda L dalla relazione
Y=2NL;
la lunghezza della corda era data dalla distanza tra lo spigolo del piano
inclinato superiore ed il piano dei cuscinetti inferiori; e questa distanza la
misurai con la massima cura per mezzo di un catetometro di Stark di grande
precisione, e siccome la corda veniva caricata con differenti pesi, determinai
anche la correzione che doveva fare alla lunghezza della corda per la flessione
della sbarra di acciaio superiore, correzione che era di circa nmi. 0,15 per
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— 707 —
ogni cMlogramma; e così determìnaTa la yelocità di propagazione delle Yibra-
zioni trasversali che forniva V esperienza.
• Per paragonare questi risultati dell* esperienza coi risultati della teoria
doveva trovare i valori della velocità Y di propagazione delle onde trasversali
dalla formola
nella qual formola j9 indica (come si diss^ nella prima nota) il peso dell'unità
di lunghezza della corda vibrante.
« Per determinare questo valore di p dapprima ho seguito lo stesso
metodo di Savart, di pesare cioè 10 metri del filo su cui si voleva sperimentare,
e supporlo di diametro costante; ma ho dovuto constatare che tagliando in
vari punti dì questi dieci metri quella lunghezza di filo che mi bastava per
il sonometro, applicando a queste differenti corde lo stesso peso tensore, aveva
nel numero delle vibrazioni delle differenze piccole ma non trascurabili, sulle
quali differenze dovremo in seguito ritornare ; per cui ho creduto che quéste
differenze in parte fossero dovute a non essere il filo perfettamente cilindrico.
Per aver con maggior esattezza il peso p ho quindi pensato di fare nel seguente
modo : aUa fine della serie di esperienze fatta con una data corda e caricata con
un peso medio tra quelli adoperati per tenderla, ho ravvicinato colla vite
di pressione i cuscinetti inferiori tra loro, in modo che essendo di acciaio
coi loro spigoli prospicienti tagliassero quasi la corda; ed in tali condizioni
con un tronchetto di acciaio a taglio piano recideva la corda all'estremità
superiore nel punto dove, lasciando il piano inclinato del cuscinetto, diventava
libera. Indi levava ì pesi tensori, apriva i cuscinetti inferiori e toglieva la
corda dal sonometro : bastava ripiegare la corda su se stessa, perchè si rom-
pesse dove aveva avuto l'incisione degli spigoli di acciaio dei cuscinetti infe-
riori, e così aveva per determinare p la stessa corda vibrante la cui lunghezza,
come dissi, aveva misurata colla massima cura. Il peso di questo tratto della
corda l'ottenni con una bilancia di grandissima precisione e con una pesiera
paragonata sul chilogramoio campione: così poteva anche conoscere il peso
di un metro del filo e determinare la velocità teorica delle vibrazioni tra-
sversali
IV.
Influenza del peso tensore.
tt Le prime ricerche eseguite cogli apparecchi precedentemente descritti
ebbero per obbiettivo di constatare se, tra i risultati della teoria e quelli
della esperienza, esisteva quella grande differenza che aveva constatato il
Savart, e se tale differenza si modificava col peso tensore in modo da dimi-
nuire continuamente col crescer della tensione : in altre parole ho voluto rifare
il lavoro del Savart e ciò allo scopo di assicurarmi fin da principio, se il
Savart nel suo lavoro avesse raggiunto lo scopo che si era prefisso, cioè di
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— 708 —
conoscere Tinfluenza della elasticità sulle vibrazioni delle corde, o se al contra-
rio era vero quello di cui dubitava, e che esposi nella prima nota, che cioè
il Sayart avesse trovato invece Tinfluenza del peso tensore sulle vibrazioni delle
vei^he elastiche fisse alle due estremità. L'esperienza solo poteva decidere
nettamente la questione, giacché nella prima ipotesi avrei dovuto col metodo
di misura da me adoperato, completamente diverso da quello del Savart, arri-
vare agli stessi risultati, mentre nella seconda ipotesi ì risultati che io doveva
ottenere, sarebbero stati completamente differenti da quelli del Savart.
« Come risulta dal prospetto riferito nella prima nota, il Savart, operò
per i differenti fili da un peso tensore eguale a zero fino alla tensione che
determinava la rottura del filo: e trovò che anche a questo estremo limite,
quando cioè il filo stava per rompersi, la differenza tra il numero di vibrazioni
che dava la corda elastica praticamente e quello che doveva dare teoricamentf
era molto notevole. Per fissare meglio le idee riporto pei vari fili adoperati
dal Savart le differenze trovate per una tensione zero e per una tensione che
quasi determinava la rottura del filo.
Sostanza
Tensione
in
Chilogrammi
N
calcolato
V. d.
N
dall'espe-
rienza v. d.
V
calcolata
(metri)-
-flr
V
dalPcspc-
rienza (metri)
Rame rosso.
0,000
0
450
0,00
72,45
2G,214
1242
1310
199,80
210,99
Ottono del
0,000
0
450
0,00
72,45
commercio .
40,327
1932
1966
310,84
316,52
Ferro. . . .
0,000
0
600
0,00
96,60
29,583
1656
1765
266,47
284,16
Acciajo. . .
0,000
0
485
0,00
78,08
.
28,885
2208
2275
355,33
^ —
366,27
« Per rendere paragonabili questi risultati con quelli da me ottenuti e
che trascriverò in seguito, sarebbe stato necessario che io avessi fatte le mie
esperienze in condizioni identiche a quelle del Savart; le condizioni erano
invece alquanto differenti. Anzitutto la lunghezza delle corde da me adoperate
era di mm. 419,90 mentre quelle adoperate dal Savart avevano una lunghezza
di mm. 80,5 : adoperando corde di piccola lunghezza vi era la possibilità che
esse dessero a preferenza il suono che dovrebbero dare vibrando come verghe
elastiche anziché come corde, ed oltre a ciò nelle mie ricerche aveva bisogno
che la corda rimanesse in vibrazione per un tempo abbastanza lungo mentre
corde di piccola lunghezza si riducono quasi istantaneamente in riposo. Del
resto siccome la legge che il numero delle vibrazioni varia in ragione in-
versa delle lunghezze delle corde, è dall'esperienza, (almeno così si crede).
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— 709 —
rigorosamlnte verifìcata, i risultati del Sarart erano per questo riguardo facil-
mente parAgonabili ai miei; anzi se invece di paragonare tra loro i numeri
delle vibrazioni, si paragonano le velocità di propagazione delle onde trasver-
sali corrispoAienti, Tinfluenza della lunghezza viene completamente eliminata.
Infatti questa Velocità è eguale al prodotto del numero delle vibrazioni per
la lunghezza della corda, e siccome col variare della lunghezza della corda
vibrante, il numero delle vibrazioni varia in ragione inversa, il prodotto di
queste due quantiiìà, (rimanendo costanti le altre condizioni sperimentali),
deve rimanere esso l^ure costante.
s In secondo luogo non ho mai spinto la tensione sul filo in modo da
oltrepassare il limite A elasticità, ciò che fece il Savart arrivando fino alla
tensione che determinava \k rottura del filo : così ho cercato di non avere defor-
mazioni permanenti nel filò e quindi variazioni nel peso dell'unità di lun-
ghezza : ma per le piccole tOlisioni il Savart trovò la massima differenza tra
il numero di vibrazioni che diva realmente la corda e quello che doveva
dare teoricamente, per cui adopemndo tensioni non molto forti mi metteva
appunto nelle condizioni migliori p«r controllare le esperienze del Savart.
tt Una terza differenza tra le esptóenze del Savart e le mie era nel modo
come si faceva vibrare la corda: egli infatti applicava l'archetto il più leg-
germente possibile, mentre io faceva vibAre la corda pizzicandola nel mezzo:
ma i suoni che si ottengono dalle corde elastiche coli' archetto sono identici
a quelli che esse danno pizzicandole, come ha dimostrato il Duhamel in un
suo lavoro di fisica matematica.
« Finalmente un'ultima differenza nelle condizilMii sperimentali era che
i fili adoperati dal Savart e quelli adoperati nelle mie rieerche non avevano lo
stesso diametro, o ciò che vai lo stesso, per la lunghezza di im metro non pe-
savano egualmente.
« Il seguente prospetto mostra appunto questa differenza :
Sostanza
Peso
di 1 metro del filo
adoperato
dal Savart
Peso
di 1 metro del filo
adoperato
in queste Ticerobe
Rame rosso . .
Ottone
Ferro
Acciajo
gr. 6,432
n 4,089
» 4,088
n 2,242
gr. 1,2489
» 1,1272
» 1,8324
n 0,9618
« Se i diametri dei fili non avessero avuto alcuna influenza sulle divergenze
trovate dal Savart tra il numero delle vibrazioni che la corda dà pratica-
mente e quello che dovrebbe dare teoricamente, i risultati del Savart si potreb-
bero rendere paragonabili ai miei caricando i fili da me adoperati con tali
pesi tensori che dovessero dare teoricamente lo stesso numero di vibrazioni
di quelli del Savart : od in altre parole, facendo in modo che le velocità di
propagazione teoriche delle vibrazioni trasversali nelle esperienze di Savart
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— 710 —
e nelle mie fossero state le stesse, ciò che si poteva facilmente ottenere
prendendo costante il rapporto P tra il peso tensore ed il peso deironità di
J
lunghezza della 'corda vibrante. Invece dalle esperienze di Savart risulta
che i diametri dei fili hanno una grande influenza nelle diveigenze che si
notano tra i risultati teorici e quelli pratici: e precisamente la divergenza
nel numero delle vibrazioni tra la teoria e la pratica è tanto più piccola
quanto più sottile è la corda ed anzi per una tensione eguale a zero le diver-
genze sono proporzionali ai diametri dei fili.
« Tenendo conto di questa proporzionalità, mi viene facile rendere i
risultati del Savart completamente paragonabili ai miei calcolando colla formola
i risultati che avrebbe dovuto avere il Savart, se avesse adoperato fili dello
stesso diametro di quelli coi quali ho eseguite le mie esperienze.
» In&tti la formola precedente rappresenta molto fedelmente i risultati
sperimentali ottenuti dal Savart ed il numero delle vibrazioni N, che dà una
corda realmente, sarebbe conosciuto quando fosse noto il numero di vibrazioni n
che dovrebbe dare teoricamente per un peso tensore P (e che si potrà sempre
calcolare), e il numero di vibrazioni ni che dovrebbe dare per le sole forze
elastiche e per un peso tensore eguale a zero : ora dalla Memoria del Savart
ricavo i diametri delle corde da lui adoperate conoscendone il peso di 1 metro,
e siccome è dato il numero rii di vibrazioni che esse danno per un peso
tensore eguale a zero, con una proporzione potrò ricavare il numero di vibra-
zioni n„ che avrebbe ottenuto il Savart se avesse usato delle corde dello stesso
diametro di quelle di cui mi sono servito in queste ricerche, e per una tensione
eguale a zero : quindi potrò ricavare il numero N di vibrazioni, che, secondo
il Savart, devono dare queste corde quando vibrano oltre che per le forze elasti-
che anche per un peso tensore determinato.
« Nel seguente prospetto sono riassunti i risultati che avrebbe ottenuto
il Savart se avesse operato nelle identiche condizioni delle mie esperienze,
relativamente ai diametri dei fili ed ai pesi tensori, ma con una lui^hezza
della corda vibrante di cm. 8,05:
Sostanze
h
j'j
Diametro dei fiU
adoperati
in queste ricerclie
V. d.
»//
osato
in queste ricerche
-ài^f
N=fn-+V
Rame rosso.
mm
0,96
0,43
450
201
3574
1040
•1059
Ottone . . .
0,78
0,41
450
236
2858
970
1007
Ferro ....
0,82
0,55
600
402
5595
1087
1159
Acciajo . . .
0,60
0,896
485
320
8030
1104
1149
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— 711 —
• Finalmente per eliminare anche la differente lunghezza delle corde
adoperate nelle ricerche del Savart e nelle mie non mi resta che ricavare,
dal numero di vibrazioni N, la velocità di propagazione delle vibrazioni trasver-
sali e paragonare questa velocità pratica con quella teorica. Nel seguente
prospetto è fatto appunto questo confronto e nell'ultima colonna sono notate
le differenze tra la teoria e la pratica che secondo le esperienze di Savart
si dovevano avere colle corde da me adoperate.
Sostanze
Peso
tensore
grammi
V=2NL
metri
■"-fi
metri
v-v«
Rame. . i .
Ottone . . .
Ferro. . . .
Acciajo. . .
0000
3574
0000
2858
0000
5595
0000
3030
32,36
170,50
37,99
162,12
64,72
186,60
51,52
184,99
0,00
167,44
0,00
157,62
0,00
175,00
0,00
177,74
32,36
3,06
87,99
4,50
64,72
11,60
51,52
7,25
« Se dunque, riassumendo, le esperienze del Savart avessero raggiunto
lo scopo che egli si era prefisso avrei dovuto in queste ricerche ottenere i
risultati che facilmente si possono ricavare dal prospetto precedente e cioè:
« I. Nei limiti delle tensioni da me adoperate la differenza tra la
velocità di propagazione delle vibrazioni trasversali pratica e quella teorica
dovrebbe diminuire col crescer della tensione e variare per il rame da un
massimo di metri 32,36, corrispondenti ad una pressione zero, ad un minimo
di metri 3,06 per la pressione massima colla quale venne teso il filo: per
rottone da un massimo di metri 37,99 ad un mìnimo di metri 4,50 e così
potrei dire per il ferro e per T acciajo.
IL Queste differenze dovrebbero presentare valori notevolmente diversi
da sostanza a sostanza.
« Non mi resta ora che riferire i risultati da me ottenuti. Le prime
esperienze da me fatte furono dirette a stabilire se nelle stesse condizioni di
tensione una corda renda sempre lo stesso numero di vibrazioni ed ho potuto
constatare che la stessa corda collo stesso peso tensore può presentare delle
differenze nel numero delle vibrazioni che possono arrivare fino a 8 o 4 vibra-
zioni specialmente se il peso tensore non è molto rilevante.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1» Sem. 93
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— 712 —
• Ho cercato di stadiare quali erano le cause che determinavano queste
differenze, ma ne smisi tosto il pensiero giacché vidi che erano cause del tutto
occasionali e dipendenti in parte dalle cariche che avevano precedentemente
tesa la corda e quindi da fenomeni di elasticità susseguente : da queste ricerche
preliminari ho però potuto convincermi che l'ampiezza di vibrazione modifica
sensibilmente il numero delle vibrazioni della corda, per cui tutte le esperienze
vennero fatte con piccolissime ampiezze di vibrazione. Per ogni peso tensore
ho ripetute molte volte le osservazioni ed i numeri segnati nei seguenti prospetti
sono le medie corrispondenti.
• Nella prima colonna è notato il peso tensore P in grammi.
• Nella seconda colonna si trova la durata di un giro del disco espresso
in vibrazioni doppie dell* elettro-diapason n.
e Nella terza colonna il numero E delle mezze vibrazioni che compiva
la corda nell'intervallo tra il passaggio di una fenditura davanti all'occhio e
quello di una fenditura successiva.
• Nella quarta il numero N di vibrazioni doppie compiute daUa corda
in un secondo.
« Nella quinta la velocità pratica Y =2NL dove per L è stata fatta la
correzione per la flessione della sbarra sotto i vari pesi.
. /Vg dove p è i\ peso del-
« Nella sesta la velocità teorica V * = 1/ ~
l'unità di lunghezza.
« Nella settima finalmente la differenza Y — Y ^ tra i risultati pratici e
quelli della teoria.
Same.
L=nmi. 419,90 per P = 0; ^ = gr. 1,2483.
p
n
K
3
N
V
V
V~V»
358
17,95
66,87
56,13
52,98
3,15
715
13,04
3
92,02
77,44
74,93
2,51
1072
17,87
5
111,92
93,93
91,75
2,18
1430
15,61
5
128,12
107,62
105,97
1,55
1787
13,84
5
144,51
121,24
118,46
2,78
2144
17,82
7
157,13
131,81
129,76
2,05
2501
16,44
7
170,32
142,86
140,15
2,71
2860
15,50
7
180,65
151,52
149,87
1,65
3217
14,69
7
190,61
159,86
158,95
0,91
3574
1
13,94
7
200,86
168,44
167,54
0,90
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— 713 —
Ottone.
L = mm. 419,90 per P = 0; ;? = gr. 1,1217.
p
n
K
N
V
V«
V— V»
857
19,20
5
104,17
87,44
86,54
+ 0,90
1143
16,36
5
122,24
102,61
99,95
+ 2,66
1429
14,75
5
135,72
113,92
111,76
+ 2,16
1714
13,51
5
148,04
124,22
122,39
+ 1,83
2000
17,45
7
160,46
134,61
132,21
+ 2,40
2286
16,39
7
170,83
143,37
141,35
+ 2,02
2572
15,69
7
178,46
149,69
149,93
-0,24
2858
14,85
7
188,55
158,16
158,04
+ 0,12
Ferro.
L =
= ifnm. 419,90 per P = 0; ^
) = gr.
1,8301.
P
n
E
3
N
V
V»
V'-V»
466
18,25.
65,75
55,19
50,02
5,17
932
13,41
3
89,48
75,10
70,74
4,36
1398
18,47
5
108,28
90,87
86,64
4,23
1865
16,37
5
122,17
102,50
100,06
2,44
2331
14,52
5
137,74
115,55
111,87
3,68
2797
18,81
148,86
124,86
122,54
2,32
3263
17,41
160,82
134,89
132,36
2,53
3729
16,31
171,67
143,95
141,50
2,45
4195
15,39
181,94
152,54
150,08
2,46
4661
14,64
191,26
160,31
158,19
2,12
5595
13,50
207,28
173,91
173,32
0,59
Acciajo.
L = mm. 419,90 per P = 0;|? = gr. 0,9552.
p
n
3
N
V
V>
V— V>
126
24,30
49,38
41,45
35,96
5,49
253
18,18
3
66,00
55,41
50,96
4,45
758
18,45
5
108,84
91,36
88,20
3,16
1011
16,30
5
122,70
102,98
101,86
1,12
1264
14,50
5
137,93
115,76
113,90
1,86
1517
18,53
151,11
126,81
124,78
2,03
1770
17,19
162,88
136,66
134,78
1,88
2022
16,06
174,35
146,26
144,05
2,21
2275
15,23
183,85
154,23
152,80
1,43
2528
14,55
192,44
161,42
161,07
0,35
3030
13,21
211,96
177,77
176,34
1,43
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— 714 —
s Dai precedenti prospetti si possono ricavare i seguenti risultati:
« I. Le differenze tra la teoria e la pratica sono incomparabilmente più
piccole di quelle trovate dal Savart e sembra che leggermente crescano col
diminuire della tensione: debbo però far notare che con piccole tensioni si
avevano da una esperienza all'altra valori molti differenti nel numero di vi-
brazioni della corda.
« II. Queste differenze sono quasi le stesse per le differenti sostanze
adoperate.
« Le conseguenze alle quali portano queste mie ricerche sono dunque
completamente differenti di quelle trovate dal Savart : tra la teoria e la pratica
raccordo è quasi perfetto : resta così dimostrato che le divergenze così note-
voli trovate dal Savart dipendono dall'aver egli preso come nota della corda
elastica, quella che essa dava vibrando come veiga fissa alle due estremità.
« Non mi resta ora che di provare se è vero Taltro risultato ottenuto
dal Savart che cioè le divergenze tra la teoria e la pratica diventano sempre
più grandi col crescere dei diametri dei fili : in una prossima Nota renderò
conto dei risultati ottenuti ».
Fisica. — Influenza della temperatura mi numero delle vibra-
zioni d^un corista. Nota I. del doti Nazzareno Pierpaoli, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
« Parecchi sperimentatori, specialmente in questi ultimi anni e con me-
todi diversi, studiarono Tinfluenza della temperatura sul numero delle vibra-
zioni di un corista. Trovandomi in possesso di un istrumento capace di
dare a tale scopo ottimi risultati, ho voluto anch'io trattare una tale questione.
In questa mia prima Nota mi limiterò ad esporre il metodo seguito in questo
studio ed i risultati ai quali sono pervenuto, riservandomi però in altra Nota
di confrontarli con quelli ottenuti dagli altri.
« L'apparecchio di cui mi sono servito è un cronometro a corista, costrutto
da B. Eoenig per l'ufficio centrale del corista uniforme in Roma, che offre
il grande vantaggio di tenere il corista in vibrazione per un tempo di varie ore.
• La descrizione di un apparecchio simile è fatta da Eoenig stesso nel
suo libro: Quelques expériences d'acoustique^ pag. 172 ('). In sostanza non
si tratta d'altro se non che di un corista che dà 145 v. s. al secondo, e che
vibrando mette in azione un movimento d'orologeria, ricevendo in pari tempo
ad ogni oscillazione un piccolo impulso atto a mantenerlo in vibrazione. Tre
quadranti permettono di valutare il numero totale delle vibrazioni compiute
0) V. anche Annalen von Wiedemann IX, 1880, pag. 394.
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— 715 —
dal corista in un tempo determinato e ad una determinata temperatura. Uno
di questi quadranti ha 145 divisioni e l'indice fa un giro intero nel tempo
impiegato dal corista a fare 145 v. s.; gli altri due quadranti segnano le
ore, i minuti ed i secondi come farebbe un cronometro comune, colla sola
differenza che esso è regolato nel suo movimento dal corista.
e Un secondo cronometro misura con esattezza la durata dell'esperienza,
e con esso si confrontano le indicazioni, del cronometro a corista, affine di
poter stabilire se il corista regolatore ha compiuto un numero di vibrazioni
maggiore, uguale o minore di 145. Quanto al numero esatto di vibrazioni
corrispondenti, per quella data temperatura, ad un secondo, esso sarà dato
evidentemente dal quoziente che si otterrà dividendo il numero totale delle
vibrazioni compiute per la durata dell'esperienza espressa in secondi.
• Per la misura del tempo mi sono servito del cronometro Williams
dell'Istituto fisico della B. Università di Boma, che ho dapprima confrontato
col cronometro a pendolo pure dell'Istituto fisico, e per parecchi giorni di
seguito col colpo di cannone. Esso ha un andamento regolarissimo ed un avan-
zamento giornaliero di 2!' di cui ho tenuto conto nei calcoli.
« La temperatura del corista era fornita da un grosso termometro a scala
centigrada, con una divisone in gradi e situato fra le branche dello stesso
corista vibrante. Esso ha uno spostamento deUo zero di -f- 0,5 di cui ho pure
tenuto conto nell' assegnare le diverse temperature.
« Modo di sperimentare. — Nelle prime misure fatte il metodo seguito
era molto semplice : fissata la posizione dei quattro indici sui tre quadranti,
ad un dato istante metteva in azione l'apparecchio, lo faceva funzionare per
un certo tempo, in media otto ore, e poi ad un dato istante ne arrestava il
movimento : notata la nuova posizione degli indici, dalla differenza fra le due
letture aveva il numero delle vibrazioni compiute dal corista in quell'inter-
vallo di tempo per il quale l'apparecchio aveva funzionato.
• Dubitando però che questo metodo portasse con so qualche causa di
errore, non potendo esser certi, se nell'istante in cui si mette in azione
l'apparecchio, il movimento sia subito regolare, oppure si richieda un certo
tempo, ancorché brevissimo, perchè ciò accada, così è che l'ho abbandonato
per seguirne un altro capace di dare risultati più attendibili, metodo prati-
cato per la prima volta dallo svedese Hansteen (^) nelle sue misure sallln-
tensità del magnetismo terrestre.
« Messo in azione l'apparecchio, anziché fare una semplice lettura in
principio ed in fine dell'esperienza, io osservava con un cannocchiale a distanza
l'indice dei secondi; ad un dato istante ne fissava la posizione e faceva al-
trettanto alla fine di ogni minuto successivo e ciò per 10 minuti di seguito;
ripeteva poi la stessa operazione in fine dell'esperienza, cosicché le letture
(*) y. Annalen von Poggendorff, 8, 1825, pag. 253.
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— 716 —
iniziale e finale mi risultavano come medie di 10 lettmre fatte ad inteiralli
di un minuto.
« Questo metodo rende certo più complicata Tesperìenza ed il calcolo di
essa, ma è incontestabilmente più preciso, potendo una misura essere consi-
derata come media di dieci altre misure fatte in identiche condizioni. La
difficoltà sta tutta nel fissare con esattezza la posizione dell'indice, ma con
un pò* di pratica si riesce ad apprezzare il decimo di secondo, od almeno
ad avere con esattezza il quinto di secondo.
« Quanto alla temperatura, siccome è impossibile che essa rimanga co-
stante per tutto il tempo dell'esperienza, cosi bisogna almeno porsi in con-
dizioni tali da poter avere con la più grande esattezza possibile una tempe-
ratura media, ed io ho posto ogni cura per mettermi in tali condizioni.
« Cosi in tutte le mie misure ho procurato sempre che le variazioni di
temperatura non fossero durante l'esperienza troppo forti, e che fra la mas-
sima e la minima temperatura non corresse una grande differenza (nella maggior
parte dei casi tale differenza è piccolissima, mai superiore ad P). Inoltre ho
avuto cura che le diverse esperienze abbracciassero periodi uguali prima e dopo
quell'ora in cui comunemente suole avvenire il massimo od il minimo nella
temperatura, potendosi in tal caso ritenere che la media delle temperature
osservate rappresenti con molta approssimazione la temperatura media del
corista per tutto il tempo dell'esperienza. Aggiungerò che le letture del ter-
mometro le ho sempre fatte ad intervalli uguali. Infine faccio notare che le
diverse temperature, alle quali ho esperìmentato, le ho sempre avute natural-
mente, senza mai ricorrere a mezzi artificiali, che possono lasciar sempre un
po' d'incertezza, anche prendendo tutte le possibili precauzioni. Esperimentando
da luglio a gennaio ho potuto disporre di temperature variabili da 30^ fino
a 0^. Siccome però è assai difficile qui in Boma avere durante il giorno delle
temperature prossime allo zero, che durino per un tempo abbastanza lungo,,
così le misure a tali temperature le ho dovute £&re dalle 3 alle 10 del mattino.
« Io son sicuro che la bontà dei risultati ottenuti la debbo in gran parte
alle precauzioni prese nella misura delle temperature. Però nonostante queste
precauzioni poteva ancora rimanere un dubbio, se cioè l'andamento del cro-
nometro a corista era regolare ; ho voluto perciò esaminare anche questo, sce-
gliendo quelle giornate in cui la temperatura ambiente rimaneva pressoché
costante, e, facendo delle osservazioni di due in due ore e talvolta anche di
ora in ora, secondo il metodo suesposto, ho potuto constatare avere il crono-
metro un andamento regolare; almeno le differenze ottenute sono dell'ordine
stesso di quelle, che possono provenire dagli errori di osservazione. Del resto
per precauzione ho adoperato i due cronometri sempre negli stessi intervalli.
« La tabella seguente contiene tutta la serie delle esperienze da me
eseguite. In terza colonna è data la temperatura media durante la misura,
in quarta il numero delle vibrazioni osservate, in quinta le vibrazioni
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— 717 —
calcolate colla formula indicata in seguito e in sesta la differenza delle due
colonne precedenti.
P
t
No...
Noal.
^
P
t
No«.
Nel.
^
1
1
- 0,05
145^1995
145^959
36
25
4
12^96
145^0130
145^01 17
13
2
1
0,22
n 1908
n 1921
-13
26
4
13,35
» 0060
» 0062
- 2
3
1
0,45
» 1881
n 1888
- 7
27
4
13,69
144,9985
» 0014
-29
4
1
1,00
» 1829
1» 1810
19
28
1
14,00
» 9939
144,9970
-31
5
1
2,00
n 1648
» 1669
-21
29
3
14,44
n 9868
n 9907
-89
6
2
3,88
n 1379
» 1403
-24
30
2
14,73
n 9788
» 9866
-78
7
1
4,14
n 1328
1» 1366
-38
31
3
15,12
n 9755
» 9811
-56
8
1
5,04
» 1239
» 1238
1
32
4
16,25
n 9645
» 9651
— 6
9
2
5,37
« 1183
»» 1192
- 9
33
2
18,14
n 9362
» 9383
-21
10
2
5,92
» 1117
» 1114
3
34
2
19,13
» 9231
n 9243
-12
11
1
6,23
1» 1078
« 1070
8
35
2
19.91
» 9127
» 9133
- 6
12
2
6,78
7f 1022
» 0992
30
36
4
20,27
» 9064
» 9082
-18
13
1
7,06
» 0985
» 0953
32
37
3
20,59
n 9020
n 9037
— 17
14
3
7,37
» 0932
» 0909
23
38
3
21,07
n 8952
» 8969
-17
15
3
7,95
n 0856
» 0826
30
39
3
21,30
n 8895
n 8936
-41
16
3
9,18
n 0682
1» 0652
30
40
1
22.07
» 8808
» 8827
-19
17
2
9,60
» 0631
n 0593
38
41
1
22,42
» 8771
« 8777
- 6
18
2
9,83
n 0587
» 0560
27
42
3
24,62
1» 8459
n 8466
- 7
19
2
10,50
» 0489
» 0465
24
43
2
26,11
n 8261
» 8255
6
20
1
10,85
» 0425
» 0416
9
44
3
26,67
» 8193
n 8176
17
21
3
11,15
1» 0387
n 0373
14
45
4
26,92
» 8149
»» 8140
9
22
2
11,61
» 0324
» 0308
16
46
2
29,55
»» 7800
» 7768
32
23
3
11,94
^ 0259
» 0261
- 2
47
5
29,92
n 7746
» 7715
31
24
3
12,63
« 0165
» 0164
1
« Le esperienze fatte sono realmente 109, però siccome per alcune le
differenze delle temperature medie erano piccolissime, così riunendo insieme
quei risultati che si riferivano a temperature non differenti più di 0°,2, ho
avuto 47 valori riportati nella colonna Noss*) alcuno dei quali è quindi medio
di 2, 3 0 più valori osservati. Nei calcoli perciò ho attribuito ad essi un
peso P proporzionale al numero delle osservazioni che lo costituivano, come
risulta dalla colonna P.
« Ho poi tracciata anche una curva portando come ascisse le tempera-
ture e come ordinate i numeri di vibrazioni corrispondenti, e vedendo come
con molta approssimazione poteva il fenomeno essere rappresentato da una
linea retta, per calcolare i valori della colonna Ncai. mi sono servito del-
l'espressione lineare:
Nt = No — a/. ... (1)
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— 718 —
ed applicando alla determinazione delle due costanti No ed a il metodo dei
minimi quadrati, che mi ha condotto alle due espressioni:
No =
a =
n2t^ — {2ty
2^St — n.21ft
n2t' — {2ty
m cm:
ho ottenuto:
per cui:
n = 109 2^* = 31605,9906
2 1 = 1653,00 21ft = 239559,8711
2 N = 15802,8567 (2 tf = 2732409
No = U5^ 1952
a = 0,01416
Nt= 145,1952—0,01416^
N, = 145,1952 (1 — 0,000097523) t
dalla quale risulta che il corista fa esattamente 145 vibrazioni semplici per
la temperatura di 13'',785.
« Dalla colonna 6^ si scorge come le differenze fra i valori osservati e
quelli calcolati mediante la (1) sono molto piccole, non raggiimgendo mai
neppure il centesimo di vibrazione. Però esaminando attentamente si vede che
tali differenze procedono piuttosto a periodi, anziché alternarsi le positive con
le n^ative, come dovrebbe essere realmente se la (1) rappresentasse bene il
fenomeno. Ciò fa dubitare che^ la equazione della curva del fenomeno sia
alquanto più complicata.
« Tuttavia trattandosi di differenze così piccole, e Terrore medio essendo
dato da ± 0^,0025, non ho creduto andare in cerca di una espressione più
Fisica. — Sulla dilatazione termica di alcune leghe binarie
allo stato liquido. Nota I. di G. Vicentini e D. Omodei, presentata dal
Socio Blaserna.
« Lo studio da noi pubblicato sulle l^he di piombo e stagno (^) non
può autorizzarci a generalizzare i risultati ottenuti, estendendoli anche alle
leghe di altri metalli. E necessario sottoporre alla ricerca leghe di metalli
diversi e già studiati allo stato liquido, per conoscere se per esse valgano le
stesse leggi, che per quelle di piombo e stagno, e per stabilire se da alcune
proprietà fisiche presentate dalle leghe si possano ricavare dei dati sulle cor-
rispondenti proprietà dei metalli che le compongono.
0) Bendiconti della B. Acc. dei Lincei, voi. m, fase. 9, 10, 11. 1887.
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— 719 —
■ Adesso presentiamo i risultati di nuove ricerche estese a leghe binarie
formate coi metalli sti^o, piombo, bismuto, cadmio, zinco ed antimonio.
« Come si yedrà, essi comprovano non solo le nostre vedute intomo alle
proprietà delle leghe, mA ci ofl&ono ancora il modo di ricalare dei dati abba-
stanza approssimati sulla densità e sulla dilatazione termica dei metalli zinco
ed antimonio allo stato liquido, senza aver bisogno di studiarli direttamente,
cosa molto difficile a causa della loro elevata temperatura di fusione.
Preparazione delle leghe
e determinazione della loro densità.
■ Nella preparazione delle leghe la fusione dei metalli, venne &tta in
un crogiuolo di carbone di storta, munito di coperchio, in presenza di un
po' di paraffina sotto una corrente di gas inerte. Usando simili precauzioni ed
avendo pure cura che, dopo la formazione delle leghe, queste vengano versate
in recipienti ripieni di gas inattivo, non si ottiene alcun residuo di scoria.
« Nel calcolo delle proporzioni ponderali destinate alla preparazione delle
leghe di data composizione molecolare, abbiamo preso per pesi atomici dei
metalli la media dei valori dati da Magnus e da Seubert e Mayer, cioè
per il Pb Peso atomico 206,43 Q)
Sn r, 117,53
Zn « 64,89
Bi » 207,51
« Cd « 111,77
^ Sb « 119,78
« Come notammo nello studio delle leghe di piombo e stagno , il peso
specifico di una lega varia sensibilmente col variare del modo di raffireddamento
della lega fusa; perciò nella determinazione del peso specifico delle leghe
abbiamo studiati masselli metallici ottenuti in modo identico con fusioni suc-
cessive d'ogni singola lega.
« A questo scopo le leghe fuse venivano versate in piccole capsule di
porcellana, sempre disposte sotto una campana ripiena di gas inerte, in ma-
niera che fosse impossibile l'ossidazione durante il raffreddamento.
« È inutile soggiungere che, prima di preparare le leghe, venne ripetu-
tamente determinato il peso specifico dei metalli componenti, fusi anch'essi
parecchie volte e fatti solidificare colle cure avute per le leghe. I metalli,
puri, provengono dalla casa Trommsdorflf di Erfurt.
« Prima di determinare la densità dei dischi metallici ottenuti nel modo
indicato, si lavano diligentemente con benzina alquanto riscaldata, nella quale
sì lasciano per qualche tempo, e ciò per togliere ogni traccia di paraffina che
(^) Landolt u. BOmstein, Physikalisch-chemische Tabellen. S. 1.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. r Sem. 94
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— 720 —
avesse potuto insinuarsi nelle rugosità superficiali. Dopo ciò i dlBchetti asciu-
gati e riscaldati leggermente sono conservati per alcun tèmpo n^ vuoto.
« Quando nella misura della densità col metodo della bilancia idrosta-
tica si vuol determinare la spinta, che ricevono le piastrine metalliche im-
merse nell'acqua, fa d uopo che questa penetri anche nelle più piccola cavità;
perciò la lega si tiene a lungo nell'acqua lievemente riscaldata e mantenuta
in ebollizione nel vuoto.
» È da considerare sottinteso, che nel calcolo delle densità tanto del me-
talli quanto delle leghe, si sono fatte sempre le correzioni delle pesate per
la spinta dell'aria, e la riduzione alla temperatura di 0"", ammessa eguale
a 1 la densità dell'acqua a 4"".
K Ecco i risultati avuti nella misura del peso specifico dei diversi metalli
fusi parecchie volte di seguito.
« Per l'antimonio e per lo zinco, causa la loro temperatura di fosione
più elevata, ci siamo limitati ad un'unica fusione.
Sn Pb Bi Cd Sb Zn
7,2834 9,8182 8,6589
7,29015 11,3582 9,8200 8,6636
7,2883 11,3595 9,8160 8,6595 6,6976 7,1425
medie 7,28728 11,35885 9,81807 8,6607
« I valori delle densità dei metalli, che adoperiamo in seguito nei cal-
coli sulle leghe, sono quelli raccolti nella tabella I che segue.
« In essa oltre ai valori della densità Do a 0^, vi sono quelli delle den-
sità Dt* e Dt' dei metalli solidi o liquidi, alla temperatura di fusione t, cal-
colati in base alla variazione di densità, che essi subiscono per il cambiamento
di stato e quale fu da noi determinata (').
K La tabella contiene ancora il coefBciente di dilatazione dei metalli allo
s^ato liquido, pure da noi determinato.
Tabella I.
Do
X
Di
Di
a
Sn
7,28728
226^5
7,17039
6,97539
0,000114
Pb
11,359
325
11,005
10,645
129
Bi
9,81807
271
9,70372
10,0358
120
Cd
8,6607
318
8,3594
7,9822
170
Sb
6,6967
432 («)
—
—
—
Zn
7,1425
412
—
—
—
0) Atti R. Acc. di Tormo, voL XXIU, 1887.
(^) La temperatura di fusione dello zinco e deirantimonio sono quelle date dal Ledebur
(Wied. Beiblfttter V, 1881).
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— 721 —
« Nella tabellik seguente (tab. II) sono raccolti i dati che si riferiscono
aUa composizione ed alla densità delle leghe allo stato solido.
« In essa le 4ue prime colonne danno la composizione atomica e cente-
simale delle leghe; la terza la loro densità a O"" (Do) riferita all'acqua a 4^
come unità.
« Per poter licavare la densità delle leghe a 0", da quella trovata alla
temperatura ordiiitria, si è impiegato per coefBciente di dilatazione delle leghe
solide il valore, ohe risulta in base al fatto provato sperimentalmente dal
Matthiessen, che i metalli che le compongono, conservano anche uniti il loro
coefficiente di dilatazione. La formula impiegata per ottenere il coefficiente
di dilatazione pubica delle singole leghe è la seguente:
« III essa a , d , P e a' , d' , P' rappresentano rispettivamente il coefficiente
di dilatazione cubica, la densità ed il peso dei due metalli componenti la
lega. I^' espressione (1) si ha nella ipotesi che i metalli conservino nella lega
i loro volumi, ciò che si può anmiettere senza errore nel calcolo di A:. I diffe-
renti valori della densità d'ogni lega raccolti nella colonna sotto Do si rife-
riscono a determinazioni &tte in seguito a differenti fusioni. La colonna suc-
cessiva contiene il valore medio, che si prende come valore della densità delle
leghe studiate. Per stabilire, se la formazione delle leghe è accompagnata da
variazione di volume, si calcola poi la densità che spetterebbe a 0^ ad (ognuna
di esse, nel caso che i metalli conservassero il loro volume. Serve alVuopo
la formula:
<^' '>=w^'*'
nella quale le diverse lettere hanno il significato indicato più sopra. I valori
calcolati con la (2) registrati nella 6^ colonna, e sono saniti dalle differenze d
che esistono sono fra le densità trovate e la calcolata. Le differenze positive indi-
cano contrazione ; le negative aumento di volume dei metalli allegati. La mas-
sima variazione di volume è quella che accompagna la fonnazione della lega
BÌ2 Pb; variazione rappresentata da una contrazione che raggiunge il 2 7o
del volume totale.
• Le leghe di piombo-antimonio o di cadmio-zinco si sono preparate se-
condo rapporti ponderali semplici dei loro componenti, senza badare alla com-
posizione molecolare.
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— 722 —
Tabella II.
Leghe
CompoBÌzione
centesimale
Densità trovata
Densità
calcolata
ó
Do
Media
I
SnBi
63,84
36,157
(
8,7450
8,7503
8,5660
8,7476
8,7228
+ 0,0248
n
SmBis
43,02
56,98
!
8,5640
8,5729
8,5676
8,5419
0,0257
m
Sn.Cd
67,77
32,23
1
7,6790
7,6814
9,4796
7,6802
7,6710
0,0092
IV
Bi, Cd.
73,58
26,42
9,4710
9,4720
10,497
9,4742
9,4882
- 0,0090
V
BiiPb
66,78
88,22
1
10,522
10,539
10,519
10,281
+ 0,238
VI
Pb-Sb
90
10
1
10,6849
10,6361
10,6355
10,6182
+ 0,0173
vn
Pb-Sb
82
18
1
10,068
10,086
10,077
10,094
— 0,017
vm
Cd-Zn
90
10
1
8,478
8,361
8,420
8,480
- 0,060
IX
Cd-Zn
85
15
1
8,3658
8,3486
8,857
8,893
~ 0,086
X
Cd -Zn
75
25
'
8,2064
8,2145
8,2104
8,2237
- 0,0188
Temperatura di fusione delle leghe.
tt Prima di sottoporre le leghe allo stadio della dilatazione, si è deter-
minata la loro temperatura di fusione, e si è cercato di conoscere la maniera
colla quale esse si rafireddano.
K Le osservazioni si sono fatte nel modo già detto per le leghe di piombo
e stagno salvo qualche modificazione suggerita dalla pratica. Siccome parec-
chie leghe di bismuto aumentano di volume all'atto della solidificazione, sa-
rebbe stata certa la rottura del termometro se si fosse immerso senza prote-
zione alcuna nella massa metallica. Per evitare tale inconveniente, nelle
attuali ricerche il termometro è stato introdotto in una guaina formata da un
sottil tubo di rame di diametro poco superiore a quello del termometro ; la
intercapedine fra il termometro ed il tubo si mantenne sempre ripiena di
paraffina.
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— 723 —
• I dati riferiti in seguito, sono sempre la media dei valori di più de*
tenninazioni. Del resto non si abbandonava una l^a, se con esperienze &tte
in condizioni diverse non si ottenevano curve di raffreddamenti concordanti.
Specialmente per quanto riguarda i valori della vera temperatura di ftisione
(periodo della massima sosta) è da notare, ch'essi furono sempre concordan-
tissimi, la differenza fira i valori più divergenti giungendo al massimo a pochi
decimi di grado.
« Le temperature, che diamo, corrispondono alle indicazioni del termo-
metro ad aria.
« Ecco i risultati avuti colle diverse leghe.
I. Lega Sn Bi.
■Hilliili
|f|IBB5|IIM!
lUiii i«tti* Bili!
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ICS SUBÌ
tei
iUiil
« Sono state fatte quat-
tro determinazioni della tem-
peratura di fusione di questa
lega. Essa venne fusa riscal-
dandola sino a 250^ circa e
quindi portata nell'apparec-
chio deUe fusioni mantenuto
due volte a 105^ ed altre due
volte a 125®. La lega mostra
di raffreddarsi regolarmente
sino a \iQ'* circa, ma da que-
sta temperatura in giù dimi-
nuisce di molto la velocità
di raffreddamento. A 136''4
si ha la sosta prodotta dalla
completa solidificazione. Con-
servando le due lettere t e
T^, da noi adoperate nello stu-
dio delle leghe di Pb e Sn,
per indicare la temperatura,
alla quale nella lega liquida
che si raffredda incomincia a
separarsi allo stato solido uno
dei suoi componenti, e la tem-
peratura fissa di fusione, si
ha per la Sn Bi:
T^==146o ir=136%4.
14Q° IfiO 180 200 £20 240 2«0 2^U £00 SìH} Wì
IL Lega Sn4 BÌ3.
■ Anche questa lega dopo fusa e riscaldata a 260®, venne portata nel-
Tapparecchio mantenuto a 105®. Con essa abbiamo fatto due determinazioni
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— 724 —
che hanno portato a risultati coincidenti. La curva che dà la legge del raffred-
damento mostra che la temperatura della lega si abbassa regolarmente sino
a circa IST'^ò ; da questo punto il raffreddamento avviene con maggior len-
tezza sino a 134^,6 ; la temperatura sale quindi gradatamente a 137^,3 e qui
si ha una lunghissima sosta. Perciò t = 137^3.
tt II carattere della curva del raffreddamento, e la mancanza del punto t'
mostrano che la lega Sn^ Bis è una delle così dette leghe chimiche.
III. Lega Sn, Cd.
« La lega Sn^ Cd, come Tantecedente mostra di essere una lega chimica.
Fusa, riscaldata a 250^, quindi portata neir apparecchio delle fusioni conser-
vato a 150®, essa si raflCredda con grande regolarità sino a 173**,5 per salire
a 174^,8; a questa temperatura si manifesta una lunghissima sosta. È dunque
ir=174«,8.
« Questo valore di r è la media dei risultati di parecchie determina-
zioni, fra i quali i più divergenti differiscono di 0^,4.
IV. Lega Bis Cd».
K La curva del raffreddamento di questa lega mostra i due tratti distinti^
che indicano non essere essa una lega chimica. Riscaldata a 250® si è portata
nell'apparecchio tenuto una volta a 118® e Taltra a 125®. Nel primo caso
la lega si è raffreddata regolarmente sino a 190®,8 per poi manifestare un
abbassamento di temperatura meno rapido che si è arrestato a 146®. 7; risale
poi a 147®,1 e a questa temperatura si mantiene a lungo. Nel secondo caso
la velocità del raffreddamento ha cambiato a 192,®8 e la temperatura dopo
essersi abbassata fino a 146,9 è risalita a 147®, -3 dove ha manifestato
la sosta.
K Come valori medt riteniamo quindi
t'=191®,8 ir=147®,2
K Per determinare con maggior precisione il valore di r' abbiamo fatto
raffreddare la lega nell'apparecchio riscaldato a 150®, senza levarla mai dal
tubo nel quale era contenuta, e perciò senza rimescolarla dopo le successive
fusioni e solidificazioni, alle quali fu assoggettata. In tali condizioni si è tro-
vato che il punto t' va spostandosi sulla curva. In quattro dej^erminazioni
fatte successivamente si sono ottenuti i seguenti valori di t:
217, 225 , 230 , 234.
« Si è perciò obbligati ad ammettere, che la lega in seguito alle succes-
sive fusioni si separa in parti di diversa composizione e densità, per cui va
variando il valore di t^ per la porzione di lega che si trova all'altezza del
bulbo del termometro impiegato nella determinazione.
V. Lega Bij Pb,
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— 725 —
K Come al solito si è studiato due volte il raffireddamento della lega
da 245® sino alla temperatura di solidificazione, nell'apparecchio della fusione
conservato a 102''. Nelle due determinazioni si sono ottenuti numeri identici.
Dapprima la lega si raffredda rapidamente e con regolarità; ma dopo rag-
giunto i 156'',8 con maggior lentezza sino a 126^6, dove si mantiene costante
a lungo. ^
« Si assume perciò
l^'=156^8 T =126^6
VI. Lega, 90Pb + 10Sh.
tt Anche per questa lega la curva di raffreddamento ha i soliti caratteri.
In tre determinazioni fatte, portandola fusa e sufficientemente riscaldata nel-
Tapparecchio a V, si ottiene:
200^ 258^2 246,1*
222 259,0 246,5
224 259,1 246,7
« Sicché come valori medi si ritengono i seguenti :
T'=258^8 T = 246^4.
VII. Lega, 82Pb + 18Sb.
« Questa lega si raffredda in una maniera più complicata delle altre finora
considerate.
« Abbiamo fatto due serie di prove e si sono ottenuti i seguenti risultati :
ff 1® Lega riscaldata a 380® e portata nell'apparecchio a 223®. Inco-
mincia col raffreddarsi regolarmente sino a 254®,7 ; al disotto di questa tem-
^ratura l'abbassamento di temperatura si fa più lento e si ottiene quindi
una notevole costanza a 249®, 7. Dopo questa prima sosta si raffredda abba-
stanza nipidamente sino a 245®,7 dove vi ha accenno ad altra sosta.
« 2^ La lega a 340® è posta nell'apparecchio a 220®. L'andamento
della curva dri raffreddamento è identico a quello della curva data dalla prova
precedente. Si ha il cambiamento nella velocità di raffreddamento a 251®,3
ed una sosta a 249,4. A 245,5 si avrebbe l'indizio di una seconda sosta. Si
assumono perciò i seguenti valori medi per t e t'
^ = 153® T = 249®,6
« Come mostra il fatto di una s^ta non perfetta durante la solidifica-
zione della lega, si deve arguire che il cambiamento di stato di quest'ultima
non avviene nella maniera la più semplice.
Vili. Lega, 90 Cd + 10 Zn.
« La lega riscaldata a 355® vien m33sa nell'apparecchio a 195®. A 279®
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— 726 —
si manifesta il rallentamento della velocità di ra&eddamento e a 260^,6 ona
Imiga sosta. Perciò
t' = 279* T = 260^6
IX. Lega, 85 Cd+ 15 Zn.
« Si riscalda la lega a 860^ e si porta nell'apparecchio a 212''. Essa si
raffi-edda regolarmente sino a 260^,4 per salire a 260^,7 e mantenersi a lungo
a tale temperatura. Si ha dunque
l:=260^7,
e la lega è da considerarsi come una lega chimica.
X. Lega, 75Cd+25Zn.
« Fu studiata due volte, e nelle determinazioni si sono ottenuti risultati
coincidenti. L'apparecchio essendo a 226°, la lega si raffredda regolarmente
sino a 275°, al qual punto si manifesta una brevissima sosta; dopo ciò si
rafiEredda dapprima sino a 261^,2, e qui mostra una sosta lunghissima. Per
ciò si anmnette
t' = 275° ir = 26P,2.
« Nella tabella III, che segue, raccogliamo i valori di t e t' trovati per
le diverse leghe, e vicino ad essi poniamo quelli dati dal Rudberg(0-
« I valori di % segnati con asterisco e corrispondenti alle leghe VI e Vili
sono dati da Ledebur {^) il quale ha studiato la temperatura di fusione di
alcuni metalli e di diverse leghe col metodo calorimetrico.
Tabella III.
T
x'
T
(Rudberg)
I
SnBi
136,4
146
136,4
n
Sn« Bla
137,3
—
—
m
Sn,Cd
174,8
—
173,7
IV
BùCd,
147,2
191.8
146,3
V
Bi.Pb
126,6
156,8
125,3
VI
90Pb + 10Sb
246,4
258,8
236 ♦
vn
82Pb + 18Sb
249,6
253,0
250 ♦
viu
90Cd + 10Zn.
260,6
279,0
—
IX
85dd + 15Zn
260,7
—
—
X
75Cd + 25Zn
261,2
275
—
(0 Rudberg, Poggendorff 's. AnDalen LXXI 1847, 460.
(*) Ledebnr, 1. e.
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— 727 —
« I valori del Budbei^ registrati nella tabella III sono tolti da una Nota
pubblicatasi dopo la di lui morte e che riguarda la quantità di calore nelle
mescolanze di metalli. In essa il Eudberg riteneva come leghe chimiche (leghe
cioè nelle quali il raffreddamento avviene regolarmente) le Sn Bii e Sn^ Cd,
Bis Cd, e BÌ2 Pb. Le nostre osservazioni e lo studio della dilatazione delle
leghe liquide portano ad ammettere, che fra queste leghe solo la Sn, Cd gode
di tale proprietà.
• Non abbiamo creduto opportuno richiamare i dati sulle temperature
di fusione di alcune delle nostre leghe, quali sono comunicati nel primo studio
che ha condotto il Rudberg[(i) alla scoperta dei due punti di fusione (fisso
e variabile) di leghe fatte con proporzioni diverse di dati metalli. Essi sono
incerti, perchè corrispondono alle indicazioni non corrette di termometri a
mercurio.
« Il Mazzotto (^) nelle sue ricerche sulle calorie di fusione delle leghe
binarie, dà come temperatura di solidificazione (punto fisso) delle leghe di Sn
e Bi, 137*>; per quelle di Pb e Bi 125* (Indicazione di termometro a mer-
curio). Tali valori sono molto vicini a quelli da noi trovati.
« Se confrontiamo fra di loro separatamente le temperature % di fusione
dei gruppi dileghe I, II — VI, VII, — Vili, IX, X troviamo provato quanto
abbiamo osservato per le leghe di Pb e Sn(3); cioè le leghe fatte con pro-
porzioni diverse di due metalli hanno temperature % di fusione molto vicine ;
ma non perfettamente eguali.
« Così mentre per le leghe di Pb e Sn la temperatura fissa di fusione
ci risultò approssimativamente eguale a 182% appare ora per quelle di
Bi e Sn
di 1370
Bb e Sb
. 248»
Cd e Zn
» 261
tt La temperatura % delle due leghe di Pb e Sb, mostra la massima
differenza; arrivando questa a 3^. Questo fatto non deve meravigliare se si
rifiette un poco ai fenomeni complicati di soprafusione che accompagnano la
solidificazione delle leghe di piombo e di antimonio (^).
« Alla fine dello studio della dilatazione delle leghe faremo altre con-
siderazioni riguardo al fenomeno della loro fusione » .
(0 Bndberg, Wiedemann's. Annalen XVm, 1830.
(t) Mazzotto, Memorie del R. Istituto lombardo, voi. XVI, 1886.
(3) Bend. della B. Acc. voi. m, fase. 9, 241.
{}) F. de JoBsien, Annales de Chim. et Phjsique 1879, voi. XVIII.
RiiNDicoNTi. 1888, VoL. IV. V Sem. 95
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— 728 —
Fisica. — Sulla velocità del suono nei vapori. Nota I. dei dot-
tori Q. Q. Qerosa ed E. Mai, presentata a nome del Socio G. Cantoni.
s Ci siamo proposti di studiare la velocità del suono nei vapori di vari
grappi di liqnidi, appartenenti a diverse fÌEuniglie della serie organica e col-
legati fra di loro da rapporti molecolari bene stabiliti; ma qui riferiamo solo
i risultati relativi a pochi vapori, non avendo ancora potato raccogliere Top-
portana serie di liquidi, e ci soffermiamo piuttosto intomo al metodo di ricerca.
tt Per la ricerca ebbimo ricorso ad un metodo molto comodo e semplice,
fondato sulla risuonanza dei tubi sonori, che fino dall* 81, a vero dire, venne
seguito con profìtto dal Martini (^), ma che dev'essere sottoposto ad esame.
« Le cose sono cosi disposte.
« Si ha un tubo cilindrico di vetro (A), alto circa 50 cm., abbastanza
calibro (^) ed accuratamente diviso in millimetri, che ad una estremità* ò
smerigliato secondo la sezione retta e dall'altra è saldato ad un cannello
di piccolo diametro, il quale, vicino alla saldatura, viene ricurvato in modo
che il suo asse riesca parallelo ed a poca distanza dal tubo, ed, all'altezza
poc'oltre rimboccatura del tubo stesso, è ripiegato infuori ad angolo retto.
L'estremità di questo cannello è unita al tubo di gomma della canna mano-
metrica (B) del termometro ad aria di Jolly. La canna poi, il tubo di gomma
e parte del tubo (A) (per l'altezza di qualche centimetro) vengono riempiti
di mercurio, di cui il livello nel tubo (A) stesso può essere variato a volontà
alzando od abbassando il corsoio, cui è raccomandata la canna (B). 11 tubo
graduato sta sospeso al centro di un secondo tubo cilindrico di vetro, un poco
più alto ed assai più largo (diam. 12 cm.), il quale pesca colla parte mfe-
rìore in una vaschetta di mercurio. Esso è riempito di acqua ed in alto è
chiuso da un tappo di sughero, da cui sporge per pochi millimetri il tubo (A)
ed attraverso il quale passano le aste di un agitatore per rimuovere l'acqua
ed un termometro per segnarne la temperatura. Questa può essére variata e
regolata da una lampada a gas posta sotto la vaschetta. Tutto l'apparec-
chio è disposto vicino ad un muro, nel quale è infisso un breve tronco di
legno, di cui la parte estema si muove a cerniera entro l'altra dall'alto al
basso; ma in modo da non oltrepassare la posizione orizzontale. Nella testa
della parte mobile ò avvitato un diapason, in guisa che i suoi rebbi sieno
in un piano verticale e che l'estremità del più basso riesca circa a due
millimetri d'altezza sull'orlo del tubo (A), quando il diapason stesso viene
abbassato.
(0 La velocità del suono nel cloro. Atti del R. Istit. Veneto. YoL VII, serie 5%
1881. — Cronaca del R. Liceo Foscarini, 1880^1.
C) La sezione S del tubo vana colla distanza l (millim.) dall'imboccatnra secondo
la relazione |^S=w20»°»<i-, 756 + 0,00056. {,
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— 729 —
•. Ora si sa che, se il diapason rende un snoYO di n vibrazioni semplici,
l'altezza l del tubo sonoro, cui corrisponde il massimo di risuonanza, ò data da
dove t? è la yelocità del suono nell'aeriforme, che riempie il tubo: ossia che,
giusta la legge di Bemoulli, il suono fondamentale reso allora dal tubo è
di n vibrazioni.
« Per cui riesce ovvio come si possa per tal vìa determinare la velocità
del suono negli aeriformi, ricercando, noto che sia il numero delle vibrazioni
del diapason, per ciascuno di essi l'altezza l corrispondente alla massima
risuonanza.
« Però havxi la difSicoltà che realmente il suono reso dai tubi sonori
è più grave in generale di quello assegnato dalla legge di Bemoulli, e la
differenza, come dimostrò Wertheim (i), dipende da parecchie circostanze.
Cosicché la relazione di Bemoulli dev'essere corretta, secondo Wertheim,
in questo senso
« Wertheim poi assegna ad a pei tubi aperti di sezione rettangolare il
valore seguente
. = .(M + N)(2-^+^-j/|+^).
dove M ed N" sono le due dimensioni della sezione S del tubo. Si ed St le
aree delle due aperture i^li estremi e c{= 0,210 pel vetro) un coeflBiciente
dipendente dalla sostanza del tubo.
« Un tubo chiuso e cilindrico poi può essere rispettivamente conside-
rato come la metà di un tubo aperto ed eguale ad un tubo quadrato di se-
zione e d'imboccatura equivalente.
« Altre circostanze invero possono intervenire a variare il valore di x,
come, ad es., la ritardazione dell'onda per Tattrito contro le pareti del tubo,
la forma dell'apertura e, pei tubi chiusi, l'elasticità della parete che ne
chiude un estremo ; ma in un grado abbastanza piccolo, se si sta ai risultati
di Wertheim. '
Però Wertheim procedette sempre in questa maniera : o teneva fisse le
dimensioni del tubo, facendolo suonare con diversi gas e notando le differenti
altezze dei suoni ch'esso rendeva ; o variava le dimensioni del tubo, facendolo
suonare sempre con uno stesso gas ; in ogni caso poi le esperienze erano sta-
bilite alla temperatura dell'ambiente. Che se invece obblighiamo un dato
(1) Annales de Chemie et de Physiqne. Serie 8^ i 23 e 81.
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~ 730 ^
tubo a rendere sempre lo stesso saono col variare solamente la sua lunghezza,
quando cambia la natura e la temperatura del gas, la correzione x del tubo
Taria pure in modo considerevole, come risulta dalle esperienze qui appresso
riferite.
« Abbiamo dapprima determinato coli* aria secca la variazione dell'altezza
del tubo, corrispondente al massimo di risuonanza del suono del diapason,
col variare della temperatura fra 0** e 100®. E si procedeva così nell'esperienza.
■ L'aria era richiamata, attraverso una serie di tubi di purificazione con
nitrato di potassa e d* essiccamento con acido solforico ed anidride solforica,
entro una campana di vetro, provveduta di un foro, che veniva capovolta in
un vaso di acido solforico e fungeva da gasometro. Il foro della campana
era chiuso con un tappo di gomma, attraversato da due c^innelli di vetro,
dei quali, mediante tubi di gomma, Tuno era unito ai tubi d'essiccamento e
l'altro ad un cannello di vetro ch'era impegnato con tappo di gomma nel
tubo sonoro (A) e si spingeva fino a breve distanza dalla superficie del liquido
contenuto nel tubo stesso. Un altro tubicino poi, capillare, attraversava appena
il tappo ed era munito di rubinetto.
« Richiamata l'aria nel gasometro, essa veniva spinta nel tubo sonoro,
dal quale usciva attraverso il tubetto capillare; e, quando si riteneva che
l'aria nel tubo sonoro dovesse essere perfettamente secca, si chiudeva il ru-
binetto del tubo capillare.
K Notisi infine che sulla superficie del mercurio nel tubo sonoro era
versato per l'altezza di 3 o 4 cm. uno stato di acido solforico puro, il quale
serviva ad un tempo a mantenere l'essiccamento ed a rendere più sicura la
lettura dell'altezza della colonna sonora.
« Dopo che per un tempo non mai inferiore a V4 d'ora l'aria era man-
tenuta a temperatura costante, veniva rimosso dal tubo sonoro il tappo
di gonmia che lo chiudeva, si abbassava e si vibrava il diapason, ed, al-
zando il corsoio, si faceva salire nel tubo con opportuna velocità il liquido,
cogliendo attentamente la divisione per la quale avveniva la massima ri-
suonanza.
« Per ciascuna temperatura si è ripetuto almeno cinque volte la prova,
ed è accaduto di rado che la differenza fra le varie letture eccedesse il mil-
limetro. Del diapason fu notata prima di ciascuna prova la temperatura,
sebbene insignificante 0 minima risultasse la correzione per tale riguardo;
e da un confironto, più volte ripetuto, con un diapason campione D03 del
Koenig, di 512 V. S. a 26°,2 e con un coefiìciente di variazione di 0,0572
V. per ogni grado (i), risultò ch'esso dà 491,85 V. S. a 16**, ammettendo un
coefficiente di variazione di 0,045 Y. per grado. Al numero 491,85 abbiamo
riferiti tutti i valori.
(») Journal de Physique (D'Almeida), t. X, n. 113, 1881.
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— 781 —
* Per brevità sono qui raecolti i risultati medi dell'esperienze:
temp.
/lO)
osser.
cale.
3^8
326T69
326^6
12,95
331,95
331,70
22,4
336,h,0
336,91
25,1
338,49
338,36
34,2
343,45
3^3,14
49,4
350,48
350,73
60,4
355,92
355,93
74,8
361,84
362,38
82,4
365,60
865,63
97,9
371,81
371,95
dove appunto U indica Taltezza della colonna sonora che a t^ rinforza al
massimo il suono del diapason.
« I valori di U possono essere rappresentati abbastanza bene da questa
relazione
(2) U = h)/l-\'at — \(at)\
in cui /o = 324°*",2 ed a =0,00367 (coefficiente di dilatazione dell'aria),
come appare dal confronto dei valori osservati di 1% con quelli calcolati
colla (2).
« Ed ora, se assumiamo il valore di 331,4 m. per la velocità del suono
neiraria a 0® (come ci risultò da esperienze più innanzi riferite), la rela-
zione (1) darebbe nel caso nostro
vale a dire il valore di x varia con t colla regola seguente:
^t = ^Po + « . < + è . <*,
dove aro = 12""",69, a = 0,0273 e è = 0,00057.
« Abbiamo assunto però che la velocità del suono nell'aria varii colla
temperatura secondo la legge
ma di questo ci accertammo direttamente, sebbene Dulong (2), Wertheim {})
{}) Le altezze 1% furono corrette riguardo alle yarìazioni di lunghezza del tubo, do-
vute alle variazioni di temperatura.
(<) Ann. de Chemie et de Phys. 2^ ser., t. XLI, p. 113.
(«) Ann. de Chemie et de Phys. 3* ser., t. XXXI, p. 404.
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— 782 —
e Witz (0 Tavessero confermato fra l' intervallo di 0^ e 26% e Enndt e
Wiillner per la temperatura di 100® (2).
s Ricorremmo al metodo di Emidt. La canna di yetro, del diametro
di 17 mnL, era stata accuratamente divisa in millimetri sotto la macchina
divisoria (sicché le distanze fra le figure erano lette direttamente sulla canna)
ed attraversava una vaschetta di latta, provveduta d^una parete di cristallo.
Nella vaschetta era fatta circolare una corrente d'acqua, derivata da un grande
serbatoio, mantenuto a temperatura costante. Per raggiungere maggiore si-
curtà nel precisare il punto di mezzo delle figure, la polvere, prima d'ogni
prova, veniva divisa da un solco in due file, per cui, quando si formavano
le figure, le regioni ventrali erano fra loro separate da spazi denudati La
lunghezza dell'onda era dedotta dalla lettura di 12 figure, promosse nella
canna dalle vibrazioni di una bacchetta di vetro, lunga circa un metro e del
diametro di un cm., che in s^uito, essendosi rotta, venne sostituita con una
bacchetta di ferro, leggermente temprato.
« L'altezza dei suoni resi dalle bacchette fu determinato per ciascuna
temperatura dell'esperienza, ma non si avveri! una differenza apprezzabile
per tale riguardo.
« I risultati medi di molte prove sono questi:
Terga
V
t
%
»«
Tetro
4946,723
0
1,6
67T219
831^542
»
8,8
68,075
331,439
»
10,4
68,256
331,274
n
23,0
69,644
330,830
»
38,7
71,689
331,379
ferro
6076,356
1,3
65,434
331,311
»
47,7
70,748
331,246
»
67,0
72,946
331,687
»
93,1
76,705
media
331,716
331,4
dove il rappresenta le distanze ventrali, v il numero delle vibrazioni delle
bacchette e t;o la velocità del suono a 0*^ nell'aria, dedotta dalla
(1) CouTZ de manipvlatiùM de physique, Paris 1883, pag. 492.
P) Wiedemann's Ann. Bd. IV, S. 321, 1878.
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— 788 —
« Ciò confermato, abbiamo ripreso le esperienze snl tubo sonoro, sempre
coll'aria secca, rinforzando, anziché il suono fondamentale, Tottaya dei dia-
pason. Si ebbero in qtlesto caso i seguenti valori:
temi^
Vi
osser.
cale.
2>
mm
1S».40
158^3
18,7
161,10
161,48
15,4
161,50
161,88
24,7
168,90
164,26
88,9
167,70
167,65
57,8
172,15
171,59
71,0
174,40
174,28
97,2
178,85
178,62
i quali soddisfEino prossimamente alla relazione
(4) /', = /'o )/l + cct-^{at)\
dorè l\ = 157°^,63.
« Di poi si è ripetuta T esperienza, rinforzando ancora il suono fonda-
mentale del diapason, ma impiegando, in luogo dell'aria, l'acido carbonico,
preparato con marmo ed acido cloridrico puro, e lavato per bene in una so-
luzione di carbonato di potassa prima di essere mandato nei tubi di essic-
camento.
« In tal caso si ebbero i seguenti risultati:
temp.
U'
ossei.
cale.
0
8,2
25M
256T9
13,5
261,2
260,89
14,75
261,5
261,44
30,5
268,2
268,20
44,85
273,4
273,97
60,0
279,6 .
279,71
82,0
287,5
287,40
che possono essere rappresentati con tutta approssimazione dalla fòrmola
(5) ir = lo'' \/l + cc,t-Ua,ty;
dove lo" = 254">",69 ed «i = 0,00371 (coefficiente di dilatazione dell'acido
carbonico)».
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— 734 —
Fìsica*. — Ricerche intorno alla magnetÌ2:a:asione del ferro.
Nota preliminare del dott. Franco Magrini, presentata dal Corrispon-
dente RÒITI (0.
« Mi permetto di comunicare sommariamente alcuni resultati, d*un mio
studio intorno alla magnetizzazione del ferro.
« 1. Ho cominciato col determinare la permeabilità magnetica, mediante
una disposizione sperimentale che mi permetteva di misurarla direttamente.
Essa è definita come il rapporto tra il numero di linee di forza B, che tra-
versano Tunità di sezione nel ferro, e la forza magnetizzante F (') : e la in-
dicherò con la lettera fi.
« L'esperienze erano condotte in modo da dare, per ogni valore di F ,
■n
un numero proporzionale al valore corrispondènte di -=-. Per ciò il ferro, messo
entro un* elica, veniva magnetizzato colla corrente ; attorno alla parte centrale
dell'elica vi era un piccolo rocchetto, che serviva da circuito indotto; in luogo
di osservare, con un galvanometro balislico, Tinduzione, si era opposto a
quel sistema, un altro sistema d'induzione, privo di ferro, il cui coefficiente
d'induzione mutua era variabile a piacere, cambiando il numero di giri del
circuito secondario. Per ogni valore di F, si cercava il numero di giri ne-
cessari a compensare la corrente indotta dal primo sistema. Sottraendo poi
da questo numero quello capace di compensare l'induzione dell' elica sola
senza ferro (e che è indipendente dalla intensità della corrente), il
numero che rimane sarà proporzionale al rapporto -^^ supposto però, che
il ferro, prima della chiusura della corrente, si trovasse allo stato neutro. Basta
in seguito determinare una volta per tutte, il coefficiente necessario per dedurre
da quel numero il valore di (i in misura assoluta nel sistema [C. G. S].
s L'elica magnetizzante, di cui mi sono servito era lunga 70^ ed era for-
mata da due fili di rame coperti di seta, fra loro attorcigliati ed avvolti su
un cannello di vetro: si poteva così disporre, pel fine che dirò poi, di due
eliche distinte, fra loro identiche e costituite ogmma di 1916 giri distribuiti
in sei strati. Il diametro intemo di quest'elica era di 0^, 9, e Testerno di 4^
circa. Il circuito secondario abbracciava la parte centrale dell'elica e con-
stava di 138 giri di filo, ben isolato. Per rocchetto compensatore ho fatto
uso delle due eliche lamellari di un generatore secondario di Gaulard e Gibbs,
privo del nucleo di ferro. Queste eliche non erano verniciate sul tratto spor-
gente di ogni spira, così che mediante morsetto metalliche si poteva inserire
a piacere nel circuito un numero qualunque di spire. Una di queste eliche
(*) Lavoro eseguito nel r. Istituto di studi superiori in Firenze. — Scuola di Fisica,
Maggio 1888.
(«) Maxwell, A Treatise on Electr, and Magn, U. voi. § 428.
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— 735 —
era messa per intiero in serie con Telica magnetizzante, e dell'altra si pren-
deva, come ho detto, quella parte necessaria per compensare la corrente in-
dotta dal primo sistema col ferro, aggiongendola al circuito secondario di
questo e ad un galvanometro Thomson di piccola resistenza (35 ohm) e sen-
sibilissimo. La resistenza di tutto il Gaulard è trascurabile rispetto al resto
del circuito indotto (al massimo 0,4 ohm rispetto a 36 ohm circa).
« Bisogna però notare che Tinduzione di tutta un'elica del Gaulard, su
una spira qualunque dell'altra, dipende dalla posizione di questa spira : si è
dovuto dunque calibrare l'elica indotta rispetto alla sua spira centrale; e
questo lavoro era già stato fatto egregiamente dal dott. Emico Salvioni, che
me ne ha favorito i dati. Onde in seguito, quando si parlerà di un numero
di spire, si intenderà sempre il numero corretto , cioè ridotto alla spira cen-
trale. Le frazioni di spira, vengono poi dedotte dalle deviazioni del galva-
nometro Thomson.
« Nel circuito primario, si trovava inoltre un commutatore a mercurio.
Invertendo con esso rapidamente la corrente, Tinduzione era doppia dell'in-
duzione prodotta dalla magnetizzazione totale, ma il numero di spire del
circuito compensatore è lo stesso che per la semplice chiusura, giacché con
l'inversione rapida della corrente non solo raddoppia l'induzione, ma anche
forza magnetizzante : onde il rapporto tra queste due quantità resta lo stesso.
« La corrente magnetizzante era misurata da un galvanometro di Wiede-
mann, messo in derivazione sul circuito primario, e campionato a più riprese
con voltametro a solfato di rame.
« I fili di ferro erano lunghi 70^, e di diametro non superiori a 0°, 1 ;
con tali dimensioni è eliminata quasi totalmente l'azione delle estremità {^).
« Prima di esporre i resultati ottenuti, dirò come si possa ricavare con
questa disposizione, il valore di /i in mism-a assoluta.
K Sia s la sezione dell'elica magnetizzante , n il numero di giri nell'unità
di lunghezza, i l'intensità della corrente, a la sezione del filo di ferro : Tìn-
duzione dovuta all'elica sopra un giro del circuito indotto, o, per seguire il
linguaggio di Faraday, il numero delle linee di forza che si trovano nell'aria, sarà:
47tn{s — a)i
e se Tii è il numero di giri del rocchetto indotto, l'induzione A sarà data da
A =4 TT w Wi {s — a) i.
L'induzione dovuta alla magnetizzazione del ferro, sarà invece:
Q^aniB
e, poiché:
B = fjL'F = ^nnfJitj
si ha:
Q = 4nnnifiaù
(*) Ewing, Philosophical Transactions, voi. CLXXVI, pag. 629. — Mascart et Joubert,
Legons sur VéUctr, et le magn., voi. n, pag. 718.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1^ Sem. 96
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— 786 —
Onde la induzione conaplessiva riesce espressa da :
[1] Q-f-A = Qi=r47rn»it(« — a+a/ii).
s Si indichi con g il coefficiente di nna delle eliche del Gaulard su la
spira centrale dell'altra, e con N il numero corretto di spire necessarie per
compensare la corrente indotta, così che si possa applicare la formola che
vale pei solenoidi fOliformi ed infiniti, cioè
[2] Qi=(7N/.
« Ed allora, dalle [1] e [2] risulta subito :
fl'N — 4:nnniS . -
/i = ^ — A ri
4nnnia '
od anche, se Ni ìndica il numero corretto di spire necessarie per compensare
la corrente indotta dall*elica, quando non contiene ferro, si ha.
N— N,
fi = g.
+ 1.
^Trnnia
Le quantità che compariscono in questa espressione, eccetto N, sono costanti
e vengono determinate una yolta per tutte.
s Per determinare g^ confrontai il rocchetto del Gaulard, con un roc-
chetto di induzione, il cui coefficiente era noto: e precisamente con quello
che ha servito al prof. Ròiti per la determinazione dell'ohm (0-
« Non intendo riferire in questa Nota i valori numerici, ma do, come
esempio, tre curve sole che rappresentano la permeabilità in funzione della
forza magnetizzante.
(f iO 20 30 ^ iO
(») Nuovo Cimento. Voi. XV, 1884.
ìq
70
80 SO
no
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— 737 —
« La curva I si riferisce ad un filo di ferro del Belgio, la curva II ad uno
di ferro crudo del Belgio, la III ad uno di acciaio inglese per corde da pianoforte.
« Esaminando queste tre curve, si osserva :
« 1^ Per forze magnetizzanti non molto intense, la permeabilità è mag-
giore nel ferro men crudo che nel più crudo : maggiore in questo che nell'acciaio.
8 2^ Il valor massimo della permeabilità (corrispondente al punto
d'inflessione della curva della magnetizzazione totale) , si raggiunge più presto
per il ferro dolce che per il crudo, più presto per questo che per l'acciaio.
« Ciò era stato notato da vari sperimentatori, tra i quali citerò Ewing (0
e Bowland (2).
« 3^ Per forze megnetizzanti superiori alle 50 unità [C.G.S], i valori
della permeabilità sono, con grande approssimazione, indipendenti dalla qua-
lità del ferro, dipendono dalla sola forza magnetizzante ; almeno per i cam-
pioni, diversissimi fra loro, da me cimentati.
« Noterò inoltre che la parte del ramo discendente della curva, comune
a tutte le qualità di ferro, è un ramo di iperbole equilatera di equazione :
b
''~l + aF
che è simile a quella trovata da Fròlich per la magnetizzazione totale (^).
I due coefficienti, i cui valori assoluti sono:
a =0,069 , * = 1423
possono dunque ritenersi, senza errore sensibile, appartenenti a tutte le qua-
lità di ferro: cosa questa che, per quanto io so, non è ancora stata segnalata
da alcuno.
« Le curve si riferiscono ad esperienze fatte sopra un solo filo di ferro :
ma se a questo, si sostituisce un fascio di fili della stessa qualità, si otten-
gono esattamente gli stessi valori, purché la sezione del fascio, sia tale da
poterlo considerare di lunghezza infinita.
« Se i valori di ii per forze magnetizzanti maggiori di 50 [C. G. SJ sono
sempre gli stessi, le varie qualità di ferro potranno venir definite dai valori
di fi corrispondenti a forze magnetizzanti minori, e della forza magnetizzante
che produce il massimo di ^u. E non sarà fuor di luogo insistere per toglier
di mezzo l'opinione frequentemente manifestata che quanto maggiore è la
massa di ferro di un'elettrocalamita, e tanto più sia lontana, per una me-
desima intensità della corrente magnetizzante, la saturazione.
« Bisogna però, che nella determinazione di ix , le esperienze siano con-
dotte, per le varie specie di ferro, nelle stesse condizioni. Infetti, se si deter-
minano i valori di /li, per P<50 [C.G.SJ, crescendo gradatamente la forza
magnetizzante, e dopo esser giunti ad un valore di questa abbastanza grande,
si toma a de crescere grado a grado, i valori trovati nella discesa coincidono
{}) Loc. cit. pag. 574.
(«) Phil. Mag. Voi. XLVI, 1873, pag. 140.
P) Elektrot^chn. Zeitschrift. Voi. H, 1881, pag. 139.
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— 738 —
con quelli ottenuti nella serie ascendente. Ma se si opera con uh filo iden-
tico al precedente, e mai stato magnetizzato, cominciando dalla serie discen-
dente, i valori ottenuti per fi sono alquanto più grandi di quelli ottenuti nel
modo anzidetto ; e seguitano poi a mantenersi gli stessi, anche nelle succes-
sive serie ascendenti e discendenti.
« È questo un fenomeno che, rispetto alla permeabilità, ha qualche ana-
logia con quello che Swing ha messo in rilievo rispetto all'induzione, chia-
mandolo isteresi (*).
e 2. Si può ottenere lo spostamento della permeabilità massima, e con
esso una modificazione di tutti i valori della permeabilità,, sottoponendo il
ferro, durante l'esperienza, ad una forza magnetizzante costante.
« É questo il motivo per cui furono fatte quelle due eliche identiche,
coi fili fra loro attorcigliati. In una di esse eliche, che chiamerò H , facevo
circolare una corrente costante: l'altra E, mi serviva come nelle esperienze
precedenti. Le curve ottenute in tali condizioni, hanno un andamento perfet-
tamente simile a quelle più sopra riportate. I valori della permeabilità,
quando H è chiuso sono minori dei corrispondenti quando H è interrotto,
fino a che la forza magnetizzante è inferiore a 50 [C.G.S]. Per forze mag-
giori, l'azione di H non si fa più sentire, ed i valori di jit sono quegli stessi,
comuni a tutte le qualità di ferro. L'abbassamento ài fi e lo spostamento
nella posizione del suo valor massimo, riescono tanto maggiori, quanto più
intensa ò la forza magnetizzante di H.
ti Ciò posto, mi sono domandato se sia possibile, con tale artifizio, con-
ferire ad una data specie di ferro le proprietà magnetiche di un'altra specie
di ferro più crudo. Esattamente, ciò non è possibile, ma con molta appros-
simazione sono riuscito ad ottenere da un filo di ferro dolce del Belgio, la
stessa curva della permeabilità del ferro proveniente da CoUe in Val d'Elsa,
da Lecco, e perfino dell'acciaio inglese ; cambiando opportunamente, per ogni
serie, la forza costante in H.
tt Lo spostamento della posizione del massimo di fi , dipende, come ho
detto, dalla forza Fi dell'elica H. Indicando con P2 la forza per cui si ha
il punto d'infiessione nella curva dell'induzione allorché è aperta l'elica H
ossia Pi = 0, ho trovato che per Fi minore di un certo valore y > il qnale,
come mostrerò, è proprio di ogni qualità di ferro ed ha un significato spe-
ciale, il valor massimo di fi con l'H chiusa, si osserva per una forza magne-
tizzante F<Fi-|-F«: per Vi = 9> si ha F = Fi-j-F8; per F,>y si ha
F>Fi + F,.
« Pare dunque che l'effetto di questa forza Fi sia di rendere il ferro
più crudo, 0, in altre parole, di aumentarne la forza coercitiva.
« 3. E giacché ho nominato la for;sa coercitiva, espone alcune espe-
rienze fatte col proposito di determinare questa quantità per le varie specie
(1) Loc. cit. pag. 524.
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— 739 —
di ferro, accettando per essa la definizione di Hopkìnson (Oi il quale dà
questo nome a « quella forza magnetizzante inversa, atta a smagnetizzare com-
pletamente il ferro che sia stato prima sottx)posto ad una intensa forza ma-
gnetizzante ».
« Quel valore 9), che ho più sopra nominato, misura appunto la forza
coercitiva di quella data specie di ferro.
ft Le prove le ho fatte con fili del diametro di 0^,09.
« Ed ecco come ho proceduto. Chiudendo ed aprendo la corrente nel-
l'elica E, senza mai invertirla, si ottiene T induzione temporaria, che, colla
mia disposizione sperimentale, può calcolarsi facilmente, conoscendo il numero
delle spire del Gaulard, e la forza magnetizzante. Ma prima di chiudere la E,
si mandi nella H una corrente inversa a quella mandata in E: alla nuova
chiusura di questa, Tinduzione sarà maggiore della temporaria : minore della
totale, se la corrente in H non avrà completamente distrutto il magnetismo
lasciato dalla E; ugnale, se lo avrà distrutto tutto; maggiore, se oltre ad
eliminarlo, lo avrà invertito. Crescendo dunque la corrente E , mentre si man-
tiene per H lo stesso valore, e chiudendo quest'ultima tutte le volte ed apren-
dola, prima di chiudere E , la curva deirinduzione dovuta alle chiusure della E,
intersecherà in un punto la curva deirinduzione totale; la forza magnetiz-
zante corrispondente a quel punto, sarà quella il cui effetto è distrutto dalla H.
Si comprende dunque come si possa, crescendo poi la H , trovare qual valore
di questa sarà necessario per eliminare tutto il magnetismo lasciato da una
forte corrente mandata in E. È sufficiente sempre una forza molto più debole,
come è già stato verificato da Àbria, da Wiedemann ed altri : così, per esempio,
il magnetismo lasciato da una forza magnetizzante di 120[C.G.SJ, nel filo
di ferro dolce del Belgio, vien distrutto da una forza inversa di 4 unità : nel
filo crudo da 9 unità, nell'acciaio inglese da 18 unità [C.Q.SJ.
« Se si tratta però di eliminare il magnetismo lasciato da deboli forze
monetizzanti, occorre una forza smagnetizzante maggiore per il ferro dolce
che per il crudo e per Tacciaio : e ciò forse si spiega, pensando che l'inten-
sità di magnetizzazione è in tal caso tanto maggiore quanto più dolce è il ferro.
« E già che parlo della magnetizzazione rimanente, dirò che è erronea
la credenza che essa sia minore nel ferro dolce che nell'acciaio : è dello stesso
ordine di grandezza: solo basta, nel ferro dolce, il più piccolo urto per farlo
in gran parte sparire (2).
« 4. Sostituendo al commutatore un semplice interruttore, e chiudendo ed
aprendo la corrente, si ha l'induzione /? dovuta alla magnetizzazione tempo-
raria, e che si può calcolare in misura assoluta, coUa formula:
N— Ni ... .
^ ant '
(») Philosophical Transactions, voi. CLXXVI, pag. 460.
(«) Cfr. Ewing, loc. cit. pag. 661.
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— 740 —
che si deduce facilmente dal ragionamento, più sopra fatto, per il calcolo
di /i: è da notarsi che in questo caso il numero N ha un valore assai di-
verso da quello corrispondente, ottenuto coU'inversione rapida della corrente,
« Nell'induzione temperarla, si verifica benissimo Xisleresi, quando si
compia un ciclo di magnetizzazione, crescendo cioè la forza magnetizzante,
poi tornando indietro, invertendo di segno e ripetendo, colla corrente invertita
le due serie ascendente e discendente. L'induzione temporaria, dovuta alla
chiusura o all'apertura della corrente, è sempre maggiore nella serie ascendente
che nella discendente : e gli stessi valori si ripetono colla corrente invertita.
ft È degno di nota che nella rappresentazione di /$ in funzione della
forza F, il punto di inflessione, occupa posizioni diverse nei due rami: nell'ascen-
dente si trova per un valore di F minore che nel discendente : e l'intervallo
tra questi due punti, dipende dalla qualità del ferro, ma è indipendente da
tutte le magnetizzazioni precedenti, cui sia stato sottoposto il ferro.
a 5. Sono poi passato a studiare le correnti indotte di chiusura ed aper-
tura quando il ferro, durante l'operazione, è sottoposto ad una forza magne-
tizzante costante, contraria. Per questa mi servivo al solito dell'elica H;
nell'altra E mandavo delle correnti crescenti, contrarie alla H e che aprivo
e chiudevo ogni volta: l'induzione ottenuta si calcolava come ho detto più
sopra. Essa per debolissime correnti E, si mantiene minore della induzione
temporaria (serie ascendente) ottenuta quando H è interrotta ; ma ben presto
diventa maggiore di questa. Se la forza in H è minore della forza coerci-
tiva 9) del ferro, l'induzione è sempre minore dell'induzione totale B, otte-
nuta con H interrotta ; ma se la forza in H è maggiore od uguale alla forza q> ,
allora l'induzione dovuta alla chiusura od apertura di E , si mantiene minore
della B , per valori di F minori del doppio circa della forza chiusa in H , e di-
venta maggiore dell'induzione totale per tutti i valori di F più grandi di quel
limite: e se la forza in H è convenientemente intensa, può divenire anche
il doppio di B.
« Inoltre le correnti indotte di apertura sono esattamente uguali a
quelle di chiusura.
« Sotto l'azione della forza in H il punto d'inflessione nella curva nell'in-
duzione, si sposta e si trova per un valore di F all' incirca doppio della H.
« Se in tali condizioni poi si compie un ciclo di magnetizzazione, man-
tenendo la H sempre contraria alla F , non si constata più Y isteresi, e non
v*ha nemmeno spostamento del punto d'inflessione nei due rami ascendente e
discendente.
« 6. Se invece di tenere la corrente in H costantemente chiusa, si apre
ogni volta prima di chiudere la E , l'induzione risulta maggiore di quella otte-
nuta quando H resta sempre chiusa ; ciò fino ad una forza F all'incirca doppia
di quella che si chiude in H: dopo diventa minore.
ft In tal caso il punto d'inflessione corrisponde a forze magnetizzanti
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— 741 —
minori di quella in H ; uguale ad essa nel solo caso che la forza in H sia
la forza coercitiva del ferro studiato.
« Terminerò questa descrizione sommaria, facendo notare che anche debo-
lissime forze magnetizzanti fanno sentire benissimo la loro azione sul ferro,
mentre è assoggettato ad una intensa magnetizzazione ; come del resto ha già
stabilito Lord Bayleigh (^).
« È mia intenzione di proseguire l'esperienze su questo soggetto, per
poter coordinare i fatti sopra esposti fra loro e con altri che per brevità
ho tralasciato di qui riferire; riunirò poi tutto in un unico lavoro, corre-
dandolo di tutti i dati numerici e delle tavole.
K Singrazio intanto infinitamente il prof. Bòiti, che mi è stato, come sem-
pre, largo di consigli, e mi ha fornito tutti i mezzi per eseguire questo lavoro » .
Chimica. — Sugli acidi earbossilici dei c-metilindoli {% Nota
di Giacomo Ciamician e Gaetano Magnanini presentata dal Socio
Paterno,
« Il presente ed il seguente lavoro, sui quali fu. presentata a questa Ac-
cademia una breve relazione preliminare nella seduta del 5 febbraio 1888,
vennero intrapresi allo scopo di comparare il modo di comportarsi di alcuni
derivati dell' indolo, in certe reazioni con quello dei corrispondenti derivati
del pirrolo. L'analogia che esiste fra il pirrolo e l'indolo si manifesta nelle rea-
zioni descritte in queste due note in modo veramente sorprendente e la diffe-
renza di comportamento più notevole che si riscontra, è quella di una maggiore
stabilità nei derivati indolici, dovuta certamente alla presenza del residuo
aromatico nella molecola di questi ultimi.
tf È noto che si può introdurre abbastanza facilmente il carbossile nel
pirrolo e nei c-metilpirroli {}) facendo agire l'anidride carbonica a tempera-
tura elevata sui composti potassici di queste sostanze. Questa reazione è ap-
plicabile anche agli indoli. L'indolo è pur troppo ancor sempre un composto
difficile ad aversi in quantità notevole, e noi ci siamo limitati perciò ad in-
trodurre il carbossile nei due c-metil-indoli (metilchetolo e scatole), che si
possono preparare agevolmente in grande quantità mediante le belle sintesi
di Emilio Fischer.
« I c-metilindoli non si combinano col potassio metallico, che molto
difficilmente, ma per introdurvi il carbossile non è necessario partire dalle
combinazioni potassiche, basta riscaldare, come si fa nella sintesi degli acidi
ossinaftoici un miscuglio equimolecolare del metilindolo e di sodio metal-
lico, in una corrente di anidride carbonica secca.
Q) Phil. Mag. Voi. XXin, 1887, pag. 225.
(') La nomenclatura usata in questa e nella seguente Nota è quella che io ho adot-
tata pei derivati del pirrolo nella mia Monografia su questa sostanza. Ciamician.
{?) Ciamician e Silber Gazz. chim. XIV 264, Ciamician Gazz. chim. XI, 226.
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— 742 —
« La reazione che avverrà secondo l'eguaglianza
C9H9N + Na + C0, = C9H8N-fH,
COONa
non dà un rendimento corrispondente alla teoria perchè resta sempre inalterato
una parte del metilindolo impiegato assieme ad una parte del sodio metallico.
La trasformazione dello scatole dà risultati migliori di quella del metilchetolo.
Acido a-metil-/J-indolcarbonico (metilchetolcarbonico)
CCOOH (^)
CeH^/^CCHa (a)
NH
<i Per preparare Tacido metilchetolcarbonico ^i riscalda un miscuglio di
10 gr. di metilchetolo e 3, 6 gr. di sodio metallico in una stortina rivolta
air insù, in un bagno di lega di piombo e st^no, mentre si fa passare at-
traverso alla massa fusa una lenta corrente di anidride carbonica secca. Il
sodio si discioglie lentamente nel metilchetolo con sviluppo di gaz (idrogeno ?)
e si trasforma in una massa solida e bianca. Si riscalda per tre o quattro
ore a 230^-240®, per ultimo si eleva la temperatura fino a 810^-315®. Il
metilchetolo, che si volatilizza, si condensa nel collo della storta e ricade. In
fine della operazione tutta la massa è solidificata ed ha un colore bruno o
biancastro. Il prodotto della reazione viene trattato nella stortina, in cui si
trova, prima con alcool, per liberarlo dal sodio metallico, che rimane sem-
pre in parte inalterato, e poi con acqua per discioglierlo completamente. Si
scaccia l'alcool a b. m. e si filtra il liquido alcalino, meglio ancora lo
si distilla in una corrente di vapore acqueo, per eliminare il metilchetolo,
che non ha preso parte alla reazione. Acidificando la soluzione alcalina con
acido solforico diluito ed estraendo più volte con etere, si ottiene finalmente
l'acido metilchetolcarbonico greggio, che è per lo più molto colorato. Da 10 gr.
di metilchetolo se ne ottengono 3 gr.
« La purificazione del nuovo composto è una operazione difficile e ri-
chiede molto tempo e molto materiale. Il prodotto greggio venne prima fatto
cristallizzare dall'alcool diluito bollente, perchè nell'acqua è quasi insolubile,
senza però un notevole vantaggio. Il metodo migliore è quello di fare cri-
stallizzare alcune volte il prodotto secco, dall'acetone bollente; per raffred-
damento si ottengono scagliette o tavolette rombiche quasi bianche, che con-
tengono acetone di cristallizzazione. Si seccano perciò a 100^ e la sostanza, che
resta colorata in roseo, viene purificata completamente sciogliendola in im
miscuglio di benzolo e di etere acetico, agitando a lungo la soluzione ete*
reo-benzenica con nero animale, concentrando il liquido quasi scolorato e pre-
cipitando con etere petrolico. Per ultimo si fa cristallizzare il prodotto al-
cune volte da poco etere acetico bollente.
« L'addo metilchetolcarbonico, ottenuto nel modo descritto, forma una
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— 743 —
polvere bianca, cristallina, che fonde, scomponendosi in metilchetolo ed ani-
dride carbonica a 170^-172®. Il punto di fusione, che è veramente un punto
di scomposizione, sembra non essere costante, ma dipendere dal modo di ri-
scaldamento; elevando rapidamente la temperatura del bagno si osserva un
punto di fusione più alto.
« L'analisi dette numeri, che concordano con la formola:
«C10H9NO, »
gr. 0,2740 di sostanza dettero gr. 0,6902 di COt e gr. 0,1314 di Ht 0.
• In 100 parti:
trovato calcolato per CioHtNOt
C. 68,70 68,56
H 5,33 5,14
• L*acido metUchetolcarbonico ò assai poco solubile nell* acqua, poco so-
lubile nel benzolo, più solubile nelValcool ed etere acetico, si scioglie facil-
mente nell'acetone ed è quasi insolubile nell'etere petrolico.
K Bollendo la sua soluzione acquosa si scinde in parte in metilchetolo
ed acido carbonico. La scissione avviene più prontamente bollendo la solu-
zione ammoniacale dell'acido.
Il sàie argeniico [CioHgÀ^NOt] si ottiene precipitando la soluzione
neutra dell'acido nell'ammoniaca, con nitrato argentico. Forma un precipitato
bianco, cristallino, che dette all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,1359 di sostanza dettero gr. 0^ 0516 di aigento.
« In 100 parti :
troTato calcolato .per do Ht Ag Nd
Ag 37,96 38,29
« L'acido metilchetolcarbonico d& in soluzione acquosa le seguenti reazioni :
« Con cloruro ferrico in soluzione diluita una colorazione bruna e poi
un precipitato brunastro ; in soluzione concentrata subito un precipitato bruno.
« Con acetato di piombo in soluzione concentrata un precipitato bianco.
« La soluzione acquosa del sale ammonico dell'acido metilchetolcar-
bonica dà :
« Con solfato di rame un precipitato verde mela.
• Con cloruro mercurico tm precipitato bianco.
