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Full text of "Ricerche sulla storia e sul diritto publico di Roma"

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DELLO  STESSO  AUTORE 


Stona  della  Sicilia  e  della  Magna  Grecia  I  (Torino  Clausen  1894). 
Opera   premiata  dalla   R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino. 

.4hc/>m^  legends  of  roman  hìstory  (New  York  Dodd  Mead  et  C.  1905. 
London  S.  Sonnenschein  et  C.  1906).  Letture  tenute  nel  Lowell 
Institute  di  Boston,  nelV  Harvard  University  (Cambridoje),  nella 
Columbia  University  di  New  York  e  nelle  Università  di  Chicago 
e  del  Wisconsin. 

Ricerche  sioricltc  e  geografiche  sulV  Italia  antica  (Torino  S.T.E.N. 
1908). 

Aiicient   Italy  (Chicago,  The  University  of  Chicago  Press  1908). 

Storia  critica  di   Roma   Voi.  1    (Roma  Loescher  1913). 
-  Voi.  11  (Roma   Loescher  1915). 

Ricerche  siitht  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma.  Serie  prima. 
(Roma    Loesdiei    1915). 

In  cokso  di  stampa  : 

Storia   vrili<a    di    l.'oimi.    Voi.  Ili;  IV. 

Ii'irrrrhc  sulla  storia   e  sul   diritto  pubblico   di    Roma.    Serie   HI;  TV. 

\uorr  ricerche  sturiche  e  geogra/iche  sulT  Italia  antica.  Sevie  TI  (Pavia 
Martci). 


RICERCHE 

SVLLA  STORIA 
E  SVL    DIRITTO   PVBBLICO 

DI 

ROMA 

DI 

ETTORE  PAIS 


SERIE  SECONDA 
Sui   Fasti  Consolari 


ROMA 

ERMANNO  LOESCHER&C.» 

(W.  Regenberg) 
1916 


l'ina  -  StattiliiiiPiitu  tip<»<rrafii;o  dt^l  Ciiv.  Francesco  Mariotti  9-1915 


ALLA  MEMORIA 

DI 

BARTOLOMEO  BORGHESI 

CHE  ILLUSTRANDO  I  FASTI  DI  ROMA 

SERBÒ  VIVO  IL  RICORDO 

DELL'  ANTICA    GRANDEZZA 

E  ALIMENTÒ  LA  FEDE 

NEL  RISORGIMENTO  DELLA  PATRIA 


(CONTENUTO  DEL  PRESENTE  VOLUME. 


Dedica 

Introdiizione 

Testi  tbiKlanjeutali   sul  valore  delle  ii.eiuoiie  donicHticlie 
rispetto  ai  Fasti 


V 
XI 

XXXV 


Intorno  alla    fokmazionk  ed  al  valore   stoukx)  i>ei 

FAf^Ti  della  Repubblica  Romana »     3  sgg. 

I.  —  Valore  dei  Fasti  come  fonte  xlorica  —  1  Fasti  ditlatorii  — 
Gli  Acta   Triumplialia    -    /  Fasti   consolari    —    Confronti 
fra   le   Uste   di    Livio    e   quelle   di   Diodoro   —    1    Fasti   dei 
questori,  dei  trihuni  dalla  iìUhe,  dei  sacerdoti »       ^  «gè- 
li. -   Occasioni  al  formulare  le  liste  dei  Fasti  -  Elementi  con 

,-^   -,                                                              ...»     40  sgg. 
mi  Jurono  costituite 

III.  _  Argomenti  in  favore  e  contro  la  piena  attendibilità  dei 
Fasti  —  Gli  spostamenti  dell'anno  cicile  —  L'anno  di  sei 
„tesj  _  Valore  delle  tavole  censorie  —  I  Fasti  anteriori  al- 
l' incendio  Gallico  furono  salvati  nel  Campidoglio  ?     ...»     o*  «gg- 

IV.  —  Necessità  di  studiare  i  Fasti  in  stretta  relazione  con  la 
veridicità  delle  gesta  attribuiie  ai  singoli  magistrati  —  Loro 
valore  per  la  seconda  metà  del  IV  secolo,  per  la  prima  metà 

del  secolo  medesimo  e  per  il  secolo   V  —   Conclusione.     .     .     »     71  sgg. 

V.  —  Elementi  che  forniscono  i  Fasti  per   ricostituire    la  storia 

delle  genti  e  della  società  romana ^^     ^     ^SS- 

VI.  —  Elenco  primo.  Magistrati  patrici  dalla  caduta  della  mo- 

narchia  alla  creazione  dei  tribuni  niilitnm  consiliari  potestate     »     97  sgg. 

VII.  —  Elenco  secondo.  Dalla  creazione  dei  tribuni  milituni  con- 

sulari  potestate  alla  approvazione  delle  leggi  Liciniae-Sextiae     »   110  sgg. 


yjjl  Conteiiìdo  del  preseute  volume 

Vili.  —  AVc/K'o  terzo.  Dall'approvazione  delle  leggi  Liciiiiae- 
Sextiae  sino  all'  occupazione  da  parie  dei  plebei  di  ambedue 
i  Miggi  connolari p.    12o  sgg. 

IX.  —  Elenco  quarto.  Dalla  occupazione  dei  plebei  di  ambedue  i 
B$ggi  «on$olari  {i7S  a.  C.)  sino  alla  approvazione  delle  leggi 
lulia  (90)  e  Plautia-Papiria  {89\  concedenti  la  cittadinanza 

romana  ai  Latini  ed  agli  Italici »      160  sgg. 

X.  —  Elenco  quinto.  Dalla  concesxione  della  cittadinanza  romana 
ai  Latini  ed  agli  Italici  sino  alla  pubblicazione  dei  Fasti  della 

Regia  ed  alla  morte  di  Augu.<<lo  {88  a.  C.-14  p.  C.)       .     .       »     170  sgg. 

XI.  —  /  Fa>iti  e  la  successione  dei  carii  strati  sociali  nella  con- 
quista del  potere ;       »     209  sgg. 

XII.  —  /  Fasti  ed  il  graduale  estendersi  delle  magistrature  ouruli 

alle  varie  regioni  della  Penisola »     232  sgg. 


Appeudice  I.  —    Gli  Acta    Tiinnii)halia  ed  il  trasfor- 

hKtrsi  ilcìln  .società  ruìuana »     2o7  sgg. 

Appt'iulicp  II.  —  Il  «veredersi  di  nuore  genti  nella  serie 

dei  ))ì(u/i-str<tfi  monetali  della  repiibblica  romana      .     »     290  sgg. 

Appendice  III.  —  A  proposito  di  genti  romane.  !  gen- 
til idi  di  Ma  murra  e  di   Ver  re »     318  sgg. 

Appendice    IV.   —   Nohiltà   repnhhlieana,    medioevale   e 

papale »     324  sgg. 

Ajtpt  iidice  V.  —  I  dodici  Romani   fatti  dichiarare  pvb- 

blici  nemici  da  Siila  nel  88  a.  C »     340  sgg. 

Appendice  Y\.  —  A  proponilo  di  prenomi  e  di  cognomi. 

Intorno  ai  «onsules  snffecti »     347  ^gg. 

Aggiunta »     352 

lndic«i   I.  —    Serie  delle  genti  coniolari  nel   loro  x?K*t.f'.«- 

sini  apparire  e  nel  loro  sviluppo »      355   ^gg- 

Itidi<-e  n.  —  Elenco  alfabetico  dei  dictatoies,  niagistri 
e<initnni,  decemviri  legibns  scrihnndiH,  consule-s, 
ti  illuni   iiiililiini   l'oiisiilai  i   [xttcsfate,  censores  .      .      »      371    sgg. 


Contenuto  del  presente  volume  IX 

Indice  III.  —  Elenco  dei  cognomina,  lìelle  genti  conso- 
lari, flittatorie,  censorie p.    385  sgg. 

Indice  IV.  —  Serie  delle  genti  pntricie  durante  la  re- 
pubblica          »     394  sgg. 

Osservazioni  sulV  Indice  IV,  a  proposito  dei  Fasti  patricii     »     414  sgg. 

Indice  V.  —  Elenco  di  passi  di  Livio  in  età  si  accenna 
a  varietà  di  trudi::ioni  ris\ìetio  a  nomi  di  consoli 
e  dittatori »     431    sgg. 

Osservasioni  sulV  Indice    V »     440  sgg. 


INTRODUZIONE 


....   incisa  notis  marmora  publicis 
per  quae  spiritua  et  vita  redit  honis 
post  mortevi  ducìbus. 

HouAT.  mrm.  IV  8,  13  sq. 


I. 


Gli  studiosi  clie  esaminano  il  valore  dei  Fasti  della 
repubblica  romana  si  soffermano  in  generale  a  discu- 
tere divergenze  offerte  dalle  singole  fonti  rispetto  a 
prenomi,  cognomi,  ad  ordinamenti  cronologici;  e  in  base 
ad  indicazioni  degli  antichi,  tentano  anche  ristabilire 
liste  genealogiche.  Ma  una  trattazione  esauriente  del 
tema  oltrepassa  codesti  confini  ;  essa  include  anche 
l'indagine  sul  valore  e  sulla  veridicità  dei  fatti  con 
cui  il  nome  di  magistrati  eponimi  è  congiunto. 

Quali  siano  le  risultanze  che  sgorgano  dal  con- 
fronto dei  dati  dei  Fasti  con  quelli  della  rimanente 
tradizione  letteraria,  vedremo  in  uno  dei  successivi 
volumi  di  queste  Ricerche,  ove  tutto  il  materiale  sarà 
discusso  in  ordine  cronologico.  Nel  presente,  mi  limito 
a  porgere  considerazioni  di  indole  più  generale,  sia 
rispetto  air  attendibilità,  sia  alla  importanza  storica  che 
dai  Fasti  deriva. 


>^jY  Introduzione 

Le  opinioni  da  me  anteriormente  esposte  sull' atten- 
dibilità dei  Fasti  per  l'età  più  vetusta  ebbero  varia 
fortuna.  Combattute  da  più  di  un  eritico,  trovarono  pure 
fautori,  elle  dalle  mie  premesse  ricavarono  ulteriori  illa- 
zioni/ Riprendendo  dopo  vari  anni  la  soluzione  dei  me- 
desimi problemi,  non  mi  sono  lasciato  preoccupare  da 
approvazioni  o  da  contrasti,  ma  giovandomi  con  più 
matura  riflessione  della  maggior  esperienza  man  mano 
acquistata,  se  talora  ho  tenuto  fermo  a  qualcuna  delle 
opinioni  anteriormente  manifestate,  in  altri  casi  ho  aper- 
tamente rifiutati  argomenti  che  avevo  già  posto  a  base 
dì  mie  conclusioni. 

Accingendomi  ad  esporre  il  risultato  delle  mie  ricer- 
che non  mi  sento  attratto  a  discutere  opinioni  con- 
trarie, dacché,  se  reputo  necessario  confutare  errori  di 
fatto,  quando  in  essi  siano  incorsi  scrittori  di  ricono- 
sciuto valore,  non  giudico  conveniente  combattere  con- 
vinzioni altrui,  ove  siano  frutto  di  principii  e  di  ap- 
prezzamenti diversi.^ 

'  V.  ad  08.  G.  SiKOWART  Roem.  Fasten  und  Annaìeu  in  Klio  1906 
eKtr.,  «'<1   ili    Klio   1014  p.  257  sgfi. 

E.  I^AMiiKKT  La  qiiestion  de  V  mithenticité  des  XTI  Tablcs  et  left 
iiniKilcs  maxiines  in  Nuov.  Bcvtte  historique  de  dvoit.  Mavs-Avril  1902. 

Soi.TAU   Die  roem.  Consulliste   in    Zeitschrift    d.   Oesterr.  Gynm. 

1H14    1».    S(i.">    i*li<r. 

'  l*ri  <|iic8t«  ragioni  mi  astengo  dal  discutere  ad  es.  le  vedute  di 


Introduzione  XV 

In  tali  casi,  ove  si  tratti  ad  esempio  di  prestare  fede 
ai  Fasti  in  omaggio  al  tradizionale  rispetto  per  tutto 
ciò  che  dairantichità  ci  è  tramandato,  mi  sia  lecito  ri- 
petere le  parole  di  Tacito  :  ncque  confirmare  argumentis 
neque  refellere  in  animo  est.  ex  ingenio  suo  quisque 
demat  vel  addat  fidem  {Germ.  3). 


II. 


Se  la  Fortuna  non  ci  avesse  così  aspramente  con- 
teso il  testo  degli  storici  che  narravano  ampiamente 
le  gesta  della  repubblica  ;  se  scrittori  notevoli,  come 
Catone,  Polibio,  lo  stesso  Livio,  ci  fossero  giunti  per 
intero  e  non  fossimo  obbligati  a  considerare  documenti 
preziosi  i  tenui  sunti  di  un  Floro  e  di  un  Velleio,  di 
un  Orosio  e  persino  di  un  Zonara,  i  dati  forniti  dai 
Fasti  avrebbero,  per  se  soli,  valore  assai  meschino  e 
trascurabile.  Da  opere  storiche  estese  avremmo  modo 
di  ricavare  quale  fu  l'origine  e  l'efficacia  sociale  e 
politica  delle  genti  patricie  e  delle  stirpi  plebee  che 
ressero  i  destini  di  Roma. 


G.  Costa  I Fasti  consolari  romani  (Milano  1910),  opera  estesa,  di  cui 
è  uscito  sin  ora  il  primo  volume,  e  che  potrà  essere  giudicata  nel 
suo  complesso  quando  ne  sarà  pubblicata  la  seconda,  contenente 
appunto  i  Fasti. 


XVI  Introduzione 

Ma  poiché  la  maggior  parte  delle  vicende  romaiie 
ci  è  nota  per  mezzo  di  poveri  compendi,  di  magri 
indici,  del  genere  delle  perioche  liviane,  e  il  nome 
dei  magistrati  eponimi,  in  più  di  un  caso,  non  è  con- 
giunto con  la  menzione  delle  gesta  da  essi  compiute, 
è  ben  naturale  che  l'elenco  di  essi  costituisca  per  noi 
una  serie  di  esponenti  suggestivi,  che  occorre  illustrare 
ed  integrare. 

L'integrazione  non  può  tuttavia  tentarsi  ove  non 
si  tenga  conto  del  carattere  delle  antiche  società,  go- 
vernate con  vincoli  gentilizi,  di  cui  non  tutti  i  mo- 
derni riescono  a  farsi  un'  idea  chiara,  sebbene  anche 
oggi  non  manchino,  nella  stessa  Italia,  regioni  in  cui, 
sotto  apparenze  diverse,  genti  e  clientele  hanno  lasciate 
traccie  profonde,  che  il  sociologo  non  stenta  a  ritrovare. 

Intorno  al  sorgere  delle  gentes  non  v'  è  fra  gli 
studiosi  opinione  concorde.  Tendenze  sistematiche,  con- 
cezioni aprioristiche,  hanno  forse  prevalso  ;  ma  an- 
che coloro  che  le  combattono,  anziché  ricostruire  sulla 
base  di  serie  di  fatti  accertati  e  convenientemente  di- 
scussi, si  limitano  spesso  a  mostrare  il  lato  debole  dei 
sistemi  altrui,  senza  recar  solide  prove  di  fatto  a  so- 
stegno di  teorie  diverse. 

Risps'tto  ai  fini  dello  studio  presente  è  di  secon- 
daiia    im])i)it;niza    esaminare   come   e   quando  l'ordina- 


Introduzione  XVII 

mento  gentilizio  abbia  incominciato  ad  esercitare  un'a- 
zione politica,  se  abbia  o  no  preceduto  la  formazione  di 
uno  Stato  vigoroso,  se  le  gente s  si  siano  formate  come 
organismo  politico  in  seno  ad  esso  o  se  contro  di  esso 
abbiano  invece  esercitata  per  un  certo  tempo  la  loro 
efficacia. 

Comunque  si  possa  decidere  su  tali  questioni,  è 
certo  che  la  vita  politica  delle  gentes  è  tangibile  per 
tutti  i  periodi  della  Repubblica.  Essa  si  è  andata  atte- 
nuando con  l'invigorirsi  dei  plebei  (che  non  avevano 
dapprima  vera  e  propria  gentilitas),  degli  homines  novi 
delle  varie  regioni  italiche,  infine  degli  elementi  non 
romani  ed  italici,  che  penetrarono  man  mano  nella  Città. 
Essa  si  andò  infine  spegnendo  con  il  pieno  trionfo  del 
Principato. 

Senza  addentrarci  in  ricerche  teoriche,  che  hanno 
maggior  interesse  per  il  giurista  e  per  il  sociologo 
che  per  lo  storico,  il  quale,  più  che  schemi  astratti, 
esamina  nello  spazio  e  nel  tempo  l'azione  concreta  di 
fattori  sicuramente  attestati,  rileviamo  che  non  è  dato 
comprendere  alcun  periodo  della  vita  repubblicana  di 
Roma  se  non  si  valuti  la  posizione  dell'individuo  di 
fronte  alla  sua  gens  od  alla  stirpe. 

E  bensì  vero  che  per  l'affluire  di  tante  energie 
novelle,  sia  italiche  sia  provinciali,  si  accrebbe  lo  svi- 


X  \'  1 1 1  In  troduzione 

liippo  (leir  attività  personale  ;  ma  è  altrettanto  certo 
che  questa  si  svolse  con  la  protezione  della  gente  o 
(Iella  stirpe.  Per  un  lungo  periodo,  le  città  italiche  anzi- 
ché comunità  di  singoli  cittadini  indipendenti,  operanti 
politicamente  come  forze  individuali,  furono  agglome- 
rati di  collettività  gentilizie  e  familiari,  organizzate  in 
base  alla  occupazione  di  terre  limitrofe.  E  formarono  di- 
stretti, che  a  seconda  dei  tempi,  dei  luoghi,  si  dissero 
curie  e  tribù,  in  cui  i  vicini  erano  legati  da  vincoli 
che  davano  origine  dXX  adfinitas  e  ad  incroci  di  sangue.* 
E  quello  che  con  maggior  numero  di  elementi  di  fatto 
è  concesso  ricostruire  rispetto  a  Roma,  è  pur  lecito  ri- 
conoscere per  altre  regioni  italiche. 

Sarebbe  studio  veramente  proficuo  raccogliere  senza 
tendenze  aprioristiche  tutti  i  dati  relativi  alle  relazioni 
gentilizie,  di  cui  è  rimasto  traccia  rispetto  all'antica 
Italia,  e  compararli  con  ciò  che  sappiamo  intorno  a  vari 
altri  popoli  dell'antichità  e  ad  organismi  analoghi  di  età 
più  recenti.^  Ma  anche  allo  stato  attuale  delle  cognizio- 

'  Paul.  ep.  Fest.  p.  1 1  :  ajjìnefi  in  afjris  richiis.  sire  consangni- 
nilote  coniìtncti. 

Su  affini  e  vicini    v.  la  mia  Storki  crìtica  di  Fomn    l  p.  736  sgg. 

-  Lavori  pif paiatoi  ii  per  questo  genere  di  studi  non  mancano; 
ini  limito  a  ricordare,  a  solo  titolo  di  esempio,  quello,  sia  pure  in- 
vecchiato, ma  sempre  pregevole,  del  Kuhn  Ucher  die  Enfstehung  der 
Staedte  der  Alien  (Leipzig  1878). 


Introduzione  XIX 

ui,  è  agevole  riconoscere  che,  sia  in  centri  popolosi  come 
Capua  ed  Arezzo,  sia  in  plaghe  cosparse  da  villaggi, 
come  la  Sabina,  parte  del  Sannio  e  la  Valle  Padana, 
si  riscontrano  assai  valide  le  traccie  di  quella  organiz- 
zazione politica  delle  gentes,  che  rimase  vigorosa  in 
varie  regioni  di  Europa  sino  all'  Impero.  Basti  citare  le 
Baleai'i,  la  Pannonia,  il  Norico,  la  Grallia,  l'Africa  setten- 
trionale.^ Né  è  fuor  di  luogo  considerare  che  i  gentiles 
negli  eserciti  imperiali  romani,  di  cui  troviam  ricordo 
sino  dai  tempi  di  Adriano,  attestano  popoli  combattenti 
in  origine  in  gruppi  gentilicii.~ 


'  Gli  esempii  sarebbero  numerosi.  Basti  citare  la  gentiliias  Zoe- 
larum  nelle  Baleari  e  le  altre  analoghe  CIL.  II  26O65  2633:  5631; 
5684;  la  yentiUtas  Manliensium  in  Manlia  nel  Norico  v.  in  CIL.  Ili 
4779;  la  gentilitas  Argenta  fra  i  Benacenses  in  CIL.  V  4871. 

Lungo  sarebbe  il  mio  discorso  ove  raccogliessi  tutti  i  dati  sulle 
gentes  che  vivevano  sj)arse  nella  campagna  ancora  in  tarda  età  sto- 
rica. Mi  limito  a  rammentare  il  testo  di  Appiajs'O  lìlyr.  22  relativo 
ai  Pannonii  :  xal  oò  KÒXeic,  wxouv  cf  Ilai'ove;  olòe,  òOX  àypcùs 
7)  xc&jxa?  xaxà  au'f^i'/e'.ci.^.  oòSs  sJ?  pouXsuxrjpia  xotvà  auvf,6oav, 
oìtS'  àp')(0VTS?  ccùxolc,  tjoav  etcI  tcòcocv.  ol  0'  èv  f^Aixicc  {xà)(ifj?,  e?g 
Séxa  [ji'jpiàSac  auvexéXouv.  àXX'  oòS  ouxoc  ouvY,saav  à'8'póot  Se 
àvap)(tav. 

Circa  le  gentes  ad  Arezzo  v.  Liv.  X  5;  a  Capua  Liv.  XXVI  34; 
fra  i  Bruzzì  Liv.  XXVII  15:  fra  gli  Hirpini  Liv.  XXIII  1;  fra  gli 
Apuli  Liv.  XXVI  38. 

'  Drssau  Inscr.  Lai.  u.  iOOfi.  Cfr.  God.  Theod.  VII  lo,  1;  XI 
HO,  62. 


XX  Introduzione 

Con  i  rapporti  deìl' individuo  'dWsigens  od  alla  stirpe, 
con  hi  dipendenza  di  altri  analoghi  organismi,  discesi 
allo  stato  di  clientela  verso  una  gente  preponderante, 
si  spiega  una  serie  infinita  di  fenomeni,  che  a  primo 
aspetto  paiono  inesplicabili. 

Se,  per  lasciare  da  parte  tempi  piìi  vetusti,  noi  scor- 
giamo che  dai  Gracchi  a  Cesare,  a  Pompeio,  ad  Augu- 
sto, nelle  provincie  si  determinarono  fenomeni  di  ade- 
sione ad  uno  anziché  ad  un  altro  dei  duci  e  capopar- 
titi di  Roma,  senza  che  apparisse  vivo  quel  senso 
di  coesione  etnica,  che  assai  più  tardi  favorì  la  for- 
mazione di  nazionalità,  ciò  dipese  dalla  esistenza  di 
gentes  e  di  compagini  minori  preponderanti  nello  Stato 
o  che  con  lo  Stato  si  identificavano.  Ciò  sta  pure  in 
rapporto  con  l'efficacia  delle  clientele,  che  delle  gentes 
erano  naturale  dipendenza  ed  appendice.^ 

I  magistrati  curuli  delle  vecchie  o  delle  nuove  genti 
elle  si  succedevano  nel  governo  delle  provincie,  confer- 
mavano, ovvero,  a  seconda  del  caso,  innestavano  rela- 
zioni, che  sempre  più  si  intensificavano.  Si  creavano  in- 
finite serie  di   rapporti  aventi  vera  e  propria   efficacia 


'  Esempi  caratteristici  v.  iu  Livio  XL  49  rispetto  ai  Celtiberi 
(a.  17U);  in  Cassio  Dione  XLIII  i  per  i  Mauritani  all'età  di  Mario 
e  di  Cesare. 


Introduzione  XXl 

politica,  destinata  a  favorire,  od    anche   ad  intralciare 
in  tempo  di  rivoluzioni,  l'opera  della  res  publica. 

Solo  chi  tenga  conto  di  tali  collegamenti  riesce 
a  comprendere  come,  nonostante  una  serie  infinita  di 
o-uerre  civili  ed  il  rallentamento  del  governo  nella 
Città,  vari  duci  romani,  in  concorrenza  fra  loro,  sian(» 
spesso  riusciti  a  condur  seco  nei  campi  di  battaglia 
numerosi  contingenti  militari,  che  non  agivano  tanto 
per  virtù  di  date  aspirazioni  politiche  o  nazionali 
quanto  per  effetto  di  rapporti  d'indole  gentilizia  e  di 
pubblico  patronato  verso  singoli  capi. 

Manca  per  questo  lato  una  ricerca  del  tutto  esau- 
riente. Sarà  opera   del  futuro  storico  di  Roma  rilevare 
appieno  sino  a  qual   punto   lo    sviluppo   delle   vicende 
della  Repubblica  sia  collegato  con  l' efficacia  delle  sin- 
gole genti  e    stirpi,  che    successivamente  governarono 
le  regioni  con   cui  lo   Stato  romano  venne  man  mano 
in   rapporto.    La   trattazione    per    ogni   lato    compiuta 
dell'argomento  vasto  e  complesso,  richiederà  pure  l'e- 
same dell'estensione  ed  intensità  delle  singole  genti  e 
famiglie,  che    dal   suolo   latino   ed   italico  sì  propaga- 
rono nelle  provincie,  ove  continuarono   ad   agire  come 
organismi  politici   sino  a  che  il  trionfo  del  Principato 
distrusse  quei  legami  di  gentilità  e  di  clientela  che  al 
di  fuori  dell'  interesse  dello  stesso  Principato  non  ave- 
vano ormai  ragione  di  esistere  e  prosperare. 

Pais  Eicerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Koma  II  *  « 


XXII  Introduzione 


III. 


Le  vetuste  genti  patricie,  che  sole  ressero  le  sorti 
dellii  Città  dalla  caduta  della  tDonarcliia  alla  metà 
circa  del  secolo  IV,  erano  validi  organismi  politici, 
giuridici  ed  economici.  Pari  saldezza  non  potevano  ma- 
nifestare in  complesso  le  stirpi  plebee.  Solo  taluna 
fra  le  più  antiche,  come  gli  Atilii,  i  Licinii,  i  Marcii, 
gli  lunii,  i  Fulvii,  i  Sempronii,  i  Caecilii,  si  rivelarono 
organismi  robusti  degni  di  reggere  in  parte  il  confronto. 

I  tempi  erano  ormai  mutati,  le  forze  collettive  della 
plebe,  che  finì  per  impersonarsi  con  la  stessa  attività 
legislativa  e  riformatrice  dello  Stato,  si  sovrapposero  a 
quelle  delle  circa  cinquanta  genti  patricie.  E  in  seguito, 
la  stessa  vigoria  della  più  antica  nobiltà  plebea  alleata 
con  il  patriciato,  cedette  dì  fronte  alla  comparsa  di 
nuovi  elementi,  che  traevano  sempre  più  le  loro  ori- 
gini da  regioni  extra  urbane. 

Lo  studio  dei  Fasti  determina  il  significato  ed  il 
valore  dei  dati  generici  forniti  dalla  tradizione  lette- 
raria intorno  alle  fasi  principali  delle  lotte  della  plebe 
contro  i  patres  e  poi  degli  homines  novi  municipali 
contro  la  stessa  plebe  urbana. 

Esso  ci  mostra  il  primo  affermarsi  della  plebe  verso 


Introduzione  XXIII 

il  400  e  ci  insegna  come  gli  clementi  italici  abbiano 
finito  per  distruggere  Io  stesso  patriciato  verso  il  tempo 
del  hellum  Marsicum. 

I  termini  cronologici  che  ci  è  parso  poter  sicura- 
mente ricavare  dai  Fasti  e  che  abbiamo  preso  a  base 
delle  divisioni  adottate  nello  studio  presente,  vengono 
confermati  da  quanto  Plinio  racconta  intorno  ai  due 
sacri  alberi  di  mirto  piantati  davanti  al  tempio  di  Qui- 
rino, dei  quali  uuo  simboleggiava  la  vita  del  patriciato, 
l'altro  quello  della  plebe. 

II  mirto  patrìcio,  dice  Plinio,  prevalse  lungo  tempo, 
mentre  il  plebeo  fu  squallido  e  secco  ;  ma  esso  co- 
minciò alla  sua  volta  ad  ingiallire  e  l' autorità  del 
senato  venne  meno,  dopo  la  guerra  Marsica/ 

Le  leggi  lulia  e  Plautia-Papiria  (90-89  a.  C),  le 
quali  posero  fine  nella  sostanza  alla  guerra  Sociale  e 
che  accordarono  a  tutti  i  Latini  ed  Italici  la  cittadi- 
nanza romana,  segnarono  pertanto  la  vera  fine  del  pa- 


'  PiviN.  n.  h.  XV  120  sq.  :  inter  antiquissima  namque  delubra 
habetur  Quirini,  hoc  est  ipsins  Bomuli.  in  eo  sacrae  fuere  myrti  duae 
ante  aedem  ipsam  per  longus  tempvs,  altera  patricia  appellata,  altera 
plebeia. 

Patricia  inuUis  annis  praevaluit  exuherans  ac  laeta,  quamdiu 
senatus  quoque  Jloruit,  illa  ingens,  plebeia  retorrida  ac  squallida,  quae 
postquam  evaluit  flavescente  patricia,  a  Marsico  bello  languida  aucto- 
ritas  patrum  facta  est,  ac  paulatim  in  sterilitatem  emarcuit  maiestas. 


XXIV  Introduzione 

triciato,  che  già  dn  molto  tempo  per  ragioni  di  nozze 
e  di  altri  interessi  si  era  più  o  meno  amalgamato  con 
i  plebei,  i  quali  già  dal  172  (in  cui  erano  riusciti  a 
coprire  ambedue  i  seggi  consolari)  erano  ormai  l'ele- 
mento preponderante  nello  Stato. 

I  Fasti  ci  dimostrano  per  giunta  che  a  partire  dalle 
leggi  lulia  e  Plautia-Papiria  si  andò  accentuando  in 
misura  allarmante  la  conquista  delle  più  alte  magistra- 
ture curuli  da  parte  dell'  elemento  municipale.  Ed  in 
codesto  tempo  si  trasforma  sempre  più  l'uso  della  pa- 
rola nobìles  e  nobilitas  per  indicare  il  complesso  delle 
casate  patricie  e  plebee  ormai  in  possesso  delle  supreme 
magistrature,  strettamente  collegate  fra  loro  per  opporsi 
appunto  alla  penetrazione  degli  homìnes  novi  delle  va- 
rie regioni  d'Italia,  i  quali,  grazie  alla  pecunia  avara- 
mente raccolta  dagli  avi,  riuscivano  a  prevalere  sulle 
famiglie  del  Lazio  dal  lato  pecuniario  ormai  decadute.^ 

*  Tao.  anv.  XI  23:  an  parum  quod  Veneti  et  Insubres  curiavi 
inruperint,  nisi  coetus  alieni  gena  rum,  velut  capta  sit  civitas  inferatur'/ 
quem  ultra  honorem  residuis  nobilium,  aiit  si  qitis  pauper  e  Latio 
senator  foret? 

II  concetto  di  nobilitas  ia  Cicerone  implica,  come  tutti  sanno, 
le  persone  e  casate  olie  conseguirono  le  alte  magistrature  curuli. 
Perciò  (v.  ad  es.  prò  Murena  8,  17)  egli  chiama  vobiles  e  nobilissimi 
tanto  i  patricii  (come  i  Claudii  e  i  Cornelii  2>^o  Piando  51  ;  in 
Vatin.  32)   quanto  plebei  (come  Atilii  Marcii  prò  Piando  12,  52). 

La  promiBcuità  dell'  uso  di  ^)a<>JcJHS  e  di  nobilis  risulta  ancLe 


Introduzione  XXV 


IV. 


Lo  stiirlio  completo  di  tali  fenomeni  richiederebbe 
l'esame  della  formazione  di  ogni  singolo  gruppo  fami- 
liare staccatosi  da  gentes  e  stirpi,  anzi  della  prove- 
nienza ed  attività  di  ciascun  individuo  che  riuscì  man 
mano  a  sovrapporsi  agli  strati  precedenti. 

(lai  passi  ia  cui  Sallnstio  parla  del  patricio  Sergio  Catilina,  dicen- 
dolo: 5,  1:  nobili  genere  natns,  e  del  catilinario  Cornelius  Lentnlus 
designandolo  :  patricius  ex  gente  cìarusiima  Corneliorum. 

La  situazione  di  un  homo  novus  municipale  di  fronte  alla  nohi- 
litas,  composta  tanto  di  patricii  che  di  plebei,  è  indicata  assai  chia- 
ramente dal  passo  di  Cicerone  j^i'o  Murena  8,  17  ove  discorrendo 
di  sé  stesso  dopo  aver  detto  :  qiKimqumn  ego  iam  putabam,  iudices, 
multis  l'iris  fortihus  ne  ignobilitas  generis  obiceretur,  meo  labore  esse 
perfectuni,  qui  non  modo  Oitriis,  Catonibus,  Pompeiis,  antiquis  illis^ 
fortissimis  viris,  novis  hominibus,  sed  his  recentibus,  Mariis  et  Didiis 
et  Caeliis,  commemorandis  iacebant,  cum  vero  ego  tanto  intervallo 
claustra  ista  nobilifatis  refregissem,  ì(t  adiius  ad  consulatum  posthae, 
sicut  apud  maiores  nostros  fuit,  non  magis  nobilitati  quam  virtuti 
paterct)  non  arbitrabar,  cum  ex  familia  vetere  et  inlustri  consul  desi- 
gnatus  ab  equitis  Romani  filio  eonsule  defenderetur,  de  generis  novitate 
acciisatores  esse  dicturos. 

Gli  esempi  qui  sopra  citati  a  favore  di  Licinio  Murena,  di  origine 
Lanuvino,  sono  tolti  da  municipali.  A  parte  infatti  Curio  che  era 
probabilmente  Sabino  (v.  s.  p.  142),  Tusculano  era  Catone,  probabil- 
mente Piceno  Q.  Pompeio,  uomo  oscurissimo  fondatore  della  stirpe 
(Cic.  Verr.  Y  181),  Mario  era  di  Arpino,  Didio  di  origine  non  urbana 
(v.  s.  p.  167).  Parrebbe  pertanto  naturale  pensare  che  fosse  munici- 
pale anche  Coelius  Caldus  qui  pur  ricordato  da  Cicerone  tv.  s.  p.  167). 


XXVI  Introduzione 

Ma  ciò,  se  ben  si  considera,  equivarrebbe  all'esporre 
la  stessa  storia  di  Roma  ed  eccederebbe  di  gran  lunga 
il  fine  che  qui  ci  siamo  proposti.  Per  giunta,  le  notizie 
particolari  relative  al  soggetto  sono  oltremodo  scarse 
essendo  fra  l'altro  perita  la  maggior  parte  del  materiale 
storico  relativo  ai  periodi  che  dal  291  vanno  al  218  e 
dal  167  giungono  all'età  sillana,  in  cui  taluni  dei  feno- 
meni sopra  notati  ebbero  preparazione  e  svolgimento 
notevole. 

Sebbene  per  molti  casi  non  ci  sia  dato  stabilire  come 
da  un  unico  cespite  si  siano  andate  staccando  varie 
familie,  ne  si  conoscano  le  singole  circostanze  che  fa- 
vorirono la  formazione  di  quelle  stirpi  plebee  che  con  le 
f/entes  patricie  mantennero  legami  religiosi  e  civili,  ab- 
biamo modo  nel  complesso  di  constatare  la  comunanza 
originaria,  delle  famiglie  appartenenti  a  genti  patricie.^ 

Non  siamo  invece  in  o-rado  di  aifermare  lo  stesso 


'  Non  sappiamo  infatti,  caso  per  caso,  quando  una  stirpe  plebea 
faccia  capo  ad  un  liberto,  i  cui  discendenti  si  sciolsero  poi  dai  lega- 
mi di  clientela  in  seguito  alle  conseguite  cariche  curuli,  e  quando 
invece  ciò  sia  avvenuto  per  effetto  di  xxna  transiiio  ad  plebem. 

Il  primo  caso  si  verificò  rispetto  ai  Claudii  Marcelli  di  fronte 
ai  Claudii  patricii  (Cic.  de  orai.  I  39,  176)  ;  il  secondo,  grazie  alle 
scritture  di  Cicerone,  lo  conosciamo  assai  bene  rispetto  a  Clodio.  Lo 
conosciamo  pure  per  Dolabella  genero  di  Cicerone;  lo  supponiamo  per 
Sulpicio  Rufo,  per  Cetbegus  il  noto  nemico  poi  protettore  di  Lucullo 


Introduzione  XXVII 

per  varie  delle  stirpi  plebee,  che,  talora,  di  già  dagli  au- 
tichi,  vennero  per  analogia  designate  anche  esse  col 
nome  di  geritesi 

Non  è  escluso  che  qualche  volta,  ad  es.  a  proposito 
di  Apuleii,  di  Atilii,  di  Licinii,  di  Aelii,"  un  sol  nome 
comprenda  rami  di  differente  provenienza;  mentre  d'al- 
tro canto,  ad  es.  rispetto  ai  Licinii,  abbiamo  la  prova 
che,  nonostante  diversità  di  cognomi  e  di  provenienza, 
alcuni  rami  riconoscevano  comunanza  di  stirpe.^ 

Per  questo  lato,  non  ho  creduto  di  fare  eccessive 
discriminazioni.  Si  tratta  di  casi  non  troppo  numerosi; 
eppoi  mio  proposito  qui  è  notare   il  movimento  sociale 


(v.   in    queste   Eicerche   p.  340).  Non   sappiamo  però  quante  altre 
volte  e  per  quali  circostanze  ciò  si  sia  avverato. 

Esempio  delle  oscurità  di  questo  genere  porge  la  doppia  serie 
dei  Servilii  Gemini  patricii  e  plebei;  e  difficoltà  analoghe  presen- 
tano pure  rapporti  fra  le  stesse  genti  patricie.  Così  non  vediamo 
bene  come  sia  avvenuta  la  differenziazione  fra  i  Sergii  Fidenates 
ed  i  Servilii  pure  Fidenates,  i  Quinctii  ed  i  Quinctilii. 

*  Esempio  di  rigida  distinzione  fra  gens  patricia  e  stips  plebea 
V.  ad  es.  in  Cic.  de  orai.  1  39,  176.  Ma  gens  per  indicare  plebei  v. 
ad  es.  in  Cic.  Verr.  1  45,  115. 

'  Così  mentre  per  gli  Aelii  Tuberones  si  potrebbe  sospettare 
origine  etrusca  Val.  Max.  IV  4,  8  cfr.  s.  p.  135  n.  Ij  Plut.  Paul. 
Aem.  5,  per  gli  Aelii  Lamiae  parrebbe  naturale  pensare  alla  pro- 
venienza da  Formiae,  Horat.  carni.  Ili  17.  Nulla  dimostra  però 
con  certezza  che  i  due  rami  non  discendessero  da  un  unico  stipite. 

*  V.  qui  oltre  p.  377  n.  2. 


XXVIII  Introduzione 

delle  classi  più  umili,  che  fecero  man  mano  pressione 
sugli  elementi  anteriori,  non  già  procedere  ad  una  spe- 
cificazione individuale  di  persone  clie  avrei  più  minuta- 
mente esaminate,  ove,  anziché  uno  studio  generale  sui 
Fasti,  avessi  avuto  in  animo  di  pubblicare  i  Fasti  veri  e 
propri.  Solo  con  la  pubblicazione  e  discussione  di  tutto  il 
materiale  dei  Fasti  è  infatti  possibile  individualizzare 
ogni  singolo  magistrato,  studiarne  le  origini,  le  discen- 
denze, i  prenomi  ed  i  cognomi  ;  qui  mi  sono  invece  atte- 
nuto al  principio  di  esaminare  fenomeni  complessivi/ 


V. 


Per  dir  vero,  io   m'era  proposto   di  aggiungere   al 
presente  volume  un  indice  speciale  in  cui  fosse  esposta 


*  Poiché  qui  io  pubblico  osservazioni  sui  Fasti,  non  già  un'  e- 
dizione  dei  Fasti,  non  riproduco  le  forme  arcaiche  registrate  ad  es. 
nei  Fasti  Capitolini,  come  ad  es.  Aimilius  per  Aemilius,  Allius  Paitus 
per  Aelius  Paetiis,  Mainus  invece  di  Maeniiis  ovvero  Aquilli  e  Po- 
pillii  per  Aquila  e  Popilii. 

Per  questo  lato  non  ho  avuto  norme  fìsse.  Ho  scritto  indiffe- 
rentemente ad  es.  Inlhts  e  lulus. 

Al  lettore  non  sfuggirà  poi  che  qualche  forma  (come  ad  es. 
Flammea  per  Fiamma  (p.  151)  Sillani  parlandosi  di  lunii  Silani  (p. 
230)  e  Maeiienintt  per  Menenius  (p.  113).  Cio.  prò  Sextio  in  luogo  di 
prò  Sestio  (p.  242  ed  altrove)  non  è  diversità  di  grafìa  ma  grossolano 
errore  di  stampa  sfuggitomi.   Per  questi  ed  altri  chiedo  scusa. 


Introduzione  XXIX 

in  ordine  cronologico  la  serie  individuale  di  tutti  i  ma- 
gistrati eponimi  della  Repubblica.  Tanto  più  che,  ove 
non  si  ricorra  allo  svariato  materiale,  nemmeno  esso 
ormai  completo,  pubblicato  nel  primo  volume  del  Corpus 
Inscriptionum  Latinarum,  ovvero  alle  vecchie  raccolte 
del  genere  del  Fischer,  ormai  antiquate,  manca  un  libro 
in  cui  sia  agevole  consultare  tutte  quante  le  indica- 
zioni relative  ai  Fasti.  Senonchè,  dopo  aver  redatto 
tale  indice,  ho  constatato  che  la  pubblicazione  di  esso 
richiedeva  numero  di  pagine  di  poco  inferiore  a  quello 
del  testo  di  questo  volume. 

La  serie  cronologica  dei  dittatori,  dei  maestri  dei 
cavalieri,  dei  tribuni  militari  investiti  della  podestà  con- 
solare, dei  censori  e  dei  trionfatori,  anche  trascurando 
differenze  minori,  non  ha  significato  scientifico  ove  non 
si  discutano  le  molte  e  notevoli  varietà  di  prenomi, 
di  nomi,  di  cognomi  e  di  date,  ove  non  si  accenni,  sia 
pur  succintamente,  alle  molteplici  questioni  che  con  i 
Fasti  sono  connesse. 

In  breve,  a  lavoro  compiuto,  mi  trovai  aver  pre- 
parato buona  parte  di  quella  redazione  dei  Fasti 
che  molti  anni  or  sono  promisi  e  che,  unita  ad  altri 
lavori  cronologici,  che  ho  da  molto  preparati,  sarà 
pubblicata  in  uno  dei  successivi  volumi  di  queste  Ri- 
cerche. In  esso,  alla  serie  cronologica   dei  magistrati. 


XXX  Introduzione 

farò  seguire  quelle  dissertazioni  particolari  per  cui  i 
Fasti,  da  nuda  enumerazione  di  semplici  nomi  privi 
per  se  soli  di  grande  valore,  si  trasformano  in  docu- 
mento di  alta  importanza  storica/ 

Uu  edizione  dei  Fasti  da  questo  punto  di  vista  non 
esiste  ancora. 

Nella  raccolta  del  materiale  egregiamente  pubblicato 
dagli  Editori  del  Corpus  Inscriptionum  Latinarum  non 
v'è  ad  esempio  l'illustrazione  dei  Fasti  dittatorii  e  cen- 
sorii, che  pur  vanno  coordinati  con  quelli  dei  consoli  e 
tribuni  militari  consulari  potestate;  e  per  le  parti  non 
distese  dalla  mano  maestra  del  Mommsen  manca  poi  la 
visione  del  valore  storico  dei  testi.  Sicché,  in  fondo, 
vi  si  porge  la  restituzione  di  documenti  talora  tardivi, 
che  a  torto  taluni  studiosi  di  storia  e  di  filologia 
prendono  da  secoli  come  base  unica  ed  indiscutibile 
per  identificazione  di  fatti  storici  o  per  restituzione 
di  testi  letterari. 

Nessun  dubbio  che  in  molti  casi  i  Fasti  Capitolini 
contengano  dati  degnissimi  di  fede  ;  ma  non  è  meii  vero 
che  riferiscono  talora  notizie  sospette  od  anche  erronee. 

A  semplice  titolo  di  esempio  sia  lecito  citare  il  caso 

'  A  raccolte  di  Fasti,  come  semplici  indicazioni  di  nomi,  accenna 
anche  ad  es.  Ciceroxe  ad  fam.  V  12,  5:  etenim  ardo  ipse  annalium 
mcdiocriter  nos  retinet  quasi  enumeratione  Fastorum. 


Introduzione  XXXI 

di  vari  consolati  e  tribunati  dei  Lucii  Fiirii  Medullini 
(dal  413  al  391). 

Taluni  fra  gli  editori  del  Corpus,  che  pur  proce- 
dono con  criteri  conservativi  e  tutt' altro  che  audaci, 
di  fronte  a  divergenze  fra  Livio  ed  i  Fasti  Capitolini, 
credono  trovar  rimedio  proponendo  correzioni  di  pre- 
nomi. Altri,  che  da  codeste  divergenze  traggono,  non 
so  come  argomento  a  far  dichiarazione  di  fede  nei 
Fasti,  non  trovano  altra  via  di  salvezza  se  non  con  l'am- 
mettere falsificazioni  ed  aggiunte  di  tribunati  militari.* 

Un  altro  esempio  della  cautela  con  cui  tali  docu- 
menti vanno  considerati  è  fornito  dal  prenome  dei  Fabii 
consoli  nel  421,  407,  406. 

.In  Livio  IV  43;  57;  58  si  legge  Cn.;  nei  Fasti 
Capitolini  è  invece  inciso  Niiimerius)]  ma  da  un  passo 
di  Festo,  come  già  feci  notare  molti  anni  or  sono,  si  ri- 
cava che  solo  più  tardi  i  Fabii  assunsero  tale  prenome.^ 

1  V.  GIL.  V  p.  31,  334  u.  e.  Cfr.  Fr.  Muexzer  in  PW.  BE. 
VII  col.  354  sgg.  n.  65.  Cito  il  Muenzer  perchè,  anche  quando  da 
lui  dissento,  ne  riconosco  la  dottrina  e  l'accuratezza. 

*  Il  prenome  N'(u'meriu8)  come  apprendiamo  da  Festo  p.  172  M. 
s.  V.,  cominciò  ad  essere  usato  dai  Fabii  dopo  che  uno  di  essi  sposò 
la  figlia  di  un  Otacilio  di  Maleventum  (più  tardi  Benerentum)  e 
questo  Fabio,  dice  Festo,  fu  quello  che  sopravvisse  alla  strage  dei 
suoi  alla  battaglia  del  Cremerà  (a.  477). 

Pur  riconoscendosi  il  valore  della  mia  obiezzione,  si  è  cercato  di 
salvare  1'  antico  redattore  dei  Fasti  Capitolini  supponendo  che  esso 


XXXIT  Introduzione 

Or  bone,  dal  Sig-oiiio  in  qua,  anche  dai  più  recenti  edi- 
tori di   Livio  si  sostituisce  N.  a  Cn.  e  si  viene  con  ciò 


si  sia  valso  della  sigla    A'  per  iudicare  tauto  il  prenome  N{umerius) 
quanto  (luello  di   C(naeus).  E    si    è    citato    il  testo    dell' Auctor  de 
praenominibus   ove   si    legge   p.    486  Halm  :    unum  jyrnenomen   carie 
scri2)(nra  notatur.  alii  eiiim  Naenm,  alii  Giiaeum,  alii  Cnaeiim  scribunt. 
L'osservazione  è  ingegnosa;  ma  non  ha  alcun  valore. 
Il  redattore  dei  Fasti  Capitolini,  come  tutti    sanno,   nsa  talora 
forme  arcaiche;  scrive  ad  es.  Allins  Paitus  ed  Aimilins   per  Aeliius 
Paetns  ed  Aemilins.  Ora  la  forma  iVper  Cn  o  Gn,  come  è  ben  noto, 
(e  lo  stesso  Auctor  de  praen.  poco  dopo  1'  osserva)  era  di  origine 
più  recente.  Essendovi  poi  il    caso  che  con  la  sigla  N  rispetto  ai 
Fabii  si  volesse  significare  tanto  il  prenome   lor  proprio  I[{umeriìis) 
quanto  quello   Cn(aetts)   comune  ad  altre  genti,  non  è  a  priori  am- 
missibile che  il  redattore  dei  Fasti  Capitolini  avrebbe  usata  la  forma 
più  arcaica  Cn  ove  avesse  veramente  voluto  indicare  un  Cn(aeusi? 
Se  d'altra  parte  egli  avesse   avuto    il    costume  di   adottare   la 
«igla  N  per  Cnaens,  non  dovremmo  attendercela  in  qualcuno  negli 
altri  casi  in  cui,  rispetto  a  varie  genti,  ricorda  gli  Gnaei?  Come  mai 
in  tutti  codesti  casi  usa  costantemente  la  sigla  Cn.  e  mai  N,  ad  es. 
per  i  Cornelii,  i  Domitii,  i  Genucii,  i  Manlii,  gli  Octavii? 

Che  vi  è  poi  di  strano  che  il  redattore  dei  Fasti  Capitolini 
abbia  accettata  la  tradizione  che  assegnava  il  prenome  N{timeriu8) 
ai  consoli  del  421,  407,  406,  tiuando  da  Festo  1.  e  ricaviamo  che, 
si  ammetteva  tale  cognome  fosse  realmente  in  uso  sino  dal  477? 

Le  relazioni  amichevoli  con  i  Sanniti  hanno  principio  solo  con  la 
metà  del  sec.  IV  (Liv.  VII  19  ad  a.  354;  cfr.  IV  52  ad  a.  412  s  ma 
nulla  di  strano,  che  i  Fasti  Capitolini  anticipino  per  i  Fabii  dal  prin- 
<;ipio  del  V  sec.  l'uso  del  prenome  A^Hinen'jfs  dal  momento  ehe  a  Fabins 
Jktdlianus  (ad  es.  ad  a.  310,  308,  301)  danno  il  cognome  di  Maximus. 
Ora  ci  è  espressamente  attestato  (Polyb.  Ili  86,  6)  che  il  primo 
dei  Fabii  a  conseguire  tal  cognome  fu  Fabius  Cunctator,  il  celebre 
avversario  di  Annibale. 


Introduzione  XXXIIl 

a  tramandare  fatto  non  vero,  contrario  alla  cronologia.* 
Quando  per  Livio  e  per  gli  altri  storici  avremo  edi- 
zioni curate  non  da  soli  filologi  ma  anche  da  cultori 
di  storia? 


VI. 


Ricerclie  originali  di  storia  romana  non  sono,  per 
il  momento,  tra  noi  fiorenti. 

La  dipendenza  politica  verso  lo  straniero  ha  con- 
tribuito per  il  passato  a  render  più  diffuse  e  popolari 
le  indagini  per  quell'età  che  si  inizia  con  l'invasione 
dei  barbari.  E  r«  Istituto  Storico  Italiano  »,  che  attende 
con  tanta  cura  a  pubblicare  i  documenti  dei  periodi  delle 
dominazioni  straniere,  non  ha  ancor  posto  mano  a  qnelli 
dell'età  gloriosa  in  cui  Roma  e  l'Italia  non  furono 
rette,  ma  ressero  invece  i  destini  del  mondo. 

Eppure  non  v'è  motivo  di  sconfortarsi!  Anche  dal 
lato  scientifico,  si  va  sempre  più  affermando  in  Italia 
quel  risveglio,  che  si  è  di  già  manifestato  nel  campo 
economico  e  politico.  Ed  è  a  sperare  che  il  sentimento 
della   dignità   nazionale,  che  in  questi   ultimi  anni,  si 


*  V.  ad  as.  l'edizione  teubneriana  curata  da  Maurit.  Muellek 
(1906)  ad  l.  cfr.  p.  XXXIX. 


XXXIV  Introduzione 

è  andato  sempre  più  irrobustendo,  favorisca  lo  studio 
delle  memorie  romane,  con  cui  si  riannoda  quanto  vi 
è  di  più  nobile  e  grande  nella  tradizione  della  nostra 
vetusta  civiltà  più  volte  millenaria. 

Il  volume  presente  non  è  che  un  assai  modesto 
contributo  per  il  risveglio  della  scienza  nazionale. 
Primo  a  riconoscerne  le  imperfezioni,  grato  a  chi  vor- 
rà indicarne  le  lacune  e  le  inesattezze,  oso  tuttavia 
esprimere  la  speranza  che  non  riesca  del  tutto  inutile 
a  coloro  che  coltivano  fra  noi  studi  di  storia  romana. 
Esso,  al  pari  dei  volumi  precedenti,  è  stato  anzi  disteso 
con  la  speranza  di  eccitare  qualche  più  giovane  con- 
cittadino a  ripigliare  la  tradizione  di  ricerche  che  resero 
già  celebre  in  tutta  Europa  il  nome  dell'  italiano  Barto- 
lomeo Borghesi  e  che,  per  desidia  nostra,  oggi  fioriscono 
invece  presso  altre  nazioni. 

Roma,  Settembre  1916. 

Ettore  Pais. 


Testi  fondamentali  sul  valore  delle  memorie  domestiche 
RISPETTO  AI  Fasti. 


«...  nonnullae  mortuornm  laudationes  forte  delectant. 
et,  Hercules,  liae  quidem  extant  :  ipsae  enim  familiae  sua 
quasi  ornamenta  ac  monumenta  servabant  et  ad  usum,  si 
quis  eiusdem  generis  occidisset,  et  ad  memoriam  laudum 
domesticarum  et  ad  inlustrandam  nobilitatem  suam.  quam- 
quam bis  laudationibus  bistoria  rerum  nostrarum  est 
facta  mendosior.  multa  enim  scripta  sunt  in  eis, 
quae  facta  non  sunt,  falsi  triumpbi,  plures  consu- 
latus,  genera  etiam  falsa  et  ad  plebem  transitiones 
cum  bomines  bumiliores  in  alienum  eiusdem  nomi- 
nis  infunderentur  genus  ». 

Cic.  Bvutus  16,  61  sqq. 


«  . . . .  nec  facile  est  aut  rem  rei  aut  auctorem  auctori 
praeferre.  Vitiatam  memoriam  funebribus  laudibus 
reor  falsisque  imaginum  titulis,  dum  familiae  ad  se 
quaeque  famam  rerum  gestarum  bonorumque  fal- 
lenti mendacio  trabunt.  inde  certe  singulorum  ge- 
sta et  publica  monumenta  rerum  confusa;  nec  qui- 
squam  aequalis  temporibus  illis  scriptor  extat,  quo  satis 
certo  auctore  stetur  ». 

Liv.  Vili  40,  4  ad  a.  322  a.  C. 


XXXVl  Testi  fondamentali  ecc. 

«  creati  consules  L.  Postumius  Ti.  Minucius.  hos  consu- 
les  Piso  Q.  Fabio  et  P.  Decio  sugge  ri  t,  biennio  exempto, 
quo  Claudium  Volnmniumque  et  Cornelium  cum  Marcio 
consules  factos  tradidimus.  memoriane  fugerit  in  anna- 
libus  digereudÌ8,  an  consulto  binos  consules,  falsos 
ratus,  transcenderit,  incertum  est. 

Liv.  IX  44.  3  ad  a.  305. 


«...  expressi  cera  vultus  singulis  disponebantur  arma- 
riis,  ut  essent  imagines  quae  comitarentur  gentilicia  funera. 
semperque  defuncto  aliquo  totus  aderat  familiae  eius  qui 
umquam  fuerat  populus.  stemmata  vero  lineis  discurrebant 
ad  imagines  pietas,  tabulina  codicibus  implebantur  et  mo- 
nimentis  rerum  in  magistratu  gestarum.  aliae  foris  et  circa 
limina  animorum  ingentiam  imagines  erant  adfixis  hostium 
spoliis  quae  nec  emptori  refigere  liceret;  triumphabantque 
etiam  dominis  mutatis  ipsae  domus.  erat  haec  stimulatio 
ingens  exprobantibus  tectis  cotidie  inbellem  dominum  in- 
trare  in  alienum  triumphum. 

«  extat  Messalae  oratoris  indigna tio  quae  prohibuit  inseri 
genti  suae  Laevinorum  alienam  imaginem.  similis  causa  Mes- 
salae seni  expressit  volumina  illa  quae  de  familiis  condidit, 
cum  ScipionisPomponiani  transisset  atrium  vidissetque  adop- 
tione  testamentaria  Sai vittonis  —  hoc  enim  fuerat  cognomen 
Africanorum  dedecori  —  inrepentes  Scipionum  nomini. 

«  sed  pace  Messalarum-  dixisse  liceat,  etiam  mentiri  cla- 
rorum  imagines  crat  aliquis  virtutum  amor,  multoque  hone- 
stius  quam  mereri  ne  quis  suas  expeteret  » . 

Plin.  n.  h.  XXXV  2,  6  sq. 


I. 


INTORNO  ALLA   FORMAZIONE 
ED  AL  VALORE  STORICO 

DEI 

FASTI  DELLA  REPUBBLICA  ROMANA 


Pais  Hicerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 
della  Repubblica  Romana. 


I. 


Valore  dei  Fasti  come  fonte  storica  —  I  Fasti  cUttatort  —  Gli  Acta 
Triumphalia  —  I  Fasti  consolari  —  Confronti  fra  le  liste  di 
Livio  e  quelle  di  Diodoro  —  I  Fasti  dei  questori,  dei  tribuni  della 
plebe,  dei  sacerdoti. 

I  Fasti,  ossia  l'elenco  dei  magistrati  annuali  ed  eponimi 
della  repubblica  romana  aventi  il  summum  im'perhnn,  con- 
tenente anche  l'elenco  dei  censori,  sono  generalmente  con- 
siderati come  il  nucleo  sicuro  intorno  al  quale  vennero  e 
vanno  aggruppati  i  fatti  storici  più  salienti  e  sinceri. 

Possedere  codesta  lista,  codesto  primo  nucleo,  equivar- 
rebbe, secondo  l'opinione  comunemente  accettata,  ritrovare 
e  garantire  le  scarse  ma  autentiche  notizie  relative  alla  più 
antica  storia  del  popolo  romano.^ 


'  La  migliore  edizione  è  quella  dell' Hexzex  e  dell' Huelsex  in  CIL. 
I*  p.  1  sgg. 

Nuovi  frammenti  sono  stati  pubblicati  dall'  Hublsen  nei  Beitrcige  zur 
alien  GeschìcMe  II  (1902)  p.  248  e  nelle  Roevi.  MitteUungen  dell'Istituto  Ger- 
manico (1904)  p.  117  sgg.;  cfr.  Mommsen  neW Hermes  XXXVIII  (1903) 
P.  116  sgg. 


4  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

L'esame  del  complesso  dei  dati  degli  antichi,  la  compa- 
razione circa  l'origine  dei  fasti  di  altri  popoli,  mostrano  come 
codesta  opinione,  sebbene  generalmente  accettata,  riposi  talo- 
ra su  deboli  basi.  L'analisi  delle  liste  dei  dittatori  e  degli 
altri  magistrati  curuli  eppoi  dei  tribuni  della  plebe  e  cosi 
di  seguito,  non  conduce  sempre  a  favorevoli  risultati  ri- 
spetto alla  loro  attendibilità. 

Non  prendiamo  qui  in  esame  tutte  le  notizie  relative 
alle  circa  novanta  dittature  della  repubblica,  ma  rileviamo 
solo  quelle  che  per  dichiarazione  esplicita  degli  antichi  erano 
dubbie  o  false.* 

Orbene  nelle  narrazioni  superstiti  figurano  come  dittatori 
personaggi  che  gli  annalisti  più  vetusti  non  ricordavano  o 
rammentavano  per  anni  diversi  e  non  come  magistrati  dello 
Stato.  La  data  infatti  del  primo  dittatore,  era  incerta  (v.  Liv. 
n  18).  I  più  antichi  annalisti  dicevano  fosse  stato  T.  Larcio, 
altri  M'.  Valerio  (501  a.  C).  T.  Larcio  ricompare  quale  con- 
sole nel  498.  Nel  506  a.  C.  e  nel  490  figura  come  console 
uno  Sp.  Larcio. 

Cosi  ad  es.  il  dittatore  nel  439  a.  C.  sarebbe  stato  L.  Quin- 
ctius  Cincinnatus,  maestro  dei  cavalieri  Q.  Servilius  Ahala. 
(Liv.  IV  13).  Però  Ciucio  Alimento  (il  più  antico  annalista 
romano  accanto  a  Fabio  Pittore)  e  Calpurnio  Pisene  dice- 
vano che  erano  stati  semplici  cittadini  non  magistrati  (Dion. 
Hai.  XII  4).  Per  il  418  a.  C.  alcuni  affermavano  che  il  ma- 
ghter  equitum  del  dittatore  Q.  Servilius  Priscus  fosse  stato 
il  figlio  di  costui,  ma  altri  annalisti  noti  a  Liv.  IV  46,  di- 
cevano fosse  stato  Servilio  Ahala. 

Nel  racconto  della  sollevazione  del  342  a.  C.  si  fa  men- 

'   Cfr.  V.  Bandkl  Die  roem.  DikUdureii  (Breslau   1910). 


Valore  dei  Fasti  dei  dittatori  5 

zioiie  di  un  dittatore  M.  Valerio  Corvino.  Altri  annali  noti 
a  Livio  Vn  39,  42,  non  facevano  però  ricordo  di  questo 
dittatore  (cfr.  App.  Samn.  2). 

Per  il  320  i  Fasti  della  Regia  hanno  come  dittatore  ma- 
gister  equitnm  C.  Maenius  e  M.  Foslius,  che  ricompaiono  in 
tale  qualità  per  il  314.  Orbene  Livio  non  li  nomina  per  il 
320  ma  solo  per  il  314.' 

Per  il  321  Livio  IX  7,  ha  per  dittatore  e  maestro  dei 
cavalieri  A.  Fabius  Ambustus  e  P.  Allius  Paetus,  che  i 
Fasti  della  Regia  non  conoscono.  Per  il  302  si  sapeva  ch'era 
stato  creato  dittatore  un  Maximus  ;  si  discuteva  però  se  fosse 
un  Yalerius  od  un  Fabius,  Liv.  X  3.  I  Fasti  della  Regia 
risolvevano  tale  difficoltà  nominandoli  tutti  e  due. 

Così  Varrone,  d.  l.  L.  VII  105  attribuisce  al  dittatore  C. 
Petelio  l' aver  abolite  le  fiere  disposizioni  del  nexum  per  i 
debiti.  Questo  dittatore  è  pur  ricordato  da  Livio  IX  28  ad 
a.  313;  ma  la  legge  sul  nexum,  secondo  lui,  Vili  28,  sarebbe 
stata  già  abolita  nel  consolato  di  Petelio  nel  326.  Per  giunta 
Diodoro  XIX  101,  parlando  delle  gesta  militari  che  Livio 
attribuisce  al  dittatore  Petelio,  dice  che  furono  compiute 
dal  dittatore  Q.  Fabio.  E  Livio  stesso  IX  28,  5  conosce 
un'  altra  tradizione  affatto  diversa.  Codeste  gesta  non  erano 
opera  del  dittatore  bensì  di  C.  lunio  console  nello  stesso 
anno  313. 

Un  ulteriore  esame  delle  guerre  sannitiche  conduce  a 
mostrare  sempre  più  il  debole  valore  delle  notizie  delle  dit- 
tature di  codesta  età.  Era  ad  es.  incerto  se  le  gesta  del  320 
fossero  state  compiute   dal   console  L.  Rapirlo  Cursore  ov- 


'  Cfr.  però  Liv.  IX  34,  4  ad  a.  310  ove  dal  tribuno  della  plebe  P.  Sem- 
pronio fa  dire:  nuper  intra  decem  annos  C.  Maenius  dictator  cet.  Sul  debole 
valore  di  questi  racconti  v.  la  mia  Storia  di  Roma  (Torino  1899)  I  2  p.  512  sgg. 


6  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

vero  dal  dittatore  L.  Cornelio  clie  a  magister  equitum  avrebbe 
avuto  lo  stesso  L.  Papirio  Cursore  (Liv.  IX  15,  9)  ;  ma  un 
ulteriore  esame  di  tutti  i  racconti  di  codesta  guerra  di  ri- 
vincita mostra  che  non  riposano  su  basi  del  tutto  storiche.^ 

Il  debole  valore  delle  liste  dei  dittatori,  anche  per  età 
assai  posteriori,  risulta  ad  esempio  da  ciò  che  Livio  XXX 
26,  12,  dice  all' a.  203  a.  C:  comitìa  eius  anni  utrum  C.  Ser- 
vilitis  consul  habuerit,  an,  quia  eiim  in  Etruria  tenuerint  quae- 
stiones  ex  senatus  consulto  de  coniurationibus  principum  ha- 
bentem  dìctator  ab  eo  dictus  P.  Sulpicius  incertum  ut  sit  diversi 
auctores  faciunt. 

Il  dubbio  valore  di  codesta  lista  è  infine  dimostrato  dalla 
seconda  dittatura  di  Q.  Fabio  Massimo  ricordata  da  Po- 
libio ni  87;  da  Livio  XXII  8  ad  a.  217  a.  C;  dall'elogio  di 
questo  personaggio,  CIL.  I-  p.  193  n.  13,  e,  quel  che  più 
conta,  dai  Fasti  della  Regia  ad  a.  Tuttavia  Livio  XXII  31, 
poco  dopo  si  accorge  di  aver  detto  un  errore  e  dichiara  di 
aver  seguito  Coelius  ed  altri  annalisti,  che  avevano  detto  che 
Fabio  Massimo  era  stato  il  primo  dittatore  creato  a  populo 
mentre  il  diritto  di  far  ciò  spettava  al  console  Servii  io. 
Livio  ricorre  ad  un  espediente  e  dice  che  fu  creato  prò  dieta- 
tare;  i  Fasti  della  Regia  affermano  che  fu  dittatore  non  rei 
gerundae  caussa,  come  ci  attenderemmo  trattandosi  di  un 
magistrato  eletto  per  guerreggiare  Annibale,  bensì  interregni 
caussa.  Il  che,  come  è  stato  più  volte  osservato,  è  assurdo 
poiché  il  console  Bervilio  era  ancora  vivo  ed  in  carica. 

Maggior  autorità  non  hanno  i  dati  relativi  ai  trionfi  dei 
general  i  romani  incisi  su  quelle  stesse  pareti  della  Regia  su 
cui  Augusto  volle  espresso  il  nome  dei  consoli  e  dei  ditta- 

'  Einiaudo  alla  mia  Storia  di  Roma  I  2  p.  508. 


Gli  Acta  Triumphalia  7 

tori  dacché  essi  provano  che,  nella  redazione  a  noi  perve- 
nuta, si  è  tenuto  conto  dei  dati  dell'annalistica  più  recente 
anziché  della  della  più  vetusta.^ 

Ciò  risulta  con  certezza  dalla  dichiarazione  di  Livio  HE 
23,  7,  ove  si  dice  che  i  vetustiores  scriptores  non  sapevano 
niente  delle  gesta  del  console  L.  Cornelio  nel  459  a.  C.  che 
secondo  gli  Acta  Triumphalia  trionfò  invece  in  quell'  anno 
sni  Volsci.  Così  ricordano  il  trionfo  di  M.  Furio  Camillo 
sui  Galli  nel  390  e  nel  367,  che  sono  falsi  stando  alle  indi- 
cazioni note  a  Polibio  II  18,  ed  a  Diodoro  XIV  106.  Per  il  324 
a.  C.  ricordano  un  trionfo  del  dittatore  L.  Papirio;  ma 
stando  a  Livio  Vm  30,  non  erano  esistite  le  vittorie  attri- 
buite a  questo  dittatore. 

Per  il  322  a.  C.  gli  Acta  e  Livio  Vili  39  16  conoscono 
i  trionfi  dei  consoli  L.  Fulvio  e  Q.  Fabio  sui  Sanniti 
(cfr.  Plin.  n.  li.  VII  136)  ;  ma  secondo  altri  annali  noti  a 
Livio  15,  invece  dei  consoli  trionfò  il  dittatore  A.  Corne- 
lius  Cossus. 

Cosi  due  versioni  opposte  si  riferivano  circa  i  magistrati 
che  trionfarono  nel  319,  v.  Liv.  IX  16.  9;  16,  11  cfr.  con  Acta 
Triumph.  ad  a.  Livio  non  conosce  il  trionfo  di  C.  Sulpicio 
sui  Sanniti  nel  314  a.  C,  quello  di  M.  Valerio  per  il  312 
e  quello  dei  consoli  del  311  a.  C. 

Allo  stesso  modo  Livio  X  6,  13,  dopo  aver  riferita  una 
versione  nota  anche  agli  Atti  Trionfali,  relativa  al  trionfo 
del  dittatore  M.  Valerio  del  302  a.  C.  sugli  Etruschi  e  sui 
Marsi,  aggiunge:  haheo  auctores  sine  ullo  memoràbili  proelio 
pacatam  ab  dictatore  Etruriam  esse  seditionibus  tantum  Ar- 


'  Una  buona  edizione  degli  Atti  Trionfali  (oltre  quella  del  CIL.)  Tedi 
in  SCHOEN  Das  capitolin.  Verzeichnis  d.  roem.  Triumphe  ("Wien  1893). 


8  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  del  Fasti 

retinorum  compositis  et  Cilnio  genere  cum  plebe  in  gratiam 
reducto. 

Che  gli  Ada  Triumphalia  fondessero  insieme  fonti  an- 
tiche con  recenti,  risulta  all'evidenza  dal  confronto  di  ciò 
che  essi  dicono  rispetto  al  trionfo  del  console  L.  Postumio 
Megello  nel  294  contro  i  Sanniti  con  le  versioni  di  Fabio 
Pittore  e  di  Claudio  Quadrigario  note  a  Livio  X  37,  14  sq. 

Le  notizie  accolte  dagli  Atti  Trionfali  derivano  spesso 
da  quelle  medesime  fonti  da  cui  fluirono  tante  menzogne  in- 
torno al  numero  delle  città  prese  e  dei  nemici  uccisi.  Ai  cul- 
tori delle  cose  romane  non  è  del  resto  ignoto  quanto  de- 
bole sia  il  valore  di  questi  ultimi  documenti. 


* 
*     * 


Agli  Atti  dei  Trionfi  si  sogliono  oggi  contrapporre,  senza 
che  alcuna  ragione  giustifichi  tale  processo  critico,  l'elenco 
dei  consoli  e  dei  tribuni  militum  consulari  potestate.  Quest'ul- 
timo noi  possediamo  nelle  esposizioni  di  antichi  scrittori, 
come  Diodoro,  Livio,  Dionisio,  ed  in  quelle  liste  monumentali 
conservate  nel  Campidoglio  (perciò  note  volgarmente  con 
il  nome  di  Fasti  Capitolini),  che  nell'età  di  Augusto  furono 
incise  sulle  pareti  della  Regia  nel  Fóro  Romano  unitamente 
all'elenco  dei  dittatori  ed  agli  Atti  Trionfali  teste  ricordati.^ 

È  stato  più  volte  fatto  valere  che  nelle  liste  consolari  che 
dal  609  a.  C.  vanno  al  444  a.  C,  ossia  sino  alla  creazione  dei 
tribuìii  militum  consulari  potestate,  figurano  nomi  di  magi- 
strati appartenenti  a  famiglie  patricie  antichissime,  che  uon 
compaiono  più  nel  corso  della  storia  romana.  Noi  vi  tro- 
viamo i  Larcì,  gli  Herminì,  i  Cominì,  i  Menenì,  i  Tulli,  gli 

'  SuU'etìi  (Iella  redazione  dei  Fasti  della  Regia  v.  qui  oltre  p.  46  n.  1. 


Yaloì'e  dei  Fasti  consolari  antichissimi  9 

Aebutì,  i  Cloelì  Siculi,  i  Cassi  Viscellini,  i  Greganì  Mace- 
rini,  i  Minucì  Augurini,  gli  Aquilì  Tusci  e  Sabini,  i  Siccì 
o  Sicinì  Sabini,  i  Nauti,  i  Romulì,  i  Tarpei,  gli  Aterni. 

Si  osserva  che  se  i  Fasti  della  Regia  fossero  stati  com- 
pilati in  età  recente  e  rappresentassero  la  falsificazione  delle 
genti  cbe  contribuirono  alla  formazione  dell'annalistica,  noi 
troveremmo  glorificate  altre  genti  anziché  quelle  sopra  ri- 
cordate. Par  quindi  naturale  pensare,  che  la  posteriore  an- 
nalistica abbia  trovate  di  già  formate  liste  assai  antiche,  che 
essa  si  vide  obbligata  rispettare. 

Questo  argomento  ha  certo  un  grande  valore.  Contro  di 
esso  io  feci  già  a  torto  valere  per  il  passato,  che  Sp.  Larcius 
e  T.  Herminius,  che  figurano  quali  consoli  nel  506,  sono  gli 
stessi  personaggi  claros  genere  factisque^  che  avrebbero  aiu- 
tato Orazio  Coclite  a  difendere  il  ponte  Sublicio  contro  gli 
Etruschi.  > 

Io  feci  già  notare  che  codesti  due  personaggi  rivelano 
nome  etrusco,  ciò  che  sorprende  nel  momento  in  cui  si  parla 
appunto  di  una  guerra  nazionale  contro  questa  gente.''^  Ma 
questa  argomentazione  non  ha  grande  valore  di  fronte  al 
fatto  che  già  da  secoli  genti  etrusche  erano  elementi  costi- 
tutivi dello  Stato  romano. 

Maggior  peso  sembra  avere  la  circostanza,  da  me  pur 
fatta  rilevare  per  il  passato,  che  i  cognomi  di  Cameriniis, 
Viscellinus^  Aurtmcus,  Siculus,  Tiiscus,  Medullinus,  Sahinus, 
che  avevano  i  Sulpicì,  i  Cassi,  i  Comini,  i  Cloelì,  gli  Aquilì, 
i  Furi,  i  Sicinì,  non  indicano  affatto  trionfi  romani  sulle 
genti  straniere  di  cui  con  essi  si  fa  ricordo. 


'  Liv.  II  10,  6  ;  cfr.  Serv.  ad  Aen.  XI  642. 

'  Sul  carattere  etrusco  dei  nomi  Larcius  ed  Hermiulus  v.  anche 
SCHULZE  Zur  Geschlchte  laieìnischer  Eigennamen  nelle  Ahhandlungen  d.  K. 
Gesellschaft  d.   Wissemcliaflen  zìi  Goltlngen  V  (^1904)  p.  83,  107, 


10  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

È  appena  necessario  rammentare  clie  il  costume  di  rica- 
vare il  cognome  dalle  città  vinte,  stando  agli  Ada  Trium- 
pJialia,  compare  solo  nel  329  a.  C.  (cfr.  Mommsen  Roem. 
Foi'.sch.  n  p.  295).  Stando  anzi  a  Livio  XXX  45,  Scipione 
Africano:  primiis  certe  Me  imperator  nomine  victae  ah  se 
gentis  est  nohilitatus.  Ove  ciò  sia  esatto,  i  cognomi  di  Aemi- 
lius  Privernas  ad  a.  336  a.  C.  e  di  Valerius  Messalla  ad  a. 
263  a.  C,  che  figurano  nei  Fasti  della  Regia  e  negli  Ada 
Triiimphalia,  sarebbero  derivati  da  posteriori  indicazioni 
fornite  dalle  memorie  domestiche. 

Tali  cognomi  ci  farebbero  invece  comprendere  che  al- 
cune di  codeste  famiglie  erano  originarie  non  solo  dalle  città 
vicine  del  Lazio  ma  anche  dalle  regioni  etnische  e  volsche 
estranee  al  territorio  del  più  antico  Stato  romano. 

Ma  anche  questo  argomento  non  ha  valore  di  sorta  ed 
oggi  lo  rifiuto  senza  alcuna  esitazione. 

Stando  a  ben  note  tradizioni,  le  minores  gentes  furono 
accolte  nel  Senato  al  tempo  dei  re  od  al  principio  della 
repubblica.  Con  tali  versioni  si  può  spiegare  la  presenza  di 
codesti  cognomi.  Per  giunta  secondo  un'antica  tradizione, 
lo  Stato  romano  permise  di  buon'  ora  a  genti  di  fresca  ori- 
gine straniera,  come  gli  Appi  Claudi,  di  partecipare  alla 
cittadinanza  ed  al  Senato.  Né  toglie  peso  a  quest'  argomen- 
tazione la  possibilità  che  nel  racconto  della  benevola  acco- 
glienza fatta  ad  Appio  Claudio  si  nasconda,  come  abbiamo 
sopra  fatto  valere,  il  racconto  di  una  conquista  di  Eoma  per 
opera  dell'elemento  sabino.^ 

Di  tutti  questi  cognomi  può  darsi  spiegazione  plausi- 
bile. Cameria,  Viscellium,  Medullia  accennano  a  regioni  del 
Lazio  incorporate  sino  dall'età  regia  o  dal  principio  della 

'  V.  8.  in  queste  Ricerche  Parte  I  p.  349  sgg. 


Valore  dei  Fasti  consolari  antichissimi  11 

repubblica.  I  Siculi  erano  uno  dei  più  antichi  elementi  etnici 
del  Lazio.  ^  Tuscus  poteva  esser  detto  un  cittadino  clie 
abitasse  nella  regione  al  di  là  del  Tevere  di  proprietà  dei 
Romani,  dove  era  la  ripa  Veientana,  così  come  gli  abitatori 
del  vicas  Tuscus  erano  detti  Tuscivicani.  In  fondo  gli  Aquilì 
ed  i  Sicinì  potevano  chiamarsi  Tusci  cosi  come  i  Quinctì 
erano  detti  Capitolini,  i  Vergini  Caelimontani.  Spiegazione 
analoga  può  darsi  per  il  cognome  di  Auruncus  dei  Cominì. 
Genti  ausoniche  occuparono  in  origine  il  Lazio.  Pedum  ad 
esempio  passava  per  una  città  di  Ausoni  od  Aurunci.^ 

Che  genti  di  origine  non  latina  e  particolarmente  au- 
sonica  siano  state  ammesse  agli  onori  nello  Stato  romano  è 
dimostrato  da  quel  M.  Coranus  ex  patricia  gente  ricordato 
da  Plinio  n.  h.  XI  244  che  è  sfuggito  per  quel  che  vedo  ai 
moderni.  Il  gentilicio  Coranus  (cfr.  Norbamis)  deriva  da 
Cora,  città  che,  sebbene  si  dica  da  età  antichissima  e  pres- 
soché mitica  appartenente  alla  lega  Latina  (Dion.  Hai.  Ili  34), 
nel  fatto  si  trovava  in  zona  schiettamente  aurunca,  più  tardi 
volsca  e  che  negli  annali  antichissimi  è  messa  in  rapporto 
con  gli  Aurunci  (Liv.  Il  16,  8  a.  503).^ 

A  parte  ciò,  i  cognomi  sopra  indicati  mancavano  certo 
nelle  più  antiche  liste  dei  Fasti.  Essi  vennero  aggiunti  poste- 
riormente dagli  annalisti  ;  ne  ci  è  dato  accertare  in  tutti  i 
casi,  con  tutta  sicurezza,  come  vennero  ristabiliti. 

È  vero  che  i  Minucì  Augurini  ed  i  Menenì  Lanati  ap- 
partenevano a  famiglie  plebee,  le  quali  si  fìngevano  patricie 

'  V.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  I  p.  211  sgg. 

'  Arist.  apud  Dion.  Hal.  I  72  Steph.  Byz.  s.  t.  IlsSa.  Cfr.  le  mie 
Ricerche  storielle  e  geografiche  p.  1-28. 

'  Codesto  M.  Corauiis  è  sfuggito  tanto  al  Mommsbn  Rom.  Forsch.  I 
p.  107  sgg.  ove  ha  fatto  l'elenco  delle  genti  patricie  quanto  allo  Stein  che 
in  Pauly-Wissowa  RE.  IV  col.  1218  ricorda  invece  altre  persone  con  que- 
sto gentilicio. 


12  IntoritO  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

per  mezzo  di  antenati,  che  figurano  in  quella  parte  dei  Fasti, 
che  maggiormente  attira  i  nostri  dubbi  (Liv.  II  32  IV  16). 
I  Tarpeì,  gli  Aterni  al  pari  dei  Cassi  Viscellini  sono  presen- 
tati ora  come  magistrati  plebei  ed  ora  come  patrici.^ 

Parrebbe  lecito  il  sospetto  che  genti  patricie  di  tal  nome 
siano  state  del  tutto  inventate.  Ma  anche  questo  argomento 
cade  di  fronte  ad  una  spiegazione  più  semplice.  A  Roma,  co- 
me dovunque,  genti  plebee  si  crearono  o  si  fecero  creare 
antentati  posticci  da  compiacenti  genealogisti.  Essi  non  in- 
ventarono di  sana  pianta  antichissime  genti  patricie  ;  ma  le 
genti  plebee,  che  a  partire  dal  IV  secolo  avevano  raggiunto 
grande  potenza,  interpolarono  i  Fasti  e  si  fìnsero  discendenti 
da  patricie  omonime  che  in  questo  frattempo  erano  scomparse. 
In  tal  modo  è  concesso  raggiungere  una  spiegazione  plausi- 
bile della  tradizione  ove  parla  della  discendenza  dei  plebei 
lunì.  Cassi,  Minucì,  Marcì,  Menenì  da  vecchie  stirpi  patrizie. 

Questo  fenomeno  comune  a  Roma  ed  alla  storia  genea- 
logica di  tutti  i  popoli,  è  durato  del  resto  sino  alla  più  tarda 
età.  Se  ci  fossero  giunte  più  abbondanti  notizie  del  genere, 
constateremo  che  non  era  isolato  il  caso  di  quei  Valeri  plebei 
che  avevano  inserite  le  loro  immagini  in  quelle  dei  più  ce- 
lebri patrici  di  tal  nome  determinando  le  proteste  di  Valerio 
Messalla,  che  da  ciò  sarebbe  stato  indotto  a  scrivere  un  libro 
sulle  famiglie  romane.  Il  fenomeno  era  a  quanto  pare  diffuso  ; 
e  lo  scrittore  che  ha  raccontato  questo  particolare  trovava 
modo  di  scusarlo.^ 

Non  vi  sono  pertanto  argomenti  decisivi  che  ci  impon- 
gano di  escludere  come  falsi  i  nomi  di    queste    genti  anti- 

'  Su  Sp.  Cassio  presentato  come  tribuno  della  plebe  v.  Val.  Max.  VI 
3,  2.  Su  Ateruio  e  Tarpeio  consolnri  patrici  cooptati  come  tribuni  della  plebe 
Llv.  Ili  65  ad  a.  448. 

•  Plin.  n.h.  XXXV  8  cfr.  VII  54. 


Valore  dei  Fasti  consolari  antichissimi  13 

chissime.  Queste  offrirono  invece,  senza  alcun  dubbio,  materia 
alle  posteriori  falsificazioni  plebee.  Eccone  qualche  esempio. 

Sp.  Cassio  è  console  patricio  ovvero  tribuno  della  plebe, 
V.  ad  es.  Liv.  II  17;  cfr.  Val.  Max.  VI  3,  2. 

Menenius  Agrippa  pacificatore  della  plebe,  patricio  ma 
plebeo  di  origine  (quod  inde  oriundus  erat,  plebi  carum 
Liv.  II  32,  8),  ricompare  sotto  forma  di  trihunus  plebis  nel 
410  a.  C:  Liv.  IV  53.  Che  ci  fosse  però  una  geìis  patricia  Me- 
nenia  prova,  come  è  noto,  la  tribù  rustica  di  tal  nome. 

Sulla  falsa  transitìo  ad  plehem  e  sulla  falsa  cooptatio  di 
L.  Minucius  Augurinus  nel  449  a.  C.  v.  Liv.  IV  16. 

Cosi  lunius  Brutus,  primo  console  patricio,  figura  di  nuovo 
come  lunius  Bellutus,  quel  tribuno  della  plebe  suo  contem- 
poraneo, che  l'avrebbe  in  tutto  imitato  anzi  scimiottato: 
Dion.  Hai.  VI  70. 

Meno  sicuro  è  che  vi  sia  stata  confusione  di  questo  ge- 
nere rispetto  ai  Sicinì.  Può  tuttavia  darsi  che  T.  Sicinius 
o  Siccius  Sabinus,  l'unico  console  di  questa  gens  patricia 
(Liv.  II 40  Dion.  Hai.  VIII  67  ad  a.  487)  sia  da  mettere  a  fianco 
ai  plebei  Siccì  o  Sicinì,  che  compaiono  come  tribuni  della 
plebe  nel  494,  492,  491,  470,  454,  di  cui  l'ultimo  muore  com- 
battendo fra  i  Sabini  Liv.  Ili  43  a.  449. 

Ma  lasciamo  pure  da  parte  quest'  ultimo  esempio  ed  os- 
serviamo che  mentre  abbiamo  modo  di  constatare  per  quale 
via  i  Marci,  più  tardi  i  Calpurnì^  i  Minucì,  i  Cassi,  gli  Inni 
si  congiunsero  artificialmente  coi  re  o  con  famiglie  patricie 
omonime,  manca  un  solo  dato  che  provi  contaminazioni  ed 
interpolazioni  di  questo  genere  rispetto  ai  Cominì,  ai  Cloelì 
Siculi,  agli  Herminì,  ai  Larcì,  agli  Horatì,  sebbene  queste 
genti  siano  presto  scomparse.^ 

'  I  Comiul  plebei  compariscouo  la  prima  volta  al  tempo  dell'  invasione 
Gallica  V.  ad  es.  Dioo.  XIV  116,  3  Liv.  V  46,  8. 


14  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


* 

* 


L'autenticità  sostanziale  dei  nomi  conservati  dai  Fasti 
per  la  prima  metà  del  V  secolo  non  conduce  però  alla  con- 
clusione che  i  Fasti  siano  del  tutto  puri  e  privi  di  qualsiasi 
interpolazione.  Tanto  meno  alla  conclusione  che  siano  costan- 
temente sicure  le  determinazioni  cronologiche  delle  magi- 
strature. 

Livio  dice  apertamente  che  le  liste  dei  magistrati  per 
i  primi  decenni  della  repubblica  variavano  in  modo  siffatto 
da  rendere  impossibile  il  ritrovare  il  vero. 

Ecco  le  sue  parole:  II  21  ad  a.  499-496  a.  C.  :  tanti  er- 
rores  impUcant  temporum  aliter  apud  alios  ordinatis  magi- 
stratibus  ut  nec  qui  consules  secuìidiim  quos,  nec  quid  quoque 
anno  actum  sit,  in  tanta  vetustate,  non  rerum  modo,  sed  etiam 
auctorum,  digerere  j^ossls. 

Polibio  III  22,  1,  per  il  primo  anno  della  repubblica 
dà  un  collegio  che  non  risponde  alle  altre  liste  a  noi  note. 
Non  è  però  chiaro  se  ciò  dipenda  dall'aver  egli  appunto 
seguita  una  fonte  diversa  o  da  suo  errore.  La  storia  antica 
non  era,  come  è  noto,  il  forte  di  Polibio. 

Di  questo  disordine  dei  Fasti  per  l'età  antichissima  Livio 
porge  altri  esempi. 

Liv.  II  54  ad  a.  473  :  L.  Aemilius  et  Opiter  Verginius 
consulatum  ineunt.  Vopiscum  lulium  prò  Verginio  in 
quibusdam   annalibus   consulem    invenio. 

Liv.  IV  23,  ad  a.  434:  eosdem  consules  insequenti  anno 
refectos  lulium  tertiwn  Verginium  iterum  apud  Macrtun  Li- 
cinium  invenio.  Valerius  Antias  et  Q.  Tubero  M.  Manlium  et 
Q.  Sulpicium  consules  in  eum  annum  edunt. 


Incertezze  rispetto  ai  Fasti  consolari  15 

Livio  aggiunge  :  ceterum  in  tam  discrepanti  editione  et 
Tubero  et  Macer  libros  linteos  auctores  profitentur.  neuter 
tribunos  militum  eo  anno  fuisse  traditum  ab  scriptoribus  anti- 
quis  dissimulat,  Licinio  libros  haud  dubie  sequi  linteos  placet. 
Tubero  incertus  veri  est;  sed  Inter  cetera  vetustate  cooperta 
hoc  quoque  in  incerto  positum. 

Dunque  gli  autori  più  antichi  per  il  434  davano  tribuni 
militari;  gli  annalisti  più  recenti  due  collegi  affatto  diversi 
di  consoli.  Livio  si  limita  da  parte  sua  a  notare  le  discre- 
panze e  rinunzia  a  decidere. 

La  tradizione  più  antica  è  invece  seguita  da  Diodoro 
Xn  53  che  in  questo  anno  ricorda  i  seguenti  yù.mQypi  tpeìg: 

MctQxo?  Mctviog 

KÓ1VT05  SovXj-tixiog  noaiTe^TcìTog 

28Q0i'iÀi05  KoQV7]Xio5  Kóaoo?. 

Liv.  Vn  18,  10  ad  a.  354:  creati  consules  ambo  patricii 
M.  Fabius  tertium,  T.  Quinctius.  in  quibusdam  annalibus 
prò  T.  Quinctio  M.  Popilium  consulem  invenio. 

Liv.  Vm  37  ad  a.  323  C.  Sulpicio  Q.  Aemilio  —  Aulium 
quidam  annales  habent.  Difatti  Diodoro  XVTEI  26  ha:  Tuioc, 
SouXjrixio;,  rdio;  ATÀ105. 

Tali  incertezze  non  cessano  con  il  periodo  meno  vetusto  ; 
ma  si  estendono  per  lo  meno  sino  alla  fine  delle  guerre 
Sannitiche  ed  ai  tempi  di  Pirro.  Tanto  vero,  che  uno  dei 
più  autorevoli  annalisti  dell'età  dei  Gracchi  (Calp.  Pis.  apud 
Liv.  IX  44)  non  registrava  i  consolati  del  307  e  306  a.  C, 
che  figurano  nei  Fasti  della  Regia. 

Tralasciamo  di  dar  peso  a  piccole  differenze  rispetto  ai 
nomi  dei  magistrati  che  come  le  seguenti  si  notano  in 
Livio: 


16  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Dopo  aver  notato  varie  incertezze  ed  errori  rispetto  al 
319,  Liv.  IX  15,  11,  aggiunge:  sequitur  hunc  errorem  alius 
erroVj  Ciirsorne  Papirius  proximis  comitiis  cum  Q.  Aulio  Cer- 
retano iferum,  oh  rem  bene  gestam  Luceriae,  continuato  magi- 
stratu^  consul  tertium  creatum  sit,  an  L.  Papirius  Mugilanus 
et  in  cognomine  erratum  sit. 

Cfr.  Liv.  Vili  18,  2:  Flaccum  Potitumque  varie  in  an- 
nalibus  cognomen  consulis  invenio,  ceterum  in  eo  parvi  refert 
quid  veri  sit,  ad  a.  331  a.  C. 

Diverso  è  però  il  caso  rispetto  alle  varietà  fra  i  nomi 
delle  liste  di  Diodoro  e  di  Livio.  Spesso  si  tratta  di  errori  di 
trascrizioni.  Ma  talora  abbiamo  invece  vere  e  proprie  diffe- 
renze di  redazioni  di  liste. 

Spigolo  tra  i  casi  più  importanti.  L' elenco  e  1'  esame 
completo  di  essi  richiederebbe  un  volume  ed  equivarrebbe 
al  fare  un'edizione  critica  dei  Fasti.  Quelli  che  riferisco 
bastano  d'altra  parte  allo  scopo  particolare  che  miro  a  rag- 
giungere in  questa  memoria. 

Sono  certamente  effetto  di  errore  di  trascrizione  per  parte 
dello  stesso  Diodoro  o  di  amanuensi,  le  seguenti  varianti  tra 
Livio  e  Diodoro: 

a.  473  Liv.  II  54:   Vopiscus  =  Diod.  XI  65:  Asvxiog  2tov- 

lulius  8105  'lovUog 

&Aò4:liÌY.in.  SI:  A.  Aeternius=  Diod.  XII  6:  AvÀog  'A0T8QIOS 
a.  433  Liv.  IV  25:  M.  Folius  —  Diod.  XII   58:   MdQxog  ^a- 

ÀLviog 
a.  424  Liv.  IV  35  :  T.  Sergius  =  Diod.  XII 82:  Aovxtog  Sévnog 
a.  409  Liv.  IV  54:  Gn.  Cor-  =  Diod.  XIII  80:  Tvaloq  Uoii- 
nelius  Cossus  jirjiog 


Divergenze  fra  le  liste  di  Livio  e  di  Diodoro  17 

Un  Pompeius  per  il  409  è  affatto  fuori  di  luogo.  I  Pom- 
peii  compariscono  nei  Fasti  consolari  solo  con  il  141  a.  C. 

Così  è  un  errore  del  testo  di  Diodoro  XIV  3  ad  a.  407 
se  ha  un  Tuioc,  $Àoviog  in  luogo  di  L.  Furius  dato  da  Liv. 
rV  67  dacché  un  Fulvius  nel  407  non  è  nemmeno  pensabile. 
I  Fulvi  vengono  da  Tuscolo  compariscono  solo  la  prima  volta 
nel  322  Plin.  n.  h.  VII  136. 

Altri  esempi  di  errori  di  trascrizione  in  Diodoro  ab- 
biamo nei  casi  seguenti: 

a.  379   Liv.  VI   30:   M.  Al-  =  Diod.  XV  51  :  Aevxiog  Aaf^i- 

hinius  vio? 

a.  360  Liv.  VII  11:   C.  Poe-  =  Diod.  XVI  9:  Faio?  Uónliog 

tilius 
a.  359  Liv.  VII  12:  M.  Pom-  =  Diod.  XVI  19:  Mccqxo?  IIó- 

pilius,  Gn.  Manlius  tcXioc. 

Tvoloc,  Mai|j,iA,iog 

V'è  pure  errore  nel  testo  di  Diodoro  nel  caso  seguente: 

a.  336   Livio    Vili    16:    L.  =  Diod.  XVII  29:  Aewaog  Ua- 
Papirius   Crassus,  Caeso  nigioc, 

Duillius.  Kaiacov  OiiaÀÉQiog 

A  parte  la  grande  improbabilità  di  un  collegio  di  due 
consoli  patrici  nel  336  (v.  però  i  consoli  del  345,  343),  il 
prenome  Kaeso  proprio  dei  Duilli  non  comparisce  mai  fra 
i  Valeri. 

In  modo   analogo  deve  giudicarsi  dei  casi  seguenti  : 

a.  318  Liv.  IX  20:  M.  Follius  =  Diod.  XIX  2:  Mdvio?  0)0^- 

(3  io? 
a.  311  Liv.  IX  30:  C.  lunius  =  Diod.  XX  3:  Fdiog  'lovliog 

Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  2 


18  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Cosi  non  va  dato  peso  alla  circostanza  che  in  Liv.  IV 
58  ad  a.  406  si  ha  come  trib.  mil.  L.  Valerius  Potitus,  mentre 
in  Diodoro  XIV  12  si  legge  :  Tepévriog  M.dE,i\iog.  Tribuni  mi- 
litum  plebei  compaiono  solo  dopo  il  400-396.  Un  Terenzio  ap- 
parisce daccapo  fra  i  tribuni  militum  del  380,  ma  é  dato  dal 
solo  testo  di  Diodoro  XV  50.  Il  primo  Terenzio  per  ogni 
lato  autentico  è  il  noto  console  del  216.  Il  cognome  Md^i|i05 
per  il  406  indica  che  qui  v'è  realmente  un    Valerius. 

Le  liste  consolari  di  cui  noi  disponiamo  sono  in  parte 
frutto  di  ricerca  sistematica  fatta  da  eruditi  sul  finire  della 
Repubblica.  Tendo  quindi  per  massima  ad  accettare  il  si- 
stema generalmente  accolto  di  ridurre  ad  unità  i  nomi  della 
tradizione  diodorea  discordanti  da  quella  ufficiale  dei  Fasti 
della  Regia  e  dalle  liste  di  Livio.  Ammetto  quindi  che  vi 
sia  pure  errore  da  parte  del  testo  di  Diodoró  nei  casi  se- 
guenti. 

a.  477  Liv.  II  51:  T.Menenius  =  Diod.  XI  53:  Titog  Mivoijxios 

Difatti  da  vari  codici  in  luogo  di  Mivoitxiog  è  dato  Mi- 
vovviog. 

a.  469  Liv.  II  63:  T.  Numicius  —  Diod.  XI  70:  Tito?  Mivoimiog 

Per  il  337  Livio  VIH  15  ha:  =  In  Diodoro  XVII 17  si  legge 

invece: 
C.  Sulpicius  Longus  Tdioc,  2ovA,jiixiog 

P.  Aelius  Paetus.  Asvxiog  IlajtLQios. 

La  riduzione  alla  stessa  lezione  comincia  ad  essere  dif- 
ficile. Ma  ammettiamo  che  nu;A:iQio<;  sia  sorto  dal  cognome 
Paetii-f. 

Vi  sono   però    altri  casi    dai  quali    appare    che    codeste 


Divergenze  fra  le  liste  di  Livio  e  di  Diodoro  19 

equazioni  sono  impossibili.  Si  considerino  infatti  i  casi  se- 
guenti : 

a.  478  Liv.  II  49  :  L.  Aemi-  z=  Diod.  XI  52  :  Aevxiog   Al|j,i- 
lius  Àio?  MdpieQxog 

C.  Servilius  rdios  Koovi^Xiog  AevtoiJXo? 

Qui  non  v'  è  possibilità  di  sbaglio  di  trascrizione.  Il 
cognome  Lentulus  è  realmente  proprio  dei  soli  Cornelii. 

L' osservazione  fatta  ad  es.  dal  Mommsen  nei  Fasti  ad  a. 
(CIL.  T^  p.  100  n.  2)  che  i  Corneli  Lenftdi  compaiono  solo 
più  tardi  (cfr.  Liv.  Vili  22  ad  a.  327)  varrebbe  solo  a  mo- 
strare che  Diodoro  segui  una  fonte  più  o  meno  lontana  dal 
vero,  ma  non  distrugge  il  fatto  che  Diodoro  ricordava  real- 
mente un  Cornelio. 

Che  del  resto  i  Fasti  del  478  fossero  controversi  mostra 
non  tanto  la  varietà  fra  Servilius  dato  da  Livio  II  49  (cfr. 
i  Fasti  della  Regia)  ed  il  SégyiOb  ricordato  da  Dionisio  IX 
16,  quanto  il  fatto  che  i  Fasti  della  Regia  fanno  ricordo 
di  un  terzo  console  suffectus  di  cui  nella  pietra  si  conserva 
solo  il  cognome  Esquilinus,  che  dal  Borghesi  (cfr.  Mommsen 
1.  e.)  si  suol  riferire  ad  un  Verginius,  dal  Cichorius  ad  un 
Sergius.  La  questione  è  irresolubile  dacché  anche  nel  458 
e  457  nei  Fasti  compare  un  console  Q.  Minucio  che  ha  pure 
il  cognome  di  Esquilinus. 

A  noi  preme  solo  constatare  che  ne  Livio  ne  Dionisio 
parlano  di  codesto  console  suffectus,  il  quale,  secondo  ogni 
verisomiglianza,  rappresenta  una  diversa  variazione  delle 
liste  circa  i  due  consoli  del  458,  analoga  a  quelle  che  si  con- 
statano per  il  primo  anno  della  repubblica  509  per  il  quale 
sono  presentati  come  suffecti  P.  o  L.  Valerio,  Sp.  Lucrezio, 
M.  Orazio  Liv.  II  2,  8.  Dion.  Hai.  V  12  ;  19. 


20  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Ora  da  Livio  (Il  2  :  apud  quosdam  non  invenio  Lucre- 
tium  consulem.  Bruto  stafim  Horatiam  suggerunt  cfr.  Il  21  : 
tanti  errores  implicant  temporum  aliter  apud  alios  ordinatis 
magìstratibus  cet.)  risulta  clie  per  codesti  anni  esistevano 
varie  liste  fra  le  quali  si  smarrivano  gli  scrittori  posteriori  : 
ut  ìiec  qui  consules  secundum  qtios  nec  quid  quoque  anno 
adum  sit,  in  tanta  vetustate  non  rerum  modo  sed  etiam  aucto- 
rum  digerere  possis.  Liv.  Il  21,  4. 

I  consoli  su/fedi  divennero  quindi  un  espediente.  Si  in- 
tende allo  stesso  tempo  come  presso  alcuni  autori  come  in 
Polibio  m  22,  1  per  il  primo  anno  della  repubblica  o  in 
Diodoro  per  il  478  di  cui  qui  parliamo,  si  riferisce  il  nome 
di  collegi  consolari  diversi  da  quelli  accolti  nei  Fasti  della 
Regia  e  riferiti  da  Livio  e  Dionisio. 

Nulla  pertanto  ci  impone  reputare  errore  di  trascrizione 
il  rdiog  KoQviìÀLO?  AevxovXoc,  di  Diodoro  XI  52. 

a.  457  Liv.  II  30:  Q.  Mimi-  =  Diod.XI91:  Aeuxio;  Uooxov- 
cius  piiog 

M.  Horatius  Pulvillus  MctQxog  "Qqóxìoc, 

Accresce  anziché  scemare  le  difficoltà  la  circostanza  che 
in  alcuni  codici  di  Diodoro  dopo  Ae/uxiog  prima  di  Ilooxov\x.voc, 
s'inserisce  IlÓJtXiog. 

a.  448  Liv.  Ili   65:   T.  Ver-  =  Diod.  XII  27:  Tito?  Stsqti- 
ginius  Caelimontanus  viog  Stqoijxtwv 

Strudus  è  un  ben  noto  cognome  dei  Servili  non  dei 
Vergini.  Quindi  2t8Qtivio?  va  ridotto  in  HeqodiÀio?  non  in 
OvBQyiviog. 

a.  432  Liv.  IV  25:  Sp.  Po-  z=z  Diod.  XII  60  rdio?  MétsÀXo? 
stumius  Albus 


Divergenze  fra  le  liste  di  Livio  e  di  Diodoro  21 

Non  tutti  i  codici  di  Diodoro  danno  quel  nome,  ma  in 
quelli  in  cui  esso  non  compare  manca  il  nome  del  magistrato 
corrispondente  a  quello  di  Livio. 

L'esistenza  di  liste  diverse  tra  Diodoro  e  gli  altri  autori  è 
del  resto  dimostrata  in  modo  luculento  da  ulteriore  esame 
dei  nomi  dei  tribuni  militum. 

Abbiamo  già  veduto  sopra  (p,  15)  come  Diodoro  XII  53,  se- 
guendo le  fonti  più  antiche,  dia  il  nome  di  tre  tribuni  mi- 
litum per  Fanno  434,  mentre  Livio  riferisce  per  quell'anno 
due  diversi  collegi  di  consoli,  dei  quali  uno  è  pur  dato  da 
Dionisio. 

Divergenze  di  questa  natura  abbiamo  anche  per  gli  anni 
seguenti. 

Infatti  per  il  425  a.  C.  Livio  IV  35  ha  quattro  tribuni 
militum  fra  i  quali  Horatius  Barbatus  che  manca  a  Diodoro 
XII  81,  il  quale  ne  ha  soltanto  tre. 

Viceversa  per  il  416  Diodoro  XIII  9  ha  quattro  tribuni 
militum  fra  i  quali  un  Kóivrog  Od^io?  che  manca  a  Livio 
IV  47,  che  ne  ricorda  solo  tre. 

Per  il  403  a.  C,  Livio  V  1,  ha  otto  tribuni;  Diodoro  XIV 
85  ne  ha  soli  sei. 

Per  il  394  Diodoro  XIV  97  (cfr.  XV  2)  ne  ha  tre,  mentre 
Livio  V  26  ne  ha  sei. 

Per  il  391  Livio  V  32  ha  sei  tribuni;  Diodoro  XIV  107  (cfr. 
XV  15)  ne  ha  quattro. 

Per  il  386,  Diodoro  XV  25  ha  daccapo  quattro  tribuni, 
mentre  Livio  VI  6  ne  ha  sei,  fra  i  quali  L.  Horatius  e  P. 
Valerius  ignoti  alla  lista  diodorea. 

Nel  384  si  ripete  lo  stesso  fenomeno:  Livio  VT  18  ha 
sei  tribuni  (in  più  P.  Valerius  e  M.  Furius),  mentre  Diodoro 
XV  36  ne  ha  quattro. 


22  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Per  il  383  Livio  VI  21  ha  sei  tribuni;  ha  in  più  L.  Aemi- 
lius  M.  Trebonius  su  Diodoro  XV  38,  che  ne  ha  quattro. 
Secondo  alcuni  codici  ne  ha  cinque  ossia  ha  un  Od^iog  ignoto 
a  Livio. 

Irriducibili  sono  pure  le  liste  del  382  a.  C. 


Liv.  VI  22  ne  ha  6  : 
L.  Papirius 
Q.  Servilius 
Ser.  Cornelius 
Sp.  Papirius 
C.  Sulpicius 
L.  Aemilius 


Diod.  XV  41  ha  xiaoaQzg 
KÓIVT05  (altri  codici  hanno 

Kpdaaog) 
28Qoi3A,iO(;  KoQvfìA,io<; 
SjtÓQioi;  IlajtiQLOi; 
$d(3io?  "Aà|3o5 


Od(3io5  "AÀpo?  è  dato  solo  da  alcuni  codici. 
Per  il  380  Livio  VI  27  ha  sei  tribuni.  Diodoro  XV  30 
ne  ha  òxtÓ).  Le  due  liste  discordano  del  tutto. 


Liv.  VI  27: 

L.  Valerius   V 
P.  Valerius  III 
C.  Sergius  III 
Licinius  Menenius  II 
P.  Papirius 

Sergius  Cornelius  Malu- 
ginensis 


Diod.  XV  50: 

Aevnioc,  OvaXigioc, 
nójtXiog 
"Ayxog 

rdiog  TeQÉvTiog 
Aevxiog  Mevi^viog 
rdiog  SoÀJtixiog 
TiTog  Ilajtipiog 
AévKiog  AlyiiXioq 
$Xdpios  MaQxog 


Tali  differenze  sono  aumentate  in  seguito  alla  scoperta 
dei  nuovi  frammenti  dei  Fasti  della  Regia  (editi  da  Ch. 
Huelsen  in  Klio  II  (1902)  p.  248  e  dal  Mommsen  in  Hermes 
XXVIII  (1903)  p.  116.  Essi  contengono  appunto  i  dati  per 
il  380. 


Divergenze  fra  le  liste  ài  Livio  e  di  Diodoro  23 

Non  rileviamo  la  variazione,  lieve  rispetto  al  nostro 
soggetto,  del  prenome  Gn.  invece  di  C.  rispetto  al  tribuno 
Sergius.  A  noi  preme  invece  notare  che  i  Fasti  della  Regia 
registravano  il  nome  di  nove  tribuni.  Vi  figurano  in  più 
C  Sivlpichis  e  L.  Aemilius  dati  da  Diodoro  ma  ci  compare 
in  più  un  L.  [Papirius]  Maluginensis  ignoto  tanto  a  lui  quanto 
a  Livio. 

Per  il  379  Livio  VI  30  ha  sei  nomi  ;  Diodoro  XV  51  òxtcó. 
A  parte  lievi  variazioni  di  prenomi  e  nomi,  a  cui  non  diamo 
peso,  Diodoro  ha  in  più: 

rdiog  'EQEvoiixiog 
nójtXios  Tqi(3(Óvio5. 

Soltanto  nel  93  troviamo  un  Herennius  console  e  nel  45 
a.  C.  compare  un  cons.  suf.  Trehonius.  I  codici  di  Diodoro  pre- 
sentano più  che  probabilmente  due  nomi  guasti.  Resta  però 
il  fatto  che  Livio  VI  30  parla  con  certezza  di  sei  nomi  tre 
plebei  e  tre  patrici,  che  gli  altri  nomi  nella  sostanza  concor- 
dano, ma  che  Diodoro  XV  61  sa  di  otto  magistrati. 

Per  il  378  Livio  VI  31  ha  sei  tribuni  ;  Diodoro  XV  57 
quattro  (Tsaaaps?).  Livio  ha  in  più  M.  Horatius  L.  Greganius. 

Per  il  377  abbiamo  sei  tribuni  tanto  in  Diodoro  XV  61 
quanto  in  Livio  VI  32;  ma  due  dei  nomi  variano  del  tutto. 
Ecco  le  due  liste: 

Liv.  L.  Aemilius  Diod.  Ae-uxioi;  AifxiXio? 
P.  Valerlus  Vdioc,  Oualéoiog 

Ser,  Sulpicius  Sepoviog  2ot)X:iCxiog 

L.  Quinctius  Asijxiog  Koivnog 

C.  Quindius  Fdiog  Ovsoyivw; 

C.  Veturius  Tdiog  KoQv»iÀioe 

Non  è  certo  il  caso  di  pensare  al  solito  rimedio,  suppo- 


24  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fa^i 

nendo  che  anche  qui  vi  sia  errore  di  trascrizione.  Paio? 
OvéoYivios  e  Tmoc,  KoQviiXio;  non  si  possono  ridurre  ad  un 
C.  Quinctius  0  ad  un  C.  Veturius. 

Per  il  368  Livio  VI  38  ha  sei  tribuni;  Di  odoro  XV  78 
ne  ha  tre.  Livio  ha  in  più  :  *S^.  Servilius,  L.  Papirius,  L. 
Veturius. 

Tali  divergenze  continuano  anche  per  l'età  successiva; 
a  noi  basti  notare  che  per  il  349  mentre  si  hanno  in  Livio 
Vn  24  i  consoli:  L.  Furius  Camillus,  Ap.  Claudius ; 

in  Diodoro  XV  59  si  legge  : 

MotQxo?  Al[xiÀio5,  TiTog  Koivxtiog. 

Non  estendo  le  mie  osservazioni  ad  altre  divergenze  fra 
Diodoro  e  Livio.  Come  è  noto,  oltre  alla  non  corrisponden- 
za in  generale  del  sistema  cronologico  di  Diodoro  di  fronte 
a  quello  dei  Fasti  della  Regia  e  di  Livio,  ci  sono  altre  va- 
riazioni speciali. 

Diodoro  salta  il  consolato  del  482  (^Q.  Fabius,  C.  Julius, 
Tullius  cod.)  mentre  fra  il  457  ed  il  456  XII  3  ha  il  con- 
solato di 

Aev/aog  Koulvtio?  Ki/vivvàTog 
yio.Qy.oc,  ^à^ioc,  OuL|3ouÀdvo5 

che  manca  ai  Fasti  della  Regia,  a  Livio,  a  Dionisio  ed  agli 
altri  autori. 

E  con  ciò  risponde  il  fatto  che  fra  il  XI  87  ed  il  XI 
91  manca  in  Diodoro  l'indicazione  dell' Ol3mip.  82  =452, 
anno  fra  il  458-457,  secondo  la  cronologia  volgare,  ^ 

Fenomeno  analogo  si  snol  supporrò  in  Livio  II  8,  II  15  perchè 
ivi  mancano  P.  Valerio  Publicola  III  e  Marco  Orazio  Pulvillo  II  die  sono 
ricordati  per  il  507  da  DiON.  Hal.  V  21  cfr.  Chron.  a.  353,  Fasti  Hydat. 
Chron.  l'aach.  ad  a.  I  consoli  del  507  sono  però  gli  stessi  del  508. 


Divergenze  fra  le  liste  di  Livio  e  di  Diodoro  25 

Lo  stesso  fenomeno  si  ripete  fra  il  428  ed  il  427.  Dio- 
doro XII  77  ha  in  più  i  consoli  AeiJ/iog  Kolv/wTio?,  Au^og 
2e|j.Jt()a)VL0i;. 

Mancano  a  Diodoro  1  consoli  del  423  ed  i  tribunati  mi- 
litari del  422,  421,  420,  419  invece  dopo  il  390  (nel  suo  com- 
puto 387)  ha  cinque  collegi  in  più  di  magistrati  che  paiono 
identificarsi  con  quelli  del  quinquennio   precedente  ossia: 

a.  386  nel  suo  computo  XV  2  ;  tre  tribuni  militari  che  cor- 
rispondono a  quelli  da  lui  già  riferiti  XIV  97  per  il  391 
del  suo  computo  =  394  a.  C.  vulg. 

a.  385  nel  suo  computo  XV  8;  due  consoli  il  cui  nome  risponde 
a  quello  degli  altri  da  lui  già  indicati  XIV  99  per  il  390 
nel  suo  computo,  rispondente  al  393  a.  C.  della  cronologia 
volgare. 

a.  384  nel  suo  computo  XV  14;  i  medesimi  consoli  già  ricor- 
dati per  il  389  del  suo  computo  XIV  103  =  392  vulg. 

a.  383  nel  suo  computo  XV  15;  quattro  tribuni  militari  ri- 
spondenti a  quelli  da  lui  già  ricordati  XIV  107  per  il 
388  =  391  vulg. 

a.  382  del  suo  computo  XV  20;  sei  tribuni  militari  aventi 
nomi  nel  complesso  uguali  ai  sei  già  ricordati  XIV  110 
per  il  387  —  390  vulg. 

Inoltre  a  Diodoro  XV  71  nel  suo  calcolo  368  =  376  vulg. 
ha  un  collegio  di  quattro  tribuni  militari  che  mancano  a 
Livio. 

Per  il  367  nel  suo  computo  XV  75  =  375  vulg.  (al 
pari  della  fonte  di  Plinio  n.  h.  XVI  235)  ha  un  solo  anno 
di  anarchia,  mentre  in  Livio  VI  35,  10  (in  ciò  d'accordo 
con  i  Fasti  della  Regia)  tale  soUtudo  magistratuum  rag- 
giunge   il    termine    assurdo    di    cinque    anni    interi    (375- 


26  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

371),'  Dico  assurdo  perchè  se  la  storia  registra  dovunque  ed  in 
tutti  i  tempi  periodi  di  anarchia  non  si  intende  come  potesse 
reggere  lo  Stato  romano  senza  governo  i^er  un  quinquennio 
mentre  Roma  era  circondata  da  nemici  ostinati  e  costanti 
(Liv.  VI  36).2 

Finalmente  Diodoro  non  ha  gli  anni  dittatori  333,  324, 
309  che  mancano  pure  in  Livio. 

Ignoriamo,  perchè  il  suo  testo  è  monco,  se  Diodoro  sal- 
tasse, come  è  pure  probabile,  l'anno  dittatorio  301,  del  pari 
non  ricordato  da  Livio.  Gli  anni  dittatori,  come  abbiamo 
notato  testé,  erano  invece  registrati  nei  Fasti  della  Regia. 

Come  spiegare  tutte  queste  divergenze?  I  moderni  che 
hanno  tentato  ristabilire  la  cronologia  dell'antica  repub- 
blica romana  hanno  sottoposto  Diodoro  ad  una  serie  di 
ricerche  speciali. ^  Lo  si  è  studiato  rispetto  alla  presenza 
o  no  di  cognomi  nelle  sue  liste.  Si  sono  ricercate  ed  indicate 
fonti  diverse;  si  è  creduto  di  poterle  determinare,  valendosi 
di  criterio  del  modo  diverso  che  questo  autore  ha  di  trascri- 


'  Termine  di  quattro  anni  è  dato  da  Eutropio  II  3,  da  Cas8IODOro 
ad  a.  da  Vopisco  vita  Tac.  1,  5. 

Koma  qualche  volta  è  stata  per  breve  tempo  senza  magistrati  ad  es. 
Liv.  XXX  39,  5  ad  a.  202:  itaque  com  pridie  idus  Martias  veteres  magistratus 
abissent,  itovi  sujfecti  non  essenf,  res  publica  sine  curuliMs  ma(/ìstrafìbus  erat. 

Fatti  analoghi  o  giudicati  analoghi  dai  partiti  politici  (ad  es.  Tàvapx-a 
di  Atene  nel  404  Xenoph.  Beli.  II  3,  1)  compaiono  in  Macedonia,  a  Taor- 
nina,  a  Pisa  (v.  ad  es.  CIL.  XI  n.  1421)  e  ricompaiono  pili  tardi.  Ad  es.  il 
Caffaho  ed.  Belgrano  p.  Ili  nota  che  il  1099-1100  Genova  rimase  senza 
consoli  per  un  anno  e  mezzo. 

Fra  le  molte  memorie  sull'argomento  cito,  sebbene  da  me  in  vari  punti 
disseuta,  lo  studio  pregevole  di  G.  Sigwart  Roem..  Fasten  und  Annaìen  bei 
Diodor  (Grciswald  1906),  ove  sono  discussi  gli  studi  del  Cichohius  De  fastis 
rommm  antiquisiimis  (Lipsiae  1886),  dlEd.Meyer,  ed  ove  è  citatala  biblio- 
grafìa auteri(ue  sull'argomento. 


Divergenze  fra  le  liste  di  Livio  e  di  Diodoro  27 

vere  in  greco  i  nomi  romani.  Analoghe  ricerche  si  son  fatte 
rispetto  al  sistema  cronologico  di  Diodoro. 

Io  sento  molto  rispetto  per  tutti  questi  studi  che  sono 
costati  anni  di  ricerche  laboriose  e  penose.  Ma  francamente 
non  credo  sempre  alla  bontà  di  codesti  risultati. 

Cosi  ad  es.  non  accetto  le  conseguenze  che  si  traggono 
dal  fatto  che  Diodoro  ora  porge  ed  ora  no  i  cognomi  dei 
magistrati.  Diodoro  li  cita  o  no,  non  già  perchè  segua  una 
anziché  un'altra  fonte.  Anche  in  ciò  segue  il  suo  capriccio, 
V.  ad  es.  XI  38  Kaiao)v  <I)d(3iog  xai  Aew.iog  AijxiXiog  MctfieQxog. 

XI  71   TlTOV    KOLVXTOV    ■Kul    KÓTvtOV    28Q0UlXl0V    2TQ0VXT0V. 

XV  82  Aevxiog  Ai|.iiÀioi;  Mafie^xo?  xal  Aeiixiog  Sé'^nog 
AareQiag. 

XVI  74  rdiov  MccQxiov  xai  Tltov  MdÀÀiov  ToQxouàtov. 
XVI  89  TiTov  MdWiiov  ToQxovatov  xal  IIÓijtXiov  Aéxiov. 
XVI  91  Kó'ivTov  UonX'ikiov  xal  TlPéqiov  Ai^uXiov  Md^eoxov. 
Così  quando  fa  l'elenco  dei  decemviri  XII  23  li  nomina 

tutti  senza  cognome  ma  lo  dà  a  S.tÓQiog  noaTÓ^iio?  KaX(3Lvi05 
(sic). 

Diodoro  cerca  di  essere  breve  in  tali  indicazioni  di  fonti, 
ecco  tutto;  perciò  spesso  salta  il  cognome.  E  poiché  i  Fasti 
già  esistevano  nel  tempo  in  cui  sorse  l'annalistica  e  di  già 
al  principio  di  questa,  come  provano  i  monumenti  degli 
Scipioni,  si  usavano  i  cognomi,  cade  tutto  l'edificio  che 
su  questo  criterio  si  è  voluto  edificare. 

Diodoro  è  scrittore  che  non  ha  metodo,  sia  che  parli  di 
storia  greca  o  romana.  Segue  in  generale,  è  vero,  fonti  ec- 
cellenti, ma  le  riassume  e  riproduce  non  avendo  spesso  altro 
criterio  che  quello  del  suo  personale  capriccio.  È  molto  dif- 
ficile ritrovare  il  metodo  di  chi  non  ne  ha  affatto.  Cotesta 
mancanza  è  evidente  ove  Diodoro  abbrevia  con  due  o  tre 
righe  fatti  importantissimi  o  dove  invece  riferisce  con  una 


28  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

relativa  larghezza  episodi  pur  largamente  esposti  dalla  tra- 
dizione annalistica. 

I  criteri  per  questa  parte  seguiti  dal  Mommsen,  dal 
Niese  e  dai  loro  seguaci,  lo  lio  più  volte  fatto  rilevare,  si 
basano  su  argomenti  di  nessun  valore. 

Diodoro  non  ha  proceduto  probabilmente  in  modo  di- 
verso ove,  anche  seguendo  la  personale  ispirazione,  ha  ripro- 
dotti diversamente  o  non  completamente  i  dati  che  si  riferi- 
scono alla  cronologia  ed  ai  Fasti. 

Si  è  cercato  in  parte  un  rimedio  a  queste  divergenze  di 
Diodoro  notando  che  egli  salta  i  tre  anni  333,  324,  309, 
che  erano  ricordati  come  anni  dittatorii  senza  consoli  dai 
Fasti  della  Regia.  Con  ciò  si  è  voluto  da  taluni  spiegare 
come  mai  in  Diodoro  l'anarchia  sia  ridotta  da  6  ad  1  anno. 
Ma  ciò  non  varrebbe  a  chiarire  la  differenza  con  Livio  che 
tanto  discorda  da  Diodoro  e  che  pure  salta  i  quattro  anni 
dittatorii  333,  324,  309,  301.  D'altra  parte  non  si  tiene  affatto 
presente  che  è  nel  sistema  abituale  di  Diodoro  accentrare 
in  un  solo  fenomeni  durati  diversi  anni. 

Con  ciò  non  voglio  dire  che  in  qualche  singolo  caso  non 
sia  dato  di  trovare  la  rispondenza  fra  Diodoro  e  le  altre  fonti, 
ma  è  impossibile  ridurre  ad  unità  perenne  tutti  questi  ele- 
menti discordi. 

Lascio  ad  ogni  modo  ad  altri,  se  crede  possibile  riuscirvi, 
la  cura  di  togliere  di  mezzo  dissidi  che  io  giudico  talora  incu- 
rabili. Mi  limito  invece  a  notare  che  il  sistema  assai  sempli- 
cista di  ritrovare  l'unità  e  la  verità  con  il  correggere  costante- 
mente nomi  discordanti  di  Diodoro,  può  bensì  creare  l'illusione 
che  vi  fosse  una  sola  lista  ufficiale  di  magistrati;  ma  chi  con- 
sideri oggettivamente  tutti  gli  elementi  della  questione  si 
persuaderà  assai  facilmente  che  esistevano  nell'antichità  di- 


Divergenze  fra  le  lis/e  di  Livio  e  di  Diodoro  29 

verse  liste  di  magistrati.  Ed  ove  con  il  proposito  di  salvare 
per  quanto  è  possibile  tutti  i  dati  della  tradizione  si  reputas- 
sero autentici  tanto  i  discordanti  di  Diodoro  quanto  quelli 
delle  altre  versioni,  si  verrebbe  al  risultato  che  le  fonti  su- 
perstiti hanno  conservati  solo  parzialmente  dati  relativi  al 
periodo  dei  tribuni  milìtwm,  ma  che  nessuna  delle  fonti  a 
noi  giunte  ha  serbato  le  liste  intere. 

Non  solo  variavano  nomi,  non  solo  non  corrispondevano 
gli  anni  fra  di  loro;  ma  alcuni  annalisti  davano  consoli,  mentre 
altri  fornivano  tribuni  militari.  Ciò  abbiamo  testé  costatato 
per  vari  casi  ;  ma  insisto  ad  es.  rispetto  alle  divergenze 
degli  anni  443  e  434  perchè  mostrano  che  Diodoro  seguiva 
fonti  le  quali  parlavano  di  tribuni  mllitum  in  luogo  di  consoli. 

Dal  confronto  fra  Diodoro  e  Livio  appare  che  le  varia- 
zioni non  si  estendevano  soltanto  al  nome  dei  magistrati, 
allorché  porgevano  ad  es.  quello  dei  tribuni  militum^  ma  anche 
al  loro  numero.  Mentre  le  liste  note  a  Diodoro  parlano  di  tre 
tribuni,  quelle  di  Livio  sanno  di  quattro.  Altre  volte  Livio 
e  Diodoro  discordano  rispettivamente  sul  numero  di  quattro, 
di  sei  o  di  otto  di  tali  magistrati. 

Si  solevano  spiegare  queste  incongruenze  supponendo 
che  Diodoro  avesse  riferito  solo  alcuni  nomi,  che  il  numero 
costante  fosse  o  di  quattro  o  di  sei  e  che  il  numero  di  otto 
fosse  ottenuto  con  l'aggiungere  i  due  censori  ai  sei  tribuni. 
Ma  questa  stessa  spiegazione,  la  quale  sembrava  cogliere  il 
vero  solo  rispetto  ad  alcuni  anni,  come  ad  es.  per  il  403 
a.  C,  mostra  come  tali  liste,  anziché  l'eco  fedele  di  antichi 
documenti,  siano  il  raffazzonamento  di  dati  diversi  non  bene 
collegati.  Tale  spiegazione,  ove  la  si  voglia  generalizzare,  cade 
davanti  alla  lista  dei  tribuni  ntilitari  del  quinquennio  386- 
381. 1  Fasti  di  Diodoro  danno  infatti  costantemente  quattro 
tribuni  per  codesti  anni,  mentre  quelli  di  Livio  ne  hanno  sei. 


30  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

I  due  nomi  in  più  per  codesto  quinquennio  variano  anno 
per  anno  :  dunque  non  sono  quelli  dei  censori  quinquennali. 
Siamo  pertanto  di  fronte  a  Fasti  ricomposti  su  liste  diverse. 

Ciò  è  ora  confermato  in  modo  definitivo  dal  nuovo 
frammento  dei  Fasti  della  Regia  per  l'anno  380.  Infatti  vi 
si  nominano  nove  tribuni  militum.  C'è  qualche  cosa  adunque 
di  più  dei  due  censori.  E  il  Mommsen,  quello  stesso  critico 
che  ha  fissato  il  canone  che  la  più  antica  storia  di  Roma 
può  riconoscersi  solo  mediante  l' esame  dello  svolgimento 
delle  istituzioni  ed  i  dati  dei  Fasti,  ha  dovuto  riconoscere  che 
codesta  lista  del  380  a.  C.  è  stata  conseguita  con  liste  fra 
loro  diverse,* 

Ciò  si  sarebbe  potuto  ricavare  anche  dalla  lista  dei  dit- 
tatori accolti  nei  Fasti  della  Regia  del  302  a.  C.;^  poiché 
mentre  Livio  conosceva  annalisti  che  per  quell'anno  ricor- 
davano come  dittatore  Valerio  Massimo  ovvero  Fabio  Mas- 
simo, i  Fasti  della  Regia  registrano  ambedue  questi  perso- 
naggi fondendo  insieme  due  versioni  e  due  liste,  allo  stesso 
modo  che  gli  Atti  Trionfali  fondono  tradizioni  diverse  ri- 
spetto alle  gesta  del  294  a.  C. 

Le  parole  sopra  riferite  di  Livio  II  21,  4  intorno  al  disor- 
dine dei  Fasti  dal  501  al  498:  tanti  errores  implicant  temporum 
aliter  apud  alios  ordinatis  magistì'atibus,  ut  nec  qui  consules 
secundum  quos[dam],  nec  quid  quoque  anno  actum  sii  in  tanta 
vetustate  non  rerum  modo  sed  etiam  auctorum  digerere  possis, 
si  attagliano  talora  anche  ai  Fasti  del  secolo  IV.  Alcune 
discordanze  potranno  essere  causate  dal  disordine  di  Dio- 
doro ;  ma  è  lecito  domandarsi  se  ciò  non  dipenda  pure  dal- 


'  MoMM8K\  Dan  neuge/undene  Bruchstuck  d.  capiiol.  Fatten  nell'  Hermes 
XXXVIII  (1903)  p.  116  sgg. 

*  Cfr.  Ad.  Triumph.  ad  a.  294  a.  C.  Liv.  X  37,  13. 


Divergenze  fra  le  liste  di  Livio  e  di  Diodoro 


31 


l'esistenza  di  varie  liste.  Questa  domanda  parrà  del  tutto 
naturale  ove  si  pensi  ai  quattro  anni  dittatori  ed  ai  cinque 
anni  continui  dell'anarchia,  che  Diodoro  non  conosce  e  che 
sono  del  tutto  ignoti  al  Cronografo  del  354  il  quale  ricorda 
il  nome  dei  magistrati  eponimi  anche  per  gli  anni  375-371 
in  cui  stando  ai  Fasti  della  Regia  ed  a  Livio  non  ne  furono 
per  nulla  creati. 

L'esistenza  di  fasti  diversi  è  del  resto  dimostrata  dai 
fatti  seguenti  : 

Per  il  349-345  noi  abbiamo  in  Livio  ed  in  Diodoro  i 
collegi  qui  sotto  segnati  in  parte  diversi,  in  parte  uguali, 
ma  diversamente  ordinati: 


Liv.  Vn  24  a.  349: 
L.  Furius  Camillus 
Ap.  Cìaudius  Crassus. 

Liv.  VII  26  a.  348: 
M.  Valerius  Corvus 
M.  Popilius  Laenas  TTTT 


Diod.  XV  69  a.  346: 
MctQxog  Ai[xiA,ios 
Tixoc,  KoivxTiog 

Diod.  XVI  66  a.  345: 
Mdpxog  Od|3io? 
Sepouiog  SovÀinixiog 


Liv.  VII  27  a.  347: 

T.  Manlius  Torqaatus  II 
C.  Plautius 


Diod.  XVI  Cq.  344: 
MaQxos  OvaXéQiog 
Md(>xo5  UoiimXkiot; 


Liv.  VII  27  a.  346: 

M.  Valerius  Corvus  II 
C.  Petilius 


Diod.  XVI  70  a.  343: 
rdio?  YlXuvxiog 
Tixog  MdXXio5 


Liv.  vn  28  a.  345: 
M.  Fabius  Dorsiio 
Ser.  Sulpicìus  Comerinus 


Diod.  XVI  72  a.  342: 
MttQxog  OvaXgQiog 
MdQxoi;  rvaìog  IIó^TÀiog 


32  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Un  confronto  fra  i  collegi  di  questo  quinquennio  mostra 
irreducibili  le  due  liste  dei  consoli  per  il  349  a.  C.  ;  ci  inse- 
gna invece  che  l'ordine  dei  rimanenti  collegi  di  Livio  sta 
a  quello  di  Di  odoro  nei  rapporti  seguenti: 

Liv.  a.  348  =:  Diod.  347  (secondo  il  suo  sistema  344). 
Liv.  a.  347  =  Diod.  346  (secondo  suo  sistema  343). 
Liv.  a.  346  =  Diod.  345  (secondo  il  suo  sistema  342). 
Liv,  a.  345  =  Diod.  348  (secondo  suo  sistema  345). 

In  una  mia  speciale  memoria  ho  dimostrato  che  non  v'  è 
errore  ma  sostanziale  concordia  cronologica  nel  fatto  che 
i  consoli  di  Livio  del  345  si  trovano  registrati  in  Diodoro 
al  348  liviano  il  quale  anno  risponde  però  nel  sistema  dio- 
doreo  al  345.  Io  ho  provato  clie  nel  345  realmente  Camillo 
combattè  contro  i  Galli  e  con  ciò  combinano  i  dati  che  in 
Livio  fanno  Camillo  console  nel  349  e  poi  dittatore  nel  345.* 

Il  dato  di  Diodoro  non  è  per  nulla  errato  e  nessuno 
avrebbe  ragione  di  accusarlo  di  svista  se  pone  al  347  (se- 
condo il  suo  calcolo  al  344  XVI  69)  quel  primo  trattato 
fra  Roma  e  Cartagine  che  Livio  VI  26,  3  fissa  bensì  sotto 
gli  stessi  magistrati  M.  Valerio  e  M.  Popilio,  ma  al  348  e  non 
al  347  od  al  344. 

A  convincere  di  errore  Diodoro  non  basta  invocare  i 
Fasti  della  Regia  che  per  quanto  lacunosi  corrispondono  per 
il  349-346  con  Livio.  I  Fasti  della  Regia  rappresentano  in 
fatto,  come  ripeteremo  a  suo  luogo,  una  redazione  assai  re- 
cente. Ed  è  molto  più  prudente  concludere  che  non  solo 
v'  erano  liste  in  parte  diverse  ma  che  anche  per  il  IV  secolo 
v'erano  vari  ordinamenti  cronologici  fatti  a  base  di  liste 
talora  concordanti,  talora  discordi. 

'  V.  le  mie  Ricerche  Storiche  Geografiche  p.  458  sgg. 


Divergenze  fra  le  liste  di  Livio  e  di  Diodoro  33 

Nessuna  di  codeste  liste  aveva  in  origine,  a  preferenza 
delle  altre,  carattere  esclusivamente  ufficiale,  in  modo  da  es- 
sere preferita  alle  altre.  Ciò  è  dimostrato  dal  fatto  che  ogni 
qualvolta  Livio  trova  divergenze  nelle  sue  fonti,  si  limita 
a  constatare  a  questo  riguardo  codeste  varietà  fra  i  diversi 
annalisti,  i  quali  si  riferivano  talora  ai  libri  lintei,  ai  libri 
magistratuum  ma  si  dichiara  del  tutto  impotente  a  risolvere 
il  dubbio.' 

Livio  infatti  IV  7,  12;  20,  8;  23,  3,  cita  tre  volte  i  libri 
lintei  in  aede  repositi  Monetae  ed  ogni  volta  fa  il  nome  di 
Licinio  Macro.  Ciò  non  prova  però,  come  spesso  si  è  detto,  che 
vi  sia  stata  falsificazione  da  parte  di  questo  annalista,  perchè 
per  il  consolato  del  434  oltre  a  Licinio  Macro  è  citato  Q. 
Tuberone  (IV  23,  3  cfr.  anche  X  9,  10),  autore  rispettabile  e 
diligente  sebbene  notevole  vpiù  per  dottrina  giuridica  che 
per  talento  e  brio  di  scrittore,  e  che  sarebbe  ingiusto  con- 
siderare come  un  falsario.^  E  ovvio  invece  pensare,  che  co- 
desti documenti  rappresentino  una  ricostruzione  delle  liste 
più  antiche  fatta  dopo  il  344  in  cui  il  tempio  di  Inno  Mo- 
neta venne  eretto  non  sopra  un  più  antico  edifìcio  di  carat- 


'  Che  cosa  fossero  i  libri  magìsiratuiim,  citati  da  Livio,  si  ricara  da 
un  altro  suo  passo  a  proj)osito  del  processo  degli  Scipioui.  Livio  XXXIX 
52  ad  a.  183  a.  C.  rueiiziona  infatti  il  tribuno  della  plebe  Naevius  ricor- 
dato iu  magistrattium  librìs.  Ma  a  parte  le  gravi  questioni  connesse  con 
questo  processo,  che  non  è  qui  il  caso  di  esaminare,  è  evidente  che  codesti 
Kbri  incigistratmim,  che  facevano  menzione  dei  tribuni  della  plebe,  non  po- 
terono essere  redatti  prima  della  lex  Hortensia  del  287  con  cui  venne  san- 
cito che  i  plebisciti  avessero  valore  per  tutti  i  Quiriti.  Solo  dopo  tale  lex 
i  tribuni  della  plebe  acquistarono  definitivamente  il  carattere  di  magistrati 
pubblici  dello  Stato  di  fronte  a  tutti  i  Quirites. 

*  DiON.  Hal.  I  80  Sìivèj  àvirp  xai  Tùspi  xyjg  auvaYO)Yv;g  Tr^g  ioxopiag 
èni[isX'/]<;  cfr.  I  7.  Su  lui  come  giurista  v.  Pomp.  d.  orig.  tur.  46.  I  Tube- 
rani  corno  ho  fatto  notare  altrove  erano  i  protettori  di  Dionisio.  Gli  annali 
di  Elio  Tuberone  dovettero  essere  una  delle  sue  fonti  precipue. 

Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  3 


34  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

tere  sacro,  ma  sulle  rovine  della  casa  di  Manlio  Capitolino. 
(Liv.  Vn  28,  4  sq.). 

Livio  IX  18  ad  a.  319  a.  C.  dice,  è  vero,  paginas  in  anna- 
libus  fastisque  magistratuum  percurrere  licei  consulum  dicta- 
torumque,  quorum  nec  virtutis  nec  fortunae  ullo  die  populum 
Romanum  paenituit,  ma  praticamente  non  ne  fa  mai  uso  di- 
retto. Ed  in  tutte  le  questioni  relative  alle  difficoltà  sui  Fasti 
si  riferisce  agli  autori  che  li  citano  e  riconosce  l'impossibi- 
lità di  risolverle,  v.  ad  es.  IV  8:  Imnc  annum  seu  tribunos 
modo  seu  tribunis  suffectos  consules  quoque  liabuit  ;  IV  20, 
11:  ea  libera  coniectura;  IV  23,  3:  infer  celerà  vetustate  coo- 
perta  hoc  quoque  in  incerto  positum. 

