■^■T*-
r^."
<^\".-v-?c--
*H.. ■.-^'
^'■'^.
'rij^
DELLO STESSO AUTORE
Stona della Sicilia e della Magna Grecia I (Torino Clausen 1894).
Opera premiata dalla R. Accademia delle Scienze di Torino.
.4hc/>m^ legends of roman hìstory (New York Dodd Mead et C. 1905.
London S. Sonnenschein et C. 1906). Letture tenute nel Lowell
Institute di Boston, nelV Harvard University (Cambridoje), nella
Columbia University di New York e nelle Università di Chicago
e del Wisconsin.
Ricerche sioricltc e geografiche sulV Italia antica (Torino S.T.E.N.
1908).
Aiicient Italy (Chicago, The University of Chicago Press 1908).
Storia critica di Roma Voi. 1 (Roma Loescher 1913).
- Voi. 11 (Roma Loescher 1915).
Ricerche siitht storia e sul diritto pubblico di Roma. Serie prima.
(Roma Loesdiei 1915).
In cokso di stampa :
Storia vrili<a di l.'oimi. Voi. Ili; IV.
Ii'irrrrhc sulla storia e sul diritto pubblico di Roma. Serie HI; TV.
\uorr ricerche sturiche e geogra/iche sulT Italia antica. Sevie TI (Pavia
Martci).
RICERCHE
SVLLA STORIA
E SVL DIRITTO PVBBLICO
DI
ROMA
DI
ETTORE PAIS
SERIE SECONDA
Sui Fasti Consolari
ROMA
ERMANNO LOESCHER&C.»
(W. Regenberg)
1916
l'ina - StattiliiiiPiitu tip<»<rrafii;o dt^l Ciiv. Francesco Mariotti 9-1915
ALLA MEMORIA
DI
BARTOLOMEO BORGHESI
CHE ILLUSTRANDO I FASTI DI ROMA
SERBÒ VIVO IL RICORDO
DELL' ANTICA GRANDEZZA
E ALIMENTÒ LA FEDE
NEL RISORGIMENTO DELLA PATRIA
(CONTENUTO DEL PRESENTE VOLUME.
Dedica
Introdiizione
Testi tbiKlanjeutali sul valore delle ii.eiuoiie donicHticlie
rispetto ai Fasti
V
XI
XXXV
Intorno alla fokmazionk ed al valore stoukx) i>ei
FAf^Ti della Repubblica Romana » 3 sgg.
I. — Valore dei Fasti come fonte xlorica — 1 Fasti ditlatorii —
Gli Acta Triumplialia - / Fasti consolari — Confronti
fra le Uste di Livio e quelle di Diodoro — 1 Fasti dei
questori, dei trihuni dalla iìUhe, dei sacerdoti » ^ «gè-
li. - Occasioni al formulare le liste dei Fasti - Elementi con
,-^ -, ...» 40 sgg.
mi Jurono costituite
III. _ Argomenti in favore e contro la piena attendibilità dei
Fasti — Gli spostamenti dell'anno cicile — L'anno di sei
„tesj _ Valore delle tavole censorie — I Fasti anteriori al-
l' incendio Gallico furono salvati nel Campidoglio ? ...» o* «gg-
IV. — Necessità di studiare i Fasti in stretta relazione con la
veridicità delle gesta attribuiie ai singoli magistrati — Loro
valore per la seconda metà del IV secolo, per la prima metà
del secolo medesimo e per il secolo V — Conclusione. . . » 71 sgg.
V. — Elementi che forniscono i Fasti per ricostituire la storia
delle genti e della società romana ^^ ^ ^SS-
VI. — Elenco primo. Magistrati patrici dalla caduta della mo-
narchia alla creazione dei tribuni niilitnm consiliari potestate » 97 sgg.
VII. — Elenco secondo. Dalla creazione dei tribuni milituni con-
sulari potestate alla approvazione delle leggi Liciniae-Sextiae » 110 sgg.
yjjl Conteiiìdo del preseute volume
Vili. — AVc/K'o terzo. Dall'approvazione delle leggi Liciiiiae-
Sextiae sino all' occupazione da parie dei plebei di ambedue
i Miggi connolari p. 12o sgg.
IX. — Elenco quarto. Dalla occupazione dei plebei di ambedue i
B$ggi «on$olari {i7S a. C.) sino alla approvazione delle leggi
lulia (90) e Plautia-Papiria {89\ concedenti la cittadinanza
romana ai Latini ed agli Italici » 160 sgg.
X. — Elenco quinto. Dalla concesxione della cittadinanza romana
ai Latini ed agli Italici sino alla pubblicazione dei Fasti della
Regia ed alla morte di Augu.<<lo {88 a. C.-14 p. C.) . . » 170 sgg.
XI. — / Fa>iti e la successione dei carii strati sociali nella con-
quista del potere ; » 209 sgg.
XII. — / Fasti ed il graduale estendersi delle magistrature ouruli
alle varie regioni della Penisola » 232 sgg.
Appeudice I. — Gli Acta Tiinnii)halia ed il trasfor-
hKtrsi ilcìln .società ruìuana » 2o7 sgg.
Appt'iulicp II. — Il «veredersi di nuore genti nella serie
dei ))ì(u/i-str<tfi monetali della repiibblica romana . » 290 sgg.
Appendice III. — A proposito di genti romane. ! gen-
til idi di Ma murra e di Ver re » 318 sgg.
Appendice IV. — Nohiltà repnhhlieana, medioevale e
papale » 324 sgg.
Ajtpt iidice V. — I dodici Romani fatti dichiarare pvb-
blici nemici da Siila nel 88 a. C » 340 sgg.
Appendice Y\. — A proponilo di prenomi e di cognomi.
Intorno ai «onsules snffecti » 347 ^gg.
Aggiunta » 352
lndic«i I. — Serie delle genti coniolari nel loro x?K*t.f'.«-
sini apparire e nel loro sviluppo » 355 ^gg-
Itidi<-e n. — Elenco alfabetico dei dictatoies, niagistri
e<initnni, decemviri legibns scrihnndiH, consule-s,
ti illuni iiiililiini l'oiisiilai i [xttcsfate, censores . . » 371 sgg.
Contenuto del presente volume IX
Indice III. — Elenco dei cognomina, lìelle genti conso-
lari, flittatorie, censorie p. 385 sgg.
Indice IV. — Serie delle genti pntricie durante la re-
pubblica » 394 sgg.
Osservazioni sulV Indice IV, a proposito dei Fasti patricii » 414 sgg.
Indice V. — Elenco di passi di Livio in età si accenna
a varietà di trudi::ioni ris\ìetio a nomi di consoli
e dittatori » 431 sgg.
Osservasioni sulV Indice V » 440 sgg.
INTRODUZIONE
.... incisa notis marmora publicis
per quae spiritua et vita redit honis
post mortevi ducìbus.
HouAT. mrm. IV 8, 13 sq.
I.
Gli studiosi clie esaminano il valore dei Fasti della
repubblica romana si soffermano in generale a discu-
tere divergenze offerte dalle singole fonti rispetto a
prenomi, cognomi, ad ordinamenti cronologici; e in base
ad indicazioni degli antichi, tentano anche ristabilire
liste genealogiche. Ma una trattazione esauriente del
tema oltrepassa codesti confini ; essa include anche
l'indagine sul valore e sulla veridicità dei fatti con
cui il nome di magistrati eponimi è congiunto.
Quali siano le risultanze che sgorgano dal con-
fronto dei dati dei Fasti con quelli della rimanente
tradizione letteraria, vedremo in uno dei successivi
volumi di queste Ricerche, ove tutto il materiale sarà
discusso in ordine cronologico. Nel presente, mi limito
a porgere considerazioni di indole più generale, sia
rispetto air attendibilità, sia alla importanza storica che
dai Fasti deriva.
>^jY Introduzione
Le opinioni da me anteriormente esposte sull' atten-
dibilità dei Fasti per l'età più vetusta ebbero varia
fortuna. Combattute da più di un eritico, trovarono pure
fautori, elle dalle mie premesse ricavarono ulteriori illa-
zioni/ Riprendendo dopo vari anni la soluzione dei me-
desimi problemi, non mi sono lasciato preoccupare da
approvazioni o da contrasti, ma giovandomi con più
matura riflessione della maggior esperienza man mano
acquistata, se talora ho tenuto fermo a qualcuna delle
opinioni anteriormente manifestate, in altri casi ho aper-
tamente rifiutati argomenti che avevo già posto a base
dì mie conclusioni.
Accingendomi ad esporre il risultato delle mie ricer-
che non mi sento attratto a discutere opinioni con-
trarie, dacché, se reputo necessario confutare errori di
fatto, quando in essi siano incorsi scrittori di ricono-
sciuto valore, non giudico conveniente combattere con-
vinzioni altrui, ove siano frutto di principii e di ap-
prezzamenti diversi.^
' V. ad 08. G. SiKOWART Roem. Fasten und Annaìeu in Klio 1906
eKtr., «'<1 ili Klio 1014 p. 257 sgfi.
E. I^AMiiKKT La qiiestion de V mithenticité des XTI Tablcs et left
iiniKilcs maxiines in Nuov. Bcvtte historique de dvoit. Mavs-Avril 1902.
Soi.TAU Die roem. Consulliste in Zeitschrift d. Oesterr. Gynm.
1H14 1». S(i."> i*li<r.
' l*ri <|iic8t« ragioni mi astengo dal discutere ad es. le vedute di
Introduzione XV
In tali casi, ove si tratti ad esempio di prestare fede
ai Fasti in omaggio al tradizionale rispetto per tutto
ciò che dairantichità ci è tramandato, mi sia lecito ri-
petere le parole di Tacito : ncque confirmare argumentis
neque refellere in animo est. ex ingenio suo quisque
demat vel addat fidem {Germ. 3).
II.
Se la Fortuna non ci avesse così aspramente con-
teso il testo degli storici che narravano ampiamente
le gesta della repubblica ; se scrittori notevoli, come
Catone, Polibio, lo stesso Livio, ci fossero giunti per
intero e non fossimo obbligati a considerare documenti
preziosi i tenui sunti di un Floro e di un Velleio, di
un Orosio e persino di un Zonara, i dati forniti dai
Fasti avrebbero, per se soli, valore assai meschino e
trascurabile. Da opere storiche estese avremmo modo
di ricavare quale fu l'origine e l'efficacia sociale e
politica delle genti patricie e delle stirpi plebee che
ressero i destini di Roma.
G. Costa I Fasti consolari romani (Milano 1910), opera estesa, di cui
è uscito sin ora il primo volume, e che potrà essere giudicata nel
suo complesso quando ne sarà pubblicata la seconda, contenente
appunto i Fasti.
XVI Introduzione
Ma poiché la maggior parte delle vicende romaiie
ci è nota per mezzo di poveri compendi, di magri
indici, del genere delle perioche liviane, e il nome
dei magistrati eponimi, in più di un caso, non è con-
giunto con la menzione delle gesta da essi compiute,
è ben naturale che l'elenco di essi costituisca per noi
una serie di esponenti suggestivi, che occorre illustrare
ed integrare.
L'integrazione non può tuttavia tentarsi ove non
si tenga conto del carattere delle antiche società, go-
vernate con vincoli gentilizi, di cui non tutti i mo-
derni riescono a farsi un' idea chiara, sebbene anche
oggi non manchino, nella stessa Italia, regioni in cui,
sotto apparenze diverse, genti e clientele hanno lasciate
traccie profonde, che il sociologo non stenta a ritrovare.
Intorno al sorgere delle gentes non v' è fra gli
studiosi opinione concorde. Tendenze sistematiche, con-
cezioni aprioristiche, hanno forse prevalso ; ma an-
che coloro che le combattono, anziché ricostruire sulla
base di serie di fatti accertati e convenientemente di-
scussi, si limitano spesso a mostrare il lato debole dei
sistemi altrui, senza recar solide prove di fatto a so-
stegno di teorie diverse.
Risps'tto ai fini dello studio presente è di secon-
daiia im])i)it;niza esaminare come e quando l'ordina-
Introduzione XVII
mento gentilizio abbia incominciato ad esercitare un'a-
zione politica, se abbia o no preceduto la formazione di
uno Stato vigoroso, se le gente s si siano formate come
organismo politico in seno ad esso o se contro di esso
abbiano invece esercitata per un certo tempo la loro
efficacia.
Comunque si possa decidere su tali questioni, è
certo che la vita politica delle gentes è tangibile per
tutti i periodi della Repubblica. Essa si è andata atte-
nuando con l'invigorirsi dei plebei (che non avevano
dapprima vera e propria gentilitas), degli homines novi
delle varie regioni italiche, infine degli elementi non
romani ed italici, che penetrarono man mano nella Città.
Essa si andò infine spegnendo con il pieno trionfo del
Principato.
Senza addentrarci in ricerche teoriche, che hanno
maggior interesse per il giurista e per il sociologo
che per lo storico, il quale, più che schemi astratti,
esamina nello spazio e nel tempo l'azione concreta di
fattori sicuramente attestati, rileviamo che non è dato
comprendere alcun periodo della vita repubblicana di
Roma se non si valuti la posizione dell'individuo di
fronte alla sua gens od alla stirpe.
E bensì vero che per l'affluire di tante energie
novelle, sia italiche sia provinciali, si accrebbe lo svi-
X \' 1 1 1 In troduzione
liippo (leir attività personale ; ma è altrettanto certo
che questa si svolse con la protezione della gente o
(Iella stirpe. Per un lungo periodo, le città italiche anzi-
ché comunità di singoli cittadini indipendenti, operanti
politicamente come forze individuali, furono agglome-
rati di collettività gentilizie e familiari, organizzate in
base alla occupazione di terre limitrofe. E formarono di-
stretti, che a seconda dei tempi, dei luoghi, si dissero
curie e tribù, in cui i vicini erano legati da vincoli
che davano origine dXX adfinitas e ad incroci di sangue.*
E quello che con maggior numero di elementi di fatto
è concesso ricostruire rispetto a Roma, è pur lecito ri-
conoscere per altre regioni italiche.
Sarebbe studio veramente proficuo raccogliere senza
tendenze aprioristiche tutti i dati relativi alle relazioni
gentilizie, di cui è rimasto traccia rispetto all'antica
Italia, e compararli con ciò che sappiamo intorno a vari
altri popoli dell'antichità e ad organismi analoghi di età
più recenti.^ Ma anche allo stato attuale delle cognizio-
' Paul. ep. Fest. p. 1 1 : ajjìnefi in afjris richiis. sire consangni-
nilote coniìtncti.
Su affini e vicini v. la mia Storki crìtica di Fomn l p. 736 sgg.
- Lavori pif paiatoi ii per questo genere di studi non mancano;
ini limito a ricordare, a solo titolo di esempio, quello, sia pure in-
vecchiato, ma sempre pregevole, del Kuhn Ucher die Enfstehung der
Staedte der Alien (Leipzig 1878).
Introduzione XIX
ui, è agevole riconoscere che, sia in centri popolosi come
Capua ed Arezzo, sia in plaghe cosparse da villaggi,
come la Sabina, parte del Sannio e la Valle Padana,
si riscontrano assai valide le traccie di quella organiz-
zazione politica delle gentes, che rimase vigorosa in
varie regioni di Europa sino all' Impero. Basti citare le
Baleai'i, la Pannonia, il Norico, la Grallia, l'Africa setten-
trionale.^ Né è fuor di luogo considerare che i gentiles
negli eserciti imperiali romani, di cui troviam ricordo
sino dai tempi di Adriano, attestano popoli combattenti
in origine in gruppi gentilicii.~
' Gli esempii sarebbero numerosi. Basti citare la gentiliias Zoe-
larum nelle Baleari e le altre analoghe CIL. II 26O65 2633: 5631;
5684; la yentiUtas Manliensium in Manlia nel Norico v. in CIL. Ili
4779; la gentilitas Argenta fra i Benacenses in CIL. V 4871.
Lungo sarebbe il mio discorso ove raccogliessi tutti i dati sulle
gentes che vivevano sj)arse nella campagna ancora in tarda età sto-
rica. Mi limito a rammentare il testo di Appiajs'O lìlyr. 22 relativo
ai Pannonii : xal oò KÒXeic, wxouv cf Ilai'ove; olòe, òOX àypcùs
7) xc&jxa? xaxà au'f^i'/e'.ci.^. oòSs sJ? pouXsuxrjpia xotvà auvf,6oav,
oìtS' àp')(0VTS? ccùxolc, tjoav etcI tcòcocv. ol 0' èv f^Aixicc {xà)(ifj?, e?g
Séxa [ji'jpiàSac auvexéXouv. àXX' oòS ouxoc ouvY,saav à'8'póot Se
àvap)(tav.
Circa le gentes ad Arezzo v. Liv. X 5; a Capua Liv. XXVI 34;
fra i Bruzzì Liv. XXVII 15: fra gli Hirpini Liv. XXIII 1; fra gli
Apuli Liv. XXVI 38.
' Drssau Inscr. Lai. u. iOOfi. Cfr. God. Theod. VII lo, 1; XI
HO, 62.
XX Introduzione
Con i rapporti deìl' individuo 'dWsigens od alla stirpe,
con hi dipendenza di altri analoghi organismi, discesi
allo stato di clientela verso una gente preponderante,
si spiega una serie infinita di fenomeni, che a primo
aspetto paiono inesplicabili.
Se, per lasciare da parte tempi piìi vetusti, noi scor-
giamo che dai Gracchi a Cesare, a Pompeio, ad Augu-
sto, nelle provincie si determinarono fenomeni di ade-
sione ad uno anziché ad un altro dei duci e capopar-
titi di Roma, senza che apparisse vivo quel senso
di coesione etnica, che assai più tardi favorì la for-
mazione di nazionalità, ciò dipese dalla esistenza di
gentes e di compagini minori preponderanti nello Stato
o che con lo Stato si identificavano. Ciò sta pure in
rapporto con l'efficacia delle clientele, che delle gentes
erano naturale dipendenza ed appendice.^
I magistrati curuli delle vecchie o delle nuove genti
elle si succedevano nel governo delle provincie, confer-
mavano, ovvero, a seconda del caso, innestavano rela-
zioni, che sempre più si intensificavano. Si creavano in-
finite serie di rapporti aventi vera e propria efficacia
' Esempi caratteristici v. iu Livio XL 49 rispetto ai Celtiberi
(a. 17U); in Cassio Dione XLIII i per i Mauritani all'età di Mario
e di Cesare.
Introduzione XXl
politica, destinata a favorire, od anche ad intralciare
in tempo di rivoluzioni, l'opera della res publica.
Solo chi tenga conto di tali collegamenti riesce
a comprendere come, nonostante una serie infinita di
o-uerre civili ed il rallentamento del governo nella
Città, vari duci romani, in concorrenza fra loro, sian(»
spesso riusciti a condur seco nei campi di battaglia
numerosi contingenti militari, che non agivano tanto
per virtù di date aspirazioni politiche o nazionali
quanto per effetto di rapporti d'indole gentilizia e di
pubblico patronato verso singoli capi.
Manca per questo lato una ricerca del tutto esau-
riente. Sarà opera del futuro storico di Roma rilevare
appieno sino a qual punto lo sviluppo delle vicende
della Repubblica sia collegato con l' efficacia delle sin-
gole genti e stirpi, che successivamente governarono
le regioni con cui lo Stato romano venne man mano
in rapporto. La trattazione per ogni lato compiuta
dell'argomento vasto e complesso, richiederà pure l'e-
same dell'estensione ed intensità delle singole genti e
famiglie, che dal suolo latino ed italico sì propaga-
rono nelle provincie, ove continuarono ad agire come
organismi politici sino a che il trionfo del Principato
distrusse quei legami di gentilità e di clientela che al
di fuori dell' interesse dello stesso Principato non ave-
vano ormai ragione di esistere e prosperare.
Pais Eicerche sulla storia e sul diritto pubblico di Koma II * «
XXII Introduzione
III.
Le vetuste genti patricie, che sole ressero le sorti
dellii Città dalla caduta della tDonarcliia alla metà
circa del secolo IV, erano validi organismi politici,
giuridici ed economici. Pari saldezza non potevano ma-
nifestare in complesso le stirpi plebee. Solo taluna
fra le più antiche, come gli Atilii, i Licinii, i Marcii,
gli lunii, i Fulvii, i Sempronii, i Caecilii, si rivelarono
organismi robusti degni di reggere in parte il confronto.
I tempi erano ormai mutati, le forze collettive della
plebe, che finì per impersonarsi con la stessa attività
legislativa e riformatrice dello Stato, si sovrapposero a
quelle delle circa cinquanta genti patricie. E in seguito,
la stessa vigoria della più antica nobiltà plebea alleata
con il patriciato, cedette dì fronte alla comparsa di
nuovi elementi, che traevano sempre più le loro ori-
gini da regioni extra urbane.
Lo studio dei Fasti determina il significato ed il
valore dei dati generici forniti dalla tradizione lette-
raria intorno alle fasi principali delle lotte della plebe
contro i patres e poi degli homines novi municipali
contro la stessa plebe urbana.
Esso ci mostra il primo affermarsi della plebe verso
Introduzione XXIII
il 400 e ci insegna come gli clementi italici abbiano
finito per distruggere Io stesso patriciato verso il tempo
del hellum Marsicum.
I termini cronologici che ci è parso poter sicura-
mente ricavare dai Fasti e che abbiamo preso a base
delle divisioni adottate nello studio presente, vengono
confermati da quanto Plinio racconta intorno ai due
sacri alberi di mirto piantati davanti al tempio di Qui-
rino, dei quali uuo simboleggiava la vita del patriciato,
l'altro quello della plebe.
II mirto patrìcio, dice Plinio, prevalse lungo tempo,
mentre il plebeo fu squallido e secco ; ma esso co-
minciò alla sua volta ad ingiallire e l' autorità del
senato venne meno, dopo la guerra Marsica/
Le leggi lulia e Plautia-Papiria (90-89 a. C), le
quali posero fine nella sostanza alla guerra Sociale e
che accordarono a tutti i Latini ed Italici la cittadi-
nanza romana, segnarono pertanto la vera fine del pa-
' PiviN. n. h. XV 120 sq. : inter antiquissima namque delubra
habetur Quirini, hoc est ipsins Bomuli. in eo sacrae fuere myrti duae
ante aedem ipsam per longus tempvs, altera patricia appellata, altera
plebeia.
Patricia inuUis annis praevaluit exuherans ac laeta, quamdiu
senatus quoque Jloruit, illa ingens, plebeia retorrida ac squallida, quae
postquam evaluit flavescente patricia, a Marsico bello languida aucto-
ritas patrum facta est, ac paulatim in sterilitatem emarcuit maiestas.
XXIV Introduzione
triciato, che già dn molto tempo per ragioni di nozze
e di altri interessi si era più o meno amalgamato con
i plebei, i quali già dal 172 (in cui erano riusciti a
coprire ambedue i seggi consolari) erano ormai l'ele-
mento preponderante nello Stato.
I Fasti ci dimostrano per giunta che a partire dalle
leggi lulia e Plautia-Papiria si andò accentuando in
misura allarmante la conquista delle più alte magistra-
ture curuli da parte dell' elemento municipale. Ed in
codesto tempo si trasforma sempre più l'uso della pa-
rola nobìles e nobilitas per indicare il complesso delle
casate patricie e plebee ormai in possesso delle supreme
magistrature, strettamente collegate fra loro per opporsi
appunto alla penetrazione degli homìnes novi delle va-
rie regioni d'Italia, i quali, grazie alla pecunia avara-
mente raccolta dagli avi, riuscivano a prevalere sulle
famiglie del Lazio dal lato pecuniario ormai decadute.^
* Tao. anv. XI 23: an parum quod Veneti et Insubres curiavi
inruperint, nisi coetus alieni gena rum, velut capta sit civitas inferatur'/
quem ultra honorem residuis nobilium, aiit si qitis pauper e Latio
senator foret?
II concetto di nobilitas ia Cicerone implica, come tutti sanno,
le persone e casate olie conseguirono le alte magistrature curuli.
Perciò (v. ad es. prò Murena 8, 17) egli chiama vobiles e nobilissimi
tanto i patricii (come i Claudii e i Cornelii 2>^o Piando 51 ; in
Vatin. 32) quanto plebei (come Atilii Marcii prò Piando 12, 52).
La promiBcuità dell' uso di ^)a<>JcJHS e di nobilis risulta ancLe
Introduzione XXV
IV.
Lo stiirlio completo di tali fenomeni richiederebbe
l'esame della formazione di ogni singolo gruppo fami-
liare staccatosi da gentes e stirpi, anzi della prove-
nienza ed attività di ciascun individuo che riuscì man
mano a sovrapporsi agli strati precedenti.
(lai passi ia cui Sallnstio parla del patricio Sergio Catilina, dicen-
dolo: 5, 1: nobili genere natns, e del catilinario Cornelius Lentnlus
designandolo : patricius ex gente cìarusiima Corneliorum.
La situazione di un homo novus municipale di fronte alla nohi-
litas, composta tanto di patricii che di plebei, è indicata assai chia-
ramente dal passo di Cicerone j^i'o Murena 8, 17 ove discorrendo
di sé stesso dopo aver detto : qiKimqumn ego iam putabam, iudices,
multis l'iris fortihus ne ignobilitas generis obiceretur, meo labore esse
perfectuni, qui non modo Oitriis, Catonibus, Pompeiis, antiquis illis^
fortissimis viris, novis hominibus, sed his recentibus, Mariis et Didiis
et Caeliis, commemorandis iacebant, cum vero ego tanto intervallo
claustra ista nobilifatis refregissem, ì(t adiius ad consulatum posthae,
sicut apud maiores nostros fuit, non magis nobilitati quam virtuti
paterct) non arbitrabar, cum ex familia vetere et inlustri consul desi-
gnatus ab equitis Romani filio eonsule defenderetur, de generis novitate
acciisatores esse dicturos.
Gli esempi qui sopra citati a favore di Licinio Murena, di origine
Lanuvino, sono tolti da municipali. A parte infatti Curio che era
probabilmente Sabino (v. s. p. 142), Tusculano era Catone, probabil-
mente Piceno Q. Pompeio, uomo oscurissimo fondatore della stirpe
(Cic. Verr. Y 181), Mario era di Arpino, Didio di origine non urbana
(v. s. p. 167). Parrebbe pertanto naturale pensare che fosse munici-
pale anche Coelius Caldus qui pur ricordato da Cicerone tv. s. p. 167).
XXVI Introduzione
Ma ciò, se ben si considera, equivarrebbe all'esporre
la stessa storia di Roma ed eccederebbe di gran lunga
il fine che qui ci siamo proposti. Per giunta, le notizie
particolari relative al soggetto sono oltremodo scarse
essendo fra l'altro perita la maggior parte del materiale
storico relativo ai periodi che dal 291 vanno al 218 e
dal 167 giungono all'età sillana, in cui taluni dei feno-
meni sopra notati ebbero preparazione e svolgimento
notevole.
Sebbene per molti casi non ci sia dato stabilire come
da un unico cespite si siano andate staccando varie
familie, ne si conoscano le singole circostanze che fa-
vorirono la formazione di quelle stirpi plebee che con le
f/entes patricie mantennero legami religiosi e civili, ab-
biamo modo nel complesso di constatare la comunanza
originaria, delle famiglie appartenenti a genti patricie.^
Non siamo invece in o-rado di aifermare lo stesso
' Non sappiamo infatti, caso per caso, quando una stirpe plebea
faccia capo ad un liberto, i cui discendenti si sciolsero poi dai lega-
mi di clientela in seguito alle conseguite cariche curuli, e quando
invece ciò sia avvenuto per effetto di xxna transiiio ad plebem.
Il primo caso si verificò rispetto ai Claudii Marcelli di fronte
ai Claudii patricii (Cic. de orai. I 39, 176) ; il secondo, grazie alle
scritture di Cicerone, lo conosciamo assai bene rispetto a Clodio. Lo
conosciamo pure per Dolabella genero di Cicerone; lo supponiamo per
Sulpicio Rufo, per Cetbegus il noto nemico poi protettore di Lucullo
Introduzione XXVII
per varie delle stirpi plebee, che, talora, di già dagli au-
tichi, vennero per analogia designate anche esse col
nome di geritesi
Non è escluso che qualche volta, ad es. a proposito
di Apuleii, di Atilii, di Licinii, di Aelii," un sol nome
comprenda rami di differente provenienza; mentre d'al-
tro canto, ad es. rispetto ai Licinii, abbiamo la prova
che, nonostante diversità di cognomi e di provenienza,
alcuni rami riconoscevano comunanza di stirpe.^
Per questo lato, non ho creduto di fare eccessive
discriminazioni. Si tratta di casi non troppo numerosi;
eppoi mio proposito qui è notare il movimento sociale
(v. in queste Eicerche p. 340). Non sappiamo però quante altre
volte e per quali circostanze ciò si sia avverato.
Esempio delle oscurità di questo genere porge la doppia serie
dei Servilii Gemini patricii e plebei; e difficoltà analoghe presen-
tano pure rapporti fra le stesse genti patricie. Così non vediamo
bene come sia avvenuta la differenziazione fra i Sergii Fidenates
ed i Servilii pure Fidenates, i Quinctii ed i Quinctilii.
* Esempio di rigida distinzione fra gens patricia e stips plebea
V. ad es. in Cic. de orai. 1 39, 176. Ma gens per indicare plebei v.
ad es. in Cic. Verr. 1 45, 115.
' Così mentre per gli Aelii Tuberones si potrebbe sospettare
origine etrusca Val. Max. IV 4, 8 cfr. s. p. 135 n. Ij Plut. Paul.
Aem. 5, per gli Aelii Lamiae parrebbe naturale pensare alla pro-
venienza da Formiae, Horat. carni. Ili 17. Nulla dimostra però
con certezza che i due rami non discendessero da un unico stipite.
* V. qui oltre p. 377 n. 2.
XXVIII Introduzione
delle classi più umili, che fecero man mano pressione
sugli elementi anteriori, non già procedere ad una spe-
cificazione individuale di persone clie avrei più minuta-
mente esaminate, ove, anziché uno studio generale sui
Fasti, avessi avuto in animo di pubblicare i Fasti veri e
propri. Solo con la pubblicazione e discussione di tutto il
materiale dei Fasti è infatti possibile individualizzare
ogni singolo magistrato, studiarne le origini, le discen-
denze, i prenomi ed i cognomi ; qui mi sono invece atte-
nuto al principio di esaminare fenomeni complessivi/
V.
Per dir vero, io m'era proposto di aggiungere al
presente volume un indice speciale in cui fosse esposta
* Poiché qui io pubblico osservazioni sui Fasti, non già un' e-
dizione dei Fasti, non riproduco le forme arcaiche registrate ad es.
nei Fasti Capitolini, come ad es. Aimilius per Aemilius, Allius Paitus
per Aelius Paetiis, Mainus invece di Maeniiis ovvero Aquilli e Po-
pillii per Aquila e Popilii.
Per questo lato non ho avuto norme fìsse. Ho scritto indiffe-
rentemente ad es. Inlhts e lulus.
Al lettore non sfuggirà poi che qualche forma (come ad es.
Flammea per Fiamma (p. 151) Sillani parlandosi di lunii Silani (p.
230) e Maeiienintt per Menenius (p. 113). Cio. prò Sextio in luogo di
prò Sestio (p. 242 ed altrove) non è diversità di grafìa ma grossolano
errore di stampa sfuggitomi. Per questi ed altri chiedo scusa.
Introduzione XXIX
in ordine cronologico la serie individuale di tutti i ma-
gistrati eponimi della Repubblica. Tanto più che, ove
non si ricorra allo svariato materiale, nemmeno esso
ormai completo, pubblicato nel primo volume del Corpus
Inscriptionum Latinarum, ovvero alle vecchie raccolte
del genere del Fischer, ormai antiquate, manca un libro
in cui sia agevole consultare tutte quante le indica-
zioni relative ai Fasti. Senonchè, dopo aver redatto
tale indice, ho constatato che la pubblicazione di esso
richiedeva numero di pagine di poco inferiore a quello
del testo di questo volume.
La serie cronologica dei dittatori, dei maestri dei
cavalieri, dei tribuni militari investiti della podestà con-
solare, dei censori e dei trionfatori, anche trascurando
differenze minori, non ha significato scientifico ove non
si discutano le molte e notevoli varietà di prenomi,
di nomi, di cognomi e di date, ove non si accenni, sia
pur succintamente, alle molteplici questioni che con i
Fasti sono connesse.
In breve, a lavoro compiuto, mi trovai aver pre-
parato buona parte di quella redazione dei Fasti
che molti anni or sono promisi e che, unita ad altri
lavori cronologici, che ho da molto preparati, sarà
pubblicata in uno dei successivi volumi di queste Ri-
cerche. In esso, alla serie cronologica dei magistrati.
XXX Introduzione
farò seguire quelle dissertazioni particolari per cui i
Fasti, da nuda enumerazione di semplici nomi privi
per se soli di grande valore, si trasformano in docu-
mento di alta importanza storica/
Uu edizione dei Fasti da questo punto di vista non
esiste ancora.
Nella raccolta del materiale egregiamente pubblicato
dagli Editori del Corpus Inscriptionum Latinarum non
v'è ad esempio l'illustrazione dei Fasti dittatorii e cen-
sorii, che pur vanno coordinati con quelli dei consoli e
tribuni militari consulari potestate; e per le parti non
distese dalla mano maestra del Mommsen manca poi la
visione del valore storico dei testi. Sicché, in fondo,
vi si porge la restituzione di documenti talora tardivi,
che a torto taluni studiosi di storia e di filologia
prendono da secoli come base unica ed indiscutibile
per identificazione di fatti storici o per restituzione
di testi letterari.
Nessun dubbio che in molti casi i Fasti Capitolini
contengano dati degnissimi di fede ; ma non è meii vero
che riferiscono talora notizie sospette od anche erronee.
A semplice titolo di esempio sia lecito citare il caso
' A raccolte di Fasti, come semplici indicazioni di nomi, accenna
anche ad es. Ciceroxe ad fam. V 12, 5: etenim ardo ipse annalium
mcdiocriter nos retinet quasi enumeratione Fastorum.
Introduzione XXXI
di vari consolati e tribunati dei Lucii Fiirii Medullini
(dal 413 al 391).
Taluni fra gli editori del Corpus, che pur proce-
dono con criteri conservativi e tutt' altro che audaci,
di fronte a divergenze fra Livio ed i Fasti Capitolini,
credono trovar rimedio proponendo correzioni di pre-
nomi. Altri, che da codeste divergenze traggono, non
so come argomento a far dichiarazione di fede nei
Fasti, non trovano altra via di salvezza se non con l'am-
mettere falsificazioni ed aggiunte di tribunati militari.*
Un altro esempio della cautela con cui tali docu-
menti vanno considerati è fornito dal prenome dei Fabii
consoli nel 421, 407, 406.
.In Livio IV 43; 57; 58 si legge Cn.; nei Fasti
Capitolini è invece inciso Niiimerius)] ma da un passo
di Festo, come già feci notare molti anni or sono, si ri-
cava che solo più tardi i Fabii assunsero tale prenome.^
1 V. GIL. V p. 31, 334 u. e. Cfr. Fr. Muexzer in PW. BE.
VII col. 354 sgg. n. 65. Cito il Muenzer perchè, anche quando da
lui dissento, ne riconosco la dottrina e l'accuratezza.
* Il prenome N'(u'meriu8) come apprendiamo da Festo p. 172 M.
s. V., cominciò ad essere usato dai Fabii dopo che uno di essi sposò
la figlia di un Otacilio di Maleventum (più tardi Benerentum) e
questo Fabio, dice Festo, fu quello che sopravvisse alla strage dei
suoi alla battaglia del Cremerà (a. 477).
Pur riconoscendosi il valore della mia obiezzione, si è cercato di
salvare 1' antico redattore dei Fasti Capitolini supponendo che esso
XXXIT Introduzione
Or bone, dal Sig-oiiio in qua, anche dai più recenti edi-
tori di Livio si sostituisce N. a Cn. e si viene con ciò
si sia valso della sigla A' per iudicare tauto il prenome N{umerius)
quanto (luello di C(naeus). E si è citato il testo dell' Auctor de
praenominibus ove si legge p. 486 Halm : unum jyrnenomen carie
scri2)(nra notatur. alii eiiim Naenm, alii Giiaeum, alii Cnaeiim scribunt.
L'osservazione è ingegnosa; ma non ha alcun valore.
Il redattore dei Fasti Capitolini, come tutti sanno, nsa talora
forme arcaiche; scrive ad es. Allins Paitus ed Aimilins per Aeliius
Paetns ed Aemilins. Ora la forma iVper Cn o Gn, come è ben noto,
(e lo stesso Auctor de praen. poco dopo 1' osserva) era di origine
più recente. Essendovi poi il caso che con la sigla N rispetto ai
Fabii si volesse significare tanto il prenome lor proprio I[{umeriìis)
quanto quello Cn(aetts) comune ad altre genti, non è a priori am-
missibile che il redattore dei Fasti Capitolini avrebbe usata la forma
più arcaica Cn ove avesse veramente voluto indicare un Cn(aeusi?
Se d'altra parte egli avesse avuto il costume di adottare la
«igla N per Cnaens, non dovremmo attendercela in qualcuno negli
altri casi in cui, rispetto a varie genti, ricorda gli Gnaei? Come mai
in tutti codesti casi usa costantemente la sigla Cn. e mai N, ad es.
per i Cornelii, i Domitii, i Genucii, i Manlii, gli Octavii?
Che vi è poi di strano che il redattore dei Fasti Capitolini
abbia accettata la tradizione che assegnava il prenome N{timeriu8)
ai consoli del 421, 407, 406, tiuando da Festo 1. e ricaviamo che,
si ammetteva tale cognome fosse realmente in uso sino dal 477?
Le relazioni amichevoli con i Sanniti hanno principio solo con la
metà del sec. IV (Liv. VII 19 ad a. 354; cfr. IV 52 ad a. 412 s ma
nulla di strano, che i Fasti Capitolini anticipino per i Fabii dal prin-
<;ipio del V sec. l'uso del prenome A^Hinen'jfs dal momento ehe a Fabins
Jktdlianus (ad es. ad a. 310, 308, 301) danno il cognome di Maximus.
Ora ci è espressamente attestato (Polyb. Ili 86, 6) che il primo
dei Fabii a conseguire tal cognome fu Fabius Cunctator, il celebre
avversario di Annibale.
Introduzione XXXIIl
a tramandare fatto non vero, contrario alla cronologia.*
Quando per Livio e per gli altri storici avremo edi-
zioni curate non da soli filologi ma anche da cultori
di storia?
VI.
Ricerclie originali di storia romana non sono, per
il momento, tra noi fiorenti.
La dipendenza politica verso lo straniero ha con-
tribuito per il passato a render più diffuse e popolari
le indagini per quell'età che si inizia con l'invasione
dei barbari. E r« Istituto Storico Italiano », che attende
con tanta cura a pubblicare i documenti dei periodi delle
dominazioni straniere, non ha ancor posto mano a qnelli
dell'età gloriosa in cui Roma e l'Italia non furono
rette, ma ressero invece i destini del mondo.
Eppure non v'è motivo di sconfortarsi! Anche dal
lato scientifico, si va sempre più affermando in Italia
quel risveglio, che si è di già manifestato nel campo
economico e politico. Ed è a sperare che il sentimento
della dignità nazionale, che in questi ultimi anni, si
* V. ad as. l'edizione teubneriana curata da Maurit. Muellek
(1906) ad l. cfr. p. XXXIX.
XXXIV Introduzione
è andato sempre più irrobustendo, favorisca lo studio
delle memorie romane, con cui si riannoda quanto vi
è di più nobile e grande nella tradizione della nostra
vetusta civiltà più volte millenaria.
Il volume presente non è che un assai modesto
contributo per il risveglio della scienza nazionale.
Primo a riconoscerne le imperfezioni, grato a chi vor-
rà indicarne le lacune e le inesattezze, oso tuttavia
esprimere la speranza che non riesca del tutto inutile
a coloro che coltivano fra noi studi di storia romana.
Esso, al pari dei volumi precedenti, è stato anzi disteso
con la speranza di eccitare qualche più giovane con-
cittadino a ripigliare la tradizione di ricerche che resero
già celebre in tutta Europa il nome dell' italiano Barto-
lomeo Borghesi e che, per desidia nostra, oggi fioriscono
invece presso altre nazioni.
Roma, Settembre 1916.
Ettore Pais.
Testi fondamentali sul valore delle memorie domestiche
RISPETTO AI Fasti.
«... nonnullae mortuornm laudationes forte delectant.
et, Hercules, liae quidem extant : ipsae enim familiae sua
quasi ornamenta ac monumenta servabant et ad usum, si
quis eiusdem generis occidisset, et ad memoriam laudum
domesticarum et ad inlustrandam nobilitatem suam. quam-
quam bis laudationibus bistoria rerum nostrarum est
facta mendosior. multa enim scripta sunt in eis,
quae facta non sunt, falsi triumpbi, plures consu-
latus, genera etiam falsa et ad plebem transitiones
cum bomines bumiliores in alienum eiusdem nomi-
nis infunderentur genus ».
Cic. Bvutus 16, 61 sqq.
« . . . . nec facile est aut rem rei aut auctorem auctori
praeferre. Vitiatam memoriam funebribus laudibus
reor falsisque imaginum titulis, dum familiae ad se
quaeque famam rerum gestarum bonorumque fal-
lenti mendacio trabunt. inde certe singulorum ge-
sta et publica monumenta rerum confusa; nec qui-
squam aequalis temporibus illis scriptor extat, quo satis
certo auctore stetur ».
Liv. Vili 40, 4 ad a. 322 a. C.
XXXVl Testi fondamentali ecc.
« creati consules L. Postumius Ti. Minucius. hos consu-
les Piso Q. Fabio et P. Decio sugge ri t, biennio exempto,
quo Claudium Volnmniumque et Cornelium cum Marcio
consules factos tradidimus. memoriane fugerit in anna-
libus digereudÌ8, an consulto binos consules, falsos
ratus, transcenderit, incertum est.
Liv. IX 44. 3 ad a. 305.
«... expressi cera vultus singulis disponebantur arma-
riis, ut essent imagines quae comitarentur gentilicia funera.
semperque defuncto aliquo totus aderat familiae eius qui
umquam fuerat populus. stemmata vero lineis discurrebant
ad imagines pietas, tabulina codicibus implebantur et mo-
nimentis rerum in magistratu gestarum. aliae foris et circa
limina animorum ingentiam imagines erant adfixis hostium
spoliis quae nec emptori refigere liceret; triumphabantque
etiam dominis mutatis ipsae domus. erat haec stimulatio
ingens exprobantibus tectis cotidie inbellem dominum in-
trare in alienum triumphum.
« extat Messalae oratoris indigna tio quae prohibuit inseri
genti suae Laevinorum alienam imaginem. similis causa Mes-
salae seni expressit volumina illa quae de familiis condidit,
cum ScipionisPomponiani transisset atrium vidissetque adop-
tione testamentaria Sai vittonis — hoc enim fuerat cognomen
Africanorum dedecori — inrepentes Scipionum nomini.
« sed pace Messalarum- dixisse liceat, etiam mentiri cla-
rorum imagines crat aliquis virtutum amor, multoque hone-
stius quam mereri ne quis suas expeteret » .
Plin. n. h. XXXV 2, 6 sq.
I.
INTORNO ALLA FORMAZIONE
ED AL VALORE STORICO
DEI
FASTI DELLA REPUBBLICA ROMANA
Pais Hicerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
della Repubblica Romana.
I.
Valore dei Fasti come fonte storica — I Fasti cUttatort — Gli Acta
Triumphalia — I Fasti consolari — Confronti fra le liste di
Livio e quelle di Diodoro — I Fasti dei questori, dei tribuni della
plebe, dei sacerdoti.
I Fasti, ossia l'elenco dei magistrati annuali ed eponimi
della repubblica romana aventi il summum im'perhnn, con-
tenente anche l'elenco dei censori, sono generalmente con-
siderati come il nucleo sicuro intorno al quale vennero e
vanno aggruppati i fatti storici più salienti e sinceri.
Possedere codesta lista, codesto primo nucleo, equivar-
rebbe, secondo l'opinione comunemente accettata, ritrovare
e garantire le scarse ma autentiche notizie relative alla più
antica storia del popolo romano.^
' La migliore edizione è quella dell' Hexzex e dell' Huelsex in CIL.
I* p. 1 sgg.
Nuovi frammenti sono stati pubblicati dall' Hublsen nei Beitrcige zur
alien GeschìcMe II (1902) p. 248 e nelle Roevi. MitteUungen dell'Istituto Ger-
manico (1904) p. 117 sgg.; cfr. Mommsen neW Hermes XXXVIII (1903)
P. 116 sgg.
4 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
L'esame del complesso dei dati degli antichi, la compa-
razione circa l'origine dei fasti di altri popoli, mostrano come
codesta opinione, sebbene generalmente accettata, riposi talo-
ra su deboli basi. L'analisi delle liste dei dittatori e degli
altri magistrati curuli eppoi dei tribuni della plebe e cosi
di seguito, non conduce sempre a favorevoli risultati ri-
spetto alla loro attendibilità.
Non prendiamo qui in esame tutte le notizie relative
alle circa novanta dittature della repubblica, ma rileviamo
solo quelle che per dichiarazione esplicita degli antichi erano
dubbie o false.*
Orbene nelle narrazioni superstiti figurano come dittatori
personaggi che gli annalisti più vetusti non ricordavano o
rammentavano per anni diversi e non come magistrati dello
Stato. La data infatti del primo dittatore, era incerta (v. Liv.
n 18). I più antichi annalisti dicevano fosse stato T. Larcio,
altri M'. Valerio (501 a. C). T. Larcio ricompare quale con-
sole nel 498. Nel 506 a. C. e nel 490 figura come console
uno Sp. Larcio.
Cosi ad es. il dittatore nel 439 a. C. sarebbe stato L. Quin-
ctius Cincinnatus, maestro dei cavalieri Q. Servilius Ahala.
(Liv. IV 13). Però Ciucio Alimento (il più antico annalista
romano accanto a Fabio Pittore) e Calpurnio Pisene dice-
vano che erano stati semplici cittadini non magistrati (Dion.
Hai. XII 4). Per il 418 a. C. alcuni affermavano che il ma-
ghter equitum del dittatore Q. Servilius Priscus fosse stato
il figlio di costui, ma altri annalisti noti a Liv. IV 46, di-
cevano fosse stato Servilio Ahala.
Nel racconto della sollevazione del 342 a. C. si fa men-
' Cfr. V. Bandkl Die roem. DikUdureii (Breslau 1910).
Valore dei Fasti dei dittatori 5
zioiie di un dittatore M. Valerio Corvino. Altri annali noti
a Livio Vn 39, 42, non facevano però ricordo di questo
dittatore (cfr. App. Samn. 2).
Per il 320 i Fasti della Regia hanno come dittatore ma-
gister equitnm C. Maenius e M. Foslius, che ricompaiono in
tale qualità per il 314. Orbene Livio non li nomina per il
320 ma solo per il 314.'
Per il 321 Livio IX 7, ha per dittatore e maestro dei
cavalieri A. Fabius Ambustus e P. Allius Paetus, che i
Fasti della Regia non conoscono. Per il 302 si sapeva ch'era
stato creato dittatore un Maximus ; si discuteva però se fosse
un Yalerius od un Fabius, Liv. X 3. I Fasti della Regia
risolvevano tale difficoltà nominandoli tutti e due.
Così Varrone, d. l. L. VII 105 attribuisce al dittatore C.
Petelio l' aver abolite le fiere disposizioni del nexum per i
debiti. Questo dittatore è pur ricordato da Livio IX 28 ad
a. 313; ma la legge sul nexum, secondo lui, Vili 28, sarebbe
stata già abolita nel consolato di Petelio nel 326. Per giunta
Diodoro XIX 101, parlando delle gesta militari che Livio
attribuisce al dittatore Petelio, dice che furono compiute
dal dittatore Q. Fabio. E Livio stesso IX 28, 5 conosce
un' altra tradizione affatto diversa. Codeste gesta non erano
opera del dittatore bensì di C. lunio console nello stesso
anno 313.
Un ulteriore esame delle guerre sannitiche conduce a
mostrare sempre più il debole valore delle notizie delle dit-
tature di codesta età. Era ad es. incerto se le gesta del 320
fossero state compiute dal console L. Rapirlo Cursore ov-
' Cfr. però Liv. IX 34, 4 ad a. 310 ove dal tribuno della plebe P. Sem-
pronio fa dire: nuper intra decem annos C. Maenius dictator cet. Sul debole
valore di questi racconti v. la mia Storia di Roma (Torino 1899) I 2 p. 512 sgg.
6 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
vero dal dittatore L. Cornelio clie a magister equitum avrebbe
avuto lo stesso L. Papirio Cursore (Liv. IX 15, 9) ; ma un
ulteriore esame di tutti i racconti di codesta guerra di ri-
vincita mostra che non riposano su basi del tutto storiche.^
Il debole valore delle liste dei dittatori, anche per età
assai posteriori, risulta ad esempio da ciò che Livio XXX
26, 12, dice all' a. 203 a. C: comitìa eius anni utrum C. Ser-
vilitis consul habuerit, an, quia eiim in Etruria tenuerint quae-
stiones ex senatus consulto de coniurationibus principum ha-
bentem dìctator ab eo dictus P. Sulpicius incertum ut sit diversi
auctores faciunt.
Il dubbio valore di codesta lista è infine dimostrato dalla
seconda dittatura di Q. Fabio Massimo ricordata da Po-
libio ni 87; da Livio XXII 8 ad a. 217 a. C; dall'elogio di
questo personaggio, CIL. I- p. 193 n. 13, e, quel che più
conta, dai Fasti della Regia ad a. Tuttavia Livio XXII 31,
poco dopo si accorge di aver detto un errore e dichiara di
aver seguito Coelius ed altri annalisti, che avevano detto che
Fabio Massimo era stato il primo dittatore creato a populo
mentre il diritto di far ciò spettava al console Servii io.
Livio ricorre ad un espediente e dice che fu creato prò dieta-
tare; i Fasti della Regia affermano che fu dittatore non rei
gerundae caussa, come ci attenderemmo trattandosi di un
magistrato eletto per guerreggiare Annibale, bensì interregni
caussa. Il che, come è stato più volte osservato, è assurdo
poiché il console Bervilio era ancora vivo ed in carica.
Maggior autorità non hanno i dati relativi ai trionfi dei
general i romani incisi su quelle stesse pareti della Regia su
cui Augusto volle espresso il nome dei consoli e dei ditta-
' Einiaudo alla mia Storia di Roma I 2 p. 508.
Gli Acta Triumphalia 7
tori dacché essi provano che, nella redazione a noi perve-
nuta, si è tenuto conto dei dati dell'annalistica più recente
anziché della della più vetusta.^
Ciò risulta con certezza dalla dichiarazione di Livio HE
23, 7, ove si dice che i vetustiores scriptores non sapevano
niente delle gesta del console L. Cornelio nel 459 a. C. che
secondo gli Acta Triumphalia trionfò invece in quell' anno
sni Volsci. Così ricordano il trionfo di M. Furio Camillo
sui Galli nel 390 e nel 367, che sono falsi stando alle indi-
cazioni note a Polibio II 18, ed a Diodoro XIV 106. Per il 324
a. C. ricordano un trionfo del dittatore L. Papirio; ma
stando a Livio Vm 30, non erano esistite le vittorie attri-
buite a questo dittatore.
Per il 322 a. C. gli Acta e Livio Vili 39 16 conoscono
i trionfi dei consoli L. Fulvio e Q. Fabio sui Sanniti
(cfr. Plin. n. li. VII 136) ; ma secondo altri annali noti a
Livio 15, invece dei consoli trionfò il dittatore A. Corne-
lius Cossus.
Cosi due versioni opposte si riferivano circa i magistrati
che trionfarono nel 319, v. Liv. IX 16. 9; 16, 11 cfr. con Acta
Triumph. ad a. Livio non conosce il trionfo di C. Sulpicio
sui Sanniti nel 314 a. C, quello di M. Valerio per il 312
e quello dei consoli del 311 a. C.
Allo stesso modo Livio X 6, 13, dopo aver riferita una
versione nota anche agli Atti Trionfali, relativa al trionfo
del dittatore M. Valerio del 302 a. C. sugli Etruschi e sui
Marsi, aggiunge: haheo auctores sine ullo memoràbili proelio
pacatam ab dictatore Etruriam esse seditionibus tantum Ar-
' Una buona edizione degli Atti Trionfali (oltre quella del CIL.) Tedi
in SCHOEN Das capitolin. Verzeichnis d. roem. Triumphe ("Wien 1893).
8 Intorno alla formazione ed al valore storico del Fasti
retinorum compositis et Cilnio genere cum plebe in gratiam
reducto.
Che gli Ada Triumphalia fondessero insieme fonti an-
tiche con recenti, risulta all'evidenza dal confronto di ciò
che essi dicono rispetto al trionfo del console L. Postumio
Megello nel 294 contro i Sanniti con le versioni di Fabio
Pittore e di Claudio Quadrigario note a Livio X 37, 14 sq.
Le notizie accolte dagli Atti Trionfali derivano spesso
da quelle medesime fonti da cui fluirono tante menzogne in-
torno al numero delle città prese e dei nemici uccisi. Ai cul-
tori delle cose romane non è del resto ignoto quanto de-
bole sia il valore di questi ultimi documenti.
*
* *
Agli Atti dei Trionfi si sogliono oggi contrapporre, senza
che alcuna ragione giustifichi tale processo critico, l'elenco
dei consoli e dei tribuni militum consulari potestate. Quest'ul-
timo noi possediamo nelle esposizioni di antichi scrittori,
come Diodoro, Livio, Dionisio, ed in quelle liste monumentali
conservate nel Campidoglio (perciò note volgarmente con
il nome di Fasti Capitolini), che nell'età di Augusto furono
incise sulle pareti della Regia nel Fóro Romano unitamente
all'elenco dei dittatori ed agli Atti Trionfali teste ricordati.^
È stato più volte fatto valere che nelle liste consolari che
dal 609 a. C. vanno al 444 a. C, ossia sino alla creazione dei
tribuìii militum consulari potestate, figurano nomi di magi-
strati appartenenti a famiglie patricie antichissime, che uon
compaiono più nel corso della storia romana. Noi vi tro-
viamo i Larcì, gli Herminì, i Cominì, i Menenì, i Tulli, gli
' SuU'etìi (Iella redazione dei Fasti della Regia v. qui oltre p. 46 n. 1.
Yaloì'e dei Fasti consolari antichissimi 9
Aebutì, i Cloelì Siculi, i Cassi Viscellini, i Greganì Mace-
rini, i Minucì Augurini, gli Aquilì Tusci e Sabini, i Siccì
o Sicinì Sabini, i Nauti, i Romulì, i Tarpei, gli Aterni.
Si osserva che se i Fasti della Regia fossero stati com-
pilati in età recente e rappresentassero la falsificazione delle
genti cbe contribuirono alla formazione dell'annalistica, noi
troveremmo glorificate altre genti anziché quelle sopra ri-
cordate. Par quindi naturale pensare, che la posteriore an-
nalistica abbia trovate di già formate liste assai antiche, che
essa si vide obbligata rispettare.
Questo argomento ha certo un grande valore. Contro di
esso io feci già a torto valere per il passato, che Sp. Larcius
e T. Herminius, che figurano quali consoli nel 506, sono gli
stessi personaggi claros genere factisque^ che avrebbero aiu-
tato Orazio Coclite a difendere il ponte Sublicio contro gli
Etruschi. >
Io feci già notare che codesti due personaggi rivelano
nome etrusco, ciò che sorprende nel momento in cui si parla
appunto di una guerra nazionale contro questa gente.''^ Ma
questa argomentazione non ha grande valore di fronte al
fatto che già da secoli genti etrusche erano elementi costi-
tutivi dello Stato romano.
Maggior peso sembra avere la circostanza, da me pur
fatta rilevare per il passato, che i cognomi di Cameriniis,
Viscellinus^ Aurtmcus, Siculus, Tiiscus, Medullinus, Sahinus,
che avevano i Sulpicì, i Cassi, i Comini, i Cloelì, gli Aquilì,
i Furi, i Sicinì, non indicano affatto trionfi romani sulle
genti straniere di cui con essi si fa ricordo.
' Liv. II 10, 6 ; cfr. Serv. ad Aen. XI 642.
' Sul carattere etrusco dei nomi Larcius ed Hermiulus v. anche
SCHULZE Zur Geschlchte laieìnischer Eigennamen nelle Ahhandlungen d. K.
Gesellschaft d. Wissemcliaflen zìi Goltlngen V (^1904) p. 83, 107,
10 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
È appena necessario rammentare clie il costume di rica-
vare il cognome dalle città vinte, stando agli Ada Trium-
pJialia, compare solo nel 329 a. C. (cfr. Mommsen Roem.
Foi'.sch. n p. 295). Stando anzi a Livio XXX 45, Scipione
Africano: primiis certe Me imperator nomine victae ah se
gentis est nohilitatus. Ove ciò sia esatto, i cognomi di Aemi-
lius Privernas ad a. 336 a. C. e di Valerius Messalla ad a.
263 a. C, che figurano nei Fasti della Regia e negli Ada
Triiimphalia, sarebbero derivati da posteriori indicazioni
fornite dalle memorie domestiche.
Tali cognomi ci farebbero invece comprendere che al-
cune di codeste famiglie erano originarie non solo dalle città
vicine del Lazio ma anche dalle regioni etnische e volsche
estranee al territorio del più antico Stato romano.
Ma anche questo argomento non ha valore di sorta ed
oggi lo rifiuto senza alcuna esitazione.
Stando a ben note tradizioni, le minores gentes furono
accolte nel Senato al tempo dei re od al principio della
repubblica. Con tali versioni si può spiegare la presenza di
codesti cognomi. Per giunta secondo un'antica tradizione,
lo Stato romano permise di buon' ora a genti di fresca ori-
gine straniera, come gli Appi Claudi, di partecipare alla
cittadinanza ed al Senato. Né toglie peso a quest' argomen-
tazione la possibilità che nel racconto della benevola acco-
glienza fatta ad Appio Claudio si nasconda, come abbiamo
sopra fatto valere, il racconto di una conquista di Eoma per
opera dell'elemento sabino.^
Di tutti questi cognomi può darsi spiegazione plausi-
bile. Cameria, Viscellium, Medullia accennano a regioni del
Lazio incorporate sino dall'età regia o dal principio della
' V. 8. in queste Ricerche Parte I p. 349 sgg.
Valore dei Fasti consolari antichissimi 11
repubblica. I Siculi erano uno dei più antichi elementi etnici
del Lazio. ^ Tuscus poteva esser detto un cittadino clie
abitasse nella regione al di là del Tevere di proprietà dei
Romani, dove era la ripa Veientana, così come gli abitatori
del vicas Tuscus erano detti Tuscivicani. In fondo gli Aquilì
ed i Sicinì potevano chiamarsi Tusci cosi come i Quinctì
erano detti Capitolini, i Vergini Caelimontani. Spiegazione
analoga può darsi per il cognome di Auruncus dei Cominì.
Genti ausoniche occuparono in origine il Lazio. Pedum ad
esempio passava per una città di Ausoni od Aurunci.^
Che genti di origine non latina e particolarmente au-
sonica siano state ammesse agli onori nello Stato romano è
dimostrato da quel M. Coranus ex patricia gente ricordato
da Plinio n. h. XI 244 che è sfuggito per quel che vedo ai
moderni. Il gentilicio Coranus (cfr. Norbamis) deriva da
Cora, città che, sebbene si dica da età antichissima e pres-
soché mitica appartenente alla lega Latina (Dion. Hai. Ili 34),
nel fatto si trovava in zona schiettamente aurunca, più tardi
volsca e che negli annali antichissimi è messa in rapporto
con gli Aurunci (Liv. Il 16, 8 a. 503).^
A parte ciò, i cognomi sopra indicati mancavano certo
nelle più antiche liste dei Fasti. Essi vennero aggiunti poste-
riormente dagli annalisti ; ne ci è dato accertare in tutti i
casi, con tutta sicurezza, come vennero ristabiliti.
È vero che i Minucì Augurini ed i Menenì Lanati ap-
partenevano a famiglie plebee, le quali si fìngevano patricie
' V. la mia Storia critica di Roma I p. 211 sgg.
' Arist. apud Dion. Hal. I 72 Steph. Byz. s. t. IlsSa. Cfr. le mie
Ricerche storielle e geografiche p. 1-28.
' Codesto M. Corauiis è sfuggito tanto al Mommsbn Rom. Forsch. I
p. 107 sgg. ove ha fatto l'elenco delle genti patricie quanto allo Stein che
in Pauly-Wissowa RE. IV col. 1218 ricorda invece altre persone con que-
sto gentilicio.
12 IntoritO alla formazione ed al valore storico dei Fasti
per mezzo di antenati, che figurano in quella parte dei Fasti,
che maggiormente attira i nostri dubbi (Liv. II 32 IV 16).
I Tarpeì, gli Aterni al pari dei Cassi Viscellini sono presen-
tati ora come magistrati plebei ed ora come patrici.^
Parrebbe lecito il sospetto che genti patricie di tal nome
siano state del tutto inventate. Ma anche questo argomento
cade di fronte ad una spiegazione più semplice. A Roma, co-
me dovunque, genti plebee si crearono o si fecero creare
antentati posticci da compiacenti genealogisti. Essi non in-
ventarono di sana pianta antichissime genti patricie ; ma le
genti plebee, che a partire dal IV secolo avevano raggiunto
grande potenza, interpolarono i Fasti e si fìnsero discendenti
da patricie omonime che in questo frattempo erano scomparse.
In tal modo è concesso raggiungere una spiegazione plausi-
bile della tradizione ove parla della discendenza dei plebei
lunì. Cassi, Minucì, Marcì, Menenì da vecchie stirpi patrizie.
Questo fenomeno comune a Roma ed alla storia genea-
logica di tutti i popoli, è durato del resto sino alla più tarda
età. Se ci fossero giunte più abbondanti notizie del genere,
constateremo che non era isolato il caso di quei Valeri plebei
che avevano inserite le loro immagini in quelle dei più ce-
lebri patrici di tal nome determinando le proteste di Valerio
Messalla, che da ciò sarebbe stato indotto a scrivere un libro
sulle famiglie romane. Il fenomeno era a quanto pare diffuso ;
e lo scrittore che ha raccontato questo particolare trovava
modo di scusarlo.^
Non vi sono pertanto argomenti decisivi che ci impon-
gano di escludere come falsi i nomi di queste genti anti-
' Su Sp. Cassio presentato come tribuno della plebe v. Val. Max. VI
3, 2. Su Ateruio e Tarpeio consolnri patrici cooptati come tribuni della plebe
Llv. Ili 65 ad a. 448.
• Plin. n.h. XXXV 8 cfr. VII 54.
Valore dei Fasti consolari antichissimi 13
chissime. Queste offrirono invece, senza alcun dubbio, materia
alle posteriori falsificazioni plebee. Eccone qualche esempio.
Sp. Cassio è console patricio ovvero tribuno della plebe,
V. ad es. Liv. II 17; cfr. Val. Max. VI 3, 2.
Menenius Agrippa pacificatore della plebe, patricio ma
plebeo di origine (quod inde oriundus erat, plebi carum
Liv. II 32, 8), ricompare sotto forma di trihunus plebis nel
410 a. C: Liv. IV 53. Che ci fosse però una geìis patricia Me-
nenia prova, come è noto, la tribù rustica di tal nome.
Sulla falsa transitìo ad plehem e sulla falsa cooptatio di
L. Minucius Augurinus nel 449 a. C. v. Liv. IV 16.
Cosi lunius Brutus, primo console patricio, figura di nuovo
come lunius Bellutus, quel tribuno della plebe suo contem-
poraneo, che l'avrebbe in tutto imitato anzi scimiottato:
Dion. Hai. VI 70.
Meno sicuro è che vi sia stata confusione di questo ge-
nere rispetto ai Sicinì. Può tuttavia darsi che T. Sicinius
o Siccius Sabinus, l'unico console di questa gens patricia
(Liv. II 40 Dion. Hai. VIII 67 ad a. 487) sia da mettere a fianco
ai plebei Siccì o Sicinì, che compaiono come tribuni della
plebe nel 494, 492, 491, 470, 454, di cui l'ultimo muore com-
battendo fra i Sabini Liv. Ili 43 a. 449.
Ma lasciamo pure da parte quest' ultimo esempio ed os-
serviamo che mentre abbiamo modo di constatare per quale
via i Marci, più tardi i Calpurnì^ i Minucì, i Cassi, gli Inni
si congiunsero artificialmente coi re o con famiglie patricie
omonime, manca un solo dato che provi contaminazioni ed
interpolazioni di questo genere rispetto ai Cominì, ai Cloelì
Siculi, agli Herminì, ai Larcì, agli Horatì, sebbene queste
genti siano presto scomparse.^
' I Comiul plebei compariscouo la prima volta al tempo dell' invasione
Gallica V. ad es. Dioo. XIV 116, 3 Liv. V 46, 8.
14 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
*
*
L'autenticità sostanziale dei nomi conservati dai Fasti
per la prima metà del V secolo non conduce però alla con-
clusione che i Fasti siano del tutto puri e privi di qualsiasi
interpolazione. Tanto meno alla conclusione che siano costan-
temente sicure le determinazioni cronologiche delle magi-
strature.
Livio dice apertamente che le liste dei magistrati per
i primi decenni della repubblica variavano in modo siffatto
da rendere impossibile il ritrovare il vero.
Ecco le sue parole: II 21 ad a. 499-496 a. C. : tanti er-
rores impUcant temporum aliter apud alios ordinatis magi-
stratibus ut nec qui consules secuìidiim quos, nec quid quoque
anno actum sit, in tanta vetustate, non rerum modo, sed etiam
auctorum, digerere j^ossls.
Polibio III 22, 1, per il primo anno della repubblica
dà un collegio che non risponde alle altre liste a noi note.
Non è però chiaro se ciò dipenda dall'aver egli appunto
seguita una fonte diversa o da suo errore. La storia antica
non era, come è noto, il forte di Polibio.
Di questo disordine dei Fasti per l'età antichissima Livio
porge altri esempi.
Liv. II 54 ad a. 473 : L. Aemilius et Opiter Verginius
consulatum ineunt. Vopiscum lulium prò Verginio in
quibusdam annalibus consulem invenio.
Liv. IV 23, ad a. 434: eosdem consules insequenti anno
refectos lulium tertiwn Verginium iterum apud Macrtun Li-
cinium invenio. Valerius Antias et Q. Tubero M. Manlium et
Q. Sulpicium consules in eum annum edunt.
Incertezze rispetto ai Fasti consolari 15
Livio aggiunge : ceterum in tam discrepanti editione et
Tubero et Macer libros linteos auctores profitentur. neuter
tribunos militum eo anno fuisse traditum ab scriptoribus anti-
quis dissimulat, Licinio libros haud dubie sequi linteos placet.
Tubero incertus veri est; sed Inter cetera vetustate cooperta
hoc quoque in incerto positum.
Dunque gli autori più antichi per il 434 davano tribuni
militari; gli annalisti più recenti due collegi affatto diversi
di consoli. Livio si limita da parte sua a notare le discre-
panze e rinunzia a decidere.
La tradizione più antica è invece seguita da Diodoro
Xn 53 che in questo anno ricorda i seguenti yù.mQypi tpeìg:
MctQxo? Mctviog
KÓ1VT05 SovXj-tixiog noaiTe^TcìTog
28Q0i'iÀi05 KoQV7]Xio5 Kóaoo?.
Liv. Vn 18, 10 ad a. 354: creati consules ambo patricii
M. Fabius tertium, T. Quinctius. in quibusdam annalibus
prò T. Quinctio M. Popilium consulem invenio.
Liv. Vm 37 ad a. 323 C. Sulpicio Q. Aemilio — Aulium
quidam annales habent. Difatti Diodoro XVTEI 26 ha: Tuioc,
SouXjrixio;, rdio; ATÀ105.
Tali incertezze non cessano con il periodo meno vetusto ;
ma si estendono per lo meno sino alla fine delle guerre
Sannitiche ed ai tempi di Pirro. Tanto vero, che uno dei
più autorevoli annalisti dell'età dei Gracchi (Calp. Pis. apud
Liv. IX 44) non registrava i consolati del 307 e 306 a. C,
che figurano nei Fasti della Regia.
Tralasciamo di dar peso a piccole differenze rispetto ai
nomi dei magistrati che come le seguenti si notano in
Livio:
16 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Dopo aver notato varie incertezze ed errori rispetto al
319, Liv. IX 15, 11, aggiunge: sequitur hunc errorem alius
erroVj Ciirsorne Papirius proximis comitiis cum Q. Aulio Cer-
retano iferum, oh rem bene gestam Luceriae, continuato magi-
stratu^ consul tertium creatum sit, an L. Papirius Mugilanus
et in cognomine erratum sit.
Cfr. Liv. Vili 18, 2: Flaccum Potitumque varie in an-
nalibus cognomen consulis invenio, ceterum in eo parvi refert
quid veri sit, ad a. 331 a. C.
Diverso è però il caso rispetto alle varietà fra i nomi
delle liste di Diodoro e di Livio. Spesso si tratta di errori di
trascrizioni. Ma talora abbiamo invece vere e proprie diffe-
renze di redazioni di liste.
Spigolo tra i casi più importanti. L' elenco e 1' esame
completo di essi richiederebbe un volume ed equivarrebbe
al fare un'edizione critica dei Fasti. Quelli che riferisco
bastano d'altra parte allo scopo particolare che miro a rag-
giungere in questa memoria.
Sono certamente effetto di errore di trascrizione per parte
dello stesso Diodoro o di amanuensi, le seguenti varianti tra
Livio e Diodoro:
a. 473 Liv. II 54: Vopiscus = Diod. XI 65: Asvxiog 2tov-
lulius 8105 'lovUog
&Aò4:liÌY.in. SI: A. Aeternius= Diod. XII 6: AvÀog 'A0T8QIOS
a. 433 Liv. IV 25: M. Folius — Diod. XII 58: MdQxog ^a-
ÀLviog
a. 424 Liv. IV 35 : T. Sergius = Diod. XII 82: Aovxtog Sévnog
a. 409 Liv. IV 54: Gn. Cor- = Diod. XIII 80: Tvaloq Uoii-
nelius Cossus jirjiog
Divergenze fra le liste di Livio e di Diodoro 17
Un Pompeius per il 409 è affatto fuori di luogo. I Pom-
peii compariscono nei Fasti consolari solo con il 141 a. C.
Così è un errore del testo di Diodoro XIV 3 ad a. 407
se ha un Tuioc, $Àoviog in luogo di L. Furius dato da Liv.
rV 67 dacché un Fulvius nel 407 non è nemmeno pensabile.
I Fulvi vengono da Tuscolo compariscono solo la prima volta
nel 322 Plin. n. h. VII 136.
Altri esempi di errori di trascrizione in Diodoro ab-
biamo nei casi seguenti:
a. 379 Liv. VI 30: M. Al- = Diod. XV 51 : Aevxiog Aaf^i-
hinius vio?
a. 360 Liv. VII 11: C. Poe- = Diod. XVI 9: Faio? Uónliog
tilius
a. 359 Liv. VII 12: M. Pom- = Diod. XVI 19: Mccqxo? IIó-
pilius, Gn. Manlius tcXioc.
Tvoloc, Mai|j,iA,iog
V'è pure errore nel testo di Diodoro nel caso seguente:
a. 336 Livio Vili 16: L. = Diod. XVII 29: Aewaog Ua-
Papirius Crassus, Caeso nigioc,
Duillius. Kaiacov OiiaÀÉQiog
A parte la grande improbabilità di un collegio di due
consoli patrici nel 336 (v. però i consoli del 345, 343), il
prenome Kaeso proprio dei Duilli non comparisce mai fra
i Valeri.
In modo analogo deve giudicarsi dei casi seguenti :
a. 318 Liv. IX 20: M. Follius = Diod. XIX 2: Mdvio? 0)0^-
(3 io?
a. 311 Liv. IX 30: C. lunius = Diod. XX 3: Fdiog 'lovliog
Pais Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma 2
18 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Cosi non va dato peso alla circostanza che in Liv. IV
58 ad a. 406 si ha come trib. mil. L. Valerius Potitus, mentre
in Diodoro XIV 12 si legge : Tepévriog M.dE,i\iog. Tribuni mi-
litum plebei compaiono solo dopo il 400-396. Un Terenzio ap-
parisce daccapo fra i tribuni militum del 380, ma é dato dal
solo testo di Diodoro XV 50. Il primo Terenzio per ogni
lato autentico è il noto console del 216. Il cognome Md^i|i05
per il 406 indica che qui v'è realmente un Valerius.
Le liste consolari di cui noi disponiamo sono in parte
frutto di ricerca sistematica fatta da eruditi sul finire della
Repubblica. Tendo quindi per massima ad accettare il si-
stema generalmente accolto di ridurre ad unità i nomi della
tradizione diodorea discordanti da quella ufficiale dei Fasti
della Regia e dalle liste di Livio. Ammetto quindi che vi
sia pure errore da parte del testo di Diodoró nei casi se-
guenti.
a. 477 Liv. II 51: T.Menenius = Diod. XI 53: Titog Mivoijxios
Difatti da vari codici in luogo di Mivoitxiog è dato Mi-
vovviog.
a. 469 Liv. II 63: T. Numicius — Diod. XI 70: Tito? Mivoimiog
Per il 337 Livio VIH 15 ha: = In Diodoro XVII 17 si legge
invece:
C. Sulpicius Longus Tdioc, 2ovA,jiixiog
P. Aelius Paetus. Asvxiog IlajtLQios.
La riduzione alla stessa lezione comincia ad essere dif-
ficile. Ma ammettiamo che nu;A:iQio<; sia sorto dal cognome
Paetii-f.
Vi sono però altri casi dai quali appare che codeste
Divergenze fra le liste di Livio e di Diodoro 19
equazioni sono impossibili. Si considerino infatti i casi se-
guenti :
a. 478 Liv. II 49 : L. Aemi- z= Diod. XI 52 : Aevxiog Al|j,i-
lius Àio? MdpieQxog
C. Servilius rdios Koovi^Xiog AevtoiJXo?
Qui non v' è possibilità di sbaglio di trascrizione. Il
cognome Lentulus è realmente proprio dei soli Cornelii.
L' osservazione fatta ad es. dal Mommsen nei Fasti ad a.
(CIL. T^ p. 100 n. 2) che i Corneli Lenftdi compaiono solo
più tardi (cfr. Liv. Vili 22 ad a. 327) varrebbe solo a mo-
strare che Diodoro segui una fonte più o meno lontana dal
vero, ma non distrugge il fatto che Diodoro ricordava real-
mente un Cornelio.
Che del resto i Fasti del 478 fossero controversi mostra
non tanto la varietà fra Servilius dato da Livio II 49 (cfr.
i Fasti della Regia) ed il SégyiOb ricordato da Dionisio IX
16, quanto il fatto che i Fasti della Regia fanno ricordo
di un terzo console suffectus di cui nella pietra si conserva
solo il cognome Esquilinus, che dal Borghesi (cfr. Mommsen
1. e.) si suol riferire ad un Verginius, dal Cichorius ad un
Sergius. La questione è irresolubile dacché anche nel 458
e 457 nei Fasti compare un console Q. Minucio che ha pure
il cognome di Esquilinus.
A noi preme solo constatare che ne Livio ne Dionisio
parlano di codesto console suffectus, il quale, secondo ogni
verisomiglianza, rappresenta una diversa variazione delle
liste circa i due consoli del 458, analoga a quelle che si con-
statano per il primo anno della repubblica 509 per il quale
sono presentati come suffecti P. o L. Valerio, Sp. Lucrezio,
M. Orazio Liv. II 2, 8. Dion. Hai. V 12 ; 19.
20 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Ora da Livio (Il 2 : apud quosdam non invenio Lucre-
tium consulem. Bruto stafim Horatiam suggerunt cfr. Il 21 :
tanti errores implicant temporum aliter apud alios ordinatis
magìstratibus cet.) risulta clie per codesti anni esistevano
varie liste fra le quali si smarrivano gli scrittori posteriori :
ut ìiec qui consules secundum qtios nec quid quoque anno
adum sit, in tanta vetustate non rerum modo sed etiam aucto-
rum digerere possis. Liv. Il 21, 4.
I consoli su/fedi divennero quindi un espediente. Si in-
tende allo stesso tempo come presso alcuni autori come in
Polibio m 22, 1 per il primo anno della repubblica o in
Diodoro per il 478 di cui qui parliamo, si riferisce il nome
di collegi consolari diversi da quelli accolti nei Fasti della
Regia e riferiti da Livio e Dionisio.
Nulla pertanto ci impone reputare errore di trascrizione
il rdiog KoQviìÀLO? AevxovXoc, di Diodoro XI 52.
a. 457 Liv. II 30: Q. Mimi- = Diod.XI91: Aeuxio; Uooxov-
cius piiog
M. Horatius Pulvillus MctQxog "Qqóxìoc,
Accresce anziché scemare le difficoltà la circostanza che
in alcuni codici di Diodoro dopo Ae/uxiog prima di Ilooxov\x.voc,
s'inserisce IlÓJtXiog.
a. 448 Liv. Ili 65: T. Ver- = Diod. XII 27: Tito? Stsqti-
ginius Caelimontanus viog Stqoijxtwv
Strudus è un ben noto cognome dei Servili non dei
Vergini. Quindi 2t8Qtivio? va ridotto in HeqodiÀio? non in
OvBQyiviog.
a. 432 Liv. IV 25: Sp. Po- z=z Diod. XII 60 rdio? MétsÀXo?
stumius Albus
Divergenze fra le liste di Livio e di Diodoro 21
Non tutti i codici di Diodoro danno quel nome, ma in
quelli in cui esso non compare manca il nome del magistrato
corrispondente a quello di Livio.
L'esistenza di liste diverse tra Diodoro e gli altri autori è
del resto dimostrata in modo luculento da ulteriore esame
dei nomi dei tribuni militum.
Abbiamo già veduto sopra (p, 15) come Diodoro XII 53, se-
guendo le fonti più antiche, dia il nome di tre tribuni mi-
litum per Fanno 434, mentre Livio riferisce per quell'anno
due diversi collegi di consoli, dei quali uno è pur dato da
Dionisio.
Divergenze di questa natura abbiamo anche per gli anni
seguenti.
Infatti per il 425 a. C. Livio IV 35 ha quattro tribuni
militum fra i quali Horatius Barbatus che manca a Diodoro
XII 81, il quale ne ha soltanto tre.
Viceversa per il 416 Diodoro XIII 9 ha quattro tribuni
militum fra i quali un Kóivrog Od^io? che manca a Livio
IV 47, che ne ricorda solo tre.
Per il 403 a. C, Livio V 1, ha otto tribuni; Diodoro XIV
85 ne ha soli sei.
Per il 394 Diodoro XIV 97 (cfr. XV 2) ne ha tre, mentre
Livio V 26 ne ha sei.
Per il 391 Livio V 32 ha sei tribuni; Diodoro XIV 107 (cfr.
XV 15) ne ha quattro.
Per il 386, Diodoro XV 25 ha daccapo quattro tribuni,
mentre Livio VI 6 ne ha sei, fra i quali L. Horatius e P.
Valerius ignoti alla lista diodorea.
Nel 384 si ripete lo stesso fenomeno: Livio VT 18 ha
sei tribuni (in più P. Valerius e M. Furius), mentre Diodoro
XV 36 ne ha quattro.
22 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Per il 383 Livio VI 21 ha sei tribuni; ha in più L. Aemi-
lius M. Trebonius su Diodoro XV 38, che ne ha quattro.
Secondo alcuni codici ne ha cinque ossia ha un Od^iog ignoto
a Livio.
Irriducibili sono pure le liste del 382 a. C.
Liv. VI 22 ne ha 6 :
L. Papirius
Q. Servilius
Ser. Cornelius
Sp. Papirius
C. Sulpicius
L. Aemilius
Diod. XV 41 ha xiaoaQzg
KÓIVT05 (altri codici hanno
Kpdaaog)
28Qoi3A,iO(; KoQvfìA,io<;
SjtÓQioi; IlajtiQLOi;
$d(3io? "Aà|3o5
Od(3io5 "AÀpo? è dato solo da alcuni codici.
Per il 380 Livio VI 27 ha sei tribuni. Diodoro XV 30
ne ha òxtÓ). Le due liste discordano del tutto.
Liv. VI 27:
L. Valerius V
P. Valerius III
C. Sergius III
Licinius Menenius II
P. Papirius
Sergius Cornelius Malu-
ginensis
Diod. XV 50:
Aevnioc, OvaXigioc,
nójtXiog
"Ayxog
rdiog TeQÉvTiog
Aevxiog Mevi^viog
rdiog SoÀJtixiog
TiTog Ilajtipiog
AévKiog AlyiiXioq
$Xdpios MaQxog
Tali differenze sono aumentate in seguito alla scoperta
dei nuovi frammenti dei Fasti della Regia (editi da Ch.
Huelsen in Klio II (1902) p. 248 e dal Mommsen in Hermes
XXVIII (1903) p. 116. Essi contengono appunto i dati per
il 380.
Divergenze fra le liste ài Livio e di Diodoro 23
Non rileviamo la variazione, lieve rispetto al nostro
soggetto, del prenome Gn. invece di C. rispetto al tribuno
Sergius. A noi preme invece notare che i Fasti della Regia
registravano il nome di nove tribuni. Vi figurano in più
C Sivlpichis e L. Aemilius dati da Diodoro ma ci compare
in più un L. [Papirius] Maluginensis ignoto tanto a lui quanto
a Livio.
Per il 379 Livio VI 30 ha sei nomi ; Diodoro XV 51 òxtcó.
A parte lievi variazioni di prenomi e nomi, a cui non diamo
peso, Diodoro ha in più:
rdiog 'EQEvoiixiog
nójtXios Tqi(3(Óvio5.
Soltanto nel 93 troviamo un Herennius console e nel 45
a. C. compare un cons. suf. Trehonius. I codici di Diodoro pre-
sentano più che probabilmente due nomi guasti. Resta però
il fatto che Livio VI 30 parla con certezza di sei nomi tre
plebei e tre patrici, che gli altri nomi nella sostanza concor-
dano, ma che Diodoro XV 61 sa di otto magistrati.
Per il 378 Livio VI 31 ha sei tribuni ; Diodoro XV 57
quattro (Tsaaaps?). Livio ha in più M. Horatius L. Greganius.
Per il 377 abbiamo sei tribuni tanto in Diodoro XV 61
quanto in Livio VI 32; ma due dei nomi variano del tutto.
Ecco le due liste:
Liv. L. Aemilius Diod. Ae-uxioi; AifxiXio?
P. Valerlus Vdioc, Oualéoiog
Ser, Sulpicius Sepoviog 2ot)X:iCxiog
L. Quinctius Asijxiog Koivnog
C. Quindius Fdiog Ovsoyivw;
C. Veturius Tdiog KoQv»iÀioe
Non è certo il caso di pensare al solito rimedio, suppo-
24 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fa^i
nendo che anche qui vi sia errore di trascrizione. Paio?
OvéoYivios e Tmoc, KoQviiXio; non si possono ridurre ad un
C. Quinctius 0 ad un C. Veturius.
Per il 368 Livio VI 38 ha sei tribuni; Di odoro XV 78
ne ha tre. Livio ha in più : *S^. Servilius, L. Papirius, L.
Veturius.
Tali divergenze continuano anche per l'età successiva;
a noi basti notare che per il 349 mentre si hanno in Livio
Vn 24 i consoli: L. Furius Camillus, Ap. Claudius ;
in Diodoro XV 59 si legge :
MotQxo? Al[xiÀio5, TiTog Koivxtiog.
Non estendo le mie osservazioni ad altre divergenze fra
Diodoro e Livio. Come è noto, oltre alla non corrisponden-
za in generale del sistema cronologico di Diodoro di fronte
a quello dei Fasti della Regia e di Livio, ci sono altre va-
riazioni speciali.
Diodoro salta il consolato del 482 (^Q. Fabius, C. Julius,
Tullius cod.) mentre fra il 457 ed il 456 XII 3 ha il con-
solato di
Aev/aog Koulvtio? Ki/vivvàTog
yio.Qy.oc, ^à^ioc, OuL|3ouÀdvo5
che manca ai Fasti della Regia, a Livio, a Dionisio ed agli
altri autori.
E con ciò risponde il fatto che fra il XI 87 ed il XI
91 manca in Diodoro l'indicazione dell' Ol3mip. 82 =452,
anno fra il 458-457, secondo la cronologia volgare, ^
Fenomeno analogo si snol supporrò in Livio II 8, II 15 perchè
ivi mancano P. Valerio Publicola III e Marco Orazio Pulvillo II die sono
ricordati per il 507 da DiON. Hal. V 21 cfr. Chron. a. 353, Fasti Hydat.
Chron. l'aach. ad a. I consoli del 507 sono però gli stessi del 508.
Divergenze fra le liste di Livio e di Diodoro 25
Lo stesso fenomeno si ripete fra il 428 ed il 427. Dio-
doro XII 77 ha in più i consoli AeiJ/iog Kolv/wTio?, Au^og
2e|j.Jt()a)VL0i;.
Mancano a Diodoro 1 consoli del 423 ed i tribunati mi-
litari del 422, 421, 420, 419 invece dopo il 390 (nel suo com-
puto 387) ha cinque collegi in più di magistrati che paiono
identificarsi con quelli del quinquennio precedente ossia:
a. 386 nel suo computo XV 2 ; tre tribuni militari che cor-
rispondono a quelli da lui già riferiti XIV 97 per il 391
del suo computo = 394 a. C. vulg.
a. 385 nel suo computo XV 8; due consoli il cui nome risponde
a quello degli altri da lui già indicati XIV 99 per il 390
nel suo computo, rispondente al 393 a. C. della cronologia
volgare.
a. 384 nel suo computo XV 14; i medesimi consoli già ricor-
dati per il 389 del suo computo XIV 103 = 392 vulg.
a. 383 nel suo computo XV 15; quattro tribuni militari ri-
spondenti a quelli da lui già ricordati XIV 107 per il
388 = 391 vulg.
a. 382 del suo computo XV 20; sei tribuni militari aventi
nomi nel complesso uguali ai sei già ricordati XIV 110
per il 387 — 390 vulg.
Inoltre a Diodoro XV 71 nel suo calcolo 368 = 376 vulg.
ha un collegio di quattro tribuni militari che mancano a
Livio.
Per il 367 nel suo computo XV 75 = 375 vulg. (al
pari della fonte di Plinio n. h. XVI 235) ha un solo anno
di anarchia, mentre in Livio VI 35, 10 (in ciò d'accordo
con i Fasti della Regia) tale soUtudo magistratuum rag-
giunge il termine assurdo di cinque anni interi (375-
26 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
371),' Dico assurdo perchè se la storia registra dovunque ed in
tutti i tempi periodi di anarchia non si intende come potesse
reggere lo Stato romano senza governo i^er un quinquennio
mentre Roma era circondata da nemici ostinati e costanti
(Liv. VI 36).2
Finalmente Diodoro non ha gli anni dittatori 333, 324,
309 che mancano pure in Livio.
Ignoriamo, perchè il suo testo è monco, se Diodoro sal-
tasse, come è pure probabile, l'anno dittatorio 301, del pari
non ricordato da Livio. Gli anni dittatori, come abbiamo
notato testé, erano invece registrati nei Fasti della Regia.
Come spiegare tutte queste divergenze? I moderni che
hanno tentato ristabilire la cronologia dell'antica repub-
blica romana hanno sottoposto Diodoro ad una serie di
ricerche speciali. ^ Lo si è studiato rispetto alla presenza
o no di cognomi nelle sue liste. Si sono ricercate ed indicate
fonti diverse; si è creduto di poterle determinare, valendosi
di criterio del modo diverso che questo autore ha di trascri-
' Termine di quattro anni è dato da Eutropio II 3, da Cas8IODOro
ad a. da Vopisco vita Tac. 1, 5.
Koma qualche volta è stata per breve tempo senza magistrati ad es.
Liv. XXX 39, 5 ad a. 202: itaque com pridie idus Martias veteres magistratus
abissent, itovi sujfecti non essenf, res publica sine curuliMs ma(/ìstrafìbus erat.
Fatti analoghi o giudicati analoghi dai partiti politici (ad es. Tàvapx-a
di Atene nel 404 Xenoph. Beli. II 3, 1) compaiono in Macedonia, a Taor-
nina, a Pisa (v. ad es. CIL. XI n. 1421) e ricompaiono pili tardi. Ad es. il
Caffaho ed. Belgrano p. Ili nota che il 1099-1100 Genova rimase senza
consoli per un anno e mezzo.
Fra le molte memorie sull'argomento cito, sebbene da me in vari punti
disseuta, lo studio pregevole di G. Sigwart Roem.. Fasten und Annaìen bei
Diodor (Grciswald 1906), ove sono discussi gli studi del Cichohius De fastis
rommm antiquisiimis (Lipsiae 1886), dlEd.Meyer, ed ove è citatala biblio-
grafìa auteri(ue sull'argomento.
Divergenze fra le liste di Livio e di Diodoro 27
vere in greco i nomi romani. Analoghe ricerche si son fatte
rispetto al sistema cronologico di Diodoro.
Io sento molto rispetto per tutti questi studi che sono
costati anni di ricerche laboriose e penose. Ma francamente
non credo sempre alla bontà di codesti risultati.
Cosi ad es. non accetto le conseguenze che si traggono
dal fatto che Diodoro ora porge ed ora no i cognomi dei
magistrati. Diodoro li cita o no, non già perchè segua una
anziché un'altra fonte. Anche in ciò segue il suo capriccio,
V. ad es. XI 38 Kaiao)v <I)d(3iog xai Aew.iog AijxiXiog MctfieQxog.
XI 71 TlTOV KOLVXTOV ■Kul KÓTvtOV 28Q0UlXl0V 2TQ0VXT0V.
XV 82 Aevxiog Ai|.iiÀioi; Mafie^xo? xal Aeiixiog Sé'^nog
AareQiag.
XVI 74 rdiov MccQxiov xai Tltov MdÀÀiov ToQxouàtov.
XVI 89 TiTov MdWiiov ToQxovatov xal IIÓijtXiov Aéxiov.
XVI 91 Kó'ivTov UonX'ikiov xal TlPéqiov Ai^uXiov Md^eoxov.
Così quando fa l'elenco dei decemviri XII 23 li nomina
tutti senza cognome ma lo dà a S.tÓQiog noaTÓ^iio? KaX(3Lvi05
(sic).
Diodoro cerca di essere breve in tali indicazioni di fonti,
ecco tutto; perciò spesso salta il cognome. E poiché i Fasti
già esistevano nel tempo in cui sorse l'annalistica e di già
al principio di questa, come provano i monumenti degli
Scipioni, si usavano i cognomi, cade tutto l'edificio che
su questo criterio si è voluto edificare.
Diodoro è scrittore che non ha metodo, sia che parli di
storia greca o romana. Segue in generale, è vero, fonti ec-
cellenti, ma le riassume e riproduce non avendo spesso altro
criterio che quello del suo personale capriccio. È molto dif-
ficile ritrovare il metodo di chi non ne ha affatto. Cotesta
mancanza è evidente ove Diodoro abbrevia con due o tre
righe fatti importantissimi o dove invece riferisce con una
28 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
relativa larghezza episodi pur largamente esposti dalla tra-
dizione annalistica.
I criteri per questa parte seguiti dal Mommsen, dal
Niese e dai loro seguaci, lo lio più volte fatto rilevare, si
basano su argomenti di nessun valore.
Diodoro non ha proceduto probabilmente in modo di-
verso ove, anche seguendo la personale ispirazione, ha ripro-
dotti diversamente o non completamente i dati che si riferi-
scono alla cronologia ed ai Fasti.
Si è cercato in parte un rimedio a queste divergenze di
Diodoro notando che egli salta i tre anni 333, 324, 309,
che erano ricordati come anni dittatorii senza consoli dai
Fasti della Regia. Con ciò si è voluto da taluni spiegare
come mai in Diodoro l'anarchia sia ridotta da 6 ad 1 anno.
Ma ciò non varrebbe a chiarire la differenza con Livio che
tanto discorda da Diodoro e che pure salta i quattro anni
dittatorii 333, 324, 309, 301. D'altra parte non si tiene affatto
presente che è nel sistema abituale di Diodoro accentrare
in un solo fenomeni durati diversi anni.
Con ciò non voglio dire che in qualche singolo caso non
sia dato di trovare la rispondenza fra Diodoro e le altre fonti,
ma è impossibile ridurre ad unità perenne tutti questi ele-
menti discordi.
Lascio ad ogni modo ad altri, se crede possibile riuscirvi,
la cura di togliere di mezzo dissidi che io giudico talora incu-
rabili. Mi limito invece a notare che il sistema assai sempli-
cista di ritrovare l'unità e la verità con il correggere costante-
mente nomi discordanti di Diodoro, può bensì creare l'illusione
che vi fosse una sola lista ufficiale di magistrati; ma chi con-
sideri oggettivamente tutti gli elementi della questione si
persuaderà assai facilmente che esistevano nell'antichità di-
Divergenze fra le lis/e di Livio e di Diodoro 29
verse liste di magistrati. Ed ove con il proposito di salvare
per quanto è possibile tutti i dati della tradizione si reputas-
sero autentici tanto i discordanti di Diodoro quanto quelli
delle altre versioni, si verrebbe al risultato che le fonti su-
perstiti hanno conservati solo parzialmente dati relativi al
periodo dei tribuni milìtwm, ma che nessuna delle fonti a
noi giunte ha serbato le liste intere.
Non solo variavano nomi, non solo non corrispondevano
gli anni fra di loro; ma alcuni annalisti davano consoli, mentre
altri fornivano tribuni militari. Ciò abbiamo testé costatato
per vari casi ; ma insisto ad es. rispetto alle divergenze
degli anni 443 e 434 perchè mostrano che Diodoro seguiva
fonti le quali parlavano di tribuni mllitum in luogo di consoli.
Dal confronto fra Diodoro e Livio appare che le varia-
zioni non si estendevano soltanto al nome dei magistrati,
allorché porgevano ad es. quello dei tribuni militum^ ma anche
al loro numero. Mentre le liste note a Diodoro parlano di tre
tribuni, quelle di Livio sanno di quattro. Altre volte Livio
e Diodoro discordano rispettivamente sul numero di quattro,
di sei o di otto di tali magistrati.
Si solevano spiegare queste incongruenze supponendo
che Diodoro avesse riferito solo alcuni nomi, che il numero
costante fosse o di quattro o di sei e che il numero di otto
fosse ottenuto con l'aggiungere i due censori ai sei tribuni.
Ma questa stessa spiegazione, la quale sembrava cogliere il
vero solo rispetto ad alcuni anni, come ad es. per il 403
a. C, mostra come tali liste, anziché l'eco fedele di antichi
documenti, siano il raffazzonamento di dati diversi non bene
collegati. Tale spiegazione, ove la si voglia generalizzare, cade
davanti alla lista dei tribuni ntilitari del quinquennio 386-
381. 1 Fasti di Diodoro danno infatti costantemente quattro
tribuni per codesti anni, mentre quelli di Livio ne hanno sei.
30 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
I due nomi in più per codesto quinquennio variano anno
per anno : dunque non sono quelli dei censori quinquennali.
Siamo pertanto di fronte a Fasti ricomposti su liste diverse.
Ciò è ora confermato in modo definitivo dal nuovo
frammento dei Fasti della Regia per l'anno 380. Infatti vi
si nominano nove tribuni militum. C'è qualche cosa adunque
di più dei due censori. E il Mommsen, quello stesso critico
che ha fissato il canone che la più antica storia di Roma
può riconoscersi solo mediante l' esame dello svolgimento
delle istituzioni ed i dati dei Fasti, ha dovuto riconoscere che
codesta lista del 380 a. C. è stata conseguita con liste fra
loro diverse,*
Ciò si sarebbe potuto ricavare anche dalla lista dei dit-
tatori accolti nei Fasti della Regia del 302 a. C.;^ poiché
mentre Livio conosceva annalisti che per quell'anno ricor-
davano come dittatore Valerio Massimo ovvero Fabio Mas-
simo, i Fasti della Regia registrano ambedue questi perso-
naggi fondendo insieme due versioni e due liste, allo stesso
modo che gli Atti Trionfali fondono tradizioni diverse ri-
spetto alle gesta del 294 a. C.
Le parole sopra riferite di Livio II 21, 4 intorno al disor-
dine dei Fasti dal 501 al 498: tanti errores implicant temporum
aliter apud alios ordinatis magistì'atibus, ut nec qui consules
secundum quos[dam], nec quid quoque anno actum sii in tanta
vetustate non rerum modo sed etiam auctorum digerere possis,
si attagliano talora anche ai Fasti del secolo IV. Alcune
discordanze potranno essere causate dal disordine di Dio-
doro ; ma è lecito domandarsi se ciò non dipenda pure dal-
' MoMM8K\ Dan neuge/undene Bruchstuck d. capiiol. Fatten nell' Hermes
XXXVIII (1903) p. 116 sgg.
* Cfr. Ad. Triumph. ad a. 294 a. C. Liv. X 37, 13.
Divergenze fra le liste di Livio e di Diodoro
31
l'esistenza di varie liste. Questa domanda parrà del tutto
naturale ove si pensi ai quattro anni dittatori ed ai cinque
anni continui dell'anarchia, che Diodoro non conosce e che
sono del tutto ignoti al Cronografo del 354 il quale ricorda
il nome dei magistrati eponimi anche per gli anni 375-371
in cui stando ai Fasti della Regia ed a Livio non ne furono
per nulla creati.
L'esistenza di fasti diversi è del resto dimostrata dai
fatti seguenti :
Per il 349-345 noi abbiamo in Livio ed in Diodoro i
collegi qui sotto segnati in parte diversi, in parte uguali,
ma diversamente ordinati:
Liv. Vn 24 a. 349:
L. Furius Camillus
Ap. Cìaudius Crassus.
Liv. VII 26 a. 348:
M. Valerius Corvus
M. Popilius Laenas TTTT
Diod. XV 69 a. 346:
MctQxog Ai[xiA,ios
Tixoc, KoivxTiog
Diod. XVI 66 a. 345:
Mdpxog Od|3io?
Sepouiog SovÀinixiog
Liv. VII 27 a. 347:
T. Manlius Torqaatus II
C. Plautius
Diod. XVI Cq. 344:
MaQxos OvaXéQiog
Md(>xo5 UoiimXkiot;
Liv. VII 27 a. 346:
M. Valerius Corvus II
C. Petilius
Diod. XVI 70 a. 343:
rdio? YlXuvxiog
Tixog MdXXio5
Liv. vn 28 a. 345:
M. Fabius Dorsiio
Ser. Sulpicìus Comerinus
Diod. XVI 72 a. 342:
MttQxog OvaXgQiog
MdQxoi; rvaìog IIó^TÀiog
32 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Un confronto fra i collegi di questo quinquennio mostra
irreducibili le due liste dei consoli per il 349 a. C. ; ci inse-
gna invece che l'ordine dei rimanenti collegi di Livio sta
a quello di Di odoro nei rapporti seguenti:
Liv. a. 348 =: Diod. 347 (secondo il suo sistema 344).
Liv. a. 347 = Diod. 346 (secondo suo sistema 343).
Liv. a. 346 = Diod. 345 (secondo il suo sistema 342).
Liv, a. 345 = Diod. 348 (secondo suo sistema 345).
In una mia speciale memoria ho dimostrato che non v' è
errore ma sostanziale concordia cronologica nel fatto che
i consoli di Livio del 345 si trovano registrati in Diodoro
al 348 liviano il quale anno risponde però nel sistema dio-
doreo al 345. Io ho provato clie nel 345 realmente Camillo
combattè contro i Galli e con ciò combinano i dati che in
Livio fanno Camillo console nel 349 e poi dittatore nel 345.*
Il dato di Diodoro non è per nulla errato e nessuno
avrebbe ragione di accusarlo di svista se pone al 347 (se-
condo il suo calcolo al 344 XVI 69) quel primo trattato
fra Roma e Cartagine che Livio VI 26, 3 fissa bensì sotto
gli stessi magistrati M. Valerio e M. Popilio, ma al 348 e non
al 347 od al 344.
A convincere di errore Diodoro non basta invocare i
Fasti della Regia che per quanto lacunosi corrispondono per
il 349-346 con Livio. I Fasti della Regia rappresentano in
fatto, come ripeteremo a suo luogo, una redazione assai re-
cente. Ed è molto più prudente concludere che non solo
v' erano liste in parte diverse ma che anche per il IV secolo
v'erano vari ordinamenti cronologici fatti a base di liste
talora concordanti, talora discordi.
' V. le mie Ricerche Storiche Geografiche p. 458 sgg.
Divergenze fra le liste di Livio e di Diodoro 33
Nessuna di codeste liste aveva in origine, a preferenza
delle altre, carattere esclusivamente ufficiale, in modo da es-
sere preferita alle altre. Ciò è dimostrato dal fatto che ogni
qualvolta Livio trova divergenze nelle sue fonti, si limita
a constatare a questo riguardo codeste varietà fra i diversi
annalisti, i quali si riferivano talora ai libri lintei, ai libri
magistratuum ma si dichiara del tutto impotente a risolvere
il dubbio.'
Livio infatti IV 7, 12; 20, 8; 23, 3, cita tre volte i libri
lintei in aede repositi Monetae ed ogni volta fa il nome di
Licinio Macro. Ciò non prova però, come spesso si è detto, che
vi sia stata falsificazione da parte di questo annalista, perchè
per il consolato del 434 oltre a Licinio Macro è citato Q.
Tuberone (IV 23, 3 cfr. anche X 9, 10), autore rispettabile e
diligente sebbene notevole vpiù per dottrina giuridica che
per talento e brio di scrittore, e che sarebbe ingiusto con-
siderare come un falsario.^ E ovvio invece pensare, che co-
desti documenti rappresentino una ricostruzione delle liste
più antiche fatta dopo il 344 in cui il tempio di Inno Mo-
neta venne eretto non sopra un più antico edifìcio di carat-
' Che cosa fossero i libri magìsiratuiim, citati da Livio, si ricara da
un altro suo passo a proj)osito del processo degli Scipioui. Livio XXXIX
52 ad a. 183 a. C. rueiiziona infatti il tribuno della plebe Naevius ricor-
dato iu magistrattium librìs. Ma a parte le gravi questioni connesse con
questo processo, che non è qui il caso di esaminare, è evidente che codesti
Kbri incigistratmim, che facevano menzione dei tribuni della plebe, non po-
terono essere redatti prima della lex Hortensia del 287 con cui venne san-
cito che i plebisciti avessero valore per tutti i Quiriti. Solo dopo tale lex
i tribuni della plebe acquistarono definitivamente il carattere di magistrati
pubblici dello Stato di fronte a tutti i Quirites.
* DiON. Hal. I 80 Sìivèj àvirp xai Tùspi xyjg auvaYO)Yv;g Tr^g ioxopiag
èni[isX'/]<; cfr. I 7. Su lui come giurista v. Pomp. d. orig. tur. 46. I Tube-
rani corno ho fatto notare altrove erano i protettori di Dionisio. Gli annali
di Elio Tuberone dovettero essere una delle sue fonti precipue.
Pais Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma 3
34 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
tere sacro, ma sulle rovine della casa di Manlio Capitolino.
(Liv. Vn 28, 4 sq.).
Livio IX 18 ad a. 319 a. C. dice, è vero, paginas in anna-
libus fastisque magistratuum percurrere licei consulum dicta-
torumque, quorum nec virtutis nec fortunae ullo die populum
Romanum paenituit, ma praticamente non ne fa mai uso di-
retto. Ed in tutte le questioni relative alle difficoltà sui Fasti
si riferisce agli autori che li citano e riconosce l'impossibi-
lità di risolverle, v. ad es. IV 8: Imnc annum seu tribunos
modo seu tribunis suffectos consules quoque liabuit ; IV 20,
11: ea libera coniectura; IV 23, 3: infer celerà vetustate coo-
perta hoc quoque in incerto positum.
Cosi alla fine del racconto delle gesta del 322 a. C, dopo
aver esposti i dubbi sui trionfi dei consoli e sulla ragione
della dittatura di quell'anno, dichiara impossibile risolvere
tali sospetti, sia perchè gli annali mentivano, sia perchè non
v' era alcun scrittore aequalis temporibus illis Vili 40, 5.
Se Livio avesse potuto fare assegnamento sui Fasti sin-
ceri e coevi a quell'anno, li avrebbe naturalmente citati.
*
* *
Le divergenze e i dubbi che abbiamo notato rispetto alle
liste dei dittatori e dei consoli si estendono anche ai ma-
gistrati curuli minori. Da noti passi di Cicerone, che abbiamo
già esaminati, dove abbiamo discorso di Gneo Flavio, appare
che mancava un elenco ufficiale degli aediles curules, sebbe-
ne si trattasse di tempi abbastanza inoltrati (304 a. C.) ^
V. Cic. ad Att. VI 1, 18.
' V. hi prima parte di queste Ricerche passim.
