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Full text of "Rivista italiana di numismatica e scienze affini"

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RIVISTA   ITALIANA 


DI 


NUMISMATICA 

E    SCIENZE    AFFINI 


RIVISTA  ITALIANA 


DI 


NUMISMATICA 

E    SCIENZE    AFFINI 

PUBBLICATA    PER    CURA    DELLA 

SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 

E    DIRETTA    DA 

FRANCESCO  ed  ERCOLE  GNECCHl 


ANNO  XXI  -  1908  -  VOL.  XXI 


MILANO 

TiP.-EdITRICE    L.    F.    COSLIATI 

Corso  P.  Romana,  N.  17 

1908. 


PROPRIETÀ    LETTERARIA 


SOCIETÀ   NUMISMATICA   ITALIANA 


-^ — 


I*t'esidmite  Onorario 

S.    M.    VITTORIO    EMANUELE    III 
Re    d'Italia 

I*remdetite 

Conte    Cornili.    NICOLÒ    PAPADOPOl.I 

Senatore    del    Regno. 

V1ce-I*i'esidenti 

GNECCHl  Comm.  Francesco  —  GNECCHl   Chv.  Uff.  Ercole 


Consiglieri 

GAVAZZI  Cav.  Giuseppe. 

MOTTA  Ing.  Emilio,  Bibliotecario  della  Tiivulziana. 

RICCI  Dott.   Seraflvo,  Conservatore  nel    R.    Gabinetto    Niniiisiiiatico  di 

Brera  in  Milano  {Vice-bibliotecario  della  Società). 
RUGGERO  Comm.  Magg.  Gen.  Giuseppe. 
VISCONTI  March.  Cav.  Cario  Ermes 

Angelo  Maria  Cornelio,  Segielario 


CONSIGLIO  DI  REDAZIONE  DELLA  RIVISTA  PEL  1908 

Gnecchi  Francesco  e  Gnecchi  Krcole,  Direttori 

Gavazzi  Giuseppe  —  Motta  Emilio  —  Fapadopoli  C.  Nicolò 

Ricci  Serafino   —  Visconti  M.  Carlo  Ermes. 


OMAGGIO 

ALLA  MEMORIA 
DI 

SOLONE  AMBROSOLI 

NEL  CENTENARIO 
DEL 

R.  Gabinetto  Numismatico 
di  Brera 


(Fascicolo  I  e  II  riuniti) 


Milano,  7  Maggio  1908. 

Lieti  di  presentare,  nella  solenne  circostanza  del 
Centenario  del  Gabinetto  Numismatico  di  Brera,  l'an- 
nunciato fascicolo-omaggio,  ricco  di  studii  pervenutici 
da  ogni  parte  dell'Italia  e  dall'Estero,  ci  è  doveroso  ren- 
dere le  più  vive  grazie  a  tutti  coloro  che  vollero  col  loro 
nome  onorare  la  memoria  del  rimpianto  Solone  Atn- 
brosoli. 

Francesco  ed  Ercole  Gnecchi. 


V 


Solone  ai-ibposoli 


L'OPERA    NUMISMATICA 


DI 


SOLONE    AMBROSOLI 


L'attività  numismatica  di  Solone  Ambrosoli  si 
può  dividere  secondo  due  tendenze  e  in  due  gruppi: 
quella  scientifica  nel  senso  più  stretto  ed  elevato  della 
parola,  e  quella  di  divulgazione  popolare  dei  prin- 
cipi della  numismatica.  Si  può  affermare  sùbito  che 
essa   fu   egregia  e  notevole  in  entrambi  i  rami. 

Analizzando  brevemente  l'attività  dell'Ambrosoli 
nei  vari  campi  delle  nostre  discipline,  essa  fu  mag- 
giore nella  divulgazione  che  non  nella  originalità 
scientifica,  fu  più  vasta  e  profonda  nella  numisma- 
tica medioevale  e  moderna  che  non  in  quella  clas- 
sica greca  e  romana,  o  nella  medaglistica. 

L'Ambrosoli  giunse  alla  direzione  del  Gabinetto 
di  Brera  quasi  completamente  digiuno  di  nozioni  nu- 
mismatiche greche  e  romane  ;  egli  stesso  me  lo  ri- 
peteva spesso  a  titolo  di  soddisfazione,  d'esser  potuto 
giungere  in  br^ve  numero  d'anni  a  scrivere  manuali 
che  trattassero  appunto  di  quella  numismatica  clas- 
sica, che  lo  aveva  tanto  spaventato  da  principio. 

E  infatti  la  parte  greca  e  romana  del  suo  Ma- 
nuale di  numismatica  e  il  manuale  Hoepli  delle  Monete 
greche  ci  mostrano  con  quale  tenacia  di  volere  egli 
si  sia  assimilato  il  vasto  campo  della  numismatica 
classica.  Un  attento  esame  di  questa  parte  ci  mostra 
ch'egli  ebbe  delle  felici  idee  di  compilatore,  come 
quando,  nel  Manuale  delle  monete  greche,  preparò  pa- 


H 


SICRAflNO    RICCI 


zientemente  il  diligentissimo  Repertorio  dei  nomi  di 
città,  popoli  e  re  ('),  che  molto  serve  allo  studioso 
numismatico  mancante  del  Repertoire  pratique  del 
Boutkowski  *2).  Nel  Manuale  di  numismatica,  che 
nella  sua  prima  edizione  del  1891  in  Milano,  nella 
serie  Manuali  Hoepli,  come  nella  3'  del  1904  aveva 
il  titolo  semplice  di  Numismatica,  ed  ora  è  giunto 
in  pochissimi  anni  alla  4"  edizione,  l'Ambrosoli  in- 
serì una  Bibliografia  numismatica  in  miniatura,  e  un 
Prontuario  latino  per  chi  non  conosce  questa  lingua  e 
deve  consultare  libri  latini  di  numismatica,  e  un  Pic- 
colo prontuario  delle  monete  greche,  che  non  so  per 
quale  ragione  plausibile  egli  abbia  tolto  nelle  ultime 
edizioni.  Nella  parte  romana  intuì  la  vera  difficoltà 
dei  principianti  nel  decifrare  le  monete  consolari  ro- 
mane, con  l'inserire  l'utilissimo  Repertorio  dei  nomi  di 
monetarii,  che  mantenne  anche  nell'ultima  edizione  (3), 
e  che  lo  stesso  Francesco  Gnecchi  accolse  costan- 
temente in  tutte  le  edizioni  delle  sue  pregevoli  Mo- 
nete romane  (4),  poiché  molto  spesso  gli  aurei  e  i  de- 
nari repubblicani  di  Roma  antica,  invece  del  nome 
gentilizio,  portano  solo  il  cognome  o  soprannome  del 
magistrato  monetario,  talvolta  anche  abbreviato. 
Ognuno  degli  studiosi  del  campo  classico  rammen- 
terà l'altra  felice  idea  del  Repertorio  delle  leggende  delle 
teste  impenali  romane,  come  egli  stampò,  che  per- 
mette a  chi  non  possiede  il  Cohen  di  identificare  un 
gran  numero  di  monete  di  quella  serie  che  avessero 


(i)  Solone  Ambrosou:  Monete  greche.  Milano,  Hoepli,  1889,  pag.  85 
e  segg. 

(2)  Alexandre  Boutkowski-Glinka:  Petit  "  Mionnet  „  de  poche.  Ber- 
lino, 1889. 

(3)  Solone  Ambrosoli:   Numismatica.  Milano,  Hoepli,    1907,  4*  edi- 
zione riveduta  pag.  78. 

(4)  Francesco  Gnecchk  Monete  romane,  Milano,  Hoepli,  1907,  3*  edi- 
zione pag.  172  e  segg. 


l'opera    numismatica    di    solone   AMBROSOI.i  15 

evanidi  o  poco  riconoscibili  i  ritratti  degli  imperatori, 
ma  invece  abbastanza  decifrabili  le  epigrafi. 

Sono  quei  prontuarii  di  cui  solo  il  lettore  eru- 
dito conosce  le  difficoltà  e  la  pazienza  che  costano 
al  compilatore,  ma,  utilissimi  a  tutti,  lo  riescono  anche 
ai  profani  della  materia. 

L'Ambrosoli  fu  fortunato  di  dedicarsi  alla  nu- 
mismatica classica  quando  ancora  pochissimi  qui  in 
Italia  ne  scrivevano,  e  nessuno  aveva  raccolto  in  ma- 
nuali speciali  l'una  o  l'altra  parte  delle  nostre  disci- 
pline, come,  per  es.,  lo  stesso  Ambrosoli  fece  con 
le  Monete  greche  e  Francesco  Gnecchi  con  le  Mo- 
nete romane.  I  suoi  primi  lavori  di  divulgazione,  so- 
stituendo la  mancanza  di  libri  o  rari  o  costosi,  come 
il  Mionnet  e  lo  Head  per  la  serie  greca,  il  Cohen 
e  il  Babelon  per  la  serie  romana,  parvero  utilissimi  e 
unici  in  Italia  nel  loro  genere,  mentre  ora  s'è  fatto  un 
tale  progresso  nelle  nostre  discipline,  che  essi  non  solo 
ci  sembrano  un  compendio  elementare  delle  opere 
maggiori  precitate,  alla  lor  volta  ispirate  dalla  colossale 
e  geniale  opera  dello  Eckhel,  ma  sono  ormai  insuffi- 
cienti, poiché,  per  es.,  per  la  parte  greca  ora  non  basta 
certo  r  indice  topografico  dell'Ambrosoli  a  dare  al 
principiante  una  esatta,  per  quanto  superficiale  cono- 
scenza delle  monete  greche. 

Del  resto  l'Ambrosoli,  modesto  e  consapevole 
del  suo  valore,  era  il  primo  a  dichiararlo,  e  preve- 
deva benissimo  che  anche  del  suo  manuale  ^A'»g  *'\ 
che  doveva  servire  di  divulgazione  delle  notizie  in- 
torno a  quella  città  storica,  sarebbero  rimaste  solo 
utili  agli  studiosi  la  Bibliografia  descrittroa  e  l'Appen- 
dice numismatica,  che  fanno  fede  più  che  dell'acume 
del  numismatico,  della  vasta  coltura  e  della  acuta  e 


(i)  Solone  Ambrosoli:  AUne.  Milano,  Hoepli,  1901,  con  panorama  e 
22  tavole. 


SERAFINO   RICCI 


paziente  investigazione  del  bibliofilo  e  del  bibliografo, 
come  fu,  di  fatto,  per  natura  prima  d'ogni  altra  cosa, 
e  come  rimase  sempre  Solone  Ambrosoli.  E  infatti, 
oltre  tre  buone  traduzioni  di  lavori  numismatici  tede- 
schi, presentate  con  quella  spigliatezza  di  stile  che  ri- 
vela la  profonda  conoscenza  dell'Ambrosoli  nel  campo 
delle  lingue  germaniche  (i),  egli  non  ci  diede  di  suo 
originale  nel  campo  greco-romano  se  non  l'aggiudi- 
cazione al  nomo  Tanite  ad  una  moneta  di  Traiano  per 
l'Egitto  (2)^  la  conoscenza  del  rovescio  inedito  della 
aeterni tas  per  un  gran  bronzo  di  Volusiano  (251-254 
d.  C),  neir  illustrazione  del  ripostiglio  di  San  Mar- 
tino del  Pizzolano,  in  quel  di  Lodi  (3),  e  la  descrizione 
del  ripostiglio  di  Monte  Cuore  (4)  in  quel  di  Crenna 
(Gallarate),  che,  come  il  precedente,  è  notevole  per 
il  solo  fatto  di  essersi  trovato  in  Lombardia,  regione 
non  feconda  di  rinvenimenti  di  tal  genere,  quando  si 
tratta  dell'Alto  Impero  romano. 

Frutto  di  osservazione  sagace  fu  la  comunica- 
zione fatta  al  Congresso  Internazionale  di  scienze 
storiche  in  Roma,  il  4  aprile  1903,  intorno  aWanio- 
niniano  di  Traiano,  di  cui  riconobbe  due  tipi  diversi, 
l'uno  col  tradizionale  ritratto  di  Traiano  e  l'altro  con 
quello  di  Traiano  Decio  (5). 

Che  le  cosidette  «  restituzioni  »  di  Gallieno  o  di 


(i)  Traduzione  dal  tedesco  di  Fed.  Kenner,  //  medaglione  romano; 
di  Andrea  Markl,  Serdica  o  Antiochia?  e  Peso  e  titolo  degli  antoniniani 
di  Claudio  Gotico  in  Rivista  Hai.  di  Num.,  1889. 

(2)  Solone  Ambrosoli:  Di  un  gran  bronzo  inedito  del  Nomo  Tanite 
in  Rivista  Hai.  di  Num.,  1891. 

(3)  Solone  Ambrosoli:  //  ripostiglio  di  S.  Martino  del  Pispolano  in 
Rivista  ital.  di  Num.,  1897,  e  Sesterzio  inedito  di  Volusiano  in  Archivio 
slor.  dt  Lodi,  1904. 

(4)  Solone  Ambrosoli:  //  ripostiglio  di  Monte  Cuore  in  Rivista  ital. 
di  Num.,  1903. 

(5)  Solone  Ambrosoli:  A  proposito  delle  cosidette  "  restituzioni  „  di 
Gallieno  o  di  Filippo  in  Rivista  ital.  di  Num.,  1903. 


L  OPERA    NUMISMATICA   DI    SOLONE    AMBROSOLl  17 

Filippo  si  dovessero  ascrivere  a  Treboniano  Gallo, 
piuttosto  che  a  Gallieno,  a  Filippo  o  a  Traiano  Decio, 
era  già  stato  detto  da  quell'acuto  ingegno  del  Pelle- 
rin  (');  l'AmbrosoIi,  riproducendo  i  due  tipi  deWanto- 
niniano  detto  di  Traiano,  aggiunse  alle  undici  resti- 
tuzioni la  dodicesima  di  Traiano  Decio,  portando  a 
dodici  gli  imperatori  consacrati,  come  dodici  erano  i 
Cesari  e  gli  dei  conseiites. 


Ma  la  inclinazione  naturale  e  la  pratica,  che  fin 
da  giovinetto  aveva  aggiunto  allo  studio,  traeva  l'Am- 
brosoIi con  irresistibile  passione  al  campo  della  nu- 
mismatica medioevale  e  moderna;  anzi  si  può  dire 
schiettamente  che  specialmente  della  medioevale  si 
era  fatta  una  provincia  sua,  nella  quale  spaziava  so- 
vrano e  talora  autocrate,  mentre  gli  rimasero  sempre 
un  po'  meno  amiche  e  intime  la  numismatica  moderna 
e  la  medaglistica. 

Era  del  resto  un  fascino  ben  naturale  e  quasi 
inevitabile  che  traeva  una  ventina  d'anni  fa  gli  stu- 
diosi a  svelare  i  segreti  di  un'epoca  più  interessante 
d'ogni  altra,  appunto  perchè  meno  conosciuta,  la  quale 
sotto  l'apparenza  di  oscure  e  intricate  vicende  stori- 
che rivelava  tanto  sentimento  della  personalità  umana, 
tanto  orgoglio  di  casta  e  valore  di  mente  e  di  brac- 
cio, così  squisito  e  geniale  senso  dell'arte  nella  splen- 
dida rinascita  delle  città  italiane. 

L'animo  mite  e  scrutatore  dell'Ambrosoli  ne  fu 
vinto  e  conquiso,  e  così  come  alla  passione  dello  stu- 
dio di  quel  periodo  dobbiamo  i  più  insigni  storici 
medioevalisti    viventi,    nello    stesso   modo  dobbiamo 


(1)  Pellerin:  Recueit  des  médailles    de  Feiiples   et   de    Willes.  Parigi, 
1763,  voi.  Ili,  pag.  51. 


SERAFINO    Ricci 


pure  la  larga  e  meritata  fama  che  circonda  il  nome 
dell'Ambrosoli,  come  insigne  numismatico  medio- 
valista. 

Anche  in  questo  campo  l'Ambrosoli  tenne  di 
mira  il  duplice  "scopo  di  divulgare  le  nozioni  più  ele- 
mentari della  disciplina  e  di  illustrarne  i  punti  oscuri 
e  le  monete  inedite. 

La  prima  edizione  delle  sue  Zecche  italiane  nel 
1878  (')  è  l'inizio  della  sua  attività  scientifica;  presto 
ne  fece  una  seconda  edizione  nel  1881  ^'^)  e  per  allora 
parve  a  lui  e  agli  altri  gran  cosa  un  lavoro  con 
otto  tavole  fotografiche,  nel  numero  limitato  di  cen- 
tocinquanta esemplari  numerati,  di  cui  più  tardi  egli 
stesso  sorrideva,  ponendolo  a  confronto  con  i  lavori 
più  recenti,  illustrati  dalle  nitidi  tavole  della  Rivista 
Numismatica. 

L'Ambrosoli  conobbe  tosto  la  necessità  di  avere 
un  periodico  a  sua  disposizione,  e  fondò  quella  Gaz- 
zetta Numismatica  di  Como,  che  durò  dal  1881  al  1887 
e  fu  l'introduzione  alla  Rivista  italiana  di  Numismatica, 
ch'egli  ebbe  il  merito  di  iniziare  e  di  dirigere  per  il 
primo  biennio  1888-1889. 

E  in  quel  primo  biennio  di  attività  scientifica  e 
poi  dal  1890,  da  quando  assunsero  la  direzione  della 
Rivista  i  fratelli  Francesco  ed  Ercole  Gnecchi,  fino 
alla  sua  morte,  cioè  per  il  periodo  di  ben  diciotto 
anni,  l'Ambrosoli  ebbe  a  sua  disposizione  la  Rivista 
per  inserirvi  quei  lavori,  che  alla  perfetta  italianità 
della  forma  univano  ogni  volta  il  frutto  di  un  lungo 
lavoro  di  ricerche  e  di  confronti,  o  la  geniale  ipotesi 
di  una  zecca  nuova,  o  la  nuova  interpretazione  di 
una  moneta  già  nota. 


(i)  Solone  Ambrosoli  :  Zecche  italiane  rappresentato  nella  raccolta 
numismatica  di  S.  A.,  studente  in  leggi.  Como,  coi  tipi  di  Carlo  Franchi, 
I  gennaio  1878. 

(2)  Solone  Ambrosoli:  Zecche  italiane  rappresentate  nella  raccolta  (tei 
dott.  S.  Ambrosoli.  Como,  Franchi,  1881. 


L  OPERA    NUMISMATICA    DI    SOLONE    AMBROSOLI  19 

Alcuni  dei  lavori  che  trattano  di  numismatica  me- 
dioevale italiana  possono  essere  additati  come  mo- 
dello per  ordine  di  trattazione,  per  completezza  esau- 
riente di  indagini,  per  vivace  eleganza  di  ibrma,  e 
possono  stare  a  paro  coi  lavori  più  stimati  dei  grandi 
numismatici  italiani  del  secolo  teste  chiuso,  Dome- 
nico Promis,  Giovanni  Mulazzani,  Carlo  Kunz. 

Non  vi  è  fascicolo  della  Rivista  che  non  con- 
tenga un  lavoro,  una  ricerca,  una  nota  dell'Ambro- 
soli  :  si  arguirebbe  quasi  da  ciò  che  la  sua  attività 
scientifica  uscisse  impreparata  e  tumultuosa,  tanto 
era  frequente  e  inesauribile,  se  non  si  pensasse  che 
l'Ambrosoii  in  quei  diciotto  anni  si  era  quasi  appar- 
tato dal  mondo,  e  chiuso  in  un  esclusivismo  assoluto 
per  non  occuparsi  d'  altro  che  della  sua  disciphna 
prediletta. 

E  questa  gli  diede  davvero  delle  grandi  soddi- 
sfazioni morali,  anche  se  gli  negò  quelle  materiali, 
alle  quali  aveva  diritto,  ma  dovette  rinunziare,  per- 
chè non  fu  abbastanza  compreso. 

Tralasciando  in  questa  breve  rassegna  della  sua 
attività  scientifica  i  primi  lavorucci,  che  non  hanno 
in  sé  abbastanza  valore  da  costituire  la  base  della 
fama  di  uno  scienziato,  perchè  correggono  solo  errori 
o  fanno  rilevare  l'importanza  di  qualche  moneta  poco 
nota  ('),  rileverò  invece  le  illustrazioni  delle  monete 


(i)  Ecco  l'elenco  di  questi  primi  lavori  dell'Aiubrosoli  in  ordine  di 
tempo:  Aggiunte  alle  zecche  italiane  rappresentate  nella  raccolta  del  dot- 
tor S,  A.  (Gazz.  Num.,  1881)  —  Saggio  di  un  catalogo  originale  di  mo- 
nete straniere;  Contribuzioni  alla  numismatica  comense;  Note  monegasche 
{Gazz.  Num.,  1882,  1883,  Riv.  Num.,  1889)  —  Quisquiglie  nwrismatiche 
{Gazz.  Num.,  1882)  —  Una  monda  della  Zecca  di  Ge.x  {Gazz.  Num.,  1883) 
—  Zecche  minori  dei  Gonzaghi  nella  raccolta  Ambrosoli  {Gazz.  Num., 
1884,  1886)  —  Di  una  novella  attribuzione  alla  zecca  monegasca  {Gazz. 
Num.,  1886)  —  Di  una  moneta  trivulziana  con  S.  Carpoforo ;  Di  uno  scudo 
progettato  per  San  Marino  (Riv.  Num.,  1888)  —  //  mezzo  zecchino  del 
Vasto  (Riv.  Num.,  1890)    —    Di  un  singolare  cavallotto  al  tipo  bellinzQ- 


20  ,  SERAFINO    RICCI 


inedite,  le  nuove  attribuzioni  di  zecche,  le  ricostru- 
zioVii  storiche  e  numismatiche  di  alcuni  ripostigli  e 
le  identificazioni  nuove  di  monete  speciali. 

L'Ambrosoli  ci  diede  la  notizia  di  un  luigino  ge- 
novese e  forse  unico  e  di  una  moneta  inedita  di  Sci- 
pione Gonzaga,  principe  di  Bozzolo,  già  nella  Gaz- 
zetta numismatica  di  Como  (1881-1882);  poi  nella 
nostra  Rivista  la  notizia  di  una  patacchina  savonese 
inedita  di  Filippo  Maria  Visconti  e  di  un  soldmo  asti- 
giano di  Carlo  Quinto  nel  1890;  ci  descrisse  il  ripo- 
stiglio di  Lurate  Abbate  nel  1888,  quello  di  Como 
nel  1891,  di  Chignolo-Po  nel  1897,  di  Ronago  nel 
1898,  di  Abbiategrasso  nel  1899;  fece  rilevare  il  trait 
d'union  entre  la  France  et  l'Italie  a  proposito  della 
incerta  zecca  franco-italiana  di  Charleville  o  Carlo- 
poli,  in  una  dissertazione  al  Congresso  Internazio- 
nale di  Numismatica  a  Parigi  f');  poi  mise  in  luce 
l'importanza  di  alcuni  acquisti  del  Gabinetto  Numi- 
smatico di  Brera  nella  serie  delle  zecche  itahane  (2); 
ma  più  ancora,  in  occasione  della  pubblicazione  nel 
volume  Ambrosiana  di  scritti  vari  pel  XV  centena- 
rio della  morte  di  S.  Ambrogio  <3),  in  sèguito  ad  accu- 
rate ricerche  storico-numismatiche  intorno  all'ambro- 


nese;  Lo  zecchino  di  Farcia  (Riv.  Num.,  1897)  —  Una  moneta  beltinzonese 
da  ritrovare  (Boll.  slor.  della  Svizzera  italiana,  1901)  —  Una  moneta  mi- 
lanese anonima  dei  successori  di  Giovanni  Visconti  (Arc/i.  slor.  lomò.,  1902) 
—  Contraffazione  bellinzonese  di  una  moneta  franco-italiana  (Boll.  slor. 
della  Svizzera  italiana,  1902)  —  La  zecca  franco-italiana  di  Charleville  o 
Carlopoli.  —  Le  monete  dei  conti  di  Fenlimiglia  {Riv.  Num,,  19^3)  -^  Le 
monete  di  Orbelello  (Rass.  Num.,  1901)  —  Noterelle  Numismatiche  {Pe- 
riodico della  Soc.  Coinense,  e  Riv.  Num.,  1904,  1906)  —  Il  ducato  d'oro 
di  Parma  del  ijij  (Ardi.  star,  per  le  Prov.  Parmensi,  1904)  —  Intorno 
ad  un  nuovo  esemplare  della  moneta  "  cavallina  „  in  Candia  (Riv.  Nu- 
mis.,  1905). 

(i)  Atti  di  quel  Congresso  Parigi,  1900. 

(2)  In  Rivista  ital.  di  Num.,  1902. 

(3)  Solone  Amrrosoli:  L'Ambrosino  d'oro.  Ricerche  storico-numisma- 
tiche. Dal  volume  Ambrosiana.  Milano,  Cogliati,  1897. 


L  OPERA    NUMISMATICA    DI    SOLONE   AMBROSOLI  21 

sino  d'oro  della  Repubblica  milanese.  l'Ambrosoli  fece 
acutamente  notare  che  si  debba  andar  cauti  nell'am- 
mettere  l'esistenza  deìVambrosmo  d'oro,  quale  moneta 
corrente  della  Prima  Repubblica,  come  è  stata  data 
finora  nella  serie  milanese  <i',  poiché  rimasta  in  soli 
tre  esemplari,  di  cui  due  di  dubbia  autenticità  e  ad 
ogni  modo  da  considerare  —  anche  se  autentici  — 
come  prove  di  zecca  di  un  fiorino  d'oro,  che  poi  si 
rinunciò  forse  a  coniare. 

Aggiungeva  l'Ambrosoli  che  un  noto  scrittore 
di  cose  numismatiche  del  XVIII  secolo,  il  Bellini, 
assegnava  alla  Prima  Repubblica  un  altro  pezzo  co- 
munissimo, quello  che  ora  si  ritiene  il  mezzo  ainbro- 
sino  della  Seconda  Repubblica  milanese,  e  che  l'opi- 
nione del  Bellini  (2)  meritava  davvero  tutto  1'  esame 
attento  dei  competenti,  poiché,  trasportando  alla  Pri- 
ma Repubblica  il  mezzo  ambrosino  d' oro,  questo 
poteva  anche  servire  allora  per  ragioni  economiche 
da  ambrosino  di  tipo  ridotto. 

Il  così  detto  mezzo  ambrosino  d'oro  della  Seconda 
Repubblica  milanese  (1447-1450)  deve  essere  infatti  at- 
tribuito alla  Prima  (i 250-1 310),  perché  ha  Mediolannm 
e  non  Comunitas  Mediolani,  perchè  la  grafìa  della 
leggenda  è  differente,  perché  ha  quei  caratteristici 
trifogli  che  nel  secolo  XV  non  si  usavano  più,  e  per- 
chè tali  mezzi  ambrosini  si  ritrovarono  nel  riposti- 
glio di  Cameri  presso  Novara  del  1881  e  in  quello 
bergamasco  del  1893  circa,  che  non  sono  più  recenti 
del  1354,  cioè  della  morte  di  Giovanni  Visconti. 

Cadevano  quindi  tutte  le  deduzioni  statistiche 
e  storiche,  come  cadevano  quelle  economiche,  che 
facevano  credere  l'ambrosino  eguale  al  fiorino  o  zec- 


co Francesco  ed  Ercole  Gnecchi:  Le  monete  di  Milano.  Milano,  Du- 
molard,  1884,  pag.  25  e  seg.,  tav.  IV,  i;  cfr.  pag.  64  e  scg.,  tav.  XI. 

(a)  Bellini  (Vinceiitius)  :  De  woiielis  Italiae  Medi:  Aevi  liaclemis  non 
«viilgatis,  postuma  dissertano,  Ferrara,  1774,  pag.  45. 


22  SERAFINO    RICCI 


chino  :  mentre  il  fiorino  era  di  soldi  20  imperiali,  l'am- 
brosino  di  soli  io;  occorreva  quindi,  secondo  lui,  cre- 
dere quello  fino  allora  creduto  mezzo  ambrosino,  l'am- 
brosino  d'oro,  equivalente  a  mezzo  fiorino  imperiale 
o  al  fiorino  di  terzuoli,  come  felicemente  aveva  sug- 
gerito il  numismatico  cav.  Giuseppe  Gavazzi.  E  fini- 
sce il  suo  lavoro,  mirabile  per  chiarezza,  forza  di 
logica,  dottrina  e  vivacità  scorrevole  di  stile,  con  la 
seguente  conclusione: 

«  Divien  probabile,  quindi,  che  i  Milanesi  aves- 
sero creato  originariamente  l'ambrosino  d'oro,  perchè 
funzionasse  appunto,  rispetto  alla  lira  terzola,  in  quel 
modo  in  cui  funzionava  il  fiorino  d'oro  rispetto  alla 
lira  imperiale.  Pure  rimanendo  verosimile  adunque, 
che,  caduta  in  disuso  la  doppia  menzione  delle  Hre 
imperiali  e  delle  lire  terzole  nei  contratti,  e  rimasto 
il  solo  computo  a  fiorini  e  lire  imperiali,  l'ambrosino 
d'oro  si  sia  poi  ridotto,  per  la  forza  delle  cose,  alle 
modeste  funzioni  di  uno  spezzato  del  fiorino  d'  oro, 
possiamo  ritenere  che  la  sua  origine  fosse  stata  ben 
più  nobile,  intendendosi  dai  Milanesi  di  creare  con 
esso  una  moneta  d'oro  finissimo  (')  sulla  base  della 
lira  locale  di  terzoli,  a  quella  maniera  in  cui  gli  al- 
tri Stati  contemporanei  crearono  invece  il  fiorino 
d'oro,  il  genovino,  il  ducato  ». 

Un'altra  volta  l'acume  dell'Ambrosoli  apparve 
singolare,  in  occasione  dell'acuta  determinazione  della 
zecca  di  Valenza  (2).  I  soci  della  Società  Numisma- 
tica Italiana  ricorderanno  che  l'S  ottobre  del  1901, 
onorando  le  LL.  MM.  il  Re  Vittorio  Emanuele  III 
e  la  Regina  Elena,  in  occasione  della  loro  visita   al 


(1)  L'Ambrosino  d'oro  all'esame  del  R.  Ufficio  d'assaggio  di  Milano 
diede  il  titolo  di  0.998,  superiore  a  quello  degli  stessi  celebri  ducati  o 
zecchini  di  Venezia. 

(2)  Solone  Ambrosoli  :  Di  una  nuova  zecca  lombardo-piemontese 
in  Rivista  ital.  di  Nuni.,  1901,  pag.  383  e  segg. 


L  OPERA    NUMISMATICA    DI    SOLONE    AMBROSOI.I  23 

Castello  Sforzesco,  la  Sede  della  Società  Storica 
Lombarda  e  quella  della  nostra  Società  Numismatica 
Italiana,  Solone  Ambrosoli  diede  il  benvenuto  al  So- 
vrano col  presentare  la  scoperta  della  nuova  zecca 
di  Valenza,  e  a  S.  M.  il  Re,  che  ancora  non  s'era 
potuto  de  vtsu  convincere  della  novità,  il  nostro  con- 
sigliere cav.  Giuseppe  Gavazzi  offerse  due  esemplari 
delle  curiose  monetine  o  «  piccole  sfingi  »,  come  le 
chiamava  il  Gavazzi,  portanti  la  nuova  indicazione. 
L'Ambrosoli  da  vari  esemplari  un  po'  consunti,  ma 
che  si  completavano  a  vicenda,  era  riuscito  a  rico- 
struire intera  la  leggenda  +  •  sì  •  AN  &  GÈ  AST  TVTOR 
+  •  COMVNS  •  &  LOCI  VA  •  cioè  :  Sanctt  Antonius  et  Geor- 
gius  AsHliani,  tutores  connmitatis  et  loci  Valentie. 

Infatti  uno  dei  sobborghi  di  Valenza  s'intitolava 
appunto  5.  Antonio,  e  S.  Giorgio  d' Astigliano  era  una 
delle  antiche  parrocchiali,  ora  scomparse,  di  Valenza 
stessa  ;  inoltre  il  socio  Guglielmo  Grillo,  che  molte 
altre  piccole  sfingi  aveva  generosamente  donato  al- 
l'Ambrosoli,  pel  suo  studio,  lo  aveva  avvertito  che  in 
due  vetusti  bassorilievi  murati  sull'esterno  della  chie- 
setta di  S.  Bartolomeo  in  Valenza  si  vedevano,  come 
si  vedono  tuttora,  associati  i  due  santi  Antonio  e 
Giorgio. 

La  soluzione  dell'enigmatica  leggenda,  che  al 
punto  LOCI  VA  ■  era  stata  da  tutti  letta  ROCIVA,  per- 
chè R  infatti  pareva  la  L  unita  in  nesso  col  segno 
della  &,  a  poco  a  poco  parve  verosimile  e  ingegnosa 
da  paradossale  che  si  presentò  al  primo  momento, 
ed  io  sono  veramente  contento  non  d'aver  veduto 
L  più  il  segno  della  copula  nello  R,  ma  di  aver  sugge- 
rito al  mio  illustre  e  fortunato  maestro  che,  oltre  a 
ROCCA  VALENTIAE  poteva  esservi  la  interpretazione 
LOCVS  VALENTIAE,  che  non  è  infrequente  nello  stile 
latino  basso  del  Medio-evo,  dopo  il  mille.  Così,  come 
era  avvenuto    nel    caso    del    mezzo    ambrosino    del 


24 


SERAFINO    RICCI 


Bellini  e  dei  fiorini  di  terzuoli  del  Gavazzi,  che,  in  un 
lampo  felice,  per  l'Ambrosoli  divennero  gli  antbrosini 
d'oro  della  Prima  Repubblica  equivalenti  a  mezzo  fio- 
rino d'oro,  più  tardi  l'ipotesi  del  Locus  Valenhae  fa- 
cevagli  balenare  la  soluzione  della  strana  grafìa  et 
Loci  Valentiae  svolgentesi  dall'enigmatico  «  Rociva  ». 


» 
» 


Di  valore  soltanto  problematico  e  finora  da  esclu- 
dere dal  campo  delle  scoperte  numismatiche  sono 
invece  le  zecche  di  Novello  (circondario  d'Alba),  di 
Millesimo  (circondario  di  Savona),  di  Pietra  Gavina 
presso  Voghera,  di  Mede  in  LomelHna  e  di  Mon- 
dondone,  presso  Mede,  presentate  come  nuove  zecche 
finora  sconosciute  al  Congresso  Internazionale  di 
Scienze  Storiche  in  Roma  nel  1903,  pubblicate  negli 
Atti  di  quel  Congresso  l'anno  dopo  <'),  e  notate  anche 
da  me  fra  le  zecche  discutibili  nello  Schizzo  topogra- 
fico delle  zecche  lombarde,  presentato  pure  a  quel 
Congresso  ^^). 

Quanto  a  Novello  e  a  Millesimo,  che  anche  i  fra- 
telli Gnecchi  s'erano  affrettati  ad  includere  nella  loro 
Bibliografia  delle  zecche  *3)  in  sèguito  appunto  al  primo 
lavoro  dell'Ambrosoli,  che  ne  annunziava  la  nuova 
assegnazione  (4),  esse  sono  ora  annientate  dalla  mo- 
neta inedita  di  Ponzone,  che  vede  la   luce  in    occa- 


(i)  Solone  Ambrosoli  :  Di  alcune  nuove  zecche  italiane  in  Atti  dei 
Congresso  Internazionale  di  Scienze  Storiche.  Roma,  Accademia  dei  Lincei 
1904,  voi.  VI,  Numismatica,  pag.  183  e  segg. 

(2)  Serafino  Ricci  :  Sull'ordinamento  delle  zecche  italiane  medioevali 
e  moderne.  Relazione  con  uno  schizzo  topografico  delle  zecche  lombarde  e 
tabella  dichiarativa  ;  ibidem,  pag.  15  e  segg. 

(3)  Francesco  ed  Ercole  Gnecchi;  Saggio  di  bibliografia  numisma- 
tica delle  zecche  italiane.  Milano,  Cogliati,  1889,  pag.  215  e  255. 

(4)  Solone  Ambrosoli  :  //  ripostiglio  di  Lurate  Abbate  in  Riv.  Hai. 
di  Nutn.,  I,  (1888)  pag.  10  dell'estratto. 


LOPERA    NUMISMATICA    DI    SOLONE    AMBROSOLI  25 

sione  del  Primo  Centenario  del  Gabinetto  Numisma- 
tico di  Brera  nell'omaggio  presentato  dal  Circolo 
Numismatico  milanese  <i>;  le  altre  zecche,  non  con- 
fortate da  alcuna  indicazione  di  codici,  ne  da  con- 
ferma di  monete  più  chiare  e  decifrabili,  hanno  troppo 
deboli  elementi  di  vita  da  lanciarle  con  fiducia  nel 
campo  scientifico,  e  faremmo  torto  alla  fama  dell'Am- 
brosoli  se  proprio  oggi  gliene  facessimo  un  vanto. 
Va  ristudiata  tutta  la  questione  di  queste  zecche  più 
pacatamente  e  con  maggiori  mezzi  scientifici  a  nostra 
disposizione. 

Una  certa  sussistenza  ha  invece  il  tentativo  del- 
l'Ambrosoli  di  identificare  il  bissalo  visconteo,  che 
si  attribuisce  a  Gian  Carlo  Visconti,  coi  bissoli  di 
Cantù  "^2),  poiché  da  un  lato  il  cav.  Giuseppe  Gavazzi 
e  gli  stessi  fratelli  Gnecchi,  editori  delle  Monete  di 
Milano,  asserivano  che  il  bissolo  in  questione  doveva 
essere  stato  coniato  in  un'altra  zecca  che  non  fosse 
Milano  (3),  dall'altro  lato  l' ing.  Motta,  benemerito  bi- 
bliotecario della  Trivulziana,  aveva  riconosciuto  in 
un  codice  di  quell'insigne  biblioteca  citati  i  bissali 
da  Monza  e  da  Cantù.  Quindi  anche  questa  città 
aveva  la  sua  zecca,  e  noi  ora  staremo  con  gli  occhi 
aperti  per  rintracciare  altri  bissò/i  e  altri  dati  che  ne 
confermino  l'esistenza  così  felicemente  provata. 

Tutte  le  altre  dissertazioni  dell'Ambrosoli  nel 
campo  medioevale  non  escono  dal  contributo  della 
descrizione  e  della  critica,  la  quale  però  più   d'una 


(i)  Circolo  Numismatico  Milanese:  Fascicolo-omaggio  per  il  Primo 
Centenario  del  /?.  Gabinetto  Numismatico  ili  Brera  :  Note  ili  numismatica 
e  d'archivio.  Milano,  Crespi,  1908. 

(3)  Solone  Ambrosoli  :  La  zecca  di  Cantit  e  un  codice  delta  Trivul- 
ziana. Milano,  Cogliati,  1904,  pag.  475  e  segg. 

(3)  F.  e  E.  Gnecchi:  Le  monete  di  Milano  in  Supplemento,  tav.  LVII, 
n.  4,  cfr.  Giuseppe  Gavazzi  :  A  proposito  delle  monete  dt  Gian  Carlo  Vi- 
sconti in  /?»■?'.  //.  di  Num.,  1888,  pag.  225  e  segg. 


26  SERAFINO     RICCI 


volta  corresse  errori  e  modificò  date  e  attribuzioni 
di  monete,  perchè  in  ogni  sua  ricerca  il  mio  maestro 
non  s'allontanava  mai  dal  severo  e  rigido  metodo 
scientifico.  Le  più  importanti  di  queste  sue  disserta- 
zioni, occasionate  da  monete  che  erano  immesse  nelle 
collezioni  di  Brera,  sono  poi  riunite  in  un  lavoro 
riassuntivo  ('). 

» 

»    * 

Se  a  tutta  questa  attività  dell'Ambrosoli  aggiun- 
giamo quanto  egli  pubblicò  nel  campo  della  meda- 
glistica e  in  opere  di  carattere  più  generale,  un  altro 
lato  non  meno  pregevole  di  operosità  scientifica  ci 
si  schiude  dinanzi  (^),  e  se  noi  poi  aggiungessimo 
quanto  egli  fece  come  traduttore  di  opere  nelle  lin- 
gue del  nord  (di  cui  oggi  non  dobbiamo  qui  occu- 
parci e  non  ne  abbiamo  la  competenza),  si  conclu- 
derebbe anche  favorevolmente  a  una  certa  qual  non 


(i)  Solone  Ambrosoli  :  Alcuni  acquisti  del  R.  Gabinetto  Numisma- 
tico di  Brera  (iSSjigoo)  :  Monete  di  zecche  italiane  in  Riv.  Hai.  di  Nu- 
mismatica,  1902. 

(2)  Pregevoli  scpratlutto  le  ricerche:  Una  medaglia  inedita  del  Museo 
di  Brera  (Riv.  11.  di  Num.,  1888).  —  Una  medaglia  di  Antonio  Abondio 
(ibidem,  1889).  —  Una  medaglia  inedita  di  Giacomo  Jonghelinck  (ibidem, 
1891).  —  Di  un  medaglista  ignoto  del  secolo  XVI  (ibidem,  1901).  —  Una 
medaglia  poco  nota  di  Papa  Pio  IV  (Roma  e  la  Lombardia,  1903).  — 
Sono  utili  per  il  ciclo  completo  delle  medaglie  che  illustrano:  Le  meda- 
glie di  Alessandro  Volta  in  Riv.  It.  di  Num.,  1899  con  la  I"  e  II"  aggiunta 
(1902-1904).  —  Le  medaglie  di  Giuseppe  Verdi.  —  La  bibliografia  com- 
pleta delle  sue  opere  (Ved.  Rivista  Italiana  di  Numismatica,  1906, 
pag.  442  e  eegg.  ;  cfr.  S.  Ricci  in  Bollettino  Ital.  di  Num.,  1907)  porta 
anche  la  traduzione  dal  tedesco  del  lavoro  di  Robert  von  Schneider: 
Di  una  medaglietta  anonima  mantovana  (Riv.  li.  di  Num.,  1900).  —  La 
targhetta  commemorativa  del  V  Congresso  Geografico  italiano.  Milano, 
Diario  del  Congresso,  1901.  —  Placchelte  italiane  in  Rassegna  d'Arte, 
1901  e  Placchelte  italiane  moderne  in  Riv.  It.  di  Num.,  1901.  —  A  propos 
d'une  medaille  Siennoise  in  Bull,  intern.  de  Num.,  Parigi,  1802.  —  Me- 
daglie del  Petrarca  nel  R.  Gab.  Num.  di  Brera,  nel  volume  Da  Dante 
a  Leopardi  per  nozze  Scherillo-Negri.  Milano  1904. 


L  OPERA    NUMISMATICA    DI    SOLONE    AMBROSOLI  27 

comune  versatilità  di  ingegno  tanto  nel  campo  filolo- 
gico e  letterario,  quanto  in  quello  storico-critico  ^^). 
Ma,  per  rimanere  nel  campo  delle  discipline  numi- 
smatiche, riparliamo  delle  sue  opere  di  divulgazione 
intorno  alla  numismatica  medioevale  e  moderna. 

L'Ambrosoli  non  ebbe  fiducia  nell'efficacia  del- 
l'insegnamento universitario.  Nominato  libero  docente 
in  numismatica  per  titoli  nella  nostra  R.  Accademia 
Scientifico-Letteraria,  dopo  quella  breve  Prolusione 
che  è  inserita  nella  Rivista  italiana  di  Nwnisììiatica 
col  titolo  :  Della  numismatica  come  scienza  autonoma, 
null'altro  ne  scrisse,  né  pronunciò  riguardo  all'inse- 
gnamento. La  potenza  singolare  di  questo  per  far 
conoscere  e  apprezzare  il  campo,  i  metodi,  il  fine  di 
una  scienza  era  misconosciuta  da  lui,  oppure  egli  vi 
era  naturalmente  contrai;io,  o  per  poca  facilità  e  pas- 
sione di  parlare  in  pubblico,  o  per  troppe  occupa- 
zioni di  ufficio,  che  gli  impedivano  di  prepararsi  alle 
lezioni  con  quella  scrupolosa  diligenza  ch'egli  cre- 
deva doverosa,  trattandosi  d'insegnamento  superiore. 

E  questo  tolse  a  lui  una  grande  soddisfazione 
di  più,  e  privò  l'Accademia  del  contributo  di  disci- 
plina si  può  dire  nuova  per  l' insegnamento  univer- 
sitario. Fu    rotto   anzi  ogni  legame   tra    i    corsi    nu- 


(l)  Oltre  i  numerosi  Manuali  citati,  i  vari  necrologi,  le  moltissime 
recensioni  inserite  nella  Rivista  Italiana  di  Numismatica,  che  sono 
pregevoli  per  le  indagini  storiche  e  per  gli  elenchi  bibliografici,  oppure 
per  le  ricerche  e  le  considerazioni  numismatiche,  mitiaino  i  lavori:  Breve 
relazione  di  un  viaggio  ad  Atene  e  Costantinopoli.  Milano,  1892.  —  Della 
numismatica  come  scienza  autonoma  (Riv.  II.  di  Sum.,  1893).  —  Museo 
Provinciale  di  Catanzaro:  1  Monete  romane  e  bisantine;  li  Monete  me- 
dioevali e  moderne  ;  Medaglie.  Catanzaro,  1894.  —  Giangiacomo  de'  Me- 
dici, castellano  di  Musso  (1523  1532)  Saggio  bihliografico  con  particolare 
riguardo  alle  sue  monete.  Milani-,  1895.  —  Bibliografìa  numismatica  di 
Gian  Giacomo  de'  Medici,  castellano   di   Musso  (Riv.  II.  di  Num.,  1896I. 

—  Vocubolarietto  pei  numismatici,  in  sette  lingue.    Milano,  Hi.epli,  1897. 

—  Intorno  all'uso  delle  lingue  nazionali  negli  scritti  di  numismatica   in 
Alti  del  Congr.  Intern.  di  Scienze  Storiche.  Roma,  1904. 


28  SERAFINO    RICCI 


mismatici  all'Accademia  e  il  museo  numismatico  di 
Brera,  che  sotto  il  Biondelli  era  Gabinetto  universi- 
tario, e  anche  questo  fu  dannoso,  perchè  i  giovani 
incominciarono  a  disimpararne  la  via  e  a  non  consi- 
derare lo  studio  delle  pregevoli  collezioni  antiche 
e  moderne  come  uno  dei  fondamenti  più  saldi  delle 
ricerche  archeologiche,  storiche  e  artistiche,  mentre 
nessuno  sarebbe  stato  più  autorevole  dell'Ambrosoli 
per  mostrarne  tutta  la  vastità,  l' importanza  e  lo 
stretto  legame  con  la  cultura  superiore  della  nostra 
gioventù  studiosa. 

Ma  oltre  a  una  certa  ripugnanza  innata  a  pre- 
sentarsi al  pubblico,  che  confinava  con  una  timidità 
talora  infantile,  l'Ambrosoli  s'era  accorto  che  per 
r  insegnamento  numismatico  i  tempi  non  erano  an- 
cora maturi,  come  in  fondQ  non  lo  sono  neanche 
oggi,  in  cui  gli  scolari  sorridono  udendo  parlare  di 
numismatica,  ed  è  il  sorriso  più  innocente  di  questo 
mondo,  perchè  viene  dalla  completa  ignoranza  di 
quel  che  possa  essere  e  divenire  la  nostra  scienza. 
Dinanzi  a  ostilità  di  varia  natura,  egli  non  affrontò 
l'opinione  pubblica,  ma  si  rinchiuse  sdegnoso  nel  suo 
museo,  che  doveva  essere  la  sua  gloria,  e  si  studiò, 
invece,  di  irradiare  da  quello  la  luce  più  viva  e  più 
diffusa  possibile.  E  sognò  la  divulgazione  della  nu- 
mismatica per  mezzo  dei  manuali,  anche  nella  parte 
medioevale  e  moderna,  e  vi  riuscì.  Il  manuale  di  Nu- 
mismatica del  1891,  perfezionato  nella  terza  edizione 
e  nella  quarta  in  cui  è,  si  può  dire,  postumo,  è  un 
gioiello  del  genere,  sopratutto  per  la  parte  medioe- 
vale. L'unica  cosa  che  io  non  approvo  è  l'aver  tolto 
nelle  ultime  due  edizioni  il  prontuario  dei  motti  e 
delle  leggende,  il  quale,  come  l'altro  dei  santi,  è  uti- 
lissimo a  tutti,  anche  agli  specialisti.  È  vero  che 
l'Ambrosoli  vi  fu  indotto  dalla  speranza  di  fare  un 
manuale  a  parte  dei  motti  e  delle  leggende,  ora  che 


l'opera  numismatica  di  solone  ambrosou  29 

diffusamente  fu  ritrattato  questo  importante  argomento 
nel  nostro  Bollettino  italiano  di  Numismatica  dalla 
penna  del  defunto  Giovanni  Donati  ;  ma  intanto  si 
rese  defunto  anche  l'Ambrosoli  e  il  Manuale  manca 
di  un  capitolo  importante. 

In  ogni  modo  la  distribuzione  geografica,  chiara 
e  sobria,  è  resa  viva  dalle  indicazioni  bibliografiche 
esaurienti,  e  le  serie  dei  regnanti  e  dei  papi  alle  sin- 
gole zecche  orientano  tosto  gli  studiosi  per  le  ri- 
cerche; manca  la  descrizione  delle  monete  e  della 
mancanza  s'avvide  negli  ultimi  tempi  l'Ambrosoli 
col  supplirvi  con  altri  due  Manuali  :  VAtlantino  delle 
monete  papali  a  compimento  del  Cinagli  (1905)  e 
V Atlante  Numismatico  moderno  (1906),  entrambi  però 
suscettibili  di  miglioramenti  e  di  aggiunte. 

Infatti,  ormai  il  Mannaie  Ambrosoli  rimane  im- 
pari al  progresso  continuo  incessante  della  parte 
numismatica  medioevale  e  moderna,  e  ormai  s'invo- 
cano dagli  studiosi  i  manuali  delle  singole  zecche 
maggiori,  non  appena  gli  studi  degli  specialisti  avranno 
condotto  a  un  risultato  esauriente  e  sicuro. 

Solone  Ambrosoli  un  bel  giorno  ebbe  paura 
egli  stesso  della  propaganda  numismatica  che  aveva 
fatto,  e  nella  sua  timida,  ma  leale  scrupolosità  di  stu- 
dioso e  di  scienziato  non  trovava  i  mezzi  per  debel- 
larla, come  diceva  spesso.  E  questo  diventava  in  lui 
una  fobìa.  Eppure  quest'uomo,  che  non  voleva  la  luce 
elettrica  nel  suo  ufficio  per  paura  d' incendio,  non  il 
telefono  per  non  essere  disturbato,  dalla  mattina 
alla  sera  era  là  nel  suo  museo,  curvo  sui  libri;  egli, 
natura  forte,  vigorosa,  nata  forse  alla  luce,  al  sole, 
al  moto,  preparava  lentamente  lo  sfacelo  del  suo  es- 
sere per  la  voluttà  di  finire  una  ricerca  prediletta  e 
di  sentirsi  per  questo  solo,  indipendentemente  dai 
concetti  di  lucro  o  di  ambizione,  soldato  del  dovere 
che  sacrifica  la  vita,  ove  occorra,  per  la  sua  bandiera. 


30  SERAFINO    RICCI 


Solone  Ambrosoli  è  colpevole  incosciente  di 
questo  suo  lento  suicidio.  D'antico  stampo,  ligio  al 
dovere,  di  una  correttezza  e  di  uno  scrupolo  in  certe 
inezie  perfino  esagerato,  schivo  della  pubblicità  sotto 
tutte  le  forme,  egli  attese  dal  suo  posto  che  gli  altri 
venissero  a  lui,  e  venivano  pur  troppo  a  disturbarlo 
a  solo  proprio  vantaggio,  ed  egli  ne  rimaneva  vit- 
tima volontaria,  quasi  contenta;  sempre  affabile,  cor- 
tese fin  troppo,  anche  con  l'umile  fattorino  postale  che 
gli  portava  una  moneta,  perchè  questi  rappresentava 
per  lui  una  parte  di  quel  pubblico  che  intendeva 
erudire  coi  suoi  manuali. 

Spaventato  dall'incremento  della  numismatica  in 
questi  ultimi  anni,  quando  vide  a  poco  a  poco  affol- 
larsi di  pubblico  vario,  dotto  e  indotto,  quel  museo 
che  prima  era  quasi  deserto,  tentò  tenerlo  lontano 
col  ripetere  ai  più  audaci,  che  sconfinavano  nelle  do- 
mande, quel  severo  «  monete  e  medaglie  »  che  l'Am- 
brosoli,  da  adirato  esclusivista,  gridava  contro  chi 
voleva  sfruttarlo  per  ogni  genere  d'antichità  e  d'arte; 
diventava  talora  così  esclusivista  da  non  riconoscere 
nemmeno  ciò  che  ai  suoi  studi  stessi  avrebbe  gio- 
vato, e  alla  scienza  occorreva  come  utile  sussidio.  Mi 
ricordo  ch'egli  condannò  perfino  una  circolare,  che 
a  me  pareva  necessaria,  rivolta  ai  sindaci  perchè 
curassero  negli  scavi  archeologici  fortuiti  di  conser- 
vare tutte  le  monete  trovate  al  loro  posto,  o  nei  re- 
cipienti fittili,  oppure  nelle  tombe  che  si  andavano 
scoprendo;  ma  d'altra  parte  egli.  Solone  Ambrosoli, 
al  più  umile  garzone  di  negozio  non  era  capace  di 
negare  un  favore,  e  subiva  tutto  e  tutti  con  uno 
strano  quietismo,  senza  mai  che  quella  voce  si  fosse 
alzata,  e,  notando  il  contrasto  stridente  fra  quello 
ch'egli  era  e  quello  che  dava  e  quello  con  cui  lo  si 
ricompensava,  come  a  un  servo  si  dà  la  mercede, 
egli  avesse  osato  gridare  all'  ingiustizia  e  ribellarsi, 


l'opera  numismatica  di  solone  ambrosoli  31 

non  in  nome  suo  e  della  sua  famiglia,  perchè  almeno 
aveva  la  fortuna  di  non  averne  bisogno,  ma,  dico, 
in  nome  della  scienza,  dell'  incremento  del  suo  stesso 
museo,  del  riordinamento  delle  raccolte,  della  pubbli- 
cazione del  catalogo  scientifico,  che  ancora  attende, 
dopo  un  secolo  di  vita  numismatica,  il  suo  autore. 
Ma  l'Ambrosoli  aveva  fede  di  vivere  e  di  lavorare 
ancora  molto.  E  sempre  sperando  di  giungere  in 
tempo,  lo  colse  sprovvisto,  impreparato,  la  sera  della 
vita,  senza  che  potesse  vedere  coronati  i  frutti  del 
suo  lavoro  indefesso  e  spesso  mal  compreso.  E  re- 
clinò il  capo,  stanco,  sfinito  quel  galantuomo,  senza 
nulla  chiedere,  né  nulla  pretendere,  egli  che  tutto 
aveva  dato  quel  che  poteva  dare,  per  nulla,  o  quasi, 
di  quel  che  aveva  diritto  di  chiedere  ! 


Se  alle  ricerche  dell'Ambrosoli  i  tempi  e  gli 
uomini  meno  contrari  avessero  data  l'importanza  di 
quelle  linguistiche  o  filologiche,  dove  pur  ben  di  rado 
la  indubbia  lotta  coi  prefissi  e  coi  suffissi  riesce  poi 
ad  aprirsi  il  varco  dalla  parola  al  pensiero,  e  molto 
meno  squarcia  di  inaspettata  e  meridiana  luce  tutto  un 
periodo  storico,  come  fanno  le  monete  e  le  medaglie, 
ben  altro  si  sarebbe  detto  di  Solone  Ambrosoli  e 
più  benemerito  parrebbe  oggi  in  faccia  alla  critica 
a  alla  storia  della  scienza. 

Ma  egli  ci  sorride  dal  busto  con  quella  sua  bona- 
rietà naturale,  perchè  sa  che,  più  tardi,  mutati  i  tempi 
e  gli  apprezzamenti,  quando  la  numismatica  entrerà 
sovrana  con  l'epigrafia  e  l'antichità  da  un  lato,  con  la 
storia  e  1'  arte  dall'  altro  nel  tempio  della  scienza, 
noi  dovremo  ancora  rivolgerci  riconoscenti  alla  me- 
moria sua,  perchè  Solone  Ambrosoli  fu  nel  secolo 
che  è  morto  il  vero  pioniere  e  divulgatore,  che  con- 


32  SERAFINO    RICCI 


tinuò  degnamente  e  ampliò  la  nostra  gloriosa  tra- 
dizione italiana  negli  studi  che  ci  diedero  Ennio 
Quirino  Visconti,  Bartolomeo  Borghesi,  Domenico 
Promis.  Egli  stette  sempre  sul  posto  di  battaglia, 
dove  più  folta  era  la  mischia,  anche  quando  pareva 
al  pubblico  eh'  egli  stesse  a  poltrire  nella  comoda 
nicchia  di  Brera  e  che  volesse  di  proposito  schivare 
la  società  per  far  parte  da  se  stesso. 

Dalla  vita,  infatti,  così  affascinante  di  bellezza 
e  di  gioia,  ove  si  prova  il  disinganno,  ma  è  potente 
la  passione,  dove  avvince  talora  la  voluttà  della 
lotta  pel  bene,  per  la  gloria,  anche  quando  si  cade 
per  essa  affranti  o  incompresi,  si  vide  un  giorno  l'Am- 
brosoli  scomparire  come  rassegnato  e  tranquillo. 
Speriamo  che  dall'affetto  vero  e  costante  della  mo- 
glie adorata,  nella  tacita  gara  di  divenire  primo 
fra  i  numismatici  italiani,  abbia  tratto  quei  conforti 
che  un  altro  carattere  più  battagliero,  più  espansivo, 
più  dominatore  avrebbe  attinto  alle  fonti  dirette  e 
varie  di  una  vita  pubblica,  in  mezzo  alla  società. 

Noi  oggi  poniamo  riverenti  un  ramo  di  lauro  a 
pie  del  suo  busto;  nessuna  fronda  può  essere  più 
gradita  al  forte  e  modesto  lavoratore! 

Quando  col  veloce  trascorrere  del  tempo  si  per- 
deranno nella  memoria  i  lineamenti  della  persona  e 
non  resterà  che  l'idea,  quel  lauro  nella  nostra  fan- 
tasia possa  vedersi  crescere  d' intorno  folti  rami  vi- 
goreggianti,  che  ombreggino  con  le  loro  frondi  ospi- 
tali il  tronco  avito  da  cui  germinarono. 

Milano,  febbraio  1908. 

Serafino  Ricci. 


R.  GABINETTO  NVMISMATICO  E  MEDAGLIERE  NAZIONALE  DI  BRERA  IN  MILANO 
SALA  DEGLI  STIPI  E  DELLE  VETRINE 


i 


IL  R.  GABINETTO  NUMISMATICO 

DI     BRERA 


I 


Il  decreto  che  istituiva  a  Milano  il  Reale  Gabi- 
netto di  Medaglie  e  Monete,  porta  la  data  del  7  mag- 
gio 1808  ed  è  per  questo  che  oggi  ne  celebriamo  il 
centenario  ;  ma  la  sua  origine  data  da  qualche  anno 
prima. 

La  sua  storia  è  collegata  a  quella  della  zecca 
milanese,  come  a  quella  del  principio  della  domina- 
zione napoleonica  e  al  nome  del  chiarissimo  archeo- 
logo Gaetano  Cattaneo,  che  fu  quegli  che  ne  gittò 
le  prime  basi,  che  riuscì  a  farlo  eleggere  in  Istituto 
autonomo,  e  che  più  tardi  lo  salvò  dal  pericolo  di 
vederlo  trasportato  a  Parigi,  come  già  era  stato  de- 
cretato e  come  pur  troppo  avvenne  in  quell'epoca, 
di  molte  preziose  collezioni  artistiche  e  scientifiche 
dell'  Italia. 

Al  principio  dello  scorso  secolo  Gaetano  Cat- 
taneo veniva  aggregato  alla  zecca  di  Milano  in  qua- 
lità di  disegnatore.  Avendo  assistito  una  volta  ca- 
sualmente a  una  fondita  di  monete  d'oro,  osservò 
come  nella  massa  ve  ne  fossero  alcune  di  non  lieve 
storica  importanza  e,  male  soffrendo  che  tale  vanda- 
lismo venisse  giornalmente  consumato  in  un  pubblico 
stabilimento,  pensò  di  richiamare  l'attenzione  della 
Sopraintendenza  generale  delle  zecche.  Questa  non 
fu  sorda  al  richiamo  e,,  comprendendo  il  sentimento 
eminentemente  civile  che  guidava  lo  spirito  del  Cat- 


34 


FRANCESCO    GNECCHI 


taneo,  prese  tosto  le  opportune  intelligenze  col  Mi- 
nistro delle  Finanze,  l' infelice  Prina,  il  quale  aderì 
di  buon  grado  all'onesta  domanda  del  Cattaneo  e 
con  decreto  20  dicembre  1803  ordinò  che  delle  vec- 
chie monete  destinate  al  crogiuolo,  venisse  sempre 
fatta  una  scelta  e  fossero  ritirate  tutte  quelle  giudi- 
cate meritevoli  di  conservazione.  Di  tale  scelta  venne 
incaricato  il  Cattaneo,  il  quale  così  iniziò  una  colle- 
zione numismatica  presso  la  zecca  stessa. 

A  formarne  il  primo  nucleo  il  Sopraintendente 
generale  conte  Isimbardi  ofifrì  alcune  medaglie  d'ar- 
gento di  sua  proprietà  ed  altre  ne  offrì  pure  lo 
stesso  Ministro.  Alcuni  piccoli  acquisti  fatti  occasio- 
nalmente e  in  Italia  e  fuori  di  monete  e  medaglie 
d'ogni  epoca  e  d'ogni  paese  nei  primi  quattro  anni 
portarono  il  numero  dei  pezzi  a  duemila,  ma  fu  solo 
dopo  questo  periodo  che  le  diverse  serie  così  ab- 
bozzate vennero  aumentate  da  regolari  compere  fatte 
presso  negozianti  o  meglio  ancora  da  acquisti  di 
intere  collezioni. 

Frattanto  il  Cattaneo  approfittava  della  soppres- 
sione nelle  zecche  di  Mantova  e  di  Modena  per  ar- 
ricchire il  suo  incipiente  gabinetto  numismatico  di 
circa  1500  pezzi  fra  punzoni,  matrici  e  conii  prove- 
nienti da  quelle.  A  queste  univa  poi  tutti  i  vecchi 
conii  e  punzoni  esistenti  nelle  zecche  di  Milano  e 
di  Bologna,  formando  così  un  totale  di  oltre  2000 
pezzi  interessantissimi. 

Il  primo  vero  acquisto  venne  fatto  nel  1807  col 
materiale  di  due  collezioni  milanesi,  la  prima  di  mo- 
nete posseduta  dal  marchese  Giulio  Beccaria,  la  se- 
conda di  medaglie  formata  dall'abate  Frisi. 

Nel  1808  e  precisamente  nel  giorno  7  maggio, 
data  del  decreto  di  fondazione  del  Gabinetto,  veniva 
coU'assenso  del  Ministro  e  coU'approvazione  del 
Principe  Viceré  stipulato  per  30,000  lire   di   Milano 


IL    R.    GABINETTO    NUMISMATICO    DI   BRERA  35 


il  contratto  d'acquisto  della  collezione  romana  del 
Duca  di  Ccriliano-Saluzzo.  già  appartenuta  al  P.  Fe- 
lice Caronni,  costituita  da  circa  5000  pezzi,  fra  cui 
254  aurei.  Nello  stesso  anno  veniva  pure  acquistata 
per  20,000  lire  una  collezione  greca  (1700  pezzi) 
dell'archeologo  inglese  Giacomo  Millingen,  e  per 
altre  10,000  lire  la  collezione  del  milanese  marchese 
Anguissola.  Così  il  1808  può  segnarsi  albo  lapillo, 
come  l'anno  più  fortunato  del  nostro  Gabinetto. 

L'attività  del  Cattaneo  poi  non  s'era  limitata 
alla  collezione  delle  monete,  ma  s'era  estesa  anche 
a  quella  non  meno  importante  dei  libri  numismatici. 
Nei  primi-  otto  anni  aveva  speso  90.000  lire,  racco- 
gliendo una  copiosa  biblioteca  di  oltre  ottomila  vo- 
lumi, la  quale  formava  degno  complemento  alle  rac- 
colte numismatiche.  Così  il  lavoro  aumentava  e  verso 
la  fine  del  1808,  il  Cattaneo  non  potendo  più  reg- 
gere solo  a  classificare  e  catalogare  monete  e  libri, 
ottenne  che  gli  venisse  assegnato  come  collaboratore 
il  giovane  Carlo  Zardetti. 

Nel  1809  vennero  pure  fatti  diversi  acquisti, 
fra  cui,  principale,  uno  d'aurei  romani  a  Torino. 
Acquisti  di  minore  importanza  furono  fatti  nel  1810; 
ma  fu  appunto  in  quest'anno  che  le  prime  delusioni 
aftlissero  il  povero  Cattaneo,  il  quale  abituato  alla 
buona  fede  negli  acquisti,  fu  tratto  in  inganno,  come 
lo  furono  del  resto  tutti  1  direttori  dei  Musei  di 
Europa,  da  quel  l'amoso  falsario  che  fu  Guglielmo 
Becker  di  Mannheim..  Avendo  fatto  un  rilevante  acqui- 
sto di  aurei  romani,  dovette  poi  riconoscere  che  ai 
pezzi  genuini  era  frammischiata  una  dozzina  di  falsi. 
Lungi  però  dallo  scoraggiarsi  per  l'ingrata  sorpresa, 
ne  trasse  profitto,  istituendo  una  serie  di  monete 
false  che  presto  raggiunsero  il  migliaio  e  che  de- 
stinò a  servire  di  scuola  e  di  esperienza  per  chi  si 
dedica  alla  raccolta  delle  monete. 


36 


FRANCESCO     GNECCHI 


Nel  1811  intraprese  a  viaggiare  l'Europa  per 
conoscere  le  collezioni  dei  principali  Musei  e  con- 
tinuò gli  acquisti  specialmente  con  pezzi  scelti  fra  le 
raccolte  Pisani  e  Collalto  di  Venezia,  da  quella  del- 
l'Abate Hottari  di  Chioggia  e  più  ancora  coU'aggre- 
gazione  dell'  intera  collezione  Sanclemente  di  Cre- 
mona. La  collezione  venne  pagata  14,600  lire  ita- 
liane, ed  è  illustrata  dallo  stesso  proprietario  (^). 

1  primordi!  del  1812  furono  contrassegnati  da 
un  decreto  vicereale  in  forza  del  quale  venne  asse- 
gnato al  Gabinetto,  con  una  munificenza  al  giorno 
d'oggi  affatto  sconosciuta,  la  somma  di  30,000  lire. 
Il  che  non  tolse  che  altri  sussidii  venissero  di  tempo 
in  tempo  accordati  dietro  le  richieste  del  Cattaneo, 
il  quale  in  quell'anno  intraprese  anche  un  viaggio 
in  Germania  per  conoscere  quei  Musei  e  vi  fece 
parecchi  importanti  acquisti,  fra  cui  principale  quello 
della  collezione  Canonici  a  Venezia  (per  L.  24,000) 
ricca  di  una  bella  serie  di  medaglioni,  serie  che 
ancora  mancava  al  nostro  Gabinetto. 

L'anno  1813  infausto  all'Italia  non  solo  ma  a 
tutta  r  Europa,  estese  la  sua  ingrata  influenza  anche 
sopra  il  R.  Gabinetto.  Il  tesoro  era  esaurito,  e  le 
collezioni  numismatiche  non  ebbero  in  quell'anno  che 
lievissimo  aumento,  malgrado  che  l'attivo  direttore, 
in  mancanza  di  denaro,  avesse  tentato  di  supplire 
con  vendite  e  cambi  di  duplicati.  Ma  la  fine  di  quel- 
l'anno minacciò  di  riuscire  fatale  al  nascente  Ga- 
binetto. L'8  novembre  veniva  rimesso  al  direttore 
un  ordine  ministeriale  di  estrarre  dal  R.  Gabinetto 
tutto  quanto  vi  si  trovava  di  riputata  importanza  e 
di  tenerlo  pronto  per  essere  spedito.  Per  quanto  do- 
loroso, l'ordine  dovette  essere  eseguito  e  non  fu  che 
in  seguito  ai  passi  che  l'amarezza  del  caso  suggerì 


(i)  Numismata  selccta  Musaei  Saiiclenientiani. 


IL   R.   GABINETTO   NUMISMATICO    DI    BRERA  37 

al  direttore  presso  il  Ministro,  che  la  minacciata  di- 
spersione venne  scongiurata. 

Il  1814  passò  egualmente  sterile  per  acquisti  e 
il  181 5  portava  di  nuovo  la  dominazione  austriaca 
a  Milano,  della  quale  non  potè  però  lagnarsi  il  R.  Ga- 
binetto. Sapeva  il  Cattaneo  che  le  scienze  e  le  arti 
erano  ben  vedute  alla  Corte  di  Vienna  e,  senza  perder 
tempo,  presentò  a  mezzo  del  maresciallo  Bellegarde 
un  memoriale  in  cui,  dopo  aver  presentato  un  ca- 
talogo delle  raccolte,  e  un  prospetto  dello  stato  at- 
tuale del  Gabinetto,  chiedeva  quanto  era  necessario 
per  la  conservazione  e  l' incremento  di  un  istituto 
a  cui  aveva  già  consacrati  tanti  anni  e  tante  cure. 
Il  responso  fu  assai  lusinghiero  e  confortante  pel 
Cattaneo,  il  quale  si  vide  provvisto  di  mezzi  (nel 
seguente  anno  si  spesero  circa  20,000  lire),  fornito 
di  nuovi  locali  alla  zecca,  coadiuvato  da  due  colla- 
boratori addetti  l'uno  alla  parte  antica  e  l'altro  alla 
parte  moderna. 

Ma  il  R.  Gabinetto  che  aveva  già  errato  qua  e 
là  in  diversi  locali  della  zecca,  per  l'aumento  con- 
tinuo delle  monete  e  più  ancora  della  biblioteca,  si 
trovava  ormai  a  disagio  e  gli  occorreva  una  sede 
meglio  appropriata. 

Fu  in  data  12  gennaio  1817  che  il  Direttore 
Provvisorio  (titolo  che  non  era  mai  stato  cambiato 
dal  principio  dell'  istituzione),  riceveva  un  dispaccio 
governativo,  in  cui  si  diceva  :  che  il  Gabinetto  Numi 
stnatico  colla  raccolta  dei  libri  relativi  debbano  traspor- 
tarsi dalla  zecca  nel  locale  di  Brera  e  che  vi  esistano 
separatamente  e  indipendentemente  da  quella  Biblioteca; 
ma  che  i  detti  libri  per  renderli  profittevoli,  siano  de- 
stinati, come  quelli  della  Biblioteca,  a  pubblico  uso  sotto 
l'osservanza  delle  convenienti  cautele. 

Dichiarato  per  tal  modo  Istituto  scientifico  auto- 
nomo e  reso  indipendente  dalla    Direzione    generale 


38  FRANCESCO    GNECCHI 


della  zecca,  il  Gabinetto  numismatico  e  la  relativa 
Biblioteca  trovarono  molto  decoroso  collocamento 
nel  Palazzo  di  Brera  e  precisamente  nelle  sale  già 
occupate  dall'Istituto  di  Scienze  e  Lettere  del  ces- 
sato regno  d'Italia,  accanto  a  quelle  delle  Biblioteca. 

Ma  i  tempi  non  volgevano  piìi  tanto  propizii 
all'  Istituzione.  Un  dispaccio  governativo  in  data  15 
ottobre  1818  avvertiva  il  direttore  che  S.  M.  erasi 
degnata  di  sistemare  l'I.  R.  Gabinetto  con  un  diret- 
tore provvisto  dell'annuo  stipendio  di  L.  3070,  un 
aggiunto  con  L.  2000  e  un  inserviente  con  L.  600. 

Per  le  spese  necessarie  agli  acquisti  si  assegna- 
vano L.  6000.  Tali  assegnazioni,  che  parrebbero  pro- 
dighe al  giorno  d'oggi,  parvero  invece  assai  me- 
schine al  Cattaneo,  abituato  alle  larghezze  anteriori. 
Ma,  malgrado  tutte  le  sue  rimostranze,  il  Governo 
fu  irremovibile,  e  solo  alcuni  anni  dopo  vennero  ac- 
cordati due  impiegati  interinali,  i  quali  però  fecero 
cattiva  prova. 

Il  Gabinetto  quindi,  dopo  i  suoi  primi  anni  di 
slancio,  trascorse  una  lunga  epoca  di  torpore  fra 
l'abbandono  del  governo  e  l'indifferenza  del  pubblico, 
quantunque  però  de'  suoi  tesori  approfittassero  pa- 
recchi eruditi  italiani  e  stranieri.  Ma  gli  aumenti 
vennero  sempre  in  misura  scarsissima  e  alla  spic- 
ciolata. Dopo  la  prima  epoca  della  formazione  non 
si  parlò  più  d'acquisti  di  collezioni  o  comunque  im- 
portanti. 

Nel  1842  al  Cattaneo  succedeva  il  dott.  Carlo 
Zardetti  e  a  questi  nel  1849  il  cav.  Bernardino  Bion- 
delli.  Il  25  agosto  di  quello  stesso  anno  1849  ve- 
niva istituito  presso  il  Gabinetto  una  cattedra  d'Ar- 
cheologia, compiendosi  così  dopo  35  anni  il  voto 
del  benemerito  fondatore  e  questa  provvida  istitu- 
zione servì  a  rilevare  alquanto  le  sorti  dell'  istituto, 
a  renderlo  noto  al  pubblico,  a  formare  dei  proseliti. 


IL    R.    GABINETTO    NUMISMATICO    DI    BRERA  39 

Nel  1864  un  fatale  decreto  del  6  settembre  stac- 
cava la  Biblioteca  numismatica  dal  Gabinetto  per 
unirla  alla  Braidense.  Non  conosciamo  quali  ragioni 
abbiano  condotto  a  tale  inconsulta  determinazione  ; 
ma  abbiamo  motivo  di  credere  che  a  ciò  sarà  rime- 
diato nella  prossima  occasione  del  trasporto  del  Ga- 
binetto al  Castello  Sforzesco. 

Il  trattamento  austriaco  del  Gabinetto  che  era 
sembrato  meschino  al  Cattaneo,  si  poteva  ancora 
chiamare  splendido,  in  confronto  a  quello  inflitto  dal 
Governo  nazionale.  Basti  dire  che  la  dotazione  per 
acquisti  fu  ridotta  alla  cifra  irrisoria  di  looo  lire  al- 
l'anno, comprese  in  questa  cifra  le  spese  di  ordi- 
naria amministrazione  (cancelleria,  riparazioni,  riscal- 
damento dei  locali,  ecc.).  Non  era  possibile  andare 
più  in  là....  nella  grettezza. 

Nel  1886  moriva  Bernardino  Biondelli  e  poco 
mancò  che  alla  sua  morte  seguisse  anche  quella  del 
Gabinetto.  Il  Governo,  non  avendo  pronto  un  suc- 
cessore, o  non  volendo  per  motivi  economici  nomi- 
narlo, chiuse  e  suggellò  il  Gabinetto.  ..  E  il  peggio 
fu  che,  durante  i  parecchi  mesi  di  questa  chiusura, 
trapelò  come  nelle  sfere  governative  si  andasse  ven- 
tilando il  progetto  se  non  di  abolire  completamente 
il  Gabinetto,  di  ucciderlo  moralmente  e  di  renderlo 
completamente  inutile,  togliendolo  dal  posto  oppor- 
tunissimo  ove  si  trovava  per  relegarlo  in  alcuni  lo- 
cali perduti  e  fuori  mano  dello  stesso  palazzo  di 
Brera,  dove,  senza  spesa  di  dotazione  e  di  direzione, 
alcune  monete  e  alcune  medaglie  esposte  a  guisa 
di  campionario  avrebbero  formato  oggetto  di  pura 
curiosità  pei  visitatori  della...  Pinacoteca.  Un  grido 
d' indignazione  si  sollevò  allora  in  Milano  e  una 
protesta  iniziata  da  chi  scrive  e  da  suo  fratello  Er- 
cole, corroborata  da  una  quarantina  di  firme  di  cit- 
tadini milanesi,  amanti  delle  patrie  istituzioni,  venne 


40  .   FRANCESCO    GNECCHI 


presentata-  a  mezzo  dei  deputati  Sola  e  Mussi  al 
Ministro  della  P.  I.,  chiedendo  la  regolare  riaper- 
tura del  Gabinetto  e  la  nomina  di  un  direttore^'). 


(i)  Ecco  il  testo  dell'  istanza  diretta  al  Ministro  della  P.  I.  ; 

Istanza  presentala  a  S.  E.  il  Ministro  detta  1.  P, 

"  I  sottoscritti,  amanti  e  gelosi  delle  istituzioni  archeologiche  che 
decorano  Milano  loro  patria,  e  desiderosi  che  tali  istituzioni  siano  messe 
in  posizione  da  poter  raggiungere  il  loro  scopo,  si  rivolgono  a  codesto 
eccelso  Ministero  pregandolo  vivamente  a  voler  prendere  in  seria  con- 
siderazione quanto  stanno  per  sottoporgli  a  nome  e  nel!'  interesse  di 
tutti  coloro  che  si  dedicano  allo  studio  dell'archeologia  e  delle  memorie 
patrie. 

"  Vedendo  con  dispiacere  come  fino  dallo  scorso  luglio  quando  mo- 
riva il  compianto  prof.  Biondelli,  il  R.  Gabinetto  Numismatico  fosse 
posto  sotto  suggelli  e  tale  rimanga  tuttora  con  grande  discapito  degli 
studiosi  si  italiani  che  forastieri,  a  cui  fu  per  tutto  questo  tempo  im 
possibile  penetrarvi,  e  alcuni  dovettero  rinunciare  a  ricerche  su  meda- 
glie che  dovevano  consultare  per  opere  da  pubblicarsi,  si  permettono 
di  sottoporre  a  V.  E.  le  seguenti  dimande  e  proposte  che  credono  ade- 
guate all'importanza  del  R.  Gabinetto  Numismatico  di  Milano  e  atte  a 
rendere  proficuo  l' immenso  materiale  scientifico  che  vi  si  racchiude,  il 
quale  altrimenti  rimarrebbe  assolutamente  inutile. 

Domande, 

I."  Il  Gabinetto  Numismatico  venga  senz'altro  indugio  aperto  al 
pubblico  colla  nomina  di  un  Direttore  coadiuvato  da  un  aggiunto;  o 
quanto  meno  provvisoriamente  da  un  ff.  di  Direttore,  dipendente  dal 
Prefetto  della  Braidense. 

2.0  Sia  stabilita  una  decorosa  dotazione  al  Gabinetto  per  acquisto 
di  monete,  medaglie  e  libri  di  Numismatica. 

3."  Vengano  rifuse  al  Gabinetto,  come  fondo  per  acquisti  di  me- 
daglie e  libri  di  Numismatica,  le  competenze  del  Direttore  e  dell'aggiunto 
decorrenti  dalla  morte  del  Direttore  Biondelli  fino  alla  riapertura  del 
Gabinetto.  E  così  pure  vengano  allo  stesso  rifuse  le  economie  fatte  in 
questi  ultimi  anni  sul  fondo  appunto  devoluto  agli  acquisti,  ma  non 
erogato. 

Proposte. 

i."  Sia  nominata  una  Consulta  o  Commissione  Numismatica  di 
otto  o  dieci  membri,  coli'  incarico  di  riunirsi  a  dwli  periodi  sotto  la  pre- 
sidenza del  Direttore,  e  coadiuvato  sia  nell'acquisto  di  libri  o  medaglie 


IL  R.    GABINETTO   NUMISMATICO   DI    BRERA  4I 

Fu  solo  nel  seguente  anno  1887,  dopo  circa  un 
anno  di  chiusura,  che  il  Gabinetto  fu  riaperto  e  no- 
minato quale  direttore  il  compianto  dott.  Solone 
Ambrosoli,  il  quale  ne  tenne  le  chiavi  fino  all'epoca 
della  sua  morte,  il  27  settembre  1906. 

L'abbandono  in  cui  fu  continuamente  lasciato 
dal  Governo  Italiano  il  Gabinetto  Numismatico  di 
Milano...  almeno  fino  allo  scorso  anno,  la  mancanza 
di  mezzi,  la  scarsità  del  personale  addetto  fecero  sì 
che  esso  rimase  sempre  senza  un  regolare  catalogo, 
ciò  che  non  solo  ne  diminuisce  immensamente  l' in- 
teresse per  gli  studiosi,  ma  accresce  d'assai  la  re- 
sponsabilità di  chi  ne  deve  ricevere,  conservare  e 
trasmettere  la  consegna.  Dopo  i  cataloghi  sommarli 
del  Cattaneo,  fu  solo  nel  1850  che  si  intraprese  per 
cura  del  dott.  G.  B.  De  Capitani  d'Arzago,  aggiunto 
per  qualche  anno  al  Biondelli,  il  catalogo  delle  mo- 
nete greche  ;  e  nel  1882,  per  cura  dell'aggiunto 
prof.  Cohen,  che  pure  vi  rimase  qualche  tempo,  si 
incominciò  a  compilare  il  Catalogo  Generale.  Ma 
tale  lavoro  rimase  incompleto  e  aspetta  sempre  una 
mano  forte  che  sappia  portarlo  a  compimento. 

Noi  ci  auguriamo  che  il  compito  possa  venire 
assunto  e  onorevolmente  condotto  a  termine  dall'at- 
tuale direttore  provvisorio  il  prof.  Serafino  Ricci, 
il  quale,  già  collaboratore  dell'Ambrosoli,  diede  prova, 
nel  breve  tempo  che  lo  supplisce,  di  interessamento 


sia  nella  corrispondenza,  nelle  pubblicazioni,  nella  compilazione  dei  ca- 
taloghi, ecc. 

2."  Venga  riunita,  come  io  fu  fino  al  1864,  al  Gabinetto  Numisma. 
tico,  la  relativa  Biblioteca,  ora  aggregata  alla  Braidense  ;  ma  pure  già 
radunata  nella  sala  speciale  attigua  al  Gabinetto. 

"  Persuasi  i  sottoscritti  che  V.  E.  non  vedrà  in  tali  domande  e  pro- 
poste che  il  loro  interessamento  alla  scienza  e  al  decoro  delle  patrie 
istituzioni,  non  dubitano  di  essere  prontamente  esauditi  e  attestano  in 
anticipazione  i  loro  sentimenti  di  riconoscenza. 

(Seguono  le  firme). 

6 


42  FRANCESCO    GNECCHI 


e  di  attività,  avendo  provocato  diversi  incrementi 
alle  collezioni  mediante  acquisti  ottenuti  dal  Mini- 
stero sia  presso  privati,  sia  alle  ultime  vendite  al- 
l' incanto,  e  al  quale  auguriamo  di  ottenere  definiti- 
vamente per  concorso  il  posto  di  direttore. 

Il  secondo  centenario  del  Gabinetto  di  Brera  sarà 
commemorato  dal  cambiamento  di  dimora.  Non  già 
che  quella  attuale  gli  fosse  divenuta  insufficiente  o 
inadatta.  L'antica  sede  nel  Palazzo  di  Brera  è  sempre 
decorosissima  e  il  Gabinetto  vi  avrebbe  potuto 
restare  ancora  per  un  tempo  indefinito,  se  diverse 
circostanze  non  fossero  sorte  per  consigliarne  il 
cambiamento.  Tutti  gli  istituti  residenti  in  Brera, 
l'Accademia  di  Belle  Arti,  la  Pinacoteca,  la  Biblio- 
teca, pel  continuo  loro  accrescimento  sentono  il  bi- 
sogno di  ampliare  le  proprie  sedi  ;  d'altra  parte  vi 
era  anche  una  ragione  scientifica  che  invocava  il 
cambiamento. 

La  suppellettile  numismatica  di  proprietà  muni- 
cipale, costituita  *per  la  maggior  parte  dai  lasciti 
Taverna  e  Castiglioni  e  formante  già  un  nucleo  di 
importanza  specialmente  per  la  serie  milanese  e  per 
le  medaglie  del  Rinascimento,  da  parecchi  anni  gia- 
ceva sepolta  al  Castello  Sforzesco,  in  parte  esposta,  è 
vero,  al  pubblico,  ma  in  parte  nascosta  e  impenetrabile. 

La  Società  Numismatica  Italiana  da  qualche  anno 
si  preoccupava  della  questione  e,  quando  vide  che 
i  tempi  erano  maturi,  credette  obbligo  suo  di  espri- 
mere il  suo  voto  per  un  ordinamento  definitivo  delle 
collezioni  numismatiche  di  Milano.  Difatti  il  30  giugno 
dello  scorso  anno,  votava  all'unanimità  il  seguente 
Ordine  del  Giorno  : 

«  I  Membri  della  Società  Numismatica  Italiana, 
«  oggi  radunati  in  Assemblea  Generale,  udita  la  re- 
"   lazione  della  Presidenza  e  considerando 


IL    R.    GABINETTO    NUMISMATICO    DI    BRERA  43 

u  a)  che  il  Gabinetto  Numismatico  Municipale 
«  non  può  avere  vita  e  quindi  utilità  pratica  senza 
u  una  speciale  organizzazione  ; 

«  b)  che  tale  scopo  si  potrebbe  raggiungere 
«  con  una  spesa  relativamente  mite,  quando  il  Ga- 
«  binetto  Municipale  e  quello  Governativo  fossero 
«  riuniti  in  un  unico  locale, 

«  chiede 

«  all'Onorevole  rappresentanza  Municipale  di  Milano 

u  di  voler  iniziare  pratiche  col  Ministro   della   P.  I. 

«  e  colla  Direzione  Generale  delle  Belle  Arti,  perchè 

«  il  R.  Gabinetto  di  Brera  venga   riunito   al   Museo 

«  Municipale,  sotto  un'unica  Direzione  nel    Castello 

«  Sforzesco  ». 

Le  pratiche  furono  quindi  condotte  con  solleci- 
tudine presso  le  competenti  autorità  dal  Municipio 
di  Milano  e  dalla  Società  Numismatica  e  l'accordo 
venne  felicemente  concluso.  In  breve  il  R.  Gabinetto 
di  Brera  verrà  trasportato  in  degna  sede  al  Castello, 
occupando  l'antica  Sala  del  Tesoro  e  alcuni  altri 
locali  attigui  fino  a  raggiungere  quello  che  è  sede 
della  Società  Numismatica.  Dal  connubio  delle  due 
grandi  collezioni,  a  cui  serviranno  di  cornice  la  antiche 
ampie  sale  sforzesche,  siamo  certi  che  risulterà  un 
insieme  degno  di  gareggiare  coi  migliori  Gabinetti 
d'  Europa. 

Il  numero  delle  monete  delle  due  collezioni  riu- 
nite sale  a  poco  meno  di  sessantamila  e,  più  assai 
che  il  numero,  ne  formano  il  pregio  le  molte  rarità 
e  i  molti  pezzi  unici  contenuti  sia  nell'una  che  nel- 
l'altra. 

L'una  e  l'altra  collezione  potranno  progressiva- 
mente migliorare  ed  aumentare,  col  vantaggio  di  non 
farsi  una  inutile  e  dannosa  concorrenza,   se   il   Go- 


44  "  F'RANCESCO    GNECCHI 


verno  continuerà  nelle  buone  disposizioni  dimostrate 
in  questi  ultimi  tempi,  se  il  nostro  Municipio,  come 
tutto  dà  luogo  a  sperare,  vorrà  imitarne  l'esempio 
e  infine,  se  anche  il  privato  cittadino  vi  vorrà  con- 
tribuire nella  misura  delle  sue  forze. 

Sappiamo  che,  a  ricordare  la  circostanza  del 
centenario,  pervennero  già  al  Gabinetto  parecchi 
doni,  dei  quali  non  possiamo  ancora  dare  il  preciso 
elenco  ;  ma  non  è  dubbio  che  quando  la  nuova  sede 
sarà  inaugurata,  il  suo  splendore  eserciterà  un  fascino 
su  alcuni  raccoglitori  privati,  i  quali  si  terranno  ono- 
rati di  vedervi  collocate  le  loro  raccolte  o  come  dono 
o  non  fosse  altro  come  semplice  deposito. 


Francesco  Gnecchi. 


NOTE  SUR  UN  POIDS  BYZANTIN 


Le  sens  des  lettres  OB  dans  les  exergues  CONOB, 
TROB,  TESOB,  ANOB,  SIROB  et  leurs  variantes,  qu'on 
rencontre  constamment  sur  les  monnaies  d'orromaines 
et  byzantines,  depuis  Valentinien  I"  (364-375)  jusqu'à 
Constanti!!  VII  Porphyrogénète  (911-959),  est  main- 
tenant  bien  déterminéet  scientifiquement  établi.  Après 
avoir  longtemps  agite  le  monde  numismatique  et 
provoqué  des  polémiques  dans  lesquelles  se  sont 
trouvés  engagés  les  savants  les  plus  illustres,  la 
question  a  été  nettement  éiucidée  par  M.  H.  Willers, 
et  il  n'y  a  plus  lieu  de  la  reprendre  et  d'v  revenir  (". 
Mais  si  l'on  peut  lui  appliquer  le  dicton  :  «  \)u  choc 
de  la  discussion  jaillit  là  lumière  »,  il  convient  d'ajouter 
que  la  lumière  a  brille  surtout  par  suite  de  la  dc- 
couverte  de  nouveaux  éléments  d'information  que  les 
protagonistes  ne  pouvaient  pas  connaltre.  Bref,  les 
lettres  OB  ne  sont  ni  l'abréviation  de  obsignatum 
u  contresigné  »,  ni  le  chiffre  grec  72,  comme  le 
croyait  Mommsen,  parce  que  le  soHdus  aureus  fut, 
à  partir  de  Constantin,  taillc  à  raison  de  72  pièces 
dans  une  livre  d'or  :  elles  sont  tout  simplement 
l'abréviation  du  mot  greco-latin  ó?p'-<^ov,  obryzwn. 

L'or  purifié  et  affine  était  ordinairement  appelé 
par  les  Grecs,  surtout    à    l'epoque    byzantine,  x?'-"''^' 


(1)  H.  Willers,  dans  la  Num.  Zeitschrift  de  Vienne,  1899,  pag.  35 
et  suiv.  ;  cf.  E.  Babelon,  Traile  des  monnaies  grecques  et  romainrs. 
Première  partie,  t.  I,  pag.  890;  Proceedings  of  the  Society  0/  Antiqua- 
ries  de  Londres,  24  mars  1904. 


46  E.    BABELON 


óépuCos,  «  or  affine,  recuit  »,  et  par  les  Latins,  aurum 
obryzum  ou  obrussum.  Le  procède  d'affinage  de  l'or 
que  les  modernes  appellent  la  coupellation.  se  nom- 
mait  obrussa,  d'où  l'expression  courante,  atirum  ad 
obrussaììi,  «  or  passe  à  l'éprouvette  ».  Le  metal  ainsi 
affine  était  mis  en  lingots,  en  barres  {regulce,  yj-x^oi  ì^'^ 
p-r,yiioi;),  A  l'aide  d'un  marteau  les  contróleurs  officiels 
appliquaient  sur  ces  barres  leur  estampille  particu- 
lière  pour  attester  la  pureté  du  metal  (aurum  proba- 
htm  atqm  examinatum).  C'est  ainsi,  par  exemple,  que 
sur  l'une  des  barres  d'or  aujourd'hui  bien  connues, 
trouvées  dans  le  comté  de  Haromszeker,  en  Tran- 
sylvanie,  et  provenant  de  l'atelier  romain  de  Sirmium, 
on  lit  l'estampille  : 

LVCI ANVS 
OBRISI&- 

{Liicianiis  obryzum   I  signavit)  (■). 

Sur  les  monnaies  elles-mèmes  on  rencontre 
quelqucfois  OBR  au  lieu  de  OB  (2).  Ces  lettres  forment, 
en  quelque  sorte,  le  pendant  des  lettres  PS,  PST  ou 
PTS  (pusulatum  ou  pnstnìatum)  qui  paraissent  aussi 
sur  les  monnaies  d'argent  à  partir  de  Valentinien  I" 
ainsi  que  M.  Willers  l'a  démontré  *3). 

La  présence,  à  la  basse  epoque,  des  lettres  OB 
sur  des  pièces  d'or  pale  et  mènie  sur  quelques  mon- 
naies d'argent  et  de  bronze,  issues  des  ateliers  des 
Barbares,  ne  saurait  infirmer  leur  interprétation  par 
obryzum  :  ce  sont  des  anomalies  exceptionnelles  en- 
gendrées  par  l'abus,  l'ignorance,  la  routine  des  gra- 
veurs  ou  par  la  ruse  des  faux  monnayeurs  W. 


(1)  E.  Babelon,  op.  cit.,  pag.  88i. 

(2)  E.  Babelon,  op.  cit.,  pag.  892. 

(3)  H.  Willers,  Ice.  cit.  ;  on  interprétait  autrefois   ces   lettres   par 
percussum. 

(4)  E.  Babelon,  op.  cit.,  pag.  892. 


NOTE    SUR    UN    POIDS    BYZANTIN  4'J 

En  rcsumant,  dans  mon  Traile,  tout  ce  qui  a 
été  écrit  d'essentiel  sur  ce  point  intéressant  de  la 
numismatique-  romano-byzantine,  j'ai  fait  observer 
que  r  introduction  de  la  marque  OB  sur  les  monnaies, 
correspondait  directement  à  la  législation  du  temps 
et  qu'elle  en  était  l'application  immediate.  En  effet, 
à  partir  de  Valentinien  I"  les  empereurs  légifèrent 
fréquemment  sur  le  bon  aloi  de  la  monnaie;  ils  veu- 
lent  que  la  pureté  du  metal  soit  rigoureusement  res- 
pectée  ;  dans  les  lettres  et  rescrits  impériaux  il  est 
enjoint  aux  directeurs  des  ateliers  de  veiller  à  ce 
que,  dans  la  fabrication  des  espèces,  il  soit  fait  usage 
exclusivement  d'or  affine  et  zovA.XQ\t,aurum obryzum^^^ . 

Je  présente  aujourd'hui  au  lecteur  un  monument 
nouveau,  du  commencement  de  la  période  bizantine, 
qui  a  sa  place  marquée  à  la  suite  de  tous  ceux  qu'on 
a  cités  pour  établir  le  veritable  sens  des  lettres  OB 
et  commenter  les  textes  législatifs  auxquels  je  viens 
de  faire  allusion. 

C'est  un  poids  de  plomb  qui  vient  d'entrer  au 
Cabinet  des  médailles  de  Paris  et  dont  voici  l' image 
et  la  description  : 


nOAYXPONlOY 
OBPYZON 


Les  deux  mots  sont  séparés  par  une  croix    la- 
tine entre  deux  étoiles.  Poids  en    plomb,    de   forme 


(i)  Voyez  ces  textes  dans  E.  Babelon,  op.  cit.,  pag.  891. 


48  E.    BABELON 


carréc,  mesurant  26  millimctres  de  coté  et  pesant 
21  gr.  52.  La  tranche  est  biscantée  sur  les  quatre 
cótés  ;  le  metal  est  un  peu  oxydé  et  patine,  mais  le 
monument  est  en  parfait  état  de  conservation. 

Le  poids  du  solidus  aureus  ordinaire  (taillé  à  72 
à  la  livrc)  étant  de  4  gr.  55,  il  est  aisé  de  constater 
que  le  monument  que  nous  venons  de  décrire  ne 
correspond  ni  à  quatre  solidi,  ni  à  cinq  solidi.  Il  ne 
saurait  ctre  non  plus  un  multiple  ponderai  du  solidus 
de  3  gr.  89  (^taillé  à  84  à  la  livre)  ;  il  ne  porte  au- 
cune  mention  de  valeur  ponderale,  contrairement  à 
l'usage  courant. 

Ce  n'est  donc  pas  un  exagium:  ce  qu'indique  aussi, 
d'ailleurs,  son  metal  et  l'absence  de  tonte  formule 
appropriée  à  cette  destination.  Mais  ce  n'est  pas  non 
plus  un  poids  ordinaire  du  commerce,  comme  suf- 
fisent  à  le  prouver  l'inscription  OBPYZON  et  le  pojds 
de  21  gr.  52.  L'once  du  commerce  étant,  comme 
chacun  le  sait,  de  27  gr.  28;  un  poids  de  21  gr.  52 
ne  correspond  à  rien  dans  le  système  ponderai  ro- 
main.  Comme  il  n'est  pas  possible  d'admettre  que  le 
monument  ait  perdu,  par  suite  de  rox3^dation  du 
metal,  5  gr.  76,  c'est  à  dire  plus  d'un  cinquième  de 
son  poids  primitif,  il  faut,  de  tonte  nécessité,  recon- 
naìtre  dans  ce  poids  de  21  gr.  52,  une  once  d'un 
S3'stème  particulier,  dépendant  d'une  livre  de  258 
gr.  24,  tandis  que  la  livre  romano-byzantine  ordi- 
naire est  de  327  gr.  45. 

Qu'est-ce  donc  que  ce  système  ponderai  parti- 
culier? Le  mot  o€pu?^ov  inscrit  sur  l'once,  va  nous  en 
donner  la  clef:  c'est  le  système  ponderai  special 
pour  peser  l'or  affine  dans  les  ateliers  monétaires. 
En  etìbt,  comment  justifier,  sans  cette  interprétation, 
la  présence  de  la  mention  o?puUv  «  or  affine  »  sur  ce 


NOTE  SUR  UN  POIDS  BYZANTIN  49 

monument  de  ploinb,  à  la  place  de  tout  chiffre  ou 
de  toute  mention  de  valeur  ponderale  ?  Expliquons- 
nous  :  Sur  un  poids  vulgaire,  on  ne  s'avise  pas  de 
graver  la  nature  des  objets  à  peser,  mais  bien  au 
contraire,  un  chiffre  ou  une  lettre  indiquant  le  rap- 
port  avec  l'unite,  étalon  du  système  ;  on  n'inscrit 
sur  un  poids  le  nom  des  objets  à  peser  que  si  ces 
objets  doivent  Tètre  suivant  un  système  ponderai 
différent  du  système  banal  qui  sert  à  toutes  autres 
marchandises. 

Donc,  le  mot  ógpuCov  nous  avertit  que  nous  avons 
affaire  à  un  poids  special  à  l'or  affine,  et  voila  évi- 
demment  pourquoi  nous  constatons  par  la  balance 
que  ce  poids  ne  rentre  pas  dans  le  système  ponderai 
ordinaire  et  courant. 

Toutefois,  dans  le  commerce  des  métaux.  il  ne 
pouvait  y  avoir  —  cela  va  de  soi  —  aucune  raison 
plausible  pour  peser  l'or,  méme  affine,  suivant  un 
système  particulier.  Une  livre  d'or  était  représentée 
par  327  gr.  45  d'or  et  ne  pouvait  étre  autre  chose. 
Aussi  n'est-ce  pas  dans  le  commerce  ordinaire  que 
l'on  faisait  usage  du  système  ponderai  exceptionnel 
que  nous  révèle  notre  once  de  21  gr.  52:  ce  système 
servait  dans  les  ateliers  monétaires  et  dans  les  cir- 
constances  que  nous  allons  préciser. 

Quiconque  se  présentait  à  un  atelier  monétaire 
pour  faire  monnayer  un  lingot  d'or  ou  —  ce  qui 
revient  au  mème  —  pour  acheter  de  la  monnaie, 
devait  subir  une  retenue  qui  lui  était  imposée  par 
l'administration  pour  frais  de  main  d'oeuvre  et  comme 
bénéfices  sur  la  fabrication  monétaire. 

On  tenait  compte  aussi,  dans  cette  retenue,  de 
la  différence  legale  de  l'aloi  du  metal  employé  dans 
la  bijouterie  et  du  metal  affine  pour  étre  monnayé. 
Celui  qui  apportait  une  once  d'or   de   27  gr.  28  ne 


5^ 


E.    BABELON 


recevait  en  or  monnayé  ou  affine,  qu'une  once  af- 
faiblie  de  21  gr.  52.  La  difìFérence  —  soit  5  gr.  76  — 
représentait  le  prélèvement  et  le  bénéfice  de  l'admi- 
nistration.  De  inéme,  sur  une  livre  d'or  de  327  gr.  45, 
on  ne  lui  rendait  en  or  monnayé  ou  affine  que 
258  gr.  24;  la  diflérence,  soit  69  gr.  21,  restait  à 
l'Etat,  fabricant  de  la  monnaie  et  affineur  du  metal. 
Et  Gomme  nous  venons  de  le  dire,  cet  écart  consi- 
dérable  s'explique  non  seulement  par  ces  frais,  mais 
par  la  différence  d'alliage  du  metal,  l'or  de  la  mon- 
naie étant  d'une  pureté  supérieure  à  l'or  qu'em- 
ployaient  les  orfèvres  et  pour  lequel  un  minimum 
d'aloi  devait  étre,  comme  au  moyen  àge  et  comme 
de  nos  jours,  légalement  fixé. 

L'or  ainsi  rendu  au  client  de  l'atelier  monétaire, 
après  avoir  été  amene  au  degré  de  pureté  de  la 
monnaie,  sinon  toujours  converti  en  espèces  moné- 
taires.  était  pese  avec  des  poids  du  systcme  de  l'once 
de  21  gr.  52  que  nous  cherchons  à  expliquer.  Et 
cette  pesée  du  metal  ó'^p^'Cov  était  une  opération  d'au- 
tant  plus  nécessaire  que  l'irrégularité  ponderale  des 
sous  d'or  était  admise  dans  une  certaine  mesure  et 
que  l'on  était  dans  l'habitude  de  payer  couramment 
toutes  choses  aussi  bien  en  lingots  qu'en  monnaie. 
On  pesait  la  monnaie  elle  méme  péle-mèle  avec  des 
lingots  d'or  affine. 

Des  usages  analogues  empruntés  au  moyen-àge 
justifieront  notre  interprétation.  Dans  sa  Note  sur 
les  Poids  du  moyen-àge,  M.  P.  Guilhiermoz  cite  des 
tableaux  d'équivalences  monétaires  dans  lesquels  il 
est  spécifié,  par  exemple,  que  l'or  de  Valence  en 
Espagne  étant  de  bas  titre,  il  faudra  }  onces  de  cet 
or  pour  équivaloir  à  une  once  d'or  cuit,  c'est  à  dire 
affine  à  la  monnaie  (').  Dans  l'étude  approfondie   de 


(i)  P.  Guilhiermoz,  Note  sur  les  poids  du  Moyen-àge,  pag.  6i  (extrait 
de  la  Bibliotlìèque  de  l'Ecole  des  Charles,  t.  LXVII,  1906). 


NOTE    SUR    UN    POIDS    BYZANTIN  5I 

M.  Borrelli  de  Serres  sur  les  variations  monétaires 
sous  Philippe  le  Bel,  nous  constatons  que  le  metal 
monnayable,  soit  en  lingots  et  en  pièces  décriées, 
soit  en  vaisselle  et  bijoux,  est  acheté  toujours  au 
mare  de  Paris  ;  au  contraire,  la  monnaie,  c'est  à  dire 
le  méme  metal,  une  fois  affine  et  monnayé,  est  ap- 
précié  au  mare  le  Roy  ;  et  il  y  avait  une  différence 
réelle  entre  les  deux  marcs  puisque  nous  voyons, 
dans  un  cas,  qu'une  certaine  quantité  de  metal  acquise 
au  mare  de  Paris,  devait  fournir  59  '  ^  agnels,  tandis 
qu'on  n'en  monnaya  que  58  '/3  au  mare  le  Roy.  La 
dififérence,  soit  '/,8  e  faisait  partie  du  prclèvement 
exercé  pour  la  fabrication  et  s'ajoutait  aux  droits  de 
seignetiriage  et  de  brassage  ('). 

La  différence  d'aloi  du  metal  employé  dans  le 
commerce  et  du  metal  monnayé  était  déterminée 
légalement.  Les  orfèvres  du  moyen-àge  étaient  tenus 
par  des  réglements  sévères,  de  donner  à  leurs  ou- 
vrages  d'or  et  d'argent  un  titre  dont  le  minimum 
était  fixé  ;  les  fraudes  étaient  rigoureusement  punies. 
On  connaìt  les  statuts  et  obligations  de  la  corpora- 
tion des  orfèvres  de  Paris  au  XIIP  siècle  à  ce  sujet; 
en  1275,  apparaìt  l'obligation  de  la  marque  ou  du 
poingoii  attestant  le  titre  du  metal,  après  essai  offi- 
cici :  l'Etat  intervieni  ainsi  pour  garantir  la  loyautc 
d'un  commerce  où  la  fraude  eut  été  facile. 

Par  une  ordonnance  de  1345,  par  exemple,  le 
titre  de  l'or  dans  le  commerce  et  l'orfévrerie  est 
fixé  au  minimum  de  19  carats  (sur  24  carats  ou  or 
idéalement  pur);  la  monnaie  est  à  22  carats.  Qui- 
conque  apportait  à  la  monnaie  des  bijoux  pour  les 
faire  convertir  en  espèces  circulantes   subissait   une 


(i)  Borrelli  de  Serres,  Les  varialions  tnonélaires  sous  Philippe  le 
Bel,  pag.  32  (1902  in-8).  —  Jean  Boizard,  Traiti  des  Monnoyes,  pag.  55 
et  suiv.  (Paris,  1692,  in-ia). 


52  E.    BABELON 


retenue  de  trois  carafs  en  surplus  des  frais  de  sei- 
gneuriage  et  de  main  d'oeuvre. 

Il  n'y  a  pas  lieu  d'entrer  ici  dans  de  plus  amples 
développements  en  ce  qui  concerne  le  moyen-àge, 
mais  on  admettra  bien  que  nous  sommes  fondés  à 
croire,  d'après  tout  ce  qui  précède,  que  des  usages 
analogues  existaient  déjà  au  commencenient  de  la 
période  byzantine,  sinon  beaucoup  plus  tòt  encore  : 
le  moyen-àge  ne  fìt  qu'hériter  des  traditions  de  la 
familia  monetalis  romaine. 

La  légalité  de  la  livre  de  258  gr.  24  et  de  l'once 
de  21  gr.  52  dans  les  conditions  spéciales  que  nous 
venons  de  déterminer,  est  attestée  par  le  nom  du 
magistrat  qui  est  grave  sur  le  poids.  Quelle  était  la 
nature  des  fonctions  de  ce  personnage  dont  le  nom 
n'est,  ici,  suivi  d'aucun  qualificatif?  Ce  nom  noW^povio; 
est  assez  rare  dans  l'onomastique  grecque.  On  le 
rencontre  notamment  sur  des  inscriptions  d'Aphro- 
disias  en  Carie,  à  une  epoque  antérieure  de  plu- 
sieurs  siècles  à  notre  monument  :  il  n'y  a  pas  lieu 
au  moindre  rapprochement  de  ce  coté  '■). 

A  l'epoque  byzantine  le  nom  no>j;(;povtoj  est  porte 
par  divers  personnages,  notamment  des  clercs,  que 
citent  Libanius  et  Photius,  et  qui  ne  sauraient,  non 
plus,  avoir  quelque  rapport  avec  le  controleur  et 
vérificateur  officici,  signataire  de  notre  poids  (2). 
Celui-ci  était  peut  étre  un  Procurator  ou  un  Praepo- 
situs  de  l'un  des  ateliers  monétaires  de  l'empire 
d'Orient,  à  moins  qu'il  ne  fut  simplement  un  exactor 
altri,  argenti  et  aeris,  ou  mieux  encore  un  officinator 
ou  probator  (òV/.'.f;.a<;T^)^  chef  du  bureau  de  l'essa- 
yage  (3).  On  sait  que  les  Hotels  des  monnaies  étaient, 


(1)  BoFXKH,  C.  1.  Gr.,  II.  2824,  2828,  2839. 

(2)  C.  1.  Gr.,  n.  J:866  {Caialogtis  ckricoriiiu).    —    Photius,  Bibliolh., 
pag.  14  m. 

(3)  E.  Babelon,   Tratte,  première  partie,  t.  I,  pag.  860. 


NOTE    SUR    UN    POIDS   BYZANTIN  53 

comme  les  poids  et  mesures,  dans  les  attributions 
suprèmes  du  comte  des  Lafgesses  sacrées;  toutefois, 
au  moins  à  certaines  époques  de  la  perioda  romano- 
byzantine,  on  constate  qua  l'établissement  des  poids- 
étalons  (exagta)  est  confié  au  préfet  du  prétoire  ou 
mème  au  Praefectus  Urbi.  Les  noms  de  titulaires  de 
ces  hautes  fonctions  a  été  relevé  sur  des  poids. 

On  les  rencontre  aussi  sur  de  petites  tessères  en 
bronze  à  lettres  niellées  dont  la  destination  comme 
exagta  a  été  contestée  pour  deux  raisons  :  il  n'y 
a  point,  a-t-on  dit,  de  mention  de  valeur  ponderale 
sur  ces  tesserulae  et  en  second  lieu ,  leur  poids 
qui  oscilla  entre  3  gr.  92  et  2  gr.  97  est  inférieur 
à  celui  des  véritables  exagia  solidi  dont  le  poids 
varie  entre  4  gr.  79  et  3  gr.  75  <". 

Mais  nous  répondrons  en  invoquant  l'analogie 
avec  la  monument  ponderai  expliqué  plus  haut  : 
lui  aussi,  nous  l'avons  fait  ressortir,  ne  porte  ni 
l'effigie  imperiale,  ni  l'indication  de  sa  valeur  par 
rapport  à  l'unite  ponderale  et  son  poids  est  sensi- 
blement  inférieur  au  poids  normal  de  l'once  du  com- 
merce. 

L'absence  de  toute  indication  de  valeur,  le 
poids  faible  par  rapport  à  celui  des  autres  exagia 
solidi,  viendraient-ils  de  ce  que  les  petites  tessères 
en  question  auraient  eu  une  destination  analogue  à 
celle  de  notre  once  de  plomb  ? 

En  un  mot,  si  l'interprétation  des  petites  tessères 
de  bronze  des  bas  temps  romains  comme  exagia  so- 
lidi n'est  peutètre  pas  absolument  certaine,  elle  est, 
dans  tous  les  cas,  bien  mieux  justifiée  que  l'opinion 
qui  voudrait  reconnaitre  dans  ces  minuscules  objets 
des  tessères  destinées  à  ètra  cachées  dans  les  fon- 
dations  des  édifices,   à    seule    fin    d'en  consacrer  la 


(1)  MoWAT,  Bull,  de  la  Soc.  Jes  Antiquaircs  de  France,  1900,  pag.  277 


54  E.    BABELON 


construction  ou  la  réédification  par  un  souvenir  tan- 
gible  légué  à  la  postérité"). 


E.  Babelon. 


(i)  Les  petites  tessères  de  bronze  à  lettres  niellées  auxquelles  je 
viens  de  faire  allusion  ont  été  appelées  tour  à  tour  pas  les  érudits  : 
tesseroe  hospilales,  apophoreta,  donarla,  pondera,  exagia.  Caylus,  le  premier, 
a  émis  l'opinion  qu'elles  avaient  du  ètra  cachées  dans  les  fondations 
de  certains  édifices  (Caylus,  Recueil  d'antiquilés,  t.  VI,  pag.  252);  cette 
opinion  qui  ne  repose  sur  rien  a  pourtant  rencontré  de  nombreux  adhé- 
rents  (voyez  surtout  H.  Dressel,  dans  le  C.  1.  Lat.,  t.  XV,  2,  pag.  887 
et  E.  MiCHON,  art.  Pondus,  dans  le  Dictionn.  des  andquités  grecqufs  et 
romaines  de  Daremberg  et  Saglio,  note  in  fine).  Je  me  suis  rallié  à 
l'hypothèse  qui  voit  plutòt  des  exagia  dans  ces  petits  objets  trouvés 
souvent  loin  de  tout  édifice  et,  au  moins  une  fois  (C.  /.  L.,  n.  7107),  en 
compagnie  de  coins  inonétaires.  Leur  forme,  leur  poids,  la  multiplicité 
du  méme  exemplaire,  les  circonstances  des  trouvailles  et  d'autres  argu- 
ments  encore  me  font  persister  dans  cette  manière  de  voir  (E.  Babelon, 
art.  Exagium,  dans  le  Dictionn.  cité  de  Daremberg  et  Saglio). 


SCUDO   D'ORO 

di  Federico  H  Gonzaga  e  Margherita  Paleoioga 

coniato  nella  Zecca  di  Casale 
(1536-1540). 


É  cosa  nota  che  l'imperatore  Carlo  V  con  una 
sentenza  pubblicata  in  Genova  nel  giorno  3  novem- 
bre dell'anno  1536  dichiarava  che  la  successione  del 
Monferrato,  feudo  femminino,  rimasta  vacante  per  la 
morte  di  Gian  Giorgio  Paleologo,  senza  prole  e  senza 
congiunti  maschi,  spettava  alla  principessa  Marghe- 
rita, sua  nipote  di  fratello,  ed  a  Federico  II  Gonzaga 
duca  di  Mantova  suo  marito. 

Il  Gonzaga,  che  allora  trovavasi  a  Genova  presso 
l'imperatore,  pochi  giorni  do])o  prendeva  commiato 
dal  medesimo,  e  si  avviava  a  Casale  in  compagnia 
del  Commissario  Cesareo,  il  quale  doveva  metterlo 
in  possesso  del  marchesato.  1  due  nuovi  padroni  as- 
sunsero allora  il  titolo  di  duchi  di  Mantova  e  mar- 
chesi di  Monferrato. 

La  dominazione  di  Federico  fu  assai  breve,  per- 
chè esso  decedeva  in  Marmirolo  nel  giorno  28  giugno 
dell'anno  1540  lasciando  gli  Stati  al  suo  primogenito 
Francesco  III  ancora  in  bassa  età. 

Per  molti  anni  non  si  conobbero  monete  coniate 
nella  zecca  di  Casale   durante    i   quattro   anni   della 


cg  GIUSEPPE    GIORCELLI 


signoria  di  Federico  e  Margherita,  perciò  fra  i  nu- 
mismatici era  invalsa  la  credenza  che  in  questo  pe- 
riodo di  tempo  detta  zecca  fosse  stata  inoperosa,  e 
se  ne  attribuiva  la  cagione  alle  continue  guerre  fra 
gli  imperiali  ed  i  francesi,  che  in  quegli  anni  dila- 
niarono la  regione  subalpina. 

Fortuna  volle  che  pervenisse  nelle  mani  di  mon- 
signor Attilio  Portioli  un  bel  Mocenigo  fatto  battere 
in  Casale  da  Federico  e  Margherita,  ed  allora  questo 
insigne  numismatico  volle  fare  delle  ricerche  negli 
archivi  mantovani,  e  le  sue  indagini  riuscirono  feli- 
cissime, perchè  esso  trovò  nei  medesimi  un  decreto 
di  Federico,  delli  io  marzo  1537,  col  quale  conce- 
deva per  cinque  anni  al  nobile  Pietro  Martire  de 
Giva,  cittadino  milanese,  la  facoltà  di  coniare  nella 
zecca  di  Casale  otto  specie  di  monete,  cioè  Scudi 
d'oro,  Mocenighi,  Marcelli,  Cavallotti,  Grassetti,  Mezzi 
Grossi  e  Bagattini  di  rame. 

Di  pili  il  Portioli  rinvenne  altresì  il  capitolato 
che  Federico  stipulava  collo  zecchiere  per  la  batti- 
tura delle  suddette  monete. 

Esso  pubblicava  la  descrizione  del  Mocenigo,  il 
decreto,  ed  il  capitolato,  nel  Periodico  di  Numisma- 
tica e  di  Sfragistica  del  marchese  Carlo  Strozzi  (vo- 
lume sesto,  pag.  199),  e  col  suo  dotto  lavoro  cor- 
reggeva un  errore  e  riempiva  parzialmente  una  lacuna 
della  storia  della  zecca  di  Casale,  dimostrando  che 
Federico  e  Margherita  furono  solleciti  a  compiere 
l'atto  di  sovranità  in  Monferrato  coU'uso  della  zecca, 
cioè  soltanto  tre  mesi  e  mezzo  dopo  averne  preso 
possesso. 

Avendo  io  acquistato  uno  scudo  d'oro  degh 
stessi  principi,  sono  lieto  di  presentarlo  ora  agli  stu- 
diosi concorrendo  ad  onorare  la  memoria  del  com- 
pianto prof.  Solone  Ambrosoli,  del  quale  fui  sempre 
e  sono  un  sincero  ammiratore. 


SCUDO   d'oro    di    federico   II   GONZAGA,    KCC. 


57 


SCUDO  D'ORO. 


'^mmk 


Nel  ^  presenta  accostati  ed  in  un  solo  scudo  gli  stemmi 
dei  Gonzaghi  e  dei  Paleologi  ;  in  alto  il  Monte 
Olimpo  sotto  una  corona  marchionale  ;  in  giro  le 
parole  FED  •  GON  ■  MARG  •  PALE  •  MOtS  •  FÉ  •  MAR  •. 
vale  a  dire  FBDencus  GONcrt^rt  MhROanta  PA 
LBologa  MON//S  FB>ra/i  ìAkKcIiioiies. 

Nel  I^  vedesi  una  croce  colle  braccia  bizzarramente  filet- 
tate e  colle  estremità  fiorate;  nel  contorno  leggesi: 
+  IN  •  HOC  •  SIGNO  •  EICIAS  •  DEMONIA. 
Oro,  peso  gr.  3,35,  min.  27. 

Io  credo  che  questo  scudo  sia  inedito,  ma  non 
oserei  giurarlo,  perchè  oggidì  presso  le  varie  nazioni 
si  pubblica  in  differenti  hngue  una  infinità  di  lavori 
numismatici,  e  quindi  riesce  impossibile  conoscerli 
tutti.  Certo  è  che  in  Italia  finora  è  sconosciuto  e  passa 
per  inedito. 

Come  si  è  veduto,  il  lavoro  dell'esimio  numisma- 
tico Attilio  Portioli  veniva  stampato  nel  Periodico 
delio  Strozzi,  e  siccome  quest'opera  è  diventata  rara 
e  pochi  numismatici  la  posseggono,  o  possono  con- 
sultarla nelle  biblioteche  delle  loro  città,  così  io  ho 
creduto  di  fare  una  cosa  gradita  ed  utile  agli  studiosi 
riportando  il  disegno  del  geniale  Mocenigo,  del  quale 
trovasi  un  buon  esemplare  nel  Gabinetto  Numisma- 
tico dell'  Istituto  Leardi  di  Casale. 

In  tal  modo  il  lettore  ha  sotto  gli  occhi  amendue 
le  monete  che  si  conoscono  di  quel  periodo  storico. 

8 


5» 


GIUSEPPE    GIORCF.LLI 


MOCENIGO. 


;&  - 


9    - 


Stemmi  accostati  dei  Gonzaghi  e  dei  Paleologi  in 
un  solo  scudo  sormontato  dal  Monte  Olimpo  e 
coperto  da  una  corona  marchionale.  Intorno  si 
legge  FÉ  •  GON  •  MAR©  •  PALE  •  MON  •  FER  •  MR  -, 
cioè  :  FBdericNS  QOUza^a  MARGar//a  PkLBo/oga 
N\ON/ts  FBRraii  fAiìRchiones. 

Si  scorge  nel  campo  a  sinistra  la  figura  di  Cristo 
raggiante  ed  in  piedi,  che  benedice,  a  destra 
Sant'Evasio  inginocchiato  che  tiene  le  mani  giunte, 
ed  è  vestito  colle  paramenta  vescovili,  e  colla 
mitra  in  terra.  Sotto  le  due  figure  trovansi  le  pa- 
role S  •  EVAXW5.  In  giro  :  REDEMISTI  •  NOS  -DomiNE- 
DEVS  •  VERITATIS. 


Leggasi  nel  capitolato: 

Primo,  Scuti  d'oro  de'  tenuta  de  Carati  XXII  di 
fino  per  oncia,  et  de  peso  che  non  ne  vada  più  di 
CV  et  doi  tertii  sino  in  CVI  della  libra  del  peso  di 
Mantoa. 

Item,  Monete  simili  al  Mocenigo  venetiano,  de 
tenuta  de  oncie  sette  et  denari  quattordeci  di  argento 
fino  per  marca,  de  peso  che  non  ne  vada  più  de 
pezzi  XXVI  '/^  et  7,o  P^'"  "^arca. 


*    • 


In  quale  anno  fu  aperta  la  zecca  di  Casale. 
Esiste  tuttora  un  grave  errore  fra  i  numismatici 


SCUDO    D  ORO    DI    FEDERICO   II    GONZAGA,    ECC.  59 

circa  l'epoca  nella  quale  fu  aperta  questa  importante 
zecca.  Credesi  generalmente  essa  abbia  avuto  prin- 
cipio nell'anno  1404,  ed  invece  ciò  avvenne  trentun 
anno  dopo,  cioè  nel  1435,  come  verrà  limpidamente 
dimostrato  coU'appoggio  della  storia. 

Ecco  come  nacque  l'errore. 

Domenico  Promis,  principe  fra  i  numismatici  e 
creatore  della  numismatica  subalpina,  non  era  così 
erudito  nella  storia  quanto  lo  era  nella  scienza  delle 
monete.  Egli  nella  sua  importante  Memoria  sulle  mo- 
nete dei  Paleologi  marchesi  di  Monferrato,  a  pag.  19 
scriveva  che:  «  Nessuna  indicazione  abbiamo  per 
conoscere  dove  questo  marchese  (Teodoro  li)  abbia 
fatto  lavorare  le  sue  monete,  tuttavia  dovette  essere 
Chivasso  principale  residenza  della  sua  casa,  finche 
riacquistata  Casale  nel  1404,  e  questa  divenuta  ca- 
pitale dello  Stato,  ivi  pur  anche  probabilmente  venne 
allora  trasportata  la  zecca  n  C). 

Ora  è  bensì  vero  che  Casale,  posseduta  dai  Vi- 
sconti, duchi  di  Milano,  fin  dall'anno  1370,  venne  re- 
stituita al  marchese  Teodoro  II  paleologo  nel  J404, 
per  il  trattato  di  pace  e  di  alleanza  conchiuso  fra  la 
corte  di  Milano  e  quella  di  Monferrato,  ma  non  è 
punto  vero  che  Casale  sia  divenuta  allora  capitale 
dello  Stato  monferrino  e  sede  di  zecca. 

La  grande  autorità  del  Promis  ha  fatto  sì  che  i 
numismatici  gli  prestarono  cieca  fede  e  nessuno  con- 
trollò la  veridicità  della  sua  asserzione,  ed  in  tal  modo 
è  invalso  e  durò  fino  ad  ora  il  deplorato  errore. 
■    Vediamo  ora  quanto  ci  narra  la  storia. 

I  fiorentini  impensieriti  per  la  grande  potenza 
del  duca  di  Milano  Filippo  Maria  Visconti,  e  per  la 
sua  tendenza  continua  ad  allargare  il  suo  dominio  a 


(i)  Domenico  Promis,  Monete  dei  Paleologi  marchesi  di  Monferrato, 
Torino,  Stamperia  Reale,  1858. 


6o  GIUSEPPE    GIORCELLI 


spese  dei  vicini,  nell'anno  1430  rinnovarono  la  loro 
alleanza  coi  veneziani  collo  scopo  di  opporre  un  ar- 
gine alle  espansioni  del  Visconti.  Inoltre  cercarono 
di  suscitare  altri  nemici  contro  il  temuto  Duca.  Con 
tale  intento  essi  mandarono  degli  oratori  al  marchese 
di  Monferrato  Gian  Giacomo,  e,  promettendogli  l'ac- 
quisto dell'Alessandrino,  lo  indussero  a  partecipare 
alla  loro  lega. 

Gli  oratori  tentarono  pure  il  duca  di  Savoia 
Amedeo  Vili,  ma  senza  successo,  perchè  esso  aveva 
altri  fini,  e  rispose  che  voleva  mantenersi  in  pace  col 
Visconti. 

La  guerra  si  svolse  nel  1431,  ma  fu  sfavorevole 
agli  alleati.  Il  conte  di  Carmagnola,  il  quale  coman- 
dava un  grosso  esercito  suU'Adda  e  doveva  agire 
contro  il  milanese,  si  dimostrò  così  inerte  da  destare 
presso  i  veneziani  dei  sospetti  sulla  sua  lealtà.  Per- 
ciò il  Senato  lo  chiamò  a  Venezia  a  rendere  conto 
del  suo  operato,  e  non  trovando  soddisfacenti  le  sue 
spiegazioni,  lo  fece  decapitare.  La  flottiglia  fluviale, 
che  sotto  gli  ordini  di  Nicolò  Trevisano  doveva  ri- 
salire il  Po  e  spingersi  verso  Pavia  danneggiando  le 
due  rive  del  fiume,  non  essendo  stata  coadiuvata 
dalle  forze  di  terra,  fu  battuta  dalle  navi  milanesi  e 
quasi  distrutta.  La  flotta  di  mare  numerosa  e  forte, 
che.  doveva  attaccare  la  città  di  Genova  dalla  parte 
del  mare,  mentre  1  Barnaba  Adorno  colle  forze  dei 
fuorusciti  l'avrebbe  assalita  dalla  parte  di  terra,  si 
limitò  ad  impadronirsi  di  alcuni  luoghi  della  riviera 
di  levante.  Il  marchese  Gian  Giacomo,  invece  di  an- 
dare alla  conquista  dell'Alessandrino,  che  doveva 
essere  suo,  si  portò  coi  suoi  soldati  nell'Astigiano  e 
s'impadronì  delle  tene  e  castelli  di  Galliano,  Frinco, 
Piova,  Grinzano,  e  di  parecchi  altri  luoghi,  tentando 
poi,  ma  inutilmente,  la  città  di  Asti. 

Il  Visconti,  in  sul  finir  dell'autunno,  vedendo  che 


SCUDO    d'oro    di    federico    II    GONZAGA,    ECC.  6l 

i  fiorentini  ed  i  veneziani,  sconcertati  per  i  loro  in- 
successi, non  davano  segno  di  volere,  per  il  momento, 
prendere  nuovamente  l'offensiva,  mandò  i  suoi  ca- 
pitani Francesco  Sforza  ed  Urbano  Rampini  con 
un  buon  nerbo  di  soldati  contro  il  marchese  Gian 
Giacomo. 

Il  Rampini  si  portò  nell'alto  Monferrato,  ed  in 
breve  tempo  si  impadronì  di  numerose  terre,  ed  ob- 
bligò molti  feudatari  a  dichiararsi  vassalli,  aderenti, 

0  raccomandati  del  Duca  di  Milano. 

Lo  Sforza,  sedati  colla  mannaia  gli  alessandrini, 
che  si  erano  sollevati  contro  il  Visconti,  verso  la  fine 
di  novembre  entrò  nel  basso  Monferrato,  ed  in  non 
molto  tempo  recava  in  suo  potere  le  terre  ed  i  ca- 
stelli di  Lù,   di  Vignale,  e  molti  altri    luoghi   vicini. 

1  feudatari  di  Mirabello,  di  Baldesco,  e  di  Castel- 
grana,  come  pure  il  comune  libero  di  Occimiano,  si 
salvarono  dal  saccheggio  pagando  delle  forti  somme 
di  denaro. 

Il  marchese  Gian  Giacomo  alla  vista  di  tanta 
rovina  del  suo  Stato,  non  potendo  sperare  un  aiuto 
pronto  e  valido  dai  suoi  alitati,  pensò  di  rivolgersi 
per  soccorso  ad  Amedeo  Vili  duca  di  Savoia,  del 
quale  aveva  sposato  la  sorella  principessa  Giovanna, 
e  che  allora  risiedeva  nella  amena  cittadina  di  Tonon 
sulla  sinistra  sponda  del  lago  di  Ginevra.  Gli  scrisse 
narrandogli  le  sue  disgrazie,  la  sua  impossibilità  di 
difendersi,  e  pregandolo  caldamente  di  volerlo  soc- 
correre prima  che  lo  Sforza  gli  avesse  tolto  tutto  il 
dominio.  Non  ottenne  alcuna  risposta. 

Alli  24  di  dicembre  il  Marchese  inviò  al  Duca 
una  seconda  lettera  più  commovente  e  più  suppli- 
chevole. Neppure  questa  volta  il  Savoiardo  rispose. 

Frattanto  lo  Sforza  faceva  nuove  conquiste  e 
negli  ultimi  giorni  di  dicembre  otteneva  Casale  per 
composizione. 


02  GIUSEPPE     GIORCELLI 


Giunte  le  cose  a  questi  estremi,  Gian  Giacomo, 
sopraffatto  dallo  spavento,  non  sapendo  piii  a  quale 
partito  appigliarsi,  andò  a  rinchiudersi  colla  sua  fa- 
miglia nel  forte  castello  di  Chivasso,  sua  capitale,  e 
da  quel  luogo  mandò  una  ambasceria  al  duca  di  Sa- 
voia per  raccomandarsi  anche  a  voce  e  con  più  vive 
instanze  alla  sua  pietà. 

Allora  parve  che  Amedeo  Vili  restasse  commosso, 
ed  infatti  spedì  ordine  a  Manfredo  di  Saluzzo,  suo 
maresciallo  in  Piemonte,  di  far  occupare  dalle  truppe 
savoiarde  le  terre  ed  i  castelli  monferrini  confinanti 
con  quelli  posseduti  dai  soldati  milanesi,  e  di  impe- 
dire che  questi  si  avanzassero  ulteriormente.  In  pari 
tempo  il  duca  Amedeo  invitava  il  marchese  Gian 
Giacomo  ed  il  suo  primogenito  principe  Giovanni  a 
recarsi  a  Tonon  per  meglio  intendersi  sopra  gli  affari 
del  Monferrato  e  definire  ogni  cosa. 

I  due  Principi  monferrini  vi  andarono,  e  furono 
accolti  con  grande  amorevolezza  ;  però  quando  si 
venne  alle  trattative,  essi  con  non  poca  meraviglia 
e  vivo  dolore  intesero  che  il  Duca  prometteva  di 
prenderli  sotto  la  sua  protezione,  si  obbligava  di  cu- 
stodire il  loro  Stato  e  di  difenderlo  contro  qualsiasi 
nemico,  ma  voleva  che,  ottenuta  la  pace,  il  marchese 
Gian  Giacomo  gli  cedesse  Chivasso,  Settimo.  Bran- 
dizzo  e  parecchie  altre  terre  vicine. 

La  cessione  di  Chivasso,  capitale  da  tanto  tempo 
del  Monferrato  e  munita  di  un  forte  casteTlo,  sembrò 
una  enormità  ai  due  Principi,  perciò  per  parecchi 
giorni  non  vollero  accondiscendere,  ma  poi,  sia  per 
la  urgenza  delle  cose  e  sia  per  le  pressioni  che  il 
Duca  faceva  su  di  essi,  finirono  per  accettare  quelle 
durissime  condizioni,  e  le  sottoscrissero  in  un  Trat- 
tato detto  di  Tonon. 

Allorquando  Gian  Giacomo  e  Giovanni  partirono 
dalla  corte  Sabauda,  il  Principe  fece  ritorno  a  Chi- 


SCUDO    d'oro    di    federico    II    GONZAGA,    ECC.  63 


vasso,  dove  trovavasi  tuttora  la  famiglia  marchio- 
nale, ed  invece  il  Marchese,  il  quale  non  sapeva 
darsi  pace  per  la  suddetta  cessione,  prese  la  via  della 
Svizzera  e  dell'AUemagna  e  si  portò  a  Venezia  gui- 
dato dalla  speranza  di  poter  ottenere  per  mezzo  di 
quel  Senato  una  modificazione  dei  patti  di  Tonon. 

Gian  Giacomo  entrava  in  Venezia  nel  giorno  8 
maggio  del  1432,  ed  era  ricevuto  e  fu  sempre  trat- 
tato con  grandi  onori. 

La  guerra  ricominciò  nel  1432,  ma  nel  successivo 
anno  1433  i  belligeranti,  desiderosi  di  venire  ad  un 
componimento,  si  accordarono  di  rimettere  le  loro 
differenze  in  Nicolò  d'Este,  marchese  di  Ferrara,  e 
di  accettare  il  suo  arbitrato.  Nicolò  si  associò  il 
marchese  Ludovico  primo  di  Saluzzo,  suo  suocero,  il 
quale  in  quel  mentre  trovavasi  alla  sua  corte. 

L'arbitrato  veniva  pubblicato  in  Ferrara  nel 
giorno  26  aprile  dello  stesso  anno,  e  secondo  il  me- 
desimo «  Il  duca  di  Milano  doveva  nel  termine  di 
un  mese,  a  partire  dal  giorno  della  sentenza,  rila- 
sciare e  restituire  tutte  le  terre,  i  castelli,  i  fortilizi. 
e  luoghi  da  lui.  o  dai  suoi  confederati,  aderenti,  o 
seguaci,  tolti  al  marchese  di  Monferrato,  od  ai  suoi 
feudatari,  vassalli  ed  aderenti. 

«  Che  in  quanto  alle  terre  e  castelli  del  Mon- 
ferrato tenuti  dal  duca  di  Savoia,  feudatari  e  sudditi, 
il  duca  di  Milano  non  sia  tenuto  a  farli  restituire  colla 
forza,  ma  debba  con  ogni  possibile  industria  e  pre- 
ghiera intercedere  e  fare  olii  ci  presso  il  Savoiardo 
affine  di  indurlo  a  restituirli  al  Marchese  monferrino  ». 

L'arbitrato  veniva  sottoscritto  da  tutte  le  parti, 
tranne  dal  duca  di  Savoia. 

Filippo  Maria  Visconti  alli  19  maggio  del  1433 
inviava  al  duca  Amedeo  Vili  un'ambasceria  per  pre- 
garlo di  voler  sottoscrivere  l'arbitrato,  e  restituire  ai 
principi  di  Monferrato  i  castelli  e  le  terre,  delle  quali 
aveva  assunto  la  custodia  e  la  difesa. 


64  GIUSEPPE    GIORCELLI 


Il  duca  Amedeo,  il  quale  nell'anno  1418  aveva 
ereditato  lo  Stato  dei  principi  di  Acaia  e  perciò  ora 
possedeva  la  maggior  parte  del  Piemonte,  aveva  tra- 
sportato la  capitale  da  Pinerolo  a  Torino,  quindi  vo- 
leva ad  ogni  costo  possedere  Settimo,  Brandizzo  e 
le  altre  terre,  ma  specialmente  Chivasso,  il  cui  ro- 
busto castello  costituiva  un  valido  antemurale  per  la 
difesa  della  nuova  capitale.  Perciò  rispose  negativa- 
mente ai  legati  milanesi. 

Il  Senato  veneto  inviava  parimenti  un'ambasceria 
capitanata  dal  senatore  Bedoaro  Ambrogio  alla  corte 
Savoiarda  a  Tonon  col  mandato  di  conoscere  la 
mente  del  Duca  e  di  indurlo  alla  restituzione  delle 
terre  e  castelli  monferrini  da  esso  presidiati.  Agli 
oratori  veneti  Amedeo  rispondeva  che  esso  coi  prin- 
cipi di  Monferrato  aveva  fatto  una  convenzione  a 
parte,  la  quale  era  fuori  dell'orbita  dei  trattati  dei 
belligeranti,  e  che  perciò  non  si  credeva  vincolato 
ad  accettare  ed  osservare  l'arbitrato  di  Ferrara. 

Intanto  il  duca  di  Milano  in  ossequio  alle  dispo- 
sizioni dell'arbitrato  faceva  ritirare  le  sue  truppe  dal 
Monferrato,  e  quando  Casale  fu  sgombra,  il  mar- 
chese Gian  Giacomo  partiva  da  Venezia,  dove  aveva 
dimorato  fino  allora,  passava  per  la  Lombardia,  vi- 
sitava il  duca  di  Milano,  ed  andava  a  Casale.  Appena 
pervenuto  in  questa  terra,  spediva  un  corriere  a 
Chivasso  per  dare  notizie  della  sua  persona  e  del 
suo  arrivo  alla  sua  famiglia,  che  colà  dimorava,  in- 
vitandola a  portarsi  a  Casale  essa  pure,  desiderando 
vivamente  di  abbracciarla  dopo  una  così  lunga  sepa- 
razione. 

Il  Senato  veneto,  il  quale  aveva  preso  molto  in- 
teressamento alle  tristi  condizioni  del  marchese  Gian 
Giacomo,  volle  ritentare  la  prova,  e  spediva  il  sena- 
tore Orsato  Giustiniano,  personaggio  di  grande  ca- 
pacità e  di  molta  autorità,  a  Tonon,  onde  sollecitare 


SCUDO    d'oro    di    federico   II    GONZAGA,    ECC.  65 

il  duca  Amedeo  a  voler  restituire  i  luoghi  dal  me- 
desimo occupati  in  Monferrato.  Quando  l'oratore  ve- 
neto passò  a  Chivasso,  Gian  Giacomo  deputava  un 
suo  consigliere  a  fare  compagnia  al  veneziano  nella 
sua  ambasceria. 

Il  duca  di  Savoia  faceva  un'ottima  accoglienza 
agli  oratori,  ma  quando  essi  esposero  lo  scopo  del 
loro  viaggio,  il  Savoiardo  fu  irremovibile  nelle  sue 
pretese,  e  li  lasciò  partire  senza  fare  alcuna  conces- 
sione. 

Alli  IO  di  febbraio  del  1434,  1'  ambasceria  era 
di  ritorno  a  Chivasso,  e  riferiva  al  Marchese  che  il 
Duca  aveva  dato  la  seguente  risposta:  «  che  avendo 
egli  fatto  tanto  per  il  marchese  Gian  Giacomo,  ed 
essendo  le  cose  riuscite  in  bene,  il  Marchese  non 
doveva  mostrarsi  ingrato  verso  di  lui  dopo  un  cosi 
grande  benefizio,  ma  bensì  ricordarsi  che  esso  e  suo 
figlio  Giovanni  avevano  sottoscritto  dei  capitoli,  dei 
patti,  e  delle  convenzioni  a  Tonon,  e  che  quando  i 
Principi  monferrini  li  osservassero  e  restituissero  le 
spese  incontrate  per  la  difesa,  per  la  custodia,  e  con- 
servazione della  patria  (stato)  del  Monferrato,  esso 
non  ricuserebbe  più  di  fare  la  restituzione,  ed  avrebbe 
soddisfatto  quanto  aveva  promesso   ». 

Non  è  a  dire  quanto  questa  risposta  sia  dispia- 
ciuta al  marchese  Gian  Giacomo  ed  al  Senato  veneto. 

Il  doge  Francesco  Foscari,  assai  indispettito,  alli 
27,  cioè  appena  giunto  l'Orsato  a  Venezia,  scriveva 
di  nuovo  e  con  risentimento  al  duca  Sabaudo,  di- 
cendo che  aveva  creduto  che  esso,  sia  per  naturale 
sentimento  di  umanità,  sia  per  le  reiterate  e  calde 
preghiere,  come  pure  per  la  stretta  sua  parentela  col 
marchese  Gian  (iiacomo,  avrebbe  senz'altro  restituito 
le  terre  di  Monferrato  da  lui  tenute  in  custodia,  come 
aveva  promesso,  se  non  per  scrittura,  certo  a  voce, 
all'ambasciatore  Ambrogio  Bedoaro,  imitando  il  duca 


66  GIUSEPPE     GIORCFI.LI 


di  Milano,  il  quale  aveva  restituito  al  Marchese  la 
parte  del  Monferrato,  che  nelle  passate  guerre  era 
venuta  in  suo  potere;  soggiungeva  il  Doge  non  es- 
sere cosa  onesta  che  un  alleato  ritenga  i  luoghi  di 
un  altro  alleato,  e  che,  avendo  saputo  per  relazione 
del  nobile  Orsato  Giustiniano,  di  ritorno  dalla  corte 
Savoiarda,  che  i  luoghi  e  le  terre  del  Monferrato 
erano  ancora  in  mano  di  lui,  rinnovava  la  preghiera 
con  maggior  calore  perchè  volesse  a  suo  riguardo 
e  contemplazione  e  per  avere  il  ricambio  di  buon 
trattamento,  come  per  l'amore  suo  verso  l'Ili. '"°S/ Mar- 
chese suo  cognato,  verso  la  Marchesa  sua  sorella, 
e  verso  i  figliuoli  suoi  nipoti,  rendere  quanto  occu- 
pava al  Sig.  marchese  Gian  Giacomo.  Chiudeva  la 
sua  lettera  con  dire  che  qualora  il  Duca  ricusasse, 
esso  dubitava  avessero  a  nascere  degli  scandali  e 
degli  inconvenienti,  che  potrebbero  dispiacere  al 
Duca  ed  al  Doge,  e  riuscire  molto  molesti. 