Cosi  alla  fine  del  racconto  delle  gesta  del  322  a.  C,  dopo 
aver  esposti  i  dubbi  sui  trionfi  dei  consoli  e  sulla  ragione 
della  dittatura  di  quell'anno,  dichiara  impossibile  risolvere 
tali  sospetti,  sia  perchè  gli  annali  mentivano,  sia  perchè  non 
v'  era  alcun  scrittore  aequalis  temporibus  illis  Vili   40,  5. 

Se  Livio  avesse  potuto  fare  assegnamento  sui  Fasti  sin- 
ceri e  coevi  a  quell'anno,  li  avrebbe  naturalmente  citati. 


* 
*     * 


Le  divergenze  e  i  dubbi  che  abbiamo  notato  rispetto  alle 
liste  dei  dittatori  e  dei  consoli  si  estendono  anche  ai  ma- 
gistrati curuli  minori.  Da  noti  passi  di  Cicerone,  che  abbiamo 
già  esaminati,  dove  abbiamo  discorso  di  Gneo  Flavio,  appare 
che  mancava  un  elenco  ufficiale  degli  aediles  curules,  sebbe- 
ne si  trattasse  di  tempi  abbastanza  inoltrati  (304  a.  C.)  ^ 
V.  Cic.  ad  Att.  VI  1,  18. 

'  V.  hi  prima  parte  di  queste  Ricerche  passim. 


I  Fasti  dei  questori  e  dei  tribuni  della  j^iebe  35 

Basti  ricordare  che  secondo  lunio  Gracchano  (apud  Ulp. 
in  Dig.  I  13,  1)  i  questori  furono  eletti  dai  primi  re.  Mentre 
secondo  la  fonte  di  Plutarco  Popi.  12,  3,  i  primi  quaestores 
P.  Vetusius  e  M.  Minucius  furono  invece  creati  nei  primi 
anni  della  repubblica.  Questa  seconda  tradizione  è  indiret- 
tamente confermata  da  Cicerone,  d.  r.  p.  II  35,  60,  che  ram- 
menta il  quaestor  nel  processo  di  Sp.  Cassio,  e  da  Livio,  II 
41,  11  ad  a.  485  a  C.  che  nomina  i  quaestores  Kaeso  Fabius 
e  L.  Valerius.  Ma  contro  di  essa  sta  il  passo  di  Tacito,  ann. 
XI  22  :  creati  primiim  Valerius  Potitus  et  Aemilius  Mamer- 
cus  sexagesimo  tertio  anno  post  Tarquinios  exactos.  Non  di- 
scuto se  in  questo  luogo  Tacito  segua  l'èra  Capitolina  o  la 
Varroniana,  ma  ad  ogni  modo  secondo  lui  i  questori  furono 
creati  la  prima  volta  nel  447  o  nel  446  a.  C. 

L'esame  delle  notizie  relative  agli  altri  magistrati  conduce 
a  risultati  ancor  più  negativi.  Ciò  vale  ad  es.  rispetto  ai  tri- 
buni della  plebe.  I  dati  su  costoro  si  presentano  a  primo 
aspetto  come  sinceri.  Ma  noi  sappiamo  che  i  più  antichi  tri- 
buni della  plebe  non  erano  veri  e  propri  magistrati  ;  essi 
non  avevano  entrata  nel  senato,  bensì  stavano  alla  porta 
per  sentire  ciò  che  aveva  interesse  per  la  plebe.  Perciò  ve- 
teribus  senatusconsultis  C  lìttera  subscribi  solébant  (Val.  Max. 
n  2,  7).  Da  ciò  è  facile  inferire  che  mancavano  documenti 
ufficiali  da  cui  ricavare  più  tardi  con  certezza  il  loro  nome. 

Con  ciò  si  accorda  la  circostanza  che  i  primi  tribuni  della 
plebe  sono  anticipazione  di  quelli  che  figurano  al  tempo  del 
decemvirato.  Ed  un  esame  di  essi  fa  sorgere  il  sospetto  che 
i  tribuni  e  gli  aediles  del  V  secolo  siano  pseudo  antenati 
di  quelli  del  IV  secolo,  talora  anche  dell'  età  graccana  e 
sillana. 

Ho  fatto  altrove  particolari  osservazioni  sullo  scarso  va- 
lore della  lista  dei  tribuni  della  plebe  per  l'età  anteriore  al 


36  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

TV  secolo.  Sia  qui  sufficiente  ricordare  che  per  i  primi  anni 
della  repubblica  abbiamo  fra  essi  quello  stesso  Spurio  Cassio 
che  pur  comparisce  tra  i  consoli,  che  nel  448  sarebbero  stati 
cooptati  come  tribuni  della  plebe  Sp.  Tarpeio  ed  A.  Aeternio 
che  sono  invece  i  consoli  del  444.  Così  per  il  439  si  dice 
cooptato  come  un  decimo  tribuno  L.  Minucio  Augurino,  ciò 
che  di  già  Livio  IV  16,  3  trovava  essere  un  assurdo. 

Analoghi  dubbi  fanno  sorgere  spesso  i  nomi  attribuiti 
ad  altri  tribuni  di  quest'età.  Vi  compariscono  genti  recenti 
che  come  i  Metili,  i  Considì  (476),  i  Fumi  (446),  i  Visellì 
(494)  si  notano  sporadicamente  negli  ultimi  secoli  della  re- 
pubblica. 

Cosi  per  il  462  si  ha  un  Titius  autore  di  una  legge 
agraria,  che  è  il  prototipo  di  una  analoga  del  99  a.  C.  Allo 
stesso  modo  l'edile  della  plebe  T.  Scio  nel  439  fa  largizioni 
agrarie  del  tutto  analoghe  a  quelle  che  fece  lo  storico  edile 
Seio  del  tempo  di  Cicerone  (74  a.  C.).^ 

Per  il  493,  471,  449  gli  antichi  porgono  su  per  giù  gli 
stessi  nomi  di  tribuni,  ma  però  i  diversi  autori  completa- 
vano diversamente  le  liste,  accettandone  alcuni,  scartan- 
done altri.  ■'^ 

Osservazioni  di  questo  genere  valgono  non  solo  per  i 
tribuni  del  V  secolo,  ossia  per  una  età  in  cui  essi  non  erano 
ancora  magistrati  pubblici  del  popolo  romano,  ma  anche 
per  l'età  sillana. 

Cicerone  ad  Att.  XII  5,  3  pregava  infatti  Attico  di  fargli 
conoscere  sotto  quali  consoli  sarebbero  stati  tribuni  P.  Sce- 
vola,  più  tardi  pontefice  massimo  (ciò  che  aveva  avuto  luogo 


'  Su  tutto  ciò  la  mia  Storia  critica  di  Uoma  II  p.  178;   321. 
SulF  argomento  v.  le  giuste  osservazioni  di  B.  Niese  De  annalibus  ro- 
vianis  observationes  (Marburgi  1886,  1888). 


I  Fasti  dei  tribwii  della  plebe  37 

nel  141  a.  C.)  e  L.  Scribonio  Libone  che  lo  fu  nel  149.* 
Analoghi  quesiti  faceva  rispetto  all'  anno  del  tribunato  di 
C.  Fannio   (verso  il  141  ?)  Cic.  ad  Att.  XVI  13  b,  2. 

Codesti  dubbi  si  estendono  anche  agli  anni  successivi 
ossia  a  tribuni  della  plebe  del  107  e  del  106.  Rispetto  a  P. 
Muoio  Scevola,  Cicerone  Brutus  43,  161  dice:  sed  ne  de  Scae- 
volae  quidem  tribunatu  quicquam  audisse  videor  et  eiim 
collegam  Crassi  credo  fuisse.  Quanto  a  quello  di  Licinio 
Crasso  (trib.  107)  poche  linee  innanzi  §  160,  si  osserva:  sed 
ita  tacitus  trihunatus  ut,  nisi  in  eo  magistrata  cenavisset  apiid 
praeconem  Granium,  idque  nohis  bis  narravisset  Lucilius, 
tribunum  plebis  nesciremus  fuisse. 

Quest'ultime  parole  escludono  affatto  l'esistenza  d'un  elen- 
co ufficiale  di  codesti  magistrati  e  fanno  ripensare  alle  analo- 
ghe parole  di  Livio  II  33,  9  ove  parlando  di  Coriolano  ri- 
corda Cominio  il  console  nel  493  e  dice:  nisi  foedus  cum  Lati- 
nis  columna  aenea  insculptum  monumento  esset  ab  Sp.  Cassio 
uno,  quia  collega  afuerat,  ictum,  Postumum  Cominium  bellum 
gessisse  cum   Volscis  memoria  cessisset. 

Ora  chi  non  vede  che  tanto  per  i  i^iù  antichi  consoli  come 
per  i  tribuni  della  plebe  mancavano  liste  ufficiali  ed  era  ne- 
cessario ricorrere  ad  indagini  letterarie  o  monumentali  quali, 
stando  a  Cicerone,  si  facevano  per  il  tribunato  di  Scevola 
nel   106?  2 

'  I  testi  relativi  a  questi  tribunati  v.  raccolti  dal  Niccolini  Fasti 
trib.  pleb.  ad  ann.  p.  221,  217. 

^  Cic.  Brut.  43,  161:  fribiinus  anno  post  fuit,  coque  in  rostris  sedente  suasit 
Serviliant,  legem  Crassus  ;  navi  censuram  sine  Scaevola  gessit;  euni  enim  magi- 
stratum  nemo  unquam  Scaevolarum  petivit. 

Non  è  ben  chiaro  ae  AscONio  in  Pison.  p.  7  K:  ante  biennium  .  .  .  Q.  Me- 
tellus  Celer  consul  designatus  (cons.  60  a.  C.)  viagistros  ludos  Compitalicioa 
facere prohibuerat,  ut  Cicero  tradit,  quamvis  auctore  tribuno  plebis  fierent  ludi; 
cuius  tribuni  nomen  adhuc  non  inveni  voglia  dire  clie  non  era  possibile  ritro- 
vare il  nome  di  un  tribuno  o  quale  dei  tribuni  di  quell'anno  avesse  atteso 
a  quei  ludi. 


38  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


* 
*     * 


Se  ci  volgiamo  infine  ai  Fasti  sacerdotali  non  giungiamo 
a  conclusioni  diverse. 

A  noi  sono,  è  vero,  pervenuti  frammenti  dei  Fasti  dei 
magistrati  romani  che  presero  parte  alle  feriae  Latinae  e  che 
rammentano  persino  i  decemviri  (C/L,  XIV  2236-2248;  cfr. 
Mommsen  Eoem.  Forschungen  II  p.  97).  Ma  codesti  Fasti  fu- 
rono incisi  nell'età  cesariana  od  augustea  (v.  G.  De  Rossi 
nel!'  Eph.  Epigr.  II,  p.  100)  e  certo  non  hanno  valore  mag- 
giore dei  Fasti  della  Regia.  Nel  fatto  mentre  Livio  riferisce 
personalmente  i  Fasti  sacerdotali  del  tempo  delle  guerre 
Puniche,  raramente  ha  occasione  o  è  in  grado  di  indicare 
quelli  del  IV  secolo.  Cita  è  vero  III  7,  6;  32,  3  a  titolo  per  cosi 
dire  di  eccezione,  i  magistrati  morti  di  pestilenza  nel  463  e 
nel  463  e  (cfr.  invece  V  31  a.  392)  ricorda  il  nome  di  Q. 
Furio  pontefice  Massimo  nel  449  (III  54),  ma  è  degno  di  nota 
che  Asconio  in  Cornei,  p.  69  K,  autore  diligentissimo,  ram- 
menta invece  come  tale  un  M.  Papirio.^ 

Che  i  Fasti  sacerdotali  anche  di  età  molto  posteriore  fos- 
sero incerti,  risulta  dal  fatto  che  Livio,  XXX  26,  7,  non 
decide  la  questione  se  fosse  o  no  vero  che  Fabius  Maximus 
fu  augure  per  60  anni.  Cfr.  Plin.  n.  li.  VII  156.  Con  ciò  con- 
corda il  fatto  che  a  proposito  della  lex  Ogulnia  del  300  a. 
C.  sull'ammissione  dei  plebei  al  pontificato  ed  all'  augurato, 
Livio  X   6    non    sapeva  decidere    se    le    sedi    occupate    dai 


La  povertà  delle  iudicazioni  degli  antichi  sui  Fasti  sacerdotali  ri- 
eulta  tanto  dai  dati  raccolti  dal  Bakdt  Die  Priester  der  vier  grossen  Collegien 
(Berlin  1871)  quanto  da  A.  Klose  Boem.  Priesterfasten  (Breslau  1910). 


Valore  storico  dei  Fasti  39 

nuovi  auguri  fossero  state  o  no  determinate  dalla  morte 
degli  anteriori  sacerdoti  di  questo  ordine. 

Che  i  dati  degli  anticlii  fossero  discordanti  in  argomenti 
di  questo  genere  provano  anche  le  notizie  rispetto  ai  ludi 
secolari  (Gens.  d.  d.  n.  XVII  9  sgg.)  I  XVviri  sacris  faciundis 
fissavano  la  data  del  456  per  i  primi  ludi.  Ma  questa,  come 
quella  del  primo  anno  della  repubblica,  non  ha  alcun  valore. 
Cosi  non  paiono  autentici  i  secondi  ludi  saeculares  del  356. 
Gli  antichi  erano  in  dubbio  se  i  tertii  ludi  fossero  stati  fatti 
nel  249  o  nel  236,  se  i  quarti  cadessero  nel  149,  nel  146  o 
nel  126  a.  C.  Codesti  ludi  vennero  da  Taranto,  perciò  il  luogo 
in  cui  a  Roma  si  compievano  si  diceva  Tarentum.  Forse  essi 
non  furono  accolti  a  Roma  prima  delle  relazioni  con  Taranto 
del  IV  anzi  di  quelle  del  III  secolo. 

Certo  è  ad  ogni  modo  che  nessuno  Stato  antico  o  mo- 
derno ha  pensato  o  pensa  a  celebrare  ludi  secolari  prima  di 
aver  avuto  qualche  secolo  di  storia,  cosi  come  nessuna  Comu- 
nità comincia  a  raccogliere  ed  a  fare  incidere  il  nome  dei 
suoi  magistrati  sino  dai  primi  tempi  della  sua  esistenza.  Le 
date  dei  primi  ludi  saeculares  sono  senza  dubbio  apocrife  e 
le  liste  dei  dittatori  e  dei  consoli,  ove  anche  fossero  del  tutto 
autentiche,  sarebbero  sempre  risultato  di  posteriore  ricerca 
ed  elaborazione  letteraria. 

Lasciando  da  parte  i  Fasti  dei  magistrati  e  dei  sacerdoti 
minori  che  ancor  più  di  quelli  dei  pontefici  ci  sono  giunti  in 
modo  assai  frammentario,  che  non  si  prestano  quindi  ad  un 
esame  compiuto,  limitiamoci  a  constatare  che  rispetto  ai  Fasti 
dittatori,  consolari  ed  a  quelli  dei  tribuni  militum  consulari 
potestate,  v'erano  liste  diverse  e  facciamoci  ora  la  domanda 
quando  esse  siano  sorte  e  con  quale  materiale  siano  state 
redatte. 


40  latorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


II. 


Occasioni  al  formulare  le  Uste  dei  Fasti    —  Elementi  con  cui  furono 
costituite. 


L'opinione  oggi  ammessa  da  vari  studiosi  rispetto  all'ori- 
gine dei  Fasti  consolari  è  la  seguente:  Ragioni  di  Stato  e 
transazioni  private  quotidiane  rendevano  necessario  ricor- 
dare il  nome  dei  magistrati  eponimi.  Assai  presto  si  dovette 
pertanto  incominciare  a  raccoglierli.  Roma  al  principio  della 
libera  repubblica  aveva  già  alcuni  secoli  di  storia  e  1'  uso 
della  scrittura  era  già  diffuso.  Prova  evidente  il  cippo  ar- 
caico del  Foro,  che  indica  appunto  il  costume  già  esistente 
di  scrivere  su  monumenti  durevoli. 

Contro  questa  teoria  già  da  molti  anni  feci  valere  che 
dalla  conoscenza  della  scrittura  a  Roma  nel  V  secolo  non 
è  lecito  ricavare  che  sino  dal  509  si  sia  incominciato  a 
conservare  il  nome  dei  magistrati.  Lascio  da  parte  il  fatto 
che,  stando  agli  antichi  eruditi  romani,  solo  con  il  tempo 
di  Porsenna  si  incominciò  a  scrivere  con  lo  stilo  *  e  che 
i  monumenti  anteriori  all'  incendio  Gallico,  come  Livio 
(VI  1)  esplicitamente  afferma,  erano  rari.  Osservo  però  che 
l'opportunità  di  raccogliere  i  nomi  dei  magistrati  non  era 
determinata,  come  è  stato  anche  di  recente  ripetuto,  dalla 
necessità  di  regolare  privati  interessi  garantiti  da  date  e  da 
nomi  dei  magistrati. 


"to' 


Plin.  n.  11.  XXXIV  139  che  si  riferisce  ai  vetustissimi  auctores. 


Occasioìie  al  formulare  le  Uste  dei  Fasti  41 

Nel  più  antico  diritto  privato  romano,  è  cosa  nota,  in  fatto 
di  cambiamenti  di  proprietà  o  di  danaro  dato  a  mutuo  sia 
si  trattasse  ad  es,  di  gesta  per  aes  et  libram  sia  di  stipulatio 
e  di  acceptilatio,  si  ricorreva,  come  presso  altri  popoli,  all'  a- 
zione,  alla  parola  non  alla  scrittura.'  Se  si  considera  che 
sino  al  secolo  IV,  per  lo  meno  sino  alla  creazione  del  prae- 
tor  (367),  se  non  più  tardi,  la  giurisdizione  propriamente 
civile  ed  il  processo  rimasero  una  attribuzione  dei  pontefici, 
come  può  pensarsi  a  documenti  privati  in  cui  si  faceva 
ricordo  dei  magistrati  rivestiti  sopratutto  delV imperium,  ossia 
del  comando  militare? 

Nessuno  è  in  grado  di  stabilire  quando  precisamente  in 
Roma  dal  testamento  orale  si  -passò  ad  es.  a  quello  scritto. 
Ma  se  dalle  tradizioni  migliori  è  affermato  cke  a  Roma 
prima  della  metà  del  V  secolo  non  v'  erano  leggi  scritte,^ 
come  mai  può  ammettersi  che  vi  fossero  obbligazioni  e  con- 
tratti distesi  con  la  scrittura?  Come  può  ammettersi  che  la 
necessità  di  fare  il  richiamo  al  nome  dei  magistrati  supremi 
abbia  dato  occasione  a  conservare  ed  a  confermare  quello 
dei  consoli  anteriori  al  decemvirato?^ 

Nomi  di  magistrati  erano  serbati,  sia  pure  raramente,  in 
monumenti  pubblici  e  nei  documenti  privati;  ma  solo  molto 


'  Accenno  a  cose  risapute  e  non  T'insisto.  Noto  solo  che  ove  nel  passo 
di  Livio  VI  14,  5  ad  a.  385  relativo  al  centurione  addictus  liberato  da 
Manlio  Capitolino  si  logge:  inde  rem  creditori  pai  ani  populo  solvit  libraque 
et  aere  liberatum  emittit  cet.  v'  è  ancora  un  accenno  alla  forma  di  noto- 
rietà e  pubblicità  così  prevalente  nel  diritto  arcaico. 

*  DioN.  Hai..  X  57. 

*  Non  occorre  poi  ricordare,  per  valermi  delle  parole  del  Mitteis 
Eoem.  Privutrecht  I  p.  306,  che:  Oeffentlicke  Urkunden  privatrechtlichen  Inhalts 
treten  bei  den  Roemern  merkivueì'dig  spaet  auf.  Es  gescMeht  ersi  ini  Anfang  des 
dritten  Jalirlmnderts  p.  C,  das  wir  die  ersten  Spuren  von  eineni  lus  gestorum 
der  Magistrate,  d.  Ji.  ihrem  Recide,  Prìvatrechtsgeschaefte  schriftlich  zu  beiir- 
ìcimden,  vorfinden. 


42  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

dopo  il  V  secolo  cou  lo  sviluppo  sempre  più  crescente  del- 
l'attività  collettiva  dello  Stato,  con  l'incremento  della  scrit- 
tura e  dell'incivilimento,  dati  sino  allora  serbati  negli  archivi 
sacerdotali,  eppoi  delle  più  insigni  famiglie,  vennero  usufruiti 
per  compilare  regesti,  annali  ed  infine  elenchi  di  magistrati. 

Primi  raccoglitori  di  codeste  liste  furono  naturalmente 
i  pontefici  massimi,  quegli  stessi  che  formarono  gli  annali 
da  loro  detti  massiìni,  che  erano  i  depositari  del  sacro 
archivio  della  Nazione,  e  che  infine  nei  tempi  più  vetusti 
avevano  la  giurisdizione  civile.  Ed  è  ovvio  il  pensiero  che 
agli  annalisti  romani  riuscisse  agevole  conoscere  il  nome  dei 
magistrati  eponimi  conservati  nelle  Tavole  pontificie  degli 
anni  successivi  all'incendio  Gallico. 

La  tradizione  dice  espressamente  che  partiti  i  Galli  si 
ricercarono  leggi  e  -trattati,  e  che  alcuni  di  tali  documenti 
come  le  leggi  regie  e  quelle  delle  XII  Tavole,  si  sarebbero 
salvate,  Liv.  YI  1,  10  sq. 

Ammettiamo  che  ciò  sia  perfettamente  vero.  Ma  le  tavole 
di  legno  su  cui  scrivevano  i  pontefici,^  perirono  senza 
dubbio  nell'incendio.  Ora  noi  non  abbiamo  modo  di  stabi- 
lire quali  siano  precisamente  i  monumenti  salvati  e  quali 
siano  i  periti.  Solo  possiamo  ammettere  in  massima  che 
le  liste  superstiti  dei  Fasti  derivino: 

1.  Dai  testi  e  monumenti  sopravissuti  all'incendio  Gal- 
lico; ad  es.  il  foedus  Ardeatinum  citato  da  Licinio  Macro 
per  il  444,  Liv.  IV  7,  12,  la  corazza  di  Cornelio  Cosso,  Aug. 
apud  Liv.  IV  20,  7. 

2.  Da  possibili  ricostituzioni  fatte  dai  pontefici,  in  base 
a  materiali  da  essi  conservati  od  anche  parzialmente  rico- 
struiti a  memoria. 


«  Cat.  apnd  Gell.  n.  A.  II  28,   6  Cic.  de  orai.  II   12,  52  DiON.  Hal. 
I  73,  74  III  36  Skrv.  ad  Aen.  I  373. 


Occasioni  al  formulare  le  Uste  dei  Fasti  43 

3.  Da  memorie  di  famiglia,  le  quali  però,  come  si  è  espres- 
samente attestato,  dettero  origine  a  molti  falsi  triumpM  e 
moltiplicarono  i  consolati  {plures  consuìatus)  e  crearono 
molte  false  genealogie,  Cic.  Brut.  16,  62. 

Noi  ignoriamo  quando  coteste  liste  abbiano  incominciato 
ad  essere  propriamente  raccolte  o  collazionate.  Sappiamo  solo 
cbe  Gneo  Flavio,  l'edile  curule  amico  e  protetto  di  Appio 
Claudio,  sino  dal  304  a.  C:  aediculam  aeream  fedi  in  Grae- 
costasi,  quae  tunc  supra  Comitium  eraf,  inciditque  in  tabella 
aerea  factam  eam  aedem  CCIIII  annis  post  CapitoUnam  de- 
dicatam,  Plin.  n.h.  XXXIII  19. 

Quest'ultimo  calcolo  fu  fatto  in  base  ad  una  lista  di  magi- 
strati ? 

Nulla  elimina  in  modo  assoluto  tale  ipotesi.  Ma  non  è 
nemmeno  escluso  che  Gneo  Flavio  abbia  seguito  un  metodo 
assai  diverso.  Nessuno  infatti  che  si  occupi  di  cronologia 
ignora  il  celebre  passo  di  Livio  VII  3,  ad  a.  363  a.  C.  ove  si 
legge:  Lex  vetusta  est,  prìscis  litteris  verbisque  scripta,  ut, 
qui  praefor  maximus  sii,  idibus  Sepfembribus  clavum  pan- 
gat:  fxa  fuit  dextro  lateri  aedis  lovis  Optimi  Maximi,  ex 
qua  parte  Minervae  templum  est.  eum  clavum  quia  rarae 
per  ea  tempora  litterae  erant,  notam  numeri  an- 
norum  fuisse  ferunt  eoque  Minervae  tempio  dicatam 
legem,  quia  numerus  Minervae  inventum  sit.  Vòlsiniis  quoque 
clavos  indices  numeri  annorum  fìxos  in  tempio  Nortiae,  JEtru- 
scae  deae,  comparere  diligens  talium  monumeiitorum  auctor 
Cincius  adfìrmat.  Horatius  consul  ealege  temphuìi  lovis  Optimi 
Maximi  dedicavit  anno  post  reges  exactos^  a  consulibus  postea 
ad  dictatores,  quia  maius  imperium  erat,  solemne  davi  figendi 
translafum  est.  intermisso  deinde  more  digna  etiam  per  se  visa 
res  propter  quam  dictator  crearetur. 


44  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Il  costume  accennato  da  Cincio  non  è  esclusivo  degli 
Etruschi  e  dei  Romani.  Non  solo  se  ne  trova  testimonianze 
momumenti  e  ne  rimane  traccia  nel  vivente  linguaggio  to- 
scano, ma  risponde  per  giunta  a  costumi  esistenti  presso  tanti 
popoli  primitivi,  i  quali  con  aste,  con  nodi  e  con  altri  segni 
analoghi  esprimevano  ed  esprimono  i  numeri  successivi  delle 
cose. 

Sappiamo  che  il  mos  di  cui  Livio  ci  parla  fu  intermissus. 
Ciò  rende  poco  probabile,  lo  ammetto,  ma  non  esclude  del 
tutto  che  Gneo  Flavio  abbia  fatto  in  base  a  tali  chiodi  il 
calcolo  del  tempo  passato  dalla  fondazione  del  tempio  Capi- 
tolino a  quello  in  cui  egli  dedicò  l'edicola  della  Concordia. 

Ma  io  tendo  a  credere  che  sino  dal  tempo  di  Flavio,  edi- 
tore dei  Fasti,  ossia  del  calendario  giudiziario,  si  fosse  in- 
cominciato a  fare  ricerche  di  questo  genere.  Io  penso  anzi 
che  ciò  si  fosse  incominciato  qualche  decennio  prima,  vale 
a  dire  sino  dall'anno  successivo  a  quello  in  cui  i  Galli  lascia- 
rono Roma,  in  cui,  come  la  tradizione  afferma,  si  presero 
norme  relative  appunto  al  calendario  (Liv.  VI  1).  Ebbene 
tutto  ciò  non  esclude  il  fatto  certo  ed  inoppugnabile  che  i 
collettori  di  questi  dati  sul  finire  della  repubblica  si  trovarono 
di  fronte  a  svariati  elementi,  alle  diverse  liste,  di  cui  noi 
troviamo  l'eco  sia  nei  testi  di  Diodoro,  di  Livio,  di  Dionigi 
di  Alicarnasso,  sia  negli  atti  incisi  sulle  j)areti  della  Regia. 

Ma  accanto  a  questi  documenti  ve  ne  erano  pure  altri. 
I  pontefici  non  erano  i  soli  a  custodire  memorie.  Anche  gli 
auguri  sembrano  aver  fatto  qualche  cosa  di  simile.  Le  loro 
dottrine  erano  bensì  arcane  e  si  trasmettevano  soltanto  a 
voce  (Cic.  de  domo  15,  39  Paul.  ep.  Fest.  p.  16  M  s.  v.  arcani 
Plut.  quaest.  Rem.  99),  ma  ci  viene  espressamente  detto  che 
anch'essi  avevano  scritture  ed  archivi.  È  bensì  vero  che  nei 


Occasioni  al  Jormulare  le  liste  dei  Fasti  45 

Ubn  e  nei  commentari  degli  Auguri  erano  contenute  sopra- 
tutto indicazioni  di  carattere  dottrinale  e  rituale  (Cic.  de 
dimn.  II  18,  42  Varr.  d.  L  L.  V  21,  58;  VII  51  Fest.  p.  253 
M  s.  V.  paludati  p.  317  s.  v.  sanqualis).  Ma  va  pur  notato 
clie  in  misura  che  non  sapremmo  determinare,  porgevano 
dati  clie  avevano  un  certo  valore  storico.  Lo  mostra  il  passo 
seguente  che  ha  tanto  più  valore  in  quanto  Cicerone  che  lo 
distendeva  era  già  augure:  de  rep.  II  31,  54:  provocationem 
anfem  etiam  a  regibus  fuisse  declarant  pontificii  libri,  signifi- 
cant  nostri  etiam  augurales. 

Oltre  a  ciò  v'  erano  i  libri  lintei  dei  magistrati  conservati 
nel  tempio  di  Inno  Moneta  nell'arac.  (Liv.  IV  7,  12;  20,  8; 
XXXIX  52,  4).  Orbene  dalle  indicazioni  che  ci  sono  pervenute 
al  444  ed  al  437  noi  apprendiamo  che  le  liste  dei  magistrati 
conservate  nel  tempio  di  Giunone  nell'ara;  non  corrispon- 
devano affatto  a  quelle  delle  altre  fonti  che  probabilmente 
derivavano  dagli  annali  dei  pontefici. 

Annali  dei  pontefici  e  libri  dei  magistrati  sono  periti.  Ma 
chi  può  dirci  quante  divergenze  oggi  esistenti  e  per  noi  insa- 
nabili, derivino  appunto  dalle  due  serie  di  documenti?  Chi 
può  stabilire  sino  a  qual  punto  vi  fu  negligenza  da  parte 
degli  annalisti  che  esaminarono  codesti  archivi? 

Quanta  e  quale  sia  stata  al  riguardo  l'attività  degli  an- 
nalisti e  degli  eruditi  romani  dal  principio  della  storiografia 
nazionale,  vale  a  dire  dai  tempi  di  Fabio  Pittore,  sino  all'età 
di  Attico,  di  Cicerone  e  di  Varrone,  noi  non  abbiamo  più 
modo  di  stabilire.  È  evidente  che  scrittori,  come  Catone  il 
Censore,  il  quale  rintracciava  la  data  delle  città  italiche 
(v.  ad  es.  per  Ameria  apud  Plin.  n.  h.  Ili  114}  o  come  Fabio 
la  data  della  fondazione  di  Roma  (v.  Dion.  Hai.  I-  74)  non 
mancarono  di  esaminare  anche  i  dati  che  si  riferivano  alle 
liste  eponime  dei  magistrati.  Ma  tutto  quanto  si  riferisce  a 


46  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

questo  argomento  è  purtroppo  perito.  Constatiamo  soltanto 
che  nell'ultimo  secolo  della  repubblica  una  serie  non  piccola 
di  scrittori  come  Scribonio,  Attico,  Varrone,  Cornelio  Nepote, 
e  dopo  tutto  Io  stesso  Cicerone  attendevano  a  fare  studi  di 
cronologia  o  di  genealogia.    ' 

Frutto  di  queste  ricerche  è  la  lista  dei  dittatori  e  magi- 
stri  equitum,  dei  consoli,  dei  cens-ori,  dei  trionfatori,  che  fu 
fatta  incidere  da  Augusto  sulle  pareti  della  Eegia  del  Foro.^ 

Sarebbe  interessantissimo  stabilire  come  codesti  vari  scrit- 
tori abbiano  atteso  al  loro  compito;  ed  è  certamente  assai 
preziosa  ogni  indicazione  che  valga  a  ritrovare,  sia  pure  in 
parte,  la  maniera  con  cui  sorse  la  lista  di  Attico,  vale  a  dire 
il  sistema  seguito  da  Varrone  e  da  Cicerone  che  in  fondo 
corrisponde  a  quello  accettato  dai  compilatori  delle  liste 
della  Regia. '"^  Ma  gli  elementi  per  codesta  ricerca  sono  pur- 
troppo scarsi  ed  il  criterio  per  stabilire  il  valore  dei  Fasti 
dittatori  e  consolari  non  emerge  già  dalle  differenze  di  un 
nome  o  di  un  anno  fissato  da  Attico  e  da  Varrone  di  fronte 
a  quello  riferito  da  Diodoro.  L'arbitrio  con  cui  fu  determi- 
nata l'età  Regia,  l'apparente  compattezza  ed  unità  di  dati 
per  i  magistrati  anteriori  al  decemvirato,  di  fronte  alla  in- 
finita varietà  di  nomi  per  il  periodo  posteriore  dei  tribuni 


'  La  questione  certamente  importante  se  i  Fasti  della  Regia  siano  stati 
incisi  nel  30  ovvero  nel  12  a.  C.  (su  ciò  v.  Borghesi  Opere  IX  p.  6  sgg. 
MoMMSEN  Uoem.  Forschungen  II  58.  Hirschfkld  nell'  Hermes  IX  1875  p.  267 
sg.,  X  1876  p.  469  sg.  v.  ora  Kleine  Schriften  (Berlin  1913)  p.  330  sgg. 
Hbnzììn  ad  C'IL.  V  p.  10)  è  secondaria  rispetto  a  quella  della  genesi  storica 
di  codeste  liste.  Ma  per  trattare  a  fondo  questo  secondo  argomento  manca 
pur  troppo  il  materiale. 

'  Su  Attico  V.  le  buone  osservazioni  di  Muenzer  in  Uermes  XL  (1905) 
p.  50  8g.    . 

Circa  i  rapporti  fra  il  liber  annalin  di  Attico  ed  i  Fasti  della  Regia  v. 
giuste  osservazioni  in  C.  Ciohorius  De  fastìs  conmlaribus  antiquissimis  (Lipsiae 
1886)  p.  249  sgg. 


Occasioni  al  formulare  le  liste  dei  Fasti  47 

miUtuìn,  cKe  dovrebbe  essere  invece  molto  più  certo,  ci  rende 
oltre  molto  perplessi  sulla  possibilità  di  conseguire  dati 
sicuri. 

Qualche  termine  sicuro  di  confronto  lo  abbiamo  per  mezzo 
dei  sincronismi  rispetto  alla  storia  greca.  Ma  sono  elementi 
purtroppo  assai  scarsi  che  dall'annalistica  romana  furono 
assai  male  usufruiti,  come  mostra  la  confusione  di  Gelone 
con  Dionisio  (Dion.  Hai.  VII  2)  e  l'aver  fissato  al  431  an- 
ziché al  480  la  prima  invasione  dei  Cartaginesi  in  Sicilia 
Liv.  IV  29,  8.  Errore  meno  grave  ma  tuttavia  notevole, 
trattandosi  di  tempi  ormai  storici,  è  rappresentato  dalla 
data  erronea  che  dalla  vulgata  varroniana  venne  assegnata 
alla  invasione  Gallica  (390  in  luogo  di  387  a.  C.).^ 

Che  i  compilatori  delle  liste  eponime  incise  sulle  pareti 
della  Regia  (Fasti  Capitolini)  abbiano  qualche  volta  bevuto 
grosso  e  si  siano  eccessivamente  fidati  di  dati  non  autentici 
già  accolti  dalla  annalistica  posteriore  risulta  all'evidenza 
dall'  esame  degli  Atti  dei  trionfi. 

Nel  giudicare  del  valore  dei  Fasti,  noi  non  seguiamo, 
come  abbiamo  già  sopra  osservato,  i  criteri  di  quegli  stu- 
diosi che,  mentre  riconoscono  il  debole  valore  degli  elenchi 
dei  dittatori  e  degli  Atti  Trionfali,  cercano  dar  maggiore 
importanza  alle  liste  consolari.  L'elenco  degli  Atti  Trionfali, 
ci  si  permetta  insistere  su  questo  punto,  era  inciso  sulle  pareti 
della  Regia  nel  Fòro  ;  quello  dei  dittatori  e  dei  maestri  dei 
cavalieri  lo  era  del  pari  nelle  stesse  pareti  che  contenevano 
l'elenco  dei  consoli.  Essi  derivavano  originariamente  da  ana- 
loghe  fonti.  Nulla    infatti    prova    che  le    varie    indicazioni 


'  Riferisco  il  dato  polibiano.  Sulle  teorie  di  alcuni  moderni  che  pongono 
la  data  della  presa  di  Roma  al  383  od  al  381  v.  la  critica  del  Leuzb  Die 
roem.  Jahrzàhlung  (Tiibingen   1909)  p.  312  sgg. 


48  Inionw  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

date  negli  elenchi  delle  pareti  esterne  della  Regia  non  fac- 
ciano capo  alle  medesime  sorgenti  e  che  gli  errori  che  im- 
plicano le  prime  liste  non  si  estendano  anche  alle  seconde. 
Ove  ben  si  consideri  il  problema,  si  vedrà  che  il  va- 
lore degli  Atti  trionfali,  delle  liste  consolari  e  dei  dittatori 
non  è  su  per  giù  che  lo  stesso  di  quegli  elogia  che  Augusto 
fece  collocare  nel  Foro  che  da  lui  prese  il  nome  e  che,  come 
è  noto,  contengono  talora  errori  e  menzogne.  Guardiamoci 
adunque  nel  giudicare  codesti  documenti  dal  seguire  un  cri- 
terio unilaterale  oggi  da  molti  seguito  ma  che  non  ha  al- 
cun fatto  a  sua  base. 

Quando  si  debba  o  no  seguire  i  Fasti  della  Regia  o  si 
debba  invece  preferire  quelli  discordanti  può  esser  stabilito 
come  tosto  ripeteremo,  solo  mediante  l'esame  intrinseco  dei 
fatti  storici  attribuiti  a  personaggi  ricordati  dai  Fasti.  Frat- 
tanto constatiamo  come  sia  erroneo  il  principio  che  i  Fasti 
della  Regia  rappresentino  una  tradizione  antichissima  co- 
stantemente sicura,  e  che  essi  siano  in  certo  modo  la  pietra 
di  paragone  per  mezzo  della  quale  sia  dato  controllare  il 
valore  degli  altri  dati.  Codeste  liste,  per  quanto  nel  loro 
complesso  siano  documento  prezioso  e  spesso  attendibile, 
sono  invece  il  resultato  finale  di  una  lunga  serie  di  elabo- 
razioni, del  confronto  di  vari  documenti  e  di  tradizioni 
letterarie. 

Un'altra  conferma  che  a  Roma  mancava  un  elenco  uffi- 
ciale antichissimo  sul  quale  man  mano  si  venisse  aggiungendo 
il  nome  dei  nuovi  magistrati,  è  offerta  dalla  circostanza  che 
i  Fasti  della  Regia,  al  pari  dei  testi  letterari,  ricordano  bensì 
consoli,  censori,  e  dittatori,  ma  non  fanno  menzione  del 
praetor,  che  fu  creato  per  la  prima  volta  nel  367  in  seguito 
all'approvazione  delle  leggi  Licinie-Sextie. 


Occasioni  al  formulare  le  liste  dei  Fasti  49 

La  tradizione  ci  fa  sapere  esplicitamente  che  dal  366  al 
336  il  praetor  fu  esclusivamente  eletto  fra  i  patrizi  e  che 
il  suo  ufficio  aveva  specifica  importanza  rispetto  alla  giuri- 
sdizione civile.  Le  magistrature  dei  praetores  urhanus  et 
peregrinus  conservarono  sino  alla  fine  della  repubblica  ca- 
rattere eponimo.^ 

Or  bene  come  mai  i  Fasti  non  ne  fanno  mai  menzione? 
Come  mai  in  Livio  sono  ricordati  solo  saltuariamente  sino 
alla  fine  delle  guerre  Sannitiche?  Se  ci  fosse  stata  una  lista 
ufficiale  di  cotesti  magistrati  come  mai  sarebbero  stati  pas- 
sati sotto  silenzio?  Perchè  non  furono  ricordati  nella  parete 
della  Regia?  Chi  non  vede  che  abbiamo  redazioni  accorciate 
che  non  rispecchiano  la  forma  delle  liste  più  antiche  ed 
originali  ? 

La  mancanza  di  liste  ufficiali  è  del  resto  dimostrata  in 
modo  inoppugnabile  dal  fatto,  a  cui  abbiamo  già  accennato, 
che  tutte  le  volte  che  Livio  si  trova  di  fronte  a  dubbi  sul 
nome  dei  consoli,  sull'esistenza  di  essi  anziché  di  tribuni  mi- 
litum  e  sull'attività  di  un  dato  dittatore,  non  risolve  mai  il 
quesito  che  egli  stesso  si  è  posto  o  che  ha  trovato  nelle  sue 
fonti. 

Livio  si  limita  invece  ad  accennare  all'  esistenza  di 
diverse  liste,  a  divergenze  fra  annali  più  antichi  e  più  re- 
centi e  dichiara  non  esser  possibile  risolvere  tali  dubbi  per 
l'eccessiva  antichità  o  per  la  mancanza  di  scrittori  contem- 
poranei. 


'  I  praetores  urhanus  et  peregrinus  souo  ricordati  nel  senato  consulto  su 
Asclepiade  Clazomenio  e  sui  suoi  amici  del  78  a.  C.  CIL.  I  u.  203  e  com- 
pare sugli  Atti  dei  fratelli  Arvali  e  su  altri  documenti  indicati  ad  es.  dal 
MOMMSEN  Boem.  Staatsrecht  I*  p.  601  n.  3. 

Sulla  menzione  o  no  di  praetores  nel  Uber  annalis  di  Attico  e  nello  scritto 
analogo  di  Scriboxius  Libo  v.  i  passi  in  CiC.  ad  Att.  XIII  30,  3  ;   32,  3. 

Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  4 


50  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Ora  è  evidente  che  Livio  si  sarebbe  espresso  assai  di- 
versamente, ove  avesse  avuto  modo  di  disporre  di  un  docu- 
mento ufficiale  indiscutibile,  ove  le  liste,  che  nell'età  sua 
erano  state  accettate  da  scrittori  come  Attico  e  Varrone, 
avessero  avuto  valore  canonico  al  di  sopra  di  qualsiasi  con- 
testazione. 

Livio  invece,  seppure,  come  è  ovvio  pensare,  ebbe  no- 
tizia degli  studi  di  Varrone  e  di  Attico  o  di  altre  analoghe 
ricerche,^  ben  sapeva  che  non  bastavano  a  distruggere  le 
varianti  e  le  discrepanze  già  notate  dagli  annalisti  che  lo 
avevano  preceduto.  Egli  si  limitava  quindi  a  riferire  dati 
incerti  senza  nulla  risolvere. 

Ciò  non  indica  la  incuriosità  scientifica  dello  storico  Pata- 
vino, tantomeno  la  sua  inettitudine,  come  è  stato  mille  volte 
detto,  a  risolvere  problemi  di  questo  genere,  ma  la  mancanza 
di  un  documento  sicuro  ed  ufficiale  a  cui  egli  potesse  senz'altro 
riferirsi  per  troncare  la  questione. 

Solo  ove  si  ammetta  che  i  Fasti  consolari  fossero  da 
tempo  interpolati,  si  intendono  infine  le  parole  di  Cicerone 
ove  si  lamentava  dei  falsi  triumphì  e  dei  plures  consulatus, 

*     * 

I  cultori  della  storia  medioevale  sanno  benissimo  che  i 
nomi  di  magistrati  si  trovano  registrati  con  designazione 
cronologica  in  documenti  autentici,  ma  che  le  indicazioni 
relative  alla  loro  attività  e  le  liste  complete  di  tali  nomi 
si  andarono  man  mano  raccogliendo  in  età  posteriore. 

'  Il  liber  annalis  di  Attico  era  già  edito  fra  il  51  ed  il  46  v.  Munzer 
1.  e.  p.  75.  Quello  di  Libone  era  già  edito  prima  del  45  Cic.  ad  Ati.  XIII 
44,  3.  Ora  come  è  noto  i  primi  28  libri  di  Livio  furono  composti  fra  il  27 
ed  il  19  a.  C.  Cfr.  I  19,  3  ;  XXVIII  12,  12.  Per  rapporti  tra  Livio  ed  i 
Fasti  della  Regia  v.  Hirschfeld  Eleine  Schriften  p.  350  sgg. 


Confronti  con  altri  Fasti  51 

Ciò  è  naturalmente  avvenuto  anche  per  Roma.  Le  liste 
dei  Fasti  incisi  sulle  pareti  della  Regia  hanno  origine  nel 
fondo  autentica,  in  quanto  derivano  da  atti  più  o  meno  sin- 
croni, più  o  meno  degni  di  fede,  ma  riproducono  in  parte 
nomi  derivati  talora  da  quelle  memorie  private  che,  stando 
alle  esplicite  dichiarazioni  di  Cicerone,  di  Claudio  e  di  Livio 
non  meritavano  alcuna  fede. 

A  Roma,  come  altrove,  codesta  lista,  interpolata  talora  con 
elementi  non  sinceri,  sorse  in  età  relativamente  tarda,  dopo 
qualche  secolo  di  storia,  quando  per  ragioni  politiche  e  non 
di  solo  interesse  privato,  si  cominciò  a  sentire  il  bisogno  di 
tali  compilazioni.  Come  Ellanico  raggruppò  i  fatti  più  salienti 
intorno  all'elenco  delle  sacerdotesse  di  Argo,  come  il  filosofo 
Hippias  dell'  Elide  cominciò  nel  V  secolo  a  formare  quel- 
l'elenco dei  vincitori  di  Olimpia,  che  diventò  il  più  noto 
punto  di  appoggio  rispetto  alla  numerazione  degli  anni  e 
delle  gesta  politiche  degli  Elleni,  cosi  a  Roma  in  età  rela- 
tivamente recente  si  incominciarono  a  raccogliere  i  dati  re- 
lativi ai  magistrati  sommi  delle  età  anteriori.^ 

Un  esempio  analogo  porge  lo  studio  dei  consoli  delle 
repubbliche  medioevali.  Nonostante  tutto  l'interesse  politico 
e  commerciale  per  serbare  tali  nomi,  la  stessa  repubblica  di 
Firenze,  ossia  la  città  più  colta  d'Italia  nel  medioevo,  non 
conservò  sempre  memoria  costante  dei  nomi  di  tutti  i  suoi 


'  Il  confronto  tra  i  Fasti  romani  e  le  liste  degli  Olympionikae  è  di  già 
fatto  fino  ad  un  certo  punto  da  Plutakco  Nuvi.  1,  ove,  dopo  di  aver  no- 
tato sulla  fede  del  cronografo  latino  Clodius  il  nessun  valore  delle  genea- 
logie romane  per  l'età  anteriore  all'incendio  Gallico,  nota  come  assai  tardi 
Hippias  dell' Elis  avesse  incominciato  a  raccogliere  tali  liste  senza  avere 
documenti  degni  di  fede  per  il  tempo  vetusto  :  àn*  oùSsvèg  i5p|id)p,svov 
àvayxaiou  Tipòg  utaxiv. 

Sul  valore  delle  liste  degli  Olympionilcae  cfr.  Beloch  Griech.  GescMchte 
V  p.  148  sgg. 


52  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

consoli.  Mancano  quelli  dei  primi  decenni;  e  per  gli  anni 
successivi  ne  conosciamo  solo  una  parte,  la  quale  è  stata  ri- 
costruita tenendo  conto  di  documenti  conservati  anche  fuori 
di  Firenze. 

Rispetto  al  numero  preciso  di  questi  magistrati  valga 
ricordare  die  il  cronista  fiorentino  Giovanni  Villani,  il 
quale  viveva  infine  in  tempi  non  eccessivamente  lontani 
dalla  creazione  dei  primi  consoli,  scrive:  «  E  erano  quattro.. . 
«  per  ciascuna  porta  uno,  e  poi  furono  sei  quando  la  città 
«  si  partì  a  sesti.  Ma  gli  antichi  nostri  non  faceano  men- 
«  zione  de'  nomi  di  tutti,  ma  dell'  uno  di  loro  di  maggiore 
«  stato  e  fama  dicendo  ...  :  al  tempo  di  cotale  consolo  e 
«  de'  suoi  compagni  » .  ^ 

Ciò  vale  pure  per  altre  città  d' Italia  :  ad  es.  per  i  Fasti 
di  Genova,  ossia  di  una  tra  le  più  importanti  città  commer- 
ciali del  mondo  nell'età  di  mezzo. ^  Il  confronto  più  oppor- 
tuno è  però  fornito  dalla  stessa  storia  medioevale  di  Roma. 
Solo  mediante  ricerche  di  archivio,  i  critici  moderni  sono 
riusciti  a  rintracciare  in  parte  i  fasti  dei  senatores  del  se- 
colo XII. ^  La  diligenza  dei  moderni,  ove  anche  escluda  fal- 


'  Giov.  Villani  V  32.  Sui  Fasti  consolari  fioreiitini  r.  le  fondamen- 
tali osservazioni  dell' Hartwig  Quellen  tind  Forschungen  z.  aeUesten  Geschi- 
chte  der  Stadi  Florenz  (Halle  1880)  II  p.  181  sgg.  Il  Santini  Documenti 
dell'antica  costituzione  di  Firenze  (1895)  p.  XXII  sgg.,  esclude  falsificazioni, 
ma  ammette  errori  cronologici  e  scambi  di  nomi.  I  piìi  antichi  consoli  figu- 
rano nel  1138.  Il  numero  dei  consoli  noti  varia  da  1  (a.  1206)  a  tre  (a. 
1210]  a  10  (a.  1174;  a  13  (a.  1202)  a  15  (a.  1203  n  Mancano  i  magistrati 
degli  anni  1170  e  1198.  Si  direbbe  di  avere  l'elenco  dei  tribuni  viiliium 
consulari  potestate. 

*  Nei  Fasti  genovesi  del  Caifaro,  che  fu  Console,  abbiamo  4  consoli 
per  il  1102  sgg.,  6  per  il  1127,  3  per  il  1130,  4  per  il  1131.  Per  alcuni 
anni  se  ne  trovano  6  od  8.  Vi  sono  lacune  per  vari  anni  come  il  1056,  il 
1098.  Sul  numero  preciso  non  abbiamo  nulla  di  sicuro.  Cfr.  Canale  Nuova 
storia  della  repubblica  di  Genova  I  p.  248,  412. 

'  L.  Halphen  Ètudes  sur  l'administration  de  Rome  au  Moyen  Age  (Paris 


Confronti  con  altri  Fasti  53 

sificazioni,  uon  riesce  a  trovare  che  alcuni  di  codesti  nomi. 
Molti  secoli  dopo  il  fiorire  dei  vari  Stati  moderni,  gli  eru- 
diti hanno  pensato  a  raccogliere  i  nomi  dei  magistrati  epo- 
nimi, ricavandoli  da  documenti  di  varia  natura.  In  tempi 
relativamente  tardi,  e  non  mai  alle  origini  dei  vari  Stati, 
si  è  tentato  ricostruire  la  serie  di  magistrati  eponimi  per- 
chè servissero  di  documento  alle  età  future. 

Rispetto  alla  formazione  dei  Fasti  valgono  infine  nel  loro 
complesso  quelle  stesse  leggi,  che  presiedono  alla  formazione 
delle  genealogie,  generalmente  false  rispetto  alle  origini,  e 
non  sempre  esenti  da  interpolazioni  anche  per  i  periodi  che 
sono  propriamente  storici. 


1907).  P.  Fedele  Per  la  storia  del  senato  romano  nel  secolo  XII  in  Archivio 
della  R.  Società  Romana  di  Storia  patria  XXXIV  (1911)  p.  351;  L'era  del 
senato  romano  ib.  XXXV  (1912,i. 


54  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


III. 


Argomenti  in  favore  e  contro  la  piena  attendibilità  dei  Fasti  —  Gli 
spostamenti  delV  anno  civile  —  i'  anno  militare  di  sei  mesi  — 
Valore  delle  tavole  censorie  —  I  Fasti  anteriori  alV  incendio  Gal- 
lico furono  salvati  nel  Campidoglio? 


Contro  i  risultati  ai  quali  siamo  arrivati  possono  tutta- 
via farsi  le  seguenti  osservazioni  : 

Le  differenze  capitali  rispetto  al  numero  degli  anni  fra 
i  libri  di  Livio  e  quelli  di  Diodoro  si  riferiscono  ad  un  li- 
mitato numero  di  anni.  E  di  fronte  a  varianti  di  nomi  per 
un  certo  numero  di  anni  v'  è  un  complesso  di  altri  nomi 
abbastanza  compatto  in  cui  ambedue  le  liste  concordano. 

Sia  pure  che  Polibio  erri  nel  riferire  il  collegio  dei  due 
primi  consoli  e  che  Livio  non  sappia  orientarsi  rispetto  alle 
varie  liste  dei  magistrati  nei  primi  anni  della  repubblica  ; 
ma  da  Polibio  e  da  Cicerone  si  ricava  che  si  era  già  d' ac- 
cordo in  età  relativamente  antica  rispetto  al  numero  degli 
anni  passati  dalla  cacciata  dei  re,  sia  che  questa  venisse 
fissata  verso  il  509,  il  508  od  il  507  a.  C* 


'  POLYB.  Ili  22,  poneva  il  primo  consolato  28  anni  avanti  il  passag- 
gio di  Xerxesin  Grecia;  dunque  nel  508  a.  C;  Cicerone  de  fin.  II  20,  66 
fissava  la  morte  di  Virginia  60  anni  post  libertatem  recepfam.  Ora  Cicerone 
de  rep.  II  37,  62,  sa  di  un  terzo  anno  del  decemvirato  449  a.  C.  Si  giunge 
così  al  509  come  a  principio  della  repubblica. 

È  inutile  poi  ricordare  che  al  principio  dell'  impero  le  liste  canoniche 
non  destavano  piii  alcun  sospetto  v.  ad  es.  Ascox.  in  Cornei.  68. 


Argomenti  in  favore  o  contro  l' attendibilità  dei  Fasti  55 

A  ciò  si  aggiungono  due  fatti  che  parrebbero  d'impor- 
tanza capitale  per  assicurarci  della  veridicità  complessiva 
dei  Fasti  e  della  cronologia  tradizionale. 

Dionisio  per  ritrovare  l'anno  della  cacciata  dei  re  e  del 
principio  dei  magistrati  della  repubblica  si  vale  infatti  di 
alcuni  commentari  censori,  i  quali  indicavano  il  censimento 
fatto  due  anni  prima  dell'invasione  Gallica  come  avvenuto 
119  anni  dopo  l'espulsione  dei  re.  Orbene  389-]- 119  conduce 
al  508  a.  C 

Plinio,  d'altra  parte,  ci  fa  sapere  che  nella  tavola  di  bronzo 
con  cui  l'edile  curule  Gneo  Flavio  ricordava  la  dedica  del- 
l'edicola della  Concordia,  si  indicavano,  come  data  della  de- 
dica, 204  anni  dopo  quella  del  tempio  di  Giove  Capitolino. 
Gneo  Flavio  fu  edile  nel  304;  dunque  arriviamo  daccapo,  per 
altra  via,  al  508  a.  C.^ 

8e  si  può  pertanto  dubitare  rispetto  al  valore  delle  liste 
in  sé  e  se  è  pur  necessario  riconoscere  che  queste  sono  il 
frutto  di  contaminazioni  di  dati  differenti,  non  avremmo 
alcun  serio  motivo  di  muovere  dubbi  rispetto  al  numero 
complessivo  delle  magistrature  eponime.  Considerando  poi 
che  Gneo  Flavio  fu  il  primo  editore  dei  Fasti  e  che  insieme 
coi  Fasti  giudiziari  vi  poteva  jDur  essere  l'elenco  dei  magi- 
strati eponimi  della  repubblica,  sembra  naturale  pensare 
che  con  l'opera  di  Gneo  Flavio  si  colleghino  la  prima  cono- 
scenza di  codesti  eponimi  e  la  relativa  ed  apparente  compat- 
tezza dei  Fasti. ^ 


'  Dios.  Hal.  I  74. 

^  Plin.  n.  h.  XXXIII  19  sq.:  incidUque  in  tabella  aerea  factam  eam  aedem 
celili  (i  codrl.  B,  C  hanno  CCIII)  annis  post  Capitolinam  dedicaiam. 

'  Su  Gneo  Flavio  e  la  pubblicazione  dei  Fasti  v.  in  queste  Ricerche 
parte  I  p.  217  sgg.  e  passim. 

Che  al  tempo  di  Cicerone  nei  Fasti  figurassero  i  nomi  dei  consoli  ed 


56  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fusti 

Questi  argomenti,  in  apparenza  cosi  persuasivi,  perdono 
gran  parte  del  loro  valore  ove  si  considerino  i  dati  degli 
antichi  rispetto  alla  durata  dei  consolati  romani. 

A  parte  la  questione  sull'esistenza  in  Roma  di  un  anno 
antictiissimo  di  soli  10  mesi,  sia  nei  rispetti  familiari  cke 
finanziari,  anno  di  cui  si  serbarono  traccie  sino  all'età  impe- 
riale, è  evidente  il  fatto  che  il  termine  dei  più  antichi  anni 
civili  non  fu  sempre  rispondente  al  termine  dell'anno  lunare 
di  12  mesi.^ 

Discutere  minutamente  tutti  i  dati  relativi  ai  termini 
degli  anni  civili  romani  equivarrebbe  a  trattare  a  fondo  tutta 
l'assai  controversa  questione  della  cronologia  romana,  che 
ha  dato  occasione  in  questi  ultimi  cinquanta  anni  ad  opere 
numerose  ed  accurate,  le  quali  si  propongono  di  risolvere 
problemi,  che,  secondo  il  mio  modesto  modo  di  pensare,  non 
possono  per  le  ragioni  che  qui  oltre  dico  essere  condotti  a 
soluzioni  soddisfacenti. 


un  sommario  ricordo  delle  loro  gesta,  si  è  voluto  ricavare  un  argomento 
assai  discutibile  dìilla  lettera  ad  AH.  IV  8  6,  2:  ut  non  minus  longas  iam  in 
codicillorum  Fasiis  futurorum  consulum  paginulas  haheant  quam  faciorum. 

'  Le  uotizie  sull'  antichissimo  anno  romano  di  dieci  mesi  di  cui  par- 
lano gli  antiquari  romani  (Fulvius  et  lunins  apud  Gens.  d.  d.  n.  20,  3;  11, 
21,  43),  Ovii).  Fasti  I  27;  III  99,  119.  Plut.  Niim.  18.  Gell.  n.  A.  IV  6,  16 
Mackob.  I  12,  3.  Serv.  ad  Georg.  I  43)  trovano  la  loro  couferma  nel  fatto 
che  l'anno  di  dieci  mesi  venne  serbato  rispetto  al  lutto  domestico  (Plut. 
Coriol.  39,  9;  Num.  12.  Paul.  Sent.  I  21,  13.  Fragm.  Vatic.  321),  alla  vedo- 
vanza (Cic.  prò  Cluent.  12,  35.  OviD.  Fast.  I  35;  III  134.  Ben.  ad  Helv.  16 
1.  Cod.  Theod.  HI  8,  1  ;  alla  consegna  della  dote  Pol\b.  XXXII  13  ed  alle 
scadenze  delle  cose  locate  Cat.  d.  r.  r.  146;  150  cfr.  Mommsen  Roem.  Chro- 
nologie  2."  ed.  p.  47  sgg. 

Se  pertanto  la  fonte  di  Livio  II  7,  4  parlando  della  morte  di  P.  Vale- 
rius  Poblicola  dice  che  le  matrone  annum  ut  parentcm  eum  liigerunt  ha 
in  mente  l'anno  di   10  mesi. 

L'anno  più  antico  romano  era  basato  sul  calcolo  della  gestazione  del 
feto  umano.  Il  tempo  necessario  a  raggiungere  il  parto  era  calcolato  in 
dieci  mesi  a  Roma  come  in  Grecia  v.  Hkkodot.  VI  69.  Xexopu.  Hell. 
Ili  3,  2;  Pi-ut.  Ayes.  3.  Athkn.  VIII  350  f. 


T. 

a.  493  a. 

C. 

II. 

a.  479  a. 

C, 

m. 

a.  463  a. 

C, 

IV. 

a.  462  a. 

c, 

V. 

a.  460  a. 

e, 

VI. 

a.  450  a. 

e. 

VII. 

a.  443  a. 

e. 

Spostamenti  dell'anno  civile  57 

Basti  quindi  accennare  a  spostamenti  attestati  dagli  an- 
tichi, per  l'entrata  in  carica  dei  magistrati  eponimi  notando 
che  lo  studio  minuto  dell'  antica  tradizione  sembra  condurre 
a  variazioni  anche  più  numerose  ; 

1.0  Settembre.  Dion.  Hai.  VI  49. 
Termine  accorciato  di  due  mesi.  Dion. 
Hai.  IX  13. 

I  Agosto.  Liv.  in  6. 

II  Agosto.  Liv.  Ili  8,  3. 
Decembre.  Liv.  Ili  19,  2. 
15  Maggio.  Liv.  Ili  36,  3  ;  38,  1. 
15  Dicembre  Dion.  Hai.  VI  63  cfr.  per 

423  Liv.  IV  37,  3. 
Vili.  a.  401  a.  C.  =  1  Ottobre.  Liv.  V  9. 

IX.  a.  397  a.  C.  =  Accorciamento  del  termine  per  abdica- 

zione. Liv.  V  17  sg. 

X.  a.  390  a.  C.  =  1  Luglio  Liv.  V  32. 

XI.  a.  352  a.  C.  =  Spostamento  di  termine   per   effetto  di 

undici  interregni  Liv.  VII  21. 
Xn.  a.  341  a.  C.  =  I  consoli  abdicano  ante  tempus  .  .  .  quo 
ìnaturius  i  nuovi    consoli   sostenessero 
la  guerra.  Liv.  VIII  3,  4. 


Non  tengo  conto  dei  molti  altri  spostamenti  che  si  possono 
ricavare  da  interregni,  dalle  date  dei  trionfi  ecc.  Tutti  codesti 
dati  hanno  dato  luogo,  a  partire  dal  Mommsen,  ad  una  serie 
di  sistemi  cronologici,  che  si  basano  sulla  erronea  credenza 
che  noi  si  possegga  tutta  la  serie  di  questi  dati  e  che  essi 
abbiano  valore,  non  solo  come  fenomeno  generale  attestato 
dalla  tradizione  e  rispondente  al  vero  in  tesi  generale,  ma 


58  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

alla  cronologia  ed  alla  storia  dei  singoli  anni  per  i  tempi 
anteriori  alle  guerre  Sannitiche. 

Il  confronto  fra  i  passi  di  Livio  e  di  Dionisio  sopra  ci- 
tati mostra  invece  come  ciascuno  di  codesti  autori  ci  porga 
solo  una  parte  di  codesti  elementi.  A  prescindere  dalla  at- 
tendibilità della  tradizione,  ove  avessimo  tutti  gli  elementi 
di  tal  natura,  noi  potremmo  tentare  la  ricostruzione  di  quella 
che  gli  antichi  credevano  cronologia  romana. 

La  miglior  prova  che  Livio,  rispetto  ai  termini  dell'anno 
civile,  dà  solo  alcuni  dati,  è  fornita  dal  fatto  che  egli,  solo 
incidentalmente  e  di  rado  parla  delle  intercalazioni  (ad  es. 
XLni  11,  10  XV  U,  3).  Così  Livio  ricorda  il  primo  (V  13,  6), 
il  terzo  (VII  2,  2),  il  quarto  (VII  27),  il  quinto  lectlsterniiim 
(Vm  25),  ma  salta  il  secondo.  Del  pari  egli,  pur  ricordando 
in  massima  la  dedica  dei  templi,  non  menziona  quella  del 
tempio  di  luno  Lucina  sull'Esquiliuo  ricordata  per  il  375 
a.  C.  da  Ovidio,  Fast.  IV  35,  e  da  Plinio,  «.  h.  XVI  235. 

Per  quanto  incompleto,  abbiamo  nondimeno  un  complesso 
d'indicazioni  esplicite  dalle  quali  risulta  che  in  varie  occa- 
sioni i  termini  dell'anno  civile  furono  spostati  ed  abbreviati. 
Il  termine  dell'entrata  in  carica  ora  è  fissato  in  Settembre,  ora 
in  Maggio,  ora  in  Luglio,  talora  in  Agosto,  ovvero  in  Dicem- 
bre. Più  tardi  troviamo  l'indicazione  degli  idi  di  Marzo  a 
cui  poi  si  sostituì,  come  è  noto,  il  primo  di  Gennaio. 

Non  mancano  inoltre  indizi  per  pensare  che  il  termine 
delle  magistrature  anziché  con  l'anno  lunare  di  12  mesi  fosse 
regolato,  come  presso  altri  popoli,  dai  solstizi  d'inverno  e  di 
estate  e  dagli  equinozi  di  primavera  e  di  autunno.  I  magistrati 
romani  sarebbero  spesso  entrati  in  carica  agli  idi  di  Settem- 
bre, termine  che  si  accosta  all'equinozio  autunnale.  Talvolta, 
come  per  il  443  a.  C,  sarebbero  saliti  in  carica  agli  idi  di 
Dicembre,  il  giorno  della  festa  del  Settimonzio  vicino  al  ter- 
mine delle  Brumalia,  ossia  del  solstizio  di  inverno. 


Spostammii  delV  anno  civile  59 

Dal  racconto  di  Dionisio,  VII  1,  risulta  che  i  consoli  del 
492  salirono  in  carica  verso  il  solstizio  d' inverno  quando 
fa  fatta  la  pace  fra  plebei  e  patrici  e  sorse  il  tribunato  della 
plebe  (la  secessione  era  incominciata  all'equinozio  di  autunno: 
Dion.  Hai.  1.  e).  Con  ciò  coincide  il  fatto  che  i  tribuni  della 
plebe  solevano  entrare  in  carica  il  10  Dicembre  {Fast.  Prae- 
nest.  ad  d.;  Liv.  XXXIX  52).  E  con  il  termine  antico  di 
entrata  in  carica  anche  dei  consoli  si  spiega  forse  il  fatto 
che  ancora  al  tempo  di  Siila  i  questori  entravano  in  carica 
alle  none  di  Dicembre  (v.  Lex  Cornelia  d.  XX  quaest.;  Cic. 
in   Verr.  1  10,  30.  Schol.  Gronov.  ad  L). 

Il  solstizio  di  estate  è  ricordato  per  il  463  a.  C:  jceol  xàc, 
OeQivàg  {.idÀicrra  Tgo:rtàg  Selnliou  fXT]vóg  (KoiuvnXiov?).  Dion. 
Hai.  IX  651.  L'equinozio  di  primavera  era  infine  non  lon- 
tano dalla  data  degli  idi  di  Marzo  sopra  indicata.  È  vero  che, 
secondo  la  tradizione  più  diffusa,  questo  ultimo  termine  fu 
usato  dopo  il  222  a.  C.  (v.  i  passi  apud  Mommsen  Roem. 
Cronologie,  2.*  ed.  p.  102);  tuttavia  si  nota  che  il  Regifugium 
(24  Febbraio)  era  l'ultimo  giorno  dell'anno  antichissimo  suc- 
cessivo a  quello  dei  Terminalia  ed  era  da  alcuni  autori  con- 
siderato come  quello  della  cacciata  dei  re  (Paul.  ep.  Fest. 
V.  279  M.  cfr.  pp.  258-259  M.  Plut.  quaest.  Rom.  63.  Ovid. 
Fast.  II  685  sqq.).  Ovidio  (Fast.  U  685  sqq.  cfr.  Auson.  ed. 
377,  5)  conosce  anzi  una  tradizione  secondo  la  quale  con  il 
Marzo  cominciava  l'anno  sin  dai  tempi  più  vetusti. 

In  questo  ultimo  passo  si  suol  vedere  un  errore  di  Ovidio. 
Ma  tale  versione  era  nota  anche  ad  altri  autori;  perciò  Plu- 
tarco Pojil.  9  (cfr.  Lyd.  de  mens.  TV  243;  de  mag.  I  32)  dice 
che  Bruto  mori  il  giorno  innanzi  alle  calende  di  Marzo  e 
che  gli  succedette  Valerio,  il  quale  si  nominò  collega  T. 
Lucrezio. 

Che  anche  presso  i  Grreci  i  termini  dell'  anno    civile  ri- 


60  Intorno  alla  form<izlone  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

spendessero  spesso  agli  equinozii  ed  ai  solstizii,  è  noto.  Basti 
rammentare  gli  Achaei  egli  Aetoli,  che  incominciavano  l'anno 
civile  con  l'equinozio  autunnale.' 

Ed  anche  fuori  di  Roma  i  termini  delle  elezioni  dei  ma- 
gistrati poterono  essere  spostati  da  ragioni  sacre,  v.  ad.  es. 
per  Siracusa,  Plut.  Dio  38. 

Le  irregolarità  rispetto  ai  termini  di  entrata  in  carica  e 
della  durata  dei  consolati  nei  primi  due  secoli  della  repub- 
blica, all'avvicendarsi  od  al  farsi  menzione  in  liste  diverse 
di  consoli  o  di  tribuni  della  plebe,  fa  pensare  a  quelle  che 
si  constatano  alla  fine  della  repubblica,  dal  triumvirato  al 
principio  dell'  impero,  quando  infine  la  durata  del  consolato 
venne  ridotta  a  semestri  od  a  termini  più  brevi  con  irre- 
golari termini  di  entrata.^ 

Vi  sono  pure  ragioni  per  credere  che  a  Roma,  come  al- 
trove, gli  anni  fossero  divisi  in  due  parti  equivalenti  a  due 
semestri,  rispondenti  alle  necessità  differenti  di  operazioni 
militari  nell'estate,  e  di  occupazioni  di  natura  differente  nel- 
l'inverno. E  come  per  tali  ragioni  le  cariche  dei  dittatori 
nominati  per  operazioni  militari,  non  oltrepassarono  mai  i 
sei  mesi,  cosi  è  oltremodo  probabile  che  non  sia  stato  esteso 
a  termini  maggiori  il  comando  dei  tribuni  militum  consiliari 
potestate,  dacché  anche  in  età  posteriore  i  tribuni  militum  non 
esercitavano  complessivamente  il  comando  militare  per  un 
termine  che  oltrepassasse  i  sei  mesi  (Polyb.  VI  34,  3). 

I  quattro  anni  dittatorii  dei  Fasti  della  Regia  333,  324, 
809,  301  a.  C.  a  cui  mi    sembra   si    possa    aggiungere    (non 


'  Polyb.  IV  37.  Per  altri  popoli,  a  parte  i  dati  raccolti  da  Bisciioff 
ad  es.  nei   Leipzigcr  Sttidien  XVII  p.  139  sgg.  v.  Ungkk  Zeitrechnnng  §  IG. 
'  MoMMSEN  Euem.  Staaisrecht  II'  p.  82  sgg. 


U  anno  di  sei  mesi  61 

ostante  il  parere  diverso  del  Mommsen.  Roem.  Sfaatsrecht  II 
p.  160  11.  3)  Fanno  dittatorio  di  Camillo  (Liv.  VI  1,  4.  Plut. 
Cam.  31,  3)  devono  pure  essere  stati  anni  di  sei  mesi,  daccliè, 
come  9  noto,  l'ufficio  del  dittatore  non  poteva  oltrepassare 
codesto  termine. 

Il  termine  dei  sei  mesi  risponde  alla  parte  dell'anno  utile 
alle  operazioni  militari  che  nel  calendario  romano  era  fis- 
sata in  termini  un  poco  più  ampi  fra  il  Tubilusfrium  del  23 
Marzo  e  V Armilustrium  del  19  Ottobre.'  Con  l'esistenza  di  un 
anno  di  sei  mesi  si  concilia  il  fatto  che  gli  auspicia,  fonda- 
mento dell'autorità  dei  magistrati,  vigevano  solo  sei  mesi 
(v.  Plut.  Quaest.  Rom.  38). 

Che  l'anno  militare  fosse  diviso  in  semestria  risulta  tanto 
da  Polibio  (VI  34,  3),  dai  tre  bimestri  delle  coppie  dei  tribuni 
militum,  quanto  dalla  lex  lidia  Municipalis^  v.  92.  Di  divi- 
sione dell'anno  civile  in  semestri  si  trova  traccia  tanto  ri- 
spetto ai  dittatori  quanto  al  limite  della  censura  a  18  mesi 
(Liv.  rV  24;  IX  33;  cfr.  Mommsen  Roem.  Staatsrecht  II  p.  348) 
ed  al  proconsolato  di  sei  mesi  (Liv.  X  16,  1).  Termini  di  sei 
o  di  18  mesi  figurano  e  di  frequente  anche  nel  diritto  civile 
(v.  Cic.  prò  Quinctio  8,  30.  Suet.  Claud.  23,  Dig.  XXI  1,  55 
XLVIII  5,  30  cfr.  Gaius  IV  22,  104.  lust.  Inst  I  6,  4). 

Io  non  mi  propongo  raccogliere  tutte  le  traccie  degli  anni 
di  sei  mesi  di  cui  si  serba  ricordo  a  Roma  ed  altrove.  Noto 
tutto  al  più  che  di  un  calcolo  dell'anno  militare  in  sei  mesi 
abbiamo  ricordo  ad  es.  in  Tucidide,  V  20,  che  lo  contrappone 
al  militare  (un  altro  esempio  v.  in  Riano  di  Bene  apud  Paus. 
IV  17,  21).  xlbbiamo  pure  la  prova  che  l'anno  civile  di  sei 
mesi  vigeva  presso  gli  Acarnani  (ad  es.  Gens.  d.  d.  n.  19,  7. 


'  Con  ciò  collima  l'ordine  ai  provinciali    di    procurare  all'  esercito  ro- 
mano il  frumentìim  in  sex  menses  v.  ad  es.  Liv.  IX  43,  6  XXIX  3,  5. 


G2  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Macrob.  I  12,  2),  i  Rodii  (Polyb.  XXVII  6,  2),  i  Geloi  di  Sicilia 
(Inscr.  Gr.  Ital.  et  Sic.  256),  gli  Gnidii  {CI.  G.  2654);»  a  Tenos 
(v.  Michel  Recueil  d'inscript.  grecq.  n.  661).  Per  il  caso  nostro 
è  pure  importante  il  trovarlo  anche  presso  gli  Umbri  (Bue- 
cheler  Timbrica  p.  38). 

Mi  guardo  bene  dall'  affermare  che  tutti  i  dati  riferiti 
dalla  tradizione  annalistica  intorno  alla  data  di  entrata  o  di 
uscita  dei  magistrati  per  l'età  anteriore  all'  incendio  Gallico 
siano  degni  di  fede.  Ma  tutti  i  dati  fin  qui  riferiti  presi  nel 
loro  complesso  fanno  nascere  il  dubbio  se  nella  cronologia 
romana  di  quell'età  non  si  debba  tener  conto  di  qualche 
anno  di  sei  mesi  come  è  presupposto  dai  quattro  anni  ditta- 
tori 333,  324,  309,  301,  come  presuppongono  del  pari  le  indi- 
cazioni sopra  riferite  (p.  57)  sulla  durata  dei  magistrati  del 
462-460  e  la  durata  naturale  dell'  ufficio  dei  tribuni  militari. 

Io  non  voglio  qui  discutere  se  un  esame  della  cronologia 
romana  da  questo  punto  di  vista  non  condurrebbe  a  risultati 
nuovi  ed  inattesi.  Mi  sembra  però  lecita  la  domanda  se  Gneo 
Flavio  e  Dionisio  fossero  rispettivamente  in  grado  di  parlare 
di  204  o  di  119  anni  solari-lunari-civili,  ovvero  di  anni  civili 
le  cui  durate  essi  stessi  non  avessero  più  modo  di  deter- 
minare. ^ 

A  favore  dell'  ipotesi  che  i  Romani  potessero  calcolare 
con  certezza  una  lunga  serie  di  anni  solari-lunari  può  rife- 
rirsi il  fatto  che,  stando  all'antica  legge  sopra  riferita  (p.  43), 


•  Cfr.  BrsCHOFF  1.  e,  p.  315;  negli  Jahrbiichcr  f.  Pini.  1898;  cfr.  Strack 
nel  Rhein.  Museum.  LUI  1898  p.  399. 

Senza  darvi  soverchia  importanza  noto  che  anche  le  duo  dediche 
succesaive  del  tempio  della  Fortuna  Muliebre  DiON.  Hal.  Vili  55  alle  ca- 
lende  del  Dicembre  487  e  poi  al  6  di  Luglio  dell'  anno  successivo  avven- 
gono alla  distanza  di  un  semestre. 


L'anno  di  sei  mesi  63 

il  magistrato  clie  avesse  avuto  il  maius  imperium  quale  dit- 
tatore ovvero  console,  dovesse  fissare  un  chiodo  agli  idi  di 
Settembre  di  ciascun  anno  in  una  parete  del  tempio  di  Giove 
Capitolino  presso  la  cella  di  Minerva. 

E  vero  che  Orazio  console  nel  primo  anno  della  repub- 
blica avrebbe  fissato  codesto  chiodo  per  il  primo,  allorché 
dedicò  il  tempio,  e  che  dal  numero  di  codesti  chiodi  si  sa- 
rebbe potuto  ricavare  anche  il  numero  degli  anni  dalla  de- 
dica Capitolina.  Ma  dallo  stesso  Livio,  che  ci  porge  codesta 
informazione,  noi  apprendiamo  che  tale  costume  era  caduto 
in  dissuetudine,  allorché  nel  362  a.  C.  venne  ripreso.  È  per- 
tanto incerto,  come  abbiamo  già  notato,  se  Gneo  Flavio  potè 
calcolare  gli  anni  dalla  dedica  capitolina,  secondo  gli  anni 
solari-lunari  rispondenti  alla  lista  dei  magistrati  e  dal  numero 
dei  chiodi  infissi  nel  tempio  di  Giove  Capitolino  esattamente 
rispondente  a  quello  degli  anni. 

Se  a  questi  fatti  noi  aggiungiamo  la  considerazione  che 
diversi  autori  variavano  nell'aggiungere  o  nell'omettere  al- 
cuni consoli  o  tribuni  militari  (v.  s.  p.  21  sgg.),  che  non  tutti  gli 
autori  calcolavano  i  4  anni  dittatorii,  che  alcuni  sapevano 
di  un  solo  anno  di  anarchia  mentre  altri  parlavano  di  5  o  di 
4,  che  infine  Calpurnio  Pisone  saltava  i  consolati  del  307  e  del 
306,  che  come  ripeteremo  a  suo  luogo  paiono  duplicazioni  di 
quelli  del  296  e  del  288  in  cui  sotto  gli  stessi  consoli  av- 
vengono gli  stessi  avvenimenti,  noi  verremo  al  risultato  che 
il  numero  di  204  anni  civili  anteriori  al  304  a.  C.  oppure  di 
119  anni  civili  anteriori  al  389  a.  C.  non  ci  é  garantito  da 
dati  sicuri  superiori  a  qualsiasi  dubbio. 


64  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


Restano  le  tavole  censorie.  Ma  queste,  a  confessione  dello 
stesso  Dionisio,  che  le  cita,  erano  conservate  in  archivi  do- 
mestici. 

Dionisio  I  74,  5  dice  espressamente  di  avere  attinto  ai 
TipiTixà  v7to\ivr\[iaxa  à  5ia8sx£tai  Tialg  Tiagà  JtuTQÒg  xal  Jtepl 
jtoÀ?wOii  jroieÌTai  xolc,  fxsO'  gavTÒv  eao^^iévoig  &ojieq  lega  atatQwa 
jtaQa8i8óvai.  jtoÀÀol  8'  slalv  àjtò  tóov  tiuì^tixóóv  ol'xcov  avSpes 
ejtiqjavel^  ot  biacpvXdxxovxec,  avxd. 

Esse  appartenevano  pertanto  a  quella  serie  di  documenti 
talvolta  autentici  ma  spesso  esposti  a  tutte  quelle  falsifi- 
cazioni ed  adulterazioni  che  Cicerone  e  Livio  deplorano  ove 
hanno  occasione  di  parlare  delle  memorie  private.  E  che 
dati  di  tal  natura  debbano  essere  accolti  con  la  più  grande 
cautela,  prova  il  fatto  che  in  codeste  tavole  censorie  (sv 
xólg  Ti[xiìrixoLs  yQd[i\iaaiv)  era  scritto  che  al  tempo  di  Servio 
Tullio  furono  recensiti  85  mila  cittadini  meno  trecento:  ejil 
fi.'UQicéoiv  à)XTÒ  iikidòeg  névxe  TQiaxoaicov  djto880vaai  (Dion.  Hai. 
IV  22). 

Or  bene  si  può  credere,  se  cosi  si  vuole,  alla  personalità 
storica  di  Servio  Tullio  ed  alle  sue  istituzioni,  ma  nessuno 
certo  crede  alla  possibilità  di  conoscere  il  numero  dei  cit- 
tadini di  Roma  nel  VI  secolo.  Questo  dato  di  Dionisio  va 
messo  a  fianco  dell'altro  in  cui  ci  parla  del  numero  delle 
forze  militari  al  tempo  di  Romolo. 

Il  debole  valore  dei  dati  censori  riferiti  da  Dionisio, 
anche  per  il  V  secolo  appare  inoltre  dal  fatto  che  nel  cen- 
simento avvenuto  al  tempo  dell'  incendio  Gallico,  di  cui 
Dionisio  ci    fa  parola,   s'  indicavano  tanti   cittadini   quanti 


Le  tavole  censorie  65 

Roma  ebbe  solo  mezzo  secolo  dopo,  nel  censimento  del  340 
vale  a  dire  quando,  in  seguito  ad  estese  conquiste,  s'im- 
padronì dell' Etruria  meridionale,  del  territorio  dei  Volsci 
e  di  tutte  quelle  regioni  che  formarono  le  tribù  Sabatina, 
Arnieuse,  Pomptina  e  Poblilia. 

Plinio  n.  h.  XXXIII  16,  riferendosi  a  questo  medesimo 
censimento  del  393  a.  C.  dichiara  infatti:  cum  capta  est  Roma 
anno  CCCLXIIII. . .  cum  iam  capitum  liberorum  censa  essent 
OLII  miìUa  DCLXXIIL 

Ebbene  in  Eusebio  Vers.  Arm.  a  proposito  del  censimento 
di  mezzo  secolo  dopo  ad  a.  340  si  legge:  censu  Romae  facto 
inventae  sunt  myriades  XVI  et  FwuVZm.  Ed  in  Hieron.  01. 
110,  1  (cfr.  Prosp.  Aquit.  I  539 E,)  si  legge:  describtione  Ro- 
mae facta  inventa  sunt  civium  CLX  millia.^ 

In  breve  il  calcolo  cronologico  di  Dionisio  basato  sui 
censimenti  non  vale  più  di  quello  relativo  dell'  edicola  di 
Gneo  Flavio. 

La  credenza  che  noi  si  possegga  una  serie  di  fasti  genuini 
e  ben  ordinati  conservati  nella  Regia,  ossia  nell'archivio  dei 
Pontefici  Massimi,  che  si  possano  far  risalire  fino  a  Gneo 
Flavio  o  che  negli  archivi  privati  delle  gentes  si  conser- 
vassero dati  sicuri  che  risalissero  ai  tempi  anteriori  all'in- 
cendio Gallico  non  si  basa  pertanto  su  dati  che  stiano  al 
di  sopra  di  qualsiasi  discussione. - 


'  Sulla  data  delle  quattro  tribù  sopra  citate  v.  Liv.  VII  15,  12  ad 
a.  396. 

*  Le  tahuìae  censoriae  ricordate  da  Vaiìr.  d.  l.  L.  VI  86  contenevano 
solo  formule.  Nulla  poi  possiamo  dire  sull'  età  del  commentarhim  vetns  anqui- 
sitionis  M.  Sergi  Mani  Jilii  qu(a)e8ÌorÌ8  qui  capitis  accusavìt  {Tp-ogum  ib.  VI  90. 

Anclie  i  dati  che  Varroi^e  ib.  VI  14  ricava  dai  libri  Saliorum  hanno 
puro  carattere  di  indicazione  di  rituali. 

Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sul  diritto  ptibblico  di  Roma  5 


66  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


Da  scrittori  moderni  è  stato  più  volte  esposto  un  altro 
argomento  a  favore  della  tesi  che  le  liste  dei  Fasti  più 
più  antichi  derivino  da  documenti  ufficiali  sincroni.  I  sacer- 
doti romani,  cosi  si  osserva,  avrebbero  trasportato  sul  Cam- 
pidoglio il  loro  archivio  allorquando  i  Galli  incendiarono 
la  Città.  Cosi  si  sarebbe  potuto  conservare  la  serie  integra 
e  sincera  dei  magistrati  eponimi. 

A  primo  aspetto  questa  osservazione  seduce.  Secondo  la 
tradizione,  passarono  tre  giorni  di  tempo  prima  che  i  G-alli, 
accortisi  che  la  Città  era  indifesa,  osassero  penetrarvi.  Du- 
rante questi  tre  giorni,  i  Romani,  ci  è  detto,  ebbero  agio  di 
trasportare  le  masserizie  e  le  cose  più  preziose  sul  colle  Ca- 
pitolino. I  sacerdoti  romani  vi  avrebbero  adunque  messo  in 
salvo  anche  loro  documenti,  cosi  come  si  dice  che  fecero  nel 
secolo  X  i  monaci  della  Novalesa  allorché  loro  giunse  no- 
tizia dell'  arrivo  dei  Saraceni. 

Tuttavia  questa  ipotesi  è  contraddetta  dalla  stessa  tra- 
dizione. 

La  tradizione  è  infatti  unanime  nel  dire  che  le  vergini 
Vestali,  il  flamine  Quirinale  ed  i  rimanenti  sacerdoti  presi 
dal  timor  panico  se  ne  fuggirono  a  Caere  recando  seco  il 
fuoco  sacro  di  Vesta  ed  una  parte  dei  sacri  arredi.^  La  tra- 


'  DiOD.  XIX  115,  3  sa  di  viveri  e  di  suppellettile  preziosa  portati  nel 
Campidoglio.  Plutarco  Cam.  20,  3  dice  j)ure  che  èv  Tipcóxo-.g  5s  tmv  ispòiv 
&  |ièv  Eìg  tò  Kau'.xcóXiov  àvea>tsuctaavxo,  ma  aggiunge  che  le  Vestali  con 
il  fuoco  di  Vesta  e  con  le  rimanenti  cose  sacre  fuggirono.  Le  Vestali  erano 
sotto  la  tutela  dei  pontefici  che  dovremmo  comprendere  fra  i  sacerdoti  che, 
secondo  la  più  diffusa  versione,  abbandonarono  Roma,  Liv.  V  40,  10;  VII 
20,  7. 


I  Fasti  furono  salvati  nel  Campidoglio?  67 

dizione  aggiunge  che  essi  seppellirono  in  un  luogo  detto 
doliola  non  lontano  dalla  Cloaca  Massima  ciò  che  non  po- 
terono portare  seco.* 

E  la  versione  circa  la  fretta  con  cui  i  sacerdoti  abban- 
donarono B-oma  lasciandovi  le  cose  sacre  sarebbe  confermata 
dal  racconto  relativo  al  lituo  di  Romolo  ritrovato  sotto  le 
ceneri  nel  Palatino.^  Livio  ci  fa  invece  sapere  che  i  docu- 
menti pubblici  superstiti  furono  più  tardi  ritrovati  dopo  la 
partenza  dei  Galli  non  sul  colle  Capitolino  bensi  fra  le  ce- 
neri della  Città  che  i  barbari  avevano  incendiato.^ 

Che  in  codesto  incendio  si  fosse  salvata  qualche  tavola 
di  bronzo  contenente  le  leggi  delle  XII  Tavole,  ovvero  le 
leggi  regie,  come  Livio  ci  afferma,  è  già  molto  difficile 
ammettere  per  sé  stesso;  pur  tuttavia  ciò  potrebbe  accor- 
darsi, visto  che  i  Galli  facevano  soprattutto  incetta  di  be- 
stiame e  di  oro  (Polyb.  II  11:  6Q8[i|.iaTa  xal  '/Qvaó(;). 

Riesce  però  difficile  pensare  che  dall'incendio  si  fossero 
salvate  le  tavole  di  legno  in  cui  erano  incisi  i  nomi  dei 
magistrati.  Da  Cicerone  de  orai.  H  12,  52,  e  dal  commentario 
serviano  ad  Aen.  I  373,  apprendiamo  infatti  che  le  tavole 
dei  pontefici  (dealbataé)  erano  di  legno  così  come  di  tavole 
di  quercia  pure  si  parla  a  proposito  delle  antichissime  leges 
regine  attribuite  al  tempo  di  Anco  Marcio  (Dion.  Hai.  III  36). 

D'altra  parte  Livio  esplicitamente  afferma  che  i  com- 


•  Liv.  V  40;  50,  3.  Plut.  Cam.  21.  Blog.  Alhini  CIL.  V  p.  191.  Nel  rac- 
conto di  DiODORO  XIV  105  si  accenna  alla  fuga  a  Velo,  ma  nel  cap. 
117  si  accenna  pure  indirettamente  a  Caere  (cfr.  Strab.  V  p.  221  C).  Se  i 
doliola  contenessero  oggetti  sacri  del  tempo  di  Noma  o  della  catastrofe 
gallica  era  oggetto  di  discussione  fra  gli  eruditi  romani  Varr.  d.  l.  L.  V 
157.  Liv.  V  40,  8.  Plut.  Cam.  20,  9. 

'  Cic.  de  divin.  I  17,  30.  DiON.  Hal.  XIV  2.  Fast.  Praen.  ad  d.  23 
Mart.  (Tubilustra).  Plut.  Cam.  32  (cfr.  DiOD.  XIV  115,  6). 

'  Liv.  VI  1,  9. 


68  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

mentari  dei  pontefici  perirono  nell'  incendio  Gallico  VI  1,  2  : 
si  quae  in  commentariis pontifìcum  aliisque  puhlicis  privatisque 
erant  monumentis,  incensa  urbe  pleraeque  interiere. 

Vi  sono  casi  in  cui  Livio,  allorché  riferisce  le  discordi 
opinioni  degli  annalisti  non  è  sicuro  del  vero.  È  naturale 
che  allora  ci  lasci  titubanti.  Ma  non  abbiamo  certo  ragione 
di  dargli  sulla  voce  allorché  candidamente  afferma  la  man- 
canza di  documenti  atti  a  ristabilire  la  realtà  storica. 

Se  i  sacerdoti  avessero  trasportato  sul  Cami3Ìdoglio  il 
loro  archivio,  come  mai  si  sarebbero  cercate,  come  da  Livio 
si  apprende,  nel  Foro  tra  le  ceneri  della  Città  incendiata  dai 
Galli,  le  leges  regiae  e  le  XII  Tavole  ed  i  foedera? 

La  tradizione  non  ci  dice  inoltre  che  i  sacerdoti  furono 
i  primi  a  fuggire? 

V'era  però  un'altra  tradizione  più  onorevole  per  i  sacer- 
doti. I  senatori,  e  fra  essi  il  famoso  Papirio,  avrebbero  at- 
teso i  barbari  e  la  morte  nel  Foro  o,  secondo  altre  versioni, 
negli  atrii  delle  loro  case.^  Il  pontefice  massimo  Folio,  che 
votò  alla  morte  i  colleghi,  avrebbe  per  il  primo  dato  il 
buon  esempio  attendendo  con  coraggio  i  barbari. ^ 

Ma  anche  questa  seconda  versione  non  afferma  pertanto 
che  i  pontefici  furono  tra  coloro  che  si  salvarono  nel  Campi- 
doglio portando  seco  i  sacri  arredi.  Anche  questa  tradizione 
é  concorde  con  la  precedente  che  le  leges  e  i  foedera  vennero 
trovati  dopo  la  partenza  dei  Galli  tra  le  ceneri    del  Foro. 

Si  potrebbe  nondimeno  fare  una  osservazione.  I  docu- 
menti dei  pontefici  e  quindi  le  liste  eponime  da  essi  serbate 
erano  bensì  andate  distrutte  durante  l' incendio  Gallico,  ma 
sull'ara?  capitolina  si  custodivano  gli  archivi  di  altri  sacer- 

'  Liv.  V  41,  cfr.  Plut.  Cam.  21.  ZON.  VII  23  (cfr.  Cass.  Dio  I  p.  29 
Boiss).  Le  (lue  tradizioni  sono  fuse  in  Flor.  I  7,  9. 

*  Ln^  V  41.  In  Pr.UT.  Cavi.  21  il  pontefice  è  detto   Fahiua. 


I  Fasti  furono  salvati  in  Campidoglio?  69 

doti.  Non  ci  è  forse  detto  che  nel  tempio  di  Giunone  Moneta 
si  conservavano  i  libri  lintei  citati  da  Elio  Tuberone  e  da 
Licinio  Macro  i  quali  in  base  ad  essi  riferivano  dati  discor- 
danti sui  nomi  dei  magistrati? 

A  prima  vista  questa  osservazione  ha  qualche  valore.  Tan- 
to più  che  queste  indicazioni  si  riferiscono  anche  al  444  a.  C, 
ossia  a  tempi  anteriori  di  mezzo  secolo  all'  incendio  Gallico. 

V  è  nondimeno  da  osservare  un  fatto  importante.  Co- 
desti libri  lintei  erano  conservati  nel  tempio  di  Giunone 
Moneta.  Ora  cotesto  tempio  fu  eretto  solo  tra  il  345  e  il 
344  a.  C.  e  fu  costruito  non  già  sopra  un  edificio  sacro 
preesistente,  bensì  sull'area  dove  sino  al  tempo  dell'incendio 
Gallico  era  stata  la  dimora  privata  di  M.  Manlio  Capitolino 
(Liv.  VII  28). 

Le  indicazioni  di  Licinio  Macro  e  di  Elio  Tuberone  non 
derivavano  adunque  da  documenti  conservati  nel  Campido- 
glio prima  dell'  incendio  Gallico  e  nemmeno  dal  387.  Questi 
vi  furono  trasportati  da  un  altro  luogo.  Ed  è  forse  qui  il 
caso  di  ricordare  che  il  colle  Capitolino  (come  io  feci  notare 
molti  anni  fa,  ed  ora  comincia  ad  ammettersi  da  qualche 
dotto)  diventò  il  centro  sacro  e  religioso  della  Città  solo 
dopo  che  il  Nume  di  Giove  Tarpeio  mostrò  che  codesto  colle 
era  il  luogo  più  sicuro  per  la  difesa  dei  cittadini.  Il  Capi- 
tolium  Vetus,  come  apprendiamo  da  Varrone  e  da  altri  do- 
cumenti, era  invece  situato  sulla  parte  più  a  nord  del  Qui- 
rinale, su  per  giù  ove  oggi  è  la  sede  dei  re  d'Italia  non 
lungi  dalle  limitrofe  adiacenze  del  Palazzo  Barberini.' 


*  Varr.  d.  l.  L.  V  158:  clivua  proximua  versus  Capitolium  vetus,  quod  ìM 
tacellum  lovis  lunonis  Minervae  et  id  antiquius  quam  aedis  quae  in  Capitolio 
facta.  CIL.  VI  373,  374.  Not.  d.  Scavi  1887  p.  321  v.  altre  indicazioni  nella 
mia  Storia  di  Roma  I  2  (Torino  1899)  p.  183  nota  1. 

Ciò  che  nel  1899,  detto  la  prima  volta  da  me,  parve  eresia,  ora  è  am- 


70  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

D'altra  parte,  se  anclie  ci  furono  documenti  conservati 
da  altri  sacerdoti,  contenenti  indicazioni  incidentalmente 
usufruite  dagli  annalisti,  la  tradizione  è  concorde  nel  dire  che 
le  più  antiche  memorie  nazionali  erano  notate  nelle  tahulae 
dei  pontefici  massimi,  d'onde  gli  annalisti  toglievano  a  lor 
piacere  le  notizie  che  essi  reputavano  degne  d'  essere  inse- 
rite nei  loro  racconti.^  Tutta  la  tradizione  annalistica,  com- 
presi gli  annali  di  Livio,  mostrano  all'evidenza  che  ciò  che  si 
riferisce  a  nomina  di  magistrati  e  ad  espiazione  di  prodigio, 
in  breve,  che  la  tessitura  esterna  dell'annalistica  deriva  dagli 
Annali  Massimi,  e  che  Livio  nei  passi  sopra  riferiti  cita  inci- 
dentalmente ed  in  via  di  eccezione  i  libri  dei  magistrati. 

Livio  ad  ogni  modo  attesta  esplicitamente  che  le  me- 
morie autentiche  della  storia  romana  anteriore  all'incen- 
dio Gallico  perirono,  che  se  alcuni  dati  erano  conservati 
in  commentariis  pontificum  aliisque  publicis  privaiisque  mo- 
numentis,  inceyisa  urbe  pleraeque  interiere  VI  1,  2. 

Qualche  cosa  pertanto  si  salvò,  ma  la  minor  parte.  Ciò 
vale  non  solo  per  i  commentarli  dei  pontefici  ma  eventual- 
mente anche  per  tutte  le  altre  scarse  indicazioni  che  erano 
state  sino  allora  affidate  alla  scrittura. 

Ove  pertanto  i  Fasti  di  cui  noi  disponiamo  facessero  capo 
alla  redazione  nota  a  Gneo  Flavio  o  da  lui  pubblicata,  questa 
non  poteva  già  custodirci  la  non  interrotta  trascrizione  del 
nome  degli  eponimi  segnati  man  mano  sino  da  età  antichis- 
sima, salvatasi  per  giunta  attraverso  la  catastrofe  Gallica. 
La  tradizione  dei  nomi  a  noi  pervenuti  rappresenta  invece 
una  ricostruzione  di  età  relativamente  tarda,  posteriore  in 
ogni  caso  all'incendio  Gallico. 

messa  come  la  cosa  più  naturale  del  uioudo  da  O.  Riciiter  Das  alte  Rom. 
(Leipzig  1913)  p.  42. 

'  Cic.  de  orat.  II  12,  52.  DiON.  Hal.  I  73.  Serv.  ad  Acn.  I  373. 


Fasti  e  fatti  storici  71 


IV. 


Necessità  di  studiare  i  Fasti  in  stretta  relazione  con  la  veridicità  delle 
gesta  attribuite  ai  singoli  magistrati  —  Loro  valore  per  la  seconda 
metà  del  IV  secolo,  per  la  prima  metà  del  secolo  medesimo  e  per 
il  secolo   V  —  Conclusioni. 

Ma  se  i  documenti  pubblici  e  privati  anteriori  all'  incen- 
dio Gallico  per  la  maggior  parte  perirono,  se  le  liste  dei  Fasti 
sono  frutto  di  tardiva  ricostruzione  e  vennero  talora  inter- 
polate, quale  valore  storico  dobbiamo  assegnare  nel  com- 
plesso ai  dati  a  noi  pervenuti  per  le  età  più  antiche  per  le 
quali  essi  porgerebbero  dati  desiderati  e  preziosi? 

Claudio,  un  cronografo  citato  da  Plutarco,  dichiarava 
apertamente  che  le  memorie  anteriori  alla  catastrofe  Gallica 
erano  indegne  di  fede  poiché  erano  state  composte  a  favore 
di  illustri  famiglie.  ^  E  Plutarco  parlando  della  data  della 
presa  di  Roma  per  opera  dei  Galli,  dopo  aver  osservato  che 
tal  fatto  sarebbe  avvenuto  circa  360  anni  dopo  la  fondazione 
della  Città,  dichiarava  :  «  se  pure  è  lecito  fissare  con  esattezza 
la  cronologìa  di  questa  catastrofe,  mentre  si  disputa  sulV  e- 
sattezza  di  quella  relativa  ai  tempi  piti  recenti».^ 

Prendendo  a  base  codeste  dichiarazioni  dovremo  noi  far 
tabula  rasa  delle  indicazioni  dei  Fasti  per  l'età  anteriore  al- 
l'incendio  Gallico? 

•  Plut.  Nuin.  1. 

'  Plut.  Cam.  22:  ei  xtp  7i'.a-òv  à-oaoJaSoS-ai  T.va  xòiv  y^^i'tin'i  àxpi- 
gàtav,  olg  X7.Ì  -ìpi  vìwxépcov  òcÀÀov/    à;i,',p'.a3YiTr^a'.v  r;   O'Jyx.'-'^-S  sxsivr,   Tia- 


72  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Ciò  sarebbe  certamente  arbitrario.  Gli  ammonimenti  di 
questi  scrittori,  che  collimano  cosi  bene  con  quelli  di  Livio, 
ci  trattengono  solo  dal  prestar  cieca  fede  ai  dati  della 
tradizione,  non  già  a  negarle  fede  in  tutto  e  per  tutto.  A 
negar  in  parte  fede  ai  dati  riferibili  al  periodo  anteriore  al- 
l'incendio  Gallico  contribuisce  fra  l'altro  l'esame  dei  primi 
cinque  libri  di  Livio  che  espongono,  i  fatti  appunto  anteriori 
a  tale  incendio,  confrontati  con  gli  altri  cinque  che  giungono 
alla  fine  delle  guerre  Sannitiche  e  con  quelli  delle  decadi 
successive. 

Emerge  dal  complesso  di  tale  esame  che  la  tradizione  è 
nel  fondo  compatta  ove  parla  dei  re  o  del  periodo  che  dal 
principio  della  repubblica  va  sino  al  decemvirato.  Tale  com- 
pattezza scema,  ma  non  scompare  del  tutto  per  l' età,  che 
vien  dopo  e  giunge  sino  all'incendio  Gallico.  Livio  VI  1,  3 
dichiara  poi  che  con  gli  anni  successivi  a  codesto  avveni- 
mento incomincia  una  nuova  età  più  bella  e  più  certa  :  cla- 
riora  deinceps  certioraque  ab  secunda  origlile  velut  ab  stirpìbus 
laetius  feraciusque  renatae  Urbis  gesta  domi  militiaeque  expo- 
nentur  VI  1. 

Orbene  come  mai  le  difficoltà  nei  Fasti  e  nella  cronologia 
invece  di  scemare  aumentano?  Come  si  spiega  che  le  liste 
dei  tribunati  militari  a  partire  dal  367  non  sono  del  tutto 
chiare?  Come  è  potuto  avvenire  che  per  il  375-371  ci  sono  i 
cinque  anni  dell'anarchia  che  altri  autori  riducevano  ad  uno? 

E  come  si  spiega  che  il  Cronografo  dell'  anno  364  non 
conosce  affatto  codesta  anarchia  di  cinque  anni  e  dà  invece 
il  nome  dei  magistrati  che   governarono  dal  374  al  371?^ 


•  Chron.  ad  a.  354  sqq.  I  nomi  sono  in  parte  corrotti  Baccho  solo  per 
il  375;  Papirio  et  Vivio  por  il  374;  Sacrabiense  et  Cellemontono  per  il  373; 
Prisco  et  Comminio  per  il  372;  Mamertino  et  solo  per  il  371. 


Valore  storico  dei  Fasti  per  il  secolo  IV  73 

Che  cosa  sono  poi  questi  anni  dittatorii  che  nei  Fasti  figu- 
rano per  il  339-324-309-301  come  interi  anni  solari-lunari 
mentre  è  legge  immutabile  dello  Stato  romano  che  la  dittatura 
non  duri  mai  oltre  i  sei  mesi  ? 

V'è  di  più:  se  v'è  periodo  intricato  nella  cronologia  è 
quello  delle  guerre  Sanniti  che;  se  vi  sono  notizie  contrad- 
dittorie, false  dittature  e  false  indicazioni  sull'attività  dei 
consoli,  cadono  proprio  nel  periodo  che  dall'intervento  dei 
Romani  nella,, Campania  va  sino  all'età  di  Pirro. 

È  appunto  per  il  322,  là  dove  parla  della  dittatura  di  A. 
Cornelio  che  Livio  fa  la  desolante  constatazione  che  non  era 
possibile  in  questi  casi  sapere  a  quale  autore  si  dovesse  dare 
la  preferenza,  poiché  ogni  singola  famiglia  con  evidente 
menzogna  attribuiva  a  se  le  medesime  gesta  militari,  in  modo 
che  ne  era  confusa  la  storia  dei  tempi.  Non  è  fuori  di  luogo 
rileggere  le  sue  parole  Vili  40,  4 :  7iec  facile  est  aut  rem  rei 
aut  auctorem  auctori  praeferre.  vitiatam  memoriam  fiinehrihus 
laudìbus  reor  falsisque  imaginum  tifulis,  dum  familiae  ad  se 
quaeque  famam  rerum  gestarum  honoì'umque  fallenti  mendacio 
trahunt.  inde  certe  et  singulorum  gesta  et  publica  monumenta 
rerum  confusa,  nec  quisquam  aequalis  temporibus  illis  scriptor 
extat,  quo  satis  certo  auctore  stetur. 

Con  il  testo  di  Livio  concorda  nel  fatto  Calpurnio  Pisone 
ove  saltava  i  consolati  del  307,  306.  A  questo  proposito  Livio 
IX  44,  4  osservava:  memoriane  fugerit  in  aìinalihus  dige- 
rendis,  an  consulto  binos  consules,  falsos  ratus,  franscenderit, 
incertum  est.  Questo  fatto  ha  una  certa  importanza  perchè 
Calpurnio  Pisone  ci  teneva  in  certi  casi  a  correggere  la  crono- 
logia data  da  suoi  predecessori.* 

Il  quesito  posto  da  Livio  nel  caso  speciale,  ossia  perchè 

'  Calp.  Pis.  apad  Dion.  Hal.  IV  15. 


74  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Calpuruio  Pisone  avesse  saltato  i  consolati  del  307  e  306  non 
si  può  risolvere  senza  esaminare  allo  stesso  tempo,  come 
già  dicemmo,  le  gesta   attribuite  a  codesti  magistrati. 

I  consoli  del  307  Ap.  Claudio  e  L.  Volumnio  ricompaiono 
per  la  seconda  volta  nel  296.  Quelli  del  306  Q.  Marcio  e  T. 
Cornelio  li  abbiamo  pure  per  la  seconda  volta  nel  288.  Io 
h.0  esaminato  altrove  le  gesta  di  codesti  anni.'  Nel  caso  pre- 
sente a  noi  non  preme  tanto  risolvere  il  perchè  Calpurnio 
Pisone  avesse  saltati  codesti  due  consolati,  ciò  che  non  si 
può  fare  senza  un  complessivo  esame  di  tutte  le  guerre  sanni- 
tiche,  quanto  rilevare  in  via  di  principio  generale  che  se  vi 
fosse  stato  un  elenco  ufficiale  certo  ed  inoppugnabile  dei  Fasti 
consolari,  Livio  non  sarebbe  stato  esitante  nel  decidere  se  Cal- 
purnio Pisone  fosse  o  no  incorso  in  omissioni  o  se  avesse, 
realmente  giudicato  falsi  i  collegi  consolari  di  quel  biennio 

Dal  passo  di  Livio  risulta  invece  all'  evidenza  : 

1.  Che  Livio  ove  riconosceva  l'impossibilità  di  risolvere 
questioni  di  cronologia  e  di  fasti  deplorava  la  mancanza 
di  scrittori  coevi. 

2.  Che  anche  per  la  fine  del  secolo  IV  si  ammetteva  da- 
gli antichi  scrittori  ci  potessero  essere  consoli  falsi. 

Con  il  disordine  della  cronologia  di  questi  anni  collima  poi 
il  fatto  che,  mentre  Calpurnio  Pisone  saltava  i  consoli  del 
307  e  del  306,  i  Fasti  della  Regia,  Livio  e  le  altre  fonti  fissano 
al  309  il  presunto  anno  dittatorio  in  cui  i  moderni,  a  ragione 
od  a  torto,  sogliono  vedere  un  espediente  cronologico. 

Certo  dopo  Pirro  gli  elenchi  dei  magistrati  romani  sono 
al  di  fuori  di  qualsiasi  contestazione  ;  ma  per  il  tempo  delle 
guerre  sannitiche  i  Fasti  della  Regia  porgono   notizie  che 


'   Rimiiudo  a  qnuuto  scrissi  al  proposito  nella  mia  Storia  di  Eoma  I  2 
(Torino  1899)  p.  522-532. 


Valore  storico  dei.  Fasti  per  il  secolo  IV  75 

sono  del  tutto  diverse  da  quelle  conservate  da  Livio.  Le 
memorie  domestiche  sono  alla  loro  volta  eco  di  vanti  i  quali 
erano  in  opposizione  tanto  con  i  Fasti  ufficiali  quanto  con 
i  dati  dell'  annalistica. 

Tanto  è  vero  che,  mentre  Livio  X  12,  3  ad  a.  298  dichia- 
ra: consules  inter  se  provlncias  partiti  sunt.  Scipioni  Etruina, 
Fulvio  Samnites  ohvenerunt,  diversique  ad  suum  qiiisque  hel- 
lum  profìsciscuntur  ed  aggiunge  che  il  console  L.  Cornelio 
Scipione  operò  nell'Etruria  mentre  Fulvio  superò  i  Sanniti 
a  Boviano  e  ad  Aufidena,  gli  Atti  Trionfali  dichiarano  che 
su  Etruschi  e  Sanniti  trionfò  il  console  Fulvio. 

In  piena  opposizione  a  queste  due  versioni  nell'elogio  di 
L.  Cornelio  Scipione  {CIL.  I  n. 29)  è  detto:  Taurasìa  Cisauna 
Samnio  cepit,  suhlgit  ommne  Loucanam  e  vi  si  ignora  del  tutto 
ciò  che  questo  personaggio  avrebbe  compiuto  in  Etruria,  di 
cui  invece  Livio,  come  abbiamo  sopra  visto,  fa  particolare 
menzione. 

Sta  pure  in  rapporto  con  codeste  medesime  incongruenze 
il  fatto  che,  secondo  un'altra  versione,  Gn.  Fulvio,  il  console 
che  secondo  gli  Atti  Trionfali  avrebbe  trionfato  degli  Etru- 
schi nel  298,  avrebbe  invece  combattuto  contro  codesto  me- 
desimo popolo  nel  302.  E  dopo  aver  narrato  la  brillante 
vittoria  del  legato  Fulvio,  Livio  X  5,  13  aggiunge:  haheo 
auctores  sine  ullo  memorahili  proelio  pacatam  ab  dictatore 
(cioè  M.  Valerio)  Etruriam  esse,  seclitionibus  tantum  Arreti- 
norum  compositis  et  Gilnio  genere  cum  plebe  in  gratiam  re- 
ducto. 

Queste  discordanze  non  sono  isolate.  Nel  periodo  delle 
guerre  Sannitiche  occorrono  frequentemente,  anzi,  per  cosi 
dire,  anno  per  anno.  Esse  non  possono  però  conveniente- 
mente studiarsi  senza  il  contemporaneo  esame  delle  gesta 
storiche  congiunte  con  il  nome  dei  duci. 


76  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Ebbi  già  occasione  parecchi  anni  or  sono  di  rilevare 
una  serie  di  contraddizioni  e  di  errori  nei  Fasti  del  IV  se- 
colo. Tornerò  a  discutere  di  ciò  nei  volumi  III  e  IV  della 
mia  Storia  critica  di  Roma  ed  offrirò  a  suo  tempo  il  risul- 
tato definitivo  dell'  esame  dei  dati  cronologici  sino  alle 
guerre  Puniche. 

Per  dimostrare  quale  sia  il  valore  dei  Fasti  per  il  IV 
secolo,  basti  per  ora  ricordare  in  via  sommaria  qualche  al- 
tro esempio: 

Come  Gn.  Fulvio  è  presentato  ora  come  console  ed  ora 
come  legato  nelle  guerre  etrusche,  cosi  L.  Postumio  Megello, 
stando  a  differenti  versioni,  sarebbe  stato  console  nel  294  e 
nel  291  in  cui  prese  Venosa.  Ovvero  nel  294  avrebbe  com- 
piuto ciò  che  si  attribuiva  al  consolato  di  lui  del  291  a. 
C.  e  nel  293  sarebbe  diventato  legato  consolare.  In  tal  mo- 
do, si  affermava,  avrebbe  evitato  quel  processo  da  cui  lo  si 
dice  minacciato  o  condannato  nel  294  e  nel  291  (Liv.  X  33 
sqq.  Dion.  Hai.  XVH  sqq.  XV  IH  sqq.). 

L'incertezza  di  questi  anni  e  di  queste  gesta  è  ricono- 
sciuta dallo  stesso  Livio  X  37,  13  ad  a.  294:  et  huius  anni 
parum  consta ns  memoria  est.  Postumium  auctor  est  Clau- 
dius  in  Samnio  captis  aliquot  urhibus,  in  Apulia  fusum  fu- 
gatumque,  sancium  ipsum  cum  paucis  Luceriam  compulsum. 
ab  Atilio  in  Etruria  res  gestas,  eumque  triumphasse.  Fabius 
ambo  consules  in  Samnio  et  ad  Luceriam  res  gessisse  scribit  cet. 

La  menzione  che  qui  Livio  fa  delle  divergenze  di  Fabio 
Pittore  e  di  Claudio  Quadrigario  mostra  come  non  fosse  più. 
dato  ritrovare  la  verità  dei  fatti  ove  anche  si  fosse  risalito 
alle  fonti  più  antiche. 

Si  riconnettono  pure  a  fatti  originalmente  unici  o  fra  loro 
confusi  le  dittature,  i  consolati  e  le   legazioni  di   Cornelio 


Valore  storico  dei  Fasti  per  il  secolo  IV  77 

nel  322,  320,^  la  dittatura  di  un  Valerio  nel  301  e  nel  300,2 
i  consolati  e  la  legazione  di  M.  Valerio  e  di  P.  Decio  nel  312 
e  nel  310  (di  cui  uno  figura  come  console,  l'altro  come  pre- 
tore nel  308)  di  un  Decimo  Bruto  nel  292  o  nel  291. 

M.  Valerio  e  P.  Decio  sono  consoli  nel  312,  Valerio  com- 
batte i  Sanniti  mentre  Decio  resta  a  Roma  ammalato  (Liv. 

IX  29  sq.  Contro  gli  Etruschi  si  nomina  un  dittatore  che  poi 
non  ha  occasione  di  combatterli  (Liv.  IX  29).  Nel  310,  Valerio 
e  Decio  sono  legati  di  Q.  Fabio  durante  la  guerra  etrusca,  e 
gran  parte  del  merito  di  questa  sarebbe  spettata  ad  essi, 
mentre  per  il  308  (il  309  è  un  anno  dittatorio  che  manca 
a  Livio)  sono  fatti  l'uno  console,  l'altro  pretore.  Nel  308  a 
Decio  tocca  daccapo  l' Etruria  ed  accorda  quella  tregua  di 
quarant'anni,  che   ricompare   poi   nel    294,  Liv.  IX,  41,  5; 

X  37,  5.  Che  se  per  il  308  l'uno  è  detto  praetor,  l'altro  consul, 
uno  va  dimenticato  che  questi  due  termini  per  questi  tempi 
sono  talora  equivalenti  e  si  prestano  a  confusioni. 

Cosi  il  console  D.  Bruto  nel  292  sta  rispetto  al  suo 
legato  Sp.  Carvilio  (Liv.  X  47;  Zonar.  VIII  1)  come  il  con- 
solato del  medesimo  Spurio  Carvilio  sta  rispetto  alla  lega- 
zione di  D.  Bruto  nel  293.  (Liv.  X  43).  Questa  conciliazione 
e  fusione  di  gesta  è  quella  medesima  per  cui  Q.  Fabio  Gur- 
gite,  console  succeduto  nel  293  al  console  L.  Postumio,  nel 
291  è  proconsole,  mentre  L.  Postumio,  che  l'avrebbe  obbli- 


'  V.  ad  es.  Liv.  Vili  40,  IX  15:  id  magia  mirabile  est  ambigi  Luciusne 
Cornelius  diclator  cum  L.  Papirio  Cursore  magistro  eqiiitum  eas  res  ad  Caudium 
atque  inde  Luceriam  gesserit . .  .  an  consnlum  Papirique  praecipue  sii  decus.  Cfr. 
la  mia  Storia  di  Roma  I  2  (1899)  p.  504  sgg. 

'  Il  301  a.  C.  è  uno  dei  quattro  anni  dittatori  dei  Fasti.  Cfr.  Liv.  X 
5,  14:  consul  ex  dictatura  factus  M.  Valerius.  non  petentem  atque  adeo  etiam 
absentem  creatum  tradidere  quidam,  et  per  interregem  ea  comitia  facta ;  id  unum^ 
non  ambigitur,  consiilatum  cum  Apuleio  Pansa  gessisse. 

Cfr.  anche  X  3,  4. 


78  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

gato  a  rinunziare,  è  daccapo  console.  Grazie  a  ripetizioni  di 
tal  natura  di  Cominio  si  diceva  assediata  da  Postumi©  o  da 
Fabio  Gurgite  nel  292  o  nel  291  o  presa  dai  consoli  del  293 
(Liv.  X  43  ;  Dion.  Hai.  XVH-XVni  fr.  4  sq.)-  Cosi  la  lega- 
zione di  Q.  Fabio  Rulliano  verso  suo  figlio  fa  rammentare 
come  all'uno  ed  all'altro  fossero  attribuite  su  per  giù  le 
medesime  gesta.  ^ 

Le  perturbazioni  e  confusioni  che  si  notano  per  i  fatti 
successivi  alla  disfatta  dei  Romani  alle  Forche  Caudine  od 
alla  pseudo  rivincita  di  Lucerla  nel  320  a.  C,  hanno  una 
ripercussione  nei  nomi  dei  Fasti.  Da  Livio  si  ricava  che  co- 
deste vittorie  venivano  variamente  attribuite  ai  consoli 
Papiri©  Cursore  e  Publilio  Filone,  mentre  altri  annalisti  le 
rivendicavano  ad  un  dittatore  Cornelio  Caudino  ed  al  suo 
maestro  dei  cavalieri  Papirio  (Liv.  IX  15). 

I  Fasti  consolari  e  dittatoriali  della  Regia  risolvevano 
tutte  codeste  difficoltà  accettando  ambedue  le  versioni  per 
il  medesimo  anno.  Essi  accoglievano  pertanto  nomi  riferiti 
da  narrazioni  malsicure. 

Ciò  è  confermato  dal  fatto  che  per  codesto  medesimo 
anno  i  Fasti  fanno  menzione  della  dittatura  di  C.  Maenius. 
Se  Livio  rammenta  codesto  dittatore  ed  il  maestro  dei  ca- 
valieri Foslius  solo  per  il  314,  mentre  nei  Fasti  della  Regia 
tali  personaggi  vengono  menzionati  tanto  per  il  320  come 
per  il  314  a.  C,  ciò  sta  pure  in  evidente  relazione  colla 
circostanza  che  gli  avvenimenti  successivi  alla  resa  dei  Ro- 
mani alle  Forche  Caudine  sono  variamente  narrati  e  ripe- 
tuti e  che  le  gesta  militari  compiute  a  Lucerla  compariscono 
tanto  per  il  320  come  per  il  314  a.  C.  (Liv.  IX  12;  26  sqq.). 


'   Per  tutto  ciò   rimaudo    per   ora   alle   discussioni    da    me    fatte   nella 
Storia  di  Roma  I  2  (Torino  1899)  p.  500  8o:g.  620  sg^?. 


Valore  storico  dei  Fasti  j^er  il  secolo  IV 


79 


Se  disordini  di  questa  natura  si  trovano  per  la  fine  del 
IV  secolo  non  reca  sorpresa  constatarli  per  la  prima  metà 
di  codesto  secolo  medesimo.  Valgano  pochi  esempi. 

Per  gli  anni  356-351  abbiamo  i  seguenti  consolati: 


Patrich 

356  M.  Fabius  II. 
355  C.  SuLPicius  III. 
354  M.  Fabius  III. 


353  C.  SuLPicius  mi. 
352  P.  Valerius. 
351  C.  SuLPicius. 


Plebei 

M.  Popilius  Liv.  VII  17. 

M.  Valerius  Liv.  VII  18. 

T.  QuiNCTius.  iti  quihusdam 
annalibus  prò  T.  Quinctio 
M.  Popilium  consulem  in- 
verno Liv.  VII  18,  10. 

M.  Valerius  II  Liv.  VH  19. 

C.  Marcius  Liv.  VII  21. 

T.  QuiNCTius;  quidam  Caeso- 
nem  alii  Gaium  nomen 
Quinctio  adiciunt.  Liv.  VII 
22,  3. 


Non  sorprende  il  fatto  cbe  a  dispetto  delle  leges  Liciniae- 
Sextiae  del  367  si  trovino  per  quattro  anni  consecutivi  col- 
legi consolari  costituiti  di  soli  patrici.  Il  fenomeno  si  ripete 
infatti  per  il  349  (L.  Furius,  Ap.  Claudius)  per  il  349  (M. 
Fabius,  Ser.  Sulpicius)  ed  il  343  (M.  Valerius,  A,  Cornelius). 
Non  colpisce  nemmeno  per  sé  la  circostanza  che  i  consoli 
del  356,  che  figurano  anche  nel  354,  compiono  su  per  giù  le 
stesse  imprese  ambedue  le  volte,  fenomeno  che  si  verifica 
pure  per  i  consoli  del  355  che  ricompaiono  nel  353. 

Non  diamo  peso  di  sorta  al  veder  ripetute  per  questi  anni 
delle  proteste  plebee  per  la  nomina  dei  consoli  patrici  Liv. 
VII  17,  12;  18,  3,  le  medesime  fazioni  militari  ad  salinas  Liv. 
Vn  17,  6;  19,  8,  le  medesime  disposizioni,  in  parte  i  medesimi 


80  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

nomi  rispetto  alle  leggi  fenebres  Liv,  '\r[I  16,  1;  21,  6.  Am- 
mettiamo che  codeste  ripetizioni  si  siano  realmente  verificate. 
Ma  quando  vediamo  che  per  il  354  Livio  VII  18,  10  dice  : 
in  quibusdam  annalìbus  prò  T.  Quinctio  M.  Popilium  consu- 
lem  ìnvenio  e  per  il  351  VII  22,  3  a  proposito  del  console 
T.  Quintius  afferma:  quidam  Caesonem  olii  Gaium  nomen 
Quinctio  adiciunt,  abbiamo  la  prova  evidente  che  in  alcuni 
annali  le  gesta  del  356  erano  veramente  confuse  con  quelle 
del  354  e  allora  le  ripetizioni  dei  medesimi  fatti  diventano 
sospette  al  pari  degli  stessi  collegi  consolari  costituiti  dagli 
stessi  personaggi  patrici. 

Un  altro  esempio  della  necessità  di  esaminare  in  stretta 
connessione  fra  loro  le  liste  dei  magistrati  con  le  gesta  loro 
attribuite  è  dato  dal  racconto  delle  vicende  del  366-361. 
Finita  l'anarchia,  accordato  ai  plebei  per  virtù  delle  leggi 
Licinie-Sestie  uno  dei  due  seggi  di  console,  noi  troviamo 
che  durante  i  primi  sei  anni  i  collegi  patricii  e  plebei  sono 
i  seguenti: 

Patricii  Plebeii 

366  L.  Aemilius  L.  Sextius 

365  Q.  Servilius  L.  Genucius 

364  G.  SuLPicius  C.  Licinius 

363  L.  Aemilius  Cn.  Genucius 

362  Q.  Servilius  L.  Genucius 

361  C.  SuLPicius  C.  Licinius 

Considerando  che  nel  366  viene  creata  la  pretura  affidata 
ai  patrici  (Liv.  VI  42,  11)  e  che  il  pretore  ebbe  a  lungo  carat- 
tere di  magistrato  eponimo,  è  naturale  la  domanda,  che  ab- 
biamo già  sopra  formulata,  come  mai  di  codesti  magistrati 
non  si  faccia  menzione  nei  Fasti  !  È  evidente  che  abbia- 
mo liste  compilate  in  età  assai  recente,  quando  il  numero 


Valore  storico  dei  Fasti  per  il  secolo  IV  81 

dei  praetores  s'era  accresciuto.  Siila,  come  è  noto,  aumentò  il 
numero  dei  pretori  annui  da  sei  ad  otto;  Cesare  lo  portò 
successivamente  a  dieci,  a  quattordici,  a  sedici.^  D'altra  parte 
questa  magistratura  andò  man  mano  perdendo  una  parte 
del  suo  significato. 

Ma  più  notevole  è  il  risultato  al  quale  si  giunge  ove  si 
esamini  il  racconto  delle  gesta  di  questo  sessennio. 

366.  Minaccia  di  defezione  da  parte  degli  Ernici.  Timore 
che  la  condotta  della  guerra  venga  affidata  ad  un  plebeo: 
Silentium  omnium  rerum  ac  iustitio  simile  otium  fuit.  Liv. 
vn  1,  5. 

365.  Pestìi  enfia  ingens  orla  Liv.  VII  1,  7. 

364.  Pestilentia  fuit;  introduzione  dei  ludi  scenici  Liv.  VII  2. 

363.  Pestilenza  ;  si  fissa  il  chiodo  Capitolino  Liv.  VII  3,  5. 

362.  Voragine  del  lago  Curzio.  Si  indice  guerra  agli  Er- 
nici. Genucio,  il  primo  console  plebeo,  è  sconfitto  ed  ucciso. 
La  rivincita  è  conseguita  dal  legato  C.  Sulpicio  Liv.  X 
VII  6  e  7. 

361.  C.  Sulpicio  console  ed  il  collega  Licinio  fanno  guerra 
agli  Ernici  e  poi  ai  Tiburtini.  Liv.  VII  9. 

Non  do  peso  al  fatto  che  per  il  361  Livio  VII  9,  4  con- 
statata una  falsificazione  di  Licinio  Macro  rispetto  alle  cause 
che  condussero  alla  nomina  del  dittatore  T.  Quinzio  Penno. 
Si  noti  però  che  la  tradizione  ufficiale  poneva  5  anni  di 
anarchia  per  il  periodo  anteriore  alle  leggi  Licinie-Sestie,  e 
che  5  anni  di  pestilenza  segna  pure  nei  successivi.  Ora  è  no- 
tevole che  nel  primo  di  questi  anni  già  si  parli  di  rivolta  degli 
Ernici  e  che  non  si  dica  nulla  sulle  mosse  di  questo  popolo 

'  V.  i  passi  iu  MOMMSKX  Roem.  Staatsrecht.  II*  p.  198  sg. 
Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  li  6 


82  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

contro  Roma.  Sarebbe  naturale  attenderci  in  questo  caso 
ciò  clie  ci  è  invece  riferito  spesso  in  altri  analoghi  rispetto 
al  contegno  dei  Volsci  e  degli  Equi.  Costoro  sogliono  appunto 
approfittare  delle  sciagure  dei  Romani  per  assalirli.  La  guerra 
viene  dichiarata  dai  Romani  nel  362  allorché  il  console 
plebeo  L.  Genucio  osa  per  la  prima  volta  affrontare,  senza 
possedere  iusta  auspicìa,  il  nemico.. 

Se  si  considera  che  il  console  del  362  Q.  Servilio  e  L. 
Genucio  sono  quelli  stessi  che  figurano  come  tali  nell'anno 
vuoto  365,  allo  stesso  modo  che  i  loro  successori  del  364  T. 
Sulpicio  e  C.  Licinio  lo  sono  da  capo  nel  361,  si  è  facilmente 
guidati  a  formulare,  sia  pure  a  titolo  d'ipotesi,  le  seguenti 
equazioni  : 

a.  355  =  362.  Q.  Sesviltus  :  L.  Genucius  coss. 

a.  364  =  a.  361.  C.  Sulpicius:  C.  Licinius  coss. 

E  con  questa  equazione  corrisponderebbe  il  fatto  che  per 
il  366-363  abbiamo  l' iterazione  di  un  Aemilius  e  che  per  il 

363  ricompare  daccapo  un  Genucius. 

Ora  se  può  ammettersi  che  un  plebeo  Genucio  sia  riuscito 
nei  primi  anni  successivi  alla  approvazione  delle  leggi  Li- 
cinie-Sestie  a  coprire  il  consolato,  riesce  incomprensibile  come 
lo  stesso  personaggio  o  due  personaggi  della  stessa  gente  ab- 
biano potuto  raggiungere  tale  magistratura  in  tre  anni 
presso  che  consecutivi.  Se  poi  si  osserva  che  per  il  362  si 
parla  della  vittoria  del  legatus  Sulpicius j  che  è  il  console  del 

364  e  del  361,  se  in  fine  si  tiene  in  conto  che  lo  stesso  Livio 
accenna  in  questi  passi  alle  falsificazioni  dei  Licini:  in  breve, 
se  si  valutano  tutte  le  altre  ragioni  per  le  quali  chiaramente 
appare  che  il  racconto  delle  leggi  Licinie-Sestie  è  mescolato 
in  una  serie  di  particolari  fantastici  creati  dall'annalista 
Licinio  Macro,'  è  ovvio  il    sospetto  che  i  fatti  riferiti  agli 

'   Per  tutto  ciò  v.  hi  mia  Storia  di  Roma  1  2  (Toriuo  1899)  p.  132-151. 


Valore  storico  dei  Fasti  per  il  secolo  IV  83 

anni  quasi  sempre  oziosi  366-B61  al  pari  del  quinquennio 
dell'  anarchia,  rappresentino  (fatta  eccezione  per  la  guerra 
contro  gli  Ernici  e  contro  Tibur)  un  periodo  vuoto  di  fatti 
e  si  abbia  una  pur  vuota  ed  artificiale  ripetizione  dei  nomi 
dei  magistrati  eponimi. 


Osservazioni  di  questo  genere  sarebbero  assai  numerose 
ove  si  esaminasse  anno  per  anno,  punto  per  punto,  il  periodo 
così  oscuro  e  controverso  in  cui  Roma  fu  governata  dai  tri- 
buni militum  consiliari  potestate.  Ci  basti  qui  rammentare 
il  disordine  dei  Fasti  rispetto  ai  primi  tribuni  militari  del 
444  e  del  434  (in  luogo  dei  quali  altri  annali  nominavano 
consoli)  ed  alle  gesta  di  Cornelio  Cosso.  Sia  qui  sufficiente 
rimandare  alle  molte  divergenze  sopra  ricordate  rispetto  al 
numero  dei  tribuni  che,  a  seconda  delle  varie  liste,  figurano 
quattro,  sei,  otto  o  nove. 

Se  incongruenze  di  questo  genere  non  sorprendono  per 
il  secolo  V,  come  mai  non  scemano  a  partire  dai  tempi  suc- 
cessivi all'incendio  gallico? 

Evidentemente  Livio  non  ha  potuto  mantenere  la  pro- 
pria promessa.  Le  vicende  del  popolo  romano  non  diven- 
tano più  chiare,  ma  all'  opposto  i  problemi  storici  e  crono- 
logici tendono  sempre  più  a  crescere  e  ad  ingrovigliarsi. 

La  soluzione  del  quesito  è  abbastanza  facile.  Più  pene- 
triamo nel  campo  della  storia,  più  aumentano  le  memorie 
domestiche,  e  in  seguito  si  accresce  il  numero  degli  annalisti. 
Ognuno  raccontava  le  cose  a  suo  modo;  quindi  la  perples- 
sità degli  storici  imparziali  come  Livio;  quindi  il  rimedio 
eroico  di  Catone  il  vecchio,  che  passava  sotto  silenzio  il 
nome  dei  capitani  vincitori,  mentre  ricordava  il  nome  au- 


84  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

tentico  dell'  elefante  Siro  privo  di  una  zanna,  il  quale  aveva 
dato  prove  di  coraggio.^ 

Per  il  periodo  più  antico  questa  perplessità  non  e'  era. 
Le  gesta  anteriori  erano  state  tramandate  da  pochi  anna- 
listi; i  loro  racconti  avevano  ben  presto  assunto  il  carat- 
tere di  verità  ujSficiale.  Noi  non  abbiamo  modo  di  stabilire 
se  la  più  antica  esposizione  dell'età  regia  e  dei  tempi  an- 
teriori al  decemvirato  fosse  stata  già  ricostruita  da  Fabio 
Pittore  o  se  codesta  ricostruzione  fosse  stata  in  parte  ante- 
riormente tentata  da  qualche  pontefice  come  Tib.  Coruncanio. 

Sembra  però  che  per  cotesta  età  gli  episodi  più  notevoli 
della  storia  canonica,  come  ad  esempio  quelli  relativi  a  Ro- 
molo, a  Numa,  ad  Anco  Marzio,  a  Bruto,  a  Lucrezia,  a  Co- 
riolano,  fossero  stati  già  narrati  nelle  linee  fondamentali  dai 
più  antichi  scrittori.^ 

D'altra  parte  osserviamo  come  dal  218  in  là  Livio  ri- 
ferisce accuratamente  i  prodigi  e  l'espiazioni  compiute  dai 
pontefici,  mentre  solo  saltuariamente  porge  indicazioni  di 
questa  natura   per  i  primi  dieci  libri. 

Esporre  fenomeni  di  questo  genere,  costituiva  una  delle 
caratteristiche  tanto  degli  annali  massimi  quanto  degli  annali 
privati  condotti  sulla  falsa  riga  dei  primi.  Livio  insisteva 
sulle  ragioni  morali  e  religiose  che  lo  inducevano  a  riferire 
tali  prodigi,  sebbene  ciò  stesse  ormai  in  o^iposizione  con  la 


'  Plik.  n.  h.  vili  11:  Calo,  cum  imperatorum  nomina  annalibus  detraxerit, 
eum  qui  fortissime  procUatus  cssci  in  Punica  ade,  Surum  tradidit  vocatum  dente 
mutilalo. 

*  Catone,  (purché  noa  si  tratti  di  esoruamento  letterario  di  Livio 
XXXIV  5)  nelle  Hue  Origines  uvreblte  raccontato  la  leggenda  delle  Sabine 
di  Coriolauo  così  come  e  esposta  dall'annalistica  piìi  recente. 

Certo  Polibio  VI  2,  10  riferiva  la  tradizione  canonica  dei  rapporti  di 
Taryuinio  Prisco  con  Anco  Marcio  che  è  registrata  ad  es.  da  Livio  e  da 
Dionisio. 


Valore  storico  dei  Fasti  per  il  secolo  IV  85 

coscienza  del  suo  tempo  :  Non  sum  nescius  —  dice  Livio 
XLIII  13  —  ah  eadeni  neglegentia,  qua  nilììl  deos  portendere 
vulgo  mine  credant,  ìieque  nuntiarì  admodum  uìla  prodigia 
in  piihlicum  ìieque  in  annales  referri,  ceterum  et  mihi  vetustas 
res  scribenti  nescio  quo  pacto  antiquus  fìt  animus,  et  quaedam 
religio  tenef,  quae  illi  prudentissimi  viri  puhlices  uscipienda 
censuerint,  ea  prò  indignis  hahere,  quae  in  meos  annales  re- 
fera m. 

Or  bene  come  mai  Livio  non  porla  regolarmente,  anno 
per  anno,  dei  prodigi  e  delle  espiazioni  anteriori  all'età  di 
Pirro,  vale  a  dire  per  quel  periodo  che  dal  principio  della 
repubblica  va  al  290  e  che  egli  esponeva  nei  primi  dieci  libri? 

Ve  di  più:  Livio  nel  corso  della  terza  e  delle  decadi 
seguenti  ricorda  volta  per  volta  la  morte  dei  sommi  sacer- 
doti e  l'elezione  di  quelli  che  man  mano  li  surrogarono.  Si 
comprende  come  indicazioni  di  questo  genere  fossero  date 
in  annali  distesi  originariamente  da  sacerdoti.  Or  bene  perchè 
Livio  non  porge  sistematicamente  codeste  medesime  indica- 
zioni nella  prima  decade  e  li  menziona  solo  due  o  tre  volte? 

La  spiegazione  è  chiara:  Le  narrazioni  per  questa  età 
più  antica  non  erano  fatte  come  quelle  per  il  periodo  suc- 
cessivo al  '218  a.  C.  in  base  ai  racconti  sincroni  dei  pontefici 
e  degli  annalisti,  bensì  a  tardi  racconti,  i  quali  erano  rico- 
struzioni dei  fatti  per  cui  mancavano  scrittori  sincroni.  Il 
materiale  anteriore  all'  età  di  Pirro  ed  anzi  all'  incendio 
Gallico  non  deriva  costantemente  e  nella  maggior  parte  da 
dati  contemporanei.  In  qualche  caso  è  allargamento  di  po- 
che notizie  autentiche,  spesso  è  anche  frutto  di  invenzioni 
e  di  malsane  fantasie. 