I Fasti dei questori e dei tribuni della j^iebe 35
Basti ricordare che secondo lunio Gracchano (apud Ulp.
in Dig. I 13, 1) i questori furono eletti dai primi re. Mentre
secondo la fonte di Plutarco Popi. 12, 3, i primi quaestores
P. Vetusius e M. Minucius furono invece creati nei primi
anni della repubblica. Questa seconda tradizione è indiret-
tamente confermata da Cicerone, d. r. p. II 35, 60, che ram-
menta il quaestor nel processo di Sp. Cassio, e da Livio, II
41, 11 ad a. 485 a C. che nomina i quaestores Kaeso Fabius
e L. Valerius. Ma contro di essa sta il passo di Tacito, ann.
XI 22 : creati primiim Valerius Potitus et Aemilius Mamer-
cus sexagesimo tertio anno post Tarquinios exactos. Non di-
scuto se in questo luogo Tacito segua l'èra Capitolina o la
Varroniana, ma ad ogni modo secondo lui i questori furono
creati la prima volta nel 447 o nel 446 a. C.
L'esame delle notizie relative agli altri magistrati conduce
a risultati ancor più negativi. Ciò vale ad es. rispetto ai tri-
buni della plebe. I dati su costoro si presentano a primo
aspetto come sinceri. Ma noi sappiamo che i più antichi tri-
buni della plebe non erano veri e propri magistrati ; essi
non avevano entrata nel senato, bensì stavano alla porta
per sentire ciò che aveva interesse per la plebe. Perciò ve-
teribus senatusconsultis C lìttera subscribi solébant (Val. Max.
n 2, 7). Da ciò è facile inferire che mancavano documenti
ufficiali da cui ricavare più tardi con certezza il loro nome.
Con ciò si accorda la circostanza che i primi tribuni della
plebe sono anticipazione di quelli che figurano al tempo del
decemvirato. Ed un esame di essi fa sorgere il sospetto che
i tribuni e gli aediles del V secolo siano pseudo antenati
di quelli del IV secolo, talora anche dell' età graccana e
sillana.
Ho fatto altrove particolari osservazioni sullo scarso va-
lore della lista dei tribuni della plebe per l'età anteriore al
36 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
TV secolo. Sia qui sufficiente ricordare che per i primi anni
della repubblica abbiamo fra essi quello stesso Spurio Cassio
che pur comparisce tra i consoli, che nel 448 sarebbero stati
cooptati come tribuni della plebe Sp. Tarpeio ed A. Aeternio
che sono invece i consoli del 444. Così per il 439 si dice
cooptato come un decimo tribuno L. Minucio Augurino, ciò
che di già Livio IV 16, 3 trovava essere un assurdo.
Analoghi dubbi fanno sorgere spesso i nomi attribuiti
ad altri tribuni di quest'età. Vi compariscono genti recenti
che come i Metili, i Considì (476), i Fumi (446), i Visellì
(494) si notano sporadicamente negli ultimi secoli della re-
pubblica.
Cosi per il 462 si ha un Titius autore di una legge
agraria, che è il prototipo di una analoga del 99 a. C. Allo
stesso modo l'edile della plebe T. Scio nel 439 fa largizioni
agrarie del tutto analoghe a quelle che fece lo storico edile
Seio del tempo di Cicerone (74 a. C.).^
Per il 493, 471, 449 gli antichi porgono su per giù gli
stessi nomi di tribuni, ma però i diversi autori completa-
vano diversamente le liste, accettandone alcuni, scartan-
done altri. ■'^
Osservazioni di questo genere valgono non solo per i
tribuni del V secolo, ossia per una età in cui essi non erano
ancora magistrati pubblici del popolo romano, ma anche
per l'età sillana.
Cicerone ad Att. XII 5, 3 pregava infatti Attico di fargli
conoscere sotto quali consoli sarebbero stati tribuni P. Sce-
vola, più tardi pontefice massimo (ciò che aveva avuto luogo
' Su tutto ciò la mia Storia critica di Uoma II p. 178; 321.
SulF argomento v. le giuste osservazioni di B. Niese De annalibus ro-
vianis observationes (Marburgi 1886, 1888).
I Fasti dei tribwii della plebe 37
nel 141 a. C.) e L. Scribonio Libone che lo fu nel 149.*
Analoghi quesiti faceva rispetto all' anno del tribunato di
C. Fannio (verso il 141 ?) Cic. ad Att. XVI 13 b, 2.
Codesti dubbi si estendono anche agli anni successivi
ossia a tribuni della plebe del 107 e del 106. Rispetto a P.
Muoio Scevola, Cicerone Brutus 43, 161 dice: sed ne de Scae-
volae quidem tribunatu quicquam audisse videor et eiim
collegam Crassi credo fuisse. Quanto a quello di Licinio
Crasso (trib. 107) poche linee innanzi § 160, si osserva: sed
ita tacitus trihunatus ut, nisi in eo magistrata cenavisset apiid
praeconem Granium, idque nohis bis narravisset Lucilius,
tribunum plebis nesciremus fuisse.
Quest'ultime parole escludono affatto l'esistenza d'un elen-
co ufficiale di codesti magistrati e fanno ripensare alle analo-
ghe parole di Livio II 33, 9 ove parlando di Coriolano ri-
corda Cominio il console nel 493 e dice: nisi foedus cum Lati-
nis columna aenea insculptum monumento esset ab Sp. Cassio
uno, quia collega afuerat, ictum, Postumum Cominium bellum
gessisse cum Volscis memoria cessisset.
Ora chi non vede che tanto per i i^iù antichi consoli come
per i tribuni della plebe mancavano liste ufficiali ed era ne-
cessario ricorrere ad indagini letterarie o monumentali quali,
stando a Cicerone, si facevano per il tribunato di Scevola
nel 106? 2
' I testi relativi a questi tribunati v. raccolti dal Niccolini Fasti
trib. pleb. ad ann. p. 221, 217.
^ Cic. Brut. 43, 161: fribiinus anno post fuit, coque in rostris sedente suasit
Serviliant, legem Crassus ; navi censuram sine Scaevola gessit; euni enim magi-
stratum nemo unquam Scaevolarum petivit.
Non è ben chiaro ae AscONio in Pison. p. 7 K: ante biennium . . . Q. Me-
tellus Celer consul designatus (cons. 60 a. C.) viagistros ludos Compitalicioa
facere prohibuerat, ut Cicero tradit, quamvis auctore tribuno plebis fierent ludi;
cuius tribuni nomen adhuc non inveni voglia dire clie non era possibile ritro-
vare il nome di un tribuno o quale dei tribuni di quell'anno avesse atteso
a quei ludi.
38 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
*
* *
Se ci volgiamo infine ai Fasti sacerdotali non giungiamo
a conclusioni diverse.
A noi sono, è vero, pervenuti frammenti dei Fasti dei
magistrati romani che presero parte alle feriae Latinae e che
rammentano persino i decemviri (C/L, XIV 2236-2248; cfr.
Mommsen Eoem. Forschungen II p. 97). Ma codesti Fasti fu-
rono incisi nell'età cesariana od augustea (v. G. De Rossi
nel!' Eph. Epigr. II, p. 100) e certo non hanno valore mag-
giore dei Fasti della Regia. Nel fatto mentre Livio riferisce
personalmente i Fasti sacerdotali del tempo delle guerre
Puniche, raramente ha occasione o è in grado di indicare
quelli del IV secolo. Cita è vero III 7, 6; 32, 3 a titolo per cosi
dire di eccezione, i magistrati morti di pestilenza nel 463 e
nel 463 e (cfr. invece V 31 a. 392) ricorda il nome di Q.
Furio pontefice Massimo nel 449 (III 54), ma è degno di nota
che Asconio in Cornei, p. 69 K, autore diligentissimo, ram-
menta invece come tale un M. Papirio.^
Che i Fasti sacerdotali anche di età molto posteriore fos-
sero incerti, risulta dal fatto che Livio, XXX 26, 7, non
decide la questione se fosse o no vero che Fabius Maximus
fu augure per 60 anni. Cfr. Plin. n. li. VII 156. Con ciò con-
corda il fatto che a proposito della lex Ogulnia del 300 a.
C. sull'ammissione dei plebei al pontificato ed all' augurato,
Livio X 6 non sapeva decidere se le sedi occupate dai
La povertà delle iudicazioni degli antichi sui Fasti sacerdotali ri-
eulta tanto dai dati raccolti dal Bakdt Die Priester der vier grossen Collegien
(Berlin 1871) quanto da A. Klose Boem. Priesterfasten (Breslau 1910).
Valore storico dei Fasti 39
nuovi auguri fossero state o no determinate dalla morte
degli anteriori sacerdoti di questo ordine.
Che i dati degli anticlii fossero discordanti in argomenti
di questo genere provano anche le notizie rispetto ai ludi
secolari (Gens. d. d. n. XVII 9 sgg.) I XVviri sacris faciundis
fissavano la data del 456 per i primi ludi. Ma questa, come
quella del primo anno della repubblica, non ha alcun valore.
Cosi non paiono autentici i secondi ludi saeculares del 356.
Gli antichi erano in dubbio se i tertii ludi fossero stati fatti
nel 249 o nel 236, se i quarti cadessero nel 149, nel 146 o
nel 126 a. C. Codesti ludi vennero da Taranto, perciò il luogo
in cui a Roma si compievano si diceva Tarentum. Forse essi
non furono accolti a Roma prima delle relazioni con Taranto
del IV anzi di quelle del III secolo.
Certo è ad ogni modo che nessuno Stato antico o mo-
derno ha pensato o pensa a celebrare ludi secolari prima di
aver avuto qualche secolo di storia, cosi come nessuna Comu-
nità comincia a raccogliere ed a fare incidere il nome dei
suoi magistrati sino dai primi tempi della sua esistenza. Le
date dei primi ludi saeculares sono senza dubbio apocrife e
le liste dei dittatori e dei consoli, ove anche fossero del tutto
autentiche, sarebbero sempre risultato di posteriore ricerca
ed elaborazione letteraria.
Lasciando da parte i Fasti dei magistrati e dei sacerdoti
minori che ancor più di quelli dei pontefici ci sono giunti in
modo assai frammentario, che non si prestano quindi ad un
esame compiuto, limitiamoci a constatare che rispetto ai Fasti
dittatori, consolari ed a quelli dei tribuni militum consulari
potestate, v'erano liste diverse e facciamoci ora la domanda
quando esse siano sorte e con quale materiale siano state
redatte.
40 latorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
II.
Occasioni al formulare le Uste dei Fasti — Elementi con cui furono
costituite.
L'opinione oggi ammessa da vari studiosi rispetto all'ori-
gine dei Fasti consolari è la seguente: Ragioni di Stato e
transazioni private quotidiane rendevano necessario ricor-
dare il nome dei magistrati eponimi. Assai presto si dovette
pertanto incominciare a raccoglierli. Roma al principio della
libera repubblica aveva già alcuni secoli di storia e 1' uso
della scrittura era già diffuso. Prova evidente il cippo ar-
caico del Foro, che indica appunto il costume già esistente
di scrivere su monumenti durevoli.
Contro questa teoria già da molti anni feci valere che
dalla conoscenza della scrittura a Roma nel V secolo non
è lecito ricavare che sino dal 509 si sia incominciato a
conservare il nome dei magistrati. Lascio da parte il fatto
che, stando agli antichi eruditi romani, solo con il tempo
di Porsenna si incominciò a scrivere con lo stilo * e che
i monumenti anteriori all' incendio Gallico, come Livio
(VI 1) esplicitamente afferma, erano rari. Osservo però che
l'opportunità di raccogliere i nomi dei magistrati non era
determinata, come è stato anche di recente ripetuto, dalla
necessità di regolare privati interessi garantiti da date e da
nomi dei magistrati.
"to'
Plin. n. 11. XXXIV 139 che si riferisce ai vetustissimi auctores.
Occasioìie al formulare le Uste dei Fasti 41
Nel più antico diritto privato romano, è cosa nota, in fatto
di cambiamenti di proprietà o di danaro dato a mutuo sia
si trattasse ad es, di gesta per aes et libram sia di stipulatio
e di acceptilatio, si ricorreva, come presso altri popoli, all' a-
zione, alla parola non alla scrittura.' Se si considera che
sino al secolo IV, per lo meno sino alla creazione del prae-
tor (367), se non più tardi, la giurisdizione propriamente
civile ed il processo rimasero una attribuzione dei pontefici,
come può pensarsi a documenti privati in cui si faceva
ricordo dei magistrati rivestiti sopratutto delV imperium, ossia
del comando militare?
Nessuno è in grado di stabilire quando precisamente in
Roma dal testamento orale si -passò ad es. a quello scritto.
Ma se dalle tradizioni migliori è affermato cke a Roma
prima della metà del V secolo non v' erano leggi scritte,^
come mai può ammettersi che vi fossero obbligazioni e con-
tratti distesi con la scrittura? Come può ammettersi che la
necessità di fare il richiamo al nome dei magistrati supremi
abbia dato occasione a conservare ed a confermare quello
dei consoli anteriori al decemvirato?^
Nomi di magistrati erano serbati, sia pure raramente, in
monumenti pubblici e nei documenti privati; ma solo molto
' Accenno a cose risapute e non T'insisto. Noto solo che ove nel passo
di Livio VI 14, 5 ad a. 385 relativo al centurione addictus liberato da
Manlio Capitolino si logge: inde rem creditori pai ani populo solvit libraque
et aere liberatum emittit cet. v' è ancora un accenno alla forma di noto-
rietà e pubblicità così prevalente nel diritto arcaico.
* DioN. Hai.. X 57.
* Non occorre poi ricordare, per valermi delle parole del Mitteis
Eoem. Privutrecht I p. 306, che: Oeffentlicke Urkunden privatrechtlichen Inhalts
treten bei den Roemern merkivueì'dig spaet auf. Es gescMeht ersi ini Anfang des
dritten Jalirlmnderts p. C, das wir die ersten Spuren von eineni lus gestorum
der Magistrate, d. Ji. ihrem Recide, Prìvatrechtsgeschaefte schriftlich zu beiir-
ìcimden, vorfinden.
42 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
dopo il V secolo cou lo sviluppo sempre più crescente del-
l'attività collettiva dello Stato, con l'incremento della scrit-
tura e dell'incivilimento, dati sino allora serbati negli archivi
sacerdotali, eppoi delle più insigni famiglie, vennero usufruiti
per compilare regesti, annali ed infine elenchi di magistrati.
Primi raccoglitori di codeste liste furono naturalmente
i pontefici massimi, quegli stessi che formarono gli annali
da loro detti massiìni, che erano i depositari del sacro
archivio della Nazione, e che infine nei tempi più vetusti
avevano la giurisdizione civile. Ed è ovvio il pensiero che
agli annalisti romani riuscisse agevole conoscere il nome dei
magistrati eponimi conservati nelle Tavole pontificie degli
anni successivi all'incendio Gallico.
La tradizione dice espressamente che partiti i Galli si
ricercarono leggi e -trattati, e che alcuni di tali documenti
come le leggi regie e quelle delle XII Tavole, si sarebbero
salvate, Liv. YI 1, 10 sq.
Ammettiamo che ciò sia perfettamente vero. Ma le tavole
di legno su cui scrivevano i pontefici,^ perirono senza
dubbio nell'incendio. Ora noi non abbiamo modo di stabi-
lire quali siano precisamente i monumenti salvati e quali
siano i periti. Solo possiamo ammettere in massima che
le liste superstiti dei Fasti derivino:
1. Dai testi e monumenti sopravissuti all'incendio Gal-
lico; ad es. il foedus Ardeatinum citato da Licinio Macro
per il 444, Liv. IV 7, 12, la corazza di Cornelio Cosso, Aug.
apud Liv. IV 20, 7.
2. Da possibili ricostituzioni fatte dai pontefici, in base
a materiali da essi conservati od anche parzialmente rico-
struiti a memoria.
« Cat. apnd Gell. n. A. II 28, 6 Cic. de orai. II 12, 52 DiON. Hal.
I 73, 74 III 36 Skrv. ad Aen. I 373.
Occasioni al formulare le Uste dei Fasti 43
3. Da memorie di famiglia, le quali però, come si è espres-
samente attestato, dettero origine a molti falsi triumpM e
moltiplicarono i consolati {plures consuìatus) e crearono
molte false genealogie, Cic. Brut. 16, 62.
Noi ignoriamo quando coteste liste abbiano incominciato
ad essere propriamente raccolte o collazionate. Sappiamo solo
cbe Gneo Flavio, l'edile curule amico e protetto di Appio
Claudio, sino dal 304 a. C: aediculam aeream fedi in Grae-
costasi, quae tunc supra Comitium eraf, inciditque in tabella
aerea factam eam aedem CCIIII annis post CapitoUnam de-
dicatam, Plin. n.h. XXXIII 19.
Quest'ultimo calcolo fu fatto in base ad una lista di magi-
strati ?
Nulla elimina in modo assoluto tale ipotesi. Ma non è
nemmeno escluso che Gneo Flavio abbia seguito un metodo
assai diverso. Nessuno infatti che si occupi di cronologia
ignora il celebre passo di Livio VII 3, ad a. 363 a. C. ove si
legge: Lex vetusta est, prìscis litteris verbisque scripta, ut,
qui praefor maximus sii, idibus Sepfembribus clavum pan-
gat: fxa fuit dextro lateri aedis lovis Optimi Maximi, ex
qua parte Minervae templum est. eum clavum quia rarae
per ea tempora litterae erant, notam numeri an-
norum fuisse ferunt eoque Minervae tempio dicatam
legem, quia numerus Minervae inventum sit. Vòlsiniis quoque
clavos indices numeri annorum fìxos in tempio Nortiae, JEtru-
scae deae, comparere diligens talium monumeiitorum auctor
Cincius adfìrmat. Horatius consul ealege temphuìi lovis Optimi
Maximi dedicavit anno post reges exactos^ a consulibus postea
ad dictatores, quia maius imperium erat, solemne davi figendi
translafum est. intermisso deinde more digna etiam per se visa
res propter quam dictator crearetur.
44 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Il costume accennato da Cincio non è esclusivo degli
Etruschi e dei Romani. Non solo se ne trova testimonianze
momumenti e ne rimane traccia nel vivente linguaggio to-
scano, ma risponde per giunta a costumi esistenti presso tanti
popoli primitivi, i quali con aste, con nodi e con altri segni
analoghi esprimevano ed esprimono i numeri successivi delle
cose.
Sappiamo che il mos di cui Livio ci parla fu intermissus.
Ciò rende poco probabile, lo ammetto, ma non esclude del
tutto che Gneo Flavio abbia fatto in base a tali chiodi il
calcolo del tempo passato dalla fondazione del tempio Capi-
tolino a quello in cui egli dedicò l'edicola della Concordia.
Ma io tendo a credere che sino dal tempo di Flavio, edi-
tore dei Fasti, ossia del calendario giudiziario, si fosse in-
cominciato a fare ricerche di questo genere. Io penso anzi
che ciò si fosse incominciato qualche decennio prima, vale
a dire sino dall'anno successivo a quello in cui i Galli lascia-
rono Roma, in cui, come la tradizione afferma, si presero
norme relative appunto al calendario (Liv. VI 1). Ebbene
tutto ciò non esclude il fatto certo ed inoppugnabile che i
collettori di questi dati sul finire della repubblica si trovarono
di fronte a svariati elementi, alle diverse liste, di cui noi
troviamo l'eco sia nei testi di Diodoro, di Livio, di Dionigi
di Alicarnasso, sia negli atti incisi sulle j)areti della Regia.
Ma accanto a questi documenti ve ne erano pure altri.
I pontefici non erano i soli a custodire memorie. Anche gli
auguri sembrano aver fatto qualche cosa di simile. Le loro
dottrine erano bensì arcane e si trasmettevano soltanto a
voce (Cic. de domo 15, 39 Paul. ep. Fest. p. 16 M s. v. arcani
Plut. quaest. Rem. 99), ma ci viene espressamente detto che
anch'essi avevano scritture ed archivi. È bensì vero che nei
Occasioni al Jormulare le liste dei Fasti 45
Ubn e nei commentari degli Auguri erano contenute sopra-
tutto indicazioni di carattere dottrinale e rituale (Cic. de
dimn. II 18, 42 Varr. d. L L. V 21, 58; VII 51 Fest. p. 253
M s. V. paludati p. 317 s. v. sanqualis). Ma va pur notato
clie in misura che non sapremmo determinare, porgevano
dati clie avevano un certo valore storico. Lo mostra il passo
seguente che ha tanto più valore in quanto Cicerone che lo
distendeva era già augure: de rep. II 31, 54: provocationem
anfem etiam a regibus fuisse declarant pontificii libri, signifi-
cant nostri etiam augurales.
Oltre a ciò v' erano i libri lintei dei magistrati conservati
nel tempio di Inno Moneta nell'arac. (Liv. IV 7, 12; 20, 8;
XXXIX 52, 4). Orbene dalle indicazioni che ci sono pervenute
al 444 ed al 437 noi apprendiamo che le liste dei magistrati
conservate nel tempio di Giunone nell'ara; non corrispon-
devano affatto a quelle delle altre fonti che probabilmente
derivavano dagli annali dei pontefici.
Annali dei pontefici e libri dei magistrati sono periti. Ma
chi può dirci quante divergenze oggi esistenti e per noi insa-
nabili, derivino appunto dalle due serie di documenti? Chi
può stabilire sino a qual punto vi fu negligenza da parte
degli annalisti che esaminarono codesti archivi?
Quanta e quale sia stata al riguardo l'attività degli an-
nalisti e degli eruditi romani dal principio della storiografia
nazionale, vale a dire dai tempi di Fabio Pittore, sino all'età
di Attico, di Cicerone e di Varrone, noi non abbiamo più
modo di stabilire. È evidente che scrittori, come Catone il
Censore, il quale rintracciava la data delle città italiche
(v. ad es. per Ameria apud Plin. n. h. Ili 114} o come Fabio
la data della fondazione di Roma (v. Dion. Hai. I- 74) non
mancarono di esaminare anche i dati che si riferivano alle
liste eponime dei magistrati. Ma tutto quanto si riferisce a
46 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
questo argomento è purtroppo perito. Constatiamo soltanto
che nell'ultimo secolo della repubblica una serie non piccola
di scrittori come Scribonio, Attico, Varrone, Cornelio Nepote,
e dopo tutto Io stesso Cicerone attendevano a fare studi di
cronologia o di genealogia. '
Frutto di queste ricerche è la lista dei dittatori e magi-
stri equitum, dei consoli, dei cens-ori, dei trionfatori, che fu
fatta incidere da Augusto sulle pareti della Eegia del Foro.^
Sarebbe interessantissimo stabilire come codesti vari scrit-
tori abbiano atteso al loro compito; ed è certamente assai
preziosa ogni indicazione che valga a ritrovare, sia pure in
parte, la maniera con cui sorse la lista di Attico, vale a dire
il sistema seguito da Varrone e da Cicerone che in fondo
corrisponde a quello accettato dai compilatori delle liste
della Regia. '"^ Ma gli elementi per codesta ricerca sono pur-
troppo scarsi ed il criterio per stabilire il valore dei Fasti
dittatori e consolari non emerge già dalle differenze di un
nome o di un anno fissato da Attico e da Varrone di fronte
a quello riferito da Diodoro. L'arbitrio con cui fu determi-
nata l'età Regia, l'apparente compattezza ed unità di dati
per i magistrati anteriori al decemvirato, di fronte alla in-
finita varietà di nomi per il periodo posteriore dei tribuni
' La questione certamente importante se i Fasti della Regia siano stati
incisi nel 30 ovvero nel 12 a. C. (su ciò v. Borghesi Opere IX p. 6 sgg.
MoMMSEN Uoem. Forschungen II 58. Hirschfkld nell' Hermes IX 1875 p. 267
sg., X 1876 p. 469 sg. v. ora Kleine Schriften (Berlin 1913) p. 330 sgg.
Hbnzììn ad C'IL. V p. 10) è secondaria rispetto a quella della genesi storica
di codeste liste. Ma per trattare a fondo questo secondo argomento manca
pur troppo il materiale.
' Su Attico V. le buone osservazioni di Muenzer in Uermes XL (1905)
p. 50 8g. .
Circa i rapporti fra il liber annalin di Attico ed i Fasti della Regia v.
giuste osservazioni in C. Ciohorius De fastìs conmlaribus antiquissimis (Lipsiae
1886) p. 249 sgg.
Occasioni al formulare le liste dei Fasti 47
miUtuìn, cKe dovrebbe essere invece molto più certo, ci rende
oltre molto perplessi sulla possibilità di conseguire dati
sicuri.
Qualche termine sicuro di confronto lo abbiamo per mezzo
dei sincronismi rispetto alla storia greca. Ma sono elementi
purtroppo assai scarsi che dall'annalistica romana furono
assai male usufruiti, come mostra la confusione di Gelone
con Dionisio (Dion. Hai. VII 2) e l'aver fissato al 431 an-
ziché al 480 la prima invasione dei Cartaginesi in Sicilia
Liv. IV 29, 8. Errore meno grave ma tuttavia notevole,
trattandosi di tempi ormai storici, è rappresentato dalla
data erronea che dalla vulgata varroniana venne assegnata
alla invasione Gallica (390 in luogo di 387 a. C.).^
Che i compilatori delle liste eponime incise sulle pareti
della Regia (Fasti Capitolini) abbiano qualche volta bevuto
grosso e si siano eccessivamente fidati di dati non autentici
già accolti dalla annalistica posteriore risulta all'evidenza
dall' esame degli Atti dei trionfi.
Nel giudicare del valore dei Fasti, noi non seguiamo,
come abbiamo già sopra osservato, i criteri di quegli stu-
diosi che, mentre riconoscono il debole valore degli elenchi
dei dittatori e degli Atti Trionfali, cercano dar maggiore
importanza alle liste consolari. L'elenco degli Atti Trionfali,
ci si permetta insistere su questo punto, era inciso sulle pareti
della Regia nel Fòro ; quello dei dittatori e dei maestri dei
cavalieri lo era del pari nelle stesse pareti che contenevano
l'elenco dei consoli. Essi derivavano originariamente da ana-
loghe fonti. Nulla infatti prova che le varie indicazioni
' Riferisco il dato polibiano. Sulle teorie di alcuni moderni che pongono
la data della presa di Roma al 383 od al 381 v. la critica del Leuzb Die
roem. Jahrzàhlung (Tiibingen 1909) p. 312 sgg.
48 Inionw alla formazione ed al valore storico dei Fasti
date negli elenchi delle pareti esterne della Regia non fac-
ciano capo alle medesime sorgenti e che gli errori che im-
plicano le prime liste non si estendano anche alle seconde.
Ove ben si consideri il problema, si vedrà che il va-
lore degli Atti trionfali, delle liste consolari e dei dittatori
non è su per giù che lo stesso di quegli elogia che Augusto
fece collocare nel Foro che da lui prese il nome e che, come
è noto, contengono talora errori e menzogne. Guardiamoci
adunque nel giudicare codesti documenti dal seguire un cri-
terio unilaterale oggi da molti seguito ma che non ha al-
cun fatto a sua base.
Quando si debba o no seguire i Fasti della Regia o si
debba invece preferire quelli discordanti può esser stabilito
come tosto ripeteremo, solo mediante l'esame intrinseco dei
fatti storici attribuiti a personaggi ricordati dai Fasti. Frat-
tanto constatiamo come sia erroneo il principio che i Fasti
della Regia rappresentino una tradizione antichissima co-
stantemente sicura, e che essi siano in certo modo la pietra
di paragone per mezzo della quale sia dato controllare il
valore degli altri dati. Codeste liste, per quanto nel loro
complesso siano documento prezioso e spesso attendibile,
sono invece il resultato finale di una lunga serie di elabo-
razioni, del confronto di vari documenti e di tradizioni
letterarie.
Un'altra conferma che a Roma mancava un elenco uffi-
ciale antichissimo sul quale man mano si venisse aggiungendo
il nome dei nuovi magistrati, è offerta dalla circostanza che
i Fasti della Regia, al pari dei testi letterari, ricordano bensì
consoli, censori, e dittatori, ma non fanno menzione del
praetor, che fu creato per la prima volta nel 367 in seguito
all'approvazione delle leggi Licinie-Sextie.
Occasioni al formulare le liste dei Fasti 49
La tradizione ci fa sapere esplicitamente che dal 366 al
336 il praetor fu esclusivamente eletto fra i patrizi e che
il suo ufficio aveva specifica importanza rispetto alla giuri-
sdizione civile. Le magistrature dei praetores urhanus et
peregrinus conservarono sino alla fine della repubblica ca-
rattere eponimo.^
Or bene come mai i Fasti non ne fanno mai menzione?
Come mai in Livio sono ricordati solo saltuariamente sino
alla fine delle guerre Sannitiche? Se ci fosse stata una lista
ufficiale di cotesti magistrati come mai sarebbero stati pas-
sati sotto silenzio? Perchè non furono ricordati nella parete
della Regia? Chi non vede che abbiamo redazioni accorciate
che non rispecchiano la forma delle liste più antiche ed
originali ?
La mancanza di liste ufficiali è del resto dimostrata in
modo inoppugnabile dal fatto, a cui abbiamo già accennato,
che tutte le volte che Livio si trova di fronte a dubbi sul
nome dei consoli, sull'esistenza di essi anziché di tribuni mi-
litum e sull'attività di un dato dittatore, non risolve mai il
quesito che egli stesso si è posto o che ha trovato nelle sue
fonti.
Livio si limita invece ad accennare all' esistenza di
diverse liste, a divergenze fra annali più antichi e più re-
centi e dichiara non esser possibile risolvere tali dubbi per
l'eccessiva antichità o per la mancanza di scrittori contem-
poranei.
' I praetores urhanus et peregrinus souo ricordati nel senato consulto su
Asclepiade Clazomenio e sui suoi amici del 78 a. C. CIL. I u. 203 e com-
pare sugli Atti dei fratelli Arvali e su altri documenti indicati ad es. dal
MOMMSEN Boem. Staatsrecht I* p. 601 n. 3.
Sulla menzione o no di praetores nel Uber annalis di Attico e nello scritto
analogo di Scriboxius Libo v. i passi in CiC. ad Att. XIII 30, 3 ; 32, 3.
Pais Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma 4
50 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Ora è evidente che Livio si sarebbe espresso assai di-
versamente, ove avesse avuto modo di disporre di un docu-
mento ufficiale indiscutibile, ove le liste, che nell'età sua
erano state accettate da scrittori come Attico e Varrone,
avessero avuto valore canonico al di sopra di qualsiasi con-
testazione.
Livio invece, seppure, come è ovvio pensare, ebbe no-
tizia degli studi di Varrone e di Attico o di altre analoghe
ricerche,^ ben sapeva che non bastavano a distruggere le
varianti e le discrepanze già notate dagli annalisti che lo
avevano preceduto. Egli si limitava quindi a riferire dati
incerti senza nulla risolvere.
Ciò non indica la incuriosità scientifica dello storico Pata-
vino, tantomeno la sua inettitudine, come è stato mille volte
detto, a risolvere problemi di questo genere, ma la mancanza
di un documento sicuro ed ufficiale a cui egli potesse senz'altro
riferirsi per troncare la questione.
Solo ove si ammetta che i Fasti consolari fossero da
tempo interpolati, si intendono infine le parole di Cicerone
ove si lamentava dei falsi triumphì e dei plures consulatus,
* *
I cultori della storia medioevale sanno benissimo che i
nomi di magistrati si trovano registrati con designazione
cronologica in documenti autentici, ma che le indicazioni
relative alla loro attività e le liste complete di tali nomi
si andarono man mano raccogliendo in età posteriore.
' Il liber annalis di Attico era già edito fra il 51 ed il 46 v. Munzer
1. e. p. 75. Quello di Libone era già edito prima del 45 Cic. ad Ati. XIII
44, 3. Ora come è noto i primi 28 libri di Livio furono composti fra il 27
ed il 19 a. C. Cfr. I 19, 3 ; XXVIII 12, 12. Per rapporti tra Livio ed i
Fasti della Regia v. Hirschfeld Eleine Schriften p. 350 sgg.
Confronti con altri Fasti 51
Ciò è naturalmente avvenuto anche per Roma. Le liste
dei Fasti incisi sulle pareti della Regia hanno origine nel
fondo autentica, in quanto derivano da atti più o meno sin-
croni, più o meno degni di fede, ma riproducono in parte
nomi derivati talora da quelle memorie private che, stando
alle esplicite dichiarazioni di Cicerone, di Claudio e di Livio
non meritavano alcuna fede.
A Roma, come altrove, codesta lista, interpolata talora con
elementi non sinceri, sorse in età relativamente tarda, dopo
qualche secolo di storia, quando per ragioni politiche e non
di solo interesse privato, si cominciò a sentire il bisogno di
tali compilazioni. Come Ellanico raggruppò i fatti più salienti
intorno all'elenco delle sacerdotesse di Argo, come il filosofo
Hippias dell' Elide cominciò nel V secolo a formare quel-
l'elenco dei vincitori di Olimpia, che diventò il più noto
punto di appoggio rispetto alla numerazione degli anni e
delle gesta politiche degli Elleni, cosi a Roma in età rela-
tivamente recente si incominciarono a raccogliere i dati re-
lativi ai magistrati sommi delle età anteriori.^
Un esempio analogo porge lo studio dei consoli delle
repubbliche medioevali. Nonostante tutto l'interesse politico
e commerciale per serbare tali nomi, la stessa repubblica di
Firenze, ossia la città più colta d'Italia nel medioevo, non
conservò sempre memoria costante dei nomi di tutti i suoi
' Il confronto tra i Fasti romani e le liste degli Olympionikae è di già
fatto fino ad un certo punto da Plutakco Nuvi. 1, ove, dopo di aver no-
tato sulla fede del cronografo latino Clodius il nessun valore delle genea-
logie romane per l'età anteriore all'incendio Gallico, nota come assai tardi
Hippias dell' Elis avesse incominciato a raccogliere tali liste senza avere
documenti degni di fede per il tempo vetusto : àn* oùSsvèg i5p|id)p,svov
àvayxaiou Tipòg utaxiv.
Sul valore delle liste degli Olympionilcae cfr. Beloch Griech. GescMchte
V p. 148 sgg.
52 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
consoli. Mancano quelli dei primi decenni; e per gli anni
successivi ne conosciamo solo una parte, la quale è stata ri-
costruita tenendo conto di documenti conservati anche fuori
di Firenze.
Rispetto al numero preciso di questi magistrati valga
ricordare die il cronista fiorentino Giovanni Villani, il
quale viveva infine in tempi non eccessivamente lontani
dalla creazione dei primi consoli, scrive: « E erano quattro.. .
« per ciascuna porta uno, e poi furono sei quando la città
« si partì a sesti. Ma gli antichi nostri non faceano men-
« zione de' nomi di tutti, ma dell' uno di loro di maggiore
« stato e fama dicendo ... : al tempo di cotale consolo e
« de' suoi compagni » . ^
Ciò vale pure per altre città d' Italia : ad es. per i Fasti
di Genova, ossia di una tra le più importanti città commer-
ciali del mondo nell'età di mezzo. ^ Il confronto più oppor-
tuno è però fornito dalla stessa storia medioevale di Roma.
Solo mediante ricerche di archivio, i critici moderni sono
riusciti a rintracciare in parte i fasti dei senatores del se-
colo XII. ^ La diligenza dei moderni, ove anche escluda fal-
' Giov. Villani V 32. Sui Fasti consolari fioreiitini r. le fondamen-
tali osservazioni dell' Hartwig Quellen tind Forschungen z. aeUesten Geschi-
chte der Stadi Florenz (Halle 1880) II p. 181 sgg. Il Santini Documenti
dell'antica costituzione di Firenze (1895) p. XXII sgg., esclude falsificazioni,
ma ammette errori cronologici e scambi di nomi. I piìi antichi consoli figu-
rano nel 1138. Il numero dei consoli noti varia da 1 (a. 1206) a tre (a.
1210] a 10 (a. 1174; a 13 (a. 1202) a 15 (a. 1203 n Mancano i magistrati
degli anni 1170 e 1198. Si direbbe di avere l'elenco dei tribuni viiliium
consulari potestate.
* Nei Fasti genovesi del Caifaro, che fu Console, abbiamo 4 consoli
per il 1102 sgg., 6 per il 1127, 3 per il 1130, 4 per il 1131. Per alcuni
anni se ne trovano 6 od 8. Vi sono lacune per vari anni come il 1056, il
1098. Sul numero preciso non abbiamo nulla di sicuro. Cfr. Canale Nuova
storia della repubblica di Genova I p. 248, 412.
' L. Halphen Ètudes sur l'administration de Rome au Moyen Age (Paris
Confronti con altri Fasti 53
sificazioni, uon riesce a trovare che alcuni di codesti nomi.
Molti secoli dopo il fiorire dei vari Stati moderni, gli eru-
diti hanno pensato a raccogliere i nomi dei magistrati epo-
nimi, ricavandoli da documenti di varia natura. In tempi
relativamente tardi, e non mai alle origini dei vari Stati,
si è tentato ricostruire la serie di magistrati eponimi per-
chè servissero di documento alle età future.
Rispetto alla formazione dei Fasti valgono infine nel loro
complesso quelle stesse leggi, che presiedono alla formazione
delle genealogie, generalmente false rispetto alle origini, e
non sempre esenti da interpolazioni anche per i periodi che
sono propriamente storici.
1907). P. Fedele Per la storia del senato romano nel secolo XII in Archivio
della R. Società Romana di Storia patria XXXIV (1911) p. 351; L'era del
senato romano ib. XXXV (1912,i.
54 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
III.
Argomenti in favore e contro la piena attendibilità dei Fasti — Gli
spostamenti delV anno civile — i' anno militare di sei mesi —
Valore delle tavole censorie — I Fasti anteriori alV incendio Gal-
lico furono salvati nel Campidoglio?
Contro i risultati ai quali siamo arrivati possono tutta-
via farsi le seguenti osservazioni :
Le differenze capitali rispetto al numero degli anni fra
i libri di Livio e quelli di Diodoro si riferiscono ad un li-
mitato numero di anni. E di fronte a varianti di nomi per
un certo numero di anni v' è un complesso di altri nomi
abbastanza compatto in cui ambedue le liste concordano.
Sia pure che Polibio erri nel riferire il collegio dei due
primi consoli e che Livio non sappia orientarsi rispetto alle
varie liste dei magistrati nei primi anni della repubblica ;
ma da Polibio e da Cicerone si ricava che si era già d' ac-
cordo in età relativamente antica rispetto al numero degli
anni passati dalla cacciata dei re, sia che questa venisse
fissata verso il 509, il 508 od il 507 a. C*
' POLYB. Ili 22, poneva il primo consolato 28 anni avanti il passag-
gio di Xerxesin Grecia; dunque nel 508 a. C; Cicerone de fin. II 20, 66
fissava la morte di Virginia 60 anni post libertatem recepfam. Ora Cicerone
de rep. II 37, 62, sa di un terzo anno del decemvirato 449 a. C. Si giunge
così al 509 come a principio della repubblica.
È inutile poi ricordare che al principio dell' impero le liste canoniche
non destavano piii alcun sospetto v. ad es. Ascox. in Cornei. 68.
Argomenti in favore o contro l' attendibilità dei Fasti 55
A ciò si aggiungono due fatti che parrebbero d'impor-
tanza capitale per assicurarci della veridicità complessiva
dei Fasti e della cronologia tradizionale.
Dionisio per ritrovare l'anno della cacciata dei re e del
principio dei magistrati della repubblica si vale infatti di
alcuni commentari censori, i quali indicavano il censimento
fatto due anni prima dell'invasione Gallica come avvenuto
119 anni dopo l'espulsione dei re. Orbene 389-]- 119 conduce
al 508 a. C
Plinio, d'altra parte, ci fa sapere che nella tavola di bronzo
con cui l'edile curule Gneo Flavio ricordava la dedica del-
l'edicola della Concordia, si indicavano, come data della de-
dica, 204 anni dopo quella del tempio di Giove Capitolino.
Gneo Flavio fu edile nel 304; dunque arriviamo daccapo, per
altra via, al 508 a. C.^
8e si può pertanto dubitare rispetto al valore delle liste
in sé e se è pur necessario riconoscere che queste sono il
frutto di contaminazioni di dati differenti, non avremmo
alcun serio motivo di muovere dubbi rispetto al numero
complessivo delle magistrature eponime. Considerando poi
che Gneo Flavio fu il primo editore dei Fasti e che insieme
coi Fasti giudiziari vi poteva jDur essere l'elenco dei magi-
strati eponimi della repubblica, sembra naturale pensare
che con l'opera di Gneo Flavio si colleghino la prima cono-
scenza di codesti eponimi e la relativa ed apparente compat-
tezza dei Fasti. ^
' Dios. Hal. I 74.
^ Plin. n. h. XXXIII 19 sq.: incidUque in tabella aerea factam eam aedem
celili (i codrl. B, C hanno CCIII) annis post Capitolinam dedicaiam.
' Su Gneo Flavio e la pubblicazione dei Fasti v. in queste Ricerche
parte I p. 217 sgg. e passim.
Che al tempo di Cicerone nei Fasti figurassero i nomi dei consoli ed
56 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fusti
Questi argomenti, in apparenza cosi persuasivi, perdono
gran parte del loro valore ove si considerino i dati degli
antichi rispetto alla durata dei consolati romani.
A parte la questione sull'esistenza in Roma di un anno
antictiissimo di soli 10 mesi, sia nei rispetti familiari cke
finanziari, anno di cui si serbarono traccie sino all'età impe-
riale, è evidente il fatto che il termine dei più antichi anni
civili non fu sempre rispondente al termine dell'anno lunare
di 12 mesi.^
Discutere minutamente tutti i dati relativi ai termini
degli anni civili romani equivarrebbe a trattare a fondo tutta
l'assai controversa questione della cronologia romana, che
ha dato occasione in questi ultimi cinquanta anni ad opere
numerose ed accurate, le quali si propongono di risolvere
problemi, che, secondo il mio modesto modo di pensare, non
possono per le ragioni che qui oltre dico essere condotti a
soluzioni soddisfacenti.
un sommario ricordo delle loro gesta, si è voluto ricavare un argomento
assai discutibile dìilla lettera ad AH. IV 8 6, 2: ut non minus longas iam in
codicillorum Fasiis futurorum consulum paginulas haheant quam faciorum.
' Le uotizie sull' antichissimo anno romano di dieci mesi di cui par-
lano gli antiquari romani (Fulvius et lunins apud Gens. d. d. n. 20, 3; 11,
21, 43), Ovii). Fasti I 27; III 99, 119. Plut. Niim. 18. Gell. n. A. IV 6, 16
Mackob. I 12, 3. Serv. ad Georg. I 43) trovano la loro couferma nel fatto
che l'anno di dieci mesi venne serbato rispetto al lutto domestico (Plut.
Coriol. 39, 9; Num. 12. Paul. Sent. I 21, 13. Fragm. Vatic. 321), alla vedo-
vanza (Cic. prò Cluent. 12, 35. OviD. Fast. I 35; III 134. Ben. ad Helv. 16
1. Cod. Theod. HI 8, 1 ; alla consegna della dote Pol\b. XXXII 13 ed alle
scadenze delle cose locate Cat. d. r. r. 146; 150 cfr. Mommsen Roem. Chro-
nologie 2." ed. p. 47 sgg.
Se pertanto la fonte di Livio II 7, 4 parlando della morte di P. Vale-
rius Poblicola dice che le matrone annum ut parentcm eum liigerunt ha
in mente l'anno di 10 mesi.
L'anno più antico romano era basato sul calcolo della gestazione del
feto umano. Il tempo necessario a raggiungere il parto era calcolato in
dieci mesi a Roma come in Grecia v. Hkkodot. VI 69. Xexopu. Hell.
Ili 3, 2; Pi-ut. Ayes. 3. Athkn. VIII 350 f.
T.
a. 493 a.
C.
II.
a. 479 a.
C,
m.
a. 463 a.
C,
IV.
a. 462 a.
c,
V.
a. 460 a.
e,
VI.
a. 450 a.
e.
VII.
a. 443 a.
e.
Spostamenti dell'anno civile 57
Basti quindi accennare a spostamenti attestati dagli an-
tichi, per l'entrata in carica dei magistrati eponimi notando
che lo studio minuto dell' antica tradizione sembra condurre
a variazioni anche più numerose ;
1.0 Settembre. Dion. Hai. VI 49.
Termine accorciato di due mesi. Dion.
Hai. IX 13.
I Agosto. Liv. in 6.
II Agosto. Liv. Ili 8, 3.
Decembre. Liv. Ili 19, 2.
15 Maggio. Liv. Ili 36, 3 ; 38, 1.
15 Dicembre Dion. Hai. VI 63 cfr. per
423 Liv. IV 37, 3.
Vili. a. 401 a. C. = 1 Ottobre. Liv. V 9.
IX. a. 397 a. C. = Accorciamento del termine per abdica-
zione. Liv. V 17 sg.
X. a. 390 a. C. = 1 Luglio Liv. V 32.
XI. a. 352 a. C. = Spostamento di termine per effetto di
undici interregni Liv. VII 21.
Xn. a. 341 a. C. = I consoli abdicano ante tempus . . . quo
ìnaturius i nuovi consoli sostenessero
la guerra. Liv. VIII 3, 4.
Non tengo conto dei molti altri spostamenti che si possono
ricavare da interregni, dalle date dei trionfi ecc. Tutti codesti
dati hanno dato luogo, a partire dal Mommsen, ad una serie
di sistemi cronologici, che si basano sulla erronea credenza
che noi si possegga tutta la serie di questi dati e che essi
abbiano valore, non solo come fenomeno generale attestato
dalla tradizione e rispondente al vero in tesi generale, ma
58 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
alla cronologia ed alla storia dei singoli anni per i tempi
anteriori alle guerre Sannitiche.
Il confronto fra i passi di Livio e di Dionisio sopra ci-
tati mostra invece come ciascuno di codesti autori ci porga
solo una parte di codesti elementi. A prescindere dalla at-
tendibilità della tradizione, ove avessimo tutti gli elementi
di tal natura, noi potremmo tentare la ricostruzione di quella
che gli antichi credevano cronologia romana.
La miglior prova che Livio, rispetto ai termini dell'anno
civile, dà solo alcuni dati, è fornita dal fatto che egli, solo
incidentalmente e di rado parla delle intercalazioni (ad es.
XLni 11, 10 XV U, 3). Così Livio ricorda il primo (V 13, 6),
il terzo (VII 2, 2), il quarto (VII 27), il quinto lectlsterniiim
(Vm 25), ma salta il secondo. Del pari egli, pur ricordando
in massima la dedica dei templi, non menziona quella del
tempio di luno Lucina sull'Esquiliuo ricordata per il 375
a. C. da Ovidio, Fast. IV 35, e da Plinio, «. h. XVI 235.
Per quanto incompleto, abbiamo nondimeno un complesso
d'indicazioni esplicite dalle quali risulta che in varie occa-
sioni i termini dell'anno civile furono spostati ed abbreviati.
Il termine dell'entrata in carica ora è fissato in Settembre, ora
in Maggio, ora in Luglio, talora in Agosto, ovvero in Dicem-
bre. Più tardi troviamo l'indicazione degli idi di Marzo a
cui poi si sostituì, come è noto, il primo di Gennaio.
Non mancano inoltre indizi per pensare che il termine
delle magistrature anziché con l'anno lunare di 12 mesi fosse
regolato, come presso altri popoli, dai solstizi d'inverno e di
estate e dagli equinozi di primavera e di autunno. I magistrati
romani sarebbero spesso entrati in carica agli idi di Settem-
bre, termine che si accosta all'equinozio autunnale. Talvolta,
come per il 443 a. C, sarebbero saliti in carica agli idi di
Dicembre, il giorno della festa del Settimonzio vicino al ter-
mine delle Brumalia, ossia del solstizio di inverno.
Spostammii delV anno civile 59
Dal racconto di Dionisio, VII 1, risulta che i consoli del
492 salirono in carica verso il solstizio d' inverno quando
fa fatta la pace fra plebei e patrici e sorse il tribunato della
plebe (la secessione era incominciata all'equinozio di autunno:
Dion. Hai. 1. e). Con ciò coincide il fatto che i tribuni della
plebe solevano entrare in carica il 10 Dicembre {Fast. Prae-
nest. ad d.; Liv. XXXIX 52). E con il termine antico di
entrata in carica anche dei consoli si spiega forse il fatto
che ancora al tempo di Siila i questori entravano in carica
alle none di Dicembre (v. Lex Cornelia d. XX quaest.; Cic.
in Verr. 1 10, 30. Schol. Gronov. ad L).
Il solstizio di estate è ricordato per il 463 a. C: jceol xàc,
OeQivàg {.idÀicrra Tgo:rtàg Selnliou fXT]vóg (KoiuvnXiov?). Dion.
Hai. IX 651. L'equinozio di primavera era infine non lon-
tano dalla data degli idi di Marzo sopra indicata. È vero che,
secondo la tradizione più diffusa, questo ultimo termine fu
usato dopo il 222 a. C. (v. i passi apud Mommsen Roem.
Cronologie, 2.* ed. p. 102); tuttavia si nota che il Regifugium
(24 Febbraio) era l'ultimo giorno dell'anno antichissimo suc-
cessivo a quello dei Terminalia ed era da alcuni autori con-
siderato come quello della cacciata dei re (Paul. ep. Fest.
V. 279 M. cfr. pp. 258-259 M. Plut. quaest. Rom. 63. Ovid.
Fast. II 685 sqq.). Ovidio (Fast. U 685 sqq. cfr. Auson. ed.
377, 5) conosce anzi una tradizione secondo la quale con il
Marzo cominciava l'anno sin dai tempi più vetusti.
In questo ultimo passo si suol vedere un errore di Ovidio.
Ma tale versione era nota anche ad altri autori; perciò Plu-
tarco Pojil. 9 (cfr. Lyd. de mens. TV 243; de mag. I 32) dice
che Bruto mori il giorno innanzi alle calende di Marzo e
che gli succedette Valerio, il quale si nominò collega T.
Lucrezio.
Che anche presso i Grreci i termini dell' anno civile ri-
60 Intorno alla form<izlone ed al valore storico dei Fasti
spendessero spesso agli equinozii ed ai solstizii, è noto. Basti
rammentare gli Achaei egli Aetoli, che incominciavano l'anno
civile con l'equinozio autunnale.'
Ed anche fuori di Roma i termini delle elezioni dei ma-
gistrati poterono essere spostati da ragioni sacre, v. ad. es.
per Siracusa, Plut. Dio 38.
Le irregolarità rispetto ai termini di entrata in carica e
della durata dei consolati nei primi due secoli della repub-
blica, all'avvicendarsi od al farsi menzione in liste diverse
di consoli o di tribuni della plebe, fa pensare a quelle che
si constatano alla fine della repubblica, dal triumvirato al
principio dell' impero, quando infine la durata del consolato
venne ridotta a semestri od a termini più brevi con irre-
golari termini di entrata.^
Vi sono pure ragioni per credere che a Roma, come al-
trove, gli anni fossero divisi in due parti equivalenti a due
semestri, rispondenti alle necessità differenti di operazioni
militari nell'estate, e di occupazioni di natura differente nel-
l'inverno. E come per tali ragioni le cariche dei dittatori
nominati per operazioni militari, non oltrepassarono mai i
sei mesi, cosi è oltremodo probabile che non sia stato esteso
a termini maggiori il comando dei tribuni militum consiliari
potestate, dacché anche in età posteriore i tribuni militum non
esercitavano complessivamente il comando militare per un
termine che oltrepassasse i sei mesi (Polyb. VI 34, 3).
I quattro anni dittatorii dei Fasti della Regia 333, 324,
809, 301 a. C. a cui mi sembra si possa aggiungere (non
' Polyb. IV 37. Per altri popoli, a parte i dati raccolti da Bisciioff
ad es. nei Leipzigcr Sttidien XVII p. 139 sgg. v. Ungkk Zeitrechnnng § IG.
' MoMMSEN Euem. Staaisrecht II' p. 82 sgg.
U anno di sei mesi 61
ostante il parere diverso del Mommsen. Roem. Sfaatsrecht II
p. 160 11. 3) Fanno dittatorio di Camillo (Liv. VI 1, 4. Plut.
Cam. 31, 3) devono pure essere stati anni di sei mesi, daccliè,
come 9 noto, l'ufficio del dittatore non poteva oltrepassare
codesto termine.
Il termine dei sei mesi risponde alla parte dell'anno utile
alle operazioni militari che nel calendario romano era fis-
sata in termini un poco più ampi fra il Tubilusfrium del 23
Marzo e V Armilustrium del 19 Ottobre.' Con l'esistenza di un
anno di sei mesi si concilia il fatto che gli auspicia, fonda-
mento dell'autorità dei magistrati, vigevano solo sei mesi
(v. Plut. Quaest. Rom. 38).
Che l'anno militare fosse diviso in semestria risulta tanto
da Polibio (VI 34, 3), dai tre bimestri delle coppie dei tribuni
militum, quanto dalla lex lidia Municipalis^ v. 92. Di divi-
sione dell'anno civile in semestri si trova traccia tanto ri-
spetto ai dittatori quanto al limite della censura a 18 mesi
(Liv. rV 24; IX 33; cfr. Mommsen Roem. Staatsrecht II p. 348)
ed al proconsolato di sei mesi (Liv. X 16, 1). Termini di sei
o di 18 mesi figurano e di frequente anche nel diritto civile
(v. Cic. prò Quinctio 8, 30. Suet. Claud. 23, Dig. XXI 1, 55
XLVIII 5, 30 cfr. Gaius IV 22, 104. lust. Inst I 6, 4).
Io non mi propongo raccogliere tutte le traccie degli anni
di sei mesi di cui si serba ricordo a Roma ed altrove. Noto
tutto al più che di un calcolo dell'anno militare in sei mesi
abbiamo ricordo ad es. in Tucidide, V 20, che lo contrappone
al militare (un altro esempio v. in Riano di Bene apud Paus.
IV 17, 21). xlbbiamo pure la prova che l'anno civile di sei
mesi vigeva presso gli Acarnani (ad es. Gens. d. d. n. 19, 7.
' Con ciò collima l'ordine ai provinciali di procurare all' esercito ro-
mano il frumentìim in sex menses v. ad es. Liv. IX 43, 6 XXIX 3, 5.
G2 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Macrob. I 12, 2), i Rodii (Polyb. XXVII 6, 2), i Geloi di Sicilia
(Inscr. Gr. Ital. et Sic. 256), gli Gnidii {CI. G. 2654);» a Tenos
(v. Michel Recueil d'inscript. grecq. n. 661). Per il caso nostro
è pure importante il trovarlo anche presso gli Umbri (Bue-
cheler Timbrica p. 38).
Mi guardo bene dall' affermare che tutti i dati riferiti
dalla tradizione annalistica intorno alla data di entrata o di
uscita dei magistrati per l'età anteriore all' incendio Gallico
siano degni di fede. Ma tutti i dati fin qui riferiti presi nel
loro complesso fanno nascere il dubbio se nella cronologia
romana di quell'età non si debba tener conto di qualche
anno di sei mesi come è presupposto dai quattro anni ditta-
tori 333, 324, 309, 301, come presuppongono del pari le indi-
cazioni sopra riferite (p. 57) sulla durata dei magistrati del
462-460 e la durata naturale dell' ufficio dei tribuni militari.
Io non voglio qui discutere se un esame della cronologia
romana da questo punto di vista non condurrebbe a risultati
nuovi ed inattesi. Mi sembra però lecita la domanda se Gneo
Flavio e Dionisio fossero rispettivamente in grado di parlare
di 204 o di 119 anni solari-lunari-civili, ovvero di anni civili
le cui durate essi stessi non avessero più modo di deter-
minare. ^
A favore dell' ipotesi che i Romani potessero calcolare
con certezza una lunga serie di anni solari-lunari può rife-
rirsi il fatto che, stando all'antica legge sopra riferita (p. 43),
• Cfr. BrsCHOFF 1. e, p. 315; negli Jahrbiichcr f. Pini. 1898; cfr. Strack
nel Rhein. Museum. LUI 1898 p. 399.
Senza darvi soverchia importanza noto che anche le duo dediche
succesaive del tempio della Fortuna Muliebre DiON. Hal. Vili 55 alle ca-
lende del Dicembre 487 e poi al 6 di Luglio dell' anno successivo avven-
gono alla distanza di un semestre.
L'anno di sei mesi 63
il magistrato clie avesse avuto il maius imperium quale dit-
tatore ovvero console, dovesse fissare un chiodo agli idi di
Settembre di ciascun anno in una parete del tempio di Giove
Capitolino presso la cella di Minerva.
E vero che Orazio console nel primo anno della repub-
blica avrebbe fissato codesto chiodo per il primo, allorché
dedicò il tempio, e che dal numero di codesti chiodi si sa-
rebbe potuto ricavare anche il numero degli anni dalla de-
dica Capitolina. Ma dallo stesso Livio, che ci porge codesta
informazione, noi apprendiamo che tale costume era caduto
in dissuetudine, allorché nel 362 a. C. venne ripreso. È per-
tanto incerto, come abbiamo già notato, se Gneo Flavio potè
calcolare gli anni dalla dedica capitolina, secondo gli anni
solari-lunari rispondenti alla lista dei magistrati e dal numero
dei chiodi infissi nel tempio di Giove Capitolino esattamente
rispondente a quello degli anni.
Se a questi fatti noi aggiungiamo la considerazione che
diversi autori variavano nell'aggiungere o nell'omettere al-
cuni consoli o tribuni militari (v. s. p. 21 sgg.), che non tutti gli
autori calcolavano i 4 anni dittatorii, che alcuni sapevano
di un solo anno di anarchia mentre altri parlavano di 5 o di
4, che infine Calpurnio Pisone saltava i consolati del 307 e del
306, che come ripeteremo a suo luogo paiono duplicazioni di
quelli del 296 e del 288 in cui sotto gli stessi consoli av-
vengono gli stessi avvenimenti, noi verremo al risultato che
il numero di 204 anni civili anteriori al 304 a. C. oppure di
119 anni civili anteriori al 389 a. C. non ci é garantito da
dati sicuri superiori a qualsiasi dubbio.
64 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Restano le tavole censorie. Ma queste, a confessione dello
stesso Dionisio, che le cita, erano conservate in archivi do-
mestici.
Dionisio I 74, 5 dice espressamente di avere attinto ai
TipiTixà v7to\ivr\[iaxa à 5ia8sx£tai Tialg Tiagà JtuTQÒg xal Jtepl
jtoÀ?wOii jroieÌTai xolc, fxsO' gavTÒv eao^^iévoig &ojieq lega atatQwa
jtaQa8i8óvai. jtoÀÀol 8' slalv àjtò tóov tiuì^tixóóv ol'xcov avSpes
ejtiqjavel^ ot biacpvXdxxovxec, avxd.
Esse appartenevano pertanto a quella serie di documenti
talvolta autentici ma spesso esposti a tutte quelle falsifi-
cazioni ed adulterazioni che Cicerone e Livio deplorano ove
hanno occasione di parlare delle memorie private. E che
dati di tal natura debbano essere accolti con la più grande
cautela, prova il fatto che in codeste tavole censorie (sv
xólg Ti[xiìrixoLs yQd[i\iaaiv) era scritto che al tempo di Servio
Tullio furono recensiti 85 mila cittadini meno trecento: ejil
fi.'UQicéoiv à)XTÒ iikidòeg névxe TQiaxoaicov djto880vaai (Dion. Hai.
IV 22).
Or bene si può credere, se cosi si vuole, alla personalità
storica di Servio Tullio ed alle sue istituzioni, ma nessuno
certo crede alla possibilità di conoscere il numero dei cit-
tadini di Roma nel VI secolo. Questo dato di Dionisio va
messo a fianco dell'altro in cui ci parla del numero delle
forze militari al tempo di Romolo.
Il debole valore dei dati censori riferiti da Dionisio,
anche per il V secolo appare inoltre dal fatto che nel cen-
simento avvenuto al tempo dell' incendio Gallico, di cui
Dionisio ci fa parola, s' indicavano tanti cittadini quanti
Le tavole censorie 65
Roma ebbe solo mezzo secolo dopo, nel censimento del 340
vale a dire quando, in seguito ad estese conquiste, s'im-
padronì dell' Etruria meridionale, del territorio dei Volsci
e di tutte quelle regioni che formarono le tribù Sabatina,
Arnieuse, Pomptina e Poblilia.
Plinio n. h. XXXIII 16, riferendosi a questo medesimo
censimento del 393 a. C. dichiara infatti: cum capta est Roma
anno CCCLXIIII. . . cum iam capitum liberorum censa essent
OLII miìUa DCLXXIIL
Ebbene in Eusebio Vers. Arm. a proposito del censimento
di mezzo secolo dopo ad a. 340 si legge: censu Romae facto
inventae sunt myriades XVI et FwuVZm. Ed in Hieron. 01.
110, 1 (cfr. Prosp. Aquit. I 539 E,) si legge: describtione Ro-
mae facta inventa sunt civium CLX millia.^
In breve il calcolo cronologico di Dionisio basato sui
censimenti non vale più di quello relativo dell' edicola di
Gneo Flavio.
La credenza che noi si possegga una serie di fasti genuini
e ben ordinati conservati nella Regia, ossia nell'archivio dei
Pontefici Massimi, che si possano far risalire fino a Gneo
Flavio o che negli archivi privati delle gentes si conser-
vassero dati sicuri che risalissero ai tempi anteriori all'in-
cendio Gallico non si basa pertanto su dati che stiano al
di sopra di qualsiasi discussione. -
' Sulla data delle quattro tribù sopra citate v. Liv. VII 15, 12 ad
a. 396.
* Le tahuìae censoriae ricordate da Vaiìr. d. l. L. VI 86 contenevano
solo formule. Nulla poi possiamo dire sull' età del commentarhim vetns anqui-
sitionis M. Sergi Mani Jilii qu(a)e8ÌorÌ8 qui capitis accusavìt {Tp-ogum ib. VI 90.
Anclie i dati che Varroi^e ib. VI 14 ricava dai libri Saliorum hanno
puro carattere di indicazione di rituali.
Pais Ricerche sulla storia e sul diritto ptibblico di Roma 5
66 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Da scrittori moderni è stato più volte esposto un altro
argomento a favore della tesi che le liste dei Fasti più
più antichi derivino da documenti ufficiali sincroni. I sacer-
doti romani, cosi si osserva, avrebbero trasportato sul Cam-
pidoglio il loro archivio allorquando i Galli incendiarono
la Città. Cosi si sarebbe potuto conservare la serie integra
e sincera dei magistrati eponimi.
A primo aspetto questa osservazione seduce. Secondo la
tradizione, passarono tre giorni di tempo prima che i G-alli,
accortisi che la Città era indifesa, osassero penetrarvi. Du-
rante questi tre giorni, i Romani, ci è detto, ebbero agio di
trasportare le masserizie e le cose più preziose sul colle Ca-
pitolino. I sacerdoti romani vi avrebbero adunque messo in
salvo anche loro documenti, cosi come si dice che fecero nel
secolo X i monaci della Novalesa allorché loro giunse no-
tizia dell' arrivo dei Saraceni.
Tuttavia questa ipotesi è contraddetta dalla stessa tra-
dizione.
La tradizione è infatti unanime nel dire che le vergini
Vestali, il flamine Quirinale ed i rimanenti sacerdoti presi
dal timor panico se ne fuggirono a Caere recando seco il
fuoco sacro di Vesta ed una parte dei sacri arredi.^ La tra-
' DiOD. XIX 115, 3 sa di viveri e di suppellettile preziosa portati nel
Campidoglio. Plutarco Cam. 20, 3 dice j)ure che èv Tipcóxo-.g 5s tmv ispòiv
& |ièv Eìg tò Kau'.xcóXiov àvea>tsuctaavxo, ma aggiunge che le Vestali con
il fuoco di Vesta e con le rimanenti cose sacre fuggirono. Le Vestali erano
sotto la tutela dei pontefici che dovremmo comprendere fra i sacerdoti che,
secondo la più diffusa versione, abbandonarono Roma, Liv. V 40, 10; VII
20, 7.
I Fasti furono salvati nel Campidoglio? 67
dizione aggiunge che essi seppellirono in un luogo detto
doliola non lontano dalla Cloaca Massima ciò che non po-
terono portare seco.*
E la versione circa la fretta con cui i sacerdoti abban-
donarono B-oma lasciandovi le cose sacre sarebbe confermata
dal racconto relativo al lituo di Romolo ritrovato sotto le
ceneri nel Palatino.^ Livio ci fa invece sapere che i docu-
menti pubblici superstiti furono più tardi ritrovati dopo la
partenza dei Galli non sul colle Capitolino bensi fra le ce-
neri della Città che i barbari avevano incendiato.^
Che in codesto incendio si fosse salvata qualche tavola
di bronzo contenente le leggi delle XII Tavole, ovvero le
leggi regie, come Livio ci afferma, è già molto difficile
ammettere per sé stesso; pur tuttavia ciò potrebbe accor-
darsi, visto che i Galli facevano soprattutto incetta di be-
stiame e di oro (Polyb. II 11: 6Q8[i|.iaTa xal '/Qvaó(;).
Riesce però difficile pensare che dall'incendio si fossero
salvate le tavole di legno in cui erano incisi i nomi dei
magistrati. Da Cicerone de orai. H 12, 52, e dal commentario
serviano ad Aen. I 373, apprendiamo infatti che le tavole
dei pontefici (dealbataé) erano di legno così come di tavole
di quercia pure si parla a proposito delle antichissime leges
regine attribuite al tempo di Anco Marcio (Dion. Hai. III 36).
D'altra parte Livio esplicitamente afferma che i com-
• Liv. V 40; 50, 3. Plut. Cam. 21. Blog. Alhini CIL. V p. 191. Nel rac-
conto di DiODORO XIV 105 si accenna alla fuga a Velo, ma nel cap.
117 si accenna pure indirettamente a Caere (cfr. Strab. V p. 221 C). Se i
doliola contenessero oggetti sacri del tempo di Noma o della catastrofe
gallica era oggetto di discussione fra gli eruditi romani Varr. d. l. L. V
157. Liv. V 40, 8. Plut. Cam. 20, 9.
' Cic. de divin. I 17, 30. DiON. Hal. XIV 2. Fast. Praen. ad d. 23
Mart. (Tubilustra). Plut. Cam. 32 (cfr. DiOD. XIV 115, 6).
' Liv. VI 1, 9.
68 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
mentari dei pontefici perirono nell' incendio Gallico VI 1, 2 :
si quae in commentariis pontifìcum aliisque puhlicis privatisque
erant monumentis, incensa urbe pleraeque interiere.
Vi sono casi in cui Livio, allorché riferisce le discordi
opinioni degli annalisti non è sicuro del vero. È naturale
che allora ci lasci titubanti. Ma non abbiamo certo ragione
di dargli sulla voce allorché candidamente afferma la man-
canza di documenti atti a ristabilire la realtà storica.
Se i sacerdoti avessero trasportato sul Cami3Ìdoglio il
loro archivio, come mai si sarebbero cercate, come da Livio
si apprende, nel Foro tra le ceneri della Città incendiata dai
Galli, le leges regiae e le XII Tavole ed i foedera?
La tradizione non ci dice inoltre che i sacerdoti furono
i primi a fuggire?
V'era però un'altra tradizione più onorevole per i sacer-
doti. I senatori, e fra essi il famoso Papirio, avrebbero at-
teso i barbari e la morte nel Foro o, secondo altre versioni,
negli atrii delle loro case.^ Il pontefice massimo Folio, che
votò alla morte i colleghi, avrebbe per il primo dato il
buon esempio attendendo con coraggio i barbari. ^
Ma anche questa seconda versione non afferma pertanto
che i pontefici furono tra coloro che si salvarono nel Campi-
doglio portando seco i sacri arredi. Anche questa tradizione
é concorde con la precedente che le leges e i foedera vennero
trovati dopo la partenza dei Galli tra le ceneri del Foro.
Si potrebbe nondimeno fare una osservazione. I docu-
menti dei pontefici e quindi le liste eponime da essi serbate
erano bensì andate distrutte durante l' incendio Gallico, ma
sull'ara? capitolina si custodivano gli archivi di altri sacer-
' Liv. V 41, cfr. Plut. Cam. 21. ZON. VII 23 (cfr. Cass. Dio I p. 29
Boiss). Le (lue tradizioni sono fuse in Flor. I 7, 9.
* Ln^ V 41. In Pr.UT. Cavi. 21 il pontefice è detto Fahiua.
I Fasti furono salvati in Campidoglio? 69
doti. Non ci è forse detto che nel tempio di Giunone Moneta
si conservavano i libri lintei citati da Elio Tuberone e da
Licinio Macro i quali in base ad essi riferivano dati discor-
danti sui nomi dei magistrati?
A prima vista questa osservazione ha qualche valore. Tan-
to più che queste indicazioni si riferiscono anche al 444 a. C,
ossia a tempi anteriori di mezzo secolo all' incendio Gallico.
V è nondimeno da osservare un fatto importante. Co-
desti libri lintei erano conservati nel tempio di Giunone
Moneta. Ora cotesto tempio fu eretto solo tra il 345 e il
344 a. C. e fu costruito non già sopra un edificio sacro
preesistente, bensì sull'area dove sino al tempo dell'incendio
Gallico era stata la dimora privata di M. Manlio Capitolino
(Liv. VII 28).
Le indicazioni di Licinio Macro e di Elio Tuberone non
derivavano adunque da documenti conservati nel Campido-
glio prima dell' incendio Gallico e nemmeno dal 387. Questi
vi furono trasportati da un altro luogo. Ed è forse qui il
caso di ricordare che il colle Capitolino (come io feci notare
molti anni fa, ed ora comincia ad ammettersi da qualche
dotto) diventò il centro sacro e religioso della Città solo
dopo che il Nume di Giove Tarpeio mostrò che codesto colle
era il luogo più sicuro per la difesa dei cittadini. Il Capi-
tolium Vetus, come apprendiamo da Varrone e da altri do-
cumenti, era invece situato sulla parte più a nord del Qui-
rinale, su per giù ove oggi è la sede dei re d'Italia non
lungi dalle limitrofe adiacenze del Palazzo Barberini.'
* Varr. d. l. L. V 158: clivua proximua versus Capitolium vetus, quod ìM
tacellum lovis lunonis Minervae et id antiquius quam aedis quae in Capitolio
facta. CIL. VI 373, 374. Not. d. Scavi 1887 p. 321 v. altre indicazioni nella
mia Storia di Roma I 2 (Torino 1899) p. 183 nota 1.
Ciò che nel 1899, detto la prima volta da me, parve eresia, ora è am-
70 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
D'altra parte, se anclie ci furono documenti conservati
da altri sacerdoti, contenenti indicazioni incidentalmente
usufruite dagli annalisti, la tradizione è concorde nel dire che
le più antiche memorie nazionali erano notate nelle tahulae
dei pontefici massimi, d'onde gli annalisti toglievano a lor
piacere le notizie che essi reputavano degne d' essere inse-
rite nei loro racconti.^ Tutta la tradizione annalistica, com-
presi gli annali di Livio, mostrano all'evidenza che ciò che si
riferisce a nomina di magistrati e ad espiazione di prodigio,
in breve, che la tessitura esterna dell'annalistica deriva dagli
Annali Massimi, e che Livio nei passi sopra riferiti cita inci-
dentalmente ed in via di eccezione i libri dei magistrati.
Livio ad ogni modo attesta esplicitamente che le me-
morie autentiche della storia romana anteriore all'incen-
dio Gallico perirono, che se alcuni dati erano conservati
in commentariis pontificum aliisque publicis privaiisque mo-
numentis, inceyisa urbe pleraeque interiere VI 1, 2.
Qualche cosa pertanto si salvò, ma la minor parte. Ciò
vale non solo per i commentarli dei pontefici ma eventual-
mente anche per tutte le altre scarse indicazioni che erano
state sino allora affidate alla scrittura.
Ove pertanto i Fasti di cui noi disponiamo facessero capo
alla redazione nota a Gneo Flavio o da lui pubblicata, questa
non poteva già custodirci la non interrotta trascrizione del
nome degli eponimi segnati man mano sino da età antichis-
sima, salvatasi per giunta attraverso la catastrofe Gallica.
La tradizione dei nomi a noi pervenuti rappresenta invece
una ricostruzione di età relativamente tarda, posteriore in
ogni caso all'incendio Gallico.
messa come la cosa più naturale del uioudo da O. Riciiter Das alte Rom.
(Leipzig 1913) p. 42.
' Cic. de orat. II 12, 52. DiON. Hal. I 73. Serv. ad Acn. I 373.
Fasti e fatti storici 71
IV.
Necessità di studiare i Fasti in stretta relazione con la veridicità delle
gesta attribuite ai singoli magistrati — Loro valore per la seconda
metà del IV secolo, per la prima metà del secolo medesimo e per
il secolo V — Conclusioni.
Ma se i documenti pubblici e privati anteriori all' incen-
dio Gallico per la maggior parte perirono, se le liste dei Fasti
sono frutto di tardiva ricostruzione e vennero talora inter-
polate, quale valore storico dobbiamo assegnare nel com-
plesso ai dati a noi pervenuti per le età più antiche per le
quali essi porgerebbero dati desiderati e preziosi?
Claudio, un cronografo citato da Plutarco, dichiarava
apertamente che le memorie anteriori alla catastrofe Gallica
erano indegne di fede poiché erano state composte a favore
di illustri famiglie. ^ E Plutarco parlando della data della
presa di Roma per opera dei Galli, dopo aver osservato che
tal fatto sarebbe avvenuto circa 360 anni dopo la fondazione
della Città, dichiarava : « se pure è lecito fissare con esattezza
la cronologìa di questa catastrofe, mentre si disputa sulV e-
sattezza di quella relativa ai tempi piti recenti».^
Prendendo a base codeste dichiarazioni dovremo noi far
tabula rasa delle indicazioni dei Fasti per l'età anteriore al-
l'incendio Gallico?
• Plut. Nuin. 1.
' Plut. Cam. 22: ei xtp 7i'.a-òv à-oaoJaSoS-ai T.va xòiv y^^i'tin'i àxpi-
gàtav, olg X7.Ì -ìpi vìwxépcov òcÀÀov/ à;i,',p'.a3YiTr^a'.v r; O'Jyx.'-'^-S sxsivr, Tia-
72 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Ciò sarebbe certamente arbitrario. Gli ammonimenti di
questi scrittori, che collimano cosi bene con quelli di Livio,
ci trattengono solo dal prestar cieca fede ai dati della
tradizione, non già a negarle fede in tutto e per tutto. A
negar in parte fede ai dati riferibili al periodo anteriore al-
l'incendio Gallico contribuisce fra l'altro l'esame dei primi
cinque libri di Livio che espongono, i fatti appunto anteriori
a tale incendio, confrontati con gli altri cinque che giungono
alla fine delle guerre Sannitiche e con quelli delle decadi
successive.
Emerge dal complesso di tale esame che la tradizione è
nel fondo compatta ove parla dei re o del periodo che dal
principio della repubblica va sino al decemvirato. Tale com-
pattezza scema, ma non scompare del tutto per l' età, che
vien dopo e giunge sino all'incendio Gallico. Livio VI 1, 3
dichiara poi che con gli anni successivi a codesto avveni-
mento incomincia una nuova età più bella e più certa : cla-
riora deinceps certioraque ab secunda origlile velut ab stirpìbus
laetius feraciusque renatae Urbis gesta domi militiaeque expo-
nentur VI 1.
Orbene come mai le difficoltà nei Fasti e nella cronologia
invece di scemare aumentano? Come si spiega che le liste
dei tribunati militari a partire dal 367 non sono del tutto
chiare? Come è potuto avvenire che per il 375-371 ci sono i
cinque anni dell'anarchia che altri autori riducevano ad uno?
E come si spiega che il Cronografo dell' anno 364 non
conosce affatto codesta anarchia di cinque anni e dà invece
il nome dei magistrati che governarono dal 374 al 371?^
• Chron. ad a. 354 sqq. I nomi sono in parte corrotti Baccho solo per
il 375; Papirio et Vivio por il 374; Sacrabiense et Cellemontono per il 373;
Prisco et Comminio per il 372; Mamertino et solo per il 371.
Valore storico dei Fasti per il secolo IV 73
Che cosa sono poi questi anni dittatorii che nei Fasti figu-
rano per il 339-324-309-301 come interi anni solari-lunari
mentre è legge immutabile dello Stato romano che la dittatura
non duri mai oltre i sei mesi ?
V'è di più: se v'è periodo intricato nella cronologia è
quello delle guerre Sanniti che; se vi sono notizie contrad-
dittorie, false dittature e false indicazioni sull'attività dei
consoli, cadono proprio nel periodo che dall'intervento dei
Romani nella,, Campania va sino all'età di Pirro.
È appunto per il 322, là dove parla della dittatura di A.
Cornelio che Livio fa la desolante constatazione che non era
possibile in questi casi sapere a quale autore si dovesse dare
la preferenza, poiché ogni singola famiglia con evidente
menzogna attribuiva a se le medesime gesta militari, in modo
che ne era confusa la storia dei tempi. Non è fuori di luogo
rileggere le sue parole Vili 40, 4 : 7iec facile est aut rem rei
aut auctorem auctori praeferre. vitiatam memoriam fiinehrihus
laudìbus reor falsisque imaginum tifulis, dum familiae ad se
quaeque famam rerum gestarum honoì'umque fallenti mendacio
trahunt. inde certe et singulorum gesta et publica monumenta
rerum confusa, nec quisquam aequalis temporibus illis scriptor
extat, quo satis certo auctore stetur.
Con il testo di Livio concorda nel fatto Calpurnio Pisone
ove saltava i consolati del 307, 306. A questo proposito Livio
IX 44, 4 osservava: memoriane fugerit in aìinalihus dige-
rendis, an consulto binos consules, falsos ratus, franscenderit,
incertum est. Questo fatto ha una certa importanza perchè
Calpurnio Pisone ci teneva in certi casi a correggere la crono-
logia data da suoi predecessori.*
Il quesito posto da Livio nel caso speciale, ossia perchè
' Calp. Pis. apad Dion. Hal. IV 15.
74 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Calpuruio Pisone avesse saltato i consolati del 307 e 306 non
si può risolvere senza esaminare allo stesso tempo, come
già dicemmo, le gesta attribuite a codesti magistrati.
I consoli del 307 Ap. Claudio e L. Volumnio ricompaiono
per la seconda volta nel 296. Quelli del 306 Q. Marcio e T.
Cornelio li abbiamo pure per la seconda volta nel 288. Io
h.0 esaminato altrove le gesta di codesti anni.' Nel caso pre-
sente a noi non preme tanto risolvere il perchè Calpurnio
Pisone avesse saltati codesti due consolati, ciò che non si
può fare senza un complessivo esame di tutte le guerre sanni-
tiche, quanto rilevare in via di principio generale che se vi
fosse stato un elenco ufficiale certo ed inoppugnabile dei Fasti
consolari, Livio non sarebbe stato esitante nel decidere se Cal-
purnio Pisone fosse o no incorso in omissioni o se avesse,
realmente giudicato falsi i collegi consolari di quel biennio
Dal passo di Livio risulta invece all' evidenza :
1. Che Livio ove riconosceva l'impossibilità di risolvere
questioni di cronologia e di fasti deplorava la mancanza
di scrittori coevi.
2. Che anche per la fine del secolo IV si ammetteva da-
gli antichi scrittori ci potessero essere consoli falsi.
Con il disordine della cronologia di questi anni collima poi
il fatto che, mentre Calpurnio Pisone saltava i consoli del
307 e del 306, i Fasti della Regia, Livio e le altre fonti fissano
al 309 il presunto anno dittatorio in cui i moderni, a ragione
od a torto, sogliono vedere un espediente cronologico.
Certo dopo Pirro gli elenchi dei magistrati romani sono
al di fuori di qualsiasi contestazione ; ma per il tempo delle
guerre sannitiche i Fasti della Regia porgono notizie che
' Rimiiudo a qnuuto scrissi al proposito nella mia Storia di Eoma I 2
(Torino 1899) p. 522-532.
Valore storico dei. Fasti per il secolo IV 75
sono del tutto diverse da quelle conservate da Livio. Le
memorie domestiche sono alla loro volta eco di vanti i quali
erano in opposizione tanto con i Fasti ufficiali quanto con
i dati dell' annalistica.
Tanto è vero che, mentre Livio X 12, 3 ad a. 298 dichia-
ra: consules inter se provlncias partiti sunt. Scipioni Etruina,
Fulvio Samnites ohvenerunt, diversique ad suum qiiisque hel-
lum profìsciscuntur ed aggiunge che il console L. Cornelio
Scipione operò nell'Etruria mentre Fulvio superò i Sanniti
a Boviano e ad Aufidena, gli Atti Trionfali dichiarano che
su Etruschi e Sanniti trionfò il console Fulvio.
In piena opposizione a queste due versioni nell'elogio di
L. Cornelio Scipione {CIL. I n. 29) è detto: Taurasìa Cisauna
Samnio cepit, suhlgit ommne Loucanam e vi si ignora del tutto
ciò che questo personaggio avrebbe compiuto in Etruria, di
cui invece Livio, come abbiamo sopra visto, fa particolare
menzione.
Sta pure in rapporto con codeste medesime incongruenze
il fatto che, secondo un'altra versione, Gn. Fulvio, il console
che secondo gli Atti Trionfali avrebbe trionfato degli Etru-
schi nel 298, avrebbe invece combattuto contro codesto me-
desimo popolo nel 302. E dopo aver narrato la brillante
vittoria del legato Fulvio, Livio X 5, 13 aggiunge: haheo
auctores sine ullo memorahili proelio pacatam ab dictatore
(cioè M. Valerio) Etruriam esse, seclitionibus tantum Arreti-
norum compositis et Gilnio genere cum plebe in gratiam re-
ducto.
Queste discordanze non sono isolate. Nel periodo delle
guerre Sannitiche occorrono frequentemente, anzi, per cosi
dire, anno per anno. Esse non possono però conveniente-
mente studiarsi senza il contemporaneo esame delle gesta
storiche congiunte con il nome dei duci.
76 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Ebbi già occasione parecchi anni or sono di rilevare
una serie di contraddizioni e di errori nei Fasti del IV se-
colo. Tornerò a discutere di ciò nei volumi III e IV della
mia Storia critica di Roma ed offrirò a suo tempo il risul-
tato definitivo dell' esame dei dati cronologici sino alle
guerre Puniche.
Per dimostrare quale sia il valore dei Fasti per il IV
secolo, basti per ora ricordare in via sommaria qualche al-
tro esempio:
Come Gn. Fulvio è presentato ora come console ed ora
come legato nelle guerre etrusche, cosi L. Postumio Megello,
stando a differenti versioni, sarebbe stato console nel 294 e
nel 291 in cui prese Venosa. Ovvero nel 294 avrebbe com-
piuto ciò che si attribuiva al consolato di lui del 291 a.
C. e nel 293 sarebbe diventato legato consolare. In tal mo-
do, si affermava, avrebbe evitato quel processo da cui lo si
dice minacciato o condannato nel 294 e nel 291 (Liv. X 33
sqq. Dion. Hai. XVH sqq. XV IH sqq.).
L'incertezza di questi anni e di queste gesta è ricono-
sciuta dallo stesso Livio X 37, 13 ad a. 294: et huius anni
parum consta ns memoria est. Postumium auctor est Clau-
dius in Samnio captis aliquot urhibus, in Apulia fusum fu-
gatumque, sancium ipsum cum paucis Luceriam compulsum.
ab Atilio in Etruria res gestas, eumque triumphasse. Fabius
ambo consules in Samnio et ad Luceriam res gessisse scribit cet.
La menzione che qui Livio fa delle divergenze di Fabio
Pittore e di Claudio Quadrigario mostra come non fosse più.
dato ritrovare la verità dei fatti ove anche si fosse risalito
alle fonti più antiche.
Si riconnettono pure a fatti originalmente unici o fra loro
confusi le dittature, i consolati e le legazioni di Cornelio
Valore storico dei Fasti per il secolo IV 77
nel 322, 320,^ la dittatura di un Valerio nel 301 e nel 300,2
i consolati e la legazione di M. Valerio e di P. Decio nel 312
e nel 310 (di cui uno figura come console, l'altro come pre-
tore nel 308) di un Decimo Bruto nel 292 o nel 291.
M. Valerio e P. Decio sono consoli nel 312, Valerio com-
batte i Sanniti mentre Decio resta a Roma ammalato (Liv.
IX 29 sq. Contro gli Etruschi si nomina un dittatore che poi
non ha occasione di combatterli (Liv. IX 29). Nel 310, Valerio
e Decio sono legati di Q. Fabio durante la guerra etrusca, e
gran parte del merito di questa sarebbe spettata ad essi,
mentre per il 308 (il 309 è un anno dittatorio che manca
a Livio) sono fatti l'uno console, l'altro pretore. Nel 308 a
Decio tocca daccapo l' Etruria ed accorda quella tregua di
quarant'anni, che ricompare poi nel 294, Liv. IX, 41, 5;
X 37, 5. Che se per il 308 l'uno è detto praetor, l'altro consul,
uno va dimenticato che questi due termini per questi tempi
sono talora equivalenti e si prestano a confusioni.
Cosi il console D. Bruto nel 292 sta rispetto al suo
legato Sp. Carvilio (Liv. X 47; Zonar. VIII 1) come il con-
solato del medesimo Spurio Carvilio sta rispetto alla lega-
zione di D. Bruto nel 293. (Liv. X 43). Questa conciliazione
e fusione di gesta è quella medesima per cui Q. Fabio Gur-
gite, console succeduto nel 293 al console L. Postumio, nel
291 è proconsole, mentre L. Postumio, che l'avrebbe obbli-
' V. ad es. Liv. Vili 40, IX 15: id magia mirabile est ambigi Luciusne
Cornelius diclator cum L. Papirio Cursore magistro eqiiitum eas res ad Caudium
atque inde Luceriam gesserit . . . an consnlum Papirique praecipue sii decus. Cfr.
la mia Storia di Roma I 2 (1899) p. 504 sgg.
' Il 301 a. C. è uno dei quattro anni dittatori dei Fasti. Cfr. Liv. X
5, 14: consul ex dictatura factus M. Valerius. non petentem atque adeo etiam
absentem creatum tradidere quidam, et per interregem ea comitia facta ; id unum^
non ambigitur, consiilatum cum Apuleio Pansa gessisse.
Cfr. anche X 3, 4.
78 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
gato a rinunziare, è daccapo console. Grazie a ripetizioni di
tal natura di Cominio si diceva assediata da Postumi© o da
Fabio Gurgite nel 292 o nel 291 o presa dai consoli del 293
(Liv. X 43 ; Dion. Hai. XVH-XVni fr. 4 sq.)- Cosi la lega-
zione di Q. Fabio Rulliano verso suo figlio fa rammentare
come all'uno ed all'altro fossero attribuite su per giù le
medesime gesta. ^
Le perturbazioni e confusioni che si notano per i fatti
successivi alla disfatta dei Romani alle Forche Caudine od
alla pseudo rivincita di Lucerla nel 320 a. C, hanno una
ripercussione nei nomi dei Fasti. Da Livio si ricava che co-
deste vittorie venivano variamente attribuite ai consoli
Papiri© Cursore e Publilio Filone, mentre altri annalisti le
rivendicavano ad un dittatore Cornelio Caudino ed al suo
maestro dei cavalieri Papirio (Liv. IX 15).
I Fasti consolari e dittatoriali della Regia risolvevano
tutte codeste difficoltà accettando ambedue le versioni per
il medesimo anno. Essi accoglievano pertanto nomi riferiti
da narrazioni malsicure.
Ciò è confermato dal fatto che per codesto medesimo
anno i Fasti fanno menzione della dittatura di C. Maenius.
Se Livio rammenta codesto dittatore ed il maestro dei ca-
valieri Foslius solo per il 314, mentre nei Fasti della Regia
tali personaggi vengono menzionati tanto per il 320 come
per il 314 a. C, ciò sta pure in evidente relazione colla
circostanza che gli avvenimenti successivi alla resa dei Ro-
mani alle Forche Caudine sono variamente narrati e ripe-
tuti e che le gesta militari compiute a Lucerla compariscono
tanto per il 320 come per il 314 a. C. (Liv. IX 12; 26 sqq.).
' Per tutto ciò rimaudo per ora alle discussioni da me fatte nella
Storia di Roma I 2 (Torino 1899) p. 500 8o:g. 620 sg^?.
Valore storico dei Fasti j^er il secolo IV
79
Se disordini di questa natura si trovano per la fine del
IV secolo non reca sorpresa constatarli per la prima metà
di codesto secolo medesimo. Valgano pochi esempi.
Per gli anni 356-351 abbiamo i seguenti consolati:
Patrich
356 M. Fabius II.
355 C. SuLPicius III.
354 M. Fabius III.
353 C. SuLPicius mi.
352 P. Valerius.
351 C. SuLPicius.
Plebei
M. Popilius Liv. VII 17.
M. Valerius Liv. VII 18.
T. QuiNCTius. iti quihusdam
annalibus prò T. Quinctio
M. Popilium consulem in-
verno Liv. VII 18, 10.
M. Valerius II Liv. VH 19.
C. Marcius Liv. VII 21.
T. QuiNCTius; quidam Caeso-
nem alii Gaium nomen
Quinctio adiciunt. Liv. VII
22, 3.
Non sorprende il fatto cbe a dispetto delle leges Liciniae-
Sextiae del 367 si trovino per quattro anni consecutivi col-
legi consolari costituiti di soli patrici. Il fenomeno si ripete
infatti per il 349 (L. Furius, Ap. Claudius) per il 349 (M.
Fabius, Ser. Sulpicius) ed il 343 (M. Valerius, A, Cornelius).
Non colpisce nemmeno per sé la circostanza che i consoli
del 356, che figurano anche nel 354, compiono su per giù le
stesse imprese ambedue le volte, fenomeno che si verifica
pure per i consoli del 355 che ricompaiono nel 353.
Non diamo peso di sorta al veder ripetute per questi anni
delle proteste plebee per la nomina dei consoli patrici Liv.
VII 17, 12; 18, 3, le medesime fazioni militari ad salinas Liv.
Vn 17, 6; 19, 8, le medesime disposizioni, in parte i medesimi
80 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
nomi rispetto alle leggi fenebres Liv, '\r[I 16, 1; 21, 6. Am-
mettiamo che codeste ripetizioni si siano realmente verificate.
Ma quando vediamo che per il 354 Livio VII 18, 10 dice :
in quibusdam annalìbus prò T. Quinctio M. Popilium consu-
lem ìnvenio e per il 351 VII 22, 3 a proposito del console
T. Quintius afferma: quidam Caesonem olii Gaium nomen
Quinctio adiciunt, abbiamo la prova evidente che in alcuni
annali le gesta del 356 erano veramente confuse con quelle
del 354 e allora le ripetizioni dei medesimi fatti diventano
sospette al pari degli stessi collegi consolari costituiti dagli
stessi personaggi patrici.
Un altro esempio della necessità di esaminare in stretta
connessione fra loro le liste dei magistrati con le gesta loro
attribuite è dato dal racconto delle vicende del 366-361.
Finita l'anarchia, accordato ai plebei per virtù delle leggi
Licinie-Sestie uno dei due seggi di console, noi troviamo
che durante i primi sei anni i collegi patricii e plebei sono
i seguenti:
Patricii Plebeii
366 L. Aemilius L. Sextius
365 Q. Servilius L. Genucius
364 G. SuLPicius C. Licinius
363 L. Aemilius Cn. Genucius
362 Q. Servilius L. Genucius
361 C. SuLPicius C. Licinius
Considerando che nel 366 viene creata la pretura affidata
ai patrici (Liv. VI 42, 11) e che il pretore ebbe a lungo carat-
tere di magistrato eponimo, è naturale la domanda, che ab-
biamo già sopra formulata, come mai di codesti magistrati
non si faccia menzione nei Fasti ! È evidente che abbia-
mo liste compilate in età assai recente, quando il numero
Valore storico dei Fasti per il secolo IV 81
dei praetores s'era accresciuto. Siila, come è noto, aumentò il
numero dei pretori annui da sei ad otto; Cesare lo portò
successivamente a dieci, a quattordici, a sedici.^ D'altra parte
questa magistratura andò man mano perdendo una parte
del suo significato.
Ma più notevole è il risultato al quale si giunge ove si
esamini il racconto delle gesta di questo sessennio.
366. Minaccia di defezione da parte degli Ernici. Timore
che la condotta della guerra venga affidata ad un plebeo:
Silentium omnium rerum ac iustitio simile otium fuit. Liv.
vn 1, 5.
365. Pestìi enfia ingens orla Liv. VII 1, 7.
364. Pestilentia fuit; introduzione dei ludi scenici Liv. VII 2.
363. Pestilenza ; si fissa il chiodo Capitolino Liv. VII 3, 5.
362. Voragine del lago Curzio. Si indice guerra agli Er-
nici. Genucio, il primo console plebeo, è sconfitto ed ucciso.
La rivincita è conseguita dal legato C. Sulpicio Liv. X
VII 6 e 7.
361. C. Sulpicio console ed il collega Licinio fanno guerra
agli Ernici e poi ai Tiburtini. Liv. VII 9.
Non do peso al fatto che per il 361 Livio VII 9, 4 con-
statata una falsificazione di Licinio Macro rispetto alle cause
che condussero alla nomina del dittatore T. Quinzio Penno.
Si noti però che la tradizione ufficiale poneva 5 anni di
anarchia per il periodo anteriore alle leggi Licinie-Sestie, e
che 5 anni di pestilenza segna pure nei successivi. Ora è no-
tevole che nel primo di questi anni già si parli di rivolta degli
Ernici e che non si dica nulla sulle mosse di questo popolo
' V. i passi iu MOMMSKX Roem. Staatsrecht. II* p. 198 sg.
Pais Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma li 6
82 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
contro Roma. Sarebbe naturale attenderci in questo caso
ciò clie ci è invece riferito spesso in altri analoghi rispetto
al contegno dei Volsci e degli Equi. Costoro sogliono appunto
approfittare delle sciagure dei Romani per assalirli. La guerra
viene dichiarata dai Romani nel 362 allorché il console
plebeo L. Genucio osa per la prima volta affrontare, senza
possedere iusta auspicìa, il nemico..
Se si considera che il console del 362 Q. Servilio e L.
Genucio sono quelli stessi che figurano come tali nell'anno
vuoto 365, allo stesso modo che i loro successori del 364 T.
Sulpicio e C. Licinio lo sono da capo nel 361, si è facilmente
guidati a formulare, sia pure a titolo d'ipotesi, le seguenti
equazioni :
a. 355 = 362. Q. Sesviltus : L. Genucius coss.
a. 364 = a. 361. C. Sulpicius: C. Licinius coss.
E con questa equazione corrisponderebbe il fatto che per
il 366-363 abbiamo l' iterazione di un Aemilius e che per il
363 ricompare daccapo un Genucius.
Ora se può ammettersi che un plebeo Genucio sia riuscito
nei primi anni successivi alla approvazione delle leggi Li-
cinie-Sestie a coprire il consolato, riesce incomprensibile come
lo stesso personaggio o due personaggi della stessa gente ab-
biano potuto raggiungere tale magistratura in tre anni
presso che consecutivi. Se poi si osserva che per il 362 si
parla della vittoria del legatus Sulpicius j che è il console del
364 e del 361, se in fine si tiene in conto che lo stesso Livio
accenna in questi passi alle falsificazioni dei Licini: in breve,
se si valutano tutte le altre ragioni per le quali chiaramente
appare che il racconto delle leggi Licinie-Sestie è mescolato
in una serie di particolari fantastici creati dall'annalista
Licinio Macro,' è ovvio il sospetto che i fatti riferiti agli
' Per tutto ciò v. hi mia Storia di Roma 1 2 (Toriuo 1899) p. 132-151.
Valore storico dei Fasti per il secolo IV 83
anni quasi sempre oziosi 366-B61 al pari del quinquennio
dell' anarchia, rappresentino (fatta eccezione per la guerra
contro gli Ernici e contro Tibur) un periodo vuoto di fatti
e si abbia una pur vuota ed artificiale ripetizione dei nomi
dei magistrati eponimi.
Osservazioni di questo genere sarebbero assai numerose
ove si esaminasse anno per anno, punto per punto, il periodo
così oscuro e controverso in cui Roma fu governata dai tri-
buni militum consiliari potestate. Ci basti qui rammentare
il disordine dei Fasti rispetto ai primi tribuni militari del
444 e del 434 (in luogo dei quali altri annali nominavano
consoli) ed alle gesta di Cornelio Cosso. Sia qui sufficiente
rimandare alle molte divergenze sopra ricordate rispetto al
numero dei tribuni che, a seconda delle varie liste, figurano
quattro, sei, otto o nove.
Se incongruenze di questo genere non sorprendono per
il secolo V, come mai non scemano a partire dai tempi suc-
cessivi all'incendio gallico?
Evidentemente Livio non ha potuto mantenere la pro-
pria promessa. Le vicende del popolo romano non diven-
tano più chiare, ma all' opposto i problemi storici e crono-
logici tendono sempre più a crescere e ad ingrovigliarsi.
La soluzione del quesito è abbastanza facile. Più pene-
triamo nel campo della storia, più aumentano le memorie
domestiche, e in seguito si accresce il numero degli annalisti.
Ognuno raccontava le cose a suo modo; quindi la perples-
sità degli storici imparziali come Livio; quindi il rimedio
eroico di Catone il vecchio, che passava sotto silenzio il
nome dei capitani vincitori, mentre ricordava il nome au-
84 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
tentico dell' elefante Siro privo di una zanna, il quale aveva
dato prove di coraggio.^
Per il periodo più antico questa perplessità non e' era.
Le gesta anteriori erano state tramandate da pochi anna-
listi; i loro racconti avevano ben presto assunto il carat-
tere di verità ujSficiale. Noi non abbiamo modo di stabilire
se la più antica esposizione dell'età regia e dei tempi an-
teriori al decemvirato fosse stata già ricostruita da Fabio
Pittore o se codesta ricostruzione fosse stata in parte ante-
riormente tentata da qualche pontefice come Tib. Coruncanio.
Sembra però che per cotesta età gli episodi più notevoli
della storia canonica, come ad esempio quelli relativi a Ro-
molo, a Numa, ad Anco Marzio, a Bruto, a Lucrezia, a Co-
riolano, fossero stati già narrati nelle linee fondamentali dai
più antichi scrittori.^
D'altra parte osserviamo come dal 218 in là Livio ri-
ferisce accuratamente i prodigi e l'espiazioni compiute dai
pontefici, mentre solo saltuariamente porge indicazioni di
questa natura per i primi dieci libri.
Esporre fenomeni di questo genere, costituiva una delle
caratteristiche tanto degli annali massimi quanto degli annali
privati condotti sulla falsa riga dei primi. Livio insisteva
sulle ragioni morali e religiose che lo inducevano a riferire
tali prodigi, sebbene ciò stesse ormai in o^iposizione con la
' Plik. n. h. vili 11: Calo, cum imperatorum nomina annalibus detraxerit,
eum qui fortissime procUatus cssci in Punica ade, Surum tradidit vocatum dente
mutilalo.
* Catone, (purché noa si tratti di esoruamento letterario di Livio
XXXIV 5) nelle Hue Origines uvreblte raccontato la leggenda delle Sabine
di Coriolauo così come e esposta dall'annalistica piìi recente.
Certo Polibio VI 2, 10 riferiva la tradizione canonica dei rapporti di
Taryuinio Prisco con Anco Marcio che è registrata ad es. da Livio e da
Dionisio.
Valore storico dei Fasti per il secolo IV 85
coscienza del suo tempo : Non sum nescius — dice Livio
XLIII 13 — ah eadeni neglegentia, qua nilììl deos portendere
vulgo mine credant, ìieque nuntiarì admodum uìla prodigia
in piihlicum ìieque in annales referri, ceterum et mihi vetustas
res scribenti nescio quo pacto antiquus fìt animus, et quaedam
religio tenef, quae illi prudentissimi viri puhlices uscipienda
censuerint, ea prò indignis hahere, quae in meos annales re-
fera m.
Or bene come mai Livio non porla regolarmente, anno
per anno, dei prodigi e delle espiazioni anteriori all'età di
Pirro, vale a dire per quel periodo che dal principio della
repubblica va al 290 e che egli esponeva nei primi dieci libri?
Ve di più: Livio nel corso della terza e delle decadi
seguenti ricorda volta per volta la morte dei sommi sacer-
doti e l'elezione di quelli che man mano li surrogarono. Si
comprende come indicazioni di questo genere fossero date
in annali distesi originariamente da sacerdoti. Or bene perchè
Livio non porge sistematicamente codeste medesime indica-
zioni nella prima decade e li menziona solo due o tre volte?
La spiegazione è chiara: Le narrazioni per questa età
più antica non erano fatte come quelle per il periodo suc-
cessivo al '218 a. C. in base ai racconti sincroni dei pontefici
e degli annalisti, bensì a tardi racconti, i quali erano rico-
struzioni dei fatti per cui mancavano scrittori sincroni. Il
materiale anteriore all' età di Pirro ed anzi all' incendio
Gallico non deriva costantemente e nella maggior parte da
dati contemporanei. In qualche caso è allargamento di po-
che notizie autentiche, spesso è anche frutto di invenzioni
e di malsane fantasie.
Che i documenti più antichi fossero scarsi e non porges-
sero molto materiale rispetto alle vicende storiche del V
secolo risulta dal fatto che nella narrazione liviana s' incon-
86 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
trano spesso per quel periodo anni che si possono chiamare
vuoti. Valgano come esempio i passi seguenti.
Liv. IV 20, 9 ad a. 437 a. C: hnhelle triennum ferme pesti-
lentia inopiaqiie frugum circa A. Conielium consulemfuif, adeo
ut quidam annales veliti funesti nihil praeter nomina
consulum suggerant.
Cosi per il 429 a. C. Liv. TV 30, 4 dice : consules L. Ser-
gius Fidenas iterum Hostus Lucretius Tricipitinus, nihil di-
gnum dictu actum Jiis consulibus. secuti eos consules A. Cor-
nelius Cossus T. Quinctius Poenus iterum.
Cfr. Liv. IV 35, 3 ad a. 425: annum insequentem neque
hello foris neque domi seditione insignem.
Cfr. Liv. rV 52, ad a. 412 a. C. annum modestia trihunorum
quietum.
Se si tien presente la secchezza dei documenti- più vetusti,
è ovvio conchiudere che i Fasti, ove anche non siano stati
interpolati e meritino quindi piena fede, ci porgono in molti
casi nomina sine re. Se desideriamo conseguire qualche re-
sultato rispetto alla cronologia, dobbiamo valerci dei sin-
cronismi, i quali, per altro, sono assai scarsi e ove si riferi-
scano al V secolo hanno talora dubbio valore.
Una piena discussione intorno al valore dei sincronismi
che ci sono riferiti o che mediante ulteriori ricerche e con-
fronti a noi moderni è dato stabilire, merita una trattazione
a parte. Più che a ristabilire Fasti, ciò giova a ritrovare
l'ossatura cronologica della storia più antica, prescindendo
talora anche dai nomi dei magistrati. Tale studio facciamo
quindi in altro luogo.
Limitandoci qui a discutere intorno ai Fasti, ripetiamo
l'osservazione che il problema relativo al valore di essi non
va trattato, come spesso si fa, in base alle sole liste dei
Valore storico de' Fasti per il secolo IV 87
nomi tramandateci, ma coordinando coteste liste all' esame
dei fatti storici clie con esse sono strettamente connessi.
È infatti chiaro che non si può scindere la storia di
Spurio Cassio da quella dei suoi tre consolati e delle sue
tendenze presentate, a seconda del caso, come liberali oppure
come demagogiche e tiranniche. Non è dato studiare questo
quesito senza ponderare le diverse tradizioni che lo presen-
tavano quale console ovvero quale tribuno della plebe.
Cosi non sarebbe proficuo un esame delle gesta di L.
e di T. Quinzio Cincinnato senza prendere in esame i rac-
conti relativi alle loro imprese militari. E tale esame ci
mostra come i medesimi fatti, i medesimi consolati o le
identiche dittature, vennero più volte ripetute e fra loro
confuse, E dopo un tale esame comprenderemo perchè i più
antichi scrittori, come Cincio e Calpurnio Pisone, nulla sa-
pessero della dittatura del 439 in cui Cincinnato avrebbe
nominato Servilio Ahala quale maestro dei cavalieri (v.
Dion. Hai. XH 4).
Del pari, considerando le gesta per tre volte riferite
in tre diversi anni a Cornelio Cosso, noi comprenderemo
come mai codesto personaggio ora sia detto console ed ora
tribunus militum. (Liv. IV 20, 5; 30, 1; 32, 4). Ed è pur
chiaro che se i predecessori di Livio avessero disposto di una
sicura ed ufficiale lista dei Fasti, non avrebbero avuto occa-
sione di discutere sulla veridicità di codeste versioni ; Livio
stesso non si sarebbe appellato alla corazza di Cosso vista
da Augusto (Liv. IV 20, 7).
Sotto questo punto di vista si può ragionevolmente affer-
mare che i Fasti non siano ancora stati oggetto di esame
per ogni parte compiuto. Una analisi minuta, anno per
anno, avrebbe anzi virtù di provare che le perturbazioni che
88 Intorno alla formazione ed al valore stm-ico dei Fasti
si incontrano di frequente nel V e nel IV secolo giungono
sino al principio del III. Prova cospicua il fatto che, men-
tre i Fasti della Regia confrontati con il Cronografo del 354,
con i Fasti d' Idazio e con il Chronicon Paschale, registrano
L. Gaecilius Denfer come console nel 284,' Polibio II 19, 8
dice che lo aT^atT^yòg Aeijxiog morì combattendo ad Arezzo
contro i Galli. E l'esame della cronologia di quest'autore
mostra che il fatto da lui indicato cade verso il 285.