Il  duca  Amedeo  Vili  rimase  altamente  sdegnato 
nel  leggere  questa  lettera,  però  né  rispose,  né  tenne 
di  essa  conto  alcuno. 

Gian  Giacomo,  volendo  tentare  ogni  mezzo,  ri- 
corse allora  al  pontefice  Eugenio  IV,  e  con  lettera 
commovente  invocò  la  sua  autorità  ed  i  suoi  buoni 
ufficii  presso  il  Savoiardo  per  indurlo  alla  restitu- 
zione. Il  Pontefice  se  ne  interessò,  ed  alli  25  maggio 
scriveva  al  duca  Amedeo  esortandolo  alla  restituzione. 

Il  Duca  non  \olle  compiacerlo. 

Il  povero  Marchese  fece  un  ultimo  tentativo  ri- 
volgendosi all'imperatore  Sigismondo,  il  quale  prese 
in  considerazione  le  sue  tristi  contingenze,  e  con  de- 
creto delli  IO  giugno  ordinava  ad  Amedeo  di  rimet- 
tere in  sue  mani  le  terre  monferrine  da  lui  tenute, 
perchè  erano  feudi  imperiali,  e  che  egli  avrebbe  poi 
pronunciato  a  chi  spettassero. 

Neppure  l'ordine  imperiale  valse,  ed  il  Duca  non 
volle  obbedire. 


SCUDO    d'oro    di    federico    II    GONZAGA,    ECC.  67 


I  veneziani,  che  avevano  preso  veramente  a  cuore 
le  sventure  del  marchese  Gian  Giacomo,  instavano 
vivamente  presso  il  duca  di  Milano  onde  indurlo  a 
perorare  la  causa  dei  Principi  monferrini  alla  corte 
di  Savoia.  Perciò  Filippo  Maria,  volendo  compiacerli, 
alli  17  novembre  dello  stesso  anno  1434  inviava  il 
suo  capitano  Guido  Torello  conte  di  Guastalla  e  di 
Montechiari,  Guarnerio  Castiglione  dottore  in  leggi, 
ed  il  cavaliere  Emanuele  dei  Secchi,  a  Torino,  dove 
era  giunto  il  principe  di  Piemonte  Ludovico  di  Sa- 
voia, luogotenente  generale  di  suo  padre  Amedeo  Vili, 
e  quivi  alcuni  giorni  dopo  arrivarono  altresì  i  legati 
del  Marchese,  affine  di  trattare  le  questioni,  e  venire 
ad  una  soluzione.  Pur  troppo  le  trattative  riuscirono 
vane  anche  questa  volta  perchè  il  Monferrino  non 
voleva  dare  Chivasso,  ed  il  Savoiardo  lo  voleva  as- 
solutamente. 

A  questo  punto  il  duca  Amedeo,  stanco  e  ri- 
stucco di  queste  lunghe,  noiose,  ed  inutili  trattative, 
per  finirla  ricorse  ad  un  mezzo  narratoci  dal  cronista 
Benvenuto  San  Giorgio,  mezzo  certamente  non  com- 
mendevole, ma  efficace,  col  quale  esso  riusciva  ad 
ottenere  quanto  desiderava.  Mandò  al  figlio  Ludovico 
l'ordine  di  impadronirsi  con  le  armi  dei  luoghi,  che 
pretendeva,  e  che  gli  erano  negati. 

II  principe  Ludovica  obbedendo  cominciò  col 
fare  arrestare  il  principe  Giovanni  dopo  le  feste  di 
Natale,  per  le  quali  il  Monferrino  si  era  recato  a  To- 
rino, e  lo  trattenne  in  quel  castello:  quindi  fece  en- 
trare in  Monferrato  le  sue  truppe,  che  in  breve 
tempo  s'impadronirono  di  Settimo,  di  Brandizzo,  e 
di  parecchie  altre  terre,  e  giunte  sotto  Chivasso  si 
preparavano  a  dargli  l'assalto.  " 

Il  marchese  Gian  Giacomo  comprendendo  essere 
impossibile  una  ulteriore  resistenza,  fuggiva  colla  fa- 
miglia a  Casale,  ed  alli   io  gennaio  del  1435  faceva 


68  GIUSEPPE     GIORCELLI 


scrivere  dal  castellano  di  Chivasso  al  principe  Lu- 
dovico a  Torino  essere  disposto  ad  accettare  ed  os- 
servare l'arbitrato  dei  legati  milanesi,  i  quali  erano 
rimasti  in  Torino. 

Ricevuta  la  lettera  il  principe  Ludovico  fece  so- 
spendere le  ostilità. 

Gli  oratori  milanesi  pronunciarono  la  loro  sen- 
tenza arbitramentale  nel  giorno  27  dello  stesso  gen- 
naio alla  presenza  del  principe  Ludovico  di  Savoia, 
del  marchese  Gian  Giacomo  recatosi  appositamente 
a  Torino,  del  principe  Giovanni  rimesso  in  libertà, 
dei  fratelli  Enrietto  e  Secondino  Natta,  di  Marco  del 
Carretto,  dei  marchesi  di  Savona,  di  Ludovico  Tiz- 
zone, e  di  Gian  Bartolomeo  del  Carretto,  tutti  con- 
siglieri del  Marchese,  e  di  parecchi  altri  ufficiali  mon- 
ferrini,  savoiardi  e  milanesi,  i  quali  apposero  tutti  la 
loro  firma  al  lodo. 

Gli  arbitri,  prendendo  per  base  il  trattato  di 
Tonon,  col  primo  capitolo  obbligavano  il  marchese 
Gian  Giacomo  a  fare  donazione  valida,  irrevocabile, 
ed  in  forma  solenne,  al  duca  di  Savoia  Amedeo  Vili 
dei  luoghi  di  Chivasso,  Settimo,  Brandizzo,  Monta- 
naro, Ozegna,  Feletto  e  Lombardore,  l'aderenza  del- 
l'abbazia di  San  Benigno  ed  il  vassallaggio  di  Azeglio. 

Nel  giorno  successivo  (28)  Gian  Giacomo  nomi- 
nava Ludovico  Tizzone  conte  di  Desana,  quale  suo 
procuratore  per  rimettere  al  principe  Ludovico  Chi- 
vasso e  le  altre  terre  sopì  anominate. 

Il  Tizzone  nel  giorno  30  faceva  la  regolare  con- 
segna delle  medesime  a  Manfredo  di  Saluzzo  mare- 
sciallo ducale  in  Piemonte,  a  ciò  delegato  dal  prin- 
cipe Ludovico. 

L'atto  di  cessione  venne  rogato  dai  notai  Mela- 
nino  Campanito  per  Monferrato  e  da  Filippo  Cara  di 
San  Germano  per  Savoia. 

In  tal  modo  ed  in  tale  giorno  la  terra  di  Chi- 
vasso divenne  savoiarda. 


SCUDO    d'oro    di    federico    II    GONZAGA,    ECC.  69 

Nello  stesso  mese  il  marchese  Gian  Giacomo 
trasportava  la  sua  corte  con  tutti  gli  uffici  governa- 
tivi, compresa  la  zecca,  a  Casale,  che  da  quell'anno 
divenne  la  nuova  capitale  del  Monferrato. 

Se  mai  qualche  lettore  troverà  troppo  lungo  il 
mio  racconto  storico,  io  gli  farò  osservare  che  la 
cosa  era  necessaria  onde  potere  coU'abbondanza  dei 
dettagli,  colla  esattezza  delle  date  nelle  quali  i  fatti 
si  svolsero,  e  colla  precisione  dei  nomi  dei  perso- 
naggi che  vi  presero  parte,  convincere  i  numismatici 
delle  seguenti  verità: 

I.'  Che  Chivasso  cessò  di  essere  capitale  del 
Monferrato  nell'anno  1435,  e  contemporaneamente 
venne  abolita  la  sua  zecca; 

■2°  Che,  perdendo  Chivasso,  il  marchese  Gian 
Giacomo  elesse  Casale  per  sua  nuova  capitale  nello 
stesso  anno,  e  vi  aperse  la  nuova  zecca  monferrina; 

3.°  Che  perciò  le  monete  di  Teodoro  II,  il 
quale  regnò  dal  1381  al  1418,  devonsi  attribuire  tutte 
a  Chivasso; 

4."  Che  la  serie  delle  monete  della  zecca  di 
Casale  deve  incominciare  soltanto  con  quelle  del 
marchese  Gian  Giacomo. 

Ora  io  mi  lusingo  di  avere  conseguito  il  mio 
scopo,  cioè  di  vedere  corretto  un  erroraccio,  che  da 
mezzo  secolo  ingombra  la  storia  della  zecca  della 
mia  patria. 


In  quale  anno  venne  chiusa  la  zecca  di  Casale. 

Anche  a  questo  proposito  i  numismatici  erra- 
rono per  molti  anni,  credendo  alle  parole  di  Dome- 
nico Promis.  Questo  scrittore  nel  1871  trattando  della 
zecca  di  Casale  scriveva  che  «  prima  del  finire  del 


70 


GIUSEPPE    GIORCELLl 


secolo  XVII  il  lavoro  di  questa  officina  venne  già 
sospeso,  poi  appena  ceduta  nel  1707  Casale  al  duca 
di  Savoia,  fu  definitivamente  chiusa  »  ('*. 

Avendo  io  pubblicato  un  Sesino  di  Casale  colla 
effigie  della  Madonna  di  Crea  e  colla  data  dell'anno 
1706  (21,  dimostrai  che  la  zecca  di  Casale  in  detto 
anno  era  ancora  aperta  e  lavorava.  Anzi  siccome 
nella  collezione  del  nostro  amato  Sovrano  si  trovano 
tre  altre  di  queste  monetine,  una  afìatto  simile  alla 
mia  e  due  con  varianti,  ed  un  quinto  esemplare 
adorna  il  Museo  Numismatico  di  Como  parimente 
con  variazioni,  è  cosa  lecita  supporre  che  se  ne  siano 
fatte  parecchie  battiture. 

D'altronde  si  sa  dalla  storia  che  l'esercito  au- 
stro-savoiardo s'impadroniva  di  Casale  dopo  la  vit- 
toria di  Torino,  cioè  nel  novembre  1706  cacciandone 
i  francesi,  che  per  due  anni  circa  il  Monferrato  fu 
governato  in  nome  dell'Imperatore,  e  che  nell'agosto 
del  1708  ne  venne  investito  il  duca  di  Savoia  ^'it- 
torio  Amedeo  II,  il  quale  fece  chiudere  la  zecca  di 
Casale  e  ritirare  le  sue  monete.  La  zecca  di  Casale 
venne  dunque  soppressa  nell'anno  1708  dopo  273 
anni  di  vita. 


Dott.  Giuseppe  Giorcelli. 


(i)  DoMKNico  Promis,  Memoria  Terza,  Sulle  monete  ili  zecche  italiane 
inedite  o  corrette,  Torino,  Stamperia  Reale,  187 1,  pag.  35. 

(2)  Bollettino  Numismatico  Milanese,  dicembre  1903.  Milano,  Tip.  Co- 
gliati.  —  Giuseppe  Giorcelli,  L'ultima  moneta  coniata  nella  Zecca  di 
Casale  Monferrato. 


Un  nouveau  gros  au  lion  de  Jeanne  et  Wenceslas 

DUCS    DE    BRABANT 
(1355-1383) 


Le  type  du  gros  au  lion  dans  un  entourage  de 
petites  feuilles  a  été  crcc  en  Fiandre  par  le  comte 
Louis  de  Crécy  (i  322-1 346)  "X 

Le  lion  entre,  coni  me  pièce  principale,  dans  un 
grand  nombre  d'armoiries  ;  aussi  la  nouvelle  mon- 
naie  du  riche  et  puissant  pays  de  Fiandre  fut-elle 
imitée  un  peu  partout  dans  les  anciens  Pays-Bas.  et 
mème  dans  des  contrées  assez  éloignées  de  son 
lieu  d'origine. 

Le  lion  debout  apparait,  en  effet,  sur  les  cspèces, 
en  Brabant,  dans  le  conité  de  Looz,  dans  la  sei- 
gneurie  de  Rummen,  dans  la  seigneune  de  Fauque- 
mont,  dans  la  seigneurie  de  Horn.  dans  la  seigneurie 
de  Megen,  dans  le  comtc  de  Naniur,  dans  le  conité 
de  Luxembourg,  dans  le  cumté  de  Rcthel,  dans  le 
comté  de  Hainaut,  dans  l'évèché  de  Canibrai,  dans 
la  seigneurie  d'Elincourt,  dans  la  seigneurie  de  Se- 
rain,  dans  le  comté  de  HoUande,  dans  le  duché  de 
Gueldre,  dans  la  seigneurie  de  Gennep.  dans  la  sei- 
gneurie de  Batenbourg,  dans  le  duché  de  Bretagne, 
enfin  dans  l'Aquitaine,  alors  au  pouvoir  des  Anglais  (2). 

Le  fils  de  Louis  de  Crécy,  le  comte  Louis  de 
Male,  continua  la  fabrication  des  gros  au  lion  depuis 
son  avènement    (1346),  jusqu'à   l'année    1364.    Il    re- 


(1)  Gaillard  :  Recherches  sur  les  monnaies    des    comles  de  Fiandre, 
pi.  XXIV,  n.  200  à  202. 

(2)  R.    Serrure  :    L'imitalion    des    types    monéiaires  flamands    au 
moyen-àge. 


72  ALPHONSE    DE   WÌTtE 


prit  ensuite  la  frappe  de  ces  picces  en  1369;  mais 
cette  seconde  émission  ne  dura  guère  plus  d'une 
année  et  la  frappe  des  lions  d'argent  prit  définiti- 
vement  fin  en  Fiandre,  dans  les  derniers  mois  de 
l'an  1370  "). 

Ce  fut  le  type  du  lion  dans  un  entourage  de 
feuilles  que,  lors  de  la  célèbre  entente  monétaire  con- 
clue  le  3  décembre  1339  entre  la  Fiandre  et  le 
Brabant,  le  comte  Louis  de  Crécy  et  le  due  Jean  HI 
adoptèrent  pour  leurs  gros  de  convention,  forgés  à 
leurs  deux  noms,  à  la  fois  à  Gand  et  k  Louvain  (2). 

Jean  III  frappa  d'ailleurs,  lui  aussi,  comme  le 
fit  Louis  de  Crécy,  des  gros  au  lion  à  son  nom  seuI 
et  cela,  selon  toutes  les  probabilités,  jusqu'à  la  fin 
de  son  règne  (1355)  ^3'.  Ces  pièces  sortent  des  ate- 
liers  de  Louvain  et  de  Bruxelles.  C'est  à  Louvain 
et  à  Vilvorde,  que  ses  successeurs,  Jeanne  et  Wen- 
ceslas,  continuèrent  l'émission  de  ces  pièces.  Peut- 
ètre  Wenceslas  en  fit-il  méme  frapper  à  Luxembourg; 
car  il  existe  un  tiers  de  gros  au  lion  portant  le  nom 
de  cet  atelier  qu'il  est  difficile  d'attribuer  à  un  autre 
due  (4). 

Les  variétés  connues,  à  ce  jour,  des  gros  braban- 
gons  de  Jeanne  et  de  Wenceslas  sont  au  nombre  de 
deux.  L'une  est  au  seul  nom  de  la  duchesse,  l'autre 
porte  les  noms  des  deux  époux.  Voici,  d'ailleurs, 
les  descriptions  complètes  de  ces  pièces. 


(i)  Gaillard  :  Recherches  sur  les  inonnaies  des  comles  de  Fiandre, 
pi.  XXVII,  n.  219  à  221. 

(2)  A.  DE  WiTTE  :  Histoire  monétaire  des  conites  de  Louvain  ducs  de 
Brabanl,  n.  380.  Peut-étre  est-ce  là  l'origine  du  type.  Du  reste  le  Bra- 
bant, comme  la  Fiandre,  a  pour  arme  un  lion  debout  ;  seuls  les  émaux 
diffèrent.  Le  type  du  gros  au  lion  pour  une  monnaie  de  convention 
entre  ces  deux  pays,  convenait  donc  admirableinent. 

(3)  A.  DE  WiTTE  :  Htstoire  monétaire  des  comtes  de  Louvain,  ducs  de 
Brabant,  n.  359  à  365. 

(4)  R.  Sekrure  :  Essai  de  numismatique  luxeinbourgeoise,  n.   121. 


UN   NOUVEAU   GROS   AU   LION    DE  JEANNE    ET    WENCESLAS 


73 


I.  —  Dans  un  entourage  compose    d'un    petit    lion    et  de 

onze  feuilles  d'ache,  se  voit  un  lion  debout  entouré 
de  la  legende:  *  MONETA  FILFD'. 
^    —  Croix  longue    et   pattée,    coupant    la    legende   inté- 
rieure  :  I  —  O  DV  —  C  LO  —  TBR  —  AB.    Legende 
extér.  :    *    BNDICTV    :    SIT    :    NOME    :    DNI    :    NRI 

IIiV:  XPI. 

Arg.  Pds.  :  2,86.  —  A.  de  Witie:    Histoire    moiiétaire   des   dtics   de 
Brabant,  n.  375. 

II.  —  Dans  un  entourage  compose  d'un  petit    lion    et   de 

onze  feuilles  d'ache,  se  dresse  un  lion  entouré  de  la 
legende  :  *  MONETA  BRASA. 
1$    —  Croix  longue    et    pattée    coupant    la   legende    inté- 
rieure:  I  —  ODV  —  C  LO  -TBR   -  AB.   La  legende 
extérieure  est  :  *  WENCESL  :  DEI  :  &RA  •  LVCENB  ■ 

BRAB  :  DVX. 

Arg.  Pds.:  2,63.  —  A.  de  Wittk:  Ibid.,  n.  405. 

Un  heureux  hasard  a  fait  entrer  dernièrement 
dans  notre  collection  une  troisième  variété,  que  voici, 
de  ces  gros  : 


III.  —  Dans  un  entourage  torme  d'un  petit  lion  et  de  onze 

feuilles,  est  campé  un   lion   debout,   entouré   de  la 

legende  :  *  MONETA  FL'ADB. 

91    —  Croix  longue    et   pattée    coupant    la    legende    inté- 

rieure:  W  I  -  O  :  DV  -  C  *  LO  -  TBR  -  A.  Legende 

extérieure:  *  BN SIT  :  NOME  :  D  •  •  •  •  NI  :  HiV  :  XPI. 

Arg.  d'assez  mauvais  aloi.  Pds.  :  2,95. 

Louis  de  Crécy  et  Jean  IH  pLicent  un  petit 
aigle  en  téte  de  la  legende  qui  entouré  le  lion. 
Louis  de  Male  y  substitue  une  croisette,  ce  que 
Jeanne  et  Wenceslas  s'empressent  de  faire  aussi.  On 


■^4  ALPHON?E    DE    WITTE 


volt,  par  là,  combien  les  souverains  brabangons  ap- 
portèrent  de  soin  à  donner  à  leurs  gros  au  lion 
l'aspect  de  ccux  de  Fiandre.  Mais,  en  somme,  l'imi- 
tation  maintenue  en  ces  limites  et  autorisée  par  le 
traité  de  1339  restait  licite. 

11  n'en  est  plus  de  mcme  pour  le  gros  que  nous 
venons  de  faire  connaltre.  Là,  l'intention  frauduleuse 
est  manifeste  ;  car  la  legende  «  trompe  l'oeil  »  MO- 
NETA FL'AD'B'  n'a  d'autre  objet  que  de  faciliter  la 
confusion,  par  le  public,  de  cette  pièce  avec  les  gros 
flamands  à  l'inscription  MONETA  FLAND'. 

Cette  monnaie  d'assez  bas  argent  sort-elle  d'un 
atelier  brabangon?  S'agit-il  d'un  échantillon  du  mon- 
nayage  que  le  due  et  la  duchesse,  lors  de  leurs  dé- 
mèlés  avec  les  Etats  de  Brabant  à  propos  de  l'exer- 
cice  de  leur  droit  régalien,  prétendaient  pouvoir  pra- 
tiquer  à  »  leur  bon  plaisir  et  à  leur  seul  bénéfice 
«  dans  les  donjons  et  les  chàteaux  de  leurs  pays 
«  de  Luxembourg  et  d'outre-Meuse?  »  (')  Nous  l'igno- 
rons  absolument  et  toutes  les  suppositions  sont 
permises. 

Ce  qu'il  y  a  de  certain,  c'est  que  l'existence  de 
notre  gros  place  Jeanne  de  Brabant  et  son  époux, 
Wenceslas  de  Luxembourg,  au  rang  de  ces  petits 
dynastes  mosans,  si  justement  qualifiés  de  faux  mon- 
nayeurs,  qui  ne  reculaient  devant  aucun  expédient 
pour  donner  à  leurs  numéraires  frélatés  la  circula- 
tion  la  plus  ctendue  possible.  On  s'explique  mainte- 
nant  les  continuelles  protestations  des  Etats  de  Bra- 
bant concernant  la  monnaie  et  l'histoire  monétaire 
du  règne  de  Jeanne  et  de  Wenceslas  s'éclaire  d'un 
jour  nouveau. 

Bruxelles,  novembre  igoj. 

AlpHONSE   de    WlTTE. 


(i)  A.  DH  Witte:  ìbid.,  t.  I,  n.  148. 


Giacomo  Jonghelinck  e  Leone  Leoni 

IN    MILANO 

(NUOVI     DOCUMENTI) 


Dell'insigne  medaglista  fiammingo  Giacomo  Jon- 
ghelinck  (1530-1606)  forse  ultimo  ad  occuparsene  fu 
il  compianto  amico  dott.  Solone  Ambrosoli  in  questa 
medesima  Rivista,  descrivendovi  {IV,  1891,  pag.  389 
segg.)  una  sua  splendida  medaglia  inedita  di  Mar- 
gherita d'Austria  che  si  conserva  nel  Gabinetto  nu- 
mismatico di  Brera. 

Ora  è  per  noi  gradito  compito  quello  di  portare 
un  nuovo,  interessante  contributo  alla  biografia  del 
valoroso  artista.  Trattasi  di  un  documento  del  nostro 
archivio  notarile  che  lo  prova  in  Milano  nell'anno 
15526  più  precisamente  alloggiato  in  casa  del  celebre 
Leone  Leoni,  forse  ai  di  lui  servigi  nel  coniare  e 
gettare  medaglie  e  stampe. 

Ai  23  maggio  1552,  diffatti  «  dominus  Giaches 
"  longhelinck  fìl.  qd.""  domini  Io.  Retri  de  Andverpia, 
«  et  nunc  moram  trahens  in  ci  vitate  Mcdiolani  in 
«  Porta  Nova,  parrochie  S.''  Martini  ad  Nuxigiam  in- 
«  tus,  in  domo  habitationis  magnifici  domini  Leonis 
«  Aretini  Cesarei  sculptoris  »  confessava  d'aver  ri- 
cevuto da  Giuseppe  de  Ronis,  figlio  del  sig.  Fran- 
cesco, abitante  in  Porta  Ticinese,  nella  parrocchia 
di  S.  Lorenzo  dentro,  per  conto  di  Leone  Leoni 
«  et  de  denarijs  propriis  prefati  magnifici  domini 
"  Leonis  »  scudi  6  d'oro  d'Italia,  di  buon  peso,  perchè 
li  sborsi  a  Giovanni  Vanost,  giojelliere  in  Anversa, 


76  EMILIO    MOTTA 


creditore  del  Leoni  per  certe  tappezzerie  vendutegli 
già  a  mezzo  di  un  mercante,  suo  compatriota  ^0. 

Se  non  erriamo,  di  un  soggiorno  dell' Jonghe- 
linck  in  Milano  non  eravi  alcuna  notizia  fin  qui. 

Tuttodì,  malgrado  il  succedersi  di  dotte  pubbli- 
cazioni, del  Leoni  non  se  ne  sa  ancora  abbastanza 
ed  una  dose  di  errori  rimane  certamente  accumu- 
lata, anche  per  quanto  riflette  l'opera  del  figlio  suo 
Pompeo  (2). 

Certamente  si  è  equivocato  sul  possesso  della 
sua  nota  casa  in  via  Omenoni. 

Si  ripetè  sempre  ch'egli  l'avesse  avuta  in  dono 
dall'imperatore  Carlo  V,  ma  la  cosa  non  è  tutt'affatto 
così:  egli  ebbe  bensì  in  dono  «  sua  vita  durante  n 
una  vecchia,  malandata  casa,  confinante  colla  chiesa 
scomparsa  di  S.  Martino  Nosiggia,  da  servire  qual 
officina  per  darvi  compimento  alle  sue  molte   opere 


(i)  Rogito  notaio  Gio.  Giacomo  Moriggia,  e  rogato  "  in  canzellis 
magnis  domus  notariorurn  Mediolani  sit.  in  broleto  novo  „. 

(2)  Delle  recenti  pubblicazioni  citeremo:  Casati:  L.  Leoni  d'Arezzo, 
scultore.  Milano,  1884;  Gnecchi:  Monete  di  Milano,  ivi  1885,  Pag-  Lxii  e  seg.; 
Plon:  L.  Leoni  sculpteur  de  Charles-Qtiinl.  Paris,  1887;  Venturi:  L.  Leoni 
incisore  della  zecca  di  Ferrara  in  "  Arch.  s:onco  dell'arte  „,  F,  1888,  8; 
Ilg  :  Die  Werke  Leone  Leoni's  in  den  kaiserl.  Kunstsammlitngen,  in  "  Jahr- 
biich  „  di  Vienna,  voi.  V  ;  Dell'Acqua.  Del  Iuo,ì;o  di  nasci/a  di  L.  Leoni 
e  del  monumento  mediceo  da  lui  eseguilo  in  Milano,  in  "  Arch.  stor. 
dell'arte  „  II,  1889  fase.  11  ;  Lombroso  :  Memorie  italiane  del  buon  tempo 
antico.  Torino,  1889  [A  pag.  130  e  seg.  si  discorre  del  Leoni,  tra  i  mae- 
stri di  zecca  di  Pietro  Aretino];  Ke.nner  :  Leone  Leoni's  Medaitien  fiir 
den  kaiserlischen  Hof,  \n  "  Jahrbuch  „  di  Vienna,  voi.  XIII;  Molmenti  : 
Leone  e  Pompeo  Leoni  in  "  Arte  illustrata  „  di  Milano,  n.  2,  1895  ; 
Valton  :  Médaille  par  L.  Leoni  in  "  Revue  nuniismalique  „  1904  pag.  496 
<:  seg.  ;  Herrera  :  Medallas  del  principe  Don  L'ehpe  y  de  luaiielo  Tur- 
riano  in  "  Rivista  de  Archivos  „  di  Madrid,  marzo-aprile  1905.  Non  in- 
dichiamo titoli  bibliografici  più  antichi,  tra  i  quali  sempre  meritevoli 
quelli  del  Ronchim,  del  Campori,  del  Beitolotti,  ne  i  lavori  speciali  di 
medaglistic-a  quali  quelli,  più  o  meno  recenti,  del  Friediànder,  dell' Er- 
culei, dell'Armand,  del  Biondelli,  del  Forrer  e  del  Fabriczy. 


GIACOMO   JONGHELINCK    E   LEONE   LEONI    IN    MILANO  77 

destinate  all'Escuriale  (');  ma  la  sua  casa  ch'egli  poi 
rifabbricò  elegantemente,  adornandola  dentro  e  fuori 
di  statue  antiche  e  cose  d'arte  rare,  egli  ebbe  per- 
sonalmente ad  acquistarla  dalla  famiglia  Castiglioni 
—  particolare  questo  fin  qui  ignorato  —  nell'anno 
1573»  dopo  averla  tenuta  già  in  affitto  fin  dall'anno 
1562.  Dififatti  con  istromento  30  ottobre  di  quest'anno 
i  nobili  Gio.  Francesco,  Pomponio  e  Cesare,  fratelli 
da  Castiglione,  figli  del  qd.""  Ettore,  abitanti  in  S.  Zeno 
in  Pasquirolo,  l'affittano  al  Leoni,  o  meglio  al  «  ma- 
«  gnificus  eques  Leo  Aretinus  Regius  et  ducalis  scul- 
u  ptor,  fil.  qd.""  nob.  domini  Jo.  Baptistae  »  in  P.  Nuova, 
parr.  di  S.  Martino  in  Nosiggia,  per  un  anno,  da 
S.  Michele  p.  passato  in  avanti,  per  il  prezzo  di  L.  200 
ricevendone  intanto  L.  100.  1  Castiglioni  si  obbli- 
gavano ad  ottenere  dentro  Pasqua  o  Pentecoste  il 
diretto  dominio  della  casa  e  sedime,  liberandone 
quella  parte  soggetta  a  fidecomisso,  onde  potere 
addivenire  alla  alienazione  del  detto  stabile  che  l'Are- 
tino quindici  giorni  dopo  avrebbe  comperato  pel  prezzo 
di  L.  8750  imperiali.  Se  per  quel  termine  non  fosse 
seguito  lo  svincolo  fidecommissario,  la  vendita  era 
ritenuta  nulla,  fermo  ed  obbligatorio  però  l'affitto  ('■^). 
La  cosa  si  trascinò  per  undici  anni  e  soltanto 
nel  1573  succedette  la  definitiva  cessione,  non  più 
però  da  parte  dei  tre  fratelli  Castiglioni,  sopra  ricor- 
dati, ma  bensì  da  Giov.  Fermo  Castiglioni,  del  nobile 
Pietro  Antonio,  certamente  loro  prossimo  parente, 
il  quale  per  non  sapere  scrivere,  incaricava  della 
firma  del  contratto   il    noto    letterato    Ascanio   Cen- 


(1)  È  dei  5  marzo  1583  una  lelttra  dtl  Card.  Tolomeo  Gallio  al 
Borromeo  in  commendatizia  di  Pompeo  leeoni  per  i  suoi  lavori  di 
Spagna  e  perchè  s'interponga  "  acciò  il  Rettore  di  S.  Martino  Nusigia 
desista  dal  darli  molestia  per  conto  d'impedire  la  luce  a  le  case,  ove 
si  fabricano  le  machine  de  la  Chiesa  del'Kscurial  „.  (Cfr.  Perioiiico  di 
Como,  Vili,  1891,  pag.  280). 

(2)  Ardi,  notarile  Milano.  Rog.  noi.  Gio.  Francesco  Piciu. 


78  EMILIO   MOTTA 


torio  degli  Ortensi,  ricordato  già  dall'Argelati  per 
le  molte  sue  pubblicazioni  a  stampa  <').  Anche  il 
prezzo  di  vendita  non  era  più  il  medesimo,  inferiore 
anzi,  ciò  che  lascia  adito  a  supporre  non  trattarsi  di 
tutto  il  precedente  stabile,  forse  in  parte  già  ceduto 
dai  Castiglioni,  per  quanto  le  coerenze  figurino  eguali 
nelt'istromento  di  vendita  (2). 

A  prova,  il  documento  che  stimiamo  interessante 
riprodurre  qui  subito  in  extenso: 

Io  Gio.  Fermo  Castiglione  confesso  per  il  presente  scritto 
da  sottoscriversi  in  mio  nome  dal  Cavaliere  Ascanio  Centorio 
de'  Hortensij  che  pregato  da  me  lo  farà  alla  presentia  delii 
infrascritti  Signori  che  qui  sotto  per  maggiore  fede  e  testi- 
monio si  sottoscriveranno,  come  in  questo  dì  vij  di  settembre 
1573  faccio  per  virtù  di  questo  presente  scritto  libera  ven- 
dita della  mia  casa  situata  nella  contrada  di  San  Fedele,  che 
sta  nella  parrocchia  di  San  Martino  in  Nosiggia  coherentiata 
da  una  parte  ms.  Feliciano  Zerbi,  et  dall'altra  la  casa  delli 
heredi  di  ms.  Simone  Maggenta,  e  dietrp  la  casa  che  gode 
il  Sig.  cavalier  Leone  Aretino  concessali  da  sua  Maestà  et 
la  via  pubblica  avanti,  al  S/  cavaliere  Leone  Aretino  per 
il  prezzo  di  libre  cinquemila  trecento  cinquanta  imperiali  in 
questo  modo  :  libre  quattro  mila  che  detto  S/  sia  obligato 
a  pagarli  in  termine  di  sette  anni  prossimi  et  futuri  &  co- 
minciati già  a  Calende  de  zugno  passato  innanzi,  aili  heredi 
de  M.  Cesare  Brandiano  (3),    da    quali    detto    S/  Leone   sia 


(i)  Cfr.  p.  e.  gli  Apparati  e  feste  del  marchese  di  Pescara  in  casa  di 
G.  B.  Castaldo  (Milano,  1559)  e  1  cinque  libri  degli  avvertimenti,  ordini, 
gride  ed  editti  fatti  et  osservati  in  Milano  nei  tempi  sospettosi  della  peste 
dell'a.  isj6  (Milano,  1631). —  Versi  di  Giuliano  Gosellini  a  "  Leone  Are- 
lino  statuario  „  stanno  in  Opuscoli  inediti  di  Tarquinia  ;l/o/««  (Bergamo 
Lancellotti,  1750),  pag.  91. 

(2)  Questi  Castiglioni  non  figurano  nelle  tavole  genealogiche  del 
Litta  (Famiglie  illustri  italiane,  voi.  III).  Mentre  sappiamo  che  nella 
pam  di  S.  Martino  in  Nosiggia  dimorava  Gio.  Stefano  Castiglioni,  il 
noto  senatore  ed  ambasciatore  a  Luigi  XII,  mortovi  nel  1519  (cfr.  Arch. 
di  Sfato.  Milano,  Necrologio  ad  aunum  ed  Arch.  Stor.  Lomb.  1891,  p.  279). 

(3)  Dai  quali  eredi  (Cesare  Annibale  e  Giaconiina  Brandiani),  il  Ca- 
stiglioni "  habuit  venditionem  tt  datum  de  dicto  sedimine  ,  così  nel 
susseguente  istr.  di  vendita  dei  14  settembre  1573. 


GIACOMO  JONGHELINCK    E    I.EO>'E   LEONI    IN    MILANO  79 

obligato  a  rilevarmene  in  modo  che  io  ne  resti  non  solo  del 
capitale,  ma  del  loro  usofrutto  a  ragione  de  cinque  per  cento, 
che  sonno  per  ogni  anno  libre  dugento  sino  se  li  pagaranno 
dette  libre  quattromilla,  che  in  dui  termini  detto  S/  cava- 
liere le  potrà  pagare  alli  detti  heredi  come  di  sopra  rilevato 
et  liberato,  et  oltre  a  me  contanti  nell'atto  dell' istromento 
che  tra  noi  si  farà  in  termine  di  giorni  otto  libre  mille  et 
trecento  cinquanta  che  saranno  l'intero  prezzo  et  pagamento 
della  sudetta  mia  casa.  Et  dopo  tutto  il  sudetto,  che  mi  ri 
servo  il  stare  in  casa  de  bando  per  tutto  il  1574  pross.°  fu- 
turo, cioè  da  san  Michele  presente  1573  sino  a  san  Michele 
1584  che  oltre  ogni  cosa  di  sopra  mi  riservo  questo  di  piìi, 
né  possa  fino  che  sarà  finito  detto  anno  esser  levato  di  casa, 
senza  haverne  a  pagare  cosa  alcuna  ma  starvi  inmune.  Et 
prometto  di  fare  l' instromento,  con  tutte  quelle  solennità, 
che  jo  l'ho  havute,  et  dare  a  detto  S/  cavaliere  Aretino 
tutti  gli  acquisti,  e  scritture,  che  appartengono  alla  sudetta 
casa,  che  si  trovaranno  in  mio  potere  et  di  cedere  ogni  mia 
ragione  et  promettere  prò  meo  dato  di  facto,  che  il  S/  ca- 
valiere non  mai  sarà  molestato  da  alcuno  per  mio  dato  et 
facto.  Et  per  non  sapere  io  scrivere  ho  pregato  il  sudetto 
cavalier  Centorio  che  per  fede  della  verità  a  mio  nome 
come  di  sopra  per  non  saper  io  utsupra  scrivere  che  facci 
et  sottoscriva  di  mia  commissione  la  presente  di  sua  propria 
mano.  In  Milano  alli  vij  di  settembre  1573 

Io  Ascanio  Centorio  de  Hortensij  di  commis- 
sione come  disopra  ho  scritto  et  sottoscritto 
de  mia  propria  mano,  siggillate  propria  mano 
dal  sudetto  Castiglione. 

Io  Lione  Aretino  me  obligo  et  prometto  di 
esseguire  quanto  di  disopra  si  contiene  et  per 
fede  mi  sono  sottoscritto  di  mia  mano  (0. 

Io  Socino  Secco  d'Arragona  fui  presente  per 
testimonio  a  quanto  disopra. 

Io  Govanbattista  Mantegaza  sono  stato  per 
testimonio  de  volontà  delle  parte. 

Io  Kabritio  Cablato  fui  presente  a  quanto  di 
sopra. 


(i)  Con  sigilli  impressi  del  Castiglioni  e  dell'Aretino.  Ardi,  iiolarile 
Milano,  Rog.  notaio  Gio.  Francesco  Picio. 


éo  EMILIO    MOTTA 


Questo  il  chirografo,  susseguito  in  data  14  set- 
tembre dal  vero  istrumento  notarile  di  vendita  e  con- 
fesso, nel  quale  lo  stabile  ceduto,  ed  abitato  ancora 
dal  Castiglioni,  e  più  dettagliatamente  specificato.  E 
cioè  (valga  per  una  migliore  cognizione  della  vecchia 
topografìa  milanese)  «  sedimen  unum  cum  sala  una  in 
u  terra,  a  manu  sinistra  intrando  portam  dicti  sedi- 
«  minis,  camera  una  supra  dictam  salam,  solario  uno 
((  supra  dictam  cameram.  coquina  una,  a  manu  dextra 
'(  intrando  portam  ut  supra,  habentem  hostium  versus 
"  curiam  dicti  sediminis  cum  cameris  duabus  supra 
"  et  alio  solario  supra  dictas  cameras,  canepa  una 
«  sub  dieta  coquina  et  predicta  sunt  in  parte  ante- 
«  riori  dicti  sediminis,  in  parte  vero  posteriori  altera 
«  coquina  cum  altera  canepa  subtus  et  camera  una 
«  supra  dictam  coquinam,  stala  una  cum  lobijs,  cu- 
«  ria,  putheo  necessario  porticu  et  alijs  suis  spcct.  et 
«  pertinentijs  ac  porta  cui  coheret  ab  una  parte  strata, 
«  ab  alia  d.  Feliciani  et  fratrem  de  Zerbis,  ab  alia 
"  prefati  mag.''  equitis  emptoris  et  ab  alia  her.  qd.™ 
"  domini  Simonis  Mazente   ». 

La  casa  dell'Aretino,  come  narrano  già  i  suoi 
contemporanei  Vasari  e  Bidelli  (i>  era  tutta  piena  di 
statue  antiche:  egli  le  esportava  da  Roma,  causan- 
done dispiacere  all'amico  suo  IVlichelangelo  (2)  che 
dolcemente  ne  lo  rimproverava,  se  creder  dobbiamo 
al  Cicerejo,  antiquario  ed  umanista  milanese,  ben  noto 
dell'epoca  medesima  (f  1596) '3). 


(2)  Bidelli:  Supplemento  delta  Nobiltà  di  Milano,  Milano,  1619,  pag. 67. 

(i)  Per  le  relazioni  con  Michelangelo,  a  proposito  del  monumento 
del  Medeghino  e  del  ritratto  del  Buonarrotti,  cfr.  Casati:  op.  cit.  pag.  39 
e  FoRTNUM  :  On  the  originai  portrait  0/  Michel  Angelo  by  Leo  Leone 
"  Il  Cavaliere  Aretino  „  (s.  n.  t.). 

(2)  Cfr.  Forcella  :  Iscrizioni  di  Milano,  voi.  II,  pag.  V  e  segg. 
Tra  gli  aneddoti  nel  suo  codice  autografo  n.  756,  pag.  41  t.  della 
Trivulziana,  leggesi  diffatti  :  "  Michael  Angelus  Bonarotus  Leoni  Arre- 
tino,  Mediolanum  in  patriani  redituni  paranti,  dìxit:  Est,  quod  libi  male 


I 


GIACOMO   JONGHELIN'CK   E    LEONE    LEONI    IN   MILANO  8l 

Pure  ardente  e  fortunato  raccoglitore  di  quel 
tempo  fu  Pompeo  Leoni,  figlio  e  continuatore  di 
Leone,  lo  scultore  favorito  di  Filippo  II  di  Spagna; 
possessore  del  Codice  Atlantico  vinciano,  poi  passato 
alla  sua  morte  (i6io)  all'Arconati  ('). 

* 
*    * 

È  noto  che  Giovan  Battista  Suardo,  intagliatore 
di  coni  nella  zecca  di  Milano,  sotto  Leone  Leoni,  ne 
divenne  poi  genero  e  successore  nella  zecca  C^).  Nel 
marzo  1585  lavorava  ad  una  «  caroza  intagliata  » 
per  il  duca  Carlo  Emanuele  I  di  Savoja,  sui  disegni 
del  pittore  di  corte  Alessandro  Ardente  o»,  e  che 
doveva  servire  per  l'entrata  del  duca  in  Torino,  re- 
duce dalla  Spagna  con  la  sposa,  l'infante  Catterina, 
figlia  di  re  Filippo  II. 

Lo  prova  la  seguente  sua  lettera  autografa  di- 
retta al  marchese  Filippo  d' Este,  luogotenente  del 
duca  in  Torino  (4): 

Illustrissimo  Signor  Marchese  patron  mio 

Mi  pare  che  in  tutte  le  cose  che  l'omo  à  qualche  dubio 
doverla  anticipar  tempo  acio  che  quando  è  poi  fatto,  è  assai 


velim  Leo.  Quid  autem  mihi  male  velit  Michael  Angelus?  ait  Leo. 
Non  hoc  fit  de  nihilo,  refert  Bonarotus,  tu  eniin  R mian  ipsam  in  tuam 
ipsius  patrìam  anelis  :  sìgnifioans  opera  suinmorum  artificum  qiiani- 
plurima,  quibus  Roman  spoliavit  Arretinus,  et  acdes  suas  exornavit, 
Mediolani  magnifice  extructas,  doctissimo  aique  elegantissimo  cuique 
patentas  ,.  Nel  medesimo  codice  (pag.  cit.)  è  pur  cenno  di  statue  an- 
tiche trasportate  da  Roma  a  Milano  dal  Landrianì,  abbate  commenda- 
tario di  S.  Antonio. 

(1)  Ratti  :  //  Codice  Atlantico  di  L.  da  Vinci,  pag.  14.  —  Come  la 
casa  degli  Omenoni,  dai  Leoni,  passasse  in  proprietà  dei  Calchi,  igno- 
riamo. 

(2)  Cfr.  LoMAZZo  :  Idea  del  tempio  della  pittura,  pag.  164. 

(3)  Cfr.  Vesme  :  Torquato  Tasso  e  il  Piemonte  in  «  Miscellanea  di 
storia  italiana  »,  xxvii,  pag.  127. 

(4)  Per  il  marchese  d' Este,  le  sue  relazioni  con  Torquato  Tasso  e 
dove  fosse  il  suo  palazzo  in  Torino,  cfr.  Vesme  :  Ice.  cit.,  pag.  49,  70  e 
seg.  81,  89. 


ÌÌ2  EMILIO    MOTTA 


più  dificile  accomodar  li  erori  che  prima:  io  sono  quello  che 

fa    la    caroza    intagliata  per  sua  Altezza  Serenisima  per  far 

la  entrata  in  Turino  e  cosi  mi  trovo  a  bonissimo  termine  de 

l'opera  che  dele  tre  parte  sono  finitto  le  doi.   Mi   resta   una 

cosa  solla  ch'è  questa  :  che  sopra  il  disegno  che  à  mandatto 

il  sig.""  Alesandro    Ardente    non    v'  è   l'arma   di   sua   Alteza 

ne  mancho  quella  di  Spagna  ecetto  che  il  loco  da  farglia  che 

nel  schenal  de  la  caroza.  Voria  se  no  questo  da  Lei  che  mi 

mandase  uno  sercetto  de  l'arma  giusta  come  à  da  esere  ne 

più  ne  meno  perchè  so  certo  che    ste    cose    sono   de  tropo 

importanza  e  così  non  voglio    far    circha    questa  arma  cosa 

nisuna  sin  tanto  che  V.*   111.™*  Signoria  non  mi  manda  l'arma 

giusta  come  a  da  esere  e  dil  resto  poi  la  se   sicura   che   io 

non  mancho  per  far  cosa  bella  e  onoratta  si  come  comporta 

l'onor  mio,  e  far  onore  a  un  tanto  principe,  dil  che  gli  resto 

a  sua  Illu.*"'  Signoria    servitor  aff."""  di    core.    Da  Milano  il 

28  Marzo  1585 

Il  suo  minimo  servitore  di  core 

Gio  :  Batta  Suardo,  scultore 

a  me  mi  pare  che  di  ragione  voria  eser  così  come  qui  de- 
signata quella  di  sua  Altezza,  a  man  drita  però  voria  quella 
de  Spagna  giusta  come  a  da  esere  aciò  non  si  facia  erore  (0. 


Dei  5  gennajo  1583  altro  documento,  non  nu- 
mismatico però,  per  Leone  Leoni.  Di  quel  giorno 
egli  confessava  d'aver  ricevuti  da  Geronimo  Casati, 
maestro  delle  entrate  ducali,  scudi  800,  per  completa 
soluzione  della  somma  ordinata  da  pagarsi  da  Don 
Sancho  de  Padilla  dei  6000  scudi  pattuiti  «  para  la 
«  obra  de  bronze  que  por  mandado  de  Su  Majestad 
«  en  està  ciudad  se  haze  »  ^^K  Gli  altri  4500  erano 
già  stati  pagati  in  data  23  luglio  e  23  agosto  1582, 
come  da  istrumenti  del  notajo  Ottaviano  Castelletti. 

Emilio  Motta. 


(1)  Trivulziana.  Fondo  Belgiojoso,  cartella  36.»  —  Con,  a  sinistra,  lo 
schizzo  dello  stemma  sabaudo. 

(2)  Arch.  notarile  Milano.  Rog.  not.  Giov.  Paolo  Rho. 


NOTA  DI  NUMISMATICA  SABAUDA 


B-  ~  +  KAROLVS  :  DVX  :  SABAVDIE    Busto    del    duca    a 

destra. 
9    -  +  IN  :  TE  :  DNE  :  CONFIDO)  :  C  :  F  :    Stemma   con 

corona  comitale  tra  FÉ  RT  Un  punto  segreto  nella 

croce. 
Argento,  gr.  9,370.  Conserv.  buona,  ma  un  po'  ribattuto  il  rovescio. 

Se,  a  prima  vista  ed  in  linea  generale,  il  testone 
di  cui  mi  pregio  sottoporre  l' impronta  alla  curio- 
sità dei  Lettori,  per  il  tipo  e  le  epigrafi,  può  sem- 
brare identico  a  quello  già  pubblicato  dal  chiaris- 
simo prof.  FrancescO'Rabut  ('),  a  chiunque  verrà  fatto 
di  confrontare  i  due  disegni,  di  leggeri  si  potrà  con- 
vincere come  essi  differiscono  tra  di  loro  in  alcuni 
particolari. 

Infatti  sulla  moneta  più  sopra  effigiata,  la  figura 
del  duca  Carlo  II  appare  più  piccola  e  snella,  anzi 
dirò  meglio,  stecchita,  che  non  lo  sia  quella  dataci 


(i)  Cinqui'eme  nolice  sur  quelques  monnaies  de  Savoie  inédites.    N.  3 
della  tavola. 


84  GIACINTO   CERRATO 


dal  suUodato  Autore,  come  altresì  ne  è  difiFerente  la 
forma  del  berretto  e  di  alcune  lettere  della  leggenda. 

Queste  varianti  farebbero  tuttavia  ritenere,  e 
con  ragione,  il  pezzo  di  cui  si  servi  il  prof.  Rabut 
per  rappresentare  la  sua  moneta,  battuto  con  un 
conio  non  eguale  a  quello  usatosi  per  stampare  il 
testone  da  me  posseduto. 

Cosa  per  se  stessa  niente  affatto  straordinaria, 
comune  anzi,  occorrendo  a  quell'epoca  e  pratican- 
dosi anche  in  tempi  posteriori,  per  la  battitura  di 
una  medesima  qualità  di  monete,  varie  coppie  di 
coni  e  punzoni,  per  i  quali  non  era  possibile  otte- 
nere la  perfetta  eguaglianza. 

Constatata  la  differenza  esistente  fra  questi  due 
testoni  quello  che  ora  io  presento,  avrebbe  un  me- 
rito, cioè  di  essere  una  variante  a  quello  del  Rabut 
e  non  del  tutto  indegna  di  essere  notata. 

Un  dubbio,  però,  venutomi  alla  mente  —  esa- 
minando attentamente  l'impronta  é&Wdi  Cinquième  no- 
tice,  ecc.  —  mi  fece  sospettare  che  le  varianti  più 
sopra  riferite  non  esistine  di  fatto,  ma  siano  piut- 
tosto da  attribuirsi  alla  minore  attenzione  od  abilità  di 
chi  eseguì  il  primitivo  disegno  ;  essendoché  l' im- 
pronta non  fu  ricavata  coi  procedimenti  ora  prati- 
cati generalmente  per  avere  il  facsimile  della  mo- 
neta che  si  intende  di  far  conoscere,  ma  venne  di- 
segnata a  mano. 

Riuscire  a  riprodurre  fedelmente  in  ogni  più 
minuto  particolare  copiando  a  vista  un  nummo,  spe- 
cialmente se  porta  una  figura,  non  a  tutti  sempre, 
la  buona  volontà  corrisponde  all'  intento.  Ed  è  ap- 
punto quanto  io  stimo  sia  avvenuto  per  il  testone 
dell'opuscolo  sovrariferito. 

Si  è  per  questa  personale  convinzione  dunque 
—  la  quale  non  infirma  per  niente  all'illustre  mio 
predecessore  il  merito  della  sua  scoperta  —  e  spe- 


NOTA    DI    NUMISMATICA   SABAUDA  85 

cialmente  in  vista  anche  al  fatto  di  non  essersi  Egli 
pronunziato  in  merito,  sulla  marca  dello  zecchiere 
il  cui  nome  gli  restava  ignoto,  che  ho  creduto  ri- 
pubblicare la.  moneta  esponendo  brevemente  il  mio 
parere  riguardo  alla  classificazione  a  darsi  a  questi 
pezzi  di  stile  barbaro  e  di  esecuzione  trascurata. 

Il  prof.  Rabut  aveva  bensì  intuito  —  da  quel 
valente  numismatico  eh'  Egli  era  —  che  la  sua  mo- 
neta doveva  spettare  ad  un'officina  monetaria  d'oltre 
Alpi  ;  ma  fuorviato,  pare,  da  una  marca  trisillaba 
C  ■  F  •  B  •  da  Lui  osservata  su  di  un  quarto  pubbli- 
cato dall'  illustre  comm,  D.  Promis  {Monete  dei  Reali 
di  Casa  Savoia,  tav.  XVI,  n.  17)  suppose  fosse  quella 
di  Borgo  nella  Bressa. 

Ora  io  sono  di  parere  che  le  iniziali  C  •  F  -,  poste 
in  fine  leggenda  nel  rovescio  di  questi  testoni,  siano 
la  sigia  monetaria  adoperata  come  contrassegno  alle 
sue  emissioni  da  Francesco  Savoia  maestro  alla  «zecca 
di  Chambery  dall'aprile   1524  al  giugno  1533. 

Diversamente  essa  non  si  potrebbe  interpretare, 
poiché  a  nessuno  dei  maestri  in  funzione  nelle  zecche 
al  di  là  delle  Alpi,  durante  il  periodo  di  tempo  che 
passa,  dall'esordio  del  regno  dello  sventurato  duca 
Carlo  II,  al  funesto  anno  1536  dell'invasione  fran- 
cese, si  adatterebbero  tali  iniziali.  Un  altro  argo- 
mento poi,  ed  assai  importante  pel  mio  asserto,  si 
è,  che  identiche  lettere  monetarie  si  trovano  su  par- 
paiole  emesse  alla  zecca  di  Chambery  mentre  era  in 
funzione  Francesco  Savoia,  monete  aventi  pur  altri 
punti  di  contatto  coi  testoni  in  discorso,  sia  per  lo 
stile  sia  per  l'eguaglianza  nelle  leggende  '". 

Che  il  detto  maestro  abbia  coniato  dei  testoni  è 
indubitato  ;    ce    lo    dice    il    lodato   comm.  Promis  a 


(1)  Doli.    A.    Ladi:    Conlrtbuliun   à   la   numismalique   des    JJkcì,   tic 
Havoie.  Genève,  1901,  p.ig.  40,  n.  219 


86 


GIACINTO    CERRATO 


pag.  169,  voi.  2°  del  già  menzionato  suo  libro.  Nel 
riassunto  ch'Egli  fa  ragionando  appunto  delle  ope- 
razioni eseguite  da  Francesco  Savoia  durante  il  pe- 
riodo di  tempo  in  cui  fu  maestro  alla  zecca  di  Cham- 
bery,  cita  fra  le  diverse  specie  di  monete  da  costui 
battute  (maggio  1524  all'ottobre  1526),  marchi  300 
di  testoni,  per  la  prima  volta  peggiorati  d'intrinseco 
come  prescriveva  l'ordinanza  delli  21  maggio  1524 
dei  maestri  generali  Rafifoulaz  e  Balligny  per  le 
zecche  d'oltre  monti.  In  quattro  conti  susseguenti, 
resi  da  questo  maestro  il  28  giugno  1533,  nota  an- 
cora r  illustre  numismatico  torinese,  altri  462  marchi 
e  mezzo  di  testoni;  però  questi  ultimi  emessi  sotto 
l'impero  dell'ordinanza  delli  17  ottobre  1526  —  ul- 
tima per  le  officine  monetarie  al  di  là  delle  Alpi  — 
non  mi  fu  fatto  di  rinvenire  sulle  tabelle  degli  or- 
dini di  battitura  del  Promis,  il  quale  ivi  registrò 
solo  i  testoni  della  zecca  di  Torino,  ne  quindi  io 
posso  dire  se  eguali  o  no  fossero  ai  precedenti  '0. 

Ora  tenendo  calcolo  della  mediocre  qualità  del 
metallo  col  quale  è  fabbricato  il  mio  pezzo,  al  suo 
peso  (2)  non  di  troppo  inferiore  al  normale  (gr.  9,578) 
prescritto  per  i  testoni  dalla  sovrariferita  ordinanza 
delli  25  maggio  1524;  parmi  —  se  si  coordina  questi 
dati  a  quelli  piij  sopra  esposti  —  bastantemente  sta- 
bilita l'attribuzione  da  me  proposta  per  queste,  dirò, 
così  poco  eleganti  monete. 

Mi  si  permetta  prima  di  finire  ancora  un'osser- 
vazione. Ammessa,  come  spero,  la  classifica  proposta 
per  i  detti  testoni,  troverei  logico  e  razionale  pro- 
porre altresì  il  traslato  alla  zecca  di  Chambery  dello 
sento  d'oro  a  cavallo  pubblicato  dal  comm.  D.  Promis 


(i)  Op.  cit.,  pag.  462,  463,  voi.  I. 

(2)  Si  avverta  che  il  Rabut  obbliò    di    indicare  il  peso   del   testonf 
pubblicato. 


NOTA    DI    NUMISMATICA    SABAUDA  Ò7 

e  da  lui  attribuito,  non    saprei    per    quale    ragione, 
all'officina  monetaria  di  Nizza  ('\ 

Nessuno  potrà  negare  la  grandissima  affinità 
esistente  tra  l'aurea  moneta  suddetta  col  /estone  che 
ha  motivato  il  presente  scritto.  Sono  le  stesse  sigle 
monetarie  C  F.,  i  medesimi  caratteri  irregolari,  eguali 
le  leggende,  aria  di  famiglia  per  così  dire,  già  av- 
vertita dal  chiaris.  prof.  Rabut,  il  quale  parlando 
infatti  di  cotesta  rassomiglianza  nell'articolo  riferen- 
tesi  al  testone,  riteneva  quelle  due  monete  per  pro- 
dotto di  una  medesima  zecca  '^i. 

Tonno,  febbraio  jpoS. 

Giacinto  Cerrato. 


(i)  Op.  cit.,  voi.  II,  tav.  XVIII,  n.  42. 

(2)  Dal  1524  al  1533  periodo  di  tempo  pel  quale  si  hanno  i  conti 
del  maestro  Francesco  Savoia,  si  emisero  alla  zecca  di  Chamber\', 
n.  10908  scuti  d'oro  a  cavallo.  Cfr.  Promis  :  op.  cit.,  voi.  I,  pag.  169. 


i 


¥ 


IL   SISTEMA    MONETARIO 

DEGLI 

AUREI    ITALIANI    DI    CARLOMAGNO 


Le  monete  d'oro  del  grande  monarca  franco 
erano  fino  ai  nostri  dì  quasi  ignote;  appena  si  co- 
nosceva qualche  raro  esempio  proveniente  dalla 
Francia  meridionale  (^Uzès)  o  dalla  fertile  zecca  di 
Lucca,  ove  la  fabbricazione  dell'oro  si  mantenne  più 
lungo  tempo  che  altrove  nelle  parti  superiori  del- 
l'Italia.  Il  ripostiglio  di  Ilanz,  scoperto  nel  1904, 
ha  mutato  le  cose  ad  un  tratto.  Oggi  si  sa,  che 
la  monetazione  dell'oro  in  Italia  non  cessò  colla 
sconfitta  del  dominio  longobardo  (774);  essa  invece 
continuò  ancora  per  qualche  decennio  non  solo 
nei  principati  di  Benevento  e  Salerno,  ma  anche 
nelle  antiche  zecche  longobarde  settentrionali,  a  Ber- 
gamo, Lucca,  Milano,  Pavia,  Pisa  e  Castel  Seprio. 

La  forma  esterna  di  codeste  monete  carolingie 
d'oro  segue  come  modello  i  tipi  di  Desiderio,  mu- 
tando solo  il  nome  del  re. 

Vi  è  dunque  da  una  parte  una  croce  longobarda 
e  la  leggenda  *  D'oìiiinus  N'osfer)  CAROLO  R^)X;  dal- 
l'altra una  stella  ed  il  nome  della  zecca  :  *  FLA(t7Vr) 
BERGAMO,  *  FLAVIA  LVCA,  *  FLA  zvV?)  MEDIOLANO, 
*•  FLA(wa)  SEBRIO  o  *  FLAVIA  TICINO  (■'.  Aggiungo  che 
non  mancano  parecchie  varianti  di  conio,  indizio  che 
questa  monetazione  ebbe  qualche  intensità  e  durata. 


(l)  Un  sesto  tipo  di  tali  tremissi  proveniente  dai  fondamenti  della 
vecchia  chiesa  di  Telfì  (Sardegna)  col  nomo  della  zecca  FLAVIA  PISA 
C(ivitas)  venne  descritto  dal  Sig.  V.  Dessi  nell'omaggio  utTerto  dalla  so- 
cietà numismatica  italiana  al  congresso  internazionale  di  scienze  sto- 
riche in  Roma  (Milano  1902,  p.  146). 


90  ARNOLD    LUSCUIN    VON    EBENGREUTII 

Tutto  questo  è  chiaro  ;  oscuro  però  resta  finora  il 
problema  monetario,  non  ostante  le  acute  indagini 
del  San  Quintino  (')  e  di  Adolfo  Soetbeer  (2).  Grazie 
al  materiale  abbastanza  ricco  salvatosi  fra  i  sassi  di 
llanz  in  istato  di  perfetta  conservazione,  la  situazione 
si  è  mutata  anche  su  questo  punto. 

Premetto  che  io  mi  baso  in  tutte  le  particola- 
rità sulla  descrizione  del  ripostiglio  di  llanz  pubbli- 
cata dall'egregio  signor  Fritz  Jecklin  nelle  Mittei- 
lungen  der  bayerischen  Numismatischen  Gcsellschaft, 
voi.  XXV  (Monaco,  1906)  e  che  di  mio  non  vi  sono 
che  le  conclusioni. 

I  34  tremissi  di  Carlomagno  che  formavano 
una  parte  di  quel  tesoro  erano  quasi  tutti  a  fior  di 
conio  e  sembravano  (secondo  le  parole  del  signor 
Jecklin)  esser  state  trasportate  direttamente  dalla 
cassa  militare  di  Carlomagno  al  luogo  ove  furono 
trovati,  senza  aver  subito  il  consumo  della  cir- 
colazione. 

Tanto  più  fa  meraviglia  la  irregolarità  nei  loro 
pesi  : 

a)  I  24  tremissi  della  zecca  di  Milano  (n.  33-53 

della  descrizione)  pesavano  :  gr.  0.846.  0.883,  0.896, 

0.900,  0.908,  0.915,  0.927,  0.938,  0.945,  0,963,  0.968, 

0.968,  0.974,  0.974,  0.980,  0.985,  0.990,  0.990,  o  996. 

1,003,  I-0O4,  1.016,  1.039,  1.052;  tutti  insieme  gr.  23.06 

,  ,.     23.06 

e  per  la  media  -^ —  =  gr.  0.961. 

è)  I  6  tremissi  di  Bergamo  (n.  55-60):  gr.  0.835, 
0.941,  0.944,  0.952,  0.971,  0.984;  tutti  insieme  gr.  5.627 
e  per  la  media  gr.  0.938. 


(i)  Sulla  moneta  dei  Longobardi  in  Italia,  1834.  Della  zecca  e  delle 
monete  di  Lucca.  Lucca,  1860. 

(2)  Beitrftue  zur  Geschichte  des  Geldwesens  in  Deutschland  (For- 
schungen  z.  Deutsch.  Geschichte,  II,  1862). 


IL    SISTEMA    MONETARIO    DEGLI    AUREI    ITALIANI  9I 

c)  Lucca  (n.  6i),  un  pezzo  di  gr.  1.048. 

dj  Castel"  Seprio  (n.  62),  un  pezzo  di  gr.  0.847. 

e)  Pavia  (n.  Ó3),  un  pezzo  di  gr.  0.961. 

Vi  era  ancora  un  tremisse  della  zecca  di  Coirà 
di  tipo  un  po'  differente  (n.  54),  il  quale  pesava 
gr.  1.030.  Il  peso  totale  dei  34  pezzi  era  dunque  di 
gr.  32.573  e  il  loro  medio  ]ieso  di  gr  0.958. 

Osservo,  che  non  ostante  la  buona  conserva- 
zione del  conio,  tre  fra  queste  34  monete  erano 
mancanti  di  un  pezzetto  del  margine,  come  si  può 
rilevare  dalla  riproduzione  eliotipica  dei  numeri  47, 
58,  62.  Escludiamo  perciò  queste  tre  e  il  loro  peso 
di  gr.  0.846,  0.835  e  0.847   dal  calcolo    definitivo,  e 

noi  troviamo  così  un  peso  medio  di  gr.  — '    -    =  0.966 

23 
per  i  23  pezzi  intatti  della  zecca  Milanese,  un  totale 

di  gr.  1^<-  =  0.958  per   i  tremissi   Bergamaschi  e 

di  gr.  ^  '  "^^  =  0.969  per  il  totale  delle  residue  31 

monete. 

Con  questa  correzione  restano  nondimeno  diffe- 
renze di  quasi  20  "  „  fra  il  peso  dei  singoli  pezzi  va- 
rianti da  gr.  0.883  ^  I-052.  Ciò  rende  evidente,  che 
l'esattezza  ora  prescritta  dalla  legge  monetaria  non 
bastava  per  ottenere  un  peso  individuale  variante 
solo  fra  ristretti  limiti  come  oggidì  ;  bastava  invece 
che  un  determinato  numero  di  monete  corrispondesse 
con  qualche  indicato  maggior  peso,  per  esempio  con 
un'oncia. 

Ma  —  si  dirà  —  chi  vuol  richiedere  al  tempo 
di  Carlomagno  l'esattezza  dei  milligrammi?  Concedo 
subito  che  non  si  poteva  ottenerla  cogli  istrumenti 
del  tempo.  E  quale  era  questa  ?  Quistione  difficile  e 
non  ancora  studiata  molto.  Però  l'inglese  F.  Seebohm 


92 


ARNOLD   LUSCHIN    VON    EBENGREUTH 


l'ha  toccata  in  un  suo  articolo  :  On  the  early  curren- 
cies  of  the  Gennan  Tribes  ")  narrando,  che  furono 
trovate  bilancie  e  piccoli  pesi  in  diverse  tombe  del 
primo  medio-evo,  per  cui  mezzo  si  potevano  pe- 
sare oggetti  sino  al  peso  del  grano  d'orzo,  equiva- 
lente al  Trov-grain  inglese  di  gr.  0.0648.  Accettiamo  in 
mancanza  d'altro  questa  osservazione  per  base  delle 
nostre  conclusioni,  e  ammettiamo  che  al  tempo  di 
Carlomagno  il  Troy-grain  fosse  l'ultimo  grado  di 
esattezza  possibile  e  che  perciò  il  peso  medio  di  un 
fremisse  doveva  corrispondere  al  peso  di  tanti  Troy- 


grams. 


Se  noi  ordiniamo  così  i  tremissi  di  Carlomagno 
appartenenti  al  tesoro  di  Ilanz  secondo  il  loro  peso, 
escludendo  i  tre  esemplari  difettosi  e  trascurando 
differenze  minori  di  gr.  0.0648,  noi  vediamo  che  tutti 
i  tremissi  di  un  peso  maggiore  a  gr.  0.8424  e  infe- 
riore a  gr.  0.9072  corrispondono  al  peso  di  13  Troy- 
grains  e  quelli  di  un  peso  fra  gr.  0.9072-0.9720  a 
un  peso  di  14  Troy-grains,  ecc.,  come  si  vede  dalla 
tabella  seguente  : 


E 

Tremissi  della  zecca  di 

0 

0 

B 
a 

0 

Milano 

Bergamo 

varia 

Numero  t 

13 

0,8424 

0.883,  0.896,  0.900. 

— 

— 

3 

14 

0.9072 

0.908,  0.915,  0.927,  0.938, 
0.945,  0.963,  0.968,  0.968. 

0.941,  0,944, 
0,952-  0,971. 

0.961. 

13 

15 

0.9720 

0-974.  0.974,  0930,  0.985, 
0.990,  0.990,  0.996,  1.003, 
1.004,  '  "'6. 

0.984, 

1.030. 

12 

16 

1.0368 

1.039,  1052. 

— 

1.048, 

3 

(i)   Vierteljalirsclirifl    fìir    Social-umi    Wirischaflsgcschichie,    voi.    I, 
Lipsia,  1903,  pag.   171  e  seg. 


k 


IL    SISTEMA    MONETARIO    DEGLI    AUREI    ITALIANI  93 

Abbiamo  abbreviato  con  questo  espediente  la 
scala  lunga  in  modo  che  tutte  le  differenze  si  ridu- 
cono a  quattro  gradini.  Fra  questi,  i  due  medii  (14 
e  15  Troy-grains)  comprendono  25  pezzi,  vuol  dire 
più  di  80  7„  del  totale  di  31  tremissi  di  Carlomagno, 
e  solo  sei  aurei  o  meno  di  20  °,^  cadono  sopra  i 
gradini  estremi  di  13  e  t6   Troy-grains. 

Con  questa  semplificazione  si  vede  che  la  mo- 
netazione era  basata  sul  peso  medio  di  14-15  Troy- 
grains  per  il  tremisse,  i  pezzi  da  13  e  16  Troy-grains 
erano  solo  tollerati  e  i  tre  deboli  controbilancia- 
vano i  3  forti.  Ma  noi  possiamo  andare  ancora  più 
in  là,  e  io  sono  persuaso  che  il  peso  medio  prescritto 
dalla  legge  monetaria  fosse  di  15  Troy-grains.  Basta 
osservare  che,  non  ostante  il  logorìo  della  circola- 
zione —  il  quale  consisteva  allora  non  solo  nel  con- 
sumo meccanico,  ma  più  ancora  nella  cribrazione 
delle  monete  forti  — ,  al  peso  medio  effettivo  dei  31 
menzionati  tremissi  :  gr.  0.969,  non  mancano  più  di 
3  milligrammi,  per  toccare  il  gradino  di  15  Troy- 
grains  (gr.  0.972). 

Colla  supposizione  di  un  medio  peso  di  15 
Troy-grains  prescritto  per  i  tremissi  di  Carlomagno, 
noi  raggiungiamo  un  piede  monetario  semplice  e 
probabile,  perche  mancante  di  ogni  suddivisione  com- 
plicata: 28  di  tali  tremissi  di  gr.  0.972  o  15  Troy- 
grains,  peso  medio,  corrispondono  a  gr.  27.216  o  al- 
l'oncia, 336  a  gr.  326.592  o  alla  libbra  romana,  peso 
usato  al  tempo  di  Carlomagno  nelle  officine  mo- 
netarie. 

Ma  non  siamo  ancora  alla  fine  ;  il  tempo  di 
Costantino  I,  il  quale  ordinò  la  fabbricazione  di  72 
solidi,  uguali  a  216  tremissi  della  libbra  romana  di 
oro  fino,  era  già  lontano  e  il  peggioramento  aveva 
frattanto  attaccato  non  solo  il  taglio,  ma  pure  il  ti- 
tolo delle  monete. 


94  ARNOLD    LUSCHIN    VON    EBKNGREUTH 

Grazie  al  signor  dott.  Nussberger,  chimico  can- 
tonale a  Coirà,  il  quale  si  è  dedicato  ad  analizzare 
alcuni  frammenti  riconoscibili  di  tremissi  di  Desiderio 
e  di  Carlomagno,  ci  siamo  orizzontati  anche  sul  ti- 
tolo di  codeste  monete.  Ecco  il  risultato  delle  sue 
analisi  : 

Tremissi  di  Desiderio        di  Carlomagno 

Oro 33-1  7o  40.9  7„ 

Argento      .     .     .     63.5  "/„  55-8  V» 

Rame     ....       3.3  "/„  3-3  7o- 

Ma  queste  cifre,  risultanti  dall'applicazione  di 
metodi  moderni  e  esatti,  debbono  essere  parimenti 
semplificate,  come  i  pesi,  considerando  che  al  tempo 
di  Carlomagno  non  si  distingueva  ne  per  millesimi 
ne  per  milligrammi,  ma  con  mezzi  più  rozzi.  Fra  i 
metalli  è  noto,  che  l'oro  si  affina  piìi  facilmente  del- 
l'argento, il  quale  resiste  piti  alla  riduzione  e  con- 
tiene talvolta  particelle  d'oro  e  di  rame  anche  nel 
metallo  purificato.    Per    tale    cagione    si    usava    nel 

00 

medio-evo  un  argento  purificato  a  —    o    a  qualche 
°  24 

altra  proporzione  simile  come  finissimo  per  la  mo- 
netazione. Ciò  premesso,  ritengo  che  i  3.3  ",„  di  rame 
nei  sopradetti  tremissi  non  sono  effetto  della  lega, 
ma  il  residuo  di  una  purificazione  incompleta.  Questi 
3.3  7„  debbono  perciò  essere  aggiunti  ai  63.5  7„  e 
55.8  °/'„  dell'argento,  essendo  fissata  sola  la  lega  di 
argento  e  non  d'argento  e  rame.  Vi  occorrono  an- 
cora piccole  correzioni.  La  cifra  di  63.5  -1-  3.3  7„  = 
66.8  7„  senza  dubbio  deve  essere  ridotta  a  66.6  °  \,, 
vuol  dire  a  due  terzi;  parimente  la  cifra  di  55.8  + 
3.3=  59.1  "/^  deve  essere  portata  a  60  "/„  o  a  75- 
Per  giustificare  questo  bisogna  considerare  che  l'ar- 
gento usato  per  la  lega  dei  tremissi  di  Carlomagno 


IL    SISTEMA    MONETARIO    DEGLI    AUREI    ITALIANI  95 

era  forse   alquanto   aurifero,    cosa   la    quale   non    di 
rado  accade.  In  base    a    tali    considerazioni    si    può 
dire  che  dovevano  contenere  i  tremissi 
di  Desiderio        oro  33.3  "/„  ('/J;    argento  66.6  "/;  (', ,) 
diCarlomagnoO»    40     "/„(^';);         "         60     7„  C/.) 

Conoscendo  ora  tanto  il  taglio  quanto  il  titolo 
dei  tremissi  di  Carloniagno  il  quadro  della  moneta- 
zione si  completa  nel  modo  seguente  : 

Ogni  tremisse  di  gr.  0.972  peso  medio  conte- 
neva 40"^  di  esso  =  %.  =  0.3888  d'oro  fino,  e 
gr.  60  "  „  =  '/.  =  0.5832  d'argento  fino.  Settanta 
di  tali  tremissi  contenevano  in  oro  il  peso  di  un'oncia 
romana  (gr.  27  216;  e  in  argento  quella  di  un'oncia 
e  mezza  (gr.  40.824).  Il  taglio  della  libbra  romana 
d'oro  fino  era  dunque  di  70X12  =  840  tremissi. 
equivalente  di  280  soldi  d'oro. 

Per  dare  adesso  un'  idea  di  quanto  avesse  per- 
duto il  soldo  d'oro  nel  suo  valore  dai  tempi  di  Co- 
stantino alla  fine  dell'ottavo  secolo  bisogna  calcolare 
nei  tremissi  di  Carloniagno    oltre    il    loro   contenuto 

di  oro  fino .     gr.  0.3888 

anche  il  valore  di  gr.  0.5832  d'argento 
fino.  Poniamo  il  valore  comparativo  fra 
i  due  metalli  i  :  12  come  fu  stabilito 
nell'editto  Pistense    e    otteniamo  presso 

a  poco gr.  0.0486 

come    valore    dell'argento    nel   tremisse  

e  perciò  un  valore  totale  di      .     .     .     .     gr.  0.4374 
per  la  detta  moneta. 

Il  soldo  d'oro  di  Costantino  tagliato  a  72  pezzi 
dalla   libbra   conteneva   almeno    gr.  4.53    d' oro  e  il 


(i)  Il  signor  V.  Dossi  ci  notifica,  nel  suo  articolo  sopralodatc  (p.  143) 
che  un  tremisse  di  Carlo  Magno  d'oro  pallido  della  zecca  di  Milano, 
fatto  l'assaggio  con  la  pietra  di  paragone,  fu  trovato  di  circa  600)00 
d'oro  e  400100  d'argento.  Osservo  che  l'assaggio  dell'oro  pallido  con  la 
pietra  di  paragone  non  dà  risultati  esatti. 


g6  ARNOLD    LUSCHÌN   VON   EBENGREUTH 

tremisse  gr.  1.51  ;  3  tremissi  di  Carlomagno  equi- 
valenti del  soldo  valevano  gr.  1.3122  d'oro  e  il  tre- 
misse gr.  0.4374. 

Il  valore  metallico  di  un  tremisse  ai  tempi  Co- 
stantini era  perciò  supcriore  di  gr.  0.1978  d'oro  fino 
ad  un  soldo  d'oro  carolingio.  Si  comprende  adesso, 
perchè  alla  caduta  del  regno  longobardo  la  moneta- 
zione dell'oro  in  Italia  stesse  per  finire. 

So  bene  che  le  mie  deduzioni  presentate  oggi 
sono  disputabili  e  di  natura  preliminare.  Non  ignoro 
che  manca  ancora  qualche  prova  per  renderle  defi- 
nitive. Ciò  non  ostante,  non  ho  voluto  tacere  le  mie 
idee  agli  scienziati  italiani,  nipoti  di  Carli-Rubbi  e  di 
altri  numismatici,  i  quali  tentarono  dal  settecento  in 
poi  di  basare  la  storia  monetaria  sulla  numismatica. 

Graz,  gennaio  1908. 

Arnold  Luschin  von  Ebengreuth. 


Essai  d'interprétation  du  mot  FLAVIA 

figurant  sur  les  triens  des  Rois  Lombards 
ASTAULF,    DIDIER    et    CHARLEMAGNE 


Une  question  nouvelle  vient  d'ètre  posée  en  nu- 
mismatique  par  le  nombre  important  de  tiers  de  sou 
d'or  pourvus  du  qualificatif  FLAVIA  cxistant  dans  une 
trouvaille  de  monnaies  lombardes  effectuée  à  Ilanz  en 
1904  (^>.  Soixante  triens  portent  cet  adjectif  précédant 
le  nom  de  l'atelier  monétaire.  Ils  se  répartissent 
ainsi  :  29  appartenant  au  règne  de  Didier,  dernier 
roi  de  souche  lombarde,  31  à  celui  de  Charlemagne 
son  conquérant  et  son  successeur  comnic  Roi  de  ce 
mème  peuple.  Si  l'on  ajoute  les  dcux  ou  trois  tiers 
de  sou  connus  d'Astaulf,  prcdécesseur  de  Didier, 
frappés  à  Lucques  avec  le  nom  de  cet  atelier,  pré- 
cède de  FLAVIA,  ainsi  que  les  quatre  ou  cinq  de 
Charlemagne  cmis  de  mème  en  cette  localité,  on 
arriv^e  à  constater  l'existencc  dans  divers  mèdailliers 
d'environ  soixante  quinze  pièces  à  ce  type,  èmises 
entre  750  et  800  après  Jesus  Christ  dans  les  villes 
de  l'Italie  du  Nord  ci-après  :  Milan,  Pavie,  Trcvise, 
Vicence,  Verceil,  Castel-Seprio,  Bcrgame  et  Lucques. 
Le  sens  du  mot  :  FLAVIA  employè  dans  de  telles  con- 
ditions  pendant  cinquantc  ans,  est  à  dècouvrir,  ainsi 
que  le  motif  qui  aurait  fait  graver  ce  vocable  sur  les 
monnaies  d'or  à  còte  du  nom  de  l'atelier  monétaire. 

Pour  apprécier  ce  fait  exceptionncl  au  Vili'  siècle 


(i)  Der  Langobardisch-Karolingische  Milnz-fund  bei  Itanz,  von 
Fritz  Jecklin.  Sonderabdruck  aus  den  Mitteilimgen  der  Bayer.  Numism. 
Gestllschaft,  XXV,  Jahrgang  1906  und  1907.  —  R.  N.  I.,  1906,  p.  273  et 
'907.  Pag-  159  et  617.  —  R.  N.  D.,  1907,  p.  5. 


98  PAUL   BORDEAUiC 


il  est  indispensable  de  rechercher  les  règles  suivies 
en  matière  d'émission  monétaire  dans  le  Royaume 
Lombard.  A  cet  égard  un  texte  fournit  de  premiers 
renseignements  précis.  L'article  242  de  l'Edit  de 
Rotharis,  Roi  des  Lombards  de  636  à  652,  conticnt 
la  disposition  suivante  : 


Si  quis  sine  jussionem  Re- 
gis  aurum  figuraverit  aut  mo- 
netam  confinxerit,  manus  ei 
incidatur  (i). 


Celui  qui  aura  mis  une  em- 
preinte  sur  des  espèces  d'or 
ou  celui  qui  aura  frappé 
monnaie,  sans  la  permission 
formelle  du  Roi,  aura  la  mairi 
coupée. 

Le  numéraire  et  surtout  les  pièces  d'or  ne  pou- 
vaient  par  suite  ètre  fabriqués  en  Lombardie  qu'en 
vertu  d'une  autorisation  formelle  émanant  du  Roi. 
Cet  ordre  du  Souverain  devait  fixer  en  mème  temps 
les  conditions  de  la  fabrication,  c'est  à  dire  ce  qui 
figurait  —  figuraverit  —  sur  le  numéraire.  Dès  lors 
si  un  mot  important  et  insolite,  tei  que  FLAVIA,  a  été 
appose  pendant  cinquante  ans  d'une  facon  régulière 
sur  les  espèces  du  pays,  il  n'a  pu  Tètre  que  si  le 
Roi  l'a  décide  ainsi,  en  ayant  un  but  et  une  inten- 
tion  déterminés.  Ce  vocable  ne  saurait  ètre  compare 
aux  adjectifs  :  Felix,  Invicta  ou  Inclita,  accolés  par- 
fois  aux  IV  et  V*  siècles  aux  noms  de  Rome,  de 
Carthage  ou  de  Ravenne.  Ces  adjectifs  étaient  de 
simples  qualificatifs  poétiques  ou  usuels,  FLAVIA  a  au 
contraire  un  sens  net,  qui  ne  permet  pas  de  le  con- 
sidérer  comme  une  épithète  littéraire. 

L'importance  et  le  caractèrc  sérieux  du  mot 
employé  sont  dcmontrés,  mais  l'Edit  ou  le  Capitu- 
laire  fixant  l'emploi  et  la  portée  du  mot  ;  FLAVIA,  n'a 
pas  encore  été  retrouvé.  Cette  expression  ne  paralt 
mème  pas  avoir  été  parfois  usitée  dans  des  documents 
de  la  période  lombarde,  actuellement   connus.    Pour 


(i)  Pertz:  Monumenta  Germaniae  historica.  Leges,  voi.  4,  p.  60. 


ESSAI    D  INTERPRETATION    DU    MOT   FLAVIA  99 


arriver  à  l'interpréter,  on  se  trouve  réduit  à  étudier 
les  conditions,  dans  lesquelles  les  ateliers  monctaires 
lombards  fonctionnaient  tant  au  moment  où  un  Roi 
de  la  contrée  a  fait  ou  laissc  inserire  pour  la  pre- 
mière fois  l'cpithète  :  FLAVIA,  que  pendant  la  période 
de  temps,  au  cours  de  laquelle  ce  mot  a  continue 
de  figurer  sur  les  espèces. 

Les  Lombards  envahirent  le  Nord  de  l'Italie 
vers  565-570  après  Jesus  Christ  sous  la  conduite  de 
leur  chef  Alboin.  Six  Rois  se  succcdèrent  au  cours 
d'un  premier  siècle  jusqu'à  Rotharis.  Ces  souverains 
essayèrent  d'organiser  et  de  régulariser  la  conqucte. 
en  créant  une  trentaine  de  Ducs  feudataires.  Les 
monarques  du  siècle  suivant,  sous  l'influence  de  la 
civilisation  ambiante.  furent  amencs  à  reconnajtre 
l'importance  de  l'clément  romain.  Obligcs  d'établir 
une  ligne  de  démarcation  entre  peuple  conquérant 
et  peuple  conquis,  ils  rendirent  de  nombreux  édits, 
constituant  les  lois  des  Lombards  —  Leges  Lango- 
bardorum.  Les  auteurs,  qui  se  sont  occupés  de  la 
question  historique  et  legale,  ont  reconnu  presque 
tous,  que,  pendant  le  second  siècle  de  la  monarchie 
lombarde,  il  avait  existé  concurremment  deux  nations 
différentes  vivant  en  paix  entr'elles  sur  le  sol  de 
l'Italie  septentrionale,  mais  dont  chacune  ctait  regie 
par  ses  lois  propres  (".  D'une  part,  les  Italiens,  qui 
par  suite  de  la  longue  domination  de  Rome,  étaient 
communément  appelés  Romains,  vivaient  rcgis  par 
les  anciennes  lois  romaines  et  étaient  jugés  d'après 
catte  antique  législation.  D'autre  part  les  Lombards 
suivaient  les  lois  et  coutumes  lonibardes,  que  les 
édits  de  leurs  Rois  de  souche  barbare  prccisaient. 
Les  souverains,  organisateurs  du  pays  conquis,  in- 
séraient  parfois   dans    leurs   dispositions    législatives 


(1)  Storia  di  Milano  par  le  comte  Verri,  Voi.  i,  p.  103  a  104. 


lOO  PAUL    BORDEAUX 


des  prescriptions  s'appliquant  d'une  faQon  generale 
à  vainqueurs  et  à  vaincus. 

Il  en  fut  évidemment  ainsi  pour  ce  qui  concer- 
nait  la  circulation  et  les  conditions  d'émission  du 
numéraire.  Charlemagne,  au  début  de  sa  conquéte, 
c'est  à  dire  tant  qu'il  employa  le  titre  de  Roi  des 
Lombards,  maintint  cet  ctat  de  choses.  Il  y  super- 
posa  toutefois  un  nouveau  pcuple  envahisscur,  les 
Francs,  dont  ccrtains  s'établirent  en  Lombardie  et 
y  vccurcnt  soumis  à  la  loi  salique.  Les  capitulaires 
du  grand  Empereur  ne  furent  considcrcs  que  comnie 
de  simples  adjonctions  à  la  loi  lombarde.  Dans  cette 
póriode  encore,  les  Italiens  d'origine  romaine  restè- 
rent  toujours  soumis  à  l'ancien  droit  romain  *^). 

Cette  situation  si  speciale  entre  Italiens  et  enva- 
hisseurs,  s'accusa  surtout  cent  cinquante  ou  deux  cents 
ans  aprcs  le  commencement  de  la  conquéte,  quand 
les  deux  sortes  de  populations  se  furent  habituces  à 
vivre  còte  à  còte.  L'élément  romain  tendit  aussitót  à 
faire  sentir  de  plus  en  plus  son  importance.  Gomme 
conséquence,  les  Rois  lombards  se  trouvèrent  obligés 
de  reconnaìtre  des  droits  chaque  jour  plus  notables 
à  leurs  sujets  d'origine  italienne-romaine.  Un  texte 
législatif  établit  que  cette  évolution  se  produisit  no- 
tamment  sous  le  règne  d'Astaulf  (749-756): 


In    quinta    lege,    Aistulfus 

Romanos  appellat 

Iterum  igitur  Aistulfi  tempore 
nomen  Romanorum  in  Lan- 
gobardis  legibus  legitur.  Jam- 
que  centum  et  octaginta  anni 
effluxerunt  ex  quo  Italia  su- 
bacta  fuerat  (2), 


Dans  la   cinquème   loi,   A- 
staulf    emploie     l'expression 

de  :    Romains 

C'est  donc  sous  le  regne 
d'Astaulf  que  l'on  recom- 
men^a  à  employer  dans  les 
loia  le  mot  de  :  Romains. 
Cent  cinquante  ans  s'étaient 
écoulés  depuis  que  les  Lom- 
barda s'étaient  installés  com- 
ma conquérants  en  Italie. 

(1)  De  Parsouneaux  :  Histoire  de  la  conquéte   de   la   Lombardie. 
Paris,  1842,  voi.  I,  p.  198. 

(2)  Petit   DE  Baroncourt:    De   Langobardorum    regutn    Ratdiidis, 
Asitulfique  ineditis  legibus  disquisitio.  Paris,  1846,  p.  12. 


ESSAI    D  INTERPRETATION   DU    MOT    FLAVIA  IO! 

Ce  fait  est  d'un  intérét  capital  pour  la  question 
qui  nous  occupe,  quand  on  remarque  que  justement 
cet  Astaulf  est  le  premier  Roi,  qui  ait  employé  le 
qualificatif  FLAVIA  sur  la  monnaie  à  coté  du  nom  de 
l'atelier  de  Lucques  (').  Le  mcme  monarque  lombard 
a  recommencé  à  qualifier  du  noni  de  Romains  ses 
sujets  italiens  et  a  d'autre  part   prescrit    ou    permis 

—  jussio  regis  —  à  l'officine  de  Lucques  de  prendrc 
la  dénomination  :  Flavienne.  Les  deux  faits  sont  con- 
comitants  et  dérivent  incontestablcment  de  pensces 
et  de  tendances  politiques  idcntiques. 

Une  première  hypothèse  permet  de  rattacher  le 
mot  :  FLAVIA  au  droit  romain,  et  par  suite  à  l'en- 
semble de  ces  prérogatives  qu'Astaulf  rcconnaissait 
à  ses  sujets  de  souche  italicnne.  Les  romains  des 
siècles  antérieurs  avaient  joui  d'un  :  Jus  Flavianum, 
appelé  parfois  :  Jus  civile  Flavianum  '^t.  Ce  jus  Fla- 
vianum était  un  recueil  de  formules  des  actions  de 
la  loi  remontant  à  une  certaine  antiquitc.  Il  da- 
tait  de  Cneius  Flavius,  jurisconsulte,  qui  avait  vécu 
au  IV'  siècle  avant  Jesus  Christ.  Ce  Flavius  avait 
publié  sous  son  nom  les  formules  des:  Legis  actiones, 

—  des  procédures  permises  par  la  loi  sous  la  con- 
dition  de  l'emploi  de  paroles  sacramentelles  précises 
à  certains  jours  et  dans  des  circonstances  détcr- 
minées. 

Pour  permettre  de  comprcndre  cettc  question, 
il  est  nécessaire  de  rappclcr  que  le  droit  romain 
était  avant  tout  formulairc,  c'est  à  dire,  qu'une  in- 
stance  ne  pouvait  Otre  introduite  en  justice  que  sous 
la  condition  de  l'emploi  de  certains  mots  indispen- 
sables.  Le    répertoire    de    Flavius    avait    révélé    au 


(1)  Engel   et   Serrure  :   Traile   de    numismatique   du    Moyen-àge. 
T.  I,  p.  34. 

(2)  Edouard  Cucq  :   Les  institutions  juridiques  des  Romains.   L'an- 
cien  droit.  Voi.  1,  p.  447.  —  Mommsen  :  Rom.  Furschungen.   11,  301. 


I02  l'AUL    BORDEAUX 


public  un  nombre  considérable  de  ces  formules,  dont 
la  plupart  avait  continue  d'étre  toujours  employées 
sous  les  Empereurs  des  cinq  premiers  siècles  de  l'ère 
chrétienne. 

Le  Code  de  Justinien  et  le  Digeste  (527-565) 
eurent  cn  partie  pour  but  au  VP  siècle  d'adoucir  les 
rigueurs  de  ce  droit  formulaire.  Mais  au  dcbut  le 
caractère  utile  des  facilitcs  nouvelles  concédées  par 
cet  Empereur  pour  intcnter  une  procedure,  avait 
étc  excessivement  discute.  L'Occident  accepta  ces 
rcformes  moins  facilement  que  l'Orient  où  le  Ba- 
sileus rcsidait  à  Constantinople.  En  Italie,  on  resta 
attaché  aux  anciennes  formules  flaviennes,  auxquelles 
jurisconsultes  et  tribunaux  étaient  accoutumés  depuis 
des  siècles.  11  en  fut  surtout  ainsi  dans  les  pays, 
qui,  par  suite  de  l'invasion  barbare,  se  trouvèrent 
séparés  violemment  et  politiquement  de  l'Empire  de 
Justinien.  Cette  prcdilection  pour  les  lois  anciennes 
exista  surtout  dans  l'Italie  du  Nord,  parce  que  les 
Lombards,  en  conquérant  ces  populations,  avaient 
rompu  dans  la  mesure  possible  leurs  relations  avec 
l'Empire  des  successeurs  de  Justinien.  En  outre  ces 
nouveaux  monarques  de  l'Italie  du  Nord,  vainqueurs 
de  l'Empire  d'Orient,  empèchèrent  évidemment  leurs 
sujets,  qui  étaient  des  Occidentaux,  de  se  soumettre 
aux  lois  et  Codes  récemment  promulgués  par  Justi- 
nien et  ses  successeurs.  Ils  prcférèrent  les  laisser 
régis  par  l'ancien  droit  romain  et  notamment  par 
le  Jus  Flavianum. 

Il  est  dès  lors  permis  de  supposer  que  le  Roi 
Astaulf  a  concède  aux  habitants  de  Lucques  non 
seulement  le  droit  de  se  qualifier  de  Romains,  en 
vertu  de  la  disposition  précitée  d'une  de  ses  lois,  mais 
encore  qu'il  leur  a  octroyé  soit  par  un  capitulaire, 
soit  peut  étre  mème  par  une  simple  tolérance,  la 
permission  d'indiquer,  sur  les  monnaies  frappées  en 


Essai  d'interprétation  du  mot  Flavia  103 

cette  ville,  que  les  habitants  avaient  le  privilège 
d'ètre  soumis  au  JVS  FLAVIANVM  et  jouissaient  du  droit 
flavien  :  FLAVIA  LVCA.  Cette  situation  aurait  étc  con- 
sidérée  comme  si  avantageuse  par  vainqueurs  et  vain- 
cus  que  Didier,  successeur  d'Astaulf,  aurait  étendu 
la  mème  faveur  à  un  grand  nombre  d'autres  villes 
de  l'Italie  du  Nord,  qui  ne  demandaient  pas  mieux 
que  de  rester  attachées  à  d'anciennes  coutumes.  En- 
suite  Charlemagne,  continuant  la  tradition  de  ces 
Rois  de  Lombardie,  dont  il  prenait  le  titre,  aurait 
suivi  les  mèmes  errements  pour  s'attacher  la  popu- 
lation  d'origine  romaine. 

Cette  hypothèse,  qui  pcut  étonner  au  premier 
abord,  trouve  un  singulier  appui  dans  le  texte  meme 
de  nombre  de  lois  lombardes.  Ces  dispositions  Ic- 
gislatives,  dont  les  plus  anciennes  datent  des  prédé- 
cesseurs  de  Luitprand  (713-744),  deviennent  surtout 
nombreuses  sous  ce  Prince,  qui  regna  trenta  et  un 
ans.  Ratchis,  son  successeur  (744-749)  chercha  à  les 
codifìer,  détail  qui  a  pour  nous  son  importance:  car 
il  démontre  l'intention  de  faire  un  monument  légi- 
siatif  s'opposant  à  celui  de  Justinien  et  nettcment 
séparé  des  règlcs  du  Digeste  suivies  en  Orient. 
Lorsqu'on  prend  connaissance  de  ces  documcnts  si 
diffus,  qui  n'occupent  pas  moins  de  600  pages  du 
4'  volume  in  folio  des  :  Leges,  des  Monumenta 
Germaniae  de  Pertz,  on  reste  confondu  devant  la 
quantité  de  formules  judiciaires,  dont  la  plupart  de 
ces  lois  sont  remplies,  par  exemple  : 

Petre,  te  appellai  Martinus,  j  Pierre,  Martin  t'appelle  en 
quod  tu  es  servus  suus,  et  1  justice,  parce  que  tu  es  son 
malo  ordine  subtrahis  te  de  1  esclave  et  parca  que  c'est  à 
suo  servitio  (').  tort    que    tu    te    soustrais    à 

I  son  esclavage. 


(i)  Guido  I^adelletti  :   Fontes  juris  italici  medii  aevi.  Torino,  1877, 
p.  300  et  Sér|. 


l04  PAUL   BORDEAUX 


On  lit  ainsi  des  pages  de  formules  innombrables 
pour  toutes  les  éventualitcs  de  procès  possibles.  Un 
grand  nombre  de  ces  formules  se  rapprochent  de 
celles  du  Jus  Flavianum,  ou  méme  concordent  av-ec 
lui.  Il  serait  fastidieux  de  les  mentionner.  A  ce  sujet 
on  ne  saurait  mieux  faire  que  de  citer  le  passage 
suivant,  qui  fait  ressortir  l' importance  incontestablc 
à  cettc  epoque  du  droit  formulaire  en  question  : 

Praecipua  autem  hujus  regni  I  Mais  la  loi  principale  du 
(Luitprandi)  lex,  quse  aperte  règne  de  Luitprand,  qui  dé- 
testabatur,  quantum  civitates  mentre  combiens  les  exemples 
romana;  exempla  barbarorum  donnés  par  les  anciennes  lois 
mores  immutaverint  ad  seri-  des  Romains  avaient  impres- 
bas    sive    notarios    pertinet ,      sionné  les  barbares,  concerne 

les  scribes  ou  les  notaires, 
auxquels  il  est  recommandé 
de  se  conformer  dans  la  ré- 
daction  de  leurs  conventions 
aux  formules  des  lois  Ioni- 
bardes,  ou  à  celles  des  lois 
romaines. 


quaj  prescribitur  ut  Lnngo- 
bardorum  seu  Romanoriim 
foriiìiila'  in  pactis  serventur  (•). 


Il  n'y  a  dès  lors  plus  lieu  de  s'étonner  si  le 
Roi  Astaulf  et  si  ensuite  Didier,  son  successeur,  ont 
concèdè  à  certaines  villes  lombardes,  oìi  les  anciens 
Romains  avaient  une  situation  prépondérante,  le  droit 
de  se  qualifier  de  :  Flaviennes,  parce  qu'elles  em- 
ployaient  les  formules  du  Jus  Flavianum  de  l'ancien 
droit  romain,  et  qu'elles  pouvaient,  à  raison  de  ce 
fait,  ètre  ainsi  dénommées.  Ce  privilège  pouvait  ètre 
considéré  par  Ics  Lombards,  comme  une  séparation 
bien  nette  de  toutes  relations  juridiques  avec  l'Em- 
pire d'Orient  et  avec  le  droit  nouveau,  qui  3'  avait 
été  applique  par  Justinien  et  ses  successeurs.  Cette 
révendication  d'indépendance  contre  Byzance  se  com- 
prend  aussi  bien  de  la  part  du   conquérant  que    de 


(i)  Petit    DE   Baroncourt  :    De    Langobardorum    regiim    Ratchidìs, 
Aistulfique  ineditis  legibus  disquisitio.  Paris,  1846,  p.  12. 


ESSAI   d'iNTERPRÉTATION   DU   MOT   FLAVIA  I05 

celle  des  villes  où  le  vieil  élément  romain  cherchait 
à  l'emporter. 

Les  souverains  lombards  avaient  intérét  à  con- 
stater  ainsi  officiellement  que  leur  Royaume  était  la 
suite  de  la  monarchie  des  Empereurs  des  premiers 
siècles  de  l'ère  chrctienne.  L'application  du  Jus  ci- 
vile Flavianum,  antcrieur  aux  réformes  judiciaires 
de  Justinien,  était  la  conséquence  naturelle  de  ces 
donnces.  Elle  avait  pour  résultat  d'amener  les  villes 
d'Italie  jouissant  de  ces  prérogatives  à  prendre 
l'cpithète  de  :  Flaviennes  —  FLAVIA. 

De  toutes  fa^ons,  il  ressort  jusqu'à  l'évidencc 
de  ce  qui  précède,  que  l'emploi  du  mot:  FLAVIA,  sur 
les  espèces  d'or  a  coincide  avec  l'augmentation  d'im- 
portance  de  l'élément  romain,  ainsi  qu'avec  la  pré- 
ponderance  des  coutumes  et  de  la  législation  ro- 
maine  dans  le  Royaume  lombard.  Si  la  première 
hypothèse,  rattachant  le  mot  FLAVIA  à  l'emploi  du 
Jus  Flavianum  dans  un  certain  nombre  de  villes, 
paraissait  trop  téméraire,  il  est  possible  de  se  rallier 
à  une  idée  subsidiaire,  qui  interpréterait  le  mot  : 
FLAVIA,  non  plus  grace  au  droit  romain,  mais  seule- 
ment  avec  l'aide  des  lois  et  coutumes  monétaires 
romaines  des  siècles,  qui  ont  précède  l' invasion 
lombarde. 

Pendant  la  Tetrarchie,  ainsi  que  sous  les  règnes 
de  Licinius  et  de  Constantin,  les  Hotels  des  Monnaies 
impériaux  frappèrent  Ics  espèces  de  l'ancien  S3'stème 
monétaire  de  Dioclétien  et  celles  du  système  nouveau 
de  Constantin.  Il  exista  vcrs  cettc  epoque  trois  dy- 
nasties,  dont  l'influence  fut  rappelée  par  les  initiales 
apposées  dans  le  champ  de  ces  diverses  sortes  de 
numéraire.  Les  ateliers  marquèrent  d'un  l  les  mon- 
naies de  la  dynastie  Jovienne,  d'un  H  celles  de  la 
dynastie  Herculienne,  et  enfin  de  F,  ou  de  FL  celles 
de  Constantin  et  de  sa  famille   Flavienne.   Le   sens 


tó6  PAUL  nonoEAUx 


de  ces  dernières  abréviations  était  absolument  clair 
pour  les  contemporains,  et  il  ne  laissait  aucune  he- 
sitation  possible  sur  le  mot  à  prononcer  en  les  lisant. 
On  comprend  que  le  langage  populaire  ait  qualifié 
du  nom  de  Flavienne  —  FLAVIA,  d'abord  la  monnaie, 
qui  portait  les  initiales  FL,  ou  F,  et  ensuite  par  ex- 
tension  l'officine  monétaire,  qui  avait  l'habitude  d'ap- 
poser  couramment  ces  sigles. 

Quand  la  dynastie  de  Dioclétien  cessa  de  régner, 
la  famille  Flavienne,  persistant  seule,  prit  la  pré- 
pondérance.  Il  en  resulta  que  les  espèces  flaviennes, 
c'est  à  dire  celles  pourvues  des  marques  :  FL,  ou  F, 
restèrent  surtout  connues  du  public  au  cours  des 
siècles  suivants  et  que  seules  elles  eurent  la  faveur 
de  la  population.  Les  lettres  FL  paraissent  avoir 
figure  à  certains  moments  sur  la  plus  grande  partie 
du  numéraire  émis  par  les  divers  établissements  mo- 
nétaires  de  l'Empire  au  IV'  siècle  et  méme  encore 
au  V'  siècle  ('*. 

Le  nom  de  Flavien  avait  été  à  l'origine  parti- 
culier  à  Vespasien,  à  la  gens  Flavia,  dont  il  faisait 
partie,  et  à  ceux  des  membres  de  sa  famille,  qui 
avaient  régné  après  lui.  Au  IV'  siècle,  Constantin, 
ainsi  que  les  Empereurs,  ses  parents  ou  successeurs, 
joignirent  à  leur  nom  le  mème  gentilice  c'est  à  dire 
la  mème  désignation  familiale.  Presque  tous  inserèrent 
le  vocable  :  FLAVIVS,  ou  FLAVIA,  dans  leurs  légendes 
monétaires.  Par  application  du  mème  ordre  d'idées, 
les  auteurs  de  l'epoque  constantinienne  ajoutèrent 
au  nom  de  Claude  II,  le  gothique  (265-268),  la  dé- 
nomination:  FLAVIVS,  qui  n'appartenait  pas  de  nais- 
sance  à  cet  Empereur  et  dont  strictement  il  n'aurait 
pas  du  ètre  pare  t^).  Deux  siècles  après,  Constantin  III 


(i)  R.  N.  F.,  1905,  p.  470  et  seq.  L'iconographie  par  les  médailles 
des  Empereurs  romains  des  III'  et  IV«  siècles  par  M/  J.  Maurice. 

(a)  l^KCRiVAiN  :  Eliides  sur  l'hisloire  Auguste.  Paris,  1904,  p.  38  et  seq. 


ESSAI    DINTKRPKÉTATION    DU    MOT    FLAVIA  IO? 


I 


prit  de  son  autorité  privée  quand  il  se  fit  proclamer 
Empereur  en  Gaule  et  en  Bretagne,  la  qualification: 
D  •  N  •  FLAVIVS  ■  CLAVDIVS  •  CONSTANTINVS  •  bicn  qu'  il 
n'appartint  pas  à  la  gens  Flavia.  Les  deux  dynasties 
flaviennes,  qui  s'ctaient  constituées  l'une  après  l'autre, 
avaient  occupo  dans  le  monde  romain  une  place  si 
considérable  que  le  mot:  Flavien,  avait  du  finir  par 
personnifier  en  quelque  sorte  la  dignité  imperiale.  D'un 
autre  coté,  toujours  dans  le  mème  esprit,  un  certain 
nombre  de  villcs,  notamment  en  Italie,  ajoutèrent  à 
leur  nom  l'epithète:  FLAVIA.  Nous  pouvons  citcr  comme 
exemple  la  capitale  de  l'Ombrie  :  FLAVIA  •  CONSTANS, 
dénommée  actuellement  Spello.  Dans  d'autres  parties 
de  l'empire  romain,  Vienne  (en  Autriche)  FLAVIA  •  VIN- 
DOBONA,  ainsi  qu'une  quinzaine  de  villes  de  la  Bé- 
tique  et  de  la  Tarragonaisc  en  Espagne,  joignirent 
ce  qualificatif  à  leur  nom  habituel.  Beaucoup  d'autres 
cités  durent  agir  de  mème  dans  des  conditions,  qui 
sont  maintenant  ignorces  de  nous.  Ces  particularités 
montrent  combien  la  denomination  :  «  flaviennc  »  fut 
populaire,  et  répandue  depuis  Constantin  jusqu'à 
l'epoque  des  invasions  barbares.  Cette  épithète,  après 
avoir  été  personelle  aux  Empcreurs  règulicrs  de  la 
famille  de  Vespasien,  puis  de  celle  de  Constantin, 
avait  été  étendue  de  plus  en  plus  tant  par  des  mo- 
narques  usurpateurs,  que  par  diverses  villes  et  par 
l'ensemble  des  habitants,  en  n'ctant  plus  qu'une  qua- 
lification honorifique. 

Les  ateliers  monctaires  avaient  ctè  d'autant  plus 
amenés  a  se  faire  gratifier  aussi  de  cette  appellation, 
qu'ils  se  rattachaient  particulièrement  à  l'epoque  et 
aux  lois  flaviennes.  Constantin  I.  le  grand,  avait  créc 
un  système  monétaire  nouveau  base  sur  le  sol  d'or, 
sur  le  demi-sol,  et  sur  le  (n'ens  cu  liers  de  sou,  pièce 
divisionnaire,  dont  l'usage  populaire  et  universel  per- 
sista en  Italie  sous  les  Rois  lombards  jusqu'au  temps 


I 


Io8  PAUL   BORDEAUX 


de  Charlemagne.  Il  y  ajouta  :  la  silique,  valeur  d'or 
monnayce  en  argent,  le  nummus  centenionalis  et  le 
nummus  simple,  monnaie  divisionnaire  de  bronze  ('). 
Cet  ensemble  de  dispositions  monétaires  applique  dans 
l'Empire  d'Occident  par  la  dynastie  flavienne,  servit 
universellement  de  règie  jusqu'après  la  chute  de  cette 
monarchie.  Gomme  consequénce,  les  règlements  con- 
cernant  l'exploitation  des  Hotels  des  Monnaies  et 
cmanant  de  ces  souverains  constantiniens,  ont  ctc 
forcément  qualifiés  de  :  Flaviens.  Les  populations 
d'Italie,  attachées  aux  lois  flaviennes,  ainsi  qu'aux 
ateliers  habituels  des  Empereurs  de  la  dynastie  et 
à  leurs  espèces,  avaient  du  voir  se  perpétuer  chez 
elles  l'emploi  du  terme  :  FLAVIA,  dont  les  sigles  FL 
d'une  partie  du  numéraire  en  circulation  maintenaient 
le  souvenir  sous  tous  les  yeux.  Monnaies,  officines, 
lois,  coutumes  monétaires  durent  ètre  appelées  com- 
munément  flaviennes  en  Italie,  pendant  les  siècles 
qui  précédèrent  l'invasion  lombarde. 

Une  des  caractéristiques  de  ces  cmissions  fla- 
viennes consista  en  ce  que  indépendamment  des  ini- 
tiales  impériales  FL,  les  sigles  spcQiaux  tels  que  des 
points  et  des  étoiles  y  ont  été  apposés,  parfois,  il 
est  vrai,  par  suite  d'anciens  errements,  pour  faire 
reconnaìtre  les  dates  et  les  conditions  d'émissions. 
Cette  fìguration  n'a  pu  avoir  lieu  qu'en  exécution 
des  règlements  en  vigueur,  plus  ou  moins  complé- 
mentaires  de  décisions  antérieures,  mais  qui  n'en 
furent  pas  moins  encore  dénommés  flaviens.  Ces 
habitudes  résultant  de  dispositions  s'ctant  à  ce  mo- 
ment généralisées,  furent  suivies  par  chaque  atelier 
dans  des  limites  plus  ou  moins  strictes.  Mais  la  ga- 


(i)  Babelqn  :  Traile  des  monnaies  grccques  et  romaines.  —  J.  Mau- 
rice :  L'atelier  monétaire  de  Tréves,  dans  Mèmoires  de  la  Soc.  des  AhH- 
quaires  de  Frante,  1901,  pag.  in,  —  J.  Maurice:  Numismatique  de  la 
période  constantinienne.  Paris,  1908,  T.  i. 


ESSAI   D  INTERPRETATION    DU    MOT    FLAVIA  tog 

rantie  résultant  pour  le  peuple  de  l'emploi  de  ces 
sigles  combinés  FL,  points  ou  étoiles,  resta  une  des 
particularités  du  numéraire  flavien.  Les  Italo-Romains, 
par  la  force  des  choses,  durent  conserver  le  souvenir 
de  ces  bonnes  espèces  flaviennes  d'autrefois,  qui 
étaient  meilleures  que  celles  qui  suivirent,  et  surtout 
que  celles  qui  leur  furent  imposées  pgr  les  conquc- 
rants  barbares.  La  rapiditc  et  la  confusion  des  inva- 
sions  successives  empéchèrent  de  continuer  l'emploi 
de  ces  sigles  des  ateliers  flaviens.  Les  envahisse- 
ments  des  peuplades  du  Nord  occasionnèrent  la  frappe 
dans  les  parties  occupées,  d'espèces  plutòt  défec- 
tueuses,  à  type  imniobilisc,  et  à  légendes  coniposées 
de  lettres  se  suivant  sans  prcsenter  aucun  sens.  Ce 
dernier  ctat  de  choses  exista  surtout  pendant  ce  que  ' 
l'on  pourrait  appeller  la  période  aigtìe  des  invasions. 
Le  S3stéme  monétaire,  institué  au  début  du  IV' 
siècle  par  la  dynastie  flavienne  de  Constantin  con- 
tinua d'otre  suivi  par  les  Barbares  envahisseurs  et 
par  leurs  Rois.  Les  réglements  antérieurs  se  main- 
tinrent  d'autant  plus  que  leurs  dispositions  étaient 
éminemment  utiles  au  milieu  des  circonstances  diflì- 
ciles  que  l'on  traversait,  et  qu'ellcs  ctaient  devenues 
d'une  application  journalicre.  Les  fausses  monnaies 
avaient  été  fabriquées  en  grand  nombre  de  tous 
cótés.  A  cet  cgard,  les  populations  italo-romaines 
se  souvinrent  forcément  que  des  lois  du  grand  Eni- 
pereur  Constantin  avaiént  eu  pour  but:  i"  d'empc- 
cher  la  fabrication  des  picces  fausses,  et  notamment 
de  toutes  celles  qui  ctaient  coulccs,  2"  d'interdire 
-toutes  frappes  ou  émissions  d'espèces  falsifiées  aux 
Monetarii  autoriscs  à  travailler  isolémcnt  dans  les 
villes  en  dehors  des  ateliers  gouvernementaux  (". 
Cette  dernière  disposition  legislative  avait  cté  juste- 


(i)  Code  théodosien,  IX,  21,  a  et  3. 


PAUL    liOKDEAUX 


ment  celle  qui  avait  permis  à  tant  de  Monetarti,  de 
fabriquer  isolcment  les  triens  d'or  émis  du  V  au 
VllP  siede  dans  les  pa^'s  occupés  par  les  Barbares. 
Tout  le  monde  cherchait  à  se  rallier  à  ces  idées  et 
à  ces  prescriptions  légales,  si  essentielles  à  la  circu- 
lation  monétaire.  Les  bonnes  monnaies,  que  l'on 
rencontrait  circulant  encore,  étaient  celles  remontant 
aux  cpoques  de  Constantin  et  des  Empereurs  de  la 
gens  Flavia,  qui  lui  avaient  succede.  Les  souvenirs 
des  Flaviens  s'imposaient  à  tous  les  esprits. 

Aussitot  après  les  invasions,  dans  les  parties  de 
la  péninsule  où  l'élément  romain  fut  assez  impor- 
tant  pour  recommencer  à  dominer,  il  y  cut  forccment 
tendance  à  revenir  aux  anciens  errements,  à  la  bonne 
monnaie  d'autrefois.  Il  en  fut  surtout  ainsi  dans 
l'Italie  septentrionale.  Deux  cents  ans  après  leur  in- 
stallation  dans  ce  que  l'on  pourrait  appeler  les  plai- 
nes  lombardes,  la  population  barbare  s'ctait  peu  à 
peu  transformée  par  suite  de  la  fusion  opérée  avec 
les  habitants  antérieurs.  Les  Rois  de  cette  contrée 
cherchèrent  à  rattacher  leur  monarchie  à  l'ancien 
Empire  romain.  Plusieurs  des  documents  cités  pré- 
ccdemment  l'ont  dcmontré.  Astaulf,  en  mème  temps 
qu'il  gratifiait  du  nom  de  Romains  une  partie  no- 
table  de  ses  sujets,  a  du  estimer  de  son  intérct  et 
de  celui  de  sa  dynastie  de  prescrire  à  certains  ate- 
liers  monétaires  de  Trapper  les  monnaies  d'or  con- 
Ibrmément  aux  rcglements  cdictés  par  les  Empereurs 
flaviens  et  d'cntourer  la  fabrication  des  garanties 
résultant  de  ces  lois  et  coutumes.  Il  n'y  avait  qu'un 
pas  à  faire  dans  cette  voie  pour  qualifier  de  fla- 
viens soit  les  villes,  soit  les  ateliers,  et  pour  raviver 
ainsi  chez  tous  le  souvenir  des  bonnes  espèces  fla- 
viennes.  La  numismatique  montrerait  que  ce  pas  à 
cté  franchi.  FLAVIA  aurait  cté  une  cpithète  apposée 
pour  indiquer  la  volonté  de  se  rattacher  pour  l'émis- 


fesSAI    d'iNTERPRÉTATION    nU    MOT    FLAVIA  Iti 

sion  du  numéraire  au  beau  et  bon  temps  du    règne 
de  Constantin, 

Une  preuve  de  la  vcrité  de  ces  données  paraìt 
résulter  de  l'emploi  au  milieu  des  légendes  moné- 
taires,  des  étoiles  et  des  points,  qui  au  IV'  siècle 
avaient  servi  à  différencier  !es  dates  et  les  conditions 
d'émission  des  ateliers  flaviens  (''.  Sous  le  règne  de 
Didier,  l'innovation  tentce  par  Astaulf  à  Lucques  fut 
jugée  si  profitable  que  beaucoup  d'autres  officincs 
monétaires  agirent  de  mème  probablement  cn  exc- 
cution  d'ordres  supérieurs.  Dans  ces  émissions,  nous 
constatons  également  ces  emplois  de  points  ou  d'étoi- 
les,  quand  depuis  presque  deux  siècles,  rap])Osition 
en  a  cesse.  Charlemagne  jugea  si  utiles  les  garanties 
résultant  de  la  mention  flavienne  et  de  l'usage  des 
points  secrets  qu'il  les  maintint  à  son  tour.  Il  est 
digne  de  remarque  que  la  tradition  de  ces  marques 
cachées  fut  appliquée  niéme  aux  premiers  deniers 
d'argent  frappés  à  Pavie  sous  son  règne  et  sous  celui 
de  son  fils  Louis  le  Débonnaire.  On  connaìt  des  de- 
niers de  ces  Princes  portants  soit:  P  •  APIA  soit  PAP  •  lA. 
11  a  été  reconnu  depuis  longtemps  que  ces  signes 
difierentiels  devaient  indiquer  des  changements  de 
dates  d'émission  et  de  degré  de  fin  >2).  Ces  particula- 
rités  n'ont  donc  été  qu'une  continuation  ou  une  applica- 
tion ultérieure  des  ròglements  monétaires  Flaviens  de 
l'Empereur  Constantin.  Ces  sigles  FL,  étoiles  et  points. 
devaient  ètre  d'autant  plus  chers  au  souvenir  des 
populations  habitant  la  Lombardie,  que  Icur  apposi- 
tion  avait  coincide  avec  l'apparition  des  monogram- 


(i)  Classification  chronologique  des  émissions  monétaires  de  l'atelier 
de  Lyon  pendant  la  période  constantinienne  par  J.  Maurice,  dans  Mé- 
moires  de  la  Société  des  Antiquaires  de  France.  Voi.  63,  1904,  p.  100 
et  seq.  —  L'atelier  nionétaire  de  Cyziquc  par  J.  Maurice.  Zeiisrhriji 
fiir  Numisiiialik,  1905,  p.  173. 

(2)  Coniptes  rendus  du  Congrès  Nuniisniatique  de  Bruxelles,  1891, 
p.  177. 


PAUL  BORDEAUX 


mes  chrétiens  et  des  croix  sur  les  pièces  romaines. 
Les  monnaies  antérieures  ctaient  pa'Jennes  et  avaient 
dfi  déplaire  peu  à  peu  à  cause  des  faux  Dieux 
qu'elles  rappelaient.  Celles  au  contraire  qui  ctaient 
flaviennes  étaient  les  premicres  espèces  chrétiennes. 
Un  certain  nombre  avait  pu  ctre  conserve  pour  servir 
d'amulettes.  Le  souvenir  en  avait  été  gardé  par  les 
pretres  et  par  les  Romains  christianisés. 

L'hypothèse  présentée  en  dernier  lieu  a  l'avan- 
tage  de  fournir  un  sens  compréhensible  et  acceptable 
pour  le  mot  FLAVIA  et  d'expliquer  en  outre  la  pré- 
sence  de  ces  étoiles  et  de  ces  points  qui  se  rencon- 
trent  sur  un  grand  nombre  de  tiers  de  sou  d'or 
lombards  du  systéme  constantinien  pourvus  des  lé- 
gendes  F  L*A  V  •  I  A*L  V  C*A  u)  —  F  L  ■  A  •  M  •  EDIOL  ■  ANO, 
etc.  Les  interprétations  de  ces  deux  particularités  se 
fortifieraient  ainsi  mutuellement. 

Nous  soumettons  au  monde  numismatique  les 
deux  explications  paraissant  les  plus  probables  quant 
à  présent  de  ce  mot  FLAVIA  si  exceptionnel  et  qui  a 
cu  évidemment  une  portée  utile.  Le  texte  décisif 
d'un  document  législatif  ou  monétaire  fournissant  un 
sens  incontestablc  fait  défaut.  Nous  souhaitons  qu'on 
le  découvre  un  jour.  Mais  en  attendant  qu'il  soit 
connu,  nous  espérons  nous  étre  rapproché,  dans  la 
mesure  possiblc  d'après  Ics  connaissances  actuelles, 
de  l'explication,  qui  serait  finalemcnt  fournie  pour 
cette  expression. 

P.  Bordeaux. 


(i)  Garifi.  :  Moiin.  Carolingicnnes,  voi.  2,  P-   148.  pl-  XII,  n.  172. 


LA  ZECCA  DI  ALESSANDRIA 


Voglio  io  pure  rendere  il  mio  modesto  tributo 
alla  memoria  dell'illustre  e  compianto  nummografo 
Solone  Ambrosoli  nella  solenne  ricorrenza  del  primo 
centenario  del  medagliere  di  Brera;  ed  ardisco  quindi 
offrire  agli  studiosi  la  illustrazione  della  zecca  di 
Alessandria,  così  per  sentimento  di  affetto  alla  mia 
città  natale,  come  per  estendere  la  conoscenza  delle 
vicende  e  delle  monete  di  questa  zecca  rara. 

È  fuori  di  dubbio  che  la  città  di  Alessandria, 
quando  governavasi  a  repubblica,  abbia  avuto,  o  si 
sia  arrogato,  il  diritto  di  battere  moneta.  Sebbene,  o 
per  trascuranza  degli  antichi  cronisti  alessandrini,  o 
per  lo  smarrimento  avvenuto  nel  1499  delle  più  im- 
portanti carte  e  documenti  del  pubblico  archivio,  non 
sia  giunta  a  noi  notizia  sicura  di  tale  privilegio,  pure 
ne  sono  sufficiente  prova  le  tre  seguenti  monete"^: 


fì 


*  FREDERICVS  Nel  campo  I  •  P  •  R  •  T  •  in  croce  at- 


(i)  Guasco  Carlo,  Alessandria  città  di  Lombardia  nell'Alessandrino 
sotto  il  dominio  di  S.  M.  Sarda,  nel  libro  "  Delle  città  d'Italia  „  di  Ce- 
sare Orlandi.  Perugia,  1770. 

Bellini  Vincentii,  De  monetis  Italiae  medii  aevi  hactenus  non  evul- 
gatis.  Postrema  Dissertatio.  Ferrari  ae,  1774. 

Promis  Domenico,  Monete  del  Piemonte  inedite  o  rare.   Torino,  1552. 

Brambilla  Camillo,  Altre  annotazioni  numismatiche.  Pavia,  1870. 


ÌI4  A.    CUNIETTI-CUNIETTI 


torno  a  globetto,  con  un  punto  a  fianco  di  ciascuna 
lettera. 
9^    —  *  ALEXANDRIA  Nel  campo  croce  patente  (i). 


^  -  *  F  ■  IMPATOR-    Nel  campo  S  •>  (2). 

9»    —  *  ALEXANDRIA  Nel  campo  croce  patente. 


^'  —  +-S-P-E-T-R-V-S-  Nel  campo  busto  mitrato 

del  Santo  di  fronte. 
9^   —  *  ALEXANDRIA  Nel  campo  croce  patente. 

La  prima  delle  suddescritte  monete  è  d'argento 
del  titolo  di  500  millesimi,  del  peso  di  circa  grammi 
0,870  e  può  ritenersi  essere  il  mezzo  grosso,  uguale 
alla  metà  del  danaro  grosso  di  Lombardia,  pari  a  2 
danari  imperiali  (3). 

L'impronta  del  diritto  FREDERICVS  i  •  P  •  R  •  T  •  quale 
Federico  vuole  indicare? 

La  forma  dei  caratteri  ed  il  tipo  sono  gli  stessi 
che  si  riscontrano  nelle  monete  di  Federico  I  battute 
per  Milano  o  per  altre  città  nei  secoli  XH-XIII.  Essa 


(i)  Questa  croce  vuole  indicare  l'antico  stemma  di  Alessandria,  che 
era  di  croce  rossa  in  campo  d'argento,  quasi  volesse  denotare  di  essere 
stata  fondata  per  sostegno  della  Chiesa  pericolante. 

(2)  Le  iniziali  S.  P.  significano  SANCTUS  PETRUS  protettore 
della  città. 

(3)  Carli-Rubbi  Gianrinaldo,  De/U  mone/e  e  deirinstituzione  delle 
zecche  d'Italia,  Tomo  li,  Dissertazione  V,  Pisa,  1757. 


LA    ZECCA    DI    ALESSANDIUA  11^ 

deve  quindi  appartenere  o  alla  fine  del  secolo  XII  o 
al  principio  del  XIII. 

La  seconda  moneta  è  pure  d'argento  del  titolo 
di  800  ad  850  millesimi  e  del  peso  di  circa  grammi 
0,650.  Essa  è  dunque  di  peso  inferiore,  ma  di  titolo 
superiore  alla  precedente.  Tanto  per  questo  fatto, 
quanto  per  avere  le  lettere  di  forma  meno  accurata 
e  le  E  lunate,  nonché  le  iniziali  del  Santo  protettore 
della  città  con  quelle  dell'Imperatore,  è  da  ritenersi 
essere  di  qualche  anno  posteriore  alla  stessa.  Per  la 
proporzione  poi  fra  la  quantità  di  argento  puro  e  il 
peso  della  moneta,  si  deve  conchiudere  che  essa 
avesse  lo  stesso  valore  della  precedente,  cioè  che 
fosse  essa  pure  il  mezzo  grosso. 

Anche  per  questa  facciamo  la  stessa  domanda: 
la  F  della  leggenda  del  diritto  vuole  indicare  FREDE- 
RICVS,  ma  quale  Federico? 

Colla  pace  di  Costanza  (26  giugno  1183)  Ales- 
sandria dovette  sottomettersi  all'imperatore  Federico 
Barbarossa,  sacrificando  generosamente  se  stessa  per 
facilitare  agli  altri  comuni  della  Lega  la  pace  col- 
r Imperatore;  e,  fra  le  condizioni  che  Alessandria  do- 
vette subito  accettare  per  raggiungere  il  nobile  scopo. 
vi  fu  anche  quello  di  mutare  il  nome  di  Alessandria 
in  Cesarea,  come  fosse  allora  stata  fabbricata  dal- 
l'Imperatore. Federico  vuole  essere  fondatore  di 
Alessandria  e  quindi  «  cvibinit  onines  a  civitate  »  e 
riconduce  dentro  solennemente  i  cittadini,  dichiarando 
che  «  Imperator  fimdat  civitatem!  ». 

E  il  nome  di  Cesarea  fu  mantenuto  fino  al  1197 
alla  morte  di  Enrico  VI  figlio  del  Barbarossa,  il  quale 
era  morto  il  9  giugno  1190. 

Ora  le  monete  in  discorso  devono  verosimilmente 
essere  state  battute  dopo  il  1197,  giacché,  in  caso 
diverso,  porterebbero  nella  leggenda  CAESAREA  invece 
di  ALEXANDRIA,  come  era  d'obbligo  negli  atti  pubblici. 


Il6  A.    CUNIETTI-CUNIETTI 


È  bensì  vero  che  anche  in  questi  atti  sfuggiva 
talvolta  il  nome  caro  di  Alessandria.  E  così  vediamo 
il  Papa  continuare  a  chiamarla  in  questa  guisa;  in 
un  privilegio  del  monastero  di  S.  Giustino  di  Sezzè 
dato  da  papa  Celestino  nel  1192  vediamo  nominato 
«  Monasterium  S.  Stephani  Alexandriae  »;  in  un 
altro  documento  di  quest'epoca,  prima  cioè  del  1197 
ossia  «  fragmcntum  pacis  inter  Bonifacium  Mar- 
chionem  Montisferrati  et  Astenses,  quo  istis  renun- 
tiat  Rupeculam  »  troviamo  che  il  podestà  Robba  si 
sottoscrive  «  Robba  potestas  Alexandriae  »  *^'). 

Ma  trattandosi  di  pubblica  moneta,  non  era  na- 
turalmente possibile  derogare  dall'ordine  imperiale, 
epperciò  è  da  ritenersi  sicuramente  che  debba  rife- 
rirsi al  primo  Federico. 

A  questo  infatti  gli  Alessandrini  avevano  giurato 
fedeltà,  quando  per  la  pace  di  Costanza  dovettero  a 
lui  sottomettersi;  e  non  solo  gli  rimasero  fedeli  fino 
alla  sua  morte,  ma,  fedeli  allo  scrupolo,  non  vollero 
rompere  il  patto  giurato  neppure  durante  il  governo 
del  figlio  e  successore  del  Barbarossa,  Enrico  VI; 
perchè  egli  pure  era  concorso  all'atto  di  Costanza. 
E  solo  dopo  la  morte  di  quest'Imperatore,  avvenuta 
il  3  ottobre  1197,  gli  Alessandrini  abbandonarono 
definitivamente  l'esoso  nome  negli  atti  ufficiali. 

Col  secondo  Federico  poi  gli  Alessandrini  furono 
continuamente  in  lotta  ;  ed  è  quindi  impossibile,  anche 
a  prescindere  dalle  ragioni  sopra  addotte,  che  essi 
abbiano  potuto  alludere  al  nome  di  lui  sulla  loro 
moneta. 

Sembrerebbe  dunque  che  Alessandria,  approfit- 
tando di  un  diritto  o  concesso  dal  Barbarossa  o  ar- 
rogatosi  nelle   circostanze   suesposte,   abbia   battuto 


(i)  Gasparolo  Francesco,    Dissertazioni  storico-critiche  sopra  Ales- 
sandria. Alessandria,  1887. 


LA    ZECCA    DI   ALESSANDRIA  li? 


queste  monete  alla  fine  del  secolo  XII  od  al  prin- 
cipio del  XIII  volendo  indicare  col  nome  di  Fede- 
rico il  concessionario  della  zecca  stessa,  nella  me- 
desima guisa  che  si  riscontra  nelle  monete  di  molte 
altre  zecche  repubblicane. 

La  terza  moneta  è  di  bassissimo  argento  a  200 
millesimi,  del  peso  di  circa  grammi  0,405;  può  ri- 
tenersi essere  un  danaro  piccolo  o  mezzano,  cioè 
mezzo  danaro  imperiale  ('). 

Questa  moneta  deve  essere  di  parecchi  anni  po- 
steriore alle  precedenti;  e,  dal  non  comparire  più  in 
essa  il  nome  dell'Imperatore,  dall'effigie  del  Santo 
protettore  della  città  con  il  suo  nome  all'  intorno 
e  dalla  paleografia,  sembra  essere  stata  coniata 
verso  la  fine  del  XIII  o  il  principio  del  XIV  secolo. 

Infatti  Alessandria,  dopo  essere  nuovamente  pas- 
sata alla  parte  Guelfa  con  Carlo  I  d'Angiò  conte  di 
Provenza  (22  maggio  1270),  cadde  sotto  il  duro  giogo 
di  Guglielmo  Longaspada  marchese  del  Monferrato  '^t 
(15  maggio  1278),  dal  quale  gli  Alessandrini  si  libe- 
rarono nel  1290,  facendo  prigioniero  il  detto  mar- 
chese, che,  dopo  avere  tenuto  per  circa  un  anno  e 
mezzo  in  carcere,  fecero  morire  avvelenato  il  6  feb- 
braio 1292. 

Per  tal  modo  Alessandria  ricuperava  la  pristina 
libertà  e  grandezza  e  tornava  a  godere  del  governo 
repubblicano  e  con  esso  del  privilegio  di  battere 
moneta. 

Onde  è  da  ritenersi  essere  questa  moneta  stata 
battuta  appunto  in  questo  periodo  di  tempo,  in  cui 
Alessandria  si  reggeva  a  repubblica,  prima  di  per- 
dere di  nuovo  la  libertà  sottomettendosi,  non  potendo 


(i)  Vedi  nota  3,  pag    114. 

(a)  Cronaca  del  Monferrato,   scritta    da    Galeotto   Dal  Carretto    nel- 
l'anno 1493. 


Il8  A.    CUNIETrl-CUNIKTTI 


fare  di  meno,  al  dominio  dei  Visconti  nel  1348  ('), 
epoca  in  cui  indubitatamente  cessò  la  zecca. 

11  sommo  nummografo  piemontese  Domenico 
Promis  (2j  dubita  che  Alessandria  per  sola  ostenta- 
zione si  sia  valsa  del  diritto  di  battere  moneta,  spie- 
gando con  ciò  la  somma  rarità  delle  monete  Ales- 
sandrine e  il  fatto  di  non  trovarsi  nei  suoi  statuti  (3) 
menzionata  che  la  lira  di  soldi  pavesi,  tortonesi  o 
semplicemente  imperiali,  e  non  mai  moneta  propria. 

Anche  il  Brambilla  U)  condivide  il  parere  del 
Promis  che,  cioè,  Alessandria,  volendo  mettere  in 
pratica  per  sola  ostentazione  il  diritto  di  battere 
moneta,  non  solo  vi  improntasse  il  nome  del  primo 
Federico  da  cui  ripeteva  tale  privilegio,  ma  battesse 
vera  moneta  imperiale. 

L'A-Valle  (^s)  osserva  poi  come,  ogni  qualvolta 
nei  pubblici  atti  si  dovesse  parlare  di  monete,  si  sia 
sempre  dovuto  aggiungere  il  luogo  di  origine  (danari 
tortonesi,  pavesi,  ecc.).  soggiungendo  che  nulla  di 
positivo  si  sia  potuto  conchiudere  in  merito  alle  mo- 
nete alessandrine. 

Ma  a  questo  proposito  occorre  osservare  che  le 
monete  di  ostentazione  sono  sempre  o  auree  o  mo- 
nete di  maggior  conto  che  non  sia  il  mezzo  grosso 
o  il  danaro,  e  sono  poi  generalmente  battute  in  altre 
zecche  da  chi.  pur  avendone  più  o  meno    il   diritto. 


(i)  Ghilini  Girolamo,  Annali  di  Alessandria  annotati  e  documentati 
da  Amilcare  Bossola.  Alessandria,  1903. 

(2)  Vedi  nota  i,  pag.  113. 

(3)  Codex  Stalutontm  magnificae  Cumuniìatis  atquc  Dioecesis  Ale- 
xandrinae.  Alexandriae,  1547,  In  questo  non  si  parla  che  di  denari  im- 
periali. 

Codex  qui  Liber  Crucis  nuncupatur  e  tabularlo  Alexandritto  descriptus 
et  editus  a  Francisco  Gasparolo.  Roma,  1889.  In  questo  si  parla  di  danari 
pavesi  e  soldi  milanesi. 

(4)  Vedi  nota  i,  pag.  113. 

(5)  AValle  Carlo,  Storia  di  Alessandria  daW  origine  ai  giorni  no- 
stri, voi.  II.  Torino,  1854. 


LA   ZECCA    DI   ALESSANDRIA  Ì19 

non  aveva  officina  propria.  A  me  parrebbe  che  la 
rarità  delle  monete  alessandrine  dipenda  dal  fatto  o 
che  realmente  esse  siano  state  battute  in  esiguo  nu- 
mero per  la  difficoltà  di  provvedere  la  materia  prima 
in  momenti  di  continua  guerra,  in  cui  la  vita  econo- 
mica era  un  difficile  problema,  o  perchè,  colla  sot- 
tomissione di  Alessandria  ai  Visconti,  questi  abbiano 
ritirato  le  monete  alessandrine  per  fonderle  con  le 
proprie. 

Ma,  ripeto,  queste  non  sono  che  induzioni,  giac- 
ché mancano  i  documenti  al  riguardo. 

Vi  è  poi  il  Bissati  (i),  il  quale  si  pronunzia  contra- 
riamente all'esistenza  della  zecca  di  Alessandria,  ba- 
sando il  suo  asserto  sulla  circostanza  che  nell'atto  di 
Costanza  non  era  accennata  la  concessione  di  battere 
moneta.  Il  detto  scrittore  è  del  parere  che  o  Alessan- 
dria abbia  battuto  moneta  per  abuso,  non  avendone 
mai  avuto  il  diritto,  o  che  la  monetina  col  S  •  PETRVS 
sia  piuttosto  una  medaglia  stampata  in  occasione  forse 
di  qualche  pubblico  avvenimento  ed  in  onore  del  pro- 
tettore della  città  S.  Pietro  e  probabilmente  nell'anno 
della  fondazione  della  chiesa  maggiore  a  quel  Santo 
dedicata;  ed  avvalora  la  sua  congettura  affermando 
che  dalla  paleografia  di  quella  medaglia  si  possa  fa- 
cilmente dedurre  essere  stata  coniata  nel  secolo  XII  i^i. 

Da  ciò  è  facile  arguire  come  il  Bissati  non  co- 
noscesse che  la  monetina  col  S  •  PETRVS  ossia  il  mezzo 
danaro  imperiale  e  che  non  sapesse  l'esistenza  delle 
altre  due  monete  col  nome  dell'  Imperatore,  cioè  del 
mezzo  grosso  ;  altrimenti  avrebbe  forse  modificato  il 
suo  giudizio. 

Riguardo  alla  monetina   con  S  •  PETRVS  si  è  an- 


(1)  Bissati,  Memorie  politiche,  civili  e  militari  della  città  di  Alessan- 
dria, 1793. 

(2)  Si  osservi  che  la  costruzione  del  Duomo   si   cominciò   nel  11 70 
e  che  la  moneta  in  discorso  e  assai  posteriore. 


120 


A.   CUNIETTI-CUNIETTI 


tecedentemente  dimostrato  in  quale  periodo  essa 
debba  essere  battuta  ed  è  poi  assolutamente  da  esclu- 
dersi che  essa  sia  una  medaglia,  avendo  della  moneta 
tutti  i  caratteri,  che  è  superfluo  dilungarsi  a  dimo- 
strare. 

Ritengo  perciò  inesatta  l'affermazione  del  Bis- 
sati e.  da  quanto  si  e  finora  esposto,  bisogna  con- 
venire   che   la   zecca   di    Alessandria    abbia    esistito 


ed  abbia  funzionato,  o  arrogandosi  gli  Alessandrini 
tale  diritto,  o  valendosene,  dopo  la  morte  di  Enrico  VI. 
Ed  a  viepiù  confermare  l'esistenza  di  questa 
zecca  si  rammenti  ancora  che  vi  era  in  Alessandria 
una  casa  contigua  al  ghetto  ed  appartenente  alle 
monache  Orsoline,  la  quale  da  tempo  immemorabile 
era    nominata    casa  della  zecca  ^^L    Ma  la  prova   più 


(i)  Questa  casa  fu  demolita  per  l'attuazione  di  un  piano  regolatore 
progettato  da  Napoleone  I.  Essa  occupava  precisamente  in  parte  l'area 
su  cui  si  trova  oggi  la  casa  Crespi  all'angolo  di  via  Vochieri  colla 
piazzetta  della  Lega  ed  in  parte  l'area  ora  occupata  dalla  stessa  via 
Vochieri,  già  via  Reale  e  che  sotto  il  governo  napoleonico  (1800-1804) 
si  chiamò  me  Napoléon:  detta  casa  aveva  accesso  dalla  via  dell'Erba  e 
dalla  via  che  venne  poi  sostituita  dalla  via  Vochieri  col  piano  regolatore. 


La  zecca  di  Alessandria  121 


evidente  che  questa  casa  servisse  a  tale  uso  si  deve 
alla  scoperta  fatta  nel  1767  dalla  marchesa  Teresa 
Glittica  di  Cassine,  donna  di  molta  intelligenza  ed 
erudizione  ed  amantissima  di  cose  antiche,  di  un  bas- 
sorilievo di  terra  cotta  esistente  sull'alto  della  parte 
esteriore  della  casa. 

In  esso,  che  è  lungo  circa  metri  0,60  e  alto 
m.  0.40.  sono  scolpite  tre  figure  nude  esprimenti  tre 
fabbri,  dei  quali  due  battono  sull'incudine  la  moneta 
uno  di  fronte  all'altro  ed  il  terzo  più  indietro  assiste 
od  aiuta  al  lavoro. 

Chiaramente  indica  questo  bassorilievo  a  quale 
uso  servisse  nei  secoli  andati  la  casa  in  discorso;  e 
pertanto  fattolo  levare  dal  muro,  la  nobildonna  il  fece 
riporre  nel  suo  palazzo,  conservandolo  quale  prege- 
vole monumento,  atto  ad  assicurarci  di  quanto  si  è 
finora  esposto  sulla  zecca  di  Alessandria'". 

Avrei  così  terminata  la  illustrazione  dei  ti-e  soli 
tipi  che  si  conoscano  di  monete  alessandrine.  .Sc- 
nonchè  esistono  altre  due  monete,  o  più  esattamente 
una  moneta  ed  una  tessera  o  medaglia,  battute  in 
secoli  assai  posteriori,  le  quali,  pur  non  essendo 
propriamente  uscite  dalla  zecca  di  Alessandria,  furono 
però  coniate  per  questa  città  e  ricordano  il  glorioso 
episodio  dell'assedio  di  Alessandria  del  1746  durante 
la  guerra  per  la  successione  d'Austria.  E  di  queste 
appunto  voglio  fare  menzione. 

Carlo  Emanuele  III,  re  di  Sardegna,  dopo  la 
campagna  del  1745  assai  per  lui  infelice,  già  vedeva 
in  possesso  dei  Francesi,  oltre  Nizza  e  Savoia,  anche 
Piacenza,  Tortona,  Novara,  il  Monferrato,  l'Astigiano 
e  Alessandria,  eccetto  la  cittadella  ^^). 


(1)  Vedi  nota   r,  pag.  113. 

(2)  CiBRARio  Luigi,    Memorie  s/ortc/ie  sulla  giiena  del  l'ieiiioiile  tini 
i']4t  al  IT4T,  scritte  dal  conte  Gaspare  Galleani  D'.-Xgliaiio.   Torino,  1840. 

Carutti  Domenico,  Storia  del  regno  di  Carlo  Eman,  III.  Torino,  1859. 

16 


122  A.    CUNlETTI-CnNIFTTI 


11  maresciallo  Maillebois,  dopo  avere  battuto  i 
Piemontesi  a  Bassignana,  poneva  l'assedio  ad  Ales- 
sandria il  6  ottobre  1745. 

Essendo  questa  città  cinta  solo  da  un  debole 
muro,  non  lìotette  resistere  alle  artiglierie  nemiche 
se  non  per  cinque  giorni  ed  il  governatore  marchese 
Isnardi  di  C'araglio  fu  costretto  a  ritirarsi  con  sette 
battaglioni  nella  cittadella,  che  venne  tosto  bloccata 
dal  maresciallo  francese.  La  difesa  della  fortezza  di 
Alessandria  nell'inverno  1745-46  è  da  annoverarsi  fra 
le  più  gloriose  gesta  delle  armi  piemontesi. 

Il  marchese  Caraglio,  settuagenario,  fece  prova 
di  quella  fermezza  e  costanza  che  pareva  ereditaria 
nella  sua  famiglia  ('>. 