Acido /J-metil-a-iadolcarbonico (scatolcarbonico)
C.CH3 {fi)
C5H^<(^^C-C00H (a)
NH
« La preparazione dell'acido scatolcarbonico dallo scatole, corrisponde
perfettamente a quella ora descritta dell'acido metilchetolcarbonico. Si ri-
scaldano 3 gr. di scatole per volta con 1 gr. di sodio in una corrente di
IUbndiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. . 97
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— 744 —
anidride carbonica alla stessa temp^^tura indicata nella preparazione già
descritta. La massa ottenuta Tiene trattata con alcool per eliminare il sodio
metallico, indi con acqua, ed infine distillata con vapore acqueo per scac^
ciare lo scatole rimasto inalterato. Acidificando il residuo con acido solforico
diluito ed estraendo con etere, si ottiene l'acido scatolcarbonico greggio, che
si fa cristallizzare una volta dall'alcool diluito bollente, aggiungendo carbone
animale. Per raffreddamento del liquido filtrato si ottiene il composto ancora
notevolmente colorato.
« Da 12 gr. di scatole impiegato si ottennero 3 gr. di acido cristalliz-
zato dall'alcool e 7, 5 gr. di scatole ricavato mediante la distillazione con
vapore acqueo. L'ulteriore purificazione dell'acido riusci sci(^liendolo nel ben-
zolo bollente, agitando per molto tempo la soluzione benzenica diluita, con
nero animale e precipitando il filtrato convenientemente concentrato con etere
petrolico. Si separano immediatamente aghetti colorati leggermente in giallo,
che si fanno cristallizzare ancora una volta dal benzolo bollente, ^giungendo
alla soluzione un poco d'etere petrolico.
« L'acido scatolcarbonico, così ottenuto, forma aghetti bianchi o squamette
madreperlacee che fondono a 165*^-167<*.
e L'analisi dette numeri concordanti eon la formula:
« Co Hg NOt »
gr. 0,2300 di sostanza dettero gr. 0,5790 di CO, e gr. 0,1126 di H,0.
«In 100 parti:
trovato Calcolato per Ciò H» Nd
C 68,66 . 68,56
H 5,43 5,14
« L'acido scatolcarbonico è poco solubile nell'acqua, facilmente nell'alcool
e nell'etere, meno solubile nel benzolo bollente ed insolubile nell'etere pe-
trolico.
« Fondendolo si scompone in scatole ed anidride carbonica, ma è più
stabile dell'acido metilchetolcarbonico. La sua soluzione ammoniacale resi-
ste alla ebullizione più di quella dell'acido metilchetolcarbonico.
« L'acido scatolcarbonico riscaldato con acido solforico concentrato su
di un vetro di orologio, dà una bellissima colorazione rosso-porpora, che sem-
bra essere propria solamente di alcuni derivati dello scatole. L'istessa colo-
razione viene prodotta dallo scatole e dall'a-acetilscatolo. Non danno la rea-
zione nò il metilchetolo (che produce una lieve colorazione rosea), né l'acido
metilchetolcarbonico e neppure la danno gli acidi a-indolcarbonico e /^-ihdol-
carbonico, che si ottengono dal metilchetolo e dallo scatole per fosione con
potassa caustica.
ft L'acido scatolcarbonico, che è stato ottenuto ultimamente per sintesi
da W. Wislicenus ed Ed. Arnold dall'idrazone dell'acido propionilformico (^),
(1) Beri. Ber. XX,
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— 745 —
è senza dnbbio identico al nostro, abbenchò qnesti chimici abbiano trovato
il punto di fusione de} loro prodotto un poco inferiore al nostro cioè 164^-
165.® Per ultimo è da notarsi che l'acido scatolcarbonico di H. ed E. Sal-
kowski, ricavato dalle proteine nei processi di fermentazione naturale ed ar-
tificiale, differisce notevolmente dall'acido scatolcarbonico ottenuto da noi e
Wislicenus ed Arnold, principalmente perchè la nostra sostanza non dàle co-
lorazioni con acido nitroso e con cloruro di calce, descritte da E. Salkowski,
e non dà, che molto più difficilmente, la colorazione con cloruro ferrico.
Se l'acido scatolcarbonico naturale sia perciò da ritenersi un composto di-
verso da quello prodotto sinteticamente è cosa che noi non possiamo deci-
dere, perchè potrebbe darsi benissimo, che le differenze di comportamento
rilevate da W. Wilslicenus ed Arnold, derivassero da piccole traccio di ma-
teria estranea, che accompagna l'acido scoperto da H. ed E. Salkowski.
« Per ultimo è da notarsi che l'acido scatolcarbonico dà per riscalda-
mento con anidride acetica un composto che è probabilmente la sua imminr
anidride. L'acido a-indolcarbonico, di cui l'acido scatolcarbonico e l'omologo
superiore, dà come risulta dalla nota seguente, molto facilmente Timmin-
anidride. Se si bolle l'acido scatolcarbonico con anidride acetica in un tu-
betto, si ottiene scacciando l'eccesso del reattivo e riscaldando il residuo, una
sostanza sublimata in aghetti gialli, insolubile nel carbonato e nell' idrato
sodico. Questo corpo, che non è certo, né scatole, né acetilscatolo, non può
essere altro che l'imminanidride dell'acido scatolcarbonico.
^ Crediamo utile di riunire nel seguente specchietto, in fine della pre-
sente comunicazione, le proprietà principali degli acidi scatolcarbonico e me-
tilchetolcarbonico.
acido a-metil-i9-indolcarbonico
(metilchetolcarbonico)
acido jS-metil-a-ìndolcarbonìco
(scatolcarbonico)
Punto di fasione
Con acido solforico
Con cloniro ferrico
Con acetato piombico
Con acetato ramico
Si scinde intomo a 1 700-172°
in COi e metilcbetolo.
La sua soluzione ammoniacale
dà coli' ebuUizione pronta-
tamente metilcbetolo libero.
Non dà nessuna reazione.
Dà in soluzione acquosa un
precipitato bruno.
Dà in soluzione acquosa concen-
trata un precipitato bianco.
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipitato
yerde.
Fonde a 1660-167® scompo-
nendosi in COi e scatole.
La sua soluzione ammoniacale
resiste alla ebuUizione.
Dà per riscaldamento una in-
tensa colorazione rosso-por-
pora.
Dà in soluzione acquosa un
precipitato bruno.
Dà in soluzione acquosa un
precipitato bianco.
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipi-
tato yerde chiaro.
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— 746 —
GMmica. ^- Sugli acidi earbossilici delfindolp. Nota di Gia-
como CiAMiciAN E Carlo Zatti, presentata dal Socio Paterno.
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« Oli omologhi del pirrolo non danno per ossidazione con gli ossidanti
ordinari gli acidi cùrbossilici corrispondenti, ed anche in ciò essi ricordano
i fenoli aromatici, che non si lasciano trasformare negli ossiacidi, che me-
diante speciali reazioni. Gli omologhi dell'indole si comportano analogamente,
ed è noto che p. es. il metilchetolo ossidato col permanganato potassico si
converte in acido acetil-o-amidobenzoico {^). Ci è sembrato perciò importante
di ricercare se si potessero ottenere gli acidi indolcarbonici dai c-metilindolì
per fusione con potassa caustica, come si ottengono gli acidi pirrolcarbonici
ossidando con potassa fondente le combinazioni potassiche degli omologhi del
pirrolo (^). Le nostre previsioni sono state confermate pienamente dalVespe-
rienza ed anche in certo modo saperate, inqnantochè questa reazione conduce
nella serie indolica a rendimenti molto migliori di quelli che si hanno nella
serie del pirrolo.
e II metilchetolo e lo scatole ^i convertono negli acidi a-indolcarbonico
e fi-indolearbonico.
CH CH
CsHy^C.CHs Ceai/^CCOOH
NH NH
a-metil indolo ftcido cc-indolcarbonico
(metilchetolo)
C . CHs C. COOH
C5H,<^CH CeH^/^CH
NH NH .
/9-metilindolo acido /9-indolcarbonico
(Beatolo)
« L'acido a-indolcarbonico è stato già ottenuto da E. Fischer per sin-
tesi diretta, dall'idrazone dell'etere piruvico ; la preparazione di quest'acido
dal metilchetolo è però ora il ìuetodo più conveniente per ottenerlo in grandi
quantità, perchè il metilchetolo è un materiale facile ad aversi e la fusione
con potassa dà un rendimento di acido greggio che ascende fino al 50 Vo
del metilchetolo impiegato. L'acido /9-indolcarbolico non era stato ottenuto
finora ; la sua preparazione è però assai più tediosa di quella dell'altro iso-
mero,* per le proprietà dello scatole, per il rendimento di gran lunga infe-
riore e per la difficoltà che si incontra nella purificazione del nuovo acido.
(0 Jackson Beri. Ber. XIV, 885.
(<) Ciamician, Gazz. chim. XI, 226; Dennstedt e Zimmermann, Beri. Ber. 1887, 850.
747 —
l**. Aoido a-indolcarboaico.
« Si prepara quest'acido dal metilchetolo fondendo qnest ultimo con un
peso dieci o quindici Tolte maggiore di potassa caustica in una capsula d'ar-
gento. Il metilchetolo non si combina immediatamente con l'idrato potassico
fuso, per cui è necessario impedire che il metilchetolo si volatilizzi prima
di aver potuto entrare in reazione. Questa condizione tanto importante per
la buona riuscita dell'esperienza si realizza facilmente, tenendo coperta la
capsula nel primo periodo della ftisione, con un vetro d'orologio pieno d'acqua.
Il metilchetolo si condensa quasi completamente sulla superficie convessa del
vetro e ricade nella capsula, mentre il vapore acqueo, che si genera nella
prima fase della reazione, può liberamente sfuggire, nop essendo la capsula
chiusa ermeticamente dal vetro d'orologio, che per la sua trasparenza per-
mette inoltre di seguire l'andamento della reazione.
t L'andamento dell'operazione è il seguente : Si fonde prima la potassa
sino ad eliminarvi tutta l'acqua che ordinariamente contiene e si introduce ra-
pidamente il metilchetolo (si possono impiegare in ogni operazione 5 o 10 gr. di
metilchetolo), dopo aver lasciato raffreddare convenientemente la massa fusa, si
copre subito col vetro pieno d'acqua e si comincia a scaldare moderatamente.
Il metilchetolo fonde, si volatilizza, ricade, e mentre si svolge vapor acqueo, si
converte a poco a poco in un liquido nero, denso, oleoso, galleggiante sulla
potassa fusa. Questa materia oleosa sarà probabilmente il composto potassico
dall'a-metilindolo, perchè interrompendo a questo punto l'operazione e trat-
tando con acqua la massa, si riottiene quasi completamente il metilchetolo.
Quando la materia fondente non emette più vapori di metilchetolo, si toglie
il vetro e si agita con una spatola dargento o di ferro, il contenuto della
capsula, che principia a schiumeggiare. Ora si svolge idrogeno dalla massa
nera in fusione, s^o che l'ossidazione è incominciata. La durata di questo
secondo periodo, dipende dal modo di riscaldare e dalla quantità del metil-
chetolo impiegato, si prolunga la fusione fino che lo strato superiore si è
sciolto nel resto della massa e che questa è divenuta omogenea. Lo sviluppo
gassoso rende talvolta difiScile riconoscere il vero momento per interrompere
l'ossidazione ed un poco di pratica giova in questa operazione, come già in
tutte le preparazioni chimiche un po' delicate, molto più di una lunga descri-
zione. Quando dunque si giudica conveniente di interrompere l'operazione, si
vuota il contenuto della capsula sopra una lastra di ferro e si incomincia
una nuova preparazione. La massa ottenuta ò dura, fragile, omogenea, se
l'operazione è stata bene condotta, ed ha un color bruno grigiastro. Essa con-
tiene assieme alla potassa eccessiva, ed a carbonato potassico, il sale dell'a-
cido cercato. Quest'ultimo si ottiene e si purifica flEicilmente come segue: Il
prodotto della fusione, sciolto nell'acqua, viene saturato quasi completamente
con acido solforico, in modo però che il liquido rimanga decisamente alcalino.
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— 748 —
Per raffreddamento si separa gran parte del solfato potassico, e filtrando, si
libera la soluzione alcalina dell'acido a-indolcarbonico, anche da una materia
amorfa e nera, che si forma nella fusione. Se questa venne interrotta troppo
presto il residuo solido contiene anche quantità più o meno rilevanti di me*
tilchetolo. Il liquido alcalino convenientemente concentrato e air occorrenza
filtrato, viene infine acidificato con acido solforico. Si ottieoe un abbondante
precipitato bruno o grigio-verdastro, che si filtra e si lava, dal filtrato si
può ricavare per concentrazione ed in fine per estrazione oon etere un'altra
quantità, non molto rilevante, dello stesso prodotto. L'acido a-indolcarbonico
greggio così ottenuto, viene purificato mediante una serie di cristallizzazioni
dall acqua bollente, scolorando in principio la soluzione con carbone animale.
L'acido si separa in principio in forma d'una polvere crivtallina o di croste
cristalline più o meno colorate, infine in aghetti bianchi» Volendo avere un
acido molto puro, con sollecitudine, conviene usare come solvente il benzolo.
Si fa a caldo una soluzione molto diluita dell'acido nel benzolo, in cui ri-
mane indisciolta una materia nera, si agita a lungo, il liquido filtrato, con
nero animale, si filtra e si precipita il filtrato convenientemente concentrato
con etere petrolico. L'acido si separa subito in fonha di aghettini quasi
bianchi, che fondono a 202-203 e si rammolliscono già a 196^. Facendo
cristallizzare questo prodotto ancora alcune volte alternativamente dal ben-
zolo bollente e dall'acqua bollente, lo si ottiene quasi perfettamente bianco
e fonde allora a 203-204^, senza rammollirsi sotto ai 200^, in un liquido
giallo. Nella fusione si nota appena un lieve svolgimento di gaz.
1 L'analisi dettero i seguenti risultati :
I. 0,2573 gr. di materia seccata nel vuoto, dettero 0,6365 gr. di GO^ e
0,1048 gr. di H, 0.
II. 0^676 gr. di materia seccata a 100®, produssero nella combustione
0,6586 gr. di COg e 0,1125 gr. di HtO.
« In 100 parti :
trovato calcolato per CtHiNOt
I II
C 67,46 0) 67,12 67,08
H 4,52 4,67 4,35
« L'acido a-indolcarbonico, così ottenuto, è identico a quello descritto per
la prima volta da E. Fischer (^). È poco solubile nell'acqua firedda e note-
volmente in quella bollente; per raffreddamento si separa in aghi bianchi
più 0 meno lunghi, è solubile nell'etere, nell'alcool, nel benzolo bollente, da
cui si separa in squamette madreperlacee, ed è insolubile nell'etere petrolico.
(^) n composto, che era stato cristallizzato dal benzolo, conteneva tracce di questo,
che non avea perduto completamente nel vuoto.
(«) L. Ann. 236, 141.
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— 749 —
s II sale orgenHco [G» H« Ag NOt] è stato già ottenuto da E. Fischer,
noi lo abbiamo preparato per trasformarlo nelVetere metilico. È mi precipi-
tato bianco fioccoso, che ai ottiene trattando la soluzione del saleammonico
con nitrato argentico.
a L'analisi dette i seguenti numeri:
0,1792 gr. di materia dettero 0,0718 gr. d'argento.
« In 100 parti:
troTato calcolato
Ag 40,07 40,29
« V etere metilico [G9 He (OHs) NOg] si ottiene scaldando il sale argen-
tico secco con joduro di metile in eccesso a lOO** per alcuni minuti. Si estrae
la massa con etere e si cristallizza il composto ricayato dalla soluzione eterea,
prima dall'alcool diluito e poi dal benzolo bollente. Si ottengono aghetti
bianchi che fondono a 151-152®.
« La stessa sostanza si forma pure trattando con acido cloridrico gas-
soso la soluzione dell'acido nell'alcool metilico. Si satura a 0® una soluzione
di acido a-indolcarbonico in 10 volte il suo peso di alcool metilico e si
abbandona il liquido a sé stesso per alcune ore a temperatura ordinaria.
La soluzione rossa viene indi versata nell'acqua ed il liquido saturato con
carbonato sodico. Si separa una materia rossastra, che si filtra, si lava, e si
secca nel vuoto. L'etere ottenuto viene poi purificato come sopra. Questo se-
condo metodo è naturalmente più comodo, ma dà un prodotto un po' meno
abbondante e più impuro.
« Le analisi dettero i seguenti risultati :
I. 0,2850 gr. di sostanza produssero 0,5922 gr. di GOt e 0,1141 gr. di Ht 0.
IL 0,1881 gr. di sostanza produssero 0,4744 gr. di GOg e 0,0891 gr. di Ht 0.
« In 100 parti :
taroTato calcolato per Ciò H« NOt
I II
G 68,73 68,74 68,57
H 5,39 5,26 5,14
« L'acido a-indolcarbonico dà, in soluzione acquosa, con cloruro ferrico,
una colorazione rossobruna e poi un precipitato brunastro, con acetato piom-
bico un precipitato bianco non molto abbondante. La soluzione acquosa del
sale ammonico dà con acetato di rame con precipitato verde mela.
« Gon isatina ed acido solforico concentrato si ottiene con l'acido a-in-
dolcarbonico una colorazione rosso-violetta.
a L'acido a-indolcarbonico è molto stabile ; bollendo la sua soluzione
acquosa si avverte appena la presenza di indolo libero con la reazione del
fuscello di abete. Fonde quasi senza decomposizione, e come notò E. Fischer,
può distillarsi, se si riscalda rapidamente, quasi senza alterazione. In soluzione
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— 750 —
alooolica concentrata, si ottiene con acido picrico un picrato cristallizzato in
aghi gialli, che parimenti fu notato già da E. Fischer.
« L*acido a-indolcarbonico corrisponde perfettamente all'acido a-carbo-
pirrolico e dà come questo per azione dell'anidride acetica un'imminanidride
dell'acido a-indolcarbonico, che corrisponde in tutto alla pirocolla.
Imminanidride dell'acido a-indolcarbonico.
» Per preparare l' imminanidride dell' acido a-indolcarbonico, si bol-
lono 3 gr. d* acido con 15 gr. d'anidride acetica in un apparecchio a
ricadere per 10 o 15 minuti. Durante l'ebollizione non si svolge anidride car-
bonica; il liquido giallo che risulta, viene distillato a pressione ridotta a b. m.
Besta indietro un residuo oleoso bruno, che si riscalda a bagno ad olio sem-
pre a pressione ridotta; in principio passano ancora alcune goccio di ani-
dride acetica e quando la temperatura del bagno è salita fino a circa 190®,
il liquido entra in ebollizione, spesso molto viva, e mentre si sviluppano
vapori di acido acetico, si converte in una massa solida, cristallina, nerastra.
Si bolle il prodotto ottenuto con acido acetico glaciale, in cui l'anidride in-
dolcarbonica è quasi insolubile, si filtra, dopo il raffreddamento, e si lava il
residuo con acido acetico glaciale. Il prodotto greggio, così ottenuto, viene
bollito ancora una volta con acido acetico per liberaiio da una materia ne-
rastra, che passa nel filtrato. Le soluzioni acetiche contengono, oltre ad una
materia amorfa, verdastra, che precipita per trattamento con acqua e che
non venne ulteriormente studiata, acido a-indolcarbonico rimasto inalterato,
che si riottiene svaporando le soluzioni acetiche a b. m., dopo averle libe-
rate dalla materia amorfa insolubile nell'acqua. Da 12 gr. di acido si ot-
tennero 3,7 gr. di anidride greggia e si riottennero 4 gr. di acido rimasto
inalterato. La materia amorfa dà per distillazione nuove quantità di anidride.
tt L'anidride indolcarbonica è quasi insolubile nei solventi ordinari e
venne perciò purificata ulteriormente facendola sublimare alcune volte fra
due vetri d'orologio. Si ottengono in tal modo bellissimi aghi gialli di splen-
dore serico, che si bollono infine con acido acetico glaciale, si lavano con
acqua e si seccano a 100®.
« L'inmiinanidride dell'acido a-indolcarbonico fonde, sublimando parzial-
mente, intomo ai 312-315® in un liquido nerastro.
« L*analisi dette numeri che conducono alla formula:
« C» H5 NO »
0,2454 gr. di sostanza producono 0,6804 gr. di CO» e 0,0815 gr. di Ht 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C»H|NO
C 75,62 75,52
H 3,69 3,49
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— 751 —
« L^ìmmìnanidride indolcarbonica si fonua come si vede in modo per*
fettamente analogo alla pirocolla e la sua formazione sar& forse preceduta
come quella di quest'ultima, dal formarsi di un derivato acetilìco instabile
dell'acido a-indolcarbonico. Noi non possiamo per ora decidere se essa abbia
la formula semplice O5 H9 NO oppure analogamente all'imminanidride carbo-
pirrolica la doppia formula, abbenchè ciò apparisca molto probabile in vista
del punto di fusione molto elevato e della insolubilità del composto.
« L'imminanidride indolcarbonica sarà perciò da esprimersi con una delle
due formule seguenti:
Cs H5^ N^)> oppure Cs H^ ^ ^^ . CO \ ^^ ^^
« Il suo carattere anidridico si svela nel suo comportamento con le basi:
essa resiste molto più della pirocolla all'azione della potassa acquosa, perchè
non viene quasi per nulla intaccata anche bollendola a lungo con una liscivia
di potassa molto concentrata. La potassa alcoolica concentrata la scioglie
invece prontamente a caldo, e dalla soluzione diluita con acqua si ottiene
l'acido a-indolcarbonico, acidificando con acido solforico diluito.
« Riscaldando l'acido a-indolcarbonico in un tubo chiuso con un eccesso
di anidride acetica a 220^, si elimina anidride carbonica, e si ottiene un
composto di reazione neutra, che cristallizza in aghi dall'acqua bollente, il
quale potrebbe essere identico all'acetilindolo di Baeyer. Le ulteriori ricerche
in proposito saranno continuate da uno di noi, ed avranno lo scopo di stu-
diare l'acido a-indolcarbonico da tutti i lati da cui è stato studiato l'acido
a-carbopirrolico.
2^. Acido /?-indolcarbonìco.
« La preparazione dell'acido /^-indolcarbonico dallo scatole venne es^uita
seguendo il metodo già indicato per ottenere l'acido a-indolcarbonico dal me-
tilchetolo. L'operazione *è però molto disaggradevole, perchè per quanto si
impedisca la volatilizzazione dello scatole tenendo, nel primo periodo della
fusione, coperto il crogiuolo d'argento con un vetro d'orologio pieno d'acqua,
pure non si può evitare che ne sfagga una piccola quantità, ciò che riesce
di gran tedio in causa delle ben note proprietà dello scatole, anche lavorando
sotto una cappa d'aspirazione. Si fondono 3 0 5 gr. di scatole per volta con
un peso dieci volte maggiore di potassa caustica. Lo scatole si combina con
la potassa fusa più presto del metìlchetolo, formando un liquido denso e
nero, che con vivo sviluppo dldrogeno, va man mano sciogliendosi nella po-
tassa fondente. Il punto di interrompere la fdsione è più difficile a ricono-
scersi in questa operazione, che in quella già descritta, e non vi si riesce
che dopo alcune prove. Non conviene aspettare che la massa ftisa sia dive-
nuta del tutto omogenea, perchè così operando si evita bensì di ottenne
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1» Sem. 98
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— 752 —
scatolo inalterato, ma l'ossidazione va troppo oltre ed una gran parte del pro-
dotto viene distratta. La massa solidificata, ottenuta nelle singole fusioni, ha
un aspetto simile a quella che si ottiene col metilchetolo, ma non deve es-
sere del tutto omogenea e deve contenere delle parti più colorate, che sono
poi quelle che con l'acqua rigenerano lo scatolo.
« Si scioglie tutto il prodotto nell'acqua e si filtra dalla parte insolu-
bile, che contiene tutto lo scatolo ripristinato, che si può purificare per di-
stillazione con vapore acqueo. (Da 20 gr. di scatolo impiegato se ne riotten-
nero 5 gr.). Il liquido alcalino viene acidificato con acido solforico diluito,
e senza tener conto. dell'acido che si separa, agitato molte volte di seguito
con etere. Distillando l'estratto etereo resta indietro per lo più una materia
oleosa di intenso odore indolieo, che si solidifica lentamente. Si scioglie il
residuo nel carbonato di soda, si filtra dalla parte insolubile, formata prin-
cipalmente da materie nerastre ed amorfe, e si estrae nuovamente con etere,
dopo avere acidificato il liquido con acido solforico. Il prodotto, che cosi si
ottiene, si solidifica subito ed ha un aspetto migliore. Per purificarlo lo si
scioglie in molto etere acetico bollente, si agita per molto tempo la soluzione
con nero animale e si precipita il filtrato, convenientemente concentrato, con
etere petrolico. Il nuovo acido si separa subito in forma d'una polvere quasi
bianca, cristallina, che si purifica completamente sciogliendola nella quantità
necessaria di etere acetico caldo, trattando la soluzione con etere petrolico,
e ripetendo alcune volte questa operazione. Si ottiene in questo modo una
polvere bianca, cristallina, che sublima in aghetti se la si riscalda con pre-
cauzione e che fonde in un tubetto chiuso intomo ai 214^ scomponendosi con
sviluppo di gaz. n punto di fusione non è però molto costante e sembra di-
pendere dal modo di riscaldamento.
« L'analisi diede numeri che coincidono con la formula:
« C9 H, NO, »
0,2047 gr. di matèria produssero 0,5019 gr. di CO,, e 0,0884 gr. di H, 0.
« In 100 parti:
troTato calcolato
C 66,87 67,08
H 4,79 4,35
« L'acido /9-indolcarbonico è poco solubile nell'acqua anche bollente, da
cui si separa per raffreddamento in squamette 0 pagliette senza colore; si
scioglie poco nel benzolo bollente, più facilmente nell'etere acetico, notevol-
mente nell'etere e nell'alcool, nell'etere petrolico è quasi insolubile.
» // sale argentieo [C9 H« Ag NO,] si ottiene in forma d'un precipitato
bianco, trattando la soluzione neutra dell'acido nell'ammoniaca diluita con
nitrato argentieo. Il sale seccato nel vuoto sull'acido solforico dette all'ana-
lisi i seguenti numeri:
0,3066 gr. di materia lasciarono un residuo di 0,1244 gr. d'argento.
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— 753 —
« In 100 parti :
troTato calcolato per CtH«J^NOt
Ag 40,57 40,30
B L'acido /^-indolcarbonico è notevolmente meno stabile del suo isomero;
pcaldato lentamente sublima senza fondere in aghetti senza colore, ma ri-
scaldato bruscamente, fonde con sviluppo di gaz (anidride carbonica) in un
liquido senza colore, che non si scioglie nell'ammoniaca, che dà un picrato
cristallizzato in aghetti rossi e che non può essere perciò altro che indolo.
Bollendo la soluzione acquosa dell'acido si avverte subito l'odore d'indolo,
ed i vapori arrossano intensamente un fuscello bagnato con acido cloridrico.
La soluzione ammoniacale non si scompone però più &cilmente dì quella
acquosa.
« L'acido /^-indolcarbonico non dà in soluzione eterea un picrato poco
solubile, con isatina ed acido solforico dà una colorazione violetto-brunastra.
« La sua soluzione acquosa satura a freddo dà:
« Con cloruro ferrico^ una colorazione rosso-bruna; •
« Con acetato piombico non dà un precipitato.
« La sua soluzione ammoniacale acquosa:
tt Dà con acetato di rame un precipitato verde-chiaro, solubile nel-
l'eccesso del reattivo;
« Con cloruro ferrico un precipitato rosso-bruno;
« Con acetato piombico un precipitato bianco solubile nell'eccesso.
« Le soluzioni di etere acetico e petrolico rimaste indietro nella prima
purificazione dell'acido ora descritto, contengono, oltre a questo, anche l'acido
a-indolcarbonico, che si forma nella reazione assieme all'acido /9-indolcarbo-
nico. Svaporando questi liquidi, si ottiene un residuo di intenso odore indo-
lieo, che venne sciolto in carbonato sodico e la soluzione estratta con etere.
Questo elimina una materia oleosa di odore fecale,' che arrossa vivamente
un fuscello bagnato d'acido clorìdrico, e dà un picrato cristallizzato in aghi
rossi. Sarà stato certamente indolo sebbene la quantità troppo piccola non
abbia permesso di identificarlo mediante il punto di fusione. La soluzione
alcalina, acidificata con acido solforico ed agitata con etere, cede a questo
una materia solida, che venne sciolta nell'etere acetico e trattata come sopra,
con nero animale ed etere petrolico ; si ottenne un lieve precipitato rossastro,
ma la maggior parte del prodotto rimase disciolta e scacciando il solvente
si ottenne un residuo cristallino, che non poteva essere acido /i-indolcarbonico,
perchè precipitava in soluzione annosa coll'acetato piombico. La sostanza
così ottenuta venne sciolta nell'acqua bollente, in cui non si scioglie com-
pletamente; resta indietro un residuo oleoso volatile col vapor acqueo, ma in
quantità si piccola da non poter essere studiato ulteriormente. La soluzione
acquosa, bollita con nero animale, dà per raffreddamento una sostanza, che
venne purificata facendola cristallizzare più volte dall'acqua e che fa tosto
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— 754 —
riconosciuta per acido a-indolcarbonico, al sno punto di fusione ad alle altre
sue proprietà.
a Si può dire perciò, che nella ossidazione dello scatole con la potassa
fondente si forma oltre all'acido i^-indolcarbonico anche Vindolo e special-
mente l'acido a-indolcarbonico. La formazione di quest'ultimo è dovuta cer-
tamente alla poca stabilità dell'acido /?-indolcarbonico.
« Crediamo utile di comparare, in fine di questa Nota, le principali pro-
prietà dei due acidi indolcarbonici per fame risaltare le differenze di com-
portamento.
Acido a-indolcarbonìco
Acido /}-indolcarbonico
Punto di fusione
Con acido picrico
Con acetato piombico
Con acetato ramico
Fonde a 203-204<> in un li-
quido giallo, con lieve btì-
luppo di COt.
Dà in soluzione alcoolica o
eterea concentrate un pl-
orato cristallizzato in aghi
gialli.
Dà in soluzione acquosa
precipitato bianco.
un
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipitato
verde mela.
L*acido si separa dalla sua so-
luzione nell'acqua bollente,
in cui è notevolmente solu-
bile, in aghi più o meno
lunghi.
i scompone intomo a 214®
in COt ^ indolo.
Non dà nelle stesse condi-
zioni un plorato.
La soluzione acquosa satura
a freddo non precipita.
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipi-
tato verde chiaro, solubile
neireccesso del reattivo.
L'acido precipita dalla sua
soluzione nell'acqua bol-
lente, in cui è poco solu-
bOe, in pagliette madre-
perlacee.
« Riassumendo i risultati contenuti in queste due Note si deve conchiu-
dere, che l'analogia di comportamento fra il pirrolo e T indolo è, per quanto
risguarda le reazioni descritte, assai manifesta. AUe osservazioni in proposito
già esposte più avanti aggiungeremo per ultimo ancora la seguente: che tanto
nell'indole, che nei due c-metilindoli gli «cidi carbossilici, che contengono il
carbossile nella posizione a, sono più stabili di quelli che lo contengono nella
posizione fi; questo fatto risulta tanto dalla comparazione degli acidi a-me-
til-|9-indolcarbonico e /f-metil-a-ìndolcarbonico, quanto da quella dei due
acidi a- e /9-indolcarbonici, e concorda in genere coi caratteri degli altri de-
rivati tetrolici di analoga costituzione « .
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— 756 —
Chimica. — Studi sui pirroli terziari. Nota I. di Giovanni
De Varda (0 presentata dal Socio Paterno.
« Allo scopo di stadiare il comportamento chimico del piirolo, quando
ridrogeno imminìco non è più libero, ma è sostituito da nn radicale alcoo-
lieo, ho intrapreso una serie d'esperienze, di cui pubblico ora una prima parte.
K II punto di partenza ò stato Tn-metilpirrolo e più specialmente il suo
derivato acetilìco, scoperto alcuni anni fa da Oiamicilan e Dennstedt.
« Il primo compito era quello di studiare i prodotti d'ossidazione del-
rn-metil-c-acetilpìrrolo e di compararli con quelli ottenuti dall' a-acetilpirrolo
e di stabilire poi la posizione dell' acetile, onde vedere se anche nei pirroli
terziari la sostituzione avviene di preferenza nella posizione a.
L Ossidazione deirn-metil-c-acetilpirrolo.
L'ossidazione dell'n-metil-c-acetilpirrolo venne fatta con permanganato
potassico, seguendo le norme con cui ò stato preparato l'acido pirrilgliossilico {}).
« Presi gr. 5 del suaccennato composto pirrolico, gr. 500 d'acqua ed una
piccola quantità d'idrato potassico; riscaldato il tutto l^germente aggiunsi
a poco a poco una soluzione calda di gr. 15,50 di pennanganato potassico
(un po' meno del calcolato per avere l'acido metilpirrilgliossilico) in gr. 500
d'acqua. L'ossidazione avviene prontamente e per compierla mantenni il tutto
per qualche tempo in ebollizione; distillai indi in una corrente di vapor
acqueo, ed il liquido così liberato dalla pìccola parte del metilacetUpirrolo
non ossidata, venne filtrato e concentrato a b. m.. La soluzione alcalina co-
lorata in giallo, venne acidificata con acido solforico diluito, ed estratto su-
bito con etere il nuovo acido, che però non è molto solubile in questo sol-
vente. La soluzione eterea lascia indietro per svaporamento una massa cri-
stallina colorata in giallo, che venne purificata facendola cristallizzare più
volte dal benzolo bollente, scolorando in principio con nero animale.
« Il rendimento di prodotto greggio ascende a 50 Vo del metilacetilpir-
rolo impiegato.
tt U nuovo acido si presenta in cristalli aghiformi, d'un color giallo pa-
glierino, che fondono fra 14P e 142. 5® in un liquido nero e non conten-
gono acqua di cristallizzazione. Sono poco solubili nell'acqua, nel benzolo,
meno nell'etere, si sciolgono facilmeate nel carbonato di potassio con sviluppo
d'acido carbonico ; riscaldati in un tabetto si scompongono emettendo in sul
principio vapori d'n-metilpirrolo, poi un odore marcatissimo di mandorle amare.
(}) Lavoro esegaito nelllstitato Chimico di Padova.
(*) Ciamician e Dennstedt, Gazz. XTTT, pag. 455.
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— 756 —
« I risultati dell*analisi dimostrano, che il nuovo composto è Yaeido
n-metilpirrilgliossilico della fonaola G4 H3 (GO. CO OH) N C Hs .
gr. 0,2542 dettero gr. 0,5130 di CO, e gr. 0,1059 di H» 0
« In 100 parti:
trovato calcolato per C7 H? 0« N
C 55, 04 54, 90
H 4, 63 4, 57
« Il sale argerUico (C7 He O3 N Ag) si ottiene trattando una soluzione
acquosa dell* acido, neutralizzata con anmioniaca, con una soluzione acquosa
concentrata di nitrato d*argento in piccolissimo eccesso.
il II precipitato seccato nel vuoto sopra Tacido solforico, dette all'analisi
i seguenti risultati:
gr. 0,3535 dettero gr. 0,1460 di Ag.
« In 100 parti :
trovato calcolato per Ct H« 0* N Ag
Ag 41,30 41,46
• Ho tentato d'ottenere dall'acido or descritto \ aldeide n-metilearbO'
pirrolica per eliminazione d'acido carbonico. È noto che in questo modo si può
ottenere Taldeide tiofenica dall'acido tienilgliossilico, e la stabilità dell'acido
n-metilpirrilgliossilico, maggiore di quella dell'acido piirilgUossilico, faceva
sperare che la reazione avvenisse nel modo desiderato. Però abbenchè di-
stillando l'acido in questioQe %ì formino, assieme al metilpirrolo, piccole quan-
tità d'una materia d'odore aldeidico, che potrebbe essere il composto cer-
cato, pure la scomposizione non avviene in modo da invitare ad ulteriori
esperienze in questo senso.
« Anche la distillazione dei sali dell' acido metilpirrìlgliossilico non
dette risultati migliori.
« Tentai in fine d'ottenere dall'acido chetonico, da me preparato, l'acido
carbossilico corrispondente, ma l'acido n-metilpirrilgliossilico non dà per fu-
sione con potassa Yaeido n-metilcarbopirrolico, come del resto non si può
ottenere l'acido carbopirrolico dal pirrilgliossilico.
« Per determinare la posizione dell'acetile 0 rispettivamente del residuo
.gliossilico neU'n-metilacetilpirrolo e nell'acido n-metilpirrilgliossilico, ho se-
guito il metodo col quale Ciamician e Silber (*) hanno determinato la posi-
zione dei radicali in vari derivati del pirrolo. Nel mio caso se il radicale si
trova in posizione a si deve ottenere dai composti bromurati, per ossidazione
con acido nitrico, Yimide metilbibromomaleica.
• Per accertarmi che anche i pirroli terziari bromurati si comportano
in questa reazione in modo analogo ai composti corrispondenti del pirrolo,
io ho, prima di tutto, tentato di trasformare il tetrabromometilpirrolo in
(1) Gazz. chim. 17, 262, 269.
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— 757 —
metilimide bibromomaleica, per azione dell'acido nitrico fumante. La rea-
zione avviene realmente in modo del tatto comparabile alla trasformazione del
tetrabromopirrolo in bibromomaleinimide, e nel seguente capitolo dò la de-
scrizione delle rispettive esperienze.
II. Trasformazione del tetrabromo-n-metilpirrolo
in bibrornometilmaleinimide.
« Il tetrabromopirrolo preparato da Hepp (0, dà facilmente il derivato
metilico, trattando la sua soluzione nell'alcool metilico con la quantità ne-
cessaria di potassa e joduro di metile. La reazione si compie già a tempe-
ratura ordinaria abbandonando il miscuglio per 12 ore in un vaso chiuso.
Si formano lunghi cristalli, aghiformi, bruno-scuri, che separati per decanta-
zione dal liquido alcalino, vennero ripresi con acqua e raccolti sopra un filtro.
Il composto ottenuto venne fatto cristallizzare dall'etere petrolico bollente,
aggiungendo nero animale.
« Per raffireddamento si separano lunghi aghi senza colore, che fondono
a 154^-155^ in un liquido azzurro intenso.
« All'analisi dettero numeri, che corrispondono a quelli richiesti dal-
\ /HnetilUtrabromopirrolo C* Br^ N (CH3).
gr. 0,2856 dettero gr. 0,5390 di Ag Br
« In 100 parti:
trovato calcolato per C» Ht Br4 N
Br 80,31 80,55
« Il tetrabromometilpirrolo è insolubile nell'acqua, molto solubile nel-
l'alcool e poco nell'etere petrolico anche bollente.
» La trasformazione del tetrabromometilpirrolo in bibromometilmaleini-
mide si compie facilmente per azione dell'acido nitrico fumante.
« A tre parti d'acido nitrico fumante, raffreddato con neve, aggiunsi a
poco a poco una parte di metiltetralMtomopirrolo ; la reazione è viva ed il
composto bromurato si scioglie prontamente nell'acido. Versando la soluzione
nitrica in circa dieci volte il suo peso d'acqua, si forma un precipitato bianco
e cristallino, che viene filtrato e cristallizzato più volte dall'acqua bollente.
Per raffreddamento si separano lunghi aghi leggermente colorati in giallo,
che fondono a 121®. Il rendimento ascende a circa un quarto del metiltetra-
bromopirrolo impiegato.
« Il composto cosi ottenuto è
la bibrornometilmaleinimide C4 Br, Oj N (CH3)
come lo dimostra la seguente analisi:
I. gr. 0,3748 dettero gr. 0,3072 di CO, e gr. 0,0460 di H, 0
IL gr. 0,2329 " gr. 0,3246 di Ag Br.
(1) Kalle u. C« Beri. Ber. 20, 123 P.
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— 768
« In 100 partì :
trovato calcolato per Ci E% Oi Bu N
I. IL
C 22,35 — 22,34
H 1,36 — 1,11
Br — 59.29 59,40
« È poco solubile nelVacqua ed abbastanza solubile nell'etere; è vola-
tile col vapore acqueo ed i suoi vapori hanno un odore piccantissimo e sono
molto irritanti. Con l'acido solforico concentrato a freddo non si altera, a
caldo si scioglie assumendo prima un color* violetto spurio e poi giallo ; per
addizione d'acqua si separano dei cristalli biancastri.
« Ottenuta nel modo anzidetto la bibromometìlmaleinimido, ho tentato,
seguendo il metodo di Giamician e Silber, di trasformare in questa sostanza
l'acido n-metilpirrilgliossilico dopo averlo bromurato.
« Dico subito che quest'acido per azione del bromo anche in eccesso,
tanto in soluzione acquosa, che acetica, non mi ha dato fin'ora il composto
completamente bromurato, ma bensì l'acido n-metilbibromopirrilgliossilìco.
Questo fatto è interessante, perchè ordinariamente i derivati del pirrolo ten-
dono a dare con gli alogeni i derivati completamente sostituiti.
« L'acido n-metilbibromopirrilgliossilico C^ Br» H (CO . CO OH) NCH3
si ottiene 0 trattando con vapori di bromo la soluzione acquosa dell'acido
n-metilpirrilgliossilico, oppure, meglio ancora, facendo agire il bromo sulla
sua soluzione acetica.
« Ad una soluzione &tta a caldo del composto in dodici parti d'acido
acetico glaciale, venne aggiunta la quantità di bromo corrispondente a tre
molecole per una di acido, nelle proporzioni dunque per ottenere un com-
posto tribromurato. Il bromo viene assorbito in parte dalla soluzione, con
sviluppo di calore e svolgimento di acido bromidrico, e dopo poco tempo in-
comincia a separarsi un composto bianco e cristallino. Tutto il prodotto venne
trattato con acqua ed anidride solforosa per eliminare il bromo rimasto in
eccesso. Si forma in questo modo un precipitato cristallino, che viene filtrato
e seccato nel vuoto sull'acido solforico.
« Il nuovo acido, che è bianco appena separato dall'acqua, prende dopo
qualche tempo un color giallo, che non perde anche dopo una serie di cri-
stallizzazioni dal benzolo. Da questo solvente si separa in forma di cristal-
lini gialli, che fondano cosiiantemente a 160®, decomponendosi in una massa
nera e voluminosa.
« L'analisi dette numeri che concordano abbastanza bene con quelli ri-
chiesti dalla formola C4 Br, H (CO. CO OH) N C H3.
gr. 0,2010 dettero gr. 0,2448 di Ag Br.
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— 759 —
« In 100 partì:
trovato
calcolato per
CiHaBr.NO, e Ct H* Br, NO,
Br
51,82
51,37 61,46
« I numeri, oome si vede, non lasciano alcun dubbio sulla composi-
zione della sostanza fusibile a 160^, abbenchò il* l^giero eccesso di bromo
trovato, accenni forse alla presenza di piccole traccio di un composto più
bromurato.
« L* acido n-metilbibromopirrilgliossilico è poco solubile nell' acqua ed
abbastanza solubile nel benzolo e nell'etere. Con gli alcali concentrati si
trasforma subito in una materia bianca, che è solubile nell'acqua. È pro-
babile perciò che i sali alcalini di quest'acido sieno poco solubili nelle so-
luzioni concentrate degli idrati e dei carbonati alcalini.
« L'acido n-metilbibromopirrilgliossilico si scioglie abbastanza difficil-
mente nell'acido nitrico fumante raffreddato a — 10®. Se si tratta con acqua
la soluzione nitrica Mta a freddo, si ottiene assieme ad una materia oleosa,
che è probabilmente un nitro-composto, una sostanza cristallina estraibile
con etere. A temperatura ordinaria non si ottiene coll'acido nitrico, che que-
st'ultima sostanza.
« Piobabilmente questo composto cristallino è la metiUmide bibromo-
maleica, sebbene la quantità, che ho ottenuta fin'ora, non m'abbia permesso
di constatarne col rigore necessario l'identità.
« Se il composto in questione è realmente, come io lo credo, la metil-
bibromomaleinimide, l'acido n-metilbibromopirrilgliossilico non può avere
altra costituzione che la seguente :
CBr
CH
\
CBr
C. CO. COOH
CHa
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1» Sem.
99
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— 760 —
Fisiologia. — Llteriori ricerche istologiche sul cervello fetale.
Nota del dott. Q. Magini, presentata dal Socio Moriogia.
« In altra Nota (0 ho descrìtto il risultato di alcuni stu(U intomo alla
istogenesi cerebrale di vari mammiferi, risultato che credo qui opportuno
riassumere breyemente:
« P Le cellule nervose, le cellule di nevroglia e le fibre nervose del
cervello fetale (di uomo, di cane, vitello, coniglio, cavia) presentano delle
varicosità singolari, che non si riscontrano nel cervello adulto.
« 2'' La forma predominante delle cellule nervose nel feto non è affatto
quella che d'ordinario si rinviene nell'adulto, ma è assai analoga alla forma
che hanno le piccole cellule nervose della fascia dentata del pie' d'Ippocampo
nell'adulto.
« Non avendo nel precedente lavoro potuto decifrare il significato di
queste varicosità, le quali, per certi dati che offrivano, m'inducevano a cre-
dere avessero qualche importanza sulla istogenesi del cervello, volli ricercare
in perìodi fetali meno avanzati per rìntracciare donde esse originassero e come,
e possibilmente quale ne fosse la natura.
tf A tal uopo ho usato di preferenza la reazione nera del Golgi, sola, od
associata alla colorazione colla ematossilina di Ehrlich (^) ; ed ho assunto come
materìale di studio cervelli di feti vaccini della età di 3 a 4 mesi (me li
procurava viventi al mattatojo di Roma) che ancor caldi poneva nella miscela
osmio-bicromica.
« Ora dirò in breve delle particolarìtà istologiche, che mi fu dato rile-
vare, studiando le sezioni verticali degli emisferì, le quali comprendevano lo
spessore che corre dalla superficie libera del cervello aUa cavità dei ventrì-
coli laterali.
« P Le cellule epiteliali cilindrìche, che rìvestono la cavità dei ven-
trìcoli, sono piuttosto sottili (,u 4 a 6 in generale), e si continuano, ciascuna
di esse, in un filamento sottilissimo, che a guisa di raggio si porta verso la
superficie del cervello, fin dove spesso ho potuto seguirlo dopo che ha attra-
versato tutto lo spessore (circa mUl. 3) della sostanza midollare e corticale;
in modo che nell*insieme tutti questi filamenti danno l'aspetto di una elegante
0) G. Magini, Nevroglia e cellule nervose cerebrali nei feti. Atti del XII Congresso
medico. Pavia, 1888 (con una tavola).
(«) Acqua lOO»*-
Alcool assoluto 100<»O"
Glicerina 100««-
Acido acetico cristall 10««-
Ematossilina 2 grammi.
AUume in eccesso. Esponi lungo tempo alla luce.
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— 761 —
raggiera. I filamenti misurano in genere da 1 a meno di un micromillimetro, e sono
leggermente più grossi nel tratto di continuazione colle cellule epitebiali.
Finora non mi venne fatto di vedere diramazioni latei-ali nei filamenti, tranne
in qualcheduno verso l'alto della corteccia. Mi riserbo però, anche a questo
scopo, di fare tagli in diverse direzioni.
« 2^ La maggior parte di tali filamenti presenta lungo il decorso ricchezza
di rigonfiamenti o varìcosità sferoidali (a distanze talora regolari, talora variabili)
di varia grossezza e precisamente le più grosse varicosità che misurano 9-12 jeì
in generale, si trovano presso le cellule epiteliali, mentre le meno grosse che mi-
surano 6-8 fi per lo più sono intercalate lungo il tratto dei filamenti che comprende
la sostanza corticale ; e finalmente la porzione dei filamenti che decorre nella
sostanza midollare o&e assai rare varicosità e anche qui, anzi più che al-
trove, in molti tratti i filamenti si offrono come fatti da serie lineari di pic-
colissime granulazioni: questa limitata rarità di rigonfiamenti parrebbe im-
portante nel senso di non doverli riferire a semplici varicosità.
« Oltre i filamenti ricchi di varicosità se ne trovano altri, non arri-
vanti fino all'epitelio, con poche, ed altri pure che decorrono senza (0-
« 3^ In vicinanza dell'estremo limite superiore della sostanza grigia
si osserva qualche rarissima cellula nervosa abbozzata, cioè con pochi e corti
prolungamenti rivolti principalmente verso la superficie estema del cervello.
Si trova ivi pure qualche cellula nervosa gemella.
« Finora non sono riuscito a trovare rapporti terminali dei filamenti colle
cellule nervose ora dette. La complicata disposizione dei vari elementi isto-
logici però sfida qualunque descrizione, e pef farsene una giusta idea è meglio
ricorrere alla fig. 1.
« 4^ Dopo aver tentato inutilmente la successiva colorazione delle se-
zioni (già tinte in nero dal nitrato d'argento) con vari liquidi coloranti, trovai
finalmente nella ematossilina di Ehrlich quel che mi occorreva per dilucidare
la natura di molte varicosità. Infatti questa ematossilina modifica in alcuni
luoghi il prodotto della reazione nera di Golgi in modo, che per questo mezzo
ho potuto constatare nelle varicosità la presenza del nucleo, colorantesi in
violetto, e circondato da una minima quantità di protoplasma; per cui molte
varicosità rimangono constatate quali cellule (Vedi fig. 2). Le cellule
cosi colorate dalla ematossilina sono in numero sterminato, specialmente nella
corteccia, e presso l'epitelio ependimale, mentre sono rare nella sostanza
midollare e nella zona superficiale di sostanza bianca (Vedi fig. 1 B).
Non tutte le cellule colpite dalla ematossilina si trovano in continuazione
coi filamenti come si osserva nella fig, 2 ; ma v'ha di queste cellule che stanno
di fianco, o sopra, o sotto ai filamenti senza che vi abbiano apparentemente
(^) Vedi fig. ] /. Dove ne ho rappresentato un certo numero insieme, ma in realtà
si trovano qua e colà irregolarmente sparsi.
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— 762 —
alcun rapporto. Il che potrebbe anche dipendere dall*aver reso inTÌsibili con
i due reattivi molti filamenti, o che alcune di quelle cellule con questi non
abbiano rapporto.
« Prima di concludere non mi sembra fuor di proposito ricordare quanto*
finora si conosce di più preciso intorno alla istogenesi cerebrale, in seguito ai
lavori di KdUiker sul coniglio (^) per poter fare un confronto coi rÌBultati
delle mie ricerche. Secondo Edlliker la parete del cervello consiste origina-
riamente in cellule omogeneej allungate, e disposte radialmente ; in seguito
questa parete si divide in due strati, Testemo dei quali contiene Tabbozzo
della sostanza grigia. La sostanza bianca consiste originariamente in fibrille
delle più delicate e piccole. Per ciò Romiti (^) dice doversi ammettere che
la sostanza bianca in origine non consiste che in prolungamenti di cellule
nervose.
« Ora faccio osservare che tale ipotesi diventa tesi se si rifletta a quanto
ho potuto rilevare per mezzo della doppia colorazione fatta col metodo ar-
gentico di Golgi prima, e coll^ematossilina di Ehrlich dopo. Infatti i filamenti
che traversano e concorrono a costituire la sostanza midollare (almeno molti
se non tutti) essendo in connessione con le cellule sferiche, che^abbiamo detto
essere in numero stragrande nella sostanza corticale, parrebbero dover essere
piuttosto fibre nervose.
« Conclusione. Il significato di molte varicosità rimane sufficientemente
spiegato da quanto ho esposto; cioè molte di esse sono cellule sferiche le
quali da un lato sono connesse colle cellule epiteliali dell'ependima, e più
in alto reciprocamente tra di loro per mezzo di sottilissimi filamenti radiali
di cui si disse, lungo i quali sembrano infilate come gli acini di una corona
da rosario.
a La connessione dei filamenti radiali, colle cellule epiteliali dei ventri-
coli ricorda in qualche modo la disposizione di varie cellule nevroepiteliali
degli organi sensoriali, tanto che si sarebbe invitati a supporre ohe Tepitelìo
ependimale dei ventricoli cerebrali possa rappresentare un organo sensoriale
intemo.
« Finalmente si potrebbe credere, che quelle cellule sferiche (varicosità),
probabilmente rappresentanti le future cellule nervose della corteccia cerebrale,
si originassero da successive scissioni delle cellule epiteliali dell*ependima; o
in altri termini potrebbero per avventura le cellule epiteliali ependimali essere
la matrice d*origine di cellule nervose e quindi anche di fibre nervose ce-
rebrali ?
(1) Romiti, Lesioni di embriogenià umana e comparata dei vertebrati. Parte n. Svi-
luppo del sistema nervoso. Siena 1882, pag. 69.
(*) Romiti, loco citato.
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— 768 —
Fig. 1.
Fig. 2.
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE
Fig. 1. X 250 circa. E, Cellule epiteliali cilindriche dei ventricoli laterali del cervello
di feto vaccino al 4^ mese
K. Varicosità (cellule sferiche) inserite sui filamenti continuantisi colle cellule
epiteliali.
M. Sostanza midollare con filamenti radiali, e scarse varicosità (cellule sferiche).
C, Sostanza corticale ricca di filamenti radiali, e di cellule sferiche, ff Cellula
nervosa abbozzata. Cg. Cellula nervosa gemella, in cui la scissione non si è ancora
completata.
B. Zona superficiale di sostanza bianca con scarsissimi filamenti e rarissime cel-
lule, sferiche, fusiformi, triangolari.
Fig. 2. X 600 circa. S. Tre cellule sferiche della corticale, con grosso nucleo n, n'^n"
e una traccia di protoplasma airintomo, inserite sopra un filamento. (Colorazione Golgi,
e poi ematossilina Ehrlich).
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— 764 —
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
G. La Valle. StU Diopside della « Bome de' Brota » presso Ala.
Presentata dal Socio Struver.
G. MiNQAZziNi. Stdla fina struttura della Substantia nigra Som-
meringa. Presentata dal Socio Todaro.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Struver, a nome anche del Socio Blaserna, legge una Re-
lazione colla quale approvasi l'inserzione negli Atti accademici, della Me-
moria dell* ing. G. La Valle intitolata: SulDiopside della ^Bome de*Brous^
presso Ala.
Il Segretario Blaserna, a nome dei Soci Tommasi-Crudeli, relatore,
e Cantoni, legge una Relazione sulla Memoria dei dottori E. Bonardi e
G. G. Gerosa, intitolata: Nuove ricerche intorno all'azione di alcune
condizioni fisiche sulla vita dei microrganismij concludendo per l'inserzione
del lavoro negli Atti accademici.
Le conclusioni delle Commissioni esaminatrici, messe partitamente ai
voti dal Presidente, sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono^ segna-
lando le seguenti inviate da Soci.
T. Taramelli. Relazione alla Sottocommissione geodinamica sulla di-
stribuzione delle aree sismiche nell'Italia superiore e media.
A. Db Zigno. Nuove aggiunte all'ittiofauna dell'epoca eocena.
N. voN KoKSCHARow. Moterialien zur Mineralogie Russlands. Zehnter
Band.
Lo stesso Segretario presenta il Voi. XII delle Osservazioni astrono-
miche eseguite all'Osservatorio di Pulkova e pubblicate dal Socio 0. Struve,
contenente la Memoria del sig. A. Wagnsh: Bearbeitung der Rectaseen-
sionsbestimmungen fùr die Epoche 1865. 0; presenta inoltre la pubblicazione
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— 765 —
di J. Db Ouerne: Excursiom soologiques dans les tles de Fayal et de
San Miguel {Agores), inviata in dono air Accademia a nome di S. A. B.
il Prìncipe di Monaco.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blasbrna dà comonicazione della corrispondenza relativa
al cambio d^li Atti.
Bingraziano per le pubblicazioni ricevute:
«
La Società siciliana di storia patria di Palermo ; il Museo britannico e
la Società Beale di Londra; 1* Accademia delle scienze di Zagabria; la So-
cietà geologica e di storia naturale di Ottawa; la Società filosofica di Cam-
bridge; le Società archeologiche di Londra e dì Filadelfia; l'Istituto Smithso-
niano di Washington; l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest; il Museo
di zoologia comparata di Cambridge Mass. ; TOsservatorio di Pulkowa ; rUni-
versità di Oxford; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Bingrazia ed annuncia l'invio delle proprie pubblicazioni:
La Società di scienze naturali di Francoforte s. M.
ELEZIONI DI SOCI
Nell'adunanza generale del giorno 26 maggio 1888, si procedette alla
elezione del Presidente, del Vice-presidente, dell'Amministratore e dell'Am-
ministratore aggiunto, scaduti dalla loro carica a termini dell'art. 5 dello Sta-
tuto accademico.
Lo spoglio delle singole votazioni, eseguito dai Soci Moriggia e Tom-
MASiNi, dette i risultati seguenti:
n Socio Briosghi venne eletto Presidente con 43 voti su 44 votanti
(conferma).
Il Socio FioRELLi venne eletto Vice-presidente con 37 voti su 45 vo-
tanti (id.)
Il Socio Barilari venne eletto Anmiinistratore con 44 voti su 45 vo-
tanti (id.).
Il Corrispondente Cerruti venne eletto Amministratore aggiunto con
45 voti su 46 votanti (id.).
P. B.
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RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze morali, storiche e filologiche.
Sedida del 17 giugno 1888.
G. PioRBLLi Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — n Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle
Notme per lo scorso mese di maggio , e lo accompagna con la Nota
che segue :
« Nuotì avanzi di antiche vie romane si discoprirono in Milano (Re-
gione XI), dopo quelli dei quali si disse nelle comunicazioni precedenti
{Notizie 1888, p. 128); e resti di antiche fabbriche pure tornarono all'aperto
in quella città nei lavori per le nuove costruzioni in via Giulini.
« Nel comune di Castelletto Ticino, nelle contrade Caseine Bagor e
Motto della Forca, si esplorarono tombe con olle cinerarie, simili a quelle
della vicina Golasecca, la cui necropoli si estendeva ampiamente.
■ Nel territorio di Ghemme fu scoperto un cippo con iscrizione latina
votiva; in Fontanetto Po un ripostiglio di monete imperiali del III secolo
dell'era nostra ; ed in Torino altre tombe del sepolcreto romano nel nuovo
quartiere di via Foggia, al di là della Dora.
« Nuove indagini per riconoscere i limiti della necropoli felsinea si
fecero fuori porta s. Isaia (Regione YIII) in Bologna ; e furono ritrovate alcune
epigrafi latine in Montefalco nell'Umbria (Regione VI), iscrizioni già edite
sulla fede di antichi apografi.
■ Molte iscrizioni marmoree, per lo più frammentate, restituirono gli
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1« Sem. 100
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— 768 —
scavi del suolo dì Roma (Regione I); ma sono tutte funebri, e comuni, eccettuate
due onorarie, poste da prefetti della città, tra il secolo IV e Y dell'era volgare.
« Merita speciale riguardo un'iscrizione mutila relativa al corpus pisca-
torum urinatorum^ cioè alla associazione dei palombari del Tevere, intomo
al quale collegio si hanno scarse notizie. Il nuovo frammento estratto dall'alveo
del fiume presso i bagni di Donna Olimpia, ha dato materia ad una Nota del
eh. dott Htilsen, che col sussidio di altri titoli, ne ha restituito il testo.
« Si recuperarono pure numerosi fittili iscritti, e sculture ; tra le quali
è degna di essere ricordata la statuetta di un Amore dormiente, scoperta nella
nuova via Cavour sotto la chiesa di s. Francesco di Paola.
e Ma di straordinario pregio artistico, anche per la finitezza della esecu-
zione, è un'Erma bicipite di bronzo, ripescata nell'alveo del Tevere, presso
la sponda di Marmorata. Rappresenta Bacco giovine, coronato di edera.
« Fu esplorata gran parte di una Terma di villa rustica nei pressi di Men-
tana, e vi si notò che, pei restauri fatti all'edificio nei tempi bassi dell'impero,
si adoperarono materiali tolti dai monumenti della prossima via Nomentana.
« Un'epigrafe arcaica assai deperita fu scoperta presso l'abbadia di Yal-
visciola sotto Sermoneta.
e In Santa Maria di Capua Yetere si disotterrarono tombe romane
neir ex-convento di s. Pasquale ; ed in Sorrento fu rimessa in luce una statua
atletica di buona arte, portante inciso il nome dell'artefice greco *A^Qoòi<f€vg^
dal quale fu scolpita.
« Un ripostiglio di armi di bronzo fu trovato in contrada Castellano nel
comune di Ripatransone nel Piceno (Regione Y). Sono tutti grandi pugnali
a lama triangolare, quali si rinvennero in Castione dei Marchesi nella pro-
vincia di Roma, ed in Camposacro presso Loreto Aprutino nella provincia di
Teramo. Un saggio di tali armi, rappresentante i loro vari tipi, fu aggiunto
alle collezioni del Museo preistorico di Roma, per generosità del sig. mar-
chese Bruti.
• Di somma importanza è un firammento epigrafico scoperto nell'abbadia
di Farfa presso Fara di Sabina, di cui tratta una Nota del R. Commissario
comm. Gamurrìni. Dalla reintegrazione di tale frammento risulta, che l'impe-
ratore Commodo, vivo il padre, cioè tra gli anni 177-180, restaurò un tempio
che sorgeva nel luogo della celebre abbadia, e le cui fondamenta ora appa-
riscono per la prima volta.
e Yarie tombe si scoprirono nel territorio dei Pelignì a Prezza, a Sulmona
ed a Raiano, dal quale ultimo paese si ebbe pure un'iscrizione latina funeraria
arcaica.
» In Brindisi (Regione II) furono dissepolte due statue mutile, l'una
togata, l'altra con lorica, abbellita da rilievi rappresentanti una Gorgone ed
un trofeo. Furono donate ambedue alla raccolta pubblica cittadina.
e II fascicolo che mi onoro di presentare contiene inoltre un'ampia rela-
zione del prof. A. Salinas, sopra un tesoro di cento ed una monete antiche
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— 769 —
dì allento, scoperto in Sicilia nella regione occidentale dell'isola ed acqui-
stato pel Museo nazionale di Palermo. I tipi rappresentati sono 1 di Atene,
2 di Reggio, 2 di Agrigento, 1 di Camerina, 8 di Catania, 1 di Erico, 7 di
Gela, 1 di Himera, 3 di Leontini, 11 di Messana, 4 di Motya, 1 di Segesta,
1 di Selinunte, 21 di Siracusa, 13 Punico-Siculi. Alla relazione del prof. Sa-
linas sono aggiunte tre tavole a fototipia, rappresentanti i pezzi più notevoli
di questo insigne trovamento ; il quale, mentre ha arricchito la raccolta nu-
mismatica palermitana, ha fatto acquistare alla scienza nuovi e preziosi dati y> .
Bibliografia. — H Socio Ferri presenta Topera del prof. R. Benzoni :
Dottrina dell'essere nel sistema Rosminiano, colle parole seguenti:
« Ho Vonore di presentare all'Accademia, da parte dell'autore prof. Ro-
berto Benzoni, che insegna filosofia nel regio Liceo Galilei di Firenze, un libro
da essa giudicato e premiato nell'ultimo concorso ai premi ministeriali per
le scienze filosofiche e sociali.
« È intitolato: Dottrina dell'essere nel sistema Rosminiano — Genesi,
forme e discussione del sistema (Fano, Tipografia Sonciniana, 1888). L'opera vo-
luminosa ha subito poche variazioni dopo il giudizio dell'Accademia e la rela-
zione che ne fece il nostro collega Bonatelli. Essa si divide in tre parti:
una introduzione, una esposizione ed una discussione e conclusione. Nella intro-
duzione l'autore discorre delle condizioni odierne della filosofia, sostenendo
le ragioni della metafisica contro coloro che la vogliono bandita dal numero
delle scienze filosofiche. Senonchò, trattando degli uffici e del fine di questa
sintesi suprema delle umane conoscenze, egli stabilisce le condizioni da cui
dipende il suo valore scientifico. Egli non la vuole né fondata a priori sopra
idee astratte o sopra ipotesi poco o mal connesse coi fatti, e neppure am-
mette che sia un insieme di postulati derivanti dalle idee morali e dal sen-
timento che ne è la radice, e molto meno che si restringa ad un* opera d'arte
diretta a procurare allo spirito un alto godimento estetico.
« La metafisica aspira all'unità del sapere e per essa all'unità dell'es-
sere, elaborando gli ultimi rìsultamenti delle scienze circa i loro oggetti su-
premi, collegandoli ed armonizzandoli fra loro e colle leggi del pensiero, in
guisa che, sia per mezzo delle proprie analisi, sia mediante i portati delle
discipline positive, essa si fonda sulla esperienza e sul reale. Quivi è il prin-
cipio della ricerca speculativa, e la meta, per quanto sia alta e per quanto
numerosi sieno i gradi intermedi, non può esserne separata.
« Da questa ampia introduzione abbiamo la prova che T autore si è ac-
cinto alla esposizione e discussione del sistema rosminiano con uno -studio
particolare della storia della filosofia e segnatamente delle dottrine, che hanno
più stretta relazione con esso. La speciale attenzione da lui data al metodo,
in questa parte del suo lavoro, si riscontra nella esposizione e nella discus-
sione del sistema, o piuttosto del principio, che è il soggetto di questo libro;
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— 770 —
il quale per altro, benché ristretto, nel titolo e nello scopo principale, all'idea
metafisica deir essere, abbraccia nondimeno tutte le parti più sostanziali del
sistema rosmìniano e vi penetra talvolta profondamente collegandole col con-
cetto supremo, che ne è il centro.
« Questo lavoro del prof. Benzeni non si limita, come gli altri apparsi
finora in Italia sullo stesso argomento, sia ad esporre la dottrina del Rosmini
suirEssere, ricavandola soltanto dal Nuovo Saggio mila Origine delle Idee,
sia a discuterla, ripetendo le crìtiche dirette al filosofo roveretano dal Gio-
berti, dal Mamiani, dal Testa, dal Franchi, dal Bertini e dalla scuola dei
neo-tomisti. Tanto la esposizione quanto la discussione consacrate dal Benzonìr
alle dottrine del Bosmini si distinguonojper una compitezza di analisi e indi-
pendenza di giudizio, che certo non sono fira i minori pregi di questo volume.
« Mediante uno studio accurato e paziente l'autore ricerca in tutte le
opere del Bosmini le formolo variate nelle .quali si presenta il supremo con-
cetto dell'Essere e le fasi successive, per le quali passò il suo pensiero spe-
culativo dal Nuovo Ss^gio, che si può riguardare come la prima forma della
sua dottrina, ai cinque volumi della Teosofia, che, pubblicati dopo la sua
morte, ne sono pure la ultima espressione.
« L'autore ha messo in chiaro il posto che nello svolgimento delle idee
speculative del Bosmini si deve assegnare alla sua Logica e al suo Saggio
storico-critico sulle categorie e la dialettica. Fondandosi sopra notizie biogra-
fiche e sopra considerazioni intrinseche e nessi di dottrina, l'autore, con acuto e
coscienzioso esame, ci mostra il processo ascensivo della mente di Bosmini
nei gradi di una speculazione sempre più ardita e indipendente, in guisa
che noi ne vediamo corrispondere il movimento alle tre forme da lui stesso
assegnate al pensiero filosofico nel suddetto Saggio storico-critico, e cioè al
pensiero comune, al pensiero dialettico e al pensiero trascendentale assoluto.
« Il Benzeni ci mostra il filosofo italiano, dapprima intento fin dalla
più giovane età a ideare un sistema, ossia un' idea dell' Essere uno e trino
in servigio della teologia: poi, scosso dalle polemiche poderose dei filosofi
suoi avversari intorno alla parte che concerne direttamente la natura della
verità e il valore della conoscenza, cedere in parte alle obbiezioni, modificare
con sincero amor del vero le sue formolo, mettere in pratica quello sforzo
di conciliare dialetticamente le opposte sentenze, che fu una delle norme
ed abitudini costanti del suo ingegno; e, crescendo di libertà e di ardire,
accostarsi nella logica al concetto Hegeliano dell'unità fondamentale dell'essere
e del pensiero; e finalmente nel Saggio storico-critico più volte mentovato,
cercare, nello studio profondo dei sistemi metafìsici, le traccie delle forme im-
perfette del pensiero speculativo che precedono quella in cui la dialettica
conduce alla forma assoluta. Nel libro del Benzeni condotto con singolare ac-
curatezza di analisi possiamo conoscere il pensiero metafisico di Bosmini nella
sua realtà storica.
« Tanto dal lato psicologico o antropologico, quanto nell'ordine speculativo,
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— 771 —
lo studio della mente dì questo grande è profondamente istruttÌYO. Addetto, fin
dalla prima giovinezza, per tradizioni patrie e di famiglia, al cattolicismo ; le-
gato per vocazione e libera scelta, agli obblighi del sacerdozio, egli nondimeno si
afi&ancò talmente dalle pastoie del dogmatismo scolastico e dal servOismo della
lettera che uccide, st purificò talmente nello spirito che vivifica, da congiungere
pacificamente in so il sentimento religioso e la sostanza della religione da lui
professata colle più ardimentose indagini e speculazioni della filosofia moderna.
« Il Benzeni nulla ha trascurato di ciò che può servire a far conoscere
questo altìssimo ingegno.
■ Il suo lavoro riempie una lacuna nella Storia della Filosofia Italiana » .
Storia. — Censimento della popolazione di Roma dal 1686
al 1715. Nota del Corrispondente Narducci.
« Il censimento della popolazione di Boma nel periodo dei 30 anni che
corsero dal 1686 al 1715 è complessivamente inedito, ed il più antico che si
abbia per una serie non interrotta di anni. Soltanto dal 1716 in poi, come
supplemento al Cracas, si pubblicarono a cura del governo pontificio degli
Annuari col titolo Notizie di Roma, poi cangiato in altri, contenenti lo stato
annuale delle anime, dall'una Pasqua all'altra, suddiviso in diverse categorie.
Da certo tempo inoltre venivano anche annualmente in luce dei fascicoli in
foglio contenenti il medesimo stato. Vero è che Francesco Cancellieri Q) dio
un elenco della popolazione, dei nati e dei morti in Boma dal 1702 al 1816;
nelle seguenti tabelle per altro si hanno indicati, per soprappiù, le famiglie,
i maschi e le femmine. Oli elementi per istendere la prima di queste ta-
belle furono tratti da una saltuaria collezione manoscritta ufficiale di stati
annuali, che va dal 1686 al 1695, proveniente dal Vicariato di Boma, ora
conservata nella biblioteca Angelica (^), e le cui lacune possono facilmente
essere supplite dai riassunti decennali che accompagnano gli stati di ciascun
anno (^). Fonte tanto più pregevole, se si consideri che nell'attuale archivio
del Vicariato, siccome vengo assicurato, non si hanno statistiche risalenti al
tempo di che ci occupiamo. A titolo di curiosità storica giovi conoscere che
questi più antichi stati erano divisi per parrocchie nelle seguenti categorie :
(*) Lettera al doti. Koreff sopra il Tarantismo, Varia di Roma, ecc. Roipa, 1817, p. 74.
(S) Mas. 1944, 1945 e 1946.
(') Ayrerto inoltre che'nella tabella seguente ho dovuto fare le seguenti modificazioni,
affinchè il numero dei maschi e delle femmine fosse d'accordo con quello della popolazione,
a. 1690 pop. 126641 corr. 129631
1693 130655 130255
1697 # 133894 133179
1698 133874 133471
1699 135089 135086
La necessaria modificazione di qualche entità, fatta all*a. 1690, resta pienamente
giustificata dal numero della popolazione degli anni 1689 e 1691.
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— 772 —
Case e famiglie — Vescovi — Preti — Frati e religiosi — Monache —
Collegiali e scolari — Cortegiani de* SSS^ Cardinali et altri — Poveri
d'Ospedali — Carcerati — Maschi d'ogni età — Femine d'ogni età — Atti
alla comunione — Non atti — Comunicati — Non comunicati — Mere-
trici— Mori— Pinzoche o Beghine— Tutti insieme.*! Nati ed i Morti
non appariscono che dal 1702 in poi. Trascurando le altre, mi sono attenuto
a quelle di tali categorìe che sono le più importanti.
a A facilitare poi le deduzioni storiche e clìmatologiche che possono
Stato annuo della popolazione di Roma dal 1686 al 1715.
Anni
Popolazione
Famiglie
Maschi
Femmine
Nati
Morti
1686
121183
27121
70529
60654
1687
123151
26834
71681
51470
1688
126117
26337
73891
52226
1689
126440
25947
73849
52591
1690
129631
27623
75847
53784
-
1691
131634
28784
77770
53864
1692
129284
28743
75770
53514
1693
130255
29222
76938
53317
1694
131192
28858
76865
54327
1695
130826
30109
76563
54263
1696
131603
29898
77849
53754
1697
133179
28924
78377
54802 .
1698
133471
29606
77266
56205
1699
135086
29536
78371
56715
1700
149447
30782
88929
60518
1701
141784
32324
83751
58033
1702
138568
34442
80473
58095
3662
2947
1703
134528
34031
78278
56250
4317
3725
1704
133625
32166
77114
56511
3402
3085
1705
132104
30773
77011
55093
3779
3026
1706
132176
32025
76491
55685
4506
4176
1707
133128
31687
76992
56136
4248
3584
1708
134562
30879
77469
57093
3530
4812
1709
134262
31486
78993
55269
4396
6463
1710
132070
32702
76102
55968
4309
6533
1711
132979
36334
77150
55829
4252
5127
1712
133829
31384
77580
56249
4187
4855
1713
132567
31951
7^95
56372
4029
4772
1714
134050
31194
77081
56969
4080
4777
1715
136287
31621
78612
57675
4056
4605
T ■ J
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— 773 —
trarsi dalla prima delle seguenti tabelle, mi è parso utile di costruire la
seconda, dalla quale emergono a colpo d* occhio le differenze in più o in meno
per ciascuna categoria rispetto ali* anno precedente. Il notevole aumento del-
Tanno 1700 è da attribuire alla solennità dell'anno santo, aperto da Inno-
cenzo XII e chiuso da Clemente XI, quando i soli forastieri alloggiati negli
ospedali ascesero a 328,390 (0; onde non è maraviglia che parecchi fermassero
in Boma più o meno lunga dimora.
Proporzione di ciascun anno
rispetto al precedente.
Anni
Popolazione
Famiglie
Maschi
Femmine
Nati
1
Morti
1686
1687
+ 1968
- 287
+
1152
+ 816
1688
+ 2966
- 497
+
2210
+ 756
1689
+ 323
— 390
—
42
+ 365
1690
+ 3191
+ 1676
+
1998
+ 1193
1691
+ 2003
+ 1161
+
1923
+ 80
1692
- 2350
- 41
—
2000
- 350
1693
+ 971
+ 479
+
1168
- 197
1694
+ 937
- 364
—
73
+ 1010
1695
- 366
+ 1251
—
302
- 64
1696
+ 777
- 211
+
1286
— 509
1697
+ 1576
- 974
+
528
+ 1048
1698
+ 292
+ 682
—
1111
+ 1403
1699
+ 1615
— 70
+
1105
+ 510
1700
+ 14861
+ 1246
+
10558
+ 3803
1701
- 7663
+ 1542
—
5178
- 2485
1702
- 3216
+ 2118
—
3278
+ 62
1703
— 4040
- 411
—
2195
— 1845
+ 655
+ 778
1704
- 903
- 1865
—
1164
+ 261
- 915
- 640
1705
- 1521
- 1393
—
103
- 1418
+ 377
- 599
1706
+ 72
+ 1252
—
520
+ 592
+ 727
+ 1150
1707
+ 952
- 338
+
501
+ 451
- 258
- 592
1708
+ 1434
- 808
+
477
+ 957
- 718
+ 1228
1709
- 300
+ 607
+
1524
— 1824
+ 866
+ 1651
1710
- 2192
+ 1216
—
2891
+ 699
- 87
+ 70
1711
+ 909
+ 3632
+
1048
- 139
— 57
— 1406
1712
+ 850
- 4950
+
430
+ 420
- 65
— 272
1713
- 1262
+ 567
—
1385
+ 123
- 158
- 83
1714
+ 1483
— 757
+
886
+ 597
+ 51
+ 5
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(1) D. M. Manni, Moria degli anni santi, Firenze, 1750, p.
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Etnografia. — Collemne etnografica delle Isole dell' Ammirth
gitalo esistente nel Museo Preistorico di Roma. Nota del dott. Giu-
seppe Colini, presentata dal Socio L. Pioorini.
Qaesta Nota sarà pubblicata nel prossimo &scicolo.
Fisica terrestre. — StdlHmpianto del servizio geodinamico in
Italia. Nota del Socio Pietro Blaserna.
« 1. Nel 1883, in seguito al disastro avvenuto a Casamicciola, il Go-
verno propose ed il Parlamento accettò di erigervi un piccolo osservatorio,
collo scopo di studiare le condizioni geodinamiche della interessante isola
d'Ischia. Più tardi, il Ministero deiragricoltura, industria e commercio, giu-
stamente preoccupato della terribile frequenza, con cui movimenti sismici e
tellurici avvengono ora in una, ora in altra parte d'Italia, propose aUa firma
del Re la nomina di una Commissione, incaricata di studiare rimpianto di un
servizio geodinamico, che abbracciasse Tltalia intera. Per Tintima connessione
esistente tra la costituzione geologica di un paese e le sue condizioni sismi-
che, era giusto ed opportuno, che tale iniziativa partisse da quel medesimo
Ministero, che fra i suoi compiti ha pur quello di costruire la carta geolo-
gica dltalia e che aveva già iniziato simili studi.
« Per varie ragioni, inutili a ripetersi, la Commissione reale si riunì
soltanto nel 1885; ed essendo morto nel frattempo l'illustre Quintino Sella,
chiamato a presiederla, essa conferì a me questo onorifico mandato. Il com-
pito della Commissione non era nò breve, nò facile. Trattavasi di tener conto
4ei molti e svariati tentativi fatti per il passato, di esaminarli alla stregua
dei principi ora prevalenti in tale materia, di studiare le condizioni delle
varie parti d'Italia, tanto diverse nell'aspetto vulcanico e stratigrafico, e pur
abbracciando in un concetto sintetico tutto quanto il paese, di proporre al
Governo un piano semplice ed economico che gli permettesse di attuarlo poco
per volta.
« Si può dire, senza esagerazione e con vanto per il nostro paese, che
la sismologia ha da lungo tempo attirato su di sé gli sguardi di esimi cul-
tori e di dilettanti. Questa scienza, appena nata, ha avuto presso di noi i
suoi precursori. Per non parlare che dei morti, cito a titolo d'onore : Nicolò
Cacciatore, padre dell'attuale direttore dell'Osservatorio astronomico di Pa-
lermo; il grande Melloni, il quale suggerì al governo borbonico di erigere
il beirOsservatorio vesuviano, ora da molti lustri diretto dal nostro collega
Palmieri; i due Gemmellaro, padre e zio all'egregio nostro collega di Pa-
lermo, che lasciarono tanta fama per i loro studi intomo all'Etna; i bene-
meriti professori Savi e Pilla, che illustrarono mirabilmente i terremoti
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toscani del. 1846; infine fra i morti più recentemente: il Cavalieri, il Cecchi
ed il Serpierì. Intorno ad essi si accmnolarono molti altri, tatt*ora viventi.
Si costruirono apparecchi, che si collocarono in piccoli osservatori; e con pochi
mezzi anche privati si iniziarono e si continuarono studi d'ogni genere ed
anche osservazioni metodiche, a cui il Btdletiino del vtUcanismo italiano,
pubblicato per cura di M. S. De Rossi, serviva come organo di diffusione.
e Non si può asserire, che tutti questi tentativi avessero uguale impor-
tanza. Ma qualunque sia il giudizio, che si possa portare su molti di essi, sa-
rebbe ingiusto il non riconoscerne un certo merito. Si sono illustrati molti fatti,
si è intraveduta qualcuna deUe leggi ed i tentativi anche i meno riusciti hanno
talvolta mostrato, come e dove era a cercarsi la soluzione dei nuovi problemi.
Io credo quindi non solamente utile, ma altrettanto doveroso il procedere ad
un vero e serio impisinto del servizio geodinamico. E dico servizio, perchè
come per la meteorologia, così anche per la geodinamica, i tentativi isolati
non possono approdare a nulla di concreto e di concludente. Non basta avere
osservatori anche ben collocati e dotati di buoni istrumenti : impori» coordi-
narli e collegarli, per trar profitto dalFinsieme degli studi. Fra tutti i paesi
d'Europa, ritaUa è certamente il più ricco e il più infestato di fenomeni
geodinamici d'ogni natura. Da Alessandro di Humboldt in poi, molti e illu-
stri stranieri sono venuti fra noi a studiarli e sarebbe strano, se l'Italia
risorta non ofirisse un largo contributo a tali studi, essa che ha i fenomeni
in casa; sarebbe più strano ancora, se essa non provvedesse a ripararvi per
il suo proprio vantaggio.
« Io confido quindi, che alcune critiche leggiere e superficiali, avvenute
recentemente, non varranno a fermare il Governo in questo nobile e impor-
tante suo canmiino, e sono certo che tosto o tardi l'Italia potrà vantare un
semplice, ma completo e bene ordinato servizio geodinamico, come essa ha
provveduto in modo altamente lodevole al suo servizio meteorologico.
« In questo lavoro di coordinamento, vari Stati ci hanno purtroppo pre-
ceduto. Cito in prima linea ed a titolo d'onore il Giappone, paese per con-
dizione geologica e geodinamica tanto simile all'Italia. Mercè l'opera di al-
cuni benemeriti inglesi, vi fu impiantato un servizio altamente commendevole.
Basta logore le molte e importanti pubblicazioni &tte dalla Società sismo-
logica di quel paese, per persuadersi della serietà e del modo strettamente
metodico, con cui quel servizio fri impiantato e funziona. Anche negli Stati
Uniti d'America, dove la natura ha seminato con larga mano tutti i fenomeni
grandiosi e terribili, la sismologia è attualmente molto coltivata. Non occorre
altro che leggere la relazione sul recente terremoto di Charleston, per vedere
con quanta esattezza furono raccolti i dati ad esso relativi. Infine tutti gli
Stati d'Europa, chi più chi meno, sono entrati largamente in questa via. Lo
ripeto, in vista di questo movimento generale, in vista dei molteplici suoi
Kbndiconti. 1888, Vou IV, 1^ Sem. 101
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tentatavi già fatti, sarebbe strano se l'Italia, la più interessata a questi studi,
volesse sola disinteressarsene.
« 2. L'Italia ha il triste privilegio, di essere uno dei paesi più fun^
stati dai movimenti sismici. Ho avuto l'onore di presentare all'Accademia,
nell'ultima sua tornata, la bella relazione del nostro collega Taramelli, re-
datta per la Commissione reale geodinamica, e di richiamarvi la vostra at-
tenzione. Chieggo ora il permesso di estrarre da questa relazione, che ha
tanto giovato ai nostri studi, alcuni passaggi che riguardano l'attività sismica
del nostro suolo negli ultimi secoli, saltando le poche e rare notizie che ab-
biamo dei secoli precedenti:
« n quindicesimo secolo, che contò nell'Abruzzo e nel Principato uno
» dei più disastrosi terremoti, nel 1456, fu per l'Italia superiore e media
« abbastanza tranquillo, tranne però che per l'alta vaile Tiberina, per Fi-
« renze, Pisa, Lucca, dove si ebbero forti scosse l'anno medesimo in cui
e rovinò Aquila; e per la Lombardia tra il Ticino e l'Adda, dove avvenne
jt un terremoto rovinoso nel 1473 e si rimarcò anche una straordinaria ab-
« bondanza di raccolti. Questo secolo si chiudeva con forti scosse, ma non
« rovinose, a Spoleto ed a Siena nel 1496, dal giugno al dicembre » .
« Al principio del secolo decimosesto il terremoto infuria nelle Bomagne
« e in Lombardia, in particolare sul Bresciano e negli anni 1570-71 scosse
« rovinose colpiscono Padova, Bergamo, Ferrara e molti siti di Toscana, del-
a l'Emilia e del Veneto ; nella seconda metà di novembre a Venezia si eb-
« boro 84 scosse, di cui 36 molto forti. In Ferrara crebbero le acque nei
« pozzi e si udirono singolari rumori, come di scrosci sotterranei ; a Bergamo
« scoscese una grossa frana al Borgo Canale. Il 24 novembre del 1590, un
« forte terremoto fu localizzato a Trevi e dintorni ».
« Il secolo decimosettimo, così funesto all'Italia meridionale pei terre-
« moti del 1627, 38, 54, 59, 87 e 88, fa assai meno disastroso per l'Italia
tt media e superiore ; e sembra quindi che appunto quando ripresero a divam-
« pare i vulcani Flegrei ed in particolare il Vesuvio, anche l'attività sismica
« siasi raccolta più da vicino alla regione vulcanica. Non mancarono però
« nell'alta e media Italia terremoti rovinosi ; come ad Argenta, sul Ferra-
tt rese, quasi distrutta dalle scosse del 18 marzo 1624, a Milano ed a Ber-
» game nel 1642, a. Livorno nel 1646 dopo un fortissimo rombo, ohe venne
« dal mare; nell'Appennino centrale nel 1661 con molte vittime; nella Bo-
« magna di Faenza e di Forlì, nel 1689-90, estendendosi fino a Maradi,
« località nota nella storia dei più recenti terremoti. Nel Mugello, dove si
« erano risentiti ancor forti i terremoti del 1335, 1378, 1393, 1669,
« fu rovinoso anche il terremoto del 1672, che si estese fino ad Ancona,
« mietendovi 1500 vittime. La valle del Tevere era colpita da un terremoto
e rovinoso il P marzo 1694; nell'anno s^uente incominciava una serie di
« vasti ft rovinosi terremoti nel Veneto, con forti danni nel Trevisano ; e nel
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giugno era commossa la regione Yulsina, straripando le acque del lago ài
Bolsena sino ad inondare paesi a tre miglia di distanza ; le fonti del Cli*
tmmo ricnperarono l'acque perdute per le scosse del 466. Occorrerà appena
che ranmienti come al finire di questo secolo dal 9 ali* 11 gennaio acca-
desse nel 1693 il più grande e forse il più micidiale dei terremoti ita-
liani nella parte orientale della Sicilia, colla morte di oltre 93,000 persone » .
« Nel secolo decimottavo si continuarono i terremoti nelle provincie me-
ridionali, coi disastri del Beneventano nel 1702, della Sicilia nel 1726-27,
di Foggia nel 1731 con 4000 vittime, di Ariano con altre 2000 vittime,
specialmente coi terremoti Calabri dal 1783 al 1786, non mancarono scosse
rovinose alle altre regioni italiane. Si notano i terremoti di Verona e dei-
Umbria del 1703, dell'Umbria e della Toscana del 1730, nel 1741 nelle
Marche in particolare a Pesaro, ed a Siena ; nell'anno seguente a Livorno
ed in altri punti della Toscana; nel 1755, in dicembre, nel Piemonte,
Ganton Ticino e Lombardia e con minor veemenza nell'Emilia; nell'Um-
bria di nuovo nel 1762-63 e 67. Nel 1779, al 23 luglio, incominciava un
lungo periodo di terremoti nel Bolognese; nel 1781, in gennaio, forti scosse
colpivano il Senese ed in luglio le Marche, in particolare il M. Nerone,
d'onde partirono fortissimi rombi, ed il M. Jago, che a breve distanza
franò. Nel 1785 e nel 1791 ancora è travagliata l'Umbria sino a Spoleto,
e nel 1798 la Montagnola Senese, il focolaio da cui sembrano irradiarsi
le scosse per quella regione. Nella Toscana era avvenuto anche il forte
terremoto del 1742 nella regione litoranea, non risparmiando le alluvioni
di Pisa; in Lombardia, nel Canton Ticino, nell'Emilia, si estesero anche
le scosse del terremoto di Lisbona del 1755, se pure è provato che fos-
ti sero le scosse tutte contemporanee sulla larghissima area, che di solito si
ft assegna a questo esempio classico dei pochi terremoti detti tellurici".
« Per il nostro secolo, sia che l'attività sismica sia realmente aumen-
tata, sia — il che è più probabile — che le notizie e le descrizioni sono rese
più facili e più accessibili, l'enumerazione e lo studio particolar^giato di
fatti sismici d'ogni natura abbondano. Trattandosi dì cose molto più cono-
sciute e messe alla portata di tutti, tralascio di parlarne. Ciò che dissi, basta
a dimostrare l'importanza d^li studi geodinamici per il nostro paese. Mi
permetto soltanto di richiamare l'attenzione dell'Accademia sulla bella carta
sismica, che accompagna la già citata relazione del collega Taramelli, carta
che mostra la ripartizione, la frequenza e la portata dei movimenti sismici,
che dai primi tempi storici in qua hanno infestato le singole Provincie d'I-
talia. Da essa appare come nessuna parte d'Italia ne vada veramente esente
e come coll'andar dei secoli, l'attività sismica si sia singolarmente spiegata in
molti punti sparsi qua e là senza una legge finora conosciuta.
ft 3. Un servizio geodinamico ben concepito deve quindi abbracciare tutta
l'Italia e dare in pari tempo importanza maggiore a quelle regioni, ove
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— 778 —
^osservazione ha dimostrato maggiore la frequenza e Tintensità dei fenomeni
sismici di qualsiasi natura. In tale riguardo bis(^na procedere con molta cir-
cospezione nella scelta dei luoghi di osservazione, e nel loro coordinamento
sia fra di loro, sia con un ufficio centrale, destinato a sopraintendere a tutti
i lavori, a raccoglierli ed a pubblicarli. Si devon infine scegliere con cura
gli istrumenti ed i metodi di osservazione. Su questi singoli punti chieggo
il permesso ali* Accademia di entrare in maggiori particolari.
a.Per ciò che riguardi la scelta dei punti di osservazione, il caso che
presenta la geodinamica è simile, ma non identico, a quello che presenta la
meteorologia. Per conoscere la distribuzione del calore, della pressione e del
vapore acqueo alla superficie terrestre e tutte le meteore, che più o meno ne
dipendono, basta stabilire un numero possibilmente grande di osservatori bene
disposti e di farvi eseguire osservazioni metodiche ad ore stabilite. Il l^ame
fra di loro e col resto del mondo risulta dalle pubblicazioni, fette per cura
dell'Ufficio centrale, che le esamina, le classifica, le calcola e le rende di
pubblica ragione. Per l'Italia questo problema è stato risoluto, e credo po-
terlo dire, in modo altamente commendevole, col prendere a base la divisione
in Provincie e coli' erigere in tutti i loro capoluoghi osservatori, traendo pro-
fitto dagli istituti esistenti e coU'aiuto volonteroso delle Provincie e dei co-
muni. Sono questi gli osservatori di 1^ classe, ognuno dei quali funziona da
ufficio centrale per la propria provincia, ed ha alla sua dipendenza pochi os-
servatori di seconda e quelli di 3^ classe, questi ultimi numerosissimi, e
che dovranno aumentare ancora, dove con piccoli mezzi si osserva soltanto la
temperatura massima e minimariB la qualità di pioggia, che cade nelle 24 ore.
Molti osservatori di prima classe contengono già istrumenti registratori ed
altri ancora. Infine alcuni punti rimarchevoli per la loro posizione altime-
trica, 0 perchè vicini al mare, o per altre ragioni ancora, all'infuorì dei capi-
luc^hi di provìncia, sono pure di seconda e possono in certi casi anche di-
venire di prima classe. Per tutti questi osservatori si è studiata l'ubicazione
e l'impianto caso per caso ; ed ora si può dire senza esagerazione, che resta
ben poco più a fare. Il servizio meteorologico italiano è stato encomiato da
quanti in Italia e all'estero hanno avuto occasione di conoscerlo, e non è
secondo a nessun altro del mondo. Esso corrisponde a tutte le esigenze, fin
dove la scienza certa è arrivata e sarà in grado di seguirne i progressi con
passo sicuro.
« Il servizio geodinamico è appena nascente ed avrà bisogno ancora di
molte cure, prima che esso possa rispondere al vero e grande suo scopo.
Come tutte le cose nuove, esso presenta maggiori difficoltà e richiede ancora
molti studi ed anche molta prudenza. La divisione per Provincie non avrebbe,
per esso, alcuna vera ragione di essere. La Commissione geodinamica ha
quindi avuto ragione, scartando il concetto della divisione per provincie e
prendendo a base la divisione per regioni sismiche. Essa mantenne la divisione
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degli osserrator! in tre classi, limitando considerevolmente il numero delle
dne prime. Queste, cioè la prima ed anche la seconda, destinate a conte-
nere istrumenti molto sensibili, devono tenersi lontane dall'abitato e dalle
strade rotabili, afSnchò gli istrumenti non siano continuamente perturbati da
tremiti meccanici, che non hanno nulla a fare coi movimenti sismici pro-
priamente detti. Airincontro gli osservatori di 3^ classe, che ricevono soltanto
gli avvisatori sismici e non devono indicare altro che il tempo, in cui una
vera scossa è avvenuta, la direzione di essa ed il sup carattere, non solo pos-
sono ma devono collocarsi nei luoghi abitati e di preferenza negli ufSci tele-
grafici ; perchè la notizia di una forte scossa avvenuta possa essere data im-
mediatamente alla stazione regionale, ed occorrendo airufiicio centrale. Una
simile organizzazione fu adottata, in nucleo, per l'Etna, dopo l'eruzione av-
venuta nel 1879, sulla proposta di una Commissione composta del collega
Genmiellaro, del prof. Silvestri e di me. Intorno al grande vulcano furono
collocati gli avvisatori negli uffici telegrafici; essi fanno capo a Catania ed
Iianno bene funzionato nelle ultime eruzioni etnee.
« Questo concetto fu adottato dalla Commissione geodinamica, la quale
raccomanda di estenderlo e di applicarlo in maggiore o minore misura a
tutte quante le regioni sismiche d'Italia. Essa propose al governo di consi-
derare rOsservatorio di Catania come il centro delle osservazioni sismiche
della Sicilia e delle isole adiacenti, indicando i luoghi, dove si dovevano
erigere gli osservatori di terza classe e qualche altro più importante, tutti
dipendenti da Catania. Essa propose inoltre, d'accordo col voto del Parla-
mento, che a Gasamicciola, vicino alla Grande Sentinella^ sito esaminato
dai geologi governativi, fosse eretto un osservatorio di prima classe, col si-
stema baraccato, destinato ad eseguire tutte le osservazioni non solo geodi-
namiche, ma anche le geofisiche, che riguardano quella interessante isola.