Quale sia il valore da dare all' espressione arpaTiiyóg in-
dica il passo di Livio ej). XII ove, accennandosi allo stesso
fatto si legge: bello ob icl Gallis indicto, L. Gaecilius praetor
ab eis ciim legionibus caesus est.
Risulta quindi all'evidenza che mentre v' erano liste di
Fasti che ricordavano il consul L. Cecilio nel 284, altre fonti
saperano del praetor Cecilio e le fonti più antiche seguite
da Polibio lo facevano già morto verso il 285.^
Analoghe osservazioni è dato fare rispetto all'ordinamento
dei consolati di M. Curio Dentato. I Fasti ebbero presenti
le versioni più recenti ;3 il loro valore per questo lato è
del tutto uguale a quello degli Ada Triamphalia incisi
sulle medesime pareti che ancora per questi e per gli anni
successivi porgono dati discutibilissimi. Tanto è vero che
per il 277 ricordano un trionfo del console C. lunio Bruto
sui Lucani e sui Brutti, mentre da altre fonti si apprende
' CIL. V ad a. tj}. 134 sq. Nelle liste di Cassiodoro L. Caeciliiis è tra-
sformato in L. Caelius.
* Sulla questione v. Mommsbn Roem. Foruchungeìi II 7, 367-o75.
Per il valore della cronologia delle guerre Galliche rimando alle osser-
vazioni del NiBSE nell' Hermes XIII (1878) p. 401 sg. e provvisoriamente
alla mia Storia di Roma I 2 (1899) p. 447.
» MoMMSKN 1. e. p. 372 sq. Cfr. la mia Storia di Roma I 2 (1899) p. 447
8gg. Su questo punto v. anclie Niksb in Hermes XXXI (1896) p. 481 sgg.
Conclusioni 89
che duce di tal guerra fu il collega di lui P. Cornelio Ru-
fino.'
Cosi gli Acta Trlumphalia sognano solo il trionfo di Gn.
Cornelio Biasio sui Regiui nel 270, mentre Dionisio ed Orosio
danno a C. Genucio collega di lui il merito della presa di
Regio.^
Ora se perturbazioni di questo genere si notano per i
primi decenni del III secolo, nulla di strano che se ne trovi
traccia durante il IV. Ancor più naturale è riscontrarne per
il secolo V. E se occorre stare in guardia per notizie che si
riferiscono a periodi del tutto storici e perfettamente au-
tentici nelle linee generali, è più che legittimo il sospetto
verso quelle che sono connesse con le incerte e talora false
memorie dell' età anteriore all' incendio Gallico a cui lo
stesso Livio mostrava aver così poca fede.^
Il pregiudizio seguito in generale da tutti gli studiosi
di cose romane, per primo da Th. Mommsen, che i Fasti siano
documento per se stesso autentico ed al di fuori di qualsiasi
ulteriore questione, ha fatto si che si sia talora assoggettato
all'esistenza ed ai dati di tali liste ogni ulteriore criterio
' CIL. I* p. 46 ad a. 477 u. e. = 277 a. C.
» CIL. r p. 46 ad a. 484 a. e. =z 270 a. C.
' Dati di questo genere si trovano anche per età successive rispetto a
magistrature minori.
Così ad es. sebbene si tratti semplicemente di questori, la questura di
Catone censorio, la quale cade nel 204, pare sia stata a bella posta spo-
stata al 205 allo scopo di creare l'episodio della lotta fra Catone questor
e Scipione Africano cos. 205. Sul che v. Fraccako Biografia di Catone in
Memorie della Accademia Virgiliana III (1910) p. 22 estr.
Dubbi ed errori di questa natura sì riscontrano ad es. anche ove si
parla dei triumviri agris dandis adsignandis inviati nel 218 a Piacenza. Liv.
XX 25, 4 dopo aver detto che codesti tresviri a. d. d, furono C. Lutatius C.
Servilim M. Annius aggiunge: prò Annio Servilioque M' . Acilium et C. Heren-
nium hahent quidam annales, alii P. CorneUum Asinam et C. Papirium Masonem.
cfr. XXVII 21, 9.
90 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
sulla attendibilità intrinseca dei fatti raccontati dalla tra-
dizione.
Invece assai spesso, per non dir sempre, è esatto il metodo
opposto. Ossia occorre verificare se siano credibili o no i fatti
narrati dall'annalistica, per giudicare successivamente se sono
0 no degne di fede le indicazioni fornite dai Fasti. Anziché
la trama su cui sono stati intessuti i racconti storici, in
certi casi i Fasti sono invece l'estratto nominale dei duci
nominati da racconti non sempre attendibili. Prova evi-
dente le dittature di Cincinnato nel 439, di M. Valerio nel
342, che non sono affatto dati monumentali bensì, per con-
fessione degli antichi, indicazioni ricavate da testi inter-
polati.
Ne, come abbiamo più volte fatto osservare, è il caso di
distinguere il valore dei Fasti consolari da quelli dei dit-
tatori e dall'elenco dei trionfi in cui tutti riconoscono con-
fusioni ed interpolazioni, dacché tanto la prima quanto le ul-
teriori serie sono derivate dalle stesse fonti e rappresentano
la medesima elaborazione annalistica, sia che appaia nelle
opere di Livio e di Dionisio, ovvero sulle pareti della Regia.
Infine occorre tenere a mente che se gli antichi parlano
esplicitamente di falsi dittatori, Cicerone fa pure esplicita
menzione di consolati falsamente moltiplicati.
Elementi per la storia delle genti romane 91
V.
Elementi che forniscono ì Fasti per ricostituire la storia delle genti e
della società romana.
La presenza di consoli e di dittatori falsi non conduce
certo alla conclusione clie le liste a noi tramandate siano
prive al tutto di autorità e valore per il V ed il IV secolo.
E spontaneo invece il pensiero che l' esame di codeste liste
fatto da diversi eruditi sul finire della repubblica abbia pur
condotto ad eliminare anticbe interpolazioni e falsificazioni
già sorte per effetto di vanterie domestiche. Ma poiché le
narrazioni a noi pervenute rappresentano quasi totalmente
l'elaborazione degli annalisti più recenti, ed abbiamo pro-
ve evidenti che parecchie interpolazioni non vennero elimi-
nate/ è naturale esaminar i Fasti con la maggiore cautela,
sia che rammentino consolati di genti che, come i Tullii
e gli Antonii compaiono solo assai tardi fra quelle che
occuparono selle curali, sia che accennino alla parte che
i plebei Poeteli e Duili ebbero nella composizione del de-
cemvirato od alla precoce partecipazione dei plebei Atilii
al tribunato militare (a. 444).
Nonostante tali interporazioni e tali dubbi, è indiscutibile
il valore delle liste dei Fasti a noi pervenuti, ove si consi-
' Attico seguiva spesso le fonti aunalisticLe più recenti v. F. Mììnzer
in Hermes XLV (1905) p. 68 sgg.
92 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
derino nel loro complesso. E sebbene essi siano talora sospetti
dal punto di vista cronologico, nondimeno nel loro assieme
sono assai preziosi in quanto porgono ad esempio l'elenco
delle genti che man mano si succedettero nel governo dello
Stato romano. Non credo quindi inutile rilevare, sia pure in
modo assai sommario, alcune fra le più notevoli conseguenze
che è lecito ricavare da un esame di questo genere.
Avverto però che intendo delibare un tema per se stesso
assai vasto, che ove fosse trattato con tutta l'ampiezza di
cui è suscettibile si identificherebbe per certi periodi con
la stessa Storia di Roma. Anche in questo caso, come rispetto
ai rapporti fra magistrati e sacerdoti, io miro solo ad ecci-
tare altri a solcare più profondamente il cammino che nelle
pagine seguenti è appena tracciato.^
Prima di incominciare questo studio è doveroso pronun-
ciare una parola di gratitudine a tutti quegli eruditi che
con diligenza ed acume, camminando sulle traccie del Bor-
ghesi e del Mommsen, hanno raccolto i fasti dei singoli ma-
gistrati. Rileviamo come il merito particolare di aver fatto
sorgere la maggior parte dei lavori di questo genere spetti
a C. Cichorius dell' Università di Breslavia.-
' V. 8. parte I di queste Ricerche p. 273 sgg.
* Rispetto ai Fasti consolari rimando all' edizione dell' Henzen, del-
l' Hiii.SEX e del Mommsen in CIL. V.
Per quelle dei dittatori alla memoria cit. del Bandel Die roem. Dicta-
turen (Breslau 1910).
Per i Fasti Censorii all'edizione del Db Boor (Berolini 1873). Sull'ar-
gomento V. anche O. Leuze Zur Gesohichte der roem. Cenzur (Halle a. S. 1912).
Rispetto ai pretori v.:
E. Maxis Die Praetoren Roms von 367-167 v. Chx. (Breslau 1911).
P. Weukmann Fasti praetorii ab a. n. DLXXXVIII ad a. u. DCCX
(Beroliui 1875) rettificato in certi punti da
M. HoLZL Fasti praetorii ab. a. U. DCLXXXVII ad a. U. DCCX (Lipsiae
1876).
Elementi per la storia delle genti romane 93
Per tentare uno studio per ogni lato completo sulla succes-
sione delle genti che governarono Roma dal principio della
libera repubblica sino ad Augusto noi non disponiamo di
tutti i dati necessari. Possediamo bensì l'elenco dei consoli
di molti dittatori, dei censori, ma non abbiamo che piccola
parte di quello dei pretori e ci manca quasi per intero quello
degli edili curuli e dei questori. E se rispetto alle magistra-
ture plebee conosciamo il nome di molti tribuni della plebe,
siamo ben lungi dall'avere una lista completa.
Per istituire un esame compiuto occorrerebbero non solo
liste del tutto sicure, ma sarebbe necessario constatare quan-
do man mano una famiglia, dopo aver percorse tutte le ma-
gistrature curuli inferiori, riusci a salire alle maggiori ossia
alla pretura, al consolato, agli onori della dittatura e della
censura.
Tali indicazioni sarebbero sopratutto utili ove si riferis-
sero al periodo anteriore al plebiscito di cui fu autore L.
Villio detto poi Annalis, con il quale si stabiliva: quot annos
nati quemque magistratum peterenf caperenfque Liv. XL 44.
Molte genti, pur esercitando una notevole efficacia nella
vita pubblica, non uscirono mai o solo negli ultimi anni
della libera repubblica, dal tribunato della plebe. D'altra parte
H. Levison Fasti praeiorii bidè ab Octaviani imperii singularis ìniiio
usque ad Hadriani exltum (Vratislaviae 1892).
Per gli edili v. J. Seidel Fanti aedilicii von der Einrichtung der ple-
ieijschen Aedilitaet bis ziim Tode Caesars (Breslau 1908).
Per i questori v.:
Fb. Sobeck Die Quacsiorai der roem. Republil; (Trebuitz 1909).
M. BiiLZ Fasti quaesiorum qui ab. a. U. e. CCCXXXX ad a. U. e. DCLXX
extra Romani fuerunl (Zittau 1908).
Rispetto ai Fasti dei tribuni della plebe mi riferisco al piti volte ci-
tato lavoro di J. Niccolini edito nei miei Studi storici 1896 e di M. Ziegler
Fasti tribiinorum plehis 133-70 (Ulm 1903).
94 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
altre, par raggiungendo le magistrature curuli, non oltre-
passarono i gradi di questore e di edile. Viceversa, molti
personaggi che vediamo giungere alla pretura ed al conso-
lato direttamente si erano già affermati negli anni prece-
denti per mezzo dei propri antenati nei gradi inferiori.
Con lo scarso sussidio delle indicazioni di cui disponiamo
non è possibile distendere una storia del tutto soddisfacente
delle genti romane. Ma nonostante le molte lacune, ci è con-
cesso esaminare codesto fenomeno da un punto di vista ge-
nerale.
Rinunciamo a fare un' illustrazione minuta delle genti ^
romane per l'ultimo secolo della repubblica. Ciò infatti equi-
varrebbe quasi a scrivere una storia di questo stesso secolo,
che abbiamo eccezionalmente modo di rintracciare talora nei
minuti particolari. Ci soffermiamo invece sopratutto a rico-
stituire nelle linee generali le vicende delle genti patricie
ed il successivo succedersi ed incalzarsi della plebe di Roma
e del Lazio e poi delle varie regioni d'Italia. Tema senza
dubbio molto più ristretto, ma meglio rispondente alla na-
tura di questa dissertazione ed al periodo storico che qui
intendiamo esaminare.
Poiché non miriamo a porgere l' elenco delle singole per-
sone ma solo delle genti, raggruppiamo i singoli individui
sotto i nomi delle gentes di cui fecero parte. Non ci preoc-
cupiamo del fatto che le gentes si vennero a distinguere in
diverse famiUae, considerando che, sopratutto per il periodo
più antico, la coesione religiosa e politica fra i gentiles fu
maggiore di quella che è dato constatare per gli ultimi due
secoli della repubblica in cui liberti e plebei, meno stretta-
mente connessi di quel che fossero in origine con poche genti
patricie, andarono sempre più allargandosi, acquistarono fìso-
nomia autonoma e finirono per diventare del tutto indipendenti.
Elementi per la storia delle genti romane 95
Solo per gli ultimi periodi della repubb.Hca noteremo
separatamente, ove sia opportuno, le diverse faniiliae. E
poiché esaminiamo solo il nome delle genti patricie e plebee
che esercitarono il summum imperium, o che ressero per
mezzo di altre podestà civili le sorti dello Stato, registriamo
solo i nomi dei dittatori, dei magistri equitum, dei consoli, dei
tribuni militum consiliari potestate e faremo cenno delle cen-
sure da essi conseguite.
La natura dell'argomento richiederebbe anche un elenco
dei pretori. Ma come è noto noi disponiamo a questo ri-
guardo solo di dati frammentari. E, fatta eccezione per il
periodo esposto da Livio che dal 218 va al 166, notizie al-
quanto ampie abbiamo solo ad interminenze, come ad es.
per gli anni ricordati negli scritti di Cicerone.
Lacune anche maggiori notiamo rispetto agli edili curuli
ed ai questori. Tuttavia quando possa essere utile per chia-
rire la posizione storica di una stirpe plebea, noteremo anco
le preture, le edilità curuli e le questure. Dal 180 in là, dopo
l'approvazione delle lex Villia annalis, i Fasti degli edili e
dei questori hanno valore secondario ove si miri soltanto a
fare la storia generale di quel movimento che condusse man
mano a galla nuove stirpi ed homines pure novi.
Ci asteniamo poi dal registrare in questo elenco le genti
che conseguirono l' edilità ed il tribunato della plebe. Scopo
dello studio presente è indicare le genti patricie e successi-
vamente le stirpi plebee che conseguirono le magistrature
curuli. Notiamo qui il tribunato della plebe solo ove con-
venga seguire le prime origini di una gente. Esponiamo
però separatamente la serie delle stirpi, che, stando alle
assai monche notizie di cui disponiamo, coprirono le magi-
strature plebee.
Nostro proposito non è già dare un' edizione dei Fasti ;
96 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
perciò discuteremo sulle varianti dei iiorai quelle poche volte
che sarà strettamente necessario.
Non facendo la storia di persone ma di gentes; esponendo
solo la successione di esse nelle somme magistrature curuli,
miriamo a rappresentare graficamente quell' incalzarsi di
energie politiche che rinnovarono man mano la vita poli-
tica di Roma. Notiamo quell'avvicendarsi di genti e di ge-
nerazioni che fanno ripensare ai nuovi strati nevosi che
sulle vette alpine ricoprono e nascondono man mano i vec-
chi giacimenti, i quali grazie alla conformazione di valli e
di roccie riescono nondimeno in qualche caso a farsi ricono-
scere.
I nomi dei Fasti, l'elenco dei magistrati patrici non porge
la serie completa delle genti patricie di Roma. Noi veniamo
solo a conoscere quali furono quelle che riuscirono a gui-
dare lo Stato.
Per il periodo che dalla fondazione della repubblica va
sino al decemvirato ed alla successiva creazione del tribuni
militum consiliari potestate abbiamo le genti qui appresso
segnate, che indichiamo non già in ordine alfabetico ma
secondo che man mano compariscono suU'orizonte storico.
Serie dei magistrati patricii dal 509 al 444
97
VI.
ELENCO PRIMO.
Magistrati j^atrici dalla caduta della monarchia alla ereazione dei
«tribuni miUtum consulari jaotestate» {509-444).
GENTI PATRICIE. Genti Plebee.
l.L. luNius Brutus^ 509.
2. Tarquinius Collatinus
cons. 609.
I TARQONn di origine e-
trusca sarebbero stati cac-
ciati; ma continuano a vi-
vere a Roma i patrici Tar-
quitii come L. Taequitius
(mag. eq. 458).
3. Yalerii 509 suf.; 508; 507;
505;504(dict.501?494);483;
475; 470; 460; 456; 449.2
4. LucRETii 509 suf.; 508; 504;
462.3
* I numeri indicano gli anni a. C. Ove non tì sia indicazione partico-
lare di magistrature si intende che si parla di consoli.
' Il carattere latino del nome appare anche dallo stretto rapporto che
ha con quello di Juno (cfr. Schulze Zur GeschicMe latein. Eigennamen p. 470).
» Nota gente Sabina, vedi i passi in Muenzer De gente Falena (Op-
poUe 1891). , , r
» Il carattere sabino della gens appare anche dal nome vel monte Lu-
cretilia (S. Gennaro).
Pais Bicerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma U. 7
98 Inforno alla J orinazione ed al valore storico del Fasti
GENTI PATRICIE. Genti Plebee,
5. HoRATii 508 suf.; 507: 477;
457; 449.»
6. Largii 506; 505; 501 (dict.
501) 498; 490.^
7. Herminii 506, 448.^
8. PosTUMii 505; 503 (dict.
499 o 496) 496; 466; 464
(Xvir); 451.*
9. Menenii 503; 477; 452.
10. Verginii 502; 496; 494;
486; 479; 476; 473; 469; 456;
448.5
11. Sp. Cassius 502 (mag. eq.
501) 493; 486.
12. POSTUMUS COMINIUS 601;
493.6
13. SuLPicii 500; 490; 461;
(Xvir 451).^
' Antichissimo nome latino, forse Albano v. Liv. I 24, 1.
* Gente di origine etnisca; cfr. Schulziì p. 83.
* Gentilicio di origine etrusca; cfi*. il materiale in Schulze ji. 173.
* Originari come è noto da Begilhim nella Sabina.
* Gentilicio originario forse dall' Etruria cfr. Schulze p. 100.
* Il gentilicio I umni appare in Etruria, Schulze p. 108 ; ma Cominiuvt
è un ben uoto nome di città Sannitica. Il console Cominius del 501 è detto
Aiiruneus v. s. p. 9 sgg.
Originari, come mostra il cognome Camerini da Cameria, la quale,
come risulta da Cickrone prò Piando 20 cfr. con Tac. ann. XI 24, non
ora molto lungi da Tusuolo.
Serie dei magistrati patricii dal 509 al 444 99
GENTI PATRICIE. Genti Plebee.
14. M.' TuLLius 500.'
15. Aebutii 4:dd ( mag. eq.
499; 496) 463.2
16. Veturii 499; 494; 462;
455 (Xvir 451).3
[P. Veturius sarebbe
stato uno dei due primi
questori della libera re-
pubblica nel 509 Plut. t
Po])l. 12].
17. Cloelii 498.*
18. Sempronii 497; 491 (dict.
483).5
19. MiNUcii 497; 492; 491;
468; 457 (Xvir 450).
[Uno dei due primi que-
' L'ipotesi che il gentilicio volsco TuIUuh sia d' origiu« illirica (v.
SCHULZE p. 30) troverebbe conferma nella affermazione di Alessandro
POLISTORE apud Serv. ad Aen. XI 842.
La lettura Taìlios in Liv. I 30, 2 ove enumera le genti albane è un
evidente errore in luogo di hdios cfr. DiON. Hal. Ili 29.
« Gli Aeliutii hanno il cognome Belva. Poiché uei Fasti antichissimi
mancano i cognomi e i patrici Aehutii scompaiono dopo il secolo V, si è
pensato che il cognome Relva sia stato ad essi attribuito in seguito dagU
Aehutii Helvae plebei dei quali uno figura già come pretore nel 168 (Ci-
CHORius De Fastis rvmanis antiquissimis ^Lipsiae 1886) p. 221.
Sul valore etnograiico del cognome Belva v. Schulze p. 421 sgg.
•' Cfr. il materiale in Schulze p. 379 rispetto all'Etruria.
* Gens Albana Liv. I 30, 2. DiON. Hal. Ili 29. Il cognome Sicnlus dei
Cloelii accenna alle più antiche popolazioni del Lazio.
" Il coguome Atratimis dei Sempronii patricii pare accennare al loro
luof'o di origine come VAminiinus dei Volumnii.
100 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE. Genti Plebee.
stori della libera repubbli-
ca nel 609 Plut. Popi. 12].
20. Claudii 495; 471; 460;
(Xvir 451, 450) (mag. eq.
494). 1
[Un questore prima del
495^%.inC/L.rp.l99].
21. Servilii 495 (mag. eq.
494) 478; 476; 468; 466; 463.^
22. Geganii 492; 447.3
23. PiNARii 489; 472.*
24. luLii 489; 482 (Xvir 461);
447.5
26. Nautu 488; 476; 468.6
' Nota gens Salma.
' Gens Albana Liv. I 32. DiON. Hal. Ili 29.
* Geìis Albana Liv. 1. e. DiOJf. Hal. 11. ce. È incerto se il cognome di
Macerinus proprio dei Geganii accenni al loro luogo d'origine. Cfr. Macreales,
antica comunità latina enumerata (Plin. n. h. Ili 69) fra le scomparse.
* Deboli raffronti rispetto all'Etruria (v. in Schulze p. 366). Non è
chiara l' origine del cognome Natta.
* Gens Albana Liv. 1. e. DiON. Hal. 11. ce.
* l Nauta era uno delle genti che vantavano origini troiane ed erano
connessi con un culto del Palladio che avrebbero ricevuto da Enea allorché
giunse ai lidi della Calabria, Verg. Aen. V 704. Varr. apud Sbrv. ad
Aen. II 166 V 704 cfr. Ili 1407. DiON. Hal. VI 69; XI 16. Fest. p. 176
s. v. Nautiornm. I Nautii avevano il culto particolare di Minerva. Ora è
naturalo la domanda se per caso in seguito alla confusione di Minerva etru-
8ca e falisca con VAthena Greca giunta per mare si sia fatto derivare lo
stesso nome dei Nautii dal greco vauxvjg. Sorge il sospetto che i Nautii
fossero in origine una gente Etrusca. Stando a Plin. n. h. XXXIV 23 un
Natiut sarebbe stato uno degli ambasciatori fatti uccidere nel 438 dal re
Teiente Tolumnio. Altri testi danno però Sp. Antium v. oltre p. 105.
Serie del wogishati patiicii dal 509 al 444 K'I
GENTI PATEICIE. Genti plebee.
■26. [Gn. MarciusCoriolanus].'
27. FuRii 488; 481; 474: 472:
464; 446.=*
28. T. SiciNius 487. •'-
29. C. Aquilius 487.*
30. Fabii 485; 484; 483; 482:
481; 480; 479; 467; 465: 159
(Xvir 450). 5
31. CoRNELii 485; 459 (Xvir
450).6
' Coriolano, console, secondo l' AUCTOR de viris illustr. 19, aspira al con-
solato stando a Dionisio VII 21 ed Appiano Ital. 2. Con ciò è stato messo
in rapporto l' assenza in Livio ed in Cassiodoro dei consolati del 490 e
ilei 489 a. C. Cfr. Mommsen Eoem. Forsch. II p. 140 sg.
'- I Fiirii erano originari di MeduUia colonia albana di località non
ancora determinata, donde il cognome di MedulUnus già dato al console
del 474.
Il cognome Camillus è già attribuito al trib. mil. del 401. 8e esso abbia
si o no or'igine etrnsca, come già pensavano gli antichi (DiON. Hal. II 22.
Macrob. Ili 8, 5. Serv. ad Aen. XI .543; 558) e tendono talora ad ammet-
terlo anche moderni, è questione non risolta.
Nell'agro Tuscolano sino dal secolo XVIII furono scoperte le tombe
arcaiche dri Fourii, CIL. XIV 2700-2707.
^ Il console del 487 è detto SaUnus nei Fasti del Cronografo del 354
ed in quelli di Hydatim. Un Sioiinus e detto Albano da DiON. Hai.. Ili 13.
Le forme Sìccìuh e SiciniuH vanno naturalmente messe a riscontro di quelle
di Simlus e Sicanus, ossia più antichi abitatori del Lazio. Invece il MoM-
MSKN Boem. Forsch. I p. 109 u. 88 distingue i Siedi dai Sicinii.
* Detto TU8CU8 nei Fasti del Cronografo del 354 e negli Hydatiaui.
' Autore della gente dei FaUi sarebbe stato il Sabin.j Modio Fabidio
di Cnres Diox. Hal. II 48.
* Alla patria originaria dei Conielii pare accennare il loro co-nome di
Malnginensis che presso il Cronografo dell' a. 354 è di già dato al console
del 485. Nei Fasti della Regia quello del 459 ha pure il secondo cognome
di Uriitin) (Koopr.x'vo; o KopoTlvo? o Koupixlvos nei codd. di Diodoro).
Quello di C0SSU8 compare con il 434. Origine non latina sembra poi atte-
102 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE. Genti Plebee.
32. Aemilii 484; 478; 473; 470;
467 (dict. 463). 1
33. Manlii 480: 474: (Xvir
451).^ . .
34. Sebgii 478 (Xvir 450). ^
36. QuiNCTii 471 ; 468 ; 465 ;
stare il cognome di Cethegus (cfr. Schulzk p. .322) che apparisce del resto
la prima volta solo nel 204. Anche il cognome dei Corneìii Blasiones, che non
compare prima del 270, trova analogie in Etruria v. Schulze p. 166 n. 7.
' Sugli Aemilii quale diminutivo di Aemi v. Schulze p. 295.
È dubbio che si possa venire a sicuri risultati etnografici rispetto al
loro cognome di Mamercini, dacché esso si trova tanto in Etruria quanto
fra i Falisci e gli Osci (v. materiale in Schulze p. 464 ; cfr. 141 n. 5)
V. indici in Conway The ital. dial.
' Il Manlius console del 474 ha di già il cognome FuUo nel Crono-
grafo dell' a. 354. E questo cognome è dato dai Fasti della Regia per i
decemviri del 451 ed i tribuni militari del 420, 405, 402, 400. Pili tardi iu
età del tutto sicura il cognome Volso è portato dai consoli del 256, del
189, del 178. Il console del 474 avrebbe trionfato sui Veienti DiON. Hal.
IX 36 non sui Voìsones o Volsiniensi ( Volsones = Volsinienses) v. in Act.
Trium])li. ad a. 294 a. C).
Parrebbe ovvio pensare che sia attribuito ai Manììi del V secolo un
cognome conseguito da un Manlius posteriore per qualche vittoria sui Vol-
siniensi. D' altra parte va però osservato che una tradizione presuppone
rapporti fra Roma, Chiusi, Vetulonia, Ruselle, Arretium sino dal tempo del
primo Tarquinio Dion. Hal. Ili 51 e che la leggenda etrusca conservataci
nel celebre dipinto di Volci, iu cui accenna alle vicende di Gneve Tarchunies
Rumnch, fa pure menzione di Laris Papaihnas Felznach, ossia di Volsiuii.
Dopo tutto può darsi che il cognome Vuho dei Manlii, come il Tuscus degli
Aquìlti, V AurunciiK dei Cominii, accenni al luogo di origine di questa gens.
' Come è noto, il nome Sergius in origine non è che una varietà di
Serviliìis (cfr. Mommsen Boetn. Forsch. I p. 9 ; 2i) ed in ambedue codeste
gentes si trova il cognome di Fidenas (per i Sergii di già nel 454, per i
Servilii nel 418). Tanto il nome di Sergius quanto quello di Servilius fanno
pensare alle antichissime origini servili di queste gentes che raggiunsero
tuttavia il patriciato da tempo assai vetusto.
Serie dei magistrati patricii dal 509 al 444 103
GENTI PATRICIE. Genti Plebee.
460 suf.ji (dict. 468) 453;
446.2
36. T. NuMicirs 469.=^
37. P. YoLUMNius 461.*
38. T. RoMiLius 455 (Xvir
451).
39. Sp. Tarpeius 454.
40. A. Aternius 454.^
41. Sex. Quinctilius 463.^
42. P. CuEiATius 453 (Xvir
451).^
43. P. Sextius 452 (Xvir 451).
44. T. Genucius 451 (Xvir
451) cfr. 445.
45. Agr. Curtius 445.*
' Dato da DiON. Hal. X 17.
* Gens Albana Liv. I 30, 2. DiON. Hal. Ili 29 ha Koivx'.À'O'jg.
' È lo stesso noinen del fiume Numimis e del mitico re Numa.
* Il cognome Amintinus, proprio dei Volumnii, fa pensare ad Amiti-
num località distratta nel Lazio v. Pliu. n. h. III 68; cfr. CIL, VI 251
Mag. pagi Amentini minoris. Si confrontino anche gli Amentinenaes dell' E-
traria Plin. n. h. Ili 52, CIL. VI 2404, 12; X 6440. Lo stesso nome dei
Volumnii, come è stato parecchie volte osservato, rivela origine schietta-
mente etrusca. V. il materiale in Schulze p. 258.
* Il nome di questo console ricorda quello del fiume Aternus, che divi-
deva il territorio di Marrucini da quello dei Peligni. Lo Schulze p. 269
sostiene il carattere etrusco del nome conùontaudolo ad esempio con quello
di Atrius.
* Dato da DiON. Hal. Ili 29. Livio I 30, 2 ricorda invece i Quinctii.
È evidente che i Quindi ed i Qiiinetili non sono che varietà delle stesso
nome. Ma possono essersi diff"erenziati da età assai vetusta.
' Gens Albana secondo altri Romana Liv. I 24, 1; ib. I 32, 2. DiON.
Hal. III 29.
* Curtii ripetizione del nome dei Curiati ?
104 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
I Servila vantavano origini albane al pari degli luUi^
Quinctii, Geganii, Curiata, Cloelii Liv. I 30, Dionisio III 29
aggiunge anche i Metili. Ma dai rimanenti dati a noi per-
venuti i Metili figurano solo come plebei. I Metili figurano
come trihuni plehis nel 416, 401, 220, 217, 212.
Aggiungiamo poi fra i patrie ii i Folii o Fosli che compa-
iono nel 320 e nel 318 il 443, i Papirii che abbiamo dal 444.
Notammo (v. s. p. 8 sg.) come le notizie su alcune fra
le antichissime genti patricie del V secolo abbiano destati
sospetti. Apocrifo è in generale reputato lunio Bruto, il più
antico console della repubblica e analoghi sospetti colpi-
scono ad es. i Sicinii e gli Aquilii nominati, accanto ai
Vitellii, fra i partigiani di Tarquinio il Superbo.
In alcuni di questi casi la critica è impotente a rilevare
il vero. Certo sono fantastici i particolari che, la tradizione
racconta sugli Aquilii e sui Vitellii.^
Oltre a queste genti patricie, la tradizione ne ricorda
alcune altre per l'età regia o per il primo secolo della li-
bera repubblica; ad es. ove porge la sospetta notizia su Atilio
decemviro chiamato al tempo dei Tarquini a conservare i
libri Sibillini (Dion. Hai. IV 62), ovvero parla di Racilia mo-
glie di Cincinnato (Liv. Ili 26, 10).
Grli Atilii furono a partire dal 399 e 396 fra le più an-
tiche ed illustri genti plebee, ma L. Atilius Luscus è uno
dei più antichi tribuni militum consiliari potestate creati
nel 444; e codesto collegio in cui figura anche un Cloelius
Siculus ed un Sempronius Atratinus è composto di patrici.
Così la tradizione ricorda Verenia e Canuleia, che sareb-
bero state due fra le prime quattro Vestali create da Numa
' Liv. II 4, 1. Dion. Hal. V 6 cfr. Ed. Schwautz Xotae de roman.
annaììbus (Gottingae 1903) p. 13.
I magistrati patricii dal 509 al 444 105
(Plut. Niim. 10). Vecchie tradizioni parlavano di Taracia o
Fufelia vestale, Geli. n. A. VII 7.
Non sappiamo quanta fede meritino queste notizie e le
altre indicazioni rispetto a Oppia Liv. II 42, 11 ad a. 482
(Opillia in Liv. ep. II) od ""Ojtinia Dion. Hai. Vili 89, di
'Oe|3ivLa Dion. Hai. IX 40 ad a. 472 (cfr. Oros II 8, 13 Po-
pilia; Hieron. ad Olymp. 72: Pompila). Non rileviamo poi
i nomi delle genti sicuramente plebee come i Calpurnii, i
Pomponii, che accanto ai patrici Pinarii, Luoretii, aspirarono
a passare per discendenti da Numa (Plut. Num. 26).
Degni di considerazione sono pure i nomi dei quattro
ambasciatori fatti uccidere da Tolumnio re dei Veienti os-
sia: Tulio Clelio, Spurio Nauzio, L. Roselo e Fulcinio Cic.
Phil. IX 2, 4 Liv. IV 17, 1. Plin. w. h. XXXIV 23 ad a. 438. ^
Sorge il pensiero che tutti e quattro codesti ambascia-
tori fossero patrici, tanto più che patrici erano i legati
ad orafores in codesta età, Varr. apud Non. p. 529 M. Di-
sgraziatamente i testi rispetto ad alcuni di tali nomi non
sono sicuri. Invece di Cloelius Tullius dato da Livio e da
Plinio, in Cicerone si ha Tnllus Cluvius. Cicerone ha Sp.
Aìitius, Plinio ha Spurius Nautius (il codice veronese di
Livio ha spuantium).^
A queste genti patricie vanno aggiunti i Coranii. Me-
rita infatti sia rilevato il passo di Plinio XII 244 ove, a
proposito di quelli che nascevano con sei dita nelle mani, si
dice: M. Corani ex patricia gente filias duas oh id Sedigitas
accipimus appellatas.
La nessuna notorietà di codesta gente fa pensare che
non si tratti di un recente patriciato. Non sarebbe man-
' Sui Fiilcinii e Roscii in Etrnria v. Schulze p. 169; 176 u. 3. Roscii
a Praeaeste v. CIL. XIV 3225 sqq. Eph. Ep. IX 848 sqq.
' Sulla questione v. la mia Storia criika di Foma II p. 30(5 ii. 2.
106 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
cata qualche notizia su di essi se fossero stati cooptati fra i
patricii al tempo di Cesare o di Augusto.*
La lista completa delle genti patricie ricordate nei Fasti
dà il numero di cinquanta. È quindi ovvia la domanda se
per caso codesto numero non risponda a quello delle pur
cinquanta genti die si vantavano di discendere dai com-
pagni di Enea.-
Oltre alle genti patricie sopra ricordate, che ottennero le
supreme cariche curali, la tradizione registra fra i decemviri:
1. Q. Poetilius (450) 4. M. Rabuleius (450)
2. T. Antonius (450) 5. Sp. Oppius (450)
3. K. Duilius (450)
Stando a Dionisio XI 58 per opera di Appio Claudio,
ai decemviri patrici vennero aggregati fra i plebei solo Q.
Poetelius, K. Duilius, Sp. Oppius. M. Rabuleius è l'unico per-
sonaggio di tal nome che figuri nei Fasti. Dal Niebuhr in poi
è stato più volte rilevato il dubbio patriciato degli Autonii.
Costoro sul finir della repubblica si facevano derivare da un
' Questo Coranus è sfuggito allo Stein nell' elenco delle persone di
questo nome in PW. RE. IV col. 1217.
* L'elenco delle 50 geuti patricie registrate nei Fasti v. in fine del
Tolume all'indice IV.
Dionisio I 85 ricorda le circa cinquanta casate 7:2VT/,y.ovTa iiaÀiax*
olxot che vantavano origini troiane. Ma pare che con il tempo a famiglie
patricie estinte si siano sostituite altre di parvenm plebei. Ciò spiega,
se non mi inganno, perchè oltre a talune di patrici come i Cloeli v. Paul.
ep. Fest. p. 55, Verg. V 122, i Sergii Verg. V 121, gli Aemilii Paul. ej).
Fest. p. 23, i Naulii v. s. p. 166, abbiamo i Meiiliì DiON. Hal. Ili 29, i
Memmii VbrG. V 117 cfr. Sekv. ad Jen. I 289, i Caecili Paul. ep. Fest.
p. 44 M 8. V. Caecìiliis, i PopiUi Laenates Skrv. ad A«n. IX 262 e gli Atti
Serv. y 568, lunì Dion. Hal. IV 68. La menzione degli Aiii, originari di
Aricia imparentati con Giulio Cesare, mostra l'origine recentissima di al-
cune di queste pretese.
1 magistrati pafricii dal ÒO'J al iU 107
preteso Anton figlio di Ercole (Plut. Ant 4) sicché si van-
tavano della stessa genealogia degli Antii (v. le monete di
questi ultimi in Babelon I p. 155 cfr. CIL. VI 1343 M. An-
toni Antì Lupi pr. patricii auguris cet.
Anche i Poetelii ed i Rabuleii, .tando alla tradizione
comune, appaiono plebei. I Poetelii figurano come tribuni
della plebe qualche anno prima del 441 (quando un Poete-
lius sia stato nominato per la prima volta tribuno della
plebe è incerto Liv. IV 12, 3) ed i Rabuleii appaiono una
sola volta fra i plebei con C. RMeim tribuno della plebe
nel 486. (Dion. Hai. VIH 72).
Uu Genucius console designato per lì 451 in cui diventa
Xviro, è dato come console anche nel 445 l'anno che pre-
cedette la creazione dei trUyuni miUtum consulari potestate.
Questo dato va forse messo in relazione con la tradizione ac-
colta da Diodoro XII 24 secondo cui i plebei ottennero una
carica di console subito dopo la caduta del decemvirato per
mezzo delle leges Valeriae-Horatiae (449 a. C).
Un Genucius figura pure tra i primi plebei che raggiun-
sero il consolato nel 365, nel 363 e nel 362. Anzi secondo
la tradizione liviana VII 6, è il primo plebeo che con au-
spici consolari conduce la guerra, ma infelicemente. I Ge-
nucii pretendevano anzi di essere i primi plebei giunti al
consolato a seconda delle diverse versioni nel V o nel IV
.ecolo. Già notammo (v. s. p. 80 sgg.) come le gesta riferite
ai Genucii siano oltremodo sospette.
Tutto fa credere che si tratti di aperte falsificazioni
poiché, come tosto vedremo, i plebei non arrivarono alle
somme magistrature curuli ed al tribunato militare prima
del 400 circa a. C
. Non è chiaro a chi si riferiBcano le parole . . . lU. ToUrinu. nella la-
cera voce di Fksto s. V. {Novem) p. 174 M.
108 Intorno allit Jorìiiazians ed al valore storico dei Fusti
D'altro lato reca sorpresa constatare che tra le genti
patricie, che raggiunsero il summnm imperium in questo
periodo, non figurino personaggi appartenenti a quelle da
cui trassero il nome le seguenti sei tribù rustiche:
Camilia — Galeria — Lemonia
Follia — Pupinia — Voltinia
mentre troviamo magistrati che avevano comune il nome
con le rimanenti tribù rustiche :
Aemilia — Claudia — Cornelia
Fabia — Horatia — Menenia
Papiria — Romilia — Sergia
Voturia
Stando al complesso della tradizione, codesto silenzio si
può spiegare ove si ammetta che allorquando verso il 496
si crearono le tribù ricavandole dal nome e dal territorio
dei pagi preesistenti, le genti patrice dei Camilii, Galerii,
Lemonii, Pollii, Pupinii e Voltinii, che da quei pagi deriva-
vano, erano di già scomparse.^ Ma i dati a questo riguardo
sono assai monchi; non è quindi il caso di insistere su
ipotesi.
Esaminando poi i nomi dei sommi magistrati fra il 509
ed il 444, vediamo che nel corso di 65 anni i medesimi
personaggi patrici vennero investiti tre o quattro volte in
media del summum imperium e che solo ad alcuni di essi
fu dato raggiungerlo più frequentemente.
' Sul significato dello pjirole di Livio II 21, 7 ad a. 495: Boìnae tribus
uni et XXX factae (sic cod.); vujinti ««a in Ep. Lir. 8u ciò v. Hirschfei-o
Elcine Schriften (Berlin 1913) p. 250 sgg.
I magistrati patiicii dal 509 al 444 109
In questa seconda categoria noi notiamo il Valerii (12
volte circa) ed i Fabii (11 volte circa), a cui tengono dietro
i Verginii (10 volte) i Furii, i Minucii e gli Aemilii (G vol-
te) eppoi i Quinctii, gli Horatii, i Larcii, i Postumii, i Ve-
turii, i Claudii, i Servilii (in media 5 volte).
Il maggior numero di magistrature dei Fabii ed i Valerii
sta però in relazione con la ripetizione dei medesimi fatti.
Cosi ad esempio il consolato dei Valerii del 507 non è che
una triplicazione di quello del 509 e del 508. Anche i sette
consolati dei Fabii sono congiunti con circostanze storiche
talora sospette (v. la mia Storia critica di Roma II p. 15 sgg.).
Durante il periodo di circa 80 anni, che dalla caduta
del decemvirato e dalla successiva rogazione Canuleia (445
a. C.) e dalla creazione dei tribuni militum consolari potestate
(444 a. C.) giunge sino all'approvazione delle leggi Licinie-
Sestie (367 a. C), noi abbiamo le genti qui appresso segnate.
110
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
VII.
ELENCO SECONDO.
Dalla ereazione dei « tribuni militum consolari potestate » alla appro-
vazione delle leggi Liciniue-Sextiae.
PATRICI.
Plebei
1. Sempronii trib. mil. ovvero
cons. suf.? 444;^ trib. mil.
425; cons. 423; trib.mil,
420; 2 trib. mil. 416; mag.
eq. 382 ;
ceiis. 443.
2. Papirii cons. 444 suf.; cons.
441; cons. 436; cons. 430;
cons. 427 ; trib. mil. 422 ;
trib. mil. 418; trib. mil.
416; cons, 411; trib. mil.
387; trib. mil. 385; trib.
mil. 384; trib, mil. 382;
trib. mil. 380 (due perso-
1. [Atilii trib. mil. 444; trib.
mil. 399; trib. mil. 396.
Tribunato falso v. oltre].
2. [T. Caecilius trib, mil.
444?].3
' Liv. IV 7, DioN, Hal, XI 61-62,
* Un cons. A-jXog Ss^iTipcóviog in Diod. XII 77 ad a. 420 a. C, non lia
rispondenza negli altri Fasti.
' Questo nome è dato solo in Livio IV 7. Gli altri Fasti Diox, Hal.
XI 61, Chkon. a. 354 danno un T. Cloelio, vale a diro un patricio. Diodoko
XII 32 ha un Tixoj KóivTog.
Serie dei magistrati dal 444 al 367 111
PATRICI. Plebei.
ne;^ trib. mil. 376; trib.
mil. 3G8; trib. mil. 360;
cens. 443; 430; 418;
393; 389.'
3. Geganii cons. 443 ; cons.
440; cons. 437; 435 ; trib.
mil. 378; trib. mil. 367.
cens. 435.
4. QuiNCTii cons. 443; cons.
439 (dict. 439) : trib. mil.
438 (mag. eq. 437); cons.
431 ; cons. 438 ; cons. 428;
trib. mil. 376; trib. mil.
425; cons. 421; trib. mil.
420;nrib. mil. 415; trib.
mil. 414; trib. mil. 405 (2
persone T. Q.); trib. mil.
388; trib. mil. 387; trib.
mil. 386; trib. mil. 385 (2
persone) (mag. eq. 385);
trib. mil. 384 (dict. 382);
(dict. 380) trib. mil. 377
' Rispetto ai due Papiri del 380 v. i nuovi framuieuti dei Fasti della
Regia ad a. in Hermes XXXIV (190.3) p. 16.
* La tribù Papiria era vicina a Tuscolo Liv. Vili 37 Val. Max. IX
10, 1. Dato il carattere originiiriamente etrusco di Timculuvi acquistano
grande valore le osservazioni dwi moderni i quali mettono a raffronto il
nome dei FapirU o Papisii con il nome etrusco Papsina o Papsenna v. Schulzb
p. 86.
' Liv. IV 7. DiON. Hal. XI 61.
112 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI. Plebei.
(2 persone); trib. mil. 369;
trib. mil. 368; mag. eq.
367.1
5. Fabh cons. 442; trib. mil.
433; cons. 423; cons. 421;
trib. mil. 415; trib. mil.
414; cons. 412; trib.mil.
407 ; trib. mil. 406 ; trib.
mil. 404; trib. mil. 401;
trib. mil. 395 ; trib. mil.
390 (tre persone 27) ; trib.
mil. 381 ; trib. mil. 369.
Quaest. 409 Liv. IV 54, 3.
6. Aebutii cons. 442; mag. eq.
435.
7. FuEii cons. 441 (cens. 435);
trib. mil. 432; trib. mil. 426;
trib, mil. 425; trib.mil. 420;
cons. 413; cons. 412; cons.
409; trib. mil. 407; trib.
mil. 405; trib. mil. 403;
trib. mil. 401; trib. mil.
400; trib. mil. 398 (due
persone); trib. mil. 397 (di-
* As'jy.iog ìioivy.z'.oq cons. in DiOD. XII 77 nel suo calcolo 420 a. C.
che non trova rispondenza sngli altri Fasti. Il tribuno del 387 è dato da
Dioi>. XV 24.
Il dittatore è dato dai nuovi frammenti dei Fasti della Regia in Hermet
XXXVIII (1903) p. 116.
Serie dei magistrati dal 444 al 367 113
PATRICL Plebei.
et. 396); trib. mil. 395;
trib. mil. 394 (due perso-
ne) ; trib. mil. 391 (due
persone); (dict. 390) ; trib.
mil. 386 (dict. 386) ; trib.
mil. 384; trib. mil. 381 (due
persone) ; trib. mil. 378 ;
trib. mil. 370 ; (dict. 368);
dict. 367.
cens. 435 ; 403; 389.
8. Maenenii cons. 440 ; cons.
439; trib. mil. 419; trib.
mil. 417; trib. mil. 387;
trib. mil. 380; trib. mil.
378 ; trib. mil. 376.'
9. Aemilii trib. mil. 438 (dict.
437; dict. 434; dict. 426) ;
cons. 410; trib. mil. 405;
trib. mil. 403; trib. mil.
401; trib. mil. 494; trib.
391 (due persone); trib. mil.
389; trib.mil. 387; trib. mil.
383; trib. mil. 382; trib. mil.
' Per il 387 e per il 380 Livio VI 5 ; 27 ha: Licinium Alenenium.
La lezione : L. Menenium è vecchia correzione del Sigouio accolta anche
dagli editori [recenti ad ee. dallo Zingerle. Ma nei nuovi frammenti dei
Fasti della Regia (v. Hermes XXXVIU (1903) p. 116) si ha: Licinm Menenius,
cfr. Liv. VI 31 ad 378 e DiOD. XV 71 ad a. 376.
Pais lìicercht sulla storia e sul diritto pubblico di Roma II 8
U4 Inforno alla formazione ed. al valore storico dei Fasti
PATHICL ^1^^^^-
380; trib.mil. 377 (mag.eq.
, 368)/
10. luLii trib. mil. 438; cons.
435; cons. 434 (mag. eq.
432); cons. 431; cons. 430;
cons. trib. mil. 424; trib.
mil. 408; trib. mil. 405; trib.
mil. 403; trib. mil. 401; trib.
mil. 397; trib. mil. 388; trib.
mil. 379.
cens. 393.
11. Sergii cons. 437 ; trib.
mil. 433; cons. 429; trib.
mil. 424; trib. mil. 418; trib.
mil. 404; trib. mil. 402;
trib. mil. 397;trib.mil. 393;
trib. mil. 387; trib. mil.
384; trib. mil. 380 (due
persone).'*
12. CoRNELii cons. 436; cons.
428 ; trib. mil. 426 ; mag.
eq. 426; trib. mil. 415; trib.
mil. 414; cons. 413; cons.
409; trib. mil. 408 (dict.
408);trib. mil. 406(2 per-
. n tribuno del 387 . dato f^^ ;f ^ ^^^ J^'/^^ ,, ,, SepooCX.,.
« Per il 387 (nel ano computo 379 a. K.. uiou. ^
Sergius è dato da Livio VI 5.
Serie dei magistrati dal 444 al 367 115
PATBIOI. Plebei.
sone); trib. mil. 404 (2 per-
sone); trib. mi]. 401; trib.
397; mag. eq. 396; trib. mil.
395 (due persone); trib.
mil. 394 (dict. 390); trib.
mil. 389; trib. 387 (due
persone); trib. 386; trib.
mil. 385 (dict. 386); trib.
mil. 384; trib. mil. 382;
trib. mil. 380; trib. mil.
376; trib. mil. 370; trib.
mil. 369 (due persone);
trib. mil. 368; trib. mil.
367 (due persone);
cens. suf. 393.'
13. VEKGiNn cons. 435; cons.
434; trib. mil. 402; trib.
mil. 389.
14. Manlii cons. 434; trib.
mil. 422; trib. mil. 420;
trib. mil. 405 ; trib. mil.
402; trib. mil. 400; trib.
mil. 397; trib. mil. 396;
cons. 392 ; trib. mil. 389 ;
trib. mil. 387; trib. mil.
385; trib. mil. 383; trib.
mil. 379 (due persone);
' Il tribuno Cornelio del 387 è dato da Diodoro XV 24.
116
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI.
Plebei.
trib. mil. 370 (dict. 368 ;
trib. mil. 367/
15. SuLPicii cens. 434; trib.
mil, 402; trib. mil. 398;
cons. 393; trib. mil. 391;
trib. mil. 390; trib. mil.
384; trib. mil. 383; trib.
mil. 382; trib. mil. 380;
trib. mil. 377; trib. mil.
376; trib. mil. 370; trib.
368;
cens. 380.2
16. FoLii trib. mil. 433.
17. PiNARH trib. mil. 432;
cens. 430.
18. PosTUMii mag. eq. 435
mag. eq. 434; trib. mil. 432
dict. 432; trib. mil. 426
trib. mil. 414; trib. mil.
' Per il 405 i codici liviani IV 61 hauno Manilins {Mamlius P.). DiOD.
XIV 17 ha AO/.og Ma[j,iXioj. I Fasti della Eegia lianuo : A. Alanlius A.
f, Gn. n, Vulso Cajntolin.
Così per il 402 segno la versioue dei Fasti della Regia e noto nn Man-
lius mentre in Livio V 8 (che nel rimanente concorda) si ha A. Maniliua o
Mamilius. Il testo ò pure corrotto in DiOD. XIV 38, ove si legge AOXof
MaxcXtcg.
Per il 400 segno pure i Fasti della Regia. Livio V 12 ha Manilius (o
Mamilius) i codici di Diodoro XIV 47 sono variamente corrotti.
Il tribuno del 387 è dato da DiouORO XV 24.
* Da testi tanto di Livio VI 21 come di Diooor.o XV 38 non risulta
con chiarezza se per il 383 si tratta di un Sulpicio o di un Servilio.
Serie dei magistrati dal 444 al 367 117
PATRICL Plebei.
403 (due persone); trib.mil.
397; trib. mil. 394; trib.
mil. 389; trib. mil. 381 (due
persone) ;
Gens. 403; 380.
19. LucRETii cons. 429; trib.
mil. 419; trib. mil. 417;
cons. 393; trib. mil. 391;
trib. mil. 388; trib. mil.
383; trib. mil. 381.
20. Servilii mag. eq. 439;
dict. 435; cons. 427; dict.
418 (mag. eq. 418?); trib.
mil.418; trib. mil. 417; trib.
mil. 408; (mag. eq. 408);
trib. mil. 407 ; trib. mil,
402 (2 persone); trib. mil.
398; trib. mil. 395; trib.
mil. 390 (2 persone); trib.
mil. 388 (2 persone); trib.
mil. 387 (Sergius?); trib.
mil. 386 ; mag. eq. 386 ;
trib. mil. 383; trib. mil.
382?; trib. mil. 378; trib.
mil. 369; trib. mil. 368;
Gens. 378.'
' Il mag. eq. del 418 uon è del tutto certo, ma è probabile che i Fasti
della Regia abbiano C. . . . C. f. C. n. Axilla, cfr. Bandel op. cit. p. 27.
Non è chiaro se per il 383 si tratti di un Servilio o di un Sulpicio
V. Liv. VI 21, DiOD. XV 38. Per il 382 in Livio VI 22 si legge Q. SeP.
118 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI. Plebei.
21. HoRATii trib. mil. 426;
trib.mil. 386; trib. mil. 378.
22. Claudh trib. mil. 424;
trib. mil. 403.
23. Nautii trib. mil. 424; trib.
mil. 419; trib. mil. 416;
cons. 411; trib. mil. 404.
24. [Antoni: trib. mil. 422]. ^
25. Vetueii trib. mil. 417 ;
trib. mil. 399; trib. mil.
377; trib. mil. 369; trib.
mil. 368 ; trib. mil. 367.^
26. Valerti trib. mil. 415;
trib. mil. 414; cons. 410;
trib. mil. 407 ; trib. mil.
406; trib. mil. 404; trib.
mil. 403; trib. mil. 401;
trib. mil. 398 (due persone);
trib, mil. 395; trib. mil.
394; cons. 392; mag. eq.
390; trib. mil. 389; trib.
mil. 387; trib. mil. 386;
trib. mil. 384; trib. mil.
383; trib. mil. 380 (due
persone P.); trib. mil. 377;
' Sugli Antouii patrici v. s. p. 106.
' Por il 417 DiOD. XIII 7 ha Unoùpioc; OOeToupio; 'PooiXtog ; Livio
IV 47 ha Sp. Eutll'ms Crassus.
Serie dei magistrati dal 444 al 367
119
PATRICI.
Plebei,
trib.mil. 370 (due persone);
trib. mil. 367.
27. QuiNCTiLii trib. mil. 403.
28. [L. Aquilius trib. mil.
388]. 1
3. Licinii trib. mil. 400 pri-
mus e plebe (Liv. V 12, 9);
trib. mil. 396; mag. eq. 368
pribus e plebe {Fasti Gap.).
4. Titinii trib. mil. 400; trib.
mil. 396.
5. Maelius trib. mil. 400: trib.
mil. 396.
6. Popilius trib. mil. 400.
7. Pomponius trib. mil. 399.
8. Duilius trib. mil. 399.
9. Poblilius trib. mil. 399.
10. Genucius trib. mil. 399;'
trib. mii. 396.
11. Atilius 399: 396.
12. Trebonius trib. mil. 383.
13. Terentius trib. mil. 380
(lo Ila il solo Diodoro).
14. Sextilius trib. mil. 379.
16. Albinins trib. mil. 379.
' Non è cliiaro se codesto L. Aquilius Corvus sia patrizio o plebeo e
se si debbano su di lui estendere i dubbi più volte sollevati siili' Aquilio
console del 487, con i quali sono pure stati collegati gli Aquilii che cospi-
rano a favore di Tarquinio il Superbo Liv. II 4 sq. Plut. Popi. 4 sqq.
* Nei Fasti Capii, è detto Augurinics cognome dei Gemici patrici . Da
Livio V 13, 3 è detto plebeo. V. in fondo indice IV.
120 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICL Plebei.
29. Cloelii trib. inil, ^ 444 16. Autistius trib. mil. 379.
[378].
cens. 378.
Se il P. Sestius ricordato corde questore da Livio IV
50, 2 ad a. 414, sia da collegare con gente patricia o plebea
di questo nome non è detto. Dal contesto sembra tuttavia
si tratti di un patricio.
Per questo periodo sono poi ricordati fra i plebei come
questori, nel 409 Liv. IV 54, 3 un Siìius, un Aelius^ un Piipius;
per il 391 un Carmliiis, Plin. n.h. XXXIV 13,Plut. Cam. 12, 1.
Abbiamo poi la scomparsa di un numero di famiglie
patricie, che parrebbero autentiche ossia i Romilii, i Siccii
0 Sicinii, i Xumicii, i Cloelii, i Cominii, oltre agli lunii, a
Cassii, agli Aternii, Tarpeii, Marcii, Genucii, Minucii, Anto-
nii, Tullii, Curiati. Le genti patrice dominanti da circa cin-
quanta scendono al numero di circa 29. Vediamo invece
insinuarsi nelle alte magistrature curuli circa 15 genti ple-
' Il tribunato di un patricio Cloelius Siculus riposa sul dato di Dio-
nisio XI 61; cfr. Chron. ann. 354. DiODORO XII 32 ha l'incerta lezione
Tixog Koivxoj. Litio IV 7 ha T. Caecilius che è errore o aperta falsifica-
zione come rileviamo qui oltre.
Per l'anno 378 Diodoro XVI .57 invece di P. Cloelius, dato da Livio
VI 31, ha IIó-Àtos KoiXics (KùXiog codice P).
È tutt' altro che e.scluso il sospetto che si riferiscano ad un' unica ma-
gistratura i tribunati militari di P. Licinius, di P. o L. Titinius, di P. Mae-
Hus nel 400 e nel 396, di Gii. Getmciiis e L. Atilius (399, 396) r. Liv. V
12, 10; 13, 4; 18, 1.
Questi sospetti traggono vigore non dalla ripetizione delle stesse cose
relative a P. Licinius (Liv. V 11, 9; 18, 1, notizie che derivano dall'anna-
lista Licinio Macro).
I magistì-ati dal Uà al 367 121
bee. Ma mentre tra le patrieie il tribunato militare e il
consolato sono coperte spesso dalle stesse persone o da per-
sonaggi della stessa gente, i plebei raggiungono in generale
una sola volta l'alta magistratura.
Una versione riferita dai tardi annalisti fa arrivare sino
dal 444 al tribunato militare il plebeo T. Caecilio. I dati
dei Fasti testé riferiti insegnano invece che i plebei incomin-
ciarono a raggiungerlo solo nel 400 con i Licinii, i Titinii,
i Melii, i Poblilii.
Questi ultimi dati hanno virtù di mostrare erronea la
tradizione data da Livio IV 6, 8 che il tribunato militare
fu creato verso il 444 per dar modo anche ai plebei, cui
era conteso raggiungere il consolato, di esercitare il sum-
mum imperium. Nel 444, in cui sorse il tribunato militare
rivestito della podestà consolare, i tre primi tribuni sono
patricii, ossia L. Sempronio Atratino, L. Atilio Lusco e T.
Cloelio Siculo.
Risulta invece esser vera l'altra versione pure accolta
da Livio IV 7, 2 che V imperium fu attribuito a diversi
tribuni militari quia duo consules ohire tot simul bella ne-
quirent. E non v'è ragione di dubitare di Livio ove ad es.
per il 401 dice V 10: L. Valerio Potito quartum, M. Furio
Camillo itevìun, 31.' Aeniilio Mamerco tertium, Cn. Cornelio
Cosso iterum, K. Fabio Ambusto, L. lulio lido tribunis mi-
litum consulari potestate multa domi militiaeque gesta, nam
et bellum multiplex fait eodem tempore, ad Veios et ad Ca-
penam et ad Falerios et in Volscis, ut Anxur ab hosfibus
recuperaretur, et Romae simul dilectn simul tributo confe-
rendo laboratum est.
Licinio Macro apud Liv. IV 7, 10 affermava che nel 444
si provvide all'elezione dei consoli L. Papirius Mugilanus
e L. Sempronius Atratinus, che erano ricordati tanto nel
122 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
foedus Ardeatinum quanto nei libri Untei ad Monetae. Livio
invece, pur registrando tali notizie, notava che tali nomi
mancavano in annalibus priscis e nei libri magistratuum.
Da Dionisio XI 62 si apprende che alcuni annalisti per
il 444 (secondo il computo di Dionisio Olymp. 84, 3 = 442)
porgevano solo il nome dei tre tribuni militari, e che altri
davano invece solo quello dei consoli. Il nome di ambedue
queste magistrature jjer l'anno in questione era dato, dice
lo scrittore greco, in pochi testi. Egli assentiva ad essi per-
chè dichiarava di aver fede nei libri segreti dei sacerdoti
jtiateiJOVTSs SsTaìglxTwv lsqwv t8 xal drcoBéTcov |3ij3Aa3v [.laQTVQiai;.
Livio, trovandosi di fronte a tali discrepanze, suppone per
suo conto ciò che Dionisio in fede ai libri sacri dà per sicuro:
ossia che i consoli L. Papirio Mugliano e L. Sempronio Atra-
tino sarebbero stati eletti nei comizi in seguito all' abdica-
zione dei tre tribuni militari A. Sempronio, L. Atilio e T.
Cloelio.i
Il nome di Cecilio, in luogo di Cloelio, è dato dal solo
Livio. Può darsi si tratti di semplice errore di testi e non
dell' interpolazione di un plebeo Caecilius in luogo di un
patricio Cloelius. Ove vi sia stata deliberata interpolazione,
per secondare la tesi che i tribuni militum consulari potestate
furon creati per favorire i plebei, il pensiero corre a T. Ce-
cilio Pomponiano Attico, che attese a rintracciare la genea-
logia delle precipue casate della nobiltà romana, ad es. dei
Claudii Marcelli, degli Scipioni, dei Fabii, degli Aemilii, de-
gli lunii Bruti (Corn. Nep. Att. 18, 3). Tali ricerche, come ha
' Liv. IV 7, 11: credo qitod fribinn viilitnm initio anni fucrunt, eo pe-
rinde ac ai totum annum in imperio fueriut, sufevtorinn iis consulitm prater-
miasa nomina [consulmn horum].
I tribnui militari del 442 =vulg. 444, teunero la magistratura éircoiiV/z-Ovca
xai 'ps'i p-óvov i]iiépaz ; ed in seguito a segni celesti contrari abdicarono.
I magistrati dal 441 al 467 123
dimostrato il Miiuzer, egli fece pure rispetto ai Cecilii Me-
telli imparentati con gli Scipioni.^
Illustrare genealogie e dire la verità sono termini spesso
fra loro inconciliabili. Ed è stato più volte rilevato come At-
tico, allorché per invito di Bruto accondiscese ad illustrarne
memorie avite, ne abbia solleticato l'amor proprio facendolo
discendere dal patricio lunio Bruto il primo e dubbio con-
sole e dal patricio Àhala uccisore di Sp.Melio.^ Nulla di strano
che Attico abbia pur lusingato la gente Caecilia, nella quale
era entrato per adozione, creando ed accreditando la pretesa
dei Caedlii di aver dato uno dei più antichi tribuni mili-
tari consulari potestate.
A parte ciò, l'esame dei Fasti dal 4M al 367 mostra che
queste guerre frequenti fecero bensì sorgere spesso il tribu-
nato militare, ma tale carica continuò ad essere coperta dai
patrici.
In questo periodo minor numero di genti patricie par-
tecipa al potere; le plebeie invece a partire dal 400-396 comin-
ciano a far capolino; ma noi vediamo che i Cornelii, i Furii,
i Qumctii ed i Valerli coprono quasi sempre le più alte ca-
riche curuli in media da 30 a 20 volte. Tengono loro dietro
i Servilii (circa 19), gli Aemilii ed i Manlii (circa 17), i Pa-
pirii, gli lulii ed i Fabi (circa 14), i Sulpicii ed i Sergi (12);
arriviamo ai Postumii, ai Lucretii e discendiamo cosi man
mano ai Veturii, ai Menenii, ai Geganii ed ai Sempronii, ai
Nautii.
Alcune genti si attenuano come gli Aebutii, i Vergi-
mi, gli Aquili e quei Pinarii che ora compariscono ancora
' V le giuste osservazioni di F. MUnzer in Hermes XLV (1905) p. 94 sgg.
» Cic. ad Alt. XIII 40, 1; Brut. 16, 62. V.'le monete di Bruto in Ba-
BELON II p. 113. Cfr. O. E. SCHMIDT apud MUENZER 1. c. p. 100.
124 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
una volta, che troveremo più tardi nei Fasti sacerdotali,
ma che, a partire dal secolo venturo, non figurano più nei
Fasti consolari.^
E notevole poi che in questo periodo compaiono due sole
volte quei Claudii, che pure secondo la tradizione avrebbero
fatto tanto parlare di se nell' età anteriore. In realtà per il
periodo che dal 509 va al 444, pur serbando dati autentici,
la tradizione rivela frequenti interpolazioni, mentre per
quello testé riscontrato, nonostante lacune ed interpolazioni,
si vanno accentuando elementi nella sostanza più sinceri.
Veniamo ora ad esaminare i Fasti per il periodo che dal
367, ossia che dalla rogazione delle leggi Licinie-Sestie, che
aprirono il consolato anche ai plebei, va al 172 a. C. in cui
per la prima volta il collegio dei consoli venne di fatto co-
perto da due plebei.
' V. ad 68. Pinario Natta pontefice al tempo di Cicerone de domo 45,
118; 52, 134, 137. Altri Pinarii v. in Eohden-Dessau Prosogr. Imp. Romani
III p. 39.
I inagistrati dal 366 al 172
125
Vili.
ELENCO TERZO.
DalV approvazione delle leggi Liciniae-Sextiae sino all' occupazione da
parte dei plebei di ambedue i seggi consolari {366-172).
PATRICI.
1. Aemilii 366; 363 (mag. eg.
352, 342) 341; 339 (dict.
335); 329; 323; 1 (dict. 321)
317; (dict. 316); 311; 302
(mag. eq. 302) (dict. 301)
285; 282; 281; 278; 255; 232
230;225;219;216;187;182
175.
cens. 276; 220; 179.
Plebei.
1. Sextii 366.
[praet. 202 Liv. XXX
26, 1].
(trih. pleb. dal 414).
[praet 341 Liv. Vili 2,
1; 218 Liv. XXI 49, 6;
217 Liv. XXII 9, 11; 213
Liv. XXIV 43, 6; 205 Liv.
XXVCn 38, 11 ; 191 (due
persone) Liv. XXXV 24, 6;
190 Liv. XXXVI 45, 9].
' Liv. Vili 37 ad a. 323: C. Suljìicio C. Aemilio. AtiUum quidam annales
hàbent; cfr. DiOD. XVIII 26 Tgcios AUto^.
126
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATEICI.
2. Servilu 365 ; 362 (dict.
360); (mag. eq. 351); 342;
284;253;252;248;217;203.i
[praet 205 Liv. XXVin
38,ll;174Liv.XLI21, 1].
Plebei.
2. Genucii 365: 363; 362; 303;
276; 271; 270.
itrih. pleb. dal 476).^
3. SuLPicii364; 361 (dict. 358)
355; 353; 351 ; 345; 337; 323;
314; (dict. 312); 304 ; 279 ;
258; 243; 211 (die. 203) 200.
ceiis. 366; 319 ; 300.
[praet 211 Liv. XXV
41, 12; 187 Liv. XXXVm
42, 4].
4. PiNAEii (mag. eq. 363).
[praet. 349 Liv. VII
25, 12].
3. Licinii 364; 361: 236 (mag.
eq. 210) 205.
cens. 210.5
[praet. (due) 208 Liv.
XXVII 5].
itrib. pleb. dal 494).
4. Poetelii 360; 346; 326; 314
(dict. 313 ; mag. eq. 313).*
(trih, pleb. dal 441).
' Sui Servila Gemini pattici e gli omonimi plebei v. Mommsex Boem.
Farsch. I p. 117 sg.
* I Oenucìi plebei hanno il cognome di Aventinenses, che sta in perfetta
relazione con il loro carattere plebeo.
Quelli patrici (che avrebbero dato un XvLro nel 451, un console nel 445)
Imuno il dubbio ccgnome di Augurìni, il quale conviene a gente plebea nobi-
litatasi con l' augurato, non a patrici che abitualmente lo conseguivano. Su
tale cognome ed i dubbi patrici Minucii v. Mommsex Roem. Forschungeu I p. 65.
* Il geutilicio Licinius è stato spesso messo in rapporto con 1' etrusco
Leene, cfr. Mììller Deecke Die Eirusker II p. 488.
* Bandel op. di. p. 103.
I magistrati dal 366 al 172 127
PATRICL Plebei.
5. Fabii 360; 358; 356; 354 5. PopilJi 359;356[3o4]3 350;
(dici. 351) 345 (mag. eq. 348; 316; 173.
344; mag. eq. 325; mag.
eq.322)322(dict.321,315: [praet. 176 Liv. XLI
mag. eq. 315) 310; 308 14,5; un edile curale nel
(mag. eq. 301) 297 ; 295; 364 ; Fest. p. 326 M].
292; 276; 273: 269; 266; 265;
247, 246, 245, 233; 228
(mag. eq. 224; dict. fra il
222-219);' dict. 217; dict.
216; 215 suf. 214; 213; 209;
183.
eens. 363 [358]* 304;
288; 241; 230.
* Cfr. Baxdkl op. cit. p. 123.
* Cfr. De Boor Fasti Censorii p. 6.
* Cfr. Liv. vii 18, 10 : in quibusdam annalibui prò T. Quinctio M. Po-
piUum inveri io.
Rispetto al cognome Laenas dei Popilii si suole accettare la spiegazione
che si legge in Serv. ad Aen. IV 262, ove, dopo essersi detto che la laena
era una toga duplex, amictus aiujuraUs si aggiunge: unde Popilii < Laenaies y
propter ìiunc habitum, qui se de Fencris genere ortos feì-ebant. alii inventorem
huius vestis ab kac ipsa veste Laenalem appellatum tradund cet. Cfr. Cic. Brut.
14, 56 : Licet aliquid etiam de M. Populi ingenio suspicari, qui cum consul
esset (359 a. C. Liv. VII 12, 4) eodem tempore sacrificium publicum cum laena
faceret, quod erat flamen Carnientaiis cet. cfr. Vark. d. l. L. VI 33 : laena
quod de lana multa duarmn etiam togarum instar.
Non ostante queste esplicite dichiarazioni, sorge spontanea l'idea di
confrontare il cognome Laenas con il passo di Varrone d. l. L. VIII 84 :
hinc quoque illa nomina Lesas, Ufenas, Carrinas, Mia^eceìias quae cum essent
ab loco ut Urbinas et tamen U[e\rbin{iu8) ab hi» debuerunt dici ad nostrorum
tiominum ....
Anche lo Schulze p. 186 riconosce 1' origine etrusca del cognome dei
Popilii Laenate».
128 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI.
(continua Fabii)
[praet. 214 Liv. XXIV
9, 4; 201 Liv. XXX 40,
5; 196 Liv. XXXin 24,
2; due persone 189 Liv.
XXXVII 47, 8; due per-
sone 181 Liv. XL 18, 2;
173 Liv. XLI 28, 5].
6. Manlii (dict. 363) 359; 357;
(dict. 353; dict. 349) 347
(mag. eq. 345) 344"; 340
(dict. 320); 299; 256; 250;
244; 241; 235; 224 (dict.
208) 189; 179; 178.
cens. 351; 247; 231.
Plebei,
[pmef.218Liv.XXI17,
7; 215 Liv. XXIII 40; (due
persone) 210 Liv. XXVI
23,1; 197 Liv. XXXn 27,
7; 195 Liv. XXXIII 42, 7
195 Liv. XXXIII 42, 7
188 Liv. XXXVIII 35, 2
182 Liv. XXXIX 36, 5].
I magistrati dal 366 al 172
129
PATRICI.
7. QuiNCTii (dict. 361; mag.
eq. 360) 354;' 351 (dict.
331; 271; 208; 198; 192.
cens. 189.
[^mef. 209 Liv. XXVII
6, 12; 199 Liv. XXXI
49, 12 ; 186 Liv. XXXIX
6, 2; 177 Liv. XLI 8, 1;
Uno dei due primi edili
curulinel366Liv.VIIl,l].
Plebei.
6. Plautii 358 (mag. eq. 366)
347; 341; 330; 329; 328; 318;
cens. 312.2
[i^raef. 322 Liv. Vm 40,
1; 189 Liv. XXXVn 47,8].
8. Valerii (mag. eq. 358) 356;
363; 352; 348; 346 (dict. 344)
843; (dict. 342) 335 (mag.
eq. 332) 331 (mag. eq. 331;
mag. eq. 321) 312 (dict. 302,
e dict. 301) 300; 299 suf.;
289;286;280;263;261;239;
238;227;226;210;195;188;
176 suf.
cens. 307; 252; 184.
[pmef. 350Liv.Vn23,
3; 347 (?) Plin. n. h. VH
' Liv. vii 18, 10: in quibusdam annaltbut prò T. Qutnctio M. Popilium
consulevi invenio.
* I Plautii hanno il cognome Venox, talora Venno. Su ciò Schulzb p. 410.
Pais Bicerche tnlla storia e sul diritto pubblico di Roma II 0
130 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICL Plebei.
(continua Valerii,
157; dopo 346 Liv. ib. IX
41, 1; prima del 308 Liv.
1X41, 1 (due volte); 241
Val. Max. H 8, 2; 227 (?)
Sol. p. 52; 1 prima del 218
Liv. XXIII 24, 4; 215;
Polyb.Vni3,6;2 201 Liv.
XXX 40, 5; 199 Liv. XXXI
49, 12 ; 193 Liv. XXXIV
54, 2; 192 Liv. XXXV
10, 2 ; 183 Liv. XXXIX
45, 2 ; 182 Liv. XXXIX
56,8; 179. Liv. XL 44, 2;
177 Liv. XLI 8, 1].
9. CoRNELii (mag. eq. 362 ;
mag. eq. 361; mag. eq. 353;
mag. eq. 350) 350 (mag. eq.
349) 343 (dict. 334) 332;
328; 327 (dict. 322; dict.
320) 306 3 (dict. 306) 303;
298 (dict. tra il 292-285)*
290; 288; 283; 277; 275; 274;
270;260;259;257;254;237;
236;222;221;218;205;204;
' Cfr. Maxis op. cif. p. 17.
' Maxis p. 22.
* Consolato saltato da Calpurnio Pisene apud Liv. IX 44.
* V. Bandel op. cit. p. 115.
I magistrati dal 366 al 172 131
PATRICL Plebei.
(continua Cobnblii-
201; 199; 197; 194; 193; 191;
190; 181; 176.
cens. 2-iO (2 persone); ^
294; 280; 265; 269; 236; 209;
199; 194; 159.
[praet. 234 Zon. Vili
18; 214 Liv. XXIV 9, 4;
212 Liv. XXV 2, 5; 211
(due persone) Liv. XX 41,
12; 198 Liv. XXXII 7, 13;
( tre persone ) 194 Liv.
XXXIV 42, 4; 193 Liv.
XXXIV 64, 2; 191 Liv.
XXXV 24, 6; 186 Liv.
XXXIX 6, 2; 185 Liv.
XXXIX 23, 2; 184 Liv.
XXXIX 32, 14; 183 Liv.
XXXIX 46, 2; 180 Liv.
XL 35, 2; 179 Liv. XL
44, 2; 177 Liv. XI 8, 1;
176 Liv. XI 14, 5; 176
Liv. XLI 26, 1 ; 174 Liv.
XLI 21.
Uno dei primi due ned.
dir. nel 366 Liv. VII 1, 1].
' I Fasti della Regia notano: Hei fratres germani fuer uni.
132
Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI.
10. Claudii (dict. 362) 349
(dict. 337; mag. eq. 337 )
807; » 296 (dict. fra 292-285)*
268; 264; 249; 240(dict.213)
212; 207; 202; 185; 184; 177.
cens. 312; 225; 204.
[i9r«e<.297Liv.X22,8,
295 Liv. X 24, 18; 215
Liv. XXII 41, 10 XXIV
6,4; 212 Liv. XX 25; 208
Liv. XXVII 21, 6; 206
(Ti. Claudius Asellus) Liv.
XXVIII 10, 3; 204 Liv.
XXIX 11, 11; 195 Liv.
XXXIII 42, 7; 188 Liv.
XXXVIII 35, 2; 187 Liv.
XXXVIII 42, 4; 181 Liv.
XL 18, 2 ; 180 Liv. XL
36, 2; 178 Liv. XL 59, 5;
175 Liv. XLI 21, 2 ; 174
Liv. XLI 21, 1].
Plebei.
7. Marcii 357 (dict. 356) 352;
344; 342; 310; 306; ^ 288;
281 (mag. eq. 263) 186.
cens. 351 jprimus e ple-
be 294; 266 ; 164.*
[praet. 204 Liv. XXIX
11, 11; praet. 188 Liv.
XXXVIII 35, 2].
{trih. pleh. dal 389).
* Consolato saltato da Calpurnio Piaoue apud Liv. IX 44.
* Cfr. Bandel op. cit. p. 114.
' Consolato saltato e. s.
* Il nome dei Marcii trova forse le sue origini nell' Etruria (t. il ma-
teriale in ScHULZB p. 188). Ma ciò si riferisce, al caso, al pih antico strato
etrusco dello Stato romano.
I magistrati dal 366 al 172
133
PATEICI.
11. luLii (dict. 352) 267.
[praet. 208 Liv. XXVII
21, 5; 183 Liv. XXXIX
46, 2].
Plebei
8. Decii 340; 312; 308 (mag.
eq. 306) 297; 296; 279.
cens. 304.
12. FuRii (dict. 360) 349 (dict.
346) 338; 325; 251; 223; 196;
cens. 263; 214.
[Il primo praetor 366
Liv. VII 1, 12 cfr. Suid.;
818 Liv. IX 20, 6; fra il
226-219; Val. Max. I 1,9;
prima del 223 (Maxis p. 18);
216 Liv. XXn 35, 6; 200
Liv. XXXI4, 4; (Crassipes)
187; Liv. XXXVI 42, 4;
174 Liv. XLI 21, 1; 173
Liv. XLI 28, 6].
OW6.p?e&.dal[491]416
etc).
9. Poblilii 339 (dict. 339;
mag. eq. 336) 327; 320; 316.
cens. 332.^
[Primo pretore plebeo
336 Liv. Vin 16, 9].
{trih. pleb. dal 472).
' L. Poblilius L. f. Volerò trìb. mil. nel 400 ha già il secondo cognome
di Vulacus in Fasti della Regia {Volsco Liv. V 12; VuU. cod. M.).
Il nome è comunissimo del resto in varie regioni d' Italia ed in so-
stanza identico non solo con quello dei Poblicn ma anche dei Popilii (ma-
teriale e confronti v. in Schulzb p. 216).
134 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI.
13. Papirii (dict. S'IO ; mag.
eq. 340) 336 (diet. 332) 330;
326 (dict. 325) (dict. 324 ; '
mag. eq. 320; mag. eq. 320)
319; 315; 313 (dict. 310; ^
dict. 309) 293; 272; 231.
cens. 318; 272.
[pme«.340Liv.VIII12,
2; 332 Liv. Vili 17, 12;
292 Liv. X 47, 5; 176 Liv.
XLI 14, 5.
Uno dei primi questori
fra i plebei. Liv. IV 54].
Plebei.
10. lunii (mag. eq. 339) 325;
317; 313 (mag. eq. 312) 311
(mag. eq. 310; mag. eq. 309)
(dict. 302) 292; 291; 277;
266;249; 230 (dict. 216) 178.
cens. 307; 253; 225.
[praet.212LÌY.XXV 2,
5; 201 Liv. XXX 40, 5;
191 Liv. XXXV 24, 6; 190
Liv. XXXVI 45, 9; 172
Liv. XLII 9, 8].
(trib.pleb.dsiì['i9^]^S9
etc).
ll.Maenii 338 (dict. 320;
dict. 314) cens. 318.-^
[praet.lSGlÀY.XXXIK
6, 2; 186 Liv. XL 35, 2;
177 Liv. XLI 8, 5].
{trio. pìeh. dal 483).
12. Aelii 337; 323 (Aulius?)
' Papirius Cursor Fasti Hyd.; Cliron. Pascli.
* La prima volta eoa L. Cornelio dict.; la seconda con T. Manlio.
' Varietà del gentilicio Maelhis ; cfr. Alinius ed Atiliiia. Nome diffuso
in vai'ie regioni d'Italia v. Sciiulzb p. 185 anche nel vecchio Lazio v. ad es.
CIL. XIV 3460 (Snblaquenn;.
I magistrati dal 366 al 112
135
PATRICI.
Plebei.
(continua Aelii)
mag. eq. 321)286(mag.eq.
202) 201; 198.
cens. 199; 194.^
itrìh. pleh. dal 286).
13. Duilii 336; 260 (dict. 231)
cens. 259.2
{trib. pleh. dal 470).
14. Atilii 335; 294; 267 (Re-
guli); 257 (Serranus); (256
suf. Regulus); 250 (Regu-
lus);245(Bulbus)235; (Bui-
bus); 227 (Eegulus); 225
(Regulus); 217 (suf. Regu-
lus).3
cens. 234: 214.
H.PosTUMii 334 (mag. eq.
327)321;305;294:291;262;
242; 234; 229; 215; 186; 180;
174; 173.
cens. 366; 332; 253; 234;
174.
[praet. 243 Fast. Gap.
. Ad eccezioue del console del 323 che in Lxvxo YIH 37 è detto Ae-
milius 8ono tutti Aelii o Allii, Paiti o Paeti
L'altro ramo dei Tu&crones raggiunse la pretura almeno dal
^V.e costoro fossero di origine etrusca non P-a f M.o ^.e vi.e.ano
ha impronta elru^ca cfr. SCH^I-^B P- 303- ^^, „„^, „,
. secondo C.CBKO.K -„'. 45 3 1. ^o.m. p ^^^^^^^ ^^^^^^
Duella cfr. Quinct. I 4, lo. I moderni ^rw
136
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI.
(continua Postdmii)
ad a. 253; prima del 233 o
228 Liv. XXII 35,7; 1 216
Liv. XXII 35, 6;189Liv.
XXXV II47, 8; 185 Liv.
XXX 23, 2].
praet. 1 80 Liv. XL 35, 2.*
Plebei.
(continua Atilii)
[praet.293LÌY.Xiò,4;
257 Fast. Gap. ad a. aed.
cwr. 194 Liv. XXXIV 54,
3; cfr. Auct. de vir. ili.
39, 2; cfr. Maxis p. 15;
228 Liv. XXI 26, 2; 213
Liv. XXIV 43, 6; 197 Liv.
XXXII 27, 7; 192 Liv.
XXXV 10, 11; 185 Liv.
XXXIX 23, 2; 174 Liv.
XLI21, 1; 172 Liv. XLI
28, 5].
{trib.pleh. dal 311).
15. M. Antonius (mag. eq.
334).
guinis gli Atilii Serrani ed i Reguli. I moderni lo censurauo d' ignoranza
(v. in PW. RE. II 2095). A me inspira piìi fiducia l' ignoranza di Valerio che
la dottrina moderna. Che i Serrani, sebbene appariscano più tardi dei Reguli,
fossero antichissima stirpe, prova il noto fatto fra gli Atilii Serrani gentili-
cium esse feminas lintea veste non uti Varr. apud Plin. n. h. XIX 8.
Reputo poi pura fantasia la teoria moderna, piti volte ripetuta, che gli
Atilii Sarani o Serrani avrebbero avuto tal cognome non dal serere, come
affermavano gli antichi Plin. n. h. XVIII 20 bensì dal commercio con Sarra
ossia Tiro.
Ove fosse necessario allontanarsi dall'etimo degli antichi, sarebbe piut-
tosto il caso di pensare ai nomi analoghi, sopratutto ai Sarranatea dell' Um-
bria Plin. n. h. Ili 114.
' Cfr. Maxis meni, cit. p. 16.
* E ovvio il dubbio se L. Postumius Tempsanus, pretore anche esso nel
185 Liv. XXXIX 23, 2; 29, 8; 41, 6 fosse o no patricio.
I magistrati dal 366 al 172
137
PATRICI.
15. QuiNCTiLii (dict. 331).
{'praet. 203 Liv. XXIX
38, 4].
Plebei.
le.Veturii 334; 321.^
17. Domitii Calvini 332; 283
(dict. 280) 192.
cens. 280.
[praet. Aehnobarbus *
194 Liv. XXXIV 42, 4].
18. Claudi! Marcelli 331 (dict.
327)287;222;214;210;208;
196; 183.
cens. 189.
I6.F0LII (mag. eq. 320) 318
(mag. eq. 314).
[praet. 224 ?= 216 Liv.
XXII35,7; 216 Liv. XXII
35,6; 198 Liv. XXXII 7,
13; 188 Liv. XXVIII 35,
2; 185 Liv. XXXIX 23, 2].
19. Fulvii 322 (mag. eq. 316)
305 suff.; 299; 298; 264
(dict. 263) 255 (mag. eq.
246) 237; 229; 224 (mag. eq.
' Se il Vetarius aed. cut. nel 210 Liv. XXVII 6, 19 sia un patricio od
un plebeo non è cliiaro v. Seidel mem. cit. p. 26.
« I Domita Calvini e gli Menobarhi appartenevano alla stessa geni,
SuBT. Nero 1.
• Maxis. mem. cit. p. 18.
138
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI.
17. Nautii 316; 287.
Plebei.
(continua Fiilvii)
21.3) 212; 211 (dict. 210)
209; 189; (180 suff.) 179.
• ceiis. 231; 179; 174.i
[;?me^. 215 Liv. XXIII
.32, 18, 24, 4, 30, 8; 214
Liv. XXIV 9, 4; 213 Liv.
XXIV 43, 6; 212 Liv.
XXV 2, 5; 200 Liv. XXX
4, 4; 193Liv.XXXlV.54,
2; 192 Liv.- XXXV 10,
11; 190 Liv. XXXVI 45,
9; 187 Liv. XXXVIII 42,
4; 182 Liv. XXXIX 56, 5].
20. Aulii Cerretani 323; 319
(mag. eq. 315). ^
21.Volummi 307; ^ 296.
22. Miuucii 305 ; 221 (mag
eq. 217) 197; 193.
' L' origine tuscnlana dei Fulti è nota, Cic. prò Piando 20; Phil. Ili
16. Plin. n. h. VII 136.
* la DiOD. XVIII 26 a. 323, 319 rulg. in luogo di Atiliua è Aik'.oz —
Aelius.
Il gentilicio Aulius fa ripensare ai noti nomi etruschi, v. il materiale
in SCHULZE p. 73. Il cognome Cerretanus o Ceretanns parrebbe derivato da
una località di cui non abbiamo più traccia.
' Consolato saltato da Calpuruio Pisene apud Liv. IX 44.
I magistrati dal 366 al 172 139
PATEICI. Plebei.
(continua Minucii)
[praet. 262 Front, de
flgimec^.6, 200 Liv.XXXI
4, 4; 197 Liv. XXXII 27,
7 ; 196 Liv. XXXIII 24,
2; 180 Liv. XL35, 2].
(Jrib.pìeh. dal 401?).'
23. Sempronii 304 (Sophus),
268 (Sophus), 253 (Blae-
sus); 244 (Blaesus); 240
(Tuditanus); 238 (Grac-
chus'ì: 218 (Longus) (mag.
eq.216)215(GraccliusV,213
(Gracchiis); 204 (Tudita-
nus): 194 (Longus); 185
(Tuditanus); 177 (Grac-
clius).2
cens. 300; 230; 252; 209;
169.
[praet. 296 Liv. X 21,
4; 213 Liv. XXIV 43, 6
197 Liv. XXXII 27, 7
196 Liv. XXXIII 24, 2
• M. Minucius trii.pleb. nel 401 Liv. IV 11, 4 e nominato accanto ad
altri tribuni sospetti come M. Acutms, C. Lacerius, M. Metilius. Sul Minucio
falso tribuno della plebe, Plix. n.Ti. XVIII 15; cfr. Liv. IV 16, 3.
' Manca credo modo di determinare 1' origine del cognome Tuditanus.
Quello di Gracchus è molto antico fra gli Aequi Liv. Ili 25; 28.
140 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI. Plebei.
(continua Sempronii)
189 Liv. XXXVII 47, 8;
(due persone) 184 Liv.
XXXIX 32, 14; 180 Liv.
XL 35, 2].
(trib.pleb. sino dal 310),
24. Livii 302; 219 (dict. 207)
207; 188; (mag. eq. 324?).^
cens. 204.
[jjraet. 202 Liv. XXX
26, 71; 191 Liv. XXXV
24,6.
aed. CU): 204 Liv. XXIX
38, 4].
' Per il 324 i Fasti Eyd. ed il Chron. Pasch. hanno un Drusiis mag, eq.
Cfr. Bandel op. cit. p. 91.
Un Postumius Livius è dittatore dei Fidenati sino dal tempo dell' in-
vasione Gallica V. Macrob. I 11, 37; 39. È ovvia la domanda se da Fidane
non derivino i Livii plebei di Roma. A favore di questa ipotesi può, credo,
citarsi l'iscrizione trovata nel Tevere relativa alla villa di ad GaìUnas Albas
di Livia moglie di Augusto, ove si ricordano i procuraiores praetorii Fide-
nalium et Rubrensium et Gallinar{um) Aìbarum, v. Not. d. acavi 1909 p. 434.
Il i)odere detto poi ad GalUnas, posto a nove miglia sulla via Flaminia
era proprietà privata di Livia prima ancora di sposarsi cou Augusto, SuET.
Galba 1: post staium nuptius Veientanum smini revisenti. Cfr. Plin. n. h. XV
136, ove si dice che il noto prodigio della gallina gettata con il ramo di
alloro in seno di Livia avvenne allorché Livia Drusilla era jìacta Caesari
ossia ancora fidanzata. Tale villa faceva parte del territorio già appartenente
a Veio limitrofo a quello di Fidene.
I magistrati dal 366 al 172 1*1
PATRICI. Plebei.
25. M. Titinius (mag. eq.
302).»
[praet. 178 Liv. XL
59, 5].
{trib. pleh. dal 449,
439).
26. Q. Apuleius Pansa 300.
{trib. pleb. dal 391).*
27. Carvilii Maximi 293; 272,
234; 228.3
cens. 288.
' Nome diffusissimo derivato da Titius cfr. Borghesi apud Schulze
p. 242 8gg. al quale ultimo è sfuggito, se non mi inganno, che il più an-
tico personaggio di questa gente (a parte i magistrati romani) è quel Pm-
hlius Titinius Mena il quale post R{omani) c{onditam) a{nno) CCCCLIII {ossisi.
nel 301) ut scriptum in puhlico Ardeae in Wteris extat. per primo fece venire
i tonsorea dalla Sicilia Vare. d. r. r. II 11, 10.
» L. Apuleio trib. pleb. nel 391 Liv. V 32, 8 sarebbe l'accusatore di
M. Furio Camillo per la preda Veientana.
Degli Apulei si trovano traccie in varie regioni. Non è il caso di pen-
sare a quelli di Atina, perchè il primo fra costoro a conseguire non solo la
pretura ma addirittura gli onori curuli fu L. Apuleius Saturninu» pretore nel
58 a. C. V. Cic. prò Piando 8, 19; 11, 28.
Non so se per età così antica non sia il caso di pensare agli Apuleii
dell' Etruria, di cui si fa più tardi menzione ad es. nel titolo di Luni CIL.
XI 1362. Sul carattere etrusco del cognome Pansa v. il materiale in Schulze
p. 365.
* Su Sp. Carvilius homo novus v. Vell. II 128.
Lo Schulze p. 139 cfr. 454 riconnette il gentilicio Carviliut con Cal-
viliu$.
142 Intorno alla jormazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICL Plebei.
28. M. Curii 290 ; 275 ; 274 ;
cens. 272.^
[praet. 283 Liv. ejp.
XII].
29. Caedicii 289 ; 256.
cens. 283.
(trib. pìeh. 47o).2
30. Hortensii (dict. 287circa).
{trìh. pleh. 422).3
' M. Curius era homo noinis, Cic. i)ro Murena 8, 17. Non era di origine
urbana ma municipale. Cic. prò Sulla 7, 23. Negli Scholia Bobiensia com-
mentandosi qnest' ultimo passo si dice : Saiinis oriundus videUir. Questa no-
tizia par di dubbio valore al Muenzer in PW. RE. IV col. 1841. A me
produce invece l'impressione opposta. Ha impronta sabina il nome di Cu-
rius come quello Curiatius; e nulla di strano che Curio originario deUe Sa-
bina sia stato scelto a domare quelli fra i suoi conterranei che erano an-
cora indipendenti.
' Il tribuno L. Caedicius del 475 Liv. II 52, 6 pare spurio al pari del
suo collega T. Statius. Di M. Caedicius de pleòe e del centurione Q, Caedicius
si fa già parola al tempo dell'invasione dei Galli Liv. Ili 32, 5; 45 sq.
Di im Caedicus in rapporto con il Tiburtino Ecìnulus favoleggiava Vir-
gilio IX 358 sqq. X 747. Cfr. Serv. ad Aen. IX 358. Ma di una storica
comunità di Caedicii nel territorio degli Acquicoli scomparsa all' età sua
parlava Plixio n. h. Ili 108.
' Liv. IV 42, 3 personaggio sospetto v. la mia Storia critica di Roma
II p. 347 n. 2.
Lo SCHULZE p. 174 sgg. nota oi^portunamente che il gentilizio degli
Hortensii trova corrispondenza tanto negli Horienses del Lazio ricordati
I magistrali dal 366 al 172 143
PATRICI. Plebei.
31. Claudius Canina 285; 273.
32. Caecilii 284; 251 (mag.
eq. 249) 247 (dici. 224 mag.
eq. 207) 206 (dict. 205).^
[praet. 283 Liv. ep. XII
Polyb. II 19, 8 III 13, 22;
206 Liv. XXVIII 10, 3 ;
182 Liv. XXXIX 56, 5].
{trib. pleb. nel 439?). 2
33. C. Fabricius 282; 278.
cens. 276.3
da Pnyio n. li. Ili 69 fra le comunità scomparse, come fra altri nomi del-
l' Umbria Bucheler Umhrica p. 17. Cfr. Urvinum Hoitense. Per la Campania
CIL. X 3764.
' Dalla Toce di Paolo ep. Fest. p. H M : Caeculus condidit Praeneste.
Unde putant l'^aecilios ortos quorum erat nobilis familia apud Romanos, Ala
apellatos eos dicunt a Caecade Troiano Aeneae cernite è lecito forse pensare
che i Caecili erano di origine preuestina. Il loro cognome Metellus fa ri-
cordare la glossa di Pesto p. 148 M estr. s. v.: Metelli dicuntnr in lege mili-
tari quasi mercenarii, Acdua annali XILFII: « calones famulique vietallique ca(c)u-
ìaeque». A quo genere hominum Cacciliae familiae cognomen putat ductum.
Data l'origine umile dei Cecili Metelli si spiegano forse ancor meglio
le note parole di Xevio : fatò Metelli Eóniae cónsulés funi.
Il nome dei Caecili si trova pur collegato con quello della leggendaria
moglie di Tarquinio Prisco Fest. p. 224, 238 M cfr. Paul. ep. 95 Auct.
de praen. 1. PliN'. n. h. VII 194. Plut. quast Rem. 30.
* Il tribunato della plebe di Q. Caccilius mescolato nella leggenda di
Sp. Melio non inspira piìi fiducia del tribunato militare di un Caecilius nel
444 cfr. 8. p. 122.
* Il MuxzER in PW. RE. VI col. 1930 mette giustamente in rilievo
144 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI. Plebei.
(continua Fabi-icii)
[praet.l9òLÌY.X.XXIU
42, 7].
34.Ti.Coruiicanius 280 (dici.
246).»
35. Oguluii 269 (dict. 257).*
[pme^. 182 Liv. XXXIX
56,6.
aed. cur. (due) nel 296
Liv. X 23, 11].
(frib. pleb. 300).
36. Mamilii 265; 262 (Vituli),
239 (Turrinus).»
l'antichità dei titoli preiiestini che fanno ricordo dei Fahreci o Fahricii. CIL.
2QV 3128 sqq. Mancano salde ragioni per negare carattere urbano al celebre
console del 282 e del 278 competitore di Pirro, sepellito nel Foro. Invece il
nome stesso prova la tenue origine di chi discendeva da persone che in origine
erano stati artefici. C. Fabricius nei Fasti ricorda però il padre ed il nonno.
' Mentre da Ciceroxk prò Piando 20, prò Sulla 23 apprendiamo che
Tib. Coruncanio era di Tuscolo, l'imperatore Claudio, stando a Tacito ann.
XI 24 affermava Coruncanios Camerio . . . accitos.
* Il carattere etrusco del nome degli Ogulnii è certo v. Schulze op. cit.
p. 151. Ammessa l'origine etrusca degli Ogulnii come degli Aquilii, v. a. 103,
meglio ai intende il passo di Livio XXVII 3, 9 ad a. 210: M. Ogulnins et
P. Aquiliua in Etruriam legati ad frumenium coemendum . . . profecti.
' I Maviilii sono i discendenti della celebre gens Tusciilana che collega va
le sue origini con Circe, stretti in alleanza con Tarquinio il Superbo Liv.
I 49 II 15 sqq. DiON. Hal. IV 45 sq. V 21 sqq. VI 2 sqq. Cfr. Fest.
p. 132 M 8. V. Mamiliorum.
L. Mamilio dittatore Tusculano fu uno fra i primi stranieri a conse-
I magistrati dal 366 al 172 1^5
PATRICL Plebei.
(continua Mamilii)
[^rae<.207Liv. XXVII
35, 1 ; 206 Liv. XXVIII
10, 3].
37. Otacilii 263; 262; 246.^
[praet. 217 Liv. XXII
10, 10; 214 Liv. XXIV
9, 4].
38. Aquilii 259.2
[praet. 176 Liv. XLI
14, 5].
39. Atili Calatiims 258; 254;
(dict. 249).^
cens. 247.
gulre la cittadinanza romana nel 460 Liv. IH 18; 29 Diox. Hal. X 16.
""'" nTorf "cognome Turrìnus (cfr. anche Liv. XXVIII 10) sta in relazione
con la Turris MamiUa nella Subura in cni i Snl^nranenses appendevano xl
teschio del cavallo corridore neUe corse di ottobre Fkst. p. 180 M s. . .
October equtis. Paul. ep. Fest. p. 99 M. , „ , , ,, .r^„-
^ Gli Otacilii, come è noto, traevano l'origine da MalecenUnn (Bene-
veniam) Fest. s. v. Numerius p. 172 M sq.
• Circa gli Aquila nulla v' è da aggiungere a quanto e stato notato
.„gli Aquilii patrici. Seppure questi ultimi non sono i falsi antenati dei
^'^''"'' Nei Fasti della Regia è detto Atilius Caiaiinus. La lezione Calatinus
silegge, oltreché negli altri autori, in Cassioh. ad 258, nel Ckonogua.o
Pais Rica-che sulla storia e sul diritto pubblico di Boma II ^0
146 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI. Plebei.
40. M. Laetorius Plancianus
(mag. eq. 257). ^
[praet. 210 Uv.XX.Yl
23, 1.
«e^.cur.'216Liv. XXIII
30, 16].
{trib. pici), del 471).
41. Anrelii 252: 248 (mag. eq.
231) 200.
cens. 241.2
dell' a. 354 ad a. 254. È detto pure Calafinus l'AtUius accusato di aver tra-
dito Sora, il genero di Fabio Massimo Val. Max. Vili 1,9 (a. 315).
Anche iu altri casi si trova confusione fra Caiatia e Calatia vale a dire
per le gesta del 306 per il quale Livio IX 43 ha Calatia mentre confron-
tando il testo del resto corrotto di Diod. XX 80 si è pensato a Caiatia.
Per questo e per altri casi v. Mommsen ad CIL. X p. 444.
Che nel caso nostro sia piuttosto da leggerea Clatinus anziché Caiatinus
risulta forse dal fatto che Calatia ed Atella fecero strettamente parto dello
Stato Campano e con Capua ebbero comuni le sorti. Poltb. Ili 118 cfr.
Mommsen ad CIL. X p. 359; 369. Sicché par naturale pensare che la nobiltà
di Calatia abbia ricevuta la cittadinanza nello stesso tempo in cui l'ottenne
quella di Capua. Il modo, la misura con cui tale cittadinanza fu accordata
è oggetto di questione che tratto altrove. Cfr. Storia di Roma I 2 (1899) p. 230
8gg. Qui mi basti ricordare che, stando alla versione canonica ciò avvenne
verso il 338 Liv. VIII 14, 11 in cui la civitas sine suffragio fu accordata
anche ai Formiani ed ai Fundatii e il 322 in cui fu concessa agli Acerrani
Liv. VIII 17, 12.
' In Lactoritta come nella forma parallela Nuìnitoriua lo Schulze p. 187
trova chiari indizi del suffisso etrusco ^)ur.
' L' origine Sabina degli Aurelii è nota, Paul. ep. Fest. p. 23 M s. v. Au-
reliam.
I magistrati dal 366 al 172 147
PATRICI. Plebei.
(continua Aurclii)
[praef.202Liv.XXVI
26, 11; 186 Liv. XXXIX
6,2].
42. Claudius Gliela ( dict.
249). 1
43. C. Fundanius Fundulus
243.2
44. Lutatii 3 242 (Catiilus) ;
241 (Cerco); 220.
cens. (Cerco) 236.
46. M. Pomponii Mathones
233, 231 (mag. eq. 217).*
« Claudius Glìcia era stato uno scriba, Livio ep. XIX lo dice sorti s ulii-
mae hominem. Secondo la fonte di SuKTONio TU. 2 aveva e-mtato 1 u -
fido di viator del console P. Claudio Pncher, che per dispetto lo creò dit-
tatore; carica che fu obbligato a lasciare. Civ. i Fasti della Kegia ad a.
* Lo stesso nome dice chiaramente che era di Fundi.
» Da Sali.. Mst. fragm. I 3, 55 Maur. si fa menzione a proposito di
Lntazio Catulo, della Lutatiorum proles, che aveva il sepolcro di famigba m
Trastevere Oios. V 21, 7. ^ .. ^ m „„„
Ignoriamo 1' origine dei LutatU. Dalla cnra che Lutatn. Cerco il con-
sole che pose fine alla prima gneira Punica, nel raccogliere ^^'ortesjen^
Fortuna di Preneste e dal fatto che il Senato si oppose acch. si ten e
conto di auspida aUenigena anziché di patria Val. Max. I 3, 2 si è for e
ndotti a snpporre che codesta ga. fosse originaria di Praeneete presso la
quale è stato trovato il titolo CIL. XIV 2929. Ma . -»— ^^^ ^^^l^;;^^^^
Rispetto al carattere del cognome Cerco v. le osservazioni dello SCHULZE
'^' '^' Il gentilicio Pomponins ha numerosi riscontri in Etruria raccolti dallo
SCHULZE p. 212 il quale nota anche il carattere etrusco del cognome Matho.
148
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI.
Plebei.
(continua Poraponii)
[praef. 217 Liv. XXII
7,8;216Liv. XXri 35,5;
204 Liv. XXIX 11, 11].
(trih. pleh. dal 149).
46. M. Poplicius Malleolus
232.1
47. L. Apntstius Fullo 226.^
18. Veturii 220 (dict. 217)
206 (mag. eq. 205);
cens. 210.
[praet 209].
[praL'f.ìdG Liv. XXXIII
24, 2].
48. Flaminii 223 (mag. eq.
222-219)^' 217; 187.
cens. 220.*
" Eiscontri etrnschi v. in Schulze p. 216.
* Il coguorae Fullo indica chiaramente 1' nmiltà delle loro origini. Gli
Apustii erano lavatori di panni così corno Tcrentius Farro il console del 216
era figlio di un macellaio.
* V. Baxdel op. cit. p. 123.
* Il gentilicio Flaminius accenna forse ad una dipendenza dai Flamines
come il nome del tribuno della plebe Ponfìficiiis Liv. II 44 ad a. 480 sembra
indicare un' analoga dipendenza dal collegio pontificale.
Dal fatto che il celebre console del 223 fece costruire il circo Flami-
nio nella regione in cui era il campus od i prata Flaminia (v. Varr. d. l, L.
V 154. Liv. Ili 54; 63. Plut. quaest. Rom. 66; cfr. F. Muenzer in PW.
EE, VI col. 2496) non mi pare si debba senz' altro ricavare che egli pos-
sedeva un tratto del terreno in cui il Circo Flaminio fu edificato. Può
anche sospettarsi che il suo nome fosse semplicemente derivato da qmdla
regione senza che vi avesse rai)porti di proprietà o di possesso.
I magistrati dal 366 al 172 149
PATEICI. Plebei.
(continua riaminii)
[praef. '227 Sol. p. 52;
193 Liv. XXXIV 54, 2].
49. C. Terentius Varrò 216.^
[praef. 218 Liv. XXII
25, 18; 187 (dueManaliste)
e Caelio Liv. XXXVIII
42, 4; 184 Liv. XXXIX
32, 14; 182 (Istra) Liv.
XXXIX 56, 5].
50. Servilii (mag. eq. 208)
203 (mag. eq. 203) 202
(dict. 202).2
[praet. 206 Liv. XXVIII
10].
51 . P. Villii-is Tappulus 199.»
[praet 203 Liv. XXIX
38, 4; 199 Liv. XXXI
49, 12].
{trib. pleb. 449).