Che  i  documenti  più  antichi  fossero  scarsi  e  non  porges- 
sero molto  materiale  rispetto  alle  vicende  storiche  del  V 
secolo  risulta  dal  fatto  che  nella  narrazione  liviana  s' incon- 


86  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

trano  spesso  per  quel  periodo  anni  che  si  possono  chiamare 
vuoti.  Valgano  come  esempio  i  passi  seguenti. 

Liv.  IV  20,  9  ad  a.  437  a.  C:  hnhelle  triennum  ferme  pesti- 
lentia  inopiaqiie  frugum  circa  A.  Conielium  consulemfuif,  adeo 
ut  quidam  annales  veliti  funesti  nihil  praeter  nomina 
consulum  suggerant. 

Cosi  per  il  429  a.  C.  Liv.  TV  30,  4  dice  :  consules  L.  Ser- 
gius  Fidenas  iterum  Hostus  Lucretius  Tricipitinus,  nihil  di- 
gnum  dictu  actum  Jiis  consulibus.  secuti  eos  consules  A.  Cor- 
nelius  Cossus  T.  Quinctius  Poenus  iterum. 

Cfr.  Liv.  IV  35,  3  ad  a.  425:  annum  insequentem  neque 
hello  foris  neque  domi  seditione  insignem. 

Cfr.  Liv.  rV  52,  ad  a.  412  a. C.  annum  modestia  trihunorum 
quietum. 

Se  si  tien  presente  la  secchezza  dei  documenti-  più  vetusti, 
è  ovvio  conchiudere  che  i  Fasti,  ove  anche  non  siano  stati 
interpolati  e  meritino  quindi  piena  fede,  ci  porgono  in  molti 
casi  nomina  sine  re.  Se  desideriamo  conseguire  qualche  re- 
sultato rispetto  alla  cronologia,  dobbiamo  valerci  dei  sin- 
cronismi, i  quali,  per  altro,  sono  assai  scarsi  e  ove  si  riferi- 
scano al  V  secolo  hanno  talora  dubbio  valore. 

Una  piena  discussione  intorno  al  valore  dei  sincronismi 
che  ci  sono  riferiti  o  che  mediante  ulteriori  ricerche  e  con- 
fronti a  noi  moderni  è  dato  stabilire,  merita  una  trattazione 
a  parte.  Più  che  a  ristabilire  Fasti,  ciò  giova  a  ritrovare 
l'ossatura  cronologica  della  storia  più  antica,  prescindendo 
talora  anche  dai  nomi  dei  magistrati.  Tale  studio  facciamo 
quindi  in  altro  luogo. 

Limitandoci  qui  a  discutere  intorno  ai  Fasti,  ripetiamo 
l'osservazione  che  il  problema  relativo  al  valore  di  essi  non 
va  trattato,  come  spesso  si   fa,  in   base  alle  sole  liste  dei 


Valore  storico  de'  Fasti  per  il  secolo  IV  87 

nomi  tramandateci,  ma  coordinando  coteste  liste  all'  esame 
dei  fatti  storici  clie  con  esse  sono  strettamente  connessi. 

È  infatti  chiaro  che  non  si  può  scindere  la  storia  di 
Spurio  Cassio  da  quella  dei  suoi  tre  consolati  e  delle  sue 
tendenze  presentate,  a  seconda  del  caso,  come  liberali  oppure 
come  demagogiche  e  tiranniche.  Non  è  dato  studiare  questo 
quesito  senza  ponderare  le  diverse  tradizioni  che  lo  presen- 
tavano quale  console  ovvero  quale  tribuno  della  plebe. 

Cosi  non  sarebbe  proficuo  un  esame  delle  gesta  di  L. 
e  di  T.  Quinzio  Cincinnato  senza  prendere  in  esame  i  rac- 
conti relativi  alle  loro  imprese  militari.  E  tale  esame  ci 
mostra  come  i  medesimi  fatti,  i  medesimi  consolati  o  le 
identiche  dittature,  vennero  più  volte  ripetute  e  fra  loro 
confuse,  E  dopo  un  tale  esame  comprenderemo  perchè  i  più 
antichi  scrittori,  come  Cincio  e  Calpurnio  Pisone,  nulla  sa- 
pessero della  dittatura  del  439  in  cui  Cincinnato  avrebbe 
nominato  Servilio  Ahala  quale  maestro  dei  cavalieri  (v. 
Dion.  Hai.  XH  4). 

Del  pari,  considerando  le  gesta  per  tre  volte  riferite 
in  tre  diversi  anni  a  Cornelio  Cosso,  noi  comprenderemo 
come  mai  codesto  personaggio  ora  sia  detto  console  ed  ora 
tribunus  militum.  (Liv.  IV  20,  5;  30,  1;  32,  4).  Ed  è  pur 
chiaro  che  se  i  predecessori  di  Livio  avessero  disposto  di  una 
sicura  ed  ufficiale  lista  dei  Fasti,  non  avrebbero  avuto  occa- 
sione di  discutere  sulla  veridicità  di  codeste  versioni  ;  Livio 
stesso  non  si  sarebbe  appellato  alla  corazza  di  Cosso  vista 
da  Augusto  (Liv.  IV  20,  7). 

Sotto  questo  punto  di  vista  si  può  ragionevolmente  affer- 
mare che  i  Fasti  non  siano  ancora  stati  oggetto  di  esame 
per  ogni  parte  compiuto.  Una  analisi  minuta,  anno  per 
anno,  avrebbe  anzi  virtù  di  provare  che  le  perturbazioni  che 


88  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  stm-ico  dei  Fasti 

si  incontrano  di  frequente  nel  V  e  nel  IV  secolo  giungono 
sino  al  principio  del  III.  Prova  cospicua  il  fatto  che,  men- 
tre i  Fasti  della  Regia  confrontati  con  il  Cronografo  del  354, 
con  i  Fasti  d' Idazio  e  con  il  Chronicon  Paschale,  registrano 
L.  Gaecilius  Denfer  come  console  nel  284,'  Polibio  II  19,  8 
dice  che  lo  aT^atT^yòg  Aeijxiog  morì  combattendo  ad  Arezzo 
contro  i  Galli.  E  l'esame  della  cronologia  di  quest'autore 
mostra  che  il  fatto  da  lui  indicato  cade  verso  il  285. 

Quale  sia  il  valore  da  dare  all'  espressione  arpaTiiyóg  in- 
dica il  passo  di  Livio  ej).  XII  ove,  accennandosi  allo  stesso 
fatto  si  legge:  bello  ob  icl  Gallis  indicto,  L.  Gaecilius  praetor 
ab  eis  ciim  legionibus  caesus  est. 

Risulta  quindi  all'evidenza  che  mentre  v'  erano  liste  di 
Fasti  che  ricordavano  il  consul  L.  Cecilio  nel  284,  altre  fonti 
saperano  del  praetor  Cecilio  e  le  fonti  più  antiche  seguite 
da  Polibio  lo  facevano  già  morto  verso  il  285.^ 

Analoghe  osservazioni  è  dato  fare  rispetto  all'ordinamento 
dei  consolati  di  M.  Curio  Dentato.  I  Fasti  ebbero  presenti 
le  versioni  più  recenti  ;3  il  loro  valore  per  questo  lato  è 
del  tutto  uguale  a  quello  degli  Ada  Triamphalia  incisi 
sulle  medesime  pareti  che  ancora  per  questi  e  per  gli  anni 
successivi  porgono  dati  discutibilissimi.  Tanto  è  vero  che 
per  il  277  ricordano  un  trionfo  del  console  C.  lunio  Bruto 
sui  Lucani  e  sui  Brutti,  mentre  da  altre  fonti  si  apprende 


'  CIL.  V  ad  a.  tj}.  134  sq.  Nelle  liste  di  Cassiodoro  L.  Caeciliiis  è  tra- 
sformato in  L.  Caelius. 

*  Sulla  questione  v.  Mommsbn  Roem.  Foruchungeìi  II  7,  367-o75. 

Per  il  valore  della  cronologia  delle  guerre  Galliche  rimando  alle  osser- 
vazioni del  NiBSE  nell'  Hermes  XIII  (1878)  p.  401  sg.  e  provvisoriamente 
alla  mia  Storia  di  Roma  I  2  (1899)  p.  447. 

»  MoMMSKN  1.  e.  p.  372  sq.  Cfr.  la  mia  Storia  di  Roma  I  2  (1899)  p.  447 
8gg.  Su  questo  punto  v.  anclie  Niksb  in  Hermes  XXXI  (1896)  p.  481  sgg. 


Conclusioni  89 

che  duce  di  tal  guerra  fu  il  collega  di  lui  P.  Cornelio  Ru- 
fino.' 

Cosi  gli  Acta  Trlumphalia  sognano  solo  il  trionfo  di  Gn. 
Cornelio  Biasio  sui  Regiui  nel  270,  mentre  Dionisio  ed  Orosio 
danno  a  C.  Genucio  collega  di  lui  il  merito  della  presa  di 
Regio.^ 

Ora  se  perturbazioni  di  questo  genere  si  notano  per  i 
primi  decenni  del  III  secolo,  nulla  di  strano  che  se  ne  trovi 
traccia  durante  il  IV.  Ancor  più  naturale  è  riscontrarne  per 
il  secolo  V.  E  se  occorre  stare  in  guardia  per  notizie  che  si 
riferiscono  a  periodi  del  tutto  storici  e  perfettamente  au- 
tentici nelle  linee  generali,  è  più  che  legittimo  il  sospetto 
verso  quelle  che  sono  connesse  con  le  incerte  e  talora  false 
memorie  dell'  età  anteriore  all'  incendio  Gallico  a  cui  lo 
stesso  Livio  mostrava  aver  così  poca  fede.^ 

Il  pregiudizio  seguito  in  generale  da  tutti  gli  studiosi 
di  cose  romane,  per  primo  da  Th.  Mommsen,  che  i  Fasti  siano 
documento  per  se  stesso  autentico  ed  al  di  fuori  di  qualsiasi 
ulteriore  questione,  ha  fatto  si  che  si  sia  talora  assoggettato 
all'esistenza  ed  ai  dati  di  tali  liste  ogni  ulteriore   criterio 

'   CIL.  I*  p.  46  ad  a.  477  u.  e.  =  277  a.  C. 

»  CIL.  r  p.  46  ad  a.  484  a.  e.  =z  270  a.  C. 

'  Dati  di  questo  genere  si  trovano  anche  per  età  successive  rispetto  a 
magistrature  minori. 

Così  ad  es.  sebbene  si  tratti  semplicemente  di  questori,  la  questura  di 
Catone   censorio,  la   quale   cade  nel  204,  pare  sia  stata  a  bella  posta  spo- 
stata al  205  allo  scopo  di  creare  l'episodio  della  lotta  fra  Catone  questor 
e   Scipione   Africano   cos.   205.  Sul  che  v.  Fraccako  Biografia    di  Catone  in 
Memorie  della  Accademia    Virgiliana  III  (1910)  p.  22  estr. 

Dubbi  ed  errori  di  questa  natura  sì  riscontrano  ad  es.  anche  ove  si 
parla  dei  triumviri  agris  dandis  adsignandis  inviati  nel  218  a  Piacenza.  Liv. 
XX  25,  4  dopo  aver  detto  che  codesti  tresviri  a.  d.  d,  furono  C.  Lutatius  C. 
Servilim  M.  Annius  aggiunge:  prò  Annio  Servilioque  M' .  Acilium  et  C.  Heren- 
nium  hahent  quidam  annales,  alii  P.  CorneUum  Asinam  et  C.  Papirium  Masonem. 
cfr.  XXVII  21,  9. 


90  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

sulla  attendibilità  intrinseca  dei  fatti  raccontati  dalla  tra- 
dizione. 

Invece  assai  spesso,  per  non  dir  sempre,  è  esatto  il  metodo 
opposto.  Ossia  occorre  verificare  se  siano  credibili  o  no  i  fatti 
narrati  dall'annalistica,  per  giudicare  successivamente  se  sono 
0  no  degne  di  fede  le  indicazioni  fornite  dai  Fasti.  Anziché 
la  trama  su  cui  sono  stati  intessuti  i  racconti  storici,  in 
certi  casi  i  Fasti  sono  invece  l'estratto  nominale  dei  duci 
nominati  da  racconti  non  sempre  attendibili.  Prova  evi- 
dente le  dittature  di  Cincinnato  nel  439,  di  M.  Valerio  nel 
342,  che  non  sono  affatto  dati  monumentali  bensì,  per  con- 
fessione degli  antichi,  indicazioni  ricavate  da  testi  inter- 
polati. 

Ne,  come  abbiamo  più  volte  fatto  osservare,  è  il  caso  di 
distinguere  il  valore  dei  Fasti  consolari  da  quelli  dei  dit- 
tatori e  dall'elenco  dei  trionfi  in  cui  tutti  riconoscono  con- 
fusioni ed  interpolazioni,  dacché  tanto  la  prima  quanto  le  ul- 
teriori serie  sono  derivate  dalle  stesse  fonti  e  rappresentano 
la  medesima  elaborazione  annalistica,  sia  che  appaia  nelle 
opere  di  Livio  e  di  Dionisio,  ovvero  sulle  pareti  della  Regia. 

Infine  occorre  tenere  a  mente  che  se  gli  antichi  parlano 
esplicitamente  di  falsi  dittatori,  Cicerone  fa  pure  esplicita 
menzione  di  consolati  falsamente  moltiplicati. 


Elementi  per  la  storia  delle  genti  romane  91 


V. 


Elementi  che  forniscono  ì  Fasti  per  ricostituire  la  storia  delle  genti  e 
della  società  romana. 


La  presenza  di  consoli  e  di  dittatori  falsi  non  conduce 
certo  alla  conclusione  clie  le  liste  a  noi  tramandate  siano 
prive  al  tutto  di  autorità  e  valore  per  il  V  ed  il  IV  secolo. 
E  spontaneo  invece  il  pensiero  che  l' esame  di  codeste  liste 
fatto  da  diversi  eruditi  sul  finire  della  repubblica  abbia  pur 
condotto  ad  eliminare  anticbe  interpolazioni  e  falsificazioni 
già  sorte  per  effetto  di  vanterie  domestiche.  Ma  poiché  le 
narrazioni  a  noi  pervenute  rappresentano  quasi  totalmente 
l'elaborazione  degli  annalisti  più  recenti,  ed  abbiamo  pro- 
ve evidenti  che  parecchie  interpolazioni  non  vennero  elimi- 
nate/ è  naturale  esaminar  i  Fasti  con  la  maggiore  cautela, 
sia  che  rammentino  consolati  di  genti  che,  come  i  Tullii 
e  gli  Antonii  compaiono  solo  assai  tardi  fra  quelle  che 
occuparono  selle  curali,  sia  che  accennino  alla  parte  che 
i  plebei  Poeteli  e  Duili  ebbero  nella  composizione  del  de- 
cemvirato od  alla  precoce  partecipazione  dei  plebei  Atilii 
al  tribunato  militare  (a.  444). 

Nonostante  tali  interporazioni  e  tali  dubbi,  è  indiscutibile 
il  valore  delle  liste  dei  Fasti  a  noi  pervenuti,  ove  si  consi- 


'  Attico  seguiva  spesso  le  fonti  aunalisticLe  più  recenti   v.  F.  Mììnzer 
in  Hermes  XLV  (1905)  p.  68  sgg. 


92  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

derino  nel  loro  complesso.  E  sebbene  essi  siano  talora  sospetti 
dal  punto  di  vista  cronologico,  nondimeno  nel  loro  assieme 
sono  assai  preziosi  in  quanto  porgono  ad  esempio  l'elenco 
delle  genti  che  man  mano  si  succedettero  nel  governo  dello 
Stato  romano.  Non  credo  quindi  inutile  rilevare,  sia  pure  in 
modo  assai  sommario,  alcune  fra  le  più  notevoli  conseguenze 
che  è  lecito  ricavare  da  un  esame  di  questo  genere. 

Avverto  però  che  intendo  delibare  un  tema  per  se  stesso 
assai  vasto,  che  ove  fosse  trattato  con  tutta  l'ampiezza  di 
cui  è  suscettibile  si  identificherebbe  per  certi  periodi  con 
la  stessa  Storia  di  Roma.  Anche  in  questo  caso,  come  rispetto 
ai  rapporti  fra  magistrati  e  sacerdoti,  io  miro  solo  ad  ecci- 
tare altri  a  solcare  più  profondamente  il  cammino  che  nelle 
pagine  seguenti  è  appena  tracciato.^ 

Prima  di  incominciare  questo  studio  è  doveroso  pronun- 
ciare una  parola  di  gratitudine  a  tutti  quegli  eruditi  che 
con  diligenza  ed  acume,  camminando  sulle  traccie  del  Bor- 
ghesi e  del  Mommsen,  hanno  raccolto  i  fasti  dei  singoli  ma- 
gistrati. Rileviamo  come  il  merito  particolare  di  aver  fatto 
sorgere  la  maggior  parte  dei  lavori  di  questo  genere  spetti 
a  C.  Cichorius  dell'  Università  di  Breslavia.- 


'  V.  8.  parte  I  di  queste  Ricerche  p.  273  sgg. 

*  Rispetto  ai  Fasti  consolari  rimando  all'  edizione  dell'  Henzen,  del- 
l' Hiii.SEX  e  del  Mommsen  in  CIL.  V. 

Per  quelle  dei  dittatori  alla  memoria  cit.  del  Bandel  Die  roem.  Dicta- 
turen  (Breslau  1910). 

Per  i  Fasti  Censorii  all'edizione  del  Db  Boor  (Berolini  1873).  Sull'ar- 
gomento V.  anche  O.  Leuze  Zur  Gesohichte  der  roem.  Cenzur  (Halle  a.  S.  1912). 

Rispetto  ai  pretori  v.: 

E.  Maxis  Die  Praetoren  Roms  von  367-167  v.  Chx.  (Breslau  1911). 

P.  Weukmann  Fasti  praetorii  ab  a.  n.  DLXXXVIII  ad  a.  u.  DCCX 
(Beroliui   1875)  rettificato  in  certi  punti  da 

M.  HoLZL  Fasti  praetorii  ab.  a.  U.  DCLXXXVII  ad  a.  U.  DCCX  (Lipsiae 
1876). 


Elementi  per  la  storia  delle  genti  romane  93 

Per  tentare  uno  studio  per  ogni  lato  completo  sulla  succes- 
sione delle  genti  che  governarono  Roma  dal  principio  della 
libera  repubblica  sino  ad  Augusto  noi  non  disponiamo  di 
tutti  i  dati  necessari.  Possediamo  bensì  l'elenco  dei  consoli 
di  molti  dittatori,  dei  censori,  ma  non  abbiamo  che  piccola 
parte  di  quello  dei  pretori  e  ci  manca  quasi  per  intero  quello 
degli  edili  curuli  e  dei  questori.  E  se  rispetto  alle  magistra- 
ture plebee  conosciamo  il  nome  di  molti  tribuni  della  plebe, 
siamo  ben  lungi  dall'avere  una  lista  completa. 

Per  istituire  un  esame  compiuto  occorrerebbero  non  solo 
liste  del  tutto  sicure,  ma  sarebbe  necessario  constatare  quan- 
do man  mano  una  famiglia,  dopo  aver  percorse  tutte  le  ma- 
gistrature curuli  inferiori,  riusci  a  salire  alle  maggiori  ossia 
alla  pretura,  al  consolato,  agli  onori  della  dittatura  e  della 
censura. 

Tali  indicazioni  sarebbero  sopratutto  utili  ove  si  riferis- 
sero al  periodo  anteriore  al  plebiscito  di  cui  fu  autore  L. 
Villio  detto  poi  Annalis,  con  il  quale  si  stabiliva:  quot  annos 
nati  quemque  magistratum  peterenf  caperenfque  Liv.  XL  44. 

Molte  genti,  pur  esercitando  una  notevole  efficacia  nella 
vita  pubblica,  non  uscirono  mai  o  solo  negli  ultimi  anni 
della  libera  repubblica,  dal  tribunato  della  plebe.  D'altra  parte 


H.  Levison  Fasti  praeiorii  bidè  ab  Octaviani  imperii  singularis  ìniiio 
usque  ad  Hadriani  exltum  (Vratislaviae  1892). 

Per  gli  edili  v.  J.  Seidel  Fanti  aedilicii  von  der  Einrichtung  der  ple- 
ieijschen  Aedilitaet  bis  ziim  Tode  Caesars  (Breslau  1908). 

Per  i  questori  v.: 

Fb.  Sobeck  Die  Quacsiorai  der   roem.  Republil;  (Trebuitz  1909). 

M.  BiiLZ  Fasti  quaesiorum  qui  ab.  a.  U.  e.  CCCXXXX  ad  a.  U.  e.  DCLXX 
extra  Romani  fuerunl  (Zittau  1908). 

Rispetto  ai  Fasti  dei  tribuni  della  plebe  mi  riferisco  al  piti  volte  ci- 
tato lavoro  di  J.  Niccolini  edito  nei  miei  Studi  storici  1896  e  di  M.  Ziegler 
Fasti  tribiinorum  plehis  133-70  (Ulm  1903). 


94  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

altre,  par  raggiungendo  le  magistrature  curuli,  non  oltre- 
passarono i  gradi  di  questore  e  di  edile.  Viceversa,  molti 
personaggi  che  vediamo  giungere  alla  pretura  ed  al  conso- 
lato direttamente  si  erano  già  affermati  negli  anni  prece- 
denti per  mezzo  dei  propri  antenati  nei  gradi  inferiori. 

Con  lo  scarso  sussidio  delle  indicazioni  di  cui  disponiamo 
non  è  possibile  distendere  una  storia  del  tutto  soddisfacente 
delle  genti  romane.  Ma  nonostante  le  molte  lacune,  ci  è  con- 
cesso esaminare  codesto  fenomeno  da  un  punto  di  vista  ge- 
nerale. 

Rinunciamo  a  fare  un'  illustrazione  minuta  delle  genti  ^ 
romane  per  l'ultimo  secolo  della  repubblica.  Ciò  infatti  equi- 
varrebbe quasi  a  scrivere  una  storia  di  questo  stesso  secolo, 
che  abbiamo  eccezionalmente  modo  di  rintracciare  talora  nei 
minuti  particolari.  Ci  soffermiamo  invece  sopratutto  a  rico- 
stituire nelle  linee  generali  le  vicende  delle  genti  patricie 
ed  il  successivo  succedersi  ed  incalzarsi  della  plebe  di  Roma 
e  del  Lazio  e  poi  delle  varie  regioni  d'Italia.  Tema  senza 
dubbio  molto  più  ristretto,  ma  meglio  rispondente  alla  na- 
tura di  questa  dissertazione  ed  al  periodo  storico  che  qui 
intendiamo  esaminare. 

Poiché  non  miriamo  a  porgere  l' elenco  delle  singole  per- 
sone ma  solo  delle  genti,  raggruppiamo  i  singoli  individui 
sotto  i  nomi  delle  gentes  di  cui  fecero  parte.  Non  ci  preoc- 
cupiamo del  fatto  che  le  gentes  si  vennero  a  distinguere  in 
diverse  famiUae,  considerando  che,  sopratutto  per  il  periodo 
più  antico,  la  coesione  religiosa  e  politica  fra  i  gentiles  fu 
maggiore  di  quella  che  è  dato  constatare  per  gli  ultimi  due 
secoli  della  repubblica  in  cui  liberti  e  plebei,  meno  stretta- 
mente connessi  di  quel  che  fossero  in  origine  con  poche  genti 
patricie,  andarono  sempre  più  allargandosi,  acquistarono  fìso- 
nomia  autonoma  e  finirono  per  diventare  del  tutto  indipendenti. 


Elementi  per  la  storia  delle  genti  romane  95 

Solo  per  gli  ultimi  periodi  della  repubb.Hca  noteremo 
separatamente,  ove  sia  opportuno,  le  diverse  faniiliae.  E 
poiché  esaminiamo  solo  il  nome  delle  genti  patricie  e  plebee 
che  esercitarono  il  summum  imperium,  o  che  ressero  per 
mezzo  di  altre  podestà  civili  le  sorti  dello  Stato,  registriamo 
solo  i  nomi  dei  dittatori,  dei  magistri  equitum,  dei  consoli,  dei 
tribuni  militum  consiliari  potestate  e  faremo  cenno  delle  cen- 
sure da  essi  conseguite. 

La  natura  dell'argomento  richiederebbe  anche  un  elenco 
dei  pretori.  Ma  come  è  noto  noi  disponiamo  a  questo  ri- 
guardo solo  di  dati  frammentari.  E,  fatta  eccezione  per  il 
periodo  esposto  da  Livio  che  dal  218  va  al  166,  notizie  al- 
quanto ampie  abbiamo  solo  ad  interminenze,  come  ad  es. 
per  gli  anni  ricordati  negli  scritti  di  Cicerone. 

Lacune  anche  maggiori  notiamo  rispetto  agli  edili  curuli 
ed  ai  questori.  Tuttavia  quando  possa  essere  utile  per  chia- 
rire la  posizione  storica  di  una  stirpe  plebea,  noteremo  anco 
le  preture,  le  edilità  curuli  e  le  questure.  Dal  180  in  là,  dopo 
l'approvazione  delle  lex  Villia  annalis,  i  Fasti  degli  edili  e 
dei  questori  hanno  valore  secondario  ove  si  miri  soltanto  a 
fare  la  storia  generale  di  quel  movimento  che  condusse  man 
mano  a  galla  nuove  stirpi  ed  homines  pure  novi. 

Ci  asteniamo  poi  dal  registrare  in  questo  elenco  le  genti 
che  conseguirono  l' edilità  ed  il  tribunato  della  plebe.  Scopo 
dello  studio  presente  è  indicare  le  genti  patricie  e  successi- 
vamente le  stirpi  plebee  che  conseguirono  le  magistrature 
curuli.  Notiamo  qui  il  tribunato  della  plebe  solo  ove  con- 
venga seguire  le  prime  origini  di  una  gente.  Esponiamo 
però  separatamente  la  serie  delle  stirpi,  che,  stando  alle 
assai  monche  notizie  di  cui  disponiamo,  coprirono  le  magi- 
strature plebee. 

Nostro  proposito  non  è  già  dare  un'  edizione  dei  Fasti  ; 


96  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

perciò  discuteremo  sulle  varianti  dei  iiorai  quelle  poche  volte 
che  sarà  strettamente  necessario. 

Non  facendo  la  storia  di  persone  ma  di  gentes;  esponendo 
solo  la  successione  di  esse  nelle  somme  magistrature  curuli, 
miriamo  a  rappresentare  graficamente  quell'  incalzarsi  di 
energie  politiche  che  rinnovarono  man  mano  la  vita  poli- 
tica di  Roma.  Notiamo  quell'avvicendarsi  di  genti  e  di  ge- 
nerazioni che  fanno  ripensare  ai  nuovi  strati  nevosi  che 
sulle  vette  alpine  ricoprono  e  nascondono  man  mano  i  vec- 
chi giacimenti,  i  quali  grazie  alla  conformazione  di  valli  e 
di  roccie  riescono  nondimeno  in  qualche  caso  a  farsi  ricono- 
scere. 

I  nomi  dei  Fasti,  l'elenco  dei  magistrati  patrici  non  porge 
la  serie  completa  delle  genti  patricie  di  Roma.  Noi  veniamo 
solo  a  conoscere  quali  furono  quelle  che  riuscirono  a  gui- 
dare lo  Stato. 

Per  il  periodo  che  dalla  fondazione  della  repubblica  va 
sino  al  decemvirato  ed  alla  successiva  creazione  del  tribuni 
militum  consiliari  potestate  abbiamo  le  genti  qui  appresso 
segnate,  che  indichiamo  non  già  in  ordine  alfabetico  ma 
secondo  che  man  mano  compariscono  suU'orizonte  storico. 


Serie  dei  magistrati  patricii  dal  509  al  444 


97 


VI. 


ELENCO  PRIMO. 

Magistrati  j^atrici   dalla   caduta  della   monarchia   alla   ereazione   dei 
«tribuni  miUtum  consulari  jaotestate»  {509-444). 

GENTI  PATRICIE.  Genti  Plebee. 

l.L.  luNius  Brutus^  509. 

2.  Tarquinius  Collatinus 
cons.  609. 

I  TARQONn  di  origine  e- 
trusca  sarebbero  stati  cac- 
ciati; ma  continuano  a  vi- 
vere a  Roma  i  patrici  Tar- 
quitii  come  L.  Taequitius 
(mag.  eq.  458). 

3.  Yalerii  509  suf.;  508;  507; 
505;504(dict.501?494);483; 
475;  470;  460;  456;  449.2 

4.  LucRETii  509  suf.;  508;  504; 
462.3 

*  I  numeri  indicano  gli  anni  a.  C.  Ove  non  tì  sia  indicazione  partico- 
lare  di  magistrature  si  intende  che  si  parla  di  consoli. 

'  Il  carattere  latino  del  nome  appare  anche  dallo  stretto  rapporto  che 
ha  con  quello  di  Juno  (cfr.  Schulze  Zur  GeschicMe  latein.  Eigennamen  p.  470). 

»  Nota  gente  Sabina,  vedi   i  passi  in  Muenzer  De  gente  Falena  (Op- 

poUe  1891).  ,  ,     r 

»  Il  carattere  sabino  della  gens  appare  anche  dal  nome  vel  monte  Lu- 

cretilia  (S.  Gennaro). 

Pais  Bicerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  U.  7 


98  Inforno  alla  J orinazione  ed  al  valore  storico  del  Fasti 

GENTI  PATRICIE.  Genti  Plebee, 

5.  HoRATii  508  suf.;  507:  477; 
457;  449.» 

6.  Largii  506;  505;  501  (dict. 
501)  498;  490.^ 

7.  Herminii  506,  448.^ 

8.  PosTUMii  505;  503  (dict. 
499  o  496)  496;  466;  464 
(Xvir);  451.* 

9.  Menenii  503;  477;  452. 

10.  Verginii  502;  496;  494; 
486;  479;  476;  473;  469;  456; 
448.5 

11.  Sp.  Cassius  502  (mag.  eq. 
501)  493;  486. 

12.  POSTUMUS    COMINIUS    601; 

493.6 

13.  SuLPicii  500;  490;  461; 
(Xvir  451).^ 


'  Antichissimo  nome  latino,  forse  Albano  v.  Liv.  I  24,  1. 

*  Gente  di  origine  etnisca;  cfr.  Schulziì  p.  83. 

*  Gentilicio  di  origine  etrusca;  cfi*.  il  materiale  in  Schulze  ji.  173. 

*  Originari  come  è  noto  da  Begilhim  nella  Sabina. 

*  Gentilicio  originario  forse  dall'  Etruria  cfr.  Schulze  p.  100. 

*  Il  gentilicio  I  umni  appare  in  Etruria,  Schulze  p.  108  ;  ma  Cominiuvt 
è  un  ben  uoto  nome  di  città  Sannitica.  Il  console  Cominius  del  501  è  detto 
Aiiruneus  v.  s.  p.  9  sgg. 

Originari,  come  mostra  il  cognome  Camerini  da  Cameria,  la  quale, 
come  risulta  da  Cickrone  prò  Piando  20  cfr.  con  Tac.  ann.  XI  24,  non 
ora  molto  lungi  da  Tusuolo. 


Serie  dei  magistrati  patricii  dal  509  al  444  99 

GENTI  PATRICIE.  Genti  Plebee. 

14.  M.'  TuLLius  500.' 

15.  Aebutii   4:dd    (  mag.   eq. 
499;  496)  463.2 

16.  Veturii  499;  494;  462; 
455  (Xvir  451).3 

[P.   Veturius    sarebbe 
stato  uno  dei    due  primi 
questori    della    libera   re- 
pubblica   nel    509    Plut.  t 
Po])l.  12]. 

17.  Cloelii  498.* 

18.  Sempronii  497;  491  (dict. 
483).5 

19.  MiNUcii   497;  492;  491; 
468;  457  (Xvir  450). 

[Uno  dei  due  primi  que- 


'  L'ipotesi  che  il  gentilicio  volsco  TuIUuh  sia  d' origiu«  illirica  (v. 
SCHULZE  p.  30)  troverebbe  conferma  nella  affermazione  di  Alessandro 
POLISTORE  apud  Serv.  ad  Aen.  XI  842. 

La  lettura  Taìlios  in  Liv.  I  30,  2  ove  enumera  le  genti  albane  è  un 
evidente  errore  in  luogo  di  hdios  cfr.  DiON.  Hal.  Ili  29. 

«  Gli  Aeliutii  hanno  il  cognome  Belva.  Poiché  uei  Fasti  antichissimi 
mancano  i  cognomi  e  i  patrici  Aehutii  scompaiono  dopo  il  secolo  V,  si  è 
pensato  che  il  cognome  Relva  sia  stato  ad  essi  attribuito  in  seguito  dagU 
Aehutii  Helvae  plebei  dei  quali  uno  figura  già  come  pretore  nel  168  (Ci- 
CHORius  De  Fastis  rvmanis  antiquissimis  ^Lipsiae  1886)  p.  221. 

Sul  valore  etnograiico  del  cognome  Belva  v.  Schulze  p.  421   sgg. 

•'   Cfr.  il  materiale  in  Schulze  p.  379  rispetto  all'Etruria. 

*  Gens  Albana  Liv.  I  30,  2.  DiON.  Hal.  Ili  29.  Il  cognome  Sicnlus  dei 
Cloelii  accenna  alle  più  antiche  popolazioni  del  Lazio. 

"  Il  coguome  Atratimis  dei  Sempronii  patricii  pare  accennare  al  loro 
luof'o  di  origine  come  VAminiinus  dei   Volumnii. 


100  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE.  Genti  Plebee. 

stori  della  libera  repubbli- 
ca nel  609  Plut.  Popi.  12]. 

20.  Claudii  495;  471;  460; 
(Xvir  451,  450)  (mag.  eq. 
494).  1 

[Un  questore  prima  del 
495^%.inC/L.rp.l99]. 

21.  Servilii  495  (mag.  eq. 
494)  478;  476;  468;  466;  463.^ 

22.  Geganii  492;  447.3 

23.  PiNARii  489;  472.* 

24.  luLii  489;  482  (Xvir  461); 
447.5 

26.  Nautu  488;  476;  468.6 


'  Nota  gens  Salma. 

'   Gens  Albana  Liv.  I  32.  DiON.  Hal.  Ili  29. 

*  Geìis  Albana  Liv.  1.  e.  DiOJf.  Hal.  11.  ce.  È  incerto  se  il  cognome  di 
Macerinus  proprio  dei  Geganii  accenni  al  loro  luogo  d'origine.  Cfr.  Macreales, 
antica  comunità  latina  enumerata  (Plin.  n.  h.  Ili  69)  fra  le  scomparse. 

*  Deboli  raffronti  rispetto  all'Etruria  (v.  in  Schulze  p.  366).  Non  è 
chiara  l' origine  del  cognome  Natta. 

*  Gens  Albana  Liv.  1.  e.  DiON.  Hal.  11.  ce. 

*  l  Nauta  era  uno  delle  genti  che  vantavano  origini  troiane  ed  erano 
connessi  con  un  culto  del  Palladio  che  avrebbero  ricevuto  da  Enea  allorché 
giunse  ai  lidi  della  Calabria,  Verg.  Aen.  V  704.  Varr.  apud  Sbrv.  ad 
Aen.  II  166  V  704  cfr.  Ili  1407.  DiON.  Hal.  VI  69;  XI  16.  Fest.  p.  176 
s.  v.  Nautiornm.  I  Nautii  avevano  il  culto  particolare  di  Minerva.  Ora  è 
naturalo  la  domanda  se  per  caso  in  seguito  alla  confusione  di  Minerva  etru- 
8ca  e  falisca  con  VAthena  Greca  giunta  per  mare  si  sia  fatto  derivare  lo 
stesso  nome  dei  Nautii  dal  greco  vauxvjg.  Sorge  il  sospetto  che  i  Nautii 
fossero  in  origine  una  gente  Etrusca.  Stando  a  Plin.  n.  h.  XXXIV  23  un 
Natiut  sarebbe  stato  uno  degli  ambasciatori  fatti  uccidere  nel  438  dal  re 
Teiente  Tolumnio.  Altri  testi  danno  però  Sp.  Antium  v.  oltre  p.  105. 


Serie  del  wogishati patiicii  dal  509  al 444  K'I 


GENTI  PATEICIE.  Genti  plebee. 

■26.  [Gn.  MarciusCoriolanus].' 

27.  FuRii  488;  481;  474:  472: 
464;  446.=* 

28.  T.  SiciNius  487. •'- 

29.  C.  Aquilius  487.* 

30.  Fabii  485;  484;  483;  482: 
481;  480;  479;  467;  465:  159 
(Xvir  450). 5 

31.  CoRNELii  485;  459  (Xvir 
450).6 

'  Coriolano,  console,  secondo  l' AUCTOR  de  viris  illustr.  19,  aspira  al  con- 
solato stando  a  Dionisio  VII  21  ed  Appiano  Ital.  2.  Con  ciò  è  stato  messo 
in  rapporto  l' assenza  in  Livio  ed  in  Cassiodoro  dei  consolati  del  490  e 
ilei  489  a.  C.  Cfr.  Mommsen  Eoem.  Forsch.  II  p.  140  sg. 

'-  I  Fiirii  erano  originari  di  MeduUia  colonia  albana  di  località  non 
ancora  determinata,  donde  il  cognome  di  MedulUnus    già   dato    al   console 

del  474. 

Il  cognome  Camillus  è  già  attribuito  al  trib.  mil.  del  401.  8e  esso  abbia 
si  o  no  or'igine  etrnsca,  come  già  pensavano  gli  antichi  (DiON.  Hal.  II  22. 
Macrob.  Ili  8,  5.  Serv.  ad  Aen.  XI  .543;  558)  e  tendono  talora  ad  ammet- 
terlo anche  moderni,  è  questione  non  risolta. 

Nell'agro  Tuscolano  sino  dal  secolo  XVIII  furono  scoperte  le  tombe 
arcaiche  dri  Fourii,  CIL.  XIV  2700-2707. 

^  Il  console  del  487  è  detto  SaUnus  nei  Fasti  del  Cronografo  del  354 
ed  in  quelli  di  Hydatim.  Un  Sioiinus  e  detto  Albano  da  DiON.  Hai..  Ili  13. 
Le  forme  Sìccìuh  e  SiciniuH  vanno  naturalmente  messe  a  riscontro  di  quelle 
di  Simlus  e  Sicanus,  ossia  più  antichi  abitatori  del  Lazio.  Invece  il  MoM- 
MSKN  Boem.  Forsch.  I  p.  109  u.  88  distingue  i  Siedi  dai  Sicinii. 

*  Detto   TU8CU8  nei  Fasti  del  Cronografo  del  354  e  negli  Hydatiaui. 

'  Autore  della  gente  dei  FaUi  sarebbe  stato  il  Sabin.j  Modio  Fabidio 
di  Cnres  Diox.  Hal.  II  48. 

*  Alla  patria  originaria  dei  Conielii  pare  accennare  il  loro  co-nome  di 
Malnginensis  che  presso  il  Cronografo  dell'  a.  354  è  di  già  dato  al  console 
del  485.  Nei  Fasti  della  Regia  quello  del  459  ha  pure  il  secondo  cognome 
di  Uriitin)  (Koopr.x'vo;  o  KopoTlvo?  o  Koupixlvos  nei  codd.  di  Diodoro). 
Quello  di  C0SSU8  compare  con  il  434.  Origine  non  latina   sembra  poi  atte- 


102  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

GENTI  PATRICIE.  Genti  Plebee. 

32.  Aemilii  484;  478;  473;  470; 
467  (dict.  463).  1 

33.  Manlii   480:   474:  (Xvir 

451).^  .      . 

34.  Sebgii  478  (Xvir  450).  ^ 
36.  QuiNCTii   471  ;  468  ;  465  ; 


stare  il  cognome  di  Cethegus  (cfr.  Schulzk  p.  .322)  che  apparisce  del  resto 
la  prima  volta  solo  nel  204.  Anche  il  cognome  dei  Corneìii  Blasiones,  che  non 
compare  prima  del  270,  trova  analogie  in  Etruria  v.  Schulze  p.  166  n.  7. 

'  Sugli  Aemilii  quale  diminutivo  di  Aemi  v.  Schulze  p.  295. 

È  dubbio  che  si  possa  venire  a  sicuri  risultati  etnografici  rispetto  al 
loro  cognome  di  Mamercini,  dacché  esso  si  trova  tanto  in  Etruria  quanto 
fra  i  Falisci  e  gli  Osci  (v.  materiale  in  Schulze  p.  464  ;  cfr.  141  n.  5) 
V.  indici  in  Conway   The  ital.  dial. 

'  Il  Manlius  console  del  474  ha  di  già  il  cognome  FuUo  nel  Crono- 
grafo dell'  a.  354.  E  questo  cognome  è  dato  dai  Fasti  della  Regia  per  i 
decemviri  del  451  ed  i  tribuni  militari  del  420,  405,  402,  400.  Pili  tardi  iu 
età  del  tutto  sicura  il  cognome  Volso  è  portato  dai  consoli  del  256,  del 
189,  del  178.  Il  console  del  474  avrebbe  trionfato  sui  Veienti  DiON.  Hal. 
IX  36  non  sui  Voìsones  o  Volsiniensi  (  Volsones  =  Volsinienses)  v.  in  Act. 
Trium])li.  ad  a.  294  a.  C). 

Parrebbe  ovvio  pensare  che  sia  attribuito  ai  Manììi  del  V  secolo  un 
cognome  conseguito  da  un  Manlius  posteriore  per  qualche  vittoria  sui  Vol- 
siniensi. D' altra  parte  va  però  osservato  che  una  tradizione  presuppone 
rapporti  fra  Roma,  Chiusi,  Vetulonia,  Ruselle,  Arretium  sino  dal  tempo  del 
primo  Tarquinio  Dion.  Hal.  Ili  51  e  che  la  leggenda  etrusca  conservataci 
nel  celebre  dipinto  di  Volci,  iu  cui  accenna  alle  vicende  di  Gneve  Tarchunies 
Rumnch,  fa  pure  menzione  di  Laris  Papaihnas   Felznach,  ossia  di  Volsiuii. 

Dopo  tutto  può  darsi  che  il  cognome  Vuho  dei  Manlii,  come  il  Tuscus  degli 
Aquìlti,  V AurunciiK  dei   Cominii,  accenni  al  luogo  di  origine  di  questa  gens. 

'  Come  è  noto,  il  nome  Sergius  in  origine  non  è  che  una  varietà  di 
Serviliìis  (cfr.  Mommsen  Boetn.  Forsch.  I  p.  9  ;  2i)  ed  in  ambedue  codeste 
gentes  si  trova  il  cognome  di  Fidenas  (per  i  Sergii  di  già  nel  454,  per  i 
Servilii  nel  418).  Tanto  il  nome  di  Sergius  quanto  quello  di  Servilius  fanno 
pensare  alle  antichissime  origini  servili  di  queste  gentes  che  raggiunsero 
tuttavia  il  patriciato  da  tempo  assai  vetusto. 


Serie  dei  magistrati  patricii  dal  509  al  444  103 


GENTI  PATRICIE.  Genti  Plebee. 

460  suf.ji  (dict.  468)  453; 
446.2 

36.  T.  NuMicirs  469.=^ 

37.  P.  YoLUMNius  461.* 

38.  T.  RoMiLius   455  (Xvir 
451). 

39.  Sp.  Tarpeius  454. 

40.  A.  Aternius  454.^ 

41.  Sex.  Quinctilius  463.^ 

42.  P.  CuEiATius  453  (Xvir 
451).^ 

43.  P.  Sextius  452  (Xvir  451). 

44.  T.  Genucius   451  (Xvir 
451)  cfr.  445. 

45.  Agr.  Curtius  445.* 

'  Dato  da  DiON.  Hal.  X  17. 

*  Gens  Albana  Liv.  I  30,  2.  DiON.  Hal.  Ili  29  ha  Koivx'.À'O'jg. 
'  È  lo  stesso  noinen  del  fiume  Numimis  e  del  mitico  re  Numa. 

*  Il  cognome  Amintinus,  proprio  dei  Volumnii,  fa  pensare  ad  Amiti- 
num  località  distratta  nel  Lazio  v.  Pliu.  n.  h.  III  68;  cfr.  CIL,  VI  251 
Mag.  pagi  Amentini  minoris.  Si  confrontino  anche  gli  Amentinenaes  dell'  E- 
traria  Plin.  n.  h.  Ili  52,  CIL.  VI  2404,  12;  X  6440.  Lo  stesso  nome  dei 
Volumnii,  come  è  stato  parecchie  volte  osservato,  rivela  origine  schietta- 
mente etrusca.  V.  il  materiale  in  Schulze  p.  258. 

*  Il  nome  di  questo  console  ricorda  quello  del  fiume  Aternus,  che  divi- 
deva il  territorio  di  Marrucini  da  quello  dei  Peligni.  Lo  Schulze  p.  269 
sostiene  il  carattere  etrusco  del  nome  conùontaudolo  ad  esempio  con  quello 
di  Atrius. 

*  Dato  da  DiON.  Hal.  Ili  29.  Livio  I  30,  2  ricorda  invece  i  Quinctii. 
È  evidente  che  i  Quindi  ed  i  Qiiinetili  non  sono  che  varietà  delle  stesso 
nome.  Ma  possono  essersi  diff"erenziati  da  età  assai  vetusta. 

'  Gens  Albana  secondo  altri  Romana  Liv.  I  24,  1;  ib.  I  32,  2.  DiON. 
Hal.  III  29. 

*  Curtii  ripetizione  del  nome  dei  Curiati  ? 


104  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

I  Servila  vantavano  origini  albane  al  pari  degli  luUi^ 
Quinctii,  Geganii,  Curiata,  Cloelii  Liv.  I  30,  Dionisio  III  29 
aggiunge  anche  i  Metili.  Ma  dai  rimanenti  dati  a  noi  per- 
venuti i  Metili  figurano  solo  come  plebei.  I  Metili  figurano 
come  trihuni  plehis  nel  416,  401,  220,  217,  212. 

Aggiungiamo  poi  fra  i  patrie ii  i  Folii  o  Fosli  che  compa- 
iono nel  320  e  nel  318  il  443,  i  Papirii  che  abbiamo  dal  444. 

Notammo  (v.  s.  p.  8  sg.)  come  le  notizie  su  alcune  fra 
le  antichissime  genti  patricie  del  V  secolo  abbiano  destati 
sospetti.  Apocrifo  è  in  generale  reputato  lunio  Bruto,  il  più 
antico  console  della  repubblica  e  analoghi  sospetti  colpi- 
scono ad  es.  i  Sicinii  e  gli  Aquilii  nominati,  accanto  ai 
Vitellii,  fra  i  partigiani  di  Tarquinio  il  Superbo. 

In  alcuni  di  questi  casi  la  critica  è  impotente  a  rilevare 
il  vero.  Certo  sono  fantastici  i  particolari  che,  la  tradizione 
racconta  sugli  Aquilii  e  sui  Vitellii.^ 

Oltre  a  queste  genti  patricie,  la  tradizione  ne  ricorda 
alcune  altre  per  l'età  regia  o  per  il  primo  secolo  della  li- 
bera repubblica;  ad  es.  ove  porge  la  sospetta  notizia  su  Atilio 
decemviro  chiamato  al  tempo  dei  Tarquini  a  conservare  i 
libri  Sibillini  (Dion.  Hai.  IV  62),  ovvero  parla  di  Racilia  mo- 
glie di  Cincinnato  (Liv.  Ili  26,  10). 

Grli  Atilii  furono  a  partire  dal  399  e  396  fra  le  più  an- 
tiche ed  illustri  genti  plebee,  ma  L.  Atilius  Luscus  è  uno 
dei  più  antichi  tribuni  militum  consiliari  potestate  creati 
nel  444;  e  codesto  collegio  in  cui  figura  anche  un  Cloelius 
Siculus  ed  un  Sempronius  Atratinus  è  composto  di  patrici. 

Così  la  tradizione  ricorda  Verenia  e  Canuleia,  che  sareb- 
bero state  due  fra  le  prime  quattro  Vestali  create  da  Numa 


'  Liv.  II  4,  1.  Dion.  Hal.   V  6  cfr.  Ed.  Schwautz  Xotae    de  roman. 
annaììbus  (Gottingae  1903)  p.  13. 


I  magistrati patricii  dal  509  al  444  105 

(Plut.  Niim.  10).  Vecchie  tradizioni  parlavano  di  Taracia  o 
Fufelia  vestale,  Geli.  n.  A.  VII  7. 

Non  sappiamo  quanta  fede  meritino  queste  notizie  e  le 
altre  indicazioni  rispetto  a  Oppia  Liv.  II  42,  11  ad  a.  482 
(Opillia  in  Liv.  ep.  II)  od  ""Ojtinia  Dion.  Hai.  Vili  89,  di 
'Oe|3ivLa  Dion.  Hai.  IX  40  ad  a.  472  (cfr.  Oros  II  8,  13  Po- 
pilia;  Hieron.  ad  Olymp.  72:  Pompila).  Non  rileviamo  poi 
i  nomi  delle  genti  sicuramente  plebee  come  i  Calpurnii,  i 
Pomponii,  che  accanto  ai  patrici  Pinarii,  Luoretii,  aspirarono 
a  passare  per  discendenti  da  Numa  (Plut.  Num.  26). 

Degni  di  considerazione  sono  pure  i  nomi  dei  quattro 
ambasciatori  fatti  uccidere  da  Tolumnio  re  dei  Veienti  os- 
sia: Tulio  Clelio,  Spurio  Nauzio,  L.  Roselo  e  Fulcinio  Cic. 
Phil.  IX  2,  4  Liv.  IV  17,  1.  Plin.  w.  h.  XXXIV  23  ad  a.  438.  ^ 

Sorge  il  pensiero  che  tutti  e  quattro  codesti  ambascia- 
tori fossero  patrici,  tanto  più  che  patrici  erano  i  legati 
ad  orafores  in  codesta  età,  Varr.  apud  Non.  p.  529  M.  Di- 
sgraziatamente i  testi  rispetto  ad  alcuni  di  tali  nomi  non 
sono  sicuri.  Invece  di  Cloelius  Tullius  dato  da  Livio  e  da 
Plinio,  in  Cicerone  si  ha  Tnllus  Cluvius.  Cicerone  ha  Sp. 
Aìitius,  Plinio  ha  Spurius  Nautius  (il  codice  veronese  di 
Livio  ha  spuantium).^ 

A  queste  genti  patricie  vanno  aggiunti  i  Coranii.  Me- 
rita infatti  sia  rilevato  il  passo  di  Plinio  XII  244  ove,  a 
proposito  di  quelli  che  nascevano  con  sei  dita  nelle  mani,  si 
dice:  M.  Corani  ex  patricia  gente  filias  duas  oh  id  Sedigitas 
accipimus  appellatas. 

La  nessuna  notorietà  di  codesta  gente  fa  pensare  che 
non  si  tratti    di   un   recente  patriciato.  Non  sarebbe   man- 

'  Sui  Fiilcinii  e  Roscii  in  Etrnria  v.  Schulze  p.  169;  176  u.  3.  Roscii 
a  Praeaeste  v.  CIL.  XIV  3225  sqq.  Eph.  Ep.  IX  848  sqq. 

'  Sulla  questione  v.  la  mia  Storia  criika  di  Foma  II  p.  30(5  ii.  2. 


106  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

cata  qualche  notizia  su  di  essi  se  fossero  stati  cooptati  fra  i 
patricii  al  tempo  di  Cesare  o  di  Augusto.* 

La  lista  completa  delle  genti  patricie  ricordate  nei  Fasti 
dà  il  numero  di  cinquanta.  È  quindi  ovvia  la  domanda  se 
per  caso  codesto  numero  non  risponda  a  quello  delle  pur 
cinquanta  genti  die  si  vantavano  di  discendere  dai  com- 
pagni di  Enea.- 

Oltre  alle  genti  patricie  sopra  ricordate,  che  ottennero  le 
supreme  cariche  curali,  la  tradizione  registra  fra  i  decemviri: 

1.  Q.  Poetilius  (450)  4.  M.  Rabuleius  (450) 

2.  T.  Antonius  (450)  5.  Sp.  Oppius  (450) 

3.  K.  Duilius  (450) 

Stando  a  Dionisio  XI  58  per  opera  di  Appio  Claudio, 
ai  decemviri  patrici  vennero  aggregati  fra  i  plebei  solo  Q. 
Poetelius,  K.  Duilius,  Sp.  Oppius.  M.  Rabuleius  è  l'unico  per- 
sonaggio di  tal  nome  che  figuri  nei  Fasti.  Dal  Niebuhr  in  poi 
è  stato  più  volte  rilevato  il  dubbio  patriciato  degli  Autonii. 
Costoro  sul  finir  della  repubblica  si  facevano  derivare  da  un 


'  Questo  Coranus  è  sfuggito  allo  Stein  nell'  elenco  delle  persone  di 
questo  nome  in  PW.  RE.  IV  col.  1217. 

*  L'elenco  delle  50  geuti  patricie  registrate  nei  Fasti  v.  in  fine  del 
Tolume  all'indice  IV. 

Dionisio  I  85  ricorda  le  circa  cinquanta  casate  7:2VT/,y.ovTa  iiaÀiax* 
olxot  che  vantavano  origini  troiane.  Ma  pare  che  con  il  tempo  a  famiglie 
patricie  estinte  si  siano  sostituite  altre  di  parvenm  plebei.  Ciò  spiega, 
se  non  mi  inganno,  perchè  oltre  a  talune  di  patrici  come  i  Cloeli  v.  Paul. 
ep.  Fest.  p.  55,  Verg.  V  122,  i  Sergii  Verg.  V  121,  gli  Aemilii  Paul.  ej). 
Fest.  p.  23,  i  Naulii  v.  s.  p.  166,  abbiamo  i  Meiiliì  DiON.  Hal.  Ili  29,  i 
Memmii  VbrG.  V  117  cfr.  Sekv.  ad  Jen.  I  289,  i  Caecili  Paul.  ep.  Fest. 
p.  44  M  8.  V.  Caecìiliis,  i  PopiUi  Laenates  Skrv.  ad  A«n.  IX  262  e  gli  Atti 
Serv.  y  568,  lunì  Dion.  Hal.  IV  68.  La  menzione  degli  Aiii,  originari  di 
Aricia  imparentati  con  Giulio  Cesare,  mostra  l'origine  recentissima  di  al- 
cune di  queste  pretese. 


1  magistrati  pafricii  dal  ÒO'J  al  iU  107 

preteso  Anton  figlio  di  Ercole  (Plut.  Ant  4)  sicché  si  van- 
tavano della  stessa  genealogia  degli  Antii  (v.  le  monete  di 
questi  ultimi  in  Babelon  I  p.  155  cfr.  CIL.  VI  1343  M.  An- 
toni Antì  Lupi  pr.  patricii  auguris  cet. 

Anche  i  Poetelii  ed  i  Rabuleii,  .tando  alla  tradizione 
comune,  appaiono  plebei.  I  Poetelii  figurano  come  tribuni 
della  plebe  qualche  anno  prima  del  441  (quando  un  Poete- 
lius  sia  stato  nominato  per  la  prima  volta  tribuno  della 
plebe  è  incerto  Liv.  IV  12,  3)  ed  i  Rabuleii  appaiono  una 
sola  volta  fra  i  plebei  con  C.  RMeim  tribuno  della  plebe 
nel  486.  (Dion.  Hai.  VIH  72). 

Uu  Genucius  console  designato  per  lì  451  in  cui  diventa 
Xviro,  è  dato  come  console  anche  nel  445  l'anno  che  pre- 
cedette la  creazione  dei  trUyuni  miUtum  consulari  potestate. 
Questo  dato  va  forse  messo  in  relazione  con  la  tradizione  ac- 
colta da  Diodoro  XII  24  secondo  cui  i  plebei  ottennero  una 
carica  di  console  subito  dopo  la  caduta  del  decemvirato  per 
mezzo  delle  leges   Valeriae-Horatiae  (449  a.  C). 

Un  Genucius  figura  pure  tra  i  primi  plebei  che  raggiun- 
sero il  consolato  nel  365,  nel  363  e  nel  362.  Anzi  secondo 
la  tradizione  liviana  VII  6,  è  il  primo  plebeo  che  con  au- 
spici consolari  conduce  la  guerra,  ma  infelicemente.  I  Ge- 
nucii  pretendevano  anzi  di  essere  i  primi  plebei  giunti  al 
consolato  a  seconda  delle  diverse  versioni  nel  V  o  nel  IV 
.ecolo.  Già  notammo  (v.  s.  p.  80  sgg.)  come  le  gesta  riferite 
ai  Genucii  siano  oltremodo  sospette. 

Tutto  fa  credere  che  si  tratti  di  aperte  falsificazioni 
poiché,  come  tosto  vedremo,  i  plebei  non  arrivarono  alle 
somme  magistrature  curuli  ed  al  tribunato  militare  prima 
del  400  circa  a.  C 

.  Non  è  chiaro  a  chi  si  riferiBcano  le  parole  .  .  .  lU.  ToUrinu.  nella  la- 
cera voce  di  Fksto  s.  V.  {Novem)  p.  174  M. 


108  Intorno  allit  Jorìiiazians  ed  al  valore  storico  dei  Fusti 

D'altro  lato  reca  sorpresa  constatare  che  tra  le  genti 
patricie,  che  raggiunsero  il  summnm  imperium  in  questo 
periodo,  non  figurino  personaggi  appartenenti  a  quelle  da 
cui  trassero  il  nome  le  seguenti  sei  tribù  rustiche: 

Camilia     —     Galeria      —     Lemonia 
Follia        —     Pupinia     —     Voltinia 

mentre  troviamo  magistrati  che  avevano   comune   il  nome 
con  le  rimanenti  tribù  rustiche  : 

Aemilia  —  Claudia  —  Cornelia 

Fabia  —  Horatia  —  Menenia 

Papiria  —  Romilia  —  Sergia 
Voturia 

Stando  al  complesso  della  tradizione,  codesto  silenzio  si 
può  spiegare  ove  si  ammetta  che  allorquando  verso  il  496 
si  crearono  le  tribù  ricavandole  dal  nome  e  dal  territorio 
dei  pagi  preesistenti,  le  genti  patrice  dei  Camilii,  Galerii, 
Lemonii,  Pollii,  Pupinii  e  Voltinii,  che  da  quei  pagi  deriva- 
vano, erano  di  già  scomparse.^  Ma  i  dati  a  questo  riguardo 
sono  assai  monchi;  non  è  quindi  il  caso  di  insistere  su 
ipotesi. 

Esaminando  poi  i  nomi  dei  sommi  magistrati  fra  il  509 
ed  il  444,  vediamo  che  nel  corso  di  65  anni  i  medesimi 
personaggi  patrici  vennero  investiti  tre  o  quattro  volte  in 
media  del  summum  imperium  e  che  solo  ad  alcuni  di  essi 
fu  dato  raggiungerlo  più  frequentemente. 


'  Sul  significato  dello  pjirole  di  Livio  II  21,  7  ad  a.  495:  Boìnae  tribus 
uni  et  XXX  factae  (sic  cod.);  vujinti  ««a  in  Ep.  Lir.  8u  ciò  v.  Hirschfei-o 
Elcine  Schriften  (Berlin   1913)  p.  250  sgg. 


I  magistrati patiicii  dal  509  al  444  109 

In  questa  seconda  categoria  noi  notiamo  il  Valerii  (12 
volte  circa)  ed  i  Fabii  (11  volte  circa),  a  cui  tengono  dietro 
i  Verginii  (10  volte)  i  Furii,  i  Minucii  e  gli  Aemilii  (G  vol- 
te) eppoi  i  Quinctii,  gli  Horatii,  i  Larcii,  i  Postumii,  i  Ve- 
turii,  i  Claudii,  i  Servilii  (in  media  5  volte). 

Il  maggior  numero  di  magistrature  dei  Fabii  ed  i  Valerii 
sta  però  in  relazione  con  la  ripetizione  dei  medesimi  fatti. 
Cosi  ad  esempio  il  consolato  dei  Valerii  del  507  non  è  che 
una  triplicazione  di  quello  del  509  e  del  508.  Anche  i  sette 
consolati  dei  Fabii  sono  congiunti  con  circostanze  storiche 
talora  sospette  (v.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II  p.  15  sgg.). 

Durante  il  periodo  di  circa  80  anni,  che  dalla  caduta 
del  decemvirato  e  dalla  successiva  rogazione  Canuleia  (445 
a.  C.)  e  dalla  creazione  dei  tribuni  militum  consolari  potestate 
(444  a.  C.)  giunge  sino  all'approvazione  delle  leggi  Licinie- 
Sestie  (367  a.  C),  noi  abbiamo  le  genti  qui  appresso  segnate. 


110 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


VII. 


ELENCO  SECONDO. 


Dalla  ereazione  dei  «  tribuni  militum  consolari  potestate  »  alla  appro- 
vazione delle  leggi  Liciniue-Sextiae. 


PATRICI. 


Plebei 


1.  Sempronii  trib.  mil.  ovvero 
cons.  suf.?  444;^  trib.  mil. 
425;  cons.  423;  trib.mil, 
420;  2  trib.  mil.  416;  mag. 
eq.  382  ; 

ceiis.  443. 

2.  Papirii  cons.  444  suf.;  cons. 
441;  cons.  436;  cons.  430; 
cons.  427  ;  trib.  mil.  422  ; 
trib.  mil.  418;  trib.  mil. 
416;  cons,  411;  trib.  mil. 
387;  trib.  mil.  385;  trib. 
mil.  384;  trib,  mil.  382; 
trib.  mil.  380  (due  perso- 


1.  [Atilii  trib.  mil.  444;  trib. 
mil.  399;  trib.  mil.  396. 
Tribunato  falso  v.  oltre]. 


2.  [T.    Caecilius    trib,    mil. 
444?].3 


'  Liv.  IV  7,  DioN,  Hal,  XI  61-62, 

*  Un  cons.  A-jXog  Ss^iTipcóviog  in  Diod.  XII  77  ad  a.  420  a.  C,  non  lia 
rispondenza  negli  altri  Fasti. 

'  Questo  nome  è  dato  solo  in  Livio  IV  7.  Gli  altri  Fasti  Diox,  Hal. 

XI  61,  Chkon.  a.  354  danno  un  T.  Cloelio,  vale  a  diro  un  patricio.  Diodoko 

XII  32  ha  un  Tixoj  KóivTog. 


Serie  dei  magistrati  dal  444  al  367  111 


PATRICI.  Plebei. 

ne;^  trib.  mil.  376;  trib. 
mil.  3G8;  trib.  mil.  360; 

cens.  443;   430;   418; 
393;  389.' 

3.  Geganii  cons.  443  ;  cons. 
440;  cons.  437;  435  ;  trib. 
mil.  378;  trib.  mil.  367. 

cens.  435. 

4.  QuiNCTii  cons.  443;  cons. 
439  (dict.  439)  :  trib.  mil. 
438  (mag.  eq.  437);  cons. 
431  ;  cons.  438  ;  cons.  428; 
trib.  mil.  376;  trib.  mil. 
425;  cons.  421;  trib.  mil. 
420;nrib.  mil.  415;  trib. 
mil.  414;  trib.  mil.  405  (2 
persone  T.  Q.);  trib.  mil. 
388;  trib.  mil.  387;  trib. 
mil.  386;  trib.  mil.  385  (2 
persone)  (mag.  eq.  385); 
trib.  mil.  384  (dict.  382); 
(dict.  380)    trib.  mil.  377 


'  Rispetto  ai  due  Papiri  del  380  v.  i  nuovi  framuieuti  dei  Fasti  della 
Regia  ad  a.  in  Hermes  XXXIV  (190.3)  p.  16. 

*  La  tribù  Papiria  era  vicina  a  Tuscolo  Liv.  Vili  37  Val.  Max.  IX 
10,  1.  Dato  il  carattere  originiiriamente  etrusco  di  Timculuvi  acquistano 
grande  valore  le  osservazioni  dwi  moderni  i  quali  mettono  a  raffronto  il 
nome  dei  FapirU  o  Papisii  con  il  nome  etrusco  Papsina  o  Papsenna  v.  Schulzb 
p.  86. 

'  Liv.  IV  7.  DiON.  Hal.  XI  61. 


112  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

PATRICI.  Plebei. 

(2  persone);  trib.  mil.  369; 
trib.  mil.  368;  mag.  eq. 
367.1 

5.  Fabh  cons.  442;  trib.  mil. 
433;  cons.  423;  cons.  421; 
trib.  mil.  415;  trib.  mil. 
414;  cons.  412;  trib.mil. 
407  ;  trib.  mil.  406  ;  trib. 
mil.  404;  trib.  mil.  401; 
trib.  mil.  395  ;  trib.  mil. 
390  (tre  persone  27)  ;  trib. 
mil.  381  ;  trib.  mil.  369. 

Quaest.  409  Liv.  IV  54, 3. 

6.  Aebutii  cons. 442;  mag.  eq. 
435. 

7.  FuEii  cons.  441  (cens.  435); 
trib.  mil.  432;  trib.  mil.  426; 
trib,  mil.  425;  trib.mil.  420; 
cons.  413;  cons.  412;  cons. 
409;  trib.  mil.  407;  trib. 
mil.  405;  trib.  mil.  403; 
trib.  mil.  401;  trib.  mil. 
400;  trib.  mil.  398  (due 
persone);  trib.  mil.  397  (di- 


*  As'jy.iog  ìioivy.z'.oq  cons.  in  DiOD.  XII  77  nel  suo  calcolo  420  a.  C. 
che  non  trova  rispondenza  sngli  altri  Fasti.  Il  tribuno  del  387  è  dato  da 
Dioi>.  XV  24. 

Il  dittatore  è  dato  dai  nuovi  frammenti  dei  Fasti  della  Regia  in  Hermet 
XXXVIII  (1903)  p.  116. 


Serie  dei  magistrati  dal  444  al  367  113 


PATRICL  Plebei. 


et.  396);  trib.  mil.  395; 
trib.  mil.  394  (due  perso- 
ne) ;  trib.  mil.  391  (due 
persone);  (dict.  390)  ;  trib. 
mil.  386  (dict.  386)  ;  trib. 
mil.  384;  trib.  mil.  381  (due 
persone)  ;  trib.  mil.  378  ; 
trib.  mil.  370  ;  (dict.  368); 
dict.  367. 

cens.  435  ;  403;  389. 

8.  Maenenii  cons.  440  ;  cons. 
439;  trib.  mil.  419;  trib. 
mil.  417;  trib.  mil.  387; 
trib.  mil.  380;  trib.  mil. 
378  ;  trib.  mil.  376.' 

9.  Aemilii  trib.  mil.  438  (dict. 
437;  dict.  434;  dict.  426)  ; 
cons.  410;  trib.  mil.  405; 
trib.  mil.  403;  trib.  mil. 
401;  trib.  mil.  494;  trib. 
391  (due  persone);  trib.  mil. 
389;  trib.mil.  387;  trib.  mil. 
383;  trib.  mil.  382;  trib.  mil. 


'  Per  il  387  e  per  il  380  Livio  VI  5  ;  27  ha:  Licinium  Alenenium. 
La  lezione  :  L.  Menenium  è  vecchia  correzione  del  Sigouio  accolta  anche 
dagli  editori  [recenti  ad  ee.  dallo  Zingerle.  Ma  nei  nuovi  frammenti  dei 
Fasti  della  Regia  (v.  Hermes  XXXVIU  (1903)  p.  116)  si  ha:  Licinm  Menenius, 
cfr.  Liv.  VI  31  ad  378  e  DiOD.  XV  71  ad  a.  376. 

Pais  lìicercht  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  II  8 


U4  Inforno  alla  formazione  ed.  al  valore  storico  dei  Fasti 

PATHICL  ^1^^^^- 

380;  trib.mil.  377  (mag.eq. 

,  368)/ 

10.  luLii  trib.  mil.  438;  cons. 

435;  cons.  434  (mag.  eq. 

432);  cons.  431;  cons.  430; 

cons.  trib.  mil.  424;  trib. 

mil.  408;  trib.  mil.  405;  trib. 

mil.  403;  trib.  mil.  401;  trib. 

mil.  397;  trib.  mil.  388;  trib. 

mil.  379. 
cens.  393. 
11.  Sergii   cons.  437  ;    trib. 
mil.  433;  cons.  429;  trib. 
mil.  424;  trib.  mil.  418;  trib. 
mil.  404;   trib.  mil.  402; 
trib.  mil.  397;trib.mil.  393; 
trib.  mil.  387;   trib.  mil. 
384;   trib.  mil.  380  (due 
persone).'* 
12.  CoRNELii  cons.  436;  cons. 
428  ;  trib.  mil.  426  ;  mag. 
eq.  426;  trib.  mil.  415;  trib. 
mil.  414;  cons.  413;  cons. 
409;  trib.  mil.  408  (dict. 
408);trib.  mil.  406(2  per- 

.  n  tribuno  del  387  .  dato  f^^  ;f  ^  ^^^  J^'/^^  ,,  ,,  SepooCX.,. 
«  Per  il  387  (nel  ano  computo  379  a.  K..  uiou.  ^ 
Sergius  è  dato  da  Livio  VI  5. 


Serie  dei  magistrati  dal  444  al  367  115 

PATBIOI.  Plebei. 

sone);  trib.  mil.  404  (2  per- 
sone); trib.  mi].  401;  trib. 
397;  mag.  eq.  396;  trib.  mil. 
395  (due  persone);  trib. 
mil.  394  (dict.  390);  trib. 
mil.  389;  trib.  387  (due 
persone);  trib.  386;  trib. 
mil.  385  (dict.  386);  trib. 
mil.  384;  trib.  mil.  382; 
trib.  mil.  380;  trib.  mil. 
376;  trib.  mil.  370;  trib. 
mil.  369  (due  persone); 
trib.  mil.  368;  trib.  mil. 
367  (due  persone); 
cens.  suf.  393.' 

13.  VEKGiNn  cons.  435;  cons. 
434;  trib.  mil.  402;  trib. 
mil.  389. 

14.  Manlii  cons.  434;  trib. 
mil.  422;  trib.  mil.  420; 
trib.  mil.  405  ;  trib.  mil. 
402;  trib.  mil.  400;  trib. 
mil.  397;  trib.  mil.  396; 
cons.  392  ;  trib.  mil.  389  ; 
trib.  mil.  387;  trib.  mil. 
385;  trib.  mil.  383;  trib. 
mil.  379    (due    persone); 

'  Il  tribuno  Cornelio  del  387  è  dato  da  Diodoro  XV  24. 


116 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI. 


Plebei. 


trib.  mil.  370   (dict.  368  ; 
trib.  mil.  367/ 

15.  SuLPicii  cens.  434;  trib. 
mil,  402;  trib.  mil.  398; 
cons.  393;  trib.  mil.  391; 
trib.  mil.  390;  trib.  mil. 
384;  trib.  mil.  383;  trib. 
mil.  382;  trib.  mil.  380; 
trib.  mil.  377;  trib.  mil. 
376;  trib.  mil.  370;  trib. 
368; 

cens.  380.2 

16.  FoLii  trib.  mil.  433. 

17.  PiNARH   trib.   mil.  432; 

cens.  430. 

18.  PosTUMii  mag.  eq.  435 
mag.  eq.  434;  trib.  mil.  432 
dict.  432;  trib.  mil.  426 
trib.  mil.  414;    trib.  mil. 


'  Per  il  405  i  codici  liviani  IV  61  hauno  Manilins  {Mamlius  P.).  DiOD. 
XIV  17  ha  AO/.og  Ma[j,iXioj.  I  Fasti  della  Eegia  lianuo  :  A.  Alanlius  A. 
f,  Gn.  n,  Vulso  Cajntolin. 

Così  per  il  402  segno  la  versioue  dei  Fasti  della  Regia  e  noto  nn  Man- 
lius  mentre  in  Livio  V  8  (che  nel  rimanente  concorda)  si  ha  A.  Maniliua  o 
Mamilius.  Il  testo  ò  pure  corrotto  in  DiOD.  XIV  38,  ove  si  legge  AOXof 
MaxcXtcg. 

Per  il  400  segno  pure  i  Fasti  della  Regia.  Livio  V  12  ha  Manilius  (o 
Mamilius)  i  codici  di  Diodoro  XIV  47  sono  variamente  corrotti. 

Il  tribuno  del  387  è  dato  da  DiouORO  XV  24. 

*  Da  testi  tanto  di  Livio  VI  21  come  di  Diooor.o  XV  38  non  risulta 
con  chiarezza  se  per  il  383  si  tratta  di  un  Sulpicio  o  di  un  Servilio. 


Serie  dei  magistrati  dal  444  al  367  117 


PATRICL  Plebei. 

403  (due  persone);  trib.mil. 
397;  trib.  mil.  394;  trib. 
mil.  389;  trib.  mil.  381  (due 
persone)  ; 

Gens.  403;  380. 

19.  LucRETii  cons.  429;  trib. 
mil.  419;  trib.  mil.  417; 
cons.  393;  trib.  mil.  391; 
trib.  mil.  388;  trib.  mil. 
383;  trib.  mil.  381. 

20.  Servilii  mag.  eq.  439; 
dict.  435;  cons.  427;  dict. 
418  (mag.  eq.  418?);  trib. 
mil.418;  trib.  mil.  417;  trib. 
mil.  408;  (mag.  eq.  408); 
trib.  mil.  407  ;  trib.  mil, 
402  (2  persone);  trib.  mil. 
398;  trib.  mil.  395;  trib. 
mil.  390  (2  persone);  trib. 
mil.  388  (2  persone);  trib. 
mil.  387  (Sergius?);  trib. 
mil.  386  ;  mag.  eq.  386  ; 
trib.  mil.  383;  trib.  mil. 
382?;  trib.  mil.  378;  trib. 
mil.   369;  trib.  mil.   368; 

Gens.  378.' 

'  Il  mag.  eq.  del  418  uon  è  del  tutto  certo,  ma  è  probabile  che  i  Fasti 
della  Regia  abbiano  C.  .  .  .  C.  f.  C.  n.  Axilla,  cfr.  Bandel  op.  cit.  p.  27. 

Non  è  chiaro  se  per  il  383  si  tratti  di  un  Servilio  o  di  un  Sulpicio 
V.  Liv.  VI  21,  DiOD.  XV  38.  Per  il  382  in  Livio  VI  22  si  legge  Q.  SeP. 


118  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

PATRICI.  Plebei. 

21.  HoRATii  trib.  mil.  426; 
trib.mil.  386;  trib.  mil.  378. 

22.  Claudh  trib.  mil.  424; 
trib.  mil.  403. 

23.  Nautii  trib.  mil.  424;  trib. 
mil.  419;  trib.  mil.  416; 
cons.  411;  trib.  mil.  404. 

24.  [Antoni:  trib.  mil.  422]. ^ 

25.  Vetueii  trib.  mil.  417  ; 
trib.  mil.  399;  trib.  mil. 
377;  trib.  mil.  369;  trib. 
mil.  368  ;  trib.  mil.  367.^ 

26.  Valerti  trib.  mil.  415; 
trib.  mil.  414;  cons.  410; 
trib.  mil.  407  ;  trib.  mil. 
406;  trib.  mil.  404;  trib. 
mil.  403;  trib.  mil.  401; 
trib.  mil.  398  (due  persone); 
trib,  mil.  395;  trib.  mil. 
394;  cons.  392;  mag.  eq. 
390;  trib.  mil.  389;  trib. 
mil.  387;  trib.  mil.  386; 
trib.  mil.  384;  trib.  mil. 
383;  trib.  mil.  380  (due 
persone  P.);  trib.  mil.  377; 


'  Sugli  Antouii  patrici  v.  s.  p.  106. 

'  Por  il  417  DiOD.  XIII  7   ha  Unoùpioc;  OOeToupio;  'PooiXtog  ;  Livio 
IV  47  ha  Sp.  Eutll'ms  Crassus. 


Serie  dei  magistrati  dal  444  al  367 


119 


PATRICI. 


Plebei, 


trib.mil.  370  (due  persone); 
trib.  mil.  367. 
27.  QuiNCTiLii  trib.  mil.  403. 


28.  [L.  Aquilius   trib.  mil. 
388].  1 


3.  Licinii  trib.  mil.  400  pri- 
mus  e  plebe  (Liv.  V  12,  9); 
trib.  mil.  396;  mag.  eq.  368 
pribus  e  plebe  {Fasti  Gap.). 

4.  Titinii  trib.  mil.  400;  trib. 
mil.  396. 

5.  Maelius  trib.  mil.  400:  trib. 
mil.  396. 

6.  Popilius  trib.  mil.  400. 

7.  Pomponius  trib.  mil.  399. 

8.  Duilius  trib.  mil.  399. 

9.  Poblilius  trib.  mil.  399. 

10.  Genucius  trib.  mil.  399;' 
trib.  mii.  396. 

11.  Atilius  399:  396. 

12.  Trebonius  trib.  mil.  383. 

13.  Terentius  trib.  mil.  380 
(lo  Ila  il  solo  Diodoro). 

14.  Sextilius  trib.  mil.  379. 
16.  Albinins  trib.  mil.  379. 


'  Non  è  cliiaro  se  codesto  L.  Aquilius  Corvus  sia  patrizio  o  plebeo  e 
se  si  debbano  su  di  lui  estendere  i  dubbi  più  volte  sollevati  siili'  Aquilio 
console  del  487,  con  i  quali  sono  pure  stati  collegati  gli  Aquilii  che  cospi- 
rano a  favore  di  Tarquinio  il  Superbo  Liv.  II  4  sq.  Plut.  Popi.  4  sqq. 

*  Nei  Fasti  Capii,  è  detto  Augurinics  cognome  dei  Gemici  patrici .  Da 
Livio  V  13,  3  è  detto  plebeo.  V.  in  fondo  indice  IV. 


120  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICL  Plebei. 

29.  Cloelii   trib.  inil,  ^  444  16.  Autistius  trib.  mil.  379. 

[378]. 

cens.  378. 

Se  il  P.  Sestius  ricordato  corde  questore  da  Livio  IV 
50,  2  ad  a.  414,  sia  da  collegare  con  gente  patricia  o  plebea 
di  questo  nome  non  è  detto.  Dal  contesto  sembra  tuttavia 
si  tratti  di  un  patricio. 

Per  questo  periodo  sono  poi  ricordati  fra  i  plebei  come 
questori,  nel  409  Liv.  IV  54,  3  un  Siìius,  un  Aelius^  un  Piipius; 
per  il  391  un  Carmliiis,  Plin.  n.h.  XXXIV  13,Plut.  Cam.  12,  1. 

Abbiamo  poi  la  scomparsa  di  un  numero  di  famiglie 
patricie,  che  parrebbero  autentiche  ossia  i  Romilii,  i  Siccii 
0  Sicinii,  i  Xumicii,  i  Cloelii,  i  Cominii,  oltre  agli  lunii,  a 
Cassii,  agli  Aternii,  Tarpeii,  Marcii,  Genucii,  Minucii,  Anto- 
nii,  Tullii,  Curiati.  Le  genti  patrice  dominanti  da  circa  cin- 
quanta scendono  al  numero  di  circa  29.  Vediamo  invece 
insinuarsi  nelle  alte  magistrature  curuli  circa  15  genti  ple- 

'  Il  tribunato  di  un  patricio  Cloelius  Siculus  riposa  sul  dato  di  Dio- 
nisio XI  61;  cfr.  Chron.  ann.  354.  DiODORO  XII  32  ha  l'incerta  lezione 
Tixog  Koivxoj.  Litio  IV  7  ha  T.  Caecilius  che  è  errore  o  aperta  falsifica- 
zione come  rileviamo  qui  oltre. 

Per  l'anno  378  Diodoro  XVI  .57  invece  di  P.  Cloelius,  dato  da  Livio 
VI  31,  ha  IIó-Àtos  KoiXics  (KùXiog  codice  P). 

È  tutt'  altro  che  e.scluso  il  sospetto  che  si  riferiscano  ad  un'  unica  ma- 
gistratura i  tribunati  militari  di  P.  Licinius,  di  P.  o  L.  Titinius,  di  P.  Mae- 
Hus  nel  400  e  nel  396,  di  Gii.  Getmciiis  e  L.  Atilius  (399,  396)  r.  Liv.  V 
12,  10;  13,  4;  18,  1. 

Questi  sospetti  traggono  vigore  non  dalla  ripetizione  delle  stesse  cose 
relative  a  P.  Licinius  (Liv.  V  11,  9;  18,  1,  notizie  che  derivano  dall'anna- 
lista Licinio  Macro). 


I  magistì-ati  dal  Uà  al  367  121 

bee.  Ma  mentre  tra  le  patrieie  il  tribunato  militare  e  il 
consolato  sono  coperte  spesso  dalle  stesse  persone  o  da  per- 
sonaggi della  stessa  gente,  i  plebei  raggiungono  in  generale 
una  sola  volta  l'alta  magistratura. 

Una  versione  riferita  dai  tardi  annalisti  fa  arrivare  sino 
dal  444  al  tribunato  militare  il  plebeo  T.  Caecilio.  I  dati 
dei  Fasti  testé  riferiti  insegnano  invece  che  i  plebei  incomin- 
ciarono a  raggiungerlo  solo  nel  400  con  i  Licinii,  i  Titinii, 
i  Melii,  i  Poblilii. 

Questi  ultimi  dati  hanno  virtù  di  mostrare  erronea  la 
tradizione  data  da  Livio  IV  6,  8  che  il  tribunato  militare 
fu  creato  verso  il  444  per  dar  modo  anche  ai  plebei,  cui 
era  conteso  raggiungere  il  consolato,  di  esercitare  il  sum- 
mum  imperium.  Nel  444,  in  cui  sorse  il  tribunato  militare 
rivestito  della  podestà  consolare,  i  tre  primi  tribuni  sono 
patricii,  ossia  L.  Sempronio  Atratino,  L.  Atilio  Lusco  e  T. 
Cloelio  Siculo. 

Risulta  invece  esser  vera  l'altra  versione  pure  accolta 
da  Livio  IV  7,  2  che  V  imperium  fu  attribuito  a  diversi 
tribuni  militari  quia  duo  consules  ohire  tot  simul  bella  ne- 
quirent.  E  non  v'è  ragione  di  dubitare  di  Livio  ove  ad  es. 
per  il  401  dice  V  10:  L.  Valerio  Potito  quartum,  M.  Furio 
Camillo  itevìun,  31.'  Aeniilio  Mamerco  tertium,  Cn.  Cornelio 
Cosso  iterum,  K.  Fabio  Ambusto,  L.  lulio  lido  tribunis  mi- 
litum  consulari  potestate  multa  domi  militiaeque  gesta,  nam 
et  bellum  multiplex  fait  eodem  tempore,  ad  Veios  et  ad  Ca- 
penam  et  ad  Falerios  et  in  Volscis,  ut  Anxur  ab  hosfibus 
recuperaretur,  et  Romae  simul  dilectn  simul  tributo  confe- 
rendo laboratum  est. 

Licinio  Macro  apud  Liv.  IV  7,  10  affermava  che  nel  444 
si  provvide  all'elezione  dei  consoli  L.  Papirius  Mugilanus 
e  L.  Sempronius  Atratinus,  che   erano    ricordati    tanto    nel 


122  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

foedus  Ardeatinum  quanto  nei  libri  Untei  ad  Monetae.  Livio 
invece,  pur  registrando  tali  notizie,  notava  che  tali  nomi 
mancavano  in  annalibus  priscis  e  nei  libri  magistratuum. 

Da  Dionisio  XI  62  si  apprende  che  alcuni  annalisti  per 
il  444  (secondo  il  computo  di  Dionisio  Olymp.  84,  3  =  442) 
porgevano  solo  il  nome  dei  tre  tribuni  militari,  e  che  altri 
davano  invece  solo  quello  dei  consoli.  Il  nome  di  ambedue 
queste  magistrature  jjer  l'anno  in  questione  era  dato,  dice 
lo  scrittore  greco,  in  pochi  testi.  Egli  assentiva  ad  essi  per- 
chè dichiarava  di  aver  fede  nei  libri  segreti  dei  sacerdoti 
jtiateiJOVTSs  SsTaìglxTwv  lsqwv  t8  xal  drcoBéTcov  |3ij3Aa3v  [.laQTVQiai;. 

Livio,  trovandosi  di  fronte  a  tali  discrepanze,  suppone  per 
suo  conto  ciò  che  Dionisio  in  fede  ai  libri  sacri  dà  per  sicuro: 
ossia  che  i  consoli  L.  Papirio  Mugliano  e  L.  Sempronio  Atra- 
tino  sarebbero  stati  eletti  nei  comizi  in  seguito  all'  abdica- 
zione dei  tre  tribuni  militari  A.  Sempronio,  L.  Atilio  e  T. 
Cloelio.i 

Il  nome  di  Cecilio,  in  luogo  di  Cloelio,  è  dato  dal  solo 
Livio.  Può  darsi  si  tratti  di  semplice  errore  di  testi  e  non 
dell'  interpolazione  di  un  plebeo  Caecilius  in  luogo  di  un 
patricio  Cloelius.  Ove  vi  sia  stata  deliberata  interpolazione, 
per  secondare  la  tesi  che  i  tribuni  militum  consulari  potestate 
furon  creati  per  favorire  i  plebei,  il  pensiero  corre  a  T.  Ce- 
cilio Pomponiano  Attico,  che  attese  a  rintracciare  la  genea- 
logia delle  precipue  casate  della  nobiltà  romana,  ad  es.  dei 
Claudii  Marcelli,  degli  Scipioni,  dei  Fabii,  degli  Aemilii,  de- 
gli lunii  Bruti  (Corn.  Nep.  Att.  18,  3).  Tali  ricerche,  come  ha 


'  Liv.  IV  7,  11:  credo  qitod  fribinn  viilitnm  initio  anni  fucrunt,  eo  pe- 
rinde  ac  ai  totum  annum  in  imperio  fueriut,  sufevtorinn  iis  consulitm  prater- 
miasa  nomina  [consulmn  horum]. 

I  tribnui  militari  del  442  =vulg.  444,  teunero  la  magistratura  éircoiiV/z-Ovca 
xai  'ps'i  p-óvov  i]iiépaz  ;  ed  in  seguito  a  segni  celesti  contrari  abdicarono. 


I  magistrati  dal  441  al  467  123 

dimostrato  il  Miiuzer,  egli  fece  pure  rispetto  ai  Cecilii  Me- 
telli  imparentati  con  gli  Scipioni.^ 

Illustrare  genealogie  e  dire  la  verità  sono  termini  spesso 
fra  loro  inconciliabili.  Ed  è  stato  più  volte  rilevato  come  At- 
tico, allorché  per  invito  di  Bruto  accondiscese  ad  illustrarne 
memorie  avite,  ne  abbia  solleticato  l'amor  proprio  facendolo 
discendere  dal  patricio  lunio  Bruto  il  primo  e  dubbio  con- 
sole e  dal  patricio  Àhala  uccisore  di  Sp.Melio.^  Nulla  di  strano 
che  Attico  abbia  pur  lusingato  la  gente  Caecilia,  nella  quale 
era  entrato  per  adozione,  creando  ed  accreditando  la  pretesa 
dei  Caedlii  di  aver  dato  uno  dei  più  antichi  tribuni  mili- 
tari consulari  potestate. 

A  parte  ciò,  l'esame  dei  Fasti  dal  4M  al  367  mostra  che 
queste  guerre  frequenti  fecero  bensì  sorgere  spesso  il  tribu- 
nato militare,  ma  tale  carica  continuò  ad  essere  coperta  dai 

patrici. 

In  questo  periodo  minor  numero  di  genti  patricie  par- 
tecipa al  potere;  le  plebeie  invece  a  partire  dal  400-396  comin- 
ciano a  far  capolino;  ma  noi  vediamo  che  i  Cornelii,  i  Furii, 
i  Qumctii  ed  i  Valerli  coprono  quasi  sempre  le  più  alte  ca- 
riche curuli  in  media  da  30  a  20  volte.  Tengono  loro  dietro 
i  Servilii  (circa  19),  gli  Aemilii  ed  i  Manlii  (circa  17),  i  Pa- 
pirii,  gli  lulii  ed  i  Fabi  (circa  14),  i  Sulpicii  ed  i  Sergi  (12); 
arriviamo  ai  Postumii,  ai  Lucretii  e  discendiamo  cosi  man 
mano  ai  Veturii,  ai  Menenii,  ai  Geganii  ed  ai  Sempronii,  ai 

Nautii. 

Alcune  genti  si  attenuano   come   gli  Aebutii,  i   Vergi- 
mi, gli  Aquili  e  quei  Pinarii  che   ora  compariscono  ancora 

'  V  le  giuste  osservazioni  di  F.  MUnzer  in  Hermes  XLV  (1905)  p.  94  sgg. 
»  Cic.  ad  Alt.  XIII  40,  1;  Brut.  16,  62.  V.'le  monete  di  Bruto  in  Ba- 
BELON   II   p.  113.  Cfr.  O.  E.  SCHMIDT    apud  MUENZER   1.  c.  p.  100. 


124  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

una  volta,  che  troveremo  più  tardi  nei  Fasti  sacerdotali, 
ma  che,  a  partire  dal  secolo  venturo,  non  figurano  più  nei 
Fasti  consolari.^ 

E  notevole  poi  che  in  questo  periodo  compaiono  due  sole 
volte  quei  Claudii,  che  pure  secondo  la  tradizione  avrebbero 
fatto  tanto  parlare  di  se  nell'  età  anteriore.  In  realtà  per  il 
periodo  che  dal  509  va  al  444,  pur  serbando  dati  autentici, 
la  tradizione  rivela  frequenti  interpolazioni,  mentre  per 
quello  testé  riscontrato,  nonostante  lacune  ed  interpolazioni, 
si  vanno  accentuando  elementi  nella  sostanza  più  sinceri. 

Veniamo  ora  ad  esaminare  i  Fasti  per  il  periodo  che  dal 
367,  ossia  che  dalla  rogazione  delle  leggi  Licinie-Sestie,  che 
aprirono  il  consolato  anche  ai  plebei,  va  al  172  a.  C.  in  cui 
per  la  prima  volta  il  collegio  dei  consoli  venne  di  fatto  co- 
perto da  due  plebei. 


'  V.  ad  68.  Pinario  Natta  pontefice  al  tempo  di  Cicerone  de  domo  45, 
118;  52,  134,  137.  Altri  Pinarii  v.  in  Eohden-Dessau  Prosogr.  Imp.  Romani 
III  p.  39. 


I  inagistrati  dal  366  al  172 


125 


Vili. 

ELENCO   TERZO. 

DalV  approvazione  delle  leggi  Liciniae-Sextiae  sino  all'  occupazione  da 
parte  dei  plebei  di  ambedue  i  seggi  consolari  {366-172). 


PATRICI. 

1.  Aemilii  366;  363  (mag.  eg. 
352,  342)  341;  339   (dict. 
335);  329;  323;  1  (dict.  321) 
317;  (dict.  316);  311;  302 
(mag.  eq.  302)  (dict.  301) 
285;  282;  281;  278;  255;  232 
230;225;219;216;187;182 
175. 

cens.  276;  220;  179. 


Plebei. 
1.  Sextii  366. 

[praet.  202  Liv.  XXX 

26,  1]. 

(trih.  pleb.  dal  414). 


[praet  341  Liv.  Vili  2, 
1;  218  Liv.  XXI  49,  6; 
217  Liv.  XXII  9, 11;  213 
Liv.  XXIV  43,  6;  205  Liv. 
XXVCn  38,  11  ;  191  (due 
persone)  Liv.  XXXV  24, 6; 
190  Liv.  XXXVI  45,  9]. 


'  Liv.  Vili  37  ad  a.  323:  C.  Suljìicio  C.  Aemilio.  AtiUum  quidam  annales 
hàbent;  cfr.  DiOD.  XVIII  26  Tgcios  AUto^. 


126 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATEICI. 

2.  Servilu  365  ;  362  (dict. 
360);  (mag.  eq.  351);  342; 
284;253;252;248;217;203.i 

[praet  205  Liv.  XXVin 
38,ll;174Liv.XLI21, 1]. 


Plebei. 

2.  Genucii  365: 363;  362;  303; 
276;  271;  270. 

itrih.  pleb.  dal  476).^ 


3.  SuLPicii364;  361  (dict.  358) 
355;  353;  351  ;  345;  337;  323; 
314;  (dict.  312);  304  ;  279  ; 
258;  243;  211  (die.  203)  200. 

ceiis.  366;  319  ;  300. 

[praet  211  Liv.  XXV 

41,  12;  187  Liv.  XXXVm 

42,  4]. 

4.  PiNAEii  (mag.  eq.  363). 

[praet.   349  Liv.  VII 
25,  12]. 


3.  Licinii  364;  361:  236  (mag. 
eq.  210)  205. 
cens.  210.5 

[praet.  (due)  208  Liv. 
XXVII  5]. 

itrib.  pleb.  dal  494). 


4.  Poetelii  360;  346;  326;  314 
(dict.  313  ;  mag.  eq.  313).* 

(trih,  pleb.  dal  441). 


'  Sui  Servila  Gemini  pattici  e  gli  omonimi  plebei  v.  Mommsex  Boem. 
Farsch.  I  p.  117  sg. 

*  I  Oenucìi  plebei  hanno  il  cognome  di  Aventinenses,  che  sta  in  perfetta 
relazione  con  il  loro  carattere  plebeo. 

Quelli  patrici  (che  avrebbero  dato  un  XvLro  nel  451,  un  console  nel  445) 
Imuno  il  dubbio  ccgnome  di  Augurìni,  il  quale  conviene  a  gente  plebea  nobi- 
litatasi con  l' augurato,  non  a  patrici  che  abitualmente  lo  conseguivano.  Su 
tale  cognome  ed  i  dubbi  patrici  Minucii  v.  Mommsex  Roem.  Forschungeu  I  p.  65. 

*  Il  geutilicio  Licinius  è  stato  spesso  messo  in  rapporto  con  1'  etrusco 
Leene,  cfr.  Mììller  Deecke  Die  Eirusker  II  p.  488. 

*  Bandel  op.  di.  p.  103. 


I  magistrati  dal  366  al  172  127 


PATRICL  Plebei. 

5.  Fabii  360;  358;  356;  354         5.  PopilJi  359;356[3o4]3  350; 
(dici.  351)   345    (mag.  eq.  348;  316;  173. 

344;  mag.  eq.  325;  mag. 

eq.322)322(dict.321,315:  [praet.  176  Liv.  XLI 

mag.  eq.    315)    310;   308  14,5;  un  edile  curale  nel 

(mag.  eq.  301)   297  ;  295;  364  ;  Fest.  p.  326  M]. 

292;  276;  273: 269;  266;  265; 
247,  246,  245,  233;  228 
(mag.  eq.  224;  dict.  fra  il 
222-219);'  dict.  217;  dict. 
216;  215  suf.  214;  213;  209; 
183. 

eens.  363   [358]*  304; 
288;  241;  230. 

*  Cfr.  Baxdkl  op.  cit.  p.  123. 

*  Cfr.  De  Boor  Fasti  Censorii  p.  6. 

*  Cfr.  Liv.  vii  18,  10  :  in  quibusdam  annalibui  prò  T.  Quinctio  M.  Po- 
piUum  inveri  io. 

Rispetto  al  cognome  Laenas  dei  Popilii  si  suole  accettare  la  spiegazione 
che  si  legge  in  Serv.  ad  Aen.  IV  262,  ove,  dopo  essersi  detto  che  la  laena 
era  una  toga  duplex,  amictus  aiujuraUs  si  aggiunge:  unde  Popilii  <  Laenaies  y 
propter  ìiunc  habitum,  qui  se  de  Fencris  genere  ortos  feì-ebant.  alii  inventorem 
huius  vestis  ab  kac  ipsa  veste  Laenalem  appellatum  tradund  cet.  Cfr.  Cic.  Brut. 
14,  56  :  Licet  aliquid  etiam  de  M.  Populi  ingenio  suspicari,  qui  cum  consul 
esset  (359  a.  C.  Liv.  VII  12,  4)  eodem  tempore  sacrificium  publicum  cum  laena 
faceret,  quod  erat  flamen  Carnientaiis  cet.  cfr.  Vark.  d.  l.  L.  VI  33  :  laena 
quod  de  lana  multa  duarmn  etiam  togarum  instar. 

Non  ostante  queste  esplicite  dichiarazioni,  sorge  spontanea  l'idea  di 
confrontare  il  cognome  Laenas  con  il  passo  di  Varrone  d.  l.  L.  VIII  84  : 
hinc  quoque  illa  nomina  Lesas,  Ufenas,  Carrinas,  Mia^eceìias  quae  cum  essent 
ab  loco  ut  Urbinas  et  tamen  U[e\rbin{iu8)  ab  hi»  debuerunt  dici  ad  nostrorum 
tiominum  .... 

Anche  lo  Schulze  p.  186  riconosce  1'  origine  etrusca  del  cognome  dei 
Popilii  Laenate». 


128  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI. 

(continua  Fabii) 

[praet.  214  Liv.  XXIV 
9,  4;  201  Liv.  XXX  40, 
5;  196  Liv.  XXXin  24, 
2;  due  persone  189  Liv. 
XXXVII  47,  8;  due  per- 
sone 181  Liv.  XL  18,  2; 
173  Liv.  XLI  28,  5]. 

6.  Manlii  (dict.  363)  359;  357; 
(dict.  353;  dict.  349)  347 
(mag.  eq.  345)  344";  340 
(dict.  320);  299;  256;  250; 
244;  241;  235;  224  (dict. 
208)  189;  179;  178. 
cens.  351;  247;  231. 


Plebei, 


[pmef.218Liv.XXI17, 
7;  215  Liv.  XXIII  40;  (due 
persone)  210  Liv.  XXVI 
23,1;  197  Liv.  XXXn  27, 
7;  195  Liv.  XXXIII  42,  7 
195  Liv.  XXXIII  42,  7 
188  Liv.  XXXVIII  35,  2 
182  Liv.  XXXIX  36,  5]. 


I  magistrati  dal  366  al  172 


129 


PATRICI. 

7.  QuiNCTii  (dict.  361;  mag. 
eq.    360)  354;'  351  (dict. 
331;  271;  208;  198;  192. 
cens.  189. 

[^mef.  209  Liv.  XXVII 
6,  12;  199  Liv.  XXXI 
49,  12  ;  186  Liv.  XXXIX 
6,  2;  177  Liv.  XLI  8,  1; 

Uno  dei  due  primi  edili 
curulinel366Liv.VIIl,l]. 


Plebei. 

6.  Plautii  358  (mag.  eq.  366) 
347;  341;  330;  329;  328;  318; 
cens.  312.2 

[i^raef.  322  Liv.  Vm  40, 
1;  189  Liv.  XXXVn  47,8]. 


8.  Valerii  (mag.  eq.  358)  356; 
363;  352;  348;  346  (dict.  344) 
843;  (dict.  342)  335  (mag. 
eq.  332)  331  (mag.  eq.  331; 
mag.  eq.  321)  312  (dict.  302, 
e  dict.  301)  300;  299  suf.; 
289;286;280;263;261;239; 
238;227;226;210;195;188; 
176  suf. 

cens.  307;  252;  184. 

[pmef.  350Liv.Vn23, 
3;  347  (?)  Plin.  n.  h.  VH 


'  Liv.  vii  18,  10:  in  quibusdam  annaltbut  prò  T.  Qutnctio  M.  Popilium 
consulevi  invenio. 

*  I  Plautii  hanno  il  cognome  Venox,  talora  Venno.  Su  ciò  Schulzb  p.  410. 

Pais  Bicerche  tnlla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  II  0 


130  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICL  Plebei. 

(continua  Valerii, 

157;  dopo  346  Liv.  ib.  IX 
41,  1;  prima  del  308  Liv. 
1X41,  1  (due  volte);  241 
Val.  Max.  H  8,  2;  227  (?) 
Sol.  p.  52;  1  prima  del  218 
Liv.  XXIII  24,  4;  215; 
Polyb.Vni3,6;2  201  Liv. 
XXX  40, 5;  199  Liv.  XXXI 
49,  12  ;  193  Liv.  XXXIV 
54,  2;  192  Liv.  XXXV 
10,  2  ;  183  Liv.  XXXIX 
45,  2  ;  182  Liv.  XXXIX 
56,8;  179.  Liv.  XL  44,  2; 
177  Liv.  XLI  8,  1]. 

9.  CoRNELii  (mag.  eq.  362  ; 
mag.  eq.  361;  mag.  eq.  353; 
mag.  eq.  350)  350  (mag.  eq. 
349)  343  (dict.  334)  332; 
328;  327  (dict.  322;  dict. 
320)  306  3  (dict.  306)  303; 
298  (dict.  tra  il  292-285)* 
290;  288;  283;  277;  275;  274; 
270;260;259;257;254;237; 
236;222;221;218;205;204; 

'   Cfr.  Maxis  op.  cif.  p.  17. 
'  Maxis  p.  22. 

*  Consolato  saltato  da  Calpurnio  Pisene  apud  Liv.  IX  44. 

*  V.  Bandel  op.  cit.  p.  115. 


I  magistrati  dal  366  al  172  131 

PATRICL  Plebei. 

(continua  Cobnblii- 

201;  199;  197;  194;  193;  191; 
190;  181;  176. 

cens.  2-iO  (2  persone);  ^ 
294;  280;  265;  269;  236;  209; 
199;  194;  159. 

[praet.  234  Zon.  Vili 
18;  214  Liv.  XXIV  9,  4; 
212  Liv.  XXV  2,  5;  211 
(due  persone)  Liv.  XX  41, 
12;  198  Liv.  XXXII  7,  13; 
(  tre  persone  )  194  Liv. 
XXXIV  42,  4;  193  Liv. 

XXXIV  64,  2;   191  Liv. 

XXXV  24,  6;  186  Liv. 
XXXIX  6,  2;  185  Liv. 
XXXIX  23,  2;  184  Liv. 
XXXIX  32,  14;  183  Liv. 
XXXIX  46,  2;  180  Liv. 
XL  35,  2;  179  Liv.  XL 
44,  2;  177  Liv.  XI  8,  1; 
176  Liv.  XI  14,  5;  176 
Liv.  XLI  26,  1  ;  174  Liv. 
XLI  21. 

Uno  dei  primi  due  ned. 
dir.  nel  366  Liv.  VII  1,  1]. 

'  I  Fasti  della  Regia  notano:  Hei  fratres  germani  fuer uni. 


132 


Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI. 

10.  Claudii  (dict.  362)  349 
(dict.  337;  mag.  eq.  337  ) 
807;  »  296  (dict.  fra  292-285)* 
268;  264;  249;  240(dict.213) 
212;  207;  202;  185;  184;  177. 
cens.  312;  225;  204. 

[i9r«e<.297Liv.X22,8, 
295  Liv.  X  24,  18;  215 
Liv.  XXII  41,  10  XXIV 
6,4;  212  Liv.  XX  25;  208 
Liv.  XXVII  21,  6;  206 
(Ti.  Claudius  Asellus)  Liv. 

XXVIII  10,  3;  204  Liv. 

XXIX  11,  11;  195  Liv. 
XXXIII  42,  7;  188  Liv. 
XXXVIII  35,  2;  187  Liv. 
XXXVIII  42, 4;  181  Liv. 
XL  18,  2  ;  180  Liv.  XL 
36,  2;  178  Liv.  XL  59,  5; 
175  Liv.  XLI  21,  2  ;  174 
Liv.  XLI  21,  1]. 


Plebei. 

7.  Marcii  357  (dict.  356)  352; 
344;  342;  310;  306;  ^  288; 
281  (mag.  eq.  263)  186. 

cens.  351  jprimus  e  ple- 
be 294;  266  ;  164.* 

[praet.  204  Liv.  XXIX 
11,  11;  praet.  188  Liv. 
XXXVIII  35,  2]. 

{trih.  pleh.  dal  389). 


*  Consolato  saltato  da  Calpurnio  Piaoue  apud  Liv.  IX  44. 

*  Cfr.  Bandel  op.  cit.  p.  114. 
'  Consolato  saltato  e.  s. 

*  Il  nome  dei  Marcii  trova  forse  le  sue  origini  nell'  Etruria  (t.  il  ma- 
teriale in  ScHULZB  p.  188).  Ma  ciò  si  riferisce,  al  caso,  al  pih  antico  strato 
etrusco  dello  Stato  romano. 


I  magistrati  dal  366  al  172 


133 


PATEICI. 
11.  luLii  (dict.  352)  267. 

[praet.  208  Liv.  XXVII 
21,  5;  183  Liv.  XXXIX 
46,  2]. 


Plebei 


8.  Decii  340;  312;  308  (mag. 
eq.  306)    297;   296;    279. 
cens.  304. 


12.  FuRii  (dict.  360)  349  (dict. 
346)  338;  325;  251;  223;  196; 
cens.  263;  214. 

[Il  primo  praetor  366 
Liv.  VII  1,  12  cfr.  Suid.; 
818  Liv.  IX  20,  6;  fra  il 
226-219;  Val.  Max.  I  1,9; 
prima  del  223  (Maxis  p.  18); 
216  Liv.  XXn  35,  6;  200 
Liv.  XXXI4, 4;  (Crassipes) 
187;  Liv.  XXXVI  42,  4; 
174  Liv.  XLI  21,  1;  173 
Liv.  XLI  28,  6]. 


OW6.p?e&.dal[491]416 

etc). 

9.  Poblilii  339   (dict.  339; 
mag.  eq.  336)  327;  320;  316. 
cens.  332.^ 

[Primo  pretore  plebeo 
336  Liv.  Vin  16,  9]. 

{trih.  pleb.  dal  472). 


'  L.  Poblilius  L.  f.  Volerò  trìb.  mil.  nel  400  ha  già  il  secondo  cognome 

di   Vulacus  in  Fasti  della  Regia  {Volsco  Liv.  V  12;    VuU.  cod.  M.). 

Il  nome  è  comunissimo  del  resto  in  varie  regioni  d'  Italia  ed  in  so- 
stanza identico  non  solo  con  quello  dei  Poblicn  ma  anche  dei  Popilii  (ma- 
teriale e  confronti  v.  in  Schulzb  p.  216). 


134  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI. 

13.  Papirii  (dict.  S'IO  ;  mag. 
eq.  340)  336  (diet.  332)  330; 
326  (dict.  325)  (dict.  324  ;  ' 
mag.  eq.  320;  mag.  eq.  320) 
319;  315;  313  (dict.  310;  ^ 
dict.  309)  293;  272;  231. 
cens.  318;  272. 

[pme«.340Liv.VIII12, 
2;  332  Liv.  Vili  17,  12; 
292  Liv.  X  47,  5;  176  Liv. 
XLI  14,  5. 

Uno  dei  primi  questori 
fra  i  plebei.  Liv.  IV  54]. 


Plebei. 

10.  lunii  (mag.  eq.  339)  325; 
317;  313  (mag.  eq.  312)  311 
(mag.  eq.  310;  mag.  eq.  309) 
(dict.  302)  292;  291;  277; 
266;249;  230  (dict.  216)  178. 
cens.  307;  253;  225. 

[praet.212LÌY.XXV  2, 
5;  201  Liv.  XXX  40,  5; 
191  Liv.  XXXV  24,  6;  190 
Liv.  XXXVI  45,  9;  172 
Liv.  XLII  9,  8]. 

(trib.pleb.dsiì['i9^]^S9 
etc). 


ll.Maenii    338    (dict.  320; 
dict.  314)  cens.  318.-^ 

[praet.lSGlÀY.XXXIK 
6,  2;  186  Liv.  XL  35,  2; 
177  Liv.  XLI  8,  5]. 
{trio.  pìeh.  dal  483). 

12.  Aelii  337;  323  (Aulius?) 


'  Papirius   Cursor  Fasti  Hyd.;  Cliron.  Pascli. 

*  La  prima  volta  eoa  L.  Cornelio  dict.;  la  seconda  con  T.  Manlio. 

'  Varietà  del  gentilicio  Maelhis  ;  cfr.  Alinius  ed  Atiliiia.  Nome  diffuso 
in  vai'ie  regioni  d'Italia  v.  Sciiulzb  p.  185  anche  nel  vecchio  Lazio  v.  ad  es. 
CIL.  XIV  3460  (Snblaquenn;. 


I  magistrati  dal  366  al  112 


135 


PATRICI. 


Plebei. 

(continua  Aelii) 

mag.  eq.  321)286(mag.eq. 
202)  201;  198. 
cens.  199;  194.^ 

itrìh.  pleh.  dal  286). 

13.  Duilii  336;  260  (dict.  231) 

cens.  259.2 

{trib.  pleh.  dal  470). 

14.  Atilii  335;  294;  267  (Re- 
guli);  257  (Serranus);  (256 
suf.  Regulus);  250  (Regu- 
lus);245(Bulbus)235;  (Bui- 
bus);  227  (Eegulus);  225 
(Regulus);  217  (suf.  Regu- 

lus).3 

cens.  234:  214. 


H.PosTUMii  334  (mag.  eq. 
327)321;305;294:291;262; 
242;  234;  229;  215;  186;  180; 

174;  173. 

cens.  366;  332;  253;  234; 

174. 

[praet.  243   Fast.  Gap. 

.  Ad  eccezioue  del  console  del  323  che  in    Lxvxo  YIH  37  è  detto  Ae- 
milius  8ono  tutti  Aelii  o  Allii,  Paiti  o  Paeti 

L'altro  ramo  dei  Tu&crones  raggiunse  la  pretura  almeno  dal 

^V.e  costoro  fossero  di  origine  etrusca  non  P-a  f  M.o  ^.e  vi.e.ano 

ha  impronta  elru^ca  cfr.  SCH^I-^B  P-  303-  ^^,  „„^,  „, 

.  secondo  C.CBKO.K  -„'.  45        3  1.  ^o.m.  p  ^^^^^^^  ^^^^^^ 

Duella  cfr.  Quinct.  I  4,  lo.  I  moderni  ^rw 


136 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI. 

(continua  Postdmii) 

ad  a.  253;  prima  del  233  o 
228  Liv.  XXII  35,7;  1  216 
Liv.  XXII  35,  6;189Liv. 
XXXV  II47,  8;  185  Liv. 
XXX  23,  2]. 
praet.  1 80  Liv.  XL  35, 2.* 


Plebei. 


(continua  Atilii) 


[praet.293LÌY.Xiò,4; 
257  Fast.  Gap.  ad  a.  aed. 
cwr.  194  Liv.  XXXIV  54, 
3;  cfr.  Auct.  de  vir.  ili. 
39,  2;  cfr.  Maxis  p.  15; 
228  Liv.  XXI  26,  2;  213 
Liv.  XXIV  43, 6;  197  Liv. 
XXXII  27,  7;  192  Liv. 
XXXV  10,  11;  185  Liv. 
XXXIX  23,  2;  174  Liv. 
XLI21,  1;  172  Liv.  XLI 
28,  5]. 

{trib.pleh.  dal  311). 


15.  M.  Antonius  (mag.  eq. 
334). 


guinis  gli  Atilii  Serrani  ed  i  Reguli.  I  moderni  lo  censurauo  d' ignoranza 
(v.  in  PW.  RE.  II  2095).  A  me  inspira  piìi  fiducia  l' ignoranza  di  Valerio  che 
la  dottrina  moderna.  Che  i  Serrani,  sebbene  appariscano  più  tardi  dei  Reguli, 
fossero  antichissima  stirpe,  prova  il  noto  fatto  fra  gli  Atilii  Serrani  gentili- 
cium  esse  feminas  lintea  veste  non  uti  Varr.  apud  Plin.  n.  h.  XIX  8. 

Reputo  poi  pura  fantasia  la  teoria  moderna,  piti  volte  ripetuta,  che  gli 
Atilii  Sarani  o  Serrani  avrebbero  avuto  tal  cognome  non  dal  serere,  come 
affermavano  gli  antichi  Plin.  n.  h.  XVIII  20  bensì  dal  commercio  con  Sarra 
ossia  Tiro. 

Ove  fosse  necessario  allontanarsi  dall'etimo  degli  antichi,  sarebbe  piut- 
tosto il  caso  di  pensare  ai  nomi  analoghi,  sopratutto  ai  Sarranatea  dell'  Um- 
bria Plin.  n.  h.  Ili  114. 

'  Cfr.  Maxis  meni,  cit.  p.  16. 

*  E  ovvio  il  dubbio  se  L.  Postumius  Tempsanus,  pretore  anche  esso  nel 
185  Liv.  XXXIX  23,  2;  29,  8;  41,  6  fosse  o  no  patricio. 


I  magistrati  dal  366  al  172 


137 


PATRICI. 


15.  QuiNCTiLii  (dict.  331). 

{'praet.  203  Liv.  XXIX 
38,  4]. 


Plebei. 
le.Veturii  334;  321.^ 

17.  Domitii  Calvini  332;  283 
(dict.  280)  192. 
cens.  280. 

[praet.  Aehnobarbus  * 
194  Liv.  XXXIV  42,  4]. 


18.  Claudi!  Marcelli  331  (dict. 
327)287;222;214;210;208; 
196;  183. 
cens.  189. 


I6.F0LII  (mag.  eq.  320)  318 
(mag.  eq.  314). 


[praet.  224  ?=  216  Liv. 
XXII35,7;  216  Liv.  XXII 
35,6;  198  Liv.  XXXII  7, 
13;  188  Liv.  XXVIII  35, 
2;  185  Liv.  XXXIX  23, 2]. 

19.  Fulvii  322  (mag.  eq.  316) 
305  suff.;  299;  298;  264 
(dict.  263)  255  (mag.  eq. 
246)  237;  229;  224  (mag.  eq. 


'   Se  il   Vetarius  aed.  cut.  nel  210  Liv.  XXVII  6,  19  sia  un  patricio  od 
un  plebeo  non  è  cliiaro  v.  Seidel  mem.  cit.  p.  26. 

«   I  Domita    Calvini   e   gli  Menobarhi  appartenevano   alla   stessa  geni, 

SuBT.  Nero  1. 

•  Maxis.  mem.  cit.  p.  18. 


138 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI. 


17.  Nautii  316;  287. 


Plebei. 

(continua  Fiilvii) 

21.3)  212;  211   (dict.  210) 
209;  189;  (180  suff.)  179. 
•      ceiis.  231;  179;  174.i 

[;?me^.  215  Liv.  XXIII 
.32,  18,  24,  4,  30,  8;  214 
Liv.  XXIV  9,  4;  213  Liv. 

XXIV  43,   6;   212  Liv. 

XXV  2,  5;  200  Liv.  XXX 
4,  4;  193Liv.XXXlV.54, 
2;  192  Liv.- XXXV  10, 
11;  190  Liv.  XXXVI  45, 
9;  187  Liv.  XXXVIII  42, 
4;  182  Liv.  XXXIX  56, 5]. 

20.  Aulii  Cerretani  323;  319 
(mag.  eq.  315). ^ 

21.Volummi  307;  ^  296. 

22.  Miuucii  305  ;  221    (mag 
eq.  217)  197;  193. 


'  L' origine  tuscnlana  dei  Fulti  è  nota,  Cic.  prò  Piando  20;  Phil.  Ili 
16.  Plin.  n.  h.  VII  136. 

*  la  DiOD.  XVIII  26  a.  323,  319  rulg.  in  luogo  di  Atiliua  è  Aik'.oz  — 
Aelius. 

Il  gentilicio  Aulius  fa  ripensare  ai  noti  nomi  etruschi,  v.  il  materiale 
in  SCHULZE  p.  73.  Il  cognome  Cerretanus  o  Ceretanns  parrebbe  derivato  da 
una  località  di  cui  non  abbiamo  più  traccia. 

'  Consolato  saltato  da  Calpuruio  Pisene  apud  Liv.  IX  44. 


I  magistrati  dal  366  al  172  139 

PATEICI.  Plebei. 

(continua  Minucii) 

[praet.  262  Front,  de 
flgimec^.6,  200  Liv.XXXI 
4,  4;  197  Liv.  XXXII  27, 
7  ;  196  Liv.  XXXIII  24, 
2;  180  Liv.  XL35,  2]. 

(Jrib.pìeh.  dal  401?).' 

23.  Sempronii  304  (Sophus), 
268  (Sophus),  253  (Blae- 
sus);  244  (Blaesus);  240 
(Tuditanus);  238  (Grac- 
chus'ì:  218  (Longus)  (mag. 
eq.216)215(GraccliusV,213 
(Gracchiis);  204  (Tudita- 
nus): 194  (Longus);  185 
(Tuditanus);  177  (Grac- 
clius).2 

cens.  300;  230;  252;  209; 

169. 

[praet.  296  Liv.  X  21, 
4;  213  Liv.  XXIV  43,  6 
197   Liv.  XXXII   27,  7 
196  Liv.  XXXIII  24,  2 

•  M.  Minucius  trii.pleb.  nel  401  Liv.  IV  11,  4  e  nominato  accanto  ad 
altri  tribuni  sospetti  come  M.  Acutms,  C.  Lacerius,  M.  Metilius.  Sul  Minucio 
falso  tribuno  della  plebe,  Plix.  n.Ti.  XVIII  15;  cfr.  Liv.  IV  16,  3. 

'  Manca  credo  modo  di  determinare  1'  origine  del  cognome  Tuditanus. 
Quello  di  Gracchus  è  molto  antico  fra  gli  Aequi  Liv.  Ili  25;   28. 


140  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI.  Plebei. 

(continua  Sempronii) 

189  Liv.  XXXVII  47,  8; 
(due  persone)  184  Liv. 
XXXIX  32,  14;  180  Liv. 
XL  35,  2]. 

(trib.pleb.  sino  dal  310), 

24.  Livii  302;  219  (dict.  207) 
207;  188;  (mag.  eq.  324?).^ 
cens.  204. 

[jjraet.  202  Liv.  XXX 
26,  71;  191  Liv.  XXXV 
24,6. 
aed.  CU):  204  Liv.  XXIX 

38,  4]. 


'  Per  il  324  i  Fasti  Eyd.  ed  il  Chron.  Pasch.  hanno  un  Drusiis  mag,  eq. 
Cfr.  Bandel  op.  cit.  p.  91. 

Un  Postumius  Livius  è  dittatore  dei  Fidenati  sino  dal  tempo  dell'  in- 
vasione Gallica  V.  Macrob.  I  11,  37;  39.  È  ovvia  la  domanda  se  da  Fidane 
non  derivino  i  Livii  plebei  di  Roma.  A  favore  di  questa  ipotesi  può,  credo, 
citarsi  l'iscrizione  trovata  nel  Tevere  relativa  alla  villa  di  ad  GaìUnas  Albas 
di  Livia  moglie  di  Augusto,  ove  si  ricordano  i  procuraiores  praetorii  Fide- 
nalium  et  Rubrensium  et  Gallinar{um)  Aìbarum,  v.  Not.  d.  acavi  1909  p.  434. 

Il  i)odere  detto  poi  ad  GalUnas,  posto  a  nove  miglia  sulla  via  Flaminia 
era  proprietà  privata  di  Livia  prima  ancora  di  sposarsi  cou  Augusto,  SuET. 
Galba  1:  post  staium  nuptius  Veientanum  smini  revisenti.  Cfr.  Plin.  n.  h.  XV 
136,  ove  si  dice  che  il  noto  prodigio  della  gallina  gettata  con  il  ramo  di 
alloro  in  seno  di  Livia  avvenne  allorché  Livia  Drusilla  era  jìacta  Caesari 
ossia  ancora  fidanzata.  Tale  villa  faceva  parte  del  territorio  già  appartenente 
a  Veio  limitrofo  a  quello  di  Fidene. 


I  magistrati  dal  366  al  172  1*1 


PATRICI.  Plebei. 

25.  M.    Titinius    (mag.    eq. 
302).» 

[praet.  178  Liv.  XL 
59,  5]. 

{trib.  pleh.  dal  449, 
439). 

26.  Q.  Apuleius  Pansa  300. 

{trib.  pleb.  dal  391).* 

27.  Carvilii  Maximi  293;  272, 
234;  228.3 

cens.  288. 

'  Nome  diffusissimo  derivato  da  Titius  cfr.  Borghesi  apud  Schulze 
p.  242  8gg.  al  quale  ultimo  è  sfuggito,  se  non  mi  inganno,  che  il  più  an- 
tico personaggio  di  questa  gente  (a  parte  i  magistrati  romani)  è  quel  Pm- 
hlius  Titinius  Mena  il  quale  post  R{omani)  c{onditam)  a{nno)  CCCCLIII  {ossisi. 
nel  301)  ut  scriptum  in  puhlico  Ardeae  in  Wteris  extat.  per  primo  fece  venire 
i  tonsorea  dalla  Sicilia  Vare.  d.  r.  r.  II  11,  10. 

»  L.  Apuleio  trib.  pleb.  nel  391  Liv.  V  32,  8  sarebbe  l'accusatore  di 
M.  Furio  Camillo  per  la  preda  Veientana. 

Degli  Apulei  si  trovano  traccie  in  varie  regioni.  Non  è  il  caso  di  pen- 
sare a  quelli  di  Atina,  perchè  il  primo  fra  costoro  a  conseguire  non  solo  la 
pretura  ma  addirittura  gli  onori  curuli  fu  L.  Apuleius  Saturninu»  pretore  nel 
58  a.  C.  V.  Cic.  prò  Piando  8,  19;  11,  28. 

Non  so  se  per  età  così  antica  non  sia  il  caso  di  pensare  agli  Apuleii 
dell'  Etruria,  di  cui  si  fa  più  tardi  menzione  ad  es.  nel  titolo  di  Luni  CIL. 
XI  1362.  Sul  carattere  etrusco  del  cognome  Pansa  v.  il  materiale  in  Schulze 

p.  365. 

*  Su  Sp.  Carvilius  homo  novus  v.  Vell.  II  128. 

Lo  Schulze  p.  139  cfr.  454  riconnette  il  gentilicio  Carviliut  con  Cal- 
viliu$. 


142  Intorno  alla  jormazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

PATRICL  Plebei. 

28.  M.  Curii  290  ;  275  ;  274  ; 

cens.  272.^ 

[praet.    283   Liv.    ejp. 
XII]. 

29.  Caedicii  289  ;  256. 

cens.  283. 

(trib.  pìeh.  47o).2 

30.  Hortensii  (dict.  287circa). 

{trìh.  pleh.  422).3 


'  M.  Curius  era  homo  noinis,  Cic.  i)ro  Murena  8,  17.  Non  era  di  origine 
urbana  ma  municipale.  Cic.  prò  Sulla  7,  23.  Negli  Scholia  Bobiensia  com- 
mentandosi qnest'  ultimo  passo  si  dice  :  Saiinis  oriundus  videUir.  Questa  no- 
tizia par  di  dubbio  valore  al  Muenzer  in  PW.  RE.  IV  col.  1841.  A  me 
produce  invece  l'impressione  opposta.  Ha  impronta  sabina  il  nome  di  Cu- 
rius come  quello  Curiatius;  e  nulla  di  strano  che  Curio  originario  deUe  Sa- 
bina sia  stato  scelto  a  domare  quelli  fra  i  suoi  conterranei  che  erano  an- 
cora indipendenti. 

'  Il  tribuno  L.  Caedicius  del  475  Liv.  II  52,  6  pare  spurio  al  pari  del 
suo  collega  T.  Statius.  Di  M.  Caedicius  de  pleòe  e  del  centurione  Q,  Caedicius 
si  fa  già  parola  al  tempo  dell'invasione  dei  Galli  Liv.  Ili  32,  5;  45  sq. 

Di  im  Caedicus  in  rapporto  con  il  Tiburtino  Ecìnulus  favoleggiava  Vir- 
gilio IX  358  sqq.  X  747.  Cfr.  Serv.  ad  Aen.  IX  358.  Ma  di  una  storica 
comunità  di  Caedicii  nel  territorio  degli  Acquicoli  scomparsa  all'  età  sua 
parlava  Plixio  n.  h.  Ili  108. 

'  Liv.  IV  42,  3  personaggio  sospetto  v.  la  mia  Storia  critica  di  Roma 
II  p.  347  n.  2. 

Lo  SCHULZE  p.  174  sgg.  nota  oi^portunamente  che  il  gentilizio  degli 
Hortensii   trova   corrispondenza    tanto   negli   Horienses    del    Lazio   ricordati 


I  magistrali  dal  366  al  172  143 

PATRICI.  Plebei. 

31.  Claudius  Canina  285;  273. 

32.  Caecilii  284;  251  (mag. 
eq.  249)  247  (dici.  224  mag. 
eq.  207)  206  (dict.  205).^ 

[praet.  283  Liv.  ep.  XII 
Polyb.  II  19,  8  III  13,  22; 
206  Liv.  XXVIII  10,  3  ; 
182  Liv.  XXXIX  56,  5]. 

{trib.  pleb.  nel  439?). 2 

33.  C.  Fabricius  282;  278. 

cens.  276.3 


da  Pnyio  n.  li.  Ili  69  fra  le  comunità  scomparse,  come  fra  altri  nomi  del- 
l' Umbria  Bucheler  Umhrica  p.  17.  Cfr.  Urvinum  Hoitense.  Per  la  Campania 
CIL.  X  3764. 

'  Dalla  Toce  di  Paolo  ep.  Fest.  p.  H  M  :  Caeculus  condidit  Praeneste. 
Unde  putant  l'^aecilios  ortos  quorum  erat  nobilis  familia  apud  Romanos,  Ala 
apellatos  eos  dicunt  a  Caecade  Troiano  Aeneae  cernite  è  lecito  forse  pensare 
che  i  Caecili  erano  di  origine  preuestina.  Il  loro  cognome  Metellus  fa  ri- 
cordare la  glossa  di  Pesto  p.  148  M  estr.  s.  v.:  Metelli  dicuntnr  in  lege  mili- 
tari quasi  mercenarii,  Acdua  annali  XILFII:  « calones  famulique  vietallique  ca(c)u- 
ìaeque».  A  quo  genere  hominum  Cacciliae  familiae  cognomen  putat  ductum. 

Data  l'origine  umile  dei  Cecili  Metelli  si  spiegano  forse  ancor  meglio 
le  note  parole  di  Xevio  :  fatò  Metelli  Eóniae  cónsulés  funi. 

Il  nome  dei  Caecili  si  trova  pur  collegato  con  quello  della  leggendaria 
moglie  di  Tarquinio  Prisco  Fest.  p.  224,  238  M  cfr.  Paul.  ep.  95  Auct. 
de  praen.  1.  PliN'.  n.  h.  VII  194.  Plut.  quast  Rem.  30. 

*  Il  tribunato  della  plebe  di  Q.  Caccilius  mescolato  nella  leggenda  di 
Sp.  Melio  non  inspira  piìi  fiducia  del  tribunato  militare  di  un  Caecilius  nel 
444  cfr.  8.  p.  122. 

*  Il  MuxzER  in  PW.  RE.  VI  col.   1930  mette   giustamente   in   rilievo 


144  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI.  Plebei. 

(continua  Fabi-icii) 

[praet.l9òLÌY.X.XXIU 

42,  7]. 

34.Ti.Coruiicanius  280  (dici. 
246).» 

35.  Oguluii  269  (dict.  257).* 

[pme^.  182  Liv.  XXXIX 
56,6. 

aed.  cur.  (due)  nel  296 
Liv.  X  23,  11]. 

(frib.  pleb.  300). 

36.  Mamilii  265;  262  (Vituli), 
239  (Turrinus).» 

l'antichità  dei  titoli  preiiestini  che  fanno  ricordo  dei  Fahreci  o  Fahricii.  CIL. 
2QV  3128  sqq.  Mancano  salde  ragioni  per  negare  carattere  urbano  al  celebre 
console  del  282  e  del  278  competitore  di  Pirro,  sepellito  nel  Foro.  Invece  il 
nome  stesso  prova  la  tenue  origine  di  chi  discendeva  da  persone  che  in  origine 
erano  stati  artefici.  C.  Fabricius  nei  Fasti  ricorda  però  il  padre  ed  il  nonno. 

'  Mentre  da  Ciceroxk  prò  Piando  20,  prò  Sulla  23  apprendiamo  che 
Tib.  Coruncanio  era  di  Tuscolo,  l'imperatore  Claudio,  stando  a  Tacito  ann. 
XI  24  affermava  Coruncanios  Camerio  .  .  .  accitos. 

*  Il  carattere  etrusco  del  nome  degli  Ogulnii  è  certo  v.  Schulze  op.  cit. 
p.  151.  Ammessa  l'origine  etrusca  degli  Ogulnii  come  degli  Aquilii,  v.  a.  103, 
meglio  ai  intende  il  passo  di  Livio  XXVII  3,  9  ad  a.  210:  M.  Ogulnins  et 
P.  Aquiliua  in  Etruriam  legati  ad  frumenium  coemendum  .  .  .  profecti. 

'  I  Maviilii  sono  i  discendenti  della  celebre  gens  Tusciilana  che  collega  va 
le  sue  origini  con  Circe,  stretti  in  alleanza  con  Tarquinio  il  Superbo  Liv. 
I  49  II  15  sqq.  DiON.  Hal.  IV  45  sq.  V  21  sqq.  VI  2  sqq.  Cfr.  Fest. 
p.  132  M  8.  V.  Mamiliorum. 

L.  Mamilio  dittatore  Tusculano  fu   uno    fra  i  primi  stranieri  a  conse- 


I  magistrati  dal  366  al  172  1^5 

PATRICL  Plebei. 

(continua  Mamilii) 

[^rae<.207Liv.  XXVII 
35,  1  ;  206  Liv.  XXVIII 
10,  3]. 

37.  Otacilii  263;  262;  246.^ 

[praet.  217  Liv.  XXII 
10,  10;  214  Liv.  XXIV 
9,  4]. 

38.  Aquilii  259.2 

[praet.  176  Liv.  XLI 
14,  5]. 

39.  Atili  Calatiims  258;  254; 
(dict.  249).^ 

cens.  247. 

gulre  la  cittadinanza  romana  nel  460  Liv.   IH  18;  29  Diox.  Hal.  X  16. 

""'"  nTorf  "cognome  Turrìnus  (cfr.  anche  Liv.  XXVIII  10)  sta  in  relazione 
con  la  Turris  MamiUa  nella  Subura  in  cni  i  Snl^nranenses  appendevano  xl 
teschio  del  cavallo  corridore  neUe  corse  di  ottobre  Fkst.  p.  180  M  s.  .  . 
October  equtis.  Paul.  ep.  Fest.  p.  99  M.  ,      „  ,        ,  ,,   .r^„- 

^  Gli  Otacilii,  come  è  noto,  traevano  l'origine  da  MalecenUnn  (Bene- 
veniam)  Fest.  s.  v.  Numerius  p.  172  M  sq. 

•  Circa  gli  Aquila  nulla  v' è  da  aggiungere  a  quanto  e  stato  notato 
.„gli  Aquilii  patrici.  Seppure   questi  ultimi    non   sono  i    falsi    antenati  dei 

^'^''"'' Nei  Fasti  della  Regia  è  detto  Atilius  Caiaiinus.   La  lezione  Calatinus 

silegge,  oltreché  negli  altri   autori,  in  Cassioh.  ad  258,  nel  Ckonogua.o 

Pais  Rica-che  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Boma  II  ^0 


146  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI.  Plebei. 

40.  M.  Laetorius  Plancianus 

(mag.  eq.  257). ^ 

[praet.  210  Uv.XX.Yl 
23,  1. 

«e^.cur.'216Liv.  XXIII 
30,  16]. 

{trib.  pici),  del  471). 

41.  Anrelii  252: 248  (mag.  eq. 
231)  200. 

cens.  241.2 


dell' a.  354  ad  a.  254.  È  detto  pure  Calafinus  l'AtUius  accusato  di  aver  tra- 
dito Sora,  il  genero  di  Fabio  Massimo  Val.  Max.  Vili  1,9  (a.  315). 

Anche  iu  altri  casi  si  trova  confusione  fra  Caiatia  e  Calatia  vale  a  dire 
per  le  gesta  del  306  per  il  quale  Livio  IX  43  ha  Calatia  mentre  confron- 
tando il  testo  del  resto  corrotto  di  Diod.  XX  80  si  è  pensato  a  Caiatia. 
Per  questo  e  per  altri  casi  v.  Mommsen  ad  CIL.  X  p.  444. 

Che  nel  caso  nostro  sia  piuttosto  da  leggerea  Clatinus  anziché  Caiatinus 
risulta  forse  dal  fatto  che  Calatia  ed  Atella  fecero  strettamente  parto  dello 
Stato  Campano  e  con  Capua  ebbero  comuni  le  sorti.  Poltb.  Ili  118  cfr. 
Mommsen  ad  CIL.  X  p.  359;  369.  Sicché  par  naturale  pensare  che  la  nobiltà 
di  Calatia  abbia  ricevuta  la  cittadinanza  nello  stesso  tempo  in  cui  l'ottenne 
quella  di  Capua.  Il  modo,  la  misura  con  cui  tale  cittadinanza  fu  accordata 
è  oggetto  di  questione  che  tratto  altrove.  Cfr.  Storia  di  Roma  I  2  (1899)  p.  230 
8gg.  Qui  mi  basti  ricordare  che,  stando  alla  versione  canonica  ciò  avvenne 
verso  il  338  Liv.  VIII  14,  11  in  cui  la  civitas  sine  suffragio  fu  accordata 
anche  ai  Formiani  ed  ai  Fundatii  e  il  322  in  cui  fu  concessa  agli  Acerrani 
Liv.  VIII  17,  12. 

'  In  Lactoritta  come  nella  forma  parallela  Nuìnitoriua  lo  Schulze  p.  187 
trova  chiari  indizi  del  suffisso  etrusco  ^)ur. 

'  L'  origine  Sabina  degli  Aurelii  è  nota,  Paul.  ep.  Fest.  p.  23  M  s.  v.  Au- 
reliam. 


I  magistrati  dal  366  al  172  147 

PATRICI.  Plebei. 

(continua  Aurclii) 

[praef.202Liv.XXVI 
26,  11;  186  Liv.  XXXIX 
6,2]. 

42.  Claudius    Gliela    (  dict. 
249).  1 

43.  C.  Fundanius  Fundulus 
243.2 

44.  Lutatii  3   242  (Catiilus)  ; 
241  (Cerco);  220. 

cens.  (Cerco)  236. 

46.  M.  Pomponii  Mathones 
233,  231  (mag.  eq.  217).* 

«  Claudius  Glìcia  era  stato  uno  scriba,  Livio  ep.  XIX  lo  dice  sorti s  ulii- 
mae  hominem.  Secondo  la  fonte  di  SuKTONio  TU.  2  aveva  e-mtato  1  u - 
fido  di  viator  del  console  P.  Claudio  Pncher,  che  per  dispetto  lo  creò  dit- 
tatore; carica  che  fu  obbligato  a  lasciare.  Civ.  i  Fasti  della  Kegia  ad  a. 

*  Lo  stesso  nome  dice  chiaramente  che  era  di  Fundi. 

»  Da  Sali..  Mst.  fragm.  I  3,  55  Maur.  si  fa  menzione  a  proposito  di 
Lntazio  Catulo,  della  Lutatiorum  proles,  che  aveva  il  sepolcro  di  famigba  m 

Trastevere  Oios.  V  21,  7.  ^       ..      ^  m  „„„ 

Ignoriamo  1'  origine  dei  LutatU.  Dalla  cnra  che  Lutatn.  Cerco  il  con- 
sole che  pose  fine  alla  prima  gneira  Punica,  nel  raccogliere  ^^'ortesjen^ 
Fortuna  di  Preneste  e  dal  fatto  che  il  Senato  si  oppose  acch.  si  ten  e 
conto  di  auspida  aUenigena  anziché  di  patria  Val.  Max.  I  3,  2  si  è  for  e 
ndotti  a  snpporre  che  codesta  ga.  fosse  originaria  di  Praeneete  presso  la 
quale  è  stato  trovato  il  titolo  CIL.  XIV  2929.  Ma  .  -»— ^^^  ^^^l^;;^^^^ 
Rispetto  al  carattere  del  cognome  Cerco  v.  le  osservazioni  dello  SCHULZE 

'^'  '^' Il  gentilicio  Pomponins  ha  numerosi  riscontri  in  Etruria  raccolti  dallo 
SCHULZE  p.  212  il  quale  nota  anche  il  carattere  etrusco  del  cognome  Matho. 


148 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICI. 


Plebei. 


(continua  Poraponii) 

[praef.  217  Liv.  XXII 
7,8;216Liv.  XXri  35,5; 
204  Liv.  XXIX  11,  11]. 

(trih.  pleh.  dal   149). 

46.  M.  Poplicius  Malleolus 
232.1 

47.  L.  Apntstius  Fullo  226.^ 


18.  Veturii   220    (dict.  217) 
206  (mag.  eq.  205); 
cens.  210. 

[praet  209]. 


[praL'f.ìdG  Liv.  XXXIII 
24,  2]. 