Propose infine che a centro della regione dei vulcani laziali fosse creato un
osservatorio in Bocca di Papa, ove il De Rossi aveva già iniziato per suo
conto una serie di osservazioni.
K Queste prime proposte della Commissione furono accettate dal Grovemo
e dal Parlamento. Esse ebbero, con diversa fortuna, un principio dì esecu-
zione. La rete etnea, per la quale molto era già stato fatto in precedenza,
può considerarsi come quasi compiuta. La costruzione dell'Osservatorio di
Casamicciola è stata ritardata da varie difficoltà d'indole amministrativa e
scientifica; ma ora spero che vi si porrà mano. Intanto il direttore sig. Gra-
blovitz ha eseguito in una piccola succursale, vicina al porto d'Ischia, e nel
resto dell'isola una serie di lavori, che furono presentati all'Accademia,
parte a stampa, parte per l'inserzione nei nostri Bendiconti. Per ciò che ri-
guarda infine l'Osservatorio di Bocca di Papa avvenne questo deplorevole
fatto, che s'incominciarono i lavori con un progetto talmente esagerato, da
oltrepassare notevolmente la piccola spesa proposta per quell'Osservatorio.
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Il Governo, accortosi, fermò ì lavori: si dovette rifare il progetto, in ìnodo
da ridurne notevolmente la spesa. Ma non si può abbastanza deplorare questo
&tto ; perchè esso ha servito a falsare in gran parte Topinione pubblica ed
a far credere a spese ingenti, che l'impianto geodinamico per tutta Italia
avrebbe richiesto.
« 4. Con queste prime proposte, il mandato della Conmiissione geodi-
namica era ]ungi dall* essere esaurito. Essa non poteva non considerare la
regione vesuviana, ove da decenni il nostro collega Palmieri dirige un gran-
dioso Osservatorio, e la regione non meno importante del Vulture, senza par-
lare delle altre regioni meridionali, più piccole per estensione ma non per
l'importanza dei fenomeni sismici. Essa dovette preoccuparsi della Liguria,
le cui recenti e disastrose commozioni telluriche sono pur troppo note. E
parimenti il Piemonte, la Lombardia, la regione Veneta, TEmilìa, la To-
scana non potevano trascurarsi. Guidata da una serie di lavori preparatori e
prendendo a base la bella carta sismica del Taramelli, essa tracciò a larghi
tratti un sistema d'impianto per tutta l'Italia e lo raccomandò alle cure del
Governo. Con tali proposte Genova, Pavia, Verona, Bologna, Firenze e i punti
sovracennati dellltalia meridionale sono i centri delle relative regioni, in-
tomo ai quali si aggrupperanno tutti gli studi di fisica terrestre, compren-
dendovi pure il magnetismo terrestre e Telettricità atmosferica, studi che
tanto interessano la scienza e il paese.
« Un'altra questione, non meno importante delle precedenti, riguarda
rimpianto dell'ufficio centrale. Sarebbe un errore il pensare, per la geodina-
mica, ad un impianto speciale, come si era fatto per la meteorologia. Se da
una parte quella si appoggia sulla geologia, d'altra parte i suoi legami colla
meteorologia sono molti e evidenti. Si sarebbe creato fino ad un certo punto
un inutile, per non dire dannoso, raddoppiamento, se accanto alla meteorologia
si fosse fatto funzionare un secondo ufficio indipendente. Molti osservatoli
meteorologici servono anche alla geodinamica, la quale in gran parte si con-
fonde con quello, eccettuati pochi centri regionali. E però la Commissiona
propose e il Governo accettò : che al nostro collega Tacchini, il quale dirìge
con tanto zelo e successo la meteorologia, sia pure affidata la direzione della
geodinamica, e che il medesimo ufficio centrale prov^ eda al servizio dell'uno
e dell'altro ramo di fisica terrestre. Tale sistema offre al Governo il doppio
vantaggio di maggiore semplicità di servizio e di una notevole economia.
« Un'ultima questione rimaneva a risolversi e non era, in verità, la più
facile : quella cioè che riguarda la scelta degli istrumenti. In questo riguardo
gli studi della Commissione furono lunghi ed incessanti. Non vi esiste forse
questione, che come questa dei movimenti sismici, abbia attirato la curiosità
e l'ingegno degli inventori e dei dilettanti. Gli istrumenti sismici si contano
a centinaia; ma ben pochi soddisfano alle condizioni richieste dal difficile
problema. Le osservazioni sismiche differiscono in un punto essenziale dalle
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meteorologiche, ed è che, mentre queste si eseguiscono a ore fisse e determi*
nate, per quelle non si sa mai, se e quando dovranno eseguirsi. Le conmio-
zioni telluriche Vengono Mnpre all^improwiso e non si può presumere, che
l'osservatore sia lì pronto a r^strarle. Ne segue, che gli istrumenti devono
essere automatici e registratori. In questo riguardo il Giappone ci aveva gran*
demente precorsi ed in Italia il solo Cocchi era, negli ultimi anni, entrato
nel vero ordine di idee. Il meccanico Brassart dell'Ufficio centrale, per in-
carico del direttore, riuscì a combinare due modelli d'apparecchi, che corri-
spondono alle esigenze richieste. Sono appuecchi automatici, che registrano
da sé le tre componenti (le due orizzontali e la verticale) del movimento
sismico. Quanto agli avvisatori, il problema era più facile ed il meccanico
Brassart riuscì a costruire un tipo semplice, la cui sensibilità può facilmente
modificarsi ed anche graduarsi. Il collega Tacchini ha avuto occasione, nel-
l'anno decorso, di richiamare ripetutamente l'attenzione dell'Accademia su
questo argomento.
« Con questi studi e con queste proposte, il mandato della Commi88Ìone
reale poteva dirsi esaurito. A me, che ho avuto l'onore di presiederlo, sìa
lecito di dire, che essa ha risoluto un problema in verità molto difficile, e
che nell'esecuzione del suo mandato essa ha impiegato uno zelo, un'atten-
zione ed una serietà scientifica non comune. Quando le sue proposte saranno
divenute un fatto compiuto, l'Italia, che fu &a i primi paesi a iniziare studi
sismplogici e che poi si lasciò oltrepassare da molti altri, riprenderà in questo
riguardo il posto, che le spetta per il suo passato e per le sue condizioni
geodinamiche. E di ciò ci assicura l'interesse, che ne portano gli stranieri,
i quali hanno seguito e seguono con attenzione, quanto il Oovemo italiano
sta facendo in proposito.
« In conseguenza delle sue proprie proposte, con Decreto reale dell'anno
1887, la Commissione geodinamica fii sciolta; fu stabilito che il medesimo
ufficio centrale provvedesse alla meteorologia ed alla geodinamica e fu creato
un Consiglio direttivo, diviso in due sezioni per le due qui indicate branche
della fisica terrestre. Spetta a questi il compito, di proporre al Governo l'ese-
cuzione graduale del piano proposto dalla cessata Commisssione, e di trac-
ciare successivamente il programma delle indagini da eseguirsi. E in ciò,
esso avrà questioni importanti a risolvere : l'esatta misura del tempo riguar-
dante fenomeni, che arrivano all'improvviso; le leggi e la velocità della
propagazione delle onde sismiche in terreni più o meno disuguali e fratturati;
la profondità infine del focolaio sismico. Sono problemi codesti, che non si
risolvono senza una forte e severa organizzazione. Ma io confido che, come
il Governo ne ha preso in modo tanto lodevole l'iniziativa, esso incoraggierà
con benevola cura questa scienza, affinchè l'Italia sia posta in grado di stu-
diare da sé gli importanti, numerosi e terribili fenomeni, che avvengono nel
suo proprio suolo. Questa speranza è in me tanto maggiore, quando considero
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— 78à —
che neirimportante impresa, oltre al Direttore deirufflcio centrale Tacchini,
ho per colleghi uomini, che l'Accademia e il paese conoscono ed apprezzano,
e che si chiamano Palmieri, Cantoni, Fincati, Giordano, Salyatori, Magnaghi,
Cornalia, Taramelli, Ferraris, Issel, Denza, scelti dai quattro Ministeri della
pubblica istruzione, delVagricoltura, industria e commercio, della marina e
dei lavori pubblici, che sono i più interessati tanto nel servizio della me-
teorologia, che in quello della geodinamica « .
Idrometrìa. — Effemeridi e statistica del fiume Tevere, prima
e dopo la confluenza dell'Amene e dello stesso fiume Aniene du-
rante tanno 1887. Memoria del Socio A. Betocchi.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Biologia. — La branchia delle Salpe. Nota preliminare del
Socio Francesco Todaro.
Questa Nota sarà inserita in uno dei prossimi fascicoli.
Chimica. — Sul peso molecolare dello zolfo^ del fosforo^ del
bromo e del jodio in soluzione. Nota del Socio E. Paterno e del
dott. R. Nasini.
K La perfetta correlazione che gli studi di Van 't Hoff sulla pressione
osmotica dei liquidi hanno dimostrato esistere fra la materia allo stato gas-
soso e quella che si trova allo stato di soluzione diluita, ha condotto pure
ad ammettere che la legge di Avogadro si verifica per le soluzioni diluite
come per i gas, purché per le prime in luogo della pressione ordinaria si
tenga conto della pressione osmotica. Per considerazioni fondate sulla termo-
<linamica, e che non è qui il luogo di esporre, si dimostra poi come la legge
di Baoult sopra Fabbassamento sia del punto di congelazione sia della ten-
sione di vapore delle soluzioni, è una conseguenza di questa legge di Avo-
gadro estesa alle soluzioni, di modo che la determinazione del peso moleco-
lare basandosi sulV abbassamento del punto di congelazione è altrettanto legit-
tima di quella fondata sulla densità del vapore. Continuando le ricerche da
noi intraprese su questo argomento, ci è parso importantissimo sia quale
conferma della teoria generale delle soluzioni fondata sulla pressione osmo-
tica, sia per lo studio in sé, di esaminare se la legge di Baoult sul punto
di congelamento era applicabile anche alla determinazione dei pesi molecolari
degli elementi e, in caso affermativo, a quali risultati essa conducaya. Le
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— 783 —
nostre esperienze non sono ancora complete, nondimeno ci affrettiamo a pub-
blicare i risultati di quelle già eseguite, in considerazione del grande inte-
resse deir argomento.
« Abbiamo sino ad ora esperimentato sopra lo zolfo, il fosforo, il bromo
e il jodio. Le esperienze furono eseguite nel modo già da noi descritto in
precedenti pubblicazioni. Per lo zolfo adoperammo come solvente il benzolo,
e facemmo osservazioni sopra soluzioni di concentrazione assai diversa: tro-
vammo che il coefficiente d'abbassamento si mantiene costante e che Tabbas-
samento molecolare conduce alla formola Ss per la molecola, formola che
corrisponderebbe al peso molecolare dello zolfo determinato per mezzo della
densità di vapore alla temperatura di circa 500"*.
Concentrazione Coefficiente dì abbassamento Abbassamento molecolare
per St
0,8501 0,2564 49,23
0,2599 0,2693 51,78
ft Tralasciando pel momento ogni discussione intomo a questi risultati,
notiamo soltanto che la concentrazione della soluzione più diluita è tale che
gr. 2,28 di zolfo occupano il volume di un litro : ora un litro di vapore di
zolfo a 500^ e alla pressione di 760 mm. contiene gr. 3 circa di zolfo, mentre
alla temperatura di 1000^, quando la molecola è composta di due atomi, soltanto
gr. 0,6 circa sono contenuti in un litro : siamo quindi molto più vicini, per
quello che riguarda lo stato di condensamento dello zolfo nelle soluzioni da
noi esperimentate, a quello stato in cui ]a molecola è rappresentata da sei
atomi che non a quello in cui essa consta solo di due. Notisi inoltre che non
vi è qui rintervento del calore : del resto poi non intendiamo affermare che
la natura del solvente non possa influire nel senso di produrre delle differenze
nella complessità relativa delle molecole di uno stesso corpo, indipendente-
mente dal loro stato di attenuazione nelle soluzioni.
« Per il bromo abbiamo esperimentato in soluzione acquosa e in solu-
zione nelVacido acetico, sul quale come è noto il bromo non agisce che a
caldo. Abbiamo trovato dei numeri che conducono indubbiamente alla for-
mula Brs.
Soluzione di bromo nelVacqtui.
Concentrazione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
per Br«
1,391 0,115 18,40
Soluzione di bromo neWacido acetico,
Conctmtrazione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
per Bri
1,711 0,2513 40,21
« È noto che il bromo si combina coir acqua per formare un idrato ;
ma, supposta pure l'esistenza di questo idrato nella soluzione diluita, ciò non
Rendiconti. 1888. Vol. IV, T Sem. 102
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— 784 —
pu{^ portare notevoli differenze nell* abbassamento molecolare, come mostre-
remo parlando del ponto di congelamento di quei composti che si uniscono
col solvente per semplice addizione o che si scindono dando origine alla
stessa sostanza del solvente, come p. es. un acido in soluzione acquosa che
si scinda in anidride e acqua.
é Per il jodio abbiamo fatte esperienze in soluzione benzolica e acetica.
Dalle soluzioni benzoliche ricaviamo dei numeri che conducono alla formola I2
quando si opera in soluzioni molto diluite. Per soluzioni più concentrate sem-
brerebbe che dovesse ammettersi una maggiore complessità molecolare, la
qual cosa non è improbabile.
Soluzione di jodio nel beruolo.
Concentrazione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
per Ifl
2,053 0,151 38,16
0,8360 0,1675 42,54
0,5599 0,1875 49,62
« Dalle tre soluzioni acetiche di jodio sulle quali abbiamo esperimentato,
ottenemmo numeri costanti per Tabbassamento molecolare. Questi non condu-
cono però alla formola I2, ma bensì ad una formola compresa tra Ig e I.
Questo risultato, se confermato da altre esperienze, non deve meravigliare,
sapendosi per le esperienze di V. Meyer che la molecola del jodio I2 si
scinde a temperature elevate con facilità molto più grande che non . quella
degli altri alogeni, e d'altra parte poi sapendosi ohe di tutti i solventi Ta-
cido acetico è quello che meglio degli altri impedisce le polimerizzazioni.
Solmioni di jodio neW acido acetico.
Concentrazione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
0,8707 0,2009 50,98 per I,
25,49 per I
0,8376 0,2029 51,45 per I,
25,72 per I
0,4849 0,1959 49,76 per I,
24,88 per I
« Quanto al fosforo abbiamo esperimentato sopra un prodotto che non
era perfettamente puro e per conseguenza altre esperienze sono da farsi:
abbiamo trovato dei numeri che condurrebbero ad ammettere un miscuglio
di Ph4 e Phj.
Soluzione di fosforo nel benzolo.
Concentrazione Cofficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
1,158 0,5526 34,26 per Ph,
68,52 per Ph4
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— 785 —
tf Come è noto, rabbassamento molecolare dovrebbe essere 49. Crediamo
utile di avvertire come V. Meyer a temperatmre elevate aveva appunto tro-
vato pel fosforo delle densità di vapore che corrispondono a formule inter-
medie tra Phj e Ph4.
K L'importanza dei risulati esposti è tale da non isfuggire a nessuno e
però noi ci asteniamo pel momento da qualunque altra considerazione > .
Matematica. — Sulla deformadone di un corpo elastico iso-
tropo per alcune speciali condizioni ai limiti. Nota del Corrispon-
dente V. Cerruti.
a L*applicazione che avevo fatto del metodo generale delineato nella mia
Memoria dal titolo: Ricerche intorno alV equilibrio dei corpi elastici isotropa})
al calcolo della deformazione di un corpo indefinito limitato da un piano,
concerneva solo i due casi principali ne' quali fossero prescritti o gli sposta-
menti de' punti del piano limite o le forze esteme applicate a' singoli ele-
menti del piano stesso. Ora il sig. Boussinesq, in una Nota (^) pubblicata
recentemente ne' Rendiconti delV Accademia delle scienze di Parigi, è riuscito,
con metodo ingegnoso suo proprio, a studiare altri due casi intermedi in cui
i dati relativi al piano limite si riferiscono parte agli spostamenti e parte
alle forze: cioè a dire i due casi in cui sono assegnati o gli spostamenti
paralleli al piano e la componente delle forze normali al piano, ovvero le
componenti delle forze parallele al piano e gli spostamenti normali ad esso.
Ma il metodo generale proposto nella mia Memoria abbraccia, come fo ve-
dere nella Nota che ho l'onore di presentare all'Accademia, anche questi
nuovi casi, e, quando si tratti di im corpo indefinito limitato da un piano, con-
duce con grandissima facilità a' nuovi risultati conseguiti dal sig. Boussinesq.
« 1. È noto che la dilatazione cubica @ in un punto qualunque (^i, yi^Zi)^
quando nell' interno del corpo non agiscano forze, si esprime mediante le forze
(L, M, N) applicate in superficie e gli spostamenti (u^^ v^y w^ de' punti di essa
nel modo seguente (^) :
^^"Jrd^^R+^'^^R+^'rf^^RJ'^
(^) Acc. r. de' Lìncei, Memorie della Glasse di se. fis. mat. e nat., serie 3% t. XITT,
pp. 81-122.
(') Èquilihre d^élasticité d'un solide sans pésanteur, etc. Comptes rendus de l'Aca-
démie des sciences, t. CVI, pp. 1043-1048, 1119-1123.
(^) Per i simboli de' quali qui non si dichiari in modo esplicito il significato, rimando
alla mia Memoria già citata.
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— 786 —
Prendiamo nn sistema di coordinate curvilinee ortogonali pel quale sia
l'espressione del quadrato di un elemento lineare qualunque e tale che la
superficie limite del corpo appartenga alla famiglia delle q^ = cost, e le nor-
mali in im punto qualsivoglia dello spazio alle superficie qi=cost.y qt=cosL,
qi=cosL, prolungate nel senso de' parametri qiy qiy qz crescenti costituiscano
una terna di rette sovraponibile alla terna degli assi x, y, z. Sulla superficie
limite del corpo si avrà
dx _,_ 2^ ^ H !^ éL -4-J^
dn "~ 7)5'3 dn . l^q^ dn "~ "^5^3
dove sarà da tenere il segno positivo 0 negativo, secondo che procedendo dalla
superficie verso \ intemo del corpo il parametro q^ cresce 0 diminuisce : per
fissare le idee supporrò nel seguito che si debba tenere il segno positivo.
« Ciò posto sieno 91 ds , y^ fife , 93 d% le componenti secondo le dire-
zioni ^1, gs, ^3 della forza applicata all'elemento d% di superficie e QiX|,
Qsx<) Q3X3 gli spostamenti di un punto qualunque secondo le medesime
direzioni. Per noti teoremi si avrà
L — — -J-M— — -J-N— — = ^^— 4-^^ — 4- 5Ei -5. J-,
7)^ B ^ ^y'&~ D^ B Qi D?i B "^ Qe Iqi B ■'" Q3 7)^3 B
e così pure
^xlii B '^^l^ylsì B "♦"^D^'d? B "" ""' iq.^-ò'^ B "'■''* 7)|7, ' T^f B "*"
, J_ JLi.
■*''''-à?3'^?B'
( J = oc, y, z) .
Ma
-^(?,. ' D? B ér y-^fo \Q.* TI?,- B / -^^i "^ Q,« 7)ye B ■ l^qj ^qt ) '
quindi
-1 ^i.*4- J^ -1 — 4-' -1 -li- —
iè ""' v mj W ^Qi i^ / * ^Qi "*" Qi* ^Qi K ' 7>?j 7)?i ; *
Accennati con x^*^ i valori delle x per i punti della superficie, ne seguirà
d_2_l_i A.Al.1 AAI.—
^UnDx B ~^^' dnDy B '^^'dn^z B ~
^■''y ;f w J_ /ìL -1- i-\ Z;^ ^ 4. ^ ly I li li\
i,^3 ^ ^ j^ ^ /_i!^ ;m , "^v 2y 4. "^'-g li \ ,
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— 787 —
ossia, avuto riguardo alle relazioni tra le derivate parziali delle x, y, s rispetto
alle q e &tto per compendio
« ^Q JL/J_JLJ_\ L_5QiXJL I J_:^Xi-.
* 'òqt VQs* M» R/ Q» Q» "^Js "3?» B "*" Qs* "3?t "a?. B '
^'~^'^(q?^.b)+~^
1 . 1 IjQa 1
* "2>2'i "a^-, B "*" Q,» 7»?! liqt K
la trasformazione finale
Dopo ciò, fatto le debito sostituzioni nella (1), essa si cambia nella
4:7tQSÌ*0= —
T/^yi -± J_ _L. £» J_ J_ _L 2» -^ -L\ rf,
I J \Q. -a?, B "•■ Q, 7)«?. B "•■ Q, -»q, Sr
+2?«» j (Sìx X r + «, xr + «3 4" ) ds j
(2)
la quale ci dà la dilatazione cubica 0 espressa nelle nuove coordinate. Ho
supposto tacitamente che la superficie limite del corpo appartenesse tutta ad
una medesima superficie ^3 = cost.y ma ciò potrebbe anche non essere, potrebbe
la superficie limite essere composta di parti appartenenti a superficie q3=cosL
diverse : il lettore per altro vedrà agevolmente da sé, come la (2) dovA essere
modificata in questo caso. Se a un nuovo sistema di forze (p\ds,g>\d8, g/zds
agenti in superficie corrisponde il sistema di spostamenti Qi x\, Q^x',, Qs/3»
per un teorema conosciuto del prof. Betti si avrà la equazione
UQi y 1 ^\''' + Q. g>^ ^2'' + Qs ^3 ^r )ds =
= UQi y'i ^r+ Q. 9\^i'' +Q3 y's 4'')ds
la quale, combinata colla (2), ci somministra
I(^'(«-'"+èÌÌ)+'^'(*''"+ÌÌT)
\ + xH2q(ù* «3 — Qo g>', n ds^
4n^(»i2*©==-
(3)
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— 788 —
E da essa si caverà il valore di G tanto nel caso in cui per i punti della
superficie limite sieno dati gli spostamenti tangenziali Qi x,^'\ Q^ x^^*^ e la
forza normale g>3, quanto nel caso in cui sieno date le forze tangenziali
SPi) 9i 0 gU spostamenti normali Qs^s^*^. Basterà calcolare preventivamente
nel primo caso la deformazione che corrisponde alle condizioni ai limiti
"^ -~Q.^^(7.B "* — Q.^D?.B' ^3—0^^3, (4)
e nel secondo caso la deformazione che corrisponde alle condizioni ai limiti
Ricordando che in generale si ha
"■ — '"k^+w.^ì'
-=--'(lt+lt)'
con semplici sostituzioni e riduzioni utilizzando le espressioni date di x\ , x't
per i punti della superficie la terza delle condizioni (4), si mette agevolmente
sotto la forma
M» \ '^ Q.'^q.'R) ii* V' ^?3 '^ Q,» ^» 7>?s b; ^* ^
e così pure le prime due equazioni (5) colla sostituzione de' valori di x'»'*
dati dalla tierza diventano
(6)
(5')
Q, V. _g/l ^Q. 1> 1 ll_Q»\n QtJ_(J^^l\
^' 7)5-3 \Qi "as-s ■&?! B Qs Tis-, 7)?, B/ ^ 7)?, VQs* 7)?, B/
Q, V» _g/l 7)Q, 7) 1 1 7).Q,_-a ly QtA/J_J_J_\
^* 7)?3 \Q»7)?s7)J, R Q,7i?t7>?sB/ ^' 7)y, VQs* 7)?s B /
Calcolata la dilatazione cubica & e sostituiti i valori delle derivate di 9
rispetto alle qi, qt, qz nelle equazioni indefinite per l'equilibrio, non resta
più che a procedere all' assegnazione definitiva delle xi, xt, xj subordinatar
mente nel primo caso alle condizioni ai limiti
Xl = x/* , Xt = Xf*"
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— 789 —
« nel secondo alle condizioni ai limiti
'iqs Qi\Qi "a^i. ?«V'
(8)
^(*)
^?3
«3 = «3'"
tale ass^nazìone riesce neiriino e nell'altro caso in generale meno facile che
non quando sieno dati gli spostamenti de* punti in superficie, ma più che non
-quando sieno date le forze, attesoché si può fare senza che sia conosciuta la
funzione designata con E nella mia Memoria (^).
« 2. Applichiamo le cose precedenti a un corpo indefintio limitato da
vn piano, che assumeremo come piano delle xy dirigendo la porzione posi-
idra dell'asse delle ^ verso Y intemo del corpo stesso: possiamo prendere allora
?i = ^, ?« = y, qs = s, Qi = Q« = Q8 = l.
« Per rendere il problema compiutamente determinato aggiungeremo le
condizioni che gli spostamenti riescano entro lo spazio occupato dal corpo
funzioni finite, continue, ad un sol valore e si annullino all' infinito : in con-
seguenza le forze o gli spostamenti dati per j=0 dovranno essere tali che
queste condizioni possano essere soddisfatte.
« Nel caso in cui per j:==0 sieno dati gli spostamenti Qi xi = Us,
<^^x^=:Vs e le forze normali 9)3 = N, bisognerà cercare un sistema di spo-
stamenti ausiliari Qix'i = J, Qjx', = 1;, Q3x'8 = i: colle condizioni per
^ = 0 (v.eq. (4) e (4'))
^_ 5_i, __JlÌ. 2^ ^J_ (Q\
K Facciasi a questo fine
6d alle f 1 , iji , Ci si impongano le condizioni di mantenersi entro lo spazio
occupato dal corpo finite, continue, ad un sol valore, dì annullarsi all' infi-
nito, di soddisfare entro il corpo alla J^=0 e per ^ = 0 alle (9).
« Se si pone
B'* = {x- x,y + (y - yO* + (^ + ^i)^
tutte queste condizioni sono verificate prendendo
Le ^2 , 1^8 , Cs 7 oltre alle solite condizioni generali, dovranno entro il corpo
soddisfare alle equazioni indefinite per Tequilibiio e sul piano js = 0 alle
0»
(') Cfr. 1. e. p. 89.
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— 790 —
quindi, per teoremi noti, in tutto il corpo saranno
?« = 0, i?, = 0, f, = 0.
« Arremo dunque semplicemente
f = * a- " = " Tyh- '"^--tÀ' <">■>
che per le forze, le qaali applicate sul piano ^=0 sarebbero capaci di pro-
durre la deformazione definita dagli spostamenti f , 17, f , danno le espressioni
«■'■ = (^' ^ -f — *«"' 3?« il..'
« Onseryando poi che per j = 0 si ha ancora
Ji^J 1) 1 _2J _^Jl, JLJL==:JL-L.
dalla (3), quando si facciano le debite sostituzioni e si ponga per compendia
verrà
0^ L_2i. (12)
« 3. Pertanto gli spostamenti «, v, «; dovranno soddisfare alle equazioni
indefinite
i2« — o)* -^«8 Jì« — o)* -a'g
6 per ^1 = 0 (v. eq. (7)) alle
« Se prendiamo
«=««-4;;^^^'^' ^^'-^;ì^''^' «'=«''-ì;;ì^^«ì^ (13)
ne risulteranno per le Ui^Vi, Wx le equazioni indefinite
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— 791 —
colle condizioni sul piano i^i = 0
-iti
N
ossia
perciò
fSi^ù
Ui=-
Wl = -
1 -^^ j_
2;i= —
2;r -Iti
(14)
4;r««7)«i * 47ri2*
« 4. Se poi sul piano i8f=0 sono date le forze tangenziali 9>is=sL, 9>t=^M
e gli spostamenti normali (iz»z^=Wi, gli spostamenti ausiliari |, ri, C si
dovranno scegliere in goisa che, oltre soddis&re aUe solite condizioni, per ^=0
yerifichino le equazioni (y. eq. (5) e (5'))
■òg
-»* 1
7»a
= —
^ 1
"■J^B
ciò che sì ottiene assamendo
1 ^ ^
V =
-» 1
' "J>y B' '
'-è
1
Di guisachè, posto
<=i
0 C^<^
0IL =
^fi.
fK^.
?.=
-f.
S{:
"SC , "^'^
(15)
risulterà per la dilatazione cubica la espressione
Q_ 1 ^^
2;ri2« l)^i
» 5. Come nel caso precedente possiamo mettere le espressioni degli spo-
stamenti u, V, w sotto la forma
t^=:c'i-
V=Vi-
.ii-
W=Wi'
47r<»«i2«^' 7)4'i
(16)
47r <»«Ì2* 'Hxi ' 47r ««i2« ^* Dy^
dove le Wi , ^i , Wi debbono soddisfare entro il corpo alla J* = 0, e per
4^1 = 0 alle equazioni speciali (v. eq. (8))
liUi '^w,_ L i2«— to' 7)^_ 1 / 7)^^
ja)*"^47ro>*Ì2« Dy^ 27r \ T^yi
Rendiconti, 1888, Voi.. IV, 1» Sem.
T)-?! * to' "^i-i* ' 2(o*i2« 7)yi^i?i.
7*1-0
108
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— 792
nelle quali equazioni si è posto
Quindi
iil'= ( s^dz
^* 27r -^^1 "• 27r(B* "^^^ "> 4tn(ù^a^ HXi *
1 1)? 1 i^oro i2« — a)»>r
^* 2/r -^ifx *
« Alle espressioni cosi trovate per gli spostamenti si possono dare altre
forme, come pure si potrebbero generalizzare alquanto i risultati precedenti
tenendo conto anco delle forze applicate a' singoli elementi di massa, ma
non mi fermo sopra queste minuzie, le quali d'altronde non presentano dif-
ficoltà di sorta » .
Fisica terrestre. — Alcuni risultati di uno studio sul ter-
remoto ligure. Nota del Corrispondente T. TarameIiLI e del prof.
G. Mercalli.
Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Matematica. — Sulle funzioni ipergeometriche generalizzate.
Nota II {}) del Corrispondente S. Pincherle.
« 6. Nei §§ 4 e 5 abbiamo preso le mosse da un'equazione differenziale
lineare del prim' ordine e ne abbiamo formata la correlatiya alle differenze :
r integrale di questa, considerato come funzione di suoi parametri, ci ha date
le funzioni ipergeometriche d'ordine superiore ad una o più variabili. Ora
invece prendiamo a considerare il caso coniugato del precedente, cioè par-
tiamo da un'equazione lineare alle differenze finite del prim' ordine, che
scriveremo
(5") (ooo + flJio ^ + «80 ^* + - flfmo x^) f(x) +
+(aoi + «H (^ + 1) + - + Orni (^ + 1 r) /(^+ 1) = 0 ,
la quale ammette come trasformata, secondo il metodo indicato a § 2, l'equa-
zione differenziale lineare d*ordine m\
(1") (aoo+^oi O V (0 + («io+«i,0 rp' (t) + + («mo+flmiO V'"*' {t)=0.
(1) V. pag. 694.
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— 793 —
« Ora il Mellìn (^ ha dimostrato che, in generale, F integrale dell* equa-
zione (5'0 si pnò dare nella forma
dove le q^ sono le radici dell'equazione
(3') «00 + dìo^ + a«o^* H H ^»»o^ = 0 .
« Suppongasi prima che Omo ed Omi siano entrambi diversi da zero. In
tal caso il numero dei fattori r del numeratore e del denominatore nel
secondo membro della (14) è il medesimo, e l'espressione di f{x) dà una fun-
zione analitica uniforme coi poli nei punti
(15) Q.-n ^^ = o,l,2,3,....ooj'
dove i punti q^ si supporranno per maggiore semplicità tutti diversi.
« Applicando il metodo indicato a § 3, si consideri una linea X che
avvolga i punti del sistema
Qì y Ql 1 , Ql 2 , .... Qi — rij ....
escludendo tutti i poli degli altri m — 1 sistemi (15): come si è visto,
l'espressione
(6') àX,^'^^^^"^
sarà un' integrale dell' equazione (!'')) purché essa abbia un significato, e
purché il limite del residuo di e^^f{x) relativo al punto x=Qi — n sia
nullo per n = co. Questo residuo, ricordando le note proprietà della fun-
zione r, si ottiene facilmente dalla (14) sotto la forma
m
^- nr(Q,—<t,—n)
« Ora, non solo questo residuo tende a zero, ma l'integrale (6) equi-
vale aUa serie
n-o
e questa si trova facilmente essere convergente assolutamente ed in egual
grado, per tutti i valori di t tali che sia
(0 Acta Mathematica, t Vin, p. 37. Cfr. anche ibid., t IX, p. 137.
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— 794 —
scoine si Tede sub ito foimando il rapporto B» ' Bn-i • Questa serie è dunque
un integrale della (1"), ed essa si può scrivere
(16) e^^'SCner^
con
e riducendo ed indicando con C un fattore costante comune:
n {a^ — ?i + 1) ((Tv — ?i + 2) . . • (^v — pi + «)
(17') G^ = Gfr--^
n\ n (pv — ^i + 1) (?v — ?i + 2) . . . (pv — ?i + «)
doye è manifesta T analogia coi coefiBcienti della serie ipergeometrica.
« Con un facile cambiamento di variabile, l'equazione (1") si riconduce
all'equazione differenziale lineare, a coefScienti razionali, regolare airinfi-
nito, considerata dal Ooursat nella citata Memoria, mentre l'espressione (16)
si riduce alla serie ipergeometrica generalizzata, integrale di quell* equa-
zione, e che forma l'oggetto della Memoria stessa.
« 7. Al sistema ^i , qi — 1 , . . . ^i — ?i, ... di poli considerato in ciò che
precede, si può sostituire uno qualunque degli altri sistemi (15); con ciò
si ottengono m integrali dell'equazione (1"), costituenti nel loro insieme un
sistema fondamentale. Questi integrali sono tali che, detto \p^{t) quello re-
lativo al sistema di poli Qh — n^ sarà per t = -\-co,
se la parte reale di ;r è maggiore di quella di q^.
« 8. Nella (5") si sono supposte le Omf^ , Omi differenti da zero. Se sup-
poniamo che ami sia zero, il numero dei fattori r sarà maggiore nel nu-
meratore che nel denominatore nel secondo membro della (14); il limite
del rapporto Bn^Bti-i considerato a § 6, sarà zero per qualunque valore
di ^, e la serie integrale S&n sarà una funzione trascendente intera. Si
ottengono così le trascendenti accennate nel n. 10 della citata Memoria del
Gtoursat.
« Se in luogo di Omi t si suppone Omo = 0, la serie S&n del § 6 è
sempre divergente, benché essa continui a soddisfare formalmente all'equa-
zione differenziale. Ma considerando 77-T invece di f(x) , si ritoma al caso
f{x) '^
precedente, e con ciò si vede che nel caso dì una funzione f{x) che sod-
dis£Et ad un' equazione alle differenze del prim' ordine, le espressioni della
forma (4) per la f{a:) e per la jr-: sono affatto analoghe. Ciò spi^
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— 795 —
Tanalogia dì fonna fra l'integrale definito ordinario (euleriano) che rappre-
senta la funzione r(a:), e l'integrale di Hankel (^) che esprime la l:r(<2r).
« Nel cago in cui ^mi è zero, si può limitare l'integrazione nella (6)
in un modo che mi sembra interessante perchè dà un esempio notevole
d'inversione d'integrale definito. Dico cioè che l'integrale (6) si può scrivere
«Qx„,/A i_i ' v-^' — Pi) T\x — Qt)... r{x — e«^i) r{x — gm) ^t^
(18) V(0-ow\ r(^_aor(^-*,) ... r(^-<r^.) "^^
deve a è un numero reale, maggiore delle parti reali di ciascuna delle
Qiy ?« 1 • . • ^m • Posto ^ = J; -j- iiy , sulla linea ^ = a del piano x nessuna
delle funzioni r diventa infinita; inoltre al tendere all'infinito di ri (supposta
positiva), la r{x — ^v) diviene infinitesima di un ordine indicato da
ITU
rf^^ e — r '
dove e è compreso fra — fe-[-i(^)©dinèil massimo intero contenuto
nella parte reale di a — ^. Al tendere di — iy all'infinito, r{x — Qh) di-
viene infinitesima nello stesso modo.
» Da questa osservazione applicata ai vari fattori del numeratore e del
denominatore sotto il segno della (18) si può dedurre la condizione affinchè
la (18) stessa abbia un significato. Posto infatti t = T-\-i(ff , ff^ avrà il
valore assintotico ^w per i; = it oo , e l'integrale avrà un significato sotto
le condizioni
cioè per i valori di ^ compresi fra due parallele all'asse reale alla di-
stanza it — .
« Se ora consideriamo nel piano x un rettangolo coi vertici nei punti
kia — in]), B(tìj + ^i?), C(a + 1 — ii?), D(a+l+ei?),
rintegrale della ef^ f{x) esteso al contomo del rettangolo è nullo per il teo-
rema di Cauchy; ma per tj = co ^ l'integrazione estesa ai lati AC, BD è
nulla, e rimane
1 <f'f{x)ix= I ^f{x)dx
e mutando ^ in ìt + 1 ^®1 secondo membro :
1 ef"fix)dx = é' e''f{x-\-l)dx.
(1) Riportato dal Bigler (Creile, T. CU, p. 237).
P) Vedi Nota alla fine del lavoro.
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— 796 —
Con ciò resta dimostrato che Tespressione (18) soddisfa alle condizioni (7),
e che quindi ìp{() è un integrale dell'equazione (1") nel caso di «mi = 0 .
« In particolare, per ogni valore positivo di a. Tìntegrale
non differisce da er^ che per un fettore costante.
« 10. Nello stesso modo che Tintegrale (10) della equazione (51), con-
siderato come funzione dei parametri «i , ag , . . . a^ , soddisfa ad un'equa-
zione differenziale lineare d'ordine m rispetto a ciascuno, e ad equazioni a
derivate parziali d'ordine inferiore rispetto a due o più di essi parametri,
così, mantenendosi la già notata dtcalità, si trova che l'integrale (6) del-
l'equazione (1") considerato come funzione degl'infiniti Qi.Qt,.* -Qm della
f{a), soddisfa ad un'equazione lineare alle differenze finite dell'ordine m
rispetto a ciascuno di essi, e rispetto a due o più, ad equazioni alle diffe-
renze parziali, d'ordine inferiore. Le quindici note relazioni fra le
« functiones contiguae » di Oauss nella teoria delle serie
ipergeometriche, e le generalizzazioni di queste brevemente
accennate nel n. 7 della citata Memoria del Goursat, non
sono che casi speciali di tali equazioni alle differenze
ordinarie o parziali.
« Queste equazioni si possono ottenere come segue. Si ha, sviluppando
la (6')
Ora, indicando con q un numero intero positivo qualunque, si ha
A^ — ?i + ?) = (^ — ei)(^ — ?i + l).-.(^ — ^i + y — 1)^(^ — *i)
ossia
^{a — Qi + q) = {^ + 9x^'' + 9t^^^ + "' + 99-i^ + 9f)^{^^Qi)
dove le g^ sono fonzioni intere di ^i , di un grado indicato dall'indice. Se
dunque nella (19) si sostituisce ^i — ^ al posto di ^i , si ottiene immedia-
tamente :
(20) V[?.-?]=^+i^.^ + ... + i^eV(0.
Ponnando le equazioni (20) per y = 1, 2, . . . w, si potranno dedurre i va-
lori di
^^^'' dr-" dr
(*) Scriverò t/^f) quando non importerà considerare i parametri ^y, e ^QhtQk]
quando si vorranno considerare i parametri Qh,Qh p. es., e non la variabile t e gli altri
parametri q.
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— 797 —
in fiinzioiie lineare delle
a coefScienti razionali in ^i , e sostitnendo le espressioni così ottenute nella
equazione (1''), si otterrà (volendo, in forma di determinante) un'equazione
alle differenze ordinane, lineare, dell'ordine m e a coefficienti razionali in ^i ,
cui soddisfa la tp considerata come funzione della sola Qi, Analogamente
rispetto a ciascuno degli altri parametri.
« Partendo invece da ima relazione come
^(^ — ?i + r)r{x — Qt + 8)'^{x — Qi){x—Qi + 1) .. . (a—Qi + r — 1)
{a: — Qt)..^{a: — Qt^8—l)r{a — Qi)r{a — Qi)
e procedendo in modo analogo a quanto si è fatto precedentemente, si giun-
gerà ad un'equazione alle differenze parziali, lineare e a coefficienti razio-
nali in ^1 , ^t ^ cui soddisfa la ìI^Qi , ^sl* Similmente si troverebbero rela-
zioni fra tre o più parametri.
« 11. Riassumendo, l'analogia fra le due class' di funzioni studiate in
ciò che precede si può far risultare dal seguente i^^ecchio dei risultati di-
mostrati :
« All'equazione differenziale li-
neare a coefficienti razionali in er*
si fa corrispondere, con una trasfor-
mazione, un'equazione alle differenze
lineari, a coefficienti razionali in x.
« Detto ìp{t) V integrale della
prima, ed /(or) quello della seconda,
la formola di trasformazione è della
forma
« All'equazione alle differenze fi-
nite lineare a coefficienti razionali in a:
si fa corrispondere, con una trasforma'
zione, un'equazione differenziale line-
are, a coefficienti razionali in er*.
« Detto f{x) l'integrale della
prima, ed ìp{t) quello della seconda,
la formola di trasformazione è della
forma
{a)
f^a:)=f^^tp{t)dù, (b) m=-^je^'Mdx,
l'integrale essendo preso secondo una
linea convenientemente scelta.
« n grado j9 dei coefficienti della
prima in er^ dà l'ordine della seconda;
l'ordine m della prima dà il grado
in X dei coefficienti della seconda.
« Se dunque l'equazione diffe-
renziale è del primo ordine, l'equa-
zione alle differenze è dell'ordine p,
a coefficienti razionali di primo grado.
« In questo caso l'espressione (a)
di f{x) dipende da p parametri, i
cui logaritmi sono i punti singolari
l'integrale essendo preso secondo una
linea convenientemente scelta.
« Il grado m dei coefficienti della
prima dà l'ordine della seconda;
l'ordine della prima dà il grado in er^
dei coefficienti della seconda.
« Se dunque l'equazione alle dif-
ferenze è del prim' ordine, l'equazione
differenziale lineare è dell'ordine m
a coefficienti di primo grado in er*
(equazione del Goursat facendo e^=z).
« In questo caso l'espressione {b)
dipende da m parametri (poli della
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— 798
dell'equazione differenziale. Rispetto
a ciascuno di questi, la f{x) sod-
disfa ad una equazione differenziale
lineare (ipergeometrica del Pochham-
mer) a coefficienti razionali e del-
l'ordine p. Rispetto a due o più pa-
rametri, essa soddisfa ad equazioni
a derivate parziali simultanee, d'or-
dine inferiore a ^ , e a coefficiènti
razionali.
f{a:)). Rispetto a ciascuno di questi,
la %p{t) soddisfa ad una equazione
alle differenze finite, lineare e del-
Tordine m. Rispetto a due o più
parametri, essa soddisfa ad equa-
zioni alle differenze finite parziali
simultanee, a coefficienti razionali
nei parametri stessi.
NOTA
« Al § 9 del presente lavoro è stato enunciato un modo di tendere a
zero della funzione r{x) quando {x) tende alVinfinito nella direzione dell'asse
inmiaginario. Quell'asserto si può dimostrare semplicemente come segue.
« Pongasi
r{xy
Si ha:
Y{x) = e^xn (i + ^\^-|-,
dove e è una nota costante; onde si ottiene facilmente
e prendendo i valori assoluti :
W + ir,)
F(f)
si indichi questo prodotto assolutamente convergente con P(ij).
« Si ha pure l'altro sviluppo noto :
senh n7]=snr] J7 1 1 + -^ j ,
onde
senh TTr;
« Se ora m è il massimo intero contenuto in ^ , ognuna delle frazioni
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— 799 —
sotto il segno J7 sarà minore o eguale all'unità, e quindi per 17 = :±= oo ,
P(ry) andrà all'infinito d'ordine inferiore od eguale a
senhyriy ^
_in\
perciò r{S-\'irj) andrà a zero di ordine inferiore «d ^uale a rj^^ie * ,
dove 1^ indica il valore assoluto di 1; . Ma siccome possiamo anche scrivere
«1^ — ^^ —
dove sotto il segno n ogni fattore è maggiore dell'unità, P(ry) sarà infinito
d'ordine eguale 0 superiore a
senhTTi^
e perciò r(f-(-r;) andrà a zero di ordine eguale 0 superiore a r/^ie * .
L'ordine d'infinitesimo di r{x) per ij = 00 è dunque dato effettivamente da
dove € è compreso fra — i è + i » .
Patologìa. — LaBilharziain Sicilia. Nota del Corrispondente
A, Grassi e del dott. Q. Eovelli.
« Noi vogliamo richiamare l'attenzione dei patologi e degli igienisti sul
fatto, da noi determinato, che la Bilharzia crassa, Sons, è comunissima
(circa nel 75 Vo) nelle pecore che si macellano a Catania, e che proven-
gono dalla Piana di Catania, in cui sono nate e cresciute. Questo fatto deve
fare una grande sorpresa, perchè finora si era ritenuto che le Bilharzie ap-
partenessero esclusivamente all'AMca : esso apre una strada facile a chi ha
mezzi di studio, per scoprire il ciclo evolutivo di questo parassita : esso lascia
infine adito al sospetto che la Bilharzia dell'uomo possa rendersi endemica
anche nei paesi irrigui dell'Italia per mezzo di qualche soldato che ritor-
nasse dall' Afirica infetto di questo terribile parassita ».
Rendiconti. 1888, Vol. IV. V Sem. 104
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— 800 —
Fisica. — Sulla velocità del suono nei vapori. Nota II Q) dei dot-
tori G. G. Qerosa ed E. Mai, presentata a nome del Socio Q. Cantoni.
« Coi dati precedenti componiamo ora la tabella qui sotto, per trarre
alcune conclusioni.
temp.
li
Vt
Vi
Xt
1^''
yt
\y^
v\
0
mm
824,20
mm
157,68
mm
254,69
A
mm
12,62
0,0392
0,0392
260,35
10
330,02
160,44
259,81
13,00
12,92
394
394
260,84
20
335,61
163,08
263,74
13,43
13,36
400
401
260,38
80
840,96
165,56
267,99
13,99
18,91
410
411
260,82
40
346,09
167,90
272,06
14,68
14,57
424
425
260,80
50
351,02
170,08
275,96
15,48
15,36
441
442
260,28
60.
355,74
172,18
279,71
16,40
16,26
461
463
260,25
70
360,27
174,05
288,29
17,42
17,27
484
486
260,22
80
364,62
175,83
286,73
18,55
18,39
509
512
260,19
90
868,78
177,50
290,03
19,79
19,59
536
541
260,16
100
872,77
179,04
293,18
21,12
20,90
566
571
260,12
« Se colla relazione ^^^° ^]^^ + ^J _ q»° 45763 |/i .+ a^ — i- {aty ,
analoga alla (3), calcoliamo gli errori x\, relativi ad Vt, e li [confrontiamo
coi valori di Xt , troviamo che, ad una stessa temperatura, x\ corrisponde
ai Y di .27t , come si rileva dai numeri scritti nella 5^ e 6"^ colonna della
tabella: sicché possiamo dire che
(6)
'• + * = ÌJ
ed
tt + \Xt =
ovvero scrivendo le due relazioni (6) in quest'altro modo
(7)
^.(i+yO =
2l
2n
ed
4n
Vt
^'.(1+3/0 = ^^:
e confrontando i valori di t/t ed y't fra di loro, risulta che /( corrisponde
ai 7 di y^ , come si vede dai numeri registrati nella 7^ ed 8^ colonna della
stessa tabella: per cui dalle (7) risulta come sia
-^ = 2 + f^l' dove y,=y,|l + «^+l(«0«|-
« Però non riesce facile rendersi ragione del rapporto che esiste fra Xt
ed Xt r a meno che non si verifichi il fatto seguente.
p) V. pag. 728.
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— 801 —
« Se diciamo X la lunghezza dell^onda che corrisponde al suono fonda-
mentale del diapason, rappresenteranno jX e ^X rispettivamente quelle fra-
zioni di X che emergono dal tubo sonoro quand'osso risuona in corrispondenza
del suono fondamentale stesso del diapason e della sua ottava,
« Ora, ponendo
cioè supponendo che le correzioni Steno inversamente proporzionali alla
frazione dell'onda emergente dal tubo, risulta appunto
« Ma se, a temperatura costante, la correzione cresce quando diminuisce
la lunghezza della colonna sonora, nel caso che non si muti Taeriforme nel
tubo, tutto Topposto avviene nel caso che questo venga sostituito con altri
diversi.
« Difatti, se poniamo eguale a 260,35 m. la velocità Vo' del suono a 0*
nell'acido carbonico, i valori di a!\ calcolati per ogni temperatura colla
(8) ^'' + -"' = S-'
soddisfano in ogni caso alla relazione
si\ = -r sot ;
^\
ossia la correzione è proporzionale alla lunghezza del tubo che rismna:
tanto che, scrivendo la (8) sotto quest'altra forma
n(i+y.)=£
e rapportando membro a membro quest'eguaglianza colla 1' delle (7), il valore
•»"« = «o7^^1-(«i-«)^
h
che se ne deduce, è costante (a meno di una piccola variazione dovuta alla
differenza fra a ed ai), come si vede dall'ultima colonna della tabella nu-
merica surriferita.
« E pertanto resta sempre vera la legge di Dulong (0 che i numeri
delle vibrazioni^ corrispondenti ai suoni resi dai medesimi tubiy parlanti
successivamente con diversi aeriformi^ esprimono i rapporti delle velocità
di propagazione del suono negli aeriformi stessi: dacché, ad una data tem-
peratura e con uno stesso tubo di lunghezza /, fatto suonare con due aerì-
formi diversi, pei quali le velocità del suono sono rispettivamente v e Vi q
l'altezza ài n ei ni vibrazioni, si avrà
(0 Ann. de Chem. et de Phys. Ser. 2*, t XLI, pag. 113.
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— 802 —
dove le correzioni sono eguali, essendo eguali le lunghezze l, e quindi
n v^
ni ~ Vi.
« Per la stessa ragione il Martini con un ragionamento non corretto giunse
ad un risultato giusto. Egli ammise nel caso pratico la legge di Bemoulli,
che, cioè, sieno le lunghezze l, li di due colonne gassose, le quali rinforzano
al massimo una stessa nota, la quarta parte delle corrispondenti onde A, il] .
Yale a dire
(9). ^ = 4^ = V ' ^=4A = ^;
il che, nel caso presente, non può essere accolto. Anzi, se per Dulong, che
impiegaya sempre uno stesso tubo senza variarne alcuna dimensione, aveva
luogo la relazione
n v^
ni~ Vi'
deducibile dalle due
in quest'altro caso, nel quale varia la lunghezza del tubo, pur anmiettendo,
secondo Wertheim, che la correzione rimanga costante, non è più possibile de-
durre dalle relazioni
la seguente
™ Tri-
cui il Martini (') dedusse dalle (9). Che se la (10) corrisponde al vero, devesi
al fatto più sopra riferito, che le correzioni sono proporzionali alle lunghezze /, Zi,
cioè che le relazioni (9) devono essere sostituite dalle seguenti
U{l+y) = ^ , 4/,(l + y) = |i.
(») Luoghi citati. — Il Martini invero prima di far uso della (1^) ha stabilito tre espe-
rienze, due suiracidò carbonico a 0® e 7® rispettivamente e Taltra sul protossido di azoto
a 7®. Ma calcolando, ad es., per Tana e Tacido carbonico, mediante i dati da lui riferiti,
le correzioni x si ottengono questi valori:
t. aria COi
Qo ll,2«~ 9,3"«
70 9,3 13,4 ,
i quali davvero si allontanano di molto dalle norme più sopra incontrate.
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— 803 —
« Stabilite queste cose, nel tubo sonoro (A) abbiamo portato successi*
vamente sulla superficie del mercurio, in luogo dell'acido solforico, uno
straterello di diversi liquidi, ed abbiamo ciascuna volta elevata la tempera-
tura del bagno alla temperatura d'ebollizione dei liquidi stessi. In tal caso
rimboccatura del tubo era coperta da una lastrina di vetro.
« Quando si riteneva per certo che tutta l'aria era scacciata ed il tubo
era ripieno solamente di vapore, si faceva la lettura, la quale veniva ripe-
tuta almeno sei o sette volte. Ed era cosa facilissima il ripeterla, poiché
bastava abbassare il corsoio in modo che la superficie del mercurio nel tubo
venisse a trovarsi di un minimo tratto al di sotto del punto raggiunto nella
prova precedente, perchè il liquido entrasse in fervida ebollizione e tutto
fosse pronto per una nuova lettura.
« Pei vapori i risultati delle singole prove riescirono più concordanti
che per i gas, poiché le risuonanze erano molto più distinte, massime pei
vapori più densi.
K Ed i risultati ottenuti pei vapori, qui sotto nominati, sono questi:
Vapori
t
L,
'«
V'o
Vo
ko
d
Cloroformio
Etere etilico ....
Gasolina
Cloruro di metil.® .
Solfuro di carbonio
Acetone acetica. . .
Alcole allilico . . .
Alcole etilico ....
Propilaldeide ....
6Ì95
35,55
49,78
43,29
47,75
58,23
95,46
79,68
50,57
mm
156,47
187,41
182,19
185,30
198,98
224,23
246,19
256,23
•275,00
mm
367,08
343,81
350,91
847,71
349,91
354,90
370,59
364,48
851,28
I44T2O
179,91
171,07
175,73
187,42
207,98
217,73
230,83
257,92
I44T49
180,04 0)
171,26
175,92
187,67(1)
208,38
218,54
231,64(0
258,31
1,1023
1,0600
1,2529
1,1625
1,1783
1,1131
1,2243
1,0906
1,7105
4,138
2,563
3,348
2,944
2,622
2,009
2,009
1,593
2,009
dove
t indica la temperatura del vapore;
Lt la lunghezza della colonna di vapore che rinforza al massimo il
diapason ;
It la corrispondente lunghezza della colonna d'aria secca;
V'o la velocità a 0® del suono nel vapore, calcolata colla relazione
L,
V'o =T^ Vo |/l-(/y — «)^ ,
(1) Si può osservare come il Masson (Ann. de Chem. et de Phys., S. 3% t. 53,
pag. 283, 1858), avendo studiata la velocità del suono nel vapore dell'etere etilico, del sol-
furo di carbonio e dell'alcole etilico, abbia trovato rispettivamente i valori 179,2, 189, 230,
i quali sono vicinissimi ai nostri.
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— 804 —
asBumendo pel coefBeiente dì dilatazione dei vapori fi = 0,00390 ;
Yo la velocità a 0° del suono nel vapore, caloolata colla relazione
_L, 1
•~ /.^i + /»<-i(/?0*'
ammettendo che, come per l'aria e l'acido carbonico, anche pei vapori abbia
luogo la relazione
L, = Lo f'i +/»<-! (/»/)*;
„ V,*.(f. 0,0012928 ., ^ j • , . -n- A. j 1
^' = 9.805.13,596.0.76 '^ "^P"^ ^"^ «^'" '^'^'^ * ^ ^'^
vapore;
d la denfiìtà teorica dei vapori (meno quella della gasolina che fa
determinata sperimentalmente), come quella che è intermedia in generale ai
diversi valori sperimentali.
« Qui si potrebbe notare come per i vari vapori i rapporti fra le velo-
cità Y{ e quelli inversi delle radici quadrate dei rispettivi pesi molecolari
non sieAO molto diversi, come appare dal seguente confronto:
Rapporti delle Rapporti inversi delle radici
velocità quadrate dei pesi molecolari
Clorofor.
Etere
Clorofor.
Clor. di metil.
Clorofor.
Solf. di carb.
Clorofor.
Acetone
Clorofor.
Ale. allil.
Clorofor.
Alcol, etil.
Clorofor.
0,839 . |/ì^ -1 = 0,835
|/ìW=».'
Propilald.
« Però se ne discosta un po' Tetere, pel quale si è dovuto moltiplicare il
rapporto dei pesi molecolari per f . È vero che anche per T alcole allilico e
per la propilaldeide, isomeri dell'acetone, si è dovuto moltiplicare il rapporto
dei pesi molecolari rispettivamente per j e |; ma quest'era prevedibile, in
quanto che la legge stessa di Masson (1. e.) che i calori specifici a volume
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— 805 —
costante, riferiti air unità di volume, sono, pei gas ed i vapori composti, pro-
porzionali al numero dei volumi degli elementi semplici che costituiscono il
volume del composto, non ha più valore in tal caso. Anzi è interessante l'os-
servare come molto semplici sono tra questi isomeri i rapporti suindicati :
Bapp. della veloc.
^^^■^^ 0.817 1/1 = 0,817
Propilald. ' y 8
Ale. allil. /T ♦
Propilald. 0,902 |/_ = o,894
Acetone /T
Ale. aim. 0.906 |/| = 0,913
« Ed ora, nelVipotesi che la relazione surriferita avesse luogo in gene-
rale, il rapporto dei calori specifici dei vapori alla temperatura assoluta di
ebollizione dei rispettivi liquidi risulterebbero inversamente proporzionali
alle temperature stesse, ed il coefficiente di proporzionalità, quando non fosse
Tunità, sarebbe un numero assai semplice. Ma tanto sia per ora detto colla
massima riserva, comechè fondato sovra pochissimi dati ^ .
Fisica. — Sulla dilatazione termica di alcune leghe binane
allo stato liquido. Nota II (0 di Q. Vicentini e D. Omodei, presentata
dal Socio Blaserna
« Nella misura della dilatazione delle leghe allo stato liquido, abbiamo
seguito lo stesso metodo ed adoperato il medesimo apparecchio altra volta
descritti (2).
« Le leghe si.studiano in dilatometri di vetro di noto coefficiente di dila-
tazione e con termometro a mercurio confrontato con quello ad aria.
« Non riteniamo necessario dare qui ulteriori schiarimenti sul metodo
sperimentale, l'attuale lavoro essendo da considerarsi quale continuazione dello
studio fatto prima, delle leghe di Pb e Sn e pubblicato nei Bendiconti di
questa B. Accademia.
« Nel comunicare i risultati delle nuove ricerche facciamo cenno del modo
col quale abbiamo calcolato certi valori, che nello studio antecedente si sono
consegnati senza alcun schiarimento. Passiamo quindi senz'altro a comunicare
1 risultati delle osservazioni.
0) V. pag. 718.
(^) Atti della B. Aec. di Torino, voi. XXU, 1886 e 1887. — Rendiconti della B. Acc.
dei Lincei, fase. 10, 1887.
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— 806 —
I. Lega Sn Bi.
« La lega Sn Bi è stata studiata in due dilatometri diversi, i quali hanno
dato per yalori della densità D alle varie temperature t quelli registrati nella
tab. lY. Bicordiamo che Wn indica il volume dei dilatometri determinato sino
alla divisione n del loro cannello, ed è espresso m(snx^\w invece è il volume
di una divisione del cannello nel tratto di esso ove arriva la colonnina del
metallo fuso, ed è espresso nella stessa unità.
« P è il peso in grammi della lega che riempie il dilatometro. È inutile
avvertire che tanto nella calibrazione dei dilatometri, quanto nelle pesate
delle leghe in essi introdotte sì tiene sempre conto della spinta dell'aria, ed
i numeri riferiti sono sempre corretti rispetto a tal causa di errore.
Tabella IV.
Dilatometro L
Dilatometro II.
W^ =
= 4,19264 w=: 0,0018485
W...,== 5,13846 w = 0,002300
P= 36,9379
P = 45,1804
1* Serie |
2* Serie
t
D
t
D
1 1 t D
1
151.2
8.7709
11
168.7
8.7829
2
179.6
8.7621
12
178.9
8.7774
3
186.3
8.7572
4
214.5
8.7311
13
204.8
8.7580
5
246.5
8.6968
8
250.7
8.6965
14
242.6
8.7211
6
277.9
8.6617
9
275.9
8.6696
15
274.0
8.6874
7
298.3
8.6441
10
289.7
8.65405
16
306.6
8.6521
« Come fa vedere questa tabella, la lega Sn Bi è stata studiata entro un
intervallo di temperatura abbastanza esteso (15P — 307^). Le due serie di mi-
sure eseguite col dilatometro I. ci hanno mostrato che alle temperature più.
basse, cioè a quelle inferiori ai 210®, dopo parecchie fusioni e lente solidificazioni
della lega, non si possono ottenere valori concordanti della densità. È questa
la ragione per cui non riportiamo sotto la IL serie i valori della densità alle
temperature inferiori ai 250®, perchè riuscirono troppo piccoli, ed anzi anda-
vano diminuendo di valore colla ripetizione delle prove. Alle temperature più.
elevate invece i risultati concordano pienamente con quelli della prima serie.
« Coi dati delle esperienze 1, 2, 3, 4 e coi valori medi di quelli delle
esperienze 5-8 , 6-9 , 7-10, abbiamo costruita la curva delle densità della
lega, assumendo come ascisse le temperature (1*°°' per ogni grado) e come
ordinate le densità (l"""" per ogni metà della terza decimale). Tale curva si .
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— 807 -
può considerare costituita da due tratti rettilinei ben distinti ; lune molto
inclinato rispetto all'asse delle ascisse, che rappresenta le densità alle tem-
perature elevate ; Taltro molto meno inclinato in corrispondenza alle tempe-
rature inferiori. Le due parti rettilinee, per mancanza di un numero sufficiente
di punti, sono riunite da un breve tratto curvilineo.
« Nel dubbio che la lega avesse perduta la propria omogeneità in causa
delle ripetute fusioni e solidificazioni nell'interno del dilatometro, fu levata e
rimescolata ben bene assieme alla parte non impiegata nelle misure e quindi
introdotta nel dilatometro IL Studiata con esso ha dato i risultati registrati
pure nella tab. lY coi quali si è costruita una curva che sebbene non coincida
con quella del dilatometro L corre però perfettamente parallela ad essa. I
valori della densità della lega ad una stessa temperatura, quali si possono
ricavare dalle due curve, differiscono solo di due millesimi del valore totale.
Questo è lo scostamento massimo che abbiamo trovato nel valore delle den-
sità delle singole leghe, misurate con dilatometri differenti.
« Dalle due curve abbiamo ricavato i valori della densità della lega a
diverse temperature t quali si trovano registrate nelle prime colonne della
tabella Y, nell'ultima colonna della quale diamo i loro valori medi che hanno
servito a costruire la curva 1 della fig. L
Tabella Y.
Dilatometro I.
Dilatometro II.
Valori
medi
t
D
D
150
8,7850
8,7710
8,7780
178
8,7775
8,7627
8,7701
185
8,7740
8,7585
8,7662
200
8,7623
8,7445
8,7534
215
8,7480
8,7303
8,7391
250
8,7130
8,6940
8,7035
280
8,6«08
8,6631
8,6719
310
8,6484
8,6324
8,6404
« La curva 1 fa vedere che la lega Su Bi non possiede una dilatazione
regolare e quindi non è una lega chimica.
« Essa è costituita da una lega ben definita di stagno e di bismuto nella
quale si deve trovare un eccesso di uno dei componenti. Nel caso attuale
d'una lega di stagno e bismuto, nota la curva della densità, è facile stabi-
lire col ragionamento quale è il metallo eccedente.
« Il tratto di curva corrispondente alle temperature più basse, sappiamo
Ebndiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 105
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— 808 —
corrispondere al periodo nel quale la lega chimica è già fusa ed in essa, col-
laumentare della temperatura, vanno discioglìendosi porzioni sempre nuoTe
del metallo eccedente.
« In tale periodo la densità della lega (che non è perfettamente liquida)
cambia per Taumento di temperatura, e per la rariazione di volume del me-
tallo eccedente che continua a disciogliersi in essa. Ora per la Sn Bi il primo
tratto della curva è molto meno inclinato, rispetto air asse delle ascisse, di
quello che non sia il secondo tratto rettilineo, che dà la variazione della den-
sità della lega completamente fusa.
« È questo un indizio che il metallo che si trova in eccesso, nell'atto
del proprio cambiamento di stato diminuisce di volume.
« La lega è quindi troppo ricca di bismuto.
« Prolungando i due tratti rettilinei della curva essi si incontrano appros-
simativamente a 187°, in un punto al quale corrisponde la densità 8,768.
L'eccesso di bismuto sarebbe quindi tutto disciolto, saturando la lega chimica,
alla temperatura
t', = 187^
« Se ci serviamo della densità a 150° ed a 178° per calcolare la varia-
zione di volume che subisce l'unità di volume della lega per ogni grado di
temperatura, neirintervallo nel quale essa contiene del bismuto solido, si ha
il valore
a' = 0,0000822.
« Se si suppone inoltre, come abbiamo verificato per le leghe di Pb e Sn,
e riconosceremo esatto per altre, che fra la temperatura di fusione t della
lega e la temperatura ifx or ora determinata la variazione di densità si man-
tenga proporzionale a quella della temperatura, si può calcolare coll'impiego
di d la densità della lega alla temperatura t. Facendo il calcolo a ciò neces-
sario si ha:
D^ = 8,8819
come densità della lega alla temperatura di fusione.
tt Nello studio dei metalli ed in quello delle leghe di Pb e Sn, abbiamo
veduto come riesca facile determinare con molta approssimazione la densità
Dt di essi alla temperature di fusione ed allo stato solido. Valendoci ora
per la Sn Bi dei dati che si sono ottenuti coi dilatometri I. e IL si ha:
« Dilatometro I. Con un peso di lega di gr. 87,5810, 0% = 8,7094.
* 36,9851, D%= 8,7084.
« Valore medio D*t = 8,7089.
« Dilatometro II. Con un peso di lega di gr. 45,1804, D«t = 8,7250.
« Facendo la media dei valori ricavati coi due dilatometri si ha quindi:
D% = 8,7169.
« Noti che siano D^ e D't si ricava subito il valore della variazione per-
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— 809 —
centaale J nella densità della lega, subita nel passaggio dallo stato liquido
al solido. Esso risulta
./=— 1,86
vale a dire la lega si dilata solidificandosi.
« Il coefficente di dilatazione della lega perfettamente liquida, la quale
come mostra la curva della densità, entro i limiti di temperatura raggiunti
si dilata uniformemente, si calcola coi valori corrispondenti alle temperature
215<> e 810^ esso è dato da
« = 0,00012085.
« Se poi si calcola il' coefficiente di dilatazione a^ che dovrebbe avere
la lega qualora i metalli che la compongono conservassero la dilatazione che
possiedono allo stato liquido, si ha:
«,=0,0001176
che è di poco differente dal coefficente a trovato.
« Siccome poi noi conosciamo la densità dei metalli componenti la lega
allo stato liquido, nonché il loro coefficente di dilatazione, ci è possibile cal-
colare la densità che dovrebbe avere la lega liquida e a temperature diverse,
qualora i metalli liquidi conservassero in essa il loro volume.
« Tale densità si può avere ricorrendo ali* espressione
U; ^^— PD'4-FD
dove D e D' sono le densità dei due metalli liquidi alla temperatura che si
considera e P e P' i pesi dei due componenti secondo il rapporto centesimale.
« Lo studio della dilatazione dei metalli fusi ci ha portato alla conclu-
sione che vicino alla temperatura di fusione essi si dilatano uniformemente ;
quello delle leghe di Pb e Sn e della lega di cui qui ci occupiamo prova
che la stessa cosa si verifica per esse, quando si trovano allo stato di com-
pleta fusione ; e di più che la loro dilatazione, entr(T i limiti degli errori di
osservazione, è eguale alla sonmia delle dilatazioni dei metalli componenti.
Ciò significa che i metalli conservano nelle leghe fuse il proprio coefficente
di dilatazione anche a temperature inferiori di molto a quella della loro fa-
sione. Il calcolo della densità teorica delle leghe liquide col mezzo della (1)
si può applicare anche alle temperature alle quali i metalli presi separata-
mente sarebbero solidi.
« Applicando alla Sn Bi la (1) per le temperature 226^,5 e 271® (tem-
peratura di fusione dei suoi componenti) e per la massima temperatura 810,
si hanno i seguenti valori :
D
trovata differenza
8,6818 —0,006
8,6625 +0,0208
8,6404 +0,0875
t
calcolata
226»,5
8,6873
271»
8,6422
310»
8,6029
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— 810 -
B Le differenze mostrano che alle temperature più elevate si ha contra-
zione ed alle più basse mia debolissima dilatazione.
« Come osserveremo in seguito, lo studio delle leghe binarie può servire
a determinare con una certa approssimazione il coefBcente di dilatazione e la
densità di un metallo, allo stato liquido, quando si possa unire in lega con un
metallo che allo stato di fusione possiede densità e coefficente di dilatazione
noti. Ammesso di fatto, come è accennato sopra, che nella lega aUo stato liquido,
i metalli conservino il rispettivo coeflBciente di dilatazione; noto che sia il
coefficiente di dilatazione a della lega perfettamente fusa, quello ci di uno
dei suoi componenti, che entra in essa col peso P (rapporto centesimale), co-
nosciute inoltre le densità D e D' del metallo stesso e della lega fusi, ad
una determinata temperatura, il coefficente di dilatazione a'' del secondo com-
ponente si ottiene applicando la formula
,, fg.lOOD — g^PD^
^^^ "" ■" lOOD — PD' •
Calcolando questa espressione per il caso della lega Sn Bi, supposto incognito
il coefficente di dilatazione del bismuto, questo risulta
«" = 0,0001254
valore alquanto più grande di quello dato dall'esperienza che è eguale a
0,000120. Si vede dunque che qualora a non fosse conosciuto, sarebbe dato
con sufficente approssimazione collo studio della Sn Bi.
tt Finalmente considerando che la variazione di volume che accompagna
la formazione delle leghe è relativamente piccola, si comprende che la cono-
scenza della densità di queste allo stato di completa fusione, può parimenti
servire alla determinazione del valore della densità di uno dei loro compo-
nenti. Per il calcolo basta ricorrere alla formula
(3) ^- P + P'_^
che dà la densità del metallo liquido alla temperatura di fusione, in funzione
delle densità D e D' che alla stessa temperatura possiedono il secondo com-
ponente e la lega, ed in funzione dei pesi P e F dei metalli componenti
(P peso di quello di nota densità).
« Eseguendo il calcolo per determinare la densità del bismuto liquido
alla sua temperatura di fusione si ha
Dt = 10,097
in luogo di 10,0358 che è il valore trovato direttamente col metodo diiato-
metrico. La differenza tra il valore calcolato e quello trovato è solo di 0,6
su cento.
« La densità calcolata, come era prevedibile, risulta più grande di quella
misurata, dappoiché la formazione della lega liquida alla temperatura di
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— 811 —
fusione del bismuto (r=27P). come abbiamo veduto, è accompagnata da
contrazione.
n. Lega Sn4 BÌ3.
« La lega Sn4 Bis è stata studiata con un dilatometro col quale si sono
fatte tre serie di determinazioni che hanno portat<o a risultati molto concor-
danti. Alla fine delle esperienze il dilatometro è stato vuotato e calibrafo di
nuovo per avere un controllo dei numeri impiegati nei calcoli delle densità.
« Tanto per questa lega come per tutte le altre, al principio ed alla fine
di ogni serie di osservazioni si è sempre pesato il dilatometro per tener conto
delle eventuali perdite di lega che possono accadere nelle operazioni già de-
scritte quando si spiegava il metodo sperimentale seguito nello studio.
Tabella VI.
Dilatometro IH.
Ws.e = 8,63112
t,;« = 0,002425
1* Serie
2» Serie
3* Serie
P = 31,2898
P=: 31 ,2.354
P=x 31,2354
t
D
9
t-
D
t
D
_
148^5
8,5689
—
—
10
153,6
8,5636
—
—
—
—
11
154,4
8,5621
13
154,3
8,5628
1
178,5
8,5379
12
174,9
8,5402
14
176,2
8,5392 1
2
202,9
8,5133
—
—
15
202,5
8,5126
3
240,0
8,4732
—
—
—
—
4
249,3
8,4653
—
—
—
—
5
269,8
8,4465
—
—
16
270,4
8,4418
6
275,4
8,4376
--
—
—
—
7
303,2
8,4145
—
—
17
304,2
8,4081
8
317,7
8,3956
—
—
—
—
« I numeri della tabella VI danno già un'idea della concordanza dei
risultati ottenuti in giorni e condizioni diverse. Tracciando la curva delle den-
sità (fig. I curva n. 2) si trova che essa è rappresentata da una retta. La lega
Sn4 BÌ3 si dilata dunque uniformemente, a partire da temperature prossime
a quella di fusione; è perciò da considerarsi una lega chimica. Il Mazzetto
nel lavoro già citato, trovò pure che fra le leghe di stagno e bismuto, la
Sn^ Bis è quella che nella fusione manifesta il carattere di lega chimica.
« Dalla cm'va della Sn4 Bis togliamo i seguenti valori che danno la den-
sità della lega dì venti in venti gradi.
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— 812 —
Tabella VII.
Densità della lega Sn4Bis fra 150^ e 330^
f=:150, D = 8,5670
170, 8,5466
190, 8,5261
210, 8,5057
230, 8,4852
f = 250, D = 8,46^8
270, 8,4444
290, 8,4239
310, 8,4035
330. 8,3830
« Il coefficente di dilatazione per la lega liqnida è
« = 0,0001217.
« Quello calcolato
«,=0,0001172
riesce alquanto minore di a.
« Il modo col quale si raffredda la lega Sn^ Bis, come ha mostrato a noi
e ad altri, indica, che la sua solidificazione avviene completamente alla tem-
peratura T = 137^,3^ per quanto sappiamo anche la dilatazione della lega deve
quindi mantenersi uniforme sino a tale temperatura.
« Perciò col valore della densità a 150® e con quello del coeflScente di
dilatazione della lega ora trovato si ottiene
D^ = 8,5800
quale densità della lega fusa, alla temperatura di fusione. Tale valore si ricava
anche dalla curva n. 2 prolungata sino al punto corrispondente alla tempe-
ratura 137^3.
« La densità della lega solida alla stessa temperatura si è ricavata nel
modo noto colle indicazioni del dilatometro contenente pesi di lega fra loro
poco differenti e si è ottenuto : i
« Con un peso P = 31,2421, DS = 8,5163
31,2398, » =8,5185
31,2354, »» =8,5225
« Medio D't= 8,5191.
(i Per mezzo dei valori di D^ e D't si ha che la variazione percentuale
della densità della lega all'atto della solidificazione è misurata da
z/= — 0,71
cioè la lega aumenta di volume solidificando.
« Se si applica la espressione (1) per calcolare la densità teorica della
lega liquida a varie temperature si ottiene
D
t calcolata trovata differenza
150^ 8,5393 8,5670 +0,0277
226.5 8,4640 8,4889 +0,0249
271 8,4202 8,4434 +0,0232
310 8,3821 8,4035 +0,0214
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— 813 —
« La formazione di questa lega allo stato liquido è dunque accompa-
gnata da una contrazione di volume, che va debolmente diminuendo col cre-
scere della temperatura.
« Applicando la (2) si ricava per coefScente di dilatazione del bismuto
il valore
«"=0,0001302
che è maggiore del valore dato dair esperienza.
« Servendoci infine della (3) per avere la densità del bismuto liquido
alla temperatura di fusione risulta
Dt= 10,090.
Anche in questo caso tale numero è più grande di quello trovato.
III. Lega.
« La lega fu dapprima introdotta nel dilatom. lY di volume Wi 39=4,88693
con un cannello del quale una divisione ha il valore ^^ =0,00280; un peso
di essa eguale a gr. 37,3317 arrivava fino alla divisione 19,5 ; per cui la
densità della Sus Cd solida alla temperatura di fusione è
D%= 7,5756.
« Essendosi rotto il dilatometro al principio delle determinazioni sulla
lega liquida, si dovette con essa riempire il dilatometro VI, e con questo si
sono fatte le due i^erie di misure raccolte nella tabella Vili. Dei valori delle
densità corrispondenti a temperature molto vicine si sono ricavate le medie,
e con queste si è tracciata la curva delle densità, che risulta una linea retta
(fig. I, curva 3). È dalla curva, che si sono tolti i valori delle densità della lega
liquida fra 180^ e 310^ quali si trovano nell'ultima parte della tabella seguente :
Tabella Vili.
Densità della lega Sn, Cd fra 180^ e 310^
Dilatometro VI.
W31 = 4,24001 w^ = 0,00282
1» Serie
P = 30,9165
2* Serie
P = 30,9124
Valori dedotti
dalla curva
t
D
t
D
t
D
184^,9
7,2796
183^2
7,2768
180
7,2820
213,6
7,2550
221,6
7,2445
210
7,2554
253,2
7,2200
252,8
7,2161
250
6,2203
283,8
7,1921
284,0
7,1893
280
7,1936
304,8
7,1696
306,1
7,1695
310
7,1670
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— 814 —
« La lega Siis Cd è una lega chimica, come ha provato la legge del suo
rafireddamento , ed ora indica rimiforme sua dilatazione. Ad ess^ spetta il
coefficiente di dilatazione
« = 0,0001235
col quale si può calcolare la densità della lega liquida alla temperatura di
fusione 174^8, e si ha
D't = 7,2867
« Con D^, e D*t dato più addietro, si calcola
^ = 3,964;
quindi all'atto della solidificazione della Sn^ Cd si ha un notevole aumento
di densità.
« Il coefficiente di dilatazione della lega calcolato in base a quello dei
metalli componenti è
«, = 0,0001305
molto più grande di quello trovato.
« Ecco ora i valori teorici della densità della lega liquida a varie tem-
perature, calcolati col mezzo della (1) della Nota antecedente, e le loro dif-
ferenze sopra i valori trovati.
D
t
calcolata
trovata
diffcreuza
180°,
7,3479
7,2820
— 0,0659
226°.5
7,3038
7,2412
— 0,0626
318»
7,2178
7,1599
— 0,0579
tt La formazione della l^a Sn^ Cd allo stato liquido è accompagnata
da dilatazione.
« CoU'impiego della (2) si trova che il coefficente di dilatazione posse-
duto dal cadmio nella lega, ammesso che lo stagno vi conservi il proprio, è
a" =0,0001461
valore notevolmente minore di quello misurato (0,000170).
« La (3) poi ci dice che la densità che possiede il cadmio liquido a %
nella lega stessa è
D^ = 7,7662
« L'essere questo numero più piccolo del valore di D't trovato diretta-
mente (7,982) è giustificato da quanto abbiamo più sopra ricavato, intomo
alla dilatazione che accompagna la mescolanza dei metalli liquidi che costi-
tuiscono la lega » .
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— 815 —
Fisica. — Sui sistemi di frangie cP interferenze prodotte da
una sorgente di luce a due colori. Nota del dott. Michele Cantone»
presentata dal Socio Blaserna (').
« Sinora non si è potuto procedere allo studio di deformazioni istantanee
mediante rapparecchio di Fizeau, perchè gli spostamenti delle frangie d'inter-
ferenza, per la grande rapidità con cui avvengono, non possono seguirsi dal-
Tocchio. Io ho pensato però che fosse facile anche in tal caso Tattuazione
del metodo in parola ricorrendo per la produzione delle frangie, invece che
ad una sorgente di luce monocromatica, ad una fiamma che desse contempo-
raneamente due colori semplici dello spettro. Infatti allora in luogo di avere
anelli di una sola tinta, si devono ottenere anelli a colorazioni diverse e
riproducentisi con un dato periodo, per modo da conseguire un effetto analogo
a quello che si ha nel fenomeno prodotto dal prof. Righi {}) colla formazione
delle frangie negli specchi di Fresnel usufruendo dei n^gì provenienti da
due regioni dello spettro. Con tale modificazione se si è in grado di consta-
tare nettamente quel periodo, supposto che si conosca il senso dello sposta-
mento delle frangie, si può misurare una variazione di lunghezza, avvenuta
nel corpo in esame, corrispondente ad un numero di frangio minore di quello
che costituisce il periodo, senza bisogno di seguire lo spostamento delle strie
una per una.
« Per ottenere risultati praticamente utili conviene che le tinte sì ripro-
ducano coll*intervallo di un numero di frangie che non sìa né troppo piccolo
né troppo grande, perchè nel primo caso si potrebbero constatare variazioni
di lunghezza assai piccole, e nelValtro si avrebbe incertezza nell'apprezza-
mento del periodo.
« La sorgente che si presta assai bene per ricerche del genere avanti
esposto è quella colorata mediante i sali di sodio e litio: con essa infatti
le colorazioni devono riprodursi coli 'intervallo di circa 7,24 anelli della luce
del litio, avendosi in quel tratto un numero uguale aumentato di una unità
di frangie gialle ; cosicché dato sempre il caso che si conosca il senso dello
spostamento, si può arrivare a misurare una variazione istantanea di lunghezza
inferiore a nmi. 0,0024.
« Io sono riuscito ad avere fra due lastre di vetro, con una lampada a
gas colorata dai vapori di sodio e litio, un sistema di frangie a tinte varia-
bili e riproducentisi periodicamente, ed ho constatato che l'intervallo costi-
tuente il periodo era precisamente quello preveduto dalla teoria. L'aspetto
del campo del cannocchiale era quale dovea aspettarsi per la sovrapposizione
{}) Lavoro eseguito nel laboratorio di fisica della R. Università di Palermo, maggio 1888.
(^) A. Righi, Ricerche sperimentali stUr interferenza della luce. Memorie dell'Acca-
demia delle scienze dell'Istituto di Bologna, serie 3% tomo Vili, sessione del 19 aprile 1877.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1» Sem. 106
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-- 816 —
dei due sistemi di anelli: spiccavano alcune frangie di un rosso vivo sepa-
rate da serie identiche di altre meno pronunziate con tinte tendenti all'azzur-
rognolo ed alter nantisi con dei tratti neri, che riuscivano più marcati a mi-
sura che si trovavano più lontani dalle strie rosse. Il periodo poteva pertanto
apprezzarsi sia contando il numero di frangie colorate fra due successivi tratti
neri aventi la massima nettezza e i bordi ugualmente colorati, sia tenendo
conto delle frangie che si aveano fra due successive colorate in rosso vivo.
« Per la produzione dei vapori metallici nella fiamma mi servivo di uno
stoppino di fili di amianto, alimentato da una soluzione di carbonato di litio
che era contenuta in un recipiente di vetro capovolto; così con piccolo con-
sumo di quella sostanza poteva ottenere per molto tempo una luce suf&ciente-
mente intensa per la produzione del fenomeno che si volea esaminare. Non
vi fu bisogno di aggiungere nella soluzione del cloruro di sodio, perchè, attese
le piccole impurità del carbonato di litio, la luce della fiamma esaminata
allo spettroscopio diede la riga rossa del litio e quella gialla del sodio sen-
sibilmente colla stessa vivacità. Quanto alla riga del litio nel giallo non potè
constatarsene la presenza, il che accennava alla piccola intensità dei raggi
corrispondenti a quella riga e conseguentemente airinfluenza trascurabile che
la presenza di tali raggi poteva avere nel fenomeno.
« Accertatomi che il metodo da me ideato era attuabile, ho voluto stu-
diare una modificazione di cui esso è suscettibile, tendente ad apportare una
maggiore esattezza nelle misure. Ho pensato infatti che, ottenendo con una
lente l'imagine reale delle frangie sulla fenditura dello spettroscopio, si do-
veano vedere le frangie prodotte dalle due sorgenti monocromatiche separate
da uno spazio dipendente dalla dispersione del prisma e dalla larghezza della
fenditura; di guisa che facendo variare opportunamente siffatta larghezza si
poteano portare i due campi striati a contatto l'uno dell'altro. Con questo
artificio, specialmente nel caso che le frangie si presentassero a forma di
tratti paralleli e perpendicolari agli spigoli della fenditura si dovea poter
misurare colla massima esattezza la differenza di fase fra i raggi rossi e i
gialli in un punto qualunque del campo visibile, per cui valutando gli spo-
stamenti delle frangie per una variazione prodotta nello spessore della lamina
d'aria si avea il mezzo di determinare la grandezza della variazione con-
nata, purché questa non superasse il limite di mm. 0,0024.
« L'esperienza ha confermato il vantaggio che si poteva avere daUa modi-
ficazione Sopra esposta. Le frangie si ottenevano in questo come nel caso
precedente con un apparecchio analogo a quello di Fizeau. Il fascio di luce
dopo avere subito la doppia riflessione sulle due faccio della lamina d'aria
cadeva su una lente acromatica a corto foco, collocata al di là del punto di
convergenza di esso fascio : lo spettroscopio veniva disposto in modo che sulla
fenditura si avesse l'imagine delle frangie e il collimatore riuscisse col suo
asse sensibilmente parallelo alla direzione nella quale arrivavano i raggi.
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— 817 —
Allargando coiiTeiiientemeiite la fenditura si aveano due imagini di essa a
contatto fra loro, rossa Tana, gialla Taltra, e portanti entrambe le frangio
d'interferenza, le quali, modificando opportunamente Torientazione della lastra
mobile dell'apparecchio, potevano ottenersi a forma di tratti perpendicolari
ai bordi della fenditura.
« Potendosi nelle condizioni in cui si operava apprezzare assai bene il
decimo di frangia si fu in grado di constatare che fra due frangio gialle
sensibilmente sul prolungamento di due rosse ne erano comprese 7 e '/« circa
delle prime.
« Si potrebbe, a mio credere, aumentare il limite delle variazione istan-
tanee di lunghezza suscettibili di misura con questo metodo adoperando la
luce proveniente da due regioni dello spettro solare più vicine delle linee
relative al sodio ed al litio, la quale si farebbe convergere con una lente,
nel punto stesso ove d'ordinario si colloca la fiamma a gas. Se il periodo in
questo caso non può nettamente determinarsi, si può però difBcilmente commet-
tere un errore superiore alle sette frangio ; sicché questa disposizione potrebbe,
adoperandosi alternativamente coir altra precedentemente esposta, dare con
approssimazione il numero di frangio che sono passate per un determinato
pimto, riservando la disposizione precedentemente descritta per l'accertamento
esatto di quel numero. Io non ho fatto delle esperienze in proposito perchè
il mio apparecchio, per il modo come era collocato, non mi permetteva di
realizzare quelle condizioni per le quali dovea prodursi il fenomeno ; ma non
credo che siffatta produzione sia per se stessa molto difficile.
« Accenno infine ad un risultato sperimentale cui sono pervenuto e che
facilmente si potea prevedere.
« Ho prodotto le frangio colla sola luce del sodio, ho &tto cadere Tima-
gine ottenuta per mezzo di una lente sulla fenditura di uno spettroscopio a
forte dispersione, ed ho osservato che la imagine della fenditura era contor-
nata lateralmente da due sottili striscio di minore splendore, anch'esse striate
trasversalmente, epperò in modo da aversi in generale una differenza di fase
colle frangio corrispondenti del campo centrale, in un senso per una delle
striscio in senso opposto per l'altra. Stringendo mano mano la fenditura si
potea sopprimere la regione centrale e portare le due strisele a contatto fra
loro; nel qual caso la differenza di fase dei due sistemi di strie si poteva
apprezzare con maggiore precisione.
« Il fenomeno, come si può subito argomentare, è dovuto al fatto che
la luce del sodio non è monocromatica, per cui si hanno sempre due ima-
gini, le quali d'ordinario sono in parte sovrapposte lasciando due porzioni
del campo una a destra, l'altra a sinistra colorate di luce monocromatica.
tf I sistemi di frangio che si hanno in queste strie non sono sul prolun-
gamento l'uno dell'altro se non nel caso in cui gli anelli colorati si presen-
tano direttamente colla massima nettezza ; sono invece in opposizione quando
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— 818 —
lo spessore della lamina d*arìa sia tale da aversi rannullamento delle frangie
osservate direttamente : ho visto difatti che per uno spessore della lamina
diaria quasi nullo le strie dell*un sistema erano sensibilmente sul prolunga-
mento di quelle dell'altro, e in queste condizioni allargando la fenditura le
frangio apparivano assai marcate nella regione centrale comune alle due ima-
gini della fenditura; mentre aumentando lo spessore della lamina d*aria si
arrivava ad avere nella porzione comune un campo colorato uniformemente
con co atomi laterali striati: stringendo allora nuovamente la fenditura sìdo
a portare a contatto le regioni striate i tratti luminosi dell'un sistema si trova-
vano in corrìspondonza coi tratti oscuri delV altro. Aumentando ancora lo spes-
sore della lamina d*aria variava visibilmente la differenza di fase dei due
sistemi di strie ed allargando la fenditura si trovava che le frangio ricompa-
rivano nella regione centrale » .
Fìsica. — Stilla influenza delle forze elastiche sulle vibrazioni
trasversali delle corde. Nota III (^) del prof. Pietro Cardani, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
V.
Influenza del diametro.
« I risultati esposti nella Nota precedendo relativi all'influenza del peso
tensore hanno dimostrato chiaramente che tra la teoria e la pratica non esi-
stono quelle forti divergenze che aveva trovato il Savart, e che invece l'ac-
cordo è quasi completo anche con pesi tensori molto piccoli. Besta dunque
fuor di dubbio che il numero di vibrazioni molto elevato, che il Savart otte-
neva dalle corde anche con un peso tensore eguale a zero, era quello corri-
spondente alle corde vibranti come verghe elastiche fisse alle due estremità,
che nel corso delle esperienze egli aveva seguito le modificazioni che a questo
numero di vibrazioni apportavano le differenti tensioni, e che quindi il Savart
nel suo lavoro aveva ottenuto uno scopo del tutto differente da quello pre-
fiyssosi. L'equivoco in cui era incorso il Savart nel prendere come nota fon-
damentale della corda quella corrispondente alla stessa corda vibrante come
verga elastica fissa alle due estremità, doveva necessariamente portare come
conseguenza l'altro risultato da lui ottenuto, che cioè le divergenze dovevano
essere tanto più forti quanto maggiore era il diametro della corda elastica :
dimostrato invece dalle mie ricerche l'accordo quasi completo esistente tra la
teoria e la pratica nel problema delle corde vibranti, era logico supporre che
questo accordo dovesse rimanere tale indipendentemente dal diametro delle
corde adoperate.
(») V. p. 705.
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— 819 —
e In questo studio dell'influenza del diametro nelle vibrazioni delle corde
ho seguito lo stesso metodo descritto nella Nota precedente, sia per determi-
nare il numero delle vibrazioni della corda, sia per determinarne la lunghezza
ed il peso. Per rendere i risultati esperimentali meglio paragonabili tra loro
ho cercato che presso a poco il peso tensore fosse proporzionale al peso del-
P
Tunità di lunghezza della corda, per cui essendo il rapporto — quasi costante,
diventava pure quasi costante la velocità V teorica di propagazione delle vi-
p
brazioni trasversali, ed il rapporto — fu calcolato in modo che avesse la ve-
locità V un valore di circa 100 metri.
« Ho creduto conveniente in queste ricerche delVinfluenza del diametro
seguire anche neir esposizione dei risultati il metodo della Nota precedente,
di paragonare cioè quelli da me ottenuti con quelli che avrei dovuto ottenere
secondo le esperienze del Savart; il niunero N di vibrazioni che dovevano
dare le corde da me adoperate secondo il Savart fu calcolato colla solita
formola:
e nel modo che fu precedentemente descritto.
« Per paragonare tra loro le velocità di propagazione delle vibrazioni
trasversali invece che i numeri delle vibrazioni basta moltiplicare entrambi
i membri dell'equazione
N = t/n« + nS
per 2L; la nuova equazione sarà
dove V è la velocità di propagazione delle vibrazioni trasversali nella corda
con un peso tensore eguale a P e che si determina coll'esperienza, v quella
corrispondente ad un peso tensore P = 0 e che si ricava dalla Memoria di
Savart supponendo vera la legge dei diametri da lui ottenuta, e Vi quella
che teoricamente dovrebbe corrispondere al peso tensore P.
« Nei seguenti prospetti nella 1* colonna è segnato il pesoj» dell'unità
di lunghezza della corda adoperata.
« Nella seconda colonna il raggio B.
« Nella terza il peso tensore P.
« Nella quarta la velocità v=2nL corrispondente ad un peso tensore
P=0. nella quale n viene, c^me si disse, dedotto dalle esperienze del Savart.
« Nella quinta la velocità Vi = 1/-^ colla quale dovrebbero teoricamente
prop^rsi le vibrazioni trasversali con un peso tensore eguale a P.
« Nella sesta la velocità Y=yv^-{'V^i che dovrebbe aversi se fossero
vere le conclusioni alle quali portano le esperienze del Savart.
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— 820 —
tf Finalmente nella settima le differenze V — v tr^ la velocità pratica e
la teorica, che esprimerebbero secondo il Savart Tinfluenza del diametro nelle
vibrazioni delle corde.
Bame.
■ p
grammi
R
millimetri
P
grammi
v=2nL
metri
metri
metri
metri
7,9489
0,537
6908
80,98
92,30
122,79
30,49
4,3712
0,398
4208
60,05
97,15
114,21
17,06
2,0641
0,274
2362
41,36
105,59
113,68
7,79
1,4214
0,227
1752
34,13
109,90
115,08
5,18
1,2489
0.213
1430
32,36
105,93
110,76
4,83
0,6207
0,150
633
22,70
100,00
102,14
2,54
0,3769
0,117
437
17,93
106,59
108,03
1,44
Ottone.
p
grammi
B
millimetri
P
grammi
t?=2«L
metri
metri
metri
metri
5,7990
0,469
5428
87,10
95,71
130,56
34,85
3,1990
0,349
3008
64,88
95,99
115,86
19,87
1,9071
0,269
1936
49,91
99,74
111,53
11,79
1,4078
0,231
1435
42,82
100,09
108,78
8,69
1,1272
0,207
1143
37,99
99,68
106,77
7,11
0,5211
0,141
530
26,08
99,83
103,17
3,34
0,4220
0,126
432
23,34
100,16
102,84
2,68
0,1162
0,066
120
12,24
100,59
101,33
0,74
Ferro.
p
R
P
t;=2»L
metri
V-r»
V=|/t7« + rx«
grammi
millimetri
grammi
metri
metri
metri
8,6551
0,598
7336
140,87
91,16
167,76
76,60
6,5823
0,521
6708
120,68
99,95
158,24
58,29
2,1330
0,297
2170
70,03
99,85
121,96
22,11
1,8324
0,275
1865
64,72
99,87
119,00
19,13
0,9387
0,197
964
46,37
100,32
110,51
10,19
0,8412
0,186
858
43,79
99,97
109,14
9,17
0,4884
0,142
497
33,48
99,86
105,32
5,46
0,3490
0,120
361
28,17
100,68
104,54
3,86
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— 821 —
Aeeiajo.
p
gntmm!