. È appena necessario ricordare che C. Terentius Varrò era loco non ImmiU
tolum sed etiam sordido orius ; patrem lanium fuisse ferunt. LiV. XXII 25, 19.
» Sui Servilii Gemini plebei e patrici v. MOMMSEN Eoem. Farseli . I p. 117 sg.
• Rispondenze etrusche sia per il gentilicio che per il cognome v. in
SCHULZE p. 267; cfr, 95; 277.
150 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICL Plebei.
52.Porcii' 195 (Cato), 184;
(Licinus) cens. 184.
[praet.207UY.XXYll
35, 1; 198 Liv. XXXII 7,
13 ; 195 Liv. XXXIII 42,
7; 193 Liv. XXXIV 54, 2].
53. M.' Acilius Glabrio 2 191.
[^Jme^. 196 Liv. XXXIII
24, 2].
54. C. Laelius lOO.^
[praef. 196 Liv. XXXIII
24, 2.
quaest. 202 Liv. XXX
33, 2].
55. Baebii Tampliili 182 ;
181.4
* L' origine tusculana dei Porcii è risaputa.
* Detto homo novu» in Liv. XXXVII 57, 11 non riesce a dirontare cen-
sore. Un M.' Acilius Illvir acjris dandis adsignandis ora ricordato da autori
noti a Livio XXI 25, 4 ad a. 218. M.' Acilius ò legato del Senato in Egitto
nel 210 Liv. XXVII i, 10.
Il gentilicio Acilius è in fondo una variante di quello degli Aquilii sui
quali V. s. p. 103.
' Confronti con titoli etruschi v. in Schulze p. 186.
* Il tribuno dfl 204 Liv. XXIX 37, 17 è lo stesso Gii. Baebius console
I magislrati dal 366 al 172
151
PATRICI.
Plebei.
(continua Baebii)
[praet. 199 Liv. XXXI
49, 12; 192 Liv. XXX 10,
ll;189Liv.XXXVII47,8].
(trih. pleb. 204).
56. C. Calpurnius Fiso 180. ^
[praet. 211 Liv. XXV
41, 12; 186 Liv. XXXIX
6, 2].
57. Q.Petillins Spurinus 176.
[praet. 181 Liv. XL
18, 3].
{trih. pleb. 187).»
del 182. Un altro Q. BaeMus Merennii^ e tribuno della plebe nel 217, LlY.
XXII 34 3
Su rispondenze in Etruria ed anche in altre regioni itaUche v. Schulze
^' '''il primo dei Calpurni storici sarebbe il Calpurnius Flammea l'eroico
trihunus militum che nel 258 si rese celebre a ^'-^^^"""^ ^^ .^f. ^^'^";
XXII 60 11 PLiN. n. h. XXII 11. Ma come è noto, a questa tradizione, che
faceva f^rse'capo all'annalista Calpurnio Pisone, Catone opponeva quella
che lo stesso fatto attribuiva ad un Q. Caedicius. L' annahsta Claudio Qua-
drigario parlava poi di un Laierms Gell. n. A. IH 7 18-21.
Sul carattere etrusco del gentilicio Calpurnius v. Schulze p. 138. Sul
cognome Fiso (umbro!) cfr. Sii. Ital. Vili 463 X 250 403.
' I due O FetmU tribuni della plebe sono collegati da Valerio Anziate
con il processo degli Scipioni LiT. XXXVIII 50, 5; 54, 1 ad a. 18.. Cfr
GKLL. l. A. IV 18, 7. P.UT. Cai. Maior. 15. Ack. Vict. 49. Come è noto
152 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
PATRICI. Plebei.
68. Mucii Scaevolae 175; 174.'
[praeL21b Liv. XXIII
24,34, 11; 179 (due perso-
ne) Liv. XL 44, 2].
(Jrib.pleb. sino dal 485).*
altri dicerano l'accusatore di Scipione fu un M. Naevìus e non ricordavano
i Petilii cfr. Liv. XXXVIII 56, 2. Altri infine ricordava un C. Mìnucius
Augurinus Gell. m. ^. VI 19, 8.
La critica moderna, piti volte dal Mommsen e dal Nissen in qua, ha
tentato ritrovare il bandolo dell' arruffata matassa. Ma è stato molto piti
facile notare le divergenze, gli errori e le falsificazioni clie ritrovare la ve-
rità.
Le varietà delle tradizioni, che non è più dato ristabilire in tutti i
tratti veramente genuini nulla tolgono però al reale tribunato dei Petilii.
Siamo in tarda età storica. Altro è l'avere o no avuta parte in dati av-
venimenti, altro il non essere realmente stati pubblici magistrati.
Il carattere etrusco del nome Petillius resulterebbe da numerosi riscontri
fatti dallo Schulze p. 208. Ciò è ulteriormente confermato dal cognome
Spurimts Schulze p. 94.
' Il carattere etrusco del nome dei Mucii apparirebbe ancor più che dai
Muda prata dalle arae Muciae in Veienti, Plin. n. fi. II 211.
Ancor più evidente è il carattere etrusco del cognome Scaevola. Sul
che V. il materiale in Schulze p. 369; 419.
* Mentre una versione parlava di Mucio Scevola adulescens nobilis che
avrebbe tentato uccidere Porsenna Liv. II 12, 1 e che con la mano stesa
sul fuoco aATebbe dato prova del suo coraggio, un' altra diceva di P. Mucina
tribuno della plebe che avrebbe bruciato i colleghi fedifraghi Val. Max.
VI 3, 2. Cass. Dio. frag. 21. ZoN. VII 17.
Pretori plebei dal 366 al 172 153
Ai consoli patrici dati in questo elenco si può aggiungere:
C. Sergius Plancus praetor nel 200 Liv. XXXI 4, 4
M. Sergius Silus praetor nel 197 Liv. XXXII 27, 7.
Alle genti plebee che raggiunsero il consolato fra il 366
ed il 172 occorre aggiungere le seguenti pure plebee cbe
conseguirono solo la pretura :
1. C. Auius prima del 218 CIL. 1 188 v. Maxis. p. 18.
[2]. A. Cornelius Mammula nel 217 Liv. XXXIII 44, 2 (dato
che non si tratti di un patricio). Il prenome A. lo hanno
anche i Cornelii patricii Cossi Arvinae.
3. L. Cincius Alimentus nel 210 Liv. XXVI 23, 1.
4. C. Hostilius Tubulus 209 Liv. XXVII 6, 12; C. A. Hostilii
Catones 207 Liv. XXVII 36, 1; A. Hostilius Mancinus
180 Liv. XL 36, 2.
6. C. Aurunculeius 209 Liv. XXVII 6, 12 ; L. Aurunculeius
190 Liv. XXXVI 45, 9.
6. Sp. Lucretius 206 Liv. XLVIII 38; 172 Liv. XLII 9, 8.
Cfr. C. Lucretius Gallus 171 Liv. XLII 28, 5.
quaest. 218 Liv. XXI 59, 10.
7. Gn. Octavius 205 Liv. XXVECI 38, 11; cfr. a. 168 Liv.
XLIV 17, 5.
aed. cur. 172 Fest. p. 178 M.
8. L. Scribonius Libo 204 Liv. XXIX 41, 11; C. Scribonius
193 Liv. XXXIV 54, 2 ; L. Scribonius Libo 192 Liv.
XXXV 10, 11.
aed. cur. 194 Liv. XXXIV 54, 3.
154 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
9. Gn. Tremellius Flaccus 202 Liv. XXX 26, 11.
quaest. prima del 205 Liv. XXIX 11, 3.
10. C. Helvius 198 Liv. XXXH 7, 13; M. Helvius 197 Liv.
XXXII 27, 7.
11. C. Atinius Labeo 195 Liv. XXXIII 42, 7; C. Atinius
Labeo 190 Liv. XXXVI 45, 9; C. Atinius 188 Liv.
XXXVIII 35, 2.
12. Sex. Digitiiis 194 Liv. XXXIV 42, 4.
13. T. luventius Thalna 194 Liv. XXXIV 42, 4.
14. Q. Salonius Sarra 192 Liv. XXXV 10, 11.
15. L. Oppius 191 Liv. XXXV 24, 6.
16. M. Taccius 190 Liv. XXXVI 45, 9.
aed. CUV. 192 Liv. XXXV 41, 9.
17. C. Stertinius 188 Liv. XXXVIII 35, 2.
(Genticio di aspetto etrusco cfr. Schulze p. 237).
18. C. Afranius Stelli© 185 Liv. XXXIX 23, 2.
19. C. Decimius 184 Liv. XXXIX 32, 14 C. Decimius 169
Liv. XLIII 11, 7.
20. Q. Naevius Matho 184 Liv. XXXIX 32, 14.
(Cognome di aspetto etrusco cfr. Schulze p. 274).
21. L. Pupius 183 Liv. XXXIX 45, 2.
22. Gn. Sicinius 183 Liv. XXXIX 45, 1; cfr. 172 Liv.XLII9,8.
23. M. Pinarius Rusca 181 Liv. XL 18, 2.
24. L. Duronius 181 Liv. XL 18, 2.
25. T. Fonteius Capito 178 Liv. XL 69, 5; cfr. P. Fonteius
Capito 169 Liv. XLIII 11, 7; P. Fonteius Balbus 168
Liv. XLIV 17, 5.
26. T. Aebutius Carus 178 Liv. XL 59. (Dato che non sia
un patri ciò. Sul patriciato degli Aebutii Helvae, di cui
uno è pretore nel 168, cfr. s. p. 99 n. 2.
27. C. Cluvius Saxula 178 Liv. XL 59, 5. praet. 173 Liv.
XLI 28, 5; Sp. Cluvius 172 Liv. XLII 9, 8.
Prefori e qj/ esfori plebei dal 366 al 172 155
(Gentilicio che si nota ad es. in Umbria Schulze p. 483
ed in Campania Liv. XXVII 33 Cic. ad fam. XIH 56
ad Att. VI 2, 13 XHI 46, 3).
28. C. Numisiiis 177 Liv. XLI 8.
29. L. Mummius 177 Liv. XLI 8.
30. M. Aburins 176 Liv. XLI 14, 5.
31. C. Matienus 173 Liv. XLI 28, 5.
32. C. Cicereius 173 Liv. XLI 28, 5.
Notiamo pure le seguenti genti plebee che, allo stato cbe
nelle nostre fonti, sono solo ricordate per aver raggiunta
l'edilità curale:
1. Gn. Flavius 304. 2. Q. Anicius di Praeneste.
Per questi due personaggi v. Diod. XX 36, 6. Cic. ad
Att. VI 1, 8. Liv. LX 46. Plin. n. h. XXXHI 17. Geli. n.A.
VII 9. Val. Max. n 5, 7.
Abbiamo infine le genti seguenti che per questo mede-
simo periodo raggiunsero per lo meno la questura:
1. L. Opimius Pausa 294. Liv. X 32, 9.
2. L. Postumius Tympanus 194 Liv. XXXIV 47, 2. (Xon
pare si tratti di un patricio).
3. C. Furius Aculeo 190 Liv. XXXVIII 55, 4. (Seppure
si tratta di un plebeo).
La proporzione di circa 43 genti patricie dominanti
verso il 444, di fronte alle circa 15 plebee, che si affacciano
dal 400 circa al 367, si modifica negli anni successivi sino
al 172 nella proporzione di circa 18 patricie. di cui alcune
sono ricordate sporadicamente, di fronte a circa 58 plebee.
156 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Alle plebee, pur non tenendo conto di quelle non poche
che riuscirono a coprire la questura e l'edilità curule, di cui
non ci è arrivato il nome, va aggiunto il numero delle altre
superiori al numero di 30, che conseguirono la pretura, vale
a dire la dignità prossima allo stesso consolato, rivestita di
imperium e di ])otestas.
I termini sono pertanto capoversi ed anzi a dismisura
oltrepassati dai plebei. Tra le circa 29 genti patricie che
constatiamo ancora nel 367 vengono a mancare nei Fasti
consolari le genti seguenti:
1. AeBUTII 4. HORATII 7. SEMPRONn
2. Aquilii 5. Lue RETTI 8. Sergii
3. Geganii 6. Menenii 9. Vergikii
Si attenuano inoltre le genti dei Pinarii, degli lulii, dei
Nautii, dei Veturii, dei Folli o Foslii, che compariscono ancora
due o tre volte e quelle dei Quinctilii, ricordati ancora una
volta. Gli lulii però ricompariranno più tardi con nuovi
rampolli.
In compenso però le superstiti genti patrice accentrano
il consolato, la dittatura e la maestranza dei cavalieri presso
a poco con queste proporzioni:
1. CoRNELii circa 45 volte 6. Sulpicii circa 18 volte
2. Fabii » 38 » 7. Claudii >» 18 »
3. Valerti » 32 » 8. Papirii » 18 »
4. Aemilii » 29 » 9. Postumii » 15 »
5. Maxlii » 21 » 10. Servilti » 11 »
Tengono loro dietro con minore intensità:
11. Furti 8 volte 12. Quinctii 9 volte
I magistrati dal 866 al 172 157
Dal confronto di questo elenco con quello dei supremi
magistrati fra il 444 e il 367 appare scemata l'importanza
politica dei Sulpicii, dei Purii, dei Servilii. Si mantiene in-
vece quella dei Cornelii, dei Fabii e dei Valerii. La frequenza
dei Fabii e dei Valerii corrisponde del tutto alla posizione
storica clie la tradizione loro assegna.
Affatto singolare è poi la posizione dei Cornell che poco
più numerosi dei Valerii e dei Fabii dell' età precedenti, fini-
scono per lasciarseli di dietro a notevoli distanze. Questo
fenomeno corrisponde a quello per cui i Cornelii, durante
la repubblica Romana hanno posizione preponderante nei
culti e nei sacerdozio Tanto è vero che dei 23 pontefici mas-
simi a noi noti di Roma, repubblicana, sei furono Cornell;^ e
sotto questo punto di vista ha un certo valore la tradizione
che ricorda di già un Cornelio fra i pontefici dell'età regia. -
Codesta importanza apparisce confermata dal numero no-
tevole di monetari dati dalla gente Cornelia. ^ Anche nel
periodo successivo che dal 172 vanno al 90 ed al tempo
di Augusto i Cornelii frequenti come magistrati ordinari
sono stati spesso scelti come consoli suffetti.
La preponderanza dei Cornelii appare più che mai evi-
dente dopo l'incendio Gallico e forse sta in relazione con
il culto della divinità tutelare del Colle Capitolino. Le mo-
nete ci insegnano come essi curassero in modo specialo il culto
di Giove.* Con ciò probabilmente si accorda la notizia che
Scipione Africano il Maggiore lasciala credere d'esser figlio
di Giove Capitolino, e spesso si recava solo a meditare nel
' V. r elenco iu Baudt op, cit. p. 3 sgg. : 40.
' Plut. qiiu,est. Rom. 4.
' V. Babelon I p. 385.
* V. ad es. le niouete di Gn. Conidius l. f. Sisennn Baiìe.los I p.. 394
di Gn. Cornelius Biasio il», p. 396 sg.
158 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Campidoglio. È pur noto come si fosse accreditata la voce
che la conquista di Carthago Nova in Spagna fosse stata
da lui conseguita grazie al favore di Nettuno fratello di
Giove, il quale veniva così ad essere suo zio.'
Data la straordinaria importanza dei Cornelii dal lato sa-
cro come dal politico, non è casuale che Scipione Africano,
avendo solo 22 anni, sia potuto diventare edile curule e
due anni dopo sia stato inviato in Spagna con potere pro-
consolare per restituirvi la fortuna del popolo Romano e
vendicarvi la morte dei due Scipioni, di suo padre e di
suo zio.-
Sarebbe certo improvvido affermare che Cornelio Siila
riusci a diventar padrone di Roma grazie al prestigio del
suo nome. Ma con la straordinaria importanza e frequenza
delle magistrature dei Cornelii si spiega forse il noto vatici-
nio che Roma sarebbe stata dominata da tre Cornelii. Que-
sto vaticinio che correva al tempo della cospirazione di Cati-
lina,3 va messo a fianco al pregiudizio generalmente accolto
dalla pubblica opinione che solo i Cornelii fossero destinati
ad avere felici successi in Africa.'*
Rispetto ai plebei constatiamo come in circa due seooli
si sian presentate circa 60 genti nuove, e fra esse emergono
le seguenti.
' Liv. XXVI 19, 5: 45, 9 cfr. con Gell. n. A. VI 1.
' Liv. XXV 2 cfr. cou Polyb. VI 19. Liv. XXVI 18.
' Sall. Cat. 47, 2: ex lìhris Sibijllinìs regnum Romae trihng Cornelm
portendi.
* Cass. Dio XLII 57 extr.: àXóyro tivì rdaxci [xr^Jéva àv Ixir.ùova èv
x-Q Acppix-Q xy.y.6)z rcpd^at.. Cesare per controbilanciare il prestigio del suo
rivale Scipione basato sn tale pregiudizio recò seco in Africa, come è noto,
despectissimum quendam ex Corneliorum genere, cui ad opprobium vitae Salvitionis
cognomen crai. Suet. Caes. 59.
J magistrati dal 366 al 172 159
1. Fulvii circa 20 8. Plaiitii circa 8 di cui 7 consolati
2. lunii »
17
9. Genucii
»
7 tutti cons. ordin,
3. Atilii
14
10. Decii
»
7
4. Sempronii »
14
11. Aelii
»
7
5. Claiidii »
9
12. Poeteli
»
6
6. Marcii »
9
13. Poblili
»
6
7. Caecilii »
8
14. Licinii
»
5
La ressa delle nuove stirpi plebee per conquistare i su-
premi onori non rendeva loro possibile quell'accentramento
che abbiamo constatato fra i patrici; fra i quali lo scarso
numero delle genti era compensato dalla frequenza con cui
pochi personaggi della stessa gente si succedevano nel co-
prire le più alte cariche curuli.
Questo fenomeno si rivela forse in maggior misura fra
i pretori. E sebbene noi non si possegga che una piccola
parte dell'elenco di questi magistrati, abbiamo non di meno
agio di osservare che ogni anno nuove genti raggiungevano
tale magistratura.
E quest'ultimo fenomeno andò sempre più accelerando
ed accentuando negli ultimi decenni della repubblica come
mostrano gli elenchi che qui oltre porgiamo:
160 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
IX.
ELENCO QUARTO.
Dalla occupazione dei plebei di ambedìie i seggi consolari (172 a. C.) sino alla
approvazione delle leggi lidia [90) e Plautia-Papiria (89) concedenti la cit-
tadinanza romana ai Latini ed agli Italici.
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Nuove genti plebee
(Homines novi)
l.Popilii 172; 1.58; 139;
132.
2. Aelii 172(ì:;(7/<.s); IG7
[Paetus).
ifrib.pleb. dal 286).
3. Licinii' Crassi 171 ; 1. Cassil 171;' 164; 127;
168; 151 (Lucullus); 124; 107; 96.
131;116(Ge^fl);97;95. cens. 164; 125.
cens. 108; 92; 89.
[2)metA7ìUY.XLl
itrib.pìeb.(hìA9[^. 5, 8].
* Con la sua condizione di homo novas si spiegano in parte le opposizioni con-
tinue che il console C. Caasius Loiìglnus (171) ebbe nella sua non breve carriera Liv.
XLII 32; XLIII 1; 5. Anche il teatro che egli aveva fatto erigere come censore
venne fatto distruggere (Liv. ep. XLVIII extr. Val. Max. II 4. Vkll. I 15, 3. Ouos.
IV 21, 4) e r oijposizione gli venne dal patricio P. Cornelio Nasica.
I magistrali dal 172 all' 89
161
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
Homines novi
4. Atilii {Serrani) 1 70; 2. Hostilii 1 70; 1 45; 1 37.
136; 106.
{trih.plebAdl^U).
1. Servilii 169; 141; 6. Marcii 169; 162; 166;
106. 149; 118; 91.
cens. 125. cens. 161; 147; 86.
2.AEMiLnl68;158; OW&.pZ.6.dal389).
137; 126; 115.
tnA irxr> 6. luiiii 167 (Pennus);
cens. 164; 109. ^ ^ '
138 {Brtitus); 109 {Si-
lanus).
(trib.pleh. dal 494).
3. SuLPicii 166; 144;
141; 140; 108.
[praet. nel 180 Liv.
XL 35, 2].i
4.MANLII 165; 164; 7. M. Claudius Marcel- 3. Odami 165; 128.
120. lus 166; 156; 152.
cfr. Gn. Mallius [praet. dal 205 Liv,
105. {trih,plel.à^\2\9 XXVI 38, 11].^
e 201).
' Un antenato degli Uostiln Mancini già guidava nn corpo di cavalleria nel 217.
Liv. XXII 15, 4 sqq. Fra gli Hostilii Cali troviamo un jjvaetor sino dal 207 Liv.
XXVII 35, 1. Fra gli Hostilii Tuhuli nel 209 Liv. XXVII 6, 12.
' Secondo la nota versione accolta da Suet. Aug. 1, gli Octavii erano originari
di Velletri. Primo a conseguire magistratura elettiva romana fu il questore C. Octa-
vius hiifus (SUET. Aug. 2) verso la metà del II secolo, cfr. Drumann-Groebe Gesch.
Boms IV p. 234 sg. Si noti tuttavia che un Octavivs Maecius compare sino dal 293
come (lux alaribus coliorUhus secondo autori noti a Livio X 41, 5. Gn. Octavius prò
pr. menò trionfo navale il 167 su Perseo v. Act. Triumph. ad a.
Il cognome Maecius fa pensare che Maecium era una località presso Lanuvium
Liv. vi 2, 8 vale a dire presso Velletri. Maecium (cfr. Maecenas) al pari di Velitrae
è nome di origine etrusca.
Pais Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma II 11
162
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GE^TI PATRICIE Nobiltà plebea
Homines novi
5. CoRNELii 162; 162
suf. 160; 159; 156;
155; 1 47; 146; 138;
131; 130; 111; 97.
cens. 159; 147;
142; 70.
6. Valerti 161; 152;
131; 100; 93.
cens. 154; 97.
8. Sempronii 168((t/*«c- 4. Al. luventius Thalna
chus);l29 ( Tuditanus). 163.2
cens. 169.
{trih.pleh.àdl^O').
9. Domiti i 162 snf. 124;
122; 96; 94.
cens. 115; 92.
{trìh.pleb. dal 103).
lO.Fulvii \ò'è{Nohilio-
ren) 153; 135; 134;
125 (FI acci).
cens. 136.
11. L. Anicius Gallus^
160.
[aecl. CUI', sino dal
304.
^raei. 168LÌV.XIV
17, oj.
[praet. sino dal 194
Liv. XXXIY 42, 4].
{trib.pleh.dsiWlOy
b.Fannii 161; 122.3
(Jrih.pleh. dal 187).
' Gli Anicii erauo di origine preuestiua Plin. m. li. XXX 17. Liv. XXIII 19.
* Il cognome Thalna di questi luventii è stato messo iu rapporto con il nome
della divinità etrusca %-alna, Schulze Ziu- Gesch. d. lat. Eigenn. p. 94. Corrisponde
con ciò il fatto che essi derivavano da Tuscolo, Cicero Piando 19, dacché la stessa
Tnscolo, come dice lo stesso nome, fu soggetta agli Etruschi.
' Il console C. Fannitis (identificato già iu antico con l'omonimo aunalista) era
genero di C. Lelio.
I magistrati dal 172 all' 89
163
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
Honiìnes novi
7. luLii 157; 91: 90. 12. Aurelii 157(Ore.sM, 6. Opimii 154; 121. ^
cens. 89. 144 {Cotta)] 126 {Ore-
stes); 119; 108 suf. [praet. 12Ò Lìv. ep.
(Scali rus); 103 (Ore- ^X.
stes). quaest. sino dal 294].
8. PosTUMii 151; 151; 13. A'cilii 154 (Glahrio) 7. Amiii 153; 128.2
148; 110; 99. suff. 150(5rt76?fs);114.
[praet. sino da pri-
9. QuixcTii 150; 123. [praet. sino dal 196]. ma del 218.
{trih.pleb. dal 201). quaest. 1 18 ; ^ 120-
119].^
{trih.pleh. 160).
' Un L. Opimius Pausa quaestor h ricordato sino dal 294. Quanto si diceva scher-
zosamente su Opiiuio console del 154 (Lue. apud Non. IV p. 475 Lindsay s. v. fama
Cic. de oj-at. II 68, 277; cfr. Cichorius Untersuch. zu Lucilius (Berlin 1908) p. 310)
non porge dati specifici sull' origine di quest' uomo.
Il figlio, il noto console nemico dei Gracchi fece ad ogni modo dimenticare l' o-
rigine relativamente non antica della sua gente. Egli divenne, come è noto, nno
strumento degli ottimati, un acre nemico della plebe (cfr. Sall. lug. 16) e perciò è
frequentemente portato alle stelle da CiCBROXE ad es. post red. 11; in Pison. 95; j«'o
Sexiio 140; de invent. II 105.
■ Il console del 153 è un T. Annitis Liiscus discendente da T. Aanias Lnsctis che
nel 172 è legato del Senato a Perseo Liv. XLII 21, 1.
Di un M. Annius triumviro nell' assegnare i terreni della colonia di Piacenza e
Bologna nel 218 parlavano già alcuni annali noti a Livio XXI 25, 4.
Gli Annii del resto figurano di già in una tradizione a proposito della instauratio
dei Ludi Magni Macrob. I 11, 3. Da Liv. Vili 3, 9 apprendiamo che di Annii v'era
una ragguardevole gente a Setia.
Da Lanuvio derivava invece T. Aauio Milone in origine tìglio di un Papiiis,
V. i dati in Drumaxn Groebe I p. 31.
' Dittì:\bergeu Syll. 2 ed. n. 318. Biilz p. 14.
* DlTTENBERGER Sìjll. I 318.
161
Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fas'i
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
14. Calpurnii Pisones
148; 139; 135; 133;
112; 111 (Bestia).
cens. 120.
Homines novi
{trih.pleh.àBWVÒ). S. Maniìii 149.
15. LiviiDrusil47;112.
cens. 109.
{trih. pi eh. 66). ^
9. L. Mummius 146.
{trih.pleò. dal 320). cens. 142.'*
10. FabiiMS; 142; 16. Caecilii 143; 142;
123; 119; 117: 115;
113; 109; 98.
cens. 131 (primo
collegio di due cen-
sori plebei); 120; 115;
102 (due cens. Q. C).
itrih.pleh.à^ìA.'Ò^).
121; 116.
cens. 1C8.
11.Claudii143; 130
suff. 92.
cens. 169; 136.
[pr aet. sino à'àWll
Liv. XLI 8 cfr. 153
App. Ib. 153].
On6.i)Ze&.dall87).
' A prescindere dal Manlio eletto tribuno militare nel 449 Liv. Ili 51, 10 un
P. ManìUus legato senatorio in Macedonia, che deve aver coperto cariche curuli^ è
ricordato in Liv. XLV 17, 5 ad a. 167.
M.' ManUius, il celebre giurista, console nel 149, era citato come esempio di po-
vertà; possedeva solo aediculas in Carinis et fundum in Lahicano Cic. parad. 3, .50.
* L. Mummìm V k<iSi\co era un homo novus Vell. II 128. Il carattere molto popolare
(Svjlioxixtùx.-poc) di lui in opposizione a quello austero ed aristocratico del sno collega
nella censura L. Cornelio Scipione (142) ò espressamente rilevato da Cassio Dione
XXII fr. 76 I p. 322 Boiss.
A determinare la patria dei Mummii non giovano le dediche dell' Acaico perchè
come è noto erano sparse in tutta Italia, Cic. orator. 70, 232 cfr. CIL. I n. 542 sqq.
Non giova nemmeno il trovare i Muminii preponderanti a Telesia CIL. IX 2235.
I mngisirati dal 172 all' 89
165
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
Iloìnines novi
12. Furti 136.
17. C. Laelius 140. 10. Pompeii 141; 89.^
cens. 131 (primo
18. Mucii Scaevolae collegio di due cen-
133; 117; 95.
{tr'ib. pleb. 485 e
poi dal 141).
19. M. Aquilius 129;
101.
sori plebei).
[praef. 92 Oros. V
18, 91 Oic. d. orai.
I 37, 168].
11. P. Rupilius 132.
20. M. Plautius 126. \2. Perperna 130; 92.=^
21.PorciiCatones 118; 13. Cornelius Cinna
114; 89. 127.3
(^n6.»Ze6.dall89). -, . ri a x- n i •
^ ^ ' 14. 6. Sextius (Jalvinus
124.*
(trib.pleb. dal 72).
' Uu L. Fompcius tribunus militum è già ricordato per il 171 Liv. XLII 65, 6.
Vbllkio II 21, 5 p;irla delle due o tre familiae dei Pompei come se facessero parte
di UBa sola gena.
Su Q. Pompeim console del 154 v. Cic. in Vcrr. V 70, 181 : Q. l'ompeius humili
atque obscuro loco natus, nonne pluribus inimicitils maximisque suis periculis ac laboribut
amplissimos honores est adeptus? modo C. Fimbriam (cons. 154) C. Marium (cous. sette
volte) C. Caeliiim (cous. 94) vidimus non medioribus inimicitm ac laboribus coniendere ut
ad isios honores pervenirent ad quos vos per ludum et per nechyentiain pervenistis.
* I Perperna, lo dice anche la desinenza del loro nome, erano di origine etrusca,
Cfr. SCHULZE op. cit. p. 88.
* Il carattere plebeo e demagogico dei Cornelil Cinnae Carbone» e Tardali ò rile-
vato da Cic. ad famil. IX 21.
* Non sappiamo se Sextius Calvinus derivasse dai Sexli Lateranenses celebri tribuni
166
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
22. M. Minucius 110.
(oltre dal 401 trih.
pleb. dal 216).
23. Hortensii 108 P^
(^n6.i9Ze&.dal422).
Honiines novi
15. Papirii Carbones
120; 113.
[praet. 168 Liv.
XLIV 17,5].
{trio. pleb. dal 131
cfr. 178).
16. C. Marius console
VII volte: 107; 104;
103; 102; 101; 100.
{trìb.pleb. 119).
17. Gn. Mallius 105.
24. Q. Lutatius 102.
18. Rutiìii 105 (Eafus),
90 {Lupus).'^
{trio. pleb. à^UQ^y
19. Flavlas Fimbria
104.3
(^trib. pleb. dsiìS27).
della plebe uel IV secolo, che dettt^ro 1' untore delle leggi Liciniae-Sextiae (367) ed il
primo console plebeo nel 366.
• Dato dal solo Chron. a. 354: Hotensio.
* Cicerone prò Piando 21, 52 cita M. Riitilio Rufo insieme ad nitri che come
C. Mario, Gn. Ottavio, M. Tullio, C. Fimbria, C. Cassio, Gn. Aurelio Oreste patirono
ripulse ma conseguirono piìi tardi onori maggiori.
' Sullo difiScoltà incontrate da C. Flavio Fimbria console nel 104 jicr farsi strada
negli onori v. Cic. hi Verr. V 70, 181, cu. prò Flancio 21, 52.
I magistrati dal 172 all' 89 167
GENTI PATRICTE Nobiltà plebea Homines novi
20. M. Antonius 99.
cens. 97.^
[praet. 102 Liv. ep.
68].
(trib.pleb.da\\67).
21. T.Dldius'- 98.
[praet. prima del
100 a. C. Fior. 138, 5].
itrib.2)leb.daÀUSy
22. C. Coelius Caldus
91.3
23. 31. Herennius 93.*
' È discutibile la relazione dei noti Antonii plebei con gli Antonii cLe figurano
fra i Xviri legihns scribnndis e che danno per il 422 nn trìbunns viUitum considari po-
tesiate. Un Q. Antonius che ha parte rilevante nelle gesta del 190 v. in Livio XXXVII
32, 8.
* Il tribuno Didio antenato, forse padre, del console del 98 fu l'autore della ce-
lebre lex Didia snmptuaria. Sulle gesta del console del 98 v. Mììkzer in PW. RE.
V col. 407 sgg. Cic. pi-o Murena S, 17 ricorda i Didii accanto ai Coelii, ai Marii fra
gli homines novi.
Rispetto al suffisso non latino -idius v. quanto si osserva oltre a p. 174 sotto il
nome degli Aufidii.
* C. Caelius, essendo homo novus Cic. de pei. consul. 3, 11 riuscì a superare du«
homines nohilissimi. Homo novus è detto pure in de orai. I 25, 117. Sulle difficoltà
perciò incontrate nella sua carriera v. in Verr. V 70, 181; prò Piando 21, 52; prò
Murena 17. Il suo discendente, che si uccise dopo la sconfitta di Varo 9 d. C. da
Vblleio II 120, è detto: adulescens veinslate familiae suae dignissiìnus.
* L' arrivo di M. Herennius, mediocre oratore, al consolato in luogo di L. Marcio
168 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Ai patrici sin qui ricordati si può aggiungere:
M. Aebutius Helva praet. 168 Liv. XILIV 17, 5
dato che si tratti veramente di un patricio (sul cognome
Helva V, s. p. 99).
Al nome dei consoli giova far seguire la serie di quelli
fra i pretori saltuariamente ricordati dalla tradizione su-
perstite, che attestano nuove stirpi plebee, delle quali una
parte riuscì a conseguire negli anni successivi il consolato.
Nuovi pretori plebei :
1. L. Ganuleius Dlves 171, Liv. XLII 28, 5.
2. C. Canlnius Rehilus 171, Liv. ib.^
3. M. Raecius 170, Liv. XLIII 4, 8.
4. C. Vetillus verso 149, App. Ib. 61. Oros. V 4. Diod. fr.
XXX 1,3.
5. G. Nigidius 146, Auct. d. vir. ili. 71.
6. M. Cosconius 135, Liv. ep, LVI.
cfr. C. Cosconius 63, Gìc prò Suet. 14, 41.
Filippo siimma nohilUate hominem, cognatìone, sodalitatc, collegio, sìimma etiam
éloquentia era uuo scandalo per Cicerone Brutas 45, 166 che, anche altrove,
prò Marena 17, 36 espone al riguardo la sua meraviglia per (juel successo.
M. Herennius era evidentemente nu homo novus, come insegna lo stesso
sno nome di origine non latina.
Stante il nnmero non piccolo di Hercnnii è difficile determinare la loro
genealogia. Si suole tuttavia far valere che il. Herennius, colui che emise
i numni in cui vi iigurano la Pietas ed i pli fratres di Catania (Babklon
I p. 338 sg. GuuEBEK Coins of the roman repnbUc I p. 195) sta in rapporto
di discendenza con V Herennius Sicnlns amico di Gracco Val. Max. IX 12,
6 cfr. Vell. II 7, 2. E questo Herennius siculus si considera discendente
dal nostro console. Tale ipotesi accolta, fra gli altri dal Mommsen, è stata
più volte registrata, v. ad es. F. MìInzer in PW. RE. Vili col. 479.
Per mio conto tenderei piuttosto a dare qualche peso al fatto che M.
Herennius, il console siiffectas del 1 d. C, nei Fasti della Regia è detto Picens.
' Un altro C. Cnnìnins pr. urb. è nominato in cippi dell' età che dai
Gracchi si estende a quella di Siila trovati ad Ostia v. Vagmeiu Noi. d.
icavi 1910 p. 233.
Magistrati dall' SS a. C. al U d. C. 169
7. L. Bellienus 105, Sali. lug. 104, 1.
cfr. prima del 67, Plut. Pomp. 24 App. ilithr. 93.
8. T. Alhucius 104, Cic. divin. in Caec. 19, 63.^
9. Gn. Anfid'ms 104, Cic. Tusc. V 28, 112.
10. C. Sentius 89 Oros. V I8.2
Nuove genti plebee ricordate per la questura :
L. Stertinius 168, Liv. XLV 14, 9.
L. Fulcinnìus 148. V. le monete in Sobeck p. 11.^
L. Tremellius Scrofa 143 o 142 Varr. d. r. r. II 4, 1 Liv.
ep. LUI. Entrop. IV 15 Bùlz p. 9.
P. Alhius 129, Cic. de. orai. II 281.
C. Aarcellus 113, CIL, III suppl. 7367.
C. Norbanus 102 o 99, Cic. de. orai. II 202 Sobeck p. 25
Biilz p. 20.
C. Saufeius 100 App. h. e. I 32.
Aesillas 93, Ant. Miinzen Nordgriech. Ili p. 69 apud Sobeck
p. 27.
' V. gli altri passi in cui è detto proyaetor iu Wehrmann meni. cit. p. 17.
* Oltre a questo C. Sentius è il caso di ricordare L. Sentius C f. CIL.
VI n. 3164; 3165 (cfr. Grukber Coins I p. 227). La paleografia dei cippi
indica un' età non anteriore a Siila.
* Sui Fulcinii antichi patrici t. s. p. 105.
170 Inforno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
X.
ELENCO QUINTO.
Dalla concessione della cittadinanza romana ai Latini ed agli Italici sino alla
pnbbìicasione dei Fasti della Beijia ed atta morte di Augusto {88 a. C.-14p. G.).
GENTI PATRIOIE Nobiltà Plebea Homines novi
l.CoRNELii88(dict.82) 1. Pompeii 88; 70; 55;
83;81;80(L.CoRNE- 52; 35; 31 suf. 5 a.
LnjsSuLLA);72;71; C. suf. 14 p. C.
65; 57; 56; 49; 44
suf. 38 suf. 18 (2 2. Porci! 89.
persone) 16; 15;
3; 2 p. C. suf. 10 3. Octavii 87; 76; 75.
p. C. suf. 5; 3; 1 a.
C, 2 p. C. suf. 10
p. C. Ser. 10 p. C.
suf. 5 p. C.
cens. 70.
(Al tempo di Cesare
diventano patrici).*
4. L. Cornelius Cinna
(87; 86; 85; 84) 5 p. C.
5. C. Marius cons. VII
86; Marius iun. 82.
' Rispetto al patriciato dopo Cesare ed Augusto rimantlo ai dati raccolti nella
diligente dissertazione di C. Heiter De patriciia gentibus qnae imperii Romani saeculi*
I, li, HI fuerint (Beroliu 1909).
Magistrati dall' 88 a. C. al 14 d. C.
171
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
2. Valerti 86 suf. 6. Perperna.
(mag. eq. 82) 61; cens. 86.
53; 31; 12: 3 a. C.
^ Q [M. Perperna jjraef.
cens. 55. §2 Diod. XXXVIII
14].
Homines novi
7. Gn. Papirius Garbo ] . e. Norhanus 83; 38;
85; 84: 82. 24.^
\guaest. dal 102.
praet. 88 Cic. in
Verr. V 4, 8].
(trih.pleh. dsi\l03).
2.M. Tullius Decidasi.^
Cicerones 63; 80 suf.
3. C. Scrihonius Curio^
76.
cens. 61.
» Non si conoscono NorUni a Koma prima del tribuno della plebe del 102 (Ziegler
Fasti p. 12 sg.) qnestore verso il 102 o nel 99. Cic. de orai. II 202, cfr. Sobeck p. 25.
Come è generalmente riconosciuto Norbanus è un gentilicio derivato da ^orla.
» Pochi personaggi sono così scialbi ed oscuri come il console M. Tullins Decula.
A quanto pare egli fu una testa di legno di Siila dittatore, il quale, come dice Ap-
piano 6. e. I 100, fece eleggere due consoli per serbare le apparenze della costituzione.
» Non sappiamo a quale familia appartenga il praetor C. Scrilonius del 193 Liv.
XXXIV 54, 2.
In Livio XXXIII 42, 10 ad a. 196 si legge: aediles plelis Gn. Domitius Alieno-
172
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
3. Claudii 79; 54; 38;
13; 9 (Druso); 7;
(Tiberio); 12 p. C.
(GrERMANICO).
cens. 50.
Homines novi
[aed. cur. dal 195.
Scrìbonius Libo 34.^
jpr«ef. sino dal 204].
{trih.pleb.àQl2\&).
4. L. Gellii Poplicolae
72; 36.
cens. 70.
8. Caecilii 80; 69; 68;
60;57;52a. C.7p.C.
[praet. prima del 94
Cic. d. leg. I 20, 53].^
iarius et C. Scribonius curio viaximus )it.ultus pecuarios ad popull iiidicìum addiixerunt.
Dal Drakenborch in qua si suole cancellare maximus. Ma in titoli di personaggi consolari
di questo tempo come Statilio Tauro ,CIL. X 409) e Calvisio Sabino (v. CIL. XI 4772)
vediamo però indicato il sacerdozio di curio maximus. Non può darsi che gli Scribonii
Cariontu abbiano preso il cognome di Curio dal primo dei loro che diventò curio ma-
ximus così come per una ragione analoga alcuni dei Marcii si dissero Begcs ?
Da Sino Italico Vili 425 quid qui de l'icenae stimulut telluris alumnos | hcrridut
et squamis et equina Curio crista si suole ricavare che gli Scribonii Curiones fossero
di origine Picena.
' Gli Seriboni Liboncs avevano già coutìcguito il tribunato della plebe sino dal
216. Liv. XXII 61, 5; XXIII 21, 6.
Può darsi tuttavia che i titoli della fine della repubblica trovati a Caudium presso
Benevento {CIL. IX 2171-2174) che indicano Seriboni Liboncs come protettori dell' op-
pidum accenniuo alla origine prima di questa gente.
Gli Seriboni Liboncs si imparentarono con Pompeio Magno e con Augusto che
sposò una Scribonia v. i passi in von Rohdbn-Dks.sau Protopr. Imp. Eom. III p. 185.
Forse divennero patrici al tempo di Augusto v. C. Heiter op. cit. p, 53.
' I Gellii Poplicolae, come insegna il loro nome ed è generalmente ammesso, erano
di origine sabellica. Alle notizie su ossi (Dkumaxn-Gkoebe III p. 60 sgg. Mììnzbr
in PW. RE VII col. 101 sgg.) si aggiunge ora il nuovo decreto di Sex. Pompeio sui
cavalieri spagnuoli, epigrafe che ho illustrato nei miei Studi ttorici II (1909) p. 113 sgg.
L. Gellius L. f. Poplicola e Ilviro a iliuturuo v. CIL. X 6017.
Magistrati dall' 88 a. C. al li il C. 173
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Hominem novi
4. Aemilii 78; 77; 66; 9. Servili! 79; 48; 41; 3
50; 46 (mag. eq, p. C.
45; mag. eq. 14) cens. 55.
42; 34 suf. 21; a.
^ , _, ^ ^ itrib.pleb.dA 2\2^.
C. 1 p. C. 6 p. C. ^ ^ ^
p. u. 0 p.
11 p. C.
cens. 22.
10. Lutatii 78.
cens. 65.
Il.lunii77;62; 2i; 17;
a. C. 10 p. C. suf. Q.
10 p. C. suf.
(Gli lunii Silani
diventa n patrizi al
tempo di Angusto).^
12. Aureli! 75; 74; 65
cens. 6i.
{trib. pleì). 95).
13. Licinii 74; 70; 62;
55; 30; 14 a.C.7p.C.
cens. 89. 65.
H.Terenti! 73; 23.
itrib.pleb. dal 189>.
' Heiter op. cit. p. 49.
174
Intorno all'i formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATEICIE Nobiltà plebea
Ilomines novi
15. Cassii 73; 11 p. C. ò. Gn. Aufìdius Orestes^
suf. 71.
(La legge Cassia
dell'anno 45 propo-
neva che si creassero
nuove genti patri eie
Tac.rtHW. XI25Suet.
Caes. 41. Cass. Dio
XLIII 47).
[praet. sino dal 104].
16. Q. Hortensius 69.
17. Marcii 68; 64; 56;
39; 38 suf. 8.
Gens. 86.
5. Manlii 65.
18. Calpurnii 67; 59;
58; 23 suf. 15; 7; 1.
cens. 50.
(Diventano patrici
per quel che sembra
al tempo di Augu-
sto). ^
' HErrKR p. 47.
^ Il console Jufulius Orestes fu adottato da Gn. Aufidius ClC. de domo 35 che era
stato praciore (verso il 104 v. Vkhrmaìs'N p. 17).
Gli Anfidl erano di Fimdi come si ricava da Suet. Cai. 23: Liviam Jtigmlam proa-
viam Ulixem stolatum identidem appellans, ctium ignoMlikitis quadam ad senaium epìstula
arf/uere ausus est, quasi materno avo decurione Fundano ortam, cum puhlieis mouumentis
certum sit Aufidium Lurconem Itomae honoribus functmn.
Magistrati dall' 88 a. C. al 14 d. G.
175
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
6. luLii 6i C. luLius 19. Acilii 67; 33 suf.
Caesar 59 (dici.
49)48(dict.47)46;
45;44(dict.45;44)
luLius Caesar Au-
GUSTus 43 suf. 33;
31 ; 30; 29; 28; 27;
26; 25; 24; 23; 5;
2 a. C, 0. Caesar
1 p. C, Germani-
cus 12 p. C.
cens. 89 (Augu-
STUs28;8;14p.C.).
TiBERius cens. 14.
(Gli Acilii Aviolae di-
ventano patrici sot-
to Claudio ; i Gla-
briones sotto Tra-
iano).^
Ilomines novi
6. L. Volcacius Tullus
66; 33.2
7. P. Autronii Paeti *
65; 33 suf.
[quaesf.lb 18 Cic.
prò Sulla 18].
Ciò ò confermato dal noto passo di Orazio Sai. I 5, 34 sqq. Fuiulos Aufidio Lusco
])raeiore lihenter linquimus cet.
Si è fatto è vero notare die la madre di Livia nei titoli è detta Alfidia non
Aufidìa V. ad es. CIL. II 1067 IX 3661. Ma è forse solo questione di modo di pronun-
ciare e di trascrivere. Alfidia sta ad Aiifidla come Alfideniis sta ad Aufidenus. Anche
oggi 1' antica Aufidena si chiama Alfedena.
A parte ciò la forma Aufidius non è Intina e come quella di Didius è di carat-
tere eabellico ed originario delle regioni dell'Italia centrale apeuniuica cfr. Sciiulten
in Elio III (1903) 2 p. 264 sgg.
Che Aufidi ah antico si fossero stabiliti a Roma mostra forse il passo di Plinio
il. h. XXXV 14 . . . .ut L. Manlio, Q. Fulvio cos. anno Urbis DLXXV (179 a. C.) M.
Aufidius tutelae Capiiolio redempior docuerit patres argenieos esse clupeos qui prò aureis
per aliquot iam lustra adsifjnahaìitur.
' Hbiter m. e.
' Sai Volcacii Tulli v. le notizie in Prosop. Imp. Eom. Ili p. 474. Il nome Vol-
cacius ha im' impronta etnisca. Il gcntilicio Volcacius compare a Chiusi, a Perugia,
a Volsinii, a Iguvium, ad Hispellum e ad Assisi v. Bcuulze op. cit. p. 378. Cfr. C.
Volcacius har(uspex) CIL. I 1105. È stato pensato (v. Eothstein nella sua ediz. di
Properzio (Berlin 1898) p. XI) che il ricco Tullus a cui Properzio di Assisi dedicò
una parte dei suoi cauti, sia un parente del console Volcacius del 33.
* Che P. Autronius il cònsole designato per il 66, il ben noto Catilinario fosse
176 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
8. M. Piipius Piso U)l.
[praet. sino dal 183
Liv. XXXIX 45.
aed. dal 184 Liv.
XXXIX 39].
9. L. Afranius 60. ^
[praet. sino dal 185].
{frlb.pleh.d-àì 197).
persona di origine non molto fine, provano le parole di Cicerone prò Sulla 25, 71
ove in mezzo a tante altre turpi accuse, sia pure esagerate, accenna pure alla grosso-
lanità dei suoi modi : non solnm veì'his uti impì-ohi^simis solHum etse scimns verum etiam
pugnis et calcilus.
Gli Autronii non figurano per 1' innanzi fra i magistrati del popolo romano. Tut-
tavia hanno parte nella storia della inxiauratio dei ludi (Macrob. I 11, 3). Il nome
di "AvTpav Kopdx'.o; figura anche nella leggenda della origine del tempio di Diana
Aventinense Plut. quaest. Rom. 4.
Non è dato provare la data del monetario di questo nome, Grueber Coins I p. 78.
' M. Pupius apparteneva alla illustre gente dei Caìpurni Pisones. Fu adottato da
M. Pupius, Cic. ])ro domo 13, 35. I Piipii alla loro volta erano un'antica gente ple-
bea di origine urbana ricordata già dal 217 Liv. XXII 33 (duovir acd. dedicandae).
S'intende quindi come Cicerone j>ro Piando 5, 12 lo chiami homo nobilissimm.
I Pupii accanto ai Siili ed agli Aelii avrebbero dato uno dei primi questori plebei
nel 409, posto che in Livio IV 54, 4 si debba leggere P. Pupius come generalmente
dal Pighio in qua si ammette, in luogo di p. pipius dato dai codici.
Per mia parte confesso di dubitare di questa correzione accolta fra gli altri dal
Madvig 'i dallo Zingerle. Il codice V ha C. Appiua.
' Per dirlo con le parole di Plutarco praec. reip. ger. 11 Afranio, che per salire
si arrampicò come edera su Pompeio, era di assai umile origine (uàvu laTCìivó;) e con
ciò si conciliano i giudizi poco rispettosi su di lui divenuto console per parte di
Cicerone ad Atl. 1 16, 12; 18, 5; 20, 5; II 3, l; cfr. Cass. Dio XXXVII 49.
Da im' iscrizione trovata a Costignano fra Ascoli Piceno e Cupra Marittima L.
Magistrati dalVSS a C. al 14 d. C. 177
GENTI PATRIGIE Nobiltà plebea Homines novi
(trib.pleb. dsi\\39}.^
20. M. Antonius 63 10. Gabinii .58.
(mag. eq. 47) 44; 41;
10.
cens. 42.
(Diventano patrii:i
al tempo di Cesare).^
[praet. 82 Liv ep.
86].
21. Domitii 54; 53: 40;
32: 16.
(Diventano patri-
zi, per quel che sem-
bra, al tempo di Au-
gusto).-
Afr[a'nio A. f. cos. conscy'ip. et cloì] col. Vale'nt]. CIL. I n. 601 è stato pi?i volte ri-
cavato elle Afraaio doveva essere Piceno e con ciò sempre piìi si spiegherebbe la
straordinaria fedeltà di lui verso Ponipeio Magno. La stessa ragione spiega l'attac-
camento a Pompeio del Piceno Labieno Caes. h. e. I 15; III 13; cfr. Sil. Ital. X 34.
' Heiter p. 40.
* ID. p. 48.
* L'origine nmile dei Gaiiìiii è attestata per il 139 da Cicerone de leg. Ili 16,
85; sunt enim qnattuor leges taiellariae, quaruvi privia de magistratibus viandandibus : ea
est Gabinia lata ab hoviine ignoto et sordido cet. Cfr. Ep. Liv. fragni. Oxyrh. col.
Vili p. 143 Rossbach; A. Gabinius, verna'e nepos legem tulit uf] suffragium per ta'^bellam
ferretur.
Il nome stesso della gens fa pensare all'origine da Gabii,
Pais Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma Ti 12
178
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
7. SuLPiciT 51: 5 a. 22. Claudii Marcelli 51;
C. suf., 9 p. C. 50; 49; 22.
cens. 42. (Diventano patrici
al tempo di Augu-
sto).'
23. Servilii 48; 41.
cens. 55.
Homines novi
11. Q. Fufius Calenus
47.
{trib.pleh. dal 154).2
12. P. Vatlnius 47.3
{trib. pleb. 59).
1 3. Caninii EebiU 45 suf.
12 suf.*
» ID. p. 52.
* 11 eoguome Calcnux ludica l'origine da Cales nella Campania.
Un C. Fufius Geminus cous. suf. per il 2 a. C. v. in Not. d. scavi 1906 p. 179.
Con un Fufius tribuno della plebe va probabilmente connessa la ben nota lex
Fufia del 154. I passi degli antichi e le opinioni dei moderni v. nell' accurato libro
del Rotondi Leges pubi. pop. Roin. (Milano 1912) p. 288 sg.
* L' avo di P. Vatininis, il primo che sia ricordato di tal gente, era un rusticus
homo della prefettura di Reate, Cic. d.deor. nat. II 2, 6 III 5, 11 cfr. Val. Max. I 8, 2.
CiCBKOXE, ad es. prò Sextio 65 ad Ait. II 9, 2 e Veixeio II 69, 4 ne parlano eoa
spregio. A noi basti qui notare che Cicerone in Vatiii. 12, 29 lo accusa di essersi
fatto ricco a danno dello Stato : ex pauperrimo dìves factus.
* Caninio Rebilo che chiese ed ottenne il consolato per pochissime ore sul Unire
del 45 (v. ad es. Cic. ad fam. VII 30. Plin. n. h. VII 181 ulteriori passi v. in MilN-
ZKU in P. W. BE. Ili 1478) fu uno dei legati di Cesare.
Dal titolo CIL. XIV 2622 (cfr. 2620 C. Caelius C. f. Bufus C. Caninius C. f. Ee-
iiliis aiediles) si ricava che questa gente era originaria di Tuscolo. Tacito anu. XIII
30 parla della grande ricchezza di uno di essi.
Magistrati dall' 88 a. C. al U d. C.
179
GENTI PATRICIE Isobiltà plebea
8. Fabii 45 suf. 11: 24. C. Trebonius » 45
10. saf.
Ilomines novi
[praet. dal 171 Liv.
XLII 28, 5].
Canina Galli 37 ;
10 suf.
14. C. Vihìus Pansa^ 43.
C. Vibius Postumus
5 p. C. suf.
A. Vibius Habitus
8 p. C. suf.
' Noto legato di Cesare in Gallia. Uno dei congiurati per ucciderlo ucciso alla
sua volta a tradimento da Dolabella.
Ignoriamo se C. Trebonius sia un discendente dei Trehonii, che figurano come trib.
pleb. dal 448, 401, come trii. mil. cous.pot. del 383, 379 o se siano una stirpe diversa.
' I Vibii sono sparsi e diifusi in tutte le regioni di origine sabellica v. gli in-
dici dei voi. CIL. IX e X. Sino dal III secolo troviamo Vibii ricordati fra i Campani
(Liv. XXIII 6) i Peligni (Liv. XXV 14) i Brutti (Liv. XXVII 15) sia fra persone
di nobile stirpe (ad es. fra i Brutti Liv. 1. e.) sia fra artefici (v. ad es. i figulini
di Teanum Sidicinorum v. F. Weege Eine oskisclie Topferfamiìie in Banner Jalirbuecher
Hef. 118 (1909) p. 275 sgg.
Il pili antico indizio di Vibii a Roma è dato dal padre di Vibio Pausa console
nel 43, che era un proscritto da Siila Cass. Dio. XLV 17. Con ciò concordano le
monete di C. Vibius C. f. Pansa e di C. Vibius C. f. C. n. Pausa v. Grueber CoÌ7is I
p. 289 sgg. 509 sgg.
Il tipo schiettamente greco di alcune delle rappresentazioni di queste monete
(culto di Pan, di Cerere, di Liber) ha fatto pensare che i monetari testé indicati de-
rivassero da una regione grecizzata dell' Italia meridionale (si è pensato al Bruzzio v.
Grueber 1. e.)-
D'altra parte il titolo di Perugia CIL. XI 1994 Vel. Vibius Ar. Pansa Tro, fa pen-
sare all'Etruria, ove in altri casi comparisce il cognome Pansa, cfr. Schulze op. cii. p.
242 n. 6; Bull. Com. 1899 p. 280.
Una terza ipotesi può forse suggerire la moneta di C. Vibius C. f. C. n. ossia del
180 Intorno alla formazione ed al valore storico del Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Bomines novi
1 5. Q. Carrinas ^ 43 suf.
[praet. 82 Oros V
21].
16. A. Hirtius 43 suf.^
17. Pedlas 43 sufìtV
nostro console (Grueber I p. 509 Babelon II p. 546) ìu cui è espresso con figure
e parole il culto di lovis ])uer di Anxur.
Il console del 43 trib. pleb. nel 51 è personaggio collegato con Cesare. I consoli
suftetti del 5 e dcll'S d. C. erano fratelli, v. il naateriale in Prosop. Imp. Boni. ITI p. 423.
* Le sorti del questore Carrinas del 72 sono congiunte con quelle del partito
mariano; quelle del console del 43 con Cesare ed Ottaviano (v. il nateriale in MiiNZER
PW. RE. III 1612.
Il geutilicio Carrinas è da Varrone d. l. L. Vili 84 messo a fianco di quelli che
come Lesas, Ufetias, Maecenas, Urbinas traevano origine ab loco (cfr. Hueuuek in Eph.
Ep. Il p. 26 ScilULZE op. cit. p. 530) ma manca a noi modo determinare quale sia la
località che dette origine al gentilicio Carrinas. Un Carrìniuvi era nella Spagna Citerione
Plin. n. li. II 231. Ma è spontaneo il pensiero che i nostri Carrinatcs derivino da una
località dell'Italia centrale.
* A. Hirtius, il console cesariano, è figura troppo nota per discorrerne. Forse (come
il Borghesi già vide e senza ragione, credo, dubita il Mommseu) egli discendeva da
A. Hirtius che nell'età Sillaua presiedeva al suo comune di Fereutiuum degli Ernici
CIL. X 5837-5840.
' Quanto è nota la figura di Pedio figlio di una sorella di Cesare imparentato
con i Vaha-ii Massimi, .autore della Icx Pedia contro gli uccisori di Cesare, altrettanto
ò ignota la patria originaria di tal gente.
Titoli appartenenti ai Pedii sono stati rinvenuti fra i Peligni (ad Interpromium CÌL.
IX 3044) e nell'agro latino, a Marco Simone CIL. XIV 394, 3995 fra Roma e Tibur.
Il nome Pedius farebbe pensare a Pedum, località latina ricordato più volte negli
annali romani o che sappiamo essere esistita fra Roma, Tivoli e Preneste. Liv. VII
12; VIII 12, 4; cfr. II 39.
Magistrati daH'SS a. C. al 14 d. C. 181
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
18. P. Ventidius Bassus
43 suf.i
19. Manata Plancii 42
a. C. 13 p. C.2
cens. 22.
(trib. pleb. 52).
20. Asinii 40 ; 8.
(Diventano patricii,
a quanto pare, al tem-
po di Augusto).^
* La storia di P. Ventidio Basso Piceno, che, fanciulletto, sul seno della madre fu
menato in trionfo davanti al carro di Pompeio Strabone padre del Magno, clie passò
la gioventù poveramente e che di mulattiere, grazie all' amicizia di Cesare poi di
M. Antonio diventò pontefice, console, trionfatore dei Parti, è troppo nota perchè oc-
corra ricordarla. V. ad es. Cic. apud Plin. h. h. VII 43 e ad fam. X 18, 3. Gell.
«. ^. XV 4. Cass. Dio XLIII 51.
° I Munatii Piatici derivavano da Tibur secondo ACRONR ad Sorai, carni. I 7.
Cfr. CIL. XIV 3678 e Drumaxx-Gkoebe IV p. 320.
Il primo Munatius ricordato nelle memorie romane è C. Mtmatius che nel 173 fu
uno dei decemviri incaricato di assegnare l'agro preso in guerra sui Liguri e Galli
Liv. XLTI 4.
* Gli Asinii erano originari di Teaie Marrucinorum Cat. 12, 1. Lasciando da parte
quell* Herius che avrebbe combattuto a Zama Sil. Ital. XVII 452, va ricordato Herim
Asinius pretore dei Marrucini nella guerra Sociale Liv. ep. LXXIII ad a. 90. Vell.
II 16, 1. App. b. e. 1 40.
Circa il loro patriciato v. Heiter mem. cit. p. 45.
182 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines noci
21. Cornelii Balbi éO; 32
suf.»
22. P. Canidius 40 suf.^
23. Calvisii Sabini 39;
4.3
24. Cocceii Nervae 39
suf. 36.4
(I Coccei Nerva
diventarono patrici
forse sotto Augusto).
' L. Corueltus Balbus, come è noto, era Gaditiauo ed ottenne da Porapeio Magno
la cittadinanza, Cic. prò Balbo 2, 5 sqq. Il padre nei fasti è detto Lue'ms. Ciò che in-
dica che era di già di diritto latino, ovvero che divenne cittadino romano insieme
con il figlio.
* È il noto generale di M. Antonio fatto uccidere da Ottaviano dopo Azio, v. il
materiale in Miìxzer in PW. RE. Ili 1475.
Non v' è credo memoria di un Cauidio prima della metà del I secolo. Il suffisso
idìiis come Fufidius, Diclius fa credere che questa gente non sia propriamente romana,
ma di origine sabeUica (v. s. p. 171 s. v, Aufidii).
^ C. Calvisius Sahinus console del 39, padre del console del 4, noto e fedele gene-
rale cesariauo, è il primo della sua gens che sia noto nella storia. Lo notizie su lui
V. in MliNZER PW. RE. Ili 1412. Come dice il loro coguome, erano originari dalla
Sabina. Una dedica alla Pietas di C. Calvisio Sabino console (quello del 39 o del 26)
è stata trovata a Spoleto CIL. XI 4772.
* V. le notizie raccolte da GroaG in PW. RE. IV col. 130 sg. Patria dei Cocceri
Nerrae h Xarnia, v. AuR. ViCT. 12.
Sul loro patriciato v. Hritru p. 47.
Magistrati dell' 88 a. G. al U d. G. 183
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Ilomines novi
25. Alfeni Vari 39 suf.
2 p. C.»
26. M. Vipsanius Agrip-
pa 37; 28; 27.
cens. 28.
(Agrippa fu proba-
bilmente fatto patri-
cio da Augusto).^
27. Statillus 37 suf., 26
11 p. C.
(Gli Statini Tauri
diveutano patrici sot-
to Augusto).^
' P. Alfenus Varus antenato (padre?) del console del 2 p. C. è il celebre giurista
allievo di Sulpicio Eufo. Come è noto, era di Cremona. In origine era stato calzolaio
(HORAT. sat. I 3, 130, cfr. Porph. ad l.) e fu poi protettore di Vergilio.
' Agrippa non 8olo era homo novus (novitas famiUae) ma ignohilis loco, Tac. ann,
I 3. Cfr. Sen. contr. II 4, 13 : M. Agrippae non defuerint qui ignoMUtatem exproharent.
Ivi è notato fra quelli qui non nati sunt nohiles sed facfì.
Sembra naturale supporre cbe divenuto genero di Augusto ancbe Agrippa sia
divenuto patri ciò.
* M. Statilius Taiirus, il celebre generale di Augusto, apparteneva ad una familia
di cui la novitas è espressamente rilevata al pari di quella di Agrippa Vell. II 127.
II padre che solo è ricordato nei Fasti era già stato, per quel che pare, triumviro
monetale. V. il materiale raccolto in Prosop. Imp. Boni. Ili p. 263 sgg.
Il gentilicio Statilius sì trova di già da età antica fra personaggi cospicui della
Lucania, v. Val. Max. I 8, 6 Liv. XXII 42 Front. IV 7, 36. Non sembra quindi
casuale che a Volceii nella Lucania si sia trovato il titolo dedicato al nostro con-
sole CIL. X n. 409.
184
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
28. Gn. Nerius 36 suf.2
29. L. Corni fìcius 35.'
25. Sempronii 34;
(Diventano, pare,
patrie! al tempo di
Cesare o di Augusto). *
[ Q. Cornificius praet.
poco prima del 65.
{trih. pleh. 69).
* Heiter viem. cii. p. 51 eg.
* Poche genti ai sono così ignote come la Neria. In Cicerone ad Quint. fratr.
II 3, 5 ad a. 56 a. C. si legge: a. d. IILI Id. Febr. Sextius ab indice Gn. Nerio Pupìnia
de amhitu est postulatus et eadem die a quodam P. Tullio de vi. Codesto P. Tullio ivi è
contrapposto come persona ignota a Gn. Nerius.
Noi ignoriamo se codesto Gn. Nerius sia la stessa persona che figura come que-
store urbano in monete dei consoli L. Cornelio Lentulo e C. Claudio Marcello 49.
Babelon li 254, Grueber Coins I p. 204. Infatti la leggenda non dà il prenome
ma solo : NERI • Q • VRB (in alcune monete manca VRB).
Il console Gn. Nerius è accolto nei Fasti in base ad un frammento di tegola vel-
leiate conservato a Parma CIL. I n. 797 ove si legge CN • NE e per il fatto che nella
tavola Biondiana CIL. V p. 65 cfr. ib. Heszen et Hììlsex ad p, 38 col. 2 in fine
si veggono traccie di NE.
Quanto poi si legge nel Babelon 1. e. cfr. I p. 350 ; 425 e nel Grueber, che da
Ini dipende, sulle vicende del questore Neriìis pompeiano fuggito in Egitto dove fu
arrestato ed ucciso, è frutto di errore. In Caes. &. e. Ili 104 in Val. Max. I 8, 9 ed
in Plut. Pomp. 80 non si fa menzione alcuna di uu Nerio. Vi si parla invece del
coDSole Cornelio Lentulo, di cui Nerio fu questore. Codesto errore è jrare accolto dal
SOBECK Die Qaaestoren der roem. repuhlik (Trebnitz 1909) p. 64.
Rilevo questo fatto perchè non è isolato. La storia dei magistrati monetali che
ci è data da migliori numismatici formicola di errori di questo genere e va intera-
mente rifatta.
Individui della gens Neria sono raramente ricordati qua e là nell' Italia centrale e
meridionale, v. gli indici ad CIL. IX.
* L. Cornificius console nel 35 e Q. Cornificius questore nel 48 (Hoelzt fasti quaest.
p. 86) sono noti cesariani. V. su essi Dkuman'x-Groebe II p. 531 sgg. Q. Cornificio
Magistrati dalV 88 a. C. al li d. C. 185
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homlnes novi
30. C. Memmìus 34 suf.*
[praet. prima del 172]
{trih.pìeì). à?iUU^.
Sl.Herennii 34 suf. F
26. Flavii 33 siif. P' ^- '^^•
{trlb.pìeh.dRÌVSOy
tribuno della plebe nel 69 pretore prima del 65 fu il primo dei suoi a conseguire
onori. Era quindi homo novtis, Asc. ad tog. cand. p. 73. Cfr. Cic. ad Att. I 1.
L'origine assai modesta del Cornificii è dimostrata d'altra parte dal fatto che il
console del 35 restaurò per invito di Augusto il tempio di Diana Arentinense Subt.
Aug. 29. Nella Forma Urbis CIL. VI 29844, 2 nel disegno del tempio si legge Corni-
fica Cir. n. 4305. Ora ciò non sta solo in rapporto con il nome del restauratore ma
con il fatto che le corna dei cervi ed il nome stesso dei cervi o schiavi fuggitivi
(v. Fest. servorum dies p. 343 M) erano in rapporto con Diana Aventiuense, come mo-
stra la leggenda di C/jjms Genucius Areiitinensis diventato cornuto e la testa di cervo che
ornava la porta Eaudusculana, Val. Max. V 6, 4. Plix. «. /(. XI 123.
In altri termini è probabile che L. Coruificio traesse il nome gentilicio dagli
umili protetti di Diana Aventinense di cui restaurò il tempio.
' I Memmii a partire dal 111 sono noti per aver dato tribuni della plebe assai
ostili alla nobilita (v. ad es. per quello del 111 nohilHati infestis8Ìmus Sall. lug. 27; 30
per quello del 66 Plut. Lue. 37 (ciò però per ragioni intime v. Cic. ad Att. I 18, 3);
per quello del 54 Cic. ad Att. IV 17, 2 ad Q. Fratr. III 2, 3).
Ciò nondimeno i Memmii appartenevano ad una vecchia gente plebea romana,
la quale prima ancora del 172 a. C. v. Liv. XLII 9, 8 cfr. Maxis mem. cit. p. 51
aveva conseguita la pretura. I buoni rapporti di uno di essi, C. Memmio con Siila
di cui sposò la figlia (Ascox. in Scaur. p. 25 K. S) collimano con le monete in cui è
rappresentato quello stesso culto di Venere con cui anche Siila si ricounetteva, v. le
figure in Babelox I p. 212 sgg.
È noto come con tal culto si colleghi la dedica del poema di Lucrezio ad un
Memmio v. Marx Ueber die Venus dea Lucrez in Bonner StiuUen in onore di R. Kekule
(Berlin 1890) p. 114 nei N. Jahrbuecher 1899 p. 537.
Poiché l'origine troiana dei Memmii è celebrata anche da Vergilio V 117, cfr.
Sbrv. ad l., ciò accenna forse a transazioni intervenute anche col partito cesariano.
* Nei Fasti il console Buffetto del 1 p. C. è detto M. Herennius M. f. M. n. Picens
186 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
32. Fonteii 33 sufF. 12i
p.C.
[31. Foìiteiiis praet.
75 Cic. prò Fonteio
14, 32.
praet. fino dal 178
Liv. XL 59, 5].
33. L. Vinicius 33 suf.^*
5 a. C. suf. : 2 p. C.
31. Q. Laronius 33 suff.^
35. a Sosius 32.-^
cfr. CIL. XI 3797. Ignoriamo se codesti Rerennii fossero o no discendenti dal console
del 93, V. s. p. 168.
' I Fonteii erano di Tuscolo e vantavano una generis antiquitas incisa in vionìi-
moitis rerum gestarum Cic. i)ro Font. 18, 41.
* I Finucii o Vinicii, stando a Tacito ann. VI 15 erano un oppidannm genus C'a-
libus ortum. I loro buoni rapporti con Augusto ed Agrippa sono noti v. Vell. II 96
101; 103; 113; 130. Cfr. Prosop. Imp. Boni. Ili p. 435 sg.
' È un noto generale d'Ottaviano (v. il materiale in Proso]). Imp. Eom. Ili p. 265,
ma è l'unico personaggio storico di tal nome. Si può sospettare, ma senza argomenti
sufficienti, che sia una gens originaria dal Bruzzio v. CIL. X 8041, 18 cfr. 49.
* C. Sosius o Sossius è noto amico di Pompeio poi di M. Antonio, trionfatore
sugli ludaei (v. il materiale in Prosop. Imp. Boni. Ili p. 253). Ignoriamo se fosse o no
discendente da quel Q. Sosius splendidus eques Bomanus ex Piceno clie durante la guerra
sociale incendiò il tabularium. Cic. de deor. nal. Ili 30, 74.
Il gentilicio Sossius è relativamente raro. Lo troviamo ad es. iu regione sanni-
tica a Telesia. CIL. IX 2303.
Magistrati dall' 88 a C. al 14 d. C.
187
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
Honiines novi
(C. Sositis praet. 49
dead Att.YlU 6,1.
C. Sosius quaest.
66 Cic. ib. cfr. So-
beck p. 48).
36. M. Titius .31 suf.2
(trib. pleb. dal 492
e 99, 4.3).
27. Antistii 30 suf. 6. 37. L. Saenius 30 suf.»
[praet. 68 Veli. II
43, 4].
{trib. pleb. dal 422;
420; 319).
(Gli Antistii Vete-
res diventano forse
patrici sotto Augu-
sto). ^
28.Apuleii 29; 20 a. C.
14 p. C.
' Heiter mem. cit. p. 41.
* Personaggio, noto per il passaggio dal partito di Pompeio a quello di An-
tonio, infine di Cesare (v. il materiale in Prosop. Imp. Rom. Ili p. 328). Sappiamo che
Munatio Plance era suo avunculus Vell. II 83.
' Forse figlio di L. Saenius senaior Sall. Cat. 30. Su lui Prosop. Imp. Rovi. Ili
p. 156. A giudicare dal nome parrebbe di origine etrusca cfr. Schulzb op. cit. p. 93.
188
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
(Gli Apulei diven-
tano affini di Augu-
sto e quindi proba-
bilmente patrici).^
(L. Apuleius Sa-
lonibus praet. Schol.
Bob. arg. prò Piando
p. 253 0).
29. L. Sestius 23 suf.
(I Sestii diventano
patrici forse sotto
Traiano). 2
Honiines novi
38. Arruntii 22 a. C. 6
p. C.3
d^^. M. Lollius 21.-^
' Heiter p. 42.
* Heiter p. 63.
' Sugli Arruntii v. P. von Kohden in PW. UE. II p. 1261 sgg. Il loro uorne
gentilizio fa pensare ad origine etrusca. Cfr. Schulze op. cit. p. 263.
* Su M. Lollius, perfido uomo dato da Augusto come moderatore a C. Cesare, v. il
materiale in Dessau Pì'os. Imp. Bom. II p. 295.
Dei LoLLii si trovano traccie in varie regioni. Un Lollius sannita è già ricordato
da ZoNAR. Vili 7 ad a. 266.
Di M. Lollius Palicanus tribuno del 71 a. C. ci è detto fosse ìuimili loco Picens.
Sall. hist. IV fr. 42* Maur.
Finalmente titoli dell'età sillana di Ftrentinum degli Eruici ricordano come fa-
miglia precipua del luogo M. Lollius, in cui di già il Borghesi vide un antenato del
nostro console. Cfr. CIL. X 5837-5840.
Magistrati dall' 88 a. C. al li ci. C. 189
GENTI PATEICIE Nobiltà plebea Homines novi
[M. Lollius quaest.
65 Plut. Cat. Minor.
16].
{trìb. pleh. 71).
40. sua 20 a. C. 3 p. C.
suf. 13 p. C.
[quaest. sino dal 409].
{trih. pleh. dal 204).
(I Silii diventano
patrici sotto Augu-
sto).^
41. Sentii Saturnini 19
a. C. 4 p. C. suf.2
[C. Sentius praet.
89 Oros. V 18].
' Lo stemma dei Siìii v. iu Prosop. Imp. Rom. Ili p. 246.
Si tratta di uu' antichissima gente plebea che si vantava aver dato a Roma uno
dei primi questori plebei Liv. IV 54, 3 ad a. 409 a. C. Con i Silii della repubblica è
connessa la lex Silia sulla legis actio per condktionem ove si trattasse certae pecnniae
Gaius IV 19 e l'altra de ponderihus Fbst. s. v. publica pondera p. 247 M. La data delle
due leggi è ignota.
* La patria dei Sentii Saturnini, come già vide il Borghesi, è Atina. Ciò mostra
Cicerone prò Piando 8, 19 ove parla del padre di Gn. Saturnino edile e pretore ;
primus non modo in eam familiam sed etiam in praefecturam Ulani (cioè di Atina) sellam
curulem attulìsset cfr. CIL. VI 2722. Sui tre Sentii Saturnini consoli v. Prosop. Imp,
Rom. III p. 199 sg.
190 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
42. Q. Lucrefius Ve-
spillo ^ 1 9.
[praet. sino dal 172].
(trib.pleh. dal 210).
43. a Furnius 17.
(tì'ib. pleb. dal 445;
50).2
44. L. Tarius 16 siif.'
30. livii 15. 45. P. Sulpicius Quiri-
nus^ 12.
* Antica famiglia plebea urbana. Il cognome Vessillo venne dato all'edile del 133
che gettò nel Tevese il cadavere di Tiberio Gracco, Auct. de rir. ili. 64, 7.
Sul console del 19 Prosogr. Imp. Bom. II p. 305 sg.
' Il console Furnio, vincitore dei Cantabri quale legato di Augusto, è figlio del
tribuno della plebe noto fautore prima di Pompeio poi di M. Antonio. Per il mate-
riale MiiNZBR in PW. BE. VII col. 375 sg. Niccolini Fasti trih. plei. p. 498.
Il tribuno della plebe del 445 noto a Dionisio XI 53 è sospetto non già perchè
non è ricordato da Livio, il quale in fondo abbrevia quelle indicazioni di questo ge-
nere che Dionisio porge piìi diffusamente, ma perchè tutti i fasti dei tribuni del V
secolo sono sospetti.
' Cfr. Plin. n. h. XVIII 37; L. Tarius Bufus infima natalium hujj/iilitaie con-
sulatum militari industria meritus. Plinio ib. aggiunge che investì nel Piceno le enormi
ricchezze donategli da Augusto. Cfr. Sen. de clem. I 15, 4.
* Sulpicio Quirinio dice Tacito ann. Ili 23: nihil ad veterem et patriciam Sulpi-
ciorum fuiniliam pertimtit, ortus apud municipium Lanuvium, sed Impiger militiae et acrihus
ministeriis consulatum suh divo Augusto, mox expugnatis super Cilicìaui Homonadensium
castelli!^, insignia triumphi adepius. Cfr. Ili 23, ove si dice che era dives ma di olsuris-
sima domus.
Magistrati dall' 88 a. C. al 14 d. C.
191
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
'.). P. QuiNCTiLius 13. 46. G. Valgius 12 suf.^
10. T. QuiNCTius 9 a. 31. Aelii. 47. Volusii Saturnini ^
C. 2 p. C. suf. (Q. Tubero) 11. 12 suf. 3 p. C. suf.
(L. Lamia) 3 p. C.
{S. Catus) 4 p. C. 48. C. Clodius Licinus 4
p. C. suf.3
32. D. Laelius 6.
49. L. Passienus Rufus
33. Fabricius 2 suf. 4.*
34. M. Plautius 2.
(In tarda età i Pas-
sarli diventano pa-
trici).^
^ È il noto grammatico e poeta. Un Valgius suocero del tribuno della plebe Ser-
vilio Rullo interessato nei beni dati da Siila ai veterani v. in Cic. de leg. agr. Ili 1, 3.
" Sul console Buffetto del 12, padre del console suffetto del 3 p. C, Tacito ann.
Ili 30 ad a. 20 p. C. dice: Volusio vetus familia ncque tameti praeturam egressa : ipse
consulatum intulit, censoria etiam potestate legendis equitum decuriis funetus opumque, qui»
domus Illa inmensum viguìt, primus adcumulator.
' È il comularis historicus ricordato da Suet. de grammat. 20. Sn lui v. Cicho-
Kius in PW. RE. IV col. 77 sgg.
Nulla sappiamo sulle sue aderenze gi'utilicie e sulla sua carriera politica.
■• Sui Passieni RuH v. Pros. Imp. Boni. Ili p. 14 sg. Il padre del console del 4
fu il primo oratore del suo tempo; il cousole fu salutato imperntor iu Africa ed ebbe
gli ornamenti trionfali.
Il nome Passienus si incontra spesso in Etruria v. Schulze op. cit. p. 213. Cfr. per
Spoleto Nat. d. Scavi 1900 p. 137. Il figlio del cousole del 4 celebre per le sue ric-
chezze e per la sua avarizia vittima di Agrippina, è detto municeps Viselliensis. Non
so se vi sia corruzione di testo e se tale forma non vada riconnessa con Viseatum o
Visentia sulle rive del lago di Bolsena, donde sono pure derivate le forme Fisens,
Visentlnus CIL. XI p. 444.
° Cfr. Heitbii p. 19.
192
Intorno alla formazione ed al valore storico (hi Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea
Homines novi
50. C. Ateius Capito 5
p. C. siif.i
(trib. pleh. 55).
51. Nonhis Asprenas 6
p. C. suf.
Nonius Quinctilia-
nus 8 p. C.2
[praet 81 Welir-
mann p. 31].
ll.M.FuRiusSp.O.
52. L. Apronius 8 p. C.
Suf.3
È il celebre giurista rivale di Antiatio Labeone avo centurione Suìlano, patre
praetoì-io Tac. ann. Ili 75.
Di uà Ateius che primo salì le mura di Atene al tempo di Siila parla Plutarco
Syll. 14.
Il nome Ateius ha carattere etrusco, Schulze op. cU. p. 347 e può quindi ben darsi
che l' inscrizione di L. Ateius M. f. Capito duoviro a Castrum Novum dell' Etruria CIL.
X 3583 cfr. 3584 indichi non solo un antenato ma anche la patria originaria di que-
sta gente.
I noni non appariscono a Roma prima dell' età Sillana, v. le monete che ricor-
dano Nonius Sufenas pretore, Gruebek Coins I p. 470 (cfr. anche il Nonius fatto ucci-
dere da Saturnino, sebbene in luogo di Notiius dato ad es. da Plutarco Mar. 29 altri
come Liv. ep. LXIX Val. Max. IX 7, 3 abbiano Nunnius).
Tanto i Nonnii Asprenates quanto i Suffenates per la forma dei loro cognomi fareb-
bero pensare alla Etruria od all'Umbria come a patiia originaria. Cfr. Schulze op. cit.
p. 186; 530.
I Tnbulani Suffenates erano un popolo dell'Umbria Plix. n.lt. III 107.
II titolo CIL. IX 4855 accennerebbe poi all'origine sabina dei Nonii Quinctiliani.
' Gli Apronii sono noti dal III secolo. Dubbio è il valore della notizia 9n\V Apronius
tribuno della plebe sino dal tempo dei decemviri Liv. Ili 54, 13.
Sul console suiìetto dell' 8 p. C, noto generale augusteo, v. il materiale raccolto
dal Klebs in Prosop. Imp. Boni. I p. 120,
MagistraH dall' 8S a. C. al 14 d. C. 193
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
[aed. prima del 266
Val. Max. VI 6, 5].
(trib. pleb. 449).
53. C. Poppaeus Sahi-
ntis 9 p. C.
Q. Poppaeus Secun-
dus 9 p. C. suf.^
(I Poppei Sabini si
imparentano con Ne-
rone).
54. M. Papius Mutilus
9 p. C. suf.2
(trib. pleb. 253; 65).
' Tac. ann. VI 39 fine anni (25 p. C.) Poppaeus SaMnus concessit vita, modicus ori-
ginis, i^yincipum aviicitla consulaium ae triumpltaìe decus adeptus.
Q. Poppaeus Secundus è fratello del cousole onl. dell' 8 p. C.
Un titolo della fine della repubblica di Interamnia Praeiuttiorum (Teramo) ricorda
Q. e C. POPPAEEI patroni del municipio e della colonia CIL. IX 5074-5075. Cfr. Noi.
^. scavi 1893 p. 353.
Alla forma Poppaeus fra i Sabini corrisponde quella di Pojipedius fra i Marai. Si
pensi al nome del duce di questo popolo al tempo della guerra Sociale, Flor. II 6.
* Papio Mutilo, noto sopratutto per essere autore con il collega Poppeo Sabino
delle legge contro i celibi (v, ad es. Tac. ann. Ili 25), è evidentemente un tardo discen-
dente di Papio Mutilo, il celebre duce degli Italici nella guerra sociale, Vell. Il 16
App. b. ci 40; 42; 51, il quale, come si ricava da Granio Liciniano /ra^ni. XXXVI
p. 32 ed. Flemisch (cfr. Liv. ep. LXXXIX) si uccise a Bovianum, ove abitava la moglie.
Il nome del m{eddix) tniticns) C{aius) Paap[ius) Mit{tius) ovvero Mit{tii filius) ai
Pai» Ricerche tulla ttoria e 3ul diritto pubblico di Roma II 13
194 Intorno alla formaziont ed al valore storico dei Fasti
GENTI PATRICIE Nobiltà plebea Homines novi
55. C. Visellius Varrò
12 p. C. suf.; 72.1
trova in tegoloui della collezione Chiovitti di Boiauo {Borianuvi Undecumanorum)
editi da A. Mainri nelle Notizie degli scari 1914 p. 480 sg.
La provenienza però di questo tegoloue da Castellone presso Botano non è del
tutto sicura. Il Maiuri la ricava da quella di un altra tegola con leggenda pur san-
nitica che il Chiovitti disse al Mouunsen essere stato appunto rinvenuta in tale lo-
calità .
Un tribuno C. Papius è l'autore della più. nota legge de peregrinis (a. 65) biasimata
da Cicerone de off. Ili 11, 47. Ma difficilmente una legge simile fu proposta da
un discendente del celebre duce italico. Sembra quindi piìi ovvio riconnettere que-
st' ultimo con un altro ramo della gens Papia. I Papii esistevano anche a Lanuvio, come
mostrano i culti espressi nelle monete di magistrati monetali, v. le figure in Babelon
11 p. 279 sgg.
Alla gens Papia apparteneva pure il celebre Milone dittatore a Lanuvio, che di-
venne per adozione uu Annius AscoN. in Mil. p. 47 K.
Ignoriamo la data della lex Papia sulla soriitio delle Vestali, Gell. m. A. I 12 ;
12 e quelle sugli iara patronorum Gaius III 42.
* Gente che compare solo con l'età sillana. Il tribuno Viseìlius è connesso con
la legge di tal nome sulla cura viarum CIL. 1 n. 593 che pare si debba assegnare
al 72 ZiEGLER Fasti trib. pleb. 133-170 (Ulm 1903) p. 22. Codesto Visollio si suole iden-
tificare con il parente di Cicerone Brut. 76, 264.
Sulla carriera militare del console Buffetto del 12 p. C. v. Prosop. Imp. liom. Ili
p. 447.
Il C. Visellius Ruga che figura nei libri moderni come /;(7;. pleb. del 494, ossia
nello stesso anno in cui il tribunato della plebe fu istituito, non è mai esistito. Esso
è sorto per erronea lettura dei testi ; v. qui oltre 1' elenco dei tribuni della plebe.
Magistrati dairSS a. C. al U à. C.
195
All'elenco dei consoli che dal 88 vanno al U d. C.
facciamo ora seguire quello dei pretori appartenenti a nuove
genti plebee, che non raggiunsero il consolato durante la
libera repubblica.
Dato lo scarso materiale di cui disponiamo non è dav-
vero il caso di ristabilire elenchi anche relativamente com-
pleti dei pretori. Basti considerare che nel solo 38 a. C. ne
furono creati ben sessantasette (Cass. Dio XLVIII 43). No-
stro intendimento, del resto, è notare il fenomeno nelle linee
generali, non già porgere i Fasti pretorii.^
Fra il 90 e 44 a. C.
1. P. Sextilius 88, Plut. Mar. 40.
Un Sextilius è trib. mil. nel 379.
2. Q. AncMrius 87, Plut. Mar. 43, cfr. Q. Ancharius nel 66
CÌG. prò Sextio 53, 113.^
3. Burrienus 83, Cic. prò Quinctio 6, 24.
4. Q. Sertorius 83, App. Ib. 101. Plut. Seri. 6.
Quaest. verso il 62.
5. Fufidius 80, Plut. Seri. 12.^
' Salto naturalmente tutti quei pretores il cui nome si può eventual-
„.ente ricongiungere con quello di antiche genti plebee o «be possono es-
serne sia pur lontane derivazioni come ad es. CaeUus ^A a. iS Y^i.U UJS
LlUs Lcianus ad a. CIL. I 641. i vari C..m, ad e.. Fosiunus nel 62
'"•Ì:;f Iw^^r^engo conto in generale di quelle indicazioni da cui
non appaia se si ricordi un gentilicio sui generis di un pretore ovvero un
'""^"«Tentilicio, che non sembra di carattere romano, v. i dati in Schulzk
^" '^'llM daTi" su lui V. apud Muenzbr in PW. RE. XllI col. 201.
Di FufHlii si trova menzione ad es. ad Arpinum, a Salpinum, v. ib.
196 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
6. Q. Calidius 79, Plin. XXIX 69.
M. Calidius 57, Cic. post. red. 9, 22.
7. Sex. Peducaeus, poco prima del 76, Cic. in Verr.lJl 93, 216.
8. [M. luncus] 75-74, Veli. H 42. ^
9. M. Caesius 75, Cic. in Verr. II 1, 50 130.
10. P. Varinius o Varenus Glaber 73, Liv. ep. XCV cfr. Sali.
kist. fr. Ili 96 Maur. cfr. Wehrmarii op. cit. p. 42.
11. Rubrius 67, Plut. Caio. Min. 9.
12. M. Caesonius verso il 66, Cic. «fZ ^^^. 11,1 cfr. Hòlzl p. 36.
aed. CUT. 69 Cic. in Verr. I 13, 37.
13. M. Atius Balbus, prima del 59 Suet. Aug. 4.'
14. C. Attius Celsus a. 65, Ascon. in Cornei, p. 57 K. S.
15. P. Attius Varus, prima del 52 Cic. prò Ligario I 3 Hòlzl
p. 70.
16. P. OrcMus a. 65, Cic. prò Fiacco 32, 79; 31, 76 cfr. Hòlzl
p. 43.
17. C. Pompfinus a. 63, Sali. Cafil 45, 1; Cic. in Catil. HI 25.
18. L. Roscius Otho a. 63, Plut. Cic. 13.
L. Roscius Fabatus a. 43, Caes. b. ci 3.^
19. Q. Arrius, prima del 63 Plut. Cic. 15 cfr. Hòlzl p. 44 sg.
20. M. Petreius, prima del 63 Sali. Cat. 59 Hòlzl p. 45.
21. C. Vergilius a. 62, Cic. prò Piando 40, 95 propincuo di
di C. Celio Caldo Cic. ad fam. Il 19, 2.
22. Z. Lucceius prima del 61, Cass. Dio XXXVI 41 Hòlzl
p. 29.
23. Q. Voconius Naso prima del 60, Cic. prò Fiacco 21, 50
Hòlzl p. 51.1
' È un geutilicio od im cognome? V. il materiale in Schttlze p. 295; 470.
' Nota fainigliii di Aricia, Angusto era nipote per parto di madre di
Atio Balbo, Suet. 1. e. Cfr. Cic. Phil. Ili 6, 16; ad Ait. II 12, 1.
* Stirpe di Lauuvio v. i nummi in Babelox II p. 402.
* Da Aricia provenivano i Voconiì Saxa. Cic. Pini. Ili 6, 16.
Magistrati dall' 88 a. C. al là d. C. 197
24. T. Vettius a. 59, Cic. prò Fiacco 34, 85.
26. T. Ampius Balbus a. 57, Cic. ad. fam. I 3, 2.
26. C, Septimius a. 67, Cic. post. red. 9, 23.
27. C. Alfius Flavus praet. a. 54, Cic. ad Q. fratr. 1, 7, 24
Holzl op. cit. p. 68.
28. A. Plotius a. 61, Cic. ad Att. V 15, 1.
29. C. Considius Longtis a. 50, Sch. Gronov. in Ligar. p. 414.
M. Considius Nonianus, Cic. ad. fam. XVI 12, 3 cfr. Hòlzl
p. 73.
30. T. Fiirfanius Postumus a. 60, quaest. 61-60, Cic. ad Att.
Vn 15.
31. A. Allienus a. 49, Cic. ad Att. 10, 16, 3.
32. C. Coponms a. 49, Cic. ad Att. 18, 12, 4.
33. M. Favonìus 48, Veli. II 53. ^
34. Sallustius Crispus 46, Cass. Dio XLII 62 quaest. 66 o 66
Pseud. Cic. in Sali. 15. ^
36. C. Turranius 44, Cic. Phil. Ili 10, 25.
Cfr. a Toranius 43, Oros. VI 18.
C. Toranius quaest. 73, Sali. hist. IH 96 Maur.
36. M. Vehilius 44, Cic. l. e.
37. a Cestius 44, Cic. l. e.
38. M. Cusinius 44, Cic. 7. e.
39. L. Status Murcus, poco prima del 43 Veli. Il 69, 7.
Pretori e questori incerti, di età Cesariana:
*
1. M. Cispius, praet. non prima del 53 Hòlzl p. 69 CIL. 1 n. 361.
2. P. Pavus Tubitanus?^ quaest. 2.° secolo Sobeck p. 74.
• Originario forse da Terracina CIL. X 6316.
* È il celebre storico nativo di Aniiternuni nella Sabina.
198 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
3. M.Ampudius, qiiaest. CIL.^ 6082 Sobeck p. 75 1.° secolo.^
4. Ce L. Cepasii, quaest. Cic. Brut. 69, 2i2: C. L. Caepasii
fratres fuerunt, qui multa opera, ignoti ho mines et repen-
tini, quaestores celeriter facti sunt, oppldano quo-
dam et incondito genere dicendi. Sobeck p. 76.
5. Q. Caerellius, CIL. VI 1364; legato di Antonio triumviro.
6. Q. Sanquinìus, praet. CIL. I 640 fine della repubblica.'
Non è possibile ristabilire l'elenco dei pretori dalla morte
di Cesare (44) ed il principio del governo di Augusto (25).
Sono anni per questo, come per tanti altri lati, di rivolu-
zione e di anarchia. 3
Nel 38, come abbiamo già sopra notato, si crearono ses-
sentasette pretori (Cass. Dio XLVIII 43) ; due anni dopo
non si potè procedere all'elezione degli edili mancando i
candidati (Cass. Dio XLIX 16).
Notiamo nondimeno le seguenti gente.'? del tutto nuove
fra i pretori di codesto tempo :
1. M. Barbatius Philippus dopo il 41 Ulp. in Dìg. I 14, 13.
Suid. s. V. Bag^dTioi;.
2. AseUius sostituito dal figlio 33, Cass. Dio XLIX 43.
3. P. Paquius Scaeva fra il 23-21, CIL. IX 2845.
4. M. Egnaluleius Rufus 20, Veli. II 91.
5. Q. Crispinus 2, Cass. Dio LV 10.
6. P. Vitellius prima del 14 d. C. v. i passi in Levison p. 18
cfr. Prosop. Inip. Pam. Ili p. 452 sq. n. 252.
' Il titolo CIL. X 6082 mostra che ora di Formiae. Ciò è confermato
dal decreto di Gneo Strabene a favore dei Cavalieri Ispani (v. i miei Studi
ttorioi II (1909) p. 131 ove si menziona un altro Q. Ampiidius Q. f. della
tribù Aemilia, che era appunto quella di Forniae.
* Il nome derivato dal dio Saneus ricompare in M. Saiiquiniuii monetiere
dell' età augustea, Guuebeu Coins II p, 78.
* Cfr. anche Cass. Dio XLVIII 32.
Magistrati dall' 88 a. C. al U d. C. 199
Fra il 90 ed il M abbiamo infine i seguenti plebei che
stando agli scarsi dati a noi pervenuti raggiunsero l'edilità
curule :
1. AL Selus a. 74 Plin. n. h. XV 2 Cic. de off. II 17, 58. ^
2. Gn. Plancius Cic. prò Piando 20, 49.
I seguenti plebei raggiunsero infine solo la questura:'
1. Q. Bruttliis Sceva a. 88-87, Gaebler op. cit. apud Sobeck
p. 30 Bùlz p. 22.
2. Hirtullius a. 86 ad 85, Cic. prò Fonteio 1 cfr. Sobeck p. 31.
3. L. Fabius Hispanensis a. 81, Babelon I p. 448.
4. C. Urhinus a. 74, Sali. hist. II 70.3
5. T. Vettius a. 73, Cic. in Verr. V 114.
6. Caesetius a. 72, Cic. in Verr. V 63.
7. P. Septimiiis fra 65-60, Varr. d. l. L. VII 109 cfr. Sobeck
op. cit. p. 50.
8. L. Fadius Galliis a. 63, Cic. post. red. in sen. 21.
9. L. Mescinius Rufus 61-50, Cic. ad. fam. XIII 26, 1.*
' Un T. Seuis figura fra gli edili della plebe poco dopo il 439 a. C.
Plin. n. h. XVIII 16 accolto auche dal Sbiuel Fasti aedUicii (Breslau 1908)
p. 6. Io sospetto però che costui sia un pseudo antenato dell'edile del 74
a. C. Sul che v. oltre.
* Anche in questo caso non noto il nome di quei questori che come
Visellius a. 56 Vitruv. II 89. D. Laelius Balbus {Inscr. di Cartagine apud
Sobeck op. cit. 71) possono considerarsi come derivati da gente che rag-
giunsero il consolato.
' Pare si tratti di gentilicio.
* Il carattere, diremo così di parvenu, di questo personaggio risulta in-
direttamente dalle monete (v, Babblon II p. 219 sg.). Per lui, come per
altri magistrati monetali di quest'età, mancano accenni a culti di fami-
glia od altro che ricordi i vecchi vanti di famiglia. Vi sono invece allu-
sioni ad Augusto con cui riconnettono la loro fortuna politica.
Fenomeno analogo si riscontra ad esempio nei nummi dei monetali
200 Intorno alla /orinazione ed al valore storico dei Fasti
10. T. Ligarius prima del 49, Cic. prò Lig. 35.
11. M. Minatius Sabinus proquest. 45, v. le monete apud
Sobeck p. 68 sg.
12. Granius Petro 46, Plut. Caes. 16.
13. L. Egnatuleius 44, Cic. Phil. JH 7.
14. D. Turullius 44, Cic. ad fam. XII 13, 3.
L'esame dei Fasti dell'ultimo periodo della libera re-
pubblica mostra come poche genti fra i patrici abbiano
raggiunto di quando in quando il consolato. Solo i Cor-
nelii e gli lulii, e dopo di essi gli Aemilii, riuscirono a
coprirlo con relativa frequenza. Ancbe l' esame dei nomi dei
senatori dell' età cesariana rivela sole 12 genti patricie, che
si riduce a circa 10 nella successiva età augustea.^
In poco più di 100 collegi, ossia per poco più di 200
consoli, troviamo circa 34 genti della nobiltà plebea e circa 55
homines novi. Corrisponderebbe con ciò il nome delle circa
50 stirpi plebee a noi note, interamente nuove che raggiun-
Carisii (Babelon I p. 312 agg.) di L. Caninius GaUus (ib. I p. 310 sgg.),
di L. Viiìiciun L. f. (ib. p. 552 sg.), di P. Lurius Cib. p. 154), di Sex Xonius
Quinctilianus (ib. II p. 257) e, per citare ancora nn esempio significativo,
di C. Asinius GaUus (ib. I p. 221 sg.).
' Cfr. P. RiBBECiv Senatores Romani quifuerhit idibits Martii» anni a. U.c.
710 (Ber(jliui 1909) p. 80 sg. esse sono le seguenti:
Aemilia Furia Postumia Sulpicia
Claudia lulia Quinctilia Valeria
Cornelia Manlia Sergia
Non conto la Servilia perchè Bruto fu adottato dalla Inula ed è in-
certo se per codesta età sia da ricordare fra i senatori un Pinarius.
Pochi anni dopo non compaiono piìi fra i senatori dell'età augustea
Quinctilii e Sulpicii.
Sui senatori dell'età augustea v. il materiale raccolto da Fu. Fischer
Senatm Bomanus qui fuerit Augmii temporibus (Berlin 1908) diss.
Magistrati dall' 8S a. C. al 14 d. C. Conclusioni 201
sero la pretura. Numero che verrebbe ad essere di molto
oltrepassato ove possedessimo la lista di tutti i pretori,
edili e questori. *
Quanto sia stato esteso il numero di tali magistrati rivela
il particolare, già riferito, relativo al 38 a. C, in cui vennero
nominati ben sessantasette pretori. ^ Varietà ed abbondanza
non richiesta certo dalle sole necessità politiche ed ammi-
nistrative, create dalla rivoluzione e dalla pressione sempre
crescente degli homines novi.
In breve, nell' età che da Siila va ad Augusto la vecchia
società B-omana venne ad essere interamente trasformata.
Buona parte delle vecchie famiglie patricie erano di già
scomparse e quelle della nobiltà plebea erano perite per
opera delle proscrizioni e delle guerre civili ; dei loro beni
si erano impadroniti gli accoliti dei partiti trionfanti.^ Si
determinava quella situazione che nella storia si è verificata
così di frequente in tempi antichi e moderni, di cui 1' esem-
pio più recente e di cui ne serbiamo più vivo il ricordo,
è la Rivoluzione Francese dell' 89. Trionfano i parvenus
reclutati tra la plebe Romana e fra i municipes d'Italia;
trionfava la virtù delle armi accanto alla potenza pecunia-
ria, perchè Roma era e rimase uno Stato a base militare e
nello stesso tempo plutocratica.
* V. iu seguito allo studio presente l'elenco delle l'aiuiglie plebee, che
coprirono il tribunato della plebe.
* Cass. Dio XLVIII 43.
' Stando a Plutarco Caes. 55 il numero dei cittadini roniaui nel 46
a. C. da 320 mila sarebbe disceso a 150. Nelle guerre civili, a parte le
perdite di nomini avvenute nelle altre regioni d'Italia e nelle provinole,
sarebbero aduuque periti 170 mila cittadini (cfr. Perioch. Liv. 115). Ma
queste notizie riposano, per quel che sembra, su dati mal intesi, che si ri-
ferivano alla limitazione del numero di coloro a cui veniva riservato il
diritto di fruire delle fruìnentatioiie.i. cfr. Drumann-Groebe Geschkhte Bomt
III p. 557.
202 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Per il periodo clie da Siila va ad Augusto non è più il
caso di discorrere delle sorti del patriciato. Questo era vir-
tualmente finito sino dal 172, in cui Roma vide un collegio
di due consoli plebei, eppoi negli anni susseguenti in cui gli
Aemilii si alleavano, per mezzo di matrimonio, con il figlio
di Catone Censorio novum efiam Tuscuìo urbis inquilimim.'^
Tanto più il patriciato era seppellito al tempo di Cesare
quando gli lulii provenienti da Alba, discendenti ne più né
meno, com'essi vantavano, da Venere, si univano non sol-
tanto con i plebei Cornelii Cinnae ma con gli Atii di Aricia
e non avevano difficoltà di allearsi con i Cossutii più ricchi
che illustri.*
Qualche grande casata riuscì a mantenere parte almeno
delle avite ricchezze e l' antico prestigio. Qualche Cornelio,
qualche Emilio, qualcuno infine dei Fabii e dei Valerii, non
foss' altro in considerazione del nome insigne, riuscì ad eser-
citare in date occasioni funzioni decorative, così come in
' Vell. II 128. Cfr. Ael. e. h. XII 6. Cfr. Dkumann-Groebk V p. 161.
La prova migliore che la nobiltà plebea aveva ormai soverchiato il
patriciato è data dal fatto ohe nell'ultimo secolo della repubblica patrici
come lulio Cesare e plebei come Catone il Minore sono equiparati anche
rispetto alla nobiltà dei natali v. Sall. Cai. 54; ei!< genns aetas eloqitenlia
prope aequaUa futre. Sotto la comune designazione di nobiles da Sallustio
Cat. 17 sono genericamente indicati tanto patricii come i Cornelii quanto
membri della nobiltà plebea, come i Calpurni ed i Cassi, che favorirono
Catilina.
Qualunque sia stato in origine il significato specifico in politica del-
l'aggettivo nohilis, è certo che continuò sino all'Impero anche per indicare
patricii; v. ad es. Vell. II 41 a proposito degli lulii e Tacito hist. II 38
a proposito di Siila. Solo in scrittori oltremodo accurati e precisi come
AscONio ad es. in toga carni, p. 73 S. K., si può trovare l'esatta distin-
zione fra patricius, pìeheius nohilis e semplice pìeheuiH.
* SuET. Caes. 1. È frutto di semplice svista che il Muenzer in PW.
RE. Vili col. 1674 ricercatore del resto accuratissimo, attribuisce a M. Cos-
autius le importanti caratteristiche che Cicerone in Verr. Ili 55, 185 rife-
risce per M. Castricius.
Magistrati dall' S8 a. C. al 14 d. C. Conclusioni 203
tempi moderni nelle ambasciate o consigli di amministra-
zione delle grandi industrie si accolgono rampolli della
grande aristocrazia, i quali, sotto le parvenze del nome, na-
scondono, qualche volta, la vacuità del loro cervello.
Cesare si valse di un Cornelio Salvittone condotto in
Africa solo per eludere il vaticinio che in quella terra non
fosse dato conseguire vittoria se non sotto gli auspici di
un Cornelio.* D'altra parte però, come mostra la storia dei
Valerli e dei Claudii, si perpetuò talora fra essi il buon
seme che aveva dati tanti valorosi e utili cittadini alla
repubblica.
L' affermazione che il patriciato scomparve per opera
delle ultime guerre civili e delle proscrizioni (cfr. Cass. Dio
LII 42) è in parte rettificata dagli elenchi statistici sopra
presentati.
Le proscrizioni colpivano gli uomini più attivi nel di-
fendere principi politici contrari a quelli dei vincitori e
sopratutto i ricchi, che ormai erano da ricercare più spesso
fra i plebei nohiles, come i Licinii Crassi, che fra alcuni
rami dei Cornelii e degli Aemilii.^
Oltre che dalle proscrizioni la scomparsa del patriciato,
in parte anche della più vetusta nobiltà plebea, fu deter-
minata dalle scemate occasioni di conseguire il consolato,
che con l' amministrar guerre e provinole dava modo di
' SuET. Caes. 59. Plut. Caes. 52. Cass. Dio XLII 58; cfr. Plix. n. li.
XXXV 8.
* Ove neW Ejìitome Liviana LXXXVI si legge: L. Damasippus praetor
ex voluntnte C. Mari cos., ciiin senatum contraxisset, omnem quae in Urbe erat,
nohilìtatem tmcidavit, la parola nohilitas indica tanto i patrici quanto i plebei
che avevano coperte cariche curali.
"NélV Epitome Liviana immediatamente dopo si legge: ex cuìus numero
Q. Muciìts Scaevola pont. max. fugiens in vestibulo aedis Vestae occisus est, e
si nomina un plebeo.
204 Intorno alla formazioyie ed al valore storico dei Fasti
adunare ricchezze e rendeva possibile mantenere quei ce-
spiti assicuranti la durata della potenza e del prestigio
delle famiglie aristocratiche.^
Il sostituirsi man mano di homines novi nella direzione
delle guerre, determinò la decadenza di parecchie famiglie
già cospicue, le quali, mancando il denaro necessario per i
ludi, per i pubblici convivi ed anche per aperte corruzioni,
non avevano più modo di competere con i primi che dai
nativi municipi recavano le fresche enei-gie dello spirito
avido di comando e di ambizione ed i denari pazientemente
accumulati dagli avi.'