48.  Flaminii  223    (mag.  eq. 
222-219)^'  217;  187. 
cens.  220.* 


"  Eiscontri  etrnschi  v.  in  Schulze  p.  216. 

*  Il  coguorae  Fullo  indica  chiaramente  1'  nmiltà  delle  loro  origini.  Gli 
Apustii  erano  lavatori  di  panni  così  corno  Tcrentius  Farro  il  console  del  216 
era  figlio  di  un  macellaio. 

*  V.  Baxdel  op.  cit.  p.  123. 

*  Il  gentilicio  Flaminius  accenna  forse  ad  una  dipendenza  dai  Flamines 
come  il  nome  del  tribuno  della  plebe  Ponfìficiiis  Liv.  II  44  ad  a.  480  sembra 
indicare  un'  analoga  dipendenza  dal  collegio  pontificale. 

Dal  fatto  che  il  celebre  console  del  223  fece  costruire  il  circo  Flami- 
nio nella  regione  in  cui  era  il  campus  od  i  prata  Flaminia  (v.  Varr.  d.  l,  L. 
V  154.  Liv.  Ili  54;  63.  Plut.  quaest.  Rom.  66;  cfr.  F.  Muenzer  in  PW. 
EE,  VI  col.  2496)  non  mi  pare  si  debba  senz'  altro  ricavare  che  egli  pos- 
sedeva un  tratto  del  terreno  in  cui  il  Circo  Flaminio  fu  edificato.  Può 
anche  sospettarsi  che  il  suo  nome  fosse  semplicemente  derivato  da  qmdla 
regione  senza  che  vi  avesse  rai)porti  di  proprietà  o  di  possesso. 


I  magistrati  dal  366  al  172  149 


PATEICI.  Plebei. 

(continua  riaminii) 

[praef. '227  Sol.  p.  52; 
193  Liv.  XXXIV  54,  2]. 

49.  C.  Terentius  Varrò  216.^ 

[praef.  218  Liv.  XXII 
25,  18;  187  (dueManaliste) 
e  Caelio  Liv.  XXXVIII 
42,  4;  184  Liv.  XXXIX 
32,  14;  182  (Istra)  Liv. 
XXXIX  56,  5]. 

50.  Servilii  (mag.  eq.  208) 
203  (mag.  eq.  203)  202 
(dict.  202).2 

[praet.  206  Liv.  XXVIII 
10]. 

51 .  P.  Villii-is  Tappulus  199.» 

[praet  203  Liv.  XXIX 
38,  4;  199  Liv.  XXXI 
49,  12]. 

{trib.  pleb.  449). 

.  È  appena  necessario  ricordare  che  C.  Terentius  Varrò  era  loco  non  ImmiU 
tolum  sed  etiam  sordido  orius ;  patrem  lanium  fuisse  ferunt.  LiV.  XXII  25,  19. 

»  Sui  Servilii  Gemini  plebei  e  patrici  v.  MOMMSEN  Eoem.  Farseli .  I  p.  117  sg. 

•  Rispondenze  etrusche  sia  per  il  gentilicio  che  per  il  cognome  v.  in 
SCHULZE  p.  267;  cfr,  95;  277. 


150  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


PATRICL  Plebei. 

52.Porcii'  195  (Cato),  184; 
(Licinus)  cens.  184. 

[praet.207UY.XXYll 
35,  1;  198  Liv.  XXXII  7, 
13  ;  195  Liv.  XXXIII  42, 
7;  193  Liv.  XXXIV  54,  2]. 

53.  M.'  Acilius  Glabrio  2 191. 

[^Jme^.  196  Liv.  XXXIII 
24,  2]. 

54.  C.  Laelius  lOO.^ 

[praef.  196  Liv.  XXXIII 
24,  2. 

quaest.  202  Liv.  XXX 
33,  2]. 

55.  Baebii    Tampliili    182  ; 
181.4 


*  L'  origine  tusculana  dei  Porcii  è  risaputa. 

*  Detto  homo  novu»  in  Liv.  XXXVII  57,  11  non  riesce  a  dirontare  cen- 
sore. Un  M.'  Acilius  Illvir  acjris  dandis  adsignandis  ora  ricordato  da  autori 
noti  a  Livio  XXI  25,  4  ad  a.  218.  M.'  Acilius  ò  legato  del  Senato  in  Egitto 
nel  210  Liv.  XXVII  i,  10. 

Il  gentilicio  Acilius  è  in  fondo  una  variante  di  quello  degli  Aquilii  sui 
quali  V.  s.  p.  103. 

'  Confronti  con  titoli  etruschi  v.  in  Schulze  p.  186. 

*  Il  tribuno  dfl  204  Liv.  XXIX  37,  17  è  lo  stesso  Gii.  Baebius  console 


I  magislrati  dal  366  al  172 


151 


PATRICI. 


Plebei. 


(continua  Baebii) 

[praet.  199  Liv.  XXXI 
49,  12;  192  Liv.  XXX  10, 
ll;189Liv.XXXVII47,8]. 

(trih.  pleb.  204). 

56.  C.  Calpurnius  Fiso  180. ^ 

[praet.  211  Liv.  XXV 
41,  12;  186  Liv.  XXXIX 
6,  2]. 

57.  Q.Petillins  Spurinus  176. 

[praet.  181  Liv.  XL 

18,  3]. 

{trih.  pleb.  187).» 

del  182.  Un  altro  Q.  BaeMus  Merennii^  e  tribuno  della  plebe  nel  217,  LlY. 

XXII  34    3 

Su  rispondenze  in  Etruria  ed  anche  in  altre  regioni  itaUche  v.  Schulze 

^'  '''il  primo  dei  Calpurni  storici  sarebbe  il  Calpurnius  Flammea  l'eroico 
trihunus  militum  che  nel  258  si  rese  celebre  a  ^'-^^^"""^  ^^  .^f.  ^^'^"; 
XXII  60  11  PLiN.  n.  h.  XXII  11.  Ma  come  è  noto,  a  questa  tradizione,  che 
faceva  f^rse'capo  all'annalista  Calpurnio  Pisone,  Catone  opponeva  quella 
che  lo  stesso  fatto  attribuiva  ad  un  Q.  Caedicius.  L'  annahsta  Claudio  Qua- 
drigario  parlava  poi  di  un  Laierms  Gell.  n.  A.  IH  7    18-21. 

Sul  carattere  etrusco  del  gentilicio   Calpurnius  v.  Schulze  p.  138.  Sul 
cognome  Fiso  (umbro!)  cfr.  Sii.  Ital.  Vili  463  X  250    403. 

'  I  due  O    FetmU  tribuni  della  plebe  sono   collegati  da  Valerio  Anziate 
con  il  processo  degli  Scipioni  LiT.  XXXVIII  50,  5;  54,   1  ad  a.  18..  Cfr 
GKLL.  l.  A.  IV  18,  7.  P.UT.  Cai.  Maior.   15.  Ack.  Vict.  49.   Come  è  noto 


152  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

PATRICI.  Plebei. 

68.  Mucii  Scaevolae  175;  174.' 

[praeL21b  Liv.  XXIII 
24,34,  11;  179  (due  perso- 
ne) Liv.  XL  44,  2]. 
(Jrib.pleb.  sino  dal  485).* 


altri  dicerano  l'accusatore  di  Scipione  fu  un  M.  Naevìus  e  non  ricordavano 
i  Petilii  cfr.  Liv.  XXXVIII  56,  2.  Altri  infine  ricordava  un  C.  Mìnucius 
Augurinus  Gell.  m.  ^.  VI  19,  8. 

La  critica  moderna,  piti  volte  dal  Mommsen  e  dal  Nissen  in  qua,  ha 
tentato  ritrovare  il  bandolo  dell'  arruffata  matassa.  Ma  è  stato  molto  piti 
facile  notare  le  divergenze,  gli  errori  e  le  falsificazioni  clie  ritrovare  la  ve- 
rità. 

Le  varietà  delle  tradizioni,  che  non  è  più  dato  ristabilire  in  tutti  i 
tratti  veramente  genuini  nulla  tolgono  però  al  reale  tribunato  dei  Petilii. 
Siamo  in  tarda  età  storica.  Altro  è  l'avere  o  no  avuta  parte  in  dati  av- 
venimenti, altro   il  non  essere  realmente  stati  pubblici  magistrati. 

Il  carattere  etrusco  del  nome  Petillius  resulterebbe  da  numerosi  riscontri 
fatti  dallo  Schulze  p.  208.  Ciò  è  ulteriormente  confermato  dal  cognome 
Spurimts  Schulze  p.  94. 

'  Il  carattere  etrusco  del  nome  dei  Mucii  apparirebbe  ancor  più  che  dai 
Muda  prata  dalle  arae  Muciae  in    Veienti,  Plin.  n.  fi.  II  211. 

Ancor  più  evidente  è  il  carattere  etrusco  del  cognome  Scaevola.  Sul 
che  V.  il  materiale  in  Schulze  p.  369;  419. 

*  Mentre  una  versione  parlava  di  Mucio  Scevola  adulescens  nobilis  che 
avrebbe  tentato  uccidere  Porsenna  Liv.  II  12,  1  e  che  con  la  mano  stesa 
sul  fuoco  aATebbe  dato  prova  del  suo  coraggio,  un'  altra  diceva  di  P.  Mucina 
tribuno  della  plebe  che  avrebbe  bruciato  i  colleghi  fedifraghi  Val.  Max. 
VI  3,  2.  Cass.  Dio.  frag.  21.  ZoN.  VII  17. 


Pretori  plebei  dal  366  al  172  153 


Ai  consoli  patrici  dati  in  questo  elenco  si  può  aggiungere: 

C.  Sergius  Plancus  praetor  nel  200  Liv.  XXXI  4,  4 
M.  Sergius  Silus  praetor  nel  197  Liv.  XXXII  27,  7. 


Alle  genti  plebee  che  raggiunsero  il  consolato  fra  il  366 
ed  il  172  occorre  aggiungere  le  seguenti  pure  plebee  cbe 
conseguirono  solo  la  pretura  : 

1.  C.  Auius  prima  del  218  CIL.  1  188  v.  Maxis.  p.  18. 

[2].  A.  Cornelius  Mammula  nel  217  Liv.  XXXIII  44,  2  (dato 

che  non  si  tratti  di  un  patricio).  Il  prenome  A.  lo  hanno 

anche  i  Cornelii  patricii  Cossi  Arvinae. 

3.  L.  Cincius  Alimentus  nel  210  Liv.  XXVI  23,  1. 

4.  C.  Hostilius  Tubulus  209  Liv.  XXVII  6,  12;  C.  A.  Hostilii 

Catones  207  Liv.  XXVII  36,  1;  A.  Hostilius   Mancinus 
180  Liv.  XL  36,  2. 
6.  C.  Aurunculeius  209  Liv.  XXVII  6,  12  ;  L.  Aurunculeius 
190  Liv.  XXXVI  45,  9. 

6.  Sp.  Lucretius  206  Liv.  XLVIII  38;  172  Liv.  XLII  9,  8. 

Cfr.  C.  Lucretius  Gallus  171  Liv.  XLII  28,  5. 
quaest.  218  Liv.  XXI  59,  10. 

7.  Gn.  Octavius   205    Liv.  XXVECI  38,  11;  cfr.  a.  168  Liv. 

XLIV  17,  5. 

aed.  cur.  172  Fest.  p.  178  M. 

8.  L.  Scribonius  Libo  204  Liv.  XXIX  41,  11;  C.  Scribonius 

193  Liv.  XXXIV  54,  2  ;  L.  Scribonius    Libo   192   Liv. 
XXXV  10,  11. 

aed.  cur.  194  Liv.  XXXIV  54,  3. 


154  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

9.  Gn.  Tremellius  Flaccus  202  Liv.  XXX  26,  11. 

quaest.  prima  del  205  Liv.  XXIX  11,  3. 

10.  C.  Helvius  198  Liv.  XXXH  7,  13;  M.  Helvius  197  Liv. 
XXXII  27,  7. 

11.  C.  Atinius  Labeo  195  Liv.  XXXIII  42,  7;  C.  Atinius 
Labeo  190  Liv.  XXXVI  45,  9;  C.  Atinius  188  Liv. 
XXXVIII  35,  2. 

12.  Sex.  Digitiiis  194  Liv.  XXXIV  42,  4. 

13.  T.  luventius  Thalna  194  Liv.  XXXIV  42,  4. 

14.  Q.  Salonius  Sarra  192  Liv.  XXXV  10,  11. 

15.  L.  Oppius  191  Liv.  XXXV  24,  6. 

16.  M.  Taccius  190  Liv.  XXXVI  45,  9. 

aed.  CUV.  192  Liv.  XXXV  41,  9. 

17.  C.  Stertinius  188  Liv.  XXXVIII  35,  2. 

(Genticio  di  aspetto  etrusco  cfr.  Schulze  p.  237). 

18.  C.  Afranius  Stelli©  185  Liv.  XXXIX  23,  2. 

19.  C.  Decimius  184  Liv.  XXXIX  32,  14  C.  Decimius  169 
Liv.  XLIII  11,  7. 

20.  Q.  Naevius  Matho  184  Liv.  XXXIX  32,  14. 

(Cognome  di  aspetto  etrusco  cfr.  Schulze  p.  274). 

21.  L.  Pupius  183  Liv.  XXXIX  45,  2. 

22.  Gn.  Sicinius  183  Liv.  XXXIX  45, 1;  cfr.  172  Liv.XLII9,8. 

23.  M.  Pinarius  Rusca  181  Liv.  XL  18,  2. 

24.  L.  Duronius  181  Liv.  XL  18,  2. 

25.  T.  Fonteius  Capito  178  Liv.  XL  69,  5;  cfr.  P.  Fonteius 
Capito  169  Liv.  XLIII  11,  7;  P.  Fonteius  Balbus  168 
Liv.  XLIV  17,  5. 

26.  T.  Aebutius  Carus  178  Liv.  XL  59.  (Dato  che  non  sia 
un  patri  ciò.  Sul  patriciato  degli  Aebutii  Helvae,  di  cui 
uno  è  pretore  nel  168,  cfr.  s.  p.  99  n.  2. 

27.  C.  Cluvius  Saxula  178  Liv.  XL  59,  5.  praet.  173  Liv. 
XLI  28,  5;  Sp.  Cluvius  172  Liv.  XLII  9,  8. 


Prefori  e  qj/ esfori  plebei  dal  366  al  172  155 

(Gentilicio  che  si  nota  ad  es.  in  Umbria  Schulze  p.  483 
ed  in  Campania  Liv.  XXVII  33  Cic.  ad  fam.  XIH  56 
ad  Att.  VI  2,  13  XHI  46,  3). 

28.  C.  Numisiiis  177  Liv.  XLI  8. 

29.  L.  Mummius  177  Liv.  XLI  8. 

30.  M.  Aburins  176  Liv.  XLI  14,  5. 

31.  C.  Matienus  173  Liv.  XLI  28,  5. 

32.  C.  Cicereius  173  Liv.  XLI  28,  5. 

Notiamo  pure  le  seguenti  genti  plebee  che,  allo  stato  cbe 
nelle  nostre  fonti,  sono  solo  ricordate  per  aver  raggiunta 
l'edilità  curale: 

1.  Gn.  Flavius  304.         2.  Q.  Anicius  di  Praeneste. 

Per  questi  due  personaggi  v.  Diod.  XX  36,  6.  Cic.  ad 
Att.  VI  1,  8.  Liv.  LX  46.  Plin.  n.  h.  XXXHI  17.  Geli.  n.A. 
VII  9.  Val.  Max.  n  5,  7. 

Abbiamo  infine  le  genti  seguenti  che  per  questo  mede- 
simo periodo  raggiunsero  per  lo  meno  la  questura: 

1.  L.  Opimius  Pausa  294.  Liv.  X  32,  9. 

2.  L.  Postumius  Tympanus  194  Liv.  XXXIV  47,  2.  (Xon 
pare  si  tratti  di  un  patricio). 

3.  C.  Furius  Aculeo  190  Liv.  XXXVIII  55,  4.  (Seppure 
si  tratta  di  un  plebeo). 

La  proporzione  di  circa  43  genti  patricie  dominanti 
verso  il  444,  di  fronte  alle  circa  15  plebee,  che  si  affacciano 
dal  400  circa  al  367,  si  modifica  negli  anni  successivi  sino 
al  172  nella  proporzione  di  circa  18  patricie.  di  cui  alcune 
sono  ricordate  sporadicamente,  di  fronte  a  circa  58  plebee. 


156  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Alle  plebee,  pur  non  tenendo  conto  di  quelle  non  poche 
che  riuscirono  a  coprire  la  questura  e  l'edilità  curule,  di  cui 
non  ci  è  arrivato  il  nome,  va  aggiunto  il  numero  delle  altre 
superiori  al  numero  di  30,  che  conseguirono  la  pretura,  vale 
a  dire  la  dignità  prossima  allo  stesso  consolato,  rivestita  di 
imperium  e  di  ])otestas. 

I  termini  sono  pertanto  capoversi  ed  anzi  a  dismisura 
oltrepassati  dai  plebei.  Tra  le  circa  29  genti  patricie  che 
constatiamo  ancora  nel  367  vengono  a  mancare  nei  Fasti 
consolari  le  genti  seguenti: 

1.  AeBUTII  4.    HORATII  7.    SEMPRONn 

2.  Aquilii  5.  Lue  RETTI  8.  Sergii 

3.  Geganii  6.  Menenii  9.  Vergikii 

Si  attenuano  inoltre  le  genti  dei  Pinarii,  degli  lulii,  dei 
Nautii,  dei  Veturii,  dei  Folli  o  Foslii,  che  compariscono  ancora 
due  o  tre  volte  e  quelle  dei  Quinctilii,  ricordati  ancora  una 
volta.  Gli  lulii  però  ricompariranno  più  tardi  con  nuovi 
rampolli. 

In  compenso  però  le  superstiti  genti  patrice  accentrano 
il  consolato,  la  dittatura  e  la  maestranza  dei  cavalieri  presso 
a  poco  con  queste  proporzioni: 

1.  CoRNELii  circa  45  volte  6.  Sulpicii    circa  18  volte 

2.  Fabii  »     38      »  7.  Claudii         >»     18      » 

3.  Valerti  »      32      »  8.  Papirii          »      18      » 

4.  Aemilii  »      29      »  9.  Postumii       »      15      » 

5.  Maxlii  »      21      »  10.  Servilti        »     11      » 

Tengono  loro  dietro  con  minore  intensità: 

11.  Furti  8  volte  12.  Quinctii  9  volte 


I  magistrati  dal  866  al  172  157 

Dal  confronto  di  questo  elenco  con  quello  dei  supremi 
magistrati  fra  il  444  e  il  367  appare  scemata  l'importanza 
politica  dei  Sulpicii,  dei  Purii,  dei  Servilii.  Si  mantiene  in- 
vece quella  dei  Cornelii,  dei  Fabii  e  dei  Valerii.  La  frequenza 
dei  Fabii  e  dei  Valerii  corrisponde  del  tutto  alla  posizione 
storica  clie  la  tradizione  loro  assegna. 

Affatto  singolare  è  poi  la  posizione  dei  Cornell  che  poco 
più  numerosi  dei  Valerii  e  dei  Fabii  dell'  età  precedenti,  fini- 
scono per  lasciarseli  di  dietro  a  notevoli  distanze.  Questo 
fenomeno  corrisponde  a  quello  per  cui  i  Cornelii,  durante 
la  repubblica  Romana  hanno  posizione  preponderante  nei 
culti  e  nei  sacerdozio  Tanto  è  vero  che  dei  23  pontefici  mas- 
simi a  noi  noti  di  Roma,  repubblicana,  sei  furono  Cornell;^  e 
sotto  questo  punto  di  vista  ha  un  certo  valore  la  tradizione 
che  ricorda  di  già  un  Cornelio  fra  i  pontefici  dell'età  regia. - 
Codesta  importanza  apparisce  confermata  dal  numero  no- 
tevole di  monetari  dati  dalla  gente  Cornelia. ^  Anche  nel 
periodo  successivo  che  dal  172  vanno  al  90  ed  al  tempo 
di  Augusto  i  Cornelii  frequenti  come  magistrati  ordinari 
sono  stati  spesso  scelti  come   consoli  suffetti. 

La  preponderanza  dei  Cornelii  appare  più  che  mai  evi- 
dente dopo  l'incendio  Gallico  e  forse  sta  in  relazione  con 
il  culto  della  divinità  tutelare  del  Colle  Capitolino.  Le  mo- 
nete ci  insegnano  come  essi  curassero  in  modo  specialo  il  culto 
di  Giove.*  Con  ciò  probabilmente  si  accorda  la  notizia  che 
Scipione  Africano  il  Maggiore  lasciala  credere  d'esser  figlio 
di  Giove  Capitolino,  e  spesso  si  recava  solo  a  meditare  nel 


'  V.  r  elenco  iu  Baudt  op,  cit.  p.  3  sgg.  :  40. 
'  Plut.  qiiu,est.  Rom.  4. 
'  V.  Babelon  I  p.  385. 

*  V.  ad  es.  le  niouete  di  Gn.  Conidius  l.  f.  Sisennn  Baiìe.los  I  p..  394 
di  Gn.  Cornelius  Biasio  il»,  p.  396  sg. 


158         Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Campidoglio.  È  pur  noto  come  si  fosse  accreditata  la  voce 
che  la  conquista  di  Carthago  Nova  in  Spagna  fosse  stata 
da  lui  conseguita  grazie  al  favore  di  Nettuno  fratello  di 
Giove,  il  quale  veniva  così  ad  essere  suo  zio.' 

Data  la  straordinaria  importanza  dei  Cornelii  dal  lato  sa- 
cro come  dal  politico,  non  è  casuale  che  Scipione  Africano, 
avendo  solo  22  anni,  sia  potuto  diventare  edile  curule  e 
due  anni  dopo  sia  stato  inviato  in  Spagna  con  potere  pro- 
consolare per  restituirvi  la  fortuna  del  popolo  Romano  e 
vendicarvi  la  morte  dei  due  Scipioni,  di  suo  padre  e  di 
suo  zio.- 

Sarebbe  certo  improvvido  affermare  che  Cornelio  Siila 
riusci  a  diventar  padrone  di  Roma  grazie  al  prestigio  del 
suo  nome.  Ma  con  la  straordinaria  importanza  e  frequenza 
delle  magistrature  dei  Cornelii  si  spiega  forse  il  noto  vatici- 
nio che  Roma  sarebbe  stata  dominata  da  tre  Cornelii.  Que- 
sto vaticinio  che  correva  al  tempo  della  cospirazione  di  Cati- 
lina,3  va  messo  a  fianco  al  pregiudizio  generalmente  accolto 
dalla  pubblica  opinione  che  solo  i  Cornelii  fossero  destinati 
ad  avere  felici  successi  in  Africa.'* 

Rispetto  ai  plebei  constatiamo  come  in  circa  due  seooli 
si  sian  presentate  circa  60  genti  nuove,  e  fra  esse  emergono 
le  seguenti. 


'   Liv.  XXVI   19,  5:  45,  9  cfr.  con  Gell.  n.  A.  VI   1. 

'  Liv.  XXV  2  cfr.  cou  Polyb.  VI  19.  Liv.  XXVI  18. 

'  Sall.  Cat.  47,  2:  ex  lìhris  Sibijllinìs  regnum  Romae  trihng  Cornelm 
portendi. 

*  Cass.  Dio  XLII  57  extr.:  àXóyro  tivì  rdaxci  [xr^Jéva  àv  Ixir.ùova  èv 
x-Q  Acppix-Q  xy.y.6)z  rcpd^at..  Cesare  per  controbilanciare  il  prestigio  del  suo 
rivale  Scipione  basato  sn  tale  pregiudizio  recò  seco  in  Africa,  come  è  noto, 
despectissimum  quendam  ex  Corneliorum  genere,  cui  ad  opprobium  vitae  Salvitionis 
cognomen  crai.  Suet.  Caes.  59. 


J  magistrati  dal  366  al  172  159 

1.  Fulvii     circa  20        8.  Plaiitii  circa  8  di  cui  7  consolati 


2.  lunii           » 

17 

9.  Genucii 

» 

7  tutti  cons.  ordin, 

3.  Atilii 

14 

10.  Decii 

» 

7 

4.  Sempronii  » 

14 

11.  Aelii 

» 

7 

5.  Claiidii      » 

9 

12.  Poeteli 

» 

6 

6.  Marcii       » 

9 

13.  Poblili 

» 

6 

7.  Caecilii      » 

8 

14.  Licinii 

» 

5 

La  ressa  delle  nuove  stirpi  plebee  per  conquistare  i  su- 
premi onori  non  rendeva  loro  possibile  quell'accentramento 
che  abbiamo  constatato  fra  i  patrici;  fra  i  quali  lo  scarso 
numero  delle  genti  era  compensato  dalla  frequenza  con  cui 
pochi  personaggi  della  stessa  gente  si  succedevano  nel  co- 
prire le  più  alte  cariche  curuli. 

Questo  fenomeno  si  rivela  forse  in  maggior  misura  fra 
i  pretori.  E  sebbene  noi  non  si  possegga  che  una  piccola 
parte  dell'elenco  di  questi  magistrati,  abbiamo  non  di  meno 
agio  di  osservare  che  ogni  anno  nuove  genti  raggiungevano 
tale  magistratura. 

E  quest'ultimo  fenomeno  andò  sempre  più  accelerando 
ed  accentuando  negli  ultimi  decenni  della  repubblica  come 
mostrano  gli  elenchi  che  qui  oltre  porgiamo: 


160  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


IX. 


ELENCO  QUARTO. 

Dalla  occupazione  dei  plebei  di  ambedìie  i  seggi  consolari  (172  a.  C.)  sino  alla 
approvazione  delle  leggi  lidia  [90)  e  Plautia-Papiria  (89)  concedenti  la  cit- 
tadinanza romana  ai  Latini  ed  agli  Italici. 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Nuove  genti  plebee 

(Homines  novi) 

l.Popilii  172;  1.58;  139; 
132. 

2.  Aelii  172(ì:;(7/<.s);  IG7 
[Paetus). 

ifrib.pleb.  dal  286). 

3.  Licinii'  Crassi    171  ;     1.  Cassil  171;'  164;  127; 

168;   151  (Lucullus);         124;  107;  96. 

131;116(Ge^fl);97;95.  cens.  164;  125. 

cens.  108;  92;  89. 

[2)metA7ìUY.XLl 

itrib.pìeb.(hìA9[^.         5,  8]. 


*  Con  la  sua  condizione  di  homo  novas  si  spiegano  in  parte  le  opposizioni  con- 
tinue che  il  console  C.  Caasius  Loiìglnus  (171)  ebbe  nella  sua  non  breve  carriera  Liv. 
XLII  32;  XLIII  1;  5.  Anche  il  teatro  che  egli  aveva  fatto  erigere  come  censore 
venne  fatto  distruggere  (Liv.  ep.  XLVIII  extr.  Val.  Max.  II  4.  Vkll.  I  15,  3.  Ouos. 
IV  21,  4)  e  r  oijposizione  gli  venne  dal  patricio  P.  Cornelio  Nasica. 


I  magistrali  dal  172  all' 89 


161 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea 


Homines  novi 


4.  Atilii  {Serrani)  1 70;     2.  Hostilii  1 70;  1 45;  1 37. 
136;  106. 


{trih.plebAdl^U). 

1.  Servilii  169;  141;     6.  Marcii  169;  162;  166; 
106.  149;  118;  91. 

cens.  125.  cens.  161;  147;  86. 

2.AEMiLnl68;158;  OW&.pZ.6.dal389). 

137;  126;  115. 

tnA    irxr>       6.  luiiii  167  (Pennus); 
cens.  164;  109.  ^  ^  ' 

138  {Brtitus);  109  {Si- 
lanus). 

(trib.pleh.  dal  494). 


3.  SuLPicii  166;  144; 
141;  140;  108. 


[praet.  nel  180  Liv. 
XL  35,  2].i 


4.MANLII  165;  164;     7.  M.  Claudius  Marcel-     3.  Odami  165;  128. 
120.  lus  166;  156;  152. 

cfr.  Gn.  Mallius  [praet.  dal  205  Liv, 

105.  {trih,plel.à^\2\9        XXVI  38,  11].^ 

e  201). 

'  Un  antenato  degli  Uostiln  Mancini  già  guidava  nn  corpo  di  cavalleria  nel  217. 
Liv.  XXII  15,  4  sqq.  Fra  gli  Hostilii  Cali  troviamo  un  jjvaetor  sino  dal  207  Liv. 
XXVII  35,  1.  Fra  gli  Hostilii  Tuhuli  nel  209  Liv.  XXVII  6,  12. 

'  Secondo  la  nota  versione  accolta  da  Suet.  Aug.  1,  gli  Octavii  erano  originari 
di  Velletri.  Primo  a  conseguire  magistratura  elettiva  romana  fu  il  questore  C.  Octa- 
vius  hiifus  (SUET.  Aug.  2)  verso  la  metà  del  II  secolo,  cfr.  Drumann-Groebe  Gesch. 
Boms  IV  p.  234  sg.  Si  noti  tuttavia  che  un  Octavivs  Maecius  compare  sino  dal  293 
come  (lux  alaribus  coliorUhus  secondo  autori  noti  a  Livio  X  41,  5.  Gn.  Octavius  prò 
pr.  menò   trionfo  navale  il  167  su  Perseo  v.  Act.  Triumph.  ad  a. 

Il  cognome  Maecius  fa  pensare  che  Maecium  era  una  località  presso  Lanuvium 
Liv.  vi  2,  8  vale  a  dire  presso  Velletri.  Maecium  (cfr.  Maecenas)  al  pari  di  Velitrae 
è  nome  di  origine  etrusca. 

Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  II  11 


162 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GE^TI  PATRICIE        Nobiltà  plebea 


Homines  novi 


5.  CoRNELii  162;  162 
suf.  160;  159;  156; 
155;  1  47;  146;  138; 
131;  130;  111;  97. 

cens.   159;  147; 
142;  70. 

6.  Valerti  161;  152; 
131;  100;  93. 

cens.  154;  97. 


8.  Sempronii  168((t/*«c-     4.  Al.  luventius  Thalna 
chus);l29  (  Tuditanus).        163.2 
cens.  169. 


{trih.pleh.àdl^O'). 

9.  Domiti  i  162  snf.  124; 
122;  96;  94. 
cens.  115;  92. 

{trìh.pleb.  dal  103). 

lO.Fulvii  \ò'è{Nohilio- 
ren)    153;    135;    134; 
125  (FI acci). 
cens.  136. 

11.  L.  Anicius  Gallus^ 
160. 

[aecl.  CUI',  sino  dal 
304. 
^raei.  168LÌV.XIV 

17,  oj. 


[praet.  sino  dal  194 

Liv.  XXXIY  42,  4]. 

{trib.pleh.dsiWlOy 

b.Fannii  161;  122.3 
(Jrih.pleh.  dal  187). 


'  Gli  Anicii  erauo  di  origine  preuestiua  Plin.  m.  li.  XXX  17.  Liv.  XXIII  19. 

*  Il  cognome  Thalna  di  questi  luventii  è  stato  messo  iu  rapporto  con  il  nome 
della  divinità  etrusca  %-alna,  Schulze  Ziu-  Gesch.  d.  lat.  Eigenn.  p.  94.  Corrisponde 
con  ciò  il  fatto  che  essi  derivavano  da  Tuscolo,  Cicero  Piando  19,  dacché  la  stessa 
Tnscolo,  come  dice  lo  stesso  nome,  fu  soggetta  agli  Etruschi. 

'  Il  console  C.  Fannitis  (identificato  già  iu  antico  con  l'omonimo  aunalista)  era 
genero  di  C.  Lelio. 


I  magistrati  dal  172  all' 89 


163 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea 


Honiìnes  novi 


7.  luLii  157;  91:  90.     12.  Aurelii  157(Ore.sM,  6.  Opimii  154;  121. ^ 

cens.  89.  144  {Cotta)]  126  {Ore- 

stes);  119;    108   suf.  [praet.  12Ò  Lìv.  ep. 

(Scali rus);  103  (Ore-  ^X. 

stes).  quaest.  sino  dal  294]. 

8.  PosTUMii  151;  151;     13.  A'cilii  154  (Glahrio)     7.  Amiii  153;  128.2 
148;   110;  99.  suff.  150(5rt76?fs);114. 

[praet.  sino  da  pri- 

9.  QuixcTii  150;  123.  [praet.  sino  dal  196].         ma  del  218. 

{trih.pleb.  dal  201).  quaest.  1 18  ;  ^  120- 

119].^ 

{trih.pleh.  160). 


'  Un  L.  Opimius  Pausa  quaestor  h  ricordato  sino  dal  294.  Quanto  si  diceva  scher- 
zosamente su  Opiiuio  console  del  154  (Lue.  apud  Non.  IV  p.  475  Lindsay  s.  v.  fama 
Cic.  de  oj-at.  II  68,  277;  cfr.  Cichorius  Untersuch.  zu  Lucilius  (Berlin  1908)  p.  310) 
non  porge  dati  specifici  sull'  origine  di  quest'  uomo. 

Il  figlio,  il  noto  console  nemico  dei  Gracchi  fece  ad  ogni  modo  dimenticare  l' o- 
rigine  relativamente  non  antica  della  sua  gente.  Egli  divenne,  come  è  noto,  nno 
strumento  degli  ottimati,  un  acre  nemico  della  plebe  (cfr.  Sall.  lug.  16)  e  perciò  è 
frequentemente  portato  alle  stelle  da  CiCBROXE  ad  es.  post  red.  11;  in  Pison.  95;  j«'o 
Sexiio  140;  de  invent.  II  105. 

■  Il  console  del  153  è  un  T.  Annitis  Liiscus  discendente  da  T.  Aanias  Lnsctis  che 
nel  172  è  legato  del  Senato  a  Perseo  Liv.  XLII  21,  1. 

Di  un  M.  Annius  triumviro  nell' assegnare  i  terreni  della  colonia  di  Piacenza  e 
Bologna  nel  218  parlavano  già  alcuni  annali  noti  a  Livio  XXI  25,  4. 

Gli  Annii  del  resto  figurano  di  già  in  una  tradizione  a  proposito  della  instauratio 
dei  Ludi  Magni  Macrob.  I  11,  3.  Da  Liv.  Vili  3,  9  apprendiamo  che  di  Annii  v'era 
una  ragguardevole  gente  a  Setia. 

Da  Lanuvio  derivava  invece  T.  Aauio  Milone  in  origine  tìglio  di  un  Papiiis, 
V.  i  dati  in  Drumaxn  Groebe  I  p.  31. 

'  Dittì:\bergeu  Syll.  2  ed.  n.  318.  Biilz  p.  14. 

*   DlTTENBERGER   Sìjll.  I   318. 


161 


Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fas'i 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea 

14.  Calpurnii   Pisones 
148;   139;  135;    133; 
112;   111   (Bestia). 
cens.  120. 


Homines  novi 


{trih.pleh.àBWVÒ).     S.  Maniìii  149. 


15.  LiviiDrusil47;112. 
cens.  109. 


{trih.  pi  eh.  66).  ^ 


9.  L.  Mummius  146. 
{trih.pleò.  dal  320).  cens.  142.'* 


10.  FabiiMS;    142;     16.  Caecilii    143;    142; 

123;    119;    117:    115; 
113;  109;  98. 

cens.  131  (primo 
collegio  di  due  cen- 
sori plebei);  120;  115; 
102  (due  cens.  Q.  C). 

itrih.pleh.à^ìA.'Ò^). 


121;  116. 
cens.  1C8. 

11.Claudii143;  130 
suff.  92. 

cens.  169;  136. 


[pr  aet.  sino  à'àWll 
Liv.  XLI  8  cfr.  153 
App.  Ib.  153]. 

On6.i)Ze&.dall87). 


'  A  prescindere  dal  Manlio  eletto  tribuno  militare  nel  449  Liv.  Ili  51,  10  un 
P.  ManìUus  legato  senatorio  in  Macedonia,  che  deve  aver  coperto  cariche  curuli^  è 
ricordato  in  Liv.  XLV  17,  5  ad  a.  167. 

M.'  ManUius,  il  celebre  giurista,  console  nel  149,  era  citato  come  esempio  di  po- 
vertà; possedeva  solo  aediculas  in  Carinis  et  fundum  in  Lahicano  Cic.  parad.  3,  .50. 

*  L.  Mummìm  V k<iSi\co  era  un  homo  novus  Vell.  II  128.  Il  carattere  molto  popolare 
(Svjlioxixtùx.-poc)  di  lui  in  opposizione  a  quello  austero  ed  aristocratico  del  sno  collega 
nella  censura  L.  Cornelio  Scipione  (142)  ò  espressamente  rilevato  da  Cassio  Dione 
XXII  fr.  76  I  p.  322  Boiss. 

A  determinare  la  patria  dei  Mummii  non  giovano  le  dediche  dell' Acaico  perchè 
come  è  noto  erano  sparse  in  tutta  Italia,  Cic.  orator.  70,  232  cfr.  CIL.  I  n.  542  sqq. 
Non  giova  nemmeno  il  trovare  i  Muminii  preponderanti  a  Telesia   CIL.  IX  2235. 


I  mngisirati  dal  172  all' 89 


165 


GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea 


Iloìnines  novi 


12.  Furti  136. 


17.  C.  Laelius  140.  10.  Pompeii  141;  89.^ 

cens.   131    (primo 

18.  Mucii     Scaevolae         collegio  di  due  cen- 


133;   117;  95. 

{tr'ib.  pleb.  485   e 
poi  dal  141). 

19.   M.   Aquilius    129; 
101. 


sori  plebei). 

[praef.  92  Oros.  V 
18,  91  Oic.  d.  orai. 
I  37,  168]. 

11.  P.  Rupilius  132. 


20.  M.  Plautius  126.         \2.  Perperna  130;  92.=^ 

21.PorciiCatones  118;     13.     Cornelius     Cinna 
114;  89.  127.3 

(^n6.»Ze6.dall89).     -,  .   ri  a    x-      n  i  • 
^        ^  '      14.  6.  Sextius  (Jalvinus 

124.* 
(trib.pleb.  dal  72). 


'  Uu  L.  Fompcius  tribunus  militum  è  già  ricordato  per  il  171  Liv.  XLII  65,  6. 
Vbllkio  II  21,  5  p;irla  delle  due  o  tre  familiae  dei  Pompei  come  se  facessero  parte 
di  UBa  sola  gena. 

Su  Q.  Pompeim  console  del  154  v.  Cic.  in  Vcrr.  V  70,  181  :  Q.  l'ompeius  humili 
atque  obscuro  loco  natus,  nonne  pluribus  inimicitils  maximisque  suis  periculis  ac  laboribut 
amplissimos  honores  est  adeptus?  modo  C.  Fimbriam  (cons.  154)  C.  Marium  (cous.  sette 
volte)  C.  Caeliiim  (cous.  94)  vidimus  non  medioribus  inimicitm  ac  laboribus  coniendere  ut 
ad  isios  honores  pervenirent  ad  quos  vos  per  ludum  et  per  nechyentiain  pervenistis. 

*  I  Perperna,  lo  dice  anche  la  desinenza  del  loro  nome,  erano  di  origine  etrusca, 
Cfr.  SCHULZE   op.  cit.  p.  88. 

*  Il  carattere  plebeo  e  demagogico  dei  Cornelil  Cinnae  Carbone»  e  Tardali  ò  rile- 
vato da  Cic.  ad  famil.  IX  21. 

*  Non  sappiamo  se  Sextius  Calvinus  derivasse  dai  Sexli  Lateranenses  celebri  tribuni 


166 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea 

22.  M.  Minucius  110. 

(oltre  dal  401  trih. 
pleb.  dal  216). 

23.  Hortensii  108  P^ 
(^n6.i9Ze&.dal422). 


Honiines  novi 

15.  Papirii  Carbones 
120;  113. 

[praet.    168    Liv. 
XLIV  17,5]. 

{trio.  pleb.  dal  131 
cfr.  178). 

16.  C.  Marius  console 
VII  volte:  107;  104; 
103;  102;  101;  100. 

{trìb.pleb.  119). 

17.  Gn.  Mallius  105. 


24.  Q.  Lutatius  102. 


18.  Rutiìii  105  (Eafus), 
90  {Lupus).'^ 

{trio.  pleb.  à^UQ^y 

19.  Flavlas    Fimbria 
104.3 

(^trib. pleb.  dsiìS27). 


della  plebe  uel  IV  secolo,  che  dettt^ro  1'  untore  delle  leggi  Liciniae-Sextiae  (367)  ed  il 
primo  console  plebeo  nel  366. 

•  Dato  dal  solo  Chron.  a.  354:  Hotensio. 

*  Cicerone  prò  Piando  21,  52  cita  M.  Riitilio  Rufo  insieme  ad  nitri  che  come 
C.  Mario,  Gn.  Ottavio,  M.  Tullio,  C.  Fimbria,  C.  Cassio,  Gn.  Aurelio  Oreste  patirono 
ripulse  ma  conseguirono  piìi  tardi  onori  maggiori. 

'  Sullo  difiScoltà  incontrate  da  C.  Flavio  Fimbria  console  nel  104  jicr  farsi  strada 
negli  onori  v.  Cic.  hi  Verr.  V  70,  181,  cu.  prò  Flancio  21,  52. 


I  magistrati  dal  172  all' 89  167 


GENTI  PATRICTE        Nobiltà  plebea  Homines  novi 

20.  M.  Antonius  99. 
cens.  97.^ 

[praet.  102  Liv.  ep. 
68]. 
(trib.pleb.da\\67). 

21.  T.Dldius'-  98. 

[praet.  prima   del 

100  a.  C.  Fior.  138, 5]. 

itrib.2)leb.daÀUSy 

22.  C.  Coelius    Caldus 
91.3 

23.  31.  Herennius  93.* 


'  È  discutibile  la  relazione  dei  noti  Antonii  plebei  con  gli  Antonii  cLe  figurano 
fra  i  Xviri  legihns  scribnndis  e  che  danno  per  il  422  nn  trìbunns  viUitum  considari  po- 
tesiate.  Un  Q.  Antonius  che  ha  parte  rilevante  nelle  gesta  del  190  v.  in  Livio  XXXVII 
32,  8. 

*  Il  tribuno  Didio  antenato,  forse  padre,  del  console  del  98  fu  l'autore  della  ce- 
lebre lex  Didia  snmptuaria.  Sulle  gesta  del  console  del  98  v.  Mììkzer  in  PW.  RE. 
V  col.  407  sgg.  Cic.  pi-o  Murena  S,  17  ricorda  i  Didii  accanto  ai  Coelii,  ai  Marii  fra 
gli  homines  novi. 

Rispetto  al  suffisso  non  latino  -idius  v.  quanto  si  osserva  oltre  a  p.  174  sotto  il 
nome  degli  Aufidii. 

*  C.  Caelius,  essendo  homo  novus  Cic.  de  pei.  consul.  3,  11  riuscì  a  superare  du« 
homines  nohilissimi.  Homo  novus  è  detto  pure  in  de  orai.  I  25,  117.  Sulle  difficoltà 
perciò  incontrate  nella  sua  carriera  v.  in  Verr.  V  70,  181;  prò  Piando  21,  52;  prò 
Murena  17.  Il  suo  discendente,  che  si  uccise  dopo  la  sconfitta  di  Varo  9  d.  C.  da 
Vblleio  II   120,  è  detto:   adulescens  veinslate  familiae  suae  dignissiìnus. 

*  L'  arrivo  di  M.  Herennius,  mediocre  oratore,  al  consolato  in  luogo  di  L.  Marcio 


168  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Ai  patrici  sin  qui  ricordati  si  può  aggiungere: 
M.  Aebutius  Helva  praet.  168  Liv.  XILIV  17,  5 
dato   che  si  tratti  veramente   di   un   patricio  (sul  cognome 
Helva  V,  s.  p.  99). 

Al  nome  dei  consoli  giova  far  seguire  la  serie  di  quelli 
fra  i  pretori  saltuariamente  ricordati  dalla  tradizione  su- 
perstite, che  attestano  nuove  stirpi  plebee,  delle  quali  una 
parte  riuscì  a  conseguire  negli  anni  successivi  il  consolato. 

Nuovi  pretori  plebei  : 

1.  L.  Ganuleius  Dlves  171,  Liv.  XLII  28,  5. 

2.  C.  Canlnius  Rehilus  171,  Liv.  ib.^ 

3.  M.  Raecius  170,  Liv.  XLIII  4,  8. 

4.  C.  Vetillus  verso    149,  App.  Ib.  61.  Oros.  V  4.  Diod.  fr. 

XXX  1,3. 

5.  G.  Nigidius  146,  Auct.  d.  vir.  ili.  71. 

6.  M.  Cosconius  135,  Liv.  ep,  LVI. 

cfr.  C.  Cosconius  63,  Gìc  prò  Suet.  14,  41. 


Filippo  siimma  nohilUate  hominem,  cognatìone,  sodalitatc,  collegio,  sìimma  etiam 
éloquentia  era  uuo  scandalo  per  Cicerone  Brutas  45,  166  che,  anche  altrove, 
prò  Marena  17,  36  espone  al  riguardo  la  sua  meraviglia  per  (juel  successo. 

M.  Herennius  era  evidentemente  nu  homo  novus,  come  insegna  lo  stesso 
sno  nome  di  origine  non  latina. 

Stante  il  nnmero  non  piccolo  di  Hercnnii  è  difficile  determinare  la  loro 
genealogia.  Si  suole  tuttavia  far  valere  che  il.  Herennius,  colui  che  emise 
i  numni  in  cui  vi  iigurano  la  Pietas  ed  i  pli  fratres  di  Catania  (Babklon 
I  p.  338  sg.  GuuEBEK  Coins  of  the  roman  repnbUc  I  p.  195)  sta  in  rapporto 
di  discendenza  con  V  Herennius  Sicnlns  amico  di  Gracco  Val.  Max.  IX  12, 
6  cfr.  Vell.  II  7,  2.  E  questo  Herennius  siculus  si  considera  discendente 
dal  nostro  console.  Tale  ipotesi  accolta,  fra  gli  altri  dal  Mommsen,  è  stata 
più  volte  registrata,  v.  ad  es.  F.  MìInzer  in  PW.  RE.  Vili  col.  479. 

Per  mio  conto  tenderei  piuttosto  a  dare  qualche  peso  al  fatto  che  M. 
Herennius,  il  console  siiffectas  del  1  d.  C,  nei  Fasti  della  Regia  è  detto  Picens. 

'  Un  altro  C.  Cnnìnins  pr.  urb.  è  nominato  in  cippi  dell'  età  che  dai 
Gracchi  si  estende  a  quella  di  Siila  trovati  ad  Ostia  v.  Vagmeiu  Noi.  d. 
icavi  1910  p.  233. 


Magistrati  dall' SS  a.  C.  al  U  d.  C.  169 

7.  L.  Bellienus  105,  Sali.  lug.  104,  1. 

cfr.  prima  del  67,  Plut.  Pomp.  24  App.  ilithr.  93. 

8.  T.  Alhucius  104,  Cic.  divin.  in  Caec.  19,  63.^ 

9.  Gn.  Anfid'ms  104,  Cic.  Tusc.  V  28,  112. 

10.  C.  Sentius  89  Oros.  V  I8.2 


Nuove  genti  plebee  ricordate  per  la  questura  : 

L.  Stertinius  168,  Liv.  XLV  14,  9. 

L.  Fulcinnìus  148.  V.  le  monete  in  Sobeck  p.  11.^ 

L.  Tremellius  Scrofa  143  o  142  Varr.  d.  r.  r.  II  4,  1  Liv. 

ep.  LUI.  Entrop.  IV  15  Bùlz  p.  9. 
P.  Alhius  129,  Cic.  de.  orai.  II  281. 
C.  Aarcellus  113,  CIL,  III  suppl.  7367. 
C.  Norbanus  102  o  99,  Cic.  de.  orai.  II   202   Sobeck  p.  25 

Biilz  p.  20. 
C.  Saufeius  100  App.  h.  e.  I  32. 
Aesillas  93,  Ant.  Miinzen  Nordgriech.  Ili  p.  69  apud  Sobeck 

p.  27. 


'  V.  gli  altri  passi  in  cui  è  detto  proyaetor  iu  Wehrmann  meni.  cit.  p.  17. 

*  Oltre  a  questo  C.  Sentius  è  il  caso  di  ricordare  L.  Sentius  C  f.  CIL. 
VI  n.  3164;  3165  (cfr.  Grukber  Coins  I  p.  227).  La  paleografia  dei  cippi 
indica  un'  età  non  anteriore  a  Siila. 

*  Sui  Fulcinii  antichi  patrici  t.  s.  p.  105. 


170  Inforno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


X. 


ELENCO  QUINTO. 


Dalla  concessione  della  cittadinanza  romana  ai  Latini  ed  agli  Italici  sino  alla 
pnbbìicasione  dei  Fasti  della  Beijia  ed  atta  morte  di  Augusto  {88  a.  C.-14p.  G.). 


GENTI  PATRIOIE  Nobiltà   Plebea                Homines  novi 

l.CoRNELii88(dict.82)  1.  Pompeii  88;  70;  55; 

83;81;80(L.CoRNE-  52;  35;  31   suf.  5  a. 

LnjsSuLLA);72;71;  C.  suf.  14  p.  C. 
65;  57;  56;  49;  44 

suf.  38  suf.  18  (2  2.  Porci!  89. 
persone)    16;   15; 

3;  2  p.  C.  suf.  10  3.  Octavii  87;  76;  75. 
p.  C.  suf.  5;  3;  1  a. 


C,  2  p.  C.  suf.  10 
p.  C.  Ser.  10  p.  C. 
suf.  5  p.  C. 
cens.  70. 


(Al  tempo  di  Cesare 
diventano  patrici).* 

4.  L.  Cornelius    Cinna 
(87;  86;  85;  84)  5  p.  C. 

5.  C.  Marius  cons.  VII 
86;  Marius  iun.  82. 


'  Rispetto  al  patriciato  dopo  Cesare  ed  Augusto  rimantlo  ai  dati  raccolti  nella 
diligente  dissertazione  di  C.  Heiter  De  patriciia  gentibus  qnae  imperii  Romani  saeculi* 
I,  li,  HI  fuerint  (Beroliu  1909). 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  14  d.  C. 


171 


GENTI  PATRICIE  Nobiltà  plebea 

2.  Valerti    86    suf.  6.  Perperna. 

(mag.  eq.  82)  61;  cens.  86. 

53;  31;  12:  3  a.  C. 

^        Q  [M.  Perperna  jjraef. 

cens.  55.  §2  Diod.  XXXVIII 
14]. 


Homines  novi 


7.  Gn.  Papirius   Garbo     ] .  e.  Norhanus  83;  38; 
85;  84:  82.  24.^ 

\guaest.  dal  102. 
praet.  88   Cic.  in 
Verr.  V  4,  8]. 
(trih.pleh.  dsi\l03). 

2.M.  Tullius Decidasi.^ 
Cicerones  63;  80  suf. 

3.  C.  Scrihonius  Curio^ 

76. 

cens.  61. 


»  Non  si  conoscono  NorUni  a  Koma  prima  del  tribuno  della  plebe  del  102  (Ziegler 
Fasti  p.  12  sg.)  qnestore  verso  il  102  o  nel  99.  Cic.  de  orai.  II  202,  cfr.  Sobeck  p.  25. 

Come  è  generalmente  riconosciuto  Norbanus  è  un  gentilicio  derivato  da  ^orla. 

»  Pochi  personaggi  sono  così  scialbi  ed  oscuri  come  il  console  M.  Tullins  Decula. 

A  quanto  pare  egli  fu  una  testa  di  legno  di  Siila  dittatore,  il  quale,  come  dice  Ap- 
piano 6.  e.  I  100,  fece  eleggere  due  consoli  per  serbare  le  apparenze  della  costituzione. 

»  Non  sappiamo  a  quale  familia  appartenga  il  praetor  C.  Scrilonius  del  193  Liv. 

XXXIV  54,  2. 

In  Livio  XXXIII  42,  10  ad  a.   196   si   legge:  aediles  plelis  Gn.  Domitius  Alieno- 


172 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea 

3.  Claudii  79;  54;  38; 
13;  9  (Druso);  7; 
(Tiberio);  12  p.  C. 

(GrERMANICO). 

cens.  50. 


Homines  novi 

[aed.  cur.  dal  195. 

Scrìbonius  Libo  34.^ 

jpr«ef.  sino  dal  204]. 

{trih.pleb.àQl2\&). 

4.  L.   Gellii  Poplicolae 
72;  36. 
cens.  70. 


8.  Caecilii  80;  69;  68; 
60;57;52a.  C.7p.C. 


[praet.  prima  del  94 
Cic.  d.  leg.  I  20,  53].^ 


iarius  et  C.  Scribonius  curio  viaximus  )it.ultus  pecuarios  ad  popull  iiidicìum  addiixerunt. 
Dal  Drakenborch  in  qua  si  suole  cancellare  maximus.  Ma  in  titoli  di  personaggi  consolari 
di  questo  tempo  come  Statilio  Tauro  ,CIL.  X  409)  e  Calvisio  Sabino  (v.  CIL.  XI  4772) 
vediamo  però  indicato  il  sacerdozio  di  curio  maximus.  Non  può  darsi  che  gli  Scribonii 
Cariontu  abbiano  preso  il  cognome  di  Curio  dal  primo  dei  loro  che  diventò  curio  ma- 
ximus così  come  per  una  ragione  analoga  alcuni  dei  Marcii  si  dissero  Begcs  ? 

Da  Sino  Italico  Vili  425  quid  qui  de  l'icenae  stimulut  telluris  alumnos  |  hcrridut 
et  squamis  et  equina  Curio  crista  si  suole  ricavare  che  gli  Scribonii  Curiones  fossero 
di  origine  Picena. 

'  Gli  Seriboni  Liboncs  avevano  già  coutìcguito  il  tribunato  della  plebe  sino  dal 
216.  Liv.  XXII  61,  5;  XXIII  21,  6. 

Può  darsi  tuttavia  che  i  titoli  della  fine  della  repubblica  trovati  a  Caudium  presso 
Benevento  {CIL.  IX  2171-2174)  che  indicano  Seriboni  Liboncs  come  protettori  dell' op- 
pidum  accenniuo  alla  origine  prima  di  questa  gente. 

Gli  Seriboni  Liboncs  si  imparentarono  con  Pompeio  Magno  e  con  Augusto  che 
sposò  una  Scribonia  v.  i  passi  in  von  Rohdbn-Dks.sau  Protopr.  Imp.  Eom.  III  p.  185. 
Forse  divennero  patrici  al  tempo  di  Augusto  v.  C.   Heiter  op.  cit.  p,  53. 

'  I  Gellii  Poplicolae,  come  insegna  il  loro  nome  ed  è  generalmente  ammesso,  erano 
di  origine  sabellica.  Alle  notizie  su  ossi  (Dkumaxn-Gkoebe  III  p.  60  sgg.  Mììnzbr 
in  PW.  RE  VII  col.  101  sgg.)  si  aggiunge  ora  il  nuovo  decreto  di  Sex.  Pompeio  sui 
cavalieri  spagnuoli,  epigrafe  che  ho  illustrato  nei  miei  Studi  ttorici  II  (1909)  p.  113  sgg. 

L.  Gellius  L.  f.  Poplicola  e  Ilviro  a  iliuturuo  v.  CIL.  X  6017. 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  li  il  C.  173 


GENTI  PATRICIE  Nobiltà  plebea                  Hominem  novi 

4.  Aemilii  78;  77;  66;  9.  Servili!  79;  48;  41;  3 

50;  46    (mag.  eq,  p.  C. 

45;    mag.  eq.    14)  cens.  55. 

42;  34  suf.  21;  a. 

^   ,        _,   ^       ^  itrib.pleb.dA  2\2^. 

C.  1  p.  C.  6  p.  C.  ^        ^                     ^ 


p.  u.  0  p. 
11   p.  C. 
cens.  22. 


10.  Lutatii  78. 
cens.  65. 

Il.lunii77;62;  2i;  17; 
a.  C.  10  p.  C.  suf.  Q. 
10  p.  C.  suf. 

(Gli  lunii  Silani 
diventa n  patrizi  al 
tempo  di  Angusto).^ 

12.  Aureli!  75;  74;  65 
cens.  6i. 

{trib.  pleì).  95). 

13.  Licinii  74;  70;  62; 
55;  30;  14  a.C.7p.C. 

cens.  89.  65. 


H.Terenti!  73;  23. 
itrib.pleb.  dal  189>. 
'  Heiter  op.  cit.  p.  49. 


174 


Intorno  all'i  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATEICIE        Nobiltà  plebea 


Ilomines  novi 


15.  Cassii  73;  11  p.  C.     ò.  Gn.  Aufìdius  Orestes^ 
suf.  71. 

(La    legge   Cassia 


dell'anno  45  propo- 
neva che  si  creassero 
nuove  genti  patri  eie 
Tac.rtHW.  XI25Suet. 
Caes.  41.  Cass.  Dio 
XLIII   47). 


[praet.  sino  dal  104]. 


16.  Q.  Hortensius  69. 

17.  Marcii  68;  64;  56; 
39;  38  suf.  8. 

Gens.  86. 


5.  Manlii  65. 


18.  Calpurnii    67;    59; 
58;  23  suf.  15;  7;  1. 
cens.  50. 

(Diventano  patrici 
per  quel  che  sembra 
al  tempo  di  Augu- 
sto). ^ 


'  HErrKR  p.  47. 

^  Il  console  Jufulius  Orestes  fu  adottato  da  Gn.  Aufidius  ClC.  de  domo  35  che  era 
stato  praciore  (verso  il  104  v.  Vkhrmaìs'N  p.  17). 

Gli  Anfidl  erano  di  Fimdi  come  si  ricava  da  Suet.  Cai.  23:  Liviam  Jtigmlam  proa- 
viam  Ulixem  stolatum  identidem  appellans,  ctium  ignoMlikitis  quadam  ad  senaium  epìstula 
arf/uere  ausus  est,  quasi  materno  avo  decurione  Fundano  ortam,  cum  puhlieis  mouumentis 
certum  sit  Aufidium  Lurconem  Itomae  honoribus  functmn. 


Magistrati  dall'  88  a.  C.  al  14  d.  G. 


175 


GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea 

6.  luLii  6i  C.  luLius     19.  Acilii  67;  33  suf. 
Caesar  59   (dici. 


49)48(dict.47)46; 
45;44(dict.45;44) 
luLius  Caesar  Au- 
GUSTus  43  suf.  33; 
31  ;  30;  29;  28;  27; 
26;  25;  24;  23;  5; 
2  a.  C,  0.  Caesar 
1  p.  C,  Germani- 
cus  12  p.  C. 

cens.  89  (Augu- 
STUs28;8;14p.C.). 
TiBERius  cens.  14. 


(Gli  Acilii  Aviolae  di- 
ventano patrici  sot- 
to Claudio  ;  i  Gla- 
briones  sotto  Tra- 
iano).^ 


Ilomines  novi 

6.  L.  Volcacius   Tullus 
66;  33.2 


7.  P.  Autronii    Paeti  * 
65;  33  suf. 

[quaesf.lb  18  Cic. 
prò  Sulla  18]. 


Ciò  ò  confermato  dal  noto  passo  di  Orazio  Sai.  I  5,  34  sqq.  Fuiulos  Aufidio  Lusco 
])raeiore  lihenter  linquimus  cet. 

Si  è  fatto  è  vero  notare  die  la  madre  di  Livia  nei  titoli  è  detta  Alfidia  non 
Aufidìa  V.  ad  es.  CIL.  II  1067  IX  3661.  Ma  è  forse  solo  questione  di  modo  di  pronun- 
ciare e  di  trascrivere.  Alfidia  sta  ad  Aiifidla  come  Alfideniis  sta  ad  Aufidenus.  Anche 
oggi  1'  antica  Aufidena  si  chiama  Alfedena. 

A  parte  ciò  la  forma  Aufidius  non  è  Intina  e  come  quella  di  Didius  è  di  carat- 
tere eabellico  ed  originario  delle  regioni  dell'Italia  centrale  apeuniuica  cfr.  Sciiulten 
in  Elio  III  (1903)  2  p.  264  sgg. 

Che  Aufidi  ah  antico  si  fossero  stabiliti  a  Roma  mostra  forse  il  passo  di  Plinio 
il.  h.  XXXV  14  .  .  .  .ut  L.  Manlio,  Q.  Fulvio  cos.  anno  Urbis  DLXXV  (179  a.  C.)  M. 
Aufidius  tutelae  Capiiolio  redempior  docuerit  patres  argenieos  esse  clupeos  qui  prò  aureis 
per  aliquot  iam  lustra  adsifjnahaìitur. 

'  Hbiter  m.  e. 

'  Sai  Volcacii  Tulli  v.  le  notizie  in  Prosop.  Imp.  Eom.  Ili  p.  474.  Il  nome  Vol- 
cacius ha  im' impronta  etnisca.  Il  gcntilicio  Volcacius  compare  a  Chiusi,  a  Perugia, 
a  Volsinii,  a  Iguvium,  ad  Hispellum  e  ad  Assisi  v.  Bcuulze  op.  cit.  p.  378.  Cfr.  C. 
Volcacius  har(uspex)  CIL.  I  1105.  È  stato  pensato  (v.  Eothstein  nella  sua  ediz.  di 
Properzio  (Berlin  1898)  p.  XI)  che  il  ricco  Tullus  a  cui  Properzio  di  Assisi  dedicò 
una  parte  dei  suoi  cauti,  sia  un  parente  del  console  Volcacius  del  33. 

*  Che  P.  Autronius  il  cònsole   designato   per   il   66,  il  ben  noto  Catilinario  fosse 


176  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea  Homines  novi 

8.  M.  Piipius  Piso  U)l. 

[praet.  sino  dal  183 
Liv.  XXXIX  45. 

aed.  dal  184  Liv. 
XXXIX  39]. 

9.  L.  Afranius  60. ^ 

[praet.  sino  dal  185]. 
{frlb.pleh.d-àì  197). 


persona  di  origine  non  molto  fine,  provano  le  parole  di  Cicerone  prò  Sulla  25,  71 
ove  in  mezzo  a  tante  altre  turpi  accuse,  sia  pure  esagerate,  accenna  pure  alla  grosso- 
lanità dei  suoi  modi  :  non  solnm  veì'his  uti  impì-ohi^simis  solHum  etse  scimns  verum  etiam 
pugnis  et  calcilus. 

Gli  Autronii  non  figurano  per  1'  innanzi  fra  i  magistrati  del  popolo  romano.  Tut- 
tavia hanno  parte  nella  storia  della  inxiauratio  dei  ludi  (Macrob.  I  11,  3).  Il  nome 
di  "AvTpav  Kopdx'.o;  figura  anche  nella  leggenda  della  origine  del  tempio  di  Diana 
Aventinense  Plut.  quaest.  Rom.  4. 

Non  è  dato  provare  la  data  del  monetario  di  questo  nome,  Grueber  Coins  I  p.  78. 

'  M.  Pupius  apparteneva  alla  illustre  gente  dei  Caìpurni  Pisones.  Fu  adottato  da 
M.  Pupius,  Cic.  ])ro  domo  13,  35.  I  Piipii  alla  loro  volta  erano  un'antica  gente  ple- 
bea di  origine  urbana  ricordata  già  dal  217  Liv.  XXII  33  (duovir  acd.  dedicandae). 

S'intende  quindi  come  Cicerone  j>ro  Piando  5,  12  lo  chiami  homo  nobilissimm. 

I  Pupii  accanto  ai  Siili  ed  agli  Aelii  avrebbero  dato  uno  dei  primi  questori  plebei 
nel  409,  posto  che  in  Livio  IV  54,  4  si  debba  leggere  P.  Pupius  come  generalmente 
dal  Pighio  in  qua  si  ammette,  in  luogo  di  p.  pipius  dato  dai  codici. 

Per  mia  parte  confesso  di  dubitare  di  questa  correzione  accolta  fra  gli  altri  dal 
Madvig  'i  dallo  Zingerle.  Il  codice   V  ha  C.  Appiua. 

'  Per  dirlo  con  le  parole  di  Plutarco  praec.  reip.  ger.  11  Afranio,  che  per  salire 
si  arrampicò  come  edera  su  Pompeio,  era  di  assai  umile  origine  (uàvu  laTCìivó;)  e  con 
ciò  si  conciliano  i  giudizi  poco  rispettosi  su  di  lui  divenuto  console  per  parte  di 
Cicerone  ad  Atl.  1  16,  12;   18,  5;  20,  5;  II  3,  l;  cfr.  Cass.  Dio  XXXVII  49. 

Da  im'  iscrizione  trovata  a  Costignano    fra  Ascoli  Piceno  e  Cupra  Marittima  L. 


Magistrati  dalVSS  a  C.  al  14  d.  C.  177 


GENTI  PATRIGIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 


(trib.pleb.  dsi\\39}.^ 


20.  M.    Antonius    63     10.  Gabinii  .58. 
(mag.  eq.  47)  44;  41; 
10. 

cens.  42. 

(Diventano  patrii:i 
al  tempo  di  Cesare).^ 

[praet.  82  Liv  ep. 
86]. 

21.  Domitii  54;  53:  40; 
32:  16. 

(Diventano  patri- 
zi, per  quel  che  sem- 
bra, al  tempo  di  Au- 
gusto).- 


Afr[a'nio  A.  f.  cos.  conscy'ip.  et  cloì]  col.  Vale'nt].  CIL.  I  n.  601  è  stato  pi?i  volte  ri- 
cavato elle  Afraaio  doveva  essere  Piceno  e  con  ciò  sempre  piìi  si  spiegherebbe  la 
straordinaria  fedeltà  di  lui  verso  Ponipeio  Magno.  La  stessa  ragione  spiega  l'attac- 
camento a  Pompeio  del  Piceno  Labieno  Caes.  h.  e.  I  15;  III  13;  cfr.  Sil.  Ital.  X  34. 
'  Heiter  p.  40. 

*  ID.  p.  48. 

*  L'origine  nmile  dei  Gaiiìiii  è  attestata  per  il  139  da  Cicerone  de  leg.  Ili  16, 
85;  sunt  enim  qnattuor  leges  taiellariae,  quaruvi  privia  de  magistratibus  viandandibus  :  ea 
est  Gabinia  lata  ab  hoviine  ignoto  et  sordido  cet.  Cfr.  Ep.  Liv.  fragni.  Oxyrh.  col. 
Vili  p.  143  Rossbach;  A.  Gabinius,  verna'e  nepos  legem  tulit  uf]  suffragium  per  ta'^bellam 
ferretur. 

Il  nome  stesso  della  gens  fa  pensare  all'origine  da  Gabii, 

Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  Ti  12 


178 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea 

7.  SuLPiciT  51:  5  a.     22.  Claudii  Marcelli  51; 
C.  suf.,  9  p.  C.  50;  49;  22. 

cens.  42.  (Diventano  patrici 

al   tempo    di    Augu- 
sto).' 

23.  Servilii  48;  41. 
cens.  55. 


Homines  novi 


11.  Q.  Fufius  Calenus 
47. 

{trib.pleh.  dal  154).2 


12.  P.  Vatlnius  47.3 

{trib.  pleb.  59). 

1 3.  Caninii  EebiU  45  suf. 
12  suf.* 


»  ID.  p.  52. 

*  11  eoguome  Calcnux  ludica  l'origine  da  Cales  nella  Campania. 

Un   C.  Fufius  Geminus  cous.  suf.  per  il  2  a.  C.  v.  in  Not.  d.  scavi  1906  p.  179. 

Con  un  Fufius  tribuno  della  plebe  va  probabilmente  connessa  la  ben  nota  lex 
Fufia  del  154.  I  passi  degli  antichi  e  le  opinioni  dei  moderni  v.  nell'  accurato  libro 
del  Rotondi  Leges  pubi.  pop.  Roin.  (Milano   1912)  p.  288  sg. 

*  L' avo  di  P.  Vatininis,  il  primo  che  sia  ricordato  di  tal  gente,  era  un  rusticus 
homo  della  prefettura  di  Reate,  Cic.  d.deor.  nat.  II  2,  6  III  5,  11  cfr.  Val.  Max.  I  8,  2. 
CiCBKOXE,  ad  es.  prò  Sextio  65  ad  Ait.  II  9,  2  e  Veixeio  II  69,  4  ne  parlano  eoa 
spregio.  A  noi  basti  qui  notare  che  Cicerone  in  Vatiii.  12,  29  lo  accusa  di  essersi 
fatto  ricco  a  danno  dello  Stato  :  ex  pauperrimo  dìves  factus. 

*  Caninio  Rebilo  che  chiese  ed  ottenne  il  consolato  per  pochissime  ore  sul  Unire 
del  45  (v.  ad  es.  Cic.  ad  fam.  VII  30.  Plin.  n.  h.  VII  181  ulteriori  passi  v.  in  MilN- 
ZKU  in  P.  W.  BE.  Ili  1478)  fu  uno  dei  legati  di  Cesare. 

Dal  titolo  CIL.  XIV  2622  (cfr.  2620  C.  Caelius  C.  f.  Bufus  C.  Caninius  C.  f.  Ee- 
iiliis  aiediles)  si  ricava  che  questa  gente  era  originaria  di  Tuscolo.  Tacito  anu.  XIII 
30  parla  della  grande  ricchezza  di  uno  di  essi. 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  U  d.  C. 


179 


GENTI  PATRICIE         Isobiltà  plebea 

8.  Fabii  45  suf.  11:     24.  C.  Trebonius  »    45 
10.  saf. 


Ilomines  novi 

[praet.  dal  171  Liv. 
XLII  28,  5]. 

Canina  Galli  37  ; 
10  suf. 

14.  C.  Vihìus  Pansa^  43. 

C.  Vibius  Postumus 
5  p.  C.  suf. 

A.  Vibius  Habitus 
8  p.  C.  suf. 


'  Noto  legato  di  Cesare  in  Gallia.  Uno  dei  congiurati  per  ucciderlo  ucciso  alla 
sua  volta  a  tradimento  da  Dolabella. 

Ignoriamo  se  C.  Trebonius  sia  un  discendente  dei  Trehonii,  che  figurano  come  trib. 
pleb.  dal  448,  401,  come  trii.  mil.  cous.pot.  del  383,  379  o  se  siano  una  stirpe  diversa. 

'  I  Vibii  sono  sparsi  e  diifusi  in  tutte  le  regioni  di  origine  sabellica  v.  gli  in- 
dici dei  voi.  CIL.  IX  e  X.  Sino  dal  III  secolo  troviamo  Vibii  ricordati  fra  i  Campani 
(Liv.  XXIII  6)  i  Peligni  (Liv.  XXV  14)  i  Brutti  (Liv.  XXVII  15)  sia  fra  persone 
di  nobile  stirpe  (ad  es.  fra  i  Brutti  Liv.  1.  e.)  sia  fra  artefici  (v.  ad  es.  i  figulini 
di  Teanum  Sidicinorum  v.  F.  Weege  Eine  oskisclie  Topferfamiìie  in  Banner  Jalirbuecher 
Hef.  118  (1909)  p.  275  sgg. 

Il  pili  antico  indizio  di  Vibii  a  Roma  è  dato  dal  padre  di  Vibio  Pausa  console 
nel  43,  che  era  un  proscritto  da  Siila  Cass.  Dio.  XLV  17.  Con  ciò  concordano  le 
monete  di  C.  Vibius  C.  f.  Pansa  e  di  C.  Vibius  C.  f.  C.  n.  Pausa  v.  Grueber  CoÌ7is  I 
p.  289  sgg.  509   sgg. 

Il  tipo  schiettamente  greco  di  alcune  delle  rappresentazioni  di  queste  monete 
(culto  di  Pan,  di  Cerere,  di  Liber)  ha  fatto  pensare  che  i  monetari  testé  indicati  de- 
rivassero da  una  regione  grecizzata  dell'  Italia  meridionale  (si  è  pensato  al  Bruzzio  v. 
Grueber  1.  e.)- 

D'altra  parte  il  titolo  di  Perugia  CIL.  XI  1994  Vel.  Vibius  Ar.  Pansa  Tro,  fa  pen- 
sare all'Etruria,  ove  in  altri  casi  comparisce  il  cognome  Pansa,  cfr.  Schulze  op.  cii.  p. 
242  n.  6;   Bull.  Com.  1899  p.  280. 

Una  terza  ipotesi  può  forse  suggerire  la  moneta  di   C.  Vibius  C.  f.  C.  n.  ossia  del 


180  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  del  Fasti 

GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Bomines  novi 

1 5.  Q.  Carrinas  ^  43  suf. 

[praet.  82  Oros  V 
21]. 

16.  A.  Hirtius  43  suf.^ 

17.  Pedlas  43  sufìtV 


nostro  console  (Grueber  I  p.   509  Babelon  II  p.  546)  ìu  cui  è  espresso   con   figure 
e  parole  il  culto  di  lovis  ])uer  di  Anxur. 

Il  console  del  43  trib.  pleb.  nel  51  è  personaggio  collegato  con  Cesare.  I  consoli 
suftetti  del  5  e  dcll'S  d.  C.  erano  fratelli,  v.  il  naateriale  in  Prosop.  Imp.  Boni.  ITI  p.  423. 

*  Le  sorti  del  questore  Carrinas  del  72  sono  congiunte  con  quelle  del  partito 
mariano;  quelle  del  console  del  43  con  Cesare  ed  Ottaviano  (v.  il  nateriale  in  MiiNZER 
PW.  RE.  III  1612. 

Il  geutilicio  Carrinas  è  da  Varrone  d.  l.  L.  Vili  84  messo  a  fianco  di  quelli  che 
come  Lesas,  Ufetias,  Maecenas,  Urbinas  traevano  origine  ab  loco  (cfr.  Hueuuek  in  Eph. 
Ep.  Il  p.  26  ScilULZE  op.  cit.  p.  530)  ma  manca  a  noi  modo  determinare  quale  sia  la 
località  che  dette  origine  al  gentilicio  Carrinas.  Un  Carrìniuvi  era  nella  Spagna  Citerione 
Plin.  n.  li.  II  231.  Ma  è  spontaneo  il  pensiero  che  i  nostri  Carrinatcs  derivino  da  una 
località  dell'Italia  centrale. 

*  A.  Hirtius,  il  console  cesariano,  è  figura  troppo  nota  per  discorrerne.  Forse  (come 
il  Borghesi  già  vide  e  senza  ragione,  credo,  dubita  il  Mommseu)  egli  discendeva  da 
A.  Hirtius  che  nell'età  Sillaua  presiedeva  al  suo  comune  di  Fereutiuum  degli  Ernici 
CIL.  X  5837-5840. 

'  Quanto  è  nota  la  figura  di  Pedio  figlio  di  una  sorella  di  Cesare  imparentato 
con  i  Vaha-ii  Massimi,  .autore  della  Icx  Pedia  contro  gli  uccisori  di  Cesare,  altrettanto 
ò  ignota  la  patria  originaria  di  tal  gente. 

Titoli  appartenenti  ai  Pedii  sono  stati  rinvenuti  fra  i  Peligni  (ad  Interpromium  CÌL. 
IX  3044)  e  nell'agro  latino,  a  Marco  Simone  CIL.  XIV  394,  3995  fra  Roma  e  Tibur. 

Il  nome  Pedius  farebbe  pensare  a  Pedum,  località  latina  ricordato  più  volte  negli 
annali  romani  o  che  sappiamo  essere  esistita  fra  Roma,  Tivoli  e  Preneste.  Liv.  VII 
12;  VIII  12,  4;  cfr.  II  39. 


Magistrati  daH'SS  a.  C.  al  14  d.  C.  181 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 

18.  P.  Ventidius  Bassus 
43  suf.i 


19.  Manata  Plancii  42 
a.  C.  13  p.  C.2 

cens.  22. 

(trib.  pleb.  52). 

20.  Asinii  40  ;  8. 

(Diventano  patricii, 
a  quanto  pare,  al  tem- 
po di  Augusto).^ 


*  La  storia  di  P.  Ventidio  Basso  Piceno,  che,  fanciulletto,  sul  seno  della  madre  fu 
menato  in  trionfo  davanti  al  carro  di  Pompeio  Strabone  padre  del  Magno,  clie  passò 
la  gioventù  poveramente  e  che  di  mulattiere,  grazie  all'  amicizia  di  Cesare  poi  di 
M.  Antonio  diventò  pontefice,  console,  trionfatore  dei  Parti,  è  troppo  nota  perchè  oc- 
corra ricordarla.  V.  ad  es.  Cic.  apud  Plin.  h.  h.  VII  43  e  ad  fam.  X  18,  3.  Gell. 
«.  ^.  XV  4.  Cass.  Dio  XLIII  51. 

°  I  Munatii  Piatici  derivavano  da  Tibur  secondo  ACRONR  ad  Sorai,  carni.  I  7. 
Cfr.  CIL.  XIV  3678  e  Drumaxx-Gkoebe  IV  p.  320. 

Il  primo  Munatius  ricordato  nelle  memorie  romane  è  C.  Mtmatius  che  nel  173  fu 
uno  dei  decemviri  incaricato  di  assegnare  l'agro  preso  in  guerra  sui  Liguri  e  Galli 
Liv.  XLTI  4. 

*  Gli  Asinii  erano  originari  di  Teaie  Marrucinorum  Cat.  12,  1.  Lasciando  da  parte 
quell*  Herius  che  avrebbe  combattuto  a  Zama  Sil.  Ital.  XVII  452,  va  ricordato  Herim 
Asinius  pretore  dei  Marrucini  nella  guerra  Sociale  Liv.  ep.  LXXIII  ad  a.  90.  Vell. 
II  16,  1.  App.  b.  e.  1  40. 

Circa  il  loro  patriciato  v.  Heiter  mem.  cit.  p.  45. 


182  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Homines  noci 

21.  Cornelii  Balbi  éO;  32 
suf.» 

22.  P.  Canidius  40  suf.^ 

23.  Calvisii  Sabini  39; 
4.3 

24.  Cocceii   Nervae   39 
suf.  36.4 

(I  Coccei  Nerva 
diventarono  patrici 
forse  sotto  Augusto). 


'  L.  Corueltus  Balbus,  come  è  noto,  era  Gaditiauo  ed  ottenne  da  Porapeio  Magno 
la  cittadinanza,  Cic.  prò  Balbo  2,  5  sqq.  Il  padre  nei  fasti  è  detto  Lue'ms.  Ciò  che  in- 
dica che  era  di  già  di  diritto  latino,  ovvero  che  divenne  cittadino  romano  insieme 
con  il  figlio. 

*  È  il  noto  generale  di  M.  Antonio  fatto  uccidere  da  Ottaviano  dopo  Azio,  v.  il 
materiale  in  Miìxzer  in  PW.  RE.  Ili  1475. 

Non  v' è  credo  memoria  di  un  Cauidio  prima  della  metà  del  I  secolo.  Il  suffisso 
idìiis  come  Fufidius,  Diclius  fa  credere  che  questa  gente  non  sia  propriamente  romana, 
ma  di  origine  sabeUica  (v.  s.  p.  171   s.  v,  Aufidii). 

^  C.  Calvisius  Sahinus  console  del  39,  padre  del  console  del  4,  noto  e  fedele  gene- 
rale cesariauo,  è  il  primo  della  sua  gens  che  sia  noto  nella  storia.  Lo  notizie  su  lui 
V.  in  MliNZER  PW.  RE.  Ili  1412.  Come  dice  il  loro  coguome,  erano  originari  dalla 
Sabina.  Una  dedica  alla  Pietas  di  C.  Calvisio  Sabino  console  (quello  del  39  o  del  26) 
è  stata  trovata  a  Spoleto  CIL.  XI  4772. 

*  V.  le  notizie  raccolte  da  GroaG  in  PW.  RE.  IV  col.  130  sg.  Patria  dei  Cocceri 
Nerrae  h  Xarnia,  v.  AuR.  ViCT.  12. 

Sul  loro  patriciato  v.  Hritru  p.  47. 


Magistrati  dell' 88  a.  G.  al  U  d.  G.  183 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Ilomines  novi 

25.  Alfeni  Vari  39  suf. 
2  p.  C.» 

26.  M.  Vipsanius  Agrip- 
pa 37;  28;  27. 

cens.  28. 

(Agrippa  fu  proba- 
bilmente fatto  patri- 
cio  da  Augusto).^ 

27.  Statillus  37  suf.,  26 
11  p.  C. 

(Gli  Statini  Tauri 
diveutano  patrici  sot- 
to Augusto).^ 

'  P.  Alfenus  Varus  antenato  (padre?)  del  console  del  2  p.  C.  è  il  celebre  giurista 
allievo  di  Sulpicio  Eufo.  Come  è  noto,  era  di  Cremona.  In  origine  era  stato  calzolaio 
(HORAT.  sat.  I  3,  130,  cfr.  Porph.  ad  l.)  e  fu  poi  protettore  di  Vergilio. 

'  Agrippa  non  8olo  era  homo  novus  (novitas  famiUae)  ma  ignohilis    loco,  Tac.  ann, 

I  3.  Cfr.  Sen.  contr.  II  4,  13  :  M.  Agrippae  non  defuerint  qui  ignoMUtatem  exproharent. 
Ivi  è  notato  fra  quelli  qui  non  nati  sunt  nohiles  sed  facfì. 

Sembra  naturale  supporre  cbe  divenuto  genero  di  Augusto  ancbe  Agrippa  sia 
divenuto  patri  ciò. 

*  M.  Statilius  Taiirus,  il  celebre  generale  di  Augusto,  apparteneva  ad  una  familia 
di  cui  la  novitas  è  espressamente  rilevata  al  pari  di  quella  di  Agrippa  Vell.  II  127. 

II  padre  che  solo  è  ricordato  nei  Fasti   era   già   stato,  per   quel  che  pare,  triumviro 
monetale.  V.  il  materiale  raccolto  in  Prosop.  Imp.  Boni.  Ili  p.  263  sgg. 

Il  gentilicio  Statilius  sì  trova  di  già  da  età  antica  fra  personaggi  cospicui  della 
Lucania,  v.  Val.  Max.  I  8,  6  Liv.  XXII  42  Front.  IV  7,  36.  Non  sembra  quindi 
casuale  che  a  Volceii  nella  Lucania  si  sia  trovato  il  titolo  dedicato  al  nostro  con- 
sole CIL.  X  n.  409. 


184 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 

28.  Gn.  Nerius  36  suf.2 

29.  L.  Corni fìcius  35.' 


25.  Sempronii  34; 

(Diventano,  pare, 
patrie!  al  tempo  di 
Cesare  o  di  Augusto).  * 


[  Q.  Cornificius  praet. 
poco  prima  del  65. 

{trih.  pleh.  69). 


*  Heiter  viem.  cii.  p.  51  eg. 

*  Poche  genti  ai  sono  così  ignote  come  la  Neria.  In  Cicerone  ad  Quint.  fratr. 
II  3,  5  ad  a.  56  a.  C.  si  legge:  a.  d.  IILI  Id.  Febr.  Sextius  ab  indice  Gn.  Nerio  Pupìnia 
de  amhitu  est  postulatus  et  eadem  die  a  quodam  P.  Tullio  de  vi.  Codesto  P.  Tullio  ivi  è 
contrapposto  come  persona  ignota  a  Gn.  Nerius. 

Noi  ignoriamo  se  codesto  Gn.  Nerius  sia  la  stessa  persona  che  figura  come  que- 
store urbano  in  monete  dei  consoli  L.  Cornelio  Lentulo  e  C.  Claudio  Marcello  49. 
Babelon  li  254,  Grueber  Coins  I  p.  204.  Infatti  la  leggenda  non  dà  il  prenome 
ma  solo  :  NERI  •  Q  •  VRB  (in  alcune  monete  manca  VRB). 

Il  console  Gn.  Nerius  è  accolto  nei  Fasti  in  base  ad  un  frammento  di  tegola  vel- 
leiate  conservato  a  Parma  CIL.  I  n.  797  ove  si  legge  CN  •  NE  e  per  il  fatto  che  nella 
tavola  Biondiana  CIL.  V  p.  65  cfr.  ib.  Heszen  et  Hììlsex  ad  p,  38  col.  2  in  fine 
si  veggono  traccie  di  NE. 

Quanto  poi  si  legge  nel  Babelon  1.  e.  cfr.  I  p.  350  ;  425  e  nel  Grueber,  che  da 
Ini  dipende,  sulle  vicende  del  questore  Neriìis  pompeiano  fuggito  in  Egitto  dove  fu 
arrestato  ed  ucciso,  è  frutto  di  errore.  In  Caes.  &.  e.  Ili  104  in  Val.  Max.  I  8,  9  ed 
in  Plut.  Pomp.  80  non  si  fa  menzione  alcuna  di  uu  Nerio.  Vi  si  parla  invece  del 
coDSole  Cornelio  Lentulo,  di  cui  Nerio  fu  questore.  Codesto  errore  è  jrare  accolto  dal 
SOBECK  Die  Qaaestoren  der  roem.  repuhlik  (Trebnitz   1909)  p.  64. 

Rilevo  questo  fatto  perchè  non  è  isolato.  La  storia  dei  magistrati  monetali  che 
ci  è  data  da  migliori  numismatici  formicola  di  errori  di  questo  genere  e  va  intera- 
mente rifatta. 

Individui  della  gens  Neria  sono  raramente  ricordati  qua  e  là  nell'  Italia  centrale  e 
meridionale,  v.  gli  indici  ad  CIL.  IX. 

*  L.  Cornificius  console  nel  35  e  Q.  Cornificius  questore  nel  48  (Hoelzt  fasti  quaest. 
p.  86)  sono  noti  cesariani.  V.  su  essi  Dkuman'x-Groebe  II  p.  531   sgg.   Q.  Cornificio 


Magistrati  dalV  88  a.  C.  al  li  d.  C.  185 

GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea  Homlnes  novi 

30.  C.  Memmìus  34  suf.* 

[praet.  prima  del  172] 
{trih.pìeì).  à?iUU^. 

Sl.Herennii  34  suf.  F 

26.  Flavii  33  siif.  P'  ^-  '^^• 

{trlb.pìeh.dRÌVSOy 


tribuno  della  plebe  nel  69  pretore  prima  del  65  fu  il  primo  dei  suoi  a  conseguire 
onori.  Era  quindi  homo  novtis,  Asc.  ad  tog.  cand.  p.  73.  Cfr.  Cic.  ad  Att.  I  1. 

L'origine  assai  modesta  del  Cornificii  è  dimostrata  d'altra  parte  dal  fatto  che  il 
console  del  35  restaurò  per  invito  di  Augusto  il  tempio  di  Diana  Arentinense  Subt. 
Aug.  29.  Nella  Forma  Urbis  CIL.  VI  29844,  2  nel  disegno  del  tempio  si  legge  Corni- 
fica Cir.  n.  4305.  Ora  ciò  non  sta  solo  in  rapporto  con  il  nome  del  restauratore  ma 
con  il  fatto  che  le  corna  dei  cervi  ed  il  nome  stesso  dei  cervi  o  schiavi  fuggitivi 
(v.  Fest.  servorum  dies  p.  343  M)  erano  in  rapporto  con  Diana  Aventiuense,  come  mo- 
stra la  leggenda  di  C/jjms  Genucius  Areiitinensis  diventato  cornuto  e  la  testa  di  cervo  che 
ornava  la  porta  Eaudusculana,  Val.  Max.  V  6,  4.  Plix.  «.  /(.  XI  123. 

In  altri  termini  è  probabile  che  L.  Coruificio  traesse  il  nome  gentilicio  dagli 
umili  protetti  di  Diana  Aventinense  di  cui  restaurò  il  tempio. 

'  I  Memmii  a  partire  dal  111  sono  noti  per  aver  dato  tribuni  della  plebe  assai 
ostili  alla  nobilita  (v.  ad  es.  per  quello  del  111  nohilHati  infestis8Ìmus  Sall.  lug.  27;  30 
per  quello  del  66  Plut.  Lue.  37  (ciò  però  per  ragioni  intime  v.  Cic.  ad  Att.  I  18,  3); 
per  quello  del  54  Cic.  ad  Att.  IV  17,  2  ad  Q.  Fratr.  III  2,  3). 

Ciò  nondimeno  i  Memmii  appartenevano  ad  una  vecchia  gente  plebea  romana, 
la  quale  prima  ancora  del  172  a.  C.  v.  Liv.  XLII  9,  8  cfr.  Maxis  mem.  cit.  p.  51 
aveva  conseguita  la  pretura.  I  buoni  rapporti  di  uno  di  essi,  C.  Memmio  con  Siila 
di  cui  sposò  la  figlia  (Ascox.  in  Scaur.  p.  25  K.  S)  collimano  con  le  monete  in  cui  è 
rappresentato  quello  stesso  culto  di  Venere  con  cui  anche  Siila  si  ricounetteva,  v.  le 
figure  in  Babelox  I  p.  212  sgg. 

È  noto  come  con  tal  culto  si  colleghi  la  dedica  del  poema  di  Lucrezio  ad  un 
Memmio  v.  Marx  Ueber  die  Venus  dea  Lucrez  in  Bonner  StiuUen  in  onore  di  R.  Kekule 
(Berlin  1890)  p.  114  nei  N.  Jahrbuecher  1899  p.  537. 

Poiché  l'origine  troiana  dei  Memmii  è  celebrata  anche  da  Vergilio  V  117,  cfr. 
Sbrv.  ad  l.,  ciò  accenna  forse  a  transazioni  intervenute  anche  col  partito  cesariano. 

*  Nei  Fasti  il  console  Buffetto  del  1  p.  C.  è  detto  M.  Herennius  M.  f.  M.  n.  Picens 


186  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 

32.  Fonteii  33  sufF.  12i 
p.C. 

[31.  Foìiteiiis praet. 
75  Cic.  prò  Fonteio 
14,  32. 

praet.  fino  dal  178 
Liv.  XL  59,  5]. 

33.  L.  Vinicius  33  suf.^* 
5  a.  C.  suf.  :  2  p.  C. 

31.  Q.  Laronius  33  suff.^ 

35.  a  Sosius  32.-^ 


cfr.  CIL.  XI  3797.  Ignoriamo  se  codesti  Rerennii  fossero  o  no  discendenti  dal  console 
del  93,  V.  s.  p.  168. 

'  I  Fonteii  erano  di  Tuscolo  e  vantavano  una  generis  antiquitas  incisa  in  vionìi- 
moitis  rerum  gestarum  Cic.  i)ro  Font.  18,  41. 

*  I  Finucii  o  Vinicii,  stando  a  Tacito  ann.  VI  15  erano  un  oppidannm  genus  C'a- 
libus  ortum.  I  loro  buoni  rapporti  con  Augusto  ed  Agrippa  sono  noti  v.  Vell.  II  96 
101;  103;  113;   130.  Cfr.  Prosop.  Imp.  Boni.  Ili  p.  435  sg. 

'  È  un  noto  generale  d'Ottaviano  (v.  il  materiale  in  Proso]).  Imp.  Eom.  Ili  p.  265, 
ma  è  l'unico  personaggio  storico  di  tal  nome.  Si  può  sospettare,  ma  senza  argomenti 
sufficienti,  che  sia  una  gens  originaria  dal  Bruzzio  v.  CIL.  X  8041,  18  cfr.  49. 

*  C.  Sosius  o  Sossius  è  noto  amico  di  Pompeio  poi  di  M.  Antonio,  trionfatore 
sugli  ludaei  (v.  il  materiale  in  Prosop.  Imp.  Boni.  Ili  p.  253).  Ignoriamo  se  fosse  o  no 
discendente  da  quel  Q.  Sosius  splendidus  eques  Bomanus  ex  Piceno  clie  durante  la  guerra 
sociale  incendiò  il  tabularium.  Cic.  de  deor.  nal.  Ili  30,  74. 

Il  gentilicio  Sossius  è  relativamente  raro.  Lo  troviamo  ad  es.  iu  regione  sanni- 
tica  a  Telesia.  CIL.  IX  2303. 


Magistrati  dall' 88  a  C.  al  14  d.  C. 


187 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea 


Honiines  novi 

(C.  Sositis  praet.  49 

dead  Att.YlU  6,1. 

C.    Sosius    quaest. 

66  Cic.   ib.  cfr.  So- 

beck  p.  48). 

36.  M.  Titius  .31  suf.2 

(trib.  pleb.  dal  492 
e  99,  4.3). 


27.  Antistii   30  suf.  6.     37.  L.  Saenius  30  suf.» 

[praet.  68  Veli.  II 
43,  4]. 

{trib.  pleb.  dal  422; 
420;  319). 

(Gli  Antistii  Vete- 
res  diventano  forse 
patrici  sotto  Augu- 
sto). ^ 

28.Apuleii  29;  20  a.  C. 
14  p.  C. 


'  Heiter  mem.  cit.  p.  41. 

*  Personaggio,  noto  per  il  passaggio  dal  partito  di  Pompeio  a  quello  di  An- 
tonio, infine  di  Cesare  (v.  il  materiale  in  Prosop.  Imp.  Rom.  Ili  p.  328).  Sappiamo  che 
Munatio  Plance  era  suo  avunculus  Vell.  II  83. 

'  Forse  figlio  di  L.  Saenius  senaior  Sall.  Cat.  30.  Su  lui  Prosop.  Imp.  Rovi.  Ili 
p.  156.  A  giudicare  dal  nome  parrebbe  di  origine  etrusca  cfr.  Schulzb  op.  cit.  p.  93. 


188 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea 

(Gli  Apulei  diven- 
tano affini  di  Augu- 
sto e  quindi  proba- 
bilmente patrici).^ 

(L.  Apuleius  Sa- 
lonibus  praet.  Schol. 
Bob.  arg.  prò  Piando 
p.  253  0). 

29.  L.  Sestius  23  suf. 

(I  Sestii  diventano 
patrici  forse  sotto 
Traiano).  2 


Honiines  novi 


38.  Arruntii  22  a.  C.  6 
p.  C.3 

d^^.  M.  Lollius  21.-^ 


'  Heiter  p.  42. 

*  Heiter  p.  63. 

'  Sugli  Arruntii  v.  P.  von  Kohden  in  PW.  UE.  II  p.  1261  sgg.  Il  loro  uorne 
gentilizio  fa  pensare  ad  origine  etrusca.  Cfr.  Schulze  op.  cit.  p.  263. 

*  Su  M.  Lollius,  perfido  uomo  dato  da  Augusto  come  moderatore  a  C.  Cesare,  v.  il 
materiale  in  Dessau  Pì'os.  Imp.  Bom.  II  p.  295. 

Dei  LoLLii  si  trovano  traccie  in  varie  regioni.  Un  Lollius  sannita  è  già  ricordato 
da  ZoNAR.  Vili  7  ad  a.  266. 

Di  M.  Lollius  Palicanus  tribuno  del  71  a.  C.  ci  è  detto  fosse  ìuimili  loco  Picens. 
Sall.  hist.  IV  fr.  42*  Maur. 

Finalmente  titoli  dell'età  sillana  di  Ftrentinum  degli  Eruici  ricordano  come  fa- 
miglia precipua  del  luogo  M.  Lollius,  in  cui  di  già  il  Borghesi  vide  un  antenato  del 
nostro  console.  Cfr.  CIL.  X  5837-5840. 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  li  ci.  C.  189 


GENTI  PATEICIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 

[M.  Lollius  quaest. 
65  Plut.  Cat.  Minor. 
16]. 

{trìb.  pleh.  71). 

40.  sua  20  a.  C.  3  p.  C. 
suf.  13  p.  C. 

[quaest.  sino  dal  409]. 
{trih.  pleh.  dal  204). 

(I  Silii  diventano 
patrici  sotto  Augu- 
sto).^ 

41.  Sentii  Saturnini  19 
a.  C.  4  p.  C.  suf.2 

[C.  Sentius  praet. 
89  Oros.  V  18]. 


'  Lo  stemma  dei  Siìii  v.  iu  Prosop.  Imp.  Rom.  Ili  p.  246. 

Si  tratta  di  uu'  antichissima  gente  plebea  che  si  vantava  aver  dato  a  Roma  uno 
dei  primi  questori  plebei  Liv.  IV  54,  3  ad  a.  409  a.  C.  Con  i  Silii  della  repubblica  è 
connessa  la  lex  Silia  sulla  legis  actio  per  condktionem  ove  si  trattasse  certae  pecnniae 
Gaius  IV  19  e  l'altra  de  ponderihus  Fbst.  s.  v.  publica  pondera  p.  247  M.  La  data  delle 
due  leggi  è  ignota. 

*  La  patria  dei  Sentii  Saturnini,  come  già  vide  il  Borghesi,  è  Atina.  Ciò  mostra 
Cicerone  prò  Piando  8,  19  ove  parla  del  padre  di  Gn.  Saturnino  edile  e  pretore  ; 
primus  non  modo  in  eam  familiam  sed  etiam  in  praefecturam  Ulani  (cioè  di  Atina)  sellam 
curulem  attulìsset  cfr.  CIL.  VI  2722.  Sui  tre  Sentii  Saturnini  consoli  v.  Prosop.  Imp, 
Rom.  III  p.  199  sg. 


190  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE        Nobiltà  plebea  Homines  novi 

42.  Q.  Lucrefius    Ve- 
spillo  ^  1 9. 

[praet.  sino  dal  172]. 
(trib.pleh.  dal  210). 

43.  a  Furnius  17. 

(tì'ib.  pleb.  dal  445; 
50).2 

44.  L.  Tarius  16  siif.' 

30.  livii  15.  45.  P.  Sulpicius  Quiri- 

nus^  12. 


*  Antica  famiglia  plebea  urbana.  Il  cognome  Vessillo  venne  dato  all'edile  del  133 
che  gettò  nel  Tevese  il  cadavere  di  Tiberio  Gracco,  Auct.  de  rir.  ili.  64,  7. 

Sul  console  del  19  Prosogr.  Imp.  Bom.  II  p.  305  sg. 

'  Il  console  Furnio,  vincitore  dei  Cantabri  quale  legato  di  Augusto,  è  figlio  del 
tribuno  della  plebe  noto  fautore  prima  di  Pompeio  poi  di  M.  Antonio.  Per  il  mate- 
riale MiiNZBR  in  PW.  BE.  VII  col.  375  sg.  Niccolini  Fasti  trih.  plei.  p.  498. 

Il  tribuno  della  plebe  del  445  noto  a  Dionisio  XI  53  è  sospetto  non  già  perchè 
non  è  ricordato  da  Livio,  il  quale  in  fondo  abbrevia  quelle  indicazioni  di  questo  ge- 
nere che  Dionisio  porge  piìi  diffusamente,  ma  perchè  tutti  i  fasti  dei  tribuni  del  V 
secolo  sono  sospetti. 

'  Cfr.  Plin.  n.  h.  XVIII  37;  L.  Tarius  Bufus  infima  natalium  hujj/iilitaie  con- 
sulatum  militari  industria  meritus.  Plinio  ib.  aggiunge  che  investì  nel  Piceno  le  enormi 
ricchezze  donategli  da  Augusto.  Cfr.  Sen.  de  clem.  I  15,  4. 

*  Sulpicio  Quirinio  dice  Tacito  ann.  Ili  23:  nihil  ad  veterem  et  patriciam  Sulpi- 
ciorum  fuiniliam  pertimtit,  ortus  apud  municipium  Lanuvium,  sed  Impiger  militiae  et  acrihus 
ministeriis  consulatum  suh  divo  Augusto,  mox  expugnatis  super  Cilicìaui  Homonadensium 
castelli!^,  insignia  triumphi  adepius.  Cfr.  Ili  23,  ove  si  dice  che  era  dives  ma  di  olsuris- 
sima  domus. 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  14  d.  C. 


191 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 

'.).  P.  QuiNCTiLius  13.  46.  G.  Valgius    12  suf.^ 

10.  T.  QuiNCTius  9  a.     31.  Aelii.  47.  Volusii  Saturnini  ^ 

C.  2  p.  C.  suf.  (Q.  Tubero)  11.  12  suf.  3  p.  C.  suf. 

(L.  Lamia)  3  p.  C. 

{S.  Catus)  4  p.  C.       48.  C.  Clodius  Licinus  4 

p.  C.  suf.3 

32.  D.  Laelius  6. 

49.  L.  Passienus  Rufus 

33.  Fabricius  2  suf.  4.* 


34.  M.  Plautius  2. 


(In  tarda  età  i  Pas- 
sarli diventano  pa- 
trici).^ 


^  È  il  noto  grammatico  e  poeta.  Un  Valgius  suocero  del  tribuno  della  plebe  Ser- 
vilio  Rullo  interessato  nei  beni  dati  da  Siila  ai  veterani  v.  in  Cic.  de  leg.  agr.  Ili  1,  3. 

"  Sul  console  Buffetto  del  12,  padre  del  console  suffetto  del  3  p.  C,  Tacito  ann. 
Ili  30  ad  a.  20  p.  C.  dice:  Volusio  vetus  familia  ncque  tameti  praeturam  egressa  :  ipse 
consulatum  intulit,  censoria  etiam  potestate  legendis  equitum  decuriis  funetus  opumque,  qui» 
domus  Illa  inmensum  viguìt,  primus  adcumulator. 

'  È  il  comularis  historicus  ricordato  da  Suet.  de  grammat.  20.  Sn  lui  v.  Cicho- 
Kius  in  PW.  RE.  IV  col.  77  sgg. 

Nulla  sappiamo  sulle  sue  aderenze  gi'utilicie  e  sulla  sua  carriera  politica. 

■•  Sui  Passieni  RuH  v.  Pros.  Imp.  Boni.  Ili  p.  14  sg.  Il  padre  del  console  del  4 
fu  il  primo  oratore  del  suo  tempo;  il  cousole  fu  salutato  imperntor  iu  Africa  ed  ebbe 
gli  ornamenti  trionfali. 

Il  nome  Passienus  si  incontra  spesso  in  Etruria  v.  Schulze  op.  cit.  p.  213.  Cfr.  per 
Spoleto  Nat.  d.  Scavi  1900  p.  137.  Il  figlio  del  cousole  del  4  celebre  per  le  sue  ric- 
chezze e  per  la  sua  avarizia  vittima  di  Agrippina,  è  detto  municeps  Viselliensis.  Non 
so  se  vi  sia  corruzione  di  testo  e  se  tale  forma  non  vada  riconnessa  con  Viseatum  o 
Visentia  sulle  rive  del  lago  di  Bolsena,  donde  sono  pure  derivate  le  forme  Fisens, 
Visentlnus  CIL.  XI  p.  444. 

°  Cfr.  Heitbii  p.  19. 


192 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  (hi  Fasti 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea 


Homines  novi 

50.  C.  Ateius  Capito  5 
p.  C.  siif.i 

(trib.  pleh.  55). 

51.  Nonhis  Asprenas  6 
p.  C.  suf. 

Nonius  Quinctilia- 
nus  8  p.  C.2 

[praet  81    Welir- 
mann  p.  31]. 


ll.M.FuRiusSp.O. 


52.  L.  Apronius  8  p.  C. 

Suf.3 


È  il  celebre  giurista  rivale  di  Antiatio  Labeone  avo  centurione  Suìlano,  patre 
praetoì-io  Tac.  ann.  Ili  75. 

Di  uà  Ateius  che  primo  salì  le  mura  di  Atene  al  tempo  di  Siila  parla  Plutarco 
Syll.  14. 

Il  nome  Ateius  ha  carattere  etrusco,  Schulze  op.  cU.  p.  347  e  può  quindi  ben  darsi 
che  l' inscrizione  di  L.  Ateius  M.  f.  Capito  duoviro  a  Castrum  Novum  dell' Etruria  CIL. 
X  3583  cfr.  3584  indichi  non  solo  un  antenato  ma  anche  la  patria  originaria  di  que- 
sta gente. 

I  noni  non  appariscono  a  Roma  prima  dell'  età  Sillana,  v.  le  monete  che  ricor- 
dano Nonius  Sufenas  pretore,  Gruebek  Coins  I  p.  470  (cfr.  anche  il  Nonius  fatto  ucci- 
dere da  Saturnino,  sebbene  in  luogo  di  Notiius  dato  ad  es.  da  Plutarco  Mar.  29  altri 
come  Liv.  ep.  LXIX  Val.  Max.  IX  7,  3  abbiano  Nunnius). 

Tanto  i  Nonnii  Asprenates  quanto  i  Suffenates  per  la  forma  dei  loro  cognomi  fareb- 
bero pensare  alla  Etruria  od  all'Umbria  come  a  patiia  originaria.  Cfr.  Schulze  op.  cit. 
p.  186;  530. 

I  Tnbulani  Suffenates  erano  un  popolo  dell'Umbria  Plix.  n.lt.  III  107. 

II  titolo  CIL.  IX  4855  accennerebbe  poi  all'origine  sabina  dei  Nonii  Quinctiliani. 
'  Gli  Apronii  sono  noti  dal  III  secolo.  Dubbio  è  il  valore  della  notizia  9n\V  Apronius 

tribuno  della  plebe  sino  dal  tempo  dei  decemviri  Liv.  Ili  54,  13. 

Sul  console  suiìetto  dell'  8  p.  C,  noto  generale  augusteo,  v.  il  materiale  raccolto 
dal  Klebs  in  Prosop.  Imp.  Boni.  I  p.  120, 


MagistraH  dall' 8S  a.  C.  al  14  d.  C.  193 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 

[aed.  prima  del  266 
Val.  Max.  VI  6,  5]. 
(trib.  pleb.  449). 

53.  C.  Poppaeus  Sahi- 
ntis  9  p.  C. 

Q.  Poppaeus  Secun- 
dus  9  p.  C.  suf.^ 

(I  Poppei  Sabini  si 
imparentano  con  Ne- 
rone). 

54.  M.  Papius  Mutilus 
9  p.  C.  suf.2 

(trib.  pleb.  253;  65). 


'  Tac.  ann.  VI  39  fine  anni  (25  p.  C.)  Poppaeus  SaMnus  concessit  vita,  modicus  ori- 
ginis,  i^yincipum  aviicitla  consulaium  ae  triumpltaìe  decus  adeptus. 

Q.  Poppaeus  Secundus  è  fratello  del  cousole  onl.  dell'  8  p.  C. 

Un  titolo  della  fine  della  repubblica  di  Interamnia  Praeiuttiorum  (Teramo)  ricorda 
Q.  e  C.  POPPAEEI  patroni  del  municipio  e  della  colonia  CIL.  IX  5074-5075.  Cfr.  Noi. 
^.  scavi  1893  p.  353. 

Alla  forma  Poppaeus  fra  i  Sabini  corrisponde  quella  di  Pojipedius  fra  i  Marai.  Si 
pensi  al  nome  del  duce  di  questo  popolo  al  tempo  della  guerra  Sociale,  Flor.  II  6. 

*  Papio  Mutilo,  noto  sopratutto  per  essere  autore  con  il  collega  Poppeo  Sabino 
delle  legge  contro  i  celibi  (v,  ad  es.  Tac.  ann.  Ili  25),  è  evidentemente  un  tardo  discen- 
dente di  Papio  Mutilo,  il  celebre  duce  degli  Italici  nella  guerra  sociale,  Vell.  Il  16 
App.  b.  ci  40;  42;  51,  il  quale,  come  si  ricava  da  Granio  Liciniano /ra^ni.  XXXVI 
p.  32  ed.  Flemisch  (cfr.  Liv.  ep.  LXXXIX)  si  uccise  a  Bovianum,  ove  abitava  la  moglie. 

Il  nome  del    m{eddix)  tniticns)  C{aius)  Paap[ius)  Mit{tius)  ovvero  Mit{tii  filius)  ai 

Pai»  Ricerche  tulla  ttoria  e  3ul  diritto  pubblico  di  Roma  II  13 


194  Intorno  alla  formaziont  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


GENTI  PATRICIE         Nobiltà  plebea  Homines  novi 


55.  C.  Visellius  Varrò 
12  p.  C.  suf.;  72.1 


trova  in  tegoloui  della  collezione  Chiovitti  di  Boiauo  {Borianuvi  Undecumanorum) 
editi  da  A.  Mainri  nelle  Notizie  degli  scari  1914  p.  480  sg. 

La  provenienza  però  di  questo  tegoloue  da  Castellone  presso  Botano  non  è  del 
tutto  sicura.  Il  Maiuri  la  ricava  da  quella  di  un  altra  tegola  con  leggenda  pur  san- 
nitica  che  il  Chiovitti  disse  al  Mouunsen  essere  stato  appunto  rinvenuta  in  tale  lo- 
calità . 

Un  tribuno  C.  Papius  è  l'autore  della  più.  nota  legge  de  peregrinis  (a.  65)  biasimata 
da  Cicerone  de  off.  Ili  11,  47.  Ma  difficilmente  una  legge  simile  fu  proposta  da 
un  discendente  del  celebre  duce  italico.  Sembra  quindi  piìi  ovvio  riconnettere  que- 
st'  ultimo  con  un  altro  ramo  della  gens  Papia.  I  Papii  esistevano  anche  a  Lanuvio,  come 
mostrano  i  culti  espressi  nelle  monete  di  magistrati  monetali,  v.  le  figure  in  Babelon 

11  p.  279  sgg. 

Alla  gens  Papia  apparteneva  pure  il  celebre  Milone  dittatore  a  Lanuvio,  che  di- 
venne per  adozione  uu  Annius  AscoN.  in  Mil.  p.  47  K. 

Ignoriamo  la  data  della  lex  Papia  sulla  soriitio  delle  Vestali,  Gell.  m.  A.  I  12  ; 

12  e  quelle  sugli  iara  patronorum  Gaius  III  42. 

*  Gente  che  compare  solo  con  l'età  sillana.  Il  tribuno  Viseìlius  è  connesso  con 
la  legge  di  tal  nome  sulla  cura  viarum  CIL.  1  n.  593  che  pare  si  debba  assegnare 
al  72  ZiEGLER  Fasti  trib.  pleb.  133-170  (Ulm  1903)  p.  22.  Codesto  Visollio  si  suole  iden- 
tificare con  il  parente  di  Cicerone  Brut.  76,  264. 

Sulla  carriera  militare  del  console  Buffetto  del  12  p.  C.  v.  Prosop.  Imp.  liom.  Ili 
p.  447. 

Il  C.  Visellius  Ruga  che  figura  nei  libri  moderni  come  /;(7;.  pleb.  del  494,  ossia 
nello  stesso  anno  in  cui  il  tribunato  della  plebe  fu  istituito,  non  è  mai  esistito.  Esso 
è  sorto  per  erronea  lettura  dei   testi  ;  v.   qui  oltre  1'  elenco  dei  tribuni  della  plebe. 


Magistrati  dairSS  a.  C.  al  U  à.  C. 


195 


All'elenco  dei  consoli  che  dal  88  vanno  al  U  d.  C. 
facciamo  ora  seguire  quello  dei  pretori  appartenenti  a  nuove 
genti  plebee,  che  non  raggiunsero  il  consolato  durante  la 
libera  repubblica. 

Dato  lo  scarso  materiale  di  cui  disponiamo  non  è  dav- 
vero il  caso  di  ristabilire  elenchi  anche  relativamente  com- 
pleti dei  pretori.  Basti  considerare  che  nel  solo  38  a.  C.  ne 
furono  creati  ben  sessantasette  (Cass.  Dio  XLVIII  43).  No- 
stro intendimento,  del  resto,  è  notare  il  fenomeno  nelle  linee 
generali,  non  già  porgere  i  Fasti  pretorii.^ 

Fra  il  90  e  44  a.  C. 

1.  P.  Sextilius  88,  Plut.  Mar.  40. 

Un  Sextilius  è  trib.  mil.  nel  379. 

2.  Q.  AncMrius  87,  Plut.  Mar.  43,  cfr.  Q.  Ancharius  nel  66 

CÌG.  prò  Sextio  53,  113.^ 

3.  Burrienus  83,  Cic.  prò  Quinctio  6,  24. 

4.  Q.  Sertorius  83,  App.  Ib.  101.  Plut.  Seri.  6. 

Quaest.  verso  il  62. 

5.  Fufidius  80,  Plut.  Seri.  12.^ 

'  Salto  naturalmente  tutti  quei  pretores  il  cui  nome  si  può  eventual- 
„.ente  ricongiungere  con  quello  di  antiche  genti  plebee  o  «be  possono  es- 
serne sia  pur  lontane  derivazioni  come  ad  es.  CaeUus  ^A  a.  iS  Y^i.U  UJS 
LlUs   Lcianus  ad  a.   CIL.  I  641.  i  vari   C..m,  ad  e..   Fosiunus   nel  62 

'"•Ì:;f  Iw^^r^engo  conto  in  generale  di  quelle  indicazioni  da  cui 
non  appaia  se  si  ricordi  un  gentilicio  sui  generis  di  un  pretore  ovvero  un 

'""^"«Tentilicio,  che  non  sembra  di  carattere  romano,  v.  i  dati  in  Schulzk 

^"  '^'llM  daTi"  su  lui  V.  apud  Muenzbr  in  PW.  RE.  XllI  col.  201. 
Di  FufHlii  si  trova  menzione  ad  es.  ad  Arpinum,  a  Salpinum,  v.  ib. 


196  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

6.  Q.  Calidius  79,  Plin.  XXIX  69. 

M.  Calidius  57,  Cic.  post.  red.  9,  22. 

7.  Sex.  Peducaeus,  poco  prima  del  76,  Cic.  in  Verr.lJl  93,  216. 

8.  [M.  luncus]  75-74,  Veli.  H  42.  ^ 

9.  M.  Caesius  75,  Cic.  in  Verr.  II  1,  50  130. 

10.  P.  Varinius  o  Varenus  Glaber  73,  Liv.  ep.  XCV  cfr.  Sali. 

kist.  fr.  Ili  96  Maur.  cfr.  Wehrmarii  op.  cit.  p.  42. 

11.  Rubrius  67,  Plut.  Caio.  Min.  9. 

12.  M.  Caesonius  verso  il  66,  Cic.  «fZ  ^^^.  11,1  cfr.  Hòlzl  p.  36. 

aed.  CUT.  69  Cic.  in  Verr.  I  13,  37. 

13.  M.  Atius  Balbus,  prima  del  59  Suet.  Aug.  4.' 

14.  C.  Attius  Celsus  a.  65,  Ascon.  in   Cornei,  p.  57  K.  S. 

15.  P.  Attius  Varus,  prima  del  52  Cic.  prò  Ligario  I  3  Hòlzl 

p.  70. 

16.  P.  OrcMus  a.  65,  Cic.  prò  Fiacco  32,  79;  31,  76  cfr.  Hòlzl 

p.  43. 

17.  C.  Pompfinus  a.  63,  Sali.  Cafil  45,  1;  Cic.  in  Catil.  HI  25. 

18.  L.  Roscius  Otho  a.  63,  Plut.  Cic.  13. 

L.  Roscius  Fabatus  a.  43,  Caes.  b.  ci  3.^ 

19.  Q.  Arrius,  prima  del  63  Plut.  Cic.  15  cfr.  Hòlzl  p.  44  sg. 

20.  M.  Petreius,  prima  del  63  Sali.  Cat.  59  Hòlzl  p.  45. 

21.  C.  Vergilius  a.  62,  Cic.  prò  Piando  40,  95  propincuo  di 

di  C.  Celio  Caldo  Cic.  ad  fam.  Il  19,  2. 

22.  Z.  Lucceius  prima  del  61,  Cass.  Dio  XXXVI  41  Hòlzl 

p.  29. 

23.  Q.  Voconius  Naso  prima  del  60,  Cic.  prò  Fiacco  21,  50 

Hòlzl  p.  51.1 

'  È  un  geutilicio  od  im  cognome?  V.  il  materiale  in  Schttlze  p.  295;  470. 
'  Nota  fainigliii  di  Aricia,  Angusto  era  nipote    per   parto  di  madre  di 
Atio  Balbo,  Suet.  1.  e.  Cfr.  Cic.  Phil.  Ili  6,  16;  ad  Ait.  II  12,  1. 

*  Stirpe  di  Lauuvio  v.  i  nummi  in  Babelox  II  p.  402. 

*  Da  Aricia  provenivano  i    Voconiì  Saxa.  Cic.  Pini.  Ili  6,  16. 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  là  d.  C.  197 

24.  T.  Vettius  a.  59,  Cic.  prò  Fiacco  34,  85. 

26.  T.  Ampius  Balbus  a.  57,  Cic.  ad.  fam.  I  3,  2. 

26.  C,  Septimius  a.  67,  Cic.  post.  red.  9,  23. 

27.  C.  Alfius  Flavus  praet.  a.  54,   Cic.  ad    Q.  fratr.    1,  7,  24 

Holzl  op.  cit.  p.  68. 

28.  A.  Plotius  a.  61,  Cic.  ad  Att.  V  15,  1. 

29.  C.  Considius  Longtis  a.  50,  Sch.  Gronov.  in  Ligar.  p.  414. 
M.  Considius  Nonianus,  Cic.  ad.  fam.  XVI  12,  3  cfr.  Hòlzl 

p.  73. 

30.  T.  Fiirfanius  Postumus  a.  60,  quaest.  61-60,  Cic.  ad  Att. 

Vn  15. 

31.  A.  Allienus  a.  49,  Cic.  ad  Att.  10,  16,  3. 

32.  C.  Coponms  a.  49,  Cic.  ad  Att.  18,  12,  4. 

33.  M.  Favonìus  48,  Veli.  II  53. ^ 

34.  Sallustius  Crispus  46,  Cass.  Dio  XLII  62  quaest.  66  o  66 

Pseud.  Cic.  in  Sali.  15. ^ 
36.  C.  Turranius  44,  Cic.  Phil.  Ili  10,  25. 
Cfr.  a  Toranius  43,  Oros.  VI  18. 
C.  Toranius  quaest.  73,  Sali.  hist.  IH  96  Maur. 

36.  M.  Vehilius  44,  Cic.  l.  e. 

37.  a  Cestius  44,  Cic.  l.  e. 

38.  M.  Cusinius  44,  Cic.  7.  e. 

39.  L.  Status  Murcus,  poco  prima  del  43  Veli.  Il  69,  7. 

Pretori  e  questori  incerti,  di  età  Cesariana: 

* 

1.  M.  Cispius,  praet.  non  prima  del  53  Hòlzl  p.  69  CIL.  1  n.  361. 

2.  P.  Pavus  Tubitanus?^  quaest.  2.°  secolo  Sobeck  p.  74. 


•  Originario  forse  da  Terracina  CIL.  X  6316. 

*  È  il  celebre  storico  nativo  di  Aniiternuni  nella  Sabina. 


198  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

3.  M.Ampudius,  qiiaest.  CIL.^  6082  Sobeck  p.  75  1.°  secolo.^ 

4.  Ce  L.  Cepasii,  quaest.  Cic.  Brut.  69,  2i2:  C.  L.  Caepasii 
fratres  fuerunt,  qui  multa  opera,  ignoti  ho mines  et  repen- 
tini, quaestores  celeriter  facti  sunt,  oppldano  quo- 
dam  et  incondito  genere  dicendi.  Sobeck  p.  76. 

5.  Q.  Caerellius,  CIL.  VI  1364;  legato  di  Antonio  triumviro. 

6.  Q.  Sanquinìus,  praet.  CIL.  I  640  fine  della  repubblica.' 

Non  è  possibile  ristabilire  l'elenco  dei  pretori  dalla  morte 
di  Cesare  (44)  ed  il  principio  del  governo  di  Augusto  (25). 
Sono  anni  per  questo,  come  per  tanti  altri  lati,  di  rivolu- 
zione e  di  anarchia. 3 

Nel  38,  come  abbiamo  già  sopra  notato,  si  crearono  ses- 
sentasette  pretori  (Cass.  Dio  XLVIII  43)  ;  due  anni  dopo 
non  si  potè  procedere  all'elezione  degli  edili  mancando  i 
candidati  (Cass.  Dio  XLIX  16). 

Notiamo  nondimeno  le  seguenti  gente.'?  del  tutto  nuove 
fra  i  pretori  di  codesto  tempo  : 

1.  M.  Barbatius  Philippus  dopo  il  41  Ulp.  in  Dìg.  I  14,  13. 

Suid.  s.  V.  Bag^dTioi;. 

2.  AseUius  sostituito  dal  figlio  33,  Cass.  Dio  XLIX  43. 

3.  P.  Paquius  Scaeva  fra  il  23-21,  CIL.  IX  2845. 

4.  M.  Egnaluleius  Rufus  20,  Veli.  II  91. 

5.  Q.  Crispinus  2,  Cass.  Dio  LV  10. 

6.  P.  Vitellius  prima  del  14  d.  C.  v.  i  passi  in  Levison  p.  18 

cfr.  Prosop.  Inip.  Pam.  Ili  p.  452  sq.  n.  252. 


'  Il  titolo  CIL.  X  6082  mostra  che  ora  di  Formiae.  Ciò  è  confermato 
dal  decreto  di  Gneo  Strabene  a  favore  dei  Cavalieri  Ispani  (v.  i  miei  Studi 
ttorioi  II  (1909)  p.  131  ove  si  menziona  un  altro  Q.  Ampiidius  Q.  f.  della 
tribù  Aemilia,  che  era  appunto  quella  di  Forniae. 

*  Il  nome  derivato  dal  dio  Saneus  ricompare  in  M.  Saiiquiniuii  monetiere 
dell'  età  augustea,  Guuebeu   Coins  II  p,  78. 

*  Cfr.  anche  Cass.  Dio  XLVIII  32. 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  U  d.  C.  199 

Fra  il  90  ed  il  M  abbiamo  infine  i  seguenti  plebei  che 
stando  agli  scarsi  dati  a  noi  pervenuti  raggiunsero  l'edilità 
curule  : 

1.  AL  Selus  a.  74  Plin.  n.  h.  XV  2  Cic.  de  off.  II  17,  58.  ^ 

2.  Gn.  Plancius  Cic.  prò  Piando  20,  49. 

I  seguenti   plebei  raggiunsero  infine  solo  la  questura:' 

1.  Q.  Bruttliis  Sceva  a.  88-87,  Gaebler  op.  cit.  apud  Sobeck 

p.  30  Bùlz  p.  22. 

2.  Hirtullius  a.  86  ad  85,  Cic.  prò  Fonteio  1  cfr.  Sobeck  p.  31. 

3.  L.  Fabius  Hispanensis  a.  81,  Babelon  I  p.  448. 

4.  C.  Urhinus  a.  74,  Sali.  hist.  II  70.3 

5.  T.  Vettius  a.  73,  Cic.  in  Verr.  V  114. 

6.  Caesetius  a.  72,  Cic.  in   Verr.  V  63. 

7.  P.  Septimiiis  fra  65-60,  Varr.  d.  l.  L.  VII  109  cfr.  Sobeck 

op.  cit.  p.  50. 

8.  L.  Fadius   Galliis  a.  63,  Cic.  post.  red.  in  sen.  21. 

9.  L.  Mescinius  Rufus  61-50,  Cic.  ad.  fam.  XIII  26,  1.* 


'  Un  T.  Seuis  figura  fra  gli  edili  della  plebe  poco  dopo  il  439  a.  C. 
Plin.  n.  h.  XVIII  16  accolto  auche  dal  Sbiuel  Fasti  aedUicii  (Breslau  1908) 
p.  6.  Io  sospetto  però  che  costui  sia  un  pseudo  antenato  dell'edile  del  74 
a.  C.  Sul  che  v.  oltre. 

*  Anche  in  questo  caso  non  noto  il  nome  di  quei  questori  che  come 
Visellius  a.  56  Vitruv.  II  89.  D.  Laelius  Balbus  {Inscr.  di  Cartagine  apud 
Sobeck  op.  cit.  71)  possono  considerarsi  come  derivati  da  gente  che  rag- 
giunsero il  consolato. 

'  Pare  si  tratti  di  gentilicio. 

*  Il  carattere,  diremo  così  di  parvenu,  di  questo  personaggio  risulta  in- 
direttamente dalle  monete  (v,  Babblon  II  p.  219  sg.).  Per  lui,  come  per 
altri  magistrati  monetali  di  quest'età,  mancano  accenni  a  culti  di  fami- 
glia od  altro  che  ricordi  i  vecchi  vanti  di  famiglia.  Vi  sono  invece  allu- 
sioni ad  Augusto  con  cui  riconnettono  la  loro  fortuna  politica. 

Fenomeno    analogo   si  riscontra   ad   esempio   nei    nummi  dei  monetali 


200  Intorno  alla  /orinazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

10.  T.  Ligarius  prima  del  49,  Cic.  prò  Lig.  35. 

11.  M.  Minatius  Sabinus  proquest.  45,  v.   le    monete  apud 

Sobeck  p.  68  sg. 

12.  Granius  Petro  46,  Plut.  Caes.  16. 

13.  L.  Egnatuleius  44,  Cic.  Phil.  JH  7. 

14.  D.  Turullius  44,  Cic.  ad  fam.  XII   13,  3. 

L'esame  dei  Fasti  dell'ultimo  periodo  della  libera  re- 
pubblica mostra  come  poche  genti  fra  i  patrici  abbiano 
raggiunto  di  quando  in  quando  il  consolato.  Solo  i  Cor- 
nelii  e  gli  lulii,  e  dopo  di  essi  gli  Aemilii,  riuscirono  a 
coprirlo  con  relativa  frequenza.  Ancbe  l' esame  dei  nomi  dei 
senatori  dell'  età  cesariana  rivela  sole  12  genti  patricie,  che 
si  riduce  a  circa   10  nella  successiva  età  augustea.^ 

In  poco  più  di  100  collegi,  ossia  per  poco  più  di  200 
consoli,  troviamo  circa  34  genti  della  nobiltà  plebea  e  circa  55 
homines  novi.  Corrisponderebbe  con  ciò  il  nome  delle  circa 
50  stirpi  plebee  a  noi  note,  interamente  nuove  che  raggiun- 


Carisii  (Babelon  I  p.  312  agg.)  di  L.  Caninius  GaUus  (ib.  I  p.  310  sgg.), 
di  L.  Viiìiciun  L.  f.  (ib.  p.  552  sg.),  di  P.  Lurius  Cib.  p.  154),  di  Sex  Xonius 
Quinctilianus  (ib.  II  p.  257)  e,  per  citare  ancora  nn  esempio  significativo, 
di  C.  Asinius  GaUus  (ib.  I  p.  221  sg.). 

'  Cfr.  P.  RiBBECiv  Senatores  Romani  quifuerhit  idibits  Martii»  anni  a.  U.c. 
710  (Ber(jliui  1909)  p.  80  sg.  esse  sono  le  seguenti: 

Aemilia  Furia  Postumia  Sulpicia 

Claudia  lulia  Quinctilia  Valeria 

Cornelia  Manlia  Sergia 

Non  conto  la  Servilia  perchè  Bruto  fu  adottato  dalla  Inula  ed  è  in- 
certo se  per  codesta  età  sia  da  ricordare  fra  i  senatori   un  Pinarius. 

Pochi  anni  dopo  non  compaiono  piìi  fra  i  senatori  dell'età  augustea 
Quinctilii  e  Sulpicii. 

Sui  senatori  dell'età  augustea  v.  il  materiale  raccolto  da  Fu.  Fischer 
Senatm  Bomanus  qui  fuerit  Augmii  temporibus  (Berlin  1908)  diss. 


Magistrati  dall' 8S  a.  C.  al  14  d.  C.  Conclusioni  201 

sero  la  pretura.  Numero  che  verrebbe  ad  essere  di  molto 
oltrepassato  ove  possedessimo  la  lista  di  tutti  i  pretori, 
edili  e  questori.  * 

Quanto  sia  stato  esteso  il  numero  di  tali  magistrati  rivela 
il  particolare,  già  riferito,  relativo  al  38  a.  C,  in  cui  vennero 
nominati  ben  sessantasette  pretori. ^  Varietà  ed  abbondanza 
non  richiesta  certo  dalle  sole  necessità  politiche  ed  ammi- 
nistrative, create  dalla  rivoluzione  e  dalla  pressione  sempre 
crescente  degli  homines  novi. 

In  breve,  nell'  età  che  da  Siila  va  ad  Augusto  la  vecchia 
società  B-omana  venne  ad  essere  interamente  trasformata. 
Buona  parte  delle  vecchie  famiglie  patricie  erano  di  già 
scomparse  e  quelle  della  nobiltà  plebea  erano  perite  per 
opera  delle  proscrizioni  e  delle  guerre  civili  ;  dei  loro  beni 
si  erano  impadroniti  gli  accoliti  dei  partiti  trionfanti.^  Si 
determinava  quella  situazione  che  nella  storia  si  è  verificata 
così  di  frequente  in  tempi  antichi  e  moderni,  di  cui  1'  esem- 
pio più  recente  e  di  cui  ne  serbiamo  più  vivo  il  ricordo, 
è  la  Rivoluzione  Francese  dell'  89.  Trionfano  i  parvenus 
reclutati  tra  la  plebe  Romana  e  fra  i  municipes  d'Italia; 
trionfava  la  virtù  delle  armi  accanto  alla  potenza  pecunia- 
ria, perchè  Roma  era  e  rimase  uno  Stato  a  base  militare  e 
nello  stesso  tempo  plutocratica. 

*  V.  iu  seguito  allo  studio  presente  l'elenco  delle  l'aiuiglie  plebee,  che 
coprirono  il  tribunato  della  plebe. 

*  Cass.  Dio  XLVIII  43. 

'  Stando  a  Plutarco  Caes.  55  il  numero  dei  cittadini  roniaui  nel  46 
a.  C.  da  320  mila  sarebbe  disceso  a  150.  Nelle  guerre  civili,  a  parte  le 
perdite  di  nomini  avvenute  nelle  altre  regioni  d'Italia  e  nelle  provinole, 
sarebbero  aduuque  periti  170  mila  cittadini  (cfr.  Perioch.  Liv.  115).  Ma 
queste  notizie  riposano,  per  quel  che  sembra,  su  dati  mal  intesi,  che  si  ri- 
ferivano alla  limitazione  del  numero  di  coloro  a  cui  veniva  riservato  il 
diritto  di  fruire  delle  fruìnentatioiie.i.  cfr.  Drumann-Groebe  Geschkhte  Bomt 
III  p.  557. 


202  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Per  il  periodo  clie  da  Siila  va  ad  Augusto  non  è  più  il 
caso  di  discorrere  delle  sorti  del  patriciato.  Questo  era  vir- 
tualmente finito  sino  dal  172,  in  cui  Roma  vide  un  collegio 
di  due  consoli  plebei,  eppoi  negli  anni  susseguenti  in  cui  gli 
Aemilii  si  alleavano,  per  mezzo  di  matrimonio,  con  il  figlio 
di  Catone  Censorio  novum  efiam  Tuscuìo  urbis  inquilimim.'^ 

Tanto  più  il  patriciato  era  seppellito  al  tempo  di  Cesare 
quando  gli  lulii  provenienti  da  Alba,  discendenti  ne  più  né 
meno,  com'essi  vantavano,  da  Venere,  si  univano  non  sol- 
tanto con  i  plebei  Cornelii  Cinnae  ma  con  gli  Atii  di  Aricia 
e  non  avevano  difficoltà  di  allearsi  con  i  Cossutii  più  ricchi 
che  illustri.* 

Qualche  grande  casata  riuscì  a  mantenere  parte  almeno 
delle  avite  ricchezze  e  l' antico  prestigio.  Qualche  Cornelio, 
qualche  Emilio,  qualcuno  infine  dei  Fabii  e  dei  Valerii,  non 
foss'  altro  in  considerazione  del  nome  insigne,  riuscì  ad  eser- 
citare in  date    occasioni    funzioni    decorative,  così  come  in 


'  Vell.  II  128.  Cfr.  Ael.  e.  h.  XII  6.  Cfr.  Dkumann-Groebk  V  p.  161. 

La  prova  migliore  che  la  nobiltà  plebea  aveva  ormai  soverchiato  il 
patriciato  è  data  dal  fatto  ohe  nell'ultimo  secolo  della  repubblica  patrici 
come  lulio  Cesare  e  plebei  come  Catone  il  Minore  sono  equiparati  anche 
rispetto  alla  nobiltà  dei  natali  v.  Sall.  Cai.  54;  ei!<  genns  aetas  eloqitenlia 
prope  aequaUa  futre.  Sotto  la  comune  designazione  di  nobiles  da  Sallustio 
Cat.  17  sono  genericamente  indicati  tanto  patricii  come  i  Cornelii  quanto 
membri  della  nobiltà  plebea,  come  i  Calpurni  ed  i  Cassi,  che  favorirono 
Catilina. 

Qualunque  sia  stato  in  origine  il  significato  specifico  in  politica  del- 
l'aggettivo nohilis,  è  certo  che  continuò  sino  all'Impero  anche  per  indicare 
patricii;  v.  ad  es.  Vell.  II  41  a  proposito  degli  lulii  e  Tacito  hist.  II  38 
a  proposito  di  Siila.  Solo  in  scrittori  oltremodo  accurati  e  precisi  come 
AscONio  ad  es.  in  toga  carni,  p.  73  S.  K.,  si  può  trovare  l'esatta  distin- 
zione fra  patricius,  pìeheius  nohilis  e  semplice  pìeheuiH. 

*  SuET.  Caes.  1.  È  frutto  di  semplice  svista  che  il  Muenzer  in  PW. 
RE.  Vili  col.  1674  ricercatore  del  resto  accuratissimo,  attribuisce  a  M.  Cos- 
autius  le  importanti  caratteristiche  che  Cicerone  in  Verr.  Ili  55,  185  rife- 
risce per  M.  Castricius. 


Magistrati  dall'  S8  a.  C.  al  14  d.  C.  Conclusioni  203 

tempi  moderni  nelle  ambasciate  o  consigli  di  amministra- 
zione delle  grandi  industrie  si  accolgono  rampolli  della 
grande  aristocrazia,  i  quali,  sotto  le  parvenze  del  nome,  na- 
scondono, qualche  volta,  la  vacuità  del  loro  cervello. 

Cesare  si  valse  di  un  Cornelio  Salvittone  condotto  in 
Africa  solo  per  eludere  il  vaticinio  che  in  quella  terra  non 
fosse  dato  conseguire  vittoria  se  non  sotto  gli  auspici  di 
un  Cornelio.*  D'altra  parte  però,  come  mostra  la  storia  dei 
Valerli  e  dei  Claudii,  si  perpetuò  talora  fra  essi  il  buon 
seme  che  aveva  dati  tanti  valorosi  e  utili  cittadini  alla 
repubblica. 

L' affermazione  che  il  patriciato  scomparve  per  opera 
delle  ultime  guerre  civili  e  delle  proscrizioni  (cfr.  Cass.  Dio 
LII  42)  è  in  parte  rettificata  dagli  elenchi  statistici  sopra 
presentati. 

Le  proscrizioni  colpivano  gli  uomini  più  attivi  nel  di- 
fendere principi  politici  contrari  a  quelli  dei  vincitori  e 
sopratutto  i  ricchi,  che  ormai  erano  da  ricercare  più  spesso 
fra  i  plebei  nohiles,  come  i  Licinii  Crassi,  che  fra  alcuni 
rami  dei  Cornelii  e  degli  Aemilii.^ 

Oltre  che  dalle  proscrizioni  la  scomparsa  del  patriciato, 
in  parte  anche  della  più  vetusta  nobiltà  plebea,  fu  deter- 
minata dalle  scemate  occasioni  di  conseguire  il  consolato, 
che  con  l' amministrar    guerre    e    provinole    dava    modo    di 


'  SuET.  Caes.  59.  Plut.  Caes.  52.  Cass.  Dio  XLII  58;  cfr.  Plix.  n.  li. 
XXXV  8. 

*  Ove  neW Ejìitome  Liviana  LXXXVI  si  legge:  L.  Damasippus  praetor 
ex  voluntnte  C.  Mari  cos.,  ciiin  senatum  contraxisset,  omnem  quae  in  Urbe  erat, 
nohilìtatem  tmcidavit,  la  parola  nohilitas  indica  tanto  i  patrici  quanto  i  plebei 
che  avevano  coperte  cariche  curali. 

"NélV  Epitome  Liviana  immediatamente  dopo  si  legge:  ex  cuìus  numero 
Q.  Muciìts  Scaevola  pont.  max.  fugiens  in  vestibulo  aedis  Vestae  occisus  est,  e 
si  nomina  un  plebeo. 


204  Intorno  alla  formazioyie  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

adunare  ricchezze  e  rendeva  possibile  mantenere  quei  ce- 
spiti assicuranti  la  durata  della  potenza  e  del  prestigio 
delle  famiglie  aristocratiche.^ 

Il  sostituirsi  man  mano  di  homines  novi  nella  direzione 
delle  guerre,  determinò  la  decadenza  di  parecchie  famiglie 
già  cospicue,  le  quali,  mancando  il  denaro  necessario  per  i 
ludi,  per  i  pubblici  convivi  ed  anche  per  aperte  corruzioni, 
non  avevano  più  modo  di  competere  con  i  primi  che  dai 
nativi  municipi  recavano  le  fresche  enei-gie  dello  spirito 
avido  di  comando  e  di  ambizione  ed  i  denari  pazientemente 
accumulati  dagli  avi.' 