I  viveri  erano  stati  assottigliati  tanto  da  potere 
appena  sostentare  i  soldati,  volendo  il  marchese  Ca- 
raglio usare  la  massima  parsimonia  per  la  speranza 
di  potere  prolungare  di  qualche  giorno  la  resistenza 
oltre  il  tempo  che  egli  prevedeva  sarebbe  stato  co- 
stretto ad  uscire  dalla  piazza.  La  razione  di  pane  fu 
ridotta  a  soli  150  grammi  per  uomo,  cosicché  i  sol- 
dati mangiarono  i  cavalli,  i  cani  e  i  gatti,  e  insino  i 
topi  furono  pagati  a  caro  prezzo  come  fino  selvatico. 

II  marchese  Caraglio  porgeva  il  primo  l'esempio 
delle  privazioni  e,  non  volendosi  assolutamente  pie- 
gare ai  gridi  della  guarnigione  a  cui  pareva  ormai 
inutile  tanto  soffrire  per  ritardare  soltanto  di  qualche 
giorno  la  resa  ai  nemici,  cercava  di  distrarre  il  più 
possibile  i  soldati  con  piccole  sortite  protette  dal 
cannone  della  piazza,  mediante  le  quali  si  riusciva 
a  fare  molte  prede  di  cavalli,  muli  ed  asini,  che  scr- 


ii) Ignazio  Gio.  Battista  Isiiarcli  marchese  di  Caraglio,  difensore  di 
Alessandria,  era  figlio  di  Angelo  Carlo  Isnardi  di  Caraglio,  difensore 
di  Nizza  nel  1704  e  di  Torino  nel  1706.  II  marchese  Ignazio  morì  nel 
1748.  La  famiglia  degli  Isnardi  di  Caraglio,  originaria  d'Asti,  si  è  estinta 
nel  1770. 


LA    ZECCA    DI    ALESSANDRIA 


123 


vivano  di  cibo.  Ciononostante  il  marchese  Caraglio 
si  trovava  in  non  poche  angustie  per  mancanza  di 
denaro,  e,  pensando  ai  mezzi  di  rimediarvi,  dopo  di 
avere  venduto  quanto  possedeva  di  prezioso  per  pa- 
gare i  soldati,  incaricò  alcuni  ufficiali  svizzeri,  pratici 
di  questa  materia,  di  costruire  una  certa  lega  metal- 
lica, con  cui  fece  battere  una  moneta  piuttosto  rozza, 
alla  quale  venne  assegnato  il  valore  di  io  soldi  <'). 
E  questa  una   moneta  ossidionalc  che  porta  : 


^  -  BLOG-  -  ARCIS  ALEX-  -  GVB  •  -  MARCHIO  -  DE 
—  CARALIO  -  1746  in  sette  linee  nel  campo  fra 
due  rami  di  palma,  con  sopra  corona  reale. 

fff  —  Aquila  spiegata  sormontata  da  grossa  corona  reale, 
con  in  petto  la  croce  di  Savoia  e  con  la  testa 
volta  a  sinistra;  ai  lati  S  —  IO. 

Secondo  il  Promis  e  secondo  l'autore  dell'articolo 
"  Siège  (T Alexandrie  cu  ij^6  »  nella  Reviie  de  la  Xii- 
mismatiqiic  fnincaisc  ''^\  il  metallo  di  cpiesta  moneta 
sarebbe  puro  rame;  ma  nella  collezione  di  S.  M.  il 
Re  in  Torino  ne  è  conser\-atcj    tm  esemplare  in   ar- 


(i)  Il  conte  (iaspare  Gallcani  d'Agliano  (oijera  cit.)  dice  ohe  il  mar- 
chese Caraglio  "  fece  battere  delle  monete  di  varia  specie  e  valore,  il  stag- 
giare però  delle  'inali  era  di  io  soldi  „.  A  noi  non  sono  pervenute  che 
queste  da  io  soldi,  che  costituiscono  l'unica  moneta  che  si  conosca  di 
quest'assedio.  Il  conte  d'Agliano  poi  confonde  la  moneta  con  la  tessera 
battuta  in  seguito. 

(2)  Pkomis  Uo.me.nico,  Monete  ossidionali  del  Piemonte.  Toiiiio,  1903. 
Revite  de  la  Niiinismalique  fran(,aise,  anncc   1837,  pag.  ijy. 


124  ^-   «^UNIETTI-CUNIETTl 


gcnto,  che  deve  probabilmente  essere  stato  battuto 
per  saggio. 

Per  quante  indagini  praticate  così  negli  archivi 
del  Municipio  di  Alessandria  come  in  quelli  di  Stato 
in  Torino,  non  è  stato  possibile  rintracciare  l'ordine 
di  battitura  di  questa  moneta. 

Da  un  manoscritto  esistente  nella  biblioteca  di 
S.  A.  R.  il  Duca  di  Genova  ("  risulta  che  l'ii  no- 
vembre ]  745  venne  dato  ordine  al,  cav.  Joannini '^l 
di  lavorare  gli  stampi  per  battere  dei  pezzi  da  j  soldi 
ed  altra  moneta.  Ed  il  9  dicembre  seguente  venne 
pubblicato  l'ordine  di  ricevere  la  nuova  moneta  che 
il  marchese  Caraglio  aveva  fatto  battere  e  che  erano 
soldi.  Ma  né  gli  originali,  né  copie  di  questi  ordini 
si  sono  potuti  ritrovare. 

Da  essi  parrebbe  che  si  siano  battute  anche  mo- 
nete da  5  soldi,  come  già  si  e  accennato,  mentre  non 
si  conoscono  che  quelle  da  io  soldi. 

Tutto  ciò  induce  viepiù  a  ritenere  che  queste 
monete  ossidionali  debbano  essere  state  battute  nella 
cittadella  stessa  da  ufficiali,  come  dice  il  D'Agliano, 
pratici  della  materia  per  ■  ordine  del  governatore, 
marchese  Caraglio,  il  quale  ave\a  affidato  la  costru- 
zione dei  relativi  stampi  al  ca\'.  joannini  ;  che  le  me- 
desime non  ebbero  circolazione  se  non  nella  citta- 
della o  tutto  al  piti  nella  città  di  Alessandria;  e  che 
dopo  il  blocco  furono  ritirate,  avendo  cessato  di  avere 
valore,  o  andarono  perdute.  La  rozzezza  stessa  della 
moneta  ci  dimostra  che  essa  non  è  uscita  da  una 
vera  zecca. 

Dopo  cinque  mesi  di  assedio,  il  io  marzo,  fatta 


(i)  Journal  du  blocns  de  la  cilladelk  d' AlcxandrU  iaiìnce  ly^ó  in 
Kdalion  des  caDipdgms  /(liies  mi  servici:  de  S.  M.  le  loi  de  Sardaigite 
pendant  la  guerre  d'Ilalie.  Ms.  Hibl.  Duca  di  Genova,  213. 

(2)  Il  cav.  Gasparo  Jnaniiini  era  iiitcndciitc  generale  per  la  citta  e 
provnieia  di  Alessandria, 


LA    ZECCA    DI    ALESSANDRIA 


125 


l'ispezione  dei  viveri,  si  trovò  che  non  ne  rimanevano 
più  che  per  tre  giorni.  Ma  ecco  in  quello  stesso 
giorno  comparire  in  distanza  le  insegne  del  generale 
Leutrum,  che  con  tanto  ardore  aveva  difeso  Cuneo 
nel  1742.  Egli  avanzava  su  Alessandria  alla  testa  di 
20  battaglioni  di  fanteria  e  di  numerosa  cavalleria, 
dopo  di  avere  già  occupato  Asti,  il  cui  presidio  co- 
mandato dal  Montai  gli  si  era  reso  prigioniero,  e  il 
IO  marzo  liberava  Alessandria,  obbligando  i  Francesi 
a  ritirarsi  così  precipitosamente,  da  lasciargli  nelle 
mani  la  maggior  parte  delle  munizioni. 

In  quel  giorno  veniva  così  salvata  la  fortezza  di 
Alessandria,  e  tosto  rifornita  di  vettovaglie  anche  la 
città,  veniva  pure  cambiata  la  sfinita,  ma  gloriosa 
guarnigione,  il  cui  valore  e  la  cui  costanza,  unita 
alla  fermezza  del  marchese  di  Caraglio,  produssero 
i  più  benefici  effetti. 

Infatti,  con  la  presa  d'Asti  e  con  la  liberazione 
di  Alessandria,  i  Francesi  e  gli  Spagnuoli  furono 
cacciati  dal  Piemonte,  che  rimase  completamente  li- 
bero, tranne  Tortona  e  \'alenza.  a  cui  il  generale 
Leutrum  i)os€  quindi  l'assedio.  E  così  terminarono 
le  trattative  per  la   pace  fra  il  Piemonte  e  la  Francia. 

A  ricordare  la  nobile  difesa  della  fortezza  di 
Alessandria  venne  coniata  la  seguente  tessera  o  me- 
daglia : 


,iy  -    CAR     EM  •  D  •  G     REX         SAR  •  CYP  ■  ET  lER    1  t  sia 

del  re  a  smisua  con  lun^a  capigliatura. 


126  A.    CUNIETTI-CUNIEnl 


I^  -  ARX  •  ALEX  •  LIBERATA  •  SVB  M  CARALIO  M  IO 
MARTY  1746  Una  bilancia  avente  nel  piattello 
sinistro,  piìi  pesante,  una  pianta  di  fortezza,  e  nel 
destro  un  castello  ed  un  rì^I'o,  e  sottostante  al 
piattello  un  nastro  con  ET  GENVA.  Intorno  alla  bi- 
lancia superiormente  ATTAMEN  •  NON   SVFFICIT- 

Come  facilmente  si  comprende,  la  figura  allego- 
rica della  bilancia  vuole  indicare  la  fortezza  di  Ales- 
sandria che  resiste  agli  Spagnuoli,  Francesi,  Geno- 
vesi, Napoletani  e  li  scaccia. 

Questa  tessera  o  medaglia,  che  fu  trovata  dai 
nemici  un  po'  troppo  impertinente,  è  descritta  da 
Vincenzo  Promis  al  n.  69  della  tav.  VI  ('):  essa  è  di 
mistura  o  rame  inargentato  e  ne  fu  autore  Lorenzo 
Lavy,  incisore  della  zecca  di  Torino  dal  1750  al  1770. 

Con  queste  brevi  notizie  sulla  zecca  e  sulle  mo- 
nete di  Alessandria  non  ho  ccvU)  inteso  di  dire  cose 
nuove,  ma  soltanto  di  riunire  in  una  sola  breve  mo- 
nografia quanto  era  riportato  in  molte  opere  da  di- 
\ersi  autori,  allo  scopo  di  rendere  più  conosciuta  e 
popolare  una  parte  di  numismatica,  nella  quale  si 
compendiano  fatti  gloriosi  della  nostra  storia  patria. 

T.  Colonnello  Ai.bkkto  CuNiETTi-CuNn:TTi. 


(i)  PiioMis  Vincenzo,  Tessere  i/i  principi  di  O/ìyi  Snifo/V).  Torino,  1879. 

"  Non  dirò  a  lungo  dell'uso  cui  questi   pezzi    furono    destinati    essendo 

"  generalmente  riconosciuto  servir  dessi  come  seguo  convenzionale   in 

"  sostituzione  della  moneta  piccola  quando    ufficialmente    non    esisteva 

"  che  monetalo  l'oro  e  l'argento,  ovvero  anche  come  luarclie  da  giuoco 

"  o  per  riscossìiuie  di  souuiie  in  date  occasioni,   come  marche    di    prc- 

"  senza  od  altro  „. 


SCAVI  DI  ROMA 

NEL     1907 


I Appiiììti  (il  \iini.  /k'oiii.  N.  Lxxxvinl. 


L'anno  1907  non  fu  meno  generoso  del  prece- 
dente pel  suo  contributo  alla  numismatica,  se  debbo 
giudicare  da  quanto  per\'enne  alla  mia  collezione. 
Tra  i  pezzi  usciti  da  terra  durante  l'anno  decorso, 
ne  scelgo  dodici  per  questa  memoria  tutti  nuovi,  meno 
uno  e  quasi  tutti  interessanti  o  almeno  di  qualche 
valore.  Vi  si  trovano  intatti  tre  medaglioni,  uno 
d'Elio  e  due  d'Ant(jnino  Pio,  tre  bronzi  imperatori 
(Galba,  Massimino  e  Gallieno),  un  bronzo  di  peso 
eccedente  (Caligola),  un  pezzo  che  lascia  il  dubbio 
d'essere  un  bronzo  imperatorio  o  la  pro\a  d'un  me- 
daglione d'oro  (Gallieno)  e  infine  una  nuova  tessera 
di  bronzo  d'Augusto. 

AVCVSTO. 

I.    lesserà  di  Bromo. 

fì'     -  DIVI   F Testa  d'Augusto  a  destra  coronata    di 

erbe  o  di  spighe...  Dietro  il   lituo. 

9  -  MAR  Vie  Personaggio  seduto  a  destra  in  atto  di 
presentare  una  Vittoria  alla  statua  di  Marte  Vinci- 
tore posta  su  di  un  cippo  inghirlandato. 

1  av.  I,  II.  .(. 


Io8  FRANCESCO    ONF.CCHI 


CALIGOLA. 

2.  Craii  Bronzo,  eccedente.  Coli.  n.  13. 

D'  -    C  CAESAR  AVG  GERMANICVS  PON  M  TR  POT  Testa 

laureala  di  Caligola  a  .sinistra. 
1^'    —  10  cosi  consunto,  che  appena  appena   si   vedono   le 
traccia  delle   tre    figure   rappresentanti    le    sorelle 
Agrippina,  Drusilla  e  Giulia,  come  nel  noto  bronzo 
descritto  al  n.   13  di  Cohen. 

Tav.  I,  n.  2. 

Tra  la  scarsa  serie  dei  bronzi  eccedenti  questo  pezzo  e  uno  dei 
più  pesanti,  raggiungendo  125  grammi,  ossia  abbondantemente  quello 
di  cinque  sesterzi. 

CLAVDIO  (Rest.  di  Tito). 

3.  Medio  Bronzo,  dopo  Coh.  94. 

^'  —  TI    CLAVDIVS    CAESAR    AVG  P  M  TR  P   IMP    Testa 

nuda  a  destra. 
Iji    IMP  T    VESP    AVG    REST  S  C    Pallade    a    destra   collo 

.scudo  in  atto  di  lanciare  un  gravellotto. 

Tav.  I,  n.  I. 

Nelle  diverse  restituzioni  di  Tito  conosciute  Pallade  è  sempre  volta 
a  sinistra. 

GALEA. 

4.  Graìi  Bronzo  imperatorio,  dopo  Coh.   idi. 

^'  —   SER  SVLPI  GALBA  IMP  CAESAR  AVG  P  M  TR  P 

Testa  laureata  a  destra  coU'egida. 
R)  —  ADLOCVTIO  Galba  su  di  un  palco  col  prefetto  del 
pretorio  a  destra  in  atto  di  arringare  quattro  sol- 
dati, di  cui  due  volti  a  destra  con  delle  aste,  e  due 
volti  a  sinistra  uno  con  un'  insegna  e  lo  scudo  e 
l'altro  coll'asta  e  lo  scudo.  Al  secondo  piano  si 
vede  un  vessillo  e  un'  insegna  e  fra  i  soldati  di 
destra  la  testa  e  le  gambe  di  un  cavallo. 

iav.  I,  n.  3. 

È  il  tipo  solito  dell'Allocuzione  di  Galba  descritta  ai  num.  idi  a  104 
di  Cohen;    solo    mancano    le    lettere  S.  C. 


SCAVI    DI    ROMA    NEL    I907  I29 


0' 


TITO. 

Gran  Bronzo,  dopo  Coh.  231. 

3'  —  T    CAESAR    VESPASIAN    IMP    PON    TR    POI  COS   II 

Testa  laureata  a  destra. 
9    —  SALVS    AVGVSTA    S  C    La    Salute    assisa  a  sinistra 
collo  scettro  e  la  patera  (anno  72  o  73  di  C). 

ELIO. 

6.  Medaglione  di  Bronzo,  dopo  Coh.  26. 

^  —   L  AELIVS  CAESAR  Busto  in  corazza  a  sinistra.  Testa 
scoperta. 

Ptì    —  TR  FOT  COS  II  II  Sole  radiato  e  seminudo  col  man- 
tello   svolazzante    in    quadriga   veloce    a    destra, 
(a.  137  d.  C). 
Mill.  3P,  gr.  42,000  Tav.  I,  n.  3. 

I  medaglioni  d'Elio  sono  estremamente  rari.  Nessuno  e  conosciuto 
negli  antichi  cataloghi  e  in  quello  della  coli.  Albani,  volendosi  comple- 
tare la  serie  dei  nomi,  è  dato  come  tale  il  Gran  Bronzo  ornato  di  un 
cerchio,  attualmente  appartenente  al  Gabinetto  di  Parigi.  Mionnet  lo  diede 
pure  quale  medaglione;  ma  ciò  non  toglie  che  questo  bellissimo  pezzo 
non  sia  che  un  gran  bronzo  senatorio  cerchiato.  Il  primo  vero  meda- 
glione dal  rovescio  CONCORDIA  è  descritto  come  unico  nella  prima 
edizione  del  Cohen.  Apparteneva  allora  alla  famosa  collezione  Dupré, 
dalla  quale  passò  al  Museo  Britannico.  Nella  seconda  edizione  del  Cohen 
ne  apparve  un  secondo  col  rovescio  del  Sole  in  quadriga,  allora  appar- 
tenente alla  collezione  Tisckievich,  ora  passato  al  Museo  di  Berlino. 
Un  terzo  finora,  credo,  sconosciuto  col  rovescio  d'Esculapio  e  di  infe- 
licissima conservazione,  esiste  al  Museo  Imperiale  di  Vienna  e  il  quarto 
venne  messo  in  luce  quest'anno  dagli  scavi  di  Roma.  E  una  variante 
pel  diritto  dell'esemplare  di  Berlino.  La  conservazione  ne  è  buonissima; 
è  solo  a  deplorarsi  la  soverchia  ripulitura  che,  in  qualche  punto  del 
diritto  specialmente,  confina  col  ritocco.  L'avrei  certamente  preferito 
allo  stato  vergine  in  cui  venne  ritrovato  ;  ma  l' ho  dovuto  prendere 
quale  m'è  arrivato. 

ANTONINO  PIO. 

7.  Medaglione  senatorio  di  Bronzo,  dopo  Coh.  407. 

B'  —  ÀNTONINVS    AVG    PIVS    P  P  IMP  II    Testa    scoperta 
a  destra. 


130  FRANCESCO    GNÈCCHI 


9'  —  VOTA  PVBLICA  (all'esergo)  S  C  (nel  campo).  Scena  di 
sacrifizio.  Antonino  velato  a  sinistra  sacrificante. 
In  faccia  a  lui  un  vittimario  che  abbatte  un  toro. 
Davanti  all'ara  un  efebo,  al  secondo  piano  due 
suonatori  di  tibia  (dopo  l'anno  139). 
Diani.  mill.  40,  gr.  70,000.  Tav.  I,  n.  9. 

Il  medaglione  è  sconosciuto  e  il  tipo  colla  leggenda  VOTA  PV- 
BLICA, preso  dal  rarissimo  gran  bronzo  di  Adriano,  Coh.  1159  citato 
da  Vaillant  o  dall'aureo  pure  rdrissimo  d'Adriano,  Coh.  518,  è  nuovo 
pei  Antonino  Pio;  ma  ne  esiste  un  altro  esemplare  cattivo  e  ritoccato 
nel  Museo  di  Modena. 

8.  Medaglione  di  Bronzo,  Coh.  442. 

B'  -   ANTONINVS  AVG  PIVS  P  P  TR  P  COS  IMI  Testa  lau- 
reata a  destra. 

I^  —  Anepigrafo.  La  Terra  coronata  di  spighe  sdrajata 
a  destra  col  gomito  appoggiato  a  un  toro  ac- 
covacciato. Essa  è  circondata  da  quattro  bam- 
bini rappresentanti  le  quattro  stagioni.  Uno  è 
dietro  di  lei  visto  a  metà  e  un  altro  sulle  sue  gi- 
nocchia. Colla  mano  sinistra  tiene  un  cornucopia, 
davanti  al  quale  un  terzo  fanciullo  con  una  falce. 
Il  quarto,  vestito,  è  assiso  ai  suoi  piedi.  A  destra, 
al  secondo  piano  la  prora  di  una  nave.  In  alto 
il  cerchio  dello  zodiaco  (dopo  l'anno  145). 
Mill.  37,  gr.  50,000.  Tav.  I,  n.  6. 

Il  medaglione  non  è  nuovo,  ma  l'ho  voluto  ricordare  e  riprodurre 
per  essere  l'esemplare  migliore  dei  tre  finora  conosciuti.  Uno  è  con- 
servato al  Gabineito  di  Parigi,  l'altro  a  quello  di  Londra,  ma  ambedue 
sono  di  scadente  conservazione,  non  paragonabili  all'esemplare  ripro- 
dotto nella  tavola  I,  il  quale  poi  è  complttameiite  ricoperto  di  una  pa- 
tina verde  chiara  cristallina,  che  lo  rende  uno  dei  più  bei  pezzi  che  si 
possano  ammirare. 

MASSIMINO  I. 

9.  Gran  Bronzo  imperatorio,  dopo  Coh.  94. 

B'  —  MAXIMINVS  PIVS  AVG-  G-ERM    Busto   laureato   a  de- 
stra con  paludamento  e  corazza. 


SCAVI    DI    ROMA    NEL    I9O7  13! 

Itì  —  VICTORIA  GERMANICA  Vittoria  a  sinistra  con  una 
corona  e  una  palma.  Ai  suoi  piedi  un  prigioniero 
seduto  e  legato  che  a  lei  si  rivolge. 

Tav.  I,  n.  8. 

Il  tipo  è  identico  a  quello  del  Gran  Bronzo  senatorio  descritto  al 
n.  94  senza  le  lettere  S  C. 

GALLIENO. 

10.  Aureo,  dopo  Coh.  540. 

S'  —  GALLIENVS  AVG  Testa  laureata  a  destra. 
1$    —  VBERITAS  AVG  La  Fertilità  a  sinistra  col  cornucopia 
nella  sinistra  e  un  ferro  d'aratro  nella  destra. 

Tav.  I,  n.  7. 

Nell'aureo  descritto  da  Cohen  la  Fertilità  tiene  il  cornucopia  e  un 
grappolo  d'uva. 

11.  Gran  Bronzo  imperatorio,  dopo  Coh.  735. 

B   —  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG  Busto  radiato  a  destra  col 

paludamento  e  la  corazza. 
9    ~  ADVENTVS    AVGG    Gallieno    cavalcante    a    sinistra 

colla  destra  alzata  e  col  mantello  svolazzante. 

Tav.  I,  n.  10. 

Il  tipo  è  nuovo  pel  bronzo.  U Adventus  di  Gallieno  non  è  conosciuto 
che  in  un  aureo  e  in  un  antoniniano.  Sono  poi  rarissimi  i  gran  bronzi 
di  Gallieno  con  testa  radiata.  Non  se  ne  conoscono  che  altri  cinque, 
due  dei  quali  col  genio  del  popolo  romano  al  diritto  (Coh.  765)  o  al 
rovescio  (Coh.  763)  e  forse  anche  il  terzo  FIDEI  PRAET  (Coh.  758) 
furono  coniati  nella  medesima  occasione  dell'ingresso  dell'imperatore 
in  Roma,  cui  accenna  più  specialmente  quello  ora  comparso. 

12.  Medaglione  di  Bronzo  o  prova  di  Medaglione  d'Oro. 

^  —  CONSERVATORI  ORBIS  Testa  di  Gallieno  a  sinistra 

coronata  di  giunchi. 
I§    —  VBIQVE  PAX  Vittoria  in  biga  veloce  a  destra. 

Tav.  I,  n.  II. 

Questo  bronzo,  curioso  e  affatto  nuovo  per  l'iscrizione  al  diritto, 
viene  ad  aumentare  la  serie  di  quelle  monete   di    Gallieno    che,    iiiter- 


132  FRANCESCO   GNECCHI 


pretate  un  tempo  come  satiriche,  poi  altrimenti,  offersero  occasione  di 
parecchie  dissertazioni  ai  numismatici.  Fatta  astrazione  sull'iscrizione 
al  diritto,  il  bronzo  offre  la  perfetta  riproduzione  dell'aureo  ben  cono- 
sciuto, ma  in  proporzioni  un  po'  maggiori,  talché,  se  dovesse  essere  la 
prova  di  un  pezzo  d'oro,  non  io  potrebbe  essere  che  di  un  pezzo  mul- 
tiplo, di  un  binione  o  di  un  ternione.  Diffìcile  è  decidere  se  sia  un  vero 
pezzo  di  bronzo  o  la  prova  di  un  medaglione  d'oro.  Le  sue  dimensioni 
però  come  anche  la  finitezza  del  lavoro  e  il  tipo  farebbero  accedere 
più  volentieri  alla  seconda  ipotesi. 

La  leggenda  del  diritto  è  affatto  nuova  e  per  di  più  occupa  per  la 
prima  volta  il  diritto  della  moneta,  mentre  leggende  simili  sono  sempre 
al  rovescio.  La  leggenda  abbastanza  comune  di  CONSERVATOR 
AVO  o  AVGG  e  sempre  al  rovescio  e  sempre  riferita  a  una  divinità, 
rappresentata  al  rovescio  stesso,  sia  poi  Giove,  il  Sole,  Escnlapio, 
Apollo,  ecc.  Più  rare  sono  le  monete  in  cui  la  parola  CONSERVATOR 
è  riferita  all'imperatore  in  senso  attivo,  come  CONSERVATOR 
EXERCITVS,  MILITVM,  PIETATIS,  VRBIS  SVAE,  KART 
SVAE,  ecc.  ma  anche  in  queste  le  leggende  e  i  relativi  tipi  sono  sempre 
al  rovescio.  Il  caso  rimane  dunque  unico  e  forse  merita  uno  studio 
ulteriore. 


Francesco  Gnfxchl 


ANNOTAZIONI 

NUMISMATICHE    ITALIANE 


XVI. 
Degli  errori  di  attribuzione. 

Ho  fatto  cenno  ripetutamente  di  queste  attribu- 
zioni errate,  dovute  molte  volte  alla  preferenza  cieca 
data  ai  documenti  d'archivio,  talora  a  falsa  interpre- 
tazione di  segni  ed  altri  caratteri,  ma  sempre  allo 
studio  trascurato  od  imperfetto  delle  monete  stesse. 
Il  peggio  si  è,  che  tali  errori  si  perpetuano  quasi 
sempre,  venendo  riprodotti  dagli  scrittori  che  si  se- 
guono e  raramente  basta  una  rettifica  a  toglierli  di 
mezzo. 

Fra  i  diversi  esempi  che  si  potrebbero  addurre, 
scelgo  quello  della  Zecca  Bolognese,  nella  quale  noi 
troviamo  gli  errori  dello  Schiassi  (')  ripetuti  nella  ul- 
tima illustrazione  <*'. 

Lo  Schiassi,  colla  scorta  dei  documenti,  classi- 
fica le  monete  secondo  le  varie  epoche  e  le  varie 
dominazioni.  Finche  queste  monete  portano  un  nome 
ben  chiaro,  o  segni  ben  definiti  sui  quali  non  possa 
cader  dubbio  alcuno,  la  cosa  non  gli  riesce  troppo 
difficile;  ma  diventa  ben  diversa  quandu  si  tratti  delle 
anonime,  che  noi  sappiamo  quanto  siano  numerose 
in  quella  zecca.  Fgli  ha  fatto  bensì  qualche  gruppo 


(1)  De  Moneta  Bononiensi,  Dissertano.  Bologna,  1839. 

(2)  M.\laglvzi-Vai.kri:  La  Zecca  <ii  Bolof;na.  Milano,  k/ji. 


134  GIUSEPPE    RUGGERO 


di  queste  monete  coll'indicazione  Aetatis  dubiae.  ma 
senza  riguardo  ai  caratteri  loro;  e  tentò  dimetterne 
una  gran  parte  a  posto  nelle  diverse  Signorie,  se- 
condo le  descrizioni  contenute  nei  documenti  circa 
ai  tipi,  ma  trascurando  gli  altri  caratteri.  Il  guaio 
più  grosso  che  gli  capitò  in  queste  assegnazioni,  è 
quello  di  un  bolognino  anonimo  attribuito  ad  Inno- 
cenzo VI,  perchè  segnato  con  una  armetta  che  do- 
vrebbe appartenere  al  legato  card.  Egidio  Albornoz*"'). 

Se  il  nostro  A.  fosse  stato  più  prudente,  avrebbe 
dovuto  pensare,  che  di  armi  colla  semplice  banda  ne 
abbiamo  di  diversi  casati.  Se  poi  avesse  ben  studiato 
quel  bolognino,  e  l'avesse  confrontato  colla  serie 
delle  Bolognesi  ben  accertate,  avrebbe  toccato  con 
mano  che  i  caratteri  dello  stesso  impedivano  di  po- 
terlo assegnare  ad  una  data  anteriore  a  Martino  V, 
e  quindi  di  poter  identificare  quell'  arma  per  quella 
dell'Albornoz. 

Facciamo  dunque  noi  quel  breve  esame,  che 
avrebbero  dovuto  fare  lo  Schiassi  ed  i  suoi  seguaci. 
Converrà  fissar  bene  il  primo  tipo  usato  in  quella 
zecca  e  seguirlo  finche  esso  non  cambi  :  vedere  quali 
sieno  questi  cambiamenti,  e  finalmente  studiare  qual 
posto  spetti  nella  serie  al  bolognino  in  questione. 

Le  prime  monete  autonome,  cioè  il  denaro  prima 
e  poi  il  grosso  Bolognino,  son  fatte  ad  un  tipo  unico, 
nel  quale  basterà  per  noi  di  considerare  la  forma 
dell'A  che  tiene  il  centro  della  moneta  tra  quattro 
globetti.  Questa  lettera,  ha  le  sue  aste  che  vanno 
allargandosi  inferiormente,  ma  le  loro  basi  seguono 
l'orizzontale;  ha  superiormente  una  traversa  molto 
semplice,  colle  estremità  leggermente  allargate.  Que- 
sta   forma    dell'A   si    conserva    inalterata  per   molto 


(I)  Vedi  Schiassì,  n."  i  di  Innocenzo  VI.  —  Cinagli,  Monete  dei  Papi. 
Femio,  J8.f8,  n.'  4  e   5.  —  ÌVIalaguzzi-Valeki,  n."  ?. 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE  I35 


tempo.  Infatti,  la  vediamo  sui  bolognini  dei  Pepoli, 
su  quelli  di  Giovanni  Visconti  e  di  Urbano  V.  Segue 
poi  Gregorio  XI,  di  cui  non  si  conosce  il  bolognino, 
ma  il  suo  denaro  mantiene  ancora  questa  prima  forma 
dell'A.  Finalmente,  nel  denaro  di  Giovanni  I  Bentivo- 
glio,  la  detta  forma  si  altera,  ed  assume  un  nuovo 
aspetto,  che  si  trova  poi  ben  definito  in  certi  bolo- 
gnini anonimi  posteriori.  La  traversa  superiore  al- 
lunga in  basso  le  sue  punte  estreme;  le  linee  infe- 
riori delle  aste,  non  sono  più  sulla  orizzontali,  ma 
s'incurvano  abbassandosi  verso  il  centro  a  formare 
due  punte  vicine  l'una  all'altra;  i  4  globetti  si  cam- 
biano in  4  anellini.  Inoltre,  appare  una  nuova  leg- 
genda, WATER  STVDIORVM  di  cui  non  è  facile  fissare 
la  data;  tuttavia,  non  può  essere  sorta  prima  della 
fine  del  pontificato  di  Gregorio  XI,  ne  dopo  Mar- 
tino V,  avendosi  de'  bolognini  colla  colonnetta  che 
hanno  questo  secondo  tipo,  come  quelli  dei  succes- 
sori di  Martino. 

Ora,  se  gli  illustratori  della  zecca  avessero  fatto 
questo  esame,  la  verità  sarebbe  apparsa  loro  in  modo 
evidente.  L'arma  segnata  sul  bolognino  in  questione, 
il  quale  pel  suo  tipo  deve  essere  posteriore  al  1376, 
fine  del  pontificato  di  Gregorio  XI,  non  poteva  ap- 
partenere allo  Albornoz,  ma  bensì  al  casato  Condul- 
mero.  Se  avessero  poi  studiato  meglio  queste  mo- 
nete, da  loro  date  ad  Innorenzo  VI,  avrebbero  con- 
statato che  la  detta  armetta  si  trova  in  alcune  al 
rovescio,  col  cappello  Cardinalizio:  in  altre  invece, 
la  vediamo  in  capo  alla  leggtuida  del  dritto  colla 
tiara  Papale.  E  allora  avrebbero  concluso,  come  con- 
cludiamo noi,  che  le  prime  appartengono  al  pontifi- 
ficato  di  Martino  V,  quando  il  cardinale  Gabriele 
Condulmero,  dalla  legazione  di  Ancona  passò  a  quella 
di  Bologna;  e  le  seconde,  al  Pontificato  dello  stesso 
personaggio,  che  aveva  assunto  il  nome  di  Kuge- 
nio  IV. 


T36  GIUSEPPE   RUGGERO 


Farmi  che  qui  cada  a  proposito  una  considera- 
zione sul  fato  avverso  che  ha  perseguitato  dovunque 
quel  povero  stemma:  una  vera  iettatura.  Improntato 
sopra  uno  degli  ultimi  ducati  d'oro  del  Senato  Ro- 
mano, fu  creduto  appartenere  ad  un  Capizucchi  se- 
natore nel  J252,  e  si  scrissero  volumi  su  questa  fiaba, 
sia  prò  che  contro  *').  Si  voleva  in  tal  modo  inver- 
tire le  parti:  non  il  Senato  Romano  avrebbe  imitato 
il  ducato  Veneto,  ma  Venezia  avrebbe  copiata  la 
moneta  Romana.  Lo  stesso  stemma  segnato  sulle 
monete  Bolognesi,  ebbe  sorte  eguale:  cioè,  fu  scam- 
biato per  quello  di  un  altro  casato,  e  venne  ripor- 
tata la  moneta  ad  una  data  piti  antica  almeno  di 
mezzo  secolo,  dalla  vera  epoca  di  coniazione. 

Già  da  alcuni  anni,  la  storiella  del  Capizucchi 
venne  sfatata  dal  Capobianchi  (^\  il  quale  dimostrò 
esser  quel  ducato,  l'ultimo  dei  Senatoriali  coniato 
coU'arma  di  Eugenio  IV.  Oggi,  lo  scrivente  demoli- 
sce la  fiaba  dell'Albornoz.  Contuttociò,  come  non 
mancano  Cataloghi  di  questi  ultimi  tempi  che  regi- 
strino ?7  rarissiììio  Ducalo  Capizucchi;  così  vedremo 
ancora  per  molto  tempo  mantenuta  l'arma  Albornoz 
sulle  anonime  date  ad  Innocenzo  VI. 

Ritengo,  che  non  vi  sia  nulla  di  più  tenace  e 
duraturo  degli  errori  numismatici. 


(i)  Vincenzo  Armanit  Della  nobile  famiglia  dei  Capizucchi,  ecc.  Ro- 
ma, 1668. 

Lo  Stesso:  Lettere.  Macerata,  1674. 

Lo  Stesso:  Appendice  alla  prima.  Roma,  1680. 

Vettori:  Il  Fiorino  d'oro  illustrato.  Firenze,  1738,  pag.  136  e  seg. 

Muratori:  Dissertasione  27,  n.°  225,  T.  I,  parte  II. 

Valeriani  :  Ricerche  critiche  ed  economiche,  ecc.  Bologna,  1819.  Parte  I, 

pag-  25. 

CiNAGLi:  Monete  dei  Papi.  Fermo,  1848,  n.'  2,  3,  4  delle  monete  del 
Senato.  —  Ed  altri. 

(2)  Vincenzo  Capobianchi:  Appunti  per  servire  all'ordinamento  delle 
monete  del  Senato  di  Roma.  Ivi,  1896. 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANK 
XVII 

Un  tremisse  di  Rachis. 


'37 


,B'  —  DMRA-TCHIS  (l'M  e  l'R  in  nesso)  Busto    di    faccia, 

ai  lati  A  -  T  sul  petto  ANT     HI  (A  ed  N  in  nesso) 

più  sotto  +  ti. 
IJ    —  SCS— Hill —  L'Arcangelo    Gabriele    a    sinistra    con 

lunga  croce.  A  destra  in  basso  una  stelletta  a    5 

punti. 
Oro,  peso  gr.  1.28.  Conservazione  buona. 

Ricorderemo  brevemente  i  princiixili  avveni- 
menti del  regno  di  Rachi,  cioè:  l'elezione  sua  nel 
744;  la  ripresa  delle  contese  col  Papato  pel  possesso 
di  alcune  città;  il  viaggio  di  papa  Zaccaria  nel  749 
al  campo  del  Re  Longobardo  per  tentare  di  placarlo, 
come  già  avea  fatto  con  Liutprando  nel  742;  la  riu- 
scita del  progetto,  maggiore  d'ogni  speranza,  perchè 
gli  venne  fatto  di  soggiogare  l'inetto  principe  al  punto, 
di  deciderlo  a  dimettere  la  corona  e  di  recarsi  a  ve- 
stir l'abito  monacale  a  Montccassino  con  tutta  la  fami- 
glia. Ricorderemo  che  più  tardi  venne  il  pentimento;  ed 
alla  morte  del  fratello  Astolfo  suo  successore  avvenuta 
nel  756,  Rachi,  gettato  il  saio,  corse  a  Pavia  per 
tentare,  inutilmente,  di  riprendere  la  corona,  che 
toccò    invece    a    Desiderio    ultimo    dei   Longobardi, 

756-773- 

Non  mi  è  riuscito  di  raccogliere  maggiori  noti- 
zie relative  a  monete  di  Rachi,  all'infuori  di  un  ac- 
cenno dell'Engel  et  .Serrure'"  e  del  Morbio '2). 


(  I)  Numismatique  de  Moye>t-(ige.  Paris,  1891. 
(2)  Opere  storico-numismatiche.  Bologna,  1870. 


13» 


GIllSKPPF.    RUOr.ERO 


Il  primo  si  esprime  così  :  on  classe  à  Radchis 
{-j44-j4())  rles  tn'ens  cliargcs  ait  droit  d'un  monograìnme 
et  ali  revers  d'une  croix  à  braiiches  f>otencces,  ceinte  de 
la  ìéifende  unmobiliséc  VIVIVI....  mais  cette  attdbiiUon  de- 
mande  à  étre  confirmée.   V.  pag.  33  del  Voi  I. 

Da  queste  indicazioni,  ci  sarebbe  quasi  da  cre- 
dere che  si  tratti  dei  tremissi  di   Lucca    col    mono- 


gramma  CIVICO. 


Il  secondo,  a  pag.  334,  a  proposito  delle  monete 
Longobarde  del  Museo  Trivulzio,  cita,  e  ripeto  quasi 
testualmente,  quelle  di  Cuniperto  con  diverse  lettere 
nel  campo,  e  quelle  di  Ariperto;  poi  Ratchis  (?)  e 
finalmente  Astolfo,  ecc.  Quell'  interrogativo  dopo  il 
nome  di  Rachis,  mi  fa  supporre  che  si  tratti  delle 
stesse  monete  citate  dall'  Engel  et  Serrure,  per  le 
quali  era  incerta  l'attribuzione. 

In  ogni  modo,  parmi  che  l'attuale  tremisse  debba 
ritenersi  ancora  inedito.  Fu  rinvenuto  nell'alveo  del 
Lambro  presso  Landriano,  insieme  ad  altro  tremisse 
di  Astolfo,  ed  è  entrato  da  poco  nella  collezione  di 
Sua  Maestà. 

E  interessante  per  il  busto  di  faccia.  Anche  il 
solito  D  N  è  qui  cambiato  in  D  M,  cioè  DOMINVS  in 
luogo  di  DOMINVS  NOSTER.  Circa  alla  scritta  sul  petto, 
non  posso  per  ora  azzardare  una  ipotesi  qualunque. 

Il  peso  conviene  benissimo  all'  epoca  di  questo 
Re.  Infatti,  risalendo  indietro,  troviamo  che  i  tremissi 
ben  conservati  di  Cuniperto  si  avvicinano  al  peso  di 
gr.  1.40:  poi  seguono  quelli  di  Ariperto,  che  vanno 
ai  gr.  T.35  —  di  Liutprando,  a  1.30.  —  Quelli  di 
Astolfo  che  seguono  al  Rachis.  non  giungono  più  a 
questi  limiti.  Per  ultimo,  non  è  inutile  osservare,  che 
la  stella  del  ^  si  trova  quasi  sempre  in  Astolfo,  ma 
non  negli  antecessori  di  Rachis. 

Roma,  gennaio  igoH. 

G.  Ruggero. 


DUE  AUREI    INEDITI 

DELLA  ZECCA  DI  BOLOGNA 


Non  è  la  prima  volta  che  mi  si  porge  la  circo- 
stanza ed  il  piacere  di  poter  segnalare  ai  cultori  della 
numismatica  monete  rare,  e  qualche  \olta  anche 
uniche;  e  tali  sono  appunto  le  due  che  ora  descrivo. 

Il  primo  è  un  zecchino,  fino  ad  oggi  sconosciuto, 
battuto  nella  zecca  di  Bologna  sotto  il  pontificato  di 
Martino  V  (Colonna)  dal  cardinale  legato  di  quella 
città. 


B"  -   MARTINVS  •  P  •  P  •  QVINTVS    Stemma   del   Pontetìce. 

K  —  PETRV  •  APOSTOL  •  S.  Pietro  stante,  al  lato  destro 
campeggia  lo  stemma  del  cardinale  Carillo  com- 
posto di  una  fortezza  sormontata  da  tre  torri. 

Questo  rarissimo  nummo,  rinvenuto  \o  scorso 
anno  nel  circondario  di  l'ireiize,  pesa  grammi  3,85  e 
trovasi  ora  nella  grande  collezione  di  S.  M.  il  Re 
d'Italia. 

Alfonso  Carillo,  o  Cariglio.  nato  a  Cuenca  di 
Spagna,  fu  creato  cardinale  d.iU'  antipapa  Bene- 
detto XIII,  col  titolo  di  S.  Eustachio,  ma  terminato 
lo  scisma  fece  atto  di  sottomissione  a  Martino  V  che 
lo  accolse  con  molta  benevolenza  e  lo  nomino  car- 


140  O.    VITAIINI 


dinaie  prete  il  19  maggio  1419  col  titolo  dei  Santi 
Quattro  Coronati.  In  seguito  fu  arciprete  della  basi- 
lica lateranense  e  legato  di  Bologna.  Quivi  fu  soi- 
preso  dalla  peste  che  devastò  quella  città  nel  1423, 
ed  egli,  spaventato  per  la  morte  di  un  nipote  colpito 
dal  malanno,  fuggì  abbandonando  l'alto  posto  dopo 
soli  tre  anni  di  governo. 

Durante  il  pontificato  di  Martino  V,  dal  1417 
al  1431,  il  Carillo  fece  magnificamente  restaurare  a 
sue  spese  la  chiesa  dei  Santi  Quattro  Coronati,  di 
cui  portava  il  titolo,  come  si  apprende  dalla  mar- 
morea lapide  che  ancora  si  conserva  sopra  la  porta 
d'ingresso  del  primo  cortile,  nella  parte  interna,  e 
precisamente  sotto  l'antico  orologio. 

Nella  lapide  si  legge: 

llaec  (jiiaecuìiiqne  vicìes  veteri  prostrata  niitia 
Obruta  verl>enis,  hederis  dian  isqiie  jaccbant 
Non  tulìt  hispaìuis  Larillus  Alplioiisiis,  lionorc 
Cardineo  fiilgens,  secì  opus  licet  occiipat  ingens 
Sic  animus  magno  reparatque  palatia  siimptii 
Ouiim  sedei  exstincto  Martinus  sc/iismate  quinto. 

Questa  epigrafe  è  sormontata  dallo  stemma  car- 
dinalizio del  Carillo,  che  è  perfettamente  eguale  a 
ciucilo  riportato  dal  Ciacconio  ed  a  quello  che  si  vede 
sulla  moneta  che  ho  descritta. 

Ma  non  sempre  il  Carillo  fece  porre  lo  stemma 
della  sua  famiglia  cogli  attributi  cardinalizi,  sulle  mo- 
nete da  lui  battute  in  Bologna.  Il  Cinagli  riporta  a 
pag.  42,  sotto  il  n.  3,  un  altro  zecchino  di  Martino  V 
per  Bologna,  sul  quale  si  vede  una  testa  di  cervia 
con  una  croce  fra  le  corna,  e  lo  stesso  Cinagli  alla 
nota  n.  6,  dice  :  questo  rarissimo  ducato  d'oro  fu  bat- 
tuto sotto  Marti iw  V  quando  il  cardinale  Alfonso  Ca- 
rillo, che  ha  per  insegna  cardinalizia  ima  cervia,  ecc. 


DUE    AUREI    INEDITI    DELLA    ZECCA    DI    BOLOGNA  14! 

Credo  di  potere  spiegare  con  sicurezza  questa 
diversità  blasonica,  col  fatto  già  da  me  riferito,  della 
primitiva  nomina  del  Carillo  a  cardinale  per  opera 
dell'antipapa  Benedetto  XIII,  col  titolo  di  S.  Eustachio. 

Questa  basilica  ha  per  emblema  la  cervia  colla 
croce  fra  le  corna,  in  memoria  della  leggendaria  vi- 
sione, ed  il  Carillo  avrà  voluto  adottarlo  per  devoto 
animo,  ma  spogliato  delle  insegne  spettanti  alla  di- 
gnità; poiché  ai  tempi  di  Martino  \'  non  era  più  in 
possesso  di  quel  titolo. 

E  cosi  ben  disse  il  Cinagli  :  la  cervia  essere  in- 
segna cardinalizia  e  non  di  famiglia.  Non  è  possibile 
di  precisare  quando  sieno  stati  usati  i  differenti  conii, 
se  vivente  Martino  V  o  dopo  la  sua  morte,  sotto 
Eugenio  IV. 

Io  propendo  a  credere  che  la  moneta  con  lo 
stemma  di  famiglia  e  gli  attributi  cardinalizi,  sia  stata 
la  prima  battuta  dal  Carillo  appena  ottenuta  la  no- 
mina da  Martino  V,  e  che  l'altra  con  la  cervia  sia 
stata  fatta  negli  ultimi  temj^i  in  cui  egli  fu  legato  a 
Bologna,  nell'anno  1432.  quando  già  erano  sorti  dis- 
sapori fra  lui  ed  Eugenio  IV. 

Uno  studio  serio  ed  accurato  dei  documenti  di 
quell'epoca,  studio  che  fu  iniziato  con  amore  dal 
Malaguzzi,  potrebbe  dare  multa  luce  per  classificare 
con  ordine  e  precisione  le  varie  monete  battute  a 
Bologna,  specialmente  da  Martino  V'  in  poi,  le  c|uali 
sono  interessantissime  per  stemmi  di  Pontefici,  di 
cardinali,  di  prelati,  per  sigle  di  signori,  tli  direttori 
di  zecca,  ecc. 

Ma  ritorniamcj  ai  cardinale  spagnuolo,  il  quale 
dopo  avere  restaurata  la  chiesa  dei  Santi  Quattro 
Coronati,  e  morto  .Martino  V,  fu  nominato  da  papa 
Eugenio  IV,  legato  a  latere  in  Ispagna  con  incaric(j 
di  promuovere  con  ogni  sforzo  la  conquista  del  re- 
gno di  Granata.  Ebbe  pure  missione  di  comporre  le 


142  O.    VITALINI 


controversie  di  giurisdizione  fra  i  magistrati  del  Re 
di  Francia  e  quelli  di  Avignone. 

Intanto  la  congregazione  di  Basilea,  in  data  20 
giugno  1432.  costituì  il  cardinale  Carillo  legato  di 
Avignone,  contro  la  volontà  del  pontefice  Eugenio  IV, 
dando  luogo  a  sedizioni  raccontate  dal  Fantoni  Ca- 
strucci  nella  sua  storia  della  città  di  Avignone  e  del 
contado  Venesino  (lib.  IH,  cap.  II,  pag.  314  e  sgg.). 

Eugenio  IV  non  ottenendo  con  le  buone  a  far 
tornare  all'obbedienza,  il  Carillo,  determinò  nel  1434 
di  mandare  legato  in  Avignone  il  cardinale  Pietro  de 
Foix,  il  quale  fu  costretto  a  cingere  la  città  di  as- 
sedio, riuscendo  così  dopo  qualche  mese  a  scacciare 
rusur[)atore. 

Il  Carillo  si  rifugiò  a  Basilea  dove  nello  stesso 
anno  morì  ed  ebbe  poi  sepoltura  nella  chiesa  di  Osma 
in  Ispagna. 

Anche  la  seconda  moneta  che  qui  descrivo,  viene 
in  luce  per  la  prima  volta,  almeno  per  quanto  mi 
consta,  ed  è  un  magnifico  zecchino  battuto  a  Bologna 
sotto  il  pontificato  di  Sisto  IV. 


B'  —  SISTVS  •  PP.  QVARTVS  •  Stemma  del  Pontefice. 

I^    -   S  •  PETRVS  •  APOSTOLV  •  Figura  di  S.  Pietro  stante; 
ai  lati  due  armeUe,  una  della  città  di  Bologna    e 
l'altra  del  cardinale  Francesco  Gonzaga,  figlio  del 
marchese  di  Mantova. 
Pesa  gr.  334. 

Questo  zecchino  faceva  parte  di  un  ricco   teso- 


DUE    AURHI    INEDITI    DELLA    ZECCA    DI    I50L0C.NA  I43 

retto,  rinvenuto  nello  scorso  anno,  diccsi  nel  circon- 
dario di  questa  città,  ed  era  il  solo  della  zecca  di 
Bologna  fra  tanti  dello  stesso  Pontefice  battuti  nella 
zecca  di  Roma,  ed  insieme  ad  altri  dei  papi  Euge- 
nio IV.  Calisto  III,  Pio  II.  Paolo  II,  Giulio  II,  Ales- 
sandro VI,  e  Paolo  III. 

A  mio  credere  questo  zecchino  dovrebbe  essere 
stato  battuto  fra  il  1472  e  il  (474.  quando  la  zecca 
di  Bologna  era  appaltata  a  Ludovico  Canonici,  va- 
lente orefice  bolognese  della  cappella  di  S.  Tommaso 
del  Mercato,  e  dal  maestro  dei  conii  Antonio  di  Bat- 
tista Magnani,  che  nel  documento  viene  qualificato  per 
Virnm  ìiabikm,  aptnm,  idoiieum,  praticiiiii  et  expertiiìii. 

Ma  debbo  dichiarare  che,  malgrado  si  vegga 
nello  zecchino  lo  stemma  della  città  di  Bologna,  mi 
è  sorto  il  dubbio  che  esso  sia  stato  piuttosto  coniato 
in  Roma,  e  ne  dirò  in  appresso  le  ragioni. 

Francesco  Gonzaga  di  Mantova  fu  creato  cardi- 
nale il  ]8  dicembre  1461  da  Pio  II,  col  titolo  di  car- 
dinale diacono  di  S.  Maria  Nuova  (uia  S.  Francesca 
Romana)  e  da  Paolo  li  fu  nominato  legato  a  Bologna 
e  commissario  apostolico   nel  ducato  di   Mantova. 

Sisto  IV  non  solo  lo  confermò  in  tali  cariche,  ma 
nel  1476  lo  fece  anche  amministratole  generale  del  ve- 
scovado di  Bologna.  E  qui\  i  il  cardinale  mori  nel  1483. 

Ma  nel  periodo  di  cui  trattasi,  il  dominio  della 
Chiesa  nella  città  di  Bologna  era  divenuto  effimero  ed 
appena  nominale,  mentre  il  governo  era  effettivamente 
nelle  mani  di  Nicolò  Piccinino  prima,  e  dei  Bentivoglio, 
.Sante  e  Giovanni  dopo,  che  tiranneggiarono  la  città. 

Il  Malaguzzi  nella  sua  Zecca  di  Bologna,  ci  dice 
che  :  «  //  potere  della  curia  romana  su  Bol(\i^i!a,  in 
quel  tempo  eia  quasi  nullo:  il  legato  non  infìuiia  per 
niente  sulla  pubblica  amministiacione  ".  ICd  infatti  ben 
poche  sono  le  monete  battute  a  Bologna  dai  pontefici 
di  quel  tempo:  Sisto  IV,   Innocenzo   Vili.  ecc. 


144 


O.    VITALINI 


Un  documento  significativo  di  tale  stato  di  cose, 
Io  abbiamo  nelle  monete  che  ])apa  Giulio  II  fece  bat- 
tere appena  riuscì  a  scacciare  da  Bologna  Giovanni 
Bentivoglio  ed  a  prendere  possesso  della  città.  Tali 
monete  rispecchiano  il  giubilo  del  Papa  e  della  curia 
per  il  fausto  avvenimento  nel  motto  «  Bonoma  a  Ti- 
rano liberata  »  che  si  vede  impresso  nel  rovescio 
di  un  aureo,  di  un  grosso  è  di  un  mezzo  grosso 
(Cinagli,  pag.  70,  n.   12,  to.  Il  e  n.  48  e  65). 

Questi  fatti  mi  confermano  il  dubbio  sortomi  che 
lo  zecchino  da  me  descritto  sia  stato  fatto  a  Roma 
piuttosto  che  a  Bologna. 

Da  un  attento  esame  della  moneta  poi  si  ap- 
prende che  il  rovescio  non  porta  uno  dei  soliti  motti 
usati  dai  cardinali  legati,  come:  S.  Petrus  de  Bono- 
nia,  oppure  Bnnonia  dncet,  bensì  quello  di  5.  Petrus 
Apostolus  adoperato  nella  zecca  di  Roma  a  comin- 
ciare dalla  primitiva  monetazione  papale  fino  ai  giorni 
nostri. 

Anche  la  fattura  del  conio  si  discosta  da  quelli 
della  zecca  bolognese,  sia  per  la  figura  del  Santo 
più  maestosa  e  di  arte  migliore,  sia  per  lo  stemma 
del  legato  più  grande  di  quello  della  città;  differenze 
che  non  si  riscontrano  nelle  altre  monete  bolognesi 
di  quei  tempi. 

Da  tali  osservazioni  e  considerazioni,  sono  in- 
dotto a  supporre  che  Sisto  IV,  per  soddisfare  un 
desiderio  del  suo  legato,  il  quale  voleva  fare  atto  di 
autorità  e  dare  una  prova  del  suo  potere  sulla  città 
e  sulla  zecca,  dominate  dai  Bentivoglio,  abbia  fatto 
coniare  in  Roma  questo  zecchino  con  i  tipi  di  quelli 
battuti  dai  suoi  predecessori  in  Bologna. 

Anche  questa  esimia  rarità  ha  preso  posto  nella 
grande  Nummoteca  italica  di  S.  M.  il  Re  d'Italia. 

O.    VlTALlNl 


MASSA  LOMBARDA 


{Appunti  di  Nunt.  Italiana,  N.  xxi). 

Pochi  numismatici,  e  pressoché  tutti  di  vecchia 
data,  hanno  fatto  menzione  della  piccola  zecca  estense 
di  Massa  Lombarda.  —  L'unico  che  ne  se  occupò  di 
proposito  fu  il  Kunz,  il  quale,  in  un  suo  lavoro  pub- 
blicato nel  1882  "'  riassumendo  tutto  quanto  era  stato 
scritto  fino  a  quell'  epoca  circa  i  prodotti  di  quella 
zecca,  e  aggiungendovene  un  discreto  numero  di  ine- 
diti, ci  dà  la  illustrazione  di  32  monete  in  oro,  ar- 
gento e  rame  battute  dal  Marchese  Francesco  d'Este 
nel  suo  feudo  di  Massa  Lombarda  dall'anno  1564 
al  T578.  Dalla  data  di  quel  lavoro  del  Kunz  fino 
ad  oggi,  per  quanto  io  sappia,  nessuno  si  è  più  oc- 
cupato di  questa  zecca,  all'intuori  del  nostro  amico 
e  collega  prof.  Giuseppe  Castellani,  il  quale,  nel 
1894,  pubblicava  in  questa  stessa  Rivista  '2)  un  in- 
teressante quattrino  inedito  del  marchese  Francesco 
d'Este,  scoperto  in  quei  giorni. 

Riunendo  dunque  quanto  finora  si  conosce,  am- 
montano a  33  le  monete  coniate  dal  marchese  Fran 
cesco  nella  sua  zecca  di  Massa  Lombarda,  e  fra  que- 


(i)  Kunz  Carlo:  Monete  inedite  o  rare  di  zecche  italÌRne.  Massa 
Lombarda.  (Arclieografo  Triestino,  voi.  IX,  1882,  pag.  166-183,  con  una 
tavola). 

(2)  Castellani  Giusf.pi'e:  Quattrini  inedito  di  Francesco  d'Este  per 
Massa  Lombarda.  (  Rivista  ila/,  di  Num.,  Anno  VII,  189.1;  fase,  i.",  pag.  91- 
97,  con  disegno). 


l^Ó  I'".R(OI  K    r.N'ECCHI 


ste,  2  scudi  d'oro,  7  talleri,  t  mezzo  tallero,  t  te- 
stone, 7  giulii,  4  mezzi  giulii  e  11  fra  sesini  e  quat- 
trini. È  un  bel  numero  per  una  piccolissima  zecca 
che  ebbe  così  poca  durata. 

A  queste  monete  oggi  posso  aggiungerne  un'al- 
tra, da  poco  entrata  nella  mia  modesta  collezione,  e 
che  ha  un  certo  interesse  per  la  sua  leggenda.  Eccola: 


Giulio  (gr.  3.200). 

-©'  —  FRANCIS-  ESTENSI- Aquila  estense  entro  uno  scudo 
ovale  ornato,  sormontato  da  corona. 

9i  —  S  PAVLVS  MASS  IVVIII  E  •  LOMBAR  •  Il  Santo  ritto, 
volto  a  d.,  con  la  spada  nella  destra  e  il  libro  nella 
sinistra. 

Questo  giulio  sarebbe,  per  tipo  e  leggenda,  una 
variante  dei  cinque  giulii  pubblicati  dal  Kunz  nel  già 
citato  suo  lavoro.  Ciò  però  che  lo  differenzia  aff'atto 
da  quelli  sono  le  lettere  iVVlll  poste  in  mezzo  alla 
leggenda  del  rovescio.  —  Che  cosa  possono  signi- 
ficare quelle  lettere?  — 

Il  Kunz  descrivendo  due  mezzi  giulii  i  quali  re- 
cano in  fine  alla  leggenda  del  diritto  o  del  rovescio 
i  numeri  57  o  V7,  suppone  che  questi  rappresentino 
l'anno  d'età  del  marchese  Francesco,  in  cui  furono 
battute  quelle  monete,  e  che,  essendo  egli  nato  nel 
1516,  corrispondano  al  1573.  Questa  ipotesi,  già  un 
poco  arrischiata,  minaccia  ora  di  cadere   aff'atto   da- 


APPUNTI    DI    NUMISMATICA    ITALIANA  I47 

vanti  a  queste  lettere  IVViii  che  si  leggono  sul  giu- 
lio  teste  descritto  e  che  non  si  sa  come  conciliare 
colle  altre  citate  dal  Kunz.  —  E  non  sono  queste  le 
sole  lettere  o  sigle  che  troviamo  sulle  monete  di 
Massa  Lombarda.  —  Sopra  di  una  (Kunz,  n."  13)  ve- 
diamo in  fine  alla  leggenda  del  rovescio  un  C;  su  di 
un'altra  (Kunz,  n.°  14)  il  dittongo  CE;  su  di  una  terza 
(Kunz.  n.°  24)  una  X,  e  finalmente  su  di  una  quarta 
(Kunz,  n.°  27)  una  R. 

Che  cosa  vogliono  indicare  tutte  queste  lettere, 
e  specialmente  quelle  inserite  nel  giulio  da  me  de- 
scritto? Sono  una  data,  un  numero  di  coniazione,  il 
valore  della  moneta,  le  iniziali  degli  zecchieri?  —  11 
Kunz,  dopo  aver  tentato  di  spiegare  le  sigle  V7  e  57, 
non  fa  alcuna  parola  delle  altre  lettere  riscontrate 
nelle  varie  leggende.  Per  conto  mio.  dopo  inutili  ten- 
tativi, mi  trovo  costretto  a  confessare  che  non  ho 
potuto  trovarne  una  spiegazione  plausibile.  —  Pro- 
pongo il  quesito  ai  numismatici  ben  più  competenti 
di  me  in  materia,  e  sono  molti,  e  spero  che  a  qual- 
cuno riescirà  di  trovarne  il  bandolo. 

Ercole  Gnecchi. 


148  ERCOLE    GNECCHI 


BIBLIOGRAFIA  NUMISMATICA 

UKLLA    ZECCA 

DI    MASSA    LOMBARIJA 


Tariffa  di  Venezia,  1554  in  fol.  Tav.  Ili,  n.  i. 

Idem,  1564  in  fol.  Tav.  IV,  n.  27. 

Sturmer  W.  Verzeichniss  und  Gtprage  dar  groben  und  kleinen 
Mttnzsorten.  Leipzig,  1572. 

New-Munzbuch.  Miinchen,   1597. 

Ordonnance  pour  les  cliangeurs.  Aiivers,  1633  in  fol.,  pag.  116. 

BoRELLi.  Editti  antichi  e  nuovi  di  sovrani  princìpi  della  Real  Casa 
di  Savoia,  delle  loro  tutrici  e  dei  magistrati  di  qua  dai  monti.  Torino, 
1681  in  fol.,  pag.  361. 

HoFFMANN  L.  W.  Alter  und  neuer  Munzschllissel.  Niirnberg,  1715. 
Tomo  I,  tav.  XXVIII. 

Muratori  L.  De  moneta  sive  iure  cudendi  numnios.  (Antiq.  italicae 
meda  aevi.  T.  II,  Mediolani,  1739  e  Argelati,  T.  I,  tav.  LXXXIV,  n.  2). 

Bellini.  De  monetis  Italiae  niedii  aevi  hactenus  non  evulgatis  dis- 
sertationes  quatuor.  Voi.  IV,  Ferrariae,  1755-79,  in-4''.  T.  1,  pag.  64, 
n.   I-IO.  T.  II,  pag.  76,  n.  1-6.  T.  Ili,  tav.  IX,  n.  1-3.  T.  IV,  tav.  VII,  n.  1. 

Brunacci  Giovanni.  Monete  tre  estensi.  Lettera  al  sig.  Nicoletto 
Venezze.  Padova,  1763  in-S". 

Madai  D.  S.  Thaler-Cabinet.   Kónigsherg,  1765.  T.  I,  1999. 

DuvAL  et  F'roelich.  Monnaies  in  argent  du  Cabinet  de  Vienne. 
Vienne,  1769  in  fol.,  pag.  444. 

Appel  Joseph.  Repertorium  zur  Miinzkunde  des  Mittelalters  iind 
der  neuren  Zeit.  Pesth  und  Wien,  1820-29.  Voi.  III,  n.  2114. 

Reichel.  Die  Reichel'sclie  Miinzsaninilung  in  S.*  Petersburg.  Ivi,  1843 
in-i2". 

Trésor  de  nuinismatique  et  des  glyptique.  Paris,  1846,  in  fol.  Ta- 
vola XXXVIII,  n.  8. 

KuNZ  Carlo.  Le  Collezioni  Cumane.  Archeografo  Triestino,  1878. 

Rossi.  Catalogo  delle  Monete  italiane  incdioevali  e  moderne  del 
cav.  Giancarlo  Rossi.  Roma,  1880. 

(Un  doppio  grosso  o  giiilio  inedito). 

KuNZ  Carlo.  Monete  inedite  o  rare  di  zecche  italiane.  Massa  Lom- 
barda. Archeografo  Triestino,  voi.  IX,  1882,  pag.  166-183,  con  una  tavola. 

Castellani  Giuseppe.  Quattrino  inedito  di  Francesco  d'Este  per 
Massa  Lombarda.  Rh'.  Ito!,  di  Nian.,  anno  VII,  1894,  fase.  I,  pag.  91-97, 
con  disegno. 


UNA  LETTERA  DI  SAN  CARLO  BORROiMEO 
a  proposito  della  Zecca  di  Fano 


Nei  parecchi  anni  decorsi  da  quando  compilai 
una  monografia  sulla  Zecca  di  Fano  non  mi  è  capi- 
tato proprio  nulla  che  valesse  la  pena  di  essere  messo 
in  luce  a  complemento  di  essa.  Solo  nel  catalogo  dei 
manoscritti  della  Biblioteca  Federiciana  pubblicato 
dal  eh.  prof.  Adolfo  Mabellini  ">  trovai  indicato  un 
documento  che  volli  conoscere  e  mi  parve  degno  di 
essere  reso  pubblico,  non  tanto  per  la  sua  impor- 
tanza intrinseca  che  non  è  molta,  quanto  perchè 
porta  la  firma  di  uno  dei  più  eminenti  personaggi 
della  seconda  metà  del  secolo  XVI.  il  cardinale 
Carlo  Borromeo. 

Presentatasi  così  l'occasione  di  tornare  su  quel 
mio  lavoro,  premetto  una  notizia  sfuggitami  nelle  ri- 
cerche precedenti  e  chiudo  con  un  piccolo  supple- 
mento alla  bibliografia  di  quella  Zecca. 

Nel  1542  l'officina  monetaria  di  Fano  fu  chiusa 
per  una  disposizione  di  ordine  generale,  alla  quale 
pero  il  Rossi  volle  non  fosse  estraneo  un   puntiglio 


(l)  Miiitoscnlli,  Inciiiialiuli.  Edizioni  run-  del  secolo  A'I^'I,  rsis/eiili 
nella  Bibhnleca  Comunale  Federiciaun  di  Fano,  catalogati  e  descritti  dn 
ArioLvo  Mabellinj.  Fani),  Premiata  .Società  Tipogratìca  Cooperativa. 
1905,  in-8  di  pag.  168.  —  Il  prut".  Mabellini  con  soniina  yentilfz/.a  un 
favori  copia  ilclla  lettera  e  altri  lagguagli,  ili  che  lu  ringrazici  qui  (;•  1  • 
dialiiicnle. 


150  GIUSEPPE   CASTELLANI 


del  cardinale  Farnese  "^i).  Ho  trovato  su  questo  pro- 
posito che  il  Consiglio  Generale  del  Comune  il  9  gen- 
naio del  T543  stabilì  di  fare  qualche  spesa  per  «  ri- 
cuperare la  zecha  »,  e  che  Nicolò  Nucci,  lo  zecchiero. 
dirò  così,  spodestato  da  quella  proibizione,  si  offerse 
di  spendere  lui  i  denari  occorrenti  purché  i  signori 
del  Comune  «  ne  li  menassero  buoni  ne'  pagamenti  ». 
Il  6  novembre  dello  stesso  anno,  gli  Eletti  sopra  la 
Zecca,  riferendosi  al  partito  accolto  dal  Consiglio 
Generale,  diedero  facoltà  al  Nucci,  per  conseguire 
l'effetto  di  ricuperare  la  zecca,  di  spedire  a  Roma 
alla  Reverenda  Camera  un  donativo  fino  a  scudi 
trenta  di  denari  suoi  propri,  che  il  pubblico  di  Fano 
dovrà  rendergli  o  menar  buoni  nei  pagamenti  che 
egli  farà  al  Pubblico  stesso  quando  la  concessione 
fosse  di  fatto  ottenuta,  poiché,  in  forza  dei  suoi  ca- 
pitoli, la  zecca  doveva  ritornare  a  lui  (2). 

La  notizia  senza  essere  di  grande  importanza, 
pure  è  assai  caratteristica,  perché  dimostra  come  la 
Reverenda  Camera,  o  meglio  i  Reverendi  della  Ca- 
mera non  fossero  alieni  dal  cedere  alle  lusinghe  dei 
donativi,  e  come  tale  sistema  non  fosse  reputato  men 
che  onesto,  poiché  non  si  aveva  ritegno  di  conse- 
crarlo  negli  atti  pubblici.  C'è  da  domandarsi  soltanto 
se  la  revoca  della  chiusura  della  zecca  non  sarebbe 
stata  più  sollecita  quando  la  misura  del  donativo 
fosse  stata  piij  ampia  e  generosa! 

E  ora  vengo  alla  lettera  del  Borromeo,  che  ri- 
porto testualmente: 

«  Mag.''  nri  Car."'  N.™  S.''  ha  inteso  da  l'Am- 


(i)  Cfr.  Giuseppe  Castellani  :  La  zecca  di  Fano  Milano,  Cogliati, 
1901,  pagg.  44-46  e  Rossi  Umberto  :  Notizie  su  alcune  zecche  Pontificie 
al  tempo  dt  Paolo  III  in  Gazzetta  Numism.  di  Como,  anno  VI  (1886-87). 

(2)  Archivio  Comunale  di  Fano,  Sezione  .Aniiani,  n.  4,  Sommario 
degli  Atti  Consigliari,  car.  89. 


UNA    LETTKRA    DI    SAN    CARIO    BORROMI.O  Ift 

basciator  vostro  le  cause,  per  le  quali  cotesta  Città 
si  move  a  desiderare  di  rimettere  la  Sua  Zecca  et 
battere  come  faceva  per  il  passato:  et  parendo  a  S. 
S.'^  che  tali  cause  siano  honeste,  et  degne  d'essere 
esaudite:  si  è  contentata  consolarvi  in  tutto  quel  che 
può.  Vi  concede  dunque  licenza  di  far  detta  Zecca 
a  vostro  beneplacito;  ma  non  vuole  già  che  possiate 
battere  altra  sorte  di  moneta  che  quattrini  :  et  che 
quelli  siano  recipienti  et  buoni.  VA  tanto  mi  ha  com- 
messo S.  S.'"  che  vi  faccia  intendere  in  suo  nome  : 
il  che  sarà  per  fin  di  questa.  Et  N.'"  S.''  Dio  vi 
conservi. 

Di  Roma  il  4.'°  di  Maggio  M.D.LX. 

Vostro 
Il  Car.'^  Borromeo 

A  li  Mag."'  nri  cariss.'  Il  Confaloniero 
et  Communità  di  Fano.   » 

Ecco  dunque  la  conferma  del  privilegio  di  bat- 
ter moneta  fatta  da  Pio  IV  che  io  cercai  invano  nel 
mettere  insieme  i  documenti  intorno  alla  zecca:  e  si 
capisce,  perchè  essa  non  era  più  al  suo  posto.  Non 
si  sa  né  come,  ne  quando,  né  per  opera  di  chi,  que- 
sta e  altre  tredici  lettere  del  Cardinale  Borromeo, 
datate  dal  1560  al  1565,  siano  passate  alla  Biblioteca 
dall'Archivio  loro  sede  naturale.  Nell'Archivio  poi  si 
trovano  altre  undici  lettere  del  cardinale  medesimo, 
una  in  originale  e  le  altre  copiate  ne'  Registri,  di 
queste  tre  sole  sono  copie  di  altrettante  di  quelle  che 
si    trovano   nella   Biblioteca  (').    Di   tutte    queste  let- 


(1)  Ecco    la    nota   delle    lettere    del    Cardinale    Borromeo    esistenti 
a  Fano  : 

Roma,     I  marzo  1560,  al  Luogotenente  di  Fano  (Arch.    Coin.    Registri, 
voi.  VII,  car.  169-170,  copia). 


t52  GIUSEPPK    CASTELLANI 


terc,  soltanto  due  furono  pubblicate,  l'una  del  26  lu- 
glio 1564  dal  Diambrini  ")  e  l'altra  del  9  aprile  1565 
dall'Amiani  '-'.  Esistono  dunque  a  Fano  parecchi  do- 
cumenti della  vita  ufficiale  del  celebre  Arcivescovo  di 
Milano,  quando  era  Segretario  di  Stato  del  Pontefice, 
che  aspettano  di  essere  messi  in  luce,  mentre  nella 
chiesa  di  S.  Pietro,  una  ricca  cappella  fu  consacrata 


Ironia,  23  aprile  1560,  al  Governatore  di  Fano  (ivi,  copia). 

„  4  maggio  1560,  al  Gonfaloniere  e  Priori  di    Fano    (ivi,    copia  e 

Biblioteca  Comunale,  MS.  83-IV,  t,  originale). 
„        29  gennaio  1561,  ai  sudd.  (Registri,  Voi.  Vili,  car.   io,  copia). 
„         20  febbraio  1561,  ai  sudd.  (Bibl.  Coni.  MS.  83-1 V,  2,  originale). 
„         12  aprile  1561,  ai  sudd.  (ivi,  MS.  83-IV,  3,  originale). 
„         14  maggio  1561,  ai  sudd.  (  „        „       „  /„     4,  „        ). 

8  luglio  1561,  al  Governatore  di  Fano  (Registri,  voi.  Vili,  car.  8, 

copia). 
„         23  agosto  1561,  al  Gonf  e  Priori    di    Fano    (Bib.    MS.    83-lV,    5, 

originale). 
„         17  dicembre  1561,  ai  sudd.  (ivi,  MS.  83-lV,  6,  originale). 
„  2  dicembre  1562,  al  Governatore   di    Fano    (Registri,    voi.  Vili, 

car   21  t,  copia). 
„         19  dicembre  1562,  senza  indirizzo  (ivi,  e.  20  t,  copia). 
„  5  aprile  1563,  al  Governatore  di  Fano  (ivi,  e.  25,  copia). 

23  settembre  1563,  al  Gonf.  e  Priori    di    Fano    (Bibl.    Coni.    MS. 

83-IV,  7,  originale). 
„         27  maggio  1564,  al  Governatore  di  Fano  (ivi,  MS.  83-lV,   8,    ori- 
ginale e  Reg.  voi.  Vili,  e.  32,  copia). 
„         26  luglio  1564,  al  Gonf  e  Priori  di  Fano  (Arch.  Coni.  Carteggio, 

Lettere  di  Cardinali,  originale). 
,,         23  marzo   1565,  ai  sudd.  (Bibl.  Coni.  MS.  83-lV,  9,  originale). 
„  9  aprile  1565,  ai  sudd.  (ivi,  MS.  83-IV,  io,  originale   e  Registri, 

voi.  Vili,  e.  36  t,  copia). 
„        25  aprile     1565,  ai  sudd.  (ivi,  MS.  83-IV,  11,  orig.) 

„        28  luglio     1565,  al  Governatore  di  Fano(„      „       „     „     12,      „  ) 
„         15  agosto  1565,  al  medesimo  (  „      „       „     „     13,       „  ) 

„         25  agosto  1565,  al  Gonf  e  Priori  di  Fano  (  „      „       „     „     14,      „    ) 

(1)  Memorie  Istoriche  della  Città  di  Fano  raccolte  e  pubblicate  da  Pietro 
Maria  Amiani.  Fano,  Leonardi,  MDCCLI,  parte  II,  pagg.  191-192. 

(2)  Lettere  inedite  di  Eminenti  Personaggi  tratte  dall'Archivio  Muni- 
cipale e  corredate  di  note  dal  Canonico  Teologo  Carlo  Diambrini.  Società 
Tipografica  Cooperativa,  Fano,  1897;  in-8  di  pag.  17:  pubblicazione  di 
Omaggio  del  Capitolo  della  Cattedrale  nell'  ingresso  di  Mons.  Vincenzo 
Francescliini  alla  Sede  vescovile  di  Fano. 


UNA    LETTERA    DI    SAN    CARLO    RORROMEO 


153 


alla  sua  memoria  da  Antonio  Petrucci  dovizioso  pa- 
trizio fanese.  Quello  stesso  che,  nell'aprile  del  1564 
quando  il  cardinale  ebbe  occasione  di  recarsi  a  Fano, 
si  narra  movesse  ad  incontrarlo  al  Ponte  del  Me- 
tauro  per  invitarlo  in  casa  sua,  e  vi  andasse  vestito 
di  abiti  dimessi  e  da  pezzente  per  essere  più  sicuro 
che  l'invito  venisse  accettato.  Questo  fatto  è  ricor- 
dato in  una  delle  pitture  con  le  quali  l'artista  fos- 
sombronate  Gian  Francesco  Guerrieri  decorò  la  cap- 
pella suddetta. 

In  questa  conferma  ottenuta  ad  istanza  degli 
ambasciatori  inviati  come  di  consueto  dopo  l'elezione 
del  Papa,  che  furono  Fermano  Permani  e  Francesco 
Pilj,  troviamo  espressamente  limitata  la  concessione 
ai  soli  quattrini  recipienti  et  buoni.  In  quelle  prece- 
denti di  Paolo  III  e  Giulio  III  questa  limitazione  non 
era  espressa,  ma  di  fatto  la  moneta  emessa  fu  sem- 
pre soltanto  quella  piccola  di  mistura.  La  nuova  con- 
cessione ebbe  effetto  immediato,  coni'  era  naturale, 
dato  l'interesse  dello  zecchiere  Nucci  a  non  tenere 
inoperosa  l'officina. 

Ai  quattrini  di  Pio  IV  battuti  nella  zecca  di 
Fano  da  me  descritti  nell'  elenco  delle  monete  di 
quella  zecca  dal  n."  29  al  42,  posso  aggiungerne  un 
altro  capitatomi  dopo  di  allora: 


S"  —  Stemma  con  chiavi  e  triregno:  in  giro  da  d.    PIVS 
•  PP  •  UH  • 


154  GIUSEPPE   CASTELLANI 


P    —  Santo  in  piedi  con  mitra  nella  s.:  in  giro  da  d.  •  S  • 
PATERNI     ANI  •  FANI  • 

Raccolta  Castellani.  Mistura,  peso  gr.  0,90. 

Il  rovescio  di  questa  moneta  è  identico  a  quello 
dei  quattrini  di  Paolo  III  descritti  ai  numeri  24  e  25 
dell'elenco  suddetto,  e  ciò  mi  fa  pensare  che  possa 
trattarsi  di  uno  dei  primi  quattrini  battuti  dopo  la 
concessione  di  Pio  IV,  prima  cioè  che  fossero  ap- 
prontati i  nuovi  rovesci,  dove  il  nome  della  città  è 
sempre  al  nominativo  Faniim,  invece  che  al  genitivo 
Fani,  come  in  quelli  di  Paolo  III. 

G.  Castellani. 


UNA    LETTERA    DI    SAN   CARLO    BORROMEO  I55 


¥ 


Appendice  alla  Bibliografìa  della  ZECCA  di  FANO 


Castellani  Giuseppe.  Una  presunta  moneta  Malatestiana  di  Fano. 
Milano,  Tip.  Editrice  L.  F.  Cogiiati,  1902;  in-8,  pag.  3.  Estratto  dalla 
Rivista  Italiana  di  Numismatica  e  Scienze  Affini,  anno  XV,  fase.  I-II,  1902. 

Numismatica  Marchigiana.  Ascoli  Piceno.  Stabilimento   Cesari, 

1906;  in-8,  pag.  41  (237-277).  Estratto  da  Atti  e  Memorie  della  R.  Depu- 
tazione di  Storia  Patria  per  le  Provincie  delle  Marche,   1906. 

CuNiETTi-CuNiETTi  T.  Colonnello  Alberto.  Alcune  varianti  di  monete 
di  zecche  italiane.  Milano,  Cart.  e  Lito-Tipografia  C.  Crespi,  1908;  in-8, 
pag.  4.  Estratto  dal  Bollettino  di  Numismatica  e  di  Arte  della  Medaglia, 
anno  VI,  fase.  I,  1908. 

A  pag.  3,  n.  L,  pubblica  una  variante  di  un  quattrino  di  Gre- 
gorio XIll,  e  altra  di  un  quattrino  di  Pio  V  a  pag.  4,  n.  LI. 

Delle  Osservazioni  sopra  di  un  libro  intitolato  Dell'Origine  e  del 
Commercio  della  Moneta  e  dell'Istituzione  delle  zecche  d'Italia,  aH'Haja 
MDCCLI,  in  quanto  appartiene  alla  zecca  Pontificia  e  a  Roma,  Libri  ITI. 
In  Roma,  MDCCLII.  Nella  Stamperia  di  Angelo  Rotilj  e  Filippo  Bac- 
chelli  nel  palazzo  de'  Massimi  ;  in-4,  pag.  xxiv-282. 

Non  conoscevo  questo  libro  quando  raccolsi  le  notizie  della 
zecca  di  Fano.  Ne  e  autore  Simone  De  Magistris.  A  pagg.  268-269 
si  rileva  l'errore  commesso  dal  Carli-Ruubi  nel  pubblicare  il  giulio 
di  Gregorio  XIII  per  Fano  come  fosse  di  Gregorio  XII. 

Hazlitt  W.  Carew.  Supplement  to  the  Coinage  of  the  European 
Continent.  London,  Spink  et  Son,  1897  '>  'f-^,  pag.  viii-i0. 

A  pag.  44  breve  menzione  delle  monete  malatestiane  pubbli- 
cate dal  Conte  Papadopoli,  del  sampietrino  di  Pio  VI  e  di  un  te- 
stone di  Gregorio  XIII. 

Heiss  AloIs.  Les  Médailleurs  de  la  Renaissance.  Léon-Baptiste  Al- 
berti, Matteo  de'  Pasti  et  Anonyme  de  Pandolplie  IV  Malatesta.  Paris, 
I.  Rothschild,  1883  (typog.  Georges  Chamerot);  in-4  grande,  pag.  60, 
8  tavole  e  100  vignette. 

A  pag.  40  è  riprodotto  il  piccolo  di  Pandolfo  Malatesta  attri- 
buendolo a  Sigismondo  :  il  disegno  è  quello  stesso  pubblicalo  dal 
Litta. 


156  GIUSEPPE   CASTELLANI 


LiTTA  Pompeo.  Famiglie  celebri  italiane.  Malatesta  di  Riniini  (1869-70J. 
Al  n.  12  della  tavola  unitavi  di  monete  e  medaglie  c'è  un  pic- 
colo di  Pandolfo  Malatesta  dalla  Collezione  Marignoli. 

Ruggero  Giuseppe.  Annotazioni  Numismatiche  Italiane.  VI-VII.  VI. 
Una  singolare  Baiocchella  di  Fano.  Milano,  Tip.  Editrice  L.  F.  Cogliati, 
1903;  in-8,  pag.  12,  fig.  Estratto  dalia  Rivista  Italiana  di  Numismatica 
e  Scienze  affini,  anno  XVI,  fase.  IV,  1903. 

Questa  e  l'unica  moneta  affatto  nuova  venuta  in  luce  dopo  la 
pubblicazione  del  mio  lavoro  e,  per  quanto  il  tipo  sia  strano  e  più 
strano  il  fatto  dell'adozione  di  esso  da  parte  della  piccola  zecca 
fanese,  pure  le  ragioni  addotte  dal  eh.  A.  per  attribuirla  ad  essa 
sono  tali  da  doversi  accogliere  interamente.  Forse  il  tipo  non  in- 
contrò e  quindi  la  rarità  della  moneta.  Non  sarebbe  da  meravigliare 
che  altre  sorprese  ci  attendessero  nel  campo  assai  vasto  delle 
baiocchelle. 


LE  CAVITÀ  CENTRALI  SOPRA  LE  EACCIE 

delie  monete  Tolomaiche   di  bronzo 


Tav.  II. 

È  al  chiaro  professore  E.  Babelon  che  s'ad- 
dice il  merito  di  avere  risvegliato  il  problema  delle 
cavità  centrali  che  si  vedono  sulle  monete  Tolomai- 
che di  bronzo  come  pure  il  inerito  di  avere  per  il 
primo  combattuto  una  teoria  che  i  più  celebri  num- 
mografi  avevano  adottato  per  l'insegnamento  delle 
dottrine  numismatiche  ''*.  Quella  teoria  pretenderebbe 
che  i  conii,  i  quali  servivano  a  battere  quelle  monete, 
fossero  provvisti  di  una  punta  conica  la  quale  sotto 
l'azione  del  martello  andava  conficcandosi  dentro  la 
faccia  del  tondino  onde  impedirgli  di  sbalzare  e  di 
spostarsi. 

Non  starò  a  ripetere  le  giuste  e  saggie  osser- 
vazioni addotte  dal  professore  Babelon  contro  quel- 
l'antiquata teoria  che  egli  propone  di  surrogare 
con  una  nuova  che  credo  bene  di  ricordare  inte- 
gralmente. Un  procede  de  fabricatwn  repandn  dans 
certains  ateliers  vers  le  II'  et  /■''  siede  avaìit  noti  e  ère, 
consistait  à  decoiiper  les  fhiiis  iiionetaires  dans  une 
p/aque  inétalHqiie,  à  Faide  d'un  tour  qit'on  faisait  cvo- 
luer  sur  un  pivot  centra!  par  une  manivelle  coi/une  un 
vilbrequin.  Ce  pivot  penètrant  dans  le  metal,  y  creusait 
une  petite  cavitc  centrale  en  iiiàiie  temps  que  l'aile  cou- 
tondante  de  l'instrument  decoupait  la  circonfcrence. 


(i)  E.  Babelon:   Traile  des  monnaies  grecques  et  romaines,  pag. 941. 


158  G.    DATTARI 


Io  pure  sono  dell'opinione  che  il  tornio  facesse 
parte  della  tecnica  che  venne  usata  per  la  fab- 
bricazione di  queste  monete  ;  ma  non  posso  asso- 
ciarmi al  parere  che  l'opera  di  quell'  istrumento 
consistesse  neh'  intagliare  i  tondini  da  una  placca 
metallica. 

Non  abbiamo  che  consultare  le  monete  stesse 
e  si  vedrà  come  esse  si  oppongano  a  questa  nuova 
teoria,  giacche  molte  di  queste  monete  sono  di  forma 
irregolare,  ve  ne  sono  perfino  delle  quadrate  (fìg.  12), 
e  talune,  e  non  poche,  lungo  il  loro  contorno  riten- 
gono ancora  dei  pezzi  di  metallo  sporgenti  (fìg.  n.  5, 
6,  7,  II,  16).  A  parte  queste  prove  assai  eloquenti,  lo- 
gicamente sembra  molto  dubbioso  che  con  dei  sem- 
plici torni  a  mano  si  arrivasse  a  potere  intagliare 
delle  placche  metalliche  di  uno  spessore  di  oltre  7  mil- 
limetri ;  ma,  anche  se  ciò  fosse  stato  possibile,  bisogna 
convenire  che  la  fabbricazione  delle  monete  nella 
maniera  suggerita  dal  Professore  Babelon  doveva 
divenire  ardua,  lunga,  onerosa  e  senza  dubbio,  tra  il 
valore  intrinseco  del  metallo  e  la  mano  d'opera,  le 
monete  di  bronzo  avrebbero  quasi  raggiunto  il  valore 
di  quelle  di  argento. 

Una  sì  costosa  e  diciamo  pure  stravagante  la- 
vorazione poco  si  accorda  con  le  qualità  ammini- 
strative del  re  sotto  del  quale  furono  emesse  queste 
prime  monete.  Sta  nel  fatto  che  esse  vennero  inau- 
gurate durante  il  regno  di  Filadelfo,  degno  successore 
di  Lago  fondatore  della  famosa  dinastia  dei  Lagidi  ; 
il  quale,  al  dire  degli  storici,  se  non  possedeva  le 
qualità  militari  del  padre,  aveva  uno  spirito  d'or- 
ganizzazione rimarchevole  e  con  la  sua  saggia  am- 
ministrazione dette  all'Egitto  quel  grado  di  prospe- 
rità che  non  aveva  veduto  prima  ne  rivide  dopo  quel 
glorioso  regno.  Dinanzi  a  sì  fatte  testimonianze  v'è 
molta  ragione  da  convenire  che  tra  le  tante  e  saggie 


LE    CAVITÀ    CENTRALI    SOPRA    LE    FACCIE  159 

misure  prese  da  quel  gran  principe,  una  fu  la  nuova 
tecnica  delle  monete  necessitata  dagli  eventi. 

Fu  appunto  durante  il  regno  di  Filadelfo  che 
un  editto  reale  stabilì  che  tutte  le  somme  dovute  al 
tesoro,  dovessero  essere  versate  in  moneta  di  bronzo  ; 
conseguenza  per  cui  il  numerario  di  quel  metallo 
prese  preponderanza  sopra  l'oro  e  l'argento. 

Per  dar  forza  e  valore  a  quell'editto  s'impose 
la  necessità  che  le  monete  di  bronzo  venissero  ac- 
cettate con  la  stessa  fiducia  che  fino  allora  godevano 
solamente  quelle  d'oro  e  d'argento.  Per  ottenere  tanto, 
fu  necessario  che  gli  spezzati  di  bronzo  venissero 
ad  avere  un  peso  uniforme  e  per  quanto  era  allora 
possibile,  quel  peso  non  doveva  allontanarsi  troppo 
dal  normale,  come  avveniva  per  le  monete  degli 
altri  metalli.  In  pari  tempo  onde  le  masse  faces- 
sero buon  viso  alle  nuove  monete  di  quel  vile 
metallo  e  quasi  direi  affinchè  queste  incontrassero 
una  certa  simpatia,  si  dovette  pensare  a  dargli  una 
estetica  gradevole  e  raffinata.  Finalmente,  il  nuovo 
editto  offrendo  ai  falsari  un  campo  di  risorse  e  di 
guadagni  inauditi,  il  governo  dovette  escogitare  una 
tecnica  la  quale  garantisse  la  propria  produzione 
contro  quella  dei  falsari.  Aggiungerò  di  piti;  dato 
l'incremeiTto  della  circolazione  che  andavano  ad  avere 
le  monete  di  bronzo,  la  loro  usura  diveniva  precipi- 
tosa e  quell'usura  avrebbe  potuto  danneggiare  il  loro 
credito,  per  cui  è  molto  probabile  che  si  pensasse 
di  stabilire  fino  a  quale  grado  di  usura  le  monete 
avevano  libero  accesso  alla  circolazione. 

A  quanto  sembra,  la  nuova  tecnica  raggrup- 
pava in  sé  tutti  i  requisiti  voluti  onde  giungere  ai 
diversi  intenti  che  ho  enumerati,  i  quali  nel  loro  in- 
sieme formano  le  conclusioni  che  spero  risulteranno 
da  questo  studio. 

Esaminando  le  monete  d'Egitto,  tanto  dei  Lagidi 


l6o  n.    DAtTARÌ 


come  dell'epoca  imperiale,  sarà  facile  rendersi  conto 
del  sistema  che  veniva  impiegato  per  la  preparazione 
dei  tondini  i  quali  dovevano  essere  convertiti  in 
moneta. 

Da  prima  si  fabbricavano  le  forme  di  terra  ar- 
gilla capaci  di  contenere  una  quantità  di  metallo 
eguale  al  peso  che  dovevano  avere  le  monete  che 
s'intendeva  di  fabbricare.  Queste  forme  messe  su  di 
una  linea,  perchè  il  metallo  scorresse  da  una  forma 
all'altra,  venivano  riunite  da  un  canaletto  pure  di 
terra;  di  maniera  che  dopo  la  colatura  del  bronzo  i 
tondini  che  risultavano  si  trovavano  riuniti  da  un 
tratto  di  metallo  il  quale  demarcava  il  punto  ove  do- 
vevano essere  separati  (fig.  i  e  2).  Dopo  la  separa- 
zione, i  tondini  in  quello  stato  venivano  coniati. 

Con  questa  tecnica  in  uso  fino  allora  e  quindi 
ripresa  nell'epoca  imperiale,  le  monete  di  una  stessa 
frazione  risultavano  di  differenti  pesi,  talvolta  mag- 
giori, tal'altra  minori  del  normale.  Questo  inconve- 
niente proveniva  da  molte  cause,  tra  queste,  l'impos- 
sibilità di  fabbricare  a  mano  le  forme  di  una  stessa 
capacità,  l'incuranza  degli  addetti  alla  separazione 
dei  tondini  ed  anche  dei  fenomeni  risultanti  dalla 
differente  temperatura  del  metallo  fuso  quando  lo  co- 
lavano nelle  forme,  la  quale  poteva  essere  causa  che 
le  prime  forme  ricevessero  più  metallo  delle  altre. 

Con  la  nuova  tecnica  i  tondini  erano  preparati 
nella  maniera  indicata  più  sopra,  mentre  le  forme, 
per  ragioni  che  vedremo  in  appresso,  io  credo  do- 
vessero essere  capaci  di  contenere  una  maggiore 
quantità  di  metallo  più  di  quanto  dovevano  pesare 
gli  spezzati  che  s'intendeva  di  emettere.  Dopo  la  fu- 
sione e  la  separazione  dei  tondini,  il  tornio  comin- 
ciava l'opera  sua  e  da  questa  derivavano  le  cavità 
centrali. 

Le  traccie  del  tornio  non  si  presentano  sempre 


LE  Cavità  centrali  sopra  le  faccie  i6i 


eguali;  in  certe  monete  appariscono  solamente  in  giro 
alla  intera  periferia  :  a  questa  categoria  appartengono 
le  monete  di  buona  fabbricazione;  in  altre  si  vedono 
sulla  periferia  e  sopra  i  lati.  Qualche  volta  solo  una 
parte  della  periferia  venne  tornita  e  parte  delle  faccie 
furono  sgreggiate;  in  altre  su  parte  delle  faccie  e  giusto 
in  giro  alle  cavità  si  vedono  le  traccie  del  tornio; 
finalmente  ve  ne  sono  di  quelle  la  cui  periferia  è  tale 
quale  sortì  dalle  forme  e  i  loro  lati  non  portano 
traccie  di  sgreggiatura,  ma,  come  tutte  le  altre,  non 
mancano  della  cavità  centrale.  A  queste  ultime  ca- 
tegorie appartengono  le  monete  di  fabbricazione  difet- 
tosa, senza  essere  barbara. 

Tutte  queste  apparenti  diversità  d'azione  del 
tornio  dobbiamo  considerarle  come  tante  modifica- 
zioni portate  alla  nuova  tecnica?  oppure  dobbiamo 
ritenere  che  l'insieme  di  quelle  diversità  formano  il 
completo  della  tecnica  inaugurata  sotto  Filadelfo? 
Io  propendo  per  quest'ultima  ipotesi  e  ritengo  che, 
se  le  monete  di  buona  fabbricazione  non  lasciano 
vedere  le  traccie  della  sgreggiatura  dei  lati,  ciò  è 
dovuto  alla  cura  con  cui  le  monete  erano  fabbricate. 
Logicamente  si  ottiene  il  medesimo  risultato,  giacche 
non  si  può  ammettere  che  in  epoche,  nelle  quali  le 
monete  erano  battute  senza  regola,  sì  per  la  loro 
forma  come  per  il  loro  peso  e  allorquando  la  peri- 
feria non  era  sempre  tornita,  ma  veniva  lasciata  tale 
quale  sortiva  dalla  forma,  proprio  allora  si  dessero  la 
briga  di  sgreggiare  i  lati  dei  tondini  in  tutto  o  in 
parte. 

Quale  era  lo  scopo  delle  due  operazioni  fatte 
dal  tornio?  Per  ciò  che  riguarda  la  tornitura  della 
periferia  ritengo  che  ciò  era  nell'intento  di  liberare  i 
tondini  dal  metallo  che  aveva  servito  per  congiun- 
gerli e  nel  medesimo  tempo  per  dar  loro  una  forma 
geometrica    che    poi    sensibilmente    riperdevano    al 


j62  <■•    l'Ai  TARI 


momento  in  cui  andavano  coniati;  nell'insieme  di 
questa  operazione  i  tondini  venivano  ridotti  di  quel 
metallo  in  piti  che,  come  ho  detto,  veniva  posto  nelle 
forme  di  maniera  che  venivano  portati  al  peso  nor- 
male, il  quale  si  doveva  accertare  con  la  bilancia  (?). 

Quale  poteva  essere  lo  scopo  della  sgreggiatura 
dei  lati?  Era  essa  fatta  all'intento  di  dare  alle  faccie 
dei  tondini  una  superficie  liscia  e  pulita  affinchè  i 
tipi  risultassero  più  distinti?  Questa  ipotesi  avrebbe 
qualche  valore  se  le  traccie  di  quell'operazione  si 
trovassero  sopra  le  monete  di  accurata  fabbricazione 
come  quelle  di  Filadelfo,  ma,  al  contrario,  è  grazia 
all'  imperfetta  fabbricazione  delle  monete  che  questo 
processo  ci  è  stato  rivelato;  quelle  traccie  si  trovano 
appunto  sulle  monete  i  cui  tipi  sono  appiattiti  e 
riusciti  per  metà,  ed  è  dalle  monete  imperfette  che 
si  rileva  che  la  sgreggiatura  allorquando  non  fu 
operata  sopra  l'intiera  faccia,  lo  è  sempre  in  giro 
alle  cavità  centrali.  Da  ciò  sembra  possibile  che  la 
sgreggiatura  venisse  fatta  su  quelle  parti  dei  lati  i 
quali  presentavano  delle  eventuali  prominenze  o  bave 
lasciate  dalla  fusione;  ma  immancàbilmente  veniva 
sgreggiata  la  parte  limitrofa  alle  cavità  centrali  per 
la  ragione  che  diremo  a  suo  tempo. 

Non  ho  nessun  dubbio  e  il  lettore  converrà  meco 
che  le  cavità  centrali  sono  uno  sconcio  estetico  che 
male  si  addice  alle  belle  monete  di  Filadelfo,  e  di 
primo  impeto  riesce  difficile  spiegare  come  quello 
sconcio  potesse  aver  avuto  origine  nell'epoca  in  cui 
l'Egitto  era  la  culla  delle  scienze  e  delle  arti  giunte 
all'apogeo.  Se  quelle  cavità  fossero  state  fatte  dopo 
la  coniazione  tornerebbe  facile  e  naturale  il  pensare 
che  non  si  potevano  far  sparire  senza  che  i  tipi 
venissero  mutilati;  ma  dal  momento  che  quelle  ca- 
vità vennero  fatte  prima  e  quando  con  una  semplice 
operazione  di  martello  era  facile  di  farle   sparire,    è 


LE    CAVITÀ    CENTRALI    SOPRA    lE    KACCIE  163 


giuocoforza  convenire  che  se  vi  furono  lasciate, 
ciò  dovette  essere  per  uno  scopo  prefìsso  e  di 
somma  importanza! 

E  cosa  v'era  di  meglio  delle  cavità  centrali  per 
testificare  che  quelle  monete  uscivano  dalle  officine 
controllate  dal  patrio  governo  e  quindi  erano  di 
buona  lega  e  di  peso  giusto? 

Se,  come  credo,  tale  era  il  mandato  affidato  alle 
cavità  centrali,  si  arriva  a  spiegare  l'operazione  della 
sgreggiatura,  la  quale  doveva  avere  per  scopo  di 
rimuovere  dall'orifizio  delle  cavità,  le  bave  lasciate 
dal  pernio  del  tornio,  le  quali  rimanendo  avrebbero 
riempito  in  tutto  o  in  parte  le  cavità  al  momento  che 
i  tondini  erano  coniati. 

Certe  rare  monete  false  che  possiedo,  dimostrano 
come  i  falsari,  non  ostante  che  per  fabbricare  le  loro 
forme  si  servissero  delle  impronte  di  monete  genuine, 
non  riuscivano  a  fare  risortire  le  cavità  centrali. 
Questo  impedimento  proveniva  da  molte  cause.  Una 
di  queste  era  la  cattiva  qualità  del  metallo  che  im- 
piegavano, il  quale  dopo  la  fusione  lasciava  una  quan- 
tità di  scorie  e  bave,  dando  alle  faccie  delle  loro 
monete  un  campo  slivellato,  così  che  le  cavità  se  mai 
risortivano  non  si  potevano  distinguere.  Se  dopo  la 
fusione  i  falsari  avessero  voluto  imitare  quelle  cavità, 
e  ciò  era  possibile  per  mezzo  del  trapano,  sarebbero 
state  smascherate  dall'aspetto  dell'orifizio  il  quale  non 
poteva  giammai  prendere  l'apparenza  di  quello  delle 
monete  genuine  risultanti  dalla  coniazione.  Oltre 
alle  cavità,  i  falsari  avevano  a  contendere  contro  le 
traccie  indelebili  del  tornio,  operazione  troppo  costosa 
perchè  i  falsari  se  ne  servissero;  ma  ancorché  aves- 
sero voluto  farne  uso,  pur  troppo  erano  a  conoscenza 
che  l'apparenza  delle  parti  tornite  avrebbe  contra- 
stato con  quelle  granulose  e  la  frode  sarebbe  stata 
scoperta. 


[64  G.    DATTARI 


Fino  a  questo  punto,  se  le  mie  ricerche  e  le  con- 
clusioni, che  ne  ho  derivate  non  riceveranno  l'una- 
nimità dèi  voti,  mi  lusingo  che  troveranno  qualche 
aderente. 

Resta  a  trattare  dell'ultima  conclusione  la  quale 
riconosco  che  verrà  giudicata  assai  ardita;  ma  stante 
che  posso  suffragarla  con  dei  fatti,  mi  sento  il  co- 
raggio di  affrontare  la  critica. 

Avendo  manipolato  e  ripulito  diverse  migliaia  di 
monete  tolomaiche  di  bronzo,  ho  avuto  campo  di  con- 
statare che  le  monete  battute  prima  dell'introduzione 
della  nuova  tecnica,  in  gran  parte  sono  consunte, 
molte  sono  addirittura  delle  placche;  mentre  in  quelle 
che  appartengono  alla  tecnica  delle  cavità  centrali, 
la  conservazione  varia  tra  la  buona  e  la  buonissima; 
quelle  consunte  sono  rarissime  come  lo  sono  quelle 
ben  conservate  dell'epoca  anteriore. 

11  risultato  di  questa  esperienza  mi  ha  suggerito 
che  le  cavità  centrali,  oltre  lo  scopo  di  cui  ho  fatto 
cenno,  ne  potevano  avere  un  secondo,  il  quale  poteva 
consistere  neh'  indicare  fino  a  qual  grado  di  usura 
dovevano  stare  in  corso  le  monete;  cioè  a  dire  fino 
a  tanto  che  le  cavità  erano  scomparse  o  quasi,  le 
monete  dovevano  essere  ritirate  dalla  circolazione,  e 
ciò  perchè  la  loro  apparenza  diveniva  simile  alle  mo- 
nete dei  falsari. 

Non  mi  lusingo  che  questa  ipotesi  sia  accolta 
favorevolmente,  anzi  troverà  una  forte  opposizione, 
in  quanto  che  si  crederà  che  allorquando  le  cavità 
erano  scomparse,  le  monete  dovevano  avere  perso 
molto  del  loro  peso;  ma  tale  non  è  il  caso  quando 
si  rifletta  che  le  cavità  erano  collocate  nel  punto  cul- 
minante delle  faccie.  quel  punto  cioè  piìi  soggetto 
allo  sfregamento  e  perciò  all'usura;  ed  allorquando  le 
cavità  stavano  per  disparire,  i  tipi  erano  ancora  vi- 
sibilissimi e  nell'insieme  il  peso  perduto  non  era  no- 


LE    CAVITÀ    CENTRA'Ll    SOPRA    LE    FACCIE  165 

tevole,  ma  in  tutti  i  casi  era  sempre  minore  di  quello 
perso  dalla  più  gran  parte  delle  monete  antiche  di 
tutte  le  epoche. 

Ammetto  che  sopra  a  certe  monete  le  cavità  sono 
assai  profonde,  ma  esse  formano  la  minoranza  ed  ap- 
partengono alle  epoche  in  cui  la  corruzione  era 
penetrata  in  tutti  i  dipartimenti  governativi,  quando 
le  vecchie  e  saggie  costituzioni  non  venivano  più 
tenute  in  conto,  per  cui  non  sono  quelle  monete  che 
possano  decidere  sulle  sorti  della  mia  ipotesi. 

Nel  dubbio  che  le  impronte  della  tavola  qui  an- 
nessa non  riescano  distintamente  a  far  vedere  i  par- 
ticolari della  tecnica,  dò  qui  sotto  un  elenco  con  la 
descrizione  di  ciascuna  moneta  o  pezzo. 

N.  I.  Tondini  antichi  che  non  furono  separati;  le  faccia  sono 
granellose. 

„  2.  Tondini  che  ho  riprodotto  da  una  moneta  che  man- 
tiene ancora  i  due  punti  di  attacco. 

„  3.  Tondino  antico  con  la  periferia  tornita  ;  le  faccie  sono 
parzialmente  sgreggiate;  non  fu  coniata  (una  delle  faccie 
è  piuttosto  concava,  le  cavità  centrali  sono  di  differente 
grandezza). 

„  4.  La  periferia  è  tornita.  La  faccia  del  B'  è  sgreggiata 
in  giro  alla  cavità  centrale;  quella  del  9*  è  intieramente 
sgreggiata  ed  i  tipi  sono  riusciti  per  metà.  Sulla  peri- 
feria è  rimasto  un  pezzo  di  metallo  che  ha  servito  di 
attacco. 

„  5.  Moneta  deforme,  di  grande  spessore  che  non  è  passata 
al  tornio;  ma  sul  B'  porta  la  cavità  centrale.  Sulla  periferia 
vi  sono  ancora  i  pezzi   di  attacco. 

„  6.  La  periferia  è  tornita;  la  faccia  del  1^  è  sgreggiata; 
ritiene  il  pezzo  d'attacco  mentre  è  mancante  di  metallo. 

„  7.  La  periferia  è  quale  sortì  dalla  forma,  granellosa  e 
bavosa;  i  lati  sono  sgreggiati,  giusto  in  giro  alle  cavità 
centrali. 

„  8.  Faccia  intieramente  sgreggiata  ;  i  tipi  sono  riusciti  per 
metà. 


l66  G.    DATTARI 


N.  9.  La  periferia  è  tornita,  la  faccia  è  sgreggiata,  i  tipi 
ricercati  per  metà.  Faccia  concava  come  il  tondino  N,  3. 

„  IO.  La  periferia  è  tornita  a  spigoli.  Sulla  faccia  del  ro- 
vescio si  vedono  le  traccie  della  sgreggiatura. 

„  II.  La  periferia  non  è  tornita,  e  mantiene  i  due  pezzi 
di  attacco:  le  faccie  non  sono  sgreggiate.  Ambe  le  ca- 
vità centrali  ;  l'orifizio  delle  cavità  è  ornato  di  un  anel- 
letto.  Sembra  che,  non  essendo  state  sgreggiate  le  bave 
lasciate  dal  pernio,  si  siano  ripiegate  su  loro  stesse  al- 
lorché vennero  impressi  i  tipi. 

„  12.  Pezzo  in  forma  quadrata  delle  ultime  epoche  dei  La- 
gidi.  Le  cavità  centrali  non   mancano. 

„  13.  Diritto  di  una  moneta  di  Filadelfo  la  di  cui  periferia 
è  torniata  e  di  forma  semicircolare.  Si  noti  la  cavità 
centrale  la  quale  non  è  più  grande  di  un  capo  di  spillo 
come  la  moneta  N,   16. 

„  14.  Altra  moneta  di  Filadelfo;  la  periferia  è  torniata  a 
spigolo  e  semicircolare. 

„  15.  Moneta  di  fabbricazione  barbara.  Senza  traccie  del 
torno,  ma  esistono  le  cavità  centrali  ed  assai  piccole. 

„  16,  17,  18  e  19.  Monete  false.  La  cavità  centrale  è  appena 
visibile  oppure  venne  fatta  con  un  istrumento  rettango- 
lare. Sono  tutte  granulose  con  bavature. 

Cairo,  IO  Gennaio  1^08. 

G.  Dattari. 


STEMMI   ED    EMBLEMI 
sulle  monete  del  Monferrato  ^'^ 


I. 

Quelli  fra  i  discendenti  del  vecchio  Aleramo  cui 
toccò  il  dominio  del  Monferrato,  ed  ebbero  perciò  il 
titolo  di  Marchiones  Monferratenses,  non  usarono  mai, 
per  quanto  si  sa,  del  privilegio  della  zecca.  Ma  se 
mancano  le  monete  aleramiche  a  ricordarci  lo  stemma 
di  questa  famiglia,  non  per  questo  però  esso  ci  è 
meno  noto  ;  poiché  lo  ritroviamo  frequentemente 
sulle  monete  dei  tempi  posteriori  ;  come  inoltre 
figurò,  per  tanti  anni,  sul  petto  di  quei  gagliardi 
marchesi,  la  cui  vita  quasi  per  intero  soleva  tra- 
scorrere fra  le  armi. 

Questo  stemma  era  d'argento  col  capo  di  rosso  ; 
e  oltre  che  il  petto,  fregiò  gli  stendardi  di  tutti 
quegli  Aleramidi,  il  cui  valore  rifulse  nelle  crociate, 
e  nelle  lunghe  guerre  degli  imperatori,  in  favore  dei 
quali  sempre  parteggiarono  :  al  che  alludeva  Car- 
ducci scrivendo  : 

La  fida  a  Cristo  e  a  Cesare  balzana 
di  Monferrato. 

Al  contrario  degli  Aleramidi,  i  Paleologi,  che 
sul  principio  del  trecento  loro  succedettero,  appena 


(i)  Capitolo  tolto  dalla  Inlrodueioue  ad    un'opera    sulle    Monete   del 
Monferrato,  non  ancora  pubblicata. 


róS  FLAVIO    VALERANt 


consolidati  nel  dominio,  si  diedero  tosto  a  coniar 
monete  ;  e  su  di  esse  non  mancarono  mai  di  porre 
lo  stemma  dei  loro  predecessori,  perchè  era  desso 
considerato  il  vero  stemma  di  Monferrato.  Ne  questo, 
sulle  monete,  era  sempre  nudo  e  semplice;  ma  spesso 
lo  si  completava  alla  maniera  con  cui  brillava  sui 
vessilli  marchionali  ;  cioè  sovrapponendo  allo  scudo, 
inclinato  a  destra,  un  elmo  con  lambrecchini,  e  con 
cimiero  fatto  di  due  corna  di  cervo,  frammezzo  alle 
quali  alzavasi  un  braccio  impugnante  una  spada.  Lo 
scudo,  inclinato,  portava  alla  sommità  del  cantone 
superiore  destro  il  noto  incavo,  entro  cui  il  cavahere 
soleva  passare  la  lancia,  piegandosi  in  avanti  sul- 
l'arcione. 

Questo  scudo  aleramico,  come  già  dissi,  non  venne 
mai  dimenticato  sulle  monete  dei  Paleologi  ;  esso  si 
osserva  frequentemente  in  petto  all'aquila  imperiale 
bicipite,  ad  ali  spiegate,  che  si  riscontra  nella  loro 
monetazione;  e  campeggia  poi  costantemente  nel  cen- 
tro dello  stemma  proprio  della  famiglia  paleoioga. 

Lo  stemma  vero  dei  Paleologi  venne  completato 
per  la  prima  volta  da  Guglielmo  IX:  e  a  partire  da 
questo  marchese  lo  si  trova  sulle  monete,  tanto  pa- 
tologhe, quanto  dei  Gonzaga. 

Lo  scudo  è  così  inquartato: 

i.°  —  dell'aquila  dell' impero,  per  ricordare  l'in- 
vestitura data  a  Giovanni  II  dall'imperatore  Carlo  IV 
quando  scese  in  Italia,  e  da  lui  confermata  nel  1374 
al  marchese  Secondotto  e  suoi  successori,  accordando 
il  titolo  di  Vicario  del  Sacro  Romano  impero; 

2.°  —  della  croce  di  Gerusalemtne,  per  signifi- 
care l'antico  diritto  al  regno  di  Gerusalemme,  già 
posseduto  da  un  loro  antenato  di  schiatta  aleramica; 
cioè  da  Corrado,  figlio  di  Guglielmo  //  Vecchio,  noto 
per  le  sue  imprese  guerresche  in  Oriente;    il  quale 


STEMMI    ED    EMBLEMI    SUI. LE    MONETE    DEL    MONFERRATO  169 


nel  1190  aveva  sposato  Elisabetta,  erede  della  corona 
di  Gerusalemme;  e,  prima  di  Corrado,  anche  da  suo 
fratello  Guglielmo  detto  Lungaspada,  che  aveva  spo- 
sato Sibilla,  sorella  di  Baldovino  1\',  e  lasciò  il  figlio 
Baldovino  V.  coronato  re  di  Gerusalemme; 

3."  —  dei  pali  di  Aragona,  a  ricordo  della  dona- 
zione del  regno  di  Maiorca,  fatta  da  Re  Giacomo  di 
Aragona  a  sua  sorella  Elisabetta,  quando  essa  andò 
sposa  al  marchese  Giovanni  li  Paleologo; 

4.°  —  delle  fascie  di  Sassonia,  volendo  rammen- 
tare la  concessione  fatta  di  quest'arma,  secondo  la 
leggenda,  dall'imperatore  Ottone  I  ad  Aleramo  loro 
antenato; 

5."  —  dei  pesci  di  Bar,  ritti,  salienti  e  contrap- 
posti, per  ricordare  il  diritto  al  ducato  di  Bar,  alla 
cui  successione  era  stato  chiamato  Guglielmo  Vili. 
Questo  diritto  risaliva  al  matrimonio  di  Giovanna, 
figlia  di  Roberto  duca  di  Bar  (in  Lorena)  con  Teo- 
doro II  Paleologo;  quando  il  ducato  cadde  in  mano 
del  cardinale  Ludovico,  questi  vedendo  mancare  gli 
eredi,  richiese  a  Gian  Giacomo,  suo  ni])ote,  di  man- 
dargli uno  dei  suoi  figli,  che  sarebbe  stato  poi  de- 
signato erede;  e  fu  scelto  il  secondogenito  Guglielmo; 

6."  —  della  Croce,  accantonata  da  quattro  /'<- 
cili  od  acciarini  ;  i  quali  vennero  spesso,  ma  a  torto, 
scambiati  per  quattro  B  per  una  grossolana  rassomi- 
glianza nel  modo  di  raflìgurarli. 

Lo  stemma  paleologo  si  trova  sempre  caricato 
dello  scudetto  aleramico. 

Quando  venne  a  mancare  la  stirpe  paleoioga,  e 
nel  dominio  del  Monferrato  subentrò  la  famiglia  Gon- 
zaga, questa  improntò  le  sue  monete  del  proprio 
stemma,  che  era  inquartato  dell'aquila  imperiale.  Piii 
tardi,  Vincenzo  I  circondò  lo  stemma  col  cordone 
dell'ordine  del  toson  d'oro.  Però  sulle  monete  che  i 


170 


FLAVIO    VAI  ERANI 


Gonzaga  coniarono  a  Casale,  non  dimenticarono  gli 
stemmi  dei  loro  predecessori;  e  troviamo  ora  lo 
stemma  paleologo,  caricato  dello  scudetto  aleramico; 
ora  quest'ultimo  in  petto  all'aquila  imperiale,  ora  l'uno 
di  fianco  all'altro,  ora  sul  rovescio  della  moneta.  E 
la  presenza  di  questi  stemmi,  propri  delle  due  stirpi, 
che  precedettero  i  Gonzaga  nel  dominio,  è  uno  dei 
caratteri  più  importanti  per  riconoscere  se  una  mo- 
neta appartenga  alla  zecca  di  Mantova  o  a  quella  di 
Casale;  distinzione  che  talvolta  non  è  troppo  facile 
anche  per  chi  è  provetto  negli  studi  numismatici. 

É  notevole  che  sulle  monete  del  Monferrato, 
anche  le  più  antiche,  non  si  trovano  mai  nominati 
gli  imperatori,  come  si  riscontra  invece  in  quasi  tutte 
le  monete  delle  altre  zecche  italiane  del  periodo 
medio-evale.  La  ragione  sta  in  ciò,  che  i  Paleologi, 
i  quali  furono  i  primi  a  batter  moneta,  si  credettero 
in  diritto  di  zecca,  quali  discendenti  degli  imperatori 
di  Oriente;  epperò  non  abbisognavano  della  conces- 
sione degli  imperatori  germanici;  mentre  i  comuni 
italiani,  riconoscendo  questo  diritto  di  zecca  dall'im- 
pero, eran  soliti  di  apporre  il  nome  di  quell'impera- 
tore, che  primo  avea  loro  accordata  tale  concessione. 
E  anche  allorquando  i  Paleologi  ebbero  l'investitura 
imperiale,  si  limitarono  ad  aggiungere,  al  proprio 
titolo  marchionale,  l'altro  di  vicario  del  sacro  romano 
impero. 

II. 

Numerose  sono  le  imprese  e  gli  emblemi  che  cam- 
peggiano nella  monetazione  monferrina,  tanto  sotto 
il  dominio  paleologo,  quanto  sotto  quello  dei  loro 
successori. 

Nessuno  ignora  che,  in  tutto  il  basso  medio  evo. 


STEMMI  ED  EMBLEMI  SULLE  MONETE  DEL  MONFERRATO      I7I 

non  solo  i  regnanti  ma  ogni  cavaliere  soleva  distin- 
guersi con  un'impresa  personale;  la  quale  impresa 
talvolta  si  cambiava,  o  per  ragione  di  qualche  avve- 
nimento importante,  o  per  mutata  fantasia.  E  quasi 
tutti  i  signori  del  Monferrato  fecero  mostra  di  mol- 
teplici imprese:  eccone  in  breve  l'elenco: 

In  un  grosso  di  Giovanni  II  havvi  un  guerriero 
a  cavallo,  armato,  che  tiene  con  una  mano  lo  scudo 
aleramico,  e  coll-'altra  imbrandisce  una  spada;  a  si- 
gnificare la  sua  vita  agitata,  trascorsa  in  continue 
imprese  guerresche. 

\J Agnello  pasquale  è  l'impresa  adottata,  sopra 
una  moneta  sola  {i^rosso),  da  Teodoro  II.  L'agnello 
è  in  posizione  passante  ;  stringe  nella  zampa  destra 
un'asta  terminata  in  croce,  con  l)anderuoIa;  ed 
havvi  la  leggenda:  A&NVS  DEI  QVI  TOLLIT  PECCATA 
MVNDI.  Quest'impresa  non  ha  altro  scopo  che  di  ma- 
nifestare i  sentimenti  religiosi  del  marchese;  e  non 
può  avere  il  significato  che  dall'araldica  è  attribuito 
all'agnello,  cioè  d'innocenza  e  mansuetudine;  ciò  sa- 
rebbe smentito  dalla  vita  di  Teodoro,  spesa,  come 
quella  del  padre  suo,  in  continue  guerre. 

IJedera,  abbracciata  ad  un  tronco  d'albero,  è  rap- 
presentata sulle  poche  monete  che  si  hanno  di  Gian 
Giacomo.  Essa  è  simbolo  di  amicizia  inalterabile,  e 
sempre  viva;  benché,  a  dir  vero,  questo  si  accordi 
poco  cogli  eventi,  che  funestarono  i  giorni  di  questo 
marchese,  spinto  dalle  necessità  politiche  a  cangiar 
soventi  volte  le  sue  alleanze,  e  ad  essere  ora  in 
guerra  ora  in  pace  coi  suoi  vicini,  più  potenti  di  lui. 
i  Savoia  ed  i  Visconti.  Questo  varrebbe  a  confermare 
il  fatto  —  se  pure  avesse  bisogno  di  conferma  —  che 
nella  scelta  dell'impresa  si  ubbidiva  piuttosto  al  ca- 
priccio del  momento,  che  ad  un  concetto  vero,  come 
a  guida  delle  proprie  azioni.  Epperò,  quando  non 
soccorrono  i  dati  storici,    l'interpretazione    delle  im- 


172  FLAVIO    VALERANI 


prese  o  dei  motti  riesce  arbitraria,  e  spesso  fallace; 
potendo  ravvisarvi  intenzioni  e  significati,  quali  non 
ebbero  in  mente  coloro  che  ne  erano  stati  gli  autori. 

il  Cervo,  che  nel  linguaggio  araldico  accenna  a 
nobiltà  antica  e  generosa,  non  comincia  ad  apparire 
che  sopra  alcuni  pezzi  di  Guglielmo  IX;  poi  sopra 
altri  di  Gian  Giorgio,  ed  anche  in  un  doppio  grosso 
di  Carlo  V.  Esso  porta  sempre  sul  petto  lo  scudetto 
aleramico,  I  Gonzaga  si  compiacquero  pure  dell'im- 
presa del  cervo,  modificandone  però  l'atteggiamento, 
cioè  figurandolo  in  atto  di  correre,  mentre  sulle  mo- 
nete dei  Paleologi  esso  è  sempre  accovacciato  sopra 
un  letto  di  vimini  (■'. 

Il  semprevivo  è  un'impresa  particolare  del  solo 
Guglielmo  IX.  Questo  marchese,  che,  nella  breve  sua 
vita,  die  tanto  lavoro  alla  zecca  e  coniò  così  splen- 
dide monete,  adottò  questo  emblema  sopra  alcuni 
pezzi  monetari,  forse  per  accennare  alla  sua  fede  co- 
stante nelle  alleanze  e  nelle  amicizie.  Dico  /orse,  per- 
chè anche  qui  manca  il  motto,  che,  nelle  imprese 
complete,  accompagna  la  figura,  e  coadiuva  a  farne 
l'interpretazione.  In  quasi  tutte  le  monete  di  questo 


(i)  La  scelta  del  cervo  risaliva  però  sino  ai  primi  aleramidi;  e  già 
abbiamo  notato  che  lo  scudo  di  quei  marchesi  era  completato  col  ci- 
miero fatto  di  due  corna  di  cervo.  In  tutti  i  loro  successori  continuò 
questa  predilezione;  tanto  che  alcuni  cervi  erano  mantenuti  chiusi  nelle 
fosse  che  circondavano  la  città  di  Casale.  Vincenzo  I,  avendo  notato 
che  queste  povere  bestie,  avvezze  alla  vita  libera,  soffrivano  nella  pri- 
gionia cittadina,  li  pose  in  libertà;  sperando  che,  annidati  nei  boschi 
presso  la  città  ed  i  paesi  circonvicini,  potessero  meglio  prosperare  e 
moltiplicarsi  ;  e  minacciava  in  pari  tempo  severissime  pene  a  coloro 
che  in  qualsiasi  modo  li  molestassero,  sia  mettendoli  in  fuga,  o  dando 
loro  la  caccia  o  uccidendoli.  "  Le  pene  a  ciascun  contravveniente  saranno 
arbitrate  da  Noi  ;  e  vogliamo  che  secondo  la  qualità  della  disobbedienza 
e  delle  persone,  si  possano  estendere  non  solo  alla  confìscationt  dei  beni 
e  ad  ogni  pena  corporale,  ma  anche  alla  pena  della  morte  „  (L'editto  ha 
la  data  :  Casale,  21  giugno  1601  ;  sottoscr.  Fabio  Gonzaga.  V.  Guido 
Avellani). 


SIEMMI  ED  EMBLEMI  SULLE  MONtTE  DEL  MONFEHRAIO      I73 


primo  periodo  della  zecca,  l'impresa  è  di  solo  corpo, 
senza  Vanima,  per  usare  il  linguaggio  del  Giovio  e 
del  Ruscelli.  Al  contrario  sulle  monete  dei  due  secoli 
posteriori  il  motto  non  manca  mai;  e  in  qualche  caso 
trovasi  anche  senza  figura. 

Frequente  è  VAgtiila,  simbolo  della  potenza  e 
della  vittoria;  cosi  comune  in  tante  altre  zecche  ita- 
liane e  straniere.  Essa  è  ad  una  testa  sola  sopra  un 
quarto  di  grosso  di  Giovanni  II;  e  a  due  teste  sulle 
monete  de'  suoi  successori.  Trovasi  sempre  sotto  la 
forma  araldica,  ben  differente,  come  è  noto,  dalla 
forma  naturale  di  quest'uccello  rapace  ;  cioè  ad  ali 
spiegate,  di  prospetto,  colla  testa  volta  di  fianco,  il 
rostro  incurvato,  la  lingua  sporgente,  le  zampe  di- 
varicate, e  gli  artigli  aperti.  Anch'essa  e  sempre  ca- 
ricata dello  scudetto  di  Monferrato:  e  figura  anche 
su  qualche  pezzo  dei  Gonzaga. 

Sopra  moltissime  monete  delle  due  stirpi  domi- 
nanti riscontrasi  la  Croce;  simbolo  di  fede  e  di  pietà 
religiosa:  fede  e  pietà  che  non  mancavano  mai,  anche 
nei  tempi  della  più  efferata  barbarie:  e  quando  man- 
cavano, si  ostentava  di  esserne  dotati  :  per  modo  che 
la  croce  campeggia  sopra  moltissime  zecche  italiane 
e  straniere  di  tutti  i  tempi.  Nella  monetazione  mon- 
ferratese  la  croce  si  presenta  in  parecchie  delle  tante 
forme,  colle  quali  è  conosciuta  nell'araldica:  ora  sem- 
plice, ora  ornata,  fiorita,  filettata,  patente,  gigliata, 
potenziata,  di  Gerusalemme,  ecc.  E  numerose  sono 
pure  le  leggende  che  accompagnano  questo  simbolo  : 

ADORAMVS  TVAM  C(ritcem)  sopra  parecchi  rolabassi, 
quarti,  forti  e  bianclietti. 

SVB  TVVM  PR/ESIDIVM,  nei  grosso  di  Bonifacio,  nel 
mezzo  grosso  di  Guglielmo  IX,  ecc. 

IN  HOC  SI&NO  VINCES,  in  un  grossclto  di  Gian 
Giorgio. 


174  FLAVIO    X'ALKKAM 


IN  HOC  SIGNO  EJICIAS  D>tMONIA  sullo  SCudo  d'oro 
di  Margherita  e  Francesco,  e  su  quello  di  Margherita 
e  Guglielmo.  Invece  sugli  scudi  d'oro  dei  tre  ultimi 
Paleologi  la  croce  era  accompagnata  dalla  leggenda 
solita  degli  scuti  del  sole  di  Francia,  sul  cui  tipo 
erano  coniati  :  cioè  XPS  VINCIT,  XPS  REGNAI,  XPS 
IMPERAI. 

QVI  NON  COLLIGII  MECVM  DISPERGII,  SuUo  SCUdo 
d'oro  di  Guglielmo  Gonzaga. 

CRVX  CHRISII  SALVS  NOSIRA  leggesi  sul  bianco' à\ 
Margherita  Paleologa,  e  su  quello  di  Guglielmo 
Gonzaga. 

IN  DEO  SPES  MEA  sul  quarto  di  Guglielmo. 

Tutte  queste  leggende  non  sono  esclusive  della 
monetazione  casalese;  e  molte  di  esse  sogliono  ac- 
compagnare la  croce  sulle  monete  di  parecchie  altre 
zecche  d'Italia  e  dell'estero. 

III. 

Alcuni  emblemi  della  famiglia  Gonzaga  figurano 
già  sulle  monete  della  zecca  di  Mantova,  prima  che 
a  questa  famiglia  toccasse  in  eredità  il  dominio  del 
Monferrato.  Così  vediamo  frequentemente  raffigurato 
il  Monte  Oliììipo  col  motto  FIDES,  che  gli  sta  sopra: 
notissima  impresa  che  si  compose  Federico  II  fin  da 
quando  succedette,  nel  1519,  al  padre;  e  che  si  ri- 
scontra in  tante  monete  mantovane,  e  poi  su  quelle 
di  Casale.  È  un  monte  ornato  di  alberi,  con  un'ara 
sulla  vetta,  coronata  dalla  parola  FIDES;  e  in  esso  si 
volle  ravvisare  il  superbo  significato  simbolico  della 
favola  mitologica  intorno  a  questo  monte,  soggiorno 
di  Giove. 

Frequente  del  pari  vediamo  il  Crogiuolo  ardente, 
ripieno  di  verghe  d'oro,  col   biblico  motto  PROBASII 


STEMMI   ED   EMBLEMI    SULLE    MONETE    DEL    MONFERRATO  I75 

ME  DOMINE  ET  COGNOVISTI  ;  impresa  adottata  dal  duca 
di  Mantova  Francesco  II,  dopo  la  battaglia  di  For- 
novo  (1495)  nella  quale  egli  ebbe  tanta  parte.  Se- 
condo la  testimonianza  del  Giovio,  egli  avrebbe  adot- 
tato questa  impresa  in  occasione  dei  sospetti  che  su 
lui  gravavano,  per  la  sua  condotta  in  quella  famosa 
battaglia  quale  generalissimo  della  Lega,  e  quale  spe- 
ciale condottiero  delle  forze  venete.  Siccome  egli  potè 
giustificarsi  delle  accuse,  così  immaginò,  a  ricordanza 
della  sua  innocenza,  l'impresa  di  un  crogiuolo  in 
mezzo  alle  fiamme,  in  cui  si  fa  una  prova  decisiva 
della  bontà  e  finezza  del  vaso  e  delle  verghe  d'oro 
in  esso  contenute:  e  il  motto  che  l'accompagna,  viene 
a  confermare  il  suo  significato  simbolico. 

\J Aquila  ad  una  testa  sola,  sia  sul  rovescio  della 
moneta,  sia  nello  stemma  inquartato,  è  l'aquila  del- 
l'impero; perchè  dall'impero  riconoscevano  i  Gonzaga 
l'autorità  di  cui  erano  rivestiti. 

Il  Delfino,  ricurvo  e  incoronato,  non  si  osserva 
che  sopra  alcune  monetine  di  Guglielmo  X  che  egli 
volle  coniare  ad  imitazione  dei  Harris   del  Delfinato. 

Anche  la  Giustizia,  in  piedi,  colla  spada  in  una 
mano  e  la  bilancia  nell'altra,  e  colla  leggenda:  CVIQVE 
SVVM,  non  si  nota  che  sulla  lira,  o  terzo  di  scudo  di 
Guglielmo  Gonzaga;  moneta  coniata  quando  egli 
adottò  il  nuovo  sistema  monetario  emesso  dal  suo 
vicino  Emanuele  Filiberto.  La  Giustizia  è  raffigurata 
tanto  sulle  lire  coniate  quando  egli  era  ancora  mar- 
chese di  Monferrato,  quanto  dopo  ch'egli  ebbe  otte- 
nuto il  titolo  di  Duca,  cioè  dopo  il  1574.  Ma  se  v'ha 
un'impresa  che  poco  convenisse  a  questo  duca,  è 
appunto  questa  della  giustizia;  perchè  ognuno  ricorda 
quanto  poca  giustizia  egli  usasse  verso  i  cittadini  di 
Casale,  allorché  col  terrore  e  colle  scellerate  ucci- 
sioni, spoglio  completamente  la  città  de'  suoi  statuti 
e  privilegi,  sottoponendola  per  intiero  al  suo  disjìo- 
tismo. 


176  FLAVIO   VALERANI 


L'impresa  del  Cervo,  che,  come  già  dissi,  cam- 
peggia sulle  monete  degli  ultimi  Paleologi,  trovasi 
pure  su  quelle  dei  Gonzaga;  e  nel  medesimo  atteg- 
giamento, cioè  accovacciato,  è  solo  in  due  quattrini 
di  Margherita  e  di  Guglielmo.  Più  tardi  lo  vediamo 
sulla  mezza  lira  dei  medesimi,  ancora  in  istato  di  ri- 
poso, ma  tenendo  in  bocca  una  vipera  per  metà  di- 
vorata, col  motto  SIC  REPAROR;  volendo  così  manife- 
stare il  modo  con  cui  essi  sapevano  distruggere  i 
nemici,  che  tanto  li  avevano  molestati  colla  guerra 
nei  loro  possedimenti. 

Anche  su  parecchi  altri  pezzi  del  duca  Ferdi- 
nando, e  di  Carlo  II  (Gonzaga-Nevers)  vediamo  l'im- 
presa del  cervo,  ma  in  altro  atteggiamento;  esso  è 
corrente  verso  una  fonte,  da  cui  zampilla  l'acqua, 
col  motto  biblico:  ITA  ANIMA  MEA  AD  TE  DEVS;  sottin- 
tendendo: ut  cerviis  acì  fontem. 

Il  Sole  si  osserva  su  qualche  moneta  di  Ferdi- 
nando e  di  Carlo  II  ;  ed  è  sempre  rappresentato  al 
solito  modo  araldico,  cioè  a  forma  del  volto  umano, 
contornato  da  sedici  raggi  fiammeggianti.  L'impresa 
è  completata  dal  motto  NON  MVTVATA  LVCE;  ed  è  sim- 
bolo superbo  di  grandezza  e  di  nobiltà  illustre.  Essa 
era  speciale  della  zecca  mantovana;  tuttavia  i  duchi 
sopra  mentovati  vollero  pure  estenderla  ad  alcune 
monetine  della  zecca  casalese. 

Non  voglionsi  dimenticare  alcune  altre  leggende, 
benché  non  accompagnate  da  figura;  imprese  senza 
corpo.  La  più  notevole  è  quella  scritta  sul  rovescio 
della  lira,  ove  sono  effigiati  la  madre  Margherita 
Paleologa  e  il  figlio  Guglielmo  addossati  :  NON  IM- 
PROVIDIS,  entro  una  ghirlanda,  per  accennare  che  i 
nemici  non  li  avrebbero  mai  colti  alla  sprovvista  e 
impreparati. 


STEMMI  ED  EMBLEMI  SULLE  MONETE  DEL  MONFERRATO      I77 

IV. 

Per  ultimo  sono  da  ricordare  le  figure  e  le  leg- 
eende  delle  monete  ossidionali. 

Nel  corso  della  guerra  per  la  successione  del 
Monferrato,  Casale  dovette  sottostare  a  due  assedii, 
nei  quali  furono  coniate  monete  di  necessità.  Nel 
primo  assedio,  che  durò  a  lungo  (1628-29),  non  fu- 
rono battuti  che  due  pezzi,  cioè  lo  scudo  e  il  mezzo 
scudo.  Portano  entrambi  lo  stemma  dei  Gonzaga, 
inquartato  dell'aquila  e  caricato  dello  stemma  paleo- 
logo;  e  nel  campo  del  rovescio  havvi  una  targa  su 
cui  sta  scritto:  CASALIS  IN  OBSID-  INIVSTA;  qucH'lNIVSTA 
è  la  solita  protesta  delle  città  assediate  contro  gli 
assedianti:  non  hav\'i  però  alcun  emblema. 

Al  contrario  sono  ricche  di  figure  simboliche  le 
cinque  monete  battute  col  bronzo  dei  cannoni,  du- 
rante il  secondo  assedio,  quello  cioè  del  1630.  La 
prima  moneta,  col  valore  convenzionale  di  venti  fio- 
rini, portava  sul  diritto  lo  scudo  di  Francia  coi  tre 
gigli,  essendo  la  città  difesa  dai  francesi;  e  colla 
leggenda:  FLORESCAM  INSTAR  HORVM  ;  e  sul  rovescio 
le  due  figure  femminili  della  giustizia  e  della  forza, 
colla  scritta:  HIS  DVCIBVS  OMNIA  DOMANTVR;  e  in  basso 
TOIRACE  CLIPEO.  L'allusione  è  manifesta;  ciue:  "  avendo 
la  ragione  e  la  forza  vinceremo,  sotto  l'usbergo  del 
maresciallo  Toyras  »  il  quale  a\e\a  il  comando  nella 
citlà  assediata. 

Nella  seconda  moneta,  del  valore  di  dieci  fiorini. 
il  solito  scudo  francese  è  circondato  dalla  leggenda 
HORVM  AVXILIO  NON  OPPRIMAR  ;  cioè  Cull'aiuto  di  questi 
gigli,  ossia  della  Francia,  non  sarò  battuta.  Nel  ro- 
vescio havvi  la  pianta  della  cittadella  di  Cas;de,  e 
nell'interno  una  donna  seduta  colla  corona  e  con  una 
palma  nella  mano  destra:  e  intorno  il  motto:  TENTATA 
SED  INCORRVPTA.   La   palma,  emblema    della     vitt<jria. 


23 


l'^S  FLAVIO    VALERANl 


con  la  bella  iscrizione,  era  giustificata  dal  fatto,  che 
la  forte  cittadella  non  era  mai  stata  presa,  malgrado 
i  tentativi  nemici. 

In  tutte  queste  monete  l'impresa  è  sempre  par- 
lante; e  si  accenna  sempre  ai  gigli  di  Francia.  Così 
nella  terza,  del  valore  di  cinque  fiorini,  leggesi:  VOS 
CANDIDI  ME  PVRAM  (sottintendi  SERVATE)  attorno  allo 
scudo  dei  tre  gigli.  Nel  rovescio:  NEC  Vi  NEC  FRAVDE 
e  nel  campo  una  sirena  ed  un  trofeo  d'armi;  il  si- 
gnificato è  chiaro:  «  non  sarò  presa  ne  colla  forza 
(le  armi)  ne  coli' inganno  (la  sirena)   ». 

Le  due  ultime  sono  piccole  monetine  del  valore  di 
tre  grossi,  con  leggiera  differenza  nell'una  dall'altra; 
e  portano  intorno  allo  scudo  coronato  e  gigliato  HIS 
FAVENTIBVS  1630;  e  nel  rovescio:  OPPRESSA  BIS  EXALTOR 
intorno  ad  uno  scudetto  accartocciato,  entro  cui  stanno 
due  palme  addossate  e  coronate,  con  sotto  la  lettera 
C  (Casale).  Le  due  "palme  e  la  leggenda  accennano 
ai  due  assedii  valorosamente  sostenuti  dalla  città  nel 
breve  periodo  di  due  anni. 

Tanto  sfoggio  di  figure  simboliche  sopra  monete 
di  valore  puramente  convenzionale,  non  deve  recar 
meraviglia,  quando  si  rammenti  che  ciò  era  un  por- 
tato di  quel  secolo.  Le  menti  si  torturavano  alla  ri- 
cerca di  simboli,  talvolta  oscuri  ed  arcani,  per  espri- 
mere i  loro  concetti;  e  se  ne  faceva  pompa  dapper- 
tutto. Quest'  usanza,  già  tanto  diffusa  nel  secolo 
precedente,  erasi  perpetuata  nel  seicento.  E  in  tempo 
d'assedio  tutti  questi  simboli  figurati  erano  una  specie 
di  sfida  ai  nemici;  suonavano  tutti:  «  avete  un  bel 
fare,  ma  non  riuscirete  a  vincere,  né  a  prendere  la 
città  assediata  ». 

Flavio  Valerani. 


MONETE  ITALIAMÌ  INEDITE 

DEELA    RACCOETA    PAPADOPOEI 
(Appendice  II  al  N.  1) 


11  desiderio  di  far  conoscere  tre  pezzi  della  mia 
raccolta,  tutti  e  tre  a  mio  credere  assai  interessanti 
per  ragioni  diverse,  e  cioè  l'uno  ]xt  il  suo  valore 
rilevante,  l'altro  per  la  sua  forma,  e  il  terzo  per  es- 
sere la  prova  in  metallo  nobile  di  una  moneta  di 
mistura  che  non  fu  emessa,  mi  obbliga  a  parlare  di 
quella  eccezionale  monetazione  veneziana  che  com- 
prende i  multipli  dello  zecchino  e  i  pezzi  d'oro  bat- 
tuti con  gli  stampi  delle  monete  d'argento.  Veramente 
si  sa  ben  poco  intorno  a  queste  monete  che  ordina- 
riamente si  dicono  emesse  per  conto  di  privati  o  per 
capriccio.  Non  ho  perduto  la  speranza  che  le  ricerche 
da  me  istituite  negli  Archivi  pubblici  relativamente 
all'ultimo  periodo  della  zecca  veneta  nei  secoli  XVII 
e  XVIII,  fruttino  qualche  documento  sconosciuto  che 
mi  permetta  di  dire  qualche  cosa  di  più  sulla  origine 
e  destinazione  di  esse,  intanto  però  devo  forzatamente 
limitarmi  a  quel  poco  che  si  sa  e  a  quello  che  risulta 
dagli  esemplari  conosciuti.  Ne  questo  sarà  lavoro  del 
tutto  inutile  specialmente  se  servirà  a  indurre  quelli 
che  possiedono  pezzi  appartenenti  a  queste  categorie 
a  comunicarmi  descrizioni  e  impronti,   onde    l'opera 


l8o  N.    PAPADOPOLI-ALDOBRANDINl 

da  me  intrapresa  riesca  completa  il  più  possibile  nel 
vantaggio  comune  degli  studiosi. 