R
mUlimetri
P
grammi
7059
4008
1011
561
411
361
t?=2nL
metri
metri ^
metri
metri
7,5503
4,3724
0,9618
0,5411
0,4036
0,3583
0,554
0,420
0,198
0,148
0,128
0,121
144,19
109,32
51,52
38,47
33,32
31,47
95,74
94,79
101,48
100,79
99,89
99,36
173,08
146,39
113,81
107,88
105,30
104,22
77,34
51,60
12.33
7.09
5,41
4,86
a Nei seguenti prospetti sono invece riassunti i risultati che ho avuti
dall'esperienza. Nell'intervallo di tempo tra il passaggio di una fenditura e
quello della fenditura successiva, le corde compivano 5 vibrazioni semplici ed
il numero delle vibrazioni della corda veniva calcolato nel modo descritto
nella Nota precedente.
. « Nella prima colonna è trascritta la durata T di un giro del disco in
vibrasioni doppie deirelettrodiapason.
« Nella seconda ilnum. di vibrazioni N compiuto dalla corda in un secondo.
« Nella terza la velocità W di propagazione delle vibrazioni trasversali
corrispondente al numero di vibrazioni N.
» Nella quarta la velocità teorica e;i=l/— ^; è inutile fare osservai-e
che i valori di Vi sono gli stessi di quelli dei prospetti precedenti.
« Nella quinta colonna la differenza W — Vi tra i valori deU* esperienza
e i valori della teoria, la quale differeìiza esprime Tinfluenza del diametro
nelle vibrazioni delle corde quale risulta da queste mie ricerche.
« Finalmente nella sesta colonna ho trascritti nuovamente i valori V — Vi
dei prospetti precedenti e che indicherebbero, come si disse, Tinfluenza del
diametro, se fossero veri i risultati del Savart.
Rame.
L = mm. 419,00 per P — 0.
T
N.
W
Vi
W— »,
V^vi
17,71
112,93
94,61
•
92,30
-4-2,31
30,49
16,70
119,75
100,42
97,15
-+-3,27
17,06
15,53
128,78
108,03
105,89
-4-2,14
7,79
15,14
132,10
110,83
109,90
-t-0,93
5,18
15,52
128,78
108,03
105,93
-h2,10
4,83
16,68
119,90
100,63
100,00
-f-0,63
2,54
15,66
127,70
107,19
106,59
-4-0,60
1,44
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— 822 —
Ottone.
L = iiim. 419,00 per P = 0.
1 '^
N
W
Vx
W— ri
V-r,
17,10
116,96
98,13
95.71
-+-2,42
34,85
16,95
117,72
98,79
95,99
-+-2.80
19,87
16,82
118,90
99,75
99,74
-+-0,01
11,79
16,69
119,82
100,55
100,09
-+-0.46
8,69
16,65
120,12
100,80
99,68
-+-1,12
7,11 1
17,06
117,29
98,44
99,83
-1,34
3,34
17,07
117,16
98,34
100,16
-1,82
2,68
17,04
117,36
98,52
100,59
-2,07
0,74
Ferro.
L = mm. 419,00 per P = 0.
Acciajo.
L = mm. 419,00 per P = 0.
T
N
W
Vx
Yf — Vx
V-»,
17,71
112,93
94,61
91,16
+ 3,45
76,60
16,15
123,84
103,78
99,95
+ 3,83
58,29
16,66
120,04
100,70
99,85
+ 0,85
22,11
16,61
120,41
101,02
99,77
+ 1,15
19,13
16,60
120,48
101,10
100,32
+ 0,78
10,19
16,58
120,62
101,22
99,77
4-1,25
9,17
16,75
118,32
99,32
99,86
-0,54
5,46
17,34
115,34
96,81
100,68
-3,87
3,86
T
N
W
- Vx
W — »i
V-f;,
17,12
116,82
97,89
95,74
+ 2,15
77,34
17,34
115,34
96,72
94,79
+ 1,93
51,60
16,55
120,84
101,41
101,48
-0,07
12,33
16,77
119,26
100,09
100,79
-0,70
7,09
16,71
119,62
100,41
99,89
+ 0,52
5,41
16,64
120,18
100,88
99,36
+ 1,52
4,86
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— 823 —
« I numeri trascritti nella quinta e sesta colonna dei prospetti prece-
denti, mostrano che anche nelVinfluenza del diametro sulle vibrazioni trasver-
sali delle corde il disaccordo tra i risultati del Savart e quelli da me otte-
nuti è completo: e la differenza è tale da escludere anche il più lontano
dubbio che essa possa provenire da errori di osservazione e dal metodo diffe-
rente usato nelle misure : questa differenza prevedibile invece, come più sopra
si disse, supponendo che il Savart abbia considerato come nota della corda
elastica quella che essa dava vibrando come verga fissa alle due estremità,
conduce alla stessa conseguenza alla quale condussero i risult-ati relativi al-
fiuenza del peso tensore, che cioè il Savart nel suo lavoro invece di studiare
quale era l'azione delle forze elastiche nelle vibrazioni delle corde, ha tro-
vato quale era l'azione di un peso tensore sul numero delle vibrazioni di una
verga fissa alle due estremità.
« Da queste mie esperienze si ricava che l' influenza del diametro nel
numero delle vibrazioni delle corde elastiche è poco sensibile; ma in com-
plesso dall'esame dei numeri della quinta colonna sembia che la velocità di
propagazione delle vibrazioni trasversali nelle corde elastiche sia di poco supe-
riore a quella che vorrebbe la teoria e che la divergenza cresca leggermente
col crescere del diametro, senza però che dai prospetti medesimi possa ricar
varsi qualche legge in proposito.
s Come ho avvertito nella Nota precedente vi sono moltissime cause per
le quali le corde presentano da una osservazione ad un'altra delle differenze
dovxite in parte a fenomeni di elasticità susseguente, e in parte dovute pro-
babilmente al non esser la costituzione molecolare delle varie corde adope-
rate rigorosamente la stessa : per cui potrebbe darsi che a cause di tal fatta
si dovessero le piccole irregolarità che si osservano nelle divergenze tra la
teoria e la pratica per corde di diametri differenti.
« Ma il problema di conoscere la parte che spetta a ciascuna di queste
cause nelle vibrazioni delle corde, mi sembra che sia tanto complesso quanto
quello che riguarda l'influenza delle stesse cause nella loro resistenza elet-
trica : per cui uno studio con tale indirizzo lo crederei di molto dubbia riuscita.
s Farmi invece che meriti una speciale attenzione l'influenza che sul
numero delle vibrazioni delle corde può avere la loro ampiezza di oscilla-
zione, specialmente se si potranno eliminare tutte le cause occasionali che
possono modificare tale numero, coU'adoperare sempre la stessa corda caricata
da molto tempo collo stesso peso^ tensore. Se i risultati che otterrò da queste
esperienze presenteranno qualche interesse, ne renderò conto in una pros-
sima Nota ».
RiNDicoNTi. 1888, VoL. IV, 1« Sem. 107
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— 824 —
Ghimìca. — Ricerche sulVapiolo. Nota III. di 6. Ciamician
e P. SiLBER presentata dal Socio Paterno.
s Nelle due Note precedenti (0 abbiamo dimostrato che Tapiolo e Tisapiolo
danno per ossidazione in soluzione acida o per ossidazione in solnzione al-
calina l'aldeide e l'acido apiolico. Questo a sua volta perde abbastanza fa-
cilmente una molecola di anidride carbonica e si trasforma in apione.
tt La relazione esistente fra queste sostanze è espressa dalle formule
seguenti :
Cu Hi4 O4 Ciò Hio Oe Ciò Hio O5 Co Hio O4
ossia
C9 H9 O4 O9 H9 O4 C9 H9 O4 O9 Hio O4
C^ H5 COOH CHO
apiolo ed acido apiolico aldeide apione
isapiolo apiolica
s In tutti questi corpi è dunque contenuto il nucleo fondamentale del-
l'apione, e nella nostra precedente comunicazione (^) abbiamo espresso la
supposizione, che l'apione potrebbe essere un etere di un fenolo poliatomico.
Gli studi ulteriori da noi eseguiti allo scopo di sottoporre questa ipotesi alla
prova dell'esperienza, tendono, come si vedrà da quello che segue, a con-
fermarla.
Aldeide apiolica.
« L'aldeide apiolica può ottenersi dall' apiolo 0 dall'isapiolo per ossida-
zione con bicromato potassico ed acido solforico. Noi abbiamo accennato inoltre,
che questo composto si forma pure per ossidazione dell'apiolo con acido cro-
mico in soluzione acetica. Anche l'isapiolo dà l'aldeide apiolica in questo
modo ed anzi la preparazione dell'aldeide apiolica riesce così più vantaggiosa,
perchè non resta dell'isapiolo inalterato.
« Ad una soluzione di 4 gr. di isapiolo in 40 ce. d'acido acetico gla-
ciale, si aggiungono per mezzo di un imbuto a robinetto (l'operazione viene
fatta in un apparecchio a ricadere), 6 gr. d'acido cromico sciolti in 100 ce.
d'acido acetico della densità 1,06. L'ossidazione incomincia prontamente con
forte sviluppo di aldeide acetica e si compie dopo una ebollizione prolun-
gata per due ore. Il liquido ottenuto viene diluito con circa un litro d'acqua,
neutralizzato con carbonato sodico e filtrato attraverso un filtro bagnato, per
togliervi delle materie resinose. Per raffreddamento della soluzione si sepa-
(1) Acc. L. Rend. IV, 1, 511 e 550.
(«) Ibid. 553.
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— 825 —
rano lunghi aghi, che si purificano facendoli cristallizzare due o tre volte
dall'alcool. Il rendimento ascende al 35*40 % dell' apiolo impiegato.
« Le proprietà dell'aldeide apiolica sono state di già descritte dettaglia-
tamente nelle precedenti Note, e non ci resta ad aggiungere a quanto ab-
biamo già esposto, che la descrizione
àAVacetil-apiolaldossma [C9 H» O4 . CH : NO (COCH3)] .
s Come accennammo ultimamente, si forma il composto acetilico scaldando
Tapiolaldossima con anidride acetica. 2 gr. di ossima dell'aldeide apiolica
vennero riscaldati per circa un'ora con 10 e. e. d'anidride acetica a b. m. Per
raffreddamento si separano dal liquido grossi cristalli in forma di tavole esa-
gonali. Per ottenere il nuovo composto si diluisce il prodotto della reazione
con acqua, si satura con carbonato sodico e si estrae con etere. Il residuo
dell'estratto etereo, una massa bianca e cristallina, si purifica, facendolo cri-
stallizzare alcune volte da poco alcool. L'acetU-apiolaldossima fonde a 128^-
129^ e dette all'analisi i seguenti sisultati:
0,3166 gr. di materia produssero 0,6272 gr. di CO2 e 0,1490 gr. di H» 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ci© Hio O4 (NOCt Hi 0)
C 54,03 53,93,
H 5,23 4,87
« Essa è solubile nell'etere, nell'alcool bollente, da cui si separa per
rafi&eddamento in prismi di splendore vitreo, è poco solubile nell'acqua bol-
lente e quasi insolubile nella fredda. L'acetil-apiolaldossima è alterabile alla
luce; con acido solforico concentrato dà, come l'aldeide apiolica e l'apiolal-
dossima, una soluzione gialla, che prende un colore verde oliva col riscal-
damento.
Azione del bromo sull'acido apiolico.
« Riscaldando l'acido apiolico in soluzione acetica con bromo, si elimina
anidride carbonica e si ottiene
il bibromoapione [C© Hg Br« OJ.
« Per preparare questo composto si riscaldano debolmente per cinque
minuti 2 gr. d'acido apiolico, sciolti in 20 e. e. d'acido acetico glaciale, con
un eccesso di bromo. Si svolgono fumi di acido bromidrico e dopo scacciato
l'eccesso di bromo, si ottiene un liquido colorato debolmente in giallo, che
viene versato nell'acqua. Agitando energicamente con una bacchetta di vetro,
il liquido che è in principio lattiginoso, depone un precipitato fioccoso, che
venne filtrato, lavato e fatto cristallizzare dall'alcool, aggiungendo nero ani-
male. In questo modo si ottengono prismi striati 0 aghi bianchi, che fon-
dono costantemente a 99-100^
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— 826 —
« Le analisi dettero i segaenti numeri :
I. 0,3646 gr. di sostanza dettero 0,4288 gr. di COt e 0,0970 gr. di H, 0.
IL 0,3746 gr. » » 0,4414 gr. di CO» e 0,0912 gr. di H, 0.
in. 0,2800 gr. » » 0,3076 gr. di Ag Br.
• In 100 parti:
trovato calcolato per Ct Ht Bri O4
I II in
C 32,08 32,14 — 31,77
H 2,95 2.70 — 2,35
Br — — 47,75 47,06
« n bibromoapione è facilmente solubile nell'etere, etere acetico, nel-
l'alcool caldo e nell'acido acetico glaciale; è assai poco solubUe nell'acqua
bollente e quasi insolubile nell'acqua fredda. Trattando il bibromoapione in
un vetro d'orologio con acido solforico concentrato, esso si scioglie dopo qualche
tempo nell'acido dando una soluzione senza colore; riscaldando lievemente
questa prende una bellissima colorazione azzurra intensa, che diviene tosto
intensamente violata; coll'ulteriore riscaldamento passa ad un colore bruno
sporco.
« Lo stesso composto, ora descritto, si ottiene pure dall'aldeide apiolica
bromurandola in soluzione acetica od in soluzione di solfuro di carbonio. In
questo ultimo caso il bromo agisce molto lentamente. Il composto ottenuto
in soluzione acetica, fonde a 99-100**, ha tutte le proprietà di quello deri-
vante dalVacido apiolico, e dette all'analisi il seguente risultato:
0,1772 gr. di sostanza dettero 0,1964 gr. di Ag Br.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C» Ht Bri 0«
Br 47,14 47,06
s Scaldando il bibromoapione con acido cloridrico in un tubo a 140^
si ottiene una materia in gran parte carbonizzata. Aprendo il tubo si svolge
un gaz, che arde con fiamma dai bordi verdi. Estraendo con etere il prodotto
della reazione, si ottiene una soluzione eterea colorata intensamente in rosso,
che lascia indietro per svaporamento una pellicola d'un rosso cupo e dai ri-
flessi metallici, insolubile nell'acqua e nell'alcoo]. Se si neutralizza il pro-
dotto con carbonato sodico prima di estrarlo con etere, questo estrae una
materia d'un colore violetto intenso. In nessun modo ci fu però possibile
ottenere prodotti cristallizzati.
Acido apiolico.
« Tutti i nostri sforzi per ottenere dall' apione 0 dall'acido apiolico il
fenolo tetratomico, di cui probabilmente queste due sostanze sono i derivati,
non ci dettero fin'ora il risultato desiderato. Senza dubbio la ragione del poco
buon successo dei nostri tentativi risiede nella poca stabilità del fenolo, che
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— 827 —
non disperiamo di poter isolare in avvenire. L* acido apiolico p. es., scaldato
con acido jodidrico a 100^ in tubo chiuso od anche in vaso aperto, viene to-
talmente trasformato in materia carboniosa, mentre si svolge jodoro metilico.
Quest'ultimo fatto è certamente importante, perchè dimostra la presenza di
ossm^^^Yr nell'acido apiolico e perciò anche neU'apione. Noi abbiamo t^en-
tato di determinare il numero degli ossimetili contenuti nell'acido apiolico,
perchè anche non conoscendo attualmente il fenolo, di cui l'apione dovrebbe
essere l'etere, si può dedurre con una certa probabilità la costituzione di
questa ultima sostanza conoscendo il numero di ossimetili che contiene.
« A tale scopo ci siamo serviti dell'elegante ed esatto metodo proposto
da S. Zeìsel (^). Una quantità pesata d'acido apiolico venne scaldata con
acido jodidrico nell'apparecchio descritto da questo autore, e la determina-
zione, eseguita secondo le sue prescrizioni, dette il seguente risultato:
0,2616 gr. d'acido apiolico dettero 0,5430 gr. di Ag J; da questi dati si
trova che l'acido apiolico contiene
27,42 Vo di ossimettle (OCH3),
il che corrisponde a dice ossimetili nella molecola do Hio Oe , perchè la
formola
Cg H4 O4 (OCHa),
richiede :
27,43 Vo di*(0CH3).
s Se l'acido apiolico contiene due volte il gruppo ossimetile, lo deve
contenere pure l'apione. per cui le formolo di queste due sostanze sono cer-
tamente le seguenti
C OCH3 / nPTT
G7H3 0,j0CH3 e C^H^O^ ^nS'
^COOH <^^^^
acido apiolico apione
» Se si tiene ora conto di quanto è statb detto nella nostra Nota pre-
cedente, che cioè l'apione deve essere un composto aromatico, che probabil-
mente non contiene catene laterali carboniche unite direttamente a carbonio
benzenico, e che inoltre ha reazione e caratteri perfettamente neutri, la for-
mola dell* apione
( 0 . CH3 ,
da noi enunciata in via ipotetica e con la massima riserva, acquista un certo
grado di probabilità ».
(0 Monatshefte fttr Chemie VI, 989.
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~ 828 —
Ghimioa. — Sopra alcuni derivati del dimetilpirrolo assitn-
metrico. Nota I di Gaetano Maonanini, presentata dal Socio
Paterno 0).
« Le isomerie nella serie del pinolo sono state fino ad ora poco stu-
diate, principalmente perchè i prodotti che si ottengono direttamente dal
pirrolo'per sostituzione contengono i radicali sostituenti quasi sempre nello
posizioni a ed a^ (^). I derivati della serie fi sono stati ottenuti sopratutto
per sintesi ; fra questi il più interessante, e quello inoltre che si può facil-
mente avere in quantità cospicua, è l'etere dell* acido dimetilpinoldicarbonico
assimetrioo :
CH3 . C — C . CO2 Cg H5
Il II
C0« e, H5 . e e . CH3
NH
che è stato ottenuto due anni or sono da Enorr (3), riducendo con acido
acetico e polvere di zinco una mescolanza equimolecolare di etere acetoace-
tico ed etere nitrosoacetoacetico. Questa combinazione presenta poi, per la
storia generale dei derivati del pirrolo, un certo interesse anche perchè è
una delle poche sostanze, nelle quali i quattro idrogeni metinici del pir-
rolo sono completamente sostituiti da radicali organici, e per di più Tassim-
metria della formula di questa combinazione permette, nei derivati imme-
diati della medesima, l'esistenza di un numero maggiore di isomeri, di quello
che possa aver luogo per i derivati dell'etere dimetilpirroldicarbonico sim-
metrico :
COs Ct H5 . C — C . COs C, H5
Il II
CH3 . C C . CH3
\/
NH
ottenuto da Knorr (^) dall'etere diacetilsuccinico per azione della ammoniaca.
« Saponificando l'etere dell' acido dimetilpirroldicarbonico assimmetrico
colla potassa alcoolica si riesce a togliere facilmente alla combinazione un
(1) Lavoro eseguito neiristituto chimico della R. Università di Padova.
(«) Ultimamente Dennstedt e Zimmermann (Beri. Berichte XIX, 2189 ; XX, 850) hanno
ottenuto un etilpirrolo ed nn isopropilpirrolo per condensazione del pirrolo colla paraldeide
e coiracetone in presenza di cloruro di zinco. Questi omopirroli contengono probabilmente
il radicale alcoolico in posizione fi..
(3) Liebig's Annalen 236, 318.
(*) Loc. cit.
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— 829 —
solo etile, e si ottiene l'etere monoetilico dell'acido dimetilpirroldicarbonico,
già descrìtto da Knorr, il qnale non ha potato determinare quale delle due
formolo :
CH, . C -^ C , CO, C, Hs CH, . C — C . COOH
Il II .11 il
COOH.C C.CH3 0 CO.CHs.C C.CH,
V
NH
sia da attribuirsi alla sostanza da lui ottenuta.
« Io non TOglio qui esporre i motivi i quali mi hanno condotto a pre-
ferire la prima formula alla seconda; la descrizione delle esperienze a ciò
relative ed ormai condotte a termine, sarà oggetto di una prossima comuni-
cazione; mi limiterò ad accennare clie anche in questi acidi così complessi
il carbossile in posizione a ha grande tendenza a dare origine a composti
di forma anidridica, corrispondenti perfettamente alla pirocolla. La disidrata-
zione dell'etere monometilico delVacido dimetilpirroldicarbonico avviene per
semplice ebullizione colla anidride acetica e conduce ad una sostanza che
fonde a 270®, che è poco solubile negli ordinari solventi e che possiede
senza dubbio la costituzione
CH3 • C — C . COg C% H5
Il II
co . e e . CH,
\y
La formazione di imminanidridi analoghe alla pirooolla sembra un fatto ge-
nerale, proprio a tutti gli acidi pirrolcarbonici i quali contengono un car-
bossile in posizione a; io ho trovato che anche l'addo dimetilpirroldicarbo-
nico può dare una imminanidrìde
CHj.C — C.OOOH
Il II
00 . C e . CH,
\\/
la quale è nello stesso tempo un acido pirrolcarbonico vero e proprio. L*acido
dimetilpirrolmonocarbonico, il cui etere è stato ottenuto da Knorr (^) per eli-
minazione di anidride carbonica dall'etere monoetilico dell'acido dimetilpirrol-
dicarbonico, non dà una imminanidride, perchè contiene il carbossile nella
posizione ft.
« Nella presente comunicazione do la descrizione di alcune sostanze le
quali contengono un acetile nella loro molecola e sono nello stesso tempo
derivati del dimetìlpirrolo assimmetrìco.
0) Loc. cit.
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830
Etere acetildimeUlpirrolmonocarbonico.
K Come ho accennato Tanidride acetica, alla temperatura di ebullizione,
agisce sull'etere monoetilico dell'acido dìmetilpirroldicarbonico assimmetrico
come disidratante e si ottiene la imminanidride. In modo completamente
diverso però procede la reazione se si & agire la anidride acetica alla tem-
peratura di 200^, alla quale la sostanza perde anidride carbonica ; in queste
condizioni Tacetile si sostituisce al carbossile e si ottiene l'etere dell'acido
acetildimetilpirrolmonocarbonico , al quale spetta per conseguenza la co-
stituzione :
CH3.C — C.CO.C.Hs
CH3 . CO . C C . CH3
>i
« Allo scopo di ottenere quantità rilevanti dell' etere monometilico di
Knorr io ho impiegato 30 gr. di etere dietilico per volta, facendo bollire in
un apparecchio a ricadere con una soluzione di 25 gr. di potassa in 240 e. e.
di alcool. Dopo circa un' ora di ebuUizione la soluzione alcoolica non preci-
pita più per aggiunta di acqua ; si diluisce e si precipita a porzioni per
volta l'etere-acido con acido cloridrico, meglio ancora con acido acetico; è
utile riscaldare dolcemente la soluzione alcalina prima di precipitarla, afSn-
chò il precipitato si riunisca, ma bisogna raffreddare e filtrare rapidamente
perchè la sostanza è alterabile e si arrossa in poco tempo. Da 30 gr. di
etere dìetilico si ottengono 25-26 gr. di etere monoetilico.
« 20 gr. dell'etere monoetilico divisi in quattro porzioni vengono riscal-
dati con 5 volte il proprio peso di anidride acetica in tubi chiusi alla tem-
peratura di 200^-205^, per 5-6 ore. Aprendo i tubi si nota una pressione
abbastanza forte dovuta ad anidride carbonica, ed il contenuto dei medesimi
è formato da un liquido nero che si versa nell'acqua. Precipita una resina
che si estrae replicatamente con acqua bollente, la quale abbandona per raf-
freddamento l'etere acetildimetilpirrolmonocarbonico sotto forma di aghi lunghi
filiformi che si fanno ricristallizzare dall'acqua bollente. Il rendimento di-
pende sopratutto dal numero delle volte, e dalla cura impiegata nelle estra-
zioni della resina. Queste estrazioni si fanno comodamente in una capsula
di porcellana disaggregando di tanto in tanto la materia con alcool bollente.
Da 20 gr. di etere-acido si ottengono in media 9-10 gr. di etere acetildime-
tilpirrolmonocarbonico. La sostanza venne purificata ulteriormente, cristidliz-
zandola parecchie volte dall' alcool un poco diluito. L'analisi dette numeri
concordanti colla formola:
« di Hi5 NO3 n
gr. 0,2702 di sostanza dettero gr. 0,6236 di COj e gr. 0,1765 di H, 0
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— 881 —
« In 100 parti:
trovato calcolato per CnHitNOt
C 62,94 63,15
H 7,25 7,17
« L'etere acetildimetilpirrolmonocarbonico, cristallizzato dall'acqua boi*
lente, si presenta sotto forma di aghi ftUformi, leggerissimi, i quali conser^
vano per lo più una lieve tinta giallastra e fondono a 142^-143^ in un li*
quido incoloro. È una sostanza abbastanza solubile nell'acqua bollente, po-
chissimo solubile nella fredda, molto solubile nell'alcool anche a freddo, nel^
l'etere, nell'acido acetico, nell' etere acetico, nel benzolo, solubilissima nel
cloroformio e nell'acetone, e mediocremente solubile nell'etere di petrolio.
Bollita in soluzione alcalina viene saponificata assai facilmente.
Acido acetildimetilpirrolmoncKJarbonico.
OH, nooF
CH3.CO
\
CH3
ìì
H
tt Si forma nella saponificazione dell'etere corrispondente con una solu-
zione acquosa di potassa. Si fanno bollire 5 gr. di etere acetildimetilpirrol-
monocarbonico con una soluzione di 12 gr. di potassa in 200 e. e. di acqua.
Dopo circa una mezz'ora di ebuUizione la saponificazione è completa e non
cristallizza più nulla per ra£freddaménto. L'acido venne precipitato con acido
acetico dalla soluzione alcalina, lavato con acqua, cristallizzato dall' acido
acetico e dall'alcool ed analizzato.
« L'analisi diede numeri concordanti colla formola:
« C9 Hn NO3 »
gr. 0,2971 di sostanza dettero gr. 0,6511 di CO2 e gr. 0,1696 di H^O.
• In 100 parti :
trovato calcolato per C^HuNOi
C 59,76 59,66
H 6,34 6,06
« L'acido acetildìmetilpirrolmonocarbonico è una sostanza la quale si
avvicina nelle sue proprietà generali a quelle degli altri acidi pirrolcarbo*
Eendxconti. 1888, Vol. IV, !<> Sem. 108
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— 832 —
nici, rispetto ai quali però possiede una stabilità alquanto maggiore, dovuta
certamente alla presenza dell' acetile nella molecola. Ciò non pertanto Tacido
acetildimetilpirrolmonocarbonico viene alterato per contatto prolungato cogli
acidi minerali, e riscaldato in un tubicino chiuso ad una estremità fonde
a 152''-158<' (incostante) decomponendosi completamente in anidride carbo-
nica ed in acetildimetilpirrolo che sublima in aghi lunghi. Nel vuoto della
pompa a mercurio, l'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico sublima inalterato.
La sostanza è quasi insolubile nell'acqua anche a caldo, quasi insolubile
nell'alcool freddo, non molto solubile nel caldo, dal quale cristallizza in
mammelloncini ; pochissimo solubile nell'etere, cloroformio, etere petrolico,
benzolo, etere acetico, e poco solubile anche nell'acetone ; molto solubile nel-
l'acido acetico a caldo e poco a freddo. Da una soluzione acetica satura a
freddo si separano per svaporamento degli aghi rettilinei molto allungati e
splendenti.
« Una soluzione ammoniacale neutra dell'acido, abbastanza diluita, dà
coi sali metallici le seguenti reazioni :
con acetato di piombo un precipitato bianco solubile in un eccesso del reattivo,
con acetato di rame un precipitato verde solubile in un eccesso del reattivo,
con cloruro ferrico un precipitato rosso-giallastro insolubile in un eccesso del
reattivo,
con cloruro di cobalto un precipitato leggermente roseo insolubile in un ec-
cesso del reattivo,
con cloruro mercurico un precipitato bianco insolubile in un eccesso del
reattivo,
tt L'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico riscaldato con ìsatina ed acido
solforico concentrato dà origine ad una colorazione verde.
Acetildimelilpirrolo.
CH3, H
CH3 . CO
NH
CH3
« Questa bellissima sostanza, che è un omologo del pirrilmetilchetone,
si forma allorquando l'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico viene distillato
a secco, a pressione ordinaria.
« Per preparare l'acetildimetilpirrolo si eseguisce nel miglior modo l'ope-
razione, introducendo l'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico, ben secco, in
una stortina senza tubulatura e riscaldando in- un bagno di lega metallica
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— 883 —
sopra 200^ L'acido fonde, e dalla massa ftisa si sprigiona l'anidride carbo-
nica uniformemente, mentre sol collo della storta si condensa l'acetildime-
tilpirrolo, sotto forma di aghi, i quali raggiungono anche la lunghezza di 2
0 3 centimetri. È conveniente che la decomposizione si compia adagio, ed «
questo scopo non si deve spingere troppo alta la temperatura del bagno me-
tallico; in fine della operazione rimane nella storta un piccolo residuo car-
bonioso. L'acetildimetilpirrolo greggio si scioglie in acqua bollente, aggiun-
gendo alcune goccio di una soluzione di carbonato sodico fino a reazione al-
calina; per raffreddamento la sostanza si separa sotto forma di pagliette e
prismi mescolati, che vennero fatti cristallizzare prima dall'alcool diluito e
poi dall'etere petrolico bollente; fondono costantemente a 122<^-123^ e sot-
toposti alla analisi hanno dato il seguente risultato :
gr. 0,2788 di sostanza dettero gr. 0,7210 di CO» e gr. 0,2102 di H, 0.
« In 100 parti :
trovato calcolato per CtH,iNO
C 70,52 70,07
H 8,35 8,02
« L*acetildimetilpirrolo è una sostanza abbastanza solubile nell' acqua
bollente, meno solubile nella fredda, dalla quale soluzione si può estrarre
con etere ; è molto solubile nell'alcool, nel benzolo, nell'acido acetico anche
a freddo, nell'etere acetico e nel cloroformio, è poco solubile a freddo nel-
l'etere di petrolio ma più solubile invece a caldo* La sostanza sublima già
a 100^ in aghettini piccolissimi, è molto volatile in corrente di vapore, e
possiede un odore i^gradevole che ricorda quello del pirrilmetilchetone. L'ace-
tildimetilpirrolo fatto bollire con una soluzione concentrata di potassa, anche
per qualche ora, non viene sensibilmente decomposto; questa sua stabilità
ne dimostra la natura chetonica; invero esso forma facilmente coUa fenili-
drazina l'idrazone corrispondente, e la sua soluzione acquosa trattata con
una soluzione di nitrato di argento ed una goccia di anmioniaca, dà luogo
ad un precipitato biancastro, che senza dubbio è il composto argentico, il
quale però non è stabile e si riduce prontamente diventando nero. Bollendo
l'acetildimetilpirrolo con acido cloridrico concentrato, si ottiene aggiungendo
acqua una soluzione gialla, la quale contiene in gran copia il dimetilpirrolo.
Questa decomposizione coU'acido cloridrico si avverte meglio col dimetilace-
tUpirrolo di quello che coll'a-acetilpirrolo, evidentemente per la maggiore re-
sistenza che gli omopirroli offrono agli acidi minerali.
» Abbandonando delle soluzioni sature a fireddo di acetildimetilpirrolo
nell'etere petrolico alla evaporazione, si ottengono dei cristalli abbastanza
sviluppati. Il dott. G. B. Negri, che IL ha studiati cristallograficamente, mi
comunica cortesemente quanto segue:
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— 834 —
« Sistema cristaUino : monoclìno
Forme osservate (110), (120), (Oli), (028).
Combinazioni: (110) (Oli)
(110) (120) (OH)
(HO) (120) (OH) (023) Pig. 1.
misnrati
79^20'
42,59
67,42
16,45
85,25
58,35
74,37
68,54
88,45
I cristalli sono piccoli, alluDgati sempre secondo Tasse s;
assmnono un aspetto alquanto tabulare quando predomi-
nano due delle &ccie di (HO), che è sempre presente.
Della forma (120) di sQvente con faccio strettissime si
vedono in generale due faccie soltanto parallele. Le (HO)
(120) vanno caratterizzate per essere quasi costantemente
striate, parallelamente a z.
» La forma (OH) o£fre faccie poco estese, alquanto
corrose e sovente arrotondate, le quali danno perciò misure
mal sicure come si vede dai limiti molto lontani neiran-
golo OH: oli. Una sola volta ho riscontrato in zona
con 011:011 una sola faccia di (023), ma sufSciente-
mente estesa, riflettente imagine semplice. Fra parecchi
cristalli misurati uno solo (HO) (HO) (OH) (120) si
prestò ad essere misurato quasi completamente e credo bene riportarne i ri-
sultati ottenuti.
angoli
calcolati
011:011
*
110:110
*
110:011
*
110:120
16«,44'
110:011
84,56
120:011
58, 48^
120:011
74,13
028:011
68,36
110:023
89,20
lìmiti
a
78»,24'— 80M4'
5
42, 41 — 43, 06
13
67,11 — 68
10
16,17 — 17,15
15
85, 02 — 85, 57
8
58, 32 — 58, 40
3
—
1
—
1
.._
1
ila
ITO
HO
:^Ì3tO
angoli
misurati
110:110
42", 54
120:110
17.
120:110
120, hk
120:011
. 58,32i
110:011
67,18
110:011
85,22
011:0ll
80,14
120:011
75
medie
n.
42»,41'— 43S06'
2
16, 45 — 17, 14
2
120, 6 — 120,5
2
58, 32 — 58, 38
2
66, 56 — 67, 45
5
85, 02 — 85,67
5
1
)pro88Ìmativamente)
1
Sfaldatura non osservata.
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— 886 —
9 1 orìstallini non si prestano allo studio ottico. Sulle faccio di (110)
si osserva l'estinzione quasi parallela a ^ e su una lamina prossimamente
parallela a (010) un angolo di estinzione di 12® circa con x.
« Messi a confronto questi risultati cristallografici del dimetilacetilpir-
rolo con quelli ottenuti dal La Valle dallo studio del pseudoacetilpirrolo,
non ho potuto riscontrare analogia cristallografica di sorta fra le due sostanze,
né rispetto all'abito dei cristalli, né rispetto ai valori angolari.
« Devo rilevare però che l'angolo /9 da me calcolato si avvicina al fi
misurato dal La YaUe; e per chi volesse trovare accordo morfotropico fra
le due sostanze, dando alla forma (HO) il simbolo (210) e moltiplicando
a e ^ del dimetilacetilpirrolo rispettivamente per ^Vs , si avrebbero delle co-
stanti vicine a quelle del pseudoacetilpirrolo ».
Ghimìoa. — Ricerche chimiche sulle capsule surrenali. Nota
del dott. P. Marino-Zuco Q) presentata dal Socio Paterno.
« Le ricerche chimiche sulle capsule surrenali sono molto limitate ridu-
oendosi esse a studi incompleti sulla materia colorante (^), o a ricerche
speciali su qualche sostanza in esse contenuta. Wirchow e Neukomm, tro-
varono la leucina, Cloéz e Yulpian l'acido ippurico, l'acido taurocolico, il
cloruro di potassio e l'acido benzoico.
« Nel 1883 i prof. Foà e Pellacani (^) si occuparono distesamente sulla
azione tossica dell'estratto acquoso di questo organo.
« Essi constatarono come l' estratto delle capsule surrenali fresche
injettato su cani, conigli, rane riesce sempre velenoso. Cercarono ancora di stu-
diare, quale fosse la sostanza che producesse simile veneficio, ma le loro ri-
cerche furono infruttuose, però separarono ima ptomaina, che non poterono iden-
tificare, la quale non aveva alcuna azione tossica sugli animali.
« Io cominciai le mie ricerche col constatare la velenosità dell'estratto
di quest'organo e potei assicurarmi, come basta qualche ceotimetro cubico del-
l'estratto acquoso di poche capsule per produrre la morte, anche in grossi
conigli.
s II fatto più sorprendente che ho potuto notare fin dal principio delle
mie ricerche fu che la velenosità dell'estratto acquoso sparisce tosto che
questo si tratti sia con un acido sia con una base. Lo stesso estratto che
prima riusciva letale è dopo simile trattamento, diventato completamente in-
nocuo. 50 capsule nettate meccanicamente di tutto il grasso aderente furono
{}) Lavoro eseguito nell'Istitato chimico della R. Università di Roma.
(«) Vulpian, Gaz. med. de Paris 1858, n. 24. — Vulpian e CloSz, C. R. 1857 II, 10 —
ViTirchow, Archiv. f. prot. Anat. XII, 181. — Harley, Breit. a foreign. medie, chem. Re-
view 1858 XLL
{?) Archivio deUe scienze mediche V, VII, fase. 2P, 1888.
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— 836 —
pestate fino a farne una poltiglia, mescolate con un litro di acqua distillata
e fatte digerire a caldo a bagno maria per parecchie ore. Fu passato per cencio
il liquido freddo, spremuto il residuo e Testratto ottenuto messo a concentrare
a bagno maria. Depositate tutte le materie albnminoidi, si filtra per carta,
• si ba così un liquido limpidissimo, che si porta a secchezza sempre a bagno
maria; si riprende con acqua e si riporta a secchezza di nuoYO e si filtra
finché si arriva ad avere un residuo, il quale si scioglie completamente iu
acqua colorandola di un rosso vinoso di reazione leggermente acida.
« L'estratto fu portato alla diluizione di 200 ce. ed 1 ce. iniettato sotto
la cute di un grosso coniglio ha prodotto in cinque minuti la morte.
« Il liquido fu trattato con acetato basico di piombo ed il precipitato
abbondante fu raccolto sopra un filtro e lavato.
K Trattato il liquido filtrato con una corrente d'idrogeno solforato,
separato il solfuro di piombo e concentrato a bagno maria, rimase un residuo
sciropposo colorato in rosso fortemente acido, il quale fu di nuovo ripreso con
acqua e svaporato sino a scacciare tutto l'acido acetico. Questo estratto fu
portato alla concentrazione di sopra e reso alcalino con carbonato sodico; injet-
tato in un coniglio riuscì completamente innocuo anche dato in dosi vistose.
(4 U precipitato piombico fu sospeso in acqua acida per acido cloridrico
e trattato con una corrente di idrogeno solforato. Filtrato il liquido e svaporato
a bagno maria, si ebbe un residuo sciropposo fortemente colorato in rosso,
il quale fu sciolto nella quantità di acqua pesata come sopra, reso legger-
mente alcalino con carbonato sodico e injettato in un coniglio. L'estratto era
diventato completamente innocuo. Ma un'esperienza più decisiva fu la seguente:
« L'estratto acquoso velenos.) se si tratta con acido clorìdrico e si sva-
pora il liquido sino a mandare via l'eccesso di acido tanto a caldo a bagno
maria, che nel vuoto, si ha sempre un'estratto, il quale injettato in un coniglio
tal quale o reso alcalino con carbonato sodico, è sempre completamente innocuo,
quantunque amministrato in dosi vistose. Lo stesso dicasi se l'estratto trat-
tasi con barite o con qualunque alcale forte.
tt Constatato questo fatto e preveduta l'impossibilità o almeno Timmensa
difficoltà di potere isolare la materia velenosa, tanto più che i solventi neutri
etere, benzina, cloroformio, alcool amilico, non si prestano all'estrazione di
essa, nel dubbio che la sostanza velenosa sia una di quelle che sotto l'azione
degli acidi o delle basi possono scindersi in prodotti innocui, andai alla ricerca
della base, la quale quantunque innocua, nelle condizioni accennate pure pare
formare uno dei prodotti più rilevanti dell'estratto.
« Vari sono i metodi che io ho cercato d'impiegare per potere ottenere
la base. L'estratto acquoso acidificato con acido solforico o cloridrico dà abbon-
danti precipitati tanto col joduro di bismuto e potassio, col joduro di mer-
curio e potassio, quanto col cloruro mercurico e altri reattivi di separazione ;
però quando si va a decomporre questi precipitati o non vi si riesce o vi si
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riesce molto incompletamente restando quasi tutta la base allo stato insolubile.
Il cloruro d oro non si può subito adoperare suir estratto acquoso, perchè dà
un precipitato brimo in mezzo a M liquido rosso porpora e poi una grande
jiduzione di oro metallico. Il cloruro di platino dà nelle soluzioni molto con-
centrate un precipitato cristallino di cloroplatinato potassico essendo le capsule
molto ricche di sali alcalini. U metodo che mi ha dato dei risultati soddi-
sfacenti è il s^uente:
« 500 capsule surrenali nettate con diligenza di tutto il grasso estemo,
pestate e diluite in molt* acqua distillata nel rapporto di cinque volte circa il
Yolume di esse furono messe a scaldare a bagno maria per quattro o cinque
ore. Il liquido acquoso freddo fu filtrato per cencio; il ìresiduo spremuto e
ripetuto di nuovo il trattamento per quattro volte.
« Al liquido acquoso fu aggiunto un egual volume di alcool ^commerciale,
previamente purificato e mezzo volume di etere: in questo modo si precipi-
tano tutte le sostanze proteiche solubili. Si distilla Tetere e Talcool ed il
liquido acquoso si concentra e quando è raflfreddato completamente si filtra per
carta e così si separano le poche materie grasse rimaste sciolte.
K L'estratto acquoso si presenta fortemente colorato in rosso e di leg-
giera reazione acida alle carte. Si precipita il liquido così ottenuto con ace-
tato neutro di piombo; si ha in soluzione acida un precipitato abbondante
bruno, il quale si separa per filtro. Il liquido filtrato fa precipitato con ace-
tato basico di piombo con che si ebbe un abbondante precipitato bianco sporco
formato di cloruro di piombo e sale di piombo organici. Siccome questi ultimi
sono solubili nell'eccesso del reattivo, bisogna aver cura di non metterne
che un piccolo eccesso e di ripetere più volte questo trattamento curando dì
eliminare l'eccesso di piombo con l'idrogeno solforato, concentrare il liquido
e riprecipitare di nuovo. Il liquido così preparato si acidifica cpn acido clo-
ridrico e si scaccia l'eccesso d'acido a bagno maria o nel vuoto.
« Esso precipita con tutti i reattivi generali:
K Col joduro di bismuto e potassio dà un precipitato giallo aranciato
fioccoso solubile nell'eccesso di reattivo.
K Col joduro di mercurio e potassio dà un precipitato bianco fioccoso
solubile nell'eccesso del reattivo.
« Col cloruro mercurico, quando il liquido è ben purificato coli' acetato
basico di piombo, non dà precipitato, altrimenti dà un precipitato bianco
fioccoso.
« Coir acido picrico dà un piccolo precipitato, che si raccoglie in fondo
del vaso.
ii Col cloruro di platino dà un precipitato cristallino ettaedrico di cloro-
platinato potassico.
à Col cloruro d'oro dà un precipitato giallo fioccoso , quando il liquido
è ben depurato, altrimenti dà un precipitato bruno fioccoso mentre il liquido
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si colora in rosso porpora, colorazione dovuta alla materia colorante del
Vttlpian.
« Tutto il liquido quindi trattato con cloruro d'oro dà un abbondantissimo
precipitato giallo sporco fioccoso, amorfo senza nessuna apparente riduzione,
pochissimo solubile neir acqua calda, abbastanza solubile neiracido cloridrico
quantuQque non mai completamonte: non ho mai potuto averlo cristallizzato
per quanto abbia tentato in diversi modi. Per averlo puro si scioglie in acido
cloridrico, si precipita con idrogeno solforato l'oro e quindi si rifa di nuovo
il sale ottenendo in questo modo un prodotto di aspetto più bello, sempre
completamente amorfo e leggero, il quale quando è secco prende un col(Nre
scuro. È da avvertire che basta un solo di questi trattamenti, perchè, anche
adoperando tutte le cure necessarie, la quantità primitiva del prodotto si riduca
almeno a metà.
« Il sale d'oro di seconda precipitazione spremuto alla pompa e seccato dà
all'analisi dei numeri i quali mentre sono costanti per ciascuna preparazione,
oscillano di molto fra di loro ogni volta che si ottengono di preparazione diversa*
« Le determinazioni d'oro oscillano fra 46,65 a 40,79 Vo» il carbonio
da 11,82 a 13,01 7o e l'idrogeno da 1,63 a 2,75 Vo.
tt Dalle analisi ripetutamente eseguite si vede subito come il prodotto
che si ottiene in queste condizioni non rappresenta una sostanza unica, come
si vede dalla solubilità sempre incompleta del sale d'oro nelPacido cloridrico.
Se il liquido primitivo dopo la precipitazione coli* acetato basico di piombo si
tratta con ossido di magnesio o meglio con ossido di argento e si filtra, il
liquido filtrato, dopo tolto l'argento con acido cloridrico, dà col cloruro d'oro
un precipitato giallo cristallino solubile a caldo nell'acqua, poco a freddo,
e dalla quale per raffreddamento cristallizza il sale. Se si decompone il preci-
pitato argentico con idrogeno solforato si ha un residuo il quale dà col cloruro
d'oro un precipitato bruno insolubile nell'acido cloridrico indecomponibile
dall'idrogeno solforato e probabilmente si tratta di un composto d'ossidazione
della materia colorante.
« Il sale di oro cristallizzato ha dato all'analisi :
gr. 0,2606 diedero di Au gr. 0,1151 Au Vo 4*47
gr. 0,3271 diedero di Au 0,1351 Au Vo 44,36.
gr. 0,2945 diedero di Au gr. 0,1299 Au Vo 44;iL
I. gr. 0,6122 diedero gr. 0,3045 di CO* e gr. 0,1784 di H»0.
II. gr. 0,4545 diedero gr. 0,2240 di CO* e gr. 0,1354 di H«0.
• In 100 parti:
trovato
calcolato per C»H"OAzCl«
Ri«dia
1 . n
C 13,55 13,42
13,66
13,48
H 8,23 3,30
3,16
3,26
Au 44,80
Aa 44,26
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« L'analisi, le proprietà fisiche e la decomposizione del sale con srol-
gimento di trimetilamina, dimostrano che Talcaloide estratto è Nenrina.
« Allo scopo dì assicurarsi se airinfuori della Nomina io potessi estrarre
qualche altro alcaloide insieme ho cercato di lavorare su grande quantità di
materiale e cambiando il metodo d'estrazione.
M Ho preso mille capsule surrenali, ho fatto prima Testratto acquoso come
la volta precedente cercando di ripetere spesse volte il trattamento con acetato
basico di piombo.
« Quando i precipitati piombici sono ben lavati e fortemente spremuti
alla pompa non ritengono tracce di base.
« Il liquido depurato fu acidificato con acido cloridrico, svaporato sino
ad avere uno sciroppo denso, il quale fii ripreso con alcool a 80® parecchie
volte finché rimase un residuo di sali alcalini. Queste soluzioni alcooliche
trattate con cloruro di platino diedero un precipitato fioccoso abbondante che
fu tutto raccolto e premuto alla pompa.
« Il cloroplatinato era solubile nell'acqua alFinfuori d*un po' di cloro
platinato potassico che rimase indietro : la soluzione si mise a concentrare nel
vuoto, levando ripetutamente, come il liquido si concentrava, tutto il cloro
platinato potassico. Quando il liquido si concentrò fortemente cristallizzò un
cloroplatinato giallo arancio, il quale si raccolse, si purificò di nuovo per
cristallizzazione e così si potettero avere di questo cloroplatinato diversi cam-
pioni i quali furono analizzati separatamente.
« L'analisi di questo cloroplatinato dà:
gr. 0,2208 dì cloroplatinato diedero gr. 0,0700 di Pt.
« In 100 parti :
trovato calcolai» per (C» H" OAz Cl)« Pt CI*
31,7 31,55
gr. 0,5342 diedero gr. 0,3786 di CO' e gr. 0,2255 di H' 0.
gr. 0,6724 . gr. 0,4800 di CO* e ^r. 0,2800 di H* 0.
« In 100 parti:
troT»to calcolato per (C H" OAz Cl)« Pt (31*
T TT
media
I II
C 19,34 19,47 19,50
H 4,65 4,62 4,53
19,40
4,63
« Anche con questo metodo adunque io ho estratto come la volta pre-
cedente la Neurina.
« La presenza però della Neurina nelle capsule surrenali non può spie-
gare la loro velenosità, sia perchè essa non si trova in quantità tali da poter
produrre simili avvelenamenti, sia perchè non si spiegherebbero i fatti osser-
vati come lo stesso liquido velenoso dopo acidificato cessa completamente di
esser tale.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, !<» Sem. 109
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— 840 —
« Tra ì prodotti separati airinfaori della base e di altri principi neutri
che ho potato isolare, ma di nessuna importanza tossicologica e che mi riserbo
di studiare in sej^uito, vi sono gli acidi precipitati collacetato di piombo.
K Tutto il precipitato piombico sospeso in acqua decomposto con idrogeno
solforato dà im liquido acidissimo formato in gran parte da acido cloridrico,
fosforico e acidi fosforati organici tra cui primeggia Tacido fosfoglicerico. Se
il liquido ottenuto con la decomposizione deiridrogeno solforato dei sali piom-
bici si tratta con barite si ha un precipitato bianco sporco di fosfato di bario
che per purificarlo si può sciogliere in acido acetico, filtrare e riprecipitare di
nuovo con ammoniaca finché si ha il fosfato di bario bianchissimo e sul quale
si possono eseguire tutte le reazioni speciali dei fosfati.
• Il liquido alcalino per barite ò trattato con una corrente di anidride
carbonica per eliminare tutto Teccesso di barite ed il liquido filtrato scaldato
a bagno maria del reattivo per precipitare il bicarbonato di bario si tratta dopo
raffreddato con una soluzione di acetato basico di piombo. Si ottiene un pre-
cipitato bianco di cloruro di piombo misto a sali fosforati organici solubili nel-
l'eccesso del reattivo.
« Questi acidi fosforati si possono riconoscere decomponendo con idrogeno
solforato il sale piombico ottenuto, dopo di aver eliminato colla barite tutto
r acido fosforico. La soluzione degli acidi si svapora con acido nitrico sino a
consistenza sciropposa, si ripiglia con acqua e in questa soluzione si può consta-
tare r acido fosforico, sia colla barite sia col molibdato ammonico. La sepa-
razione di questi acidi mi è finora riuscita impossibile poiché oltre a dare
essi sempre dei sali molto solubili, le molte materie estrattive che Taccompa-
gnano rendono sempre più diflScile la separazione. Io potei assicurarmi della pre-
senza dell'acido fosfoglicerico, per il fatto che il liquido acido dà, sia per
ebollizione che per svaporamento, dell* acido fosforico. Quando inoltre il
liquido si scalda con acido metafosforico in palloncino si sente, dopo distil-
lata Tacqua, un forte odore di aeroleina caratteristico.
« Suppongo inoltre che questi acidi fosforati siano diversi stanteché
coll'alcool i loro sali baritici si comportano diversamente. Io continuerò lo
studio di questi acidi i quali pare abbiano una grande importanza fisiologica.
« Se gli acidi tale come si ottengono dalla decomposizione dei sali piom-
bici si saturano con neurina e la soluzione di detti sali anche diluitissima
s'inietta in un animale, si riproduce tutto il quadro tossicologico delVestratto
acquoso delle capsule surrenali. Bastano piccolissime dosi di questi sali per
produrre subito la morte in un coniglio.
« La stessa quantità di soluzione fortemente venefica acidificata con acido
cloridrico riesce completamente innocua; cioè iniettate tre, quattro siringhe
in un animale di questa soluzione acida non producono più effètti tossici
apprezzabili.
« Con questi sali fosforati di neurina si possono spiegare tutti 1 fenomeni
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ohimici e fisiologici che presenta 1* estratto acquoso delle capsule surrenali.
Quando si tratta l'estratto acquoso con acido cloridrico diventa innocuo, perchè
l'acido cloridrico sposta Vacido fosforato formando cloridrato di neurina, il
quale in quella condizione di diluizione riesce innocuo. Se invece si tratta
con acetato basico di piombo allora si precipita il sale di piombo e resta la
neurina in soluzione; quindi nò il liquido nò il precipitato saranno più velenosi.
K In un altra mìa Nota io esporrò insieme al dott. Guarnieri le espe-
rienze fisiologiche eseguite finora tanto suir estratto acquoso delle capsule
quanto su questi sali fosforati.
tt Per rendermi maggiormente ragione del fatto ho cominciato a preparare
artificialmente il fosfato e il fosfoglicerato di neurina purissimo per constatare
quale fosse la loro azione fisiologica. Ho preso dell'acido orto-fosforico e lo
saturai fino a leggerissima alcalinità con neurina. Fatte le iniezioni in ani-
mali si potette osservare come comincia Tacido fosforico ad aumentare di
molto l'azione venefica della neurina. Ma sorprendente è l'azione del fosfogli-
cerato. Io preparai dell'acido fosfoglicerico trattando la glicerina con un ec-
cesso di anidride fosforica prima a freddo e poi scaldando al disotto di
cento gradi per poche ore: il liquido fii precipitato con acqua di barite in
eccesso fino a reazione nettamente alcalina. Fu filtrato il fosfato di bario pre-
cipitato ed il liquido filtrato fu trattato con una corrente di anidride carbonica.
Il liquido di nuovo filtrato fu scaldato a bagno maria per decomporre il bicar-
bonato di bario ed il liquido rifiltrato fu precipitato con acetato basico di
piombo curando di adoperarne il meno possibile. Si ebbe un abbondante precipi-
tato bianchissimo, il quale si lavò prìma per decantazione e poi sul filtro alla
pompa ; il precipitato si sospese in acqua distillata e si trattò con eccesso d'idro-
geno solforato. Per iscacciare l'eccesso d'idrogeno solforato fu fatta passare nel
liquido a freddo una corrente di aria, finché un poco di esso trattato con
acetato basico di piombo dava un precipitato bianco, senza alcun annerimento.
« Questo liquido titolato con soda N/io fu saturato con neurina. Questo
sale ò potentemente velenoso; basta un decimo di milligranmio per anmiazzare
una rana, come più dettagliatamente si potrà vedere nella Nota che pubbliche-
remo col dott. Guarnieri.
ft Se ora si compara il comportamento dell'estratto acquoso delle capsule
surrenali, con quello degli acidi fosforati estratti combinati alla neurina e
dei sali fosforati preparati artificialmente, si trova una spiegazione adeguata
di tutti i fenomeni fin qui osservati.
« A causa della rilevante differenza di velenosità tra la h^e ossietilica
e quelUa vinilica, come risulta dalle ricerche scrupolose del prof. Cervello
e della facilità di trasformarsi Tuna nell'altra, si potrebbe attribuire a questo'
fatto la velenosità delle capsule surrenali. Però se ciò potrebbe spiegare in
parte il fenomeno, non spiega il complesso dei fatti chimici e la più ener-
gica velenosità.
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« Io sto preparando i sali purissimi delle due basi per potere meglio
controllare questo fatto interessante.
« Questo Note preliminari servono solo a mettere in vista i fatti sin*ora
osservati riservandomi uno studio più dettagliato, in vista specialmente della
importanza che possono acquistare simili studi tanto dal lato tossicologico che
fisiologico. Prima però di finire è bene far notare che lo scopo di questa mia
Nota non è di avvalorare quanto alcuni credono di aver io affermato, che cioè
non esistono altre ptomaine all'infuori della neurina. Io invece ho detto che
ho studiato sempre questo argomento dal punto di vista tossicologico e che
nelle perizie legaU limitate a poca quantità di materiale, la base che più
può intralciare le ricerche è la neurina, e non ho mai escluso che si possano
ritrovare altri alcaloidi come si rileva dalle mie pubblicazioni sull'argomento » .
Tossicologia. — Ricerche sperimentali suir asiane tossica del-
r estratto acquoso delle, capsule soprarenali. Nota dei dottori G. Guar-
NiERi e F. Marino-Zuco, presentata dal Socio Paterno.
« Già da alcuni anni nelV 83 il prof. Foà ed il dott. Pellacani stabili-
rono che nelle capsule surrenali si conteneva un veleno, il quale era capace
di produrre negli animali effetti venefici costanti e mortali. Questo fatto fu
controllato completamente da alcune nostre prime ricerche, le quali poi ser-
virono di base ad uno studio più accurato dell'argomento tanto dal punto di
vista chimico quanto da quello sperimentale.
ft E sabito potemmo mettere in rilievo il fatto che l'estratto acquoso di
capsule surrenali (10 capsule di bue diluite con 60 ce. di acqua) injettato
nella proporzione di un centimetro cubico ad un coniglio di media grandezza
era capace di dare la morto in breve spazio di tempo. Mentre invece, appena
l'estratto veniva trattato con un acido od altro reattivo, nella medesima dose
od in dose anche alquanto maggiore non produceva fenomeni venefici ap-
prezzabili.
ft Le ricerche chimiche in seguito misero in chiaro che i principi più
rilevanti dell'estratto acquoso delle capsule soprarrenali erano neurina ed
acidi fosforati organici. Allora combinando questi acidi fosforati con neu-
rina ed injettandone sotto pelle la soluzione in animali ottenemmo il noto
quadro dei fenomeni tossicologici dell'estratto acquoso semplice. I conigli sono
colti subito da ansia, il respiro s'affretta, emettono gemiti, fanno piccoli salti
incomposti ; poi subito cominciano fenomeni paralitici, giacciono distesi su di
un fianco, stimolati si muovono appena barcollanti. Più tardi sono resi inca-
paci di spostarsi dal luogo che occupano con paralisi del treno posteriore e
più raramente di quello anteriore. Lo stupore che poco dopo fatta l'inocula-
zione si manifesta rapidamente cresce, e gli animali muoiono in tempo variabile
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con paralisi respiratoria. Durante Toltimo periodo deir avvelenamento Tani-
male non dà se^i di sensibilità, mancano i riflessi. Non meno caratteristico
è il quadro che si produce sperimentando con le rane. Già dopo due o tre
minuti si nota ipoestesia marcatissima della cornea e la deglutizione dell'aria
è fatta ad intervalli lunghissimi, finché in breve cessa completamente la respi-
razione. Dopo 7 a 10 minuti i movimenti volontari non si fanno piti, e la
rana stimolata con uno spillo al tallone eseguisce dei movimenti incompleti
e molto limitati e torna a giacere con gli arti lunghi sulla tavoletta. Il capo
è sollevato, gli occhi aperti, la cornea perfettamente anestesica. Stimolato
il tallone con acido acetico si hanno contrazioni limitate di alcuni muscoli
non sufficienti a spostare gli arti dalla posizione che occupano. Eccitato elet-
tricamente lo sciatico si hanno contrazioni limitate all'arto corrispondente e
nulla in altri gruppi muscolari. Eccitata la cute del tallone con acido
solforico non si nota alcun movimento riflesso, come anche eccitando elettri-
camente il tronco centrale dello sciatico. Dopo 25-30 minuti eccitando anche
con forti correnti il tronco periferico dello sciatico d'ordinario non si otten-
gono più contrazioni muscolari di sorta, e la rana sembra morta. Senonchè
asportato lo sterno si vede che il cuore ancora batte con discreta frequenza,
e cessa solo di pulsare dopo altri 20-25 minuti prossimativamente. Anche
dopo 4 ore che il cuore ha cessato di battere Teccitazione elettrica diretta
dei muscoli dà contrazioni visibilissime.
« Ma se alla soluzione servita allo esperimento si aggiunge acido clo-
roidrico il potente efletto venefico cessa, e solo triplicando o quadruplicando
il volume deiriniezione si ottengono disturbi passeggeri appena rilevabili.
« La ragione di questo fatto apparisce chiara ove si eseguiscano espe-
rienze simili con il fosfato e fosfoglicerato di neurina ottenuto artificial-
mente. Difatto iniettando gr. 0,003 del primo sale ad una rana robusta,
questa muore d'ordinario in 14-20 minuti, coinè ancora con iniezioni di
gr. 0,001 ed anche meno si stabilisce rapidamente Tavvelenamento carat-
teristico e le rane muoiono in 10-20 ore. Piii potente è ancoi-a l'azione del
fosfoglicerato giacché si ottiene un avvelenamento mortale anche con una dose
di grm 0,0001. Si comprende allora facilmente come l'azione dell'acido clo-
ridrico possa rendere inapprezzabile la potenza venefica dei sali ottenuti con
gli acidi fosforati organici e la neurina e dell'estratto acquoso medesimo,
poiché come é noto per gli studi del prof. Cervello e del prof. Meriggia,
bisogna adoperare dosi molto più elevate per produrre con il clorìdrato di
neurina fenomeni venefici mortali.
« Noi seguitiamo le nostre ricerche su questo argomento, e speriamo di
poterne esporre completamente i risultati, quando conosciuti dettagliatamente
gli acidi fosforati dell'estratto acquoso avremo eseguite nuove esperienze col
possesso di sali puri perfettamente dosati » .
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— 844 —
Fisiologia. — Studi sulla fina struttura delle capsule sopra-
renali. Nota preventiva dei Dottori Q. Quarnieri e Q. Magini, pre-
sentata a nome del socio Morigoia.
« L'oscurità tuttora esistente sulla funzione delle capsule soprarenali ci
ha mosso a studiarle dal lato istologico e fisiologico; ed in prima abbiamo
voluto ricercare sulla loro fina struttura. Durante il corso delle nostre ri-
cerche abbiamo riscontrato molti fatti già registrati nella ricchissima lettera-
tura, tra i quali però alcuni sono descritti od interpretati in modo che a
noi non è sembrato giusto; ed abbiamo potuto rilevare. alcuni altri &tti fi-
nora sconosciuti specialmente per quel che si riferisce all'epitelio ed ai vasi
sanguigni di questi organi. Perciò ci siamo determinati a presentare fin da
ora una Nota preventiva dei nostri primi risultati, riserbandoci, in seguito
ad ulteriori ricerche, di discutere ampiamente il contenuto della presente
Nota, ed altre questioni in corso di studio.
« Gli animali sui quali abbiamo fatto le nostre osservazioni sono il
coniglio, il cane, la cavia, il topo, il bue e l'uomo. Di tutti qnsti animali
(eccetto l'uomo) si prendevano le capsule soprarenali subito dopo «la morte,
e venivano immerse nel liquido di Plemming, o nella miscela osmio-bicromica
0 nel liquido di Mùller, o in quello di Kleinenberg, o nell'alcool assoluto.
Oppure si facevano sezioni dell'organo fresco mediante il microtomo a con-
gelazione, 0 preparati per dilacerazione in liquidi indifferenti (alcool al d<^,
cloruro sodico 0,75 7o ecc.). Di preferenza ci siamo serviti della inclusione
in celloidina per le sezioni dei pezzi induriti.
« Come materie coloranti abbiamo prevalentemente adoperato l'ematos-
silina dì Ehrlich, l'ematossilina eosinica di Guamieri, il carminio borico, il
boracico, Talluminoso, il bleu di metilene in soluzione acquosa neutra o al-
calina, il nitrato d'argento (reazione nera di Golgi pei centri nervosi), il
cloruro d'oro.
<< Ora, descrivendo sommariamente i risultati delle nostre ricerche, ci
limiteremo ad esporre soltanto quello che a noi è sembrato portare qualche
contrib ito alle attuali conoscenze istologiche, non che quello su cui dissen-
tiamo ds^li altri ricercatori, senza occuparci di ciò che è già sanzionato intorno
alla istologia dalle capsule soprarenali.
« La capsula esterna è formata da "strati connettivalì sovrapposti, ed
ha nel bue uno spessore maggiore che negli altri animali ; t.n le fibre con-
nettivali sono intercalati assai scarsi ganglii nervosi microscopici, composti
di tre, quattro o più cellule. Questo involucro della ghiandola è trapassato
da molti e grossi fisisci di fibre di Bemak (bue).
« La zona esterna della sostanza corticale è divisa dalla capsula per
mezzo di una sottile membrana connettìvale propria, che manda sopimenti
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— 845 —
in direzione raggiata verso la sostanza midollare, nella quale qnesti non
penetrano; che anzi dopo breve tragitto si perdono nella stessa sostanza corticale;
però si accompagnano fino alla soi^tanza midollare non più in forma di raggi,
ma seguendo per lo più il decorso proprio dei fasci di fibre nervose. Tra i
sopimenti raggiati sono contenuti tubetti ghiandolari contorti, col cui di sacco
rivolto alla periferia, costituiti da una membranella anista basale, su cui pog-
giano cellule epiteliali cilindriche molto allungate, con nucleo rotondo. Questo
è situato verso la metà delle cellule, e non presso la membrana di sostegno
come generalmente avviene per Tepitelio delle altre ghiandole tubulari.
• Le estremità centrali delle cellule sono incastrate tra le estremità
centrali delle cellule opposte in modo che non rimane lume ghiandolare.
Nel tratto d'incastro appariscono i nuclei in due file regolari parallele vicine
tra loro presso Tasse del tubetto. Osservando coi migliori e più forti obbiet-
tivi (obbiettivo apocromatico Zeiss 1,30 - oculare n. 12) i preparata fissati col
liquido di Eleinenberg, e colorati con ematossilina eosinica, si nota che il
nucleo possiede un reticolo cromatico a larghe magUe, i cui fili sottili sono
in rapporto con uno o più nucleoli. Il reticolo protoplasmatico si presenta
con maglie più serrate all'intorno della membrana nucleare e alla periferia
della cellula*
« La zona interna della sostanza corticale occupa approssimativamente
i tre quarti della corticale intiera. È costituita da cellule epiteliali po-
ligonali irregolari, distribuite in parecchi strati, dei quali il più periferico
contiene le più grandi, il medio le mezzane, il centrale le più piccole, senza
però che si possa dire aversi una delimitazione marcata fira i diversi strati,
giacché gradatamente per sfumature si passa dallo strato più periferico
al centrale. Queste cellule hanno nucleo rotondo, polinucleolato il più
delle volte, ed un reticolo protoplasmatico fatto di filamenti molto più sot-
tili che non quelli delle cellule cilindriche della zona esterna.
« La struttura della sostanza midollare è la più complicata; questa
non è limitata da una linea regolare, ma come s'indentra a zaffi irregolaris-
simi nelle parti più profonde della corticale, così la corticale manda dei
gettoni che si approfondano nella midollare seguendo specialmente il decorso
delle fibre di Bemak come descriveremo in seguito. In essa si rinvengono i
più grossi vasi sanguigni, una rete nervosa ricchissima ed uno speciale epi-
telio, che ne forma principalmente la massa. L'epitelio ha una particolare
disposizione, cioè è formato di più ordini di cellule le quali unite in forma
di circonvoluzioni contornano i vasi, i fasci di fibre nervose, e diramandosi
in propagini fitte e sempre tra loro connesse costituiscono nell'insieme un
blocco epiteliale centrale della ghiandola. Questi elementi epiteliali che,
come è noto, sono alterabilissimi, vengono soltanto in parte fissati dal liquido
di Eleinenberg, poiché mentre trattati con questo, lasciano scorgere il nu-
cleo nello stesso modo che con altri reattivi, il protoplasma cellulare invece
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si coarta d* ordinario, per oui si perde il rapporto coi diversi elementi Ticini;
solo alcune cellule midollari rimangono in posto. Il liquido di Flemming
riesce il migliore di tutti gli altri per fissarne la fina struttura, senza alt^
rame i rapporti. Noi preparati fissati col liquido di Kleinenberg, osserFando
i luoghi dove l'epitelio non si è distaccato dalle vicine parti coartandosi,
si vede come ogni cellula abbia la forma di una piramide tronca coir apice
in contatto con quello della cellula opposta. È negli apici delle cellule che
sta collocato il nucleo. Il reticolo protoplasmatico del corpo cellulare è &tto
di maglie irregolari allungate nel senso del maggior diametro della cellula ;
questo reticolo si mette in evidenza nei preparati colorati coll'ematossilina
eosinica che lo tinge in rosa, lasciando perfettamente incolore Tenchilema;
il quale si tinge in bruno in preparati fissati col liquido di Flemming; la
tinta bruna occupa i tre quarti della cellula, mentre Tapice di questa e
la porzione perinucleare restano perfettamente scolorati. Osservando questi
preparati col sistema Zeiss sopradetto sembra che nell*enchilema bruno siano
intercalate delle maglie più chiare, disposte secondo il diametro longitudi-
nale della cellula, che siamo portati ad interpretare come costituenti il
reticolo protoplasmatico. Alcune volte sulla base delle cellule si notano delle
dentellature, le quali segnano la terminazione periferica di strie parallele
tra loro, che ricordano quelle delle cellule epiteliali del rene.
« Costantemente, in preparati fissati con liquidi osmici (liquido di Flem-
ming, miscela osmio-bicromica), si riscontrano dei corpi cilindrici di sostanza
fortemente rifrangente, circondata da un sottile strato di altra sostanza annerita
dall'acido osmico, e di figura circolare, semilunare o irregolare. Questi corpi
cilindrici sono situati talora tra cellula e cellula, tal'altra (ed ò il più so-
vente) perforano il corpo delle cellule verso la periferia o nel centro occu-
pando circa V4 0 Vs della loro stoffa.
<< I fasci di fibre nervose della sostanza midollare sono accompagnati
spesso da un manicotto di cellule epiteliali poliedriche, alquanto simili a
primo aspetto a quelle della zona interna della sostanza corticale, dalle
quali però differiscono specialmente perchè provviste di un reticolo protopla-
smatico a maglie più strette. Questi manicotti talora seguono il fascio ner-
voso negli strati più profondi della sostanza midollare fin presso i grossi
vasi centrali dove frequentemente si riscontrano in sezione trasversa. Alcune
volte però i fasci di fibre di Bemak della midollare sono sprovveduti di
manicotti epiteliali, e corrono tra i vasi e le fibre connettivali.
« Le terminazioni nervose nella sostanza corticale e nella midollare
non le abbiamo potute vedere per quanti tentativi abbiamo £Eitto, colorando
le sezioni col cloruro d'oro (metodo Giaccio, Banvier, Eùpffer, Mura).
« Nessuna cellula nervosa ganglionare abbiamo potuto mai vedere nò
nella sostanza corticale, nò nella midollare di un grandissimo numero dì
preparati sebbene non siasi trascurato alcuno dei metodi atti alla ricerca.
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— 847 ~
• I vasi arteriosi entrando nella sostanza corticale tangenzialmente si
dividono in ramuscoli che la percorrono a guisa di raggi convergenti verso
la sostanza midollare, dove si continuano in lacune vascolari irregolari, e
queste alla loro volta comunicano colla vena centrale che esce per l'ilo della
ghiandola. Com'è conosciuto, vasi sanguigni delle capsule soprarenali hanno
in generale pareti sottilissime composte da un' esile membrana endoteliale i
cui nuclei sono molto distanti tra loro. Questa membrana, a quanto ci ap-
pare, è in rapporto diretto colle cellule epiteliali della ghiandola.
• Vogliamo insistere sopra un &tto, che abbiamo potuto mettere in rilievo
mediante trattamento delle capsule soprarenaU colla reazione nera all'argento che
Oolgi adopera pei centri nervosi : nella zona intema della sostanza corticale
si osservano costantemente numeros^ figure nere singolari, composte di un
corpo centrale rotondo, piriforme o a triangolo sferico, il quale per lo più
ò provvisto di due appendici laterali quasi due ali aperte di farfalla, netta-
mente delimitate, formate da un reticolo a maglie poligonali. Queste figure
alate si vedono, in tali preparati, una accanto l'altra a distanze variabili e
di forme analoghe e costanti. Ove i preparati vengano successivamente trattati
con ematossilina o con carminio, si vedono le cellule epiteliali incastonate
nelle maglie delle ali. Paragonando queste figure alate con quelle di prepa-
rati ottenuti da capsule iniettate con massa al canninio (o già per so
iniettate di sangue e colorate con ematossilina eosinica) si riconosce che non
rappresentano altro che una speciale disposizione di vasi Sanguigni, che non
siamo riusciti a mettere completamente in evidenza che per mezzo della rea-
zione nera di Oolgi in sezioni' piuttosto spesse. Questa particolare e costante
disposizione dei vasi della zona intema della sostanza corticale ci richiama
in qualche modo alla mente quella che si osserva nelle isolette del fegato.
« É noto come specialmente nella sostanza midollare delle capsule
surenali si trovino dei grossi fasci di fibre muscolari liscie che per lo più
circondano il lume delle vene a guisa di robusti cingoli. Indubbiamente a
questo fatto istologico deve corrispondere un proporzionale effetto fisiologico,
per cui riteniamo che questi fasci muscolari contraendosi servano a regolare
il deflusso venoso in modo da rallentare potentemente la circolazione san-
guigna dì queste ghiandole.
« Iniettando per mezzo di un'apparecchio a pressione costante, in varie
capsule freschissime di bue, dell'acqua tiepida salata per la vena centrale
abbiamo notato Taumento di volume della metà circa, in media (metodo
dello spostamento del liquido in cui erano immerse le capsule prima e dopo
la iniezione).
« Ad onta di ripetute iniezioni interstiziali di bleu di Prussia solubile
nelle capsule soprarenali non siamo riusciti che a far penetrare il liquido
nei vasi sanguigni; quindi nulla possiamo dire della disposizione dei vasi
linfatici *.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, P Som. 110
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— 848 —
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
G. TERRiai. Gli Ostraeodi Polùoi a Foraminiferi del calcare di Palo
{vulgo Macco di Palo). Presentata dal Segretario Blaserna.
E. Sciamanna e A Torti. Modificazioni del polso cerebrale nelle di-
verse posizioni del soggetto e per l'uso di diversi farmaci. Presentata Id.
a nome del Socio Moriggia.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Sodo Carutti, a nom^ anche del Socio Capasso, relatore; legge una
Relazione sulla Memoria del sig. G Merkel intitolata: L'opinione dei con-
temporanei sull'impresa italiana di Carlo I d'Angiò, concludendo per l'in-
serzione del lavoro negli Atti accademici..
n Socio Monaci, relatore, a nome anche del Socio D'Ancona, legge
una Relazione sulla Memoria dei signori EcHitLi e Gauchat, intitolata : //
Canzoniere ProvenJiale E Cod. Vaticano 3207, proponendone l'inserzione
negli Atti accademici.
Le precedenti Relazioni, messe ai voti dal Presidente, sono approvate,
dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIRRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra queste le seguenti di Soci e di estranei:
6. Carle. Le origini del Diritto romano.
C. Cadorna. Il primo ed unico principio del diritto pubblico clericale.
G. Finali. Commemorazione di Marco Minghetti.
Lo stesso Segretario presenta anche il IV ed ultimo volume dell'/n-
veatario del R, Archivio di Stato in Lucca.
n Presidente Fiorelli oflFre, da parte dell'autore, la pubblicazione in-
titolata: On the track of Ulysses, together with an excursion in guest of
the sO'Called Venus of Melos, del sig. W. J. Stillman.
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— 849 —
n Segretario Ferri presenta Topera del prof. S. Bknzoni: Dottrina
dell'essere nel sistema HosminianOj accompagnandola con un cenno biblio-
grafico (^).
Il Segretario Blaserna fa omaggio, a nome dell* autore prof. 6. Luvini,
della pubblicazione: Contribution à la Meteorologie électrique.
Il Socio Betocchi presenta il 1^ Volume dell'opera del senatore P. Man-
FRiN intitolata: Gli ebrei sotto la dominazione romana.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Presidente Fiorelli annuncia che alla seduta è presente il Socio stra-
niero Gastone Paris.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Carutti dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Annunciano rinvio delle loro pubblicazioni:
La Società filosofica di Cambridge; la Società batava di filosofia spe-
rimentale di Rotterdam; il Museo britannico di Londra; le Università di
Cambridge, di Glasgow, di Upsala, di Leida, di New- York; il Museo di zoo-
logia comparata di Cambridge Mass.; il Museo di Beigen; T Istituto meteo-
rologico rumeno di Bucarest; 1* Istituto tecnico superiore di Earlsruhe; il
Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Bingraziano ed annunciano rinvio delle loro pubblicazioni:
La Società di storia patria di Stuttgart; la Società Beale delle scienze
di Upsala; la Società di fisica e di storia naturale di Ginevra; la Società
di scienze naturali di Brunn.
D. C.
C) V. pag. 769.
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851 —
INDICE DEL VOLUME IV. - RENDICONTI
1888 — 1* Semestre.
INDICE PER AUTORI
Agamennone. « U terremoto Del Vallo Co-
Bentìno, del 3 decembre 1887 n. 532.
Am Ami. Presenta un « Catalogo » delle mo-
nete masulmane possedute dalla Biblio-
teca nazionale di Parigi. 481. *
Andbbuni. « Sopra alcuni derìvati della
pirrolenffcalide ». 560.
Artini. è approvata per la stampa la sua
Memoria intitolata : a Quarzo di Val
Malenco n. 382.
— « Sulla così detta S avite diMontecap
tini II. 51.
— ^ « Alcune nuore osservazioni sulle zoo-
liti di Montecchio Maggiore «. 536.
Abcoli. Fa parte della Commissione giudi-
eatrice del concorso ai premi Ministe-
riali per le Scienze filologiche^ pel
1886-87. 647.
B
Balbiano. Invia per esame la sua Memo-
ria intitolata: a Sopra alcuni derivati
monoBostìtniti del piiazolo e sui com-
posti idrogenati che ne derivano n.
600.
— M Contribuzione allo studio del cromato
basico di rame ». 597.
Bari LARI. Sua conferma ad Amministra-
tore. 765.
Baenabei. tt Di una epigrafe onoraria a
L. luUo luliano, prefetto del pretorio
e prefetto dell* Annona, al tempo di
Commodo ». 70.
— « Di un'iscrizione latina arcaica del con-
sole Servio Fulvio Fiacco, scoperta in
S. Angelo in Formis presso Capua ».
276.
Betocchi. Fa omaggio del volume XV
della Società filologica di Francia. 96;
di vari fascicoli della stessa Società.
482; di una pubblicazione del prof.
Bìuin, 482; di un'opera del senatore
Manfrin. 849.
— Presenta, perchè siano sottoposte ad
esame, le Memorie: Busi». 53; Cor-
naglia, 155.
— a Effemeridi e statistica del fiume Te-
vere prima e dopo la confiuenza del-
TAniene, e dello stesso fiume Anione
durante Vanno 1887 ». 782.
Berti. Presenta una pubblicazione del si-
gnor OaboUo e ne discorre. 179.
Blangbi. « SuUe superficie d'area minima
negli spazi a curvatura costante ». 4.
— « Sulla equazione a derivate parziali del
Cayley nella teoria delle superficie ».
442.
— tt Sopra una classe di trasformazioni
in sé medesima della equazione a de-
rivate parziali : (I) *
+
{l-\-(l*)r
2yi?» + (l+P')t
1
1 +;»• + }•
= C08t»» ». 445.
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— 852 —
Blaserna (Segretario). Comunica la corri-
spondenza relativa al cambio degli
Atti. 56; 157; 251; 384; 568; 765.
— Comunica Tinvito fatto dal Rettore del-
rUniversità di Bologna per la celebrar
zione deirs^ centenario di quella Uni-
versità. 56.
— Dà comunicazione di un invito pel Con-
gresso geologico internazionale di Lon-
dra, e per quello di chirurgia di Pa-
rigi. 251 ; id. della Società delle scienze
di Finlandia. 384.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
Soci: d'Abbadie. 563; von Bruecke.
155; De Zigno. 764: Gemmellaro. 53;
Kanitz, 155; von Kokscharow. 764;
von Rath, Resal. 383; Taramelli. 155;
764; Volpicelli 53.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
signori: Benedikt 250; Canestrini.
156; Chantre. 250; DanieUien. 383;
Falangola. 481; Groth. 53; Him, Ko-
ren, Liasauer. 383; Luvini. 849; Lo-
visato. 563; Nansen, Sars, 383: Szaj-
noche. 481; Saccardo, Saltini. 563;
Tondini de' Quarenghi. 383.
— Presenta due « Cataloghi dell'Osserva-
torio di Parigi » e i volumi IV e VI
contenenti i risultati della spedizione
scientifica francese al Capo Hom (1882-
83). 250; il voi. Ideile opere di Fou-
rier, alcuni volumi dell*Osservatorìo -
di Greenwich e varie pubblicazioni del-
TAccademia di Cracovia. 383; il vo-
lume Vin deir u Indez-Catalogue of
the Library of the Surgeon General* s
Office, United States Army n donato
dal Socio Bodio, 481 ; il voi. XII delle
u Osservazioni astronomiche » eseguite
airOsservatorio di Pulkova, e una pub-
blicazione del sig. de Gueme, inviata
a nome di S. A. il Principe di Monaco.
764.
— Dà comunicazione delle lettere di rin-
graziamento di vari Soci dì nomina
recente. 55; 155; 250; 566.
— Presenta una medaglia coniata in onore
del Socio straniero von KokschaYow
ed offerta dalla Società mineralogica
di Pietroburgo. 155.
Blaserna (Segretario). Annuncia la morte
del Socio straniero von Rath. 566 ; id.
del Presidente della R. Accademia di
Serbia, dott J, Pancicf. 384.
— Dà comunicazione dell*elenco dei lavori
presentati ai due concorsi ai premi
reali del 1887 per la Matematica e
per la Chimica, 54.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della pubblica
istruzione per le Scienze matematiche,
1887-88. 566.
— Id. di un concorso a premi bandito
dalla Società italiana di elettricità.
156; id. dalla B. Accademia delle
scienze fisiche e matematiche di Na-
poli. 251 ; id. dair Associazione di
proprietari ed agricoltori di Napoli
568.
— Fa parte della Commissione giudicatrice
del concorso ai premi ministeriali per
le Scienze fisiche e chimiche, pel
1886-87. 650.
— Presenta, perchè sia sottoposta ad esame,
una Memoria del dott. Terrigi 848.
— Fa parte della Commissione esaminar
trice delle Memorie: Artini, 382; La
Valle. 764,
— u Sull'impianto del servizio- geodinamico
in Italia n, 774.
Bonatelli. « n fenomeno della ricordanza
illusoria». 161.
Bordiga. Invia p^r esame la sua Memoria
intitolata: « Di alcune forme rigate n.
480.
Bbioschi (Presidente). Annuncia che alla se-
duta Insistono ì Soci stranieri: Struve,
250.
— Riferisce sulla Memoria Comaglia. 382.
— Reiasione alle LL, MM. sui lavori del-
TAccademia e sul risultato dei con-
corsi ai premi Reali e Ministeriali ».
603.
— fi Osservazioni sulla comunicazione del
dott. H. Àfaschke, relativa alla risolu-
zione della equazione del sesto grado ».
181.
— « La forma normale delle equazioni del
sesto grado ». 301 ; 485.
— Sua conferma a Presidente. 765.
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— 868 —
YON Bruecre. Ringrazia per la sua nomina
a Socio straniero. 55.
BnsiN. Invia per esame la sua Memoria:
« Sulla frequenza delle alte e basse
pressioni nell'emisfero boreale ». 58.
Cancani. tt Sopra i coefficienti termici dei
magneti ». 884.
Cannizzaro. Propone rinvio di un tele-
gramma di felicitazione al Socio stra-
niero Hofmann in occasione del 1^
anniversario della sua nascita. 384.
— Presenta perchè siano sottoposte ad
esame le Memorie : Mauro. 882 ; Bah
hiano. 600.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Mauro. 568.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice del concorso al premio Beale per
la Mineralogia e Geologia, pel 1886.
635.
— Id. della Commissione gindicatrice del
concorso ai premi ministeriali per le
Sciente fisiche e chimiche, pel 1886-
87. 650.
Cantone. « Ricerche intomo alle deforma-
zioni dei condensatori». 844; 471.
— « Nuovo metodo per la determinazione
delle due costanti di elasticità ». 220;
292.
— « Sui sistemi di frangio d'interferenza
prodotte da una sorgente di luce a due
colori ». 815.
Cantoni G. Presenta» perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria dei dottori Gè-
rosa e Boccardi. 250.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice del precedente lavoro. 764.
~ Riferisce sul concorso ai premi Mini-
steriali per le Scienze fisiche e chi-
miche, pel 1886-87. 650.
Capasso. Riferisce sulla Memoria Merkel
848.
CAPRANtcA. u Fotografia istantanea dei pre-
parati microscopici ». 297.
Cardani. « Sulla scarica elettrica nell'aria
fortemente riscaldata ». 44. '
— u Sull' influenza delle forze elastiche
nelle vibrazioni trasversali delle corde » .
524; 705; 818.
Carle. Fa parte della Commissione giudi-
catrice del concorso al premio reale
per le Scienze giuridiche pel 1886.
623.
Carutti (Segretario). Dà conto della cor-
rispondenza relativa al cambio degli
Atti. 97; 180; 299; 488;. 602; 849.
— Dà comunicazione di un invito del sin-
daco di Roma per assistere alla inau-
gurazione dei busti di Borghesi ed
Eensen. 97.
— Dà parte di un invito mandato dall'Ac-
cademia antropologica di Nuova York.
180; 299.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
Soci: Carle, 848; Lampertico. 298;
Levasseur. 298; Loria, Tabarrini.
480.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
signori. Cadorna. 848; Calvi, 480;
Errante. 95 ; Finali. 848 ; Julliot. 179 ;
L^i. 298 ; Musatti. 480 ; Negroni. 95 ;
Rivalta. 601 ; de Salverte, 480; Scha^.
298; Stocchi. 480.
— Presenta la nuova edizione del suo li-
bro uTi conte Umberto I e il re Ar-
doino » e ne discorre. 481.
— Presenta il II volume dei u Discorsi
parlamentari di Q. Sella » e vait vo-
lumi della Società romana e della So-
cietà napoletana di storia patria. 298 ;
il voi. XIV del « Corpus Inscriptionum
Latinarum » e il voi. XV della « Cor-
rispondenza politica di Federico il
Grande ». 481 ; il voi. I dei « Discorsi
parlamentari di M. Minghetti », e un
volume delle « Relazioni diplomatiche
della Monarchia di Savoia dalla pri-
ma alla seconda restaurazione (1559-
1814)'» pubblicate dai signori Mauro,
Ferrerò e Vayra. 601 ; il voi. IV del-
l' tt Inventario del R. Archivio di Stato
di Lucca». 848.
— Annuncia che è terminata la stampa
del primo volume del « Supplemen-
tum » al « Corpus Inscriptionum La-
tinarum ». 299.
— Dà l'annuncio di concorsi ad assegni
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— 854 —
per istadi di perfezionamento all'estero.
299; id. del programma pei concorso
al premio Hoeufft pel 1889. 482.
— Dà comunicazione delle lettere di rin-
graziamento dei Soci di nomina re-
cente. 180.
— Annuncia la morte del Socio Carrara. 99.
— Gomonica Telenco dei lavori presentati
al concorso al premio Beale del 1887
per le Scienze filosofiche e morali. 96.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della pubblica
istruzione per le Scienze storiche e
filologiche, 1887-88. 601.
— Fa parte della Commissione giudica-
trice del concorso al premio reale per
le Scienze giuridiche pel 1886. 623.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria MerkeL 848.
Cavalli. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Teorìa delle motrici a gas-
luce ». 382.
Cerruti. Presenta un fascicolo a stampa
nel quale è esposto il disegno della
nuova edizione nazionale delle opere
di Galileo, e ne discorre. 156.
— « Sulla deformazione di un corpo ela-
stico isotropo per alcune speciali con-
dizioni ai limiti n. 785.
— Sua conferma ad Amministratore ag-
giunto. 765.
— CesAro. « Sui concetti di limite e dì
continuità ». 12.
— a Formolo relative al moto di un pun-
to ». 18.
— tt Sur la comparaison des séries diver-
gentes ». 115.
— u Sur les lois asjmptotiques des nom-
bres». 452.
— u Sur les systèmes de nombres entiers ».
457.
CiAMiciAN e Magnanini. u Sintesi di acidi
metilindolcarbonici ». 144.
— a Sulla formazione dei due tetrabromurì
di pirrolilene ». 227.
— « Sugli acidi carbossìlici dei c-metilìn-
doli ». 741.
Ciamigian e Silbsr. « Ricerche suUV
piolo». 146; 541; 550; 824.
CiAMic[AN e Zatti. « Sugli acidi carbos-
sìlici dell'indole ». 746.
Cipolla. Invia per esame la sua Memoiia
intitolata: a Una congiura contro la
repubblica di Venezia negli anni 1522-
1529 ». 179. — Sua approvazione. 600.
CooNBTTi DE Martiis. Offre una sua tradu-
zione della commedia di M. A. Plauto:
« I prigionieri di guerra (captivi) n.
180.
— « Un socialista cinese del V secolo
av. C: Mih-Teih ». 166.
Colini. « Collezione etnografica della Nuova
Caledonia esistente nel Museo preisto-
rico di Roma ». 74.
— « Ornamenti personali dei Melanesi esi-
stenti nel Museo preistorico di Roma ».
173.
— u Collezione etnografica delle isole del-
l'Ammiragliato, esistente nel Museo
preistorico di Roma ». 774.
Comparxtti. Fa parte della Commissione
giudicatrice del concorso ai premi mi-
nisteriali per le Scienze filologiche,
pel 1886-87. 647.
— «I canti epici della Finlandia». 618.
Cornaglia. Invia per esame la sua Me-
moria: « Delle spiaggie ». 155. — Sua
approvazione. 882.
CossA A. « Sulla COSI detta Sa v ite di Mon-
tecatini ». 99.
Cremona. Presenta, perchè siano sottopo-
ste ad esame, le Memorie: Bordiga,
480; Viola, 600.
D'Ancona. Fa parte della Commissione
giudicatrice del concorso ai premi mi-
nisteriali per le Scienze filologiche,
pel 1886-87. 647.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Kehrli e Gauchat,
848.
De Bart. Ringrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55.
De Leva. Presenta, perchè siano sottoposte
ad esame, le Memorie : Filippi ; Àferkel ;
Cipolla, 179.
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— 855 —
Db Paolis. Chiede che sia aperto un suo
piego suggellato. 5d8.
— Presenta, perchè sia sottoposta ad esame,
una Memoria del dott. Pascal. 563.
Ds-ToNi e Levi, u PogiUo di alghe tripo-
litane».240.
De Yarda. «Sopra un acido solfoisoyale-
rianicon. 359.
— tt Studi sui pirroli terziari n, 755.
DoHRN. Ringrazia per la sua nomina a Socio
straniero. 55.
D'Ovidio E. « Sopra alcuni inTarianti si-
multanei di due forme binarie degli or-
dini 5 e 4, e sul risultante di esse ». 100.
F
Faterò. « Intorno ad un recente studio
sulla gravità». 310.
Ferri (Segretario). « Cenno bibliografico
sull'opera del prof. Benzeni: Dottrina
deiressere nel sistema Bosminiano » . 769.
Filippi. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: u L'arte dei Mercanti di Ca-
limala in Firenze e il suo più antico
statuto n, 179.
FiORELU. Presenta una pubblicazione del
sig. W, /. Stillman. 848.
— Annuncia che alla seduta assiste il Socio
straniero Paris, 849.
— Dà annuncio della morte del Socio stra-
niero Summer Maine. 180.
— « Notizie sulle scoperte di antichità:
1887- del mese di dicembre. 57; 1888-
gennaio. 159 ; febbraio. 253 ; marzo. 385 ;
aprile. 569; maggio i>. 767.
— Sua conferma a Vicepresidente. 765.
Fumi. «Per la Fonistoria protaria ». 173;
406.
6
Gauurrini. Ringrazia per la sua elezione
a Corrispondente. 180.
— « Sopra un'antica tazza di Lucio Cano-
leio». 404.
Garibaldi. « Le protuberanze solari nei loro
rapporti colle variazioni del magnete di
declinazione diurna». 27.
Gauchat. — V. Kehrli.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1** Sem.
Geoenbaur. Ringrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55.
Gerosa « Sulla velocità del suono nelle
leghe». 127.
Gerosa e Mai. Inviano, per esame, la loro
Memoria intitolata : « Nuove ricerche in-
tomo all'iniuenza di alcune condizioni
fisiche sulla vita dei microrganismi ».
250. — Sua approvazione. 764.
— « Sulla velocità del suono nei vapori ».
722; 800.
Giacomelli. V. Respighi,
Golgi. Ringrazia per la sua nomina a Cor-
rispondente. 55.
Govi. Offire un suo scritto intitolato : « Il
Microscopio inventato da Galileo » e ne
discorre. 564.
— Fa parte della Commissione giudicatrice
del concorso ai premi Ministeriali per le
Scienze filologiche, pel 1886-87. 647. •
— « Dei colori invisibili o latenti dei corpi ».
572.
— « Nuovo metodo per costruire e calcolare il
luogo, la situazione e la grandezza delle
imagini date dalle lenti o dai sistemi
ottici complessi». 655.
Grablovitz. « Risaltati delle osservazioni
idrotermiche eseguite al Porto d'Ischia
nel 1887 ». 177.
— « Sunto del metodo per determinare le
costanti della marea lunare con una o
due singole osservazioni al giorno ». 534.
Grassi, a Morfologia e sistematica di al-
cuni protozoi parassiti». 5.
— u Significato patologico dei protozoi pa-
rassiti dell'uomo». 83.
Grassi e Rovelli, a Intorno allo sviluppo
dei Cestodi». 700.
— «La Bilharzia in Sicilia». 799.
Grimaldi, u Sopra una relazione fra il po-
tere termoelettrico delle coppie bismuto-
rame e la loro sensibilità rispetto al-
l'azione del magnetismo ». 132.
— a Sulle modificazioni prodotte dal ma-
gnetismo nel bismuto». 353.
GuARNiERi e Magini. « Studi sulla fina
struttura delle capsule soprarenali. 844.
— V. Jfarino-Zuco,
Guidi. Presenta una pubblicazione del prof.
Rossi, 95.
Ili
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— 866 —
Guiói. «Frammenti copti». 60.
— tt La traduzione degli Erangeli in arabo
ed in etiopico (geez)». 256.
HÉBERT. Ringrazia per la -sua nomina a
Socio straniero. 55.
Helbio. u Sn di nna figura arcaica di guer-
riero, in bronzo, trovata nel santuario
di Asclepio ad Epidauro ». 60.
— a Su di una figurina in bronzo rappre-
sentante un Sileno ». 166.