'  Dagli  indici  della  diligente  memoria  di  H.  Kloevesokn  De  proacri- 
tionibus  a.  a.  Ch.  n.  43  a  M.  Antonio,  M.  Aemilio  Lepido,  C.  lulio  Caesare 
Octaviano  triiimviris  factis  (Kegimonti  1891  diss.)  ricavo  che  fra  i  proscritti 
patricii  di  cui  è  dato  ritrovare  il  nome  vi  sono  solo  tre  Aemilii  nn  luniun 
Caepio,  nn  Claudius  Nero,  tre  persone  della  gens  Julia,  un  Valerius  MeHsala 
ai  quali  si  aggiunge  C.  Verres,  che  secoudo  il  mio  avviso  (v.  qui  oltre)  era 
un   Cornelius. 

*  Nell'impero,  come  è  ben  noto,  era  necessario  possedere  un  dato  censo 
per  appartenere  all'  ordine  dei  senatori  ovvero  a  quello  subordinato  dei  ca- 
valieri. È  pili  che  probabile  che  principi  analoghi  valessero  almeno  in  parte 
durante  gli  ultimi  tempi  della  repubblica.  Solo  ammettendo  che  norme  di 
questo  genere  avessero  vigore  ah  antico  si  comprende  il  significato  della  lex 
Sulpicia  che  imponeva  ai  senatori  di  non  avere  pivi  di  due  mila  dracme  di 
debito  (Plut.  Stili.  8,  4.  App.  b.  e.  I  59). 

Solo  supponendo  che  un  minimo  di  censo  fosse  reputato  necessario, 
acquista  valore  il  dato  di  Asconio  sugli  Aemilii  Scauii  in  Scanr.  p.  20  S.  K.: 
Scaurus  ita  fuit  patrìciuH,  ut  tribus  supra  eum  aetatibu.s  iacucrit  doniiia  eiun 
fortuna.  Nam  neque  pater,  neque  avus,  neque  etiam  proavus,  ut  jnito  propter 
tenues  opes  et  nullam  vitae  industriam,  honores  adepti  sunt.  Jtaqve  Scauro 
aeque  ac  novo  homini  laborandum  fuit. 

Per  tutto  ciò  io  dubito  abbia  ragione  il  Mommsen  Boem.  Staatsrccht  V 
p.  498  ove  aflerma  che  Augusto  stabilì  per  la  prima  volta  la  misura  del 
censo  per  essere  in  grado  di  aspirare  alle  magistrature.  Il  fatto  stesso  che 
nelle  leggi  attribuite  a  Romolo  apud  DiON.  Hal.  II  21,  si  stabiliva  il  pos- 
sesso di  una  certa  fortuna  per  coprire  i  sacerdozi,  è  uu  presupposto  per 
analogia  di  requisito  per  le  magistrature  curtili  sino  da  età  vetusta. 

Le  notizie   di  Cassio  Dione  LIV  17,  26,  sui  400,  mila  pivi  tardi  sul 


Magistrati  dall'SS  a.  C.  al  14  d.  C.  Conclusioni  205 

Ed  è  ben  naturale  che  alla  fortuna  dei  parvenus  si  as- 
sociassero molti  proletarii,  che  a  Roma  erano  oltremodo 
numerosi  sino  dalla  fine  del  II  secolo  e  degli  uomini  di 
antiche  famiglie  rovinate  nel  censo.' 

Nell'ultimo  secolo  delia  repubblica  assistiamo  al  risor- 
gere di  qualche  famiglia  dell'antichissimo  patriciato.  Tra 
costoro  notiamo  ad  esempio  Siila,  Emilio  Scauro  e  lo  stesso 
Giulio  Cesare. 

La  famiglia  di  Siila  era  decaduta  da  molte  generazioni, 
ossia  dal  tempo  del  console  Cornelio  Rufino,  escluso  dal 
senato  per  aver  posseduto  (come  è  noto)  più  vasellame  d'ar- 
gento che  le  leggi  concedessero  ;  Emilio  Scauro  sarebbe  stato 
lasciato  da  padre  in  una  relativa  povertà,  tanto  che  egli  si 
sarebbe  visto  nella  necessità  di  esercitare  l'industria  del 
carbone.  Mancandogli  i  mezzi  per  presentarsi  candidato 
alle  magistrature  e  dedicarsi  alla  politica,  avrebbe  meditato 
di  fare  il  banchiere.  Quanto  a  Cesare  è  degno  di  nota  che 
non  si  parla  più  degli  lulii  fra  il  267  ed  il  157.  Sicché  è 
a  pensare   che   i    Caesares   fossero   un   nuovo   ramo   che  si 


milione  di  sesterzi  necessari  per  essere  investiti  della  dignità  senatoria,  in- 
dicano la  misora  reputata  normale  da  Angusto  e  alludono  forse  al  ripri- 
stiuamento  di  norme  severe  di  fronte  al  disordine  verificatosi  durante  il 
periodo  anarchico  delle  guerre  civili  cfr.  Subt.  Aug.  41.  Ma  se  Ovidio  amor. 
Ili  8,  55  pronuncia  la  celebre  sentenza: 

Curia  jiauperihns  cìausai-A,  dat  census  lionores 
Inde  gravi9  index,  inde  severua  eques 

non  esprime  già  un  biasimo  rispetto  alle  condizioni  speciali  fattesi  al  tempo 
di  Augusto,  ma  uno  stato  di  cose  che  si  verificava  e  continua  a  verificarsi 
in  tutti  i  tempi. 

'  È  noto  il  passo  di  Cicerone  de  off.  II  21,  73  in  cui  si  dice  che  il 
tribuno  Marcio  Filippo,  allorquando  rogò  la  sua  lex  agraria  (104  a.  C.)  af- 
fermasse:  non  esse  in  ciritafe  duo  milia  hominum,  qui  rem  haberent. 

Fra  patrici  e  plebei  nobili  ma  rovinati,  Catilina  trovò,  come  è  noto, 
molti  aderenti  Sall.  Cai.  17. 


206  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

ricoiinetteva  con  i  jdìù  vetusti  lulii,  ovvero  che    anche  tal 
gente  ebbe  un  periodo  di  decadenza. 

Tutti  sanno  con  quali  arti  Siila,  erede  di  una  cortigiana, 
riusci  a  risorgere  economicamente,  mentre  nella  sua  gio- 
vinezza aveva  vissuto  assai  modestamente.  È  noto  come 
abilità  in  affari  ed  il  matrimonio  con  la  ricchissima  Ce- 
cilia abbia  reso  possibile  a  Scauro  riacquistare  1'  antico 
splendore  della  sua  casata.  Quanto  a  Giulio  Cesare,  notam- 
mo le  alleanze  di  famiglia  con  potenti  famiglie  della  no- 
biltà plebea  e  persino  con  stirpi  modesta,  ma  assai  ricche. 
Ciò  che  fa  un  poco  pensare  ai  matrimoni  odierni  dei  di- 
scendenti della  grande  nobiltà  italiana  o  dei  lord  inglesi  con 
le  figlie  di  industriali  degli  Stati  Uniti  del  Nord  d'America 
o  di  proprietari  di  vaste  terre  nell'Argentina.^ 


'  Sul  sorgere  di  uuove  stirpi  di  origine  plebea  e  provinciale  raccoglie 
materiale  sopratutto  per  l'età  ciceroniana  M.  Gelzer  Die  Nohilitaet  der 
roem.  Eepublik  (Leipzig  1912)  p.  11. 

È  lavoro  dotto  ed  accurato.  Rispetto  però  alle  varie  significazioni  della 
parola  ìiubilis  ed  all'  esistenza  ed  efficacia  del  reggimento  della  nobilitas,  mi 
sembra  siauo  ragioni  per  sostenere  conclusioni  in  parte  diverse. 

Il  Gelzer,  se  non  fraintendo  il  suo  pensiero,  mentre  ammette  l'esistenza 
di  camarille,  formate  da  quelli  che  avevano  conseguite  le  cariche  curuli  e 
che  costituivano  la  nobilitas,  nega  quella  di  un  reggimento  basato  sul  ca- 
rattere ereditario  delle  persone  appartenenti  appunto  a  tale  categoria.  Ma 
il  complesso  delle  notizie  degli  antichi,  la  facilità  con  cui  senza  alcuna 
fatica  i  figli  dei  nobiles  conseguivano  quasi  per  giuoco  come  diceva  Cice- 
rone {Verr.  II,  V  71,  181)  le  cariche  curuli,  mi  inducono  invece  a  pensare 
clie  le  opinioni  del  Gelzer  non  rispondano  in  tutto  alla  realtà. 

Il  carattere  ereditario  delle  magistrature  nel  tempo  antico,  che  lasciò 
traccio  nel  costume  e  nella  pratica  in  tempi  posteriori,  risulta  del  resto,  se 
non  mi  inganno,  da  vari  indizi.  Ne  cito  ad  esempio  i  seguenti  : 

1.  Il  fatto  che  in  certi  casi  un  fratello  magistrato  poteva  giurare  per 
un  altro  fratello  pure  magistrato;  come  fu  il  caso  di  Valerio  Fiacco  pre- 
tore designato  che  giurò  per  suo  fratello  edile  curule  che  a  far  ciò  era 
impedito  dall'  essere  flamen  Dialis.  Liv.  XXXI  50,  ad  a.  200  a.  C. 

2.  La  circostanza  che  in  varii  casi  e  per  varie  generazioni  si  perpe- 
tuarono uffici  primari,  come  ad  esempio  la  qualità  di  priuccps    se»alu8  per 


Magistrati  dall' 88  a.  C.  al  14  d.  C.  Conclusioni  207 

Questa  non  era  però  V  uuica  risorsa  di  cui  la  vecchia 
nobiltà  Patricia  o  plebea  disponeva  per  risorgere  economica- 
mente ed  essere  quindi  in  grado  di  riaffacciarsi  nell'  agone 
politico. 

V'era  un  altro  modo,  che,  sebbene  si  prestasse  alle  accuse 
ed  all'odiosità  dei  puro-sangue  e  dei  conservatori,  aveva  per 
sé  le  simpatie  popolari  e  richiedeva  ad  ogni  modo  prontezza 
di  spirito  ed  apertura  di  mente.  Consisteva  nell' abbracciare 
apertamente  la  causa  demogogica  e  farsi  protettore  anzi  an- 
tesignano delle  nuove  tendenze.  Questa  via  fu  percorsa  in 
modo  diverso  da  varii  patrici,  da  Sulpicio  Rufo  a  Sergio  Ca- 
tilina,  da  Cesare  a  Clodio  ed  a  Dolabella. 

Non  tutti  però  la  percorsero  nella  stessa  maniera  e  con 
i  medesimi  fini.  Soffermarci  a  parlare  di  questo  fenomeno 
equivarrebbe  non  esporre  osservazioni  sui  Fasti,  ma  narrare 
la  storia  interna  di  Roma  nell'ultimo  secolo  della  repubblica. 
Ci  sia  solo  concesso  osservare  che  l'estrema  scarsità  delle 
nostre  fonti  non  porge  modo  di  stabilire  sino  a  qual  punto  il 

i  tre  Fabius  Amhttstas,  Fahius  Rallianus  figlio  di  lui  e  Fabiiis  Giirges  nepote. 
Plin.  ».  h.  VII  133. 

3.  II  fatto  che  le  responsabilità  derivanti  dalla  magistratura  potevano 
essere  attribuite  ai  discendenti,  come  nel  caso  dei  figli  dei  proscritti  da 
Siila  richiesto  di  render  conto  dei  vectigalìa  del  tempo  di  suo  padre,  il  dit- 
tatore, AscoN.  ìK   Com.  p.  65  S.  K. 

Vero  è  che  quest'  ultimo  fenomeno  di  cui  si  trova  traccia  anche  altrove 
(ad  es.  nel  diritto  attico  si  pensi  a  Milziade  ed  a  Cimone)  si  riconnette 
con  altre  questioni. 

Del  resto,  se  anche  non  avessimo  testimonianze  esplicite  sull'argomento, 
lo  studio  complessivo  della  compagine  sociale  romana,  quanto  ci  è  riferito 
sui  legami  che  avvincevano  i  gentiles,  tutto  ciò  che  sappiamo  sulla  clientela 
che  continuò  vigorosa  nel  campo  politico,  anche  dopo  che  venne  modificata 
dal  trionfo  delle  più  umili  classi  sociali,  infine  1'  analogia  di  tante  altre 
società,  e  sopratutto  di  ciò  che  si  verificò  e  tuttora  si  compie  in  alcune 
parti  dell'  Italia  moderna,  mostrano  che  in  quasi  tutti  i  periodi  della  vita 
romana,  di  fatto,  se  non  di  diritto,  vi  fu  un  reggimento  di  date  genti  e 
famiglie  a  base  ereditaria. 


208  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

procedimento  di  Clodio,  che  colla  transitio  ad  plebem  abban- 
donò il  patriciato  e  si  fece  adottare  da  un  plebeo,  sia  stato 
preceduto  e  susseguito  da  casi  analoghi.  Procedimento  ana- 
logo sappiamo  essere  stato  poi  tenuto  da  Dolabella  ed  è  stato 
più  volte  sospettato  per  Sulpicio  B-ufo,  l' eloquente  nemico 
di  Siila.  Non  è  del  tutto  improbabile  che  il  nome  di  appa- 
renza patricio  di  altri  dei  tribuni  della  plebe  non  nasconda 
qualche  analogo  caso  di  transitio  ad  pìehem} 

Il  fenomeno  di  uomini  appartenenti  alle  più  vetuste  ed 
insigni  casate,  che,  pur  di  dirigere  le  masse,  posavano  a  loro 
protettori  e  ne  assumevano  persino  le  apparenze,  si  spiega 
con  la  grande  trasformazione  sociale  della  plebe  romana, 
raccolta  in  potenti  sodalizi,  costituita  ormai  da  figli  di  li- 
berti, da  schiavi  emancipati,^  e  sino  dai  tempi  di  Scipione 
Emiliano  e  dei  Gracchi  da  stranieri  riusciuti  a  conquistare 
la  cittadinanza.^  Infine  vi  contribuì  la  straordinaria  potenza 
del  tribunato  della  plebe,  che  da  potere  esclusivamente  ne- 
gativo, sorto  per  controllare  nell'  interesse  di  una  sola  classe 
le  determinazioni  dello  Stato  patricio,  fini  per  subordinare 
a  se  praticamente  le  magistrature  curuli  e  lo  stesso  consolato. 

Eppure  il  successo  finale  non  era  riservato  alla  demagogia. 
La  vittoria  era  destinata  a  chi,  controbilanciando  con  giusto 
equilibrio  di  mente  le  aspirazioni  ed  i  diritti  di  tutte  le  classi 
sociali,  sarebbe  riuscito  a  fissare  un  nuovo  ordine  di  cose,  che, 
sebbene  non  perfetto,  anzi  pieno  di  pericoli,  avrebbe  non 
dimeno  assicurato  ancora  alcuni  secoli  di  esistenza  alla  so- 
cietà ed  alla  civiltà  romana. 


'  Su  ciò  V.  oltre  l'elenco  dei  tribuni  plehis.  Aiicbe  l'esistenza  di  due 
rami  di  Servili!,  uno  patricio,  l'altro  plebeo  (su  ciò  v.  i  dati  in  Mommsen 
Roem.  Forschuìigen  I  p.  124)  ammette  forse  la  spiegazione  che  alcuni  di 
essi  avessero  fatta  la  transitio  ad  plehem. 

•  DiON.  Hai,.  IV  24. 

»  Veli..  II  4,  4,  Val.  Max.  VI  2,  .3. 


La  successione  degli  strati  sociali  209 


XI. 

1  Fasti  e  la  successione  dei  varii  strati  sociali  nella  conquista  del  potere. 


Raccogliamo  le  osservazioni  sinora  fatte.  Sebbene  assai 
lacunoso,  l'elenco  dei  pretori  e  degli  altri  magistrati  curuli 
ove  sia  unito  ai  dati  dei  Fasti  consolari,  dimostra  ch.e 
l'impeto  degli  homines  novi  per  raggiungere  il  consolato 
riusciva  nel  suo  intento  ove  una  o  due  generazioni  innanzi, 
dall'  avo  o  per  lo  meno  dal  padre,  fossero  state  conseguite  le 
magistrature  curuli  inferiori.'  Il  risultato  che  abbiamo  con- 
seguito dall'  esame  dei  dati  relativi  alle  magistrature  curuli 
è  confermato  da  quanto  risulta  dai  dati  intorno  ai  magistrati 
monetali  di  cui  discorriamo  separatamente  nell'  aggiunta  al 
lavoro  presente.  Ed  è  anche  degno  di  nota  che  molte  delle 
stirpi  degli  homines  novi  di  fronte  alle  magistrature  curuli 
riuscirono  a  coprirle,  solo  dopo  avere  per  tempo  o  più  a 
lungo  fatto  parte  del  tribunato  della  plebe.^ 

L' accesso  alle  magistrature  era  reso  meno  difficile  a 
coloro  che  non  vantavano  una  lunga  serie  di  antenati.  Ve- 
diamo ad  esempio  che  gli  Opimii,  che  pur  raggiunsero  il 
consolato  nel  154,  avevano  dati  questori  sino  dal  294.  Mum- 


'  Affatto  diversa  dalla  fiucstioiie  clie  qui  trattiamo  è  quella  della  cai"- 
riera  politica.  ])m  o  meno  normale  dei  personaggi  che  raggiunsero  il  con- 
solato avendo  avute  o  no  repulse  per  le  cariche  curali  inferiori  fv.  esempi 
in  Cic.  2)ro  Piando  21,  52). 

^  V.  qui  oltre  nell'  elenco  dei  tribuni  della  plebe. 

Pais  Ricerulie  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Roma  II  14 


210  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

mio  homo  novus  fu  console  nel  146;  ma  Mummii  figurano 
fra  i  tribuni  della  plebe  dal  187.  Anche  la  straordinaria  po- 
tenza di  Pompei©  Magno  fu  certo  in  buona  parte  frutto 
della  sua  iniziativa  ed  audacia;  ma  le  basi  di  essa  gli 
erano  state  preparate  dal  padre  console  nel  89  anzi  dal 
Q.  Pompeio  console  sino  dal  141,^  T.  Didio  console  nel  98, 
era  pure  homo  novus,  ma  abbiamo.  Didii  tribuni  della  plebe 
dal  143.  Il  console  Gneo  Aufidio  del  71  fu  i:)receduto  da 
un  pretore  del  104;  Gabinio  fu  il  primo  console  di  tal  no- 
me, ma  Gabinii,  tribuni  della  plebe,  sono  rammentati  dal 
139.  Lo  stesso  vale  per  Q.  Fufio  Galeno  console  del  47  pre- 
ceduto fra  gli  altri  dal  tribuno  del  134. 

Di  fronte  a  questi  e  a  tanti  altri  fatti  dello  stesso  ge- 
nere, che  abbiamo  modo  di  documentare,  sono  eccezioni  le 
esenzioni,  le  facilitazioni  di  cui  si  fa  ricordo  per  le  età  più 
vetuste  come  per  tempi  più  recenti. 

Negli  ultimi  decenni  della  libera  repubblica  questi  re- 
quisiti divennero,  è  vero  meno  necessari  ;  ma  le  notizie 
che  qua  e  là  riusciamo  ad  ottenere  rispetto  ad  alcuni  per- 
sonaggi, ci  fanno  però  chiaramente  comprendere  che  è  assai 
raro  il  caso  di  individui  che  occuparono  di  primo  acchito 
le  magistrature  più  elevate,  senza  essere  stati  favoriti  da 
una  più  o  men  remota  preparazione  di  antenati,  che  per  pri- 
mi avevano  tentato  l'agone  delle  pubbliche  magistrature. 

Eccezioni  naturalmente  ve  ne  furono.  Sino  dal  IV  secolo 
vediamo  personaggi  come  C.  Maenius  (console  nei  338)  i  Curii 
(cons.  290;  276;  271)  C.  Fahricius  (cons.  282;  278)  T.  Corun- 
canius  (cons.  280)   i  Cor  villi  (293;    234;   228)  conseguire   il 


'  I  Porapeii,  come  h  stato  già  rilevato  dagli  ;ìnticlii  crauo  di  umile 
origino.  V.  il  materiale  raccolto  in  Drumann-Grokkk  Gexchichtc  Boms  IV 
p.  312  sg. 


La  successione  degli  strati  sociali  211 

consolato  per  virtù  j)ropria  non  per  potenza  preparata  dagli 
avi.  Ciò  si  verificò  anche  per  Catone  il  censorio.'  Più  tardi 
ancora  ciò  ebbe  luogo  rispetto  a  Mario  ed  a  Cicerone.  Il 
fenomeno  divenne  infine  men  raro  al  tempo  di  Cesare  e  delle 
successive  guerre  civili.  Ove  si  faccia  astrazione  da  qualche 
caso  eccezionale  e  si  tenga  conto  delle  caratteristiche  fon- 
damentali del  popolo  romano,  si  vedrà  che  di  regola  gli 
homines  novi  riuscirono  a  salire  alle  più  alte  cariche  curuli 
solo  nel  caso  in  cui  erano  assistiti  da  prospere  condizioni 
finanziarie  proprie  o  delle  loro  stirpi.^ 


'  L'elenco  degli  homines  novi  che  come  Cornncanio  Sp.  Carvilio  {eque- 
itri  loco  natum)  Catone  ed  altri  furono  eletti  consoli  in  grazia  delle  loro 
virtù  è  dato  da  Vellkio  II  128. 

'  L'  oscurità  dei  natali  di  Mario  è  esplicitamente  attestata  da  Plu- 
tarco Mar.  3,  il  quale  dichiara  che  era  nato  di  genitori  poveri  i  quali  trae- 
vano la  vita  dal  lavoro.  Io  non  so  perchè  G.  Bloch  La  répuhlique  romaine 
(Paris  1913)  in  un  libro  del  resto  ricco  di  pregi  p.  251  scriva:  il  s' est  forme 
une  legende  sur  le  compie  de  Marius.  On  se  le  représente  souvent,  sur  la  foi 
de  qiielques  auteurs  amateurs  de  romanesque,  comme  un  soldat  de  fortune,  sorti 
du  rang,  issu  de  has-fonds  de  la  societé.  La  véì'ité  est  toute  differente.  Né  à 
Arpinum  une  petite  ville  de  l'Italie  centrale,  dans  une  famille  alliée  à  celle  de 
Cice'ron  il  appartenait  a  cette  hourgeoisie  municipale  alsve,  qui  un  siede  plus 
tòt  avait  donne  Caton  etc, 

Orbene  io  comprendo  che  si  possa,  volendo,  non  dar  peso  a  dichiara- 
zioni del  genere  di  quelle  di  Eliano  v.  h.  XII  6  ove  dice  che  si  ignorava 
chi  fosse  stato  il  padre  di  Mario,  che  concorda  del  resto  con  Velleio  II 
128:  C.  Marium  ignotae  originis,  ma  non  erodo  sia  lecito  trascurare  la  di- 
chiarazione di  Tacito  hist.  II  38  il  quale  dice:  mox  e  plebe  infima  C.  Marius 
et  nohilium  saerissimus  L.  Sulla. 

La  parentela  cou  i  Tullii  di  Arpinum  non  prova  nulla;  primo  perchè 
anche  a  gente  poverissima  poteva  capitare  di  aver  lontani  rapporti  con 
altre  di  affinità  o  perentela  piìi  agiate;  eppoi  perchè  sulla  stessa  nobiltà  muni- 
cipale degli  avi  di  Cicerone  siamo  piuttosto  male  garantiti.  Non  mancavano 
infatti  coloro  che  anche  al  grande  oratore  assegnavano  origini  tutt'  altro 
che  assai  distinte  v.  Plut.  Cìg.  I.  Chi  lo  faceva  discendere  da  stirpe  regia 
e  chi  da  un  fullone.  Il  fatto  poi  che  la  famiglia  di  Mario  era  cliente  degli 
Hercunii,  Plut.  Mar,  5,  ciò  sta  piuttosto  a  provare  1'  umiltà  delle  sue 
origini  e  la  giustezza  dell'  asserzione  di  Tacito  di  Velleio  e  di  Plutarco. 

Ci  è  affermato,  è  vero,  che  Mario  fosse  tenuto  in  pìccolo  conto  da  Ce- 


212  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

-  Persone  di  piccolo  o  nessun  lignaggio,  tenuti  in  conto 
solo  nei  loro  piccoli  municipi,  non  potevano  dare  1'  assalto 
alle  magistrature  urbane  senza  il  sussidio  di  molto  denaro. 
La  corrutela  sino  dai  tempi  più  antichi  era  coonestata  dai 
ludi  e  dai  convivi,  che  nominalmente  si  facevano  per  ono- 
rare gli  dei,  che  praticamente  valevano  a  creare  simpatie. 

Il  municeps  a  Roma  era  considerato  uomo  di  picciol  conto 
di  fronte  ai  candidati  della  grande  aristocrazia  dei  Cornelii, 
degli  Aemilii,  degli  lulii  e  della  vecchia  nobiltà  plebea  dei 
Cassii,  degli  lunii,  dei  Caecilii,  e  persino  di  coloro  che  discen- 
devano dalle  famiglie  del  Latìum.  vetus.  Ma  spesso  codesto 
municeps  era  talora  un  uomo  assai  notevole  in  patria.  Tale 
era  ad  esempio  quel  Cneo  Plancio  di  Atina,  figlio  di  un  capo 
(princeps)  di  appaltatori,  che  grazie  alla  posizione  finanziaria, 
del  padre,  riusci  ad  ottenere  l'edilità  curule  ed  a  superare 
un  competitore  che  apparteneva  a  quella  gente  che  per 
prima  fra  i  Tuscolani  aveva  conseguito  tal  onore. ^  Cosi  è 
probabile  che  lo  spagnuolo  Cornelio  Balbo,  primo  fra  i 
non  Italici  a  conseguire  il  consolato,  sia  riuscito  nel  suo 
intento  ed  ancor  prima  a  essere  fatto  cittadino  romano,  non 
solo  per  riconoscimento  della  sua  capacità  ma  anche  in  grazia 
alle  sue  smisurate  ricchezze  di  cui  fece  partecipe  anche  il 
popolo  Romano.* 

Non  mancarono  esempi  a  Roma  di  candidati  che,  non 
ostante  la  loro   povertà,  riuscirono  a  raggiungere   il  conso- 

cilio  Metello,  di  oni  era  legato,  perchè  per  il  i)as8ato  aveva  fatto  1'  appal- 
tatore (Diod.  XXXV  38.  Ma  ciò  non  è  caratteristica  tale  che  valga  a  far 
con  sicurezza  riconoscere  una  persona  nata  da  famiglia  appartenente  al  me- 
dio ceto  anziché  da  proletarii. 

Mario  era  per  temperamento  avido  di  ricchezze  (l)i<)i>.  XXXVII  29)  : 
sino  dai  primi  suoi  anni   può  essersi  preoccupato  dell' nrricchire. 

•  Cic.  prò  Piando  9,  24. 

«  Cass.  Dio  XLVIII  32. 


La  successione  degli  strati  sociali  213 

lato;  valga  come  esempio  qiiel  Manilio,  che  non  possedeva 
che  una  casupola  sulle  Carinae  ed  un  unico  poderetto  nell'  a- 
gro  Labicano.  Ma  Manilio,  il  giurista  insigne,  si  era  accapar- 
rato i  suffragi  per  la  cura  ed  il  disinteresse  con  cui  atten- 
deva agli  affari  giudiziarii  dei  concittadini,  guidandoli  in 
ogni  loro  privato  interesse/ 

A  Roma,  come  dovunque,  le  masse  sentivano  sopratutto 
rispetto  per  la  ricchezza  congiunta  alla  nobiltà  del  casato  ; 
e  se  in  qualche  caso  vennero  onorari  uomini  virtuosi  ma  non 
ricchi,  per  giunta  di  origine  municipale,  come  Tiberio  Corun- 
canio  e  Manio  Curio  e  Atilio  Calactino,  ciò  costituì  un'ecce- 
zione rilevata  con  amore  da  scrittore  d'  origine  pur  munici- 
pale, che  doveva  egli  stesso  in  buona  parte  al  proprio  valore 
l'essere  riuscito  a  raggiungere  il  più  alto  fastigio  del  potere.'' 

L'elogio  della  povertà  ricordata  a  proposito  di  alcuni 
insigni  uomini  di  Stato,  nel  fatto  non  era  che  un'esercita- 
zione di  scuola.'  Se  qualche  valoroso  uomo  di  Stato  romano 
veramente  povero,  come  si  diceva  fossero  stati  Curio  Fabricio, 
venne  onorato  eccezionalmente  con  il  consolato,  quasi  mai  i 
loro  successori  riuscirono  ad  assicurarsi  F  eredità  delle  magi- 
strature curali  che  i  discendenti  delle  grandi  famiglie  giunge- 
vano a  conseguire  senza  alcuna  fatica,  e  come  Cicerone 
diceva,  per  ladum  et  iiegligenfiam.^ 


"  Ciò.  paradox.  VI  3,  49;  de  orai.  Ili  33,  133. 

*  CiC.  ad  es.  de  Icge  agr.  II  64;  paradox.  12;  38;  de  fui.  II  30;  Tttsc. 
Ili  36;  de  senect.  55  sq.  et  passim.  Cfr.  Val.  Max.  IV  4,  11. 

^  Cic.  prò  Caello  17,  41:  illiid  unum  derectum  iter  ad  laadem  cum  labore 
qui  probaverwnt,  prope  soli  in  scholis  siint  relivti. 

*  Ciò.  in  Verr.  V  71,  181.  Altrove  prò  Piando  25,  60,  Cicerone  rileva 
come  la  maggioranza  dei  consoli  eletti  grazie  alle  aderenze  di  famiglia  fos- 
sero nomini  mediocri  :  honorum  popuU  finis  est  consulatus,  quem  magistratum 
iam  octingenti  fere  consecuti  sunt :  horum,  ai  dillgenter  quaei-es,  vix  devimam 
partem  reperies  gloria  dignani. 


214  Intorno  alla  formazione  ed  disvalore  storico  dei  Fasti 


* 

4:       * 


Questa  condizione  di  cose  favorevole  sopratutto  ai  Romani 
di  Roma  ed  ai  Latini  si  andò  di  molto  trasformando  in  se- 
guito agli  avvenimenti  delle  guerre  civili.  Sino  al  tempo  di 
Mario,  il  consolato  era  in  fondo  rimasto  retaggio  di  poche 
famiglie  romane  o  dei  limitrofi  comuni.  Etiam  ttim  alias  ma- 
gistratus  plehs;  consulatum  nobilitas  inter  se  per  manus  tra- 
debat  osservava  Sallustio  (6.  lug.  63,  6).'  Ai  tempi  di  Ci- 
cerone la  compagine  di  coloro  che  avevano  preso  parte 
al  governo  della  pubblica  cosa,  veniva  man  mano  a  modi- 
ficarsi per  l'arrivo  di  qualche  ricco  municipale. 

L'avvento  di  Mario  figlio  di  contadini  che  salì  in  gra- 
zia dei  suoi  straordinari  talenti  militari  è  sintomo  di  un'era 
nuova  e  se  stiamo  al  giudizio  di  quello  scrittore,  che  ac- 
canto a  Cicerone  ci  mette  in  grado  di  conoscere  le  condi- 
zioni sociali  del  tempo  da  lui  flagellato,  gli  homines  novi 
non  risparmiarono  arte  disonesta  pur  di  conseguire  la  pre- 
tura ed  il  consolato.* 

Le  tendenze  conservatrici  avevano  tentato  ed  erano  in 
parte  riuscite  ad  allontanare  dal  potere  i  cittadini  delle 
varie  regioni  d'Italia  a  cui  si  era  per  necessità  accordato 
la  cittadinanza. 

Neil'  età  cesariana  codesti  freni  sono  del  tutto  spezzati. 
La   cerchia   dei    competitori  si  allarga  in    modo   smisurato 


*  Cfr.  Plut.  Mar.  9,  2. 

'  Sall.  lug.  4,  8:  etiam  homines  novi,  qui  antca  per  virtutem  soliti  erant 
nobilitatem  antevenire,  furtim  et  per  latrocinia,  poiins  quam  bonis  artibus,  ad 
imperia  et  honores  nitunfur,  proinde  quasi  pravtura  et  consulatns  atque  alia 
omnia  huiuscemodi  per  se  ipsa  darà  et  magnifica  sini  cet. 


La  successione  degli  strati  sociali 


215 


e  questo  fenomeno  si  constata  con  tutta  sicurezza  ove  si 
esaminino  i  nomi  dei  legati  di  Cesare,  delle  persone  che 
coprirono  le  magistrature  e  fecero  parte  del  senato. 

Non  possediamo  l'elenco  completo  dei  legati  di  Cesare; 
tuttavia  il  nome  di  quelli  a  noi  noti,  ci  concede  di  fare 
qualche  osservazione. 

Tra  i  patricii  abbiamo  : 


1.  Ser.  Sulpicius  Galea 

2.  C.  Claudius  Pulcher 

3.  C.  Fabius 

4.  P.  CORNELIUS    DOLABELLA 


5.  P.  CoRNELius  Sulla 

6.  M.  Valerius  Messalla 

7.  L.  Julius  Caesar. 


Appartengono  alla  vecchia  nobiltà  plebea: 


1.  P.  Licinius  Crassus 

2.  C.  Antistius  Reginus 

3.  M.  lunius  Silanus 


4.  D.  lunius  Brutus  Albinus 

5.  Gn.  Domitius  Calvinus. 


Tutti  i  rimanenti  appartengono  a  famiglie  plebee  di  ori- 
gine romana  di  non  grande  antichità  o  sono  addirittura 
homines  novi,  municipali  di  nascita.  Lo  provano  i  due  elen- 
chi seguenti  :  * 


Famiglie  plebee  di  probabile 
origine  urbana. 

1.  Minucius  Basilus 

2.  M.  Antonius 

3.  C.  Scribonius  Curio 

4.  C.  Trebonius 


Homines  novi  di  origine  mu- 
nicipale. 

1.  T.  Labienus  del  Piceno 

2.  Q.  Titurius  Sahinus 

3.  P.  Vafinius  di  Reale 

4.  Q.  Tullius  Cicero  di  Arpino 


'  Cfr.  le  note  e  il  materiale  raccolto  da  Groebk  apud  Dkumann  Ge- 
chichte  Roma  III  p.  700  sg. 


216  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


6.  Q.  Valerius  Orca 

6.  Q.  Cassius  Longinus 

7.  Canuleius 

8.  M.  Acilius  Caninus 

9.  P.  Sulpicius  Rufas 

10.  Q.  Pedius 

11.  C.  Caninius  Rebilns 

12.  Q.  Hortensius  Hortalus 

13.  T.  Sextius 

14.  Oppius 

15.  C.  Rabirius  Postumus 
16-17.  Hostilii  Sasernae 


5.  L.  Munatius    Plancus   di 

Tibur 

6.  L.  Roscius  FabatuH  di  La- 

nuvio 

7.  G.  Volcacius  Tullus  Etrusco 

8.  Q.  Fufius  Calenus 

9.  C.  Asinius  Pollio  di  Teate 

Marrucinoriìm 

10.  G.  Sallustius   Grispus   di 

Amiterno  nella  Sabina 

11.  (7.  Calvisius  Sabinus 

12.  L.  Status  Marcus 

13.  Q.  Tillius  Gimber 

14.  G.  Mettius  di  Lanuvio  *■ 

15.  G.  Diclius 

16.  L.  Livineius  Kegulus 


Se  noi  diamo  uno  sguardo  ai  nomi  dei  pretori  di  co- 
desta età  constatiamo  la  presenza  di  nomi  addirittura  mai 
uditi.  Si  considerino  ad  esempio  il  nome  dei  pretori  Bur- 
rienus,  a  cui  corrisponde  la  nessuna  notorietà  dei  questori 
Q.  Bruttius,  L.  Triarius,  D.  Turcillìus  ecc. 

Così  fra  i  senatori  del  periodo  cesariano  notiamo  fra  gli 
altri  :  ^ 


'  Ciò  risulta  dalle  monete  aventi  il  nome  di  M.  Mettius,  le  quali  fanno 
pompa  del  culto  dì  luno  Lanuvina  al  pari  di  quelle  dei  Roscii  Fabati,  di 
L.  Papius  Celsns,  di  L.  Thorius  e  di  altri,  cfr.  Babelon  II  p.  223. 

*  Le  teBtimonianz<i  sui  senatori  dell'età  ciceroniana  e  cesariana  sono 
raccolte,  al  pari  di  quelle  per  le  rimanenti  età  della  repubblica,  nella  prege- 
vole opera  del  Willems  Le  Se'nat  de  la  Eepuhlìqac  romaine  (Louvain  1878- 
1885).  Ma  come  è  noto  le  osservazioni  di  questo  autore  vanno  talora  con- 
trollate. 

Rispetto  all'  età  cesariana  è  assai    utile  la   dissertazione  del  Ribbeck 


La  successione  degli  strati  sociali 


217 


M.  Aquinius  {hoìnìnem  noviim 

parvumque  seìiatorem.  Bell. 

Afric.  57) 
Alledius 
Aponius 
Axius   (Cic.  ad  Aft.  I   12,  1 

ed  altrove)  era  un  fenerator 
Q.  Calpenus  (Suet.  Caes.  39) 
Cafo* 

Genius  (Cic.  Verr.  Il  5,  44) 
M.  Crepereius  (Cic.    Verr.  I 

10,  30) 
M.  Cordius 
C.  Cupiennius 
Q.  Dellius 
C.  Fidiculanius  Falcula  (Cic. 

prò  Caec.  10,  28  prò  Cluen- 

tio  37,  103  sqq.) 
M.  Fidustius 
Gratidius  (Cic.  prò  Fiacco  21, 

49) 
Haterius 
G.  Hedius 
Hosidius 


Q.  Lìgarius 

Mindiua  Marcellus 

L.  Nasidius  (Caes.  b.  e.  II  3) 

OlUua 

Patiscus  (è  gentilicio?) 

Pedanius 

Plinius 

Seguliiis  Labeo 

Sornatiiis  (Plut.  Lue.  24) 

L.  Staberius 

Sittius 

Tisienus 

P.   Tadius  (Cic.   Verr.  II  2, 

20  sqq.) 
Teidius 
Tudicius  (Cic.  prò  Gluentio 

70,  198) 
Tratorius 
Valgius 

Vettius  Salassus. 
C.  Vibienus^ 
L.  Vibullias  Rufus  (Caes.  b. 

G.  I  23) 


Senatores  Romani  qui  fuerint  idibua  Martiis  anni  a.  U.  e.  710  (Beroliui  1909). 
Io  non  porgo  che  una  piccola  parte  dei  nomi  dei  senatori  ossia  solo  quelli 
che  li  rivelano  homines  novi. 

Per  le  indicazioni  del  materiale  antico  rimando  alla  memoria  del  Rib- 
beck  al  quale  mancano  quei  senatori  por  i  quali  a  fianco  al  nome  porgo 
precipue  testimonianze  degli  antichi. 

Cafo  è  un  cognome;  ma  la  modesta  origine  di  questo  veterano  ri- 
sulta da  Cicerone  riiil.  Vili  9,  26;  X  22;  XI  12. 

'  Ricordato  da  AscON.  in  Milon  p.  24  K.  S. 


218 


Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


Ad  analoghi  risultati  conduce  l' esame  dei  nomi  di  altre 
persone,  non  sempre  notate  negli  elenchi  precedenti,  che 
emersero  durante  il  periodo  delle  guerre  civili  dal  tempo 
di  Cesare  a  quello  di  Augusto.* 

Fra  i  pompeiani  abbiamo: 


Aìitius 

Favonius 

Q.  Silicius  Corona 

L.  Fella 


Critonius 
D.  Carfidenus 
Rnhrius  Ruga 
D.  Turullius 


e  tra  i  partigiani  notevoli  di  Cesare: 


C.  Cluvius 
Sex.  Peducaeus 
Calvisius  Sahiìius 
Q.  Curtius  Salassus 
L.  Decidius  Saxa 
M.  GalUus 


Helvius  Cinna 

M.  Asellius 

M.  Lurius 

A.  Allienus 

C.  Fuficius  Fango 

Caesennius  Lento 


Tale  risultato  è  pienamente  confermato  da  taluni  dei 
nomi  di  coloro  che  furono  eletti  senatori  al  tempo  di  Au- 
gusto. Fra  codeste  persone  troviamo  ad  es.  : 


Alfìdius  Sahlnus 

Anteius 

Apidius  Merula 

Q.  Arquìnius 

Articuleius  Paetus 

Bruttedius  Niger 

C.  Calpetanus  Statius 


Carsidius  Sacerdos 
Cerrinius  Gallus 
M.  Durmius 
M.  Etrilius  Lupercus 
P.  Lurius  Agrippa 

Maianius  Gallus 
Mamius  Murrius  Urnher 


'  Rilevo  questi  uorai  dagli   iiulici    della   memoria    sopra   citata  di  Fr. 
Fischer. 


La  successione  degli  strati  sociali  219 

Postiimiis  Mimìsius  Sardus  Titedius  Labeo 

Occius  Fiamma  T.  Trehellenus  Rufus 

M.  Opsius  Navius  Fannianus  P.  Vellaeus 

M.  Petrucidius  P.  Viriasius  Naso 

Q.  Servaeiis  S.  Vistllius 

C.  Sotidlus  Strabo  Liboscidius  L.  Voluseius  Proculus 

Non  sempre  rispetto  a  queste  persone  abbiamo  dati  suf- 
ficienti per  stabilire  quando  si  tratti  di  individui  oscuri 
bensì  a  Roma,  ma  appartenenti  alla  nobiltà  municipale, 
ovvero  di  assai  umili  origini  anche  rispetto  alla  loro  patria. 

Ambedue  questi  fenomeni  si  verificarono.  In  massima  è 
evidente  che  la  rivoluzione  capitanata  da  Cesare  condusse 
alla  superficie  in  misura  maggiore  i  municipali  e  che  so- 
pratutto fece  salire  gli  uomini  che  sul  loro  attivo  avevano 
solo  il  valore  personale  e  la  capacità  militare. 

La  via  per  questa  grande  trasformazione  della  società 
romana  era  stata  aperta  da  Mario.  Con  la  sua  riforma  del- 
l'esercito  richiesta  dalle  mutate  condizioni  dei  tempi,  Mario, 
come  è  risaputo,  aveva  aperte  le  file  dell'esercito  romano 
a  tutti  gli  atti  a  combattere  fossero  anche  proletarii,  ed  aveva 
quindi  create  molte  e  legittime  aspirazioni  al  governo  della 
pubblica  cosa  ad  intere  classi  sociali  che  con  l'ordinamento 
precedente  sarebbero  state  per  sempre  lontane. ^ 

Tal  condizione  di  cose  non  mutò  affatto  con  il  trionfo 
della  reazione  capitanata  da  Siila.  Il  Dittatore,  pur  di  as- 
sicurare quell'ordinamento  dello  Stato  che  invano  sperò  a 
dispetto  dei  tempi  ricondurre  in  parte  alle  sue  originarie 
istituzioni,  praticamente  segui  le  stesse  norme  tenute  da 
Mario  e  chiamò  al  senato  molti  che  erano  stati  soldati  gre- 

'   V.  ad  68.  Sall.  lug.  84.  Plut.  Mar.  9;  41. 


220  Intorno  alti  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

garii.'  Ciò  veniva  messo  in  rilievo  di  già  dagli  stessi  con- 
temporanei di  Siila  che  gli  rinfacciavano  la  protezione  ac- 
cordata di  preferenza  nelle  magistrature  al  primipilare  Fu- 
fìdio.*  Come  risultanza  politica,  che  differenza  v'era  fra  lui 
che  accordava  la  cittadinanza  ai  dieci  mila  liberti  detti  Cor- 
nelii  ^  ed  il  suo  nemico  capitale  Sulpicio  Rufo  che  dal  partito 
avverso  veniva  accusato  di  vendere  la  cittadinanza  ai  liberti?* 
Anche  di  Cesare  gli  antichi  dicono  esplicitamente  che 
chiamò  a  far  parte  del  senato  soldati  e  libertini.^  Esaminando 
nomi  e  notizie  pervenuteci  intorno  ad  alcune  delle  persone 
sopra  ricordate,  chiaramente  emerge  la  verità  delle  dichia- 
razioni degli  antichi  allorché  ci  dicono  che  Cesare  badava 
solo  al  valore  dei  suoi  soldati  e  non  alle  loro  qualità  mo- 


'  Sall.  Cat'd.  37,  6  :  deinde  viuìti  mcmores  Siillanae  victoriae,  quod  ex 
(jregarus  militibus  alios  senatorcs  videbant  cet. 

Allorquando  la  censura  praticamente  abolita  da  Siila  venne  restaurata 
nel  70  i  censori  Gn.  Lentulo  e  L.  Gelilo  cacciarono  dal  senato  64  Senatori, 
Epii.  Lìv.  XCVIII.  È  ovvio  il  pensiero  che  fra  costoro  fossero  anche  satel- 
liti sillani. 

fc  *  Orat.  Lepii>.  apud  Sall.  fragni.  I  55  Maur.  :  Xam  praetrr  mtellites 
commaculatos  quis  eadem  volt  aut  quis  non  omnia  midata  praeter  victoremf 
Scilicet  milites  quorum  sanguine  Tarrulac  Soirtoque,  pchfiimis  sercovum,  divitiae 
parfae  sunt?  An  quibus  praelatus  in  magiatraiiòufì  capiendis  Fufidius,  nncilla 
turpis,  bonorum  omnium  dehonestainentum?  cet. 

Codesto  Faftdiua  sarebbe  stato  nn  primipilare,  stando  ad  Okosk)  V  21, 
ove,  nei  testi  a  noi  pervenuti,  e  detto  FnrMiun.  Egli  avrebbe  con  una  sua 
domanda  a  Siila  originata  la  determinazione  dei  proscritti  v.  i  passi  e  le 
varianti  in  Mup^nzek  apud  V\\ .  RE.  XIII  col.  201. 

Un  altro  di  questi  centurioni  sillani  arricchiti  per  mezzo  delle  proscri- 
zioni fu  L.  Luscius,  V.  AscoN.  in  togam  cand.  p.  81  K.  S. 

•  App.  b.  e.  I   100;   101  cfr.  CIL.  I  585. 

♦  Plut.  Sull.  8. 

^  Cass.  Dio  XLIII  47;  cfr.  27.  Anche  Cicerone  ad  famil.  VI  18,  1 
par  deplorare  che  fossero  accolti  fra  i  senatori  coloro  che  esercitavano  l'a- 
ruspiciua.  Egli  li  mette  a  confronto  di  coloro  che  nei  municipii  esercita- 
vano il  mestiere  del  praeconinm. 


La  successione  degli  strati  sociali  221 

rali,*  che  aiutava  chiunque  si  trovasse  in  strettezze  econo- 
miche '  e  fosse  quindi  pronto  a  seguirlo.  Si  apprende  esser 
vero  che  quosdani  etiam  infimi  generis  ad  ampUssimos  or- 
dines  provexit  (Suet.  Caes.  72)  come  mostra  ad  esempio  la 
fortuna  di  quel  Decidius  Saxa  di  nazione  Celtibero  e  che 
da  soldato,  grazie  al  favore  di  Cesare,  raggiunse  il  tribunato 
della  plebe.  ^  Infine  le  vicende  dello  spagnuolo  Cornelio 
Balbo  e  degli  altri  Spagnuoli  da  lui  accolti  in  Senato  *  ci 
fanno  comprendere  la  verità  della  notizia  che  Cesare  quosdam 
e  semibarbaris  Gallorum  recepii  in  curiam  e  ci  spiegano  il 
malcontento  del  volgo  che  pubblicamente  censurò  e  derise 
provvedimenti  di  tal  natura. ^ 

Questo  stato  di  cose  non  era  per  vero  frutto  esclusivo 
dell'età  cesariana.  Sino  dal  tempo  delle  guerre  civili  sil- 
lane  si  erano  verificate  circostanze  di  questo  genere.  Sem- 
plici soldati,  come  abbiamo  sopra  notato,  dal  terribile  dit- 
tatore erano  stati  chiamati  a  far  parte  del  senato  e  qual- 
che provinciale,  come  L.  Fabius  Hispanensis,  era  di  già 
riuscito  ad  entrare,  sia  pure  a  titolo  di  eccezione,  nella 
curia.*'  Ma    la    rivoluzione   che    succedette   all'uccisione    di 


'  Suet.  Caes.  6.5:  milifem  ncque  a  moribus  neqiic  a  forma  próbàbat,  sed 
tantum  a  vlribus. 

*  Cic.  Phil.  II  32,  78:  hahebat  hoc  omnino  Caesar:  quem  perditum  piane 
aere  alieno  egantemquv,  ni  eundem  nequam  hominem  audacemque  cognorat,  hunc 
in  famiìiaritatem  libentissìme  reeipiebat. 

Cesare  iu  guerra  aveva  bisogno  rti  buoui  soldati;  a  chi  lo  rimproverava 
di  tale  compagnia  rispondeva:  si  grassatores  et  sicoriorum  ope  in  tuenda  sua 
dignitate  usus  esset,  talihus  quoque  se  parem  gratiam  rclaturum,  Suet.  72. 

'  Cic.  Phil.  XI  12;  XII  20;  XIII  27;  XIV  10. 

*  A  parte  Cornelio  Balbo  personaggio  ben  noto  è  il  caso  di  ricordare 
ad  es.  il  passo  del  Bell.  Afr.  28:  duo  Titti  Ilinpani  adolescentes  tribuni  le- 
gionis    r,  quorum  patreni  Caesar  in  senatum  legerat. 

°  Suet.  Caes.  76,  80. 

*  Il  fatto   che  L.  Fabiu'<  Hispanensis  senator  (Sall.   fragni.  Ili  84,  83 


222         Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Cesare  aggravò  il  disordine,  portò  anzi  per  vari  anni  l'a- 
narcliia  nei  sentimenti  come  nell'  ordinemento  dello  Stato. 
La  rivoluzione  aveva  schiuse  molte  nuove  e  fresche  energie 
ma  spesso  condusse  e  mise  a  galla  i  fondi  e  le  feccie  sociali.^ 
Per  il  periodo  delle  ultime  guerre  civili  ci  manca  una 
descrizione  degna  di  stare  a  fianco  di  quella  che  Sallustio, 
sia  pure  con  tinte  un  poco  pessimistiche,  ci  ha  lasciato  ri- 
spetto alla  prima  metà  del  I  secolo.  Nò  è  da  nascondere 
che  i  numerosi  e  pressoché  infiniti  accenni  di  Cicerone  per 
il  periodo  di  Cesare  sul  carattere  di  Antonio  e  dei  suoi 
amici  non  ispirano  sempre  intera  fiducia,  dacché  non  ostante 
F  onestà  della  causa  trapela  troppo  spesso  1'  odio  personale. 
E  la  variabilità  dei  giudizii  ciceroniani  intorno  ad  altri  per- 
sonaggi sono  determinati  da  opportunismo  avvocatesco  e 
politico  ad  un  tempo.* 


Maur)  essendo  stato  proscritto,  passò  dalla  parte  di  Sertorio,  meutre  prima 
era  stato  questore  di  C.  Anniuis  proconsole  inviato  appunto  in  Spagna  (81 
a.  C.)  per  combattere  contro  Sertorio  (v.  i  uumiiii  iu  Baupìlox  I  p.  488 
cfr.  SoBECK  Die  Quacstoren  der  roem.  Kejìublik  (Trebuitz  1909)  p.  34,  Gul'eber 
Coins  II  p.  352)  meglio  si  intende  pensando,  come  lo  stesso  suo  cognome 
ci  insegua,  ad  un  personaggio  di  nascita  spagnnolo  o  per  lo  meno  discen- 
dente da  gente  spagnuola. 

'  CiC.  Phil.  XIII  13,  28:  est  etiavi  Asìnius  quidam  senator  volnuiarius, 
iectus  ijìse  a  se:  apertam  curiam  vidit  jjo.s/  Caesarie  mortem:  mntavìt  calceos, 
paler  conscriptus  factiis  est. 

Ciò.  Phil,  XIII  12,  26:  Cotyla  Vurius  quem  deliciornm  causa  loris  iu 
convivio  caedi  iubebat  a  serris  puhlicis. 

'  Lo  schematismo  ed  i  criteri  retorici  con  cui  nelle  orazioni  di  Cice- 
rone si  lodano  o  biasimano  dati  personaggi  sono  state  oggetto  di  studi 
accurati  (v.  ad  es.  Pkkiswerk  de  inventione  orationum  Ciceronianum  Basel 
1905  diss.;,  ma  nonostante  la  grande  bibliografia  su  Cicerone,  non  è  ancora 
comparso,  per  quanto  è  a  mia  cognizione,  uno  studio  esanricnte  iu  cui  siano 
insieme  riuniti  e  giudicati  da  un  punto  di  vist^  storico  e  politico  i  dissen 
zienti  giudizi  che  Ciceroiie  ha  espresso  intorno  ai  vari  perrionagfji  che  mu- 
tando parere  accusò  o  difese,  di  cui  per  opportunità  di  tempo  e  di  condi- 
zioni politiche  fu  a  seconda  del  momento  amico  ovvero  nemico. 


La  successione  degli  sfrati  sociali  223 

La  rivoluzione  tuttavia  non  faceva  salire  alla  superficie 
solo  la  feccia,  ma  dava  talora  modo  venissero  reintegrate 
vittime  dei  tempi  sillani  e  faceva  risorgere  persone  rispet- 
tabili, che  a  seconda  del  partito  politico  e  degli  interessi 
materiali  di  nuovo  turbati  erano  assai  diversamente  apprez- 
zati. Di  ciò  abbiamo  esempio  assai  notevole  nel  contegno 
che  fu  tenuto  a  proposito  dei  figli  dei  proscritti  dell'età 
siilana  spogliati  del  patrimonio  ma  non  degli  oneri  paterni. 

Tutti  sanno  l'opposizione  che  Cicerone,  in  teoria  cosi 
contrario  alle  persecuzioni  verso  i  figli  dei  condannati,'  eser- 
citò con  successo  affinchè  essi  non  venissero  reintegrati. 
E,  quel  che  suona  ancora  più  strano  al  nostro  orecchio,  il 
contegno  opportunista  di  Cicerone  dava  ancora  più  tardi 
occasione  a  Plinio  di  tessergli  le  più  vive  lodi.  Tra  i  figli  di 
proscritti  sillani  che  già  difesi  da  Cesare  contro  Cicerone 
più  tardi  protetti,  ricordiamo  Vibio  Pausa  il  console  del  43  ;2 
e  questo  non  fu  certo  caso  isolato. 

I  narratori  delle  guerre  civili  non  ci  hanno  presentato 
un  racconto  per  ogni  lato  perspicuo  dei  movimenti  politici 
e  sociali  del  tempo.  Essi  hanno  sopratutto  aggruppati  gli 
avvenimenti  esterni  sul  nome  dei  duci  e  dei  due  o  tre  uomini 

'  Cic.  adAtt.  II  1,  3.  Plut.  Cic.  12,  Quintiliano  XI  1,  85  discorrendo 
del  contegno  di  Cicerone  osservava  :  MolUenda  est  in  plerinque  alio  colore 
asperitas  oraiionis  ni  Cicero  de proscriptormn  liheris  fedi.  Quid  enim  crudelUus 
quavì  homines  hone>tiis  parentihus  oc  maiorihus  natos  a  re  publica  summorerif 
Jiaqtie  durum  id  esse  siimmus  ille  traciandorum  animorum  ariifex  confitetur, 
sed  ita  leyibm  Sullae  cohaerere  statum  civiiaiis  affirmat,  ut  his  soluiis  stare 
ipsa  non  possiti  cet. 

Più  notevole  è  l' esclamazione  di  Plinio  n.  h.  VII  117,  che  fra  le  glo- 
rie di  Cicerone  nota:  te  orante  proscriptorum  liberos  lionores  petere  puduit! 
Quanta  diversità  con  ciò  che  lo  stesso  Cicerone  osservava  in  teoria  allorché 
oondannava  V  expetere  le  poenae  a  ìiberis  a  nepotihus  a  posteri»;  de  deor.  nat. 
Ili  38,  90,  ovvero  si  scagliava  contro  le  proscrizioni  sillane  ad  es.  de  domo 
17,  43. 

-  Cass.  Dio  XLV  17. 


224         Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

principali,  clie  si  contendevano  il  potere.  La  scarsa  libertà 
ciie  fu  accordata  dopo  lo  stabilirsi  dell'autorità  imperiale, 
non  permise  più  tardi  insistere  su  vari  particolari  di  cui 
non  conveniva  serbare  memoria. 

Ciò  nonostante,  le  notizie  di  cui  disponiamo  per  l' età 
precedente  e  quelle  clie  ci  sono  giunte  rispetto  ai  fini  con 
cui  le  feroci  proscrizioni  furono  decretate  ed  eseguite,  ci 
mettono  in  grado  di  comprendere  nelle  linee  generali  la 
natura  dei  fenomeni  clie  si  manifestarono. 

Ad  ogni  modo  conviene  esser  cauti  verso  i  giudizi  in- 
famanti che  Cicerone  esprime  verso  gli  amici  di  Antonio.^ 
Antonio,  se  ben  si  considera,  non  agiva  diversamente  da 
Cesare:  si  assicurava  da  un  lato  -uomini  clie  gli  sarebbero 
restati  partigiani  fedeli  ;  in  altri  casi  provvedeva  come 
meglio  poteva  all'erario  esausto.  Resta  però  il  fatto  che  per 
necessità  non  fosse  altro  che  di  finanza,  si  favorivano 
persone  di  umile  condizione,  che,  approfittando  delle  miserie 
delle  guerre  civili  e  degli  indegni  guadagni  delle  proscri- 
zioni, si  erano  procurati  i  mezzi  pecuniari  per  comperare 
le  magistrature  e  l'entrata  nel  senato.^  Gli  antichi  citavano 
come  esempio  quel  Fufieius  Fango  che  da  soldato  merce- 
nario giunse  a  governare  provincie  ed  a  divenire  senatore, 
quel    Maximus   che    aspirava    ad    essere    questore   e   che   fu 

•  CiCEROXB  accenna  più  volte  a  codesti  amici  e  collaboratori  di  An- 
tonio, V.  ad  es.  Fhil.  XIII  12,  2,  2  ove  menziona  Ventidio,  Trebellio,  Be- 
stia, Nncula,  Muuazio,  Lento,  Decidio  Saxa. 

Ma  Miuiazio  Fianco,  pur  essendo  nn  uomo  moralmente  guasto,  era  un 
buon  soldato  e  Ventidio  Basso,  sebbene  avesse  sortito  umili  natali,  fu  un 
glorioso  generale. 

*  Il  passo  di  Cassio  Dione  XLVIII  34  ad  a.  39  a.  C,  ove  dopo  aver 
detto  cbe  i  triumviri  escogitarono  nuove  imjìoste,  racconta  che  furono  fatti 
senatori  molti  xai  oxpax'.w-aj,  7:atcds  x=  àTCSAE-jvVÉpwv,  àXÀct  xai  So'JXo'Jg, 
va  messo  in  rapporto  anche  con  le  dichiarazioni  di  Velleio  II  60,  A  : 
omnia  prtùo  temperata  vendeute  rempablicani  consule.   (Jfr.  ClC.  Fini. 


I 


La  successione  degli  strati  sociali  225 

riconosciuto  dai  suo  padrone  che  se  Io  ricondusse  qual  servo 
a  casa  e  finalmente  ricordano  Philippus  Barbarius,  pur  schia- 
TO  che  riusci  ad  essere  designato  pretore.* 

Condizione  di  cose  la  quale  rispondeva  interamente  alla 
facilità  con  cui  ancora  al  tempo  di  Augusto  era  facile  ai 
furfanti  di  ogni  genere  ed  agli  schiavi  comperare  la  libertà 
e  farsi  inscrivere  nelle  liste  dei  cittadini.  A  tale  disordine, 
deplorato  da  uno  scrittore  greco  contemporaneo  degno  di 
fede,  Augusto  pose,  come  è  noto,  riparo  facendo  approvare 
le  leggi  Fufìa  Canìnia  (2  a.  C),  Aelia-Seìitia  (4  d.  C.)  e 
lunia-Xorhana  (19  d.  C.?).^ 

Il  tempo  di  Cesare  ed  Augusto,  come  l'era  napoleonica, 
fu  un  periodo  aureo  per  gli  avventurieri.  Il  valore  e  l'in- 
gegno, accanto  all'intrigo,  v'ebbero  il  sopravento  sui  vecchi 
diritti  del  blasone  e   sulla  influenza  delle  vecchie  clientele. 

Il  giorno  in  cui  ad  Azio  si  decisero  le  sorti  della  so- 
cietà romana  e  di  tanti  popoli  della  terra,  dalla  parte  di 
Ottaviano  le  forze  navali  erano  comandate  da  Arrunzio  da 
Lurio  e  da  Agrippa  uomini  del  tutto  nuovi,  da  quella  di 
Antonio  lo  erano  da  Sosio  e  Canidio,  in  rapporto  ai  loro 
precedenti  di  famiglia  pressoché  ignoti.  ^  Quale  fosse  la 
partecipazione  ormai  concessa  agli  uomini  di  umili  natali 
è  dimostrato  dalla  fortuna  di  Ventidio  Basso  e  di  Salvi- 
dieno.  Ventidio  Basso,  che  ancor  fanciulletto  in  seno  della 
madre  avrebbe  ornato  come  prigioniero  il  trionfo  del  pa- 
dre  di   Pompeio    Magno   conquistatore    di   Ascoli,   avrebbe 


»  Su  Faficiua  Faugo  v.  Cass.  Dio  XLVIII  22.  Cfr.  App.  h.  e.  V  26. 

Su  Maximua  Cass.  Dio  XLVIII  34.  Su  Barbati us  (Barbarius)  Big.  I  14, 
3.   SuiD.  8.  V.  Bapv'.og  ^iXiTcr.ixóg. 

'  DiON.  Hal.  IV  24.  Sulla  data  delle  leggi  Fufìa  Cauinia,  Aelia-Sentia 
♦  lunia-Norbana  v.  il    materiale  iu  Rotondi  op.  cit.  p.  454  eg.j  463. 

'  Vkll.  II  85. 

Pai»  Ricerche  sulla  $toria  e  sul  dintto  pubblico  di  Ro-ma  II  18 


226  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

sostentata  la  sua  giovinezza  con  il  commercio  dei  muli.  Eb- 
bene egli  fu  il  solo  fra  i  duci  romani  a  cui  fu  riservato 
l'alto  onore  di  trionfare  sui  Parti  (38  a.  C.)-^  Salvidieno, 
sebbene  di  natali  oscurissimi  e  di  condizione  pastore,  sarebbe 
giunto  al  consolato  se  Ottaviano  non  avesse  avuto  notizia 
del  suo  tradimento.* 

La  modestia  delle  origini  di  taluni  dei  consoli  dell'età 
cesariana  ed  augustea  è  dimostrata  anche  dal  fatto  che  di  essi 
nei  Fasti  trionfali  Capitolini  si  indica  solo  il  prenome  del 
padre  e  non  quello,  come  era  costume,  dell'  avolo. 

Codesti  consoli  sono  : 

1.  a.  46.  Q.  Pedius  M.  f.  procos.  ex  Hispania 

2.  »  42.  P.  Vatiìiius  P.  f.  procos:  de  Ilìurico 

3.  »  39.  C.  Asinius  Gn.  f.  PoUio  procos.  ex  Parthineis 

4.  »  38.  P.  Ventidius  P.f. procos.  ex  Tauro  Monte  et  Partheis 

5.  »  34.  T.  Statilius  T.  f.  Taurus  procos.  ex  Africa 

6.  »  .34.  C.  Norhanus  C.  f.  Flaccus  procos.  ex  Hispania 

7.  »  19.  L.  Cornelius  P.  f.  Balbus  procos.  ex  Africa.^ 


•  È  noto  il  motto  che  fu  cantato  a  Eouia  :  Gkll.  XV  4. 

cuneurrite  omnes  augures,  hdruspices  ! 
porténtum  iniisifdfnm  eonflatiim  est  recena: 
nam  mulas  qui  fricdbat,  consul  fdetus  est. 

Cicerone  ad  fam.  X  18,  3  deride  appunto  Ventidio  per  il  suo  anteriore 
commercio  dei  muli  e  lo  chiama  miiìio. 

*  Sul  Salvidieno  o'noq  Ss  y//  [lèv  èg  àv^scvsaxàxwv  7.7.1  aùxco  fj  xscpaXiT) 
Troiiiaivovc.  9X07»  àvéStoxsv,  v.  Cass.  Dio  XLVIII  33.  Cfr.  Veli,.  II  76: 
natU8  ob8curÌ88imÌ8  initiis. 

'  Non  tengo  conto  delle  indicazioni  abbreviate  dei  Fasti  minori,  come 
gli  Amiternini.  Non  mi  sembra  dimostrato  che  nel  frammento  XXIX  b  ad 
a.  37  dei  Fasti  Capitolini  si  legga  solo  M.  Agrippa  L.  F.  È  notevole  invece 
che  pure  nei  Fasti  consolari  Capitolini  per  l'a.  17  si  legge  M.  Fufio  M.  f. 


La  successione  degli  strati  sociali  227 

L'elenco  complessivo  dei  consoli  dell'età  augustea  mo- 
stra del  resto  come  molti  di  codesti  parvenus  fossero  i  legati 
delle  guerre  felicemente  combattute  nell'Illirico  nelle  Alpi 
nelle  Spagne  in  altre  regioni.  La  pressione  continua  di  nuove 
stirpi,  avide  di  onori  e  di  comando,  la  necessità  di  soddi- 
sfare le  ambizioni  dei  propri  legati  obbligò  da  Cesare  in 
poi  i  reggitori  della  pubblica  cosa  di  ricorrere  a  quell'  ac- 
corciamento del  consolato  che  dava  modo  di  contentare  un 
maggior  numero  di  candidati,  accorciamento  sempre  cre- 
scente che  più  tardi  venne  a  mettere  in  maggior  rilievo  la 
autorità  dell'imperatore/  Come  premio  di  guerra  ed  a  titolo 
di  onore  fu  concesso  spesso  per  pochi  mesi  talora  per  giorni 
quel  consolato  che  durante  la  libera  repubblica  era  invece 
il  naturale  presupposto  per  essere  chiamato  a  combattere  le 
grandi  guerre  alla  testa  delle  legioni.' 

Strigone,  il  quale  è  noto  come  uno  dei  XVviri  aacri»  faciundis,  ma  che  non 
pare  appartenesse  a  stirpe  illnstre. 

Circa  1'  età  anteriore  ad  Augusto  tale  assenza  del  nome  dell'  avo  si 
nota  solo  per 

1.  L.  Tarquitius  L.  f.  Flaccus  Mag{i8ter)  eq{uitnm)  nel  458  di  cui  la 
tradizione  annalistica  raccolta  da  Lrvio  III  27  notava  che  era  patricio  ma 
che  stipendia  pedihus  propter  paupertafem  fecisset. 

2.  Per  M.  Claudius  M.  f.  Gliela  qui  scriba  filerai  dictaior  coacUus)  ahd(i- 
care)  a.  249.  Si  tratta  del  noto  viator  o  scriba  di  P.  Claudio  Pulcher  fatto 
dittatore  da  lui  dopo  il  disastro  di  Drepana  che  da  altre  fonti  è  detto 
sortis  ultimae  hominem  Liv.  Periodi.  i9  cfr.  Suet.  Tib,  2. 

3.  Finalmente  nei  Fasti  consolari  Capitolini  per  il  195  si  legge  M.  Por- 
<nu8  M.  f.  Calo.  Per  1'  anno  184  ove  sono  incisi  i  nomi  dei  censori  si  legge: 
M.  Porcius  M.  f.  M.  n.  Caio,  ma  le  lettere  M.  n.  sono  state  abrase. 

'  I  dati  sull'accorciamento  del  consolato  v.  raccolti  iu  Mommsen  Robm. 
Staatsrecht  II  p.  82  sgg.  il  quale  esaminando  i  dati  dal  lato  giuridico 
non  si  sofferma  nel  dare  la  ragiono  storica  del  fenomeno  o  per  lo  meno  non 
mette  il  fenomeno  in  rapporto  con  lo  sviluppo  storico  dell'istituzione  e  del- 
l'ambiente politico. 

'  CASSIO  Dione  XLVIII  35  ad  a.  39  a.  C.  fissa  al  39  a.  C.  l' istituzione 
normale  dei  consoli  suffeti  che  dovevano  succedere  agli  ordinari. 

Circa  il  consolato  di  un  sol  giorno  di  Caninio  Rebilo  v.  oltre. 


228  Intorno  alla  formazimie  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Non  conosciamo  sempre  in  ogni  particolare,  è  vero,  le  pri- 
me origini  di  varii  dei  legati  e  generali  augustei,  chiamati  in 
seguito  al  consolato,  come  ad  esempio  di  Munazio  Fianco,  di 
Asinio  Pollione,  di  Calvisio  Sabino,  di  Statilio  Tauro,  di  L. 
Cornifìcio,  di  L.  Vinicio,  di  Q.  Laronio,  di  C.  Sosio,  degli  Ar- 
runtii.  In  compenso  siamo  in  grado  di  sapere  che  Ventidio 
Basso  aveva  tratto  la  sussistenza  dal  commercio  dei  muli,  che 
ad  Agrippa  principale  fulcro  della  potenza  di  Augusto,  di  cui 
più  tardi  diveniva  genero,  si  era  spesso  rinfacciata  l'umiltà 
dei  natali.*  Ci  è  detto  che  L.  Tarlo  era  d'infima  natalium  hu- 
militas,^  che  P.  Sulpicio  Quirino  divenuto  ricchissimo  al  pari 
di  Tarlo,  era  di  una  domus  ohscurissima.^  Ed  è  poi  noto  che 
Alfreno  Varo,  il  noto  protettore  di  Vergilio,  console  nel  39,  in 
sua  gioventù,  prima  di  diventare  illustre  discepolo  del  ce- 
lebre giurista  Sulpicio  Eufo,  aveva  esercitata  l'industria  di 
calzolaio.* 

Fenomeno  che  si  è  del  resto  ripetuto  più  di  una  volta 
nella  storia  e  che  può  essere  confrontato  con  ciò  che  ebbe 
luogo  ad  es.  in  Francia  al  tempo  della  rivoluzione  dell' 89 
e  del  dominio  napoleonico.  Tarlo  generale  di  Augusto  di 
infimi  natali  e  Salvidieno  che  da  pastore  sarebbe  stato  per 
diventare  console,  Vetidio  Basso  che  da  mulattiere  finì  per 
trionfare  sui  Parti,  fanno  ripensare  ai  più  illustri  marescialli 
del  grande  Corso.  Kleber  era,  come  è  noto,  figlio  di  un 
tagliapietre,  l' eroico  Ney  di  un  bottaio,  Murat  di  un  al- 
bergatore. Il  valoroso  Hoche  era  nato  da  un  palafreniere 
del  re.  Tanti  altri  illustri  generali   di  quell'età,  appartene- 


'  Tac.  a)in,  T  3:   M.  Agrippam    U/iinhihun  ìooo   hoìiuvi   ìnìlifia  el  riotoriae 
tociuni  cfr.  Skn.  contr.  II  4,  13. 
'  Plin.  n.  h.  XVIII  37. 
»  Tac.  if.nn.  Ili  23. 
*  HORAT.  »af.  I  3,  130;  cfr.  Porph.  mi  1. 


I 


La  successione  degli  strati  sociali  229 

vano  a  classi  sociali  uu  poco  più  elevate,  ma  relativamente 
modeste.  Bernardotte,  il  futuro  re  di  Svezia,  era  figlio  di 
un  procurateur  mi  senechal,  Oudin,  il  padre  di  Oudinot,  era 
negoziante.  Pochi  furono  quelli  che,  come  Dessaix  vantassero 
nobiltà  di  natali  o  come  Jourdan,  Moreau  e  Carnot  discen- 
dessero da  notai,  da  avvocati  o  da  medici. 


* 
*    * 


Il  trionfo  di  Augusto,  la  fine  delle  guerre  civili,  non 
segna  soltanto  il  consolidarsi  di  nuove  stirpi,  ma  anche  una 
parziale  restaurazione  dell'antico  stato  di  cose,  alla  stessa 
maniera  che,  passati  gli  anni  burrascosi  della  rivoluzione 
dell' 89  e  divenuto  console,  Napoleone  venne  ad  un  compro- 
messo con  l'anteriore  ordinamento. 

Per  effetto  di  quella  tendenza  a  raggiungere  un  equilibrio 
sociale,  che  cominciò  ad  aver  maggior  peso  negli  ultimi 
anni  delle  guerre  civili  composte  da  Augusto,  noi  vediamo 
che,  se  fu  fatta  larga  parte  agli  uomini  nuovi,  non  furono 
allontanati  coloro  che  rappresentavano  l' antica  aristocrazia 
Patricia  o  la  nobiltà  plebea.  I  residui  dell'  antico  patriciato 
vennero  rispettati  ed  onorati  con  quella  stessa  cura  con  cui 
Napoleone  cercò  adescare  a  se  i  rampolli  della  grande  no- 
biltà francese.  Non  è  quindi  casuale  che  negli  ultimi  anni 
di  Augusto,  in  mezzo  a  tanti  parvenus,  ricompaiano  fra  i 
consoli,  sia  pure  talora  come  suffetti,  persone  delle  antiche 
genti  dei  Valerli,  dei  Fabii  Massimi,  dei  Sulpicii  Camerini 
e  dei  Cornelii. 

La  scarsità  degli  antichi  patrici  condusse  ad  approvare, 
come  è  noto,  nell'  età  cesariana  ed  augustea  le  leggi  Cassia 
e  Saenia,  per   virtìi   delle   quali   molte  genti   della  nobiltà 


230  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

plebea  furono  chiamate  al  patriciato.  Si  provvide  così  a 
quei  sacerdozii  clie  dovevano  necessariamente  essere  affidati 
a  patricii. 

Ma  oltre  alla  religione  ebbero  in  ciò  parte  la  politica  e 
la  vanità.  Il  nobile,  oggetto  di  scherno,  ove  non  sia  prov- 
visto di  mezzi  di  fortuna,  acquista  dovunque  autorità  e  ri- 
spetto allorché  ai  fumi  aristocratici  congiunga  il  possesso 
della  ricchezza.  Augusto,  che  mirava  a  restaurare  in  parte 
l' antico  stato  di  cose,  permetteva  che  compiacenti  genealo- 
gisti rivendicassero  per  la  sua  famiglia  un  posticcio  pa- 
triziato che  si  faceva  cominciare  dal  tempo  dei  re.*  Che 
rivendicazioni  di  tal  natura  avessero  nell'ambiente  una  certa 
presa,  mostra  la  cura  che  M.  Antonio  poneva  a  farsi  passare 
come  un  discendente  di  Ercole.^  La  dimostrazione  migliore 
è  data  dallo  stesso  Cesare,  che  dalle  sue  origini  regie  e  di- 
vine menava  esplicito  vanto.' 

Per  effetto  delle  leggi  sopra  ricordate,  nel  tempo  inter- 
medio fra  Cesare  ed  Augusto  divennero,  fra  gli  altri,  patricii 
i  Calpurnii,  i  Domizii,  i  Claudii  Marcelli,  i  Sempronii,  gli 
lunii  Sillani.  Si  trattava  di  famiglie  che  da  secoli  ave- 
vano coperte  cariche  curuli,  raggiunto  il  consolato,  menati 
trionfi  e  resi  talora  grandi  servigli  alla  repubblica.  Codeste 
famiglie  erano  da  generazioni  e  generazioni  alleate  per  via 
di  matrimoni  e  di  adozioni  con  le  più  vetuste  genti  patri- 
cie;  per  ricchezze,  per  gesta  compiute  e  per  aderenze,  non 
erano  per  nulla  meno  famose  di  quelle. 

Ma  accanto  alle  famiglie  della  vecchia  nobiltà  plebea, 
troviamo  pure  qualcuna  degli  homines  novi;  e  venendo  meno 


•  SuET.  Aug.  I  sq. 
«  App.  Ili  16;  19. 

*  SuET.  Caes. 


La  successione  degli  strati  sociali  231 

le  genti  più  vetuste  giunse  infine  un  giorno  in  cui  gli  Acilii, 
considerati  ancor  come  homines  novi  nel  189  (Liv.  XXXVII 
67)  sarebbero  divenuti  i  campioni  ed  i  più  illustri  rappresen- 
tanti della  nobiltà  romana  (Herodian.  Il  3).  E  in  pari  modo 
gli  Anicii  clie  provenivano  da  Preneste  furono  considerati  i 
più  illustri  campioni  dell'aristocrazia  romana,  sebbene  du- 
rante tutta  la  libera  repubblica  fossero  giunti  una  sol  volta 
e  relativamente  tardi  al  consolato  (160  a.  C.)/ 


*  Ciò  sta  in  relazione,  come  è  stato  più  volte  notato,  con  il  fatto  che 
gli  Anicii  furono  tra  i  primi  ad  abbracciare  il  cristianesimo,  v.  il  materiale 
in  Seecc.  in  PW.  BE.  I  col.  2198. 

È  appena  necessario  ricordare  che  alcune  fra  le  più  illustri  famiglie 
della  nobiltà  romana  nel  Medio  Evo,  come  ad  esempio  i  Pierleoni,  i  Conti, 
i  Frangipane  vantavano  discendere  dagli  antichi  Anicii. 


232  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 


XII 


I  Fasti  ed  il  graduale  estendersi  delle    magistrature   curuli  alle  varie 
regioni  della  Penisola. 

I  nomi  dei  Fasti  confrontati  con  i  dati  letterari  ci  hanno 
mostrato  come  man  mano  nuovi  strati  sociali  si  vennero 
sovraponendo  nel  governo  della  repubblica.  Essi  ci  insegnano 
ancora  che  codesti  strati  stanno  pure  in  relazione  con  la 
successiva  partecipazione  delle  varie  regioni  d' Italia  al  pos- 
sesso della  cittadinanza  romana. 

Pochi  Stati  forse,  come  Roma,  insistendo  sulla  continuità 
degli  elementi  indigeni,  hanno  cercato  occultare  il  soprave- 
nire  di  elementi  stranieri.  Questo  sentimento  si  rafforzò  nelle 
età  in  cui  vantare  origini  romane  era  un  invidiabile  pri- 
vilegio. 

Per  il  tempo  più  antico,  la  stessa  tradizione  è  invece 
disposta  ad  ammettere  il  contrario.  Essa  riconosce  a  più 
riprese  che  durante  l' età  regia  Sabini,  Albani  ed  Etruschi 
occuparono  a  più  riprese  la  Città  e  vi  ottennero  persino  il 
regno.  Questo  medesimo  fatto,  ove  siano  del  tutto  degni  di 
fede  i  Fasti  del  secolo  V,  risulta  come  abbiamo  già  notato  a 
suo  luogo  dai  cognomi  di  taluni  fra  più  antichi  consoli  come 
quello  di  Tuscus  appartenente  ad  Aquilius  console  nel  487, 
di  Fidenates  proprio  dei  Sergii,  di  Camerinus  dei  Sulpicii, 
di  Siculus  dei  Cloelii,  e  così  di  seguito.^ 

»  V.  6.  p.  9  sgg. 


L' estendersi  delle  magistr.  curuli  alle  regioni  d'Italia  233 

Non  solo  i  cognomi,  ma  anche  i  geutilici  in  vari  casi  ac- 
cennano chiaramente  al  carattere  non  urbano  dei  magistrati 
che  man  mano  si  succedettero  nel  governare  la  Città;  sebbene 
anche  per  questo  lato  non  sia  dato  che  risolvere  che  un'  as- 
sai piccola  parte  dei  molti  problemi  che  i  nomi  suggeriscono. 

Sorvoliamo  sull'età  più  vetusta.  Ove  i  dati  tradizionali 
meritino  fede,  constatiamo  sino  dai  primi  anni  della  repub- 
blica la  presenza  di  elementi  propriamente  romani  accanto 
a  Sabini  e  ad  Etruschi. 

Famiglie  schiettamente  romane-albane  sono,  stando  agli 
stessi  dati  della  tradizione,  gli  lulii,  gli  Aemilii,  i  Cloelii,  i 
Quinctilii,  i  Servilii  ;  derivavano  dalla  Sabina  i  Valerii  i 
Claudii,  i  Postumii,  i  Regillenses;  indicano  origine  etrusca  i 
Larcii  gli  Herminii  gli  Aquilii.  Ben  presto  però  questo  oriz- 
zonte si  allargò  ;  e  nuove  genti  giunsero  a  Roma,  come  la 
stessa  tradizione  ammette,  dalle  città  del  Lazio  vicino. 

Fra  tutte  le  città  latine  una  posizione  eminente  venne 
raggiunta  da  Tuscolo,  d'onde,  come  già  osservava  Cicerone, 
prò  Piando  19,  traevano  ovigìne plurlmae  familìae  consulares. 
Tale  preponderanza  si  spiega  agevolmente  ove  si  consideri 
che  Tuscolo  si  presenta  nella  tradizione  sino  dal  VI  secolo 
come  la  città  più  potente  del  Lazio. 

Sarebbe  oltre  modo  desiderabile  determinare  le  primarie 
di  codeste  plurlmae  familìae  tusculane,  ma  gli  antichi  ci 
hanno  date  casualmente  solo  rare  indicazioni  rispetto  a  no- 
tizie che  erano  a  cognizione  di  tutti  e  che  non  si  reputava 
quindi  necessario  tramandare  ai  posteri. 

Con  Cameria,  tanto  è  a  dire  con  un  territorio  in  origine 
distaccato  e  con  il  tempo  riunito  forse  con  la  limitrofa  Tu- 
sculo.  si  collegavano  i  Sulpicii  Camerini:^  a  Tusculo   sono 

'  Rimando  per  tuttf  queste  aflferinazioni  alle  prove  recate  nelle  note  a 
p.  97  8gg. 


234  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

pure  state  trovate  tombe  antichissime  di  Furii  e  di  li  ad 
ogni  modo  giunsero  più  tardi,  come  è  noto,  i  Mamilii,  che 
dalla  torre  presso  la  Suburra  vennero  detti  Turriui;  nel 
322  vi  giunsero  pure  i  Fulvii.  Infatti  nel  322  il  consolato 
fu  conseguito  da  L.  Fulvio  Curvus,  che  nello  stesso  anno, 
combattendo  contro  i  Romani,  copriva  in  patria  la  stessa 
magistratura.  Da  Tuscolo,  e  forse  più  propriamente  da  Ca- 
meria,  vennero  più  tardi  a  Roma  Tiberio  Coruncanio  ;  pure 
da  Tuscolo  i  Porcii,  gli  luventii  ed  i  Fonteii. 

Quel  che  vale  per  Tuscolo  deve  pensarsi  per  le  altre  pre- 
cipue città  dei  Prisci  Latini,  dei  Rutuli  e  degli  Aurunci 
ossia  per  Aricia,  per  Norba,  per  Cora  e  cosi  di  seguito;  Cice- 
rone Phil.  Ili  6,  11,  parlando  infatti  di  Aricia  dice:  hinc 
multae  sellae  curules  patrum  memoria  et  nostra.  Per  giunta 
rammenta  come  da  Aricia  fossero  provenuti  gli  Atinii  ed 
i  Voconii,  autori  delle  leggi  omonime.  Atinii  e  Yoconii  non 
raggiunsero  il  consolato,  ma  superiori  magistrature  curuli; 
tuttavia  in  complesso  sia  per  Aricia,  da  cui  provennero  più 
tardi  gli  Atii,  come  per  gli  altri  municipii  vicini,  è  dato  pen- 
sare che  furono,  per  cosi  dire,  i  serbatoi  delle  fresche  ener- 
gie romane.  Da  Lanuvio  vennero  i  Papii,  gli  Annii  eppoi  i 
Licinii  Murena,  i  Renii,  i  Roseli  Fabati,  i  Procilii,  da  Pre- 
neste  gli  Anicii,  da  Gabi  gli  Antistii  ed  i  Gabinii;  Tibur  dette 
con  il  tempo  i  Munatii,  Velletri  gli  Octavii  e  questo  feno- 
meno fu  certo  molto  più  intenso  per  le  minori  magistrature 
curuli  e  per  le  plebee. 

Codesta  inevitabile  penetrazione  di  elementi  suburbani 
non  fu  mai  interamente  gradita  dai  vecchi  cittadini  di  Ro- 
ma. Per  quanto  Tuscolo,  Preneste,  Tibur,  Lavinio,  Aricia, 
avessero  associate  ormai  da  secoli  le  loro  sorti,  e  mille  ragioni 
sia  religiose  che  materiali  facessero  apparire  tali  vetuste  città 
latine  come  un  subburbio  della  stessa  Roma,  in  date  occa- 


L'estendersi  delle  magistr.  amili  alle  regioni  d'Italia  235 

sioni  erompevano  sentimenti  di  rivalità  e  disprezzo  verso 
coloro  che  non  potevano  vantarsi  di  essere  nati  in  una 
vera  e  propria  famiglia  urbana. 

Ancora  al  tempo  di  Cicerone,  v'era  chi  trattandosi  di 
elezioni  alle  magistrature  credeva  far  prevalere  il  prestigio 
che  proveniva  dall'essere  patricio.*  D'altra  parte  M.  An- 
tonio sentiva  poter  con  suo  vantaggio  rinfacciare  ad  Otta- 
viano di  origine  velletrana  di  discendere  da  madre  Aricina  ; 
e  questo  disprezzo  era  naturalmente  più  vivo  verso  coloro 
che  non  facevano  parte  delle  città  del  vecchio  Lazio.' 

Cicerone  si  è  fatto  più  volte  eco  della  protesta  dei  mu- 
nicipali ed  ha  mostrato  come  fra  gli  stessi  patricii  ad  es. 
fra  i  Manlii,  vi  erano  ormai  quelli  che  non  avevano  sde- 
gnato congiungersi  con  famiglie  di  municipi  italici,  che  non 
era  quindi  più  il  caso  di  rinfacciare  1'  origine  non  urbana 
dacché  quasi  tutto  il  Senato  era  ormai  costituito  da  citta- 
dini municipali.^ 


'  Cic.  prò  Sulla  8,  24. 

*  Cic.  Phìl,  III  6,  15  sq.  :  ignobilitatem  ohicit  C.  Caesari»  fiUo ;  cuiut 
etiam  natura  pater  si  vita  supptditasset,  conaul  factus  esset.  «Aricina  mater». 
Trallianam  aut  Ejyhesiam  putea  dicere.  Videie  quam  despiciamiir  omnes  qui 
Burnus  e  viunicìjiiis  cet. 

*  CiC.  prò  Sulla  7,  23  sqq.  :  non  possunt  omnes  esse  patricii;  si  cernm 
quaerit,  ne  curant  quidem;  nec  se  aequales  fui  propter  istam  causam  abs  te 
unteiri  pufant .  .  .  tu  cave  quemquam  peregrinum  appelhs  ne  peregriniinorum 
iuffragis  obruare. 

Phil.  Ili  6,  15:  ridete  quam  despiciamur  omnes  (cioè  i  senatori)  qui  sumus 
e  municijyiis  id  est  onvnes  piane.   Quotus  enini  quisque  nostrum  non  est?  cet. 

Cfr.  CiG.  2>ro  Sulla  8,  25:  ac  si,  iudi^es,  ceteris  patriciis  ine  et  vos  peregrinos 
videri  oporteret,  a  Torquato  tamen  hoc  vitium  sileretur;  est  enim  a  materno 
genere  municijyalis  honestissimi  ac  nobilissimi  generis,  sed  tamen  Asculani  cet. 

Alleanze  di  famiglia  con  provinciali  non  erano  del  resto  rare.  Così 
Calpurnio  Pisone  il  suocero  di  Cesare,  era  figlio  di  madre  piacentina  aveva 
per  avo  materno  un  Calventius.  CiC.  in  Pison  23,  57;  27,  67.  AscoN.  ad 
Pison  p.  2  S.  K. 

Non  è  necessai'io  insistere  sul  fatto  che  molte  stirpi  romane  si  dovet- 


236  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

È  notevole  però  che  apprezzamenti  di  tale  natura  non 
vengano  espressi  a  proposito  delle  famiglie  di  origine  salDÌna. 
I  Sabini,  per  lo  meno  quelli  della  regione  contermine  al 
Lazio,  avevano  date  alcune  delle  più  vetuste  e  potenti  genti 
patricie,  come  gli  Appli  Claudii,  i  Postumii,  probabilmente  i 
Fabii  ed  i  Valerli,  e  tutta  la  tradizione  antica  è  costante  nel 
mettere  in  evidenza  il  carattere  sabino  di  una  parte  del  po- 
polo romano.  Ma  è  probabile  cbe  sentimenti  diversi  si  siano 
nutriti  verso  i  molti  sabini  plebei  che  numerosi  affluivano 
dalle  montagne  della  vera  e  propria  Sabina  a  partire  dagli 
Aurelii,  dai  Curii  per  giungere  ai  Terentii  e  sul  finir  della 
repubblica,  ai  Calvisii  ed  ai  Poppaeii. 

L' orizonte  limitato  dal  Lazio,  dal  paese  dei  Falisci,  dalla 
contermine  Etruria,  dal  territorio  degli  Aurunci  e  degli  Er- 
nici,  si  allargò  notevolmente  con  le  vicende  politiche  del 
secolo  successivo,  in  cui  ebbe  luogo  l'intervento  romano  nella 
Campania. 

Ci  è  espressamente  detto  che,  stretto  il  foedus  aeqiium,  si 
strinsero  le  relazioni  di  parentela  fra  Romani  e  Campani. 
Non  è  improbabile  che,  come  ai  Camj5ani  più  distinti  si 
accordò  Vius  commerci  et  connubii,  cosi  si  stia  in  qualche 
caso  loro  concesso  il  diritto  di  pigliar  dimora  a  Roma  e  di 
aspirarvi  agli  onori. 

Dato  lo  splendore  e  la  superbia  campana,  può  dubitarsi 
che  ciò  si  sia  di  già  verificato  sino  dalla  metà  del  secolo  IV, 
sebbene  la  tradizione  dica  apertamente  che  sino  dal  339  a. 
0.  gli  equites  Campani  fedeli  a  Roma  vennero  onorati  con 


tero  di  buon'ora  fissare  nelle  varie  regioni  d'Italia.  Così  per  citare  solo 
due  esempi  C.  Popilius  Laenas,  il  noto  uccisore  di  Cicerone,  che  era  stato 
in  lui  anteriormente  difeso,  era  del  Piceno,  Val.  Max.  V  3,  4.  E  ad  Aqni- 
leia  si  fissò  nn  ramo  dei  patricii  Pinarii  Xatta  r,  i  miei  Sujpplementa  ad 
CJL.  V  n. 275. 


L'estendersi  delle  magistr.  ciiruli  alle  regioni  d'Italia  237 

la  cicitas  sine  suffragio J  Ad  ammettere  tale  ipotesi  può 
indurre  quanto  tosto  diremo  rispetto  a  Fundi  degli  Aurunci, 
la  quale  si  venne  a  trovare  in  una  condizione  analoga.  Ciò 
è  pressoché  ammissibile  per  l' età  successiva  considerando 
la  sorte  che  toccò  ai  Campani  dopo  la  resa  del  211  a.  C. 

Livio,  ove  ha  occasione  di  accennare  alle  relazioni  che 
s'erano  stabilite  fra  Romani  e  Campani  prima  della  rivolta, 
cosi  si  esprime  XXIII  4,  7:  quod  conubium  vetustum  multas 
familias  claras  ac  potentis  Romanis  wèscMera?.  Ed  accennando 
pure  alle  condizioni  anteriori  a  Canne  fa  dire  al  console  roma- 
no in  un  discorso  rivolto  ai  Campani:  civitatem  nostrani  ma- 
gnae  parti  vostriim  dedimtis  communicavimusque  vohiscum  Liv. 
XXIII  6,  10.  Cfr.  XXVI  33.  3  :  cives  Romanos  (cioè  i  Cam- 
pani puniti  dopo  la  presa  di  Capua)  adfinitatihus  plerosque 
et  propinquis  iamiam  cognationibus  ex  conubio  vetusto  itinctos. 

Ci  è  detto  che  il  Campano  Pacuvio  Calavio  avesse  avuta 
per  moglie  una  delle  figlie  di  Appio  Claudio  e  che  una  figlia 
di  costui  si  fosse  accasata  a  Roma  con  M.  Livio.*  Sappiamo 
inoltre  che  allorché  dopo  la  resa  si  sistemò  la  sorte  dei  Cam- 
pani, si  presero  provvedimenti  diversi  verso  le  singole  fami- 
glie, secondo  che  erano  state  più  o  men  fedeli  od  ostili  e 
noi  possiamo  aggiungere  imparentate  con  genti  più  o  meno 
potenti  a  Roma.' 

'  Liv.  Vili  11;   14. 

'  Liv.  XXIII  2,  6. 

"  Liv.  XXVI  34:  Campanis  in  familias  xinguìcts  decreta  j'actu,  quae  non 
upcrae  praetium  est  omnia  enumerare.  .  .  aliorum  Campanorum  summam  etiam 
rensns  dMmxerunt ,  piiblicanda  necne  hona  essent  ....  qui  nec  Capuae  nec  in 
urbe  Campana,  quae  a  populo  Romano  defecUaet,  per  bellum  fuiiisent  eos  eia 
Lirim  amnem  Eomam   versus  .  .  .   emovcndos  ccnsucrc  cet.  Cfr.  XX^'III  46,  5. 

Fra  i  Campani  meno  maltrattati  dalla  sorte  vi  furono  naturalmente 
quei  trecento  nohilissimua  quisque,  che  durante  la  lotta  con  Annibale,  erano 
stati  in  praesidia  Sicularum  urhium  delecti  ab  Romania  ac  missi  Ltv.  XXIII  4,  8. 

È  ovvio  sospettare  che  codesti  300  cavalieri  appartenessero  alle  stesse 


238  Intorno  alla  /orinazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

I  cittadini  primari  die  furono  trattati  con  maggior  mi- 
tezza, pur  essendo  allontanati  dal  suolo  patrio,  serbarono  la 
cittadinanza  romana  e  si  stabilì  dovessero  esser  censiti  a 
Roma/  Si  intende  perchè  nel  188  a.  C.  i  Campani  che  ave- 
vano avuto  ordine  di  farsi  censire  a  Roma  chiesero  :  ut 
sibl  cives  liomanas  ducere  uxores  liceret^  et  si  qui  prius  du- 
xisset,  ut  habere  eas  et  nati  ante  eam  diem  uti  insti  sibi  liberi 
heredesque  essent  Liv.  XXXVIII  36,  5.  Tali  domande  ven- 
nero esaudite. 

Non  è  improbabile  che  il  nome  di  qualche  famiglia  illu- 
stre romana  sia  di  origine  campana.  Ma  non  abbiamo  ele- 
menti per  formulare  risposte  precise.  Così  non  siamo  in  grado 
di  stabilire  se  Vitruvio  Vacco  di  Fundi  vir  non  domi  solum 
sed  etiam  Romae  clarus.  (Liv.  Vili  18  ad  a.  330),  che  possede- 
va case  sul  Palatino  e  forse  anche  sul  Quirinale,  avesse  diritto 
d'aspirare  agli  onori  in  Roma.  Certo  più  tardi,  traeva  origine 
da  Fundi  quel  Fundanius  Fundulus  che  nel  243  divenne 
console.  E  la  storia  del  tuscolano  Fulvio  console  nel  322 
prova,  forse,  come  sino  dal  IV  secolo  Roma  concedesse  ma- 
gistrature urbane  a  quelli  fra  i  primari  cittadini  degli  Stati 
limitrofi  con  cui  contraeva  un  foedus  aéquum  optimo  iure. 

Rispetto  a  tal  materia  abbiamo  a  nostra  disposizione 
piuttosto  gli  esempi  della  tendenza  restrittiva  degli  ultimi 
tempi  che  quella  delle  facilitazioni  delle  età  più  antiche.  E 
pericoloso,  del  resto,  formulare  criteri  troppo  assoluti.  A  Roma, 
come  altrove,  vi  furono  periodi  varii  ora  di  larghezza,  ora 


famiglie  di  cui  facevano  parte  gli  equitcs  che  nel  339  a.  C.  avevano  man- 
tenuto fede  a  Roma  Liv.  Vili  11,  14. 

Che  molti  dei  Campani  fossero  cittadini  romani  è  espressamente  di- 
chiarato oltrove  V.  ad  es.  Liv.  XXVI  33,  10. 

»  Liv.  XXXVIII  28,  4  :  Campani^  ubi  censerentur,  senaium  consuluerunt: 
decretum  ufi  liomat  censerentur. 


L' estendersi  delle  magistr.  curuli  alle  regioni  d'Italia  239 

di  restrizione,  determiuati  da  ragioni  pratiche  del  momento. 
Roma  seguì  diversi  criteri,  che  sfuggono  allo  storico  e  che 
tanto  meno  possono  essere  formulati  con  precisione  dai  trat- 
tatisti del  diritto  pubblico.  È  tuttavia  lecito  supporre  che 
Fulvio,  console  romano,  nello  stesso  anno  in  cui  poco  prima 
aveva  fatto  guerra  a  Roma  come  console  di  Tuscolo,  non 
costituisca  un  fatto  isolato.  È  ovvio  il  pensiero  che  nel 
tempo  in  cui  gli  eserciti  federati  di  Roma  e  del  Lazio  erano 
comandati  anche  da  duci  Latini  si  siano  in  più  di  un  caso 
concessi  analoghi  onori,  sopratutto  poi  quando  si  trattava  di 
persone  appartenenti  a  città  che  avevano  ricevuti  coloni 
romani.^ 

La  pretesa  espressa  dai  Latini  nel  340  a.  C,  che  uno  dei 
consoli  fosse  scelto  nel  loro  seno,  meglio  si  intende  ove  si 
ammetta  la  relativa  frequenza  di  casi  analoghi  a  quello  del 
tusculano  Fulvio  ;  *  e  analogia  di  condizioni  vale  forse  a 
chiarire  come  un  simile  racconto  venisse  riferito  da  qual- 
che annalista  a  proposito  dei  Campani  nel  216  a.  C,^ 

Ammettendo  una  assai  stretta  unione  fra  Romani  e  La- 
tini, si  comprende  ad  ogni  modo  la  proposta  di  Sp.  Carvilio 
fatta  nel  216  dopo  Canne,  di  scegliere  due  persone  da  ciasche- 
duna città  del  Lazio,  allo  scopo  di  supplire  quelli  fra  i  se- 
natori romani  che  erano  periti  nella  guerra  contro  Annibale.* 

'  Liv.  Vili  3,  9:  Praefores  tum  duos  Latium  habebat,  L.  Annium  Seti- 
num  et  L.  Xumisiuni  Cerceimsem,  ambo  ex  coloniix  Bomayiis  cet.  Cfr.  Fest. 
s.  V.  praetor  p.  241  M. 

'  Liv.  Vili  4. 

'  LrviO  XXIII  6,  8  nota  tuttavia  :  quia  nimis  campar  Latinorum  quon- 
dam postulano  erat,  Coeìiusque  et  alii  id  haud  sine  causa  praetermiserani 
scriptores,  ponere  prò  certo  sum  veritus. 

*  Liv.  XXIII  22.  Carvilio  fa  la  proposta  :  explendi  senatus  causa  et 
itingendi  artius  Latini  nominis  cum  populo  Romano.  Essa  è  però  fatta  quando 
da  oltre  un  secolo  Roma  aveva  ridotti  i  Latini  alla  stia  soggezione.  Livio 
ib.  7,  dice  che  haud  aequiorihus  animis  quam  ipsorum  quondam  postulatum 
Latinorum  patres  audierunt. 


240  Intorno  -alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

La  tradizione  superstite  non  mette  in  rilievo  quel  periodo 
in  cui  Roma  trattò  da  pari  gli  Stati  latini  federati:  Essa 
cerca  anzi  di  far  credere  clie  i  Latini  erano  stati  domati 
da  Roma  sino  dal  499-496,  ossia  dal  tempo  della  battaglia 
del  lago  Regillo.  Cosi,  come  feci  osservare  molti  anni  or 
sono,  Roma  presuppone  che  sino  dal  342  i  Campani  avessero 
fatta  quella  dedizione  verso  Roma,  che  fu  invece  risultato 
di  posteriori  avvenimenti. 

La  verità  ci  è  serbata  quasi  casualmente  da  poche  e  mu- 
tile notizie  come  quella  relativa  al  consolato  del  tuscolano 
Fulvio  che,  nella  generalità  dei  casi,  non  sono  bene  apprez- 
zate dalla  critica  dei  moderni. 

Con  relazioni  di  questo  genere  si  spiega  infine  l'episodio 
di  queir Atilio  Calatino  genero  di  un  Fabio  Massimo  che 
poi  tradì  il  castello  ed  il  presidio  Romano  di  Sora  e  che 
da  suo  suocero  Fabio  fu  salvato.* 

Che  il  principio  della  maggiore  larghezza  abbia  avuto 
talora  applicazioni  sino  al  IV  secolo,  sia  pure  a  titoli  di  ecce- 
zione, risulta  dalle  vicende  degli  Otacilii.  Nel  26;l  un  Otacilio 
è  console.  Ciò  si  spiega^  secondo  ogni  probabilità,  con  il  fatto 
che  sin  dal  tempo  delle  guerre  Sannitiche  e  contro  Pirro 
un  Numerio  Otacilio  di  Malevento  (Benevento)  impalmò  sua 
figlia  con  un  Fabio,  da  cui  nacque  il  primo  dei  Fabii,  che 
assunse  il  prenome   di   Numerio.^   E   per  effetto    di   questa 


»  Val.  Max.  Vili  1  abs.  9. 

'  La  notizia  di  Fksto  p.  172  M  s.  v.  Nuincrius  praenomen  numquam 
ante  fuissc  in  patricia  /aììnttà  dicitwr,  quain  ir  Faiius,  qui  unus  post  sex  et 
trecentos  ab  Etruscis  inttrfe.ctos  superfuit,  inditctus  magnitudine  diritiarnm, 
uxorem  duxit  Otacili  Malerentani,  ut  tum  dicehantiir,  ftliain,  ea  condicione,  ut 
qni  j)rtmu«  nntus  essct,  pracnominc  ari  materni,  Xiimcrius  appcllaretur,  trovauo 
bensì  conferma  utsi  Fasti,  ove  sino  dal  421  a.  C.  si  trova  fatto  ricordo  del 
prenome  Kunierius    a   proposito    del    console    T.  Fdhin»    VibitUiniis,  imi    non 


r  estendersi  delle  rnagistr.  curuli  alle  regioni  d'Italia  241 

medesima  alleanza  di  famiglia  un'altro  Otacilio  nato  dalla 
figlia  di  Fabio  Massimo  Cunctator  raggiunse  la  pretura  nel 

215  a.  0/ 

Altri    casi   analoghi   si    nascondono  forse  nei   nomi   di 
altri    magistrati,    di    cui    non    possiamo    sempre   ritrovare 
l'origine   Allo  stato  delle  nostre  cognizioni  è  semplice  ipo- 
tesi che  sia  ad  es.  straniera,  probabilmente  etnisca,  l'origine 
degli  Ogulnii  che  figurano  nei  Fasti  consolari  del  269,  dei 
dittatori  nel  257  e  di  cui  non  troviamo  più  menzione  dopo 
la  prima  metà  del  n  secolo  in  cui  un  Ogulnio  figura  come 
pretore  (a.  182  Liv.  XXXIX  56;  XL  1)  fatta  eccezione  di 
nn  monetale   che  si  suole   attribuire  all' 84  a.  C.  (Grueber 
Coins  II  p.  333  n  589).«  Cosi  non  è  imprudente  pensare  che 
i  buoni  rapporti  fra  Roma  e  la  Campania  determinarono  nel 
2  43    l'avvento    del   console   Fundanius  Fundulus,  teste  ri- 
cordato. Anche  il  nome  degli  Aurunculei,  che  nel  209  rag- 
giunsero la  pretura,  parrebbe  accennare  alla  loro  origine  dal 

paese  degli  Aurunci.  _ 

A  noi  manca  purtroppo  modo  di  ristabilire  la  patria  origi- 
naria della  maggior  parte  di  coloro  che  raggiunsero  le  su- 
preme magistrature  curuli  durante  il  IV  secolo.  Ma  i  testi 
ricordati,  per   quanto    estraneamente   scarsi,    ci    concedono 

hanno  maggior  valore  delle  indicazioni   pure   accolte  nei  Fasti  che  danno 

ai  Manlii  il  cognome  di   VuUo  sino  dal  474  a.  C.  ,         .        ,     •   „. 

Tu  to  tende  ad  escludere  che  sino  dal  V  secolo  Roma  fosse  m  relazu,n. 

coni  siiti  di  Maleventum,  n.entre  il  primo  trattato  fra  Roma  ed  .  han- 

.Hi  r-;;-^;;^^;:ìrdiri^M;  cnc..-:  o.cu..  .oro.. ... 

miam  tixorem  atque  ex  ea  liheros  habet. 

•'      "  Ho  indicate  sopra  le  ragioni  che  fanno  credere  ^^^^^^^^^^^% 
Ognluii.  Va  però  notato  che  i  Fasti  Capitolini    danno  al  dittato  e  d      25 
U  ro"nome  di   Gallu.,  cognou.e  che  gli  è  pur  dato  dal  Cronografo  del  3o4 
:  ^Zonicon  Fasciale  per  il  console  del  269.  I   Fa.H  H.^at.am  porgono 
a  quest'ultimo  anno  l'indicazione:   Gallo  Salmo. 

Pai.  Rirtrche.  ,uUa  storia  e  tul  diritto  imhblico  di  liom»  H 


242  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

tuttavia  di  fare  qualche  induzione,  e  di  pensare  che  Roma, 
sia  pure  con  la  maggiore  prudenza  ed  a  titolo  di  eccezione, 
cercò  di  assimilarsi  le  migliori  energie  nell'Italia  centrale. 
Ed  è  forse  lecito  asserire  che  questo  criterio  venne  seguito 
sino  all'età  delle  guerre  puniche  in  cui  divenuto,  senza  timore 
di  ulteriori  competizioni,  lo  Stato  signore  d'Italia,  Roma 
senti  di  potere  inaugurare  un  periodo  di  esclusioni  a  danno 
dei  Latini  e  degli  altri  federati,  spargendo  il  seme  delle  di- 
scordie e  dei  malumori  che  condussero  circa  un  secolo  dopo 
alla  rivolta  ed  alla  distruzione  di  Fregelle  ed  in  seguito 
alla  guerra  Sociale. 

Nonostante  i  nuovi  criteri  ristrettivi,  per  cui  i  Latini 
e  Italici  venivano  invitati  ad  abbandonar  Roma  ed  a  ripren- 
der dimora  nelle  loro  patrie,^  il  movimento  di  allargamento 
si  era  andato  accentuando.  Nel  secolo  II  troviamo  ad  esempio 
fra  i  consoli  gli  Octavii  di  Velletri  (165),  gJi  luventii  di  Tu- 
8C0I0  (163),  gli  Anicii  originarii  di  Preneste  (160).  La  grande 
parsimonia  con  cui  nel  I  secolo  si  concedeva  ormai  la  cit- 
tadinanza romana  risulta  dal  fatto  che  nella  legge  sulla  de- 
duzione di  colonie  rogata  da  Apuleio  Saturnino  nel  100  a.  C. 
veniva  limitato  a  tre  il  numero  di  coloro  a  cui  se  ne  poteva 


'  Stanilo  alla  tradizione  superatite,  sono  gli  stessi  Latini  che  preoc- 
cnpati  del  frequente  abbandono  dei  lero  concittadini,  i  «juali  si  trasferivano  a 
Roma,  determinano  misure  da  parte  dei  Romani  per  frenare  tale  esodo.  Liv. 
XXXIX  3  ad  a.  187;  XLI  8,  11  ad  a.  177;  XLII  10  ad  a.  172.  Cfr.  Cic. 
prò  Sextio  13,  30. 

I  Latini  avevano  facoltà  di  fissar  la  loro  dimora  a  Roma,  ove  aves- 
sero lasciato  stirpe  in  patria.  Il  lamento  dei  loro  concittadini  consisteva 
in  ciò  che  coloro  non  lasciavano  tale  .sffr^js  in  patria  ìiheronque  suos  qui- 
busdam  Romanis  in  eam  condicioìiem  ut  manumìtterentur  mancipio  dabant,  li- 
bertinique  cives  essent,  e  che  in  seguito  his  quoque  imaginibus  iuris  spreti» 
promiscue  sine  lege,  sine  stirpe,  in  civitatem  Bomanam  per  migrationem  et  cen- 
Kum  transilìant,  Liv.  XLI  8.  Nel  187  a.  C.  furono  rimandati  da  Roma  alle 
lor  case   12  mila  Latini.  Liv.  XXXIX  3,  G. 


L'estendersi  delle  magistr.  curuli  alle  regioni  d'Italia  243 

far  dono  *  e  nel  126  e  95  venivano  approvate  le  leggi  lunia 
e  Licinia-Mucia  che  obbligavano  gli  Italici  a  ricondursi  allo 
loro  case. 

Distendere  la  storia  della  resistenza  dei  Eomani  ad  ac- 
cogliere Latini  e  socii  Italici  in  seno  alla  Città,  ad  accor- 
dare loro  non  solo  diritto  agli  onori  ma  persino  quello  di 
risiedere  entro  la  cinta  delle  mura  urbane,  equivarrebbe  scri- 
vere la  storia  interna  di  Eoma  stessa,  significherebbe  nar- 
rarne le  vicende  dall'età  dei  Gracchi  a  quella  del  heììum 
sociale. 

I  dati  della  tradizione  sono  cosi  monchi  che  sarebbe 
audace  voler  ris  olvere  pienamente  i  vari  quesiti  connessi 
con  un  tema  tanto  complesso.  D'altra  parte  è  evidente  che 
la  questione  della  partecipazione  di  non  urbani  alle  magi- 
strature richiederebbe  la  trattazione  del  quesito  da  quando 
e  sino  a  qual  punto  nell'età  graccana  anche  a  non  Italici 
riuscì  infiltrarsi  per  via  di  emancipazione  fra  i  cittadini 
Romani. 

Che  la  plebe  romana  partecipante  ai  comizi  fosse  ormai 
in  parte  composta  da  non  Italici  bensì  da  Spagnuoli  e  da 
uomini  giunti  da  altre  regioni  risulta  all'  evidenza  dalle  note 
parole  di  Scipione  Emiliano,  il  quale  rivolgendosi  alla  plebe 
in  una  pubblica  adunanza  disse  che  non  temeva  i  clamori 
di  coloro  che  egli  aveva  condotto  a  Roma  in  catene  e  de- 


'  Cic.  prò  Balbo  21,  48  :  ....  cum  lege  Apuleìa  colonìae  non  essent  de- 
ductae,  qua  lege  Saturninus  C.  Mario  tulerat  ut  in  singulas  colonia»  ternot 
civis  Bomanos  facere  poaset. 

Si  è  pensato  che  codesto  numero  di  tre  sia  corrotto  e  si  è  proposto 
di  leggere  trecento  in  luogo  di  tre,  v.  Ihne  V  p.  231  n.  3  apud  Fr.  W. 
Robinson  Mariu>i,  Saturninus,  und  Glaucia,  Beiiraege  zur  Geschichte  der  Jahre 
106-100  V.  Chr.  (Bouu  1912)  p.  68.  Per  mio  conto  non  vedo  la  necessità  di 
tale  correzione.  Ma  di  ciò  altrove. 


244  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

fini  come  figliastri  e  non  veri  figli  d'Italia.'  Scipione  par- 
lava irato  e  forse  v'era  nelle  sue  parole  una  generalizza- 
zione eccessiva  ;  ma  solo  ammettendo  che  fra  la  plebe  vi 
fossero  persone  di  origine  straniera  si  intende  come  pochi 
anni  dopo  fra  i  tribuni  plehis  vi  fosse  un  Vario  della  spa- 
gnuola  Sucro,  propter  obscurum  ius  cwitafis  Hybrida  cogno- 
miìiatus  (Val.  Max.  Vili  6,  4). 

Ma  non  è  proposito  nostro  narrare  qui  la  storia  di  que- 
sto periodo  oscurissimo  e  che  non  ha  ancora  trovato  chi  lo 
abbia  del  tutto  sviscerato.^  Conteniamo  quindi  la  nostra 
ricerca  in  quei  limiti  che  ci  siamo  proposti,  esaminando  quei 
fatti  che  giovino  a  determinare  come  avvenne  l'estendersi 
della  cittadinanza  romana  fra  le  varie  stirpi  della  Penisola. 

Ignoriamo  la  patria  originaria  di  molti  fra  i  consoli 
che  in  questo  periodo  appaiono  essere  stati  homines  novi. 
Non  sappiamo  ad  esempio  se  fosse  o  no  di  origine  urbana 
L.  Mummie  Acaico  (146);  ma  constatiamo  che  non  erano  Eo- 
mani  i  Pompeii  che  cominciarono  a  coprire  il  consolato  nel 
141,  ohe  non  lo  era  Perperna  che  fu  console  nel  130,  che  non 
lo  era  l'arpinate  Mario  console  la  prima  volta  nel  107;  e 
certamente  non  furono  romani  T.  Didius  e  M.  Herennius 
respettivamente  consoli  nel  98  e  nel  93  a.  C. 


'  Vell.  II  4,  4:  qui  poHHum  vestro  moreri  (i.  e.  clamore),  quorum  noverca 
e»t  Ilalia;  Val.  Max.  VI  2,  3:  *.iaceant,  inquii,  qnihm  Italia  noverca  e»/». 
Orto  deinde  murmurc  «  non  efficiefis,  alt,  ut  solutos  verear  quos  alUgaios  adduxi  ». 
Unirersus  populus  db  imo  iterum  contumeliose  eorreptus  erat. 

Dal  racconto  di  Valerio  Massimo  come  «lalle  parole  di  Plutai:co  Ti. 
Ch-acch.  21  extr.  si  ricava  chiaramente  che  Scipione  pronnnciò  tali  parole 
in  pubblica  adunanza,  secondo  ogni  probabilità  in  comUia  tributa.  Altrimenti 
non  si  intenderebbero  le  osservazioni  di  questi  scrittori  sull'offesa  da  lui 
recata  al  populus  (5^|j.ogi. 

^  Con  ciò  non  nego  che  contengono  I)Uone  osservazioni  vari  studi  pre- 
gevoli a  cominciare  dalla  storia  di  Carlo  Neumann  (Breslau  1881-1884)  per 
finire  a  quella  del  Greonidge  di  cui  per  la  precoce  morte  dell'  autore,  ab- 
hiamo  solo  il  primo  volume  (London   1904). 


L'estendersi  delle  magistr.  curuli  alle  regioni  d'Italia  245 

Le  coudizioni  fatte  ai  soci  italici  rispetto  al  conferi- 
mento della  cittadinanza  romana  ed  al  modo  di  procurar- 
sela furono  molto  irregolari.  Vi  furono  anche  per  il  tempo 
più  antico  quelle  variazioni  e  contradizioni  che  ancora  più 
tardi  si  notano  al  tempo  delle  guerre  civili.  Valga  come 
esempio  quanto  è  riferito  rispetto  al  padre  di  M.  Perperna, 
di  nazionalità  etrusca,  come  dice  lo  stesso  nome,  che  fu 
console  nel  130  a.  C.  Le  avventure  toccate  a  questi  perso- 
naggi sono  cosi  riassunte  Valerio  Massimo  III  4,  5: 

Non  parvus  consulatus  rubor  M.  Perpenna,  utpote  qui 
consul  ante  qiiam  civis,  sed  in  bello  gerendo  utilior  aliquanto 
reipublicae  Varrone  imperatore.  Regem  enim  Aristonicum 
cepit  Crassianaeque  stragis  punitor  extitit:  cum  interim,  cuius 
vita  triumphavit,  mors  Papia  lege  damnata  est.  Namque  pa- 
trem  illius,  nihil  ad  se  pertlnentia  civis  Romani  iura  com- 
plexum,  SahelU  iudicio  petitum  redire  in  pristinam  sedem 
coegerunt.  Ita  M.  Perpennae  nomen  adumhratum,  falsus  con- 
sulatus, caliginis  simile  imperium,  caducus  triumphus,  aliena 
in  urbe  improbe  peregrinatus  est. 

La  scarsità  delle  notizie  relative  ai  Perpenna  ed  il  carattere 
frammentario  dei  particolari  della  storia  di  questo  tempo  non 
ci  concedono  dare  una  spiegazione  del  tutto  esauriente  di  que- 
sto estratto.  Risulta  ad  ogni  modo  che  al  padre  del  console 
fu  mosso  un  processo  per  essersi  abusivamente  attribuita  la 
qualità  di  cittadino  romano  dopo  che  lunio  Penno  (e  non 
Papio  come  erroneamente  afferma  Valerio  Massimo)  fece 
approvare  nel  126  la  legge,  che  costringeva  i  soci  a  lasciare 
Roma  ed  a  ritornare  nelle  loro  patrie. 

Ove  i  Perpenna  avessero  avuta  la  cittadinanza  romana 
sino  dal  168  in  cui  un  M.  Perpenna  fu  insieme  a  L.  Petil- 
lio  fu  legato  al  re  Gentio  (Liv.  XLIII  27;  32  cfr.  App.  3Iaced. 
16)  non  si  comprenderebbe  come   mai  il  padre  del  console 


246  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Perpenna  dovesse  usurpare  codesto  diritto  di  cittadinanza 
che  non  si  trovò  poi  non  essere  legittimo.  Codesto  legato 
era  capo  di  forze  militari  federate  ovvero  si  tratta  di  cit- 
tadinanza accordata  vìritim  da  non  estendersi  a  tutti  i  mem- 
bri della  stirpe. 

Comunque  la  si  consideri  la  questione  accenna  ad  una 
varietà  di  problemi  clie  non  sono  stati  ancora  risolti  e  forse 
nemmeno  osservati.  Probabilmente  intorno  alle  modalità  re- 
lative alla  concessione  della  cittadinanza  v'erano  varietà 
non  poche  e  disposizioni  particolari  che  per  mancanza  di 
testi  e  documenti  non  abbiamo  più  modo  di  risolvere. 

Troveremo  più  tardi  un  discendente  del  console  del  130 
coprire  anche  egli  il  consolato  nel  92  a.  C.  e  la  censura  nel 
86.  E  fra  i  legati  consolari  nella  Guerra  sociale  figura 
pure  un  C.  Perpenna  (App.  6.  e.  I  40).  Ma  se  più  tardi  un 
altro  M.  Perpenna,  pur  discendente  di  questa  stessa  gente 
illustre,  dopo  aver  coperta  la  pretura  nel  82  si  associò  alla 
rivolta  al  movimento  del  console  Emilio  Lepido  (78  a.  C.) 
e  si  recò  in  Spagna  dove  fu  per  un  certo  tempo  collega 
di  Sertorio,  noi  avremo  un  accenno  ai  sentimenti  politici 
che  animavano  gli  Italici  anche  quando  grazie  alla  potenza 
del  loro  casato  ed  alla  loro  situazione  politica  in  patria 
riuscivano  ad  occupare  le  magistrature  nella  stessa  Roma.^ 

'  Valerio  Massimo  ha  scambiato  la  lex  Papia  cou  la  lunia  (Cic.  de  off. 
Ili  11,  47;  Brut.  28,  107;  Fest.  p.  286  M)  come  è  generalmente  ammesso. 

I  dati  degli  antichi  sulla  fine  del  console  M.  Perpenna  e  di  Aiistonico 
da  lui  vinto  non  sono  però  concordi  (v.  Vell.  II  4;  lusT.  XXXVI  4;  Eutrop. 
IV  20.  Strab.  XIV  647  C)  e  conseguentemente  la  narrazione  di  questi  in- 
cìdenti è  pur  diversa  negli  storici  moderni  (cfr.  Lange  Eoem.  AHerihuemer 
nr  p.  26  sg.  Neumann  Geschichte  Eoms  I  p.  272  sg.  Grebnidge  A  hisfor)/ 
of  Bome  1  p.  183.  Heitland   The  roman  repubìik  II  p.  283. 

Non  è  certo  ad  es.  che  Perpenna  abbia  trionfato  a  Roma  o  se  invece 
eia  morto  a  Pergamo,  come  afferma  Entropio. 

Quanto  all'interpretazione  del  fatto  seguo  piuttosto  il  Lange  che  pensa 


L' estendersi  delle  magistr,  curuli  alle  regioni  d'Italia  247 

Le  persecuzioni  e  le  noie  incontrate  dai  Perpenna,  seb- 
bene il  figlio  fosse  console  ci  fanno  agevolmente  compren- 
dere quante  difficoltà  abbiano  dovuto  incontrare  gli  Italici, 
i  quali  cercavano  fissare  la  loro  dimora  a  Roma  ed  aspi- 
rare all'agone  politico.  Con  le  difficoltà  clie  si  creavano  ai 
neo-cittadini,  cbe  non  ostante  l' approvazione  delle  leggi 
lulia  e  Plautia  Papiria  (8  90-89  a.  C.)  trovavano  ostacoli 
nel  percorrere  la  carriera  politica,  si  spiega  in  parte  il  mo- 
vimento di  esodo  da  parte  di  quegli  Italici  i  quali  sotto  la 
guida  di  Sertorio  cercarono  fondare  uno  Stato  romano  nella 
Spagna.  Il  Senato,  i  pretori,  i  questori  e  le  altre  magistra- 
ture istituite  secondo  il  costume  e  la  dicitura  romana  da 
Sertorio  nativo  di  Nursia  venivano  in  parte  coperte  da  que- 
gli Italici  che  come  l'etrusco  M.  Perperna  non  avevano  tro- 
vato in  Roma  tutte  quelle  alte  soddisfazioni  politiche  a  cui 
credevano  aver  diritto.* 

Non  sempre  però  la  sorte  fu  contraria  alle  mire  degli 
Italici  come  nel  caso  dei  Perperna.  Il  fatto  che  T.  Didius 
il  consolare   del  98   prese   parte    alla  guerra    Sociale    come 


che  il  disdoro  del  rifiuto  del  riconoscimento  sia  toccato  al  padre  del  con- 
sole anziché  il  Neumanu,  secondo  il  quale  lo  stesso  console  del  130  a.  C. 
si  sarebb'e  ritirato  a  vivere  fuori  di  Roma. 

Del  resto,  duole  dirio,  la  storia  di  questo  periodo  non  è  stata  ancor 
scritta  da  nessun  moderno.  Per  far  ciò  occorre  un'analisi  minutissima  del 
valore  di  tutte  le  notizie  frammentarie  che  ci  sono  pervenute;  lavoro  che 
non  è  stato  ancora  compiuto  che  in  piccola  parte.  Per  giunta  occorre  un 
senso  politico  ed  una  cognizione  dell'indole  del  popolo  romano  che  non 
accompagna  sempre  tutti  gli  eruditi  che  hanno  trattato  di  tale  periodo. 

'  Non  abbiamo  dati  per  asserire  con  certezza  che  fossero  etruschi  Tar- 
quitius  Priscus  (Sall.  frag.  hist.  Ili  83  Maur.  Front.  II  5,  31)  e  L.  Hir- 
tuleius  (Flor.  II  10,  6.  Front.  I  5,  8)  legati  di  Sertorio;  ma  in  compenso 
vediamo  che  Peperna  aveva  seco  in  Spagna  come  scriba  Maepenas  un  etru- 
sco (Sall.  1.  e).  Anche  Versiiis,  lo  scriba  di  Sertorio,  ha  un  nome  abba- 
stanza caratteristico  che  ha  riscontro  in  molti  analoghi  di  provenienza  e- 
trusca  (v.  il  materiale  in  Schulze  p.  253). 


248  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

legato  del  console  L.  lulio  Cesare  (App.  b.  e.  I  40  Veli.  II 
16)  si  spiega  con  il  fatto  che  i  Didii  già  da  una  generazione 
almeno  avevano  avuta  la  cittadinanza  sicché  sino  dal  143 
avevano  rogata  la  legge  omonima  sumptuaria  che  estendeva 
agli  Italici  le  disposizioni  della  lex  Fannia  (Macrob  III  17,  6).* 

E  Roma  dovette  concedere  talora,  sia  pure  in  misura 
assai  limitata,  che  non  solo  i  più  notevoli  cittadini  dei 
municipi  romani,  come  Arpino,  conseguissero  le  magistra- 
ture curuli,  ma  che  tale  onore  venisse  pure  raggiunto  da 
quelli  delle  città  federate  latine  od  italiche  che  per  mezzo 
di  magistrature  locali  o  che  singìllatim,  a  titolo  di  privile- 
gio, erano  stati  fatti  cittadini  romani. 

Le  nostre  informazioni  sul  conferimento  della  cittadi- 
nanza per  questo  periodo  sono  oltremodo  monche,  A  risul- 
tati meno  lacunosi  giungeremmo  ove  ci  fosse  g;iunto  in  mi- 
aura  meno  scarsa  il  nome  dei  magistrati  curuli  di  grado 
inferiore.  Per  le  cariche  meno  cospicue  era  infatti  possibile 
soddisfare  un  mag'gior  numero  di  candidati,  vi  erano  certo 
minor  difficoltà  di  riuscita  anche  per  i  non  Romani. 

Non  ostante  tali  lacune,  è  ovvio  constatare  che  fra  i 
pretori  ed  i  questori,  di  cui  ci  è  casualmente  pervenuto  il 
nome,  accanto  ai  nomi  di  nuove  stirpi  plebee,  che  per  la 
prima  volta  appaiono  nell'  orizonte  storico,  ve  ne  sono  vari 
che  tradiscono  origine  non  romana.  A  titolo  di  esempio  ci- 
tiamo quelli  di  Bellienus  pretore  nel  105,  di  Aufìdius  nel 
104,  Norbanus,  questore  verso  il  102-99.  Aesillas  altro  que- 
store di  questo  periodo. 


*  È  incerto  se  cou  cotlesto  Didio  autore  della  legge  sumptuaria  o  con 
nn  altro  personaggio  di  tal  nome  aia  da  riferire  la  figurazioue  espressa  uei 
nummi  del  monetale  T.  Didius  del  99-94  circa  a.  C,  Gkukbek  Coins  II 
p.  276. 


L'estendersi  delle  magistr.  curuU  alle  regioni  d' Italia  249 


* 

* 


Prima  ancora  che  fossero  approvate  le  leggi  lulia  o 
Plautia-Papiria,  che  nel  90-89  accordarono  la  cittadinanza 
romana  ai  Latini  ed  a  tutti  gl'Italici,  persone  dell'Italia  cen- 
trale come  i  Didii,  i  Perperna,  gli  Herennii  erano  riuscite, 
sia  pure  in  non  grande  misura  a  coprire  il  consolato. 

Parrebbe  pertanto  del  tutto  naturale  pensare  che  dopo 
l'approvazione  di  tali  leggi  il  numero  degli  Italici  si  sia  di 
molto  accresciuto.  Ebbene  l'esame  dei  Fasti  dimostra  invece 
il  contrario.  Per  lo  stesso  principio  per  cui  limitarono  il 
numero  delle  tribù,  nelle  quali  si  concedette  di  votare  ai 
nuovi  cittadini,  Roma  cercò  pure  di  impedire  che  gli  Italici 
praticamente  occupassero  le  alte  magistrature  curuli. 

Quanto  sia  stata  tarda  e  scarsa  l' effettiva  partecipa- 
zione di  alcune  regioni  dell'Italia  centrale  agli  onori  cu- 
ruli mostra  il  titolo  di  Q.  Vario  Gemino  legato  di  Augusto 
e  proconsole  per  il  quale  ivi  si  dice  :  is  prinius  omniuìn 
Paelign(orum)  senator  factus  est  et  eos  hoìiores  gesslt.  CIL. 
IX  3305-6. 

Nel  concedere  gli  onori  curuli  alle  genti  dell'Italia  cen- 
trale, che  pure  avevano  tanto  contribuito  a  estendere  ed  a 
rafforzare  la  potenza  politica  di  Poma,  si  procedette  anche 
dopo  le  leggi  lulia  e  la  Plautia-Papiria  con  la  più  grande 
cautela.  Ciò  spiega  una  delle  cause  della  partecipazione  di 
varie  regioni  italiche  alle  guerre  civili,  che  insanguinarono 
l' intera  Penisola  al  tempo  di  Siila  e  di  Mario.  Era  que- 
stione di  terre,  di  interessi  materiali;  ma  allo  stesso  tempo 
si  trattava  di  conseguire  una  partecipazione  meno  scarsa 
alle  magistrature,  che,  a  parte  la  soddisfazione  morale,  frut- 
tavano anche  esse  grandi  vantaggi  materiali. 


250  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Ove  si  tenga  conto  del  nome  dei  più  fieri  nemici  di  Siila, 
come  Mario  di  Arpino  e  Sertorio  di  Nursia,  dei  Granii  di 
Puteoli,  di  Nerbano,  di  Albinovano,  di  Carrinas,  di  Pontio 
Telesino  ^  si  intende  che  le  guerre  civili  di  quell'  età,  per 
quanto  si  imperniassero  sul  nome  di  pochi  capi  e  miras- 
sero in  ultima  analisi  al  possesso  degli  averi  degli  odiati 
avversari,  avevano  per  lo  meno  il  programma  di  una  più  equa 
concessione  degli  onori  politici  ai  vari  popoli  Italici. 

Siila  non  era  soltanto  il  nemico  dell'elemento  sannitico, 
in  cui  espressamente  dichiarava  di  vedere  il  più  fiero  op- 
positore di  Roma,  ma  in  generale  della  concessione  delle 
magistrature  a  coloro  che  non  appartenessero  a  quella  cer- 
chia di  genti  a  cui  era  ormai  concesso  da  secoli  di  parteci- 
pare alla  potenza  politica.  Sotto  questo  punto  egli  giudica- 
va con  la  ristrettezza  di  criteri  di  un  vero  Romano  de  Roma. 

Se  prima  della  concessione  a  tutti  gli  Italiani  della 
cittadinanza  v'era  stato  qualche  raro  consolato  concesso  a 
cittadini  dell'Italia  centrale,  dopo  le  leggi  lulia  (90  a.  C.) 
e  Plautia  Papiria  (89  a.  C.)  il  numero  di  tali  successi  per 
parte  degli  Italici  aumentò  è  vero,  ma  in  misura  assai  tenue. 
Tanto  è  vero  che  per  gli  anni  che  dal  ritorno  di  Siila  vanno 
alla  morte  di  Cesare,  noi  abbiamo  fra  i  consoli  solo  il 
nome  dei  seguenti  homines  ìiovi  di  origine  municipale  : 

C.  Norhanus  (83)  L.  Licinius  Murena  di  La- 

L.  Gellius  Puhlicola  (72)  nuvio  (62) 

Cn.  Aufidius  Orestes  (71)  L.  Afranius  (60) 

Cu.  Pompeius  Magnus  (70)  Q.  Fufìus  Calenus  (77) 

L.  Volcacius  Tullus  (66)  P.  Vatinius  (47) 

M.  Tullius  Cicero  (63) 

'  Rispetto  alla  partecipazione  di  Italici  alle  luagistratnre  romane  v.  qui 
oltre  l'app(;n(lice:  I  dodici  cittadini  che  furono  per  primi  fatti  dichiarare  ne- 
mici pubblici  da  Siila. 


L'estendersi  delle  magistr.  curuli  alle  regioni  d'Italia  251 

In  breve  abbiamo  Piceni,  Sabini,  Etruschi,  Umbri,  Ernici; 
ma  non  si  oltrepassa  ancora  il  centro  d'Italia.  Non  v'è 
un  solo  Sannita  od  un  cittadino  dell'Italia  greca. 

Così  è  a  titolo  di  eccezione  cbe  constatiamo  un  Q.  Bru- 
tius  questore  verso  1' 88-87.  La  Magna  Grecia  e  le  regioni 
limitrofe  erano  interamente  decadute  al  pari  del  Sannio.^ 

Abbiamo  pertanto  la  conferma  del  fatto  che  Siila  oppresse 
tutti  i  principali  e  autorevoli  cittadini  delle  regioni  osche 
e  sannite. 


* 


Abbiamo  avuto  occasione  di  osservare  come  la  rivolu- 
zione rappresentata  da  Cesare  abbia  condotto  alle  minori 
cariche  curuli  ed  al  Senato  cittadini  di  regioni  galliche  ed 
iberiche.  E  quindi  naturale  che  per  gli  ultimi  anni  della 
repubblica  si  trovino  senatori  di  varie  regioni  della  Peni- 
sola, persino  della  lontana  e  semibarbara  regione  dei  Salassi.* 
Ben  diverso  era  però  il  caso  rispetto  al  consolato. 

Il  non  aver  potuto  concedere  consolati  e  provincie  a 
tutti  i  suoi  amici  o  nell'  ordine  di  precedenza  con  cui  lo 
avrebbero  desiderato  fu,  come  è  noto,  una  delle  ragioni  che 
armò  il  braccio  di  taluni  fra  gli  uccisori  di  Cesare. 

'  La  partecipazione  sia  pur  limitata  di  dou  Italici  alle  magistrature 
è  del  resto  attestata  ad  es.  da  Q  Caecilius  Xiger  il  noto  questore  di  VeiTe 
contro  il  quale  Cicerone  diresse  la  divinatio. 

•  Sa  Q.  Curtius  Salassus  t.  Cic.  ad  fam.  VI  18,  2.  Cfr.  Hiek.  ad  a.  713. 

Intorno  a  Vettius  Salassus  i)roscritto  dai  triumviri  v.  App.  h.  e.  IV  24; 
Val.  Max.  IX  11,  7. 

Altro  esempio  di  senatore  straniero  all'  Italia  è  dato  da  Teidius  Afer. 
SUET.  Aug.  27,  dato  clie  il  nome  non  sia  corrotto  e  non  debba  venir  corretto 
in  Uttiedius,  come  pensò  già  il  Bokghesi  citato  dal  Ribbecc  mem.  cit.  p.  19. 

Del  resto  un  Sex.  Tedius  senator  è  già  rammentato  per  il  tempo  di 
Clodio  da  Ascosio  ni   Milon.  p.  28  S.  K. 


25à  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

Quale  importanza  si  assegnasse  d'  altro  canto  a  coprire 
il  consolato,  magari  per  poco  tempo,  mostra  il  noto  aned- 
doto di  Caninio  Rebiio,  uno  dei  generali  di  Cesare,  il  quale, 
pur  di  diventare  consolare  chiese  ed  ottenne  di  essere  suf- 
feto  per  poche  ore  dell'anno  che  andava  a  spirare.* 

Scomparso  il  Dittatore,  tanto  fra  i  suoi  vecchi  amici  come 
fra  gli  avversari,  si  accrebbe  il  numero  di  coloro  che  aspi- 
rarono a  raggiungere  il  potere,  ma  si  allargò  del  pari  la 
cerchia  delle  regioni  a  cui  i  nuovi  candidati  appartenevano. 

Nell'anno  successivo  alla  morte  di  Cesare  (43  a.  C.)  ab- 
biamo subito,  oltre  ad  Ottaviano: 

C.  Vibius  Pausa  A.  Hirtius 

C.  Carrinas  suf.  P.  Ventidius  Bassus  suf. 

M.  Pedius  suf. 

Nel  42  e  negli  anni  seguenti  : 

L.  Munatius  Plancus  (42  ;  36)        L.  Saenius  (30) 

L.  Cornelius  Balbus  (40)  Sex  Appuleius  (29) 

P.  Canidius  (40)  T.  Statiìiiis  Taurus  (26) 

C.  Calvisiiis  Sahinus  (39)  L.  Arruntius  (22) 

L.  Cocceius  (39)  C.  Sentius  Saturninus  (19) 

P.  Alfenus  Varus  (39)  L.  Passienus  Rufus  (4) 

M.  Herennius  (34)  C.  Ateius  Capito  (5  p.  C.) 

L.  Volcacius  Tulìus  (3.'i)  L.  Nonius  Asprenas  (6) 

L.  Vlnicius  (o3)  C.  Poppaeus  Sahinus  (9  p.  C.) 

C.  Sosius  (32)  M.  Papius  Mutìlus  (9) 


'  Cic.  ad  fam.  VII  30,  1.  Tlin.  n.  h.  VII  181.  Suet.  Caes.  76;  Xero  15. 
Tao,  hiHt.  Ili  37.   Altri  passi   in  Muenzkk  in  PW.  UE.  Ili  col.  1479. 