L'origine  di  questa  monetazione  si  fa  risalire  al 
i6to  e  si  considera  come  una  conseguenza  del  de- 
creto emesso  dal  Senato,  in  data  12  febbraio  1609, 
more  veneto,  ossia  t6io.  Con  questo,  allo  scopo  di 
richiamare  alla  zecca  veneta  le  correnti  dell'argento 
da  monetare  che,  per  le  nuove  condizioni  create  al 
mercato  europeo  dal  monopolio  spagnuolo  delle  mi- 
niere americane,  divenivano  sempre  più  tenui,  era 
data  facoltà  a  quanti  portavano  argenti  in  zecca  di 
farlo  coniare  non  in  una  specie  determinata  di  mo- 
nete, ma  bensì  in  quella  specie  che  fosse  di  loro 
maggior  gradimento,  purché  del  peso  e  della  lega 
stabilita  per  le  varie  qualità  di  moneta  fina  che  al- 
lora si  emetteva.  Stando  alla  lettera  del  decreto,  non 
si  potrebbe  legittimamente  derivare  da  esso  la  facoltà 
di  coniare  speciali  pezzi  d'oro:  ma  lo  Zon,  acuto  stu- 
dioso della  numismatica  veneziana,  collega  insieme  i 
due  fatti  ">,  e  il  suo  parere  ha  un  certo  valore,  pen- 
sando che  egli  visse  in  tempi  ne'  quali  si  manteneva 
ancora  la  tradizione  dell'ultimo  periodo  della  Repub- 
blica veneta.  Si  può  quindi  ritenere  che,  o  il  decreto 
in  parola  fu  interpretato  assai  largamente,  o  ad  esso 
seguirono  altre  concessioni,  generali  o  parziali,  rela- 
tive alla  monetazione  aurea,  divenute  poi  consuetudine. 

Questa  opinione  intanto  trova  conferma  nel  fatto 
che  il  primo  pezzo  multiplo  dello  zecchino  finora  co- 
nosciuto è  quello  di  Leonardo  Dona  che  esiste  nella 
mia  raccolta  <2)  e  di  cui  presento  il  disegno;  il  primo, 


(i)  Cenni  islorici  intorno  alla  moneta  veneziana  di  A.  Z.  (Estratti 
dall'opera:   Venezia  e  le  sue  las:nne).  Venezia,  1847,  in-8,  pagg.  5859. 

(2)  Nicolò  Papadoi'oli  :  Monete  inedite  della  zecca  veneziana.  Vene- 
zia, i88i,  Ì11-4,  png.  14. 


MONKTE    italiani;    INEDITE 


i8i 


perchè  il  doppio  zecchino  di  Alvise  I  Mocenigo,  oltre 
al  non  appartenere  a  questa  categoria,  fu  una  sem- 
plice prova  che  non  ebbe  seguito  <■'.  Questo  pezzo 
pesa  esattamente  gr.  52,16;  corrisponde  quindi  al- 
l'incirca  a  quindici  volte  il  peso  dello  zecchino  che 
era  di  gr.  3,494.  Il  conio  con  cui  fu  battuto  è  iden- 
tico a  quello  dello  zecchino  d'argento  di  cui  porta 
ancora  le  sigle  del  massaro  F  •  S  ■.  che  rispondono  al 
nome  di  Fantino  Soranzo,  il  quale  tenne  quell'ullicio 


'^ 


poco  dopo  la  pubblicazione  del  decreto  di  cui  ab- 
biamo parlato.  Fin  da  questo  primo  esempio  noi  pos- 
siamo constatare  che  il  peso  di  questi  eccezionali 
pezzi  d'oro  era  esattamente  divisibile  per  il  peso  dello 
zecchino,  e  che  per  essi  si  adoperarono  i  coni  del- 
l'argento, zecchino,  giustina,  scudo  e  rispettive  fra- 
zioni, senza  nemmeno  occuparsi  di  toglierne  le  ini- 
ziali dei  massari  e  le  indicazioni  del  valore.  A  questo 
primo  (2)  e  finora  unico  esemplare  di  Leonardo  Dona, 
seguono  pezzi  da  due   e   da   cinque    zecchini  battuti 


(1)  Cfr.:  Le  iiioiie/e  di  l/enezia  discntle  ed  illu^tritle  da  Nicolò  [^a- 
i'Adopoli-Aldobrandini:  Parte  II.  Venezia,   1907,  in-4,  pag.  312. 

(2)  Il  I-AZAKi  nelle  sue  schede  rìcurfla  nn  pezzo  da  sei  zecchini  di 
Leonardo  Dona,  però  senza  darne  la  descrizione  e  senza  dire  ntniiiieno 
dove  esiste. 


l82 


N.    PAPADOl'OLI-ALDOBK  ANDINI 


sotto  il  doge  Antonio  Friuli  con  coni  piccoli  e  spe- 
ciali, mentre  sotto  il  doge  Nicolò  Contarini  troviamo 
adoperato  di  nuovo,  come  sotto  il  Dona,  il  conio  dello 
zecchino  d'argento  e  frazioni  per  battere  pezzi  d'oro 
di  diverso  valore. 

Il  Museo  Bottacin  di  Padova  e  il  Gabinetto  Im- 
periale di  Vienna  possiedono  di  questo  doge  pezzi 
del  peso  di  venti  zecchini  battuti  col  conio  dello 
zecchino  intero  d'argento;  io  ne  possiedo  tre  del  ri- 


spettivo peso  di  quindici,  dieci  e  cinque  zecchini  battuti 
con  quello  del  mezzo  zecchino  d'argento,  finalmente  il 
Musco  Civico  di  Trieste  ha  l'ottavo  dello  zecchino 
d'argento  battuto  in  oro  col  peso  di  tre  zecchini.  In 
tutti  questi  pezzi,  come  può  vedersi  dalla  riprodu- 
zione di  uno  di  quelli  della  mia  raccolta,  le  sigle  dei 
massari,  che  a  quei  tempi  si  trovano  soltanto  sulle 
monete  d'argento  e  che,  come  vedemmo,  vennero  la- 
sciate intatte  nel  pezzo  d'oro  di  Leonardo  Dona,  fu- 
rono cancellate  con  la  sovrapposizione  di  rosette  o 
stelle,  non  però  così  completamente  da  non  veder- 
sene le  traccie.  Forse  con  questo  ripiego  si  volle 
ovviare  al  pericolo  che  qualche  male  intenzionato 
potesse,  dorandoli,  far  passare  per  oro  anche  i  pezzi 
d'argento.  Sia  per  questo  motivo,  sia  per  essere  ve- 
nuti a  mancare  i  coni  degli  zecchini  d'argento  la  cui 


MONKTE    ITALIANE    INEDITE  183 

emissione  si  arresta  al  dogato  di  Nicolò  Contarini, 
sta  in  fatto  che  d'ora  in  avanti,  senza  tralasciare  di 
usare  gli  stampi  delle  monete  d'argento  e  più  rara- 
mente anche  quelli  di  qualche  moneta  di  mistura  per 
battere  pezzi  d'oro,  si  fabbricano  coni  speciali  per  i 
multipli  dello  zecchino  con  la  figurazione  identica 
dello  zecchino  semplice.  Stante  l'assoluta  mancanza 
<di  documenti  in  proposito,  non  si  può  oggi  stabilire 
quali  fossero  le  ragioni  della  emissione  di  queste  ec- 
cezionali monete:  se  avvenne  cioè  per  conto  del  go- 
verno o  dei  privati,  se  per  la  ordinaria  circolazione 
o  per  circostanze  speciali  di  ricompense  o  donativi; 
ma  l'essersi  fabbricati  dei  coni  appositi  per  farle, 
dimostra  che  esse  non  erano  un  semplice  capriccio, 
ma  rispondevano  a  una  data  funzione,  che  noi  pos- 
siamo spiegare  e  collegare  col  fatto  verificatosi  fino 
a  tempi  a  noi  vicini  che  le  monete  d'oro,  special- 
mente gli  zecchini,  si  ricevevano  nei  pagamenti  a 
peso  e  non  a  numero:  d'altronde  le  quantità  emesse 
non  dovevano  essere  tanto  piccole  se,  non  ostante 
l'evidente  vantaggio  di  demonetizzarli  anche  per  usi 
industriali,  parecchi  esemplari  giunsero  fino  a  noi. 

Questi  coni  speciali  cominciano  col  doge  Fran- 
cesco Molin  e  si  ripetono  quasi  contantemente  fino 
all'ultimo,  Lodovico  Manin.  Essi  sono  di  due  gran- 
dezze; l'una  di  mm.  52  all'incirca  serviva  per  i  pezzi 
dj  peso  inferiore,  l'altra  di  circa  mm.  75  per  quelli 
di  peso  massimo  dai  cinquanta  ai  cento  zecchini.  Di 
questo  conio  grande  non  si  conosceva  fino  ad  oggi 
che  quello  del  doge  Lodovico  Manin  conservato  nel 
Museo  Archeologico  di  San  Marco  insieme  con  gli 
altri  coni  di  quest'ultimo  doge  che  non  furono  spez- 
zati com'era  costume:  un  esemplare  del  peso  di  cento 
zecchini  stam[)ato  con  questo  conio  esiste  nel  Museo 
Britannico  a  Londra,  e  un  altro  del  peso  di  cinquanta 
nel  Museo  Civico  e  Correr  di   Venezia.    Oltre  a  ciò 


184 


N.    PAPADOPOLI-ALDOBRANDINI 


io  possiedo  l'impronta,  di  cui  non  ricordo  la  prove- 
nienza, del  conio  grande  di  Paolo  Renier,  dei  quale, 
per  conseguenza,  deve  esistere  in  qualche  luogo  la 
moneta  corrispondente  non  so  di  qual  peso  e  valore. 
11  terzo  conio  grande,  finora  ignorato  da  tutti,  è 
quello  che  ho  il  piacere  di  presentare  qui  disegnato 
dall'esemplare  che  possiedo  e  di  cui  ecco  la  descri- 
zione : 


f^  —  S.  Marco  in  piedi  sopra  due  gradini  tiene  il  Vangelo 
con  la  sinistra  e  con  la  destra  benedice  il  doge 
genuflesso  davanti  a  lui  sopra  un  cuscino;  il  doge 
regge  con  la  sinistra  un'asta  che  ha  in  cima  una 
croce  trifogliata  e  tiene  la  destra  sul  petto.  Dietro 
al  doge  ALOYSIVS  *  MOCENICO  *,  lungo  l'asta 
DVX,  dietio  al  Santo  S  *  M  *  VENETVS  *  in 
colonna. 

9—11  Redentore  in  piedi  di  fronte  con  raggi  attorno  al 
capo,  benedice  con  la  destra  e  tiene  il  globo  cru- 
cigero  nella  sinistra,  entro  un'aureola  elittica  adorna 
di  diciotto  stelle  a  sei  punte,  otto  per  parte,  una 


MONETE   ITALIANE   INEDITE 


185 


sopra  il  capo  e  una  sotto  i  piedi.  Nel  giro:  SIT  'ft 
T  *  XPE  *  DAT  *  Q  *  TV  REGIS  * 

ISTE  *  DVCATVS  *. 

Oro,  titolo  loco  (24  carati  di  fino),    peso    gr.  349,5    (peso    esatto  di 
cento  zecchini),  diametro  nim.  76. 


Non  ho  dati  precisi  per  stabilire  a  quale  dei  tre 
dogi  che  col  nome  di  Alvise  Aloceiiigo  regnarono 
negli  ultimi  tempi,  appartenga.  Per  il  lavoro,  'per  la 
forma  delle  lettere  e  delle  stelle  e  rosette,  io  pro- 
penderei a  ritenerlo  di  Alvise  III  Mocenigo  (1722- 
1732),  sebbene  il  cuscino  posto  sotto  le  ginocchia  del 
doge  non  apparisca  che  nei  pezzi  degli  ultimi  due 
dogi,  e  ciò  può  far  sospettare  che  questo  appartenga 
ad  Alvise  IV  Mocenigo.  il  quale  li  precede  imme- 
diatamente. E  rimarchevole  come  questo  e  mi  altro 
pezzo  di  diametro  minore  pure  esistente  nella  mia 
raccolta  col  nome  di  Alvise  Mocenigo,  del  i~>eso  di 
cinquanta  /cechini,  abbiano  il  cuscino,  siano  mancanti 
della   rosetta  sotto  la  parola  DVX,  e  il  doge  vi  sia  ef- 


l86  N.    PAPADOPOLI-AI.DOBRANDIM 

fìgiato  senza  barba;  mentre  in  tutti  gli  altri  pezzi 
grandi  che  io  conosco,  i  dogi  sono  effigiati  con  la 
barba  anche  quando  non  si  costumava  più  di  por- 
tarla, e  sotto  la  X  della  i)arola  DVX  si  trova  una  ro- 
setta o  una  stella.  Per  me  è  certo  che  i  due  pezzi 
appartengono  allo  stesso  principe;  il  minore,  che  io 
possiedo  da  lungo  tempo,  venne  da  me  attribuito  ad 
Alvise  III  Mocenigo  per  le  affinità  che  presenta  in 
tutte  le  sue  caratteristiche  con  quelli  dei  dogi  più 
vicini. 

Il  secondo  pezzo  è  notevole  per  la  sua  forma 
quadrilatera.  Quésta  forma  che  si  ripete  con  qualche 
frequenza  nella  monetazione  germanica,  è  rarissima 
in  quella  italiana  e  speciailmente  in  quella  veneziana. 
Feci  conoscere  altra  volta  la  liretta  di  Marc'Antonio 
Giustinian  battuta  in  oro  di  forma  quadrata  (');  dello 
stesso  doge  al  Museo  Civico  e  Correr  c'è  anche 
l'osella  dell'anno  primo  battuta  in  oro  con  la  stessa 
forma.  Il  pezzo  che  ora  pubblico  è  il  terzo  che  si 
conosca  della  serie  veneziana.  Si  tratta  di  un  multi- 
plo di  zecchino  del  doge  Giovanni  II  Corner  (1709- 
1722),  battuto  con  conio  identico  a  quello  con  cui 
furono  battuti  altri  multipli  nella  ordinaria  forma 
rotonda. 

^  —  San  Marco  in  piedi  tiene  il  Vangelo  con  la  sinistra 
e  benedice  con  la  destra  il  doge  genuflesso  da- 
vanti a  lui  che  tiene  la  destra  sul  petto  e  regge 
con  la  sinistra  una  croce  in  asta:  dietro  il  doge 
IOAN  •¥  CORNEL  *,  lungo  l'asta  DVX  *,  dietro  il 
santo  S  •  M  •  VENETVS  in  colonna. 

9*  —  Il  Redentore  in  piedi  di  fronte  benedice  con  la  de- 
stra e  tiene  il  globo  crucigero  nella  sinistra,  entro 


(i)  Monete  inedite,  rie,  op.  cit.,  pag.   14. 


MONtTK    ITALIANE    INEDlTli 


187 


un'  aureola  elittica  con  venti  stelle  a  sei  punte, 
nove  per  parte,  una  sopra  la  testa  e  una  sotto  i 
piedi.  Nel  giro  SIT  '♦^  T  *  XPE  *  DAT  =*^  Q  * 
TV  *  *   REGIS  *  ISTE  *  DVCAT  *■ 


Oro,  titolo  1000   (carati  24  di  tìii  i|,    peso    gr.   115,1    (trentatre    zec- 
chini), diametro  nini.  52,  lato  maggiore  del  quadrilatero  inni.  53,5. 


N.    PAPADOPOLI-ALDOBRANDINI 


Viene  ultimo  un  piccolo  pezzo  d'oro  del  doge 
Lodovico  Manin  battuto  col  conio  del  mezzo  soldo 
o  mezzo  marchette. 


^  —  Il  Doge  inginocchiato  davanti  al  leone  alato  andante 
a  destra  tiene  con  la  mano  sinistra  un'asta  con 
banderuola  e  croce:  nel  giro  entro  doppio  cerchio 
di  perline  *  S  •  M  •  V  •  LODO  ■  MANI  •  esergo  *  6  *. 

F$  —  Il  Redentore  in  piedi  di  fronte  con  libro  nella  sini- 
stra: nel  giro  entro  doppio  cerchio  di  perline 
•  DEFENS  •         •  NOSTER  •. 

Oro,  titolo  looo  (carati  24  di  fino),  peso  gr.  1,705    (peso  del  mezzo 
zecchino),  diametro  mm.  20. 


Il  Padovan  (1)  nota  come  raro  il  pezzo  corrispon- 
dente in  mistura,  ma  è  un  fatto  che  esso  invece  non 
si  trova  in  nessuna  delle  raccolte  pubbliche  e  private 
da  me  vedute,  e  nessuno  dei  raccoglitori  e  negozianti 
da  me  conosciuti  l'ha  mai  avuto  per  le  mani:  quindi 
non  raro  deve  giudicarsi  ma  addirittura  inesistente. 
Questa  è  senza  dubbio  la  prova  di  un  conio  che  non 
fu  mai  messo  in  opera.  Avrei  voluto  accertarmi  se 
esso  si  trova  con  gli  altri  di  Lodovico  Manin  nel 
R.  Museo  Archeologico  di  San  Marco,  ma,  mi  duole 
il  dirlo,  non  mi  è  stato  possibile.  Perchè,  sebbene 
sembri  inverosimile,  pure  da  oltre  due  anni,  non 
ostante  le  premure  fatte  da  me  e  da  altri,  le  raccolte 
di  quel  Museo  sono  inaccessibili    e    non    se  ne  può 


(i)  La  Nummografia  veneziana.  Venezia,  1877,  in-8,  pag.  72. 


MONETE    ITALIANE    INEDITE 


189 


vedere  se  non  quel  tanto  che  apparisce  attraverso  i 
cristalli  delle  vetrine.  Sarebbe  ora,  mi  pare,  di  por 
fine  a  uno  stato  di  cose  veramente  indecoroso,  e  che, 
invece  di  fare  la  voce  grossa  per  ogni  oggetto  che 
cambia  di  proprietario  e  di  correr  dietro  ai  pretesi 
capilavori  che  vanno  all'estero,  si  provvedesse  a  far 
sì  che  gli  studiosi  potessero  almeno  giovarsi  del 
ricco  patrimonio  che  possediamo. 


N.  Papadopoli-Ai.dgbkandini. 


190 


N.    l'APADOPOLI-ALDOBR  ANDINI 


NOTA  dei  MULTIPLI  dello  ZECCHINO  VENEZIANO 

finora  conosciuti 


Nomi  dei  Dogi 


Leonardo  Dona 

Antonio  Friuli 
Nicolò  Centanni 

Francesco  Molin 

Francesco  Morosini 
Silvestro  Valier 
Alvise  II  Mocenigo 
Giovanni  II  Corner 
Alvise  III  Mocenigo 

Carlo  Ruzzini 
Alvise  Pisani 

Pietro  Grimani 

Alvise  IV  Mocenigo 

Paolo  Renier 

Lodovico  Manin 


Indicazione  dei  valori  e  dei  coni 


da  15  zecchini,  conio  dello  zecchino 
d'argento. 

da  5  zecchini,  conio  speciale  piccolo. 

da  20,  15,  IO,  5  e  3  zecchini,  coni 
dello  zecchino  d'argento  e  spezzati. 

da  50  (?),  20,  16,  12,  IO  e  7  zecchini, 
conio  speciale. 

da  8  (?)  e  da  6  zecchini,  conio  speciale. 

da  15,  i2{?)  e  IO  zecc,  conio  speciale. 

da  IO  zecchini,  conio  speciale. 

da  33,  15,  12  e  IO  zecc,  conio  speciale. 

da  100  (?),  50  (?),  IO  e  4  zecchini,  coni 
speciali  di  due  dimensioni. 

da  3  zecchini,  conio  speciale. 

da  40,  30  e  24  (?)  zecchini,  conio  spe- 
ciale. 

da  28,  22,  15  e  IO  zecchini,  conio 
speciale. 

da  100  (?),  50  (?),  18  e  IO  zecchini, 
coni  speciali  di  due  dimensioni. 

da  50  (?),  40,  24,  20,  18,  IO  e  8  (?) 
zecchini,  coni  speciali  di  due  di- 
mensioni. 

da  100,  50,  20  e  IO  zecchini,  coni 
speciali  di  due  dimensioni. 


Si  sono  omessi  i  doppi  zecciiini,  i  multipli  coniati  con  gli  stampi 
dello  zecchino  semplice,  e  in  generale  tutti  i  pezzi  battuti  in  oro  con  i 
coni  delle  monete  d'argento  di  mistura  e  di  rame. 

Quelli  che  possedessero  o  conoscessero  altri  pezzi  diversi 
da  quelli  qui  notati,  mi  faranno  cosa  assai  gradita  dando- 
mene notizia. 


NOTE 
SUR  LA  GLUVRE  DE  MILAN 


Tout  le  monde  connait  la  guivre,  la  biscia,  qui 
constitue  les  armoiries  de  l'illustre  famille  des  Vi- 
sconti de  Milan  et  qui  paralt  sur  de  nombreuses 
monnaies  de  Milan ,  pendant  les  XIV",  XV'  et 
XVP  siècles.  Farmi  ces  monnaies,  la  place  d'hon- 
neur  revient  sans  conteste  au  beau  florin  de  Ga- 
leazzo II  et  de  Barnabò  Visconti  (1354-1378)  ">.  Le 
gros  des  mémes  princes  est  aussi  trcs  digne  d'at- 
tention. 

Quelle  est  l'origine  de  la  guivre  ?  Laissons  de 
còte  la  legende  d'après  laquelle  Uberto  Visconti 
aurait  tue,  dans  les  environs  de  Milan,  un  dragon, 
qui  était  la  terreur  du    pays  '2).    C'est   une    legende. 


(1)  F.  et  E.  Gnecchi  :  Le  moiie/e  di  Milano,  1884,  pag.  37,  pi.  VI,  8; 
Catalogue  de  la  vente  de  la  Colleclion  Gnecchi  (Fraiicfort-s.-M.,  1902), 
n.  2623.  Cette  pièce  porte  des  Icgendes  remarquables,  qui  coniniencent 
par  le  mot  ci>neriu(in),  relatif  au  ciinier  des  écussons,  compose  d'une 
guivre  à  tòte  de  dragon.  Le  mot  cimeritim  paraìt  aussi  dans  les  ancicns 
statuts  de  Mantoue  (Du  Gange,  Gloss.,  s.  v.). 

(2)  F.  et  K.  G.NEccHi:  Op.  ci/.,  pag.  LXVIH. 


192  ADRIEN    BLANCHEt 


frequente  dans  de  nombreuses  contrées  et  qui  se 
rattache  à  l'histoire  de  saint  Georges,  apparentce 
elle-mème  au  mythe  d'Horus  (''. 

Nous  ne  nous  arréterons  pas  non  plus  au  fait 
que  le  bàton  pastoral  d'Ardengo  Visconti,  abbé  du 
monastère  de  Saint-Ambroise,  en  1226,  était  orné 
de  vipères  d'ivoire  '^).  Car  on  sait  que  beaucoup  de 
crosses  du  moyen  age  sont  ornées  de  serpents,  mo- 
tifs  de  décoration  fréquents  dans  l'art  roman. 

Non  seulement  les  auteurs  ne  sont  pas  d'accord 
sur  l'origine  de  la  guivre,  mais  les  opinions  sont 
divergentes,  mème  lorsqu'il  s'agit  de  décrire  le 
monstre. 

Ainsi,  pour  André  Alciat,  l'enfant  est  naissant 
par  la  gueule  du  serpent.  Cet  auteur  dit  qu'Othon, 
vicomte  de  Milan,  ayant  pris  et  tue  un  Sarrasin,  en 
Asie,  choisit  comme  emblcme  de  sa  victoire  le  casque 
de  l'infidèle  où  l'on  voyait  comme  cimier  une  vipere 
vomissant  un  enfant,  couvert  de  sang,  qui  naissait  ^3\ 


(i)  Cu.  Clermont-Ganneau  :  Horiis  et  Saint  Georges,  1877. 

(2)  F.  et  E.  Gnecchi  :  Op.  cit.,  pag.  l.XIX.  On  dit  aussi  qu'Othon 
Visconti,  vers  1270,  fit  sculpter  son  écusson  sur  la  porte  du  palais  ar- 
chiépiscopal  de  Legnano  et  que  cet  ornement  différait  des  armoiries 
postérieures  en  ce  que  l'enfant  tenait  une  flèche  de  la  main  droite  et  un 
niasque  de  la  gauche  (F.  et  E.  Gnecchi  :  Ibid.).  C'était  sans  doute  une 
fantaisie  d'artiste,  qui  ne  saurait  jeter  aucune  lumière  sur  l'origine 
niC'iiie  de  la  guivre.  Retenons  seulement  que  le  serpent  de  Milan  était 
déjà  connu  à  l'epoque  où  Dante  écrivait  (Purga/otre,  eh.  Vili). 

(3)  Andrea'  A/ciati  de  Singulari  certamine  tiber,  Lyon,  1545,  pag.  8r: 
"  ...  galese  ornamento  privavit,  idq.  gentilitiis  insignibus  suis  addidit,  hoc 
"  est  vipera  vix  natum  &  adhuc  manantem  sanguine  infantem  ore  evo- 
"  niens  „.  On  retrouve  la  mème  idée  dans  un  autre  ouvrage  du  mème 
auteur  {Andrea'  Alciati  einhlematiim  libe/his,  Paris,  1536,  pag.  5),  ;i  propos 
de  reniblòme  des  arnies  de  Milan,  dédié  au  due  Maxiniilieu  : 

Exiliens  infans  sinuosi  e  faiicibus  angiiis 
Est  gentilitiis  nobile  stemma  tuis. 
Ore  exit,  tradunt  sic  quosdam  enitier  angnes, 
An  quia  sic  Pallas  de  capite  orla  Jovis  ? 

CtV,  l'cdition  d'Anvers,  1574,  pag.  3740. 


NOTE  SUR  LA  GUIVRE  DE  MILAN  I93 


Et  Alciat  ajoute  quc  cet  emblème  était  celui 
d'Alexandre  le  Grand,  car  on  le  voyait  sur  les  vieilles 
monnaies  de  ce  roi,  qui  se  disait  issu  de  Jupiter. 

Paul  Jove  raconte  à  peu  prcs  la  nicme  legende; 
mais  il  est  d'avis  quc  l'enfant  est  dévoré  par  le 
serpent  ''"). 

Palliot,  tout  en  disant  que  l'opinion  de  Paul 
Jove  est  plus  croyablc  que  cello  d'xMciat,  reste  in- 
certain,  parce  qu'il  n'est  pas  éloigné  d'admettre,  avec 
Pline  et  Solin,  qu'en  Asie,  "  il  y  a  une  espèce  de 
«  serpens  qui  font  leurs  petis  par  la  bouche,  commc 
«  l'oyseau  Ibis  enfante  les  siens  et  coni  me  Jupiter 
«  enfanta  la  prudente  Minerve  »  i^'. 
'  Pétrarque  s'était  fait  l'écho  d'une  autre  tradition 
d'aprcs  laquelle  Azzo,  qui  devint  plus  tard  prince 
de  Milan.  suivant  une  expédition  de  son  [)ère,  de- 
scendit  de  son  cheval  pour  prendre  un  peu  de  repos 
et  enleva  son  casque  qu'il  plaga  sur  le  sol.  Un  ser- 
pent s'y  glissa  et,  lorsqu'Azzo  remit  l'armet,  tomba 
à  terre  en  lui  touchant  la  joue.  mais  cependant  sans 
lui  faire  aucun  mal  <3).  Azzo  vit  dans  cettc  aventure  un 
heureux  augure  et,  depuis  lors.  il  choisit  le  serpent 
comme  enseigne  de  guerre,  imitant  ainsi  Epaminondas. 

Bien  que  Pétrarque  eùt  été  chargc  par  les  Vi- 
sconti de  diverses  missions  politiques,  il  connaissait 


(i)  Paolo  Giovio  :  Le  vite  di  dicenove  H immilli  ii/iis/ri....  cioì',  ih  do- 
dici Visconti,  Venise,  isór,  f."  25  v."  :  "  Una  sriuaniosa  Biscia,  che  con 
"  la  dentata  bocca  divorava  le  gambe  d'un  sanguinoso  fanciullo  „.  Cfr. 
l'édition  latine  dans  J.-G.  Graeviiis,  T/iesaiinis  .lutiquitatnin  et  /listar. 
Italia,  t.  Ili,  premiere  pari  e,  1704,  col.  284. 

(2)  Pierre  Palliot  :  Li  vraye  et  parfnite  science  des  aniioiries,  1659 
{2'  ed.,  1895),  pag.  356. 

(3)  Francisci.Petraichae...  opera,  B.-iU-,  1581;  Rer.  meiiiorar.d.  1.  IIII, 
pag.  494:  "...ingens  vipera,  nullo  cornile  advertcntc,  in  galeani  jiixta 
"  positani  irrepsit.  Quim  cum  nio.'c  capiti  reponcret,  fumoso  quideni  iV 
"  horribili,  sed  prorsns  innocuo  lapsu,  per  dccoras  interrili  dncis  genas 
"  illa  descendit,  eam  a  neniine  la;di  passus,  aniniosus  adolesccns,  ad 
"  onien  geniinii,'  vicluriac  t  a.\it...  „. 

25 


194  ADIUF.N    MI.ANCHKT 


sans  doute  mal  l'histoirc  primitive  des  seigneurs  de 
Milan,  car  l'anecdote  qu'il  rapporte  n'explique  nul- 
lement  l'aspect  de  la  guivre.  L'autre  théorie  est 
préférable  ;  mais  il  convient  d'examiner  les  diver- 
gcnces  qui  existent  cntre  l'interprétation  d'Alciat  et 
celle  de  Paul  Jove. 

Andrea  Alciati  était  milanais;  il  devait  par  con- 
séquent  étre  enclin  à  exagérer  la  noblesse  de  la  cé- 
lèbre maison,  qui  avait  donne  tant  de  gioire  à  Milan. 
C'est  peut-ètre  en  obéissant  à  ce  sentiment  d'orgueil 
patriotique  qu'Alciat  décrivit  la  guivre,  comme  si  elle 
eùt  donne  naissance  à  l'enfant  qu'on  voit  dans  sa  gueule. 
Citant  les  anecdotes  de  serpents,  rapportées  à  propos 
de  la  naissance  d'Alexandre  le  Grand  et  de  Scipion 
l'Africain,  et  rappelant  l'histoire  des  Lusignan,  le  juris- 
consulte  milanais  arriva  facilement  à  conclure  que  l'en- 
fant naissant  de  la  tete  d'un  serpent  indiquait  une  ori- 
gine divine,  la  noblesse  de  lignage  et  un  cerveau  sage. 

Cette  théorie  devait  plaire,  mème  au  successeur  (•' 
des  ducs  qui  avaient  porte  avec  orgueil  le  titre  de 
diix  anguigcr  (2). 

Paolo  Giovio  n'avait  pas  les  mémes  préoc- 
cupations  lorsqu'il  décrivit  la  guivre  d'une  ma- 
nière differente,  que  l'on  doit  préférer,  car  l'aspect 
feroce  du  reptile  est  un  des  traits  constants  des  an- 
cienncs  représentations  de  la  biscia,  qui  parait  bien 
dévorer  un  enfant. 


(i)  La  pièce  de  vers,  qui  accoinpagne  l'écusson  à  la  guivre  dans 
les  Eiiibkinaia  d'Alciat,  est  dédiée  au  due  Maximilien  Sforza.  Francois- 
Alexandre  Sl'orza,  gendre  de  Philippe-Marie  Visconti,  était  devenu  due 
de  Milan,  à  la  niort  de  son  beau-père,  en  1450. 

(a)  Cette  épithète  se  lit  dans  l'cpitaphe  de  Galeazzo  I",  mort  en 
1328  (J.-G.  Grcevius,  Tlies.  Antiq.  et  Histor.  Italia',  t.  Ili,  première  partie, 
1704,  col.  293).  On  la  retrouve  dans  le  premier  vers  de  l'épitaphe  de 
Gian-Galeazzo  Visconti,  mort  en  1402  (Muratori:  Rcr.  ital.  script.,  t.  XVI, 
1730,  col.  1037)  et  Aleiat  lui-niénie  l'a  emplojce  dans  Venibleiita  relatif 
au  tombeau  de  ce  prince  (Ed.  de  Paris,  1536,  pag.  109). 


► 


NOTt:    SUR    LA    (.UIVRIC    UE    MII.AX  J95 


Et  cette  observation  m'amène  aux  rapproche- 
ments  qui  constituent  le  fond  de  cette  note. 

Il  n'est  pas  possible  d'admettre  que  les  armoiries 
des  Visconti  tirent  leur  origine  du  fait  qui  s'était  passe 
enAsie.selon  latradition  rapportéc  par  Alciat.  D'abord 
on  pourrait  s'étonner  qu'un  guerrier  sarrasin  ait 
porte  un  casque  orné  d'un  sujet  qui  n'est  certaine- 
ment  pas  niusulman.  De  plus,  Othon,  fbndateur  de  la 
dynastie  des  Visconti,  qui  gouverna  Milan  de  1277  ;ì 
1295,  était  ne  vers  1208,  et  il  est  peu  probable  qu'il 
ait  joué  un  ròle  actif  dans  la  sixièine  croisade  (1228- 
1229),  entreprise  par   l'empereur  Frcdéric  II  (0. 

Laissons  donc  de  còte  la  tradition  dont  les 
auteurs  du  XVP  siècle  ont  fait  la  fortune  et  sou- 
venons-nous  que  le  sujet  du  serpent  avalant  un  en- 
fant a  été  iraité  par  les  Anciens.  Plusieurs  auteurs 
nous  ont  parie  du  jeune  Opheltes,  fils  de  Lycurgue, 
rei  des  Thraces,  qui,  depose  sur  l'iierbe  par  sa 
nourrice  Hypsipyle,  fut  dévorc  par  un  serpent  <^). 

Stace  a  dépeint  cette  scène  tragique  à  plusieurs 
rcprises,  sans  doute  d'après  des  représentations  ([n'il 
avait  vues  : 

Sic  let  in  angiiiferae  ludeiitem  graniine  Lernae 
Rescissum  squamis  avidus  bibit  ignis  Ophelten  (3). 

hic  reptat  flebilis  infans, 

Hic  iacet,  extrenuim  tumuli  circuni  asperat  orbeni 
Squameus  ;  expectes  morientis  ab  ore  cruenta 
Sibila,  marmorea  sic  volvitur  anguis  in  basta  (4). 


(i)  Palliot  ne  craint  pas  d'avancer  que  le  combat  d'Othon  contrc 
le  Sarrasin  arriva  au  sicge  de  Jcrusalem  par  Godefroy  de  Bouillou 
(1099).  Depuis  le  XVI!°  siede,  nous  avons  appris  à  mieux  respecter  la 
chronologie. 

(2)  Pausanias,  II,  15,  2;  Apollodore,  1,  9,  14,  tt  les  autres  textes 
cité-i  dans  le  Lexikon  dir  f^riech.  11.  riim.  Mytiìologie  de  Roscher,  t.  Ili 
(1900),  col.  923  (Cfr.  Ibid.,  s.  v.  Hypsipyle,  col.  2855).  Opheltes  reijut  en- 
suite  le  noni  d'Arcliemoros. 

(3)  Stace:  Sihi.,  II,  I,  181  182  (Ed.  A.  Klotz,  Teubner,  pag.  40). 

(4)  Stack:    Theb.,  VI,  223  226(Ed.  Kohimann,  Teubner,  t.  Il,  pag.  153). 


196  ADRIEN    BLANCHET 


La  mort  d'Opheltes  a  cté  représentée  sur  des 
vases  peints  et  sur  divers  monumeiits  (').  Il  convient 
d'examiner  surtout  les  monnaies  d'Argos  et  de  Co- 
rinthe,  qui  nous  laissent  voir  plusieurs  phases  de 
la  scène  (2). 

Remarquons  surtout  les  bronzes  de  Domitien  et 
de  Septime  Sevère,  frappés  à  Corinthe  avec  le  type 
d'un  héros  (Adraste  ou  l'un  des  sept  chefs)  debout, 
combattant  un  serpent,  dressé  sur  ses  replis,  qui 
ticnt  dans  sa  gueule  Opheltes  dont  on  voit  le  buste, 
les  bras  étendus  en  avant  (3). 


(i)  J.  OvERBF-CK  :  Bildwerke  der  theb.  u.  iroj.  Her.,  pag.  no;  cfr. 
W.  H.  RoscnER  :  Lexikon,  loc.  cit.  et  aussi  s.  v.  Archemoros,  col.  472-473, 
La  mort  d'Opheltes  devint  un  thcme  assez  fréquent  pour  les  ccrivains 
et  les  artistes,  parce  qu'elle  avait  été  la  cause  de  la  fondation  des  jeux 
néméens. 

(2)  J.  MiLLiNGEN  :  Ancienl  cnins  of  Greek  cilies,  1831,  pi.  IV,  14; 
J.  Friedlaknder  :  dans  Archàol.  Zeitiing,  1869,  pag.  99  et  100,  pi.  XXIII, 
II  à  13  (monuaies  d'Argos,  Irappées  sous  Hadrien  et  Plautille)  ;  F. 
Imhoof-Blumer  et  Percy  Gardner  :  Nuniisinaiic  Commenlary  on  Pati- 
sanias,  1885-1887,  pag.  33,  pi.  i,  II  à  IX  ;  Cat.  du  British  Museum,  Peìo- 
ponnesus,  pag.  152,  n.  169,  pi.  XXVIII,  23.  —  On  trouve  aussi  Hypsipyle 
représentée  à  coté  d'Opheltes  sur  quelques  unes  des  monnaies  d'Argos 
que  je  viens  de  citer  et  sur  des  pièces  de  Caracalla  et  de  Philippe 
Pére  éinises  à  Nicopolis  d'Epire  (Cat.  British  Museum,  Thessaly  io  ALtolia, 
pag.  108,  n.  42,  pi.  XIX,  17).  Mais  pour  le  type  du  contorniate  portant 
la  legende  TTIUTAH  l'artiste  a  confondu  la  legende  d'Opheltes  avec 
celle  d'Hercule  étouffant  les  serpents  (^Rev.  num.,  1868,  pag.  257,  pi.  VII, 
4,  et  Anmtaire  Soc.  Num.,  1878,  pag.  241). 

(3)  F.  Imhoof-Blumer  et  Percy  Gardner:  Op.  cit.,  pi.  i,  VII  et  VIII. 
Ces  deux  pièces,  qui  faisaient  partie  de  la  collection  Imhoof  Bhimer, 
sont  aujourd'hui  au  Cabinet  de  Berlin.  Je  remercie  M.  Dressel,  qui 
a  eu  l'obligeance  de  m'en  envoyer  les  moulages.  Le  revers  dessiné  lei 
est  celui  de  la  monnaie  portant  au  droit  la  téle  de  Domitien. 


NOTE    SUR    LA    GUIVRE    DE    MILAN  197 

On  ne  saurait  nier  la  ressemblance  qui  cxiste 
entre  ces  représentations  du  serpent  dcvorant  Ophel- 
tes  et  les  figures  de  la  guivre  de  Milan. 

L'épithète  angiiiger  des  épitaphes  de  Galeazzo 
et  du  due  Gian-Galeazzo  est  proche  parente  de 
l'adjectif  anguifer  d'un  \ers  de  Stace,  cité  plus  haut. 
Les  oeuvres  de  ce  poète  ont  sùrement  été  lues  en 
Italie,  au  nioyen  àge  ;  car,  en  France,  dans  le  XIP 
siècle,  le  roman  de  Tlièbes,  dont  l'auteur  est  peut-ètre 
Benoit  de  Sainte-More,  fut  une  paraphrase  de  la 
Thchaidc  de  Stace'').  Il  est  certain  que  Dante  s'in- 
spire  souvent  plutòt  de  Lucain  (^);  mais  Stace  pa- 
rait  à  coté  de  Virgile  dans  diverses  scènes  du  Pny- 
gatoire  Cs)  et  les  poèmes  de  Dante  sont  rcmplis  de 
souvenirs  classiques  et  d'éjìisodes  empruntés  à  l'An- 
tiquité.  On  ne  saurait  donc  tenir  pour  impossible 
que  l'histoire  d'Opheltes,  rapportée  par  Stace,  ait 
fait  quelque  impression  au  moment  oli  se  formcrent 
les  armoiries  des  Visconti. 

Aussi  bien,  il  suffit  de  faire  le  rapprochement 
entre  le  serpent  d'Opheltes  et  la  guivre  de  Milan, 
sans  affirmer  que  celle-ci  derive  nécessairement  du 
premier. 

Car  il  ne  faut  pas  oublier  une  rare  rcprésenta- 
tion  de  Jason  dont  le  buste  sort  de  la  gueule  d'un 
dragon  (4).  Enfin,  il  y  a  une  autre  serie  de  monu- 
ments  que  les  Italiens  du  mo3en  àge  pouvaient  avoir 
aussi  devant  les  \'eux.  Je  veux  parler  des  sarco- 
phages  chrétiens  où  l'on  volt  quelquefois  Jonas  avalé 


(i)  Voy.  Gaston  l'aris,  La  lillérutiire  fnini;aise  au  iiioyen  age,  3'  eJ. 
1905.  pag-  82. 

(2)  Voy.,  par  excinplc,  Eu/er,  eh.  XXIV,  85    (Ed.  Soartazzini,    i?>T-\) 
et  cfr.  Lucain,  Phars.,  IX,  706-721. 

(3)  Par  e.xeniple,  dans  les  chants  XXII  ti  XXIV. 

(4)  Dìclionnaire   des   aniiq.   gr.    et    rom.,    s.    v.  Draco  (E.   Pottier), 
pag.  408,  lig.  2575. 


198  ADRIEN    BLANCHF.T 


par  un  monstre  ;  et,  sur  quelques  sculptures  de  cette 
sèrie,  l'animai  ressemble  beaucòup  plus  à  un  dragon 
ou  serpent  qu'à  une  baleine  i^K 

Mais,  s'il  règne  encore  des  incertitudes  sur 
l'origine  de  la  guivre  de  Milan,  je  crois  qu'on  peut 
considérer  comme  probable  que  cette  figure  fut  in- 
spirée  par  une  représentation  antique. 

Pendant  tout  le  XIIP  siècle,  les  artistes  italiens 
ont  souvent  pris  leur  inspiration  parmi  les  objets 
antiques  qui  les  environnaient.  La  première  émission 
des  augustales  de  Frédéric  II  eut  lieu  vers  1232  ; 
la  chaire  de  Nicolò  Pisano  est  de  1260  et  le  sceau 
de  Bernardus  de  Parma  est  antérieur  à  1265  (2).  Or, 
Othon,  fondateur  de  la  dynastie  des  Visconti,  gou- 
verna  Milan  pendant  le  dernier  quart  du  XIIP  siècle. 

Adrien  Blanchet. 


(1)  Par  exemple,  sur  une  peinture  du  cimeticre  de  Saint-Callixte 
et  sur  le  sarcophage  de  Sainte-Qiiitterie,  à  Aire-sur-l'Adour  (Edmond 
Le  Blant,  Les  sarcophages  chréliens  de  la  Gante,  1886,  pag.  99,  pi.  XXVI, 
I  ;  cfr.  Coiigrès  archéol.  de  France,  à  Dax,  en  1888,  pag.  202,  pi.)  et  sur 
la  belle  coupé  de  verre,  publiée  dans  les  Jahrbiicher  de  Bonn,  f.  XLII, 
1867,  p.  170,  pi.  V.  On  retrouve  d'ailleurs  l'histoire  de  Jonas  sur  des 
monuments  divers  des  premiers  temps  du  Christianistne  :  lampes,  fonds 
de  coupes  de  verre,  diptyques,  pierres  gravées  (cfr.  Martigny,  Diction- 
naire  des  antiq.  chrét.,  s.  v.  Jonas). 

(2)  Voy.,  ma  note  dans  le  Bullet.  de  la  Soc.  des  Antiquatres  de 
France,  1905,  pag.  165  à  168,  fig. 


I  diversi  stili  nella  monetazione  romana 


V. 

LE  MONETE  DEGLI  IMPERATORI 

VALERIANO  E  GALLIENO 

CONIATE    A    VIMINACIUM    E    AD    ANTIOCHIA. 

(Tav.  IH). 


Nei  precedenti  articoli  che  fanno  parte  di  questa 
serie  non  ho  ancora  accennato  alle  graduali  modifi- 
cazioni di  stile  che,  durante  un  periodo  anche  bre- 
vissimo, si  osservano  talvolta  sulle  monete  di  una 
medesima  zecca. 

Tutti,  ad  esempio,  sanno  che  i  caratteri  che  noi 
vediamo  su  di  un  GB  di  Vespasiano  hanno  paleogra- 
ficamente nulla  di  comune  con  quelli  di  un  G  B  di 
Gordiano  III,  ma  ciò  non  significava  afifatto  che  essi 
furono  coniati  in  due  zecche  distinte:  ambedue  furono 
coniati  a  Roma. 

Infatti,  se  noi  osserviamo  attentamente  le  diverse 
emissioni  succedutesi  in  ordine  cronologico  da  Ve- 
spasiano a  Gordiano,  noi  vediamo  che  la  forma  delle 
lettere  va  modificandosi  gradatamente  sino  a  rag- 
giungere quella  che  vediamo  sulle  monete  di  quest'ul- 
timo imperatore. 

Ma  in  questo  caso  occorse  più  di  un  secolo  e 
mezzo  perchè    avvenisse    il    graduale    cambiamento. 


200  L.    LAFFRANCHI 


mentre  in  altri  casi  il  fenomeno  si  osserva  anche  in 
un  periodo  di  pochi  anni;  come  io  dimostrerò  per  la 
zecca  di  Viminacium  durante  il  regno  degli  imperatori 
Valeriane  e  Gallieno. 

Però  prima  di  accingermi  alla  mia  dimostrazione 
debbo  esporre  in  brevi  cenni  lo  stato  in  cui  si  trova 
attualmente  lo  studio  della  numismatica  di  questo  re- 
gno nei  riguardi  della  cronologia  e  della  classifica- 
zione per  zecche. 

Mentre  già  da  parecchi  anni  distinti  specialisti, 
come  Markl ,  Rhode ,  Kolb  e  Missong ,  avevano 
esplorata  quasi  a  fondo  la  numismatica  del  periodo 
tra  Claudio  II  e  Probo,  e  ci  avevano  dato  uno  studio 
completo  della  cronologia  e  delle  zecche  di  detto  pe- 
riodo, il  lunghissimo  ed  importante  regno  di  Gallieno 
attendeva  invano  il  suo  illustratore. 

Non  che  i  numismatici  avessero  completamente 
trascurato  questo  periodo,  perchè  non  mancano  dotte 
memorie  e  pubblicazioni  di  contributi  al  corpus  delle 
sue  monete,  ma  si  tratta  di  lavori  isolati,  non  aventi 
alcun  legame  tra  di  loro,  e  per  lo  piti  vertenti  sulla 
tipologia  e  la  metrologia  e  non  sulla  cronologia  e 
le  zecche. 

Unico  tentativo  fatto  tempo  addietro  in  questo 
senso  fu  quello  del  Feuardent  in  un  suo  catalogo  di 
vendita,  ma  ne  risultò  una  classificazione  empirica 
nella  quale  non  vien  tenuto  alcun  conto   dello    stile. 

Quegli  a  cui  spetta  il  merito  di  aver  compiuto 
uno  studio  generale  sulle  monete  di  Gallieno  e  Va- 
leriano  e  di  averlo  condotto  con  criteri  scientifici  è  il 
colonnello  Voetter  di  Vienna,  il  quale  nel  suo  lavoro 
presentato  al  Congresso  Internazionale  Numismatico 
di  Parigi  del  1900  (')  si  occupò  dapprima    a    riunire 


(  r)  Vedi  Voetter:  Die  Miinzen  des  Kaisers  Gallienus  und  seiner 
Familie,  nella  IVieiter  Niiiiiisniatische  Zeitscbrift,  Band  XXXU  e  XXXIII 
con  due  atlanti. 


I    DIVERSI    STILI    NELLA    MONETAZIONE    ROMANA  2ÓÌ 

in  serie  le  monete  che  presentano  affinità  di  tipi  del 
rovescio  e  di  leggende  del  diritto,  e  poi  accomunò 
le  diverse  serie,  secondo  la  somiglianza  di  stile,  in 
otto  gruppi  distinti,  i  quali  verosimilmente  rappre- 
sentano altrettante  zecche. 

Lo  studio  del  col.  Voetter,  quantunque  non  si 
possa  dire  completo,  è  quindi  un  lavoro  serio,  quale 
può  esserlo  quello  di  uno  dei  pochi  specialisti  che 
studiano  la  numismatica,  sulle  monete,  a  preferenza 
che  5///  libri  ;  e,  come  nei  suoi  precedenti  lavori  vi 
è  esclusa  ogni  forma  rettorica.  e  vi  mancano  quelle 
pesanti  ed  inconcludenti  citazioni  di  autori  più  o  meno 
illustri  ed  antiquati,  che  in  certe  pubblicazioni  occu- 
pano metà  delle  pagine,  e  che  non  servono  se  non 
a  far  perdere  allo  scrittore  il  tempo  prezioso  che  me- 
glio sarebbe  impiegato  nello  studio  delle  monete. 

Sono  le  monete  quelle  appunto  che  non  si  osser- 
vano abbastanza,  e  lo  studio  di  esse  ci  darebbe  ri- 
sultati insperati,  mentre  le  tirate  rettoriche  ed  incon- 
cludenti alle  quali  taluni  amano  abbandonarsi,  se 
procurano  magari  una  facile  nomea  sui  dizionari  bio- 
grafici degli  scrittori  viventi,  non  fanno  però  avanzare 
di  un  sol  punto  la  scienza  numismatica. 

Il  Voetter  col  suo  lavoro,  che  si  distingue  affatto 
dalle  solite  opere  di  semplice  catalogazione,  redatte 
dai  non  meno  soliti  direttori  di  musei,  ha  innalzato 
l'edificio  della  storia  numismatica  di  Gallieno,  serven- 
dosi del  materiale  ancora  informe  che  costituisce  la 
massa  sterminata  delle  monete  di  questo  regno. 

Ma  poiché,  come  dice  il  Voetter  stesso,  riman- 
gono ancora  molti  punti  oscuri  da  chiarire,  questo 
edificio  si  deve  ritenere  costrutto  nelle  lince  gene- 
rali: restano  diversi  dettagli  da  approfondire  che  po- 
tranno esser  tema  di  studi  futuri. 

Come  ho  detto  più  sopra,  il  Voetter  ha  stabilito  la 
divisione  delle  monete  di  Gallieno  e  Valeriane  in  otto 


2  02  !..    LAFFRANCHt 


gruppi  distinti  a  seconda  dello  stile.  È  chiaro  che  questi 
gruppi  costituiscono  ognuno  una  zecca,  ma  le  diffi- 
coltà incominciano  quando  si  tratta  di  stabilire  l'ubi- 
cazione ed  il  nome  di  questa  zecca.  Se  di  ogni  mo- 
neta esistente  nelle  collezioni  pubbliche  e  private  si 
potesse  sapere  esattamente  il  luogo  del  ritrovo,  la 
questione  sarebbe  subito  risolta,  poiché  il  gruppo  di 
monete  prevalente  nei  ritrovi  di  una  data  regione,  non 
può  essersi  coniato  che  nella  zecca  esistente  nella  re- 
gione stessa;  ma  disgraziatamente  ben  poche  sono  le 
monete  di  cui  si  può  stabilire  il  ripostiglio  al  quale 
appartennero,  e  perciò  le  attribuzioni  alle  varie  zecche 
sono  talvolta  fondate  su  delle  supposizioni,  piuttosto 
che  su  fatti  concreti, 

È  specialmente  su  questo  argomento  che  la  di- 
scussione rimane  ancora  aperta,  ed  io  ho  deciso  di 
presentare  il  risultato  delle  mie  osservazioni,  le  quali 
mi  indussero  a  spostare  l'ordinamento  fatto  dal  Voetter 
per  quanto  riguarda  le  zecche  di  Viminacium  e  di 
Antiochia.  Per  Viminacium  specialmente  mi  sono  ser- 
vito di  un  elemento  trascurato  dal  Voetter:  del  con- 
fronto, cioè,  delle  monete  coloniali  o  provinciali  cogli 
antoniniani  ed  i  bronzi  imperatorii  dei  quali  si  deve 
stabilire  la  zecca. 

La  zecca  di  Viminacium  ebbe  origine  sotto  Gor- 
diano IH  nel  239  d.  Cr.  i^'*  ed  acquistò  maggior  im- 
portanza sotto  Filippo,  quando  vennero  abolite  tutte 
le  altre  zecche  della  Mesia. 

A  Viminacium  oltre  ai  bronzi  coloniali  colla  leg- 
genda PMS  COL  VIM  (Provincia  Mesia  Superior  Colonia 
Viminacium)  vennero  certamente  coniati  anche  quelli 
con  PROVINCIA  DACIA  che  ad  essi  sono  identici  per  lo 
stile,  per  le  effigi  e  per  le  leggende  del  diritto:  esclusi 
però  gli  esemplari  di  fattura  barbara,  che  si  devono 


(i)  Vedi  B.  Pick:  Noidgriecheland  Muusen,  I,  4-26. 


I    DIVERSI    STILI    NfXLA    MONETAZIONI-    ROMANA  203 

considerare  come  imitazioni  fabbricate  probabilmente 
dai  Goti. 

Anche  le  monete  imperatorie  senza  il  nome  della 
colonia  vennero  emesse  a  Viminacium;  ed  il  colonello 
Voetter<')  mediante  il  confronto  dello  stile  e  delle 
leggende  del  diritto  ha  potuto  facilmente  provare  che 
a  Viminacium  nel  periodo  242-244  vennero  coniati  i 
seguenti  antoniniani: 

IMP  GORDIANVS   PIVS  FEL  AVG 

PMTRPV  COS  II  PP     (Ercole)        Cohen  264 

FIDES   MILITVM                                          „  92 

FORTVNA   REDVX                                   „  98 

MARTI   PACIFERO                                   „  162 

ORIENS  AV&                                            „  167 

PAX  AVG-VSTI                                          „  279 

SAECVLI   FELICITAS                              „  319 

VICTORIA  AVG                                        „  362 

VICTORIA  AVGVSTI  375 

VICTORIA  GORDIANI   AVG  380 

IMP  IVL  PHILIPPVS  PIVS  FEL  AVG  PM  (tav.  Ili,   n.    i). 

IMP   CM   IVL   PHILIPPVS   PF   AVG   PM 

PAX  FVNDATA  CVM   PERSiS          Cohen  113  114 

SPES  FELICITATIS  ORBIS                   „  220221 

VIRTVS  EXERCITVS                               „  243245 
PAX  AVGVSTI                      (Gnecchi) 

Non  si  deve  escludere  che  siano  state  coiiiate 
delle  monete  d'argento  anche  nel  periodo  tra  Filippo 
e  Valeriano,  e  che  attualmente  rimangano  confuse 
tra  quelle  della  zecca  di  Roma  '2'. 


(1)  Vedi  Voetter:  Die  nìinisclien  Miinzeii  des  Kaisers  Gordianiis  IK 
und  dereii  antike  Fillschungen.  Nella  ÌViener  Ntimismalische  Zeitscrift, 
Band  XXV,  1893. 

(2)  Gli  aiit  iiiiiiiaiii  di  I'ac;iZÌaiio  non  si  potrebbero  con  certezza 
assegnare  aila  zecca  di  Viininaciiiin,  ed  in  quanto  a  quelli  di  Emiliano 
colla  leggenda  Imp  M  Aemil  Aemilianus  P  F  Aiig  (Cohen,  nn.  31,  58 
e  63)  spellano  probabilmente  a  qualche  zecca  della  Macedonia  o  della 
Tracia.  »• 


204  L.    LAI-FRANCHI 


Venendo  all'epoca  che  più  ci  interessa,  quella  di 
V'aleriano  e  Gallieno,  ho  già  detto  più  sopra  che  nel 
ricercare  quali  monete  imperatorie  furono  veramente 
emesse  dalla  zecca  di  Viminacium,  mi  sono  curato  di 
osservare  se  talune  presentino  somiglianza  di  stile 
colle  monete  coloniali  ed  ho  dovuto  concludere  che 
le  monete  dal  Voetter  attribuite  a  Viminacium  appar- 
tengono, come  dimostrerò  piìi  tardi,  ad  Antiochia, 
mentre  a  Viminacium  spettano  tutte  quelle  formanti 
il  gruppo  rappresentato  dal  Voetter  alla  tav.  XV  e  da 
lui  attribuito  alla  zecca  di  Tarraco  in  Spagna. 

Il  Voetter  in  questa  tavola  non  riproduce  alcun 
esemplare  in  bronzo,  ma  solo  degli  antoniniani;  egli 
si  limita  a  citare  due  bronzi,  uno  di  Valeriane  ed  uno 
di  Gallieno,  senza  darne  il  facsimile. 

Le  monete  di  bronzo  imperatorie  per  la  loro 
maggior  grandezza  ci  mostrano  con  miglior  evidenza 
le  caratteristiche  delle  effigi  e  dello  stile  e  perciò 
possono  servire  assai  meglio  che  gli  antoniniani,  per 
stabilire  i  confronti   colle  monete  coloniali. 

Perciò  mi  sono  procurato  l'impronta  di  uno  dei 
due  bronzi  citati  dal  Voetter:  il  Valeriane  della  col- 
lezione Bachofen  ;  a  questo  ho  potuto  aggiungere  le 
impronte  di  due  bronzi  di  Gallieno,  ignoti  al  Voetter 
ed  appartenenti  alla  medesima  zecca  :  uno  della  col- 
lezione Gnecchi  ed  uno  della  collezione  Monti. 

È  per  merito  di  essi  che  ho  potuto  stabilire  l'at- 
tribuzione a  Viminacium  delle  monete  di  bronzo  e 
d'argento  in  questione  dal  Voetter  assegnate  a  Tarraco. 

Però  anche  gli  antoniniani  non  sono  da  trascu- 
rarsi perchè  mediante  il  confronto  delle  epigrafi  del 
diritto  ci  forniscono  una  prova  delle  più  sicure.  In- 
fatti la  leggenda  IMP  P  LIC  VALERIANO  AVG-  delle  prime 
monete  coloniali  di  Viminacium  si  riproduce  esatta- 
mente sulla  prima  emissione  delle  monete  di  Vale- 
riane riportate  dal  Voetter  a  tav., XV  (vedi  fig.  n.  13, 


I    DIVERSI    STILI    NELLA    MONETAZIONE    ROMANA  205 

tav.  Ili)  e  siccome  questa  leggenda  non  si  trova  sulle 
monete  di  alcun'altra  colonia,  è  evidente  che  gli  an- 
toniniani  in  questione  spettano  a  Viniinacium. 

E  precisamente  il  medesimo  criterio  col  quale  il 
Voetter  stesso  giustamente  attribuisce  a  Viminacium 
gli  antoniniani  di  Filippo  che  ho  citato  più  sopra. 
Se  si  devono  attribuire  a  Viminacium  le  monete  im- 
peratorie d'argento  colla  leggenda  IMP  C  M  IVL  PHI- 
LIPPVS  P  F  AVG  P  M  (tav.  Ill.n.  i)  perchè  tale  leggenda 
figura  anche  sui  bronzi  coloniali,  altrettanto  deve  farsi 
per  quelle  con  IMP  P  LIC  VALERIANO  AV&  ed  IMP  VALE- 
RIANVS  P  AVG  perchè  anche  queste  leggende  figurano 
sui  bronzi  coloniali. 

Qui  alcuno  potrebbe  farmi  osservare  che  lo  stile 
degli  antoniniani  di  Valeriano  e  di  Gallieno  in  que- 
stione è  molto  differente  di  quello  degli  antoniniani 
di  Filippo. 

E  vero:  ma  anche  le  monete  coloniali  di  Va- 
leriano e  di  Gallieno  presentano  delle  caratteristiche 
differenti  di  quelle  di  Filippo. 

Lo  stile  si  è  quindi  modificato  tanto  nelle  monete 
coloniali  che  nelle  imperatorie  ;  siamo  perciò  di  fronte 
ad  una  evoluzione  dello  stile,  e  ciò,  come  ho  gicà 
detto  più  sopra,  non  ha  nulla  di  straordinario  perchè 
tutta  la  monetazione  del  periodo  imperiale  ci  mostra 
che  la  maniera  degli  zecchieri  non  si  fossilizzava 
sempre  nel  medesimo  stile,  ma  subiva  dei  periodi 
graduali  di  progresso  o  di  decadenza,  probabilmente 
causati  dai  nuovi  elementi  che  venivano  assegnati 
alle  varie  zecche.  E  nel  caso  di  Viminacium  non  è 
escluso  che  le  modificazioni  di  stile  siano  opera  di 
artefici  provenienti  da  Roma. 

Veniamo  ora  alla  moneta  di  bronzo. 

Negli  anni  XIV  {254),  XV  (255)  e  nella  prima 
parte  del  XVI  (256)  vennero  coniati  dei  bronzi  co- 
loniali coi    medesimi  caratteri    paleografici   di   quelli 


2o6  I,.    LAFFRANCHI 


degli  imperatori  precedenti,  e  cioè  colle  lettere  M  e  V 
aventi  la  forma  regolare  che  noi  siamo  abituati  a  ve- 
dere anche  attualmente,  cioè  con  le  aste  convergenti 
in  modo  da  formare  degli  angoli  acuti  (vedi  tav.  Ili, 
n.  2,  3,  4). 

Nella  seconda  parte  dell'anno  256  noi  vediamo 
in  modo  chiarissimo  la  modificazione  delle  due  let- 
tere in  questione,  e  cioè  le  aste  che  le  compongono 
diventano  meno  oblique  e  si  avvicinano  alla  posizione 
verticale  in  modo  che  non  formano  più  gli  angoli  e 
sembrano  staccate  le  une  dalle  altre  (vedi  tav.  Ili,  n.  5). 

Ora  se  noi  osserviamo  i  bronzi  imperatore  delle 
collezioni  Bachofen,  Gnecchi  e  Monti,  noi  vediamo 
che  le  medesime  caratteristiche  paleografiche  di  cui 
sopra,  si  riproducono  su  di  essi  (vedi  tav.  Ili,  n.  6,  7,  8). 

Il  modo  di  rappresentare  le  effigi  si  presenta 
più  accurato,  è  vero,  ma  la  niauiera  è  sempre  la 
medesima,  è  cioè  la  mano  del  medesimo  artista  che, 
trattandosi  di  fare  dei  conii  per  monete  imperatorie, 
destinate  a  circolare  in  tutto  l' impero  e  non  solo 
nella  Mesia  come  le  coloniali,  cercava  di  imitare  le 
monete  di  Roma  tanto  nella  forma  delle  lettere  M  e  V 
che  nelle  effigi,  conservando  però  le  epigrafi  del  di- 
ritto caratteristiche  delle  vecchie  monete  coloniali. 

Ed  anche  il  peso  ed  il  modulo  delle  monete  in 
questione  vengono  in  aiuto  della  mia  tesi,  dimostrando 
che  i  bronzi  imperatorii  appartengono  al  medesimo 
sistema  metrologico  dei  bronzi  coloniali  e  per  con- 
seguenza debbono  considerarsi  come  la  loro  conti- 
nuazione. Il  modulo  di  mill.  25,  cioè  intermedio  tra 
il  GB  ed  li  MB  ed  il  peso  di  gr.  9-1 1  sono  comuni 
soltanto  alle  coloniali  ed  alle  imperatorie  in  questione, 
e  non  si  trovano  nelle  monete  di  alcun'altra  zecca. 
Ma  una  osservazione  importante  e  decisiva  è  quella 
che  se  tra  le  monete  coloniali  mancano  quelle  di  Gal- 
lieno degli  anni  XIV  e  XV,  anche  nell'argento  impe- 


I    DIVEHSI    STIM    NELLA    MONETAZIONI':    ROMANA  207 

ratorio  le  prime  due  emissioni    contengono    solo   le 
monete  di  Valeriane. 

La  monetazione  di  Viminacium  si  presenta  quindi 
nel  seguente  ordine  cronologico: 

Anno  254. 
Bronzo  Coloniale. 

pms  col  vim 


AN   XIV 
IMP  P  LIC  VALERIANO  AVG  (Pick,  n.   185,  gr.  8,75) 

Argento  (Antoninl\m). 

nillP  P  LIC  VALERIANO  AVG  (1)  (tav.  Ili,  11.  13) 
FIDES  MILITVM 
VICTORIA  GERMANICA 
VIRTVS  AVG 
VIRTVS  AVGG 

Anno  255. 
Bronzo  Coloniale  (grammi   loj. 


PMS   COL    VIM     ^^^ 

IMP  P  LIC  VALERIAIQ  (2)  AVG  (Pick,  n.   187) 
IMP  VALERIANVS  P  AVG  (Pick,  n.   188) 
DIVAE  MARINIANAE  (Pick,  n.  191) 

Argento  (Antoniniani). 

IIIIIP  VALERIANVS  P  AVG  (tav.  Ili,  n.  14» 
FIDES  MILITUM 
VICTORIA  GERMANICA 
VIRTVS  AVGG 


(i)  Il  Voetter,  invece  di  questa  leggenda,  scrive  IMP  C  P  LIC  VALE- 
RIANO AVG,  ed  il  Cohen  le  riporta  tutte  e  due.  Io  però  non  ho  veduto 
che  quella  da  me  citata,  ed  anclic  le  impronte  speditemi  dal  Gabinetto 
di  Parigi,  proverebbero  che  la  seconda  non  è  che  un  errore  di  descri- 
zione. 

(2)  Si  deve  leggere  VALERIANA,  poiché  a  mio  avviso  Al  è  il  mono- 
gramma di  AN. 


2o8 


L.  LAFFRANCHI 


Anno  256  (I  Periodo). 
Bronzo  Coloniale. 

(tav.  Ili,  n.  9) 


PMS  COL  VINI     ^  j^yi 

IMP  P  LIC  VALERIAIO  AVG  (Pick,  n.  189)  tav.  Ili,  n.  2. 

IMP  C  GALLENVS  (1)  AVG  (Pick,  n.  194)  gr.  10,40,  tav.  Ili,  n.  3, 

IMP  GALLIENVS  AVG  (Pick,  n.  192)  gr.  11,20,  tav.  Ili,  n.  4. 


Anno  256  (Il  Periodo:  Riforma  Paleografica) 
Bronzo  Coloniale. 


PMSCOLVIM     ^j^, 

I  llll  P  VALERIANVS  P  AVG  (Pick,  n.  190,  gr.  9,82). 

I  llll  P  GALLIENVS  P  AVG  (Pick,  n.  193,  gr.  9,25),  tav.  Ili,  n.  5. 


Bronzo  Imperatorio. 

I  IMI  P  GALLIENVS  P  AVG,  tav.  Ili,  n.  6  (Gnecchi). 
FIDES  llll  ILITVIIII  (tipo  dell'argento)  (2). 
TEllllPORVIIII  FELICITAS  (coli.  Gnecchi  tav.  Ili,  n.  io)  gr.  15 


Argento  (Antoniniani). 


un  P  VALERIANVS  P  AVG  (3) 
LIBERALITAS  AVGG 
TEMPORVM  FELICITAS 
SAECVLI  FELICITAS 
AETERNITATI  AVGG 
CONCORDIA  llll  ILIT 
CONCOR  MIL 
CONCOR  LEGG 
CONCOR  EXERC 
CONCORDIAE  EXERCITI 
PAX  AVGG 
PROVID  AVGC 
SALVS  AVGG 
VIRTVS  AVGG 


I  llll  P  GALLIENVS  P  AVG  (4) 
SAECVLI  FELICITAS 
CONCORDIAE  MILITVM 
CONCOR  MIL 
CONCOR  LEGG 
CONCORDIAE  EXERCIT 
LIBERALITAS  AVGG 
LIBERALITAS  AVGG  III 
PRINCIPI  IVVENT 
SALVS  AVGG 
VIRTVS  AVGG 


(i)  Come  nel  caso  precedente,  E  è  il  monogramma  di  lE. 

(2)  Citato  dal  Voetter  (vedi  op.  cit.). 

(3)  Vedi  tav.  Ili,  n.  14. 

(4)  Vedi  tav.  Ili,  n.  15. 


1   DIVERSI    STILI    NELLA    MONETAZIONE    ROMANA  2O9 

Anno  257. 
Bronzo   Imperatorio. 

I  un  P  VALERIANVS  P  AVG  (n.  8). 

IMI  ARTI  PACIFERO  (n.  12). 
(Collezione  Bachofen  Von  Echt  ora  al  Museo  di  Vienna). 
I  IMI  P  6ALLIENVS  P  AVG  (n.  7). 

SPES  PVBLICA  (n.  ii)  coli.  Monti:  gr.  9. 

Argento  (Antoniniani). 

I  un  P  e  P  LIC  VALERIANVS  AVG  I  llll  P  C  P  LIC  GALLIENVS  AVG 

CONCORDIA  llll  ILIT  CONCORDIA  llll  ILIT 

PAX  AVGG 

liniP  VALERIANVS  P  AVG  (1)  I  llll  P  GALLIENVS  P  AVG  (2) 
PAX  AVGG  PAX  AVGG 

SALVS  AVGG  SALVS  AVGG 

SPES  PVBLICA  SPES  PVBLICA 

PROVID  AVGG  PROVID  AVGG 

SAECVLI  FELICITAS  LAETIT  TEMP 

VIRTVS  AVGG  VIRTVS  AVGG 

VIRTVS  AVGG  VIRTVS  AVGG 

PIET  SAECVLI 

Anno  258  (TRPV). 

Argento  (Antoniniani). 

liniP  VALERIANVS  PF  AVG  I  llll  P  GALLIENVS  PF  AVG 
P  M  TR  PV  COS  llll  P  P  SPES  PVBLICA 

SALVS  AVGG  VICT  GERM 

VIRTVS  AVGG  GERMANICVS  MAXIMVS 

VICT  AVGG 
VICT  PART 

Dopo  quest'anno  sembra  che  la  zecca  abbia  ces- 
sato di  funzionare.  Probabilmente  la  città  di  Vimiiia- 
cium  venne  distrutta  dai  Goti  e  non  risorse  mai  più. 

In  quanto  alle  monete  riportate  dal  Voetter  nella 
successiva  tav.  XVI,  esse  differiscono  interamente  dalle 


(i)  \*di  lav.  Ili,  n.  17. 
(2)  Vedi  tav.  Ili,  n.   16. 


L.    I-AFFRANCHI 


suddescritte,  e  devono  assegnarsi  in  parte  all'Italia 
superiore  e  in  parte  a  Roma  ^'). 

Ora  che  ho  dimostrato  quali  monete  spettano 
veramente  alla  zecca  di  Viminacium  mi  rimangono  a 
esporre  più  brevemente  che  mi  è  possibile  le  ragioni 
per  le  quali  le  monete  dal  Voetter  attribuite  a  questa 
zecca  spettano  invece  ad  Antiochia. 

Esse  sono  descritte  a  tav.  XXV  e  tanto  per 
Valeriano  che  per  Gallieno  presentano  i  rovesci  : 
Aeqiiitas  Aiigg.,  PM  T RPIICos  II,  Aeternitati  Augg., 
Diana  Lticifera,  Felicitas  Saeculi,  Fortuna  Rednx,  Lae- 
titia  Augg.,  Pacatori  Orbis,  Pietati  Augg.,  Restituì 
Gener  Huniani,  Romae  Aeternae,  Venus  Victrix,  Vic- 
toria Augg..   Victoriae  Augg.,  Virtus  Augg. 

Non  mi  abbisognano  molte  parole  per  affermare 
che  queste  monete  furono  coniate  ad  Antiochia,  perchè 
ognuno  potrà  constatare  l'assoluta  identità  di  stile, 
che  esse  (vedi  n.  20)  presentano  con  quelle  di  Trebo- 
niano  Gallo  e  di  Volusiano  (vedi  n.  18,  19)  ivi  coniate. 

Infatti  se  noi  confrontiamo  le  monete  di  Trebo- 
niano  e  di  Volusiano  con  quelle  caratterizzate  dai 
rovesci  colle  due  figure  stanti  Pietas  Augg..  Virtus 
Augg.,  Vota  Orbis,  ecc.,  ecc.,  che  il  Voetter  rappresenta 
a  tav.  XXII  del  fase.  II  e  che  egli  considera  come  le 
prime  monete  di  Valeriano  e  di  Gallieno  coniate  ad 
Antiochia,  noi  vediamo  che  lo  stile  di  esse  è  assai  più 
scadente,  di  quelle  di  Treboniano  e  Volusiano,  e  per- 
ciò tra  questi  due  gruppi  si  presenta  chiaramente  una 
lacuna  la  quale  deve  essere  colmata  colle  monete  in 
questione. 

Infatti,  esse  per  le  diverse  maniere  con  cui  sono 
eseguite  le  effigi  nei  vari  esemplari  ci  mostrano  la 
graduale  decadenza  che  intercorre  tra  le  due   emis- 


(i)  Le  monete  di  Saloniiia  n.  43  a  52  con  Pietas  Aiigg.  ^rg.    BR 
MED  GB  MB  spettano  certamente  a  Roma. 


I    DIVERSI    STILI    NKLLA    MONETAZIONE    ROMANA  211 

sioni.  Il  n.  20  succede  alle  monete  di  Treboniano 
Gallo  e  Volusiano  (n.  i8,  19),  mentre  il  n.  21  (i>  Ro- 
mae  Aeternae)  precede  le  monete  al  tipo  delle  due 
figure  n.  22  (9*   ì^irtiis  Augg). 

Anche  la  tipologia  viene  in  aiuto  alla  mia  tesi, 
poiché  i  9  Aeqiiitas  Augg.,  Aetcrnitati  Augg.,  Diana 
Luci/.,  Laetitia  Augg.  e  Rouiae  Aeternae,  noi  li  ve- 
diamo più  tardi  esattamente  riprodotti  sulle  monete 
della  zecca  di  Antiochia,  e  quindi  senza  alcun  dubbio 
si  deve  attribuire  ad  essa  il  gruppo  di  monete  in 
questione. 

Avrei  terminata  la  trattazione  dell'argomento,  ma 
giacche  mi  occupo  della  zecca  di  Antiochia,  ne  ap- 
profitto per  intervenire  ne!  dibattito  avvenuto  anni 
fa  (')  tra  il  Markl,  seguito  dal  Voetter,  ed  il  francese 
Lepaulle  circa  le  monete  di  Gallieno  e  di  Salonina 
con  all'esergo  il  ramo  di  palma,  oppure  il  motto 
SPQR,  che  il  Lepaulle  sosteneva  doversi  attribuire 
ad  Antiochia,  mentre  il  Markl  ed  il  Voetter  credono 
che  spettino  in  parte  a  Sardica  ed  in  parte  a  Cizico. 

Io  credo  che  il  torto  e  la  ragione  siano  da  di- 
vidersi in  parti  uguali  tra  i  contendenti,  poiché  ad 
un  attento  esame  le  monete  in  questione  ci  presen- 
tano due  gruppi  affatto  differenti  per  lo  stile. 

Perciò  se  il  gruppo  con  SPQR  di  stile  grosso- 
lano (tav.  Ili,  n.  26,  2.1)  spetta  senza  alcun  dubbio 
alla  zecca  di  Cizico.  non  é  meno  vero  che  le  mo- 
nete col  ramo  di  palma  ,  di  assai  miglior  stile 
(n.  25),  sono  assn/iifamenle  identiche,  specialmente  per 
le  effigi,  a  quelle  di  Antiochia  coll'esergo  VIIC 
(n.  24),  e  non  solo,  ma  hanno  comune  con  esse 
il  numero  delle  officine,  poiché,  se  il  gruppo  VIIC 
coi  suoi  dodici  rovesci  (2)  ci  presenta  dodici  officine, 


(i)  Vedi  A.  Markl:  Serdica  od  Anliochia ^  Tradotta  da  S.  Atiibrosoli 
nella  Rh'.  Ital.  di  Niini.,  anno  1889. 

(a)  Vedi  Voetter:  Op.  cil.,  tav.  XXVI. 


212  L.    I.AFFRANCHl 


altrettanto  avviene  pel  gruppo  col  ramo  di  palma  O 
il  quale  senza  senza  alcun  dubbio  rappresenta  una 
emissione  di  Antiochia,  avvenuta  immediatamente 
prima  di  quella  con  VIIC. 

Ne  contro  l'attribuzione  ad  Antiochia  potrebbe 
contrastare  il  fatto  che  il  tipo  del  leone,  il  quale 
figura  sulle  monete  al  ramo  di  palma  unitamente  alla 
data  PMTRPXMI,  esiste  anche  nella  serie  SPQR, 
colle  date  PMTRPXVI  e  XVII,  poiché  il  tipo  del  leone 
sulle  monete  imperiali  che  riportano  la  potestà  tri- 
bunizia è  comune  alle  epoche  ed  alle  zecche  più 
disparate. 

Febbraio  i<)oS. 

Lodovico  Laffranchi. 


(i)  Idem,  tav.  XXVII. 


Les  fìgures  de  face  sur  les  monnaies  antiques 


¥ 


Les  aiiciens  avaient  l'habitudc  de  représenter 
sur  leurs  monnaies  les  tètes  de  leurs  divinités,  de 
leurs  héros  ou  de  leurs  princes  de  diftcrentes  ma- 
nières.  On  les  voit  de  profii,  de  trois  quarts  et  de 
face.  Celles  de  profii  et  de  face  nous  occuperont 
spécialement.  Les  figures  de  profii  ctaient  les  plus  en 
usage.  Le  profii  était  tantòt  tourné  à  droite  et  tantòt 
à  gauche.  Les  profils  tournés  à  droite  étaient  les  plus 
communs  et  on  peut  dire  que  c'était  là  une  habitude 
generale  que  les  Grecs  ont  légué  aux  Romains  et 
qui  a  subsisté  jusqu'à  nos  jours. 

Les  profils  tournés  à  gauche  étaient  cepcndant 
en  usage  et  quoique  beaucoup  moins  fréquents  que 
ceux  tournés  à  droite,  on  les  rencontre  encore  assez 
souvent,   surtout  sur  les  monnaies  grecques. 

En  effet  ils  sont  beaucoup  plus  fréquents  sur  les 
monnaies  grecques  que  sur  les  monnaies  romaines; 
ainsi  sur  280  monnaies  d'or  et  d'argent,  grecques, 
prises  au  hasard,  j'ai  trouvé  48  monnaies  avcc  le 
profii'  tourné  à  gauche  et  tout  le  reste  à  droite  ; 
tandis  que  sur  280  monnaies  romaines  je  n'ai  trouvc 
ce  profii  à  gauche  que  21   fois  seulement. 

Y-avait-il  une  règie  à  ce  sujet  imposée  aux  gra- 
veurs?  ou  bien  laissait-on  l'artiste  libre  d'agir  à  sa 
guise  et  suivre  son  caprice? 


214  .1.    EDDK 

Les  figures  de  face  sont  beaucoup  plus  rares 
que  celles  de  profil. 

Cependant  les  rares  exemplaires  qu'on  rencontre 
de  temps  à  autre  sont  presque  tous  gravés  sur  les 
monnaies  grecques  et  à  part  quelques  insignes  ra- 
retés  on  ne  les  rencontre  presque  pas  sur  les  mon- 
naies romaines,  exception  faite  cependant  pour  les 
monnaies  byzantines  où  elle  deviennent  la   règie. 

Sur  les  280  monnaies  grecques  citées  plus  haut 
j'en  ai  trouvé  dix-sept  avec  la  figure  de  face  et  sur 
700  monnaies  romaines  je  n'ai  trouvé  cette  figure 
de  face  que  sur  trois  exemplaires  seulement. 

A  quoi  donc  peut  tenir  cette  particularité  et 
qu'elle  est  la  règie  qui  a  preside  à  la  gravure  des 
figures  de  face  sur  les  monnaies  ? 

Une  observation  à  faire  et  qui  doit  frapper  l'atten- 
tion  c'est  que  toutes  les  fois  qu'on  rencontre  la  figure 
de  face  sur  les  monnaies  c'est  presque  toujours  du 
portrait  d'une  divinité  effrayante,  ayant  une  legende 
de  terreur  et  d'effroi  qu'il  s'agit,  que  ce  soit  la  face 
de  la  Nymphe  Arethuse  des  monnaies  de  Syracuse, 
que  ce  soit  celle  de  la  Nymphe  Larissa  des  mon- 
naies de  Thessalie,  ou  bien  celle  de  la  Pallas  armée 
et  casquée  des  monnaies  d'Audoleon  roi  de  Peonie 
ou  bien  encore  celle  avec  la  face  de  Jupiter  Ammon 
des  magnifiques  tetradrachmes  de  la  Cyrenaique, 
toujours  et  partout  c'est  une  aurèole  de  terreur,  de 
crainte  et  de  respect  qui  semble  émaner  de  ces  fi- 
gures surhumaines. 

Il  semblerait  donc  que  toutes  les  fois  que  les 
anciens  ont  voulu  inspirer  le  respect,  la  terreur, 
personnifier  une  pensée,  une  idèe  se  rattachant  à  un 
eulte  vènere,  à  une  legende  effrayante  ou  bien  hono- 
rer  une  divinité  en  rappelant  l'efifroi  et  la  terreur 
dont  elle  serait  capable  de  frapper  ses  ennemis  ils 
se  sont  adressès  à  la  figure  de  face. 


LES    FIGURES   DE    FACE    SUR    LES    MONNAIES    ANTIOUES  21$ 

Il  est  probable  que  les  Romains  ont  bien  compris 
cette  habitude  car,  eux  aussi,  ont  reservé  cette  figure 
de  face  pour  le  mème  objet  et  dans  le  mème  but: 
il  suffit  de  voir  la  tète  de  Meduse  au  revers  d'une 
monnaie  de  Victorin  Pere  ou  bien  l'Hercule  de  face 
au  revers  des  monnaies  de  Maximien  Hercule  ou 
bien  encore  celle  de  Jupiter  sur  les  monnaies  de  la 
Tetrarchie  pour  justifier  cette  hypothèse. 

Il  est  certain  que  les  anciens  ont  employé  cga- 
lement  la  tète  de  face  pour  leurs  ]n-inces  ou  pour 
leurs  héros  toutes  les  fois  qu'ils  ont  voulu  les  déifier, 
les  glorifier,  les  montrer  dans  les  actes  majéstueux 
ou  héroTques  de  leur  vie. 

Un  exemple  très  probant  nous  est  fourni  par 
M.  le  Commandant  Mowat.  A  ce  propos,  qu'il  me 
soit  permis  de  dire  en  passant,  que  toutes  les  fois 
qu'on  cherche  l'explication  d'une  idee  neuve,  d'une 
théorie  ingénieuse  ou  bien  qu'on  désirc  trouver  une 
explication  difficile  c'est  à  ce  grand  et  modeste  sa- 
vant  qu'il  faut  recourir. 

Ce  n'est  ni  dans  les  livres  classiques  ni  dans  les 
traités  usuels  qu'il  faut  chercher.  mais  bien  dans  ses 
beaux  travaux,  dans  ses  mémoires  si  lumineux  et  si 
clairs  qu'on  peut  trouver  l'explication  qu'on  cherche, 
la  preuve  qu'on  désire. 

Voici  donc  ce  que  dit  M.  Mowat  dans  sa  com- 
munication  à  la  société  des  Antiquaires  de  France 
en  date  du  i6  juillet  1902  en  dccrivant  quelqucs 
médaillons  du  trésor  d'Aboukir. 

Je  copie  textuellcment  la  belle  description  d'un 
de  ces  médaillons  avec  le  buste  d'Alexandre  de 
face. 

«  —  Sans  legende.  Buste  cuirassé  d'Alexandre 
"  le  Grand,  en  haut  relief,  vu  tic  face,  la  tète  nu(; 
"  ccintc  du  bandeau  royal  à  lemnisques  flottants,  le 
"  cou  tendu  en  avant. 


2l6  J     EDDÉ 

"  11  tient  dans  la  main  droite  une  lance  trans- 
versale à  armature  lateralement  échancrée  et  se 
couvre  le  coté  gauche  d'un  bouclier  orné  de  su- 
jets  mythologiques  parmi  lesquels  on  distingue  : 
au  centre  un  buste  féminin  de  face  soit  Tychée 
sous  un  nimbo  de  voiles,  soit  plutót  la  terre  en- 
tourée  par  le  cours  sinueux  de  l'Océan,  au  dessus 
deux  tétes,  l'une  en  regard  de  l'autre,  à  gauche 
celle  d'Hélios  radié,  à  droite  celle  de  Selene  sur 
un  croissant  lunaire  separé  par  deux  étoiles  et 
faisant  sans  doute  partie  du  cercle  des  douze 
grand  dieux  ou  peut  étre  encore  du  groupe  des 
sept  divinités  planétaires  qui  président  aux  jours 
de  la  semaine,  sur  le  pourtour  les  signes  du  zo- 
di'aque,  ceux  qui  sont  visibles  dans  la  partie  su- 
périeure  du  bouclier  sont  en  allant  de  gauche  à 
droite,  le  Bélier,  le  Taureau,  les  Jumeaux,  le 
Cancer.  La  cuirasse  est  de  mème  richement  ornée, 
sur  l'épaulière  et  le  pectoral  droits  de  Pallas  Athéna 
casquée  tournée  à  droite  et  tendant  en  avant  le 
bras  gauche  arme  du  bouclier  brandit  sa  lance 
contre  le  géant  anguipède  Encelade,  qui  gravit  la 
hauteur  sur  laquelle  elle  se  tient  et  qui  s'appréte 
à  lancer  contre  elle  les  quartiers  de  roc  qu'il 
porte  dans  chaque  main. 

li  9  —  Sans  legende.  Une  Nércide,  peut  ótre 
Thétis,  demie  nue,  assise  à  droite  sur  le  dos  d'un 
jeune  Centaure  marin  qui  tient  dans  la  main  gauche 
une  conque  (bucine),  appuie  un  trident  sur  son 
épaule  droite  et  nage  à  gauche  en  tournant  la 
tète  en  arrière  vers  la  déesse,  au  dessous  trois 
dauphins  efflcurent  leur  tète  hors  des  flots. 

"  Poids  :  70  gr.  50  —  saillie  maxima  (au  menton 
et  au  nez)  m.  0,005  diamètre  m.  0,058  >>. 

Je  m'en  serai  voulu  de  ne  pas  donner  cette 
description  magistrale  en    entier  oìi  rien    n'a    passe 


LES   FIGURES    DE    FACE   SUR    LES    MONNAIES    ANTIOUES  21 7 

inapercu  aux  3'eux  de  mon  savant  ami  et  maintenant 
voici  ce  qu'ajoute  ce  savant: 

"   L'artiste  a  su  donner  une  intensité  de 

Il  vie  cxtraordinaire  mi  portmit  dii  he  ras  macédonien 
"  dont  le  regard,  dirige  légèreìiient  en  liaui,  droit  devant 
«  lui,  respire  l'energie  et  l'entìiousiasìne  guerrier;  san 
«  casque  s'est  détaché  dans  le  feu  de  F action  et  il  con- 
ti tinue  à  combattre  malgrc  cet  accident,  téle  ime,  dans 
"  l'attitude  de  la  chargc,  les  cheveux  rejetes  en  arrière 
u  en  longnes  boucles  flottantes.  C'est  l'épisode  caracté- 
"  ristiqiie  de  la  bataille  du  Granique  oii  Clitus  saliva 
u  la  vie  du  roi  en  abattant  la  inain  du  Gcìicral  perse 
u  Rhouacès  aii  moment  oii  il  aliali  le  frapper  à  la  lète 
u  qii'il  avait  desarmée  par  un  pretnier  coup.  Luigi  de 
«  Féis  s'est  donc  trompé  cn  affirmant  que  cet  épi- 
«  sode  n'a  été  relaté  par  aucun  historicn,  lorsqu'il 
«  a  expliqué  la  fameuse  inosaique  pompéiennc  dite 
«  de  la  bataille  d'Issus,  où  le  principal  personnage 
"  combat  tote  nue  et  traverse  de  sa  lance  un  guer- 
"  rier  per  san ». 


Ainsi  donc  dans  cette  belle  figure  de  face  l'in- 
tention  est  visible,  c'est  bien  le  courage  indomptable, 
l'action  intrèpide  du  héros  macédonien  qu'on  a  voulu 
célébrer  et  commcmorer  d'une  fagon  grandiose  et 
l'artiste  inspiré  par  un  tei  sujet  et  un  tei  héros  a 
donne  à  cette  figure  de  face  une  splendeur  surhu- 
maine.  Il  devait  et  ne  pouvait  représentcr  son  héros 
que  de  face.  C'était  la  seule  manière  pour  lui  de 
faire  revivre  son  demi  dieu  et  lui  donner  par  la 
direction  des  yeux,  par  la  contraction  des  traits, 
la  vie  et  le  mouvement  que.  seul,  le  portrait  de  face 
lui  permettait  d'obtenir. 

L'habitude  de  rcprésenter  les  figures  de  face  a 


&l8  j.    EDDÉ 

été  reprise  pour  ne  plus  ótre    abandonnée    par    les 
Empereurs  de  Byzance. 

Quoi  que  l'Empire  menacé  de  toutes  parts  fut 
proche  de  sa  chute,  malgré  la  décadence  et  l'affai- 
blissement  d'une  puissance  jadis  si  redoutable,  ou 
peut  étre  à  cause  de  cela  méme,  les  autocrates  By- 
zantins  cherchaient  à  Trapper  l'imagination  de  leurs 
peuples.  Eux,  à  qui  le  sceptre  échappait,  ils  se  fai- 
saient  voir  dans  tonte  leur  gioire  et  dans  tout  leur 
faste;  et  fantoches  vacillants,  ils  cherchaient  à  se 
tromper  eux  mèmes,  et  à  en  imposer  au  monde 
entier  sur  la  fin  prochaine  de  leur  Empire. 

Alexandrie,  février  i()oH. 

D/  Eddé. 


ZECCA  DI  BENEVENTO 


SOLDO  D'ORO 

DI  SCAUNIPERGA  E  LIUTPRANDO    minorenne,  Duchi  (751-756). 


/B'  —  DN  —  ...  —  IVNPP  .  Busto  di  prospetto  diademato 
con  la  croce  nella  destra  ed  il  vohimen  nella  si- 
nistra. 

Ijl    —  VICTORV  —  W&ySJW  .  All'esergo  CONOB  .  Croce  po- 
tenziata sopra    piccolo    globo    e    quattro   gradini 
decrescenti.  Nel  campo  le  iniziali  S  ed  L. 
Soldo  d'oro  (solidus)  gr.  3.90,  diani.  niill.  19,  titolo  ''"/looo. 

La  prima  volta  che  comparve  questa  rara  mo- 
neta fu  nella  vendita  della  Collezione  Sambon  (Mi- 
lano 1897).  Proveniva  dalla  raccolta  Boyne  e  fu  ac- 
quistata per  quella  di  S.  M.  Vitt.  Emanuele  III  ove 
ora  si  trova. 

Un  secondo  esemplare  (')  ebbi  la  fortuna  di  po- 
ter acquistare  recentemente  mentre  stavo  studiando 
una  più  razionale  classificazione  delle  monete  del 
Ducato  beneventano  ed  in  ispecial  modo  di  quelle 
ove  trovansi  lettere  iniziali,  sigle  e  monogrammi  va- 
gamente e  senza  sicuro  criterio  attribuite  a  questo 
o  quel  duca. 


(I)  Fra  i  due  esemplari   si  riscontra  una  leggiera  variante  di  conio. 


220  E.    MARTINORI 


Se  per  molte  di  queste  monete  non  è  facile  dare 
una  assegnazione  certa  e  documentata,  ma  bisogna 
contentarsi  di  pochi  ed  incerti  elementi  per  almeno 
raggrupparle  intorno  a  qualche  periodo  storico  e 
mantenerle  in  limiti  ben  definiti,  così  non  è  per  il 
soldo  che  prendo  ad  illustrare. 

Già  il  Sambon  nel  classificare  le  monete  della 
sua  importante  raccolta  aveva  con  giusto  criterio 
letto  nelle  due  iniziali  S  .  ed  L  .  i  nomi  di  Scauni- 
perga  e  Liutprando  ed  a  me  non  resta  che  il  com- 
pito di  ragionare  più  estesamente  sugli  elementi  che 
rendono  quella  attribuzione  giusta  ed_  indiscutibile.  Le 
monete  che  i  duchi  longobardi  di  Benevento  coniarono 
nella  loro  capitale  si  possono  dividere  in  tre  categorie. 

Nella  prima  vanno  poste  tutte  quelle  monete 
che  imitando  i  solidi  ed  i  tremissi  delle  zecche  bizan- 
tine non  portano  alcun  segno  speciale  che  possa  darci 
luce  non  dico  per  una  assegnazione  certa  ma  nem- 
meno approssimativa.  Queste  monete  ebbero  vita  nel 
primo  periodo  del  regno  longobardo  e  costituiscono 
quella  serie,  che  per  la  loro  servile  imitazione  e  la 
loro  anonimia,  non  presentano  alcuna  particolarità, 
che  ne  permetta  la  ripartizione  e  sarà  per  molto 
tempo  il  punto  più  oscuro  della  numismatica  medio- 
evale. Questo  primo  periodo  lo  possiamo  limitare  fra 
gli  anni  571  e  671  (". 

La  seconda  categoria  comprende  le  monete  be- 


(i)  La  moneta  d'oro  che  doveva  servire  per  le  transazioni  più  im- 
portanti, emanava  dall'autorità  del  sovrano,  e  Procopio  {De  bello  Gotico, 
lib.  Ili,  e.  33)  dice  che  nel  mondo  romano  ed  anche  presso  i  barbari 
questa  moneta  non  era  ammessa  che  a  condizione  di  riprodurre  fedel- 
mente il  tipo  al  quale  si  era  abituati.  Ecco  la  ragione  per  la  quale  e 
Franchi  e  Borgundi,  Ostrogoti  e  Longobardi,  hanno  servilmente  copiato 
la  moneta  bizantina,  tanto  in  voga  in  quei  tempi,  introducendo,  quasi 
fraudolentemente,  nelle  estremità  delle  leggende  o  nel  campo,  lettere  o 
monogrammi  che  ingannavano  facilmente  il  pubblico  illetterato  e  pote- 
vano costituire  per  essi  un  grande  profitto,  specie  adulterando  ed  abbas- 
sando il  titolo  del  metallo. 


ZECCA    DI   BENEVENTO  221 


neventane  che  portano  iniziali  o  sigle  o  monogrammi 
rispondenti  ai  nomi  dei  duchi  e  che  per  l'uniformità 
del  tipo  si  possono  aggruppare  fra  loro  e  costitui- 
scono un  tipo  direi  quasi  nazionale.  Questo  secondo 
periodo  va  dal  671  al  774. 

Da  quest'anno  fino  al  ritorno  della  dominazione 
greca  cioè  all'Sgi  le  monete  di  Benevento,  che  co- 
stituiscono la  terza  categoria,  portano  ben  chiaro  il 
nome  del  principe  e  non  ci  lasciano  piti  incerti  sulle 
loro  attribuzioni. 

Delle  due  categorie  non  conosciamo  che  monete 
d'oro,  solidi  e  tremissi,  ma  ciò  non  vuol  dire  che  non 
si  imitassero  anche  monete  di  altro  metallo.  Chi  sa 
quante  e  quali  sorprese  ci  riserva  uno  studio  piti 
accurato  ed  analitico  delle  monete  che  ci  ostiniamo 
a  chiamare  bizantine? 

La  nostra  moneta  appartiene  dunque  alla  se- 
conda categoria  che  ha  lasciato  finora  dubbiosi  ed 
incerti  tutti  gli  illustratori  della  zecca  beneventana 
molti  dei  quali  per  togliersi  d'imbarazzo  hanno  finito 
per  escluderla  dall'ambito  delle  loro  ricerche  e  dei 
loro  studi  (i). 


(1)  Il  Barthélemy  {Manuel  de  numismadque  (185  m.)  mediaevate,  1851) 
attribuisce  ai  re  Longobardi  la  cussione  delle  monete  dal  tipo  imperiale 
comprese  quelle  di  Benevento  e  comincia  la  serie  delle  monete  di  quella 
zecca  da  Arichi  II  cioè  dall'anno  758. 

Ad.  Blanchet  nel  nuovo  manuale  del  1890  corregge  in  parte  il  la- 
voro del  Barthélemy  e  si  limita  a  farci  conoscere  come  vengano  attri- 
buite ai  duchi  di  Benevento  le  imitazioni  di  soldi  e  tremissi  d'oro  che 
portano  nel  campo  sigle  e  monogrammi  sui  quali  si  basano  le  attribu- 
zioni ma  non  ci  dà  l'elenco  di  queste. 

Il  Lazzari  {Zecche  degli  Abruzzi,  1858)  chiama  ricca  la  serie  delle 
monete  dei  prin.  ipi  di  Benevento  ed  asserisce  non  esservi  alcun  dub- 
bio che  alcuna  di  esse  rimonti  agli  ultimi  anni  del  secolo  Vili  e  pro- 
priamente al  788  quando  ai  Beneventani  Carlo  Magno  concedette  prin- 
cipe Grimoaldo  III  permettendogli  di  battere  moneta  purché  fregiata 
anche  del  proprio  nome.  E  poco  dopo  soggiunge  "  giovandosi  di  alcune 
lettere  apposte  ai  lati  della  croce  potenziata  longobarda  sopra  tremissi 
e  solidi  d'incerta  origine,  tentarono  alcuni  dotti  nummografi  di  ampliare 
la  serie  beneventana,  riconoscendo  in  quelle  sigle  le  iniziali  dei  nomi  di 
duchi  e  di  principi;  ma  la  loro  attribuzione,  a    primo    aspetto  soddisfa- 


E.    MARTINORI 


Il  primo,  se  non  erro,  a  darci  qualche  attribu- 
zione certa,  fu  Giulio  di  S.  Quintino  nel  suo  Ragio- 
naììiento  stille  monete  di  Giustiniano  II.  Questo  distinto 
numismatico,  messo  sull'avviso  dal  fatto  che  alcune 
monete  di  quell'imperatore  si  allontanavano  troppo 
dal  tipo  primitivo  e,  contraffacevano  la  dicitura  e, 
quello  che  è  più  importante,  erano  scadenti  nel  peso 
e  nel  titolo,  pensò  dover  attribuire  alla  zecca  di  Be- 
nevento quelle  che  avevano  sigle  o  monogrammi  che 
potessero  in  qualche  modo  giustificarne  l'attribuzione 
a  questo  o  a  quel  duca. 

Fra  le  ragioni  che  ci  espone  citerò  l'ultima  che 
a  me  sembra  la  più  esauriente  ed  è  questa:  «  È  cosa 
rarissima  che  le  dette  monete  d'oro  si  rinvengano  altrove 
che  in  Benevento  o  nelle  confinatiti  proviticie  del  regno 
di  Napoli  ».  Le  attribuzioni  del  S.  Quintino  non  sono 
tutte  esatte,  ne  per  le  scarse  cognizioni  di  quel  tempo 
in  questa  materia  si  poteva  pretendere  di  più.  Solo 
meraviglia  come  aperta  la  via  a  quelle  investigazioni 
non  si  siano  in  seguito  trovati  altri  volonterosi  a  pro- 
seguirne lo  studio. 

Fra  tutti  gli  esemplari  finora  conosciuti  e  che 
timidamente  fanno  la  loro  comparsa  nei  cataloghi  con 
più  o  meno  esatta  classificazione,  quello  che  a  mio 
avviso,  non  può  generare  alcun  dubbio  pella  sua  at- 
tribuzione e  può  anzi  meglio  di  qualunque  altro  pre- 
starsi a  punto  di  partenza  per  uno  studio  compara- 
tivo, è  l'esemplare  che  ora  presento  e  che  appartiene 
al  periodo  di  conreggenza  della  Duchessa  Scauni- 
perga  e  di  suo  figlio  minorenne  Liutprando. 

L'uso  continuato  dai  successori  di  porre  le  loro 
iniziali    nel    campo   delle    monete,  anche    quando   vi 


cente  per  qualche  pezzo,  avuto  poi  riguardo  alla  discrepanza  dei  tipi, 
induce  in  tale  scompiglio  nella  serie  stessa  che  gli  è  d'  uopo  ritenerla 
basata  su  troppo  deboli  fondamenti  „. 

Ed  anche  nei  manuali  più  recenti  ancora  si  asserisce    essere  stato 
Grimoaldo  III  nel  788  il  primo  duca  che  coniasse  moneta  in  Benevento! 


ZECCA    ni    BENEVENTO  223 


avevano  inciso  ben  leggibile  il  nome,  come  vediamo 
praticato  da  Grimoaldo  III,  Siconolfo,  Sicardo,  Ra- 
delchi,  ecc.,  ci  assicura  le  due  iniziali  S  ed  L  appar- 
tenere a  Scauniperga  e  Liutprando. 

Pochi  documenti  ci  sono  giunti  che  rischiarano 
quel  periodo  oscuro  della  storia. 

Alla  morte  di  Gisulfo,  avvenuta  nel  751,  Liut- 
prando suo  figlio  era  ancora  bambino  e  sua  madre 
Scauniperga  dovette  assumerne  la  reggenza  *'). 

Vediamo  infatti  nei  documenti  dell'epoca  sempre 
associato  il  nome  dell'una  con  quello  dell'altro. 

Un  primo  documento  del  752  comincia  «  Firma- 
«  vimus  nos  gloriosissima  Domna  Scani perga  (sic)  et 
«  Domnus  vir  gloriosissimus  Liutprand  summi  duci- 
«  bus  (sic)  gentis  langobardorum,  »  etc,  etc,  (^i  e  più 
oltre  «  secundum  qualiter  haec,  quae  super  legitur, 
«  in  isto  Dei  loco  concessum  est  a  Domno  sanctae 
«  memoriae  Romoald  socero  ed  avone  nostro  ».  Pa- 
role che  bastano  a  definire  la  lite  agitata  fra  molti 
insigni  scrittori  del  Ducato  Beneventano  per  sapere 
se  il  Duca  Liutprando  fosse  stato  figliuolo  o  marito 
di  Scauniperga. 

Un  altro  documento  del  dccembre  dello  stesso 
anno  comincia  come  il  precedente  (3'. 

Un  terzo  documento  del  febbraio  753  ])orta  egual- 
mente uniti  i  nomi  di  Scauniperga  e  di  Liutprando. 
ma  solo  questi  è  distinto  col  titolo  sniiiiinis  (iitx  '4\ 

Un  quarto  del  marzo  755,  assegna  il  titolo  di 
stimmi  cìiices  alla  madre  ed  al  figlio  's». 

Nel  giugno  756  Liutprando  emana  un  giudicato 
in  nome  proprio  chiamandosi  vir  iilnriosi^simiis  Lco- 


(i)  Ferdinando  Hirsch  :  //  ducato  di  Benevento,  ecc.,    traduzione  di 
M.  Schipa,  1890,  pag.  loo. 

(2)  Trova,  T.  IV,  p.  IV,  Cod.  Long.,  pag.  .140. 

(3)  Trova,  op.  cit.,  pag.  443. 

(4)  Idem,  idem,  pag.  448. 

(5)  Idem,  idem,  pag.  557. 


^24  E.    MARTINORI 


prand  summus  diix  Longobardorum,  e  non  si  fa  cenno 
di  Scauniperga.  Ciò  ci  dimostra  come  fosse  il  duca 
uscito  di  minorità  e  cessata  la  reggenza  della  di  lui 
madre. 

La  nostra  moneta  fu  coniata,  dunque,  nel  primo 
periodo  che  corre  fra  il  751  ed  il  756. 

Abbiamo  già  accennato  ai  criteri  che  hanno  in- 
dotto alcuni  studiosi  della  numismatica  bizantina  a 
distinguere  le  imitazioni  beneventane.  Questi  si  pos- 
sono riassumere  cosi: 

i.°  Lo  stile  ed  il  lavoro  più  rozzo  e  trascu- 
rato che  non  è  quello  dei  solidi  e  fremissi  che  si 
fabbricavano  nelle  zecche  di  Bisanzio  e  nelle  altre 
primarie  officine  dell'impero  ; 

2.°  La  maggior  scorrettezza  delle  leggende; 

3.°  Il  più  alto  rilievo  sia  delle  lettere  che  delle 
cose  figurate; 

4.°  La  scadenza  del  titolo,  l' abbassamento 
della  lega  più  sovente  di  argento  che  di  rame  ed  il 
minor  peso. 

Questi  caratteri  troviamo  riuniti  nella  nostra 
moneta. 

L'incisore  ha  preso  a  modello  il  solido  di  Arte- 
mio Anastasio,  ma  ha  voluto  imprimergli  tutta  la 
propria  individualità.  Con  pochi  tratti  ben  marcati 
egli  ci  presenta  il  busto  del  principe  di  faccia:  se 
il  braccio  destro  non  fosse  levato  in  alto  per  sor- 
reggere la  croce  ma  ripiegato  sul  petto  il  disegno 
sarebbe  perfettamente  simmetrico. 

Il  diadema  che  porta  sul  capo  manca  della  croce 
che  invece  troviamo  ripetuta  sopra  il  capo  degli  im- 
peratori bizantini  nelle  loro  monete  da  Tiberio  Co- 
stantino in  poi. 

Il  collo  è  lungo  e  nudo.  Mentre  la  destra  sor- 
regge un  piccolo  globo  crucigero,  la    sinistra,  ripie- 


ZECCA    DI    BENEVENTO  225 


gata  sul  petto,  stringe  il  vohimeii  specie  di  borsetta  chia- 
mata anche  acacia  che  gli  imperatori  usavano  tenere 
in  mano,  ripiena  di  cenere  o  di  polvere,  per  ram- 
mentarsi della  fragilità  umana  e  come  monito  ad  es- 
sere clementi  e  moderati  verso  i  loro  sudditi.  Alla  roz- 
zezza del  disegno  va  accoppiata  una  cura  nei  dettagli 
che  non  è  priva  d'interesse.  Da  certi  piccoli  tratti  che 
segnano  le  linee  del  volto  possiamo  arguire  aver  vo- 
luto l'artista  significare  una  corta  barba  che  lo  ornava. 

Passando  al  secondo  criterio  osserviamo  come 
della  leggenda  imperiale  DN  IVSTINIANVS  pp  non  ri- 
mangano nella  nostra  moneta  che  poche  lettere  quante 
ne  potevano  entrare  nello  spazio  lasciato  dalla  figura 
DN  IVN  PP  e  nel  rovescio  per  VICTORIA  AVGVSTI,  Vie- 
TORY  -  VGVSTI.  Come  vediamo,  la  lettera  A  è  ban- 
dita affatto  dalla  iscrizione,  e,  cosa  che  si  vede  ripe- 
tuta in  tutte  le  monete  di  quel  periodo  e  di  quel  ducato, 
questa  prima  lettera  dell'alfabeto  va  trasformandosi  in 
un  A  o  i>  o  in  V  .  e  l'analfabeta  incisore  ha  finito  per 
servirsene  come  di  un  ornamento  simmetrico  ai  lati 
della  croce.  Le  altre  lettere  sono  fra  loro  ineguali  ed 
ostentano  rozzamente  i  caratteri  che  vogliono  imitare. 

Per  ciò  che  si  riferisce  al  terzo  criterio  cioè  al 
più  alto  rilievo  delle  lettere  e  della  parte  figurata  e 
cosa  che  non  ha  bisogno  di  dimostrazione. 

Per  ultimo,  ciò  che  caratterizza  le  monete  di  conio 
beneventano  è  il  loro  minor  peso  in  confronto  di  quelle 
di  conio  imperiale,  il  titolo  più  basso  dell'oro,  e  la  lega 
formata  con  argento  piuttosto  che  con  rame  e  clic 
contribuisce  a  dar  loro  quel  colore  pallido  che,  a 
prima  vista,  le  fa  distinguere  da  quelle  di  altre  zecche. 

Mentre  i  solidi  bizantini  fino  ali'e|)oca  della  quale 
stiamo  parlando,  si  mantengono  di  peso  e  di    titolo 
legale,  quelli  della  zecca  di  Benevento  sono  nell'uno- 
e  nell'altro  inferiori  e  nelle  contrattazioni  erano  sem- 
pre preferiti   i  primi  ai  secondi  e    nella    stessa    città 


226  E.    MARTINORI 


di  Benevento  si  faceva  la  distinzione  fra  il  solido  del- 
l'impero e  quello  del  ducato"). 

La  nostra  moneta  pesa  grammi  3.90  e  contiene 
760,1000  di  oro  mentre  il  soldo  bizantino  pesa  gram- 
mi 4.50  circa  ed  è  molto  superiore  nel  titolo  che  va- 
ria   Ha    ""/'         a    """/         ^2) 

Dopo  la  distruzione  del  regno  longobardo  cessò 
nelle  zecche  italiane  la  battitura  delle  monete  d'oro  (3). 

I  soli  principi  di  Benevento  ed  i  duchi  di  Sa- 
lerno continuarono  a  coniarne,  ma  di  qualità  sempre 
più  scadente  fino  al  punto  da  lasciare  il  dubbio  sulla 
lega  metallica  che  le  costituiva. 

Da  quanto  ho  esposto  ho  dovuto  convincermi 
come  la  moneta  beneventana  dovesse  servire  per  le 
sole  contrattazioni  locali.  E  difficile  infatti  ritrovare 
esemplari  di  questa  moneta  fuori  dei  confini  del  du- 
cato o  insieme  a  quella  bizantina  ed  è  raro  trovarne 
menzione  nelle  trattazioni  con  i  paesi  limitrofi. 

Oltre  a  queste  ragioni  dobbiamo  assegnare  la 
rarità  di  questi  solidi  allo  scarso  traffico  monetario 
dei  Longobardi,  alla  grande  copia  di  numerario  aureo 
che  usciva  dalle  zecche  bizantine,  nonché  al  maggior 
credito  che  questo  godeva,  mentre  i  duchi  Beneven- 
tani si  accontentavano  di  produrre  più  o  meno  cor- 
rettamente quanto  poteva  bastare  per  aff"ermare  il 
loro  privilegio. 

Nella  raccolta  di  S,  M.  trovasi  ancora  il  tre- 
misse  (gr.  1.32)  di  Scauniperga  e  Liutprando  che 
differisce  solo  per  le  sue  dimensioni  (mill.   ns).     • 

Roma,  26  febbraio  1908. 

E.  Martinori. 


(i)  A.  Engel:  Reclierches  sur  la  numismatique,  eie,  des  Normands 
de  Stelle  et  d'Italie.  Paris,  1883,  p.  73. 

(2)  Nelle  epistole  di  S.  Gregorio  troviamo  che  regnando  Agilulfo 
(590-615)  i  solidi  bizantini  erano  ragguagliati  ad  '/o  ^i  oncia  cioè  a  72 
per  libbra  e  pesavano  grani  98  (Zanetti,  IV,  pp.  43-48).  I  soldi  del  basso 
impero  contenevano  84  grani  d'oro  (Idem,  pp.  46-50). 

(3)  V.  Capgbiancmi:  Origine  della  secca  del  Senato  romano,  p.  64. 


Grumento,  Matera  e  S.  Chirico  Rapare 


APPUNTI    DI    NUMISMATICA. 

Quando  si  voglia  tentare  di  parlare  della  mo- 
netazione delle  tre  località,  di  cui  è  oggetto  il  nostro 
tema,  si  viene  con  rincrescimento  a  sapere  che  do- 
cumenti al  riguardo  non  ne  esistono  ;  ciò  non  per- 
tanto io  credo  che  un  po'  di  luce,  per  quanto  scialba 
possa  essere,  la  gittino  queste  mie  considerazioni, 
che  bramerei  siano  di  gradimento  a  quanti  amano 
le  patrie  ricordanze. 

I.  —  PER  GRUMENTO. 

Grumento,  dalle  cui  rovine  surse  l'odierna  «  Sa- 
ponara  »  fu  città  antichissima  e  ricca  della  Lucania 
mediterranea,  e  capoluogo  dei  popoli  grumentini. 
Della  sua  nobile  e  rimota  esistenza,  dell'  importanza 
che  ebbe,  non  solo  ai  tem[)i  dell'autonomia  lucana, 
ma  anche  ai  tempi  romani,  ci  parlano  i  [)iii  chiari 
scrittori  dell'antichità,  a  cominciare  da  Livio,  gli  an- 
tichi itinerari!,  una  quantità  di  monumenti  lapidei, 
avanzi  di  rovine  e  oggetti  di  scavo  bellissimi.  Tra 
questi  oggetti  rinvengonsi  pure  delle  monete  in 
bronzo,  della  grandezza  7  ad  8  della  scala  di  Mion- 
net,  le  quali,  da  un  lato,  presentano  una  testa  di 
donna,  rivolta  a  dritta,  con  capelli  annodati  e  di- 
sposti a  tutulo  sull'occipite,  e.  dall'altro,  un  bue  coz- 
zante, o  un  cavallcj  saliente,  rivolti  a  dritta  entrambi, 
ed  aventi  a   lato  le  lettere  fPY.    Da    dotti    nunnsma- 


228  AI.HF.KTO     SIMONKTTI 


tici  (')  sono  state  queste  monete  attribuite  a  Gru- 
mento  ;  ma  v'  ha  taluni  che  questa  attribuzione  ve- 
dono capricciosa  ed  arbitraria,  e  le  ccnnate  monete 
dicono  appartenenti  a  Grumo,  nella  Peucezia  :  solo 
perchè,  su  monete  di  Grumo,  vedonsi  tipi  simili  a 
quelli  descritti  i^K  Faccio  però  osservare,  che  il  ri- 
trovarsi tipi  simili  sopra  monete  di  serie  diversa, 
non  è  buona  ragione  per  non  dire  Grumentine  quelle 
in  discorso.  E  invero,  non  si  potrà  negare  che,  nelle 
antiche  monetazioni,  il  tipo  di  una  città  sia  stato, 
talora,  adottato  da  un'altra.  Ciò  è  dovuto  ad  affinità 
etnica  e  religiosa,  o  a  convenienza  commerciale,  ad- 
dirittura. Ad  esempii  :  il  Pegaso,  con  la  testa  di  Pal- 
lade,  che  vedesi  sulle  monete  di  Corinto,  vedesi  pure 
su  quelle  delle  sue  colonie  :  molti  tipi  della  Locride 
vedonsi  su  monete  di  Locri  Epizefirii  :  su  parecchie 
monetazioni  della  Beozia  vedesi  lo  scudo  tebano,  e 
così  via  via. 

Altri,  poi  (31,  avendo  sulle  monete  di  Arpi  ve- 
duto lo  stesso  tipo  del  cavallo  saliente  ^^>,  appoggian- 
dosi all'autorità  di  Snida,  han  detto  che  le  lettere  TPY 
potrebbero  pure  denotare  una  moneta,  interpretan- 
dole pel  valore  della  moneta  stessa,  come  OBOAOI 
s' interpreta  per  quello  delle  monete  di  Metaponto. 
Ciò  fa  supporre  che  i  tipi  delle  monete  di  Arpi  sono 
sempre  accosto  alle  lettere  rPY.  Ma  per  quanto  io 
mi  sappia,  desse  lettere  non  si  trovano  mai  su  queste 
monete,  sulle  quali,  invece,  o  intera  o  dimezzata, 
leggesi  soltanto  la  leggenda  APnANflN,  vicino  a  cui 
vedesi  talvolta  il  nome  AAIIOY,  che  è  il  nome  di  un 
magistrato  monetale  di  Arpi. 

(1)  Fra  questi  è  annoverato  il  cliiarissiino  Eckel. 
{2)  Gian  Domen.  Romanelli  :  Aulica  topografia  storica  del  regno  di 
Napoli.  Napoli,  Stanip.  Reale,   1818,  part.  II,  pag.   173. 

(3)  Franc.  Mah.  Avellino  :  Giornale  niimisiiiattco,  180S-12,  Napoli. 

(4)  Secondo  il  Corda,  questo   tipo    è    relativo    ai    famosi  cavalli  di 
Diomede. 


GRUMENTO,    MATERA    E    S.    CHIRICO    RAPARO  229 

Mettendo  da  banda,  dunque,  ogni  congettura, 
si  può  ritenere  che,  quando  su  monete,  che  presen- 
tano tipi  simiU  ai  descritti,  vedonsi  le  lettere  rPY, 
le  monete  sono  grumentine;  le  lettere  sono  iniziali 
della  parola  rPYMENTlNHN;  e.  pei  tipi,  tanto  il  bue 
quanto  il  cavallo  furono  dai  Grumentini  effigiati , 
perchè  si  conoscesse  pubblicamente  in  quanta  con- 
siderazione avessero  tenuto  quegli  animali. 


IL  —  PER   MATERA. 

Matera,  in  latino  «  Mateola  »  ed  in  greco 
u  MsTO'Aov  „  è  città  tuttora  esistente,  e  vanta  origine 
enotria  antichissima,  secondo  apprendiamo  da  Plinio, 
da  Strabone  e  da  altri  antichi  storici.  Frammisti  ai 
monumenti  della  sua  antichità,  rinvengonsi  delle  mo- 
nete in  bronzo,  della  grandezza  4  a  6  della  scala  di 
Mionnet  ;  aventi,  nel  diritto,  la  testa  di  Pallade  ga- 
leata  col  morione,  a  dritta,  e  sormontata  or  da  uno 
or  da  due  globetti,  secondo  che  eran  segno  or  del- 
l'oncia, or  del  sestante  :  e,  nel  rovescio,  a  volte,  un 
leone  seduto  sulle  gambe  di  dietro,  e  con  un  giavel- 
lotto tra  le  zampe  anteriori  e  protendentesi  sulla 
spalla  sinistra;  a  volte,  un  corno  di  abbondanza,  ri- 
boccante di  frutta  :  ma  sempre  con  la  sigla  aa  a  lato 
a  dessi  simboli.  Alcuni  dotti  numismatici  non  si  ac- 
cordano, però,  sul  luogo  preciso,  ove  queste  monete 
ebbero  vita.  Ed  invero  Millingen  "'  le  attribuisce  a 
«  Natiolum  »  Avellino  '^i  a  «  Gnatia  »,  o  più  pro- 
priamente, «  Egnatia  »  ed  il  Riccio  O»  le  dice  appar- 


(i)  Millingen  ;  MédatUes  grecqties,  ined. 

(2)  Fr.  Maria  Avellino  :   Giornale  Numismalico,  1808-1812,    Napoli. 
Rucetia. 

(3)  Genn.  Riccio  :  Reperlorio  ossia  ilescrizioiie  e  lasse  delle  tnonele,  ecc. 
Napoli,  Traiiiater,  1852,  pag.  45. 


230  ALBERTO     SIMONETTI 


tenenti  a  Mateola  ;  mentre  non  esclude  la  probabi- 
lità che  possano  appartenere  a  Gnatia.  L'esistenza 
di  Natiolum  è  molto  discussa,  trovandosene  notizia 
nella  sola  tavola  Peutingeriana,  e,  ciò  stante,  non  è 
il  caso  di  accettare  l'opinione  del  Millingen.  Gnatia, 
invece,  fu  città  antica  e  ricca,  e  bene  avrebbe  po- 
tuto essere  la  culla  delle  cennate  monete;  ma,  se  ci 
fermiamo  per  poco  ad  ossef  varie,  ci  accorgeremo  che 
la  sigla  AA  è  un  monogramma  abbreviato,  e  che, 
scrivendolo  regolarmente,  si  legge  MAT,  monogramma 
che  si  presta  bene  ad  indicare  il  nome  Mateola,  ma 
non  per  altre  argomentazioni  (i'.  Altri  poi  dicono  che 
le  cennate  monete  potrebbero  essere  di  «  Caelium  » 
perchè  sono  a  queste  simili,  presentando,  nel  dritto, 
lo  stesso  tipo  della  testa  di  Pallade  coi  globetti:  e  che 
nella  sigla  aa  potrebbero  essere  invece  le  iniziali  del 
nome  di  un  magistrato  monetale  di  Caelium.  Rispetto 
le  opinioni  altrui;  ma,  per  conto  mio,  fino  a  che 
non  verranno  alla  luce  monumenti  che  dimostrino 
falso  il  nostro  asserto,  dirò  sempre  Materane  le  mo- 
nete con  la  sigla  aa;  e,  riguardo  al  tipo,  ripeterò  col 
Gattini,  che  stimasi  desso  allusivo  alla  pace  che  se- 
guì alla  prima  guerra  punica  (2).  A  differenza,  poi, 
della  Pallade,  che  è  sulle  monete  di  Caelium,  la  Pal- 
lade delle  monete  Materane  apparisce  spirante  quella 
grazia  squisita  che  i  Greci  artisti  accordarono  alla 
vergine  figlia  di  Giove. 

III.  —  PER  S.  CHIRICO  RAPARO. 

S.  Chirico  Raparo  è  terra  antichissima,  e  si  disse 
«  Serra  »  prima    di    ricevere  la  fede    cristiana.  Fu, 


(i)  Solone  Ambrosoli:  Monete  greche.  Milano,  U.  Hoepli,  1889,  p.  135. 
(2)  Conte  Gius.  Gattini:  Note  storiche  sulla  città  di  Ma/era.  Napoli, 
Perrotti,  1882,  pag.  6. 


GRUMF.NTO,    MATERA    K    S.    CHIRICO    RAPARO  23I 


molto  probabilmente,  originata  da  coloni  greci,  per- 
chè da  essi,  in  prosieguo,  e  propriamente  nel  IX  se- 
colo, fu  edificato  pure  il  suo  castello,  che  andò  sem- 
pre celebre  tra  i  castelli  Lucani.  In  uno  dei  sotter- 
ranei di  questo  castello,  in  ora  diruto  pressoché  tutto, 
era,  secondo  una  costante  tradizione  e  i  dotti  del 
luogo  ripetono,  una  zecca  istituita  dal  principe  Pi- 
gnatelli,  ramo  di  Monteleone,  quando  questi  era  feu- 
datario di  S.  Chirico  Raparo  Veniamo  infatti  a  co- 
noscere che  Antonio  PignateUi  "\  figlio  di  Nicola, 
ottavo  duca  di  Monteleone,  nel  1731,  da  Carlo  VI, 
imperatore  d'Austria  e  re  di  Napoli,  fu  creato  prin- 
cipe del  sacro  romano  impero,  e  di  Belmonte,  con 
dritto,  per  se  e  suoi  eredi,  di  poter  coniare  moneta,  con 
i  proprii  stemmi  ed  effigie:  privilegio,  però,  di  cui 
il  nuovo  principe  cominciò  ad  avvalersi  due  anni 
dopo,  cioè  nel  1733.  Delle  sue  monete,  però,  ne  ri- 
mangono soltanto  alcune  in  oro,  che  pare  siano  state 
lavorate  in  qualche  officina  di  Germania,  o  di  Vienna 
addirittura;  e  tanto  è  stato  pure  ritenuto  dal  Bazzi- 
Santoni  (2)  e  dai  fratelli  Gnecchi  (31.  Ma  con  l'avve- 
nimento al  trono  di  Carlo  III  di  Borbone,  avvenuto, 
nel  1734,  dopo  la  famosa  battaglia  di  Bitonto,  es- 
sendosi Napoli  e  Sicilia  ridotte  sotto  un  solo  scettro, 
e  liberate  dal  servaggio  austriaco,  si  ebbe  un  nuovo 
ordine  di  cose,  per    effetto    di  cui  Carlo  III    stabilì. 


(i)  Antenato  di  costui  fu  quell'Ettore  Figiiatelli  che  ussend  i  viceré 
di  Carlo  V,  in  Sicilia,  die  ordine,  nel  1531,  che  si  introducesse,  in  quel 
regno,  moneta  di  puro  rame,  siccome  leggesi  a  carte  92  ilelle  "  Memo- 
rie storiche  ed  economiche  sopra  la  bassa  moneta  di  Si -dia  „  del  chiaro 
Della  Rovere.  Cuminciamo,  dimque,  a  vedere  che,  nella  casa  PignateUi, 
ramo  di  Monteleone,  il  diritto  di  zecca,  or  da  concedente,  or  da  conce- 
duto, non  è  cosa  nuova. 

(2)  G.  Bazzi  e  M.  Santoni:  l''ii(U  ineciim  del  racco^Ulnre  di  inaitele. 
Camerino,  tip.  Mercuri,  i856,  pag.   128. 

(3)  Francesco  ed  Ercolk  Gnecchi;  Siiygw  di  biblioi^nifm  uiiiiiìshm- 
tictx.  Milano,  Cogliati,  1889,  pag.  28. 


232  ALBERTO    SIMONETTI 


fra  le  altre,  che  il  titolo  di  principe  del  sacro  ro- 
mano impero  dovesse  essere  riserbato  solo  ai  prin- 
cipi della  famiglia  reale  '^'.  e  che  i  privilegi  e  le 
concessioni  fossero  dai  principi  esercitati  soltanto 
nelle  terre  ad  essi  infeudate.  Da  quel  tempo,  è  pro- 
babile che  i  Pignatelli  avessero  tenuto  zecca  nelle 
loro  terre,  tra  le  quali  fu  S.  Chirico  Raparo.  L'  a- 
vanzo  che  ora  vedesi  di  questa  zecca  è  una  cavità 
circolare  in  forma  di  calotta,  nella  quale  doveva  av- 
venire la  fusione  del  metallo.  Dell'ultimo  Pignatelli, 
poi,  che  in  questa  zecca  abbia  battuto  moneta,  erano 
ammirevoli,  si  ricorda,  per  perfezione  e  bellezza  di 
conio,  i  pezzi  in  argento  da  «  due  »  e  da  »  sei  carlini  ». 

S.   c/lirico  'Raparo,  H  febbraio  igoS. 

Barone  Alberto  Simonetti. 


(i)  Francesco  Ceva  Grimaldi:  Della  citlà  di  Napoli,  ecc.  Napoli,  stam- 
peria Pignasecca,  1857,  P'''S-  4°- 


UMBERTO  BONACCORSI 

ZECCHIERE    DI    SAVOIA 


Un  certo  Antonio  Grange  fu  condannato  ad  una 
multa  di  5  soldi  e  3  denari  grossi  perchè  si  era  ri- 
fiutato ad  accettare  moneta  di  Amedeo  Vili  conte  di 
Savoia  prima  ancora  che  questa  fosse  pubblicamente 
screditata;  ciò  avveniva  in  Aiguebelle  sul  finire  del 
T404  <^'\  Questa  oscura  nota  eccita  la  curiosità  di 
conoscere  il  motivo  per  cui  si  puniva  un  suddito  che 
rifiuta  la  moneta  dello  stato.  La  prima  supposizione 
che  si  presenta  è  ovvio  sia  quella,  che  di  detta  mo- 
neta molta  doveva  essere  stata  falsificata  e  la  voce 
pubblica  sussurrasse  già  abbastanza  a  questo  propo- 
sito da  sollevare  la  diffidenza  generale.  Approfon- 
dendo infatti  le  ricerche  si  trova,  come  nel  1402  dopo 
aver  pacificato  lo  stato  messo  a  soqquadro  dalle  in- 
testine lotte  venute  per  la  violenta  morte  di  Ame- 
deo VII;  Oddone  di  Villars.  tutore  del  giovane  Ame- 
deo Vili,  avesse  pensato  anche  di  riformare  la 
moneta  facendo  coniare  oro,  argento  e  rame  (^l  La 
prima  zecca  savoina  incaricata  di  questo  lavoro  fu 
quella  di  Nyon  alla  quale  era  jireposto  Umberto  Bo- 
nacourt  o  Bonaccorsi  di  Lione  (3)  il  quale  aveva  in 
quell'anno  presentati  al  giovane  principe  i  modelli 
delle  nuove  specie. 

Nel  gennaio  1405  sono  convocati  a  Chambery,  il 
vescovo  di  Lausanne,  il  signor  di  Langin,  il  visconte 


234  G.    CATsBONELLI 


di  Ginevra  ed  il  proposto  di  Monte  Giove,  i  quali 
assieme  al  castellano  di  Nyon  dovevano  radunarsi 
in  tribunale  per  giudicare  il  maestro  delle  monete  (4). 
Apprendiamo  infatti  dai  Conti  della  Castellania  di 
Chambery  come  il  giorno  30  marzo  1405  nel  luogo 
dove  si  erigeva  la  forca  chiamato  Les  Chaux  fu  de- 
capitato Umberto  Bonacourt,  maestro  della  zecca  di 
Nyon,  con  tutte  le  forme  condannato  ad  aver  mozza 
la  testa,  il  cadavere  impiccato  alla  forca  ed  il  capo 
infisso  sopra  una  sbarra  di  ferro  esposto  al  pubbli- 
co (5).  11  documento  molto  particolareggiato  sulla  ese- 
cuzione capitale,  è  troppo  laconico  sulla  motivazione 
della  sentenza,  che  possiamo  tuttavia  conoscere  per 
induzione  dalle  disposizioni  venute  subito  dopo  nella 
ordinazione  delle  zecche  e  nei  conii  delle  specie. 

Lo  zecchiere  di  Chambery,  che  il  documento 
non  dice  chi  fosse,  è  incaricato  di  trasformare  le  mo- 
nete battute  a  Nyon  (^'.  Giovanni  di  Rozeto  da  Mon- 
calieri  è  nominato  maestro  generale  delle  monete  ci- 
tra  montes  con  facoltà  di  far  battere  specie  d'oro  e  di 
argento  nel  luogo  dove  meglio  gli  piacerà  ^T>.  Um- 
berto Violet  da  Lione  è  nominato  custode  e  guar- 
diano della  zecca  di  Nyon  (8> 

Collegando  adunque  i  fatti  fra  di  loro  occorsi 
nello  stesso  tempo,  cioè  la  multa  al  Grange,  la  ese- 
cuzione solenne  del  Bonacourt,  la  trasformazione  della 
moneta;  si  può  logicamente  concludere  che  il  Bona- 
court abbia  abusato  della  sua  posizione  falsificando 
ed  adulterando  le  monete,  il  supplizio  inflittogli  sta 
a  provarlo,  il  sospetto  già  penetrato  nel  pubblico, 
donde  il  rifiuto  del  Grange  di  accettare  specie  già 
screditate. 

Da  tutto  ciò  ne  viene  come  allo  stesso  modo 
che  al  collezionista  può  interessare  di  conoscere  le 
falsificazioni  delle  monete  di  Amedeo  VII  operate 
dal  medico  Giovanni  Valpon  (9^;  cosi  non  è  privo  di 


UMBERTO    BONACCORSI    ZECCHltRE    DI    SAVOIA  235 


interesse  il  conoscere  le  falsificazioni  del  Bonaccorsi, 
le  quali  si  riferiscono  alle  monete  di  Amedeo  Vili 
che  chiamerò  della  prima  maniera. 

G.  Carbonelli. 


NOTE  E  DOCUMENTI 


(i)  Arch.  Cam.  Torino,  Conto  Castellania  Aiguebelie, 
M.  8,  Rot.  6  (fine  del  1404)  : 

Recepii  ab  Anthonio  Grangie  prò  eo  quia  refutavit 
monetam  domini  recipere  ante  quam  fuisset  decridata 

V.  sol.  n]  den.  gros. 

(2)  Ib.  Conto  dell'Hotel  Conte  1402. 

(3)  Sui  Bonaccorsi  "  lombardi  „  e  zecchieri  v.  L.  Ci- 
brario  Ecou.  Poi.,  voi.  3.°,  pag.  217.  Torino,  1842. 

(4)  Arch.  Cam.  Torino,  Conto  Cancellieri  Savoia,  Maz.  9, 
Reg.  35,  fol.  19,  V.: 

Lib.'  die  X  dicti  mensis  (Gennaio,  1405)  apud  Rossel- 
lionem  diete  Salliet  prò  portu  Iiterarum  per  doininum  missa- 
rum  domino  episcopo  Lausanne,  domino  Langini  et  vice- 
dompno  Gebennarum  quod  deberent  esse  Chamberiaco  die 
XXV  Januarii  prò  quadam  jornata  tenenda 

XX  den.  gros. 

Lib.'  die  xij  eiusdem  mensis  apud  Seissellum  diete  Bri- 
sibarra  prò  portu  literarum  per  dominum  missarum  preposito 
Mentis  Jovis  qued  esset  in  dieta  jornata  et  castellano  Niui- 
duni  super  facto  magistrorum  monete 

xvj  den.  gros. 

(5)  Arch.  Cam.  Torino,  Conto  Cast.  Chamberì,  Hot.  57, 
perg.  51,  1405-06. 


236 


G.    CARBO.NELLI 


Libravit  in  et  prò  execucione  facta  de  Humberto  Bo- 
nacourt  magistro  monetaruni  domini  in  Nyuiduno.  Con- 
dempnato  per  d.  Georgium  Pailuelli  licenciatum  in  legibus, 
ad  amputacionem  capitis,  et  suspensionem  eius  corporis,  ut 
per  eiusdein  domini  Georgii  sentenciam,  datam  die  penultima 
mensis  marcii  A.  D.  millesimo  ecce"'"  quinto  executam  prout 
infra. 

Et  primo,  prò  precio  sex  chiuronorum  et  quinque  po- 
stium  emptorum  manu  Thome  Ogerii  carpentatoris  castri  do- 
mini Chamberiaci  a  Petro  Balia  prò  tanto 

IX  den.  gros. 

Implicatorum  in  quodam  solano  facto  in  furchis  de  Les- 
chaux  super  quo  fuit  capud  dicti  Humberti  amputatum,  et 
in  una  scala  prò  eodem  necessaria. 

Item  prò  precio  duodecim  crochiarum  ferri  implicatarum 
in  gardeando,  et  retinendo  dictum  solanum 

j  den.  ob.  gros. 

Item  in  emptione  unius  panne  fuste  empte  a  Petro  Albj, 
prò  tanto  jncluso  uno  denario  gros.  prò  precio  cuiusdam 
ferri  fìxi  in  dieta  pannea.  Et  que  panna  piantata  fuit  iuxta 
plotum,  et  in  eadem  positum  capud  dicti  Humberti 

iij  den.  gros. 

Item  salario  et  expensis,  dicti  Thome  carpentatoris  Johan- 
nis  Risol,  et  Arthaudi  de  Monthons  etiam  carpentatoris  unius 
diei  qua  uacauerunt,  in  faciendo  dictum  solanum,  in  dictis 
furchis,  scalam  et  pannam  seu  pilonum  predictas,  Capiens 
quolibet  ipsorum  prò  diem  de  salario  jnelusis  expensis  duos 
denarios  ob.  gros.  more  solito 

vij  den.  ob.  gros. 

Item  in  empcione  et  prò  precio  unius  Catelle  et  unius 
chinillie  ferri  positarum  in  summitate  dictarum  furcharum, 
prò  tirando  sursum  corpus  dicti  Humberti 

vj  den  gros. 

Item  in  emptione  unius  capistri  canapis  empti  a  Johanne 
Basterii  cum  quo  fuit  suspensum  dictum  corpus  per  spatullas 

ij  den.  gros. 


UMBEUTO    BONACCORbl    ZtCC£IlKRE    DI    SAVOIA  237 

Item  in  empcione  unius  dolorie  empte  a  Johanne  Grey- 
niolat  fabro,  prò  amputando  dictum  caput 

xij  den.  gros. 

Item  Johann!  de  Conca  parrocchie  Bagiaci  laniste,  qui 
execuciones  supradictas  fecit  prò  tanto,  ultra  expensas 

xij  den.  gros. 

Item  prò  miialiia  dicti  laniste  quinque  dierum  quibus 
stetit  in  dicto  castro  expectando  diem  execucionis  dicti 
Humberti 

V  den.  gros. 

Item  prò  miialHa  eiusdem  Huberli  decem  dierum  finito- 
rum  die  undecima  exclusive  mensis  Aprilis  anno  predicto 
computatis  duobus  den.  vienn.,  prò  die. 

j  den.   t  quart.  gros. 

Item  Chardono  mistraii  Chamberiaci  prò  suis  ipsius  et 
eius  equi  expensis  factis  una  vice  eundo  de  Chamberiaco, 
apud  Burgentam  et  Castrum  noum  ad  perquirendum  et  jnue- 
niendum  lanistam  qui  dieta  execucionem  fecisset  et  neminem 
jnuenit. 

vj  den.  gros. 

(6)  Ib.  Conto  Cancellieri  Savoia.  Voi.  38,  Ibi.  5,  r.  : 

Recepii  prò  sigillo  litere  date  Annexiaci  die  undecima 
mensis  septembris,  manu  Guidonis  Collumbi  signate,  per 
quam  dominus  dedit  magistro  monete  Chamberiaci  sex  vi- 
ginti  florenos  ab  una  parte  in  remuneracionem  expensarum 
per  ipsum  magistrum  factarum  mutando  dictarum  moneta- 
rum  de  Nyuiduno  in  Chamberiaco.  Kt  quinquaginta  florenos 
ex  alia  certis  aliis  causis,   1406 

vj  den.  gros. 

(7)  Ib.  Ib.  voi.  36,  fol.  46,  V.  : 

Recepit  a  Johanneto  de  Rozeto  de  Montecalerio  magi- 
stro generali  citra  montes  monetarum  domini,  prò  sigillo  li- 
tere qua  dominus  eundem  Johanetum  constituit  curavit  et 
ordinavit  magistrum  generalem  citra  montes  monetarum  sua- 


238  G.    CAKBONELLI 


rum  tam  auri  quam  argenti  ad  fabricandum  cudendum  fa- 
bricari  et  cudi  faciendum,  per  eius  monetarios,  ubi  sibi  pla- 
cuerit  et  in  loco  quem  duxerit  eligendi,  certas  auri  monetas 
et  argenti  diuersi  generis,  que  lacius  in  litera  dieta  sue  con- 
stitucionis  lacius  designantur.  Datam  Chamberiaci  die  xxiij 
mensis  Junii   1405. 

(8)  Ib.  Ib.  fol.  49  r.  : 

De  sigillo  litere,  qua  dominus  constituit  Humbertum  Vio- 
leti  ciuem  Lugduni  gardam  et  custodem  monetarum  suarum, 
que  cudentur  in  villa  Niuiduni.  Et  alibi  in  toto  suo  Sabaudie 
Comitatu,  per  modum,  per  quem  alii  garde  ante  Ipsum  facere 
consueverunt.  et  sub  salario  ceteris  dari  consueto,  per  unum 
annum  et  ultra  dum  bene  facerit,  et  dum  fuerit  volunter. 
Datam  in  Ponte  Yndis  die  xxviij  Julii  1405. 

(9)  G.  Carbonelli  :  L'officina  di  un  falso  monetario  nel 
XIV  secolo.  Estratto  dalla  Rivista  Ital.  di  Num.  e  Scienze 
affini,  anno  XIX,  fase.  II,  Milano,  1906. 


Il  Ripostiglio  di  Delos 

1  DENARI  LEGIONARI  DI  M.  ANTONIO 


Durante  gli  scavi  di  Delos,  che  furono  eseguiti 
in  Atene  daWEco/c  fraiicaisc,  al  4  agosto  1905,  si 
rinvenne  un  tesorctto  di  650  denari  consolari  romani. 

Le  monete  furono  cedute  al  Museo  Numismatico 
nazionale  di  Atene  e  il  suo  direttore  J.  N.  Svoronos 
ne  diede  una  breve  notizia  sommaria  nel  Journal 
internatioìial  d'archeologie  niuìiismatique  (voi.  IX.  1906, 
pag.  300-302^. 

I  pochi  pezzi  di  conio  più  antico,  anteriori  al 
705  a.  u.  e.  sono  comuni  ;  li  registro  qui  brevemente: 


Numero 

Triumviro  monetario                             Numero 

del  Blacas 

75 

C.  Ter.  Lue.                                                 i 

190 

a 

L.  Saturn.                                                        i 

194 

b 

T.  Mail.  Ap.  CI.  q.  ur.                                i 

213 

a 

D.  Silanus  L.  f.                                           2 

227 

e 

C.  Mamil.  Limetan.                                     i 

257 

e 

M.  Volteius  M.  f.                                        I 

259 

a 

Cn.  Len.  q.                                                   i 

267 

b 

M.  Plaetorius  M.  f.  Cestianus                    i 

271 

Sufenas                                                          i 

272 

(Brutus)                                                          I 

278 

Caesar                                                           4 

279 

Man.  Aciliiis  III  vir                                    i 

Denari  N.   16 

I  denari  di  tempo  più  tardo   non   offrono    nulla 
di  notevole,  solo  appare  nel  tesorctto  il  denaro,  che 


240 


M.   BAHRFELD 


COSÌ  raramente  si  rinviene  nei 
Q.  Voconio  Vitulo  nell'anno  7 

Triumviro  monetario 

C.  Considi  Paeti 


ripostigli,  coniato  da 
16  u.  e. 


Man.  Cordius  Rufus 

Caesar,  con  trofeo 

«       111 

M.  Cato  propr. 
L.  Hostilius  Saserna 
L.  Valerius  Acisculus 
L.  Livineius  Regulus 
L.  Mussidius  Longus 

P.  Clodius  M.  f. 

Petillius  Capitolinus 
Albinus  Bruti  f. 