Hofmann. Gli viene inviato dairAccademia
un telegramma di felicitazione, in oc-
casione del 70® anniversario della sua
nascita. 384.
Keller. « Contributo allo studio delle rocce
magneticbe dei dintorni di Roma n. 38;
825.
Kerulè. Ringrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55
Xehrli e Gauchat. Inviano per esame la
loro Memoria intitolata: « H Canzoniere
provenzale H, cod. Vat. 8207 ». 600. —
Sua approvazione. 848.
Klebs. Ringrazia per la sua nomina a Socio
straniero. 55.
XovALEwsRT. Ringrazia per la sua nomina
a Socio straniero. 55.
Lampertico. Presenta una « Relazione » del
sig. Monzilli e ne discorre. 95.
La Valle. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Sul Diopside della Berne
des Brous presso Ala». 764. — Sua
approvazione. 764.
Le Blant. tfLes premiers chrétiens et le
démon ». 59.
LiPSCHiTZ. Ringrazia per la sua elezione a
Socio straniero. 566.
LoRENZONi. « Relazione sulle esperienze isti-
tuite nel R. Osservatorio astronomico
di Padova in agosto 1885 e febbraio
1886, per determinare la lunghezza del
pendolo semplice a secondi, preceduta
dalla esposizione dei prìncipi del me-
todo dello strumento di Repsold». 83.
LoviSATO. « Sopra gli sferoidi di Ghistotrai
presso Fonni in Sardegna. 355.
LuHBROSo. Presenta una pubblicazione del
sig. M. Ricci e ne discorre. 96.
— tt Piero Strozzi fiorentino e la Mctafnai
greca dei Commentarìi di Giulio Ce-
sare». 166.
— «L^Itinerarium del Petrarca». 390.
Magini V. GuamierL
Magnanini. «Azione della anidride acetica
sulPacido levulinico ». 477.
— « Sulla trasformazione del metilcbetolo
in chinaldina ». 556.
— « Sui derivati acetilici del metilchetolo
e dello «òatolo ». 362.
— « Sopra alcuni derivati del dimetilpìr^
rolo assimmetrico». 828.
— V. Ciamician.
Magrini. « Ricerche intomo alla magne-
tizzazione del ferro». 734.
Mai. V. Gerosa.
Mancini. Si riserba di commemorare i Soet
Carrara e Laurmt. 96.
Marangoni. «H teiremoto di Firenze del
14 novembre 1887». 31.
— « Scarica elettrica attraverso i minerali ».
124.
— tt Criteri per stabilire una classificazione
naturale dei cristalli». 215.
— «n problema delle attrazioni e ripul-
sioni capillari ». 339.
— tt Movimenti delle polveri alla superficie
dell'acqua». 520.
Mari>o-Zuoo. a Ricerche chimiche sulle
capsule surrenali». 835.
Marino>Zuco e Guarnieri. a Ricerche spe-
rimentali suirazione tossica delFestratto
acquoso delle capsule surrenali». 842.
Maschre. tt La risoluzione della equazione
del 6<> grado ». 181.
Mauro. Invia per esame la sua Memoria
intitolata : u Studio sui fluossisali di Mo-
libdeno. Memoria 1* : Fluossipomolibdatl
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— 857
dì potassio e di ammonio ». 382. — Sua
approvazione. 563.
Meneghini. Fa parte della Commissione
esaminatrice del concorso al Premio reale
per ÌA Mineralogia e Oeologia,^^! 1886.
635.
MsNOzzi. « Ricerche chimiche sulla germi-
nazione del Phaseolas vulgaris».
149.
Merrel. Inyia per esame la sua Memoria
intitolata : u L'impresa italiana di Carlo I
d^Àngiò e Topinione dei contemporanei n .
179. — Sua approvazione. 848.
Mesbeoaglia. Offre una « Relazione n del
conte Tornielli'Brmati e ne discorre.
298.
— Fa parte della Commissione gindicatrice
del concorso al premio reale per le
Scienze giuridiche^ pel 1886. 623.
MiLLOSEviCH. «Osservazioni del pianetino
(264) Libussa». 106.
— « Osservazione del pianeta (275) e della
cometa Sawertal». 504.
— « Elementi ellittici di (264) Libnssa in
base a due opposizioni (1886-87 e 1888) ».
505.
MiNOAzziNi. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Sulla fina stnittora della
Substantia iiigra Sommeringii».
764.
Monaci. Presenta, perchè sia sottoposta ad
esame, una Memoria dei signori Kerhli
e Gauckat 600. — Riferisce sulla pre-
cedente Memoria. 848.
— Riferisce sul concoso ai premi ministe-
riali per le Scienze filologiche, pel 1886-
87. 647.
Mondino. « La produzione delle piastrine
e l^Bvoluzione delle emazie nel sangue
dei vertebrati vivipari ». 878.
Mondino e Sala. « Studi sul sangue. La
produzione delle piastrine nel sangue
dei vertebrati ovipari». 377.
MoNTEMARTiNi. « Sulla composizioue chi-
mica e mineralogica delle rocce serpen-
tinose del Colle di Cassimoreno e del
Monte Ragola (Valle del Nure) ». 369.
MoNTESANO. «Su le trasformazioni involu-
torie dello spazio che determinano un
complesso lineare di rette». 207; 277.
MoNTBSANO. «Sulle reciprocità birazionali
nulle dello spazio». 588.
MoBSLU. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: «Relazione sugli scavi ese-
guiti nella caverna Pollerà, situata nel
Finalese ». 179. — Sua approvazione. 298.
MoRiQGiA. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria dei dottori Scia'
manna e Torti. 848.
— « La frequenza cardiaca negli animali
a sangue freddo». 661.
MoBSO. « Applicazione del verde metile per
conoscere la reazione chimica e la morte
delle cellule». 419.
— « Esame critico dei metodi adoperati
per studiare i corpuscoli del sangue».
427.
— - « n sangue nello stato embrionale e la
mancanza dei leucociti». 434.
— « n sangue embrionale di Scyllium
catulus». 489.
— « Un veleno che si trova nel sangue
dei murenidi ». Id, 665.
— « Azione fisiologica del veleno che si
trova nel sangue dei murenidi ». Id* 673.
MDntz. «Notice sur une vue de Rome et
sur un pian du Forum à la fin du XV*
siècle, d*après un recueil conserve à
TEscurìal». 71.
N
Narducci. Presenta un esemplare della
« Vita di Pitagora » scritta dal Baldi
e ne discorre. 481.
— « Di un manoscritto di Rime del secolo
XVI, recentemente acquistato dalla Bi-
blioteca Angelica ». 265.
— « Censimento della popolazione di Roma
dal 1686 al 1715 ». 771.
Nasini e Scala. « Sulle solfine e sulla di-
versità delle valenze dello zolfo ». 232.
— V. Paterno,
NovATi. « Di un aneddoto del ciclo Artu-
riano (Re Artù ed il gatto di Losanna) ».
580.
0
Omodei. V. Vicentini.
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868 —
Pajdoya. tf Una nuova applicazione della
teoria delle funzioni ellittiche alla mec-
canica n 507.
Paladini, a Sul movimento di rotazione che
prende nel vuoto od in un fluido incom-
pressibile un corpo soggetto a forze di
potenziale Hi cos* B-^UtCosB n. 187.
PanÒk/. Annuncio della sua morte. 384.
Pascal. Invia per esame la sua Memoria
intitolata : « Sopra le relazioni che pos-
sono sussistere identicamente tra for-
mazioni simboliche dal tipo invariantivo
nella teoria delle forme algebriche » . 568.
— tt Sopra un teorema fondamentale nella
teoria del calcolo simbolico delle Forme
ennarie n. 119.
Paterno e Nasini. « Sul peso molecolare
degli acidi citraconico, itaconico, e me-
saconico e degli acidi fumarìco e ma-
leico n, 685.
— tt n peso molecolare dello solfo, del fo-
sforo, del bromo e del jodio in solu-
zione ». 782.
Piccini e Giorgis. « Alcuni nuovi composti
fluorurati del vanadio ». 590.
PiEBPAOLi. «Influenza della temperatura sul
numero delle vibrazioni di un corista ».
714.
PiQORiNi. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria del sac. Morelli
179.
— Riferisce sulla Memoria precedente. 298.
— a Di alcune leghe usate nelle prime età
dei metalli ». 261.
— « Scavi archeologici nel territorio di Si-
bari». 571.
PiNCHERLE. u Sopra certi integrali definiti».
100.
— « Sulle funzioni ipergeometriche ». 694;
792.
PiTTABELLi. « Sullc formo appartenenti al-
» l'ottaedro ». 509.
— tt Intorno alla trasformazione del diffe-
renziale ellittico effettuata per mezzo
della rappresentazione tipica delle forme
binarie di 8^ e 4^ grado ». 708.
voN Rath. Annuncio della sua morte. 566.
Razzaboni. Presenta una sua Nota a stampa
e ne discorre. 883.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Comaglia, 882.
Recklinghaussn. Ringrazia per la sua ele-
zione a Socio straniero. 155.
Rbspighi e Giacomelli. « Osservazioni sul
bordo e sulle protuberanze solari, fatte
airOsservatorio del Campidoglio negli
anni 1884, 1885, 1886 e 1887 ». 99.
Ricci. « Sulla classificazione delle forme
differenziali quadratiche ». 203.
TON Richthofen. Ringrazia per la sua no-
mina a Socio straniero. 55.
Righi. « Sulla conducibilità calorifica del
bismuto posto in un campo magnetico » . 5.
— u Di alcuni nuovi fenomeni elettrici, pro-
vocati dalle radiazioni ». 185; 498; 578;
691.
RoiTi. Fa omaggio della 2* edizione dei
suoi a Elementi di Fisica ». 156.
Rovelli. V. Grassi.
S
Sala. V. Mondino,
Salvioni. « Poteri induttori specifici di al-
cuni olii ». 136.
Scala. V. Nasini,
Sciamanna e Torti. Inviano per esame la
loro Memoria intitolata: « Modificazioni
del polso cerebrale nelle diverse posi-
zioni del soggetto e per Tuso di diversi
farmaci ». 848.
ScHUPFBR. Presenta un' opera del sig. Zde-
kauer, 384.
— Presenta una pubblicazione del prof.
Chiappelli e ne discorre. 601.
— Riferisce sul concorso al premio Reale
per le Scienze giuridiche, pel 1886. 623.
— tt Gli Statuti pistoiesi del secolo XTTT, a
proposito di uno studio di L. Zdekauer ».
256.
Segretario della Classe di scienze mo-
rali. Presenta , perchè sia sottoposta
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— 859 —
ad esame la Memoria del sig. Tolda :
I Fableanz ». 95.
Serafini. Fa parte della Commissione giu-
dicatrice del concorso al premio Beale
per le Scienze giuridiche, pel 1886.
623.
SiLBER. y. Ciamieian,
Strueter. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria dell'ing. La Valle,
764.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice del concorso al premio reale per
la Mineralogia e Geologia, pel 1886.
635.
— Biferisce snlle Memorie: ArtinL 382;
Mavaro, 563; La Valle. 764.
— « Ulteriori osservazioni sui giacimenti
minerali di Val d'Ala in Piemonte. II.
L'idocrasio del banco d'idocrasio nel ser-
pentino della Testa Cìarra al piano delia
Mussa ». 489.
SuMMER Maine. Annuncio della sua morte.
180.
T AB ARRiNi. Biferisce sulla Memoria Cipolla,
600.
Tacchini. Presenta le pubblicazioni del
sig. Brassart. 250; 883.
— Presenta varie Note a stampa del doti
Orablovitz e ne parla. 565.
— « Sui fenomeni della cromosfera solare,
osservati al B. Osservatorio del Collegio
Bomano nel 4® trimestre del 1887 ». 8.
— a Osservazioni di macchie e facole so-
lari fatt« al B. Osservatorio del Collegio
Bomano nel 4® trimestre 1887 ». 4.
— u Sulla distribuzione delle protuberanze
alla superficie del sole durante Tanno
1887 ». 104.
— Suir eclisse di Luna del 28 gennaio
1888 ». 105.
— tt Sulla distribuzione in latitudine delle
eruzioni, macchie e facole solari du-
rante il 1887 ». 184.
— a Sulle osservazioni delle macchie, facole
e protuberanze solari, fatte al B. Osser-
vatorio del Collegio Bomano nel 1* tri-
mestre 1888 ». 808.
— « Osservazioni sulla cometa Sawerthal
fatte da Tacchini e Millosevich ». 309.
— « Sulla distribuzione in latitudine dei
fenomeni solari osservati al B. Osser-
vatorio del Collegio Bomano nel 1* tri-
mestre del 1888 ». 499.
— « Sull'eclisse totale di sole del 19 agosto
1887 osservato in Bussia e nel Giap-
pone ». 500.
— tt Sulle osservazioni magnetiche fatte
eseguire neirUificio centrale di Meteo-
rologia di Boma ». 689.
Taramelli. Fa parte deUa Commissione
esaminatrice della Memoria Àforelli. 250.
— Biferisce sul concorso al premio reale
per la Mineralogia e Geologia, pel 1886.
635.
Taramelli e Mercalli. « Alcuni risultati
di uno studio sul terremoto ligore ».
792.
Terriqi. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Gli Ostracodi Polizoi a Fo-
raminiferi del calcare di Palo (Vulgo
Macco di Palo)». 848.
ToDARO. Fa omaggio di una pubblicazione
del prof. Brunetti e ne parla. 865.
— Presenta, perchè sia sottoposta ad esame,
una Memoria del doti Mingazzini, 764.
— « La branchia delle Salpe ». 782.
ToLDO. Invia per esame la sua Memoria:
tt I Fableauz ». 95.
Tommasi-Crudeli. Offire le pubblicazioni
dei signori Campana e Schiamiizù 883.
— Biferisce sulla Memoria Bonardi e Gè-
rosa. 764.
— a n bacillo della malaria ». 305.
ToMMASiNi. Presenta una pubblicazione del
sig. Bruto Amante e ne discorre. 180.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Cipolla, 600.
— tt Begistro degli Officiali del Comune di'
Boma a tempo di Nicolo V e nel primo
anno di pontificato di Calisto m, scritto
dallo scriba-senato Marco Guidi ». 59.
Traube-Menoarini. tt Bicerche sui gas
contenuti nella vescica natatoria dei
pesci ». 89; 313.
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— 860 —
YiCKNTiNi e Omodsx. a Sullft cUlatuioiie
termica di alcune leghe bmarìe aUo
stato liquido». 718; 805.
YiOLA. Intia per esame la sua Memoria
intitolata: Il principio del minimo la-
voro di deformazione ». 600.
— « Le lamine sottili anisotrope colorate
nella Ince polarizzata parallela ». 19.
Violi. « L^isoterina dei gas». 285; 316;
462; 518.
ViRCHOw. Ringrazia per la sua elezione a
Socio straniero. 250.
Volterra. « Sopra una estensione dell&
teoria di Biemann sulle fnnsioni di va-
riabili complesse». 107; 196.
W
WsBBR. Ringrazia per la sua nomina a Socio
stnmiero. 55.
Z
Zatti. V. Ciamician.
ZxuNER. Ringrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55.
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— 861 —
INDICE PER MATERIE
Archeologia. Di una epigrafe onoraria a
L. Inlio luliano, prefetto del pretorio e
prefetto deII*Annona, al tempo di Com-
modo. F, Bamabei, 70.
— tt Di una iscrizione latina arcaica del
console Servio Fnlrio Fiacco, scoperta
in S. Angelo in Formis presso Capua.
Id. 276.
— Notizie salle scoperte dì antichità. G.Fio-
relli, 1887: dicembre, 64; 1888: gennaio,
159; febbraio, 258; marzo, 885; aprile,
569; maggio, 767.
— Sopra on^antica tazza di Lncio Canoleio.
F, Oamurrini. 404.
— Sn di una figura arcaica di guerriero,
in bronzo, trovata nel santuario di Ascle-
pio ad Epidauro. W. Helbig. 59.
— Su di una figurina in bronzo rappresen-
tante un Sileno. Id. 166.
— Notice sur une vue de Rome et sur un
pian du Forum à la fin du XV* siècle,
d'après un recueil conserve à TEscurial.
E, Muntz. 71.
— Scavi archeologici nel territorio di Si-
bari. L, Pigorini. 571.
Astronomia. Relazione sulle esperienze isti-
tuite nel R. Oservatorio di Padova in
agosto 1885 e febbraio 1886, per deter-
minare la lunghezza del pendolo sem-
plice a secondi, preceduta dalla esposi-
zione dei principi del metodo dello stru-
mento di Repsold. G. Lorenzoni. 83.
— Osservazioni sul bordo e sulle protube-
ranze solari, fatte ali* Osservatorio del
Campidoglio negli anni 1884, 1885, 1886
e 1887. L, Respigki e Oiacomelli, 99.
- Sui fenomeni della cromosfera solare,
osservati al R. Osservatorio del Collegio
Romano nel 4« trimestre del 1887. P. Tac-
chini. 8.
- Osservazioni di macchie e facole solari
fatte al R. Osservatorio al Collegio Ro-
mano nel 4^ trimestre 1887. Id. 4.
- Sulla distribuzione delle protuberanze
alla superficie del sole durante Tanno
1887. /rf. 104.
- Sull^eclisse di luna del 28 gennaio 1888.*
Jd, 105.
- Sulla distribuzione in latitudine delle
eruzioni, macchie e facole solari durante
il 1887. Id. 184.
- Sulle osservazioni delle macchie, facole,
e protuberanze solari, fatte al R. Osser-
vatorio del Collegio Romano, nel 1^ tri-
mestre 1888. Id. 308.
- Osservazioni sulla cometa Sawerthal
fatte da Tacchini e Millosevich. Id. 309.
- Sulla distribuzione in latitudine dei fe-
nomeni solari osservati al R. Osserva-
torio del Collegio Romano nel 1» tri-
mestre del 1888. Id. 499.
■ Suireclisse totale di sole del 19 agosto
1887, osservato in Russia e nel Giappone.
Id. 500.
■ Osservazioni del pianetino (264) Libussa.
B. Millosevich. 106.
• Osservazione del pianeta (275) e della
cometa Sawerthal. Id. 504.
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— 862 —
Astronomia. Elementi ellìttici di (264)
Libassa in base a due opposizioni
(1886-87 e 1888). Id, 505.
Astronomia pisica. Le protuberanze solari
nei loro rapporti colle variazioni del ma-
gnete di declinazione diurna. P, M. Oa-
ribaldi, 27.
B
Bacteriologia. n bacillo della malaria.
C. Tommasi'CrudelL 305.
Bibliografia. Cenno bibliografico sulVopera
del prof. Benzeni : u Dottrina deiressere
nel sistema Rosminiano ». Z. Ferri, 769.
— Di un manoscritto di Rime del secolo
XVI, recentemente acquistato dalla Bi-
blioteca Angelica. E, NarduccL 265.
Biologia. La branchia delle Salpe. F. T(h
darò. 782.
Botanica. Pugillo di alghe tripolitane. 0,B.
De Toni e /). Levi. 240.
Chimica. Sul peso molecolare degli acidi
citraconico, itaconico e mesaconico, e
degli acidi fumarico e maleieo. E. Par
temo e R, Nasini. 685.
— n peso molecolare dello solfo, del fo-
sforo, del bromo e dèi jodio in solu-
zione. Id. 782.
— Sopra alcuni derivati della pirrolenfla-
. lide. F. Anderlini. 560.
— Coniribnzione allo studio del cromato ba-
sico di rame. L. Balbiano. 597.
— Sintesi di acidi metilindolcarbonici.
G. Ciamician e G. Magnanini. 144.
— SuUa formazione dei due tetrabromurì
di pirrolilene. Id, 227.
— Sugli acidi carbossilici degli acidi c-me-
tiHndoli. Id, 741.
— Ricerche suU'Apiolo. G. Ciamician e
P. Silber, 146; 541; 550; 824.
— Sugli acidi carbossilici deirindolo. G, Cior
mician e C Zatti, 746.
— Sopra un acido solfoisovalerianico. G, De
Varda. 359.
— Studi sui pirroli terziari. Id, 755.
Chimica. Sui derivati acetilici del Metil-
chetolo e dello Scatole. G. Magnanini.
362.
— Azione deiranidrìde acetica sull^acido
levulinico. Id. 477.
— Sulla trasformazione del metilchetolo in
chinaldina. Id. 556.
— Sopra alcuni derivati del dimetilpirrolo^
assimmetrico. Id. 828.
— Ricerche chimiche sulle capsule surre*
nali. F. MarinO'Zuco, 835.
— Ricerche chimiche sulla germinazione del
Phaseolus vulgaris. A. Menoszi,
149.
— Sulle solfine e sulla diversità delle valenze
dello zolfo. R. Nasini e A. Scala, 232.
— Alcuni nuovi composti fluorurati del va-
nadio. A, Piccini e G, Giorgis, 590.
Chimica mineralogica. Sulla composizione
chimica e mineralogica delle rocce ser-
pentinose del colle di Cassimoreno e del
Monte Ragola (Valle del Nure). C. Mon-
temartini. 369.
Chimica tossicologica. Ricerche sperimen-
tali sull'azione tossica deirestratto ac-
quoso delle capsule surrenali. G. Guar-
nieri © F. Marino-Zuco. 842.
Concorsi a premi. Relazione sul con-
corso al premio reale per le Sciente
giuridichey]^e\ 1886. 623.
— Id. al premio reale per la Mineralogia
e Geologia, pel 1886. 635.
— Id. ai premi ministeriali per le «Srt^n^^
filologiche. 647.
— Id. ai premi ministeriali per le Scienze
fisiche e chimiche, pel 1886-87. 650.
— Elenco dei lavori presentati per concor-
rere ai premi reali del 1887 , per la
Matematica e la Chimica, 54.
— Id. dei lavori presentati per concorrere
al premio reale del 1887, per le Scienze
filosofiche e mirali, 96.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della Pubblica istru-
zione per le Scienze matematiche, 1887,
1888. 566.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della Pubblica istru-
zione per le Scienze storiche e filolo-
giche, 1887-88. 651.
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— 863 —
Concorsi a premi. Annuncio di nn co-
ncorso a premio istitaito dalla Società
italiana di elettricità. 156 ; id. dalla B.
Accademia delle scienze fisiche e mate-
matiche di Napoli. 251 ; di assegni per
istndi di perfezionamento air estero.
299 ; programma pel premio Hoeufit, pel
1889.482; programma per i premi isti-
tuiti dair Associazione di proprietari ed
agricoltori di Napoli. 568.
Cristallografia. Criteil per stabilire una
classificazione naturale dei cristalli.
C, Marangoni, 215.
£
Elezioni del Presidente, del Vicepresi-
dente, deir Amministratore e dell' Ammi-
nistratore aggiunto. 765.
Etnografia. Collezione etnografica della
Nuova Caledonia, esistente nel Museo
preistorico di Roma. G. A. Colinu 74.
— Ornamenti personali dei Melanesi, esi-
stenti nel Museo preistorico di Roma.
Id. 173.
— Collezione etnografica delle isole del-
TAmmiragliato esistente nel Museo prei-
storico di Roma. Id* 774.
Filosofia. V. Bibliografia.
Filologìa. I canti epici della Finlandia.
D. Comparetti. 618.
— Frammenti Copti. / Guidi. 60.
— La tradazione degli Evangeli in arabo
ed in etiopico (geez). Id. 256.
— Per la Ponistoria protaria. F. G. Fumi.
173; 406.
— Di un aneddoto del ciclo Arturiano (Re
Artù ed il gatto di Losanna). F. Novali,
580.
Fisica. Dei colorì latinti o invisibili dei
corpi. G. Govi. 572.
— Nuovo metodo per costruire e calcolare
il luogo, la situazione e la grandezza
delle imagini date dalle lenti o dai si-
stemi ottici complessi. Id. 655.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1« Sem.
Fisica. Sulla conducibilità calorìfica del
bismuto posto in un ' campo magnetico.
A. Righi. 5.
— Di alcuni nuovi fenomeni elettrìci, pro-
vocati dalle radiazioni. Id, 185; 498;
578; 691.
— Sopra i coefficienti termici dei magneti.
A. Cancani. 334.
— Nuovo metodo per la determinazione
delle due costanti di elasticità. M, Can-
tone. 220; 292.
— Ricerche intomo alle deformazioni dei
condensatori. Id. 344; 471.
— Sui sistemi di frangio d'interferenza pro-
dotte da una sorgente di luce a due co-
lori. Id. 815.
— Sulla scarica elettrica nelFarìa forte-
mente rìscaldata. P. Cardani. 44.
— Sull'influenza delle forze elastiche nelle
vibrazioni trasversali delle corde. Id. 524;
706; 818.
— Sulla velocità del suono nelle leghe.
G. G. Gerosa. 127.
— Sulla velocità del suono nei vapori. G. G.
Gerosa ed E. Mai. 728; 800.
— Sulle modificazioni prodotte dal magne-
tismo sul bismuto. G. P. Grimaldi. 353.
— Sopra una relazione fra il potere ter-
moelettrico delle coppie bismuto-rame
e la loro sensibilità rispetto all'azione
del magnetismo. Id. 132.
— Ricerche intomo alla magnetizzazione
del ferro. F. Magrini. 734.
— Scarica elettrica attraverso i minerali.
C. Marangoni. 124.
— n problema delle attrazioni e ripulsioni
capillari. Id. 339.
— Movimenti delle polveri alla superficie
dell'acqua. Id. 520.
— Infiuenza della temperatura sul numero
delle vibrazioni di un corista. N. Pier-
paoli. 714.
— Poteri induttori specifici di alcuni olii.
E. Salvioni. 136.
— Sulla dilatazione termica di alcune leghe
binarie allo stato liquido. G. Vicentini e
D. Omodei. 718; 805.
— L'isoterma dei gas. A. Violi. 285 ; 316;
462 ; 513.
Fisica terrestre. Sull'impianto del ser-
112
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— 864 —
vizio geodinamico in Italia. P. Blasema,
Ili.
— Salle osservazioni magnetiche fatte ese-
goire dall*Ufficio centrale di Meteoro-
logia di Roma. P. Tacchini. 689.
— Alcuni risaltati di ano stadio sul terre-
moto ligure. T. Taramelli e G. Mer-
calli. 792.
— Il terremoto nel Vallo Cosentino del 3
decembre 1887. 0. Agamennone. 532.
— Risaltati intorno alle osservazioni idro-
termiche eseguite al Porto d'Ischia nel
1887. G. Grablovitz. 177.
— Sunto del metodo per determinare le
costanti della marea lunare con una o
due singole osservazioni al giorno. Id.
584.
— Contributo allo studio delle rocce ma-
gnetiche dei dintorni di Roma. F. Keller.
88; 325.
— Il terremoto di Firenze del 14 novem- -
bre 1887. C. Marangoni. 31.
Fisiologia. La frequenza cardiaca negli ani-
mali a sangue freddo. A Moriggia. 661.
— Applicazioni del verde metile per cono-
scere la reazione chimica e la morte
delle cellule. A Mosso. 419.
— Esame critico dei metodi adoperati per
studiare i corpuscoli del sangue. Id. 427.
— Il sangue nello stato embrionale e la
mancanza dei leucociti. Id. 434.
— n sangue embrionale diScyllum ca-
tulus. Id. 489.
— Un veleno che si trova nel sangue dei
murenidi. Id. 665.
— Azione fisiologica del veleno che si trova
nel sangue dei murenidi. Id. 673.
— Studi sulla fina struttura delle capsule
soprarenali. G. Magini e G. Guamie-
ri. 844.
— Studi sul sangue. La produzione delle
piastrine nel sangue dei vertebrati ovi-
pari. C. Mondino e L. Sala. Z77.
" La produzione delle piastrine e Tevolu-
zione delle emazia nel sangue dei verte-
brati vivipari. C. Mondino. 378.
— Ricerche sui gas contenuti nella vescica
natatoria dei pesci. M. Traube-Menga-
Tini. 89; 313.
G
Giurisprudenza. Gli Statati pistoiesi del
secolo Xm, a proposito di uno stadio
di L. Zdekauer. F. Sckupfer. 256.
loROMKTRi A. Effemeridi e statistica del fiame
Tevere prima e dopo la conflaenza del-
TAjiiene, e dello stesso flame Aniene
durante Tanno 1887. A. Betocchi. 782.
Invito del Rettore dell* Università di Bo-
logna per la celebrazione àeìVS^ cente-
nario di quella Università. 56.
— Id. del Sindaco di Roma per assistere alla
^ inaugurazione dei busti di Borghesi ed
ffenzen. 97.
— Id.deirAccademia antropologica di Nuo-
va York. 180 ; 299 ; id. pel Congresso geo-
logico intemazionale di Londra, e pel
Congresso di Chirurgia di Parigi. 251;
id. della Società delle scienze di Fin-
landia. 884.
N
Matematica. Sulle superficie d*area mi-
nima negli spazi a curvatura costante.
L. Bianchi. 4.
— Sulla equazione a derivate parziali del
Cayley nella teoria delle superficie. Id.
442.
— Sopra una classe di trasformazioni in
sé medesima della equazione a deri-
Tate. parziali: (I) .' ^^ +p7^q.y
= cost. Id. 445.
1
— Osservazioni sulla comunicazione del
dott. ff. Maschke, relativa alla risolu-
zione della equibione del sesto grado.
F. Brioschi. 181,
— La forma normale delle equazioni del
sesto grado. Id. 301 ; 485.
— Sopra alcani invarianti simultanei di
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— 865
dae forme binarie degli ordini 5 e 4, e
sol risultante di esse. E. D'Ovidio. 100.
— Sopra certi integrali definiti. S, Pin-
cherle. 100.
— Sulle funzioni ipergeometriche genera-
lizzate. Id, 694; 792.
— Sui concetti di limite e di continuità.
R Ceedro. 12.
— Formole relative al moto di un punto.
Jd, 18.
— Sur la comparaison des séries dirergen-
tes. Id. 115.
— Sur les lois asymptotiques des nombres.
Id, 462.
— Sur les systèmes de nombres entiers.
Id. 457.
— La risoluzione della equazione del sesto
grado, ff. Maschke. 181.
— Su le trasformazioni involutorie dello
spazio che determinano un complesso
lineare di rette. D. Montesano. 207;
277.
— Sulle reciprocità birazionali nulle dello
spazio. Id. 588.
— Una nuova applicazione della teoria
delle funzioni ellittiche alla meccanica.
E. Padova, 507.
— Sul movimento di rotazione che prende
nel vuoto od in un fluido incompres-
sibile un corpo soggetto a forze di po-
tenziale Hi cos» 6 -}- H« cos é. B, Pala-
dini, 187.
— Sopra un teorema fondamentale nella
teoria del calcolo simbolico delle forme
ennarie. E. Pascal. 119.
— Sulle forme appartenenti all'ottaedro.
G, Pittarelli. 509.
— Intorno alla trasformazione del differen-
ziale ellittico effettuata per mezzo della
rappresentazione tipica delle forme bi-
narie di 30 e 4** grado. Id. 703.
— Sulla classificazione delle forme diffe-
renziali quadratiche. G, Ricci, 203.
— Sopra una estensione della teoria di
Biemann sulle funzioni di variabili
complesse. V. Volterra, 107; 196.
— V. Meccanica,
Meccanica. Sulla deformazione di un corpo
elastico isotropo per alcune speciali
condizioni ai limiti. V, Cerruti, 785.
Meccanica. Intorno ad un recente studio
sulla gravità. G. B, Favero. 310.
Micrografia. Fotografia istantanea dei
preparati microscopici. S. Capranica.
297.
Mineralogia. Sulla così detta Savite di
Montecatini. A, Cossa, 99.
— Ulteriori osservazioni sui giacimenti mi-
nerali di Val d* Ala in Piemonte.
II. L'idocrasio del banco d'idocrasio
nel serpentino della Testa Ciarva al
piano della Mussa. G, Strùver. 489.
— Sulla così detta Savite di Montecatini.
E, Artini. 51.
— Alcune nuove osservazioni sulle zooliti
di Montecchio Maggiore. Id. 536.
— Sopra gli sferoidi di Ghistorrai presso
Fonni in Sardegna. D. Lovisato. 355.
N
Necrologie. Annunzio della morte del
Soci: Carrara, 96; Summer Maine.
180; von Rath.bGQ.
0
Ottica matematica. Le lamine sottili ani-
sotrope colorate nella luce polarizzata
parallela. C. Viola. 19.
Scienze sociali. Un socialista Cinese dei
V secolo av. C: Mih-Teih. S. Cognetti
de Martiis. 166.
Storia. Registro degli Of&ciali del Comune
di Roma a tempo di Nicolò V e nel
primo anno di pontificato di Calisto III
scritto dallo scriba-senato Marco Guidi.
0. Tommasini. 59.
— Censimento della popolazione di Roma
dal 1686 al 1715. E, Narducci, 771.
Storia letteraria. Piero Strozzi fioren-
tino e la Metafrasi greca dei Com-
mentarii di Giulio Cesare. G. Lum-
broso. 166.
— L'Itinerarium del Petrarca, /rf. 390.
Storia religiosa. Les premiers chrétiens
et le démon. E. Le Blant. 59.
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— 866 —
Psicologia. H fenomeno della ricordanza
ìllnsorìa. F. Bonatelli. 161.
Paletnologia. Di alcune leghe asate nelle
prime età nei metalli. L. Pigorini,
261.
Patologia. La Bilharzia in Sicilia.
B, Grassi e G. Rovelli, 799.
Piefirhi suggellati. Apertura di un
piego suggellato del Socio De Paolis.
568.
Z
Zoologia. Morfologia e sistematica di al-
cuni protozoi parassiti. E, Grassi, 5.
— Significato patologico dei protozoi paras-
siti dell*uomo. Id. 88.
— Intorno allo sviluppo dei Cestodi. B,
Grassi e G. Rovelli. 700.
ERRATA-CORRIGE
Pag. 13 lin. 12 invece di m
16
266
n 19 la formula A^
lim
leggasi Wt
devesi corr. A =
lini .
37 invece di a, e et g leggasi a ad i
38 n lib.2.Ven.l565.
f.l8t'et21*.
276 n 12
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* Susomione ' (7)
et 'Tardo '(22),
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radici
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-ère
» « 28 »
inerenza i
425 n lOaf. n
e, Na CI.
Yen. 1565, lib. 1, f. 36 sqq. et lib. 2,
f. 18»> et 21».
latent
et * Tardo ' (22), eodem servato ordine,
sunt Figli UCCI US Figli ucci, episc.
Clusin., M. Ant. Cinuzzi, Jo. Bapt.
Vignali, et eq. Fortunius Mar-
tini. ' Susomione ' (7) qnerendus.
maschile-neutro
diradici
vi
ere
inerenza i u
e 1,0 Na CI.
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REALE ACCADEMIA DEI LINCEI
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
[L'asterisco * indios l libri e 1 periodici rìcernti in dono dagli autori o dagli editori;
il segno -f- le pubblicazioni che si ricevono in cambio].
Pubblìcazioiii non periodiche
pervenute all^Accademia nel mese di dicembre 1887.
Pubblicazioni noiionali.
* Alvino F. — l calendari Fase. 23-28. Firenze, 1887. 8^.
^Bibbia (La) volgare secondo la rara edizione del I di ottobre MGCGGLXXI
ristampata per cura di C. Negroni. Voi. X. Bologna, 1887. 8*.
^Bilanci comunali per l'anno 1885. Roma, 1887. 4®.
*Boccardo E. C. — Trattato elementare completo di geometria pratica. Disp. 19.
Torino, 1887. 4^
*Bombicci Z. — SuUa costituzione fisica del globo terrestre, sull'origine della
sua crosta litoide, sulle cause dei moti sismici che più frequentemente vi
avvengono. Bologna, 1887. 4^
*Id. — Sulle ipotesi dell'azione e selezione magnetica del globo terrestre,
sulle materie cosmische interplanetarie contenenti ferro. Bologna, 1887. 4".
*Bortolotti P. — Il march. Giuseppe Campori e la Deputazione modenese di
storia patria. Modena, 1887. 8<^.
* Calvi F. — La filosofia contemporanea e le lezioni di Ausonio Franchi. Mi-
lano, 1887. 8^
*Capa$so B. — Novella di Ruggiero re di Sicilia e di Puglia. Napoli, 1867. 4®.
*/d. — Sulla storia estema delle costituzioni del regno di Sicilia promulgate
da Federico II. Napoli, 1869. 4\
*Id. — Monumenta ad Neapolitani Ducatus historìam pertinentia. Yol. I, II.
Neapoli, 1871. 4\
"^Id. — Historìa diplomatica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266.
NapoU, 1874. 4^.
*Id. — SuUa circoscrizione civile ed ecclesiastica e sulla popolazione della città
di Napoli dalla fine del secolo XIII fino al 1809. Napoli, 1883. A\
Bollettino Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1® Sem. 1
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— II —
"* Cherubini G. — Statuto municipale della città di Atri. Atri, 1887. 4^
*Fae G. — Influenza del magnetismo sulla resistenza elettrica dei conduttori
solidi. Venezia, 1887. 8*>.
*Goiran A. — Appendice e note al Catalogo dei terremoti veronesi. Verona,
1887. 8^
*Guignet F, — Della cheratoscopia. Trad. di M. Neuschùler. Firenze, 1888. 8®.
^Indici e cataloghi. IV. I codici palatini della Biblioteca nazionale di Firenze.
Voi. 1, 6. — V. Manoscritti italiani delle Biblioteche di Francia. VoL II.
Roma, 1887. 8^
*Labtis C. — Per agevolare Tasportazione dei polipi mucosi nasali. Milano,
1887. 8^
* Lampertico F. — Discorsi pronunziati in Senato nelle tornate 22 e 23 no-
vembre 1887. Roma, 1887. 8^
*Levasseur F. — Statistique de la superficie et de la population des contrées
de la terre. Rome, 1887. 4*.
*Levi S. — Vocabolario geroglifico copto ebraico. Voi. V. Torino, 1887. 4®.
* Livellazione del fiume Po da Moncalieri al mare. Atlante. Firenze, 1887.
* Macchiati L. — Preparazione della clorofilla e delle altre sostanze coloranti
che Taccompagnano. Milano, 1887. 8*.
"* Morselli E. — L'ordinamento didattico nelle iSicoltà filosofiche ed il Congresso
universitario di Milano. Milano, 1887. 8<*.
* Paoli B. — Del matrimonio rispetto ai beni. Firenze, 1887. 8**.
*Pasqtudigo G. — Il volgarizzamento delle vite dei Santi Padri non è di Do-
menico Cavalca. Firenze, 1887. 8*.
*Pavan A. — Ghirlanda di semprevivi intrecciata sulla tomba della nobil donnea
Carla Parodi-Giovio Pavan. Treviso, 1887. 8^.
* Per indoli C. — Legge dei satelliti. Scoperta delle orbite di essi ecc. Milano,
1888.
* Pezzi D, — La lingua greca antica. Breve trattazione comparativa e storica.
Torino, 1888. 8^
spinelli G. — Dell'accentuazione della lingua italiana. Napoli, 1887. 8**.
^Biccò A. — Osservazioni e studi dei crepuscoli rosei 1883-86. Roma,
1887. 40.
* Scacchi A. — La r^one vulcanica fluorifera della Campania. Napoli, 1887. 4*.
* Simone S. — Nerba e Ad Veneris ossia Conversano e Castiglione. Trani,
1887, 8^
* Statistica delle cause di morte. Anno 1885. Roma. 1887. 4^
^Statistica giudiziaria penale per Tanno 1885. Roma, 1887. 4^.
* Tauro G> — Scienza e pedagc^a. Lingua e suo contenuto nella scuola ele^-
montare. Bari, 1887. 8*.
*Ursini-Seuderi S. — Il fattore personale della specie umana, proposto a
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— Ili —
nuovo organo dello discipline filosofico-giuridico-sociali secondo il comun
consenso degli scienziati. Voi. I, IL Catania, 1887. 8^.
"* ZanoUi'Bianco 0. — La luna, sua costituzione e sua influenza neUe vicende
atmosferiche. Torino, 1887. 8^
Puiblicazioni estere.
^ Adler G. — Die Man'sche Wertlehre und ihre Consequenzen fur die Kritik
der kapitalìstischen Produktionsweise. Tùbingen, 1886. S^,
^Allgayer A. — Ueber Central Epithelialgeschwulste des Unterkiefers. Tù-
bingen, 1886. 8^
^Alt //. — Ueber Chinolinderivate aus metasubstituierten Aminen und eine
achte Chinolincarbonsfture. Hamburg, 1886. 8®.
* Anecdota Oxoniensia. Semitic series. Voi. I, part IV. {Neubauer. Mediaeval
jewish ohronicles and chronolc^cal notes). Oxford, 1887. 4°.
"^ Bauernfeind C. M. — Gedftchtnissrede auf Joseph von Fraunhofer zur Feier
seines hundertsten Geburtst^. Mùnchen, 1887. 4®.
^Baumann G. — Beitrag zur Eenntniss der Gliome und Neurogliome. Tùbingen,
1887. 8^
^ Bay ha H. — Ueber Lupuscarcinom. Tùbingen, 1887. 8*^.
^Beck M, — Ueber «inen Fall von antoischer Erweichung des Rùchenmarks.
Tùbingen, 1887. 8«.
^Behla G. — Ueber die Einwirkung von Phosgen auf Anthracen. Freiburg,
1887. 8o.
^Berberich Th. — Ueber Einwirkung von Salpetriger Saure auf Ortho-diftthyl-
amidophenol. Freiburg, 1887. 8*.
^Binder A. — J^eber die Lage der Leprabacillen in den Geweben. Tùbingen,
1887. 8\
^Binnecker F. — Ueber verschiedene Metallsalze als SauerstoffubertrSger an
schweflige Sfture. Wetzlar, 1887. 8^
^Biographie nationale publiée par TAcadémie r. des sciences, des lettres et des
beaux arts de Belgique. T. Vili 3; IX 1, 2. Bruxelles, 1885-87. 8\
^Blunt n. W. — The Causes of the Decline of the Boman Commonwealth.
Oxford, 1887. 8^
^BonMffer 0. — Zur Kenntniss des Diphenylhamstoffchlorids. Stuttgart,
1887. 8^
"^Bomemann F. — Beitrige zur Kenntniss der Lemaneaceen. Berlin, 1887. 8°.
^Breitkopf Ji. — Die Punktion und ihre Bedeutung fùr die ftrztliche Praxis
in diagnosti'schen und therapeutischen Beziehung. Wùrzburg, 1887. 8^.
*5nVo G. de — Elogio historico do Conselheiro Antonio Augusto D'Aguiar.
Lisboa, 1887. 8^
^Bueb /. — Beitrftge zur Kenntniss der gechlorten Naphtaline. Freiburg,
1887. 8*».
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— IV —
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1886. 80.
^Bùttner F. — Perforation des Oesophagus dnrch einen yerschlnckten Enochen-
splitter mit nachfolgender septischer Infektion. Stuttgart, 1886. 8**.
^Gatalogue des livres de la bibliothèque de rAcadémie royale de Belgique.
Parties 1-3. Bruxelles, 1881-87. 8^.
*Catalogue of Transactions of Societies, Periodicals and Memoirs in the reading
Boom of the Badcliflfe Library at the Oxford Museum. 4*** ed. Oxford,
1887. 80.
**■ Claussen 0. — BeitrSge zur Kenntniss aromatischer Methylketone. Freiburg,
1887. S\
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Genève, 1878. 8^.
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^Eylmann E. — Beitrag zur Systematik der Europaischen Daphniden. Freiburg,
1886. 8V
^Fahrion W. — Beitrftge zur Kenntniss des Carvacrols und Carvols. Freiburg,
1887. 80.
^Feist P. E. — Ueber a-Naphtylmethylketon. Freiburg, 1887. 8o.
^Felsberg 0. — BeitrSge zur Geschichte des BOmerzuges H^richs VII. —
I. Innere- und Finanzpolitik Heinrichs VII in Italien. Coburg, 1886. 8".
^Finckh A. — Ueber die Endresultate der Castration bei Hodentuberkulose.
Tubingen, 1886. 8o.
"^Fink K. — Ueber windschiefe Flachen im allgemeinen und insbesondere uber
solche sechster Grades. Tubingen, 1887. 8^
^Fischer E. — Beitrag zur Kenntniss der Antinomykotischer Herde im Gehime
und seinon Hàuten. Tubingen, 1887. 8o.
^Fischer M. — Beitrag zur Lehre von der Misohinfektion. Tubingen, 1887. 8o.
*Fonr H. — Contributions à l'étude du système crétacé de la Belgique. II. IH.
Liège, 1887. 8o.
^Gadebtisch G. — Beitràge zur Kenntniss des Chinolins. Freiburg, 1886. 8o.
* Gàrtner L. — Ueber Methyl-wj-Xylylketon. Frìaiburg, 1886. 8o.
^ Gaupp /. — Casuistische Beitràge zur pathologischen Anatomie des Bùcken-
marks und seiner Hftute. Tubingen, 1887. 8o
+ Gayler /. — Zur Histologie der Schrumpfniere nach chronischer Bleivergiftung.
Tubingen, 1887. 8o.
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giftung. Jena, 1887. 8^
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1887. 40.
"^ Gdjg W. — Ueber ausgedehnte Resection des Schftdelknochen nnd das Bege-
nerationsvermOgen derselben. Tùbingen, 1887. S^.
^Greinert M. — Beìtrftge zur Kenntniss der morphologischen und anatomi-
8chen Yerh<nisse der Loasaceen, mit besonderer Berùcksicbtigung der
Behaarung. Freiburg, 1886. 8^
^ Qronow W. — Ueber Dinitro-w-iylolsulfonsfture und einige ihre Derivate.
Stiralsund, 1887. 8^
^ Gross A. -^ Darstellung des Bechtsmittelsystems des gegenw&rtigen deuir
schen Strasprozesses in seinen Grundzl^en. Leipzig, 1887. 8^.
"^ Gubkin /. — Einige Messungen von Eiektromotorischen Kraften gasfreier und
mit Wasserstoff gesatligter Elemente. Freiburg, 1886. 8**.
^Hùller S, — Beitrage zur Kenntniss des Pseudocumidins. Berlin, 1886. 8®,
'^Hassack C. — Untersuchungen ùber den anatomischen Bau bunter Laubblatter
ec. Cassel, 1886. 8*>.
'^Eassenstein W, — Indicationen zur Therapie des Ulcus Cruris chronicum.
Lyck, 1886. 8«.
^ Heimburger K. — Grammatische Darstellung der Mundart des Dorfes Otten-
heim. Lautlehre. Halle, 1887. 8^
' Heise A. — Ueber Schilddrùsentumoren im Innern des Kehlkopfes und der
Luftròhre. Tùbingen, 1887. 8«
^ Ber de J. — Ueber die Pbosphorsaure im schwabischen .Tura und die Bildung
der phospàorsàurereichen Geoden Knollen und Steinkeme. Kiel, 1887. 8®.
^Hirschland S. — Ein Fall von latenter Phtise. Freiburg, 1887. 8^
^Hirzel H. — Beitrage zur Kenntniss der Alkylaniline. Freiburg, 1886. 8*>.
^Hdlscher A. — Ueber einen Fall von Darmverschluss durch perforirten Gal-
lenstein. Freiburg, 1887. 8\
*Uublin L. — Entretien sur la gymnaistique. Le Mans, 1888. 8°.
*/d. — La place de la république au Mans. Le Mans, 1887. 8®.
*Id. — Le Mans pittoresque. Le Mans, 1884. 8*».
*Id, — Notice sur le tbéatre et sur les anciennes salles de spectacle du Mans.
Le Mans, 1885. 8^
*Id, — Modifications apportées à la salle de spectacle en 1886. Le Mans, s. d. 8^
*/<i. — Promenade dans la vallèe de Saint-Blaise. Notes historiques et archéo-
logiques. Le Mans, 1888. 8*.
*Id. — Quelques mots sur les plans du Mans. Le Mans, 1879. 8®.
^Junker /. — Die Verallgemeinerung der Hermiteschen Transformation im Zu-
sammenhang mit der Invarianten theoretischen Beduktion der Gleichun-
gen, KOln, 1887. 4«.
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— TI —
*Kanit2 A, — Sulla coltiyazione delle scienze, specialmente della botanica»
Kolozsvart, 1887. 8**.
*/d. — Systematis vegetabilium janua. Kolozsrart, 1887. 8*>,
^Kappes M. — Die Aristotelische Lehre ueber Begriff und Ursache der xivr^cig.
Bina Naturphilosophische Stadie. Bonn, 1887. 4^
^Kehrer G. — Beitrage zur Kenntniss des Garpos und Tarsus der Amphibien,
Beptilien nnd Sauger. Freiburg, 1887. 8^.
^ Klein /. — Ueber die Anwendbarkeit des Diotliiokarbamins&uren Ammons in
der Analyse. Hamburg, 1887. 8^.
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^Id. — Becherches sur la réduction du niobium et du tantalo. Genève,
1868. ò\
"^Id. — Sur la chaleur latente de volatilisation du sei ammoniac et de quel-
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*Id. — De Vinfluence de l'eau sur les doubles décompositions salines et sur
les effects thermiques qui les accompagnent. Genève, 1869. 8^.
*Id. — Becherches sur les chaleurs spécifiques, les densités et les dilatations
de quelques dissolutions. Genève, 1870. 8"*.
*Id. — Notices chimiques et cristallografiques sur quelques sels de glucine et
des metani de la cérite. Genève, 1878. 8^
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ses dissolutions. Genève, 1878. 8**.
*Id. — Becherches sur la diffusion simultanee de quelques sels. Genève,
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*Id. — Sur les chaleurs spécifiques des solutions salines. Genève, 1876. 8®.
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*Id. — Sur les terres d« la gadolinite. Genève, 1878. 8^.
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1878. S\
*Id. — Sur les terres de la samarkfiite. Genève, 1880. 8^.
*Id. — Yérification de quelques poids atòmiques. V Mém. Bismuth, manga-
nése. 2* Mém. Zinc, mapesium. Genove, 1888. 8^.
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Pnbblicazioiii periodiche
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Genova, 1886.
m. Salvadori. Elenco degli nccellì italiani. — IV. Lataste, Sur le système dentaire
da genre Daman. — Jacohy. Descrìptions of new Genera and Species of Phytophagoos
Coleoptera from the Indo-Malayan and Anstro-Malayan snb-regionSi contained in the Genoa
Ciyic Mnseum. Third Part. — Id, Descrìptions of some nndescribed species of Phytopha-
gons Coleoptera from Àbyssinia, contained in the Genoa Civic Museum. — Tappatone-
Cariefri, Fauna malacologica della Nuova Guinea e delle isole adiacenti. Parte I. Mollu-
schi estramarìni. Supplemento I. — Thomas e Boria. Note intomo ad alcuni Chirotterì
appartenenti al Museo civico di Genova e descrizione di due nuove specie del genere
Phyllorhina. — Thomas. Diagnosis of new species of Phascologale. — Emery,,
Catalogo delle formiche esistenti nelle collezioni del Museo civico di Genova. Parte m.
Formiche della regione indo-malese e delF Australia. I.^Camponotidae e Dolichode-
ridae . — Lataste, Observations sur quelques espèces du genre Campagnol (Micro tus
Schranck, Arvicola Lacépède). -— Parona. Elmintologia sarda. — i)(9rta. Res Ligusticae.
I. I Chirotterì trovati finora in Liguria. — Parona, Nota sulla Collerabole e sui Tisanuri. —
Id, Res Ligusticae. II. Venni parassiti in animali della Liguria. — Thomas. On the spe-
cimens of Phascologale in the Museo Civico, Genoa, with notes on the allied species
of the genus. — Boulenger. Description of a newFrogof the genus Me galop hrys.—
Salvadori. Catalogo delle collezioni ornitologiche fatte presso Siboga in Sumatra, e nel-
risola Nias dal sig. Elio Modigliani. — Dobson. Description of new species of Soricidae
in the coUection of the Genoa Civic Museum. — Salvadori. Viaggio di L. Fea in Bir-
mania e regioni vicine. I. Uccelli raccolti nella Birmania superiore (1885-1886). — Bou-
Unger, An account of te Scincoid Lizards coUected in Burma, for the Genoa Civic Museum,
by Messrs. G. B. Comotto and L. Fea. — Lataste. Description dHine nouvelle espèce de
Chiroptère d'Ègypte. — Boria. Nota intomo alla distribuzione geografica del Chiropo-
domys penicillatus, Peters. — Régimhart. Dytiscidae et Gyrinidae coUectés dans le
rouyame de Scioa (Abyssinie), par M. le doti Ragazzi en 1885.
^^ Annali di chimica e di farmacologia. N. 5. Milano, 1887.
Sacchi. Sulla peptonuria. — Pollacci. Altri due metodi per la ricerca delle cosi dette
vinoline. — Capparelli, Sulle ptomaine del cholera. — Canio, H borato di soda nella cura
della tubercolosi polmonale.
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— XI —
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Fambri, Pietro Siciliani. — Brentari. Venezia e i suoi monti. — Gotettù Stefano
Penoglio. — PietTogrande, La sitala Benvenuti del Museo d'Este. — D'Emilio. Alcune
osservazioni snlla proiezione stereoscopica. — Salvagnini, Nota snlla famiglia Pisani.
+Atti della Accademia di Udine pel triennio 1884-87. 2* Ber. voi. VII. Udine,
1887.
Occioni Botta/fona, Notizia di storia friulana cavata dai Commemoriali della Bepnb-
Mica di Venezia. — Ostermann. Gervasutta, frazione di Udine e i suoi recenti scavi. —
Murevo, Nuova opinione suU^origine del popolo friulano. — Occioni Bonaffom. Gli Amasci
e i loro Diari udinesi. — Pauluzzù Iscrizioni di Palmanova antiche e recenti. — /oppi.
Dei libri liturgici a stampa della chiesa d^Aquileja. — - Oortani. La leggenda del lago di
Montecucco. — Ostermann. Di alcune medaglie friulane inedite. — Id, Una moneta ine-
dita di Clodoveo I.
* Atti dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei. Anno XL, sess. I-VI. Boma,
1887.
Provenzali. Sulla struttura delle vene liquide. — Fgidi. Nuovo apparato sismogra-
fico. — Lais. Trombe terrestri dell'S novembre 1886. — Azzarelli. Sul caso irreducibile
dell'equazione del 3« grado. — Bertelli. Sopra una Memoria dei prof. T. Taramelli e
G. Mercalli : I terremoti andalusi cominciati il 25 dicembre 1885. — Lais. Applicazione dei
sali di rame al preservamento delle viti contro la peronospora. — Provenzali. Sui criteri
per distinguere i prodotti delle azioni molecolari da quelli delle forze atomiche. — Castra-
cane. Contribuzione alla flora diatomacea africana. Diatomee dell'Ogoue riportate dal conte
Giacomo di Brazzà. — Azzarelli. Alcuni teoremi e problemi sopra i triangoli annessi. —
Fgidi. Intorno alla direzione e velocità delle nubi ed alla correzione del barometro.
+Atti della r. Accademia di Siena detta dei fisiocritici. Ser. 8*, voi. IV, 1-8.
Siena, 1885-87.
*Atti del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. 6*, t. V, 10. Ve-
nezia, 1887.
Tamassia. Sulla docimasia gastrica secondo i più recenti studi. — Paglioni. Sopra
un fenomeno di cristallizzazione dei sali nella elettrolisi delle loro soluzioni. — Lussana.
Le circonvoluzioni cerebrali in rapporto ai costumi degli animali. — Murer. Sulla supera
ficie di 5® ordine, dotata di quartìca doppia di 1* specie. — Spica e Halagian. Analisi
delle acque che alimentano i pozzi della città di Oderzo. — Spica. Studio chimico del-
Taristolochia serpentaria. — Castelnuovo. Sopra una congruenza del 3® ordine e 6^ classe
dello spazio a quattro dimensioni e sulle sue proiezioni nello spazio ordinario. — Anderlini.
Bicerche chimiche sulla seta. — Id. H glicogeno negli animali inferiori ; note preliminari
sulle sue combinazioni coll*acido solforico. — Bandini. La musica nella evoluzione
della civiltà italiana. — Pirona. Nuova contribuzione alla Fauna fossile del terreno cre-
taceo del Friuli. — Cittadella Vicodarzere. La voce. — Vigna. Sopra un caso di para-
noia rudimentale impulsiva d*origine nevrastenica. — Salvagnini. La questione edilizia di
Venezia. — Bordiga. Di una certa superficie del 7® ordine. — Faè. Lifluenza del magne-
tismo sulla resistenza elettrica dei conduttori solidi. — Trois. Nota sopra un esemplare
di Utumania torda preso sulle spiaggie di Malamocco. — Palazzi. Le poesie inedite
di Sordello. — Toni e Zm. Flora algologica della Venezia (Parte HI, le Cloroficee).—
Marchesini. Due studi biografici su Brunetto Latini.
^Bollettino consolare. VoL XXIII, 11. Roma, 1887.
Pucci Bavdana. Brevi cenni sul Porto di Anversa e Rivista locale sommaria del Com:-
mercio e della Navigazione per Tanno 1886. — De Guòematis. Condizioni economiche ed
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— xu —
ìndusiriali del Perù. — Dalla Valle. Cexmi jBnlla crìfii agiicok in Ispagna. — Landòerg.
Bapport sur le commerce ani Indes Néerlandaises pendant Fannée 1886. — Maiua, Stati
del commercio e della naTigazione del Porto di Tangerì per gli anni 1885 e 1886.
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^Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. V, n. 10-11.
Napoli, 1887.
Varriale. L'acquedotto potabile di Torre Annunziata. — Cariati. Sull'insegnamento
dell'igiene nelle scuole degFingegneri. — Pepe. Le relazioni sui servizi idraulici in Italia
nel biennio 1884-86.
^Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno II, n. 23, 24.
Roma, 1887.
Cerletti. Carta vinicola d'Italia. — Jd. Sul trattato di commercio colla Francia.
^Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 2* voi. XII, 10-11. Boma, 1887.
Weitzecker. Alla ricerca degli Italiani nell'Africa australe. — Antinori, Viaggio nei
Bogos. — Smith. Esplorazione di J. Chalmers nella Nuova Guinea. — Barda. Sommario
storico, geografico e politico della Repubblica di Colombia. — Stradelli. Dall'isola Tri-
nidad ad Atures. — Colini. Cronaca del Museo preistorico ed etnografico di Roma. —
Fiorini, Le proiezioni quantitative ed equivalenti della cartografia.
^Bollettino della Società geologica italiana. Voi. VI, 3. Roma, 1887.
hsel. La nuova carta geologica delle riviere ligure e delle Alpi marittime. — De Ste-
fani. L'Apennìnó fra il colle dell'Altare e la Polcevera. — Id. Il terreno terziario nella valle
del Mesima. — Verri. Rapporti tra le formazioni con ofiolitì dell'Umbria e le breccie gra-
niticbe del Sannio. — Tommasi. A proposito del Permiano nell'Apennino. — Parona. Ap-
punti per la paleontologia miocenica della Sardegna. — Foresti. Alcune forme nuove di
molluschi fossili del Bolognese. — Fomasini. Di alcuni foraminiferi provenienti dalla
spiaggia di Civitavecchia. — Id. Intorno ai caratteri estemi delle textularie. — Id. Indice
delle textularie italiane. — Id. Sulle textularie «Abbreviate». — Clerici. La vitis vi-
nifera fossile nei dintorni di Roma.
* Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1887. Disp. 52-54. Boma.
^Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca nazionale centrale di Firenze. 1887, n. 47. Firenze.
^Bollettino mensuale pubblicato dall'Osservatorio centrale in Moncalieri. Ser. 2*,
voi. VII, 11. Torino, 1887.
Le stelle cadenti nel periodo di agosto 1887.
^Bollettino di notizie agrarie. 1887, n. 88-84. Birista meteorico-agraria, n. 82-33.
Boma.
^Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno IX, 1887. Di-
cembre. Boma.
^Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XIV, 1887, n. 46-48. Boma.
"^Bullettino della r. Accademia medica di Boma. Anno XIII, 8. Boma, 1887.
Celli. Ricerche sperimentali sul virus rabbico. — CoIosutUì e Guamieri. La glomerulo-
nefirite nella rabbia sperimentale. — /i. e Moscatelli. L'acido paralattico nell'orina dei soldati
dopo le marcie di resistenza. — Marckiafava e Celli. Sull'infezione malarica. — Postempeki.
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— XIII —
Cinque laparotomie per estirpadone di qaattro tumori oyarìci ed ano uterino. — Leoni,
Di alcnne tossi ostinate in rapporto a tìz! di conformazione acquisiti e congeniti del-
Tngola. — Berte, Snll'arteria dorsale Ja sulla forma dell'asta nell'impotenza virile. — Fer»
raresi e Ommieri, Sopra un caso di morva dell'uomo. — Poggi. La cicatrizzazione im-
mediata deUe ferite dello stomaco in rapporto ai diversi metodi di suture. — Ferraresi,
Gastrite flemmonosa. — Bonuzzi, I vasomotori ed i centri vasomotori nel midollo spinale
e nel cervello. I nervi vasodilatatori nelle radici posteriori del midollo spinale.
^Calendario deirOsservatorio dell'Ufficio centrale di meteorologia al Collegio
romano. Anno IX, 1888. Roma.
^Circolo (II) giuridico. Anno XVIII, 10. Palermo, 1887.
D^ Amico. La rivendicazione dei titoli al portatore smarriti o rubati.
^Gazzetta chimica italiana. Anno XYII, f. 8. Appendice, voi. Y, n. 21. Pa-
lermo, 1887.
Lepetit. L'azione delle tre aldeidi nitrobenzoiche sull'etere acetacetico e l'ammo-
niaca. — Ciamician. Sui tetrabomarì di pirrolilene. — Piccini. Ancora sulle combinazioni
corrispondenti all'acido pertitanico. — Kòmer e Wendfr. Intorno ad alcuni derivati di
sostituzione della benzina. — Garzino. Sul bromo biclorofenolo e sulla bibromobicloroben-
zina. — Ouarezchi. Bicercbe sulle basi che si trovano tra i prodotti della putrefazione.
^Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno L, n. 9-10. To-
rino, 1887.
Morselli e Tanzi. Sulle modificazioni del circolo e del respiro negli stati suggestivi
dell'ipnosi. — Perroncito. Incapsulamento del megastoma intestinale. — Id. Ancora sulla
priorità dell'osservazione dell' Actinomyces bovis. — Fubini e Spallitta. Rimarchevole tol-
leranza di ferite al cuore. — De Paoli. Del papiUoma villoso della vescica.
^Giornale della Società di lettmre e conversazioni scientifiche di Genova. Anno X,
2^sem., fase. 6-7. Genova, 1887.
Bertinaria, Determinazione dell'assoluto. — Àfarcer. Delle condizioni essenziali al-
Tadempimento del Magistero scolastico. — Du Jardin. Le stazioni alpestri per gli adole-
scenti deboli. — Squinabol Nota preliminare su alcune impronte fossili nel Carbonifero
superiore di Pietratagliata.
^Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXY, n. 11. Roma,
1887.
Bernardo. La trapanazione del cranio a proposito di un caso di frattura del frontale
con intropressione dei frammenti. — Betti. Sopra un caso di sarcoma parvicellulare del
cervello.
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^Giornale militare ufficiale 1887. Part 1% disp. 61-64; parte 2^ disp. 61-63.
Soma, 1887.
^Ingegneria (L*) civile e le arti industriali. YoL XIII, 10. Torino, 1887.
Crugnola, Dei ponti girevoli in generale e di quello recentemente costruito per l'Ax^
sanale di Taranto. — Oandolfi, Sulle miniere di Somorrostro (Spagna).
^Programmi d'insegnamento per Tanno scolastico 1886-87 della r. Università
degli studi di Napoli, Facoltà matematica. Napoli, 1887.
^Memorie della Società degli spettroscopisti italiani. Voi. XYI, 9. Roma, 1887.
Tacchini, Osservazioni spettroscopiche solari fatte nel r. Osservatorio del Collegio
romano nel 3^ trimestre del 1887 (Protuberanze). — Id, Sulle macchie solari osservate ài
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— XIV —
r. Ossenratorìo del Collegio romano nel d^ trimestre del 1887. — Id, Facole solari osser-
vate al r. Osservatorio del Collegio romano nel 8^ trimetro del 1887. — Autoers. Becher-
ches snr le diamètre da soleil.
*Miiseo italiano di antichità classica. Yol. Il, pnnt. I, n. Firenze, 1886-1887.
PuNT. I. Brizio. Vasi greci dipinti del Museo civico di Bologna (Raccolta De-Lnca). —
Comparettù Saffo nelle antiche rappresentanze vascolari. — Sabhadini. Della Biblioteca
di Giovanni Corvini e dolina ignota Comoedia latina. — Onù Di nno scudo paleoetmsce. —
Milani. A proposito di un Vaso imitante nn baccherò etrusco. Lettera al dott. Orsi —
Ealbherr e Comparettù Epigrafi arcaiche di varie città cretesi. — Id, id. Epigrafi arcaiche
di Gortjna. — Milani. Di alcuni ripostìgli di monete romane, studi di cronologia e storia.
1® Ripostiglio di Fiesole (denari republicani). 2^ Ripostiglio di Aleria (den. repubbl.). 3^ Ripo-
stiglio di Roma nella coli. Ancona di Milano (den. repubbl. contromarcati e den. imperiali).
4^ Ripostiglio di S. Bernardino (sesterzi, dup. assi). 5^ Ripostiglio della Venera (antoniniani). —
PuNT. II. Sahbadini. Codici latini posseduti, scoperti, illustrati da Guarino Veronese. —
Pistellù Dei manoscritti di Giamblico e di una nuova edizione del Protreptico (con un saggio
della medesima). — Tomassetti. Silloge epigrafica laziale. ~ Piccolominù La simulata pazzia
di Solone e l'Elegia laXa^ig. — Halbherr, Relazione sui nuovi scavi eseguiti a Gortyna
presso il Letheo. — Comparettù Iscrizioni arcaiche di Gortjna rinvenute nei nuovi scavi
presso il Letheo. 1^ Iscrizioni del muro settentrionale. 2* Frammenti sparsi. — Id, Iscri-
zioni di varie città cretesi (Lyttos, Itanos, Praesos, Knossos).
^Rassegna (Nnova) di viticoltura ed enologia. Anno I, n. 22, 23. Gonegliano, 1887.
Cavazxa. La nuova legge filosserica. — Zecchini, Sulla ricerca delle materie colo-
ranti artificiali nei vini. — Ravizza, L'aggiunta di acido tartarico nei vini. — Ardinghù
Come si possano rinvigorire le viti vecchie e deboli.
^Bendiconti del reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2% voi. XX,
17-18. Milano, 1887.
Gobbi. Sul secondo Congresso tenuto in Milano dalle Società cooperative. — Buc-
cellati. Efficacia estensiva della legge penale. — Sangalli. Di alcune alterazioni più im-
portanti e rare di prima formazione. — Scarenzio. Sifilide gommosa del naso e rinoplastica
parziale a doppio ponte.
^Bevue intemationale. 4* année, t. XVI, 5, 6. Roma, 1887.
5. /acini. Le principe de la neutralisation Internationale applique au saint-siège. —
Palacio- Valdés. Riverita. — Lo Forte-Randù Un humoriste anglais. — Baluffe. Fléchier
iuconnu. — Chevassus. La question monétaire en Angleterre. — Sacher Masoch. Jankel
le sourd. Scènes du Ghetto. — Melegarù La « Souris » d'Édouard Pailleron. — 6. Palacio
Valdés. Riverita. — Lo Forte-Randi, Un humoriste anglais. ~ De D, Levi. La réforme
du Sénat italien. — Veuglaire, Cette grande bète de Raboul. Scènes de la vie militaire
en Franco. — Raineri, Un chapitre d*histoire maritime. -— CianeUÙ Temi et Tìndustrie
italienne.
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Lombroso. Le nuove conquiste della psichiatria. — Vaccaro. Sulla vita degli animali
in rapporto con la lotta per resistenza. — Pietropaolo. L'universalità delle leggi della
morale ed il concetto della libertà. — Moleschott. L'unità del sapere (« Per una festa della
scienza »). — Asturaro. La filosofia dell'Hume ed il Kantismo secondo Tarantino.
"^Bivista marittima. Anno XX, fase. 11. Soma, 1887.
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— XV —
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Semmola, Snl riscaldamento delle pante metalliche neiratto di scaricare Telettricità. —
Martini. U monotelefono o risonatore elettro-magnetico. — Tasti, Deiranestesia e delPay-
velenamento nei vegetali.
"^Sessioni dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei. Anno XL, sess. 7, 8.
1887. Roma.
Spallanzani (Lo). Ser. 2», anno XVI, 11-12. Boma, 1887.
Poli, Sul modo di valutare ed indicare razionalmente gl'ingrandimenti del microscopio
e delle imagini microscopiche. — Fenoglio e Drogoul Osservazioni ed esperienze sulla
chiusura delle coronarie cardiche.
'^Statistica del commercio speciale d*importazione e di esportazione dal 1^ gen.
al 80 noy. 1887. Roma.
^Telegrafista (II). Anno VII, 10. Roma, 1887.
Studi sul telefono del prof. Thompson.
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^Annalen des k. k. naturistorhischen Hofinuseums. Bd. II, 4. Wien, 1887.
Àfarktanner-Turneretscher. Beschreihung neuer Ophiuriden und Bemerkungen zu
bekannten. — Kittl, Beitràge zur Kenntniss der fossilen Sftugethiere von Maragha in Per-
sien. I. Camivoren. — von Pelzeln und von Lorenz, Typen der omithologischen Samm-
lung des k. k. naturhistorischen Hofmuseums.. — Berwerth. Das Meteor vom 21 Aprii 1887.
+Annalen des physikalischen Central-Observatoriums. Jhg. 1886, Th. L S. Pe-
tersburg, 1887.
•^Annalen (Mathematische). Bd. XXX, 4. Leipzig, 1887.
Hilbert, Ueher die Singularit&ten der Discriminantenfl&che. — Ifaisano, Die Discri-
minante der hinftren Form 6. Ordnung. — Schlesinger, Ueher conjugirte Curven insbe-
sondere Ùher die geometrische Relation zwischen einer Curve dritter Ordnung und einer
zu ihr conjugirten Curve dritter Classe. — BoUa, Darstellung der rationalen ganzen Invar
rianten der Binarform sechsten Grades durch die Nullwerthe der zugehOrigen ^Funktio-
nen. — Maschke, Ueher die quatemare, endliche, lineare Suhstitutionsgruppe der Bor-
chardfschen Moduln. — Krause, Ueher die Entwickelung der doppelt periodischen Functioneh
zweiter und dritter Art in trigonometrische Heihen. — Weltzien, Zur Theorie derjenigen
ehenen Curven, deren Coordinaten sìch rational und ganz durch zwei lineare Functionen
und zwei Quadratwurzeln aus ganzen Functionen eines Parameters darstellen lassen. —
Bolza. Ueher Binftrfonnen sechster Ordnung mit linearen Suhstitutionen in sich. — Heun.
Integration regul&rer lineàrer Differentialgleichung zweiter Ordnung duch die Eettenhru-
chentwicklung von ganzen Aherschen Integralen dritter Ordnung. — Hilbert. Ve\iQT hi-
nftre Formenbfischel mit hesonderen Comhinanteneigenschaften. — Caspary. Ueher einen
einfachen Beweis des Bosenhain*schen Fundamentalformeln. — Kurschdk, Ueher dem Ereise
ein- und umgeschriehene Vielecke. — Sonine. Sur les fonctions cylindriques.
^Annales de la Société météorologìque de Belgique. 4^ sér. 1. 1. Bruxelles, 1886.
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Hoogewerf et v. Dorp, Sar qaelqaes dériyés de risoqainoléine. -— Behrens. Sar Ib
déterminatìon de la darete dea matières rocheases. — Détermination de la darete des paitie
intégrantes. — Déterminatìon de la darete mojenne. — SchoU. Erreors dans lea tables
de Callet. — Id. La loi de Terreur résaltante.
+Annales des ponts et chanssées. 6* sér. t. XIV, 10* caL Paris, 1887.
Widmer et Desprez. Port da Havre. Mémoire sar les noavelles portes en tdle de
Téclase des transatlantiqaes. — Goòin. Étnde sar la fabrication des chaaz hydraulìqaes
dans le bassin da Rhdne. — Lallemand. Note sar la théorie da nirellement — Clavenad.
Note sar Temploi des sels en temps de neige.
^Aimales du Muséum r. d'histoire naturelle de Belgìque. Sèrie paléontologique.
T.XIII, Bruxelles, 1886.
van Beneden. Description des ossements fossiles des environs d^Anvers.
^Annales (Nouvelles) de mathématiques. 3* sér. 1887, nov.-déc. Paris.
d'Ocagne. Les coordonnées parallèles des points. — Errata aax Tables de Logari-
thmes de SchrOn. — Lévy, Sar le principe de Ténergie. — Humbert Sar qaelqael pro-
priétés métriqaes des coarbes. — Id, Sar qaelqaes propriétés des coarbes. — Appeìl. Sar
les yalears approchées des polyndmes de Bemoallì. — Bonnet. Théories de la réfraction
astronomiqae et de Taberration.
+Annales scientifiques de l'École normale superiore. 3* sér. t. IV, n. 12 et Suppl.
Paris, 1887.
Ouichard. Sur la résolation de Téqaation aax différences finies G{^4"1) — G(a?)=G(j?). —
Duhem. Sar qaelqaes formales relatives aax dissolutions salines. — Jamet Sar les sarfaces
et les coarbes tétraédrales symétriqaes.
^Anzeiger (Zoologischer). Jhg. X, n. 267. Leipzig, 1887.
vom Rath. Ueber die Haatsinnesorgane der Insecten. ~ Bòttger, Diagnoses reptaliam
Novorum ab. ili. viro Paal Hesse in finibas flaminis Congo repertoram. — Hartlauò. Zar
Eenntniss der Cladonemiden.
+Annuaire de la Société météorologique de Franco. 1887,juill.-aoùt. Paris.
Hauvel. Gaases de la circalation atmosphériqae. — Renou, Bésamé des obsenrations
météorologiqaes faites aa Parc-de-Saint-Maur, en avril et mai 1887. — Legras, Sar on
noavel évaporomètre. — Harreaua. Observations hjdrométriqnes de la Beance. — Crova,
Sar Tenregistrement de Tintensitil calorifiqae des radiations solaires. — Id. Sor la transmis-
sibìlité de la radiation solaire par Fatmosphère terrestre.
+Arcliives néerlandaises des sciences eiactes et naturelles. T. XXII, 2-8. Har^
lem, 1887.
Rauwenhojf. Becherches sar le Sphaeroplea annolina kg, — Engelmann, Le rhéostat
à vis. — SchoiUen, Bègle generale ponr la forme de la trajectoire et la dorée da mort-
vement centrai. — Verheek. La meteorite de Djati-Pengìlon (Java). — Spronck. Note sai
nn cas de polydactylie.
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verwandte KOrper. — Brdmann, Ueber die Umwandlang der Naphtylaminsalfos&oren in
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— XVII —
Dichlornaphtaline. — Autenrieth. Ueber gemischte S&ureanhydride. — lapp und Klinge-
tnann, Ueb«r die Erseizbarkeit des Methylenwasserstoffs in Benzolazoaceton. — Kndfier nnd
Boeuneck. UebeF die Condensation von Chloralhydrat mit terti&ren aromatischen Àminen. —
Gabriel und Weite, Zur weiteren Eenntniss des o-Oyantolnols. — La Coste nnd Valeur.
Zar Charakterìstik der /S-ChinolìndiBalfons&ure. — Lippmann v, Ueber einige organiscbe
Bestandtheile des Rabensaftes. — Hantke, Ueber (^-Kresolsnlfonsauren. — Pechmann, Ueber
die Spaltang der Nitrosoketone. — Anschiltz. Ueber die Bildung von Anils&nren ans Anhy-
driden zweibasischer Sauren. — Zincke und Oerland. Ueber die Einwirknng von Brom
anf Diamido-ce-naphtol. II. — Liehermann, Ueber die Thiophenreactìon mit nitrosehaltiger
Schwefelsànre. — Przyhytek, Zur Erforschung des Erythren-dioxyds, C4 Hg 0«. — Id,
Ueber Diisobutenyloxyd. — Bmz und Kekulé. Ueber Orthoamide des Piperidins. — Vester-
berg. Ueber Pimars&uren. — Gelzer. Ueber Delirate desj^-Amidoisobutylbenzols. — Hooker.
Zur Kenntniss des PurpurogaUins. — Graebe, Ueber Ànramin.
^Boletìn de la Sociedad de geografia 7 estadistica de larepublica Mezicana.
3* Ep. t VI, 4-9. Mexico, 1887.
+Bulletm de la Socìété entomologique de Franco. 1887, feull. 22. Paris.
^Bulletin des sciences mathématiques. 2® sér. t. XI. Dèe. 1887. Paris.
Bertrand. Tbennodynamique. — Jordan. Cours d^analyse à TÉcole polytecbniqne. —
Tannery. La geometrie grecque, comment sont histoire nous est parvenue et ce qne nons
en savons.
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*Centralblatt ftìr Physiolc^e. 1887, n. 19. Berlin.
Piotrowski. QaflL8SÌnner?ation.
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Saint'Hilaire. Linde contemporaire. — Desjardins. Le sifflet au théàtre. — Bat^
drillart. Les popnlations agricoles de FIle-de-France. — Say. Les papiers de Turgot. —
Bénard. L'esthétìque d'Àrìstote. — Lagneau. De la durée et de la mutation des familles
rurales.
^Gomptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. GV,
22-25. Paris, 1887.
22. Bertrand. Théorème rolatif ani erreurs d'observation. — Lémj. Sur les équations
les plus générales de la doublé réfraction compatibles avec la surface de Tonde de Fresnel. —
Faye. Objection à ma théorie tirée de la déviatìon des flèches du vent sur les Caftes sy-
noptiques. — Id. Sur la marche des cirrus et leurs relations avec les cyclones. — Id. Sur
le mouvement de translation des tempètes. — Brown-Séquard et d'Arsonval. Recherches
sur rimportance, surtout pour les pbtisiques, d'un air non vicié far des ezbalations pul-
monaires. — Liouville. Sur une classe d'équations différentielles, parmi lesquelles, en pa]>
ticulier, toutes ccUes des lìgnes géodésiques se trouvent comprises. — Collette. Oscillations
tournantes d'un solide de revolution en contact avec un fluide visqueux. — Ditte. Action
de Tacide vanadique sur le fluorure de potassium. — Varet. Cyanures de zinc ammonia-
caui. — Bourgeois. Application d'un procède de de Senarmont à la reproduction par voie
bumide de la celestine et de Tanglésite. — Freire. Sur un alcaloide eztrait du fruit-de-
loup. ~ Dangeard. Sur Timportance du mode de nutrition au point de vue de la distinction
BuLLETTiNO RENDICONTI. 1888, VoL. IV, 1« Sem. 3
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— xvin —
dea animanx et des végétaux. — Ledere du Saòlon. Sur les sn^oirs des Rbinanthées et
dea Santalacées. — Bleicher, Sar la déconyerte da carbonifere à fossiles marhis et à pbmtes
anx environs de Raon-sor-Plaine. — de Mercey, Sur la position géologique'de la craic pho-
sphatée en Picardie. — EenatUt. Sur Torganisation comparée des feuilles des Sigillairet et
des Lépidodendrons. — Bertinpt. Sur le voi des oiseaux. — LaffonL Contributions à Tétude
des excitatioDS électriques du myocarde chez le cbién. — Meunier. Les météoritcs et Vanar
lyse spectrale. — 23. Bertrand. Sur ce qu'on nomme le poids et la précision d'une obser-
vation. — Faye. Lettre à M. Bertrand, à propos de sa précédente Note « sur un théorème
relatìf aux erreurs d'observations. — Id, Réponse à M. Mascart, à propos de la deviati on
des vents sur les Cartes synoptiques. — Comu. Sur la synchronisation des horloges de pré-
cision et la distribution de Theure. — Duhem. Sur Paimantation par influence. — Bigourdan.
Nébuleuses nouvelles découvertes à TObservatoire de Paris. — Pellet. Division approxi-
mative d'un are de cercle dans un rapport donne, à Taide de la règie et du compas. —
Amagat. Sur la dilatation des liquidea compriméa, et en partìculier sur la dilatatìon de
Teau. — Vignon. Sur une nouvelle méthode de dosage de Tacide carbònique dìssous. —
de Saint-Martin. Influence du sommeil naturel ou provoqué sur Tactivité des combustions
respiratoires. — Straus et Duhreuilh. Sur Tabsence de microbes dans Tair expiré. —
Marchal, Sur Vexcrétion cbez les Crustacés décapodes brachyoures. — Gourret. La faune
des Crustacés podophtbalmes du golfo de Marseille. — de Mercey. Sur des recberches pour
Texploitation de la craie phospbatée en Picardie. — Hehert. Observations sur la Classifi-
fication de la craie, à propos de la Communication de Mr. N. de Mercey. — Gorceix. Sur
le gisement de diamants de CocaSs, province de Minaa GeraCs (Brésil). — Termier. Sur
les éruptions de la région du Mézenc, vera lea confina de la Haute-Loire et de TÀrdècbe. —
Labonne. Sur le gisement du spath disiando. — 24. Bertrand, Sur la loi des erreurs
d'observation. — de Jonquières. Generation des courbes unicursales. — Wolf. Comparaison
des divers systèmes de synchronisation électrique des horloges astronomiques. — Berthelot.
Sur les divers modes de décomposition explosive de Tacide picrique et des composcs nitrés. —
Id. Sur la « Collection des anciens Alchimistes grecs ». — Janssen. Sur Tapplication de la
Photographie à la Meteorologie. — Callandreau. Becherchea sur la tbéorie de la figure
des planètes ; étude speciale des grosses planètes. — Isamhert. Sur la compressibilité de
la dissolution d'étylamine dans l'eau. — Grimaux, Sur Taldéhyde glycérique fermente-
scible. — Bouchardat et Lafont Action de Tacide sulfurique sur Tessence de térében-
thine. — (Echsner de Coninck. £ssai de diagnose des alcaloldes volatils. — Gayon. Sur
la recherche et le dosage des aldéhydes dans les alcools commerciaux. — Fischer. Sur la
distribution géographique des Actinies du littoral méditerranéen de la France. — Richard.
Remarques sur la faune pélagique de quelques lacs d'Auvergne. — Topsent. Sur les pré-
tendus prolongements périphériqucs des Cliones. — Crié. Sur les affinités des flores noli-
thiques de la France occidentale et du Portugal. — Cadéac et Malet, Recberches expéri-
raentales sur la transmission de la tuberculose par les voies respiratoires. — Guignard et
Charrin. Sur les variations morphologiques des microbes. — Poincaré. Sur les relatìons
du barometro avec les positions de la lune. — Chuard. Observations concernant le méca-
nisme de Tintroduction et de Télimination da cuivre dans les vins provenant de vignea
traitées par les combinaisons cuivriques. — 25. Bertrand. Sur les épreuves répétées. —
Jonquières. Generation des surfaces algébriques, d'ordre quelconque. — Faye. Sur la cause
de la déviation des flèches du vent dans les cyclones. — Berthelot et André. Sur l'état
du soufre et du phosphore dans les plantes, la terre et le terreau, et sur leur dosage. —
Sarrau et Vieille. Influence du rapprochement moléculaire sur IVquilibre chimique de
systèmes gazeux homogènes. — Gaudry. Découverte d'un Tortue gigantesque par M. le
Dr. Donnezan. — de Caligny. Expériences sur une nouvelle machine hydraulique employée
à faire des irrigations. — Lecoq de Boisbaudran. A quels degrés d'oxydation se trouvent
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— XIX —
le chiome et le manganése dans leurs composés flaorescents? — Viennei. Éléments et
éphémérìdes de la planète (270) Anahita. — CruU, Sur la valeur de la parallaze da soleil,
déduite dea obserrations des Missions brésilìennes, à Toccasion da passage de Yénas sor
le soleili en 1882. — fVeill. Condition d'egalité de deax figares symétriques. — Baròier.
On sappose écrite la suite naturelle des nombres; qael esile (lO"®®*»)^*™* chiffre écrit? —
Duhem. Sar Taimantation par ìnflaence. — Antoine. Yariation de températare d'an gaz
oa d'une vapeor qui se comprìme ou se dilate, en conser?ant la mSme quantità de cha-
lear. — Henry. Sur une loi expérìmentale de balistique intérieure. — Doumer, Des vo-
jelles dont le caractère est très aigu. •— Fabre. Sur la chaleor spécifique da tellure. —
Scheurer-Kestner et Jfeunier-Dolfìts. Étude sur one hoaìUe anglaise. — Jungfieitch et
Léger. Sur les iaoméries optiques de la cinchonine. — Ochmer de Coninck. Essai de dia-
gnose des alcaloldes volatils. — Mallard. Sur diverses substances cristallisées qu'Ebelmen
avait préparées et non décrìtes. — de SchuUen. Not^ sur la reproduction artificielle de la
pyrochrolte (hydrate manganeux cristallisé). — Oannard, De quelques pseudo-morphoses
dVMiveloppe des mines de plomb da Puy-de-Ddme — Guitel. Sur quelques points de Tem*
bryogénie et du système nerveui des Lépadogasters. — Hérouard. Sur le système lacunaire
dit sanguin et le système nerveux des Holothuries. — Deserei et Donnezan. Sur la
Testudo perpiniana Depéret, gìgantesque Tortue do pliocène moyen de Perpignan. —
La/font. Ànalyse de Taction physiologique de la cocaine. — Dastre. Observations au su jet
d*une Note de M. de Saint-Martin. — Cornil et Chantemesse. Étiologie de le pneumonie
contagieuse des porcs. — Debove. Pathologie de Turticaire hydatique. — Dechevrens, Sor la
reproduction expérìmentale des trombes. — Bouquet de la Orye rappellci à ce sujet, qu*il
a précédemment mentre à TÀcadémie les figares qui se forment dans des liquides de den-
sités différentes, superposés et animés d'un mouvement de rotation. — Zenger. Sur revo-
lution siderale. — Delaunay. Cbute, le 25 octobre 1887, à Than-Duc, d*ane météorìte qui
paraft avoir dispara à la suite d*un rìcochet.
+Cosmos. N. S. n. 150-152, Paris, 1887.
'^Denkschriften der k. Akademie der Wissenscfaaften. Math-natur. GÌ. Bd. LI.
Wien, 1886.
Fscherich v. Zur Theorìe der linearen Dìfferentialgleicbungen. — Rollett, Untersa-
cbungen ueber dea Bau der quergestreiften Muskelfasem. — OppoUer v. Entwurf einer
Mondtbeorie. — Spitaler. Die W&rmeverrtheilung auf der Erdoberfl&che. — ZukaL My-
cologiscbe Untersuchungen. —- Frauscher. Das Unter-Eocftn der Nordalpen and scine
Fauna. — Stapfi. Die botanischen Ergebnisse der Polak'schen Expedition nach Persien
im Jahre 1882. — Id. Beitr&ge zur Flora von Lycien, Carìen und Mesopotamien. —
Schram, Tafeln zur Berecbnung der n&heren Umst&nde der Sonnenfinstemisse.
"^Jalirbuch der Hamburgiscfaen Wissenschafklichen Anstalten. Jhg. IV. Ham-
burg, 1887.
Prochownick. Messungen an Stldseeskeleten mit Jbesonderer Berflcksichtignng des
Beckens. — Pfeffer, Die Krebse von Slìd-Georgien nach der Ausbeate der Deutschen Station
1882/83. — Rautenberg. ROmische und germaniscbe Altertbtlmer aus dem Amte Bitze-
btlttel und aus Altenwalde.
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Berlin, 1887.
'^Jahresbericht (3, 4, 5) des Yerein fur Naturwissenschaft zu Braunschweig.
Braunschweig, 18834887.
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GeiteL Ueber einige Vorlesungsversuche zum Nachweis der Elektricit&tserregung bei der
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— XX —
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die in denselben eingelagerten Eruptiygesteine. — Blasius. Die Vogelwelt der Stadi Braun-
schweig and ihrer n&chsten Umgebung.
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Oorboff, Sur les acides oxytétriques et hydroxytétriques. — Sokoloff, Recherches expéri-
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Gavazzi, Azione del fluoruro di silicio sulla chinina sciolta in liquidi diversi. —
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Beltrandi. Stile egizio. — De Paoli. La laminazione del fluido motore attraverso le
luci di distribuzione delle motrici termiche.
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Galisse. I prefetti di Vico. — Fontana. Nuovi documenti vaticani intorno a Vittoria
Colonna. — Corvisieri. Il trionfo romano di Eleonora di Aragona.
'Archivio storico italiano. T. XX, 6. Firenze, 1887.
La Mantìa, Notizie e documenti su le consuetudini delle città di Sicilia. ~ Sforza,
Episodi della storia di Koma nel secolo XVIII. Brani inediti dei dispacci degli agenti
lucchesi presso la Corte papale. — Stocchi. La prima conquista della Britannia per opera
dei Bomani.
^Archivio storico lombardo. Anno XIV, f. 4*^. Milano, 1887.
Gian, Un episodio della storia della Censura in Italia nel secolo XVI: L'edizione
spurgata del «Cortegiano». — Medin. Serventese, Barzeletta e Capitolo in morte del conte
Jacopo Piccinino. — Garotti. Pitture giottesche neiroratorio di Mocchirolo a Letante sul
Seveso. — Beltrami. Le bombarde milanesi a Genova nel 1464. — Spinelli, Di un Codice
milanese. — Ghinzoni, Trionfi e rappresentazioni in Milano.
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Barone. Notizie storiche tratte dai registri di Cancelleria di Ladislao di Durazzo. —
Schipa, Storia del principato longobardo in Salerno. — Baróne. Giovanni de Gillo, archi-
tetto ed ingegnere napolitano. — Simoncelli. Della prestazione detta Calciarium nei
contratti agrari del medio-evo. — Gapasso. I registri angioini deirArchivio di Napoli, che
erroneamente si credettero finora perduti. — Elenco delle pergamene già appartenenti alla
famiglia Fusco ed ora acquistate dalla Società di storia patria.
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grafia storica Spilirabergese. — Marcello. Una lettera di Giovan Paolo Manfrone. — Giù-
riato. Memorie venete nei monumenti di Roma. — B. C. Testamento di Lorenzo Lotto,
pittore veneziano, 25 marzo 1546. — Id. Un bailo accusato di stregoneria. — hd. Le sco-
perte archeologiche del Veneto durante Tanno 1886.
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Palermo.
La Mensa. Le acque dei monti di Renda. — Pace. Misura delle sorgenti intomo ai
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^Atti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 1. Torino,
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Basso. Commemorazione di Gustavo Roberto Kirchhoff. — Zanotti-Bianco, Alcuni
teoremi sui coefficienti di Legendre. Nota seconda. — Spezia. Suirorigine del gesso mi-
caceo e anfibolico di Val Gherasca neirOssola. — Vicentini e Omodei. Sulla densità di
alcuni metalli allo stato liquido e sulla loro dilatazione termica. — Salvadori. La Ae-
gialitis asiatica (Pali.) Irovata per la prima volta in Italia. — Fabretti, Commemo-
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XXII. Napoli, 1887-1888.
XXI. Arabia. Della prerogativa parlamentare. — Capuano. Dell'albinaggio. — Palumbo.
Andrea dlsernia. — XXII. Persico. Del silenzio come sorgente di obbligazioni. — Ma-
riano, n ritorno a Kant e ai neokantiani. — Arabia. Del codice penale italiano — Chiap-
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supposti deireconomia politica. — Pepere. Le consuetudini de* comuni deiritalia meridionale.
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Mingaszini e Ferraresi. Encefalo e cranio di una microcefala. — Sergi. Antropologia
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altri mammiferi. — Mingazzini. Osservazioni anatomiche sopra 75 crani di alienati. —
Vincenzi. Sulla fina anatomia dell'oliva bulbare nell'uomo. — Giovannini. Sullo sviluppo
normale e sopra alcune alterazioni dei peli umani. — Crety. Ricerche sopra alcuni cisti-
cerchi dei rettili. — Guamieri. Ricerche sulle alterazioni del fegato nella infezione da
malaria. — Marchiafava e Celli. Sulla infezione malarica.
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del 13 nov. 1887. Pisa, 1888.
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Torelli. Cenni biografici intomo ad alcuni personaggi contemporanei ed attori del
risorgimento d'Italia. — Minich. Estrazione di un enorme calcolo dell'uretra spongiosa e
membranosa, seguita da guarigione. Storia clinica con osservazioni. — Marinelli. Materiali
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costa e quella dei detriti che costituiscono la spiaggia. ~ Lotti, Le condizioni geologiche
di Firenze per le trivellazioni artesiane. — Bucca, Studio micrografico sulle roccie erut-
tive di Radicofani in Toscana. — Clerici. Sopra i resti di castoro finora rinvenuti nei
dintorni di Roma.
^Bollettino dì legislazione e statistica doganale e conmierciale. Anno IV, 2® sem.
Nov.-dec. 1887. Roma.
^* Bollettino di notizie agrarie. Anno IX, n. 85-87. Riv. met.-agi-. Anno IX, n. 84-
36; X, n. 1. Roma, 1887-88.
^Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno V, n. 22, 23. Roma, 1887.
•Bollettino di paletnologia italiana. Ser. 2*, t. Ili, n. 11-12. Parma, 1887.
Pigorini. Tombe neolitiche di Monteroduni. — Issel, Conchiglia esotica nella caverna
delle Arene Candide. — De Stefani. Escursione a Peschiera e Breonio. — Prosdocimi,
Avanzi di antichissime abitazioni neU'agro atestino.
^Bollettino mensuale della Soc. meteor. italiana. Ser. II, voi. VII, 12. Dee.
1887. Torino.
Ricco. Osservazioni e studi dei corpuscoli rossi. 1883-86. — Roberto. I sismografi
del P. Cecchi.
^Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno IX, 1887. Gen-
naio. Roma.
^Bollettino semestrale del credito cooperativo, ordinario, agrario e fondiario.
Anno IV, 2*» sem. 1886. Roma, 1888.
^Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XIV, n. 49-52 ; XV, n. 1. Roma, 1887-88.
^Bollettino ufficiale dell'istrazione. Voi. XIII, 11. Roma, 1887.