' Dagli indici della diligente memoria di H. Kloevesokn De proacri-
tionibus a. a. Ch. n. 43 a M. Antonio, M. Aemilio Lepido, C. lulio Caesare
Octaviano triiimviris factis (Kegimonti 1891 diss.) ricavo che fra i proscritti
patricii di cui è dato ritrovare il nome vi sono solo tre Aemilii nn luniun
Caepio, nn Claudius Nero, tre persone della gens Julia, un Valerius MeHsala
ai quali si aggiunge C. Verres, che secoudo il mio avviso (v. qui oltre) era
un Cornelius.
* Nell'impero, come è ben noto, era necessario possedere un dato censo
per appartenere all' ordine dei senatori ovvero a quello subordinato dei ca-
valieri. È pili che probabile che principi analoghi valessero almeno in parte
durante gli ultimi tempi della repubblica. Solo ammettendo che norme di
questo genere avessero vigore ah antico si comprende il significato della lex
Sulpicia che imponeva ai senatori di non avere pivi di due mila dracme di
debito (Plut. Stili. 8, 4. App. b. e. I 59).
Solo supponendo che un minimo di censo fosse reputato necessario,
acquista valore il dato di Asconio sugli Aemilii Scauii in Scanr. p. 20 S. K.:
Scaurus ita fuit patrìciuH, ut tribus supra eum aetatibu.s iacucrit doniiia eiun
fortuna. Nam neque pater, neque avus, neque etiam proavus, ut jnito propter
tenues opes et nullam vitae industriam, honores adepti sunt. Jtaqve Scauro
aeque ac novo homini laborandum fuit.
Per tutto ciò io dubito abbia ragione il Mommsen Boem. Staatsrccht V
p. 498 ove aflerma che Augusto stabilì per la prima volta la misura del
censo per essere in grado di aspirare alle magistrature. Il fatto stesso che
nelle leggi attribuite a Romolo apud DiON. Hal. II 21, si stabiliva il pos-
sesso di una certa fortuna per coprire i sacerdozi, è uu presupposto per
analogia di requisito per le magistrature curtili sino da età vetusta.
Le notizie di Cassio Dione LIV 17, 26, sui 400, mila pivi tardi sul
Magistrati dall'SS a. C. al 14 d. C. Conclusioni 205
Ed è ben naturale che alla fortuna dei parvenus si as-
sociassero molti proletarii, che a Roma erano oltremodo
numerosi sino dalla fine del II secolo e degli uomini di
antiche famiglie rovinate nel censo.'
Nell'ultimo secolo delia repubblica assistiamo al risor-
gere di qualche famiglia dell'antichissimo patriciato. Tra
costoro notiamo ad esempio Siila, Emilio Scauro e lo stesso
Giulio Cesare.
La famiglia di Siila era decaduta da molte generazioni,
ossia dal tempo del console Cornelio Rufino, escluso dal
senato per aver posseduto (come è noto) più vasellame d'ar-
gento che le leggi concedessero ; Emilio Scauro sarebbe stato
lasciato da padre in una relativa povertà, tanto che egli si
sarebbe visto nella necessità di esercitare l'industria del
carbone. Mancandogli i mezzi per presentarsi candidato
alle magistrature e dedicarsi alla politica, avrebbe meditato
di fare il banchiere. Quanto a Cesare è degno di nota che
non si parla più degli lulii fra il 267 ed il 157. Sicché è
a pensare che i Caesares fossero un nuovo ramo che si
milione di sesterzi necessari per essere investiti della dignità senatoria, in-
dicano la misora reputata normale da Angusto e alludono forse al ripri-
stiuamento di norme severe di fronte al disordine verificatosi durante il
periodo anarchico delle guerre civili cfr. Subt. Aug. 41. Ma se Ovidio amor.
Ili 8, 55 pronuncia la celebre sentenza:
Curia jiauperihns cìausai-A, dat census lionores
Inde gravi9 index, inde severua eques
non esprime già un biasimo rispetto alle condizioni speciali fattesi al tempo
di Augusto, ma uno stato di cose che si verificava e continua a verificarsi
in tutti i tempi.
' È noto il passo di Cicerone de off. II 21, 73 in cui si dice che il
tribuno Marcio Filippo, allorquando rogò la sua lex agraria (104 a. C.) af-
fermasse: non esse in ciritafe duo milia hominum, qui rem haberent.
Fra patrici e plebei nobili ma rovinati, Catilina trovò, come è noto,
molti aderenti Sall. Cai. 17.
206 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
ricoiinetteva con i jdìù vetusti lulii, ovvero che anche tal
gente ebbe un periodo di decadenza.
Tutti sanno con quali arti Siila, erede di una cortigiana,
riusci a risorgere economicamente, mentre nella sua gio-
vinezza aveva vissuto assai modestamente. È noto come
abilità in affari ed il matrimonio con la ricchissima Ce-
cilia abbia reso possibile a Scauro riacquistare 1' antico
splendore della sua casata. Quanto a Giulio Cesare, notam-
mo le alleanze di famiglia con potenti famiglie della no-
biltà plebea e persino con stirpi modesta, ma assai ricche.
Ciò che fa un poco pensare ai matrimoni odierni dei di-
scendenti della grande nobiltà italiana o dei lord inglesi con
le figlie di industriali degli Stati Uniti del Nord d'America
o di proprietari di vaste terre nell'Argentina.^
' Sul sorgere di uuove stirpi di origine plebea e provinciale raccoglie
materiale sopratutto per l'età ciceroniana M. Gelzer Die Nohilitaet der
roem. Eepublik (Leipzig 1912) p. 11.
È lavoro dotto ed accurato. Rispetto però alle varie significazioni della
parola ìiubilis ed all' esistenza ed efficacia del reggimento della nobilitas, mi
sembra siauo ragioni per sostenere conclusioni in parte diverse.
Il Gelzer, se non fraintendo il suo pensiero, mentre ammette l'esistenza
di camarille, formate da quelli che avevano conseguite le cariche curuli e
che costituivano la nobilitas, nega quella di un reggimento basato sul ca-
rattere ereditario delle persone appartenenti appunto a tale categoria. Ma
il complesso delle notizie degli antichi, la facilità con cui senza alcuna
fatica i figli dei nobiles conseguivano quasi per giuoco come diceva Cice-
rone {Verr. II, V 71, 181) le cariche curuli, mi inducono invece a pensare
clie le opinioni del Gelzer non rispondano in tutto alla realtà.
Il carattere ereditario delle magistrature nel tempo antico, che lasciò
traccio nel costume e nella pratica in tempi posteriori, risulta del resto, se
non mi inganno, da vari indizi. Ne cito ad esempio i seguenti :
1. Il fatto che in certi casi un fratello magistrato poteva giurare per
un altro fratello pure magistrato; come fu il caso di Valerio Fiacco pre-
tore designato che giurò per suo fratello edile curule che a far ciò era
impedito dall' essere flamen Dialis. Liv. XXXI 50, ad a. 200 a. C.
2. La circostanza che in varii casi e per varie generazioni si perpe-
tuarono uffici primari, come ad esempio la qualità di priuccps se»alu8 per
Magistrati dall' 88 a. C. al 14 d. C. Conclusioni 207
Questa non era però V uuica risorsa di cui la vecchia
nobiltà Patricia o plebea disponeva per risorgere economica-
mente ed essere quindi in grado di riaffacciarsi nell' agone
politico.
V'era un altro modo, che, sebbene si prestasse alle accuse
ed all'odiosità dei puro-sangue e dei conservatori, aveva per
sé le simpatie popolari e richiedeva ad ogni modo prontezza
di spirito ed apertura di mente. Consisteva nell' abbracciare
apertamente la causa demogogica e farsi protettore anzi an-
tesignano delle nuove tendenze. Questa via fu percorsa in
modo diverso da varii patrici, da Sulpicio Rufo a Sergio Ca-
tilina, da Cesare a Clodio ed a Dolabella.
Non tutti però la percorsero nella stessa maniera e con
i medesimi fini. Soffermarci a parlare di questo fenomeno
equivarrebbe non esporre osservazioni sui Fasti, ma narrare
la storia interna di Roma nell'ultimo secolo della repubblica.
Ci sia solo concesso osservare che l'estrema scarsità delle
nostre fonti non porge modo di stabilire sino a qual punto il
i tre Fabius Amhttstas, Fahius Rallianus figlio di lui e Fabiiis Giirges nepote.
Plin. ». h. VII 133.
3. II fatto che le responsabilità derivanti dalla magistratura potevano
essere attribuite ai discendenti, come nel caso dei figli dei proscritti da
Siila richiesto di render conto dei vectigalìa del tempo di suo padre, il dit-
tatore, AscoN. ìK Com. p. 65 S. K.
Vero è che quest' ultimo fenomeno di cui si trova traccia anche altrove
(ad es. nel diritto attico si pensi a Milziade ed a Cimone) si riconnette
con altre questioni.
Del resto, se anche non avessimo testimonianze esplicite sull'argomento,
lo studio complessivo della compagine sociale romana, quanto ci è riferito
sui legami che avvincevano i gentiles, tutto ciò che sappiamo sulla clientela
che continuò vigorosa nel campo politico, anche dopo che venne modificata
dal trionfo delle più umili classi sociali, infine 1' analogia di tante altre
società, e sopratutto di ciò che si verificò e tuttora si compie in alcune
parti dell' Italia moderna, mostrano che in quasi tutti i periodi della vita
romana, di fatto, se non di diritto, vi fu un reggimento di date genti e
famiglie a base ereditaria.
208 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
procedimento di Clodio, che colla transitio ad plebem abban-
donò il patriciato e si fece adottare da un plebeo, sia stato
preceduto e susseguito da casi analoghi. Procedimento ana-
logo sappiamo essere stato poi tenuto da Dolabella ed è stato
più volte sospettato per Sulpicio B-ufo, l' eloquente nemico
di Siila. Non è del tutto improbabile che il nome di appa-
renza patricio di altri dei tribuni della plebe non nasconda
qualche analogo caso di transitio ad pìehem}
Il fenomeno di uomini appartenenti alle più vetuste ed
insigni casate, che, pur di dirigere le masse, posavano a loro
protettori e ne assumevano persino le apparenze, si spiega
con la grande trasformazione sociale della plebe romana,
raccolta in potenti sodalizi, costituita ormai da figli di li-
berti, da schiavi emancipati,^ e sino dai tempi di Scipione
Emiliano e dei Gracchi da stranieri riusciuti a conquistare
la cittadinanza.^ Infine vi contribuì la straordinaria potenza
del tribunato della plebe, che da potere esclusivamente ne-
gativo, sorto per controllare nell' interesse di una sola classe
le determinazioni dello Stato patricio, fini per subordinare
a se praticamente le magistrature curuli e lo stesso consolato.
Eppure il successo finale non era riservato alla demagogia.
La vittoria era destinata a chi, controbilanciando con giusto
equilibrio di mente le aspirazioni ed i diritti di tutte le classi
sociali, sarebbe riuscito a fissare un nuovo ordine di cose, che,
sebbene non perfetto, anzi pieno di pericoli, avrebbe non
dimeno assicurato ancora alcuni secoli di esistenza alla so-
cietà ed alla civiltà romana.
' Su ciò V. oltre l'elenco dei tribuni plehis. Aiicbe l'esistenza di due
rami di Servili!, uno patricio, l'altro plebeo (su ciò v. i dati in Mommsen
Roem. Forschuìigen I p. 124) ammette forse la spiegazione che alcuni di
essi avessero fatta la transitio ad plehem.
• DiON. Hai,. IV 24.
» Veli.. II 4, 4, Val. Max. VI 2, .3.
La successione degli strati sociali 209
XI.
1 Fasti e la successione dei varii strati sociali nella conquista del potere.
Raccogliamo le osservazioni sinora fatte. Sebbene assai
lacunoso, l'elenco dei pretori e degli altri magistrati curuli
ove sia unito ai dati dei Fasti consolari, dimostra ch.e
l'impeto degli homines novi per raggiungere il consolato
riusciva nel suo intento ove una o due generazioni innanzi,
dall' avo o per lo meno dal padre, fossero state conseguite le
magistrature curuli inferiori.' Il risultato che abbiamo con-
seguito dall' esame dei dati relativi alle magistrature curuli
è confermato da quanto risulta dai dati intorno ai magistrati
monetali di cui discorriamo separatamente nell' aggiunta al
lavoro presente. Ed è anche degno di nota che molte delle
stirpi degli homines novi di fronte alle magistrature curuli
riuscirono a coprirle, solo dopo avere per tempo o più a
lungo fatto parte del tribunato della plebe.^
L' accesso alle magistrature era reso meno difficile a
coloro che non vantavano una lunga serie di antenati. Ve-
diamo ad esempio che gli Opimii, che pur raggiunsero il
consolato nel 154, avevano dati questori sino dal 294. Mum-
' Affatto diversa dalla fiucstioiie clie qui trattiamo è quella della cai"-
riera politica. ])m o meno normale dei personaggi che raggiunsero il con-
solato avendo avute o no repulse per le cariche curali inferiori fv. esempi
in Cic. 2)ro Piando 21, 52).
^ V. qui oltre nell' elenco dei tribuni della plebe.
Pais Ricerulie sulla storia e sul diritto pubblico di Roma II 14
210 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
mio homo novus fu console nel 146; ma Mummii figurano
fra i tribuni della plebe dal 187. Anche la straordinaria po-
tenza di Pompei© Magno fu certo in buona parte frutto
della sua iniziativa ed audacia; ma le basi di essa gli
erano state preparate dal padre console nel 89 anzi dal
Q. Pompeio console sino dal 141,^ T. Didio console nel 98,
era pure homo novus, ma abbiamo. Didii tribuni della plebe
dal 143. Il console Gneo Aufidio del 71 fu i:)receduto da
un pretore del 104; Gabinio fu il primo console di tal no-
me, ma Gabinii, tribuni della plebe, sono rammentati dal
139. Lo stesso vale per Q. Fufio Galeno console del 47 pre-
ceduto fra gli altri dal tribuno del 134.
Di fronte a questi e a tanti altri fatti dello stesso ge-
nere, che abbiamo modo di documentare, sono eccezioni le
esenzioni, le facilitazioni di cui si fa ricordo per le età più
vetuste come per tempi più recenti.
Negli ultimi decenni della libera repubblica questi re-
quisiti divennero, è vero meno necessari ; ma le notizie
che qua e là riusciamo ad ottenere rispetto ad alcuni per-
sonaggi, ci fanno però chiaramente comprendere che è assai
raro il caso di individui che occuparono di primo acchito
le magistrature più elevate, senza essere stati favoriti da
una più o men remota preparazione di antenati, che per pri-
mi avevano tentato l'agone delle pubbliche magistrature.
Eccezioni naturalmente ve ne furono. Sino dal IV secolo
vediamo personaggi come C. Maenius (console nei 338) i Curii
(cons. 290; 276; 271) C. Fahricius (cons. 282; 278) T. Corun-
canius (cons. 280) i Cor villi (293; 234; 228) conseguire il
' I Porapeii, come h stato già rilevato dagli ;ìnticlii crauo di umile
origino. V. il materiale raccolto in Drumann-Grokkk Gexchichtc Boms IV
p. 312 sg.
La successione degli strati sociali 211
consolato per virtù j)ropria non per potenza preparata dagli
avi. Ciò si verificò anche per Catone il censorio.' Più tardi
ancora ciò ebbe luogo rispetto a Mario ed a Cicerone. Il
fenomeno divenne infine men raro al tempo di Cesare e delle
successive guerre civili. Ove si faccia astrazione da qualche
caso eccezionale e si tenga conto delle caratteristiche fon-
damentali del popolo romano, si vedrà che di regola gli
homines novi riuscirono a salire alle più alte cariche curuli
solo nel caso in cui erano assistiti da prospere condizioni
finanziarie proprie o delle loro stirpi.^
' L'elenco degli homines novi che come Cornncanio Sp. Carvilio {eque-
itri loco natum) Catone ed altri furono eletti consoli in grazia delle loro
virtù è dato da Vellkio II 128.
' L' oscurità dei natali di Mario è esplicitamente attestata da Plu-
tarco Mar. 3, il quale dichiara che era nato di genitori poveri i quali trae-
vano la vita dal lavoro. Io non so perchè G. Bloch La répuhlique romaine
(Paris 1913) in un libro del resto ricco di pregi p. 251 scriva: il s' est forme
une legende sur le compie de Marius. On se le représente souvent, sur la foi
de qiielques auteurs amateurs de romanesque, comme un soldat de fortune, sorti
du rang, issu de has-fonds de la societé. La véì'ité est toute differente. Né à
Arpinum une petite ville de l'Italie centrale, dans une famille alliée à celle de
Cice'ron il appartenait a cette hourgeoisie municipale alsve, qui un siede plus
tòt avait donne Caton etc,
Orbene io comprendo che si possa, volendo, non dar peso a dichiara-
zioni del genere di quelle di Eliano v. h. XII 6 ove dice che si ignorava
chi fosse stato il padre di Mario, che concorda del resto con Velleio II
128: C. Marium ignotae originis, ma non erodo sia lecito trascurare la di-
chiarazione di Tacito hist. II 38 il quale dice: mox e plebe infima C. Marius
et nohilium saerissimus L. Sulla.
La parentela cou i Tullii di Arpinum non prova nulla; primo perchè
anche a gente poverissima poteva capitare di aver lontani rapporti con
altre di affinità o perentela piìi agiate; eppoi perchè sulla stessa nobiltà muni-
cipale degli avi di Cicerone siamo piuttosto male garantiti. Non mancavano
infatti coloro che anche al grande oratore assegnavano origini tutt' altro
che assai distinte v. Plut. Cìg. I. Chi lo faceva discendere da stirpe regia
e chi da un fullone. Il fatto poi che la famiglia di Mario era cliente degli
Hercunii, Plut. Mar, 5, ciò sta piuttosto a provare 1' umiltà delle sue
origini e la giustezza dell' asserzione di Tacito di Velleio e di Plutarco.
Ci è affermato, è vero, che Mario fosse tenuto in pìccolo conto da Ce-
212 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
- Persone di piccolo o nessun lignaggio, tenuti in conto
solo nei loro piccoli municipi, non potevano dare 1' assalto
alle magistrature urbane senza il sussidio di molto denaro.
La corrutela sino dai tempi più antichi era coonestata dai
ludi e dai convivi, che nominalmente si facevano per ono-
rare gli dei, che praticamente valevano a creare simpatie.
Il municeps a Roma era considerato uomo di picciol conto
di fronte ai candidati della grande aristocrazia dei Cornelii,
degli Aemilii, degli lulii e della vecchia nobiltà plebea dei
Cassii, degli lunii, dei Caecilii, e persino di coloro che discen-
devano dalle famiglie del Latìum. vetus. Ma spesso codesto
municeps era talora un uomo assai notevole in patria. Tale
era ad esempio quel Cneo Plancio di Atina, figlio di un capo
(princeps) di appaltatori, che grazie alla posizione finanziaria,
del padre, riusci ad ottenere l'edilità curule ed a superare
un competitore che apparteneva a quella gente che per
prima fra i Tuscolani aveva conseguito tal onore. ^ Cosi è
probabile che lo spagnuolo Cornelio Balbo, primo fra i
non Italici a conseguire il consolato, sia riuscito nel suo
intento ed ancor prima a essere fatto cittadino romano, non
solo per riconoscimento della sua capacità ma anche in grazia
alle sue smisurate ricchezze di cui fece partecipe anche il
popolo Romano.*
Non mancarono esempi a Roma di candidati che, non
ostante la loro povertà, riuscirono a raggiungere il conso-
cilio Metello, di oni era legato, perchè per il i)as8ato aveva fatto 1' appal-
tatore (Diod. XXXV 38. Ma ciò non è caratteristica tale che valga a far
con sicurezza riconoscere una persona nata da famiglia appartenente al me-
dio ceto anziché da proletarii.
Mario era per temperamento avido di ricchezze (l)i<)i>. XXXVII 29) :
sino dai primi suoi anni può essersi preoccupato dell' nrricchire.
• Cic. prò Piando 9, 24.
« Cass. Dio XLVIII 32.
La successione degli strati sociali 213
lato; valga come esempio qiiel Manilio, che non possedeva
che una casupola sulle Carinae ed un unico poderetto nell' a-
gro Labicano. Ma Manilio, il giurista insigne, si era accapar-
rato i suffragi per la cura ed il disinteresse con cui atten-
deva agli affari giudiziarii dei concittadini, guidandoli in
ogni loro privato interesse/
A Roma, come dovunque, le masse sentivano sopratutto
rispetto per la ricchezza congiunta alla nobiltà del casato ;
e se in qualche caso vennero onorari uomini virtuosi ma non
ricchi, per giunta di origine municipale, come Tiberio Corun-
canio e Manio Curio e Atilio Calactino, ciò costituì un'ecce-
zione rilevata con amore da scrittore d' origine pur munici-
pale, che doveva egli stesso in buona parte al proprio valore
l'essere riuscito a raggiungere il più alto fastigio del potere.''
L'elogio della povertà ricordata a proposito di alcuni
insigni uomini di Stato, nel fatto non era che un'esercita-
zione di scuola.' Se qualche valoroso uomo di Stato romano
veramente povero, come si diceva fossero stati Curio Fabricio,
venne onorato eccezionalmente con il consolato, quasi mai i
loro successori riuscirono ad assicurarsi F eredità delle magi-
strature curali che i discendenti delle grandi famiglie giunge-
vano a conseguire senza alcuna fatica, e come Cicerone
diceva, per ladum et iiegligenfiam.^
" Ciò. paradox. VI 3, 49; de orai. Ili 33, 133.
* CiC. ad es. de Icge agr. II 64; paradox. 12; 38; de fui. II 30; Tttsc.
Ili 36; de senect. 55 sq. et passim. Cfr. Val. Max. IV 4, 11.
^ Cic. prò Caello 17, 41: illiid unum derectum iter ad laadem cum labore
qui probaverwnt, prope soli in scholis siint relivti.
* Ciò. in Verr. V 71, 181. Altrove prò Piando 25, 60, Cicerone rileva
come la maggioranza dei consoli eletti grazie alle aderenze di famiglia fos-
sero nomini mediocri : honorum popuU finis est consulatus, quem magistratum
iam octingenti fere consecuti sunt : horum, ai dillgenter quaei-es, vix devimam
partem reperies gloria dignani.
214 Intorno alla formazione ed disvalore storico dei Fasti
*
4: *
Questa condizione di cose favorevole sopratutto ai Romani
di Roma ed ai Latini si andò di molto trasformando in se-
guito agli avvenimenti delle guerre civili. Sino al tempo di
Mario, il consolato era in fondo rimasto retaggio di poche
famiglie romane o dei limitrofi comuni. Etiam ttim alias ma-
gistratus plehs; consulatum nobilitas inter se per manus tra-
debat osservava Sallustio (6. lug. 63, 6).' Ai tempi di Ci-
cerone la compagine di coloro che avevano preso parte
al governo della pubblica cosa, veniva man mano a modi-
ficarsi per l'arrivo di qualche ricco municipale.
L'avvento di Mario figlio di contadini che salì in gra-
zia dei suoi straordinari talenti militari è sintomo di un'era
nuova e se stiamo al giudizio di quello scrittore, che ac-
canto a Cicerone ci mette in grado di conoscere le condi-
zioni sociali del tempo da lui flagellato, gli homines novi
non risparmiarono arte disonesta pur di conseguire la pre-
tura ed il consolato.*
Le tendenze conservatrici avevano tentato ed erano in
parte riuscite ad allontanare dal potere i cittadini delle
varie regioni d'Italia a cui si era per necessità accordato
la cittadinanza.
Neil' età cesariana codesti freni sono del tutto spezzati.
La cerchia dei competitori si allarga in modo smisurato
* Cfr. Plut. Mar. 9, 2.
' Sall. lug. 4, 8: etiam homines novi, qui antca per virtutem soliti erant
nobilitatem antevenire, furtim et per latrocinia, poiins quam bonis artibus, ad
imperia et honores nitunfur, proinde quasi pravtura et consulatns atque alia
omnia huiuscemodi per se ipsa darà et magnifica sini cet.
La successione degli strati sociali
215
e questo fenomeno si constata con tutta sicurezza ove si
esaminino i nomi dei legati di Cesare, delle persone che
coprirono le magistrature e fecero parte del senato.
Non possediamo l'elenco completo dei legati di Cesare;
tuttavia il nome di quelli a noi noti, ci concede di fare
qualche osservazione.
Tra i patricii abbiamo :
1. Ser. Sulpicius Galea
2. C. Claudius Pulcher
3. C. Fabius
4. P. CORNELIUS DOLABELLA
5. P. CoRNELius Sulla
6. M. Valerius Messalla
7. L. Julius Caesar.
Appartengono alla vecchia nobiltà plebea:
1. P. Licinius Crassus
2. C. Antistius Reginus
3. M. lunius Silanus
4. D. lunius Brutus Albinus
5. Gn. Domitius Calvinus.
Tutti i rimanenti appartengono a famiglie plebee di ori-
gine romana di non grande antichità o sono addirittura
homines novi, municipali di nascita. Lo provano i due elen-
chi seguenti : *
Famiglie plebee di probabile
origine urbana.
1. Minucius Basilus
2. M. Antonius
3. C. Scribonius Curio
4. C. Trebonius
Homines novi di origine mu-
nicipale.
1. T. Labienus del Piceno
2. Q. Titurius Sahinus
3. P. Vafinius di Reale
4. Q. Tullius Cicero di Arpino
' Cfr. le note e il materiale raccolto da Groebk apud Dkumann Ge-
chichte Roma III p. 700 sg.
216 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
6. Q. Valerius Orca
6. Q. Cassius Longinus
7. Canuleius
8. M. Acilius Caninus
9. P. Sulpicius Rufas
10. Q. Pedius
11. C. Caninius Rebilns
12. Q. Hortensius Hortalus
13. T. Sextius
14. Oppius
15. C. Rabirius Postumus
16-17. Hostilii Sasernae
5. L. Munatius Plancus di
Tibur
6. L. Roscius FabatuH di La-
nuvio
7. G. Volcacius Tullus Etrusco
8. Q. Fufius Calenus
9. C. Asinius Pollio di Teate
Marrucinoriìm
10. G. Sallustius Grispus di
Amiterno nella Sabina
11. (7. Calvisius Sabinus
12. L. Status Marcus
13. Q. Tillius Gimber
14. G. Mettius di Lanuvio *■
15. G. Diclius
16. L. Livineius Kegulus
Se noi diamo uno sguardo ai nomi dei pretori di co-
desta età constatiamo la presenza di nomi addirittura mai
uditi. Si considerino ad esempio il nome dei pretori Bur-
rienus, a cui corrisponde la nessuna notorietà dei questori
Q. Bruttius, L. Triarius, D. Turcillìus ecc.
Così fra i senatori del periodo cesariano notiamo fra gli
altri : ^
' Ciò risulta dalle monete aventi il nome di M. Mettius, le quali fanno
pompa del culto dì luno Lanuvina al pari di quelle dei Roscii Fabati, di
L. Papius Celsns, di L. Thorius e di altri, cfr. Babelon II p. 223.
* Le teBtimonianz<i sui senatori dell'età ciceroniana e cesariana sono
raccolte, al pari di quelle per le rimanenti età della repubblica, nella prege-
vole opera del Willems Le Se'nat de la Eepuhlìqac romaine (Louvain 1878-
1885). Ma come è noto le osservazioni di questo autore vanno talora con-
trollate.
Rispetto all' età cesariana è assai utile la dissertazione del Ribbeck
La successione degli strati sociali
217
M. Aquinius {hoìnìnem noviim
parvumque seìiatorem. Bell.
Afric. 57)
Alledius
Aponius
Axius (Cic. ad Aft. I 12, 1
ed altrove) era un fenerator
Q. Calpenus (Suet. Caes. 39)
Cafo*
Genius (Cic. Verr. Il 5, 44)
M. Crepereius (Cic. Verr. I
10, 30)
M. Cordius
C. Cupiennius
Q. Dellius
C. Fidiculanius Falcula (Cic.
prò Caec. 10, 28 prò Cluen-
tio 37, 103 sqq.)
M. Fidustius
Gratidius (Cic. prò Fiacco 21,
49)
Haterius
G. Hedius
Hosidius
Q. Lìgarius
Mindiua Marcellus
L. Nasidius (Caes. b. e. II 3)
OlUua
Patiscus (è gentilicio?)
Pedanius
Plinius
Seguliiis Labeo
Sornatiiis (Plut. Lue. 24)
L. Staberius
Sittius
Tisienus
P. Tadius (Cic. Verr. II 2,
20 sqq.)
Teidius
Tudicius (Cic. prò Gluentio
70, 198)
Tratorius
Valgius
Vettius Salassus.
C. Vibienus^
L. Vibullias Rufus (Caes. b.
G. I 23)
Senatores Romani qui fuerint idibua Martiis anni a. U. e. 710 (Beroliui 1909).
Io non porgo che una piccola parte dei nomi dei senatori ossia solo quelli
che li rivelano homines novi.
Per le indicazioni del materiale antico rimando alla memoria del Rib-
beck al quale mancano quei senatori por i quali a fianco al nome porgo
precipue testimonianze degli antichi.
Cafo è un cognome; ma la modesta origine di questo veterano ri-
sulta da Cicerone riiil. Vili 9, 26; X 22; XI 12.
' Ricordato da AscON. in Milon p. 24 K. S.
218
Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Ad analoghi risultati conduce l' esame dei nomi di altre
persone, non sempre notate negli elenchi precedenti, che
emersero durante il periodo delle guerre civili dal tempo
di Cesare a quello di Augusto.*
Fra i pompeiani abbiamo:
Aìitius
Favonius
Q. Silicius Corona
L. Fella
Critonius
D. Carfidenus
Rnhrius Ruga
D. Turullius
e tra i partigiani notevoli di Cesare:
C. Cluvius
Sex. Peducaeus
Calvisius Sahiìius
Q. Curtius Salassus
L. Decidius Saxa
M. GalUus
Helvius Cinna
M. Asellius
M. Lurius
A. Allienus
C. Fuficius Fango
Caesennius Lento
Tale risultato è pienamente confermato da taluni dei
nomi di coloro che furono eletti senatori al tempo di Au-
gusto. Fra codeste persone troviamo ad es. :
Alfìdius Sahlnus
Anteius
Apidius Merula
Q. Arquìnius
Articuleius Paetus
Bruttedius Niger
C. Calpetanus Statius
Carsidius Sacerdos
Cerrinius Gallus
M. Durmius
M. Etrilius Lupercus
P. Lurius Agrippa
Maianius Gallus
Mamius Murrius Urnher
' Rilevo questi uorai dagli iiulici della memoria sopra citata di Fr.
Fischer.
La successione degli strati sociali 219
Postiimiis Mimìsius Sardus Titedius Labeo
Occius Fiamma T. Trehellenus Rufus
M. Opsius Navius Fannianus P. Vellaeus
M. Petrucidius P. Viriasius Naso
Q. Servaeiis S. Vistllius
C. Sotidlus Strabo Liboscidius L. Voluseius Proculus
Non sempre rispetto a queste persone abbiamo dati suf-
ficienti per stabilire quando si tratti di individui oscuri
bensì a Roma, ma appartenenti alla nobiltà municipale,
ovvero di assai umili origini anche rispetto alla loro patria.
Ambedue questi fenomeni si verificarono. In massima è
evidente che la rivoluzione capitanata da Cesare condusse
alla superficie in misura maggiore i municipali e che so-
pratutto fece salire gli uomini che sul loro attivo avevano
solo il valore personale e la capacità militare.
La via per questa grande trasformazione della società
romana era stata aperta da Mario. Con la sua riforma del-
l'esercito richiesta dalle mutate condizioni dei tempi, Mario,
come è risaputo, aveva aperte le file dell'esercito romano
a tutti gli atti a combattere fossero anche proletarii, ed aveva
quindi create molte e legittime aspirazioni al governo della
pubblica cosa ad intere classi sociali che con l'ordinamento
precedente sarebbero state per sempre lontane. ^
Tal condizione di cose non mutò affatto con il trionfo
della reazione capitanata da Siila. Il Dittatore, pur di as-
sicurare quell'ordinamento dello Stato che invano sperò a
dispetto dei tempi ricondurre in parte alle sue originarie
istituzioni, praticamente segui le stesse norme tenute da
Mario e chiamò al senato molti che erano stati soldati gre-
' V. ad 68. Sall. lug. 84. Plut. Mar. 9; 41.
220 Intorno alti formazione ed al valore storico dei Fasti
garii.' Ciò veniva messo in rilievo di già dagli stessi con-
temporanei di Siila che gli rinfacciavano la protezione ac-
cordata di preferenza nelle magistrature al primipilare Fu-
fìdio.* Come risultanza politica, che differenza v'era fra lui
che accordava la cittadinanza ai dieci mila liberti detti Cor-
nelii ^ ed il suo nemico capitale Sulpicio Rufo che dal partito
avverso veniva accusato di vendere la cittadinanza ai liberti?*
Anche di Cesare gli antichi dicono esplicitamente che
chiamò a far parte del senato soldati e libertini.^ Esaminando
nomi e notizie pervenuteci intorno ad alcune delle persone
sopra ricordate, chiaramente emerge la verità delle dichia-
razioni degli antichi allorché ci dicono che Cesare badava
solo al valore dei suoi soldati e non alle loro qualità mo-
' Sall. Cat'd. 37, 6 : deinde viuìti mcmores Siillanae victoriae, quod ex
(jregarus militibus alios senatorcs videbant cet.
Allorquando la censura praticamente abolita da Siila venne restaurata
nel 70 i censori Gn. Lentulo e L. Gelilo cacciarono dal senato 64 Senatori,
Epii. Lìv. XCVIII. È ovvio il pensiero che fra costoro fossero anche satel-
liti sillani.
fc * Orat. Lepii>. apud Sall. fragni. I 55 Maur. : Xam praetrr mtellites
commaculatos quis eadem volt aut quis non omnia midata praeter victoremf
Scilicet milites quorum sanguine Tarrulac Soirtoque, pchfiimis sercovum, divitiae
parfae sunt? An quibus praelatus in magiatraiiòufì capiendis Fufidius, nncilla
turpis, bonorum omnium dehonestainentum? cet.
Codesto Faftdiua sarebbe stato nn primipilare, stando ad Okosk) V 21,
ove, nei testi a noi pervenuti, e detto FnrMiun. Egli avrebbe con una sua
domanda a Siila originata la determinazione dei proscritti v. i passi e le
varianti in Mup^nzek apud V\\ . RE. XIII col. 201.
Un altro di questi centurioni sillani arricchiti per mezzo delle proscri-
zioni fu L. Luscius, V. AscoN. in togam cand. p. 81 K. S.
• App. b. e. I 100; 101 cfr. CIL. I 585.
♦ Plut. Sull. 8.
^ Cass. Dio XLIII 47; cfr. 27. Anche Cicerone ad famil. VI 18, 1
par deplorare che fossero accolti fra i senatori coloro che esercitavano l'a-
ruspiciua. Egli li mette a confronto di coloro che nei municipii esercita-
vano il mestiere del praeconinm.
La successione degli strati sociali 221
rali,* che aiutava chiunque si trovasse in strettezze econo-
miche ' e fosse quindi pronto a seguirlo. Si apprende esser
vero che quosdani etiam infimi generis ad ampUssimos or-
dines provexit (Suet. Caes. 72) come mostra ad esempio la
fortuna di quel Decidius Saxa di nazione Celtibero e che
da soldato, grazie al favore di Cesare, raggiunse il tribunato
della plebe. ^ Infine le vicende dello spagnuolo Cornelio
Balbo e degli altri Spagnuoli da lui accolti in Senato * ci
fanno comprendere la verità della notizia che Cesare quosdam
e semibarbaris Gallorum recepii in curiam e ci spiegano il
malcontento del volgo che pubblicamente censurò e derise
provvedimenti di tal natura. ^
Questo stato di cose non era per vero frutto esclusivo
dell'età cesariana. Sino dal tempo delle guerre civili sil-
lane si erano verificate circostanze di questo genere. Sem-
plici soldati, come abbiamo sopra notato, dal terribile dit-
tatore erano stati chiamati a far parte del senato e qual-
che provinciale, come L. Fabius Hispanensis, era di già
riuscito ad entrare, sia pure a titolo di eccezione, nella
curia.*' Ma la rivoluzione che succedette all'uccisione di
' Suet. Caes. 6.5: milifem ncque a moribus neqiic a forma próbàbat, sed
tantum a vlribus.
* Cic. Phil. II 32, 78: hahebat hoc omnino Caesar: quem perditum piane
aere alieno egantemquv, ni eundem nequam hominem audacemque cognorat, hunc
in famiìiaritatem libentissìme reeipiebat.
Cesare iu guerra aveva bisogno rti buoui soldati; a chi lo rimproverava
di tale compagnia rispondeva: si grassatores et sicoriorum ope in tuenda sua
dignitate usus esset, talihus quoque se parem gratiam rclaturum, Suet. 72.
' Cic. Phil. XI 12; XII 20; XIII 27; XIV 10.
* A parte Cornelio Balbo personaggio ben noto è il caso di ricordare
ad es. il passo del Bell. Afr. 28: duo Titti Ilinpani adolescentes tribuni le-
gionis r, quorum patreni Caesar in senatum legerat.
° Suet. Caes. 76, 80.
* Il fatto che L. Fabiu'< Hispanensis senator (Sall. fragni. Ili 84, 83
222 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Cesare aggravò il disordine, portò anzi per vari anni l'a-
narcliia nei sentimenti come nell' ordinemento dello Stato.
La rivoluzione aveva schiuse molte nuove e fresche energie
ma spesso condusse e mise a galla i fondi e le feccie sociali.^
Per il periodo delle ultime guerre civili ci manca una
descrizione degna di stare a fianco di quella che Sallustio,
sia pure con tinte un poco pessimistiche, ci ha lasciato ri-
spetto alla prima metà del I secolo. Nò è da nascondere
che i numerosi e pressoché infiniti accenni di Cicerone per
il periodo di Cesare sul carattere di Antonio e dei suoi
amici non ispirano sempre intera fiducia, dacché non ostante
F onestà della causa trapela troppo spesso 1' odio personale.
E la variabilità dei giudizii ciceroniani intorno ad altri per-
sonaggi sono determinati da opportunismo avvocatesco e
politico ad un tempo.*
Maur) essendo stato proscritto, passò dalla parte di Sertorio, meutre prima
era stato questore di C. Anniuis proconsole inviato appunto in Spagna (81
a. C.) per combattere contro Sertorio (v. i uumiiii iu Baupìlox I p. 488
cfr. SoBECK Die Quacstoren der roem. Kejìublik (Trebuitz 1909) p. 34, Gul'eber
Coins II p. 352) meglio si intende pensando, come lo stesso suo cognome
ci insegua, ad un personaggio di nascita spagnnolo o per lo meno discen-
dente da gente spagnuola.
' CiC. Phil. XIII 13, 28: est etiavi Asìnius quidam senator volnuiarius,
iectus ijìse a se: apertam curiam vidit jjo.s/ Caesarie mortem: mntavìt calceos,
paler conscriptus factiis est.
Ciò. Phil, XIII 12, 26: Cotyla Vurius quem deliciornm causa loris iu
convivio caedi iubebat a serris puhlicis.
' Lo schematismo ed i criteri retorici con cui nelle orazioni di Cice-
rone si lodano o biasimano dati personaggi sono state oggetto di studi
accurati (v. ad es. Pkkiswerk de inventione orationum Ciceronianum Basel
1905 diss.;, ma nonostante la grande bibliografia su Cicerone, non è ancora
comparso, per quanto è a mia cognizione, uno studio esanricnte iu cui siano
insieme riuniti e giudicati da un punto di vist^ storico e politico i dissen
zienti giudizi che Ciceroiie ha espresso intorno ai vari perrionagfji che mu-
tando parere accusò o difese, di cui per opportunità di tempo e di condi-
zioni politiche fu a seconda del momento amico ovvero nemico.
La successione degli sfrati sociali 223
La rivoluzione tuttavia non faceva salire alla superficie
solo la feccia, ma dava talora modo venissero reintegrate
vittime dei tempi sillani e faceva risorgere persone rispet-
tabili, che a seconda del partito politico e degli interessi
materiali di nuovo turbati erano assai diversamente apprez-
zati. Di ciò abbiamo esempio assai notevole nel contegno
che fu tenuto a proposito dei figli dei proscritti dell'età
siilana spogliati del patrimonio ma non degli oneri paterni.
Tutti sanno l'opposizione che Cicerone, in teoria cosi
contrario alle persecuzioni verso i figli dei condannati,' eser-
citò con successo affinchè essi non venissero reintegrati.
E, quel che suona ancora più strano al nostro orecchio, il
contegno opportunista di Cicerone dava ancora più tardi
occasione a Plinio di tessergli le più vive lodi. Tra i figli di
proscritti sillani che già difesi da Cesare contro Cicerone
più tardi protetti, ricordiamo Vibio Pausa il console del 43 ;2
e questo non fu certo caso isolato.
I narratori delle guerre civili non ci hanno presentato
un racconto per ogni lato perspicuo dei movimenti politici
e sociali del tempo. Essi hanno sopratutto aggruppati gli
avvenimenti esterni sul nome dei duci e dei due o tre uomini
' Cic. adAtt. II 1, 3. Plut. Cic. 12, Quintiliano XI 1, 85 discorrendo
del contegno di Cicerone osservava : MolUenda est in plerinque alio colore
asperitas oraiionis ni Cicero de proscriptormn liheris fedi. Quid enim crudelUus
quavì homines hone>tiis parentihus oc maiorihus natos a re publica summorerif
Jiaqtie durum id esse siimmus ille traciandorum animorum ariifex confitetur,
sed ita leyibm Sullae cohaerere statum civiiaiis affirmat, ut his soluiis stare
ipsa non possiti cet.
Più notevole è l' esclamazione di Plinio n. h. VII 117, che fra le glo-
rie di Cicerone nota: te orante proscriptorum liberos lionores petere puduit!
Quanta diversità con ciò che lo stesso Cicerone osservava in teoria allorché
oondannava V expetere le poenae a ìiberis a nepotihus a posteri»; de deor. nat.
Ili 38, 90, ovvero si scagliava contro le proscrizioni sillane ad es. de domo
17, 43.
- Cass. Dio XLV 17.
224 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
principali, clie si contendevano il potere. La scarsa libertà
ciie fu accordata dopo lo stabilirsi dell'autorità imperiale,
non permise più tardi insistere su vari particolari di cui
non conveniva serbare memoria.
Ciò nonostante, le notizie di cui disponiamo per l' età
precedente e quelle clie ci sono giunte rispetto ai fini con
cui le feroci proscrizioni furono decretate ed eseguite, ci
mettono in grado di comprendere nelle linee generali la
natura dei fenomeni clie si manifestarono.
Ad ogni modo conviene esser cauti verso i giudizi in-
famanti che Cicerone esprime verso gli amici di Antonio.^
Antonio, se ben si considera, non agiva diversamente da
Cesare: si assicurava da un lato -uomini clie gli sarebbero
restati partigiani fedeli ; in altri casi provvedeva come
meglio poteva all'erario esausto. Resta però il fatto che per
necessità non fosse altro che di finanza, si favorivano
persone di umile condizione, che, approfittando delle miserie
delle guerre civili e degli indegni guadagni delle proscri-
zioni, si erano procurati i mezzi pecuniari per comperare
le magistrature e l'entrata nel senato.^ Gli antichi citavano
come esempio quel Fufieius Fango che da soldato merce-
nario giunse a governare provincie ed a divenire senatore,
quel Maximus che aspirava ad essere questore e che fu
• CiCEROXB accenna più volte a codesti amici e collaboratori di An-
tonio, V. ad es. Fhil. XIII 12, 2, 2 ove menziona Ventidio, Trebellio, Be-
stia, Nncula, Muuazio, Lento, Decidio Saxa.
Ma Miuiazio Fianco, pur essendo nn uomo moralmente guasto, era un
buon soldato e Ventidio Basso, sebbene avesse sortito umili natali, fu un
glorioso generale.
* Il passo di Cassio Dione XLVIII 34 ad a. 39 a. C, ove dopo aver
detto cbe i triumviri escogitarono nuove imjìoste, racconta che furono fatti
senatori molti xai oxpax'.w-aj, 7:atcds x= àTCSAE-jvVÉpwv, àXÀct xai So'JXo'Jg,
va messo in rapporto anche con le dichiarazioni di Velleio II 60, A :
omnia prtùo temperata vendeute rempablicani consule. (Jfr. ClC. Fini.
I
La successione degli strati sociali 225
riconosciuto dai suo padrone che se Io ricondusse qual servo
a casa e finalmente ricordano Philippus Barbarius, pur schia-
TO che riusci ad essere designato pretore.*
Condizione di cose la quale rispondeva interamente alla
facilità con cui ancora al tempo di Augusto era facile ai
furfanti di ogni genere ed agli schiavi comperare la libertà
e farsi inscrivere nelle liste dei cittadini. A tale disordine,
deplorato da uno scrittore greco contemporaneo degno di
fede, Augusto pose, come è noto, riparo facendo approvare
le leggi Fufìa Canìnia (2 a. C), Aelia-Seìitia (4 d. C.) e
lunia-Xorhana (19 d. C.?).^
Il tempo di Cesare ed Augusto, come l'era napoleonica,
fu un periodo aureo per gli avventurieri. Il valore e l'in-
gegno, accanto all'intrigo, v'ebbero il sopravento sui vecchi
diritti del blasone e sulla influenza delle vecchie clientele.
Il giorno in cui ad Azio si decisero le sorti della so-
cietà romana e di tanti popoli della terra, dalla parte di
Ottaviano le forze navali erano comandate da Arrunzio da
Lurio e da Agrippa uomini del tutto nuovi, da quella di
Antonio lo erano da Sosio e Canidio, in rapporto ai loro
precedenti di famiglia pressoché ignoti. ^ Quale fosse la
partecipazione ormai concessa agli uomini di umili natali
è dimostrato dalla fortuna di Ventidio Basso e di Salvi-
dieno. Ventidio Basso, che ancor fanciulletto in seno della
madre avrebbe ornato come prigioniero il trionfo del pa-
dre di Pompeio Magno conquistatore di Ascoli, avrebbe
» Su Faficiua Faugo v. Cass. Dio XLVIII 22. Cfr. App. h. e. V 26.
Su Maximua Cass. Dio XLVIII 34. Su Barbati us (Barbarius) Big. I 14,
3. SuiD. 8. V. Bapv'.og ^iXiTcr.ixóg.
' DiON. Hal. IV 24. Sulla data delle leggi Fufìa Cauinia, Aelia-Sentia
♦ lunia-Norbana v. il materiale iu Rotondi op. cit. p. 454 eg.j 463.
' Vkll. II 85.
Pai» Ricerche sulla $toria e sul dintto pubblico di Ro-ma II 18
226 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
sostentata la sua giovinezza con il commercio dei muli. Eb-
bene egli fu il solo fra i duci romani a cui fu riservato
l'alto onore di trionfare sui Parti (38 a. C.)-^ Salvidieno,
sebbene di natali oscurissimi e di condizione pastore, sarebbe
giunto al consolato se Ottaviano non avesse avuto notizia
del suo tradimento.*
La modestia delle origini di taluni dei consoli dell'età
cesariana ed augustea è dimostrata anche dal fatto che di essi
nei Fasti trionfali Capitolini si indica solo il prenome del
padre e non quello, come era costume, dell' avolo.
Codesti consoli sono :
1. a. 46. Q. Pedius M. f. procos. ex Hispania
2. » 42. P. Vatiìiius P. f. procos: de Ilìurico
3. » 39. C. Asinius Gn. f. PoUio procos. ex Parthineis
4. » 38. P. Ventidius P.f. procos. ex Tauro Monte et Partheis
5. » 34. T. Statilius T. f. Taurus procos. ex Africa
6. » .34. C. Norhanus C. f. Flaccus procos. ex Hispania
7. » 19. L. Cornelius P. f. Balbus procos. ex Africa.^
• È noto il motto che fu cantato a Eouia : Gkll. XV 4.
cuneurrite omnes augures, hdruspices !
porténtum iniisifdfnm eonflatiim est recena:
nam mulas qui fricdbat, consul fdetus est.
Cicerone ad fam. X 18, 3 deride appunto Ventidio per il suo anteriore
commercio dei muli e lo chiama miiìio.
* Sul Salvidieno o'noq Ss y// [lèv èg àv^scvsaxàxwv 7.7.1 aùxco fj xscpaXiT)
Troiiiaivovc. 9X07» àvéStoxsv, v. Cass. Dio XLVIII 33. Cfr. Veli,. II 76:
natU8 ob8curÌ88imÌ8 initiis.
' Non tengo conto delle indicazioni abbreviate dei Fasti minori, come
gli Amiternini. Non mi sembra dimostrato che nel frammento XXIX b ad
a. 37 dei Fasti Capitolini si legga solo M. Agrippa L. F. È notevole invece
che pure nei Fasti consolari Capitolini per l'a. 17 si legge M. Fufio M. f.
La successione degli strati sociali 227
L'elenco complessivo dei consoli dell'età augustea mo-
stra del resto come molti di codesti parvenus fossero i legati
delle guerre felicemente combattute nell'Illirico nelle Alpi
nelle Spagne in altre regioni. La pressione continua di nuove
stirpi, avide di onori e di comando, la necessità di soddi-
sfare le ambizioni dei propri legati obbligò da Cesare in
poi i reggitori della pubblica cosa di ricorrere a quell' ac-
corciamento del consolato che dava modo di contentare un
maggior numero di candidati, accorciamento sempre cre-
scente che più tardi venne a mettere in maggior rilievo la
autorità dell'imperatore/ Come premio di guerra ed a titolo
di onore fu concesso spesso per pochi mesi talora per giorni
quel consolato che durante la libera repubblica era invece
il naturale presupposto per essere chiamato a combattere le
grandi guerre alla testa delle legioni.'
Strigone, il quale è noto come uno dei XVviri aacri» faciundis, ma che non
pare appartenesse a stirpe illnstre.
Circa 1' età anteriore ad Augusto tale assenza del nome dell' avo si
nota solo per
1. L. Tarquitius L. f. Flaccus Mag{i8ter) eq{uitnm) nel 458 di cui la
tradizione annalistica raccolta da Lrvio III 27 notava che era patricio ma
che stipendia pedihus propter paupertafem fecisset.
2. Per M. Claudius M. f. Gliela qui scriba filerai dictaior coacUus) ahd(i-
care) a. 249. Si tratta del noto viator o scriba di P. Claudio Pulcher fatto
dittatore da lui dopo il disastro di Drepana che da altre fonti è detto
sortis ultimae hominem Liv. Periodi. i9 cfr. Suet. Tib, 2.
3. Finalmente nei Fasti consolari Capitolini per il 195 si legge M. Por-
<nu8 M. f. Calo. Per 1' anno 184 ove sono incisi i nomi dei censori si legge:
M. Porcius M. f. M. n. Caio, ma le lettere M. n. sono state abrase.
' I dati sull'accorciamento del consolato v. raccolti iu Mommsen Robm.
Staatsrecht II p. 82 sgg. il quale esaminando i dati dal lato giuridico
non si sofferma nel dare la ragiono storica del fenomeno o per lo meno non
mette il fenomeno in rapporto con lo sviluppo storico dell'istituzione e del-
l'ambiente politico.
' CASSIO Dione XLVIII 35 ad a. 39 a. C. fissa al 39 a. C. l' istituzione
normale dei consoli suffeti che dovevano succedere agli ordinari.
Circa il consolato di un sol giorno di Caninio Rebilo v. oltre.
228 Intorno alla formazimie ed al valore storico dei Fasti
Non conosciamo sempre in ogni particolare, è vero, le pri-
me origini di varii dei legati e generali augustei, chiamati in
seguito al consolato, come ad esempio di Munazio Fianco, di
Asinio Pollione, di Calvisio Sabino, di Statilio Tauro, di L.
Cornifìcio, di L. Vinicio, di Q. Laronio, di C. Sosio, degli Ar-
runtii. In compenso siamo in grado di sapere che Ventidio
Basso aveva tratto la sussistenza dal commercio dei muli, che
ad Agrippa principale fulcro della potenza di Augusto, di cui
più tardi diveniva genero, si era spesso rinfacciata l'umiltà
dei natali.* Ci è detto che L. Tarlo era d'infima natalium hu-
militas,^ che P. Sulpicio Quirino divenuto ricchissimo al pari
di Tarlo, era di una domus ohscurissima.^ Ed è poi noto che
Alfreno Varo, il noto protettore di Vergilio, console nel 39, in
sua gioventù, prima di diventare illustre discepolo del ce-
lebre giurista Sulpicio Eufo, aveva esercitata l'industria di
calzolaio.*
Fenomeno che si è del resto ripetuto più di una volta
nella storia e che può essere confrontato con ciò che ebbe
luogo ad es. in Francia al tempo della rivoluzione dell' 89
e del dominio napoleonico. Tarlo generale di Augusto di
infimi natali e Salvidieno che da pastore sarebbe stato per
diventare console, Vetidio Basso che da mulattiere finì per
trionfare sui Parti, fanno ripensare ai più illustri marescialli
del grande Corso. Kleber era, come è noto, figlio di un
tagliapietre, l' eroico Ney di un bottaio, Murat di un al-
bergatore. Il valoroso Hoche era nato da un palafreniere
del re. Tanti altri illustri generali di quell'età, appartene-
' Tac. a)in, T 3: M. Agrippam U/iinhihun ìooo hoìiuvi ìnìlifia el riotoriae
tociuni cfr. Skn. contr. II 4, 13.
' Plin. n. h. XVIII 37.
» Tac. if.nn. Ili 23.
* HORAT. »af. I 3, 130; cfr. Porph. mi 1.
I
La successione degli strati sociali 229
vano a classi sociali uu poco più elevate, ma relativamente
modeste. Bernardotte, il futuro re di Svezia, era figlio di
un procurateur mi senechal, Oudin, il padre di Oudinot, era
negoziante. Pochi furono quelli che, come Dessaix vantassero
nobiltà di natali o come Jourdan, Moreau e Carnot discen-
dessero da notai, da avvocati o da medici.
*
* *
Il trionfo di Augusto, la fine delle guerre civili, non
segna soltanto il consolidarsi di nuove stirpi, ma anche una
parziale restaurazione dell'antico stato di cose, alla stessa
maniera che, passati gli anni burrascosi della rivoluzione
dell' 89 e divenuto console, Napoleone venne ad un compro-
messo con l'anteriore ordinamento.
Per effetto di quella tendenza a raggiungere un equilibrio
sociale, che cominciò ad aver maggior peso negli ultimi
anni delle guerre civili composte da Augusto, noi vediamo
che, se fu fatta larga parte agli uomini nuovi, non furono
allontanati coloro che rappresentavano l' antica aristocrazia
Patricia o la nobiltà plebea. I residui dell' antico patriciato
vennero rispettati ed onorati con quella stessa cura con cui
Napoleone cercò adescare a se i rampolli della grande no-
biltà francese. Non è quindi casuale che negli ultimi anni
di Augusto, in mezzo a tanti parvenus, ricompaiano fra i
consoli, sia pure talora come suffetti, persone delle antiche
genti dei Valerli, dei Fabii Massimi, dei Sulpicii Camerini
e dei Cornelii.
La scarsità degli antichi patrici condusse ad approvare,
come è noto, nell' età cesariana ed augustea le leggi Cassia
e Saenia, per virtìi delle quali molte genti della nobiltà
230 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
plebea furono chiamate al patriciato. Si provvide così a
quei sacerdozii clie dovevano necessariamente essere affidati
a patricii.
Ma oltre alla religione ebbero in ciò parte la politica e
la vanità. Il nobile, oggetto di scherno, ove non sia prov-
visto di mezzi di fortuna, acquista dovunque autorità e ri-
spetto allorché ai fumi aristocratici congiunga il possesso
della ricchezza. Augusto, che mirava a restaurare in parte
l' antico stato di cose, permetteva che compiacenti genealo-
gisti rivendicassero per la sua famiglia un posticcio pa-
triziato che si faceva cominciare dal tempo dei re.* Che
rivendicazioni di tal natura avessero nell'ambiente una certa
presa, mostra la cura che M. Antonio poneva a farsi passare
come un discendente di Ercole.^ La dimostrazione migliore
è data dallo stesso Cesare, che dalle sue origini regie e di-
vine menava esplicito vanto.'
Per effetto delle leggi sopra ricordate, nel tempo inter-
medio fra Cesare ed Augusto divennero, fra gli altri, patricii
i Calpurnii, i Domizii, i Claudii Marcelli, i Sempronii, gli
lunii Sillani. Si trattava di famiglie che da secoli ave-
vano coperte cariche curuli, raggiunto il consolato, menati
trionfi e resi talora grandi servigli alla repubblica. Codeste
famiglie erano da generazioni e generazioni alleate per via
di matrimoni e di adozioni con le più vetuste genti patri-
cie; per ricchezze, per gesta compiute e per aderenze, non
erano per nulla meno famose di quelle.
Ma accanto alle famiglie della vecchia nobiltà plebea,
troviamo pure qualcuna degli homines novi; e venendo meno
• SuET. Aug. I sq.
« App. Ili 16; 19.
* SuET. Caes.
La successione degli strati sociali 231
le genti più vetuste giunse infine un giorno in cui gli Acilii,
considerati ancor come homines novi nel 189 (Liv. XXXVII
67) sarebbero divenuti i campioni ed i più illustri rappresen-
tanti della nobiltà romana (Herodian. Il 3). E in pari modo
gli Anicii clie provenivano da Preneste furono considerati i
più illustri campioni dell'aristocrazia romana, sebbene du-
rante tutta la libera repubblica fossero giunti una sol volta
e relativamente tardi al consolato (160 a. C.)/
* Ciò sta in relazione, come è stato più volte notato, con il fatto che
gli Anicii furono tra i primi ad abbracciare il cristianesimo, v. il materiale
in Seecc. in PW. BE. I col. 2198.
È appena necessario ricordare che alcune fra le più illustri famiglie
della nobiltà romana nel Medio Evo, come ad esempio i Pierleoni, i Conti,
i Frangipane vantavano discendere dagli antichi Anicii.
232 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
XII
I Fasti ed il graduale estendersi delle magistrature curuli alle varie
regioni della Penisola.
I nomi dei Fasti confrontati con i dati letterari ci hanno
mostrato come man mano nuovi strati sociali si vennero
sovraponendo nel governo della repubblica. Essi ci insegnano
ancora che codesti strati stanno pure in relazione con la
successiva partecipazione delle varie regioni d' Italia al pos-
sesso della cittadinanza romana.
Pochi Stati forse, come Roma, insistendo sulla continuità
degli elementi indigeni, hanno cercato occultare il soprave-
nire di elementi stranieri. Questo sentimento si rafforzò nelle
età in cui vantare origini romane era un invidiabile pri-
vilegio.
Per il tempo più antico, la stessa tradizione è invece
disposta ad ammettere il contrario. Essa riconosce a più
riprese che durante l' età regia Sabini, Albani ed Etruschi
occuparono a più riprese la Città e vi ottennero persino il
regno. Questo medesimo fatto, ove siano del tutto degni di
fede i Fasti del secolo V, risulta come abbiamo già notato a
suo luogo dai cognomi di taluni fra più antichi consoli come
quello di Tuscus appartenente ad Aquilius console nel 487,
di Fidenates proprio dei Sergii, di Camerinus dei Sulpicii,
di Siculus dei Cloelii, e così di seguito.^
» V. 6. p. 9 sgg.
L' estendersi delle magistr. curuli alle regioni d'Italia 233
Non solo i cognomi, ma anche i geutilici in vari casi ac-
cennano chiaramente al carattere non urbano dei magistrati
che man mano si succedettero nel governare la Città; sebbene
anche per questo lato non sia dato che risolvere che un' as-
sai piccola parte dei molti problemi che i nomi suggeriscono.
Sorvoliamo sull'età più vetusta. Ove i dati tradizionali
meritino fede, constatiamo sino dai primi anni della repub-
blica la presenza di elementi propriamente romani accanto
a Sabini e ad Etruschi.
Famiglie schiettamente romane-albane sono, stando agli
stessi dati della tradizione, gli lulii, gli Aemilii, i Cloelii, i
Quinctilii, i Servilii ; derivavano dalla Sabina i Valerii i
Claudii, i Postumii, i Regillenses; indicano origine etrusca i
Larcii gli Herminii gli Aquilii. Ben presto però questo oriz-
zonte si allargò ; e nuove genti giunsero a Roma, come la
stessa tradizione ammette, dalle città del Lazio vicino.
Fra tutte le città latine una posizione eminente venne
raggiunta da Tuscolo, d'onde, come già osservava Cicerone,
prò Piando 19, traevano ovigìne plurlmae familìae consulares.
Tale preponderanza si spiega agevolmente ove si consideri
che Tuscolo si presenta nella tradizione sino dal VI secolo
come la città più potente del Lazio.
Sarebbe oltre modo desiderabile determinare le primarie
di codeste plurlmae familìae tusculane, ma gli antichi ci
hanno date casualmente solo rare indicazioni rispetto a no-
tizie che erano a cognizione di tutti e che non si reputava
quindi necessario tramandare ai posteri.
Con Cameria, tanto è a dire con un territorio in origine
distaccato e con il tempo riunito forse con la limitrofa Tu-
sculo. si collegavano i Sulpicii Camerini:^ a Tusculo sono
' Rimando per tuttf queste aflferinazioni alle prove recate nelle note a
p. 97 8gg.
234 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
pure state trovate tombe antichissime di Furii e di li ad
ogni modo giunsero più tardi, come è noto, i Mamilii, che
dalla torre presso la Suburra vennero detti Turriui; nel
322 vi giunsero pure i Fulvii. Infatti nel 322 il consolato
fu conseguito da L. Fulvio Curvus, che nello stesso anno,
combattendo contro i Romani, copriva in patria la stessa
magistratura. Da Tuscolo, e forse più propriamente da Ca-
meria, vennero più tardi a Roma Tiberio Coruncanio ; pure
da Tuscolo i Porcii, gli luventii ed i Fonteii.
Quel che vale per Tuscolo deve pensarsi per le altre pre-
cipue città dei Prisci Latini, dei Rutuli e degli Aurunci
ossia per Aricia, per Norba, per Cora e cosi di seguito; Cice-
rone Phil. Ili 6, 11, parlando infatti di Aricia dice: hinc
multae sellae curules patrum memoria et nostra. Per giunta
rammenta come da Aricia fossero provenuti gli Atinii ed
i Voconii, autori delle leggi omonime. Atinii e Yoconii non
raggiunsero il consolato, ma superiori magistrature curuli;
tuttavia in complesso sia per Aricia, da cui provennero più
tardi gli Atii, come per gli altri municipii vicini, è dato pen-
sare che furono, per cosi dire, i serbatoi delle fresche ener-
gie romane. Da Lanuvio vennero i Papii, gli Annii eppoi i
Licinii Murena, i Renii, i Roseli Fabati, i Procilii, da Pre-
neste gli Anicii, da Gabi gli Antistii ed i Gabinii; Tibur dette
con il tempo i Munatii, Velletri gli Octavii e questo feno-
meno fu certo molto più intenso per le minori magistrature
curuli e per le plebee.
Codesta inevitabile penetrazione di elementi suburbani
non fu mai interamente gradita dai vecchi cittadini di Ro-
ma. Per quanto Tuscolo, Preneste, Tibur, Lavinio, Aricia,
avessero associate ormai da secoli le loro sorti, e mille ragioni
sia religiose che materiali facessero apparire tali vetuste città
latine come un subburbio della stessa Roma, in date occa-
L'estendersi delle magistr. amili alle regioni d'Italia 235
sioni erompevano sentimenti di rivalità e disprezzo verso
coloro che non potevano vantarsi di essere nati in una
vera e propria famiglia urbana.
Ancora al tempo di Cicerone, v'era chi trattandosi di
elezioni alle magistrature credeva far prevalere il prestigio
che proveniva dall'essere patricio.* D'altra parte M. An-
tonio sentiva poter con suo vantaggio rinfacciare ad Otta-
viano di origine velletrana di discendere da madre Aricina ;
e questo disprezzo era naturalmente più vivo verso coloro
che non facevano parte delle città del vecchio Lazio.'
Cicerone si è fatto più volte eco della protesta dei mu-
nicipali ed ha mostrato come fra gli stessi patricii ad es.
fra i Manlii, vi erano ormai quelli che non avevano sde-
gnato congiungersi con famiglie di municipi italici, che non
era quindi più il caso di rinfacciare 1' origine non urbana
dacché quasi tutto il Senato era ormai costituito da citta-
dini municipali.^
' Cic. prò Sulla 8, 24.
* Cic. Phìl, III 6, 15 sq. : ignobilitatem ohicit C. Caesari» fiUo ; cuiut
etiam natura pater si vita supptditasset, conaul factus esset. «Aricina mater».
Trallianam aut Ejyhesiam putea dicere. Videie quam despiciamiir omnes qui
Burnus e viunicìjiiis cet.
* CiC. prò Sulla 7, 23 sqq. : non possunt omnes esse patricii; si cernm
quaerit, ne curant quidem; nec se aequales fui propter istam causam abs te
unteiri pufant . . . tu cave quemquam peregrinum appelhs ne peregriniinorum
iuffragis obruare.
Phil. Ili 6, 15: ridete quam despiciamur omnes (cioè i senatori) qui sumus
e municijyiis id est onvnes piane. Quotus enini quisque nostrum non est? cet.
Cfr. CiG. 2>ro Sulla 8, 25: ac si, iudi^es, ceteris patriciis ine et vos peregrinos
videri oporteret, a Torquato tamen hoc vitium sileretur; est enim a materno
genere municijyalis honestissimi ac nobilissimi generis, sed tamen Asculani cet.
Alleanze di famiglia con provinciali non erano del resto rare. Così
Calpurnio Pisone il suocero di Cesare, era figlio di madre piacentina aveva
per avo materno un Calventius. CiC. in Pison 23, 57; 27, 67. AscoN. ad
Pison p. 2 S. K.
Non è necessai'io insistere sul fatto che molte stirpi romane si dovet-
236 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
È notevole però che apprezzamenti di tale natura non
vengano espressi a proposito delle famiglie di origine salDÌna.
I Sabini, per lo meno quelli della regione contermine al
Lazio, avevano date alcune delle più vetuste e potenti genti
patricie, come gli Appli Claudii, i Postumii, probabilmente i
Fabii ed i Valerli, e tutta la tradizione antica è costante nel
mettere in evidenza il carattere sabino di una parte del po-
polo romano. Ma è probabile cbe sentimenti diversi si siano
nutriti verso i molti sabini plebei che numerosi affluivano
dalle montagne della vera e propria Sabina a partire dagli
Aurelii, dai Curii per giungere ai Terentii e sul finir della
repubblica, ai Calvisii ed ai Poppaeii.
L' orizonte limitato dal Lazio, dal paese dei Falisci, dalla
contermine Etruria, dal territorio degli Aurunci e degli Er-
nici, si allargò notevolmente con le vicende politiche del
secolo successivo, in cui ebbe luogo l'intervento romano nella
Campania.
Ci è espressamente detto che, stretto il foedus aeqiium, si
strinsero le relazioni di parentela fra Romani e Campani.
Non è improbabile che, come ai Camj5ani più distinti si
accordò Vius commerci et connubii, cosi si stia in qualche
caso loro concesso il diritto di pigliar dimora a Roma e di
aspirarvi agli onori.
Dato lo splendore e la superbia campana, può dubitarsi
che ciò si sia di già verificato sino dalla metà del secolo IV,
sebbene la tradizione dica apertamente che sino dal 339 a.
0. gli equites Campani fedeli a Roma vennero onorati con
tero di buon'ora fissare nelle varie regioni d'Italia. Così per citare solo
due esempi C. Popilius Laenas, il noto uccisore di Cicerone, che era stato
in lui anteriormente difeso, era del Piceno, Val. Max. V 3, 4. E ad Aqni-
leia si fissò nn ramo dei patricii Pinarii Xatta r, i miei Sujpplementa ad
CJL. V n. 275.
L'estendersi delle magistr. ciiruli alle regioni d'Italia 237
la cicitas sine suffragio J Ad ammettere tale ipotesi può
indurre quanto tosto diremo rispetto a Fundi degli Aurunci,
la quale si venne a trovare in una condizione analoga. Ciò
è pressoché ammissibile per l' età successiva considerando
la sorte che toccò ai Campani dopo la resa del 211 a. C.
Livio, ove ha occasione di accennare alle relazioni che
s'erano stabilite fra Romani e Campani prima della rivolta,
cosi si esprime XXIII 4, 7: quod conubium vetustum multas
familias claras ac potentis Romanis wèscMera?. Ed accennando
pure alle condizioni anteriori a Canne fa dire al console roma-
no in un discorso rivolto ai Campani: civitatem nostrani ma-
gnae parti vostriim dedimtis communicavimusque vohiscum Liv.
XXIII 6, 10. Cfr. XXVI 33. 3 : cives Romanos (cioè i Cam-
pani puniti dopo la presa di Capua) adfinitatihus plerosque
et propinquis iamiam cognationibus ex conubio vetusto itinctos.
Ci è detto che il Campano Pacuvio Calavio avesse avuta
per moglie una delle figlie di Appio Claudio e che una figlia
di costui si fosse accasata a Roma con M. Livio.* Sappiamo
inoltre che allorché dopo la resa si sistemò la sorte dei Cam-
pani, si presero provvedimenti diversi verso le singole fami-
glie, secondo che erano state più o men fedeli od ostili e
noi possiamo aggiungere imparentate con genti più o meno
potenti a Roma.'
' Liv. Vili 11; 14.
' Liv. XXIII 2, 6.
" Liv. XXVI 34: Campanis in familias xinguìcts decreta j'actu, quae non
upcrae praetium est omnia enumerare. . . aliorum Campanorum summam etiam
rensns dMmxerunt , piiblicanda necne hona essent .... qui nec Capuae nec in
urbe Campana, quae a populo Romano defecUaet, per bellum fuiiisent eos eia
Lirim amnem Eomam versus . . . emovcndos ccnsucrc cet. Cfr. XX^'III 46, 5.
Fra i Campani meno maltrattati dalla sorte vi furono naturalmente
quei trecento nohilissimua quisque, che durante la lotta con Annibale, erano
stati in praesidia Sicularum urhium delecti ab Romania ac missi Ltv. XXIII 4, 8.
È ovvio sospettare che codesti 300 cavalieri appartenessero alle stesse
238 Intorno alla /orinazione ed al valore storico dei Fasti
I cittadini primari die furono trattati con maggior mi-
tezza, pur essendo allontanati dal suolo patrio, serbarono la
cittadinanza romana e si stabilì dovessero esser censiti a
Roma/ Si intende perchè nel 188 a. C. i Campani che ave-
vano avuto ordine di farsi censire a Roma chiesero : ut
sibl cives liomanas ducere uxores liceret^ et si qui prius du-
xisset, ut habere eas et nati ante eam diem uti insti sibi liberi
heredesque essent Liv. XXXVIII 36, 5. Tali domande ven-
nero esaudite.
Non è improbabile che il nome di qualche famiglia illu-
stre romana sia di origine campana. Ma non abbiamo ele-
menti per formulare risposte precise. Così non siamo in grado
di stabilire se Vitruvio Vacco di Fundi vir non domi solum
sed etiam Romae clarus. (Liv. Vili 18 ad a. 330), che possede-
va case sul Palatino e forse anche sul Quirinale, avesse diritto
d'aspirare agli onori in Roma. Certo più tardi, traeva origine
da Fundi quel Fundanius Fundulus che nel 243 divenne
console. E la storia del tuscolano Fulvio console nel 322
prova, forse, come sino dal IV secolo Roma concedesse ma-
gistrature urbane a quelli fra i primari cittadini degli Stati
limitrofi con cui contraeva un foedus aéquum optimo iure.
Rispetto a tal materia abbiamo a nostra disposizione
piuttosto gli esempi della tendenza restrittiva degli ultimi
tempi che quella delle facilitazioni delle età più antiche. E
pericoloso, del resto, formulare criteri troppo assoluti. A Roma,
come altrove, vi furono periodi varii ora di larghezza, ora
famiglie di cui facevano parte gli equitcs che nel 339 a. C. avevano man-
tenuto fede a Roma Liv. Vili 11, 14.
Che molti dei Campani fossero cittadini romani è espressamente di-
chiarato oltrove V. ad es. Liv. XXVI 33, 10.
» Liv. XXXVIII 28, 4 : Campani^ ubi censerentur, senaium consuluerunt:
decretum ufi liomat censerentur.
L' estendersi delle magistr. curuli alle regioni d'Italia 239
di restrizione, determiuati da ragioni pratiche del momento.
Roma seguì diversi criteri, che sfuggono allo storico e che
tanto meno possono essere formulati con precisione dai trat-
tatisti del diritto pubblico. È tuttavia lecito supporre che
Fulvio, console romano, nello stesso anno in cui poco prima
aveva fatto guerra a Roma come console di Tuscolo, non
costituisca un fatto isolato. È ovvio il pensiero che nel
tempo in cui gli eserciti federati di Roma e del Lazio erano
comandati anche da duci Latini si siano in più di un caso
concessi analoghi onori, sopratutto poi quando si trattava di
persone appartenenti a città che avevano ricevuti coloni
romani.^
La pretesa espressa dai Latini nel 340 a. C, che uno dei
consoli fosse scelto nel loro seno, meglio si intende ove si
ammetta la relativa frequenza di casi analoghi a quello del
tusculano Fulvio ; * e analogia di condizioni vale forse a
chiarire come un simile racconto venisse riferito da qual-
che annalista a proposito dei Campani nel 216 a. C,^
Ammettendo una assai stretta unione fra Romani e La-
tini, si comprende ad ogni modo la proposta di Sp. Carvilio
fatta nel 216 dopo Canne, di scegliere due persone da ciasche-
duna città del Lazio, allo scopo di supplire quelli fra i se-
natori romani che erano periti nella guerra contro Annibale.*
' Liv. Vili 3, 9: Praefores tum duos Latium habebat, L. Annium Seti-
num et L. Xumisiuni Cerceimsem, ambo ex coloniix Bomayiis cet. Cfr. Fest.
s. V. praetor p. 241 M.
' Liv. Vili 4.
' LrviO XXIII 6, 8 nota tuttavia : quia nimis campar Latinorum quon-
dam postulano erat, Coeìiusque et alii id haud sine causa praetermiserani
scriptores, ponere prò certo sum veritus.
* Liv. XXIII 22. Carvilio fa la proposta : explendi senatus causa et
itingendi artius Latini nominis cum populo Romano. Essa è però fatta quando
da oltre un secolo Roma aveva ridotti i Latini alla stia soggezione. Livio
ib. 7, dice che haud aequiorihus animis quam ipsorum quondam postulatum
Latinorum patres audierunt.
240 Intorno -alla formazione ed al valore storico dei Fasti
La tradizione superstite non mette in rilievo quel periodo
in cui Roma trattò da pari gli Stati latini federati: Essa
cerca anzi di far credere clie i Latini erano stati domati
da Roma sino dal 499-496, ossia dal tempo della battaglia
del lago Regillo. Cosi, come feci osservare molti anni or
sono, Roma presuppone che sino dal 342 i Campani avessero
fatta quella dedizione verso Roma, che fu invece risultato
di posteriori avvenimenti.
La verità ci è serbata quasi casualmente da poche e mu-
tile notizie come quella relativa al consolato del tuscolano
Fulvio che, nella generalità dei casi, non sono bene apprez-
zate dalla critica dei moderni.
Con relazioni di questo genere si spiega infine l'episodio
di queir Atilio Calatino genero di un Fabio Massimo che
poi tradì il castello ed il presidio Romano di Sora e che
da suo suocero Fabio fu salvato.*
Che il principio della maggiore larghezza abbia avuto
talora applicazioni sino al IV secolo, sia pure a titoli di ecce-
zione, risulta dalle vicende degli Otacilii. Nel 26;l un Otacilio
è console. Ciò si spiega^ secondo ogni probabilità, con il fatto
che sin dal tempo delle guerre Sannitiche e contro Pirro
un Numerio Otacilio di Malevento (Benevento) impalmò sua
figlia con un Fabio, da cui nacque il primo dei Fabii, che
assunse il prenome di Numerio.^ E per effetto di questa
» Val. Max. Vili 1 abs. 9.
' La notizia di Fksto p. 172 M s. v. Nuincrius praenomen numquam
ante fuissc in patricia /aììnttà dicitwr, quain ir Faiius, qui unus post sex et
trecentos ab Etruscis inttrfe.ctos superfuit, inditctus magnitudine diritiarnm,
uxorem duxit Otacili Malerentani, ut tum dicehantiir, ftliain, ea condicione, ut
qni j)rtmu« nntus essct, pracnominc ari materni, Xiimcrius appcllaretur, trovauo
bensì conferma utsi Fasti, ove sino dal 421 a. C. si trova fatto ricordo del
prenome Kunierius a proposito del console T. Fdhin» VibitUiniis, imi non
r estendersi delle rnagistr. curuli alle regioni d'Italia 241
medesima alleanza di famiglia un'altro Otacilio nato dalla
figlia di Fabio Massimo Cunctator raggiunse la pretura nel
215 a. 0/
Altri casi analoghi si nascondono forse nei nomi di
altri magistrati, di cui non possiamo sempre ritrovare
l'origine Allo stato delle nostre cognizioni è semplice ipo-
tesi che sia ad es. straniera, probabilmente etnisca, l'origine
degli Ogulnii che figurano nei Fasti consolari del 269, dei
dittatori nel 257 e di cui non troviamo più menzione dopo
la prima metà del n secolo in cui un Ogulnio figura come
pretore (a. 182 Liv. XXXIX 56; XL 1) fatta eccezione di
nn monetale che si suole attribuire all' 84 a. C. (Grueber
Coins II p. 333 n 589).« Cosi non è imprudente pensare che
i buoni rapporti fra Roma e la Campania determinarono nel
2 43 l'avvento del console Fundanius Fundulus, teste ri-
cordato. Anche il nome degli Aurunculei, che nel 209 rag-
giunsero la pretura, parrebbe accennare alla loro origine dal
paese degli Aurunci. _
A noi manca purtroppo modo di ristabilire la patria origi-
naria della maggior parte di coloro che raggiunsero le su-
preme magistrature curuli durante il IV secolo. Ma i testi
ricordati, per quanto estraneamente scarsi, ci concedono
hanno maggior valore delle indicazioni pure accolte nei Fasti che danno
ai Manlii il cognome di VuUo sino dal 474 a. C. , . , • „.
Tu to tende ad escludere che sino dal V secolo Roma fosse m relazu,n.
coni siiti di Maleventum, n.entre il primo trattato fra Roma ed . han-
.Hi r-;;-^;;^^;:ìrdiri^M; cnc..-: o.cu.. .oro.. ...
miam tixorem atque ex ea liheros habet.
•' " Ho indicate sopra le ragioni che fanno credere ^^^^^^^^^^^%
Ognluii. Va però notato che i Fasti Capitolini danno al dittato e d 25
U ro"nome di Gallu., cognou.e che gli è pur dato dal Cronografo del 3o4
: ^Zonicon Fasciale per il console del 269. I Fa.H H.^at.am porgono
a quest'ultimo anno l'indicazione: Gallo Salmo.
Pai. Rirtrche. ,uUa storia e tul diritto imhblico di liom» H
242 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
tuttavia di fare qualche induzione, e di pensare che Roma,
sia pure con la maggiore prudenza ed a titolo di eccezione,
cercò di assimilarsi le migliori energie nell'Italia centrale.
Ed è forse lecito asserire che questo criterio venne seguito
sino all'età delle guerre puniche in cui divenuto, senza timore
di ulteriori competizioni, lo Stato signore d'Italia, Roma
senti di potere inaugurare un periodo di esclusioni a danno
dei Latini e degli altri federati, spargendo il seme delle di-
scordie e dei malumori che condussero circa un secolo dopo
alla rivolta ed alla distruzione di Fregelle ed in seguito
alla guerra Sociale.
Nonostante i nuovi criteri ristrettivi, per cui i Latini
e Italici venivano invitati ad abbandonar Roma ed a ripren-
der dimora nelle loro patrie,^ il movimento di allargamento
si era andato accentuando. Nel secolo II troviamo ad esempio
fra i consoli gli Octavii di Velletri (165), gJi luventii di Tu-
8C0I0 (163), gli Anicii originarii di Preneste (160). La grande
parsimonia con cui nel I secolo si concedeva ormai la cit-
tadinanza romana risulta dal fatto che nella legge sulla de-
duzione di colonie rogata da Apuleio Saturnino nel 100 a. C.
veniva limitato a tre il numero di coloro a cui se ne poteva
' Stanilo alla tradizione superatite, sono gli stessi Latini che preoc-
cnpati del frequente abbandono dei lero concittadini, i «juali si trasferivano a
Roma, determinano misure da parte dei Romani per frenare tale esodo. Liv.
XXXIX 3 ad a. 187; XLI 8, 11 ad a. 177; XLII 10 ad a. 172. Cfr. Cic.
prò Sextio 13, 30.
I Latini avevano facoltà di fissar la loro dimora a Roma, ove aves-
sero lasciato stirpe in patria. Il lamento dei loro concittadini consisteva
in ciò che coloro non lasciavano tale .sffr^js in patria ìiheronque suos qui-
busdam Romanis in eam condicioìiem ut manumìtterentur mancipio dabant, li-
bertinique cives essent, e che in seguito his quoque imaginibus iuris spreti»
promiscue sine lege, sine stirpe, in civitatem Bomanam per migrationem et cen-
Kum transilìant, Liv. XLI 8. Nel 187 a. C. furono rimandati da Roma alle
lor case 12 mila Latini. Liv. XXXIX 3, G.
L'estendersi delle magistr. curuli alle regioni d'Italia 243
far dono * e nel 126 e 95 venivano approvate le leggi lunia
e Licinia-Mucia che obbligavano gli Italici a ricondursi allo
loro case.
Distendere la storia della resistenza dei Eomani ad ac-
cogliere Latini e socii Italici in seno alla Città, ad accor-
dare loro non solo diritto agli onori ma persino quello di
risiedere entro la cinta delle mura urbane, equivarrebbe scri-
vere la storia interna di Eoma stessa, significherebbe nar-
rarne le vicende dall'età dei Gracchi a quella del heììum
sociale.
I dati della tradizione sono cosi monchi che sarebbe
audace voler ris olvere pienamente i vari quesiti connessi
con un tema tanto complesso. D'altra parte è evidente che
la questione della partecipazione di non urbani alle magi-
strature richiederebbe la trattazione del quesito da quando
e sino a qual punto nell'età graccana anche a non Italici
riuscì infiltrarsi per via di emancipazione fra i cittadini
Romani.
Che la plebe romana partecipante ai comizi fosse ormai
in parte composta da non Italici bensì da Spagnuoli e da
uomini giunti da altre regioni risulta all' evidenza dalle note
parole di Scipione Emiliano, il quale rivolgendosi alla plebe
in una pubblica adunanza disse che non temeva i clamori
di coloro che egli aveva condotto a Roma in catene e de-
' Cic. prò Balbo 21, 48 : .... cum lege Apuleìa colonìae non essent de-
ductae, qua lege Saturninus C. Mario tulerat ut in singulas colonia» ternot
civis Bomanos facere poaset.
Si è pensato che codesto numero di tre sia corrotto e si è proposto
di leggere trecento in luogo di tre, v. Ihne V p. 231 n. 3 apud Fr. W.
Robinson Mariu>i, Saturninus, und Glaucia, Beiiraege zur Geschichte der Jahre
106-100 V. Chr. (Bouu 1912) p. 68. Per mio conto non vedo la necessità di
tale correzione. Ma di ciò altrove.
244 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
fini come figliastri e non veri figli d'Italia.' Scipione par-
lava irato e forse v'era nelle sue parole una generalizza-
zione eccessiva ; ma solo ammettendo che fra la plebe vi
fossero persone di origine straniera si intende come pochi
anni dopo fra i tribuni plehis vi fosse un Vario della spa-
gnuola Sucro, propter obscurum ius cwitafis Hybrida cogno-
miìiatus (Val. Max. Vili 6, 4).
Ma non è proposito nostro narrare qui la storia di que-
sto periodo oscurissimo e che non ha ancora trovato chi lo
abbia del tutto sviscerato.^ Conteniamo quindi la nostra
ricerca in quei limiti che ci siamo proposti, esaminando quei
fatti che giovino a determinare come avvenne l'estendersi
della cittadinanza romana fra le varie stirpi della Penisola.
Ignoriamo la patria originaria di molti fra i consoli
che in questo periodo appaiono essere stati homines novi.
Non sappiamo ad esempio se fosse o no di origine urbana
L. Mummie Acaico (146); ma constatiamo che non erano Eo-
mani i Pompeii che cominciarono a coprire il consolato nel
141, ohe non lo era Perperna che fu console nel 130, che non
lo era l'arpinate Mario console la prima volta nel 107; e
certamente non furono romani T. Didius e M. Herennius
respettivamente consoli nel 98 e nel 93 a. C.
' Vell. II 4, 4: qui poHHum vestro moreri (i. e. clamore), quorum noverca
e»t Ilalia; Val. Max. VI 2, 3: *.iaceant, inquii, qnihm Italia noverca e»/».
Orto deinde murmurc « non efficiefis, alt, ut solutos verear quos alUgaios adduxi ».
Unirersus populus db imo iterum contumeliose eorreptus erat.
Dal racconto di Valerio Massimo come «lalle parole di Plutai:co Ti.
Ch-acch. 21 extr. si ricava chiaramente che Scipione pronnnciò tali parole
in pubblica adunanza, secondo ogni probabilità in comUia tributa. Altrimenti
non si intenderebbero le osservazioni di questi scrittori sull'offesa da lui
recata al populus (5^|j.ogi.
^ Con ciò non nego che contengono I)Uone osservazioni vari studi pre-
gevoli a cominciare dalla storia di Carlo Neumann (Breslau 1881-1884) per
finire a quella del Greonidge di cui per la precoce morte dell' autore, ab-
hiamo solo il primo volume (London 1904).
L'estendersi delle magistr. curuli alle regioni d'Italia 245
Le coudizioni fatte ai soci italici rispetto al conferi-
mento della cittadinanza romana ed al modo di procurar-
sela furono molto irregolari. Vi furono anche per il tempo
più antico quelle variazioni e contradizioni che ancora più
tardi si notano al tempo delle guerre civili. Valga come
esempio quanto è riferito rispetto al padre di M. Perperna,
di nazionalità etrusca, come dice lo stesso nome, che fu
console nel 130 a. C. Le avventure toccate a questi perso-
naggi sono cosi riassunte Valerio Massimo III 4, 5:
Non parvus consulatus rubor M. Perpenna, utpote qui
consul ante qiiam civis, sed in bello gerendo utilior aliquanto
reipublicae Varrone imperatore. Regem enim Aristonicum
cepit Crassianaeque stragis punitor extitit: cum interim, cuius
vita triumphavit, mors Papia lege damnata est. Namque pa-
trem illius, nihil ad se pertlnentia civis Romani iura com-
plexum, SahelU iudicio petitum redire in pristinam sedem
coegerunt. Ita M. Perpennae nomen adumhratum, falsus con-
sulatus, caliginis simile imperium, caducus triumphus, aliena
in urbe improbe peregrinatus est.
La scarsità delle notizie relative ai Perpenna ed il carattere
frammentario dei particolari della storia di questo tempo non
ci concedono dare una spiegazione del tutto esauriente di que-
sto estratto. Risulta ad ogni modo che al padre del console
fu mosso un processo per essersi abusivamente attribuita la
qualità di cittadino romano dopo che lunio Penno (e non
Papio come erroneamente afferma Valerio Massimo) fece
approvare nel 126 la legge, che costringeva i soci a lasciare
Roma ed a ritornare nelle loro patrie.
Ove i Perpenna avessero avuta la cittadinanza romana
sino dal 168 in cui un M. Perpenna fu insieme a L. Petil-
lio fu legato al re Gentio (Liv. XLIII 27; 32 cfr. App. 3Iaced.
16) non si comprenderebbe come mai il padre del console
246 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Perpenna dovesse usurpare codesto diritto di cittadinanza
che non si trovò poi non essere legittimo. Codesto legato
era capo di forze militari federate ovvero si tratta di cit-
tadinanza accordata vìritim da non estendersi a tutti i mem-
bri della stirpe.
Comunque la si consideri la questione accenna ad una
varietà di problemi clie non sono stati ancora risolti e forse
nemmeno osservati. Probabilmente intorno alle modalità re-
lative alla concessione della cittadinanza v'erano varietà
non poche e disposizioni particolari che per mancanza di
testi e documenti non abbiamo più modo di risolvere.
Troveremo più tardi un discendente del console del 130
coprire anche egli il consolato nel 92 a. C. e la censura nel
86. E fra i legati consolari nella Guerra sociale figura
pure un C. Perpenna (App. 6. e. I 40). Ma se più tardi un
altro M. Perpenna, pur discendente di questa stessa gente
illustre, dopo aver coperta la pretura nel 82 si associò alla
rivolta al movimento del console Emilio Lepido (78 a. C.)
e si recò in Spagna dove fu per un certo tempo collega
di Sertorio, noi avremo un accenno ai sentimenti politici
che animavano gli Italici anche quando grazie alla potenza
del loro casato ed alla loro situazione politica in patria
riuscivano ad occupare le magistrature nella stessa Roma.^
' Valerio Massimo ha scambiato la lex Papia cou la lunia (Cic. de off.
Ili 11, 47; Brut. 28, 107; Fest. p. 286 M) come è generalmente ammesso.
I dati degli antichi sulla fine del console M. Perpenna e di Aiistonico
da lui vinto non sono però concordi (v. Vell. II 4; lusT. XXXVI 4; Eutrop.
IV 20. Strab. XIV 647 C) e conseguentemente la narrazione di questi in-
cìdenti è pur diversa negli storici moderni (cfr. Lange Eoem. AHerihuemer
nr p. 26 sg. Neumann Geschichte Eoms I p. 272 sg. Grebnidge A hisfor)/
of Bome 1 p. 183. Heitland The roman repubìik II p. 283.
Non è certo ad es. che Perpenna abbia trionfato a Roma o se invece
eia morto a Pergamo, come afferma Entropio.
Quanto all'interpretazione del fatto seguo piuttosto il Lange che pensa
L' estendersi delle magistr, curuli alle regioni d'Italia 247
Le persecuzioni e le noie incontrate dai Perpenna, seb-
bene il figlio fosse console ci fanno agevolmente compren-
dere quante difficoltà abbiano dovuto incontrare gli Italici,
i quali cercavano fissare la loro dimora a Roma ed aspi-
rare all'agone politico. Con le difficoltà clie si creavano ai
neo-cittadini, cbe non ostante l' approvazione delle leggi
lulia e Plautia Papiria (8 90-89 a. C.) trovavano ostacoli
nel percorrere la carriera politica, si spiega in parte il mo-
vimento di esodo da parte di quegli Italici i quali sotto la
guida di Sertorio cercarono fondare uno Stato romano nella
Spagna. Il Senato, i pretori, i questori e le altre magistra-
ture istituite secondo il costume e la dicitura romana da
Sertorio nativo di Nursia venivano in parte coperte da que-
gli Italici che come l'etrusco M. Perperna non avevano tro-
vato in Roma tutte quelle alte soddisfazioni politiche a cui
credevano aver diritto.*
Non sempre però la sorte fu contraria alle mire degli
Italici come nel caso dei Perperna. Il fatto che T. Didius
il consolare del 98 prese parte alla guerra Sociale come
che il disdoro del rifiuto del riconoscimento sia toccato al padre del con-
sole anziché il Neumanu, secondo il quale lo stesso console del 130 a. C.
si sarebb'e ritirato a vivere fuori di Roma.
Del resto, duole dirio, la storia di questo periodo non è stata ancor
scritta da nessun moderno. Per far ciò occorre un'analisi minutissima del
valore di tutte le notizie frammentarie che ci sono pervenute; lavoro che
non è stato ancora compiuto che in piccola parte. Per giunta occorre un
senso politico ed una cognizione dell'indole del popolo romano che non
accompagna sempre tutti gli eruditi che hanno trattato di tale periodo.
' Non abbiamo dati per asserire con certezza che fossero etruschi Tar-
quitius Priscus (Sall. frag. hist. Ili 83 Maur. Front. II 5, 31) e L. Hir-
tuleius (Flor. II 10, 6. Front. I 5, 8) legati di Sertorio; ma in compenso
vediamo che Peperna aveva seco in Spagna come scriba Maepenas un etru-
sco (Sall. 1. e). Anche Versiiis, lo scriba di Sertorio, ha un nome abba-
stanza caratteristico che ha riscontro in molti analoghi di provenienza e-
trusca (v. il materiale in Schulze p. 253).
248 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
legato del console L. lulio Cesare (App. b. e. I 40 Veli. II
16) si spiega con il fatto che i Didii già da una generazione
almeno avevano avuta la cittadinanza sicché sino dal 143
avevano rogata la legge omonima sumptuaria che estendeva
agli Italici le disposizioni della lex Fannia (Macrob III 17, 6).*
E Roma dovette concedere talora, sia pure in misura
assai limitata, che non solo i più notevoli cittadini dei
municipi romani, come Arpino, conseguissero le magistra-
ture curuli, ma che tale onore venisse pure raggiunto da
quelli delle città federate latine od italiche che per mezzo
di magistrature locali o che singìllatim, a titolo di privile-
gio, erano stati fatti cittadini romani.
Le nostre informazioni sul conferimento della cittadi-
nanza per questo periodo sono oltremodo monche, A risul-
tati meno lacunosi giungeremmo ove ci fosse g;iunto in mi-
aura meno scarsa il nome dei magistrati curuli di grado
inferiore. Per le cariche meno cospicue era infatti possibile
soddisfare un mag'gior numero di candidati, vi erano certo
minor difficoltà di riuscita anche per i non Romani.
Non ostante tali lacune, è ovvio constatare che fra i
pretori ed i questori, di cui ci è casualmente pervenuto il
nome, accanto ai nomi di nuove stirpi plebee, che per la
prima volta appaiono nell' orizonte storico, ve ne sono vari
che tradiscono origine non romana. A titolo di esempio ci-
tiamo quelli di Bellienus pretore nel 105, di Aufìdius nel
104, Norbanus, questore verso il 102-99. Aesillas altro que-
store di questo periodo.
* È incerto se cou cotlesto Didio autore della legge sumptuaria o con
nn altro personaggio di tal nome aia da riferire la figurazioue espressa uei
nummi del monetale T. Didius del 99-94 circa a. C, Gkukbek Coins II
p. 276.
L'estendersi delle magistr. curuU alle regioni d' Italia 249
*
*
Prima ancora che fossero approvate le leggi lulia o
Plautia-Papiria, che nel 90-89 accordarono la cittadinanza
romana ai Latini ed a tutti gl'Italici, persone dell'Italia cen-
trale come i Didii, i Perperna, gli Herennii erano riuscite,
sia pure in non grande misura a coprire il consolato.
Parrebbe pertanto del tutto naturale pensare che dopo
l'approvazione di tali leggi il numero degli Italici si sia di
molto accresciuto. Ebbene l'esame dei Fasti dimostra invece
il contrario. Per lo stesso principio per cui limitarono il
numero delle tribù, nelle quali si concedette di votare ai
nuovi cittadini, Roma cercò pure di impedire che gli Italici
praticamente occupassero le alte magistrature curuli.
Quanto sia stata tarda e scarsa l' effettiva partecipa-
zione di alcune regioni dell'Italia centrale agli onori cu-
ruli mostra il titolo di Q. Vario Gemino legato di Augusto
e proconsole per il quale ivi si dice : is prinius omniuìn
Paelign(orum) senator factus est et eos hoìiores gesslt. CIL.
IX 3305-6.
Nel concedere gli onori curuli alle genti dell'Italia cen-
trale, che pure avevano tanto contribuito a estendere ed a
rafforzare la potenza politica di Poma, si procedette anche
dopo le leggi lulia e la Plautia-Papiria con la più grande
cautela. Ciò spiega una delle cause della partecipazione di
varie regioni italiche alle guerre civili, che insanguinarono
l' intera Penisola al tempo di Siila e di Mario. Era que-
stione di terre, di interessi materiali; ma allo stesso tempo
si trattava di conseguire una partecipazione meno scarsa
alle magistrature, che, a parte la soddisfazione morale, frut-
tavano anche esse grandi vantaggi materiali.
250 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Ove si tenga conto del nome dei più fieri nemici di Siila,
come Mario di Arpino e Sertorio di Nursia, dei Granii di
Puteoli, di Nerbano, di Albinovano, di Carrinas, di Pontio
Telesino ^ si intende che le guerre civili di quell' età, per
quanto si imperniassero sul nome di pochi capi e miras-
sero in ultima analisi al possesso degli averi degli odiati
avversari, avevano per lo meno il programma di una più equa
concessione degli onori politici ai vari popoli Italici.
Siila non era soltanto il nemico dell'elemento sannitico,
in cui espressamente dichiarava di vedere il più fiero op-
positore di Roma, ma in generale della concessione delle
magistrature a coloro che non appartenessero a quella cer-
chia di genti a cui era ormai concesso da secoli di parteci-
pare alla potenza politica. Sotto questo punto egli giudica-
va con la ristrettezza di criteri di un vero Romano de Roma.
Se prima della concessione a tutti gli Italiani della
cittadinanza v'era stato qualche raro consolato concesso a
cittadini dell'Italia centrale, dopo le leggi lulia (90 a. C.)
e Plautia Papiria (89 a. C.) il numero di tali successi per
parte degli Italici aumentò è vero, ma in misura assai tenue.
Tanto è vero che per gli anni che dal ritorno di Siila vanno
alla morte di Cesare, noi abbiamo fra i consoli solo il
nome dei seguenti homines ìiovi di origine municipale :
C. Norhanus (83) L. Licinius Murena di La-
L. Gellius Puhlicola (72) nuvio (62)
Cn. Aufidius Orestes (71) L. Afranius (60)
Cu. Pompeius Magnus (70) Q. Fufìus Calenus (77)
L. Volcacius Tullus (66) P. Vatinius (47)
M. Tullius Cicero (63)
' Rispetto alla partecipazione di Italici alle luagistratnre romane v. qui
oltre l'app(;n(lice: I dodici cittadini che furono per primi fatti dichiarare ne-
mici pubblici da Siila.
L'estendersi delle magistr. curuli alle regioni d'Italia 251
In breve abbiamo Piceni, Sabini, Etruschi, Umbri, Ernici;
ma non si oltrepassa ancora il centro d'Italia. Non v'è
un solo Sannita od un cittadino dell'Italia greca.
Così è a titolo di eccezione cbe constatiamo un Q. Bru-
tius questore verso 1' 88-87. La Magna Grecia e le regioni
limitrofe erano interamente decadute al pari del Sannio.^
Abbiamo pertanto la conferma del fatto che Siila oppresse
tutti i principali e autorevoli cittadini delle regioni osche
e sannite.
*
Abbiamo avuto occasione di osservare come la rivolu-
zione rappresentata da Cesare abbia condotto alle minori
cariche curuli ed al Senato cittadini di regioni galliche ed
iberiche. E quindi naturale che per gli ultimi anni della
repubblica si trovino senatori di varie regioni della Peni-
sola, persino della lontana e semibarbara regione dei Salassi.*
Ben diverso era però il caso rispetto al consolato.
Il non aver potuto concedere consolati e provincie a
tutti i suoi amici o nell' ordine di precedenza con cui lo
avrebbero desiderato fu, come è noto, una delle ragioni che
armò il braccio di taluni fra gli uccisori di Cesare.
' La partecipazione sia pur limitata di dou Italici alle magistrature
è del resto attestata ad es. da Q Caecilius Xiger il noto questore di VeiTe
contro il quale Cicerone diresse la divinatio.
• Sa Q. Curtius Salassus t. Cic. ad fam. VI 18, 2. Cfr. Hiek. ad a. 713.
Intorno a Vettius Salassus i)roscritto dai triumviri v. App. h. e. IV 24;
Val. Max. IX 11, 7.
Altro esempio di senatore straniero all' Italia è dato da Teidius Afer.
SUET. Aug. 27, dato clie il nome non sia corrotto e non debba venir corretto
in Uttiedius, come pensò già il Bokghesi citato dal Ribbecc mem. cit. p. 19.
Del resto un Sex. Tedius senator è già rammentato per il tempo di
Clodio da Ascosio ni Milon. p. 28 S. K.
25à Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
Quale importanza si assegnasse d' altro canto a coprire
il consolato, magari per poco tempo, mostra il noto aned-
doto di Caninio Rebiio, uno dei generali di Cesare, il quale,
pur di diventare consolare chiese ed ottenne di essere suf-
feto per poche ore dell'anno che andava a spirare.*
Scomparso il Dittatore, tanto fra i suoi vecchi amici come
fra gli avversari, si accrebbe il numero di coloro che aspi-
rarono a raggiungere il potere, ma si allargò del pari la
cerchia delle regioni a cui i nuovi candidati appartenevano.
Nell'anno successivo alla morte di Cesare (43 a. C.) ab-
biamo subito, oltre ad Ottaviano:
C. Vibius Pausa A. Hirtius
C. Carrinas suf. P. Ventidius Bassus suf.
M. Pedius suf.
Nel 42 e negli anni seguenti :
L. Munatius Plancus (42 ; 36) L. Saenius (30)
L. Cornelius Balbus (40) Sex Appuleius (29)
P. Canidius (40) T. Statiìiiis Taurus (26)
C. Calvisiiis Sahinus (39) L. Arruntius (22)
L. Cocceius (39) C. Sentius Saturninus (19)
P. Alfenus Varus (39) L. Passienus Rufus (4)
M. Herennius (34) C. Ateius Capito (5 p. C.)
L. Volcacius Tulìus (3.'i) L. Nonius Asprenas (6)
L. Vlnicius (o3) C. Poppaeus Sahinus (9 p. C.)
C. Sosius (32) M. Papius Mutìlus (9)
' Cic. ad fam. VII 30, 1. Tlin. n. h. VII 181. Suet. Caes. 76; Xero 15.
Tao, hiHt. Ili 37. Altri passi in Muenzkk in PW. UE. Ili col. 1479.
L'estendersi, delle magistr. curnli alle regioni d'Italia 253
Cresce bensì il numero degli homines novi, ma ben poco
si allarga l'estensione delle regioni italiche.
Sono personaggi che appartengono al Piceno, alla Sabina,
all'Etruria meridionale, all'Umbria. Delle rimanenti regioni
dell'Italia centrale la Campania è rappresentata con certezza
da una sola persona da Vinicius di Cales vale a dire di una
città che fino dal 334 era colonia Latina. La Lucania a quel
che sembra è rappresentata da due, Sentius Saturninus e
forse Statilius Taurus, che appartengono ad ogni modo al-
l'Italia Meridionale. V è un solo Sannita (Papius Mutilus)
non v'è un solo Apulo, non v' è traccia sicura di un Bruttio.
Con questo risultato corrisponde il fatto che è pure
assai raro il nome di magistrati curuli minori e di sena-
tori di queste ultime regioni. Abbiamo infatti solo ricordo
di un Staius Murcus pretore e di Octavius Marsus senatore.
Ancor più significativo nel caso nostro è il fatto che la
Gallia Cisalpina è rappresentata quasi in via di eccezione
dal solo console suffetto Alfeno Varo. Ma l'onore di aver dato
un console suffetto spetta a Cremona una delle due più an-
tiche colonie Latine di codesta regione (218 a. C).
*
* *
Il consolato continuò per tanto a rimanere nelle mani
dei Romani, dei Latini, degli abitanti delle regioni dell'Italia
centrale. Ne erano sostanzialmente accluse l' Italia meridio-
nale e la settentrionale. L'Italia greca aveva bensì preparato
i più nobili germi della civiltà nazionale ma la lunga lotta
fra Greci e Sanniti più tardi fra Sanniti e Romani avevano
interamente esaurite codeste regioni che dovevano daccapo
essere flagellate durante la guerra annibalica, quella servile,
254 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
eppoi la Sociale. L'esame dei pochi testi degli antichi sulle
condizioni dell' Italia meridionale ci attesta una dolorosa
decadenza. Pirro nell' attraversare le regioni sannitiche rice-
veva l'impressione che codesti paesi non foissero mai popo-
lati, ed è noto che Siila recò ad essi l'estremo colpo. Buona
parte dell'Italia meridionale si trasformò in vasti latifondi
occupati da pastori cosi maltrattati da dare origine a fre-
quenti congiure servili.^
Erano bensì rimaste alcune città di origine ellenica, non
del tutto deperite, ma le città greche come Napoli ed Eraclea
si erano rivelate gelose dei loro ordinamenti democratici,
che non sempre si confacevano con quelle dello Stato ro-
mano. Malvolentieri esse avevano accettato il dono pressoché
forzato della cittadinanza romana.* Le stirpi italiche alla
loro volta avevano tentato esse stesse di dominare anche
sulle coste e si erano fieramente opposte all' egemonia ro-
mana. E ben naturale che oltremodo scarso anzi nullo sino
all'età d'Augusto sia stato il contributo di codeste regioni
ai Fasti romani.
Ne risultati diversi sino all'età di Augusto è da atten-
dersi rispetto all'Italia settentrionale. Questa era stata già
abitata da vecchie stirpi liguri animose in mare, tenaci nel
difendere le loro terre, ma che rimasero sempre semibarbare;
Oppure era posseduta dai Celti forti ed animosi che non ave-
vano ancora raggiunto uno stadio notevole di incivilimento.