C.  Vibius  C.  f.  C.  n.  Pansa 

Mag.  plus.  imp.   iter,  praef. 

clas  ecc. 
Q.  Voconius  Vitulus 


Babelon 
Considia  2 

Cordia  i  e  2 

3 
Julia  12 
„      26 
Porcia  IO 
Hostilia  2 
Valeria  16 
Livineia  io 
Mussidia  6 
Clodia  14 

.;       17 
Petillia  3 
Postumia  14 
Vibia  16 

„      18  e  19 

Pompeia  27 
Voconia  2 


Numero 


Denari  N.  23 


É  sorprendente  invece  la  quantità  di  denari  di 
Marco  Antonio,  e  fra  questi  a  sua  volta  i  denari  le- 
gionari, che  ammontano  a  non  meno  di  604  pezzi. 
Sono  i  seguenti  : 

Leggenda  Babelon 
M.  Antoni  imp.  Ili  vir  r.  p.  e.         Antonia  34 
Antonius  augur   cos.  des.  iter. 

et  ter  imp.  tertio  III  vir  r.  p.  e.  „         94 

Antoni;  Cleopatrae  reginae,  ecc.  „         95 
Ant.  aug.   imp.   III   cos.  des.  Ili 

III  V.  r.  p.  e.  » 


Numero 

I 

I 
2 


96 2_ 

Denari  N.  6 


IL    RIPOSTIGLIO    DI    DELOS  24I 

La  prima  di  queste  quattro  monete  appartiene 
al  periodo  dalla  metà  di  novembre  del  712  fino  al- 
l'estate 715,  cioè  è  posteriore  alla  vittoria  di  Filippi, 
in  seguito  alla  quale  Antonio  ed  Ottaviano  ripresero 
il  titolo  IMP  senza  numero,  ed  è  anteriore  al  con- 
vegno di  Pozzuoli  che  portò  seco  le  'iesigii  itiones. 
Queste  appaiono  quindi  sulla  seconda  moneta  che 
per  l'indicazione  IMP  •  TERTIO  si  deve  attribuire  al 
periodo  dal  principio  dell'anno  716  fino  alia  fine  del 
719  e  appartiene  verosimilmente  a  quest'ultimo  anno. 
La  terza  moneta  è  da  portare  all'anno  720  e  la  quarta 
infine  al  periodo  che  va  del  t  gennaio  dall'anno  720 
alla  fine  del  722,  poiché  in  entrambi  quegli  anni  An- 
tonio era  COS  •  DES  •  III  d). 

Al  seguente  anno  723  appartiene  la  caratteri- 
stica coniazione  con  le  indicazioni  delle  legioni,  che 
si  trova  in  un  numero  cosi  grande  in  questo  ripo- 
stiglio quale  finora  a  mia  notizia  nessun'altro  si 
incontrò.  La  leggenda  che  ap|)are  su  questi  de- 
nari legionari  AVG  •  ili  ■  VIR  ■  R  •  P  ■  C  •  non  ci  offre 
neir  insieme  alcun'  altra  data  i)iù  precisa.  Ma  la 
notizia  che  la  loro  coniazione,  con  la  quale  An- 
tonio s'era  prefisso  dati  scopi  relativamente  alle  sue 
truppe,  deve  essere  trasferita  al  periodo  di  tempo 
immediatamente  prima  della  battaglia  di  Azio  al  2  set- 
tembre 723,  acquista  più  ampia  conferma  per  mezzo 
del  nostro  ritrovamento. 

La  Grecia  propriamente  detta  e  le  isole  erano 
il  teatro  degli  armamenti  di  Antonio  per  la  lotta 
della  monarchia.  Qui  sono  state  coniate  e  sotterrate 
le  monete  appunto  poco  prima  della  catastrole  della 
potenza  di  Antonio  o  immediatamente  dopo,  ed  è 
notevole  che  il  tesoretto  non  contenga  un  sol  pezzo 


(i)  Cfr.  M.  Bahkik.ldi  :    Clirouologie    dei    iMììiizai    là-s  M.  Ait/oiiiiis. 
Berlin.',   1903. 


242 


M.    BAHRFEI.D 


del  rivale  Ottaviano  la  cui  coniazione  pure  appunto 
in  questo  periodo  ebbe  luogo  e  fu  aumentata. 

Le    legioni    rappresentate    dai    denari  erano   le 
seguenti  : 


Legione 

Numero 

Lcg 

ione                   Numero 

LEG 

II 

40 

LEG 

XIIII                 6 

W 

III 

25 

XIV                12 

•; 

IV 

28 

XV                 39 

w 

V 

36 

XVI               24 

j; 

VI 

37 

XVII                      22 

v 

VII 

27 

XVII  class.      8 

>) 

vili 

27 

xvm           6 

tf 

Vini 

15 

XVmiibicae    4 

» 

IX 

20 

XIX                16 

}) 

X 

28 

XX                 14 

tf 

XI 

24 

XXI               23 

)} 

XII 

28 

XXII              14 

w 

XII  antiqtiae    5 

yj 

XXIII            24 

» 

XIII 

20 

incerte             17 

CHORTIVM  PRAETORIARVM       6 

CHORTIS 

SPEC 

VLATORVM         9 

Denari  N.  604 

Da  questo  prospetto  si  rileva  che  mancano  nel 
ripostiglio  pezzi  della  LEG(/o/«'s)  ?R\{iiiae)  e  della  LEG 
XXIV  fino  alla  XXX,  che  sono  cos'i  rari  che  di  essi  in 
parte  è  noto  un  solo  esemplare.  Da  un  caso  deve 
dipendere  la  mancanza  dei  denari  comuni  della  le- 
gione quarta  col  numero  nella  forma  mi.  mentre  la 
medesima  legione  con  la  forma  IV  appare  in  28  esem- 
plari ;  anche  la  forma  alquanto  più  rara  XVllll  non  è 
rappresentata.  Che  manchi  anche  la  LEG  XIIX  citata 
dal  Babelon  (I,  203,  131),  secondo  Morell,  Antonia, 
tav.  9,  VI,  non  mi  meravigliò,  poiché  io  dubito  del- 
l'esistenza di  un  simile  denaro,  sopra  tutto  perchè 
non  r  ho  mai  incontrato. 


IL    RIPOSTIGLIO    DI    DELOS  243 


E  da  lamentare  che  il  signor  Svoronos  non 
abbia  aggiunto  alcune  indicazioni  sullo  stato  di  con- 
servazione dei  denari  rinvenuti.  Sarebbe  stato  inoltre 
molto  opportuno  il  sapere  in  quale  proporzione  la 
foderatura  si  mostri  sotto  i  denari  legionari,  e  se 
qui  si  mostrino  quei  piccoli  contromarchi  di  ripieno 
di  cui  tante  volte  si  è  discusso,  i  quali  infine  possono 
anche  essere  citati  per  prove  della  bontà  della  lega'". 
Si  sarebbe  anzi  acquistato  un  punto  cronologico 
per  r  inizio  dell'apparire  di  questo  fatto.  Si  sarebbe 
potuto  inoltre  determinare  per  mezzo  del  peso  dei 
pezzi,  appunto  trattandosi  di  un  materiale  così  co- 
pioso a  disposizione  dello  studioso,  se  Aiiionio  sotto 
r  incubo  delle  circostanze  abbia  diminuito  il  peso 
dei  pezzi,  come  ne  aveva  diminuito  il  titolo  mo- 
netale. 

Ma  siccome  il  tesoretto  trovò  una  sede  sicura 
e  duratura  nel  Museo  numismatico  di  Atene,  rimane 
ancora  la  possibilità  di  poter  addentrarsi  maggior- 
mente in  entrambe  le  questioni. 

L'unico  elemento  straniero  che  contiene  il  te- 
soro è  una  moneta  d'argento  coniata  sul  piede  del 
denaro  romano  appartenente  al  re  Giuba  I  di  Nu- 
midia  (694-708),  una  moneta  che  non  di  rado  s'ac- 
compagna in  simili  ripostigli. 


M.  Bahrfki.dt. 


(i)  II.  WiLLERS  in  Niimismatisclie  ZeilsclirifI,  Vienna,  XXXI,  p.  329 
e  segg. 


MEDAGLIONI  CAPITOLINI 


(Tavole  IV  e  V). 


L'anno  1876  nell'eseguire  alcuni  sterri  presso 
il  Monte  della  Giustizia  sul  Viminale  si  rinvennero 
quattro  medaglioni  romani  con  largo  bordo  circolare, 
i  quali  per  esser  entrati  a  far  parte  del  Medagliere 
Capitolino  furono  pubblicati  ed  illustrati  nel  Bull,  della 
Commissione  ardi.  Comunale  di  Roma  (anno  1877. 
pag.  76-78)  dal  eh.  Pietro  Ercole  Visconti.  Tre  di 
essi  appartengono  agli  imperatori  Adriano,  L.  Vero 
ed  Elagabalo,  il  quarto  all'augusta  Faustina  giuniore, 
e  si  possono  veder  non  troppo  fedelmente  delineati 
nelle  tav.  VI  e  VII  dell'annata  1877  del  suddetto 
bullettino.  Peraltro  l'essere  in  ispecie  due  di  essi 
ricoperti  da  una  leggiera  .ma  larga  ossidazione,  che 
in  parte  li  nascondeva,  e  deturpava,  ebbe  per  effetto 
che  la  illustrazione  del  Visconti  non  potè  riuscire  né 
diligente,  né  fedele,  di  guisa  che  ora  che  sono  stati 
con  ogni  cura  rinettati,  e  che  appaiono  monumenti 
d'arte  squisita  e  di  mirabil  fattura,  sembra  opportuno 
il  presentarli  di  nuovo  agli  studiosi  ('). 


(1)  Confrontando  le  riproduzioni  del  Bull.  Ardi.  Cam.,  fatte  sui  me- 
daglioni intatti,  appena  venuti  fuori  dalla  terra  con  le  nostre,  il  lettore 
potrà  convincersi  della  minuziosa  attenzione  con  cui  e  stata  eseguita 
la  ripulitura  dei  bronzi,  in  modo  da  non  toglier  nulla  dell'antico  e 
nulla  aggiungere. 


246  e.    SERAFINI 


I.  Adriano. 

iO'  —  IMP  CAES  HADRIANVS  AVG  COS  IMI  {sic)  PP  Testa 
nuda  e  barbata  a  dr. 

^  —  VENERI  -  &ENETRICI  Venere  stante  diad.  con  tunica 
e  manto  scendente  sui  fianchi,  volta  alquanto  a 
sin.,  protende  nella  dr.  una  Vittoriola  tropeofora, 
e  poggia  la  sin.  su  largo  scudo  ovale  ritto  su  fascio 
di  armi;  in  questo  è  effigiato  Enea  che  cammina 
a  dr.,  volgendosi  a  guardare  indietro,  col  padre 
seduto  sull'omero  sin.,  e  conducente  il  figlio  per 
mano. 

La  cornice  che  circonda  il  disco  fusa  insieme 
con  esso  è  convessa  da  ambo  le  faccie  con  mar- 
gine rialzato,  ed  adorna  di  tre  semicerchi  incusi 
per  lato,  di  due  ad  x  in  basso  e  di  un  cerchio  in 
alto. 

Diam.  del  e.  di  perline  niill.  32;  del  disco  mill.  56.  Var.  del  Cohen  edi- 
zione II,  n.  1446. 

Tav.  IV,  n.  i. 

Due  sono  le  varietà  che  distinguono  questo  dal 
medaglione  riportato  dal  Cohen,  l'aggiunta  dell'IMP  • 
CAES  assai  raramente  usata  senza  il  prenome  di 
Traianus  ed  il  ricordo  di  un  IMI  consolato,  che,  a 
quel  che  sappiamo,  Adriano  non  assunse  giammai. 
Infatti  il  comune  ed  unanime  consenso  degli  storici 
non  solo,  ma  anche  dei  monumenti  epigrafici  e  nu- 
mismatici fino  ad  ora  conosciuti,  non  lascia  verun 
dubbio  intorno  al  fatto,  che  Adriano  ebbe  il  terzo  con- 
solato nel  119,  e  che  depostolo  come  officio,  lo  ri- 
tenne peraltro  a  titolo  di  onore  fino  agli  ultimi  della 
sua  vita.  Le  monete  che  portano  le  teste  di  Adriano 
ed  Elio,  e  di  Adriano  ed  Antonino  battute  tra  il  136 
ed  il  138,  conservando  il  terzo  consolato,  non  per- 
mettono alcuna  fondata  ipotesi  per  difendere  come 
legittima  e  scevra  da  errore  la  leggenda  del  nostro 
medaglione. 


MEDAGLIONI    CAPITOLINI  247 

E  per  quanto  in  generale  non  si  debba  troppo 
correre  nello  attribuire  leggende  o  date  a  tutta  prima 
inesplicabili  ad  un  errore  di  incisione  da  parte  dei 
monetieri,  in  ispecie  quando  trattasi  di  pezzi  ragguar- 
devoli, d'importanza,  condotti  con  ogni  arte  ed  accura- 
tezza e  destinati  a  donativi  o  a  commemorazioni  e  non 
al  comune  corso  monetario  come  nel  caso  del  nostro 
medaglione,  tuttavia  allo  stato  attuale  delle  nostre 
conoscenze  intorno  alla  vita  di  Adriano,  sembra  non 
possa  neppur  dubitarsi  dell'evidente  disattenzione  del 
monetiere. 

La  Venere  genitrice  rappresentata  nel  K  allude 
senza  dubbio  alla  memoria  della  fondazione  di  Roma 
tanto  per  la  figura  in  se  stessa,  quanto  per  la  scena 
disegnata  sul  grande  scudo  che  le  sta  ai  piedi.  Ran- 
noda perciò  questo  bronzo  alla  serie  delle  monete 
coniate  in  occasione  dei  giuochi  dati  per  festeggiare 
il  Natale  di  Roma  non  certo  nel  121,  anno  in  cui 
furono  stabiliti,  o  forse  meglio  ristabiliti  con  maggior 
solennità  e  pompa  i  circensi,  poiché  vi  si  oppone  il 
titolo  di  Pater  Patriac  accettato  dall'imperatore  sol- 
tanto nel  128,  ma  in  alcuno  degli  anniversari  se- 
guenti di  quella  memorabile  data.  In  tal  caso  il  me- 
daglione capitolino  col  largo  suo  contorno  avrebbe 
dovuto  essere  adoperato  per  donativo  e  vera  me- 
daglia commemorativa  della  insigne  ricorrenza,  e 
per  rendere  come  si  usa  ai  giorni  nostri  non  solo 
più  grandiosa  la  solennità,  ma  anche  duraturo  il  ri- 
cordo di  essa.  È  mia  opinione  che  come  questo  di 
Adriano  così  i  due  seguenti  medaglioni  di  Faustina 
e  L.  Vero  fossero  battuti  in  occasione  di  avveni- 
menti straordinari  e  solenni  dei  quali  si  volle  eternare 
il  ricordo,  mentre  col  donativo  di  essi  si  ebbe  in 
animo  di  gratificare  alcuni  speciali  personaggi,  che 
probabilmente  all'avvenimento  ebbero  parte. 

E    che    altro    sarebbero    allora     questi     meda- 


248  e     SERAFINI 


glioni  se  non  vere  medaglie  commemorative  all'uso 
moderno? 

2.  Faustina  Gixiniore. 

^  —  FAVSTINA  -  AV&VSTA  Busto  a  sin.  con  cappelli  lie- 
vemente ondulati,  accenno  di  manto. 

I^  —  Senza  leggenda.  La  Fortuna  diad.  e  seminuda  se- 
duta a  sin.  su  seggio  a  larga  spalliera  con  due 
traverse,  tiene  nella  sin.  un  timone  a  forma  di 
remo,  tende  con  la  dr.  un  serto  (?)  ad  un  Amorino 
ritto  innanzi  a  lei,  che  lo  prende  con  ambo  le 
mani  ;  un  cornucopia  ricolmo  di  frutta  poggia 
sulla  gamba  dr.  della  figura,  sostenuto  dal  braccio 
teso,  e  col  vertice  rivolto  in  fuori. 

La  cornice  che  circonda  il  disco  fusa  insieme 
con  esso  è  convessa  da  ambo  i  lati  con  una  co- 
rona di  grosse  perle  nell'interno. 

l>iaiTietro  del  e.  di  perline  interno  niill.  35,  esterno  mili.   42,    del    disco 
min.  68.  Var.  del  Cohen  ed.  II,  n.  297. 

Tav.  IV,  n.  2. 

È  incerto  se  trattisi  qui  di  una  vera  varietà  del 
medaglione  riprodotto  dal  Cohen,  o  piuttosto  debba 
in  questo  nostro  riconoscersi  un  esemplare  di  mi- 
gliore conservazione,  per  essere  quello,  come  si  vede 
dalla  illustrazione,  assai  mal  ridotto,  e  perciò  non 
completamente  descritto.  Comunissimo  per  verità 
nelle  rappresentanze  numismatiche  imperiali  è  il  tipo 
della  Fortuna,  e  svariatissimi  ne  sono  gli  atteggia- 
menti e  le  denominazioni.  Ciò  che  la  distingue  sem- 
pre dalle  sue  consorelle  l'Abondanza  e  l'Annona  è 
l'attributo  del  timone  che  giammai  difetta;  nel  nostro 
bronzo  peraltro  l'atteggiamento  della  figura  che  con- 
segna ad  un  fanciullo  un  serto  od  un  grappolo  forse, 
o  forse  ne  riceve  due  spighe,  come  si  vede  in  un 
medaglione  consimile  del  gabinetto  numismatico  di 
Madrid,  che    mi    viene    gentilmente    comunicato  dal 


MEDAGLIONI   CAPITOLINI  24$ 

comm.  Gnecchi,  fa  piuttosto  ricordare  alcune  rap- 
presentanze che  si  ripetono  sulle  monete  e  sui 
bronzi  figurati  assai  spesso,  dell'Abondanza  in  atto 
di  vuotare  il  cornucopia  sia  in  un  modio,  sia  anche 
tra  le  mani  di  uno  o  due  fanciulli  !  Evidentemente  se 
il  fanciullo  riceve,  come  a  me  sembra,  alcunché  dalla 
Fortuna,  un'  allusione  a  qualche  elargizione  sovrana 
qui  si  scorge  nell'atto  della  figura,  e  non  è  impro- 
babile che  si  commemori  una  solenne  distribuzione 
^alimentaria  elargita  ai  fanciulli  poveri  dalla  pietà 
dell'  imperatrice  Faustina,  connessa  senza  dubbio 
coir  istituto  delle  Pitelìae  Faustinianae  eretto  da  An- 
tonino Pio  in  memoria  della  moglie,  in  cui  periodi- 
camente si  facevano  distribuzioni  di  viveri.  Osser- 
viamo che  nel  nostro  esemplare  non  v'ha  traccia 
della  statuetta  della  Speranza,  che  il  cornucopia 
è  rivolto  all' infuori  in  modo  usato  assai  raramente, 
e  che  la  figura  è  eccezionalmente 'seminuda.  Anche 
questo  medaglione  deve  avere  il  suo  posto  tra  le 
medaglie  commemorative  di  un  avvenimento  insigne, 
il  quale,  trattandosi  di  una  Augusta,  può  ritenersi 
essere  stata  appunto  una  elargizione  per  qualche 
circostanza  speciale  che  noi  ignoriamo. 

3.  L.   Vero. 

Ty  L  AVR  VERVS  AVG  ARM  -  PARTH  MAX  TR  P  Villi 
Busto  laur.  a  dr.  volto  alquanto  di  spalle  con  ac- 
cenno di  paludamento  e  di  corazza. 
Ijii  —  COS  III  all'esergo.  Roma  con  tunica  ed  elmo  seduta 
a  sin.  su  corazza,  con  parazonio  nella  sin.  riceve 
colta  dr.  un  fiore  o  ramoscello  da  L.  Vero;  questi 
armato  le  sta  dirimpetto  tenendo  un'asta  corta  o 
scettro  nella  sin.  Dietro  la  figura  di  Roma  sta 
una  grande  Vittoria  che  tende  una  corona  sul  capo 
di  lei,  mentre  stringe  una  palma  nella   sin. 

Anno    169  di  Cr.  La     cornice   che    circonda  il 

12 


ì 


250  e.    SERAFINI 


disco  fusa  con  questo  è  convessa  con   una  corona 
di   ovoli  neir  interno. 

Diametro  del  e.  di  perline  interno   mill.  35,  della  corona  di  ovoli  mill.  42 
del  disco  mill.  70.  Var.  del  Cohen  ed.  II,  n.  66. 

Tav.  V,  n.  3. 

La  disposizione  diversa  del  busto  di  L.  Vero 
ed  una  piccola  aggiunta  alla  leggenda  del  dr. 
differenziano  questo  dal  medaglione  del  Gabinetto 
di  Francia.  Questo  splendido  campione  della  miglior 
arte  medaglistica  romana  dovette  essere  battuto  l'anno 
stesso  della  morte  di  L.  Vero,  allorché  in  Roma  eb- 
bero luogo  feste  solenni  per  la  pace  avvenuta  coi 
Marcomanni,  ed  a  ciò  allude  la  rappresentanza  della 
città  che  riceve  dall'imperatore  il  ramoscello  d'olivo 
simbolo  della  pace  conclusa. 

4.  Elagabalo. 

^  —  IMP  CAES  M  AVR  -  ANTONINVS  PIVS  Busto  laur.  a 
dr.  con  accenno  di  paludamento  e  corazza. 

1^  —  Senza  leggenda.  Simulacro  della  Sanità  di  faccia  in 
lunga  veste  con  serpente  avvolto  intorno  al  corpo 
la  testa  cristata  a  sin.,  esso  è  posto  su  di  una 
base  circolare  con  plinto,  sul  dinnanzi  della  quale 
leggesi  SÀLVS  ;  a  sin.  una  figura  muliebre  semi- 
nuda con  la  gamba  sin.  sovrapposta  alla  dr.  porge 
una  patera  al  serpente,  mentre  sembra  tendere  il 
braccio  sin.  dietro  alla  statua;  a  dr.  un  albero 
sacro. 

La  cornice  che  circonda  il  disco  interno,  fusa 
con  questo  è  concava  da  ambo  i  lati,  con  un  e.  di 
perline  nell'  interno. 

Diametro  del  e.  di    perline  interno   mill.  25,  esterno  mill.  32,  del  disco 
mill.  60. 

Tav.  V,  n.  4. 

(Cohen  riporta  al  n.  308  questo  medaglione  del 


MEDAGUOiNI   CAPITOLINI  25I 

Museo  Capitolino,  riproducendo  però  l'erronea  de- 
scrizione del  Visconti). 

Questo  broi>zo  ricoperto  più  che  gli  altri  di  larga 
ossidazione  fu  descritto  dal  Visconti  in  modo  affatto 
arbitrario  ed  erroneo,  per  vero  senza  sua  colpa, 
dacché,  come  può  vedersi  nella  sua  riproduzione, 
l'incrostazione  superficiale  erasi  a  caso  foggiata  in 
modo,  da  potersi  interpretare  la  rappresentanza  del 
rovescio  per  due  figure  l'una  in  piedi,  l'altra  seduta  su 
cippo.  Tolte  via  pertanto  le  sovrapposizioni  estranee 
è  sorta  chiara  e  perfettamente  conservata  la  graziosa 
scena,  già  conosciuta  per  due  medaglioni  di  M.  Au- 
relio (Cohen  li,  n.  1049)  ^  Commodo  (detto,  n.  225) 
di  una  figura  muliebre  che  compie  un  sacrificio  in- 
nanzi al  simulacro  della  dea  Salus.  Ma  se  la  scena 
è  consimile,  assai  diversa  è  la  disposizione  nel  nostro. 
Qui  manca  affatto  la  tavola  di  sacrifizi  coi  relativi 
accessori,  che  negli  altri  medaglioni  catnpeggia  al 
centro.  La  statua  della  dea  che  in  quelli  e  da  un 
lato,  in  questo  ha  preso  il  posto  principale,  e  si  in- 
nalza sulla  base  col  suo  nome  SALVS. 

Soltanto  la  figura  muliebre  che  sta  sacrificando 
sembra  riprodotta  o  dai  medaglioni  degli  Antonini, 
o  da  un  esemplare  che  sia  servito  di  modello  co- 
mune, poiché  di  pochissimo  conto  sono  le  differenze  che 
si  riscontrano  nell'osservarla.  La  figura  nel  nostro  me- 
daglione è  girata  un  po'  più  di  faccia  a  causa  della 
posizione  diversa  del  simulacro,  ed  in  luogo  di  por- 
gere al  serpente  la  patera  con  la  mano  sinistra,  la 
porge  con  la  destra,  e  mancando  la  tavola  su  cui 
appoggiava  la  mano  libera,  essa  porta  la  sinistra 
dietro  la  statuetta  quasi  per  abbracciarla;  tutto  il 
resto  della  figura,  l'acconciamento  del  capo  in  ispecie, 
il  movimento  caratteristico  del  corpo  e  delle  gambe, 
la  positura  del  manto  che  discende  dall'omero  sinistro 
lasciando  nuda  la  metà    del    corpo  e  l'anca    destra. 


252 


C.    SERAFINI 


tutto  è  perfettamente  e  meravigliosamente  ripro- 
dotto. Il  Gnecchi  riporta  [Riv.  Ital.  di  Nnm.,  1905, 
voi.  XVIII,  tav.  XVI)  il  solo  rovescio  di  un    meda- 

glione  (')  con  motivo  assai  somigliante  al  nostro.  In 

... 
esso  la  disposizione  dell'  insieme  si  accosta  di  pre- 
ferenza a  quella  del  bronzo  capitolino  mancandovi 
la  tavola  dei  sacrifizi;  soltanto  in  luogo  del  simulacro 
sul  cippo,  scorgesi  nel  centro  un'ara  con  festone  ed 
uguale  scritta  SALVS  ;  il  serpente  è  avvolto  all'albero, 
che  come  nel  nostro  è  a  destra,  mentre  la  figura 
seminuda  nel  consueto  suo  atteggiamento  gli  porge 
la  patera.  Se  in  questi  due  bronzi  si  è  potuto  variar 
la  disposizione  degli  accessori,  vi  deve  ben  essere 
stato  un  motivo  per  ricopiare  esattamente  il  tipo 
della  donna  sacrificante.  Nei  due  medaglioni  di 
M.  Aurelio  e  Commodo  in  quella  figura  si  volle  ri- 
conoscere nell'uno  Faustina,  nell'altro  Crispina  che 
offrissero  sacrifizi  per  la  salute  dell'  imperatore  o  del- 
l' imperiai  famiglia,  e  tanto  per  l'acconciatura  del 
capo,  quanto  per  l'uso  comunissimo  di  rappresentar 
l'Augusta  sotto  l'aspetto  di  qualche  dea  o  personi- 
ficazione allegorica,  questa  identificazione  sembrava 
perfettamente  conveniente.  Non  può  peraltro  lo 
stesso  affermarsi  per  alcuna  delle  mogli  di  Elagabalo, 
che  per  ragione  di  analogia  voglia  riconoscersi  sul 
nostro  bronzo,  poiché  non  è  verosimile  che  l' inci- 
sore del  conio  non  si  sia'  punto  occupato  nel  dise- 
gnare la  figura  di  riprodurre  l'acconciatura  così  ca- 
ratteristica delle  auguste  del  suo  tempo,  ma  abbia 
invece  ricopiata  la  figura  divinizzata  di  una  prece- 
dente imperatrice.  Ogni  volta  che  trovasi  raffigurata 
sul  rovescio  delle  monete  specialmente  in  bronzo  di 


(i)  Il  medaglione  è  d'Adriano  (dir.  Testa  laureata  dell'  imperatore 
a  d.  colla  leggenda  HADRIANVS  AVG  COS  111  P  P)  e  appartiene 
al  R.  Gabinetto  di  Brera. 


MKDAGLIONI    CAPITOLINI  253 

Giulia  Pia  l'augusta  stessa,  lo  è  sempre  colla  sua 
propria  acconciatura  dei  capelli  ben  distinta,  mentre 
quando  vi  si  ritraggono  le  personificazioni  o  deità, 
si  sogliono  disegnare  come  porta  la  consuetudine 
tradizionale.  Altri  vorrebbe  riconoscere  in  questa 
donna  Igiea,  la  dea  stessa  della  Sanità,  ma  oltreché 
il  libero  abbigliamento  di  Venere  non  si  attaglia  in 
nessun  modo  alla  severa  figura  della  figlia  di  Escu- 
lapio,  non  saprei  rendermi  ragione  di  questo  quasi 
sdoppiamento  della  personificazione  dello  stesso  con- 
cetto in  una  scena  presumibilmente  ritratta  da  un 
avvenimento  reale.  Escludendosi  pertanto  l'una  e 
l'altra  delle  indicate  interpretazioni,  non  vedrei  dif- 
ficoltà a  riconoscere  nella  donna  la  stessa  Venere 
che  porge  offerte  alla  Salute  per  la  città,  e  per  i 
tardi  suoi  nepoti. 

Il  culto  di  Venere  genitrice  sopravvisse  alla 
razza  Giulia  che  aveva  allargato  al  mondo  romano 
l'onore  tributato  a  Marte  e  Venere  quali  progenitori 
di  quella  nobile  stirpe  ;  essi  presiedettero  ai  destini 
dell'impero,  e  la  dea  dell'amore  restò  la  madre  del 
popolo  romano,  anche  quando  religioni  straniere  per 
opera  dei  successori  di  Severo,  ed  in  ispecie  di  Ela- 
gabalo  invasero  il  campo  delle  antiche  divinità  la- 
ziali od  elleniche. 

C.  Serafini. 


Le  monete  del  Comune  di  Cremona 

dal  1155  al  1329 


Nell'anno  1155  Federico  I,  che  era  sceso  in 
Italia  l'anno  precedente,  e  s'era  fatto  incoronare  re 
a  Pavia,  e  imperatore  a  Roma,  rifaceva  la  via  delle 
Alpi,  lasciando  dietro  a  sé  i  tristi  segni  del  suo  pas- 
saggio. Prima  di  partire  da  Verona  volle  sfogare 
l'ira  contro  i  Milanesi,  i  più  fieri  nemici  dell'Impero, 
privandoli  del  diritto  di  battere  monete,  e  conferendo 
questo  privilegio  a  Cremona,  che  nelle  lotte  crudeli 
che  aveano  desolata  1'  Italia,  aveva  parteggiato  per 
lo  Svevo. 

Il  diploma  «  actinn  in  tenitorin  Vcroiiensi,  npinl  in- 
stilam  Accenseììi,  anno  doininicac  Incavìiationis  MCLÌ'', 
Indictione  III,  resinante  Federico  anno  regni  siti  /ì\  fui- 
perii  vero  primo  »  è  riportato  estesamente  nell'Arge- 
lati  (Tom.  I,  pag.  23). 

L'Odorici  (Slor.  Bresciana,  VI.  13)  ricorda  al- 
tresì il  precetto  ai  Mantovani,  Bresciani  e  Bergama- 
schi, segnato  presso  Verona  da  questo  Imperatore, 
col  quale  ingiunge  loro  di  non  accettare  la  nuova 
moneta  dei  Milanesi. 

E  a  quest'epoca  che  alcuni  autori,  trattando 
della  moneta  di  Cremona,  fanno  risalire  l'apertura 
della  zecca  in  questa  città,  benché  finora  non  siano 
venute  in  luce  ne  monete,  ne  carte,  a  conferma  di 
tale  avvenimento. 

Non  ne  trovo  accenno  di  sorta  nella  copiosa 
raccolta  di  documenti    cremonesi  pubblicati  da    Lo- 


256  GIORGIO   CIANI 


rcnzo  Astegiano,  col  titolo  di  Cndex  diplomaticus  Cre- 
inonensìs  (Tom.  XXXI  della  Serie  II  Historiae  patriae 
nionuìnenta  della  R.  Deputazione  di  Storia  patria, 
Torino  1895)  da  cui  riporto  i  dati,  che  successiva- 
mente verrò  annotando  in  questo  breve  studio  ('). 

La  moneta  che  avea  corso  in  Cremona  dal  11 55 
al  1163  era  la  milanese,  e  per  la  prima  volta  e  sol- 
tanto nel  1163  trovo  cenno  della  moneta  cremonese, 
a  proposito  di  un  annuo  affitto  pel  quale  si  pagavano 
denari  4  de  Cremona,  ve!  unmii  den.  imp.  (Sec.  XII, 
doc.  207).  L'accenno  è  importante  perchè  ci  assicura 
che  in  quell'anno  o  poco  innanzi,  erasi  battuta  mo- 
neta in  Cremona,  e  di  tale  specie  di  cui  quattro  ne 
occorrevano  per  formare  un  denaro  imperiale.  Nel 
1166  (doc.  221)  e  nel  1168  fdoc.  243)  questi  denari 
erano  detti  semplicemente  cremonesi,  ma  nelle  con- 
trattazioni si  usavano  più  frequentemente  i  denari 
buoni  milanesi  vecchi. 

Di  questi  primi  denari  cremonesi,  per  quanto  mi 
è  noto,  nessun  esemplare  è  giunto  fino  a  noi.  Do- 
vcano  essere  piccole  nionetuccie  della  specie  di  quelle 
dette  più  tardi  medaglie,  ma  con  carattere  più  antico 
di  quelle  che  riporterò  qui  in  seguito.  Fin'  ora  non 
so  che  alcuno  le  abbia  pubblicate,  avvegnaché  il  de- 
naro, che  il  Brambilla  dice  obolo,  da  lui  illustrato 
nella  Riv.  Hai.  di  Numismatica  del  1891,  e  che  ri- 
tiene di  quest'epoca,  non  vi  appartenga,  e  non  vi 
appartiene  il  grosso  di  pari  tipo,  come  cercherò  di 
dimostrare. 

Corrispondevano  questi  cremonesi  alla  metà  del 
denaro  piccolo,  o  mezzano,  nei  documenti  di  Cremona 
detto  inforziaio,  e  che  appare  la  prima  volta  nel  1172 
(doc.  295),  e  nel  1177  (doc.  331  e  336). 


(i)  Gli  e  grazie  alia  condiscendenza  della  R.  Deputazione  di  Storia 
Patria,  che  ni'è  concesso  di  riprodurre  le  indicazioni  riguardanti  le  mo- 
nete cremonesi. 


LE    MONETE    DEL   COMUNE    DI    CREMONA  257 

In  questo  stesso  anno  1177  vengono  menzionati 
i  soldi  di  inforziati  cremonesi  (doc.  335)  e  nel  1182, 
al  T5  aprile  i  den.  in  fave.  Creìnowìc,  vel  dcii.  nov.  Me- 
diolani  in  electione  emptons  (doc.  375),  che  sono  ri- 
cordati altresì  nel  1183  e  1184  (doc.  389  e  399). 

Grandi  avvenimenti  s'erano  svolti  in  questo  pe- 
riodo di  tempo.  Le  ripetute  spedizioni  di  Federico  ai 
danni  d' Italia,  avevano  persuase  le  città  italiane  ad 
unirsi  per  opporre  valida  resistenza  alla  prepotenza 
straniera,  che  il  giorno  29  maggio  11 76  fu  fiaccata 
sui  campi  di  Legnano.  Il  25  giugno  1183  seguiva  la 
famosa  pace  di  Costanza  fra  l' imperatore  e  le  città 
italiane  unite  'in  concordia,  e  da  quest'epoca  si  ac- 
centua in  tutta  la  penisola  il  miglioramento  econo- 
mico di  cui  indice  principale  è  la  moneta. 

Cremona  il  15  gennaio  1184  si  univa  con  un 
accordo,  per  la  durata  di  15  anni,  con  lìrescia,  per 
quanto  riguardava  le  strade,  i  commerci  e  la  nioneta 
(Carli  II,  272).  Ed  è  appunto  in  quest'almo  che  Bre- 
scia apri  la  sua  zecca,  coniandovi  monete  conformi 
a  quelle  di  Cremona. 

A  questi  anni  (1T77-T200)  assegnerei  il  denaro 
che  qui  descrivo,  non  escludendo  però  che  possa 
essere  \  inforziatn  nuovo  di  cui  fanno  parohi  i  do- 
cumenti posteriori. 


'mi, 


I.  Denaro  inforziato  (scodellato)  o  mezzano,    corrispondente 
a  metà  del  denaro  imperiale. 

^'  —  +  FREDERICVw    Nel  campo  P»R  Circolo  di  lineette 

I 
interno  ed  esterno. 

F$    —  +  CR  — EM  -ON-A  Nel   mezzo:    Croce   che    divide 

la  leggenda.  Circoli  come  sopra. 

Argento.  Conservazione  buona.  Peso  gr.  0,62. 


258  GIORGIO   CIANI 


É  il  denaro  della  collezione  Gnecchi  (n."  11 33) 
figurato  alla  tav.  VII,  passato  nella  mia  raccolta,  e 
del  quale  riproduco  il  disegno,  completandone  l'iscri- 
zione del  diritto  col  mezzo  di  un  altro  esemplare  che 
tengo  di  questa  moneta  *^'). 

Non  posso  indicare  il  titolo  di  questo  denaro,  di 
tipo  simile  a  quello  di  Brescia,  ma  non  esito  a  rite-. 
nerlo  a  questo  contemporaneo. 

Trovo  infatti  che  nell'accennato  codice  sono  no- 
minate, in  data  3  aprile  1185,  le  lire  den.  bon.  infor- 
ciatornm  Cremoiiae  et  Brixiae  (doc.  406)  e  nel  11 86, 
1189,  1192,  e  T193  le  lire  inf.  Cremonae  et  nov.  me- 
diai, et  brixensiiim  equivalenti  fra  loro  (doc.  440,  471, 
508,  509,  516,  517,  524-526),  dei  quali  denari  è  detto 
che  erano  computati  a  ragione  di  37  soldi  imperiali 
per  marca  (doc.  509),  ossia  che  ne  andavano  37  lire 
per  formare  100  marche  d'argento  (doc.  516). 

Sorpasserò  qualche  altro  accenno  a  queste  mo- 
nete della  citata  raccolta  di  documenti  cremonesi  per 
rilevare  che  nel  1209,  1210,  e  1211  (sec.  XIII,  do- 
cum.  103,  T15,  e  T2i)  si  fa  menzione  di  so!,  bonor. 
iìifort.  novorum  Ciemonae.  Quale  precisamente  sia 
questo  Hìiovn  inforziato  non  potrei  dire. 

Pare  che  dal  1224  al  1226  la  zecca  cremonese 
fosse  in  piena  attività.  Da  documenti  del  16,  27  e 
28  febbraio  1226  (407,  408,  409)  risulta  che  i  sovra- 
stanti alla  moneta  del  comune  erano  Alberto  de  Ri- 
boldi,  Martino  de  Avinato,  Pietrobono  da  Milano,  e 
Anzelerio  Oldorico. 

Soltanto  nel  1236  (doc.  517)  trovo  cenno  del 
grosso  in  occasione  di  un  pagamento  che  dovea  farsi 
ad  rationem  12  denariorum  unuiiiijuemqiie  deuaritim. 

Quantunque  tale  specie  di  monete  non  sia  ulte- 


(i)  Per  evitare  ripetizioni  avvertirò,  che  per  questo  studio  mi  valgo 
soltanto  di  q. ielle  alcune  monete  di  Cremona  che  tengo  nella  mia  limi- 
tata collezione. 


LE    MONETE    DEL    COMUNE    DI    CllEMONA  259 

riormente  specificata,  e  probabile  che  si  tratti  del 
grosso  cremonese  da  12  den.  inforz4ati,  equivalenti  a 
6  denari  imperiali  di  cui  darò  in  seguito  la  figura. 
Altri  accenni  alla  moneta  cremonese  non  incontro 
fino  al  1256  (doc.  668),  nel  qual  anno  sono  nominate 
lib.  )2  et  solid.  imp.  j  in  denariis  bonis  et  legalihus 
de  arigento.  cremonensibits,  placentinibiis,  papiensibus, 
grossis  de  6  denariis,  et  niediolanensibìis  grossis  de  12 
denariis,  et  parmensibus  grossis  de  ^  denariis,  sine 
cambio. 

11  grosso  di  Parma  qui  menzionato  del  valore 
di  4  den.  imperiali  si  cominciò  a  battere  nel  1233 
(Affò,  in  Zanetti,  V,  pag.  38)  e  pesa  gr.  1,33  o  poco 
più.  Quello  di  Piacenza,  colla  croce,  pesa  gr.  2,00. 
E  dunque  della  stessa  bontà  del  precedente,  e,  cor- 
risponde a  6  den.  imp.  Il  grosso  di  Pavia  da  6  im- 
periali, secondo  il  Brambilla,  alza  gr.  1,70.  Il  grosso 
cremonese  figurato  al  n."  7,  pesa  gr.  2,08,  ed  è  dunque 
approssimativamente  eguale  a  quello  di  Piacenza; 
esso  o  quello  descritto  al  n."  11,  pure  equivalente  a 
6  denari  imperiali,  dovrebbe  essere  appunto  quello 
indicato  in  questo  documento. 

Incidentalmente  osservo  che  qui  sono  nominati 
altresì  i  grossi  milanesi  da  12  denari,  e  devesi  in- 
tendere 12  denari  imperiali,  che  nell'opera  sulle  mo- 
nete di  Milano  dei  fratelli  Cinecchi  non  trovo,  se  non 
in  epoca  posteriore,  regnando  Enrico  VII.  E  perciò 
verosimile  che  o  per  la  scarsa  coniazione  nessun 
esemplare  di  tale  moneta  sia  giunto  fino  a  noi,  o  per 
il  titolo  elevato  essa  venisse  a  scomparire,  per  dar 
luogo  a  specie  di  minor  bontà. 

Assegno  alla  prima  metà  del  secolo  XIU  le  se- 
guenti monete.  Ritengo  anzi  che  quelle  contrassegnate 
coi  numeri  2,  3,  e  4  sieno  state  emesse  regnando  Fe- 
derico Il  iVa  il  1220  e  il  1250.  Le  seguenti  dal  n."  5 
al  n."  8  vi  appartengono,  o  per  quanto   ci    indicano 


26o 


GIORGIO    CIANI 


i  documenti  surriferiti,  o  per  la  somiglianza  dei  ca- 
ratteri che  ci  inducono  a  ritenerle  a  queste  conten- 
poranee. 


2.  Denaro  mezzano  o  metà  del  denaro  imperiale. 

^  —  +  IM,PATOR  Nel    campo    «F»    (come    nella    figura). 

Circoli  di  lineette  interno  ed  esterno. 
I^    —  CREM  — ONA»    Croce  che  divide  la  leggenda,  e  colle 

braccia  forma  l'asta  della  E  e  della  N,  accantonata 

ad  2  e  3  da  un  globetto. 

Argento  di  bassa  lega.  Conservazione  sufficiente.  Peso  gr.  0,65. 
Dalla  collezione  Gnecchi,  n.   1132. 


WTr 


3.  Grosso  da  S  mezzani  pari  a   4    denari    imperiali,    di   tipo 
identico  al  precedente. 


Argento.  Conservazione  ottima. 


Peso  gr.  1,35. 


4.  Grosso  come  sopra. 

Varietà  del  precedente,  con  una  punta  scendente  dal   cir- 
colo interno  a  sinistra  della  F,    e    con    due   punti 
simili,  al  rovescio  negli  angoli  della  croce,  ad  i  e  4. 
Argento.  Conservazione  ottima.  Peso  gr.  1,22.  Titolo  950  mill. 
(Brambilla). 


LE  MONETE  DEL  COMUNE  DI  CREMONA  201 

11  Brambilla  illustrò  nella  Rivista  It.  di  Ninni- 
smatica  (anno  1891,  pag.  431)  il  denaro  riportato  al 
n.°  2,  ma  possedendo  egli  un  esemplare  di  questa 
moneta  assai  corroso,  gli  attribuì  il  peso  di  gr.  0,40, 
e  perciò  la  ritenne  un'obolo,  o  mezzo  denaro  piccolo, 
mentre  l'esemplare  che  tengo,  quantunque  alquanto 
consunto,  raggiunge  i  gr.  0,65,  e  perciò  non  esito  a 
ritenerlo  un  denaro  mezzano.  Questo  denaro,  che  egli 
supponeva  coniato  fino  dal  1155,  ha  l'identico  tipo 
del  grosso  n.°  3,  che  seguendo  il  Tonini,  il  prelodato 
autore  assegnava  a  Federico  I.  «  La  finezza  del  me- 
tallo, egli  dice,  e  la  forma  caratteristica  di  quella 
grande  F  che  sta  nel  campo  del  diritto  e  che  pure 
troviamo  nei  diplomi  di  Federico  I,  devono  di  ciò 
ampliamente  persuaderci  ». 

Per  quanto  rispettoso  della  memoria  di  quel  va- 
lente numismatico,  non  posso  aderire  alla  convinzione 
da  lui  espressa  a  proposito  di  queste  monete.  Anzi- 
tutto il  fine  del  metallo  potrebbe  essere  un'  indizio 
■per  dare  la  precedenza  di  data  ad  una  moneta,  sem- 
pre però  paragonata  a  specie  fra  loro  eguali,  e  della 
stessa  zecca,  essendo  nota  la  tendenza  nel  medio-evo 
a  peggiorare  la  lega  col  progredire  del  tempo. 

In  questo  caso  non  giova,  mancando  i  dati  di 
confronto,  perchè  gli  altri  grossi  di  Cremona  sono 
di  buon  argento,  pari  a  quello  in  parola.  E  parmi 
evidente  che  la  forma  particolare  della  lettera  F  che 
scorgesi  su  questo  grosso,  ha  impressionato  tanto  il 
Tonini  come  il  Brambilla,  il  quale  avendola  riscon- 
trata simile  a  quella  segnata  su  d'un  diploma  di  Fe- 
rico  I  del  1 186,  concluse  che  anche  la  moneta  do- 
veva appartenere  alla  stessa  epoca,  non  tenendo  egli 
conto  che  quella  F  di  forma  speciale  è  usata  frequen- 
temente nei  documenti  della  prima  metà  del  secolo 
XIII.  L'  assegnazione  perciò  di  questo  grosso  fatta 
dal    Brambilla    scema    di  valore,  e    lo  perde  affatto 


202  GIORGIO    GIANI 


quando  si  ricordi  che  è  appunto  durante  l'impero  di 
Federico  li  che  si  trova  con  qualche  frequenza  nel 
campo  delle  monete  l'iniziale  del  suo  nome,  mentre 
non  si  ha  esempio  di  tale  consuetudine  al  tempo  di 
Federico  I.  Basterà  qui  rammentare  i  grossi  di  Pisa, 
i  denari  che  vengono  assegnali  a  Brindisi,  e  i  grossi 
e  piccoli  di  Trento. 

Ma  una  ragione  ben  piti  forte  avrei  per  rifiutare 
la  assegnazione  di  queste  monete  a  Federico  I,  ed  è 
quella  che  ho  espresso  descrivendo  il  ripostiglio   di 
Vigo  Cavedine  {Rivii^ta  It  di  Num.,  1897,  pag.  490), 
dove  notavo  che  la  moneta  cosi  detta  grossa  non  si 
cominciò  a  battere  nelle  zecche  d'Italia  se  non  dopo 
il  1220  circa.  Venezia    intorno    al    1200  fu  forse  la 
prima  a  coniare  il  suo  grosso  matapane,  Parma  nel 
1233,  Reggio  nel   1233,   Modena    nel    1242,  Brescia 
verso  il  1244  o  poco  prima,  Pavia  fra  il   1220    e  il 
1250.  Milano  soltanto,  come  appare  dalla  descrizione 
delle  sue  monete  dei  fratelli  Gnecchi,  potrebbe  Van- 
tare la  precedenza  per  un    grosso    da  due  soldi,  ed 
altro  da  un  soldo  al  nome  di  un  imperatore  Enrico, 
monete  che  nell'opera  accennata  furono  assegnate  ad 
Enrico  VI  (1190-1197).  Se  non  che  questi  grossi  per 
il  loro  carattere  generale  non  sembrano  appartenere 
a  quel  tempo,  ma  piuttosto  alla  prima  metà  del  se- 
colo Xlll.  È  non  tornerà  inverosimile  che  i  Milanesi 
avversi  agli  Svevi  e  particolarmente  a  Federico   II, 
a  cui  avevano  chiuso  in  faccia    le    porte  della    loro 
città,  non  abbiano  mai  voluto  segnare  sulle  loro  mo- 
nete il  nome  dell'odiato    imperatore,  preferendo  im- 
primervi quello  di  un  Enrico  da  cui  forse  riconosce- 
vano il  privilegio  della  zecca,  come  fecero  più  tardi 
Bologna  e  Novara,  o  segnandovi  il  nome  di  Corrado, 
come  avea  fatto  Genova,  e  poi  Piacenza.  K  un  dubbio 
che  oso  esprimere,  condiviso  prubabilmente  da  altri, 
che  abbia  preso  in  particolare  esame  le  monete  medio- 


LE    MONETE   DEL    COMUNE    DI    CREMONA 


263 


evali,  e  che  m'  auguro  abbia  ad    essere    chiarito  da 
qualche  studioso  della  zecca  milanese. 

Ritornando,  dopo  la  lunga,  ma  pur  necessaria 
digressione,  alla  moneta  cremonese,  assegno  alla  pri- 
ma metà  del  secolo  XIII,  e  più  precisamente  fra  il 
1220  e  il  1254,  tutte  quelle  monete  che  sono  prive 
del  segno  della  stella,  prescritto  nella  convenzione 
di  quell'anno. 


5.  Mezzano 


+  FREDERICVcrt    Nel  campo  P»R  Circolo  di  lineette 

I 

esterno  ed  interno,  con  una  punta  uscente   a   de- 
stra da  questo,  convergente  al  centro. 
+  CREMONA  Croce  accantonata  da  due  globetti,  ad 
I  e  2,  e  da  due  punte  come  nel  diritto,  ad  3  e  4. 
Argento.  Conservazione  ottima.  Peso  gr.  0,71. 

Questo  denaro  per  la  forma  delle  lettere    A    e   V    sembra  più  an- 
tico di  quelli  qui  sotto  descritti. 


9 


6.  Mezzano. 

Varietà  della  precedente  per  la  forma  delle  lettere. 
Argento.  Conservazione  buona.  Peso  gr.  0,83. 


ism 


7.  Grosso  da  12  mezzani,  equivalente  a  6  denari  imperiali. 
Tipo  e  leggende  come  nelle  precedenti. 
Argento.  Conservazione  ottima.  Peso  gr.  206. 


264  GIORGIO   CIANI 


8.  Medaglia  o  cremonese,  equivalente  a  'j^  del    denaro   im- 
periale. 

Tipo  e  leggende  come  nelle  precedenti. 
Argento  di  bassa  lega.  Conservazione  buona.        Peso  gr.  0,38. 

Nel  T254  Cremona  passava  ad  un  accordo  con 
largamo,  Brescia,  Parma;  Piacenza,  Pavia  e  Tor- 
tona, valevole  per  due  anni  (')  per  la  coniazione  di 
monete  di  eguale  valore  che  doveano  aver  corso  nel 
territorio  dei  comuni  contraenti.  Da  questa  conven- 
zione si  rileva  che  doveano  battersi: 

Grossi,  da  4  denari  imperiali  dei  quali  se  ne  do- 
veano tagliare  171  pezzi  da  una  marca  di  Bergamo, 
che  secondo  la  conclusione  del  Mazzi  '2)  si  raggua- 
gliava a  gr.  217,0345. 

Mezzani,  da  8  per  uno  dei  detti  grossi,  dei  quali 
se  ne  doveano  ricavare  565  da  una  libbra  di  Ber- 
gamo (gr.  325,55175)  due  dei  quali  ragguagliavano 
il  denaro  imperiale,  lasciando  facoltà  di  coniare  al- 
tre monete,  della  stessa  lega,  di  cui  3  doveano  cor- 
rispondere a  due  di  questi  mezzani,  ossia  corrispon- 
denti ad  '/,  del  denaro  imperiale,  E  ritengo  che  que- 
sto fosse  veramente  il  terzo/o. 

Medaglie,  ossia  monete  del  valore  della  metà  del 
mezzano,  delle  quali  se  ne  doveano  ricavare  816  da 
una  libbra. 


(1)  Fu  stampato  estesamente  nell'Argelati,  T.  5,  p.  147,  e  nell'opera 
di  G.  A.  Zanetti,  T.  IV,  p.  42J. 

(2)  Angelo    Mazzi  :  La  (^onvensioiie    monetaria  del   12J4,  ecc.    Ber- 
gamo, 1882. 


LI-:    MONETE    DEL    COMUNE    DI    CREMONA  265 


Dai  dati  ulteriori  che  ci  sono  forniti  da  questa 
convenzione  risulta  che: 

il   grosso  doveva  pesare  gr.   1,2692  ed  essere  al  titolo  di  iiiill.  828 

il    mezzano  „              „         .,     0,5772    „  „         „       „  ,       „      208 

il  Urzuolo  „              „         „     0,385      „  „         ,,       „  „       „      208 

la  medaglia  „              „         „     0,399      »  »         „       „  „       „      125 

Tutte  le  monete  sovra  indicate  doveano  essere 
contrassegnate  da  una  stella  che  è  indicata  a  6  raggi) 
«  qiiae  debet  fieri  modo  croxato  ». 

Non  mi  è  lecito  asserire  che  Cremona  battesse 
monete  in  conformità  a  questa  convenzione.  Pare  tut- 
tavia che  il  denaro,  illustrato  da  E.  Gnecchi  nella 
Rivista  It.  di  Nwnismatica  (anno  1897,  pag.  28,  13) 
che  pesa  gr.  0,32  ed  è  al  titolo  di  mill.  164  sia  stato 
emesso  in  quest'  epoca.  L'  esemplare  da  cui  ne  ho 
tratto  il  disegno  pesa  gr.  0,62,  quello  del  Museo  ci- 
vico di  Trento  gr.  0,38. 

Tanta  differenza  di  peso  non  ci  permette  di  for- 
mulare un  giudizio  definitivo,  e  non  ci  resta  che  il 
segno  della  stella  per  attribuirlo  verosimilmente  a 
questo  periodo  di  tempo  (7254-1256). 


\ 


9.  Denaro  (scodellato). 

B'  —  +  FREDERICVw    Nel  campo  P*R  Circolo  dilineette 

esterno  ed  interno,  dal  quale  ultimo  si  dipartono 
due  punte  convergenti  al  centro. 
9    -   +   •CREMONA»    Nel  campo:  Stella  a  6  raggi.  Cir- 
coli come  sopra. 
Argento.  Conservazione  buona.  Peso  gr.  0,62. 

3t 


266 


GIORGIO   CIANI 


Nella  collezione  del  Museo  Civico  di  Trento 
esiste  un  esemplare  di  questo  denaro,  privo  delle 
punte,  proveniente  dal  ripostiglio  di  S.  Nicolò  de- 
scritto dal  Giovanelli,  che  comprendeva  esclusiva- 
mente monete  del  secolo  XIII. 


IO.  Medaglia. 

^  —  +  FREDERICVw    Nel  campo  P*R  Circoli  come  nella 

precedente. 
RI    —  -J-  CREMONA  *  Nel  campo:    Croce  accantonata  ad 
I  e  2  da  una  stella  a  cinque  punte.    Circoli  e.  s. 
Argento  di  bassa  lega.  Conservazione  buona.        Peso  gr.  0,37. 

Il  Gnecchi  illustrando  il  ripostiglio  di  Cavriana 
riporta  al  n.  14  questa  medaglia,  priva  però  della 
stella  dopo  il  nome  della  città,  e  indica  per  la  stessa 
il  titolo  di  mill.  124,  corrispondente  quasi  esattamente 
a  quello  stabilito  dalla  convenzione  citata. 

Metto  qui  in  seguito  qualche  altra  moneta  che 
per  il  segno  della  stella  dovrebbe  appartenere  alle 
coniazioni  successive  al  ricordato  accordo,  quantun- 
que non  trovi  corrispondenza  coi  pesi  in  esso  pattuiti. 


II.  Grosso  da  6  denari  imperiali. 


^  —  +  FREDERICVw  Nel  campo  P'^'R  Circoli  di  lineette. 


LE    MONKTE    DEL    COMUNE    DI    CREMONA 


267 


R)   —  +  CREMONA  Nel  campo:  Croce  accantonata  ad  i  e  2 
da  una  stella  a  6  raggi,  e  ad  3  e  4  da  una  punta 
uscente  dal  circolo  interno.  Circoli  e.  s. 
Argento.  Conservazione  abbastanza  buona.  Peso  gr.  1,47. 


-^^ 


12.  Denaro  imperiale. 


P*R 


B"  —  +  FREDERICVw  Nel  campo  *  Circoli  come  so- 
pra e  una  punta  uscente  dal  circolo  interno  a  de- 
stra in  basso. 

^f    —  +  CREMONA  Nel  campo  :    Croce    accantonata  ad  i 
e  2  da  un  globetto,  ad  3  e  4  da  una   mezzaluna. 
Circoli  e.  s. 
Argento.  Conservazione  buona.  Peso  gr.  i,ii. 


Il  codice  diplomatico  di  Cremona  che  ebbi  più 
volte  a  citare,  non  offre  dopo  la  metà  del  XIII  se- 
colo alcun  dato  interessante  intorno  alle  monete  di 
questa  città,  essendovi  nominata  quasi  esclusivamente 
la  moneta  imperiale  e  soltanto  eccezionalmente  nel 
T274  G  1291  (doc.  970  e  IT  14)  i  dell.  iinp.  di  Creiiioìia, 
che  dovevano  essere  del  tipo  sovradescritto. 


ci; 


13.  Mezzano. 


,©'  —  +  FREDERICVw   Nel  campo  P»R  Circoli  e.  s. 


268 


GIORGIO   CIANI 


ì^    —  +    «CREMONA*   Nel  campo:  Croce  accantonata  ad 
I  e  2  da  una  stella  a  6  raggi. 

Argento.  Conservazione  buona.  Peso  gr.  0,92. 

Appartengono,  per  la  forma  delle  lettere  com- 
ponenti le  leggende,  alla  fine  del  secolo  XIII,  e  più 
probabilmente  al  principio  del  secolo  XIV,  le  due 
monete  seguenti  : 


14.  Mezzano. 
^'    -  +  FREDCRICVS  Nel  campo      *      Circoli  di  punti. 

R)    —  +  CREMONA  Nel  campo  :    Croce    accantonata  ad  i 
e  2  da  una  stella  a  cinque  raggi.  Circoli  e.  s. 

Argento  di  bassa  lega.  Conservazione  buona.        Peso  gr.  0,84. 


15.    Grosso. 
^  —  +  CREMONA    Nel   campo  :    Croce   accantonata  ad  i 

e  3  da  un  giglio,  a  2  e  4  da  un  globetto.  Circoli 

di  punti. 
ì^    —    •$•    JW€-RIVS»    Il  Santo  col  nimbo  punteggiato, 

mitrato,  benedicente,    e    col    pastorale,    seduto  in 

cattedra    ornata    di    due  leoni.  Circolo  esterno  di 

punti. 


Argento.  Conservazione  ottima. 


Peso  gr.  2,05. 


LE    MONKTE    DEL    COMUNE    DI   CREMONA  269 

16.  Grosso. 
Varietà  del  precedente,  colla  E  lunata  in  CREMONA. 
Argento.  Conservazione  buona.  Peso  gr.   1,77. 

Nel  1330  Cremona  si  clava  a  Giovanni  re  di 
Boemia  che  vi  battè  il  denaro  col  suo  busto  e  la 
solita  croce  colle  due  stelle,  illustrato  dal  Lopez.  Il 
governo  autonomo  era  cessato,  e  con  esso  la  sua 
zecca,  e  cominciava  l'epoca  delle  signorie,  e  dei 
tiranni. 

Dai  dati  che  ebbi  a  riferire  in  questi  brevi  cenni 
si  viene  a  conchiudere,  che  la  zecca  comunale  di 
Cremona  fu  aperta  anteriormente  al  T163,  e  che  la 
prima  moneta  coniatavi  fu  il  denaro  cremonese,  cor- 
rispondente ad  '/^  del  denaro  imperiale,  che  fin'ora 
non  è  conosciuto.  Forse  nel  1173,  ma  certamente 
nel  1177  era  in  corso  il  denaro  inforziato  di  Cremona 
del  valore  di  '  .,  denaro  imperiale,  ed  equivalente  al 
denaro  di  Brescia  e  al  denaro  nuovo  di  Milano.  Una 
seconda  coniazione  di  tali  denari  fu  fatta  nel  1209 
o  poco  innanzi  e  per  distinguerli  dai  precedenti  fu- 
rono detti  nuovi  inforziati. 

Verosimilmente  nel  1233  o  nel  1236,  ma  ccr- 
tc^mente  prima  del  1256,  furono  coniati  i  grossi  da 
6  denari  imperiali,  e  contemporaneamente  i  grossi 
da  4  denari  imperiali,  i  denari  inforziati  e  le  meda- 
glie di  egual  tipo  dei  grossi. 

Per  la  convenzione  del  1254  sembra  che  Cre- 
mona mutasse  la  sua  moneta,  uniformandola  nella 
lega  e  nel  taglio,  a  quanto  era  stabilito  da  quell'ac- 
cordo. Ma  due  anni  dopo  riprese  le  coniazioni  col- 
l'antico  sistema,  e  di  quest'epoca  conosciamo  il 
grosso  da  6  denari  imperiali,  il  mezzano,  e  la  me- 
daglia, nonché  il  denaro  imperiale  cremonese.  Dal  1300 
al  1330  uscirono  dalla  zecca  cremonese  i  grossi  da 
6  denari  imperiali  coli'  immagine    del    santo   protei- 


270  GIORGIO   CIANI 


tore  della  città,  ed  i  mezzani,  e  questi  furono  forse 
gli  ultimi  suoi  prodotti. 

Giunto  al  fine  di  questo  studio  mi  sia  lecito 
esprimere  la  speranza  che  altri  abbia  a  pubblicare 
quelle  monete  di  Cremona  che  non  furono  fìn'ora 
avvertite  colmando  le  lacune  da  me  accennate,  che 
riguardano  in  modo  speciale  il  primo  periodo  della 
sua  attività. 

Trento,  febbraio  igoS. 

Giorgio  Ciani 


Il  punzone  del  Papa  Felice  V  a  Basilea 


In  Basilea  furono  coniati  già  dal  tempo  dei 
Merovingi  trienti  d'oro:  più  tardi  i  Carolingi  e  Bur- 
gundi e  infine  anche  i  Tedeschi  coniarono  quivi  denari 
d'argento.  Nelle  adiacenze  della  Cattedrale  si  trovava 
un  palazzo  nel  quale  verosimilmente  si  coniavano 
le  monete  necessarie  in  occasione  della  dimora  di 
qualche  re. 

Circa  l'anno  looo  i  vescovi  di  Basilea  ebbero 
diritto  di  zecca,  e  lo  esercitarono  fino  all'anno  1373 
circa,  come  lo  dimostrano  molti  pezzi  d'argento  brat- 
teati e  mezzo  bratteati  rimasti  fino  a  noi.  Nel  1373 
il  vescovo  ipotecò  alla  città  la  zecca,  poi  la  liberò, 
poi  di  nuovo  la  mise  in  pegno  nel  1385.  Dopo  l'ul- 
timo quarto  del  secolo  XIV  la  città  coniò  bratteati 
d'argento  prima  con  la  testa  del  vescovo  e  le  ini- 
ziali B-A,  poi  con  il  proprio  stemma,  il  pastorale  di 
Basilea.  Nel  secolo  XV  la  città  coniò  inoltre  anche 
pezzi  d'argento  a  due  forme,  con  l'eHigie  della  pa- 
trona della  Cattedrale  Santa  Maria  sul  diritto  e  sul 
rovescio  con  lo  stemma  della  città. 

L'anno  1429  il  re  Sigismondo  fondò  una  zecca 
regia  in  Basilea,  la  quale  coniò  sotto  di  lui  e  sotto 
i  suoi  successori  fino  all'anno  1509,  nel  quale  la 
zecca  fu  trasferita  in   Augsburg,    fiorini    d'oro    detti 


272  E.    A    STUCKELHKRG 


Apfelgulden,  perchè  su  essi  era  rappresentata  la  mela 
dell'Impero. 

Questa  zecca  fu  data  in  ipoteca  insieme  con 
quella  di  Francoforte  e  di  Nòrdlingen  a  Corrado  di 
Weinsberg  (■). 

Era  capo  della  zecca,  dal  1439  al  1454,  Pietro 
Gatz,  e  sotto  di  lui  stavano  alcuni  assistenti  i  quali 
curavano  la  coniazione.  Noi  apprendiamo,  p.  es.,  che 
nell'anno  1438  furono  coniati  237,  nel  1439  326  e 
238  fiorini  d'oro  pesanti  detti  Apfelgulden  (2). 

I  documenti  dell'Archivio  di  Basilea  ricordano 
per  il  periodo  di  tempo  dal  '1401  al  1450  anche  vari 
maestri  di  zecca,  come  Werli,  abitante  alla  Pfhig- 
gasse,  Dietrich  abitante  nella  Totengasse,  Hans  e  Die- 
trich dimoranti  nella  Schneidergasse ;  fra  i  congiunti 
di  quest'ultimo  vi  è  una  donna  di  nome  Orsola  (Ursel). 
Un  maestro  di  zecca  senza  nome  abitava  allo  Spa- 
lenberg. 

Anche  intorno  agli  edifici  della  zecca  nel  Medio 
Evo  ci  danno  alcuni  particolari  i  documenti  dell'Ar- 
chivio di  Stato.  Secondo  questi  atti  si  coniava  al- 
l'antico Fischmarkt,  n.  7  e  in  parte  del  n.  8,  dirim- 
petto al  Rndengàsskin,  n.  3  ;  dietro  la  Eisengasse,  al 
n.  22  ;  nella  Schivanengasse,  al  n.  2  ;  nella  Sporen- 
gasse,  al  n.  I  [Gtddinmiìnz);  nella  Stadthausgasse,  m 
parte  del  n.  13.  Le  abitazioni  di  tutti  questi  maestri 
di  zecca  e  tutti  insieme  gli  edifici  sopraccitati  si  tro- 
vano nella  città  vecchia,  non  lungi  dal  centro,  cioè 
del  Rathaus  e  del  Markt  ;  la  maggior  parte  nella 
bassura  del  fiumicello  Birsig. 

Fino  a  qual  punto  le  indicazioni  qui  riferite 
avessero  relazione  con  la  zecca  municipale  o  regia, 


(i)  Ved.  Archivio  di  Stato  di  Basilea.  Atti  della  zecca,  7». 
(2)  Giuseppe  Albrecht:  MUtheilungemiir  Geschichte  der  Reichsmunz- 
statten,  1835,  pag.  38. 


IL    PUNZONE    DEL    PAPA   FELICE   V    A    BASILEA  273 

non  ci  è  dato  di  determinare  con  maggior  precisione. 
I  punzoni  della  città  sono  in  gran  parte  rimasti;  fra 
questi  vi  sono  anche  conii  per  medaglie,  inoltre  pun- 
zoni dell'officina  regia  ed  un  conio  del  Papa  Felice  V. 

I  punzoni  sono  tutti  di  ferro,  sono  in  parte  molto, 
in  parte  poco  usati,  alcuni  ben  conservati,  altri  male, 
anzi  rotti.  L*  intera  collezione  passò  al  dipartimento 
della  Finanza  cioè  al  Rathmis,  quando  il  cantone  di 
Basilea  cedette  il  suo  diritto  di  zecca.  Nel  1863  il 
direttore  della  zecca  federale  Escher  domandò  l'invio 
dei  punzoni  a  Berna,  ma  l'archivista  di  Basilea  d'al- 
lora, Krug,  ha  il  merito  d'aver  negato  l' invio. 

I  punzoni  furono  affidati  alla  Commissione  delle 
Antichità  ed  esposti  in  ordine  in  una  vetrina  dell'an- 
tico Museo  della  Angus iinergnsse.  Il  ferro  era  molto 
arrugginito  ;  invece  di  togliere  la  ruggine,  si  verniciò 
la  superficie  dei  conii. 

Nell'anno  1894  tutta  la  raccolta  insieme  col  Ga- 
binetto Numismatico  venne  trasportata  nel  Museo 
storico  nell'antica  Barfùsser  Kircìie.  Qui  i  punzoni  ri- 
masero senza  catalogo  e  trascurati.  Nel  novembre 
1906  chi  scrive  queste  righe  diede  un'occhiata  a  quei 
pezzi  antichi  e  trovò  in  quell'occasione  fra  punzoni 
di  bratteati  e  conii  del  XV  fino  al  XVIII  secolo  il 
pezzo  con  lo  stemma  del  Papa  Felice  V.  Eseguii  al- 
lora alcune  impronte  in  ceralacca  e  ne  inviai  un 
esemplare  all'ambasciata  italiana  a  Berna  per  S.  M. 
il  Re  d' Italia,  al  prof.  Maurice  Prou  per  la  Société 
des  Antiquaires  a  Parigi,  al  Gabinetto  Numismatico 
di  Berlino  e  al  biografo  del  Papa  Felice  V,  Max 
Bruchet,  archivista  in  Annecy.  Contemporaneamente 
pubblicai  nel  n.  289  del  supplem.  alla  Aìlgem.  Zeitung 
di  Monaco  una  breve  notizia  sul  ritrovamento  ").  Que- 
sta nota  diede  per  effetto  che  il  punzone  fu  con  molta 

(il  Frankfurter  Mnnzzeiiung  VII  (1907),  n.   14,  tav.  49,   i. 

35 


^4  E,    A.    StiiCKELBERG 


cura  pulito  con  petrolio  e  arroventato.  Poi  i  vari 
periodici  numismatici  mi  sollecitarono  un  articolo  su 
questo  ritrovamento. 

Il  punzone  consiste  di  un  cilindro  di  ferro  bat- 
tuto, la  parte  superiore  è  stata  alquanto  allargata 
pei  colpi  di  martello  dati  nel  conio.  Esso  misura  ora 
mill.  7,2  in  altezza  e  mill.  22  di  diametro  di  super- 
ficie di  coniazione.  Il  sotto  punzone,  la  cui  cima  do- 
veva essere  ben  incastrata  in  un  tronco  di  legno, 
pare  non  si  sia  conservato,  per  lo  meno  non  è  stato 
trovato.  La  superficie  di  coniazione  del  nostro  pun- 
zone è  levigata,  il  campo  è  occupato  dallo  stemma 
di  Casa  Savoia  ;  sopra  emerge  il  triregno  e  sotto  le 
infule  svolazzanti  sono  le  due  chiavi  decussate.  Lungo 
il  circolo  del  campo  il  cui  punto  centrale  è  visibile 
come  in  molte  antiche  monete  romane,  corrono  due 
cerchi  di  perline  ;  fra  il  maggiore  e  il  minore  sta  la 
leggenda,  incisa  in  maiuscole  gotiche:  FELIX  *  PP  * 
*  QVINTVS. 

La  leggenda  e  l'arme  del  campo  fanno  ricono- 
scere senza  alcun  dubbio  lo  stemma  come  ricordo 
del  Papa  Felice  V.  Sotto  questo  nome,  che  dopo  il 
VI  secolo  non  fu  portato  più  da  alcun  Papa  (Fe- 
lice I,  259-74;  Felice  II,  355-66  (antipapa);  Felice  III, 
483-92  ;  Felice  IV,  516-30),  salì  al  pontificato  il  duca 
Amedeo  Vili  di  Savoia  eletto  dal  Concilio  di  Ba- 
silea. 11  Concilio  di  Costanza  aveva  concesso  al 
conte  il  titolo  di  duca,  quello  di  Basilea  il  triregno 
(5  novembre  1439).  Il  17  dicembre  eletto  al  trono 
papale.  Felice  V  giunse  a  Losanna  in  aprile  e  il  24 
giugno  a  Basilea  (1440).  Qui  fu  incoronato  con  gran 
pompa  il  24  luglio.  Il  17  novembre  1442  lasciò  Ba- 
silea, ma  poi  ritornò  di  nuovo  nella  città  del  Reno 
per  soggiornarvi  dall'agosto  1446  al  9  gennaio  1447, 

Siccome  il  nostro  punzone  fu  conservato  insieme 
ai  conii  di  Basilea,  deve  chiaramente  esser  stato  usato 


IL    PUNZONE    DEL    PAPA    FELICE    V    A   BASILEA  275 

in  Basilea  e  certamente  durante  il  soggiorno  del 
Papa  in  questa  città. 

Ora  la  cronaca  racconta  che  il  Papa  abbia  fatto 
gettare  al  popolo  del  denaro  in  occasione  della  sua 
solenne  incoronazione,  che  egli  inoltre  abbia  fatto 
coniare  pei  signori  e  prelati  presenti  alla  cerimonia 
medaglie  di  presenza  di  due  pfeiining  d'argento  e  di 
un  pfemiing  d'oro. 

Si  può  quindi  ben  supporre  che  il  punzone  a 
noi  rimasto  abbia  servito  alla  coniazione  di  questi 
pezzi,  ma  non  sappiamo  poi  se  per  l'oro,  o  per  l'ar- 
gento, o  per  entrambi  insieme.  Che  non  ne  sia  ri- 
masto alcun  pezzo  di  scarto  può  esser  chiarito  in 
tre  modi  :  le  monete  erano  di  valore  superiore, 
cioè  o  di  titolo  o  di  peso  maggiore  di  quelli  cor- 
renti in  quel  tempo  e  ciò  allora  doveva  escluderli 
dalla  circolazione,  oppure  si  trattava  sopratutto  di 
soli  pochi  esemplari  distribuiti,  o  furono  i  pezzi  ri- 
masti piti  tardi  fusi  come  pezzi  condannati  quali  mo- 
nete di  un  antipapa. 

Che  però  Felice  V  abbia  coniato  moneta,  è  molto 
verosimile.  I  documenti  parlano  della  sua  relazione 
con  Corrado  di  Weinsberg  ^0;  questo  pignoratore 
della  regia  zecca  di  Basilea  era  dopo  il  13  novembre 
1438  uno  dei  quattro  regi  ambasciatori  al  Concilio, 
e  fu  il  22  febbraio  1439  il  suo  protettore.  Come 
uomo  versato  in  grandi  affari  egli  dovette  riscuotere 
il  denaro  delle  indulgenze  sotto  due  re,  egli  provvide 
a  questo  per  il  Concilio  che  gli  aveva  rilasciato 
cinque  lettere  di  indulgenze;  egli  ottenne  molte  altre 
lettere  d' indulgenza  anche  da  molti  Papi. 

Con  Felice  V,  Weinsberg  stette  in  corrispon- 
denza fino  al  1445  e  cavalcava  nel  corteo  della  inco- 
ronazione coi  primi  dignitari.  Anche  il  suo  maestro 


(i)  Luher  Arcliival-Zeilschrift,  VII,  pag.  150175. 


276  E.    A.    STilCKKLBERG 


di  zecca  Pietro  Gatz  era  in  relazione  col  Papa;  l'esame 
del  Bidlarium  di  Torino  potrebbe  offrire  qualche 
maggior  particolare. 

È  quindi  molto  verosimile  che  il  Papa  Felice  si 
sia  servito  di  queste  due  persone  per  i  suoi  affari 
di  zecca. 

Il  punzone  deve  essere  stato  dimenticato  in  oc- 
casione della  partenza  del  Papa  da  Basilea  (nel  1442 
oppure  nel  1447),  e  coi  punzoni  che  portano  la 
marca  di  Weinsberg  rimase  fra  i  coni  della  città. 


Felice  V  fece  coniare  anche  il  cosidetto  Agnus 
dei  con  la  cera  del  cero  pasquale,  ma  finora  non  se 
ne  è  rinvenuto  alcun  esemplare.  Donò  anche  una 
campana  alla  Cattedrale,  ornata  con  il  suo  stemma. 
Quando  si  spaccò,  fu  fusa  di  nuovo  alla  fine  del  se- 
colo XV,  ma  di  nuovo  ornata  dallo  stemma  del  do- 
natore. Quando  nel  secolo  XIX  la  campana  venne 
fusa,  lo  stemma  fu  tolto  e  conservato  (').  Si  può  rico- 
noscere dall'originale  che  si  trova  nel  Museo  storico 
della  città  che  la  tiara  non  ha  più  forma  conica  come 
nella  moneta,  ma  forma  convessa  ed  ovale. 

Basilea,  gennaio  igoy. 

E.  A.  Stuckelberg. 


(1)  Rivista  Araldica,  Roma,  anno  V,  1907,  pag.   129-130. 


APPENDICE 

ALLA  ILLUSTRAZIONE  DELLA  ZECCA 

DI 

CASTIGLIONE  DELLE  STIVIERE  (') 


Pubblicando  nella  mia  storia  di  Castiglione  delle 
Stiviere  l'illustrazione  della  zecca  di  tale  luogo,  av- 
vertivo non  essere  noto  che  l'officina  fosse  stata 
aperta  in  virtù  di  una  concessione  speciale;  e  dichia- 
ravo anche  che.  sebbene  le  mie  ricerche  fossero  state 
alquanto  diligenti,  non  mi  lusingavo  di  avere  fatto 
opera  completa,  e  speravo  anzi  che  varie  altre  mo- 
nete venissero  in  luce. 

Trascorsero  non  molti  anni,  e  fatti  nuovi  mol- 
teplici vennero  a  mia  cognizione  e  furono  da  me  e 
da  altri  pubblicati  in  varii  periodici.  Ho  pensato 
quindi  che  torni  utile  per  gli  studiosi  riunire  le  no- 
tizie tutte  che  dalla  predetta  mia  pubblicazione  ad 
oggi  io  appresi.  Il  che  è  scopo  della  presente  ap- 
pendice. 

E  prima  di  tutto  ricorderò  il  Privilegio  da  me 
rinvenuto,  con  cui  l'imperatore  Massimiliano  II  con- 
cedeva a  Ferrante  Gonzaga,  primo  marchese  di  Ca- 


(i)  Agostini  ing.  Agostino:  (aslig Itone  delle  Stiviere  dalle  sue  origini 
geologiche  fino  ni  nostri  giorni.  Ptrte  III:  La  zecca.  Brescia,  T.  Apollo- 
nio, 1895. 


278  AGOSTINO    AGOSTINI 


stiglione,  il  diritto  di  monetazione  (').  Poscia  qui  ripor- 
terò la  illustrazione  di  monete  della  zecca  di  Casti- 
glione delle  Stiviere  da  me  e  da  altri  pubblicate. 

MONETE. 

Marchesa  Ferrante  Gonzaga  (7580-1586). 

Il  numismatico  Paul  Bordeaux  nella  Keviie  nit- 
mismatiqtie  del  1901,  primo  trimestre,  pubblicò  un 
articolo  sulla  imitazione  delle  monete  francesi  operata 
in  Italia:  ed  una  ne  attribuì  tosto  a  Ferrante  Gon- 
zaga di  Castiglione,  che  vi  aprì  la  zecca  non  appena 
investito  del  titolo;  e  quindi,  assai  probabilmente 
nel  1580. 

Un  rescritto  imperiale  di  Enrico  III  fu  emanato 
in  Francia  nel  1583,  allo  scopo  di  impedire  in  quella 
nazione  la  circolazione  di  monete  imitanti  i  liards 
francesi.  E  qui  il  detto  autore  ci  dà  la  descrizione 
della  moneta  da  me  riprodotta  alla  tav.  IV,  n.  54  nella 
mia  illustrazione  della  zecca  di  Castiglione  portante 
in  campo  una  F  coronata  con  attorno:  GON  MAR  • 
CAST  •  "E  •  S  •  R  ■  IMP  •  P  •  e  nel  rovescio  una  crocetta  a 
braccia  eguali,  ed  attorno:  SALVS  •  "E  •  GLORIA  •  DNS  • 

Una  tale  moneta  che  io  ho  elencata  per  Fran- 
cesco I  principe,  come  del  resto  fu  fatto  da  varii  altri 
studiosi,  viene  invece  dal  Bordeaux  attribuita  a  Fer- 
rante: quelli  partirono  dal  concetto  che  la  F  coronata 
riproduca  il  tipo  della  trillina  milanese  di  Francesco  I 
e  che  la  crocetta  del  rovescio  sia  stata  copiata  dal 
forti  di  Carlo  Emanuele  I  di  Savoia:  questi  invece 
asserisce  essere  stata  la  moneta  una  imitazione  del 
Hard  francese,  che  in  tutto  le  rassomiglia.  Così  ra- 
gionando, e  considerando  ancora  che  l'editto  proibi- 


(i)  Pubblicato  da  ine  nella  Rivista  di  Numisin.,  X  (1897),  p.   175. 


CASTIGLIONE    DELLE   STIVIERE  279 

tivo  sopra  accennato  data  dal  1583,  il  Bordeaux  giu- 
dica che  tali  imitazioni  debbano  essere  state  coniate 
fra  il  1580  e  1583;  per  cui  non  possono  essere  che 
di  Ferrante. 

A  prima  giunta  pare  infetti  esatta  simile  indu- 
zione: ma  se  si  considera  che  il  detto  marchese  Fer- 
rante venne  investito  nel  1580,  ammesso  anche  che 
abbia  tosto  cominciato  a  battere  moneta,  sembra  ben 
difficile  pensare  che  si  sia  dedicato  immediatamente 
a  produrre  delle  falsificazioni;  mentre  appare  più  lo- 
gico che  queste  debbano  essere  state  eseguite  più 
tardi  in  onta  all'editto  proibitivo, 

Comunque,  il  Bordeaux  non  fa  conoscere  una 
moneta  nuova  della  zecca  che  ci  occupa;  è  solo  que- 
stione di  attribuirla  all'uno  piuttosto  che  all'altro 
Principe. 

Invece  lo  stesso  autore  ci  dà  illustrazione  di 
un'altra  imitazione  inedita,  da  lui  attribuita  ancora  a 
Ferrante,  per  analogia  alle  sopra  ricordate  sue  argo- 
mentazioni. È  pure  una  falsificazione  del  Hard  di  En- 
rico III  di  Francia,  avente  in  campo  diritto  una  grande 
H  coronata,  con  attorno  : 

I.    —  Moneta  avente  il  peso  di  gr.  0,75. 

B'    -   +  GON- MAR  ■  SACRIQVE. 

^    -   Croce  fiorata  e:   +   ROM  •  IMPERI  •  PRINC  • 

L'autore  giustamente  non  trova  possibile  spie- 
gare la  presenza  della  lettera  H  su  una  moneta  dei 
Gonzaga,  se  non  per  la  intenzione  di  generare  con- 
fusione coi  pezzi  francesi  similari,  i  quali  comincia- 
rono ad  essere  coniati  nel   1575. 

Questa  moneta  veramente  inedita,  evidentemente 
non  era  altro  se  non  una  contraffazione  :  e  risulta 
pure  quasi  certo  che  debba  attribuirsi  alla  zecca  di 
Castiglione,  come  quella  che  ebbe    ad    emettere    un 


28o 


AGOSTINO   AGOSTINI 


numero  straordinario  di  falsificazioni  di  ogni  paese 
vicino  o  lontano  :  se  non  che,  per  le  stesse  ragioni 
sopra  indicate,  io  propendo  a  credere  che  debba  an- 
ziché a  Ferrante,  attribuirsi  a  Rodolfo,  od  a  Ferdi- 
nando I. 


Marchese  Rodolfo  Gonzaga  (i 586-1 593). 

Una  serie  di  monete  inedite  di  questo  Marchese 
venne  pubblicata  dall' IH.""'  Sig/  Conte  Nicolò  Papa- 
dopoli  nella  Rivista  Numismatica  del  1893  ed  io  qui 
le  riproduco,  togliendole  da  quel  magnifico  periodico: 


2.    —  Mistura  (peso  gr.   1,075). 

B'  —  +  CA  •  S  •  R  •  I D  •  &0  •  MAR  •  Scudo  colla  croce 

Sabauda  chiusa  in  tre  archi  di  cerchio. 
R)    —  Croce  ornata  entro  un  contorno  quadrilobato  +  CRV  •  •  •  • 

DE    NOSTRA • 

Questa  moneta  è  una  variante  di  quella   da  me 
inserita  nella  citata  mia  illustrazione  alla  tav.  Ili,  n.  43. 


3- 


1^    - 


Mistura  (peso  gr.  1,20). 

Scudo  colla  croce  sabauda    chiusa    in    tre    archi  di 

cerchio;  sotto  lo  scudo  una  stella:   +  CA  ■  S  •  R  • 

IMP O-  M  • 

Croce  di  S.  Lazzaro  grande,    caricata    da  quella  di 

S.  Maurizio  più  piccola   -f- CRVS  •  CRISTI  •  REDEN- 

NOSTRA- 


CASTIGLIONE    DELIE    STIVIERE 


281 


4- 


9.  - 


Mistura  (peso  gr.  0,95). 

Simile  al  dritto  della  precedente.  Sotto  lo  scudo  la 

lettera    B    invece    della    stella:    CA     S  ■  R  •  IM  •  P  • 

ROD I  ■  MA 

Croce  come  nella  precedente:  CRVX  •  CRIS  •  REDE  ■ 

NO 


Queste  ultime  due  monete  sono  varianti  di  quella 
alla  tav.  Ili,  n.  44.  della  mia  illustrazione. 

Tutte  e  tre  poi  le  predette  monete,  sono  mani- 
feste contraffazioni,  dice  il  prelodato  sig.  Conte,  delle 
parpagliuole  di  Carlo  Emanuele  I  di  Savoia  :  e  la 
seconda  è  copiata  da  quelle  coniate  a  Chamber3\ 


5.    —   Mistura  (peso  gr.  0,99). 

iy  —  Stemma  senza  corona  con   tre  corni  di  cervo    posti 

in  fascie:  3G   ROD    C RSIP- 

I^    —  Stemma    senza    corona    con    due    pesci    addossati  : 

®  MO     FA    TA    MA    C-  1586, 


«  Ecco  una  monetina  »,  dice  l'Ili.'""  Sig.  Conte, 
«  che  rimase  lungamente  ignorata  dai  numismatici. 
perchè  destinata  a  circolare  in  paesi  lontani,  ove 
diffìcilmente  si  poteva  indovinarne  l'origine.  E  una 
imitazione  dei  Dreier  di    Ulrico  duca  di  Wiìrtembcrg, 


282  AGOSTINO   AGOSTINI 


nella  quale  lo  stemma  del  dritto  riproduce  i  corni  di 
cervo,  impresa  della  casa  regnante,  e  quello  del  ro- 
vescio i  pesci  di  Mompelgard.  È  da  osservarsi  come 
gli  intagliatori  della  zecca  di  Castiglione  e  di  altre  con- 
generi, senza  essere  grandi  artisti,  sapessero  indovi- 
nare e  riprodurre  i  caratteri  speciali  delle  monete  dei 
diversi  paesi,  in  modo  di  trarre  in  inganno  tutti  co- 
loro che  non  vi  facevano  particolare  attenzione  ». 


6.    —  Mistura  (peso  gr.  0,83). 

^  —  G.  C.  che  consegna  le  chiavi  a  S.  Pietro  in  ginoc- 
chio: GO  •  MA  ■  C  •  S  •  R  •  I  •  PR  •  esergo  RO  • 
I^   —  Ritratto  del  papa  Sisto  V  :  S  •  SIXTVS  ■  P  •  MAR  • 
Sotto  al  busto  :  G  +  I  • 

Il  È  questa  una  delle  tante  imitazioni  fabbricate 
in  Castiglione  sul  tipo  delle  bajocchelle  romane,  nella 
quale  per  meglio  giustificare  l'inganno,  attorno  al  ri- 
tratto del  pontefice  è  posta  la  inscrizione  S.  Sisto; 
e  le  lettere  RO  devono  essere  interpretate  come  la 
prima  sillaba  del  nome  del  Marchese,  invece  di  se- 
gnare la  zecca  di  Roma.  A  mio  avviso  (dice  l'Ili.""' 
Sig.  Conte)  dovrebbe  essere  una  delle  più  antiche 
falsificazioni  di  Rodolfo,  perchè  la  lega  apparisce  mi- 
gliore ed  il  lavoro  più  accurato  del  solito   ». 

Venuto  a  mia  cognizione  che  nell'asta  della  col- 
lezione A....  C...  tenutasi  nel  febbraio  del  1902,  presso 
il  sig.  cav.  Sambon  a  Milano,  il  signor  Achille  Can- 
toni, fra  altre  monete,  ebbe  a  comperarne  una  di  Ca- 
stiglione, elencata  al  n.  1016,  sotto  il  titolo  di  mezzo 
grosso  —  falsificazione  per  Genova  —  Rodolfo  Gon- 
zaga; e  ritenendo  si  trattasse  di  un  pezzo  inedito, 
mi  recai  dal  predetto  signore  onde  prendere  in  esame 
la  moneta:  ed  egli  infatti,  con  quella  cortesia  singo- 
larissima che  lo  distingue,  mi  permise  non  solo  ogni 
più  minuta  analisi,  ma  concesse  anche  che  ne  prendessi 


CASTIGLIONE    DELLE    STIVIERE  283 

il  calco.  Dalle  quali  ispezioni  rilevai  non  trattarsi 
affatto  di  moneta  inedita,  perche  il  pezzo  di  cui  è 
cenno  altro  non  è  se  non  quello  illustrato  da  me  alla 
tav.  Ili,  n.  40:  ma  però  rilevai  che  la  moneta  è  im- 
portante, inquantochè,  mentre  la  mia  illustrazione  la- 
sciava incomplete  affatto  le  diciture,  questa  del  signor 
Cantoni  essendo  benissimo  conservata,  ci  porta  ogni 
schiarimento  desiderabile.  E  perciò  che  trovo  utile 
qui  riportarla  (moneta  n.  7): 


,&  -    RO    G  •  MA  •  CA  •  SA  •  R  ■  IM  •  P  • 
9    -    CRV  •  CRISI  •  RED- NOSTE- 

Dal  che  risulta  che  questo  Marchese,  con  audacia 
singolare,  metteva  il  proprio  nome  ed  i  propri  titoli 
sulle  monete  che  numerosissime  falsificava  per  zecche 
italiane  ed  estere  ('). 

il  sig.  Guglielmo  Grillo,  nel  Bollettino  di  Numi- 
smatica, a.  Ili,  n.  6,  giugno  1905.  pubblica  la  seguente 
varietà  posta  in  corso  da  Rodolfo,  ad  imitazione  delle 
bajocchelle  di  Sisto  V. 

8.  B'   -   ROD  •  G  •  MAR    CA  •  S  •  RO  •  IM  ■  PR    Cavaliere    con 
vessillo. 
I^    -   S  •  SIXTVS  •  PA  •  MA  •  1590  Busto  di  Sisto  V. 

Il  tenente  colonnello  A.  Cunietti-Cunietti  nel 
Bollettino  di  Numismatica,  n.  7,  1907,  rende  pubblici 
due  soldi  da  lui  attribuiti  a  Rodolfo,  come  contraffa- 
zioni di  quelli  di  Carlo  Emanuele  I  di  Savoia. 


(i)  Dalla  Rassegna  di  Numismalicii,  a.  I,  n.  2,  marzo  1904. 


284  AGOSTINO    AGOSTINI 


9.  ,&  RODV  -  CAR  •  EM  •  D  •  G  •  C  •  MAR   Stemma  di  Savoia 
inquartato  e  coronato. 

R;    -   +    CD-V-MTINT-  DOMINE  ■  OST  •  Croce    di 
S.  Maurizio  in  cerchio  quadnlobo. 
Peso  gr.  1,100. 

10.  B'  —  CRVX  •  CRISI  •  CAR  •  EM  ■  D Stemma  e.  s. 

1^    —  CAR  •  EM  •  DVX  •  SABA Croce  e  s. 

Peso  gr.  2,000. 

Marchese  poi  Principe  Francesco  Gonzaga 
(1595-1616). 

Anche  per  questo  Principe,  l'ili.™  sig.  conte  Pa- 
padopoli  piìi  sopra  ricordato,  ci  diede  ricche  notizie 
di  monete  inedite,  nel  precitato  fascicolo  della  Rivista 
di  Numismatica  del  1893;  notizie  che  qui  integralmente 
riportiamo,  cominciando  da  un  preziosissimo  scudo 
d'oro,  formante  parte  della  splendida  collezione  del 
signor  Conte  medesimo.  ' 

11.  —   Oro  (peso  gr.  3,11). 

B'  —  Busto  del  Principe  a  destra  con  collare  alia  spa- 
gnuola:  FRAN  •  D    G  •  PRiNC  •  CASTIONI  • 

P  —  Stemma  Gonzaga  coronato  e  fregiato  dei  toson 
d'oro:  nello  scudetto  centrale,  nel  primo  e  quarto 
leone  rampante,  nel  secondo  le  fascie  Gonzaga,  e 
nel  terzo  la  testa  di  buffalo:  MARCHIO  •  MEDV- 
LAR    EC- 

Il  conio  è  squisito  lavoro,  probabilmente  dello 
stesso  Gaspare  Mola  che  incise  altri  pezzi  di  questo 
Principe,  e  lavorò  egregiamente  per  la  zecca  di  Gua- 
stalla e  per  quella  di  Mantova. 

12.  —  Mistura  (peso  gr.   1,42). 

(ly  —  Scudo  colla  croce  di  Savoia  chiuso  in  tre  archi  di 
cerchio:  +  FRAN  •  GON  •  MA  •  CAS  •  S  •  R  •  I  •  P  • 


CASTIGLIONE    DELLE    STIVIERE  285 

^  —  Croce  grande  di  S.  Lazzaro  caricata  di  quella  di 
S.  Maurizio  più  piccola:  +  CRVX  •  CRIS  ■  REDE  • 
NOST 

imitazione  delle  parpagliole  di  Savoia,  simile  a  quelle 
di  Rodolfo. 

Principe  Ferdinando  I  (i6i6-]678). 

Il  signor  Guglielmo  Grillo  pubblicò  "'  tre  monete 
sconosciute  di  questo  Principe,  e  cioè  due  inedite  ed 
una  varietà;  e  ne  completa  una  di  quelle   già   note. 

Tali  monete  sono  le  seguenti: 

In  un  ripostiglio  di  una  discreta  quantità  di  mo- 
netine della  dinastia  di  Savoia,  dal  detto  sig.  Grillo 
acquistate  a  Biella,  come  egli  scrive,  rinvenne  anche 
alcune  contraffazioni:  una  di  queste  imita  il  soldo  di 
Carlo  Emanuele  e  Maria  Cristina.  E  la  illustra  nel 
modo  seguente: 

«  Le  monete  basse,  a  consuetudine  d'allora,  veni- 
vano battute  o  tagliate  in  modo  molto  irregolare.  Del 
soldo  di  Carlo  Emanuele  e  Maria  Cristina,  pur  co- 
niato in  quantità  rilevante  e  perciò  di  facile  ritrova 
mento  ai  dì  nostri,  il  Promis,  nella  sua  grandiosa 
opera  ^^\  non  riuscì  a  dare  la  leggenda  che  in  parte. 

«  Ora,  trattandosi  di  una  contraffazione,  solita- 
mente di  minor  peso,  pur  essendo  fresca  di  conio  è 
così  falcidiata  da  non  lasciare  visibile  che  ben  poche 
lettere;  però,  a  mio  modo  di  vedere,  quanto  basta 
per  riconoscerne  l'origine  e  indicarne  la  zecca. 

13.  f&  — PRIN  CA  •  •  Stemma  con  la  croce    Sabauda, 

coronato. 


(i)  Bolletlitto  llaliatw  di  Nutiiisiiitilua,  unni)  Ili,  giugno  1905,  n.  6. 
(2)  DoM.  PiiOMis,  Le  monete  dei  l\cali  di  Savoia,  i&\'.  -XXXXVI,  n.  21. 


286  A(.OSTlNO    AGOSTINI 


^    -  IN  TE  DOMINE  CON  .  .  .    Croce  trilobata,  accanto- 
nata da  due  C  in  monogramma. 
Rame.  Peso  gr.  1,120. 


«  Che  io  mi  sappia,  non  trovo  interpretazione  mi- 
gliore, ne  più  confacente  alle  parole  PRIN  CA,  che  at- 
tribuire queste  all'abbreviatura  comunemente  usata  ; 
a  PR\ficcps  Cksiilionis. 

«  Il  lunghissimo  governo  di  Ferdinando  I  Gon- 
zaga (1616-1678)  comprende  non  solo,  ma  sorpassa 
di  molti  anni  l'epoca  di  battitura  dei  soldi  di  Carlo 
Emanuele  e  di  Maria  Cristina  di  Savoia  ed  anche  i 
somiglianti  di  Carlo  Emanuele  II,  perchè  questa  mo- 
neta, rimasta  fino  ad  ora  sconosciuta,  non  si  possa 
con  tutta  probabilità  attribuire  a  questo  Principe,  ben 
noto  ai  numismatici  per  le  sue  numerose  e  variate 
contraffazioni   «. 

La  moneta  di  cui  il  sig.  Grillo  dà  la  completa- 
zione,  viene  da  lui  illustrata  nel  predetto  BolUttino, 
come  segue  : 

«  Guid'Antonio  Zanetti,  nel  volume  III  della  sua 
preziosa  opera,  al  n.  12  della  tav.  XII,  dà  il  disegno 
di  una  moneta  di  Ferdinando  I  Gonzaga,  riprodotta 
poi  esattamente  dal  sig.  A.  Agostini  alla  tav.  VI, 
n.  84  della  sua  monografia:  La  zecca  di  Castiglione. 

«  Il  Santo  è  raffigurato  colle  bra,ccia  tronche  e  la 
dicitura  incompleta. 

"  Lo  Zanetti  come  pure  l'Agostini,  non  ebbero 
a  quanto  pare,  a  loro  disposizione  che  un  esemplare 
mal  battuto,  oppure  guasto  e  logoro  dal  tempo;  pos- 


CASTIGLIONE    DELLE    STIVIERE 


287 


sedendo  la  graziosa  monetina  del  Gonzaga  a  fiordi 
conio,  ne  disegno  esattamente  l'improiita,  completando 
la  leggenda  a  questa  audace  imitazione  della  moneta 
di  Pesaro  ». 


14.  3^  —  S  •  NAZARIVS  •  P  •  C  •  Il  Santo  in  piedi  colla  sinistra 
alzata  e  nella  destra  la  palma  del  martirio. 
P    —  Aquila    coronata  volta  a  sinistra  in  una  ghirlanda 
di  foglie. 
Rame.  Peso  gr.  0,700. 

La  varietà  di  una  moneta  di  questo  Principe 
resa  nota  dal  sig.  Grillo  sul  citato  Bolleiliìio,  è  da 
lui  illustrata  così: 

«  Ancora  di  Ferdinando  I  una  interessante  va- 
rietà di  quella  pubblicata  dal  signor  Agostini  alla 
tav.  VI.  n.  88   ». 


15.  &  —  Busto  del  Principe  con  collare  di  pizzo. 

9  —  A  destra  alcune  lettere  della  parola  MARCHIO.  In 
una  croce  filata,  stemma  inquartato:  i.  Aquila  co- 
ronata; 263.  Biscia  coronata  con  fiore  in  bocca; 
4.  Cane  rampante  coronato,  nel  centro  testa  di 
buffalo  coronata,  parte  dello  stemma  della  moglie. 
Rame.  Peso  gr.  1,450. 

L'altra  moneta  inedita  di  questo  Principe  è  dal 


288  AGOSTINO    AGOSTINI 


signor  Grillo  nel  suddetto  Bolkitino  illustrata    come 
segue  : 

«  È  una  astuta  contraffazione    dei    quattrini    di 
Filippo  IV  di  Spagna  per  Milano. 


i6.  ^'      -  FER  •  D  ■  G  •  S  •  R  •  llll  •  ET  •  C    P    {F^R'imandus  ■  Dei- 
(ìratia  •  Sacrique  •  Ro»iani  •ANipern  •  ET     C-astilio- 
tiis  •  Vrinceps).    Testa  del  Principe  volto  a  destra, 
con  collare  alla  spa^nuola. 
^    —  MARCHIO  MEDOLANI  Biscione  coronato. 
Rame.  Peso  gr.  1,470. 

Una  variante  per  disegno  e  disposizione  delle 
lettere,  di  bellissima  conservazione,  appartiene  alla 
collezione  del  mio  buon  amico  Marco  Strada  ». 


^   -    FER- D  •  &-S  •  R  ■  llll  •  E    C  •  P  •    Busto    del    Principe 

volto  a  destra. 
1^    ~  MARCHIO  MEDOLANI  Biscione  coronato. 
Rame.  Peso  gr.  1,180. 

Di  questo  stesso  Principe  ci  d<à  la  seguente  va- 
rietà il  chiarissimo  sig.  tcn.  colonnello    A.  Cunietti- 


CASTIGLIONE    DELLE    STIVIERE  289 


Cunietti,    pubblicata    nel    Bollettino    di  Numismatica, 
n.  4  (T907),  e  da  lui  così  illustrata  : 

17.  ,0-  —  FERD-M- E-M  •  F  •  -  •  MAR  •  M  •  CA  Stemma  dei 
Gonzaga  coronato,  colle  quattro  aquile  e  al  centro 
scudetto  colle  fascie  e  i  leoni. 
I^  -  TAB  ■  SAN&  •  CHRIST  •  lESV  Tabernacolo  (come  in 
quelle  di  Mantova  per  rappresentare  il  vaso  del 
preziosissimo  Sangue  di  N.  S.). 

«  Come  bene  afferma  l'egregio  ingegnere  Ago- 
stini <■»,  per  quanto  ricca  sia  la  serie  dei  pezzi  di 
questo  Principe,  essa  non  completa  l'idea  dei  prodotti 
nel  periodo  del  suo  governo.  Onde  la  monetuzza  che 
sopra  ho  descritto  deve  ritenersi  una  delle  numerose 
e  svariatissime  monete  battute  da  Ferdinando  1  ad 
imitazione  o  contraffazione  di  quelle  degli  altri  stati 
d'Italia.  Non  avendo  però  riscontrato  questa  monetuzza 
né  fra  quelle  descritte  dall'Agostini,  né  dal  Grillo, 
che  sono  i  piti  recenti  illustratori  di  questa  zecca,  e 
da  considerarsi  una   varietà  non  ancora  pubblicata   ». 

Ma  la  più  preziosa  delle  monete  inedite  di  Fer- 
dinando I,  venne  da  me  pubblicata  nella  Rivista  Nu- 
mismatica, a.  XIX,  fase.  I,  Milano,  1906  (moneta  n.  18), 
con  un'aggiunta  dell'illustre  conte  Nicolò  Papadopoli, 
che  attribuì  altre  quattro  monete  consimili  al  Prin- 
cipe medesimo  (monete  n.  19.  20,  21,  22). 

Lo  stesso  ili."""  sig.  conte  N.  Papadopoli  nella 
Rivista  di  Numismatica  in  principio  citata,  dell'anno 
1893,  di  questo  Principe  ci  fornisce  la  seguente  mo- 
neta inedita: 

23.  —  Mistura  (gr.  0,50). 
fy  -  -  Stemma  con  ornamenti  che  simulano  le  chiavi  e  la 
tiara:  FER  •     GON  • 

(i)  Agostino  Agostini:    Castiglioìte   delle    Slivierc   dalle    sue    origine 
geologiche  fino  ai  giorni  nostri.  Parte  IH.  I^a  zecca. 


290  AGOSTINO    AGOStlNi 


^    —  Santo  vescovo   dj    profilo    volto    a    sinistra  seduto: 
S    PATERNIANVS. 

Alle  quali  notizie  il  sig.  Conte  aggiunge  la  pub- 
blicazione di  altre  monete  di  questo  principe,  che 
costituiscono  piccole  varianti  a  quelle  della  mia  illu- 
strazione segnata  alla  tav.  VI,  n.  53,  54.  60;  e 
tav.  VI,  n.  87. 


Carlo  Gonzaga  (1678-1680). 

Abbiamo  veduto  che  Francesco  Gonzaga  terzo 
Marchese  e  primo  Principe  di  Castiglione  delle  Sti- 
viere,  dopo  avere  innalzata  quella  zecca  alla  dignità 
di  coniare  monete  coi  nobili  metalli,  ne  pose  in  corso 
varie  come  Marchese,  e  parecchie  anche  come  Prin- 
cipe; ma  due  sole  in  questa  sua  qualità  nel  metallo 
rame,  per  quanto  è  noto. 

Esse  sono  il  soldo  ed  il  mezzo  soldo:  le  quali 
portano  nel  campo  dritto  il  monogramma  delle  let- 
tere F  e  G  contrapposte,  coronate,  con  attorno  le 
parole:  PRIN  •  CASTILLIONIS  ■  ETC- ;  nel  rovescio  un 
cane  rampante  tra  due  staffe  (stemma  di  Castiglione), 
ed  attorno  la  dicitura:   FIDES  ■  INCORRVPTA  • 

Ho  detto  ancora  nella  mia  illustrazione  di  tale 
zecca,  come  l'Aftò  e  lo  Strozzi  attribuissero  senz'altro 
simili  monete  a  questo  Principe,  mentre  avrebbero 
potuto  essere  del  suo  successore  Ferdinando  I  :  ma 
io  ho  allora  aggiunte  le  ragioni  per  le  quali  si  devono 
indubbiamente  ritenere  appunto  di  Francesco. 

Ferdinando  1  a  lui  succeduto  e  che  dominò  dal 
[616  al  1678,  coniò  una  grande  serie  di  monete  anche 
di  rame.  Durante  questo  lungo  periodo,  Carlo  Gon- 
zaga, signore  di  Solferino  suo  cugino  e  naturale  suc- 
cessore essendo  morto  l'unico  figlio   di    Ferdinando, 


CASTIGLIONE    DELLE    STIVIERK  29I 


si  rodeva  nella  sfrenata  sua  ambizione,  di  non  poter 
sollecitamente  salire  il  trono  del  principato  di  Casti- 
glione. Al  quale  uopo  pose  in  opera  ogni  sorta  di 
tentativi,  e  persino  la  violenza  ed  il  tentato  assassi- 
nio. Xè  altro  potendo  fare,  sfogava  infrattanto  la  sua 
manìa  ambiziosa  col  coniare  monete  di  ogni  metallo, 
improntandovi  titoli  superlativi,  che  non  gli  apparte- 
nevano. 

Finalmente  nel  1678  fu  ap[)agato  il  massimo  suo 
desiderio,  e  per  la  morte  di  Ferdinando  I,  gli  suc- 
cesse nel  principato;  nel  quale  durò  poco,  perchè  da 
principio  gli  venne  negato  il  diritto;  e  solo  dopo  la 
soluzione  dell'insorto  litigio,  potè  ottenere  l'agognato 
intento;  mentre  poi  moriva  nel  t68o,  per  cui  solo 
per  un  tempo  inferiore  a  due  anni  potè  esercitare  la 
carica  finalmente  raggiunta. 

In  questo  breve  periodo,  tre  sole  monete  ci  fu- 
rono note  fino  ad  oggi  essere  state  da  lui  coniate 
nella  zecca  di  Castiglione;  e  cioè  una  d'argento  basso 
col  S.  Nicolao  protettore  (h  Solferino;  una  di  rame 
col  S.  Luigi  stante,  assai  ccjmune;  ed  un  altro  soldo 
con  S.  Ilario,  che  è  strana  perchè  questo  Santo  non 
fu  mai  fra  i  protettori  del  Principato;  tale  moneta 
non  è  nota,  ma  venne  da  me  inserita  nella  citata  il- 
lustrazione, perche  la  trmai  accennata  nel  Catalogo 
della  collezione  Franchini  venduta  in  Roma  dal  si- 
gnor Dura. 

In  oggi  posso  dare  contezza  di  una  quarta  mo- 
neta di  questo  Principe,  la  quale  non  è  altro  che  la 
riproduzione  tli  quella  sopra  ricordata  del  principe 
Francesco,  col  cane  rampante;  m.i  il  conio  ne  è  pii^i 
fino,  per  cui  si  può  dire  essere  di  quella,  una  specie 
di  perfezionamento:  e  dessa  un  soldino  di  rame,  avente 
nei  campo  dritto  il  monogrannna  colle  lettere  C  G 
contrapposte,  ccjronate,  disposte  in  due  cerchii  costi- 
tuiti di   [)untini:  e  nella  zecca  formata  da  essi,  leggesi 


292  AGOSTINO    AGOSTINI 


la  dicitura  *  PRINC  •  CASTILLIONIS  "EC  *.  Nel  campo  del 
rovescio  vi  è  un  cane  rampante  fra  due  staffe,  più 
smilzo  di  quello  delle  monete  similari  di  Francesco; 
anche  esso  è  fra  due  cerchii  costituiti  di  puntini;  e 
nella  zona  di  questi  cerchii  formata,  trovasi  la  dici- 
tura:  *  FIDES  •  INCORRVPTA  #. 

La  moneta,  che  è  nella  mia  collezione,  è  bene 
conservata  per  quanto  lievemente  tosata,  come  erano 
tutte  quelle  dei  tempi  di  cui  trattasi  :  è  del  dia- 
metro di  mm.  18,  e  pesa  gr.  1,10  (moneta  n.  24)  (J^. 

Principe  Ferdinando  II  (1680-1723). 

Ancora  il  sig.  Guglielmo  Grillo  nel  Bollettino  di 
Numismatica  sopra  ricordato,  n.  6,  anno  III,  giugno 
1905,  ci  fornisce  una  moneta  inedita  di  Ferdinando  II, 
ed  una  varietà,  da  lui  ivi  illustrate  nel  seguente  modo: 

«  Di  Ferdinando  II  Gonzaga  una  inedita  moneta 
di  rame  con  poca  lega  di  argento,  molto  simile  ad 
una  di  Ferdinando  I. 


25.  —  Mistura  (peso  gr.  0,630). 

,&  —  FER  •  Il  •  PRIN  •  CAS  •    Busto   del    Principe  rivolto  a 

destra. 
]J    —  SESIN  VS  CASTI  Scritto  in  tre  righe,  una  rosetta  in 
alto  ed  in  basso. 

Fra  V  ed  S  un  punto,    probabilmente  uno  dei  così  detti 
punti  segreti  di  zecca. 


(i)  Dalla  Rassegna  Numismatica,  anno   1908,  n.  2. 


CASTIGLIONE    DELLE    STIVIEKE  293 


Di  questa  moneta  l'ili.'""  sig.  conte  Papadopoli 
nella  Rivista  di  Numismatica.  1893,  in  principio  rife- 
rita, ci  dà  di  Ferdinando  II  altra  moneta  simile  alla 
precedente  ed  a  quella  da  me  illustrata  alla  tav.  VI, 
n.  82,  di  Ferdinando  1,  ridotta  per  questo  Principe: 


■fe   vè  'il 


26.  Mistura  (peso  gr.  0,78). 

B'  -   Testa  a  destra:  FERO    II  ■  PRIN  •  CA 

?(    —  SESIN  •  V  S  •  CASTI  Su  tre  righe  fra  4  rose. 

Infine  aggiungerò  una  varietà  di  quella  di  Fer- 
dinando II  riportata  dall'Agostini  a  tav.  Vili,  n.  120, 
in  cui  a  ditierenza  e  aggiunta  la  data  di  emissione 
nella  leggenda,  invece  che  nell'esergo. 


27.   &  -   FERD  •  Il  •  D  •  G-  1688  Busto  del  Principe  a  destra, 
I^    -     PRI  CAST  ETC   In  tre  righe  fra  quattro  rosette. 
Rame.  Peso  gr.  0,730. 

Castiglione  {ielle  Stiviere,  febbraio  i()oH. 

A(.osTi.\(i  Ing.  AciosTiM. 


I  TRRMISSI  LONGOBARDI 

a  proposito  di  un  piccolo  ripostiglio  di  monete  d'oro  di 
Liutprando,  rinvenuto  presso  il  villaggio  di  Ossi 
(Sassari). 

(Tav.  VI). 
I. 

Nel  T."  aprile  dell'anno  568,  Alboino  re  dei  Lon- 
gobardi ('),  chiamato  da  Narsete,  col  suo  popolo  nu- 
meroso accresciuto  di  Sassoni,  Gepidi,  Bulgari,  Svevi. 
Sarmati,  Norici  ed  altre  orde,  dopo  sconfitti  i  Gepidi, 
muove  dalla  Pannonia,  che  abbandona  agli  Avari  e 
nel  settembre  entra  in  Italia.  In  breve  tempo  s'im- 
padronisce di  quasi  tutto  il  Veneto;  nell'anno  appresso 
di  Mantova,  Treviso.  Brescia,  Bergamo,  Milano  e  della 
Liguria  fino  alle  Alpi  Peiinine.  Con  la  presa  di  Mi- 
lano avvenuta  nel  settembre  del  569  Alboino  costi- 
tuisce il  suo  regno  in   Italia  e,   presa  Pavia  dopo  tre 


(l)  Incerta  è  l'etimologia  del  nnnie  ìougobiirUo.  Paolo  Diacono  scrive 
che  ai  Longobardi  venne  questo  nome  dalle  barbe  che  solevano  portare 
lunghissime.  Vi  ha  chi  suppone  che  quei  popoli  si  servissero  come  arma 
dell'alabarda  che,  quindi  conservossi  come  un  carattere  distintivo  del 
loro  regno.  Altri  crede  che  il  nome  longobardo  possa  essere  derivato 
dalla  voce  teutona  Langbarihe,  che  signitìcava  lunga  asta.  Benché  pre- 
valga comunemente  la  spiegazione  data  da  Paolo  Diacono,  a  me  pare 
che  longobarda  significhi  asta  in  cima  alla  quale  sta  infissa  una  lunga 
arma,  così  come  alabarda  era  un'asta  nella  quale  si  fissava  una  larga 
arma.  É  qui  da  notare  che  barda  era  (\\it:\\' armatura  ordinariamente  di 
ferro  con  la  quale  si  armavano  i  cavalli  prima  del  combattimento,  donde 
bardatura. 


296  VINCENZO    DESSI 


anni  d'assedio  (572),  vi  fissa  la  sede  dei  re  longo- 
bardi ('). 

Al  governo  della  città  e  rispettivi  territori  con- 
quistati furono  posti  dei  capi  chiamati  Duchi,  che 
venivano  primi  in  dignità  dopo  il  re.  Trentasei  furono 
i  ducati.  Intanto  i  Greci  si  erano  raccolti  intorno  a 
Ravenna,  dove  era  l'Esarca,  magistrato  mandato  dal- 
l'imperatore di  Bisanzio.  L'Esarca  nominava  i  Duchi 
di  Roma,  Gaeta,  Taranto,  Sicilia  e  Sardegna,  luoghi 
soggetti  all'impero. 

Ventitre  furono  i  re  longobardi  che  si  succedet- 
tero nella  loro  dominazione  in  Italia,  dominazione 
durata  duecentocinque  anni. 

Nel  773  Carlo  Magno,  invitato  dal  papa  Adriano, 
scendeva  in  Italia  per  combattere  i  Longobardi.  Ar- 
rise ai  Franchi  la  sorte  delle  armi. 

Nel  774  Desiderio  venne  fatto  prigioniero  a  Pa- 
via, e  condotto  in  Francia,  finì  i  suoi  giorni  nel  mo- 
nastero di  Corbeia.  Con  lui  cessò  la  dinastia  dei  re 
longobardi  e  Carlo  Magno  si  intitolò  re  dei  Franchi 
e  dei  Longobardi  e  patrizio  dei  Romani. 

I  Longobardi  venuti  in  Italia  come  conquistatori, 
vi  si  stabilirono  e  fecero  sede  del  loro  regno  Pavia, 
città  italiana,  mentre  capitale  degli  antichi  domina- 
tori era  Costantinopoli  e  dei  nuovi  invasori  Aquis- 
grana.  I  Longobardi  permisero  ai  vinti  di  vivere  con 
le  proprie  leggi  ed  in  breve  tempo  ne  adottarono  la 
religione,  la  lingua  ed  i  costumi.  Molti  dei  loro  re, 
che  venivano  scelti  fra  i  più  prodi,  furono  ottimi.  Le 
loro  leggi  erano  miti,  avuto  riguardo  alla  ferocia  dei 
tempi.  Quando  cessò  la  dominazione  dei  Longobardi 
in  Italia,  essi  erano  e  rimasero  Italiani. 


(i)  A.  Crivf.llucci:  Se  Pavia  sia  stata  scelta  a  capitale  del  Regno 
Longobardo  da  Alboino,  in  "  Studi  storici  „.  Pisa,  1892,  voi.  I,  pag.  86 
e   segg. 


I    TREMISSI    LONGOIiAKDI 


297 


Ecco 

la  cronologia  dei 

re  lon 

gobardi  in  Italia: 

I 

.  —  Alboino 

•     569-573 

2 

.  —  Clefi      .     . 

•     573-574 

Interregno 

. 

•     575-584 

3 

.  —  Autari  . 

. 

•     584-590 

4 

.  —  Agilulfo     . 

. 

•     590-615 

5 

—  Adaloaldo  . 

615-625 

6 

.  —  Ariovaldo  . 

625-636 

7 

—  Rotari   .     . 

636-652 

8 

—  Rodoaldo  . 

. 

652-654 

9 

.  —  Ariperto    . 

654-66T 

IO 

—  Bertarido  (Mi 

ano) 

.     661-662 

IT 

—  Godeberto  (P 

avia) 

661-662 

12 

—  Grimoaldo 

662-671 

T3 

—  Garibaldo  . 

671-672 

Bertarido  (ris 

tabilit 

0)  672-680 

Bertarido  e 
Cunipcrto    ( 

.     680-688 

T4 

—  Cuniperto  . 

688-702 

15 

—  Liutberto  . 

, 

702 

16 

—  Ragimberto 

702 

T7 

—  Ariperto  II 

702-713 

18 

—  Ansprando 

713 

'9 

—  Liutprando 

713-744 

20 

—  Ildebrando 

744 

2T 

—  Rachis  .     . 

. 

744-749 

22 

—  Astolfo       .     . 

. 

749-756 

23- 

—  Desiderio  . 

. 

756-774 

II. 


Nella  fine  del  VI  secolo  aveva  corso  in  Italia  la 
moneta  degli  imperatori  d'Oriente  e  quella  battuta 
dai  Goti  a  Pavia  e  Ravenna,  imitante  la  bisantina. 


298  VINCENZO    DESSI 


I  re  longobardi  che,  a  scopo  di  lucro  e  per  am- 
bizione di  potere,  nel  principio  del  loro  dominio  vol- 
lero battere  moneta  propria,  dovettero  comprendere 
che  poco  conveniente  sarebbe  stata  l'emissione  di 
nuova  speciale  moneta,  essendo  allora  molto  accre- 
ditata quella  degli  imperatori  d'Oriente.  Per  cui,  come 
già  praticavano  i  Franchi,  i  re  longobardi  diedero  in 
appalto  la  battitura  ed  emissione  delle  monete,  mi- 
nacciando con  leggi  speciali,  di  pene  gravissime, 
chiunque  fabbricasse  moneta  senza  il  reale  permesso. 

All'appaltatore  o  zecchiere  si  dava  il  nome  di 
monetano. 

Nella  zecca  di  Lucca  si  continuò  con  lo  stesso 
conio  delle  monete  già  in  corso,  sostituendo  al  mo- 
nogramma LVCANA,  la  stella  a  sei  raggi  con  intorno 
la  leggenda  FLAVIA  LVCA.  Nella  zecca  di  Pavia  si  bat- 
tevano monete  d'oro  imitanti  le  bisantine,  come  già 
praticavasi  sotto  il  dominio  dei  Goti. 

Di  quel  tempo  non  si  conoscono  monete  col  nome 
dei  primi  re  longobardi.  Una,  attribuita  dal  Beneven- 
tano ad  Agilulfo,  è  riconosciuta  per  falsa  dal  Mu- 
ratori "'. 

I  tremissi  coniati  dai  monetari  longobardi  sono 
per  la  maggior  parte  imitanti  quelli  di  Maurizio  Ti- 
berio (582-602).  Nel  tremisse,  riportato  dai  signori 
Engel  e  Serrure  (^i,  si  vede  chiaramente  lo  stile  lon- 
gobardo. 

II  pii^i  antico  tremisse  conosciuto,  col  nome  d'un 
re  longobardo,  è  quello  di  Rotari,  esistente  nel  Museo 
civico  di  Brescia.  È  di  oro  fino  con  lamina  sottilis- 
sima, del  modulo  di  mni.  22  e  del  peso  di  gr.  1,380  <3K 
Ha  un  largo  bordo  liscio,   cui  fa  seguito    un    anello 


(i)  Anliq.  Hai.  M.  Aevi,  toni.  V,  diss,  XXVII.  Arretii,  MDCCLXXIV. 

(2)  Traile  de  niimismalique  dti  Mqyeii  Age,  voi.  I,  pag.  31,  fig.  89. 

(3)  Brambilla,  Jl  tremisse  di  Rotari  re  dei  Longobardi. 


I     FREMISSI    LONGOBARDI  1^99 

molto  rilevalo  dalla  parte  della  vittoria  alata,  che  è 
il  rov^escio  della  moneta. 

Nel  diritto  è  la  testa  imberbe  del  re  a  destra, 
con  benda  che  cinge  la  capigliatura,  sul  petto  lettere 
che  sembrerebbero  la  continuazione  della  leggenda, 
e  REX  in  monogramma.  Intorno  procedendo  da  destra 
MARINVS  MON.  Al  rovescio  la  vittoria  alata  di  prospetto 
colla  testa  rivolta  a  sinistra  ;  con  la  mano  destra 
regge  un  bastone  ricurvo  (pastorale),  con  la  sinistra 
una  croce  la  cui  asta  è  arricchita  di  vari  ornamenti; 
intorno  la  leggenda  DNBOTARI  VIVTORIIV,  all'esergo 
CONCI. 

E  in.discutibile  l'importanza  del  tremisse  di  Ro- 
tari,  che  per  la  sottigliezza  della  lamina,  per  il  peso 
e  modulo,  per  il  largo  bordo  perfettamente  liscio,  per 
l'anello  rilevato  che  chiude  come  una  cornice  l'im- 
pronta del  rovescio  '",  è  ben  lungi  dall'essere  tuia 
imitazione  barbarica,  foiiinnissiiiia  del  tremisse  di  Mau- 
rizio Tìlìerio  o  del  tremisse  imperiale,  come  asserirono 
il  Morbio  '2)  ed  i  signori  Engel  e  .Serrure  '3>.  Mentre 
effettivamente  è  la  prima  moneta  d'oro  bracteata,  di 
tipo  speciale  longobardo,  che  precede  i  tremissi,  della 
stessa  forma  e  modulo,  del   re  Cuniperto. 

Sono  attribuiti  a  Pertarido  alcune  monetine  d'ar- 
gento (silique)  appartenenti  al  ripostiglio  di  monete 
longobarde  rinvenute  nella  provincia  di  Biella  nel 
1833  '•♦'.  L'impronta  che  è  da  una  sola  parte  ha  in 
monogramma   le  lettere  PER. 

I  Longobardi  che,  coll'andare  degli  anni,  avevano 
adottato  degli   italiani  la  religione,  la  lingua  ed  i  co- 


(11  Della  montila  di  Rotali  ho  (.■saininato  mia  esatta  riproduzione 
fotografica,  favoritami,  dopu  mia  richiesta,  dal  gentilissimo  e  distinto 
numismatico  prof.  Rizzini,  diretture  del  ^useo  civico  di  Brescia. 

(2)  Mmkhm  :  Caliilooi)  lai^ioiuiio  della  sun  riìcrolta.   Milano   1857. 

(\^)  ()p.  II/.,  pag.  31,  nota   i. 

(4)  <;.  di  -S.  (Jliinfino:  Sitl/d  itionela  ilei  Longobardi  in   Italia. 


300  VINCENZO    DESSI 


stumi,  e  che  avevano,  col  declinare  del  potere  dei 
Greci,  assodata  la  loro  conquista  in  Italia,  fin  dal 
tempo  di  Rotari  abbandonarono  il  sistema  di  imitare 
nelle  monete  i  tipi  bisantini;  e  sotto  il  regno  di  Cu- 
niperto  vennero  battuti  tremissi  formati  di  lamina 
d'oro  sottilissima,  di  diametro  eccedente  alquanto 
l'impronta,  per  cui  hanno  un  largo  margine  nel  con- 
torno, portano  nel  diritto  il  busto  del  re,  ed  intorno 
il  nome;  nel  rovescio  la  figura  di  S.  Michele  arcan- 
gelo, protettore  del  popolo  longobardo,  intorno  la 
leggenda  SCS  MI  HAHIL  dentro  un  anello  molto  rile- 
vato che  incornicia  l'impronta  del  rovescio. 

Essendo  i  tremissi  di  sottilissima  lamina,  ed 
avendo  l'impronta  del  rovescio  molto  rilevata,  questa 
impronta  comparisce  in  incavo  nel  diritto,  renden- 
done molte  volte  indecifrabile  la  leggenda  e  poco  vi- 
sibili le  lettere  od  altri  segni  di  zecca  che  trovansi 
davanti  al  busto  del  re. 

Ed  è  a  causa  del  profondo  incavo  eseguito  nel 
conio  per  il  rilievo  dell'anello  che  chiude  ed  incor- 
nicia l'impronta  del  rovescio,  che  la  moneta,  essendo 
di  sottilissima  lamina,  piglia  la  forma  bracteata,  sol- 
levandosi nel  margine,  e  rimanendo  quindi  concava 
nella  parte  dove  la  pressione  è  più  forte. 

Coi  nomi  di  Ariperto  (702-713)  e  Liutprando 
(713-744),  venne  continuata  la  coniazione  di  tremissi 
con  l'Arcangelo  S.  Michele. 

Il  Caronni('>  pubblicò  un  tremisse  di  Cunipertocol 
busto  del  re  a  destra.  REX  in  monogramma  nella  veste 
e  con  la  leggenda  D  •  N  •  CVNICPERT  REX,  nel  rovescio 
la  Vittoria  con  la  stessa  leggenda  del  diritto.  Un  tre- 
misse uguale  del  peso  di  gr.  1,32  si  conserva  nel- 
l'importante raccolta  di  Sua  Maestà  Vittorio  Ema- 
nuele III. 

(i)   Viaggio  di  un  diiettaiite,  ecc.  Milano,   1805,  tav.  VI,  n.  57. 


I    TREMISSI    LONGOBARDI  3OI 


Domenico  Promis  ("  descrive  due  terzi  di  soldo 
stellati,  di  Cuniperto  (?)  e  Luitperto  (?),  col  FLAVIA 
MEDIOLANI  (?i,  che  fanno  parte  della  collezione  reale 
di  Torino. 

Il  conio  delle  monete  d'oro  del  Ducato  di  Bene- 
vento principia  con  Romoaldo  11  (7o6-73i);  sono  di 
tipo  bisantino,  hanno  nel  diritto  il  busto  ed  il  nome 
dell'imperatore  Giustiniano  (681-695  e  705-712).  nel 
rovescio  croce  bisantina  e  nel  campo  R  iniziale  di 
Romoaldo.  Le  prime  monete  di  Benevento  sarebbero 
quindi  coniate  fra  il  706  e  il  712. 

Dello  stesso  tempo  abbiamo  un  tremisse  longo- 
bardo di  taglio  romano,  nel  cui  diritto  è  il  busto  ed 
il  nome  di  Ariperto  (702-713):  ARIPER  XCEL  REX  (Ari- 
pert  excellentissimus  rex),  e  nel  rovescio  la  croce 
bisantina  e  la  leggenda  IFFO  GLORIOSO  DVX  (21.  L'in- 
cognito e  glorioso  Iffo  pare  fosse  Duca  d'  una  città, 
che  conservò  nelle  monete  il  tipo  bisantino,  ma  che 
rimase  sinceramente  fedele  agli  eccelleniisstìiii  re  lon- 
gobardi. 

Invece  i  Duchi  di  Spoleto  e  Benevento  che  prima 
presero  le  parti  degli  imperatori  di  Bisanzio,  si  erano 
poi  uniti  al  Papa,  sempre  allo  scopo  di  rendersi  in- 
dipendenti dai  re  longobardi;  per  cui  Liutprando,  ir- 
ritato contro  il  Papa,  sottomise  con  le  armi  i  duchi 
di  Spoleto  e  Benevento. 

1  tremissi  di  Liutprando.  dei  quali  tratterò  più 
avanti,  sono  di  tipo  speciale  longobardo  con  l'Ar- 
cangelo S.  Michele. 

La  zecca  di  Pavia  conio    col    nome    di   Astolto, 


(i)  Monete  e  inedo^lie  ilaliaite  tdile  da  IJ.  Promis.  Nella  "  iMisctlia- 
nea  di  siorùi  italiana  „,  luiii.  XIII.    l'olino,  1873,  tav.  1,  n.  IX  e  X. 

(2)  Caronm  :  op.  cit.,  pag.  166,  tav.  VI,  n.  56;  D.  Fuomis:  Monete  di 
secche  italiane  inedite  e  corrette,  1868;  C.  Brambilla:  Monete  di  Pavia, 
Pavia,  1883,  !>  26;  (i.  (ìavazzi:  Riv.  ll.di  Suni.,  1890,  pag.  210;  En(ìf.l 
e  Serrure:  op,  cit.,  voi.  I,  pag.  33,  fìg.  91. 


302 


VINCENZO    DESS5 


terzi  di  soldo,  col  S.  Michele,  nei  quali  al  busto  del 
re  e  sostituito  un  monogramma  di  difficile  interpre- 
tazione (i).  Nella  raccolta  di  S.  M.  il  Re  d'Italia  son 
compresi  tre  esemplari  di  bellissima  conservazione, 
che  pesano  gr.  i.ii,  1,07  e  1,09. 

Viene  attribuito  ad  Astolfo  un  soldo  d'oro,  bat- 
tuto forse  dopo  la  presa  di  Ravenna,  col  busto  del 
re  di  fronte  e  nel  rovescio  croce  con  interposta  nel 
braccio  l' iniziale  del  nome  Astolfo  (A)  ed  intorno 
VICTORIA  SA,  nell'esergo  CON(OB)  (2). 

Di  Astolfo  conosciamo  i  tremissi  stellati  col 
Flavia  Luca  e  Flavia  Pisa,  e  sono  le  prime  monete 
longobarde  nelle  quali  si  legge  il  nome  del  re  con 
quello  della  città  in  cui  si  coniarono  (3'. 

Con  Astolfo  cessa  il  conio  dei  tremissi  longo- 
bardi col  S.  Michele,  e  sotto  Desiderio  il  tipo  dei  terzi 
di  soldo  lucchesi  si  estende  alle  officine  monetarie  di 
Pavia,  Milano,  Castelseprio,  Treviso,  Vicenza,  Ver- 
celli '4)  e  Piacenza  (5>. 


III. 

Nell'ottobre  del  1907  acquistai  da  un  contadino 
19  tremissi  d'oro  da  lui  rinvenuti  in  una  sua  proprietà 
presso  la  chiesa  di  S.  Giovanni  di  Ossi;  località  che 


([)  D.  Promis:  Monete  di  zecche  italiane,  pag.  9,  tav.  I,  n.  3,  —  Bram- 
uiLLA,  Gavazzi,  Engel  e  Skurure:  op.  cit.,  pag.  34,  fig.  93. 

(2)  G.  C.  di  S.  Quintino  (Cento  tavole  di  monete  antiche  fatte  incidere 
da).  —  D.  Promis:  op.  cit.,  pag.  7,  tav.  I,  n.  2.  —  Brambilla,  Engel  e 
Serrure,  op.  cit.,  pag.  34,  fig.  94. 

{3)  Zanetti:  Monete  e  secche  d'Italia,  toni.  II,  pag.  398,  toni.  IV, 
pag.  59.  G,  di  S.  Quintino:  op.  cit.    —    Massagli:  op.  cit.  —    Bram- 

billa: op.  cit 

(4)  Fritz  Iecklin:  //  rinvenimento  di  monete  Longobarde  e  Carolingie 
presso  Hans,  nel  Canlon  de'  Grigioni.  Cividale  del  Friuli,  1907. 

(5)  B.  Pallastrelli:  Moneta  piacentina  di  Desiderio  ultimo  re  dei 
Longobardi. 


1    TREMISSI    LONGOBARDI 


303 


dista  II  km.  dal  villaggio  di  Ossi  e  26  km.  da  Sas- 
sari. Tredici  tremissi  sono  del  re  longobardo  Liut- 
prando  (713-744),  tre  di  Tiberio  V  Absimaro  (6g8- 
705),  due  di  Giustiniano  II  e  Tiberio  V  (705-712), 
uno  di  Leone  Isaurico  (717-741). 

Eccone  la  descrizione: 

TREMISSI  LONGOBARDI. 

LlL'TI']<AM)0    (713-714). 

1.  B'  —  V    IMI    TPRAREX    (REX    in    monogramma)   Busto 

del  re  a  destra  davanti  al  viso  T. 
9    —   SCS  II  HAHIL    L'Arcangelo    Michele  in   piedi    con 
asta  sormontata  da  tre  globetti. 
Peso  :  gr.  1,220,  diametro  iiiill.  23. 

2.  &  —   Leggenda  non  decifrabile.   Busto  come  sopra  con 

lettera  T- 
91    —  SCS  II  HAHIL  L'arcangelo  e.  s. 
Peso  :  gr.  1,180,  diametro  mill.  23 

3.  -B'  —  D^LVT  PRANREX  (in  mon.)  Busto  e.  s.  e  lettera  T. 
^    —  SCSM  HAHIL  Figura  e.  s. 

Peso:   gr.   1,220,  diametro:  nuli.  23'/,. 

4.  B'  —  D^LVT  FRA  ■  R.  Busto  e.  s.,  lettera  T  con  sotto  una 

rosetta  (®). 
P    —  SCSMI  HAHIL  Figura  e.  s. 
Peso  :  gr.  1,200,  diametro  ;  inill.  23. 

5.  B*  —  DN.NT  PRANREX  (in  mon.j    Busto  e.  s.,    lettera  T. 
9*    —  SCSM  HAHIL  Figura  e.  s. 

Peso;  gr.   1,250,  diametro:  mill.  23. 

6.  B"  —  IMI  VTPRNREX  (in  monogramma)    Busto    e.  s.,   da 

vanti  al  viso  lettera  H. 
R)    —  8C8M  HAHL  Figura  e.  s. 
Peso:  gr.   r.191,  diametro:  mill.  23. 


304  VINCENZO    DESSÌ 


7.  B"  —  D  III  PRANREX  (in  monogr.)    Busto    e.    s.,    davanti 

al   viso  lettera  S,  sulla  veste  croce  (+). 
R)    —  •  SCSMI  HAHIL  Figura  e.  s. 

Peso  :  gr.  1,200,  diametro  :  mill.  23. 

8.  B'  —  DN.IV  IPRA.  Busto  e.  s.  e  lettera  V. 
1>    ~  SCSM  IHAHIL  Figura  e.  s. 

Peso:  gr.  1,210,  diametro:  mill.  23%. 

9.  ^^  —  DN.IV  TP/S.N  REX  (in  mon.)  Busto   e.  s.,   lettera  M 
I^    —  SCSM  IHAHIL  Figura  e.  s. 

Peso  :  gr,  1,270,  diametro  :  mill.  23. 

10.  B'  —  III  PRDNREX  (in  mon.)  Busto  e.  s.  e  lettera  N. 
^     -     SCSII  HAHIL  Figura  e.  s. 

Peso:  gr.  1,170,  diametro:  mill.  23. 

e 

11.  B'  —  DNLIV  TPRVN   Busto  e.  s.,  davanti  al  viso   |  sulla 

veste  A. 
Itì    -    SCSII  HAHIL  Figura  e.  s. 
Peso:  gr.   1,200,  diametro:  mill.  23. 

12.  B"  —  DN  IPRAIREX  (in  monogr.)    Busto    e.    s.,    davanti 

al  viso  mano  aperta,  sulla  veste  lettera  C. 
^    —  8C8III  IIAIIL  Figura  e.  s. 

Peso:  gr.  1,240,  diametro,  mill.  23%. 

13.  B'  —  D^LIV  TPRA/REX  (in  monogr.)  Busto  e.  s.,  davanti 

al  viso  mano  aperta. 
Ri    —  SCSMI  HAHIL  Figura  e.  s. 
Peso:  gr.  1,240,  diametro:  mill.  22  y2. 

TREMISSI   BISANTINI. 
Tiberio  V  Absimaro  (698-705). 

I.  B'  —  Busto  di  prospetto. 
1^    —  Croce,  a  s.  +,  a  d.  S. 
Peso  :  gr.  1,240. 


1    TREMISSI    LONGOBARDI 


305 


2.  /^  —  Busto  di  faccia. 

9*    —  Croce,  a  s.  N,  a  d.  S. 
Peso  :  gr.  1,240. 

3.  '©'  —  Busto  e.  s. 

9'      -  Croce,  a  s.  T,  a  d.  S. 
Peso  :  gr.  1,190. 

Giustiniano  II  e  Tiberio  V  (')  (705-712). 

I.  ,&  —  Busti  di  faccia  di  Giustiniano  e  Tiberio. 
9*    —  Croce,  a  d.  S, 
Peso  :  gr.  1,100. 


2.  Come  il  precedente. 

Leone  Isaurico   (717-741). 

I.  3"  —  Busto  di  prospetto. 
9    —  Croce,  a  d.  S. 

Peso  :  gr.  1,200, 

Varie  sono  le  opinioni  degli  studiosi  di  numis- 
matica sul  significato  delle  lettere  isolate  e  degli  altri 
simboli  posti  sui  tremissi  longobardi  senza  indicazione 
di  zecca  ed  attribuiti  a  Pavia.  Il  Promis  ed  il  Bram- 
billa li  supposero  segni  convenzionali  di  zecca;  il 
Morbio,  iniziali  del  nome  degli  zecchieri,  od  i  numeri 
di  battitura;  l'Engel  e  Scrrurc  le  iniziali  delle  officine 
monetarie.  Quest'ultima  opinione  credo  sia  da  esclu- 
dersi, poiché  i  tremissi  bracteati  con  l'Arcangelo 
S.  Michele,  nei  quali  vediamo  ^variatissimc  le  lettere 
isolate,  sono  generalmente  attribuiti  alla  zecca  di  Pa- 
via;   e    d'altronde  volendo  pur  assegnare  le  monete 


(i)  Il  Sabatier  dà  solamente  il  soldo  d'oro;    ;iltn>  treiiiisse  identk-c 
ai  due  qui  riportati  esiste  nella  raccolta  F.  Gnenhi  di  Milano. 

3y 


306  VINCKNZ(J    DESSI 


con  le  lettere  M  a  Milano,  V  a  Vicenza,  Vercelli,  Ve- 
rona, T   a    Treviso  e  Ticino,  P   a  Parma,  Scia  Se- 

prio,  il  monogramma  P  a  Piacenza,  ed  anche  le  let- 
tere C  a  Caneda.  Chiusi  o  Camerino,  N  a  Novara,  a 
quali  zecche  dovrebbero  appartenere  i  tremissi  lon- 
gobardi con  le  lettere  D,  E  ed  H,  col  monogramma  REX 
e  col  segno  della  mano  aperta  ? 

Non  significano  le  dette  lettere  il  numero  delle 
battiture,  riscontrando  varianti  di  conio  in  tremissi 
di  uno  stesso  re  e  con  la  stessa  lettera.  Così  riscon- 
triamo diversità  di  conio  nelle  cinque  monete  di  Liut- 
prando  con  la  lettera  T,  rinvenute  a  Ossi  (v.  tav.  nn.  i, 
2,  3,  4  e  5j.  Ne  possono  indicare  l'anno  del  regno 
in  cui  vennero  le  monete  coniate,  notando  in  alcuni 
tremissi  lettere  che  rappresenterebbero  un  numero  di 
anni  superiore  a  quelli  di  regno. 

In  molti  tremissi  di  Cuniperto  e  Liutprando  al 
])osto  delle  solite  lettere  vediamo  un  segno  speciale 
di  zecca,  che  il  Morbio  qualifica  per  la  mano  del  re 
alzata  '".  Oltre  ai  tre  terzi  di  soldo  accennati  dal 
Morbio  (-2*,  un  esemplare,  con  lo  stesso  segno  di  zecca, 
è  nella  collezione  di  S.  M.  Vittorio  Emanuele  III, 
altro  tremisse  di  re  longobardo  non  determinato, 
esiste  nel  ripostiglio  rinvenuto  presso  llanz  (3>,  e  due 
di  Liutprando  fanno  parte  del  rinvenimento  in  Ossi 
(v.  tav.  ai  nn.  12  e  13).  L'esame  di  questi  due  tre- 
missi. che  sono  di  bellissima  conservazione,  esclude 
che  si  tratti  della  mano  del  re  alzata,  scorgendosi 
davanti  al  viso  del  re,  al  posto  della  solita  lettera,  una 
mano  aperta. 


(1)  Morbio:   Opere  storico-ntiinismalicìie.  Bologna,  1870,  pp.  111  6334. 

(2)  Nelle  collezioni  Morbio,  Castiglione  e  Brera. 

(3)  Tav.  I,  n.  3.  Nella  descrizione  delle  monete  (pag.  il)  è  scritto 
"  Busto  a  destra  con  davanti  al  viso  un  segno  ad  S  „  ;  la  moneta  è  la 
più  antica  del  ripostiglio,  e  forse,  perchè  consumata  dall'uso  non  vi  si 
scorge  chiaramente  il  segno  della  mano. 