L'estendersi,  delle  magistr.  curnli  alle  regioni  d'Italia  253 

Cresce  bensì  il  numero  degli  homines  novi,  ma  ben  poco 
si  allarga  l'estensione  delle  regioni  italiche. 

Sono  personaggi  che  appartengono  al  Piceno,  alla  Sabina, 
all'Etruria  meridionale,  all'Umbria.  Delle  rimanenti  regioni 
dell'Italia  centrale  la  Campania  è  rappresentata  con  certezza 
da  una  sola  persona  da  Vinicius  di  Cales  vale  a  dire  di  una 
città  che  fino  dal  334  era  colonia  Latina.  La  Lucania  a  quel 
che  sembra  è  rappresentata  da  due,  Sentius  Saturninus  e 
forse  Statilius  Taurus,  che  appartengono  ad  ogni  modo  al- 
l'Italia Meridionale.  V  è  un  solo  Sannita  (Papius  Mutilus) 
non  v'è  un  solo  Apulo,  non  v' è  traccia  sicura  di  un  Bruttio. 

Con  questo  risultato  corrisponde  il  fatto  che  è  pure 
assai  raro  il  nome  di  magistrati  curuli  minori  e  di  sena- 
tori di  queste  ultime  regioni.  Abbiamo  infatti  solo  ricordo 
di  un  Staius  Murcus  pretore  e  di  Octavius  Marsus  senatore. 
Ancor  più  significativo  nel  caso  nostro  è  il  fatto  che  la 
Gallia  Cisalpina  è  rappresentata  quasi  in  via  di  eccezione 
dal  solo  console  suffetto  Alfeno  Varo.  Ma  l'onore  di  aver  dato 
un  console  suffetto  spetta  a  Cremona  una  delle  due  più  an- 
tiche colonie  Latine  di  codesta  regione  (218  a.  C). 


* 

*     * 


Il  consolato  continuò  per  tanto  a  rimanere  nelle  mani 
dei  Romani,  dei  Latini,  degli  abitanti  delle  regioni  dell'Italia 
centrale.  Ne  erano  sostanzialmente  accluse  l' Italia  meridio- 
nale e  la  settentrionale.  L'Italia  greca  aveva  bensì  preparato 
i  più  nobili  germi  della  civiltà  nazionale  ma  la  lunga  lotta 
fra  Greci  e  Sanniti  più  tardi  fra  Sanniti  e  Romani  avevano 
interamente  esaurite  codeste  regioni  che  dovevano  daccapo 
essere  flagellate  durante  la  guerra  annibalica,  quella  servile, 


254         Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

eppoi  la  Sociale.  L'esame  dei  pochi  testi  degli  antichi  sulle 
condizioni  dell'  Italia  meridionale  ci  attesta  una  dolorosa 
decadenza.  Pirro  nell' attraversare  le  regioni  sannitiche  rice- 
veva l'impressione  che  codesti  paesi  non  foissero  mai  popo- 
lati, ed  è  noto  che  Siila  recò  ad  essi  l'estremo  colpo.  Buona 
parte  dell'Italia  meridionale  si  trasformò  in  vasti  latifondi 
occupati  da  pastori  cosi  maltrattati  da  dare  origine  a  fre- 
quenti congiure  servili.^ 

Erano  bensì  rimaste  alcune  città  di  origine  ellenica,  non 
del  tutto  deperite,  ma  le  città  greche  come  Napoli  ed  Eraclea 
si  erano  rivelate  gelose  dei  loro  ordinamenti  democratici, 
che  non  sempre  si  confacevano  con  quelle  dello  Stato  ro- 
mano. Malvolentieri  esse  avevano  accettato  il  dono  pressoché 
forzato  della  cittadinanza  romana.*  Le  stirpi  italiche  alla 
loro  volta  avevano  tentato  esse  stesse  di  dominare  anche 
sulle  coste  e  si  erano  fieramente  opposte  all'  egemonia  ro- 
mana. E  ben  naturale  che  oltremodo  scarso  anzi  nullo  sino 
all'età  d'Augusto  sia  stato  il  contributo  di  codeste  regioni 
ai  Fasti  romani. 

Ne  risultati  diversi  sino  all'età  di  Augusto  è  da  atten- 
dersi rispetto  all'Italia  settentrionale.  Questa  era  stata  già 
abitata  da  vecchie  stirpi  liguri  animose  in  mare,  tenaci  nel 
difendere  le  loro  terre,  ma  che  rimasero  sempre  semibarbare; 
Oppure  era  posseduta  dai  Celti  forti  ed  animosi  che  non  ave- 
vano ancora  raggiunto  uno  stadio  notevole  di  incivilimento. 
La  Cisalpina  percorsa  dal  più  grande  fiume  della  Penisola, 
aveva  bensì  tutti  i  requisiti  per  diventare  un  giorno  una 
regione  prospera;   ma  nell'età  romana  era  ancora   in  parte 

•  V.  ad  es.  Liv.  XXXIX  29,  9;  41,  6. 

'  Cic.  prò  Balbo  8,  21.  Napoli  fu  assalita  e  .saccheggiata  dalle  milizie 
di  Siila  elle  le  distriisHe  la  flotta.  V.  le  mie  Uicerche  storiche  n  geografiche 
p.  257  8gg. 


L^ estendersi  delle  magistr.  curuli  alle  regioni  d'Italia  255 

ricoperta  da  selve,  era  cosparsa  di  ampie  paludi  i  Romani,  a 
partire  dal  III  secolo,  proseguendo  l'opera  degli  Etruschi, 
avevano  bensì  incominciato  a  fondarvi  quelle  colonie  che  al 
tempo  di  Augusto  facevano  presagire  il  più  florido  avvenire 
economico,^  ma  di  vera  e  propria  civiltà  si  poteva  discorrere 
solo  per  alcune  località  non  lontane  dal  mare  come  Padova 
ad  Ateste  o  che  avevano  sentiti  i  benefìci  delle  relazioni  con 
i  commercianti  Greci  o  che  come  Mantova  erano  state  co- 
lonizzate dagli  Etruschi. 

L'importanza  della  Valle  del  Po,  il  Far  West  rispetto 
ai  Romani,  verso  il  III  secolo,  era  però  scemata  dalla  conqui- 
sta della  Gallia  vera  e  propria.  Sia  per  maggior  esten- 
sione di  terre,  per  ampi  commerci  e  pei  suoi  minerali  la 
Gallia  vera  e  propria  nell'  ultimo  secolo  della  libera  repub- 
blica attirava  molto  di  più  a  se  i  cupidi  sguardi  degli  spe- 
culatori. Eppoi  nel  lontano  Occidente  v'  era  un'  altra  regione 
che  prima  ancora  della  Cisalpina  e  delle  Gallie  aveva  ac- 
colti i  germi  della  civiltà  romana. 

Dal  punto  di  vista  della  trasmissione  della  civiltà  ro- 
mana la  Spagna  può  a  ragione  esser  detta  la  primogenita 
fra  provinole  romane.  Non  è  casuale  che  essa  abbia  dato 
con  Cornelio  Balbo  il  primo  console  peregrino  e  con  Va- 
lerio Hibrida  di  Sucrone  il  primo  tribuno  della  plebe  a  noi 
noto  in  origine  provinciale.  La  Spagna,  prima  fra  le  Pro- 
vincie nel  porgere  a  Roma  scrittori  latini  come  i  Seneca,^ 
die  principi  che,  sebbene  italici  di  origine  come  Traiano,  erano 
destinati  ad  inaugurare  la  serie  degli  imperatori  non  romani. 


'  Cfr.  PoiA-n.  II  15  sqq.  Stuab.  V  217  sq.  C. 

'  CiUEKONic  prò  Archia  10,  26  già    ricorda    poeti    di    Corduba    donati 

della  cittadiuauza  romana  da  Q.  Cecilio  Metello  Pio  (il  console  dell'80  a.  C). 

Sulla  cultura  poetica  preromana  dei  Turdetani  v.  Strab.  Ili  p.  139  C. 


256  Intorno  alla  formazione  ed  al  valore  storico  dei  Fasti 

L'esame  dei  nomi  dei  senatori,  dei  magistrati  del  I  secolo 
dell'Impero  rivela,  come  è  noto,  l'esaurimento  di  uomini  e 
di  energie  nel  suolo  d' Italia.  Senato  e  magistrati  si  tra- 
sformavano grazie  ai  nuovi  contributi  delle  provincie  per  le 
stesse  ragioni  per  cui  le  legioni  venivano  ad  essere  riem- 
pite di  soldati  stranieri  ed  erano  quindi  già  dette  barbare 
dagli  antichi.^  Lo  stesso  impero  dalle  mani  degli  Italiani 
passava  con  il  tempo  agli  Spagnuoli.  agli  Africani,  ai  Siri 
ed  in  seguito  ad  altri  provinciali. 

Si  verificava  il  fatto  clie  le  maggiori  energie  come  più 
tardi  in  altre  regioni  erano  eccitate  dalla  guerra  sui  confini. ^ 
E  al  confine  dell'  Impero  che  si  determinano  ed  alimentano 
in  maggior  misura  le  energie  dello  Stato  romano.  Ivi  si  for- 
mano legionari  e  generali;  e  dagli  eserciti  posti  ai  confini, 
in  Spagna  sul  Reno,  in  Siria  si  acclameranno  i  generali  chia- 
mati a  rovesciare  ormai  l'imbelle  dinastia  dei  Claudi.  Dal 
confine  si  proclameranno  imperatori  Galba,  Verginio,  Vitel- 
lio,  Vespasiano  evolgato  imperii  arcano,  posse  principem  alibi 
quam  Romae  fieri.^ 


'  CIL.  V  923:  Hic  kìIus  e»t  itmti  iii(dex)  |  laudator  et  aeq{iii)  \  Sm^.iinn 
qnem  genuil  \  nunc  Aquileia  tenet  \  (s)epiimae  qui  coliordii  |  centuriam  regiiif  | 
praetoriae  fidus  non  \  barbaricae  legioni{a)  cet. 

*  Per  analogia  di  fenomeni  v.  la  bella  memoria  di  Fiì.  J.  Turner  The 
hignificance  of  the  frontier  in  American  history  discorso  pronunciato  alla  .9/a/r 
Historical  Society  of    ìì'ixcnnsin   1893. 

•  Tac.  hixt.  I  4. 


APPENDICE  I. 

GH  "  Acta  Triumphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  società 

romana. 


L'esame  degli  Acta  dei  trionfi  conduce  a  risultati  ana- 
loghi, anzi  identici  a  quelli  già  sopra  conseguiti  per  mezzo 
dei  Fasti  consolari.  Si  otteneva  l' onor  del  trionfo  in  se- 
guito a  grandi  successi  militari,  ed  anche  in  grazia  alla 
influenza  politica  individuale  del  trionfatore  o  della  gente 
a  cui  apparteneva. 

Cicerone  osservava  che  di  oltre  ottocento  consoli,  che  già 
si  contavano  all'età  sua,  appena  la  decima  parte  era  stata 
costituita  da  persone  che  avevano  resi  notevoli  servigi  alla 
Repubblica.^  Or  bene  è  lecito  asserire  che  degli  oltre  due- 
cento trionfi  romani,  che  ebbero  luogo  nel  corso  di  cinque 
secoli,  diversi  furono  ottenuti  più  per  il  favore  popolare  da 
cui  i  consoli  e  pretori  si  videro  circondati,  anziché  per  l'im- 
portanza veramente  straordinaria  e  la  durevolezza  dei  ri- 
sultati guerreschi.  Oltre  a  ciò,  il  vero  merito  fu  più  di 
una  volta  sconosciuto  e  Paolo  Emilio,  vincitore  di  Perseo, 
domatore  della  Macedonia,  al  pari  di  altri  insigni  capitani, 

'  Cic.  prò  Piando  25;  60:  honorum  populi  finis  est  consulatus ;  quem 
magistratum  iam  octingenti  fere  consecuti  sunt:  honorum,  si  diligenter  quaeres, 
vix  decimam  partem  reperies  gloria  dignam. 

Pais  Ricerche  avlìa  storia  e  tul  diritto  pubblico  di  Roma  II  17 


258  Appendice  I 

corse  rischio  di  non  ottenere  l'onore  del  trionfo  grazie 
all'opposizione  dei  partiti  popolari,  a  Roma,  come  ovunque, 
non  sempre  equi  estimatori  delle  benemerenze  dei  generali 
appartenenti  a  famiglie  aristocratiche.' 

L'esame  degli  Ada  trionfali  porge  pertanto  anche  esso 
un  mezzo  indiretto  per  constatare  non  solo  l'estensione  delle 
conquiste  romane,  ma  anche  l'efficacia  politica  di  date  genti 
a  danno  di  altre.  Esso  è  strumento  di  ricerca  per  meglio  de- 
terminare la  natura  delle  trasformazioni  sociali  che  avven- 
nero nel  corso  della  storia  romana. 

Raggruppando  i  dati  degli  Ada  dei  trionfi  desunti  dai 
Fasti  Capitolini,  ed  integrati  per  le  parti  ivi  lacunose  dai 
testi  degli  antichi  scrittori,  abbiamo  l'elenco  seguente  i^ 


*  Liv.  XLV  35  Btj.;  Plut.  Faul.  Acm.  30  8q. 

•  Per  il  materiale  rimando,  oltre  al  CIL.  V  p,  42  sqq.,  alla  speciale  edi- 
zione dello  SCHOEN  Das  C(q)itolini8ohe  Verzeichniit  der  meni.  Triumphe  (Wien 
1893). 


Gli  "  Ada  Triumphalia  „  ed  il  trasjonnarsi  della  soc.  rom. 


259 


ELENCO  DEI  TRIONFI  ' 

rag<jruppati  nei  nomi  tlcìle  <jenti    romane  che  mecessiramenie  li  cele- 
orarono. 

1  Valerii  509  de  Veientihus  et  Tarqui- 

niensibits 
505  de  Sahhieifi 
50i  de  SaUneis  et  Veientihus 
494  de  Sabineia  et  Medullineis 
475  de  Veientihus  Sahineisqiie 
449  de  Aeqtieis 
420  de  Aequeis 
392  de  Aequeis 
346  de  Antiatlbus  Volsceis  Sa- 

tricaneisque 
343  de  Samnitibus 
338  de  Caleneis 
312  de  Scunnitibìis  Soraneisqiie 
301  de  Etnisceis 
263  de  Poenis  et  rege  Siculo- 
rum  Ilierone 
2U  ex  Sicilia  {navalis) 
81  ex  Celtihena  et  Gallia 
27  ex  Gallia 

>  Non  faccio  differenza  fra  trionfi  veri  e  propri  ed  ovazioni 

Secondo  il  metodo  adottato  in  tutto  questo  volume  i  nomx  der  patrtcx 

sono  stampati  con  lettere  maiuscole,  quelli  dei  plebei  con  mmuscole. 

A  partire  dal  172  a.  C,  in  cui   il   consolato    fu   coperto  per  la  pr.ma 

.olta  da  un  collegio  di  due  plebei,  gli  /tornine*  non  sono  segnat.  con  carat- 

teri  corsivi. 


260 

Appendice  I 

2    POSTUMII 

505  de  Sahineìs 

503  de  Sabineis 

196  de  Latineis 

- 

4;U  de   Volsceis  Aequeisque 

291  de  Samnitihus  et  Etriisceis 

178  ex  Lusitania  Hispanìaque 

3  AaRippA  Menenius 

4  Sp.  Cassius 

5  C.  Aquillius 

6  T.  Siccius 

7  Manlh 


8  QuixcTii 


503  de  Sahineìs 

502  de  Sahineìs 

486  de   Volsceis  Hernidsque 

487  de  Hernicis 
487  c?e  Sahineìs 

474  rfe  Veientibus 

392  tie  Aequeis 

340  c?e  Latineis  Campaneis 

Sidicineis  Aurunceis 

256  de  Poenis  (navalis) 

241  c?e  Falisceis 

235  c?e  Sardeis 

187  f?é  Gaìleis 

185  ea;  Hispania  Citeriore 

468  6^6   Volsceis  Antiatihus 
458  rfe  Aequeis 
.380  de  ^e^'weis 
361  de  Galleis 
194  ea;  Macedonia  et  reye  Phi- 
Vippo 


Gli  "  Ada  TriiimplmUa  .,  td  il  trasformarsi  della  soc.  rom.      261 

184  de  Lusitaneis  et  Celtiberis 


9  L.  LUCRETIUS 

10  T.  Veturius 

11  Fabii 


12    CORNELII 


462  de  Aeqiieis  et  Volsceis 

462  de  Aequeis  et  Volsceis 

459  de  Aequeis  et   Volsceis 

421  de  Aequeis 

360  de  Herniceis 

354  de  Tiburtihus 

322  de  Samnitibus 

309  de  Etrusceis 

298  de  Samnitibus  Etrusceisque 

295  de  Samnitibus  et  Etrusceis 

290  de  Samnitibus 

276  de   Samnitibus  Lucaneis 

Bruttieis 
266  de  Sassinatibus 
266   de    Sallentineis    Messa- 

peisque 
233  de  Liguribus 
209  de  Tarantineis 
188  ex  Creta  (navalis) 
120  de  AUobrogibus 
44  ex  Hispania 

459  de   Volsceis  Antiatibus 

428  de   Veietifibus 

385  de   Volsceis 

343  eie  Samnitibus 

290  de  Samnitibus 

283  c?e  Etrusceis  Senonìbusque 


262 


Appendice  1 

275  de  Samnitibus  et  Lucaneis 

270  de  Regineis 

269 

de   Poeneis   et    Sardinia 

Corsica 

253 

de  Poeneis 

236 

de  Liguribus 

201 

de  Uannibale  et  Poeneis 

et  Syphace 

200 

ex  Hispania 

197 

de   Insuhribus    Cenoma- 

neisque 

196 

de  Geltibereis 

191 

de  Boieis 

189 

ex  Asia  et  rege  Anfiocho 

180  de  Liguribus 

155 

de  Delmateis 

146 

ex  Africa  et  Hasdruhale 

132 

de  Numantineis 

98 

ex  Hispania  Ulteriore  de 

Lusitanis 

81 

de  rege   Mithridate 

78 

ex  Macedonia 

51 

ex  Cilicia 

13  M.  HORATIUS 

14  M.  Geganius 

15  Aemilii 


449  de  Sahineìs 
443  de   Volsceis 

437  de   Veientibus  et  Fidena- 

tibtcs 
426  de    Veientibus   Fidenati- 

busque 


Gli  "  Ada  Triumpìudia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.      263 

329  de  Privernatibus 

311  de  Etrusceis 

281  de   Tarantineis   Samniti- 

biis  Sallentinei.s 
254  de  Cossurensihus  et  Poe- 

neis  {navalis) 
225  de  Galleis 
219  de  Illureis 
189  de  rege  AntiocTio  [navalis) 
181  de  Liguribus  Ingauneis 
175  de  Liguribus  et  Galleis 
167  ex  Macedonia  et  rege  Perse 
115  de  Galleis  Karneis 
47  (Lepidus)  ex  Hispania 
43  (Lepidus)  ex  Hispania 


16  FuRii 


17  Claudii 


396  de   Veientibus 

390  de  Galleis 

389  de  Etrusceis  Aequeis  Vol- 

sceisque 
367  de  Galleis 
338  de  Pedaneis  et  Tiburtibus 
223  de  Galleis  et  Liguribus 

362  de  Hernicis 
268  de  Peicentibus 
207  de  Poeneis  et  Hasdrubale 
200  de  Galleis 
177  c?e  Histreis  et  Liguribus 
174  eo;  Hispania  et  Celtiberia 
143  rfe  Salasseis  Galleis 
32  ea;  Hispania 


264 

Appendice  1 

18  SuLPicii 

361  de  Hernlcis 

358  de  Galleis 

314  de  Samnitihus 

304  de  Samnitihus 

258  de  Poeneis  et  Sardeis 

166  de  Ligurihus  Ta...  rneis 

19  C.  Poetelius 

20  Plautius 


360  de  Oallels  et  Tiburtibus 

358  de  Heniiceis 
329  de  Privernatibus 


21  Marcii 


22  M.  Popilius 

23  Q.  Publilius 


357  de  Privernatibus 

356  de  Tusceis 

306  de  Anagnineis  Herniceisque 

281  de  Etrusceis 

117  de  Ligurihus  Stoeneis 

39  ex  Macedonia 

33  ex  Hispania 

360  de  Galleis 

339  de  Latineis 
326  de  Samnitihus  Palaeopo- 
litaneis 


24  0.  Maenius 


338    de   Antiatihus  Lavinieis 
Veliterneis 


25  Papirii* 


324  de  Samnitibus 


'  Sul  patriciato  dei  Papiri i    rimando   a   quauto  osservo   iu  queste  Ri- 
cerche I  p.  248  8gg. 


Gli  "  Ada  Triumphalia  „  ed  il  trasforma  r&i  della  soc.  rom.     265 

319  de  Samnltihus 
309  de  Samnitihus 
293  de  Samnitibus 
272  de  Tarantineis  Lucaneis 
Samnitihus  Bruttieisque 
231  de  Cor  sei  s 

26  Fulvii  322  de  Samnitihus 

306  de  Samnitihus 
299  de  Samnitihus  Nequina- 

tihusque 
298  de  Samnitihus  Etrusceisque 
264  de  Vidsiniensihus 
254  de  Cossurensibus  et  Poenis 

(navalis) 
228  ex  Illureis  {navalis) 
191  ex  Hispania   Ulteriore 
187  de  Aetoleis  et  Cephallenia 
180  de  Celtihereis 
179  de  Ligurihus 
158  de  Ligurihus  Eleatihus 
123  de  Ligurihus   Vocontieis 


27  Innii 


311  de  Samìiitihus 

302  de  Aequeis 

277  de  Lucaneis  et  Bruttieis 

266  de  Sassinatihus 

266  de  Sallentineis  Messapi- 

eisque 
132  c?e  Callaiceis  etLusitaneis 


28  Sempronii  304  ^e  Aequeis 


266 


Appendice  I 

268  de  Peìcentibus 

253  de  Poeneis 

178  de  Celfihereh  Hispanieisque 

175  ex  Sardinia 

129  de  lapudiòns 


29  Atilii 


294  de   Volsonihus  et  Samni- 

tihus 
267  de  Sallenfineis 
257  ex  Sicilia  de  Poeneis 
257  de  Poeneis  (navalis) 


30  Carvilii 


293  de  Samnitihus 

272  de   Samnitihus  Lucaneifi 

Bruttieis 
234  de  Sardeis 


31  M.'  Ciirius 


290  de  Samnitihus 
290  de  Sàbineis 
290  de  Lucaneis 
275    de    Samnitihus    et   rege 
Pyrrho 


32  0.  Fabricius 


282  de   Samnitihus  Lucaneis 

Bruttieisque 
278  de  Lucaneis  Bruttieis  Ta- 

rentineis,  Samnitihus 


33  T.  Coruncanius 


280  de  Vulsiniensihus  et  Vul- 
cientihus 


34  Claudiiis  Canina 


273  de  Lucaneis  Samnitihus 
Bruttieisque 


Gli  "  Ada  Triumphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  sor.  rom.     267 


36  luLii 

(C.  Julius  Caesar) 


(AUGUSTUS) 


267  de  Sallentinels 
AQ  ex  Gallici 
46  ex  Aigypto 
46  ex  Ponto 
46  ex  Africa 
45  ex  Hispania 
44  ex  monte  Albano 

40  Imp.  Caesar  {quod  pacem 
cum  M.  Antonio  fecit) 

36  ex  Sicilia 

29  de  Dehnafeis 

29  ex  Actio 

29  ex  Aigypto  et  Cleopatra 


36  C.  Duilius 

37  Aquilii 


260  de  Siculis  et  classePoenica 

258  de  Poenis 
126  ex  Ada 
99  ex  Sicilia 


38  Aurelii 


252  de  Poeneis  et  Siculeis 
122  ex  Sardinia 


39  Caecilii 


250  de  Poeneis 
146  ex  Macedonia  et  Andrisco 
121  de  Baliaribtis 
117  de  Delmateis 
111  ex  Sardinia 
111  ea;  Thraecia 
106  de  NamideiH  et  rege  lu- 
gurtha 

lì.  ex  Hispania 

62  ex  Creta  insula 


268 

Appendice  I 

40  Lutati! 

241  de  Poeneis  ex  Sicilia  (na 

imlis) 

241  de  Falisceis 

101  de  Cimbreis 

41  M.'  Pomponius 


236  de  Sardeis 


42  Flaminii 


223  de  Galleis 


43  Claudi!  Marcelli 


222  de  Galleis  Insubrihus   et 

Gennanis 
211  de  Syracusaneis 
166  de  Galleis  Contrubieis  et 

Liguribus 
1 55  de  Liguribus  et  Apuaneis 


44  Livi! 


219  de  lUurieis 
207  de  Poenis  et  Hasdrubale 
110   de   Scordisceis   Macedo- 
nibus 


45  Minucii 


197  de  Liguribus  Boisque  Gallis 
195  ex  Hispania  Citeriore 
106  de  Scordisceis  et  TribaUeis 


46  C.  Helvius 

47  M.  Porcius 

48  M.'  Acilius 


195  de  Celtibereis 

194  ex  Hispania  citeriore 

190  de  rege  Antiocho  et  Aeto- 
leis 


Gli  "  Acta  Trmnphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.     269 
^d  C.  Calpurnius  184  de  Lusitaneis  et  Celtiberis 


50  Terentii 

51  M.  Baebius 

52  M.  Titinius 

53  P.  Mucius 

54  C.  Cicereius 

55  Cn.  Odavius 

56  L.  Anicius 

57  L.  Mummius 

58  M.  Per  per  no 

59  C.  Sextius 


60  Domitii  (Akenobarbus) 

(Calvinus)* 


182  de  Celtihereis 
70(?)  de  Besseis 

180  de  Liguribus 

175  ex  Hispania  Citeriore 

175  de  Liguribus  et  Galleis 

172  ex  Corsica  in  monte  Albano 

167  ex  Macedonia  et  rege  Perse 
(navalis) 

167  de  rege  Gentio  et  Ulurieis 

162  ex  Hispania 
145  ex  Corintho 

134  ex  Sicilia  et  serveis 

122  de   Liguribus    Vocontieis 
Salluvieisgiie 

120  de  Galleis  Arverneis 
46  ex  Hispania 


'  I  Domiti!  Calviui  liauuo  uu  console  sino   dal  332  a.  C.  ;  gli  Aheno- 
barbi  dal  192. 


270  Appendice  I 

61  Q.  Servilius  Oaepio  107  ex  Hinpania  Ulteriore 


62  C.  Marius 


104  de  Numideis  et  rege  lu- 

gurtlia 
101  de  Cimbreis 


63  [AntoniiJ' 


64   T.  Dldius 


102  ex  Cilicia 
41  ex  Alpibus 
40  [ovans  quod  pacem  cani 
imperatore  Caesare  fecit) 

100  ex   Macedonia   de    8cor- 

disceis 
93  de  Celtibereis 


66  Licinii 


99  de  Lusitanis 

81  (Murena)  de  rege  Mithra- 

date 
71  (Crassus)  ovans  de  fugiti- 

veis  et  Sparcaco 
63  (Lucullus)  ex  Ponto  et  rege 

Mithridate 
27  (Crassus)   ex    Thraecìa   et 

Geteis 


66  Pompeii 


89  de  Asculaneis  Peicentibus 
80  ex  Africa 
71  ex  Hispania 
61  ex  Asia,  Ponte,  Armenia, 
Papilla  gonia,Cappadocia, 


'  Sul  patriciftto  degli  Autouii  v.  6.  p.  104;  167, 


Gli  "  Acta  Triumphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.      271 

Cilicia,  Syria,  Scìjtlieis,Iu- 
deis,  Albania,  pirateis 


67  Servila    Vafiue 


68  C.  Scribonins   furio 


69  Afranius 


88  de  ...  .? 
74:  de  Isaureis 

72  de  Dardaneis  ex  Macedonia 

70  ex  Hispania 


70  M.  Pupius   Piso  Calpur-       69  ex  Hispania 


nianus 

71  C.  Pomptinus 

72  Q.  Pedius 

73  L.  Munatius  Plancus 

74  P.  Vatinius 

75  C.  Asinius  Pallio 

76  P.  Ventidiiis  Bassus 

77  T.  Statilins  Taurus 

78  C.  Sosius 

79  C.  Norbanus 


54  de  Allobrogibus 

45  ex  Hispania 

43  ex  Galli  a 

42  c^e  Illurico 

39  ex  Parthineis 

38  ex  Tauro  monte  et  Partheis 

34  ex  Africa 

34  ex  ludaea 

34  ex  Hispania 


'  J?omo  nor»«  adottato  da  nobile  plebeo  Cic.  r7e  doj»o  35. 


272 

80  L.  Coniifìcius 

81  C.  Calvisius  Sàbinus 

82  C.  Carrinas 

83  L.  Autronius 

84  /Sex.  Ajppuleius 


Appendice  I 

32  ex  Africa 

28  ex  Hispania 

28  ex  Gallia 

28  ex  Africa 

26  ex  Hispania 


8ò  L.  Semproniiis  Atratinus        21  ex  Africa 


86  L.  Cornelius  Balhus  19  ex  Africa 


Gli  "  Ada  Triumphalia  .,  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.     273 


* 
*     * 


Abbiamo  pertanto  durante  il  secolo  V  una  serie  di 
trionfi  isolati  conseguiti  dai  seguenti  personaggi: 

Spueius  Cassius  nel  502  e  nel  486. 

Menenius  Agrippa  nel  503. 

Siccius  Sabinl's  e  Aquilius  Tuscus  nel  487. 

LucRETius  Tripicitinus  e  Veturius  Geminus  nel  462. 

M.  HoRATius  nel  449. 

Geganius  Macerinus  nel  443. 

Inoltre  per  12  genti  patricie  qui  sotto  indicate  abbiamo 
le  seguenti  iterazioni: 

1.  CoRNELii  25  volte  7.  Sulpicii     6  volte 

2.  Valerti   17     »  8.  Quinctii    6     » 

3.  Fabii       15     »  9.  PosTUMii  6     » 

4.  Aemilii    14     »  10.  FuRii        6     » 

5.  Manlii       8     »  11.  Papirii     6     » 

6.  Claudti      8     »  12.  luLii;  ossia  le  varie  itera- 

zioni di  Cesare  e  di  Augusto. 

Non  sorprende  affatto  la  grande  frequenza  con  cui  Va- 
lerli, Fabii  ed  Aemilii,  riuscirono  ad  ottenere  il  più  vistoso 
ed  ambito  onore,  mentre  esso  fu  così  scarsamente  raggiunto 
da  altre  genti  pur  cosi  benemerite  della  repubblica.  Ciò  sta 
in  perfetta  relazione  con  l'importanza  degli  avvenimenti 
esterni  che  la  tradizione  annalistica  attribuisce  a  tali  genti. 

Pais  Bictrche  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Rom.a  II  18 


274  Appendice  I 

Desta  invece  sorpresa  il  fenomeno  già  sopra  rilevato 
della  grande  frequenza  dei  trionfi  dei  Cornelii,  sebbene  dalla 
tradizione  non  siano  ricordati  fatti  veramente  notevoli  che 
giustifichino  la  straordinaria  preponderanza  di  questa  gente 
anche  per  l'età  anteriore  ad  Annibale,  mentre  anzi  parte 
delle  loro  gesta,  sia  per  il  secolo  V,  sia  per  il  IV,  è  con- 
tradetta da  altre  narrazioni  che  delle  medesime  vittorie  at- 
tribuivano ad  altri  il  vanto/ 

Codesta  preponderanza  dei  trionfi  dei  Cornelii,  di  cui  la 
metà  appartiene  all'età  successiva  alle  guerre  Puniche,  tro- 
va però  perfetta  corrispondenza  nella  maggior  frequenza 
con  cui  essi  di  fronte  a  tutte  le  altre  genti  romane,  figurano 
fra  i  consoli,  fra  i  magistrati  minori,  fra  i  sacerdoti  (cfr.  e. 
p.  157  sgg.). 

Di  ciò  le  ragioni  ci  sfuggono  interamente;  ne  abbiamo 
modo  di  darcene  una  qualche  spiegazione  se  non  suppo- 
nendo che  i  Cornelii  fossero  fra  i  più  ricchi  possessori  di 
terreno,  od  ammettendo  che  la  loro  gente  fosse  strettamente 
congiunta  con  culti  oltremodo  importanti.  Può  supporsi  che 
la  stretta  relazione  dei  Cornelii  con  il  culto  di  Giove  Ca- 
pitolino, di  cui  si  trova  ricordo  sia  nelle  monete  sia  nella 
vita  di  Scipione  Africano  Maggiore  (il  quale  lasciava  ac- 
creditare la  voce  che  fosse  figlio  dello  stesso  Giove)  abbia 
contribuito  a  determinare  tale  fenomeno. 

Altri  fenomeni  degni  di  venir  rilevati  sono  la  comparsa 
relativamente  tarda  del  primo  trionfo  dei  Papirii,  sebbene 
i  Fasti  li  rivelino  più  volte  consoli  e  tribuni  militum  con- 
sulari  potestate   sino    dal  V  secolo.^  Più  notevole  ancora  è 


'   V.  ad  es.  Liv.  X  11  sq.  Cfr,  invoce  CIL.  I  29. 

'  Sulle  origini  piti  o  mono  discutibili    dell'antichissimo   patiiciato  dei 
Papiri!  V.  in  queste  Rkei-cke  II  p.  248  sgg. 


Gli  "  Acfa  Triumphalia  „  ed  il  trasfoi-marsi  della  soc.  rom.     275 

l'mnco    trionfo    degli   lulii  f267  a.  C),  i  quali   ritornano  a 
conseguire  tali  onori  solo  con  Cesare  e  con  Augusto. 

Fra  le  stirpi  plebee  che  appariscono  sull'orizonte  storico 
romano,  soltanto  una  sessantina  consegue  il  trionfo.  Una 
sol  volta  l'ottengono  le  seguenti: 


1.  Acilii 

2.  Afranii 

3.  Anicii 

4.  Apuleii 

5.  Asinii 

6.  Calpurnii 

7.  Baebii 

8.  Oalvisii 

9.  Carrinates 

10.  Cicerei 

11.  Cornifìcii 

12.  Coruncanii 


13.  Flaminii 

14.  Helvii 

15.  Maenii 

16.  Mucii 

17.  Mu natii 

18.  Norbani 

19.  Octavii 

20.  Fedii 

21.  Perpernae 

22.  Poetelii 

23.  Poniponii 

24.  Pomptinii 


25.  Popilii 

26.  Porcii 

27.  Pupii 

28.  Scribonii 

29.  Sextii 

30.  Sosii 

31.  Statili! 

32.  Titinii 

33.  Vatinii 

34.  Ventidii 


Abbiamo  la  semplice  iterazione  del  trionfo  fra  i: 

Publilii                   Aurelii  Carvilii 

Fabricii                   Mummii  Didii 
Plautii                     Terentii 

tre  trionfi  si  notano  fra  i: 

Lutati!  Livii  Minucii  Antonii 

quattro  trionfi  vantano  gli: 

Atilii  Curii  Claudi!  Marcelli  Aquilii 

una  notevole  frequenza  si  nota  soltanto  nelle  stirpi  seguenti; 

1.  Fulvi!     13  volte  4.  Inni!  6  volte 

2.  Caccili!     9      » 

3.  Marcii       7      » 


5.  Semproni!  6      » 


276  Appendice  I 

L'intensità  assai  minore  fra  i  plebei  del  fenomeno  del- 
l'iterazione non  sorprende  affatto.  È  anzi  del  tutto  naturale 
che,  aumentando  continuamente  il  numero  dei  candidati, 
presentandosi  continuamente  all'  arringo  consolare  stirpi 
nuove,  la  grande  maggioranza  delle  stirpi  trionfali  sia  riu- 
scita una  sol  volta  a  raggiungere  tale  onore. 

Così  risponde  del  tutto  alla  attività  dei  Marcii,  degli 
lunii,  dei  Sempronii,  dei  Cecilii,  ed  alla  parte  preponderante 
che  hanno  negli  avvenimenti  della  repubblica,  il  constatare 
la  loro  frequenza  negli  Atti  Trionfali.  Desta  invece  sorpresa 
che  il  primato  in  tale  intensità  sia  raggiunto  dai  Fulvii  che 
non  erano  di  origine  urbana,  ma  provenivano  da  Tuscolo. 

Raggiungendo  il  trionfo  ben  13  volte  i  Fulvii  rivaleggia- 
rono adirittura  con  le  primarie  genti  patricie.  Forse  la 
spiegazione  del  fenomeno  si  ottiene  constatando  la  grande 
influenza  che  Tuscolo  esercitò  costantemente  su  Roma.  Di 
codesta  influenza  abbiamo  prova  cospicua  nel  grande  nu- 
mero di  genti  consolari  giunte  da  quella  città. ^  I  Fulvii 
conseguirono  la  prima  volta  il  consolato  a  Roma  l'anno  stesso 
in  cui  uno  di  tal  gente  duce  della  guerra  contro  Roma  co- 
priva in  patria  il  consolato  (Plin.  n.  h.  VII  136).  E  assai 
probabile  che  i  Fulvii  abbiano  più  tardi  raggiunto  in  patria 
quel  primato,  che  ivi  era  già  stato  tenuto  da  età  antichis- 

'  Cic.  jjfo  Piando  8,  19:  tu  es  mu»icipio  antiqui><simo  Tuscuìaiio,  ex  qnu 
Hitnt  pìurimac  familiae  consulares  —  in  quibns  est  itiam  luveiitia  —  tot  ex  rr- 
liquis  ìnunicipiis  omnibus  non  siint  cet. 

Cicerone  poco  dopo  ib.  8,  20  dice:  nam  quando  vides  Tusculanuni  aliquem 
de  M.  Catone  ilio  in  omui  iirtute  principe,  num  de  Ti.  Coruncanio  municipi 
suo  num  de  tot  Fuh-iis  gloriavi?  verbum  nemo  facit. 

Cicerone  tende  a  mettere  in  contrasto  la  relativa  indifferenza  dei  Tii- 
sculani  di  fronte  all'orgoglio  degli  Atinati  e  degli  Arpinati  rispetto  ai 
loro  conterranei  che  avevano  consegniti  gli  onori  curuli.  Ma  ciò  aveva 
luogo  perchè  come  dice  ivi  Tiisculo  era  un  refertnm  munieipium  consulafibus. 
I  Tnscolani  erano  ormai  abituati  a  tali  onori. 


Gli  "  Ada  Tritniiphul'a  ,.  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.     277 

sima  dai  Mamilii,  che  lo  conservarono  sino  alla  metà  del 
V  secolo  almeno,^ 

La  storia  delle  città  Latine  è  scomparsa;  disponiamo 
di  troppo  scarsi  elementi  per  giudicare  se  per  effetto  di 
interne  rivoluzioni  o  di  jìressione  di  avvenimenti  esterni  i 
Fulvii  rappresentavano  a  Tuscolo  una  semplice  successione  di 
influenze  personali  ovvero  se  il  consolato  dei  Fulvii  segni 
una  modificazione  della  più  antica  forma  del  governo  che 
in  antico  era  retto  da  dittatori. 

Gli  splendori  dei  Fulvii  vennero  rinnovati  e  rinfrescati 
dal  trionfatore  di  Ambracia  glorificato  da  Ennio  ;  le  pretese 
di  questa  gente,  di  cui  un  ramo  si  intitolò  dei  Nohiliores 
ebbero  un  tardo  ma  attivo  esponente  in  Fulvia  la  moglie 
di  Clodio,  destinata  a  dar  luogo  a  nuovi  e  gravi  torbidi 
allorché  si  congiunse  in  nuove  nozze  con  M.  Antonio.  Fu 
essa  infatti  a  fomentare  quel  movimento  che  ebbe  un  triste 
epilogo  nella  guerra  di  Perusia. 


* 
* 


Speciale  riguardo  merita  infine  il  rapporto  esistente  fra 
i  trionfi  dei  patrici,  della  nobiltà  plebea  e  degli  homines 
novi,  fra  il  172,  in  cui  i  plebei  per  la  prima  volta  ottennero 
di  coprire  ambedue  i  seggi  consolari,  e  la  fine  della  repub- 
blica. Esso  si  rivela  nel  modo  seguente: 


'  Liv.  Ili  18;  29;  ad.  458  cfr.  Cat.  fr.  25  Peter,  ove  si  apprende  che 
la  cittadinanza  romana  di  cui  fa  parola  anche  Livio  l.  e.  fu  accordata  al 
solo  dittatore  L.  Mamilio  e  non  ai  rimanenti  Tuscixlani.  E  questo  è,  per 
quanto  è  noto,  il  più  antico  esempio  di  cittadinanza  concessa  ai  magistrati 
delle  città  latine. 


278 


Appendice  I 


PATEICI 


Nobiltà  plebea 


Homines  novi 


a.  167  L.  AimiliusPaulus 
(ex  Macedonia  et  re- 
ge  Perse) 


a.  172  C.  Cicereius 
(ex  Corsica) 

a.  167  Cn.  Octavius 

(ex    Macedonia    et 
rege  Perse) 


a.  IQ7 L.Anicius  Gallus 

(de  rege   Gentio  et 
Illurieis) 


a.  166  C.  SuLPicius  Gal-     a.  166  M.  Claudius  Mar- 
Lus  cellus 

(de  Liguribus)  (de  Galleis  Contru- 

bieis  et  Ijiguribus) 

^    a.  158  M.  Fulvius  No- 
bilior 

(de  Liguribus  Elea- 
tibus) 

a.  155  P.  CoRNELius  Sci-     a.  165  M.  Claudius  ìl&r- 
1*10  .       cellus 

(de  Delmateis)  (de  Liguribus  et  A- 

puanis) 


a.  162  L.  Miiniiìiius 
(ex  Hispania) 


Gli  "  Ada  Trivmphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.  279 


PATRICI  Nobiltà  plebea  Homines  novi 


a.  146P.CoRNELiusSci-  a.  146  Q.  CaeciliuiJ  Me- 
no Aemilianus  telliis 
(ex  Africa    et    Ha-  (ex    Macedonia    et 
sdrtibale)  Andrisco) 


a.    143    Ap.    Claudius 

PULCHEE 

(de  Salassis  Galleis) 


a.  132P.CoRNELiusSci-    a.  132  D.  lunius   Cai- 
no AiMiLiANUs  laicus  (de  Callaiceis 
(de  Numantiueis)            et  Lusitaneis) 

a.  129    C.  Sempronius 
Tuditanus 
(de  lapudibus) 

a.  126  M.  Aquilius 
(ex  Asia) 

a.  123  M.Fulvius  Flaccus 
(de   Liguribus   Vo- 
contieis  Salluvieis) 

a.  122  C.  Sextius  Cal- 
vinus 

(de   Liguribus  Vo- 
contieis  Salluvieis) 


a.  145  L.  Mummius 

(ex  CorintLo) 


a.  134  31.  Perperna 

(exSicilia  et  serveis) 


280  Appendice  I 

PATRICI  Nobiltà  plebea  Homines  novi 

•A.  r22L.AurelmsOrestes 
(ex  Sardinia) 

a.  121  Q.  Caecilius  Me- 
tellus 
(de  Balearibus) 

a.  120  Q.  Fabius  Aemi-     a.   120    Cn.   Domitius 
LiANUs  Ahenobarbus 

(de  AUobrogibus  et         (de  Galleis  Arverneis) 
rege  Avernorum  Be- 
tulto) 

a.  117  L.  Caecilius  Me- 
tellus 
(de  Delmateis) 

a.  117  Q.  Marcius  Rex 
(de  Liguri  bus  Stoe- 
neis)      V 

a.   115    M.    Aemilius 

SCAURUS 

(do  Galleis  Karneis) 

a.  IH  M.  Caecilius  Me- 
tellus 
(ex  Sardinia) 

a.  Ili  C.  Caecilius  Me- 
tellus 
(ex  Thraecia) 


Gli  "  Ada  Triumphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom 


281 


PATRICI  Nobiltà  plebea 

a.  1 10  M.  Livius  Drusus 
(de  Scordisceis  Ma- 
cedoni bus) 


Hoinines  novi 


a.  107  Q.ServiliusCae- 

PIO 

(ex   Hispanìa  Ulte- 
rioreì 


a.  106  Q.  Caecilius  Me- 
tellus 

(de  Numideis  et  re- 
ge  lugurtha) 


a.  102  M.  Antonius 

(ex  Cilicia) 


a.  102  C.  Marius 

(de  Numidia  et  rego 
lugurtha) 


a.  101   C.  Marius 
(de  Cimbreis) 

a.  100  T.  Didius 

(ex  Macedonia  Scor- 
disceis) 


a.  99  M.  Aquillius 
(ex   Sicilia    ex   Hi- 
spania  Ulteriore) 


282  Appendice  I 

PATRICI  Nobiltà  plebea  Homines  novi 

a.  98  L.  CoRNELius  Do- 

LABELLA 

(ex  Hispauia  Uì te- 
nore de  Lusitania) 

a.93P.LiciniusCras.sus     a.  93  T.  Didius 

(de  Lusitaneis)  (ex  Hispania  de  Cel- 

tiberia) 

a.  89  Cn.  Pompeius 
(de  Asculaneis) 

a.  88  P.  Servilius  Vatia 
(de  .  .  .  .) 

a.SlL.CoRNELius  Sulla    a.  81  L.  Licinius  Mu- 
(de  rege  Mithridate)        rena 

(de  rege  Mithridate) 
a.  81  C.  Valerius  Flac- 
cus 
(ex  Celtiberia) 

a.  80  Cn.  Pompeius 
(ex  Africa) 

a.  78  Cn.  Cornelius  Do- 

LABELLA 

(ex  Macedonia) 


Gli  "  Ada  Triumphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.  283 

PATRICI  Nobiltà  plebea  Homines  novi 

a.  74  P.  Servilius  Vatia 
(de  Isaureis) 


a.  72  C.Scribonius  Curio 
(de  Dardaneis) 

a.71  M.  Licinius  Crassus 
(de  Spartaco) 

a.  69  M.  Papius 
(ex  Hispania) 

a.  63  L.  Liciiiius   Lu- 
cuUus 

(de  rege  Mithridate 
et  de  rege  Tigrane) 

a.  62  Q.  Caecilius  Me- 
tellus 
(ex  Creta  insula) 

a.  61  Cn.  PompeiuB 
(ex  Asia,  Ponto,  Ar- 
menia, Paphlagonia, 
Cappadocia,  Cilicia, 
Syria,  Scytheis,Iuda- 
eis,  Albania,  piratis) 

a.  64  C.  Pomptinus 
(de  Allobrogibus) 


284 


Appendice  I 


PATRICI 

a.  61  P.CoRNELius  Spin- 

THER 

(ex  Cilicia) 
a.  47  M.  AiMiLius   Le- 

PIDUS 

(ex   Hispania  Cite- 
riore) 

a.  46  C.  luLius  Caesar 

(ex  Gallia,  ex  Aigu- 

pto,    ex    Ponto,    ex 

Africa,  ex  Hispania) 

A.  46  Q.  Fabius  Maximus 
(ex  Hispania) 

a.  44  C.  luLTUs  Caesar 
(ex  Monte  Albano) 


Nobiltà  plebea 


Hominem  novi 


a.  43  L.  Munatius  Plancus 
(ex  Grallia) 

a.  42  P.  Vatinitis 
(de  Illurico) 


a.  41  L.  Antonius 
(ex  Alpibus) 


Gli  "  Ada  Triumphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rotti.  285 


PATRICI  Nobiltà  plebea  Homìnes  noci 


a.  40  Imp.  Caes  Aug.      a.  40  M,  Antoniiis 
(quod    pacem    cum  (quod    p:icem    cam 

M.  Antonio  fecit)  imp.  Caesare  fecit) 


a.  39  L.  Mareins   Cen-     a.  39  C.  Aslnius  Polito 
sorinus  (ex  Parthineis) 


(ex  Macedonia) 


a.  38  P.  VentidiusBassus 

(ex  Parth.eis) 


a. 36  Imp.  Divi  F.  Caes.     a.  36  Cn.  Domitius  Cal- 
(ex  Sicilia)  vinus 

(ex  Hispania) 

a.  34  T.  Statilius  Tauvus 

(ex  Africa) 

a.  31  C.  Sosius 

(ex  ludaea) 

a.  33  L.  Marcius   Phi-     a.  33  C.  Norbanus 
lippus  (ex  Hispania; 

(ex  Hispania) 

a.  32  Ap.  Claudiub  Pul-  a.  32  L.  Cornifìcius 

CHER  (ex  Africa) 

(ex  Hispania) 


286 


Appendice  I 


PATEICI 

«i.  29  Imp,  Caesar 
(de    Delmateis,   ex 
Actio,  ex  Aigypto  et 
Cleopatra) 


Nobiltà  plebea 


Homines  novi 


ti.  27  M.  Valerius  Mes-     a.  27  M.  Licinius  Crati- 
SALA  sus  (ex  Thraecia  et 

(ex  G-allia)  Geteis) 


a.  28  C.  Cahisius  Sabinus 
(ex  Hispania) 

a.  28  C.  Carrinas 

(ex  Gallia) 

a.  28  L.  Autronìus 

(ex  Africa) 


a.  26  Sex.  Appuleius 
(ex  Hispania) 


il.  21    L.   Sempronius 
Atratinus 
(ex  Africa) 


a.  19  L.  Cornelius  Balbus 
(ex  Africa) 


Gli  "  Ada  Triumplialia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.     287 

Da  questo  specchio  emerge  che  dal  172  al  19  a.  C,  fatta 
eccezione  per  Giulio  Cesare  e  per  Augusto,  vi  furono  solo 
19  trionfi  fra  i  patricii,  mentre  un  numero  pressoché  dop- 
pio (oltre  36)  ebbe  luogo  fra  i  plebei. 

Numero  assai  inferiore  a  quest'ultimo  (26)  si  nota  fra 
gli  homines  novi.  Ma  tale  inferiorità  è  relativa  ad  una  se- 
rie limitata  di  anni  e  di  fronte  ai  risultati  generali  è  solo 
apparente.  La  disposizione  cronologica  di  tali  trionfi  mostra 
che  fra  il  172,  in  cui  i  plebei  raggiunsero  per  la  prima  volta 
le  due  magistrature  di  console,  ed  il  133  in  cui  Tiberio  Gracco 
fu  eletto  tribuno  della  plebe,  vi  fu  un  ulteriore  affermarsi 
degli  homines  novi.  Il  pretore  C.  Cicereius  menò  trionfo  sui 
Corsi  e  Cn.  Ottavio,  forse  di  origine  velletrana,  sulla  Ma- 
cedonia e  su  Perseo  (167),  L.  Anicio  di  origine  prenestina 
sull'illirico  re  Gentio  (167),  L.  Mummius  di  modesti  natali 
e  di  carattere  popolare  sulla  Spagna  e  poi  su  Corinto  (162, 
145).  Infine  l'etrusco  Perperna  trionfò  sui  servi  della  Sicilia 
(134). 

Conia  morte  dei  Gracchi  (132;  121)  con  il  trionfo  della 
reazione  conservatrice  (a  cui  dopo  il  breve  periodo  della 
supremazia  di  Mario,  Saturnino  e  compagni  tien  dietro  la 
nuova  reazione  sillana)  è  naturale  che  scompaia  per  un  certo 
periodo  di  anni  l'elezione  a  magistrati  e  quindi  il  trionfo 
di  uomini  nuovi.  Nessun  homo  novus  trionfa  infatti  fra  il 
133  ed  il  102,  mentre  in  codesto  ventennio  abbiamo  ben 
quindici  trionfi,  dei  quali  tre  di  patrici  (Cn.  Fabius  120, 
M.  Aemilius  Scaurus  115,  Q.  Servilius  107)  e  dodici  fra 
membri  della  nobiltà  plebea.  E  di  codesti  dodici  trionfi 
cinque  sono  conseguiti  dai  soli  Caecilii  Metelli. 

La  nuova  serie  dei  trionfi  degli  uomini  nuovi  è  aperta 
dall' arpinate  Mario  che  dei  Caecilii  Metelli  fu  fiero  nemico. 
Durante  il  periodo  che  dal  primo  trionfo  di  Mario  (102)  va 


288  Appendice  I 

alla  morte  di  Siila  l'influenza  dei  patrici  è  ancor  valida 
(4  trionfi)  e  quella  della  nobiltà  plebea  è  di  molto  superiore 
a  quella  degli  homines  novi  dacché  i  due  trionfi  dei  Pom- 
peii  e  quelli  di  T.  Didius  furono  ottenuti  da  persone,  che 
sebben  fossero  in  parte  novi,  appartenevano  al  partito  con- 
servatore. 

La  preponderanza  assoluta  degli  homines  novi  ha  principio 
con  l'età  cesariana.  Membri  dell'antico  patrioiato  e  della 
nobiltà  plebea  continuano  ancora  a  menar  trionfo  (circa  5 
per  classe)  ma,  oltre  al  trionfo  di  Pomptinus,  il  noto  amico 
di  Cicerone,  altro  homo  novus  adepto  della  nobiltà  (64)  noi 
abbiamo  i  trionfi  dei  generali  cesariani  Munatio  Planco  (43); 
Vatinio  (40);  Asinio  Pollione  (39);  Ventidio  Basso  (38);  Sta- 
tilio  Tauro  (34);  C.  Sosio  (34);  C.  Norbano  (34);  L.  Cornifi- 
cio  ;  Calvisio  Sabino  e  C.  Carrinas  (28);  L.  Autronio  (28); 
Appuleio  '26j.  Finalmente  nel  19  il  trionfo  sull'Africa  è 
conseguito  dallo  spagnuolo  L,  Cornelio  Balbo. 

Sono  generali  in  gran  parte  dell'Italia  centrale  e  l'onore 
del  trionfo,  salvo  il  caso  in  cui  è  ambito  dallo  stesso  im- 
peratore, è  ormai  così  divulgato,  che  sarà  cura  di  costui 
sopprimere  una  cerimonia  che,  ristabilita  nel  suo  antico 
splendore,  richiamava  antiche  tradizioni,  ricordava  1'  aequa- 
litas  republicana  e  poteva  porgere  occasione  a  future  ribel- 
lioni.^ 

Dopo  il  trionfo  di  Cornelio  Balbo,  non  è  più  fatta  men- 
zione negli  Atti  dei  trionfi  di  tal  onore  concesso  a  gene- 
rali vincitori.  Agrippa  lo  rifiutò,  sebbene  lo  avesse  meri- 
tato per  le  vittorie  sui  Cantabri  e  per  aver  domata  la  se- 
dizione Bosforana  (Cass.  Dio  LII  11  sq.;  LIV  24  ad  a.  19 
e  14  a.  Ci.  Per  il  9  a.  C.  si  fa  ancora   ricordo    di    un'  ova- 

'  Si  vfila  (luiinto  a  questo  proposito  dire  Casmo  Dione  LIV  12. 


Gli  "  Aeta  Triumphalia  „  ed  il  trasformarsi  della  soc.  rom.     289 

zioue  celebrata  da  Tiberio  (Cass.  Dio  LV  2)  ;  ma  è  un  prin- 
cipe della  casa  dominante. 

Per  lo  stesso  principio  per  cui  Augusto,  anche  rispetto 
ai  principi  della  sua  stessa  casa,  non  confermava  le  accla- 
mazioni militari  di  imperator  (Cass.  Dio  LIV  33  ad  11  a. 
C),  ai  trionfi,  a  partire  da  12  a.  C,  venivano  ormai  sosti- 
tuiti gli  innocui  ornamenta  triumphalia,  i  quali  sollevavano 
certamente  nella  gerarchia  dei  magistrati  coloro  che  ne  ve- 
nivano insigniti  ma  senza  reale  aumento  della  loro  potenza 
politica.^ 

Rispetto  ai  veri  trionfi,  codesti  ornamenti  trionfali  stanno 
su  per  giù  nello  stesso  rapporto  in  cui  gli  antichi  titoli  feudali 
di  marchese  e  di  conte  stanno  di  fronte  alle  innocenti  decora- 
zioni cavalleresche  degli  Stati  delle  monarchie  democratiche 
dell'Europa  moderna.  Gli  antichi  trionfi  della  repubblica 
giovavano  ad  impersonare  su  dati  magistrati  e  generali  il 
ricordo  delle  vittorie  e  delle  conquiste  della  patria  e  ne 
aumentavano  l'influenza  politica.  Gli  ornamenta  triumphalia, 
per  vittorie  ottenute  mediante  gli  auspicii  dello  stesso  im- 
peratore, varranno  invece  a  rendere  sempre  più  cospicui  i 
segni  esterni  della  soggezione,  che  sempre  più  legheranno  i 
cittadini  verso  il  principe. 


•  Il  materiale  è  raccolto  nella  dissertazione  di  S.  Feimb  De  ornamenti» 
iìiumj)halibus  (Berolini  1885). 

Tu»  Ricerchi  tulla  ttoria  e  tnl  diritto  pubblico  di  Roma  II  19 


APPENDICE  II. 

11  succedersi  di  nuove  genti  nella  serie  dei  magistrati 
monetali  della  Repubblica  Romana. 


All'elenco  delle  genti  che  raggiunsero  le  magistrature 
curuli  non  è  inopportuno  far  seguire  anche  quello  dei  ma- 
gistrati monetali. 

A  prima  vista,  disponiamo  di  un  materiale  abbondante 
per  risolvere  alcuni  fra  i  vari  problemi  che  abbiamo  sopra 
discussi.  In  realtà  le  nostre  speranze  rimangono  spesso 
deluse  poiché  i  Romani  incominciarono  a  coniare  moneta 
solo  nella  seconda  metà  del  secolo  IV:  ^  e  da  principio  non 
segnarono  il  nome  dei  magistrati  incaricati  di  sorvegliare 
e  garantirne  l'emissioni.  Solo  verso  la  metà  del  secolo  III, 
a  parte  simboli,  cominciano  nessi,  i  quali  non  sono  sempre 
di  sicura  interpretazione.  I  nomi  di  magistrati  monetali  co- 
minciano poi  ad  essere  incisi  per  esteso  solo  al  principio  del 
II  secolo. 

Per  gli  stessi  motivi  solo  in  via  estremamente  eccezio- 
nale la  numismatica  repubblicana  porge  qualche  raro  dato 
relativo  ad  antichi  culti  gentilizi,  non  fa  allusione  a  quelli 


'  Allo  stato  attuale  delle  cognizioni  reputo  ozioso  confutare  le  opinioni 
di  coloro  che  ripetono  la  tesi  del  Mommsen  il  quale  afteriuò  che  la  mone- 
tazione romana  avesse  avuto  principio  con  i  decemviri. 


//  succedersi  di  nuove  geufi  uelìa  serie  dei  mug.  v/outUtH        291 

vetustissimi  di  cui  Varrone  e  Festo  serbano  memoria.  Essa 
rappresenta  invece  con  frequenza  le  maggiori  divinità  latine 
come  Giove  e  Diana,  fra  le  greche  quelle  che  da  lungo  tempo 
avevano  avuto  accoglienza  ufficiale,  come  Apollo,  Mercurio, 
Ercole,  i  Dioscuri.  Infine  commemora  nelle  sue  figurazioni 
culti  riconosciuti  posteriormente,  come  Venere  Ericina,  la 
Pietas,  Esculapio,  la  Felicitas. 

Rispetto  allo  sviluppo  delle  genti  romane  abbiamo  dati 
assai  manchevoli,  sopratutto  per  l' età  più  vetusta. 

Di  patrici  troviamo  ricordo  in  modo  intermittente  tanto 
per  i  più  antichi  come  per  i  recenti  periodi.  Il  materiale 
numismatico  non  ci  autorizza  però  a  formulare  leggi.  Ove 
una  legge  potesse  rintracciarsi  varrebbe  forse  a  dimo- 
strare che  coloro  che  appartenevano  alle  grandi  casate  ed 
avevano  maggior  probabilità  di  conseguire  le  cariche  curuli, 
non  davano  importanza  speciale  all'  ufficio  di  sorvegliare  la 
zecca  e  la  regolarità  dell' einissione  della  moneta.  I  plebei 
urbani  o  municipali  si  adoperano  forse  in  maggior  misura 
a  conseguire  una  magistratura  per  sé  stessa  non  molto 
cospicua,  ma  che  per  lo  meno,  a  cominciare  dal  I  secolo  fini 
per  servire  di  gradino  per  coloro  che  aspiravano  a  conse- 
guire in  seguito  le  cariche  curuli  e  ad  entrare  in  Senato. 

La  serie  dei  magistrati  monetali  romani  porge  docu- 
menti importanti  per  il  nostro  fine  sopratutto  a  partire  dalla 
fine  del  terzo  o  meglio  dal  principio  del  II  secolo  allorché  si 
incominciò  a  segnarne  più  distesamente  il  nome.  Tuttavia 
anche  rispetto  al  II  secolo,  non  siamo  in  grado  di  fissare  una 
cronologia  monetaria  così  esatta  come  la  desidereremmo.  Non 
possediamo  infatti  dati  sufficienti  intorno  al  modo  ed  al 
tempo  in  cui  le  emissioni  monetarie  avevano  luogo. 

Nonostante  queste  ed  altre  difficoltà  e  lacune,  l' esame 
complessivo  dei  magistrati  monetali  della  repubblica  vale  a 


292  Appendice  II 

completare  osservazioni  fatte  in  base  ai  Fasti  consolari,  so- 
pratutto per  il  secolo  anteriore  e  per  gli  anni  susseguenti 
alle  leggi  lulia  e  Plautia  Papiria  relative  alla  cittadinanza 
romana  concessa  ai  federati  Italici  (90-89  a.  C). 


* 
* 


Neir esaminare  il  materiale  numismatico  seguo  le  divi- 
sioni cronologiche  del  Conte  de  Salis  accolte  dal  Grueber 
nella  recente  opera  Coins  of  the  roman  repuhJik  (London 
1910  tre  voi.).  Non  già  che  io  accetti  senza  altro  tutte  le 
divisioni  e  le  assegnazioni  singole  rispetto  all'anno  od  al 
luogo  di  emissione.  Ma  quest'opera,  che  porge  talora  date 
assai  diverse  da  quelle  raccolte  dal  Babelon,  è  frutto  di  os- 
servazioni posteriori  a  quelle  del  Cavedoni,  del  Borghesi,  del 
Mommsen,  che  dal  Babelon  vennero  riassunte  nella  sua  assai 
pregevole  descrizione  delle  monete  repubblicane.  Il  Grueber 
ha  sopratutto  il  merito  di  dare  un  preciso  ed  ordinato  spo- 
glio dei  ripostigli  ;  sicché  riesce  più  agevole,  che  non  lo 
sia  nel  Babelon,  rendersi  conto  di  una  data  determinazione 
di  anno  per  ogni  singolo  nummo. 

Io  penso  si  debba  essere  però  molto  cauti  intorno  alle 
identificazioni  dei  singoli  monetali.  Per  questo  lato,  l'opera 
cosi  diligente  del  Grueber,  non  rappresenta  sempre  un  pro- 
gresso ed  un  rigoroso  controllo  su  quella  degli  anteriori 
scrittori.  In  vari  casi  riproduce  anche  essa,  senza  discus- 
sione, le  determinazioni  che  furono  già  proposte  od  accet- 
tate dagli  illustri  numismatici  teste  ricordati. 

Un  esame  spregiudicato  dei  dati  degli  antichi  mostra  che 
rispetto  a  talune  identificazioni  non  si  è  tenuto  conto  suf- 
ficiente dell'esistenza    di  persone    della   stessa  gens  vissute 


Il  succedersi  di  nuove  genti  nella  serie  dei  /wy.  monetali        293 

negli  stessi  anni  od  a  poca  distanza  di  tempo,  aventi  i  me- 
desimi prenomi  e  nomi:  Roma  ha  avuto  contemporaneamen- 
te diversi  Appi  Claudi*  e,  per  citare  un  altro  esempio,  per 
il  50  e  successivamente  per  il  49  figurano  nei  fasti  conso- 
lari due  C.  Claudi  ]\Iarcelli,  fra  loro  affatto  distinti. 

Di  già  Asconio  in  Scaur.  p.  23  KS.  ad  evitare  errori  no- 
tava: ne  forte  erretis  et  eundem  hunc  Cn.  Dolahellam  pu- 
tetis  esse,  in  queia  C.  Caesaris  oratlonea  ìegitls,  scire  vos 
oportet  duos  eodem  tempore  fuisse  et  prenomine  et  cognomine 
Dolahellas.  È  appena  necessario  osservare  che  ciò  deve  es- 
sersi spesso  ripetuto  per  molti  altri  gentiles  di  altre  gentes. 

È  sperabile  che  il  futuro  illustratore  della  numismatica 
di  Roma  repubblicana  la  purghi  di  affermazioni  che  assai 
spesso  sono  del  tutto  arbitrarie  e  che  in  base  all'autorità 
di  scrittori  eminenti,  come  il  Borghesi  e  Teodoro  Mommsen, 
sono  generalmente  accolte  senza  controllo  anche  in  opere  di 
grande  valore. 

A  fare  il  riscontro  delle  molte  e  fallaci  affermazioni  di 
tal  natura,  che  sono  oggi  ripetute  come  verità,  non  sono  de- 
stinate le  pagine  seguenti.  Non  è  infatti  mia  intenzione  fare 
un'illustrazione  dei  singoli  monetali  romani,  ma  solo  por- 
gere per  mezzo  dei  loro  nomi  l' ulteriore  dimostrazione  che 
vi  fu  a  Roma  quel  rinnovamento  di  stirpi  di  cui  abbiamo  di- 
scorso nella  anteriore  memoria  relativa  ai  Fasti  dei  consoli. 


'  Si  peDsi  ad  es.  ad  Appio  Claudio  morto  uel  82  ed  a  suo  zio  console 
nel  79  v.  il  materiale  in  PW.  BE.  Ili  col.  2666  n.  13;  296  e.  v.  Claudius. 
Anche  Asconio  in  Milon.  p.  29  KS  ricorda  duo  adultucentuli  qui  Appii  Claudii 
ainbo  appellabaniur . 


294  Appendice  II 


* 
* 


Per  il  periodo  che  dalla  metà  del  III  secolo  va  al  173 
circa  a.  C.  abbiamo  una  serie  di  nessi  di  cui  la  maggior 
parte  è  solvibile  ed  è  riferibile  a  ben  note  genti  :  * 

1.  C.  Al.  in  nesso  (Caius  Allius?)  Grueber  I  p.  34,  Ba- 
belon  I  p.  508.  Un  P.  Paetus  probabilmente  un  Aelins  Paetus 
compare  verso  il  150-125,  Grueber  I  p.  120  cfr.  in  nesso  Paet. 
fra  il  196  ed  il  173,  Grueber  I  p.  84. 

2.  C.  Var.  in  nesso  (Caius  Varrò?)  240-229.  L'ipotesi  re- 
gistrata anche  dal  Grueber  I  p.  35  che  sia  da  attribuire  a 
Terenzio  Varrone  il  vinto  a  Canne,  non  si  basa,  mi  sembra, 
su  argomenti  molto  validi.  Il  nesso  è  riferibile  ad  un  Vaia- 
vo? È  esclusa  la  soluzione  Varus? 

Il  monogramma  Varo  compare  daccapo  fra  il  196  ed  il 
173  Grueber  I  p.  68. 

Un  Caius  Terentius  Lucanus  appare  invece  fra  il  172-151, 
Grueber  I  103;  ma  non  sappiamo  a  qual  ramo  dei  Terentii 
appartenesse. 

'  Non  raccolgo  il  monetale  di  cui  abbiamo  il  nome  nel  ntsso  formato 
dalle  lettere  F.  L.  P.  attribuito  a  diverse  persone  dai  vari  scrittori  di  cose 
niimismaticlie  v.  Grueber  I  p.  65.   Così  trascuro  ad  es.  i  seguenti  nessi: 

MD  che  taluni  attribuiscono  ad  un  Buni)iiis  Grueber  I  p.  G9. 

Lh  PL  (in  nesso)  che  si  suol  riferire  ad  Z.  riaiiiius  iJypaaeuii  Gruiber 
I  p.  70. 

Il  denaro  cou  le  lettere  Tod  attribuito  ad  un  iuiagiuario  Todillus, 
Grueber  I  p.  77. 

Il  triente  cou  il  nesso  Sax. 

I  vari  nummi  cou  quello  Bai  (Balbus). 

Gli  assi  ed  i  semissi  con  il  nesso  Mal;  sebbene  sia  probabile  l'iden- 
tificazione con  il  nome  dei  Matieni,  Grueber  I  p.  82. 

Gli  assi  ed  i  trienti  con  la  sola  lettera  P.  Grukber  I  p.  83,  che  non 
vedo  perchè  si  attribuiscano  ad  uu  Petronius. 


Il  succedersi  di  uvove  genti  nella  serie  dei  may.  nìonetnìi         295 

Fra  il  196  ed  il  173  a.  C.  abbiamo  nel  Grueber  i  seguenti 
nummi. 

3.  Val.  (in  nesso),  Grueber  I  p.  69. 

L' ipotesi  oggi  prevalente  sia  da  attribuire  a  L.  Yalerius 
Flaccus,  uno  dei  triumviri  della  colonia  di  Placentia  e  Cre- 
mona, non  ha  base  sicura. 

C.  Valerius  Flaccus  è  ricordato  in  nummi  del  150-125, 
Grueber  I  p.  120. 

4.  Tamp.  in  nesso. 

Evidentemente  uno  dei  Baebii  Tampili,  Grueber  I  p.  71. 
Un  M.  Baebius  Tampilus  compare  in  un  denario  del  150-125, 
Grueber  ib.  p.  132. 

5.  Aur.  in  nesso. 

Si  attribuisce  ad  un  Aurelius,  Grueber  I  p.  72.  Un  M.  Aii- 
reliiis  Cola  appare  in  denarii  fra  il  150  ed  il  125,  Grueber 
I  p.  129. 

6.  Mae.  in  nesso. 

Attribuito  ad  un  Maenius,  Grueber  I  p.  77.  Cfr.  P.  Maen. 
in  nesso  nello  stesso  periodo  cronologico  ib.  I  p.  83.  Altri 
nessi  di  monete  fra  il  124  ed  il  103  attribuite  a  personaggi 
dello  stesso  nomen,  v.  in  Grueber  I  p.  145. 

7.  V.  Aliti',  in  nesso.  Autronius,  Grueber  I  p.  78. 

8.  Opeim.  in  nesso,  Grueber  I  p.  78. 

M.  Opeimus  ricompare  fra  il  99  ed  il  95  Grueber  I  p.  173. 

9.  Q.  Me.  in  nesso,  cbe  si  attribuisce  ad  un  Metello,  Grue- 
ber I  p.  79.  Il  nesso  Q.  Mete  si  ritrova  in  denarii  del  156-103, 
Grueber  I  p.  156.  Quello  A.  f^e  in  assi  fra  il  172  ed  il  151, 
Grueber  p.  107. 

10.  L.  Coil.  denariO;  Grueber  I  p.  81. 

11.  Cn.  Calp.  in  nesso,  Grueber  I  p.  81. 

Il  Grueber  1.  e.  tenta  identificare  questo  personaggio  con 
il  pretore  del  178. 


296  Appendice  II 

12.  Cu.  Do.  Grueber  I  p.  83. 

I  Domita  compariscono  più  volte  a  partire  dal  periodo 
fra  il  124  ed  il  103,  Grueber  I  p.  151. 

13.  C.  Sax.  in  nesso,  Grueber  I  p.  84. 

A  questa  gente  è  stato  pur  riferito  il  triente  dello  stesso 
periodo  con  il  nesso  Sax.  L'attribuzione  di  tali  nummi  a 
C.  Clovius  Saxula  pretore  nel  175  proposta  dal  nostro  Bor- 
ghesi, o  a  suo  figlio  come  si  è  pensato  da  altri,  v.  Grueber 
I  p.  85,  non  ha  base  del  tutto  sicura. 


Ai  magistrati  monetali  fra  il  196  ed  il  173  vengano  ag- 
giunti quelli  della  monetazione  romana,  la  quale  (se  a  ra- 
gione o  a  torto  non  voglio  qui  discutere),  si  giudica  dal 
Grueber  coniata  nelle  zecche  della  Penisola. 

14.  Fur.  in  nesso,  Grueber  II  p.  230. 

15.  Taln.,  Grueber  II  p.  232. 
Appartenente  agli  luventii  Talna  di  Tuscolo. 

16.  Mat.  in  nesso,  Grueber  II  p.  236. 
Si  suole  attribuire  ai  Matieni. 


Alla  serie  dei  nummi  fra  il  196-173  il  Grueber  aggiunge 
anche  l' asse  con  la  leggenda   M.  Titini,  Grueber  I  p.  85. 

Questo  è  il  primo  nummo  in  cui  appare  per  disteso  il 
nome  del  monetale.  Manca,  per  quanto  vedo,  una  ragione 
assoluta  per  attribuirlo  piuttosto  ad  un  anno  che  ad  un  altro 
di  quella  serie  fissata  con  criteri  che  hanno  un  valore  solo 
relativo. 

Preferisco  quindi  unirlo  alla  serie  t^eguente  che,  stando 
alla  classicazione  del  Conte  de  Salis  accolta  dal  Grueber, 
comprende  le  monete  ed  i  monetali  dal  172  al  151. 


Il  succedersi  di  nuove  genti  nella  serie  dei  mag.  monetali        297 
In  questa  serie  pertanto  abbiamo  : 

1.  M.  TUini,  Grueber  I  p.  86.  ^ 

2.  a  Inni  a  f.  Grueber  I  p.  89. 

3.  S.  Afra,  verso  172-351,  Grueber  I  p.  91. 

4.  M.  Atili  Saran.  fra  172-151,  Grueber  I  p.  92. 

5.  Q.  Marc.  Libo  fra  172-151,  Grueber  I  p.  94. 

6.  L.  Semp{ronius)  Pitto  e.  s.  Grueber  p.  95. 

7.  L.  Iti  e.  s.  Grueber  I  p.  97. 

8.  L.  Mamilio,  Grueber  I  p.  97. 

Monetari   attribuiti   fra  il  172  ed  il  151    di    cui   per  il 
periodo  anteriore  non  è  apparso  il  nomen. 

9.  C.  Scr{ihonius),  Grueber  I  p.  102. 

10.  Nat.  Grueber  I  p.  101. 

Appartiene  con  certezza  ad  un  Pinarius  Natta  patrizio. 

11.  C.  Tal.  Grueber  I  p.  102. 

È  un  luventius  Talna;  gente  di  Tuscolo. 
Le  varie   identificazioni   registrate  da    Grueber  ib.  p.  2 
sono  incerte. 

12.  C.  Ter{entius)  Luc{anus\  Grueber  I  p.  103. 

13.  P.  Blas{io),  Grueber  I  p.  104. 

Si  tratta  di  un  Cornelius  Biasio.  Ma  l' identificazione  di 
questo  personaggio  è  tutt' altro  che  sicura. 

14.  Ta  ovvero  At,  a  seconda  del  modo    che   si    tiene   nello 

sciogliere  il  monogramma  quindi  Atilius  ovvero  Tatius 
Grueber  I  p.  105. 

'  Codesto  M.  Tiiinins  è  stato  ideiitificnto  dal  Monimsen  con  il  tribuno 
omonimo  del  193,  pretor«  nel  178.  Ma  a  t;ilc  identificazione  si  opporrebbe  la 
data  che  dal  Conte  de  .S;ili8  è  assegnata  al  nnmmo  in  parola.  Esso  sarebbe 
di  qualche  anno  posteriore,  Grueber  1.  e. 


298  Appendi  re  II 

15.  Turd.  (Turdus),  Grueber  I  p.  105. 

A  quanto  sembra,  un  membro  dei  Patirli  Tur  di  che, 
come  è  noto,  erano  plebei. 

16.  Cina,  Grueber  I  p.  106. 

Anche  i  Cornelii  Cinnae  erano  plebei, 

17.  Murena,  Grueber  I  p.  107. 

Murena  è  il  cognome  di  un  ramo  elei  Licinii,  che  traeva 
le  origini  da  Lanuvium. 

18.  C.  Sae.,  Grueber  I  p.  107. 

Nessun  gentilicio  si  presta  ad  essere  identificato  con 
questo  nesso  ad  eccezione  di  quello  della  gente  Sae- 
nia,  alla  quale,  infatti,  è  generalmente  attribuito. 

19.  Q.  Mari,  Grueber  I  p.  108. 

Non  si  tratta  di  un  antenato  del  celebre  Mario  nato  di 
genitori  poveri.  È  ovvio  invece  il  pensiero  che  sia 
un  parente  di  quel  C.  Marius  C.  F.  Capito,  che  nel 
82  segnò  i  denari  in  cui  è  rappresentato  un  colono 
nell'atto  di  arare,  Grueber  I  p.  353. 

20.  S.  Furi  in  nesso,  Grueber  I  p.  109. 

21.  P.  Sula,  Grueber  I  p.  HO. 
Un  Cornelio  patricio 

22.  L.  Sauf.,  Grueber  I  p.  III. 

I  Saufei,  come  è  stato  più  volte  notato,  sono  già  ricor- 
dati nelle  epigrafi  prenestine,  cfr.  Babelon  II  p.  420. 

23.  Flavus,  Grueber  I  p.  113. 

Lo  si  attribuisce  generalmente  alla  gente  Decimia  perchè 
nel  209  e  nel  184  si  fa  menzione  di  un  pretore  e  di 
un  questore  Decimius  Flavus.  D' altra  parte  codesto 
cognome  è  tutt'  altro  che  raro,  perchè  si  debba  accet- 
tare senz'altro  questa  identificazione. 

24.  L.  Cup.,  Grueber  I  p.  113. 

Nummi  che  si  sogliono  riferire  alla  gente  Cupiennia. 

25.  C.  Antesti,  Grueber  I  p.  114. 


Il  succedersi  di  uìiove  yenti  nella  serie  dei  vickj.  vtoneiali        299 

Tra  i  nummi  attribuiti  dal  Conte  de  Salis  e  dal  Grue- 
ber  alle  zecche  d'Italia  si  notano  perii  172-151  i  seguenti 
magistrati  monetali. 

26.  C.  Maiani  in  nesso,  Grueber  II  p.  243. 
Fra  il  150  ed  il  125. 

27.  C.  Reni,  Grueber  I  p.  121. 

Dalle  figurazioni  relative  al  culto  della  dea  Inno  Capro- 
tina  appare  che  i  Renii  erano  di  origine  Lanuvina. 

28.  C.  Cur.  Trige,  Grueber  I  p.  122. 

È  discutibile  se  si  tratti  di  un  patricio  ovvero  di  un 
plebeo  che  si  faceva  derivare  da  questa  antichissima 
gente. 

29.  L.  luli,  Grueber  I  p.  124. 

30.  L.  Atili  Noni.,  Grueber  I  p.  124. 

Abbiamo  già  notati  gli  Atilii,  ma  il  cognome  Nomen- 
tanus  accenna  forse  ad  un  altro  ramo  dello  stesso 
nomen. 

31.  A.  Spuri,  Grueber  I  p.  127. 

32.  Cri.  Gel,  Grueber  I  p.  129. 

33.  M.  Auf.  Bus.,  Grueber  p.  130,  Babelon  I  p.  233. 

Si  attribuisce  questo  denaro  ad  un  Aufidius.  E  perchè 
escludere  un  Aufeius? 

34.  Sex.  Poni.  Fostlus,  Grueber  I  p.  131. 

Il  denaro  di  Fostlus  si  suole  attribuire  alla  gens  Pom- 
peia.  Io  ho  più  volte  notato  che  è  da  assegnare  invece 
alla  gens  Pomponia,  la  quale  era  urbana  e  si  connet- 
teva con  l'età  regia,  mentre  i  Pompei  sono  più  re- 
centi e  di  origine  municipale. 

35.  Cn.  Lucr.  Trio,  Grueber  I  p.  132. 

36.  C.  Aug.,  Grueber  I  p.  135. 

Appartiene  ad  un  Minucius  Augurinus.  I  Minucii  Augu- 


300  Appendice  II 

riui  plebei  ricompaiono  poclii  anni  dopo,  Grueber  ib. 
p.  139,  148. 

37.  L.  Trebani,  Grueber  I  -p.  136. 

Fra  i  monetari  che,  accettando  la  classificazione  del  Grue- 
ber, avrebbero  coniato  monete  nelle  zecche  d' Italia  notiamo 
fra  il  150  ed  il  125  : 

38.  C.  Ali.  Raf.  in  nesso,  Grueber  II  p.  246. 

La  soluzione  del  nesso  in  Aurelius  E-ufus  non  è  del 
tutto  sicura. 

39.  Carh.y  Grueber  H  p.  247. 

I  Papirii  Carhones  erano  plebei. 

40.  C.  Pinti,  Grueber  U  p.  248. 

Che  sia  da  riferire  alla  gens  Pìautia  non  è  sicuro. 

41.  il/.  Fani  C.  f.,  Grueber  II  p.  261. 

L' afifermazione  che  codesto  Fannio  sia  il  figlio  del  tri- 
buno della  plebe  del  187  è  una  delle  tante  che  in- 
gombrano taluni  fra  i  nostri  migliori  trattati  di  nu- 
mismatica. È  meglio  confessare  la  nostra  ignoranza. 

Magistrati  monetali  che  compaiono  la  prima  volta  fra 
il  124  ed  il  103. 

42.  C.  Namitori,  Grueber  I  p.  141. 

43.  M.  Fahrini,  Grueber  I  p.  144. 

44.  M.  Aburi  M.  f.  Gem.,  Grueber  I  p.  146. 

45.  M.  Acili{us)  Balbus,  Grueber  I  p.  160. 

46.  M.  Porc.  Laeca,  Grueber  I  p.  161. 

47.  C.  Cassi,  Grueber  I  p.  163. 

48.  C.  Cavip.,  Grueber  I  p.  154. 

Si  suole  interpretare  Camjpanianus.  Nulla  esclude  però 
il  nome  Campanius. 


Il  succedersi  di  nuoce  genti  nella  serie  dei  mag.  monetali        301 

49.  T.  Q.,  Grueber  I  p.  154. 

Lo  si  suole  attribuire  (non  so  con  quanta  ragione)  a  T. 
Quinctius  Flamininus  console  nel  123. 

Nelle  zecche  che,  a  ragione  od  a  torto,  si  assegnano  a 
regioni  d'Italia  fra  i  magistrati  che  segnarono  monete  fra 
il  124  ed  il  103  rileviamo: 

50.  M.  Calid.,  Grueber  II  p.  255. 

51.  Gn.  Folli.,  Grueber  ib. 

Gn.  Fulviics  e  M.  Calidius  appaiono  colleghi  di  Q.  Metellus. 

62.  a  F. 

53.  L.  R. 

54.  Q.  M. 

Tre  monetari  ricordati  unitamente,  Grueber  II  p.  25R. 
Le  soluzioni  C.  Fahius,  L.  Roscius,  Q.  Marcius  sono 
possibili  ma  non  certe. 

55.  Q.  Curi., 

M.  Sila  in  nesso,  Grueber  II  p.  257  cfr.  p.  259. 
Fra  il  102  ed  il  92. 

56.  M.  Varg.,  Grueber  p.  163. 

Un  L.  Vargunteius  è  ricordato  da  Sallustio  come  com- 
plice di  Catilina.  Cat.  17;  28;  47. 

57.  C.  Egnahdei  C.  /.,  Grueber  I  p.  164. 

58.  Caepio,  Grueber  I  p.  170. 

È  un  Servilius  Caepio  patricio. 

59.  L.  Post.  Alb.,  Grueber  I  p.  171. 

È  degno  di  nota  il  tardo  comparire  di  un  monetale  di 
cosi  vetusta  gente  patricia.  Lo  stesso  vale  per  i  Fahii 
che  appariscono  anche  essi  in  questo  periodo. 

60.  Q.  Max.,  Grueber  I  p.  178. 

Pare  si  tratti  di  un  Fabius  Maximus  patricio.  Un  iV.  Fabi 
Pictor  V.  poco  dopo,  Grueber  I  p.  181. 


302  ApìHììdke  II 

61.  L.  Porci  Liei,  Grueher  I  p.  185. 

Ignoriamo  quale  rapporto  di  parentela  passasse  fra  que- 
sto L.  Porcius  Licinus  i  Porcii  Laeca  ed  i  Cafones. 

62.  L.  Cosco  M.  f.,  Grueber  I  p.  185. 

63.  C.  Malie  C.  f.,  Grueber  I  p.  186. 

Appartiene  ad  un  Poblicius  Malleolus.  Codesta  stirpe 
plebea  ricompare  in  .seguito,  Grueber  I  p.  365  II  364. 

Fra  i  nummi  che  (stando  a  teoria  cbe  non  intendiamo 
qui  discutere)  sarebbero  stati  emessi  dalle  zecche  romane 
in  Italia  durante  il  periodo  102-92  notiamo  : 

64.  M.  Tulli,  Grueber  II  p.  266. 

Il  Gavedoni  sospettò  che  fosse  da  riferire  al  sillauo 
TuUius  Decula,  che  fu  console  nel  81.  La  classifica- 
zione del  conte  De  Salis,  come  fa  osservare  il  Grue- 
ber I  e.  n.  1  coincide  piuttosto  con  quella  del  Ga- 
vedoni che  con  1"  altra  del  Mommsen,  il  quale  attri- 
buiva il  denario  al  134  circa. 

65.  A.  Manli  Q.  f.  Serg.,  Grueber  II  p.  268. 

È  discutibile  se  qui  si  abbia  una  persona  della  gente 
Patricia  dei  Manlii  oppure  un  plebeo  inscritto  alla 
tribù  Sergia  come  quello  che  è  ricordato  in  un  num- 
mo di  Segobriga,  ove  si  legge  T.  Manlius  T.  f.  Sergia 
cfr,  Grotefend  apud  Grueber  II  p.  268  n.  1.' 

66.  M.  Sergi  Silus,  Grueber  II  p.  269,  Babelon  II  p.  442. 
Su  costui  V.  il  materiale  raccolto  in  Sobeck  Quaestoren 

p.  24. 

67.  31.  Cipi  M.  f.,  Grueber  II  p.  271. 

68.  P.  Nerva,  Grueber  II  p.  274. 

'  Segobriga,  del  resto,  appaiteueva  alla  tribù  Galcriu  (v.  Kubitschkk 
linpirìvm    Itnmanum   ìrihulim   dei^rrìplum  (Viiidoboiiuo  1889)  p.  199. 


Il  succedersi  di  nuove  genti  nella  serie  dei  mcuj.  lUoneUli        30B 

È  un  Licinins  Nerva.  La  rappresentazione  della  moneta 

che  ricorda  la  ìex  taheUarìa  mostra  rapporti,  come  è 

siato  molto  volte  notato,  con  il  ramo  più  noto  della 

stirpe  dei  Licìnii  Crassi. 

61).  T,  Deidi,  Grueber  II  p.  276.  Babelon  I  p.  455. 

Il  Grueber  rileva  che  non  vi  sono  prove  per  identificarlo 
con  T.  Didius  tribuno  della  plebe  nel  103.  A  noi  basti 
rilevare  il  carattere  non  urbano  di  questa  stirpe  v. 
s.  p.  167;   17-1. 

70.  Flamini.  Odo,  Grueber  II  p.  278. 

71.  Ti.  Vef.  jB.,  Grueber  II  p.  281. 

Grueber  lo  attribuisce  ad  un  Ti.  Veturius  Barnes  senza 
però  argomenti  sicuri.  Cfr.  Ti.  Vet.  in  nesso  del  qua- 
drans,  Babelon  II  p.  535. 

Perche  Veturius  e  ad  es.  non  Vettius? 

72.  Ti.  Q.,  Grueber  II  p.  288. 

La  soluzione  Ti.  Quinctius  non  è  del  tutto  certa. 

73.  L.  Caesi,  Grueber  II  p.  290.^ 

74.  Q.  Lufafi  Cerco,  Grueber  II  p.  297. 

75.  M.  Aquil,  Grueber  II  p.  300. 
Fra  il  91  e  1'  89. 

76.  M.  Fontei^  Grueber  I  p.  192. 
I  Fonteii  erano  di  Tuscolo. 

77.  M.  Herenni,  Grueber  I  p.  195. 

Sull'origine  non  romana  di  questa  gente  v.  s.  p.  185. 

78.  C.  PuLCHER  e  poco  dopo  ed  in  seguito  AP.  CL.,  Grueber 

Ip.  198sg. 
Si  noti  la  tarda  comparsa  dei  patricii  Appi  Claudi. 

.  Ai  monetali  di  questo  periodo  dovrebbero  essere  aggiunti  iCa«8Ì«« 
Cae.il  e  C.  AUU.  Baia  Gk.kbb.  I  p.  236  sgg  ;  238  M^  nonc..aro 
«e  siano  o  no  persone  appartenenti  respettivamente  alle  ben  note  genti 
plebee  già  nominate  dei   Cassìi  e  degli  Aeìn. 


304  Appendice  II 

79.  Ap.  CL.  T.  Mal.  Q.  Ur.,  Grueber  I  p.  199. 

Appius  Claudius  e  T.  Mallius  segnano  tali  monete  nella 
qualità  di  questori  urbani.  Si  pensò  dal  Mommsen 
Roem.  Muenzwesen  p.  561  n.  301,  e  si  ripete  dai  più 
recenti,  Sobeck  Die  quaestoren  der  roem.  Republik 
p.  29,  che  codesto  Appio  Claudio  fu  questore  prima 
dell'  89  e  in  tal  modo  si  troverebbe  la  data  anche 
per  il  suo  ignoto  collega. 

80.  C.  SuLPici  C.  F.,  Grueber  I  p.  202. 

I  patrici  Sulpicii  Galba  ricompaiono  verso  il  3  a.  C.  Grue- 
ber II  p.  113. 

81.  L.  Memmi  Gal.,  Grueber  I  p.  204. 

82.  a  Coti  Cald.,  Grueber  I  p.  212. 

È  il  noto  Tiomo  novus,  die  conseguì  il  consolato  nel  94 
a.  0. 

83.  L.  Saturn.,  Grueber  I  p.  216,  Babelon  I  p.  208  sg. 
È  un  personaggio  della  gens  Appuleia. 

84.  P.  SaUni,  Grueber  I  p.  221. 

I  quinari  di  Sabino  si  sogliono  attribuire  alla  gens  Vet- 

tia.  Non  vi  sono  però  argomenti  perentori  per  esclu- 
dere un'  altra  stirpe. 

85.  M.  Lucili  Ruf.,  Grueber  I  p.  224. 

86.  L.  Thorius  Balbus,  Grueber  I  p.  225. 

II  culto  di  Inno  Lanuvina  indicato  nelle  monete  di  que- 

sto magistrato  ne  indica  l'origine. 

87.  L.  Sentii  C.  f.,  Grueber  I  p.  227. 

88.  P.  Servili  M.  F.  Rulli,  Grueber  I  p.  230. 
I  Servilii  Rulli  erano  plebei. 

89.  C.  Fundani,  Grueber  I  p.  231. 

Gente  di  Fundi  che  raggiunse  il  consolato  sino  dal  243. 


lì  succedersi  di  nnooe  (jenti  nella  strie  dei  m<uj.  monetali         305 


Raggruppando  il  materiale  lin   qui    indicato  abbiamo  i 

seguenti  gruppi: 

Fra  i  patrici  si  notano  di   quando   in   quando  le  genti 


seguenti  : 

1.  Vàlerii 

2.  PlNARU 

3.  FuEii 

4.  CORNEI-II 

5.  lULII 


tì.    QUINCTII 

7.  Servilii 

8.  POSTUMII 

y.  Fabii 


10.  Manlii 

11.  Sergii 

12.  Claudii 

13.  SuLPicii 


a  cui  si  può  aggiungere,  ove  realmente  bÌ  tratti  di  un  pa- 
tricio,  Curiatius  Trigeminus. 

Se  si  confronta  l'elenco  dei  fasti  consolari  dal  172  al 
89  con  quello  dei  magistrati  monetali  dal  196  sino  allo 
stesso  anno  89  veniamo  ad  un  risultato  presso  a  poco  iden- 
tico. Il  primo  ci  dà  12  genti  patricie  il  secondo  13.  Figu- 
rano nel  primo  gli  Aemilii,  che  mancano  al  secondo.  Nel 
secondo  sono  in  più  i  Pinarii  ed  i  Sergii,  che  non  si  tro- 
vano nel  primo. 

Riunendo  i  monetali  appartenenti  alle  stirpi  della  no- 
biltà plebea  e  precisamente  a  quelle  che  avevano  raggiunto 
il  consolato  prima  delle  leggi  lulia  e  Plautia-Papiria  conce- 
denti la  cittadinanza  a  tutti  i  federati  Italici  abbiamo  l'e- 
lenco seguente: 

5.  Maenii 

6.  Opimii 

7.  Caecilii 

8.  Calpurnii 


1.  Aelii 

2.  Terentii 

3.  Baébii 

4.  Aurelìi 

J»Aji  Bietrehe  tulla  ttoria  «  «ni  diì-Uto  puì>ì)lico  di  Koina  II 


9.  Domita 

10.  Titinii 

11.  lunii 

12.  AtilH 


20 


306 

13.  Marcii 

14.  Sempronii 

15.  Mamilii 

16.  Scribonii 

17.  Inventa 

18.  Papirii  (Carbones 

e  Cinnae) 

19.  Antestii 


Appendice  II 

20.  Curtii 

21.  Pomponiì 

22.  Minucii 

23.  Fannii 

24.  Acilii 

25.  Porcii 

26.  Cassii 

27.  ii^MZfii 


28.  Po&Zzm 

29.  Z)«(?ms 

30.  Flaminius 

31.  Lutatius 

32.  Aquila 

33.  Herennii 

34.  6'oeZ«' 


Figurano  poi  le  stirpi  seguenti  che  conseguirono  il  con- 
solato solo  dopo  l'89: 

1.  Afranii  (A.  Afranius  cos.  nel  60) 

2.  Autronii  (P.  Autronius  cos.  nel  65) 

3.  Apuleii  (Apuleii  Saturnini  cos.  dal  29j 

4.  TulUi  (M.  Tullius  Decula  cos.  nell'  81) 

5.  Memmii  (C.  Memmius  cos.  nel  34) 

6.  Sentii  (Sentii  cos.  dal  19) 

7.  GelUi  (L.  Gellii  cos.  dal  72) 

8.  Aufidii  (Gn.  Aufidius  cos.  nel  71) 

9.  Saenii  (L.  Saenius  cos.  suf.  nel  30) 
10.  Fonteii  (C.  Fonteius  cos.  suf.  nel  33). 


E  finalmente  abbiamo  le  seguenti    stirpi    che    non    rag- 
giunsero mai  le  su])reme  dignità  curii! i  : 


1.  Ita 

2.  Egnatuleii 

3.  Cosconii 

4.  Maianii 

5.  Saufeii 

6.  Cup{iennii] 


7.  Spuri{lii) 

8.  Trebanii 

9.  Fabrinii 

10.  Aburii 

1 1 .  Caesii 

12.  Thorii 


13.  i?e«ù' 

14.  Calidii 
lo.   6'«2?M 

16.  Varguntei 

17.  Numitorii 


Il  succedersi  di  nuove  genti  nella  serie  dei  mag.  monetali        307 

Raggruppando  tutti  questi  nomi  abbiamo  la  conferma 
dell'infiltrazione  di  Italici  a  Roma  prima  ancora  della  guerra 
Sociale.  Accanto  al  più  vetusto  elemento  latino  rappresen- 
tato dai  Fulvii,  dai  Porcii,  a  cui  si  aggiunsero  poi  gli  lu- 
ventii,  i  Fonteii  ed  altre  numerose  stirpi  che  non  abbiamo 
più  modo  di  precisare,  accanto  ai  Renii  ed  ai  Thorii  di 
Lanuvio  troviamo  gli  Herennii,  i  Didii,  i  Gellii,  ai  quali 
vanno  aggiunti  gli  Aufìdii,  i  Maianii,  che,  come  indicano  i 
loro  nomi,  non  erano  certo  di  origine  urbana. 

Non  tutte  codeste  stirpi  riuscirono  a  coprire  le  alte  ma- 
gistrature curuli,  è  vero,  ma  i  nomi  sopra  riferiti  ai  quali 
vanno  con  tutta  probabilità  aggiunti  varii  altri  come  quello 
dei  Saenii,  dei  Caesii,  giustificano  le  apprensioni  dei  Romani 
preoccupati  di  tale  infiltrazione  di  elementi  forestieri  i  quali 
riuscivano  talora  a  raggiungere  persino  il  consolato  ed  a 
trionfare;  ciò  che  avvenne  ad  es.  per  Didio  (93  a.  C.)  e  per 
Perperna  (132  a.  C). 

Indice  di  cotesto  preoccupazioni  sono  il  processo  contro  il 
padre  del  console  Perperna,  al  quale  non  fu  riconosciuto  il 
diritto  di  considerarsi  cittadino  romano,^  la  legge  Licinia 
Muoia  del  95,  con  cui  si  inquiriva  appunto  contro  coloro 
che  abusivamente  avevano  assunto  la  cittadinanza  romana. 
Questa  legge,  come  è  noto,  fu  tra  le  cause  primarie  che  con- 
dussero allo  scoppio  della  guerra  Sociale.' 

Di  tali  preoccupazioni  abbiamo  infine  un'ulteriore  prova 
nella  legge  Papia  del  65  la  quale  continuò  codeste  indagi- 

'  V.  8.  p.  245. 

'  V.  ad  es.  Ascox.  in  Corn.  p.  60  KS  :  nam  citm  summa  cupiditate  civi- 
tatif  Romanae  Italici  popuU  tencrcniur,  et  oh  id  magna  eorum  prò  civihus  Ro- 
mtmis  se  gererent,  necessaria  lex  vina  est,  ut  in  $uae  quisque  civitatis  ius  redi- 
geretur.  Verum  ea  lege  ita  alienati  animi  sunt  principnm  Italicorum  populo- 
rum,  ut  ea  vel  maxima  causa  belli  Italici,  quod post  triennium  exortum 
est,  fuerit. 


308  Appendice  II 

ni,  sebbene  fosse  già  passato  un  quarto  di  secolo  dall'  ap- 
provazione delle  leggi  lulia  e  Plautia  Papiria  per  cui  gli 
Italici  tutti  avevano  acquistato,  volendolo,  il  diritto  di 
cittadinanza  romana.* 

Una  prova  evidente  della  resistenza  dei  Romani  di  Roma 
di  fronte  a  codesta  invasione  dell'  elemento  italico,  che 
prendeva  dimora  nella  Città,  che  aspirava  a  prendere  parie 
al  governo  della  pubblica  cosa,  è  fornita  dal  fatto  che  il  pa- 
triciato  scarsamente  rappresentato  fra  i  monetali,  per  lo 
meno  dal  principio  del  II  secolo  sino  ai  tempi  di  Mario, 
comincia  ad  affermarsi  negli  anni  che  dal  102  circa  giunge 
sino  al  90. 

Tal  fenomeno  è  dimostrato  dal  seguente  elenco  : 

1.  L.  Post.  Alb.  verso  il  99-95,  G-rueber  I  p.  171. 

2.  Sex.  Iuli,  Caesar  verso  il  94,  Grueber  I  p.  174. 

3.  Max  (un  Fabio  Massimo)  e.  s.,  Grueber  I  p.  178. 

4.  N.  Fab.  Pictor  verso  il  93,  Grueber  I  p.  181. 

6.  C.  PuLCHER  ed  Ap.  Cl.  verso  il  91,  Grueber  I  p.  188  sg. 

6.  SuLPici.  C.  f.  verso  il  91,  Grueber  I  p,  202. 

7.  L.  Scip.  AsiAG.  verso  il  91,  Grueber  I  p.  206. 

8.  L.  luLi.  L.  f.  Caesar  verso  il  90,  Grueber  I  p.  209. 

9.  C.  Fabi.  C.  f.  verso  il  90,  Grueber  I  p.  223. 

10.  C.  Lent.  Marc.  f.  (in  nesso)  verso  1'  89,  Grueber  I  p.  233. 

A  questi  nomi  sarebbe  da  aggiungere  quello  dei  seguenti 
magistrati  che  stando  alle  teorie  accolte  dal  Grueber  avreb- 
bero segnati  nummi  emessi  in  via  straordinaria  per  ragioni 
militari  : 


'  Cic.  de  off.  Ili    11,   47;  prò  Archia   5.   10:  pio  Ballo   23,  52.    Altro 
materiale  in  Rotondi  op.  cit.  p.  376. 


Il  succedersi  di  nuove  ijenti  nella  serie  dei  mag.  monetali        309 

1.  Cn.  Cornel.  L.  f.  SisENA  verso  il  102-100,  Grueber  II  p.  267. 

2.  A.  Manli  Q.  f.  Serg.  verso  il  99-94,  Grueber  II  p.  269. 

3.  M.  Serg.  Silus  c.  s. 

4.  L.  ToRQUA,  (uu  ^Ianlius)  c.  s.  Grueber  II  p.  270. 

5.  Cetegus  (ossia  un  Cornelius)  c.  s.  p.  271. 

6.  L.  Valeri.  Flacci  verso  il  90,  Grueber  II  p.  300. 

7.  A.  Albinus  S.  f.  verso  r89  (ossia  un  Postumius),  Grueber 

II  p.  309. 

Codesta  maggiore  partecipazione  dell'elemento  patricio 
(di  cui  del  resto  si  trova  continuo  ricordo  per  gli  anni  suc- 
cessivi) ^  a  partire  dal  102  circa,  lascia  adito,  mi  sembra,  al 
sospetto  cbe  verso  codesto  anno  e  non  solo  nel  94  o  nel  92, 
come  starebbero  ad  indicare  altri  dati  numismatici  ed  epi- 
2:rafici,*  si  fosse  incominciato  a  considerare  l' ufficio  di 
triumviro  monetale  come  magistratura  minore  di  carattere 
stabile,  che  valesse  di  scalino  per  raggiungere  poi  le  cari- 
che curuli. 


'  Per  gli  anni  successivi  abbiamo  i  seguenti  monetali  patricii:  Cn.  Len- 
tulus  verso  1' 86  Gkueber  I  p.  309;  Julius  Bursio  verso  l'85  Grueber  I 
p.  325;  A.  Postumius  Albinus  verso  1' 82  Grueber  I  p.  351;  Ti.  Claudins 
verso  r  80  Grueber  I  p.  381;  C.  Postumius  verso  il  77  Grueber  I  p.  395; 
P^  Lentnlus  verso  il  74  Grueber  I  p.  406;  Lepidns  verso  il  71  Grueber 
I  p.  418;  Torquatus  verso  il  69  Grueber  I  p.  433;  Lepidns  verso  il  65 
Grueber  I  p.  447;  Faustua  figlio  di  Siila  verso  il  62  Grueber  I  p.  471; 
M.  Aemilius  Scaurus  verso  il  58  Grueber  I  p.  483;  Ser.  Sulpicius  verso  il  54 
Grueber  I  p.  488;  Faustus  verso  il  54  Grueber  I  p.  489;  Messala  verso 
il  53  Grueber  I  p.  493. 

'  La  data  del  92,  come  prima  apparizione  del  triumvirato  monetario 
divenuto  magistratura  minore  fissa,  ossia  parte  del  vigintiseivirato,  è  rica- 
vata dal  MoMMSEN  Roem.  Staatsrecht  II'  p.  601  dal  titolo  di  C.  Pulcher, 
console  nel  92  a.  C,  CIL.  I  p.  279. 

L' indicazione  del  94  ricava  alla  sua  volta  il  Grueber  I  p.  LXV  dalle 
monete  segnate  da  M.  Cccilio  Metello  Q.  Fabio  M.  Massimo  e  C.  Servilio, 
che,  sebbene  non  indicbino  la  loro  qualità  di  triumviri,  nondimeno  emettono 
nummi  di  fabbricazione  identica,  aventi  le  medesime  peculiarità  stilistiche. 


310  Appendice  II 


* 
*     * 


Il  materiale  finora  indicato  mostra  all'evidenza  come,  a 
partire  dalla  fine  del  III  secolo,  la  cittadinanza  romana  si 
sia  man  mano  modificata  ed  accresciuta  grazie  alla  pene- 
trazione di  nuovi  elementi  giunti  da  regioni  più  o  man  vi- 
cine. Codesto  fenomeno  si  afferma  in  misura  assai  maggiore 
negli  anni  successivi  alla  guerra  Sociale. 

A  partire  dal  88  a.  C.  ci  imbattiamo  infatti  nei  nuovi 
nomi  seguenti  : 

1.  Q.  Titi  verso  PS?  a.  C,  Grueber  I  p.  286. 

2.  C.  Vibiics  G.f.  Pausa  verso  VH7,  Grueber  I  p.  289. 

3.  L.  Tituri  L.  f.  Sahin  verso  1'  87,  Grueber  I  p.  297. 

4.  L.  Rubri  Dossen.  verso  r86,  Grueber  I  p,  311. 

5.  L.  Crit. 

6.  M.  Fan.  L.  Critonio  appare  con  M.  Fannio  negli  stessi 
denari  come  aedile  della  plebe  verso  l'86.  Grueber  I 
p.  314. 

7.  Garg. 

8.  Ocul 

9.  Verg. 

1  tre  ultimi  nomi  sono  uniti  sugli  stessi .  denari  coniati 
verso  r  84  a.  C.  Grueber  I  p.  333. 

E  notevole  il  riapparire  del  nome  degli  Ogulnii  che 
avevano  dato  un  console  nel  269  (dittatore  nel  257).  Ma 
non  abbiamo  la  certezza  che  si  tratti  della  stessa  stirpe  o 
di  altro  ramo  omonimo. 

Certo  nulla  di  comune  hanno  con  i  Verginii  monetali 
i  Verginii  patricii  che  compaiono  nei  Fasti  sino  dal  602  e 
che  spariscono  dal  373  a.  C. 


H  succedersi  di  nuove  genti  velia  seyie  dei  innfj.  monetali         311 

10.  P.  Crepusi  verso  1'  83. 

11.  Crepusìus  è  talora  ricordato  accanto  a  L.  Censorinus 
(Marcius)  ed  a  C.  {Mamilius)  Limetanus  faraiglia  Tuscu- 
lana,  come  niostrano  anche  le  monete  con  la  raffigura- 
zione di  Ulisse,  Grueber  I  p.  336  sgg. 

12.  Q.  Anto(nius)  Balhius)  verso  r82,  Grueber  I  p.  345. 

13.  C.  Norhanus  verso  r82,  Grueber  I  p.  347. 

14.  C.  Mari{us)  C.  f.  Capit{o)  verso  r82,  Grueber  I  p.  353. 
Mancano  ragioni  per  affermare,  come  è  stato  fatto,  che 

codesto  Mario  sia  Mario  luniore  console  neir82  che  si  uc- 
cise a  Preneste  (v.  Babelon  II  p.  202).  La  rappresentazione 
dell'  aratro  fa  d' altra  parte  pensare  che  il  magistrato  mone- 
tale appartenesse  come  Mario  a  famiglia  di  contadini  abi- 
tuati a  lavorare  la  terra  (v.  s.  p.  211). 

15.  C.  Nae{vìus)  Balb{us)  verso  FSl,  Grueber  I  p.  366. 

16.  L.  Papius  verso  l'SO,  Grueber  I  p.  370. 

17.  L.  Voi.  L.  f.  Straho  verso  il  79,  Grueber  I  p.  385. 

18.  M.  Voltei  M.  f.  verso  il  78,  Grueber  I  p.  388. 

19.  L.  Pì'ociliitis)  f.  verso  r80,  Grueber  I  p.  386. 

20.  P.  Satrienus  verso  il  77,  Grueber  I  p.  392. 

21.  L.  Rutili{us)  Flaciiis)  verso  il  77,  Grueber  I  p.  395. 

22.  L.  Rusti{us),  Grueber  I  p.  398. 

23.  C.  Egnatius  Cn.  f,  Maxumus  verso  il  75,  Grueber  I  p.  399. 

24.  L.  Farsulei{us)  Mensor  verso  il  75,  Grueber  I  p.  402. 

25.  L.  Cossuti{us)   C.  f.  Sabula,  Grueber  I  p.  405. 

26.  Q.  Creperei{us)  Rocus  verso  il  73,  Grueber  I  p.  408. 

27.  L.  Axius  L.  f.  Naso  verso  il  73,  Grueber  I  p.  409. 

28.  Kaleni  Cordi,  Grueber  I  p.  415. 

I  denari  di  Kalenus  hanno  anche  la  leggenda  Cordi.^ 

'  Lascio  indiscussa  la  questione  se  tale  leggenda    sia   da  riferirsi  alla 
gens  Cordia  di  Tusculo  o  se  invece  ci  sia  un  cognome  dei  Mncii  Cordi.  È 


312  Appetì  di  ce  II 

29.  T.  Vetthis  Sabinns  verso  il  72,  Grueber  I  p.  417. 

30.  C.  Hosidi{us)  C.f.  Geta  verso  il  71,  Grueber  I  p.  420. 

31.  L.  Rosei  Fabati  verso  il  70,  Grueber  I  p.  422. 

32.  Sufenas  verso  il  62,  Grueber  I  p.  470. 
È  un  Nonius  Sufenas. 

33.  C.  Considi  Noniani  verso  il  G2,  Grueber  I  p.  473. 

34.  Cn.  Plancìiis  verso  il  54,  Grueber  I  p.  491. 

35.  L.  Vinicl{us)  verso  il  53,  Grueber  I  p.  492. 

Dallo  scoppio  della  guerra  civile  fra  Cesare  e  Pompeio 
sino  all'età  del  reggimento  augusteo  abbiamo  fra  gli  altri 
i  nuovi  seguenti  monetali  : 

1.  Q.  Sicinius  verso  il  49,  Grueber  I  p.  503. 

2.  Neri{us)  verso  il  49,  Grueber  I  p.  504. 

3.  C.  Vibiiis  C.  f.  C.  n.  Pansa,  Grueber  I  p.  509. 

4.  Hostilius  Saserna  verso  il  48,  Grueber  I  p.  512. 

5.  L.  Plautius  Plancus  verso  il  47,  Grueber  I  p.  516. 

6.  Palicanus  verso  il  47,  Grueber  I  p.  517. 
E  un  Lollius  Palicanus. 

7.  G.  Antius  G.  f.  Restio  verso  il  46,  Grueber  I  p.  521. 

8.  M.  Gordius  Fufus  verso  il  46,  Grueber  I  p.  523. 

9.  A.  Hirtius  verso  il  46,  Grueber  I  p.  525. 

10.  T.  Garisius  verso  il  45,  Grueber  I  p.  527. 

11.  L.  Piane,  verso  il  45,  Grueber  I  p.  537. 

12.  Q.  Oppius  verso  il  44,  Grueber  I  p.  541. 

13.  G.  Giovi,  verso  il  45,  Grueber  I  p.  539. 

14.  M.  Mettius  verso  il  44,  Grueber  I  p.  542. 

15.  P.  Sepullius  Macer  verso  il  44,  Grueber  I  p.  547. 


appena  necessario  ricordare  che  è  fenomeno  comune  nella  numismatica  ro- 
mana di  questo  tempo  die  per  alcuni  dei  monetali  insieme  nominati  si 
indichi  il  nomen,  per  altri   invece  il  cognomen. 


Il  succederai  di  nuove  jeati  nella  serie  dei  viaij.  ìuoìietali        313 

16.  L.  Cestius  verso  il  44,  Grueber  1  p.  562. 

17.  L.  Servius  liufus  verso  il  42,  G-rueber  I  p.  566. 

18.  M.  Arrius  Secnndus  verso  il  41,  Grueber  I  p.  568. 

19.  P.  Accoleius  Lariscolus  verso  il  41,  Grueber  I  p.  569. 

20.  C.  N'umoìiius   Vaia  verso  il  40,  Grueber  I  p.  571. 

21.  L.  Mussidius  T.  f.  Longtis  verso  il  39,  Grueber  I  p.  573. 

22.  L.  Livìneius  Regulus  verso  il  39,  Grueber  I  p.  578. 

23.  C.  Vibius   Yanis  verso  il  38,  Grueber  I  p.  587. 

24.  Q.  Voconius   VituJus  verso  il  37.* 

Sono  tutti  homines  novi.  Il  fenomeno  si  rafforza  sempre 
nel  seguito  come  mostrano  i  nomi  dei  monetali  che  dopo 
r  intermittenza  successiva  al  36  a.  C.  ricompaiono  nell'  età 
augustea. 

Dopo  il  17  a.  C.  stando  ai  computi  cronologici  del  conte 
De  Salis  accettato  dal  Grueber  ovvero  dal  22  circa  a.  C. 
secondo  il  sistema  del  "Willers  ^  abbiamo  infatti  i  seguenti 
nuovi  magistrati  monetali: 

1.  L.  Vinicius  L.  f.  verso  il  16,  Grueber  II  p.  49;  Willers 
p.  156. 

2.  L.  Mescinius  Rufus  verso  il  16,  Grueber  II  p.  51;  Wil- 
lers p.  156. 

3.  C.  Asinius  Gallus  verso  il  15,  Grueber  II  p.  67;  verso 
il  22-21  Willers  p.  132. 


'  Salto  i  denari  di  Petiìius  Copitolinus  (verso  il  40  a.  C.  Grueber  I 
p.  571),  dacché,  sebbene  nella  numismatica  appaiano  solo  ora  per  la  prima 
volta,  1  Petillii  sono  una  vecchia  stirpe  romana.  Q.  Petillius  Spurinus  fu 
console  sino  dal  176  (pretore  nel  181)  e  si  hanno  fra  essi  tribuni  della 
plebe  sino  dal  187. 

*  H.  Willers  Geschichie  der  roem.  Kupfeì-praegnng  (Leipzig  1909)  p. 
129  sgg. 


314  Appendice  II 

4.  C.  Gaìlius  C.  f.  Lupercus  verso  il  15,  Grueber  II  p.  59; 
verso  il  22-21  Willers  p.  132. 

5.  P.  Petronius  Tiu'pilianus  verso  il  14,  Grueber  II  p.  60; 
verso  il  19  "Willers  p.  156. 

6.  M.  Durmius  verso  il  14,  Grueber  II  p.  71  :  verso   il  19 
Willers  p.  156. 

7.  Taurus  (Statilius)  verso  il  13,  Grueber  II  75;  verso  l'il 
o  12  Willers  p.  132. 

8.  Q.  Rustius  verso  il  12,  Grueber  II    p.  76  ;    verso   il    18 
Willers  p.  156. 

9.  M.  Sanquinius  Q.  f.  verso  il  12,  Grueber  II  p.     ;  verso 
il  15  Willers  p.  132. 

10.  Silius  verso  il  9,  Grueber  II  p.  88;  verso   il    12    o    11 
Willers  p.  132. 

11.  Annius  verso  il  9,  Grueber  II  p.  88;  verso  il  12  o  11 
Willers  p.  132. 

12.  L.  Caninius  Gaìlus  verso  il  6,  Grueber  II  p.  103;  verso 
il  18  Willers  p.  156. 

13.  M.  Maecilius   TuUus  verso  il  5,  Grueber  II  p.  105;  verso 
r8  Willers  p.  133. 

14.  M.  Salvius  Otho  verso  il  5,  Grueber   II   p.  106  ;    verso 
r8  Willers  p.  133. 

15.  P.  Lurius  Agrippa  verso  il  5,  Grueber  II  p.  109  ;  verso 
l'8  Willers  p.  133. 

16.  P.  Betilienus  Bassus  verso  il  4,  Grueber  II  p.  110;  verso 
il  7  AVillers  p.  133. 

17.  C.  Bubellius  Blandus   verso   il   4,  Grueber   II   p.  Ili;* 
verso  il  7  Willers  p.  134. 

18.  L.  Valerius  Catullus  verso  il  4,  Grueber  II  p.  Ili;  verso 
il  133  Willers  p.  133. 

'  Un  Rul>elliu8  Blandus  ò  ricordato   come   storico  da  Serv.  ad  Georg. 
I  103  =  Peter  BM.  Rom.  fr.  p.  377. 


Il  succedersi  di  nuove  genti  nella  serie  dei  mag.  monetali        315 

19.  Apronius  verso  il  3  a.  C.  Grueber  II  p.  Ili;  verso  il  9 
Willers  p.  133. 

20.  Gallus  (Sulpicìus)  nelle  stesse  monete  del  3  a.  C.  Grue- 
ber II  p.  112;  verso  il  9  Willers  p.  133. 

Se  si  considerano  nel  loro  complesso  i  nomi  dei  mo- 
netali dell'  età  augustea  si  scorge  che  accanto  alla  grande 
maggioranza  degli  homines  novi  teste  enumerati  ve  ne  sono 
soltanto  quattro  patricii  e  sei  appartenenti  alla  nobiltà 
plebea  od  anche  a  famiglie  note  dopo  i  tempi  di  Mario  e 
di  Cesare.^ 

L'elenco  dei  monetali  di  Augusto  rivela  il  ben  noto  fe- 
nomeno che  per  il  nuovo  stato  di  cose  che  si  proponeva 
inaugurare  egli  cercò  valersi  tanto  dei  ruderi  dell'  an- 
tico patriciato  e  della  nobiltà  plebea  (che  spesso  inscrisse 
nel  patriciato)  quanto  degli  uomini  nuovi  in  cui  assai  di 
frequente,  a  partire  dallo  stesso  Agrippa,  trovò  i  più  validi 
sostegni  della  sua  potenza.  Del  resto  lo  stesso  Ottaviano, 
sebbene  adottato  nella  gens  lulia,  era  per  il  primo  un  par- 
venu. 

In  breve  dall'  assieme  emerge  che  gli  homines  novi  era- 
no ormai  l'elemento  preponderante;  i  dati  numismatici  con- 
fermano i  testi  ed  i  Fasti  consolari,  che  abbiamo  sopra 
fatti  oggetto  di    esame. 

L'  Urhs,  il  Latium  Vetus,  la  Sabina  continuarono  a  dare 
nuove  energie.  A  parte  le  varie  stirpi,  che  paiono  di  origine 

'  Neil'  età  angnstea  compaiono  ad  esempio  i  patrici  Volusus  Valerius 
Messalla,  Coruelius  Cossue,  Cornelius  Lentulus  oltre  ad  un  Siilpicius  Grue- 
ber II  p.  97,  100  sg.  112. 

Fra  i  membri  della  più  o  meno  vetusta  nobiltà  pl<  bea  abbiamo  ad  es. 
un  Cassins  Celer,  un  Aquilius  Flonis,  un  Antistiua  Vetus,  un  Reginua, 
un  Aelius  Lamia,  un  Cn.  Calpurnius  Piso,  un  Licinius  Stole  ed  un  Nerva, 
Grueber  II  p.  54  sgg. 


316  Appendice  II 

urbana,  abbiamo  i  Cordii  di  Tuscolo,  i  Papii,  i  Procilii,  i 
Metti,  i  Roscii  Fabati  di  Lanuvio,  i  Plancii  di  Tibur,  i 
Petronii,  i  Vetti,  i  Titurii  della  Sabina.  Accanto  a  co- 
storo i  Considii,  i  Norbaui,  gli  Egnatii,  i  Gellii,  gli  Hirtii 
rivelano  regioni  limitrofe  al  Lazio;  i  Vinicii  appartengono 
alla  campana  Cales.  Si  hanno  pure  monetali  di  regioni  più 
lontane,  come  gli  Asinii  di  Teate  Marrucino,  gli  Statilii 
Taurii.  L' Etruria  dà  i  Salvii  Othones  destinati,  sia  pur 
fuggevolmente,  al  serto  imperiale;  e  la  Cisalpina,  che  por- 
ge un  unico  console  con  il  cremonese  Alfeno  Varo,  dà 
anche  un  monetale  con  Valerio  Catullo,  che  parrebbe  un 
gentile  della  stessa  stirpe  del  celebre  poeta  Veronese. 

La  presenza  di  tanti  homines  ìiovi  fra  i  monetali  fa  age- 
volmente pensare  che  fenomeno  analogo  si  verificò  anche 
rispetto  agli  altri  magistrati  minori  del  vigintiseivirato,  ad 
es.  rispetto  ai  decemviri  stlitihus  iudicandis.  Così  fra  i  praefecti 
Capuam  Cumas,  vediamo  ad  es.  un  Herennius  ^  e  fra  i  quin- 
queviri  traìis  Tiberini  troviamo  quel  recoctus  scriba  ex  quin- 
queviro  a  cui  facetamente  allude  Orazio  (Sat.  II  5,  64  sq.). 

È  bensì  vero  che  buona  parte  dei  monetali  si  fermò  alle 
soglie  della  Curia  e  che  parecchi  di  quelli  a  cui  fu  dato 
penetrarvi  non  raggiunsero  i  più  alti  gradi  dell' ordo  sena- 
torio.- Abbiamo  tuttavia  ragione  di  asserire  che  la  grande 
maggioranza  di  coloro,  che  durante  Petà  cesariaua  parteci- 
parono alla  pubblica  cosa,  appartenevano  a  stirpi  ben  di- 
verse da  quelle  che  prima  ancora  delle  guerre  Puniche  ave- 
vano fondata  l'egemonia  di  Roma  sulla  Penisola.  Ed  erano 
diverse  anche  dalle  altre  che,  domata  Cartagine,  la   Mace- 


'   CIL.  XI  3717:   M.  Ilereuìtms  M.  f.  Maec.  liufag  praef.  Gap.  Cum.  q. 

*  Rispetto  allo  relazioni  del  vigintiviiato  (priiiui  vigintiseivirato)  di 
fronte  alle  cariche  curnli  od  alla  nomina  a  senatore;  Cass.  Dio  LIV  26  ad 
a.  13  a.  C. 


Il  s'icctdernì  di,  iiMOve  genti  nella  serie  dei  mag.  monetali        'òli 

doma,  gli  Stati  ellenistici  dell'Asia,  avevano  successivamente 
esteso  il  nome  di  Roma  su  tutte  le  coste  del  Mediterraneo. 
Fenomeno  del  resto  non  proprio  di  Roma  soltanto  ma 
comune  a  tutti  gli  Stati.  I  fiumi  diventano  perenni  per 
nuove  acque  che  scendono  dal  cielo  e  dai  monti  e  le  società 
umane  si  rinnovano  per  nuove  stirpi  ed  energie  che  giun- 
gono dalla  provincia  e  dalla  campagna. 


APPENDICE  III. 

A  proposito  di  genti  romane.  I  gentilicii  di  Mamurra 

e  di  Verre. 


Prendendo  occasione  da  un  titolo  di  recente  scoperto  a 
Formiae  G.  Q.  Giglioli  ha  accennato  alla  probabilità  clie  il 
famoso  Mamurra  di  Formiae  praefectus  fabrum  di  Cesare, 
lacerato  per  la  sua  vita  lussuriosa  dai  versi  di  Catullo,  ap- 
partenesse alla  gens  Vitruvia.^ 

Codesto  gentilicio  comunissimo  in  Formiae  e  nelle  regioni 
adiacenti,  come  bene  osserva  il  Giglioli,  è  rarissimo  altrove. 
Anzi  sinora,  fatta  eccezione  per  alcuni  personaggi  storici, 
che,  come  Vitruvio  Vacco  e  lo  scrittore  Vitruvio,  apparten- 
nero a  Formiae  o  che  ad  essa  vengono  attribuiti,  tal  genti- 
licio non  si  è  ritrovato  che  in  Numidia.'^  E  solo  in  una 
epigrafe  di  tal  regione  si  è  rinvenuto  il  ricordo  di  un  Ma- 
murra  appartenente  alla  gens  Vitruvia. 

In  base  a  codesto  titolo  CZL.  Vili  suppl.  18913  della  numi- 
dica  Thibilis,  in  cui  si  ricorda  un  M.  Vitnivius  Mamurra,  il 
dott.  Giglioli  giustamente  ricava  che  costui  era  un  discen- 
dente di  coloni  Italici  ;  anzi  della  stessa  famiglia  del  ben 
noto  cavaliere  di  Formiae. 


'  G.  Q.  Giglioli  in  polizie  degli  Scavi  1908  p.  392  sqq. 
'  V.  orli  indici  ad  CIL.  Vili. 


A  proposito  di  genti  romane.  I  gentil,  di  Mamurra  e  dì  Verre    319 

A  favore  della  origine  formiana  di  questo  M.  Vitruvius 
Mamurra  credo  si  pos^sa  aggiungere  la  circostanza  che  la 
numidica  di  Thibilis,  al  pari  delle  quattro  colonie  Cirtensi, 
apparteneva  al  territorio  occupato  dal  Nucerino  Sittio  parti- 
giano di  Cesare/ 

In  Thilbilis  troviamo  infatti  un  L.  Sltfius  decurio  Cirten- 
sium  CIL.  Vili  n.  5533.  Cfr.  n.  5532.  Ed  è  ormai  risaputo 
come  le  colonie  Cirtensi,  Veneria  Rusicade,  Colonia  Sarnensis 
Mileui,  Colonia  Minerva  Chullu,  traessero  i  loro  cognomenta 
da  Veneria  Pompei  della  Campania,  dal  fiume  Sarno  presso 
Pompei  e  Nocera,  dal  promontorium  Minervium  della  peni- 
sola Sorrentina. 

Tali  colonie  derivavano  dalle  regioni  a  cui  appartenevano 
il  ben  noto  Sittio  Nucerino  ed  i  compagni  d'arme  da  lui  ar- 
ruolati e  condotti  dalle  regioni  limitrofe  alla  sua  città  nativa 
in  Africa,  dove  tanto  aiuto  recarono  a  Cesare  dittatore,  al- 
lorché vi  combattè  gli  ottimati  ed  il  Re  Juba. 

Può  ben  darsi  che  fra  i  compagni  di  armi  di  Sittio  vi 
fossero  Italici,  non  solo  della  penisola  Sorrentina  e  delle  loca- 
lità limitrofe,  ma  anche  delle  adiacenti.  Che  abitanti  di  For- 
miae  abbiano,  se  non  proprio  in  quella  circostanza,  negli 
anni  immediatamente  successivi  partecipato  a  codeste  guerre 
africane,  è  dimostrato  dal  noto  titolo  formiamo,  in  cui  si 
ricorda  M.  Caelius  M.  L.  Phileros  accensus  T.  Sexti  imp{era- 
toris)  in  Africa,  che  fu  edile  a  Cartagine  CIL.  X  6104. 

T.  Sestio  fu,  come  è  noto,  governatore  della  Numidia  al 
tempo  dei  triumviri,  e  tenne  codesta  provincia  e  poi  anche 
l'Africa  sino  al  sopraggiungere  dello  stesso  triumviro  Lepido 
nel  714  a.  u.  e.  =  40  a.  C.^ 

'  V.  il  materialtì  ainid  Mommsen  ad  CIL.  Vili  j».  Gl^.  Cfr.  Sui^ipl.  ad 
CIL.  p.  1849;  cfr.  n.  195-212. 

'  App.  l,.  e.  Ili  85,  IV  53  aq.  V  12,  26,  75.  Ca!<8.  Dio  XLVIII  21  sqq. 


320  Appendice  IH 

Il  fenomeno  di  rari  gentilicii  e  cognomi  romani  di  cui 
si  trova  ricordo  solo  in  lontane  provincie  non  è  raro.  Esso 
è  abbastanza  frequente  ed  è  stato  più  volte  notato.  Cosi  me- 
diante lo  studio  di  tali  nomi  e  cognomi  critici  valorosi,  ad 
es.  rHirsehfeld,  sono  riusciti  a  constatare  quali  fossero  le 
regioni  e  le  città  dell'  Italia  centrale,  da  cui  mossero  i  coloni 
della  Gallia  Cisalpina  e  della  Narbonense.^ 

Codesto  fenomeno  notiamo  pure  in  Africa,  e  forse  me- 
diante esso,  è  possibile  ritrovare  il  vero  gentilicio  di  C.  Verre. 


* 


Dal  Mommsen  in  qua  si  ammette  che  Verres  sia  un  genti- 
licio di  formazione  anormale. ^  Ma  tale  affermazione  non  ri- 
posa su  alcun  valido  argomento,  su  una  qualsiasi  prova. 

Il  cognome  Verres  non  è  frequente,  e  congiunto  a  genti- 
liei  lo  si  trova  solo  in  un  epigrafe  africana  della  Bizacena. 
dove  si  fa  appunto  menzione  di  un  L.  Cornelius  Verres  CIL. 
Vili  358  =  466. 

Il  celebre  nemico  di  Cicerone  apparteneva  anch' egli  alla 
gens  Corneliaì 

Il  Drumann  lo  sospettò,  ricavandolo  dalle  relazioni  di 
Verre  con  famiglie  patricie  e  nobili,  e  precisamente  con  i 
Cecilii   Metelli   ed   i    Cornelii    Scipioni.^  Tuttavia   il   passo 


'  V.  ad  es.  Hirschfeld  Beitraege  zur  Gexchichte  dei-  Narhonenshchot 
Provinz  in  Kleine  Schriften  (Betliu  1913)  p.  30. 

•  Mommsen  Eoem.  Forschungen  I  p.  51. 

*  Drumann  Geschichte  Boms  V  p.  264  :  Die  VerUndung  dea  Beklagien 
mit  den  Corneliern  und  Caeciliern  und  viit  dea  Nobilitaet  ueberhaupt  lassi  uuf 
cine  vornehme  Ablmnft  achliessen:  auch  war  aein  Valer  C.  Ferrea  Senator.  Nà- 
herea  erfdhrt  man  nicht,  wcil  der  Genlilnatne  nirgendfi  aufgegebcn  wird.  Vielleicht 
war  er  aelba  ein  Cornelius. 


A  proposito  di  genti  romane.  I  geìUil.  di  Mamurra  e  di  Verre     321 

fondamentale  in  cui  Cicerone  deplorava  che  un  Cornelio 
Scipione  avesse  difeso  C.  Verre  può  prestarsi  ad  interpreta- 
zioni opposte. 

Cicerone  infatti   Verr.  TV  79,  cosi  dice  : 

Te  nunc,  P.  Scipio,  te  inquam,  lectissimum  ornatissimum 
adulescentem  appello:  àbs  te  officiurìi  fuum,  dehitum  generi  et 
nomini  requiro  et  flagito.  Cur  prò  isto,  qui  laudem  honorem- 
que  f amili ae  vestrae  depeculatus  est,  ptignas?  cur  eum  defen- 
sum  esse  vis?  cur  ego  tuas  partes  suscipio? 

E  dopo  aver  detto  a  Scipione  ih.  IV  81,  che  avrebbe 
dovuto  assumere  il  domesticae  laudis  patrocinium  con  l' accu- 
tjare  Verre  e  che  non  aveva  rispettato  le  disposizioni  di  Sci- 
pione Africano  suo  antenato  verso  i  Segestani,  dichiara  :  Sin 
istius  amicitia  te  impediet,  si  hoc,  quod  ego  ahs  te  postulo, 
minus  ad  officium  tuum  pertinere  arhitrabere,  succedam  ego 
vicarius  tuo  muneri.^ 

Da  questo  passo  può  certo  ricavarsi  la  conclusione  che 
Publio  Cornelio  Scipione  difendeva  Verre  perchè  questi  era 
egli  pure  un  Cornelio,  e  che  perciò  aveva  trascurata  la  me- 
moria del  suo  grande  antenato.  Ma  se  ne  può  anche,  volen- 
do, concludere  che  Cornelio  Scipione  dimenticò  i  suoi  doveri 
verso  il  suo  genus  e  la  sua  familia  solo  per  riguardo  alla 
amicitia  che  aveva  verso  Verre,  sebbene  questi  non  fosse 
un  Cornelio.  Cosi  non  ha  valore  assoluto  la  circostanza  che 
fra  i  difensori  di  Verre  vi  fu  L.  Cornelio  Sisenna  {Verr.  II 
45,  110). 

La  questione  è  invece  risolta,  se  non  mi  inganno,  dai 
passi  delle  Verrine  dai  quali  si  apprende  quali  erano  i  recu- 

'  Inoltre  si  notino  ivi  le  paiole:  ai  auscipis  domesticae  laudis  pairocinium, 
me  non  solum  silere  de  vestrìs  nwìmmentis  oportebit,  aed  eiiam  lattari  P.  Africani 
eius  viodi  fortunam  esse  mortiti  ut  eius  honos  ab  eis  qui  ex  eadem  familia  sint, 
^efendatur,  ncque  ullum  adventicium  auxilium  requiratur  cet. 

Pais  Ricerche  sulla  storia  e  tttl  diritio  pubblico  di  Roma  II  21 


322  Appendice  III 

peratores  di  cui  Verre  soleva  valersi  come  pretore  in  Sicilia. 
Fra  questi  v'  erano  infatti  il  greco  Artemidoro  di  Perge  ed 
il  pur  greco  pittore  Tlepolemo  di  Cibira.  Verre  li  aveva  già 
conosciuti  ed  esperimentati  nelle  sue  legazioni  in  Panfilia  e 
nell'Asia,  e  li  aveva  recati  seco  anche  in  Sicilia  come  utili 
strumenti  per  le  sue  prede.  Il  primo  si  era  già  segnalato  con 
lo  spogliare  il  tempio  di  Diana  nella  nativa  Perge/  ed  il 
secondo,  accanto  al  fratello  Hiero,  si  mostrò  abile  cane  nello 
scovare  le  opere  d'arte  di  cui  Verre  soleva  illegalmente 
impossessarsi.^  Verre  li  aveva  chiamati  a  far  parte  della  sua 
cohoì's  praetoria  ^  e  li  aveva  nominati  recuperatores  in  giudizi 
arbitrali,  nelle  contese  che  sorgevano  ad  es.  fra  i  pubblicani 
e  le  città  siciliane.* 

Dal  punto  di  vista  legale,  dice  Cicerone,  ciò  non  sarebbe 
stato  possibile  perchè  costoro  erano  Greci  privi  della  citta- 
dinanza romana.  Ma  Verre  facendoli  appunto  cives  Roma- 
ni aveva  ovviato  a  tale  inconveniente  :  Inqerehat  iste  {i.  e. 
Verres),  afferma  Cicerone  Verr.  Ili  69,  Artemìdorum  Corne- 
lium  medicum  et  Tlepolemum.  Corneliuìti  pidoram  et  huiu- 
sce  modi  recaper atores,  quorum  civis  Romanus  nemo  erat,  sed 
Graeci  sacrilegi,  iampridem  improbi^  repente  Cornelii. 

Non  intendo  approfondire  la  questione  della  validità  degli 
atti  di  Verre  allorché  sceglieva  i  recuperatores  non  fra  i 
cittadini  del  conventus,  ma,  come  gli  rimprovera  Cicerone, 
fra  i  satelliti  della  sua  cohors.^ 


'  Cic.  Verr.  Ili  54. 

*  Cic.  Veì-r.  IV  30. 

*  Cic.  Verr.  Ili  28:  quidf  cohors  ixla  quorum  liotninuin  est*:  «  Volimi 
haruspicis  et  Cornelii  medici  et  horum  canum  quos  trihuntd  meum  vides  lambero. 

*  Cic.  Verr.  Ili  28,  54,  69,  117,  1.38. 

'  Le  norme  che  vigevano  a  proposito  degli  iudieia  erano  state  fissate 
dalla  lex  Rupilia  dtd  132  a.  C.  e  sono  indicate  in  parte  dallo  stesso  Cicw- 
r.oxK    Verr.  II  13,  32,  34,  37,  38,  40,  42,  44-59,  90. 


.-1  proposito  di  genti  romane.  I  gentil,  di  Maiuurra  e  di  Terre     323 

E  tralascio  pure  da  parte  l'altra  se  Tlepolemo  e  Artemi- 
doro  divenuti  repente  CornelH  siano  stati  donati  della  citta- 
dinanza per  virtù  di  leggi  rettamente  applicate  e  nei  modi 
dalla  legge  richiesti. 

Rispetto  al  soggetto  die  qui  particolarmente  trattiamo 
a  noi  basti  constatare  che  Artemidoro  Pergeo  e  Tlepomeno 
Cibirata  assunsero  il  gentilicio  Cornelius  per  la  semplice 
ragione  che  il  loro  patrono  C.  Verres  apparteneva  egli  stes- 
so a  tale  gens.^ 

Artemidoro  e  Tlepomeno  divennero  repente  Corneìil  per 
effetto  di  quella  ben  nota  legge  per  cui  i  nuovi  cittadini 
assumevano  il  gentilicio  di  coloro  che  accordavano  loro  tale 
beneficio  o  che  si  erano  particolarmente  adoperati  per  farlo 
loro  conseguire.^ 

Io  non  oso  definire  se  sia  stato  effetto  del  caso  o  se  sia 
invece  fenomeno  connesso  con  il  gentilicio  di  Verre  che 
anche  un  littore  di  lui  si  chiamava  Cornelius  {Verr.  II  67); 
ma  ha  per  noi  valore  speciale,  e  giova  a  confermare  la  no- 
stra tesi,  la  lapide  africana  sopra  citata,  in  cui  si  fa  ap- 
punto menzione  di  un  L.  Cornelius   Verres. 