La Cisalpina percorsa dal più grande fiume della Penisola,
aveva bensì tutti i requisiti per diventare un giorno una
regione prospera; ma nell'età romana era ancora in parte
• V. ad es. Liv. XXXIX 29, 9; 41, 6.
' Cic. prò Balbo 8, 21. Napoli fu assalita e .saccheggiata dalle milizie
di Siila elle le distriisHe la flotta. V. le mie Uicerche storiche n geografiche
p. 257 8gg.
L^ estendersi delle magistr. curuli alle regioni d'Italia 255
ricoperta da selve, era cosparsa di ampie paludi i Romani, a
partire dal III secolo, proseguendo l'opera degli Etruschi,
avevano bensì incominciato a fondarvi quelle colonie che al
tempo di Augusto facevano presagire il più florido avvenire
economico,^ ma di vera e propria civiltà si poteva discorrere
solo per alcune località non lontane dal mare come Padova
ad Ateste o che avevano sentiti i benefìci delle relazioni con
i commercianti Greci o che come Mantova erano state co-
lonizzate dagli Etruschi.
L'importanza della Valle del Po, il Far West rispetto
ai Romani, verso il III secolo, era però scemata dalla conqui-
sta della Gallia vera e propria. Sia per maggior esten-
sione di terre, per ampi commerci e pei suoi minerali la
Gallia vera e propria nell' ultimo secolo della libera repub-
blica attirava molto di più a se i cupidi sguardi degli spe-
culatori. Eppoi nel lontano Occidente v' era un' altra regione
che prima ancora della Cisalpina e delle Gallie aveva ac-
colti i germi della civiltà romana.
Dal punto di vista della trasmissione della civiltà ro-
mana la Spagna può a ragione esser detta la primogenita
fra provinole romane. Non è casuale che essa abbia dato
con Cornelio Balbo il primo console peregrino e con Va-
lerio Hibrida di Sucrone il primo tribuno della plebe a noi
noto in origine provinciale. La Spagna, prima fra le Pro-
vincie nel porgere a Roma scrittori latini come i Seneca,^
die principi che, sebbene italici di origine come Traiano, erano
destinati ad inaugurare la serie degli imperatori non romani.
' Cfr. PoiA-n. II 15 sqq. Stuab. V 217 sq. C.
' CiUEKONic prò Archia 10, 26 già ricorda poeti di Corduba donati
della cittadiuauza romana da Q. Cecilio Metello Pio (il console dell'80 a. C).
Sulla cultura poetica preromana dei Turdetani v. Strab. Ili p. 139 C.
256 Intorno alla formazione ed al valore storico dei Fasti
L'esame dei nomi dei senatori, dei magistrati del I secolo
dell'Impero rivela, come è noto, l'esaurimento di uomini e
di energie nel suolo d' Italia. Senato e magistrati si tra-
sformavano grazie ai nuovi contributi delle provincie per le
stesse ragioni per cui le legioni venivano ad essere riem-
pite di soldati stranieri ed erano quindi già dette barbare
dagli antichi.^ Lo stesso impero dalle mani degli Italiani
passava con il tempo agli Spagnuoli. agli Africani, ai Siri
ed in seguito ad altri provinciali.
Si verificava il fatto clie le maggiori energie come più
tardi in altre regioni erano eccitate dalla guerra sui confini. ^
E al confine dell' Impero che si determinano ed alimentano
in maggior misura le energie dello Stato romano. Ivi si for-
mano legionari e generali; e dagli eserciti posti ai confini,
in Spagna sul Reno, in Siria si acclameranno i generali chia-
mati a rovesciare ormai l'imbelle dinastia dei Claudi. Dal
confine si proclameranno imperatori Galba, Verginio, Vitel-
lio, Vespasiano evolgato imperii arcano, posse principem alibi
quam Romae fieri.^
' CIL. V 923: Hic kìIus e»t itmti iii(dex) | laudator et aeq{iii) \ Sm^.iinn
qnem genuil \ nunc Aquileia tenet \ (s)epiimae qui coliordii | centuriam regiiif |
praetoriae fidus non \ barbaricae legioni{a) cet.
* Per analogia di fenomeni v. la bella memoria di Fiì. J. Turner The
hignificance of the frontier in American history discorso pronunciato alla .9/a/r
Historical Society of ìì'ixcnnsin 1893.
• Tac. hixt. I 4.
APPENDICE I.
GH " Acta Triumphalia „ ed il trasformarsi della società
romana.
L'esame degli Acta dei trionfi conduce a risultati ana-
loghi, anzi identici a quelli già sopra conseguiti per mezzo
dei Fasti consolari. Si otteneva l' onor del trionfo in se-
guito a grandi successi militari, ed anche in grazia alla
influenza politica individuale del trionfatore o della gente
a cui apparteneva.
Cicerone osservava che di oltre ottocento consoli, che già
si contavano all'età sua, appena la decima parte era stata
costituita da persone che avevano resi notevoli servigi alla
Repubblica.^ Or bene è lecito asserire che degli oltre due-
cento trionfi romani, che ebbero luogo nel corso di cinque
secoli, diversi furono ottenuti più per il favore popolare da
cui i consoli e pretori si videro circondati, anziché per l'im-
portanza veramente straordinaria e la durevolezza dei ri-
sultati guerreschi. Oltre a ciò, il vero merito fu più di
una volta sconosciuto e Paolo Emilio, vincitore di Perseo,
domatore della Macedonia, al pari di altri insigni capitani,
' Cic. prò Piando 25; 60: honorum populi finis est consulatus ; quem
magistratum iam octingenti fere consecuti sunt: honorum, si diligenter quaeres,
vix decimam partem reperies gloria dignam.
Pais Ricerche avlìa storia e tul diritto pubblico di Roma II 17
258 Appendice I
corse rischio di non ottenere l'onore del trionfo grazie
all'opposizione dei partiti popolari, a Roma, come ovunque,
non sempre equi estimatori delle benemerenze dei generali
appartenenti a famiglie aristocratiche.'
L'esame degli Ada trionfali porge pertanto anche esso
un mezzo indiretto per constatare non solo l'estensione delle
conquiste romane, ma anche l'efficacia politica di date genti
a danno di altre. Esso è strumento di ricerca per meglio de-
terminare la natura delle trasformazioni sociali che avven-
nero nel corso della storia romana.
Raggruppando i dati degli Ada dei trionfi desunti dai
Fasti Capitolini, ed integrati per le parti ivi lacunose dai
testi degli antichi scrittori, abbiamo l'elenco seguente i^
* Liv. XLV 35 Btj.; Plut. Faul. Acm. 30 8q.
• Per il materiale rimando, oltre al CIL. V p, 42 sqq., alla speciale edi-
zione dello SCHOEN Das C(q)itolini8ohe Verzeichniit der meni. Triumphe (Wien
1893).
Gli " Ada Triumphalia „ ed il trasjonnarsi della soc. rom.
259
ELENCO DEI TRIONFI '
rag<jruppati nei nomi tlcìle <jenti romane che mecessiramenie li cele-
orarono.
1 Valerii 509 de Veientihus et Tarqui-
niensibits
505 de Sahhieifi
50i de SaUneis et Veientihus
494 de Sabineia et Medullineis
475 de Veientihus Sahineisqiie
449 de Aeqtieis
420 de Aequeis
392 de Aequeis
346 de Antiatlbus Volsceis Sa-
tricaneisque
343 de Samnitibus
338 de Caleneis
312 de Scunnitibìis Soraneisqiie
301 de Etnisceis
263 de Poenis et rege Siculo-
rum Ilierone
2U ex Sicilia {navalis)
81 ex Celtihena et Gallia
27 ex Gallia
> Non faccio differenza fra trionfi veri e propri ed ovazioni
Secondo il metodo adottato in tutto questo volume i nomx der patrtcx
sono stampati con lettere maiuscole, quelli dei plebei con mmuscole.
A partire dal 172 a. C, in cui il consolato fu coperto per la pr.ma
.olta da un collegio di due plebei, gli /tornine* non sono segnat. con carat-
teri corsivi.
260
Appendice I
2 POSTUMII
505 de Sahineìs
503 de Sabineis
196 de Latineis
-
4;U de Volsceis Aequeisque
291 de Samnitihus et Etriisceis
178 ex Lusitania Hispanìaque
3 AaRippA Menenius
4 Sp. Cassius
5 C. Aquillius
6 T. Siccius
7 Manlh
8 QuixcTii
503 de Sahineìs
502 de Sahineìs
486 de Volsceis Hernidsque
487 de Hernicis
487 c?e Sahineìs
474 rfe Veientibus
392 tie Aequeis
340 c?e Latineis Campaneis
Sidicineis Aurunceis
256 de Poenis (navalis)
241 c?e Falisceis
235 c?e Sardeis
187 f?é Gaìleis
185 ea; Hispania Citeriore
468 6^6 Volsceis Antiatihus
458 rfe Aequeis
.380 de ^e^'weis
361 de Galleis
194 ea; Macedonia et reye Phi-
Vippo
Gli " Ada TriiimplmUa ., td il trasformarsi della soc. rom. 261
184 de Lusitaneis et Celtiberis
9 L. LUCRETIUS
10 T. Veturius
11 Fabii
12 CORNELII
462 de Aeqiieis et Volsceis
462 de Aequeis et Volsceis
459 de Aequeis et Volsceis
421 de Aequeis
360 de Herniceis
354 de Tiburtihus
322 de Samnitibus
309 de Etrusceis
298 de Samnitibus Etrusceisque
295 de Samnitibus et Etrusceis
290 de Samnitibus
276 de Samnitibus Lucaneis
Bruttieis
266 de Sassinatibus
266 de Sallentineis Messa-
peisque
233 de Liguribus
209 de Tarantineis
188 ex Creta (navalis)
120 de AUobrogibus
44 ex Hispania
459 de Volsceis Antiatibus
428 de Veietifibus
385 de Volsceis
343 eie Samnitibus
290 de Samnitibus
283 c?e Etrusceis Senonìbusque
262
Appendice 1
275 de Samnitibus et Lucaneis
270 de Regineis
269
de Poeneis et Sardinia
Corsica
253
de Poeneis
236
de Liguribus
201
de Uannibale et Poeneis
et Syphace
200
ex Hispania
197
de Insuhribus Cenoma-
neisque
196
de Geltibereis
191
de Boieis
189
ex Asia et rege Anfiocho
180 de Liguribus
155
de Delmateis
146
ex Africa et Hasdruhale
132
de Numantineis
98
ex Hispania Ulteriore de
Lusitanis
81
de rege Mithridate
78
ex Macedonia
51
ex Cilicia
13 M. HORATIUS
14 M. Geganius
15 Aemilii
449 de Sahineìs
443 de Volsceis
437 de Veientibus et Fidena-
tibtcs
426 de Veientibus Fidenati-
busque
Gli " Ada Triumpìudia „ ed il trasformarsi della soc. rom. 263
329 de Privernatibus
311 de Etrusceis
281 de Tarantineis Samniti-
biis Sallentinei.s
254 de Cossurensihus et Poe-
neis {navalis)
225 de Galleis
219 de Illureis
189 de rege AntiocTio [navalis)
181 de Liguribus Ingauneis
175 de Liguribus et Galleis
167 ex Macedonia et rege Perse
115 de Galleis Karneis
47 (Lepidus) ex Hispania
43 (Lepidus) ex Hispania
16 FuRii
17 Claudii
396 de Veientibus
390 de Galleis
389 de Etrusceis Aequeis Vol-
sceisque
367 de Galleis
338 de Pedaneis et Tiburtibus
223 de Galleis et Liguribus
362 de Hernicis
268 de Peicentibus
207 de Poeneis et Hasdrubale
200 de Galleis
177 c?e Histreis et Liguribus
174 eo; Hispania et Celtiberia
143 rfe Salasseis Galleis
32 ea; Hispania
264
Appendice 1
18 SuLPicii
361 de Hernlcis
358 de Galleis
314 de Samnitihus
304 de Samnitihus
258 de Poeneis et Sardeis
166 de Ligurihus Ta... rneis
19 C. Poetelius
20 Plautius
360 de Oallels et Tiburtibus
358 de Heniiceis
329 de Privernatibus
21 Marcii
22 M. Popilius
23 Q. Publilius
357 de Privernatibus
356 de Tusceis
306 de Anagnineis Herniceisque
281 de Etrusceis
117 de Ligurihus Stoeneis
39 ex Macedonia
33 ex Hispania
360 de Galleis
339 de Latineis
326 de Samnitihus Palaeopo-
litaneis
24 0. Maenius
338 de Antiatihus Lavinieis
Veliterneis
25 Papirii*
324 de Samnitibus
' Sul patriciato dei Papiri i rimando a quauto osservo iu queste Ri-
cerche I p. 248 8gg.
Gli " Ada Triumphalia „ ed il trasforma r&i della soc. rom. 265
319 de Samnltihus
309 de Samnitihus
293 de Samnitibus
272 de Tarantineis Lucaneis
Samnitihus Bruttieisque
231 de Cor sei s
26 Fulvii 322 de Samnitihus
306 de Samnitihus
299 de Samnitihus Nequina-
tihusque
298 de Samnitihus Etrusceisque
264 de Vidsiniensihus
254 de Cossurensibus et Poenis
(navalis)
228 ex Illureis {navalis)
191 ex Hispania Ulteriore
187 de Aetoleis et Cephallenia
180 de Celtihereis
179 de Ligurihus
158 de Ligurihus Eleatihus
123 de Ligurihus Vocontieis
27 Innii
311 de Samìiitihus
302 de Aequeis
277 de Lucaneis et Bruttieis
266 de Sassinatihus
266 de Sallentineis Messapi-
eisque
132 c?e Callaiceis etLusitaneis
28 Sempronii 304 ^e Aequeis
266
Appendice I
268 de Peìcentibus
253 de Poeneis
178 de Celfihereh Hispanieisque
175 ex Sardinia
129 de lapudiòns
29 Atilii
294 de Volsonihus et Samni-
tihus
267 de Sallenfineis
257 ex Sicilia de Poeneis
257 de Poeneis (navalis)
30 Carvilii
293 de Samnitihus
272 de Samnitihus Lucaneifi
Bruttieis
234 de Sardeis
31 M.' Ciirius
290 de Samnitihus
290 de Sàbineis
290 de Lucaneis
275 de Samnitihus et rege
Pyrrho
32 0. Fabricius
282 de Samnitihus Lucaneis
Bruttieisque
278 de Lucaneis Bruttieis Ta-
rentineis, Samnitihus
33 T. Coruncanius
280 de Vulsiniensihus et Vul-
cientihus
34 Claudiiis Canina
273 de Lucaneis Samnitihus
Bruttieisque
Gli " Ada Triumphalia „ ed il trasformarsi della sor. rom. 267
36 luLii
(C. Julius Caesar)
(AUGUSTUS)
267 de Sallentinels
AQ ex Gallici
46 ex Aigypto
46 ex Ponto
46 ex Africa
45 ex Hispania
44 ex monte Albano
40 Imp. Caesar {quod pacem
cum M. Antonio fecit)
36 ex Sicilia
29 de Dehnafeis
29 ex Actio
29 ex Aigypto et Cleopatra
36 C. Duilius
37 Aquilii
260 de Siculis et classePoenica
258 de Poenis
126 ex Ada
99 ex Sicilia
38 Aurelii
252 de Poeneis et Siculeis
122 ex Sardinia
39 Caecilii
250 de Poeneis
146 ex Macedonia et Andrisco
121 de Baliaribtis
117 de Delmateis
111 ex Sardinia
111 ea; Thraecia
106 de NamideiH et rege lu-
gurtha
lì. ex Hispania
62 ex Creta insula
268
Appendice I
40 Lutati!
241 de Poeneis ex Sicilia (na
imlis)
241 de Falisceis
101 de Cimbreis
41 M.' Pomponius
236 de Sardeis
42 Flaminii
223 de Galleis
43 Claudi! Marcelli
222 de Galleis Insubrihus et
Gennanis
211 de Syracusaneis
166 de Galleis Contrubieis et
Liguribus
1 55 de Liguribus et Apuaneis
44 Livi!
219 de lUurieis
207 de Poenis et Hasdrubale
110 de Scordisceis Macedo-
nibus
45 Minucii
197 de Liguribus Boisque Gallis
195 ex Hispania Citeriore
106 de Scordisceis et TribaUeis
46 C. Helvius
47 M. Porcius
48 M.' Acilius
195 de Celtibereis
194 ex Hispania citeriore
190 de rege Antiocho et Aeto-
leis
Gli " Acta Trmnphalia „ ed il trasformarsi della soc. rom. 269
^d C. Calpurnius 184 de Lusitaneis et Celtiberis
50 Terentii
51 M. Baebius
52 M. Titinius
53 P. Mucius
54 C. Cicereius
55 Cn. Odavius
56 L. Anicius
57 L. Mummius
58 M. Per per no
59 C. Sextius
60 Domitii (Akenobarbus)
(Calvinus)*
182 de Celtihereis
70(?) de Besseis
180 de Liguribus
175 ex Hispania Citeriore
175 de Liguribus et Galleis
172 ex Corsica in monte Albano
167 ex Macedonia et rege Perse
(navalis)
167 de rege Gentio et Ulurieis
162 ex Hispania
145 ex Corintho
134 ex Sicilia et serveis
122 de Liguribus Vocontieis
Salluvieisgiie
120 de Galleis Arverneis
46 ex Hispania
' I Domiti! Calviui liauuo uu console sino dal 332 a. C. ; gli Aheno-
barbi dal 192.
270 Appendice I
61 Q. Servilius Oaepio 107 ex Hinpania Ulteriore
62 C. Marius
104 de Numideis et rege lu-
gurtlia
101 de Cimbreis
63 [AntoniiJ'
64 T. Dldius
102 ex Cilicia
41 ex Alpibus
40 [ovans quod pacem cani
imperatore Caesare fecit)
100 ex Macedonia de 8cor-
disceis
93 de Celtibereis
66 Licinii
99 de Lusitanis
81 (Murena) de rege Mithra-
date
71 (Crassus) ovans de fugiti-
veis et Sparcaco
63 (Lucullus) ex Ponto et rege
Mithridate
27 (Crassus) ex Thraecìa et
Geteis
66 Pompeii
89 de Asculaneis Peicentibus
80 ex Africa
71 ex Hispania
61 ex Asia, Ponte, Armenia,
Papilla gonia,Cappadocia,
' Sul patriciftto degli Autouii v. 6. p. 104; 167,
Gli " Acta Triumphalia „ ed il trasformarsi della soc. rom. 271
Cilicia, Syria, Scìjtlieis,Iu-
deis, Albania, pirateis
67 Servila Vafiue
68 C. Scribonins furio
69 Afranius
88 de ... .?
74: de Isaureis
72 de Dardaneis ex Macedonia
70 ex Hispania
70 M. Pupius Piso Calpur- 69 ex Hispania
nianus
71 C. Pomptinus
72 Q. Pedius
73 L. Munatius Plancus
74 P. Vatinius
75 C. Asinius Pallio
76 P. Ventidiiis Bassus
77 T. Statilins Taurus
78 C. Sosius
79 C. Norbanus
54 de Allobrogibus
45 ex Hispania
43 ex Galli a
42 c^e Illurico
39 ex Parthineis
38 ex Tauro monte et Partheis
34 ex Africa
34 ex ludaea
34 ex Hispania
' J?omo nor»« adottato da nobile plebeo Cic. r7e doj»o 35.
272
80 L. Coniifìcius
81 C. Calvisius Sàbinus
82 C. Carrinas
83 L. Autronius
84 /Sex. Ajppuleius
Appendice I
32 ex Africa
28 ex Hispania
28 ex Gallia
28 ex Africa
26 ex Hispania
8ò L. Semproniiis Atratinus 21 ex Africa
86 L. Cornelius Balhus 19 ex Africa
Gli " Ada Triumphalia ., ed il trasformarsi della soc. rom. 273
*
* *
Abbiamo pertanto durante il secolo V una serie di
trionfi isolati conseguiti dai seguenti personaggi:
Spueius Cassius nel 502 e nel 486.
Menenius Agrippa nel 503.
Siccius Sabinl's e Aquilius Tuscus nel 487.
LucRETius Tripicitinus e Veturius Geminus nel 462.
M. HoRATius nel 449.
Geganius Macerinus nel 443.
Inoltre per 12 genti patricie qui sotto indicate abbiamo
le seguenti iterazioni:
1. CoRNELii 25 volte 7. Sulpicii 6 volte
2. Valerti 17 » 8. Quinctii 6 »
3. Fabii 15 » 9. PosTUMii 6 »
4. Aemilii 14 » 10. FuRii 6 »
5. Manlii 8 » 11. Papirii 6 »
6. Claudti 8 » 12. luLii; ossia le varie itera-
zioni di Cesare e di Augusto.
Non sorprende affatto la grande frequenza con cui Va-
lerli, Fabii ed Aemilii, riuscirono ad ottenere il più vistoso
ed ambito onore, mentre esso fu così scarsamente raggiunto
da altre genti pur cosi benemerite della repubblica. Ciò sta
in perfetta relazione con l'importanza degli avvenimenti
esterni che la tradizione annalistica attribuisce a tali genti.
Pais Bictrche sulla storia e sul diritto pubblico di Rom.a II 18
274 Appendice I
Desta invece sorpresa il fenomeno già sopra rilevato
della grande frequenza dei trionfi dei Cornelii, sebbene dalla
tradizione non siano ricordati fatti veramente notevoli che
giustifichino la straordinaria preponderanza di questa gente
anche per l'età anteriore ad Annibale, mentre anzi parte
delle loro gesta, sia per il secolo V, sia per il IV, è con-
tradetta da altre narrazioni che delle medesime vittorie at-
tribuivano ad altri il vanto/
Codesta preponderanza dei trionfi dei Cornelii, di cui la
metà appartiene all'età successiva alle guerre Puniche, tro-
va però perfetta corrispondenza nella maggior frequenza
con cui essi di fronte a tutte le altre genti romane, figurano
fra i consoli, fra i magistrati minori, fra i sacerdoti (cfr. e.
p. 157 sgg.).
Di ciò le ragioni ci sfuggono interamente; ne abbiamo
modo di darcene una qualche spiegazione se non suppo-
nendo che i Cornelii fossero fra i più ricchi possessori di
terreno, od ammettendo che la loro gente fosse strettamente
congiunta con culti oltremodo importanti. Può supporsi che
la stretta relazione dei Cornelii con il culto di Giove Ca-
pitolino, di cui si trova ricordo sia nelle monete sia nella
vita di Scipione Africano Maggiore (il quale lasciava ac-
creditare la voce che fosse figlio dello stesso Giove) abbia
contribuito a determinare tale fenomeno.
Altri fenomeni degni di venir rilevati sono la comparsa
relativamente tarda del primo trionfo dei Papirii, sebbene
i Fasti li rivelino più volte consoli e tribuni militum con-
sulari potestate sino dal V secolo.^ Più notevole ancora è
' V. ad es. Liv. X 11 sq. Cfr, invoce CIL. I 29.
' Sulle origini piti o mono discutibili dell'antichissimo patiiciato dei
Papiri! V. in queste Rkei-cke II p. 248 sgg.
Gli " Acfa Triumphalia „ ed il trasfoi-marsi della soc. rom. 275
l'mnco trionfo degli lulii f267 a. C), i quali ritornano a
conseguire tali onori solo con Cesare e con Augusto.
Fra le stirpi plebee che appariscono sull'orizonte storico
romano, soltanto una sessantina consegue il trionfo. Una
sol volta l'ottengono le seguenti:
1. Acilii
2. Afranii
3. Anicii
4. Apuleii
5. Asinii
6. Calpurnii
7. Baebii
8. Oalvisii
9. Carrinates
10. Cicerei
11. Cornifìcii
12. Coruncanii
13. Flaminii
14. Helvii
15. Maenii
16. Mucii
17. Mu natii
18. Norbani
19. Octavii
20. Fedii
21. Perpernae
22. Poetelii
23. Poniponii
24. Pomptinii
25. Popilii
26. Porcii
27. Pupii
28. Scribonii
29. Sextii
30. Sosii
31. Statili!
32. Titinii
33. Vatinii
34. Ventidii
Abbiamo la semplice iterazione del trionfo fra i:
Publilii Aurelii Carvilii
Fabricii Mummii Didii
Plautii Terentii
tre trionfi si notano fra i:
Lutati! Livii Minucii Antonii
quattro trionfi vantano gli:
Atilii Curii Claudi! Marcelli Aquilii
una notevole frequenza si nota soltanto nelle stirpi seguenti;
1. Fulvi! 13 volte 4. Inni! 6 volte
2. Caccili! 9 »
3. Marcii 7 »
5. Semproni! 6 »
276 Appendice I
L'intensità assai minore fra i plebei del fenomeno del-
l'iterazione non sorprende affatto. È anzi del tutto naturale
che, aumentando continuamente il numero dei candidati,
presentandosi continuamente all' arringo consolare stirpi
nuove, la grande maggioranza delle stirpi trionfali sia riu-
scita una sol volta a raggiungere tale onore.
Così risponde del tutto alla attività dei Marcii, degli
lunii, dei Sempronii, dei Cecilii, ed alla parte preponderante
che hanno negli avvenimenti della repubblica, il constatare
la loro frequenza negli Atti Trionfali. Desta invece sorpresa
che il primato in tale intensità sia raggiunto dai Fulvii che
non erano di origine urbana, ma provenivano da Tuscolo.
Raggiungendo il trionfo ben 13 volte i Fulvii rivaleggia-
rono adirittura con le primarie genti patricie. Forse la
spiegazione del fenomeno si ottiene constatando la grande
influenza che Tuscolo esercitò costantemente su Roma. Di
codesta influenza abbiamo prova cospicua nel grande nu-
mero di genti consolari giunte da quella città. ^ I Fulvii
conseguirono la prima volta il consolato a Roma l'anno stesso
in cui uno di tal gente duce della guerra contro Roma co-
priva in patria il consolato (Plin. n. h. VII 136). E assai
probabile che i Fulvii abbiano più tardi raggiunto in patria
quel primato, che ivi era già stato tenuto da età antichis-
' Cic. jjfo Piando 8, 19: tu es mu»icipio antiqui><simo Tuscuìaiio, ex qnu
Hitnt pìurimac familiae consulares — in quibns est itiam luveiitia — tot ex rr-
liquis ìnunicipiis omnibus non siint cet.
Cicerone poco dopo ib. 8, 20 dice: nam quando vides Tusculanuni aliquem
de M. Catone ilio in omui iirtute principe, num de Ti. Coruncanio municipi
suo num de tot Fuh-iis gloriavi? verbum nemo facit.
Cicerone tende a mettere in contrasto la relativa indifferenza dei Tii-
sculani di fronte all'orgoglio degli Atinati e degli Arpinati rispetto ai
loro conterranei che avevano consegniti gli onori curuli. Ma ciò aveva
luogo perchè come dice ivi Tiisculo era un refertnm munieipium consulafibus.
I Tnscolani erano ormai abituati a tali onori.
Gli " Ada Tritniiphul'a ,. ed il trasformarsi della soc. rom. 277
sima dai Mamilii, che lo conservarono sino alla metà del
V secolo almeno,^
La storia delle città Latine è scomparsa; disponiamo
di troppo scarsi elementi per giudicare se per effetto di
interne rivoluzioni o di jìressione di avvenimenti esterni i
Fulvii rappresentavano a Tuscolo una semplice successione di
influenze personali ovvero se il consolato dei Fulvii segni
una modificazione della più antica forma del governo che
in antico era retto da dittatori.
Gli splendori dei Fulvii vennero rinnovati e rinfrescati
dal trionfatore di Ambracia glorificato da Ennio ; le pretese
di questa gente, di cui un ramo si intitolò dei Nohiliores
ebbero un tardo ma attivo esponente in Fulvia la moglie
di Clodio, destinata a dar luogo a nuovi e gravi torbidi
allorché si congiunse in nuove nozze con M. Antonio. Fu
essa infatti a fomentare quel movimento che ebbe un triste
epilogo nella guerra di Perusia.
*
*
Speciale riguardo merita infine il rapporto esistente fra
i trionfi dei patrici, della nobiltà plebea e degli homines
novi, fra il 172, in cui i plebei per la prima volta ottennero
di coprire ambedue i seggi consolari, e la fine della repub-
blica. Esso si rivela nel modo seguente:
' Liv. Ili 18; 29; ad. 458 cfr. Cat. fr. 25 Peter, ove si apprende che
la cittadinanza romana di cui fa parola anche Livio l. e. fu accordata al
solo dittatore L. Mamilio e non ai rimanenti Tuscixlani. E questo è, per
quanto è noto, il più antico esempio di cittadinanza concessa ai magistrati
delle città latine.
278
Appendice I
PATEICI
Nobiltà plebea
Homines novi
a. 167 L. AimiliusPaulus
(ex Macedonia et re-
ge Perse)
a. 172 C. Cicereius
(ex Corsica)
a. 167 Cn. Octavius
(ex Macedonia et
rege Perse)
a. IQ7 L.Anicius Gallus
(de rege Gentio et
Illurieis)
a. 166 C. SuLPicius Gal- a. 166 M. Claudius Mar-
Lus cellus
(de Liguribus) (de Galleis Contru-
bieis et Ijiguribus)
^ a. 158 M. Fulvius No-
bilior
(de Liguribus Elea-
tibus)
a. 155 P. CoRNELius Sci- a. 165 M. Claudius ìl&r-
1*10 . cellus
(de Delmateis) (de Liguribus et A-
puanis)
a. 162 L. Miiniiìiius
(ex Hispania)
Gli " Ada Trivmphalia „ ed il trasformarsi della soc. rom. 279
PATRICI Nobiltà plebea Homines novi
a. 146P.CoRNELiusSci- a. 146 Q. CaeciliuiJ Me-
no Aemilianus telliis
(ex Africa et Ha- (ex Macedonia et
sdrtibale) Andrisco)
a. 143 Ap. Claudius
PULCHEE
(de Salassis Galleis)
a. 132P.CoRNELiusSci- a. 132 D. lunius Cai-
no AiMiLiANUs laicus (de Callaiceis
(de Numantiueis) et Lusitaneis)
a. 129 C. Sempronius
Tuditanus
(de lapudibus)
a. 126 M. Aquilius
(ex Asia)
a. 123 M.Fulvius Flaccus
(de Liguribus Vo-
contieis Salluvieis)
a. 122 C. Sextius Cal-
vinus
(de Liguribus Vo-
contieis Salluvieis)
a. 145 L. Mummius
(ex CorintLo)
a. 134 31. Perperna
(exSicilia et serveis)
280 Appendice I
PATRICI Nobiltà plebea Homines novi
•A. r22L.AurelmsOrestes
(ex Sardinia)
a. 121 Q. Caecilius Me-
tellus
(de Balearibus)
a. 120 Q. Fabius Aemi- a. 120 Cn. Domitius
LiANUs Ahenobarbus
(de AUobrogibus et (de Galleis Arverneis)
rege Avernorum Be-
tulto)
a. 117 L. Caecilius Me-
tellus
(de Delmateis)
a. 117 Q. Marcius Rex
(de Liguri bus Stoe-
neis) V
a. 115 M. Aemilius
SCAURUS
(do Galleis Karneis)
a. IH M. Caecilius Me-
tellus
(ex Sardinia)
a. Ili C. Caecilius Me-
tellus
(ex Thraecia)
Gli " Ada Triumphalia „ ed il trasformarsi della soc. rom
281
PATRICI Nobiltà plebea
a. 1 10 M. Livius Drusus
(de Scordisceis Ma-
cedoni bus)
Hoinines novi
a. 107 Q.ServiliusCae-
PIO
(ex Hispanìa Ulte-
rioreì
a. 106 Q. Caecilius Me-
tellus
(de Numideis et re-
ge lugurtha)
a. 102 M. Antonius
(ex Cilicia)
a. 102 C. Marius
(de Numidia et rego
lugurtha)
a. 101 C. Marius
(de Cimbreis)
a. 100 T. Didius
(ex Macedonia Scor-
disceis)
a. 99 M. Aquillius
(ex Sicilia ex Hi-
spania Ulteriore)
282 Appendice I
PATRICI Nobiltà plebea Homines novi
a. 98 L. CoRNELius Do-
LABELLA
(ex Hispauia Uì te-
nore de Lusitania)
a.93P.LiciniusCras.sus a. 93 T. Didius
(de Lusitaneis) (ex Hispania de Cel-
tiberia)
a. 89 Cn. Pompeius
(de Asculaneis)
a. 88 P. Servilius Vatia
(de . . . .)
a.SlL.CoRNELius Sulla a. 81 L. Licinius Mu-
(de rege Mithridate) rena
(de rege Mithridate)
a. 81 C. Valerius Flac-
cus
(ex Celtiberia)
a. 80 Cn. Pompeius
(ex Africa)
a. 78 Cn. Cornelius Do-
LABELLA
(ex Macedonia)
Gli " Ada Triumphalia „ ed il trasformarsi della soc. rom. 283
PATRICI Nobiltà plebea Homines novi
a. 74 P. Servilius Vatia
(de Isaureis)
a. 72 C.Scribonius Curio
(de Dardaneis)
a.71 M. Licinius Crassus
(de Spartaco)
a. 69 M. Papius
(ex Hispania)
a. 63 L. Liciiiius Lu-
cuUus
(de rege Mithridate
et de rege Tigrane)
a. 62 Q. Caecilius Me-
tellus
(ex Creta insula)
a. 61 Cn. PompeiuB
(ex Asia, Ponto, Ar-
menia, Paphlagonia,
Cappadocia, Cilicia,
Syria, Scytheis,Iuda-
eis, Albania, piratis)
a. 64 C. Pomptinus
(de Allobrogibus)
284
Appendice I
PATRICI
a. 61 P.CoRNELius Spin-
THER
(ex Cilicia)
a. 47 M. AiMiLius Le-
PIDUS
(ex Hispania Cite-
riore)
a. 46 C. luLius Caesar
(ex Gallia, ex Aigu-
pto, ex Ponto, ex
Africa, ex Hispania)
A. 46 Q. Fabius Maximus
(ex Hispania)
a. 44 C. luLTUs Caesar
(ex Monte Albano)
Nobiltà plebea
Hominem novi
a. 43 L. Munatius Plancus
(ex Grallia)
a. 42 P. Vatinitis
(de Illurico)
a. 41 L. Antonius
(ex Alpibus)
Gli " Ada Triumphalia „ ed il trasformarsi della soc. rotti. 285
PATRICI Nobiltà plebea Homìnes noci
a. 40 Imp. Caes Aug. a. 40 M, Antoniiis
(quod pacem cum (quod p:icem cam
M. Antonio fecit) imp. Caesare fecit)
a. 39 L. Mareins Cen- a. 39 C. Aslnius Polito
sorinus (ex Parthineis)
(ex Macedonia)
a. 38 P. VentidiusBassus
(ex Parth.eis)
a. 36 Imp. Divi F. Caes. a. 36 Cn. Domitius Cal-
(ex Sicilia) vinus
(ex Hispania)
a. 34 T. Statilius Tauvus
(ex Africa)
a. 31 C. Sosius
(ex ludaea)
a. 33 L. Marcius Phi- a. 33 C. Norbanus
lippus (ex Hispania;
(ex Hispania)
a. 32 Ap. Claudiub Pul- a. 32 L. Cornifìcius
CHER (ex Africa)
(ex Hispania)
286
Appendice I
PATEICI
«i. 29 Imp, Caesar
(de Delmateis, ex
Actio, ex Aigypto et
Cleopatra)
Nobiltà plebea
Homines novi
ti. 27 M. Valerius Mes- a. 27 M. Licinius Crati-
SALA sus (ex Thraecia et
(ex G-allia) Geteis)
a. 28 C. Cahisius Sabinus
(ex Hispania)
a. 28 C. Carrinas
(ex Gallia)
a. 28 L. Autronìus
(ex Africa)
a. 26 Sex. Appuleius
(ex Hispania)
il. 21 L. Sempronius
Atratinus
(ex Africa)
a. 19 L. Cornelius Balbus
(ex Africa)
Gli " Ada Triumplialia „ ed il trasformarsi della soc. rom. 287
Da questo specchio emerge che dal 172 al 19 a. C, fatta
eccezione per Giulio Cesare e per Augusto, vi furono solo
19 trionfi fra i patricii, mentre un numero pressoché dop-
pio (oltre 36) ebbe luogo fra i plebei.
Numero assai inferiore a quest'ultimo (26) si nota fra
gli homines novi. Ma tale inferiorità è relativa ad una se-
rie limitata di anni e di fronte ai risultati generali è solo
apparente. La disposizione cronologica di tali trionfi mostra
che fra il 172, in cui i plebei raggiunsero per la prima volta
le due magistrature di console, ed il 133 in cui Tiberio Gracco
fu eletto tribuno della plebe, vi fu un ulteriore affermarsi
degli homines novi. Il pretore C. Cicereius menò trionfo sui
Corsi e Cn. Ottavio, forse di origine velletrana, sulla Ma-
cedonia e su Perseo (167), L. Anicio di origine prenestina
sull'illirico re Gentio (167), L. Mummius di modesti natali
e di carattere popolare sulla Spagna e poi su Corinto (162,
145). Infine l'etrusco Perperna trionfò sui servi della Sicilia
(134).
Conia morte dei Gracchi (132; 121) con il trionfo della
reazione conservatrice (a cui dopo il breve periodo della
supremazia di Mario, Saturnino e compagni tien dietro la
nuova reazione sillana) è naturale che scompaia per un certo
periodo di anni l'elezione a magistrati e quindi il trionfo
di uomini nuovi. Nessun homo novus trionfa infatti fra il
133 ed il 102, mentre in codesto ventennio abbiamo ben
quindici trionfi, dei quali tre di patrici (Cn. Fabius 120,
M. Aemilius Scaurus 115, Q. Servilius 107) e dodici fra
membri della nobiltà plebea. E di codesti dodici trionfi
cinque sono conseguiti dai soli Caecilii Metelli.
La nuova serie dei trionfi degli uomini nuovi è aperta
dall' arpinate Mario che dei Caecilii Metelli fu fiero nemico.
Durante il periodo che dal primo trionfo di Mario (102) va
288 Appendice I
alla morte di Siila l'influenza dei patrici è ancor valida
(4 trionfi) e quella della nobiltà plebea è di molto superiore
a quella degli homines novi dacché i due trionfi dei Pom-
peii e quelli di T. Didius furono ottenuti da persone, che
sebben fossero in parte novi, appartenevano al partito con-
servatore.
La preponderanza assoluta degli homines novi ha principio
con l'età cesariana. Membri dell'antico patrioiato e della
nobiltà plebea continuano ancora a menar trionfo (circa 5
per classe) ma, oltre al trionfo di Pomptinus, il noto amico
di Cicerone, altro homo novus adepto della nobiltà (64) noi
abbiamo i trionfi dei generali cesariani Munatio Planco (43);
Vatinio (40); Asinio Pollione (39); Ventidio Basso (38); Sta-
tilio Tauro (34); C. Sosio (34); C. Norbano (34); L. Cornifi-
cio ; Calvisio Sabino e C. Carrinas (28); L. Autronio (28);
Appuleio '26j. Finalmente nel 19 il trionfo sull'Africa è
conseguito dallo spagnuolo L, Cornelio Balbo.
Sono generali in gran parte dell'Italia centrale e l'onore
del trionfo, salvo il caso in cui è ambito dallo stesso im-
peratore, è ormai così divulgato, che sarà cura di costui
sopprimere una cerimonia che, ristabilita nel suo antico
splendore, richiamava antiche tradizioni, ricordava 1' aequa-
litas republicana e poteva porgere occasione a future ribel-
lioni.^
Dopo il trionfo di Cornelio Balbo, non è più fatta men-
zione negli Atti dei trionfi di tal onore concesso a gene-
rali vincitori. Agrippa lo rifiutò, sebbene lo avesse meri-
tato per le vittorie sui Cantabri e per aver domata la se-
dizione Bosforana (Cass. Dio LII 11 sq.; LIV 24 ad a. 19
e 14 a. Ci. Per il 9 a. C. si fa ancora ricordo di un' ova-
' Si vfila (luiinto a questo proposito dire Casmo Dione LIV 12.
Gli " Aeta Triumphalia „ ed il trasformarsi della soc. rom. 289
zioue celebrata da Tiberio (Cass. Dio LV 2) ; ma è un prin-
cipe della casa dominante.
Per lo stesso principio per cui Augusto, anche rispetto
ai principi della sua stessa casa, non confermava le accla-
mazioni militari di imperator (Cass. Dio LIV 33 ad 11 a.
C), ai trionfi, a partire da 12 a. C, venivano ormai sosti-
tuiti gli innocui ornamenta triumphalia, i quali sollevavano
certamente nella gerarchia dei magistrati coloro che ne ve-
nivano insigniti ma senza reale aumento della loro potenza
politica.^
Rispetto ai veri trionfi, codesti ornamenti trionfali stanno
su per giù nello stesso rapporto in cui gli antichi titoli feudali
di marchese e di conte stanno di fronte alle innocenti decora-
zioni cavalleresche degli Stati delle monarchie democratiche
dell'Europa moderna. Gli antichi trionfi della repubblica
giovavano ad impersonare su dati magistrati e generali il
ricordo delle vittorie e delle conquiste della patria e ne
aumentavano l'influenza politica. Gli ornamenta triumphalia,
per vittorie ottenute mediante gli auspicii dello stesso im-
peratore, varranno invece a rendere sempre più cospicui i
segni esterni della soggezione, che sempre più legheranno i
cittadini verso il principe.
• Il materiale è raccolto nella dissertazione di S. Feimb De ornamenti»
iìiumj)halibus (Berolini 1885).
Tu» Ricerchi tulla ttoria e tnl diritto pubblico di Roma II 19
APPENDICE II.
11 succedersi di nuove genti nella serie dei magistrati
monetali della Repubblica Romana.
All'elenco delle genti che raggiunsero le magistrature
curuli non è inopportuno far seguire anche quello dei ma-
gistrati monetali.
A prima vista, disponiamo di un materiale abbondante
per risolvere alcuni fra i vari problemi che abbiamo sopra
discussi. In realtà le nostre speranze rimangono spesso
deluse poiché i Romani incominciarono a coniare moneta
solo nella seconda metà del secolo IV: ^ e da principio non
segnarono il nome dei magistrati incaricati di sorvegliare
e garantirne l'emissioni. Solo verso la metà del secolo III,
a parte simboli, cominciano nessi, i quali non sono sempre
di sicura interpretazione. I nomi di magistrati monetali co-
minciano poi ad essere incisi per esteso solo al principio del
II secolo.
Per gli stessi motivi solo in via estremamente eccezio-
nale la numismatica repubblicana porge qualche raro dato
relativo ad antichi culti gentilizi, non fa allusione a quelli
' Allo stato attuale delle cognizioni reputo ozioso confutare le opinioni
di coloro che ripetono la tesi del Mommsen il quale afteriuò che la mone-
tazione romana avesse avuto principio con i decemviri.
// succedersi di nuove geufi uelìa serie dei mug. v/outUtH 291
vetustissimi di cui Varrone e Festo serbano memoria. Essa
rappresenta invece con frequenza le maggiori divinità latine
come Giove e Diana, fra le greche quelle che da lungo tempo
avevano avuto accoglienza ufficiale, come Apollo, Mercurio,
Ercole, i Dioscuri. Infine commemora nelle sue figurazioni
culti riconosciuti posteriormente, come Venere Ericina, la
Pietas, Esculapio, la Felicitas.
Rispetto allo sviluppo delle genti romane abbiamo dati
assai manchevoli, sopratutto per l' età più vetusta.
Di patrici troviamo ricordo in modo intermittente tanto
per i più antichi come per i recenti periodi. Il materiale
numismatico non ci autorizza però a formulare leggi. Ove
una legge potesse rintracciarsi varrebbe forse a dimo-
strare che coloro che appartenevano alle grandi casate ed
avevano maggior probabilità di conseguire le cariche curuli,
non davano importanza speciale all' ufficio di sorvegliare la
zecca e la regolarità dell' einissione della moneta. I plebei
urbani o municipali si adoperano forse in maggior misura
a conseguire una magistratura per sé stessa non molto
cospicua, ma che per lo meno, a cominciare dal I secolo fini
per servire di gradino per coloro che aspiravano a conse-
guire in seguito le cariche curuli e ad entrare in Senato.
La serie dei magistrati monetali romani porge docu-
menti importanti per il nostro fine sopratutto a partire dalla
fine del terzo o meglio dal principio del II secolo allorché si
incominciò a segnarne più distesamente il nome. Tuttavia
anche rispetto al II secolo, non siamo in grado di fissare una
cronologia monetaria così esatta come la desidereremmo. Non
possediamo infatti dati sufficienti intorno al modo ed al
tempo in cui le emissioni monetarie avevano luogo.
Nonostante queste ed altre difficoltà e lacune, l' esame
complessivo dei magistrati monetali della repubblica vale a
292 Appendice II
completare osservazioni fatte in base ai Fasti consolari, so-
pratutto per il secolo anteriore e per gli anni susseguenti
alle leggi lulia e Plautia Papiria relative alla cittadinanza
romana concessa ai federati Italici (90-89 a. C).
*
*
Neir esaminare il materiale numismatico seguo le divi-
sioni cronologiche del Conte de Salis accolte dal Grueber
nella recente opera Coins of the roman repuhJik (London
1910 tre voi.). Non già che io accetti senza altro tutte le
divisioni e le assegnazioni singole rispetto all'anno od al
luogo di emissione. Ma quest'opera, che porge talora date
assai diverse da quelle raccolte dal Babelon, è frutto di os-
servazioni posteriori a quelle del Cavedoni, del Borghesi, del
Mommsen, che dal Babelon vennero riassunte nella sua assai
pregevole descrizione delle monete repubblicane. Il Grueber
ha sopratutto il merito di dare un preciso ed ordinato spo-
glio dei ripostigli ; sicché riesce più agevole, che non lo
sia nel Babelon, rendersi conto di una data determinazione
di anno per ogni singolo nummo.
Io penso si debba essere però molto cauti intorno alle
identificazioni dei singoli monetali. Per questo lato, l'opera
cosi diligente del Grueber, non rappresenta sempre un pro-
gresso ed un rigoroso controllo su quella degli anteriori
scrittori. In vari casi riproduce anche essa, senza discus-
sione, le determinazioni che furono già proposte od accet-
tate dagli illustri numismatici teste ricordati.
Un esame spregiudicato dei dati degli antichi mostra che
rispetto a talune identificazioni non si è tenuto conto suf-
ficiente dell'esistenza di persone della stessa gens vissute
Il succedersi di nuove genti nella serie dei /wy. monetali 293
negli stessi anni od a poca distanza di tempo, aventi i me-
desimi prenomi e nomi: Roma ha avuto contemporaneamen-
te diversi Appi Claudi* e, per citare un altro esempio, per
il 50 e successivamente per il 49 figurano nei fasti conso-
lari due C. Claudi ]\Iarcelli, fra loro affatto distinti.
Di già Asconio in Scaur. p. 23 KS. ad evitare errori no-
tava: ne forte erretis et eundem hunc Cn. Dolahellam pu-
tetis esse, in queia C. Caesaris oratlonea ìegitls, scire vos
oportet duos eodem tempore fuisse et prenomine et cognomine
Dolahellas. È appena necessario osservare che ciò deve es-
sersi spesso ripetuto per molti altri gentiles di altre gentes.
È sperabile che il futuro illustratore della numismatica
di Roma repubblicana la purghi di affermazioni che assai
spesso sono del tutto arbitrarie e che in base all'autorità
di scrittori eminenti, come il Borghesi e Teodoro Mommsen,
sono generalmente accolte senza controllo anche in opere di
grande valore.
A fare il riscontro delle molte e fallaci affermazioni di
tal natura, che sono oggi ripetute come verità, non sono de-
stinate le pagine seguenti. Non è infatti mia intenzione fare
un'illustrazione dei singoli monetali romani, ma solo por-
gere per mezzo dei loro nomi l' ulteriore dimostrazione che
vi fu a Roma quel rinnovamento di stirpi di cui abbiamo di-
scorso nella anteriore memoria relativa ai Fasti dei consoli.
' Si peDsi ad es. ad Appio Claudio morto uel 82 ed a suo zio console
nel 79 v. il materiale in PW. BE. Ili col. 2666 n. 13; 296 e. v. Claudius.
Anche Asconio in Milon. p. 29 KS ricorda duo adultucentuli qui Appii Claudii
ainbo appellabaniur .
294 Appendice II
*
*
Per il periodo che dalla metà del III secolo va al 173
circa a. C. abbiamo una serie di nessi di cui la maggior
parte è solvibile ed è riferibile a ben note genti : *
1. C. Al. in nesso (Caius Allius?) Grueber I p. 34, Ba-
belon I p. 508. Un P. Paetus probabilmente un Aelins Paetus
compare verso il 150-125, Grueber I p. 120 cfr. in nesso Paet.
fra il 196 ed il 173, Grueber I p. 84.
2. C. Var. in nesso (Caius Varrò?) 240-229. L'ipotesi re-
gistrata anche dal Grueber I p. 35 che sia da attribuire a
Terenzio Varrone il vinto a Canne, non si basa, mi sembra,
su argomenti molto validi. Il nesso è riferibile ad un Vaia-
vo? È esclusa la soluzione Varus?
Il monogramma Varo compare daccapo fra il 196 ed il
173 Grueber I p. 68.
Un Caius Terentius Lucanus appare invece fra il 172-151,
Grueber I 103; ma non sappiamo a qual ramo dei Terentii
appartenesse.
' Non raccolgo il monetale di cui abbiamo il nome nel ntsso formato
dalle lettere F. L. P. attribuito a diverse persone dai vari scrittori di cose
niimismaticlie v. Grueber I p. 65. Così trascuro ad es. i seguenti nessi:
MD che taluni attribuiscono ad un Buni)iiis Grueber I p. G9.
Lh PL (in nesso) che si suol riferire ad Z. riaiiiius iJypaaeuii Gruiber
I p. 70.
Il denaro cou le lettere Tod attribuito ad un iuiagiuario Todillus,
Grueber I p. 77.
Il triente cou il nesso Sax.
I vari nummi cou quello Bai (Balbus).
Gli assi ed i semissi con il nesso Mal; sebbene sia probabile l'iden-
tificazione con il nome dei Matieni, Grueber I p. 82.
Gli assi ed i trienti con la sola lettera P. Grukber I p. 83, che non
vedo perchè si attribuiscano ad uu Petronius.
Il succedersi di uvove genti nella serie dei may. nìonetnìi 295
Fra il 196 ed il 173 a. C. abbiamo nel Grueber i seguenti
nummi.
3. Val. (in nesso), Grueber I p. 69.
L' ipotesi oggi prevalente sia da attribuire a L. Yalerius
Flaccus, uno dei triumviri della colonia di Placentia e Cre-
mona, non ha base sicura.
C. Valerius Flaccus è ricordato in nummi del 150-125,
Grueber I p. 120.
4. Tamp. in nesso.
Evidentemente uno dei Baebii Tampili, Grueber I p. 71.
Un M. Baebius Tampilus compare in un denario del 150-125,
Grueber ib. p. 132.
5. Aur. in nesso.
Si attribuisce ad un Aurelius, Grueber I p. 72. Un M. Aii-
reliiis Cola appare in denarii fra il 150 ed il 125, Grueber
I p. 129.
6. Mae. in nesso.
Attribuito ad un Maenius, Grueber I p. 77. Cfr. P. Maen.
in nesso nello stesso periodo cronologico ib. I p. 83. Altri
nessi di monete fra il 124 ed il 103 attribuite a personaggi
dello stesso nomen, v. in Grueber I p. 145.
7. V. Aliti', in nesso. Autronius, Grueber I p. 78.
8. Opeim. in nesso, Grueber I p. 78.
M. Opeimus ricompare fra il 99 ed il 95 Grueber I p. 173.
9. Q. Me. in nesso, cbe si attribuisce ad un Metello, Grue-
ber I p. 79. Il nesso Q. Mete si ritrova in denarii del 156-103,
Grueber I p. 156. Quello A. f^e in assi fra il 172 ed il 151,
Grueber p. 107.
10. L. Coil. denariO; Grueber I p. 81.
11. Cn. Calp. in nesso, Grueber I p. 81.
Il Grueber 1. e. tenta identificare questo personaggio con
il pretore del 178.
296 Appendice II
12. Cu. Do. Grueber I p. 83.
I Domita compariscono più volte a partire dal periodo
fra il 124 ed il 103, Grueber I p. 151.
13. C. Sax. in nesso, Grueber I p. 84.
A questa gente è stato pur riferito il triente dello stesso
periodo con il nesso Sax. L'attribuzione di tali nummi a
C. Clovius Saxula pretore nel 175 proposta dal nostro Bor-
ghesi, o a suo figlio come si è pensato da altri, v. Grueber
I p. 85, non ha base del tutto sicura.
Ai magistrati monetali fra il 196 ed il 173 vengano ag-
giunti quelli della monetazione romana, la quale (se a ra-
gione o a torto non voglio qui discutere), si giudica dal
Grueber coniata nelle zecche della Penisola.
14. Fur. in nesso, Grueber II p. 230.
15. Taln., Grueber II p. 232.
Appartenente agli luventii Talna di Tuscolo.
16. Mat. in nesso, Grueber II p. 236.
Si suole attribuire ai Matieni.
Alla serie dei nummi fra il 196-173 il Grueber aggiunge
anche l' asse con la leggenda M. Titini, Grueber I p. 85.
Questo è il primo nummo in cui appare per disteso il
nome del monetale. Manca, per quanto vedo, una ragione
assoluta per attribuirlo piuttosto ad un anno che ad un altro
di quella serie fissata con criteri che hanno un valore solo
relativo.
Preferisco quindi unirlo alla serie t^eguente che, stando
alla classicazione del Conte de Salis accolta dal Grueber,
comprende le monete ed i monetali dal 172 al 151.
Il succedersi di nuove genti nella serie dei mag. monetali 297
In questa serie pertanto abbiamo :
1. M. TUini, Grueber I p. 86. ^
2. a Inni a f. Grueber I p. 89.
3. S. Afra, verso 172-351, Grueber I p. 91.
4. M. Atili Saran. fra 172-151, Grueber I p. 92.
5. Q. Marc. Libo fra 172-151, Grueber I p. 94.
6. L. Semp{ronius) Pitto e. s. Grueber p. 95.
7. L. Iti e. s. Grueber I p. 97.
8. L. Mamilio, Grueber I p. 97.
Monetari attribuiti fra il 172 ed il 151 di cui per il
periodo anteriore non è apparso il nomen.
9. C. Scr{ihonius), Grueber I p. 102.
10. Nat. Grueber I p. 101.
Appartiene con certezza ad un Pinarius Natta patrizio.
11. C. Tal. Grueber I p. 102.
È un luventius Talna; gente di Tuscolo.
Le varie identificazioni registrate da Grueber ib. p. 2
sono incerte.
12. C. Ter{entius) Luc{anus\ Grueber I p. 103.
13. P. Blas{io), Grueber I p. 104.
Si tratta di un Cornelius Biasio. Ma l' identificazione di
questo personaggio è tutt' altro che sicura.
14. Ta ovvero At, a seconda del modo che si tiene nello
sciogliere il monogramma quindi Atilius ovvero Tatius
Grueber I p. 105.
' Codesto M. Tiiinins è stato ideiitificnto dal Monimsen con il tribuno
omonimo del 193, pretor« nel 178. Ma a t;ilc identificazione si opporrebbe la
data che dal Conte de .S;ili8 è assegnata al nnmmo in parola. Esso sarebbe
di qualche anno posteriore, Grueber 1. e.
298 Appendi re II
15. Turd. (Turdus), Grueber I p. 105.
A quanto sembra, un membro dei Patirli Tur di che,
come è noto, erano plebei.
16. Cina, Grueber I p. 106.
Anche i Cornelii Cinnae erano plebei,
17. Murena, Grueber I p. 107.
Murena è il cognome di un ramo elei Licinii, che traeva
le origini da Lanuvium.
18. C. Sae., Grueber I p. 107.
Nessun gentilicio si presta ad essere identificato con
questo nesso ad eccezione di quello della gente Sae-
nia, alla quale, infatti, è generalmente attribuito.
19. Q. Mari, Grueber I p. 108.
Non si tratta di un antenato del celebre Mario nato di
genitori poveri. È ovvio invece il pensiero che sia
un parente di quel C. Marius C. F. Capito, che nel
82 segnò i denari in cui è rappresentato un colono
nell'atto di arare, Grueber I p. 353.
20. S. Furi in nesso, Grueber I p. 109.
21. P. Sula, Grueber I p. HO.
Un Cornelio patricio
22. L. Sauf., Grueber I p. III.
I Saufei, come è stato più volte notato, sono già ricor-
dati nelle epigrafi prenestine, cfr. Babelon II p. 420.
23. Flavus, Grueber I p. 113.
Lo si attribuisce generalmente alla gente Decimia perchè
nel 209 e nel 184 si fa menzione di un pretore e di
un questore Decimius Flavus. D' altra parte codesto
cognome è tutt' altro che raro, perchè si debba accet-
tare senz'altro questa identificazione.
24. L. Cup., Grueber I p. 113.
Nummi che si sogliono riferire alla gente Cupiennia.
25. C. Antesti, Grueber I p. 114.
Il succedersi di uìiove yenti nella serie dei vickj. vtoneiali 299
Tra i nummi attribuiti dal Conte de Salis e dal Grue-
ber alle zecche d'Italia si notano perii 172-151 i seguenti
magistrati monetali.
26. C. Maiani in nesso, Grueber II p. 243.
Fra il 150 ed il 125.
27. C. Reni, Grueber I p. 121.
Dalle figurazioni relative al culto della dea Inno Capro-
tina appare che i Renii erano di origine Lanuvina.
28. C. Cur. Trige, Grueber I p. 122.
È discutibile se si tratti di un patricio ovvero di un
plebeo che si faceva derivare da questa antichissima
gente.
29. L. luli, Grueber I p. 124.
30. L. Atili Noni., Grueber I p. 124.
Abbiamo già notati gli Atilii, ma il cognome Nomen-
tanus accenna forse ad un altro ramo dello stesso
nomen.
31. A. Spuri, Grueber I p. 127.
32. Cri. Gel, Grueber I p. 129.
33. M. Auf. Bus., Grueber p. 130, Babelon I p. 233.
Si attribuisce questo denaro ad un Aufidius. E perchè
escludere un Aufeius?
34. Sex. Poni. Fostlus, Grueber I p. 131.
Il denaro di Fostlus si suole attribuire alla gens Pom-
peia. Io ho più volte notato che è da assegnare invece
alla gens Pomponia, la quale era urbana e si connet-
teva con l'età regia, mentre i Pompei sono più re-
centi e di origine municipale.
35. Cn. Lucr. Trio, Grueber I p. 132.
36. C. Aug., Grueber I p. 135.
Appartiene ad un Minucius Augurinus. I Minucii Augu-
300 Appendice II
riui plebei ricompaiono poclii anni dopo, Grueber ib.
p. 139, 148.
37. L. Trebani, Grueber I -p. 136.
Fra i monetari che, accettando la classificazione del Grue-
ber, avrebbero coniato monete nelle zecche d' Italia notiamo
fra il 150 ed il 125 :
38. C. Ali. Raf. in nesso, Grueber II p. 246.
La soluzione del nesso in Aurelius E-ufus non è del
tutto sicura.
39. Carh.y Grueber H p. 247.
I Papirii Carhones erano plebei.
40. C. Pinti, Grueber U p. 248.
Che sia da riferire alla gens Pìautia non è sicuro.
41. il/. Fani C. f., Grueber II p. 261.
L' afifermazione che codesto Fannio sia il figlio del tri-
buno della plebe del 187 è una delle tante che in-
gombrano taluni fra i nostri migliori trattati di nu-
mismatica. È meglio confessare la nostra ignoranza.
Magistrati monetali che compaiono la prima volta fra
il 124 ed il 103.
42. C. Namitori, Grueber I p. 141.
43. M. Fahrini, Grueber I p. 144.
44. M. Aburi M. f. Gem., Grueber I p. 146.
45. M. Acili{us) Balbus, Grueber I p. 160.
46. M. Porc. Laeca, Grueber I p. 161.
47. C. Cassi, Grueber I p. 163.
48. C. Cavip., Grueber I p. 154.
Si suole interpretare Camjpanianus. Nulla esclude però
il nome Campanius.
Il succedersi di nuoce genti nella serie dei mag. monetali 301
49. T. Q., Grueber I p. 154.
Lo si suole attribuire (non so con quanta ragione) a T.
Quinctius Flamininus console nel 123.
Nelle zecche che, a ragione od a torto, si assegnano a
regioni d'Italia fra i magistrati che segnarono monete fra
il 124 ed il 103 rileviamo:
50. M. Calid., Grueber II p. 255.
51. Gn. Folli., Grueber ib.
Gn. Fulviics e M. Calidius appaiono colleghi di Q. Metellus.
62. a F.
53. L. R.
54. Q. M.
Tre monetari ricordati unitamente, Grueber II p. 25R.
Le soluzioni C. Fahius, L. Roscius, Q. Marcius sono
possibili ma non certe.
55. Q. Curi.,
M. Sila in nesso, Grueber II p. 257 cfr. p. 259.
Fra il 102 ed il 92.
56. M. Varg., Grueber p. 163.
Un L. Vargunteius è ricordato da Sallustio come com-
plice di Catilina. Cat. 17; 28; 47.
57. C. Egnahdei C. /., Grueber I p. 164.
58. Caepio, Grueber I p. 170.
È un Servilius Caepio patricio.
59. L. Post. Alb., Grueber I p. 171.
È degno di nota il tardo comparire di un monetale di
cosi vetusta gente patricia. Lo stesso vale per i Fahii
che appariscono anche essi in questo periodo.
60. Q. Max., Grueber I p. 178.
Pare si tratti di un Fabius Maximus patricio. Un iV. Fabi
Pictor V. poco dopo, Grueber I p. 181.
302 ApìHììdke II
61. L. Porci Liei, Grueher I p. 185.
Ignoriamo quale rapporto di parentela passasse fra que-
sto L. Porcius Licinus i Porcii Laeca ed i Cafones.
62. L. Cosco M. f., Grueber I p. 185.
63. C. Malie C. f., Grueber I p. 186.
Appartiene ad un Poblicius Malleolus. Codesta stirpe
plebea ricompare in .seguito, Grueber I p. 365 II 364.
Fra i nummi che (stando a teoria cbe non intendiamo
qui discutere) sarebbero stati emessi dalle zecche romane
in Italia durante il periodo 102-92 notiamo :
64. M. Tulli, Grueber II p. 266.
Il Gavedoni sospettò che fosse da riferire al sillauo
TuUius Decula, che fu console nel 81. La classifica-
zione del conte De Salis, come fa osservare il Grue-
ber I e. n. 1 coincide piuttosto con quella del Ga-
vedoni che con 1" altra del Mommsen, il quale attri-
buiva il denario al 134 circa.
65. A. Manli Q. f. Serg., Grueber II p. 268.
È discutibile se qui si abbia una persona della gente
Patricia dei Manlii oppure un plebeo inscritto alla
tribù Sergia come quello che è ricordato in un num-
mo di Segobriga, ove si legge T. Manlius T. f. Sergia
cfr, Grotefend apud Grueber II p. 268 n. 1.'
66. M. Sergi Silus, Grueber II p. 269, Babelon II p. 442.
Su costui V. il materiale raccolto in Sobeck Quaestoren
p. 24.
67. 31. Cipi M. f., Grueber II p. 271.
68. P. Nerva, Grueber II p. 274.
' Segobriga, del resto, appaiteueva alla tribù Galcriu (v. Kubitschkk
linpirìvm Itnmanum ìrihulim dei^rrìplum (Viiidoboiiuo 1889) p. 199.
Il succedersi di nuove genti nella serie dei mcuj. lUoneUli 30B
È un Licinins Nerva. La rappresentazione della moneta
che ricorda la ìex taheUarìa mostra rapporti, come è
siato molto volte notato, con il ramo più noto della
stirpe dei Licìnii Crassi.
61). T, Deidi, Grueber II p. 276. Babelon I p. 455.
Il Grueber rileva che non vi sono prove per identificarlo
con T. Didius tribuno della plebe nel 103. A noi basti
rilevare il carattere non urbano di questa stirpe v.
s. p. 167; 17-1.
70. Flamini. Odo, Grueber II p. 278.
71. Ti. Vef. jB., Grueber II p. 281.
Grueber lo attribuisce ad un Ti. Veturius Barnes senza
però argomenti sicuri. Cfr. Ti. Vet. in nesso del qua-
drans, Babelon II p. 535.
Perche Veturius e ad es. non Vettius?
72. Ti. Q., Grueber II p. 288.
La soluzione Ti. Quinctius non è del tutto certa.
73. L. Caesi, Grueber II p. 290.^
74. Q. Lufafi Cerco, Grueber II p. 297.
75. M. Aquil, Grueber II p. 300.
Fra il 91 e 1' 89.
76. M. Fontei^ Grueber I p. 192.
I Fonteii erano di Tuscolo.
77. M. Herenni, Grueber I p. 195.
Sull'origine non romana di questa gente v. s. p. 185.
78. C. PuLCHER e poco dopo ed in seguito AP. CL., Grueber
Ip. 198sg.
Si noti la tarda comparsa dei patricii Appi Claudi.
. Ai monetali di questo periodo dovrebbero essere aggiunti iCa«8Ì««
Cae.il e C. AUU. Baia Gk.kbb. I p. 236 sgg ; 238 M^ nonc..aro
«e siano o no persone appartenenti respettivamente alle ben note genti
plebee già nominate dei Cassìi e degli Aeìn.
304 Appendice II
79. Ap. CL. T. Mal. Q. Ur., Grueber I p. 199.
Appius Claudius e T. Mallius segnano tali monete nella
qualità di questori urbani. Si pensò dal Mommsen
Roem. Muenzwesen p. 561 n. 301, e si ripete dai più
recenti, Sobeck Die quaestoren der roem. Republik
p. 29, che codesto Appio Claudio fu questore prima
dell' 89 e in tal modo si troverebbe la data anche
per il suo ignoto collega.
80. C. SuLPici C. F., Grueber I p. 202.
I patrici Sulpicii Galba ricompaiono verso il 3 a. C. Grue-
ber II p. 113.
81. L. Memmi Gal., Grueber I p. 204.
82. a Coti Cald., Grueber I p. 212.
È il noto Tiomo novus, die conseguì il consolato nel 94
a. 0.
83. L. Saturn., Grueber I p. 216, Babelon I p. 208 sg.
È un personaggio della gens Appuleia.
84. P. SaUni, Grueber I p. 221.
I quinari di Sabino si sogliono attribuire alla gens Vet-
tia. Non vi sono però argomenti perentori per esclu-
dere un' altra stirpe.
85. M. Lucili Ruf., Grueber I p. 224.
86. L. Thorius Balbus, Grueber I p. 225.
II culto di Inno Lanuvina indicato nelle monete di que-
sto magistrato ne indica l'origine.
87. L. Sentii C. f., Grueber I p. 227.
88. P. Servili M. F. Rulli, Grueber I p. 230.
I Servilii Rulli erano plebei.
89. C. Fundani, Grueber I p. 231.
Gente di Fundi che raggiunse il consolato sino dal 243.
lì succedersi di nnooe (jenti nella strie dei m<uj. monetali 305
Raggruppando il materiale lin qui indicato abbiamo i
seguenti gruppi:
Fra i patrici si notano di quando in quando le genti
seguenti :
1. Vàlerii
2. PlNARU
3. FuEii
4. CORNEI-II
5. lULII
tì. QUINCTII
7. Servilii
8. POSTUMII
y. Fabii
10. Manlii
11. Sergii
12. Claudii
13. SuLPicii
a cui si può aggiungere, ove realmente bÌ tratti di un pa-
tricio, Curiatius Trigeminus.
Se si confronta l'elenco dei fasti consolari dal 172 al
89 con quello dei magistrati monetali dal 196 sino allo
stesso anno 89 veniamo ad un risultato presso a poco iden-
tico. Il primo ci dà 12 genti patricie il secondo 13. Figu-
rano nel primo gli Aemilii, che mancano al secondo. Nel
secondo sono in più i Pinarii ed i Sergii, che non si tro-
vano nel primo.
Riunendo i monetali appartenenti alle stirpi della no-
biltà plebea e precisamente a quelle che avevano raggiunto
il consolato prima delle leggi lulia e Plautia-Papiria conce-
denti la cittadinanza a tutti i federati Italici abbiamo l'e-
lenco seguente:
5. Maenii
6. Opimii
7. Caecilii
8. Calpurnii
1. Aelii
2. Terentii
3. Baébii
4. Aurelìi
J»Aji Bietrehe tulla ttoria « «ni diì-Uto puì>ì)lico di Koina II
9. Domita
10. Titinii
11. lunii
12. AtilH
20
306
13. Marcii
14. Sempronii
15. Mamilii
16. Scribonii
17. Inventa
18. Papirii (Carbones
e Cinnae)
19. Antestii
Appendice II
20. Curtii
21. Pomponiì
22. Minucii
23. Fannii
24. Acilii
25. Porcii
26. Cassii
27. ii^MZfii
28. Po&Zzm
29. Z)«(?ms
30. Flaminius
31. Lutatius
32. Aquila
33. Herennii
34. 6'oeZ«'
Figurano poi le stirpi seguenti che conseguirono il con-
solato solo dopo l'89:
1. Afranii (A. Afranius cos. nel 60)
2. Autronii (P. Autronius cos. nel 65)
3. Apuleii (Apuleii Saturnini cos. dal 29j
4. TulUi (M. Tullius Decula cos. nell' 81)
5. Memmii (C. Memmius cos. nel 34)
6. Sentii (Sentii cos. dal 19)
7. GelUi (L. Gellii cos. dal 72)
8. Aufidii (Gn. Aufidius cos. nel 71)
9. Saenii (L. Saenius cos. suf. nel 30)
10. Fonteii (C. Fonteius cos. suf. nel 33).
E finalmente abbiamo le seguenti stirpi che non rag-
giunsero mai le su])reme dignità curii! i :
1. Ita
2. Egnatuleii
3. Cosconii
4. Maianii
5. Saufeii
6. Cup{iennii]
7. Spuri{lii)
8. Trebanii
9. Fabrinii
10. Aburii
1 1 . Caesii
12. Thorii
13. i?e«ù'
14. Calidii
lo. 6'«2?M
16. Varguntei
17. Numitorii
Il succedersi di nuove genti nella serie dei mag. monetali 307
Raggruppando tutti questi nomi abbiamo la conferma
dell'infiltrazione di Italici a Roma prima ancora della guerra
Sociale. Accanto al più vetusto elemento latino rappresen-
tato dai Fulvii, dai Porcii, a cui si aggiunsero poi gli lu-
ventii, i Fonteii ed altre numerose stirpi che non abbiamo
più modo di precisare, accanto ai Renii ed ai Thorii di
Lanuvio troviamo gli Herennii, i Didii, i Gellii, ai quali
vanno aggiunti gli Aufìdii, i Maianii, che, come indicano i
loro nomi, non erano certo di origine urbana.
Non tutte codeste stirpi riuscirono a coprire le alte ma-
gistrature curuli, è vero, ma i nomi sopra riferiti ai quali
vanno con tutta probabilità aggiunti varii altri come quello
dei Saenii, dei Caesii, giustificano le apprensioni dei Romani
preoccupati di tale infiltrazione di elementi forestieri i quali
riuscivano talora a raggiungere persino il consolato ed a
trionfare; ciò che avvenne ad es. per Didio (93 a. C.) e per
Perperna (132 a. C).
Indice di cotesto preoccupazioni sono il processo contro il
padre del console Perperna, al quale non fu riconosciuto il
diritto di considerarsi cittadino romano,^ la legge Licinia
Muoia del 95, con cui si inquiriva appunto contro coloro
che abusivamente avevano assunto la cittadinanza romana.
Questa legge, come è noto, fu tra le cause primarie che con-
dussero allo scoppio della guerra Sociale.'
Di tali preoccupazioni abbiamo infine un'ulteriore prova
nella legge Papia del 65 la quale continuò codeste indagi-
' V. 8. p. 245.
' V. ad es. Ascox. in Corn. p. 60 KS : nam citm summa cupiditate civi-
tatif Romanae Italici popuU tencrcniur, et oh id magna eorum prò civihus Ro-
mtmis se gererent, necessaria lex vina est, ut in $uae quisque civitatis ius redi-
geretur. Verum ea lege ita alienati animi sunt principnm Italicorum populo-
rum, ut ea vel maxima causa belli Italici, quod post triennium exortum
est, fuerit.
308 Appendice II
ni, sebbene fosse già passato un quarto di secolo dall' ap-
provazione delle leggi lulia e Plautia Papiria per cui gli
Italici tutti avevano acquistato, volendolo, il diritto di
cittadinanza romana.*
Una prova evidente della resistenza dei Romani di Roma
di fronte a codesta invasione dell' elemento italico, che
prendeva dimora nella Città, che aspirava a prendere parie
al governo della pubblica cosa, è fornita dal fatto che il pa-
triciato scarsamente rappresentato fra i monetali, per lo
meno dal principio del II secolo sino ai tempi di Mario,
comincia ad affermarsi negli anni che dal 102 circa giunge
sino al 90.
Tal fenomeno è dimostrato dal seguente elenco :
1. L. Post. Alb. verso il 99-95, G-rueber I p. 171.
2. Sex. Iuli, Caesar verso il 94, Grueber I p. 174.
3. Max (un Fabio Massimo) e. s., Grueber I p. 178.
4. N. Fab. Pictor verso il 93, Grueber I p. 181.
6. C. PuLCHER ed Ap. Cl. verso il 91, Grueber I p. 188 sg.
6. SuLPici. C. f. verso il 91, Grueber I p, 202.
7. L. Scip. AsiAG. verso il 91, Grueber I p. 206.
8. L. luLi. L. f. Caesar verso il 90, Grueber I p. 209.
9. C. Fabi. C. f. verso il 90, Grueber I p. 223.
10. C. Lent. Marc. f. (in nesso) verso 1' 89, Grueber I p. 233.
A questi nomi sarebbe da aggiungere quello dei seguenti
magistrati che stando alle teorie accolte dal Grueber avreb-
bero segnati nummi emessi in via straordinaria per ragioni
militari :
' Cic. de off. Ili 11, 47; prò Archia 5. 10: pio Ballo 23, 52. Altro
materiale in Rotondi op. cit. p. 376.
Il succedersi di nuove ijenti nella serie dei mag. monetali 309
1. Cn. Cornel. L. f. SisENA verso il 102-100, Grueber II p. 267.
2. A. Manli Q. f. Serg. verso il 99-94, Grueber II p. 269.
3. M. Serg. Silus c. s.
4. L. ToRQUA, (uu ^Ianlius) c. s. Grueber II p. 270.
5. Cetegus (ossia un Cornelius) c. s. p. 271.
6. L. Valeri. Flacci verso il 90, Grueber II p. 300.
7. A. Albinus S. f. verso r89 (ossia un Postumius), Grueber
II p. 309.
Codesta maggiore partecipazione dell'elemento patricio
(di cui del resto si trova continuo ricordo per gli anni suc-
cessivi) ^ a partire dal 102 circa, lascia adito, mi sembra, al
sospetto cbe verso codesto anno e non solo nel 94 o nel 92,
come starebbero ad indicare altri dati numismatici ed epi-
2:rafici,* si fosse incominciato a considerare l' ufficio di
triumviro monetale come magistratura minore di carattere
stabile, che valesse di scalino per raggiungere poi le cari-
che curuli.
' Per gli anni successivi abbiamo i seguenti monetali patricii: Cn. Len-
tulus verso 1' 86 Gkueber I p. 309; Julius Bursio verso l'85 Grueber I
p. 325; A. Postumius Albinus verso 1' 82 Grueber I p. 351; Ti. Claudins
verso r 80 Grueber I p. 381; C. Postumius verso il 77 Grueber I p. 395;
P^ Lentnlus verso il 74 Grueber I p. 406; Lepidns verso il 71 Grueber
I p. 418; Torquatus verso il 69 Grueber I p. 433; Lepidns verso il 65
Grueber I p. 447; Faustua figlio di Siila verso il 62 Grueber I p. 471;
M. Aemilius Scaurus verso il 58 Grueber I p. 483; Ser. Sulpicius verso il 54
Grueber I p. 488; Faustus verso il 54 Grueber I p. 489; Messala verso
il 53 Grueber I p. 493.
' La data del 92, come prima apparizione del triumvirato monetario
divenuto magistratura minore fissa, ossia parte del vigintiseivirato, è rica-
vata dal MoMMSEN Roem. Staatsrecht II' p. 601 dal titolo di C. Pulcher,
console nel 92 a. C, CIL. I p. 279.
L' indicazione del 94 ricava alla sua volta il Grueber I p. LXV dalle
monete segnate da M. Cccilio Metello Q. Fabio M. Massimo e C. Servilio,
che, sebbene non indicbino la loro qualità di triumviri, nondimeno emettono
nummi di fabbricazione identica, aventi le medesime peculiarità stilistiche.
310 Appendice II
*
* *
Il materiale finora indicato mostra all'evidenza come, a
partire dalla fine del III secolo, la cittadinanza romana si
sia man mano modificata ed accresciuta grazie alla pene-
trazione di nuovi elementi giunti da regioni più o man vi-
cine. Codesto fenomeno si afferma in misura assai maggiore
negli anni successivi alla guerra Sociale.
A partire dal 88 a. C. ci imbattiamo infatti nei nuovi
nomi seguenti :
1. Q. Titi verso PS? a. C, Grueber I p. 286.
2. C. Vibiics G.f. Pausa verso VH7, Grueber I p. 289.
3. L. Tituri L. f. Sahin verso 1' 87, Grueber I p. 297.
4. L. Rubri Dossen. verso r86, Grueber I p, 311.
5. L. Crit.
6. M. Fan. L. Critonio appare con M. Fannio negli stessi
denari come aedile della plebe verso l'86. Grueber I
p. 314.
7. Garg.
8. Ocul
9. Verg.
1 tre ultimi nomi sono uniti sugli stessi . denari coniati
verso r 84 a. C. Grueber I p. 333.
E notevole il riapparire del nome degli Ogulnii che
avevano dato un console nel 269 (dittatore nel 257). Ma
non abbiamo la certezza che si tratti della stessa stirpe o
di altro ramo omonimo.
Certo nulla di comune hanno con i Verginii monetali
i Verginii patricii che compaiono nei Fasti sino dal 602 e
che spariscono dal 373 a. C.
H succedersi di nuove genti velia seyie dei innfj. monetali 311
10. P. Crepusi verso 1' 83.
11. Crepusìus è talora ricordato accanto a L. Censorinus
(Marcius) ed a C. {Mamilius) Limetanus faraiglia Tuscu-
lana, come niostrano anche le monete con la raffigura-
zione di Ulisse, Grueber I p. 336 sgg.
12. Q. Anto(nius) Balhius) verso r82, Grueber I p. 345.
13. C. Norhanus verso r82, Grueber I p. 347.
14. C. Mari{us) C. f. Capit{o) verso r82, Grueber I p. 353.
Mancano ragioni per affermare, come è stato fatto, che
codesto Mario sia Mario luniore console neir82 che si uc-
cise a Preneste (v. Babelon II p. 202). La rappresentazione
dell' aratro fa d' altra parte pensare che il magistrato mone-
tale appartenesse come Mario a famiglia di contadini abi-
tuati a lavorare la terra (v. s. p. 211).
15. C. Nae{vìus) Balb{us) verso FSl, Grueber I p. 366.
16. L. Papius verso l'SO, Grueber I p. 370.
17. L. Voi. L. f. Straho verso il 79, Grueber I p. 385.
18. M. Voltei M. f. verso il 78, Grueber I p. 388.
19. L. Pì'ociliitis) f. verso r80, Grueber I p. 386.
20. P. Satrienus verso il 77, Grueber I p. 392.
21. L. Rutili{us) Flaciiis) verso il 77, Grueber I p. 395.
22. L. Rusti{us), Grueber I p. 398.
23. C. Egnatius Cn. f, Maxumus verso il 75, Grueber I p. 399.
24. L. Farsulei{us) Mensor verso il 75, Grueber I p. 402.
25. L. Cossuti{us) C. f. Sabula, Grueber I p. 405.
26. Q. Creperei{us) Rocus verso il 73, Grueber I p. 408.
27. L. Axius L. f. Naso verso il 73, Grueber I p. 409.
28. Kaleni Cordi, Grueber I p. 415.
I denari di Kalenus hanno anche la leggenda Cordi.^
' Lascio indiscussa la questione se tale leggenda sia da riferirsi alla
gens Cordia di Tusculo o se invece ci sia un cognome dei Mncii Cordi. È
312 Appetì di ce II
29. T. Vetthis Sabinns verso il 72, Grueber I p. 417.
30. C. Hosidi{us) C.f. Geta verso il 71, Grueber I p. 420.
31. L. Rosei Fabati verso il 70, Grueber I p. 422.
32. Sufenas verso il 62, Grueber I p. 470.
È un Nonius Sufenas.
33. C. Considi Noniani verso il G2, Grueber I p. 473.
34. Cn. Plancìiis verso il 54, Grueber I p. 491.
35. L. Vinicl{us) verso il 53, Grueber I p. 492.
Dallo scoppio della guerra civile fra Cesare e Pompeio
sino all'età del reggimento augusteo abbiamo fra gli altri
i nuovi seguenti monetali :
1. Q. Sicinius verso il 49, Grueber I p. 503.
2. Neri{us) verso il 49, Grueber I p. 504.
3. C. Vibiiis C. f. C. n. Pansa, Grueber I p. 509.
4. Hostilius Saserna verso il 48, Grueber I p. 512.
5. L. Plautius Plancus verso il 47, Grueber I p. 516.
6. Palicanus verso il 47, Grueber I p. 517.
E un Lollius Palicanus.
7. G. Antius G. f. Restio verso il 46, Grueber I p. 521.
8. M. Gordius Fufus verso il 46, Grueber I p. 523.
9. A. Hirtius verso il 46, Grueber I p. 525.
10. T. Garisius verso il 45, Grueber I p. 527.
11. L. Piane, verso il 45, Grueber I p. 537.
12. Q. Oppius verso il 44, Grueber I p. 541.
13. G. Giovi, verso il 45, Grueber I p. 539.
14. M. Mettius verso il 44, Grueber I p. 542.
15. P. Sepullius Macer verso il 44, Grueber I p. 547.
appena necessario ricordare che è fenomeno comune nella numismatica ro-
mana di questo tempo die per alcuni dei monetali insieme nominati si
indichi il nomen, per altri invece il cognomen.
Il succederai di nuove jeati nella serie dei viaij. ìuoìietali 313
16. L. Cestius verso il 44, Grueber 1 p. 562.
17. L. Servius liufus verso il 42, G-rueber I p. 566.
18. M. Arrius Secnndus verso il 41, Grueber I p. 568.
19. P. Accoleius Lariscolus verso il 41, Grueber I p. 569.
20. C. N'umoìiius Vaia verso il 40, Grueber I p. 571.
21. L. Mussidius T. f. Longtis verso il 39, Grueber I p. 573.
22. L. Livìneius Regulus verso il 39, Grueber I p. 578.
23. C. Vibius Yanis verso il 38, Grueber I p. 587.
24. Q. Voconius VituJus verso il 37.*
Sono tutti homines novi. Il fenomeno si rafforza sempre
nel seguito come mostrano i nomi dei monetali che dopo
r intermittenza successiva al 36 a. C. ricompaiono nell' età
augustea.
Dopo il 17 a. C. stando ai computi cronologici del conte
De Salis accettato dal Grueber ovvero dal 22 circa a. C.
secondo il sistema del "Willers ^ abbiamo infatti i seguenti
nuovi magistrati monetali:
1. L. Vinicius L. f. verso il 16, Grueber II p. 49; Willers
p. 156.
2. L. Mescinius Rufus verso il 16, Grueber II p. 51; Wil-
lers p. 156.
3. C. Asinius Gallus verso il 15, Grueber II p. 67; verso
il 22-21 Willers p. 132.
' Salto i denari di Petiìius Copitolinus (verso il 40 a. C. Grueber I
p. 571), dacché, sebbene nella numismatica appaiano solo ora per la prima
volta, 1 Petillii sono una vecchia stirpe romana. Q. Petillius Spurinus fu
console sino dal 176 (pretore nel 181) e si hanno fra essi tribuni della
plebe sino dal 187.
* H. Willers Geschichie der roem. Kupfeì-praegnng (Leipzig 1909) p.
129 sgg.
314 Appendice II
4. C. Gaìlius C. f. Lupercus verso il 15, Grueber II p. 59;
verso il 22-21 Willers p. 132.
5. P. Petronius Tiu'pilianus verso il 14, Grueber II p. 60;
verso il 19 "Willers p. 156.
6. M. Durmius verso il 14, Grueber II p. 71 : verso il 19
Willers p. 156.
7. Taurus (Statilius) verso il 13, Grueber II 75; verso l'il
o 12 Willers p. 132.
8. Q. Rustius verso il 12, Grueber II p. 76 ; verso il 18
Willers p. 156.
9. M. Sanquinius Q. f. verso il 12, Grueber II p. ; verso
il 15 Willers p. 132.
10. Silius verso il 9, Grueber II p. 88; verso il 12 o 11
Willers p. 132.
11. Annius verso il 9, Grueber II p. 88; verso il 12 o 11
Willers p. 132.
12. L. Caninius Gaìlus verso il 6, Grueber II p. 103; verso
il 18 Willers p. 156.
13. M. Maecilius TuUus verso il 5, Grueber II p. 105; verso
r8 Willers p. 133.
14. M. Salvius Otho verso il 5, Grueber II p. 106 ; verso
r8 Willers p. 133.
15. P. Lurius Agrippa verso il 5, Grueber II p. 109 ; verso
l'8 Willers p. 133.
16. P. Betilienus Bassus verso il 4, Grueber II p. 110; verso
il 7 AVillers p. 133.
17. C. Bubellius Blandus verso il 4, Grueber II p. Ili;*
verso il 7 Willers p. 134.
18. L. Valerius Catullus verso il 4, Grueber II p. Ili; verso
il 133 Willers p. 133.
' Un Rul>elliu8 Blandus ò ricordato come storico da Serv. ad Georg.
I 103 = Peter BM. Rom. fr. p. 377.
Il succedersi di nuove genti nella serie dei mag. monetali 315
19. Apronius verso il 3 a. C. Grueber II p. Ili; verso il 9
Willers p. 133.
20. Gallus (Sulpicìus) nelle stesse monete del 3 a. C. Grue-
ber II p. 112; verso il 9 Willers p. 133.
Se si considerano nel loro complesso i nomi dei mo-
netali dell' età augustea si scorge che accanto alla grande
maggioranza degli homines novi teste enumerati ve ne sono
soltanto quattro patricii e sei appartenenti alla nobiltà
plebea od anche a famiglie note dopo i tempi di Mario e
di Cesare.^
L'elenco dei monetali di Augusto rivela il ben noto fe-
nomeno che per il nuovo stato di cose che si proponeva
inaugurare egli cercò valersi tanto dei ruderi dell' an-
tico patriciato e della nobiltà plebea (che spesso inscrisse
nel patriciato) quanto degli uomini nuovi in cui assai di
frequente, a partire dallo stesso Agrippa, trovò i più validi
sostegni della sua potenza. Del resto lo stesso Ottaviano,
sebbene adottato nella gens lulia, era per il primo un par-
venu.
In breve dall' assieme emerge che gli homines novi era-
no ormai l'elemento preponderante; i dati numismatici con-
fermano i testi ed i Fasti consolari, che abbiamo sopra
fatti oggetto di esame.
L' Urhs, il Latium Vetus, la Sabina continuarono a dare
nuove energie. A parte le varie stirpi, che paiono di origine
' Neil' età angnstea compaiono ad esempio i patrici Volusus Valerius
Messalla, Coruelius Cossue, Cornelius Lentulus oltre ad un Siilpicius Grue-
ber II p. 97, 100 sg. 112.
Fra i membri della più o meno vetusta nobiltà pl< bea abbiamo ad es.
un Cassins Celer, un Aquilius Flonis, un Antistiua Vetus, un Reginua,
un Aelius Lamia, un Cn. Calpurnius Piso, un Licinius Stole ed un Nerva,
Grueber II p. 54 sgg.
316 Appendice II
urbana, abbiamo i Cordii di Tuscolo, i Papii, i Procilii, i
Metti, i Roscii Fabati di Lanuvio, i Plancii di Tibur, i
Petronii, i Vetti, i Titurii della Sabina. Accanto a co-
storo i Considii, i Norbaui, gli Egnatii, i Gellii, gli Hirtii
rivelano regioni limitrofe al Lazio; i Vinicii appartengono
alla campana Cales. Si hanno pure monetali di regioni più
lontane, come gli Asinii di Teate Marrucino, gli Statilii
Taurii. L' Etruria dà i Salvii Othones destinati, sia pur
fuggevolmente, al serto imperiale; e la Cisalpina, che por-
ge un unico console con il cremonese Alfeno Varo, dà
anche un monetale con Valerio Catullo, che parrebbe un
gentile della stessa stirpe del celebre poeta Veronese.
La presenza di tanti homines ìiovi fra i monetali fa age-
volmente pensare che fenomeno analogo si verificò anche
rispetto agli altri magistrati minori del vigintiseivirato, ad
es. rispetto ai decemviri stlitihus iudicandis. Così fra i praefecti
Capuam Cumas, vediamo ad es. un Herennius ^ e fra i quin-
queviri traìis Tiberini troviamo quel recoctus scriba ex quin-
queviro a cui facetamente allude Orazio (Sat. II 5, 64 sq.).
È bensì vero che buona parte dei monetali si fermò alle
soglie della Curia e che parecchi di quelli a cui fu dato
penetrarvi non raggiunsero i più alti gradi dell' ordo sena-
torio.- Abbiamo tuttavia ragione di asserire che la grande
maggioranza di coloro, che durante Petà cesariaua parteci-
parono alla pubblica cosa, appartenevano a stirpi ben di-
verse da quelle che prima ancora delle guerre Puniche ave-
vano fondata l'egemonia di Roma sulla Penisola. Ed erano
diverse anche dalle altre che, domata Cartagine, la Mace-
' CIL. XI 3717: M. Ilereuìtms M. f. Maec. liufag praef. Gap. Cum. q.
* Rispetto allo relazioni del vigintiviiato (priiiui vigintiseivirato) di
fronte alle cariche curnli od alla nomina a senatore; Cass. Dio LIV 26 ad
a. 13 a. C.
Il s'icctdernì di, iiMOve genti nella serie dei mag. monetali 'òli
doma, gli Stati ellenistici dell'Asia, avevano successivamente
esteso il nome di Roma su tutte le coste del Mediterraneo.
Fenomeno del resto non proprio di Roma soltanto ma
comune a tutti gli Stati. I fiumi diventano perenni per
nuove acque che scendono dal cielo e dai monti e le società
umane si rinnovano per nuove stirpi ed energie che giun-
gono dalla provincia e dalla campagna.
APPENDICE III.
A proposito di genti romane. I gentilicii di Mamurra
e di Verre.
Prendendo occasione da un titolo di recente scoperto a
Formiae G. Q. Giglioli ha accennato alla probabilità clie il
famoso Mamurra di Formiae praefectus fabrum di Cesare,
lacerato per la sua vita lussuriosa dai versi di Catullo, ap-
partenesse alla gens Vitruvia.^
Codesto gentilicio comunissimo in Formiae e nelle regioni
adiacenti, come bene osserva il Giglioli, è rarissimo altrove.
Anzi sinora, fatta eccezione per alcuni personaggi storici,
che, come Vitruvio Vacco e lo scrittore Vitruvio, apparten-
nero a Formiae o che ad essa vengono attribuiti, tal genti-
licio non si è ritrovato che in Numidia.'^ E solo in una
epigrafe di tal regione si è rinvenuto il ricordo di un Ma-
murra appartenente alla gens Vitruvia.
In base a codesto titolo CZL. Vili suppl. 18913 della numi-
dica Thibilis, in cui si ricorda un M. Vitnivius Mamurra, il
dott. Giglioli giustamente ricava che costui era un discen-
dente di coloni Italici ; anzi della stessa famiglia del ben
noto cavaliere di Formiae.
' G. Q. Giglioli in polizie degli Scavi 1908 p. 392 sqq.
' V. orli indici ad CIL. Vili.
A proposito di genti romane. I gentil, di Mamurra e dì Verre 319
A favore della origine formiana di questo M. Vitruvius
Mamurra credo si pos^sa aggiungere la circostanza che la
numidica di Thibilis, al pari delle quattro colonie Cirtensi,
apparteneva al territorio occupato dal Nucerino Sittio parti-
giano di Cesare/
In Thilbilis troviamo infatti un L. Sltfius decurio Cirten-
sium CIL. Vili n. 5533. Cfr. n. 5532. Ed è ormai risaputo
come le colonie Cirtensi, Veneria Rusicade, Colonia Sarnensis
Mileui, Colonia Minerva Chullu, traessero i loro cognomenta
da Veneria Pompei della Campania, dal fiume Sarno presso
Pompei e Nocera, dal promontorium Minervium della peni-
sola Sorrentina.
Tali colonie derivavano dalle regioni a cui appartenevano
il ben noto Sittio Nucerino ed i compagni d'arme da lui ar-
ruolati e condotti dalle regioni limitrofe alla sua città nativa
in Africa, dove tanto aiuto recarono a Cesare dittatore, al-
lorché vi combattè gli ottimati ed il Re Juba.
Può ben darsi che fra i compagni di armi di Sittio vi
fossero Italici, non solo della penisola Sorrentina e delle loca-
lità limitrofe, ma anche delle adiacenti. Che abitanti di For-
miae abbiano, se non proprio in quella circostanza, negli
anni immediatamente successivi partecipato a codeste guerre
africane, è dimostrato dal noto titolo formiamo, in cui si
ricorda M. Caelius M. L. Phileros accensus T. Sexti imp{era-
toris) in Africa, che fu edile a Cartagine CIL. X 6104.
T. Sestio fu, come è noto, governatore della Numidia al
tempo dei triumviri, e tenne codesta provincia e poi anche
l'Africa sino al sopraggiungere dello stesso triumviro Lepido
nel 714 a. u. e. = 40 a. C.^
' V. il materialtì ainid Mommsen ad CIL. Vili j». Gl^. Cfr. Sui^ipl. ad
CIL. p. 1849; cfr. n. 195-212.
' App. l,. e. Ili 85, IV 53 aq. V 12, 26, 75. Ca!<8. Dio XLVIII 21 sqq.
320 Appendice IH
Il fenomeno di rari gentilicii e cognomi romani di cui
si trova ricordo solo in lontane provincie non è raro. Esso
è abbastanza frequente ed è stato più volte notato. Cosi me-
diante lo studio di tali nomi e cognomi critici valorosi, ad
es. rHirsehfeld, sono riusciti a constatare quali fossero le
regioni e le città dell' Italia centrale, da cui mossero i coloni
della Gallia Cisalpina e della Narbonense.^
Codesto fenomeno notiamo pure in Africa, e forse me-
diante esso, è possibile ritrovare il vero gentilicio di C. Verre.
*
Dal Mommsen in qua si ammette che Verres sia un genti-
licio di formazione anormale. ^ Ma tale affermazione non ri-
posa su alcun valido argomento, su una qualsiasi prova.
Il cognome Verres non è frequente, e congiunto a genti-
liei lo si trova solo in un epigrafe africana della Bizacena.
dove si fa appunto menzione di un L. Cornelius Verres CIL.
Vili 358 = 466.
Il celebre nemico di Cicerone apparteneva anch' egli alla
gens Corneliaì
Il Drumann lo sospettò, ricavandolo dalle relazioni di
Verre con famiglie patricie e nobili, e precisamente con i
Cecilii Metelli ed i Cornelii Scipioni.^ Tuttavia il passo
' V. ad es. Hirschfeld Beitraege zur Gexchichte dei- Narhonenshchot
Provinz in Kleine Schriften (Betliu 1913) p. 30.
• Mommsen Eoem. Forschungen I p. 51.
* Drumann Geschichte Boms V p. 264 : Die VerUndung dea Beklagien
mit den Corneliern und Caeciliern und viit dea Nobilitaet ueberhaupt lassi uuf
cine vornehme Ablmnft achliessen: auch war aein Valer C. Ferrea Senator. Nà-
herea erfdhrt man nicht, wcil der Genlilnatne nirgendfi aufgegebcn wird. Vielleicht
war er aelba ein Cornelius.
A proposito di genti romane. I geìUil. di Mamurra e di Verre 321
fondamentale in cui Cicerone deplorava che un Cornelio
Scipione avesse difeso C. Verre può prestarsi ad interpreta-
zioni opposte.
Cicerone infatti Verr. TV 79, cosi dice :
Te nunc, P. Scipio, te inquam, lectissimum ornatissimum
adulescentem appello: àbs te officiurìi fuum, dehitum generi et
nomini requiro et flagito. Cur prò isto, qui laudem honorem-
que f amili ae vestrae depeculatus est, ptignas? cur eum defen-
sum esse vis? cur ego tuas partes suscipio?
E dopo aver detto a Scipione ih. IV 81, che avrebbe
dovuto assumere il domesticae laudis patrocinium con l' accu-
tjare Verre e che non aveva rispettato le disposizioni di Sci-
pione Africano suo antenato verso i Segestani, dichiara : Sin
istius amicitia te impediet, si hoc, quod ego ahs te postulo,
minus ad officium tuum pertinere arhitrabere, succedam ego
vicarius tuo muneri.^
Da questo passo può certo ricavarsi la conclusione che
Publio Cornelio Scipione difendeva Verre perchè questi era
egli pure un Cornelio, e che perciò aveva trascurata la me-
moria del suo grande antenato. Ma se ne può anche, volen-
do, concludere che Cornelio Scipione dimenticò i suoi doveri
verso il suo genus e la sua familia solo per riguardo alla
amicitia che aveva verso Verre, sebbene questi non fosse
un Cornelio. Cosi non ha valore assoluto la circostanza che
fra i difensori di Verre vi fu L. Cornelio Sisenna {Verr. II
45, 110).
La questione è invece risolta, se non mi inganno, dai
passi delle Verrine dai quali si apprende quali erano i recu-
' Inoltre si notino ivi le paiole: ai auscipis domesticae laudis pairocinium,
me non solum silere de vestrìs nwìmmentis oportebit, aed eiiam lattari P. Africani
eius viodi fortunam esse mortiti ut eius honos ab eis qui ex eadem familia sint,
^efendatur, ncque ullum adventicium auxilium requiratur cet.
Pais Ricerche sulla storia e tttl diritio pubblico di Roma II 21
322 Appendice III
peratores di cui Verre soleva valersi come pretore in Sicilia.
Fra questi v' erano infatti il greco Artemidoro di Perge ed
il pur greco pittore Tlepolemo di Cibira. Verre li aveva già
conosciuti ed esperimentati nelle sue legazioni in Panfilia e
nell'Asia, e li aveva recati seco anche in Sicilia come utili
strumenti per le sue prede. Il primo si era già segnalato con
lo spogliare il tempio di Diana nella nativa Perge/ ed il
secondo, accanto al fratello Hiero, si mostrò abile cane nello
scovare le opere d'arte di cui Verre soleva illegalmente
impossessarsi.^ Verre li aveva chiamati a far parte della sua
cohoì's praetoria ^ e li aveva nominati recuperatores in giudizi
arbitrali, nelle contese che sorgevano ad es. fra i pubblicani
e le città siciliane.*
Dal punto di vista legale, dice Cicerone, ciò non sarebbe
stato possibile perchè costoro erano Greci privi della citta-
dinanza romana. Ma Verre facendoli appunto cives Roma-
ni aveva ovviato a tale inconveniente : Inqerehat iste {i. e.
Verres), afferma Cicerone Verr. Ili 69, Artemìdorum Corne-
lium medicum et Tlepolemum. Corneliuìti pidoram et huiu-
sce modi recaper atores, quorum civis Romanus nemo erat, sed
Graeci sacrilegi, iampridem improbi^ repente Cornelii.
Non intendo approfondire la questione della validità degli
atti di Verre allorché sceglieva i recuperatores non fra i
cittadini del conventus, ma, come gli rimprovera Cicerone,
fra i satelliti della sua cohors.^
' Cic. Verr. Ili 54.
* Cic. Veì-r. IV 30.
* Cic. Verr. Ili 28: quidf cohors ixla quorum liotninuin est*: « Volimi
haruspicis et Cornelii medici et horum canum quos trihuntd meum vides lambero.
* Cic. Verr. Ili 28, 54, 69, 117, 1.38.
' Le norme che vigevano a proposito degli iudieia erano state fissate
dalla lex Rupilia dtd 132 a. C. e sono indicate in parte dallo stesso Cicw-
r.oxK Verr. II 13, 32, 34, 37, 38, 40, 42, 44-59, 90.
.-1 proposito di genti romane. I gentil, di Maiuurra e di Terre 323
E tralascio pure da parte l'altra se Tlepolemo e Artemi-
doro divenuti repente CornelH siano stati donati della citta-
dinanza per virtù di leggi rettamente applicate e nei modi
dalla legge richiesti.
Rispetto al soggetto die qui particolarmente trattiamo
a noi basti constatare che Artemidoro Pergeo e Tlepomeno
Cibirata assunsero il gentilicio Cornelius per la semplice
ragione che il loro patrono C. Verres apparteneva egli stes-
so a tale gens.^
Artemidoro e Tlepomeno divennero repente Corneìil per
effetto di quella ben nota legge per cui i nuovi cittadini
assumevano il gentilicio di coloro che accordavano loro tale
beneficio o che si erano particolarmente adoperati per farlo
loro conseguire.^
Io non oso definire se sia stato effetto del caso o se sia
invece fenomeno connesso con il gentilicio di Verre che
anche un littore di lui si chiamava Cornelius {Verr. II 67);
ma ha per noi valore speciale, e giova a confermare la no-
stra tesi, la lapide africana sopra citata, in cui si fa ap-
punto menzione di un L. Cornelius Verres.
' Cic. Verr. Ili 28.
' Rimando ai dati raccolti dallo stesso Mommsen Evem. Staaisrecht III
p. 64 n. 1.
APPENDICE IV
Nobiltà repubblicana, medioevale e papale.
L' evoluzione sociale, che abbiamo riscontrata nella storia
dell'antica repubblica, non è fenomeno specifico romano. Con
forme più o meno analoghe, esso si è manifestato nella storia
di tutte le nazioni. Ricerche di indole uguale è dato com-
piere rispetto alla storia di Firenze o di Venezia, della
Francia o dell'Inghilterra, e naturalmente, fenomeni simili
si ripeterono più tardi nello stesso suolo romano.
Se si dà uno sguardo generale allo sviluppo della nobiltà
romana dal primo affermarsi della feudalità sino alla Pax
Romana di Giulio II (1511), anzi sino alla bolla di Benedetto
XIV Urbem Romani (4 gennaio 1716) ed al motuproprio di
Pio VII (6 luglio 1818), si constata che nelle linee generali
le trasformazioni e gli incrementi di essa ricordano ciò che
si era di già verificato dal V secolo a. C. sino al principio
dell' Impero.
Il più vetusto patriciato della repubblica romana era la
risultanza dell' unione di stirpi di origine latina, etrusca,
sabina; e la feudalità romana del medioevo, a partire dal secolo
Vili sino a quello successivo agli Ottoni, si venne pure a
formare dalla fusione e dall'incrocio di elementi romani e
bizantini. Non è esclusa infine qualche infiltrazione germanica.
Nobiltà repuhhlicnua, medioevale e papale 325
Anzi «i avrebbe qualche cosa di più di una semplice infiltra-
zione, ove si stesse alle opinioni di moderni storici alemanni.^
Al patriciato della repubblica si andavano man mano
aggiungendo ed alleando stirpi plebee, delle quali alcune
rappresentavano elementi giunti dalle limitrofe terre latine.
E così nel medio evo, allorché venne a costituirsi il Comune,
accanto agli Ursini, ai Maximi, ai Pierleoni, ai Capocci, di
origine romana, ai feudatari di cui talora furono, forse, in
origine stranieri, come gii Anibaldi, i Saxi, compaiono i Cur-
tabraca, i Boccacane, i Manetti, i Boboni, i Romani, i Tiniosi,
i Boneschi, che più volte sono stati messi a raffronto con i
popolani grassi del Comune di Firenze.
In Roma antica la compagine di quella parte della citta-
dinanza, che prendeva parte alla pubblica cosa, si andò modi-
ficando allorché, in seguito alla partecipazione degli Italici
alla conquista del mondo e successivamente dopo la guerra
Sociale ed il riconoscimento dei loro diritti, i primari citta-
dini delle città alleate riuscirono a conquistare la cittadi-
nanza romana ed a partecipare agli onori.
Un fenomeno se non simile in qualche modo paragona-
bile, si verificò pure sul finire del medio evo e poi al prin-
cipio dei tempi moderni allorquando, con il sorgere del
nepotismo, accanto alla nobiltà feudataria ed a quella del
Comune, che aveva diritto di sedere in Campidoglio, se ne
formò una terza, ossia quella derivata dalle famiglie e dai
clienti dei pontefici venuti da ogni parte d' Italia.