TRKMIS^X    1.0Nt,OUARL>I 


307 


Il  segno  della  mano  aperta  risale  quindi  alla  fine 
del  VII  secolo,  poiché  appare  per  la  prima  volta  nei 
treniissi  di  Cuniperto  re  dei  Longobardi  (680-702) 
coniati  a  Pavia. 


Circolavano  in  quel  tempo  tremissi  bracteati  di 
oro  pallido,  con  leggende  confuse  ed  indecifrabili, 
calanti  nel  peso  e  titolo,  coniati  ad  imitazione  dei  ter/i 
di  soldi  longobardi  di  Cuiii|)erto.  Ariperto  e  Liut- 
prando. 

Possiedo  tre  esemplari  di  tali  tremissi,  che  hanno 


davanti  al  viso  del  re  la  lettera  T  e  che  nel  jìcso 
non  raggiungono  il  grammo.  Eseguito  l'assaggiij  di 
un  esemplare  (tav.  n.  14)  rinvenuto  con  una  mone- 
tina di  bronzo  bisantina,  negli  scavi  fatti  per  lavori 
agricoli,  presso  il   villaggio    di    Laerru   ncH'Anghìna 


3o8  VINCENZO   DESSI 


(circondario  di  Sassari),  assieme  a  molti  scheletri, 
armi  di  ferro,  armille  d'argento,  fibule  di  bronzo  ed 
osso,  di  epoca  barbarica,  si  trovò  di  478  "  ,,,^  di  fino; 
mentre  l'assaggio  eseguito  di  un  esemplare  di  Liut- 
prando  del  gruzzoletto  di  Ossi  (tav.  fig.  2)  diede  di 
fino  "/„„  710. 

Da  ciò  e  facile  desumere  che  i  tremissi  d'oro 
pallido  fossero  abusivamente  coniati  e  messi  in  cir- 
colazione senza  permesso  regio,  e  la  mano  aperta 
non  fosse  altro  che  un  segno  speciale  della  zecca, 
col  quale  gli  appaltatori  della  moneta,  o  zecchieri,  o 
sovraintendenti  dell'  officina  monetale,  ricordavano 
l'editto  di  Rotari  promulgato  nel  644,  che  puniva  col 
taglio  della  mano  i  contraffattori  o  falsi  monetari,  cioè 
chi  fabbricava  monete  senza  il  reale  permesso:  «  Si 
quis  sine  jussione  regis  aurum  figuraverit,  aut  mo- 
neta confixerit,  manus  ejus  incidatur  »  C^. 

11  codice  Teodosiano  puniva  i  falsi  monetari  con 
la  morte,  senza  il  rimedio  dell'appello  <2>. 

Gli  Anglo-Sassoni,  che  al  pari  dei  Longobardi 
conservarono  la  loro  essenza  germanica  più  intatta 
di  altri  popoli  germanici  venuti  a  contatto  coi  Ro- 
mani, punivano  con  le  loro  leggi  promulgate  nel  IX 
secolo,  i  falsi  monetari  coU'amputazione  della  mano 
destra.  Dopo  l'esecuzione  la  mano  veniva  inchiodata 
sulla  porta  del  palazzo,  dove  coniavansi  le  monete  '3). 

La  mano  aperta  nelle  monete  d'oro,  quale  con- 
trassegno della  zecca,  riferentesi  alla  penale  per  i  falsi 
monetari,  conferma  quanto  scrisse  il  Capobianchi,  e 


(i)  Edictum  Rotliaris  regis,  CCXLII.  —  Historiae  pairiae  monumenta. 
—  Edkta  Regum  Langobardoriim.  Aiigustae  Taurinoriim,  1855,  col  57.  — 
G.  Padelettx  :  Fonles  Jtiris  Italici  medti  aevi,  Augustae  Taurinorum 
MDCCCLXXVII,  p.  125. 

(2)  Codex   Theodos.,  1.  IV,  lit.  XXI  a  XXIII. 

(3)  n.  WiLKiNS  :  Leges  anglo-saxoniae.  Londes,  1721. 


1    TREMISSI    LONGOBARDI  309 


cioè  che  il  contrassegno  della  mano  diede  origine 
alia  denominazione  di  nianciisi  (cum  signo  manus  cusi) 
data  a  certi  soldi  d'oro  molto  accreditati  in  Italia 
prima  dell'Sco  (i). 

L'essere  i  soldi  mancusi  molto  apprezzati  esclude 
la  supposizione  che  così  si  chiamassero  perchè  man- 
canti nel  peso.  Parimente  l'etimologia  di  tnancosi  o 
mancusi  da  manu  ctisi,  cioè  coniati  a  mano,  è  senza 
significato,  poiché  tutte  le  monete  venivano  allora 
approssimativamente  coniate  nella  medesima  maniera. 

In  un  documento  del  778  ed  in  altri  dello  scorcio 
del  IX  secolo  (2),  si  fa  menzione  degli  miri  uiancusi 
come  monete  le  più  apprezzate  nei  pagamenti  e  negli 
scambi.  Vediamo  quali  monete  d'oro  avevano  corso 
in  Italia  in  quell'epoca  e  quali  dovevano  essere  le  più 
accreditate. 

Il  ripostiglio  di  Ilanz,  che  si  suppone  nascosto 
poco  dopo  la  caduta  dei  re  longobardi  (774),  conte- 
neva in  monete  d'oro:  tremissi  longobardi  col  S.  Mi- 
chele, tremissi  longobardi  stellati  di  Desiderio  e  tre- 
missi stellati  di  Carlo  Magno;  oltre  ai  quali  avevano 
corso  in  quel  tempo  i  soldi  e  terzi  di  soldo  di  Co- 
stantinopoh  e  Henevento  ed  i  tremissi  stellati  di  Ai- 
stolfo  e  Desiderio  della  zecca  di  Lucca. 

I  tremissi  longobardi  attribuiti  a  Pavia,  esistenti 
nella  collezione  di  S.  M.  il  Re  d'Italia,  sono  otto  di 
Cuniperto,  che  pesano  gr.  1,35,  1,42,  1,40,  1,41.  1,31, 
i'39'  1.32  e  1,31  con  la  media  di  gr.  1,36  circa; 
cinque  di  Ariperto,  pesano  gr.  1,30,  1.07,  1,35,  1,31, 
1,29,  media  gr.   1,27;  cinque  di  Liutprando,    pesano 


(1)  V.  Cai'Omianciii:  Pesi  proporzionali,  desiDili  dai  dociiiiieiili\  dilla 
libra  romana  merovingia  e  di  Carlo  Magno,  in  "  Rivista  Italiana  di  Nu- 
mismatica „.  Milano,  voi.  V,  pag.  79  e  segg. 

(2)  Capobianxhi:  op.  e  he.  cil.  —  /anktti:  Nuova  raccnlla  delle  mo- 
nete e  zecche  d'Italia,  toni.  II,  pag,  374,  n.  2. 


310  VINCKNZIJ     DKSSi 


gr.  1,29,  1,24,  T,22,  1,23,  1,29  con  una  media  di 
gr.  1,27. 

I  terzi  di  soldo  di  Liulprando  rinvenuti  ad  Ossi, 
e  qui  descritti,  pesano  in  media  gr.   1,21   circa. 

L'assaggio  di  uno  di  questi  tremissi  diede  di  fino, 
come  già  si  è  detto,  710  mm. 

I  tremissi  lucchesi  autonomi  del  tempo  della  do- 
minazione dei  Goti  hanno,  secondo  le  tavole  del 
Massagli  <'),  il  peso  medio  di  gr.  1,225  e  di  fino  722 
mm.  Quelli  longobardi  prima  d'Aistolfo,  peso  medio 
gr.  1,212  e  di  fino  587  "/„„.  I  tremissi  lucchesi  di  Ai- 
stolfo,  peso  medio  gr.  t,to8  e  di  fino  mm.  724;  di 
Desiderio,  peso  medio  gr.  1,035  e  il  titolo  di  632  ",  ^,, 
di   fino. 

Dai  risultati  ottenuti  dall'analisi  chimica  e  dai 
pesi  delle  monete  del  ripostiglio  di  Ilanz  (2)  si  ha  per 
i  tremissi  di  Desiderio  un  peso  medio  di  gr.  0,9688 
ed  il  titolo  di  331  "  ,,„  d'oro  fino;  per  i  tremissi  di 
Carlo  Magno,  peso  gr.  0.95025  e  di  titolo  409  "/„„. 

Tenendo  conto  esclusivamente  delle  monete  che, 
con  tutta  probabilità,  avevano  corso  nei  primi  anni 
del  dominio  di  Carlo  Magno,  si  avrà  che  : 

Un  soldo  d'oro  formato  da  tre  terzi 
di  soldo  col  S.  Michele,  conteneva 
d'oro  fino gr.  2,77 

Un  soldo  stellato  di  Desiderio  della 

zecca  di  Lucca »   1,962 

Un  soldo  stellato  di  Desiderio  delle 
zecche  di  Milano,  Pavia.  Treviso, 
Castel  Seprio,  Vicenza,  Vercelli     »  0,962 

Un  soldo  stellato  carolingio    .     .       »   1,177 


(i)  Massagli:    Della    zecca    e    (Ielle    inoiiele  di   Lucca.    Lucca,   1870, 
pag.  167  e  seg;;. 

(2)  Fhitz  Jecklin:  Op.  cil.,  pagg.  37  e  38. 


I    tUEMlbSI    LONGOBARIJI  311 


È  notevole  la  differenza  nel  titolo  tra  i  soldi 
stellati  e  gli  altri  che,  per  avere  in  molti  esemplari 
il  segno  della  mano,  chiamerò  iimiicitsi,  ed  è  evidente 
che  nelle  contrattazioni,  questi  dovevano  essere  più 
apprezzati.  Così  erano  apprezzati  i  soldi  bisantini  di 
buon  peso  e  titolo'",  in  alcuni  dei  quali  vedesi  il 
segno  della  mano  f^'. 

Scrive  il  Capobianclii  (^s)  che  iiiancoso  o  /nana/so 
è  voce  dell'Italia  meridionale,  dove  sono  comunissimi 
ancora  oggidì  tali  nomi  ;  che  in  napolitano  ìiumcosc, 
sono  le  mani,  che  in  Sicilia  nuiiin/sii  ed  in  Sardegna 
mancosii  è  colui  che  adopera  la  ììmìio  sinistra  i4). 

Con  ciò  mi  |)are  evidente  che  la  denominazione 
di  niaìicosii  o  iiiancnso,  data  a  chi  adopera  solo  la 
mano  sinistra,  o  perchè  manchi  o  perchè  non  possa 
servirsi  della  destra,  sia  originata  dal  nome  n/aiicnsD 
dato  alle  monete  d'oro  che  portavano  impresso  il 
segno  della  mano  destra  mutilata,  come  simbolo  della 
pena  che  la  legge  longobarda  comminava  ai  falsi 
monetari  '5). 

Siissiiii,  fflihroio  i()nH. 

VlNCKNZO    Df.SSÌ. 


(i)  I  treniissi  di  Tiberio  V,  Giustiniano  II  e  Leone  Isaurico  trovali 
ad  Ossi,  hanno  lo  stesso  peso  dei  trcmissi  di   Liutprando. 

{2)  Soldi  e  treniissi  di  Costantino  V  Capronmio  e  Leone  IV  (751- 
775).  Cfr.  Capobian'CEIi:   Op.  ctt.,  pag.  87  nota. 

(3)  Capobianchi:  loc.  cit.,  pag.  89. 

(4)  Mancosa  è  voce  della  Sardegna  meridionale  (vedi  Lorku:  Non 
dizionariii  nitwersali  Saniiilìalianu.  Casteddn,  1832,  pag.  569).  —  Spani: 
l^occìbo/ariii  Sardii-llaliann  et  lUiliaiiii-Sanhi  Kalaris,  Iinprtntn  Nazio- 
nale, MDCCCLI,  pag.  306. 

(5)  Nei  tretnissi  di  Cuniperto  e  Liutprando  la  mano  destra  aperta 
collocata  davanti  al  viso  del  re,  ha  le  due  dita  anulare  e  mignolo  ripie- 
gate e  vicine  alle  labbra,  quasi  volendo  indicare  esser  la  leguc  che 
punisce  i  falsi  monetari,  emanazione  reale. 


MONNAIES    INEDITES 

D'ATHÈNES  ET  DE   MYTILÈNE 


I. 

Depuis  la  publication  du  Corpus  des  Monnaies 
d'Athènes  par  Beulc,  en  1858,  un  grand,  je  dirais 
mème  enorme  nombre  de  pièces,  est  venu  cnrichir 
la  catégorie  des  monnaies  athéniennes  dites  de  nou- 
veait  stvle  ou  des  archonics,  qui,  comme  tout  le  monde 
le  sait,  sont  des  tctradrachmes,  drachmes  et  trioboles 
d'argent  (une  fois  mème  des  drachmes  en  or)  portant 
deux  ou  trois  noms  de  magistrats,  une  lettre  de 
A  à  N  sur  l'amphore,  se  rapportant  au  mois  et  au 
troisième  magistrat,  et  enfin,  sous  l'amphore,  des 
lettres  qui,  comme  j'ai  soutenu  il  }  a  deux  ans  (le 
22  février  1906)  dans  une  scance  publique  de  l'Ecole 
archéologique  francaise  d'Athènes,  sont  les  initiales 
du  noni  de  la  mine  speciale  du  Laurion.  dont  on  a 
tire  le  metal  livré  aux  magistrats  responsables  pour 
chaque  émission. 

Les  nouvellcs  pièces  en  question  ont  grandement 
enrichi  les  séries  des  pièces  des  archontes  déjà  con- 
nues,  mais  elles  n'ont  que  faiblement  augmenté  le 
nombre  des  séries  mèmes.  En  vérité.  malgré  les  nom- 
breuscs  trouvailles  de  pièces  athéniennes,  rien  ne  se 
rencontre  si  rarement  qu'une  pièce  athénienne  pré- 
scntant  une  sèrie  de  nouvcaux  noms  d'archontcs,  Je 
donne  ci-dessous  la  liste  des  nouvclles  séries  dccouver- 
tes  depuis  la  publication  de  l'ouvrage  de  Beulé,  liste 


214  JEAN   N.    SVORONOS 


ti  ree  du  manuscrit  de  mon  Corpus  des  monnaies 
d'Athènes,  à  laquelle  il  faut  ajouter  aussi  la  pièce 
fameuse  avec  l'inscription  AOE  (va-W)  o  AEM  (o;)  dont  on 
connalt  à  présent  quatre  exemplaires. 

AHMIOXAPIHC    nAM'MElNHC, 

Symbole  :  cicade  ou  insecte 

a)  Drachme.  Berlin  —  Catal.  Photiadès  n.  650.  —  Lobbecke,  Zeit. 
far  Num.,  XXI,  p.  261,2.  —  Sundwall  :  Z.  /.  TV,,  XXVI,  273. 

AIOlNYlllOZ    AHMO|ITPA|TOlC. 

Symbole  :  caducée  ' 

a)  Drachme.  Svoronos:  Journal  Inter,  d' Ardi.  Ntim.,  voi.  VIU,  p.  62 
(Comparez  aussi  'Ecf(]|ispiq  'Ap-/a'.o/.oY'*'i,  1904,  P-  66. 

^)  Danaké  surmoulée  sur  la  méme  drachme.  Svoronos,  1.  e. 

Y)  Drachme  (4,14).  Berlin,  Lobbecke.  —  Sundwall:  Z.  f.  N.,  XXVI, 
P-  273- 

AIOINYJIIOI    MNAlIArOlPAI. 
Symbole  :  Dionysos  debotit 

a)  Tétradrachme.  Coli.  E.  H.  Bunbury  —  A^«;w.  Chronkle,  1881,  p.  82, 
pi.  IV,  4.  —  A.  Kòhler,  Sitzungsberichle  der  Kgl.  Preiiss.  Akad.  der  VViss., 
voi.  XLI  (1896),  p.  6  [1094]. 

P)  Tétradrachme.  Berlin.  Catal.  Photiadès,  n.  656. 

•()  Tétradrachme  (14,50).  Collection  de  l'Ecole  Evangélique  à  Smyrne. 

KAAAllMAlXOI    EPI|KPA|THI. 

Symbole  :   Triptolème  sur  un  char  de  serpents  ailés 
a)  Tétradrachme  (—,—).  London.  B.  M.  C.  Attica,  p.  59,  428. 
P)  Tétradrachme  (15,91).  Berlin,  Prokesch. 

MEN'NEAI    HPCOIAHIZ. 

Symbole  :   Triple  Hékaté 
a.)  Tétradrachme  (15,32).    Athènes.  Svoronos:  Journal  Infernational 
d'Arch.  Num.,  tom.  IX  (1906),  p.  299,  pi.  XIII,  24. 

MIKI  ['wv]     OE  [ócppaGTO;]. 

Symbole  :  Buste  radié  de  Hélios  de  face 
a.)  Tétradrachme  (15,87).    Athènes.    Svoronos:  1.  e,    p.  266,    n.  205, 
pi.  XIII,  16. 

NB.  Getta  pièce  et  la  suivante  composent  de  nouvelles  séries 
par  leur  iiouveaii  symbole.  Les  noms  élaient  déjà  connus,  si  toutefois 
il  s'agii  des  mèmes  magistrats. 


MONNAIES    INÉDITKS    d'aTUKNì-S    KT    DE    MVTILKNE  315 

ieInoIkahi   apmoIzeInoi. 

Symbole  :  Déesse  assise  sur  un  tróne  à  dr. 
a)  Brachine  (3,63).  Athènes  (Hirscli    Catal.  XIII,   n.  2067). 
p)  Drachme  (4,20).  Berlin?? 

nANTAlKAHZ    AHM!HTPI!0I 

Symbole  :  Héraklès  [-'.'j-tty,;  (tenant  de  la  main  droite  par 
le  pied  un  petit  porc  et  de  la  main  gauche  la  rame 

a)  16,26.  Athcnes.  Ilirsch  Calai.   XIII,  11.  2068,    pi.  XXV.   Svoronos, 
1.  e,  pag.  327,  n.  62. 

,?)  17,05.  Berlin.  Kòriler,  I.  e,  p.  1094,  pi.  XI,  io. 

NB.  Cctte  pièce  est  trcs  remarquable  aussi  par  son  symbole 
mal  intcì  prete  jiisqu'à  prcscnt.  Noiis  y  reviendrons  à  une  autre  oc- 
casion  (Coniparez  polir  Héraklès  \i.ifivi\i:  Journal  Inter.  d'Arch.  Nudi., 
voi.  IV,  pi.  lE  et  IZ. 

TPY|*nN    nOAYlXAPllMlOI. 
Symbole  :   Triple  Hckate 

o)  Tétradraclinie  (16,30).  Municli.  Sitztmgsberichte  der  bayer.  Akad.^ 
1904,  II.  190.  Svoronos:  Journal  Inlern.  d'Ardi.  A'iiin.,  p.  299,  pi.  XIII,  15. 

Voici  à  prcsent  la  dcscription  et  l'image  (fig.  i) 
d'une  tctradrachme  de  la  nicme  catégorie  qui  nous 
fait  connaitre  une  nouvclle  serie. 


Fig.  I. 

jy  —  Tète  d'Athéna  Parthénos  à  dr.  dont  le  casque  est 
orné  de  quatre  chevaux  s'élanv'ant  en  forme  de 
visière  et  d'un  griffon  sur  le  coté.  Grenetis  pour- 
tour. 


3l6  JKAN    N.    bVUKONUS 


1}     -  A         GÈ 

BEO   -   OPA 
IUTOI 

lOlEMI 
HITO 

Chouette  à  dr.,  posée  sur  une  amphore  couchée. 
Dans  le  clianip,  à  droite,  une  bandelelte  épaisse  liée 
en  forme  de  couronne.  La  lettre  numerale  qui  se 
troiivait  sur  l'ampiiore  est  etì'acée.  Las  initiales 
ile  la  mine  au  dessous  sont  restées  en  dehors  du 
llan.  Le  tout  dans  une  couronne  d'olivier. 
M.  32,  gram.   15,40. 

Cette  pièce  se  trouve  à  présent  au  Musce  de 
llcraklcion  (Candic)  de  Créte,  et  provient  d'une  trou- 
vaiUe  faite  dans  l'ile  mènieet  composée  d'une  vingtaine 
de  tctradrachmes  athéniennes  appartenant  presque 
toutes  à  la  catégorie  à  deux  noms  de  niagistrats. 

Sur  les  magistrats  Théophraste  et  Théinistocle  et 
leur  date,  ainsi  que  sur  tous  les  autres  noms  qui  se 
rattachent  à  tant  de  problèmes,  je  me  réserve  dVcrire 
longuement  dans  mon  Corpus  des  monnaies  d'Athc- 
nes,  oìi  j'exposerai  les  résultats  de  mes  études.  En 
attendant  on  peut  consulter  la  longue  et  intéressante 
étude  qu'a  consacrée  sur  ce  thcme  Monsieur  le 
proL  Johannes  Sundwall  et  qui  va  paraitre  sous  le 
titre:  Untersuchungen  iìber  die  attischen  Miìnzen  des 
neuercn  Stilcs,  dans  le  voi.  XLIX  (1906-1907)  n.  9. 
de  Fiiiska  l 'eteiL^kaps-Socicidcìis  For/uiiK/Iiiigar  à  I  lel- 
singibrs. 

C'est  ici  le  lieudepublierpour  la  première  fois  une 
autre  tétradrachme  d'Atliènes  (fig.  2)  de  la  méme  ca- 
tégorie et  qui  est  entrée  au  Musée  Numisni.  d'Athènes 
(n.  2710)  depuis  longtemps  avec  la  grande  collection 
des  Zosimades  formée  en  Russie.  C'est  une  pièce 
fausse  ancienne  (fourrée)  d'une  tabrique  barbare  avec 
des  noms  de  niagistrats  écrits  par  (|uclqu'un  qui  ne 


MONiNAlES    INKDIIES    DATIIIONES    ET    DE    MVTllKNl':  31  7 

savait  pas  le  grec;  on  ne  pcut  dire  si  elle  presente 
la  copie  des  noms  connus  par  d'autres  tétradrachmes, 
ou  de  pure  invention.  Sa  fabrique  rappelle  les  inii- 
tations  des  peuples  barbares  du  Danube. 


Fig.  2. 

\y  —  Téle  d'Athéna  Partliérwos  à  clr. 
y/    -  A  —  OE 

TH         KA 
NEH    -   lA 
lAI 
EY 
Chouette  à  dr.  posée  sur  une  ampliore  sur  laquelle 
une  lettre  obscure.  Dans  le  champ  à  dr.  synibole 
ressemblant  à  un  navire. 
M.  32,  grani.  15,72. 

II. 

Tous  les  numismates  connaissent  bien  la  sène 
si  rare  et  si  interessante  des  monnaies  de  l'epoque 
imperiale  frappées  à  Mytilène  de  Lesbos  avec  les 
portraits  de  citoyens  célcbrcs  de  cettc  ville  ('».  Nous 


(i)  Voyez  surtout  :  L.  Bììrchnek  :  (iricchischc  Milnzen  iiiit  Bildnisscn 
historischer  Privat-personcn  :  Zeìtsch.  fiir  Niimistit.,  Bd.  IX  (1832), 
s.  109-136  Taf.  IV.  —  Imiioof-Blumer  :  Monnaies  Grecques,  p.  280,  n.  258. 
Portraitkòpfe  aiif  antikcii  Mtinzen,  1885.  p.  68-69,  Taf.  Vili  et  Zeilsch, 
far  Niimis.,  Bd.  XX  (1897)  p.  286-288.  —  W,  Wrotii  :  Portraits  of  famoiis 


3l8  JEAN    N.    SVOKONOb 


en  avons  à  présent  une  petite  galerie,  de  presque 
une  vingtaine  de  personncs  historiques,  qui  de  temps 
à  autre  s'accrolt  de  quelque  nouvelle  pièce,  comme 
celle  que  nous  allons  publicr  ici  à  la  fin. 

Voici  d'abord  les  inscriptions  qui  accompagnent 
ics  ])orti"aits  connus  jusqu'à  présent  et  classées  dans 
la  suite  chronologique  donnée  par  M.  W.  Wroth  et 
anicliorce  par  M.  Imhoof-Blumer. 

1.  —   cJ)|TTAKOC  Pitlakos  le  célèbre  xì'7u;y.vr,TT,;    de   Mytilène 

vers  652-564  av.  J.Ch. 

2.  —  AAKAIOC  Alcée  le  célèbre  poèta  vers  606  av.  J.-Ch. 

3.  —  ■H'An<J>fl    Sapho    la    célèbre   poetesse    contemporaine 

d'Alcée  et  de  Pittakos. 

4.  —  AGCBflNAKTA  <PIA[OCO<t>ON]   Lesbonax    philosophe   et 

rhéteur  des  temps  d'Auguste  honoré  dans  une  inscrip- 
tion  de  Mytilène  comme  E'JEpyéTr,;,  «0Tr,p  x.aì  -/.riiz-r,; 
Tvi;  -òXeoì;,  pére  du  rétheur  Potamon.  Ces  quatre 
personnes  se  trouvent  sur  des  pièces  du  temps 
d'Antoninus  Plus. 

5-6-  -  I  ?pTaAm"c  oìk""  \  Théophanès  de  Mytilène  Fami 
connu  de  Pompée  et  l'historien  de  ses  guerres.  Ar- 
chédamis  est  inconnue,  mais,  comme  elle  figure  sur 
le  revers  de  la  pièce  de  Théophanès,  on  peut  la 
considérer  comme  sa  femme.  Une  inscription  de 
Mytilène  contient  une  dédicace  à  Wìoyivr,  tm  TOJXYipi 
■/.y.l  sOìpysTy,  /.y.l  ■/.tw-tt,  '^s'jTspw  Tr,;  TvaToiòo;.  Tibère  a 
mis  à  mort  les  descendants  de  Théophanès;  aussi 
cette  monnaie,  qui  est  du  temps  de  Tibère,  dut  étre 
rra|:)pée  au  commencement  du  règne  de  Tibère  et 
avant  la  disgràce  dont  la  famille  de  Théophanès 
tomba  victime.  Les  habitants  de  Mytilène  ont  adoré 
Théophanès  comme   dieu    (Tacite,    ann.   VI,    io).    Il 


ciiizciis  of  Mytilène:  Classical  Revieiv,  1894,  p.  226-227.  Du  niciiie  : 
B.  M.  C.  Troas  Aulis,  p.  XVIII  LXXV  el  198-205,  n.  158  176  et  Nuiii. 
Chronicle,  1902,  p.  334-335  pi.  XV'I.  —  L.  Fdkkku:  Les  purtraits  de  Sapho 
sur  Ics  luonuaics:  Reviie  Belge  de  .Xiiiitiaiii.,  1901,  p.  413-425. 


MONNAIES    INEDITES    D  ATHKNFS    ET    DE    MYTII.KNE  3I9 

existe  aussi  une  pièce  du  temps  de  Sept.  Sevère 
avec  le  portrait  du  mème  Théophanès  et  la  legende 
OEOOANHC,  sans  le  mot  OGOC 

^r.  S  C€ITOC  N€OC  MAKAP  (ou  MAKAPEVC)^  c„Hp«  nlè 

7""-   "    '  ANAPOM€AA  NCA  A6C  [BOC]  pur  les  pie- 

ces  du  temps  de  Titus  et  de  Domitien,  personnages  in- 
connus  dans  l'histoire.  'Sli./.xc,  ou  .M//.apsj;  était  le  fon- 
dateur  et  gouverneur  mythologique  de  l'ile  de  Lesbos 
qui  a  refu  de  lui  le  nom  Ma/.xpix,  tandis  que  Lesbos, 
selon  une  autre  legende,  était  sa  femme.  Ainsi  il  est 
sur  que  Sextus  "  le  nouveau  Makareus  „  et  Andro- 
meda "  La  nouvelle  Lesbos  „  étaient  aussi  des  époux 
et  iCTiTTa'.  òs'jTSpoi  t7,;  -xizil^o;. 

910.  —  \  AAAA  \  C^'-'-^  autre  couple,  qui  se  rencontre 

sur  des  pièces  du  temps  de  Trajan,  doivent  ètre  aussi 
des  époux.  Ils  sont  inconnus  dans  l'histoire.  Une  per- 
sonne  mythologique  Dada  esimentionnée  comme  fem- 
me de  Simon  le  Crétois  contemporain  de  Scaniandre, 
premier  roi  des  Troyens.  Après  la  mort  de  Simon, 
Dada  se  rattache  à  Polion  qui  était  un  lieu  de  LesLos 
avec  le  tombeau  de  Tantalos.  Ainsi  la  nouvelle  Dada 
des  pièces  de  Mytilène  doit  ètre  une  femme  histo- 
rique  homonyme  de  cette  Dada,  comme  nous  allons 
trouver  plus  loin  une  autre  femme  homonjme  de  la 
célèbre  Naus:caa  d'Homère.  Mais  elle  peut  aussi  étre 
la  mème  que  Matidia,  la  nièce  de  IVajan,  dont  les 
portraits  de  nos  pièces  présentent  exactement  les 
mémes  traits  et  la  mème  coiffure.  Si  cela  est  vrai, 
alors  le  TTANKPATIAHC,  de  l'autre  coté  de  la  mème 
pièce,  qui  est  figure  debout  et  accompagné  d'un 
serpent  comme  Asklépios,  peut  ètre  une  cpithèle  de 
ce  dieu  mème  dans  la  signification  de  celui  qui 
combat  avec  succès  toutes  les  maladies  (-'/v-/.pxT(òv). 
Vo^'ez  les  epithètes  analogues  du  mème  dieu  -po- 
/.«Or,-j'j7.(óv,  àpyz-j'ÌTa:,  ìv/.oXo;,  ),'j';aviz;,  ó  -•,  -y.-i  à-.ojv 
x.xt   v:u.(.)v  r:(,,-r,o  -:(òv  óaojv  u).  Une   autre   supposition, 


(I)  I'rkli.kk-Robf.kt r  Griccliische  Mytliolnuie.  S.  525. 


320  JEAN    N.    SVORONOS 


aussi  probable,  est  celle  de  Head,  qui  regarde  Pan- 
kratidés  comme  un  médecin  célèbre,  figure  sous  les 
traits  d'Asklépios. 

11.  —  AeCBflNAZ  HPflC  NeOC  sur  pièces  des  temps  des  An- 

tonins.  Comme  ses  traits  sont  tout  différents  de  ceux 
de  Lesbonax  le  philosophe  (n.  4),  nulle  doute  qu'il  ne 
s'agisse  d'une  autre  personne,  peut-ètre  de  la  méme 
famiile.  Si  la  lecture  de  Imhoof-Blumer  ANAP0M6AA 
N£A  AeCB0ù[NACTOC]  de  la  pièce  n.  7-8  étaitjuste, 
on  pourrait  supposer  avec  lui  que  Lesbonax  II  était 
le  pére  d'Andromeda. 

12.  —  lOY  TTPOKAAN  HPflIAA  sur  pièces  des  temps  d'Anto- 

ninus  Pius  (voyez  ci  dessous). 

13.  —    NAYCIKAAN    HPHIAA    ou    seulement    NAYCIKA.    Une 

femme  inconnue  dans  l'histoire,  et  dont  les  traits  et 
la  coiffure  ressembient  à  celles  de  Faustina  mère. 

14-15  -  j  OA^f  n?,ko^mTx^C  i  ^"'^  P'^'^^'  ^"  ^^'"P'  ^^  ^- 
Aurei.  Ce  Sextus  est  un  autre  personnage  que  Sextus 
(n.  7-8)  le  nouveau  Makareus,  car  ses  traits  sont  tout 
autres.  Sur  Nikomachis  voyez  cidessous. 

16.  —  AEYKinrrOC  Sur  une  pièce  mal  conservée  du  temps 
de  Sept.  Severus. 

La  femme  Julia  Proxla  du  n.  12  ainsi  que  la 
Flavia  Nikomachis  du  n.  14-15  sont  connues  seule- 
ment par  l'inscription  suivante  de  Mj^tilène  méme, 
copiée  par  le  célèbre  voyageur  Cyriaque  d'Ancóne 
et  publiée  par  Kaibel  dans  V Ephemeris  Epigraphica, 
voi.  II,  p.  7  (1j.  M.  C,  1.  e.  p.  Lxxiii). 

'A   po'Xà  /.al  6  Sxy.o;  <\^\.   Hou-'Xi/.tav   >'£ix.op,ay^iSa t:«tSx 

Atvvoy.ày^[w|  y.yx  n[pjó/,),[y.];  twv  E'JSpyE-àv  x.aì  k~h  Tùpoyóvwv  e'jspyeTàv 
x.al  /'.t[oJitt5v  toc;  -Ó>,lo;  àfjLyitov  xàv  St'aÌMVo;  ■:7p'jTavt[vj  àpsTa; 
sìv[vjsi'.a   T.y.axz. 

La  pièce  inedite  suivante  (fìg.  3),  que  j'ai  trouvée 
à  Athènes  dans  la  collection  de  mon  ami  M.  James 
Anderson,  Directeur  des   télégraphes    anglais,   nous 


MONNAIES   INKDITES    d'aTHFNES    ET    DK    MYTII.ÈNE  52I 


fait  connaitre  le  portrait  de  la  troisième  personne  men- 
tionnée  dans  cette  inscription,  Déinomachos  l'époux 
de  Prokla  et  le  pere  de  Nikomachis,  cette  '^'•'  xifòvo 
Trp'jTav',;  et  qui,  comme  ses  monnaies  nous  l'apprennent, 
était  ccrtainement  l'épousc  de  Sextus  II  le  w-'K  de  My- 
tilène.  Ainsi  nous  avons  à  présent  sur  les  monnaies 
de  Mytilène    toute  cette  famille  '<~jv  òjsovótSv  y,x\  xtwtxv 

xaì  à-ò  :t:o-,-óv(ov  s'jpySTZv  /.xt  /.t'.it'/v  tX;  -'J'X'.o;    de    Mytilène. 

Voici  la  description  et  la  figure  (fig.  3j  de  notre  pièce. 


^  —   NfEOlNi?)    A6IN0-MAX0N|HPnA]    Buste  barbu  à  dr. 
puitant  liimation  aerate  sur  l'é|iaule.  Grenetis. 

I<1    —  lEniITlPA  AVPH  nP  HTEOV  MYTIAHNAI  Zeus  debout 

HN 
à  gauche  marchant  sur  le  pied  droit  avance,  por- 
tant  un  himation  qui  descend  de  l'épaule  gauche  et 
couvre  la  parile  basse  du  corps,  laissant  découverte 
la  poitrine  et  le  bras  droit  qui  tient  dans  la  main 
avancée  une  phialé  au-dessus  d'un  autel  allume, 
pendant  que  la  gauche  tient  le  sccptre.  Grenetis. 
M.  32. 

Le  noni  du  niènie  stratège,  Aurei.  Proteus,  se 
rencontre  sur  les  pièces  de  Mytilène  portant  au  droit 
le  buste    de    Commode    (180-192  api'ès   j.-C.)  "^  fjiii 


(I)  B.   M.   C.  :   i    e,   p.  20;,   11.  20(. 


522  .IKAN    N.    SVORONOS 


vicnt  à  la  suite  d'Antoninus  Pius  (138-141)  et  de 
M.  Aurei  (161-180)  aux  temps  dcsquels  furent  frappées 
les  pièces  portant  les  portraits  de  Frokla,  de  Niko- 
machis  et  de  Sextus  II.  De  plus  le  portrait  de  Déino- 
machos  resseinble  d'une  manière  ctonnnnie  au  portrait 
de  Commode,  sous  le  règne  duquel  cette  pièce  fut 
frappée.  Nous  trouvons  aussi  la  méme  ressemblance 
entre  beaucoup  d'autres  portraits  de  ces  citoyens  cè- 
lùbres  de  Mytilène  et  de  ceux  des  empereurs  aux  temps 
desquels  on  les  a  frappées  ").  11  est  dono  sur  que, 
comme  de  nos  temps  les  courtisans  et  adulateurs  des 
rois  et  des  empereurs  imitent  la  coiffure,  les  mousta- 
ches,  les  habits,  les  manières  etc.,  d'un  Napoléon  III 
ou  d'un  Guillaume  II,  ainsi  leurs  anciens  confrères  fai- 
saient  tout  leur  possible  pour  ressembler  à  leurs 
idoles.  Du  reste  j'ai  déjà  '^j  attiré  l'attention  sur  un 
autre  exemple  ancien,  le  relief-médaillon  en  marbré 
d'Artémidore  de  Pergé,  le  vieux  et  fidcle  phrourarchos 
de  Ptolémce  Soter  à  Théra,  qui,  voulant  dédier  sa 
propre  figure,  identifie  ses  traits  ì\  ceux  de  Ptolémée 
Soter  (3). 

Athènes,  Février  1908. 

Jean  N.  Svoronos. 


(i)  Wroth  B.  M.  C.  :  1.  e,  p.   198,  note. 

(2)  Tà  Xo|i!aaaTa  Tou  xpÓTOu;  xcùv  llTo).s(J.aiojv,  I  p.  (lò',  et.  p.  f^'P'Y- 

(3)  Comparez  aussi  le  cotiinientaire  de    M.    lliiler  von  Giirtringen  : 
Ardi.  Anzeig  1889,  4,  S.  188-192. 


Di  una  medaglia  patriiittica  milanese 


Tavola    VII. 

Recando  il  mio  piccolo  contriljuto  :\\VOì/ia<j<n'a 
che  si  vuol  rendere  alla  Memoria  di  Solone  Ambro- 
soli  nel  presente  fascicolo  della  /\ìvis/a  a  lui  dedi- 
cato, io,  cortesemente  invitato  a  pigliar  parte  al 
simpatico  plebiscito,  non  ho  saputo  far  meglio  che 
evocare  di  quell'Uomo  illustre  due  intensi  affetti 
(provati  colle  opere)  alla  Patria  ed  alla  Nimiismatka, 
illustrando  una  medaglia  milanese,  incisa  da  Luigi 
Manfreciini,  e  che  reca  i  primi  palpiti  dell'Italia  avida 
della  propria  indipendenza. 

Il  primo  Console  Bonaparte  si  era  recato  a 
Lione  ai  famosi  Comizii.  che  le  storie  hanno  con- 
secrato  nei  più  minuti  dettagli.  La  Repubblica  Cisal- 
pina, in  quella  città  scelta  come  mèta  fra  Milano  e 
Parigi,  stava  per  diventare  Repubblica  Italiana,  e  lo 
divenne  quando,  concordatane  la  Costituzione  fra  i 
migliori  uomini  del  tempo,  il  maggior  astro  veniva. 
coU'acclamazione  di  450  deputati  italiani,  nominato 
Presidente  »■). 


(i)  1  deputati  italiani  erano  452;  uno  solo  di  essi  mancò  alla  me- 
moranda seduta  ;  l'Arcivescovo  di  Milano,  Filippo  Visconti,  recatosi  ot- 
tuagenario ai  Comizii,  con  clima  straordinariamente  freddo,  era  fin  dal 
30  dicembre  1801,  morto  in  Lione,  presso  Talleyrand,  suo  ospite. 


324  A.    F.    MARCHISIO 


La  Costituzione  della  Repubblica  Cisalpina  del 
29  giugno  1797  era  stata  dalla  Consulta  di  Lione 
mutata  in  quella  della  Repubblica  Italiana  Tu  gen- 
naio 1802. 

Il  Comitato  del  Governo  della  Cisalpina,  volendo 
eternare  la  memoria  dei  Comizi!  di  Lione,  aveva 
decretata  (')  la  coniazione,  nella  zecca  milanese,  di 
una  medaglia,  che  il  Comandini  riporta  cosi  descritta 
dalle  stampe  dell'epoca  '2); 

i&  —  La  Repubblica  Cisalpina  seduta,  appoggiata  colla 
destra  ad  un  aratro,  e  coronata  di  spighe,  in  aria 
né  di  contentezza  né  di  dolore,  ma  di  attenzione 
e  di  speranza.  Presso  di  essa  è  seduto  un  pic- 
colo Genio,  occupato  a  sbarazzare  il  giudice  e  le 
braccia  di  una  bilancia  avviluppati  tra  le  corde, 
per  indicare  il  bisogno  di  riforma  nell'ordine  giu- 
diziario e  nel  sistema  dell'amministrazione.  Ac- 
canto alla  Cisalpina  sta  in  piedi  un  Genio  alato, 
avente  nella  sinistra  il  caduceo,  simbolo  di  Mer- 
curio vivificatore  del  commercio  e  dell'  industria, 
e  nella  destra  un  volume  che  presenta  alla  Cisal- 
pina, e  che  questa  riceve,  sul  quale  si  legge  (in- 
ciso, in  due  linee)  COS-CIS  (Costituzione  Cisalpina). 
Dietro  il  Genio  si  vede  la  città  di  Lione,  indicata 
da  un'antica  torre  di  forma  quadrata,  dal  corso 
di  due  fiumi,  il  Rodano  e  la  Saona,  e  da  una  ca- 
tena di  colline.  La  leggenda  è  presa  dal  Canncn 
Saeciilare  di  Orazio,  v.  74:  SPEM  BONAM  CER- 
TAMQVE  DOMVM  REPORTO,  hor.  AH'esergo  (in 
due  linee)  COMIZI  •  CISALPINI        IN  ■  LIONE  •  A  •  X  • 

ijJ  —  Nel  campo,  in  sei  linee  :  VOTI  •  PVBBLICI  —  PER  • 
LA  •  PROSPERITÀ'  ETERNA  •  DELLA  •  REPVB- 

BLICA  CISALPINA- ASSICVRATA  COLLA  •  CO- 
STITVZIONE         AVSPICE     BONAPARTE  • 


(i)  30  dicembre  1801. 

(2)  Alfredo  Comandini  ;  L'ìlalin  nei  cento  anni  del  secolo  XIX  giorno 
per  giorno  illustrala;  pag.  31.  Milano,  tip.  Antonio  Vallardi.  Splendido 
lavoro,  tuttora  in  corso  di  pubblicazione. 


DI    UNA    MEDAGLIA    PAIRIOITICA    MILANESE  325 

Tale  è  la  medaglia  descritta  dai  giornali  del 
tempo;  e  io  ne  offro  la  riproduzione  alla   Tav.  VII. 

L'esemplare,  d'argento,  che  posseggo,  pesa 
gr.  58.35,  ha  il  diametro  di  mill.  55  e  il  contorno 
liscio.  Aggiungo  che  detta  medaglia  reca,  al  di  sotto 
del  Genio  seduto,  le  tre  lettere  L  •  M  ■  F  ■  [Luigi  Man- 
f redini  fece)  (". 

Non  ho  trovato  alcuna  opera  che  rechi  il  di- 
segno sopra  riportato  ;  e  sebbene  con  ciò  non  voglia 
pretendere  d'averla  in  conto  di  inedita,  dirò  la  ra- 
gione per  cui  la  mancanza  è  spiegabile;  essa  è  la 
seguente  : 

Appena  terminato  il  conio  di  Luigi  Manfredini, 
e  portato  in  zecca  per  la  fattura  delle  medaglie  or- 
dinate, vistosi  a  Lione  che  la  I\e[>iihhliea  Cisalpina 
stava  per  essere  chiamata  Ito!ic<*,  si  trovò  fuori  pro- 
posito l'esecuzione  di  quanto  si  era  ordinato  ;  si  di- 
spose perciò  colla  massima  sollecitudine  perchè  la 
coniazione  disposta  non  avvenisse,  ma,  riformato  i' 
conio  secondo  le  nuove  esigenze,  pur  lasciando  le 
f;gure  e  le  parole  che  non  dissentivano,  invece  di 
COS-CIS  incuso  nel  volumetto  del  diritto  si  incidesse 
in  tre  linee  COS-ITA-LIC;  e  che  nel  rovescio,  ixW  mvixo 
della  quarta  linea  della  leggenda  del  campo,  si  so- 
stituisse ITALICA  a  CISALPINA.  Se  non  che  qualche 
esemplare  era  già  stato  coniato  alla  prima  maniera. 
e  ne  rimase  qualcuno,  come  si  vede,  anche  in  ar- 
gento, salvo  dal  crogiuolo.  Anzi,  nel  trambusto  della 
sostituzione  si  coniarono  anche  talune  medaglie  in 
contraddizione  con  sé  stesse,  usando  per  una  parte 
/  il  conio  vecchio,  e  per  l'altra  il  conio  nuovo.  Ma  la 

/  vera  battitura  della  medaglia  così  detta   dei  Coìuizii 


(i)  I-uigi  Manfredini,  senior.  Nato  a  Bologna  nel  1771,  morto  ivi  il 
22  giugno  1840.  Incisore  valentissimo,  per  tutto  il  periodo  Napoleonico. 
V.  L.  FoKRF.K  :  Nmnismalic  Ctrcular,  voi.  XIV,  n.  167,  pag.  9400  i  9401. 


326  A.    F     MARCHISIO 


di  Lione  e  quella  che  porta  al  diritto  ed  al  rovescio 
il  nuovo  nome  assunto  dalla  Repubblica  con  a  capo 
Bonapartc.  Il  disegno  di  questa  medaglia  così  modi- 
ficata lo  dà  il  Comandini  nella  citata  sua  opera  (■>  e 
già  prima  essa  si  trovava  disegnata  nell'opera  del 
IVlillin  e  Millingen  al  n.  57  della  tav.  XVII  (2);  della 
qual  opera  si  legge  quanto  segue  nel  testo  che  si 
riferisce  al  disegno  (pag.  21):  =  57.  Planche  XVII, 
S[)Cììi  boìiain  ccrtatiiqnc  domiim  reporto.  Fior.  {Cannen 
Saccitlare  v.   74). 

«  Le  Genie  des  Arts  et  du  Commerce,  presente 
à  la  Rcpublique  Cisalpine  une  tablette,  sur  laquelle 
on  lit,  Cos  italic  «  Constitution  Italienne  ».  A  còte 
de  la  Rcpublique.  est  le  genie  de  la  Justice,  tenant 
une  balance.  Dans  le  fond,  une  vue  de  la  ville  de 
Milan  (!?)  et  des  Alpes.  Exergue,  Comizii  Cisalpini 
iìi  Lione  a.  X.  Au-dessus,  L.  M.  F.  (Luigi  Manfre- 
dini  fecit). 

Revers.  Voti  pubblici  per  la  prosperità  eterna  della 
repubblica  italica  assicurata  colla  costituzione  auspice 
Boìuiparte.  Cette  mcdaille  rappelle  la  réunion  de  la 
Consulte  Italienne  dans  laquelle  la  Rcpublique  Ci- 
salpine prenant  le  nom  d' Italienne,  recut  son  orga- 
nisation  definitive. 

On  avait  frappé  d'abord  une  médaille,  où  au 
lieu  du  mot  Italica  au  revers,  on  lisoit  Cisalpina,  et 
de  l'autre  coté  sur  la  tablette  que  tient  la  Rcpu- 
blique. on  lisoit  Cos.  Cis.  au  lieu  de  Cos  Italie.  Celles-ci 
sont  fort  rares   ». 

Soggiungo  ancora  che  la  nuova  medaglia  ha  le 
lettere  della  leggenda  del  rovescio  alquanto  più  grosse 
che  quelle  della    medaglia    primitiva.    Un   esemplare 


(i)  11  diruto  a  pag.  31,  il  rovescio  a  pag.  32. 

(2)  Hisloire  mètalliqne  de  Napoìéon,  ou  recueil  des  médailles  et  des 
nionnaies  qui  ont  été  fVappées  depuis  la  premiere  campagne  de  l'armée 
d'Italie,  jusqu'à  son  abdicatioii    en  1815.  Londres,  1819. 


ni    UNA   MEDAGLIA    PATRIOTTICA    MILANESE  32') 

di  esso,  in  argento,  fu  il  26  gennaio  1802  dato  in 
ricordo  a  ciascun  membro  della  Consulta  straordi- 
naria Cisalpina  nelln  sua  parziale  riunione  delle 
cinque  sezioni,  essendosi  il  Governo  di  Milano  af- 
frettato a  farne  invio  alla  sede  dei  Comizii  "K 

L'indomani,  a  nome  di  Bonaparte,  fu  distribuita 
ai  deputati  Cisalpini  altra  medaglia  commemorativa, 
pure  in  argento,  coniata  a  Lione,  che  si  trova  di- 
segnata nell'opera  del  Comandini  a  pag.  36,  e  nel- 
l'opera di  Millin  e  Millingen  alla  tav.  XVIII,  n.  58. 
Dacché  se  ne  presenta  l'occasione,  riporto  qui  la 
descrizione,  e  ne  dò  la  riproduzione  nella  Tavola  VII 
coU'aiuto  dell'esemplare  che  pure  posseggo,  della 
medaglia  Lionese  : 

^  —  LEGES  MUNERA  PACIS  Testa  nuda,  a  sinistra,  di 
Bonaparte.  Sotto  il  busto,  mercié  f.  lug.  [Mcrcié 
fecit  Lugduni  '2). 

9    —  Nel  campo,  in  undici  linee:  AUSPICE  -  BONAPARTE 

—  INTER    GALLOS    —    GALLORUM    NEPOTES   - 
CISALPINI  ~  ANTIQUUM   FOEDUS  -  RENOVANTES 

—  GENTEM  SUAM    -   LEGIBUS  CONDIDERUNT   — 
LUGDUNI  —  ANNO  X  •  REIP  •  GAL  • 

Peso  gr.  50,25.  Diametro  mill.  48.  Contorno  liscio. 

Torino,  gennaio  i^oA'. 

A.  F.  Marchisio. 


(i)  Comandini;  Op.  cit.,  pag.  36. 

(2)  Claudio  Antonio  Mercié,  incisore  francese;  nato  a  Gray  il  28 
dicembre  1751,  morto  a  Lione  il  io  aprile  1812.  V.  L.  Forrkr  :  Niiiiii^- 
mn/ic  Circitlar,  voi.  XV,  n.  172,  pag.  9724.  V.  pnre  l^olztntlial,  Rondol, 
Ilennin.  (11  Millin  et  Millingen  fa  precedere  erroneamente  da  una  P 
(pag.  22)  la  firma  di  Mercié). 


CAR^FA- MONETA   ITALIANA 


Invitato  dall'Egregio  Signor  prof.  Serafino  Ricci 
a  scrivere  un  lavoretto  per  onorare  la  memoria  del 
compianto  dott.  Ambrosoli.  mi  vedo  quasi  obbligato 
di  aderirvi  per  debito  di  riconoscenza  verso  l'Illustre 
Estinto,  che  fu  uno  dei  primi  ad  incoraggiarmi  di  pro- 
seguire nella  mia  Raccolta  di  Carta  Moneta  Italiana; 
collezione  che,  a  suo  dire,  è  una  specie  di  comple- 
mento delle  raccolte  numismatiche,  ed  anzi  Egli  de- 
sideroso di  veder  presto  pubblicato  qualche  cenno 
in  proposito,  mi  aveva  ottenuto  il  consenso  di  un  ri- 
nomatissimo editore  per  la  stam[')a  del  mio  lavoro; 
pubblicazione  che  mi  riservo  di  fare  a  tempo  più 
opportuno  ed  in  modo  più  completo  di  cjuello  che 
potrei  fare  ora. 

La  ragione  più  importante  per  cui  questa  pub- 
blicazione riesce  difficile,  è  che  essendo  essa  la  prima 
dell'  argomento,  non  è  possibile  nessun  controllo  e 
dovendo  procedere  senza  alcuna  guida,  la  ricerca 
del  materiale  che  è  necessario  consultare  riesce  molto 
tediosa  e  richiede  una  enorme  quantità  di  tempo  per 
sfogliare  negli  archivii.  in  cerca  dei  decreti  riguar- 
danti le  numerose  emissioni,  decreti  che  sono  fram- 
misti a  tutte  le  leggi  emanate  dai  diversi  governi; 
e  basti  il  dire  che  per  avere  la  nota  cronologica  delle 
emissioni  della  Banca  Nazionale  e  delle  altre  cinque 


330 


ISAIA    VOLONTE 


Banche  di  Emissione,  dovetti  ricorrere  alla  cortesia 
di  un  egregio  Deputato,  il  quale  desideroso  di  sod- 
sfarmi  e  non  essendogli  riuscito  di  trovare  l'elenco 
voluto  ne  presso  i  diversi  Ministeri  competenti,  né 
presso  le  Banche,  dovette  incaricare  persona  pratica 
di  fare  le  necessarie  ricerche  nei  diversi  volumi  delle 
Leggi  Italiane,  s'immagini  il  lettore  con  quanta  per- 
dita di  tempo  ;  e  si  pensi  che  si  trattava  di  emissioni 
recenti,  delle  quali  è  ancor  viva  la  ricordanza. 

Mi  proverò  quindi  ad  esporre  così  alla  buona  e 
senza  pretesa  quelle  notizie  che  ho  potuto  accumu- 
lare in  relazione  alla  Carta  Moneta  ItaHana,  nella 
lusinga  di  segnare  una  strada,  fosse  pure  molto  in- 
certa, a  chi  disponendo  di  maggior  tempo  e  di  più 
vaste  cognizioni,  vorrà  dedicarsi  a  scriverne  un  poco 
diffusamente. 

Prendendo  esempio  dalla  vicina  Francia,  fu  nel 
1745  che  Carlo  Emanuele  III  introdusse  negli  Stati 
Sardi  la  carta  moneta  collo  scopo  di  agevolare  il 
trasporto  delle  valute,  come  risulta  dal  relativo  Editto, 
e  questo  sistema  deve  aver  presto  incontrato  il  fa- 
vore del  pubblico,  poiché  qualche  anno  più  tardi  i 
laghetti  di  Credito  verso  le  Regie  Finanze  (così  de- 
nominati) facevano  aggio,  ed  anzi  si  trova  un  Editto 
del  1746  che  comminava  pene  a  chi  negoziava  i 
Biglietti  con  valore  superiore  a  quello  sovra  essi 
segnato. 

Non  posso  garantire  se  veramente  questi  furono 
i  primi  Biglietti  emessi  in  Italia,  ma  io  non  ho  tro- 
vato altra  menzione  e  non  ne  trovo  fino  al  1786, 
nel  quale  anno  furono  emessi  i  Vaglia  del  S.  Monte 
della  Pietà  di  Roma  e  del  Banco  di  S.  Spirito  pure 
di  Roma,  vaglia  che  avevano  corso  in  tutti  gli  Stati 
Ecclesiastici,  e  più  tardi  nel  1789  i  Biglietti  della 
Prima  Repubblica  Romana,  e  nel  1796  le  Cedole 
Mantovane. 


CARTA-MONF.TA    ITALIANA  33 1 

Sembra  che  anche  la  RepubbHca  di  Venezia 
avesse  intenzione  di  introdurre  il  sistema  della  Carta 
Moneta,  ma  la  cosa  rimase  allo  stato  di  progetto  e 
non  ebbe  esecuzione. 

Le  tristi  vicende  politiche  della  fine  del  secolo 
XVI li  ebbero  un  funestissimo  esito  sulla  sorte  della 
Carta  Moneta,  poiché  in  primo  luogo  i  Governi  ap- 
profittarono di  questo  comodo  e  niente  costoso  mezzo 
di  far  denaro,  per  sopperire  ai  bisogni  delle  Finanze; 
ed  il  pubblico  che  mezzo  secolo  avanti  accettava  con 
gioia  il  nuovo  mezzo  di  scambio,  adesso  vedendo  l'e- 
norme quantità  che  si  trovava  in  circolazione  comin- 
ciava a  diffidare,  e  gradatamente  il  valore  dei  Biglietti 
scemava,  al  punto  che  gli  stessi  Governi  emittenti, 
escogitati  tutti  i  mezzi  possibili  per  mantenerli  in  cir- 
colazione, si  videro  costretti  a  ridurne  il  valore,  che 
in  meno  di  io  anni  scomparve  totalmente  essendo- 
sene soppresso  il  cambio  sotto  qualsiasi  forma. 

E  forse  per  questa  ragione  che  nei  primi  anni 
del  secolo  scorso  non  si  trova  più  nessuna  emissione 
di  Carta  Moneta,  e  non  ne  ho  trovato  fino  al  1848, 
allorquando  la  febbre  di  conquista  della  libertà  della 
Patria  fece  quei  miracoli  di  generosità  che  nessun 
altro  scopo  avrebbe  saputo  ottenere. 

Infatti  fu  a  Venezia  che  nel  1848  si  emise  Mo- 
neta Patriottica  garantita  da  facoltosi  cittadini,  e  poco 
tempo  dopo  la  Moneta  del  Comune  di  Venezia  che 
era  garantita  dalla  Municipalità  coi  redditi  delle  im- 
poste ;  troviamo  la  Carta  Moneta  emessa  durante 
l'assedio  di  Palmanova,  biglietti  grossolanamente 
stampati  sopra  carta  comune  e  garantiti  sopra  di- 
versi stabili;  e  quella  dell'assedio  di  Osoppo,  biglietti 
scritti  a  mano  sopra  carta  comune,  e  garantiti  pure 
sopra  diversi  stabili  della  fortezza. 

Troviamo  i  Biglietti  della  II  Repubblica  Romana 
del  1849,  e  non  potrei  dire  come  fosse  regolata  detta 


332 


ISAIA    VOLONTK 


emissione,  poiché  quantunque  l'intestazione  fosse  sem- 
pre Repubblica  Romana,  pure  se  ne  trovano  con  stam- 
pato sotto:  Provincia  di Comune  di ,  e  si 

deve  quindi  supporre  che  ciascuna  amministrazione 
pensasse  a  mettere  in  circolazione  la  quantità  che  le 
occorreva. 

In  questi  anni  pullulano  diverse  Carte  Valore 
che  non  so  se  avevano  corso  monetario  o  se  pure 
erano  solamente  ricevute  di  doni  che  i  cittadini  lar- 
givano a  profitto  della  Patria,  come  il  Dono  Patriot- 
tico di  Venezia  del  1848  intestato  «  Per  1'  Italia  a 
Venezia  —  Dio  premierà  la  Costanza  »  ;  il  Prestito 
Nazionale  Italiano  diretto  unicamente  ad  affrettare 
l'indipendenza  e  la  libertà  d'Italia,  lanciato  da  Maz- 
zini nel  1850  da  Londra;  le  cedole  del  Prete  Tazzoli 
di  Mantova;  quelle  dell'Associazione  dei  Comitati  di 
Provvedimento  per  il  riscatto  di  Roma  e  Venezia; 
quelle  della  Sottoscrizione  per  un  Milione  di  Fucili 
promossa  dal  Generale  Garibaldi;  le  cartelle  del  Pre- 
stito Nazionale  per  la  Rivoluzione  emesse  dal  Comi- 
tato Regionale  di  Napoli  ;  quelle  dei  Soccorsi  a  sol- 
lievo dei  Romani  del  1867;  quelle  dell'Associazione 
degli  Emigrati  Romani  intestata  «  Diritto  alla  Patria» 
del  1868;  i  biglietti  dell'Alleanza  Repubblicana  Uni- 
versale firmati  da  Mazzini,  e  chi  sa  quanti  altri  che 
io  non  conosco. 

Da  quanto  ho  potuto  dedurre  da  informazioni 
assunte  da  persone  vissute  in  quell'epoca,  mi  risulta 
che  questi  Biglietti,  pur  non  avendo  corso  legale,  erano 
in  circolazione,  e  gli  incaricati  della  distribuzione  cer- 
cavano ogni  mezzo  per  spacciarli,  non  rifuggendo 
anche  dall'inserirne  qualcuno  in  ciascun  pagamento, 
a  seconda  della  sua  importanza,  e  del  prenditore,  il 
quale  si  trovava  obbligato  a  non  rifiutarli  se  non 
voleva  essere  tacciato  di  anti-patriottico. 

Dopo  la  guerra,  anche  l'Austria  nell'aprile  1849 


CARTA-MONETA    ITALIANA  333 

emise  nel  Regno  Lombardo- Veneto  carta  moneta  coi 
Viglietti  del  Tesoro  a  firma  del  Commissario  Impe- 
riale Plenipotenziario  conte  Montecuccoli  e  con  in- 
teresse pei  Biglietti  dalle  lire  trenta  in  su. 

Nel  Piemonte  funzionava  la  Banca  Nazionale 
degli  Stati  Sardi  creata  nel  1849  colla  fusione  delle 
Banche  di  Torino  e  di  Genova. 

Nello  Stato  Pontificio  circolavano  biglietti  emessi 
colla  denominazione  di  Boni  del  Tesoro. 

L'Austria  nel  1859,  "''  causa  delle  ristrettezze 
finanziarie  procuratele  dalla  guerra,  emise  nuova- 
mente per  il  Lombardo-Veneto  dei  Biglietti  in  Va- 
luta Austriaca  (cioè  Fiorini)  che  avevano  corso  for- 
zoso e  con  data  da  Verona  del  15  giugno  1859,  e 
da  quanto  mi  risulta  ebbero  però  un  corso  molto 
breve  e  cioè  di  circa  due  anni. 

Appena  avvenuta  nel  1859  1^^  riunione  del  Lom- 
bardo-Venetu  al  Piemonte,  il  Governo  Italiano  in  virtù 
dei  pieni  poteri  di  cui  era  investito,  autorizzò  la 
Banca  Nazionale  degli  Stati  Sardi  ad  emettere  Bi- 
glietti ma  tutti  di  taglio  superiore  alle  lire  20. 

Nell'anno  1860  la  Banca  di  Parma  e  quella  delle 
Quattro  Legazioni  di  Bologna  furono  assorbite  dalla 
Banca  Nazionale,  ma  non  so  se  queste  due  Banthe 
avessero  in  circolazione  Carta  Moneta. 

CoU'estendersi  del  nuovo  Governo  e  colla  legale 
proclamazione  del  Regno  d' Italia,  la  Banca  Nazio- 
nale degli  Stati  .Sardi  con  R."  D:  23  ottobre  1865 
cambiò  il  suo  nome  in  quello  di  Banca  Nazionale 
del  Regno  d' Italia. 

Nel  ]866  il  Governo  Italiano  si  vide  obbligato 
a  dichiarare  il  corso  forzoso  ai  Biglietti  di  Carta, 
ed  autorizzo  la  Banca  Nazionale  con  R."  1)."  17  mag- 
gio i865  ad  emettere  Biglietti  da  Lire  10:  ma  sia 
per  la  impre[)arazione,  sia  per  l'urgenza  del  bisogno, 
il  Governo  con  R."  D."  15  giugno  t866  fu  costretto 


334  ISAIA    VOLONTK 


a  valersi  delle  Marche  da  Bollo  da  lire  5,  io  e  15 
che.  munite  di  un  distintivo  speciale,  vennero  messe 
in  circolazione  a  corso  forzoso. 

Questo  però  fu  un  provvedimento  afifattc  tempo- 
raneo che  durò  circa  quattro  mesi;  e  successivamente 
nel  medesimo  anno  1866  venne  autorizzata  l'emissione 
dei  Biglietti  da  lire  5,  e  nel  successivo  anno  i867 
quella  dei  Biglietti  da  lire  2,  volgarmente  chiamati 
Cavourini,  in  omaggio  al  grande  statista  il  cui  ri- 
tratto figurava  impresso  su  questi  biglietti. 

Nel  successivo  anno  1868  venne  pure  emesso  il 
biglietto  da  lire  i.  Tutti  questi  biglietti  erano  stam- 
pati in  America  e  credo  di  non  errare  asserendo  che 
sono  i  migliori  che  la  Nazione  abbia  finora  posseduti. 

Le  Banche  di  Emissione  in  questo  anno  1868, 
erano  quattro,  cioè  la  Banca  Nazionale,  il  Banco  di 
Napoli,  autorizzato  ad  emettere  biglietti  da  lire  i,  il 
Banco  di  Sicilia  parimenti  autorizzato  ad  emettere 
biglietti  da  lire  i,  la  Banca  Nazionale  Toscana  che 
emise  biglietti  di  varii  tagli,  ma  tutti  superiori  alle 
lire  20,  e  la  Banca  Toscana  di  Credito  che  non 
aveva  emesso  alcun  biglietto. 

Ma  la  deficienza  di  monete  metalliche  e  la  esi- 
gua quantità  dei  Biglietti  emessi  procurarono  un'e- 
norme intralcio  al  commercio,  e  si  racconta  che  per 
il  cambio  di  Biglietti  di  grosso  taglio  in  moneta  spic- 
ciola, si  esigeva  una  provvigione  che  in  diverse  epo- 
che superò  anche  il  12  per  cento. 

Fu  allora  che,  allo  scopo  di  mettere  un  riparo 
a  simile  stato  di  cose,  Banche,  Casse  di  Risparmio, 
Camere  di  Commercio,  Monti  di  Pietà,  Luoghi  Pii, 
Orfanotrofii,  Provincie,  Municipii,  Città,  Comuni,  So- 
cietà Operaie,  Società  Private,  Bottegai,  ecc.,  qual- 
cuno autorizzato  dal  Governo,  ma  la  maggior  parte 
senza  permesso  e.  quello  che  più  monta,  senza  nes- 
suna garanzia,  emisero  Biglietti  o  Boni  di  Cassa,  che 


CARTA-MONETA   ITALIANA  335 

si  cambiavano  presso  1'  emittente  solamente  in  nu- 
mero collettivo,  ed  in  parecchi  casi  per  cifre  non 
inferiori  alle  lire  50. 

Fra  gli  emittenti  di  questi  Biglietti  e  Boni  qual- 
cuno (forse  anche  con  malizia)  trascurò  di  indicare 
il  luogo  di  emissione,  ed  anche  quello  del  cambio, 
qualche  altro  si  servì  di  nomi  antiquati  ed  in  disuso 
per  indicare  il  paese  al  quale  appartenevano,  qual- 
cuno infine  fallì,  facendo  perdere  ai  disgraziati  posses- 
sori intieramente  il  loro  avere.  Ognuno  poi  emetteva 
i  valori  che  credeva,  o  che  meglio  si  confacevano  al 
suo  commercio,  e  quindi  se  ne  trovano  di  tutti  gli 
importi  e  stampati  in  mille  differenti  guise,  qualcuno 
sopra  carta  filigranata,  ma  la  maggior  parte  su  carta 
comune,  ed  in  molti  casi  tanto  ordinaria  e  tanto  leg- 
gera che  all'uso  doveva  certamente  sciuparsi  e  rom- 
persi colla  massima  facilità. 

La  maggior  parte  portano  .Serie  e  Numeri,  non 
si  saprebbe  però  precisare  se  realmente  per  un  con- 
trollo, opi)ure  solamente  per  dare  maggior  illusione 
al  popolino  che  necessariamente  doveva  usarne. 

Con  R."  D."  2  dicembre  1870  si  approvò  il  nuovo 
statuto  della  Banca  Romana  che  altro  non  era  se  non 
la  continuazione  della  Fianca  dello  Stato  Pontificio, 
ed  alla  medesima  venne  concesso  il  privilegio  del- 
l'emissione dei  Biglietti:  del  quale  usò  ed  anche 
abusò,  principiando  ad  emettere  nel   J872. 

Ne  devo  passare  sotto  silenzio  che  la  Banca  Italo- 
Germanica  nell'anno  1871  circa,  cercò  di  mettere  in 
circolazione  dei  Biglietti  di  Carta  da  lire  5  fino  a 
1000  (dei  quali  possiedo  nella  mia  raccolta  tutti  i  tipi 
affatto  nuovi),  ma  incontrò  l'opposizione  governativa, 
forse  anche  per  la  ragione  che  i  Biglietti  dalle  lire 
50  in  su  portavano  l'interesse  del  2  ",  ,  all'anno,  e 
quindi  non  furono  mai  in  circolazione. 

P'inalmente,  dopo  tanta  confusione,  venne  la  legge 


336  ISAIA   VOLONTK 


30  aprile  1874  importantissima  per  i  suoi  effetti,  la 
quale  regolò  propriamente  la  circolazione  cartacea 
durante  il  corso  forzoso,  vietando  a  qualsiasi  privato, 
società  od  ente  giuridico  di  emettere  Biglietti  di  Banca 
od  altri  titoli  equivalenti,  pagabili  al  portatore,  ed 
a  vista,  ad  eccezione  dei  seguenti  istituti: 

Banca  Nazionale  nel  Regno  d'Italia, 

Banco  di  Napoli, 

Banca  Nazionale  Toscana, 

Banca  Romana, 

Banco  di  Sicilia, 

Banca  Toscana  di  Credito, 

salvo  le  disposizioni  riguardanti  gli  Istituti  di  Cre- 
dito Agrario  e  di  Credito  Fondiario. 

Tutti  i  Biglietti  emessi  da  questi  sei  Istituti  erano 
Consorziali,  erano  a  Corso  Forzoso  Inconvertibile  e 
dovevano  essere  impressi  su  carta  bianca. 

Nell'anno  1880  si  incominciò  a  pensare  seria- 
mente all'abolizione  del  Corso  Forzoso  dei  Biglietti; 
e  nel  t88i  il  Ministro  del  Tesoro,  Agostino  Magliani, 
ebbe  l'onore  di  veder  approvato  con  266  voti  favo- 
revoli e  27  contrarli  il  suo  progetto  di  Legge  in  data 
7  aprile  che  provvedeva  alla  totale  ed  immediata 
abolizione  del  Corso  Forzoso. 

Ma  la  liquidazione  del  Corso  Forzoso  non  fu 
cosi  facile  come  preveduta,  ed  anzi  dopo  pochi  mesi 
il  25  dicembre  t88t  vennero  messi  nuovamente  in 
circolazione  dei  Biglietti  già  Consorziali  in  tutto  si- 
mili ai  precedenti  come  disegno,  e  con  variato  sola- 
mente la  dicitura  ed  il  colore;  finche  colla  legge  15 
settembre  1893,  lo  Stato  era  in  grado  di  abolire 
completamente  il  Corso  Forzoso  e  avocando  a  se  il 
diritto  di  emettere  Carta  Moneta  ;  ritirò  tutti  i  Biglietti 
Consorziali  e  già  Consorziali  dalla  circolazione  cam- 


CARTA -MONETA    ITALIANA  337 

biandoli  in  oro  ed  argento,  ed  emise  Buoni  di  Cassa 
a  Corso  Legale  da  lire  i  e  2,  nonché  Biglietti  di 
Stato  da  lire  5,  io  e  25  tutti  cambiabili  al  portatore 
ed  a  vista  in  monete  metalliche. 

I  Buoni  da  lire  i  e  2  ora  sono  tolti  dalla  cir- 
colazione e  gli  altri  Biglietti  di  Stato  sono  quelli 
ora  usati  unitamente  ai  Highctti  della  Banca  d'Italia, 
del  Banco  di  Napoli,  e  del  Banco  di  Sicilia,  tutti  di 
taglio  superiore  alle  50  lire,  emessi  in  virtù  della 
Legge  bancaria  del  io  agosto  1893  e  22  luglio  1894. 

Prima  di  finire  devo  anclie  accennare  ai  Buoni 
degli  Esercenti  da  cent.  50  e  1  lira  comparsi  nel- 
l'anno 1893  in  molte  città  specialmente  dell'Alta  Ita 
Ha  per  pochi  mesi,  allorquando  la  deficienza  degli 
spezzati  e  la  mancanza  dei  Buoni  di  Cassa  gover- 
nativi aveva  nuovamente  creato  al  piccolo  commer- 
cio gli  imbarazzi  come  nei  precedenti  anni  1866  e 
successivi. 

Non  voglio  chiudere  queste  mie  memorie  senza 
fare  cenno  alla  fortunata  coincidenza  che  lo  scopo 
di  facilitare  gli  scambi,  introdotto  in  Italia  dall'illu- 
stre Principe  Sabaudo  che  primo  emise  Carta  Mo 
neta  venne  pienamente  raggiunto  dopo  tante  e  così 
disparate  vicende  sia  politiche,  sia  economiche,  da  al- 
tro Principe  del  Ramo  che  in  pochi  anni  di  regno  già 
seppe  accaparrarsi  tante  simpatie,  e  che  porta  così 
degnamente  la  fulgida  corona  ereditata  da' suoi  avi. 

Milano,   Marzo  if/oS. 

Isaia   Voi.ontk. 


41 


RIPOSTIGLIO  DI  MEDAGLIONI  DI  PIRRO 


È  noto  come  i  medaglioni  di  Pirro  re  dell'Epiro 
vengano  noverati  fra  le  piia  grandi  rarità  numismatiche 
greche,  sia  per  lo  scarso  numero  che  di  essi  si  co- 
nosce, sia  per  la  insigne  bellezza  della  testa  di  Giove 
Dodoneo  e  della  Figura  di  Dione,  le  quali  a  buon 
diritto  fanno  di  questa  moneta,  assieme  ai  medaglioni 
di  lerone  II,  uno  dei  più  imponenti  ed  ammirabili 
prodotti  dell'arte  del  conio  dell'Italia  e  della  Sicilia 
ellenistica.  Si  chiamano  medaglioni  attesa  la  rilevante 
grandezza  del  conio  (mm.  30  a  31),  ma  in  realtà  non 
sono  che  dei  tetradrammi  coniati  in  Italia,  e  con  tutta 
probabilità  a  Locri  i".  Ora  una  insigne  scoperta  viene 
ad  aggiungere  peso  alla  vecchia  credenza  sul  luogo 
di  emissione  di  codeste  magnifiche  e  ricercate  monete. 

Da  un  pajo  di  anni  in  qua  collettori  ed  antiquari 
accorrono  affannosamente  a  Gerace  in  Calabria  per 
dar  la  caccia  ai  preziosi  pezzi,  che  a  spizzico  ed  alla 
spicciolata,  ogni  qual  volta  un'alluvione  dilava  e  rode 
la  superfice  del  suolo  dell'antica  Locri,  escono  da  un 
profondo  ed  angustissimo  vallone,  detto  Meligri,  nel- 
l'ambito delle  mura  della  città  antica.  Avidamente 
cercati  e  contesi  dai  villani  del  sito,  in  sulle  prime 
erano  venduti  a  vii  prezzo  come  scudi  napoletani; 
ma  oggi  invece  se  ne  fanno  domande  esagerate  e 
quasi  favolose.  Fino  al  momento  in  cui  scrivo  70 
sono  gli  esemplari  restituiti  dal  generoso  suolo  lo- 
crese;  dispersi  ovunque,  rappresentano  tutte  le  gra- 
dazioni della  conservazione  e  della   bellezza.    Esem- 


(i)  La  vita  militare  irrequieta  e  fortunosa  di  Pirro  lo  obbligò  a 
battere  moneta  iu  molti  paesi,  in  Macedonia,  in  Epiro,  in  Italia  ed  in 
Sicilia.  Alla  Sicilia,  cioè  a  Siracusa,  vengono  generalmente  attribuiti  i 
bei  pezzi  d'oro  da  120  litre,  da  60  litre,  ed  alcuni  di  argento  e  di 
bronzo.  Il  medaglione  invece  e  assegnato  a  Locri  (Head,  Hisloria 
nitmoniiii,  pag.  273;  Hill,  Coìhs  of  Sicily,  pag.  161-163). 


340 


P.    ORSI 


plari  di  splendido  conio,  passati  per  la  trafila  del 
Virzi  di  Palermo  all'Hirsch  di  Monaco,  vennero  pa- 
gati da  L.  2000  fino  a  L.  3500;  ma  altri  sono  di 
scadente  conservazione  e  di  assai  piia  modico  valore. 
In  ogni  modo  è  merito  di  Corrado  Ricci,  direttore 
generale  delle  antichità  e  belle  arti,  di  aver  assicu- 
rato alle  collezioni  dello  Stato  per  conveniente  prezzo 
sei  eccellenti  esemplari  di  questa  insigne  moneta,  che 
esaurito  il  tesoretto  locrese  tornerà  a  diventare  estre- 
mamente rara  ed  irreperibile. 

La  presenza  di  questo  ragguardevole  tesoro  va 
posta  in  relazione  alle  vicende  della  città,  contesa 
negli  anni  282-280  fra  Pirro  ed  i  Romani.  Occupata 
da  un  presidio  romano,  essa  lo  espelle  all'approssi- 
marsi di  Pirro;  ma  ben  presto  si  pente  della  dedi- 
zione fatta  al  monarca,  la  cui  guarnigione  aveva 
commesse  tante  violenze,  da  provocare  una  esplo- 
sione d'ira  dei  cittadini,  che  cacciarono  anche  le 
truppe  epirote.  Se  non  che  Pirro  reduce  dalla  Sicilia 
punì  amaramente  l'audacia  dei  Locresi,  spogliando 
con  una  dura  imposta  di  guerra  i  cittadini,  e  sac- 
cheggiando il  ricco  tesoro  del  famoso  tempio  di  Per- 
sefone.  Ed  in  questo  momento  appunto  deve  fissarsi 
il  nascondimento  del  nostro  tesoro   monetale. 

Se  il  tempio  di  Persefone  va,  come  pare,  iden- 
tificato con  quello  scoperto  dal  Petersen  e  da  me 
esplorato  in  contrada  Marazzà  negli  anni  1 889-90''*, 
si  può  anche  in  via  di  ipotesi  muovere  la  domanda, 
se  il  prezioso  peculio  non  facesse  per  avventura 
parte  della  cassa  del  santuario,  ovvero,  in  ipotesi 
più  larga,  di  quella  di  qualche  ricco  cittadino,  che 
nascondendolo  dentro  l'impervia  e  cupa  gola  del  Me- 
ligri,  non  ebbe  poi  più  modo  di  ricuperarlo. 

Locri  Epizefiri,  novembre  igo"]. 

P.  Orsi. 

(1)    PEiEKdEN,    Roemische    Milllieilimgeii,    1890,    pag.    161    e    segg.  ; 
Ousi,  Notizie  degli  scavi,  1890,  pag'.  248  e  segg. 


PER  LA  ZIÌCCA  DI  VENTIMIGLIA 


Il  non  mai  abbastanza  compianto  dottor  Solone 
Ambrosoli,  rispondendo  nella  Rivista  Italiana  di  Nu- 
mismatica, anno  XVI  (1903),  fascicolo  IV,  ad  un  mio 
modestissimo  articolo  sulle  monete  dei  Conti  di  Ven- 
timiglia,  erroneamente  attribuite  alla  famiglia  Reque- 
sens,  inserito  nel  Bollettino  di  Ntunismatica  e  di  arte 
della  Medaglia,  anno  I,  n.  5-6  e  9-10,  scriveva  che 
da  tempo  aveva  in  animo  di  scrivere  una  memoria 
sulle  monete  dei  Conti  di  Ventimiglia. 

E  poiché  anch'egli  riteneva,  come  tutti  gli  altri, 
che  quelle  monete  appartenevano  ai  Requesens,  Prin- 
cipi di  Pantelleria,  volea  proporre  che  esse  dovessero 
d'allora  in  avanti  intitolarsi  col  nome  di  Pantelleria 
invece  che  di  Ventimiglia. 

Assodato  in  seguito  al  mio  articolo,  ed  accettato 
anco  da  lui,  nella  sua  risposta,  il  fatto  che  i  Reque- 
sens nulla  aveano  a  vedere  con  le  dette  monete, 
mentre  queste  sì  appartenevano  ai  Ventimiglia,  Mar- 
chesi e  Conti  di  Ceraci,  Principi  del  Sacro  Romano 
Impero,  di  Castelbuono,  ecc.,  ecc.,  non  si  parlò  più 
del  cambiamento  del  nome  di  questa  zecca. 

Però  nel  passato  anno  riflettendo  all'  idea  del 
dott.  Ambrosoli  di  cambiare  il  nome  a  detta  zecca, 
mi  venne  il  pensiero  che  non  era  propriamente  in- 
dicato il  nome  di  Ventimiglia,  perchè  esso  è  nome 
della  famiglia  e  non  del  feudo.  Il  titolo  di  Conte  di 
Ventimiglia  deve  ritenersi,  o  titolo  sul  cognome,  op- 
pure, come  scrive  il  Villabianca  nella  Sicilia  Nobile, 
proviene  dal  Contado  di  Ventimiglia   nella    Liguria. 

Nell'un  caso  e  nell'altro  non  mi  pare  indicato  il 
nome  di  Ventimiglia  per  la  zecca  di  queste  monete. 


342  ANTONINO    GRASSI-GRASSI 

Il  titolo  di  Conte  di  Ceraci  fu  dato  dal  Conte 
Ruggero  I  al  di  lui  fratello  Ugone  da  Serlone. 

Fu  il  primo  titolo  di  Conte  concesso  in  Sicilia; 
passò  alla  famiglia  Ventimiglia  in  seguito  al  matrimonio 
di  Enrico  Ventimiglia  con  Elisabetta  ereditiera  della 
detta  Contea  e  per  ben  sei  secoli  si  è  mantenuto  in 
essa  fauiiglia  con  strettissimo  vincolo  di  fide-commesso 
mascolino  come  sostiene  il  Villabianca  e  con  lui  mol- 
tissimi scrittori  di  araldica,  fra  cui  l'abate  Rocco  Pirri 
nel  proemio  alla  cronologia  dei  Re  di  Sicilia,  ovvero 
come  rilevasi  da  uno  scritto  stampato  a  Venezia  nel- 
l'anno 1632  che  porta  per  titolo:  Confutazione  della 
Genealogia  dei  Conti  di  Ceraci  addotta  dal  Pirri,  di 
cui  fu  autore  il  marchese  Ruggero  Ventimiglia  di 
Ceraci,  sotto  il  pseudonimo  accademico  d'Insensibile. 

in  questo  scritto  si  sostiene  che  la  famiglia  dei 
Conti  di  Ventimiglia  discende  per  continuata  linea 
mascolina  dal  sopranominato  principe  Serlone  fra- 
tello al  conte  Ruggero  I  re  di  Sicilia,  e  che  fu  chia- 
mata Ventimiglia  dal  fatto  di  avere  in  uno  scontro 
contro  i  Saraceni  uccisi  in  un  sol  giorno  ben  venti- 
mila Mori,  per  cui  venne  agnominata  Vigintimillia, 
agnome  che  divenne  poi  cognome. 

Il  Contado  di  Ceraci  fu  nell'anno  1433  dal  re 
Alfonso  il  Magnanimo  elevato  a  Marchesato  e  fu  que- 
sto il  primo  titolo  di  marchese  concesso  in  Sicilia. 

Ora  se  una  zecca  si  deve  assegnare  alle  monete 
dei  detti  conti,  questa  non  può  essere  che  quella  di  Ce- 
raci come  la  più  indicata  e  non  quella  di  Ventimiglia. 

Questa  idea  avevo  in  animo  di  scrivere  e  pro- 
porre al  dottor  Ambrosoli,  quando  la  Parca  troncava 
quella  preziosa  esistenza.  La  sottometto  ora  alla  So- 
cietà Numismatica  Italiana  ed  al  Circolo  Numismatico 
perchè  vogliano  prenderla  in  considerazione. 

Antonino  Grassi-Grassi. 


INDICE 


L'Opera  Numismatica  di  Solone  Ambrosoli  (Se- 
rafino Ricci) Pan-,     i^ 

Il  Regio  Gabinetto  Numismatico  di  Brera  (Fran- 
cesco Gnecchi) I,       33 

MEMORIE. 

Ernest  Babelon.  Note  sur  un  poids  byzantin     . 

Giuseppe  Giorcelm.  Scudo  d'oro  di  Federico  II 
Gonzaga  e  Margherita  Paleologa,  coniato  nella 
zecca  di  Casale        ...... 

Ai.piioNSE  DE  WiTTE.  Un  nouveau  gros  au  lion 
de  Jeanne  et  Wenceslas,  ducs  de  Brabant    . 

Emiuo  Motta.  Giacomo  jonghelinck  e  Leone 
Leoni  in  Milano       ...... 

G.  Cerrato.  Note  di  Numismatica  Sabauda 

Arnold  Luschin  von  Ebengreutii.  Il  sistema  mo- 
netario degli  aurei  italiani  di  Carlomagno      .         „        89 

Paul  Bordeaux.  Essai  d'interprétation  du  mot 
FLAVIA  figurant  sur  les  triens  des  Rois  Lom- 
bards  Astaulf,  Didier  et  Charlemagne   .         .         •■97 

Alberto  Cunietti-Cumetti.  La  zecca  di  Ales- 
sandria     .  .         .         .         .  .         ,,113 

Francesco   Gnecchl    Scavi    di    Roma    nel    1907         „      127 

Giuseppe  Ruggero.  Annotazioni  numismatiche  ita- 
liane :  Degli  errori  di  attribuzione.  —  Un  tre- 
misse  di  Rachis       .......      133 

Ortensio  Vitalini.  Due  aurei  inediti  della  zecca 

di  Bologna        ........      139 

Ercole  Gneccìii.  Massa  Lombarda       .         .         .         „      145 

Giuseppe  Casiei.lani.  Una  lettera  di   San    Carlo 

Borromeo  a  proposito  della  zecca  di  Fano   .         „      149 


't.?- 

45 

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55 

'1 

71 

75 
83 

344 


INDICE 


G.  Dattar[.    Le    cavità   centrali   sopra  le  faccie 

delle  monete  Tolomaiche  di  Bronzo 
Flavio  Valerani.  Stemmi  ed  emblemi  sulle  mo- 
nete del  Monferrato 

Nicolò  Papadopoll  Monete  italiane  inedite  della 

Raccolta  Papadopoli 

Adrien  Blanchet.  Note  sur  la  guivre  de  Milan . 
Lodovico  Laffranchi.  Le  monete  degli  imperatori 

Valeriano    e   Gallieno,    coniati  a  Viminacium 

e  ad  Antiochia 

J.  Eddé.  Les  figures  de    face    sur    les    monnaies 

antiques 

E.  Martinori.  Zecca  di  Benevento  :   Soldo  d'oro 

di  Scauniperga  e  Liutprando  . 
Alberto  Simonetti.  Grumento,  Matera  e  S.  Chi 

rico  Raparo 

G.  Carbonelli.  Umberto  Bonaccorsi  zecchiere  d 

Savoia      ....... 

M.  Bahrfeldt.  Il  Ripostiglio  di  Delos.  I  denari  le 

gionari  di  M.  Antonio      .... 
C.  Serafini.  Medaglioni  Capitolini 
Giorgio  Ciani.  Le  monete  del  Comune    di    Cre 

mona  dal   e  155  al  1329   .... 
E.  A.  SxttcKELBERG.  Il  punzone  di  Papa  Felice  V 

a  Basilea 

Agostino  Agostini.  Appendice  alla   illustrazione 

della  zecca  di  Castiglione  delle  Stiviere 
Vincenzo  Dessi.  I  tremissi    longobardi. 
Jean  N.  Svoronos.  Monnaies  inédites    d'Athènes 

et  de  Mytilène 

A.  F,  Marchisio.  Di  una  medaglia  patriottica  mi 

lanese       ....... 

Isaia  Volontè.  Carta-moneta  italiana    . 

P.  Orsi.  Ripostiglio  di  medaglioni  di  Pirro. 

A.  Grassi-Grassi.  Per    la  zecca  di  Ventimiglia 


Pag. 

157 

;; 

167 

'1 

179 

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191 

M 

199 

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213 

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323 
329 

339 
341 


Finito  di  stampare  il  20  Aprile  1908. 


Achille  Martelli,  Gerente  responsabile. 


«>♦«»♦»»»«"  !•»♦♦•♦♦••»••••»•»♦♦♦.♦♦•♦♦• 


FASCICOLO  III. 


APPUNTI 

DI 

NUMISMATICA    ROMANA 


LXXXIX. 

ROMA  E  LA  GERMANIA 

(Tav.  Vili,  IX  e  X). 

Dagli  ultimi  anni  della  Repubblica  e  continuando 
per  tutta  la  durata  dell'impero  romano,  i  contatti 
fra  Roma  e  la  Germania  furono  costanti  e  quasi  inin- 
terrotti, di  modo  che  riesce  impossibile  scindere  la 
storia  dell'una  da  quella  dell'altra.  La  lotta  per 
l'espansione  fino  alla  conquista  della  intera  Germania 
dovette  seguire  il  fatale  suo  corso;  nello  stesso  modo 
che  quando  la  fortuna  di  Roma,  giunta  all'apogeo, 
volse  al  declivo,  quel  popolo  stesso  che  Roma  aveva 
prima  conquistato,  prendeva  alla  sua  volta  il  soprav- 
vento, accelerando  col  suo  peso  la  rovina  dell'im- 
putridito impero.  Roma  imperiale,  che  stampava  nelle 
monete  la  sua  storia,  ci  conservò  in  moltissimi  mo 
numenti  numismatici  il  primo  periodo  degli  accen 
nati  avvenimenti,  la  conquista  ....  trascurando  na- 
turalmente il  secondo  o  lasciando  ai  nuovi  vincitor 
la  cura  di  registrarlo  dapprima  in  quelle  rozze  e 
barbare  monete  che  rispecchiano  la  tristizia  dei  tempi, 
indi  assai  meglio  in  molte  monete  che  ai  Sovran 
germanici  apprestarono  i  nostri  artisti  del  rinasci- 
mento. 


348  FRANCESCO    GNECCHI 


I  due  periodi  storici  mi  parvero  poter  fornire 
due  argomenti  opportunissimi  per  chi  volesse  sten- 
dere una  memoria  in  occasione  del  Congresso  sto- 
rico di  Berlino.  Se  lascio  ad  altri  il  secondo,  come 
appartenente  al  medio  evo  e  mi  limito  al  primo 
perchè  i  miei  pochi  studii  non  vertono  che  sul  pe- 
riodo romano,  non  credo  che  alcuno  vorrà  trovare 
in  ciò  un  malinteso  patriottismo,  una  ostentazione 
della  gloria  di  Roma  a  spese  della  Germania.  Prima 
di  tutto  già  anticamente  Arminio,  poi,  come  si  ac- 
cennò, tutto  il  medio  evo  e  parte  dell'evo  moderno 
vendicarono  ad  esuberanza  le  conquiste  romane.  E 
del  resto  non  è  punto  necessario  ricorrere  a  tali  ra- 
gionamenti. 

Gli  avvenimenti  in  discorso  sono  ormai  così 
lontani,  che  già  si  perdono  nella  caligine  dei  tempi, 
e  non  sono  più  atti  a  suscitare  né  ire,  ne  rancori, 
ne  dispiaceri.  Delle  antiche  lotte  non  rimane  che  il 
semplice  ricordo,  il  quale,  accomunando  le  origini 
di  un  popolo  con  un  periodo  storico  di  un  altro, 
non  può  che  affermare  maggiormente  il  vincolo  di 
cordiale  amicizia  che  oggi  li  unisce.  L'Italia  e  la 
Germania,  studiando  insieme  la  loro  storia  comune 
e  le  comuni  vicende,  possono  liberamente  e  con  tutta 
tranquillità  stringersi  la  mano,  scambiandosi  saluti 
ed  auguri  da  Roma  a  Berlino  e  viceversa. 

La  storia  dell'antica  Germania  è  ricordata  in 
due  modi  dalle  monete  ;  o  pel  titolo  di  Germanico 
assunto  dall'  imperatore  romano,  o  per  i  ricordi  ger- 
manici stampati  sui  rovesci  delle  monete  stesse.  Dopo 
qualche  rapidissimo  cenno  storico,  dò  quindi  l'elenco 
dei  principi  che  portarono  sulle  monete  il  titolo  di 
Germanico,  accompagnandolo  con  una  tavola  (n.  Vili) 
in  cui  tutti  sono  rappresentati  e  faccio  seguire  l'elenco 
delle  monete  contraddistinte  da  tipi  germanici,  di 
cui  è  dato  un  saggio  nelle  altre  due  tavole  (n.  IX,  X). 


ROMA   E    LA    GERMANIA  349 


Ho  limitata  la  descrizione  delle  monete  a  quelle 
che,  sia  per  leggenda,  sia  per  chiarezza  di  rappre- 
sentazioni, richiamano  specificatamente  e  indubbia- 
mente la  Germania,  mentre  ho  escluso  tutte  le  altre, 
e  sarebbero  molte  che,  pure  non  portando  una  leg- 
genda o  un  tipo  specifico,  dovrebbero  alla  Germania 
riferirsi.  Ve  ne  sono  molte  per  esempio,  fra  quelle 
col  tipo  vago  della  Vittoria,  che  facilmente  potrebbe 
provarsi  essere  riferibili  alle  guerre  germaniche  ; 
ma,  siccome  ve  ne  sarebbero  anche  altre  di  attribu- 
zione discutibile,  mi  sono  attenuto  solo  a  quelle  in 
cui  la  Germania  è  precisamente  indicata,  e  ne  ho  rac- 
colte oltre  300,  ben  inteso  non  includendovi  quelle 
coniate  nelle  colonie  o  a  leggenda  greca,  colle  quali 
il  numero  sarebbe  facilmente  raddoppiato. 

La  serie  delle  monete  ricordanti  la  conquista 
della  Germania  o,  per  dirla  con  altre  parole,  la  storia 
numismatica  della  Germania,  si  inizia  con  Nerone 
Druso,  Nero  Claudius  Drusus,  figlio  di  Livia  e  acl 
suo  primo  marito  Tiberio  Claudio  Druso  e  figlio 
adottivo  d'Augusto.  Egli  trascorre  la  sua  vita  a  com- 
battere i  diversi  popoli  nordici,  che  si  aggruppano 
sotto  il  nome  di  Germani  e  vi  porta  vittoriose  le  aquile 
romane.  Il  Senato  gli  innalza  sulle  rive  del  Reno  quel 
superbo  arco  di  trionfo  ornato  della  sua  statua  eque- 
stre fra  due  trofei,  che  vediamo  riprodotto  sulle  sue 
monete  d'oro  e  d'argento  e  a  lui  pel  primo  confe- 
risce il  titolo  onorifico  di  Germanico ,  che  pure 
leggiamo  su  tutte  indistintamente  le  sue  monete. 
Di  più  gli  accorda  il  diritto  di  trasmetterlo  ai  suoi 
discendenti  ed  egli  se  ne  vale  imponendolo  a  suo 
figlio  come  nome,  mentre  quale  titolo  glorioso,  lo 
vedremo  ripetersi  lungamente,  talvolta  per  semplice 
eredità,  talvolta  conferito  nuovamente  dal  Senato. 
Note  sono  le  imprese  di  Germanico  e  specialmente 
la  sua  vittoria  sopra  Arminio  e  il  ricupero  delle  in- 


350  FRANCESCO    GNECCHI 


segne  perdute  nel  disastro  di  Varo,  fatti  tutti  ricor- 
dati dalle  sue  monete,  nelle  quali  vediamo  al  diritto 
Germanico  in  carro  trionfale  e  lo  ritroviamo  al  ro- 
vescio in  abito  militare  da  trionfatore  colla  leggenda 
SIGIMIS  RECEPTIS,  DEVICTIS  GERMANIS 

Caligola  figlio  di  Germanico  si  accontenta  di 
portare  il  titolo  avito,  non  avendo  compiuto  contro 
i  Germani  che  quell'impresa  da  burla  raccontata  da 
Svetonio.  Non  sarebbe  tuttavia  impossibile  che  i 
suoi  bronzi  col  l'allocuzione  si  riferissero  a  quell'im- 
presa.... 

Claudio  ripete  pure  la  gloria  germanica  del 
padre,  riproducendo  sulle  sue  monete  il  monumento 
di  Druso. 

Nerone  aggiunge  per  diritti  aviti  come  discen- 
dente di  Nerone  Druso  ai  propri  nomi  e  iscrive 
quasi  costantemente  quello  di  Germanico;  ma  nes- 
suna delle  sue  monete  accenna  specialmente  alla 
Germania,  non  essendovene  mai  stato  il  motivo. 

Cessa  il  titolo  sotto  i  regni  di  Galba  e  di  Ot- 
tone, per  riapparire  con  Vitellio.  il  quale  non  lo  in- 
voca a  titolo  di  diritto  gentilizio,  ma  lo  conquista 
per  le  sue  imprese  quale  legato  di  Galba  in  Ger- 
mania, e  non  lo  dimentica  su  nessuna  delle  sue  mo- 
nete. Anzi  su  quelle  in  cui  ricorda  i  figli  questi  sono 
chiamati   LIBERI  IMP  GERMANICI  AVGVSTI. 

Hanno  tregua  le  imprese  germaniche  sotto  i 
regni  di  Vespasiano  e  di  Tito,  la  cui  attività  è  ri- 
volta altrove  e  riprendono  invece  con  Domiziano,  il 
quale  si  arroga  con  ben  pochi  meriti  il  titolo  di 
Germanico.  Ne  solamente  si  arroga  il  titolo  e  lo 
scrive  su  moltissime  monete,  ma  molte  altre  ne  conia 
celebranti  vittorie  ipotetiche  e  rappresentanti  la  Ger- 
mania vinta  e  piangente,  il  Reno  ai  suoi  piedi  e 
trofei  di  guerra  colla  leggenda  GERMANIA  CAPTA. 

Nerva   ottiene   il    titolo   di   Germanico   per  una 


ROMA    E    LA    GERMANIA  3SÌ 


vittoria  riportata.  Fa  parcamente  uso  del  titolo  sulle 
monete  e  non  ne  conia  nessuna  specialmente  dedicata 
alla  sua  vittoria. 

Trajano  nominato  imperatore  da  Nerva  è  man- 
dato a  combattere  in  Germania  e,  in  seguito  alle 
sue  brillanti  imprese,  gli  viene  conferito  da  Nerva 
stesso  il  titolo  di  Germanico,  che  figura  su  tutte  in- 
distintamente le  sue  monete.  Le  sue  imprese  contro 
i  germani  sono  celebrate  nei  bassorilievi  della  famosa 
colonna,  la  quale,  oltre  all'essere  ricordata  nelle  sue 
monete,  s'erge  ancora  intatta  nel  centro  del  foro 
trajano.  Pure  la  più  gran  parte  degli  episodii  in  essa 
scolpiti  ci  rimangono  inesplicati,  perchè  sventurata- 
mente poco  o  nulla  ci  fu  conservato  di  quanto  gli 
storici  scrissero  intorno  all'ottimo  principe. 

Adriano,  inviato  giovanetto  da  Trajano  a  com- 
battere in  Dacia,  in  Sarmazia  e  in  Pannonia,  si  con- 
duce valorosamente;  ma,  appena  eletto  imperatore, 
non  si  cura  che  della  pace  dell'impero  e  dedica 
molta  parte  del  suo  tempo  a  visitarne  pacificamente 
le  numerose  provincie.  Così  nella  immensa  serie 
delle  sue  monete  non  troviamo  alcun  accenno  a 
vittorie  o  a  guerresche  imprese.  Solo  conservò  il 
titolo  di  Germanico  sulle  monete  dei  suoi  primi  anni, 
che  continuano  il  tipo  della  monetazione  di  Trajano. 
Le  poche  monete  che  fanno  allusione  alla  Ger- 
mania, lo  fanno  in  senso  pacifico,  quantunque  pure 
rimanga  apparente  una  differenza  tra  le  provincie 
germaniche  e  le  altre.  Un  denaro  colla  leggenda 
GERMANIA,  personifica  questa  provincia  senza  alcun 
sentimento  ostile  e  senza  alcuna  allusione  a  vittoria 
o  conquista,  come  sono  rappresentate  in  altre  mo- 
nete HISPANIA.  BRITANNIA.  ecc.  Così  pure  le  monete 
semi-militari  con  EXERC  GERMANICVS  fanno  riscontro 
alle  molte  altre  con  EXERC  BRITANNICVS,  MAVRETA- 
NICVS,  ecc.;  ma  pure  le  monete  simboleggianti  la  fé- 


352 


FRANCESCO    GNECCHI 


lice  provincia  che  acclama  l'arrivo  dell'  imperatore 
(ADVENTVI  AVG  BYTHINIE.  AFRICAE,  ecc,  o  il  ristauratore 
del  tempo  felice  RESTITVTORI  HISPANIAE,  ecc.)  man- 
cano per  la  Germania,  ciò  che  vuol  dire  che  i  suoi 
viaggi  non  si  spinsero  fin  là,  e  che  alla  Germania, 
pur  non  nuocendo,  non  dedicò  speciali  cure. 

Nessun  rapporto  ebbe  Elio  colla  Germania,  e, 
quantunque  la  guerra  fosse  ripresa  sotto  Antonino, 
nessuna  moneta  di  questo  imperatore  allude  spe- 
cialmente a  vittorie  in  quelle  regioni. 

11  regno  di  M.  Aurelio  invece  passa  in  continue 
lotte  coi  diversi  popoli  della  Germania.  Egli  assunse 
il  titolo  di  Germanico  nel  172  e  numerose  sue  mo- 
nete ricordano  le  sue  vittorie.  GERMANIA  SVBACTA, 
DE  G-ERMANIS,   CCC. 

Lucio  Vero  non  porta  il  titolo  di  Germanico; 
lo  porta  brevemente  Commodo,  insieme  a  quello  di 
Sarmatico,  in  memoria  del  padre  ;  ma  alla  morte  di 
M.  Aurelio  l'abbandona  per  assumere  quello  di  Bri- 
tannico. Ciò  non  toglie  che  alcune  sue  monete  in- 
dichino le  sue  vittorie,  DE  GERMANIS. 

Settimio  Severo  coniò  parecchie  monete  legionarie 
ricordanti  le  legioni  destinate  al  Reno  ;  ma  il  titolo 
di  Germanico,  dopo  Commodo  non  appare  piti  che 
sotto  Caracalla,  il  quale  l'aggiunse  agli  altri  titoli 
nel  214,  dopo  alcune  vittorie,  coniando  anche  una 
moneta  con  VICTORIA  GERMANICA. 

E  da  Caracalla  saltiamo  a  Massimino,  il  quale 
sfoga  la  sua  ambizione  militare  combattendo  e  vin- 
cendo i  Germani.  Assume  il  titolo  di  Germanico,  e 
lo  accorda  anche  al  figlio  Massimo,  celebrando  su 
molte  delle  sue  monete   la   sanguinosa    sua   vittoria. 

Filippo  ottiene  pure  il  titolo  di  Germanico  in 
seguito  alla  sua  spedizione  del  245  e  il  titolo  viene 
egualmente  accordato  al  figlio;  ma  non  figura  mai 
sulle    monete    ne   dell'uno   ne   dell'altro   imperatore 


ROMA   E    LA    GERMANIA  353 


e  nessuna  delle  loro  monete  allude  specialmente  alle 
vittorie  germaniche. 

Valeriano  guerreggiò  in  Germania  e  delle  sue 
imprese  lasciò  memoria  in  qualche  sua  moneta.  Ebbe 
il  titolo  di  Germanico,  ma  questo  non  figura  che  al 
rovescio  di  un  suo  antoniniano. 

Gallieno  associato  nel  253  dal  padre  Valeriano, 
fece  con  lui  tutte  le  guerre  della  Germania,  assunse 
il  titolo  di  Germanico  e  ricordò  le  sue  vittorie  su 
moltissime  monete.  Hanno  pure  attinenza  alla  Ger- 
mania le  sue  monete  legionarie,  delle  quali  la  Vili 
Augusta  e  la  XXII  Primigenia  erano  destinate  al- 
l'alto Reno,  la  I  Minervia  e  la  XXX  Ulpia  Victrix 
al  basso  Reno. 

Postumo  ebbe  molte  imprese  contro  i  Germani; 
gli  venne  conferito  o  assunse  il  titolo  di  Germanico, 
che  però  non  figura  mai  nelle  leggende  che  circon- 
dano la  sua  effigie  sulle  monete.  Assai  raramente 
appare  al  rovescio,  accompagnato  da  quello  di  Mas- 
simo, GERMANICVS  MAX.  Alle  sue  imprese  però  allu- 
dono parecchie  altre  sue  monete  colla  vittoria  ger- 
manica. 

Tetrico  padre  ha  un  solo  aureo  ricordante  una 
vittoria  germanica  e  qualche  rara  moneta  ha  Claudio, 
conosciuto  sotto  il  titolo  di  Gotico. 

Aureliano  ha  pure  a  che  fare  coi  germani  e  ri- 
corda la  sua  vittoria  su  di  un  unico  piccolo  bronzo. 

Probo  invece  dedica  alle  sue  gran  numero  di 
monete,  Carino  due  aurei,  Carausio  due  piccoli 
bronzi,  e,  come  Gallieno,  conia  monete  legionarie 
al  nome  delle   medesime    quattro    legioni   del   Reno. 

Costantino  Magno  muta  il  nome  di  Germania 
in  Alamannia,  e  tale  lo  conservano  Crispo  e  Costan- 
tino II,  dopo  dei  quali,  ossia  dopo  tre  secoli,  la  storia 
monetaria  a  proposito  della  Germania  si  tace. 


45 


354  FRANCESCO    GNF.CCHI 


ELENCO    DEI    PRINCIPI 
che  portano  il  titolo  dì  Germanico  sulle  monete 


1.  Nerone  Claudio  Drusa,    nero    clavdivs    drvsvs,  germa- 

NICVS,    IMPERATOR. 

2.  Germanico,    germanicvs  caesar,    tiberi    avgvsti  filivs, 

DIVI  avgvsti  nepos. 

3.  Caligola.  cAivs  caesar  avgvstvs  germanicvs,  imperator, 

pontifex  maximvs,  tribvnicia  potestate,  consvl,  ger- 
manici  FILIVS,    M   AGRIPPAE   NEPOS. 

4.  Claudio.    TIBERIVS  clavdivs  CAESAR  AVGVSTVS  GERMANICVS, 

IMPERATOR,    PONTIFEX    MAXIMVS,    TRIBVNICIA     POTESTATE, 
PATER    PA1RIAE. 

5.  Nerone,  nero   clavdivs    caesar    avgvstvs    germanicvs, 

IMPERATOR,    PONTIFEX    MAXIMVS,    TRIBVNICIA    POTESTATE, 
PATER    PATRIAE. 

6.  Vitellio.    AVLVS    VITELLIVS    GERMANICVS,    IMPERATOR,    PONTI- 

FEX   MAXIMVS,    TRIBVNICIA    POTESTATE. 

7.  Domiziano,    domitianvs    caesar    avgvstvs    germanicvs, 

IMPERATOR,    PONTIFEX    MAXIMVS,     TRIBVNICIA    POTESTATE, 
CENSOR    PERPETVVS,    PATER    PATRIAE. 

8.  Nerva.  nerva  caesar  avgvstvs  germanicvs   imperator, 

PONTIFEX  MAXIMVS,  TRIBVNICIA  POTESTATE,  CONSVL,  PATER 
PATRIAE. 

9.  Trajano.  nerva  traianvs  optimvs  avgvstvs  germanicvs, 

DACICVS,    PARTHICVS,    PONTIFEX    MAXIMVS,    TRIBVNICIA  PO- 
TESTATE,    consvl    pater    PATRIAE. 

IO.  Adriano,  traianvs  hadrianvs  caesar  optimvs  avgvstvs, 
DIVI  traiani  avgvsti  filivs,  divi    nervae  nepos,  ger- 


ROMA    E   LA    GERMANIA  355 


MANICVS  DACICVS,  IMPERATOR,  PONTIFEX  MAXIMVS,  TRI- 
BVNICIA    POTESTATE,    CONSVL,    PATER    PATRIAE. 

11.  Marc' Aurelio,  marcvs  avrei.ivs  antoninvs  caesar  avgv- 

STVS,  ANTONINI  AVGVSTI  PII  FILIVS,  GERMAN1CVS,  SARMA- 
TICVS,  MEDICVS,  IMPERATOR,  PONTIFEX  MAXIMVS,  TRIBV- 
NICIA    POTESTATE,    CONSVL,    PATER    PATRIAE. 

12.  Commodo,  lvcivs  aelivs  avrelivs  commodvs  antoninvs, 

PIVS  FELIX,  CAESAR,  AVGVSTVS,  GERMANICVS,  SARMATICVS, 
BRITANNICVS,  IMPERATOR,  PONTIFEX  AIAXIMVS,  TRIBVNICIA 
POTESTATE,    CONSVL    PATER    PATRIAE. 

13.  Caracalla.  marcvs  avrelivs  antoninvs  pivs,  caesar,  avgv- 

STVS,  IMPERATOR,  GERMANICVS,  BRITANNICVS,  MAXIMVS, 
PONTIFEX  MAXIMVS,  TRIBVNICIA  POTESTATE,  CONSVL  PA- 
TER   PATRIAE. 

14.  Massimino.  maximinvs  avgvstvs  pivs,  imperator,  germa- 

NICVS. 

15.  Massimo,   caivs   ivlivs   vervs   maximvs   caesar   germa- 

NICVS. 

16.  Valeriana,  caivs  pvbi.ivs  licinivs  valerianvs  pivs  felix 

AVGVSTVS    GERMANICVS    MAXIMVS. 

17.  Gallieno,   caivs    pvblivs    licinivs  gallienvs,  imperator, 

PIVS  FELIX  avgvstvs,  PONTIFEX  MAXIMVS,  TRIBVNICIA 
POTESTATE,    CONSVL    GERMANICVS    MAXIMVS. 

18.  Postumo.    CAIVS    MARCVS  CASSIANVS  LATINVS  POSTVMVS  PIVS 

FELIX  AVGVSTVS,  PONTIFEX  MAXIMVS,  TRIBVNICIA  POTE- 
STATE, CONSVL,  IMPERATOR,  GERMANICVS  MAXIMVS,  PATER 
PATRIAE. 


■^^6  ruANCKw:!)  onkcciii 


i-:ij:n(:() 

(Ielle  moiiele  Imperiali  .spuciulmeiile  rifereittisi  nlla  (ìermania 


NKKONK    Ci.AUDlU    DKIJSO, 
OHO. 

I.  !>'  ni:ni)  (  lAVDivs  Duvsvs  (jKUMANicvs  mr  Testa  laureata 
il  sin.  -  \Ji  m:  (.1  km  Arco  di  trionfo  sul  quale  la  statua 
(•(|ucstrc  (li   Diiisi)  a  (1.  Ira  due  trofri  .     .     Coli.    1/1   (') 

u.  I.a  stessa  iiioncta  folla  U'Uf^cinla  hk  ckkmanis  e  la  statua 
(li  Driiso  a  sinistra Coh.  3/3 

{.  ,!>'  (Ionie  i  preeedeiiti.  1^  l'K  (;i-.i<MANis    Vessillo    fra 

(lue  scudi,  (jiiatlro  aste  e  due  lioinbe    .     .     .     Coh.  5/5 

ivii:i>A<iMnNK  i)"ar(ìi;nt<)  asiatico. 

,|.  ,1)'  NI  HO  (LAVI)  DKVsvs  (JFUMANicvs  IMI'  'l'esta  laureata  a 
destra.  Il)  dk  (ìkumanis  Arco  di  trionfo  e.  s.  colla 
statua  di  Di  uso  ad Coli.  Gnecchi. 

ak<;i;m(). 

5.  (!oinc  il  n.   I Coh.  a/a 

6.  (!onie  il  n.  -.i Coli.  4/4 

7.  Come  il  n.  3 Coh.  6/6 

GKKMANICO. 

Minio  liKON/.O. 

I.  D'  (;i:i<mani(Vs  (  aksak  Germanico  in  (]nadrijfa  trionfale 
diretta  a  destra.  -  if  sicnis  rkcki'T  niivicris  (;i;i<m  s  c 
(leniiaiiico  in  abito  militare  a  sinistra  colla  destra  al- 
zata e  collo  scettro  sormontato  dall'aquila     .     Coh.  7/7 

(Il  ImIcihIiim  CoIkii   1   cdi/ioiK-,  11.   I  ;   Il   nli/.iniic,  n.   I. 


KOMA    K    I.A    (il'KMANIA  357 

CI.  MI   DIO. 

OHO. 

1.  ,Ty  TI  ci.AVi)  cAKSAit- AV(i  I'  M    iK  T  N  IMI'  p  T    l'cstii  lau- 

reata a  (l«"stra  (a.  41?).          I<)    m    (.iiai.    Ano    liionlalc 
di  Druso Coli.  •_•■..^/■.^5 

2.  1.0  .stesso  con   ri  ci.Avn  (aksak   av(.  p  m    m<   r  vi  iwr  xi 

Testa  laureata  a  di-stia  (ii.  ■\(yì Coli.  -J^/m) 

AKtil.NTO. 

3.  Come  il  n.   1 Coli.  '^5/'j() 

4.  Variante  con  dk  (ìikmanis Coli.  •2.\I'j-/ 

5.  Come  il   n.  2 (oh.  ■uli/.n) 

(iU\S  lIKON/o. 

6.  /iy  11  ci.Avuivs  cAi'.sAK  Av(.  I'  M    I u  1'  IMI'  1'  1'    I Csta  lau- 

reata a    destra.      ■   [ti    niko    (  i.aviuvs    kkvsvs    (ìi:i<man 
IMI»  H  e  I/arco    di    Druso    come    nei    prerrtlriili  (a.  .|i). 

Coli.    Hn/,|)t 

DOMIZIANO. 

OKO. 

1.  ,iy  IMI'  i:aks  divi   vi:si'  i    domiiian   avi.    I  csla   laiiic.ii.i   a 

destra.  --  I^  ci  kmanicvs  (os  x  .Schiava  ^;<iiiiana  jiiaii 
gente  seduta  su  di  uno  scudo.  Sotto  un'asta  spezzala 
(a.  84) ('oli-  siippl.  9/i;w 

2.  fiy  domitianvs  AViivsTvs  'lesta   laureata   a  <l.  1^  (.i:l<- 

MANicvs  cos  xml  Medesimo  tipo  (a.  })}{  o  JV;).   Coli.  50/1. |M 

3.  /ly  domitianvs  av(;vstvs  'r<-sta  laiir.  a  d.  H)  (.1  kma- 

nicvs cos  XV  Medesimo  tipo  (a.  90  o  91).     Coli.  .sH/i5^ 

4.  ,iy  domitianvs  AV(ivsrvs  Testa  laiir.  a   d.  \p  (ìikma- 

Nicvs  cos  XVI  M«"desimo  tipo  (a.  91   o  <)2).    (!oh.  (y]/\(Y^ 

5.  Ày  DOMiriANVs  AV(.vsTvs    Testa  laur.  a  d.  \Ji   (.i;i<ma 

NICV8  cos  XVII  Mcd.  tipo  (a.  92  o  93)  .     .     (Joh.  ()^I\(ì() 

6.  fiy  IMI"  (  Al  s  DoMii    AV(;  (.iKM  1'  M    IH  V  V  Musto  laureato 

a  d.  colTe>{ida.          \Ji    imi'  vini  cos  .\i    <  kns    i'otk.s    i-  i- 
Medesimo  tipo  (a.  Hs) ("oh.  73/iHi 

7.  Variante  con  <  1'.ns(ji<ia   roiisi (!oli.    /-jj lih. 

8.  fiy  IMI'  CAI  s  DoMii  AV(;  (JKKM  I'  M  ii<  I'  V  T<sta  laui.  .1 
ììea.  —  I()  IMI'  villi  los  XII  ckns  pot  ••  p  Medesimo  tipo 
(a.  86) Coh.  74/19H 


358  FRANCESCO     GNECCHI 


9.  Variante  con  gens  p  p  p  (a.  86)  .     .     Coh.  suppl.  19/199 

10.  B^  Come  il  precedente.  —  1^  imp  xi  cos  xii  gens  p  p  p 

Medesimo  tipo  (a.  86) Coli.  Gnecchi 

11.  ,-ìy  Come  i  precedenti.  —  I^   imp  xii  gos  xii  gens  p  p  p 

Medesimo  tipo  (a.  86) Coh.  75/206 

12.  i&    IMP    CAES    DOMiT  AVG  GERM  p  M  TR  p  VI    Testa    lau- 

reata a  d.  —  I^  IMP  XIII  cos  XII  GENS  p  p  p  Medesimo 
tipo  (a.  86) Coh.  II  ed.  211 

13.  Variante  con  german Coh.  76/211 

14.  t^  Come  i  preced.    —    p    imp  xiiii   cos  xiii  gens  p  p  p 

Medesimo  tipo  (a.  87) Coli.  Gnecchi 

15.  ,©'  imp  caes  oomit  avo  german  p  m  tr  p  vii  Testa  lau- 

reata ad.  —  1^  IMP  XIIII  cos  xiiii  gens  p  p  p  Medesimo 
tipo  (a.  88) Coh.  77/224 

MEDAGLIONE   D'ARGENTO. 

16.  ©'  IMP  gaes  DOMIT  AVG  GERM  p  M  TR  p  V  Tcsta  laureata 
a  destra.  —  V^  imp  viii  gos  xi  gons  pot  p  p  Schiava 
germana  piangente  seduta  su  di  uno  scudo.  Sotto  un'asta 
spezzata  (a.  85) Coh.  II  ed.  177 

ARGENTO. 

17.  !&    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    P    M    TR    P  V    BuStO  laUrCatO 

a  destra  coU'egida.  —  9  ■^^P  vini  gos  xi  censoria  po- 
TESTAT  p  p  Schiava  germana  come  nel  precedente 
(a.  85) Coh.  suppl.  17/183 

18.  Come  il  n.  15 Coh.  II  ed.  226 

19.  Variante  con  busto  a  destra  fregiato  dall'egida,  capo 
scoperto Coh.  II  ed.  225 

GRAN  BRONZO. 

20.  ^  IMP  GAES  DOMiTiAN  AVG  GERM  cos  XI  Testa  laur.  a  d. 

—  ^  GERMANIA  CAPTA  s  G  Trofeo.  A  sin.  una  germana 
seduta,  a  des.  un  germano  in  piedi,  le  mani  legate  dietro 
il*dorso  ;    ai    suoi    piedi    un    elmo    e   uno  scudo  (a.  85). 

Coh.  350/135 

21.  i&    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS  XI  GENS    BuStO  laureato 

a  d.  coH'egida.  —  9*  Come  il  preced.  (a.  85).  Coh.  351/136 

22.  Jy    IMP    CAES    DOMIT    AVG  GERM    COS  XII    GENS    PER  P  P    BuStO 

laureato  a  destra  coH'egida.  —  iji  Come  i  precedenti 
(a.  86) Coh.  suppl.  67/— 


ROMA   E   I.A   GERMANIA  359 


23.  S"   IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM  COS  XIII  GENS  PER  P  P    BllStO 

laureato  a  destra  coll'egida  (a.  87).  —  9*  Come  i  pre- 
cedenti   Coh.  352/137 

24.  ^    IMP    CAES    DOMITIAN    AVG    GERM    COS    XI    BuStO    laur.    a  d. 

coll'egida.  —  3^  s  e  Vittoria  a  d.  col  piede  su  di  un 
elmo  in  atto  di  scrivere  de  ger  su  di  uno  scudo  appeso 
a  un  trofeo  d'armi  germaniche.  Ai  piedi  del  trofeo  la 
Germania  piangente  seduta  a  destra  su  di  uno  scudo 
(a.  85) Coh.  453/469 

25.  ^    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS    XI    CENS  PER  P  P    BuStO 

laureato  a  d.  coll'egida.  —  ^  Come  i  precedenti  (a.  85), 

Coh.  454/471 

26.  /©'    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS   XII  CENS  PER   P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.  —    I^    Come    i    precedenti   (a.  86). 

Coh.  455/472 

27.  /©'    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS    XI    CENS  POT  P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.  —  9'  s  e  Vittoria  a  d.  il  piede  su 
di  un  elmo,  che  si  dispone  a  scrivere  su  di  uno  scudo 
appeso  a  un  trofeo  d'armi  germaniche.  Ai  piedi  del 
trofeo  la  Germania  piangente  seduta  a  destra  su  di  uno 
scudo  (a.  85) Coh.  456472 

28.  /©'  Variante  con  imp  caes  domit  avg  ger.m  cos  xiiii  gens 

PER  p  p  Testa  laur.  a  d.  (a.  88  o  89).     Coh.  II  ed.  475 

29.  ^    IMP    CAES    DOMITIAN    AVG    GERM    COS    XI    BustO    iaur.    a    d. 

coll'egida.  —  I^  s  e  Domiziano  galoppante  a  d.  collo 
scudo  germanico  in  atto  di  colpire  colla  lancia  un  ger- 
mano abbattuto  (a.  85) Coh.  471/483 

30.  /fy    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS    XI    CENS  POT  P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.  —   !;&  Come   il    precedente    (a.  85). 

Coh.  472/484 

31.  /B'    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS  XI!    CENS  PER  P  P    TcSta 

laur.  a  d.  —  9  Come  i  preced.  (a.  86)  .     Coh.  473/485 

32.  ^    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM  COS  XIII  CENS  PER    P  P    TcSta 

laur.  a  d.  R)  Come  i  preced.  (a.  87)   .     Coh.  II  ed.  486 

33.  /&    IMP    CAES    DOMIT    AVG  GERM  COS  XIIII  CENS  PER  P  P    Testa 

laur.  a  d.  —  I^  Come  i  preced.  (a.  88  o  89).     Coh.  474/487 

34.  J^    IMP    CAES    DOMITIAN    AVG    GERM    COS    XI    BuStO    iaUr.    a    d. 

coll'egida.  —  !;&  s  e  Domiziano  a  sin.  coH'asta.  Davanti 
a  sin.  un  germano  inginocchiato  in  atto  di  deporre  l'elmo 
e  lo  scudo.  Sotto  un'asta  (a.  85)     .     .     .     Coh.  475/488 

35.  &    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS    XI    CENS  POT  P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.  —  ì^  Come  il  prec.  (a.  85).  C.  476/489 


360  FRANCESCO    GNECCHI 


37 


36.    ^   IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM  COS  XII    GENS    PER  P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.    —  ^    Come    i    precedenti  (a.  86). 
*  Coh.  II  ed.  490 

/P'    IMP    CAES    DOMITIAN    AVG    GERM    COS    XI    BuStO    laUf.   3.    à. 

coll'egida.  —  9  ^  e  Domiziano  a  sin.  coU'asta  e  la 
spada.  Ai  suoi  piedi  il  Reno  sdrajato  con  un  ramo 
(a.  85) Coh.  489/503 

38.  ^    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS    XI    CENS    POT  P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.  —  R)  Come   il   precedente   (a.  85). 

Coh.  490/504 

39.  ^    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS  XII  CENS    PER  P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.   —    S)    Come    i    precedenti  (a.  86). 

Coh.  491/505 

40.  ^    IMP    CAES   DOMIT    AVG   GERM  COS  XIII  CENS  PER  P  P    BuStO 

laur.  a  d.  coll'egida.    —    1$    Come    i   precedenti  (a.  87). 

Coh.  492/506 

41.  ^    IMP    CAES    DOMIT     AVG      GERM     COS     XIIII     CENS     PER     P  P 

Testa  laur.  a  d.  —  P  Come  i  precedenti  (a.  88   o   89). 

Coh.  493/507 

42.  ^    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS  XV    CENS  PER  P  P    TeSta 

laur.  ad.  —  9  Come  i  preced.  (a.  90  o  91)  Coh.  494508 

MEDIO  BRONZO. 

43.  ÌB'    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS  XI    CENS   POT  P  P    BuStO 

radiato  a  d.  coll'egida.  —  9  s  e  Due  scudi  germani  in- 
crociati, dietro  i  quali  un  vessillo,  quattro  lancie,  due 
trombe  e  due  clarini  (a.  85) Coh.  461/536 

44.  fy  IMP  CAES  DOMITIAN  AVG  GERM  COS  X   Busto   radiato  a' 

destra    coll'egida.    —    I^    Come    il    precedente    (a.    85). 

Coh.  462/537 

45.  &    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS  XII    CENS  PER  P  P    BuStO 

radiato  a  d.  coll'egida.  —  Iji  Come  i  precedenti  (a.  86). 

Coh.  463/538 

46.  ly  IMP  CAES  DOMITIAN  AVG  GERM  COS  XI  Busto  radiato  a 
d.  coll'egida.  —  I^  s  e  Trofeo  d'armi  germaniche  fra 
due  prigionieri  seduti  a  terra.  L'uomo  ha  le  mani  legate 
dietro  il  dorso,  la  donna  è  nell'attitudine  della  tristezza 
(a.  85) .     Coh.  464/539 

jy  IMP  CAES  DOMITIAN  AVG  GERM  COS  XI  Testa  radiata  a 
destra.  —  R)  victoriae  avgvsti  s  c  Vittoria  a  sin.  con 
una  palma  sta  scrivendo  su  di  uno  scudo  germanico 
appeso  a  un  trofeo  composto  d'armi  germaniche  (a.  85). 

Coh.  546/639 


47 


ROMA   E   LA    GERMANIA  361 


48.  B'    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS    XI    GENS   POT  P  P    BuStO 

radiato  a  destra  coll'egida.  —  I^  Come  il  precedente 
(3-85) Coh.  547/640 

49.  Lo  stesso  con  busto  laureato  a  destra  coll'egida  (a.  85). 

Coh.  548/641 

50.  ,&    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS    XI    GENS   PER  P  P    BuStO 

iaur.  a  d.  coll'egida.   —   I^    Come    i    precedenti    (a.  85). 

Coh.  549/642 

51.  &    IMP    CAES    DOMIT    AVG    GERM  COS  XII    GENS   PER  P  P    BuStO 

Iaur.  a  d.  coll'egida.   —    P    Come    i    precedenti    (a.  86). 

Coh.  550/643 

52.  /&   IMP   CAES    DOMIT    AVG    GERM    COS  XII  GENS  PER   P  P    TeSta 

radiata  a  d.   —   ^'  Come  i  preced.  (a.  86).  Coh.  II  ed.  644 

53..  IMP    CAES    DOMIT      AVG     GERM    COS    XII      GENS    PER    P    P     BuStO 

radiato  a  d.  coll'egida.    —    F^    Come    i    preced.  (a.  86). 

Coh.  551/645 

ADRIANO. 
ARGENTO. 

1.  /&   HADRIANVS    AVG    COS    111    P    P    TeSta  ad.  —  F^    GERMANIA 

La  Germania  a  sin.  coll'asta  e  appoggiata  al  proprio 
scudo Coh.  263/802 

2.  Variante.  Testa  laureata  a  destra     .     .     .     Coh.  263/803 

3.  Variante.  Busto  a  destra  col  paludamento    Coh.  264/804 

4.  /&   HADRIANVS    AVG    COS    III    P    P    TeSta  a  d.    —    ^    GERMANIA 

La  Germania  a  destra  coll'asta  e  appoggiata  al  proprio 
scudo Coh.  265/805 

5.  Variante.  Testa  laureata  a  destra    .     .     .     Coh.  265/806 

6.  -B"    HADRIANVS    AVG    COS    III    P   P    TeSta    a    S.  —  9'  GERMANIA 

La  Germania  a  destra  coll'asta  nella  sinistra  e  appog- 
giata allo  scudo Coh.  266/807 

7.  Variante.  Testa  laureata  a  destra     .     .     .     Coh.  266807 

GRAN  BRONZO. 

8.  /&  HADRIANVS  AVG  COS  III  p  p   Busto   laureato  a  des.  — 

^  EXERCiTvs  GERMANicvs  s  c  Adriano  a  cavallo  a  destra 
in  atto  di  arringale  tre  soldati,  il  primo  dei  quali  tiene 
un'aquila  e  gli  altri  due  delle  insegne     .     Coh.  793  573 

9.  Variante.  Dei  tre  soldati   il    primo    porta    un'insegna,    il 

secondo    un    vessillo,    il    terzo    un'  insegna    e    lo  scudo. 

Coh.  794/574 
IO.  Var.  del  n.  8  con  exerc  germa  s  c  al  rov.  C.  Il  ed.  562 

46 


362  FRANCESCO   GNECCHI 


M.    AURELIO. 


ORO. 


Sy  M  ANTONiNvs  AVG  GERM  SARM  Busto  laureato  ad.  — 
^  DE  GERM  TR  pxxxi  iMP  Vili  cos  III  p  p  Mucchio  d'armi 
(a.  J77) Coh.  66/155 


ARGENTO. 

2.  Simile  con  testa  laureata  a  destra     .     .     .     Coh.  67/156 

3.  ^  M  ANTONINVS  AVG  GERM  SARM   Testa  laureata  a  d.  — 

I^  DE  GERM  TR  p  XXX  iMP  VII!  COS  IH  p  p  Due  prigionieri 
germani  seduti  su  degli  scudi  appiedi  d'un  trofeo  (a.  176). 

Coh.  69/161 

MEDAGLIONE  DI  BRONZO. 

4.  ^  M  ANTONINVS  AVG  TR  p  XXVII  Busto  laur.  e  corazzato 

ad.  —  91  GERMANIA  svBACTA  IMP  VI  COS  IH  Vittoria  a 
destra  in  atto  di  erigere  un  trofeo  appiedi  del  quale  due 
prigionieri,  una  germana  piangente  e  un  germano  legato. 
Di  fronte  alla  Vittoria  M.  Aurelio  in  abito  militare  col- 
l'asta  (a.  173) Coh.  364/214 

5.  ^  M  AVR  ANTONINVS  AVG  TR  p  xxvii    BuSto    laur.    a    d. 

col  paludam.  —  R)  germanico  avg  imp  vi  cos  ih  Trofeo 
fra  una  germana  piangente  seduta  a  sin.  su  due  scudi 
e  un  germano  stante  a  destra  che  si  volge  a  guardarla. 
Dietro  lui  uno  scudo,  (a.  173)    ....     Coli.  Gnecchi 

6.  ^  m  ANTONINVS  AVG  TR  p  xxvii  Busto  laureato  a   d.  — 

9  viCT  GERM  IMP  VI  COS  III  Vittoria  in  quadriga  lenta  a 
sin.,  volta  all'  indietro  (a.  172)     ...  Coh.  392/993 

7.  Variante  con  Busto  laur.  a  d.  in  corazza,    coH'egida   sul 

petto  (a.  172) Coh.  392/993 

8.  Variante  con  tr  p  xxviii  e  busto  laureato  e  corazzato  a 

destra,  visto  per  di  dietro  (a.  173) .     .     .     Coh.  393/994 

GRAN  BRONZO. 

9.  ^    M    ANTONINVS    AVG    GERM    SARM    TR    P    XXXI     BuStO     laUr. 

a  d.    —   P  DE  GERMA  s  c    Marc'Aurelio    e  Commodo  in 

quadriga  trionfale  a  destra  (a.  177)     .     .     Coh.  459/162 

IO.  ^  Medesima  leggenda.  Testa  laur.  ad.    —    9*  de  ger- 

MANis  IMP  vui  COS  III  p  p  s  c  Mucchio    d'armi    (a.  177). 

Coh.  460/163 


ROMA    K    LA    GERMANIA  363 


11.  iy  M  ANTONiNvs  AvG  TR  p  XXVI  Testa  laureata    ad.  — 

P  GERMANIA  svBACTA  iMP  VI  cos  III  s  c  La  Germania 
piangente  seduta  su  degli  scudi,  appiedi  d'un  trofeo 
(a.  172) Coh.  488/215 

12.  ,C  M  ANTONINVS  AVG  TR  p  XXVII    Testa  laureata  ad.  — 

^  Come  il  precedente Coh.  — /217 

13.  i&  Med.  leggenda.  Busto  laur.  e  corazzato  a   destra.  — 

^  Med.  leggenda.  La  Germania  piangente  seduta  a  sin. 
appiedi  d'un  trofeo.  Davanti  a  lei  una  tromba,  un  gia- 
vellotto e  un  vessillo  (a.  173)  ....  Coli.  489/268 
J4.  B'  Come  il  precedente.  —  T^  Med.  leggenda.  La  Ger- 
mania piangente  seduta  a  d.,  appiedi  d'un  trofeo  (a.  173). 

Coh.  492/222 

15.  M  ANTONINVS  AVG  TR  p  xxvii  Tcsta  laureata  a  destra.  — 

F^  GERMANICO  AVG  iMP  VI  COS  III  s  c  Trofeo  tra  una 
germana  piangente  seduta  a  sin.  su  due  scudi  e  un  ger- 
mano in  piedi  legato  e  che  guarda  all' indietro.  Dietro  a 
lui  uno  scudo  (a  175) Coh.  496/227 

16.  Variante  con  busto  laur.  a  d.  (a.   173).     •     Coh.  497/228 

17.  /Ey  Med.  leggenda.  Testa  laur.  a  d.  —  ì^  Med.  leggenda. 
Trofeo  fra  una  germana  piangente  seduta  su  di  uno 
scudo  e  un  germano  in  piedi  a  d.  A  terra  dietro  a  lui 
uno  scudo  (a  173) Coh.  498/229 

r8.  Sy  Come  il  precedente.  —  R}  vict  germ  (o  germa)  imp 
VI  cos  III  s  e  in  una  corona  d'alloro  (a.  173).  C.  791/9^5 

19.  Variante  con  busto  laur.  e  corazzato  a  d.     Coh.  791/996 

MEDIO  BRONZO. 

20.  &  M  ANTONINVS  AVG  GERM  SARM  TR  p  XXXI  Tcsta  ra- 
diata a  d.  —  tff  DE  GERM  Trofeo  appiedi  del  quale  a  si- 
nistra una  germana  piangente  e  a  destra  un  germano 
legato  (a.  177)   •     •     • Coh.  455/157 

21.  Variante  con  busto  radiato  a  destra     .     .     Coh.  456/158 

22.  &  Medesima  leggenda.  Testa  rad.  ad.—  ^  de  germ 
Trofeo  come  nel  precedente  ma  il  germano  è  a  sinistra 
e  la  germana  a  destra Coh.  457/159 

23.  Variante  con  busto  radiato  a  destra     .     .     Coh.  458/160 

24.  -B'  M  ANTONINVS  AVG  TR  p  XXVI    Testa  radiata   a    d.    — 

I?  GERMANIA  suBACTA  IMP  VI  COS  III  s  c  La  Germania 
piangente  seduta  su  degli  scudi  appiedi  d'un  trofeo  (a.  172) 

Coh.  — /216 


364  FRANCESCO   GNECCHI 


25.  ^  Medesima  leggenda.  Busto  laur.  e  corazzato  ad.  — 
I^  Medesima  leggenda.  La  Germania  piangente  seduta 
a  sinistra  appiedi  d'un  trofeo.  Davanti  a  lei  delle   armi. 

Coh.  490/219 

26.  La  stessa  con  testa  radiata  a  destra      .     .     Coh.  — /220 

27.  Jy  Medesima  leggenda.  Testa  laur.  a  à.  —  ^  Medesima 
leggenda.  La  Germania  piangente  seduta  a  sin.  Dietro 
a  lei  uno  scudo.  Davanti  due  scudi  e  un  giavellotto  (a.  173). 

Coh.  491/221 

28.  ,&  Medesima  leggenda.  Busto  laur.  a  d.  in  corazza.  — 
I^  Medesima  leggenda.  La  Germania  piangente  seduta 
a  d.  appiedi  d'un  trofeo  fra  delle  armi  (a.  173)  C.  493/223 

29.  Variante  con  testa  laureata  a  destra    .     .     Coh.  493/224 

30.  -©"  Medesima  leggenda.  Busto  laur.   (talvolta  in  corazza) 

a  d.  9  Medesima  leggenda.  Germano  piangente  seduto 
fra  delle  armi  appiedi  d'un  trofeo  .     .     .     Coh.  494/225 

31.  Variante  con  tr  p  xxviii  (a.  174)     .     .     .     Coh.  495/226 

32.  ^  M  ANTONiNvs  AVG  TR  p  xxvii    Testa    radiata    a  d.  — 

^  vicT  GERM  iMP  VI  cos  III  s  c    in  Una  corona  d'alloro 

(a-   173) Coh.  792/997 

33.  Variante  con  busto  radiato  a  destra  (a.  173)  Coh.  792/998 


COMMODO. 


ORO. 


1.  &  COMMODO  CAES  AVG  FiL  GERM  SARM  Testa  giovanile  a 
destra.  —  9*  de  germanis  Trofeo  appiedi  del  quale  sono 
seduti  a  sinistra  un  germano  legato,  a  destra  una  ger- 
mana piangente  (a.  176) Coh.  34/76 

2.  IMP    L    AVREL    COMMODVS    AVG    GERM    SARM    BuStO    gioVane  a 

sinistra.  —  de  germ  tr  p  ii  cos  p  p  Trofeo  fra  due  pri- 
gionieri germani  seduti  a  terra,  una  donna  a  sinistra 
piangente  e  un  uomo  legato  a  destra  (a.  177)     C.  34/80 

3.  ÌB'  Med.  leggenda.  Busto  giovanile  laur.  ad.    —    9    de 

GERM  TR  p  II  cos  p  p  Mucchio  d'armi    .     .     Coh.  30/89 

4.  Variante  con  tr  pot Coh.  32/91 

ARGENTO. 

5.  iy  commodo  caes  AVG  FiL    GERM    SARM   Testa    giovanile 

ad.  —  9  DE  GERMANIS  Trofeo  appiedi  del  quale  sono 
seduti  due  prigionieri  su  degli  scudi  .     .     .     Coh.  35/77 


ROMA   E    LA    GERMANIA  365 


6.  ^    IMP    L    AVREL    COMMODVS    AVG    GERM    SARM    BuStO    giova- 

nile a  d.  —   I^  DE  GERM  TR  p  11  cos  p  p  Mucchio  d'armi. 

Coh.  31/90 

GRAN  BRONZO. 

7.  i>  IMP  I,  AVREI,  COMMODVS  AVG  GERM  SARM  BuStO  giova- 
nile laur.  ad.  —  R)  de  germanis  tr  p  h  cos  p  p  s  c 
Mucchio  d'armi  (a.   177) Coh.  483/79 

8.  -py  IMP  CAES  L  AVREL  COMMODVS  GERM  SARM  Testa  gio- 
vanile laur.  a  d.  —  ^  DE  germ  tr  p  11  cos  s  e  Trofeo 
tra  due  prigionieri  germani  seduti  a  terra,  una  donna 
piangente  a  sinistra,  un  uomo  a  destra  colie  mani  le- 
gate dietro  il  dorso Coh.  486/81 

9.  Variante  con  busto  laureato  a  destra     .     .     Coh.  487/82 

10.  &  IMP  L  AVREL    COMMODVS    AVG    GERM    SARM    Medesimo 
busto.   —   t{(  Come  i  precedenti    ....     Coh.  488/83 

11.  ^  Medesima  leggenda.  Testa  giovanile  laureata  ad.  — 

9^  Tipo  simile,  ma  la  germana  è  a  destra  e  il  germano 
a  sinistra Coh.  490/86 

12.  V^ariante  con  busto  giovanile  laureato    a   d.     Coh.  — /88 

13.  ^   IMP    CAES    L    AVREI.  COMMODVS  GERM    SARM    BuStO    giova- 

nile laur.  a  d.  —  9  DE  germ    tr    pot  ii    cos  s  c    Med. 
tipo  coi  due  prigionieri  seduti  su  due  scudi.    Coh.  486/92 

MEDIO  BRONZO. 

14.  ,©'  COMMODO  CAES  AVG  FiL  GER.M  SARM  Tcsta  rad.  a  d.  — 

I^  DE  GERM  TR  p  II  COS  s  c  Mucchio  d'armi.  Coh.  489/84 

15.  Variante  con  busto  radiato  a  destra .     .     .     Coh.  489  85 

16.  &  COMMODVS  CAf:s  AVG  KiL  GERM  SARM    Testa    uuda.   — 

I^  DE  GERMANIS  s  c  Trofeo  appiedi  del   quale    due    pri- 
gionieri (a.  176) Coh.  485/78 

17.  ^  IMP  L  AVREI.  COMMODVS  AVG  GERM  SARM  Testa  radiata 
a  destra.    —   F$  Trofeo  fra  due    germani    seduti  a  terra. 

Coh.  491/87 

CARACALLA. 

ORO. 

I.  &  ANTONiNVS  Pivs  FEL  AVG  Busto  laureato  a  destra.  — 
P  VICTORIA  GERMANICA  Vittoria  che  corre  a  destra  con 
una  corona  e  un  trofeo Coh.  352/645 


366  FRANCESCO   GNECCHI 


2 


ARGENTO. 


La  stessa  moneta Coh.  353/646 

3,    jy    ANTONINVS    PIVS    AVG    BuStO    laUP.    a    d.    -    Ri   VICTORIAÈ 

Due  Vittorie  volanti  e  sostenenti  insieme  uno  scudo  sul 
quale  si  legge  av  gè  Al  disopra  Caracalla  in  abito  mi- 
litare, laureato,  col  globo  e  lo  scettro.  Sotto  due  pri- 
gionieri   seduti    e    legati.    Dietro    a    questi    uno    scudo. 

Coh.  346/619 


MEDIO  BRONZO. 

4.  ,-©"  ANTONINVS  PIVS  AVG  GERM  Tcsta  laur.  d.    —    ^    P  M 

TR  p  XVII  iMP  III  cos  mi  p  p  s  e  Roma  assisa  su  una 
corazza  e  uno  scudo  con  una  Vittoria  e  l'asta,  il  piede 
su  di  un  elmo.  Davanti  a  lei  un  germano  inginocchiato 
in  atto  supplichevole  (a.  214) Coh.  449/264 

5.  Variante  con  busto  radiato  a  destra    Coh.  suppl.  30/265 

6.  Variante  con  busto  radiato  a  sinistra  .     .     Coh.  450/265 

7.  S'  Medesima  leggenda.  Testa  laur.  ad.  —  9  Medesima 
leggenda.  Vittoria  a  sin.  con  un  trofeo  che  tiene  colle 
due    mani.    Ai    suoi    piedi    un    germano    inginocchiato. 