^Bollettino ufficiale del Ministero della guerra. 1887, disp. 55; 1888, disp.
1-4. Roma.
^Bullettino della Conunissione archeologica comunale di Roma. Ser. 3*, anno
XV, 11-12. Roma, 1887.
Gatti. Trovamenti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. — Visconti. Tro-
vamenti di oggetti d'arte di antichità figurata.
^BuUettino della Società entomologica italiana. Anno XIX, 3-4. Firenze, 1887.
Allard e Dodero. Due nuovi Coleotteri italiani raccolti in Sardegna dal sig. Umberto
Lostia. — Carlini. Rincoti del Sottoceneri. — Casagrande, Sulle trasformazioni che subisce
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— XXXVIII —
il sistema digerente dei Lepidotteri, passando dallo stato larvale a quello d^insetto perfetto. —
Chatin. Terminazioni nervose nelle antenne della T i n e a t ape zeli a.— (7»(;(;aft. Intorno
alla struttura del cerveUo della Somomya erythrocephala. — Emery. Le tre forme
sessuali del Dorylus helvolus L. e degli altri Dorilidi. — Id. Formiche della provincia
di Rio Granee do Stll nel Brasile. — fforvath. Note emitterologiche. — Lostia. Dell'ubi-
cazione di alcune specie di Coleotteri nell'isola di Sardegna. — Àf agretti» Sugli Lnenotterì
della Lombardia.
'l'Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche.
T. XX, marzo e aprile 1887. Roma.
F avaro. Documenti per la storia dell' Accademia dei Lincei nei manoscritti Galileiani
della Bibl. naz. di Firenze.
^Cimento (Il nuovo). Ser. 3% t. XXII, nov.-dec. 1887. Pisa, 1888.
Righi. Studi sulla polarizzazione rotatoria magnetica. — Palmieri. Origine delle va-
riazioni d'intensità nelle pile a secco e modo di evitarle. — Battelli. Sul fenomeno Thom-
son. — BoggiO'Lera. Sulla cinematica dei mezzi continui. — Morera. Sulle derivate
seconde della funzione potenziale di spazio. — Palmieri, Condizioni per avere manifesta-
zioni elettriche con la evaporazione spontanea dell'acqua e col condensamento dei vapori
dell'ambiente per artificiale abbassamento di temperatura.
^Circolo (II) giuridico. Anno XVIII, 11-12. Palermo, 1887.
D'Amico. La rivendicazione dei titoli al portatore smarriti o rubati.
^Commentari dell'Ateneo di Brescia per Tanno 1887. Brescia.
Fé d'Osliani. Brescia nel 1796. — Casasopra. Dei partiti politici in Italia. — Ar-
cioni. Ricerche intorno al palazzo comunale di Brescia. — Afartinengo Villagana. L'an-
fiteatro Morenico d'Iseo nel periodo glaciale. — Lodrini. Sulla probabile attinenza fra il
magnetismo terrestre e i terremoti così detti tectonici. — Cazzago. Storia di Brescia nar-
rata al popolo. L'età preistorica. — Rizzini. Tomba romana recentemente scoperta presso
Brescia. — Bettoni Cazzago. L'Abissinia e l'Italia. — Comiani. Gli Italiani al Piata. —
Livi. Due visite misteriose di Napoleone all'isola d'Elba. — Oar belli. D sacco di Brescia
nel 1512 narrato in un vecchio opuscolo pochi giorni dopo l'avvenimento. -^ Casasopra. —
Engarda. Leggenda bresciana medievale. — Rosa. Le belle arti nel rinnovamento d'Italia. —
Ruzzenenti, Ipotesi nella causa fisica del diluvio universale.
+Docmnenti per servire alla storia di Sicilia. 1* serie. Diplomatica. Voi. XI, 1.
Palermo, 1887.
Silvestri. Tabulano di S. Filippo di Fragalà, e S. Maria di Maniaci.
^Gazzetta chimica italiana. Appendice. Voi. Y, 22-24. Palermo, 1887.
+ Giornale d'artiglieria e genio. 1887, disp. XII. Roma, 1887.
* Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno L, n. 11-12. To-
rino, 1887.
Morselli. Sull'azione fisiologica dei bagni idro-elettrici monopolari (faracidi e galva-
nici). — Fod e Carbone. Di un particolare elemento morfologico nella milza dei mammi-
feri. — Id. e Bonome. Contribuzione allo studio delle inoculazioni preventive. — Id. e
Carbone. I)\ una reazione speciale degli elementi colorati del sangue. — Orassi e Rovelli.
Contribuzione allo studio dello sviluppo del botriocefalo lato.
^Giornale della r. Società italiana d'igiene. Anno IX, 11, 12. Milano, 1887.
Uffreduzzi. L'esame biologico del ghiaccio in rapporto con la pubblica igiene. —
Salveraglio. Bibliografia della pellagra.
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— XXXIX —
'Giornale dì matematiche ad uso degli studenti delle Università italiane.
Voi. XXV, 1M2. NapoU, 1887.
Amodeo. Sopra un particolare connesso (2, 2) con due punti singolari e due rette sin-
golari. — Zecca, Sopra una classe di curre razionali. — Be$so. Sull'integrale del prodotto
di una funzione razionale pel logaritmo di una funzione razionale. — Murer. Sulla serie
di superficie algebriche d'indice 1 e 2. — Tognoli. Sulla funzione au,
^Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXV, 12. Boma, 1887.
Pecco. Operazioni chirurgiche state eseguite durante Fanno 1886 negli stabilimenti
sanitari militari. — Lucciola. Cura d'un caso di pleurite purulenta mercè la resezione
cottale seguito da guarigione.
^Giornale militare ufficiale. 1887, parte l*', disp. 65; parte 2% disp. 64. 1888
parte 1» disp. 1-4; parte 2*, disp. 1-4. Roma, 1887-88.
^ Ingegneria (L') civile e le arti industriali. Voi. XIII, 11. Torino, 1887.
Crugnola. Dei ponti girevoli in generale e di quello recentemente costruito per l'ar-
senale di Taranto. — P. Di un modo speciale di attacco degli argini in muratura alle
spalle dei ponti. — Ferrerò. L'area nelle mappe censuarie. Metodo grafico-numerico. —
Gandolfi. Note sulle miniere di Somorrostro.
+ Pubblicazioni del r. Osservatorio di Brera in Milano. N. XXX. Milano, 1887.
Porro. Determinaiione della latitudine della stazione astronomica di Termoli mediante
passaggi di stelle al primo verticale.
^Bassegna critica della letteratura italiana. Anno IV, 6. Firenze, 1887.
^Bassegna (Nuova) di viticoltura ed enologìa. Anno I, 24; II, 1-2. Conegliano,
1887-88.
I, 24. Soncini. Primo travaso. — Baccarini. Patologia vegetale. Coniothyrium
Diplodiella Sacc. — Thomas. Dei trattamenti per combattere Tantracnosi. — ^. H
commercio dei vini In Italia nei primi 11 mesi del 1887. — Soncini, Viti americane. —
n, 1. Soncini. Scelta dei vitigni. — Stradatoli. Cantina esperimentale imolese. — Picaud.
Le fillossere aptere col digiuno si trasformano ìxk fillossere alate. — Meneghini. Deirim-
pianto delle talee. — Cencelli. Effetti dell'innesto sulle viti americane. — Bordas e Che-
vreul. — Nuova malattia dei vini di Algeria. — Vannttccinù II vitigno americano nei ter-
reni calcarei bianchi (cretacei). — Soncini. Viti americane (Labrusche). — Plotti. Nuovo
mezzo per combattere la peronospora. — Morin. Sulla composùtione dell'acquavite di vino.
^Bendiconti del Circolo matematico di Palermo. T. I, marzo-luglio 1887.
Palermo.
AUeggiani. Sopra un teorema dì Hermite. — Id. Generalizzazione di dae teoremi ri-
guardanti le parentesi d'ordine ». — Id. Intorno ad alcune formolo nella teorica delle fun-
zioni ellittiche. — Cantoni. Teoremi sulla cubica gobba. — Catalan. Sur les nombres de
Segner. — Cesàro, Intorno ad una ricerca di limiti. — Id. SuU'uso dell'integrazione in
alcune questioni d'aritmetica. — Id. Intorno ad una questione di probabilità. — Id. Sul
moto di un punto sollecitato verso una retta. — Conti. Sulle congruenze generate da una
coppia di piani in corrispondenza doppia. — Del Pezzo. Intorno alla rappresentazione del
complesso lineare di rette sullo spazio. di punti a tre dimensioni. — Id. SuUe superficie
dell'»"*® ordine immerse nello spazio di » dimensioni. — Del Re. Su certi luoghi che
s'incontrano nello studio di tre forme geometriche fondamentali di 2* specie proiettiva-
mente riferite due a due. — Oebhia. Sopra un metodo per formare le equazioni a derivate
pàniali, delle superficie che ammettono una generatrice dì forma costante. — Oerhaìdi.
Sulle realità dei punti e delle tangenti comuni a due coniche. — Giudice. Sulla determi-
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— XL —
nazione delle radici reali delle equazioni a coefficienti numerici reali. — Id. Un teorema
sulle sostituzioni. — Id, Sulle equazioni irreducibili di grado primo risolubili per radi-
cali. — Ouccia. Formole analitiche di trasformazioni Cremoniane. — Id. Generalizzazione
di un teorema di NOther. — Id. Sulle superficie algebriche le cui sezioni prime sono uni-
cursali. — Id, Sulla riduzione dei sistemi lineari di curve ellittiche e sopra un teorema
generale delle curve algebriche di genere P. — Id. Sui sistemi lineari di superficie alge-
briche dotati di singolarità base qualunque. — Hirst, Sur la congruence Roccella, du
troisième ordre et de la troisième classe. — Martinetti. Sopra alcuni sistemi lineari di
curve piane algebriche di genere due. — Segre, Sui sistemi lineari di curve piane alge-
briche di genere p.
^Bendiconti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2*^, voi. XX, 19.
Milano, 1888.
Taramelli. Dei terreni terziari presso il Capo la Mortola in Liguria. — Sorniani.
Ancora sui neutralizzanti del virus tubercolare.
^Bendiconto dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Ser. 2\ voi. I,
11-12. Napoli, 1887.
Manfredi, Boccardi e /appelli. Influenza dei microrganismi sull'inversione del sac-
carosio. — Capellù Determinazione delle operazioni in varianti ve, fra due serie di variabili,
permutabili con ogni altra operazione della stessa specie. — Costa. Miscellanea entomo-
logica. — Pascal. Sopra un metodo per esprimere una forma invariantiva qualunque di una
binaria cubica mediante quelle del sistema completo. — Pergola. Posizioni apparenti di
alcune stelle deirEridano osservate al Circolo mediano di Repsold nel r. Osservatorio di
Capodimonte.
* Rendiconto delle tornate e dei lavori dell'Accademia di scienze morali e po-
litiche (Soc. r. di Napoli). Anno XXVI, gen.-apr. 1887. Napoli.
*Bevue intemationale. V* année, t. XVII, 1, 2. Bome, 1888.
I. Blaze de Bury. Mes souvenirs de la « Revue des deui Mondes. — Bonghi, La po-
litique étrangère de Tltalie. — Delpit, La vengeance de Pierre. — Loliée. Les immoraui. —
Stevenson. Un cas extraordinaire. Imité de Tanglais. — Crésus. Les Banques et la circu-
lation fiduciaire en Italie. — II. Blaze de Bury: Mes souvenirs de la « Bevue des deux
Mondes ». — Veuglaire, Un ministre réformateur. Le comte de Saint-Germain (1707-1 778).-—
Delpit. La vengeance de Pierre. — Pierantoni. L'incident consulaire de Florence. — Ste-
venson, Un cas extraordinaire. Imité de Tanglais. — Chevassus. La question monétaire en
Angleterre.
^Bivista di artiglieria e genio. Anno 1887. Nov.-dic. Boma.
12. Biancardi. Le fortezze e l'assedio. — Canino. Cenni descrittivi sul Collegio mi-
litare di Messina. — Parodi. Puntamento indiretto per le artiglierie da campagna. — Si-
racusa. L'artiglieria campale italiana. — 13. Falangola. Sulle grandi mine nella roccia cal-
carea della catena peloritana (Sicilia) e nella roccia granitica di Baveno (Lago Maggiore). —
Siacci. Spazio battuto ed errore battuto. — Parodi. Relazione tra cariche e velocità ini-
ziali. — Mariani. La mitragliatrice Maxim. — (***). Notizie di alcuni fra i primi -cultori
italiani dell'aeronautica. — Siracusa. L'artiglieria campale italiana.
*BivÌ8ta di filosofia scientifica. Ser. 2% voi. VI, die. 1887. Torino.
Romiti. L'origine e la continuità della vita. — Asturaro. Studi psico-biografici. Ge-
rolamo Cardano e la psicologia patologica. — Julia. Terenzio Mamiani e i suoi « Dialoghi
di scienza prima n.
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— XLI —
^Biyista marittima. Amio XX, 12. Roma, 1887.
TadinL I marinai italiani nelle Spagne. — Pesca del corallo nei banchi di Sciacca. —
Colombo, La fauna sottomarina del golfo di Napoli. — Polveri usate in Eussia, Germania,
Francia, Austria e Italia per cannoni di diversi calibri. — Cenni su alcuni cannoni della
fabbrica di Elswick.
^BiTista mensile del Club alpino italiano. Anno VI, 1. Torino, 1888.
^Rivista scientifico-industriale. Anno XIX, 23-24. Firenze, 1887.
Palmieri, Studi sperimentali per ridurre le osservazioni di meteorologia elettrica a
misure assolute. — La telegrafia sopra i treni delle strade ferrate. — Influenza che esei^
cita il silicio sullo stato del carbonio contenuto nelle ghise.
^Telegrafista (II). Anno VII, 1M2. Roma, 1887.
Studi sul telefono del'prof. Thompson.
Pubblicazioni estere.
^■Aaarsberetning (Bergens Museums) for 1886. Bergen, 1887.
Grieg. Bidrag til de norske alcyonarier. — Namen, The structure and combination
of the histological elements of the Ceiitral nervous System. — Brunchorst, Ueber eine
sehr verbreitet Erankheite der Eartoffelknollen. — Id, Zur Bekampfung der Eohlhemie. —
Id, Die Structur der InhaltskOrper in den Zellen einiger Wurzelanschwellungen.
^Abhandlungen aus dem Gebiete der Naturwissenschaften herausg. vom Nator-
wiss. Vereln in Hamburg. Bd. X. Hamburg, 1887.
Bolau, Zur Geschichte des Naturvrissenschaftlichen Vereins in Hamburg. — Wohltoill,
Joachim Jungius und die Emeuerung atomistischer Lehren im 17 Jahr. — Kiessling, Bei-
tr&ge zu einer Chronik ungewOhnlicher Sonnen- und Himmelsfìlrbungen. — Neumayer, Die
Th&tigkeit der deutschen Seewarte w&hrend der ersten 12 Jahre ihre Bestehens. — Kruss,
Die Farben-Korrektion der FernrohivObjektive von Gauss und von Fraunhofer. — Voller,
Ueber die Messung hoher Potentiale mit dem Quadrant-Elektfometer. — GotUche, Die Mol-
lusken-Fauna des Holsteiner Gesteins. — Kraepelin. Die deutschen Susswasser-Bryozoen. -—
Afdòitu. Das Flaschentierchcn (Folliculin- ampulla). — Pfeffèr. Beitr&ge zur Morphologie
der Dekapoden und Isopoden. — Stuhlmann. Zur Eenntniss des Ovariumsder Aalmutter
(Zoarces viviparus Cuv.).
^Abhandlungen der math.-phjB. Classe der kto. S&chsischen Gesellschaft der
Wissenschaften. Bd. XIV, 6,6. Leipzig, 1887.
5. Droick, TJntersuchungen ueber die papiUae foliatae et Circumvallatae des Eanin-
chen und Feldhasen. — Hankel, Elektrische Untersuchungen. XYm. Fortsetzung der Ver-
Buche ueber das elektrische Verhalten der Quartz- und der Boracyt-crystalle.
^ Abstracts of the Proceedings of the Chemical Sociely. N. 45, 46. London, 1888.
^Acta mathematica. XI, 1. Stockholm, 1887.
Picard. Démonstration d*un théorème general sur les functions uniformes liées par
une relation algébrique. — Strauss, Eine Yerallgemeinerung der dekadischen Schreibweise
nebst functionentheoretischer Anwendung. — Lerch, Note sur la fonction B (ir , d? , «). —
Bruns, Ueber die Integrale des VielkOrper-Problems.
^Actes de la Société philologique. T. XV. 1785. Alenjon, 1887.
"^Anales del Museo naeional de Mexico. Tomo III, Entrega 11. Mexico, 1886.
/. S. Mapa de Tepechpan. Historia sincronica y sefiorial de Tepechpan j Mexico.
Bullxttino-Rbndiconti, 1888, Vol. IV, V Sem. 6
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— XLII —
^Annalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXIII, 1. Beibl&tter Bd. XI, 12 ;
XII, 1. Leipzig, 1888.
Himstedt. Ueber cine neue Bestimmung der GrOsse „r". — Cohn und Aron». Messnng
der Dielectricitàtscontfltante leitender Flassigkehen. — /i. id. Nachtrag zu dem Aufsaiz:
„LeitungsvermOgen und Dielectricitàtsconstante". — TomoszevoikL Beìtrag zur Eenntniss
der Dielectricitfttsconstante der Fltssigkeiten. — Kohlrausch. Ueber eine Zosammenhang
zwischcn Magnetisirbarkeit und clectrìschem LeitungBYermOgen bei den Terschiedenen Ei-
sensorten und Nickel. — Hartwig. Die electrische Leitungsfòhigkeit Yon LOsungen einiger
Glieder der Fettsàurereihe in Wasser und einigen Alkobolen. — Fromme, Ueber das Ma-
ximum der galTanischen Polarisation von Platinelectroden in Schwefels&ure. — v. Ettings-
hausen, Bemerkungen zu dem Aufsatze: „Ueber eine neue pobure Wirkung des Magne-
tisraus auf die galvanische Wftrme in ' gewissen Substanzen". — Id, Ueber den Einflnss
magnetischer Krafte auf die Art der W&rmeleitung im Wismuth. — Eòert Ueber den
Einfluss der Schwellenwerthe der Lichtempfindung auf den Charakter der Spectra. — Id.
Ueber den Einfluss der Dicke und Helligkeit der strablenden Schicht auf das Aossehen
des Spectrums. — Kurlbaum. Bestimmung der Wellenl&nge Fraunhofcrscher Linien. — Pul-
frich, Ein experimenteller Beitrag zur Theorie des Regenbogens und der flberz&hligen
Bogen. — /rf. Ueber eine dem Regenbogen verwandte Erscheinung der Totalreflexion. —
JVolf, Bestimmung der chromatiscben Abweichung acbromatischer Objective. — Batter,
Ein einfacher Apparai zu Yorfdbrung aller Lagen zweier Punkte, welche eine gegebene
Strecke barmonisch theilen, sowie aller Lagen eines durch einen spbftrìscben Spiegel oder
eine spb&riscbe Linse erzeugten Bildes. — Angstrom. Die Volumen- und Dicbtigkeitsye-
rànderungen der Flflssigkeiten durch Absorption von Gasen. — Fromme. Zur Frage nach
dem Maximum des tempbrftren Magnetismus. — Id. Zur Frage der anomalen Magnetìsi-
rung. — V. Uljanin. Bemerkung zu einer Stelle in Hrn. Exner's Abhandlung flber Con-
tacttheorie. ~ Braun. Berichtigung, die Compressibilit&t des Steinsalzes betrefifend.
' Annalen (Justus Liebig's) der Chemie. Bd. CCXLII. Leipzig, 1887.
Beese. Ueber die Ein wirkung von Phtalsftureanbydrid auf Amidosàuren. — IVisli-
cenus. Ueber die Producte der Einwirkung von Pbtalyldichlorllr auf Natriummalonsfture-
ester. — Volhard. Ueber schweflige Saure und Jodometrie. — Polko. Ueber Butenyltricar-
bons&ure und Aethylbemsteìns&are. — Barnstein. Ueber Isobutenyltricarbons&ure und die
unsymmetrische Dimethylbernsteinsfture.— Volhard. Ueber Darstellung a-bromirter Sfturen. —
Mickaelis. Ueber die Verbindungen der Elemento der Stickstoffgruppe mit den Radicaien
der aromatischen Reihe. — Id. und Genzken. Ueber die drei isomeren Tritolylstibine. —
Levy und Englànder. Ueber die Oxydation des CopaivabalsamOla. — Graehe und Juillard.
Ueber Diphtalylsfture. — Thoms. Ueber den Bitterstoff der Ealmuswurzel, Entgegnung. —
DÒbner. Ueber a-Alkylcincboninsfturen und a-Alkylchinoline. — Id. und Oieseke. Ueber
a-Pbenylcinchonins&ure und ihre Homologen. — Moller. Ueber Jodalkylate des Cbinaldins. —
Id. Ueber Derivate des Tetrahydrochinaldins. — Hinz. Ueber JD-Benzoylchinaldin undj9-Di-
chinaldin. — Griepentrog. Ueber eine Bildnngsweise des Triphenylmethans und homolo-
ger Kohlonwasserstoffe. — Dóìmer und Petschotc. Ueber Verbindungen von Eetonen mit
Dimethylanilin und Diftthylanilin. — Fischer und Steche. Verwandlung der Indole in Hy-
drocbinoline. — Steche. Ueber einige Derivate des ^S-Napbtindols. — Fischer. Ueber das
Methylketol. -— Wagner. Azo- und Araidoderivate des Methylketols.
+Annales des ponts et chaussées. Nov-déc. Paris, 1887.
Nov. Alexandre. Port de Dieppe. Mémoire sur la construction de recluse d'aval du
bassin de Mi-Marée. — Gros. Note sur les càbles transporteurs aériens (système Gourjon). —
Murgue. Expériences faites à Bessèges pour déterminer la résistance & Tincurvation des
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— XLIII —
càbles métalliques. — DÉc. Nohlemaire. Les prìz de revient sur les chemins de fer et la
répartition du trafic. — Bricka. Note sur les formnles de résistance du fer et de Tacier
employées en Allemagne et sur Tapplication auz ponts métalliqnes dea résaltats des expé*
rìences de WOhler et Spangenberg. — Oalliot Étude sur les portes d'écluses en tdie. —
Clavenad. Le pian de rupture et la poussée dans les massifs cohérents et sans cohésion.
^Annales (Nouvelles) de mathématiques. 3® sér.jany. 1888. Paris.
Ilumbert Sur les arca des curbes planes. — Jfarchand, Solution de la question pro-
posée au concours general de 1885. — Id. Solution de la question proposée au concours
general de 1886. — Stieltjes. Sur une généralisation de la formule des accroissements
finis. — Faure, Sur un théorème de Chasles.
^Annals of the New York Academy of sciences, late Lyceam of Naturai Hi-
story. Voi. IV, 1-2. New York, 1887.
Kigenmann und Homing. A Review of the CbsBtodontidae of North America. — Car-
rington BoUon. Supplement to a Catalogne of Chemical Periodicals. — Lawrence, De-
scription of a New Species of Thrush from the Island of Grenada, West Indies. — Boll-
man, Notes on North American Julidae. — Hidden. On the Iron Meteorite which fell near
Mazapil, during the Stai>shower of November 27, 1885. — Lawrence. Descriptions of New
Species of Birds of the Families Sylviidae, Troglodjtidse and Tyrannid».
^Annuaire de rAcadémie r. des sciences de Belgique. 1888. Bruxelles.
^Anzeiger (Zoologischer). N. 26-270. Leipzig, 1887-88.
268. Sarasin. Enospenbildung bei Seestemen. — Beddard, On the so Called prostate
glans of the Oligochaeta. — /i. Note on the reproductive organs of Moniligaster. —
Veidovsky. Das larvale und definitive Excretionssjstem. — SchilL Antony van Leenven-
hoek's Entdeckung der Microrganismen. — 269. Fjektrup, Ueber den Bau der Haut bei
Globiocephalus melas. — Karsck, Scorpione mit KreisfOrmingen Stigmen. —
Boume, The vascular System of the Hirudines. — -^acAflria^. Vorschlag zur Grfindung
von zoologischen Stationen behufs Beobachtungen der Stisswasserfauna. — 270. Imhof,
Notiz ueber die microscopische Thierweli — Leydig. NervenendkOrperchen in der Haut
der Fische — Baur. Dermochelys, Dermatochelys oder Sphargis. — Cholod-
kowsky, Ueber einige Chérmes-Arten. — Imhof. Eines neues Mitglied der Tiefseefauna
der Susswasserbecken. — Zacharias. Ueber Psorospermium Haeckelii.
^Archaeologia or Miscellaneous tracts relating to Antiquity, pubi, by the So-
ciety of Antiquaries of London. Voi. L. London. 1887.
Freshfield, Mason's Marks at Westminster Hall. — Micklethwaite. A Note on the
Hall of William Bufns at Westminster. — Clarke, The west side of Westminster Hall. —
Freshfield. Some remarks upon the Book of records and history of the Parish of St. Ste-
phen. — Pullan. On recent excavations on the supposed site ofthe Artemisium near the
Lake of Nemi. — Middeton, On a saxon Chapel at Deerhurst. — Green, On the XV Cen-
tury Diptych of the Chevalier Philip Hinckaert, Chastelain de Tervueren, in Brabant. —
Parker. The Manor of Aylesbury. — Fortnum. The seal of Cardinal Andrea de Valle A.
D. 1517. — ffope. On the english mediaeval drinking bowls called Mazers. — Gomme.
On archaic Conceptions of property in relation to the laws of succession. — Nichols. Some
remarks upon the Begia the Atrium Vestae and the originai locality of the fasti Capitolini.
^Archives du Musée Teyler. Sér. 2% voi. Ili, 1. Haarlem, 1887.
Lorié. Contributions à la geologie des Pays Bas. IL Le diluvium ancien ou grave-
leux. n. Le Diluvium plus recent ou sableux et le système Eemien.
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— XLIV —
^Berìolite der deutschen Chemìschen GeseUschaft. Jhg. XX, 18 ; XXI, 1. Be-
lili, 1888.
XX, IS, Latsck%noto,JJe\>eT àie empirìsche Formel der CholsUare. — /app nnd Klinge-
mann. Zar EenntnisB der Benzolazo- nnd Benzolhydrazopropions&oren. — Raissert fieraer-
knng. — Gottschalk. Einwirkong yon Salpeters&are auf Pentamethylbenzol. — Meyer. Notìz
flber Orthocyanphenol. — Baitker. Ueber Tetramethyldiamidothiobenzophenon. — Lippfnanm
von. Ueber eine im Btibenrohzucker vorkommende redncirende Sabstanz. — Bischler, Conden-
sationsproducte ans Paratoluidin mit ParanitrobittermandelOl. — Lossen. Ueber die Lage der
Atome im Ramn. — Ekstrand und Johanson. Zur Kenntniss der Kohlehydrate. — Peters.TìeheT
die EinwirknDg yon wfissrìgem Anmioniak aof alkylisirte Acetessigsànrealkylester nnd den
Einfluss von Alkobolen auf die Carboxyl-Alkylgrappen der Acetessigester. — Bailey. Die
Componenten der Absorptionsspectra erzengenden seltenen Erden. — Damòergis. Analyse der
Mineralqnellen der Halbinsel Methana. — Polis. Ueber aromatiscbe Bleiverbindongen. —
Hantzsch und Weber. Berichtigimg. — Otto. Synthese der Anbydride aromatìscher Solfin-
s&oren. — Bamberger. Zur Kenntniss des Cbinolins. — Traube. Ueber die electrolytischc
Entstebung des Wasserstoff hyperoxyds an der Anodo. — Id. Berichtigung. — Knop. Ueber
die Einwirkung Ton Phosphorspentasulfid auf Anilin. — Weinberg. Ueber die Umlagenuig
der /J-Naphtylaminsulfosauren. — Kossel. Ueber das Adenin. IIL — Hill. Notiz uber die
Furfuracryls&ure. — Hollemann. Ueber die Einwirkungsproducte von Salpeters&ure 1.4 spec.
Gewicht auf Acetophenon. — Schall. Festes Orthojodphenol aus Jod und Phenolnatrìum. —
Id. und Dralle. Ein neues Brasilinderivat. — Rukemann. Ueber die Einwirkung von Ani-
moniak auf Aetber fetter S&uren. Zur Kenntniss des Pyrìdìns. — Skinner und Ruhemann.
Ueber die Einwirkung von Phenylhydrazin auf die Glieder der Hamstoflfreibe. — Pfordten
von der. Die niedrigste Verbindungsstufe des Silbers. — Meyer. Ueber die Darstellung von
Jodwasserstoff. — Fischer und Tafel. Syntbetische Versuche in der Zackergruppe. IL —
Schulze, Bemerkungen zur Titration von Pyridinbasen. — Wislicenus. Ueber den Óxal-
essigster. II. — Id. und Arold. Ueber den Methyloialessigester. — Raikow. Zur Ge-
scbichte der rc-Metbylzunmtsàure. — Japp und Klingemann. Ueber sogenannte ngemischte
Azoverbindungentt. — Afauzelius. Ueber die Einwirkung von rauchender Scbwefels&ure
auf salzaures a-Naptylamin bei niedriger Temperatur. — Id. Ueber die ai=arBromnapbta-
lins&ure. — Klason. Ueber Darstellung von Sulfhydraten und Sulfiden des Methans und
Aethans. — Id. Ueber Alkylpolysulfide. — Pictet und Duparc. Ueber Pi^AethylindoL —
Pictet. Ueber die Darstellung der secundàren aromatischen Amine. -> XXI, 1. Rùdorff.
Zur Constitution der LOsungen. I. — Meyer. Ueber die Constitution der gemischten
Azoverbindungen. — Braun und Meyer. Ueber die Aldine und das Eso-Amidoaceto-
phenon. — Biltz und Meyer. Ueber Siedepunkt und Molecularfonnel des Zinncblortirs. —
Meyer. Zur Darstellung der-/SJodpropionsaure. — Id. Ueber Vorlesungsieperimente mit
Chlorstickstoff; — Kipping. Versuche zur Darstellung von isomeren Naphtalinderiva-
ten. — Id. Ueber die Meta- und Paraphenylendipropionsàuren. — Id. Ueber Metar
und Paraphenylendiessigsauren. — Id. Notiz tiber die Darstellung von Isophtals&ure. —
Einorhn. Beitr&ge zur Kenntniss des Cocalns. — Bamberger und Lodter. Ueber die Re-
duction aromatischer S^urethiamide. — Urech. Zur thermodinamischen Formulirung des
Temperatureinflusses auf die chemische Boactionsgeschwindigkeit. — Móhlau und Krohn.
Ueber die Umwandlungen des Dimethylanilins und Monometbylanilins unter dem Einfluss
des Schwefels. — Lunge. Zur Theorie des Bleikammerprocesses. — Ansckùtz. Ueber die
Bildung von Phenylhydrazilsauren aus den Anhydriden zweibasischer Sàuren. — Otto. Ana-
logien zwìschen Ketonsiluren und alkylsulfonirten Fettsàuren. — Schall. Zur Dampfdichte-
bestimmung. — Billeter und Strohl. Ueber die Einwirkung von Thiopbosgen auf secun-
dare Amine. II. — Hinsberg. Ueber die Einwirkung der Natriumbisulfltverbindung des
Glyoxals auf aromatiscbe Monamine. — Meyer. Notiz tiber Benzol-Azomalons&ure. — Jor
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— XLV —
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Entstehung des Erzgebirges. — ^immermann. Die Pisanggewachse (mnsa). — Kramer.
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mination du nombre maximum des points doubles, proprement dits, qu'il est permis d'at-
tribuer arbitrairement à une surface algébrìque de degré m, dont la détermination est
complétée par d'autres points simples donnés. — Comu, Sur une objection faite à Temploi
d'amortisseurs électromagnétiques dans les appareils de synchronisation. — Charlois,
Observations de la comète d'Olbers, faites à TObservatoire de Nice (équatorial de Gautier,
de 0"»,38 d'ouverture). — Stanoiéwitch, L'éclipse totale du soleil du 9 aoùt 1887, observée
en Russie (Pétrowsk). — Janssen. Bemarques sur la Communication précédente. ^ Rauche,
Sur un problème relatif à la durée du jeu. — Bertrand. Démonstration du théorème énoncé
par M. E, Rouché dans la Note précédente. — Kosnigs. Déterminationi sous forme ezplìcite,
de tonte surface réglée rapportée à ses lignes asymptotiques, et en particulier de toutes
les surfaces réglées à lignes asymptotiques algébrìques. — Demartres, Sur les système de
courbes qui divisent homographiquement une suite de cercles. — Antoine, Sur les varia-
tions de temperature des gaz et des vapenrs qui conservent la méme quantité de chalenr,
sous des tensions différentes. — WiU, De Ténergìe nécessaire pour la création d*un
champ magnétique et Taimantation du fer. — Sabatier. Sur la vitesse de transformation
de Tacide metaphosphorique. — Lévy, Sur un alliage de titane, de silicium et d'alumi-
nium. — Jungfleisch et Léger, Sur quelques dérìvés de la cinchonine. — Caventou et
Girard, Action de Tacide oxalìque sur la cinchonine en présence de Tacide sulfurìque. —
RoìiX et Louise, Sur la densité de vapeur de raluminium-^thyle. — Oonnard, De la
genèse des phosphates et arséniophosphates plombifères de Roure et de Rosiers (Pont*
gibaud). — Sauvageau, Sur la présence de diaphragmes dans les canaux aérifères de la
Tacine. — Bimar. Recherches sur la dìstrìbution des vaisseauz spermatiques chez divers
mammifères. — Bieco, Sur les trombes. — Bordas. Sur une maladie nouvelle du vin en Al-
gerie. — 2. Comu. Sur le réglage du courant électrique, donnant à roscillation synchro^
nisée une amplitude déterminée. — Debray et Joly. Recherches sur le ruthénium : oxyda-
tion du ruthénium et dissociation de son bioxjde. — Broum-Siquard et d^Arsonval. Recher-
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— XLvni —
chea démontnnt qae Tair expìré par lliomme et les mammìfères à Fétat de aasiìé,
contìent un agent toxiqae très puissant. — Vemeuil, Dea abcès profonds etloiatans, consé-
cntifs à ranthrax. — Antoine, Yariation de temperature d'une vapeur comprìmée ou di-
latée, en conservant la méme chalear totale. — Picard. Bemarques sur les groupes de trans-
formatìons relatifs à certaiiies équations différentielles. — Lucas. Généralisation dn théorème
de Bolle. — Riemann. Sur une généralisation du principe de Dirichlet. — Deffbrges. Sor
la mesure de Tintensité absolue de la pesanteur. — Ledeboer. De Tinfluence de la tempe-
rature sur Taimantatìon. — Moureaux. Sur la valeur actuelle des éléraents magnétiqnes
à rObservatoire du pare Saint-Maur. — Bauhigny. Sur Temploi de Thydrogène sulfuré pour
purifier les sels de cobalt et de nikel. — Hautefeuille et Margottet. Sur les phosphates
de sesquioxyde de fer et d'alumine. — Vivier. Nouvelle méthode de dosage des nitrites. —
Lafant. Action de Tacide formique sur Tessence de térébenthine fran9aise. — Combes, Sur
les synthèses dans la sèrie de la quinoléine au moyen de Facétylacétone et de ses dérivés. —
Hénocque, — Des variations de Tactivité de reduction de Toxyhémoglobine chez Thomme sain
et chez Thomme malade. — Joyeux-Laffuie. Sur le système nerveux du Chétoptère (C. Va-
lencinii). — Rivière. Sur une nouvelle station humaine de Tàge de la pierre, découverte
dans les bois de Fausses-Reposes (Seine^trOise). — 3. Bertrand. Su/la loi de probabilité
des erreurs d'observation. — de Jonquières. Sur un trait caraetéristique de dissemblnnce
entro les surfaces et les courbes algébriques, d*où dépendent les limites respectives des
nombres de points doubles qu'il est permis de leur attribuer arbitrairement — Comu. Re-
marques sur la demière Note de M. Wolf. — Faye. Sur le tome HI des « Annales de TOb-
servatoire de Rio- Janeiro ». -— Brown-Séquard et d'ArsonvaL Nouvelles recberches sur les
phénomènes produits pas un agent tozique très puissant qui sort sans cesse des poumons
de rhomme et des mammifères, avec Tair ezpiré. — Vemeuil. Du tétanos spontané. — de Les-
8ep$. Sur le percement de risthme de Panama. — Albert de Monaco. Sur des courbes
barométriques enregistrées pendant la troisième campagne scientifique de r« Hirondelle ». —
Lelieuvre. Sur les lignes de courbure et les lignes asymptotiques des surfaces. — Lerch.
Sur une formule d'arithmétique. — Goursat. Sur les systèmes d'équations linéaires qui
sont identiques à leur adjoint. — d'Ocagne. Sur la détermination du chifire qui, dans la
suite naturelle des nombres, occupo un rang donne. — Defforges. Sur la mesure de Tin-
tensitè absolue de la pesanteur. — Lucas. Détermination électrique des racines réelles et
imaginaires de la dérìvée d*un polyndme quelconque. — Àfeslin. Sur la polarisation elliptì-
que par transmission à travers les métauz. — Janet. Sur Tapplication du pbénomène de
Taimantation transversale à Tétude du coefficient d*aimantatìon du fer. — Soret. Sur la
polarisation atmosphérique. — Mard. Sur la solubilité décroissante des sulfates. —
ffenninger et Sanson. Présence d'un glycol dans les produits de la fermentation alcooli-
que du sucre. — Haller et Held. Sur Tacétyloyanacótate de méthyle. — Wurtz. Sur la
présence de bases yolatiles dans le sang et dans Tair ezpiré. ~ Meunier. Conditions
géologiques du gisement phosphaté de Beauval (Somme). — Dastre. Ròle de la bile dans
la dìgestion des graisses, étudié au moyen de la fistule cholécysto-intestinale. — Heckel.
Sur le traitement préventif du «rouge de la morue». — Dechevrens. Réponse àM. Faye,
sur la critique qu'il a faite de mes ezpérìences sur les trombes artificielles. — Henger.
Les applications de la photographie en meteorologie. — de Tillo. Bépartition symétrique
des centres des quatre principauz continents. — 4. Tisserand. Remarque à Toccasion d'une
Communication de M. J. Bertrand. — Bertrand. Probabilité du tir à la cible. — de Jon-
quières. Sur quelques notions, prìncipes et formules, qui interviennent dans plusieurs que-
stìons concemant les courbes et les surfaces algébrìques. — Comu. Sur le cadran solaire
portatif de M. Faivre. — Meunier. Contribution à Thistoire des organismes problémati-
ques des anciennes mers. — Joumée. Sur la yitesse de propagation du son produit par les
armes à feu. — Bisset. Nouvelles ezpérìences relatives à la désinfection antiphyllozérìque
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— XLIX —
des plaats de vigne. — Roger, Sur les distances mojennee des planètes aa soleil. —
Tacchini, Résumé des obseirations solaires faitos à Rome pendant le qaatrième trimestre
de 1887. — Sijfert Sur les phases de Jupiter. — Rouché, Sur la darée dn jeu. — Voyer,
Sur un ploblème da calcai des probabilités. — ffumòert, Sar les lignes de co arbore des
cyclides. — Hadamard, Sar le rayon de convergence des séries ordonnées suivant les pais-
sances d'une variable. — Autonne, Snr Tapplication des sabstitutions quadrati qaes crémo-
niennes à Vintégration de Téqaation différentielle da premier ordre. — Pincherle. Sur une
généralisation des fonctions ealérìennes. — Lucas, Résolution électriqae des éqnatìons al-
gébriques. — Ditte, Action de Tacide yanadiqne sar les fluorares alcalins. — Engel. Action
de Tacide cblorhydiique sor le chlorure caivriqae; chlorhydrate de chlorure caivrique. —
Pouchet Note sor des combinaisons des dérìvés métalliqaes des pbénols avec les chlora-
res mercureux et caivreax. — Istrati, Sor les francéines. — Lindet Sur le dosage des
bases dans les flegmes industrìels. — Bourquelot. Sor la fermentation alcooliquc da ga-
lactose. — Maquenne, Sur Tacide galactose-carbonique. — GrékanL Sur les accidents pro-
duits par Toxyde de carbone. — Martin. Sur Tanesthésie prolongée et continue par le mé-
lange de protoxyde d'azot« et d'oxygène sous pression (méthode Paul Bert). — Béchamp.
Sar la zymase de Fair expiré par Tbomme sain. — Billet. Sur le cycle évolutif et les
variations morphologiques d'une nouvelle Bactériacée marine (Bacterium Lamina-
ri a e). — Rietscht Johert et Martinand. L'epidemie des porcs à Marseille, en 1887. —
Koehler. Sur la doublé forme de spermatozoTdes chez lesMurexbrandaris et irun-
culus et le développement de ces spermatozoldes. — Brunette. Recherches sur la structure
de roeil chez un Branchiomma. — Giard et Bonnier. Sur deux nouveaux genres d'Épica-
rides (Probopyrus et Palegyge). — Fol. Sur la structure microscopique des muscles
des iTòllusques. — Roule, Sur la structure histologique d'un Oligochfiete marin apparte-
nant à un genre nouveau. — ffovelacque. Sur les tiges souterraines de TUtricularia
montana. -— Ifer. Des causes qui produisent l'exentrìcité de la moelle dans les si^ins.
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By HFE. IIpeABapHTejbHHft othotb 06% 3KcueAHi;ÌH uà HoBO-CHÓapcKie ocxposa.— IIETPH.
3aAa>iH Haywoft Feorpac^iH. — POBHHCKIH. MipoBoaaptHie nepHoropueirb (iipoAo.iaeuie}. —
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Construction.
* Journal de la Société physieo-chimique russe. T. XIX, 9. St. Pétersbourg, 1888.
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Tétat gélatineux des substances albuminoldes. -— Somoff, Sur le nombre des paramètres
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-^ LI —
qui déterminent le déplacement d'une chaine cinématìque. — Rosenberg, Sur la dépen-
dance de la couleur du corps de Tangle qui font les rayons incidente aree la surface du
corps.
■^Journal de Physique théorique ed appliquée. 2® sér. t. VII. Janv. 1888, Paris.
Duhem. Sur quelques propriétés des dissolutions. — Fotissereau. Sur Tinfluence de
la pression dans Taltération des chlorures par Teau. — Id. Sur la décomposition réver-
sible de divers sels par Teau. — Leduc, Sur la période variable d'un courant dans le circuit
d'un électro-aimant de Faraday.
^Journal fùr die reine und angewandte Mathematik. Bd. CU, 3. Berlin, 1887.
Perott Sur Tóquation f* — i)tf* = — 1. — Kònigsherger, Untersuchungen lìber die
Existenz eines Functionaltheorems. — Bigler. Ueber Gammafunctionen mit beliebigem
Parameter. — - Scheilmer. Ueber die Producte von drei und vier Thetafunctionen. — Kro-
necker, Bemerkungen Uber die Jacobiscben Thetaformeln.
^Journal of the chemical Society. N. CCCII. January. London, 1888.
Perkin. Synthetical Formation of Closed Carbon-chains in the Aromatic Series. Part I.
On some Derivatives of Hydrindonaphtbene and Tetrahydronaphthalene. — Kipping. Syn-
thetical Formation of Closed Carbon-chains in the Aromatic Series. Part II. — Pattison
Muir and Adie. Contributions from the Laboratory of Gonville and Caius College, Cambridge.
No. X. — The Interaction of Zinc and Sulphuric Acid. — Camelley and Walker, The De-
hydration of Metallic Hydroxides by Heat, with special reference to the Polymerisation of
the Oxides, and to the Periodic Law. — EUworthy. Note on a Modification of Traube's
" Capillarimeter ". — Laurie, The Constitution of the Copper-zinc and Coppei>tin AUoys. —
Crompton. An Extension of Mendeléeff 's Theory of Solution to the Discussion of the Electri-
cai Conductivity of Aqueous Solutions. — Armstrong. Note on Electrolytic Conduction and
on fividence of a Change in the Constitution of Water: an Addendum to the foregoing
Paper. — Dunstan and Dymond'. On the AUeged Existence of a Second Nitroethane. —
Goti aud Pattison Muir. Contributions from the Laboratory of Gonyille and Caius College
Cambrige. No. XI.— Bismuth lodide and Bismuth Fluoride. — Stuart. Halogen substitu-
ted Derivatives of Benzalmalonic Acid.
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London, 1887.
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Jdssop. The mechanical tracing of curves. — Cayley. On Rudio's inverse centro-surface. —
Johnson. On self-conjugate polygons and polyhedra. — Greenhill. Complex multiplication
of Elliptic Functions. — Workman. The theory of the singular solutions of integrable diffe-
rential equations of the first order. — 87. IVorkman. The theory of the singular solutions
of integrable dififerential equations of the first order. — Hart. Note on a system of cubie
curves. — Dixon. On Abel's theorem. ~ Herman. On the motion of two spheres in fluid
and allied problems. — Sharpe. Motion of compound bodies through liquid. — ìVaìton,
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— Ul —
Oh a physic&l property of a certain gen^rator of the ware-mn&ce of a bfaxìs erystaL —
Cookie. Sccond addeodnm on the relatioDs of certain symhols. — CayUy, On multiple
algebra. ~ 88. Cayley. On multiple algebra. — Workman. The theory of the singnbar
Solutions of integrable differential equations of the first order. — Johnson. Symmetric pro-
ducts in relation to curves and surfaces. — Herman, On a problem in fluid motion.
^Lumière (La) électrique. T. XXVI, 52-53; XXVII, 1-4. Paris, 1888.
^Mélanges d'archeologie et d'histoire. Année Vili, 5. Rome, 1887.
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Saint-Georges au Vélabre. — Jabre. Un nouveau catalogne dea églises de Rome. — Auvray,
Une source de la « Vita Roberti Regis » du moine Helgaud. — Noiret Huit letkes iné-
dites de Démétrius Chalcondyle.
^Mémoires et Compte rendu des travaiii de la Société des ingénieurs civils.
1887. Nov.-dóc. Paris.
Nov. Cerbelaud. Le Congrès intemational des chemins de fer (2« session) Milan 1887. —
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bilità des phosphates et leur utilisation en agriculture. — DÉc. Martin. L'éclairage électri-
que aux États-Unis, en mars 1887. — Gaget. Secours contre Vincendie dans les théàtres. —
Lévy. Mouvement de l'eau dans les tuyaux circulaires. — Vallot Table pouf le calcul der
conduites d'eau.
"^Mémoires de la Société des naturalistes de la Nouyelk Bossie. T. XII, 1.
Odessa, 1887.
Umoio. Ueber die Gesetze der LOslichkeit einiger Salze. — Balaschewa. De Tinfluencc
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des mollusques. — Klossovsky. Sur les osciUations de la temperature et la densité de Veau
de la mer Noire à Odessa. — Woltke. Zur Entwiklungsgeschichte d. Urospora mirabili s
Aresch. — Saveliew. Les propriétés du psychromètre. — Nusbaum. Zur Entwicklungsge-
schichte d. Mysis Chamal. Thomp. — Khawkine. Lois de Thérédité appliquées ani orga-
nismes unicellaires.
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but not Existing». — Id. Corrigenda in Various Star Catalogues. — Comstock. Ratio of
Meter to Yard. — Billings. On Composite Photography as applied to Craniology. —
Matthews. On Measuring the Cubie Capacity of Skulls. — Billings and MaUhetvs. On a
New Craniophore for Use in Making Composite Photographs of SkuHs. — Packard. On
the Syncarida, a hitherto Undescribed Synthetic Group by Extinct Malacostracous Crusta-
cea. — Id. On the Gampsonychidae, an Undescribed Family of fossil Schizopod Crustacea. —
Id. On the Anthracaridae, a Family of Carboniferous Macrurous Becapod Crustacea. —
Id. On the Carboniferous Xiphosurous Fauna of North America. — Cope. On Two New
Forms of Polyodont and Gonorhynchid Fishes from the Eocene of the Rocky Mountains.
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8-4. Wien, 1885-1887.
XV, 4. Eadirnsky und Szombathy, Urgeschichtliche Forschungen in der Umgegend
von Wies in Mittel-Steiermark. II. — XVII, 3-4. IIoll Ueber die in Tirol vorkommenden
Schàdelfomien. — Finsch. Abnorme Eberhauer, Pretiosen im Schmuck der Sfldseevfilker. —
Baumann. Beitrage zur Ethnographie des Congo.
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— LUI —
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ctionen. — Heinricher, Histologische Dififerenzierung der pflanzl. Oberhaut. — Grajf, Die
Fauna der Alpenseen. — Hauf. Oniithologische Beobachtnngen am Puitteiche tmd dessen
Umgebung tos Junì bis December 1886. — M^mimez. Ueber einige se^teneve £r8chei-
Dungen in der Vogelfanna Osterreich-Ungarns. — ReiòenschuL ChemiBche UntersQchung
neuer MlDeralquellen Steiermarks (Fortsetzung). IV. Der HygiearSprudel. — V. Der Sauerbru-
nnen zn Radein. — Ilatle. Mineralogische Miscellaneen ans dem nataristorhischen Museum
am Joanneum. — Prohaska. Die Gewitter des Jahres 1886 in Steiermark, Kàrnten und
Oberkrain. — Wilhelm, Die atmospbarischen Niederschl&ge in Steiermark in Jabre 1886.
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\Natarforscher (Der). Jhg. XX, n. 49-52 ; XXI,n. 1-2. Tubingen, 1888.
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mata Nath Bose. The Iron Indnstry of the Western Portion of the District of Baipnr. —
Jones, Notes on Upper Bnrm^.. — King. Bering Exploration in the Chhattisgarh Coal-
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papers on Himalayan Geology and Microscopie Petrology.
^Bepertorium der Physik. Bd. Xlll, 12. Mùnchen-Leipzig, 1887.
Nadeschdin, Ueber die Spannkraft der gesàttigten D&mpfe. — Weinkold. Ueber
Quecksilberdestillirapparate. — Lecher. Neue Versuche uber den gaWanischen Lichtbogen. —
Luggin. Bine einfache Methode zur Vergleichung magnetischer Felder. — Kohlrattsck.
Ueber die Herstellnng sehr grosser genau bekannter elektrischer Widerstandsyerhàltnisse
und ùber eine Anordnung von Rheostatenwiderstànden. — Burton. Ueber den Werth von
„x" far ein vollkommenes Gas.
+Beport (IV**^ Annual) of the Bureau of Ethnology 1882-83. Washington, 1886.
+Beport (VI Annual) of the United States Geological Surwey. 1884-85. Wa-
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^Bésumé des séances de laSociété des ingénieurs civile. Séance du 6 et 20 jan-
vier. Paris, 1888.
+Bevista do Observatorio de Bio de Janeiro. Anno II, 12. Decembre 1887. Bio
de Janeiro.
+Bevue Internationale de l'électricitó et de ses applications. T. VI, 49, 50. Pa-
ris, 1888.
^" Berne (Nouvelle) historique. Année XI, 6, nov.-déc. 1887. Paris, 1887.
Oérardin. Le lega de la chose d'autrai. — Beauchet. La loi de Vestrogothie.
+Bevue scientiflque. T. XLI, n. 1-5. Paris, 1888.
^Bevue politique et littéraire. T. XLI, n. 1-5. Paris, 1888.
■^Bundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. Ili, n. 1-5. Braunschweig, 1888.
+Skrifter (Vidensk. Selskab) 6« B. Naturw. og math. Afd. IV, 4. Kióbenhavn, 1887.
Lutken. Tillaeg til Bidrag til Eundskab om Arterne of Slacgten Cyamus Latr.
eller Hvallusene.
■^Tijdsehrift (Natuurkundig) voor nederlandsch-Indié. Ser. 8', Deel VII, Bata-
via, 1887.
+Transactions and proceedings of the New Zealand Institute. Voi. I, IX, XV.
1875-76. 1883.
•^Transactions of the Seismological Society of Japan. Voi XI.
Milne. Earth Tremors in Central Japan. — Seikei Sekiva. The Severe Japan £arth-
quake of the 15th of Janaaiy, 1887. — Milne, Earthquake EfFects, Emotional and Moral. —
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— LV —
Id, On Construction in Earthquake Countries. — Seikei Sekyva. A Model showing the
Motìon of an Earth-particle during an Earthquake.
■^Verhandlungen der k. k. Zoologisch-botanischen Geselleschaft in Wien. Jhg.
1887. Bd. XXXVII, 3, 4. Wien.
m. Brauer. Ueber die Verwandhng der Meloiden. — Grobhen, Ueber cine Missbil-
dung von Taenia saginata Goeze. — ffagen. Ueber Plothus cursitans. -— Id.
Neurobasis und Vestalis. — Lorenz v. Bericht tlber eine omithologische Studien-
reise. — Mayr, SUdamerikanische Formiciden. — Komhuher. Ueber das in der Wiener
Flora eìngebiirgerte Carum Bulbocastanum (L.) Koch. — Kronfeld. Hat Goethe da»
Ergr&nen der Coniferenkeimlinge im Dankleo entdeckt ? — 0$termeyer. Beitrag zar Flora
der jonischen Inseln Corfù, Sta. Maura, Zante, Cerigo. — SchuUer von Mùggenòurg, Be-
merkungen zu dem Aufsatze Haszlinski^s : „Einige neue oder wenig bekannte Discomy-
ceten". — Stapf, Drei neue Iris-Arten. — Wettstein, Ueber zwei ftlr NiederOsterreicli
neue Pfianzen. — Id, Ueber eine Stengelfasciation ron Lilium candidus. — IV. Lorenz v.
Ueber das Auftreten der Alca torda in der Adria. — Rogenhofer, Ueber das Auftreten
von Heliothis armiger in Europa. — Beck. Die in den Torfmooren NiederOsterreichs
Yorkommenden FOhren. — Breidler. Bryum Beyeri nov. spec, — Burgerstein, Mate-
rialien zu einer Monographie betreffend die Erscheinangen der Transpiration der Pfianzen. —
Hackel. Ueber das Vorkommen von Leersia hexandra Sw. in Spanien. — Haldcfy v.
Ciraiuni Vindobonense nov. hybr. — Kra&ser, Zerklflftetes Xylem bei Clematis
Vitalba L. — Id, Zur Kenntniss der Heterophyllie. — Kronfeld, Ueber das Doppelblatt. —
Id. Ueber Wurzelanomalien bei cultivirten Umbelliferen. — Afolisck. Ueber Wurzelauss-
cheidungen. — Procopianu-Procopovici. Beitrag zur Kenntniss der Gefàsskryptogamen der
Bukowina. — Eassmann. Ueber die Flora der Tlirkenschanze wfthrend der letzten fflnf
Jahre. — Rdthay, Ueber die Geschlechtsverh<nisse der Reben und ihre Bedeutung fOr
den Weinbau. — Richter. Ueber die Gestalt der Pfianzen und deren Bedeutung ftlr die
Systematik. — Sennholz, Ueber zwei neue Garduus-Hybrìden und einige neue Standorto
von solchen und einer Cirsium-Hybride. — Stapf, Ueber die Schleuderfrflchte der Al-
stroemeria psittacina. — Stofil. Ueber das Auftreten des Lepidi um majus Darr.
in Oesterreich. — Wettstein v, Pinus Cembra L. in NiederOsterreich. — Id. Ueber die
systematische Verwerthung der Anatomie der Coniferen. — Zukal, Ueber die AscenMchte
des Penicillium crustaceum Lk.
^Verhandlungen der Physiologischen Gesellschaft zu Berlin. Jhg. 1887-88, 1-4.
Berlin, 1888.
^Yerhandlungen des Yereins zur Befórderung des Oewerbfleisses. 1887 HeftX.
Berlin.
Moller und Lùhmann, Ueber die Wiederstandsfòhigkeit auf Druck beansprucht<;r
eisemer Bankonstmktionstheile bei erhohter Temperatur.
^Viestnik hrvatskoga arkeologickoga Druztva. God. X, 1. U Zagrebu, 1888.
Prima scoperta preistorica dì abitazione dell'epoca della pietra nel nostro regno. —
Monumenti di forma speciale dell'epoca della pietra, scoperti in Dalmazia ora nel Museo
archeologico in Zagabria. — Insigne iscrizione romana. — Zlatovic, Antichità croate in
Knin. — Tributo agli antichi monumenti croati e d'ornamento da Nona. — Vukasovic,
Iscrizioni antiche bossìnesi in Bossina e in Hercegovina (Gontinuazione). — Intorno il
progresso della scienza archeologica nel nostro regno croato.
+Woclienschrift des dsterr. Ingenieur- und Architekten Vereines. Jhg. XIII, 1-4.
Wien, 1888.
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— LVI —
^Zeiteelurift der deutschen moigenl&ndischen GesellBcbaft. Bd. XLI, 3. Leip-
zig, 1887.
Vollers. Beitrft^ zar Eenntniss der lebenden arabischen Sprache in AegypteD. — von
Amhard. Die Wasserweihe nach dem Ritus der àthiopischen Kirche. — Klamrotk, Ueber
die AuszQge aus griechischen Schriftstellern bei al-Ja*qùbi. — Gelzer. Àogyptisclies. —
von Wlislocki. Màrchen des Siddhi-Kur in Sietenbflrgen. — ffimly. Anmerkungen in Be-
ziehnng aaf das Schach- und andere Brettspiele. — Aufrecht. Bemerkungen. — Bollensen.
Beitr&ge zar Eritik des Veda. — Oldenberg. Die Adhyàyatheilang des Rigveda.
^Zeitschrift des historischen Yereines far Niedersachsen. Jhg. 1887. HannoTer.
Bothmarm. Herzog Jalias vonBrannschweig als deat«clier Beichsfì&rst, 1568-1589. —
Ulrich. Zar Geschicfate der Grafen von Roden in 12. n. 13. Jabrh. — Id. Die Wa^bstafeln
der Kaafmannsinnang in Hannover. — Erler. Zar Geschicbte dea Bisthams Veiden in den
Jabren 1395-1402. — Bohlmann. Zur Geschicbte des Dorfes Eilte im Kreise FallingbosteL —
Bodemann. Neae Beitr&ge zar Geschichre der Celliscben Herzogìn Eleonore geb. d'Olbrense.—
Id. "WHete Ortscbaften ìa der Provinz Hannover, nacb officiellen Bericbtea der Aemter u.
Stadie in J. 1715, — Jd, Die angebliche Conversion des Prinzen Maximilian von Hannover
im J. 1695. — Koldewey. Die Verschiedenen Ansgaben der Eirebenordnong des Henogs
Jalias von Brannsehweig-Wolfenbtlttel. — /anicke, Das Weinamt der Damberren m
Hildesbeim. I.
•Zeitschrift des ósterr. Ingenieur- una Architekten-Vereins. Jhg. XXXIX, 4.
Wien, 1887.
Lorenz. Die transkaakasiscbe Einsenbabn. — KohvÀ. Adbftsions- und Zabnradbahn
fllr den Erztransport in Marienbfttte bei Golnitz (Ungam). — Auer. Die Qaaderbossiran-
gen der italieniscben Renaissance.
'Zeitschrift (Històrische). N. F. Bd. XXIII, 2. MuBchen-Leipzig, 1888.
V. Beloìo. Zar Entstebnng èer denlscben Stadtverfassang. — GehhardL Mattbias DOring
der Minorìi — Der Unprang des deatscben Yerwaltnngsratbes von 1813.
^ Zeitschrift fur Naturwissenschafte. 4« Folge, Bd. VI, 3, 4. Halle, 1887.
Borkert. Beitràge zar Kenntniss der dilnvialen Sedimentaergoscbiebe in der Gegend
von Halle a. S. — Weiss. Ueber Cholin and verwandte Verbindungen.
Pubblicazioni non periodiche
pcarf«BiiCe atrAocadeHia nel mese di febbraio 1888.
Pubblieeunoni italiane.
*Alvim F.~l calendari, émc 38-34. Firenze, 1888. 8^.
* Baro //lo F. e Sforza G. — Compendio di chirurgia di guerra. B;oma, 1887. 8^
^Brassari E. — Due nuovi anemometroscopi registratori. Roma, 1888. 4«.
•/d. — Sismosoopi o avvisatori sismici. Roma, 1888. 4®.
^ Bruma T. — Precetti e sentenze di Plauto. Roma, 1888. 8®.
* Catalogo della Biblioteca del Ministero della guerra. 1<* suppl. Roma, 1887. S^".
'^Gabotto F. — Giasoa del Maino e gli scandali universitari nel quattrocento.
Torino, 1888. 8^
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— LVII —
*Giovannueei ff. — Le italiane Tennopili. Tragedia, 1888. 8^
+ Oecioni-Bonaffom 6. — Bibliografia storica friulana dal 1861 al 1885. Voi. II.
Udine, 1887. 8^
^Palagi F. — Sulla costituzione della nebbia e delle nubi. Nota 2*. Firenze,
1888. 8^
*Parona C. — Appunti storici di elmintologia italiana a contributo della co-
rologia elmintologica umana in Italia. Milano, 1888. 8".
"* Plauto. —^ I prigionieri di guerra (captivi). Commedia tradotta da S. Cognetti
de Martiis. Trani, 1887. 8^
*Polt A. — Sulla misura delVingrandimento dei disegni degli oggetti micro-
scopici. Parma, s. d. 8**.
*/rf. — Sul modo di valutare ed indicare razionalmente gl'ingrandimenti del
microscopio e delle immagini microscopiche. Eoma, 1887. 8°.
*Puleio D. — Il vero fine della civiltà nella nuova comprensione della ragione.
Eoma, 1888. 8^
* Ragazzi V. — Da Antoto ad Harar. Note di viaggio. Roma, 1888. 8°.
* Revello L. E. — Elogio del comm. avv. Angelo Morello. Genova, 1888. 8**.
* Salomone- Marino S. — Studi di clinica medica. Palermo, 1887. 8®.
■^Statistica giudiziaria civile e commerciale per Tanno 1885. Roma, 1887. 4*.
* Taceìdni P. — Sul clima di Massaua. Relazioni a S. E. il Ministro della
guerra. Roma, 1888. 4^
Pubblicazioni estere.
*Benedikt M. — Kraniometrie und Kephalometrie. Wien, 1888. 8^.
^Beobachtungen der russischen Polarstation and der Lonamundung. Il Th. Me-
teorl. Beobacht. 2« Lief. Beobacht. v. Jahre 1883-1884. S. Petersburg, 1887.
* Cailler C. — Recherches sur les équations aux dérivées partielles et sur quel-
ques points du calcul de généralisation. Genève, 1887. 8"".
* Catalogne de TObservatoire de Paris. T. I (0** A VP.). — Positions observées
des étoiles. — Etoiles observées aux instruments méridiens de 1887 à
1881. Paris, 1887, 2 voi. 4^
* Chantre E. — Recherches anthropologiques dans le Caucaso. T. I-IV avec Atlas.
Paris, 1885-87. 4o.
Fauna und Flora des Golfes von Neapel und der angrenzenden Meeres. —
Abschnitte herausg. von der zoolog. Station zu Neapel. XV {Kochy Die Gor-
goniden), — XVI, 1, 2 {Eisig, Die Capitelliden). Berlin, 1887. 4°. acq.
^Holden E. S. — List of recorded Earthquakes in California, lower California,
Oregon and Washington territory. Sacramento, 1887. 8".
*Julliot G. — Quelques inscriptions romaines des Musées de Sens et de Lyon.
Sens, 1877. 8^
Lebensbild des Prof, der Mineralogie an der Universitàt Dorpat Dr. Constantin
Grewingk + 18/30 Juni 1887. Dorpat, 1887. 8^
Bullettino-Rbndiconti, 1888, Vou IV, V Sem. 8
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— LVllI —
Léonard de Vinci. — Les manuscrits. — Ms. B et D de la Bibliothèqae
de rinfltitut publiés en fac-sìmilés (procède Arosa) ayec transcription
littérale, trad. fran9aise & par Ch. Bavaisson-Mollien. Paris, 1881-83. f.^
(acquistato).
* Maeoun /. — Catalogue of Canadian pianta. Part III. Apetalae. Montreal,
1886. 8^
*Mission scientifique du Gap Hom 1882-88. T. IV (Geologie) ; VI (Zoologie:
Arachnides). Paris, 1887. 4«.
^Petrik L. — Ueber ungariscbe Porcellanerden, mit besonderer Berùcksichti-
giing der Shyolith-Kaoline. Budapest, 1887. 8<>
* Zsigmondy W. — Mittheilungen uber die Bohrthermen zu Harkàny &. Post,
1878. 8^
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di febbraio 1888.
Pubblicazioni italiane.
^Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani. Anno II, 4.
Roma, 1888.
Magamini, La bonificazione di Barana. — Vacchelli. Sulle travi continue ad arco. —
Lampugnani. Congresso intemazionale ferroviario. Le traverse metalliche e Timpiego del-
l'acciaio nei ponti.
^Annali di agricoltura. 1887, n. 143. Roma.
Rotondi. Sull'industria deiramido e sulle principali applicazioni delle sostanze ami-
dacee nei rapporti colFagricoltura.
■^Annali di chimica e di farmacologia. Ser. 4, voi. VI, n. 1 gen. 1888. Milano.
Borgiottù Studio clinico suU'azione terapeutica delPAdonis ^Gstivalis. — Piutti.
Sintesi deU'acido aspartìco. — KoherL Ptomaine e sostanze analoghe. Sunto e traduzione
del Compendio di tossicologia pratica.
+ Annali di statistica. Ser. 4% n. 17. Roma.
Atti della Commissione per la statistica giudiziaria, civile, commerciale e penale.
Sess. del 1887.
♦Annuario della r. Università di Bologna. Anno 1887-88. Bologna, 1887.
Bertolinu Bologna nella storia del Risorgimento italiano.
•«•Annuario della r. Università degli studi di Roma per l'anno scolastico 1887-88.
Roma, 1888.
Moleschott» Per una festa della scienza.
•^Annuario della r. Università degli studi di Torino per Tanno accademico
1887-88. Torino, 1888.
LumbroBO. Le nuove conquiste della psichiatria.
■«■Annuario meteorologico italiano. Anno I (1886), III (1888). Torino, 1886-88.
■^Annuario militare del regno d'Italia. 1888. Roma.
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— LIX —
^Ateneo (K) Veneto. Serie 11% voi.. II, n.3-5. Venezia, 1887.
Faàris, La Mostra nazionale di belle arti in Venezia. — Bernardi. Giuseppe Ja-
copo Ferrazzi. — Castellani, £a stampa in Venezia dalla sna orìgine alla morte di Aldo
Manuzio seniore. — Morsolin. Tito Perlotto e Um( Foscolo. — Marchesi, L'età eroica
della Repubblica veneta.
+Attì della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 2, 3. Torino, 1888.
Oeìd. Contribuzione allo studio della circolazione del sangue. — Jadanza. Sul cal-
colo degli azimut mediante le coordinate rettilinee. — NaccarL Sui calori specifici di alcuni
metalli dalla temperatura ordinaria fino a 320<>. -- Charrier. Lavori deirOsservatorio astro-
nomico di Torino. — Bollati di Saint-Pierre. Un inedito documento sulla battaglia di
Guastalla. — Giacomini. Su alcune anomalie di sviluppo deirembrione umano. — Sacco.
Studio geologico dei dintorni di Guarene d'Alba. — Charrier. Lavori deirOsservatorio
astronomico di Torino. — Ferrerò. Di alcune iscrizioni romane della valle di Susa.
♦Atti della r. Accademia economieo-agraria dei Georgofili di Firenze. Ser. 4*,
Yol.X, 4. Firenze, 1887.
De Stefani. Sulle ligniti della valle di Serchio.
■*Atti della Società dei naturalisti di Modena. Memorie. Ser. 3*, voi. VI. Ren-
diconti. Sen 3*, voi. III. Modena, 1887.
Memorie. Cenni sul clima di Marcia. — Silipranti. Contribuzione alla flora dei din-
tomi di Not^. — Pantanelli e Montese. Cenno monografico intomo alla fauna fossile di
Montese. — Picaglia. Contribuzione all'erpetologia di Bellavista (Rep. Argentina). — Ca-
panni, Cenni intomo alla corrente ciclonica che fece la traversata del Correggese la notte
del 4 al 5 agosto 1886.
"^Atti della Società veneta-trentina di scienze naturali residenti in Padova.
Voi. XI, 1. Padova, 1888.
Sicher ed Arrigoni degli Oddi. Alcuni uccelli anomali del Veneto, — Miani. Di alcuni
crostacei isopodi terrestri osservati nel Veneto. — Berlese. Intomo ad alcune specie poco
note del genere Leptosphaeria. — Canestrini. Esperienze sopra alcuni effetti prodotti
dalle scintille d'induzione. — Paoletti. Revisione del genere Tubercularia. — Corde»
nons. Antichità preistoriche anariane della Regione euganea. — Canestrini. Intorno ad alcuni
acari ed opilionidi dell'America.
^Atti del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. 6*, t. VI, 2. Ve-
nezia, 1888.
De Toni e Levi. Flora algologica della Venezia (Parte IH, le Cloroficee), — Ahetti.
Osservazioni astronomiche fatte a Padova nel 1887. — Lazzeri. Le curve e le sviluppabili
multiple di una classe di superficie algebriche. — Bellati e Lussana. Alcune ricerche elet-
triche sui seleniuri di rame e d'argento, Que%^%kg%%e. Nota. — Favaro. Intomo ad alcune
applicazioni sul metodo delle equipollenze. — De Giovanni. Sullo sforzo cardiaco. — Ca-
vagnis. Contro il viras tubercolare e contro la tubercolosi. Tentativi sperimentali. — Id.
Deirimmunità artificiale della tubercolosi. — Id, Appendice. L'allattamento per parte di
animali tubercolosi: il latte, il sangue, la bile d'animali tubercolosi. — Tamassia. Una
vecchia questione nella diagnosi della morte per annegamento. Ricerche sperimentali. —
Levi. Su Cheronzio Augustale, Taide da Licopoli e Publio Clodio Quirinale. Memorie tre
di scoperte archeologiche.
*Atti e Memorie delle r. r. deputazioni di storia patria per le Provincie mo-
denesi e parmensi. Ser. 8*, voi. IV, 2. Modena, 1887.
Sola, Curiosità storico-artistico-letterarie tratte dal carteggio dell'inviato estense Giu-
seppe Riva con L. A. Muratori. — Ceretti. Giovanni di F. Pico. -— Vischi. Come L. A,
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— LX —
Muratori fosse chiamato Dottore all^Ambrosiana di Milano. — Sandonnino. Un famoso
bandito Modenese. — Levi Aica Trayeraari, aneddoto Salimbeniano. ■— CrespeUani. Scavi
del modenese (1886-87).
^Bullettino della Commissione archeologica commiale di Boma. Amio XYI, 1.
* Roma, 1888.
Lanciarli. La Venus hortorum Sallustianorum. — ^or«ari. Le mura e porte
di Servio. — Gatti. Antichi monumenti esistenti in s. Stefano del Cacco. — - Id. Trova-
menti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana.
*Bullettino della sezione dei cultori delle scienze mediche nella r. Accademia
dei fisiocritici di Siena. Anno VI, n. 1. Siena, 1888.
Toscani. Sul lavoro intemo ed estemo della coppia galvanica. — Bemabei e Sana-
relli. Prime rlcherche bacteriologiche sperimentali nel Caucaso.
* Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 3, 4.
Roma, 1888.
Ceri etti. Le malattie dei vini e la r. Stazione di patologia vegetale. — Feletti. Cenni
sulla viticoltura ed enologia del Canavesano. —' Lunardoni. Metodi curativi per combat-
tere la filossera. — Cerletti. Commissione enologica in Sicilia. — Boldi. Confronti econo-
mici suU'impianto della vigna in Puglia.
^Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 3*, voi. I, 2. Roma, 1888.
Memorie e Relazioni: Notizie del do'tt. L. Traversi. — Le recenti collezioni del
doti V. Ragazzi. — Badia. L'emigrazione svedese. — Franco Grillo. H Rio di Chopim. —
Marinelli. L'opera del prof. Umlauft sulle « Alpi ». — Annoni. Da Agram a Costantinopoli,
per Belgrado a Bucarest. — Colini. Cronaca del Museo etnografico e preistorico.
* Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 6-8. Roma.
■^Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla
Biblioteca naz. centrale di Firenze. N. 51, 52. Firenze, 1888.
^Bullettino delle scienze mediche pubblicato per cura della Società medico-
chirurgica di Bologna. Ser. 6% voi. XX, 5-6. Bologna, 1887.
Gamberini. L'idros-adenia, il lichene rosso e Teczema. — Taruffi. Intorno alle ano-
malie del funicolo ombellicale. — Pinzani. Lafluenza della segala cornuta sul puerperio.
^Bollettino del Ministero degli affari esteri. Parte 1*, voi. I, gennaio 1888.
Roma.
^Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno Y, 1® sem.
genn. 1888 con Suppl. Roma.
^Bollettino di notizie agrarie. Anno X, n. 1-6. — Rivista meteorico-agraria.
Anno X, n. 2-4. Roma, 1888.
+ Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. AnnoV, n. 24; VI, n. 1-3.
Roma, 1887-88.
* Bollettino mensuale pubblicato per cura dell'Osservatorio centrale del r. Col-
legio C. Alberto in Moncalieri. Ser. 2', voi. Vili, 1, gennaio 1888. Torino.
^Bollettino meteorico deirUflScio centrale di meteorologia. Anno X, febbraio
1888. Roma.
'^Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 1888, n. 2-5. Roma, 1888.
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— LXI —
'BollettìDO ufficiale della istruzione. Voi. XIII, dicembre 1887; XIV, gen-
naio 1888. Berna.
*Bullettino della Commissione speciale dlgiene del Mmiicipio di Eoma. Anno
Vili, 7-9. Eoma, 1888.
Finto, Il governo delle acque.
*Bullettino sanitario (Ministero dell'interno). Gennaio 1888. Roma.
* Gazzetta chimica italiana. Appendice. Voi. VI, 1. Palermo, 1888.
"* Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Voi. XXXVI, 1. To-
rino, 1888.
Marro, Di un nuovo criterio diagnostico nella paralisi progressiva derivato dall'ana-
lisi delle orine. — Calderini. Cellule simili a quelle della decidua ottenute sperimental-
mente mediante stimolo meccanico. — Foà e Bonome. Di un microfita patogeno per Tuomo
e per gli animali. — Id. e Carbone, Sulla fisiopatologia della milza. — Id. e Bonome.
Sulla biologia del Proteo capsulato.
* Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno X,
2^ Sem. f. 8-11. Genova, 1887.
Pizzetti. Contribuzione allo studio geometrico della superficie terrestre. — Piuma, In-
torno a due classi di integrali esprimibili con soli logaritmi. — Loria, Sugli enti geome-
trici generati da forme fondamentali in corrispondenza algebrica. — Morera. Sulla integra-
zione delle equazioni a derivate parziali del primo ordine. — Perroni. Sul punto doppio
apparente della cubica gobba. — Balbi. Studi sulla storia del diritto pubblico degli It&-
liani nelle prime età del medio evo. — Chinazzi, Brevi stud! intorno a Socrate. — Ba-
èteri. Flora ligustica. — Premi. Trattati commerciali colla Francia e TAustria-Ungheria. —
Marcer, Della Storia considerata qual mezzo di educazione.
^Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 1, gennaio
1888. Boma.
+ Giornale militare ufficiale 1888. Part. I, 5, 6; parte II, 5-7. Roma.
•Giornale (Nuovo) botanico italiano. Voi. XX, 1. Firenze, 1888.
Berlese. Monografia dei generi Pie o spora, Clathrospora e Pyrenophora. —
Beccari, Nuove specie di Palme recentemente scoperte alla Nuova Guinea.
■^Ingegneria (L*) civile e le arti industriali. Voi. XIII, 12. Torino, 1887.
Brayda, A proposito di alcuni rilievi architettonici torinesi. — Crugnola, Dei ponti
girevoli in generale e di quello recentemente costruito per Tarsenale di Taranto. — Gan-
dolfi. Note sulle miniere di Somorrostro (Spagna).
^Memorie deUa Società degli spettroscopisti italiani. Voi. XV, 10. Roma, 1888.
Ricco e Mascari, Dimensioni, aree e latitudini eliografiche dei gruppi di facole rile-
vati nel r. Osservatorio di Palermo negli anni 1882-1884.
^Osservazioni meteorologiche eseguite nelVanno 1887 nelr. Osservatorio astro-
nomico di Brera, col riassunto composto sulle medesime. Milano, 1888.
^Programma del r. Istituto tecnico superiore di Milano. Anno 1887-88. Milano.
^Bassegna (nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, 3. Con^liano, 1888.
Grazzi Soncini, Colbertismo. — Comboni, Cosa si può sostituire al gesso nella ges-
satura dei vini. — Mùller Thurgau. Delle uve gelate, e del sapore che comunicano al vino. —
Cettolini, L'enologia e la lotta di tariffe fra la Francia o lltalia. — Com^s. Patologia. Il
mal nero o la gommosi. — Gaia, L'Enocianina.
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— LXII —
+Kendicoiiti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2*, voi. XX, 20 ;
XXI, 1-3. Milano, 1888.
XX. 20. Brambilla. Lo omografie che mutano in se stesse una curva gobba razionale
del quarto ordine.— Trevisan. Se sia vero che il bacillo imetrofo (micrococcus prodi-
gio su s di antichi autori) proceda sempre come agente specifico predisponente al calcino del
baco da seta. — VoUa, H circuito elettrico male isolato. — Ferrini. Intenzione ed effetto
dei negozi giuridici. — CantU. Cose d'Africa. — XXI. 1. Stramhio. Rendiconto de' lavori
della Classe di lettere e scienze storiche e morali. — Ferrini. Rendiconto de' lavori della
Classe di scienze matematiche e naturali. — Inama. Commemorazione del comm. Bernar-
dino Biondelli. — 2. Tondini de" Quarenghi. Sui vantaggi e la possibilità dell'adozione
generale del Calendario gregoriano. — CantU. Osservazioni alla Comunicazione del P. Ton-
dini De' Quarenghi. — Zucchi. Il quinto e sesto progetto di legge sanitaria. — Zoja. Una
quistione di priorità circa la « Bulla ethmoidalis del Zuckerkandl. — Pini. Riassunto delle
Osservazioni Meteorologiche, eseguite presso il r. Osservatorio Astronomico di Brera nel-
l'anno 1887. — 3. Vignali. Audizione colorata. — Villa Pernice. Le casse di risparmio
e il nuovo progetto di legge per il loro riordinamento. — Buccellati. Progetto del Codice
penale del Regno d'Italia del ministro Zanardelli. — Vidari. La convenzione di Berna del
9 settembre 1886. Protezione delle opere letterarie ed artistiche. — Bardelli. Proprietà ste-
reometriche di un sistema di forze. — Rajna. Escursioni diurne del magnete di declina-
zione fra 8 ore ant. e 2 ore pom. determinate nel r. Osservatorio di Brera durante Tanno
1887. — Chiazza. Sulla derivazione dell'Eugeniol dalla Conlferina.
■^Eevue Internationale. T. XVII, 3, 4. Home, 1888.
m. Blaze de Bury. Mes souvenirs de la « Revue des Deux Mondes». — Bogliettu
La politique extérieure de l'Autriche-Hongrie depuis Sadowa. — Delpit La vengeance de
Pierre. — Frènes. Jean-Pierre Vieusseux d'après sa correspodance avec J.-C.-L. De Sismondi.—
Stevenson. Un cas extraordinaire. Imité de l'anglais. -— \* L'eiploitation et la construction
des chemins de fer en Italie. — IV. Blaze de Bury. Mes souvenirs de la « Revue des Deux
Mondes ». — Bonfadini. La France et l'Italie en 1888. — Delpit. La vengeance de Pierre. —
Frènes. Jean-Pierre Vieusseux d'après sa correspondance avec J.-O.-L. De Sismondi. —
Loliée. La Reine Pompadour et son temps. — /, L'exploitation et la construction des che-
mins de fer en Italie.
^Eivista di artiglieria e genio. Gennaio 1888. Roma.
Cerroti. Esame critico delle varie formole in uso sulla spinta dei terrapieni ecc. —
Sobrero. Alcune proposte riguardo all'artiglieria da campagna. — Rovere. Circa gli ordi-
namenti militari in relazione col progresso civile e coU'armameuto. — Sulle esperienze di
rottura di due ponti di ferro a travate rettilinee presso la stazione di Bilt (Utrecht). '—
Siracusa. L'artiglieria campale italiana.
* Rivista italiana di filosofia. Anno III, voi. I, gen.-feb. 1888. Roma.
Pietrohono. La teoria dell'amore di Dante Alighieri. — Benzoni. Teorica del bello
nelle ultime pubblicazioni d'Estetica in Italia. — Valdamini. La scienza moderna e la
Filosofia teoretica. — Ferri. Di una vecchia definizione del concetto. — Valdamini. U
Dizionario francese di pedagogia e una Enciclopedia pedagogica italiana.
+ Rivista marittima. Anno XXI, 1, gennaio 1888. Roma.
Tadini. 1 marinai italiani nelle Spagne (Appunti storici). — Colombo. La telegrafia
ottica. — Colomb. 1 blocchi nelle attuali condizioni della guerra marittima. — Barlacci.
Cannone a Retrocarica, sistema dell'ingegnere Quick (Trad.).
+ Rivista scientifico-industriale. Anno XX, 1-3. Firenze, 1888.
1. Rovelli. Le tinte dei crepuscoli in relazione collo stato igrometrico dell'atmo-
sfera. — Palagi. Sulla costituzione della nebbia e delle nubi. Nota U. — Canestrini. Espe-
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— LXIII —
rienze sopra alcuni effetti prodotti dalle scintille d'induzione. — Bargagli. Insetti nocivi
al vino in bottiglie. — 2. Palmieri, Come cadendo la pioggia sul luogo delle osservazioni
si possa avere elettricità negativa. — Canestrini. Esperienze sopra alcuni effetti prodotti
dalle scintille d'induzione. — Maugim, Probabile causa della valenza degli atomi. — 3. Ca-
nestrini, Esperienze sopra alcuni effetti prodotti dalle scintille d'induzione. — Maugini,
Probabile causa della valenza degli atomi. — Poli, I movimenti del protoplasma in rela-
zione colla tensione superficiale.
^Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione dal P gen.
al 31 die. 1887. Roma, 1888.
T Studi e documenti di storia e diritto. Anno Vili, 3-4. Roma, 1887.
Alibrandi. Osservazioni giuridiche sopra un ricorso de' Monaci di Grottaferrata al
pontefice Innocenzo II» — Tomassetti, Note storico-topografiche ai documenti editi dall'Isti-
tuto austriaco (Campagna romana). — Calisse, Note (Patrimonio di s. Pietro in Tuscia). —
De Nolhac, Les correspondants d'Aide Manuce. Matériaux nouveaux d'histoire littéraire.
Pubblicazioni estere.
*Abstracts of the Proceedings of the Chemical Society. N. 47, 48. London, 1888.
^ Actes de TAcadémie nationale des sciences, belles-lettres et arts de Bordeaux.
3«sór. 47 année 1885. Bordeaux, 1885.
^Anales del Instituto y Observatorìo de marina de San Fernando. Seccion 2.*
Observaciones meteorologicas. S. Fernando, 1887.
^Annalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXIII, 2, 3. Leipzig, 1888.
2. IViedemann u. Mert. Ueber den Einfluss des Lichtes auf die electrischen Entlar
dungen. — Meyer. Ueber die thermiscbe Veranderlìchkeit des Daniell'scben Elements und
des Accumijlators. — Ber liner. Ueber das Zerstauben glflhender Metallo. — Narr. Ueber
die Leitung der Electricitfit durch die Gase. — ffallwachs. Ueber den Einfluss des Lichtes
auf electrostatistisch geladene KOrper. — Stenger. Zur absoluten Messung magnetischer
Felder. — Braun. Bemerkung tiber die Erkl&rung des Diamagnetismus. — Tamtnann,
Ueber cine dynamische Methode zur Bestimmung der Dampfspannungen. — Braun, Ueber
einen allgemeinen qualitativen Satz ftìr Zustands^nderungen nebst einigen sich anschliessen-
den Bemerkungen, insbesondere tiber nicht eindeutige Systeme. — Ketteler. Experimental-
untersuchung tiber das RefractionsvermOgen der Pltissigkeiten zwischen sehr entfemten Tem-
peraturgrenzen. — Kurlòaum. Bestimmung der Wellenlange Fraunhofer'scher Linien. —
Braun. Ein Versuch tiber Lichtemission gltihender KOrper. — Oosting. Zwei Methoden zur
Erregung der Lissajous'schen Schwingungscurven. — 3. Dieterici. Ueber cine Bestimmung
des mcchanischen Aequi valentes der Warme und tiber die specifische Wàrme des Wassers. —
Winkelmann. Die Verdampfung in ihrer Abh&ngigkeit vom ausseren Druck. — Koch. Ueber
das AusstrOmen der Electricitàt aus einem glUhenden electrischen KOrper. — Streintz. Expe-
rimentaluntersuchungen tiber die galvanische Polarisation. — v, Ettingshausen u. Nemst.
Ueber das thermiscbe und galvanische Yerhaltnen einiger Wismuth-Zinn-Legirungen im
magnetischen Pelde. — Foeppl. Ueber die Leitungsfòhigkeit des Vacuums. ~ Ketteler.
Experimentaluntersuchung tìber das RefractionsvermOgen der Flttssigkeiten zwischen sehr
entfemten Temperaturgrenzen. — Schmidt. Ueber die durch feine Rohrchen im Kalkspath
hervorgerufenen Lichtringe und die Theorie derselben. — Wolf. Ueber die Farbenzei^
streung im Auge. — v, Wyss, Ueber eine neue Methode zur Bestimmung der Rotationa-
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— LXIV —
dispersion einer activen Substanz, und flber eine Fall von anomaler Dispersion. — OUzewski.
Ueber das Absorptions^dCtram dea flQssigen Sauerstoffs and der yerfltUsìgten Lnft. — PtUuj.
Fallapparat.
^Annalen Mathematische. Bd. XXXI, 1. Leipzig, 1888.
Kdnig, Ueber eine neue Interpretation der Fundamentalgleicbungen der Dinamìk. —
Sckdnflies. Ueber die regelmassigen Configurationen ««. — Busche, Ueber die Enler*sche
<3K>-Functioii. — Koenigsberger, Ueber algebraiscbe Beziehungen zwischen den Fnndamen-
tftlintegralen nnd deren Ableitangen fOr eine irrednctible lineare bomogene Differential-
gleichung zweiter Ordnung. — v. LilienthaU Ueber eine besondere Art von Strahlensy-
stemen. — Meyer. Zar Algebraischen Erzeugung sammtlicher, auch der zerfallenden ebenen
rationalen Curren vierter Ordnung. — Wiltheiss. Partielle Differentialgleicbnngen der by-
perelliptischen Thetafunctionen und der Perioden derselben. — Schafheitlin. Ueber eine
Integraldarstellung der hypergeometrischen Reibe.
+Annuaire de la Société géologique du Nord. XV, 1. Lille, 1888.
Barrois, Les modifications et les transformations des granulites di Morbiban. —
Garton. Lettre de Métameur (Tunisie). — Delvaux et Ortliek Les poissons fossiles de
Targile ypresienne de Belgique.
^Annales des mines. 8® sér. t. XII, 4. Paris, 1887.
Baudry, Notes sur le servi ce du matériel et de la traction de quelques cbemins de fer
américains. — Aguillon, Grande-Bretagne. Loi de 1887 sur les mines de bouille. —
Leseure. Note sur la société cooperative formée pour Tassociation des carrières de Bourré.
*Annales scientifiques de TÉcole nonnaie supérieure. 3® sér. t. V, 1, 2.
Paris, 1887.
1. Sauvage. Sur les solutions régulières d*un système d'équations différentielles (deu-
xième Mémoire). — Nazimow, Sur quelques applications de la tbéorie des fonctions ellipti-
ques à la tbéorie des nombres. — 2. Nazimow. Sur quelques applications de la tbéorie
des fonctions elliptiques à la tbéorie des nombers. — Combescure. Sur le déplacement
tangentiel de deux surfaces rigides.
^Annals of the astronomical Observatory of Harward College. Voi. XIII, 2.
Cambridge, 1888.
Zone observations made with the transit wedge pbotometer attached to the equato-
rial telescope of fifteen incbes aperture during the Years 1882-1 886, under the Direction
of E. C. Pickering.
+Annuaire de la Société météorologique de Franco. 1887. Sept. Paris.
Araheyré. Projet de sismographe enregistreur. — Hauvel. Sur les cause d'une classe
de bourrasques. — Renou. Résumé des observations météorologiques faites au Parc-de-Saint-
Maur, en juin 1887. — Cceurdevache. Variations du barometro entre deux jours consécu-
tifs en janvier. — Arabeyré, Projet de prévision automatique du mistral à Faide d'un appareil
électrique (Résumé).
■^Annuaire de Vlnstitut de Franco pour 1888. Paris.
+Anzeiger (Zoologischer). N. 271, 272. Leipzig, 1888.
271. Grassi, Ersatzpaar bei den Termiten. — Fewkes, The Sucker on the Fin of Pter o-
tr a e h e a . — Schimkewitsch. Sur le développement du coeur des moUusques pulmonés d'après
les observations de M. Schalfeew. — Simroth, Ueber die azorisch-portugiesische Nacktschne-
kenfauna und ihre Beziehungen. — VilloL Encore un mot sur le développement et la déter^
mination spécifique des Gordiens adultes. — 272. Simroth. Ueber die azorisch-portugiesi-
sche &. — Beddard. Preliminary note on the " Mucous Gland,, of Urochaeta. — /rf.
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— LXV —
Preliminuy Notes on the Anatomy ofPerichaeta.— Enckerman. On interesting Spe-
cimen ofTaeniasaginata. — Saeftingen, Das Nervensystem der Phjlactolaemen SQss-
wasser-Bryozoen.
^'Archiv der Mathematik und Physik. 2 Keihe. T. V, 4; VI 1. Leipzig, 1887.
V, 4. Hofmann, Die synthetischen Gmndlagen dar Theorie dee Tetraedroid-Comple-
xes. — KÒtter. Ueber die Contractio venae bei spaltfOrmigen und kreisfOrmigen Offnun-
gen. — Hoppe. Das n dehnige («+1) eck in Bezìehung ans scine Haupttragaxen. — Decker.
Ueber die sph&risch-elliptische Bewegnng. — Sckiffher, Ueber den geometrischen Ort dar
Mittelpnnkte von Kreisen, welche durch 2 Punkte gehen und eine Gerade treffan. — VI, 1.
Fiihrmann, Der Brocard'scbe Winkel des Dreiecks. — Ekama. Die Lissajous'scben Curven. —
Hoppe, Erweiterung zweier S&tze auf n Dimensionen. — Hermann, Ueber Triederscbnitte
und Minimalteiraeder. — Klug, Construction der den Brennpunkten eines Kegelscbnitts
entsprecbenden Punkte im collinearen System. — Id,, Ueber mehrfacbperspective Tetraeder. —
Simon. Zur Tbeorie der barmoniscben Reibe. — Oekinghaus. Ueber die Normalen der Ke-
gelscbnitte.
^Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 2, 3. Berlin, 1888.
2. Hrùhl. Untersuchnngen tiber die Terpene und dexen ÀbkOmmlinge. — ZUrcher,
Zur Oxydation der Chinolin-o-Bulfonsfture. —Polonowsky, Ueber das Verhalten einiger Dio-
xime gegen Pbenylbydrazin. — Fromm, Zur Kenntniss der Disulfone. — Tsckacher, Ueber
die Condensation des m-Nitrobenzaldebydes mit Eohlenwasserstoffen. — Landolt, Ueber
polaristrobometrisch-cbemische Analyse. — Hartmann. Ueber die speciflsebe Drehung der
Bechtscamphers&ure und ibrer Salze. — Selmons. Ueber die Zersetzung der Peijods&ure
durch schweflige Sfture, und ihren zeitlichen Verlauf. — Fahlherg und Lùt, Zur Bildung
der (^Sulfamincarbons&uren. — Brunner und Chuit Ueber Dichrolne, Phenoloxychroln,
Thymolochroln und Thymochinon. — Bamberger und Lodter, Ueber o-Naphtalinaldebyd. —
Lange, Ueber die Einwirkung yon Scbwefel auf die Salze der aromatischen Oxyverbindun-
gen. — Demuth und Meyer. Zur Kenntniss der Isodibrombemsteins&ure. — Loeto. Ueber
die Condensation des Formaldehyds unter verschiedenen Bedingungen. — Kdmer, Ueber
einige Derivate der Phenyldibromisobnttersfture. — Reese, Ueber die Einwirkung von Pbtal-
s&ureanhydrid auf Amidos&uren. — Rudorjf. Ueber das Calciumkupferacetat. — Seubert. Die
Benzylester der chlorsubstituirten Essigs&uren. — Ladenburg, Ueber >^-Bicolin und ^^Pipeco-
lin. — Petersen. Ueber das Pyrrolidin. — Hacker, Ueber /S-Bicolin. — Durkopfunà Schlaugk,
Die Constitution des ÀldehydcoUidins. — - Rùgheimer und Schramm, Ueber die Einwirkung
von Phosphorpentachlorid auf ftthylmalonsaures Ànilin und fttbylmalonsaures (>-Toluidin. —
Friedheim, Zur Frage der Existenzdesvon der Pfordten'schen Ag^O und flber die Ein-
wirkung des K Mn Oi auf Silber. — Levy und Jedlicka. Zur Kenntniss des vierfach gecblorten
Diacetyls. — Witt, Ueber. Derivate des «-Naphtols. — Memnger und Engels. Ueber die
Entwicklung von gasfOrmigem Phosphorwasserstoff und dessen Einwirkung auf Aldebyde
und Ketons&uren. — Hergreen, Untersuchnngen flber das Thiophosgen. — Meyer. Ueber
schwefelhaltige ÀbkOmmlinge des Desoxybenzoins und seiner Analogen. — Neumann. Eine
neue Methode zur quantitativen Bestimmung des Thalliunis. — Classen. Quantitative Ana-
lyse durch Elektrolyse. — Id, Ueber eine neue quantitative Methode zur Trennung des
Titans von Eisen. — Lunge, Ueber eine verbesserte Form des Nilrometers. — Ris, Ueber
einige Derivate des Brenzcatechins mit Alkylendiaminen. — Hrdmme, Die Einwirkung von
Brom auf die Naphtochinonoxime. — Id, Die Einwirkung von Monaminen auf die Naphto-
chinonoxìme. — Vallach, Ueber Irisin. — Lellmann und Reusck, Ueber Pseudochinolin-
ananitril. — Patcletoski. Ueber Einwirkung von Chloraceton auf Diphenylsulfohamstoff. —
Ledermann, Zur Kenntniss der Tetrabenzylphosphoniumverbindungen. — Lóscher. Einwir-
kung von Brom auf Jodoform. — Frentsel, Ueber die Polymerìsationsproducte der Tolyl-
BuLLiTTiNO Rendiconti. 1888, Vol. IV, P Sem. 9
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cyanate.— /oco^jo». Ueber die Einwirkang yon Schwefelkohlenstoff auf Benzolazo-/}-iiaphtoI. —
Mehne, Ueber Gondensation yon Forfarol mit Monochloraldehyd. — Nietzki und Guiter-
man. Zar Eenntniss der Chinondioxime. — Lieòermann. Ueber die Leakostafen der antlua-
chinonfarbstoffe. — Id, Ueber therapeutische Ersatzmittel des Ghrysarobins. — 3. Brùhl.