Il venir meno di molte delle più antiche famiglie feudata-
rie, come i Savelli, i Normanni, i Tuscolani, i Saxi; il durare
di solo alcune prosapie illustri, come gli Orsini, i Massimi,
' Fra gli storici moderni che hanno insistito nel rilevare 1' elemento
germanico nella nobiltà feudale romana ricordo ad es. il Gregorovius.
326 Appenrhce IV
i Colonna (che fauno pensare ai Fabii, ai Valerii, agli Aemili,
agli lulii, perduranti in mezzo al naufragio ed alla scom-
parsa dell'antico patriciato repubblicano) tornò di vantaggio
alle genti di nobiltà meno antica, le quali traevano lustro
e potenza dal favore del papato più recente.
Venne finalmente un giorno in cui, fondato lo Stato pon-
tificio e riconosciuta universalmente da ogni classe, da citta-
dini, da baroni e da città la supremazia politica papale, le tre
nobiltà vennero ad essere apparentemente fuse. Tuttavia le
pretese nobiliari, determinate dalle diverse origini delle varie
nobiltà, rimasero sempre vive sino a tempi dai nostri non lon-
tani. Perciò onori e precedenze di varia natura furono richiesti
ed accordati alle famiglie appartenenti piuttosto ad una o ad
un' altra nobiltà, a seconda che la manifestazione di tali diffe-
renze aveva luogo in pubbliche cerimonie nel Campidoglio
ovvero nel Vaticano. Ciò che fa pensare al disprezzo che
le più antiche famiglie patricie della Repubblica affrettavano
verso quelle della nobiltà plebea municipale, fossero pur pene-
trate nella Curia, ancorché avessero conseguite le più alte
magistrature curuli, fossero pure cospicue per ricchezze o
per celebrità di imprese.
Sarebbe agevole proseguire, volendo, in confronti di tal
natura. La pace di Giulio II, che mirava a por termine alle
contese fra i feudatari ed i nobili di origine comunale,
può, entro certo limiti, venir comparata con quanto av-
venne a Roma, allorquando patricii e plebei, dopo secolari
contese, vennero del pari ammessi al governo della pubblica
cosa. E la bolla di Benedetto XIV, che limitava e determi-
nava il numero delle 180 famiglie (fra le quali 60 costitui-
vano la classe dei padri coscritti) e le gare che ne deriva-
rono, richiamano un poco alla mente le leggi restrittive del
96 e del 65 a. C. con cui i Romani di origine urbana voi-
Xuhlllà repaùblicava, luedloevale e papale 327
lero frenare le pretese dei federati, più tardi dei municipali,
che tendevano ad equipararsi in tutto e per tutto ai di-
scendenti dei più vetusti Quirites.
Dopo aver detto: pluries mirati sumus non satis distinctos
in ea esse civium gradus nec certos adesse et praestitutos
limites quihus Nohilium Romanorum coetus a reUquis civium
et incolarum ordinibus di scerner entur, Benedetto XIV la-
menta : sicut accepimusy plures olim fuerint et nonnulli
adhuc forsan existant, qui adeptis tantummodo Koma-
nae civitatis iuribus, se tamquam de nobilium Romanorum
coetu iactare, atque etiam in publicis actis et scriptis seu
monumentis, huiusmodi nobilium titulo et nomine semetipsos
decorare cet/
Insistere su maggiori confronti sarebbe pericoloso e non
avrebbe carattere scientifico, poiché se è vero che l'umanità
in tutti i tempi procede con identiche leggi psichiche ed
economiche, è altrettanto certo che ogni età ha le proprie
caratteristiche e varietà, causate da diversità di ambiente
e di concezioni.
' Benedetto XIV ricouosce la nobiltà quando emani :
I. dal Tabularium o meglio dai Tahularia della Camera Capitolina;
II. quando la gente che la vanta constet vximera gessisse di Priores Ca-
pilum Begionum Urbin. Protesta e non riconosce titoli di coloro clie avendo
ottenuto solo cittadinanza romana si arrogano il patriciato.
L' elenco piìi ampio dei nobili romani è costituito dalle famiglie rico-
nosciute nobili tam Romanae quavi aliarum civitatum Italicarum. Ma per
essere nobile romano conscritto od eletto in luogo di famiglia deficiens, oc-
corre secondo Benedetto XIV :
1. essere nobili romani;
2. aver domicilio a Roma;
3. nobiltà illibata ducentoriun annorum, tanto per parte paterna, quanto
da parte materna, dell' avia paterna come dell' avia materna.
Benedetto XIV stabilisce inoltre che le famiglie dei pontefici suoi suc-
cessori siano ascritte fra le nobili senza probatio.
328 Appendice IV
Altra è la storia del più antico popolo romano, arbitro
egli stesso dei suoi destini, retto da singolare disciplina,
altre sono le vicende della città di Roma nel medio evo e
nell' età moderna, in cui 1' elemento militare, che varie volte
tentò di prendere il sopravvento, eppoi la vita comunale,
non ebbero modo di svilupparsi in stabile assetto di go-
verno e si dovettero infrangere o piegare davanti all'in-
tervento di principi stranieri ed alle sottili ed ora violente
arti del papato, il quale, dopo lunghi e reiterati sforzi, riuscì
infine a subordinare a sé le opposte energie che si sprigio-
navano da una terra in buona parte inselvatichita.
Pur astenendoci dal proseguire in confronti, che condotti
schematicamente farebbero pensare alle censure del Guic-
ciardini verso coloro che tutto volevano giudicare dal pa-
ragone dei Romani antichi, non crediamo del tutto inop-
portuno rilevare quelle analogie che è dato riscontrare in
Roma antica e nella papale rispetto all'attività che vi fu
esercitata dai cittadini delle varie regioni italiane.
*
*
Avemmo occasione a suo luogo di constatare come i
Romani, pur essendo stati obbligati dalle circostanze ad ac-
cordare la cittadinanza alle città federate, nel fatto cerca-
rono sempre di impedire che costoro riuscissero a coprire le
alte magistrature curuli e manifestarono diffidenze di tal
natura anche verso i municipes delle città che da tempo
erano state assimilate ed assorbite dagli organismi politici
nazionali.
L'infiltrazione di homines novi Italici fu a Roma osteg-
giata sino all'età cesariana. Non ostante la pressione che
gli Italici facevano per essere del tutto pareggiati negli
Nobiltà repubblicana, medioevale e pipale
;ì29
onori, non tutte le regioui della Penisola conseguirono di
coprire il consolato o di ottenerlo in quella stessa misura
che era stato accordato ai cittadini del Latium vetus, della
Sabina e delle regioni limitrofe. Solo in via di eccezione
esso fu occupato da Campani, da genti della regione abi-
tata da Sanniti e da Lucani. Non vi fu un console Apulo
o Calabro e la Gallia Cisalpina allorquando fu riunita al-
l'Italia riuscì a darne uno solo con Alfenus Varo. E in oppo-
sizione a tale esclusivismo verso le regioni dell' Italia occu-
pate da stirpi greche o sannitiche, constatammo il fatto che
l' Etruria meridionale dai tempi vetusti sino alla fine della
repubblica ed al principio dell'impero, dette numero rile-
vante di magistrati curuli e di consoli.
Fenomeno analogo mostra la storia del papato, dal pe-
riodo che ha principio con il secolo XV in cui, fatta ecce-
zione per i due Borgia e per Adriano VI, nessun pontefice
fu più eletto che non fosse di nazionalità italiana.*
Neil' età romana le regioni del Nord erano ancor bar-
' Lo spoglio dei dati relativi alla patria dei papi sino a Martino V
(Colonna 1417-1431) mi dà i seguenti risultati approssimativi:
Boma papi n
. 100
Venezia e Ravenna
papi
n.
4
Tivoli > 1
2
Lombardia
»
»
4
Gallese » j
. 2
Sardegna
»
»
1
Ciociaria ed Anagni > >
6
Spagna
»
»
1
Toscana » i
11
Portogallo
»
»
1
Campania » j
> 4
Dalmazia
»
»
2
Magna Grecia » i
4
Francia
»
»
15
Sannio > =
> 6
Inghilterra
y>
»
1
Napoli » 5
4
Fiandre
>
»
1
Umbria > >
2
Africa Sotteur
rionale »
»
o
Piceno >
1
Germania
»
»
6
Bologna » i
2
Oriente asiati (
•o
»
»
7
Piacenza >
» 1
(Jrecia e Cane
ia
»
»
9
Genova »
^ 2
330 Appendice I V
bare; si intende quindi come la sola Cremona, colonia la-
tina sino dal 218, abbia dato un console. Nell'età moderna
la civiltà si è svolta in maggior misura nelle regioni set-
tentrionali e il sud della Penisola, per certi periodi, rimase
tagliato fuori dalle grandi vie dei rapporti internazionali.
Si comprende quindi che, per condizioni interamente
mutate, Venezia ed il Veneto abbiano dato :
Eugenio IV (Condulmeri) 1431-1447.
Paolo II (Barbo) 1464-1471.
Alessandro Vili (Ottoboni) 1689-1691.
Clemente XIII (Rezzonico) 1768-1769.
Gregorio XVI (Cappellari di Belluno) 1831-1846.
che da Milano dalla Lombardia o da regioni limitrofe sia-
no giunti :
Pio V (Ghislieri di Bosco) 1566-1572.
Gregorio XIV (Sfrondati di Cremona) 1590-1591.
Innocenzo XI (Odescalchi di Como) 1676-1689.
che Genova e la Liguria vantino fra i loro figli:
Niccolò V (Parentuccelli) 1447-1455.
Sisto IV (Della Rovere) 1471-1484.
Giulio II (Della Rovere) 1503-1513.
Innocenzo VIII (Cibo) 1484-1492.
È naturale che la stessa Roma abbia dato diversi papi
ossia:
Martino V (Colonna) 1417-1431.
Paolo m (Farnese) 1534-1549.
Urbano VII (Castagna) 1590.
Paolo V (Borghese) 1605-1621.
Nobiltà repubhUcana, medioerale e papale 331
Innocenzo X (Pamphily) 1644-1655.
Clemente X (Altieri) 167ai676.
Innocenzo XIII (Conti) 1721-1724.
ai quali si può, in un certo senso, aggiungere Leone XIII
(Pecci) 1878-1903 di Carpinete, nel territorio dei Volsci (Cio-
ciaria).
Buona parte dei pontefici sono giunti dalla Romagna e
dai paesi limitrofi, che formavano parte degli Stati pontifici.
Da tali regioni provengono infatti:
Innocenzo IX (Fachinetti di Bologna) 1591.
Gregorio XIII (Boncompagni di Bologna) 1572-1585.
Benedetto XIV (Lambertini di Bologna) 1740-1758.
Clemente XIV (Ganganelli di Arcangelo) 1769-1774.
Sisto V (Peretti di Grottamare) 1585-1590.
Clemente XI (Albani di Urbino) 1700-1721.
Pio VI (Braschi di Cesena) 1775-1779.
Pio VII (Cbiaramonti di Cesena) 1800-1823.
Leone XII (Della Genga di Spoleto) 1823-1829.
Pio Vili (Castiglioni di Cingoli) 1829-1830.
Pio IX (Mastai Ferretti di Senigallia) 1846-1878.
E poi degno di nota che la Toscana è stata la patria
di ben tredici pontefici.
Siena ha dato infatti:
Pio n (Piccolomini) 1458-1464.
Pio m (Tudeschini Piccolomini) 1503.
Marcello II (Cervini di Montepulciano) 1555.
Alessandro VII (Chigi) 1665-1667.
(a parte Paolo V (Borghese) pur di origine senese).
332 Appendice IV
Firenze fu patria di:
Leone X (Medici) 1513-1521.
Clemente VII (Medici) 1523-1634
alla qnal famiglia appartiene pure
Leone XI 1606
Pio IV milanese 1559-1666.
Da Firenze traevano origine:
Clemente Vili (Aldobrandini) 1592-1605.
Urbano Vili (Barberini) 1623-1644.
Clemente XII (Corsini; 1730-1740.
Dalla vicina Pistoia giunse:
Clemente IX (Rospigliosi) 1667-1669.
ed al territorio etrusco appartiene pure:
Giulio ni (di Monte S. Savino) 1550-1556.
D'altro canto vi sono stati tre soli papi napoletani:
Paolo IV (Caraffa) 1655-1559.
Innocenzo XII (Pignatelli) 1691-1700.
Benedetto XIII (Orsini) 1724-1730
così come estremamente scarsi furono i consoli di origine
campana.
L'Apulia, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia, non han-
no infine dato alcun pontefice alla Santa Sede alla stessa
maniera che i Fasti di Roma repubblicana non annoverano
un console fra gli Apuli e i Brutti.
'Nobiltà repubblicana, medioevale e papale 333
*
*
A risultati analoghi si giunge esaminando le vicende
della nobiltà romana a partire dal secolo XV, in cui ai papi
riuscì finalmente esercitare una incontrastata autorità po-
litica e temporale sulle terre ad essi assoggettate.
Non è certo mio proposito fare indagini particolari sulle
vicende delle singole famiglie della nobiltà romana, ma
coglier solo fenomeni di indole generale. Uno sguardo al-
l'opera dell' Amayden ed alla bolla Urhem Romam di Bene-
detto XIV (4 gennaio 1747) mostra come già dal secolo
XVII e XVIII molte di queste famiglie fossero scomparse.
Il recente elenco, compilato per cura della Consulta Aral-
dica, conduce a constatare che tale scomparsa si è di molto
accentuata dai tempi dell' Amayden in qua.^
Fra le genti della nobiltà feudale sono ancora ricordati
i Massimi, gli Orsini, i Caetani, mentre sono scomparsi i
Savelli, i Saxii, i Latrones, gli Annibaldi, e così di seguito.
Non si trova più traccia della nobiltà municipale, che in
* Pur troppo le ricerche araldiclie souo iu generale istituite per puri
fini di vanità, ovvero per scopi fiscali. Mancano in complesso ricerche isti-
tuite con mire puramente scientifiche.
L'opera dell'ÀMAYDEN; La storia delle famiglie romane (Roma Collegio
Araldico 1910) in due volumi, è stata pubblicata in modo che dal lato critico
non soddisfa affatto. L'Editore vi ha inserito le sue aggiunte, ed è dato
distinguerle solo riscontrando indici e facendo disanima attenta, senza il
che, si corre rischio di attribuire allo scrittore del secolo XVII ciò che è
opera dell' interpolatore dell* età nostra.
L' elenco della nobiltà della Consulta Araldica Italiana giova solo alla
vanità di quelli che hanno avuto timore di far cadere in dimenticanza i
loro diplomi; od ove anco sia redatto in base a ricerche di archivio, di que-
ste non dà sempre indicazioni sufficienti.
334 Appeudice IV
certo modo può venir confrontata con quelle stirpi plebee
di Roma antica che raggiunsero il consolato.
Delle famiglie dei cittadini che il 12 settembre 1436,
radunati in Campidoglio fecero omaggio al Vitelleschi, re-
stauratore della potenza pontificia a nome di Eugenio IV,
non troviamo più i Buzi, i Leni, i Pierleoni, i Caputzun-
chi, i Petroni, i Toderini, gli Andreotti e così di seguito.
Né vi vediamo ricordati ad es. gli Amateschi, i Mellini, i
Signoretti del rione del Parione, i Bellomo, i Mazabufalo,
gli Oddoni del rione Regola, i Capogalli, i Mentebuona di
Pigna, gli Arlotti di Ripa, i Mammoli, i Trasi di Campi-
telli, i Buccapaduli di Rione Colonna che figurano ancora
al principio del 500 fra le precipue casate della nobiltà di
origine comunale.'
Delle centinaia di famiglie ancora illustri, allorquando si
venne a costituire stabilmente il dominio assoluto dei pon-
tefici, è registrata una ben piccola parte. In loro luogo com-
paiono invece altre sorte da più modeste origini urbane.
Sopratutto quelle giunte talora dalle stesse regioni da cui
anche i papi provenivano e che sotto costoro, divenuti an-
che per necessità politica fautori del nepotismo, trovarono
fortuna ed onori e spesso illuminarono con maggior luce
lo splendore della loro nobiltà municipale.
Limitandoci ad esaminare la patria di origine delle 180
famiglie, che videro riconosciuta la loro nobiltà romana per
oj^era di Benedetto XIV, veniamo ai seguenti risultati :
' V. ad es. le iiidicazioui ed elenchi delle antiche l'iimiglie della nobiltà
romana nel medio evo in Gkkcìokovius ed. italiana (Roma 1900-1901) II
p. 490 sgg.; Ili p. 745 sgg-.
Noìiilfn reiJ/ibblicana, medìoev lìt: e p'ip<iìe
:335
Famiglie di antica origine romana oltre 40'
» dei dintorni di Roma circa 4*
» della Toscana oltre 30'
' Eccone l'elenco. I nomi segnati qni e nelle note segnenti con aste-
risco * sono quelli che nella bolla di Benedetto XIV fanno parte delle 60
famiglie dei Xobili Coscritti Bomani, ossia del iiiù antico e cospicuo patriciato.
Auiadui
Anni baldi
Antamori
Astalli *
Boccapaduli
Butti
Caffarelli
Capizucclii *
Capranica *
Cardelli *
Casali *
Cavalieri *
Cenci *
Del Cinque
Collicola
Colonna
Cresceuzi "
Del Drago *
Frangipani *
Gabrielli *
Gentili
Gotti fredi
Grassi ''
Gualtieri
Incoronati
Maccarani' (origi-
nari da Milano)
Massimi *
Mellini
Molara *
Muti *
Nari "^
Orsini *
Palombara '
Papi
Petroni
Pierleoni
Rocchi
Rosoliui
De Rossi
Sinibaldi
Stati
Testa
Tibaldeschi
Varani
Della Veter»
Vidaschi
A parte le seguenti :
Americi, Manfroni, Mautica, De Signoribus.
Allerini (Subiaco)
Americi (Sermoneta)
AnguiUara *
Abbati (Firenze)
Acciaioli (Firenze)
Aldobrandini (Firenze)
Buratti
Capponi * (Firenze)
Aquilani (Pisa)
Bernardini
Bichi* (Siena)
Bonechi (Siena)
Del Bufalo* (Pistoia) .
Celleri (Pistoia)
Chigi "^ (Siena)
Ci ogni (Siena)
Dandini (Siena)
Falconieri * (Firenze)
Fani (Toscanella)
Fioravanti (Pistoia)
Filonardi * (Baucco)
Origo * (Trevi)
Ingbirami (Firenze)
Machiavelli (Firenze)
Miguanelli * i^Siena)
Del Monte
Ottieri *
Palagi (Casentino)
Patrizi * (Siena)
Petroni * (Siena)
Ricci * (Montepulciano)
Sacchetti * (Firenze)
Scarlatti (Firenze)
Serlupi * (Firenze)
Soderini * (Firenze)
Tarugi (Monte Pulciano)
Testa Piccolomini (Siena)
Vettori '^ (Firenze)
336
Appendice IV
Famiglie dell'Umbria circa 20*
» della Romagna e delle Marche 29 ^
» della Lombardia, dell'Emilia e di Ferrara 13 '
» della Liguria 6*
Accoramboui * (Gubbio)
Alberici (Orvieto)
Degli Atti (Todi)
Bufaliui (Città di Castello)
Bruni (Orvieto)
Bussi * (Orvieto;
Carpegna * (Carpegna)
Febei (Orvieto)
Gabrielli* (Gubbio)
Genga (Geuga)
Grillo (Gubbio)
Baldassiui (Senigallia)
Bentivogli (Bologna)
Bolognetti * (Bologna)
Bonaccorsi (Macerata)
Bonarelli * (Marche)
Cavalletti (Bologna)
Ciccolini (Macerata)
Fagnani (Bologna o Sinigallia)
Fantuzzi (Bologna)
Ginnasi (Castel Bolognese)
Glori (Camerino)
Lancetta (Cesena)
Marcolini (Fano)
Mari scotti* (Bologna)
Carandini (Modena)
Cerri (Pavia)
Cremona (Cremona)
Curti (Lombardia)
Ghislieri (Pavia)
Montecatino (Emilia)
Moroni (Milano)
Contaguti * (Rapallo)
Gavotti * (Savona)
Lercari (Genova)
Mandosi (Anieria)
Muzzi (Orte)
Marsciano (Marsciano)
Parenzi (Spoleto)
Roberti (Narnia)
Sacripanti (Naruia)
Spada* (Terni)
Vecchiarelli (Rieti)
Vermiglioli (Perugia)
Vitelleschi* (Foligno poi Comete)
Melcliiorri ** (Recanati)
Olivieri (S. Leo)
Pallotti (Bologna)
Parraciani (Marche)
Passerini (Norcia)
Passionei (Fossombrone)
Rasponi (Ravenna)
Rondanini (Faenza)
Sarapieri * (Castel Bolognese)
Sorbolonghi (Pesaro)
Tanara (Bologna)
Thoodoli* (Forlì)
Zambeccari (Bologna)
Ziuanni (Ravenna)
Negroui (Bergamo)
Olgiati * (Milano)
Della Porta (Como)
Del Pozzo (Cremona)
Rocci (Cremona)
Sacrati (Ferrara)
D'Aste * (Albenga)
Raggi * (Genova)
Ravenna (Chiavari)
Nobiltà repubblicana, medioevale e papale 337
Famiglie del Piemonte 3*
» di Napoli 1 '
» delle Puglie 1 3
» dell'Abruzzo 1*
» della Spagna e Navarra 4^
» del Portogallo 1 *
» delle Fiandre 1 '
I dati intorno alla patria delle famiglie clie giunsero a
far parte della nobiltà romana, conducono pertanto ai risul-
tati analoghi a quelli già conseguiti osservando l'origine
dei pontefici da Martino V in qua.
A parte Roma, la Toscana, la Romagna, le Marche, l'Um-
bria, danno il maggior contingente. Alla Valle del Po spetta
un numero assai limitato; e, quello oh© è sorprendente,
Napoli, le Puglie e l'Abruzzo sono rappresentati respetti-
vamente da una sola famiglia. Ciò risponde nelle linee ge-
nerali a ciò che abbiamo constatato nell' antichità, in cui
le famiglie consolari si estesero man mano al centro d'I-
talia ma non giunsero che in un numero estremamente limi-
tato dalla Campania e non provennero affatto dai territori
* Caccia (Novara) Tornati (Piemonte)
Ceva *
* Bernini (Napoli) Cianci (Napoli)
* Eustachi (Puglie)
* Circi (Abruzzi)
* Androsilla (Nararra) Torres (Spagna)
Nunez (Spagna) Verospi ' (Spagna)
* Correa (Portogallo)
' Florenzi (Utrecht?)
Pai» marche sulla storia e mi diritto pubblico di Roma II 22
338 Aiìpendice lY
a sud di Napoli e del Sannio, ossia delle Puglie e della
Calabria.
La scarsità di nobili famiglie napoletane sta adunque
in rapporto con il pur scarsissimo numero di pontefici di
quella regione. E poicbè a partire dal secolo XV, fatta ec-
cezione per i due spagnuoli Callisto III ed Alessandro VI
(Borgia) e per Adriano VI di Utrecht, i papi furono esclusi-
vamente Italiani, è naturale constatare che anche le famiglie
nobili e patricie romane sono da annoverare per la massi-
ma parte fra le italiane, mentre oltremodo rare sono le
straniere. È però curioso che accanto alle italiane compaia
un ristrettissimo numero di famiglie iberiche, cosi come sul
finire della repubblica fra i consoli appare in via di ecce-
zione lo spagnuolo Cornelio Balbo.
Questi risultati vengono sostanzialmente confermati dal-
l'esame delle famiglie che anche in tempi posteriori a quelli
di Benedetto XIV vennero a far parte della nobiltà romana.
È bensì vero che per quest'età posteriore non ci sor-
reggono dati raccolti con intenti puramente scientifici e che
le pubblicazioni ufficiali al riguardo non sono per ogni
lato complete. Per il nostro scopo basterà nondimeno con-
statare che nel complesso le caratteristiche notate per l'età
precedente si mantengono.
Esce afiatto dal mio proposito entrare in una particolare
indicazione delle famiglie nobiliari, che scompaiono dopo il
tempo di Benedetto XIV e di quelle che successivamente
raggiunsero la nobiltà. Ove però si tenesse conto dei dati
pubblicati ai di nostri dalla Consulta Araldica,^ si verrebbe
* V. 1' Elenco ufficiale (definitivo) delle famiglie nobili e titolate della re-
gione romana nel Bollettino della Consulta Araldica u. 24 voi. 25 (Roma 1902).
Sebbene sia documento ufficiale ha valore scarso poiché non fu redatto
Nobiltà repubblicana, medioevaU' e papale 339
a constatare che la maggior parte della nobiltà romana
continua a provenire dall'Italia Centrale, che assai scarso
è quella che giunge dal Nord ed ancor più (fatta ecce-
zione per famiglie napoletane, campane e beneventane) quella
che trae le origini dal Sud. Tanto è vero che nella nobiltà
romana v'è una sola famiglia di origine abruzzese,' una
sola del Molise,- una della Sicilia. ^
Così oltremodo scarse sono le accessioni dall'estero. Lo
mostra il seguente specchietto :
Nobiltà romana proveniente dalla Corsica circa 1 *
« > » dalla Francia > 5-''
» » » dalla Lorena » 1 ^
» » » dalla Germania » 1 '
» » » dalla Spagna » 1^
con fini puramente scientifici, ma solo dietro richiesta di date famiglie,
che ambirono a tener desto il ricordo del loro diritto a vantare titoli no-
biliari.
' Antonini.
* De Mayo.
* De Gregorio.
* Bonaparte.
* Giraud, Hardouin, Montholon, Torlonia, Vidau.
* De Saint Mihiel.
' Altemps.
' Muccioli.
APPENDICE V.
I dodici Romani fatti dichiarare pubblici nemici
da Siila nell'88 a. C.
(v. 8. p. 250).
La storiografìa antica è unanime nel considerare Siila
come uomo crudele; essa rileva che il terribile Dittatore
non ebbe ritegno e misura nel vendicarsi, e la ferocia di
lui contrappone alla clemenza di Cesare.
L' esame spassionato dei fatti dimostra però che la fe-
rocia sillana fu parzialmente provocata da quella dei capo-
rioni del partito contrario. È ad ogni modo certo che, cal-
colatore per eccellenza, Siila coordinò la convenienza di
vendicarsi e di reprimere con la violenza ai fini politici
che aveva in animo di raggiungere. Perciò allorquando nel
88 Siila si impadronì per la prima volta di Roma fece di-
chiarare pubblici nemici soltanto dodici persone della fazione
di Mario e di Sulpicio.
Ciò è accennato con sobrietà per noi eccessiva nelF epi-
tome del libro LXXVII di Livio colle seguenti parole:
adversus factionem Sulpicii et Marii in Urheni venif, in ipsa
Urbe pugnavit, eamque expulif. ex qua XII a senatu hostes,
Inter quos C. Marius pater et filius indicati sunt.
Appiano h. e, I 60, ove racconta lo stesso avvenimento,
porge maggiori particolari ; egli conferma il numero di do-
dici persone e ne rammenta singolarmente nove.
I dodici Romani fatti dichiarare pubblici nemici da Siila Ul
Esse furono :
1. Sulpicio trib. pi. 6. Cn. Granio
2 Mario padre già cos. sei volte 7. Q. Gramo
3. Mario figlio 8. P. Albinovano
4. P. Cetego 9. M. Letorio
5. lunio Bruto
Mario, capo del partito che da lui prendeva nome, non
era in quell'anno magistrato; lo erano invece vari dei suoi
compagni di esilio e di sventura.
Sulpicio, che lasciò in quella occasione la vita, era tri-
buno della plebe; e da Plutarco apprendiamo che lunio
Bruto, al pari di Servilio, era stato già inviato come pre-
tore a Siila per comunicargli l'ordine del Senato di non
entrare in Città e che l'uno e l'altro erano stati vilipesi
dai soldati sillani. (Plut. Stili 9).
Sappiamo che lunio riparò nella Spagna, d'onde con
altri esuli si recò a Telamone per ricongiungersi con Mano
e Cinna (Gran. Licin. XXXV 6 p. 16 ed. Flemisch). Ci è
pur detto che nell'82 si uccise a Cossira per sfuggire a
Pompeio Magno. {Ep. Liv. 89. Cfr. Oros. V 21; 11).
Che anche la maggioranza dei personaggi sopra ricor-
dati coprisse pubbliche magistrature è in certo modo con-
fermato da Floro II 9 (III 21), che, ricordando i medesimi
fatti e parlando fra l'altro dell'entrata di Siila a Eoma, fra
l'altro dice: inde cum consules SiUpicius et Albinovanus oUe-
cissent catervas suas cet.
Sulpicio ed Albinovano non erano consoli. Consoli del-
l'anno 88 erano lo stesso Siila e Q. Pompeio Bufo; Sulpi-
cio era invece tribuno della plebe.
Ove si ammetta che Floro abbia scambiato consoli con
tribuni, ne verrebbe l'ipotesi che Albinovano fosse ttato uno
342 Appendice V
dei tribuni dell'anno.' P. Albinovano fu tribuno nel 82 e
lo troviamo daccapo alla testa del partito rivoluzionario
nel 82. Comandava una legione di Lucani, assai probabil-
mente di correligionari. Sbarazzatosi in un banchetto dei
colleghi, allo stesso modo per cui molti secoli dopo divenne
tristamente celebre Cesare Borgia, fini per ottenere il per-
dono di Siila (App. b. e. I 91), il quale tenne conto della abi-
lità militare di lui e della potenza politica che esercitava
fra i conterranei.
Ugual sorte toccò a P. Cetego personaggio notissimo.
Uno fra i più ardenti mariani, fautore del partito popo-
lare, che seguì Mario al pari di Albinovano e di Granio e
di Letorio, fu tra coloro che più tardi passarono a Siila
(App. b. ci 62 ; 80) e che vennero citati come esempio di
scellerato tradimento. Con le milizie sillane, Cetego, prese
parte all'assedio di Preneste, in cui si era racchiuso Mario
laniere. (Su lui v. , Sali. Hist. fr. I 77; 20. Cic. Farad. V 3,
40; pì'o Cluentio 31, 8). Più tardi lo troviamo onnipotente
e fu lui che nel 74 fece conseguire a Lucullo, prima suo
nemico, la provincia Cilicia, che doveva dare a costui modo
di guerreggiare contro Mitridate. Lucullo, come è ben noto,
era riuscito a conquistarne il favore per mezzo della fa-
mosa Precia, della cortigiana che alla sua volta tutto po-
teva sull'animo di Cetego (Plut. Lue. 5).
Non abbiamo elementi per asserire con sicurezza che
fossero magistrati i Granii. Sappiamo però che Mario era
congiunto con codesta stirpe, che uno di essi lo accompagnò
a Minturne, nell'isola d'Ischia ed in Africa. (Plut. Mar. 36;
37; 40).
' In una delle recenti edizioni straniere codesto Albinovano ò nomi-
nato quale console uell' 82. Mi imagiuo la derisione che coprirebbe imo
studioso italiana, se cadesse in un abbaglio di tal natura.
/ dodici Romani fatti dichiarare pubblici nemici da Siila 343
I Granii, come risulta da testi e da inscrizioni, erano
commercianti ricchi e assai potenti di Puteoli (v. il mate-
riale raccolto dal Mnenzer in PW. RE. XIV col. 1817 sgg.).
Con le notizie relative ai Granii di Puteoli amici di
Mario, si collegano quelle sul Granio duumviro magistrato
municipale di Puteoli, causa occasionale della morte di Siila
(Val. Max. IX 3, 8. Plut. SUL 37). Ed è pure il caso di ri-
cordare i Granii dell'età cesariana.^ (Caes. h. e. Ili 71. Plut.
Caes. 16. Val. Max. Vili 111,8).
Non abbiamo dati sufficienti per identificare M. Lae-
torius. Un P, Laetorius fu uno dei senatori che Siila fece
uccidere allorché, ritornato dalla Grecia, pubblicò le liste di
proscrizione (Oros. V 21, 8). Si può nondimeno osservare che,
a partire dal secolo V, i Laetorii figurano fra le stirpi plebee
più ardenti nel difendere le libertà popolari. Basti ricor-
dare il celebre Laetorius amico di C. Gracco.
* *
Abbiamo esaminate le poche notizie che è dato racco-
gliere sui nove personaggi ricordati da Appiano. È dato
rintracciare il nome degli altri tre che da Appiano sono
stati omessi?
Forse ciò è concesso per due. Abbiamo veduto che fra i
dodici cittadini, giudicati nemici pubblici, vi fu il pretore
lunio Bruto. Ma dacché questi era inviso anche per aver
osato notificare a Siila il divieto del senato di entrare in
Città, è ovvio il sospetto che sorte migliore non dovesse
' Non so se sia il caso di ricordare anche i Granii di Pompei. Il no-
me di Gragnano presso 1' antica Stabiae (Castellammare) che prese il nome
da lina gens Grania va collegato con i nostri Granii? Snl vino Grauiano
V. CIL. IV 2565.
344 Appendice V
attendere il collega di lui Servilip, che, al pari di Bruto, si
assunse tale ambasciata.
Cosi è per lo meno probabile venisse compreso nella
lista dei dodici anche il tribuno della plebe P. Antistio,
il quale insieme al collega Sulpicio Rufo, uno appunto dei
XII, si era opposto alla candidatura consolare di Giulio
Cesare Strabone, personaggio malveduto da Mario, che lo
fece poi uccidere nel 87 (Cic. Brut. 226 sq. Cfr. il materiale
in Drumann-Groebe III p. 123 n. 16). La miglior prova del-
l' odio di Siila per P. Antistio sta nel fatto che il dittatore
lo fece poi proscrivere ed uccidere (Cic. prò Roseto Amer. 90;
Brut. 310).i
Resterebbe fissare il nome del dodicesimo ed ultimo cit-
tadino condannato nel 88, facente parte di questa prima ed
assai limitata lista di proscrizione a cui sei anni dopo do-
veva tener dietro quella ben più numerosa che rese odiato
il nome del dittatore. Ma non ci è dato indicarlo con si-
curezza.
Fra i vari duci del partito mariano che governarono, o,
per meglio dire, sgovernarono lo Stato nel frattempo che
intercedette fra la partenza di Siila ed il suo ritorno dal-
l'Oriente, non è il caso di pensare a Cinna. Egli infatti,
come è noto, fu portato al consolato dallo stesso Siila, il
quale gli fece invano giurare che avrebbe rispettato l' or-
dinamento politico che lo stesso Siila aveva allora fissato.
E non è nemmeno da pensare a Sertorio, che durante il
tempo in cui i dodici furono condannati e sfuggirono alla
morte con l'esilio, rimase a Roma (Plut. Sert. 4).
Il pensiero ricorre a Damasippo o a Carrinas, ovvero a
' Diverso è quel P. Antistio che nel 82 fu fatto uccidere da Mario
(App. I 98) insieme a Papiri© Carbone, a Douiizio, a Muzio Scevola pon-
tefice massimo.
I dodici Romcuii fatti dichiarare pubblici nemici da Siila 345
quel Domizio, che fu uuo dei duci Mariani, a Fimbria infine
a quel Milonius che con Papirio e Sertorio fu pure uno dei
capi dell'esercito mariano che muovendo dal Gianicolo, ri-
prese Roma.
*
* *
Ma è vano fare ipotesi su questo punto ; i testi non ci
porgono dati decisivi. È ovvia invece 1' osservazione che dei
dodici cittadini condannati come pubblici nemici almeno
cinque erano non romani ma municipali.
Accanto ai romani Sulpicio, Cornelio Cetego, lunio Bru-
to, P. Letorio, a cui possiamo aggiungere Servilio ed Anti-
stio, abbiamo i due Marii di Arpiuo, i due Granii di Pu-
teoli, e Albinovano originario probabilmente dalla Lucania.
Questo fenomeno sta in diretta relazione col fatto che
le guerre dell' età mariana e sillana furono determinate non
soltanto dalle tendenze aristocratiche ovvero popolari dei
soli Romani. Codeste tendenze come in tutti i periodi della
storia di questo popolo trassero vigore dalla pretesa dei
vari popoli dell'Italia confederata di partecipare al governo
della Città.
Il fatto che, dei dodici condannati, la metà circa appar-
teneva alle regioni alleate di Roma e non all' Urbs, sta in
diretta relazione con la circostanza che allorché la rivolu-
zione civile giunse al suo epilogo fra i duci mariani vi fu-
rono l'etrusco Perpenna, l'umbro Sertorio, l'umbro od
etrusco Carrinas, il sannita Ponzio Telesino.
Conseguire il comando della guerra contro Mitridate si-
gnificava certo porgere occasione a soddisfazioni militari
agli uomini di governo di una società essenzialmente mili-
tare come fu Roma, in cui anche i banchieri avevano spesso
o46 Appendice V
a fianco la spada. Ottenere la direzione del comando e della
politica nell'Oriente significava però aver modo allo stesso
tempo di spogliare provincia ricchissime. Ed è noto come la
guerra contro Mitridate abbia dato occasione a Lncnllo di
conseguire contemporaneamente due fini diversi: divenire
estremamente ricco e acquistare nomea di celebre capitano.
Ottenere la cittadinanza romana ed il diritto di aspi-
rare agli onori aveva un valore tutto speciale per i fede-
rati italici, che nell' Oriente ellenico (coltivando antichissimi
rapporti già sorti da quando erano fiorite le città della Magna
Grecia) avevano multiformi interessi. I Granii di Puteoli ul-
trapotenti in patria e che ivi osaron tener testa a Siila anche
dopo la dittatura, che nell'Oriente ellenico avevano intense
relazioni commerciali al pari di tanti Italici, desideravano
conquistare naturalmente le magistrature romane, le quali
offrivano appunto partecipazione più diretta al governo
di paesi doviziosi.
Le loro pretese alla cittadinanza romana non si colle-
gavano pertanto soltanto con vantaggi politici e morali,
ma anche con veri e propri interessi commerciali. L'esi-
stenza di precedenti rapporti di affari spiega assai bene
come mai gli Italici, durante gii anni della guerra Sociale,
abbiano avuto relazioni con Mitridate ed abbiano coniate
monete che di questo re sono imitazione.^
Ciò infine rende più chiaro come mai sia allo stesso
tempo collegata con Mitridate e con la guerra Sociale quella
ìex Viaria de maiestate, la quale colpiva tutti colore quorum
ope consiliove sodi contra populum Romanum arma sum-
psissent.^
' V. Grueuer Coins of the roman repubUk II p. 317. Cfr. speeialineute
l' aureo di Minius leius ib. p. 335.
' Rimando a quanto già scrissi nella mia memoria sulla logge Varia
nei Rendiconti dei Lincei (1901 p. 50 sgg.).
APPENDICE VI.
A proposito di prenomi e di cognomi.
Intorno ai " consules suffecti ...
I.
Nei Fasti Capitolini accanto al prenome del padre si
suole incidere anche quello dell'avo. Ma a tale regola fanno
eccezione alcuni casi.^
Nei Fasti Consolari e dittatorii, che fan parte dello stesso
elenco, si legge :
L. Tarquitius L. f. Flaccus mag. eq. (ad a. 294-460 a. C.)
M. Claudius C. f. Glicia qui scriba fuerat, dictator coactus
abd. (ad a. 505-249 a. C.)
M. Porcius M. f. Caio (ad a. 559-195 a. C.)
M. Porcius M. f. M. n. Caio (ad a. 570-184 a. C). Ma le let-
tere M. n. sono state erase ab aìitico.
A questi negli Ada Triumphalia si aggiungono i se-
guenti casi, tutti dell' età augustea :
' Tratterò più ampiamente a suo luogo le varie questioni relative alla
disceudenza di dati magistrati dagli antenati indicati nei Fasti. Qui mi
sia lecito notare che, spesso, codeste discendenze, su cui i moderni si fon-
dano per stabilire identificazioni di personaggi, non rispecchiano la realtà
storica, ma sono la ricostruzione di dati forniti dagli antichi, talvolta piìi
gelosi rivendicatori di vanità genealogiche, che obiettivi ricercatori del vero.
Sotto questo punto di vista taluna delle ricostruzioni del nostro Bor-
ghesi e del Mommsen, per tacere di altri eruditi, meritano una revisione.
348 Appendice VI
Q. Pedius M. f. (ad a. 709-45 a. C.)
P. Vatinius P. f. (ad a. 712-42 a. C.)
C. Asinius Cn. f. Pollio (ad a. 715-39 a. C.)
P. Ventidius P. f. (ad a. 712-42 a. C.)
C. Norhanua C. f. Flaccus (ad a. 720-34 a. C.) ^
T. Statilius T. f. Tauriis (ad a. 720-34 a. C).
Infine nei Fasti Consolari per questa età pare si debba
anche aggiungere la lettura :
M. Agrippa L. f. (ad a. 717-37 a. C.).^
Avremo assai probabilmente maggior numero di casi
ove ci fosse giunto meno monco il celebre documento dei
Fasti trovato nella Regia, custodito nel palazzo Capitolino.
È stato asserito che sebbene per coprire una magistra-
tura non fosse necessaria la discendenza da un avo li-
bero, questa era ad ogni modo una qualifica per tale fine
(Mommsen Roem. Staatsrecht I^ p. 488 n. 2). Tuttavia l'au-
tore di tale osservazione, ha pur rilevato che mancano ra-
gioni sufficienti per spiegare alcuni dei casi sopra notati.
Vari di codesti personaggi sono homines novi dell' età
augustea ; ma non si comprende come si noti il solo padre
per il Tarquitius maestro della cavalleria nel 460. Questi
infatti era patricio ; ci attenderemmo pertanto la menzione
dell' avo. Né la soluzione del quesito è data dal noto passo
di Livio III 27 ad a. 460: magistrum equitum dicit L. Tar-
quitium patriciae gentis, sed qui cum atipendia pedihus pro-
pter paupertatem fecisset cet.
Così mancano ragioni per comprendere perchè manchi
' Però i Fasti Cousolari Capitolini nel caso di C. Norbanns cous. nel
671 =83 a. C. pare serbassero lo spazio per l'indicazione dell'avolo v. CIL.
V p. 27.
* L'esame dei Fasti Consolari (v. CIL. I' p. 28) non basta forse a ri-
Bolvere il quesito.
A proposito di prenomi e di cognomi 349
r indicazione dell' avo di Norbano, mentre un Norbanus
figura fra i tribuni plebis sino dal 104 a. C. (Niccolini Fasti
p. 39*) e C. Norbanus è console nel 83.^
L'omissione riesce sopratutto sorprendente per Catone
il Censorio, tanto più che nel marmo si osserva essere stata
deliberatamente erasa ah antico l'indicazione M. n.
E-ispetto a Catone non è certo il caso di pensare che
la mancanza del nome dell'avo stesse a provare che l'avo
non era stato ingenuus.^
Da Plutarco (Cato Maìor I) apprendiamo infatti che lo
stesso Catone si vantava non solo "del padre ma anche della
virtù del suo proavo (èjtaiveì xai Kdtwva tÒv :TQÓJta.T:jtov), il
quale aveva date prove cospicue di valore combattendo come
cavaliere nell'esercito romano. Catone, dice Plutarco, ricono-
sceva di essere homo novus dacché egli era il primo a con-
seguire gli honores, ma si dichiarava antichissimo per le
azioni e le virtù dei suoi antenati.'
Il passo plutarcheo ci dà assai probabilmente la vera
spiegazione del perchè in alcuni casi i Fasti consolari ed i
connessi Acta Triumphalia non recano incisi i prenomi degli
avi. Il padre di Catone aveva bensì combattuto come cavaliere,
ma non aveva conseguita alcuna magistratura ; tanto più
ciò valeva per l' avo. Lo stesso assai probabilmente valeva
per i generali augustei sopra ricordati i quali, come abbia-
mo fatto osservare a suo luogo, (p. 220-281), al pari dei ma-
rescialli di Napoleone erano parvenus.^
' V. nota precedente.
* Plut. Cato Maior. 1, 8: "x'j-òg l/.sys y. aivò; eha: ~pcg à?x^/"' ''^'^^
8ògav, Ipyotj ce rpo-'óvov xai T.pszy.'.i -aii-d/.aioj.
' Colgo l'occasione per notare che anche ai recenti biografi di Catone
è sfuggito il testo di Eliano v. h. XII 6 (cfr. XIV 36) ove parlandosi del
padre di Catone si nota Ka-ovw; òà toO "pea.S'jxlpou xai ot'JToO tòv rra-
■tépy. àva^yj-cslv XP'^j-
E questa mancanza dell'inflicazioue degli avi, che avevano occupate
350 Appendice VI
Una soluzione esauriente del quesito non ci è del resto
concessa. Occorrerebbe possedere interi i Fasti consolari
Capitolini, e per giunta anche maggior numero di indica-
zioni intorno agli elenchi dei pretori e delle altre minori
cariche curuli. Abbiamo invece più volte constatato quanto
esse siano monche ed insufficienti.
Nonostante tali dubbi e lacune, sembra lecito pensare
che la mancanza dell'avo nei Fasti non stia in diretto
ed esclusivo rapporto con l'assenza di ingenuità dell'avo
stesso, ma piuttosto con la comparsa di homines novi, i quali
non vantassero avi che avessero di già conseguite magi-
strature curuli.
n.
Alla lista dei cognomi del V secolo ricavati da una lo-
calità del Latium e delle regioni vicine (v. s. p. 9 agg.) va
aggiunto Carventanus di cui v'è traccia nei Fasti Capito-
lini ad a. 458 a. C. :
C. Fahius Sp. f. Sp. n. Rutilus II
n. Carven[tanus\
È chiaro che Carventanus sta in rapporto con l' arx
Carventana ricordata da Livio IV 53 ; 55 ad a. 410 sg. a. C,
di cui si trova ricordo anche nell'elenco delle città latine
di Dionisio V 61 rispetto alle vicende del 497 (jtóXig) Ka-
poevtavojv ; cfr. Steph. Byz. s. v. Kcxqousvtoc, che probabil-
mente era nella regione vicina all' Algidus.
In Diodoro XI 88 si ha Fctio? Ndunog TodtiXioi;, A&uxiog
Mivowiog KagouTiavóg; nel Cronografo del 354: Rutullo et
Carheto (ad a. 458 a. C).
magistratiire spiega forse anche perchè CiceroDe scherzasse su Afrauio (il
console <U'] tìO) <'hiaiuau(lolo Auli Jìlius {ad Att. I l, 1: 18, 5).
A proposito di prenoiìii e di coc/iiomi 351
È stato più volte notato che il testo di Diodoro risulta
da ima cattiva lettura e fusione dei dati del suo originale
e che il gentilicio Mmucius nulla ha a che fare con il co-
gnome Carventanus, dacché Minucius nei Fasti Capitolini
di quell'anno console suffetto è detto:
Suf. L. Minucius P. f. M. n. Esquilin. Augurin.
Nulla però prova, ciò che ad es. sospetta il Fruin {Neue
Jahrbuecher 1894 p. 107) che il cognome Carventanus debba
essere collegato con un gentilicio Numicius, che spetti an-
che a T. Numicius Priscus console del 469, Liv. II 63. Dion.
Hai. IX 56.
Altro cognome che accenna a località è, a quanto pare,
quello di Nomentanus.
No\ievxav6c. è in Dionisio IX 66 il cognome di A. Ver-
giììius, che dal Chron. a. 354, dai Fasti Hydat. e dal Chron.
Pasch. è detto Caelimontanus (ad a. 469).
ni.
Quanto abbiamo varie volte osservato rispetto al testo di
Diodoro di fronte a quello dei Fasti Capitolini suggerisce
l'ipotesi che anche in altri casi la differenza dei nomi che
si riscontra nelle liste di Diodoro dipenda da errori e da
confusioni di questo autore negligente compendiatore di
fatti storici, sia che parli di storia propriamente greca, sia
che esponga le gesta della patria Sicilia, e che presumibil-
menle non è compilatore più accurato ove riassume i fatti
di storia romana e porge liste di magistrati eponimi.
Contro questa ipotesi non è il caso di osservare che la
diversità fra le liste dei consoli e dei tribuni militum consil-
iari potestate dipende solo dal redattore dei Fasti della Regia.
Non è infatti da escludere che questo compilatore di
352 Appendice VI
fronte a liste diverse abbia trasformato in suffecti magi-
strati eponimi che in altre liste venivano dati come ordi-
narli e cbe in tale processo di rimaneggiamento dei dati
delle varie sue fonti abbia quindi anche egli proceduto con
criterii altrettanto arbitrarli. (Sulla questione cfr. anche R.
Th. Fruin nei Neue Jahrbuecher 1894 (40) p. 106 sgg.).
La scarsezza dei dati di cui disponiamo, le abbondanti
lacune nei Fasti Capitolini per vari periodi del secolo V
(ad es. per gli anni 490-484; 471-467; 447-423) non permet-
tono soluzioni definitive. Il materiale superstite porge solo
materia per ampi dubbi ed esitazioni.
Che la menzione e registrazione di consoli suffetti abbia
poi potuto contribuire a creare errori e disordini risulta
all'evidenza da quanto Cassio Dione XLIX 39 dichiara es-
sere avvenuto per il 34 a. C, vale a dire per il tempo in
cui non vi sarebbe stata più ragione di attenderci dubbi
intorno al nome dei magistrati eponimi: 'AvTcóviog 8è èv
Tovrcp xf\g [ih àQ-/r\c, av{)r[[ieQÒv e^éox^, Aoijxlov 2enJtQ(Dviov
'ATQaTÌvov dvTixaTuatT] aug, odev elalv oi tovtov, àXXà oux
f.xelvov Ev TTJ TÓóv imccTcov djtapi-&[Xì]o8i ò\o\idC,ovoi xtX.
AGGIUNTA.
A p. 276 n. 1. Il pensiero di Cicerone sul diverso contegno
dei Tusculani e degli Atiuates verso i propri concittadini
è cosi esplicato dagli Scholia Bobiensia, prò Piando p. 254 0
-rz p. 127 Hildebrand: praeterea et hiìic istis civitatihus adicit
di/ferentiam, quod Atinates semper civibus suis favermt, Tu-
sctdani plurimum livoris naturaliter etiam circa miinicipes
auos habuisse videantur. Sic et M. Caio ille Censorius prò
maligno et invido habitus est nec aliter etiam LuciUus de
eorumdem moribua sentit hoc dicens: Prima Papiria Tuscoli-
darum Nam malevolos noti esse certo scio cet.
INDICI
Pais Ricerche sulla storia e sui dirilto pubblico di Hvnia II
28
INDICE PRIMO.
SERIE DELLE GENTI CONSOLARI NEL LORO SUCCESSIVO APPARIRE
E SVILUPPO.*
GENTI PATRICIE.
1. L. lUNius Brutus 509.
2. Tarquinius CoiXATiNUS cons. 509.'-
3. Valerii 509 suf.; 508; 507; 505; 504 (dict. 501?, 494); 483; 475;
470; 460; 456; 449; tiib. Tuil. 415; tiib. dììI. 414; cons. 410;
trib. mil. 407; trib. mil. 406; tiib. niil. 404; trib. mil. 403; tiib.
mil. 401; trib, mil. 398 (due i^ersone); trib. mil. 395; trib. mil.
394; cons. 392; mag. eq. 390; trib. mil. 389; trib. mil. 387; trib.
mil. 386; trib. mil. 384; trib. mil. 383; trib. mil. 380 (due per-
sone); trib. mil. 377; trib. mil. 370 (due persone); trib. mil. 367:
' In questo, come uell' indice seguente, secoudo la uorrna tenuta in
tutto il volume, i nomi stampati con lettere maiuscole indicano genti pa-
tricie; nomi in tondo, magistrati della nobiltà plebea; in corsivo, homines
novi dopo il 172, dopoché ai plebei rinscì conseguire per la prima volta
ambo i seggi di console.
Ove accanto all' anno, o serie di anni, non vi sia indicazione di altra
magistratura, si intende che vi si fa menzione di consoli.
Eventuali errori di cifre che siano stati commessi negli elenchi inseriti
nei corso del volume, sono stati corretti negli indici presenti.
■ È varietà del gentilicio Tarquinius quello di L. TarquUius mag. eq.
nel 458 Liv. Ili 27 Fast. Cap. ad a.
356 Indice primo
(mag. eq. 308): cons. SóSj 353: 352; 348; 346; (dict. 344); 343:
(dict. 342); 335; (i.ia.ij:. eq. 332): 331; (niag. eq. 331; 321): M2:
(dict. 302 (> dic-t. 301); 300; 21)9 8nf.: 289; 286; 280; 263; 261:
239; 238; 227; 226; 210; 195; 188; 176 suf.; 161; 152; 131:
100; 93; 86 suf.; (mag. eq. 82); 61; 53; 31: 12: 3 a. C: 5 p. C.
cens. 307; 252; 184; 154; 97; 55.
4. LrcRETii 509 suf.; 508; 504; 462: 429; trib. luil. 419; tril.. mil.
417; cons. 393; trib. mil. 391; tiib. mil. 388; trib. mil. 383; trib.
mil. 381.
5. HoKATil 508 suf.; 507; 477; 457; 451;' 449: Irili. mil. 425: trib.
mil. 386; trib. mil, 378.
6. Larcii 506; 505; 501; (dict. 501): 498: 490.
7. Hermikii 506; 448.
8. PoSTU.Mii 505; 503; (dict. 499 o 496); 496; 466; 464: (Xvii) 451:
mag. eq. 434^ trib. mil. 432; dict. 431: trib. Diil. 426; trib. mil.
414; trib. mil. 403 (due persone); trib. mil. 397: trib. mil. 394;
trib. mil. 389; trib. mil. 381 (due persone); 334; (mag. eq. 327);
321; 305; 294; 291; 262; 242; 234; 229; 215; 186; 180; 174;
173; 154; 151; 148; 110; 99.
cene. 403; 380; 366; 332; 253; 234; 174.
9. Menenfi 503: 477: 452; cons. 440: cons. 439: trib. mil. 419; trib.
mil. 417; trib. mil. 387; trib. mil. 380; trib. mil. 378: trib. mil. 376.
10. Veroinii 502; 496; 494; 486; 479: 476; 473; 469; 456; 448:
cons. 435; cons. 434; trib. mi). 402; tiib. mil. 389; 373.-'
11. Si'. Cassius 502; (mag. eq. 501); 493; 486.
12. PosTUMUS CoMiNius 501; 493.
' DiON. Hai.. X 54.
' CeUemoniano, Cìiron. a. 354 iu ('IL. V \>. 124.
Serie delle genti consolari 357
18. SuLi'icii 500; 4S)0; 4(j]; , Xvir 451); coiis. 434; tiil). mil. 402;
tvil), mil. 398; cous. 393; tiib. mil. 391; tiib. mil. 390; tiih. mil.
388; 384; trib. luil. 383; tiib. mil. 382; tiib. mil. 380; trib. mil.
377; trib. mil. 376; trib. mil. 370; trib. mil. 368; cons. 364;
361; (dict. 358); 355; 353; 351; 345; 337; 323; 314; (dict. 312);
304; 279; 258; 243; 211: (dio. 203); 200; 166; 144; 108; 51; 5
a. C. suf. ; 9 d. C.
cens. 380; 366: 319; 300: 42.
14. M." Tui.Lius 500.
15. Aeblttii 499; (ma,^^ e(i. 499; 496); 463; cons. 442; mag. eq. 435.
16. Vetcrii 499; 494; 462; 455; (Xvir 451); trib. mil. 417; trib.
mil. 399; trib. mil. 377; trib. mil. 369; trib. mil. 368; trib. mil.
367; cous. 220: (dict. 217); 206; (mag. eq. 205).
cens. 210.
17. Oloelii Siculi 498; trib. mil. 444?; 378i
cens. 378.
18. Semproxii 497; 491; (dict. 483) ; trib. mil. ovvero cous. sul'.'?
444; cous. 428 (secondo Diodoro 12-77); trib. mil. 425; cons. 423;
trib. mil. 420; trib. mil. 416; (mag. eq. 382; 34 sufif.).
cens. 443.
19. MiNUCii 497; 492; 491: 458: 457; (Xvir 450).
20. Clatoii 495; 471; 460; (Xvir 451; 450); (mag. eq. 494); trib.
mil. 424; trib. mil. 403: (dict. 362); 349; (dict. 337; mag. eq.
337); 307; 296; (dict. fra 292-285); 268; 264; 249; 240; (dict.
213); 212; 207; 202; 185; 184; 177; 143; 130 sutf.: 92; 79; 54;
38; 13; 9 (Druso); 7 (Tiberio); 12 p. C. (Germanico).
cens. 312; 2?5; 204; 169; 136?; 50.
21. Servilii 495; (mag. eq. 494); 478; 476; 468; 466; 463; (mag.
eq. 439; dict. 435); cons. 427; (dict. 418); (mag. eq. 418?); trib.
mil. 418; trib. mil. 417; trib. mil. 408; (mag. eq. 408); trib. mil.
358 Indice prhìio
407; trib. mil. 402 (2 persoae) ; trib. niil. 898; tiib. mil. 395;
trib. mil. 390 (2 persone^; trib. mil. 388 (2 persone); trib. mil.
387 (Sergins?); trib. mil. 386; trib. mil. 383; trib. mil. 382?:
trib. mil. 378; trib. mil. 369; trib. mil. 368; cons. 365; 362 (flict.
360); (mag. eq. 351); 342; 284; 253; 252; 248; 217; 203; 169:
141; 106.
cens. 378; 125.
22. Geganii 492; 447; cons. 443; cons. 440: cons. 437; trib. mil.
378; trib. mil. 367.
cens. 435.
23. PiNARii 489; 472: trib. mil. 432; (mag. eq. 363).
cens. 430.
24. luLii 489; 482; 473 {?); (Xvir 451); 447; trib. mil. 438; cons. 435;
cons. 434; (mag. eq. 431); cons. 431 ; cons. 430; trib. mil. 424;
trib. mil. 408; trib. mil. 405; trib. mil. 403; trib. mil. 401; trib.
mil. 397; trib. mil. 388; trib. mil. 379; (dict. 352); 267; 157; 91;
90; 64; C. luLius Oaesar 59; (dict. 49); 48; (dict. 47); 46; 45;
44; (dict. 45; 44); IcLius Caesar Augustus suf. 43; 33; 31; 30:
29; 28; 27; 26; 25; 24; 23; 5; 2 a. C, C. Caesar 1 p. C, Ger-
mani cu s 12 jì. C.
cens. 393; 89; (Augustus 28; 8; 14 p. C./, Tiberius cens. 14.
25. Nautii 488; 475; 458; trib. mil. 424; trib. mil. 419; trib. mil.
416; cons. 411; trib. mil. 404; cons. 316; 287.
26. FuRii 488; 481; 474; 472; 464; 446; cons. 441; trib. mil.
432; trib. mil. 426; trib. mil. 425; trib. mil. 420; cons. 413; cons.
412; cons. 409; trib. mil. 407; trib. mil. 405; trib. mil. 403j
trib. mil. 401; trib. mil. 400; trib. mil. 398 (due persone); trib.
mil. 397; (dict. 396); trib. mil. 895; trib. mil. 394 (due perso-
ne); trib. mil. 391 (due persone); (dict. 390); (dict. 389 ; trib. mil.
386; trib. mil. 384; trib. mil. 381 (due persone); trib. mil. 378;
trib. mil. 370; (dict. 368) ; (dict. 367): (dict. 350); 349; (dict.
345); 338; 325; 251; 223; 196; 136; 8 p. C.
cens. 43.'); 403; 363; 214.
Serie delle genti cuu-solari 359
27. T. SioiNiLS 487.
28. C. Aqcilius 487. [L. Aquilius tiil». mil. 888].
29. Fabii 485; 484; 483; 482; 481; 480; 479; 467; 465; 459; (Xvir
450); cons. 442; trib. mil. 433; cons. 423; cons. 421; trib. mil.
416;' 415; trib. mil. 414; cons. 412; trib. mil. 407; trib.mil. 406;
trib. mil. 404; trib. inil. 401; trib. mil. 395; trib. mil. 390 (3 per-
sone); trib. mil. 383; 2 382;» 381; trib. mil. 369; cons. 360; 358;
356; 354; (dict. 351); 345; (mag. eq. 344: mag. eq. 325; mag. eq.
322); 322; (dict. 321; 315; mag. eq. 315); 310; 308; (mag. ©q.
301); 297; 295; 292; 276; 273; 269; 266; 265; 247; 246; 245;
233; 228; (mag. eq. 224; dict. fra il 222-219; dict. 217; dict.
216); 215 suf. : 214; 213; 209; 183; 145; 142: 121; 116: 45
suf.; 11; 10.
cene. 363; [358]; 304; 288; 241: 230: 108.
30. CORNELii 485; 459; (Xvir 450); cons. 436: 434;^ cons. 428; trib.
mil. 426; (mag. eq. 426); trib. mil. 415; trib. mil. 414; cons. 413
cons. 409; trib. mil. 408: (dict. 408); trib. mil. 406 (2 persone)
trib. mil. 404 (2 persone); trib. mil. 401; trib. mil. 397; (mag
eq. 396); trib. mil. 395 (due persone); trib. mil. 394; cos. 390;
trib, mil. 389; trib. mil. 387; trib. mil. 386; trib. mil. 385; (dict
385); trib. mil. 384; trib. mil. 382; trib. mil. 380; trib. mil. 376
trib. mil. 370; trib. mil. 369 (due persone); trib. mil. 368; trib
mil. .367 (due pervsone) : (mag. eq. 362; mag. eq. 361; mag. eq
353; mag. eq. 350); cons. 350; (mag. eq. 349); 343; (dict. 334); 332
328; 327; (dict. 322; dict. 320); 306; (dict. 306); 303; 298 (dict
tra il 292-285); 290; 288; 283; 277; 275; 274; 270; 260; 259
257; 254; 237; 236: 222; 221; 218; 205; 204; 201: 199; 197
194; 193; 191; 190; 181; 176; 162; 162 suf.; 160; 159; 156
' DiOD. XIII 9.
* DiOD. XV 38.
* DiOD. XV 41.
* DiOD. XII 53.
" Djod. XIV 110.
360 Indice primo
155; 147; 146; 138: 134: 130; 111: 97: cS8; (dict. 82); 83; 81:
80; 72; 71; 65; 57; 56; 49; suf. 44; 8iif. 38; suf. 18 (2 persone);
16; 15; 5: 3; 1 a. C; suf. 2 d. C; suf. 5 d. C; 10; suf. 10 d. C.
cena. 393 snf. ; 240 (2 persone); 294; 280; 265; 259; 236:
209; 199; 194; 159: 147: 142; 70.
31. Aemilii 484: 478: 473: 470; 467: (dict. 463); tiib. uiil. 438:
(dict. 437; dict. 434; dict. 426); cons. 410; trib. niil. 405; trib.
mil. 403; trib. niil. 401; trib. niil. 394; trib. mil. 391 (2 persone);
trib. mil. 389; trib. mil. 387; trib. mil. 383; trib. mil. 382; trib.
mil. 380; trib. mil. 377; (mag. eq. 368); cons. 366; 363; (mag. eq.
352, 342); 341; 339; dict. 335); 329; 323; (dict. 321); 317; (dict.
316); 311; 302; (mag. eq. 302); (mag. eq. 301); 285; 282; 281; 278;
255; 232; 230; 225; 219; 216; 187; 182: 175; 168; 1.58; 137;
126; 115; 78; 77; 66; 50; 46; (mag. eq. 44); 42; suf. 34: 21 a.
C; 1 p. C; 6 p. C; 11 p. C.
cens. 276: 220; 179; 164; 109; 22: 16.
32. Manlit 480; (Xvir 451); cons. 434; trib. mil. 422; trib. mil. 420
trib. mil. 405; trib. mil. 402; trib. niil. 400; trib. mil. 397; trib
mil. 398: cons. 392; trib. mil. 389; trib. mil. 387; trib. mil. 385
trib. mil. 383; trib. mil. 379 (2 persone); trib. mil. 370; (dict
368); trib. mil. 367; (dict. 363); 359; 357; (dict. 353: dict. 349)
347; (mag. eq. 345); 344; 340; (dict. 320); 299; 256; 250; 244
241; 235; 224; (dict. 208); 189; 179; 178: 165; 164; 120;105; 65.
cens. 351; 247; 231.
33. Seìigii 478;' (Xvir 450); cons. 437; trib. mil. 433; cons. 429;
trib. mil. 424; trib. mil. 418; trib. mil. 404; trib. mil. 402; trib.
mil. 397, trib. mil. 387; trib. mil. 384; trib. mil. 380.
34. [C. Manilius?] (AOao? MàÀÀic; Dion. Hai. IX 36) 474. Cfr.
Fast. Hifdat. Chron. Pasch."
' Dion. Hal. XI 52.
' C. Manilius in Liv. II 54. DiOD. XI 63. È A. Manlin» FuUo degli
Ada Trmmphalia ad a. 474; cfr. Cron. a. 354: Valso.
Sei' le delle genti consolari 361
3"). QuiNCTii Mi; 4(i8; 465; 4H0 sirf.; (dict. 458); 44(i ; cons. 443;
cons. 439; (dirt. 439), tril». iiiil. 438; (nuig. eq. 437); cons. 438;
cons. 431; cons. 428; tril». mil, -I2G ; tiib. mil. 425; cons. 421;
trib. mil. 420; trib. mil. 415; tiib. mil. 405 (2 persone T. Q.);
trib. mil. 388; tiib. mil. 387; trib, mil. 386; trib. inil. 385 (2
persone); (mag. eq. 385); trib. mil. 384; (dict. 382): (diet. 380);
trib, mil. 377 (2 persone); trib. mil. 369; trib. mil. 368; mag.
eq. 367; (dict. 361; ma,<x. eq. 360); 354; 351; (dict. 331); 271;
208; 198; 192; 150; 123; 9 a. C; 2 p. C. suf.
cens. 189.
36. T. NuMiCius 469.
37. P. VoLUMNics 461.
38. T. RoMiLius 455 (Xvir 451).
39. Sp. TARPEirs 454.
40. A. Aternius 454.
41. QuixCTiLii 453; trib. mil. 403: (dict. 331); 13.
42. P. CcRiATius 453; (Xvir 451); 445 (?).
43. P. Sextius 452; (Xvir 451).
44. Pai'IRII cous. 444 f^uf. ; cous. 441; cons. 436; cons. 430; cons.
427; trib. mil. 422; trib. mil. 418; trib. mil. 416; cons. 411; trib.
mil. 387; trib. mil. 385: trib. mil. 384; trib. mil. 382; trib. mil.
380 ; trib. mil. 376 ; trib. mil. 368 ; (dict. 340 ; mag. eq. 340);
336; (dict. 332); 330; 326; (dict. 325); (dict. 324; mag. eq. 320;
mag. eq. 320): 319; 315; 313; (dict. 310; dict. 309); 293; 272;
231.
cens. 443; 430: 418; 393: 389; 318: 272.
45. Folti (o Foslii) trib. mil. 433; (mag. eq. 320); 318: (mag. eq.
314).
46. [Antonii Merendae] Xvir 450: trib. mil. 422; (mag. eq. 334).
362 Indice )>r imo
Magistrati rptniiiiii ])l('li«'i.
47. [GknlciiV] e Geuucii cous. 451; (Xvir 451); 415; trib. mil. 399:
trib. mil. 396; 365; 363: 362; 303; 276; 271; 270. >
48. Duilii Xvir 450; trib. inil. 399; 336; 260; (dict. 231).
06118. 258.
49. Poetelii Xvir 450?; 360; 346; 326; 314; (dict. 313; mag. eq.
313).
50. tìp. Oppins Corniceli Xvir 450.
51. M. Rabuleius Xvir 450.
52. Atilii trib. iiiil. 444; trib. mil. 399; trib. mil. 396?; 335; 294;
267 (Regali); 257 (Serranus); 256 euf. (Regulus); 250 (Regulus);
245 (Bulbus); 235 (Bulbus); 227 (Regulus); 225 (Regulus); 217
(suf. Regulus); (Serrani) 170; 136; 106.
cene. 247; 234; 214.
53. Licinii trib. mil. 400; trib. mil. 396; mag. eq. 368 primns e plebe:
364; 361; 236; (mag. eq. 210); 205; 171; 168 (Crassi); 151 (Lu-
cullus); 131; 116 (Geta); 97; 95; 74; 70; 62; 55; 30; 14 a. C;
7 p. C.
cens. 210; 108; 92; 89; 65.
54. Titinii trib. mil. 400; trib. mil. 396; (mag. eq. 302).
55. P. Maelius trib. mil. 400; trib. mil. 396.
56. Popilii trib. mil. 400; 359: 356 [354]; 350; 548; 316: 173;
172; 158; 139; 132.
cens. 159.
' Sui Geuucii Aveutinenses patricii e plebei v. s. p. 80; 107.
Serie delle genti consolari 363
57. M. Pompouius Rufiis tvib. iiiil. 399,
58. Poblicii trib. mil. 399: 232.
59. Tiebonii trib. niil. ;183; trib. mil. 379; 45 suf.
60. Antistii trib. mil. 379, 30 suf.; G.
61. P. Coelius (secondo Diodoro XV 5 7) trib. mil. 378.
62. Sextii 36G (primo console plebeo).
63. C. Terentius trib. mil. 380.'
64. C. Sextilius trib. mil. 379.
65. M. Albinins trib. mil. 379.
66. Plantii 358; (mag. eq. 356) (Proculus); 347; 341; 330 (Venox);
329; 328; 318 (Decianus) ; 125 (Hypsaeus); 2 (Silvanus).
cens. 312.
67. Marcii 357; (dict. 356) ; 352; 344; 342; 310; 306; 288; 281;
(mag. eq. 263); 186; 169; 162; 156; 149; 118; 91; 68; 64; 56;
39; 38 suf.; 8.
tens. 351 {prinnts e plebe); 294; 265; 164; 147; 86.
68. Deeii 340; 312; 308; (mag. eq. 306); 297: 295; 279.
cens. 304.
69. Q. Poblilii Philones trib. mil. 400: 399; (dict. 339; mag. eq. 335);
327; 320; 315.
cens. 332.
70. lunii (mag. eq. 339); 325; 317; 313; (mag. eq. 312); 311; (mag.
eq. 310; mag. eq. 309); (dict. 302); 292; 291; 277; 266; 249:
230; (dict. 216); 178; 167 (Pennus); 138 (Brutus); 109 (Silanns);
77; 62; 25: 17 a. C; 10 p. C: 10 p. C. suf.
cens. 307; 253; 225.
' Dioi>. XV 50.
364 Indice primo
71. C. Maeuius 388; ((lift. ^'iO; <lict. 314).
cens. 318.
72. Aelii 337: 323;' (miig. eq. 321): 286; (ma<--. eq. 202); 201; 198;
172 (Ligus) ; 167 (Pactns); 11 (Q. Tubero): 3 p. C. (L. Lamia);
4 p. C. (S. Catus).
cens. 199; 194.
73. T. Veturius Calvinns 334; 321.
74. Domitii 332; 283; (cUet. 280); 192; 162 suf.: 124; 122; 96; 94;
54; 53; 40; 32; 16.
cens. 280; 115; 92.
75. Claudii Marcelli 331; (dict. 327); 287; 222; suf. 215; 214; 210;
208; 196; 183; 166; 155; 152; 51j 50; 49; 22.
cens. 189.
76. Livii (mag. eq. 324): 302; 219; (dict. 207); 207; 188; 147: 112.
cens. 203; 109.
77. Aulii Cerretani 323: 319: (mag. eq. 315).
78. Fulvii 322; (mag. eq. 316); 305 suff. ; 299; 298; 264; (dict.
263); 255; (mag. eq. 246); 237: 229; 224; (mag. eq. 213); 212;
211: (dict. 210); 209: 189: 180 suff.; 179; 159: 153; 135;
134; 125.
cens. 231; 179: 174: 136.
79. Volumnii 307: 296.
80. Minucii 305; 221; (mag. eq. 217); 197; 193; 110.
81. Sempronii 304 (Sophus) ; 268 (Sopbus) ; 253 (Blaesus) ; 244
(Blaesus); 240 (Tuditanus); 238 (Gracchus); 218 (Longns); (mag.
eq. 216); 215 (Gracchus); 213 (Gracclius); 204 (Tuditanus); 194
' (Aulius?) cfr. Liv. VITI 37. 3.
Serie delle genti consolari 365
(Lou.>,Mis : 1S5 iTuditiUius); 177 (Grncchusì: IG'A (Gracclius); 129
(Tu(litauns).
ceiis. 300: 280: 252^ 209; 1(J9.
82. Apuicii MOO (Piiiisa); 29: 20 a.C; U p. C.
83. Caivilii M;ixiiui 293; 272; 23-i: 228.
cenis. 288.
84. M." Curili^ Deiitatus 290; 275; 274.
fé US. 272.
85. Caedifii 289: 256.
oens. 283.
86. Hortcìisii ((li<t. 287 circa); 108?: 69.
87. Claiulins Canina 285; 273,
88. Caecilii ' 284; 251; (mag. eq. 249); 247; (dict. 224: niag. eq. 207);
206; (dict. 205); 143; 142; 123: 119; 117: 115: 113; 109; 98;
80; 69; 6S; 60; 57; 52 a. C; 7 p. C.
cens. 131 (primo collegio di due censori plebei); 120; 115;
102 idne cens. Q. C).
89. Fabricii 282: 278 (Lnsciuns); 2 sul.
ceup. 276.
90. Ti. Cornncauius 280; (dict. 246'.
91. Q. Ogulnius Gallus 269; (dict. 257).
92. Mamilii 265; 262 (Vituli); 239 (Turriuus).
93. Otacilii 263: 261; 216.
94. Aqiiilii 259 (Florus); 129; 101.
' T. Caecilius trLb. mil. nel 444 è sorto per corruzione del testo o è
falsificazione v. s. p. 122.
A falsa lettura già pensò il Drumanx Genchichle Roms ed. Groebe II
p. 15 u. 1.
366 Indice primo
95. A. Atilius Calatiuus 258; 254; (tlict. 219).
cens. 247.
96. M. Laetorius Planciaiiun: (mag. eq. 257).
97. Aurelii 252j 248^ (mag. eq. 231); 200 (Cotta-; 157 (Orestes); 144
(Cotta); 126 (Orestes); 119 (Cotta); 108 suf. (Scaurus); 103
(Orestes); 75; 74; 65 (Cotta).
cens. 241; 64.
98. Claudius Glicia (dict. 249).
99. C. Fundanius Fiindnlui«> 21.3.
100. Lutatii 242 (Catuins); 241 (Cerco): 220; 102: 78 (Catali).
cens. 236; 65.
101. M. Pomponii Mathones 233; 231; (luag. eq. 217).
102. L. Apustiiis Fallo 226.
103. Flaminii 223; (mag. eq. tra il 222 e 219); 217: 187.
cens. 220.
104. Terentii Varrones 216; 73; 23.
105. Servilii (mag. eq. 208): 203; ^mag. eq. 203); 202: (dict. 202);
79; 48; 41; 3 p. C.
cens. 55.
lOH. P. Villius Tappulns 199.
107. Porcii 195 (Cato); 184 (Liciuus'; 118; 114; 89 (Catone-s).
cens. 184. ■■
lOS. Acilii 191; 154 (Glahrio); salì'. 150; 114 (Balbiis); 67 (Ulabrio);
33 «uf. (Aviola).
cens.? 44.
109. l^aclii 190; 140; 6.
110. Baebii Tamphili 182: 181.
Serie delle yenti conaolarl 367
in. Ciilpurnii 180; 1 !S; l''>9; Vòó; 133; 112 (Pisones); 111 (Bestia);
67 (Fiso); 59 (Bibuhis): 58: 28 snf.: 15; 7; 1 (Pisones).
cena. 120; 50.
112. Q. Petillins Spurinus 176.
118. Mucii Scaevolae 17Ó: 174: i:l:;; 117: 95.
Homines novi dopo il 172.
114. Cnnsii 171; 164; 127; 124; 107: 96: 7o; 11 p. C. suf.
rena. 154; 125.
115. Ho8tilxi 170; 1^5; 137.
H^..OctavU 165; 128; 87; 76: 75.
117. Jf.' luventius Thalnu 16:ì.
118. Fanìii 161; 122.
119. L. Anicius Gallus 160.
120. Opimii 154; 121.
121. Aunii 153; 128.
122. Manilii 149; 120.
123. L. Mummius 146.
cens. 142.
124. Pompeii 141; 89; 88; 70: 55: 52: 35: 31 snf.: 5 a. C. snf. 14 p. C.
ceus. 131.
125. P. EujìiUns 132.
126. Perpernae 130; 92.
ceris. 86.
127. Oornelii Cinnae 127; 87; 86; 85; 84; 5 p. C.
368 Indice primo
128. G. Sertiit^ Calcintis 124.
129. Paì>irìi Carhones 120; 113; 85; 8?: 82.
130. C. Maritis console sette volte: 107; 104; 10:5; 102: 101: 100: 86;
C. Mavins iun. 82.
131. Gn. Maìli»^ 105.
132. BiiUlii 105 (Jùifus); 90 {Lupus).
133. Flit ni 104 {Fimbria); 33 suf.
134. Anionii 99: G3; (mag. eq. 47); 44: 41: U).
cens. 97: 42.
135. r. DidiuH 98.
136. C. Coeliiiu CaJrJus 94.
137. M. Ifrreintii 93; 34 suf.; 1 p. C. suf.
138. Norlmni 83; 38; 24.
139. Tullii 81 (Decula)', 63; 30 saf. [Cicerones).
140. Scribonii 76 (Curio); 34 suf. (Z/fto).
ccus. 61 .
141. iy. aellii Foplicolae 72; 36.
cens. 70.
142. Gn. Aujldiu>i Orestes 71.
143. Volcacii Tulli 66; 33 suf,
144. Autronii Paeti 65; 33 suf.
145. M. Fupius Figo 61.
146. L. Afranius 60.
147. A. Gabinius 58.
148. Q. Fufuis Calenus 47.
Serie delle genti consolari 369
U9. P. ratinius 47.
150. Canina liebili 45 suf.; 12 suf,; C'animi galli cotì. 37; 2 euf.
151. Fjòn' 43 [Fansa); 5 p. C. snf. {Postumus): 8 p. C. suf. {Habitus),
152. 6*. Carrinas 43 suf.
153. ^. Jliriitts 43 suf.
154. <^. Perfn(« 43 suf.
155. P. Fe«/jdjHS Bassus 43 i^uf.
156. 2[ìinatii Planci 42 a. C; 13 p. C.
eens. 22.
157. Js/nn 40 {Pollio); 8 {Gallus).
158. Gornelii Balbi 40; 32 suf.
159. P. Canidius 40 suf.
160. Calvisii Sabini 39; 4.
161. Cocceii Nervae 39 suf.; 36.
162. ^//em FaW 39 suf.; 2 p. C.
163. M. Vipsanius Agrippa 37; 28; 27.
cens. 28.
164. Siatiìii Tauri 37 suf.: 26: 11 p. C.
165. 6rH. Xerius 36 suf.
166. L. t'ornificius 35.
167. 6'. Memmius 34 suf.
168. Fonteii Capitones 33 suf.; 12 p. C.
169. Vinicii 33 suf.; 19 suf.; 5 a. C. suf.: 2 p. C.
170. Q. Laronius 33 suf.
Pais Hicercht sulla storia e sul diritto pubblico di Noma II 24
370 Indice pi-imo
171. C. Soslus 32.
172. M. Titius 81 suf.
173. L. Saenius 30 suf.
174. L. Sestius 23 suf.
175. Aruntii 22 a. C; 6 p. C.
176. M. Lollius 21.
177. Silii 20 a. C; 3 p. C. suf.; 13 p. C.
178. Sentii Saturnini 19 a. C; 4 p. C: 4 p. C. suf.
179. Q. Lucretius Vespillo 19.
180. 0. Furnius 17.
181. L. Tariits 16 suf.
182. P. Siilpicius Quirinus 12.
183. 0. Valgius 12 suf.
184. Volimi Saturnini 12 suf.: 3 p. C. Huf.
185. L. Passienus llufus 4.
186. C. (Jlodius Licinus 4 p. C. suf.
187. 0. Ateius Cajnto 5 p. C. suf.
188. L. Lucilius Longus 7 p. C. suf.
189. Nonii 6 p. C. suf. (Asprena,^); H p. C. (QuinctiUanu/i).
190. L. Apronius 8 p. C. suf.
191. Poppaci 9 p. C. (Sabinus); 9 p. C. suf. (Secundus).
192. M. Papius Mutilus 9 j). C. suf.
193. C. Visellius Varrò 12 p. C. suf.
INDICE SECONDO.
SERIE ALFABETICA DEI « DICTATORES, MAQISTRI EQUITUM, DECEM-
VIRI LEGIBUS SCRIBUXDIS, CONSULES, TRIBUNI MILITUM CONSULARI
POTESTATE, CENSORES ».'
1. Acilii p. 150, 163, 175.
(Aviolae, Balbi, Glabriones).
2. Aebutii Helvae p. 99, 112.
(Cornicen).
3. Aelii p. 135, 160, 191.
(Cati, Lamia, Ligus, Paeti, Tuberones).
4. Aemilii p. 102, 113, 125, 161, 173.
(Barbulae, Lepidi Paulli, Mamercini, Papi, Regillus, Scaurus) .
5. L. Afranius p. 176.^
6. M. Albinius p. 119.
7. Alfeni Vari p. 183.
8. Anicii Galli p. 162.
' Indico in singolare i cognomi che nei Fasti compaiono una sola volta.
* a p. 176 n. 2. All'ipotesi che Afranius fosse di origine picena può
forse contrapporsi la menzione di un Afranius duce dei Latini nel bellum
Sociale, Flor. II 6, 6 (III 18) cfr. App, b. v. I 40 ed. Viereck, dato che si
debba accogliere la lezione 'A^pYjVtog o 'A^pocviog dei codici a cui lo Zan-
GEMERSTER ad CIL. IX 6086, 1 ha contrapposto tanto App. I 47 quanto
le ghiande missili.
372 Indice secondo
9. Annii p. 163.
{Luscus, Bufus) .
10. Autesti Veteres p. 119, 187.
11. [Antonii] p. 106, 118.
(Merendae).
ll.t's Antouii p. 136, 167, 177.
12. Apuleii p. 141, 187.1
(Pansa) .
13. L. Apronius p. 192.
14. L. Apustius Fallo p. 148.
15. Aquillii p. 101, 119,
(CORVUS, Tuscus)."
15.^is Aquilii p. 145, 165.
(Florus) .
16. ArrunUi p. 188.
17. Asmii p. 181.
{Gallus, Pollio).
18. Ateius Capito p. 192.
' a p. 141 u. 2 ed a p. 189 n. 2 lio dato due diverse interpretazioni
dei pasai di Cicerone prò Piando 7, 19; II 27, 29, iu cui si fa menzioue
di Satavìiirms di Atina, che ora ho identificato coW Jpnleius ricordato da
Cicerone nella stessa orazione, ora con un Sentius pure di Atina.
La prima di tali opinioni è generalmente accolta dai commentatori
ciceroniani, e lo è pure in PW. BE. II col. 269. La seconda fu esposta dal
Borghesi II Onvres p. 276 in base all'epigrafe urbana CIL. VI 2722: Cn.
Sentius Cn. f. Ter. Saturninus Atinae cet. Cfr. Pros. Imp. Rom. Ili p. 119
n. 293.
Dal contesto della sola orazione ciceroniana non mi sembra appaia cou
certezza quale delle due versioni debba essere preferita.
* Se Aquilius Corvus trib. mil. nel 388 sia o no patricio non è chiaro
V. 8. i>. 119 n. 1.
Serie alfabetica dei " didiiforefi „ ecc. 373
19. A. Atkkxus Varts Fontinaliìs j», 103.
20. Atilii p. 105, 120, 13.5, 145, 161.
(Balbus, Calatinus,' Calenus, Liiscus, Prist'us, Regali, Serrani).
21. Cu. Aufidius Orfstcs p. 174.
22. Q. Auliu8 Cerretanus p. 138.
23. Aurelii p. 146, 163, 173.
(Cottae, Orestes, Scauius),
24. Autronii Paeti p. 175.
25. Baebii Tamphili p. 150.
26. Caecilii p. 119, 143, 164.
(Metelli).*
27. Caedicii p. 142.
(Noctua).
28. Calpurnii p. 151, 164, 174.
(Bestia, Bibulus, Pisones Frugi Caesonini).
29. Calvisii Sabini p. 182.
30. P. Canidius Crassus p. 182.
31. Conimi p. 178.
{Galli, Bebili).
32. Carrinas p. 188.
33. Carvìlii Maximi p. 141.
34. Sp. Cassius Viscellincs p. 98.
' Sulla lezione Calatinus ovvero Caiatinus v. h. p. 145 n. 3.
* I singoli Metelli hanno parecchi speciali sopranomi come Calvnt,
Caprarius, Gelei', Denter, Nepos, Pius, Diadematus, oltre a quelli derivati da
imprese militari come Crelicus, Delmaticus, Baliaricus, Numidicus, Macedonieus.
374 Indice secondo
34>»* (assii Longini p, 160, 174.
(Bavilla) .
35. Clauou p. 100, 108, 132, 164.
(Crassi, Centones, Drusi, Inbegillenses, Nerones, Pulchri).*
3r).'«s Claudii p. 137, 147, 143, 161, 172, 178.
(Canina, Glicia,*^ Marcelli).
35. ter e. Clodius Lk-inns p. 191.
36. Cloelii Siculi p. 99, 119.
37. Cocceii p. 182.
{Nerva) .
38. C. Goelius Caldus p. 167.
39. Post. Cominius Auruncus p. 98.
40. CORNELii p. 101. 114. 130, 157, 162, 170.
(Arvinae Cossi,* Blasioxes Cethegi, Dolabellae, Lentuli,*
Maluginenses,'* Merenda, Merulae, Rufini Sullae, Scipio-
n'es, Scipiones Nasicae").
' Oltre alle speciali desiguazioni di Caecm, Caudex.
* Claudins Gliela era un cliente dei Claudii patrici. Le relazioni gen-
tilizie dei Claudi, che arevano ripercussione rispetto ai Claudi plebei, sono
esplicitamente attestate nel noto testo di Cicerone de orai. I 176.
' Sul significato del cognome Arvma v. Paul. ep. Fest. p. 20 M. s. v.
Arbilla Aì-vina id est pinguedo corporis.
Su quello di Cossus v. ib. p. 41 M. a. v. Cossi ab antiquis dicebantur
natura rugosi vorpori» liomines ab similitudine vcrmium Tigno editorum, qui
009SÌ appellantur.
* Singoli sopranomi abbiamo in Crus, Lupus, Sura, Spinther, etc. oltre
quello di Caudini derivato da Caudium.
° Uno dei Maluginenses ha pure il cognome Uriiinus che parrebbe a%'ere
significato di derivazione regionale cfr. s.
' A parte le speciali designazioni derivate dai paesi vinti come Afri-
canus, Aaiaticus, JSispallus e quelle parsonali di Asina, Serapio, Calvus.
Serie alfabetica dei •' dictatores „ ecc. 375
40.bi8 CorneUi p. 165, 171, 182.
i Balbi, Cinnae).
41. L. Cornijicins p. 184.
42. Ti. Coruncanius p. 144.
43. M." Curius Dentatus p. 142.
44. P. CcRiATius FiSTUs Trigemixus p. 103.
44.bi« [Agr. Curtius Philo p. 103].'
45. P. Decii Mures p. 136.
46. T. Didius p. 167.
47. Domitii p. 137, 162, 177.
(Ahenobarbi, Calvini).
48. Duilii p. 106, 119, 135.
(Longus).
49. [Erenucius?].*
50. Fabii p. 101, 112, 127, 164, 179.
(AmBUSTI ViBCLANI MaXIMI. * BUTEONES, * DORSUONES, LlCINI,
PlCTORES, LaBEO).
51. Fabricii p. 143, 191.
(Luscimis).
' Riposa 8U DiODORO XII 31 sui Fasti Hydat., sul Chron. a. 354, men-
tre iu Livio IV 1 (cfr. Cassiod.) si ha Curiatiun. DiON. Hal. XI 53 ha
ritog Koivx'.og.
* Td'.o^ 'Epévouxios è dato dal solo Diodoro XV 51 (v. s. p. 23) ed
è frutto di erronea trascrizione di testi da parte di questo stesso autore o
degli emanuensi posteriori.
* Oltre alle personali designazioni di Rulìianus, Gurges, Eburnus.
* Cfr. Paul. ep. Fest. p. 32 s. v. Butto genus avis, qui ex eo se alit quod
accipitri eripuerit; vastitaiisque esse causam his locis, quae intraverit, ut bubo,
a quo etiam appellatur buteo.
376 Indice secondo
52. Fannii p, 162.
{Strahó).
.53. Flaminii p. 148.
54. Flava p. 166, 185.'
(Fimbria) .
55. Fonteiì Oapitones p. 186.
56. FosLii (o FoLii) Flaccinatores p. 116, 137.
57. Q. Fnfius Calenus p. 178.
58. Fulvii p. 137, 162.
(Centuiuali, Maximi, Curvi, Paetiui, Nobiliores, Flacci).
59. C. Fundanius Fimdulus p. 147.
60. FuRii (Fusii) p. 101, 112, 133, 165, 192.
(Medullini, Facili, Camili, Phili, Purpureones).
61. C. Furniits p. 190.
62. A. Gobiniìis p. 177.
63. Gegaxii Macerini p. 99. 111.
64. Gellii PopUeolae p. 172.
65. [Genucii?]*
65.ti8 Genucii p. 107, 119, 127.
(Aventinenses, Clepsinae).
66. HerennU 167.
{Picens).
' Su C. Flavius Fimbria detto homo novus v. Cic. j>ro Piando 5, 12.
* T. Genitciiis Augurinus console con Appio Claudio nel 451, poco dopo
decemviro legibns scribtindi» (Liv. Ili .S3. DiON. Hal. XI 56; 58) è natu-
ralmente patricio. Tuttavìa è dubbio se 1 Genucii al pari degli Antonii,
dei Miìmcii, degli Atilii, non si siano foggiato un falso patriciato. Cfr. s.
p. 80; 107 e la mia Storia critica di Roma II p. 230 sgg.
Serie alfabetica dei " dictatores „ ecc. 377
67. Hekmemi p. 98, 185.
(Aquilixcs, Coritinesancs).
68. A. Hirtiiis p. 180.
69. HoRATii p. 98, 118.
(Barbati Pulvili.i).
70. Hoiteiisii p. 142, 166, 17 L
71. Hostllii Mdìtcini p. 161.
72. luLii p. 109, 114. 138, 163, 17.5.
(Caesarks, Idixi, Libo, Mento).
73. L. luxius Brutl's p. 97.
73.ti8 lunii p. 134, 161, 173.
(Blaesus, Bruti, Bubulci, Peiiuus, Perae, Silani).*
74. M. rnventius Tlinhut p. 162.
7.5. Laelii p. 150, 165, 191.
(Balbns\
76. M. Laetoriu.s Plaiicianiis p. 146.
77. Largii Flavi 'Rrn) p. 98.
78. Q. Laronins p. 186.
79. Liciuii p. 126, 160, 173.^
(Calvi Esquilini, Stolo, Crassi Divites, Geta, Lucallns, Mureuac.
Nerva, Silaaus, Varus).
' Oltre la designazione speciale derivata dalla regione vinta di Callaicm.
- a p. 160 e p. 173 ho raggruppati i Licinii, Crassi, Lucitllm, Geta.
sebbene non si abbiano prove iudiscntibili della discendenza di tutti questi
nomi da un unico cespite.
Il problema è complicato e <li «Ufficile risoluzione per i Licinii come
per tante altre stirpi. Così ad es. mentre da Cicerone prò Miirrna 90, si
apprende che i Murena provenivano da Lanuvio, dalle monete (Babelon
II p. 128 cfr. C.rueber (Joins II p. 128) si ricava che 1 Licinii Nervae si
378 Indice secondo
80. Li vii 1). 164, 190.
(Dentei, Drusi. Libo, Salinatorea) .
81. If. LoUius p. 189.
82. Lucilius Lonyns.^
83. LuCRETii p. 97,- 117.
(Flavus Tricipitinus).
83. bi** Q. Liicreiius Vespillo {Cinnn?) p. 190.
84. Liitatii p. 147, 166, 173.
(Catuli, Cerco).
85. P. Maeliixs Capitolinus p. 119.
86. C. Maenius p. 134.
87. Cn. MalUus Maximm? ]>. 166.*
88. Mamilii p. 144.
(Vitiili, Turriniis'.
89. Maniìii p. 164.
90. Manlii p. 102, 115, 128, 161, 174.
(AciDixi, Capitolini, Imperiosi, Torquati, Cincinnati, Vui.sones).
91. Marcii p. 132, 161, 174.
(Censorini, Eutili, Figlili. Pliilippi, Reges, Tremulus).
collegavauo con lo stesso ceppo dei Liciuii Crassi. Lo mostra l'acceuno
aUa lex de sacerdotiis del 145 a. C. Cfr. Cic. de amie. 25, 96. Varr. d. r. r.
I 2, 9.
Altri Licinli ebbero speciali designazioni come quella di Sacerdos che
fu praetor nel 75 a. C. v. ad es. Cic. Verr. I 130 cfr. Ascon. p. 73 KS.
' È un console suifetto del 7 d. C. di cui non ho fatto menzione nel
corso dell' opera. Cfr. Klein. Fanti Vonsolares ad a.
* A quanto ho osservato sul carattere sabino della gens Lucretia, si ag-
giunga la glossa di Paolo ej). Fest. p. 19 M. s. v. Lucreiilis mona in Sabinis.
' Gn. Mallìus Maximus h detto ignobili^ in Cic. ;;ro Piando 12; prò Mu-
rena 36.
Sei'ie alfabetica dei ' dictatores ,, ecc. 379
92. }farìi p. 166. 170.
{Gratidianus).
93. C. Memmius p. 185.
94. Mknenii Lakati p. 98, li:^..
95. MiNucii EsQUiLiNi Algurim p. 99, 166.
95. bis Minucii p. 138.
(Rufi, Thermiist.
96. Mucii Scaeviilae p. 152, 165.
97. L. Muinmius j). 164.
98. Miinatii Piami 181.
99. Xactii Rutili p. 100, 108. 137.
100. Cn. XeriHS p. 184.
101. Xonii p. 192.2
{Asprenates, Quinctilinnus) .
102. Xorbani p. 171.
(Flacci).
103. T. NuMicius Priscus p. 103.
104. Octavii p. 161, 171.
105. Q. Ogulnius Gallus (Sabinus) p. 144.
106. Ojnmii p. 163.
' Suir incerto patriciato dei Mimici v. la mia Storia critica di Soma II
p. 189 8gg.
Sai caso di un'eredità della gens Minucia v. CiC. Verr. II 1, 45, 115.
* Da Valerio Massimo VII 7, 2 pare risultare che i Xonii Suffenates
avevano rapporti con Carseoli degli Aequi, limitrofa appunto alla Sabina.
I Trébulani Suffenates non erano nell'Umbria, come ho erroneamente
affermato a p. 192 n. 2 in base a Plinio n. h. Ili 107, ma nella Sabina.
380 Indice secondo
107. [Sp. Opi'ius Cornicen] p. 108.
108. Otacilii Crassi p. 108, 145.
109. M. Pajnus Muiihts p. 193,
110. Papirii (Papisii) 110, 134."
(Crassi, Cuksores, Maso, Mugillani).
HO.bis Papirii p. 166, 171.
(Carhones).
111. L. Passienus Eufus p. 191.
112. Q. PecUus p. 188.
113. Perperuae p. 165, 171.'
114. Q. Petillius Spurinns p. 151.
115. PiNARii p. 116, 126.
(Mamercini, Rupi, Nattae).
116. Plautii p. 129, 165, 191.
(Decianus, Hj-psaeus, Proculns, Silvanus, Venox (Venno).
117. M. Poblicius Malleolus p. 119.
118. Poblilii p. 133.
(Volerones, Philones (uno di essi Viilscus).
119. Poetelii p. 106, 126.
(Libones Visuli).^
120. Pompen p. 165, 170.
{Magnxis, Enfus, Strabo).
• Sul patriciato recente dei Papirii v. in queste Ricerche I p. 248 sgg.
La forma Papisius perdura in un titolo della Dalmazia CIL. Ili 2876.
' Sulla vetusta nobiltà regionale dei Perperna v. Plut. Sert. 15. In-
torno alla loro partecipazione alla guerra sociale v. App. 6. e. I 40.
' Per M. Poetclius Libo cons. nel 314 si legge Saminte in Fa«ti Hyd.;
Za[ivv)Tou in Chrun. Pascli.
Serie alfabetica dei " didalores „ ecc. 381
121. Pompunii p. 119, U7.
(Matliones, Rufas).
122. Popillii Laenates p. 119, 127, 160.»
123. Poppaci p. 193.
(Sabinus, Secundus).
124. Folcii p. 150, 165, 170.
(Catones, Liciniis).
125. PosTUMii p. 98, 116, 135, 162.
(Albi, Albixi, dei quali uno Magnus un altro Paullulus, Re-
GILLENSES MeGELLI TCBERTI).
126. Jf. Pupius Piso Fnigi Calpurnianus p. 176.
127. QuixcTii p. Ili, 129, 163, 191.
(Capitolini, Barbati, Cincinnati, Poeni, Crispini, Flaminixi).
128. QciNCTiLii Vari p. 103, 119, 137 (191). «
129. M. Rabuleius p. 106.
130. T. RoMiLics Rocus Vaticanus p. 103.
131. P. Enpilius p. 165.
132. Putilii p. 166.
{Lupus, Bufus).
133. X. Saeniu)^ p. 187.'
134. Scribonii p. 171.
{Curio, Libo).
' a p. 127 n. 3. A favore dell' afifermazione degli antichi che il cognome
Laenan derivasse dalle laenae si può citare anche il passo di Strabone IV
p. 197 C. in cui si parla delle vesti galliche di tal nome.
* P. Quinctiliiis Varus cons. del 13 d. C non è patrizio. V. qui oltre
Osservazioni all'indice III.
' a p. 187 n. 3. A favore dell'origino etrusca dei Saeni può forse ci-
tarsi anche la circostanza che un senatore Senitis informò il senato circa
le mosse dei compagni di Catilina verso Fiesole, Sall. Cat. 30.
382 Indice secondo
135. Sempronii p. 99, IIOJ
(Atratini).
135.bis Sempronii p. 139, 162, 184.
(Blaesi, Gracchi, Longi, Sophì, Tuditani).-
136. Sentii Saturnini p. 189.*
137. Skkgii p. 102, 114.
(ESQUILINUS, FiDENATES).
138. Servit.II p. 100, 117, 126, 149, 161.
(Ahalae, Axillae, Prisci Structi, Fii>enatfs, Caepiones, Ge-
NINI, TcTCCA).
138.bis Servilii p. 149, 173.
(Gemini,* Vatiae Isaurici, Pulex, Nonianus).
139. P. Sestius, Capito (Capitolinus) Vaticav'us pi 103.
140. L. Sestius Quirinus p. 188.
UOM^ Sextii p. 125, 165.
(Calvinus, Lateranus).
141. C. Sextilius p. 119.
142. T. SrciNius Sabinus p. 101.
' A p. 184 ho classificato fra i Sempronii plebei L. Senutronius Atrati-
nm, console snffetto uel 34, trionfatore nel 21. Su lui v. qui oltre le osser-
vazioni all'Indice III.
Neil' età augustea divennero patricii i Semiìronii Gracchi r. Hriter
m. e. p. 51.
' Sul sifoni fì(;ato del cognome Tuditanus v. Paul. ej). Fext. p. 353 M.
8. V.: Tuditvfi malici a tundendo dicti. Inde et cuidam cognomen Tndilavo fuit,
quod caput malleo simìlin habiierit.
* Sui Sentii Saturnini v. s. p. 372, ove parlo degli Apuleii.
* Sui Servilii Gcìuiiii patriei e sugli omonimi plebei v. Mommsen Bocm.
Fornch. I p. 117.
Serie alfabetica dei •' dictatores „ ecc. 383
143. sua p. 189.
{Nervo, Caeeina Largus).
144. Sosii p. 186.
14.5. Starna Tauri p. 183.
146. SuLPicii p. 98, 116, 126, 161, 178.
(Camp:rini, Cornuti, Rdfi, Galbae, Gali, Longi, Paterculus,
Paeticus, Praetextatus, Rupi, Saverriones).
I4g,bi8 p_ Sulpicius Quirinius p. 190.
147. L. Tarius liiifus p. 190.
148. Sp. Tarpeius Montanus Capitolinus p. 103.
149. L. Tarquinius Collatinus p. 97.
150. L. Tarquitius Flaccus p. 97.'
151. Terentii p. 119, 149, 173.
(Vanones, Lucullus, Murena).
152. M. Tititis p. 187."
153. Titinii p. 119.
(Curvus, Pansa, Saccus).
154. Tiebonii p. 119, 179.
155. TuLLius LoNGUS p. 99.
155. bis TiilU p. 171.
{Oicerones, Decula).
156. Valeuii p. 97, 118, 129, 162, 170.»
(PoBLicoLAE Potiti Maximi (uno Lactdcinus), Corvi Messal-
LAE, Faltones, Flacci, Laevini).
' V. 8. p. 348.
' Su M. Titius V. App. h. e. V 142.
• Sull'aggruppameato dei Valerli v. l'accurata uiemoria del Muenzer
De gente Valeria (Oppoliae 1891).
384 Indice secondo
157. C. Valgius Bufus p. 191.
158. P. Vatmius p. 178.
159. P. VenUdius p. 181.
160. Vekginii p. 98, 115.
(Tricosti Caelimontani Esquilini Rutili).
161. Veturii (Vetdsii) p. 99, 118, Ì48.
(Gemini Cicurini Crassi, Philones).
161. bis VeUirii Calvini p. 137.
162. Vilni p. 179.
(Habitus, Pausa, Postini us).
163. P. Villins Tappulns p. 149.
164. Vinicii p. 186.
165. M. Vipsanius Agrippa p. 18;S.
166. G. ViselUus Varrò p, 194.
167. Volcacn Ikdlii p. 175.
168. VOLUMNII p. 103.
(Amintinus, Gallus).
168. bis L. Volumnius Fiamma Vioìens p. 138.
169. Volusii Saturninii p. 191.
INDICE TERZO.
ELENCO DEI « COGNOMINA » , DELLE GENTI CONSOLARI,
DITTATORIE, CENSORIE.
Acidinus' = Manlii
Aemilianus = Cornelh
Fabii
Aeserninns = Claudii
Africanus = Cornelh
Fabii
Agrippa = Vipsanii
Ahala = Servilii
(Axilla)
Ahenobarbus = Domitii
Albinus = PosTUMii
(Albus)
Allobrogicus = Fabii
Ambustus = Fabii
Amintinus* = Volumnii
Appianus ~ Valerii
Aquilinus = Hermenii
Arvina * = Cornelh
Asiaticus =: Cornelh
Asina = Cornelh
Asprenas = Nonii
Atratinus* = Sempronii
Atticus = Manlii
Aventinensis = Genucii
Augurinus * = GtEnucii
Genucii
MlNUCII *
Minucii
Aviola = Acilii
Auruncus = Cominii
' Cognome di origine forse topografica, come Ae8erninu$ etc. Addii era
nome di località anche nella Lucania, Itin. Ant. 104.
' Derivato da antica località latina clr. s. p. 103.
* Arvina = pinguedo eorporia v. s. p. 374 n. 3.
* V. qui oltre nell'Osservazioni all'Indice IV.
* Cfr. oltre all' Indice IV p. 399.
* V. qui oltre p. 402.
Pais Ricerche »ulla storia e tul diritto pubblico di Roma II 25
386
Indice terzo
Bacchus (•!)' =
Balbus =: Acilii
Cornelii
Laclii
Baliaricus = Caecilii
Barbatus = Couxelii
HORATII
qcixctii
Valerti
Barbula = Aemilii
Bestia = Calpuraii
Bibulus = Calpurnii
glaesus = luuii
Sempionii
Biasio = Cornelii
Brutus' = [luxii?]
lunii
Bubulcus == luuii *
Bulbus = Atilii
Buteo* = Fabii
Caecus = Claudii
Caeliomoutanus = Verginii
Caepio —■ Servili:
Caesar = Iulii
Caesoninus = Calpurnii
Calatinus' ^= Atilii
Caldus = Coelii
Calenus = Atilii
Fufii
Callaecus = luuii
(Callaicus)
Calpurnianus = Pupii
Calviuus = Douiitii
Sextii
Veturii
Calvus = Caecilii
Cornelii
Licinii
Camerinua* := Sulpicii
Camillus =r FuRii
Canina = Claudii
Capito = Ateii
Fonteii
Sestii '
Capitolinus = Maelii
Manlii
Qdinctii
Sestii
Tabpeii
Caprarius = Caecilii
Capronianus = Vibii
Garbo = Papiri i
^ Baccho solo 8i legge nel Chron. o^ 354 per il 375, che in tutte le altre
fonti è anno di anarcliia senza magistrati curali.
* Fest. p. 31 M. 8. V.: Brutum antiqui gravem dicehant.
' Plin. n.h. XVIII 10: luniorum famUiam Bubulcum nominarunt quia
iiibus optime utehatur.
* Buteo genus avis Fkst. p. 32 M. Cfr. s. p. 375 n. 4.