Coh.  451/268 


MASSIMINO    I. 


ORO. 


1.  ^  MAXiMiNvs  PIVS  AVG  GERM  Busto  lauFcato  3  destra.   — 

i^  VICTORIA  GERM  Vittoria  a  sin.  con  una  corona  e  una 
palma.  Ai  suoi  piedi  un  germano  seduto  e  legato  (a.  236). 

Coh.  38/106 

2.  La  stessa  moneta  (Quinario) Coh.  39/105 

ARGENTO, 

3.  La  stessa  moneta Coh.  40/107 

4.  La  stessa  moneta  (Quinario) Coh.  41/108 

5.  ^  iMP  MAXIMINVS  PIVS  AVG    Busto   laureato  a  destra.  — 

I^  VICTORIA  GERMANICA  Massimiuo  in  abito  militare  a  s. 
coll'asta,  coronato  dalla  Vittoria  che  tiene  una  palma. 
Ai  piedi  di  Massimino  un  germano  seduto  in  attitudine 
di  tristezza Coh.  42/112 


ROMA    E   LA   GERMANIA 


3^7 


MEDAGLIONE   DI  BRONZO, 

6.  91  MAXiMiNvs  pivs  AVG  GERM  Busto  laureato  a  destra.  — 
I^  VICTORIA  GERMANICA  Massimino  galoppante  a  sin.  cal- 
pestando due  combattenti  germani.  È  preceduto  dalia 
Vittoria  e  seguito  da  un  milite  collo  scudo.  Coh.  47/116 

GRAN  BRONZO. 

7.  /ly  Come  il  precedente.   —    ^    Victoria  germanica  s  c 

Vittoria  a  sin.  colla  corona  e  la  palma.  Ai  suoi  piedi  un 
prigioniero  legato Coh.  94/109 

8.  La  stessa  senza  se Coli.  Gnecchi 

9.  ìy  Come  i  precedenti.  —  9  Victoria  germanica  Tipo 
del  n.  5 Coh.  97/114 

10.  Variante  con  maximimvs  pivs  avg       .     .     .     Coh.  99/113 

MEDIO  BRONZO. 

11.  Come  il  n.  7 Coh.  95/110 

12.  Variante  con  busto  radiato  a  destra.     .     .     Coh.  96/111 

13.  Come  il  n.  9 Coh.  97/115 

MASSIMINO  I    e    MASSIMO. 

MEDAGLIONE   DI   BRONZO. 

I.  R'  MAXIMINVS  ET  MAXIMVS  AVGVSTI  GERMANICI  BuSti  affron- 
tati di  Massimino  laur.  a  d.  e  di  Massimo  a  capo  sco- 
perto a  s.  —  r$  Come  il  n.  6 Coh.  3/4 

VALERIANO  PADRE. 

ARGENTO. 

1.  B'  iMP  VALERIANVS  PIVS  AVG  Busto  rad.  ad.  —  ^^  ger- 
MANicvs  max  TER  Trofco  appiedi  del  quale  sono  seduti 
due  prigionieri Coh.  54/79 

2.  3'  iMP  e  p  i.ic  VALERIANVS  p  F  AVG    Busto  rad.  ad.  — 

9  VICTORIA  GERM  Vittoria  con  una  palma  a  destra,   ap- 
poggiata allo  scudo Coh.  150/245 

3.  ^  Medesima  leggenda.  Busto  rad.  a  d.  ^  9*    Victoria 

GERM  Vittoria  a  sin.  con    una    corona    e   una  palma.  Ai 
suoi  piedi  un  prigioniero  seduto  e  legato.  Coh.   151/248 

4.  /fy  iMP  e  Lic  VALERIANO  AVG    Busto  radiato  a  destra.  — 

1$  VICTORIA  GERMANICA  Medesimo  tipo     .     Coh.  152/251 


368  FRANCESCO   GNECCHI 


5.  S'  Come  il  precedente.  —  9*    Victoria  germanica    Vit- 

toria con  una  palma    a    sin.    appoggiata    allo  scudo.  Ai 
suoi  piedi  un  prigioniero Coh.  153/252 

6.  Variante  con  imp  p  lic  valeriano  avg       .     Coh.  — /253 

7.  Variante  con  imp  valerianvs  p  avo  .     .     .     Coh.  —,'254 

8.  ÌB'  imp  c  p  lic  valerianvs  p  f  avg    Busto  rad.  ad.  — 

t{(  victoriae  avgg  IT  germ  Vittoria  a  sin.  con   una   co- 
rona e  una  palma Coh.   154/242 

9.  Variante  con  imp  c  p  lic  valerianvs  avg  .     Coh.  155/243 

GRAN  BRONZO. 

10.  ^  imp  c  p  lic  valerianvs  p  f  avg   Busto  laur.  ad.  — 

ì^  VICTORIA  GERM  s  c  Vittoria  a  sin.  con  una    corona  e 
una  palma Coh.  219/246 

11.  Come    il    precedente    con    un    prigioniero    appiedi   della 
Vittoria Coh.  221/249 

MEDIO    BRONZO. 

12.  Come  il  n.   II Coh.     — /250 

13.  Come  il  n.   IO Coh.  220/247 


GALLIENO. 

ORO. 

1.  ,&  GALLiENvs  p  F  AVG  Busto  laur.  e  cor.  a  s.  con  lancia 

e  scudo.  —  I^  viCT  GERMANICA  Vittoria  che  cammina  a 
sinistra  con  una  corona  e  una  palma     .     Coh.  564/1046 

2.  ^  Come  il  preced.   —   ^  Medes.  leggenda.  Vittoria  che 

corre  a  sin.  con  una  corona  e  un  trofeo,  calpestando  un 
germano  {Quinario) Coh.  570/1057 

3.  ^  IMP  GALLIENVS  AVG  GERM    Busto    laur.  e  cor.   ad.  — 

5'  VICTORIA  GERM  Vittoria  a  s.  colla  corona   e  la  palma 
Ai  suoi  piedi  un  prigioniero  germano   .     Coh.  617/1158 

4.  Varietà  con  imp  lic  gallienvs  p  f  avg  .     Coli.  Gnecchi 

5.  Varietà  con  imp  gallienvs  p  f  avg  germ  Busto  laureato 

a  destra Coli.  Trivulzio 

6.  ÌB"  imp  c  p  lic  gallienvs  p  f  avg  —  9'  victoriae  avg 
germanica  [sic)  Vittoria  a  sin.  colla  corona  e  la  palma. 
Ai  suoi  piedi  un  prigioniero Coh.  — /ii97 


ROMA   E   LA    GERMANIA  369 


ANTONINIANO  o  P.  BRONZO. 

7.  ÌB"  galliexvs  avg  Busto  rad.  e  cor.  a  d.   —    I^    german 

MAX  TR  p  Trofeo  appiedi  del  quale  due  prigionieri  ger- 
mani       Coh.  suppl.  22,305 

8.  ly    IMR    GALLIENVS    R    F    AVG    BuStO  rad.   a  d.    —    GERMANICVS 

MAxiMvs  Medesimo  tipo Coh.  185/306 

9.  'B'  iMP  p  Lic  GAi.LiEWS  R  F  AVG  Testa  rad.  a  destra.  — 

R!  GERMANICVS  MAX  TER  Medesimo  tipo  .     Coh.  186/307 

10.  ì^    GALLIENVS    P    F    AVG    BuStO    rad.    a    d.    ~    ti    GERMAMCVS 

MAX  V  Medesimo  tipo Coh.   188/308 

11.  Variante  con  busto  rad.  e  cor.  a  s.  con  scettro  e  scudo 

Coh.  189/310 

12.  Variante  con  imp  gallie.ws  r  .\vg  Busto  a  d.  Coh.  — /312 

13.  Variante  con  gallienvs  r  avg  Busto  rad.  a  d.  Coh.  187/ — 

14.  Variante  con  gallie.ws  avg  germ  v    Busto  radiato  a  si- 

nistra con  lancia  e  scudo Coh.  — /314 

15.  ^  iMR  gallie.ws  r  f  AVG  Busto  rad.  a    d.    —    1^    vicr 

ger.m  Vittoria   che    cammina    a    sin.    colla    corona    e    la 
palma.  Ai  suoi  piedi  un  prigioniero  .     .     Coh.  562/1045 

16.  /ly  gallif-.ws  p  f  AVG  Busto  rad.  e  corazzato  a  sinistra 

con  lancia  e  scudo.  —  I^  vicx  germanica  Medesimo  tipo 

Coh.  563/- 

17.  .1^  Come  il  precedente.  —   1^'  Come  il  precedente  senza 

il  prigioniero Coh.  — /1047 

18.  Variante.  Busto  ladiato  e  corazzato  a  d.      Coh.   — /1048 

19.  Variante.  Testa  radiata  a  destra    .     Coh.  suppl.  63/1049 

20.  Variante.  Busto  radiato    e    corazzato    a    sinistra,  armato 

di  lancia  e  scudo Coh.  568,1050 

21.  >&  IMR  GALLIENVS  AVG  Busto  radiato  e  corazzato  ad.  — 

9'  viCT  GERMANICA  Vittoria  che  corre  a  destra   con   una 
corona  e  un  trofeo Coh.  565/1051 

22.  Variante  imr  gallienvs  v  avg  Busto  radiato  e  corazzato 

a  destra Coh.   — /1052 

23.  Variante  imp  gallienvs  r  avg  Busto  rad.  a  d.  Coh.  — /1053 

24.  Var.  IMR  gallii^jvs  p  f  avg  Busto  rad.  a  d.  Coh.  566/- 

25.  Var.  IMR  gallienvs  pivs  avg  Busto  rad.  a  d.  Coh.  567/1054 

26.  Variante  gallienvs  r  f  avg    Busto    radiato  e   corazzato 

a  sinistra,  armato  di  lancia  e  scudo  .     .     Coh.  568/1055 

27.  Var.  gallienvs  avg  germ  v  Busto  e.  s.      Coh.  569  1056 

28.  -B'  gallienvs   p  f  avg  Busto  e.  s.  —  ^  vict  germanica 

Vittoria  che  corre  a  s.  con  corona  e  trofeo  calpestando 
un  germano  seduto  a  terra  e  legato      .     Coh.  571  1059 

47 


370  FRANCESCO   GNECCHÌ 


29.  Variante  con  busto  radiato  a  destra    .     .     Coh.  — '1060 

30.  tì'  GAM-iENvs  p  F  Avci  Busto  radiato  e  corazzato  ad.  — 
^  viCT  GERMANICA  Vittoria  che  cammina  a  d.  con  una  co- 
rona e  un  trofeo.  Sotto  i  suoi  piedi  un  globo.  Ai  lati 
due  jjermani  seduti  a  terra Coh.  573  1062 

31.  Variante  con  busto  a  destra  {Quinario) .     Coh.  574  1064 

32.  Variante.  Busto  rad.  e  cor.  a  s.  armato  di  lancia  e  scudo. 

Coh.  575/1065 

33.  Variante  con  imp  gali.ienvs  avg    Busto  rad.  e  cor.  a  d. 

Coh.  — /1066 

34.  Var.  con  imp  galijenvs  pivs  avg  Busto  e.  s.   C.  576  1067 

35.  iy  IMP  e  p  Lic  gali.ienvs  p  f  avg  Busto  come  sopra.  — 
9  VICTORIA  germ  Vittoria  a  s.  colla  corona  e  la  palma. 
Ai  suoi  piedi  un  prigioniero Coh.  — /1160 

36.  Variante  con  busto  laureato  e  paludato  a  d.     Coh.  — /1161 

37.  Variante  con  imp  gallienvs  p  f  avg  germ  Busto  radiato 

e  corazzato  a  destra Coh.  618/1162 

38    Var.  con  imp  gallienvs  p  f  avg  g  m  Testa  laur.  a  des. 

Coh.  — ;ii63 

39.  Var.  con  imp  c  p  lic  gallienvs  avg  Busto  radiato  e  co- 

razzato a  destra Coh.  — /1164 

40.  Var.  con  imp  gallienvs  p  f  avg  Busto  radiato  e  coraz- 
zato a  destra Coh.  — ,1165 

41.  &  IMP  gallienvs  avg  Busto  radialo  e  corazzato  ad.  — 
Ip.  VICTORIA  GERMAN  Vittoria  a  d.  colla  palma  nella  s. 
in  alto  di  presentare  una  corona  a  Gallieno  che  tiene 
il  globo  e  l'asta Coh.  620/1173 

42.  Variante  con  imp-  gallienvs  p  f  avg  Busto  radiato    a  d. 

Coh.  621/1174 

43.  >&  imp  gallienvs  p  f  AVG  GERM  Busto  radiato  ad.  — 
^  VICTORIA  germanica  Vittoria  a  s.  colla  corona  e  la 
palma.  Ai  suoi  piedi  un  prigioniero  germano.  C — /1175 

44.  GALLIENVS  AVG  GERM  Busto  rad.  e  cor.    a    s.   con  asta  e 

scudo.  —  1^  VICTORIA  GERMANICA  Vittoria  corrente  a  d, 
su  di  un  globo  sostenuto  da  due  schiavi  germani  seduti 
e  legali Coh.  622/1176 

45.  Var.  con  gallienvs  avg  germ  v    .     .     .     Coh.  623/1177 

46.  Var.  con  GALLIENVS  AVO  germ  Testa  rad.  a  d.    Coh.   — /1178 

47.  Var.  con  imp  gallienvs  pivs  avg  Busto  radiato  a  destra. 

Coh.  624/1179 

48.  Var.  con  gallienvs  avg  Come  il  preced.     Coh.  — /1180 

49.  Var.  con  gallienvs  p  f  avg  Come  il  prec.     Coh.  — /1181 


ROMA    E    LA    GERMANIA  37I 


50.  Var.  con  imp  galijenvs  p  f  avg    Busto   radiato  e  coraz- 

zato a  destra Coli.  Gnecchi 

51.  ■&  GAi.LiENVs  p  F  AVG  Biisto  laur.  a  s.  con  asta  e  scudo. 

—  i^  VICTORIA  GERMANICA  Vittoria  corrente  a  s.  colla 
corona  e  la  palma Coh.  — ,1182 

52.  B'  IMI»  GAI.LIENVS  p  F  AVG  GERM  Busto  rad.  e  cor.  ad.  — 
9'  VICTORIA  G  M  Vittoria  con  corona  e  palma  a  sin.  Ai 
suoi  piedi  un  prigioniei'o  legato     .     .     .     Coh.  625/1185 

53.  Var.  IMP  GALLIENVS  p  F  AVG  G  M  Busto  radiato  a  destra. 

Coh.  627/1187 

54.  /B'  IMP  GALIJENVS  p  F  AVG  G  M  Busto  rad.  e  cor.  ad.  — 

^  VICTORIA  G  M  Trofeo  fra  due  prigionieri.  C.  628/1189 

55.  ly  IMP  e  p  Lic  tJALLiENVs  p  F  AVG  Busto  radiato  e 
corazzato  a  destra.  —  F$  victoriae  avgg  it  germ  Vittoria 
a  sin.  colla  corona  e  palma.  Ai  suoi  piedi  un  prigioniero. 

Coh.  635  II 98 

56.  Var.  IMP  GAI.LIENVS  p  E  AVG  GERM  Busto  rad.  e  cor.  a  d. 

Coh.  636/1 199 

MEDAGLIONE   DI  BRONZO. 

57.  B"  IMP  GAI.LIENVS  p  F  AVG  GERM  Busto  lauf.  e  cor.   a  d. 

—  5^  VICTORIA  GERMANICA  Gallieno  a  d.  coronato  dalla 
Vittoria.  Dietro  Gallieno  un  prigioniero  seduto,  davanti 
uno  inginocchiato Coh.  733/1183 

GRAN   BRONZO. 

58.  &  IMP  GAI.LIENVS  p  F  Avv.  GER.M  Busto  laur.  e  cor.   a  d. 

—  li  viCT(^RiA  GERM  s  c  Vittoria  a  s.  con  corona  e 
palma.  Ai  suoi  piedi  un  prigioniero        .     Coh.  845/1167 

59.  Var.  con  imp    gallienvs    p  f    avg    g  m    Busto    laurealo. 

Coh.  847/1 169 

60.  Var.  con  imp  gallienvs  pivs  avo    Testa  laur.    a    destra. 

Coh.  848  1 170 

61.  Testa  laur.  Victoria  g  m  s  c  Med.  tipo.     Coh.  851/1188 

MEDIO   BRONZO. 

62.  B"  IMP  GALLIENVS  p  F  AVG  Busto  laur.  ad.  —  ^  vict 
GER  li  Vittoria  a  sinistra  con  corona  e  palma.  Ai  suoi 
piedi  un  prigioniero Coh.  827  1044 

63.  &  (ìallienvs  p  f  avg  Busto  laur.  a  d.  —  tj  vicioria 
GERM  Vittoria  con  corona  e  palma  a  s.  Ai  suoi  piedi 
un' prigioniero Coh.  8461171 


372  FRANCESCO    GNECCHI 


64.  Var.  con  testa  laurata  a  destra      .     .     .     Coh.  849/1172 

65.  Var.  con  imp  gallienvs  p  f  avg  g  m  Testa  laureata  a  d. 

Brera 

66.  i^  GALLiENvs  p  V  AVG  GERM    Biisto  laureato   e    coronato 

a  sinistra  con  asta  e  scudo.  —  ^  Victoria  germanica 
Gallieno  coronato  dalla  Vittoria.  Ai  lati  dell'imperatore 
due  prigionieri  legati Coh.  850/1184 

QUINARIO  DI  BRONZO. 

67.  B'  GALLIENVS  p  I'  AVG  Busto  laur.  e  coraz.   a  destra.  — 

^  GERMANicvs  MAX  V  Trofeo  appiedi  del  quale  due  pri- 
gionieri germani Coh.  190/315 

68.  ^  GALLIENVS  p  F  AVG  Busto  laureato  e  corazzato  a  sin. 

armato  di  lancia  e  scudo.  —  1^  vict  germanica  Vittoria 
che  corre  a  sin.  con  corona  e  trofeo  calpestando  un  ger- 
mano      Coh.  — /1058 

69.  GALLIENVS  p  F  AVG  Busto  laur.  ad.    —    9^    vict  germa- 

nica Vittoria  che  cammina  a  d.  con  una  corona  e  un 
trofeo,  su  di  un  globo  ai  lati  del  quale  due   prigionieri. 

Coh.  574/1064 

70.  i&  imp  GALLIENVS  AVG  GERM    Busto  laur.    e   cor.  ad.  — 

I^  VICTORIA  GERM  Vittoria    a    sin.    con    corona  e  palma. 

Gnecchi 

71.  i^  IMP  e  p  Lic  GALLIENVS  AVG  Busto  laur.  e  cor.  ad.  — 
R)  VICTORIA  GERM  Vittoria  a  sinistra  con  corona  e  palma  ; 
ai  suoi  piedi  un  prigioniero Coh.  619/1166 

72.  ^  IMP  GALLIENVS  p  F  AVG  GERM  Busto  laur.  e  cor.  ad.  — 

9/  VICTORIA  G  M  Vittoria  come  sopra     .     Coh.  626/1186 

POSTUMO. 

ORO. 

1.  ^  posTVMvs  AVG  Busto  coH'elmo  e  la  corazza  a  sinistra. 

Sull'elmo  si  vede  la  Vittoria  in  biga.  —  ^  vict  germ 
p  M  tr  p  V  cos  III  p  p  Postumo  a  sin.  coronato  dalla 
Vittoria Coh.  178/367 

2.  Var.  con  postvmvs  pivs  avg  Testa  laur.  a  d.    C.  — /369 

ANTONINIANO. 

3.  ^  IMP  c  POSTVMVS  p  F  AVG  Busto  rad.  a  d.   —    I^  ger- 

MANicvs  MAX  V  Trofeo  appiedi  del  quale  due  prigionieri. 

Coh.  83/84 

4.  Come  il  n.  I Coh.  179/368 


ROMA    E   LA    GERMANIA  373 


GRAN  BRONZO. 

5.  Come  il  n.  3 Coh.  223/85 

MEDIO  BRONZO. 

6.  Medesimo  tipo Coh.  224/86 


TETRICO    PADRE. 


ORO. 


I.  &  iMP  c  c  .p  F.sv  TETRicvs  AVG  Tcsta  laureata  a  sin.  — 
I^  VICTORIA  GERM  Teti'ico  a  sin.  col  globo  e  l'asta  co- 
ronato   dalla    Vittoria.    Ai    suoi    piedi    un     prigioniero. 

Coh.  33/195 

CLAUDIO    GOTICO. 

IMCCOLO    BRONZO. 

1.  ,&  iMP  cLAVDivs  ì>  F  AVG  Busto  rad.  a  d.  —  9  victor 
GER.M  Vittoria  a  sin.  con  uno  scudo  e  una  palma  fra  due 
prigionieri Coh.  220/ — 

2.  ^  iMP  cLAVDivs  p  F  AVG    Busto  rad.  a  d.   —    9  victor 

GERMAN  Trofeo  fra  due  prigionieri  seduti  a  terra. 

Coh.  suppl.  22/289 

3.  ,©'  iMP  e  CLAVDivs  AVG  Testa  rad.  a  d.  —  9'  Victoria  g  m 
Vittoria  a  sinistra  con  uno  scudo  e  una  palma  fra  due 
prigionieri  seduti  a  terra Coh.  219/304 

4.  &  iMP  clavdivs  AVG  Busto  rad.  a  d.  —  F^  Victoria 
german  Trofeo  fra  due  prigionieri       .     ,     Coh.  216/305 

5.  Var.  con  imp  ci.avdivs  p  f  avg  ....     Coh.  217/306 

6.  ,iy  iMP  e  M  avr  ci.avdivs  avg  Busto  rad.  —  ^  Victoria 

germanio  Medesimo  tipo Coh.  — /307 

AURELIANO. 

PICCOLO   BRONZO. 

I.  iy  IMP  avrei. lANvs  AVG  Busto  rad.  e  corazzato  a  d.  — 
R)  VICTORIA  GERM  Vittoria  che  cammina  a  sinistra  colla 
corona  e  la  palma Coh.  202/259 


374 


FRANCKSCO    GNECCHI 


13 


PROBO. 


ORO. 


1.  B"  iMP  l'KOBVs  AVG  Busto  laureato  e  corazzato  a  d.  — 
]^  VICTORIA  GERM  Trofco  fra  due  prigionieri.    C.  47/755 

2.  ly  iMP  PROiìvs  AVG  Busto  a  s.  in  elmo  e  corazza  armato 
di  lancia  e  scudo.   —   9  Victoria  germ    Medesimo  tipo. 

Coh.  48/762 

3.  Var.  IMI'  PROBVS  avg  Busto  laureato  a  sinistra  colla  co-_ 

razza,  l'egida  e  la  spada Coh.   — /763 

ANTONINIANO. 

4.  ìy  iMP  PROBVS  I'  AVG  Busto  laureato  e  corazzato  ad.  — 
P  VICTORIA  GERM  Vittoria  che  cammina  a  sinistra  con 
corona    e    palma    fra    due    prigionieri    seduti    e    legati. 

Coh.  570  761 

5.  &  Come  il  precedente.  —  9'  Victoria  germ  Vittoria 
che  cammina  a  d.  con  una  corona  e  un  trofeo  tra  due 
prigionieri  seduti  e  legati Coh.  572/759 

6.  Variante  con  ijip  probvs  p  f  avg      .     .     .     Coh.   -  /760 

7.  ^  PROBVS  p  F  AVG  Busto  radiato  e  corazzato  a  des.  — 
P   VICTORIA  GERM  Trofeo  fra  due   prigionieri.   C.  573/766 

8.  Variante  imp  probvs  avg  Busto  laureato  e  corazzato  a  d. 

Coh.  574/767 

9.  Variante.  La  stessa  con  busto  radiato  e  corazzato    a    d. 

Coh.  575/768 
To.  Variante  imp  c  m  avr  probvs  avg  Busto  laur.  C.  580/765 
li.  Variante  imp  probvs  p  t  avg    Busto  rad.  e  corazz.  a  d. 

Coh.   -/773 
12.  Variante  imp  c  probvs  avg  Busto  e.  s.      .     Coh.  — '775 


MEDIO  BRONZO. 

,&  IMP  c  M  AVR  probvs  p  f  AVG  Busto  laureato  e  co- 
razzato a  d,  ~  1^'  VICTORIA  GERM  Vittoria  a  d.  volta  al- 
l'indietro  con  corona"  e  palma  fra  due  prigionieri  a  terra. 

Coh.  571  758 

14.  Lo  stesso,  ma  la  Vittoria  porta  una  corona  e  un  trofeo. 

Gnecchi. 

15.  y  IMP  e  M  AVR  PROBVS  AVG     Busto  laur.  e  cor.  ad.  — 
ip  VICTORIA  GERM  Trofeo  fra  due  prigionieri.  C.  579  764 


ROMA    E    LA    GERMANIA  375 


QUINARIO  DI  BRONZO. 

i6.  ^  iMP  PROBVs  V  F  AVG  Busto  laureato  e  cor.  a  d.  — 
ì^  VICTOR  GER  Vittoria  che  cammina  a  d.  con  una  corona 
e  un  trofeo  fra  due  prigionieri  a  terra    .     Coli.  555  734 

17.  Variante  con  victor  germ Coh.   — /735 

18.  ^  IMP  PROBVS  p  K  AVG  Busto  laur.  e  corazzato  a   d.  — 

R}  VICTORIA  GER  Vittoria  che  cammina  a  destra  con  una 
corona  e  un  trofeo Coh.   —  754 

19.  ìy  IMP  PROBVS  AVG  Busto  laur.  e  cor.  a  d.  —  9^  Victoria 
GER  Trofeo  fra  due  prigionieri    ....     Coh.  568  756 

20.  Var.  con  imp  probvs  p  avg  Busto  laur.  a  d.    C.  569,757 

21.  .&  IMP  PROBVS  AVG  Busto  laur.  e  cor.  a  d.  -  fji'  Victoria 
GERM  Trofeo  come  sopra Coh.  — '774 

22.  Var.  PROBVS  avg  Busto  laur.  ad..     .     .     Coh.  576/769 

23.  Var.  Lo  stesso  col  busto  visto  per  di  dietro.     Coh.  —  770 

24.  Var.  Busto  laur.  e  cor.  ad Coh.  — 771 

25.  Var.  PROBVS  p  avg  Busto  laureato  a  des.       Coh.   — /772 

26.  Var.  IMP  PROBVS  p  f  avg  Busto  I.  e  e.  a  d.     Coh.  577  774 

27.  Var.  IMP  e  PROBVS  p  f  avg Coh.  578/776 

CARINO. 
ORO. 

1.  ^  IMP  c  M  AVG  CARiws  p  F  AVG  Busto  lauf.  a  d.  — 
1^  VICTORIA  GERMANICA  Vittoria  in  biga  veloce  a  s.  con 
corona  e  palma.  Sotto  la  biga  un  prigioniero.  C.  28  158 

2.  Var.  IMP  e  CARiNVS  p  f  avg  Busto  laur.  a  d.  Coh.  -    159 

CARAUSIO. 

PICCOLO   BRONZO. 

1.  &  IMP  CARAVSivs  AVG  Busto  rad.  a  d.  —  ii'  Victoria 
GER  Trofeo  fra  due  prigionieri   ....     Coh.  262/385 

2.  ■&    I.MP    e    CARAVSIVS    P    AVG      BuStO    C.    S.      —      ì^     VICTORIA 

GER.MA  Medesimo  tipo Coh.  — 386 

COSTANTINO  MAGNO. 

ORO. 

1.  /&  coNSTANTiNvs  p  F  AVG  Tcsta  laur.  a  d.  —  9"  ''^'•''^" 
MANNiA  (all'esergo)  gavuivm  ro.manorvm  (in  giro).  La 
Germania  seduta  a  terra  in  atto  di  tristezza  a  sin.  che 
si  volge  all'  indietro  guardando  un  trofeo.     Coh.  59  165 


376  FRANCESCO   GNECCHI 


2.  Var.  La  Germania  non  si  volge  all'  indietro  e  appoggia 

la  mano  sinistra  a  terra Coh.  60/166 

3.  Var.  La  stessa  di  piccolo  modulo      .     .     .     Coh.   — /167 

4.  Var.  La  stessa  di  piccolo  modulo  senza  l'iscrizione  ala- 

MANNiA  e  con  TR  all'esergo Coli.  Gnecchi 

5.  ^'  Come  i  precedenti.   —   ^  franc  et  alam  (all'esergo) 

GAVDivM  ROMANORVM  (in  giro).  Trofeo  appiedi  del  quale 
la  Francia  e  la  Germania Coh.  — /169 

6.  Var.  Busto  di  Costantino  nimbato  a  sin.    col    manto  im- 

periale col  globo  niceforo  e  un  libro    .     .     Coh.  62/170 

C  R  I  S  P  O. 

ORO. 

1.  ly  FL  ivL  cRispvs  NOB  CAES  Busto    laur.    a    sinistra.    — 

9    ALAMANNIA    (all'cSergo)    GAVDIVM    ROMANORVM    (in    gÌro). 

La  Germania  seduta  a  sin.  piangente    in    atto    di  rivol- 
gersi a  guardare  un  trofeo Coh.  6/74 

PICCOLO   BRONZO. 

2.  ^y  FL  ivL   CRispvs  NOB    CAES    Testa    laur.    a    destra.   — 

P  ALAMANNIA  DEViCTA  Vittoria  che  cammina  a  d.  con  un 
trofeo  e  una  palma  calpestando  un  prigioniero.  Coh.  29/1 

3.  Variante  con  crispvs  nob  caes Coh.  30/2 

COSTANTINO  II. 

ORO. 

1.  ly  FL  CL  coNSTANTiNvs  iVN  N  c    Testa  laureata  ad.  — 

9*  Tipo  di  Crispo,  n.  i Coh.  26/108 

PICCOLO  BRONZO. 

2.  ^  CONSTANTINVS  ivN  NOB  CAES    Busto  laur.  a  destra  — 

I^  ALAMANNIA  DEVicTA  Medcsimo  tipo  di  Crispo.  e.  73/1 

3.  Variante  con  constantinvs  ivn  nob  c      .     .     Coh.  74/2 

Francesco  Gnecchl 


Di  un  Sestante  inedito  e  singolare 

CON  LEGGENDA  BILINGUE 
battuto   nella   metropoli    etnisca    di    Tarquinia 


Dell'officina  monetaria  di  Tarquinia  finora  non 
si  conosceva  alcun  esemplare  coniato.  Si  è  attribuito 
a  quella  celebre  metropoli  etrusca  una  serie  di  aes 
grave,  mentre  già  si  conoscevano,  per  essersi  rinve- 
nuti nelle  terre  tarquiniesi  ed  in  quelle  adiacenti  di 
Cere  e  di  Vei,  parecchi  pezzi  d'aes  rude  e  signatum, 
i  quali  attestano  l'esistenza  in  quelle  sedi  di  un'offi- 
cina monetaria  fin  da  epoche  remotissime  (''.  Ora 
l'unico  esemplare  battuto  che  ci  ricordi  la  città  di 
Tarquinia,  è  il  piccolo  sestante  di  sistema  ridotto, 
da  me  posseduto,  e  che  qui  si  pubblica  per  la  prima 
volta.  Esso  reca  i  seguenti  tipi  : 

^  —  Testa  galeata  di  Pallade  a  dr.,  dietro  due  giobetti, 
intorno  leggenda  in  caratteri  etruschi  ANT'?^... 
. . .  {archna). 

r^  —  Protome  di  cavallo  origliato  a  dr.,  con  delfino  sot- 
tostante. Attorno,  leggenda  latina  . .  .MA  ...  i  ..  NO 

(Romano). 

JE,  grammi  3,20. 


(i)  MoMMSEN  :  Hist.  de  la  monn.  rom.  Tradut.  Blacas,  IV,  pag.  13 
et  suiv.  —  Fabretti  h.:  Il  Museo  d'antichità  della  R.  Università  di  To- 
rino, T872,  §  41.  —  Garrucci  R.  :  Monete  dell'Hai,  ant.,  parte  I  (Mon. 
fuse),  pag.  24  e  tav.  XLVI,  n.  i   39. 

48 


Q^8  GIOVANNI    PANSA 


L'esemplare  è  in  eccellente  stato  di  conserva- 
zione e  se  le  due  leggende  non  sono  complete,  ciò 
si  deve  al  fatto  che  esso  non  è  centrico;  per  modo  che 
nella  pressione  esercitata  dal  conio  la  prima  lettera 
è  sfuggita  interamente,  e  le  altre  due,  appena  ac- 
cennate, ho  ricostruite  coi  puntini  alla  parte  man- 
cante. Ciò  non  toglie  che  la  prima  delle  leggende, 
in  carattere  etrusco,  debba  integrarsi  con  l'ag- 
giunta di  una  T,  per  potersi  leggere  Tarchna,  che 
in  etrusco  corrisponde  a  Tarquinia.  Infatti  il  nome 
di  questa  città  non  è  già  Tarchuna,  come  alcuni 
hanno  supposto,  ma  Tarchna,  e  ciò  è  dimostrato 
dalle  iscrizioni  che  di  recente  si  sono  rinvenute.  La 
seconda  leggenda,  del  rovescio,  è  più  difettosa,  ma 
non  si  può  sconvenire,  anche  per  ragioni  di  analogia 
con  le  altre  monete  dello  stesso  tipo,  che  le  poche 
lettere  superstiti  facciano  parte  della  leggenda  RO- 
MANO. Abbiamo  così  una  moneta  nuova  e  singolare, 
del  cosidetto  tipo  alla  testa  di  cavallo,  con  leggenda 
bilingue.  I  tratti  delle  lettere  hanno  anche  una  fiso- 
nomia  particolare.  La  lettera  A  latino-arcaica,  che  si 
trova  in  alcuni  alfabeti  pompeiani  O  e  così  pure  nei 
monumenti  volsci  ed  in  quelli  dei  marsi,  scritti  da  si- 
nistra a  destra  con  caratteri  romanizzati  ^^^  ricorre, 
sebbene  non  abitualmente,  nell'alfabeto  etrusco,  come 
è  dimostrato  da  alcune  iscrizioni  di  vasi  provenienti 
da  Vulci  (3).  Non  deve  meravigliare  che  questa  let- 
tera nella  stessa  leggenda  vada  unita  ad  un'altra  fì, 
corrispondente  alla  vera  e  più  comune  forma  etrusca. 
Esempi  consimili  di  quest'  ultima  lettera  ad  arco 
tondo  e  della  A,  ad  arco  acuto,  si  notano  promiscua- 
mente in  altre  iscrizioni  '4'. 


(i)  Garrucci  R.  :  Graffiti  di  Pompei,  tav.  I,  n.  8,  12. 

(2)  Fabretti  a.:  Corpus  inscript,  ital.,  1."  suppl.,    parte  II,    fase.  i.° 
Osservaz.  paleograf.  „,  pag.  170,  176. 

(3)  Ivi,  n.  2453  bis  ",  2178,  2246. 

(4)  Fabretti  :  Op.  cit.  pag.   174. 


DI    UN    SESTANTE    INEDITO    E    SINGOLAUE  379 

La  lettera  T  {eh)  neppure  apparterrebbe  all'  al- 
fabeto etrusco,  al  quale  spettano  invece  la  4'  o  T, 
che  fu  copiata  ai  greci.  Ma  qui  si  osservi  che  nem- 
meno gli  Umbri,  né  i  popoli  della  Campania  e  del 
Sannio  ebbero  il  suono  della  gutturale  aspirata  (^i; 
e  d'altra  parte  a  nessun  alfabeto  italico  può  ascri- 
versi quella  lettera  meno  che  all'etrusco,  ritenendola 
una  variante  ingentilita  della  t,  la  quale  arieggia 
quella  rotondeggiante  H^,  che  pure  s'incontra  nel- 
l'alfabeto etrusco  (2). 

Il  tipo,  in  fine,  della  nostra  moneta  si  può  dire 
perfettamente  conforme  a  quello  delle  monete  di 
Cosa  o  Cossa  VolcienUiim,  altra  città  dell' Etr uria  presso 
Orbetello,  dove  ora  è  Ansidonia,  alla  quale  il  Gar- 
rucci,  dopo  l'Eckhel  e  il  Lanzi,  ha  attribuito  quelle 
monete  che  hanno  la  leggenda  COSANO  o  COZANO  (3) 
contro  l'opinione  del  Carelli.  dell'Avellino,  del  Mil- 
lingen,  del  Ruhnken  e  del  Madvvig,  rinnovata  recen- 
temente dall'Head  '4),  i  quali  le  avevano  ritenute  come 
spettanti  ad  una  Cosa  della  Campania  o  del  Samnio  e 
più  propriamente  ad  una  città  di  simil  nome  del  ter- 
ritorio degl'Irpini.  La  differenza  fra  la  nostra  mo- 
netina e  le  monete  di  Cosa,  sta  solo  nel  peso,  ch'è 
di  gr.  3,20  per  la  prima  e  quasi  il  doppio  per  queste 
ultime.  Ciò  farebbe  supporre  come  le  monete  co- 
sane  oggi    conosciute    non    sieno   che   dei    multipli. 


(i)  Solamente  alcune  iscrizioni  di  vasi  capuani,  le  quali  rivelano 
un'influenza  della  grafia  etrusca,  hanno  y  (Fabretti  :  Op.  cit.  n.  2754  »•  '') 
nonché  una  patera  trovata  presso  S.  Agata  dei  Goti,  che  reca  traccie 
dell'antica  ortografia  greca  (H)  =  %).  (Fabretti  :  Ivi,  "  Osserv.  pai.  », 
pag.  204). 

(2)  Fabretti  :  Ivi,  n.  2328. 

(3)  EcKHEL  :  Sylloge,  1,  pag.  81.  —  Lanzi:  Sax'g'o  di  lingua  etnisca, 
ir,  pag.  48.  —  Garrucci  :  Mon.  dell'Ital.  aiti.,  parte  II,  pag.  74  e  segg. 
e  tav.  LXXXII,  n.  33,  24,  25. 

(4)  Histor.  niim.,  pag.  25.  L'Head,  seguendo  il  Poole  (Brilish.  Mus. 
Calai,  u  Italy  ",  pag.  69,  n.  x,  2,  3),  continua  ad  attribuire  quelle  mo- 
nete ad  una  Compsa  del  Sannio. 


380  GIOVANNI    PANSA 


ovvero  dei  quadranti  corrispondenti  al  piccolo  se- 
stante tarquiniese,  secondo  un  sistema  in  comune 
adottato.  Rivendicate,  come  si  è  detto,  all'antica  Cosa 
etrusca  le  monete  con  la  leggenda  di  cui  sopra, 
anche  la  monetina  di  cui  ci  occupiamo  per  la  prima 
volta  non  può  appartenere,  per  l'analogia  dei  tipi  e 
dello  stile,  che  ad  una  città  etrusca  dello  stesso  ter- 
ritorio. Questa  città,  delle  dodici  che  allora,  insieme 
a  Cosa,  formavano  una  dodecapoli,  è  evidentemente 
Tarquinia. 

Cosa,  situata  presso  Orbetello,  sul  monte  Ar- 
gentaro,  dove  oggi  sono  le  rovine  di  Ansedonia, 
entrò,  dopo  la  caduta  di  Faleria,  nel  numero  delle 
dodici  città  confederate,  a  capo  delle  quali,  come 
madre  patria,  risiedeva  Tarquinia  <i),  ch'era  posta 
sopra  un  colle  vicino  al  fiume  Marta,  sulla  stessa 
strada  che  da  Cosa  conduceva  a  Roma.  Gli  avanzi 
di  Tarquinia  si  vedono  sopra  una  collina  bislunga, 
detta  ancora  «  il  colle  di  Tarchino  »,  circa  due  miglia 
distante  da  Corneto  e  quattro  dal  mare.  I  sepolcri 
gentilizi  di  Tarquinia,  con  le  loro  ricche  suppellettili, 
mostrano  tuttora  la  grande  civiltà  di  quella  metro- 
poli etrusca  e  il  grado  d'eccellenza  a  cui  seppero 
pervenire  i  suoi  abitanti,  la  cui  perizia  nel  mare  e 
le  smisurate  ricchezze  provocarono  di  continuo  il 
risentimento  e  la  cupidigia  di  Roma  (2).  Per  la  guerra 
coi  romani  la  potenza  di  Tarquinia  e  delle  altre 
città  della  dodecapoli  decadde  molto,  e  non  tardò 
assai  che  quella  divenne,  insieme  a  Cosa,  colonia 
romana. 
"    Tale  era  nell'anno  474  (280  a.  C.)  (3»,    epoca   a 


(i)  Moller  O.  :  Die  Elrusker.   Stuttgart,    1877,  I,   pag.  67  e  seg.  — 
NoEL  DES  Vergers:  L'Etriirie  et  les  Etrtisques,  1862,  I,  pag.  i49etsuiv. 

(2)  Cfr.   Byres  :    Hypogaei   or   the   sepulcral  caverns    of  Tarquinia. 
Londres,  1842.  —  Muller  :  Die  Elrusker,  cit.,  I,  pag.  118  et  suiv. 

(3)  Mommsen  :  Storia  Romana.  Traduz.  Sandrini,  voi.  I,  pag.  402. 


m    UN    SESTANTE    INEDITO    E    SINGOLARE  381 


cui  approssimativamente  deve  ascriversi  la  nostra  mo- 
neta. Ed  appunto  cogli  anni  303-270  a.  C,  si  fanno 
coincidere  le  emissioni  dei  tipi  con  la  leggenda 
ROMANO,  che  si  credono  fatte  dalle  colonie  e  dalle 
città  deditizie  o  alleate  di  Roma. 

Tutti  i  popoli,  a  quanto  sembra,  che  godettero  re- 
lazioni d'alleanza  con  Roma  a  pari  condizioni  (foedus 
aequum),  coniarono  monete  in  argento  e  in  bronzo  con 
la  leggenda  suddetta.  Quelle  in  ispecie  con  la  testa 
del  cavallo  che,  sia  per  ragioni  di  stile  che  di  prove- 
nienza, accusano  tante  sedi  diverse  e  disparate,  sono 
state  fino  ad  oggi  dai  più  autorevoli  numismatici,  fra 
cui  il  Bahrfeldt,  l'Haeberlin,  il  Milani  ed  altri,  rimandate 
all'anno  343  come  provenienti  da  una  officina  suc- 
cursale di  Roma,  istituita  nella  città  di  Capua  allora 
soggetta  completamente  {dcdititid)  a  Roma.  Ma  il 
Sambon  teste  ha  saviamente  osservato  come  nulla 
ci  autorizza  finora' a  ritenere  Capua  centro  di  quella 
straordinaria  emissione.  Anzi  dalla  critica  storica  in- 
torno alla  narrazione  confusa  e  contradditoria  degli 
annalisti  del  secolo  d'Augusto  sugli  avvenimenti  che 
ridussero  Capua  alla  dipendenza  di  Roma,  e  dall'ana- 
lisi dei  ripostigli  ove  furono  trovate  quelle  monete 
emerge,  al  contrario,  ch'esse  furono  coniate  su  larga 
scala  «  per  regolare,  come  moneta  di  tipo  unico, 
il  vasto  commercio  che  traversando  la  Puglia,  il 
Sannio  ed  il  Lazio,  faceva  capo  a  Roma  »,  e  che  sor- 
tirono probabilmente  in  gran  copia  dalle  officine  di 
Calvi  (ove  già  dal  334  i  romani  avevano  condotta 
una  colonia)  e  di  Arpi,  città  devota  a  Roma  fin  dal 
326  '').  Tuttavia  l'uso  di  quelle  monete  si  era  esteso 


(i)  Sambon  A.  :  L'Aes  grave  ilatico  (in  Riv.  Hai.  di  Num.,  an.  XX, 
1907,  fase.  Ili,  pag.  367  e  segg.).  Il  Garrucci  :  (Mon.  dell'Italia  ani., 
parte  II,  pag.  60  e  tav.  LXXVII,  22),  riporta  una  moneta  col  tipo  della 
testa  di  cavallo  e  la  leggenda  SVES  in  basso,  al  posto  dtlla  leggenda 
ROMANO.  Non  si  può  giudicare  però  se  trattasi  di   moneta  apparte- 


382  GIOVANNI   PANSA 


largamente  anche  all'Etruria,  dove  fin  dal  III  secolo 
avevano  incominciato  ad  affluire  i  prodotti  della 
Campania,  come  i  vasi  a  vernice  nera  ed  a  rilievo  (0, 
Anche  nella  parte  più  settentrionale  dell' Etruria, 
dalle  officine  celtiche  cisalpine  si  emisero  in  gran 
copia  monete  al  così  detto  tipo  campano,  con  pro- 
tome di  cavallo;  e  forse  sono  quelle  stesse  che  hanno 
la  leggenda  ROMANO  stravisata  (^).  Però  non  bisogna 
confondere  queste  monete,  che  potrebbero  essere 
disfigurazioni  anziché  imitazioni,  con  quelle  di  stile 
più  barbaro,  aventi  nomi  propri  gallici  con  termina- 
zione in  OS  (3I.  Di  queste  monete  con  protome  equina 
e  leggenda  nord-etrusca,  propria  dei  popoli  Salassi, 
furono  trovati  moltissimi  esemplari,  insieme  ad  oboli 
di  Marsiglia  ,  nel  tesoro  di  Valenza  (Dròme)  in 
Francia  (+>.  Il  Duchalais  e  gli  altri  redattori  del  ca- 
talogo della  Biblioteca  Nazionale,  hanno  esattamente 
considerate  queste  monete  come  imitazioni  delle 
campane,  rimandandole  tuttavia  ad  un'epoca  poste- 
riore all'anno  250  a.  C. 

Il  Mommsen  pure  fa  menzione  d'un  ripostiglio 
di  dette  monete,  trovato  a  Jonquières,  fra  Grange  e 
Sorges,  insieme  ad  oboli  di  Marsiglia  (5).  Si  ritiene 
generalmente  che  i  nomi  terminati  in  os  sieno  di 
capi  gallici  e  non  di  città. 

Neil' Etruria    transtiberina    e    specialmente    nel- 


nente  all'officina  di  Suessa,  o  piuttosto  d'una  moneta  già  appartenuta  a 
quella  officina,  ma  ribattuta  in  seguito,  senza  perdere  qualche  traccia 
della  leggenda  primitiva. 

(i)  Cfr.  Martha  J.  :  L'art  élrusque.  Paris,  1889,  pag.  130.  —  Gazette 
ArchéoL,  an.  V,  1879,  pag.  45  et  suiv.  —  BtilMt.  dell'Itisi,  di  Corr.  Archeol., 
1880,  pag.  50,  III  ;  Ivi,  1881,  pag.  261. 

(2)  Garrucci  :  Ivi,  pag.  61. 

(3)  Garrucci:  Ivi.,  pag.  72  e  tav.  LXXXII,  n.  12. 

(4)  PoNCET  E.  :  Oboles  de  Marseille  et  tnonnaies  a  legende  nord- 
élrusque  (in  Reviie  Niiniisin.,  Paris,  1903,  IV"  sér.,  tom.  VII,  pag.  87  et 
suiv.,  e  tav.  VI,  n.  19,  20). 

(5)  Mommsen  :  Die  nordetrusck  alphab.,  pag.  213,  n.  36,  37. 


DI    UN    SESTANTE    INEDITO    E    SINGOLARE  383 


l'attuale  territorio  corrispondente  all'  antico  volcen- 
tano,  si  scoprirono  in  abbondanza  le  monete  di  rame 
con  la  testa  di  Pallade  e  la  protome  equina,  delle 
quali  il  solo  deposito  delle  acque  di  Vicarello  fornì 
nientemeno  che  novecento  sedici  esemplari  *^).  La  mo- 
neta di  Cosa  e  quella  di  Tarquinia  che  oggi  s'incontra 
per  la  prima  volta,  starebbero  anche  a  confermare  la 
larga  diffusione  che  se  ne  fece. 


» 
» 


Ora  si  domanda  :  Perchè  nel  rovescio  di  tutta 
questa  straordinaria  monetazione  si  è  adottata  co- 
stantemente la  protome  di  cavallo  libero  o  brigliato? 
Perchè  Roma  impose  questo  tipo  uniforme  a  tutte 
le  città  sue  alleate  o  soggette  ? 

La  testa  di  cavallo,  ha  osservato  recentemente 
il  Sambon  (■^),  è  1'  indizio  sicuro  del  nascente  inte- 
resse dei  romani  per  la  cavalleria,  imitata  allora  da 
quella  dei  tarentini  <3).  La  riflessione  è  esatta,  ma  è 
troppo  vago  attribuire  le  prime  emissioni  di  quelle 
monete  all'anno  303-270  n.  C.  Io  penso  che  l'epoca 
può  essere  meglio  precisata,  restringendola  all'a.  279, 
ossia  a  dopo  la  battaglia  di  Ascoli  contro  Pirro.  E 
ne  dirò  la  ragione. 

Non  bisogna  peraltro  dimenticare  che  il  tipo 
del  cavallo  brigliato  è  antichissimo,  apparendoci  an- 


(i)  MoMMSEN  :  Hisl.  de  la  ntonn.  rom.,  I,  pag.  363. 

(2)  Op.  e  loc.  cit. 

(3)  Di  questo  interesse  dei  romani  e  di  altri  popoli  per  la  caval- 
leria, ne  convince  anche  la  presenza  sulle  monete  del  cavaliere  in  corsa, 
con  lo  scudo  e  la  lancia  in  resta.  Questo  tipo  di  monete,  proprio  dei 
didrammi  di  Taranto,  si  generalizzò  presso  i  romani,  come  è  manifesto 
da  alcuni  denari  della  gente  Servilia,  in  cui  si  vede  M.  Servilio  Puìex 
Getninus  in  atteggiamento  di  combattere  (Babelon  :  Mon.  de  la  Republ., 
II,  447,  n.  5)  ;  presso  i  Frentani,  i  Siculi  di  Amestratus,  ed  altri  popoli, 
l.o  stesso  tipo  si  trova  sulle  monete  di  Patrao  re  di  Peonia  e  può  es- 
sere forse,  come  pensa  il  Babelon,  un  indice  dei  rapporti  commerciali 
esistiti  fra  l' Italia  meridionale  e  le  coste  dell'  Illiria. 


384  GIOVANNI    PANSA 


che  sulla  specie  fusa  ;  ma  è  oggi  generalmente  ri- 
conosciuto che  quel  tipo  è  calcato  sulle  monete  car- 
taginesi che  correvano  in  Italia  ed  in  Sicilia  (^0.  L'epoca 
tuttavia  in  cui  la  testa  di  cavallo  incominciò  a  con- 
trassegnare l'estesissima  monetazione  latina  in  tutte 
le  piazze  forti  di  Roma,  fu  appena  dopo  l'anno  279, 
come  si  è  detto. 

In  quell'anno  i  romani  avevano  provato  a  loro 
spese  che  la  cavalleria,  fino  allora  per  niente  orga- 
nizzata, era  un  coefficiente  indispensabile  per  vin- 
cere nelle  battaglie.  Le  vittorie  di  Pirro  furono  do- 
vute esclusivamente  alle  cariche  di  cavalleria,  ch'egli 
faceva  eseguire.  I  romani  capirono  la  necessità  di 
riformare  la  cavalleria  propria  e  di  aggiungere  ai 
loro  cavalieri  legionarii  un  forte  effettivo  supplemen- 
tare. Questo  effettivo  fu  chiesto  appunto  alle  città 
unite  a  Roma  con  patto  d'alleanza  ^^\  Il  più  interes- 
sante documento  intorno  alla  cavalleria  supplemen- 
tare degli  alleati,  creata  allora,  è  fornito  dal  na- 
turalista Fabio,  presso  Polibio,  ed  esso  risale  al- 
l'anno 529  (225  a.  C),  ossia  al  principio  della 
seconda  guerra  punica  (3).  Il  Marquardt  (4)    ha    rico- 


(i)  Ved.  Sici/.  Ntimism.  Edit.  Burmann  :  parte  I,  pag.  27,  30  e  seg. 
e  parte  III,  tav.  139.  Monete  cartaginesi  con  la  protome  di  cavallo  ap- 
parvero anche  nel  ripostiglio  di  Tortoreto,  in  provincia  di  Teramo 
(De  Petra,  in  Notiz.  degli  Scavi,  1896,  pag.  366).  Il  Lanzi  (Saggio,  ecc., 
II,  48  e  seg.)  parlando  appunto  delle  monete  di  Cosa,  aveva  già  am- 
messa la  derivazione  del  tipo  del  cavallo  dagli  esemplari  cartaginesi, 
presso  i  quali  "  caput  equi  bellicosuin  potentenique  populum  significans  „, 
al  dire  di  Giustino  [Hist.,  XVIII,  5).  Non  ha  tuttavia  alcun  fondamento 
la  provenienza,  voluta  da  quello  scrittore,  di  Cosa,  detta  anche  Compsa 
e  Consa,  da  Consus  u  Nettuno  equestre  »,  (Iloaf.Sàivt  licitio)),  cui  erano 
sacri  i   Consualia,  giuochi  istituiti  in  di  lui  onore. 

(2)  Liv.  :  XXVII,  9.  —  PoLYB  :  VI,  21.  —  Cfr.  Dòbbelin  :  De  auxiliis 
sociutn  ac  latini  nominis.  Berlin,  1851,  fase.  I. 

(3)Polyb:  II,  24.  —  DioD.  :  (edit.  Dindorf),  XXV,  13.  —  Liv.: 
Epa.  III,  5.  —  Oros.  :  IV,  13.  —  Plin  H.  N.,  Ili,  138.  Cfr.  Marquardt: 
Slaatsverwaltung,  II,  pag.  393  e  note. 

(4)  Ivi. 


DI    UN   SESTANTE   INEDITO    E   SINGOLARF,  385 

struiti,  in  base  a  quel  documento,  i  quadri  completi 
della  cavalleria  degli  alleati,  il  cui  effettivo  ascen- 
deva al  numero  di  43.000  cavalieri  i  quali  venivano 
arruolati  fra  i  Latini,  Sanniti,  Iapigi,  Tessali,  Lucani, 
Siculi,  Marsi.  Marrucini,  Frentani,  Vestini,  Sabini, 
Etruschi,  Umbri,  Veneti  e  Cenomani,  ecc.  La  ca- 
valleria degli  alleati  così  composta,  formava  un  corpo 
indipendente  comandato  da  ufficiali  inferiori  della 
stessa  nazionalità,  ma  sottoposti  ad  ufficiali  superiori 
(praefecti  sociormn)  che  erano  romani  e  nominati  dai 
consoli  <').  I  corpi  ausiliari  dei  cavalieri  etruschi 
(celeres)  erano,  secondo  gli  scrittori,  i  meglio  orga- 
nizzati (2). 

I  patti  che  Roma  dettava  ai  soci  alleati,  com- 
prendevano, anzitutto,  il  contingente  di  leva  che 
quelli  erano  obbligati  a  dare  per  la  cavalleria  delle 
legioni.  Ora  io  ritengo  che  a  commemorare  l' isti- 
tuzione o  la  riforma  della  cavalleria  avvenuta  allora, 
Roma  avesse  imposto  agli  alleati,  come  segno  del  loro 
contributo  di  soldati,  un  tipo  uniforme  di  monete, 
ossia  quello  con  la  protome  equina,  e  che  le  sud- 
dette monete  avessero  appunto  dovuto  servire  al  pa- 
gamento delle  truppe  assoldate.  In  questo  modo 
soltanto  e  non  diversamente  si  può  spiegare  la  straor- 
dinaria monetazione  con  la  testa  del  cavallo  e  la  sua 
estesa  diffusione  in  ogni  regione  d' Italia. 

Queste  monete,  dunque,  vanno  ascritte,  secondo 
me,  ad  un  periodo  non  anteriore  all'anno  279  a.  C, 
ossia  a  dopo  le  guerre  di  Pirro. 


(i)  Marquardt  :  Op.  cit.,  II,  pag.  400,  67.  —  Marcks  E.  :  De  alis 
quales  in  exercitii  romano  tempore  liberae  reip.  fuerint  (Jarbi'icker  fiir 
class.  Philolog.,  1886,  pag.  3  et  seg.).  —  PoLvn.  :  21  626.  —  Liv.  :  XXIII, 
7,  19;  XXV,  I,  14;  XXXII,  26;  XXXIII,  36. 

(2)  Cfr.  SaglioUaremiìerg  :  Dictionn.  d.  Anliq.  grecq.  et  roiii.,  t.  II, 
pag.  829,  s.  V.  "  Etrusci  ,. 

49 


386  GIOVANNI    PANSA 


Le  sole  città  dell' Etruria,  fra  cui  Cosa  e  Tarqui- 
nia, posero  sotto  la  testa  del  cavallo  anche  un  del- 
fino, per  indicare  che  erano  città  marittime  ('\  Il 
delfino,  infatti,  è  il  tipo  parlante,  il  simbolo  di  molte 
zecche  dell' Etruria,  in  quanto,  cioè,  ricorda  la  favola 
dei  marinai  tirreni  che  Bacco  tramutò  in  delfini  (2). 
Esso  notasi  quasi  costantemente  sulle  monete  etru- 
sche  di  città  situate  sul  mare.  Strettamente  non  può 
dirsi  che  Tarquinia  fosse  situata  sul  mare,  essendone 
lontana  ben  quattro  miglia.  Anche  Cosa,  che  aveva 
il  suo  porto,  era  situata  sulla  sommità  del  monte 
Argentaro,  come  sopra  si  è  detto.  Si  deve,  tuttavia, 
riflettere  che  gli  Etruschi,  sebbene  fossero  un  po- 
polo di  navigatori,  il  più  esperto  nei  commerci  del 
mare,  evitavano  quasi  sempre  di  fondare  le  loro 
città  in  vicinanza  di  esso. 

Non  v'ha,  infatti,  città  etrusca,  fuori  di  Popu- 
lonia,  che  sia  situata  sulla  spiaggia  :  Popitlonium 
Etrusconim  quondam  hoc  tantum  m  littore  (3).  Siffatta 
cautela,  al  dire  di  Plinio  e  di  Strabene  (loc.  cit.),  fu 
necessaria  Sìa  tv'.?  x'^?*'  '«^-'[^■svou  (propier  regionem  im- 
portuosam);  e  specialmente  in  quei  tempi,  quando  la 
pirateria  era  lecita,  quasi  fosse  una  professione  di 
eroi  (4),  e  costituiva  una  fonte  di  legittimo  guadagno. 

Giovanni  Pansa. 


(i)  Livio  :  (XXVIII,  4-3)  annovera  Tarquinia  fra  le  città  etrusche 
che  concorsero  all'armamento  della  flotta  romana,  provvedendola  delle 
vele  per  gli  alberi  (Tarquinienses  lintea  in  vela). 

(2)  HoM.  :  Hymii.  in  Bacch.,  v.  52.  —  Ovid.  :  Meìaiit.,  Ili,  fab.  8.  — 
Hygin.  :  fab.   134. 

(3)  Plin.  :  Lib.  Ili,  5.  —  Strab.  :  1.  e.  p.,  154. 

(4)  Cfr.  Thucyd  :  I,  5.  —  Justin  :  L.  XL,  III,  e.  3. 


Contpibutions  au  Corpus  Nuraorum  Romanorum 

(Matériaux  du  Musée  natioiial  liongrois  à  Budapest) 


II.  sp:rie. 

Suite  des  mcdailles  impcrialcs  romaines  non  con- 
tenues  dans  la  seconde  édition  de  Cohen  (". 


SEPTIME    SEVERE. 

231  (après  n.  22  de  Cohen). 

Sy  —   INIP  CAES  L  SEP  SEV  PERT  AVG   Sa  tùie   lauree  à 

droite. 
^    —  AEQVIT  AVG  TR  P  COS  II  L'Equitc  debout  à  gauclie, 
tenant  une  balance  et  une  come  d'abondance. 

(Argent). 
Médaille  hybride  :  Le  revers  est  pris  de  médailles  n.  1-3  de  Pertinax. 

232  (a.  n.  70). 

,B'  —  IMP  CAE  L  SEP  SEV  PERT  AVG    Sa    tète    lauree   à 

droite. 
9*    —  CERER  FRVG  II  COS  Cérès  debout  à  gauche  tenant 

deux  épis  et  un  long  flambeau.  (Ar.). 

233  (a-  n-  7°)- 

z©'  — L  SEP  SEV  PERT  AVG  II  C    Sa    tète    lauree 

à  droite. 
9    —  Meme  revers  (du  méme  coin).  (Ar.). 


(i)  Vedi  Rivista  lial.  di  Numismatica,  fase.  IV,  1907,  pag.  537. 


q88  i-dmond  gohl 


234  (a.  n.  96). 

,B'  -   L  SEPT  SEV  AVG  IMP  XI  PARI  MAX   Sa  téte  lauree 

à  droite. 
]^    —  COS  II  P  P  Victoire  marchant  à  gauche,  tenant  une 

couronne  et  une  palme.  (Ar.). 

235  (a.  n.  137). 

B'  —  SEVERVS  PIVS  AV&  BRIT    Sa  lète    lauree  à  droite. 

P    —  FELICITAS  PVBLICA    La  Félicité   debout   à   gauche, 

tenant  un  caducée  et  une  come  d'abondance.    (Ar.). 

236  (a.  n.   168). 

B"  —  L  SEPT  SEV  PERET  (sic!)  AVG-  IMP  I  Sa  téle  lauree 
à  droite. 

;^  —  FORT  RDEVC  (sic  !)  La  Fortune  debout  à  gauche, 
tenant  une  longue  palme  et  une  come  d'abon- 
dance. (Ar.). 
Trouvé  à  Korong  en  Hongrie. 

237  (a.  n.   165), 

^'  —  SEPT  SEV  PERET  (sic  !)  AVG  IMP  I  Sa  téte  lauree 
à  droite  (frappé  d'un  coin  différent  au  précédent). 

9  —  FORT  REDEVC  (sic  !)  La  Fortune  coiffée  du  modius, 
debout  à  gauche,  tenat  un  gouvernail  et  une 
come  d'abondance.  Dans  le  champ,  à  gauche,  au 
dessus  de  l'épaule,  et  à  droite,  au  coté  de  la  come 
d'abondance,  un  point.  (Ar.). 

238  (a.  n.  219). 

B  —  SEVERVS  PIVS  AVG  Sa  téte  lauree  à  droite. 

I^  —  INDVLGENTIA  AVGG  et  à  l'exergue  IN  CARTH  La 
déesse  celeste  de  Carthage  assise  de  tace  sur 
un  lion  qui  court  à  droite  ;  elle  tient  un  foudre. 
Dessous,  on  voit  des   eaux   sortant   d'un    rocher. 

(Ar.). 

239  (a.  n.  300). 

rB'  —  L  SEPT  SEV  PERT  AVG  IMP  II  Sa  téte  lauree  à  droite. 


CONTRIBUTIONS    AU    CORPUS    NUMORUM    ROMANORIIM  389 

9*  —  LIBERO  PATRI  Bacchus  nu  debout  à  gauche,  tenanl 
un  diota  et  un  thyrse.  A  ses  pieds,  une  panthère, 
qui  le  regarde.  (An). 

240  (a.  n.  314). 

^'  —  IMP  CAE  L  SEP  SEV  PERII  AVG  UH  Sa  tète  lauree 
à  droite. 

9  —  MARTI  VLTORd?)  Mars  nu,  casqué ,  le  manteau 
flottant,  marchant  à  droite  et  portant  une  baste 
et  un  tropbée.  (Ar.). 

Médaille  d'un  style  trcs  rude,  principalement  l'avers.  Peut  ótre 
c'est  un  denier  hybride  et  postlnime,  dont  le  revers  est  pris  du  n.  154 
de  Caracalla,  frappé  950,  de  I.  C.  197. 

(Ada.  :  Denier  n.  497  de  Traian,  surfrappc  du  denier  n.  330  de 
Sept.  Sevère). 

241  (a.  n.  347). 

^  -  IMP  CAE  L  SEP  SEV  PERT  AVG  COS  I  Sa  téte  lau- 
ree à  droite. 

rij  —  MONET  •  A  •  E  AVG  I-a  monnaie  debout  à  gauche, 
tenant    une    balance    et    une    come   d'abondance. 

(Ar.). 

242  (a,  n.  361). 

©'  —  (L)   SEP    SEVERVS    PER    AVG    P  M    IMP  XI     Sa    téte 

laure  à  droile. 
^    —  PAR  ARAB  AD  TR  P  VI  et  à  l'exergue  :  COS  II  P  P 

Deux  captifs  assis  sous  un  trophée.  (Ar.). 

243  (a.  n.  374). 

!>'  — SEV  PERT  A(VG)  (iMiP  XIIII    Sa    téte    lauree    à 

droite. 
\ji    —  PART    MA(X  PO?)  N  TR(OJP  III    Deux    captifs   assis 
sous  un  trophée.  (Ar.). 

Médaille  d'un  travail  rude,  e.xcepté  le  portrait  ! 

244  (a.  n.  376). 

J>'  —  SEVERVS  PIVS  AVG  Sa  tète  lauree  à  droite. 


390 


EDMOND    GOIIL 


I^    —  P  M  TR  P  COS   I.a  Fortune  debout    à    gauche,    te- 

nant  un   gouvernail    pose  sur   un    globe    et    une 

cerne  d'abondance.  (Or.). 

]3iain.  :  mill.  19,  poids  :  gr.  8,13. 

245  (a.  n.  566). 

^'  —  SEVERVS  PIVS  AVG  Sa  lète  lauree  à  droite. 

I^  —  PONT  III  COS  II  La  Piété  (?)  voilée  debout  à  gauche, 
sacrifiant  sur  un  autel  et  tenant  un  sceptre  trans- 
versal.  (Ar.). 

246  (a.  n.  606). 

B"  —  SEVERVS  PIVS  AV&  Sa  téle  lauree  à  droite. 

R)  —  RESTITVTOR  VRBIS  Rome  assise  à  gauche  sur  un 
bouclier  rond,  tenant  le  palladium  et  une  baste, 
la  pointe  tournée  en  bas.  (Ar.). 

247  (a.  n.  629). 

i)'  —  (IMP)  CAE  L  SEP  SEV  PERI  AVG  COS  II  (?)  (ou  CO  III) 

Sa  téle  lauree  à  droite. 
I^    —  SAECVLI    FELICITAS    Croissant    couchè ,    entre    les 
pointes  du  quel  se  trouvent  sept  étoiles.       (Ar.). 
(Voir  le  n.  627  de  Cohen). 

248  (a.  n.  664). 

B'  —  (L  SEPT  SEV  PERT?)  AVG  IMP  III   Sa  téte  lauree  à 

droite. 
9    —  TR  P  •  V  •  IMP  COS  II  P  P  La  Vertu  casquée  assise 

à  droite,  tenant  un  parazonium  et  une  baste.    (Ar.). 
Trouvée  à  Korong  en  Ilongrie. 

249  (a.   n.  664). 

B'  —  ..  SEP  SEV  AVG  IMP  XI  (PE?)RT  MA(X)  Sa  téte  lauree 

à  droite. 
R)    —  Meme  revers.  (Ar.). 

250  (a.  n.  690). 

B'  —  L  SEPT  SEV  PERT  AVG  IMP  III  Son  buste  laure, 
drapé  et  cuirassé  à  droite. 


CONTRIBUTIONS    AU    CORPUS    NUMORUM    ROMANORUM  39I 

^  —  VICT  AVG  TR  P  II  COS  II  P  P  et  S  C  dans  le  champ. 
Victoire  marchant  à  droite  et  tenant  une  coiironne 
et  une  palme.  (G.  B.). 

Adn.  La  médaille  n.  550  en  bronze  jaune;  diam.  :  niill.  24-26,  épais- 
seur  min.  3  Vj,  poids  ;  gr.  13,41. 

La  nicdaille  n,  800,  avec  palnitttes  sur  l'autel. 

SEPTIME    SEVÈRE,    CARACALLA    a   GÉTA. 

251  (a.  n.  7). 

iy  —  SEVERVS  PIVS  AVQ  Sa  téle  lauree  à  droite. 
Ijf    —  AETERNIT    IMPERI     Bustes    affrontés    de    Caracalla 
et  de  Géta  laure,  drapé  et  cuirassé.  (Ar.). 

JVLIE. 

252  (a.  n.  io). 

,iy  —   IVLIA  DOMNA  AVG   Son  buste  drapé  à  droite. 
Iff    —   BONI  EVENTVS  La  Foi  debout  à  droite  tenant  deu.x 
épis  et  une  corbeille  de  fruits.  (Ar.). 

253  (a.  n.  55 >. 

ly  —  IVLIA  PIA  FELIX  AVG   Son  buste  drapé  à  droite. 

Iti  —  FORTVNAE  FELICI  La  Fortune  dt  bout  à  gauche,  te- 
nant une  come  d'abondance  et  appuyée  sur  un 
gouvernail.  (Denier  détburré). 

254  (a.  n.  64). 

,L>'  —  IVLIA  AVGVSTA    Son  buste  drapé  à  droite. 

F$  —  FORTVNE  AVG  (sic)  La  Fortune  debout  à  gauche, 
tenant  uu  gouvernail  (?)  ou  un  court  sceptre  tourné 
en  bas  ?)  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 

255  (a.  n.  65). 

!>■  —  IVLIA  DOMNA  AVG   Son  buste  drapé  à  droite. 

^j>  —  FORTVN  REDVC  La  Fortune  diadémée  assise  à  gau- 
che sur  une  chaise,  tenant  une  longue  palme  et 
une  come  d'abondance.  (Ar.). 


393  EDMOND   GOHL 


Adn.  La  niédaille  n.  85,  diam.  :  mill.  31,  épaisseur:  mill.  5,  poids  : 
28.70,  la  nième  niédaille;  diam.:  mill.  29-31,  épaisseur:  mill., 2'/,  poids: 
gr,  10,85. 

256  (a.  n.   142). 

i?'  —  IVLIA  PIA  FELIX  AVO-   Son  buste  drapé  à  droite. 
yi    —  MONETA  (AVG)  La  monnaie  debout  à  droite,  tenant 
une  come  d'abondance  et  une  balance  (?).    (Ar.). 

257  (a.  n.   146). 

&  -  IVLIA  DOMNA  AVG   Son  buste  drapé  à  droite. 
ijf    —  PIETAS    Femme    voilée,    assise    à    gauche    sur  une 
chaise,  tenant  une  Victoire  et  un  sceptre.      (Ar.). 

258  (a.  n.   162). 

B'  —  IVLIA  AVGVSTA    Son  buste  drapé  à  droite. 

^  —  P  M  (TR  P-)  VI  COS  IMI  P  P  Femme  debout  à 
gauche,  tenant  une  couronne  (?)  ou  une  bourse 
et  un  sceptre.  (Denier  défourré  ou  P.  B.?). 

259  (a.  n.  162). 

fi'  —   IVLIA  PIA  FELIX  AVG   Son  buste  drapé  à  droite. 

9  —  PONTIF  TR  P  MI  I lemme  (?)  debout  à  gauche,  tenant 
un  globe  et  une  baste,  dont  la  pointe  est  tournée 
en  bas.  (Denier  fourré). 

260  (a.  n.  i8r). 

fi  —  IVLIA  PIA  FELIX  (AVG)   Son  buste  drapé  à  droite. 

P  —  (SECVRIT)  IMPERII  La  Sécurité  assise  à  gauche  sur 
une  chaise,  tenant  un  globe  et  le  bras  gauche 
accoudé  au  siège.  (D.  fourré). 

Denier  hybride.  Le  revers  est  identique  avec  le  denier  n.  183  de  Géta. 

261  (a.  n.  ?). 

fi"  -  IVLIA  AVGVSTA   Son  buste  drapé  à  droite. 

y    — IVP  COS  II  Femme  debout    à    gauche,    tenant 

une  come  d'abondance  et  un  sceptre  termine  de 
quatre  points  (  :  :  )  (Fabrique  rude).      (D.  fourré). 


CONTRIBUTIONS   AU  CORPUS    NUMORUM   ROMANORUM  393 

CARACALLA. 

262  (a.  n.  26). 

3'  —  ANTONINVS  PIVS  AVG  Son  buste  jeune  laure  drapé 

(et  cuirrassé  ?)  à  droite. 
P    -  CONCORDIAE  AETERNAE  Caracalla  et  Plautilla   de 

bout  se  donnant  la  main.  (Ar.). 

263  (a.  n.  70). 

^  —  ANTONINVS  PIVS  FEL  AVG    Son   buste  jeune  laure, 

drapé  et  cuirasse  à  droite. 
9    —  FELICITAS  TEMPOR    La  Felicité    debout    à   gauche, 

tenant  un  caducée  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 

264  (a.  n.  74). 

^'  -  M  AVR  ANTON  CAES  PONTIF  Son  buste  jeune,  nu, 
drapé  (et  cuirasse  ?)  à  liroite. 

F^  —  FELICITATEM  PVBLICAM  La  Felicité  debout  à  gau- 
che, tenant  un  caducée  et  un  sceptre.  (Ar.). 

265  (a.  n.   179). 

^  —  M  AVR  AN(T)   CAES  PONTIF    Son    buste  jeune    nu, 

drapé  et  cuirasse  à  droite. 
9    —  PART  MAX  PON  TR  P    V    COS    Deux    captifs    assis 

sous  un  trophée.  (D.  fourré). 

266  (a.  n.  202). 

,B'  —  ANTONINVS  PIVS  AVG  BRIT  Sa  tète  radiée  à  droite. 

9  —  P  M  TR  P  XV  COS  III  P  P  et  S  C  dans  le  champ. 
Mars  casque  debout  à  gauche  en  habit  militaire, 
tenant  une  Victorie  et  une  baste,  la  main  gauche 
appujée  sur  un  bouclier.  (M.  B.). 

267  (a.  n.  399). 

^  -  M  AVREI  ANTONINVS  PIVS  AVG  GERIVI  Son  buste 
laure,  drapé  et  cuirasse  à  droite. 

9    —  P  M  TR  P  XX  ( ?)  COS  III!  P  P  et   S  C   dans 

le  champ.  Femme    coiffée    du    modius    debout    à 
gauche,  tenant  une  couronne  (?)  et  un  sceptre. 

(G.  B.). 
50 


394 


i-'OMONi)  coni- 


268  (a.   n.   410). 

,£>'   _   ANTONINVS  PIVS  AVG  GERM  Sa  téte  lauree  à  droite. 

T{  —  PONTIF  TR  FOT  II  Iloinme  nu,  ceinturé,  debout  de 
lac(-,  regardant  à  gauche,  et  tenant  une  patere 
(un  globe?)  et  des  épis  (?).  Près  de  lui,  à  gauche, 
un  autel  (?).  (D.  fourré). 

269  (a.  n.  503). 

&  —  ANTONINVS  AVGVSTVS  Son  buste  jeune ,  laure, 
drapé  et  cuirassé  à  droite. 

1>  -  PRINC  IVVENTVTIS  Caracalla  debout  à  gauche,  te- 
nant un  rameau  (?)  et  un  sceptre.  Derrière  lui  un 
bouclier  rond  appuyc  à  un  trophée.  (Ar.). 

270  (a.   n.   516). 

B'  —  ANTONINVS  PIVS  AVG  GERM  Sa  tète  (barbue)  lauree 
à  droite. 

1>  PROF  (à  l'exergue)  PONTIF  Ti?  P  XI  COS  III  (à  l'en- 

tour).    Caracalla    à    cheval    à    droite,    tenant  une 
ha.ste.  Devant  lui,  un  captif  assis  à  terre. 

(D.  fourré). 

271  (a.  n.  527). 

1>      -  ANTONINVS  PIVS  AVG  BRIT  Sa  téte  lauree  à  droite. 

1;  —  PROVIDENTIA  DEORVM  La  Providence  debout  à 
gauche  tenant  une  baguette  avec  laquelle  elle 
touche  un  globe,  et  une  come  d'abondane.  (P.  B.). 

272  (a.  n.  599). 

B'  —  IMP  CAES  M  AVR  ANTON  AVG  Son  buste  jeune  laure 

drapé  et  cuirassé  (?)  à  droite. 
R    —    SPES    PVBLICA    L'Espérance    marchant    à    gauche, 
tenant  une  fleur  et  relevant  sa  robe.  (Ar.). 

273  (a.   n.  602). 

I)    —  (IMP  CAES)  M  AVR    ANT    AVG  P  TR    P    Son    buste 

jeune  radié  drapc  et  cuirassé  à  droite. 
ìt    —  Meme  revers.  (M.  B.). 


CONTRIBUTIONS    AL"    CORPUS    NUMOKU.M    ROMANORU.M  395 


274  (a.  n.  616). 

£>'  —  IMP    ANTONINVS    AVG    Son    buste   jeune    laure    et 

drapé  à  droite. 
W     —   VICTORIA  AVG-  Victoire  niarchant  à  gauche,  tenant 

une  couionne  et  une  palme.  (Ar.). 

PLAVTILLA. 

275  (a.  n.    14). 

^  -  PLAVTILLA  AVGVSTA  Son  buste  drapé  à  droite  avec 
le  chignon. 

^  —  MATRI  DEVM  Femme  coiffée  du  modius,  debout  à 
gauche,  tenant  un  grand  globe  et  un  sceptre  et 
appuyé  sur  une  colonne.  A  ses  pieds,  un  petit 
animai  (?).  (Ar.). 

276  (a.   n.  23). 

O'  —  PLAVTILLA  AVG-VSTA  Son  buste  drapé  à  droite  avec 

le  chignon. 
9    —   VENVS  GENETRIX   Vénus    assise    à  gauche  sur  une 

chaise,  tenant  un  globe  et  un  sceptre.  (D.  fourré) 

277  (a.  n.  28). 

&  --  PLAVTILLAE  AV&VSTAE    Son    buste    drapé  à  droite 

(avec  la  coitfure  relevée). 
yt    —   Lisse  (médaille  uniface).  (Ar.). 

GÉTA. 

27B  (a.  n.  50). 

iy  —  p  SEPT  GETA  PIVS  AVG  BRIT  Sa  tòte  lauree  (et 
barbue)  à  droite. 

1>  —  FID  EXERC  TR  P  III  COS  II  P  P  La  Fidélite  voilee 
deboul  à  gauche,  tenant  deux  enseignes.  Derrière 
elle,  un  aigle  légionnaire.  lAr.). 

279  (a.  n.  62). 

i>'  —  P  SEPTIMIVS  GETA  CAES  Son  buste  jeune  nu  et 
(.irapé  à  droite. 


396  EDMOND    GOHL 


I^  —  FORTVNE  (sic)  AVG  Femme  assise  à  droite  sur  un 
bouclier  rond,  tenant  un  sceptre  et  sacrifiant  sur 
un  autel  allume.  (Ar.). 

280  (a.  n.  128). 

&  —  IMP  CAES  P  SEPT  GETA  PIVS  AVG  Sa  téle  lauree 
à  droite. 

I^  —  PONTIF  TR  P  COS  II  et  S  C  à  l'exergue.  Mars  de- 
bout  à  gauche,  couronnant  un  trophée  de  la  main 
gauche,  tenant  une  haste  et  s'appuyant  sur  un 
bouclier  rond.  (M.  B.). 

281  (a.  n.   171). 

,iy  —  (P?)  SEPTIMIVS    GETA   CAES    Son    buste    drapé    à 

droite. 
r^    —  RECTOR  OPMDI  (sic)  Caracalla  (?)  debout  à  gauche, 
tenant  un  globe  et  une  haste  renversce.  (D.  fourré). 
Denier  hybride  :  dont  le  revers  est  pris  du  n.  541-542  de  Caracalla 
(reclor  orbis). 

282  (a.  n.  186). 

jy  _ G-ETA  CAES   PONT    Son    buste    drapé    (et    cui- 

rassé?)  à  droite. 

1^  —  SECVRIT  IMPERII  et  S  C  dans  le  champ.  La  Sécu- 
rité  assise  à  gauche,  tenant  un  globe  et  le  bras 
gauche  appuyé  au  siège.  (M.  B.). 

283  (a.  n.  ?). 

3'  -   P  SEPT  GETA  (CAES?)  PONT    Son    buste    drapé    à 

droite. 
r$    — VM  •  •  TR   P  Vili    Deux    captifs  assis  sous    un 

trophée.  (D.  fourré). 

MACRIN. 

284  (a.  n.   15). 

^^  -   IMP    C    M    OPEL    SEV    MACRINVS   AVG    Son    buste 

laure  et  cuirassé  à  droite. 
P    —  FELICITAS  TEMPORVM  La  Félicité  debout  à  gauche, 

tenant  un  caducée  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 


CONTRIBUTIONS    AU    CORPUS    NUMORU.M    ROMANORUM  397 

285  (a.  n.   19). 

/B'  —  Meme  avers. 

9  —  FELICITAS  TEMPORVM  La  Félicité  debout  à  gauche, 
tenant  un  caducée  et  un  sceptre.  (Ar.). 

286  (a.  n.  41). 

^'  —   IMP    C    M    OPEL    SEV    MACRINVS  AVG     Son    buste 

laure,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 
9    —  LIBERALITAS  AVG  La  Libéralité  debout    à    gauche, 

tenant  une  tessere  et  une  cerne  d'abondance.  (Ar.). 

287  (a.  n.  70). 

£'  —  IMP  C  M  OPEL  SEV  MACRINVS  AVG    Son  buste  laure 

et  cuirassé  à  droite. 
9    —  PONTIF  MAX  TR  P  COS  P  P    Jupiter    nu    debout  à 

gauche,  tenant  un  foudre  et  un  sceptre.         (Ar.). 

288  (a.  n.  76). 

^'  —  IMP  C  M  OPEL  SEV  MACRINVS  AVG  Son  buste  laure 
et  cuirassé  è  droite. 

9  —  PONTIF  MAX  TR  P  P  P  La  Fidélité  debout  de  face 
et  regardant  à  droite,  posant  le  pied  droit  sur  un 
casque  et  tenant  une  enseigne   de    chaque    main. 

(Ar.). 

289  (a.  n.  116). 

^  —  IMP  C  M  OPEL  SEV  MACRINVS  AVG  Son  buste  radié 
et  cuirassé  à  droite. 

P  —  SALVS  PVBLICA  La  Sante  assise  à  gauche,  nourris- 
sant  un  serpent  enroulé  autour  d'un  autei  et  te- 
nant un  sceptre.  (Ar.). 

290  (a.  n.  119). 

^  —  IMP  CAES  M  OPEL  SEV  MACRINVS  AVG  Son  buste 
radie,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 

9  -  SALVS  PVBLICA  el  S  C  à  l'exergue.  La  Sante  as- 
sise à  gauche,  nourrissant  un  serpent  enroulé 
autour  d'un  autel  et  tenant  un  sceptre.      (M.  B.). 


39'S  KDMONI)    GOIII, 


291  (a.  n.   128). 

D'  —  IMP  C  M  OPEL  SEV  MACRINVS  AV&  Son  buste 
laure  et  cuirassé  à  droile. 

1>  -  SECVRITAS  TEMPORVM  La  Sécurité  assise  à  gauche, 
tenant  un  sceptre  et  soutenant  la  téte  de  sa  main 
gauche.  Près  d'elle,  un  autel  allume.  (Ar.). 

292  (a.  n.   147). 

:&  —   IMP  e  M  OPEL  SEV  MACRINVS  AVG  Son  buste  radié 

et  drapé  à  droite. 
1>    —  VOTA  PVBL  P  M  TR  P  La  Felicitò  debout  à  gauche, 

tenant  un  caducée  et  un  sceptre.  (Ar.), 

ELAGABALE. 

293  (a.   n.    15). 

yy  —  ANTONINVS  PIVS  FEL  AVG  Sa  téte  lauree  à  droite. 

R)    —  CONCORDIA  et  MILIT  à  l'exergue.  Deux    enseignes 

entre  deux  aigles  légionnaires.  (Ar.). 

294  (a.  n.  92). 

D'  —  IMP  ANTONINVS  PIVS  AVG  Son  buste  imberbe  laure 
et  drapé  à  droite. 

r^  —  LIBERTAS  AVG  La  Liberté  debout  à  gauche,  tenant 
un  bonnet  et  un  sceptre.  Dans  le  champ,  à  droite, 
une  étoile.  (Ar.  Q.). 

295  (a.  n.  loi). 

B'  —  IMP  ANTONINVS  AVG  Son  buste   laure    et    drapé  à 

droite. 
9    —   LIBERTAS  AVGVSTI    La    Liberté    assise    à    gauche, 

tenant  un  bonnet  et  un  sceptre.  (Ar.). 

Adn.  Le  denier  n.  196  d'ordinaire  avec  le  buste  barbu,   mais  quei- 
quefois  avec  le  buste  imberbe. 

296  (a.  n.  221). 

iy  —  IMP  CAES  M  AVR  ANTONINVS  AVG  Son  buste  im- 
berbe radié,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 


CONI'KIlìI'TIONS    Ali    COKPUS    NUMOKUM    ROMANOKUM  399 

tj(    —  P  M  TR  P  VI  COS  II  P  P  Mars    debout    à    gauche, 

appuyé  sur  un  bouclier  rond  et  tenant  une  haste 

renversée.  (P.  B.  ou  denier  défourré). 

Mcdaille  hybride  posthnnie  :  Le  rcvers  est  pris  probableiiient  d'une 

médaille  d'Alexandre  Severe  (non  contenue  dans  Cohen). 

Adn.  La  médaille  n.  273  avec    ANTO  •  »  NINVS    etc.    et    on    ne 
voit  pas  la  cuirasse. 

297  (a.   n.  280). 

B"  —   IMP  CAES  M  AVR  ANTONINVS  AVG  Son  buste  radié, 

drapé  et  cuirasse  à  droite. 
1^    —  TEMPORVM  FELICITAS  La  Fclicité  debout  à  gauche, 

tenant  un  caducée  et  une  corna  d'abondance.    (Ar.). 
Trouvé  à  Korong  en  Hongrie. 

298  (a.  n.  306). 

-B'  —  IMP  ANTONINVS  AVG-  Son  buste  imberbe  laure, 
drapé  et  cuirasse  à  droite    (La  cuirasse    écaiilée). 

P  —  VOTA  PVBLICA  Klagabaie  voile  debout  à  gauche 
et  sacrifiant  sur  un  autei  allume.  (Ar.). 

MAESA. 

299  (a.  n.  51). 

B'  —  IVLIA  MAESA  AVG    Son  buste  drapé  à  droite. 
ì]i    —   VENVS   CELESTIS    Venus  assis    à    gauche    sur    ime 
chaise  et  tenant ?  (D.  fourré). 

ALEXANDRE    SEVÈRE. 

300  (a.  n.  25). 

X)'  —  IMP  C  M  AVR  SEV  ALEXAND  AVG  Son  buste  laure 
et  drapé  à  droite. 

1^'  —  ANNONA  AVG  L'Abondance  debout  à  gauche,  tenant 
deu.x  épis  et  une  come  d'abondance.  A  ses  pieds, 
le  modius  rempli  d'épis.     (P.  B.  ou  D.  défourré). 

301  (a.  n.  63). 

^'  —   IMP  SEV  ALEXAND  AVG  Sa  tète  lauree  à  droite. 


400  EDMOND    GOIIL 


tji  —  FORTVNAE  REDVCI  La  Fortune  debout  à  gauche, 
tenant  un  gouvernail  pose  sur  un  globe,  et  une 
cerne  d'abondance.  (Ar.). 

302  (a.  n.  63), 

^  —  Meme  avers. 

R)  —  FORTVNA  PO(P)R  (ou  POD  R?)  La  Fortune  debout  à 
gauche,  tenant ?  et  une  come  d'abon- 
dance. (Ar.). 

303  (a.  n.   168). 

/©'  —  IMP  ALEXANDER  PIVS  AVG  Son  buste  laure,   drapé 

(et  cuirassé  ?)  à  droite. 
I^    —  MARS  VLTOR   Mars,  en  costume  militaire  marchant 

à  droite  et  tenant  une  baste  et  un  bouclier.  (M.  B.). 

304  (a.  n.   183). 

jy  —  IMP  SEV  ALEXAND  AVG  Sa  téte  lauree  à  droite. 
9    —  PAX  AETERNA  A(VG)  La  Paix  debout  à  gauche,  te- 
nant une  branche  d'olivier  et  un  sceptre. 

(Denier  fourré). 

305  (a.  n.  202). 

3^  —  IMP  C  M  AVR  SEV  ALEXAND  AVG  Son  buste  laure, 
drapé  (et  cuirassé  ?)  à  droite. 

R)  —  P  M  TR  P  COS  Mars  debout  à  gauche,  tenant  une 
branche  d'olivier  et  une  baste  renversée.  Dans 
le  champ,  à  gauche,  une  étoile.  (Ar.). 

306  (a.  n.  207). 

B"  —  IMP  C  M  AVR  SEV  ALEXAND  AVG  Son  buste  laure, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 
9    —  P  M  TR  P  COS  P  P  Mars  debout  à  gauche,  tenant 

une  branche  d'olivier  et  une  baste  renversée.  (Ar.). 

307  (a.  n.  207). 

La  mème  médaille,  avec  une  étoile  dans  le  champ  du 
revers,  à  gauche,  (Ar.). 


CONTRIBUTIONS    AU   CORPUS    NUMORUM    ROMANORUM  4OI 


308  (a.  n.  262). 

/&  —  IMP  CAES  NI  AVR  SEV  ALEXANDER  AVG  Son  buste 
laure  et  drapé  à  gauche. 

^  —  P  M  TR  P  ini  COS  P  P  et  S  C  dans  le  champ. 
Mars  casqué,  le  manteau  tlottant,  marchant  à  droite 
et  tenant  une  baste  et  un  tropbée.  (M.  B.). 

309  (a.  n.  332). 

^  —  IMP  SEV  ALEXAND  AVG  Sa  téte  lauree  à  droite. 

R)  —  P  M  TR  P  VII  COS  II  P  P  Mars,  le  manteau  flottant, 
marcbant  à  droite  et  tenant  une  baste  et  un 
tropbée.  (Ar.). 

Il    y    avait    3    exemplaires    dans    la    trouvaille   de  Csapò  (Transyl- 
vanie,  1907). 

310  (a.  n.  490). 

i&  —  IMP  SEV  ALEXANDER  AVG  Son  buste  laure  à  droite 
(sans  draperie  et  sans  cuirasse). 

9  -  PROFECTIO  AVGVSTI  et  S  C  à  l'exergue.  Alexandre 
en  habit  militaire  à  cbeval,  à  gauche.  Il  lève  la 
main  droite  et  tient  une  baste  de  la  main  gauche. 

(M.  B.). 

311  (a.  n.  503). 

^  —  IMP  ALEXANDER  PIVS  AVG  Son  buste  laure,  drapé 
(et  cuirasse?)  à  droite. 

9*  —  PROVIDENTIA  AVG  et  S  C  dans  le  champ.  La  Pré- 
voyance  debout  à  gauche,  tenant  deux  épis  et 
une  come  d'abondance.  Auprès  d'elle  deux  épis 
dans  un  modius.  (G.  B.). 

312  (a.  n.  535). 

^  -  IMP  SEV  ALEXAND  AVG  Son  buste  laure    et    drapé 

à  droite. 
9    —  SALVS  P  S  V  LAS  (sic)   La   Sante  assise  à  gauche, 
nourrissant  un  serpent  enroulé  autour  d'un  autel. 
Dans  le  champ,  à  droite,  une  étoile.  (Ar.). 

(Voir  la  iTiédaille  11.  535  de  Cohen). 
Trouvé  à  Csapò  en  Transylvanie,  1907. 

51 


402 


KDMONl)    (, 1)111, 


313  (a-  n-  554)- 

H'  -  IMP  C  M  AVR  SEV  ALEXAND  AVG  Son  buste  laure 
et  drapé  à  droiie. 

I^  __  VENVS  VICTRl(X)  Venus,  à  demi-nue,  debout  à  gau- 
che, tenaiu  un  casque  créte  et  un  sceptre.  Auprès 
d'elle,  à  gauche  un  bouclier  rond.  (D.  fourré). 
Médaillc  hybride  ;   [-e  revcrs  est  ideiUique  aii  n.  76  de  Maméc. 

314  (a.  n.  558). 

,iy  —   IMP  SEV  ALEXAND  AV&  Sa  tète  lauree  à  droite. 

]j(     —  VICTORIA  AV&  Victoire  debout  à  gauche,    appuyée 

sur  un  bouclier  et  tenant  une  palme.  Au  dessous 

du  bouclier  on  voit    la    petite    figure    d'un    captif 

assis  à  gauche.  (Ar.). 

Trouvé  à  Korong  en  Ilongric. 

315  (a.  n.  564). 

B         IMP  C  M  AVR  SEV  ALEXAND  AVG  Son  buste  laure, 

drapé  (et  cuirassé  ?)  à  droite. 
IjS    —  VICTORIA  WG  (sic)    Victorie    marchant    à    gauche, 

tenant  une  couronne  et  une  palme.  (Ar.). 

316  (a.  n.  589). 

,i>'  —  IMP  ALEXAND(ER)  (IR?)  PIS  AVG  Son  buste  laure, 
drapé  et  cuirassé  à  droite. 

1^  —  VIRTV(S  AVGViSTI  La  Valeur  debout  à  gauche,  te- 
nant un  globe  et  une  baste.  (P.  B.  ou  D.  défourré). 

MAMÉE. 

317  (a.  n.  4). 

B   —   IVLIA  MAMAEA  AVG   Son  buste  drapé  à  droite. 
\i    —  CONCORDIA  La  Concorde  debout  à   gauche,    sacri- 
fiant  sur  un  autel  allume  et  tenant  un  sceptre.  (Ar.). 

318  (a.  n.  30). 

Sf  -  IVLIA  MA(MAE)A  AVG  Son  buste  diadémé  et  drapé 
à  droite  (Uans  le  champ,  à  gauche,  un  point). 


CONTRIBUTIONS   AU    CORPUS    NUMOliUM    UOMANORUM  403 


r$    —   lOVI  ht>D ORI   lupiter  marchand  à  gauche  et 

regardant    en    arrière,    tenant    un    foudre    et    (un 
aigle  ?).  (Ar.). 

Fabrique  rude. 

Denicr  hj'bride  :  Le  revcrs  est  pris  du  deiiìtr  n.  82  (IVnppc  tu  231 
de  J  C.)  d'Alexandre  Sevère,  qui  porte  la  legende  lOVl  PROPV- 
GNATORI.  Vuvtz,  plus  bas,  le  n.  327. 

319  (a.  n.  90). 

jy  -   IVLIA  MAMAEA   AV&    Son    buste    diadémé    et  drapé 

à  droite. 
1^'    -    (VICTORilA  AVG-   Viatorie  courant    à    droite,    tenant 

une  couroiine  et  une  palme.  (I).  défourré  ou  P.  B.?). 
Médaille  hybride  :  Voir  les  n.  288-289  d'Élagabale. 

MAXIIVIINVS   I. 

320  (avant  n.   i  de  Cohen!. 

r>'  -  MAXIMINVS  PIVS  AVO  GERM  Son  buste  laure  et 
drapé  à  droite. 

9  -  ADLOCVTIO  S  C  (à  l'exergue).  Maximin  debout  à 
droite  sur  une  estrade,  haranguant  trois  soldats, 
qui  portent  des  enseignes  niilitaires  et  dont  le 
troisième  porte  un  bouclier  sur  le  bras.  Derrière 
l'empereur,  le  piéfet  du  prétoire,  debout.  (G.  B.). 
Trouvé  a  Puszta-Budovalla  cii  Hongrie  (?).  Apocryphe. 

321  (après  n.  63  de  Cohen). 

B'  —  IMP  MAXIMINVS  PIVS  AV&  Son  buste  laure  et  drapé 
à  droite. 

li  —  P  M  TR  P  II  P  P  (on  ne  voit  pas  1'  S  C)  Maximin 
et  un  autre  homme  debout  à  gauche,  tous  les 
deux  casqués  et  en  habit  militaire,  en  face  de 
deux  enseignes  inilitaire.  Maximin  tient  un  sceptre 
et  la  Viatorie  le  couronne,  debout  derrière  lui. 

(M.  B.) 

322  fa.  n.  73). 

iy  -  IMP  MAXIMINVS  PIVS  AVG  Son  buste  laure,  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 


404  EDMOND    GOHL 


9    -   P  M  TR  P  VI  COS  II  P  P  L'Équité  debout  à  gauche, 
tenant  une  balance  et  une  come  d'abondance.   (Ar.). 
Cette  médaille  est  de  bronze  algente,  mais  non  fourrc. 

323  (a.  n,   102). 

iy  -  IMP  MAXIMINVS  PIVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé 
(et  cuirassé  ?)  à  droite. 

I\l  -  VICTORIA  AVG  et  S  C  dans  le  champ.  Victoire 
courant  à  droite,  tenant  une  couronne  et  une 
palme.  (M.  B.). 

Bronce  jaune. 

324  (a.  n.  117). 

^^  —   IMP  MAXIMINVS  PIVS  AVG  Son  buste    laure,    drapé 

(et  cuirassé  ?)  à  droite. 
R)   —  VIRTVS  AVG   La    Valeur    debout  à  gauche,   tenant 

un  parazonium  et  une  baste. 

(Denier  défourré  ou  P.    B.  ?). 

GORDIEN  LE  PIEVX. 

325  (a.  n.  28). 

^  —  IMP  CAES  GORDIANVS   PIVS    PEL    AVG    Son    buste 

radié,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 
9    —  AEQVITAS  AVGG  L'Équité  debout  à  gauche,  tenant 

une  balance  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 

326  (a.  n.  28). 

,&  —  IMP  GORDIANVS    PIVS   PEL  AVG    Son    buste    radié, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 
^    —  Meme  revers.  (Ar.). 

327  (a.  n.  107). 

^  —  IMP  GORDIANVS  PIVS  PEL   AVG    Son    buste    laure, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 
P    —  lOVI  PROPVGNTAORI  (sic)  Jupiter  tenant  un   foudre 
et  un  aigle,  marchant  à  gauche  et   regardant   en 
arrière.  (Ar.). 

Bronze  argentò. 

Denier  hybride  :  Le  revers  est  pris  du    n.  82   d'Alexandre   Sevère. 
Voyez,  plus  haut,  le  n.  318). 


CONTRIBUTIONS    AU   CORPUS    NUMORUM    ROMANORUM  4O5 


328  (a.  n.   186). 

^  —  IMP  GORDIANVS  PIVS  FEL  AV&  Son  buste  laure, 
drapé  (et  cuirassé  ?)  à  droite. 

P  -  PIETAS  AV>  VSTI  (sic)  La  Piété  debout  de  face,  re- 
gardant  à  gauche  et  levant  les  deux  mains.  Elle 
tient  une  patere  et  un  sceptre  ressemblant  à  un  7. 

(Ar.). 

Bronze  argante. 

329  (a.  n.  319). 

^   -   IMP  GORDIANVS  PIVS   FEL   AVG    Son    buste    radié, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 
^    —   SALVS  AVG    La  Sante  debout  à  droite,  nourrissant 

un  serpent  qu'elle  tient  dans  ses  bras.  (Ar.). 

PHILIPPE    PERE. 

330  (a.  n.   13). 

/©'  -  IMP  PHILIPPVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé  et  cui- 
rassé à  droite. 

9  —  AEQVITAS  AVGG  L'Equité  debout  à  gauche,  tenant 
une  balance  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 

331  (a.  n.  16). 

^  -  IMP  M  IVL  PHILIPPVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 

£Jl  -  AETERNITA( )  Le  Soleil  debout  à  gauche,  le- 
vant sa  main  droite  et  tenant  un  globe.        (Ar.). 

332  (a.  n.  17). 

-B*  —  Meme  avers. 

r$  —  AETERNITAS  AVGG  Kléphant  marchant  à  gauche, 
monte  par  un  cornac  qui  tient  un  javelot  et  une 
baguette.  (Ar.). 

333  (a-  n-  45)- 

,&  —  Meme  avers. 

I^  —  FELICI!  TEMP  La  Felicitò  debout  à  gauche,  tenant 
un  caducée  et  une  come  d'abondance.  (Ar.  fourré). 


4o6  tCDMONI)    GOllI. 


334  (a-  n-  94)- 

!>'  —  IMP  M  IVL  PHILIPPVS  AVO-  Son  buste  radié  et  drapé 
;'i  droite. 

H^      -    MARS  PROPV&  Mais  casqué,  en    habit    militaire,  le 

manteau  llottant,    marchant   à    droite,    tenant   une 

liaste  et  un  bouclier.  *         (Ar.  fourré  !). 

Médaille  liybride  :  Le  revers  est  pris  du  n.  155  de  Gordien  le  Pieux. 

335  (a-  n-   r4i)- 

/iy  —  IMP  M  IVL  PHILIPPVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 

l.v  -  P  M  TR  P  llll  COS  II  P  P  Philippe  voile  debout  à 
gauche,  sacrifiant  sur  un  trépied  et  tenant  une 
baguette.  (Ar.). 

336  (a.  n.  173). 

ly  —  Meme  avers. 

!;{(  —  SAECVLARES  AV&G  et  I  à  i'exergue.  Lion  radié 
marchant  à  droite.  (Ar.). 

337  (a-  n.  217). 

,ìy  ~  IMP  M  IVL  PHILIPPVS  AVG    Son  buste   radicS  drapé 

(et  cuirassé?)  à  droite. 

r$    -  SECVRITAS  AVG&    La    Sécurité  debout  à   gauche, 

posant  la  main  droite   sur    sa  téte  et  accoudée  à 

une  colonne.  (Ar.  défourré). 

Médaille  hybride  (?):  Le    revers    est    pris   du    n.  37    de    Hcrennius, 

Irappé,  selon  Cohen,  251  a.  S.  C. 

338  (a.  n.  317). 

1>'         IMP  M  IVL  PHILIPPVS  AVG   Son   buste  radié,  drapé 

et  cuirassé  à  droite. 
R;    —   SECVRIT  PE^RPET.'')    La   Sécurité  debout  à  gauche, 
tenant  un  scepti  e  et  accoudée  à  une  colonne.  (Ar.). 
Voir  le  revers  du  n.  328  de  Gordien  le  Pieux. 

339  (a.   n.   240). 

1»'  —  IMP  M  IVL  PHILPPS  (sic)  AVG  Son  buste  radié  et 
drapé  à  droite. 


CONTKIBI'TIONS    ALJ    CORrUS    NUMORUM    RoMANORUM  407 


I^  —  VIRTVS  AVG  La  Valeur  casqiiée,  assise  à  gauche 
sur  une  cuirasse,  tenant  un  ranieau  et  une  baste. 

(Ar.). 

OTACILE. 

340  (a.  n.  23). 

B'  —  MARCIA  OTACIL  SEVERA  AVG  Son  buste  diadémé 
et  drapé  à  droite,  avec  le  croissant. 

Ftì  —  IVNO  REGINA  junon  (avec  le  chignon,  et  en  habit 
court,  laissant  les  genoux  libres),  debout  à  gau- 
che, tenant  une  patere  et  un  sceptre.  Auprès 
d'elle,  un  paon  (?).  (Ar.). 

Le  revers  est  de  fabriqiie  très  rude.    Quant  au  type,  comparez    le 
n.  23  de  Cohen,  avec    IVNO    LVCINA. 

341  (a.  n.  38).. 

B'  -  OTACILIA  SEVERA  AVG  Son  buste  diadémé  et  drapé 
à  ciroite,  avec  le  croissant. 

^  —  PIETAS  AVGG  et  dans  le  champ,  a  gauche  ]\  (au 
lieu  de  A)-  La  Piote  debout  à  gauche,  sacrifiant 
sur  un  autel  allume  et  tenant  une  boite  à  parfums. 

(Ar.). 

342  (a.  n.  70). 

,1/  —  OTACIL  SEVERA  AVG  Son  buste  diadéinc;  et   drapé 

à  droite  avec  le  croissant. 
FJl    -   SAECVLARES  AVGG  et  S  C  dans  le  champ.  (M.  B.). 
Cippe. 

PHILIPPE    FILS. 

343  (a.  n.  6). 

B'  JMP  M  IVL  PHILIPPVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé  (et 
cuirasse  ?)  à  droiti-, 

li  —  AETERNITATI  AVGG  Le  Soleil  courant  à  gauche, 
le  manteau  iloltant,  levant  la  main  droite  et  te- 
nant un  fouet.  (Ar.). 


408  EDMOND    GOHL 


344  (a-  n-  33)- 

f)'  —  IMP  M  IVL  PHILIPPVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 

P  —  P  M  TR  P  IMI  COS  P  P  La  Paix  ou  la  Félicité  de- 
bout  à  gauche,  tenant  un  caducée  et  une  come 
d'abondance.  (Ar.). 

Vo3'ez  le  rcvers  identique  du  n.  130  de  Philippe  pere. 

TRAIAN  DÈCE. 

345  (a-  n-  79)- 

^'  -   IMP  C  M  Q  TRAIANVS  DECIVS  AVG  Son  buste  radié 

et  cuirassé  à  droite.  On  voit  le  dos  écaillé  de  la 

cuirassé,  et  sous  le  portrait,  quatre  points. 

P    —   PANNONIAE  La  Pannonie  debout  de  face,  regardant 

à  droite.    Elle    tient    un    casque    et  une  enseigne 

miiitaire.  (Ar.). 

Voyez  le  revers  identique  du  n.  9  de   Hérennius    et    du    n.  17    de 

Ilostilien  chez  Cohen  et  le  n.  350  (Etruscille)  ci   bas. 

346  (a.  n.  97). 

iy  —  Meme  avers  (sans  les  quatre  points). 
I^    —  PIETAS  AVGVSTAE    La    Piété    debout  à  gauche,  le- 
vant  la  main  droite  et  tenant  une  boite  à  parfums. 

(Ar.  fourré). 
Médaille  hybride  :  Le  revers  est  pris  du  n.  43  d'Otacile. 

347  (a.  n.   105). 

^  —  Meme  avers  (sauf  les  écailles  et  les  quatre  points). 
9    —  VBERTAS  AVG  (sic)    La    Fertilité    debout  à  gauche, 
tenant  une  bourse  et  une  come  d'abondance. 

(Ar.  fourré). 

ETRVSCILLE. 

348  (a.  n.  664). 

B'  —   HER  ETRVSCILLA  AVG  Son  buste  diadémé  et  drapé 

à  droite  avec  le  croissant. 
S)    —  ABVNDANTIA  AVG  La  Pudeur  debout  à  gauche,  re- 


CONTRIBUTIONS    AU   CORPUS    NUMORUM   ROMANORUM  409 

levant  son  voile  et  tenant  un  sceptre  tranversal 
termine  d'un  bouton  (pas  une  baste,  comme  Coben 
le  dit).  (Ar.). 

349  (a.  n.  i). 

^  —  Meme  avers. 

9  —  ABVNDANTIA  AVG-  L'Abondance  debout  à  droite, 
vidant  sa  come.  (Ar.). 

350  (a.  n.   15). 

^  —  Meme  revers. 

r$  —  PANNONIAE  La  Pannonie  debout  de  face,  regardant 
à  droite.  Elle  tient  un  casque  et  une  enseigne  mi- 
litaire  (presque  transversale).  (Ar.). 

Voyez  plus  haut  le  n.  345,  Traian  Dece. 

HÈRENNIVS. 

351  (a.  n.  2). 

B'  —  HEREN  ETRV  MES  QV  DECIVS  CAESAR  Son  buste 
radié,  drapé  et  cuirassé  à  droite.  Sous  le  portrait 
quatre  points  (bouts  des  rubans  sur  l'épaule  de 
la  cuirassé?). 

Kl  —  AEQVITAS  AVG  L'Equité  debout  à  gauche,  tenant 
une  balance  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 

352  (a.  n.  7), 

&  -  Q.  HER  ETR  MES  DECIVS  ISOB  C  Son  buste  radié 
et  drapé  à  droite. 

9  —  MARS  PRO(PV)G'  Mars  casqué  courant  à  droite,  te- 
nant une  baste  et  un  bouclier.  (Ar.). 
Trouvé  à  Korong  en  Hongrie. 


Adn.  Il  y  en  a  deux  espcces  de  la  niédaillc  11.  28  (chez  Colien). 
Sur  l'avers  de  l'une,  on  voit  le  dos  de  la  cuirassé,  sur  d'autres  exeni- 
plaires  la  partie  autérieure  de  la  cuirassé  est  visiblc  avcc  une  riche 
drapcrie. 


^lO  KDMOND    Gr>lll. 

HOSTILIEN. 

353  (3-  n.  7). 

1)'  —  IMP  C  MES  QVINTVS  AV&  Son  buste  radié  et  drapé 

à  droite. 
I^     -     CONCORDIA  AVGG-  Deux  mains  jointes.  (Ar.). 

354  (a.  n.  23). 

l>'   -   IMP  CAE    C    VAL    MES    QVINTVS    AVG    Son    buste 

radié  et  drapé  à  droite. 
1>'    —  PIETAS  AVG&  Mercure  debout  à  gauche,  tenant  une 

bourse  et  un  caducée.  (Ar.). 

355  (a-  n-  43)- 

D'  -  C  OVL  OSTIL  MES  COVINTVS  CAESAR  Son  buste 
radié  et  drapé  a  droite.  Sons  le  buste  :  VII- 

III  -  PVDICITIA  AVG  La  Pudeur  assise  à  gauche,  rame- 
nant  son  voile  et  tenant  un  sceptre.  (Ar.). 

Adii.  Variante  de  11.  52  de  Cohen  avec  trois  poiits  sous   le  buste, 
à  l'avers. 

TRÉBONIEN    GALLE. 

356  (a.  n.  6). 

1'  —  IMP  C  C  VIB  TREB  GALLVS  P  F  AVG  Son  buste 
radié  et  cuirassé  (non  drapé)  à  droite.  On  voit 
le  dos  écaillé  de  la  cuirassé.  Sous  le  portrait, 
4  points. 

1>!  —  AEQVITAS  AVG  L'Equité  debout  à  gauche,  tenant 
une  baiance  et  une  come  d'abondance.  À  l'exergue 
4  points.  (Ar.). 

Adn.  Variantes  du  n.  6  de  Cohen  : 

a)  Avec  i  point  sous  le  p  ^rtrait. 

/>)  Avec  2  points  de  chaque  còte  (en  bas). 

r)       11       Q        "         "         "  "       "       *' 

(0      -        IV  ■• 

e)       ■<         VII  -^       - 

fj       ..         IIV  "         •'  "       "       " 


CONTRIBUrlONS    ALT   CORPUS    NUMOKUM    KOMANORUM  4II 


357  (a-  n-  14)- 

^^  —  IMP  C  C  AIB  TREB  GALLVS  AVC  (ainsi!)  Son  buste 

radié  et  drapé  à  droite. 
1^    —  AETERNITATI  AVG-    Le   Soleil   debout  à  gauche,  le- 

vant  la  main  droite  et  tenant  un  globe. 

(Argent  défourré). 

358  (a.  n.  24). 

-B"  ~  IMP  C  VIB  GALLVS  P  F  AVG  Son  buste  radié  et 
cuirassé  (non  drapé)  à  droite. 

IJI  —  CONCORD  AV&G  La  Concorde  assise  à  gauche, 
tenant  une  patere  et  une  doublé  come  d'abon- 
dance.  (Ar.). 

Trouvé  à  Korong  en  Hongrie. 

359  (a.  n.  28). 

'&  —  IMP  C  C  VIB  TREB Son  buste  radié  et  drapé 

à  droite. 

^  —  CONCORDIA  AVGG  La  Concorde  assise  à  gauche, 
tenant  une  patere  et  une  doublé  cerne  d'abon- 
dance.  (Ar.  fourré). 

360  (a.  n.  34). 

^  —  IMP  C  C  VIB  TREB  GALLVS  AVG    Son   buste    radié 

et  drapé  à  droite. 
^    —  FELICITAS  PVBL  La  Félicité  debout  à  gauche,  tenant 

un  caducée  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 

Adn.  Variantes  du  n.  34  de  Cohen  : 

a)  Avec  un  point  de  chaque  ente  (en  bas). 

b)  Avec  trois  points  de  cliaque  ente  (en  bas). 
e)  Avec  I  de  chaque  cóle  (en  bas). 

Variantes  du  n.  47  de  Cohen  : 

a)  Avec  un  point  de  chaque  coté  (en  bas). 

b)  Avec  4  points  sous  la  tote  et  3  points  à  i'exergne  du   revcrs. 
e)  Avec      ir  „      „      „      „     VII  

<ij  Avec  IV  de  chaque  còte  (en  bas). 
e)   Avec  VI    .,  ,,  

Variantes  du  n.  72  de  Cohen  : 

a)  Avec  2  points  de  chaque  còte  (en  bas). 

b)  Avec  4  points  à  l'exergue  du  revers. 


412  EDMOND    GOHL 


361  (a.  n.  75). 

,&  —  IMP  e  e  VIB  TREB  GALLVS  AVG  Son  buste  radié, 
drapé  et  cuirassé  à  droite. 

1^  —  PAT  (ainsi  !)  AVGG  La  Paix  debout  à  gauche,  te- 
nant  une  branche  d'olivier  et  un  sceptre  trans- 
versai.  (Ar.  fourré). 

362  (a.  n.  79). 

^'  —  IMP  C  C  VIB  TREB  GALLVS  P  F  AVG  Son  buste 
radié,  drapé  et  cuirassé  à  droite  ;  sous  le  buste  : 
deux  points. 
1^  —  PAX  AVG  V  G  (ainsi!)  La  Paix  debout  à  gauche, 
tenant  une  branche  d'olivier  et  un  sceptre  trans- 
versal.  A  l'exergue,  deux  points.  (Ar.). 

Trouvé  à  Korong  en  Hongrie. 

Adn.  Variante  du  n.  8j  de  Cohen,  avec  VII  de  chaque  coté  (en  bas). 
Variante  du  n.  107  de  Cohen,  avec  VI  sous  le  portrait  et  II    (?)   à 
l'exergue  du  rcvers. 

Variantes  du  n.  11 1  de  Cohen  : 

a)  Avec  2  points  de  chaque  cóle  (en  bas). 

ò)  Avec  2  points  de  chaque  còte  (en  bas)  et  avec  un  point  dans 
le  tympanon  du  tempie  au  revers. 

363  (a.  n.   125). 

^^  -  IMP  C  C  VIB  TREB  GALLVS  P  F  AVG  Son  buste 
radié  et  cuirassé  (non  drapé)  à  droite.  Sous  le 
buste,  quatre  points. 

Ijf  —  VBERITAS  AVG  La  Fertilité  debout  à  gauche,  tenant 
une  bourse  et  une  come  d'abondance.  À  l'exergue, 
quatre  points.  (Ar.). 

Variantes  de  la  mème  médaille  : 
a)  Avec  un  point  de  chaque  coté  (en  bas). 
ò)  Avec  trois  points  de  chaque  coté  (en  bas). 
e)  Avec  IIV  de  chaque  coté  (en  bas). 

Variante  du  n.  125  de  Cohen,  avec  3  points  de  chaque  coté  (en  bas). 

364  (a.  n.   127). 

^'   -   IMP  C  C  VIB  TREB    GALLVS    P  F    AVG    Son    buste 


CONTRIBUTIONS   AU   CORPUS   NUMORUM    ROMANORUM  413 


radié  et  cuirassé  (non  drapé),   à    droite.    Sous    le 
le  buste,  trois  points. 
91    —  VICTORIA  AV&  La  Victoire  courant    à    gauche,   te- 
nant  une  couronne  et  une  palme.  (Ar.). 

VOLVSIEN. 

365  (a.  n.  48). 

^  —  IMP  CAE  C  VIB  VOLVSIANO  AVG    Son   buste  radié, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 
9    —  LAETITIA  AVG  N  La  Joie  debout   à    gauche,   tenant 
une  couronne  et  une  ancre.  (Ar.). 

Trouvé  à  Koroiig  en  Hongrie. 

Médaille  hybride  :  dont  le  revers  est  pris  du  n.   118  de  Gordien  111 
ou  du  n.  82  de  Philippe  pére. 

366  (a.  n.  89). 

3'  IMP  C  C  VIB  VOLVSIANVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé 

(et  cuirassé  ?)  à  droite. 
I^    —  PIETAS  AVGG  La  Piété  debout  à  gauche  près  d'un 

autel  allume.  Elle  lève  ses  mains.  (Ar.). 

367  (a.  n.  97). 

;&  -  IMP  CAE  C  VIS  VOLVSIANO  AVG   Son   buste  radié, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 
1^    —  PRINCIPI  IVVENT    L'empereur  debout  à  gauche,    te- 
nant un  globe  et  une  baste.  (Ar.  fourré). 
Médaille  hybride  :  dont  le  levers  pris  du  n.  293  de  Gordien  III    ou 
du  n.  46  et  48  de  Philippe  jeune. 

Adn.  La  médaille  11.  113  de  Cohen  avec  3  points  sous   le    buste   et 
à  l'exergue  du  revers. 

368  (a.  n.   114). 

fy  -  IMP  CV  AFGAL  VEND  VOLVSSIANVS  (ainsi!)  AVG  Son 
buste  radié,  drapé  (et  cuirassé?)  à  droite.  Sous  le 
buste  :  IV. 

I^  -  ROMAE  AETERNAE  AVG  Rome  assise  à  gauche  sur 
un  bouclier,  tenant  une  Victoire  et  une  baste.  A 
l'exergue  :  IV.  (Ar.). 

Trouvc  à  Korong,  en  Hongrie. 


414  EDMUND    r.OHL 


369  (a.  n.  115). 

B-  —  IM  (ainsi!)  C  V  AF  (GAL?)  VEND  VOLVSIANO  AV& 
Sous  le  buste,  trois  points. 

I^  —  SAECVLVM  NOVVM  Rome  ou  Junon  Martiale  assise 
de  face  dans  un  tempie  à  six  colonnes,  tenant  un 
sceptre.  Dans  le  tympanon  orné  de  4  palmettes, 
un  point.  Sur  le  sommet  de  l'édifice  un  point.  (Ar.). 

370  (a.  n.  115). 

La  méme  médaille  avec  SAECVLVM  NOVVA  (Ar.). 

371  (a.  n.  125). 

.&  —  Meme  avers. 

R)  —  VBERITAS  AVG  La  Fertililé  debout  à  gauche,  tenant 
une  bourse  et  une  come  d'abondance.  (Ar.). 

372  (a.  n.   125). 

ly  —  IMP  C  V  AF  GAL  VEND  VOLVSSIANVS  (ainsi  !)  AVG 

Son  buste  radié,  drapé  et  cuirassé  a  droite.  Sous 
le  buste  :  IV. 

9    —  Meme  revers  ;  à  l'exergue  :  IV.  (Ar.). 

Trouvé  à  Korong  en  Hongrie. 
Adn.  Variantes  du  n.   125  de  Cohen  : 

a)  Avcc  3  points  de  chaque  còte  (en  bas). 

b)  Avec     VI  „         „  „        „       Il 

Variante  du  n.  127  de  Cohen  avec  2  points  de  chaque  coté  (en  bas). 

373  (a.   n.    127). 

E-  —  IMP  C  V  AF  GAL  VEND  VOLVSSIANVS  (ainsi  !)  AVG 
Son  buste  radié,  drapé  (ei  cuirassé?)  à  droite. 
Sous  le  buste  :  IV. 

IjS  _  VICTORIA  AVG  La  Victoire  courant  à  gauche,  te- 
nant une  couronne  et  une  palme.  À  l'exergue:  IV. 

(Ar.). 

VALÉRIEN    PÉRE. 

374  (a-  "•  97)- 

!>'  -  IMP  C  P  LIC  VALERIANVS  AVG  Son  buste  radié, 
cuirassé  et  drapé  à  droite. 


CDNTRIIiUrloNS    AU    COUPUS    NlIM'iKUM    l^OMANOUU.M  4I5 

9    —  lOVI  CONSERVATORI  Jupiter    nu    debout    à    gauche 

avec  son  niaiueau  déployé  derrière  lui,  tenant  un 

foudre  et  un  sceptre.    A    coté    de    lui   une  petite 

figure  humaine,  debout.  (Billon). 

C'est  probablement  une  médaille  hibryde,  dont   le    revers    est   pris 

du  n.  104  de  Gordien  III. 

375  (a-  n-   "2). 

-B'  —  IMP  C  P  LIC  VÀLERIANVS  P  F  AVG  Son  buste  laure 
et  cuirassé  (non  drapé),  à  droite. 

Ri  —  LIBERALITAS  AVGG  et  S  C  dans  le  champ.  La  Li- 
beralité  debout  à  gauche,  tenant  une  tessere  et 
une  corna  d'abondance.  (G.  B.). 

376  (a.  n.   145). 

B"  —  IMP  VÀLERIANVS  P  F  AVG  Son  buste  radié  et  cui- 
rassé à  droite. 

Iji  —  PAX  AVG  La  Paix  debout  à  gauche,  tenant  une 
branche  d'olivier  et  un  sceptre  transversal.  (Bill.). 

377  (a-  n-  i54)- 

B  —  IMP  VÀLERIANVS  P  F  AVG  Son  buste  radié,  drapé 
et  cuirassé  à  droite. 

9  —  PIETAS  (AVGG?)  Aspersoire,  simpule,  vase  à  sacri- 
fice  tourné  à  droite,  couteau  de  sacrificateur  et 
bàton  d'augure.  (Billon). 

Médaille  hibryde  :  dont  le  revers  est  pris  <lu  n.  45  de  Salonin. 

378  (a.  n.   164). 

i^  —  IMP  C  P  LIC  VÀLERIANVS  AVG    Son  buste  radié  et 

cuirassé  à  droite.  Sur  la  poitrine  :  un  point. 

ìji    —   P  M  TR  P  III!  COS  III!   P  P  L'empereur  voile  debout 

à  droite,  sacrifiant  sur  un  autel  allume  et   tenant 

un  sceptre  surmonté  d'un  aigle  tourné  à  droite  et 

regardant  en  arrière.  (Or). 

Voir  le  n.   160  de  Cohen,  qui  a  le  mcmc  lypc  au  revers,  nvcc  P  IVI 

TR  P  III  COS  III  P  P. 

379  (a.  n.   169). 

.P'  -  IMP  VÀLERIANVS  P  F  AVG  Son  buste  radié,  drapé 
(et  cuirassé  ?)  à  droite. 


4l6  EDMOND   GOHL 


P  —  P  M  TR  P  V  COS  illl  P  P  Victoire  debout  à  gauche, 
appuyée  sur  un  bouclier  et  tenant  une  palme,  à 
ses  pieds  un  captif.  (Billon). 

Voir  le  mème  type  au  revers  des  n.  252-255  de  Cohen  (avec  VIC- 
TORIA GERMANICA  et  VICT  PART). 

380  (a.  n.   172). 

^  —  IMP  C  P  LIC  VALERIANVS  P  F  AVG-  Son  buste  (ju- 

vénil)  radié,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 
ì^    —   PRINCIPI  IVVENT  Salonin  debout  à  gauche,  en  habit 
militaire,  tenant  une  enseigne  et  une  baste  (?). 

(Billon). 
Médaille  hybride,  dont  le  revers  est  pris  du  n.  73  de  Salonin. 

381  (a.  n.  214). 

B'  —  IMP  VALERIANVS  P  F  AVG  Son  buste  radié  et  drapé 
à  droite. 

9  —  VICT  AV&&  Victoire  debout  à  gauche,  appuyée  sur 
un  bouclier  et  tenant  une  palme.  A  ses  pieds  un 
captif.  (Billon). 

Voir  la  mème  revers  du  n.  11  de  Valérien  jeune. 

382  (a.  n.  214). 

i&  -  IMP  VALERIANVS  P  F  AVG  Son  buste  radié,  drapé 
(et  cuirassé  ?)  à  droite. 

9  —  VICT  PARTICA  Victoire  debout  à  gauche,  appuyé 
sur  un  bouclier  (?)  et  tenant  une  palme,  à  ses 
pieds,  un  captif  assis  à  gauche.  (Billon). 

383  (a.  n.  231). 

/D'  —  IMP  C  P  LIC  VALERIANVS  AVG  Son  buste  radié, 
drapé  (et  cuirassé  ?)  à  droite. 

H  —  VICTOmA  AVGG  (ainsi,  avec  un  R  tourné  à  gauche). 
Victoire  debout  à  gauche,  tenant  une  couronne  et 
une  palme.  (Billon). 

384  (a.  n.  266). 

^  -  IMP  C  (P  LIC)  VALERIANVS  AVG  Son  buste  radié 
et  drapé  à  droite. 


CONTRIBUTIONS   AU  CORPUS    NUMORUM   ROMANORUM  417 


RI  —  VIRTVS  AVGG  Mars  casqué  debout  à  gauche  en 
habit  militaire,  appuyé  sur  un  bouclier  et  tenant 
une  baste  renversée.  Dans  le  champ,  à  droite, 
une  étoile.  (Billon). 

385  (a.  n.  269). 

^'  —  IMP  C  P  LIC  VALERIANVS  P  F  AVG    Son    buste  ra- 

dié,  drapé  et  cuirassé  a  droite. 
9'    —  VIRTVS  AVGG    La  Valeur  debout  à  gauche,  tenant 

une  baste  et  appuyé  sur  un  boucHer.         (Billon). 

386  (a.  n.  274). 

^  —  IMP  VALERIANVS  P  AVG  Son  buste  radié,  drapé  et 
cuirassé  à  droite. 

Ri  —  VIRTVS  AVGG  Romulus  (à  téle  nue,  le  manteau 
flottant),  marchant  à  droite,  tenant  une  baste  et 
un  trophée.  (Billon). 

GALLIEN. 

387  (a.  n.  5). 

,&  -    IMP  GALLIENVS  AVG    Son    buste    radié  et  drapé  à 

gauche. 
91    -   ABVNDANTIA  AVG    L'Abondance    debout    à    droite, 

vidant  sa  come.  Dans  le  champ,  à  gauche  :  B- 

(Billon). 

388  (a.  n.  20). 

/©'  —    GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  cuirassé  à  droite. 
1^    —   AEQVIT  AVG  L' Equité  debout  à  gauche,  tenant  une 
balance  et  une  come  d'abondance.  (Billon). 

Voyer  .  Cohen,  I  édition,  VII,  pag.  268,  n.  4,  sauf  la  cuirassé. 

389  (a.  n.  49). 

^y  -   IMP  GALLIENVS  (P  F)  AVG    Son   buste  laure,  drapc 

et  cuirassé  à  droite. 
91    —  AETERNITAS  AVGG  Le  Soleil  debout  à  gauche,  levant 
sa  mawi    droite    et    tenant    un    globe  de  la    main 
gauche.  (Or  ). 

Use,  percé. 

53 


KDMOND    GOlll. 


390  (a.  n.  55). 

,&  -  &ALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  drapé  à  droite 
(On  voit  le  dos  de  la  draperie). 

l^  -  ANNONA  AVG  (ou  AVGG  ?)  L'Abondance  debout  à 
gauche,  le  pied  droit  (!)  pose  sur  une  proue  de 
vaisseau  et  tenant  deux  épis  et  une  corna  d'abon- 
dance.  (Bilion). 

391  (a.  n.  62). 

&  -  IMP  GALLIENVS  AVG  Son  buste  laure  et  drapé  à 
droite. 

Iji  —  ANNONA  AVG  et  S  C  dans  le  champ.  L'Abondance 
debout  à  gauche,  tenant  des  épis  et  une  come 
d'abondance.  Près  d'elle,  un  niodius.  (G.  B.). 

392  (a.  n.  70). 

^£y  —   IMP    e  P    LIC    GALLIEN Son    buste    laure    et 

cuirassé  à  droite. 

Tp  —  APOiLINI?)  CONSERVA  et  S  C  dans  le  champ.  Apollon 
debout  à  gauche,  tenant  un  rameau  et  une  lyre 
posée  sur  un  rocher.  (M.  B.)- 

393  (a-  n-  73)- 

^  -   GALLIENVS  AVG  Sa  téte  radiée  à  droite. 

Iji  —  APOLLINI  CONS  AVG  Centaure  marchant  à  gauche, 
tenant  un  globe  et  un  gouvernail  (!)  (pas  des  flè- 
ches).  À  l'exergue  :  A  (Bilion). 

394  (a-  n-  77)- 

fy  —  Min  P  GNLLIÉNVS  AVG  (ainsi  !)  Son   buste   radié  et 

drapé  à  droite. 
\p    —  APOLLINI  CONS  AVG    Griffon    marchant   à   gauche. 
A  l'exergue  :  A  (Bilion). 

Adn.  La  médaille  n.  77  de  Cohen  avec  B  à  l'exergue  du  revcrs. 

395  (a-  n-  80). 

B"  —  GALLIE(NVS  AVG)  Sa  tute  lauree  à  droite. 
IjS    —  (APOLLINI?)  CONS  AVG  Pégase  couché  (ou  sautant?) 
à  droite.  .     (Bilion). 


CONTIUBUTIONS    AtJ    CORPUS    NUMORUM    ROMANORUM  4I9 

396  (a.  n.  88). 

B'  —  GALLIENVS  AVG-  Son  buste  radiò  et  drapé  à  gauche. 

P  —  APOLLINI  PAL  S  P  Q  R  Apolion  en  vétement  court 
(tunique),  debout  de  face,  regardant  à  gauclie,  le 
manteau  sur  les  épaules  et  tenant  une  patere  et 
et  un  long  sceptre  (sans  croix).  (Billon). 

397  ('»■  n-   "Si)- 

©'  —  IMP  C  P  LIC  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et 
drapé  à  droite. 

I^  -  CONCORDIA  EXERCIT  La  Concorde  debout  à  gau- 
che tenant  une  patere  et  une  doublé  come  d'abon- 
dance.  (Billon). 

398  (a.   n.   131). 

^  -   IMP  C  P  LIC  GALLIENVS  AVG    Son    buste    radié  et 

cuirassé  (non  drapéj  à  droite,  avec  un    point    sur 

la  bordure  de  la  cuirassé. 

Ijl    —  Meme  revers.  (Billon). 

Adn.  La  nicdaille  n.  132  oii  133  de  Cohen  avec    le    buste    cuirassé 

(non  drapé).  (M.  B.). 

399  (a.  n.  167). 

i>'  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  à  droite  (sans 
draperie  et  sans  cuirassé). 

ìji  —  DIANAE  CONS  AVG  Antilope  marchant  à  gauche, 
ies  cornes  tournées  en  haut,  avec  une  bosse  sur 
le  dos.  A  l'exergue  :  r  (Billon). 

400  (a.  n.  181). 

,ìy  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  cuirassé  à  droite. 

^    —   FELICI  AVG    La    F'elicité    debout    à    gauche,  tenant 

un  long  caducée  et  une  come  d'abondance.  (Billon). 

401  (a.  n.  190). 

,&  —   GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  cuirassé  à  droite. 

1^  —  FELICI!  AVG  La  Félicité  debout  à  droite,  tenant  un 
long  caducee  et  un  globe  (Sans  lettre  dans  le 
champ).  (Billon). 


4  20  EDMOND    GOHL 


402  (a.  n.  227). 

&  —  GALLIENVS  AV&  Sa  lète  radice  à  droite. 
1$     -   FIDES  MIL  La  Fidélité  debout  de  face,  regardant  à 
gauche  et  tenant  deux  enseignes.  (Billon). 

403  (a.  n.  249). 

f^  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  légèrement 
drapé  à  droite. 

I^    —  FIDES  MILITVM  La  Fidélité  debout  à  gauche,  tenant 

un  sceptre  de  la  main  droite  et ?  de  la  main 

gauche.  A  l'exergue,  traces  des  lettre.  (Billon). 
De  fabrique  rude. 

404  (a.  n.  257). 

&  -  GALLIENVS  AVG  Sa  téte  radié  à  droite. 
ij(    —  FIDES  MILI  TVM  (en  trois  lignes)  dans  une  courone 
de  laurier.  (Or). 

Percé. 

405  (a.  n.  269). 

&  —  IIVIP  GALLIENVS  AVG  Sa  tète  radice  à  droite. 

9^  —  FORTVNA  REDVX  La  Fortune  debout  à  gauche,  te 
nant  un  gouvernail  pose  sur  un  globe  et  une 
come  d'abondance.  Dans  le  champ,  à  droite  :  S 

(Billon). 

406  (a.  n.  277). 

/&  —   GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  cuirassé  à  droite. 

'\^    -   FORTVNA  REDEX  (ainsi  !)  et  VII  C  •  à  l'exergue.    La 

Fortune  debout  à  gauche,  tenant  un  court  caducée 

et  une  come  d'abondance.  (Billon). 

Adii.  La  médaille  n.  279  de  Cohen  avec  V  à  l'exergue    du  revers. 

(Billon). 

407  (a.  n.  294). 

tB"  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  drapé  à  droite. 

9  —  GENIVS  AVG  Genie  coiffé  du  modius  debout  à 
gauciie,  tenant  une  patere  et  une  come  d'abon- 
dance. (Billon). 


CONTRIBUTIONS    AU    CORPUS    NUMORUM    ROMANORUM  42I 


408  (a.  n.  295). 

,©"    -    &ALLIENVS  AVG  Sa  téte  (buste)  radiée  à  gauche. 
ip    —  Meme  revers.  A  l'exergue  une  ligne  horizontale. 

(Billon). 

409  (a.  n.  301). 

B'   -   IMP  G-ALLIENVS  AVG    Som    buste    radié   et  cuirassé 

à  droite. 
I^    —   Meme  revers  (Sans  signe  à  l'exergue).  (Billon). 

410  (a.  n.  306). 

B'  -  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG  Son  buste  radié  et  cui- 
rassé à  droite  tenant  une  baste  (la  pointe  en  avant) 
et  un  bouclier  rond. 

91  -  GERMANICVS  MAXIMVS  Deux  captifs  assis  sous  un 
trophée.  (Billon). 

411  (a.  n.  307). 

^'  -   IMP  C  P  LIC  GALLIENVS  P  F  AVG  Son  buste  radié 

et  cuirassé  à  droite. 
9i    -   GARMANICVS  (ainsi  !)  MAX  TER    Deux  captifs    assis 
sous  un  trophée.  (Billon). 

Adn.  Les  médailles  11.  308  et  n.  310  de  Cohen  avec  des  points  a  la 
legende  de  l'avers  :  GALLIENVS  .  P  .  F  .  AVG. 

Au  revers  de  la  iiiédaiile  11.  324    de    Cohen,    l'Indulgcncc    ne    titnt 
pas  un  raineau;  elle  tend  sa  niain,  on  voit  préciseinent  scs  doigls. 

412  (a.  n.  355). 

iy   -   IMP  e  P  LIC  GALLIENVS  P  F  AVG  Son  buste  radié 

et  cuirassé  à  droite. 

1^    -   lOVI  CONSERVA    lupiter  nu  debout  à  gauche,    avec 

son  manteau  sur  l'épaule  gauche,  tenant  un  foudre 

et  un  sceptre.  (Billon). 

Adn.  La  inédaille  n.  361  de  Cohen,  avec  S  dans  le  champ  da  revers 

à  gauche.  (Billon). 

La  niénie  médaille  avec  X  dans  le  cham;)  du  revers  à  gauche. 

(Billon). 

413  (a.   n.   363I. 

&  -  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG  G(A  ?)  •  •  Son  buste  radio 
et  drapé  à  droite. 


-J22  EOMOND    GUHL 


lj(  —  lOVI  CONSERVAI  lupiter  nu  debout  à  gauche,  avec 
son  manteau  sur  l'épaule  gauche,  tenant  un  foudre 
et  un  sceptre.  Dans  le  champ,  à  droite:  S  (Billon). 

414  (a.  n.  366). 

,&   ~   GALLIENVS  AVG  Son  Ijuste  radié  et  cuirasséà  droite. 

Ij*  -  lOVI  CONSERVAI  et  8XV  à  l'exergue.  lupiter  nu 
debout  à  gauche  avec  son  manteau  sur  l'épaule 
gauche,  tènant  un  globe  et  un  sceptre.      (Billon). 

415  (a.  n.  366). 

i>'  —  GALLIENVS  AVO  Son  buste  radié  et  drapé  à  droite. 
I^    —  Meme  revers,  avec  PXV  à  l'exergue.  (Billon). 

416  (a.  n.  404). 

,tì'  IMP  G-ALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  cuirassé  à 
droite. 

Ri  —  lOVI  VLIORI  lupiter  nu  marchant  à  gauche  et  re- 
gardant  à  droite.  Il  tient  un  foudre  de  la  maio 
droite  et  son  manteau  sur  le  bras  gauche.  (Billon). 

417  (a.  n.  404). 

iy  —  IMP  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  légèrement 

drapé  à  droite. 
1^'    —  Meme  revers.  (Billon). 

418  (a.  n.  414). 

B'  —  IMP  C  GALLIE Sa  tète  (buste)  radiée  à  droite. 

1^  —  IS(IS)  AVG  Figure  humaine  debout  de  face,  en  vé- 
lenient  court,  les  bras  ouverts,  tenant  un  sceptre  (?) 
appuyé  à  son  bras  gauche.  (Billon). 

Fabrique  rude.  Diam.  mm.  14)4, 5. 

419  (a.  n.  431). 

i)'  —  GALLIENVS  AVG  GER  Son  buste  radié  et  légère- 
ment drapé  à  droite. 

Ip  —  LAEIIIIA  AVG  La  loie  marchant  à  gauche,  tenant 
une  couronne  et  une  ancre.  (Billon). 


CONTRIBUÌ  lONS    AU    CORPUS    NnMORI'M    ROMANORUM  423 

420  (a.  n.  437). 

-©'  —  IMP  C  P  LIC  &ALLIENVS  AVG    Son    buste   radié   tt 

cuirassé  à  droite. 
r$    —  LAETITIA  AVG  La  Joie  debout  à  gauche,  tenant  une 

couronne  et  une  ancre.  (Billon). 

421  (a.  n.  510). 

fi"  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et   cuirassé   (non 

drapé),  à  droite. 
^    —  LEG  VII  CL  VI  P  VI  P    laureau   marchant  a  droite. 

(Billon). 

422  (a.  n.  597). 

-     ,&  -    IMP  GALLIENVS  AVG  Sa  lète  radice  k  droite. 

§(  —  LIBERTAS  A La  Liberté  debout  à  gauche,  te- 
nant un  bonnet  et  une  come  d'abondance  (Billon). 

423  (a,  n.  601). 

B'  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radice  et  drapé  à  droite. 

R)  —  LVNA  LVCIFERA  Diane,  coiffé  du  croissant,  debout 
à  droite,  avec  l'habit  flottant  et  tenant  une  torche 
allumée  de  sa  main  droite.  (Billon). 

424  (a.  n.  669). 

^ly  —   GALLIENVS  AVG  Sa  tète  (buste)  radié  à  droite,  sans 

draperie  et  sans  cuirassé. 
^    —  NEPTVNO  CONS  AVG  Hippocampe,  (cheval  marin)  à 

gauche.  A  l'e.xergue:  IV.  (Billon). 

425  (a.  n.  703). 

,D'  —  IMP  GALLIENVS  AVG  Sa  tòte  radice  à  droite. 

I^  —  ORIENS  AVG  Le  Soleil  marchant  à  gauche,  levant 
la  main  droite  et  portant  son  manteau  flottant  sur 
le  bras  gauche.  (Billon). 

426  (a.  n.  710). 

fy  —  GALLIENVS  AVG  Sa  tète  radice  à  droite. 
I<1    —  ORIENS  AVG  Le  Soleil  debout  à  gauche,  levant    la 
main  droite  et  tenant  un  globe  de  la  main  gauche. 

(Billon). 


424 


EDMOND    GOUI. 


427  (a.  n.  762). 

,iy  —  (IMP?)  GALLIENVS  P  F  AV&  G  M  Son  buste  radié 
et  cuirassé  à  droite. 

Iji  —  PAX  AV&G  et  T  dans  le  champ  à  gauche.  La  Paix 
debout  à  gauche,  tenant  une  branche  d'oHvier  et 
un  court  sceptre  transversal.  (Billon). 

428  (a.  n.  767). 

jy  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  à  gauche,  sans 
draperie  et  sans  cuirassé. 

9  —  PAX  AVGVSTI  et  s  dans  le  champ,  à  gauche.  La 
Paix  courant  à  gauche,  tenant  une  branche  d'oli- 
vier  et  un  long  sceptre  transversal.  (Billon). 

Adn.   La  médaille  n.  766  de  Cohen,  sans  aucune  marque  monétaire. 

(Billon). 

429  (a.  n.  767). 

B'  —  GALLIENVS   AVG    Son    buste    radié    et    légèrement 

drapé  à  gauche. 
Ip    —  Meme  revers. 

430  (a.  n.  781). 

iy  —  IMP  GALLIENVS  P  AVG  Son  buste  radié  et  drapé  à 
droite. 

iji  —  PI  ET  SAECVLI  lupiter  enfant,  les  bras  ouverts,  assis 
à  gauche,  et  regardant  à  droite,  sur  la  chèvre 
Amalthée,  tournée  à  gauche.  (Billon). 