'  Cic.  Verr.  Ili  28. 

'  Rimando  ai  dati  raccolti  dallo  stesso  Mommsen  Evem.  Staaisrecht  III 
p.  64  n.  1. 


APPENDICE  IV 
Nobiltà  repubblicana,  medioevale  e  papale. 


L' evoluzione  sociale,  che  abbiamo  riscontrata  nella  storia 
dell'antica  repubblica,  non  è  fenomeno  specifico  romano.  Con 
forme  più  o  meno  analoghe,  esso  si  è  manifestato  nella  storia 
di  tutte  le  nazioni.  Ricerche  di  indole  uguale  è  dato  com- 
piere rispetto  alla  storia  di  Firenze  o  di  Venezia,  della 
Francia  o  dell'Inghilterra,  e  naturalmente,  fenomeni  simili 
si  ripeterono  più  tardi  nello  stesso  suolo  romano. 

Se  si  dà  uno  sguardo  generale  allo  sviluppo  della  nobiltà 
romana  dal  primo  affermarsi  della  feudalità  sino  alla  Pax 
Romana  di  Giulio  II  (1511),  anzi  sino  alla  bolla  di  Benedetto 
XIV  Urbem  Romani  (4  gennaio  1716)  ed  al  motuproprio  di 
Pio  VII  (6  luglio  1818),  si  constata  che  nelle  linee  generali 
le  trasformazioni  e  gli  incrementi  di  essa  ricordano  ciò  che 
si  era  di  già  verificato  dal  V  secolo  a.  C.  sino  al  principio 
dell'  Impero. 

Il  più  vetusto  patriciato  della  repubblica  romana  era  la 
risultanza  dell'  unione  di  stirpi  di  origine  latina,  etrusca, 
sabina;  e  la  feudalità  romana  del  medioevo,  a  partire  dal  secolo 
Vili  sino  a  quello  successivo  agli  Ottoni,  si  venne  pure  a 
formare  dalla  fusione  e  dall'incrocio  di  elementi  romani  e 
bizantini.  Non  è  esclusa  infine  qualche  infiltrazione  germanica. 


Nobiltà  repuhhlicnua,  medioevale  e  papale  325 

Anzi  «i  avrebbe  qualche  cosa  di  più  di  una  semplice  infiltra- 
zione, ove  si  stesse  alle  opinioni  di  moderni  storici  alemanni.^ 

Al  patriciato  della  repubblica  si  andavano  man  mano 
aggiungendo  ed  alleando  stirpi  plebee,  delle  quali  alcune 
rappresentavano  elementi  giunti  dalle  limitrofe  terre  latine. 
E  così  nel  medio  evo,  allorché  venne  a  costituirsi  il  Comune, 
accanto  agli  Ursini,  ai  Maximi,  ai  Pierleoni,  ai  Capocci,  di 
origine  romana,  ai  feudatari  di  cui  talora  furono,  forse,  in 
origine  stranieri,  come  gii  Anibaldi,  i  Saxi,  compaiono  i  Cur- 
tabraca,  i  Boccacane,  i  Manetti,  i  Boboni,  i  Romani,  i  Tiniosi, 
i  Boneschi,  che  più  volte  sono  stati  messi  a  raffronto  con  i 
popolani  grassi  del  Comune  di  Firenze. 

In  Roma  antica  la  compagine  di  quella  parte  della  citta- 
dinanza, che  prendeva  parte  alla  pubblica  cosa,  si  andò  modi- 
ficando allorché,  in  seguito  alla  partecipazione  degli  Italici 
alla  conquista  del  mondo  e  successivamente  dopo  la  guerra 
Sociale  ed  il  riconoscimento  dei  loro  diritti,  i  primari  citta- 
dini delle  città  alleate  riuscirono  a  conquistare  la  cittadi- 
nanza romana  ed  a  partecipare  agli  onori. 

Un  fenomeno  se  non  simile  in  qualche  modo  paragona- 
bile, si  verificò  pure  sul  finire  del  medio  evo  e  poi  al  prin- 
cipio dei  tempi  moderni  allorquando,  con  il  sorgere  del 
nepotismo,  accanto  alla  nobiltà  feudataria  ed  a  quella  del 
Comune,  che  aveva  diritto  di  sedere  in  Campidoglio,  se  ne 
formò  una  terza,  ossia  quella  derivata  dalle  famiglie  e  dai 
clienti  dei  pontefici  venuti  da  ogni  parte  d' Italia. 

Il  venir  meno  di  molte  delle  più  antiche  famiglie  feudata- 
rie, come  i  Savelli,  i  Normanni,  i  Tuscolani,  i  Saxi;  il  durare 
di  solo  alcune  prosapie  illustri,  come  gli  Orsini,  i  Massimi, 


'  Fra  gli  storici  moderni  che  hanno   insistito   nel   rilevare   1'  elemento 
germanico  nella  nobiltà  feudale  romana  ricordo  ad  es.  il  Gregorovius. 


326  Appenrhce  IV 

i  Colonna  (che  fauno  pensare  ai  Fabii,  ai  Valerii,  agli  Aemili, 
agli  lulii,  perduranti  in  mezzo  al  naufragio  ed  alla  scom- 
parsa dell'antico  patriciato  repubblicano)  tornò  di  vantaggio 
alle  genti  di  nobiltà  meno  antica,  le  quali  traevano  lustro 
e  potenza  dal  favore  del  papato  più  recente. 

Venne  finalmente  un  giorno  in  cui,  fondato  lo  Stato  pon- 
tificio e  riconosciuta  universalmente  da  ogni  classe,  da  citta- 
dini, da  baroni  e  da  città  la  supremazia  politica  papale,  le  tre 
nobiltà  vennero  ad  essere  apparentemente  fuse.  Tuttavia  le 
pretese  nobiliari,  determinate  dalle  diverse  origini  delle  varie 
nobiltà,  rimasero  sempre  vive  sino  a  tempi  dai  nostri  non  lon- 
tani. Perciò  onori  e  precedenze  di  varia  natura  furono  richiesti 
ed  accordati  alle  famiglie  appartenenti  piuttosto  ad  una  o  ad 
un'  altra  nobiltà,  a  seconda  che  la  manifestazione  di  tali  diffe- 
renze aveva  luogo  in  pubbliche  cerimonie  nel  Campidoglio 
ovvero  nel  Vaticano.  Ciò  che  fa  pensare  al  disprezzo  che 
le  più  antiche  famiglie  patricie  della  Repubblica  affrettavano 
verso  quelle  della  nobiltà  plebea  municipale,  fossero  pur  pene- 
trate nella  Curia,  ancorché  avessero  conseguite  le  più  alte 
magistrature  curuli,  fossero  pure  cospicue  per  ricchezze  o 
per  celebrità  di  imprese. 

Sarebbe  agevole  proseguire,  volendo,  in  confronti  di  tal 
natura.  La  pace  di  Giulio  II,  che  mirava  a  por  termine  alle 
contese  fra  i  feudatari  ed  i  nobili  di  origine  comunale, 
può,  entro  certo  limiti,  venir  comparata  con  quanto  av- 
venne a  Roma,  allorquando  patricii  e  plebei,  dopo  secolari 
contese,  vennero  del  pari  ammessi  al  governo  della  pubblica 
cosa.  E  la  bolla  di  Benedetto  XIV,  che  limitava  e  determi- 
nava il  numero  delle  180  famiglie  (fra  le  quali  60  costitui- 
vano la  classe  dei  padri  coscritti)  e  le  gare  che  ne  deriva- 
rono, richiamano  un  poco  alla  mente  le  leggi  restrittive  del 
96  e  del  65  a.  C.  con  cui  i  Romani  di  origine   urbana  voi- 


Xuhlllà  repaùblicava,  luedloevale  e  papale  327 

lero  frenare  le  pretese  dei  federati,  più  tardi  dei  municipali, 
che  tendevano  ad  equipararsi  in  tutto  e  per  tutto  ai  di- 
scendenti dei  più  vetusti  Quirites. 

Dopo  aver  detto:  pluries  mirati  sumus  non  satis  distinctos 
in  ea  esse  civium  gradus  nec  certos  adesse  et  praestitutos 
limites  quihus  Nohilium  Romanorum  coetus  a  reUquis  civium 
et  incolarum  ordinibus  di  scerner  entur,  Benedetto  XIV  la- 
menta :  sicut  accepimusy  plures  olim  fuerint  et  nonnulli 
adhuc  forsan  existant,  qui  adeptis  tantummodo  Koma- 
nae  civitatis  iuribus,  se  tamquam  de  nobilium  Romanorum 
coetu  iactare,  atque  etiam  in  publicis  actis  et  scriptis  seu 
monumentis,  huiusmodi  nobilium  titulo  et  nomine  semetipsos 
decorare  cet/ 

Insistere  su  maggiori  confronti  sarebbe  pericoloso  e  non 
avrebbe  carattere  scientifico,  poiché  se  è  vero  che  l'umanità 
in  tutti  i  tempi  procede  con  identiche  leggi  psichiche  ed 
economiche,  è  altrettanto  certo  che  ogni  età  ha  le  proprie 
caratteristiche  e  varietà,  causate  da  diversità  di  ambiente 
e  di  concezioni. 


'  Benedetto  XIV  ricouosce  la  nobiltà  quando  emani  : 

I.  dal   Tabularium  o  meglio  dai   Tahularia  della  Camera  Capitolina; 

II.  quando  la  gente  che  la  vanta  constet  vximera  gessisse  di  Priores  Ca- 
pilum  Begionum  Urbin.  Protesta  e  non  riconosce  titoli  di  coloro  clie  avendo 
ottenuto  solo  cittadinanza  romana  si  arrogano  il  patriciato. 

L'  elenco  piìi  ampio  dei  nobili  romani  è  costituito  dalle  famiglie  rico- 
nosciute nobili  tam  Romanae  quavi  aliarum  civitatum  Italicarum.  Ma  per 
essere  nobile  romano  conscritto  od  eletto  in  luogo  di  famiglia  deficiens,  oc- 
corre secondo  Benedetto  XIV  : 

1.  essere  nobili  romani; 

2.  aver  domicilio  a  Roma; 

3.  nobiltà  illibata  ducentoriun  annorum,  tanto  per  parte  paterna,  quanto 
da  parte  materna,  dell' avia  paterna  come  dell' avia  materna. 

Benedetto  XIV  stabilisce  inoltre  che  le  famiglie  dei  pontefici  suoi  suc- 
cessori siano  ascritte  fra  le  nobili  senza  probatio. 


328  Appendice  IV 

Altra  è  la  storia  del  più  antico  popolo  romano,  arbitro 
egli  stesso  dei  suoi  destini,  retto  da  singolare  disciplina, 
altre  sono  le  vicende  della  città  di  Roma  nel  medio  evo  e 
nell'  età  moderna,  in  cui  1'  elemento  militare,  che  varie  volte 
tentò  di  prendere  il  sopravvento,  eppoi  la  vita  comunale, 
non  ebbero  modo  di  svilupparsi  in  stabile  assetto  di  go- 
verno e  si  dovettero  infrangere  o  piegare  davanti  all'in- 
tervento di  principi  stranieri  ed  alle  sottili  ed  ora  violente 
arti  del  papato,  il  quale,  dopo  lunghi  e  reiterati  sforzi,  riuscì 
infine  a  subordinare  a  sé  le  opposte  energie  che  si  sprigio- 
navano da  una  terra  in  buona  parte  inselvatichita. 

Pur  astenendoci  dal  proseguire  in  confronti,  che  condotti 
schematicamente  farebbero  pensare  alle  censure  del  Guic- 
ciardini verso  coloro  che  tutto  volevano  giudicare  dal  pa- 
ragone dei  Romani  antichi,  non  crediamo  del  tutto  inop- 
portuno rilevare  quelle  analogie  che  è  dato  riscontrare  in 
Roma  antica  e  nella  papale  rispetto  all'attività  che  vi  fu 
esercitata  dai  cittadini  delle  varie  regioni  italiane. 


* 
* 


Avemmo  occasione  a  suo  luogo  di  constatare  come  i 
Romani,  pur  essendo  stati  obbligati  dalle  circostanze  ad  ac- 
cordare la  cittadinanza  alle  città  federate,  nel  fatto  cerca- 
rono sempre  di  impedire  che  costoro  riuscissero  a  coprire  le 
alte  magistrature  curuli  e  manifestarono  diffidenze  di  tal 
natura  anche  verso  i  municipes  delle  città  che  da  tempo 
erano  state  assimilate  ed  assorbite  dagli  organismi  politici 
nazionali. 

L'infiltrazione  di  homines  novi  Italici  fu  a  Roma  osteg- 
giata sino  all'età  cesariana.  Non  ostante  la  pressione  che 
gli  Italici  facevano   per   essere    del   tutto    pareggiati   negli 


Nobiltà  repubblicana,  medioevale  e  pipale 


;ì29 


onori,  non  tutte  le  regioui  della  Penisola  conseguirono  di 
coprire  il  consolato  o  di  ottenerlo  in  quella  stessa  misura 
che  era  stato  accordato  ai  cittadini  del  Latium  vetus,  della 
Sabina  e  delle  regioni  limitrofe.  Solo  in  via  di  eccezione 
esso  fu  occupato  da  Campani,  da  genti  della  regione  abi- 
tata da  Sanniti  e  da  Lucani.  Non  vi  fu  un  console  Apulo 
o  Calabro  e  la  Gallia  Cisalpina  allorquando  fu  riunita  al- 
l'Italia riuscì  a  darne  uno  solo  con  Alfenus  Varo.  E  in  oppo- 
sizione a  tale  esclusivismo  verso  le  regioni  dell'  Italia  occu- 
pate da  stirpi  greche  o  sannitiche,  constatammo  il  fatto  che 
l' Etruria  meridionale  dai  tempi  vetusti  sino  alla  fine  della 
repubblica  ed  al  principio  dell'impero,  dette  numero  rile- 
vante di  magistrati  curuli  e  di  consoli. 

Fenomeno  analogo  mostra  la  storia  del  papato,  dal  pe- 
riodo che  ha  principio  con  il  secolo  XV  in  cui,  fatta  ecce- 
zione per  i  due  Borgia  e  per  Adriano  VI,  nessun  pontefice 
fu  più  eletto  che  non  fosse  di  nazionalità  italiana.* 

Neil'  età  romana  le  regioni   del   Nord   erano   ancor  bar- 


'  Lo  spoglio  dei  dati   relativi   alla   patria    dei  papi  sino  a  Martino  V 
(Colonna  1417-1431)  mi  dà  i  seguenti  risultati  approssimativi: 


Boma                        papi  n 

.  100 

Venezia  e  Ravenna 

papi 

n. 

4 

Tivoli                           >      1 

2 

Lombardia 

» 

» 

4 

Gallese                          »      j 

.       2 

Sardegna 

» 

» 

1 

Ciociaria  ed  Anagni    >      > 

6 

Spagna 

» 

» 

1 

Toscana                         »      i 

11 

Portogallo 

» 

» 

1 

Campania                     »      j 

>       4 

Dalmazia 

» 

» 

2 

Magna  Grecia              »      i 

4 

Francia 

» 

» 

15 

Sannio                           >      = 

>       6 

Inghilterra 

y> 

» 

1 

Napoli                            »       5 

4 

Fiandre 

> 

» 

1 

Umbria                          >       > 

2 

Africa  Sotteur 

rionale  » 

» 

o 

Piceno                            > 

1 

Germania 

» 

» 

6 

Bologna                          »       i 

2 

Oriente  asiati ( 

•o 

» 

» 

7 

Piacenza                         > 

»        1 

(Jrecia  e  Cane 

ia 

» 

» 

9 

Genova                          » 

^        2 

330  Appendice  I V 

bare;  si  intende  quindi  come  la  sola  Cremona,  colonia  la- 
tina sino  dal  218,  abbia  dato  un  console.  Nell'età  moderna 
la  civiltà  si  è  svolta  in  maggior  misura  nelle  regioni  set- 
tentrionali e  il  sud  della  Penisola,  per  certi  periodi,  rimase 
tagliato  fuori  dalle  grandi  vie  dei  rapporti  internazionali. 
Si  comprende  quindi  che,  per  condizioni  interamente 
mutate,  Venezia  ed  il  Veneto  abbiano  dato  : 

Eugenio  IV  (Condulmeri)  1431-1447. 

Paolo  II  (Barbo)  1464-1471. 

Alessandro  Vili  (Ottoboni)  1689-1691. 

Clemente  XIII  (Rezzonico)  1768-1769. 

Gregorio  XVI  (Cappellari  di  Belluno)  1831-1846. 

che  da  Milano  dalla  Lombardia  o  da  regioni  limitrofe  sia- 
no giunti  : 

Pio  V  (Ghislieri  di  Bosco)  1566-1572. 

Gregorio  XIV  (Sfrondati  di  Cremona)  1590-1591. 

Innocenzo  XI  (Odescalchi  di  Como)  1676-1689. 

che  Genova  e  la  Liguria  vantino  fra  i  loro  figli: 

Niccolò  V  (Parentuccelli)  1447-1455. 
Sisto  IV  (Della  Rovere)  1471-1484. 
Giulio  II  (Della  Rovere)  1503-1513. 
Innocenzo  VIII  (Cibo)  1484-1492. 

È  naturale  che  la  stessa  Roma  abbia  dato  diversi  papi 
ossia: 

Martino  V  (Colonna)  1417-1431. 
Paolo  m  (Farnese)  1534-1549. 
Urbano  VII  (Castagna)  1590. 
Paolo  V  (Borghese)  1605-1621. 


Nobiltà  repubhUcana,  medioerale  e  papale  331 

Innocenzo  X  (Pamphily)  1644-1655. 
Clemente  X  (Altieri)  167ai676. 
Innocenzo  XIII  (Conti)  1721-1724. 

ai  quali  si  può,  in  un  certo  senso,  aggiungere  Leone  XIII 
(Pecci)  1878-1903  di  Carpinete,  nel  territorio  dei  Volsci  (Cio- 
ciaria). 

Buona  parte  dei  pontefici  sono  giunti  dalla  Romagna  e 
dai  paesi  limitrofi,  che  formavano  parte  degli  Stati  pontifici. 

Da  tali  regioni  provengono  infatti: 

Innocenzo  IX  (Fachinetti  di  Bologna)  1591. 

Gregorio  XIII  (Boncompagni  di  Bologna)  1572-1585. 

Benedetto  XIV  (Lambertini  di  Bologna)  1740-1758. 

Clemente  XIV  (Ganganelli  di  Arcangelo)  1769-1774. 

Sisto  V  (Peretti  di  Grottamare)  1585-1590. 

Clemente  XI  (Albani  di  Urbino)  1700-1721. 

Pio  VI  (Braschi  di  Cesena)   1775-1779. 

Pio  VII  (Cbiaramonti  di  Cesena)  1800-1823. 

Leone  XII  (Della  Genga  di  Spoleto)  1823-1829. 

Pio  Vili  (Castiglioni  di  Cingoli)  1829-1830. 

Pio  IX  (Mastai  Ferretti  di  Senigallia)  1846-1878. 

E  poi  degno  di  nota  che  la  Toscana   è   stata  la  patria 
di  ben  tredici  pontefici. 
Siena  ha  dato  infatti: 

Pio  n  (Piccolomini)  1458-1464. 

Pio  m  (Tudeschini  Piccolomini)  1503. 

Marcello  II  (Cervini  di  Montepulciano)  1555. 

Alessandro  VII  (Chigi)  1665-1667. 

(a  parte  Paolo  V  (Borghese)  pur  di  origine  senese). 


332  Appendice  IV 

Firenze  fu  patria  di: 

Leone  X  (Medici)  1513-1521. 
Clemente  VII  (Medici)  1523-1634 

alla  qnal  famiglia  appartiene  pure 

Leone  XI  1606 

Pio  IV  milanese  1559-1666. 

Da  Firenze  traevano  origine: 

Clemente  Vili  (Aldobrandini)  1592-1605. 
Urbano  Vili  (Barberini)  1623-1644. 
Clemente  XII  (Corsini;  1730-1740. 

Dalla  vicina  Pistoia  giunse: 

Clemente  IX  (Rospigliosi)  1667-1669. 

ed  al  territorio  etrusco  appartiene  pure: 

Giulio  ni  (di  Monte  S.  Savino)  1550-1556. 

D'altro  canto  vi  sono  stati  tre  soli  papi  napoletani: 

Paolo  IV  (Caraffa)  1655-1559. 
Innocenzo  XII  (Pignatelli)  1691-1700. 
Benedetto  XIII  (Orsini)  1724-1730 

così  come  estremamente  scarsi  furono    i   consoli  di  origine 
campana. 

L'Apulia,  la  Basilicata,  la  Calabria,  la  Sicilia,  non  han- 
no infine  dato  alcun  pontefice  alla  Santa  Sede  alla  stessa 
maniera  che  i  Fasti  di  Roma  repubblicana  non  annoverano 
un  console  fra  gli  Apuli  e  i  Brutti. 


'Nobiltà  repubblicana,  medioevale  e  papale  333 


* 
* 


A  risultati  analoghi  si  giunge  esaminando  le  vicende 
della  nobiltà  romana  a  partire  dal  secolo  XV,  in  cui  ai  papi 
riuscì  finalmente  esercitare  una  incontrastata  autorità  po- 
litica e  temporale  sulle  terre  ad  essi  assoggettate. 

Non  è  certo  mio  proposito  fare  indagini  particolari  sulle 
vicende  delle  singole  famiglie  della  nobiltà  romana,  ma 
coglier  solo  fenomeni  di  indole  generale.  Uno  sguardo  al- 
l'opera dell' Amayden  ed  alla  bolla  Urhem  Romam  di  Bene- 
detto XIV  (4  gennaio  1747)  mostra  come  già  dal  secolo 
XVII  e  XVIII  molte  di  queste  famiglie  fossero  scomparse. 
Il  recente  elenco,  compilato  per  cura  della  Consulta  Aral- 
dica, conduce  a  constatare  che  tale  scomparsa  si  è  di  molto 
accentuata  dai  tempi  dell' Amayden  in  qua.^ 

Fra  le  genti  della  nobiltà  feudale  sono  ancora  ricordati 
i  Massimi,  gli  Orsini,  i  Caetani,  mentre  sono  scomparsi  i 
Savelli,  i  Saxii,  i  Latrones,  gli  Annibaldi,  e  così  di  seguito. 
Non  si  trova  più  traccia  della    nobiltà    municipale,  che  in 


*  Pur  troppo  le  ricerche  araldiclie  souo  iu  generale  istituite  per  puri 
fini  di  vanità,  ovvero  per  scopi  fiscali.  Mancano  in  complesso  ricerche  isti- 
tuite con  mire  puramente  scientifiche. 

L'opera  dell'ÀMAYDEN;  La  storia  delle  famiglie  romane  (Roma  Collegio 
Araldico  1910)  in  due  volumi,  è  stata  pubblicata  in  modo  che  dal  lato  critico 
non  soddisfa  affatto.  L'Editore  vi  ha  inserito  le  sue  aggiunte,  ed  è  dato 
distinguerle  solo  riscontrando  indici  e  facendo  disanima  attenta,  senza  il 
che,  si  corre  rischio  di  attribuire  allo  scrittore  del  secolo  XVII  ciò  che  è 
opera  dell'  interpolatore  dell*  età  nostra. 

L'  elenco  della  nobiltà  della  Consulta  Araldica  Italiana  giova  solo  alla 
vanità  di  quelli  che  hanno  avuto  timore  di  far  cadere  in  dimenticanza  i 
loro  diplomi;  od  ove  anco  sia  redatto  in  base  a  ricerche  di  archivio,  di  que- 
ste non  dà  sempre  indicazioni  sufficienti. 


334  Appeudice  IV 

certo  modo  può  venir  confrontata  con  quelle  stirpi  plebee 
di  Roma  antica  che  raggiunsero  il  consolato. 

Delle  famiglie  dei  cittadini  che  il  12  settembre  1436, 
radunati  in  Campidoglio  fecero  omaggio  al  Vitelleschi,  re- 
stauratore della  potenza  pontificia  a  nome  di  Eugenio  IV, 
non  troviamo  più  i  Buzi,  i  Leni,  i  Pierleoni,  i  Caputzun- 
chi,  i  Petroni,  i  Toderini,  gli  Andreotti  e  così  di  seguito. 
Né  vi  vediamo  ricordati  ad  es.  gli  Amateschi,  i  Mellini,  i 
Signoretti  del  rione  del  Parione,  i  Bellomo,  i  Mazabufalo, 
gli  Oddoni  del  rione  Regola,  i  Capogalli,  i  Mentebuona  di 
Pigna,  gli  Arlotti  di  Ripa,  i  Mammoli,  i  Trasi  di  Campi- 
telli,  i  Buccapaduli  di  Rione  Colonna  che  figurano  ancora 
al  principio  del  500  fra  le  precipue  casate  della  nobiltà  di 
origine  comunale.' 

Delle  centinaia  di  famiglie  ancora  illustri,  allorquando  si 
venne  a  costituire  stabilmente  il  dominio  assoluto  dei  pon- 
tefici, è  registrata  una  ben  piccola  parte.  In  loro  luogo  com- 
paiono invece  altre  sorte  da  più  modeste  origini  urbane. 
Sopratutto  quelle  giunte  talora  dalle  stesse  regioni  da  cui 
anche  i  papi  provenivano  e  che  sotto  costoro,  divenuti  an- 
che per  necessità  politica  fautori  del  nepotismo,  trovarono 
fortuna  ed  onori  e  spesso  illuminarono  con  maggior  luce 
lo  splendore  della  loro  nobiltà  municipale. 

Limitandoci  ad  esaminare  la  patria  di  origine  delle  180 
famiglie,  che  videro  riconosciuta  la  loro  nobiltà  romana  per 
oj^era  di  Benedetto  XIV,  veniamo  ai  seguenti  risultati  : 


'  V.  ad  es.  le  iiidicazioui  ed  elenchi  delle  antiche  l'iimiglie  della  nobiltà 
romana  nel  medio  evo  in  Gkkcìokovius  ed.  italiana  (Roma  1900-1901)  II 
p.  490  sgg.;  Ili  p.  745  sgg-. 


Noìiilfn  reiJ/ibblicana,  medìoev  lìt:  e  p'ip<iìe 


:335 


Famiglie  di  antica  origine  romana         oltre  40' 
»         dei  dintorni  di  Roma  circa     4* 

»         della  Toscana  oltre  30' 


'  Eccone  l'elenco.  I  nomi  segnati  qni  e  nelle  note  segnenti  con  aste- 
risco *  sono  quelli  che  nella  bolla  di  Benedetto  XIV  fanno  parte  delle  60 
famiglie  dei  Xobili  Coscritti  Bomani,  ossia  del  iiiù  antico  e  cospicuo  patriciato. 


Auiadui 
Anni  baldi 
Antamori 
Astalli  * 
Boccapaduli 
Butti 
Caffarelli 
Capizucclii  * 
Capranica  * 
Cardelli  * 
Casali  * 
Cavalieri  * 


Cenci  * 
Del  Cinque 
Collicola 
Colonna 
Cresceuzi  " 
Del  Drago  * 
Frangipani  * 
Gabrielli  * 
Gentili 
Gotti  fredi 
Grassi  '' 
Gualtieri 


Incoronati 
Maccarani'  (origi- 
nari da  Milano) 
Massimi  * 
Mellini 
Molara  * 
Muti  * 
Nari  "^ 
Orsini  * 
Palombara  ' 
Papi 
Petroni 


Pierleoni 
Rocchi 
Rosoliui 
De  Rossi 
Sinibaldi 
Stati 
Testa 

Tibaldeschi 
Varani 
Della  Veter» 
Vidaschi 


A  parte  le  seguenti  : 

Americi,  Manfroni,  Mautica,  De  Signoribus. 


Allerini  (Subiaco) 
Americi  (Sermoneta) 
AnguiUara  * 

Abbati  (Firenze) 

Acciaioli  (Firenze) 

Aldobrandini  (Firenze) 

Buratti 

Capponi  *  (Firenze) 

Aquilani  (Pisa) 

Bernardini 

Bichi*  (Siena) 

Bonechi  (Siena) 

Del  Bufalo*  (Pistoia)  . 

Celleri  (Pistoia) 

Chigi  "^  (Siena) 

Ci  ogni   (Siena) 

Dandini  (Siena) 

Falconieri  *  (Firenze) 

Fani  (Toscanella) 

Fioravanti  (Pistoia) 


Filonardi  *  (Baucco) 
Origo  *  (Trevi) 

Ingbirami  (Firenze) 
Machiavelli  (Firenze) 
Miguanelli  *  i^Siena) 
Del  Monte 
Ottieri  * 

Palagi  (Casentino) 
Patrizi  *  (Siena) 
Petroni  *  (Siena) 
Ricci  *  (Montepulciano) 
Sacchetti  *  (Firenze) 
Scarlatti  (Firenze) 
Serlupi  *  (Firenze) 
Soderini  *  (Firenze) 
Tarugi  (Monte  Pulciano) 
Testa  Piccolomini  (Siena) 
Vettori  '^  (Firenze) 


336 


Appendice  IV 


Famiglie  dell'Umbria                                            circa  20* 

»         della  Romagna  e  delle  Marche  29  ^ 

»         della  Lombardia,  dell'Emilia  e  di  Ferrara  13  ' 

»         della  Liguria  6* 


Accoramboui  *  (Gubbio) 
Alberici  (Orvieto) 
Degli  Atti  (Todi) 
Bufaliui  (Città  di  Castello) 
Bruni  (Orvieto) 
Bussi  *  (Orvieto; 
Carpegna  *  (Carpegna) 
Febei  (Orvieto) 
Gabrielli*  (Gubbio) 
Genga  (Geuga) 
Grillo  (Gubbio) 

Baldassiui  (Senigallia) 
Bentivogli  (Bologna) 
Bolognetti  *  (Bologna) 
Bonaccorsi  (Macerata) 
Bonarelli  *  (Marche) 
Cavalletti  (Bologna) 
Ciccolini  (Macerata) 
Fagnani  (Bologna  o  Sinigallia) 
Fantuzzi  (Bologna) 
Ginnasi  (Castel  Bolognese) 
Glori  (Camerino) 
Lancetta  (Cesena) 
Marcolini  (Fano) 
Mari  scotti*   (Bologna) 

Carandini  (Modena) 
Cerri  (Pavia) 
Cremona  (Cremona) 
Curti  (Lombardia) 
Ghislieri  (Pavia) 
Montecatino  (Emilia) 
Moroni  (Milano) 

Contaguti  *  (Rapallo) 
Gavotti  *  (Savona) 
Lercari  (Genova) 


Mandosi  (Anieria) 

Muzzi  (Orte) 

Marsciano  (Marsciano) 

Parenzi  (Spoleto) 

Roberti  (Narnia) 

Sacripanti  (Naruia) 

Spada*  (Terni) 

Vecchiarelli  (Rieti) 

Vermiglioli  (Perugia) 

Vitelleschi*  (Foligno  poi  Comete) 

Melcliiorri  **  (Recanati) 
Olivieri  (S.  Leo) 
Pallotti  (Bologna) 
Parraciani  (Marche) 
Passerini  (Norcia) 
Passionei  (Fossombrone) 
Rasponi  (Ravenna) 
Rondanini  (Faenza) 
Sarapieri  *  (Castel  Bolognese) 
Sorbolonghi  (Pesaro) 
Tanara  (Bologna) 
Thoodoli*  (Forlì) 
Zambeccari  (Bologna) 
Ziuanni  (Ravenna) 

Negroui  (Bergamo) 
Olgiati  *  (Milano) 
Della  Porta  (Como) 
Del  Pozzo  (Cremona) 
Rocci  (Cremona) 
Sacrati  (Ferrara) 

D'Aste  *  (Albenga) 
Raggi  *  (Genova) 
Ravenna  (Chiavari) 


Nobiltà  repubblicana,  medioevale  e  papale  337 

Famiglie  del  Piemonte  3* 

»  di  Napoli  1  ' 

»  delle  Puglie  1 3 

»  dell'Abruzzo  1* 

»  della  Spagna  e  Navarra  4^ 

»  del  Portogallo  1  * 

»  delle  Fiandre  1  ' 

I  dati  intorno  alla  patria  delle  famiglie  clie  giunsero  a 
far  parte  della  nobiltà  romana,  conducono  pertanto  ai  risul- 
tati analoghi  a  quelli  già  conseguiti  osservando  l'origine 
dei  pontefici  da  Martino  V  in  qua. 

A  parte  Roma,  la  Toscana,  la  Romagna,  le  Marche,  l'Um- 
bria, danno  il  maggior  contingente.  Alla  Valle  del  Po  spetta 
un  numero  assai  limitato;  e,  quello  oh©  è  sorprendente, 
Napoli,  le  Puglie  e  l'Abruzzo  sono  rappresentati  respetti- 
vamente  da  una  sola  famiglia.  Ciò  risponde  nelle  linee  ge- 
nerali a  ciò  che  abbiamo  constatato  nell'  antichità,  in  cui 
le  famiglie  consolari  si  estesero  man  mano  al  centro  d'I- 
talia ma  non  giunsero  che  in  un  numero  estremamente  limi- 
tato dalla  Campania  e  non  provennero  affatto  dai  territori 


*  Caccia  (Novara)  Tornati  (Piemonte) 
Ceva  * 

*  Bernini  (Napoli)  Cianci  (Napoli) 

*  Eustachi  (Puglie) 

*  Circi  (Abruzzi) 

*  Androsilla  (Nararra)  Torres  (Spagna) 
Nunez  (Spagna)  Verospi  '  (Spagna) 

*  Correa  (Portogallo) 

'  Florenzi  (Utrecht?) 

Pai»  marche  sulla  storia  e  mi  diritto  pubblico  di  Roma  II  22 


338  Aiìpendice  lY 

a  sud  di  Napoli  e  del  Sannio,  ossia  delle  Puglie  e  della 
Calabria. 

La  scarsità  di  nobili  famiglie  napoletane  sta  adunque 
in  rapporto  con  il  pur  scarsissimo  numero  di  pontefici  di 
quella  regione.  E  poicbè  a  partire  dal  secolo  XV,  fatta  ec- 
cezione per  i  due  spagnuoli  Callisto  III  ed  Alessandro  VI 
(Borgia)  e  per  Adriano  VI  di  Utrecht,  i  papi  furono  esclusi- 
vamente Italiani,  è  naturale  constatare  che  anche  le  famiglie 
nobili  e  patricie  romane  sono  da  annoverare  per  la  massi- 
ma parte  fra  le  italiane,  mentre  oltremodo  rare  sono  le 
straniere.  È  però  curioso  che  accanto  alle  italiane  compaia 
un  ristrettissimo  numero  di  famiglie  iberiche,  cosi  come  sul 
finire  della  repubblica  fra  i  consoli  appare  in  via  di  ecce- 
zione lo  spagnuolo  Cornelio  Balbo. 

Questi  risultati  vengono  sostanzialmente  confermati  dal- 
l'esame  delle  famiglie  che  anche  in  tempi  posteriori  a  quelli 
di  Benedetto  XIV  vennero  a  far  parte  della  nobiltà  romana. 

È  bensì  vero  che  per  quest'età  posteriore  non  ci  sor- 
reggono dati  raccolti  con  intenti  puramente  scientifici  e  che 
le  pubblicazioni  ufficiali  al  riguardo  non  sono  per  ogni 
lato  complete.  Per  il  nostro  scopo  basterà  nondimeno  con- 
statare che  nel  complesso  le  caratteristiche  notate  per  l'età 
precedente  si  mantengono. 

Esce  afiatto  dal  mio  proposito  entrare  in  una  particolare 
indicazione  delle  famiglie  nobiliari,  che  scompaiono  dopo  il 
tempo  di  Benedetto  XIV  e  di  quelle  che  successivamente 
raggiunsero  la  nobiltà.  Ove  però  si  tenesse  conto  dei  dati 
pubblicati  ai  di  nostri  dalla  Consulta  Araldica,^  si  verrebbe 


*  V.  1'  Elenco  ufficiale  (definitivo)  delle  famiglie  nobili  e  titolate  della  re- 
gione romana  nel  Bollettino  della  Consulta  Araldica  u.  24  voi.  25  (Roma  1902). 
Sebbene  sia  documento  ufficiale  ha  valore  scarso  poiché  non  fu  redatto 


Nobiltà  repubblicana,  medioevaU'  e  papale  339 

a  constatare  che  la  maggior  parte  della  nobiltà  romana 
continua  a  provenire  dall'Italia  Centrale,  che  assai  scarso 
è  quella  che  giunge  dal  Nord  ed  ancor  più  (fatta  ecce- 
zione per  famiglie  napoletane,  campane  e  beneventane)  quella 
che  trae  le  origini  dal  Sud.  Tanto  è  vero  che  nella  nobiltà 
romana  v'è  una  sola  famiglia  di  origine  abruzzese,'  una 
sola  del  Molise,-  una  della  Sicilia. ^ 

Così  oltremodo  scarse  sono  le  accessioni  dall'estero.  Lo 
mostra  il  seguente  specchietto  : 

Nobiltà  romana  proveniente  dalla  Corsica  circa  1  * 

«              >                  »           dalla  Francia                     >  5-'' 

»              »                 »           dalla  Lorena                      »  1  ^ 

»              »                 »           dalla  Germania                 »  1  ' 

»               »                  »            dalla  Spagna                      »  1^ 


con  fini  puramente  scientifici,  ma  solo  dietro  richiesta  di  date  famiglie, 
che  ambirono  a  tener  desto  il  ricordo  del  loro  diritto  a  vantare  titoli  no- 
biliari. 

'  Antonini. 

*  De  Mayo. 

*  De  Gregorio. 

*  Bonaparte. 

*  Giraud,  Hardouin,  Montholon,  Torlonia,  Vidau. 

*  De  Saint  Mihiel. 
'  Altemps. 

'  Muccioli. 


APPENDICE  V. 

I  dodici  Romani  fatti  dichiarare  pubblici  nemici 
da  Siila  nell'88  a.  C. 

(v.  8.  p.  250). 

La  storiografìa  antica  è  unanime  nel  considerare  Siila 
come  uomo  crudele;  essa  rileva  che  il  terribile  Dittatore 
non  ebbe  ritegno  e  misura  nel  vendicarsi,  e  la  ferocia  di 
lui  contrappone  alla  clemenza  di  Cesare. 

L' esame  spassionato  dei  fatti  dimostra  però  che  la  fe- 
rocia sillana  fu  parzialmente  provocata  da  quella  dei  capo- 
rioni del  partito  contrario.  È  ad  ogni  modo  certo  che,  cal- 
colatore per  eccellenza,  Siila  coordinò  la  convenienza  di 
vendicarsi  e  di  reprimere  con  la  violenza  ai  fini  politici 
che  aveva  in  animo  di  raggiungere.  Perciò  allorquando  nel 
88  Siila  si  impadronì  per  la  prima  volta  di  Roma  fece  di- 
chiarare pubblici  nemici  soltanto  dodici  persone  della  fazione 
di  Mario  e  di  Sulpicio. 

Ciò  è  accennato  con  sobrietà  per  noi  eccessiva  nelF  epi- 
tome del  libro  LXXVII  di  Livio  colle  seguenti  parole: 
adversus  factionem  Sulpicii  et  Marii  in  Urheni  venif,  in  ipsa 
Urbe  pugnavit,  eamque  expulif.  ex  qua  XII  a  senatu  hostes, 
Inter  quos  C.  Marius  pater  et  filius  indicati  sunt. 

Appiano  h.  e,  I  60,  ove  racconta  lo  stesso  avvenimento, 
porge  maggiori  particolari  ;  egli  conferma  il  numero  di  do- 
dici persone  e  ne  rammenta  singolarmente  nove. 


I  dodici  Romani  fatti  dichiarare  pubblici  nemici  da  Siila       Ul 

Esse  furono  : 

1.  Sulpicio  trib.  pi.  6.  Cn.  Granio 

2    Mario  padre  già  cos.  sei  volte  7.  Q.  Gramo 

3.  Mario  figlio  8.  P.  Albinovano 

4.  P.  Cetego  9.  M.  Letorio 

5.  lunio  Bruto 

Mario,  capo  del  partito  che  da  lui  prendeva  nome,  non 
era  in  quell'anno  magistrato;  lo  erano  invece  vari  dei  suoi 
compagni  di  esilio  e  di  sventura. 

Sulpicio,  che  lasciò  in  quella  occasione  la  vita,  era  tri- 
buno della  plebe;  e  da  Plutarco  apprendiamo  che  lunio 
Bruto,  al  pari  di  Servilio,  era  stato  già  inviato  come  pre- 
tore a  Siila  per  comunicargli  l'ordine  del  Senato  di  non 
entrare  in  Città  e  che  l'uno  e  l'altro  erano  stati  vilipesi 
dai  soldati  sillani.  (Plut.  Stili  9). 

Sappiamo  che  lunio  riparò  nella  Spagna,  d'onde  con 
altri  esuli  si  recò  a  Telamone  per  ricongiungersi  con  Mano 
e  Cinna  (Gran.  Licin.  XXXV  6  p.  16  ed.  Flemisch).  Ci  è 
pur  detto  che  nell'82  si  uccise  a  Cossira  per  sfuggire  a 
Pompeio  Magno.  {Ep.  Liv.  89.  Cfr.  Oros.  V  21;  11). 

Che  anche  la  maggioranza  dei  personaggi  sopra  ricor- 
dati coprisse  pubbliche  magistrature  è  in  certo  modo  con- 
fermato da  Floro  II  9  (III  21),  che,  ricordando  i  medesimi 
fatti  e  parlando  fra  l'altro  dell'entrata  di  Siila  a  Eoma,  fra 
l'altro  dice:  inde  cum  consules  SiUpicius  et  Albinovanus  oUe- 
cissent  catervas  suas  cet. 

Sulpicio  ed  Albinovano  non  erano  consoli.  Consoli  del- 
l'anno  88  erano  lo  stesso  Siila  e  Q.  Pompeio  Bufo;  Sulpi- 
cio era  invece  tribuno  della  plebe. 

Ove  si  ammetta  che  Floro  abbia  scambiato  consoli  con 
tribuni,  ne  verrebbe  l'ipotesi  che  Albinovano  fosse  ttato  uno 


342  Appendice  V 

dei  tribuni  dell'anno.'  P.  Albinovano  fu  tribuno  nel  82  e 
lo  troviamo  daccapo  alla  testa  del  partito  rivoluzionario 
nel  82.  Comandava  una  legione  di  Lucani,  assai  probabil- 
mente di  correligionari.  Sbarazzatosi  in  un  banchetto  dei 
colleghi,  allo  stesso  modo  per  cui  molti  secoli  dopo  divenne 
tristamente  celebre  Cesare  Borgia,  fini  per  ottenere  il  per- 
dono di  Siila  (App.  b.  e.  I  91),  il  quale  tenne  conto  della  abi- 
lità militare  di  lui  e  della  potenza  politica  che  esercitava 
fra  i  conterranei. 

Ugual  sorte  toccò  a  P.  Cetego  personaggio  notissimo. 

Uno  fra  i  più  ardenti  mariani,  fautore  del  partito  popo- 
lare, che  seguì  Mario  al  pari  di  Albinovano  e  di  Granio  e 
di  Letorio,  fu  tra  coloro  che  più  tardi  passarono  a  Siila 
(App.  b.  ci  62  ;  80)  e  che  vennero  citati  come  esempio  di 
scellerato  tradimento.  Con  le  milizie  sillane,  Cetego,  prese 
parte  all'assedio  di  Preneste,  in  cui  si  era  racchiuso  Mario 
laniere.  (Su  lui  v. ,  Sali.  Hist.  fr.  I  77;  20.  Cic.  Farad.  V  3, 
40;  pì'o  Cluentio  31,  8).  Più  tardi  lo  troviamo  onnipotente 
e  fu  lui  che  nel  74  fece  conseguire  a  Lucullo,  prima  suo 
nemico,  la  provincia  Cilicia,  che  doveva  dare  a  costui  modo 
di  guerreggiare  contro  Mitridate.  Lucullo,  come  è  ben  noto, 
era  riuscito  a  conquistarne  il  favore  per  mezzo  della  fa- 
mosa Precia,  della  cortigiana  che  alla  sua  volta  tutto  po- 
teva sull'animo  di  Cetego  (Plut.  Lue.  5). 

Non  abbiamo  elementi  per  asserire  con  sicurezza  che 
fossero  magistrati  i  Granii.  Sappiamo  però  che  Mario  era 
congiunto  con  codesta  stirpe,  che  uno  di  essi  lo  accompagnò 
a  Minturne,  nell'isola  d'Ischia  ed  in  Africa.  (Plut.  Mar.  36; 
37;  40). 

'  In  una  delle  recenti  edizioni  straniere  codesto  Albinovano  ò  nomi- 
nato quale  console  uell'  82.  Mi  imagiuo  la  derisione  che  coprirebbe  imo 
studioso  italiana,  se  cadesse  in  un  abbaglio  di  tal  natura. 


/  dodici  Romani  fatti  dichiarare  pubblici  nemici  da  Siila       343 

I  Granii,  come  risulta  da  testi  e  da  inscrizioni,  erano 
commercianti  ricchi  e  assai  potenti  di  Puteoli  (v.  il  mate- 
riale raccolto  dal  Mnenzer  in  PW.  RE.  XIV  col.  1817  sgg.). 

Con  le  notizie  relative  ai  Granii  di  Puteoli  amici  di 
Mario,  si  collegano  quelle  sul  Granio  duumviro  magistrato 
municipale  di  Puteoli,  causa  occasionale  della  morte  di  Siila 
(Val.  Max.  IX  3,  8.  Plut.  SUL  37).  Ed  è  pure  il  caso  di  ri- 
cordare i  Granii  dell'età  cesariana.^  (Caes.  h.  e.  Ili  71.  Plut. 
Caes.  16.  Val.  Max.  Vili  111,8). 

Non  abbiamo  dati  sufficienti  per  identificare  M.  Lae- 
torius.  Un  P,  Laetorius  fu  uno  dei  senatori  che  Siila  fece 
uccidere  allorché,  ritornato  dalla  Grecia,  pubblicò  le  liste  di 
proscrizione  (Oros.  V  21,  8).  Si  può  nondimeno  osservare  che, 
a  partire  dal  secolo  V,  i  Laetorii  figurano  fra  le  stirpi  plebee 
più  ardenti  nel  difendere  le  libertà  popolari.  Basti  ricor- 
dare il  celebre  Laetorius  amico  di  C.  Gracco. 


*     * 


Abbiamo  esaminate  le  poche  notizie  che  è  dato  racco- 
gliere sui  nove  personaggi  ricordati  da  Appiano.  È  dato 
rintracciare  il  nome  degli  altri  tre  che  da  Appiano  sono 
stati  omessi? 

Forse  ciò  è  concesso  per  due.  Abbiamo  veduto  che  fra  i 
dodici  cittadini,  giudicati  nemici  pubblici,  vi  fu  il  pretore 
lunio  Bruto.  Ma  dacché  questi  era  inviso  anche  per  aver 
osato  notificare  a  Siila  il  divieto  del  senato  di  entrare  in 
Città,  è  ovvio  il  sospetto  che   sorte   migliore   non   dovesse 

'  Non  so  se  sia  il  caso  di  ricordare  anche  i  Granii  di  Pompei.  Il  no- 
me di  Gragnano  presso  1'  antica  Stabiae  (Castellammare)  che  prese  il  nome 
da  lina  gens  Grania  va  collegato  con  i  nostri  Granii?  Snl  vino  Grauiano 
V.  CIL.  IV  2565. 


344  Appendice  V 

attendere  il  collega  di  lui  Servilip,  che,  al  pari  di  Bruto,  si 
assunse  tale  ambasciata. 

Cosi  è  per  lo  meno  probabile  venisse  compreso  nella 
lista  dei  dodici  anche  il  tribuno  della  plebe  P.  Antistio, 
il  quale  insieme  al  collega  Sulpicio  Rufo,  uno  appunto  dei 
XII,  si  era  opposto  alla  candidatura  consolare  di  Giulio 
Cesare  Strabone,  personaggio  malveduto  da  Mario,  che  lo 
fece  poi  uccidere  nel  87  (Cic.  Brut.  226  sq.  Cfr.  il  materiale 
in  Drumann-Groebe  III  p.  123  n.  16).  La  miglior  prova  del- 
l' odio  di  Siila  per  P.  Antistio  sta  nel  fatto  che  il  dittatore 
lo  fece  poi  proscrivere  ed  uccidere  (Cic.  prò  Roseto  Amer.  90; 
Brut.  310).i 

Resterebbe  fissare  il  nome  del  dodicesimo  ed  ultimo  cit- 
tadino condannato  nel  88,  facente  parte  di  questa  prima  ed 
assai  limitata  lista  di  proscrizione  a  cui  sei  anni  dopo  do- 
veva tener  dietro  quella  ben  più  numerosa  che  rese  odiato 
il  nome  del  dittatore.  Ma  non  ci  è  dato  indicarlo  con  si- 
curezza. 

Fra  i  vari  duci  del  partito  mariano  che  governarono,  o, 
per  meglio  dire,  sgovernarono  lo  Stato  nel  frattempo  che 
intercedette  fra  la  partenza  di  Siila  ed  il  suo  ritorno  dal- 
l'Oriente, non  è  il  caso  di  pensare  a  Cinna.  Egli  infatti, 
come  è  noto,  fu  portato  al  consolato  dallo  stesso  Siila,  il 
quale  gli  fece  invano  giurare  che  avrebbe  rispettato  l' or- 
dinamento politico  che  lo  stesso  Siila  aveva  allora  fissato. 

E  non  è  nemmeno  da  pensare  a  Sertorio,  che  durante  il 
tempo  in  cui  i  dodici  furono  condannati  e  sfuggirono  alla 
morte  con  l'esilio,  rimase  a  Roma  (Plut.  Sert.  4). 

Il  pensiero  ricorre  a  Damasippo  o  a  Carrinas,  ovvero  a 

'  Diverso  è  quel  P.  Antistio  che  nel  82  fu  fatto  uccidere  da  Mario 
(App.  I  98)  insieme  a  Papiri©  Carbone,  a  Douiizio,  a  Muzio  Scevola  pon- 
tefice massimo. 


I  dodici  Romcuii  fatti  dichiarare  pubblici  nemici  da  Siila       345 

quel  Domizio,  che  fu  uuo  dei  duci  Mariani,  a  Fimbria  infine 
a  quel  Milonius  che  con  Papirio  e  Sertorio  fu  pure  uno  dei 
capi  dell'esercito  mariano  che  muovendo  dal  Gianicolo,  ri- 
prese Roma. 


* 
*     * 


Ma  è  vano  fare  ipotesi  su  questo  punto  ;  i  testi  non  ci 
porgono  dati  decisivi.  È  ovvia  invece  1'  osservazione  che  dei 
dodici  cittadini  condannati  come  pubblici  nemici  almeno 
cinque  erano  non  romani  ma  municipali. 

Accanto  ai  romani  Sulpicio,  Cornelio  Cetego,  lunio  Bru- 
to, P.  Letorio,  a  cui  possiamo  aggiungere  Servilio  ed  Anti- 
stio,  abbiamo  i  due  Marii  di  Arpiuo,  i  due  Granii  di  Pu- 
teoli,  e  Albinovano  originario  probabilmente  dalla  Lucania. 

Questo  fenomeno  sta  in  diretta  relazione  col  fatto  che 
le  guerre  dell'  età  mariana  e  sillana  furono  determinate  non 
soltanto  dalle  tendenze  aristocratiche  ovvero  popolari  dei 
soli  Romani.  Codeste  tendenze  come  in  tutti  i  periodi  della 
storia  di  questo  popolo  trassero  vigore  dalla  pretesa  dei 
vari  popoli  dell'Italia  confederata  di  partecipare  al  governo 
della  Città. 

Il  fatto  che,  dei  dodici  condannati,  la  metà  circa  appar- 
teneva alle  regioni  alleate  di  Roma  e  non  all'  Urbs,  sta  in 
diretta  relazione  con  la  circostanza  che  allorché  la  rivolu- 
zione civile  giunse  al  suo  epilogo  fra  i  duci  mariani  vi  fu- 
rono l'etrusco  Perpenna,  l'umbro  Sertorio,  l'umbro  od 
etrusco  Carrinas,  il  sannita  Ponzio  Telesino. 

Conseguire  il  comando  della  guerra  contro  Mitridate  si- 
gnificava certo  porgere  occasione  a  soddisfazioni  militari 
agli  uomini  di  governo  di  una  società  essenzialmente  mili- 
tare come  fu  Roma,  in  cui  anche  i  banchieri  avevano  spesso 


o46  Appendice  V 

a  fianco  la  spada.  Ottenere  la  direzione  del  comando  e  della 
politica  nell'Oriente  significava  però  aver  modo  allo  stesso 
tempo  di  spogliare  provincia  ricchissime.  Ed  è  noto  come  la 
guerra  contro  Mitridate  abbia  dato  occasione  a  Lncnllo  di 
conseguire  contemporaneamente  due  fini  diversi:  divenire 
estremamente  ricco  e  acquistare  nomea  di  celebre  capitano. 

Ottenere  la  cittadinanza  romana  ed  il  diritto  di  aspi- 
rare agli  onori  aveva  un  valore  tutto  speciale  per  i  fede- 
rati italici,  che  nell'  Oriente  ellenico  (coltivando  antichissimi 
rapporti  già  sorti  da  quando  erano  fiorite  le  città  della  Magna 
Grecia)  avevano  multiformi  interessi.  I  Granii  di  Puteoli  ul- 
trapotenti in  patria  e  che  ivi  osaron  tener  testa  a  Siila  anche 
dopo  la  dittatura,  che  nell'Oriente  ellenico  avevano  intense 
relazioni  commerciali  al  pari  di  tanti  Italici,  desideravano 
conquistare  naturalmente  le  magistrature  romane,  le  quali 
offrivano  appunto  partecipazione  più  diretta  al  governo 
di  paesi  doviziosi. 

Le  loro  pretese  alla  cittadinanza  romana  non  si  colle- 
gavano pertanto  soltanto  con  vantaggi  politici  e  morali, 
ma  anche  con  veri  e  propri  interessi  commerciali.  L'esi- 
stenza di  precedenti  rapporti  di  affari  spiega  assai  bene 
come  mai  gli  Italici,  durante  gii  anni  della  guerra  Sociale, 
abbiano  avuto  relazioni  con  Mitridate  ed  abbiano  coniate 
monete  che  di  questo  re  sono  imitazione.^ 

Ciò  infine  rende  più  chiaro  come  mai  sia  allo  stesso 
tempo  collegata  con  Mitridate  e  con  la  guerra  Sociale  quella 
ìex  Viaria  de  maiestate,  la  quale  colpiva  tutti  colore  quorum 
ope  consiliove  sodi  contra  populum  Romanum  arma  sum- 
psissent.^ 

'  V.  Grueuer  Coins  of  the  roman  repubUk  II  p.  317.  Cfr.  speeialineute 
l'  aureo  di  Minius  leius  ib.  p.  335. 

'  Rimando  a  quanto  già  scrissi  nella  mia  memoria  sulla  logge  Varia 
nei   Rendiconti  dei  Lincei  (1901  p.  50  sgg.). 


APPENDICE  VI. 

A  proposito  di  prenomi  e  di  cognomi. 
Intorno  ai  "  consules  suffecti ... 


I. 


Nei  Fasti  Capitolini  accanto  al  prenome  del  padre  si 
suole  incidere  anche  quello  dell'avo.  Ma  a  tale  regola  fanno 
eccezione  alcuni  casi.^ 

Nei  Fasti  Consolari  e  dittatorii,  che  fan  parte  dello  stesso 
elenco,  si  legge  : 

L.  Tarquitius  L.  f.  Flaccus  mag.  eq.  (ad  a.  294-460  a.  C.) 

M.  Claudius  C.  f.  Glicia  qui  scriba  fuerat,  dictator  coactus 
abd.  (ad  a.  505-249  a.  C.) 

M.  Porcius  M.  f.  Caio  (ad  a.  559-195  a.  C.) 

M.  Porcius  M.  f.  M.  n.  Caio  (ad  a.  570-184  a.  C).  Ma  le  let- 
tere M.  n.  sono  state  erase  ab  aìitico. 

A  questi  negli  Ada  Triumphalia  si  aggiungono  i  se- 
guenti casi,  tutti  dell'  età  augustea  : 

'  Tratterò  più  ampiamente  a  suo  luogo  le  varie  questioni  relative  alla 
disceudenza  di  dati  magistrati  dagli  antenati  indicati  nei  Fasti.  Qui  mi 
sia  lecito  notare  che,  spesso,  codeste  discendenze,  su  cui  i  moderni  si  fon- 
dano per  stabilire  identificazioni  di  personaggi,  non  rispecchiano  la  realtà 
storica,  ma  sono  la  ricostruzione  di  dati  forniti  dagli  antichi,  talvolta  piìi 
gelosi  rivendicatori  di  vanità  genealogiche,  che  obiettivi  ricercatori  del  vero. 

Sotto  questo  punto  di  vista  taluna  delle  ricostruzioni  del  nostro  Bor- 
ghesi e  del  Mommsen,  per  tacere  di  altri  eruditi,  meritano  una  revisione. 


348  Appendice  VI 

Q.  Pedius  M.  f.  (ad  a.  709-45  a.  C.) 

P.  Vatinius  P.  f.  (ad  a.  712-42  a.  C.) 

C.  Asinius  Cn.  f.  Pollio  (ad  a.  715-39  a.  C.) 

P.  Ventidius  P.  f.  (ad  a.  712-42  a.  C.) 

C.  Norhanua  C.  f.  Flaccus  (ad  a.  720-34  a.  C.)  ^ 

T.  Statilius   T.  f.  Tauriis  (ad  a.  720-34  a.  C). 

Infine  nei  Fasti  Consolari  per  questa  età  pare  si  debba 
anche  aggiungere  la  lettura  : 
M.  Agrippa  L.  f.  (ad  a.  717-37  a.  C.).^ 

Avremo  assai  probabilmente  maggior  numero  di  casi 
ove  ci  fosse  giunto  meno  monco  il  celebre  documento  dei 
Fasti  trovato  nella  Regia,  custodito  nel  palazzo  Capitolino. 

È  stato  asserito  che  sebbene  per  coprire  una  magistra- 
tura non  fosse  necessaria  la  discendenza  da  un  avo  li- 
bero, questa  era  ad  ogni  modo  una  qualifica  per  tale  fine 
(Mommsen  Roem.  Staatsrecht  I^  p.  488  n.  2).  Tuttavia  l'au- 
tore di  tale  osservazione,  ha  pur  rilevato  che  mancano  ra- 
gioni sufficienti  per  spiegare  alcuni  dei  casi  sopra  notati. 

Vari  di  codesti  personaggi  sono  homines  novi  dell'  età 
augustea  ;  ma  non  si  comprende  come  si  noti  il  solo  padre 
per  il  Tarquitius  maestro  della  cavalleria  nel  460.  Questi 
infatti  era  patricio  ;  ci  attenderemmo  pertanto  la  menzione 
dell'  avo.  Né  la  soluzione  del  quesito  è  data  dal  noto  passo 
di  Livio  III  27  ad  a.  460:  magistrum  equitum  dicit  L.  Tar- 
quitium  patriciae  gentis,  sed  qui  cum  atipendia  pedihus  pro- 
pter  paupertatem  fecisset  cet. 

Così  mancano  ragioni  per  comprendere   perchè   manchi 

'  Però  i  Fasti  Cousolari  Capitolini  nel  caso  di  C.  Norbanns  cous.  nel 
671  =83  a.  C.  pare  serbassero  lo  spazio  per  l'indicazione  dell'avolo  v.  CIL. 
V  p.  27. 

*  L'esame  dei  Fasti  Consolari  (v.  CIL.  I'  p.  28)  non  basta  forse  a  ri- 
Bolvere  il  quesito. 


A  proposito  di  prenomi  e  di  cognomi  349 

r  indicazione  dell'  avo  di  Norbano,  mentre  un  Norbanus 
figura  fra  i  tribuni  plebis  sino  dal  104  a.  C.  (Niccolini  Fasti 
p.  39*)  e  C.  Norbanus  è  console  nel  83.^ 

L'omissione  riesce  sopratutto  sorprendente  per  Catone 
il  Censorio,  tanto  più  che  nel  marmo  si  osserva  essere  stata 
deliberatamente  erasa  ah  antico  l'indicazione  M.  n. 

E-ispetto  a  Catone  non  è  certo  il  caso  di  pensare  che 
la  mancanza  del  nome  dell'avo  stesse  a  provare  che  l'avo 
non  era  stato  ingenuus.^ 

Da  Plutarco  (Cato  Maìor  I)  apprendiamo  infatti  che  lo 
stesso  Catone  si  vantava  non  solo  "del  padre  ma  anche  della 
virtù  del  suo  proavo  (èjtaiveì  xai  Kdtwva  tÒv  :TQÓJta.T:jtov),  il 
quale  aveva  date  prove  cospicue  di  valore  combattendo  come 
cavaliere  nell'esercito  romano.  Catone,  dice  Plutarco,  ricono- 
sceva di  essere  homo  novus  dacché  egli  era  il  primo  a  con- 
seguire gli  honores,  ma  si  dichiarava  antichissimo  per  le 
azioni  e  le  virtù  dei  suoi  antenati.' 

Il  passo  plutarcheo  ci  dà  assai  probabilmente  la  vera 
spiegazione  del  perchè  in  alcuni  casi  i  Fasti  consolari  ed  i 
connessi  Acta  Triumphalia  non  recano  incisi  i  prenomi  degli 
avi.  Il  padre  di  Catone  aveva  bensì  combattuto  come  cavaliere, 
ma  non  aveva  conseguita  alcuna  magistratura  ;  tanto  più 
ciò  valeva  per  l' avo.  Lo  stesso  assai  probabilmente  valeva 
per  i  generali  augustei  sopra  ricordati  i  quali,  come  abbia- 
mo fatto  osservare  a  suo  luogo,  (p.  220-281),  al  pari  dei  ma- 
rescialli di  Napoleone  erano  parvenus.^ 

'  V.  nota  precedente. 

*  Plut.  Cato  Maior.  1,  8:  "x'j-òg  l/.sys  y.  aivò;  eha:  ~pcg  à?x^/"'  ''^'^^ 
8ògav,   Ipyotj  ce  rpo-'óvov  xai  T.pszy.'.i  -aii-d/.aioj. 

'  Colgo  l'occasione  per  notare  che  anche  ai  recenti  biografi  di  Catone 
è  sfuggito  il  testo  di  Eliano  v.  h.  XII  6  (cfr.  XIV  36)  ove  parlandosi  del 
padre  di  Catone  si  nota  Ka-ovw;  òà  toO  "pea.S'jxlpou  xai  ot'JToO  tòv  rra- 
■tépy.  àva^yj-cslv  XP'^j- 

E  questa  mancanza  dell'inflicazioue  degli  avi,  che  avevano  occupate 


350  Appendice  VI 

Una  soluzione  esauriente  del  quesito  non  ci  è  del  resto 
concessa.  Occorrerebbe  possedere  interi  i  Fasti  consolari 
Capitolini,  e  per  giunta  anche  maggior  numero  di  indica- 
zioni intorno  agli  elenchi  dei  pretori  e  delle  altre  minori 
cariche  curuli.  Abbiamo  invece  più  volte  constatato  quanto 
esse  siano  monche  ed  insufficienti. 

Nonostante  tali  dubbi  e  lacune,  sembra  lecito  pensare 
che  la  mancanza  dell'avo  nei  Fasti  non  stia  in  diretto 
ed  esclusivo  rapporto  con  l'assenza  di  ingenuità  dell'avo 
stesso,  ma  piuttosto  con  la  comparsa  di  homines  novi,  i  quali 
non  vantassero  avi  che  avessero  di  già  conseguite  magi- 
strature curuli. 

n. 

Alla  lista  dei  cognomi  del  V  secolo  ricavati  da  una  lo- 
calità del  Latium  e  delle  regioni  vicine  (v.  s.  p.  9  agg.)  va 
aggiunto  Carventanus  di  cui  v'è  traccia  nei  Fasti  Capito- 
lini ad  a.  458  a.  C.  : 

C.  Fahius  Sp.  f.  Sp.  n.  Rutilus  II 
n.  Carven[tanus\ 

È  chiaro  che  Carventanus  sta  in  rapporto  con  l' arx 
Carventana  ricordata  da  Livio  IV  53  ;  55  ad  a.  410  sg.  a.  C, 
di  cui  si  trova  ricordo  anche  nell'elenco  delle  città  latine 
di  Dionisio  V  61  rispetto  alle  vicende  del  497  (jtóXig)  Ka- 
poevtavojv  ;  cfr.  Steph.  Byz.  s.  v.  Kcxqousvtoc,  che  probabil- 
mente era  nella  regione  vicina  all'  Algidus. 

In  Diodoro  XI  88  si  ha  Fctio?  Ndunog  TodtiXioi;,  A&uxiog 
Mivowiog  KagouTiavóg;  nel  Cronografo  del  354:  Rutullo  et 
Carheto  (ad  a.  458  a.  C). 

magistratiire  spiega  forse  anche  perchè  CiceroDe   scherzasse   su  Afrauio  (il 
console  <U']  tìO)  <'hiaiuau(lolo  Auli  Jìlius  {ad  Att.  I   l,  1:   18,  5). 


A  proposito  di  prenoiìii  e  di  coc/iiomi  351 

È  stato  più  volte  notato  che  il  testo  di  Diodoro  risulta 
da  ima  cattiva  lettura  e  fusione  dei  dati  del  suo  originale 
e  che  il  gentilicio  Mmucius  nulla  ha  a  che  fare  con  il  co- 
gnome Carventanus,  dacché  Minucius  nei  Fasti  Capitolini 
di  quell'anno  console  suffetto  è  detto: 

Suf.  L.  Minucius  P.  f.  M.  n.  Esquilin.  Augurin. 

Nulla  però  prova,  ciò  che  ad  es.  sospetta  il  Fruin  {Neue 
Jahrbuecher  1894  p.  107)  che  il  cognome  Carventanus  debba 
essere  collegato  con  un  gentilicio  Numicius,  che  spetti  an- 
che a  T.  Numicius  Priscus  console  del  469,  Liv.  II  63.  Dion. 
Hai.  IX  56. 

Altro  cognome  che  accenna  a  località  è,  a  quanto  pare, 
quello  di  Nomentanus. 

No\ievxav6c.  è  in  Dionisio  IX  66  il  cognome  di  A.  Ver- 
giììius,  che  dal  Chron.  a.  354,  dai  Fasti  Hydat.  e  dal  Chron. 
Pasch.  è  detto  Caelimontanus  (ad  a.  469). 

ni. 

Quanto  abbiamo  varie  volte  osservato  rispetto  al  testo  di 
Diodoro  di  fronte  a  quello  dei  Fasti  Capitolini  suggerisce 
l'ipotesi  che  anche  in  altri  casi  la  differenza  dei  nomi  che 
si  riscontra  nelle  liste  di  Diodoro  dipenda  da  errori  e  da 
confusioni  di  questo  autore  negligente  compendiatore  di 
fatti  storici,  sia  che  parli  di  storia  propriamente  greca,  sia 
che  esponga  le  gesta  della  patria  Sicilia,  e  che  presumibil- 
menle  non  è  compilatore  più  accurato  ove  riassume  i  fatti 
di  storia  romana  e  porge  liste  di  magistrati  eponimi. 

Contro  questa  ipotesi  non  è  il  caso  di  osservare  che  la 
diversità  fra  le  liste  dei  consoli  e  dei  tribuni  militum  consil- 
iari potestate  dipende  solo  dal  redattore  dei  Fasti  della  Regia. 

Non  è   infatti    da   escludere   che    questo    compilatore  di 


352  Appendice  VI 

fronte  a  liste  diverse  abbia  trasformato  in  suffecti  magi- 
strati eponimi  che  in  altre  liste  venivano  dati  come  ordi- 
narli e  cbe  in  tale  processo  di  rimaneggiamento  dei  dati 
delle  varie  sue  fonti  abbia  quindi  anche  egli  proceduto  con 
criterii  altrettanto  arbitrarli.  (Sulla  questione  cfr.  anche  R. 
Th.  Fruin  nei  Neue  Jahrbuecher  1894  (40)  p.  106  sgg.). 

La  scarsezza  dei  dati  di  cui  disponiamo,  le  abbondanti 
lacune  nei  Fasti  Capitolini  per  vari  periodi  del  secolo  V 
(ad  es.  per  gli  anni  490-484;  471-467;  447-423)  non  permet- 
tono soluzioni  definitive.  Il  materiale  superstite  porge  solo 
materia  per  ampi  dubbi  ed  esitazioni. 

Che  la  menzione  e  registrazione  di  consoli  suffetti  abbia 
poi  potuto  contribuire  a  creare  errori  e  disordini  risulta 
all'evidenza  da  quanto  Cassio  Dione  XLIX  39  dichiara  es- 
sere avvenuto  per  il  34  a.  C,  vale  a  dire  per  il  tempo  in 
cui  non  vi  sarebbe  stata  più  ragione  di  attenderci  dubbi 
intorno  al  nome  dei  magistrati  eponimi:  'AvTcóviog  8è  èv 
Tovrcp  xf\g  [ih  àQ-/r\c,  av{)r[[ieQÒv  e^éox^,  Aoijxlov  2enJtQ(Dviov 
'ATQaTÌvov  dvTixaTuatT] aug,  odev  elalv  oi  tovtov,  àXXà  oux 
f.xelvov  Ev  TTJ  TÓóv  imccTcov  djtapi-&[Xì]o8i  ò\o\idC,ovoi  xtX. 

AGGIUNTA. 

A  p.  276  n.  1.  Il  pensiero  di  Cicerone  sul  diverso  contegno 
dei  Tusculani  e  degli  Atiuates  verso  i  propri  concittadini 
è  cosi  esplicato  dagli  Scholia  Bobiensia,  prò  Piando  p.  254  0 
-rz  p.  127  Hildebrand:  praeterea  et  hiìic  istis  civitatihus  adicit 
di/ferentiam,  quod  Atinates  semper  civibus  suis  favermt,  Tu- 
sctdani  plurimum  livoris  naturaliter  etiam  circa  miinicipes 
auos  habuisse  videantur.  Sic  et  M.  Caio  ille  Censorius  prò 
maligno  et  invido  habitus  est  nec  aliter  etiam  LuciUus  de 
eorumdem  moribua  sentit  hoc  dicens:  Prima  Papiria  Tuscoli- 
darum  Nam  malevolos  noti  esse  certo  scio  cet. 


INDICI 


Pais  Ricerche  sulla  storia  e  sui  dirilto  pubblico  di  Hvnia  II 


28 


INDICE  PRIMO. 


SERIE    DELLE    GENTI    CONSOLARI    NEL    LORO    SUCCESSIVO    APPARIRE 

E    SVILUPPO.* 


GENTI  PATRICIE. 

1.  L.  lUNius  Brutus  509. 

2.  Tarquinius  CoiXATiNUS  cons.  509.'- 

3.  Valerii  509  suf.;  508;  507;  505;  504  (dict.  501?,  494);  483;  475; 
470;  460;  456;  449;  tiib.  Tuil.  415;  tiib.  dììI.  414;  cons.  410; 
trib.  mil.  407;  trib.  mil.  406;  tiib.  niil.  404;  trib.  mil.  403;  tiib. 
mil.  401;  trib,  mil.  398  (due  i^ersone);  trib.  mil.  395;  trib.  mil. 
394;  cons.  392;  mag.  eq.  390;  trib.  mil.  389;  trib.  mil.  387;  trib. 
mil.  386;  trib.  mil.  384;  trib.  mil.  383;  trib.  mil.  380  (due  per- 
sone); trib.  mil.  377;  trib.  mil.  370  (due  persone);  trib.  mil.  367: 


'  In  questo,  come  uell'  indice  seguente,  secoudo  la  uorrna  tenuta  in 
tutto  il  volume,  i  nomi  stampati  con  lettere  maiuscole  indicano  genti  pa- 
tricie;  nomi  in  tondo,  magistrati  della  nobiltà  plebea;  in  corsivo,  homines 
novi  dopo  il  172,  dopoché  ai  plebei  rinscì  conseguire  per  la  prima  volta 
ambo  i  seggi  di  console. 

Ove  accanto  all'  anno,  o  serie  di  anni,  non  vi  sia  indicazione  di  altra 
magistratura,  si  intende  che  vi  si  fa  menzione  di  consoli. 

Eventuali  errori  di  cifre  che  siano  stati  commessi  negli  elenchi  inseriti 
nei  corso  del  volume,  sono  stati  corretti  negli  indici  presenti. 

■  È  varietà  del  gentilicio  Tarquinius  quello  di  L.  TarquUius  mag.  eq. 
nel  458  Liv.  Ili  27  Fast.  Cap.  ad  a. 


356  Indice  primo 

(mag.  eq.  308):  cons.  SóSj  353:  352;  348;  346;  (dict.  344);  343: 
(dict.  342);  335;  (i.ia.ij:.  eq.  332):  331;  (niag.  eq.  331;  321):  M2: 
(dict.  302  (>  dic-t.  301);  300;  21)9  8nf.:  289;  286;  280;  263;  261: 
239;  238;  227;  226;  210;  195;  188;  176  suf.;  161;  152;  131: 
100;  93;  86  suf.;  (mag.  eq.  82);  61;  53;  31:  12:  3  a.  C:  5  p.  C. 
cens.  307;   252;   184;   154;   97;    55. 

4.  LrcRETii  509  suf.;  508;  504;  462:  429;  trib.  luil.  419;  tril..  mil. 
417;  cons.  393;  trib.  mil.  391;  tiib.  mil.  388;  trib.  mil.  383;  trib. 
mil.  381. 

5.  HoKATil  508  suf.;  507;  477;  457;  451;'  449:  Irili.  mil.  425:  trib. 
mil.  386;   trib.  mil,  378. 

6.  Larcii  506;   505;   501;    (dict.  501):   498:   490. 

7.  Hermikii   506;   448. 

8.  PoSTU.Mii  505;  503;  (dict.  499  o  496);  496;  466;  464:  (Xvii)  451: 
mag.  eq.  434^  trib.  mil.  432;  dict.  431:  trib.  Diil.  426;  trib.  mil. 
414;  trib.  mil.  403  (due  persone);  trib.  mil.  397:  trib.  mil.  394; 
trib.  mil.  389;  trib.  mil.  381  (due  persone);  334;  (mag.  eq.  327); 
321;  305;  294;  291;  262;  242;  234;  229;  215;  186;  180;  174; 
173;   154;   151;   148;   110;   99. 

cene.  403;  380;  366;   332;   253;   234;    174. 

9.  Menenfi  503:  477:  452;  cons.  440:  cons.  439:  trib.  mil.  419;  trib. 
mil.  417;  trib.  mil.  387;  trib.  mil.  380;  trib.  mil.  378:  trib.  mil.  376. 

10.  Veroinii  502;  496;  494;  486;  479:  476;  473;  469;  456;  448: 
cons.  435;   cons.  434;   trib.  mi).  402;   tiib.  mil.  389;   373.-' 

11.  Si'.  Cassius  502;    (mag.  eq.  501);   493;   486. 

12.  PosTUMUS  CoMiNius  501;  493. 


'  DiON.  Hai..  X  54. 

'  CeUemoniano,  Cìiron.  a.  354  iu   ('IL.  V  \>.  124. 


Serie  delle  genti  consolari  357 

18.  SuLi'icii  500;  4S)0;  4(j];  ,  Xvir  451);  coiis.  434;  tiil).  mil.  402; 
tvil),  mil.  398;  cous.  393;  tiib.  mil.  391;  tiib.  mil.  390;  tiih.  mil. 
388;  384;  trib.  luil.  383;  tiib.  mil.  382;  tiib.  mil.  380;  trib.  mil. 
377;  trib.  mil.  376;  trib.  mil.  370;  trib.  mil.  368;  cons.  364; 
361;  (dict.  358);  355;  353;  351;  345;  337;  323;  314;  (dict.  312); 
304;  279;  258;  243;  211:  (dio.  203);  200;  166;  144;  108;  51;  5 
a.  C.  suf. ;  9  d.  C. 

cens.  380;   366:   319;   300:  42. 

14.  M."  Tui.Lius  500. 

15.  Aeblttii  499;  (ma,^^  e(i.  499;  496);  463;  cons.  442;  mag.  eq.  435. 

16.  Vetcrii  499;  494;  462;  455;  (Xvir  451);  trib.  mil.  417;  trib. 
mil.  399;  trib.  mil.  377;  trib.  mil.  369;  trib.  mil.  368;  trib.  mil. 
367;   cous.  220:    (dict.  217);   206;    (mag.  eq.  205). 

cens.  210. 

17.  Oloelii  Siculi  498;   trib.  mil.  444?;  378i 

cens.  378. 

18.  Semproxii  497;  491;  (dict.  483)  ;  trib.  mil.  ovvero  cous.  sul'.'? 
444;  cous.  428  (secondo  Diodoro  12-77);  trib.  mil.  425;  cons.  423; 
trib.  mil.  420;  trib.  mil.  416;  (mag.   eq.  382;   34  sufif.). 

cens.  443. 

19.  MiNUCii  497;  492;   491:  458:  457;   (Xvir  450). 

20.  Clatoii  495;  471;  460;  (Xvir  451;  450);  (mag.  eq.  494);  trib. 
mil.  424;  trib.  mil.  403:  (dict.  362);  349;  (dict.  337;  mag.  eq. 
337);  307;  296;  (dict.  fra  292-285);  268;  264;  249;  240;  (dict. 
213);  212;  207;  202;  185;  184;  177;  143;  130  sutf.:  92;  79;  54; 
38;   13;   9   (Druso);  7   (Tiberio);  12  p.  C.  (Germanico). 

cens.  312;  2?5;  204;   169;   136?;  50. 

21.  Servilii  495;  (mag.  eq.  494);  478;  476;  468;  466;  463;  (mag. 
eq.  439;  dict.  435);  cons.  427;  (dict.  418);  (mag.  eq.  418?);  trib. 
mil.  418;  trib.  mil.  417;  trib.  mil.  408;  (mag.  eq.  408);  trib.  mil. 


358  Indice  prhìio 

407;  trib.  mil.  402  (2  persoae)  ;  trib.  niil.  898;  tiib.  mil.  395; 
trib.  mil.  390  (2  persone^;  trib.  mil.  388  (2  persone);  trib.  mil. 
387  (Sergins?);  trib.  mil.  386;  trib.  mil.  383;  trib.  mil.  382?: 
trib.  mil.  378;  trib.  mil.  369;  trib.  mil.  368;  cons.  365;  362  (flict. 
360);  (mag.  eq.  351);  342;  284;  253;  252;  248;  217;  203;  169: 
141;   106. 

cens.  378;   125. 

22.  Geganii  492;  447;  cons.  443;  cons.  440:  cons.  437;  trib.  mil. 
378;  trib.  mil.  367. 

cens.  435. 

23.  PiNARii  489;  472:   trib.  mil.  432;   (mag.  eq.  363). 

cens.  430. 

24.  luLii  489;  482;  473  {?);  (Xvir  451);  447;  trib.  mil.  438;  cons.  435; 
cons.  434;  (mag.  eq.  431);  cons.  431  ;  cons.  430;  trib.  mil.  424; 
trib.  mil.  408;  trib.  mil.  405;  trib.  mil.  403;  trib.  mil.  401;  trib. 
mil.  397;  trib.  mil.  388;  trib.  mil.  379;  (dict.  352);  267;  157;  91; 
90;  64;  C.  luLius  Oaesar  59;  (dict.  49);  48;  (dict.  47);  46;  45; 
44;  (dict.  45;  44);  IcLius  Caesar  Augustus  suf.  43;  33;  31;  30: 
29;  28;  27;  26;  25;  24;  23;  5;  2  a.  C,  C.  Caesar  1  p.  C,  Ger- 
mani cu  s  12  jì.  C. 

cens.  393;  89;   (Augustus  28;  8;  14  p.  C./,  Tiberius  cens.  14. 

25.  Nautii  488;  475;  458;  trib.  mil.  424;  trib.  mil.  419;  trib.  mil. 
416;  cons.  411;   trib.  mil.  404;  cons.  316;   287. 

26.  FuRii  488;  481;  474;  472;  464;  446;  cons.  441;  trib.  mil. 
432;  trib.  mil.  426;  trib.  mil.  425;  trib.  mil.  420;  cons.  413;  cons. 
412;  cons.  409;  trib.  mil.  407;  trib.  mil.  405;  trib.  mil.  403j 
trib.  mil.  401;  trib.  mil.  400;  trib.  mil.  398  (due  persone);  trib. 
mil.  397;  (dict.  396);  trib.  mil.  895;  trib.  mil.  394  (due  perso- 
ne); trib.  mil.  391  (due  persone);  (dict.  390);  (dict.  389  ;  trib.  mil. 
386;  trib.  mil.  384;  trib.  mil.  381  (due  persone);  trib.  mil.  378; 
trib.  mil.  370;  (dict.  368)  ;  (dict.  367):  (dict.  350);  349;  (dict. 
345);   338;   325;   251;   223;   196;    136;   8  p.  C. 

cens.  43.');  403;  363;   214. 


Serie  delle  genti  cuu-solari  359 

27.  T.  SioiNiLS  487. 

28.  C.  Aqcilius  487.   [L.  Aquilius  tiil».  mil.  888]. 

29.  Fabii  485;  484;  483;  482;  481;  480;  479;  467;  465;  459;  (Xvir 
450);  cons.  442;  trib.  mil.  433;  cons.  423;  cons.  421;  trib.  mil. 
416;'  415;  trib.  mil.  414;  cons.  412;  trib.  mil.  407;  trib.mil.  406; 
trib.  mil.  404;  trib.  inil.  401;  trib.  mil.  395;  trib.  mil.  390  (3  per- 
sone); trib.  mil.  383;  2  382;»  381;  trib.  mil.  369;  cons.  360;  358; 
356;  354;  (dict.  351);  345;  (mag.  eq.  344:  mag.  eq.  325;  mag.  eq. 
322);  322;  (dict.  321;  315;  mag.  eq.  315);  310;  308;  (mag.  ©q. 
301);  297;  295;  292;  276;  273;  269;  266;  265;  247;  246;  245; 
233;  228;  (mag.  eq.  224;  dict.  fra  il  222-219;  dict.  217;  dict. 
216);  215  suf.  :  214;  213;  209;  183;  145;  142:  121;  116:  45 
suf.;   11;   10. 

cene.  363;   [358];   304;  288;   241:   230:   108. 

30.  CORNELii  485;  459;  (Xvir  450);  cons.  436:  434;^  cons.  428;  trib. 
mil.  426;  (mag.  eq.  426);  trib.  mil.  415;  trib.  mil.  414;  cons.  413 
cons.  409;  trib.  mil.  408:  (dict.  408);  trib.  mil.  406  (2  persone) 
trib.  mil.  404  (2  persone);  trib.  mil.  401;  trib.  mil.  397;  (mag 
eq.  396);  trib.  mil.  395  (due  persone);  trib.  mil.  394;  cos.  390; 
trib,  mil.  389;  trib.  mil.  387;  trib.  mil.  386;  trib.  mil.  385;  (dict 
385);  trib.  mil.  384;  trib.  mil.  382;  trib.  mil.  380;  trib.  mil.  376 
trib.  mil.  370;  trib.  mil.  369  (due  persone);  trib.  mil.  368;  trib 
mil.  .367  (due  pervsone)  :  (mag.  eq.  362;  mag.  eq.  361;  mag.  eq 
353;  mag.  eq.  350);  cons.  350;  (mag.  eq.  349);  343;  (dict.  334);  332 
328;  327;  (dict.  322;  dict.  320);  306;  (dict.  306);  303;  298  (dict 
tra  il  292-285);  290;  288;  283;  277;  275;  274;  270;  260;  259 
257;  254;  237;  236:  222;  221;  218;  205;  204;  201:  199;  197 
194;   193;    191;   190;   181;   176;    162;   162   suf.;   160;   159;   156 

'  DiOD.  XIII  9. 

*  DiOD.  XV  38. 

*  DiOD.  XV  41. 

*  DiOD.  XII  53. 

"  Djod.  XIV  110. 


360  Indice  primo 

155;  147;  146;  138:  134:  130;  111:  97:  cS8;  (dict.  82);  83;  81: 
80;  72;  71;  65;  57;  56;  49;  suf.  44;  8iif.  38;  suf.  18  (2  persone); 
16;  15;  5:  3;  1  a.  C;  suf.  2  d.  C;  suf.  5  d.  C;  10;  suf.  10  d.  C. 
cena.  393  snf.  ;  240  (2  persone);  294;  280;  265;  259;  236: 
209;   199;   194;    159:    147:   142;   70. 

31.  Aemilii  484:  478:  473:  470;  467:  (dict.  463);  tiib.  uiil.  438: 
(dict.  437;  dict.  434;  dict.  426);  cons.  410;  trib.  niil.  405;  trib. 
mil.  403;  trib.  niil.  401;  trib.  niil.  394;  trib.  mil.  391  (2  persone); 
trib.  mil.  389;  trib.  mil.  387;  trib.  mil.  383;  trib.  mil.  382;  trib. 
mil.  380;  trib.  mil.  377;  (mag.  eq.  368);  cons.  366;  363;  (mag.  eq. 
352,  342);  341;  339;  dict.  335);  329;  323;  (dict.  321);  317;  (dict. 
316);  311;  302;  (mag.  eq.  302);  (mag.  eq.  301);  285;  282;  281;  278; 
255;  232;  230;  225;  219;  216;  187;  182:  175;  168;  1.58;  137; 
126;  115;  78;  77;  66;  50;  46;  (mag.  eq.  44);  42;  suf.  34:  21  a. 
C;    1   p.  C;   6  p.  C;   11  p.  C. 

cens.  276:   220;    179;   164;   109;   22:  16. 

32.  Manlit  480;  (Xvir  451);  cons.  434;  trib.  mil.  422;  trib.  mil.  420 
trib.  mil.  405;  trib.  mil.  402;  trib.  niil.  400;  trib.  mil.  397;  trib 
mil.  398:  cons.  392;  trib.  mil.  389;  trib.  mil.  387;  trib.  mil.  385 
trib.  mil.  383;  trib.  mil.  379  (2  persone);  trib.  mil.  370;  (dict 
368);  trib.  mil.  367;  (dict.  363);  359;  357;  (dict.  353:  dict.  349) 
347;  (mag.  eq.  345);  344;  340;  (dict.  320);  299;  256;  250;  244 
241;  235;  224;  (dict.  208);  189;  179;  178:  165;   164;   120;105;  65. 

cens.  351;  247;   231. 

33.  Seìigii  478;'  (Xvir  450);  cons.  437;  trib.  mil.  433;  cons.  429; 
trib.  mil.  424;  trib.  mil.  418;  trib.  mil.  404;  trib.  mil.  402;  trib. 
mil.  397,  trib.  mil.  387;  trib.  mil.  384;  trib.  mil.  380. 

34.  [C.  Manilius?]  (AOao?  MàÀÀic;  Dion.  Hai.  IX  36)  474.  Cfr. 
Fast.  Hifdat.  Chron.  Pasch." 

'  Dion.  Hal.  XI  52. 

'  C.  Manilius  in  Liv.  II  54.  DiOD.  XI  63.  È  A.   Manlin»    FuUo  degli 
Ada   Trmmphalia  ad  a.  474;  cfr.  Cron.  a.  354:    Valso. 


Sei' le  delle  genti  consolari  361 

3").  QuiNCTii  Mi;  4(i8;  465;  4H0  sirf.;  (dict.  458);  44(i  ;  cons.  443; 
cons.  439;  (dirt.  439),  tril».  iiiil.  438;  (nuig.  eq.  437);  cons.  438; 
cons.  431;  cons.  428;  tril».  mil,  -I2G  ;  tiib.  mil.  425;  cons.  421; 
trib.  mil.  420;  trib.  mil.  415;  tiib.  mil.  405  (2  persone  T.  Q.); 
trib.  mil.  388;  tiib.  mil.  387;  trib,  mil.  386;  trib.  inil.  385  (2 
persone);  (mag.  eq.  385);  trib.  mil.  384;  (dict.  382):  (diet.  380); 
trib,  mil.  377  (2  persone);  trib.  mil.  369;  trib.  mil.  368;  mag. 
eq.  367;  (dict.  361;  ma,<x.  eq.  360);  354;  351;  (dict.  331);  271; 
208;  198;  192;  150;  123;  9  a.  C;  2  p.  C.  suf. 
cens.  189. 

36.  T.  NuMiCius  469. 

37.  P.  VoLUMNics  461. 

38.  T.  RoMiLius  455   (Xvir  451). 

39.  Sp.  TARPEirs  454. 

40.  A.  Aternius  454. 

41.  QuixCTiLii  453;   trib.  mil.  403:    (dict.  331);   13. 

42.  P.  CcRiATius  453;   (Xvir  451);  445  (?). 

43.  P.  Sextius  452;    (Xvir  451). 

44.  Pai'IRII  cous.  444  f^uf.  ;  cous.  441;  cons.  436;  cons.  430;  cons. 
427;  trib.  mil.  422;  trib.  mil.  418;  trib.  mil.  416;  cons.  411;  trib. 
mil.  387;  trib.  mil.  385:  trib.  mil.  384;  trib.  mil.  382;  trib.  mil. 
380  ;  trib.  mil.  376  ;  trib.  mil.  368  ;  (dict.  340  ;  mag.  eq.  340); 
336;  (dict.  332);  330;  326;  (dict.  325);  (dict.  324;  mag.  eq.  320; 
mag.  eq.  320):  319;  315;  313;  (dict.  310;  dict.  309);  293;  272; 
231. 

cens.  443;  430:  418;  393:   389;  318:   272. 

45.  Folti  (o  Foslii)  trib.  mil.  433;  (mag.  eq.  320);  318:  (mag.  eq. 
314). 

46.  [Antonii  Merendae]  Xvir  450:  trib.  mil.  422;   (mag.  eq.  334). 


362  Indice  )>r  imo 


Magistrati  rptniiiiii   ])l('li«'i. 

47.  [GknlciiV]  e  Geuucii  cous.  451;  (Xvir  451);  415;  trib.  mil.  399: 
trib.  mil.  396;   365;   363:   362;   303;   276;   271;   270. > 

48.  Duilii  Xvir  450;   trib.  inil.  399;   336;   260;    (dict.  231). 

06118.  258. 

49.  Poetelii  Xvir  450?;  360;  346;  326;  314;  (dict.  313;  mag.  eq. 
313). 

50.  tìp.  Oppins  Corniceli  Xvir  450. 

51.  M.  Rabuleius  Xvir  450. 

52.  Atilii  trib.  iiiil.  444;  trib.  mil.  399;  trib.  mil.  396?;  335;  294; 
267  (Regali);  257  (Serranus);  256  euf.  (Regulus);  250  (Regulus); 
245  (Bulbus);  235  (Bulbus);  227  (Regulus);  225  (Regulus);  217 
(suf.  Regulus);   (Serrani)   170;   136;   106. 

cene.  247;  234;  214. 

53.  Licinii  trib.  mil.  400;  trib.  mil.  396;  mag.  eq.  368  primns  e  plebe: 
364;  361;  236;  (mag.  eq.  210);  205;  171;  168  (Crassi);  151  (Lu- 
cullus);  131;  116  (Geta);  97;  95;  74;  70;  62;  55;  30;  14  a.  C; 
7  p.  C. 

cens.  210;   108;  92;  89;  65. 

54.  Titinii  trib.  mil.  400;  trib.  mil.  396;  (mag.  eq.  302). 

55.  P.  Maelius  trib.  mil.  400;   trib.  mil.  396. 

56.  Popilii  trib.  mil.  400;  359:  356  [354];  350;  548;  316:  173; 
172;   158;   139;   132. 

cens.  159. 

'  Sui  Geuucii  Aveutinenses  patricii  e  plebei  v.  s.  p.  80;  107. 


Serie  delle  genti  consolari  363 

57.  M.  Pompouius  Rufiis  tvib.  iiiil.  399, 

58.  Poblicii  trib.  mil.  399:  232. 

59.  Tiebonii   trib.  niil.  ;183;   trib.  mil.  379;   45   suf. 

60.  Antistii  trib.  mil.  379,  30  suf.;   G. 

61.  P.  Coelius  (secondo  Diodoro  XV  5  7)   trib.  mil.  378. 

62.  Sextii  36G   (primo  console  plebeo). 

63.  C.  Terentius  trib.  mil.  380.' 

64.  C.  Sextilius  trib.  mil.  379. 

65.  M.  Albinins  trib.  mil.  379. 

66.  Plantii  358;  (mag.  eq.  356)  (Proculus);  347;  341;  330  (Venox); 
329;  328;  318   (Decianus)  ;   125   (Hypsaeus);  2   (Silvanus). 

cens.  312. 

67.  Marcii  357;  (dict.  356)  ;  352;  344;  342;  310;  306;  288;  281; 
(mag.  eq.  263);  186;  169;  162;  156;  149;  118;  91;  68;  64;  56; 
39;  38  suf.;   8. 

tens.  351    {prinnts  e  plebe);   294;   265;   164;    147;   86. 

68.  Deeii  340;  312;  308;    (mag.  eq.  306);  297:   295;  279. 

cens.  304. 

69.  Q.  Poblilii  Philones  trib.  mil.  400:  399;  (dict.  339;  mag.  eq.  335); 
327;   320;  315. 

cens.  332. 

70.  lunii  (mag.  eq.  339);  325;  317;  313;  (mag.  eq.  312);  311;  (mag. 
eq.  310;  mag.  eq.  309);  (dict.  302);  292;  291;  277;  266;  249: 
230;  (dict.  216);  178;  167  (Pennus);  138  (Brutus);  109  (Silanns); 
77;   62;   25:    17  a.  C;   10  p.  C:    10  p.  C.  suf. 

cens.  307;  253;   225. 

'  Dioi>.  XV  50. 


364  Indice  primo 

71.  C.  Maeuius  388;    ((lift.  ^'iO;  <lict.  314). 

cens.  318. 

72.  Aelii  337:  323;'  (miig.  eq.  321):  286;  (ma<--.  eq.  202);  201;  198; 
172  (Ligus)  ;  167  (Pactns);  11  (Q.  Tubero):  3  p.  C.  (L.  Lamia); 
4  p.  C.  (S.  Catus). 

cens.  199;    194. 

73.  T.  Veturius  Calvinns  334;   321. 

74.  Domitii  332;  283;  (cUet.  280);  192;  162  suf.:  124;  122;  96;  94; 
54;  53;   40;   32;    16. 

cens.  280;   115;   92. 

75.  Claudii  Marcelli  331;  (dict.  327);  287;  222;  suf.  215;  214;  210; 
208;   196;   183;   166;    155;   152;  51j   50;   49;   22. 

cens.  189. 

76.  Livii   (mag.  eq.  324):   302;   219;  (dict.  207);  207;  188;  147:   112. 

cens.  203;   109. 

77.  Aulii  Cerretani  323:   319:    (mag.  eq.  315). 

78.  Fulvii  322;  (mag.  eq.  316);  305  suff.  ;  299;  298;  264;  (dict. 
263);  255;  (mag.  eq.  246);  237:  229;  224;  (mag.  eq.  213);  212; 
211:  (dict.  210);  209:  189:  180  suff.;  179;  159:  153;  135; 
134;   125. 

cens.  231;    179:    174:    136. 

79.  Volumnii  307:   296. 

80.  Minucii  305;   221;    (mag.  eq.  217);   197;   193;   110. 

81.  Sempronii  304  (Sophus)  ;  268  (Sopbus)  ;  253  (Blaesus)  ;  244 
(Blaesus);  240  (Tuditanus);  238  (Gracchus);  218  (Longns);  (mag. 
eq.  216);  215  (Gracchus);   213   (Gracclius);   204  (Tuditanus);  194 


'  (Aulius?)  cfr.  Liv.  VITI  37.  3. 


Serie  delle  genti  consolari  365 

(Lou.>,Mis  :   1S5   iTuditiUius);   177  (Grncchusì:  IG'A  (Gracclius);  129 
(Tu(litauns). 

ceiis.  300:   280:   252^  209;    1(J9. 

82.  Apuicii  MOO  (Piiiisa);   29:   20  a.C;    U   p.  C. 

83.  Caivilii   M;ixiiui  293;   272;   23-i:   228. 

cenis.  288. 

84.  M."  Curili^   Deiitatus  290;   275;   274. 

fé  US.  272. 

85.  Caedifii  289:   256. 

oens.  283. 

86.  Hortcìisii    ((li<t.  287   circa);   108?:   69. 

87.  Claiulins  Canina   285;   273, 

88.  Caecilii  '  284;  251;  (mag.  eq.  249);  247;  (dict.  224:  niag.  eq.  207); 
206;  (dict.  205);  143;  142;  123:  119;  117:  115:  113;  109;  98; 
80;   69;   6S;   60;  57;  52  a.  C;    7   p.  C. 

cens.  131   (primo  collegio  di   due    censori    plebei);   120;    115; 
102  idne  cens.  Q.  C). 

89.  Fabricii  282:   278  (Lnsciuns);  2   sul. 

ceup.  276. 

90.  Ti.  Cornncauius  280;   (dict.  246'. 

91.  Q.  Ogulnius  Gallus  269;   (dict.  257). 

92.  Mamilii  265;   262  (Vituli);  239  (Turriuus). 

93.  Otacilii   263:    261;   216. 

94.  Aqiiilii   259   (Florus);   129;   101. 

'  T.  Caecilius  trLb.  mil.  nel  444  è  sorto  per  corruzione  del  testo  o  è 
falsificazione  v.  s.  p.  122. 

A  falsa  lettura  già  pensò  il  Drumanx  Genchichle  Roms  ed.  Groebe  II 
p.  15  u.  1. 


366  Indice  primo 

95.  A.  Atilius  Calatiuus  258;   254;   (tlict.  219). 

cens.  247. 

96.  M.  Laetorius  Planciaiiun:   (mag.  eq.  257). 

97.  Aurelii  252j  248^  (mag.  eq.  231);  200  (Cotta-;  157  (Orestes);  144 
(Cotta);  126  (Orestes);  119  (Cotta);  108  suf.  (Scaurus);  103 
(Orestes);  75;  74;  65   (Cotta). 

cens.  241;   64. 

98.  Claudius  Glicia  (dict.  249). 

99.  C.  Fundanius  Fiindnlui«>  21.3. 

100.  Lutatii  242  (Catuins);   241  (Cerco):  220;   102:   78  (Catali). 
cens.  236;   65. 

101.  M.  Pomponii  Mathones  233;   231;  (luag.  eq.  217). 

102.  L.  Apustiiis  Fallo  226. 

103.  Flaminii  223;   (mag.  eq.  tra  il   222   e  219);   217:   187. 
cens.  220. 

104.  Terentii  Varrones  216;   73;   23. 

105.  Servilii  (mag.  eq.  208):  203;  ^mag.  eq.  203);  202:  (dict.  202); 
79;   48;   41;   3   p.  C. 

cens.  55. 

lOH.    P.  Villius  Tappulns  199. 

107.   Porcii  195  (Cato);   184  (Liciuus';   118;   114;   89  (Catone-s). 
cens.  184.  ■■ 

lOS.   Acilii  191;  154  (Glahrio);  salì'.  150;  114  (Balbiis);  67  (Ulabrio); 
33  «uf.  (Aviola). 
cens.?  44. 

109.  l^aclii   190;   140;   6. 

110.  Baebii  Tamphili  182:   181. 


Serie  delle  yenti  conaolarl  367 

in.   Ciilpurnii  180;   1  !S;  l''>9;  Vòó;  133;  112  (Pisones);  111  (Bestia); 
67  (Fiso);  59    (Bibuhis):  58:   28  snf.:   15;  7;  1   (Pisones). 
cena.  120;  50. 

112.  Q.  Petillins  Spurinus  176. 

118.   Mucii  Scaevolae  17Ó:   174:    i:l:;;    117:  95. 


Homines  novi  dopo  il  172. 

114.  Cnnsii  171;   164;   127;   124;    107:   96:   7o;   11    p.  C.  suf. 
rena.  154;   125. 

115.  Ho8tilxi  170;   1^5;   137. 
H^..OctavU  165;   128;   87;   76:   75. 

117.  Jf.'  luventius  Thalnu   16:ì. 

118.  Fanìii  161;   122. 

119.  L.  Anicius  Gallus  160. 

120.  Opimii  154;   121. 

121.  Aunii  153;   128. 

122.  Manilii  149;   120. 

123.  L.  Mummius  146. 
cens.  142. 

124.  Pompeii  141;  89;  88;  70:  55:  52:  35:  31  snf.:  5  a.  C.  snf.  14  p.  C. 

ceus.  131. 

125.  P.  EujìiUns  132. 

126.  Perpernae  130;  92. 
ceris.  86. 

127.  Oornelii  Cinnae  127;   87;  86;  85;   84;  5  p.  C. 


368  Indice  primo 

128.  G.  Sertiit^   Calcintis  124. 

129.  Paì>irìi   Carhones  120;   113;   85;    8?:   82. 

130.  C.  Maritis  console  sette  volte:  107;  104;  10:5;  102:  101:  100:  86; 
C.  Mavins  iun.  82. 

131.  Gn.  Maìli»^  105. 

132.  BiiUlii  105  (Jùifus);  90  {Lupus). 

133.  Flit  ni  104  {Fimbria);  33  suf. 

134.  Anionii  99:   G3;   (mag.  eq.  47);   44:   41:    U). 
cens.  97:   42. 

135.  r.  DidiuH  98. 

136.  C.  Coeliiiu   CaJrJus  94. 

137.  M.  Ifrreintii  93;    34   suf.;    1   p.  C.  suf. 

138.  Norlmni  83;   38;   24. 

139.  Tullii  81   (Decula)',  63;  30  saf.  [Cicerones). 

140.  Scribonii  76  (Curio);   34  suf.  (Z/fto). 
ccus.  61 . 

141.  iy.  aellii  Foplicolae  72;   36. 
cens.  70. 

142.  Gn.  Aujldiu>i   Orestes  71. 

143.  Volcacii  Tulli  66;   33  suf, 

144.  Autronii   Paeti  65;   33   suf. 

145.  M.  Fupius  Figo  61. 

146.  L.  Afranius  60. 

147.  A.  Gabinius  58. 

148.  Q.  Fufuis  Calenus  47. 


Serie  delle  genti  consolari  369 

U9.  P.    ratinius  47. 

150.  Canina  liebili  45   suf.;   12   suf,;   C'animi  galli  cotì.  37;   2  euf. 

151.  Fjòn'  43  [Fansa);  5  p.  C.  snf.  {Postumus):  8  p.  C.  suf.  {Habitus), 

152.  6*.  Carrinas  43  suf. 

153.  ^.  Jliriitts  43  suf. 

154.  <^.  Perfn(«  43  suf. 

155.  P.    Fe«/jdjHS  Bassus  43  i^uf. 

156.  2[ìinatii  Planci  42  a.  C;   13  p.  C. 
eens.  22. 

157.  Js/nn  40   {Pollio);  8  {Gallus). 

158.  Gornelii  Balbi  40;  32  suf. 

159.  P.  Canidius  40  suf. 

160.  Calvisii  Sabini  39;  4. 

161.  Cocceii  Nervae  39  suf.;  36. 

162.  ^//em    FaW   39  suf.;  2  p.  C. 

163.  M.  Vipsanius  Agrippa  37;   28;  27. 
cens.  28. 

164.  Siatiìii   Tauri  37  suf.:   26:    11   p.  C. 

165.  6rH.  Xerius  36  suf. 

166.  L.  t'ornificius  35. 

167.  6'.  Memmius  34  suf. 

168.  Fonteii  Capitones  33  suf.;   12  p.  C. 

169.  Vinicii  33   suf.;   19  suf.;   5  a.  C.  suf.:  2  p.  C. 

170.  Q.  Laronius  33  suf. 

Pais  Hicercht  sulla  storia  e  sul  diritto  pubblico  di  Noma  II  24 


370  Indice  pi-imo 

171.  C.  Soslus  32. 

172.  M.  Titius  81   suf. 

173.  L.  Saenius  30  suf. 

174.  L.  Sestius  23  suf. 

175.  Aruntii  22  a.  C;  6  p.  C. 

176.  M.  Lollius  21. 

177.  Silii  20  a.  C;   3  p.  C.   suf.;   13  p.  C. 

178.  Sentii  Saturnini  19  a.  C;   4  p.  C:   4  p.  C.  suf. 

179.  Q.  Lucretius   Vespillo  19. 

180.  0.  Furnius  17. 

181.  L.  Tariits  16  suf. 

182.  P.  Siilpicius  Quirinus  12. 

183.  0.  Valgius  12  suf. 

184.  Volimi  Saturnini  12  suf.:   3  p.  C.  Huf. 

185.  L.  Passienus  llufus  4. 

186.  C.  (Jlodius  Licinus  4  p.  C.  suf. 

187.  0.  Ateius  Cajnto  5  p.  C.  suf. 

188.  L.  Lucilius  Longus  7  p.  C.  suf. 

189.  Nonii  6  p.  C.  suf.  (Asprena,^);  H  p.  C.  (QuinctiUanu/i). 

190.  L.  Apronius  8  p.  C.  suf. 

191.  Poppaci  9  p.  C.  (Sabinus);  9  p.  C.  suf.  (Secundus). 

192.  M.  Papius  Mutilus  9  j).  C.  suf. 

193.  C.  Visellius   Varrò  12  p.  C.  suf. 


INDICE  SECONDO. 

SERIE    ALFABETICA    DEI     «  DICTATORES,  MAQISTRI  EQUITUM,  DECEM- 
VIRI LEGIBUS  SCRIBUXDIS,  CONSULES,  TRIBUNI  MILITUM    CONSULARI 
POTESTATE,  CENSORES  ».' 


1.  Acilii  p.  150,  163,  175. 

(Aviolae,  Balbi,  Glabriones). 

2.  Aebutii  Helvae  p.  99,  112. 

(Cornicen). 

3.  Aelii  p.  135,  160,  191. 

(Cati,  Lamia,  Ligus,  Paeti,  Tuberones). 

4.  Aemilii  p.  102,  113,  125,  161,  173. 

(Barbulae,  Lepidi  Paulli,  Mamercini,  Papi,  Regillus,  Scaurus)  . 

5.  L.  Afranius  p.  176.^ 

6.  M.  Albinius  p.  119. 

7.  Alfeni   Vari  p.  183. 

8.  Anicii  Galli  p.  162. 

'  Indico  in  singolare  i  cognomi  che  nei  Fasti  compaiono  una  sola  volta. 

*  a  p.  176  n.  2.  All'ipotesi  che  Afranius  fosse  di  origine  picena  può 
forse  contrapporsi  la  menzione  di  un  Afranius  duce  dei  Latini  nel  bellum 
Sociale,  Flor.  II  6,  6  (III  18)  cfr.  App,  b.  v.  I  40  ed.  Viereck,  dato  che  si 
debba  accogliere  la  lezione  'A^pYjVtog  o  'A^pocviog  dei  codici  a  cui  lo  Zan- 
GEMERSTER  ad  CIL.  IX  6086,  1  ha  contrapposto  tanto  App.  I  47  quanto 
le  ghiande  missili. 


372  Indice  secondo 

9.   Annii  p.  163. 
{Luscus,  Bufus) . 

10.  Autesti  Veteres  p.  119,  187. 

11.  [Antonii]  p.  106,  118. 
(Merendae). 

ll.t's  Antouii  p.  136,  167,  177. 

12.  Apuleii  p.  141,  187.1 
(Pansa) . 

13.  L.  Apronius  p.  192. 

14.  L.  Apustius  Fallo  p.  148. 

15.  Aquillii  p.  101,  119, 
(CORVUS,  Tuscus)." 

15.^is  Aquilii  p.  145,  165. 
(Florus) . 

16.  ArrunUi  p.  188. 

17.  Asmii  p.  181. 
{Gallus,  Pollio). 

18.  Ateius  Capito  p.  192. 

'  a  p.  141  u.  2  ed  a  p.  189  n.  2  lio  dato  due  diverse  interpretazioni 
dei  pasai  di  Cicerone  prò  Piando  7,  19;  II  27,  29,  iu  cui  si  fa  menzioue 
di  Satavìiirms  di  Atina,  che  ora  ho  identificato  coW  Jpnleius  ricordato  da 
Cicerone  nella  stessa  orazione,  ora  con  un  Sentius  pure  di  Atina. 

La  prima  di  tali  opinioni  è  generalmente  accolta  dai  commentatori 
ciceroniani,  e  lo  è  pure  in  PW.  BE.  II  col.  269.  La  seconda  fu  esposta  dal 
Borghesi  II  Onvres  p.  276  in  base  all'epigrafe  urbana  CIL.  VI  2722:  Cn. 
Sentius  Cn.  f.  Ter.  Saturninus  Atinae  cet.  Cfr.  Pros.  Imp.  Rom.  Ili  p.  119 
n.  293. 

Dal  contesto  della  sola  orazione  ciceroniana  non  mi  sembra  appaia  cou 
certezza  quale  delle  due  versioni  debba  essere  preferita. 

*  Se  Aquilius  Corvus  trib.  mil.  nel  388  sia  o  no  patricio  non  è  chiaro 
V.  8.  i>.  119  n.  1. 


Serie  alfabetica  dei  "  didiiforefi  „  ecc.  373 

19.  A.  Atkkxus  Varts  Fontinaliìs  j»,  103. 

20.  Atilii  p.  105,  120,  13.5,  145,  161. 

(Balbus,  Calatinus,'  Calenus,  Liiscus,  Prist'us,  Regali,  Serrani). 

21.  Cu.  Aufidius   Orfstcs  p.  174. 

22.  Q.  Auliu8  Cerretanus  p.  138. 

23.  Aurelii  p.  146,  163,  173. 
(Cottae,  Orestes,  Scauius), 

24.  Autronii  Paeti  p.  175. 

25.  Baebii  Tamphili  p.  150. 

26.  Caecilii  p.  119,  143,  164. 
(Metelli).* 

27.  Caedicii  p.  142. 
(Noctua). 

28.  Calpurnii  p.  151,  164,  174. 

(Bestia,  Bibulus,  Pisones  Frugi  Caesonini). 

29.  Calvisii  Sabini  p.  182. 

30.  P.  Canidius  Crassus  p.  182. 

31.  Conimi  p.  178. 
{Galli,  Bebili). 

32.  Carrinas  p.  188. 

33.  Carvìlii  Maximi  p.  141. 

34.  Sp.  Cassius  Viscellincs  p.  98. 


'   Sulla  lezione  Calatinus  ovvero  Caiatinus  v.  h.  p.  145  n.  3. 

*  I  singoli  Metelli  hanno  parecchi  speciali  sopranomi  come  Calvnt, 
Caprarius,  Gelei',  Denter,  Nepos,  Pius,  Diadematus,  oltre  a  quelli  derivati  da 
imprese  militari  come  Crelicus,  Delmaticus,  Baliaricus,  Numidicus,  Macedonieus. 


374  Indice  secondo 

34>»*   (assii  Longini  p,  160,  174. 
(Bavilla) . 

35.  Clauou  p.  100,  108,  132,  164. 

(Crassi,  Centones,  Drusi,  Inbegillenses,  Nerones,  Pulchri).* 

3r).'«s  Claudii  p.  137,  147,  143,  161,  172,   178. 
(Canina,  Glicia,*^  Marcelli). 

35. ter  e.  Clodius  Lk-inns  p.  191. 

36.  Cloelii  Siculi  p.  99,  119. 

37.  Cocceii  p.  182. 
{Nerva) . 

38.  C.  Goelius  Caldus  p.  167. 

39.  Post.  Cominius  Auruncus  p.  98. 

40.  CORNELii  p.  101.  114.  130,  157,  162,  170. 

(Arvinae   Cossi,*   Blasioxes   Cethegi,  Dolabellae,  Lentuli,* 
Maluginenses,'*  Merenda,  Merulae,  Rufini  Sullae,  Scipio- 

n'es,  Scipiones  Nasicae"). 


'  Oltre  alle  speciali  desiguazioni  di  Caecm,  Caudex. 

*  Claudins  Gliela  era  un  cliente  dei  Claudii  patrici.  Le  relazioni  gen- 
tilizie dei  Claudi,  che  arevano  ripercussione  rispetto  ai  Claudi  plebei,  sono 
esplicitamente  attestate  nel  noto  testo  di  Cicerone  de  orai.  I  176. 

'  Sul  significato  del  cognome  Arvma  v.  Paul.  ep.  Fest.  p.  20  M.  s.  v. 
Arbilla  Aì-vina  id  est  pinguedo  corporis. 

Su  quello  di  Cossus  v.  ib.  p.  41  M.  a.  v.  Cossi  ab  antiquis  dicebantur 
natura  rugosi  vorpori»  liomines  ab  similitudine  vcrmium  Tigno  editorum,  qui 
009SÌ  appellantur. 

*  Singoli  sopranomi  abbiamo  in  Crus,  Lupus,  Sura,  Spinther,  etc.  oltre 
quello  di  Caudini  derivato  da  Caudium. 

°  Uno  dei  Maluginenses  ha  pure  il  cognome  Uriiinus  che  parrebbe  a%'ere 
significato  di  derivazione  regionale  cfr.  s. 

'  A  parte  le  speciali  designazioni  derivate  dai  paesi  vinti  come  Afri- 
canus,  Aaiaticus,  JSispallus  e  quelle  parsonali  di  Asina,  Serapio,  Calvus. 


Serie  alfabetica  dei  •'  dictatores  „  ecc.  375 

40.bi8   CorneUi  p.  165,  171,  182. 
i  Balbi,  Cinnae). 

41.  L.  Cornijicins  p.  184. 

42.  Ti.  Coruncanius  p.  144. 

43.  M."   Curius  Dentatus  p.  142. 

44.  P.  CcRiATius  FiSTUs  Trigemixus  p.  103. 
44.bi«  [Agr.  Curtius  Philo  p.  103].' 

45.  P.  Decii  Mures  p.  136. 

46.  T.  Didius  p.  167. 

47.  Domitii  p.  137,  162,  177. 
(Ahenobarbi,  Calvini). 

48.  Duilii  p.  106,  119,  135. 
(Longus). 

49.  [Erenucius?].* 

50.  Fabii  p.  101,  112,  127,  164,  179. 

(AmBUSTI    ViBCLANI    MaXIMI.  *    BUTEONES,  *    DORSUONES,     LlCINI, 
PlCTORES,    LaBEO). 

51.  Fabricii  p.  143,  191. 
(Luscimis). 


'  Riposa  8U  DiODORO  XII  31  sui  Fasti  Hydat.,  sul  Chron.  a.  354,  men- 
tre iu  Livio  IV  1  (cfr.  Cassiod.)  si  ha  Curiatiun.  DiON.  Hal.  XI  53  ha 
ritog  Koivx'.og. 

*  Td'.o^  'Epévouxios  è  dato  dal  solo  Diodoro  XV  51  (v.  s.  p.  23)  ed 
è  frutto  di  erronea  trascrizione  di  testi  da  parte  di  questo  stesso  autore  o 
degli  emanuensi  posteriori. 

*  Oltre  alle  personali  designazioni  di  Rulìianus,  Gurges,  Eburnus. 

*  Cfr.  Paul.  ep.  Fest.  p.  32  s.  v.  Butto  genus  avis,  qui  ex  eo  se  alit  quod 
accipitri  eripuerit;  vastitaiisque  esse  causam  his  locis,  quae  intraverit,  ut  bubo, 
a  quo  etiam  appellatur  buteo. 


376  Indice  secondo 

52.   Fannii  p,  162. 
{Strahó). 

.53.   Flaminii  p.  148. 

54.  Flava  p.  166,  185.' 
(Fimbria) . 

55.  Fonteiì   Oapitones  p.  186. 

56.  FosLii  (o  FoLii)  Flaccinatores  p.  116,  137. 

57.  Q.  Fnfius  Calenus  p.  178. 

58.  Fulvii  p.  137,  162. 

(Centuiuali,  Maximi,  Curvi,  Paetiui,  Nobiliores,  Flacci). 

59.  C.  Fundanius  Fimdulus  p.  147. 

60.  FuRii   (Fusii)  p.  101,  112,  133,  165,  192. 
(Medullini,  Facili,  Camili,  Phili,  Purpureones). 

61.  C.  Furniits  p.  190. 

62.  A.  Gobiniìis  p.  177. 

63.  Gegaxii  Macerini  p.  99.  111. 

64.  Gellii  PopUeolae  p.  172. 

65.  [Genucii?]* 

65.ti8  Genucii  p.  107,  119,  127. 
(Aventinenses,  Clepsinae). 

66.  HerennU  167. 
{Picens). 

'  Su  C.  Flavius  Fimbria  detto  homo  novus  v.  Cic.  j>ro  Piando  5,  12. 

*  T.  Genitciiis  Augurinus  console  con  Appio  Claudio  nel  451,  poco  dopo 
decemviro  legibns  scribtindi»  (Liv.  Ili  .S3.  DiON.  Hal.  XI  56;  58)  è  natu- 
ralmente patricio.  Tuttavìa  è  dubbio  se  1  Genucii  al  pari  degli  Antonii, 
dei  Miìmcii,  degli  Atilii,  non  si  siano  foggiato  un  falso  patriciato.  Cfr.  s. 
p.  80;  107  e  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II  p.  230  sgg. 


Serie  alfabetica  dei  "  dictatores  „  ecc.  377 

67.  Hekmemi  p.  98,  185. 
(Aquilixcs,  Coritinesancs). 

68.  A.   Hirtiiis  p.  180. 

69.  HoRATii  p.  98,  118. 
(Barbati  Pulvili.i). 

70.  Hoiteiisii   p.  142,  166,  17  L 

71.  Hostllii  Mdìtcini  p.  161. 

72.  luLii  p.  109,  114.  138,  163,  17.5. 
(Caesarks,  Idixi,  Libo,  Mento). 

73.  L.  luxius  Brutl's  p.  97. 

73.ti8  lunii  p.  134,  161,  173. 

(Blaesus,  Bruti,  Bubulci,  Peiiuus,  Perae,  Silani).* 

74.  M.  rnventius   Tlinhut   p.  162. 

7.5.  Laelii  p.  150,  165,  191. 
(Balbns\ 

76.  M.  Laetoriu.s  Plaiicianiis  p.  146. 

77.  Largii   Flavi   'Rrn)  p.  98. 

78.  Q.  Laronins  p.  186. 

79.  Liciuii  p.  126,  160,  173.^ 

(Calvi  Esquilini,  Stolo,  Crassi  Divites,  Geta,  Lucallns,  Mureuac. 
Nerva,  Silaaus,  Varus). 

'  Oltre  la  designazione  speciale  derivata  dalla  regione  vinta  di  Callaicm. 

-  a  p.  160  e  p.  173  ho  raggruppati  i  Licinii,  Crassi,  Lucitllm,  Geta. 
sebbene  non  si  abbiano  prove  iudiscntibili  della  discendenza  di  tutti  questi 
nomi  da  un  unico  cespite. 

Il  problema  è  complicato  e  <li  «Ufficile  risoluzione  per  i  Licinii  come 
per  tante  altre  stirpi.  Così  ad  es.  mentre  da  Cicerone  prò  Miirrna  90,  si 
apprende  che  i  Murena  provenivano  da  Lanuvio,  dalle  monete  (Babelon 
II  p.  128  cfr.  C.rueber   (Joins  II  p.   128)  si  ricava  che  1  Licinii  Nervae  si 


378  Indice  secondo 

80.  Li  vii  1).  164,  190. 

(Dentei,  Drusi.  Libo,  Salinatorea) . 

81.  If.  LoUius  p.  189. 

82.  Lucilius  Lonyns.^ 

83.  LuCRETii  p.  97,-  117. 
(Flavus  Tricipitinus). 

83. bi**   Q.  Liicreiius   Vespillo  {Cinnn?)  p.  190. 

84.  Liitatii  p.  147,  166,  173. 
(Catuli,  Cerco). 

85.  P.  Maeliixs  Capitolinus  p.  119. 

86.  C.  Maenius  p.  134. 

87.  Cn.  MalUus  Maximm?  ]>.  166.* 

88.  Mamilii  p.  144. 
(Vitiili,  Turriniis'. 

89.  Maniìii  p.  164. 

90.  Manlii  p.  102,  115,  128,  161,  174. 

(AciDixi,  Capitolini,  Imperiosi,  Torquati,  Cincinnati,  Vui.sones). 

91.  Marcii  p.  132,  161,  174. 

(Censorini,  Eutili,  Figlili.  Pliilippi,  Reges,  Tremulus). 


collegavauo  con  lo  stesso  ceppo  dei  Liciuii  Crassi.  Lo  mostra  l'acceuno 
aUa  lex  de  sacerdotiis  del  145  a.  C.  Cfr.  Cic.  de  amie.  25,  96.  Varr.  d.  r.  r. 
I  2,  9. 

Altri  Licinli  ebbero  speciali  designazioni  come  quella  di  Sacerdos  che 
fu  praetor  nel  75  a.  C.  v.  ad  es.  Cic.  Verr.  I  130  cfr.  Ascon.  p.  73  KS. 

'  È  un  console  suifetto  del  7  d.  C.  di  cui  non  ho  fatto  menzione  nel 
corso  dell'  opera.  Cfr.  Klein.  Fanti  Vonsolares  ad  a. 

*  A  quanto  ho  osservato  sul  carattere  sabino  della  gens  Lucretia,  si  ag- 
giunga la  glossa  di  Paolo  ej).  Fest.  p.  19  M.  s.  v.  Lucreiilis  mona  in  Sabinis. 

'  Gn.  Mallìus  Maximus  h  detto  ignobili^  in  Cic.  ;;ro  Piando  12;  prò  Mu- 
rena 36. 


Sei'ie  alfabetica  dei  '  dictatores  ,,  ecc.  379 


92.  }farìi  p.  166.  170. 
{Gratidianus). 

93.  C.  Memmius  p.  185. 

94.  Mknenii  Lakati  p.  98,  li:^.. 

95.  MiNucii  EsQUiLiNi  Algurim  p.  99,  166. 

95. bis  Minucii  p.  138. 
(Rufi,  Thermiist. 

96.  Mucii  Scaeviilae  p.  152,  165. 

97.  L.  Muinmius  j).  164. 

98.  Miinatii  Piami  181. 

99.  Xactii  Rutili  p.  100,  108.  137. 

100.  Cn.  XeriHS  p.  184. 

101.  Xonii  p.  192.2 
{Asprenates,  Quinctilinnus) . 

102.  Xorbani  p.  171. 
(Flacci). 

103.  T.  NuMicius  Priscus  p.  103. 

104.  Octavii  p.  161,  171. 

105.  Q.  Ogulnius  Gallus  (Sabinus)  p.  144. 

106.  Ojnmii  p.  163. 


'  Suir  incerto  patriciato  dei  Mimici  v.  la  mia  Storia  critica  di  Soma  II 
p.  189  8gg. 

Sai  caso  di  un'eredità  della  gens  Minucia  v.  CiC.  Verr.  II  1,  45,  115. 

*  Da  Valerio  Massimo  VII  7,  2  pare  risultare  che  i  Xonii  Suffenates 
avevano  rapporti  con  Carseoli  degli  Aequi,  limitrofa  appunto  alla  Sabina. 

I  Trébulani  Suffenates  non  erano  nell'Umbria,  come  ho  erroneamente 
affermato  a  p.  192  n.  2  in  base  a  Plinio  n.  h.  Ili  107,  ma  nella  Sabina. 


380  Indice  secondo 

107.  [Sp.  Opi'ius  Cornicen]  p.  108. 

108.  Otacilii  Crassi  p.  108,  145. 

109.  M.  Pajnus  Muiihts  p.  193, 

110.  Papirii  (Papisii)  110,  134." 
(Crassi,  Cuksores,  Maso,  Mugillani). 

HO.bis  Papirii  p.  166,  171. 
(Carhones). 

111.  L.  Passienus  Eufus  p.  191. 

112.  Q.  PecUus  p.  188. 

113.  Perperuae  p.  165,  171.' 

114.  Q.  Petillius  Spurinns  p.  151. 

115.  PiNARii  p.  116,  126. 
(Mamercini,  Rupi,  Nattae). 

116.  Plautii  p.  129,  165,  191. 

(Decianus,  Hj-psaeus,  Proculns,  Silvanus,  Venox  (Venno). 

117.  M.  Poblicius  Malleolus  p.  119. 

118.  Poblilii  p.  133. 

(Volerones,  Philones   (uno  di  essi   Viilscus). 

119.  Poetelii  p.  106,  126. 
(Libones  Visuli).^ 

120.  Pompen  p.  165,  170. 
{Magnxis,  Enfus,  Strabo). 

•  Sul  patriciato  recente  dei  Papirii  v.  in  queste  Ricerche  I  p.  248  sgg. 

La  forma  Papisius  perdura  in  un  titolo  della  Dalmazia  CIL.  Ili  2876. 

'  Sulla  vetusta  nobiltà  regionale  dei  Perperna  v.  Plut.  Sert.  15.  In- 
torno alla  loro  partecipazione  alla  guerra  sociale  v.  App.  6.  e.  I  40. 

'  Per  M.  Poetclius  Libo  cons.  nel  314  si  legge  Saminte  in  Fa«ti  Hyd.; 
Za[ivv)Tou  in   Chrun.  Pascli. 


Serie  alfabetica  dei  "  didalores  „  ecc.  381 

121.  Pompunii  p.  119,  U7. 
(Matliones,  Rufas). 

122.  Popillii  Laenates  p.  119,  127,  160.» 

123.  Poppaci  p.  193. 
(Sabinus,  Secundus). 

124.  Folcii  p.  150,  165,  170. 
(Catones,  Liciniis). 

125.  PosTUMii  p.  98,  116,  135,  162. 

(Albi,  Albixi,   dei  quali  uno  Magnus  un  altro  Paullulus,  Re- 

GILLENSES    MeGELLI    TCBERTI). 

126.  Jf.  Pupius  Piso  Fnigi  Calpurnianus  p.  176. 

127.  QuixcTii  p.  Ili,  129,  163,  191. 

(Capitolini,  Barbati,  Cincinnati,  Poeni,  Crispini,  Flaminixi). 

128.  QciNCTiLii  Vari  p.  103,  119,  137   (191). « 

129.  M.  Rabuleius  p.  106. 

130.  T.  RoMiLics  Rocus  Vaticanus  p.  103. 

131.  P.  Enpilius  p.  165. 

132.  Putilii  p.  166. 
{Lupus,  Bufus). 

133.  X.  Saeniu)^  p.  187.' 

134.  Scribonii  p.  171. 
{Curio,  Libo). 

'  a  p.  127  n.  3.  A  favore  dell'  afifermazione  degli  antichi  che  il  cognome 
Laenan  derivasse  dalle  laenae  si  può  citare  anche  il  passo  di  Strabone  IV 
p.  197  C.  in  cui  si  parla  delle  vesti  galliche  di  tal  nome. 

*  P.  Quinctiliiis  Varus  cons.  del  13  d.  C  non  è  patrizio.  V.  qui  oltre 
Osservazioni  all'indice  III. 

'  a  p.  187  n.  3.  A  favore  dell'origino  etrusca  dei  Saeni  può  forse  ci- 
tarsi anche  la  circostanza  che  un  senatore  Senitis  informò  il  senato  circa 
le  mosse  dei  compagni  di  Catilina  verso  Fiesole,  Sall.  Cat.  30. 


382  Indice  secondo 

135.  Sempronii  p.  99,  IIOJ 
(Atratini). 

135.bis  Sempronii  p.  139,  162,  184. 

(Blaesi,  Gracchi,  Longi,  Sophì,  Tuditani).- 

136.  Sentii  Saturnini  p.  189.* 

137.  Skkgii  p.  102,  114. 

(ESQUILINUS,  FiDENATES). 

138.  Servit.II  p.  100,  117,  126,  149,  161. 

(Ahalae,  Axillae,  Prisci  Structi,  Fii>enatfs,  Caepiones,  Ge- 

NINI,  TcTCCA). 

138.bis  Servilii  p.  149,  173. 

(Gemini,*  Vatiae  Isaurici,  Pulex,  Nonianus). 

139.  P.  Sestius,  Capito  (Capitolinus)  Vaticav'us  pi  103. 

140.  L.  Sestius  Quirinus  p.  188. 

UOM^  Sextii  p.  125,  165. 
(Calvinus,  Lateranus). 

141.  C.  Sextilius  p.  119. 

142.  T.  SrciNius  Sabinus  p.  101. 


'  A  p.  184  ho  classificato  fra  i  Sempronii  plebei  L.  Senutronius  Atrati- 
nm,  console  snffetto  uel  34,  trionfatore  nel  21.  Su  lui  v.  qui  oltre  le  osser- 
vazioni all'Indice  III. 

Neil'  età  augustea  divennero  patricii  i  Semiìronii  Gracchi  r.  Hriter 
m.  e.  p.  51. 

'  Sul  sifoni fì(;ato  del  cognome  Tuditanus  v.  Paul.  ej).  Fext.  p.  353  M. 
8.  V.:  Tuditvfi  malici  a  tundendo  dicti.  Inde  et  cuidam  cognomen  Tndilavo  fuit, 
quod  caput  malleo  simìlin  habiierit. 

*  Sui  Sentii  Saturnini   v.  s.  p.  372,  ove  parlo  degli  Apuleii. 

*  Sui  Servilii  Gcìuiiii  patriei  e  sugli  omonimi  plebei  v.  Mommsen  Bocm. 
Fornch.  I  p.  117. 


Serie  alfabetica  dei  •'  dictatores  „  ecc.  383 

143.  sua  p.  189. 

{Nervo,  Caeeina  Largus). 

144.  Sosii  p.  186. 

14.5.   Starna  Tauri  p.  183. 

146.  SuLPicii  p.  98,  116,  126,  161,  178. 

(Camp:rini,  Cornuti,  Rdfi,  Galbae,  Gali,  Longi,  Paterculus, 
Paeticus,  Praetextatus,  Rupi,  Saverriones). 

I4g,bi8  p_  Sulpicius  Quirinius  p.  190. 

147.  L.  Tarius  liiifus  p.  190. 

148.  Sp.  Tarpeius  Montanus  Capitolinus  p.  103. 

149.  L.  Tarquinius  Collatinus  p.  97. 

150.  L.  Tarquitius  Flaccus  p.  97.' 

151.  Terentii  p.  119,  149,  173. 
(Vanones,  Lucullus,  Murena). 

152.  M.  Tititis  p.  187." 

153.  Titinii  p.  119. 
(Curvus,  Pansa,  Saccus). 

154.  Tiebonii  p.  119,  179. 

155.  TuLLius  LoNGUS  p.  99. 

155. bis   TiilU  p.  171. 
{Oicerones,  Decula). 

156.  Valeuii  p.  97,  118,  129,  162,  170.» 

(PoBLicoLAE  Potiti  Maximi  (uno  Lactdcinus),   Corvi  Messal- 
LAE,  Faltones,  Flacci,  Laevini). 

'   V.  8.  p.  348. 

'  Su  M.  Titius  V.  App.  h.  e.  V  142. 

•  Sull'aggruppameato  dei  Valerli  v.  l'accurata  uiemoria  del  Muenzer 
De  gente   Valeria  (Oppoliae  1891). 


384  Indice  secondo 

157.  C.   Valgius  Bufus  p.  191. 

158.  P.   Vatmius  p.  178. 

159.  P.  VenUdius  p.  181. 

160.  Vekginii  p.  98,  115. 

(Tricosti  Caelimontani  Esquilini  Rutili). 

161.  Veturii  (Vetdsii)  p.  99,  118,  Ì48. 
(Gemini  Cicurini  Crassi,  Philones). 

161. bis    VeUirii  Calvini  p.  137. 

162.  Vilni  p.  179. 
(Habitus,  Pausa,  Postini us). 

163.  P.  Villins  Tappulns  p.  149. 

164.  Vinicii  p.  186. 

165.  M.  Vipsanius  Agrippa  p.  18;S. 

166.  G.   ViselUus   Varrò  p,  194. 

167.  Volcacn   Ikdlii  p.  175. 

168.  VOLUMNII    p.   103. 

(Amintinus,  Gallus). 
168. bis  L.  Volumnius  Fiamma    Vioìens  p.  138. 

169.  Volusii  Saturninii  p.  191. 


INDICE  TERZO. 

ELENCO    DEI    «  COGNOMINA  » ,    DELLE    GENTI    CONSOLARI, 
DITTATORIE,  CENSORIE. 


Acidinus'  =  Manlii 
Aemilianus  =  Cornelh 

Fabii 
Aeserninns  =  Claudii 
Africanus  =  Cornelh 

Fabii 
Agrippa  =  Vipsanii 
Ahala  =  Servilii 

(Axilla) 
Ahenobarbus  =  Domitii 
Albinus  =  PosTUMii 

(Albus) 
Allobrogicus  =  Fabii 
Ambustus  =  Fabii 
Amintinus*  =  Volumnii 


Appianus  ~  Valerii 
Aquilinus  =  Hermenii 
Arvina  *  =  Cornelh 
Asiaticus  =:  Cornelh 
Asina  =  Cornelh 
Asprenas  =  Nonii 
Atratinus*  =  Sempronii 
Atticus  =  Manlii 
Aventinensis  =  Genucii 
Augurinus  *  =  GtEnucii 
Genucii 

MlNUCII  * 

Minucii 
Aviola  =  Acilii 
Auruncus  =  Cominii 


'    Cognome  di  origine  forse  topografica,  come  Ae8erninu$  etc.  Addii  era 
nome  di   località  anche  nella  Lucania,  Itin.  Ant.  104. 
'  Derivato  da  antica  località  latina  clr.  s.  p.  103. 

*  Arvina  =  pinguedo  eorporia  v.  s.  p.  374  n.  3. 

*  V.  qui  oltre  nell'Osservazioni  all'Indice  IV. 

*  Cfr.  oltre  all'  Indice  IV  p.  399. 

*  V.  qui  oltre  p.  402. 

Pais  Ricerche  »ulla  storia  e  tul  diritto  pubblico  di  Roma  II  25 


386 


Indice  terzo 


Bacchus  (•!)'  = 

Balbus  =:  Acilii 

Cornelii 

Laclii 
Baliaricus  =  Caecilii 
Barbatus  =  Couxelii 

HORATII 

qcixctii 
Valerti 
Barbula  =  Aemilii 
Bestia  =  Calpuraii 
Bibulus  =  Calpurnii 
glaesus  =  luuii 

Sempionii 
Biasio  =  Cornelii 
Brutus'  =  [luxii?] 

lunii 
Bubulcus  ==  luuii  * 
Bulbus  =  Atilii 
Buteo*  =  Fabii 
Caecus  =  Claudii 
Caeliomoutanus  =  Verginii 
Caepio  —■  Servili: 
Caesar  =  Iulii 
Caesoninus  =  Calpurnii 
Calatinus'  ^=  Atilii 


Caldus  =  Coelii 
Calenus  =  Atilii 
Fufii 
Callaecus  =  luuii 

(Callaicus) 
Calpurnianus  =  Pupii 
Calviuus  =  Douiitii 
Sextii 
Veturii 
Calvus  =  Caecilii 
Cornelii 
Licinii 
Camerinua*  :=  Sulpicii 
Camillus  =r  FuRii 
Canina  =  Claudii 
Capito  =  Ateii 

Fonteii 
Sestii  ' 
Capitolinus  =  Maelii 
Manlii 
Qdinctii 
Sestii 
Tabpeii 
Caprarius  =  Caecilii 
Capronianus  =  Vibii 
Garbo  =  Papiri  i 


^  Baccho  solo  8i  legge  nel  Chron.  o^  354  per  il  375,  che  in  tutte  le  altre 
fonti  è  anno  di  anarcliia  senza  magistrati  curali. 

*  Fest.  p.  31  M.  8.  V.:  Brutum  antiqui  gravem  dicehant. 

'  Plin.  n.h.  XVIII  10:  luniorum  famUiam  Bubulcum    nominarunt  quia 
iiibus  optime  utehatur. 

*  Buteo  genus  avis  Fkst.  p.  32  M.  Cfr.  s.  p.  375   n.  4. 

*  Sulla  lezione    Caiatinus   preferita  dal  redattore   dei  Fa$ti   Capitolini, 
V.  8.  p.  145  n.  3. 

*  Dalla  località  di  Cameria  presso  Tuscolo  v.  s.  p.  98  n.  7. 

'  Capito  secondo  i  Fasti  Capìt.;  nelle  altre  fonti  Capitolinus. 