Untersuchungen liber die Terpene und deren AbkOmmlinge. — Bongartz. Ueber Verbin-
dungen der Aldehyde, Ketone und Ketonsàuren mit der ThioglycolsSure. — Polonowska.
Ueber die Oxime des Benzils. — Zincke. Untersuchungen iiber P-Naphtochinon. — Graebe,
Ueber Phenylsalicylsàure und Dipbenylenketonoxyd. — Kuhn und Hemchel. Ueber substi-
tuirte Biurete. — Scholl. Umwandlung von Ketoximen in Pscudonitrole. — Mòhlau. Ueber
die Identitat des Diphenyldiisoindols und des Pr-3-Phenylindol8. — Weyl. Weitere Ver-
suche tiber die Giftigkeit des Saffransurrogats (Dinìtrokresols). — Brunn. Ueber das Mu-
rexoin. — Gùnther, Versuche zur Umlagerung von Benzildioxim. — Amchùtz, Ueber die
Isomerie der Fumarsàure und der Malelnsàure. — Conrad und Limpach. Sinthese yen
«-Phenyl-y-oxychinolin. — Id. Synthese der Homologen des y-Oxychinaldins. — WillgtTodt.
Ueberfuhrung yon Ketonen und Aldehyden in S&uren und Sàureamide mittelst gelben Schwe-
felammoniums. — Meyer. Ueber die Raoult'sche Methode der Moleculargewichts-Be-
aUmmung.— Zincke vakà/aenke. Ueber Orthoamidoazoyerbindungen des Xylols und Pseudocu-
mols. — /app TmàKlingemann. Bildungsweisen yon Mono- und Dibydraziden dera-Diketone. —
Jd. und Huntly. Einwirkung yon Phenylhydrazin auf ein ungesftttìgtea y^Diketon. —
LepsiiiS. Analyse des «TOnnissteiner Heilbrunnens«. — Id, Vorlesungsyersuch zur Demon-
stration der Valenz der Metallo. — Gòttig. Ueber bis jetzt unbekannte Verbindungen des
Aetznatrons mit Methylalkohol, welcbe sich auf der Wasseroberfl&che bewegen. — Gabriel.
Ueber einige Derivate des Aethylamins. — Strassmann. Ueber einige AbkOmmlinge des
o-Xylols. — Wislicenw. Ueber die Lago der Atome im Raume. — Id. Antwort auf
W. Lossen's Frage. — Kruss und Nilson. Die Componenten der Absorptionsspectrum
erzeugenden seltenen Erden. — Heim, Ueber einige Nitroderiyate des Phenyl-jS-naphtyl-
amins. — Fkstrand und /ohanson. Zur Kenntniss der Kohlehydrate. — Lieòermann. Ueber
das Nuclein der Hefe und klìnstliche Darstellung eines Nucleins aus Eiweiss und Meta-
pbosphorsfiure. — Meldola. Ueber den Ersatz der Amidogruppe durch die Acetylgruppe mit
Hùlfe der Diazoreaction. — Will. Ueber einige Reactionen der Trimethylàther der drei
Trioxybenzole nnd ueber die Constitution des Asarons. — Wohl. Ueber Amidoacetale. —
Roos. Ueber einige schwefelhaltige Verbindungen des Chinolins.
+Bibliothèqiie de TÉcole des Chartes. XLVIII, 6« livr. Paris, 1887.
Delisle. Deux notes sur des impressions du XV« siècle. — Moranvillé. Guillaume du
Breuil et Robert d'Artois. — Omont. Deux registres de prète de manuscrits à la biblio-
thèque de Saint-Marc de Venise (1545-1559).
+Bibliothèque des Écoles fraii9aises d'Athènes et de Rome. Fase. XLVTII.
Paris, 1887.
Muntz et Fabre, La Blbliothèque du Vatican au XV® siècle d'après des documenta
inédits.
+Boletim da Sociedade degeographia de Lisboa. 7* Serie, n. 3, 4. Lisboa, 1887.
Cardoso. ExpedÌ9ao às terras do Muzilla em 1882. — Contributions à la flore crypto-
gamique du nord du Portugal. — de Serpa PimenteL 0 Congo portuguez. Relatorio sobre
as feitorias do Zaire, seu commercio, trabalbos de Stanley e missOes inglezas.
^BuUetin de TAcadémie delfinale. 3* sér. t. XX, 1885. Grenoble, 1886.
Crozals. L'esprit public en Franco et le moyen age. — Giraud, L'heUénisme en
Italie. — Reymond, Esquisse d'une estétique. — Charvet. Les hamachements des cbeyaux
de selle au moyen age. — Kirwan. La nouyelle cosmogonie. — Prudhomme. Méraoires
historiques sur la partie du comté de Valentinois, située sur la riye droite du Rbone. —
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Belachenal, Charte comunale de Crémieu. — Id. Le gentilshommes daaphìnoìs à la ba-
taille de Vemeuil. — Roman, Deux chartes dauphinoises inéditea du XI* siècle. — Cha-
pelle, Fouilles archéologiques faites sur le territoire de la Comune de Pact (Isère).
"^BuUetin de la Société académique Indo-Chinoìse de France. 2® sér. t. II,
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+Bullettìn de la Société de géographle. V sòr. t. Vili, 4 tr. 1887. Paris.
Auhry. Une mission au Choa et dans les pays Gallas. — Vallière, Notice géogra-
phìque sur le Soudan fran^ais. — de Monaco. Deuxième campagne scìentiiique de THir on-
d e 1 1 e dans TAtlantique nord. — Gouin. Le Tonkin, le haut Fleuve Bouge et ses affluents.
+Biilletìn de la Société des antìquaires de Picardie. 1886 n. 1-4; 1887 n. 1.
Amiens.
•^Bulletin de la Société des sciences de Nancy. Sér. 2% t. Vili, 20. Paris, 1887.
Thouvenin, Localisation du tannin dans les Myristicacées. — Bleicher et Fliche,
Note sur la flore pliocène de Monte Mario. — Bichat et BlondloL Sur un électromètre à
indications contìnues. — Vuillemin, Études biologìques sur les champignons.
^■Bulletin de la Société entomologique de France. 1888, feull. 2, 3. Paris.
+Bulletin de la Société géologique de France. T. XV, 4-6. Paris, 1887.
4. GosseleL De renyahissement progressif de Tancìen continent cambrien et silurìen
de TArdenne par les mers dévonniennes. -^ Id. Kemarques sur la faune dévonnienne de
TArdenne. — Bergeron. Sur le bassin houiller d'Auzits (Ayeyron). — Dru, Description du
pays situò entre le Don et le Volga, de Kalatch à Tsaritsine. — de Saporta. Nouveaux
documents relatifs aux organismes problématiques des anciennes mers. — 5. de Saporta,
Organismes problématiques. — Sarran d' Aliar d {de). Note sur les environs de Pont- Saint-
Esprit. -- Bourgeat. Contribution à l'étude du crétacé supérieur dans le Jura meridional. —
Collot. Age des Bauxites du S.-E. de la France. — Fabre. Origine des Cirques volcani-
ques (volcans de Beauzon) Ardèche). — de Margerie. Présentation d'un relief en plàtre
de la Pennsylyanie au nom de MM. J. P. Lesley et observations sur les plissements des
terrains paléozoiques. — Mouret. Note sur le Lias des environs de Brives. — Berge-
ron. Note sur les terrains anciens de la Montagne Noire. — de Lapparent. Contraction
et refroidissement du globe terrestre. — Boekm et Chelot. Note sur les calcaires à Perna
et à Megalodon, du moulin de Jupilles (Sarthe). ~Ì0 Sarran d'Allard, Bésnmé de la '
monographie géologique de Cabrières par M. de Rouyille. — 6. de Serran d'Allard. Mo-
nographie de Cabrières, par M. P. de Rouville. — Oaudry. Sur le petit Ursus spelsBUs
du Muséum. — Bertrand, Conférence sur la chaìne des Alpes et la formation du conti-
nent européen. — Orossouvre, Sur les gisements de phosphate de chaux du Centre de la
France. — Viguier, Sur TAlbien supérieur des Corbières. — Meunier, Sur le tremble-
ment de terre de Ligurie (1887). — Kilian, Note sur le Gault de la montagne de Lure
et le Schloenbachia inflatiformis. — Oaudry. Communication sur le Dimodo-
saurus polignyensis. — Depéret, Sur les horizons mammalogiques miocènes du
bassin du Rhdne. — de Grossouvre. Sur le système oolitbique inférieur dans la partie
occidentale du bassin de Paris. — Goret. Geologie du bassin de TUbaye.
+Bulletin de la Société nationale des antiquaires de Franco. 1885-86. Paris,
1885-86.
^BuUetin de la Société zoologique de France pour Tannée 1887. Voi. XII,
2-4. Paris.
Pilliet, Note sur Taspect des champs de Cohnheim dans les fibres musculaires striées
chez Tadulte. — Moniez. Sur un Champignon parasite du Lecanium hesperìdum
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(LecaniascuB polymorphus nobis). — PiUiet et Boulart. Glandes odorantes da
fourrean de la verge chez un Coati brun. — Richard. Liste dea Cladocères et dea Ck>pé-
podes d'ean douce observés en France. — Jotisseaume. Mollusques nonyeaiix de la Bépn-
blique de TÉquatenr. — Cousin, Faune malacologique de la Bépnbliqae de rÉqnatenr. —
Chevreux. Catalogue des Crastacés amphipodes marìns du sadroaest de la Bretagne, snivi
d'un aper9u de la distrìbution géographique des amphipodes surs le c^^tes de France. —
de Gueme. Sur les genres Ectinosoma Boeck et Po don Lilljeborg, à propos de deus
Entomostracés (Ectinosoma atlanticum G. S. Brady et Robertson, et Podon mi-
nutus 6. 0. Sars), tronvés à la Corogne dans Testomac des sardines. — Vian. Monogra-
phie des Poussins des oiseaux d'Europe qui naissent vétus de duvet (P ti lopedes Snnd-
wal). — Simon, Arachnides recueillis à Obock, en 1886, par M. le Dr. L. Fanrot —
Simon, Liste des Arachnides recueillis en 1881, 1884 et 1885, par MM. J. de Gueme et
C. Rabot, en Laponie (Norvège, Finlande et Russie). -— Id, Espèces et genres nouveaux
de la famille des S ^ &y &8bì àvò. — Schlumberger,!^ ote sur le genre Planispirina. —
Sauvage, Note sur le plexas brachial et le plexus sacro-lombaire du Zonure géant. —
Blanchard, Bibliographie des Hématozoaires. — Moniez, Liste des Gop^podes.
+Bulletin des sciences mathématiques. 2« sér. t. XII, févr. 1888. Paris.
Tannery. Pour Thistoire de la science hellène : de Thalès à Empedocle. — Pearsan.
A History of the theory of elasticity and of the strength of materiais from Galilei to ihe
present timo, bj Isaac Todhunter. — Kapteyn, Note sur les différentielles bindmes.
+Bidletin of the Museum of Comparative Zoology at Harwaxd College. Vol.Xni,
6. Cambridge, 1887.
Parker, The eyes in Scorpion.
+Ceiitralblatt (Botanisches). Bd. XXXIII, 6-10. Cassel, 1888.
Murr, Ueber die Einschleppung und Verwilderung von Pflanzenarten im mittleren
Nord-Tirol. — Dùnnenberger, Bacteriologisch-chemische Untersuchung ueber die beim Auf-
gehen des Brotteiges virkenden Ursachen.
*Centralblatt fur Physiologìe. 1888, n. 23, 24. Wien, 1888.
*Civilingenieur (Der). Jhg. 1888, Heft 1. Leipzig, 1888.
Connert Mittheilungen aus dem mechanisch-technologischen Laboratorium des EOnigl.
Polytechnikums zu Dresden. — Beck, Historische Notizen. — Friedrich, Geognostische
Wanderungen in der Gegend von Zittau u. d. Umgebung.
+Commmiica9oSs da CommissSlo dos Trabalhos geologicos de Poriiugal. T. I, 2.
Lisboa.
de Lima. Oswald Heer e a flora fossil portugueza. — de Vasconcellos Pereira Cor
hral, Traces d'actions glaciaires dans la Serra d'Estrella. — Choffat. Recherches sur les
terrains secondaires au sud de Sado. ^ Macpherson. Étude des roches érnptives recueilliea
par M. Choffat dans les affleurements secondaires au sud du Sado.
■J^Compte rendu de la Société de géographie. 1888, n. 2-4. Paris.
+Comptes rendus hebdomadaires des séances de TAcadémie des sciences. T. CVI,
5-7. Paris, 1888.
5. Janssen. Note sur Téclipse totale de lune du 28 janvier 1888. — Stephan, 0b8e^
vation de Téclipse totale de lune du 28 janvier, à TObservatoire de Marseille. — Debray
et Joly. Recherches sur le ruthénium : acide hyperruthénique. — Cailletet, Appareil pour
des erpériences à haute temperature, au sein d*un gaz sous pression élevée. — Wolf, Sur
la statistiqne solaire de Tannée 1887. — Léauté, Sur la distrìbution dans les machines à
quatre tiroirs. — Rauche, Sur la durée du jeu. — Demartres, Sur la surface engendrée
par une conique doublement secante à une conique fixe. — Fouret, Sur quelques proprìótéa
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géométriques dea Btellotdes. — Carvallo. PormuleB d'interpolation. — Blondlot Sur la
doublé réfractìon diélectrìque; simnltanéité dea phénomènes électrìqne et optique. — Ma-
neuvrier et Ledeboer. Sur Temploi dea électrodynamomètreB pour la mesure dea intenaités
moyennea dea conrants alternatifa. — Le Chatelier. Sur lea loia de réqmlibre chimiqne. —
/ung/leiich et Légér. Sur la cinchonigine. — Morin. Sur lea baaea eitraitea dea liquidea
ayant aubi la fermentation alcoolique. — Wurtz, Sur la toxicitó dea baaea provenant de
la fermentation alcoolique. -— GaUier. Peraiatance de la virulence rabique dana lea cada-
yrea eufonia. — Maximowitch, Dea propriétéa antiseptiquea du naphtol-a. — Moniez. Sur
le Toenia nana, paraaite de Thomme, et aur aon Cyaticerque auppoaé (Cyaticercua
tenebrioni a). — Bouvier. Sur l'anatomie et lea affinitéa zoologiquea dea Ampullairea. —
PomeL Sur le Thagaatea, nouveau genre d'échinide eocène d'Algerie, et obaervationa
aur le groupe dea Fibulariena. — Munier-Chalmas et Bergeron, Sur la préaence de la
faune primordiale (Paradoxidien) dana lea environa de Ferrala-lea-Montagnea (Hérault).—
ffébert Remarquea aur la découverte faite par M. Bergeron de la faune primordiale en
France. — Thomas. Sur lea giaementa de pboaphate de chaux de TAlgérie. — JauherU
Note relative à Tobaervation de Téclipae totale de lune du 28 janvier 1888, à TObaerva-
toire populaire du Trocadéro. — 6. Bertrand. Seconde Note sur la probabilité du tir à la
cible. — Chauveau. Sur le mécaniame de Timmunité. — Faye. Remarquea aur une objection
de M. Ehandrìkoff à la théorie dea tachea et dea protubérancea aolairea. — Sylvester. Sur
lea nombrea parfaita. — Trépied. Obaervationa faites à TObaervatoire d'Alger pendant
Téclipae totale de lune du 28 janvier 1888. — Rayet. Obvservationa d'immersiona et d'émei^-
aiona d'étoilea, faltea à TObaervatoire de Bordeaux, pendant Téclipae totale de lune du
28 janvier 1888. — Perrotin. Obaervation de Téclipae de lune du 28 janvier 1888, faite
à rObserratoire de Nice (équatorial de 0",38 d'ouverture). — Charlois. Éphéméride de la
planète (252) pour Toppoaition de 1888. — Robin. Diatribution de Télectricité induite par
dea chargea fixea aur une aurface fermée convexe. — Brillouin. Déformationa permanen-
tea et Ihermodinamique. — Tanret. Sur une dea baaea extraitea par M. Morin dea liquidea
ayant aubi la fermentation alcoolique. — Hanriot et Richet Inliuence de Talimentation,
cbez rhomme, aur la fixation et Télimination du carbone. — Robert. Sur la apermatogé-
nèae chez lea Aplyaiea. — Blanchard, De la préaence dea muaclea atrìéa cbez lea moUu-
aquea. — Barrois. Sur lea modiflcationa endomorphea dea maaaifa granulitiqnea du Mor-
bihan. — Nicklès. Note aur le aénonien et le danien du aud-eat de TEapagne. — Jfeunier,
Gonditiona favoiable à la foaailiaation dea platea d'animaux et dea autrea empreintea phy-
aiquea. — 7. Bertrand. Sur la détermination de la précision d'un ayatème de meaurea. —
Berthelot Sur un procède antique pour rendre lea pierrea précienaea et lea vitrìficationa
phoapboreacentea. ~ Sylvester. Sur une claaae apeciale dea diviaeur de la aomme d'une
aérie ge'ométrique. — de Caligny. Sur lea propriétéa d'une nouvelle machine bydraulique,
employée à faire dea irrìgationa. — Lecoq de Boisbaudran. A quela degréa d'oxydation ae
trouvent le chrome et le manganèae dana leura compoaéa fluoreacenta ? — Vicaire, Sur lea
propriétéa communea à toutea lea courbea qui rempliaaent une certaine condition de mi-
nimum ou de maximum. — de Mondésir. Sur le rdle du pouvoir abaorbant dea terrea dana
la formition dea carbonatea de aoude naturela. — Charlois. Obaervationa de la nouvelle
planète (272), découverte le 4 février,.à l'Obaervatoire de Nice. — Trouvelot. Nouvellea
obaervationa aur la variabilité dea anneaux de Satume. — Brunel. Sur lea racinea dea ma-
tricea zéroldalea. — Poulain. Théorèmea aur lea équationa aJgébriquea et lea fonctiona
quadratiquea de Campbell. — Painlevé. Sur la repréaentation conforme dea polygonea. —
Humbert. Sur quelquea propriétéa dea airea apbériquea. — Amagat. Sur la vérification ex-
périmentale dea formulea de Lamé et la valeur du coefficient de Poiaaon. — Brillouin,
Déformationa permanentea et tbermodinamique. — Duhem, Sur lea équilibrea chimiquea. —
Haute feuiUe et Perrey. Sur l'action minéraliaatrìee dea aulfnrea alcalina. Reproduction de
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— LXX —
la cjmophane. — Destrem, Déplacement da cnivre par le zinc, dans qnelqnes solutions de
selfi de cuivre. — de Saint-Martin, Sor le dódoublement du chiorofonne par la potasse
alcoolique, et sur son dosage à Faide de eette réaction. — Hanriot et Bichet. InflucDCe
des différentes alimentations sur les échanges gazenx respiratoires. — Giòier. Étude sor
Tétiologie de la fièvre jaoDe. — Giard. Sur la castration parasitaire chez les Eokyphotes
des genres Pala»mon et Hippolyte. — Soulier, Sur la formation du tube chex
quelques annélides tubicoles. — Hovelacque. Sur les propagules de Pingnicula vul-
g a r i s . — Lemoine, Sur quelques mammifères camassiers recueillis dans Téocène infé-
rieur des environs de Beims. — Ladrière. Découverte d'un silex tallio et d'une défense
de Mammouth, à Vitry-en-Artois. — Delauney, Sur un théorème relatif aux écarts du tir.
* Effemeridi astronomico-nautiche pubblicate dalla i. r. Accademia di commercio
e nautica di Trieste. Anni II, III, 1888, 1889. Trieste, 1886-87.
♦Ergebnisse der Meteorologischen Beobachtungen im Jahre 1886, herausg. von
dem k. pruss. Meteor. Institut. Beriin, 1888.
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SusemihL Bericht flber Aristoteles und Theophrastos fttr 1886. — Bomemann. Jabres-
bericht flber Pindar 1885-1887. — Heinze, Bericht flber die in den Jahren 1881-1886 erscbie-
nenen auf die nacharistotelische Philosophie bezflglichen Scbriften. — Becker, Bericht flber
die Litteratur zu Quintilian aas den Jahren 1880 bis 1887. — Heydenreich. Bericht flber
die Litteratur zu Propertius fflr die Jahre 1881 bis 1884. — Schiller. Jahresbericht flber
rOmische Staatsaltertflmer fflr 1885. — Gùnther, Bericht flber neuere Publikationen auf dem
Gebiete der Naturwissenschaft, der Technik, des Handels und Verkehrs im Altertum.
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Sur la théorie des bandes de Talbot. — Branly, Calcul de la largeur des franges dans
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Jonmal d'nn professeur à TUniversité de Dijon (1743-1774) Mercnre Dijonnois (1748-
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t. XII; 4« sér. t. 1. Chambéry, 1887.
Xn. Pillet Notes ponr la guerre de Savoie (1690-1697). — Id. Nouvelle description
géologique et paléontologique de la comune de Lémanc, sur Chambéry. — Descostes. La
petite et la grande Franco. — Levanchy. Origine et nature de certains droits seigneuriaux. —
Perrin. Histoire du Prìeuré de la vallèe de Chamonix du X« au XVIII^ siècle. — I. Truchet.
Saint-Jean de Maurienne au XVI* siècle.
^Mémoires de TAcadémie des sciences et lettres de Montpellier. Sect. des let-
tres. T. IV, 3, 4; V, VII, 1. Sect. des sciences. T. XI, 1. Montpellier,
1886-87.
Lettres. VII, 1. Revillout. Antoine Gombaud, chevalier de Mère; sa famille, son
frère et ses amis illustres. — Cordière. De Torganisation politique du parti protestant
en 1573. -- Cellarier. Esquisse d'une théorie des principes rationnels. — Lisbonne. Étude
sur le président J. Grasset et ses ceuvres. — Sciences. XI, 1. Note sur un pluviometro
enregistreur installò à d'École nationale d'agriculture de Montpellier. — Combescure. Sur
le principe des Vitesse virtuelles. — Crova. Observations actinométriques faites pendant
Tannée 1885 à TObservatoire météorologique de Montpellier. — Jlondaille. Étude des
pluies de 1885. — Id. Description d'un contact à brèves émissions de courant, applique
à Tanémomètre enregistreur Rédier. — Bautheville. Démonstration d'un théorème de
M. E. Picard relatif à la décomposition en facteurs primaires des fonctions uniformes
ayant une ligne de points singuliers essentiels. — Brocard. Propriétés d'un groupe de trois
Paraboles. — Combescure. Sur quelques théories élémentaires de calcul integrai. — de Rou-
ville. Monographie géologique de la Commune des Cabrières (Hérault). — Crova. Obser-
vations actinométriques faites pendant l'année 1886 à l'Observatoire météorologique de
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— LXXII —
Montpellier. — Brocard. Bemarques sui Tanaljse indéterminée da premier degré. — Orava,
Obserrations actinométrìqnes faites pendant Tannée 1884 à rObserratoire météorologiqne
de Montpellier.
^Mémoire de rAcadémie de StanMas 1886. 6« sér. t. IV. Nancy, 1887.
Guyot. Hìstoire d*an domaine mral en Lorraine. — Puton. Le tarif dea donanes et
les produits forestiers. — Flicke, Notice sur D. A. Godron. — CkassigneL Sonyenirs dn
camp de Kab-Élias (Syrie) et d'une excursion aux ruines de BalbeL — Maggiolù. Le
théàtre classique en Lorraine. — Barbier. Essai d'un Leziqne géographìqne. — Benoit.
Une comédie politique d'Aristophanes.
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12. Genève, 1888.
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Bonnae, 1887. 4^
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+ Schaff Ph, — Church and State in the United States, on the american idea
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die Malaria in Pela. Bresiau, 1887. 8^.
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* Schwabe G. — Pichtes im Schopenhauers Lehre vom Willen mit ihren Kon-
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^ Schwann C. A, — Larynx-Tuberkulose und Jodol sowie Wirkung des letztern
bei einigen Erkrankungen der Nasen-Schleimhaut. Bonn, 1887. 8^.
* Semon R. — Beitrage zur Naturgeschichte der Synoptiden des Mittelmeeres.
Leipzig, 1887. 8<>.
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Differenzirung zum Hoden. Jena, 1887. 8^.
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^ Starck M. — Ueber die Anwandungsweise der neueren Cannabis praparate.
Bonn, 1887. 8^.
^ Steilberger H. — Ueber Nachweis von Spenna zu forensischen Zwecken.
Bonn, 1887. 8'.
^ Stephanus Alexandrintis. — Opusculum apotelesmaticum ab H. Usenero edi-
tum. Bonnae, 1880. 4^
^Stourdza i). ^. — Le 10 Mai. Bucarest, 1887. 8^
^Strasburg /. — Beitrage zur Blutbildung in der embryonalen Saugetierleber.
Bonn, 1887. 8^
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^ Strunden F. — Oasuistischer Beitrag zur Lehre vom pulsirenden Milztumor.
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^Id. — Epicuri specimen. Bonnae, 1881. 4**.
^ Viehdfer E. — Ueber intrauterine Amputationen. Bonn, 1887. 8^'
^ Vdgeding W. — Ueber die klinische Bedeutung dea Sparteinum sulfuricum.
Bonn, 1887. 8°.
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cation des Priorat von Besan9on. Wurzburg, 1887. 8**.
^ Wilmann W. — Ezzo's Qesang von den Wundem Christi. Bonnae, 1887. 4**.
+ Winnefeld H. — Sortes Sangallenses ineditae. Bonnae, 1887. 8^.
**" Wirts Q, — Beitrage zur Kenntniss der Fumar- und Maleìnsfture. Bonn,
1887. S\
^ Wirz P. — Die locale Behandlung der Laryni- Tuberculose. Bonn, 1887. 8^
^ Witter /. — Die Beziehungen und Verkehr des Kurfùrsten Moritz von Sach-
sen mit dem B^mischen EOnige Ferdinand seit dem AbscUusse der
Wittemberger Kapitulation bis zum Passeuer Vertrage. Neustadt, 1886, 8**.
* Wolff C. — Welche Rechtwirkungen hat die Cession eines Suspensio bedingten
Vermachtnisses? Bonn, 1887. 8 .
+ Wolff F. — Das Empyem der StirnhOhlen. Bonn, 1887. 8^
* Wunderwald A. — Heilung des Uterusprolapsus mittelst Laparotomie. Jena,
1887. 8^
* Wùstenhòfer Fr. — Ueber Trigeminus- Neuralgie und deren operative Be-
handlung durch Neurectomie. Bonn, 1887. 8®.
*Zbi6r wiadomoSci do Antropologii Krajowej. T. XI. KrakOw, 1887.
^ Zerbst M. — Ein Vorlàufer Lessings in der Aristotelesinterpretatìon. Jena,
1887. 8^
* Ziehen /. — Ephemerides Tallianae rerum inde a XVII M. Martii 49 A. Chr.
usque ad IX M. Augusti A. Chr. gestarum. Budapestini, 1887. 8**.
^ Ziehen Th. — Sphygmographische Untersuchungen an Gaistesìranken. Jena,
1887. 8^
^Zillessen R. — Beitrage zur Lehre von der Magen-Darm-Schwimmprobe.
Bonn, 1887. 8^ '
^ Zimmermann H. — Ueber die Behandlung profuser Schweissabsonderungen
mit Agaricin. Bonn, 1887. 8**.
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LXXXV —
Fnbblicazioiii periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di marzo 1888.
Pubblicazioni italiane,
^Annali del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. 6*, t. VI, 3.
Venezia, 1888.
De Toni e Levi, Plora algologica della Venezia (Parte HI, le CI oro ficee). — Fa-
varo. Sulla Bìbliotheca Mathematica di Gustavo EnestrOm. -— Torelli. Alcuni ap-
punti su Alessandro Manzoni. Memoria postuma. — Saccardo e Paoletti. Mycetes
Malacenses. Funghi della penisola di Malacca, raccolti nel 1885 dall'abate Benedetto
Scortechini.
^Annali di agricoltura. 1888, n. 136, 146. Roma.
136. Abignente. La proprietà del sottosuolo. — 146. Atti del Concorso internazionale
di caseificio tenuto in Parma nel settembre 1887.
"^ Annali di chimica e di farmacologia. 1888, n. 2. Milano.
Guarescki. Sull'acido a monobromoftalico. — Campani e Grimaldi. La vanillina nei
acmi del lupinus albus. — Bufalini. Sull'uso terapeutico della cascara sagrada. — Mariotti.
DelFantipirina come medicamento analgesico.
+ Annali di statistica. Ser. IV, n. 18, 19. Roma, 1887.
Notizie sulle condizioni industriali delle provincie di Sondrio e di Catania.
"^Annuario della r. Scuola superiore di agricoltura in Portici. Voi. V, 3, 4. Na-
poli, 1887.
3. Comes. Il marciume delle radici nei vigneti di Angri. — Id. La peronospora della
vite e le altre malattie degli alberi fruttiferi nella provincia di Napoli. — Id. Sulla Gril-
lotalpa (Gryllotalpa vulgaris) e sul mezzo di combatterla. — Id. Istruzioni sulla
mosca olearia (Dacus oleae). — Id. Il mal nero o la gommosi nella vite ed in qual-
siasi altra pianta legnosa e gli eccessivi sbalzi di temperatura. — 4. Savastano. La tuber-
culosi delPolivo. — Id. Iperplasie e tumori.
* Annuario della r. Università di Pavia. Anno 1887-88. Pavia, 1888.
Sormani. L'igiene pubblica ed il progresso sociale in Italia.
*Annuario della r. Università degli studi di Pisa per l'anno accademico 1887-88.
Pisa, 1888.
Romiti. L'orìgine e la continuità della vita.
'^Annario della Società degli ingegneri e degli architetti italiani per Tanno
1888. Eoma, 1888.
^Annuario del r. Istituto di studi pratici e di perfezionamento in Firenze per
l'anno accademico 1887-88. Firenze, 1887.
■*■ Archivio per l'antropologia e la etnologia. Voi. XVII, 3. Firenze, 1887.
Bastami. Superstizioni religiose nelle provincie di Treviso e di Belluno. — Karusio.
Pregiudizi popolari Putignanesi (Bari). — Mauticchi. Leggende, pregiudizi e superstizioni
del volgo nell'alto Polesine. — Bianchi. Sul modo di formazione del terzo condilo e sui
processi basilari dell'osso occipitale nell'uomo. Osservazioni anatomiche.
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— LXXXVI —
■^Archivio storico italiano. Sor. 6, 1. 1, 1. Firenze, 1888.
Gaudenzi. Statuti dei mercanti fiorentini dimoranti in Bologna degli anni 1279-1289. —
Guasti. Ricordanze di messer Gimignano Inghirami concementi la Storia ecclesiastica e
civile dal 1378 al 1452. — Zini. Le Memorie del duca di Broglie.
i^ Ateneo (L') veneto. Ser. X, voi. II, 6. Venezia, 1887.
GIobì. La legge delle guarantigie. — Bonvecchiato. Dalla galera al manicomio. —
Codemo. Bebbo Carraro. — Nani Mocenico. I precursori del nostro risorgimento. — Mot-
menti, La scomunica di Fra Paolo Sarpi.
+Atti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 4, 5. Torino, 1888.
Battelli. Sulle yariazioni della resistenza elettrica e del potere termoelettrico del
Nichel al variare della temperatura. — Sansoni. Note di mineralogia italiana. Datolite e
Calcite di Montecatini (Valle di Cecina). — Giacomini. Su alcune anomalie di sviluppo
deirembrione umano.
^Atti della Società italiana di scienze naturali. Voi. XXX, 4. Milano, 1888.
Molinari. Le funzioni della silice nella crosta terrestre. — Mer calli. Il terremoto di
Lecco del 20 maggio 1887. — Parona. Contributo allo studio dei Megalodonti. — Bozzi,
Sopra una specie pliocenica di pino trovata a Castelsardo in Sardegna. — Mercalli. Le
lave di Radicofani. — Sansoni. Studio cristallografico sopra alcuni composti organicL
Atti della Società ligure di storia patria. Voi. XII, p. I, f. 2; voi. XII
(appendice); voi. XVIII, XIX, 1. Genova, 1887-88.
XII, 1 (2). Remondinu Iscrizioni medievali della Liguria. — XII (app). Belgrano.
Tavole a corredo della 1* serie dei Documenti riguardanti la colonia genovese di Pera. —
XVm. Belgiano e Beretta. D secondo registro della Curia arcivescovile di Genova. — XIX, 1.
Desimoni. Regesti delle lettere pontificie riguardanti la Liguria dai più antichi tempi fina
airawenimento d'Innocenzo HI. — Amari. Aggiunte e correzioni ai nuovi ricordi arabici
su la storia di Genova. — Belgrano. Trattato del sultano d'Egitto col comune di Ge-
nova. MCCXC.
•Bollettino annuale della Biblioteca civica della città di Torino. Anno IV,
1887. Torino, 1888.
^Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia conaparata nella r. Univereitèi
di Torino. Voi. II, n. 34, 38. Torino, 1888.
Gihelli. Variazione di colore nel Carabus Olimpi a e. — PoZZoaffrfl. Nuove specie
di molluschi dello Scioa. — Rosa. Sulla struttura dell'Hormogaster Redii.— Carne-
rano. Girino anomalo di Rana esculenta Linneo. — /rf. Ricerche intomo alla anatomia
ed istologia dei G ordii.
^Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. VI, n. 1-
Napoli, 1888.
♦Bollettino della sezione dei cultori delle scienze mediche (Accademia dei fisio-
critici di Siena). Anno VI, 2. Siena, 1888.
^Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 5. Eoma, 1888-
Cettolini. Invecchiamento e imbottigliamento del vino. — De Pasquale. Questioni
enotecniche in Sicilia. — Ferrano. 1 vini italiani all'estero.
^Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 3*, voi. I, f. 3. Roma, 1888.
Porena. La geografia in Roma e il Mappamondo vaticano, — Bodio. Notizie sulla
superficie e la popolazione deU'Etiopia. — Annoni. Da Agram a Costantinopoli, per Bel-
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— LXXXVII —
grado a Bucarest. — Amat di S. Filippo. Recenti ritrovamenti di Carte nautiche in Parigi,
in Londra ed in Firenze. — D, V. Giacomo di Brazzà.
'^Bollettino della Società geologica italiana. Voi. VI, 4. Roma, 1888.
Sacco. Il passaggio tra il ligurìano ed il tongriano. — Malagoli. Fauna miocenica
a foraminiferi del vecchio castello di Baiso. — Taramelli, Osservazioni geologiche sul
terreno Raibliano nei dintorni di Gorno in Val Soriana provincia di Bergamo. — Squi-
nabol. Conlribuzioni tJla fiora fossile dei terreni terziari della Liguria. Fucoidi ed elmin-
toidee. — Tuccimei, Nota preventiva sul Villafranchiano nelle valli Sabine.
^Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 9-13. Roma.
^Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla
Biblioteca nazionale centrale di Firenze. 1888, n. 53, 54. Firenze.
^Bollettino del Ministero degli affari esteri. Part. 1*, yoI. I, 2. Roma, 1888.
^Bollettino del r. Comitato geologico. Ser. 2\ voi. Vili, 11-12. Roma, 1888.
taccagna. Sulla geologia delle Alpi occidentali. — Portìs, Sulla scoperta delle piante
fossili carbonifere di Viozena nell'alta valle del Tanaro.
* Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, 1888
febb. e suppl. Roma.
■^Bollettino di notizie agrarie. Anno X, 1888, n. 7-13. — Rivista meteorico-
agraria, n. 5-8. Roma, 1888.
^Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, 4. Roma, 1888.
^Bollettino mensuale pubblicato per cura dell* Osservatorio centrale di Monca-
lieri. Ser. 2*, voi. Vili, 2, febb. 1888. Torino.
Hildebrandsson, Principali risultati delle ricerche sulle correnti superiori delPatmo-
«fera fatte nella Svezia.
* Bollettino meteorico deirUfficio centrale di meteorologia. Anno X, marzo
1888. Roma.
"^^ Bollettino sanitario (Direzione della Sanità pubblica). Febbraio, 1888. Roma.
^Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 1888, n. 6-11. Roma.
^Bollettino ufficiale dell'istruzione. Voi. XIV, 2, febb. 1888. Roma.
^Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 2.
Roma, 1888.
Cantarelli, H Cursus honorum dell'imperatore Petronio Massimo.— Gatti. Degli
avanzi deiracquedotto vergine. — Tomassetti. Notizie epigrafiche. — Gatti. Trovamenti
risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. — Id. L*epitafio di u Ioannes exiguus »
vescovo d'ignota sede nel secolo -sesto.
^Bullettino dell'imperiale Istituto archeologico germanico. Sez. romana. Voi. II, 4.
Roma, 1887.
Gamurrini. Dell'arte antichissima in Roma. — v, Duhn. La necropoli di Suessula. —
I. La comune provenienza da Cuma delle urne di bronzo e delle ciste a cordoni. — li. Due figure
di urne di bronzo. — HI. L'epoca delle urne di bronzo. — Pauli. Inscriptiones clusinae ine-
ditae. — Dessau. Un amico di Cicerone ricordato da un bollo di mattone di Preneste.
^BuUettino della r. Accademia medica di Roma. Anno XIV, 1. Roma, 1888.
De Rossi. Della scuola medica agli Stati Uniti e principalmente degli studi speciali. —
Poslempski. Sutura metallica nelle fratture della clavicola. — Id. Resezione enartrodiale
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— LXX.XVII1 —
del femore; processo Volkraann. — Sergi, Antropologia fisica della Fuegia. — GualdL
Emiparesi del bacino da isteria. — Impallomeni. Sopra dae casi di anomalie di reni e
delle corrispondenti arterie. — Mingazzini. Intorno ai solchi e le circonvoluzioni dei Pri-
mati in paragone con quelli del feto umano. — ZagielU L'oftalmia detta egiziana.
^Bullettìno di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche.
T. XX. Maggio 1887.
Narduccù Vita di Pitagora, scritta da Bernardino Baldi. •
^Bullettiiio di paletnologia italiana. Ser. 2*, t. IV, 1-2. Parma, 1888.
Pigorini. Cuspidi di selce ovoidali delPItalia. — Morelli. Antichi manufatti metal-
lici della Liguria ~ Campi. Spada di bronzo del Veneto, del Trentino e del Tirolo. —
Buffoni. Torbiera dlseo.
* Circolo giuridico (II). Anno XIX, 1-3. Palermo, 1888.
SantangelO'Spoto. La insequestrabilità degli stipendi degli impiegati comunali e pro-
vinciali a proposito del progetto Crispi.
^Giornale d'artiglieria e genio. Anno 1888, disp. I. Roma.
^Giornale della r. Società italiana d'igiene. Anno X, 1-2. 1888. Milano.
Zucchi. n quinto e sesto progetto dì legge sanitaria. — Maggiora. Belazione deUc
discussioni tenute alla r. Società italiana djigiene (Sede Piemontese) sul progetto di legge
per la tutela d*ìgìene e sanità pubblica presentato in Senato nella tornata del 25 novem-
bre 1887. — Easeri. Statistica delle cause di morte nei comuni capoluoghi di prorincia
e di Circondario per Tanno 1885. — Sodio. Della statistica sanitaria in Italia. Lettera al
prof. A. Corradi.
^Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno X^
2^ sem. f. 12. Die. 1887. Genova.
Chinazzi. Il comporre nelle scuole inferiori. — Castellini. I Siculi, ricerca di una
civiltà italiana anteriore alla greca per Rosario Salvo di Pietraganzilli. Recensione. —
Daneo. La scuola nelPofficina.
^Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 2. Roma, 1888.
Panara. Considerazioni statistiche sulle febbri malariche curate neirOspedale militare
di Roma dal febbraio 1886 al gennaio 1887. — Bianchi. Sifilodcrma ulceroso. ' Colasanii
e Moscatelli. L'acido paralattico nella orina dei soldati dopo le marcie di resistenza.
^Giornale militare ufficiale. 1888. Parte 1*, disp. 7-12; parte II, disp. 8-13.
Soma.
^Ingegneria civile (L') e le arti industriali. VoL XIY, 1, 2. Torino, 1888.
1. Ferrando. Le guglie del Siam. — Ruggiero. Intorno al canale Villoresi per una
derivazione d'acqua dal fiume Ticino. — H tunnel del Sempìone. La grande gallerìa di
Ronco per la linea succursale dei Giovi. La trazione funicolare per la galleria dei Giovi. —
L'acciaio al manganese. Macchina a vapore compound di grandi dimensioni. — 2. Gragnola,
Dei ponti girevoli in generale e di quello recentemente costruito per l'arsenale di Taranto. —
Penati. Il motore ad aria calda di Benier. — Sul busto meccanico universale del signor
Emilio Ferrari: Relazione alla Società promotrice dell'industria nazionale.
^Mélanges d'archeologie et d'histoire. Année VIII, 1-2. Rome, 1888.
de Nolchac. Giovanni Lorenzi, bibliothécaire d'Innocent VHI. — Prou. Notice et
extraits du manuscrit 863 du fonds de la reine Christine au Vatican. — Le Blant Lea
chrétiens dans la société palenne anx premiere àges de l'église. — de la Blanchère. La
poste sur la voie Appienne de Rome à Capone. — Gsell. Notes d'épigraphie. — Muntz,
Les sources de l'archeologie chrétienne dans les bibliothèques de Rome, de Florence et de
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— LXXXIX —
Milan. — Cadier Étnde sur la sigìllographie dea rois de Sicile. I. Les balles d'or des
Archìves du Vatican. — Lécrivain. L'appel de jage&'jiiiés sous le hautrempire. — Le BlanL
Note sur une coupé de verre grave dócouverte en Sicile. — Id, Necrologie.
* Memorie della Società degli spettroscopistì italiani. Voi. XVI, 11, 12. Roma,
1888.
11. Ricco. Osservazioni e studi dei crepuscoli rossi del 1883 e 1886. — Tacchini.
Fotografie della corona atmosferica attorno al sole, fatte in Itoma nel settembre 1887. —
Lockyer. Recherches sur les météorites. Conclusions générales. — 12. Tacchini. Macchie
e facole solari osservate al regio Osservatorio del Collegio Romano nel 4° trimestre 1887, —
Id. Osservazioni spettroscopiche solari fatte nel regio Osservatorio del Collegio Romano
nel 4® trimestre del 1887. — Ricco. Osservazioni astrofisiche solari eseguite nel regio Os-
servatorio di Palermo. Statistica delle macchie e delle facole nel 1887. — Garibaldi.
Astronomia fisica. Le protuberanze solari nei loro rapporti colle variazioni del magnete
di declinazione diurna.
^Rassegna (nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, n. 4-6. Conegliano, 1888.
4. Soncini. Pensiamo alla cantina. — Cettolini. L*enologia e la lotta di tariffe fra
la Francia e l'Italia. — SiLCci. Processo Gedudlt' per la determinazione dello zucchero. —
Briolini. Produzione e commercio del Cognac in Francia. — Ravaz-Bassi. Propagazione
per gemma isolata, — Flotti, Statistica viticola del Cantone di Neuchatel. — Soncini,
Viti americane (VitisRupestris di Schede). — 5. Carpenh II carbone nella pratica
delle filtrazioni dei vini. — Soncini. Peronospora della vite. Risultati degli esperimenti
fatti* per combatterla nei vigneti della r. Scuola di viticoltura ed enologia in Conegliano. -—
Pini. Le malattie dei vini in Sicilia. — Cettolini. La questione fillosserica in Francia. —
Joulie. Sulla clorosi della vite. — 6. Comboni. Ciò che entra in Italia. — Soncini, Pero-
nospora della vite. Risultati degli esperimenti fatti per combatterla nei vigneti della
r. Scuola di viticoltura ed enologia in Conegliano. — Cencelli.Ltk tortrice dell'uva (Tor-
triz ambiguella Hflbner). — Sestini. L'iposolfito sodico ed il solfito calcico nella eno-
tecnica. — Mancini. Ampelomiceti della famiglia degli Agarìcini. — Soncini. Viti ame-
ricane (Vitis Cordifolia di Michaux).
^Rendiconti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2% voi. XXI, 4, 5.
Milano, 1888.
4. Buccellati. Progetto del Codice penale pel regno d'Italia del ministro Zanardelli. —
Strambio. Da Legnano a Mogliano Veneto. Un secolo di lotta contro la pellagra. Bricciole
di storia sanitario-amministrativa. — Bellini. Esegesi del frammento * Fugitivus ' di Claudio
Trifonino. — Ardissone. Le alghe della Terra del Fuoco raccolte dal prof. Spegazzini. —
Aschieri. Del legame fra la teoria dei Complessi di rette e quelle delle corrispondenze
univoche e multiple dello Spazio. — Ascoli. Riassunto della mia Memoria: u Le curve
limite di una varietà data di curve » , ed osservazioni critiche alla medesima. —
5. Strambio. Da Legnano a Mogliano Veneto. Un secolo di lotta contro la pellagra. Bric-
ciole di storia sanitario-amministrativa. — Celoria. Nuove orbite delle jatelle doppie 0£
298 nella costellazione di Boote e fi del Delfino. — Verga. Poche parole sulla spina tro-
cleare dell'orbita umana. — Ascoli. Riassunto della mia Memoria : « Le curve limite di una
varietà data di curve», ed osservazioni critiche alla medesima.
^Bendiconto dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Ser. 2\ voL II,
1-2. Napoli, 1888.
1. Pergola. Rapporto dei lavori compiuti dair Accademia delle scienze fisiche e ma-
tematiche nell'anno 1887. — Malerba e Sanna- Salar is. Su di un microrganismo trovato
nell'urina umana alla quale impartisce una consistenza vischiosa. — Traversa. Azione della
Bdllbttino-Rbndiconti. 1888, A'ol. IV, 1® Sem. 12
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— xc —
Strofantina sull'apparato cardiaco-rascolare o sui mnscoli striati. ~ Del Re. Su certi sistemi
di qnartiche e sestiche sviluppabili che si presentano a proposito delle trasformazioni
lineari di una certa quartìca gobba in se stessa. — Capellù Ricerca delle operazioni inya-
riantive fra più serie di variabili permutabili con ogni altra operazione invariantiva fra
le stesse serie. — 2. De Gasparis. Riassunti decadici e mensili delle osservazioni meteo-
riche fatte nel r. Osservatorio di Capodimonte nell'anno 1887. — Id. Determinazioni asso-
lute della inclinazione magnetica nel r. Osservatorio di Capodimonte. — Albini. Conti-
tinuazione delle ricerche sperimentali sulla segregazione dei vegetali. — Pascal. Sopra un'ap-
plicazione del metodo per esprìmere una forma invariantiva di una binaria cubica mediante
quelle del sistema completo. — Masoni. Su di una nuova formola proposta pel calcolo
della portata nelle bocche a stramazzo.
^Bendiconto delle tornate e dei lavori dell* Accademia di archeologia, lettere e
belle arti. N. S. Anno I, 1887. Napoli.
*Bevue intematìonale. V® année, t XVII, 5, 6. Bome, 1888.
5. Blaze de Bury. Mes souvenirs de la «Revu^ des deux Mondes. — K. Les lettres
militaires du prince de Hohenlohe. — Fontane. Les marionnettes. — Frhies. Jean-Pierre
Vieusseux d'après sa correspondance avec J.-C.-L. De Sismondi. — Heard. Masima. —
Raineri. Les grandes lignes de navigation. — 6. MassaranL A mes amis de Franco. —
De Bunsen. L'empereur Guillaume.
^Biyista critica della letteratura italiana. AnnoV, n. 1. Firenze, 1888.
"^Bivista di fQosofia scientìfica. Ser. 2^, yol. VII, gen.-feb. 1888. Milano.
Ardigò. L'equivoco à^WIncoMcio di alcuni moderni. — Sergi. Evoluzione umana. —
Grossi. La divisione del lavoro nelle società preistoriche. Ricostruzione sociologica. —
Mazzarelli. Di alcuni organi rudimentali nella serie animale e del loro significato filoge-
netico. — Cesca. La « Cosa in sé n. I. La dottrina di Emanuele Kant sulla « Cosa in sé ». —
Lourie. Studi di psicologia, I fatti e le teorie dell'inibizione. II. Le teorie.
^Bivista italiana di filosofia. Anno III, yol. I, marzo-aprile. 1888. Boma.
Ferri. La filosofia politica in Montesquieu ed Aristotele. — Mariano. D processo sto-
rico della Chiesa. — Segrè. La statistica e il libero arbitrio in rapporto alla nuova scuola
di diritto penale.
^Bivista marittima. Anno XXI, 2, febb. 1888. Boma.
Raineri. Il canale di Corinto. — Maldini. I bilanci della marina dltalia. — Studio
sull'ufficio e l'organizzazione delle batterie da costa. — Beresfold. L'ufficio navale di infor-
mazioni in Inghilterra. — De Haig. Il cannone pneumatico a dinamite.
^Bivista mensile del Club alpino italiano. Voi. VII, 2, 3. Torino, 1888.
Brentari. I colli euganei. — Bellucci. L'Osservatorio-rifugio del monte Vettore. —
Bonacossa. Pizzo Rodes e prima ascensione al pizzo Biolco. — Budden. L'utilità pratica
dei ricoveri alpini.
+Bivista scientifico-industriale. Anno XX, 4-6. Firenze, 1888.
4. Canestrini. Esperienze sopra alcuni effetti prodotti dalle scintille d'induzione. —
Determinazione colorimetrica dello solfo nel ferro. — Poli. La peronospora dei grappoli. —
5. Martinetti. Studi sulla termogenesi magnetica. — Faè. Rivista di alcune ricerche intorno
all'influenza della luce sui conduttori elettrizzati. — Finocchi. Sul fenomeno di Leiden-
forst. — 6. Influenza del magnetismo sulla resistenza elettrica dei conduttori solidi. —
Fritsck. Produzione industriale del nitrato di etile. — Poli. Microscopio da acquario del
prof. E. Schulze.
^Sessioni dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei. Anno XLI, sess. 1-4.
1887-88. Boma.
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— XCI —
^Spallanzani (Lo). Anno XVII, ser. 2% 1-2. Boma.
Ciaccio. Del sangue. — Paladino, Principali fenomeni della vita delle ovaja nei mam-
miferi. — Postempsky, Frattura della colonna vertebrale. Fratture delle ossa del bacino.
Rottura delPuretra. Contusioni delle partì molli e trattamento dei versamenti sanguigni
per contusione. Contusioni degli organi cavitari. — iannuizi. Emissione di cisti di echi-
nococco.
^Statistica del commercio speciale d'importazione e di esportazione dal 1® gen.
al 29 feb. 1888. Boma.
^Telegrafista (II). Anno Vili, 1. Roma, 1888.
Hoppe e Finto, Per la storia della legge delle tensioni di Volta. — Bracchi, Elet-
trometrìa ad uso degli impiegati telegrafici.
Pubblicasioni estere^
•Abhandlungen der k. geologischen Beichsanstalt. Bd. XI, 2. Wien, 1887.
Stur, Die Carbon-Flora der Schat^larer Schichten.
^AbhandluDgen herausg. von der Senckenbergiachen Natnrforschenden Gesell-
schaft. Bd. XV, 1. Frankfurt a. M. 1887.
Geiler und Kinkelin, Oberpliocàn-Flora aus den BaugrUben des El&rbeckens bei Nie-
derrad un der Schleuse bei HOchst a. M. — Mdschler, Beitràge zur Schmetterlings-Fauna
der Goldktlste. — Noli. Experimentelle Untersuchungeu ueber das Wachstum der Zell-
membran.
*Abstracts^f the Proceeding? of the Chemical Society. N. 49, 50. London, 1888.
^Acta historica res gestas Poloniae illnstrantia. T. IX, X, XI. W Erakowie,
1886-87.
IX. Cardìnalis Hosii epistolae. 1551-1558. — X. Lauda conventuum particularìum terrae
Dobrinensis. — XI. A età Stephani regis 1576-1582.
• Acta Universitatis Inndensis. T. XXIII, 1886-87. Lmid.
Philos.-Sprakvet. ocH HisTORi. Paulson, studia Hesiodea, I. — IVulf, Poèmes iné-
dites de Juan de la Cueva. — Thyrén. Verldsfreden under Napoleon. — Mathem. och
Naturv. Rosén, Solution d'un problème d'électrostatique. — Agardh. Till Algemas Syste-
matik (Femte Afdelningen). — Batts-och Statsv. Ask, Om formaliteter vid kontrakt enlìgt
romersk och svensk fOrmOgenhetsràtt.
*Analele Academiei Eomane. Ser. 2, t. Vili, sect. 2; t. XI. Part. adm. Mem.
sect. ist. Mem. sect. sciint. Bucuresci, 1888.
Mem. sect. ist. Vm, 2. Ghica. Amintiri despre Grigorie Alexandrescu — Baritiu.
Apulum, Alba-Julia, Belgradu in Transilvania. ~ Melchisedech. Schite din vièta Mitropo-
litului Ungro-Vlachiei Filoret Il-lea, 1792, si ale altoru persóne bisericesci cu cari elu
a fostu in relatiuni de aprópe. ~ Papadol-Calimachu. Notita isterica despre orasulu Boto-
sani. — Tocilescu. Raporturi asupra càtoru-va manastiri, schituri si biserici din téra, pre-
sentate Ministeriului Culteloru, si alu invetamintului publicu. — Sturdza, Dare de Sèma
despre colectiunea de documente istorice romàne aflate la Wiesbaden. — Id, L Scrisore
autografa de la Michaiu-Vitèzulu. II. Stegulu lui Serbanu-Yoda Cantacuzino, III. Nóue desco-
periri numismatico romànesci. — IX. Mem. sect. i^tor, Sturdza.'Dece Maiu, Memoriu.—
Marianu. Biserica din Parhauti in Bucovina. — Urechia, Sèma visteriei Moldovei din 1818 —
Id. 0 statistica a Terei Bom&nesci, din 1820. — Id. Inscriptiuni dupe manuscrise. Comu-
nicari si note. — Papadol-Calimachu, Generalulu Pavelu Kisseleff in Moldova si Tera
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— xcu —
Romanésca, 1829-1834, dapè docnmente rusesci. — Urechia, Notile despre slobozii —
M£M. SECT. sciiNT. Cabalcsscu. Despre orìginea si modulu de zacere ala Petroliulni in
generala si particalam in Carpati. — Stefanescu. A treia sesinne a Congresulni Geologica
intemationala tinata la Berlin in 1885. — Bacaloglo, Aperatoriala de trasneta (Pataton-
nerre). — Felix. Ala Vl-lea Congresa intemationala de Igiena si demografie si exposi-
tianea de igiena si demografie din Yiena (Septembre-Octobre 1887).
^Annalen der Chemie. Bd. CXLIII. Leipzig, 1888.
Dobriner. Ueber die Siedepankte and specifischen Volamina der Aether normaler
Fettalkohole. ~ Id, Ueber die specifischen Volamina der normalen Alkyljodide. — Pinette.
Siedepantke and specifische Volamina einiger Phenole and Phenolàther. — Lo$sen, Bemer-
kangen za den voraasgehenden Abhandlangen. — Gotting. Beitrage zar Kenntniss der Con-
stitation des Nitroàthans. — Hesse. Beitr&ge zar Kenntniss der Chinaalkalolde. — Wisli'
cenus. Neae Reactionen des Dichlor&thers. — Klinger and Maassen. Ueber einige Salfin-
verbindungen and die Valenzen des Schwefels ; erste Abhandlang. — Wallach and Heuiler.
Ueber. organische Flaorverbindangen. — Laubmann. Ueber die Verbindungen des Phenyl-
hydrazins mit einigen Eetonalkoholen. — ffasselbach. Ueber Hydrodiphtallactons&are and
Hydrodiphtalyl. — Jkuta, Ueber j5-Nitrosodiphenylamin. — Wacker, Zar Kenntniss aroma-
tischer Nitrosobasen. — Kock. Ueber einige aromatische Nitrosobasen. — ìVekmer and
Tollens. Ueber die Bildang von Lavalinsàare, eine Eeaction aller wahren Eohlenhydrate. —
Id, id. Ueber das Verhalten des Methylenitans (der sog. Formose von Loew) beim Erhilzen
mit S&aren. — Einhorn und Lauch. Ueber das Verhalten des Chinolins and seiner Deri-
vate gegen anterchlorige S&are. — Id. and Orabfield. Zar Kenntniss der Paramethoxyphe-
nylacryls&are.
^ Aimalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXIII, 4. Beiblàtter XII, 2, 3.
Leipzig, 1888.
Stenger. Ueber die Gesetzm&ssigkeite im Absorptionsspectram eines KOrpers. ~
V. Oettingen a. v. Gernet. Ueber Knallgasexplosion, — Lecker. Ueber eleciromotorische
Gegenkràfte in galvanischen Lichterscheinangen. — Arrhenius. Ueber das LeitangsvermO-
gen beleuchteter Laft. — Rontgen a. Schneider. Ueber die Compressibilitat des Wassers. —
Meyer zar Capellen. Mathematische Theorie der transversalen Schwingangen eines Stabes
von veranderlichem Qaerschnitt. — Kohlrawtch. Das WarmeleitungsvermOgen harten and
weichen Stahles. — Natamon. Ueber die kinetische Theorie unvollkommener Gase. — Narr.
Zar Verhalten der Electricitat in Gasen. — Gockel. Bemerkangen za einem Aafsatze des
Hrn. P. Dahem, die Peltier'sche Wirkang in einer galvanischen Kette betreifend.
^ Annalen des k. k. naturhistorhischen Hofmuseums. Bd. Ili, 1. Wien, 1888.
Weithofer. Ueber einen neaen Dicynodonten (Dicynodon simocephalas) aas
der Karrooformation Stldafrikas. — Id. Ueber ein Vorkommen von Eselsresten in der Hohle
wPytina jama« bei Gabrowitza nachst Prosecco im Ktistenlande. — von Marenzeller. Ueber
einige japanische Tarbinoliiden. — Kriechbaumer. Neae Ichneumoniden des Wiener Mu-
seams. — von Pelzeln and von Lorenz. Typen der omithologischen Sammlung des. k. k.
natarhistorischen Hofmaseams. — von Washington. Ueber ein Vorkommen des Peleca-
nas sharpeì da Bocage in Oesterreich-Ungam nebst einigen allgemeinen Bemerkangen
tiber dieso Art. — von Beck. Zar Kenntniss der Torf bewohnenden Fohren Nieder-
Osterreichs. — Berwerth. Dritter Nephritfand in Steiermark.
^Annalen des physikalischen Central-Observatoriums. Jhg. 1886, Th. II. S. Pe-
tersburg, 1887.
^^Annalen (Mathematische). Bd. XXXI, 2. Leipzig, 1888.
Dingeldey. Die Concomitanten der temaren cabischen Formen, insbesondere der Form
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— xeni —
XxXt* — 4a?t*+^t iPi"iPt+^8a?i*. — Id. Ueber die Transformatìon der Gleichnng der ebenen
Curve dritter Ordnang mit Doppelpunkt auf die Normalfonn. — Schlesinger. Ueber die
Verwerthung der 5-Pniictionen flir die Curven dritter Ordnang nebst einer Anwendong auf
die su einer Curve dritter Ordnung apolaren Curven. — Koenigsòerger. Ueber algebrai-
sche Beziehungen zwischen Integralen linearer Differentialgleicbungen. — Frtcke. Ueber
ausgezeichnete Untergruppen in der Gruppe der elliptischen Modulfunctionen. — Zeuthen.
Sur la détermination d'une courbe algébrique par des points donnea. — Killing, Die Zu-
sammensetzung der stetigen endlichen Transformationsgruppen. — Kupper. Ueber die auf
einer Curve m*^'' Ordnung C^ vom Geschlecht p von den oo* Geraden Q der Ebene aus-
p
geschnittene lineare Schaar ^^■>. — Koenigsberger. Ueber die Emiedrigung der Ordnung
m
algebraischer Differentialgleicbungen mit Hùlfe bekannter Integrale.
^Annales des mines. 8® sér. t.XII, 5. Paris, 1887.
Marie. Les régulateurs de yitesse. — Ricour. Notice sur la répartition du trafic des
chemins de fer fran^ais et sur les prix de revient des transports. — Noblemaire. Le prix
de revient sur les chemins de fer et la répartition du trafic. — Babu, Note sur le Ram-
melsberg (Bas-Harz). — Id. Note sur Tétude géométrique des croisements de filons.
+AimaleB des ponts et chaussées. 1888 janvier-février et personnel. Paris.
Janv. Noblemaire, Notice biographique sur M. Alexandre Surell. — Colson, L'orga-
nisation financière des ports maritimes de commerce en Angleterre. — Fevr. Alayer. Note
sur les égouts des yilles. — Durand-Clave, Examen des systèmes Waring et Shone pour
Tévacuation des eaux d'égout. — Laurent Note sur le nettoyage des ouvrages d'art au
moyen des procédés chimiques brevetés de M. Liebhaber. — Chicoineau. Note sur les ap-
paraux employés au rejointoiement du viaduc de Dinan.
+Annales (Nourelles) de mathématiques. 3^ sér. 1888 févT. Paris.
Cesaro. Sur la convergence des séries. ~ Laurent. Sur la théorie de Télimination. —
Pomey. Sur le plus grand commun diviseur de deux polyn6mes entiers. — Hoffmann. Sur
Texistence de trois racines réelles de Tdquation qui détermine les axes prìncipaux d'un
cdne. — Worontzoff, Sur un théorème de M. Weill. — Cesaro, Sur les cercles inscrits à
un triangle.
+Amiales scientifiques de TÉcole normale supérioure. 3* sér. t. V, 3. Mars
1888. Paris.
Combescure. Sur le déplacement tangentiel de deux surfaces rigides. — Darboux. Sur
la représentation spbérique des surfaces. — Duhem, Sur la pression (^lectrique et les phé-
nomènes électrocapillaires.
+Annnaire de la Société des iogénieurs civils. 1888. Paris.
^Annuaire de la Société météorologique de Franco. 1887 oct.-nov. Paris.
Poincaré, Déplacements du champ des alizés boréaux dans Tannée météorologique
1883. Note complémentaire sur Tinfluence de Tamplitude de Toscillation de la lune en dé-
clinaison. — Ouilbert. Étude sur les dépressions secondaires du golfe de Génes et obser-
vations relatives à leur prévision. — Renou. Résumé des observations météorologiques faites
au Parc-de-Saint-MaDr, en juillet et aoùt 1887.
^Anzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, n. 273-275. Leipzig, 1888.
273. Mitsukuri. The Ectoblastic Origin of the Wolffian Duct in Chelonia. —
Meinert. Ein bischen Protest. — Fritsch, Ueber die Brustflosse von Xenacanthus De-
che ni Godf. ~ V, Fischer. Ein EOmerfressendes Reptil. — Sarasin. Die L&ngsmuskeln
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— XCIV —
and die Stewart'sehen Organe dei Echinothoriden» — Richard. Note sur Moina bathy-
cola (Vernet). — 274. Horst. Canningham on «the cardiac body«. — v. Perényi, Bnt-
wicklnng des Amnion, Wolff 'schen Ganges and der Allantois bei den Reptilien. — Repiar
choff. Noch eine an Nebalien lebende Torbellarie. — 275. Goette. Ueber die Eetwìcklnng
von Petromyzon fluviatilis. — Cholodkotcsky. Ueber die Bildong des Entoderms
bei Blatta germanica. — Imhof, Faona der Snsswasserbecken.
^Archaeologìa or Miscellaneous tracts relating to Antìquity, pubi, by ihe So-
ciety of antiquaries of London. Yol. L, 2. London, 1887.
Kirby, The Alien Priory of St. Andrew, Hamble and ite transfer to Winchester Col-
lege in 1391. — Hilton Pricce. Further Notes upon Excavations at Silchester.— Cheales.
On the Murai Paintings in AH Saints Church, Friskney, Lincolnshire. — Browne. On
Basket-work Figares of Men represented on Scolptared Stones. — Church. Beginald bishop
of Bath (1174-1191) ; bis episcopate, and bis share in the building of the church of Wells. —
Atkinsan. Notes on an Ancient Boat found at Brigg. — Peacock. Notes from the Records of
the Manor of Bottesford, Lincolnshire. — Thomas. On excavations in an Anglo-Saxon ce-
metery at Sleaford, in Lincolnshire. — Freshfield. On certain churches on the eastem coast
of Italy. — Gomme. The History of Malmesbury as a Village Community. — Sparrowe
Simpson. Two Inventories of the cathedral church of St. Paul, London, dated respectively
1245 and 1402 ; now, for the first time, printed, with an Litroduction.
^Beitràge zur vaterlSudischen Geschichte. N. F. Bd. II, 4. Basai, 1888.
Burckhardt. Christian Wurstisen. — Wachemagel. Beschreibung des Basler Mansters
und seiner Umgebung von Christian Wurstisen. — Burckhardt. Worte der Erinnerung an
Pfarrer Emanuel LaRoche.
+Berichte der deutschen Chemischen GeseUschaft. Jhg. XXI, 4, 5. Ber-
lin, 1888.
4. Erdmann. Notiz flber Eetonapthol (Aceto-a-napthol). — Id. Ueber /S-Naphtylamin-c^
sulfos&ure und /9-Naphtylaminsulfos&ure F. — Limpach. Ueber Gesetzm&ssigkeiten bei der
Substitution aromatischer Amine. — Id. Ueber die Eernmethylirung von symmetrischem
Metaxylidin. — Sievers. Ueber krystallisirte Halogenquecksilbersalze. — Otto. Ueber den
Vorgang bei der Bildung von Monosulfonen aus deren Monohalogensubstìtuten und snlfin-
sauren Salzen sowie Alkoholaten. — ■ Id. Zur Eenntniss des Methylenchlorphenylsulfons. —
Schneider. Ueber Amine dreibasischer organischer S&uren der Fettreihe. — Ciamician
und Magnanini. Ueber Indolcarbonsauren. — Fischer und Hepp. Ueber Dibromnitroso-
phenol. — Id. id. Ueber Azophenin und Chinonanilide. II. — Id. id. Paranitrosoanilin. —
Grùnewald und Meyer. Untersuchungen liber die Dampfdichte des Eisenchlorids bei ver-
schiedenen Temperaturen. — Auwers. Ueber die Anwendbarkeit der Raoult'schen Me-
thode der Moleculargewichts-Bestimmung in chemischen Laboratorien. — Witt. Ueber Eu-
rhodine und Saflfranine. — Id. Ueber Naphtalinderivate. — Mehne. Ueber Nitrosotolni-
dine. — Freer und Perkin (jun.). Synthese von Hexamethylenderivaten. — Id. id. Zur
Eenntniss des Heptamethylenringes. - Coiman und Perkin (jun.). Ueber Pentamethylen-
derivate. — Bernthsen. Zur Beziehung zwischen Hydraziden und Azoverbindungen. —
Gerber. Ueber Derivate des Orthotolidins. — Gattermann. Zur Kenntniss des Chlorstick-
stoffs. — Ladenburg und Abel. Ueber das Aethylenimin (Spennin ?). — Beckmann. Zar
Eenntniss der Isonitrosoverbindungen. V. — Knorre v. und Oppelt. Ueber pyrophosphorsaure
Salze. — 5. Ziegler. Ueber eine neue Synthese des Tetraphenylàthylens. — Boessnech.
Ueber die Condensatìon von Chloralhydrat mit secundàren aromatischen Aminen. — Auwers
und Meyer. Untersuchungen (iber die zweite van t'Hoff'sche Hypothese. — Baurath.
Ueber a-Stilbazol («-Styrylpyridin) und scine Reductionsproducte. — Ahrens. Zur Eennt-
niss des Spartelns. — Durkopf und Schlaugk. Ueber ein Parvolin. — Bamberger nnd
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Lodter, Zar Charakteristik partiell hydrirter aromatìscher Sabstanzen. — Id, und Afùller.
Ueb«r ^Tetrahydropbtylamin. — Holleman. Einfaches Verfahren zur Moleculargewichts-
bestimxnang nach der Ranolt'schen Methode. — Ziegler. Ueber molecnlare Umlagerangen
in der Chinolinreihe. — Rathkte. Ueber Monophenylisocyannrs&ure ; liber ein viertes Tri-
phenylmelamìn and seine Umwandlang in das normale. — Id. Ueber Cyanarverbindangen
des Taorìns. — Schùn, Yorkommen der Oels&are and nicht der Hypogftasftare im ErdnassOl. —
Kreiling. Ueber das Vorkommen von Lignocerins&uren, Ct* H»8 Oi , neben Àrachins&are,
Cm H 40 Oi , im ErdnassOl. — Elbs. Erwiderang. ~ Kònig. Ueber Orthooxychinaldincarbon-
8&are. — Krokn. Ueber Oxy-iS-isodorylsftnre , C« H(CH,). OHCOOH. — Fogh. Ueber das
Dimethylanilea-Gbinonimid und dessen Sulfons&ure. — deve. Ueber die Einwirkang von
Chlor aaf «-and ^Naphtol. — Hempel. Ueber die Darstellung des wasserfreien Cblorma-
gnesiams. — Id. Ueber die Darstellang fester Sttlcke von Salmiak and kohlensanren Àm-
moniak. — Id. Ueber die Àbsorption des Kohlenoxydgases durch Kupferchlorflr. — Id.
Ueber die Benatzang des Siemens^scben Regenerativgasbrenners zam Eindampfen von
Fltlssigkeiten. — Id. Ueber die cbemiscbe Bindung des Kohlenstoffes dnrch Eisen bei
hohem Dmck. — TòhL Ueber das benacbbarte Tetraraethylbenzol. — KoKler. Ueber m-Oxy-
nitrosodiphenylarain. — Locher. Ueber die Einwirkang von Blntlaagensalz aaf Diazoben-
zol. — Ciamician und Silber. Ueber das Apiol. — Kiliani. Ueber die Eìnwirkpng von
Blans&ore aaf Galactose. — Fittig. Ueber das Verbalten der anges&ttigten S&aren bei vor-
sichtiger Oxydation. — Wunter. Anwendung des Tetxamethylparaphenylendiamins zar quan-
titativen Scb&tzang activen Sanerstoffs. — Leicy. Ueber die Basen aus Bromacetophenon
and S&areamiden. — Freund. Znr Eenntniss des Ferrocyanftthyls. — Id. Znr Ecnntniss
des Platincyan&tbyls. — HanUsch und Traumann. Amidotbiazole aas Salfohamstoff nnd
balogenisirten Ketonen resp. Aldehyden. — Hantzsch and Arapides. Ueber Metbylthiazol. —
Id. Syntbese von Thiazolen and *Oxazolen. — Meyer and Riecke. Einige Bemerkangen
tiber das Kolhenstoffatom und die Valenz. — AnichtUz. Ueber die Eininrkung von Pho-
sphorpentachlorid aaf einige Anils&uren zweibasischer Sfturen. — Id. und Reuter. Ueber
die G 0 1 1 1 i e b-M i e h a e 1 sche Itaconanilsàure. — Reissert. Bemerkung. — Wagner, Ueber
das Titanchlorid und die Titans&ure. — Evers. Ueber die aus Dinaphtylsulfobamstoff durch
Addition von Alkylhalolden entstehenden Basen und deren Umsetzungsproducte. — Griets.
Neuere Untersuchungen tiber Diazoverbindungen. — Fischer. Ueber die Hydrazone.-— /(i. Ueber
die Verbindungen des Phenylhydrazins mit den Zuckerarten. III. — Otto R. und Otto W.
Wcitere Beitr&ge zur Eenntniss der Analogien zwischen alkylsulfonirten Fetts&uren und
Ketonsàuren. — Behrend und Roosen, Ueber synth^tische Versuche in der Hamsfturereihe.
^Bericht des naturwissenschaftlichen-medizinischen Yereines in Innsbruck. Jhg.
XVI (1886-87). Innsbruck, 1887.
NicoladonL Bericht der chirurgiscben Elinik in Innsbruck far die Zeit von 1 Oct.
1884 bis 31 Dez. 1885.
^Bericht (26, 27 n. 28) ueber die Th&tigkeit des Offenbacher Yereins fùr
Naturkunde. Oifenbach, 1888.
Bóttger. Materialien zur herpetologischen Fauna von China. II. — Id. Emeunte Auf-
z&hlung der Reptilien und Batrachier des chinesischen Reiches. — Volger. Die Bedeutung
der Pfleges der Naturkunde fQr das Gemeinwohl.
♦Beilchte ueber die Verhandlungen der k. Sach. Gesellschaft der Wissenschaft.
Math,-phy8. CI. 1887, MI; Philol-hist. CI. 1887, IV-V. Leipzig, 1888.
Mat.-Phys.Cl. Bruni, Ueber die Integrale des VielkOrper-Problems. I. Mittheilung. —
Dyck. Beitr&ge zur Analysis situs. m. Mittheilung. — Schldmilch, Ueber eine Entwicke-
lung des Logarìthmus. — Bruns. Ueber die Integrale des YielkOrper-Problems. II. Mitthei-
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— XCVI —
lung. — Lie. Die Bagriffe Grappe und Invariante. — Engel, Eleinere Beitr&ge zur Grup-
pentheorìe. — Thomae. Bemerkang uber Thetafunktionen vom Geschlecht 3. — Hilbert.
Ueber die Bflschel von binaren Formen mit der n^mlichen FnnktionaldeterminaDte. —
Meyer, Ueber ein Bewegungsproblem. — Walther. Die Entstehung. von KantengerOllen in
der Galalawttste. — Study. Ueber den Begriff der Invariante algebraiscber Formen. —
Neumann, GrandzQge der analjtischen Mechanik, ìnsbesondere der Mecbonik starrer EOr-
per. — Hamack. Ueber die Darstellnng einer willktirlicben Fanction darch die Fourier-
Beaselschen Functionen. — Philol.-hist. Cl. Zamcke. Znm Ànnoliede. — Id. Christian
R-euter als Passionsdichter. — Wachsmuth. Neue Beitràge zur Topographie von Athen. —
Fleischer. Eine Stimme ans dem Morgenlande tlber Dozy's Sapplément aux dictionnaires
arabes. — v. d. Gabelents. Ueber das taoistische Werk Wén-tsl*.
+Bibliothèque de TÉcole des hautes études. Fase. 74, L. Paris, 1887.
de Nolhac. La Bibliothèque de Fulvio Orsini.
^Boletin de la real Academìa de la Historia. Tomo XII, 2, 3. Madrid, 1888.
2. Beer. La ler romana Visigothorum y la Biblia itàlica en un còdice palimpsesto de
la" catedral de Ledn. — de la -Fitente. Supuesto parto de una supuesta reina. — Danvila,
Origen, naturaleza y extensiòn de los derechos de la Mesa Maestral de la Orden de Cala-
trava. -- Fita. Tres bulas inéditas de Alejandro III, referentes à la historia de Espana. —
3. Duro, Centenario tercero de D. Alvaro de Bazàn. — Fita, El rey D. Fernando II de
Aragòn en la historia parlamentaria de Cataluna. — Riu y Cabanas. Piezas inéditas del
Concilio provincial mejicano IV, celebrado en 1771. — de Dios de la Rada y Delgado.
Una viria ó torques, extremena. — Ferndndez y Gonzdlei. Sobre la adición de una k,
delante de vocal que se observa en el tezto palimpsesto del Breviario deAniano,
descubierto por el Sr. Beer en la biblioteca del Cabildo-catedral de Leon. — Duro. Una
escuadra de galeras de Castilla, del siglo XIV. *
»Boletin de la Sociedad geogràfica de Madrid. T. XXIII, Madrid, 1887.
Minguez, Los Celtas. — Montano, Excursión al interior y por el Oriente de Min-
danao. — Ferndndez Duro, El valle de Aràn. — de Cueva$, Larache. — de Foucauld,
Itinerarios en Marruecos. — El Sahara occidental. — Los franceses en TimVuctó. —
VA vapor francés en Timbuctii. — Ferrocarril de Riga al Pacifico à través de Rusia y
Siberia. — Carta catalana del 1339, por Dulceri. — Ferreiro. Memoria acerca de los pro-
gresos geogràficos. — Canga-Argùelles. La isla de la Paragua. — Trabajos cientfficos y
geogràficos en Bolivia. — Aguilar, La Repùblica de Liberia. — Sdnchez de Toca, El
canal de Panama en 1886.
+Bulletin de TAcadémie r. des scìences, des lettres et des beaui-arts de Bel-
gique. 3« sér. t. XIV, 12; XV, 1. Bruxelles, 1887-88.
XIV, 12. Montigny. Infiuence des bourrasques sur la scintillation des étoiles. —
Spring, Sur la vitesse de réaction du spath disiando avec quelques acides. — Spring et
Winssinger, De Taction du chlore sur les combinaisons sulfoniques et sur les oiysulfurea
organique. — Winssinger, Sur quelque dérivés nouveaux de Talcool heptilique normal, com-
parés a leurs homologues. — Malaise. Sur la découverte de poissons devoniens dans le bord
nord du bassin de Namur. — Renard et Klément, Sur la nature minerale des silex de la craie
de Nouvelles, contribution à Tétude de leur formation. — Francotte. Contribution à Tétude
du développement de Tépiphyse et du troisième ceil chez les reptiles. — /orissen et Hairz.
Sur un nouveau glucoside azoté retiré duLinum usitatissimum. — Cogniaux, Notìce
sur les Mélastomacées austro-américaines de M. Ed. André. — XV, 1. Van Beneden. De la fixa-
tion du blastocyste à la muqueuse uterine chez le Murin (Vespertilio murinus). —
Plateau. Recherches expérimentales sur la vision chez les Arthropodes : a. Vision chez les
Chenilles ; b, ROle des ocelles frontaux chez les Insectes parfaits. — Van Bambeke, Remarques
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surla reproduction de la Blennie vivipare (Zo arce s viviparua Cuy,).-^ Henry, Ètuàes
sur la volatilitó dans les composés carbonés. Composés polj-oxygénés. — De Heen. Note su
le travail molécnlaire des liquides organiqnes. — Id, Détermination des varìations de la cha-
leur spéclfiqiie des liquides avec la temperature. — Damry. Sur la détermination de la forco
du vent en grandeur et en direction. — Van Aubel. Étude ezpérimentale sur Tinfluence
du magnétisme et de la temperature sur la résistanoe électrique du bismuth et de ses allia-
ges avec le plomb et .l'étain. — Sckoentjes. Sur quelques expériences relatives à la t«nsion
superficielle- des liquides.
'^Balletìn de la Société entomologìqne de France. 1888 feuill 4, 5. Paris.
+Bulletin de la Société mathématique de France. T.XVI, 1. Paris, 1888.
Kcenigs, Le lieu des póles d'un pian fixe par rapport aux coniques tracées sur une
surface de Steiner est une autre surface de Steiner. — Issaly. Nouveaui principes de la
théorie des congruences de droites.
+Bulletin des sciences mathématiques. 2® sér. t. XII, mars 1888. Paris.
Oilbert. Sur la convergence des intégrales a limites infinies.
^Bulletin of the Museum of Comparative Zoòlogy at Harwal College. Voi. XIII, 7.
Cambridge, 1888.
Fewkes. On Certain medusae fron New England.
^Centralblatt (Botanisches). Bd. XXXIII, 11-13; XXXIV, 1. Cassel, 1888.
Dùnnenòerger. Bacteriologischchemische Untersucbung ueber die beim Aufgehen des
Brotteiges wirkenden Ursachen. — Brotherus. Musei novi transcaspici.
+Centralblatt fur Physiologie. 1888, n. 25, 26*. Wien, 1888.
Alòertoni, Hemmungs-Centren . der KrOte.
^ Circulars (Johns Hopkins University). Voi. VII, 63, 64. Baltimore, 1888.
+Compte rendu des séances de la Société de géographie. 1888, n. 5, 6. Pai-is.
^Compte rendu des séances et travaux de TAcadémie des sciences morales
et poUtiques, N.S. T. XXIX, 3, 4. Paris, 1888.
3. Waddington. Le Parmenide de Platon. — Franck. L'irréligion de Tavenir. —
Courcelle-Seneuil et Frànck. Observations à la suite. — Baudrillart. Les populations agri-
coles. L'Ile-de-Prance. — Picot, Quatrième rapport de la commissin cbargée de la publi-
cation des Ordonnances des rois de France. — 4. Boutmy. L'état et Tindividu en Angle-
terre. — BeatMsire. Questions de droit des gens.
"^Comptes rendns hebdomadaires des séances de TAcadémie des sciences. T. CVI,
n. 8-12. Paris, 1888.
8. Bertrand. Troisième Note sur la probabilité du tir à la cible. — Sylvester. Sur
Timpossibilité de Texistence d'un nombre parfait impair qui ne contient pas au moins cinq
diviseurs premiers distincts. — de Jonquières, Construction géométrique de la surface du
troisième ordre. Réflexions sur la generation des surfaces algébriques à Taide de deux fai-
sceaux projectifs. — Marion et Kowaleviky. Sur les espèces de Proneomenia des cdtes
de Provence. — Rambaud et Sy. Observations de la nouvelle planète (272) Cbarlois, faites
à rObservatoire d'Alger, au télescope de 0"*,50. — Borrelly. Observations de la planète (272),
faites à TObservatoire de Marseille (équatorial d*£ichens, ouverture 0™,268). — Peinlevé,
Sur les équations différentielles linéaires à coefBcìents algébriques. — Brillouin. Défor-
mations permanentes et Thermodynamique. — . Oouy. Sur Tattraction électrostatique des
électrodes, dans Teau et les solutions étendues. — Izam. De Temploi des tubes de Giessler
pour Tobservation des mouvements vibratoires en general et de la veine liquide en parti-
culìer. — Godard. Sur les coefficients de proportionnalité en chaleur rayonnante. — Ifoissan,
Bullbttino-Rendiconti. 1888, Vol. IV, V Sem. 13
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— XCVIII —
Préparation et proprìétés d'an biflnorfaydrate et d'un trìfluorhydrate de flaornre de potas-
siurn. — Milliau, Réactìon nouvelle des prodaits de saponìfication de limile de coton, per-
mettant de trouver 1 pour 100 de cette huile dans Thuile d'olive. — Voiry et Bouchardai.
Sur Tessence d'aspic. — Kunstler, Sur de nouveaux Vere remarquables. — Pouchet. Le
regime de la sardine sur la còte océanique de France en 1887. — Rivière. Sur la station
quatemaire de la Quina (Charente). — Gojmard. Sur une association de fluorine et de babel-
quartz de Villevieille, près de Pontgibaud (Puy-de-Ddme). — ffermiU. Sur la méthode pho-
tochronoscopique. ~ 9. Bertrand. Sur la rigueur d'une démonstration de Gauss. — Fremy
et Verneuil. Production artificielle des cristaux de rubis rhomboédriques. — Des Cloizeaux.
Sur la forme que présentent les cristaux de rubis obtenus par M. Fremy. — Berthelot.
Sur quelques conditious générales de la fixation de Tazote par la terre vegetale. — Ran-
vier. Des tissus veineux des ganglions sympatiques. — Chancel et Parmentier. Sur un
procède' de dosage du chloroforme et sur la solubilité de ce corps dans Teau. — Rivihre.
L'epoque néolitique à Champigny (Seine). — Charlois. Éléments et éph(?méride de la pla-
nate (272). — Gruey. Sur un nouvel oculaire pour les observations méridiennes. — Liicas.
Détermination éléctrique des lignes isodynamiques d'un polynftme quelconque. — Brillouin.
Déformations permanentes et Thennodynamique. — Berson. Recherches expérimentales sur
les variations de l'aimantation d'un barreau d'acier par le choc. — Bouty. Eitension de
la loi des conductibilités moléculaires. Gas de l'acide azotique fumant. — Hallwachs. Re-
marque sur une Note de MM. Ledeboer et Maneuvrier. — Le Chatellier. Sur les lois de
l'équilibre chiniique. Réponse à M. Duhem. — Vivier. Sur un nouvel hydrate de l'acide
molybdique. — Louise et Roux. Sur la densité de vapeur de l'aluminium-méthyle. — Fau-
connier. Action de l'aniline sur répichlorhydrine. — Amaud et Brongntart. Sur une
cigale vésicante de la Chine et du Tonkin. — Gréhant el Quinquaud. Sur la respiration
de la levure de grains à diverses températures. — Weill. De l'acide carbonique applique
au traitement de certaines formes de dyspnée. — Cornil et Chantemesse. Sur les proprié-
tés biologiqijies et l'atténuation du virus de la pneumo-entérite des porcs. — Pourquier,
Un parasite du cowpox. — Saini-Remy. Recherches sur le cerveau de l'Iule. — Joyeux-
Laffuie. Sur le Delagia Cbastopteri, type d'une nouveau genre de Bryozoaires. —
Jourdain. Sur le Mach il is maritima Latr. — Chevreux et de Guerne.^va un Amphi-
pode nouveau (Cyrtophium chenolophilum), commensal de Thalassochelys ca-
retta L. — Bartet et Vuillemin. Recherches sur le rouge des feuilles du Pin sylvestre
et sur le traitement à lui appliquer. — Lacroix. Sur la bobierrite. — 10. Bertrand. Sur
l'indétermination d'un problème résolu par Poisson. — Berthelot. Sur la transformations,
dans le sol, des azotates en composés organiques azotès. — Sylvester. Sur les nombres
parfaits. — Jacquemin. Du saccharomyces ellipsoideus et de ses application in-
dustrielles a la fabrication d'un vin d'orge. — Lucas. Résolution imm<^diate des équations
au moyen de l'électricité. — Méray. Sur des systèmes d'équations aux dérivées partielles,
qui sont dépourvus d'intégrales, contrairement à tonte prévision. — Darboux. Remarques
sur la Communication précédente. — Bougaieff. Sur une intégrale numérique suivant les
diviseurs. — Pellet. Sur les surfaces réglées, applicables sur une surface de revolution. —
Bouty. Sur la conductibilité électrique de l'acide azotique concentré. — Jungfleisch et
Léger. Sur la cinchoniline. — Tanret. Produits d'oxydation des hydrazocamphènes. —
Bouchardat et Voiry. Sur le terpinol, reproduction artificielle de l'eucalyptol ou terpane. —
de Forcrand. Sur la préparation des glycérinates bibasiques. — Mairet et Combemale.
Influence degenerative de l'alcool sur la descendance. Recherches expérimentales. — Fouque.
Sur le développement et la marche de la pneumonie contagieuse des porcs dans le midi. —
Cuénot. Sur le développement des globules rouges du sang. — Gamault. Sur la structure
des organes génitaux, l'ovogénèse et les premiers stades de la fécondation chez l'Helix
aspersa. — Lemoine. Sur le cerveau du phylloxera. — Bernard. Sur le manteau des
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Gastéropodes prosobranches et les organes qui en dépendent. — Le Mesh. Sur les calcalres
cretacee à foramìnifères de Tunisìe. — Vidal. Sur les tourbilloDs de ponssière observés dans
les rnes d'Àtbènes. — 11. Bertrand, Sur la combinaison des mesures d^une inéme grandeur. — r
Laswy et Puiseux, Thóorie nouTclle de Téquatorial coudé et des équatorìaux en general.
Exposé de Tensemble des méthodes permettant de rectifier et d'orienter ces instmments. —
Berthelot et André. Sur le phosphore et Tacide phosphoriqpe dans la végétation. ~ de.Laca-^
le-Duthiers. La classification des Gastéropodes, basée sur les dispositions du système nei^
veux. — Qruey. Application de Toculaire nadiral à la détermination des constantes de Tho-
rizon gyroscopique. — Jensen, Sur un théorème general de convergence. — (TOcagne. Sur
les équations algébriques à racines toutes réelles. — Fabry. RéductibiUté des équations
différentielles linéaires. — Joubin. Sur la mesure des champs magnétiques par les corps
diamagnétiques. — Duhem. Sur Taiinantation des corps diamagnétiques. — Paquelin, Nou-
vel éolipyle. — Deslandres. Détermination, en longueurs d'onde, de deux raies rouges du
potassium. — Etard. Sur la solubilité décroissante des sulfates. — Gorgeu. Action du
grillage sur plusieurs oxydes et sels de manganése. — de Forcrand, Cbaleur de formation
du glycérinate de sonde bibasique. — Tanret. Produits d'oxydation des hydrazocamphènes.
Acide térébenthique. — Hugo de Vries, Détermination du poids moléculaire de la raffinose,
par la méthode plasmolytique. — Gautier et Drouin. Recherches sur la fiiatiou de Tazote
par le sol et les végétaux. — Mairet et Combemale. Rechercbes expérimentales sur Tin-
toxication chronique par Talcool. — Fumouze, Sur THuechys sanguinea (Cicada
sanguinolenta d'Olivier). — May et. Sur les éléments figurés du sang leucocythémique. —
Perrier, Sur la coUection d'étoiles de mer recueillie par la Commission scientifiques du
cap Hom. — Bemy Perrier. Sur le rein des Gastéropodes prosobranches monotocardes. —
Kumtler. Foraminifère nouveau. — Afangin. Sur la perméabilité de Tépiderme des feuilles
pour les gaz. — Villot. Sur le classement des alluvions anciennes et le creusement des
vallées du bassin du Rhdne. — Dolio. Iguanodontiae et Camptonotidae.— Michel
Lévy et Lacroix. Béfringence et biréfringence de quelques minéraux des roches. — Tho-
raude. Prétendue pluìe de sang, qui serait tombée le 13 décembre demier en Cochinchine. —
Blanchard. Observations relatives aux prétendues pluiesde sang. — 12. Faye. Sur certains
poìnts de la théorie des erreurs accidentelles. — Bertrand. Sur la yaleur probable des
erreurs les plus petites, dans une sèrie d'observations. — Tisserand. Sur un point de la
théorie de la lune. — Loswy et Puiseux. Théorie nouvelle de Téquatorial coudé. Recher-
che des termes correctifs dépendant du miroir intérieur et de Taxe de déclinaison. —
Berthelot et André. Sur Tabsorption des matières salines par les végétaux: sulfate de
potasse. — Schlcesing. Sur les relatìons de Tazote atmosphérique avec la terre vegetale. —
Crova. Sur les observations actinométriques faites à Montpellier pendant Tannée 1887. —
Tondini. Sur Tunification du calendrier. — Bassot. Laméridienne de Laghouat. — Mannheim.
Sur certain conoldes, et en particulier sur le conoide de Plllcker. — Bortniker. Sur la
théorie des cyclides. -r- Bioche. Sur certaines surfaces réglées, à propos d'une Note de
M. Pellet. — Jamet. Sur deux systèmes de courbes orthogonales. — Jensen. Sur une gé-
néralisation d'un théorème de Cauchy. — Duter. Sur le passage du courant électrique à
travers le soufre. — Ader. Le phono-signal, pour la télégraphie sous-marine. — Olivier.
Sur un photomètre inscripteur et régulateur: le radiographe. — Deslandres. Spectxe de
bandes nltra-violet des composés hydrogénés et oxygénés du carbone. — Duhem. Sur les
lois de l'équilibre chimique. Réponse à M. H. Le Chàtelier. — de Forar and et Villard.
Sur l'hydrate d'hydrogène sulfuré. — Villiers. Sur un nouvel acide oyxgéné du soufre. —
André. Action de certains oxydes sur les chlorures de zinc et de manganése dissous. —
Renard. Sur le ditérébenthyle. — (Echsner de Coninck. Contribution à l'étude des pto-
malnes. — Patein. Composés cyanogénés des sulfines. — Gautier et Drouin. Recherches
sur la fixation de l'azote par le sol et les végétaux. — Ferré. Contribution à l'étude
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séméiologìqne et pathogésiqiie de la rage. — Charrin et Roger, Sur une psendotabercn-
lose bacillaire. — Àfairet et Combemale. Recherches expérimentaleB sur Tintoneation
chroniqtie par Talcool. — Houle, Snr la stractnre des fibres muscalaires appvtenant avz
muscles rétractears des valves des Hollusques lamellìbranches. — Pouchet et Beauregard.
Sur la présence de deux Baleines francbes dans les eauz d'Àlger. — Ledere du Sablon.
Sur la formation des antbérozoldes des hépatiques. — Michel. Sur la production par la
Toie sècbe de quelques séléniates crìstallìsés. — Gonnard. Sur les macles et groupements
régnliers de Torthose du porphyre quartzifère de FouMa-Brouque, près d'Issoìre (Puy-de-
Ddme).
+Jahrbuch d. k. k. geologischen Reichsaostalt. Jhg. 1887, Bd. XXXVII, 2.
Wien.
Waagen. Die carbone Eiszeit. — Dòli, Zwei neue Kriterien ftir die Orientirung der
Meteoriten. -— Hofmann. Ueber einige Sàugethierreste aus der Braunkohle von Voitsberg
und Steieregg bei Wies, Steiermark. — Schuster und v, Foullon. Optisches Verhalten und
chemische Zusammensetzung des Andesins vto Bodenmais. — Woldrich, Diluviale Funde
in den Prachover Felsen bei Jicin in Bobmen. — Sjògren. Der Ausbrucb des Scblamm-
vulcans Lok-Botan am Kaspischen Meere von 5. Jànner 1887. — Haug, Die geologiscben
Verhaltniss der Neocomablagerungen der Puezalpe bei Corvara in Stidtirol. — Bitfner, Ueber
Koninckiniden des alpinen Lias. — Vacek, Bemerkungen flber einige Arten der Gattungen
Karpoceras und Simoceras. — Id. Einige Bemerkungen flber den hohlen Kiel der Falci-
feren. — Stelzner. Ueber die Bohnerze der Villacher Alpe. — Paul. Beitr&ge zur Kenntniss
des schlesisch-galizischen Karpalhenrandes. — Tietze. Bemerkungen tìber cine Quelle bei
Langenbruck unweit Franzensbad. — Weithofer. Bemerkungen flber eine fossile Scalpellum-
art aus dem Schlier von Ottnang und Kremsmflnster, sowie Ober Cirripidien im Allgemeinen.