* Sulla lezione Caiatinus preferita dal redattore dei Fa$ti Capitolini,
V. 8. p. 145 n. 3.
* Dalla località di Cameria presso Tuscolo v. s. p. 98 n. 7.
' Capito secondo i Fasti Capìt.; nelle altre fonti Capitolinus.
Indice t*rzo
387
Carventanus ' =:
Cato =:z Porcii
Catulus = Lutati i
Catus = Aelii
Caiidex =: Claudii
Caudiuus = CoRXELii
Celer = Caecilii
Ceiisorinus = Marcii
Centho = Claudii
Centumalus = Fulvii
Cerco =1 Liitatii
Cerretanus = Anlii
Cetliegns = Corxelii
Cicero = Tiillii
Cicuriuus =: VeTURi'I
Cincinnatus = Manlii
QUINCTII
Cinua = Covnelii
(Lucretii?)'
Claudius (?) = QuiNCTii (?) *
Clepsiua = Genucii
Clodianus = Cornelii
Collatinus Tarqcinii
Coritinesanus* == Hermenii
Corniceu = Aebutii
Oppii
Cornutus = Sulpicii
Corvinus =: Valerti
Corvus = Aqdillii
Valkrii
C0S8U8* =: Corxelii
Cotta = Aurelii
Coxo* = Sergii
Crassus = Canidii
Clacdii
Licinii
Otacilii
Papirii
Veturii
Creticus = Caecilii
Crispinus =: Quinctii
Crus = Cornelii
Curio =^ Scribonii
Cursor = Papirii
Curvus =r Fulvii
Titinii
Decianus =^ Plautii
Decula — Tullii
Delmaticus- = Caecilii
Dentatus = Curii
Denter = Caecilii
Livii
' Cfr. 8. p. 350 sg.
' Per i Lucretii il cognome Cinna è attestato da Hieron. a. Abr, 1999
e Della Cosmogi: lui. Caes. Cfr. CJL. V p. 89.
* Claudius ad a. 271 si legge nel CTiron. dell' a. 354 nei Fast. Hydat e
nel Chron. Pascli, mentre in Cassiodoro sì ha K. Quinctius.
* Derivato probabilmente da località a noi ignota.
' C0S8U8 =: rugosns v. s. p. 374 n. 3.
' Cri. . . . Fidcnaa Coxo ad a. 380 a. C. è ricordato nel nuovo frammento
dei Fasti Capit. edito dal M0MM8EN in Hermes XXXVIII (1903) p. 116 sgg.
388
Indice terzo
Diadematus =: Caecilii
Dives =r: Licinii
Dolabella = Cornelii
Dorsuo = Fabii
Drusus' = Claudii
Livii
Eburnus = Fabii
Esquilinus = Licinii
MlNUCII
Seegii
esquilini
Falto = Valerii
Felix = COKKKLII
Fidenas = Sekgii
Servili:
Figulus = Marcii
Fimbria = Flavii
FistuS = CURIATII
Flaccinator = Foslii (Folii)
Flaccus = Fulvii
Norbani
Tarquitii
Valerii
Flamininus = QuixcTii
Fiamma =: Volumnii
Flavus = Largii
LUCRETII
Florus ^ Aquillii
Foutinalis* = Aternii
Frugi = Calpurnii
Pupii *
Fullo = Apustii
Fulvianus = Manli i
Fundulus = Fundanii
Fusus =: FURII
Galba = Sulpicit
Gallus = Anicii
Asinii
Caninii '
Ogulnii
Volumnii
Galus* = SuLPicii
Geminus = Servilii
Servillii
Vfeturii
Germanicus = Iulii
' Il cognome Drusus (Drausus) parrebbe essere originario fra i Livii, dei
quali primo 1' assunse l'uccisore di un guerriero Gallo di tal nome (Sukt. Tib.
3). Dai Livii, in seguito a relazioni matrimoniali, parrebbe passato nei Claudii.
Nel passo di Suetonio Tib. 2, in cui si parla di un più antico Claudius
Drusus vi è secondo ogni probabilità un errore di testo.
Per Drusus fu proposto rursus dal Mommsen Boem. Forsch. I p. 308,
mentre 1' Hirschfeld, seguito dal Muenzer in PW. BE. Ili col. 2681, pro-
pone Cìassus. Ma è molto più probabile vada letto : Bnfus come ba proposto
il Fruin in y. Jahrbuech. XL (1894) p. 117,
* Di caratteit! topografico. Fa ripensare alla nota Porta Fontinalis.
' Come è noto, il ct)gnome Frugi fu mantenuto da quel Calpurnio cbe
fu adottato dal vec( liio M, Pupiut.
* Galus noto cognome dei Sulpioii è una forma grafica arcaica rispon-
dente a Gallus. I Sulpicii Galli sono assai conosciuti. V. ad es. Onom. Cicfr.
Indice terzo
389
Geta = Liciiiii
Glabrio = Acilii
Glicia = Claiidii
Gracchus = Sempronii
Gratidianiis ■= Marii
Gurges = Fabii
Habitus := Vibii
Helva = Aebutii
Hispallus = CORNELII
Kortatov = Claudii '
Hypsaeus = Plautii
Imperiossus — Manlii
Inregillensis = Claudii
(Invegilleneis)
Isauiicus = Servilii
lulus (luUus) = lULII
Labeo = Fabii
Lactuciniis = Valkrii
Laenas = Popillii''
Laevinus =: Valerii
Lamia = Aelii
Lauatus = Menexii
Largus := Silii
Lateranus = Sextii
Lentulus = Cornelii
Lepidus = Aemilh
Libo := lULTI
Livii
Poetelii
Scribonii
Licinua = Clodii
Fabii
Porcii
Ligus = Aelii*
Livianus = Aemilii
Longinus = Cassii
Longus ^= Dailii
Lucilii
Manlii
Sempronii
SuhPicii
TCLLII
Lucullus r= Licinii
Terentii
Lupus = Cornelii
Rutilii
Luscinus =; Fabricii
Luscus = Annii
Atilii *
Macedooicus = Caecilii
Macerinus = Geoanii
Magnus = Cornelii
Pompeii
POSTUMII
Malleolns = Poblicii
Maluginensis ^ = Cornelii
Mamercinus = Aemilii
Pinarii
' Che C. Claudius Hortator mag. «q. 337 del dittore C. Clandius Inve-
gillensis Liv. Vili 15, 5 fosse patricio ò presumibile ma uon certo.
* Cfr. 8. p. 381 11. 1.
* V. oltre nelle Osserv. all'Indice IV.
* V. oltre ad Indice IV.
' V. 8. p. 101 n. 4.
390
Indice terzo
Mamercus = Aemilii
(Mamevcinus)
Mancinus = Hostilii
Marcellinua = Cornelii
Marcellus =^ Claudi i
Maso = Papirii
Matho = Pomponiì
Maximus = CarvìHi
Domitii
Fabii
Pulvii
Mallii
sulpicii
Valerii
Medullinus ~ Furii'
Megellus = Postumii
Mento = luLii
Merenda — [Antonii]
Cornelii
Merula ■= Cornelii
Messalla = Valerii
(Messallinus)
Metellus = Caecilii
Montanus* = Tarpeii
Mucianus = Licinii
Mugillanus = Papirii
Murena = Licinii
Terentii
Mus = Decii
Mutilus = Papii
Nasica = Cornelii
Natta = PiNARii
Nepos = Caecilii
Nero = Claudii
Nerva = Cocceii
Licinii
Silii
Niger = Valerii
Nobilior = Fulvii
Noctua = Caedicii
Nonianus = Servilii
Numidicus =r Caecilii
Orestes = Aufidii
Aurelii
Pacilus r= FURII
Paetinus = Fulvii
Paetus = Aelii
Autronii
Pansa = Apuleii
Titiuii
Vibii
Papus = Aemilii
Paterculus = Sulpicii
Paullulus == Postumii
Paullus = Aemilii
Pennus = lunii
Pera = lunii
Peticus = Sulpicii
Philippus = Marcii
Pbilo = CURTII
Poblilii
Vetiirii
Philus = FuRii
Picene = Herennii
• Cfr. all' Indice IV p. 398.
* Dal nome di antica località latina.
Indice terzo
391
Pictor = Fabii
Pietas = Antonii
PÌ8o' = Calpuinii
Pupii
Plus = Caecilii
Plancianiis = Laetorii
Plancus =r Muuatii
Poenus — QuiNCTii
Pollio = Asini i
Poplicola = Gellii
Valerii
Porcina = Aemilii
Postimus r=r Vibii
Potitus r= Valerti
Praetextatus = Sulpicii
Priscus = Atilii
NUMICII
SERyiLII
Privemas =: Aemilii
Prociilus = Plautii
Pulcher = Claudii
Pulex = Servili!
Pullus = lunii
PulvilluS = HORATII
Purpureo = Furii
Pyi'rhicus = Decii
Quinctilianus = Nonii
Quirinius = Sulpicii
Quirinus = Sesti i
Ravilla = Cassii
Rebilus =: Caninii
Regillensis = Claudii (?) '
Jfostumii
Regillus = Aemilii
Regulus = Atilii
Rex =z Marcii
ROCUS r= ROMILII
Rufinus = Cornelii
Rufus = Annii
Largii
Minucii
Passieni
PlNARII
Porapeii
Rutilii
Sulpicii
Tarii
Vaigli
RuUianus = Cornelii
Rutilus = Cornelii
Marcii
Nautii
Verginii
Sabinus = Aquilii
Calvisii
Claudii
Poppaci
SlCINII (Siccii)
Saccus = Titinii
Sacraviensis * =
' Plin. n. h. XVIII 10: Pisonis a j)ivsendo, iam Fabiorum, Lentulorum,
Ciceronum, ut quisque alìqvod optime genus sereret.
* Cfp. Inregillenia = Regillianus. SUET. Tib. 2.
* Sacràbiense et Cellemontano ai legge nel solo Chron. a. 354 per il
373, anno privo di magistrati cumli nelle altre fonti.
392
Indice terzo
Salinator = Livii
Samnis =: Poetelii
Sarapio == Cornelii
Saranus = Atilii
Saturninus =: Sentii
Voltisii
Saverrio = Sulpicii
Scaeva = lunii
Scaevula = Mucii
Scaurus = Aejiilii
Aurei ii
Scipio = Caecilii
CORNELU
Secundus = Poppaci
Serranus = Atilii
Servilianus = Fabii
Sextinus (1) = Sextii '
Siculus = Cloelii
Silanus = Caecilii
lunii
Silianus = Licinii
Silvanus = Plautii
Sisenna = Statilii
Sophus = Sempronii
Spinther = Cornelii
Spurinus = Petillii
Stolo = Licinii
Strabo = Fannii
Pompeii
Structus := Servilii
Sulla = Cornelii
Sura z= Cornelii
Tampliilus = Baebii
Tappulus = Villii
Taurus = Statilii
Thalna ' = luventii
Thermiis =: Minucii
Torquatus = Manlii
Treni nlus =: Marcii
Tricii)itinus =:= Lucretii
Tricostus = Verginii
Trigeminus = Curiatii
Tubero = Aelii
Tubertus = Postcmii
Tucca = Servilii
Tuditanus ' = Sempronii
Tullns = Volcacii
Turrinus* =: Mamilii
Tuscns — Aquilii
Valerianus = Quincth
Varrò ^ = Terentii
Visellii
Varns = Alfeni
Aternii
' Dato dai Fasti Cap. ad a. 366. Ma forse è errore del lapicida v. CIL.
V p. 126.
* Cognome di origine etnisca v. «. p. 162 n. 2.
* Sid significato v. s. p. 382 n. 2, ove correggo quanto dico a p. 139 u. 2.
* Derivato dalla Tmris in cui avevano sede 1 Mauiilii di Tuscolo, v.
Fest. p. 180 M. 8. V. octoher equus. Cfr. s. p. 344 n. 3.
* Varrò parrebbe cognome di origine illirica, v. Vark. apud Seuv. ad
Aen. XI 743.
Indice terzo
393
Licinii
QUINCTILIl
Qiiinctilii
Vatia 3= Servilii
Vaticanus = Romilii
Sestii
Venno
(Venox) = Plautii
Verrucossus =^ Fabii
Vetus = Antestii
Vibulanus = Fabii
Violens = Volumnii
Viscellinus = Cassii
Visolus = Poetelii
Vispillo =■ Lucretii '
Vitulus = Mamilii
Volesus (Volusus) = Valerii
Uritinus z= Couxelii '
Vulscus = Poblilii
Vulso = Manlii
' Il cognome di Vispillo venne ai Lucretii da quello di essi che es-
sendo edile plebeo fece gettare nel Tevere il cadavere di Tiberio Gracco
AuCT. d. vir. ili. 64, 7 {»nde ille Vespillo dicfus) Paris ep. Val. Max. I 4, 2.
Cfr. Fbst. p. 368 extr. s. v.: vespae et vespillones dicuntur qui funerandU
corporibns offidum girunt, non a minutis illis volucribns, sed qnia vespertino
tempore eoa efferunt ; qui funebri pompa duci propter inopiam nequeunt. hi etiam
vespulae vocantur.
* Cfr. 8. p. 101 n. 6.
INDICE QUARTO.
SERIE DELLE GENTI PATRICIE DURANTE LA REPUBBLICA.
I.
Genti registrate nei Fasti.
1. Aebutii Heluae Cornicines p. 99, 112.
COS. 499 mag. eq. 499 (496?).
COS. 463.
COS. 442 mag. eq. 435.
2. Aemilii p. 102, 113, 125, 161, 173.
(Barbulae Lepidi Mamerci (Mamercini) Papi Paulli
Regilli Scauri).
Dal 484 siuo all' 11 p. C.
3. Antonii Merendae p. 106, 118.
Xvir 450.
trib. mil. 422.
Patriciato revocato più volte in dubbio dai moderni.
' A qualche errore (ad es. a p. 110, a proposito degli Atilii, ove parlo
a torto di un falso tribunato militare) ed a qualche altra più o luen lieve
discrepanza nel corso del volume a proposito di patrici intendo riparare con
l' Indice presente.
Per altre sviste che non sia riuscito ad emendare chiedo scusa al let-
tore benevolo.
Indice quarto 395
A quanto dico qui s, p. 106 (cfr. la mia Storia critica di
Roma II p. 229 sgg.) sulle pretese degli Antonii plebei della
fine della repubblica di discendere, al pari degli Autii, con
cui si imparentarono, da Anton figlio di Ercole, va aggiunto
che il triumviro M. Antonio affettava di preferire a tale
genealogia quella degli lulii (App. 6. e. Ili 16; 19 cfr. in
queste Ricerche II p. 24-27). E bensì vero che egli nascon-
deva il dispetto di essere stato da Cesare posposto ad Ot-
taviano nell'adozione, ma ciò potrebbe anche recarsi a di-
mostrazione che i plebei Antonii (probabilmente mediante
transitio ad plebem) miravano a collegarsi con gli Antonii
patricii del secolo V.
Analoghe vanterie affacciavano forse gli Antii; v. oltre
in questo indice § II b.
Il primo plebeo fra gli Antonii magistrati eponimi par-
rebbe il mag. eq. del 334 Liv. Vili 17, 4,
4. Aquillii Tusci Corvi p. 101.
COS. 487.
trib. mil. 388.
5. A. Aternius Varus Fontinalis p. 103.
Sulla legge che va sotto il nome di lui v. la mia Storia
critica di Roma II p. 174.
6. L. Atilius Luscus p. 105.
trib. mil. 444.
I dubbi del Mommsen Roem. ForscJmngen I p. 95 seguiti
da altri (cfr. in PW. RE. II col. 2076) a cui ho partecipato
anche io (v. s. p. 110) non hanno, forse, valore.
A prescindere dal sacerdote patricio di dubbia autenti-
cità ricordato per l' età dei Tarquinii (Dion. Hai. IV 62) non
396 Indice quarto
v' è motivo di elevar sospetti sul patriciato di L. Atilius
Luscus, che fu uno dei primi tribuni militum consulari po-
testate creato nel 444 con A. Sempronius Atratinus e T.
Cloelius Siculus.
Non è chiaro invece se sia un patricio od un plebeo
quel M. Atilio che, stando alla versione nota a Valerio
Massimo III 2, 7, avrebbe colpito il Gallo che aveva osato
accarezzargli la barba. La versione più diffusa, invece di
un Atilio ricorda, come è noto, un M. Papirio Liv. V 41, 9,
7. Sp. Cassius Viscellinus p. 98.
COS. 502, 493, 486.
mag. eq. 501.
Una versione nota a Valerio Massimo V 8, 2, lo diceva
trihunus plebis. Su ciò v. la mia Storia critica di Roma II
p. 142.
8. Claudii p. 100, 108, 132, 164, 172.
(Inregillenses Sabini Crassi Centhones Pulchri Drusi
Nerones).
Dal 495 sine al primo secolo dell'Impero.
9. Cloelii Siculi p. 99, 119.
COS. 498.
trib. mil. 444.
trib. mil. cens. 378.
10. Post. Cominius Auruncus p. 98.
COS. 501, 493.
11. CoRNELii p. 101, 114, 130, 157, 162, 170.
(Blasiones cethegi cossi arvinae dolabellae Lentuli
Indice quarto 397
MALUGINENSES MkRENDAE MeRULAE RuFINI SuLLAE ScI-
PIONES NaSICAE).
Dal 485 al 5 p. C.
12. P. Cueiatius Fistus Trigeminus p. 103.
COS. 453.
Xvir 151.
13. Agr. (?) Curtius Chilo p. 103.
COS. 445.
Sotto il consolato di codesto Curtius collega del plebeo
M. Genucius, l'eroico Curtius si sarebbe gettato nella vora-
gine del Foro che da lui avrebbe avuto il nome di laciis
Curtius. Così Cornelio e Lutazio apud Varron d. l. L. V 150;
ma stando a Procilio ciò si sarebbe verificato nel 362, Varr.
ib. Liv. VII 6 in cui è pur console un Genucius. L' eroico
M. Curtius era forse patricio.
14. Fabii p. 101, 112, 127, 164, 179.
(BuTEONES DoEsuoNES Labeones Piotores Vibulani Am-
BUSTl MaXIMI).
Dal 485 al 10.
15. FosLii (FoLii) Flaccinatores p. 116, 137.
COS. 433.
mag. eq. 320. 314.
Di M. Folius pontefice massimo, al tempo dell'invasione
gallica, si parla in Livio V 41, 3, senonchè in luogo àìFolio^
dato dal codice veronese del V secolo, altri manoscritti più
recenti hanno Fabio ed anche l'erroneo Flavio.
398 Indice quarto
16. FuEii p. 101, 112, 133, 165, 192.
(Fusi Medullini Facili Camilli Phili Pukpureones).
Dal 488 all' 8 p. C.^
Le parole di Plutarco rispetto a Camillo {Cam. I) ovjio)
Se TÓTs :;i8qI tÒv tóóv Oovqlcov oIxov ovar\z, \i^yd\x\c, 8:aiq)avéiac,
àvxoQ dqp' éavTov JtpwTog eig 8ó|av jtQofjXOev Iv ttj \i^yóXr\ \\.ó;fr\
71Q0C, Alxavoìjg xai OhoXovo-aovz, vTto SixTatÓQL noT^0Toi.'fi,icp
Tovj3sQT(p (TTQaTfc-uónevog, considerando il numero cospicuo di
consolati e di tribunati militari dei Furii Medallini e Fusi
(magistrati fra il 488 ed il 412) parrebbe doversi inten-
dere come un accenno speciale al ramo dei Furii Camilli,
dei quali M. Furio Camillo, il vincitore di Veli, è il primo.
Amettendo anzi la verità di quanto Plutarco afferma, me-
glio si intenderebbe la rivalità fra il celebre dittatore e L.
Furio Medullino appartenente ad altro ramo già cospicuo
sino dal principio del secolo V (cfr. Liv. YI 22-25). Altri in
questo racconto vede invece falsificazione annalistica.
Il cognome dei Medullini fa pensare che costoro traes-
sero origine dalla latina MeduUia posta alle radici dei monti
della Sabina (Dion. Hai. II 36; VI 34).
Note epigrafi arcaiche trovate in una tomba gentilizia
a Tusculo CIL. XIV 2700-2707 mostrano poi che anche
qui v'era un ramo di tal gente. È con quest'ultima loca-
lità che va collegato il ramo a cui apparteneva il celebre
Camillo che verso i Tusculani manifestò sentimenti di ge-
neroso perdono ? (Liv. VI 25 ad a. 381).
Problemi più facile enunciare che risolvere.
' M. Furius Camillus console nel 8 p. C. è espressamente detto da Ta-
cito ann. II 52 discendente dai celebri personaggi del V secolo.
Indice quarto 399
17. Gegaxii Macerini p. 95, 111.
COS. 492. trib. mil. 378.
COS. 447, 443, 437. trib. 367.
COS. 440.
Dopo il IV secolo nou si ha più ricordo, per quanto ho
presente, di Geganii. Solo al tempo della rivoluzione di
Apuleio Saturnino si parla di un L. Giganius che vi trovò
la morte mentre fuggiva con il fratello di Saturnino, Oros.
V 17, 10. Ma se anche si tratta dello stesso nomen difficil-
mente vi si ricorda un patricio.
18. Genucii Auqurini p. 107, 119, 127.
COS. 451.
Xvir 451.
cos. 445.
Ho notato s. p. 107 (cfr. la mia Storia crìtica di Roma
II p. 316) i motivi che ci rendono diffidenti su molto di
ciò che è riferito sui Genucii sia patricii che plebei.
Si direbbe che sia dato distinguere i primi detti Augu-
rini dai secondi chiamati Aventinenses dal quartiere plebeo
in cui abitavano. Ma è invece degno di nota che il trihunus
militum consiliari potestate del 399, che in Livio Y 13 è
esplicitamente dichiarato plebeo, nei Fasti Capitolini ha
pure il cognome di Augurinus. Per il trib. mil. del 396 v.
Liv. VII 6, 8.
19. Hermenii Aquilini Coritesani p. 98.
cos. 506.
cos. 448.
400 Indice quarto
20. HoRATii p. 98, US.
(BaBBATI PULVILLI).
COS. 609, 507. trib. mil. 426.
COS. 477, 467. trib. mil. 386.
COS. 449. trib. mil. 378.
È degno di nota che in Diodoro XV 26; 57, mancano
i tribuni del 386 e del 378, sicché stando ai suoi fasti, gli
Horatii sarebbero una delle tante genti patricie che poli-
ticamente si estinsero con il V secolo.
21. luLii p. 109, 114, 133, 163, 175.
(Caesares Iuli (Iulli) Libones Mentones).
Sebbene gli lulii compaiano nei Fasti dal 489 e durino
sino all'Impero da essi fondato, va tuttavia osservato che
dopo il 352 non figurano più sino al 267 in cui compare
il console L. Julius Libo. Abbiamo di nuovo un salto sino
al 157 in cui ricompare il consolato di Sex. lulius Caesar.
22. L. luNius Brutus p. 97.
COS. 509.
Sebbene la figura di lunio Bruto sia circondata dalla
leggenda ed i plebei lunii Bruti abbiano creato una serie
di falsificazioni per congiungersi con questo assai discusso
personaggio, non abbiamo ragioni per negare in modo asso-
luto l' esistenza di lunii patricii rapidamente scomparsi
(v. la mia Storia critica di Roma I p. 540 sgg.).
A negarla non porge ad ogni modo ansa il fatto che
si parla di un solo magistrato di tal gente, dacché abbiamo
altri consolati isolati del V secolo di genti che più non
compaiono dopo il primo secolo della repubblica. Per pre-
scindere da Sp. Cassio si pensi ad A. Aternio, a Post. Co-
Indice quarto 401
minio, a P. Curiatio, a T. Numicio Prisco, a T. Romilio, a
P. Sestio, a Sp. Tarpeio, a Tullio Longo, a P. Volumnio
Amintino Gallo.
23. Largii Flavi p. 98.
COS. 506, 490.
COS. 501, 498. dict. 501.
24. LucRETii TiPiciTiNi Flavi p. 97, 117.
COS. 509. COS. 429.
COS. 508, 507. trib. mil. 419, 417.
COS. 462. trib. mil. 391, 388, 383, 381.
25. Manlii p. 102, 115, 128, 161, 174.
(AciDiNi Capitolini Imperiosi Torquati Cincinnati Vul-
SONES).
Dal 480 al 66.
26. Menenii Lanati p. 98, 113.
COS. 503. COS. 439.
COS. 477. trib. mil. 419, 417.
COS. 462, 440. trib. mil. 387, 380, 378, 376.
Sebbene la tradizione liviana II 13 dica che Agrippa
Menenio derivava dalla plebe, pure la tribù rustica Menenia
starebbe a garantire l'esistenza di un'antica gente patricia
di tal nome.
27. MiNucii AuGURiNi p. 99, 166.
COS. 497, 491.
COS. 492.
COS. 468 Xvir 450.
COS. 457.
Pai8 Ricerche sulla storia e nul diritto pubblico di ttoma II 26
402 Indice quarto
Sulle pretese dei Minucii plebei di inserirsi nello stemma
dei patrici e sulla falsa transitio ad plebem di Minucio Au-
gurino nel 439, Liv. IV 16, 3 v. la mia Storia critica di Roma
II p. 60: 189 sgg.
T. Minucius Augur detto Augurinus dal Cronografo del-
l'ai 354, collega del patricio L. Postumio Megello, è un
plebeo.
E invece verosimile che fosse patricia la Minucia ve-
stale punita nel 337 Liv. Vili 16, 7, daccbè in codesta
età, per quanto è lecito presumere il sacerdozio di Vesta
non era ancora accessibile alla plebe.*
28. Nautii Rutili p. 100, 118, 138.
COS. 488. COS. 411.
COS. 475, 458. cos. 316.
trib. mil. 424. cos. 287.
trib. mil. 419, 416, 404.
29. T. NuMicius Priscus p. 103.
COS. 479.
30. Papirii p. 110, 134.
(Crassi Cursores Masones Mugillani).
COS. dal 441 al 272.
Circa il patriciato dei Papirii già negato da Papirio
Peto, apud Cic, ad fam. IX 21, 2, rimando alla discussione
che ne ho fatto in queste Ricerche I p. 248 sgg.
* Nulla Bappìamo tlella data della lex Papia Gell. n. A. I 12, 11, che
modificò il diritto piti antico rispetto alla sortiUo delle Vesteli che il pon-
tifex maximus poteva capere.
Tndice quarto ^^^
31. PiNARii Mamercini Nattae.
COS. 489. «®^s- 43^-
COS. 472. ^^S- eq. 363.
trib. mil. 432.
Intorno al perdurare di Pinarii Nattae v. in calce al
presente indice.
32. PosTUMii p. 98, 116, 135, 163.
(Albi (Albini) Eegillenses Megelli Tuberti).
Dal 505 al 99.
33. QuiNCTii p. Ili, 129, 163, 191.
(Capitolini Crispini Cincinnati Flaminini).
Dal 471 al 2 p. C.
34. QuiNCTiLii Vari p. 103, 119, 137, 191.'
COS. 453.
trib. mil. 403.
COS. 13.
Sullo sbalzo esistente dal 331 al 13 v. le considerazioni
in fondo all'indice presente.
35. M.' Rabuleius p. 106.
Xvir 450.
. Il dittatore Cn. QnincUlius F«ms, che figura per 1' a. 331 nell'edizione
dei Fasti accolta nel CIL. V p. 352, e che è stato registrato anche da me
a> D 137, non è esistito. .
In inogo di esso va registrato per lo stesso anno il dittatore C. Qu»n-
ctius Ca^itolinus, inciso nel nnovo frammento dei Fasti Ca^tol- ed.^^^^^^^
più volt^ in qnesti nltimi anni (ad es. dal Mommskn nell'^erme« XXXVIII
(1903. dopo la sua edizione dei Fasti del 1893). ., , ^ ^^
Di quest'ultimo dittatore Cn. Quinctius ho del resto già tenuto conto
a luogo debito (v. b. p. 129).
404 Indice quarto
M.' Rabuleius è l'unico patricio di tal gente. Si è sup-
posto sia uno dei decemviri scelti fra i plebei. I quali non
sarebbero stati tre, come afferma Dionisio X 58, bensì cin-
que. Plebei oltre a Petelio, a Duilio e ad Oppio sarebbero
stati, secondo critici moderni, anche Rabirio ed Antonio, Liv.
Ili 35, 4. Cfr. la mia Storia critica di Roma II p. 229 sgg.
36. T. RoiiiLius Rocus Vaticanus p. 103.
COS. 455.
Xvir 451.
37. Sempronii Atratini p. 99, 110.
COS. 497, 491. trib. mil. 426, 420, 416.
trib. mil. 444. cos. 423.
COS. 444. mag. eq. 380.
cens. 443. cos. suf. 34.
cos. 428.
Rispetto al distacco dal 380 al 34 v. qui oltre.
38. Sergii p. 102, 114.
(COXI FiDENATES ESQUILINl).
Xvir 450. trib. mil. 404, 402.
COS. 437, 429. trib. mil. 397.
trib. mil. 433, 424, 418. trib. mil. 387, 380.
I Sergii patricii perdurano sino alla fine della repubblica
Ad esso apparteneva il famoso Catilina.
39. SEKViLn p. 10<J, 117, 126, 149, 161.
(Ahalae (Axillae) Caepiones Gemini Prisoi Structi
FiDENATES TuCCAEÌ.
Dal 495 al 106.
Indice quarto 405
40. P. Sestius Capito (Capitolinus) p. 103.
COS. 462; Xvir 461,
41. T. SiciNius (Siccius) Sabinus p. 101.
COS. 487.
Sieinius in Livio II 40 risponde a Sixxiog in Dion. Hai.
X 36. Non vedo quindi ragione di considerare (come fanno
alcuni moderni) con Sieinius il nome dei patricii, Siccius
quello dei plebei.
42. SuLPicii p. 98, 116, 126, 161, 178.
(Camerini Cornuti Galbae Gali Longi Paterculi Pe-
Tici Praetextati Rufi Saveriones).
Dal 505 al 9 p. C.
43. Sp. Tarpeius Montanus Capitolinus p. 103.
COS. 454.
Intorno alla sua legge v. la mia Storia critica di Roma
II p. 174.
44. L. Tarquinius Collatinus p. 97.
COS. 509.
Su lui V. la mia Storia critica di Roma II p. 93.
45. L. Tarqditius Flaccds p. 99.
mag. eq. 458.
Su lui V. qui s. p. 348.
46. M. TuLLius LoNGUs p. 99.
COS. 500.
Il particolare su questo console che muore tre giorni
dopo la caduta dal coccliio nel Circo lasciando per poco
406 Indice quarto
tampo ancora il governo della Città al collega Sulpicio
(Dion. Hai. V 57), fa ripensare, come già feci osservare al-
trove, alla morte del re Servio Tullio. Esso indica qual
valore abbiano le singole notizie relative a questi più ve-
tusti magistrati; non prova però che sia falsa l'afferma-
zione di una gente Tullia patricia nel secolo V.
47. Valerii p. 97, 118, 129, 162, 171.
(Faltones Laevini Maximi Volusi Poplicolae Potiti
Lactucini Corvi Messalae).
Dal 509 al 5 p. C.
48. Verginu p. 98, 115.
(Tricosti Caenlimontani Esquilini Rutili).
COS. 502. COS. 469.
COS. 496. COS. 456.
COS. 490. COS. 448,
COS. 486. COS. 435, 434 (?).
COS. 479. trib. mil. 402.
COS. 478 (ovvero 473). trib. mil. 389.
COS. 476. trib. mil. 573 (?).
Il tribunato militare del 373 più che dubbio, riposa sul-
l' indicazione del Cronografo del 354.
Il perdurare di Verginii patrici oltre il IV secolo risulta
da quanto si narra a proposito di Verginia patricia Liv.
X 23, 4 ad a. 296 Verglniam Auli filiam patriciam plebeio
nuptam L. Volumnio consuli cet.
49. Veturii (VoTURii) CicuEiNi Philones p. 99, 118, 148.
Dal 499 al 205.
50. P. VOLUMNIUS AmINTINUS GrALLUS p. 103.
oos. 461.
Indice quarto 407
* n.
a) Genti patricie più o meno certe non ricordate nei Fasti.
Genti patricie, di già scomparse sino dal V secolo, e che
parrebbero attestate dal nome di alcune delle più antiche
tribù rustiche.
1 (51). Camilii.
"2 (52). Galerii.
3 (53). Lemon^i.
Il pagus Lemoniits si trovava: a porta Capena via Latina
Fest. p. 115 M. s. V.
4 (54). PoLLii.
5 (55). PupiNii.
La tribù Pupinia stava tra Eoma e Tusculo Fest. p. 233 M.
cfr. la mia Storia critica di Roma I p. 623 n. 1.
6 (56). VOLTINII.
b) Patriciati men certi o falsi.
1 (57). [Antu].
Conosciamo gli Antii plebei della fine della repubblica
cfr. in queste Ricerche III p. 24 sg. Ma Antii patrici
dovremmo ammettere ove in Livio IV 17 cfr. Cic.
Phil. IX 2, 4 si dovesse leggere: Sp. Antiiim, Sp. An-
tius e non Sp. Nautius. In questo caso (cfr. Plin. n. h.
XXXIY 23) sarebbe stato uno dei legati uccisi nel 438
dai Fidenati per ordine di Tolumnio re dei Veienti.
408 Indice quarto
2 (68). [Canuleii]. *
Canuleia è il nome di una delle prime Vestali che si
dicevano elette da Numa. Plut. Num. 10. Ma è proba-
bile sia indicazione da mettere a fianco delle altre
che dicevano discendenti di questo re i plebei Cal-
purnii e Pomponii (Plut. Num. 20).
3 (69). [CLuvn?].
In Cicerone Phil. IX 2, 4 in luogo di Tullus Cloelius dato
da Liv. IV 17; Plin. w. h. XXXIV 23, ove si ricordano
i legati uccisi nel 438 dai Fidenati per ordine del re
veiente Tolumnio si legge : Tulio Chivìo. Ma si tratta,
secondo ogni probabilità, di errore di testi.
Non si conoscono altri Cluvii anteriori ai plebei ricor-
dati da Livio XLI 28; XII 1; XL 14: 40, 6 per il
173 ed il 168, a prescindere da Cluvii non romani. Nel-
l'Impero i Cluvii divennero patri cii, CIL. VI 1979.
4 (60). Corani.
Circa l'età di codesta gente patricia sfuggita ai critici
moderni v. s. p. 106.
5 (61). [FuPETn].
Taracia Gaia sive Fufetia in Plinio n. h. XXXIV 25 è
il nome della vergine vestale, che, per aver donato al
popolo romano il campo Tiberino, fu onorata con una
statua. Plinio si riferisce agli annales di cui riporta
il testo ; Gellio n. A. VII 7 sq., che pur ricorda an-
tiqui annales e ripete l' espressione : Gaiae Taraciae
sive Fufetia est, cita più ampiamente il testo della lex
Horatia per cui la Vestale fu onorata di statua e del di-
Indice quarto 409
ritto di essere testabìlis. Il fatto veniva riferito, secondo
ogni verisomiglianza, ai primi anni della libera repub-
blica. Cfr. la mia Storia critica di Roma II p. 299.
Che i Fufetii fossero un' antica gens Albana risulta dalla
nota leggenda di Mettius Fufetius, il dittatore albano,
Liv. I 23 sqq. Dion. Hai. Ili 5 sqq.
6 (62). [FuLcixii].
C. Fulcinius (in Livio IV 17 Q.), stando alla concorde
testimonianza di Cicerone Phil. IX 2, 4 Livio e Plinio
n. h. XXXIV 23, è uno dei quattro legati fatti ucci-
dere da re Tolumnio. Le loro statue furono poste sui
rostri.
Può discutersi se in codesta età gli oratores fossero solo
patricii 0 se si facessero legazioni miste di patrici e
plebei. Sul che v. la mia Storia critica di Roma II
p. .306 n. 2.
7 (63). Marcii.
Il patriciato dei Marcii riposa sopratutto sulla leggenda
che M. Coriolano deriva dalla stessa stirpe del re Anco
Marcio. V. Mommsen Roem. Forschung. I p. 104 II
p. 136; cfr. la mia Storia critica di Roma II p. 124 sgg.
Tuttavia va rilevato il passo di Livio XXVII 6 : M.
Marcius rex sacrorum mortiius est, dal quale si ricava
che nel 210 v' erano Marcii patricii. E vero che il
contesto liviano rispetto ad altri sacerdoti ivi ricor-
dati è in parte controverso (cfr. Bardt Die Priester
p. 20) tuttavia manca una ragione positiva qualsiasi
per sbarazzarsi, come fa il Mommsen {ih. p. 84 n.), di
questa esplicita testimonianza.
Sicché una delle due : o vi sono stati in età vetustissima
410 Indice quarto
Marcii patricii con cui si collegarouo poi i Marcii
della nobiltà plebea (cfr. Plut. Coriol. 1); ovvero in un
periodo, che corre fra la lex Ogulnia (300) ed il 210,
per vie che non conosciamo, ad un ramo dei Marcii
plebei riuscì conseguire l' ufficio di rex sacrorum ed il
patriciato. Con questo ufficio, più che con i noti rap-
porti del II secolo con Filippo V di Macedonia (Liv.
XLII 38, 8) si connette il cognome di Rex che tro-
viamo per i Marcii.
L'Auctor d. v. ili. 19 dichiara che Coriolano fu eletto
console, mentre Dion. Hai VII 21, cfr. App. Ital. 2,
sanno di una repulsa da lui patita al consolato. In
tutto ciò v' è lo scambio fra il duce di un esercito
costituito da gentilii e da volontari, che troviamo an-
cora al tempo della impresa dei Fabii al Cremerà e
quello del Comune che prepondera con la grande
guerra per la conquista di Veii (sul che v. la mia
Storia critica di Roma I p. fì70.
S (64). [Oppii].
Oppia vestale è ricordata da Livio II 42 per il 482. Il
nome non è però sicuro. Neil' epitome liviana si legge
Opilia; in Dionisio Vili 89 si ha 'Ojtifxia. Comunque
si debba leggere, vi si parla di donna patricia poiché
patricie per tutto il V secolo ed anche in età poste-
riore furono esclusivamente le sacerdotesse di Vesta.
9 (65). [Orbinii].
'Oppivia in Dion. Hai. IX 40 è il nome della colpevole
vestale punita nel 472.
Indice quarto ^'■^
10 (66). [PoPiLii].
Popllia è il nome della vestale colpevole ricordata da
Orosio 118, 13 con l'indicazione: Olympiade LXXIIU
hoc est anno post Urhem conditam anno CCLXXV {4:79
a. C). Ma l'Olimpiade LXXIIII risponde al 484-481.
In Hieronym. si ricorda il medesimo fatto per 1' Olym.
LXXIII, ma la Vestale è detta: Pompilia (ed. Schoene
n p. 103).
11 (67). [POTITIl].
L'esistenza dei Potitii riposa, come è noto, sul racconto
relativo al culto di Ercole. Accanto ai Pinarii sareb-
bero stati i più antichi sacerdoti del dio greco. Aven-
do insegnato a servi pubblici il rito (che da genti-
lizio divenne pubblico) nel corso di un anno durante
la censura di Appio Cieco (312) scomparvero intera-
mente. V. ad es. Liv. IX 29, 9 sq. : cum duodecim fa-
miUae ea tempestate Potitiorum essent puberes ad tri-
ginta, omnis intra annum cum stirpe extinctos cfr. I 7,
14. Fest. s. V. Potitium.
Come è noto i moderni hanno più volte discusso se sia
o no esistita una gens detta Potitia. Il nomen dei Po-
titii fa ad ogni modo ripensare al cognome Potitus
proprio dei Valerli.
12 (68). Racilii.
Racilia è la moglie di Cincinnato Liv. Ili 26.
13 (69). [Roseli].
L. Roscius è uno dei quattro legati uccisi dai Fidenati
nel 438 v. qui s. s. v. [Antii) [Cluvii] [Fulcinii]. Se
412 Indice quarto
fosse patricio o plebeo non abbiamo modo di stabi-
lire. I Roseli compaiono in età tarda in Roma (v. ora
il materiale in PW. RE. I col. 1116 sgg. s. v.). Questo
gentilicio compare di già nelle inscrizioni arcaiche
prenestine v. s, p. 105.
14 (70). [Taracii].
Taracia è la vestale che in altri annali era detta Fufe-
tia V. qui s. s. v. Io ho sospettato altrove che sia la
stessa figura leggendaria che in altri racconti era chia-
mata la vergine Tarquinia. Cfr. anche il nome del-
l' Etrusco Tarutius = Tarquinius. Su ciò alla mia
Storia critica di Roma I p. 547.
15 (71). [Verenii].
Verenia è una delle prime vestali elette da re Numa,
Plut. Num. 10.
Forse si tratta di notizia da mettere al fianco di quelle
sopra già notate, v. [Canuleia], a proposito dei plebei
Calpurnii e Pomponii fatti discendere da Numa. I Vera-
nii fiorirono non prima della fine della repubblica e
sopratutto al principio dell' Impero v. Prosop. Imp.
Roman. IH p. 399 n. 264 sqq.
Di un Veranius scrittore di cose relative agli auspici,
ai comizi ed a quaesfiones pontificales vissuto nell'età
augustea, si fa parola in Festo p. 289 M. s. v. Referri
diem ed in Macrob. Ili 5, 6; 6, 14. Fu egli la fonte della
notizia su Verenia vestale?
16 (72). VlTELLII.
I fratelli Vitellii cognati di L. Bruto primo console della
repubblica sono ricordati accanto agli Aquilii fra i
Indice quarto ^^^
fautori dei Tarquinii Liv. n 4. Dion. Hai. V 6. Parti-
colari fantastici come da tutti ormai si ammette. Sono
però degne di nota l'esistenza di un antico culto alla
dea «Vitellia», la «via Vitellia » presso Roma, e la
colonia omonima dei Romani fra gli Aequicoli. Suet.
Vitell. I. Di una colonia romana detta ViteUla fra gli
Aequi parla anche Livio V 29 ; cfr. II 39.
Può darsi che il nome della via Vitellia anziché con la
dea omonima stia in rapporto con il traffico degli
animali bovini che per essa transitavano. Così ad Ar-
pino una via, forse per analoghe ragioni, era detta
Vitularia, Gir. ad Q. fr. IH 1, 2.
OSSERVAZIONI SULL'INDICE IV.
A PROPOSITO DEI FASTI PATRICII.
Dalla statistica delle 50 genti registrate nei Fasti risulta
che 23 o 24 di esse vi scomparvero nel corso del secolo V.
Esse sono :
1. Aebutii Helvae
2. Antonii Mebexdae
3. Aternii Vari Fontinales
4. Cassii Viscellini
5. Atilii Lusci
6. cominii aurunci
7. CuRiATii Trigemini
8. CuRTii Chilones (o Phi-
LONES ?)
9. Genucii AuauRiNi
10. Hermenii
11. luNii Bruti
12. Largii Flavi
13. MlNUCII AUGURINI
11. NuMicii Prisci
15. RoMiLii Roci
16. Rabuleii
17. Sestii
18. SiciNii
19. Tarquinii
20. Taquitii
21. Tarpeii Capitolini
22. TuLLii
23. VoLUMNII
A questi vanno aggiunti gli Horatii. Tuttavia va ricor-
dato che secondo la tradizione diodorea (v. s. p. 118) gli Ho-
ratii non occuparono il tribunato militare nel 386 e nel 378.
Osservazioni sidV Indice quarto 415
Fino al secolo IV si estesero invece le magistrature delle
genti :
1. Aquillii 5. LucRETii Tricipitini
2. Cloelii Siculi 6. Menenii Lanati
3. FosLii (o FoLii) Flacci- 7. Nautii Rutili
NATORES 8. SeRGII FiDENATES
4. Geganii Macerini 9. Verginii Tricosti
Continuarono invece sino ai secoli successivi, spesso sino
alla fine della libera repubblica, ed in qualche caso l'oltre-
passarono, vari rami delle genti qui appresso enumerate:
1. Aemilii 9. Papirit (sino al 272)
2. Claudi i 10. Postumii
3. CoRNELII 11, QUINCTII
4. Fabii 12. Sempronii Atratini
6. FuRii 13. Servilii
6. Iulh 14. SuLPicii
7. Manlii lo. Valerii
8. Pinarii 16. Veturii (sino al 206)
Ai quali vedremo fra poco se siano o no da aggiungere
i QuiNCTiLn Vari.
Il confronto fra i dati forniti dai Fasti e dalle opere
di Cicerone mostra come sul finire della repubblica esistes-
sero ancora le seguenti genti patricie:
1. Aemilii 6. Iulii
2. Claudii 7. Manlii
3. Cor^elii 8. SuLPicii
4. Fabii 9. Quinctii
6. FuRii 10. Valerii '
' I dati forniti dai Fasti, confrontati con quelli che porgono le
416 Osservazioni sull'Indice quarto
Lasciamo da parte individai delle casate dei Papirii, dei
Pinarii, dei Sempronii Atratini e dei Quinctilii Vari pur ri-
cordati ili Cicerone, che per ragioni che esponiamo oltre,
esitiamo a considerar discendenti diretti dell' omonime genti
patricie.
In Cicerone abbiamo inoltre ricordo dei Sergii e di Ser-
villii; v'era fra i primi Catilina, dagli antichi detto espli-
citamente patricio (Ascon. iìi Cornei, p. 58; in sen. foga cand.
p. 73 K. S.); fra i secondi il padre naturale di Bruto adottato
poi fra gli lunii.
Uno sguardo all'indice I di questo libro (in cui è notato
lo sviluppo successivo e l'intensità delle casate che copri-
rono lo supreme magistrature curuli), mostra che le genti
patricie superstiti nell'età ciceroniana, fatta eccezione per gli
lulii e forse anche i Sergi, (quest'ultimi non compaiono nei
Fasti consolari dopo il 380) furono tra quelle che in ogni
tempo e con maggior frequenza raggiunsero il consolato.
La miglior conferma di quanto abbiamo constatato nel
corso del presente volume intorno alla patria ed alle condi-
zioni sociali delle persone che vennero man mano sosti-
tuendosi nel governo della pubblica cosa, è data dalle
orazioni ed in misura ancora maggiore dalla corrispon-
denza privata di Cicerone.
La posizione eminente dell' Arpinate nel Foro e nella
letteratura, la sua carriera politica per cui (oltre all'essere
un senatore influente, fu due volte al timone dello Stato), le
infinite relazioni con uomini e con cose, il cumulo di affari
opere cicerouiaue si controllino oon gli altri che ho ricavato dalle stati-
stiche del Ribheck sui senatori romani agli idi di marzo del 44 a. C. v. s.
p. 200. I risultati sono quasi identici.
Osservazio7ii sali' Indice quarto 417
di cui ebbe parte o conoscenza, sia come avvocato, sia come
amico di appaltatori, che traspare nel modo più palese
dalla corrispondenza con quel ricco banchiere che fu At-
tico, fanno isi che l'epistolario e le orazioni di Cicerone
offrano, come tutti sanno, un chiaro riflesso delle condizioni
sociali politiche e finanziarie del periodo che da Siila va
a Cesare.'
Ove le opere di Cicerone e particolarmente le epistole,
vengano esaminate da questo punto di vista, non solo si
nota il limitatissimo numero di genti patricie ancora esi-
stenti e la scomparsa od il silenzio su quasi un terzo delle
casate della più vetusta nobiltà plebea, ma si constata an-
cora che quasi tutte le persone ricordate per ragioni di
politica o di affari appartengono a nuovi strati sociali.
JE bensì vero che Cicerone, aristocratico per tendenza e
che amò stringere alleanze di famiglia con l'antico patri-
ciato, esalta la nohilitas dei suoi amici politici. Ma se ben
si osserva, codesti amici appartenevano assai spesso a stirpi
che, come ad es. i Lutatii, dominavano nello Stato solo dalla
metà del III secolo. E fra costoro v'era per primo Pom-
peio Magno, il quale, non ostante il sussiego con cui sa-
peva custodire il prestigio conseguito per virtù di grandi
e molteplici imprese, non era certo in condizione di vantare
una lunga serie di illustri antenati.
' Ai passi ciceroniani sopra riferiti (p. 221) sulla natura e condizione
degli amici di Cesare aggiungansi ad Ati. VII 3, 5; 7, 5; IX 18, 2. Cfr.
ad fam. XV 17.
Nel corso del A'oliime (cfr. p. 224) non ho tenuto conto del ìonsor Licinus
HoRAT. art. poet. 301 dÌA'enuto senatore. Dai commentatori antichi fra
loro discordi (v. Schol. Cruq. ad 1. cfr. con Schol. Pers. II 36) non risulta
con certezza se ottenne il laticlavio nell'età cesariana o non piuttosto nel-
l' augustea.
P*is Hicerchr iuUa storia f sul diritto pubblico di Boma II 27
418 Osservazioni sulV Indice quarto
Scomparsa dai Fasti consolari non significa già estin-
zione della gente. Nel corso di questo libro è stato rilevato
come ciò stia in rapporto con la ressa delle nuove stirpi
affacciantesi alla vita politica, limitanti sempre più l' at-
tività delle patricie. Queste decadendo man mano anche
economicamente divennero sempre più incapaci di soppor-
tare i pesi schiaccianti inerenti all'esercizio delle pubbli-
che cariche ^ o riuscirono solo in vari casi (come in quello
di M. Aebutius Helva pretore nel 168, (Liv. XLIV 17, 6)
ad ottenere magistrature curuli inferiori al consolato.
Così se i Vergimi Tricosti non appaiono più nei Fasti
dopo il 389, od al più il 373, ciò non toglie che nel 296 si parli di
una Verginia patricia sposata al console plebeo L. Volumnio.
Apprendiamo però che per tal matrimonio essa venne di-
spregiata dalle matrone del suo ceto (Liv. X 23). Cosi i Sergii
Fidenates non appaiono più nei Fasti dopo il 380, ma nel
67 troviamo pretorio il patricio Sergio Catilina competi-
tore di Cicerone al consolato. Ed è frequente il caso di per-
sonaggi appartenenti a stirpi della più antica nobiltà plebea
che, come i Maenii e gli Ogulnii, scompaiono respettiva-
mente dai Fasti consolari, dittatorii e censorii dopo il 318
ed il 257, ma che ritroviamo praetores nel 182 {M. Ogulnius
' Cfr. 8. p. 204. Accenna apertamente allo sciupio dei patrimonii pri-
vati causati dalle competizioni alle pubbliche cariche il lepido anedotto
oraziano sul ricco Servio Oppidio di Canusium, che rivolgendosi ai suoi due
figli di carattere opposto dichiara :
praeLerea ne vos tìtillet gloria, iure
iurando obstringam ambo: uter aedilis fueriive
vestrum praetor, is iniesiabilis et sacer esto.
sat. II 3, 178 eqq.
Spese di tal natura erano naturalmente a mille doppi più gravi a Roma
che nei municipi.
Osservazioni sull'Indice quarto 419
Galliis Liv. XXXIX 56) e nel 170 (Q. Maenius Liv. XLIII
4). Casi analoghi notammo anche fra genti patricie che
perdurarono fino alla fine della repubblica. Ricordammo poi
a suo luogo (p, 205) Emilio Soauro e Cornelio Siila, che con
l'attività personale risorsero dall'umile posizione in cui le
loro famiglie erano cadute.
Di un terzo delle genti patricie (circa 16 su 50) consta-
tiamo tuttavia la presenza nei Fasti sino agli ultimi secoli
della repubblica. Ciò non reca alcuna sorpresa. Se un ramo
declinava, prosperava 1' altro ; i gentili appartenenti a certe
casate si potevano con Plinio (w. h. XXXV 2) chiamare ad-
dirittura populus.^ Ad alimentare le famiglie, allorché mi-
nacciavano di isterilire, provvedevano le adoptìones^ feno-
meno cosi frequente nella storia della società romana; ed
è noto come i Claudi! fosser fieri di costituire eccezione di
fronte alle altre genti che avevano ricorso a questo rimedio
per provvedere alla propria continuazione ed al culto dei
propri sacra.^
Questi fatti bastano a spiegare come mai sino all'ultimo
periodo della repubblica ricompaiono genti che da più ge-
nerazioni avevano occupate le supreme magistrature curali.
Reca però qualche meraviglia quanto avviene rispetto agli
lulii, ai Quinctilii Vari, ai Sempronii Atratini ed ai Pinarii.
' Cfr. per i Caecilii Plin. n. h. VII 59; per gli Appii Claudii Cic. de
sen. 37.
• Tao. ann, XII 25 ad a. 5 * p. C, a proposito dell'adozione di Nerone:
aAnotabant periti nuUam antehac adoptionem inier patriciot Ciaudios reperivi,
eoiqxie db Atto continuo» duravifse.
È lecito pensare che anche quehta fosse una dcUe cause della vetti»
atque iufiia ClauAiae familiae superbia Tac. ann. I 4.
4'20 Osservazioni snU'Lidice quarto
Gli lulii hanno consoli e tribuni militnm consiliari po-
testate sino al 352 ; poi v' è un salto sino al 267 in cui
compare L. lulius Libo console e trionfatore, eppoi daccapo
un altro stacco che si estende .sino al 157 in cui finalmente
fanno capolino gli lulii Caesares.
Rispetto ai Qainctilii Vari il fenomeno è ancor più
degno di attenzione. Essi in tutto il V secolo compaiono
solo due volte, nel 453 e nel 403. Or bene, come va che i
Quinctilii Vari ritornano una sola volta nel 13, in cui com-
pare quel Q. Quinctilio Varo, che nel 9 d. C. fu superato a
tradimento dal germano Arminio nella selva di Teutoburgo?
Questo salto di quattrocento anni non giustifica per se
solo il sospetto che il console del 13 non discendesse affatto
dai più vetusti patrici di tal nome?
11 sospetto è, forse, confermato da quanto ci è riferito
intorno alla sua famiglia. Se infatti è vero che suo avolo
era stato pretore nel 57, che suo padre aveva coperta la
questura nel 49,' non è men certo che parlando di lui Vel-
leio II 117, 2 dice: Varus Quinctilius inlustri magis quam
nobili orfus familia.
Dopo ciò, è per lo meno discutibile se i Quinctilii Vari
della fine della repubblica debbano essere registrati nell'e-
lenco dei patricii in cui sono stati accolti anche da storici
eminenti. 2
Sembrami poi degno di nota che sul finir della repub-
blica si trovano Quinctilii Vari anche fuori di Roma, come
a Cremona, ove abbiamo quel Quinctilius Varus che fu co-
gnato di Virgilio ed amico di Orazio.^ Pur a Cremona tro-
' V. i dati raccolti in Pros. Imp. Rom. Ili p. 118-120.
* MOMMSEN lioem. Foruch. I 117.
• V. su lui i dati raccolti in Pvoh. Imp. Rom. Ili p. 118 ii. 25.
Osservazioni saU' Indice quarto A2l
viamo Fiirius Bibaculus autore di poemi epici sulle guer-
re Galliche (Hieron. ad a. 103-2. Acr. ad Hor. sat. II 6,
40; altri dati v. in Skutsch in PW. UE. VII col. 320 sgg.)
il quale fa ripensare all'omonimo L. Furius Bibaculus che
era salius e quindi patricio (Val. Max. I 1, 9).
Non è, credo, improbabile che i Qninctilii Vari jDlebei,
per vie che non abbiamo modo di stabilire, (per mezzo di
transitìo ad plebem, di libertini, di clientela od altro) si
ricollegassero, come i Minuci ed i Genucii Augurini, con i
patricii di cui, oltre che il gentilicio, serbarono anche il
cognome.
Analogo a quello dei Quinctilii è il caso dei Sem-
pronii Atratiui. Questa gente patricia scompare nel 380; ma
nel 34 dopo tre secoli e mezzo abbiamo L. Sempronius
Atratinus cos. suffectus ed augure, (cfr. Pros. Imp. Eom.
III p. 194; n. 260).i
Lo stesso si verifica, in fondo, rispetto ai Pinarii.
A prima vista pare il contrario. Ai Pinarii Mamercini
del 489, del 472 e del 432, a cui tien dietro un censore nel
430 ed a L. Pinarius Natta maestro dei cavalieri nel 363,
non succede più alcun magistrato eponimo per tutta la re-
pubblica. Ma al tempo di Cicerone abbiamo ricordo di L.
Pinarius Natta pontefice {de domo 118 ;^ro Murena 73; ad
Att. IV 8 6, 3) e Cicerone lo considera come discendente da
quel Pinarius che passava per il più antico sacerdote di
Ercole in Roma {de domo 134 ; de divin. I 19 ; Il 45 ; 47,
cfr. Diod. IV 21, 2).
Che però codesti Pinarii Nattae non appartenessero alle
vetusta gente del V e del IV secolo, risulta da quanto dice
Livio. Questi I 7, 12 parlando di Pinarii e àQÌVoi\ìì\,quae fum
' Anche il Moimsen Boem. Forsch. I p. 109 dubita del patriciato dei
Semproiiii Atratiui della tiue della repubblica.
422 Osservazioni stilV Indice quarto
famìliae maximae incUtae ea loca incolehant, raccontando la
nota storiella dei Potitii, che giunsero a tempo a cibarsi
delle exta e dei Pinarii i quali extis adesis, ad ceteram ve-
nirent dapem, dopo aver anche riferita la ben conosciuta
storiella della scomparsa dei Potitii, aggiunge: inde insti-
tutum mansii, donec Pinarium genus fuit, ne extis
solemnium vescerentur.
Livio ci insegna pertanto che scomparsi i Pinarii anti-
chissimi, quelli del tempo di Cicerone e di Tiberio non erano
i loro discendenti diretti. Che se ad Aquileia è stata rin-
venuta un'inscrizione che fa menzione di Pinarii Nattae,
non ne viene affatto la conseguenza che ivi si ricordino
rampolli diretti della celebre gente romana.' Dubbi analoghi
par lecito esporre per quel Pinarius Natta Seiani cliens di
cui abbiamo ricordo in Tacito ann. IV 34.^
Considerazioni analoghe suggerisce quel Papirius Maso
contemporaneo di Cicerone ad Att. IV 4, 2 ; de domo 49.
Se infatti al tempo di Cicerone vi fosse stato ancora un
Papirius Maso patricio, come mai Papirio Peto, l'amico del-
l'Arpinate avrebbe potuto scrivergli (cfr. ad fam. IX 21, 2)
che non erano mai esistiti Papirii patricii?
Ove anche Papirio Peto ignorasse la storia dei vetusti
patricii di tal nome (storia che Cicerone gli ricorda) non
ne viene affatto la conseguenza che egli non sapesse se fos-
sero 0 no patrie! quelli del suo tempo.
' CIL. Snppl. Ital. ad rol. V n. 275. Lo stesso vale per quel AìUus Ligus
ricordato da uu' iscrizione di Albintimilium {Notizie degli scari 1886 \ì. 114),
che fa pensare a P. AlUtifi Ligus, il console del 172. Nei Fasti Gap., come è
noto, si trova Allius per Aelius.
SuU'Aelins trib. plebis nemico di Cicerone che si sarebbe infiltrato
nella stirpe degli Aelii v. Cic. prò Sestio 32, 70; cfr. de domo 19, 49
* Cfr. Pros. Imp. Rom. Ili p. 39 u. 309.
Osservazioni suU' Indice quarto 423
In un noto passo di Cicerone, che abbiamo avuto più
volte occasione di citare, si parla dei genera falsa e delle
ad plehem transitiones {Brut. 16, 61). L'affermazione cicero-
niana è confermata da quanto ci è riferito rispetto agli
lunii Bruti, ai Minucii Angurini e così via. Ciò non toglie
però che anche per età più antica non abbiano avuto realmente
luogo transitiones ad plehem analoghe a quelle di Clodio
e di Dolabella, che ben conosciamo per l'età ciceroniana.
"Viceversa sappiamo di plebei che per via di adozione fu-
rono accolti nelle genti patrieie.' Ciò dette pure occasione
a falsificazioni, contro le quali protestava Valerio Messala
(apud Plin. n. h. XXXV 2, 6).
A parte ciò, durante la romanizzazione delle varie re-
gioni d'Italia si verificò un altro fenomeno. Cadetti delle
grandi casate romane (se è lecito valersi di parola cosi im-
propria), si fissarono nelle nuove colonie e nei municipi ed
anche per via di emancipazione o di clientela lasciarono il
loro nome a genti del luogo.*
Abbiamo esempi di nomi propagati da discendenti di-
retti di casate romane ; ma non è escluso che liberti e
clienti, oltre al gentilizio dei patroni ne abbiano assunto
' Si pensi ad es. al plebeo Fulvio Fiacco dato in adozione ad un pa-
tricio Manlio che fu console nel 179 insieme al figlio dell'adottante, Fasti
Capii, ad a. Vei.l. II 8, 2.
Al fenomeno in via generica accenna anche Cicerone de ìeg. II 3, 6.
* Esempio di questo genere porge, forse, una lapide arcaica trovata di
recente a Trigesimo a nord di Aquileia, ove si rammentano due Aunii, nei
quali parrebbe naturale riconoscere discendenti del patricio omonimo che
fu uno dei triumviri fondatori della colonia di Aquileia, Liv. XLIII 17.
La lapide è stata pubblicata dal benemerito P. Sticotti Memorie sto-
riche Foroginlicsi (Udine 191.") IX p. 373 sgg., al quale mi pare sia sfuggita
questa circostanza.
Con questo genere di fenomeni pure si collega C. PopiliuH Laenas Pi-
cenae regionis, il noto uccisore di Cicerone, Val. Max. V 3, 4.
424 Osservazioni sulV Indice quarto
anche il cognome, sopratutto nei casi in cui la stirpe dei
patroni si affievoliva o scompariva. Chi del resto sarebbe
in grado di fissare a quali conseguenze pratiche condusse
talora l'emancipazione di schiavi favoriti nati in casa [vernae)
figli naturali, talora, dello stesso patrono?'
A parte ciò vi furono esempi di cittadini romani che
diventati esuli si fissarono in altre, località italiane o pro-
vinciali. Ciò che ci è affermato per i plebei C. Popilius
Laenas e Q. Marcius Philippus, che divennero cittadini di
Nuceria, per C. Porcius Cato, che lo diventò di Tarracone
in Spagna (i Porcii erano patroni di questa regione sino
dal 171 Liv. XLIII 2, 5), ebbe pur luogo per il patri ciò
Q. Fabius Maximus, che fu accolto nella cittadinanza di
Nuceria {Cìc. prò Balbo II 28).
Questioni di tal natura (che non hanno ancor trovato
chi si sia accinto a risolverle in modo esauriente) si avvi-
cinerebbero almeno in parte alla loro risoluzione ove fossimo
in grado di asserire che le leggi Cassia e Saenia del tempo
cesariano ed augusteo relative alla « cooptatio » di plebei fra
i patrici (per aver modo di procurare alla Città date catego-
rie di sacerdoti)^ furono precedute da atti legislativi di ge-
nere analogo.
La tradizione su questo argomento è pur troppo muta.
Quello che appare invece con certezza è che il sentimento
di ostilità verso l' antico patriciato, venne di molto supe-
rato, come dovunque ed in tutti i tempi, dal desiderio di
farne parte o di fingersene discendente.
' Il più vetusto diritto romano ammetteva che i padroni adottassero
schiavi come loro figli (Caton. apud Insiit. lustin. I 11, 12) o Masnrio Sa-
bino (apud Gei.l. n. a. V 19, 11) Riformava : liheriiiios vero ab ingenuis
adoptari qiildem iure posse.
* Tao. ann. IV 16.
Osseì'vazioni sulV Indice quarto 425
* *
Una forma singolare di questo fenomeno, che merita
ima parola di ulteriore commento, è quella che ci rivela l'e-
lenco, che possediamo del resto in modo assai incompleto,
delle (jentes albane e troiane di cui abbiamo già fatto so-
pra parola (v. p. 106).
Dalle notizie sparpagliate che ci sono giunte, vediamo
che pretendevano ad es. a tale onore i patricii Curiatii, lulii
Cloelii, Geganii, Quinctii, Servilii (Liv. I 30. Dion. Hai. Ili
29. Serv. V 117), gli Aemilii, i Nautii, i Sergii, i Quinctilii
(Fest. p. 33, 55, 166. Serv. ad Aen. V 121 sqq.) oltre agli
lunii plebei, che dei patrici si dicevano discendenti (Dion.
Hai. IV 68). Ma accanto a costoro, negli ultimi tempi della
repubblica, vediamo tal pretesa fra i plebei Ceecilii (Fest.
p. 44), Popillii Laenates (Serv. ad Aen. IX 262), Metili! e
persino fra gli Atii (Serv. ad Aen. V 568).
Ho sopra notata (p. 106) la corrispondenza fra il numero
di cinquanta genti patricie nei Fasti e quello delle circa
cinquanta casate che si vantavano di discendere dai com-
pagni di Enea. (Dion. Hai. I 85). Ma, a parte tale coinci-
denza di numero, che compare anche per altri fenomeni e
paesi,' merita sia studiata la ragione della vanteria.
La ragione non va esclusivamente cercata nella musa
di qualche poeta del genere di L. Accio o nelle pseudo
ricerche di qualche genealogista più o men compiacente.
Discendere da uno dei compagni di Enea, aver rapporti con
' Così, per lasciare da parte altri esempi estranei all'Italia, pnre cin-
quanta sarebbero stati i primi fondatori della nazionalità dei Bruttii, ItJST.
XXIII 1, 10.
426 Osservazioni sulV Indice quarto
quelle vetuste geuti, che, dopo aver fondato Lavinio ed
Alba erano state trasportate a Roma sino dal tempo dei
re, significava ad esempio aver il titolo per essere cooptati
come membri del ricco e potente collegio dei pontefici, per
amministrare un culto che si collegava con Lavinio prisca
sede dei Penati. La cura che Cesare pose a rivendicare
origini albane (Suet. Caes. 5) sta forse anche in qualche
rapporto con la sua cooptatio nei sodalizi sacerdotali.^ E
se avessimo l'elenco compiuto delle genti e stirpi che co-
prirono il pontificato, ci sarebbe più agevole capire le ra-
gioni per cui certe casate patricie, in ultimo anche plebee,
vantavano diretti od indiretti rapporti con i pretesi compa-
gni di Enea. (Dion. Hai. I 85).
Non Q mio proposito tornare qui a discutere le relazioni
politiche che vi furono tra le magistrature curuli ed i sa-
cerdozi ; 2 ma non sfugge a primo aspetto il rapporto che
v' è fra l' intensità delle magistrature degli Aemili patrici,
dei Cecilii plebei, di origine troiana al pari dei precedenti,
e la frequenza con cui queste medesime casate occuparono
il pontificato massimo. Ciò è sopratutto notevole rispetto
ai Cornelii, che oltrepassarono in modo così preponderante
tutte le altre genti nelle supreme magistrature curuli (v. s.
p. 157; 359) e che dettero ben 6 fra i 23 pontefici mas-
simi della repubblica.^
' La rapida e brillante carriera sacerdotale di Cesare pare stare in
qualche rapporto con le sue origini albane e troiane, A 16 anni lo tro-
viamo flamen Dialis (86 a. C); a 27 è fatto pontifex, sebbene assente (73).
Egli ricordò le sue origini albane nel 68 traendone occasione dalla laudatio
funehris sui vostra della zia lulia, allorché era questore (aveva 32 anni) e
conseguì il pontificato massimo nel 63, quando aveva appena raggiunti 37
anni.
' Su ciò V. in queste Bicerche I p. 273 sgg.
' Per quanto possiamo scorgere dalla tradizione superstite (v. il mate-
Osservazioni siiW Indice quarto 427
La scomparsa di genti patricie, le alleanze matrimoniali
intervenute fra esse o loro discendenti e ricche stirpi ple-
bee, accanto alle adozioni, favorirono, forse, le pretese e la
sostituzione delle nuove casate che riuscivano ad occupare
i sacerdozii. Il tentativo da parte delle vecchie genti di
escludere le nuove facilitò la campagna sostenuta da Lici-
nio, da Domizio, più tardi da Labieno, per aprire all'elezione
popolare anche i sacerdozii (v. in queste Ricerche I p. 322).
In breve, le vanterie genealogiche, anziché puro e sem-
plice sfogo di vanità, erano assai probabilmente mezzo di
assicurare a se ed ai propri vantaggi economici ed influenza
politica. Il volgo che disprezza e schernisce il nobile deca-
duto, ove abbia la debolezza di vantarsi delle glorie o delle
ricchezze degli avi, sente maggior rispetto per i ricchi ed i
potenti quando alla potenza ed alla ricchezza aggiungano
l' aureola del blasone. Così in tutti i tempi i parvenus si
sforzano di arrampicarsi sul tronco di qualche vecchio al-
bero gentilicio e le falsificazioni lamentate da Valerio Mes-
sala, trovano riscontro in quelle frequenti non solo nel Me-
dio Evo, ma anche nei tempi moderni.^
riale iu Bakdt Die Friester der vier grosseu Colleghn (Berlin 1871) il pon-
tificato massimo fu couaegnito dalle seguenti casate:
1. Akmxlii, due volte 7. Caeciliì, tre volte
2. CoRNELii, sei volte 8. Cqruncanii, una volta
3. FoLii, una volta 9. Domitii, una volta
4. FuRii, una volta 10. Licinii, due volte
5. lULii, una volta 11. MucH, due volte
6. Papirii, due volte 12. Servilii
' Scriverebbe opera estesissima olii raccogliesse i principali e più im-
portanti esempi di falsificazioni genealogiche. Sarebbe oltremodo interessante
mostrare sino a qual punto la verità sia stata deliberatamente occultata
mediante pseudo-documenti ritenuti più tardi autentici.
Esempio recente e singolare di qnesto genere di falsificazioni mi ospo-
428 Osservazioni suW Indice quarto
Basta dare uno sguardo agli scrittori del principio del-
l'Impero per constatare l'insistenza con cui si accenna alla
maggiore o minor nobiltà di una data persona. Ma questo
bisogno di distinguersi si fa sentire assai vivo sino dalla fine
della repubblica. Lo provano la frequenza con cui i più
notevoli personaggi di queste età, ricordano, come Cesare
e Antonio origini mitiche, o come gli Octavii si procurano
falsi diplomi di antico patriciato (Suet. Aug. 1). Lo provano
i plebei Sempronii, Calpurnii, Claudii Marcelli, che si fecero
« cooptare » fra i patricii ; ' e dopo clie Cicerone, uomo piut-
tosto ricco che agiato, raggiunse la celebrità e la potenza,
e sua figlia fu desiderata dai Furii dagli Appi Claudii e
fu sposata ad un Cornelio Dolabella, non mancarono coloro
che pensarono a collegarlo con 1' omonimo re dei Vosci,
mentre egli, pur essendo figlio di agiato cavaliere romano,
appartenente (coinè diremmo oggi con parola non del tutto
congrua), alla ricca borghesia di provincia, sarebbe disce-
so, stando ai suoi nemici, da un tintore di panni. ^
neva poco tempo fa nn dotto giurista, mio collega, rispetto ad ima fami-
glia di Sora. Avendo questa comperato nu antico feudo, faceva distruggere
l'inscrizione monumentale, in cui alla antica famiglia era stato concesso da
un sovrano un dato privilegio e le sostituiva un'altra lapide in cui, conser-
vando la rimanente dicitura, vi sostituiva solo il proprio nome.
Quante volte studiando documenti dell' età di Augusto non corriamo
riscliio di trovarci di fronte a simili falsificazioni?
Ove sia lecito confrontare fatti analoghi, di cui alcuni sono destinati
a diventare storici, mentre altri non attrarranno l'attenzione degli scrittori,
non è fuor di luogo rammentare 1' antico costume di incidere il proprio
nome sulla base delle statue che rappresentavano altri personaggi. (V. ad
es. Plut. Anton. 60). Uso che faceva esclamare a Cicerone ad Att. VI 1,
26: odi falsas inscrìptiones utatuarum alìenariim!
Le stesse passioni i medesimi interessi agitano gli uomini in tutti i
tempi .
' Heiter mem. cif. cfr. s. p. 170 sgg.
^ V. ad es. Plut. Cic. 1. Cass. Dio XLVI 4; 5. Cfr. il materiale in
Drumann Geschichte Boms ed. Groebe V 220; 226; 231.
Osservazioni suW Indice qnurfo 429
E giusto riconoscere che vi furono uomini che seppero
sottrarsi a codeste debolezze e che anzi, come Catone il vec-
chio ebbero il buon senso di vantarsi dei propri avi di
condizione modesta ma che avevano resi utili servigi alla
patria (v. s. p. 3i9j.
Che più! Personaggi appartenenti alla più alta aristocra-
zia italica, come Mecenate, avrebbero fatto più conto, stando
ad Orazio, del valore individuale di uomini di umile origine
che della nobiltà dei natali. Ma Mecenate agiva da uomo
politico, traeva partito di ogni forza viva, quando la demo-
crazia italica aveva da lungo superate quelle barriere che
due generazioni innanzi avrebbero impedito anche a lui
sebbene discendente dai vecchi re di Arezzo, di esercitare
tanta efficacia sulla vita politica di Roma.
Senonchè la cura che Orazio pone nell' esaltare le vedute
di Mecenate coincide con la rivendicazione che il poeta fa,
sebbene figlio di libertino, del proprio merito letterario.
Il principio che :
. . . fulgente trahit constrictos gloria ciirru
non minus ignofos generosis
sat. I 6, 23 sq.
mira a combattere il volgo :
qui stultus honores
saepe dat indignis et famae servii ineptus,
qui stupet in titulis et imaginibus.
Sat. I 6, 14 sqq.
In breve l'ambiente era e rimase schiavo delle vecchie
idee, e le persone che se ne allontanavano continuavano a
costituire, come, sempre un' eccezione.
Tra codeste eccezioni dovremmo porre, per quel che
430 Osservazioni suW Indice quarto
sembra, Pompeio Magno. Nulla, dalle informazioni che ci
sono giunte, lascia travedere da parte sua tendenze analo-
ghe a quelle di Cesare e di Antonio che si ricongiungevano
per fini politici con antiche divinità. Ciò si può spiegare
con l'esser note le sue recenti e tutt'altro che insigni origini
municipali. Ma non è escluso che i rapporti creati tra le
sue imprese ed il culto di Venere Vincitrice (pur adorata da
Siila padrasto di sua moglie Emilia) mirassero a favorire
analoghi fini personali.*
L' amor proprio, e non solo il calcolo, facevano del
resto tornar gradito a Pompeio il confronto tra le sue
sembianze e quelle di Alessandro il Grande, al quale gli
pareva poi giusto esser paragonato per la grandezza delle
imprese.2 Se la vittoria delle armi gli avesse arriso, non
solo il mondo sarebbe stato governato da Magni anziché da
Caesares, ma non sarebbe nemmeno a noi giunta la voce di
quello scrittore, il quale osservava che Pompeio avrebbe do-
vuto piuttosto arrossire che gloriarsi dei suoi umili avi.^
Allo stesso modo, ove il nucerino Vitellio non fosse stato
rovesciato dalle legioni di Vespasiano, avrebbe trionfato la
genealogia che lo diceva di origine romana e patricia. E
non ci sarebbe, forse, giunta l'affermazione di quei molti
che lo facevano discendere per parte paterna da un « sutor »
di sangue libertino e che gli davano per madre una don-
nicciuola del volgo, nata da un fornaio.*
* Riuiaudo al mio scritto su Venere vincitrice ed il trionfo di Pompeio
nel fascicolo in corso dei miei Studi storici VI (1915) p. 241 agg.
' Plut. Pomp, I sq.
* A parte gli altri passi raccolti dal Drumann GescMchie Itoim IV od.
Groebe p. 312, mi basti rammentare Sen. contr. I 6, 4, il quale, discorrendo
degli nomini oscuri die come Mario si erano fatti da se stessi, osserva:
Pomjìcium , si hereditariae extulisaent imagines, nemo Magnum dixisset.
* SURT. Vit. 2.
INDICE QUINTO.
ELENCO DI PASSI DI LIVIO IN CUI SI ACCENlfA A VARIETÀ DI
TRADIZIONI RISPETTO AL NOME DI CONSOLI E DITTATORI.
Livio in una nota digressione, in cui glorifica il valore
e le gesta del popolo romano, dicliiara : paginas in annalibus
magisfratuumque Fastis percurrere licei consulum dictato-
riimqiie, quorum nec virtutis nec fortunae ullo die popidum
Romanum paenituit. IX 18, 12.
Da queste parole parrebbe lecito supporre che Livio ab-
bia più o meno frequentemente consultato libri contenenti
Fasti e che li abbia tenuti presenti ove accenna a varianti
di nomi. L'esame invece delle sue storie mostra, come ho
fatto valere sopra (p. 74) che lo storico patavino non ha
mai consultato Fasti sia rispetto a consoli o a dit-
tatori. In tutti i casi in cui si è trovato di fronte
a varianti, egli ha esclusivamente consultati anna-
li ed annalisti, e di regola riferisce le discordanze
ma rinunzia a risolverle. Avrebbe agito diversamente
ove avesse avuto a sua disposizione un testo ufficiale di
indiscutibile valore che gli avesse fornito il modo di diri-
mere con certezza dubbi e quesiti.
A maggior dimostrazione di quanto ho sopra asserito
faccia qui seguire la serie dei passi più notevoli di Livio
relativi all'argomento. Dalle parole di lui, meglio che dalle
mie argomentazioni, il lettore ricaverà le legittime conse-
guenze.
432 Indice quinto
I.
« apud quosdam veteres aiictores non invenio Lucretium
consulem ; Bruto statim Horatium suggernnt ; credo quia
nulla gesta res insignem fecerit consulatum, memoriam in-
tercidisse » .
Liv. II 8, 5 ad a. 509.
II.
« sed nec quo anno, nec quibus consulibus
nec quis primum dictator creatus sit, satis constat.
apud veterrimos tamen auctores* T. Larcium dictato-
rem primum, Sp. Cassium magistrum equitum creatos in-
venio. consulares legere : ita lex iubebat de dietatore creando
lata, eo magis adducor ut credam Larcium, qui consularis
erat, potius quam M.' Valerium M. fìlium Volesi nepotem,
qui nondum consul fuerat, moderatorem et magistrum con-
sulibus appositum cet.
Liv. Il 18, 4 ad a. 501.
III.
«...tanti errores inplicant temporum (sic) aliter
apud alios ordinatis magistratibus, ut nec qui con-
sules secundum quos, nec quid quoque anno actum
sit, in tanta vetustate non rerum modo sed etiam
auctorum digerere possis ».
Liv. II 21, 1 ad a. 496.
' Codesti veterrimi auctores non sono anteriori, come è noto, agli anna-
listi dell'età di Annibale. Anche altrove, parlando di Coriolano, Livio II
40, 11, cita Fabio Pittore come: longe antiquissimum auctorem.
Indice quinto ^'^'^
IV.
« . . . L. Aemilius et Opiter Yerginius consnlatum ineunt;
Vopiscum Inlium prò Verginio in quibusdam anna-
libus consulem invenio».
Liv. TI 54, 3 ad a. 473.
V.
« T. Quinctius Barbatus interrex consules creat L. Pa-
pirinm Mugilanum, L. Semproniusm Atratinum. his consu-
libns cum Ardeatibus foedus renovatum est: idque monu-
menti est consules eos ilio anno fuisse, qui neque m an-
nalibus priscis neque in libris magistratuum mve-
niuntur. credo quod tribuni militum initio anni fuerunt,
eo perinde, ac si totum annum in imperio fuerint, suffectorum
iis' consulum praetermissa nomina [consulum horum]. Lici-
nius Macer auctor est etiam in foedere Ardeatino et m lin-
teis libris ad Monetae ea inventa».
Liv. IV 7, 10 cfr, 8, 1 ad a. 444.^
VI.
« Omnis ante me auctores secutus A. Cornelium Cossum
tribunum militnm secunda -spolia opima lovis Feretrii tem-
pio intulisse exposui. ceterum, praeterquam quod ea rite
opima spolia habentur, quae dux duci detraxit, nec ducem
novimus,nisi cuius auspicio bellum geritur, titulus ipse
spoliis inscriptus illos meque arguit consulem ea
' Cfr. DiON. Hal. XI 62.
28
Pa.8 Eicrrche sulla storia e, mi diritto pubblico di Roma II
434 Indice quinto
Cossi! m cepisse. hoc ego cum Augustum Caesarem, tem-
plorum omnium conditorem aut restitutorem, ingressum
aedem Feretrii lovis, quam vetustate dilapsam refecit, se
ipsum in thorace linteo vetustate scripto legisse audissem,
prope sacrilegium ratus sum Cosso spoliorum suorum Cae-
sarem, ipsius templi auctorem subtrahere testem. quis ea
in re sit error, quod tam veteres annales quodque
magistratuum libri, quos linteos in aede repesitos
Monetae Macer Licinius citat identidem auctores,
decimo post demum anno cum T. Quinctio Poeno A. Cor-
nelium Cossum consulem habeant, existimatio communis
omnibus est.
« nam etiam illud accedit, ne tam clara pugna in eum
annum transferri possit, quod inbelle triennium ferme pe-
stilentia inopiaque frugum circa A. Cornelium consulem
fuit, adeo ut quidam annales velut funesti niliil praeter
nomina consulum suggerant. tertius ab consulatu Cossi annus
tribunum eum militum consulari potestate habet, eodem
anno magistrum equitum ; quo in imperio alteram insignem
edidit pugnam equestrem. ea libera coniectura est, sed,
ut ego arbitror, vana; aversari enim omnes opinio-
nes licet, cum auctor pugnae recentibus spoliis in
sacra sede positis lovem prope ipsum, cui vota
erant, Romulumque intuens, haud spernendos falsi
tituli testes, se A. Corneliu^n Cossum consulem seri-
TDserit *.
Liv. IV 20, 6 ad a. 437 cfr. 31, 4 sqq.
VII.
« dictatorem dici A. Servilium placet, cui Prisco alii,
aìii Structo fuisse cognomen tradunt ».
Liv. IV 21, 9 ad a. 435.
i
Indice quinto 435
Vili.
« eosdem consules insequenti anno refectos lulium ter-
tium Verginium iteriim apud Macrum Licinium invenio.
« Valerius Antias atque Tubero M. Manlium et Q. Sul-
picium consules in eum annum edunt.
« ceterum in tam discrepanti editione et Tubero et Macer
libros linteos auctores profitentur; neuter tribunos mili-
tum 60 anno fuisse traditum ab scriptoribus antiquis
dissimulat.
€ Licinio libros haud dubie sequi linteos placet; Tubero
incertus veri est. sit inter cetera vetustate cooperta
hoc quoque in incerto positum ».
Liv. IV 23, 1 sqq. ad a. 434.
IX.
« dictator ex senatus consulto dictus Q. Servilius Priscus
. . . magistro equitum creato, a quo ipse tribuno militum
dictator erat dictus, filio suo — ut tradidere quidam,
nam alii Ahalam Servilium magistrum equitum eo
anno fuisse scribunt — novo exercitu profectus ad bel-
lum » cet.
Liv. IV 40, 10 ad a. 418.
X.
« Dictatorem T. Quinctium Poenum eo anno fuisse satis
constat et magistrum equitum Ser. Cornelium Maluginen-
sem. Macer Licinius comitiorum habendorum causa et ab
Licinio consule dictum scribit, quia collega comitia bello
436 Indice quinto
praeferre festinante, ut continiiaret consulatum, obviam eun-
dum pravae cupiditati fuerit.
« Quaesita ea propriae familiae laus leviorem auctorem
Licinium facit. cum mentionem eius rei in vetustio-
ribus annalibus nullam inveniam, magis ut belli Gal-
lici causa dictatorem creatum arbitrer inclinat animus ».
Liv. VII 9, 3 ad a. 361.
XI.
« creati consnles ambo patricii, M. Fabius Ambustus
tertium, T. Quinctius. in quibusdam annalibus prò T.
Quinctio M. Popilium consulem invenio ».
Liv. VII 18, 10 ad a. 354.
XII.
« creati (consules) ipse C. Sulpicins Peticus, qui prior
interregno abiit, et T. Quinctius Poenus. quidam Caeso-
nem, alii Gaium nomen Quinctio adiciunt».
Lm VII 22, 3 ad a. 352.
XIII.
« aliis annalibus proditum est ncque dictatorem
Valerium dictum, sed per consnles omnem rem actam».
Liv. VII 42, 2 ad a. 342.
XIV.
« Foedus insequens annus seu intemperie caeli seu ha-
mana fraude fuit, M. Claudio Marcello, C. Valerio consulibus.
Indice quiiih 437
Flaccum Potituinque varie in aunalibus cognomen
consulis iuveuio; ceterum in eo parvi refert quid veri sit».
Liv. Vm 18, 1 ad a. 331.
XV.
« Interrex L. Aemilius cousules creat C. Poetelium L.
Papirium Mugilanum. Cursorem in aliis annalibus in-
venio ».
Liv. Vili 23, 17 ad a. 327.
XVI.
« C. Sulpicio Q. Aemilio — Anlium quidam aunales
ha beat — consulibus » cet.
Liv. Vili 37, 3 ad a. 323.
XVII.
« uec di screpa t quin dictator eo anno A. Cornelius fuerit;
id ambigitur belline gerendi causa creatus sit, an ut esset,
qui ludis B-omanis, quia L. Plautius praetor gravi morbo
forte implicitus erat, siguum mittendis quadrigis daret fun-
ctusque eo haud sane memorabile imperii ministerio se
dictatura abdicaret. nec facile est aut rem aut aucto-
rem rei praeferre.
« vitiatam memoriam funebribus laudibus reor
falsisque imaginum titulis, dum familiae ad se quae-
que famam rerum gestarum honorumque fallenti
mendacio traliunt. inde certe et singulorum gesta
et publica monumenta rerum confusa; nec quisquam
aequalis temporibus illis scriptor extat. quo satis
auctore stetur ».
Liv. Vili 40, 4 ad a. 322.
438 Indice quinto
XVIII.
« id magis mirabile est ambigi Luciusne Cornelius di-
ctator cum L. Papirio Cursore magistro equitum eas res ad
Caudium atque inde Luceriam gesserit ultorque unicus Ro-
manae ignominiae haud sciam an iustissimo triumpho ad
eam aetatem secundum Furium Camillum triumphaverit,
an consulum Papirique praecipuum id decus sit.
« sequitur hunc errorem alius error, Cursorne
Papirius proximis comitiis cum Q. Aulio Cerretano
iterum ob rem bene gestam Luceriae continuato
magistratu consul tertium creatus sit, an L, Papi-
rius Mugilanus, et in cognomine erratum sit ».
Liv. IX 15, 9 sqq. ad a. 319.
XIX.
«creati consules L. Postumius, Ti. Minucius. Hos con-
sules Piso Q. Fabio et P. Decio suggerit (a. 308) bien-
nio exempto, quo Claudium Vomumniumque et Cornelium
cum Marcio consules factos tradidimus. (a. 307-306) memo-
riane fugerit in annalibus digerendis, an consulto
binos consules, falsos ratus, transcenderit , incer-
tum est ».
Liv. IX 44, 2 sqq. ad a. 305.
« itaque propter eos tumultus dictus M. Valerius Maximus
dictator magistrum equitum sibi legit M. Aemilium Paulum.
Indice quinto 489
id magis credo quam Q. Fabium ea aetate atque
houoribus Valerio subiectum; ceterum ex Maximi
cognomine ortum errorem haud abnuerim ».
Liv. X 3, 3 ad a. 302.
XXI.
Ai quali passi si può volendo aggiungere anche il se-
guente, che ha un certo interesse per i fasti censorii :
« Appium censorem petisse consulatum comitiaque eius
ab L. Furio tribuno plebis interpellata, donec se censura
abdicarit, in quibusdam annalibus invenio».
Liv. IX 42, 3 ad a. 306.
OSSERVAZIONI SULL'INDICE V.
Dal complesso dei passi qui sopra riferiti risulta all'e-
videnza che Livio, ogni qual volta trova discrepanze su
nomi di magistrati, si limita a riferire le varianti riscon-
trate in annali o, se in qualche caso esercita su di esse la
sua critica, si attiene all'autorità degli scrittori più vetusti,
come Calpurnio Pisene, ovvero fa congetture ' personali
basandosi sulla maggior dignità del candidato agli onori
curuli 0 presuppone errori derivati da comunanza di co-
gnome.
A tali norme non fanno eccezione i luoghi in cui cita
i libri lintei, i libri magistratuum, il foedus Ardeatinum e
la corazza di A. Cornelio Cosso. In tutti codesti luoghi, egli
si riferisce infatti all'autorità di annalisti, come Licinio
Macro ed Elio Tuberone. Rispetto alla corazza di Cosso,
cita poi la testimonianza di Augusto.
A primo aspetto il lungo passo relativo alla corazza di
A. Cornelio Cosso sembra costituire una reale eccezione.
Livio discute se l' offerta delle spoglie opime del re ve-
iente Tolumnio avvenne nel 437, nel 328, o nel 326. Ma
ove si consideri attentamente il suo discorso, appare che
egli, mentre da un lato seguendo tutti gli annalisti pre-
cedenti {omnes ante me auctores secutus) riferisce il fatto
al 337, in cui Cosso sarebbe stato un semplice tribunus
Oaservazion i suW Indice quiii lo 441
militum senza potestà ed eponimia consolare, accetta poi in
contraddizione con se stesso, la tesi che Cosso compi tal
fatto essendo console; ciò che ebbe luogo nel 328. E a que-
sta contraddizione viene solo in omaggio all'autorità di
Augusto che nella corazza di Cosso avrebbe letto la quali-
fica di console. Livio del resto non intende risolvere; lascia
al suo solito che ognuno la pensi come gli pare {exhtimatio
communis omnibus est. Così poco dopo IV 23: sit inter ce-
tera vetustate cooperta hoc quoque in incerto positum); solo
non vuol trascurare la testimonianza di Augusto; e ciò sia
detto con tutto rispetto verso l'eloquente ed onesto storico
patavino, è atto di deferenza verso il principe, ma non di
critica storica. Se avesse mirato ad agire da critico, Livio
avrebbe egli stesso dato uno sguardo alla corazza di Cosso
e verificato se Angusto, uomo politico di primo ordine, era
pure lettore esatto di inscrizioni monumentali. Non è poi
improbabile, come ko fatto notare altrove, che Augusto abbia
male inteso il significato della parola Cos o Coso, che poteva
significare tanto Cossus (o Casus), cognome di A. Coruelius
Cossus, quanto consul.^
In conclusione Livio non ha mai personalmente consul-
tato una qualsiasi raccolta di Fasti e certamente lo avrebbe
fatto ove sino dall'età sua e prima di Attico un documento
giudicato di valore indiscutibile, fosse di già esistito.*
' Rimaado alla mia Storia critica II p. 308; 559. Sino dal 1899 io
aveva data questa spiegazione della testimonianza di Angusta,. Ciò e
sfiiggito all' HISCHKEI.D, il quale nei Kleine Scl,riften (Berlin 1914) p. 398,
Doro'e a suo nome la medesima interpretMzione.
^ Apparente eccezione fo il passo di Livio XXXIX 52, 4 in cu. dai
Mugisfrutunm libris toglie indicazioni relative alla durata del tr.buuato d.
M Naevius. Ma è generalmente riconosciuto (cfr. XXXVIII 56, 2) che Livio
non vide direttamente quel documento relativo al processo degli Scipiom
(ad a. 187). Anche qui egli dipende dagli annalisti di cui fa il nome.
442 Osservazioni suW Indice quinto
Dai passi in cui si discorre del foedus Ardeatinum e dei
libri Untei^ conservati presso il tempio di Giunone Moneta,
appare che non v'era sempre concordanza rispetto ai nomi
dei magistrati. Gli scrittori più vetusti noti a Livio riferi-
vano in certi casi nomi diversi ; non sapevano ad es. per
l'anno 444 dell'elezione di consoli e rammentavano invece
tribuni militum.
Allo stato delle nostre cognizioni non è dato formulare
con precisione quando e in quale forma siano sorte le prime
redazioni dei Fasti.
Cicerone, nella celebre lettera in cui si raccomanda allo
storico Lucceio, affinchè narrasse diffusamente le glorie del
suo consolato {ad fam. V 12, 5) cita infatti i Fasti fra i
documenti per loro natura aridi: etenim ordo ipse annalium
mediocriter nos retinet quasi enumeratione fastorum.
Nulla però sappiamo sulla forma di tali Fasti, e se, come
nell' opera cronologica di Attico e nell' Annalis di Libone,
v' erano indicazioni storiche accanto alla serie dei magi-
strati (v. Cic. ad Att. XII 6, 3; XIII 4, 5; 30, 3; 32, 3; 33, 3
XVI 13 e, 2. Corn. Nep. Att. 18). »
' Rispetto alla forma ed al contenuto delle antiche collezioni degli an-
tichi Fasti ho già sopra osservato (v. p. 55 u. 2) come sia * assai discuti-
bile » 1' argomento che si è voluto ricavare dalle parole di Cicerone ad
Att. IV 8 & 2 « si vero id est, quod nescio an sit, ut non minus longas iam
«in codicillorum fastis futurorum consulum paginnlas habeant quam facto-
« rum, quid ilio miserius nisi res publica?» per aftermare che nei Fasti,
oltre al nome dei consoli, v'era un'indicazione sommaria delle loro gesta.
Esaminando attentamente il passo si scorge che Cicerone alludendo alla
impossibilità da parte di Domizio di conseguire il consolato sebbene vi
fosse designato tot aìinos, afterma che nei codicilli (di Pompeio? dei trium-
viri?) era ormai più lunga la serie dei consoli in jiecfore per gli anni suc-
cessivi (futurorum) di quella di coloro che lo erano di già stati per il pas-
sato (facioruìn). Il testo ciceroniano è giustamente interpretato ad es. da
Tyrrell e da PuRSEit The correapondcnce of M. Tullius Cicero II (Dublim
1906) p. 86 ep. 118.
Ossotazioni suir Indice quinto 443
Non ostante la scarsezza delle nostre informazioni è dato
osservare che collezioni di Fasti aventi valore ufficiale co-
minciarono ad essere formate non molto prima dell' età
sillana. La dimostrazione è fornita ad es. da Dionisio di
Alicarnasso, ove espone le opposte narrazioni intorno alla
uccisione di Spurio Melio, accusato di aspirare alla signoria
della Città (v. s. p. 4).
Dopo aver infatti riferita la versione canonica, accolta
anche da Livio lY 13, che Melio fosse stato ucciso da C.
Servilio Ahala magister equitum essendo dittatore L. Quin-
zio Cincinnato, Dionisio XII 4 ad a. 439 osserva: ot \ikv
8t] :pci^ayd)xaxd fioi Soxo'DvTeg yQctqpgiv jieQi tfjg Mudici' XEXevxf[Q
ovxtì) jtaoaSeScóxetai Xeyéodcà §g xal ó 8oxcòv tìttov eivai [xoi
jtiOavó? Xóyos, <S xéxQì'jVTai Kivxio? xal KaÀJCQoi'Qviog, £;7nxo3QiOL
ovyyQacp£l(;, oi cpaaiv ovte SixturoQa vkò xf[(; (3ovXf]5 djto-
SeiX'&TJvai tòv Koivtiov, odt8 l7tndQXf\'v vtiò xov Koivxiov
TÒv Ss^omÀiov xtX.
Se al tempo di Ciucio Alimento (ossia di Annibale) ed
anche più tardi in quello di Calpurnio Pisone (console nel
133) vi fosse stato un elenco ufficiale dei dittatori, se la
dittatura e la maestranza dei cavalieri di L. Quinzio e di
Servilio Ahala fosse stata ivi registrata, codesti annalisti
non avrebbero taciuto la dittatura del primo, ne avrebbero
parlato dell'opera di Servilio come di privato.
Ove Ciucio e Pisone, contrariamente al giudizio di
Dionisio, abbiano invece avuta ragione a non ricordare
le inesistenti magistrature di Quinzio e di Servilio, ne de-
riva che i Fasti che le registravano furono redatti in età
assai recente, così come in tempi molto recenti fu inventata
per il 342 la dittatura di M. Valerio Corvo e la maestranza
dei cavalieri di L. Emilio Mamercino ignote, per esplicita
dichiarazione di Livio, agli antiqui rerum auctores (Liv.
VII 39-42, 7).
444 Osservazioni suW Tìidice (plinto
Ed è infine evidente che se un elenco di indiscutibile
valore ufficiale fosse esistito, Dionisio si sarebbe riferito ad
esso anziché a dati scrittori che contrapponeva ad altri,
seguendo quelle norme medesime che abbiamo testé con-
statato in Livio.
*
* *
Le osservazioni sul valore e sull'età dei Fasti consolari
e dittatori! ci induce a distendere un piccolo corolario su
quelli dei minori magistrati curali.
Ho sopra fatto rilevare (v. p. 34) la mancanza di Fasti
rispetto agli edili curali redatti da età vetusta. Questa ri-
sulta dalla famosa lettera di Cicerone ad Att. VI 1, 8; 17,
ove risponde all' amico intorno alla questione relativa al-
l'età ed alla natura dell'attività di Cn. Flavio rispetto ai
Fasti ed alle actiones.
Sebbene io abbia altrove discusso ampiamente il valore di
questi passi (v. Ricerche I p. 216 sgg.), non reputo inutile
riprodurre qui i punti salienti:
«... unum loToor/òv requiris de Cn. Flavio Anni iilio ille
vero ante decemviros non fuit, quippe qui aedilis curulis
fuerit, qui magistratus multis annis post decemviros institutus
est. quid ergo profecit quod protulit Fastos ? occultatam
putant quodam tempore istam tabulam ut dies agendi pe-
terentur a paucis. nec vero pauci sunt auctores Cn. Flavium
scribam Fastos protulisse Actiones composuisse, ne me hoc
vel potius Africanum — is enim loquitur — commentum
putes »
«... illud de Flavio et Fnstis si secus est, commune
Ossemazioiii fiuir Lxlice qtnnto 445
erratum est, et tu belle y\7i6Q'\\aac, et nos publicam prope
opiiiionem secuti sumus ».
E evidente che se fosse esistita una lisla ufficiale degli
aediles ciiridi a partire dalla 367, in cui secondo la tradi-
zione si cominciò ad eleggerli per virrù delle leges Liciniae-
Sextiae (Liv. V 42, 12) non sarebbe potuta sorgere la disputa
fra Cicerone ed Attico qui sopra indicata. Quanto Livio X
9; 10 sqq. ; 11, 9, riferisce agli edili curali del 300 prova
poi la mancanza di dati ufficiali e porge ulteriore con-
ferma intorno al suo costume di ricavare esclusivamente
da annalisti e non da Fasti ufficiali i dati relativi alla se-
rie ed ai nomi dei magistrati-
Livio infatti, dopo aver qui detto secondo Licinio Macro
che nel 300, sebbene eletto console da tutte le centurie,
Q. Fabio rimise tale magistratura ad anno in cui fosse più
opportuna la sua opera guerresca ed accettò di essere
creato edile curale insieme a L. Papiri© Cursore, aggiunge:
« id ne prò certo ponerem, vetustior annalium auctor Piso
effecit, qui eo anno aediles curules fuisse tradit Cn. Do-
mitium Cn. f. Calvinum et Sp. Carvilium Q. f. Maximum».
Livio dichiara inoltre: « id credo cognomen (cioè Maximus)
errorem in aedilibus fecisse secutamque fabulam mixtam
ex aediliciis et consularibus comitiis convenientem errori »
X 9, 10 sqq.
Riscontrato lo scarso, anzi il nessun valore, per dati re-
lativi al 300, è chiaro che non occorre insistere di soverchio
nell'esame di altri relativi ad età assai più vetuste per i
quali è dato constatare il procedimento di falsificazione da
parte di quelle memorie domestiche, che per dichiarazione
di Cicerone Brutus (16, 61) furono fonte impura di tanti
falsi consolati e trionfi.
446 Osservazioni sali' Indice quinto
Una di codeste falsificazioni traspare in Livio ove parla
dell'elezione dei quaestores per l'anno 409. La plebe do-
lente per la nomina dei consoli patrici Cn. Cornelius Cossus
L. Furius Medullinus; «ulta est tunc primum plebeis quae-
storibus creatis, ita ut in quattuor creandis uni patricio K.
Fabio Ambusto relinqueretur locus, tres plebei Q. Silius, P.
Aelius, P. Pupius ». Liv. IV 54.
Ove è a notare cbe i Pupii ed i Silii dovrebbero aver
cominciato a coprire magistrature curuli un poco più tardi
di quanto qui ò asserito. Il più antico P. Pupius di cui
abbiamo notizia è ricordato per il 217 (Liv. XXII 33) ed
abbiamo un aedilis plebis del 185 (Liv. XXXIX 39); dei
Silii si fa menzione con le leges omonime de ponderihus
(Fest. p. 256 s. v. publica pondera) e sulla actio ìegis certae
pecuniae (Gaius IV 19) di cui ignoriamo l'età ma che in
nessun caso paiono anteriori al secolo III (Rotondi Leges
p. 261 ; 473). A giudicare con criterii di analogia rispetto
a tutte le altre genti consolari (ad es. rispetto agli stessi
Aelii che conseguirono il consolato dal 337), ove i Pupii ed
i Silii fossero state fra le prime a raggiungere la questura
sino dal 409, difficilmente sarebbero così tardi arrivate agli
onori del consolato. I Pupii infatti vi arrivarono solo nel
61; i Silii nel 20 a.C. (v. s. p. 176; 189).
Sono argomentazioni che, per se sole, hanno valore al-
quanto relativo. Esse sono però confermate dal complesso
di dati analoghi che porgono i Fasti dei tribuni della plebe,
Fasti che facciamo oggetto di esame speciale nel volume
seguente di queste Ricerche (III) che è già da tempo in
corso di stampa e che vedrà fra non molto la luce,
Osservazioni sulì' Indice ([uinto 447
Ma lasciamo da parte i fasti curali minori e torniamo
ai consolari.
Senza dubbio da epoca relativamente antica a Boma sia
nell'archivio dei pontefici, sia in quello degli auguri, che
avevan sede presso il tempio di luno Moneta, sia in altri
templi, come quello di Castore e Polluce ovvero V Atrium
Libertafis, si conservavano documenti che dettero poi modo
di rintracciare il nome dei magistrati eponimi. E da epoca
che non abbiam modo di definire esattamente, si compila-
rono libri magistrahmm. Ma i dati di questi varii documenti
non pare fossero sempre concordi, e già gli annalisti più
antichi in base ad essi porgevano talora dati divergenti
(V. ad es. Liv. II 54; IV 23,1).
Con le più antiche redazioni non vanno però identificati
i Fasti Capitolini che al pari degli Ada Triumphalia in-
sieme incisi, rappresentano una tarda elaborazione di mate-
riali antichi.
Ove si confrontino infatti con i dati della tradizione
letteraria conservata in Livio, in Dionisio, in Diodoro, e così
via di seguito ove, a parte le divergenze più volte rilevate,
si considerino la presenza di cognomi (che sono talora an-
ticipazioni rispetto al tempo in cui vennero realmente as-
sunti da date genti) e le troppe precise indicazioni degli
stemmi dei magistrati del V secolo, verremo alla facile con-
clusione che il compilatore dei Fasti Capitolini amalgamò
dati antichi degnissimi di fede con altri di origine più re-
448 Osservazioni sulV Indice quinto
cente. Ne diversamente agi chi ricevette l'ufficio di redigere
gli elogia che ornavano il Foro di Augusto.'
In quali casi il redattore dei Fasti Capitolini si sia at-
tenuto a materiali più vetusti, in quali invece abbia accolto
informazioni più recenti od interpolate, sarà ulteriormente
discusso in uno dei successivi volumi di queste Ricerche^
destinato all'esame analitico e cronologico dei dati dei Fasti
dei consoli, dei dittatori, dei censori e dei trionfatori del
popolo romano.
' Neil' età sillana e cicerouiaua erano certo abbondanti i materiali che
vennero elaborati da eruditi e da uomini politici. Ma che anche allora si
sia in qualche caso proceduto con leggerezza mostra quanto Cicerone, scri-
vendo ad Attico VI 1, 17, osserva rispetto all' indicazione della falsa cen-
sura dell' Africano :
« de statua Africani — w -pa-ffid-wv àa'JY^-cóoTwv ! sed me id ipsum
delectavit in tuis litteris — ain tu? Scipio hic Metelhis proavnm sunm
nescit ceusorem non fiiisse? atqui nihil habuit aliiid iu.scriptum nisi COS.
ea statua, qnae ad Opis t per te t posita in excelso est, in ilia autem qnae
est ad lioXt)>'À£0'JS Hercnleni, iu.scriptum est CENS. quam esse ein.sdem
status, amictns, anulus, imago ipsa declarat. at, Mehercule, ego cum in
turma iuauratarum eqne.strium, quas hic Metelhis in Capitolio posuit, aui-
madversissem in Serapionic subscriptione Africani imaginem, erratnni fabrile
putavi. nuc video Metelli. o àv.aTCf-r,c{av turpeui ! ».
Seguo la lezione di Tyrrell e Purseu The eorrespondena- o/ M. Tul-
litii Cicero III p. 179 ejt. 252.
DG Pais, Ettore
209 Ricerche sulla storia e sul
P32 diritto pubblico di Roma
sev.2
PLEASE DO NOT REMOVE
CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET
UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY
^%?^v
<'^.^v"
;v'>ìt'i.'V !<■
*:..'x^^:.,.jc,^-^^
.6^^^
^^^^^
L^-^- t'^r*'
:^'\-