Indice  t*rzo 


387 


Carventanus  '  =: 

Cato  =:z  Porcii 
Catulus  =  Lutati  i 
Catus  =  Aelii 
Caiidex  =:  Claudii 
Caudiuus  =  CoRXELii 
Celer  =  Caecilii 
Ceiisorinus  =  Marcii 
Centho  =  Claudii 
Centumalus  =  Fulvii 
Cerco  =1  Liitatii 
Cerretanus  =  Anlii 
Cetliegns  =  Corxelii 
Cicero  =  Tiillii 
Cicuriuus  =:  VeTURi'I 
Cincinnatus  =  Manlii 

QUINCTII 

Cinua  =  Covnelii 

(Lucretii?)' 
Claudius  (?)  =  QuiNCTii  (?)  * 
Clepsiua  =  Genucii 
Clodianus  =  Cornelii 
Collatinus        Tarqcinii 
Coritinesanus*  ==  Hermenii 
Corniceu  =  Aebutii 
Oppii 


Cornutus  =  Sulpicii 
Corvinus  =:  Valerti 
Corvus  =  Aqdillii 
Valkrii 
C0S8U8*  =:  Corxelii 
Cotta  =  Aurelii 
Coxo*  =  Sergii 
Crassus  =  Canidii 
Clacdii 
Licinii 
Otacilii 
Papirii 
Veturii 
Creticus  =  Caecilii 
Crispinus  =:  Quinctii 
Crus  =  Cornelii 
Curio  =^  Scribonii 
Cursor  =  Papirii 
Curvus  =r  Fulvii 
Titinii 
Decianus  =^  Plautii 
Decula  —  Tullii 
Delmaticus-  =  Caecilii 
Dentatus  =  Curii 
Denter  =  Caecilii 
Livii 


'  Cfr.  8.  p.  350  sg. 

'  Per  i  Lucretii  il  cognome  Cinna  è  attestato  da  Hieron.  a.  Abr,  1999 
e  Della  Cosmogi:  lui.  Caes.  Cfr.  CJL.  V  p.  89. 

*  Claudius  ad  a.  271  si  legge  nel  CTiron.  dell'  a.  354  nei  Fast.  Hydat  e 
nel  Chron.  Pascli,  mentre  in  Cassiodoro  sì  ha  K.  Quinctius. 

*  Derivato  probabilmente  da  località  a  noi  ignota. 
'   C0S8U8  =:  rugosns  v.  s.  p.  374  n.  3. 

'  Cri.  .  .  .  Fidcnaa  Coxo  ad  a.  380  a.  C.  è  ricordato  nel  nuovo  frammento 
dei  Fasti  Capit.  edito  dal  M0MM8EN  in  Hermes  XXXVIII  (1903)  p.  116  sgg. 


388 


Indice  terzo 


Diadematus  =:  Caecilii 
Dives  =r:  Licinii 
Dolabella  =  Cornelii 
Dorsuo  =  Fabii 
Drusus'  =  Claudii 

Livii 
Eburnus  =  Fabii 
Esquilinus  =  Licinii 

MlNUCII 

Seegii 
esquilini 

Falto  =  Valerii 

Felix   =    COKKKLII 

Fidenas  =  Sekgii 

Servili: 
Figulus  =  Marcii 
Fimbria  =  Flavii 

FistuS    =    CURIATII 

Flaccinator  =  Foslii  (Folii) 
Flaccus  =  Fulvii 

Norbani 

Tarquitii 

Valerii 


Flamininus  =  QuixcTii 
Fiamma  =:  Volumnii 
Flavus  =  Largii 

LUCRETII 

Florus  ^  Aquillii 
Foutinalis*  =  Aternii 
Frugi  =  Calpurnii 

Pupii  * 
Fullo  =  Apustii 
Fulvianus  =  Manli  i 
Fundulus  =  Fundanii 
Fusus  =:  FURII 
Galba  =  Sulpicit 
Gallus  =  Anicii 
Asinii 
Caninii  ' 
Ogulnii 
Volumnii 
Galus*  =  SuLPicii 
Geminus  =  Servilii 
Servillii 
Vfeturii 
Germanicus  =  Iulii 


'  Il  cognome  Drusus  (Drausus)  parrebbe  essere  originario  fra  i  Livii,  dei 
quali  primo  1'  assunse  l'uccisore  di  un  guerriero  Gallo  di  tal  nome  (Sukt.  Tib. 
3).  Dai  Livii,  in  seguito  a  relazioni  matrimoniali,  parrebbe  passato  nei  Claudii. 

Nel  passo  di  Suetonio  Tib.  2,  in  cui  si  parla  di  un  più  antico  Claudius 
Drusus  vi  è  secondo  ogni  probabilità  un  errore  di  testo. 

Per  Drusus  fu  proposto  rursus  dal  Mommsen  Boem.  Forsch.  I  p.  308, 
mentre  1' Hirschfeld,  seguito  dal  Muenzer  in  PW.  BE.  Ili  col.  2681,  pro- 
pone Cìassus.  Ma  è  molto  più  probabile  vada  letto  :  Bnfus  come  ba  proposto 
il  Fruin  in  y.  Jahrbuech.  XL  (1894)  p.  117, 

*  Di  caratteit!  topografico.  Fa  ripensare  alla  nota  Porta  Fontinalis. 

'  Come  è  noto,  il  ct)gnome  Frugi  fu  mantenuto  da  quel  Calpurnio  cbe 
fu  adottato  dal  vec(  liio  M,  Pupiut. 

*  Galus  noto  cognome  dei  Sulpioii  è  una  forma  grafica  arcaica  rispon- 
dente a  Gallus.  I  Sulpicii  Galli  sono  assai  conosciuti.  V.  ad  es.  Onom.  Cicfr. 


Indice  terzo 


389 


Geta  =  Liciiiii 
Glabrio  =  Acilii 
Glicia  =  Claiidii 
Gracchus  =  Sempronii 
Gratidianiis  ■=  Marii 
Gurges  =  Fabii 
Habitus  :=  Vibii 
Helva  =  Aebutii 

Hispallus    =    CORNELII 

Kortatov  =  Claudii  ' 
Hypsaeus  =  Plautii 
Imperiossus  —  Manlii 
Inregillensis  =  Claudii 

(Invegilleneis) 
Isauiicus  =  Servilii 
lulus  (luUus)   =  lULII 
Labeo  =  Fabii 
Lactuciniis  =  Valkrii 
Laenas  =  Popillii'' 
Laevinus  =:  Valerii 
Lamia  =  Aelii 
Lauatus  =  Menexii 
Largus  :=  Silii 
Lateranus  =  Sextii 
Lentulus  =  Cornelii 
Lepidus  =  Aemilh 

Libo    :=    lULTI 

Livii 
Poetelii 


Scribonii 
Licinua  =  Clodii 

Fabii 

Porcii 
Ligus  =  Aelii* 
Livianus  =  Aemilii 
Longinus  =  Cassii 
Longus  ^=  Dailii 

Lucilii 

Manlii 

Sempronii 

SuhPicii 

TCLLII 

Lucullus  r=  Licinii 

Terentii 
Lupus  =  Cornelii 

Rutilii 
Luscinus  =;  Fabricii 
Luscus  =  Annii 

Atilii  * 
Macedooicus  =  Caecilii 
Macerinus  =  Geoanii 
Magnus  =  Cornelii 
Pompeii 

POSTUMII 

Malleolns  =  Poblicii 
Maluginensis  ^  =  Cornelii 
Mamercinus  =  Aemilii 
Pinarii 


'   Che  C.  Claudius  Hortator  mag.  «q.   337  del  dittore   C.    Clandius  Inve- 
gillensis  Liv.  Vili  15,  5  fosse  patricio  ò  presumibile  ma  uon  certo. 

*  Cfr.  8.  p.  381  11.  1. 

*  V.  oltre  nelle  Osserv.  all'Indice  IV. 

*  V.  oltre  ad  Indice  IV. 
'  V.  8.  p.  101  n.  4. 


390 


Indice  terzo 


Mamercus  =  Aemilii 

(Mamevcinus) 
Mancinus  =  Hostilii 
Marcellinua  =  Cornelii 
Marcellus  =^  Claudi  i 
Maso  =  Papirii 
Matho  =  Pomponiì 
Maximus  =  CarvìHi 
Domitii 
Fabii 
Pulvii 
Mallii 
sulpicii 
Valerii 
Medullinus  ~  Furii' 
Megellus  =  Postumii 
Mento  =  luLii 
Merenda  —  [Antonii] 
Cornelii 
Merula  ■=  Cornelii 
Messalla  =  Valerii 

(Messallinus) 
Metellus  =  Caecilii 
Montanus*  =  Tarpeii 
Mucianus  =  Licinii 
Mugillanus  =  Papirii 
Murena  =  Licinii 

Terentii 
Mus  =  Decii 
Mutilus  =  Papii 
Nasica  =  Cornelii 
Natta  =  PiNARii 


Nepos  =  Caecilii 
Nero  =  Claudii 
Nerva  =  Cocceii 

Licinii 

Silii 
Niger  =  Valerii 
Nobilior  =  Fulvii 
Noctua  =  Caedicii 
Nonianus  =  Servilii 
Numidicus  =r  Caecilii 
Orestes  =  Aufidii 
Aurelii 
Pacilus   r=   FURII 
Paetinus  =  Fulvii 
Paetus  =  Aelii 

Autronii 
Pansa  =  Apuleii 

Titiuii 

Vibii 
Papus  =  Aemilii 
Paterculus  =  Sulpicii 
Paullulus  ==  Postumii 
Paullus  =  Aemilii 
Pennus  =  lunii 
Pera  =  lunii 
Peticus  =  Sulpicii 
Philippus  =  Marcii 
Pbilo  =   CURTII 

Poblilii 

Vetiirii 
Philus  =  FuRii 
Picene  =  Herennii 


•  Cfr.  all'  Indice  IV  p.  398. 

*  Dal  nome  di  antica  località  latina. 


Indice  terzo 


391 


Pictor  =  Fabii 
Pietas  =  Antonii 
PÌ8o'  =  Calpuinii 

Pupii 
Plus  =  Caecilii 
Plancianiis  =  Laetorii 
Plancus  =r  Muuatii 
Poenus  —  QuiNCTii 
Pollio  =  Asini  i 
Poplicola  =  Gellii 

Valerii 
Porcina  =  Aemilii 
Postimus  r=r  Vibii 
Potitus  r=  Valerti 
Praetextatus  =  Sulpicii 
Priscus  =  Atilii 

NUMICII 
SERyiLII 

Privemas  =:  Aemilii 
Prociilus  =  Plautii 
Pulcher  =  Claudii 
Pulex  =  Servili! 
Pullus  =  lunii 

PulvilluS    =    HORATII 

Purpureo  =  Furii 
Pyi'rhicus  =  Decii 
Quinctilianus  =  Nonii 
Quirinius  =  Sulpicii 
Quirinus  =  Sesti  i 
Ravilla  =  Cassii 


Rebilus  =:  Caninii 
Regillensis  =  Claudii  (?)  ' 

Jfostumii 
Regillus  =  Aemilii 
Regulus  =  Atilii 
Rex  =z  Marcii 

ROCUS   r=   ROMILII 

Rufinus  =  Cornelii 
Rufus  =  Annii 

Largii 

Minucii 

Passieni 

PlNARII 

Porapeii 
Rutilii 
Sulpicii 
Tarii 
Vaigli 
RuUianus  =  Cornelii 
Rutilus  =  Cornelii 
Marcii 
Nautii 
Verginii 
Sabinus  =  Aquilii 
Calvisii 
Claudii 
Poppaci 
SlCINII    (Siccii) 
Saccus  =  Titinii 
Sacraviensis  *  = 


'    Plin.  n.  h.  XVIII  10:  Pisonis  a  j)ivsendo,  iam  Fabiorum,  Lentulorum, 
Ciceronum,  ut  quisque  alìqvod  optime  genus  sereret. 

*  Cfp.  Inregillenia  =  Regillianus.  SUET.  Tib.  2. 

*  Sacràbiense   et  Cellemontano  ai   legge  nel   solo    Chron.  a.  354   per   il 
373,    anno  privo  di  magistrati  cumli  nelle  altre  fonti. 


392 


Indice  terzo 


Salinator  =  Livii 
Samnis  =:  Poetelii 
Sarapio  ==  Cornelii 
Saranus  =  Atilii 
Saturninus  =:  Sentii 
Voltisii 
Saverrio  =  Sulpicii 
Scaeva  =  lunii 
Scaevula  =  Mucii 
Scaurus  =  Aejiilii 
Aurei  ii 
Scipio  =  Caecilii 

CORNELU 

Secundus  =  Poppaci 
Serranus  =  Atilii 
Servilianus  =  Fabii 
Sextinus  (1)  =  Sextii  ' 
Siculus  =  Cloelii 
Silanus  =  Caecilii 

lunii 
Silianus  =  Licinii 
Silvanus  =  Plautii 
Sisenna  =  Statilii 
Sophus  =  Sempronii 
Spinther  =  Cornelii 
Spurinus  =  Petillii 
Stolo  =  Licinii 


Strabo  =  Fannii 

Pompeii 
Structus  :=  Servilii 
Sulla  =  Cornelii 
Sura  z=  Cornelii 
Tampliilus  =  Baebii 
Tappulus  =  Villii 
Taurus  =  Statilii 
Thalna  '  =  luventii 
Thermiis  =:  Minucii 
Torquatus  =  Manlii 
Treni nlus  =:  Marcii 
Tricii)itinus  =:=  Lucretii 
Tricostus  =  Verginii 
Trigeminus  =  Curiatii 
Tubero  =  Aelii 
Tubertus  =  Postcmii 
Tucca  =  Servilii 
Tuditanus  '  =  Sempronii 
Tullns  =  Volcacii 
Turrinus*  =:  Mamilii 
Tuscns   —  Aquilii 
Valerianus  =  Quincth 
Varrò  ^  =  Terentii 

Visellii 
Varns  =  Alfeni 
Aternii 


'  Dato  dai  Fasti  Cap.  ad  a.  366.  Ma  forse  è  errore  del  lapicida  v.  CIL. 
V  p.  126. 

*  Cognome  di  origine  etnisca  v.  «.  p.  162  n.  2. 

*  Sid  significato  v.  s.  p.  382  n.  2,  ove  correggo  quanto  dico  a  p.  139  u.  2. 

*  Derivato  dalla  Tmris  in  cui  avevano  sede  1  Mauiilii   di  Tuscolo,  v. 
Fest.  p.  180  M.  8.  V.  octoher  equus.  Cfr.  s.  p.  344  n.  3. 

*  Varrò  parrebbe  cognome  di  origine  illirica,  v.  Vark.  apud  Seuv.  ad 
Aen.  XI  743. 


Indice  terzo 


393 


Licinii 

QUINCTILIl 

Qiiinctilii 
Vatia  3=  Servilii 
Vaticanus  =  Romilii 

Sestii 
Venno 

(Venox)  =  Plautii 
Verrucossus  =^  Fabii 
Vetus  =  Antestii 


Vibulanus  =  Fabii 
Violens  =  Volumnii 
Viscellinus  =  Cassii 
Visolus  =  Poetelii 
Vispillo  =■  Lucretii  ' 
Vitulus  =  Mamilii 
Volesus  (Volusus)  =  Valerii 
Uritinus  z=  Couxelii  ' 
Vulscus  =  Poblilii 
Vulso  =  Manlii 


'  Il  cognome  di  Vispillo  venne  ai  Lucretii  da  quello  di  essi  che  es- 
sendo edile  plebeo  fece  gettare  nel  Tevere  il  cadavere  di  Tiberio  Gracco 
AuCT.  d.  vir.  ili.  64,  7  {»nde  ille  Vespillo  dicfus)  Paris  ep.  Val.  Max.  I  4,  2. 

Cfr.  Fbst.  p.  368  extr.  s.  v.:  vespae  et  vespillones  dicuntur  qui  funerandU 
corporibns  offidum  girunt,  non  a  minutis  illis  volucribns,  sed  qnia  vespertino 
tempore  eoa  efferunt  ;  qui  funebri  pompa  duci  propter  inopiam  nequeunt.  hi  etiam 
vespulae  vocantur. 

*  Cfr.  8.  p.  101  n.  6. 


INDICE  QUARTO. 


SERIE    DELLE    GENTI    PATRICIE    DURANTE    LA    REPUBBLICA. 


I. 

Genti  registrate  nei  Fasti. 

1.  Aebutii  Heluae  Cornicines  p.  99,  112. 

COS.  499  mag.  eq.  499  (496?). 

COS.  463. 

COS.  442  mag.  eq.  435. 

2.  Aemilii  p.  102,  113,  125,  161,  173. 

(Barbulae   Lepidi   Mamerci  (Mamercini)  Papi  Paulli 
Regilli  Scauri). 
Dal  484  siuo  all' 11  p.  C. 

3.  Antonii  Merendae  p.  106,  118. 

Xvir  450. 

trib.  mil.  422. 

Patriciato  revocato  più  volte  in  dubbio  dai  moderni. 

'  A  qualche  errore  (ad  es.  a  p.  110,  a  proposito  degli  Atilii,  ove  parlo 
a  torto  di  un  falso  tribunato  militare)  ed  a  qualche  altra  più  o  luen  lieve 
discrepanza  nel  corso  del  volume  a  proposito  di  patrici  intendo  riparare  con 
l' Indice  presente. 

Per  altre  sviste  che  non  sia  riuscito  ad  emendare  chiedo  scusa  al  let- 
tore benevolo. 


Indice  quarto  395 

A  quanto  dico  qui  s,  p.  106  (cfr.  la  mia  Storia  critica  di 
Roma  II  p.  229  sgg.)  sulle  pretese  degli  Antonii  plebei  della 
fine  della  repubblica  di  discendere,  al  pari  degli  Autii,  con 
cui  si  imparentarono,  da  Anton  figlio  di  Ercole,  va  aggiunto 
che  il  triumviro  M.  Antonio  affettava  di  preferire  a  tale 
genealogia  quella  degli  lulii  (App.  6.  e.  Ili  16;  19  cfr.  in 
queste  Ricerche  II  p.  24-27).  E  bensì  vero  che  egli  nascon- 
deva il  dispetto  di  essere  stato  da  Cesare  posposto  ad  Ot- 
taviano nell'adozione,  ma  ciò  potrebbe  anche  recarsi  a  di- 
mostrazione che  i  plebei  Antonii  (probabilmente  mediante 
transitio  ad  plebem)  miravano  a  collegarsi  con  gli  Antonii 
patricii  del  secolo  V. 

Analoghe  vanterie  affacciavano  forse  gli  Antii;  v.  oltre 
in  questo  indice  §  II  b. 

Il  primo  plebeo  fra  gli  Antonii  magistrati  eponimi  par- 
rebbe il  mag.  eq.  del  334  Liv.  Vili  17,  4, 

4.  Aquillii  Tusci  Corvi  p.  101. 

COS.  487. 
trib.  mil.  388. 

5.  A.  Aternius  Varus  Fontinalis  p.  103. 

Sulla  legge  che  va  sotto  il  nome  di  lui  v.  la  mia  Storia 
critica  di  Roma  II  p.  174. 

6.  L.  Atilius  Luscus  p.  105. 
trib.  mil.  444. 

I  dubbi  del  Mommsen  Roem.  ForscJmngen  I  p.  95  seguiti 
da  altri  (cfr.  in  PW.  RE.  II  col.  2076)  a  cui  ho  partecipato 
anche  io  (v.  s.  p.  110)  non  hanno,  forse,  valore. 

A  prescindere  dal  sacerdote  patricio  di  dubbia  autenti- 
cità ricordato  per  l' età  dei  Tarquinii  (Dion.  Hai.  IV  62)  non 


396  Indice  quarto 

v'  è  motivo  di  elevar  sospetti  sul  patriciato  di  L.  Atilius 
Luscus,  che  fu  uno  dei  primi  tribuni  militum  consulari  po- 
testate  creato  nel  444  con  A.  Sempronius  Atratinus  e  T. 
Cloelius  Siculus. 

Non  è  chiaro  invece  se  sia  un  patricio  od  un  plebeo 
quel  M.  Atilio  che,  stando  alla  versione  nota  a  Valerio 
Massimo  III  2,  7,  avrebbe  colpito  il  Gallo  che  aveva  osato 
accarezzargli  la  barba.  La  versione  più  diffusa,  invece  di 
un  Atilio  ricorda,  come  è  noto,  un  M.  Papirio  Liv.  V  41,  9, 

7.  Sp.  Cassius  Viscellinus  p.  98. 
COS.  502,  493,  486. 

mag.  eq.  501. 

Una  versione  nota  a  Valerio  Massimo  V  8,  2,  lo  diceva 
trihunus  plebis.  Su  ciò  v.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II 
p.  142. 

8.  Claudii  p.  100,  108,  132,  164,  172. 

(Inregillenses  Sabini  Crassi  Centhones  Pulchri  Drusi 
Nerones). 
Dal  495  sine  al  primo  secolo  dell'Impero. 

9.  Cloelii  Siculi  p.  99,  119. 

COS.  498. 
trib.  mil.  444. 
trib.  mil.  cens.  378. 

10.  Post.  Cominius  Auruncus  p.  98. 
COS.  501,  493. 

11.  CoRNELii  p.  101,  114,  130,  157,  162,  170. 

(Blasiones  cethegi  cossi  arvinae  dolabellae  Lentuli 


Indice  quarto  397 

MALUGINENSES  MkRENDAE  MeRULAE  RuFINI  SuLLAE  ScI- 
PIONES    NaSICAE). 

Dal  485  al  5  p.  C. 

12.  P.  Cueiatius  Fistus  Trigeminus  p.  103. 
COS.  453. 

Xvir   151. 

13.  Agr.  (?)  Curtius  Chilo  p.  103. 
COS.  445. 

Sotto  il  consolato  di  codesto  Curtius  collega  del  plebeo 
M.  Genucius,  l'eroico  Curtius  si  sarebbe  gettato  nella  vora- 
gine del  Foro  che  da  lui  avrebbe  avuto  il  nome  di  laciis 
Curtius.  Così  Cornelio  e  Lutazio  apud  Varron  d.  l.  L.  V  150; 
ma  stando  a  Procilio  ciò  si  sarebbe  verificato  nel  362,  Varr. 
ib.  Liv.  VII  6  in  cui  è  pur  console  un  Genucius.  L'  eroico 
M.  Curtius  era  forse  patricio. 

14.  Fabii  p.  101,  112,  127,  164,  179. 

(BuTEONES  DoEsuoNES  Labeones  Piotores  Vibulani  Am- 

BUSTl    MaXIMI). 

Dal  485  al  10. 

15.  FosLii  (FoLii)  Flaccinatores  p.  116,  137. 
COS.  433. 

mag.  eq.  320.  314. 

Di  M.  Folius  pontefice  massimo,  al  tempo  dell'invasione 
gallica,  si  parla  in  Livio  V  41,  3,  senonchè  in  luogo  àìFolio^ 
dato  dal  codice  veronese  del  V  secolo,  altri  manoscritti  più 
recenti  hanno  Fabio  ed  anche  l'erroneo  Flavio. 


398  Indice  quarto 

16.  FuEii  p.  101,  112,  133,  165,  192. 

(Fusi  Medullini  Facili  Camilli  Phili  Pukpureones). 

Dal  488  all' 8  p.  C.^ 

Le  parole  di  Plutarco  rispetto  a  Camillo  {Cam.  I)  ovjio) 
Se  TÓTs  :;i8qI  tÒv  tóóv  Oovqlcov  oIxov  ovar\z,  \i^yd\x\c,  8:aiq)avéiac, 
àvxoQ  dqp'  éavTov  JtpwTog  eig  8ó|av  jtQofjXOev  Iv  ttj  \i^yóXr\  \\.ó;fr\ 
71Q0C,  Alxavoìjg  xai  OhoXovo-aovz,  vTto  SixTatÓQL  noT^0Toi.'fi,icp 
Tovj3sQT(p  (TTQaTfc-uónevog,  considerando  il  numero  cospicuo  di 
consolati  e  di  tribunati  militari  dei  Furii  Medallini  e  Fusi 
(magistrati  fra  il  488  ed  il  412)  parrebbe  doversi  inten- 
dere come  un  accenno  speciale  al  ramo  dei  Furii  Camilli, 
dei  quali  M.  Furio  Camillo,  il  vincitore  di  Veli,  è  il  primo. 
Amettendo  anzi  la  verità  di  quanto  Plutarco  afferma,  me- 
glio si  intenderebbe  la  rivalità  fra  il  celebre  dittatore  e  L. 
Furio  Medullino  appartenente  ad  altro  ramo  già  cospicuo 
sino  dal  principio  del  secolo  V  (cfr.  Liv.  YI  22-25).  Altri  in 
questo  racconto  vede  invece  falsificazione  annalistica. 

Il  cognome  dei  Medullini  fa  pensare  che  costoro  traes- 
sero origine  dalla  latina  MeduUia  posta  alle  radici  dei  monti 
della  Sabina  (Dion.  Hai.  II  36;  VI  34). 

Note  epigrafi  arcaiche  trovate  in  una  tomba  gentilizia 
a  Tusculo  CIL.  XIV  2700-2707  mostrano  poi  che  anche 
qui  v'era  un  ramo  di  tal  gente.  È  con  quest'ultima  loca- 
lità che  va  collegato  il  ramo  a  cui  apparteneva  il  celebre 
Camillo  che  verso  i  Tusculani  manifestò  sentimenti  di  ge- 
neroso perdono  ?  (Liv.  VI  25  ad  a.  381). 

Problemi  più  facile  enunciare  che  risolvere. 


'  M.  Furius  Camillus  console  nel  8  p.  C.  è  espressamente  detto  da  Ta- 
cito ann.  II  52  discendente  dai  celebri  personaggi  del  V  secolo. 


Indice  quarto  399 

17.  Gegaxii  Macerini  p.  95,  111. 

COS.  492.  trib.  mil.  378. 

COS.  447,  443,  437.  trib.  367. 

COS.  440. 

Dopo  il  IV  secolo  nou  si  ha  più  ricordo,  per  quanto  ho 
presente,  di  Geganii.  Solo  al  tempo  della  rivoluzione  di 
Apuleio  Saturnino  si  parla  di  un  L.  Giganius  che  vi  trovò 
la  morte  mentre  fuggiva  con  il  fratello  di  Saturnino,  Oros. 
V  17,  10.  Ma  se  anche  si  tratta  dello  stesso  nomen  difficil- 
mente vi  si  ricorda  un  patricio. 

18.  Genucii  Auqurini  p.  107,  119,  127. 
COS.  451. 

Xvir  451. 
cos.  445. 

Ho  notato  s.  p.  107  (cfr.  la  mia  Storia  crìtica  di  Roma 
II  p.  316)  i  motivi  che  ci  rendono  diffidenti  su  molto  di 
ciò  che  è  riferito  sui  Genucii  sia  patricii  che  plebei. 

Si  direbbe  che  sia  dato  distinguere  i  primi  detti  Augu- 
rini  dai  secondi  chiamati  Aventinenses  dal  quartiere  plebeo 
in  cui  abitavano.  Ma  è  invece  degno  di  nota  che  il  trihunus 
militum  consiliari  potestate  del  399,  che  in  Livio  Y  13  è 
esplicitamente  dichiarato  plebeo,  nei  Fasti  Capitolini  ha 
pure  il  cognome  di  Augurinus.  Per  il  trib.  mil.  del  396  v. 
Liv.  VII  6,  8. 

19.  Hermenii  Aquilini  Coritesani  p.  98. 
cos.  506. 

cos.  448. 


400  Indice  quarto 

20.  HoRATii  p.  98,  US. 

(BaBBATI    PULVILLI). 

COS.  609,  507.  trib.  mil.  426. 

COS.  477,  467.  trib.  mil.  386. 

COS.  449.  trib.  mil.  378. 

È  degno  di  nota  che  in  Diodoro  XV  26;  57,  mancano 
i  tribuni  del  386  e  del  378,  sicché  stando  ai  suoi  fasti,  gli 
Horatii  sarebbero  una  delle  tante  genti  patricie  che  poli- 
ticamente si  estinsero  con  il  V  secolo. 

21.  luLii  p.  109,  114,  133,  163,  175. 

(Caesares  Iuli  (Iulli)  Libones  Mentones). 
Sebbene  gli  lulii  compaiano  nei  Fasti  dal  489  e  durino 
sino  all'Impero  da  essi  fondato,  va  tuttavia  osservato  che 
dopo  il  352  non  figurano  più  sino  al  267  in  cui  compare 
il  console  L.  Julius  Libo.  Abbiamo  di  nuovo  un  salto  sino 
al  157  in  cui  ricompare  il  consolato  di  Sex.  lulius  Caesar. 

22.  L.  luNius  Brutus  p.  97. 
COS.  509. 

Sebbene  la  figura  di  lunio  Bruto  sia  circondata  dalla 
leggenda  ed  i  plebei  lunii  Bruti  abbiano  creato  una  serie 
di  falsificazioni  per  congiungersi  con  questo  assai  discusso 
personaggio,  non  abbiamo  ragioni  per  negare  in  modo  asso- 
luto l' esistenza  di  lunii  patricii  rapidamente  scomparsi 
(v.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  I  p.  540  sgg.). 

A  negarla  non  porge  ad  ogni  modo  ansa  il  fatto  che 
si  parla  di  un  solo  magistrato  di  tal  gente,  dacché  abbiamo 
altri  consolati  isolati  del  V  secolo  di  genti  che  più  non 
compaiono  dopo  il  primo  secolo  della  repubblica.  Per  pre- 
scindere  da   Sp.  Cassio  si   pensi  ad  A.  Aternio,  a  Post.  Co- 


Indice  quarto  401 

minio,  a  P.  Curiatio,  a  T.  Numicio  Prisco,  a  T.  Romilio,  a 
P.  Sestio,  a  Sp.  Tarpeio,  a  Tullio  Longo,  a  P.  Volumnio 
Amintino  Gallo. 

23.  Largii  Flavi  p.  98. 
COS.  506,  490. 

COS.  501,  498.  dict.  501. 

24.  LucRETii  TiPiciTiNi  Flavi  p.  97,  117. 
COS.  509.  COS.  429. 

COS.  508,  507.  trib.  mil.  419,  417. 

COS.  462.  trib.  mil.  391,  388,  383,  381. 

25.  Manlii  p.  102,  115,  128,  161,  174. 

(AciDiNi  Capitolini  Imperiosi  Torquati  Cincinnati  Vul- 

SONES). 

Dal  480  al  66. 

26.  Menenii  Lanati  p.  98,  113. 

COS.  503.  COS.  439. 

COS.  477.  trib.  mil.  419,  417. 

COS.  462,  440.  trib.  mil.  387,  380,  378,  376. 

Sebbene  la  tradizione  liviana  II  13  dica  che  Agrippa 
Menenio  derivava  dalla  plebe,  pure  la  tribù  rustica  Menenia 
starebbe  a  garantire  l'esistenza  di  un'antica  gente  patricia 
di  tal  nome. 

27.  MiNucii  AuGURiNi  p.  99,  166. 
COS.  497,  491. 

COS.  492. 

COS.  468  Xvir  450. 

COS.  457. 

Pai8  Ricerche  sulla  storia  e  nul  diritto  pubblico  di  ttoma  II  26 


402  Indice  quarto 

Sulle  pretese  dei  Minucii  plebei  di  inserirsi  nello  stemma 
dei  patrici  e  sulla  falsa  transitio  ad  plebem  di  Minucio  Au- 
gurino nel  439,  Liv.  IV  16,  3  v.  la  mia  Storia  critica  di  Roma 
II  p.  60:  189  sgg. 

T.  Minucius  Augur  detto  Augurinus  dal  Cronografo  del- 
l'ai  354,  collega  del  patricio  L.  Postumio  Megello,  è  un 
plebeo. 

E  invece  verosimile  che  fosse  patricia  la  Minucia  ve- 
stale punita  nel  337  Liv.  Vili  16,  7,  daccbè  in  codesta 
età,  per  quanto  è  lecito  presumere  il  sacerdozio  di  Vesta 
non  era  ancora  accessibile  alla  plebe.* 

28.  Nautii  Rutili  p.  100,  118,  138. 

COS.  488.  COS.  411. 

COS.  475,  458.  cos.  316. 

trib.  mil.  424.  cos.  287. 
trib.  mil.  419,  416,  404. 

29.  T.  NuMicius  Priscus  p.  103. 
COS.  479. 

30.  Papirii  p.  110,  134. 

(Crassi  Cursores  Masones  Mugillani). 

COS.  dal  441  al  272. 

Circa  il  patriciato  dei  Papirii  già  negato  da  Papirio 
Peto,  apud  Cic,  ad  fam.  IX  21,  2,  rimando  alla  discussione 
che  ne  ho  fatto  in  queste  Ricerche  I  p.  248  sgg. 


*  Nulla  Bappìamo  tlella  data  della  lex  Papia  Gell.  n.  A.  I  12,  11,  che 
modificò  il  diritto  piti  antico  rispetto  alla  sortiUo  delle  Vesteli  che  il  pon- 
tifex  maximus  poteva  capere. 


Tndice  quarto  ^^^ 

31.  PiNARii  Mamercini  Nattae. 

COS.  489.  «®^s-  43^- 

COS.  472.  ^^S-  eq.  363. 

trib.  mil.  432. 

Intorno  al  perdurare   di   Pinarii   Nattae    v.  in  calce  al 
presente  indice. 

32.  PosTUMii  p.  98,  116,  135,  163. 

(Albi  (Albini)  Eegillenses  Megelli  Tuberti). 

Dal  505  al  99. 

33.  QuiNCTii  p.  Ili,  129,  163,  191. 

(Capitolini  Crispini  Cincinnati  Flaminini). 
Dal  471  al  2  p.  C. 

34.  QuiNCTiLii  Vari  p.  103,  119,  137,  191.' 
COS.  453. 

trib.  mil.  403. 

COS.  13. 

Sullo  sbalzo  esistente  dal  331  al  13  v.  le  considerazioni 

in  fondo  all'indice  presente. 

35.  M.'  Rabuleius  p.  106. 
Xvir  450. 

.  Il  dittatore  Cn.  QnincUlius  F«ms,  che  figura  per  1' a.  331  nell'edizione 
dei  Fasti  accolta  nel  CIL.  V  p.  352,  e  che  è  stato  registrato  anche  da  me 
a>  D    137,  non  è  esistito.  . 

In  inogo  di  esso  va  registrato  per  lo  stesso  anno  il  dittatore  C.  Qu»n- 
ctius  Ca^itolinus,  inciso  nel  nnovo  frammento  dei  Fasti  Ca^tol-  ed.^^^^^^^ 
più  volt^  in  qnesti  nltimi  anni  (ad  es.  dal  Mommskn  nell'^erme«  XXXVIII 
(1903.  dopo  la  sua  edizione  dei  Fasti  del  1893).  .,   ,       ^  ^^ 

Di  quest'ultimo  dittatore  Cn.  Quinctius  ho  del  resto  già  tenuto  conto 
a  luogo  debito  (v.  b.  p.  129). 


404  Indice  quarto 

M.'  Rabuleius  è  l'unico  patricio  di  tal  gente.  Si  è  sup- 
posto sia  uno  dei  decemviri  scelti  fra  i  plebei.  I  quali  non 
sarebbero  stati  tre,  come  afferma  Dionisio  X  58,  bensì  cin- 
que. Plebei  oltre  a  Petelio,  a  Duilio  e  ad  Oppio  sarebbero 
stati,  secondo  critici  moderni,  anche  Rabirio  ed  Antonio,  Liv. 
Ili  35,  4.  Cfr.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II  p.  229  sgg. 

36.  T.  RoiiiLius  Rocus  Vaticanus  p.  103. 
COS.  455. 

Xvir  451. 

37.  Sempronii  Atratini  p.  99,  110. 

COS.  497,  491.  trib.  mil.  426,  420,  416. 

trib.  mil.  444.  cos.  423. 

COS.  444.  mag.  eq.  380. 

cens.  443.  cos.  suf.  34. 
cos.  428. 

Rispetto  al  distacco  dal  380  al  34  v.  qui  oltre. 

38.  Sergii  p.  102,  114. 

(COXI    FiDENATES    ESQUILINl). 

Xvir  450.  trib.  mil.  404,  402. 

COS.  437,  429.  trib.  mil.  397. 

trib.  mil.  433,  424,  418.  trib.  mil.  387,  380. 

I  Sergii  patricii  perdurano  sino  alla  fine  della  repubblica 
Ad  esso  apparteneva  il  famoso  Catilina. 

39.  SEKViLn  p.  10<J,  117,  126,  149,  161. 

(Ahalae  (Axillae)  Caepiones   Gemini   Prisoi   Structi 

FiDENATES    TuCCAEÌ. 

Dal  495  al  106. 


Indice  quarto  405 

40.  P.  Sestius  Capito  (Capitolinus)  p.  103. 
COS.  462;  Xvir  461, 

41.  T.  SiciNius  (Siccius)  Sabinus  p.  101. 
COS.  487. 

Sieinius  in  Livio  II  40  risponde  a  Sixxiog  in  Dion.  Hai. 
X  36.  Non  vedo  quindi  ragione  di  considerare  (come  fanno 
alcuni  moderni)  con  Sieinius  il  nome  dei  patricii,  Siccius 
quello  dei  plebei. 

42.  SuLPicii  p.  98,  116,  126,  161,  178. 

(Camerini  Cornuti  Galbae  Gali  Longi  Paterculi  Pe- 
Tici  Praetextati  Rufi  Saveriones). 
Dal  505  al  9  p.  C. 

43.  Sp.  Tarpeius  Montanus  Capitolinus  p.  103. 
COS.  454. 

Intorno  alla  sua  legge  v.  la  mia  Storia  critica  di  Roma 
II  p.  174. 

44.  L.  Tarquinius  Collatinus  p.  97. 
COS.  509. 

Su  lui  V.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II  p.  93. 

45.  L.  Tarqditius  Flaccds  p.  99. 
mag.  eq.  458. 

Su  lui  V.  qui  s.  p.  348. 

46.  M.  TuLLius  LoNGUs  p.  99. 
COS.  500. 

Il  particolare  su  questo  console  che  muore  tre  giorni 
dopo  la  caduta   dal   coccliio    nel    Circo  lasciando  per  poco 


406  Indice  quarto 

tampo  ancora  il  governo  della  Città  al  collega  Sulpicio 
(Dion.  Hai.  V  57),  fa  ripensare,  come  già  feci  osservare  al- 
trove, alla  morte  del  re  Servio  Tullio.  Esso  indica  qual 
valore  abbiano  le  singole  notizie  relative  a  questi  più  ve- 
tusti magistrati;  non  prova  però  che  sia  falsa  l'afferma- 
zione di  una  gente  Tullia  patricia  nel  secolo  V. 

47.  Valerii  p.  97,  118,  129,  162,  171. 

(Faltones  Laevini  Maximi  Volusi  Poplicolae  Potiti 
Lactucini  Corvi  Messalae). 
Dal  509  al  5  p.  C. 

48.  Verginu  p.  98,  115. 

(Tricosti  Caenlimontani  Esquilini  Rutili). 

COS.  502.  COS.  469. 

COS.  496.  COS.  456. 

COS.  490.  COS.  448, 

COS.  486.  COS.  435,  434  (?). 

COS.  479.  trib.  mil.  402. 

COS.  478  (ovvero  473).  trib.  mil.  389. 

COS.  476.  trib.  mil.  573  (?). 

Il  tribunato  militare  del  373  più  che  dubbio,  riposa  sul- 
l' indicazione  del  Cronografo  del  354. 

Il  perdurare  di  Verginii  patrici  oltre  il  IV  secolo  risulta 
da  quanto  si  narra  a  proposito  di  Verginia  patricia  Liv. 
X  23,  4  ad  a.  296  Verglniam  Auli  filiam  patriciam  plebeio 
nuptam  L.  Volumnio  consuli  cet. 

49.  Veturii  (VoTURii)  CicuEiNi  Philones  p.  99,  118,  148. 
Dal  499  al  205. 

50.  P.  VOLUMNIUS    AmINTINUS    GrALLUS    p.  103. 

oos.  461. 


Indice  quarto  407 

*  n. 

a)  Genti  patricie  più  o  meno  certe  non  ricordate  nei  Fasti. 

Genti  patricie,  di  già  scomparse  sino  dal  V  secolo,  e  che 
parrebbero  attestate  dal  nome  di  alcune  delle  più  antiche 
tribù  rustiche. 

1  (51).  Camilii. 
"2  (52).  Galerii. 

3  (53).  Lemon^i. 

Il  pagus  Lemoniits  si  trovava:  a  porta  Capena  via  Latina 
Fest.  p.  115  M.  s.  V. 

4  (54).  PoLLii. 

5  (55).  PupiNii. 

La  tribù  Pupinia  stava  tra  Eoma  e  Tusculo  Fest.  p.  233  M. 
cfr.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  I  p.  623  n.  1. 

6  (56).    VOLTINII. 

b)  Patriciati  men  certi  o  falsi. 

1  (57).  [Antu]. 

Conosciamo  gli  Antii  plebei  della  fine  della  repubblica 
cfr.  in  queste  Ricerche  III  p.  24  sg.  Ma  Antii  patrici 
dovremmo  ammettere  ove  in  Livio  IV  17  cfr.  Cic. 
Phil.  IX  2,  4  si  dovesse  leggere:  Sp.  Antiiim,  Sp.  An- 
tius  e  non  Sp.  Nautius.  In  questo  caso  (cfr.  Plin.  n.  h. 
XXXIY  23)  sarebbe  stato  uno  dei  legati  uccisi  nel  438 
dai  Fidenati  per  ordine  di  Tolumnio  re  dei  Veienti. 


408  Indice  quarto 

2  (68).  [Canuleii].  * 

Canuleia  è  il  nome  di  una  delle  prime  Vestali  che  si 
dicevano  elette  da  Numa.  Plut.  Num.  10.  Ma  è  proba- 
bile sia  indicazione  da  mettere  a  fianco  delle  altre 
che  dicevano  discendenti  di  questo  re  i  plebei  Cal- 
purnii  e  Pomponii  (Plut.  Num.  20). 

3  (69).  [CLuvn?]. 

In  Cicerone  Phil.  IX  2,  4  in  luogo  di  Tullus  Cloelius  dato 
da  Liv.  IV  17;  Plin.  w.  h.  XXXIV  23,  ove  si  ricordano 
i  legati  uccisi  nel  438  dai  Fidenati  per  ordine  del  re 
veiente  Tolumnio  si  legge  :  Tulio  Chivìo.  Ma  si  tratta, 
secondo  ogni  probabilità,  di  errore  di  testi. 

Non  si  conoscono  altri  Cluvii  anteriori  ai  plebei  ricor- 
dati da  Livio  XLI  28;  XII  1;  XL  14:  40,  6  per  il 
173  ed  il  168,  a  prescindere  da  Cluvii  non  romani.  Nel- 
l'Impero i  Cluvii  divennero  patri cii,  CIL.  VI  1979. 

4  (60).  Corani. 

Circa  l'età  di  codesta  gente  patricia  sfuggita  ai  critici 
moderni  v.  s.  p.  106. 

5  (61).  [FuPETn]. 

Taracia  Gaia  sive  Fufetia  in  Plinio  n.  h.  XXXIV  25  è 
il  nome  della  vergine  vestale,  che,  per  aver  donato  al 
popolo  romano  il  campo  Tiberino,  fu  onorata  con  una 
statua.  Plinio  si  riferisce  agli  annales  di  cui  riporta 
il  testo  ;  Gellio  n.  A.  VII  7  sq.,  che  pur  ricorda  an- 
tiqui annales  e  ripete  l' espressione  :  Gaiae  Taraciae 
sive  Fufetia  est,  cita  più  ampiamente  il  testo  della  lex 
Horatia  per  cui  la  Vestale  fu  onorata  di  statua  e  del  di- 


Indice  quarto  409 

ritto  di  essere  testabìlis.  Il  fatto  veniva  riferito,  secondo 
ogni  verisomiglianza,  ai  primi  anni  della  libera  repub- 
blica. Cfr.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II  p.  299. 
Che  i  Fufetii  fossero  un'  antica  gens  Albana  risulta  dalla 
nota  leggenda  di  Mettius  Fufetius,  il  dittatore  albano, 
Liv.  I  23  sqq.  Dion.  Hai.  Ili  5  sqq. 

6  (62).  [FuLcixii]. 

C.  Fulcinius  (in  Livio  IV  17  Q.),  stando  alla  concorde 
testimonianza  di  Cicerone  Phil.  IX  2,  4  Livio  e  Plinio 
n.  h.  XXXIV  23,  è  uno  dei  quattro  legati  fatti  ucci- 
dere da  re  Tolumnio.  Le  loro  statue  furono  poste  sui 
rostri. 

Può  discutersi  se  in  codesta  età  gli  oratores  fossero  solo 
patricii  0  se  si  facessero  legazioni  miste  di  patrici  e 
plebei.  Sul  che  v.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II 
p.  .306  n.  2. 

7  (63).  Marcii. 

Il  patriciato  dei  Marcii  riposa  sopratutto  sulla  leggenda 
che  M.  Coriolano  deriva  dalla  stessa  stirpe  del  re  Anco 
Marcio.  V.  Mommsen  Roem.  Forschung.  I  p.  104  II 
p.  136;  cfr.  la  mia  Storia  critica  di  Roma  II  p.  124  sgg. 

Tuttavia  va  rilevato  il  passo  di  Livio  XXVII  6  :  M. 
Marcius  rex  sacrorum  mortiius  est,  dal  quale  si  ricava 
che  nel  210  v'  erano  Marcii  patricii.  E  vero  che  il 
contesto  liviano  rispetto  ad  altri  sacerdoti  ivi  ricor- 
dati è  in  parte  controverso  (cfr.  Bardt  Die  Priester 
p.  20)  tuttavia  manca  una  ragione  positiva  qualsiasi 
per  sbarazzarsi,  come  fa  il  Mommsen  {ih.  p.  84  n.),  di 
questa  esplicita  testimonianza. 

Sicché  una  delle  due  :  o  vi  sono  stati  in  età  vetustissima 


410  Indice  quarto 

Marcii  patricii  con  cui  si  collegarouo  poi  i  Marcii 
della  nobiltà  plebea  (cfr.  Plut.  Coriol.  1);  ovvero  in  un 
periodo,  che  corre  fra  la  lex  Ogulnia  (300)  ed  il  210, 
per  vie  che  non  conosciamo,  ad  un  ramo  dei  Marcii 
plebei  riuscì  conseguire  l' ufficio  di  rex  sacrorum  ed  il 
patriciato.  Con  questo  ufficio,  più  che  con  i  noti  rap- 
porti del  II  secolo  con  Filippo  V  di  Macedonia  (Liv. 
XLII  38,  8)  si  connette  il  cognome  di  Rex  che  tro- 
viamo per  i  Marcii. 
L'Auctor  d.  v.  ili.  19  dichiara  che  Coriolano  fu  eletto 
console,  mentre  Dion.  Hai  VII  21,  cfr.  App.  Ital.  2, 
sanno  di  una  repulsa  da  lui  patita  al  consolato.  In 
tutto  ciò  v'  è  lo  scambio  fra  il  duce  di  un  esercito 
costituito  da  gentilii  e  da  volontari,  che  troviamo  an- 
cora al  tempo  della  impresa  dei  Fabii  al  Cremerà  e 
quello  del  Comune  che  prepondera  con  la  grande 
guerra  per  la  conquista  di  Veii  (sul  che  v.  la  mia 
Storia  critica  di  Roma  I  p.  fì70. 

S  (64).  [Oppii]. 

Oppia  vestale  è  ricordata  da  Livio  II  42  per  il  482.  Il 
nome  non  è  però  sicuro.  Neil'  epitome  liviana  si  legge 
Opilia;  in  Dionisio  Vili  89  si  ha  'Ojtifxia.  Comunque 
si  debba  leggere,  vi  si  parla  di  donna  patricia  poiché 
patricie  per  tutto  il  V  secolo  ed  anche  in  età  poste- 
riore furono  esclusivamente  le  sacerdotesse  di  Vesta. 

9  (65).  [Orbinii]. 

'Oppivia  in  Dion.  Hai.  IX  40  è  il  nome  della  colpevole 
vestale  punita  nel  472. 


Indice  quarto  ^'■^ 

10  (66).  [PoPiLii]. 

Popllia  è  il  nome  della  vestale  colpevole  ricordata  da 
Orosio  118,  13  con  l'indicazione:  Olympiade  LXXIIU 
hoc  est  anno  post  Urhem  conditam  anno  CCLXXV  {4:79 
a.  C).  Ma  l'Olimpiade  LXXIIII  risponde  al  484-481. 
In  Hieronym.  si  ricorda  il  medesimo  fatto  per  1'  Olym. 
LXXIII,  ma  la  Vestale  è  detta:  Pompilia  (ed.  Schoene 
n  p.  103). 

11    (67).    [POTITIl]. 

L'esistenza  dei  Potitii  riposa,  come  è  noto,  sul  racconto 
relativo  al  culto  di  Ercole.  Accanto  ai  Pinarii  sareb- 
bero stati  i  più  antichi  sacerdoti  del  dio  greco.  Aven- 
do insegnato  a    servi   pubblici  il  rito  (che  da  genti- 
lizio divenne  pubblico)  nel  corso  di  un  anno  durante 
la  censura  di  Appio  Cieco  (312)  scomparvero   intera- 
mente. V.  ad  es.  Liv.  IX  29,  9  sq.  :   cum  duodecim  fa- 
miUae  ea  tempestate  Potitiorum  essent  puberes  ad  tri- 
ginta,  omnis  intra  annum  cum  stirpe  extinctos  cfr.  I  7, 
14.  Fest.  s.  V.  Potitium. 
Come  è  noto  i  moderni  hanno  più  volte  discusso  se  sia 
o  no  esistita  una  gens  detta  Potitia.  Il  nomen  dei  Po- 
titii  fa   ad   ogni   modo   ripensare   al  cognome  Potitus 
proprio  dei  Valerli. 

12  (68).  Racilii. 

Racilia  è  la  moglie  di  Cincinnato  Liv.  Ili  26. 

13  (69).  [Roseli]. 

L.  Roscius  è  uno  dei  quattro  legati  uccisi  dai  Fidenati 
nel  438  v.  qui  s.  s.  v.  [Antii)  [Cluvii]    [Fulcinii].  Se 


412  Indice  quarto 

fosse  patricio  o  plebeo  non  abbiamo  modo  di  stabi- 
lire. I  Roseli  compaiono  in  età  tarda  in  Roma  (v.  ora 
il  materiale  in  PW.  RE.  I  col.  1116  sgg.  s.  v.).  Questo 
gentilicio  compare  di  già  nelle  inscrizioni  arcaiche 
prenestine  v.  s,  p.  105. 

14  (70).  [Taracii]. 

Taracia  è  la  vestale  che  in  altri  annali  era  detta  Fufe- 
tia  V.  qui  s.  s.  v.  Io  ho  sospettato  altrove  che  sia  la 
stessa  figura  leggendaria  che  in  altri  racconti  era  chia- 
mata la  vergine  Tarquinia.  Cfr.  anche  il  nome  del- 
l' Etrusco  Tarutius  =  Tarquinius.  Su  ciò  alla  mia 
Storia  critica  di  Roma  I  p.  547. 

15  (71).  [Verenii]. 

Verenia  è  una  delle  prime  vestali  elette  da  re  Numa, 
Plut.  Num.  10. 

Forse  si  tratta  di  notizia  da  mettere  al  fianco  di  quelle 
sopra  già  notate,  v.  [Canuleia],  a  proposito  dei  plebei 
Calpurnii  e  Pomponii  fatti  discendere  da  Numa.  I  Vera- 
nii  fiorirono  non  prima  della  fine  della  repubblica  e 
sopratutto  al  principio  dell'  Impero  v.  Prosop.  Imp. 
Roman.  IH  p.  399  n.  264  sqq. 

Di  un  Veranius  scrittore  di  cose  relative  agli  auspici, 
ai  comizi  ed  a  quaesfiones  pontificales  vissuto  nell'età 
augustea,  si  fa  parola  in  Festo  p.  289  M.  s.  v.  Referri 
diem  ed  in  Macrob.  Ili  5,  6;  6,  14.  Fu  egli  la  fonte  della 
notizia  su  Verenia  vestale? 

16  (72).    VlTELLII. 

I  fratelli  Vitellii  cognati  di  L.  Bruto  primo  console  della 
repubblica  sono    ricordati   accanto  agli  Aquilii  fra  i 


Indice  quarto  ^^^ 

fautori  dei  Tarquinii  Liv.  n  4.  Dion.  Hai.  V  6.  Parti- 
colari fantastici  come  da  tutti  ormai  si  ammette.  Sono 
però  degne  di  nota  l'esistenza  di  un  antico  culto  alla 
dea  «Vitellia»,  la  «via  Vitellia  »  presso  Roma,  e  la 
colonia  omonima  dei  Romani  fra  gli  Aequicoli.  Suet. 
Vitell.  I.  Di  una  colonia  romana  detta  ViteUla  fra  gli 
Aequi  parla  anche  Livio  V  29  ;  cfr.  II  39. 
Può  darsi  che  il  nome  della  via  Vitellia  anziché  con  la 
dea  omonima  stia  in  rapporto  con  il  traffico  degli 
animali  bovini  che  per  essa  transitavano.  Così  ad  Ar- 
pino  una  via,  forse  per  analoghe  ragioni,  era  detta 
Vitularia,  Gir.  ad  Q.  fr.  IH  1,  2. 


OSSERVAZIONI  SULL'INDICE  IV. 


A    PROPOSITO    DEI   FASTI    PATRICII. 


Dalla  statistica  delle  50  genti  registrate  nei  Fasti  risulta 
che  23  o  24  di  esse  vi  scomparvero  nel  corso  del  secolo  V. 
Esse  sono  : 


1.  Aebutii  Helvae 

2.  Antonii  Mebexdae 

3.  Aternii  Vari  Fontinales 

4.  Cassii  Viscellini 

5.  Atilii  Lusci 

6.  cominii  aurunci 

7.  CuRiATii  Trigemini 

8.  CuRTii  Chilones  (o  Phi- 

LONES  ?) 

9.  Genucii  AuauRiNi 

10.  Hermenii 

11.  luNii  Bruti 


12.  Largii  Flavi 

13.  MlNUCII    AUGURINI 

11.  NuMicii  Prisci 

15.  RoMiLii  Roci 

16.  Rabuleii 

17.  Sestii 

18.  SiciNii 

19.  Tarquinii 

20.  Taquitii 

21.  Tarpeii  Capitolini 

22.  TuLLii 

23.  VoLUMNII 


A  questi  vanno  aggiunti  gli  Horatii.  Tuttavia  va  ricor- 
dato che  secondo  la  tradizione  diodorea  (v.  s.  p.  118)  gli  Ho- 
ratii non  occuparono  il  tribunato  militare  nel  386  e  nel  378. 


Osservazioni  sidV  Indice  quarto  415 

Fino  al  secolo  IV  si  estesero  invece  le  magistrature  delle 
genti  : 

1.  Aquillii  5.  LucRETii  Tricipitini 

2.  Cloelii  Siculi  6.  Menenii  Lanati 

3.  FosLii  (o  FoLii)  Flacci-  7.  Nautii  Rutili 

NATORES  8.    SeRGII    FiDENATES 

4.  Geganii  Macerini  9.  Verginii  Tricosti 

Continuarono  invece  sino  ai  secoli  successivi,  spesso  sino 
alla  fine  della  libera  repubblica,  ed  in  qualche  caso  l'oltre- 
passarono, vari  rami  delle  genti  qui  appresso  enumerate: 

1.  Aemilii  9.  Papirit  (sino  al  272) 

2.  Claudi i  10.  Postumii 

3.  CoRNELII  11,    QUINCTII 

4.  Fabii  12.  Sempronii  Atratini 
6.  FuRii  13.  Servilii 

6.  Iulh  14.  SuLPicii 

7.  Manlii  lo.  Valerii 

8.  Pinarii  16.  Veturii  (sino  al  206) 

Ai  quali  vedremo  fra  poco  se  siano  o  no  da  aggiungere 
i  QuiNCTiLn  Vari. 

Il  confronto  fra  i  dati  forniti  dai  Fasti  e  dalle  opere 
di  Cicerone  mostra  come  sul  finire  della  repubblica  esistes- 
sero ancora  le  seguenti  genti  patricie: 

1.  Aemilii  6.  Iulii 

2.  Claudii  7.  Manlii 

3.  Cor^elii  8.  SuLPicii 

4.  Fabii  9.  Quinctii 
6.  FuRii  10.  Valerii  ' 

'    I   dati   forniti    dai    Fasti,    confrontati    con   quelli    che    porgono    le 


416  Osservazioni  sull'Indice  quarto 

Lasciamo  da  parte  individai  delle  casate  dei  Papirii,  dei 
Pinarii,  dei  Sempronii  Atratini  e  dei  Quinctilii  Vari  pur  ri- 
cordati ili  Cicerone,  che  per  ragioni  che  esponiamo  oltre, 
esitiamo  a  considerar  discendenti  diretti  dell'  omonime  genti 
patricie. 

In  Cicerone  abbiamo  inoltre  ricordo  dei  Sergii  e  di  Ser- 
villii;  v'era  fra  i  primi  Catilina,  dagli  antichi  detto  espli- 
citamente patricio  (Ascon.  iìi  Cornei,  p.  58;  in  sen.  foga  cand. 
p.  73  K.  S.);  fra  i  secondi  il  padre  naturale  di  Bruto  adottato 
poi  fra  gli  lunii. 

Uno  sguardo  all'indice  I  di  questo  libro  (in  cui  è  notato 
lo  sviluppo  successivo  e  l'intensità  delle  casate  che  copri- 
rono lo  supreme  magistrature  curuli),  mostra  che  le  genti 
patricie  superstiti  nell'età  ciceroniana, fatta  eccezione  per  gli 
lulii  e  forse  anche  i  Sergi,  (quest'ultimi  non  compaiono  nei 
Fasti  consolari  dopo  il  380)  furono  tra  quelle  che  in  ogni 
tempo  e  con  maggior  frequenza  raggiunsero  il  consolato. 

La  miglior  conferma  di  quanto  abbiamo  constatato  nel 
corso  del  presente  volume  intorno  alla  patria  ed  alle  condi- 
zioni sociali  delle  persone  che  vennero  man  mano  sosti- 
tuendosi nel  governo  della  pubblica  cosa,  è  data  dalle 
orazioni  ed  in  misura  ancora  maggiore  dalla  corrispon- 
denza privata  di  Cicerone. 

La  posizione  eminente  dell' Arpinate  nel  Foro  e  nella 
letteratura,  la  sua  carriera  politica  per  cui  (oltre  all'essere 
un  senatore  influente,  fu  due  volte  al  timone  dello  Stato),  le 
infinite  relazioni  con  uomini  e  con  cose,  il  cumulo  di  affari 


opere  cicerouiaue  si  controllino  oon  gli  altri  che  ho  ricavato  dalle  stati- 
stiche del  Ribheck  sui  senatori  romani  agli  idi  di  marzo  del  44  a.  C.  v.  s. 
p.  200.  I  risultati  sono  quasi  identici. 


Osservazio7ii  sali'  Indice  quarto  417 

di  cui  ebbe  parte  o  conoscenza,  sia  come  avvocato,  sia  come 
amico  di  appaltatori,  che  traspare  nel  modo  più  palese 
dalla  corrispondenza  con  quel  ricco  banchiere  che  fu  At- 
tico, fanno  isi  che  l'epistolario  e  le  orazioni  di  Cicerone 
offrano,  come  tutti  sanno,  un  chiaro  riflesso  delle  condizioni 
sociali  politiche  e  finanziarie  del  periodo  che  da  Siila  va 
a  Cesare.' 

Ove  le  opere  di  Cicerone  e  particolarmente  le  epistole, 
vengano  esaminate  da  questo  punto  di  vista,  non  solo  si 
nota  il  limitatissimo  numero  di  genti  patricie  ancora  esi- 
stenti e  la  scomparsa  od  il  silenzio  su  quasi  un  terzo  delle 
casate  della  più  vetusta  nobiltà  plebea,  ma  si  constata  an- 
cora che  quasi  tutte  le  persone  ricordate  per  ragioni  di 
politica  o  di  affari  appartengono  a  nuovi  strati  sociali. 

JE  bensì  vero  che  Cicerone,  aristocratico  per  tendenza  e 
che  amò  stringere  alleanze  di  famiglia  con  l'antico  patri- 
ciato,  esalta  la  nohilitas  dei  suoi  amici  politici.  Ma  se  ben 
si  osserva,  codesti  amici  appartenevano  assai  spesso  a  stirpi 
che,  come  ad  es.  i  Lutatii,  dominavano  nello  Stato  solo  dalla 
metà  del  III  secolo.  E  fra  costoro  v'era  per  primo  Pom- 
peio  Magno,  il  quale,  non  ostante  il  sussiego  con  cui  sa- 
peva custodire  il  prestigio  conseguito  per  virtù  di  grandi 
e  molteplici  imprese,  non  era  certo  in  condizione  di  vantare 
una  lunga  serie  di  illustri  antenati. 


'  Ai  passi  ciceroniani  sopra  riferiti  (p.  221)  sulla  natura  e  condizione 
degli  amici  di  Cesare  aggiungansi  ad  Ati.  VII  3,  5;  7,  5;  IX  18,  2.  Cfr. 
ad  fam.  XV  17. 

Nel  corso  del  A'oliime  (cfr.  p.  224)  non  ho  tenuto  conto  del  ìonsor  Licinus 
HoRAT.  art.  poet.  301  dÌA'enuto  senatore.  Dai  commentatori  antichi  fra 
loro  discordi  (v.  Schol.  Cruq.  ad  1.  cfr.  con  Schol.  Pers.  II  36)  non  risulta 
con  certezza  se  ottenne  il  laticlavio  nell'età  cesariana  o  non  piuttosto  nel- 
l' augustea. 

P*is  Hicerchr  iuUa  storia  f  sul  diritto  pubblico  di  Boma  II  27 


418  Osservazioni  sulV  Indice  quarto 

Scomparsa  dai  Fasti  consolari  non  significa  già  estin- 
zione della  gente.  Nel  corso  di  questo  libro  è  stato  rilevato 
come  ciò  stia  in  rapporto  con  la  ressa  delle  nuove  stirpi 
affacciantesi  alla  vita  politica,  limitanti  sempre  più  l' at- 
tività delle  patricie.  Queste  decadendo  man  mano  anche 
economicamente  divennero  sempre  più  incapaci  di  soppor- 
tare i  pesi  schiaccianti  inerenti  all'esercizio  delle  pubbli- 
che cariche  ^  o  riuscirono  solo  in  vari  casi  (come  in  quello 
di  M.  Aebutius  Helva  pretore  nel  168,  (Liv.  XLIV  17,  6) 
ad  ottenere  magistrature  curuli  inferiori  al  consolato. 

Così  se  i  Vergimi  Tricosti  non  appaiono  più  nei  Fasti 
dopo  il  389,  od  al  più  il  373,  ciò  non  toglie  che  nel  296  si  parli  di 
una  Verginia  patricia  sposata  al  console  plebeo  L.  Volumnio. 
Apprendiamo  però  che  per  tal  matrimonio  essa  venne  di- 
spregiata dalle  matrone  del  suo  ceto  (Liv.  X  23).  Cosi  i  Sergii 
Fidenates  non  appaiono  più  nei  Fasti  dopo  il  380,  ma  nel 
67  troviamo  pretorio  il  patricio  Sergio  Catilina  competi- 
tore di  Cicerone  al  consolato.  Ed  è  frequente  il  caso  di  per- 
sonaggi appartenenti  a  stirpi  della  più  antica  nobiltà  plebea 
che,  come  i  Maenii  e  gli  Ogulnii,  scompaiono  respettiva- 
mente  dai  Fasti  consolari,  dittatorii  e  censorii  dopo  il  318 
ed  il  257,  ma  che  ritroviamo  praetores  nel  182  {M.  Ogulnius 


'  Cfr.  8.  p.  204.  Accenna  apertamente  allo  sciupio  dei  patrimonii  pri- 
vati causati  dalle  competizioni  alle  pubbliche  cariche  il  lepido  anedotto 
oraziano  sul  ricco  Servio  Oppidio  di  Canusium,  che  rivolgendosi  ai  suoi  due 
figli  di  carattere  opposto  dichiara  : 

praeLerea  ne  vos  tìtillet  gloria,  iure 

iurando  obstringam  ambo:  uter  aedilis  fueriive 

vestrum  praetor,  is  iniesiabilis  et  sacer  esto. 

sat.  II  3,  178  eqq. 

Spese  di  tal  natura  erano  naturalmente  a  mille  doppi  più  gravi  a  Roma 
che  nei  municipi. 


Osservazioni  sull'Indice  quarto  419 

Galliis  Liv.  XXXIX  56)  e  nel  170  (Q.  Maenius  Liv.  XLIII 
4).  Casi  analoghi  notammo  anche  fra  genti  patricie  che 
perdurarono  fino  alla  fine  della  repubblica.  Ricordammo  poi 
a  suo  luogo  (p,  205)  Emilio  Soauro  e  Cornelio  Siila,  che  con 
l'attività  personale  risorsero  dall'umile  posizione  in  cui  le 
loro  famiglie  erano  cadute. 

Di  un  terzo  delle  genti  patricie  (circa  16  su  50)  consta- 
tiamo tuttavia  la  presenza  nei  Fasti  sino  agli  ultimi  secoli 
della  repubblica.  Ciò  non  reca  alcuna  sorpresa.  Se  un  ramo 
declinava,  prosperava  1'  altro  ;  i  gentili  appartenenti  a  certe 
casate  si  potevano  con  Plinio  (w.  h.  XXXV  2)  chiamare  ad- 
dirittura populus.^  Ad  alimentare  le  famiglie,  allorché  mi- 
nacciavano di  isterilire,  provvedevano  le  adoptìones^  feno- 
meno cosi  frequente  nella  storia  della  società  romana;  ed 
è  noto  come  i  Claudi!  fosser  fieri  di  costituire  eccezione  di 
fronte  alle  altre  genti  che  avevano  ricorso  a  questo  rimedio 
per  provvedere  alla  propria  continuazione  ed  al  culto  dei 
propri  sacra.^ 


Questi  fatti  bastano  a  spiegare  come  mai  sino  all'ultimo 
periodo  della  repubblica  ricompaiono  genti  che  da  più  ge- 
nerazioni avevano  occupate  le  supreme  magistrature  curali. 
Reca  però  qualche  meraviglia  quanto  avviene  rispetto  agli 
lulii,  ai  Quinctilii  Vari,  ai  Sempronii  Atratini  ed  ai  Pinarii. 

'  Cfr.  per  i  Caecilii  Plin.  n.  h.  VII  59;  per  gli  Appii  Claudii  Cic.  de 
sen.  37. 

•  Tao.  ann,  XII  25  ad  a.  5  *  p.  C,  a  proposito  dell'adozione  di  Nerone: 
aAnotabant  periti  nuUam  antehac  adoptionem  inier  patriciot  Ciaudios  reperivi, 
eoiqxie  db  Atto  continuo»  duravifse. 

È  lecito  pensare  che  anche  quehta  fosse  una  dcUe  cause  della  vetti» 
atque  iufiia  ClauAiae  familiae  superbia  Tac.  ann.  I  4. 


4'20  Osservazioni  snU'Lidice  quarto 

Gli  lulii  hanno  consoli  e  tribuni  militnm  consiliari  po- 
testate  sino  al  352  ;  poi  v'  è  un  salto  sino  al  267  in  cui 
compare  L.  lulius  Libo  console  e  trionfatore,  eppoi  daccapo 
un  altro  stacco  che  si  estende  .sino  al  157  in  cui  finalmente 
fanno  capolino  gli  lulii  Caesares. 

Rispetto  ai  Qainctilii  Vari  il  fenomeno  è  ancor  più 
degno  di  attenzione.  Essi  in  tutto  il  V  secolo  compaiono 
solo  due  volte,  nel  453  e  nel  403.  Or  bene,  come  va  che  i 
Quinctilii  Vari  ritornano  una  sola  volta  nel  13,  in  cui  com- 
pare quel  Q.  Quinctilio  Varo,  che  nel  9  d.  C.  fu  superato  a 
tradimento  dal  germano  Arminio  nella  selva  di  Teutoburgo? 

Questo  salto  di  quattrocento  anni  non  giustifica  per  se 
solo  il  sospetto  che  il  console  del  13  non  discendesse  affatto 
dai  più  vetusti  patrici  di  tal  nome? 

11  sospetto  è,  forse,  confermato  da  quanto  ci  è  riferito 
intorno  alla  sua  famiglia.  Se  infatti  è  vero  che  suo  avolo 
era  stato  pretore  nel  57,  che  suo  padre  aveva  coperta  la 
questura  nel  49,'  non  è  men  certo  che  parlando  di  lui  Vel- 
leio  II  117,  2  dice:  Varus  Quinctilius  inlustri  magis  quam 
nobili  orfus  familia. 

Dopo  ciò,  è  per  lo  meno  discutibile  se  i  Quinctilii  Vari 
della  fine  della  repubblica  debbano  essere  registrati  nell'e- 
lenco dei  patricii  in  cui  sono  stati  accolti  anche  da  storici 
eminenti. 2 

Sembrami  poi  degno  di  nota  che  sul  finir  della  repub- 
blica si  trovano  Quinctilii  Vari  anche  fuori  di  Roma,  come 
a  Cremona,  ove  abbiamo  quel  Quinctilius  Varus  che  fu  co- 
gnato di  Virgilio  ed  amico  di  Orazio.^  Pur  a  Cremona  tro- 


'  V.  i  dati  raccolti  in  Pros.  Imp.  Rom.  Ili  p.  118-120. 

*  MOMMSEN  lioem.  Foruch.  I  117. 

•  V.  su  lui   i  dati  raccolti  in   Pvoh.  Imp.  Rom.  Ili  p.  118  ii.  25. 


Osservazioni  saU' Indice  quarto  A2l 

viamo  Fiirius  Bibaculus  autore  di  poemi  epici  sulle  guer- 
re Galliche  (Hieron.  ad  a.  103-2.  Acr.  ad  Hor.  sat.  II  6, 
40;  altri  dati  v.  in  Skutsch  in  PW.  UE.  VII  col.  320  sgg.) 
il  quale  fa  ripensare  all'omonimo  L.  Furius  Bibaculus  che 
era  salius  e  quindi  patricio  (Val.  Max.  I  1,  9). 

Non  è,  credo,  improbabile  che  i  Qninctilii  Vari  jDlebei, 
per  vie  che  non  abbiamo  modo  di  stabilire,  (per  mezzo  di 
transitìo  ad  plebem,  di  libertini,  di  clientela  od  altro)  si 
ricollegassero,  come  i  Minuci  ed  i  Genucii  Augurini,  con  i 
patricii  di  cui,  oltre  che  il  gentilicio,  serbarono  anche  il 
cognome. 

Analogo  a  quello  dei  Quinctilii  è  il  caso  dei  Sem- 
pronii  Atratiui.  Questa  gente  patricia  scompare  nel  380;  ma 
nel  34  dopo  tre  secoli  e  mezzo  abbiamo  L.  Sempronius 
Atratinus  cos.  suffectus  ed  augure,  (cfr.  Pros.  Imp.  Eom. 
III  p.  194;  n.  260).i 

Lo  stesso  si  verifica,  in  fondo,  rispetto  ai  Pinarii. 

A  prima  vista  pare  il  contrario.  Ai  Pinarii  Mamercini 
del  489,  del  472  e  del  432,  a  cui  tien  dietro  un  censore  nel 
430  ed  a  L.  Pinarius  Natta  maestro  dei  cavalieri  nel  363, 
non  succede  più  alcun  magistrato  eponimo  per  tutta  la  re- 
pubblica. Ma  al  tempo  di  Cicerone  abbiamo  ricordo  di  L. 
Pinarius  Natta  pontefice  {de  domo  118  ;^ro  Murena  73;  ad 
Att.  IV  8  6,  3)  e  Cicerone  lo  considera  come  discendente  da 
quel  Pinarius  che  passava  per  il  più  antico  sacerdote  di 
Ercole  in  Roma  {de  domo  134  ;  de  divin.  I  19  ;  Il  45  ;  47, 
cfr.  Diod.  IV  21,  2). 

Che  però  codesti  Pinarii  Nattae  non  appartenessero  alle 
vetusta  gente  del  V  e  del  IV  secolo,  risulta  da  quanto  dice 
Livio.  Questi  I  7,  12  parlando  di  Pinarii  e  àQÌVoi\ìì\,quae  fum 


'  Anche  il  Moimsen  Boem.  Forsch.  I  p.  109  dubita  del  patriciato  dei 
Semproiiii  Atratiui  della  tiue  della  repubblica. 


422  Osservazioni  stilV  Indice  quarto 

famìliae  maximae  incUtae  ea  loca  incolehant,  raccontando  la 
nota  storiella  dei  Potitii,  che  giunsero  a  tempo  a  cibarsi 
delle  exta  e  dei  Pinarii  i  quali  extis  adesis,  ad  ceteram  ve- 
nirent  dapem,  dopo  aver  anche  riferita  la  ben  conosciuta 
storiella  della  scomparsa  dei  Potitii,  aggiunge:  inde  insti- 
tutum  mansii,  donec  Pinarium  genus  fuit,  ne  extis 
solemnium  vescerentur. 

Livio  ci  insegna  pertanto  che  scomparsi  i  Pinarii  anti- 
chissimi, quelli  del  tempo  di  Cicerone  e  di  Tiberio  non  erano 
i  loro  discendenti  diretti.  Che  se  ad  Aquileia  è  stata  rin- 
venuta un'inscrizione  che  fa  menzione  di  Pinarii  Nattae, 
non  ne  viene  affatto  la  conseguenza  che  ivi  si  ricordino 
rampolli  diretti  della  celebre  gente  romana.'  Dubbi  analoghi 
par  lecito  esporre  per  quel  Pinarius  Natta  Seiani  cliens  di 
cui  abbiamo  ricordo  in  Tacito  ann.  IV  34.^ 

Considerazioni  analoghe  suggerisce  quel  Papirius  Maso 
contemporaneo  di  Cicerone  ad  Att.  IV  4,  2  ;  de  domo  49. 
Se  infatti  al  tempo  di  Cicerone  vi  fosse  stato  ancora  un 
Papirius  Maso  patricio,  come  mai  Papirio  Peto,  l'amico  del- 
l'Arpinate  avrebbe  potuto  scrivergli  (cfr.  ad  fam.  IX  21,  2) 
che  non  erano  mai  esistiti  Papirii  patricii? 

Ove  anche  Papirio  Peto  ignorasse  la  storia  dei  vetusti 
patricii  di  tal  nome  (storia  che  Cicerone  gli  ricorda)  non 
ne  viene  affatto  la  conseguenza  che  egli  non  sapesse  se  fos- 
sero 0  no  patrie!  quelli  del  suo  tempo. 


'  CIL.  Snppl.  Ital.  ad  rol.  V  n.  275.  Lo  stesso  vale  per  quel  AìUus  Ligus 
ricordato  da  uu'  iscrizione  di  Albintimilium  {Notizie  degli  scari  1886  \ì.  114), 
che  fa  pensare  a  P.  AlUtifi  Ligus,  il  console  del  172.  Nei  Fasti  Gap.,  come  è 
noto,  si  trova  Allius  per  Aelius. 

SuU'Aelins  trib.  plebis  nemico  di  Cicerone  che  si  sarebbe  infiltrato 
nella  stirpe  degli  Aelii  v.  Cic.  prò  Sestio  32,  70;  cfr.  de  domo  19,  49 

*  Cfr.  Pros.  Imp.  Rom.  Ili  p.  39  u.  309. 


Osservazioni  suU'  Indice  quarto  423 

In  un  noto  passo  di  Cicerone,  che  abbiamo  avuto  più 
volte  occasione  di  citare,  si  parla  dei  genera  falsa  e  delle 
ad  plehem  transitiones  {Brut.  16,  61).  L'affermazione  cicero- 
niana è  confermata  da  quanto  ci  è  riferito  rispetto  agli 
lunii  Bruti,  ai  Minucii  Angurini  e  così  via.  Ciò  non  toglie 
però  che  anche  per  età  più  antica  non  abbiano  avuto  realmente 
luogo  transitiones  ad  plehem  analoghe  a  quelle  di  Clodio 
e  di  Dolabella,  che  ben  conosciamo  per  l'età  ciceroniana. 
"Viceversa  sappiamo  di  plebei  che  per  via  di  adozione  fu- 
rono accolti  nelle  genti  patrieie.'  Ciò  dette  pure  occasione 
a  falsificazioni,  contro  le  quali  protestava  Valerio  Messala 
(apud  Plin.  n.  h.  XXXV  2,  6). 

A  parte  ciò,  durante  la  romanizzazione  delle  varie  re- 
gioni d'Italia  si  verificò  un  altro  fenomeno.  Cadetti  delle 
grandi  casate  romane  (se  è  lecito  valersi  di  parola  cosi  im- 
propria), si  fissarono  nelle  nuove  colonie  e  nei  municipi  ed 
anche  per  via  di  emancipazione  o  di  clientela  lasciarono  il 
loro  nome  a  genti  del  luogo.* 

Abbiamo  esempi  di  nomi  propagati  da  discendenti  di- 
retti di  casate  romane  ;  ma  non  è  escluso  che  liberti  e 
clienti,  oltre  al  gentilizio   dei  patroni  ne   abbiano    assunto 


'  Si  pensi  ad  es.  al  plebeo  Fulvio  Fiacco  dato  in  adozione  ad  un  pa- 
tricio  Manlio  che  fu  console  nel  179  insieme  al  figlio  dell'adottante,  Fasti 
Capii,  ad  a.  Vei.l.  II  8,  2. 

Al  fenomeno  in  via  generica  accenna  anche  Cicerone  de  ìeg.  II  3,  6. 

*  Esempio  di  questo  genere  porge,  forse,  una  lapide  arcaica  trovata  di 
recente  a  Trigesimo  a  nord  di  Aquileia,  ove  si  rammentano  due  Aunii,  nei 
quali  parrebbe  naturale  riconoscere  discendenti  del  patricio  omonimo  che 
fu  uno  dei  triumviri  fondatori  della  colonia  di  Aquileia,  Liv.  XLIII  17. 

La  lapide  è  stata  pubblicata  dal  benemerito  P.  Sticotti  Memorie  sto- 
riche Foroginlicsi  (Udine  191.")  IX  p.  373  sgg.,  al  quale  mi  pare  sia  sfuggita 
questa  circostanza. 

Con  questo  genere  di  fenomeni  pure  si  collega  C.  PopiliuH  Laenas  Pi- 
cenae  regionis,  il  noto  uccisore  di  Cicerone,  Val.  Max.  V  3,  4. 


424  Osservazioni  sulV  Indice  quarto 

anche  il  cognome,  sopratutto  nei  casi  in  cui  la  stirpe  dei 
patroni  si  affievoliva  o  scompariva.  Chi  del  resto  sarebbe 
in  grado  di  fissare  a  quali  conseguenze  pratiche  condusse 
talora  l'emancipazione  di  schiavi  favoriti  nati  in  casa  [vernae) 
figli  naturali,  talora,  dello  stesso  patrono?' 

A  parte  ciò  vi  furono  esempi  di  cittadini  romani  che 
diventati  esuli  si  fissarono  in  altre,  località  italiane  o  pro- 
vinciali. Ciò  che  ci  è  affermato  per  i  plebei  C.  Popilius 
Laenas  e  Q.  Marcius  Philippus,  che  divennero  cittadini  di 
Nuceria,  per  C.  Porcius  Cato,  che  lo  diventò  di  Tarracone 
in  Spagna  (i  Porcii  erano  patroni  di  questa  regione  sino 
dal  171  Liv.  XLIII  2,  5),  ebbe  pur  luogo  per  il  patri  ciò 
Q.  Fabius  Maximus,  che  fu  accolto  nella  cittadinanza  di 
Nuceria  {Cìc.  prò  Balbo  II  28). 

Questioni  di  tal  natura  (che  non  hanno  ancor  trovato 
chi  si  sia  accinto  a  risolverle  in  modo  esauriente)  si  avvi- 
cinerebbero almeno  in  parte  alla  loro  risoluzione  ove  fossimo 
in  grado  di  asserire  che  le  leggi  Cassia  e  Saenia  del  tempo 
cesariano  ed  augusteo  relative  alla  «  cooptatio  »  di  plebei  fra 
i  patrici  (per  aver  modo  di  procurare  alla  Città  date  catego- 
rie di  sacerdoti)^  furono  precedute  da  atti  legislativi  di  ge- 
nere analogo. 

La  tradizione  su  questo  argomento  è  pur  troppo  muta. 
Quello  che  appare  invece  con  certezza  è  che  il  sentimento 
di  ostilità  verso  l' antico  patriciato,  venne  di  molto  supe- 
rato, come  dovunque  ed  in  tutti  i  tempi,  dal  desiderio  di 
farne  parte  o  di  fingersene  discendente. 


'  Il  più  vetusto  diritto  romano  ammetteva  che  i  padroni  adottassero 
schiavi  come  loro  figli  (Caton.  apud  Insiit.  lustin.  I  11,  12)  o  Masnrio  Sa- 
bino (apud  Gei.l.  n.  a.  V  19,  11)  Riformava  :  liheriiiios  vero  ab  ingenuis 
adoptari  qiildem  iure  posse. 

*  Tao.  ann.  IV  16. 


Osseì'vazioni  sulV  Indice  quarto  425 


*     * 


Una  forma  singolare  di  questo  fenomeno,  che  merita 
ima  parola  di  ulteriore  commento,  è  quella  che  ci  rivela  l'e- 
lenco, che  possediamo  del  resto  in  modo  assai  incompleto, 
delle  (jentes  albane  e  troiane  di  cui  abbiamo  già  fatto  so- 
pra parola  (v.  p.  106). 

Dalle  notizie  sparpagliate  che  ci  sono  giunte,  vediamo 
che  pretendevano  ad  es.  a  tale  onore  i  patricii  Curiatii,  lulii 
Cloelii,  Geganii,  Quinctii,  Servilii  (Liv.  I  30.  Dion.  Hai.  Ili 
29.  Serv.  V  117),  gli  Aemilii,  i  Nautii,  i  Sergii,  i  Quinctilii 
(Fest.  p.  33,  55,  166.  Serv.  ad  Aen.  V  121  sqq.)  oltre  agli 
lunii  plebei,  che  dei  patrici  si  dicevano  discendenti  (Dion. 
Hai.  IV  68).  Ma  accanto  a  costoro,  negli  ultimi  tempi  della 
repubblica,  vediamo  tal  pretesa  fra  i  plebei  Ceecilii  (Fest. 
p.  44),  Popillii  Laenates  (Serv.  ad  Aen.  IX  262),  Metili!  e 
persino  fra  gli  Atii  (Serv.  ad  Aen.  V  568). 

Ho  sopra  notata  (p.  106)  la  corrispondenza  fra  il  numero 
di  cinquanta  genti  patricie  nei  Fasti  e  quello  delle  circa 
cinquanta  casate  che  si  vantavano  di  discendere  dai  com- 
pagni di  Enea.  (Dion.  Hai.  I  85).  Ma,  a  parte  tale  coinci- 
denza di  numero,  che  compare  anche  per  altri  fenomeni  e 
paesi,'  merita  sia  studiata  la  ragione  della  vanteria. 

La  ragione  non  va  esclusivamente  cercata  nella  musa 
di  qualche  poeta  del  genere  di  L.  Accio  o  nelle  pseudo 
ricerche  di  qualche  genealogista  più  o  men  compiacente. 
Discendere  da  uno  dei  compagni  di  Enea,  aver  rapporti  con 

'  Così,  per  lasciare  da  parte  altri  esempi  estranei  all'Italia,  pnre  cin- 
quanta sarebbero  stati  i  primi  fondatori  della  nazionalità  dei  Bruttii,  ItJST. 
XXIII  1,  10. 


426  Osservazioni  sulV  Indice  quarto 

quelle  vetuste  geuti,  che,  dopo  aver  fondato  Lavinio  ed 
Alba  erano  state  trasportate  a  Roma  sino  dal  tempo  dei 
re,  significava  ad  esempio  aver  il  titolo  per  essere  cooptati 
come  membri  del  ricco  e  potente  collegio  dei  pontefici,  per 
amministrare  un  culto  che  si  collegava  con  Lavinio  prisca 
sede  dei  Penati.  La  cura  che  Cesare  pose  a  rivendicare 
origini  albane  (Suet.  Caes.  5)  sta  forse  anche  in  qualche 
rapporto  con  la  sua  cooptatio  nei  sodalizi  sacerdotali.^  E 
se  avessimo  l'elenco  compiuto  delle  genti  e  stirpi  che  co- 
prirono il  pontificato,  ci  sarebbe  più  agevole  capire  le  ra- 
gioni per  cui  certe  casate  patricie,  in  ultimo  anche  plebee, 
vantavano  diretti  od  indiretti  rapporti  con  i  pretesi  compa- 
gni di  Enea.  (Dion.  Hai.  I  85). 

Non  Q  mio  proposito  tornare  qui  a  discutere  le  relazioni 
politiche  che  vi  furono  tra  le  magistrature  curuli  ed  i  sa- 
cerdozi ;  2  ma  non  sfugge  a  primo  aspetto  il  rapporto  che 
v'  è  fra  l' intensità  delle  magistrature  degli  Aemili  patrici, 
dei  Cecilii  plebei,  di  origine  troiana  al  pari  dei  precedenti, 
e  la  frequenza  con  cui  queste  medesime  casate  occuparono 
il  pontificato  massimo.  Ciò  è  sopratutto  notevole  rispetto 
ai  Cornelii,  che  oltrepassarono  in  modo  così  preponderante 
tutte  le  altre  genti  nelle  supreme  magistrature  curuli  (v.  s. 
p.  157;  359)  e  che  dettero  ben  6  fra  i  23  pontefici  mas- 
simi della  repubblica.^ 


'  La  rapida  e  brillante  carriera  sacerdotale  di  Cesare  pare  stare  in 
qualche  rapporto  con  le  sue  origini  albane  e  troiane,  A  16  anni  lo  tro- 
viamo flamen  Dialis  (86  a.  C);  a  27  è  fatto  pontifex,  sebbene  assente  (73). 
Egli  ricordò  le  sue  origini  albane  nel  68  traendone  occasione  dalla  laudatio 
funehris  sui  vostra  della  zia  lulia,  allorché  era  questore  (aveva  32  anni)  e 
conseguì  il  pontificato  massimo  nel  63,  quando  aveva  appena  raggiunti  37 
anni. 

'  Su  ciò  V.  in  queste  Bicerche  I  p.  273  sgg. 

'  Per  quanto  possiamo  scorgere  dalla  tradizione  superstite  (v.  il  mate- 


Osservazioni  siiW  Indice  quarto  427 

La  scomparsa  di  genti  patricie,  le  alleanze  matrimoniali 
intervenute  fra  esse  o  loro  discendenti  e  ricche  stirpi  ple- 
bee, accanto  alle  adozioni,  favorirono,  forse,  le  pretese  e  la 
sostituzione  delle  nuove  casate  che  riuscivano  ad  occupare 
i  sacerdozii.  Il  tentativo  da  parte  delle  vecchie  genti  di 
escludere  le  nuove  facilitò  la  campagna  sostenuta  da  Lici- 
nio, da  Domizio,  più  tardi  da  Labieno,  per  aprire  all'elezione 
popolare  anche  i  sacerdozii  (v.  in  queste  Ricerche  I  p.  322). 

In  breve,  le  vanterie  genealogiche,  anziché  puro  e  sem- 
plice sfogo  di  vanità,  erano  assai  probabilmente  mezzo  di 
assicurare  a  se  ed  ai  propri  vantaggi  economici  ed  influenza 
politica.  Il  volgo  che  disprezza  e  schernisce  il  nobile  deca- 
duto, ove  abbia  la  debolezza  di  vantarsi  delle  glorie  o  delle 
ricchezze  degli  avi,  sente  maggior  rispetto  per  i  ricchi  ed  i 
potenti  quando  alla  potenza  ed  alla  ricchezza  aggiungano 
l' aureola  del  blasone.  Così  in  tutti  i  tempi  i  parvenus  si 
sforzano  di  arrampicarsi  sul  tronco  di  qualche  vecchio  al- 
bero gentilicio  e  le  falsificazioni  lamentate  da  Valerio  Mes- 
sala, trovano  riscontro  in  quelle  frequenti  non  solo  nel  Me- 
dio Evo,  ma  anche  nei  tempi  moderni.^ 


riale  iu  Bakdt  Die  Friester  der  vier  grosseu   Colleghn  (Berlin  1871)  il  pon- 
tificato massimo  fu  couaegnito  dalle  seguenti  casate: 

1.  Akmxlii,  due  volte  7.   Caeciliì,  tre  volte 

2.  CoRNELii,  sei  volte  8.   Cqruncanii,  una  volta 

3.  FoLii,  una  volta  9.  Domitii,  una  volta 

4.  FuRii,  una  volta  10.  Licinii,  due  volte 

5.  lULii,  una  volta  11.  MucH,  due  volte 

6.  Papirii,  due  volte  12.   Servilii 

'  Scriverebbe  opera  estesissima  olii  raccogliesse  i  principali  e  più  im- 
portanti esempi  di  falsificazioni  genealogiche.  Sarebbe  oltremodo  interessante 
mostrare  sino  a  qual  punto  la  verità  sia  stata  deliberatamente  occultata 
mediante  pseudo-documenti  ritenuti  più  tardi  autentici. 

Esempio  recente  e  singolare  di  qnesto  genere  di  falsificazioni  mi  ospo- 


428  Osservazioni  suW  Indice  quarto 

Basta  dare  uno  sguardo  agli  scrittori  del  principio  del- 
l'Impero per  constatare  l'insistenza  con  cui  si  accenna  alla 
maggiore  o  minor  nobiltà  di  una  data  persona.  Ma  questo 
bisogno  di  distinguersi  si  fa  sentire  assai  vivo  sino  dalla  fine 
della  repubblica.  Lo  provano  la  frequenza  con  cui  i  più 
notevoli  personaggi  di  queste  età,  ricordano,  come  Cesare 
e  Antonio  origini  mitiche,  o  come  gli  Octavii  si  procurano 
falsi  diplomi  di  antico  patriciato  (Suet.  Aug.  1).  Lo  provano 
i  plebei  Sempronii,  Calpurnii,  Claudii  Marcelli,  che  si  fecero 
«  cooptare  »  fra  i  patricii  ;  '  e  dopo  clie  Cicerone,  uomo  piut- 
tosto ricco  che  agiato,  raggiunse  la  celebrità  e  la  potenza, 
e  sua  figlia  fu  desiderata  dai  Furii  dagli  Appi  Claudii  e 
fu  sposata  ad  un  Cornelio  Dolabella,  non  mancarono  coloro 
che  pensarono  a  collegarlo  con  1'  omonimo  re  dei  Vosci, 
mentre  egli,  pur  essendo  figlio  di  agiato  cavaliere  romano, 
appartenente  (coinè  diremmo  oggi  con  parola  non  del  tutto 
congrua),  alla  ricca  borghesia  di  provincia,  sarebbe  disce- 
so, stando  ai  suoi  nemici,  da  un  tintore  di  panni. ^ 

neva  poco  tempo  fa  nn  dotto  giurista,  mio  collega,  rispetto  ad  ima  fami- 
glia di  Sora.  Avendo  questa  comperato  nu  antico  feudo,  faceva  distruggere 
l'inscrizione  monumentale,  in  cui  alla  antica  famiglia  era  stato  concesso  da 
un  sovrano  un  dato  privilegio  e  le  sostituiva  un'altra  lapide  in  cui,  conser- 
vando la  rimanente  dicitura,  vi  sostituiva  solo  il  proprio  nome. 

Quante  volte  studiando  documenti  dell'  età  di  Augusto  non  corriamo 
riscliio  di  trovarci  di  fronte  a  simili  falsificazioni? 

Ove  sia  lecito  confrontare  fatti  analoghi,  di  cui  alcuni  sono  destinati 
a  diventare  storici,  mentre  altri  non  attrarranno  l'attenzione  degli  scrittori, 
non  è  fuor  di  luogo  rammentare  1'  antico  costume  di  incidere  il  proprio 
nome  sulla  base  delle  statue  che  rappresentavano  altri  personaggi.  (V.  ad 
es.  Plut.  Anton.  60).  Uso  che  faceva  esclamare  a  Cicerone  ad  Att.  VI  1, 
26:  odi  falsas  inscrìptiones  utatuarum  alìenariim! 

Le  stesse  passioni  i  medesimi  interessi  agitano  gli  uomini  in  tutti  i 
tempi . 

'  Heiter  mem.  cif.  cfr.  s.  p.  170  sgg. 

^  V.  ad  es.  Plut.  Cic.  1.  Cass.  Dio  XLVI  4;  5.  Cfr.  il  materiale  in 
Drumann  Geschichte  Boms  ed.  Groebe  V  220;  226;  231. 


Osservazioni  suW  Indice  qnurfo  429 

E  giusto  riconoscere  che  vi  furono  uomini  che  seppero 
sottrarsi  a  codeste  debolezze  e  che  anzi,  come  Catone  il  vec- 
chio ebbero  il  buon  senso  di  vantarsi  dei  propri  avi  di 
condizione  modesta  ma  che  avevano  resi  utili  servigi  alla 
patria  (v.  s.  p.  3i9j. 

Che  più!  Personaggi  appartenenti  alla  più  alta  aristocra- 
zia italica,  come  Mecenate,  avrebbero  fatto  più  conto,  stando 
ad  Orazio,  del  valore  individuale  di  uomini  di  umile  origine 
che  della  nobiltà  dei  natali.  Ma  Mecenate  agiva  da  uomo 
politico,  traeva  partito  di  ogni  forza  viva,  quando  la  demo- 
crazia italica  aveva  da  lungo  superate  quelle  barriere  che 
due  generazioni  innanzi  avrebbero  impedito  anche  a  lui 
sebbene  discendente  dai  vecchi  re  di  Arezzo,  di  esercitare 
tanta  efficacia  sulla  vita  politica  di  Roma. 

Senonchè  la  cura  che  Orazio  pone  nell' esaltare  le  vedute 
di  Mecenate  coincide  con  la  rivendicazione  che  il  poeta  fa, 
sebbene  figlio  di  libertino,  del  proprio  merito  letterario. 

Il  principio  che  : 

.  .  .  fulgente  trahit  constrictos  gloria  ciirru 
non  minus  ignofos  generosis 

sat.  I  6,  23  sq. 
mira  a  combattere  il  volgo  : 

qui  stultus  honores 
saepe  dat  indignis  et  famae  servii  ineptus, 
qui  stupet  in  titulis  et  imaginibus. 

Sat.  I  6,  14  sqq. 

In  breve  l'ambiente  era  e  rimase  schiavo  delle  vecchie 
idee,  e  le  persone  che  se  ne  allontanavano  continuavano  a 
costituire,  come,  sempre  un'  eccezione. 

Tra    codeste   eccezioni   dovremmo    porre,   per   quel    che 


430  Osservazioni  suW  Indice  quarto 

sembra,  Pompeio  Magno.  Nulla,  dalle  informazioni  che  ci 
sono  giunte,  lascia  travedere  da  parte  sua  tendenze  analo- 
ghe a  quelle  di  Cesare  e  di  Antonio  che  si  ricongiungevano 
per  fini  politici  con  antiche  divinità.  Ciò  si  può  spiegare 
con  l'esser  note  le  sue  recenti  e  tutt'altro  che  insigni  origini 
municipali.  Ma  non  è  escluso  che  i  rapporti  creati  tra  le 
sue  imprese  ed  il  culto  di  Venere  Vincitrice  (pur  adorata  da 
Siila  padrasto  di  sua  moglie  Emilia)  mirassero  a  favorire 
analoghi  fini  personali.* 

L' amor  proprio,  e  non  solo  il  calcolo,  facevano  del 
resto  tornar  gradito  a  Pompeio  il  confronto  tra  le  sue 
sembianze  e  quelle  di  Alessandro  il  Grande,  al  quale  gli 
pareva  poi  giusto  esser  paragonato  per  la  grandezza  delle 
imprese.2  Se  la  vittoria  delle  armi  gli  avesse  arriso,  non 
solo  il  mondo  sarebbe  stato  governato  da  Magni  anziché  da 
Caesares,  ma  non  sarebbe  nemmeno  a  noi  giunta  la  voce  di 
quello  scrittore,  il  quale  osservava  che  Pompeio  avrebbe  do- 
vuto piuttosto  arrossire  che  gloriarsi  dei  suoi  umili  avi.^ 

Allo  stesso  modo,  ove  il  nucerino  Vitellio  non  fosse  stato 
rovesciato  dalle  legioni  di  Vespasiano,  avrebbe  trionfato  la 
genealogia  che  lo  diceva  di  origine  romana  e  patricia.  E 
non  ci  sarebbe,  forse,  giunta  l'affermazione  di  quei  molti 
che  lo  facevano  discendere  per  parte  paterna  da  un  «  sutor  » 
di  sangue  libertino  e  che  gli  davano  per  madre  una  don- 
nicciuola  del  volgo,  nata  da  un  fornaio.* 


*  Riuiaudo  al  mio  scritto  su  Venere  vincitrice  ed  il  trionfo  di  Pompeio 
nel  fascicolo  in  corso  dei  miei  Studi  storici  VI  (1915)  p.  241  agg. 

'  Plut.  Pomp,  I  sq. 

*  A  parte  gli  altri  passi  raccolti  dal  Drumann  GescMchie  Itoim  IV  od. 
Groebe  p.  312,  mi  basti  rammentare  Sen.  contr.  I  6,  4,  il  quale,  discorrendo 
degli  nomini  oscuri  die  come  Mario  si  erano  fatti  da  se  stessi,  osserva: 
Pomjìcium ,  si  hereditariae  extulisaent  imagines,  nemo  Magnum  dixisset. 

*  SURT.    Vit.  2. 


INDICE  QUINTO. 

ELENCO    DI    PASSI    DI    LIVIO    IN    CUI    SI    ACCENlfA    A    VARIETÀ    DI 
TRADIZIONI    RISPETTO    AL    NOME    DI    CONSOLI    E    DITTATORI. 

Livio  in  una  nota  digressione,  in  cui  glorifica  il  valore 
e  le  gesta  del  popolo  romano,  dicliiara  :  paginas  in  annalibus 
magisfratuumque  Fastis  percurrere  licei  consulum  dictato- 
riimqiie,  quorum  nec  virtutis  nec  fortunae  ullo  die  popidum 
Romanum  paenituit.  IX  18,  12. 

Da  queste  parole  parrebbe  lecito  supporre  che  Livio  ab- 
bia più  o  meno  frequentemente  consultato  libri  contenenti 
Fasti  e  che  li  abbia  tenuti  presenti  ove  accenna  a  varianti 
di  nomi.  L'esame  invece  delle  sue  storie  mostra,  come  ho 
fatto  valere  sopra  (p.  74)  che  lo  storico  patavino  non  ha 
mai  consultato  Fasti  sia  rispetto  a  consoli  o  a  dit- 
tatori. In  tutti  i  casi  in  cui  si  è  trovato  di  fronte 
a  varianti,  egli  ha  esclusivamente  consultati  anna- 
li ed  annalisti,  e  di  regola  riferisce  le  discordanze 
ma  rinunzia  a  risolverle.  Avrebbe  agito  diversamente 
ove  avesse  avuto  a  sua  disposizione  un  testo  ufficiale  di 
indiscutibile  valore  che  gli  avesse  fornito  il  modo  di  diri- 
mere con  certezza  dubbi  e  quesiti. 

A  maggior  dimostrazione  di  quanto  ho  sopra  asserito 
faccia  qui  seguire  la  serie  dei  passi  più  notevoli  di  Livio 
relativi  all'argomento.  Dalle  parole  di  lui,  meglio  che  dalle 
mie  argomentazioni,  il  lettore  ricaverà  le  legittime  conse- 
guenze. 


432  Indice  quinto 


I. 


«  apud  quosdam  veteres  aiictores  non  invenio  Lucretium 

consulem  ;  Bruto   statim   Horatium   suggernnt  ;  credo    quia 

nulla  gesta  res  insignem  fecerit  consulatum,  memoriam  in- 

tercidisse  » . 

Liv.  II  8,  5  ad  a.  509. 

II. 

«  sed  nec  quo  anno,  nec  quibus  consulibus 

nec  quis  primum  dictator  creatus  sit,  satis  constat. 
apud  veterrimos  tamen  auctores*  T.  Larcium  dictato- 
rem  primum,  Sp.  Cassium  magistrum  equitum  creatos  in- 
venio. consulares  legere  :  ita  lex  iubebat  de  dietatore  creando 
lata,  eo  magis  adducor  ut  credam  Larcium,  qui  consularis 
erat,  potius  quam  M.'  Valerium  M.  fìlium  Volesi  nepotem, 
qui  nondum  consul  fuerat,  moderatorem  et  magistrum  con- 
sulibus appositum  cet. 

Liv.  Il  18,  4  ad  a.  501. 

III. 

«...tanti  errores  inplicant  temporum  (sic)  aliter 

apud  alios  ordinatis  magistratibus,  ut  nec  qui  con- 

sules  secundum  quos,  nec  quid  quoque  anno    actum 

sit,  in  tanta  vetustate  non   rerum    modo    sed   etiam 

auctorum  digerere  possis  ». 

Liv.  II  21,  1  ad  a.  496. 


'  Codesti  veterrimi  auctores  non  sono  anteriori,  come  è  noto,  agli  anna- 
listi dell'età  di  Annibale.  Anche  altrove,  parlando  di  Coriolano,  Livio  II 
40,  11,  cita  Fabio  Pittore  come:   longe  antiquissimum  auctorem. 


Indice  quinto  ^'^'^ 

IV. 

«  .  . .  L.  Aemilius  et  Opiter  Yerginius  consnlatum  ineunt; 
Vopiscum  Inlium  prò  Verginio  in  quibusdam  anna- 
libus  consulem  invenio». 


Liv.  TI  54,  3  ad  a.  473. 


V. 


«  T.  Quinctius  Barbatus  interrex  consules  creat  L.  Pa- 
pirinm  Mugilanum,  L.  Semproniusm  Atratinum.  his  consu- 
libns  cum  Ardeatibus  foedus  renovatum  est:  idque  monu- 
menti est  consules  eos  ilio  anno  fuisse,  qui  neque  m  an- 
nalibus  priscis  neque  in  libris  magistratuum  mve- 
niuntur.  credo  quod  tribuni  militum  initio  anni  fuerunt, 
eo  perinde,  ac  si  totum  annum  in  imperio  fuerint,  suffectorum 
iis'  consulum  praetermissa  nomina  [consulum  horum].  Lici- 
nius  Macer  auctor  est  etiam  in  foedere  Ardeatino  et  m  lin- 
teis  libris  ad  Monetae  ea  inventa». 

Liv.  IV  7,  10  cfr,  8,  1  ad  a.  444.^ 

VI. 

«  Omnis  ante  me  auctores  secutus  A.  Cornelium  Cossum 
tribunum  militnm  secunda -spolia  opima  lovis  Feretrii  tem- 
pio intulisse  exposui.  ceterum,  praeterquam  quod  ea  rite 
opima  spolia  habentur,  quae  dux  duci  detraxit,  nec  ducem 
novimus,nisi  cuius  auspicio  bellum  geritur,  titulus  ipse 
spoliis  inscriptus  illos    meque    arguit    consulem   ea 


'   Cfr.  DiON.  Hal.  XI  62. 

28 
Pa.8  Eicrrche  sulla  storia  e,  mi  diritto  pubblico  di  Roma  II 


434  Indice  quinto 

Cossi! m  cepisse.  hoc  ego  cum  Augustum  Caesarem,  tem- 
plorum  omnium  conditorem  aut  restitutorem,  ingressum 
aedem  Feretrii  lovis,  quam  vetustate  dilapsam  refecit,  se 
ipsum  in  thorace  linteo  vetustate  scripto  legisse  audissem, 
prope  sacrilegium  ratus  sum  Cosso  spoliorum  suorum  Cae- 
sarem, ipsius  templi  auctorem  subtrahere  testem.  quis  ea 
in  re  sit  error,  quod  tam  veteres  annales  quodque 
magistratuum  libri,  quos  linteos  in  aede  repesitos 
Monetae  Macer  Licinius  citat  identidem  auctores, 
decimo  post  demum  anno  cum  T.  Quinctio  Poeno  A.  Cor- 
nelium  Cossum  consulem  habeant,  existimatio  communis 
omnibus  est. 

«  nam  etiam  illud  accedit,  ne  tam  clara  pugna  in  eum 
annum  transferri  possit,  quod  inbelle  triennium  ferme  pe- 
stilentia  inopiaque  frugum  circa  A.  Cornelium  consulem 
fuit,  adeo  ut  quidam  annales  velut  funesti  niliil  praeter 
nomina  consulum  suggerant.  tertius  ab  consulatu  Cossi  annus 
tribunum  eum  militum  consulari  potestate  habet,  eodem 
anno  magistrum  equitum  ;  quo  in  imperio  alteram  insignem 
edidit  pugnam  equestrem.  ea  libera  coniectura  est,  sed, 
ut  ego  arbitror,  vana;  aversari  enim  omnes  opinio- 
nes  licet,  cum  auctor  pugnae  recentibus  spoliis  in 
sacra  sede  positis  lovem  prope  ipsum,  cui  vota 
erant,  Romulumque  intuens,  haud  spernendos  falsi 
tituli  testes,  se  A.  Corneliu^n  Cossum  consulem  seri- 

TDserit  *. 

Liv.  IV  20,  6  ad  a.  437  cfr.  31,  4  sqq. 

VII. 

«  dictatorem  dici  A.  Servilium  placet,  cui  Prisco  alii, 
aìii  Structo  fuisse  cognomen  tradunt  ». 

Liv.  IV  21,  9  ad  a.  435. 


i 


Indice  quinto  435 


Vili. 


«  eosdem  consules  insequenti  anno  refectos  lulium  ter- 
tium  Verginium  iteriim  apud  Macrum  Licinium  invenio. 

«  Valerius  Antias  atque  Tubero  M.  Manlium  et  Q.  Sul- 
picium  consules  in  eum  annum  edunt. 

«  ceterum  in  tam  discrepanti  editione  et  Tubero  et  Macer 
libros  linteos  auctores  profitentur;  neuter  tribunos  mili- 
tum  60  anno  fuisse  traditum  ab  scriptoribus  antiquis 
dissimulat. 

€  Licinio  libros  haud  dubie  sequi  linteos  placet;  Tubero 
incertus  veri  est.  sit  inter  cetera  vetustate  cooperta 
hoc  quoque  in  incerto  positum  ». 

Liv.  IV  23,  1  sqq.  ad  a.  434. 

IX. 

«  dictator  ex  senatus  consulto  dictus  Q.  Servilius  Priscus 
.  .  .  magistro  equitum  creato,  a  quo  ipse  tribuno  militum 
dictator  erat  dictus,  filio  suo  —  ut  tradidere  quidam, 
nam  alii  Ahalam  Servilium  magistrum  equitum  eo 
anno    fuisse    scribunt   —    novo   exercitu   profectus   ad   bel- 

lum  »   cet. 

Liv.  IV  40,  10  ad  a.  418. 


X. 


«  Dictatorem  T.  Quinctium  Poenum  eo  anno  fuisse  satis 
constat  et  magistrum  equitum  Ser.  Cornelium  Maluginen- 
sem.  Macer  Licinius  comitiorum  habendorum  causa  et  ab 
Licinio  consule  dictum   scribit,  quia   collega   comitia  bello 


436  Indice  quinto 

praeferre  festinante,  ut  continiiaret  consulatum,  obviam  eun- 
dum  pravae  cupiditati  fuerit. 

«  Quaesita  ea  propriae  familiae  laus  leviorem  auctorem 
Licinium  facit.  cum  mentionem  eius  rei  in  vetustio- 
ribus  annalibus  nullam  inveniam,  magis  ut  belli  Gal- 
lici causa  dictatorem  creatum  arbitrer  inclinat  animus  ». 

Liv.  VII  9,  3  ad  a.  361. 

XI. 

«  creati  consnles  ambo  patricii,  M.  Fabius  Ambustus 
tertium,  T.  Quinctius.  in  quibusdam  annalibus  prò  T. 
Quinctio  M.  Popilium  consulem  invenio  ». 

Liv.  VII  18,  10  ad  a.  354. 

XII. 

«  creati  (consules)  ipse  C.  Sulpicins  Peticus,  qui  prior 
interregno  abiit,  et  T.  Quinctius  Poenus.  quidam  Caeso- 
nem,  alii  Gaium  nomen  Quinctio  adiciunt». 

Lm  VII  22,  3  ad  a.  352. 

XIII. 

«  aliis  annalibus  proditum  est  ncque  dictatorem 
Valerium  dictum,  sed  per  consnles  omnem  rem  actam». 

Liv.  VII  42,  2  ad  a.  342. 

XIV. 

«  Foedus  insequens  annus  seu  intemperie  caeli  seu  ha- 
mana  fraude  fuit,  M.  Claudio  Marcello,  C.  Valerio  consulibus. 


Indice  quiiih  437 

Flaccum  Potituinque  varie  in  aunalibus    cognomen 
consulis  iuveuio;  ceterum  in  eo  parvi  refert  quid  veri  sit». 

Liv.  Vm  18,  1  ad  a.  331. 

XV. 

«  Interrex  L.  Aemilius   cousules    creat    C.  Poetelium  L. 

Papirium  Mugilanum.  Cursorem  in  aliis  annalibus  in- 

venio  ». 

Liv.  Vili  23,  17  ad  a.  327. 

XVI. 

«  C.  Sulpicio  Q.  Aemilio  —  Anlium  quidam  aunales 
ha  beat  —  consulibus  »  cet. 

Liv.  Vili  37,  3  ad  a.  323. 

XVII. 

«  uec  di  screpa  t  quin  dictator  eo  anno  A.  Cornelius  fuerit; 
id  ambigitur  belline  gerendi  causa  creatus  sit,  an  ut  esset, 
qui  ludis  B-omanis,  quia  L.  Plautius  praetor  gravi  morbo 
forte  implicitus  erat,  siguum  mittendis  quadrigis  daret  fun- 
ctusque  eo  haud  sane  memorabile  imperii  ministerio  se 
dictatura  abdicaret.  nec  facile  est  aut  rem  aut  aucto- 
rem  rei  praeferre. 

«  vitiatam    memoriam    funebribus    laudibus    reor 

falsisque  imaginum  titulis,  dum  familiae  ad  se  quae- 

que    famam    rerum    gestarum    honorumque   fallenti 

mendacio  traliunt.  inde  certe  et    singulorum   gesta 

et  publica  monumenta  rerum  confusa;  nec  quisquam 

aequalis  temporibus   illis    scriptor    extat.  quo  satis 

auctore  stetur  ». 

Liv.  Vili  40,  4  ad  a.  322. 


438  Indice  quinto 

XVIII. 

«  id  magis  mirabile  est  ambigi  Luciusne  Cornelius  di- 
ctator  cum  L.  Papirio  Cursore  magistro  equitum  eas  res  ad 
Caudium  atque  inde  Luceriam  gesserit  ultorque  unicus  Ro- 
manae  ignominiae  haud  sciam  an  iustissimo  triumpho  ad 
eam  aetatem  secundum  Furium  Camillum  triumphaverit, 
an  consulum  Papirique  praecipuum  id  decus  sit. 

«  sequitur  hunc  errorem  alius  error,  Cursorne 
Papirius  proximis  comitiis  cum  Q.  Aulio  Cerretano 
iterum  ob  rem  bene  gestam  Luceriae  continuato 
magistratu  consul  tertium  creatus  sit,  an  L,  Papi- 
rius Mugilanus,  et  in  cognomine  erratum  sit  ». 

Liv.  IX  15,  9  sqq.  ad  a.  319. 
XIX. 

«creati  consules  L.  Postumius,  Ti.  Minucius.  Hos  con- 
sules  Piso  Q.  Fabio  et  P.  Decio  suggerit  (a.  308)  bien- 
nio exempto,  quo  Claudium  Vomumniumque  et  Cornelium 
cum  Marcio  consules  factos  tradidimus.  (a.  307-306)  memo- 
riane  fugerit  in  annalibus  digerendis,  an  consulto 
binos  consules,  falsos    ratus,    transcenderit ,  incer- 

tum  est  ». 

Liv.  IX  44,  2  sqq.  ad  a.  305. 


«  itaque  propter  eos  tumultus  dictus  M.  Valerius  Maximus 
dictator  magistrum  equitum  sibi  legit  M.  Aemilium  Paulum. 


Indice  quinto  489 

id  magis  credo  quam  Q.  Fabium  ea  aetate  atque 
houoribus  Valerio  subiectum;  ceterum  ex  Maximi 
cognomine  ortum  errorem  haud  abnuerim  ». 

Liv.  X  3,  3  ad  a.  302. 
XXI. 

Ai  quali  passi  si  può  volendo  aggiungere  anche  il  se- 
guente, che  ha  un  certo  interesse  per  i  fasti  censorii  : 

«  Appium  censorem  petisse  consulatum  comitiaque  eius 
ab  L.  Furio  tribuno  plebis  interpellata,  donec  se  censura 
abdicarit,  in  quibusdam  annalibus  invenio». 

Liv.  IX  42,  3  ad  a.  306. 


OSSERVAZIONI  SULL'INDICE  V. 


Dal  complesso  dei  passi  qui  sopra  riferiti  risulta  all'e- 
videnza che  Livio,  ogni  qual  volta  trova  discrepanze  su 
nomi  di  magistrati,  si  limita  a  riferire  le  varianti  riscon- 
trate in  annali  o,  se  in  qualche  caso  esercita  su  di  esse  la 
sua  critica,  si  attiene  all'autorità  degli  scrittori  più  vetusti, 
come  Calpurnio  Pisene,  ovvero  fa  congetture  '  personali 
basandosi  sulla  maggior  dignità  del  candidato  agli  onori 
curuli  0  presuppone  errori  derivati  da  comunanza  di  co- 
gnome. 

A  tali  norme  non  fanno  eccezione  i  luoghi  in  cui  cita 
i  libri  lintei,  i  libri  magistratuum,  il  foedus  Ardeatinum  e 
la  corazza  di  A.  Cornelio  Cosso.  In  tutti  codesti  luoghi,  egli 
si  riferisce  infatti  all'autorità  di  annalisti,  come  Licinio 
Macro  ed  Elio  Tuberone.  Rispetto  alla  corazza  di  Cosso, 
cita  poi  la  testimonianza  di  Augusto. 

A  primo  aspetto  il  lungo  passo  relativo  alla  corazza  di 
A.  Cornelio  Cosso  sembra  costituire  una  reale  eccezione. 
Livio  discute  se  l' offerta  delle  spoglie  opime  del  re  ve- 
iente  Tolumnio  avvenne  nel  437,  nel  328,  o  nel  326.  Ma 
ove  si  consideri  attentamente  il  suo  discorso,  appare  che 
egli,  mentre  da  un  lato  seguendo  tutti  gli  annalisti  pre- 
cedenti {omnes  ante  me  auctores  secutus)  riferisce  il  fatto 
al   337,  in  cui  Cosso    sarebbe    stato   un   semplice   tribunus 


Oaservazion i  suW  Indice  quiii lo  441 

militum  senza  potestà  ed  eponimia  consolare,  accetta  poi  in 
contraddizione  con  se  stesso,  la  tesi  che  Cosso    compi    tal 
fatto  essendo  console;  ciò  che  ebbe  luogo  nel  328.  E  a  que- 
sta  contraddizione    viene   solo   in   omaggio  all'autorità    di 
Augusto  che  nella  corazza  di  Cosso  avrebbe  letto  la  quali- 
fica di  console.  Livio  del  resto  non  intende  risolvere;  lascia 
al  suo  solito  che  ognuno  la  pensi  come  gli  pare  {exhtimatio 
communis  omnibus  est.  Così  poco  dopo  IV  23:  sit  inter  ce- 
tera  vetustate  cooperta  hoc  quoque  in  incerto  positum);  solo 
non  vuol  trascurare  la  testimonianza  di  Augusto;  e  ciò  sia 
detto  con  tutto  rispetto  verso  l'eloquente  ed  onesto  storico 
patavino,  è  atto  di  deferenza  verso  il  principe,  ma  non  di 
critica  storica.  Se  avesse  mirato  ad  agire  da  critico,  Livio 
avrebbe  egli  stesso  dato  uno  sguardo  alla  corazza  di  Cosso 
e  verificato  se  Angusto,  uomo  politico  di  primo  ordine,  era 
pure  lettore  esatto  di  inscrizioni   monumentali.  Non   è  poi 
improbabile,  come  ko  fatto  notare  altrove,  che  Augusto  abbia 
male  inteso  il  significato  della  parola  Cos  o  Coso,  che  poteva 
significare  tanto  Cossus  (o  Casus),  cognome  di  A.  Coruelius 
Cossus,  quanto  consul.^ 

In  conclusione  Livio  non  ha  mai  personalmente  consul- 
tato una  qualsiasi  raccolta  di  Fasti  e  certamente  lo  avrebbe 
fatto  ove  sino  dall'età  sua  e  prima  di  Attico  un  documento 
giudicato  di  valore  indiscutibile,  fosse  di  già  esistito.* 

'  Rimaado  alla  mia  Storia  critica  II  p.  308;  559.  Sino  dal  1899  io 
aveva  data  questa  spiegazione  della  testimonianza  di  Angusta,.  Ciò  e 
sfiiggito  all' HISCHKEI.D,  il  quale  nei  Kleine  Scl,riften  (Berlin  1914)  p.  398, 
Doro'e  a  suo  nome  la  medesima  interpretMzione. 

^  Apparente  eccezione  fo  il  passo  di  Livio  XXXIX  52,  4  in  cu.  dai 
Mugisfrutunm  libris  toglie  indicazioni  relative  alla  durata  del  tr.buuato  d. 
M  Naevius.  Ma  è  generalmente  riconosciuto  (cfr.  XXXVIII  56,  2)  che  Livio 
non  vide  direttamente  quel  documento  relativo  al  processo  degli  Scipiom 
(ad  a.  187).  Anche  qui  egli  dipende  dagli  annalisti  di  cui  fa  il  nome. 


442  Osservazioni  suW  Indice  quinto 

Dai  passi  in  cui  si  discorre  del  foedus  Ardeatinum  e  dei 
libri  Untei^  conservati  presso  il  tempio  di  Giunone  Moneta, 
appare  che  non  v'era  sempre  concordanza  rispetto  ai  nomi 
dei  magistrati.  Gli  scrittori  più  vetusti  noti  a  Livio  riferi- 
vano in  certi  casi  nomi  diversi  ;  non  sapevano  ad  es.  per 
l'anno  444  dell'elezione  di  consoli  e  rammentavano  invece 
tribuni  militum. 

Allo  stato  delle  nostre  cognizioni  non  è  dato  formulare 
con  precisione  quando  e  in  quale  forma  siano  sorte  le  prime 
redazioni  dei  Fasti. 

Cicerone,  nella  celebre  lettera  in  cui  si  raccomanda  allo 
storico  Lucceio,  affinchè  narrasse  diffusamente  le  glorie  del 
suo  consolato  {ad  fam.  V  12,  5)  cita  infatti  i  Fasti  fra  i 
documenti  per  loro  natura  aridi:  etenim  ordo  ipse  annalium 
mediocriter  nos  retinet  quasi  enumeratione  fastorum. 

Nulla  però  sappiamo  sulla  forma  di  tali  Fasti,  e  se,  come 
nell'  opera  cronologica  di  Attico  e  nell'  Annalis  di  Libone, 
v'  erano  indicazioni  storiche  accanto  alla  serie  dei  magi- 
strati (v.  Cic.  ad  Att.  XII  6,  3;  XIII  4,  5;  30,  3;  32,  3;  33,  3 
XVI  13  e,  2.  Corn.  Nep.  Att.  18). » 

'  Rispetto  alla  forma  ed  al  contenuto  delle  antiche  collezioni  degli  an- 
tichi Fasti  ho  già  sopra  osservato  (v.  p.  55  u.  2)  come  sia  *  assai  discuti- 
bile »  1'  argomento  che  si  è  voluto  ricavare  dalle  parole  di  Cicerone  ad 
Att.  IV  8  &  2  «  si  vero  id  est,  quod  nescio  an  sit,  ut  non  minus  longas  iam 
«in  codicillorum  fastis  futurorum  consulum  paginnlas  habeant  quam  facto- 
«  rum,  quid  ilio  miserius  nisi  res  publica?»  per  aftermare  che  nei  Fasti, 
oltre  al  nome  dei  consoli,  v'era  un'indicazione  sommaria  delle  loro  gesta. 

Esaminando  attentamente  il  passo  si  scorge  che  Cicerone  alludendo  alla 
impossibilità  da  parte  di  Domizio  di  conseguire  il  consolato  sebbene  vi 
fosse  designato  tot  aìinos,  afterma  che  nei  codicilli  (di  Pompeio?  dei  trium- 
viri?) era  ormai  più  lunga  la  serie  dei  consoli  in  jiecfore  per  gli  anni  suc- 
cessivi (futurorum)  di  quella  di  coloro  che  lo  erano  di  già  stati  per  il  pas- 
sato (facioruìn).  Il  testo  ciceroniano  è  giustamente  interpretato  ad  es.  da 
Tyrrell  e  da  PuRSEit  The  correapondcnce  of  M.  Tullius  Cicero  II  (Dublim 
1906)  p.  86  ep.  118. 


Ossotazioni  suir  Indice  quinto  443 

Non  ostante  la  scarsezza  delle  nostre  informazioni  è  dato 
osservare  che  collezioni  di  Fasti  aventi  valore  ufficiale  co- 
minciarono ad  essere  formate  non  molto  prima  dell'  età 
sillana.  La  dimostrazione  è  fornita  ad  es.  da  Dionisio  di 
Alicarnasso,  ove  espone  le  opposte  narrazioni  intorno  alla 
uccisione  di  Spurio  Melio,  accusato  di  aspirare  alla  signoria 
della  Città  (v.  s.  p.  4). 

Dopo  aver  infatti  riferita  la  versione  canonica,  accolta 
anche  da  Livio  lY  13,  che  Melio  fosse  stato  ucciso  da  C. 
Servilio  Ahala  magister  equitum  essendo  dittatore  L.  Quin- 
zio Cincinnato,  Dionisio  XII  4  ad  a.  439  osserva:  ot  \ikv 
8t]  :pci^ayd)xaxd  fioi  Soxo'DvTeg  yQctqpgiv  jieQi  tfjg  Mudici'  XEXevxf[Q 
ovxtì)  jtaoaSeScóxetai  Xeyéodcà  §g  xal  ó  8oxcòv  tìttov  eivai  [xoi 
jtiOavó?  Xóyos,  <S  xéxQì'jVTai  Kivxio?  xal  KaÀJCQoi'Qviog,  £;7nxo3QiOL 
ovyyQacp£l(;,  oi  cpaaiv  ovte  SixturoQa  vkò  xf[(;  (3ovXf]5  djto- 
SeiX'&TJvai  tòv  Koivtiov,  odt8  l7tndQXf\'v  vtiò  xov  Koivxiov 
TÒv  Ss^omÀiov  xtX. 

Se  al  tempo  di  Ciucio  Alimento  (ossia  di  Annibale)  ed 
anche  più  tardi  in  quello  di  Calpurnio  Pisone  (console  nel 
133)  vi  fosse  stato  un  elenco  ufficiale  dei  dittatori,  se  la 
dittatura  e  la  maestranza  dei  cavalieri  di  L.  Quinzio  e  di 
Servilio  Ahala  fosse  stata  ivi  registrata,  codesti  annalisti 
non  avrebbero  taciuto  la  dittatura  del  primo,  ne  avrebbero 
parlato  dell'opera  di  Servilio  come  di  privato. 

Ove  Ciucio  e  Pisone,  contrariamente  al  giudizio  di 
Dionisio,  abbiano  invece  avuta  ragione  a  non  ricordare 
le  inesistenti  magistrature  di  Quinzio  e  di  Servilio,  ne  de- 
riva che  i  Fasti  che  le  registravano  furono  redatti  in  età 
assai  recente,  così  come  in  tempi  molto  recenti  fu  inventata 
per  il  342  la  dittatura  di  M.  Valerio  Corvo  e  la  maestranza 
dei  cavalieri  di  L.  Emilio  Mamercino  ignote,  per  esplicita 
dichiarazione  di  Livio,  agli  antiqui  rerum  auctores  (Liv. 
VII  39-42,  7). 


444  Osservazioni  suW  Tìidice  (plinto 

Ed  è  infine  evidente  che  se  un  elenco  di  indiscutibile 
valore  ufficiale  fosse  esistito,  Dionisio  si  sarebbe  riferito  ad 
esso  anziché  a  dati  scrittori  che  contrapponeva  ad  altri, 
seguendo  quelle  norme  medesime  che  abbiamo  testé  con- 
statato in  Livio. 


* 

*     * 


Le  osservazioni  sul  valore  e  sull'età  dei  Fasti  consolari 
e  dittatori!  ci  induce  a  distendere  un  piccolo  corolario  su 
quelli  dei  minori  magistrati  curali. 

Ho  sopra  fatto  rilevare  (v.  p.  34)  la  mancanza  di  Fasti 
rispetto  agli  edili  curali  redatti  da  età  vetusta.  Questa  ri- 
sulta dalla  famosa  lettera  di  Cicerone  ad  Att.  VI  1,  8;  17, 
ove  risponde  all'  amico  intorno  alla  questione  relativa  al- 
l'età  ed  alla  natura  dell'attività  di  Cn.  Flavio  rispetto  ai 
Fasti  ed  alle  actiones. 

Sebbene  io  abbia  altrove  discusso  ampiamente  il  valore  di 
questi  passi  (v.  Ricerche  I  p.  216  sgg.),  non  reputo  inutile 
riprodurre  qui  i  punti  salienti: 

«...  unum  loToor/òv  requiris  de  Cn.  Flavio  Anni  iilio  ille 
vero  ante  decemviros  non  fuit,  quippe  qui  aedilis  curulis 
fuerit,  qui  magistratus  multis  annis  post  decemviros  institutus 
est.  quid  ergo  profecit  quod  protulit  Fastos  ?  occultatam 
putant  quodam  tempore  istam  tabulam  ut  dies  agendi  pe- 
terentur  a  paucis.  nec  vero  pauci  sunt  auctores  Cn.  Flavium 
scribam  Fastos  protulisse  Actiones  composuisse,  ne  me  hoc 
vel  potius  Africanum  —  is  enim  loquitur  —  commentum 
putes  » 

«...   illud  de  Flavio   et  Fnstis  si    secus   est,   commune 


Ossemazioiii  fiuir  Lxlice  qtnnto  445 

erratum  est,  et    tu   belle   y\7i6Q'\\aac,   et    nos    publicam   prope 
opiiiionem  secuti  sumus  ». 

E  evidente  che  se  fosse  esistita  una  lisla  ufficiale  degli 
aediles  ciiridi  a  partire  dalla  367,  in  cui  secondo  la  tradi- 
zione si  cominciò  ad  eleggerli  per  virrù  delle  leges  Liciniae- 
Sextiae  (Liv.  V  42,  12)  non  sarebbe  potuta  sorgere  la  disputa 
fra  Cicerone  ed  Attico  qui  sopra  indicata.  Quanto  Livio  X 
9;  10  sqq.  ;  11,  9,  riferisce  agli  edili  curali  del  300  prova 
poi  la  mancanza  di  dati  ufficiali  e  porge  ulteriore  con- 
ferma intorno  al  suo  costume  di  ricavare  esclusivamente 
da  annalisti  e  non  da  Fasti  ufficiali  i  dati  relativi  alla  se- 
rie ed  ai  nomi  dei  magistrati- 
Livio  infatti,  dopo  aver  qui  detto  secondo  Licinio  Macro 
che  nel  300,  sebbene  eletto  console  da  tutte  le  centurie, 
Q.  Fabio  rimise  tale  magistratura  ad  anno  in  cui  fosse  più 
opportuna  la  sua  opera  guerresca  ed  accettò  di  essere 
creato  edile  curale  insieme  a  L.  Papiri©  Cursore,  aggiunge: 
«  id  ne  prò  certo  ponerem,  vetustior  annalium  auctor  Piso 
effecit,  qui  eo  anno  aediles  curules  fuisse  tradit  Cn.  Do- 
mitium  Cn.  f.  Calvinum  et  Sp.  Carvilium  Q.  f.  Maximum». 
Livio  dichiara  inoltre:  «  id  credo  cognomen  (cioè  Maximus) 
errorem  in  aedilibus  fecisse  secutamque  fabulam  mixtam 
ex  aediliciis  et  consularibus  comitiis  convenientem  errori  » 
X  9,  10  sqq. 

Riscontrato  lo  scarso,  anzi  il  nessun  valore,  per  dati  re- 
lativi al  300,  è  chiaro  che  non  occorre  insistere  di  soverchio 
nell'esame  di  altri  relativi  ad  età  assai  più  vetuste  per  i 
quali  è  dato  constatare  il  procedimento  di  falsificazione  da 
parte  di  quelle  memorie  domestiche,  che  per  dichiarazione 
di  Cicerone  Brutus  (16,  61)  furono  fonte  impura  di  tanti 
falsi  consolati  e  trionfi. 


446  Osservazioni  sali'  Indice  quinto 

Una  di  codeste  falsificazioni  traspare  in  Livio  ove  parla 
dell'elezione  dei  quaestores  per  l'anno  409.  La  plebe  do- 
lente per  la  nomina  dei  consoli  patrici  Cn.  Cornelius  Cossus 
L.  Furius  Medullinus;  «ulta  est  tunc  primum  plebeis  quae- 
storibus  creatis,  ita  ut  in  quattuor  creandis  uni  patricio  K. 
Fabio  Ambusto  relinqueretur  locus,  tres  plebei  Q.  Silius,  P. 
Aelius,  P.  Pupius  ».  Liv.  IV  54. 

Ove  è  a  notare  cbe  i  Pupii  ed  i  Silii  dovrebbero  aver 
cominciato  a  coprire  magistrature  curuli  un  poco  più  tardi 
di  quanto  qui  ò  asserito.  Il  più  antico  P.  Pupius  di  cui 
abbiamo  notizia  è  ricordato  per  il  217  (Liv.  XXII  33)  ed 
abbiamo  un  aedilis  plebis  del  185  (Liv.  XXXIX  39);  dei 
Silii  si  fa  menzione  con  le  leges  omonime  de  ponderihus 
(Fest.  p.  256  s.  v.  publica  pondera)  e  sulla  actio  ìegis  certae 
pecuniae  (Gaius  IV  19)  di  cui  ignoriamo  l'età  ma  che  in 
nessun  caso  paiono  anteriori  al  secolo  III  (Rotondi  Leges 
p.  261  ;  473).  A  giudicare  con  criterii  di  analogia  rispetto 
a  tutte  le  altre  genti  consolari  (ad  es.  rispetto  agli  stessi 
Aelii  che  conseguirono  il  consolato  dal  337),  ove  i  Pupii  ed 
i  Silii  fossero  state  fra  le  prime  a  raggiungere  la  questura 
sino  dal  409,  difficilmente  sarebbero  così  tardi  arrivate  agli 
onori  del  consolato.  I  Pupii  infatti  vi  arrivarono  solo  nel 
61;  i  Silii  nel  20  a.C.  (v.  s.  p.  176;  189). 

Sono  argomentazioni  che,  per  se  sole,  hanno  valore  al- 
quanto relativo.  Esse  sono  però  confermate  dal  complesso 
di  dati  analoghi  che  porgono  i  Fasti  dei  tribuni  della  plebe, 
Fasti  che  facciamo  oggetto  di  esame  speciale  nel  volume 
seguente  di  queste  Ricerche  (III)  che  è  già  da  tempo  in 
corso  di  stampa  e  che  vedrà  fra  non  molto  la  luce, 


Osservazioni  sulì'  Indice  ([uinto  447 


Ma  lasciamo  da  parte  i  fasti  curali    minori  e  torniamo 

ai  consolari. 

Senza  dubbio  da  epoca  relativamente  antica  a  Boma  sia 
nell'archivio  dei  pontefici,  sia   in    quello  degli  auguri,  che 
avevan  sede  presso  il  tempio    di  luno  Moneta,  sia  in  altri 
templi,  come   quello   di   Castore  e  Polluce  ovvero  V  Atrium 
Libertafis,  si  conservavano  documenti  che  dettero  poi  modo 
di  rintracciare  il  nome  dei  magistrati  eponimi.  E  da  epoca 
che   non    abbiam  modo  di  definire  esattamente,  si  compila- 
rono libri  magistrahmm.  Ma  i  dati  di  questi  varii  documenti 
non    pare    fossero  sempre  concordi,  e  già  gli  annalisti   più 
antichi  in  base  ad    essi   porgevano    talora   dati    divergenti 
(V.  ad  es.  Liv.  II  54;  IV  23,1). 

Con  le  più  antiche  redazioni  non  vanno  però  identificati 
i  Fasti  Capitolini  che  al  pari  degli  Ada  Triumphalia  in- 
sieme incisi,  rappresentano  una  tarda  elaborazione  di  mate- 
riali antichi. 

Ove  si  confrontino  infatti  con  i  dati  della  tradizione 
letteraria  conservata  in  Livio,  in  Dionisio,  in  Diodoro,  e  così 
via  di  seguito  ove,  a  parte  le  divergenze  più  volte  rilevate, 
si  considerino  la  presenza  di  cognomi  (che  sono  talora  an- 
ticipazioni rispetto  al  tempo  in  cui  vennero  realmente  as- 
sunti da  date  genti)  e  le  troppe  precise  indicazioni  degli 
stemmi  dei  magistrati  del  V  secolo,  verremo  alla  facile  con- 
clusione che  il  compilatore  dei  Fasti  Capitolini  amalgamò 
dati  antichi  degnissimi  di  fede  con  altri  di  origine  più  re- 


448  Osservazioni  sulV  Indice  quinto 

cente.  Ne  diversamente  agi  chi  ricevette  l'ufficio  di  redigere 
gli  elogia  che  ornavano  il  Foro  di  Augusto.' 

In  quali  casi  il  redattore  dei  Fasti  Capitolini  si  sia  at- 
tenuto a  materiali  più  vetusti,  in  quali  invece  abbia  accolto 
informazioni  più  recenti  od  interpolate,  sarà  ulteriormente 
discusso  in  uno  dei  successivi  volumi  di  queste  Ricerche^ 
destinato  all'esame  analitico  e  cronologico  dei  dati  dei  Fasti 
dei  consoli,  dei  dittatori,  dei  censori  e  dei  trionfatori  del 
popolo  romano. 


'  Neil'  età  sillana  e  cicerouiaua  erano  certo  abbondanti  i  materiali  che 
vennero  elaborati  da  eruditi  e  da  uomini  politici.  Ma  che  anche  allora  si 
sia  in  qualche  caso  proceduto  con  leggerezza  mostra  quanto  Cicerone,  scri- 
vendo ad  Attico  VI  1,  17,  osserva  rispetto  all' indicazione  della  falsa  cen- 
sura dell'  Africano  : 

«  de  statua  Africani  —  w  -pa-ffid-wv  àa'JY^-cóoTwv  !  sed  me  id  ipsum 
delectavit  in  tuis  litteris  —  ain  tu?  Scipio  hic  Metelhis  proavnm  sunm 
nescit  ceusorem  non  fiiisse?  atqui  nihil  habuit  aliiid  iu.scriptum  nisi  COS. 
ea  statua,  qnae  ad  Opis  t  per  te  t  posita  in  excelso  est,  in  ilia  autem  qnae 
est  ad  lioXt)>'À£0'JS  Hercnleni,  iu.scriptum  est  CENS.  quam  esse  ein.sdem 
status,  amictns,  anulus,  imago  ipsa  declarat.  at,  Mehercule,  ego  cum  in 
turma  iuauratarum  eqne.strium,  quas  hic  Metelhis  in  Capitolio  posuit,  aui- 
madversissem  in  Serapionic  subscriptione  Africani  imaginem,  erratnni  fabrile 
putavi.  nuc  video  Metelli.  o  àv.aTCf-r,c{av  turpeui  !  ». 

Seguo  la  lezione  di  Tyrrell  e  Purseu  The  eorrespondena-  o/  M.  Tul- 
litii  Cicero  III  p.  179  ejt.  252. 


DG  Pais,  Ettore 

209       Ricerche  sulla  storia  e  sul 

P32  diritto  pubblico  di  Roma 

sev.2 


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