^ Jahrbuch der kòn. Freuss. geologischen Landesanstalt und Bergakademie. Jah.
1880-1884, 1886. Berlin.
Lossen. Ueber Aufnabmen auf den Messtischbl&ttern Elbingerode, Wernigerode und
Harzburg im nOrdlichen Mittelharze. — Kock. Ueber Aufnabmen auf den Sectionen Wer-
nigerode und Elbingerode. — Koenen, Ueber Untersuchungen in dem Gebiete westlich des
Harzes. -— Bomemann sen, Ueber Aufnabmen auf Section Wutha. — Bomemann jun.
Ueber Aufhabme der Section FrOttstedt. — Beyschlag. Ueber Aufnabmen auf den Bl&ttem
Salzangen und Altmarscben. — Zimmermann, Ueber Aufnabmen auf Section Crawinkel. —
Loretz, Ueber Aufnabmen im Bereicbe der Blatter KOnigsee und Scbwarzburg. — Pro&-
scholdt, Ueber Aufnabmen und Revisionen der Sectionen-Hildburgbausen, Dingsleben, The-
mar und Schwarza. — Oebbeke, Ueber Aufnabme der Section Neukirchen. — Grebe, Ueber
die Aufnabmen an der Mosel, Saar und Nahe. — Scholze. Ueber Aufnabmen in den Sectionen
Brandenburg a/H. und Piane und tiber die in der zweiten H&lfte des Sommers 1887 erfolg-
ten Untersncbungen im Ostlichen Rtlgen. — Gruner, Ueber Aufnabmen und den Sectionen
Parey und Werben. — Jentzsch. Ueber Aufnabmen in Westpreussen. — Klebs, Ueber
Aufhname der Section Falkenau. — Schrdder. Ueber die Aufnabme der Section B<Sssel
und des Ostlicben Theiles der Section Heilige Linde. — Koenen. Ueber postglaciale Dislo-
kationen.— Laufer, Bemerkungen flber die Fortsetzung des alten Havellaufes von Scbwie-
low-See und Caniner Lucb nach Brandenburg.— Branco, Weissia bavaricag. n. sp.,
ein neuer Stegocepbale aus dem Unteren Rothliegenden. — Bùcking. G^birgsstOrungen
sfldwestlicb vom Tbflringer Wald. — Koch, Die Kersantite des Unterharzes. — Berendt,
Zur Geognosie der Altmark. Unterscbiede in den geognostiscben Verhaltnissen derselben
gegenflber denen der Mark Brandenburg. — Bomemann. Geologiscbe Algenstudien. —
Keilhack. Ueber Deltabildungen am Nordrande des Fl&ming und flber Geb&ngemoore auf
demselben. — Zimmermann. Die zonenweise gesteigerte Umwandlung der Gesteine in
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— CI —
OsrtthUiiiigen. — Proescholdt Die Zechsteinformation am Sleinen TbMnger Wald bei
BischofsTod. — Id. TJeber cine Dilavialablagerang bei Themar im Werrathal. — Dathe,
Ueber die Gniessformation am Ostabfall dea Eulengebirges zwischen Langenbielan und
Oampersdorf. — Scholz. Ueber das Quartór im sttdOstlicben Rllgen. — Heilhack, Ueber alte
Elblftufe zwischen Magdeburg und Havelberg. — WahnscKaffe. Ueber zwei conchylienftthr-
ende LOssablagerangen nOrdlich vom Hart. — EberU Teredo megotara Hanley ans dem
Septarienthon von Finkenwalde. — Id, Beitrag zur Kenntniss der terti&ren Decapoden
Deutschlands. — Loreti. Bemerkungen llber das Vorkommen von Granii und verftnderten
Schìefer im Quellgebiet der Schleuse im Thtlringer Walde.— ^aZ/ar. Einige Notizen tiber
im Jahre 1886 ausgefùhrte geognostische Untersuchungen auf dem nordwestlichen Ober-
harz. — Frantzen. Ueber Gervillia Goldfussi von Strombeck. — Stapf. Geologische Beo-
bachtungen im Gebiete des Messtischblattes Charlottenbrunn (Eulengebirge). — Dathe,
Quarzaugit-Diorit von Lampersdorf in Schlesien. — Lossen, Ueber ein dnrch Zufall in
einer Fensterscheibe entstandenes Torsionsspaltennetz. — Rinne, Die Dachberg, ein Vulkan
der RhOn.
* Jahres-Bericht der Naturforschenden Gesellschaft Graubtindens. N. F. Jhg.XXX,
1885-86. Chur, 1887.
Pianta, Ueber die Zusammensetznng einiger Nektar-Arten. — Am Stein, Nachtrag
zu den .bei Semeus beobacbt, Binnenconchylien. — Tmkof, Studien tiber die Fauna hochal-
piner Seen insbesondere des Eantons Granbfinden.
i^Jahresbericht des Wissenschaftlichen Club. 1886-87. Wien.
+Jalire8bericlit ùber die Portschritte der classischen Alterthumswissenschaft.
Jhg. XIV, 12. Berlin, 1888.
Wecklein, Bericht tiber die die griechischen Tragiker betreffende Litteratnr der Jahre
1885 und 1886. — Schwenke, Jahresbericht llber die Litteratur zu Cicero's philosophischen
Schriften aus den Jabren 1884-1886.
+ Journal de la Société physico-chimique russe. T. XX, 1, 2. S. Pétersbourg, 1888.
1. Brauner et Tomiczek, Action de Tacide sulfhydrique sur Tacide arsénique. — Bod-
sianko. Sur les dérivés nitrés de l'acide paraazobenzolque. — IVedensky, Sur la structure
de Tacide phosphoreux. — Kondakoff. Sur le glycol triméthyl^thylénique. — Mihailojf.
Sur Tétat gélatineux des substances albuminoides. — Wagner, Sur Toxydation des hydro-
carbures et des alcools non sature». — Pirogoff, Sur le Virial. — Woulf. Compensateur
pour la mesure de Tangle de rotation du pian de polarisation. — 2. Gustavson, Action du
chiorure d'aluminium sur le chlorure d'acétyle: critique du mémoire de M. Combes. —
Ossipoff. Action de Tacide maléique sur Taniline. — Id, Sur risomene de Tacide fumari-
que et de Vacide maléique. — Lonatcheféky-Petruniaka, Sur Tabsorption de Toxyde de
carbone par le chlorure cuivreux. — Bevad, Action du zincéthyle sur le nitroéthane. —
Kabloukoff. Sur les regularités des réactions de Taddition directe. — Selivanoff. Sur les
bourgeons de pommes de terre. — Kondakojf. Sur la chloruration de Tisopropyléthylène. —
Id. Sur la chloruration de l'amylène. ^ Mihailoff, Sor Tétat gélatineux des substances albu-
minoides. — Zetline, Méthode pour dètérminer la combinaison la plas avantageuse des élé-
ments d'une batterie. — ChwoUon, Sur le deuxième théorème de Kirchhof. — Id, Sur la
dimension du potentiel électromagnétique dans le systhème électromagnétique. -> Jourawsky,
Un sìmple électroscope.
^Journal de physique théorique et appliquóe. 2® sér. t. VII, mars. 1888.
Blondht Sur la doublé réfraction électrique. Simultanéité des phénomènes électiiqw
et optique. ■— Gouy, Sur Félectromètre à quadrants. — Oernez. Recherches sur Tapplication
du pouvoir rotatoire à Tétude des composés fonnés par Taction du molybdate d'ammc^
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— cu —
niaqae sor les solatìons d*acide tartriqne. — Ckabry. Procède nouvean ponr étndìer la
dìfiasion des acides. — Duhem. Sur un Mémoire de M. Bobert Yon Helmholtz « Sur la Ya-
riation du point de congélation n. — Td, Sur un Mémoire de M. Max Plank ayant pour
titre: a Sur le principe de raccroissement de Ventropie».
+Joiinial of the Chemical Society. N. CCCIV. March 1888. London.
Ball, The AUoys of Copper and Antimony and of Copper and Tin. — Thorpe and
Smith. On Morindon. ~ Id, and Hambly. On Manganese Trioxide. — Id. id. Note on
Chatard's Method for the Estimation of Small Quantities of Manganese. — Japp and Huntly,
Action of Phenylhydrazine on an Unsaturated y-Diketone. — Coiman and Perkin. Contri-
butions from the Research Laboratory of the Owens College. The Synthetical Formatìon of
Closed Carbon-chains. Part IH. Some Derivatives of Pentamethylene. — Freer and Perkin,
The Synthetical Formation of Closed Carbon-chains. Part IV. Some Derivatives of Hexar
methylene. — Id, id. The Synthetical Formation of Closed Carbon-chains. Part V. Experì-
ments on the Synthesis of Heptamethylenederivativcs. — Rùcker. On the Rango of Mole-
cular Forces. — Schunck, On the Supposed Identity of Rutin and Quercitrin. — Divers
and Michitada Kawakita, On the Composition of Japanese Bird-lime.
^Journal of the China Branch. of the r. Asiatìc Society. Voi. XXII, 1-2.
Shanghai, 1887.
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nerai Resources of Eastem Shantung. — Chinese Partnerships : Liability of the Individuai
Merabers. — Hirth. Notes on the Eearly Histoiy of the Salt Monopoly in China. — Parker.
The Salt Revenue of China. — Carles. Remarks on the Production of Salt in China. —
Nocentini, Names of the Sovereigns of the Old Corean States etc.
^Journal of the r. Microscopical Society. 1888. part V\ febr. London.
Bennett. Fresh-water Algaa (including Chlorophyllous Protophyta) of the English Lake
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crasterias americana, Ralfs, and its Varieties. — Gulliver. Note on the Minute Structure
of Polomyxa palustris.
+ Journal (The american) of Philology. Voi. Vili, 4. Baltimore, 1887.
FMiè. Further Notes on the Ciris and other Poems of the Appendix Vergiliana. —
Perrin. The Odyssey under Historical Source-criticism. — Seaton. The Symplegades and
the Planctae. — Brugmann. Der Ursprung der lateinischen Gerundia und Gerundiva. —
Goehel, Poetry in the Limburger Chronik.
■*• Journal (The American) of science. N. 207, voi. XXXV, March 1888. New
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Dana, Asa Gray. — Shea, Calibration of an Electrometer. — Robinson. On the so-
called Northford, Maine, Meteorite. — Dana, History of the Changes in the Mt. Loa
Craters. — Wakott. The Taconic System of Emmons, and the use of the nam^ Taconic
in Geologie nomenclature. — Dana and Penfield. On the crystalline form of Polianite.
■*■ Journal (The Quarterly) of pure and applied Mathematics. N. 89 febr. 1888.
London.
Cookie. On synthetical solution and on deformation. — WaUon. On the coincidence
of ray-directions in biaxis crystal which correspond to certain conjugate planes of polari-
zation. — Chree, Further applications of a new solution of the equations of an isotropie
elastic solid, mailny to various cases of rotating bodies. — Routh, On a theorem of Ja-
cobi in dynamics. — Forsyth. On the theory of forms in the integration of linear diffe-
rential equations of the second order. — Whitehead, On the motion of viscous incompres-
sible fluids. — Larmor, Electro-magnetic and other images in spheres and planes.
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— CHI —
+ Journal (The quarterly) of the geological Society. Voi. XLIV, 1. London, 1888.
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and of the Intrusion of Granite in Stratified Paleozoic Rocks near Morlaix, in Brittany. —
M*Kenny Hughes, On the Position of the Ohermittweida Conglomerate. — Bonney. On
the Ohennittweida Conglomerate. — Id, On part of the Huronian Series in the Neigh-
bourhood of Sudhnry (Canada). — Lydekker, On a new Wealden Ignanodont and other Dl-
nosaurs. — Geikte, On the Altered Limestone of Strath, Skye. — Woodward. On the
Discovery of Trilobites in the Upper Green (Carabrian) Slates of the Penrhyn Quarries. —
Seeley. On Thecospondylns Daviesi (Seeley), with some Remarks on the Classifi-
cation of the Dinosanria. — PrestwicL On the Correlation of the Eocene Strata in Bn-
gland, Belgium, and the North of Franco. — APKeuny Hughes, On the Cae Gwyn Cave.
+Lotos, Jahrbuch fùr Natnrwissenschaft. N. F. Bd. Vili, 1888. Pr^.
Bruder. Palaeontologische Beitr&ge znr Kenntniss der nordbohmischen Juragebilde. —
Oussenbauer. Ueber den Schmere.
^Lumière (La) électrique. T. XXVII, n. 9-13. Paris, 1888.
^Magazin (Nenes Lausitzìsches). Bd. LXIII, 2. Gòrlitz, 1888.
Paur. Das frQheste Verst&ndniss von Dante's Commedia. — KorscheU, Die Strafen
der Vorzeit in der Oberlausitz. — Id. Kriegsdrangsale von GOrlitz nnd Umgegend zar
Zeit des dreissigjàhrigen Krieges.
^Mémoires et compte rendus des trayaui de la Société des ingénieurs civils.
Janv.-févr. 1888. Paris.
Bonnami, Théorie de la fabrication et de la solidification des produìts hydranli-
ques. - Lefer. Étude sur le travail des gaz et son application anx machines. — Boude-
noot. Note sor la brochure de M. Piat relative à un projet de port en eau profonde à Ca-
bourg (Calvados). — Canovetti, Travaux du port de Venise. — de Cordemoy. Le port de
SaintrPierre (ile de la Réunion). — Lavalley et Molinos. Le port et le chemin de fer de
l'ile de la Réunion. — Polonceau, Note sur Téclairage an lucigène.
^Mittheilungen aus der Stadtbibliothek zu Hamburg. V, 1888. Hamburg.
Hamburg in vorigen Jahrhnndert. — Analecta italica. — Analecta hispanica.
^Mittheilungen der Mathematischen Gesellschaft in Hamburg. N. 8. Leipzig,
1888.
Lieòenthal. Das Potential des EUipsoids. — Keferstein, Bine" Methode znr Bestim-
mnng der primitiven Wurzeln der Kongrnenz g^—^^l (mod p) fQr einen reellen Prim-
zablmodal p,
'^Mittheilungen des k. deutschen Arch^ologischen Instituts. Athenische Abthei-
lung. Bd. XII, 4. Athen, 1888.
Milchhoefer. Antikenbericht aus Attika, Fortsetzung. — Judeich, Pedasa. — Lolling,
Mittheilungen aus Thessalien 11. Grabinschriften (Schluss). — Id. und Walter s. ZumMo-
nument des Eubulides. — Studniczka, Zu dem Bronzekopfe * Museen von Athen \ — Winter.
Vaso aus Mylasa. — Wolters. Apollo und Artemis, Relief in Sparta.
^ Mittheilungen des Omitologischen Vereins in Wìen. Jhg. XII, n. 8. Wien, 1888.
+Monatsblàtter des Wissenschaftlichen Club in Wien. Jhg. IX, 6. Wien, 1888.
■*■ Monumenta medii aevi historica res gestas Poloniae illustrantìa. T. X.
W Krakowie, 1887.
Codicis diplomatici Poloniae minoris pars tertia.
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— CIV —
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^Notices (Monthly) of the royal Astronomica! Society. Voi. XLVIII, 4. Lon-
don, 1888.
^Notulen van de algemeene en Bestuurs-Yergaderingen van het Batayiaasch
Genootschap van Eunsten en Weteaschappen. Deel XX Y, 3. Batavìa, 1888.
^Observations (Astronomica! and magnetica! and meteorologica!) made at tlie
r. Olwervatory Greenwicli in the year 1885. London, 1887.
*Pamietnik Atademie Umiejetnosoi w Krakowie. Wydz. fi!o!. i histor.-fi!oz.
T. VI. Krakow, 1887.
Ulanowski» 0 zalozenia klasztoru sw. Andrzeja w Krakowie i Jego najdawniejszych
przywilejach. — Kawczymku Porownawcze badania oad rytmem i rytmami. — WiilockL
0 wydawnictwie Liber diligentiarum krakowskiego fakultetn filozoficznego z lat 1487-1563. —
Kallenhach. Rewizyja tekstu pierwszejczesci « Dziadów » podlng auctografu.-~^(!?rz«»tdtr«^*.
0. autorach zywotu Pietra Kmity i opisu wojny kokoazaj.
^Proceedings of the Cambrico philosofica! Society. Voi. VI, 3. Cambrico,
1888.
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eqnations. — Basterfield. Some observations on Permanganic Acid. — Chret. On the eqnar
tions of an Isotropie Elastic SoUd in Pelar and Cylindrical Coordinatesi their solntion
and application — Newman, On a Table of the values of e* for valnes of x between 0
and 2 increasing by '001. — Basset. On the Application of Lagrange*s Eqnations to the
Motion of Perforated Solids in a Liquid when there is Circulation. — Shipley. On the
Fpngns causing the onion disease Peronospora Schleideniana. — Reynolds Vaizey. On
Alternation of Generations in Green Plants. — Warburton. On a new species of spider,
with some observations on the habits of certain Araneina. — Glaisher. On expressions
for the Theta Fanctions as Definite Integrala. — Pattison Afuir and Adie. On the inte-
raction of zinc and snlphuric acid. — Basset. On the Application of Lagrange's Eqnations
to the Motion of a nnmber of Cylinders in a Liquid when there is Circnlation. — Love.
Note on Kirchhoff 's theory of the defonnation of elastic plates. — BriU. On a New Geo-
metrical Interpretation of the Qnaternion Analysis.
+Proceedings of the r. Geographical Society. N. M. S. Voi. X, 8. March, Aprii
1888. London.
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Note on the Map of Lycia-Pamphylia. — April. Holme. A Joumey in the interior of La-
brador, Jnly to October, 1887. — Strachey, Lectures on Geography, DelÌFcred before the
University of Cambridge, 1888.
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Duns, Note on the Water Vole (Arvicola amphibia, JeDyns). — -^<?»rf<?rw». The
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West Coast of Africa and the adj acent Islands. — Cunningham. On the Development of the
Ovidnctin Toleosteans. — Tumer, Notice of the Captare of Delphinos delphis in the
Firth of Forth.— TVc^wair. Notes on Chondrosteus acipenseroides, Agassiz. —
Brook. ìifotes on the British Species of Zengopterus. — /<i. Notes on the Reproduction
of Lost Parts in the Lobster (Homarus vulgaris). — Kelso. Notes on an Indian Wa-
teMnake(Enhydrina Valakadyen). — Woodhead, Simple Method of Testing the Effi-
cacy of Antiseptics.
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— cv —
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riante, Covariants, and Quotient Derivatives associated wìth Linear DifTerentìal Eqaa-
tions. — Lockyer. Notes on the Spectmm of the Aurora, — Parker. On the Secondary
Carpala, Metacarpale, and Digital Rays in the Wings of existing Cannate Birds. — Durham»
The Emigration of Amceboid Corpuscles in the Starfish. — Id. Note on the Madreporite
of Cribrella ocellata. — Shaw. Report on Hygrometric Methods. First Part,
inclading the Satnration Method and the Chemical Method, and Dew-point Instruments. —
Buchanan. On Tidal Currents in the Ocean. — Liveing and Dewar. On the Spectmm
of the Oxyhydrogen Flame. — Wright and Thompson. On the Voltaic Circles produci-
ble by the Mutual Neutralisation of Acid and Alkaline Fluida, and on various related Forms
of Electromotors. — Love. The Small Free Vibrations and Deformation of a Thin Elastic
Shell. — Poulton. True Teeth in the young Ornithorhynchus paradoxus. — iJay-
leigh. On the Relative Densities of Hydrogen and Oxygen. Preliminary Notice. — Wool-
dridge. Note on the Changes eifected by Digestion on Fibrìnogen and Fibrìn. — Camelley
and Wilson. A new Method for determining the Number of Micro-organisms in Air. —
Id. id. Note on the Number of Micro-organisms in Moorland Air. — Mivart. On the pos-
sibly Dual Orìgin of the MammaUa. — Gasiteli. On the Relation between the Structure,
Function, and Distribntion of the Cranial Nerves. Preliminary Communication. — Parker.
Preliminary Note on the Development of the Skeleton of the Apteryx, — Id. On Remnants
or Yestiges of Amphibian and Reptilian Structures found in the Skull of Birds, both Ca-
nnata and Ratit».
^Bepertorium der Physik. Bd. XXIV, 2. Mtinchen, 1888.
Roth. Ueber die Bahn eines freien Theilchens auf einer sich gleichmftssig drehenden
Scheibe. — Frdhlich. Seismograsph mit elektrìschem Registrirapparat. — Rysdnek. Ver-
8uch einer dynamischen Erkl&rung der GravitAtion. — Tumlirz. Ueber die Fortpflanzung
ebenen Luftwellen endlicher Schwingungsweite.
^Beport of the fifty-seventh Meeting of the British Association for the advan-
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London, 1888.
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2, 16 mars. Paris, 1888.
^Bevista do Observatorio imperiai de Marina de Bio Janeiro. Anno III, n. 1, 2.
Eio Janeiro, 1888.
^Bevne historìqne paraissant tous les deux mois. T. XXXVI, 2. Mars-avrìl
1888. Paris.
Monceaux. Le grand tempie du Puy-^e-DOme, le Mercure gaulois et Thistoire des
Arvernes. — Fagniez. Le Pére Joseph et Richelieu. La préparation de la rupture ou verte
avec la maison d'Autriche (1632-1635). -- H. Fran90is de la None et la conversion du roi. —
Du Casse. La reine Catherine de Westphalie, son journal et sa correspondance. — Savin-
hiac. L^Espagne et Texpédition du Mexique. Une lettre inèdite du maréchal Prim.
+Bevue intemationale de Télectricité T. VI, n. 53, 54. Paris, 1888.
^Bevile politique et littéraire. 8* sér. t. XLI, n. 9-18. 1888.
^•Bevue scientiflque. 3* sér. t. XLI, n. 9-13. 1888.
'^Bocznik zarzadu Akademii Umiejetnosci W Krakowie. Bok 1886. W Erakowie.
Bullbttino-Rbndiconti, 1888, Vol. IV, V Sem. 14
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— evi —
^Bozprawy i sprawozdania z posiedzen. Wydz. filol. t XII ; hist.-filo0. t. XIX,
XX.; matem.-prayr. t. XV, XVI. W Krakowie, 1887.
^Bimdschau (NaturwiBBenBchaftliche). Jhg. Ili, n. 10-14. Braunschweig, 1888.
^Scriptores rerum polonicarum. T. XI. Krakow, 1887.
Diaria Coroitiorum Poloniae anni 1587.
^Sprawozdania komìsyi do badania historyi sztuki w Polsce. T. III, 4. Kra-
kow, 1887.
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Series, XII. Baltimore, 1887.
White. EuTopean Schools of history and politics.
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chester, 1888.
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Rivet Mould. — Bolton, Observations on Boulders from the High-Level Driff of Bacup. —
Cowèum. On Boulders in Goal Seams. — Stirrup. On Foreign Boalderti in Goal Seams. —
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+Vorhandlungen der Naturforschenden Gesellschaft in Basel. Th. Vili, 2.
Basel, 1887.
Mùller. Ftlnfter Nachtrag zmn Eatalog der herpetologischen Sammlung des Basler Mn-
seums. — Kollmann. Das Grabfeld von Elisrìed and die Beziehungen der Etimologie za
dcn Resnltaten der Ànthropologìe. — Id. Sch&del aus jenem HUgel bei Genf, auf dem
einst der Matronenstein, Pierre anx Dames, gestanden hat. — Id, Schfidel von Genthod
nnd Lnlly bei Genf. — Id, Ethnologìsche Literatnr Nord-Amerikas. ~ Kahìbaum. Ueber
Dampftemperatnren bei Yermindertem Dmck. — Id, Welche Temperatnr haben die ans
kochenden SalzlOsnngen anfsteigenden D&mpfe ? — Mùller, Zar Grastaceenfaana Yon Trin-
cornali. — Gilliéron, Sur le calcaire d'eaa douce de Moatier attrìbaé aa parbeckien.
^ Verhandlungen der Physiologischen Gesellschaft zu Berlin. Jhg. 1887*88, n. 5-6.
^Verhandlungen desjnatorhist. Vereines der preuss. Bheinlande, Westfalens ecc.
Jhg. XLIV, 2. Bonn, 1887.
Ho8ÌU8, Ueber den Septarienthon von Schermbeck. — FoUmann, Unterdevonische
Crinoiden. — Schulz, Geognostische Uebersicht der Bergreviere Amsberg, Brilon and
Olpe. — V. Dechen a. Rauf. Geologische and mineralogische Litteratar der Bheinproyinz
and der Provinz Westfalen ecc. — - Dittmar, Mikroskopische Untersachang der aus Eri-
stallinische Gesteinen, insbesondere aus Schiefer herrfihrenden Aaswflrflingc des Laacher
Sees. — Esser. Die Entstehung der Bluthen an altem Holz.— Knops, Ueber die Moleku-
larrefraktion der Isomerieen, Fumar Malelns&ure, Mesacon-Gitracon-Itacons&are and des
Thiophens and ihre Beziehung zar cbemischen Eonstitation dieser Substanzen. — Brauns.
Was wissen wir ueber die Ursachen der optiscben Anomalien?
••■Verhandlungen des Vereins zur Befòrderung des Gewerbfleisses. 1888, 2.
Kosmann, Die Marmoraten des Deutschen Eeicbes.
+ Wochenschrift des Osterr. Ingenieur- und Architekten- Vereines. Jhg. XIII, 9-13.
Wien, 1888.
^ Wùrtembergische Vierteljahrshefte fur Landes-Geschichte. Jhg. X. 1877.
Stuttgart.
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— cvn^
^Zeitschrift des Osterr. Ingenieur- und ArcMtekten-Verems. Jhg. LX, 1. Wien,
1888.
Das Detailprojekt fOr die Wìenflussregelung. Mit Bentitzung des Berichtes dee Stadi-
banamtes an den Gemeinderath dea Stadi Wien. — Land. Emematische Theorìe der sta-
tisch besiimmten Tr&ger. — Prokop, Die Eonkurrenzpl&ne fOr das n Deutsche Hans a in
BrOnn. — Das Grabdenkmal fttr Dr. Cari Riti. v. Gbega auf dem Ehrenfriedhofe der
Stadi Wien.
^Zeitung (Stettiner Entomologische). Jhg. 10-12. Stettin, 1888.
PabbUcazioni non periodiche
pervenute airAccademia nel mese di aprile 1888.
Ptibblicazioni italiane.
* Brunetti Z. — La tannizzazione dei tessuti animali che mi appartiene de-
v'essere impiegata dagli anatomici e compresa dai patologi. Padova,
1888. 8^
*Btmn P. — Sulle predizioni del tempo. Roma, 1888. 8**.
"" Canuti D. — Il Conte Umberto I e il Be Ardoino. Eoma, 1888. 8^
* Deodati E, — Della medicina legale, dei suoi ufBcì e dei suoi lìmiti. Venezia,
1888. 80.
^De Toni G. B. e Levi D. — L'Algarium Zanardini. Venezia, 1888. 8*».
^Falangola F. — Sulle grandi mine nella roccia Calcarea della catena pelo-
ritana (Sicilia) e nella roccia granitica di Baveno (Lago Maggiore). Boma,
1887. 8».
*Oovi 0. — Il microscopio composto inventato da Galileo. Napoli, 1888. 4*>.
*Grablovits G. — Anemometria. Boma, 1888. 4<».
^Id. — Descrizione dell'Osservatorio meteorologico e geodinamico al Porto
d'Ischia. Boma, 1888. 4?.
*Id. — Studi mareometrici al Porto d'Ischia, Boma. 1888. 4*»
*Id. — Studi preliminari sulle soi^ve termali al Porto d'Ischia. Boma,
1888. 4^
"^Id. — Sulle sorgive termali del porto d'Ischia. Boma, 1888. 4^^.
*Id. — Sul terremoto del 27 agosto 1886. Boma, 1888. 4^
* Loria A. — La teoria economica della costituzione poUtica. Torino, 1886. 8^.
*Lovisato D. — Cenni geologici sulla Sardegna. Cagliari, 1888. 8®.
*Majetti E. — Cenno storico e utilità della stenografia. Napoli, 1887. 8"*.
*Marcacci G. — Statistica nosologica del r. Arcispedale di S. Maria Nuova
e stabilimenti riuniti di Firenze. Pistoia, 1888. 4"".
* Martini T. — Esperienze di confronto fra i vari tipi di accumulatori elet-
trici. Venezia, 1888. 8^
^Nazari G. — Il prof. Cesare Lombroso e il valore scientifico delle sue opere.
Oderzo, 1887. 8^
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-^ CVIU —
^Onoranze fìmebrì rese al prof. Francesco Carrara. Lncca, 1888. 8^.
'apertile A. — Storia del diritto italiano dalla caduta dell'impero Romano alla
codificazione. Voi. VI, 2. Storia della procedura. Padova, 1887. 8*^ {acq.).
^Saccardo P. A. — Sylloge fungorum omnium hucusque cognitonim. Voi. VII, 1,
Patavii, 1888. 8^
* Saltini G. K — Della vita e delle opere di Giuseppe Martelli, architetto e
ingegnere fiorentino. Firenze, 1888. 4^. con atl.
*Strambio G. — Il nuovo ed il nuovissimo progetto di legge per la tutela
dell'igiene e della Sanità pubblica ecc. Milano, 1888. 8^.
* Stocchi G, — La prima conquista della Britannia per opera dei Romani. Fi-
renze, 1888. 8^
*Tabarrini M. — Gino Capponi, i suoi tenlpi, i suoi studi, i suoi amici.
Firenze, ljB79. 8^
*/rf. — Studt di critica storica. Firenze, 1876. 8^
*/rf. — Vite e ricordi d'italiani illustri del secolo XIX. Firenze, 1884. 8^.
Pubblicazioni estere.
*Abbadie A. d\ — Récit d'un voyage en Orient. Paris, 1888. 8<».
^Adam C. — Bine menschliche Frucht mit verkfimmerten obem Gliedmaassen
Unterkiefer. Kònigsberg, 1887. 8*».
"^ Alexander H. — Ueber hydroiylaminhaltige Platinbasen. KOnisberg, 1887. 8**.
^Ammann F. — Die Schlacht bei Prag am 6 Mai 1757. Heidelberg, 1887. 8®.
^AnhulE. — In Dionysium Periegetam quaestiones criticae. Regimonti, 1888. 8^
+AHT0HI1HA. A. — Hb'b PyMejia. CaHKTneTopnyprB 188G. 4^
^Arem M. — Statistik der geburtshùlfiichen Operatìonen an der k. gynako-
logischen Universitatsklinik zu Kònigsberg in Pr. vom 1. Januar 1886 bis
1. Januar 1886. KOnigsberg, 1887.
^Arnoldt C, — Einige Untersuchungen ueber quadratische Strahlen Compiere.
Strassburg, 1887. 8^
^Beets K. — C und Ch vor lateinischen A in altfranzòsischen Texten. Darm-
stadt, 1887. 8^
^Bernhard A. — Ueber Leberabscesse im Kindesalter, im Auschluss an drei
in der Strassburgen Kinder- Klinik beobachtete Falle. Leipzig, 1886. 8®.
^Bienemann Fr. — Conrad von Scharfenberg Bischof von Speier und Metz
und Kaiserlicher Hofkanzler. 1200-1224. Strassburg, 1886. 8^
^Blink H, — Wind- und MeeresstrOmungen im Gebiet der Kleinen Sunda-
Inseln. Stuttgart, 1887. 8*».
^Bluth /. — Ueber einen Fall von Hàmatocele des Samenstranges. Stettin,
1887. 8^
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Capitolato tipo per le costruzioni metalliche. — Costa. La Farnesina. — Betocchi. L'or-
dinamento dei Congressi. — Agudio. Come si potrebbe aumentare la potenzialità del va-
lico dei Giovi. — Ceradini. Sopra una formola della teoria della resistenza dei mate-
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— cxv —
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esistenti nelle Collezioni del Museo civico di Genova. Parte ITE. Formiche della regione
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and Batrachians obtained in Tenasserim by M. L. Fea, of the Genoa Civic Mnseum. —
Gestro, Res Ligusticae. III. Gli Anophthalmus trovati finora in Liguria. — IsseL Cenm
di una accetta litica proveniente dalla Birmania. Lettera al. marchese G. Doria. — Salva-
dori. Diagnosi di nuove specie d'uccelli del Tenasserim, raccolte dal signor L. Fea. —
Afonticellù Note chirotterologiche. — Salvador L Descrizione di una nuova specie del ge-
nere Hemixus raccolta in Sumatra dal dott. 0. Beccari. — Emery, Catalogo delle For-
miche esistenti nelle collezioni del Museo civico di Genova. Parte IQ (Supplemento). For-
miche raccolte dal sig. Elio Modigliani in Sumatra e neirisola Nias. — Gruber, Res Ligu-
sticae. rV. Enumerazione dei Protozoi raccolti nel porto di Genova. — Salvadori, Viaggio
di Leonardo Fea nella Birmania e nelle regioni vicine, in. Uccelli raccolti nel Tenasse-
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*Aimali di agricoltura. 1888, n. 140, 146, 147. Roma.
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Brignone. Alcune osservazioni sui vari metodi di dosamento dei cloruri neirurina. —
Venturini e Gasparrini, Sugli effetti anestetici locali della elleboreina. — Gaglio. Nota 1*.
Sulla resistenza delle funzioni del cuore e della respirazione alla paralisi per azione della
stricnina — Id, Nota 2*. D protossido di azoto neiravvelenamento con la stricnina. — Pisenti.
Sul modo d'azione del bromuro di potassio sui centri nervosi.
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^Archivio veneto. N. S. Anno XVIII, 69. Venezia, 1888.
Bellemo. Sul viaggiatore Nicolò De' Conti. — Cecchetti, Appunti sulle finanze antiche
della Repubblica veneta. — Caffi. Pittori veneziani nel milletrecento. — C. Appunti sugli
strumenti musicali usati dai veneziani antichi. — /oppi. Diario del campo tedesco nella
guerra veneta dal 1512 al 1516, di un contemporaneo. — Simonsfeld, Sulle scoperte del
dott. Roberto Galli nella Cronaca Altinate. — Frati. Un manoscritto ignoto delle lettere
di Francesco Barbara — Cipolla. Statuti rurali veronesi, Cavalpone. — Pietrogrande,
Iscrizione interessante la storia civile ed ecclesiastica di Venezia.
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— CXVI —
Pioltù Sulla Cossaiie del colle dì Boasson (alta valle di Sosa). — Porro. Intorno
airecclisse totale di lana del 28 gennaio 1888. — Claretta. niustrazione di sigilli inediti
dei secoli XV e XVI. — Jadanza, Sullo spostamento della lente anallattica e sulla rerti-
calità della stadia. — Charrier. Lavori dell'Osservatorio astronomico di Torino. — Schia-
garelli. Sull'etnografia della Persia antica anterione alle invasioni ariane. — Lustig, Sulle
cellule epiteliali nella regione olfattiva degli embrioni. — Bossi. Tre documenti copti.
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Passerini. Sulle acque di pozzo di Firenze ed in particolare sull'acqua potabile mu-
nicipale. — Gotti. L'Ufficio che possono avere certe Accademie scientifiche in un go-
verno libero. — Del Puglia. Sulla cultura della barbabietola considerata come pianta da
foraggio. — Sestini. Del rame negli esseri viventi.
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nanza del 15 gen. 1888.
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Napoli, 1888.
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1888.
Cerletti. Provvedimenti legislativi a favore deirinduslria enologica. — Celotti. La
distribuzione dei sessi nei fiori della vite e la colatura. — Boldi. Altri confronti econo-
mici sull'impianto della vigna in Puglia.
'^Bollettino della Società geografica italiana. Ser. III, voi. I, 4. Roma., 1888.
Porena. La geografia in Koma e il Mappamondo vaticano. — Restagno. Le missioni
e le scuole italiane in Oriente. — Schiaparelli. Gli interessi italiani in Oriente. — Raineri.
Il Canale di Corinto. — Badia. H Sund o TOresund.
•Bollettino della sezione dei cultori delle scienze mediche fr. Accademia dei fisio-
critici in Siena). Anno VI, 3. Siena, 1888.
^Bollettino delle nomine del Ministero della guerra. 1888. Disp. 14-17. Roma.
+ Bollettino delle opere moderne straniere acquistate dalle Bibl. pubbl. governa-
tive (Bibl. naz, centr. V. Emanuele). Voi. II, 4-6. Roma, 1888.
+ Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca naz centr. di Pirenze. N. 55-56. Firenze, 1888.
^Bollettino del Ministero degli affari esteri. Part. 1*, voi. I, 3. Roma, 1888.
^' Bollettino del r. Comitato geologico d'Italia. Ser. 2*, voi. IX, 1-2. Roma.
Mazzuoli. Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici dell'Apennino ligure. —
Lotti. Un problema stratigrafico nel monte Pisano. ~ Portis. Sui terreni attraversati dal
confine franco-italiano nelle Alpi marittime. ~ Bucca. Contribuzioni allo studio petrogra-
fico dei vulcani viterbesi.
T Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, marzo
1888. Roma.
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lieri. Ser. 2*, voi. Vili, 2. Torino, 1888.
Eildebrandsson, Principali risultati delle ricerche sulle correnti superiori dell'atmo
sfera fatte nella Svezia.
+ Bollettino meteorico deirUflScio centrale di meteorologia. Anno X, aprile 1888.
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del pane. Anno XV, 12-15. Boma. 1888.
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Novi. Sul tempo di eccitamento latente dei riflessi muscolari. — Ceccherelli. Di una
cistotomia soprapubica per tumore della vescica. — Franceschi. Sul peso delPencefalo,
del cervello, degli emisferi cerebrali, del cervelletto e delle sue metà, del midollo allun-
gato e nodo, e dei corpi striati e talami ottici in 400 cadaveri bolognesi. — Poggi, Aspor-
tazione della scapola destra con ablazione deirintero arto e resezione della metà acromiale
della clavicola per voluminoso fibro-sarcoma. — Gotti. Di una cisti sierosa, dell'orbita. —
Medini. Di un piccolo osteoclaste per la correzione del ginocchio valgo e varo.
^Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 3.
Roma, 1888.
Lanciani. Il «Campus salinarum romanarum». — Borsari, Del pons Agrippae
sul Tevere tra le regioni IX e Xim. — Cantarelli. Osservazioni onomatologiche. — Gatti.
Trovamenti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. — Visconti. Trovamenti di
oggetti d'arte e di antichità figurata. — Lanciani, Notizie del movimento edilizio della
città in relazione con Tarcheologia e con Tarte.
^BuUettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche. T. XX,
giugno-luglio 1887. Roma.
Baldi. Vita di Pitagora. — Favaro. Di G. Tarde e di una sua visita a Galileo dal, 12
al 15 nov. 1614. — Id. Appendice prima alla libreria di Galileo.
■^ Documenti per servire alla storia di Sicilia. 1* serie. Diplomatica. Voi. II,
f. 3; X, 2. Palermo.
n, 3. Corrispondenza particolare di Carlo d'Aragona. — X, 1. Starabha. Lettere e
documenti relativi a un periodo del Vicariato della Regina Bianca in Sicilia.
^^Gazzetta chiniica italiana. Anno XVII, 9-10; XVIII, 1. Appendice VI, 2.
Palermo, 1887-88.
XVn, 9-10. Maugini. Analisi dell'acqua ferruginosa di Raffanelo di proprietà del Co-
mune di Canale Monterano, provincia di Roma. — Flutti. Sintesi dell'acido aspartico. —
Gucci, Reazioni fra la m-fenilendiammina ed il solfuro di carbonio in tubi chiusi. —
Grassi Cristaldi. Azione della fenilidrazina sulla santonina. — Borrelli. Sulla benzo-
tribromanilide. — Ricciardi. Sull'azione dell'acqua del mare nei vulcani. — Schiff.
Composti cogli zuccheri con le aldeidi e con gli acetoni. — Mendeleief. Sui composti
deU'alcool etilico con Tacqua. — Campani e Grimaldi, La vanillina nei semi del lupinus
albus. — Colasanti e Moscatelli. L'acido paralattico nell'orina dei soldati dopo le marce
di resistenza. — Schiff, Isomeri dell'acido tannico. — Id, Anidridi dell'acido cresotico. - -
Gavazzi. Azione del fluoruro di silicio sulla china sciolta in liquidi diversi. — Grimaldi,
Sulla teoria dei liquidi. — Gliveri. Ricerche sulla costituzione della quassina. — XVTQ, 1.
Spica. Richerche sulla diosma crenata (2^ comunicazione). SuUa diosmina. — Guareschi,
Sall'acido a-monobromoftalico. — Naccari, Sui calori specifici di alcuni metalli dalla tem-
peratura ordinaria fino a 820<^. — Ricciardi, Ricerche di chimica vulcanologica. Con-
fronto ira le roccie degli Euganei, del monte Amiata e della Pantelleria. — Sestini, Sulla
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— CXVIII —
composizione chimica del concio delle nostre stalle ; rìcercbe ed osserrazioni. — Gigliolù
Salla fosforite del Capo di Leuca. Analisi.
^Giornale d'artiglieria e genio. Anno 1888, t. IL Boma.
^^ Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno LI, 2-3. To-
rino, 1888.
Bonome. Di una forma insolita di tubercolosi laringea. — Balp e Broglio, Sull'azione
fisiologica e terapeutica deiret«re nitroso dimetiletilcarbin elico (nitrito amilico terziario). —
Fod e Bonome. Sopra una grave setticoemia neiruomo. — Perronoito. Sul modo di diffon-
dersi dei cercomonas intestinali. — 3f asini. Nuove ricerche sui oentri motori corticali
della laringe. — Lut2. Sul modo di trasporto dell'À scaris lumbricoides. — Di Mattel.
Sulla durata dell'immunità negli animali per i bacilli del carbonchio dopo Tinnesto pre-
ventivo dei cocchi dell'eresipela. — Perroncito. Considerazioni sul modo di presentarsi
del virus nei tubercoli e nobuli tubercolari. — Carbone. Sugli adenomi nel tenue.
^Giornale della r. Società italiana d'igiene. Anno X, 3. Milano, 1888.
Conti. Il clima del Masino.
^Giornale della Società di letture e conversazioni scientilìche di Genova. Anno XI,
1888, 1^ sem. fase. 1-2. Genova.
Bossi. L'igieqe della donna in rapporto alla profilassi ostetrica e ginecologica. — |
Celesia, Saggio di Toponomia ligure. — Chinazzi. Deirinfluenza del temperamento e del- i
Tetà suireducazione dei fanciulli. '
^Giori^ale di matematiche ad uso degli studenti delle Università italiane.
VoL XXVI, gen.-febb. 1888.
Pannelli, Sui connessi ternari di 2P ordine e di 2^ classe in involuzione doppia. —
Bettazzi. Sulla derivata totale delle funzioni di due variabili reali e suirinversìone delle
derivazioni. — Pascal. Su di un teorema sul calcolo simbolico nella teoria delle forme
binarie. — Lerch. Démonstration élémentaire d'une forme de Raabe. — Certo. Sulle forme
di terzo grado generate da due forme elementari proiettive di primo e di secondo grado
di un piano o di una stella. — Id. SullVagono inscritto isoclino in un n-agono piano
semplice dato. — D'Arone. Intorno ad un teorema di Tchébychew.
^Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXYI, 8. Boma, 1888.
De Renzio. Sulla verruga peruana.
^Giornale militare ufficiale. 1888. Parte 1* disp. 13-16; parte II, disp. 14-17.
Boma.
* Giornale (Nuovo) botanico italiano. Voi. XX, 2. Firenze, 1888.
Berlese. Monografia dei generi Pleospora, Clathrospora e Pyrenophora. —
Massalongo. Contribuzione alla teratologia vegetale.
^Ingegneria civile (L') e le arti industriali. Voi. XIV, 3. Torino, 1888.
Ferria. La mole Antonelliana. — Ruggiero. Intorno al Canale Villoresi per una
derivazione d'acqua dal fiume Ticino. — Crugnola. Dei ponti girevoli in generale e di
quello recentemente costruito per l'arsenale di Taranto.
^Memorie della reale Accademia delle scienze di Torino. Ser. 2^, t. XXXVIII.
Torino, 1888.
Segre. Le coppie di elementi imaginari nella geometria proiettiva sintetica. — Pollo-
nera. Molluschi fossili post-pliocenici del contorno di Torino. — Roiti. Misure assolute
di alcuni condensatori. — Sellar di. I molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della
Liguria. — Rosa. Sul criodrilus lacnum. — Portis. Contribuzioni alla ornitolitologia ita-
liana. — Vincenzi. Contributo allo studio dei vizi congeniti del cuore. — Cattaneo. Sugli
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— CXIX —
organi nervosi terminali mascolo-tendinei in condisioni normali e sul loro modo di com-
portarsi in seguito al taglio delle radici nervose e dei nervi spinali. — BeUardi, I mol-
luschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria (parte V, continuaz). — Loria.
H passato e il presente delle principali teorie geometriche. — Mattirolo. Illustrazione di
tre nuove specie di tuberacee italiane. — Camerario. Ricerche intorno al parassitismo dei
GordS. — Ferraris. Sulle differenze di fase delle correnti, sul ritardo d'induzione e
sulla dissipazione di energia nei trasformatori. ~ Rossi. Vita di Santllarione e martirio
di Santlgnazio, vescovo di d'Antiochia, trascritti e tradotti dai Papiri Copti del Museo di
Torino. — Ferrera. Conmiemorazione di Luigi Prospero Gachard. — Fabretti. Statuti
ed ordinamenti suntuari intomo al vestire degli uomini e delle donne in Perugia dall'anno
1266 al 133C raccolti ed annotati. — Eossi. I martiri di Gioore, Heraei, Epimaco e Pto-
lomeo con altri frammenti; trascrìtti e tradotti dai Papiri Copti nel Museo egizio di
Torino. — Ferrerò. Della vita e degli scritti di Ercole Ricotti. — Cognetti De Martiis.
n fondamento storico di una leggenda italica. — Ferrerò. La strada Romana da Torino
al Monginevra. — Puntoni. Sulla narrazione del mito di Prometeo nella Teogenia
Esiodea.
^Bassegna (Nnoya) dì viticoltura ed enologìa. Anno U, n. 7, 8. Conegliano, 1888.
Soncini. La guerra delle tariffe. — Id. Peronospora della vite. — Mancini. Ampe-
lomiceti della famiglia degli Agaricini. — Comhoni. Ricerca del rame nei vini. — Mina
Palumbo. La melanosi della vite. — Perroncito e Maggiora. Ricerche sul vino amaro.
^Bendiconti del Circolo matematico di Palermo. T. II, 1, 2. Palermo, 1888.
1. Retali. Sulle forme binarie cubiche; Nota di geometria immaginaria. — Giudice.
Sopra la determinazione di funzioni d'una variabile definite per mezzo d'un'equazione con
due variabili Un'osservazione relativa alla costante che compare negli sviluppi in serie
delle funzioni circolari. — Del Re. Sur une question élémentaire de geometrie. — Halphen.
Sur l'équation d'Euler (Eztrait d'une lettre adressée à M. G.-B. Guccia). — Segre. Alcune
considerazioni elementari sull'incidenza di rette e piani nello spazio a quattro dimensioni. —
2. Segre. Alcune considerazioni elementari sull'incidenza di rette e piani nello spazio a
quattro dimensioni. — Vivanti. Sulle equazioni a derivate parziali del P ordine. — Jordan.
Sur la marche du cavalier. — Volterra. Sulla teoria delle equazioni differenziali lineari.
^Rendiconti del reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2*, yoI. XXI,
6, 7. Milano, 1888.
Stramòio. Da Legnano a Mogliano veneto. Un secolo di lotta contro la pellagra. Bric-
ciole di storia sanitario-amministrativa. — Schiaparelli. Osservazioni fatte nella R. Spe-
cola di Brera durante l'eclisse totale di luna avvenuta il 28 gennaio 1888. — Aschieri.
Del legame fra la teoria dei complessi di rette e quella delle corrispodenze univoche e
multiple dello Spazio. — Ascoli Giulio. Riassunto della mia Memoria : u Le curve limite
di una varietà data di curve n, ed osservazioni crìtiche alla medesima. — Maggi. Intorno
ai protozoi viventi sui muschi delle piante. — Buccellati. Progetto del Codice penale pel
Regno d'Italia del ministro Zanardelli. — Stramòio. Da Legnano a Mogliano veneto. Un
secolo di lotta contro la pellagra. Bricciole di storia sanitario-amministrativa. — Bertini.
Sopra alcuni teoremi fondamentali delle curve piane algebriche. — Brambilla. Sopra una
classe di superficie algebriche rappresentabili punto per punto sul piano. — Maggi Sul-
l'importanza dei fagociti nella morfologìa dei metazoi. — Ascoli Giulio. Riassunto della
mia Memoria: «Le curve limite di una varietà date di curve», ed osservazioni crìtiche
alla medesima.
+Bevue Internationale. T. XVIII, 2. Rome, 1888.
Philis. La Franco et l'Italie en 1888 (Lettre à M. Bonfadini). — Rizo-Rangabé. Le
notaire. — Fuster. Francesca da Rimini. — Blaze de Bury. Mes souvenirs de la a Revue
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— cxx —
des deax mondes». — Blondel, B. TOpffer crìtiqae littéiaire. A propos d^nne étnde inèdite
BM « Gii Blas ». — Loliée. Le inoyen &ge moral et licencienx. — Frènes. Jean-Pieire
Vieusseoi d*après sa correspondance avec J.-O.-L. De Sismondi.
^Rivista di artiglieria e genio. Febbraio 1888. Roma.
V, Anni a ripetizione. Studi delle armi a ripetizione fatti in Austria. ~ Messina,
n canale navigabile fra la rada ed il mare piccolo di Taranto. — Freddi. Proposta di
una carabina a rinculo ntilizzato per Tarmamento delle tmppe d'Africa.
^Rivista di 'filosofia scientifica. Voi. VII, marzo-aprile 1888. Milano.
Pietropaolo, Contributo alla storia della filosofia in Italia. Considerazioni sulla filo-
sofia di Pasquale Galluppi. — GalluppL Lettere inedite. I. Sui rapporti. II. Sulla possi-
bilità intrinseca. — Tansi e Musso, Le variazioni termiche del capo durante le emozioni.
Ricerche termo-elettriche sopra individui ipnotizzati. — Cesca, La « Cosa in sé ». n. Di-
mostrazione della u Cosa in sé ». — Bunge, Vitalismo e Meccanismo. — Valerianù D prin-
cipio d'identità e TApriorismo nella filosofia scientifica. — Puglia. Le leggi di composi-
zione e decomposizione delle aggregazioni sociali umane.
^Rivista italiana di numismatica. Anno I, 1. Milano, 1888.
Gnecchi. Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio. — Ambrosoli,
D ripostiglio di Lurate Abbate. — Rossi. I medaglisti del Rinascimento alla Corte dì
Mantova. I. Ermes Flavio de Bonis. — Mulazzani. Studi economici sulle monete di
Milano. — Motta. Gli zecchieri di Milano nel 1479.
^Rivista marittima. Anno XXI, f. S^*. marzo, 1888.
Busin. Sulle predizioni del tempo. — E.D. Operazioni di salvamento del piroscafo
tt Taurus ». — Discussione del bilancio della marina francese per Tanno 1888. — D can
none pneumatico a dinamite Zalinskj.
* Rivista mensile del Club alpino italiano. Anno VII, n. 4. Torino.
^Rivista scientifico-industriale. Anno XX, 7. Firenze, 1888.
Osservazioni delle comete di Sawerthal. — Giovannozzi. Il sismografo analizzatore
del P. Filippo Cecchi. — Martinotti, Studi sulla termogenesi magnetica. — SuUe diffe-
renze di fase delle correnti, sul ritardo deirinduzìone e sulla dissipazione dell'energia nei
trasformatori, pag. 118.
* Spallanzani. (Lo) Anno XVII, ser. 2*, f. 3-4. 1888. Roma.
Durante. Gli ospedali degli Stati Uniti di America. Relazione al Ministro della pub*
Mica istruzione. — De Rossi. Della Scuola medica agli Stati Uniti, e principalmente degli
studi speciali. Relazione alla R. Accademia dì medicina in Roma, — Postetnpski. Ferite
delle parti molli , semplici e complicate (Dall'Ospedale di S. M. della Consolazione in
Roma). — Marchesini, Studio sperimentale sugli organi digerenti e sulla digestione delle
sanguisughe. — Lepori. Suirimportanza dei sali di calce nelVorganismo animale e sulla
reale natura delle così dette ghiandole del collo nel Phyllodactjlus europaeus.
^ Studi e documenti di storia e diritto. Anno IX, 1. Roma, 1888.
Ambrosi de-Magistris. Note ai documenti editi dell'Istituto Austriaco relativi alla
storia della Campania. — Talamo. Le origini del Cristianesimo e il pensiero stoico. —
Parisotti. Ricerche suirintroduzione e sullo sviluppo del culto di Iside e Serapide in Roma
e nelle provincie dell'Impero in relazione colla epigrafia. — Campello della Spina, Pon-
tificato di Innocenzo XII. Diario del conte Giovanni Battista Campello.
* Telegrafista (II). Anno Vili, 2. Roma, 1888.
Bracchi. Coefficienti d^induzione propria di alcuni apparati telegrafici. — Duron, Sul
fenomeno di fulminazione avvenuto a Favignana.
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— CXXI —
Pubblicazioni estere.
* Abhandlungen der PhìloL-hist. CI. der Eon. S&chsischen Gresellschafb d. Wìssen-
schaften Bd. X, 8. Leipzig, 1888.
van der Qabelentz, Beitr&ge zar Chinesischen Grammatìk.
♦Abstracts of the Proceedings ofthe Chemical Society. N. 51, 52. London, 1888.
^Acta mathematica. XI, 2. Stockholm, 1888.
Heun, Zar Theorìe der mehrwerthigen, mehrfach line&r verknflpften Fanctionen. —
Schwerihg, Eine Eìgenschaft der Primzabl 107. — Thomson, On the Division of Space
with Minimam Partìtional Area. — Ooursat. Sar an mode de transformation dea sarfaces
minima. — Hurwitz. Ueber die Entwicklang complezer GrOssen in Kettenbrftche.
^Analele Academiei romane. Seria II, T. V,2; VI, 2. Bucoresci, 1884-85.
^Analele Institatulul meteorologie al Bomaniei. T. II, 1886. Bucuresci, 1888.
+Anales del Museo nacional de Mexico. T. IV, 1. Merico, 1887.
Ten Kate. Materiales para servir & la Antropologìa de la Penlnsala de California. —
de Molina. Arte de la lengaa mexicana y castellana (1571). — Tonalamatl. Calendario
ritnal mezicano.
+Annalen der Physik nnd Chemie. N. P. Bd. XXXIV, 1. Beiblatter XII, 4.
Leipzig, 1888.
Hùfner, Einige Yersacbe Qber die Absorption von Gasen darch graaen valkanisirten
Kaatschak. — Blùmcke, Ueber die Bestimmang der specifischen Gewichte and Dampfspan-
nangen einiger Gemische von schwefliger S&are and Kohlens&are. — Ludeking, Anomale
Dichten von geschmolzenem Wismath. — Graels. Ueber die Reibang von FlUssigkeiten. —
Eòert Die Methode der hohen Interferenzen in ihrer Verwandbarkeit far Zwecke der qaan-
titativen Spectralanalyse. — Zehnder. Ueber den Einflass des Drackes aaf den Brechongs-
exponenten des Wassers fBr Natriamlicht. — SheMon. WechselstrOme and Electrolyte. —
Planck. Das chemische Gleichgewicht in verdiinnten LOsungen. — Hertz. Ueber die Ein-
wirkang einer geradlinigen Schwingang aaf eine benachbarte Strombahn. — Nahrwold.
Bemerkangen za der Abhandlnng des Hrn. F. Narr : » Ueber die Leitang der Electricit&t
darch Gase«. — Auerbach, Ueber die Erregang des dynamoelectrischen Stromes. — Hen-
richsen. Ueber den Magnetisraas organischer Yerbindangen. — Foeppl. Versach einer ma-
thematischen Theorie der Gasentladangen.
^Annalen (Mathematische). Bd. XXXI, 3. Leipzig, 1888.
henkrahe. Ueber die Anwendang iterirter Fanctionen zar Darstellang der Warzeln
algebraischer and transcendenter Gleichangen. — v. Gali. Das vollstanlige Formensystem
der binSren Form 7*®'" Ordnnng. — Nekrassoff. Der Modal des Maximam Maximoram einer
Fanction >)/ {re^^) in Bezug aaf ìp and die Anwendang seiner Eigenschaften aaf die Reihe
von Lagrange. — Neovitis. Ueber eine specielle geometrische Aafgabe des Minimams. —
ffeun. Ueber Ealer's homogenen lineSren Multiplicator zar Integration der regal&ren linea-
ren Differentialgleichungen zweiter Ordnang. — Brill. Ueber algebraische Corresponden-
zen. — ìViltheiss. Ueber die Potenzreihen der hyperelliptischen Tfaetafnnctionen. — v. Gali.
Die irredacibeln Syzyganten zweier simaltanen cabischen Formen. — Stroh. Ueber einen
Satz der Formentheorie. — Stroh. Ueber die asyzygetischen Covarianten dritten Gradcs
einer binàren Form.
^■Annales de l'Académie d'archeologie de Belgique. 4®sér. t. II. Anrers, 1886.
Hagemans. Vie domestiqae d'an seignear chàtelain da moyen àge. — Soil. Un inven-
taire de 1527 oa le mobilier d*an boorgeois de Toamai aa commencement da XVP siècle. —
Bullbttino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2^ Sem. 16
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Dejardin, Deuxième supplément à la descriptìon des cartes de la proTince d^Anrers et des
plans de la ville.
'^Annales de la Société d'agrìcnlture, sciences, arts et belles-lettres de Tonrs.
Année 126, t. LXVII, 7-13. Tours, 1887.
ff ignare, Etude des phénomèDes de la foadre dans le département dlndre-et-Loire.
i^Annales de la Société géologique du Nord 1886-87. Livr. 5-6; 1887-88
livr. 2\ Lille.
5-6. Thibout. Compte-reDdu da Texcursion dirìgée dans le terrain devonien de Par-
rondissement d'Aresnes par M. Gosselet, du 13 au 16 avril 1887. — Cayeux, Compto-renda
de rexcorsion faite à Lezennes et à Cjsoing. — Gosselet. Le^ons sor les Nappes aquifères
du Nord de la France, professées par M. Gosselet, à la Paculté des sciences de Lille en
1886-1887. — 2. Delvatix et Ortlieb, Les poissons fossiles de Targìlle jpresienne de Bel-
gique. — Malaquin. Coupé d'une carrière située au sud-est de Verlain. — Barrois, Les
pyroxénit«s des iles du Morbihan. — Id. Exposé des opinions de M. Grand'Eury sur la
formation des couches de houille et du terrain houiller. — Gosselet. Sur la présence da
coticule dans le poudingue de Salm-le-chàteau et de la biotite dans les schistes de Tar^
kose gedinienne. — Ladrière. Note sur la découverte d'un silex taillé et d'une défense
de Mammouth à Vitry-en-Artois. — Barrois. Sur le terrain dévunien de la Navarre.
^Annuaìre de la Société météorologiqne de France. 1888. Janvier. Paris.
Lasne. Remarques théoriques sur les raouvements gyratoires de l'atmosphère.
^Annales de l'École polytechnique de Delfi. T. Ili, 4. Léide, 1838.
Cardinaal. Application des principes de la geometrie synthétique à la solution des
problèmes de la geometrie descriptive. — Intersection des surfaces du second ordre. —
Prejection des courbes gauches qui résultent de Tintersection des surfaces du second ordre. —
Construction et intersection des courbes planes d'après le principes de la géomértìe syn-
thétique. — Solution de quelques problèmes sur la construction et les intersections des
surfaces du second ordre.— Schols. Démonsf ration directe de la loi limite pour les erreurs
dans le pian et dans l'espace.
^ADnales des Ponts et chaussées. 1888 marsJ Paris.
de Préaudeau. Note sur la stabilite des écluses de grande ouverture. Application des
courbes de pression. — Flamant. Note complémentaire sur la statique graphique de
M. Maurice Lévy. — Voisin. Mémoire sur l'organisation et le fonctionnement du service
hydrométrique et d'amionce des craes du bassin de la Liane.
+Aimales (Nouvelles) de mathématiques. 3® sér. mars 1888. Paris.
Fouret. Sur les pSles principaux d'inversion de la cyclide de Dupin. — Laurent. Sur
la théorie de l'élimination. — Hoffmann. La solution géométrique de l'éqnation du qua-
trième degré. — de Coelingk. Transformation de figures analogue à la transformation par
rayons vecteurs réciproques. — Cesaro. Questions de geometrie intrinsèque. — Id. Sur la
courbure des coniques.
+ Annales scientifiques de TÉcole normale supérieure. 3® sér. t. V, 4. Paris, 1888.
Duhem. Sur la pression et les phénomènes électro-capillaires.
^Anaarìo de la real Academia de Ciencias exactas, fisicas y natorales. 1888.
Madrid, 1888.
+Anzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, 276, 277. Leipzig, 1888.
276. Imhof. Fauna der Slisswasserbecken. -- Schoof. Beitr&ge zur Kenntnìss der
Urogenitalsystems der Saurier. — Rohde. Histologische Untersuchungen fiber das Nerwen-
system von Amphioxus. — 277. Urech. Bestimmuugen der successiven Gewichtsabnahme
der Winterpuppe von Pontia brassica und mechanisch-physiologische Betrachtungen
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darftlwr.— Zacharias, Summerischer Berìcht ttber die ÀQfnahme meines Vorschlags (Studinm
der SUsswasserfauna &.) seitens der Fachkreìse. — Sarasin, Ueber die Niere dea Seeigel.
^Beiicht (XIV) des naturhistorischen Vereins zu Passau fùr die Jahre 1886-
87. Passan, 1888.
^Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 6. Berlin, 1888.
6. Mohler. Ueber Pyridinbasen aus Steinkohlentheer. — Goldschmidt und Holm. Ueber
gemischto Diazoaraidoverbindungen. — Zincke, Ueber die fiinwirknng von Chlor auf Phe-
nole. — Gabriel Ueber Vinylamin. — Petersen. Ueber das fttherische Oel von Asarnm
europaeum L. — Hoòòs, Ueber einige Derivate des Orthotolidins. — Auwers und Meyer.
Uebes die Raoalt'sche Methode der Molecalargewichtsbestimmung und das Acetozim. —
Fischer und Schmitt, Ueber Pr-2-PhenylindoL — Blau, Die Destillation pyridinmonocarbon-
saurer Salze. — Schumann, Ueber die Einwirkung von Titanchlorid auf Phenol. — Marckwald.
Ueber die Furfuralmalons&are. — Hantzsch und Herrmann. Bemerkung zu Geuther's
Auffassung der Acetessigsfture und der Gruppe des Succinylobernsteinsaureàthers. — Weber,
Ueber den Einfluss der Zusammensetzung des Glases auf die Depressionerscbeinungen der
Thermometer. — Stalle. Ueber m-Ditolyl. — deve. Ueber die Sulfimidoverbindungen. —
Bokomy, Ueber das angebliche Vorkommen von Wasserstoffsuperoxyd in Pflanzen- und Thier-
sftften. — Vortmann. Ueber die Anwendung des Natxiumpyrophosphats zur Bestimmung und
Trennung von Metallen. — Pictet und Crépieux. Ueber Alkylformanilide. — Bamberger und
Mailer, Ueber /J-Tetrahydronaphtylamin. — Bamberger, Zur Formulirung der Campherba-
sen. — Brómme und Claisen. Ueber die Einwirkung des Oxalathers auf Acetophenon. —
Claisen und Fischer, Ueber den Benzoylaldehyd. — Id. und Stylos, Ueber die Einwirkung des
Oxalftthers auf Aceton. — Id. id. Ueber den Acetessigaldehyd, CH, .CO . CH, COH. — Id.
und Loicman, Zur Kenntniss des Benzoylacetons. — Constam und Goldschmidt. Zur Kennt-
niss der Amidoisopropylbenzole. — Beckmann, Ueber das Moleculargewicht der Oxime. —
Liebermann und Jellinek. Ueber die Aether der Oxyanthrachiuone. — Liebermann. Ueber
die Leukostufen von Antbrachinonderivaten (Fortsetzung). — Id, Ueber Methyloxanthra-
noi. — Goldmann. Ueber Derivate des Antbranols. — Sachse, Ueber die Halogenadditions-
producte des Dianthryls. — Wolffenstein, Ueber die Einwirkung von Phosphorpentachlorid
auf «-Oxynaphtoesàure. — Ginsberg. Ueber das Apiol. — Meerson, Ueber einige Derivate
des Biamidonaphtols. — Rabe, Laboratoriumsturbine. — Knorr, Ueber die Identit&t des
Phenylmethylpyrazolonazobenzols mit dem Phenylhydrazinketophenylmetylpyrazolon und
tlber die innere Anhydridbildung der Diphenylhydrazinacetylglyoxylsàure und Diphenylhy-
drazindioxyweinsàure. — Id. und Laubmann. Ueber das Verhalten der Pyrazole und Pyra-
zoline. — Laubmann. Notiz flber das 1 . 5-Diphenylpyrazolon. — Janovsky und Reimann,
Ueber Substitutionsproducte des Paraazotoluols. — Pinner. Einwirkung von Hamstoff auf
Hydrazine. — Nietski und Schmidt. Ueber Benzoltriphenazin. — ÌVagner, Ueber di Oxy-
dation der Olefine und der Alkohole der Allylalkoholreihe. — Freund und Goldsmith,
Ueber die Einwirkung von Phosgen auf Hydrazide. — Freund. Ueber einige Derivate der
AethylmalonsSure. — Ruhemann, Ueber das Amid der Dioxyisonicotins&ure. — Lossen und
Mierau, Uober die Einwirkung der salpetrigen Sàure auf einige organische Bascn und
tlber Dinitrosobenzenylamidin. — Bischoff. Ueber die Zersetzung von Aniliden bei bOherer
Temperatur. — Pawlewski, Erwiderung. — Otto, Ueber die Einwirkung des Chlorkohlen-
oxyds auf ameinsensaures Natrium. — MeyeiC' Bericbtigung. — Braun und Meyer. Ueber
die Aldine. — Tomòe, Ueber das Trimethylen und die Bildung des Allylalkobols aus
symmetrischem Dichlorbydrin. — Meyer, Ueber die negative Natur organischer Hadicale
und die Frage der Existenz wahrer NitrosokOrper. — Id, und Oelkers, Ueber die negative
Natur organischer Radicale : Untersuchung des Desoxybenzoins. — Meyer, Ueber Phenyl-
essigs&uren und Benzylcyanid. — Rattner. Zur Kenntniss der negativen Natur organischer
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Radicale. — Schnéidewind, Vennche Qber snbstìtnirbarkeit organìscher Verbindnngen, die
negatÌTe Radicale enthalten. — Pàpcke. Ueber die Sabstituirbarkeit des Benzolns nnd
eìniger Analogen des Desoxjbenzoins and Benzylcyanids. — KnoevenageL Beìtr&ge zar
Eenntniss der negativen Natar organischer Radicale. — Zi. Ueber Bidesyle. — Reissert.
Condensationsproducte ron /^Anilidos&aren (III. Mittheilung). — Id. Oondeasationsprodacte
Yon /^Anilidos&aren (TV. Mittheilang). — Id, Condensationsprodacte von /9-Aailidos&aren
(V. Mittheilong). — Piccini. Ueber die Einwirkang des Wasserstoffsaperozyds aaf die Titan-
sftare (Zar Wahrang der Priorit&t). — Boyen von. Ueber Derivate Bromengenols. —
Marckwaldt Zar Kenntniss der Farfuranverbindangen. II. — Harpe de la and Reverdin.
Ueber das Nitrosonitroresorcin. — WeyL Zar Kenntniss der Seide. I. — Pechmann von
Stadien liber 1. 2-Diketone. — Kiliani. Ueber Metaznckers&are. — Heymann nnd Koe-
nigs. Ueber einige Lepidinverbindangen. — Ciamician and Magnanini, Ueber die Bildang
der beideii isomeren Tetrabromide des Pyrrolylens. — Wilm, Zam chemiscben Verhalten
des EaliamplatincjanQrs. — Quincke, Ueber die Reactionsprodncte des Acenaphtens mit
der Salpeteraftare and einige Derivate derselben. — Levy and Andreocci, Ueber die Ein-
wirkang von Phosphorpentacblorid aaf Saccinylobemsteinsftnre&ther.
^Bìjdragen tot de Taal- Land- en Volkenkimde van Nederlandsch-Indié. Yolg. 5,
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Vanderkindere. Sur la dilatura dans les textes francs. — Philippson, Demière séance
du Conseil avant le supplice de Marie Stuart, par le baron Kervyn de Lettenhove. —
Kervyn de Lettenhove. Réponse à Tinterpellation de M. Philippson. — La féte de
la Toussaint à Fotberingay. — Rousseau. Léonard de Vinci. — Van Bambeke. Sur des
follicules rencontrés dans Tépiderme de la màchoire supérieure chez le « Tursiops tursio »
(avec planche). — Renard. Notice sur les haches en fibrolite trouvées en Espagne par
MM. H. et L. Siret. — De Heen. Détermination des variations de la chaleur spécifique
des liquides au voisinage de la temperature critique. — Ma^ius. De Tinfluence de pneu-
mogastrique sur la sécrétion urinaire. — Lamy. Elie de Nisibe, sa Chronologie. — Phi-
lippson. Assassinat de Henri Damley, époux de Marie Stuart.
+Bulletin de la Société académique de Brest. 1886-87. Brest.
Jouan, La fregate la «Belle Poule». — 6^0ttfa»ctf. Madagascar, en 1829.— Guickon
de Grand'Pont. Ovidius Nauticus. — Pradère. Causeries humoristiques. — Jouan. La fregate
la « Belle Poule » (suite et fin). — Turiault. Jean Dubuc et le Pacte colonial. — Ouichon de
Grand'Pont. L'Amiral de Gueydon. — Jardin. Mode d'administration à la fin da siècle
demier. — Augier, Brives-Cbarensac. — Le Balle. A la Muse — Id. Ave Mater Alma. —
Id, Sonnet à ma Femme. — Id. En Caréme. — Le Lan, Trois Légendes. — A. C. Cod-
férences et soirées.
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^Bulletin de la Société académiqae Indo-Ghinoise de France. 2^ sér. t. II,
AnnéeB 1882-88. Paris, 1888-85.
Kern. Lea inscriptions khmers recueillìes au Cambodge par M. J. Moura. — Bergaigne,
Inscrìptions khmers. La date du règne de Sùrya-Vannan. — Lesserteur. Inscriptions ghia-
mes de Tancien Ciampa. — SckoebeL Histoire des origines et du développement des Castes
de rinde (première partie). — Geniti. Mahé et 6oa, d'après un manuscrit ìnddìt de la bi-
bliothèque de M. Tabbé Pierfite, cure d'Ainvelle (Vosges) intitulé : Note de voyage à bord
de la Cordillère, par Tabbé Guerret, aumAnier de la Marine. — Delavaitd. Journal des
deux voyages à Siam de Du Quesne-Guitton (1681-1691), manuscrit inédit, n. 12, 543, de
la bibliotbèque de la Mamière-Hocbefort. — Castonnet des Fosses, Les relations de la
France avec le Tongkin et la Cochinchine, d'après des docuraents inédits des Arcbives du
Ministère de la marine et des Colonies et des Arcbives du Dépdt des cartes et plans de
la marine. — Bartet. Archeologie khmer. — Trau-Nguyen-Hành. Coutumes et constitution
de la famille annamite. — Dru. La péninsule malaise. — Projet de percement de Tisthrae
de Erau. — San-Januario. Documents sur les missions portugaises au Cambodge et en
Cocbinchine. — Bouillevaux, Le premiers princes de TAnnam, d'après les annales indi-
gènes (suite et fin).
^BuUetin de la Société entomologìque de France. 1888, Cab. 6, 7. Paris.
+Biilletin de la Société géologique de France. 3* sér. t. XV, 7, 8; XVI, 1.
Paris, 1887.
XV, 7. Goret. Geologie du bassin de TUbaye. — Seunes. Sur quelques Ammonites
du Gault. — Scklumòerger. Note sur les Biloculina bullotdes et B.TÌngens. — De Cos-
signy. Sur le Crétacé inférieur du sud-est du bassin de Paris. — De Lacvivier, Sur le Cré-
tacé de TAriège. — Nolan. Note sur le Trias de Minorque et de Majorque. — Boussel.
Étude sur le Crétacé des Petites Pyrénées et des Corbières. — Cotteau. Catalogne des Échini-
des recueillis par M. Roussel dans le terrain crétacé des Petites Pyrénées et des Corbières. —
XV, 8. Cotteau. Echinides des petites Pyrénées et des Corbières. — Bertrand. Hot tria-
sique du Beausset (Var). Analogie aree le bassin houiller franco-belge et avec les Alpes
de Glaris. — Vélain. Le Carbonifere dans la région des Vosges. — de Mercey. La craie
phosphatée à Belemnitella quadrata dans le Nord de la France. — Sauvage, Note
sur Tare pectoral d'un Ichthyosaure du Lias de Watchet — de Ztgno. Sur les Siréniens
fossiles. — Seunes, Note préliminaire sur la geologie du département des Basses-Pyrénées. —
Gourdon. Note sur les débris de mammifères du sud-ouest ' - de Rouville. L'horizon ar-
moricain dans la région de Cabrières (Hérault). — Léenhardt. Le Crétacé inférieur de
La Clape (Ande). — Douvillé. Chamidés et Rudistes. -> XVI, 1. Margerie (de). L'oeuvre
du Congrès géologique intemational par M. G.-K. Gilbert. — Porte, Note sur les gisements
de charbon de la Nouvelle-Calédonie. — Gaudry. Lettre de M. Capellini sur TOurs de
Cassana. — Stuart- Menteath, Note sur la constitution géologique des Pyrénées. — Seunes.
Note sur la geologie des Pyrénées-Occidentales. — Kilian et Léenhardt. Note sur le Cré-
tacé inférieur du sud-est. — Girar dot. Note sur les Corralligènes jurassiques supérieurs
au Rauracien, dans le Jura du Doubs. — Stanislas-Meunier, Contribution à la geologie
de TAfrique occidentale. — Tardy. Nouvelles Observations sur la Eresse. — Rouville (de),
Les formations paléozoTques de la région de Cabrières, par le docteur Frech, de Berlin.
■^BuUetin de la Société imperiale des naturalistes de Moscou. 1887, n. 4. Moscou.
Gustavson, Die organi schen Verbindnngen in ihren Beziehungen zu den Haloidsalzen
des Alumìniums. — Wagner. La regénération des organes perdus chez les araignées. —
Ballion, Kurze Notìzen flber einige russische Blaps-Arten. — Walter, Vorlftufìge Diagnose
und Beschreibung zweier neuer Branchiopoden aus Transkaspien. — Smirnow, Énuméra-
tion des espèces de plantes vasculaires du Caucase.
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^Bulletin de la Sooiété mathématique de France. T. XYI, 2, 3. Paris, 1888.
Jssaly, Nouveaui prìncipes de la théorìe des congraeDces de droites. — Id, Nouvcau
prìncìpes de la théorie des congraences de droites. — Ferriti, Sur Tidentité des péninvar
riants des formes binaìres avec certaines fonctions des dérivées nnilatérales de ces fonnes.
^Bulletin de la Sociétó zoologique de France 1887. Voi. XII, 5-6; XIII, 1.
Paris, 1888.
Boulanger, Les espèces du genre Ophimore. — Moniez. Sur un parasite nonveau da
Ver à Soie. — Plateau. Sur le r61e des palpes chez les arthropodes maxillés. — Cotteau,
Sur la famille des Brissidées. — Chevreux. Crustacés amphipodes noureaux dragués par
THirondelle pendant la campagne du 1886. — Bigot. Diptères nouveaui ou peu connus. —
Taczanowsky, Conlributions à la faune omithologiqne du Caucase. — Cotteau. Échinides
noureaux ou peu connus.
^Bulletin de Tlnstitut égyptien. 2* sér. n. 1887. Le Caire, 1888.
Walther. L'apparition de la craie aux environs des pyramides. — Vidal Pacha.
Le sol égyptien analysé par la betterave. — Id, Sur les quantités dites négatives et ima-
ginaires. — Gay Lussac. Quelques observations sur Temploi des engrais en Égypte. —
Sorelli Bey. Notes à propos de documents relatifs à rexpédition fran9aise en Égypte. —
Ventre Bey. De la densité du sucre. — Rossi Bey. Quelques mots sur la rage. —
Schweinfurth. Sur une recente exploration géologique de TOuady Arabah. — Yacouò Ar-
tiri Pacha. Note sur le Dra-el-Cherl. — Ascherson. Le lac Sirbon et le mont Gasius. —
Ventre Bey. Quelques recherches sur Tare voltalque. — Artin Pacha. Monnaies de Mehdy
Mouhammed Ahmed du Soudan. — lòrahim Bey Afoustapha, La valeur des intervalles
dans la musique arabe.
+Bulletin du Comité géologique. Voi. VI, 8-10 e Suppl. S. Pétersbourg, 1887.
Sokolov. Compte-rendu préliminaire des recherches géologiques faites dans la partio
septentriouale du gouveniement de la Tauride. — Pavlow. Aper^u géologique de la région
entre les rivières Swiaga, Barysch et Soura dans le gouvem. de Simbirsk. — Mickalsky.
Aper9u géologique de la partie de sud-est du gouvemement de Kielce. — Krasnopolsky.
Compte-rendu préliminaire des recherches géologiques dans la partie de sud-est de la
feuille 126. — Fedoroff. Note sur l'origine des «schistes verts» (GrQnschiefer).
^BuUetin du Comité international permanent pour rexécution photographique
de la carte du ciel. Fase. I®*". Paris, 1888.
^Bulletin des sciences mathématiques. 2^ Sér. t. XII, avril 1888. Paris.
Lerch. Sur une formule d'arithmétique.
^Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harward College. V0I.XIII,
8 ; XVI, 1. Cambridge, 1888.
Xin, 8. Slade. On Certain vacuities or deficiencies in the Crania of mammals. —
Hobbs. On the petrographical Charaters of a dike of diabase in the Boston basin.
^Centralblatt (Botanisehes). Bd. XXXIV, 2-5. Cassel, 1888.
Godlewsky. Einige Bemerkungen zur Auffi&ssung der Reizerscheinung an den wachsen-
den Pflanzen.
*Centralblàtt ffir Physiologie. 1888. Aprii 15-28, Mar* 31. Wien.
*Civilingenieur (Der). Jhg. 1888, Heft 2. Leipzig, 1888.
Hiyn. Dachbinderconstruction tlber einem Maschinenhause. — Connert, Mittheilnngen
aus dem mechanìsch-technologischen Laboratorium desKOnigl. Polytechnikums zuDresden. —
Land. Ueber die Berechnung und die bildliche Darstellung von Tr&gheits- und Centrifu-
galmomenten ebener Massenfiguren.
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+Compte rendu de la Société de géographie de Paris. 1888, n. 7-8. Paris.
'^Comptearendas hebdomadaires de séances des VAcadémie des sciences. T. CVI,
n. 13-16. Paris, 1888.
13. Bertrand.Sur réTalaation a posteriori de la confiance méritée par la mojenne
d*Qiie Bérie de mesores. — Loewy et Puisetix. Théorie noayelle de IMqaatorìal condé et
des équatoriauz en general. Termes dépendant de la sitaation da miroir eztériear. Forrnn-
les générales. — Schlassing. Sur les relations de Tazote atmosphériqae aree la terre vege-
tale. ^ Berthelot et André. Sur Tabsorptìoii des matières salines par les T<<gétaax. Ace-
tato et azotate de potasse. — de Jonquières, Construction géoraétrique, par denz faisceauz
projectifs, de la snrface da troisième degré déterminée par diverses conditions données. —
Mouchez, Nouvelles nébalenses remarquables, découvertes, à Faide de la photographie, dans
les Pléiades, par MM. Henry. — Id, Travanz préparatoires ponr Tezécution de la Carte
photographiqne da elei. Publication d'an Balletin special. — Berthelot. Traitement des
sables aorifères^ par amalgamation, chez les anciens. CoUection des alchimistes grecs. —
de Lssseps donne qnelqnes nouvelles indications sur les travauz du canal maritime de Pa-
nama. — Bigourdan. Observation de la comète a 1888, faite à TObservatoire de Paris
(équatorial de la tour de TOuest). — Périgaud, Nouveau bain de mercure, pour Tobser-
vation da nadir. — Wolf appello Tattention des astronomes et des physiciens, sur Tezpé-
rience de M. Périgaud. — Hatt* Sur Té^aluation des erreurs inhérentes au système des
coordonnées rectangulaires. — Carvallo. Sur Tapplication de la méthode des moindres
carrés. — Kcenig». Sur la dìstribution des volumes engendrés par un contour ferme, tour-
nant autoar de toutes les droites de Tespace. — Gouy. Sur les actions électrostatiques
dans les liqnides conducteurs. — Krebs. Essai d'un moteur électrique alimenté par des
accumulateurs destinés à un bateau sous-marin. — de Laòouret. Sur la propagation du
son produit par les armes à feu. — André, Sur quelques combinaisons ammoniacales des
sels de nickel. — de Forcrand et Villard. Sur la formation Jes hydrates de gaz. — Sckeu-
rer-Kestner. Expériences sur Temploi du calorimetro Thompson pour la détermination du
pouvoir calorifìque pratiqne de la houille. — Gautier et Drouin. Becherches sur la fiza-
tion de Tazote par le sol et les végétauz. — Baeine. Sur quelques dérivés de Tacide or-
thoaldéhydophtalique. — Boucfieron. Surdit^ pour les harrooniques de la parole, dans Toto-
piésis. — Poncet, Sur une nouvelle déformation des mains chez les verrìers; mains en
crochet. — Sahatier. Sur les formes de spermatozoTdes de TElédone musquée. — Petit.
Note complémen taire sur Tanatomie du pétiole des Dicotylédones. — Dolio et Buisseret.
Sur quelques Paléchinides. — Rolland. Les atterrìssements anciens du Sahara, leur àge
pliocène et leur synchronisme avec les formations pliocènes d'eau douce de- TAtlas. —
Démoulin. Nouvelles indications sur la nature cosmiqne de certaìnes poussières de Tair. —
Saint'Loup. Sur la trisection de Tangle. — 14. Bertrand. Sur Terreur à craindre dans
Tévaluation des trois angles d'un triangle. — Lcewy et Puiseux. Théorie nouvelle de Téquar
torial coudé et des équatoriauz en general. Procédés nouveauz pour rorientation de Taze
polaire. Étude de la flezion du bras. — Wolf. Bésultats des comparaisons de la toise du
Pérou au mètro international, ezécutées au Bureau intemational des Poids et mesures par
M. BenoSt. — Schkesing, Sur les relations de Tazote atmosphériqae avec la terre vege-
tale. — Dehérain, Sur la fabrication du fumier de ferme. — Faye. Sur le blizzard des 11
et 12 mars dernier auz Etat»-Uni8. — Cayley. Note sur les surfaces minima et le théo-
rème de Joachimsthal. — Bigourdan. Sur une disposition qui permettrait Temploi de puis-
sants objectifs dans les observations méridiennes. — Charlois, Observations de la comète
Sawerthal, faites à TObservatoire de Nice (équatorial de Gautier, de 0™,38 d'ouverture). —
Jung. A propos de deuz Communications récentes de M. J. Bertrand, sur la probàbilité
du tir à la cible. — VioUe et Vautier. Sur la vitesse du propagation du son. — Forel.
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— CXXVIII —
Expériences photographiqnes sur la pénétration de la lamière daus les eaux da lac Léman. —
Ckappuis, Sur les chaleurs latentes de vaporisation de qaelqaes sabstanceB très volatiles. —
Le Chatelier, Sar les lois de Téquilìbre chimiqae. — Amattd, Sar la matière cristalllsée
active des flèches empoìsonnées des i^omalis, extraìte da bois A'On&hBXo. — Levalloig. In-
flaence des engrais chimiqaes sur la composition de la graine da Soja. — Brulle, F&lsifi-
cations des hailes d'olive. — Oodefroy, Sar une méthode simple et usuelle, poar déceler
et pour doser les impuretés contenaes dans les alcool» d'industrio. — Leplay, Sor la for-
ni ation des acides organiques, des matières organiqaes azotées et da nitrato de potasse,
dans les différentes parties de la betterave en végétation de première année. par Tabsor-
ption par les radiculcs des bicarbonates de potasse, de chaux et d'ammoniaque. — Lépin^
et Porterei, De Tinfluence qa*exercent les substances antipyrétiqaes, et en partìculier Pan-
tipyrine, sur la teneur du foie en glycogène. — Dupuy. Expériences sur les fonctions mo-
trices du cerveau. — Dor. Pseudo-tuberculose bacillaire. — PeUeneer. Les Pélécypodes
(ou Lamellibranches) sans brancbies. — LijLcroix, Sur la syénite éléolitbique de Ponzac
(Hautes-Pyrénées). ~ de Tillo. Sur le déplacement des grands centres d'action de Tatmo-
sphère. — 15. Mouchess, Observations des petitcs planètos, faites au grand instrument mé-
ridieu de TObservatoire de Paris pendant les troisième et quatrième trimestres de Vumée
1887. — Bertrand. Sur les lois de mortalité de Gompertz et do Mekeham. — Bomsinesq.
Equilibro d'élasticité d'un solide sans pesanteur, homogène et isotrope, dont les parties
profondes soint maintenue fixes, pendant quo sa surface éprouve des pressions ou des de-
placements connus, s'annulant hors d'une région restrcinte où il sont arbitraires. — Ber-
tkelot. Observations sur la fixation de Tazote par certains sols et terres végétales. — Cùilletet.
Nouveau thermomètre à gaz. — Bigourdan. Observations de la comète Sawerthal {a 1888),
faites à TObservatoire de Paris (équatorial de la tour de TOuest). — Trépied et Sy, Ob-
servations de la nouvelle planète Palisa (découverte le 3 avril 1888), faites à TObserva-
toire d'Alger au tólescope de 0™,50. — Rayet et Courty, Observations de la comète Sa-
werthal, faites à Téquatorial de 0™, 38 de TObservatoire de Bordeaux. — Pellet Sur la
formule de Fourier et ses analogues. — Demartres. Sur les courbes de M. Bertrand, cod-
sidérés comme lignes géodésiques de surfaces cerclées. — Bougaief, Sur les fonctions di-
scontinues logarithraiques. — Loir. Caractère de la divisibilité d'un nombre par un nombre
premier quelconque. — Lucas. Résolution des équations par l'électricité. — Quantin, Action
du tétrachlorure de carbone sur le composés oxygénés minéraux exempts d'hydrogène. —
Leidié. Sur le sesquichlorure de rhodium. — Saint-Edme. Sur la passivité du fer et da
nickel. — Varet. Action du cyanure de zinc sur quelques chlorures. — ffaller. Synthèses
au moyen de l'éther cyanacétique : II. Homologues supifrieurs de l'éther acétylcyanacétique. —
Renard. Sur les hydrocarbures qui accompagnent le ditérébenthyle dans des huiles do
rèsine. — Petit. Chaleur de formation de l'aniline. — Henry. Su la volatilità dans les
composés carbonés polyoxygénés. — Scheurer-Kestner. Chaleur de combustion de la houillo
da nord de la Franco. — Duroziez. Sphincter du trou ovale. — Rietsck et Jobert. L'epi-
demie des porcs à Marseille, en 1887. — Gautier et Drouin. Recherches sur la fixation
de l'azoto par le sol et les végétaux. — Gorgeu. Sur une pseudomorphoso de l'acerdèse.
Production artifìcielle de la pyrolusito. — VerneuiL Recherches • sur la blende hexagonale
phosphorescente. — Poincaré, Relations entre les mouvoments baromótriques et les posi-
tions de la lune et du soleil. — NoguH. Sur la vitesso de transmission des ébranlomonts
souterrains. — 16. Bertrand, Sur la méthode des muindres carrés. — Janssen, Sur les
spectres de l'oxygène. — Bowsinesq, Équilibre d'élasticité d'un solide sans pesanteur,
homogène et isotrope, dont les parties profondes sont maintonues fixes, pendant quo sa
surface éprouve des pressions ou des déplacements connus, s'annulant hors d'une région
restreinto où ils sont arbitraires. — Schlcesing. Sur les relations de l'azoto atmosphérique
avec la terre vegetale. Réponse aux observations de M. Berthelot. — Perrin. Sur quelques
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— CXXIX —
familles d'op^rateurs différentìels. — Fouret. Sur. une soorce d'équations algébriqn^ ayant
tontes lears racines réelles. — Paraf. Sur deux théorèmes de Jaoobi relatifs au lignea gèo-
désiques. — Bonnet. Observations relatìves à la Conimunicafìon précédente. — Cesavo.
Sur deux récentes Communications de M. Jensen. — Guyou. Sur une solution élémentaire
du problème du gyroscope de Foucault. — Mathias. Sur un nouvelle méthode de mesure
de la cbaleur de vaporisation des gaz liquéfiés. — Stoletow, Sur une sorte de couranta
électriques, provoqués par les rayons ultra-violets. — - Berget. Sur la varìatìon de la con-
ductibilité calorifìque du raercure avec la temperature. — . Pollak. Régulftteur de lumière
électrique fonde sur la dilatation thermique des fils conducteura. — ^smonrf. Contribution
à Tétude des fontes. -* Hugounenq et MoreL Sur un carbonate sodico-potassique. — Scheu-
rer-Kestner. Chaleur de combustion de la houille du nord de la France (bitssin de Cbar-
leroi). — Vignon, Thennochimie des composés diazolques. — Henry, Sur la volatilité dans
les composés carbonés polyoxygénés. — Chautard. Sur la cyanaldéhyde. — Lafont Action
des acides et des anhydrides sur les terpilénols. — Haller. Synthèses au moyen des
éthers cyanacétiques. IH. Éthers, benzol, orthotoluol ot paratoluolcyanacétiques. — Oautier
et Drouin. Recherches sur la fixation de Tazote par le sol et les végétaux. — Liebreich,
Sur la fonctìon biologique des éthers cholestériques nommés lanoline. — Fol. Sur la
répartition du tissu musculaire strie cbez divers invertébrés. — Oiard, Sur les Nepbro-
myces, genre nouveau de Champighons parasites du rein des Molgulidées. — Viguier.
Sur l'oligocène du bassin de Narbonne et la formation des couches à végétaux d'Armissan. —
Tsckerning. Étude' sur la posìtion dù crìstallin de TobìI humàin. — Straw et Sanchez
Toledo. Recherches bactériologiques sur Tutérus après la parturìtion physiologique. —
Galtier, Nouvelles expériences sur Tinoculation antirabique, en vue de préserver les ani-
maux herbiyores de la rage à la suite des morsurcs de chiens enragés. — Luvini. Les
cyclones et les trombes.
^Gosmos. Bevue des scìences et de leurs applications. 37® année, S. N. n. 154-
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Ky3HEII,0B'b. UpnpoAa h SHrejiH BOCTOHnari^ ciuona ciBepnaro Ypaja. — THXIO.
PacnpeAi^eide ^enrpoBi» uaTepHKOBii na noBepxHocTH aeHHoro mapa.
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Determination of Nitrogen by Soda-Lime. — Clarice. The Chemical Structure of the Na-
turai Silicates. -— Norton and IVestenhoff. On the Amine Salts of Benzene-Sulphonic Acid. —
Id. and Schmidt. On Some New Metallic Salts of Benzene-Sulphonic Acid. — Id, and Otten,
On the Amine Salts of Para-Toluene-Sulphonic Acid. — Novy, Some Higher Homologues
of Cocaine. — Morse and Burton, On the Supposed Dissociation of Zino Oxide, and the
'' Condition of the Atmosphere within a Platinum Vessel heated by a Gas Flame. — Id. id,
A Method for the Separation and Determination of Borie Acid. — Michael Preliminary
Note on the Constitution of Sodium Acetacetic and Malonic Éthers.
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in der Herzegowina und in Novibazar gesammelte Myriopoden. — L6w, Uebersicht der
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Neue Hymenopteren. DI. — Fntleutner. Die ZiergehOlze von Sftdtirol. — Fritsch. Beitrfige
zur Flora von Salzburg. — Loitlesòerger, Beitrag zur Algenflora OberOsterreichs. — Bai-
mann. Ueber die Fichtenformen aus der Umgebung von Lunz, sowie ùber Calycanthemie bei
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Pflanzen der Hochschobergruppe. — Wettstein, Beobachtung llber den Bau und die Keimung
der Samen von Nelumbo nucifera Gartn. — Id. Vorarbeiten zu einer Pilzflora der
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storici dall'isola di Cnrzola. — Vid Vuletic Vukasovic. Iscrizioni antiche bossinesi in
Bossina e in Hercegorina (Continuazione). — S. L, Intorno il progresso della scienza ar-
cheologica nel nostro regno croato. — Vid Vuletic. Aggiunta airiscrizione del duca Stefano.
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Ueber einige S&tze J. Steiner's. — Bochow, Zusammenhang zwischen particul&ren und allge-
meinen Integralen gewisser Diflfórentìalgleichungen. — Hossfeld. Ueber eine Aufgabe aus
der projectiven Geometrie des Rajimes, und Construction der Uaumcurven dritter Ordnung
aus imagin&ien Pnnkten. — Buka. Bemerkungen zu der Grtlbler'schen Bestimmung der
Erfimmungsmittelpunkte der Polbahnen eines ebenen Systems. — Cantar. Ueber eine Pro-
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Biess. Der Ursprung des englischen Unterhauses. — Schiemann. Zur Geschischte des
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Jarhrhundert.
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