431  (a.   n.   788). 

tiy  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé  (et  cui- 
rassé ?)  à  droite. 

9'  —  PIETAS  AVG  Gallien  debout,  la  tète  voilée,  sacri- 
fiant  sur  un  autel  allume,  tenant  un  sceptre  trans 
versai.  A  l'exergue  :  VII  C  •  (Billon). 

432  (a.  n.  852). 

n'  —  GALLIENVS  AVG  Sa  tète  radiée  à  droite. 

I^    —  PRINC  IVVENT  Gallien  debout  à  gauche,  tenant   un 


CONtRIBUTIONS  AV   CORPUS   NUMORUM    ROMANORUM  42^ 

globe  et  une  baste,  devant  lui,  une   petite   figure 

humaine  assis  à  gauche.  (Billon). 

Adn.  La  médaille  n.  864  de  Cohen  avec  IVI  T  à  l'exergue  du  revers. 

(Billon). 

433  (a.  n.  868). 

>&  —  IMP  GALLIENVS  P  ÀVG  Sa  lète  (buste)  radiée  à 
droite,  sans  draperie  et  sans  cuirasse. 

9  —  PROVID  AVG-  et  M  T  à  l'exergue.  La  Providence 
debout  à  gauche,  touchant  de  sa  baguette  un 
globe  pose  à  terre  et  tenant  un  sceptre  (ver- 
tical).  (Billon). 

434  (a-  n-  ^VS)- 

^  —  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG-  GERM  Son  buste  radié 
et  cuirasse  à  droite. 

^  —  PROVIDEN  A  AVGG  (ainsi  !)  La  Providence  debout 
à  gauche,  touchant  de  sa  baguette  un  globe  pose 
à  terre  et  tenant  une  come  d'abondance.  (Billon). 

435  (a-  "•  873)- 

&  —   GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé  et  cuirasse 

à  droite. 

9    —  PROVIDEN  AVG    La    Providence    debout    à  gauche, 

touchant    de    sa    baguette  un  globe  pose  à  terre 

et  tenant  une  come  d'abondance.  (Billon). 

Adn.  La  médaille    n.  875   de    Cohen    avec    le    buste    cuirasse,   non 

drapé.  (Billon). 

436  (a.  n.  893). 

&   —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  cuirasse  à  droite. 

9(  —  PVDICITIA  La  Pudeur  debout  à  gauche,  couvrant 
son  visage  de  son  voile  et  tenant  un  sceptre  trans- 
versal.  (Billon). 

437  (a.  n.  951). 

^  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  cuirasse  à  droite. 

^  —  SECVRIT  AVG  La  Securité  debout  à  gauche,  levant 
sa  main  droite  au  dessus  de  sa  tète  et  s'appuyant 
sur  une  colonne.  (Billon). 


426  K.DMOND   GOHL 


438  (a.  n.  989). 

/&  —  G-ALLIENVS  AVG  et  sous  le  portrait  :  B.  Son  buste 
radié,  drapé  et  cuirassé  à  droite. 

^  —  SOLI  INVICTO  Le  Soleil  (ou  Gallien  ?)  en  vétement 
long,  debout  de  face,  regardant  à  gauche,  levant 
la  main  droite  et  tenant  un  globe.  À  l'exergue  : 
PXV.  (Billon). 

439  (a-  n-  989)- 

^  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé  (et  cuirassé?) 
à  droite. 

I^  —  SOLI  INVICTO  Le  Soleil  nu,  le  manteau  sur  le  bras 
gauche,  debout  de  face,  regardant  à  gauche,  le- 
vant sa  main  droite  et  tenant  un  globe.    (Billon). 

440  (a.  n.   1072). 

^  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  et  drapé  à  droite. 
9    —  VICTORIA  AET  et  danslechamp:  Z  Victoire  debout 
à  gauche,  tenant  une  couronne  et  une  palme. 

(Billon). 

441  (a.  n.  1073). 

^   -   IMP  GALLIENVS  AVG  Sa  tète  radiée  à  droite. 

3^  —  VICTORIA  AE(T)  et  dans  le  champ  à  gauche  :  s 
Victoire  debout  à  gauche,  tenant  une  couronne 
et  une  palme.  (Billon). 

442  (a.  n.  1097). 

B'  -  IMP  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  (et  cuirassé?) 
à  gauche,  tenant  une  baste  sur  l'épaule  et  un 
bouclier  rond,  orné  d'une  étoile. 

9^  —  VICTORIA  AVG  et  dans  le  champ  à  gauche:  T 
Victoire  courant  à  gauche,  tenant  une  couronne 
et  une  palme.  (Billon). 

443  (a-  n-  "46)- 

!&  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  à  droite,  sans 
cuirassé  et  sans  draperie. 


CONTRIBUTIONS    AU    tOKPUS    NUMORUM    ROMANORUM  427 

9  -  VICTORIA  AVGG  Victoire  debout  à  gauche,  appuyé 
sur  un  bouclier  rond  et  tenant  une  palme  de  sa 
main  gauche.  (Billon). 

444  (a.  n.  1163). 

^'  -  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG  &  M  Son  buste  radié  et 
cuirassé  a  droite. 

F$  -  VICTORIA  3ERM  Victoire  debout  à  gauche,  tenant 
une  couronne  et  une  pahne,  à  ses  pieds,  un  captif 
assis  à  gauche.  (Billon). 

445  (a.  n.  1173). 

^  —  G-ALLIENVS  AV&  Son  buste  radié  et  cuirassé  à  droite. 

R)  —  VICTORIA  GERM  Victoire  debout  à  gauche,  tenant 
une  couronne  et  une  palme,  à  ses  pieds  un  ger- 
main  captif  assis  à  gauche.  (Billon). 

446  (a.  n.   1175). 

^'  -  IMP  C  P  LIC  GALLIENVS  P  F  AVG  Son  buste  radié 
et  cuirassé  à  droite. 

^  —  VICTORIA  GERMANICA  Victoire  debout  à  gauche, 
tenant  une  couronne  et  une  palme,  à  ses  pieds 
un  captif  assis  à  gauche.  (Billon). 

447  (a.  n.   1232). 

&  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié  à  droite,  sans  cui- 
rassé et  sans  draperie. 

9  —  VIRTVS  AVG  Mars,  en  habit  militaire,  debout  à  gau- 
che, tenant  un  rameau  et  une  baste.  Près  de  lui, 
à  gauche,  un  bouclier.  (Billon). 

448  (a.  n.  1235). 

Sf  -   GALLIENVS  P  F  AVG    Son    buste    radié    et  drapé  à 

droite  (sans  la  cuirassé). 
I^    —  VIRTVS  AVG    La   Valeur  casquée  debout  à  gauche, 
appuyé  sur  un  bouclier  rond  et -tenant  une  baste 
renversée.  (Billon). 

Adii.  La  médaille  1236  de  Cohen,  au  revers  avec  un  sceptre  ter- 
mine d'un  bouton,  à  la  place  de  la  haste,  et  avec  VI  dans  le  clianip,  à 
droite.  (Billon). 

La  incdaille  n.  1237  de  Cohen,  au  revers  avec  une  haste,  la  pointe 
tournée  en  haut  et  une  étoile  à  l'exergue.  (Billon). 


428  EDMOND    GOHL 


449  (a.  n.   1242). 

^'   -   IMP  C  P  LIC  &ALLIENVS  AVG    Son    buste    radié  et 

cuirassé  (mais  non  drapé)  à  droite. 
9    —  Meme  revers. 

450  (a.  n.   1247). 

i^  -   &ALLIENVS  P  AVG-  Sa  téte  (buste)  radiée  à  gauche. 

^  —  VIRTVS  AVG  La  Valeur  casquée  debout  à  gauche, 
appuyé  sur  un  bouclier  rond  et  tenant  un  sceptre 
termine  d'un  bouton.  (Billon). 

451  (a.  n.  1292). 

^  —  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG    Son    buste    radié  et  cui- 
rassé (ou  drapé?)  à  droite. 
I^    —  VIRTVS  AVGG  La  Valeur  casqué,  en  habit  militaire 
debout  à  gauche,  tenant  une    baste   renversée  et 
appuyé  sur  un  bouclier.  (Billon). 

Adn.  La  médaille  n.  1322  de  Cohen   avec    XII    dans   le    champ    du 
revers,  à  gauche.  (Billon). 

452  (a.  n.   1292). 

^'  —  IMP  GALLIENVS  P  F  AVG  GERM  Son  buste  radié  et 
cuirassé  à  droite. 

1$  —  VIRTVS  AVGG  La  Valeur,  en  habit  militaire,  mar- 
chant  à  gauche,  tenant  une  baste  renversée,  ter- 
minée  en  haut  d'un  bouton,  et  appuyé  sur  un 
bouclier  rond.  (Billon). 

453  (a.  n-  1322). 

/&  —  GALLIENVS  AVG  Son  buste  radié,  drapé  et  cuirassé 
à  droite  (presque  à  mi-corps  et  très  richement  drapé). 

P  —  VIRTVS  AVGVSTI  Mars casqué  debout à gauche,  tenant 
un  rameau  et  une  baste.  Son  pied  droit  est  pose 
sur  un  casqué.  Dans  le  champ,  à  gauche:  X  (Billon). 

454  (a-  n.  1349). 

^'  -   IMP  C  P  LIC  GALLIENVS   (AVG)    Son    buste    lauree, 

drapé  et  cuirassé  à  droite. 
9    —  VOTIS  DECENNA  LIBVS  (en  trois    lignes)    dans    une 

couronne  de  laurier  (sans  S  C)  (M.  B.). 


CONTRIBUTIONS    AU    CORPUS    NUMORUM    ROMANORUM  429 

iWédailles  frappées  dans  les  colonies. 

TROADE. 

455  (a-  n-  M2i). 

B'  —  IMP  LICIN  GALLIEN  Son  buste  laure  et  drapé  à  droite. 

I^    —  COLAVGTROAD  Apollon  Sminthien  debout  à  droite, 

sacrifiant  sur  un  trépied  allume  et  tenant  un  are. 

(P.  B.). 

456  (a.  n.   1422). 

^'  -  IMP  LICIN  GALLIENO  (?)  Son  buste  laure  et  drapé  à 
droite. 

I^  —  COL  AVG  TROAD  Silène  debout  à  gauche,  levant 
sa  main  droite  et  tenant  une  outre  sur  l'épaule 
gauche  (Diam.  mm.  20).  (P.  B.). 

SALONINE. 

Adn.  La  médaille  n.  25  de  Cohen,  sans  aucune  marque  monétaire. 

(Billon). 

La  médaille  n.  31  de  Cohen,  sans  aucune  marque  monétaire;  l'épais- 
seur  du  flan  est  de  mm.  3.  Poids  gr.  6,73.  Diamètre  mm.  21-21,5.  (Billon). 

La  médaille  n.  31  de  Cohen  avec  un  point  au  centre  du  revers, 
au  dessus  du  type.  (Billon). 

457  (a-  n.  51). 

ly  —  SALONINA  AVG  Son  buste  diadémé  et  drapé  à  droite, 
avec  le  croissant. 

I^  —  FORTVNA  REDVX  La  Fortune  debout  à  gauche, 
tenant  un  gouvernail  pose  sur  un  globe,  et  une 
come  d'abondance.  (Billon). 

(Voyez  la  médaille  n.  276  de  Gallien  chez  Cohen). 

458  (a.  n.  75). 

3*  —  Meme  avers. 

P    —  PAX  AVG    La    Paix    debout    à    gauche,    tenant  une 

branche  d'olivier  et  un  sceptre  vertical.     (P.  B.). 

Diam.  mm.  (6-17.  Le  diamètre  du  type  est  de  quelques  mm.  plus 

grand  que  celui  du  flan.  (Bronze  jaunàtre). 


43° 


EDMOND    GOHL 


459  (a.  n.  io6). 

^    —   Meme  avers. 

9  -  SALVS  AVGG  La  Sante  debout  à  gauche,  tenant 
une  patere  et  un  sceptre  termine  d'un  bouton. 

(Billon). 

460  (a.  n.  107). 

^  —  Meme  avers. 

9  —  SECVRIT  AVG  La  Securité  debout  à  gauche,  posant 
la  main  droite  sur  sa  tète  et  s'appuyant  sur  une 
colonne.  (Billon). 

SALONIN. 

461  (a.  n.  42). 

^  —   DIVO  CAES  VALERIANO  Son  buste  radié  et  drapé  à 

droite. 
P    —  PIETAS  Ay&  Vase  à  sacrifice  entre  deux  objets  in- 

certains.  (Billon). 

MARIVS. 

462  (a.  n.  ?). 

B'  -  IMP  CAES  M  AVR  MARIVS  PIVS  AVG  Son  buste  ra- 
dié, drapé  (et  cuirassé  ?)  à  droite. 

R)    —    (Legende    effacée).    Femme    debout    à 

gauche,  sacrifiant  (?)  sur  un  autel  et  tenant  un 
sceptre  {?).  (M.  B.). 

Diain.  mtn.  25-28,  épaisseur  inm.  2 


{À  suivre).  Edmond  Gohl. 


Nota  di  Numismatica  Sabauda 
Un  TESTONE  di  Carlo  II 

DUCA    DI    SAVOIA  o 


&  —  +  KAROLVS  :   DVX  :   SABAVDIE    Busto    del    duca  a 

destra. 
9'    —  +  IN  :  TE  :  DNE  :  CONfKiDo)  :  C  :  F  :   Stemma  con 

corona  comitale  tra  FÉ  RT  con  un  punto  segreto 

nella  croce. 

Argento  gr.  0,^70  Collezione  Cerrato  )   ,.  .         , 

°  °         ■^'  ^  '  "Tservazionc  l)uona. 


■rato  )   ,. 
.    .     >  Cons 
rmi     5 


„  .    9.412  „  Ma 

Giacinto  Cerrato,  pubblicando  nel  fascicolo  pre- 
cedente della  nostra  Rivista  questo  testone  di  Carlo  II 
di  Savoia,  lo  attribuisce  al  conio  di  Francesco  Sa- 
voie, maestro  particolare  della  zecca  di  Chambery 
dal  1524  al   T528. 

Leggendo  lo  scritto  dell'egregio  studioso,  pur 
così  benemerito  per  altri  lavori  sulla  Numismatica 
Sabauda,  non  fui   questa    volta    convinto    delle    cle- 


(i)  Vedi  fascicolo-omaggio  III,  Niv.  Ilal.  <//  Niiiii ,  1908,  pag.  83  seg. 


4^2  RICCARDO     AbALGISlO    MARINI 

ganti  ragioni  ch'Egli,  come  sempre,  apporta  in  fa- 
vore della  propria  tesi:  anzi  per  quelle  ragioni  istesse, 
facilmente  mi  accertai  che  l'errore  dipendeva  da 
falsa  interpretazione  di  majca,  e  che  il  famoso  te- 
stone, eh'  io  posseggo  identico  nella  mia  collezione, 
è  dovuto  al  conio,  non  di  Francesco  Savoie,  ma  di 
Cristoforo  Forza,  maestro  alla  zecca  di  Chambery 
dal  1528  in  poi.  E  mi  spiego  : 

i.°  Le  iniziali  C  •  F  •  che  il  Cerrato  vorrebbe 
sigla  monetaria  del  Savoie,  non  possono  assoluta- 
mente essere  di  tal  maestro,  perchè  in  tutte  le  emis- 
sioni compiute  da  costui  a  Chambery  sotto  Carlo  II 
fino  al  1528,  non  una  volta  sola  finora  si  sono  ri- 
scontrate. 

2.°  Dopo  il  1528  il  Savoie  viene  eletto  mae- 
stro generale  per  la  Savoia,  nella  qual  carica  lo  ri- 
troviamo ancora  nel  1535,  e  come  tale  lasciò  che 
in  tutte  le  emissioni  si  imprimessero  le  sigle  per- 
sonali d'ogni  maestro  particolare.  Soltanto  in  tal 
senso  debbo  convenire,  per  logica  ragione,  col  Cer- 
rato, che  sotto  il  magistrato  generale  di  Francesco 
Savoie,  furono  emesse  monete  colle  iniziali  suddette, 
essendo  il  Forza  alle  dipendenze  del  suo  superiore. 

3.°  Per  poter  attribuire  la  sigla  al  Savoie, 
sarebbe  giuocoforza  decifrarla  in  tal  modo  C(hambery) 
F{ranfois).  Ora  questa  spiegazione  è  inverosimile  e 
poco  piacevole  per  due  motivi  :  a)  che  in  tutta  la 
monetazione  di  Carlo  II  non  abbiamo  un  solo  esempio 
in  cui  alla  iniziale  della  zecca,  sussegua  l' iniziale 
del  solo  nome  di  battesimo  del  maestro;  b)  che  pur 
ammettendo  nel  caso  nostro,  cosa  probabile,  la  C  per 
Chambery,  la  F  non  potrebbe  interpretarsi  mai  per 
un  nome,  sebbene  per  il  cognome  o  casato  del  mae- 
stro, come  ne  fanno  fede  le  altre  emissioni  dello 
stesso  duca,  compiute  in  Savoia  ed  in  Piemonte. 
Esempi:  T  ■  ex  •  (Torino  Cassini);  N  •  G  •  {Noble  Goulaz)  ; 


NOTA   DI   NUMISMATICA   SABAUDA   -   UN   TESTONE    DI    CARLO   II      43^ 

G  •  G  •  (Genève  Goulaz,  ancora  maestro  a  Cornavin 
nel  Genevese  nel  1532);  C  A  [Cassini  di  Torino); 
B  •  B  •  (Bartolomeo  Brunas  di  Torino)  ;  V  •  J  •  p  •  F  (  Ver- 
celli, Jean  Pierre  Ferraris)  ;  B  [Brunas  o  Brunasso  di 
Torino)  ;  V  •  &  •  C  •  (  Vercelli,  Gerardino  Cagnassone)  ; 
C-  {Cagnassone  di  Vercelli);  B-P-  (BourgeuBresse, 
Pugniet)  ;  V  •  L  •  F  •  {Vercelli,  Luigi  Ferrati)  ;  V  •  F  •  {Ver- 
celli, Ferrari);  N-V-  {Nicola  Vialard  di  Aosta),  ecc.,  ecc. 
Dal  che  dobbiam  dedurre,  a  parer  mio,  che  la  F  del 
nostro  testone  non  può  essere  altrimenti  interpretata 
che  per  il  casato  o  cognome  del  maestro  di  zecca, 
sia  traducendo  la  C  per  Chambery,  sia  interpretan- 
dola nome  di  battesimo. 

4.°  Dice  il  Cerrato  (pag.  85)  che  «  a  nessuno 
dei  maestri  in  funzione  nelle  zecche  al  di  là  delle 
Alpi  durante  il  periodo  di  tempo  che  passa  dal- 
l'esordio del  regno  dello  sventurato  duca  Carlo  II, 
al  funesto  anno  1536  dell'invasione  francese,  si  adat- 
terebbero tali  iniziali  ».  Qui  l'egregio  studioso  pre- 
cipita alquanto  :  l'essere  stato  Francesco  Savoie  alla 
zecca  di  Chambery  fino  al  1528,  anno  in  cui  fu  per 
breve  tempo  assunto  al  magistrato  generale,  che 
tenne  poi  più  lungamente  dal  1530  al  1535,  ci  porta 
a  pensare  al  successore  di  quel  tempo  ;  e  questi  fu 
Cristoforo  Forza  o  de  Forza  che  anche  il  Perrin  "> 
si  ricorda  di  registrare  come  semplice  graveitr,  ma 
che  un  documento  del  1529  dell'Archivio  Notarile 
di  Susa  (casell.  XVI,  1 520-1 556)  riabilita  poi  nella 
sua  vera  carica,  chiamandolo,  fra  i  testimoni  in  un 
atto  di  vendita,  magister  tnonetarùis  illustrissimi  Do- 
mini, Domini  nostri  Caroli,  ecc.,  ecc.  Dunque,  mae- 
stro di  zecca  e  non  più  soltanto  coniatore,  come  lo 
ricorda  il  Perrin. 


(i)  A.    Perrin:    Calai,   du    Médailler   de   Savoie.    Chambery,   1883; 
pag.  64-65-70. 

53 


434 


RICCARDO   ADALGISIO   MARINI 


Concludendo  :  il  testone  di  Carlo  II  di  Savoia, 
colie  iniziali  C  •  F,  dopo  quanto  esposi,  ritengo  con 
certezza  emesso  dalla  zecca  di  Chambery  sotto  la 
funzione  di  Cristoforo  Forza ,  dal  1528  al  1534. 
Dunque  le  iniziali  C  •  F  •  vanno  interpretate  per 
C{hambery)  ■  F(orzaì  -,  o  meglio  ancora,  e  soltanto,  per 
C{nsto/oro)  ■  f(orza)  -,  non  avendo  questo  maestro  bat- 
tuto in  altre  zecche  fuori  di  Chambery. 


Dott.  Riccardo  Adalgisio  Marini. 


UN    QUATTRINO  INEDITO 

della    ZECCA    ARETINA 

sotto  il  Reggimento  dei  Fiorentini  dal  1337  al  1342 


Nella  sua  prege\'ole  memoria  Della  Zecca  Are- 
tina sotto  il  reggimento  dei  Fiorentini ^^)  l'egregio  num- 
mografo  generale  Ruggero  pubblica  un  grosso  ine- 
dito del  secolo  XIV  col  giglio  fiorentino  nel  campo 
del  rovescio,  battuto  dalla  zecca  aretina  sotto  il  reg- 
gimento dei  Fiorentini  e  precisamente  nel  periodo, 
in  cui  questi  erano  padroni  di  Arezzo  per  la  ven- 
dita loro  fattane  nel  T337  da  Pietro  Tarlato  Saccone, 
fratello  del  vescovo  Guido  Tarlato.  Detta  città  ricu- 
perava poi  sei  anni  più  tardi,  nel  1342,  la  sua  li- 
bertà, senza  però  poterne  godere  in  causa  delle  ci- 
vili discordie  che  la  dilaniavano,  cosicché  nel  1385 
veniva  nuovamente  venduta  ai  P^iorentini  dalle  milizie 
di  Ludovico  d'Angiò,  che  se  ne  erano  impossessate. 
La  scoperta  di  questo  grosso  prova  chiaramente  : 

I."  come  la  zecca  aretina  non  sia  sempre  stata 
autonoma,  anzi  indica  un  nuovo  periodo  di  mone- 
tazione fiorentina  in  Arezzo  finora  sconosciuto,  quello 
dal  1337  al  1342; 


(1)  Ruggero  Giuseppe:  Annolaeioni  Numismatiche  Italiane:  XIV. 
Della  zecca  Aretina  sotto  il  rfgghnenlo  dei  Fiorentini  in  Rw,  Ital.  di  Num., 
1907,  voi.  XX,  fase.  Ili,  pag.  408. 


436  T.    COLONNELLO   ALBERTO   CUNIETTI-CUNIETTI 

2."  come  sia  in  errore  chi  ritenga  che  questa 
zecca  abbia  cessato  di  funzionare  colla  caduta  della 
città  in  mano  dei  Fiorentini  nel  1385. 

Infatti,  anche  a  prescindere  dalla  scoperta  fatta, 
se  si  osserva  l'ordine  del  1472  cui  accenna  l'Orsini  (^), 
appare  che  esso  si  riferisce  ad  un  secondo  periodo 
di  monetazione  in  Arezzo,  dopo,  cioè,  il  1385. 

Inoltre  esiste  un  quattrino  imperfettamente  de- 
scritto dal  Bellini  (^)  e  dal  Kunz  (3),  ma  riprodotto 
nella  sua  integrità  dal  generale  Ruggero  ^4),  il  quale, 
e  per  la  paleografia  e  per  il  modo  come  è  scritto  il 
nome  della  città  ^5),  deve  senza  dubbio  appartenere 
alla  fine  del  XV  o  al  principio  del  XVI  secolo  : 
detto  quattrino,  di  cui  trovansi  numerose  varietà, 
pur  tuttavia  venne  da  tutti  finora  sempre  confuso 
tra  le  monete  autonome  anteriori  al  1385. 

E  perfino  il  Muratori,  mentre  non  riporta  altre 
impronte  di  monete  aretine  se  non  colla  leggenda 
DE  ARITIO  siccome  appunto  trovasi  scritto  il  nome 
della  città  nei  documenti  del  secolo  XI  fino  a  tutto 


(i)  Et  perchè  si  conoscie  per  le  cose  sopradette  e  Quattrini  vecchi 
Fiorentini  non  si  possono  disfare  se  non  per  le  Zecche  Forestieri,  però 
esser  necessario,  et  utilissimo  proibire  le  monete  Forestieri,  e  per  ve- 
nire a  questo  effetto  si  provveda  : 

Che  passato  il  mese  di  Dicembre  prossimo  avvenire  1472  non  si 
possa  nella  Città,  Contado,  o  Distretto  di  Firenze,  o  suo  Imperio  spen- 
dere, né  ricevere  in  alcuno  pagamento  alcuno  Quattrino  se  non  del 
Segno  et  conio  del  Comune  di  Firenze,  Pisane,  et  Aretine,  et  battute 
nelle  dette  Zecche  di  Firenze,  Pisa  et  Arezzo,  sotto  pena  di  perdere 
le  Monete  triste,  et  altrettanta  della  buona,  et  di  Fior.  Venticinque 
larghi,  et  quello  più,  et  meno,  che  parrà  a'  Signori  pe'  tempi  esistenti 
nella  detta  Zecca,  avendo  rispetto  a'  delinquenti  del  delitto  commesso. 
(Orsini  Ignazio:  Delie  mone/e  delia  Repubblica  Fiorentina,  pag.  241). 

(2)  Bellini  Vincentii  :  De  monetts  Ilaliae  medii  aevi  hactenus  non 
evulgatis.  Postrema  Dissertatio,  pag.  io,  tav.  Il,  n.  VI. 

(3)  Kunz  Carlo:  //  Museo  Botlacin  in  Opere  Numismatiche,  pag.  142, 
tav.  XII,  n.  8. 

(4)  Ruggero  Giuseppe  :  Opera  citata. 

(5)  È  scritto  alla  moderna  ARRETIVM  invece  di  ARITIVM, 


UN    QUATTRINO    INEDITO    DELLA    ZECCA    ARETINA  437 


il  XV,  asserisce  però  di  avere  veduto  un  quattrino 
meno  antico  e  colla  più  corretta  leggenda  DE  ARETIO  ('X 

Il  Fabroni  afferma  poi  di  conservare  nella  col- 
lezione della  Fraternità  una  monetina  di  rame,  ove  è 
scritto  ARETIVM  invece  di  DE  ARETIO. 

«  Questi  due  esemplari,  prosegue  il  Fabroni, 
"  fanno  conoscere  che  la  nostra  zecca  continuò,  o 
«  riassunse  per  intervalli  una  qualche  attività  quando 
"  il  ritorno  alle  buone  lettere  aveva  fugata  la  vec- 
«  chia  barbarie.  Difatti  Fra  Luca  Paciolo  (Siimma 
u  de  Arithmetica,  Venezia  1494,  pag.  22,  4."  V.  23) 
«  fa  menzione  dei  bolognini  d'Arezzo,  come  di  mo- 
«  neta  di  argento  corrente  circa  il  1500,  ed  assegna 
M  ai  medesimi,  dietro  il  saggio  fattone  dal  Perugino 
u  Petrozzo  di  Masso,  la  bontà  o  titolo  di  once  nove 
«  e  denari  ventidue,  inferiore  a  quello  dei  popidiiii 
u  di  Firenze,  superiore  ai  bolognini  di  Roma  e  di 
u  Lucca.  Al  momento  bensì  in  cui  scriveva  il  Fa- 
«  ciolo  un  altro  riscontro  ci  fa  presumere  che,  se 
H  la  moneta  era  in  corso,  la  monetazione  Aretina  fosse 
«  estinta  :  poiché  Messer  Arcangelo  Visdomini  nar- 
«  rando  la  rivolta  d'Arezzo  contro  la  repubblica  di 
«  Firenze  accaduta  nell'anno  1502,  così  si  esprime 
«  {V.  Relazione  Rondine/li,  ecc.  Arezzo  i^S^.pcig-  ^Jj)- 
u  Ordinata  in  tal  guisa  la  Città  circa  il  Governo,  si 
M  cominciò  a  battere  le  monete,  secondo  /'  uso  e  fa- 
u  colta  antichissima  concessa  da  tanti  Imperatori:  io 
«  che  prova  che  la  zecca  della  città  aveva  cessato 
«  di  esistere  avanti  il  1500  una  o  più  volte,  in 
«  epoche  che  non  potrebbero  determinarsi,  ma  che 
«  debbono  avere  relazione  con  le  due  vendite  di 
«  Arezzo  fatte  ai  Fiorentini  da  Pier  Saccone  Tarlati 


(i)  Fabroni  A.:  Dei/e  monete  <Ji  Arezzo.  Memoria  letta  nell'adu 
nanza  del  i.°  aprile  1839.  In  .4tli  delta  I.  e  R.  Accademia  Arelina  di 
scienze,  lettere  ed  arti,  vtil.  I,  1843,  P^é-  62. 


438  T.   COLONNELLO    ALBERTO    CUNIETTI-CUNIETTI 


«  nel  T337  e  dai  Francesi  nel  1385  e  specialmente 
«  con  l'ultima.  Dopo  la  rivoluzione  del  1502  pochi 
«  mesi  bastarono  a  ricondurre  la  Città  nostra  sotto 
«  il  dominio  di  Firenze,  e  la  fabbricazione  delle  mo- 
«  'nete  dove  cessare.  Appena  infatti  l'assedio  posto 
«  a  Firenze  dall'esercito  di  Carlo  V  permise  agli 
«  Aretini  di  vendicarsi  in  libertà,  un  decreto  del 
«  Consiglio  generale  del  23  Gennaio  1530  rimette 
«  in  piede  l'antica  zecca  della  città,  e  ordina  ai 
«  maestri  di  quella  di  far  imprimere  nella  moneta 
"  S.  Donato  vescovo  e  protettore  di  Arezzo,  e  l'Aquila 
«  imperiale  dairaltro  lato  {Relazione  Rondinelli,  cit. 
u  pag.  21^  in  nota),  ultimo  sforzo  per  conservare  un 
«  privilegio  ormai  destinato  a  perire,  e  che  forse 
«  non  ebbe  effetto  nel  breve  tempo  che  durò  la  pre- 
«  caria  libertà  del  paese,  giacche  non  s' incontrano 
"  oggi  monete  Aretine  coll'impronta  dell'Aquila  Im- 
«  periale   »  (^). 

Da  tutto  questo  risulta  chiaramente  che  la  zecca 
aretina  abbia  funzionato  in  diversi  periodi  sotto  la 
signoria  dei  Fiorentini  e  che  essa  sia  stata  definiti- 
vamente chiusa  dopo  la  rivoluzione  del  1502,  seb- 
bene anche  dopo,  cioè  nel  1530,  esista  l'ordine  di 
riattivare  la  zecca. 

Ritornando  ora  al  grosso  col  giglio  fiorentino 
pubblicato  dal  generale  Ruggero^  devo  aggiungere 
che  è  la  prima  moneta  che  si  conosca  di  quel  tipo, 
e  l'egregio  generale  in  ultimo  faceva  voti  onde  ve- 
nissero fuori  altri  prodotti  della  zecca  aretina  du- 
rante il  governo  dei  Fiorentini. 

Ed  a  me  è  capitata  appunto  ora  la  fortuna  di 
trovare  un  quattrino  che  viene  a  fare  il  paio  col 
grosso  descritto  dal  generale  Ruggero. 


i)  Fabroni  a.  :  Op.  citata. 


UN    QUATTRINO    INEDITO    DEI  I.A    ZECCA    ARETINA 


439 


,B'  —  p  p  •  S- DO-NATVS  II  Santo  mitrato  in  piedi  di 
fronte  col  pastorale  nella  sinistra  e  benedicente 
colla  destra.  In  alto  fra  il  Santo  e  il  termine  della 
leggenda  segno  di  zecca  J. 

Ri  —  *  ®  DE  ®  ARITIO  V  ®  Nel  campo  in  cerchio  di  per- 
line il  giglio  fiorentino,  ai  cui  lati  vi  è  inferior- 
mente una  stelletta  e  superiormente  un  segno  in- 
vece del  solito  fiorellino. 

È  di  mistura,  quasi  rame,  del  peso  di  grammi  0,850. 

In  questo  nummolo  vi  è  una  cosa  che  mi  sor- 
prende e  che  non  mi  so  spiegare  e  sono  le  due 
stellette  interiormente  e  i  due  segnetti  superiormente 
che  sembrano  due  lambelli,  in  luogo  dei  fiorellini 
caratteristici  del  giglio  fiorentino,  che  si  riscontrano 
nel  grosso  sopramenzionato  e  nelle  monete  di  Firenze. 
Ad  ogni  modo  questa  monetina  appartiene  al  primo 
periodo,  quello  cioè,  in  cui  Arezzo  era  soggetta  ai 
Fiorentini  per  la  vendita  fattane  da  Pietro  Saccone 
Tarlato. 


7.  Colonnello  Ai.rkrto  CuNn-.TTi-CiiNn-TTi. 


Una  curiosa  monetina  di  Mantova 


Offro  ai  lettori  della  Rivista  Italiana  di  Numis- 
matica, una  curiosa  monetina  di  Mantova,  facente 
parte  della  mia  collezione  e  che  ritengo  non  sia  stata 
ancora  pubblicata. 

Eccone  la  descrizione  : 

&  —  Nel  campo  del  diritto  le  lettere  E  •  P  •  S  in  triangolo, 

in  giro:  +  VIRGILIVS- 
^    —  Nel  centro  piccola  croce  patente,    attorno  :    +    MA- 

NVTE-  (sic). 

Argento  di  bassa  lega  peso  gr.  0,650. 

È  una  strana  variante  del  denaro  illustrato  dal 
Portioli  (')  appartenente  alla  Signoria  dei  Vescovi  e 
quindi  certamente  battuta  nella  seconda  metà  del 
secolo  X. 

Dato  lo  scarso  titolo  d'argento,  si  potrebbe  pa- 
ragonarla ad  una  di  quelle  contraffazioni  di  cui  parla 
il  signor  Perini  (2),  a  proposito  di  una  moneta  d'Ivrea, 
da  lui  posseduta,  e  che  sarebbero  state  coniate  da 
fabbricanti  girovaghi  lombardi  a  scopo  di  lucro. 

Cuneo,  jr  maggio  igo8. 

Ing.  Emilio  Bosco. 


(i)  Portioli  :  La  zecca  di  Mantova  lySg. 
(2)  Perini  :  Boll.  Hai.  di  Num.,  aprile,  1908. 


TESORETTO  DI  MONETE  REPUBBLICANE  D'ARGENTO 


Giorni  addietro  un  amico  ha  sottoposto  al  mio 
esame  un  tesoretto  di  monete  repubblicane  di  ar- 
gento, che  mi  affermò  essere  state  recentemente  rin- 
venute nei  pressi  di  Ostuni  in   provincia    di    Lecce. 

Il  ripostiglio  si  compone  di  141  denari  e  di  un 
vittoriato.  Venti  dei  denari  sono  anonimi,  e  cioè  14 
col  tipo  dei  dioscuri  con  o  senza  marche,  5  bigati, 
e  uno  col  tipo  di  Roma,  seduta  sopra  gli  scudi, 
guardante  la  lupa  (Bab.  I,  pag.  72,  n.  176).  Dei  20 
denari  anonimi,  18  appartengono  al  primo  periodo 
del  Babelon,  uno  all'a.  154  a.  C.  e  uno  all'a.  104  a.  C. 
Le  rimanenti  121  monete  portano  il  nome  di  54 
magistrati  e  appartengono  alle  seguenti  47  famiglie: 
Abiiria  (i  es.).  Adita  (i),  Ae/ia  (i),  Aciiii/ia  (4),  A/ra- 
ma {2),  Antestta{6),  Appiikia  (6),  Baebia  (6),  Cacciha  (4), 
Cassia  {4),  Cipta{i\  Claudia  {2)-  Cloiilia{\),  Cornelia{i), 
Cupieiuiia  {4),  Ciirtia  (\),  Deciiiiia  {ì),  Domitia  (2).  Fa- 
bia (4),  Fannia  (g),  F/atninia  [4),  Fonteia  (1).  Furia  (6), 
Herennia  (i),  Jtinia  (4),  Licinia  (t),  Lncretia  (3),  Lii- 
tatiad),  Maenia{\),  Manlia(\),  Mania  {-2),  Minucia  {i), 
Papiria  (5),  Pinaria  (2).  Pluiia  (i),  Pania  (8),  Postii- 
»i'(f  (3)'  Quinctia  (1).  Oiiinctilia  (i),  Rema  (3),  Sau- 
feia  (2),  Scribonia  (i),  Seinpronia  (i),  Servilia  (^),  Te- 
reniia  (j),  Tullia  {2),  Velnria  [1).  Di  un  solo  denaro, 
quadrigato,  non  si  può  per  il  cattivo  stato  di  con- 
servazione determinare  esattamente  l'attribuzione  : 
tuttavia  il  tipo  e  lo  stile  di  esso  ci  riportano  indub- 
biamente a  uno  dei  tre  magistrati  monetari  dell'anno 
139  a.  C. 

56 


442  FRANZ    PELLATI 


Cronologicamente,  i  denari  del  ripostiglio  di 
Ostuni  si  possono  ripartire,  secondo  la  divisione 
adottata  dal  Babelon,  nei  seguenti  periodi  : 

i.°  Periodo  (a.  268-2T7  a.  C.)  19  pezzi. 

2."        »         (a.  217-159  a.  C.)  30       » 

3."        »         (a.   154-135  a.  C.)  36 

4."        »         (a.   134-106  a.  C.)  34 

5.°        »         (a.   104-90     a.  C.)  22       » 

Le  monete  più  antiche  sono  le  anonime  e  il 
denaro  di  C.  Dediinus  Flavus  (verso  254  a.  C.)  ;  le 
più  recenti  sono  i  denari  di  Marcus  Cipiiis,  L.  Fla- 
minius  aio  e  Marcus  Serviìms  (a.  94  a.  C). 

Il  tesoretto  fu  quindi  indubbiamente  riposto 
verso  gli  ultimi  anni  del  primo  decennio  del  se- 
colo la.  C,  secondo  ogni  probabilità  alle  prime 
avvisaglie  della  Guerra  Sociale  che  poco  di  poi  scon- 
volse e  distrusse  molte  città  dell'  Italia  media  e  in- 
feriore. Le  monete  sono  pressoché  tutte  più  o  meno 
usate,  molte  anzi  logore,  ma  non  mancano  alcuni 
pezzi  quasi  freschi,  specialmente  fra  i  più  recenti,  e 
in  modo  particolare  i  denari  di  Appius  Claudius  Pnl- 
cher,  0.  Lutatius  Cerco,  Licinius  Nerva,  L.  Marciiis 
Philippus,  M.  Aemìlins  Lepidus,  0.  Curtius,  L.  Po- 
stumius  Albinus,  L.  Cupiennius,  C.  An testi iis  Labeo 
e  l'anonimo  dell'a.   T04. 

Il  ripostiglio  di  Ostuni  non  conta  alcuna  mo- 
neta veramente  rara  ;  tra  le  meno  comuni  citiamo 
solo  i  denari  di  Sextus  Ouintilius  (valutato  dal  Ba- 
belon L.  20) ,  di  Cn.  Doniìtius  Ahcnobarbus,  Ti. 
Quiuctius  Trogus,  C.  Piutius,  e  quello  di  C.  Lutatius 
Cerco,  senza  il  Cerco  nella  leggenda  del  dir.,  il  quale 
più  che  all'es.  del  Bab.  (Il,  pag.  157)  si  riporta  al- 
l'es.  del  Catalogo  Martinetti  e  Nervegna,  n.  11 37. 

Roma,  maggio   1908. 

Dott.  Franz  Pellati. 


Due  depositi  dell'età  del  bronzo  di  Campiglia  d'Orcia 

e  della  funzione  monetale 
dell'AES  RUDE  nei  sepolcri  dell' Etruria  (') 


Nella  fine  di  aprile  del  1906  il  compianto  conte  Piero 
Piccolomini  di  Siena  si  dava  premura  di  avvertirmi  priva- 
tamente della  voce  che  correva  a  Siena  sulla  scoperta  di 
un  certo  numero  di  ascie  antichissime,  avvenuta  nei  pressi 
di  Campiglia  d'Orcia. 

Assunte  più  precise  informazioni  per  cura  dello  stesso 
conte  Piccolomini  e  per  via  di  ufiìcio,  si  potè  constatare  cl-.e 
quasi  contemporaneamente  sarebbero  stati  linvenuti  nel  tei"- 
ritorio  di  Campiglia  d'Orcia  due  distinti  ripostigli  o  depositi 
dell'età  del  bronzo  composto  il  primo  di  sei  ascie  a  margini 
leggermente  rialzati  e  tallone  incavato,  associate  a  sei  pani 
a  focacetta  discoidale;  il  secondo  di  n.  42  ascie  di  simile 
forma  delle  precedenti  e  di  dimensioni  poco  diverse. 

Il  primo  di  tali  ripostigli,  secondo  quanto  risulta  dalle 
indagini  da  me  fatte,  sarebbe  stato  scoperto  in  luogo  detto 
la  Casetta,  presso  Campiglia  d'Orcia,  da  un  contadino  deno- 
minato Vincenzo  Marri,  il  quale  l'avrebbe  rinvenuto  a  un 
metro  e  mezzo  di  profondità  nei  lavori  campestri.  I  Reali 
Carabinieri  sequestrarono  questo  ripostiglio  in  mano  del  detto 
contadino,  il  quale  l'aveva  tenuto   nascosto    ed    aveva   man 


(1)  Debitaiiiente  autorizzati,  siamo  lieti  di  poter  riprodurre  un  iuipor- 
tante  scritto  del  prof.  Milani,  apparso  poco  tempo  fa  nelle  Ntiti^ie  degli 
scavi  di  aidic/ii/à  (1907,  fase.  11)  e  ehe  ha  uno  speciale  interesse  per  !a 
nosira  Rivisia,  portando  esso  nuova  luce  nella  storia  dellVjes  rude  ita- 
lici) e  sugli  inninabiili  dtlla  monetazione  in  Italia.  Rendiamo  grazie  alla 
R.  Accademia  dei  Lincei  e  alla  Direzione  delle  Xolizie  per  averci  libe- 
ralmente favoriti  i  clichès  originali,  fìgg.  1-9  e  12.  Le  figg.  lo-ii,  13-15 
furono  aggiunte  per  una  più  ampia  illustrazione  del  testo  che  fu  pure 
corretto  dall'autore. 

[i\ulii  delia  Kkua/ionk] 


444 


MILANI 


dato  persona  di  sua  fiducia  a  Firenze  per  tentarne  la  ven- 
dita clandestina,  esibendo  per  saggio  un  esemplare  delle 
ascie  e  un  esemplare  dei  pani. 


Fig.  I  —  Deposito  Marri. 

Il  conte  Piero  Piccolomini  nel  dare  le  prime  notizie  di 
questo  ripostiglio  accenna  al  fatto  che  le  ascie  associate  ai 
pani  si  trovarono  disposte  in  corona  sotto  una  grossa  lastra 
di  arenaria  con  nel  mezzo  i  pani  discoidi. 

E  dubbio  se  la  fotografia  (fig.  i)  che  porgiamo  di  questo 


DUE   DEPOSITI    dell'età    DEL   BRONZO    DI    CAMPIGLTA    d'ORCIA      445 

ripostiglio,  eseguita  nel  Museo,  riproduca  fedelmente  la  ri- 
ferita giacitura  dei  pezzi,  tanto  più  che  nella  Rassegna  di 
Arte  Senese,  II,  pag.  69,  dov^e  si  parla  di  questo  ripostiglio, 
è  detto  che  i  pani  e  le  ascie  in  numero  rispettivamente  di 
sei,  erano  collocate  in  modo  che  i  pani  posavano  sulle  ascie 
stesse  (i). 

Il  secondo  ripostiglio  sarebbe  stato  rinvenuto  a  poca 
distanza  dal  primo  in  terreno  detto  "  le  Muriccia  „  di  pro- 
prietà del  signor  Ezio  Venturi  e  si  compone  di  42  ascie  a 
margini  rialzati  simili  a  quelle  del  ripostiglio  Marri.  Si  tro- 
varono alla  profondità  di  soli  centimetri  trenta  o  quaranta 
dal  suolo,  dentro  una  buca  scavata  nel  terreno  argilloso,  il 
cui  fondo  era  occupato  da  un  grosso  ciottolo.  Accanto  alle 
ascie  non  eranvi  altri  oggetti,  né  frammenti  di  sorta,  né  resti 
umani  ;  per  cui  sembra  trattarsi  di  un  vero  e  proprio  ripo- 
stiglio della  prima  età  del  bronzo. 

Furono  praticate  sotto  la  diretta  vigilanza  della  Sopra- 
intendenza  degli  Scavi  d'Etruria  nel  luogo  indicato  dal  Ven- 
turi, ulteriori  indagini  che  diedero  però  risultato  assoluta- 
mente negativo.  Esibisco  a  fig.  2  la  fotografia  delle  ascie  del 
ripostiglio  Venturi  comprendente  i  41  pezzi  che  furono  testé 
acquistati  dal  Museo  ;  il  pezzo  mancante  rimase,  per  suo  ri- 
cordo, nelle  mani  del  Venturi. 

A  dir  vero  allorché  io  ebbi  sott'occhio  le  ascie  del  ri- 
postiglio Marri  e  quelle  consimili  del  Venturi,  per  la  con- 
temporaneità della  scoperta,  ebbi  a  tutta  prima  il  sospetto 
che  si  trattasse  di  un  unico  ripostiglio  andato  diviso  fra  pro- 
prietario e  scopritore  ;  ma  l'analisi  accurata  dei  pezzi  dei 
due  gruppi  e  le  successive  informazioni  mi  tolsero  ogni 
dubbio  in  proposito  e  mi  persuasero  che  si  tratta  di  due 
depositi  coevi,  affatto  indipendenti  l'uno  dall'altro. 

Le  ascie  del  ripostiglio  Venturi  in  generale  presentano 
una  patina  traente  all'azzurro,  mentre  le  ascie  del  ripostiglio 
Marri  hanno  una  patina  che  trae  più  al  verde  e  presentano 
inoltre  delle  forti  incrostazioni  di  ossido  rosso  che  mancano 
completamente  in  quelle  Venturi.  È  notevole  nel  ripostiglio 
Venturi  il  fatto  che  le  ascie  che  lo  compongono,  per  quanto 


(1)  Cfr.  anche  Bull,  di  Paletn.  Ita/.,  1906,  pag.  285, 


446 


L.     A.     MILANI 


\Fii,'.  2  —  Deposit'j  Venturi. 

simili  di  tipo,  sono  lutte  diverse  l'una  dall'altra  per  dimen- 
sione, per  peso  e  per  la  forma  dell'intaccatura  del  tallone, 
per  la  curva  del  taglio  e  dei  margini,  tantoché  nessuna  può 


DUE    DEPOSITI    DELL  ETÀ    DEI.    BRONZO    DI    CAMI'IGLIA    D  ORGIA       447 


dirsi  uscita  dalia  medesima  matricl^  I  pesi  oscillano  da 
gr.  386  a  170,  e  le  dimensioni  da  mm.  185  a  no.  Tutte 
mostrano  i  segni  dell'uso  a  cui  servirono,  ed  una  sola  è 
spezzata  in  due,  presso  il  taglio. 

Non  meno  interessante  è  il  ripostiglio  Marri,  il  quale  ci 
dà  associati  con  le  ascie  i  pani  o  le  formelle  a  focaccelta 
discoide  e  che  per  la  sua  particolare  giacitura  mostrerebbe 
più  evidente  quel  carattere  sacrale  o  di  stipe  votiva  che  il 
Pigorini,  non  senza  ragione,  crede  di  riconoscere  in  siffatti 
ripostigli  (i). 

Cinque  delle  ascie  del  ripostiglio  Marri  sono  di  dimen- 
sioni mezzane,  poco  diverse  fra  loro,  misurando  in  lunghezza 
da  mm.  161  a  156  e  pesando  da  gr.  460  a  322,  mentre  una 
misura  soli  mm.  120  e  pesa  gr.  250.  Quest'ultima  ha  guasti 
l'incavo  del  tallone  ed  i  margini,  ed  è  completamente  co- 
perta da  incrostazioni  e  subulliture  verdi  e  rosse  che  par- 
rebbero causate  dall'azione  del  fuoco. 

La  concomitanza  coi  paalstab,  ossia  con  le  ascie  dell'età 
del  bronzo,  mette  fuori  di  dubbio  che  l'uso  di  tali  formelle 
o  pani  discoidi,  dei  quali  si  è  occupato  particolarmente  il 
Pigorini  in  Bull,  di  Palchi.,  1905,  pag.  5  e  segg.,  risale  al- 
l'età del  bronzo. 

Data  la  scarsità  dei  depositi  neh'  Ktruria  dell'età  del 
bronzo  e  che  si  conoscono  per  le  notizie  ciie  ci  hanno  date 
Pigorini  e  Colini  (2),  mette  conto  di  richiamare  a  confronto 
con  i  descritti  depositi  di  Campiglia  d'Orcia  due  altri  de- 
positi della  stessa  età  che  abbiamo  nel  Museo  di  F'irenze  : 
quello  della  Verruca  presso  Pisa,  composto,  come  quello 
Marri  di  Campiglia  d'Orcia  e  altri  di  cui  diede  notizie  il  Pi- 
gorini in  Bull,  di  Palchi.,  II,  pp.  8486,  di  sole  ascie  a  mar- 
gini rialzati  (paalstab)  ;  e  quello  di  Montemerano  presso  Sa- 
turnia, composto  invece  di  tre  ascie  a  marsuini  rialzati,  di 
un  pugnale  di  rame  triangolare,  di  ima  alabarda  pure  di 
rame  e  di  un  pane  o  formella  di  rame  a  focaccetta. 

Il  numero  delle  ascie  che  costituivano    orii<inalmente    il 


(i)  Bull,  (ti  Palein.  Hai.,  1872,  pa?.  109  e   1895,  png.  34. 
(2)  V.  Bull,  (li  Pdlehi.   Hai.,  1876,  pag.  86  e  sigi;.  (PiunuiNl);  e  1900, 
pag.  144  ;  1903,  pag.  215  e  segg.  (Colini). 


448 


L.    A.     MILANI 


ripostiglio  della  Verrucca  non  e  noto,  e  i  cinque  pezzi  di 
tale  provenienza  che  io  acquistai  per  il  Museo  nel  1886  sono 
del  tutto  simili  a  quelli  dei  ripostigli  di  Campiglia  d'Orcia, 
salvo  le  dimensioni  sensibilmente  più  grandi  (lungh.  da 
mm.  190  a  180). 

Il  deposito  di  Montemerano,  da  me  acquistato  nel  1893, 
apparisce  in  sé  completo;  e,  come  ha  già  notato  il  Colini  in 
Bull,  di  Paletn.,  1903,  pag.  216  e  segg.,  ha  tutti  i   caratteri 


Fig.  3  —  Deposito  di  Montemerano. 


del  corredo  di  una  tomba  dell'età  del  bronzo.  Siccome  questo 
interessante  corredo  non  è  stato  mai  pubblicato,  e  il  Colini 
si  è  limitato  a  pubblicare  il  pezzo  che  egli  ritenne  più  note- 
vole, cioè  una  presunta  lama  d'alabarda  di  rame  con  costola 
mediana  rotta  in  due  pezzi  e  con  due  bulloni  all'estremità, 
la  quale  presenta  le  traccie  del  manico  di  legno  su  cui  era 
inastata  e  le  traccie  di  un  tessuto  con  cui  fu  a  contatto 
(v.  Bull,  di  Paletn.,  1903,  pag.  223),  così  credo  opportuno  di 
presentarlo  nel  suo  insieme  nell'unita  fotografia,  fig.  3,  che 
lo  riproduce  a  poco  meno  di  metà  dal  vero. 

L'alabarda,  ossia  la  lama  in  due  pezzi  che  il   Colini  ri- 


DUE   DEPOSITI    DELL  ETÀ    DEL    BRONZO    DI    CAMPIGLIA    D  ORGIA      449 

ferì  a  una  siffatta  arma,  il  pugnale  triangolare  fornito  di  tre 
nervature  longitudinali,  lungo  m.  0,17X0.9.  e  il  pane  fuso, 
sono  di  rame,  mentre  le  ascie,  una  più  grande  (lungh.  m.  0,19), 
le  altre  due  mezzane  (lungh.  m.  0,17  e  0,16),  nell'analisi  chi- 
mica che  ne  feci  eseguire,  risultarono  di  bronzo  notevol- 
mente più  povero  di  stagno  e  più  impuro  di  quello  con  cui 
son  fatte  le  ascie  del  ripostiglio  di  Campiglia  d'Orcia  (i). 
Così  non  solo  per  la  presenza  del  pugnale  e  dell'alabarda 
di  rame,  tipici  dell'età  eneolitica,  ma  altresì  per  la  qualità  del 
metallo,  il  corredo  di  Montemerano  apparisce  di  età  più  an- 
tica dei  due  depositi  di  Campiglia  d'Orcia. 

Cronologicamente  il  corredo  di  Montemerano  può  col- 
locarsi ai  pruìiordi  dell'età  del  bronzo  e  mettersi  al  seguito 
immediato  del  ben  noto  deposito  sepolcrale  di  Battifolle,  il 
quale  sarebbe  di  poco  più  antico  (2). 

Ciò  che  accomuna  i  due  depositi  di  Montemerano  e  di 
Battifolle  è  il  loro  carattere  sepolcrale  ;  e  il  Colini  ben  si 
appose  nel  congetturare,  io  credo,  che  i  segni  evidenti  del 
tessuto  che  si  notano  su  una  delle  faccie  dell'alabarda  di 
Montemerano,  stieno  in  rapporto  con  la  destinazione  se- 
polcrale di  tale  deposito.  Però  il  Colini  trascurò  di  spie- 
gare nel  deposito  di  Montemerano  un  fatto  degno  di  singo- 
lare attenzione  :  la  presenza  del  pane  dì  rame. 

Questo  pane  di  rame  fatto  a  disco  irregolare  (millimetri 
60X50)1  da  una  parte  liscio  con  qualche  escrescenza  di  tar- 
taro, e  dall'altra  scabro  e  con  la  disuguaglianza  propria  della 
fossetta  di  argilla  che  ha  servito  per  la  fusione,  pesa  gr.  212; 
per  cui  tanto  per  la  forma  che  per  il  peso  esso  sta  a  riscontro 
con  il  minor  pane  del  deposito  Marri  di  Campiglia  d'Orcia. 

Però  il  pane  di  Montemerano  folcendo  parte  di  un  de- 
posito, che  ha  tutti  i  caratteri  ed  i  segni  propri  del  corredo 
sepolcrale,  non  può  essere  spiegato  come  i  pani  di  Cam- 
piglia d'Orcia  o  di  altri  depositi  consimili,  riferibili  forse  a 
stipi  votive. 


(i)  L'analisi  chimica  qualitativa  fu  eseguita  da  mio  figlio  Albano. 

{2)  Ved.  le  osservazioni  di  Colim,  in  Bull,  di  Paletn.,  1900,  pa^.  141. 
Nel  deposito  di  Battifolle  le  ascie  a  margini  rialzati,  oltre  essere  di  rame, 
hanno  il  tallone  retto,  cioè  ancora  privo  della  caratteristica  intaccatura. 


57 


450  L.     A.    MILANI 


Nel  caso  particolare  vien  fatto  di  pensare  che  esso  sia 
stato  deposto  nella  tomba  come  Voboltis  Charontis  dei  Greci, 
come  la  5avà^-fl  persica  (Kesych.  ad  v.),  come  il  vxOaov,  per 
il  transito  del  defunto  nel  regno  d'oltre  tomba  (0. 

La  cosa  a  tutta  prima  riesce  quasi  incredibile,  trattan- 
dosi di  un'età  così  remota,  cioè  di  una  tomba  italica  dell'età 
del  bronzo  ;  ma  se  si  tien  conto  degli  speciali  riti  funebri 
dell'età  eneolitica  e  dello  sviluppo  che  il  rituale  funerario 
assunse  nel  2.°  millennio  av.  Cr.  in  Grecia,  nell'oriente  greco, 
in  Sicilia  e  in  Italia,  la  mia  congettura,  che  pure  emetto  qui 
con  tutta  riserva,  parrà  tutt'altro  che  inammissibile.  A  con- 
forto di  essa  posso  dire  che  l'uso  di  mettere  fra  gli  oggetti 
del  corredo  funebre  un  pezzo  di  aes  rude  come  obolus  Cha- 
rontis, precede  in  Etruria  di  lungo  tempo,  non  solo  l'intro- 
duzione della  moneta,  ma  perfino  l' introduzione  dei  prodotti 
d'importazione  greca;  e  dura  anche  quando  è  già  di  co- 
mune uso  Xaes  grave  e  la  moneta  coniata  (2).  Nella  necro- 
poli volsiniese  fu  constatata  più  volte  la  presenza  à&W'aes 
rude  fra  i  più  antichi  corredi  delle  tombe  elrusche  a  cas- 
sone (sec.  Vili  e  VII  av.  Cr.)  ;  e  a  Vetulonia,  come  a  Tar- 
quinia, si  son  trovati  pezzi  di  aes  rude  fra  i  pozzetti  primitivi 
con  ossuari  fittili  di  tipo  Villanoviano. 


■  ^ 


Fig.  4  —  Aes  rude  di  una  tomba  a  pozzo  di  Vetulonia. 

A  Vetulonia  tre  pezzi  di  aes  rude  furono  raccolti  nella 
tomba  a  pozzo  n.  7  del  III  saggio  di  Poggio  alla  Guardia, 
e  ne  fu  dato  cenno  dal  Pasqui  in  Not.  1885,  pag.  118.  Questi 
pezzi  sono  riprodotti  nella  nostra  fig.  4. 


(i)  Ved.  Stackelberg  :  Gràber  der  HelL,  pag.  42;  Becker-Gòll  : 
Chartkles,  IH,  119,  ed  i  luoghi  di  Luciano  e  di  Esichio  quivi  citati. 

(2)  Nella  collezione  di  antichità  Barberini,  esiste  una  massa  di  aes 
rude  che  insieme  a  molte  monete  romane  urbane  di  sistema  sestantale 
ed  onciale,  deve  provenire  dalle  tombe  prenestine    dell'età    delle    ciste 


DUE    DEPOSITI    DELL  ETÀ    DEL    BRONZO    DI    CAMPIGLIA    d'0RCL\       45I 


Uno  dei  pezzi  è  a  focaccetta  discoide,  spezzato  a  metà 
con  un  tagliuolo  che  ha  lasciato  su  di  esso  le  traccie  di 
altri  colpi,  e  pesa  gr.  18,7  ;  un  pezzo  di  gr.  13,09  sembra 
staccato  da  una  piastrella  di  bronzo  pure  discoide,  e  un  altro 
pezzo  di  gr.   10,3  è  quasi  informe. 

Anche  fra  le  tombe  a  circolo  di  Poggio  alla  Guardia 
non  manca  l'esempio  di  tale  rito,  offrendolo  quello  della 
cosidetta  tomba  del  cono,  descritta  in  Noi.  1895,  pag.  317 
e  segg.  Uaes  rude  di  questa  tomba,  che  diamo  a  fig.  5,   fu 


Fig.  5  —  Aes  rude  di  una  tomba  a  circolo  di  Vctulonia. 

trascurato  nella  desciizione  del  Falchi.  E  a  piastrella  qua- 
drilatera di  forma  regolarissima,  misura  mm.  20  X  i5>  ha 
uno  spessore  di  mm.  5  e  pesa  gr.  12,3. 

A  Tarquinia  le  tombe,  a  mia  conoscenza,  che  offrirono 
aes  rude  sono  le  due  principali  del  sepolcreto  primitivo  di 
Poggio  dell'  Impiccato.  Nella  notizia  sommaria  che  il  Pernier 
diede  delle  suppellettili  di  queste  due  tombe  (v.  Not.  1907, 
pag.  80  e  segg.)  fu  per  una  semplice  svista  omessa  la  de- 
scrizione dei  pezzi  di  aes  rude,  sui  quali  io  ora  debbo  ri- 
chiamare l'attenzione  degli  studiosi  (i). 

La  tomba  I,  con  l'ossuario  villanoviano  di  terracotta  e 
l'elmo  crestato  di  bronzo  (v.  Not.,  pag.  53,  fig.  8  e  16)  con- 
teneva i  due  pezzi  di  aes  rude  che  riproduciamo  a  fig,  6. 
Uno  di  tali  pezzi  è  discoide  e  lenticolare,  quasi  come  una 
moneta,  e  simile  a  quello  sopraccitato  di  Vetulonia.  Ha  un 
diam.  di  mm.  31,  è  spesso  mm.  io    ed   è    spezzato    a   metà 


(sec.  Ili  e  II  a.  C).  Anche  nella  necropoli  dell'antica  Populonia,  di  cui 
si  è  iniziata  testé  per  cura  del  Governo  l'esplorazione  sistematica,  si 
rinvennero  tre  pezzi  di  ars  rude  deposti  come  obo/iis  Charonlis  sotto  la 
testa  di  un  cadavere  in  una  tomba  riferibile  al  sec.  IV  a  C.  Cfr.  ora 
la  mia  "  Relazione  preliminare  sulla  prima  campagna  di  scavi  gover- 
nativi in  Populonia  „  in  Notizie  degli  scavi,  1908,  fase,  di  giugno. 

(l)  L'accenno  all'ars  rude  di  questa  tomba  fu  aggiunto  in  fine  alla 
relazione  Pernier  in  Notizie,  1907,  pag.  352.  Le  suppellettili  di  questa  in- 
signe tomba  e  tutte  le  altre  degli  scavi  tarquiniesi  del  Fioroni  sono  ora 
conservate  nel  Museo  di  Firenze. 


452 


L.    A.    MILANI 


con  un  colpo  di  tagliuolo  (peso  gr.  22,86).  L'altro  pezzo, 
spesso  mm.  io,  lungo  mm.  42  e  largo  da  mm.  30  a  25  e 
del  peso  di  gr.  70,22,  mostra  di  essere  stato  parte  di  un 
pane  di  bronzo  a  barra,  da  un  lato  piano-convesso  e  dall'altro 
piatto  e  quindi  fuso  con  regola  e  forma  ben  determinate. 

La  tomba  II,  con  l'ossuario  fittile  ridotto  in  pezzi  e  con 
calotte  di  bronzo  di  cui  una  sbalzata  a  maschera  umana 
(v.  Not.  pag.  80,  fig.  4,  5,  17)  conteneva  un  pezzo  di  aes 
rude  mm.  70  X  5°  spezzato  da  una  barra  piano-convessa 
affatto  simile  alla  precedente,  ma  di  spessore  poco  minore 
(mm.  9),  peso  gr.  249,25.  Lo  diamo  a  fig.  7. 


Fig.  6.  Fig.  7. 

Aes  rude  del  sepolcreto  primitivo  tarquiniese  di  Poggio  dell'Impiccato. 

Se  dunque  dall'ars  rude  del  corredo  di  queste  tombe 
volsiniesi,  vetuloniesi  e  tarquiniesi  si  può  inferire  che  nella 
prima  età  del  ferro  era  praticato  in  Etruria  il  rito  funereo 
del  vaO>>ov,  non  sarà  più  tanto  inverosimile  di  ammetterlo 
anche  in  un'età  anteriore,  cioè  nell'età  del  bronzo  e  spiegare 
il  pane  del  deposito  di  Montemerano  come  proposi. 

Con  questa  spiegazione  si  viene  a  riconoscere  indiretta- 
mente il  corso  come  oggetto  comune  di  scambio,  e  in  certo 
modo,  il  valore  monetale  tanto  dei  pani  a  focaccetta,  quanto 
dei  loro  spezzati  che  sono  così  ovvi  in  Etruria  (i). 

Che  i  pani  o  le  formelle  discoidi  a  focaccetta  di  rame 
avessero  in  Etruria  un  valore  quasi    monetale,    sembra    po- 


(i)  V.  Garrucci:  Moit.  d'Italia  antica,  tav.  II-Vl  ;  De  Feis  :  Dt  un 
aes  siguatum  scoperto  in  Orvieto,  Genova,  1881  e  Origini  e  valore  del- 
l'aes  rude  e  detl'aes  signatum  come  moneta,  Firenze,  1899. 


DUE    DEPOSI  ri    DELL  ETÀ    DEL    BRONZO    DI    CAMPIGLI  A    Ij'oRCIA       453 


tersi  arguire  anche  dai  ripostigli  composti  puramente  di  sif- 
fatte formelle.  Due  di  tali   ripostigli    li    abbiamo    nel    Museo 


Fig.  8  —  Formella  di  S.  Michele  presso  Campiglia  Marittima. 

di  Firenze,  il  primo  acquistato  nel  1874  come  proveniente 
dalla  Val  d'Orcia  e  composto  di  sei  formelle  discoidi  di  vario 
peso  (•),  e  l'altro  acquistato  nel  1897  proveniente  da  S.  Mi- 
chele presso  Campiglia  Marittima  e  composto  di  12  formelle 
pure  variate  di  peso  e  grandezza  (2).    Uno   dei    pani  di  que- 


(i)  I  diametri  e  i  pesi  del  ripostiglio  di  V,il  d'Orcia  sono  i  segueni: 
mm.  gfr.  mm.  gr. 

a)  100  X  "O  41 6,05  i/J     96  493 

b)  104X83  465  «)     94X82  443,25 

O     98  563  /)    74  32J,9.5 

(2)  I  diametri  ed  i  pesi  del  ripostijjlio  di  S.  Michele  sono  i  seguenti: 


mm. 

gr. 

mm. 

ter- 

a)    98 

498 

g)  «07 

451 

b)  100 

486,84 

/,;   83 

362 

e)    96 

493 

0    105X78 

281 

dj  116X88 

483 

.;>  100 

280 

e)   108 

459 

i)    83 

274 

/;  122X95 

628 

0    75X56 

139 

454  L.    A.     MILANI 


st'ultimo  ripostiglio,  dato  a  fìg.  8  (diam.  mm.  io,  peso 
gv.  486,84),  esibisce  sulla  parte  liscia  tre  segni  lineari  a  scal- 
pello che  non  saprei  se  spettino  ad  un  tentativo  fallito  per 
spezzare  la  formella  in  due,  oppure  ad  un  marchio  primitivo 
di  valore  parallelo  a  quello  più  tardi  usato  come  segno  del 
tripondio.  Un  altro  pane  a   focaccetta    di    rame    proveniente 


Fig.  9  —  Formella  di  Saturnia. 

da  Saturnia,  del  peso  di  gr.  442,  diam.  mm.  90,  presenta  in- 
ciso, come  può  vedersi  nella  riproduzione  che  ne  diamo  a 
fig.  9,  un  segno  in  croce  simile  a  X  :  ma  anche  questa  inci- 
sione non  si  può  in  via  assoluta  determinare  se  fatta  per 
segno  di  valore  o  per  altra  causa. 

Ove  si  potesse  constatafre  che  nell'uno  o  nell'altro  caso 
si  trattasse  di  un  segno  di  valore,  avremmo  il  più  antico 
esempio  italico  di  quel  marchio  (toO  -otoO  (7r,y.e'tov)  che  Aristo- 
tile {Polli.,  Ili)  dichiarava  costituire  la  caratteristica  (/apix;cTr,p) 
della  moneta  primitiva. 

Marchi  indubbi  di  garanzia  e  quindi  segni  di  carattere  e 


DUE    DEPOSITI    DELL'kTÀ    DEL    BRONZO    DI    CAMPIGI.IA    o'ORCrA       455 

funzione  monetale  si  trovano  anche  suil'rtf^  rude  degli  Etru- 
schi. Quattro  sono  gli  esempi  tipici  sui  quali,  in  questa  con- 
tingenza è  duopo  richiamare  l'attenzione.  I!  primo  esempio 
ci  fu  fatto  conoscere  dal  padre  De  Feis,  che  lo  illustrò  con 
molto  acume  e  dottrina,  ed  è  quello  informe  di  Orvieto  da 
lui  stesso  posseduto,  del  peso  dell'oncia  librale  romana  (gr.  27) 
e  sul  quale  è  impresso  due  volte  un  astro  cruciforme,  simile 


Fig.  IO  —  Aes  rude  di  Orvieto  (i.oll.  P.  De  Feis). 

al  mozzo  di  una  ruota  a  quattro  raggi  fig.  io  (•).  Lo  stesso 
segno  ci  è  offerto  anche  sugli  altri  due  pezzi  di  aes  rude 
del  peso  di  circa  un'oncia,  a  piastrella  quadrilatera,  che  ci 
fece  conoscere  il  Garrucci  (2)  e  che  provengono  uno  da 
Ancarano  (coli.  Nardoni)  fig.  11,  e  l'altro  consimile  da  Perugia 


Fig.  n  —  Aes  rude  di  Ancarano   (coli.  Nardoni). 

(coli.  Stettiner).  Su  una  delle  faccie  di  questi  ultimi  due  pezzi, 
apparendo  il  marchio  della  lunula,  si  può  ben  ritenere  che  il 
simbolo   contrapposto,  sia  appunto  un  astro.  E  ciò  vien  con- 


(1)  V.  De  Feis  :  Di   un  aes  signaiuni  scoperto  ad  Orvieto,  in  Giorn. 
lig.,  Genova,  1881  e  Origine  e  valore  AcW'aes  rude,  ecc.,    Firenze,  1899. 

(2)  V.  Mon.  detl'llatia  ant.,  I,  tav.  LXVII,  i  ti,  b.  A  tav.  1. XVIII,  3 
è  riprodotto  anche  Vaes  rude  De  Feis. 


456  L.    A.    MILANI 


fermato  dal  quarto  esemplare  di  aes  rude  contromarcato,  che 
è  quello  di  Tarquinia,  già  della  coli.  Strozzi,  conosciuto  tanto 
dal  padre  De  Feis  che  dal  Garrucci  (v.  op.  cit.),  ma  ri- 
masto inedito. 


Fig.  12  —  Aeii  rude  contromarcato  del  Museo  di  Firenze, 
proveniente  da  Tarquinia. 


Avendolo  io  acquistalo  per  il  Museo  di  Firenze  all'asta 
Strozzi  (catal.  n.  7),  cade  molto  in  acconcio  di  produrlo  qui 
a  fig.  12  per  metterlo  a  riscontro  coi  suddetti  esempi  con- 
tromarcati e  con  Vaes  rude  monetario  delle  ricordate  tombe 
antichissime  dell'Etruria. 

Questo  pezzo  della  massima  importanza  per  la  questione 
sull'origine  della  moneta  in  Italia,  è  fatto  in  forma  di  matto- 
nella (later),  coi  margini  a  doppio  spigolo  obliquo,  pesa 
gr.  561,  ha  uno  spessore  di  mm.  23,  misura  mm.  82X48 
e  porta  impressi  sopra  una  delle  faccie  piane,  mediante  un 
punzone  quadro,  i  simboli  riuniti  della  lunula  e  dell'astro 
solare  a  quattro  raggi,  appunto  i  simboli  che  furono  adot- 
tati per  Vaes  signatiim  quadrilatero  dell'Etruria  e  specifica- 
mente per  quello  tarquiniese  (ved.  Garrucci,  Mon.  d'Ital., 
tav.  XXVI,  3).  Così  dalle  mie  osservazioni  suH'rt^^  rude  de- 
posto nelle  tombe  dell'  Etruria  a  partire  dall'età  del  bronzo 
e  dal  dato  e  fatto  dell'esistenza  àeW'aes  rude  contromarcato, 
mi  sembra  emergere  chiara  ed  assodata  la   funzione    mone- 


DUE    DEPOSITI    DELL  ETÀ    DEL    BRONZO    DI    CAMPIGLIA    D  ORGIA      457 

tale  deW'aes  rude  fin  dai  primordi  del  suo  uso  e  del  suo  corso 
in  Italia. 

A  che  epoca  rimontino  gli  anzidetti  due  ripostigli  di 
pure  formelle  di  rame  del  Museo  di  Firenze  non  possiamo 
determinare  con  certezza  ;  ma  dopo  i  trovamenti  di  Monte- 
merano  e  di  Campiglia  d'Orcia  si  può  ben  presumere  che 
risalgano  essi  pure  all'età  del  bronzo  e  rappresentino  veri 
e  propri  peculi  di  tale  età. 

Che  del  resto  nell'età  dei  bronzo  fosse  già  diffuso  l'uso 
di  dare  al  metallo  di  scambio  le  più  svariate  forme  e  di 
contraddistinguerlo  con  marchi  che  ne  determinassero  il  peso 
o  la  qualità,  è  cosa  che  nessuno  può  mettere  ormai  in  dubbio 
dopo  i  trovamenti  dei  pani  monetali  di  bronzo  dell'età  preel- 


^'S!-  '3  —  il?  signalum  di  Cnosso. 


lenica  nelle  isole  di  Creta,  di  Cipro  e  di  Sardegna  ;  dopo 
lo  studio  documentato  che  l' Evans  ci  porse  sui  pesi  mi- 
noici (^)  e  dopo  che  questi  ci  fece  conoscere  Vargentum  si- 
gnatum  di  Cnosso  fig.  13  e  l'oro  ponderale  dei  Preelieni 
analogo  e  corrispondente  al  ben  noto  oro  e  argento  rude 
monetale  degli  Etruschi  (2);  e  pubblicò  una  specie  di  moneta 


(i)  Vcd.  Evans:  .\tinoan  weights  and  currency,  in  Coralli  numisma- 
tica in  hon.  Head,  London,  1906,  pag.  355  e  segg. 

(2)  V.  o.  e.  pag.  363  e  segg.  Richiamo  a  questo  proposito  il  fatto 
che  presso  i  Babilonesi,  già  nel  3."  millennio  a.  C,  secondo  nota  De- 
litsch  in  Mehr  Licht,  Leipzig,  1907,  pag  24,  la  voce  kaspu  riunisce  in 
sé  i  due  significati  di  argento  e  di  misuratore  del  valore  (Werlmesser) 
o  di  moneta,  circa  come  la  voce  argenl  presso  i  Francesi.  Così  deve 
ritenersi  essere  avvenuto  dellWs  rude  ai  primordi  degli  scambi  in  Italia, 
giusta  rilevasi  dalle  stesse  voci  aerariuin  ed  aestimare  dai  Romani. 

58 


458 


t.    A.    MIIANI 


Fig.  14  —  ]^  signalunt  di  Micene. 

d'argento  quadrilatera  di  Micene  coi  segni  del  valore  (fig.  14, 
pezzo  Howes,  o.  e.  pag.  354)   e  produsse  altresì    una    delle 


Fig.  15  —  Tavoletta  fittile  di  Cnosso. 

tavolette  fittili  di  Cnosso  (fig.  15),  che  rappresenta,  come 
in  azione ,  il  sistema  ponderale  e  monetale  dell'  età  mi- 
noica. 


L.  A.  Milani. 


N  ECROLOGIE 


SIR    JOHN    EVANS. 

Il  30  scorso  maggio  nella  sua  residenza  di  Britwell 
presso  Berkhamsted,  dopo  una  breve  malattia,  cessava  di 
vivere  nell'età  di  85  anni  l' illustre  e  venerato  Presidente 
della  Reale  Società  Numismatica  di  Londra  sir  John  Evans. 
Per  la  lunga  serie  dei  suoi  lavori  numismatici  che  furono 
pubblicati  dal  1864  ad  oggi  e  per  la  sua  lunga  carriera  nella 
R.  Soc.  Num.  di  Londra  di  cui  fu  eletto  membro  nel  1849, 
Segretario  Onorario  nel  1854,  e  Presidente  nel  1874,  carica 
che  tenne  fino  alla  sua  morte,  sir  John  Evans  era  ben  noto 
a  tutti  i  numismatici  del  mondo  ;  ma  ben  pochi  di  questi  sa- 
pevano che  egli  si  dedicava  egualmente  all'archeologia  in 
genere,  alla  geologia  e  all'antropologia,  anzi  fu  a  queste 
scienze  che  dedicò  la  maggiore  sua  attività,  scrivendo  le  sue 
opere  più  importanti,  fra  cui  principale  la  pubblicazione  del 
1872  The  ancien  stone  implements,  weapons  and  ornaments 
of  Great  Britain,  che  ebbe  una  seconda  edizione  nel  1897, 
e  che  venne  completata  dall'altra  del  i88r  The  ancien  bronze 
implements,  weapons  and  ornaments  of  Great  Britain  and 
Ireland.  Dal  1874  al  1876  fu  Presidente  della  Società  Geo- 
logica, dal  1885  al  1892  Presidente  della  Società  degli  An- 
tiquarii  e  quindi  Conservatore  del  Museo  Britannico  ;  dal 
1877  al  1879  Presidente  dell' Istituto  Antropologico,  e  troppo 


460  NECROLOGIE 


lungo  sarebbe  qui  enumerare  tutte  le  cariche  scientifiche  e 
onorifiche  da  lui  coperte. 

Meno  ancora  sono  quelli  che  sanno  che  lo  scienziato 
era  anche  uomo  d'affari,  e  probabilmente  dei  moltissimi  nu- 
mismatici, archeologi  e  scienziati  che  conoscevano  il  suo  an- 
tico indirizzo  di  Nash  Mills  Hemel  Hemsptead,  perchè  la  sua 
corrispondenza  era  estesissima,  nessuno  sapeva  che  questa 
era  non  solo  la  sua  residenza  scientifica,  ma  ben  anco  quella 
della  cartiera  ch'egli  diresse  fino  a  pochi  anni  fa.  L'uomo  di 
scienza  non  la  cedeva  all'uomo  d'affari,  e  il  Presidente  della 
Reale  Società  Numismatica  di  Londra,  dal  1892  al  1893  fu 
Presidente  dell'Istituto  d'Industria  Chimica  e  fu  anche  Pre- 
sidente dell'Associazione  dei  fabbricatori  di  carta. 

Ma,  venendo  alla  parte  numismatica,  quella  che  deve  in- 
teressare i  nostri  lettori,  sir  John  Evans  era  ecclettico.  Nei 
numerosi  suoi  scritti  apparsi  durante  circa  un  cinquantennio 
nella  Numismatic  Chronicle  egli  si  occupò  di  monete  greche, 
romane  ed  inglesi,  e  fra  le  sue  numerose  collezioni  si  trova  una 
eccellente  serie  greca,  una  serie  romana  ricca  specialmente 
d'aurei  al  punto  di  essere  degna  emula  delle  famose  colle- 
zioni D'Amécourt  e  Montagu  e  una  serie  inglese. 

Con  lui  la  Reale  Società  di  Londra  perde  un  prezioso 
Presidente,  e  la  nostra  Società  manda  alla  consorella  le  più 
sincere  e  sentite  condoglianze. 

Chi  scrive  perde  non  solo  un  collega  ma  un  amico,  col 
quale  da  lungo  tempo  si  trovava  nella  più  cocdiale  relazione 
e  ripensa  con  dolore  e  con  tenerezza  alle  belle  ore  pas- 
sate in  sua  compagnia  ogni  volta  che  i  suoi  viaggi,  continuati 
malgrado  la  sua  tarda  età  con  arditezza  giovanile  fino  a 
questi  ultimi  anni,  lo  portavano  a  transitare  per  Milano. 

L'ultima  sua  visita  fu  nel  1907  e  mi  piace  ricordarla 
perchè  essa  vale  a  caratterizzare  l'uomo  di  scienza  e  d'affari, 
l'uomo  preciso  che  non  perde  un  minuto  del  suo  tempo.  Il 
5  marzo  mi  scriveva  dall'alto  Egitto  e  precisamente  da  Luxor: 
"  Vado  al  Cairo  (Hotel  d'Angleterre)  da  dove  conto  partire 
il  32,  il  31  sarò  a  Venezia  (Danieli),  la  sera    del    i  aprile  a 


NECROLOGIE  461 


Milano  (Hotel  Cavour).  Spero  vedervi  il  giorno  seguente  e 
far  colazione  con  voi.  Partirò  col  diretto  delle  4,25  per  Londra 
ove  il  giorno  4  devo  presiedere  un'assemblea  commerciale 
(forse  quella  dei  fabbricanti  di   carta....)  „. 

Difatti  la  sera  del  1  aprile  io  ero  a  riceverlo  al  suo  ar- 
rivo e  il  giorno  seguente  ebbi  il  piacere  d'averlo  colla  sua 
signora  a  casa  mia  dove  tutti  fummo  sorpresi  nel  sentire 
che  aveva  compiuto  r83.°  anno.  Ne  dimostrava  60.  Dopo 
colazione  volle  dare  un'occhiata  alia  mia  raccolta  coll'oro- 
logio  in  mano  per  non  mancare  il  treno.  Partì  per  Londra 
e  da  allora  io  non  l'ho  più  veduto. 


F.  G. 


PAUL  CHARLES   STROEHLIN. 

Il  giorno  4  marzo  p.  p.  moriva  improvvisamente  a  Gi- 
nevra, nella  ancora  fresca  età  di  44  anni.  Paolo  Carlo 
Stroehlin,  Presidente  della  Società  Svizzera  di  Numismatica 
e  Membro  di  1  arecchie  altre  Società  congeneri.  Si  era  da 
principio  dedicato  allo  studio  della  medicina,  ma  poi  lo  in- 
terruppe per  un  viaggio  nella  Germania  ch'egli  intraprese 
dal  1884  al  1887,  soffermandosi  specialmente  a  Lipsia  e  a 
Berlino.  Fu  in  quest'ultima  città  ch'egli  incominciò  a  dedi- 
carsi alla  numismatica ,  lavorando  sotto  la  direzione  del 
von  Sallet.  Nel  1888  ritornò  per  breve  tempo  nella  Svizzera, 
indi  ricominciò  a  viaggiare  percorrendo  rapidamente  la  Fran- 
cia, la  Germania,  l'Italia,  l'Inghilterra 'e  la  Russia,  finché 
nel  1889  ritornò  definitivamente  in  patria.  Nel  1892,  col  con- 
corso del  dott.  Ladè,  fondò  a  Ginevra  un  Ufficio  Numisma- 
tico, dedicandosi  al  commercio  delle  monete  e  alla  pubbli- 
cazione di  varii  lavori  su  monete  e  medaglie.  Nel  1904  fon- 
dava il  Journal  des  Collectionneurs,  che   vive  tuttora  ;    e    in- 


462  NECROLOGIE 


tanto  dedicava  buona  parte  del  suo  tempo  alla  direzione 
della  Rivista  Svizzera  di  Numismatica,  sulla  quale  pubblicò 
buon  numero  di  lavori,  specialmente  su  monete  e  medaglie 
svizzere. 

Era  di  una  straordinaria  attività  ;  iniziò  molti  lavori  allo 
scopo  precipuo  di  diffondere  l'amore  per  gli  studii  numisma- 
tici, ma  ne  lasciò  molti  incompleti;  cosicché  fra  una  quan- 
tità enorme  di  piccoli  lavori,  non  ve  n'è  neppure  uno  di 
vera  importanza,  che  possa  ricordare  durevolmente  il  suo 
nome  nella  letteratura  numismatica. 


BIBLIOGRAFIA 


LIBRI    NUOVI    E    PUBBLICAZIONI. 


Warwick  Wroth.  —  Catalogne  of  lite  imperiai  byzanline 
Coins  in  the  British  Museum.  Due  volumi  con  79  tavole 
(Londra  1908). 

Riesce  assai  interessante  questo  catalogo  delle  monete 
byzantine,  che,  descrivendo  la  ricchissima  serie  del  Museo 
britannico,  si  può  quasi  considerare  come  un  catalogo  gene- 
rale, e  che  viene  a  supplire  quello  ormai  non  solo  esaurito 
ma  anche  invecchiato  del  Sabatier,  il  quale  finora  costituì  il 
vade-mecum  dei  raccoglitori  di  queste  monete.  Il  nuovo  ca- 
talogo del  Museo  britannico  ha  non  solo  il  vantaggio  di  ve- 
nire mezzo  secolo  dopo  il  Sabatier,  ma  principalmente  quello 
d'essere  redatto  con  criterii  molto  pili  razionali  e  scientifici. 

In  primo  luogo  la  serie  delle  monete  bizantine  è  inco- 
minciata dall'A.  al  suo  vero  inizio.  Sabatier,  allo  scopo  di 
far  seguito  senza  interruzione  al  punto  in  cui  arbitrariamente 
il  Cohen  aveva  troncata  la  sua  descrizione  delle  monete 
romane,  la  iniziava  pure  arbitrariamente  con  Arcadio.  Ma 
la  ragione  storica,  monetaria  e  artistica  segna  invece  il  prin- 
cipio della  monetazione  bizantina  col  regno  di  Anastasio  I, 
ed  è  appunto  con  questo  che  Warwick  Wroth  incomincia  la 
sua  descrizione.  Questa  poi  non  è  divisa  semplicemente  per 
metallo,  come  quella  di  Sabatier  ;  ma  prima  di  tutto  per 
zecca,  poi,  fin  dove  è  possibile,  in  ordine  cronologico.  In 
ogni  regno  sono  dapprima  descritte  le  monete  della  zecca 
imperiale  di  Costantinopoli,  poi  seguono  quelli  di  Tessalo- 
nica,  Nicomedia,  Cizico,  Antiochia,  Alessandria,  Cartagine, 
Sicilia,  Roma  e  Ravenna.  La  classificazione  cronologica  non 
è  possibile  nell'oro  e  nell'  argento,    che    non    portano  data  ; 


464  BIBLIOGRAFIA 


ma  facilissima  nel  bronzo  che  porta  sempre  l' indicazione 
dell'anno  di  regno. 

La  descrizione  così  ordinata  delle  monete  è  completata 
dalle  copiose  illustrazioni  dal  vero  che  ci  danno  le  79  tavole 
che  accompagnano  i  due  volumi,  e  l'insieme  forma  al  giorno 
d'oggi  il  corpus  più  completo  che  possediamo,  di  questa 
serie  bizantina,  che  dovrebbe  essere  maggiormente  curata  e 
studiata  dai  raccoglitori,  i  quali  si  fermano  generalmente 
alla  caduta  dell'  impero  d'occidente. 

Seguono  la  descrizione  delle  monete  quattro  indici.  Il 
primo,  degli  imperatori  e  delie  dinastie,  per  ordine  alfabetico; 
il  secondo,  delle  zecche.  Il  terzo  è  un  indice  generale,  il 
quarto  un'elenco  delle  iscrizioni  che  s' incontrano  sulle  mo- 
nete. Agli  indici  fanno  seguito  due  altri  prospetti  cronologici 
degli  imperatori  e  infine  le  solite  tavole  di  riduzione  dei 
pesi  e  delle  misure  inglesi  in  pesi  e  misure  decimali,  tavole 
che  io  mi  augurerei  di  vedere  abolite,  adottando  invece 
quell'unità  di  misura  che  sarebbe  tanto  comoda  per  tutti  e 
alla  quale  un  giorno  o  l'altro  si  dovrà  pure  venire. 

F.  G. 

Bildt  (le  Baron  De).  Les  médailles  romaines  de  Christine  de 

Suède.  —   Roma,   1908,  in-8  (con  20  tavole). 

Cristina  di  Svezia,  la  gran  protettrice  degli  artisti  e  dei 
dotti,  l'amica  di  Roma  e  dell'Italia,  ci  ha  lasciato  memoria 
di  sé  in  una  gran  quantità  di  medaglie,  che  ricordano  tutte 
le  fasi  della  sua  vita,  e  forse  nessuna  Sovrana  ne  conta  un 
numero  uguale. 

Il  barone  De  Bildt  raccoglie  in  questo  splendido  volume 
le  medaglie  fatte  eseguire  da  Cristina,  dalla  sua  entrata  in 
Roma  nel   1655  fino  al  1689,  anno  della  sua  morte. 

Le  medaglie  sono  riprodotte  in  venti  belle  tavole,  e  ac- 
compagnate da  una  minuta  descrizione  e  dall'esposizione  dei 
fatti  e  dalle  circostanze  che  hanno  dato  origine  a  ciascuna 
di  esse. 

L'opera  è  preceduta  da  un  capitolo  che  tratta  dei  Me- 
daglisti romani  del  tempo  di  Cristina  e  specialmente  degli 
Hamerani.  Un  altro  capitolo  è  destinato    a    dare    un  saggio 


BIBLIOGRAFIA  465 


delle  medaglie  della  Sovrana,  coniate  all'estero  durante  il 
suo  regno  (1632-1654).  Sono  19  e  rappresentano  Cristina 
dagli  otto  anni  fino  all'età  maggiore  ;  tre  di  esse  ricordano 
la  sua  incoronazione  (1650)  e  l'ultima  la  sua  abdicazione  (1654). 

Nella  serie  delle  medaglie  coniate  a  Roma,  le  prime  due 
ricordano  l'ingresso  di  Cristina  nell'eterna  città  e  portano  il 
ritratto  di  papa  Alessandro  VII,  il  suo  grande  amico  e  pro- 
tettore. A  queste  tengono  dietro  una  cinquantina  di  meda- 
glie, eseguite  per  la  maggior  parte  da  Gio.  Hamerani,  da 
Guglielmada,  da  Soldani,  e  sono  distribuite,  finché  è  possi- 
bile, in  ordine  cronologico.  Al  diritto  esse  portano  costante- 
mente il  busto  della  Regina,  talora  in  semplice  pettinatura 
dell'epoca,  talvolta  laureata,  talvolta  anche  col  casco  di  Mi- 
nerva. Quanto  ai  rovesci,  tenuto  conto  che  le  medaglie  erano 
eseguite  per  ordine  di  Cristina  stessa,  ci  dicono  chiaramente 
che  la  modestia  non  era  la  sua  virtù  predominante.  Tanto  gli 
emblemi,  che  le  leggende  sono  d'una  alterezza  e  d'una  pre- 
suntuosità  che  Luigi  XIV  non  avrebbe  potuto  oltrepassare. 
Basti,  per  darne  un  saggio,  quella  che  rappresenta  il  globo 
colla  leggenda  NE  MI  BISOGNA  NE  MI  BASTA. 

La  serie  delle  medaglie  di  Cristina  si  chiude  con  due 
coniate  dopo  la  sua  morte  per  ordine  dei  papi  Clemente  XI 
e  Alessandro  Vili,  di  cui  portano  il  ritratto.  Vi  sono  aggiunte 
tre  medaglie  in  onore  del  card.  Azzolino,  il  grande  amico  e 
ammiratore  di  Cristina,  di  cui  fu  poi  l'erede.  Anche  queste  fu- 
rono molto  probabilmente  eseguite  per  ordine  di  Cristina 
stessa. 

L'Autore  nota  giustamente  nella  prefazione  che  l'arte 
italiana  del  secolo  XVII  non  gode  di  un  gran  favore  presso 
gli  amatori  e  i  critici  del  nostro  tempo,  e  che,  mentre  si 
pubblicano  innumerevoli  opere  sui  medaglisti  del  Rinasci- 
mento, è  ben  raro  che  un  autore  spinga  le  sue  ricerche 
oltre  l'epoca  detta  del  barocco,  la  quale  ha  pure  i  suoi  me- 
riti, come  lo  provano  appunto  buon  numero  di  medaglie 
illustrate  in  questo  volume. 

E.  G. 


59 


466  BIBLIOGRAFIA 


Bellucci- Ragnotli  (Ada),  Collezione  di  monete  di  zecche  umbre, 
esposta  ed  illustrata.  Perugia,  tip.  Perugina,   1907,  in-i6,  pag.  16. 

Bildt  {De),  Les  médailles  romaines  de  Christine  de  Suède.  Rome, 
Loescher  et  C.  :  W.  Regenberg  (Forzarli  e  C),  1908,  in-8  fig.,  pag.  168, 
con  venti  tavole. 

Biiotti  (Pa.  Em.),  Gordiano  Pio  sul  trono  dei  Cesari:  nota  storico- 
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Grund  in  =  und  auslandischer  òffentlicher  Sammlungen.  2.  Thl. :  Einzel- 
untersuchengen.  Neuer  Zugang.  Literatur-Register.  4  Lieferung.  Aarau, 
Sauerlànder,  1908,  in-4,  P^g-  63  a  70. 

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47° 


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dico mensile  illustralo  del  Circolo  Numismatico  Milanese.  Redazione 
e  Amministrazione  :    Milano,  via  Filodrammatici,  4. 

Anno  V.  N.  12.  —  Dicembre  1907. 

Ricci  (S.).  Recenti  studi  di  Numismatica  medioevale  e  moderna  [ili.]. 
—  Donati  (G.).  Dizionario  dei  motti  e  leggende  delle  monete  italiane 
[cont.].  —  La  Redazione.  Sfragistica  e  Medaglistica  :  L'antico  sigillo 
della  Curia  delle  Vie  del  Comune  di  Pisa;  La  medaglia  nella  storia 
e  nell'arte  tedesca.  —   Avvisi,  ecc. 

Anno  VI.  N.  1.  —   Gennaio  1908. 

Monti  (P.).  Contributi  al  "  Corpus  „  delle  monete  imperiali  :  Collezioni 
Monti  Pompeo  di  Milano  [ili.].  —  Cunietti  (A.).  Alcune  varianti  di  mo- 
nete di  secche  italiane  [cont.].  —  Notizie  varie.  —  Avvisi,  ecc. 

N.  2.  —  Febbraio  1908. 

Orsi  (P.).  "  Aes  grave  „  di  Sicilia.  —  Grillo  (G.).  Moneta  inedita 
di  Passeraiw  [ili.].  —  Donati  (G.).  Dizionario  dei  motti  e  leggende  delle 
monete  italiane:  lettera  M  Icoiit  j.  —  Bosco  (E.).  Delle  imitazioni,  con- 
traffazioni e  falsificazioni  di  zecche  italiane  [cont.].  —  Notizie  varie.  — 
Avvisi,  ecc. 

N.  3.  —  Marzo  1908. 

Ricci  (S.).  Contributi  alla  storia  della  zecca  di  Milano:  \.  La  zecca 
imperiale  romana  di  Mediolanum.  —  Bosco  (E.).  Delle  imitazioni,  con- 
traffazioni e  falsificazioni  di  zecche  italiane  fcont.].  —  Ricci  (S.).  /  lette- 
rati numismatici  :  Francesco  Petrarca  ed  Annidai  Caro  [con  ili.].  —  No- 
tizie varie.  —  Avvisi,  ecc. 

N.  4.  —  Aprile  1908. 

Laffranchi  (L).  Contributi  al  "  Corpus  „  delle  falsificazioni.  —  Cu- 
nietti (A.).  Alcune  varianti  di  monete  di  zecche  italiane  [cont.].  —  Ricci  (S.). 
La  medaglia  d'oro  in  onore  di  Ercole  Vidari.  —  La  Redazione.  Il  terzo 
convegno  dell'  "  Atene  e  Roma  „  nell'aprile  a  Milano  e  il  Circolo  Nu- 
mismatico Milanese  ;  Per  Solone  Ambrosoli  e  per  il  Centenario  del  Ga- 
binetto Numismatico  di  Brera.  —  Notizie.  —  Avvisi,  ecc. 


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(Adrien).  Obole  inèdite  de  Jean  XX  [con  ili.].  —  Strada  (M.)  e  Tribo- 
lati (P.).  /  denari  di  Gian  Galeazzo  Visconli,  primo  duca  di  Milano, 
Varianti  inedite  alle  monete,  IJ8J-1402.  —  La  Redazione.  La  solenne 
duplice  cerimonia  di  domenica  io  maggio  nella  Sala  Maria  Teresa  della 
Biblioteca  Braidense  in  Milano.  —  Avvisi,  ecc. 


Circolo  Numismatico   Milanese. 

toscrittori  per  il  primo  centenario  del  A'.  Gabinetto  'Numismatico  e 
Medagliere  nazionale  di  Brera  e  per  le  onoranze  a  Solone  Ambrosoli. 
Milano,  tip.  Crespi,   1908,  in-8"  ili.,  pag    127. 

SiMONETTi  (A.).  Al  R.  Gabinetto  Numismatico.  —  Castelfranco  (P.). 
Afonete  galliche  della  Transpadana  —  Pansa  (G.).  Un  medaglione  cer- 
chiato di  Marco  Aurelio.  —  Orsi  (P.)  e  Haeuerlin  (E.  J  ).  l'er  l'aes  grave 
italico  in  Sicilia.  —  Haebkrlin  (E.  J.l.  Le  basi  metrologiche  del  sistema 
monetai  ili  pili  antico  nell'Italia  Media.  —  Cesano  (I.orenzina).  Bronzo 
romano-sictiìo  del  Museo  Nazionale  romano.  —  Strada  (M.)  e  Tribo- 
lati (P.).  /  denari  di  Gian  Galeazzo  Visconti,  primo  duca  di  Milano.  — 
Blanchet  (A.).  Obole  inèdite  de  Jean  XXII.  —  Perini  (Q.).  Le  monete 
gettate  al  popolo  nella  solenne  incoronazione  di  Vincenzo  II,  duca  di 
Mantova  (i62y).  —  Balletti  (A.).  /  bagnttini  di  Ercole  1  nella  zecca 
di  Reggio  dell'Emilia.  —  Lisini  (.A,).  Medaglia  d'Antonio  Spannocchi. 
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Rassegna  Numismatica,  diretta  da  Fumo  Lenzi.  Orbetello. 

Anno  IV.  N.  3-4.  —  1907. 

Lenzi  {¥.).  Simboli  pagani  su  monete  cristiane.  —  Balletit  (A).  Una 
medaglia  inedita  di  Pastorino  Pastorini.  —  Roggero  (O.).  La  zecca  ili 
Tortona.  —  X.  La  vendita  della  colli  zione  Strozzi.  —  Rassegna  biblio- 
grafica [libri,  opuscoli,  periudici],  —  Varietas.  —  Nuove  medaglie.  — 
Necrologio. 

N.  5-  —  1907- 

Cesano  (prof.  L.).  Prove  di  conio.  —  Varietas.  —  OJferte  e  deside- 
rata. —  Libri  in  iiendita. 

N.  6.  —  1907. 

Falchi  (1.).  Decuma  libella.  —  Rassegna  bibliograjìca.  —  Nuove  me- 
daglie. —  Varietas.  —  Necrologio. 


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segna bibliografica:  Bibliogralìa  iiutnìsmatica  romana,  1907  ;  Bibliografia 
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N.  2,  —  1908. 

La  Numismatica  in  Portogallo.  —  Lamas  (A.).  Moedas  e  Medalhas 
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N.  3.  —  1908. 

Solone  Ambrosoli  [con  ritratto].  —  Correrà  (prof.  L.).  Ripostiglio 
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lognino  piccolo  inedito.  —  Rizzoli  (d.''  L.).  Sul  privilegio  imperiale  di 
battere  moneta  concesso  alla  famiglia  padovana  Basilii.  —  Nuove  meda- 
glie svizzere  di  sport.  —  Rassegna  medaglistica.  —  Rassegna  bibliogra- 
fica :  Bibliografia  numismatica  romana  e  italiana.  —  Per  F  igiene....  nu- 
mismatica. —  Varietas. 


Revue  Numismatique,  dtrigée  par  G.  Schlumberger,  E.  Babelon, 
A.  Blanchet  [Secrétaire  de  la  Rédaction :  A.  Dieudonné).  Paris, 
chez  Rollin  et  P'euardent;  4,  rue   de  Louvois. 

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Les  monnaies  coloniales  de  Corinthe.  —  Gohl  (E.).  Usine  monétaire  et 
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stitution  à  Louis  li  d'un  denier  attribué  à  Louis  IV;  2)  Distinction  des 
monnaies  portant  le  noni  de  Pépin.  —  Necrologie  :  Hans  Riggauer.  — 
Bulletin  bibliographique.  —  Procès-verbaux  des  séances  de  la  sociélé  fran- 
faise  de  numismatique. 

Troisième  trimestre  1907. 

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de  Sicile.  —  Movvat  (R.).  Le  titre  d'Angusta  conféré  a  Maesa,  à  Soaeniias 
et  à  Mammée  par  Septinie  Sevère,  à  propos  de  iiwnles  nwnéiaires  tronvés 
en  Egypte.  —  Iìordeaux  (P.).  L'erigine  dn  différeiit  inonétaire  B.  de  l'ate- 
lier de  Bonrges.  —  BLANCiinr  (  A  ).  Préseiits  de  médailles  et  anciennes  dé- 
corations.  -  Prinet  (M.l.  Scean  de  Jacques  de  Vniiiniille  (ijjo).  —  Le- 
BLOND  (V.).  InMrnction  aux  députés  de  l'hotel  de  Ville  de  Beanvais  allanl 
à  Senlis  "  ponr  le  fait  dis  iiiouiiaies  „  (27  jnillct  14JS  ""  1440).  —  La 
Tour  (H.).  Jeton  de  Jean  Laltemant ,  seignenr  de  iMarinagne,  près  de 
Bourges.  —  Chronique.  -  Bulletin  bibliographiqne.  —  Procès-verbanx  de 
la  Société  pranfaise  de  nnniismaliqne. 

Revue  belge  de  numismatique.  pnhliée  sons  les  anspiccs.de  la  So- 
ciété Royale  de  nnniisniatiqne.  Directeurst  \'i<^  15.  dk  Jonghe,  C'f  'III. 
DE  LiMBURG-SriRUM  et  A.  DE  VVm  E.  -  Bruxelles,  j.  (joemaere,  Imp. 
du  Roi,  Edit. 

Troixième  ilvraisoii   1907. 

De  Dompieure  de  Ciiaueeimé.  Ouelqnes  tnoiinaies  grecqnes  de  la  col- 
leclion  Six,  acquises  par  le  Cabinet  lioyal  de  Numismatique  de  la  Ilaye.  — 
Caron  (E  ).  Demiplaqne  d' Edonard  11,  conile  de  Bar,  aux  armes  de  Bar 
et  de  fiandre.  —  Bordeaux  (P.).  Un  des  plus  anciens  pouifonnages  dn 
moyen  l'ige.  —  Lombaerts  (F.).  Jan  van  IVeerden,  bonrgmestre  d'Anvers 
et  son  jelun.  —  Wiite  (A.  del.  .Sceanx  mafonniques  montai s.  —  Necro- 
logie: Jean  Baliste  baruii  de  Belluine,  Constant  Bamps,  Hans  Rif^gaucr. 
—  Mélanges.   —   Société  h'oyale  de  numismatique:  procès-verbanx. 

(io 


474 


BIBLIOGKAFIA 


Quatrième  livraison  1907. 

Dk  Dompierre  de  Chaufepié.  Quelqties  monnaies  f^recques  de  la  col- 
leclion  Six,  acqitises  par  le  Cabinet  Royal   de  Numisnialique  de  la  Haye. 

—  Bordeaux  (P.).  Un  des  plus  anciens  poin(onnages  du  moven  àge.  — 
Bernays  (E.).  Une  tiercelle  luxembourgeoise  attribuable  à  Jean  fAveugle, 
ijo()-iJ46.  —  JoNGHE  (V.  B.  de).  Un  escalin  d'Ernest  de  Lynden,  conile 
de  Reckheim,  lóojsó.  —  Limrurg-Stirum  (C.te  Th.  de).  Les  iiisignes  des 
chanoinesses  de  Belgtque  :  4  Le  chapitre  de  Sainte-Aldegonde  à  Mau- 
beuge.  —  Mélanges.  —  Soctélé  royale  de  nuiiiismalique  :  procés  verbaux. 

Première  livraison  1908. 

WiTTE  (A.  de).  Herslal,  atelier  monétaire  des  ducs  de  BrabantLothier, 
Godefroid  I.  et  Henry  I.  —  Bernays  (E.).  Estei  lins  ardennais  inédits.  — 
Bordeaux  (P.).  Documents  nionétaires  concernant  Us  quatre  départemenls 
réitnis  de  la  rive  gauche  du  Rhin  de  7799  à  iSij.  —  Gilleman  (Ch.).  et 
Werveke  (.a.  van).  Numismatique  gantoise :  Cours  et  prix  d'accouche- 
ments  à  Gaiid.  —  Beelaerts  de  Blokland  (Jhr.).  Deux  médailles  gravées 
de  la  famille  Pechlin.  —  Necrologie:  Le  baron  Lieds,Jules  Meili,  Charles- 
Frangois  Trachsel,  Jean    van    Malderghein,    Félix-Bienaimé    Feuardent. 

—  Mélaiiges. 

Deuxième  livraison  1908. 

joNGHE  (Viconite  B.  de).  Monnaies  liixeiiibourgeoises  inedites.  — 
Valleniin  du  Cheylard  (R.).  Notes  sur  le  monnayage  avignonais  du 
pape  Urbain  Vili  (1623-1644).  —  Gilleman  (C).  Numismatique  gantoise: 
Médaille  de  sainte  Marguerite  et  de  saint  Fiacre  [abbaye  du  Groenen 
Briel].  —  Bordeaux  (P.).  Documents  monéiaires  concernant  les  quatre 
départemenls  réunis  de  la  rive  gauche  du  Rhin  de  lygg  à  iSij.  —  Gil- 
leman (C.)  et  Werveke  (van  A.).  Numismatique  gantoise  :  Cours  et  prix 
d'accouciiements  à  Gand.  —  Bigvvood  (G).  Sceaux  de  marchands  lom- 
bards  conservés  dans  les  dépóts  d'archives  de  Belgique.  —  L'atelier  de  Va- 
lenciennes sous  Charles  le  Térnéraire,  lettre  de  M.  A.  Blanchet  à  M. 
Alph.  de  Witte.  —  Necrologie  :  Giuseppe  Nervegna.  —  Mélanges.  —  So- 
ciété  royale  de  numismatique  :  Extraits  des  procès  verbaux,  ecc. 


Revue  suisse  de  numismatique,  publiée  par  le  Comité  de  la  Société 

suisse   de   numismatique,  sous    la    direction  de  Paul-CIi.  Strcehlin. 
—  Genève,  au  siège  de  la  Société,  rue  du  Commerce,  5. 

Tome  XIII.  Seconde  Livraison.  —  Genève  1908. 

Ruegg  (M.-A.).  Ein  unedierter  Mi'mzstempel  dis  Gegenpapstes  Felix  V 
[avec  fig.].  —  Strcehlin  (P.  C).  Répertoire  alphabéttque  de  toutes  les  mi- 
dailles,  médi^illons,  plaquettes  et  jetons  poslérieures  au  ji  dicembre  1880, 
concernant  la  Suisse  ou  gravés  par  des  artistes  suisses,  doni  la  description 


BIBLIOGRAFIA 


475 


à  élé  (ioniiée  dciiis  les  piibblicalioiis  de  la  Sociélé  Snisse  de  Niimisìiialique 
depiiis  teiir  ori'^ine  (i8ts2-H)o6).  —  Sociéti  Siiisse  de'NiiiniSìnaliqiie  {WV"- 
XXVUI' assemblées  gcnéiMles  :  P'ribDurjj,  1904;  Lausanne,  1905  ;  Berne, 
1906;  Bàie,  1907».  -  Nécroloi;ie:  U.  Jacot,  A.  Hess,  A.  l-uigcr,  iM.  Himly, 
A.  Rilliet,  PI,  Morin-Pons,  C.  Reyniond,  H.  Daiinenberg,  R.  Heiniger- 
Ruef,  C.  R.  HoHer,  A.  Béiiassy-Plii;i|)pe,  \V.  Bachliofen-Burckhardt, 
H.  Riggauer,  P.  C.  Stroehiin.  —  Bibliograp/iie  :  N.  Papadopuli,  Le  nio- 
ritte  di  Venezia  (Deaiule  E.).  -  Biblioilìique :  Ouvragts  lepns.  — Liste 
des  ntembres. 


ZeitSChrift    fiir    Numismatik,    heran^i^egeben    von    IL    Dannenberg, 
H.  Dressel,  J.  Menadier.  Berlin,  Weidniannschc  Buchhandlung,  1908. 

26  Bjnd.  —  3  Hcft,   1907-1908. 

Haebkrlin  (J.).  Die  Jiiiigs/e  etriiskische  iind  die  d/tes/e  ròmische  Goìd- 
pràgung.  —  SuNDWAi.L  (J.).  Lber  eine  iieiie  ollische  Serie  Atovóaio;- 
AT||iÓ3tpaTos.  —  L5UHECKE  (A.).  Ein  Fiind  acìiaisclier  Bniìdesiniiiizen.  — 
Reclino  (K.j.  Ruinischer  Deiiarfiiiid  von  Lengowo  bei  U'ongroivilz^  Prov. 
Posen.  —  Nekrologe  :  Solone  Anibrosoìi,  Hans  Riggauer,  Julius  Lrbstem. 

—  Lileratitr. 

Frankfurter    Miinzzeitung.    Im    Veretii    imi    indireren   Jùic/igenossen 
heraiisgegeben  von   Paul  Josei'h. 

N.  78.  —   I  Giugno  1907. 

Joseph  (P.i.  Beiirdge  ziir  konigsleinisclien  Mi'tnzgeschichte,  (''.  |Forts.]. 

—  Forrer  (L.  |.  £;«  Gedenkliiler  aiif  die  licfreuiiig  der  Stadi  Mainz  durch 
Clairfait  am  2g.  Okl.  I-JOS.  —  Roder  (V.  v.).  Eiite  hisher  tinbekannle 
Vermàhlun ^siìiednillt  des  Anhallisclien  Fitrsieiitiauses.  -  Keite  Miìuzen 
uiid  Medaiilen.  —  Xiiinismatisihe  Gesellsrhafteiì.  —  Lileraliir.  —  Aiizeigen. 

N.  79-80.  —   I   Lu:^lio   1907. 

Nessel  (X.).  Die  kaiserliche  Miinze  in  bcldeitstadt  ini  Etsass.  — 
Joseph  (P).  Der  Odenheiiner  Gidd^uldenfitnd.  —  Joseph  (P.).  Die  wiirl- 
tenibergisclien  llalbbatzen  von  Reicheinveier.  —  Kerkwijk  (A.  O.  v.).  De 
Riiy ter-  Medaiilen.  —  Nette  Munzen  iiiid  Medaiilen.  —  Ntimisinattsclie  Ge- 
sellscha/len.  —  Personal  Nacliricìiten.  —  Oeff'enllicite  Saininliiiigen.  — 
Li l  era  tur, 

N.  81.  —   15  Settembre   1907. 

Joseph  (P.I.  Beitriige  zitr  pfiilzisc lieti  Miiiizgeschtchte  :  i.  Zuiu  Mann- 
heimer  Stadtjubiiiiuin  ;  2.  Eine  irn  J.  1^68  in  Mannheiin  ei  folgte  Be- 
schlagnalinie  italienischen  Gt  Ides.  —  Joseph  (P.).  Der  Odetiheiiiier  Gold- 
giildenfitttd.  —  Burggrak  zu  IJoNa-Schlobitten  (R  ).  Eine  btslur  iinbe- 
kaiinle  Medaille  von  Ltppe-VValdeck.  —  Nette  Milnzeii  tiiid  Medaiilen.  — 
Personal  Nachrtcltten.   —    Nekrologe.  —  Literaliir.  —    /  'ersleigeruiigeii. 


476  BIBLIOGRAFIA 


N.  82.  —  I  Ottobre  1907. 

Joseph  (P.).  Dcr  Emberger  Denaifuiid.  —  Forrer  (L.).  Das  Portràt 
der  Gabrielle  d'Estrées  auf  gkichzeitigen  Medailleii  von  Guillaume  Dupré. 
— •  Kirsch  ( T.).  Veriveclisluitg  von  Mitmstempeln  ain  Niederrhein.  — 
Nette  Mùmen  ttnd  Medailleii.  —  Miinzftoid.  —  Oeffentliche  Sammlungen. 

—  Kieine  Milieiltingeii.  —  Literalur.   —    Versteigeruttgen. 

N.  83.  —   I  Novembre  1907. 

Nessel  (X.).  Willslell  in  Badeii,  eiiie  hanau-lichtenbergische  Miimsldtle. 

—  Nette  Mùmen  ttnd  Medaillen.  —  Miiìeittingen.  —  Nitmismatische  Gè- 
sellschaflen.  —  Nekroiog.  —  Lileraiur.  —   Versteigcrtingen. 

N.  84.  —  1  Dicembre   1907. 

Kirsch  (T.).  Eigentiims-ttnd  andere  Rechtsfragen  bei  Miinz/unden.  — 
Neue  Mùnzen  ttnd  Medaillen.  —  Nekroiog  :  Erbsteiii.  —  Lileratur.  — 
Versteigerungen . 

N.  85.  —  I  Gennaio  1908. 

Joseph  (P.).  Uber  einige  bei  Worms  ge/undene  Miinsen  der  Mero- 
vinger.  —  Joseph  (P.).  Der  Konstanzer  Goldtnùmenftind  von  J^oj.  — 
Levy  (J.).  Ein  kurkòìnischer  Taler  von  isjo.  —  Joseph  (P.).  Etne  wild- 
iind  rheingràfliclie  Medaille.  —  Schriìder  (E.).  Zit  den  Mitnzen  des  Grafen 
Simon  Heinrich  von  Lippe.  Grole  cantra  IVeingcir/ner.  —  Numismatische 
Gesellschaften.  —  Kieine  Mitteihingen.  —   Literalur.  —   Versteigerungen. 

N.  86.  —  I  Febbraio  1908. 

Joseph  (P.).  Der  Konstanzer  Goldmiinzenfund  von  190J.  —  Fischer 
(J.).  Nachstempel  auf  Prager  Groschen,  mit  Einschiebseln  von  P.  Joseph. 

—  Scherer  (C.  V.).  Ein  pfiilzischer  Fitnd  von  Kupferm>'nzen.  —  Nette 
Mùnzen  und  Medaillen.  —  Kieine  Mitleilungen.  —  Numismatische  Ge- 
sellschaften. —  Lileratur.  —   Versteigerungen . 

N.  87.  —  I  Marzo  1908. 

Joseph  (P.).  Der  Konstanzer  Miinzfund  von  igos.  —  Schròder  (E). 
Notiz  Uber  Kitpferabgitsse  indopersischer  Goldmùnzen.  —  Neue  Miinzen 
ttnd  Medaillen.  —  Miinzfunde.  —  Kieine  Mitleilungen.  —  Lileratur.  — 
Versteigertingen. 

N.  88.  —  I  Aprile   1908. 

Mayer  (C).  iJeber  einen  Fitnd  paìdstinensischer  Miinzen.  —  Nessel  (X). 
Die  Miinzen  der  Bischófe  zu  Strassburg.  Hohcnstaufenzeit.  —  Joseph  {P  ). 
Wie  160S  iit  Leipzig  jo.ooo  Guldenbezahlt  ivurden.  —  Nekroiog:  Stroehlin 

—  Neue    Miinzen    und   Medaillen.    —    Nnmismalische   Gesellschaften.  — ' 
Sammlungen.  -  ■    Versteigerungen. 


BIBLIOGRAFIA 


477 


N.  89.  —  I  Maggio   1908. 

NfcSSEL  (X.1.  Die  Mihtzen  der  Bischofe  311  Strassbiirg.  Hohenslanfen- 
zeit.  —  \eiie  Miinsen  inni  Meiiailleii.  —  Miinzfiindc.  —  Kleme  Milteiltai- 
gen.  —  Litleratiir.  —  Nekrotog  :  O.  Ballv. 

NumJsmatisches  Literatur-Blatt.   Heiau^gebtr:   M.   Bahkieldt  in 
Rasieiiburg  [  Ostpreiissen  1. 

N.   155-163.  —  Anno  1907-1908. 

I.  Inhallsangabe  der  niimistnalischen  Zeiischriften  [il  coiisiitto  dili- 
gente spoglio  dei  principali  pei  iodici  nuniisnialici|.  —  li.  Se/bs/s/diidige 
Arbeiien  imd  Aiifsdtze  in  nichl  iiuniisiiuitischeii  Zeitscìirifleii  [annnnci  e 
recensioni  di  lavori  separati  o  pubblicati  in  riviste  non  nuniisniaticlie. 
Vi  notiamo  specialmente  i  cenni  intorno  a  Scf;«''0»,  Collezione  Strozzi; 
Perini,  Di  una  moneta  della  zecca  di  Merano  ;  Giiecclu,  Appunti  di  nu- 
mismatica romana  e  I  tipi  monetarii  di  Roma  imperiale;  Papadopoli, 
Le  monete  di  Venezia  ;  Marchisio,  Stuoi  sulla  numismatica  di  Casa 
Savoia;  Pansa,  Illustrazione  di  un  bas^;oriiievo  romano.  La  etipe  tri- 
butata dei  VfStiniJ.  —  III.  Miim  iiiid  Biicìierversetcliitisse  [Citaloglii  di 
vendite,  libri,  ecc  ,  ecc. 

Mitteilungen  der  Oesterr.  Gesellschaft  fur  Miinz^und 
Medaillenkunde. 

N.  205.  --  Giugno  1907. 

Adam  (J.  C).  All-ìl'iener  Medmlleiirc  [tine|.  —  Die  moderne  Meiladle: 
Neue  Fortràtplakette  von  Hans  Scliaeltr.  —   l'erschicdenes. 

N.  206.  —  Luglio  1907. 

Renner  (V.  von).  Die  Erdffniing  der  Prdgesleinpelsaininliiiii;  lits  i\  k. 
Haiiplmiimainles  in  ÌVitu.  —  Die  moderne  Mtdtii//e  :  H.  llugueiiiii, 
St.  Schwartz.  —   l'erschiedenes. 

N.  207.  —  Agusto  1907. 

Rf.nner  (V.  von).  Die  Portriitmedaillen  mif  Hiirgernicister  I).'  Kaìl 
Liteger.  —  Die  moderne  M>:dnilie  :  Jan   Kaszka.     -    V'erschiedenes. 

N.  208.   —  Settembre   1907. 

Kaiser  (K.  J  ).  Ueber  moderne  fnimi/sist/ie  Medailiin.  —  Mariazeller 
JiibiUiumsmedaiUen  njoy.  —  Die  mnderne  Medaille :  R.  Ncuberger,  K.  Tap- 
peiner.  —  Verschiedenes. 

N.  209.  —   Ottobre  1907. 

Renner  (V.  von).  IVelrlien  Ziveckeii  soli  die  Vrreniigiiiig  der  deiilschen 
nitmismalischen   Oesellsclutflen  in   der  II'.   Abteihing   des   Gesamlvereines 


478  BIBLIOGRAFIA 


der  deutschen  Geschichfs-und  Altertiimsvereine  dienen  ?  —  Uebersichi  der 
alt  den  ósterreicliischen  Mittelschuhii  bestf/ienden  Miinsensammlungen.  — 
Die  moderne  Medaille  :  A.  Rutliberger.  —   Verschiedenes. 

N.  210.  —  Novembre  1907. 

Haeberi.in  (d/  E.  J.).  Roms  Eintrilt  in  den  IVellveykehr,  nachgewiesen 
auf  Crnnd  seiner  Miinzung.  —  Rómische  Fundmitnzen  aus  Vindobona 
190J.  —  Pfennige  der  Sebaslians-Bruderschafl  in  Waldsee.  —  Verschie- 
denes. 

N.  211.  —  Dicembre  1907. 

Andorfer  (K.).  Ziim  ijo  Geburlsìage  Antonio  Canovas.  —  Renner. 
Rómische  Fimdmiìnzen  aus  Vindubona  190J.  —  Obst  (A.  von).  Weihe- 
miìnzen  III.  —  Die  moderne  Medaille:  H.  Huguenin,  I.  Raszka.  —  Ver- 
schiedenes. 

N.  213.  —  Febbraio  igo8. 

NowALSKi  DE  Lilia  (J.)-  Die  neiies/en  Ausgrabungen    in    Vindobona. 

—  Vereinsnachrichten.  —   Verschiedenes. 

N.  214.  —  Marzo  1908. 

HòFKEN  (R.  von).  Ueber  den  Esslinger  und  andere  Funde  Aiigsbtirger 
Braktealen.  —  Renner.  Die  Medaille  in  der  Jubileumsausstellung  igo8 
im  Kiinsllerhause.  —   Verschiedenes. 

N.  215.  —  Aprile  1908. 

Renner  (V.  von).  Die  Regiertingsjubilden  im  Hause  Habsbiirg.  — 
Lothringen  und  ihre  numismatischen  Eriìinerungszeichen.  —  Hallaima  (K.). 
Piekosinski'Medaille  von  Prof.  Jan  Raszka.  —   Verschiedenes. 

N.  216.  —  Maggio  .1908. 

Themessl  (J.).  Der  grosse  anonyme  Kàrtner  Ehrpfennig  von  H.  G. 

—  Verschiedenes. 


Monatsblatt  der  numismatischen  Gesellschaft  in  "Wien  (Verant- 
wortlicher  Schriftleiter:  Prof.  Ailolf  Friedricli).  Universitatsplatz,  2. 

N.  288.  —  Luglio  1907. 

Ernst  (C.  von).  Das  òsterreichische  Privilegium  des  Quintels.  —  Nu- 
mismatisclie  Lileraiur.  —  Besprechmigen  [Luschìn  von  Ebengreuth:  I  mo- 
netieri  del  sacro  romano  impero].  —    Verschiedenes. 


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N.  289.  —  Agosto   1907. 

Ernst  (C.  von).  Dos  oslerreichische  Privilegium  i/es  Qiiiitleìs.  — 
Miinzfiimie.  —  Besprecliungen  [Papadopoli  :  Monete,  di  Venezia\  —  Ver- 
schiedenes.  —  Anseigen. 

N.  290.  —  Settembre  1907. 

Ernst  (C.  von).  Das  óslei-reiclnsclie  Privilegiiiin   des    Oiiinleìs    [fine]. 

—  Miinzf linde .  —   Besprechiwgen.  —   Verscliiedeiies.  —  Anzeigen. 

N.  291.  —  Ottobre  1907. 

ScHALK  (d."'  K.).  Gesuc/ì  eines  Erfiìideis  nnd  Geivdhning  eines  Via- 
tikunis  (i6t)s)-  —  Miiiizfiiiide.  —  Besprechn)ige>i.  —  Verschiedenes.  — 
Anzeigen. 

N.  292.  —  Novembre   1907. 

Versammlnng  der  ntimisnint.  Geseìlschafl  ani  2}  Oklober  igo"].  — 
Vorsiandsilziing  am  6  November  l'yo-j.  —  Miinz/'uitde.  —  Nuimsnialische 
Literattir.  —  Besprechiiitgeii.  —   l'erschiedenes.  —  Anzeigen. 

N.  293.  —  Dicembre  1907. 

VoTTER  (O.).  Ueber  hybride,  iiberprdgle  iiiid  gegossene  Miinsen  der 
rómischen  Kaiserzeit.  —  Versammlnng  der  nnmisinai.  Gesellscliafl  am 
20  November  igoj.  —    Besprecliungen.   —   Miinz/iinde.   —    l'erschiedenes. 

N.  294.  —  Gennaio  1908. 

VoTTER  (O.).  Ueber  hybride  Miinzen  der  rinn.  Kaiserzeit.  —  Miins- 
funde.  —  Anzeigen. 

N.  295.  —  Febbraio  1908. 

VoTTER  (O.).  Ueber  hybride  Miinzen  der  rum.  Kaiserzeit  [line].  — 
Festschrifi  der  Geschiclilsi^enine   Wie>is.  —   Verscìiiedcnes.  —  Anzeigen. 

N.  296.   —  Marzo   1908. 

Zambaur  (E.  von).  Priigungen  der  Osinanen  in  Bosnien.  —  Bespre- 
chungen.  —   Verschiedenes. 

N.  297.  —  Aprile  1908. 

Nagl  (d.'  A.).  Die  Ultesten  Sill)erguhienpriigiingcn  Kaiser  Ma.xitiii- 
lians  I.  —  Numismatische  Literatnr.  —   Versclnedenes. 

N.  298.  —  Maggio  1908. 

RoHDE  (T.|.    Ueber    Papiergehi   in    Oeslerreich    [N'ationalbanknoten]. 

—  Verschiedenes.  —  Anzeigen. 


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N.  299.  —  Giugno  1908. 

RoHDR  (T.)-  Ueber  Papiergeld  in  Oesterreich  [Staatsnoten].  —  Be- 
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Numizmatikai  Kòzlony.  Organo  della  Società  Numismatica  Unghe- 
rese, diretto  dal  Prof.  Edmondo  Gohl.  Budapest. 

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III.  Fiizet,  1907. 

Gohl  (O.)  Római  penzek  a  M.  N.  Mùzeum  gyiijteményéból  [Monete 
romane  del  Gabinetto  del  Museo  nazionale  ungarico].  —  Rohde  Tivadar. 
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Rampacher  (P.)  Ràkóczi  emlékérmei  [Le  medaglie  di  Francesco  li  Rà- 
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per  il  riacquisto  di  Buda,  1686].  —  Leszhc  (A,).  A  vidéki  muzeuinok 
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IV.  Fuzet,  1907. 

Gohl  (O.).  Római  pénzek  a  m.  nemz.  mùsetim  gyiijteményéból  [Mo- 
nete imperiali  romane  nel  Gabinetto  del  Mnsfo  nazionale  ungarico. 
2.'  serie],  —  Gohl  (O.).  A  korponai  kuzépkori  éremlelet  [11  ritrovo  di 
monete  medioevali  di  Korponaj.  —  Daróczy  (Z.).  11.  Ràkóczi  Ferenc 
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I.  Fiizet,  1908. 

Gohl  (O.).  Római  pénzek  a  magyar  nemseti  mi'izciim  gyiijteményéból 
III  kuztemcny  [Monete  imperiali  romane  del  Museo  nazionale  ungherese, 
non  contenute  nel  Colien  III].  —  Gohl  (O.),  Egy  brassóvtdcki  barbar 
éremlelet  [Ritrovi  di  monete  barbariche  nei  dintorni  di  Brassó],  —  Rhé 
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con  la  traduzione  ungherese  di  Gabriele  Finàly].  —  Gohl  (O.)-  Rnniai 
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Zeitschrift  fiir  Mùnz-und  Medaillenkunde.  Herausge- 
geben  l'on  der  Oesterreic/iisc/uii  (ìesellsc/ìa/t  fiir  Miiiiz-iind  Medaillen- 
kunde. —  Wien,  Verlag  der  Gesellschaft,  I.  Schaullergasse  6,  Me- 
chitharisten-Buchdruckerei. 

I.""  Band.  —  5  ILft  1907. 

ScHALK  (K.).  Akten  zur  Mi'insgeschichte  Oesterreichs    im    ij.  Jahrh. 

—  KuLL  (J.  V.).  Bildiiisse  von  /ùrstliclieii  tiitii  anderen  hervorragenden 
deulschen  Frauen  des  16.  tind  ly.  Jalirlnuiderts  auf  Medaillen.  —  Do- 
MANIG  (K.).  Die  Medaille  in  Oslerreich.  —  IIofken  (R.  von).  Bozener 
Waltfahrts-und  Brudersckaftspfeiinige  [i.  Maria  vom  Moose  ;  2.  Das 
Wessobrunner  Gnadenbild].  —  Literaliir. 

The  NumismatiC  Chronicle  and  "  Journal  of  the  Ntimismatic  So- 
ciety „,  edited  by  J.  Evans,  B.  V.  I1i;aij,  II.  A.  Grueber,  and  E.  J. 
Rapson.  London,  Bernard  Quaritch;  15,  Ficcadilly. 

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61 


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William  Hole,  or  Halle,  Ctinealor  of  the  Mini.  —  Miscellanea  {Coins  of 
the  Ancient  Britons,  found  in  France).  —  Notice  of  recent  pubblicatton. 

Part  IV.  —  N.  28,  1907. 

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Webb  (P.  H.).  The  coinage  of  Carausius.  —  Walters  (F.  A.).  Groais 
front  a  presumed  Find  in  London.  —  Grueber  (H.  A.).  The  "  Descente 
en  Angleterre  „  medal  of  Napoleon  I.  —  Miscellanea  {Coin-Collecting  in 
Mysià).  —  Recent  pubblicalion. 

Part.  I.  —  N.  29,  1908. 

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Medallion  of  the  Younger  Faustina.  —  Graham  (T.  H.  B.).  Cromwell's 
Silver  Coinage.  —  Miscellanea  {The  Jnitial  Coinage  of  Corcyra.  —  Ancient 
British  Coins  found  with  Roman  Coins  in  England.  —  Fausta  N.  F.  and 
other  coins.  —  An  Anglo-Saxon  Brooch). 


Numìsmatic  Circular    (Spink    cS»  son's    monthfy).  London,    17    &    18 
Piccadilly  (West);  i  &  2,  Gracechurch  Street  (City). 

N.  181.  —  Dicembre  1907. 

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Catalogues,  eie.  —  Calalague  af  Coins  and  Medals  for  sale.  —  Notices,  etc. 

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and  Medals  for  sale. 


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talogne of  Coins  and  Medais  for  sale. 

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Societies.  —  Nnmisniatic  Books.  —  Catalogne  of  Coins  and  Medais  for 
sale. 

N.  185.  —  Aprile   1908. 

The  Oldest  Military  Trophies  of  Brilain  {A  Roman  General's  Chair 
of  Office  and  Military  Standard  of  the  Reign  of  Nero).  —  IIands  (A.  W.). 
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nete romane).  —  Nnmisniatic  Societes.  —  Nnmismalik  Books.  —  Catalogne 
of  Coins  and  Medais  for  sale. 

N.  186.  —  Maggio   1908. 

Hands  (A.  W.).  Common  Greek  Coins  (Pandosia,  Vili).  —  Forrer 
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Paul  Charles  Stroehliii,  Cciloiitl  Falkland,  G.  E.  Warrcii. —  Niimismatic 
Books.    —  Catalogne  of  Coins  and  Medais  for  sale.  —  Notices. 

Aiffiv-»)':  'K'ffjjiEpl;  tti!;  No|i!3aaT'.icf|-  "Ao/oco/.o-fiot;  -  Journal  Inter- 
national d'Archeologie  numismatique.  dirige  et  pnbiié  par 
J.  N.  SvoRONos.  Atlieiics,  cliez  l'Editeur  M.  J.  N.  Svoronos  et  chez 
MM.  Beck  et  Harth. 

Tome  dixiènie.  Premier,  deuxicme  et  troisicme  trimestre,  1907. 

I.  N.  lOopciivoo,  '  K  p  n  :  0  V  i  ò  0  e  A  ).  '.;!(;  'j\  è  v.  T  i  p  0  v  *)  0  5  v.  et  i 
là    V  0  («.  i  j  [1  a  X  a    ot  ì>  t  (ù  v.     I'".  ■)  p  y]  ji  a     I'  o  '^  i  it  0  i     '  lì  it  i  ò  a  u  p  i  a  5.     — 


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T  ■.  V.  ò  t;  ■/.  a  T  'i  X  0  Y  0  (;,  g  u  v  é  y  e  t  1  y.  a  ■  t  è  X  0  ;  I  —  T.  .  Hs-fXspf;,  T  ó 
|j.oXupòópouXXov  Toù  aÙTov.  pàtopo;  XTji  TpaitsC'JÙvxoc 
A  a  pi  8  TOÙ  K  0  |i  y -rj  V  0  ò.  —  ■  I.  N.  l'jopwv&u,  MixpàitópEpYa-  — 
\  ".  N  ó  II.  t  a  (A  a  A  Y]  p  i  é  (1)  V  t  •?,  e  '  A  y.  a  p  v  a  v  •.  oc  ;  —  I!  '.  T  X  •(]  .  .  .  x  a  '. 
A  •  V  o  V  T  Yj  e  '  I'"-  X  X  Y)  a  n  0  V  T  '.  et  ?  y,  a  ;  X  a  ■.  0  v  x  y,  ;  I!  i  ')  0  v  •.  a  1;.  — 
I'  ".  M  V  a  :  a  :  fj  V  1 1  x  0  X  e  ji  o  l  o  d  l'i  ',  v.  0  n  È  v  ó  n  ò  i.  x  e  te  -/  t  0  5  A  '.- 
X  ,„  ;,  0  5.  —  "  !■;  X  0  £  a  t  ;  7t  £  p  l  X  0  0  '  I'",  ';  v  ;  x  0  0  X  0  |j.  ;  3  ji  et  t  i  y.  0  ù  M  0  u- 
3  E  i  0  D  X  a  ■  t  -^  4  •  8  1  a  i  X  é  p  a  ^  v  0  |).  i  a  fi  a  x  i  x  •?;  <;  3  u  X  X  0  ■,•  y,  1;  x  0  0 
"  1".  ')  V  t  y.  0  6  1 1  a  V  E  p  t  a  T  Y]  Tj  i  0  u  ^  e  x  à  jt  e  p  :  Y  p  a  y  l  x  0  ù  x  a  x  a  X  ó  ^  0  u 
xdiv    7ipoaxxYj(j.óxo)V    xaxà    xò    àxaÒY](iaixòv    eTO<;.     1906-1907. 

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—  Coins  front  the  Sea.    -    Editoria/. 


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sportava il  denaro  nel  secolo  XVII. 

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MlTTEILUNGEN  DKLl'  ISTITUTO  ARCHEOLOGICO  GERMANICO  DI  ROMA,  Vo- 
lume XXII,  1907:  Pansa  (G.).  Illustrazione  di  un  basso  rilievo  romano 
rappresentante  un^officina  monetarla  dell'Impero. 

Rivista  di  storia  antica,  anno  XI,  fase.  II  ;  Tincani  (A).  Banche  e 
banchieri  nei  papiri  e  negli  ostraka  greco-eglzii  dell'età  romana. 

Archivio  storico  sardo,  fase.  I,  1907:  Dessi  (V.).  Ripostiglio  di  mo- 
nete medioevali. 

Arte  e  storia,  pag.  121-123,  1907  :  Francesco  di  Palma.  Una  nuova 
moneta  di  Campobasso  ;  due  varietà  dei  tornesi  di  Lepanto. 

Archivio  storico  messinese,  a.  VIII,  fase.  Ili,  1907:  La  Corte  Cait- 
ler  (G.).  Una  moneta  antica  di  Messina  [acquistata  per  22,500  dal  ba- 
rone Pennisi  in  gara  con  Pierpont  Morgan]. 

La  ROMAGNA,  s.  2",  IV,  lo-ii,  1907  :  Broccoli  (P.).  Tessere  o  meda- 
gliette della  Confraternita  di  S.  Giovanni  Decollato,  detta  della  Morte, 
iii  Faenza  (sic.  XVI).  —  Lo  stesso.  Un  quattrino  dei  Manfredi  di  Faenza. 

Rivista  abruzzese,  a.  XXII,  fase.  V,  1907:  Pansa  (G.).  Nasello  Ci- 
nelli  di  Sulmona  e  Gaspare  Romanelli  dell'Aquila  orafi  ed  esecutori  di 
conii  e  dì  medaglie. 

Il,  cittadino  di  gknova,  n.  131,  1907:  Monete  genovesi  [riferisce  un 
articolo  della  Revue  mariale  di  Lione  sulle  monete  con  l'effigie  della 
Madonna,  accompagnato  da  alcuni  schiarimenti  di  L.  A.  C.|. 

L'arte,  a.  X,  fase.  VI,  pag.  449  e  seg.,  19O7  :  Venturi  {A.).  Medaglia 
inedita  dedicata  a  Virgilio  nella  prima  metà  del  sec.  XV. 

Bollettino  della  commissione  archeologica  comunale  di  roma,  anno 
XXXV,  fase.  3-4:  Ghislanzoni  [E.).  Di  un  sigillo  r.miano  inedito. 

Rivista  italiana  di  sociologia,  maggio-giugno  1907  :  Flora  (F.).  La 
moneta  e  la  vita  sociale. 

Bollettino  della  civica  biblioteca  di  Bergamo,  a.  I,  n.  2,  pag.  38, 
1907  :  Doni  1907.  Medaglie  e  monete. 

Rivista  araldica  di  roma,  pag.  119  e  seg.,  1907:  Stiickclberg  (E.  A.). 
Un  coin  monétaire  inédit  de  l'antipape  Felix  V. 

Atti  della  società  ligure  di  storia  patria,  voi.  XXXV,  1907:  Sie- 
veking  (E.).  Studio  sulle  Finanze  Genovesi  nel  Medioevo  e  in  partico- 
lare sulla  Casa  di  S.  Giorgio.  Trad.  dal  tedesco  di  Onorio  Soardi. 

La  perseveranza,  io  aprile  1908  :  Gnecchi  (F.).  Una  mistificazione 
numismatica  [il  20  franchi  di  Napoleone  I  colle  due  leggende  apparen- 
temente contradittorie  di  Napoleon  Empereur  e  di  Republique  Fran(aisé\. 

Rivista  storica  italiana,  fase.  I,  pag.  48  e  seg.,  1908:  Rissali  (Z,.). 
Recensione  di  N.  Papadopoli  :  Le  monete  di  Venezia,  parte  II. 

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daglia moderna. 


bifuiogrÀfia  487 


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Bollettino  della  società  pavese  di  storla.  patria,  a.  Vili,  fase.  II, 
igo8:  Macchioro  (V.).  Una  serie  apocrifa  di  medaglie  papali  nel  Museo 
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del  (G.).  Deux  deniers  carcassonnais  incertains.  —  Sur  quelques  mon- 
naies  du  département  de  1' Ilérault. 

Revue  DE  l'.\genais.  II.  2,  1907:  Cluiux  (C).  Ancies  billets  de  banques 
et  loteries  [du  XVIII  siede], 

Revue  celtique,  1907  :  Blaitcìiel  (A).  Chronique  de  numismatique 
celtique. 

Mémoires  de  la  société  ACADÉMiouE  DE  l'oise,  vol.  19,  1907  :  Bor- 
deaux (P.).  Étude  sur  les  billets  de  confiance  locaux  créés  en  1791  et 
1792.  Les  papiers-nionnaies  émis  à  Méru  (Oise). 

Congrès  arciiéologujue  de  frange,  LXXllI  session.  Études  8."  Paris, 
A.  Picard  (Caen,  Delesques),  1907  :  Antardel  (G.).  Les  Énigmes  de  la 
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Additions  à  la  numismatique  da  Roussillon. 

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ReCUEIL    DE    LA    COMMISSION    DES    AR  TS    ET    JIONUMKNTS    HISTORIQUES  DE  LA 

guarente  ineérieure,  t.  XVIII,  11.  3,  409:  Daiii^i/ieaiid  (Gli.).  Le  nié- 
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Stiickelberg  {E.  A.).  Coin  nionétaire  de  l'antipape  Felix  V. 

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HisTOKiscnE  zEiTSCHKiFT,  Bd.  X,  Htft.  I,  igo-j:  Hilliger  (B.).  Dtr 
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DaRSTELLUNGEN    uno    QUELLKN    ZUR    SCHLESISCHEN     GESCHICHTE,     Bd.    Ili, 

1907  :  Seger  (d/  //.)•  E'"e  Medaille  auf  Bonaventura  Hahn. 

ZeiTSCURIET    EUR    AXHALTSCHE    GESCHICHTE    UND  ALTEKTCMSKUNDE,  1907: 

liucier  (F.  von).  Anhalter  Ftennige  am  Ende  des  15  und  Anfange  des  16 
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Der  Mùnzfuiid  voti  Weitingen. 

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AnCHIV   FiiR   OESTERRElCHISCllE   GESClllCHTE,     Bd.   96,    I:     Raiiduilz   (/.). 

Die  Aufhebiing    der  bischoflich    Ojiuitzschen    Minizstatt 
Ein  Beitrag  ziir  òsterr.  Miìnzgeschiclite. 


zu    Kreiiisicr. 


BULLETIN    DE    LA    SOCIÉTÉ    d'iìISIOIRE    ET  I)'aIìC11É(1L0GIE   DE  GE.NÉVE,  t.  [il, 

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dailles  suisses  nouvelles.  —  J.  H.  Hn^iies  iiovy,  graveiir. 

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datile  d'Isabelle  de  Challant. 

Anzeiglu  FiiR  sciiwEizKRiscHE  Ai.Ti;i<  iUMSKu.NDE,  Bd.  LN,  Ileft  3,  1907-8: 
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OfFIZIELLE    FESlZKirUNG    FiiR    DAS    EIDGKN.    SCMIÌTZEMES  F    ZÌÌRICH,    I9O7  : 

H'tlm  (E.).  Schweizerische  Scbtitzt  nfe.stiiicdailltn. 

MusÉE  NATIONAL  SCISSE  A  zuRicH,  XV  Rapport  anniiel,  1906:  Cabinet 
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ReVUE    des    HII!LIOniÌ-;QUES    ET    ARf  IIIVKS    I)F    HEl.GIQUE,     Vol.     VI,      I907  : 

Toiirneur  (  K).   Le  déinenibrciiient  dii  cabinet  des  inédailles  de  l'état. 

BllLLETIN    DE    LA    CLASSE    DES    LETTRIS    ET    DES    SClENCT.S    MORAI.RS    ET    l'O- 

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fase.  I,   igL>8  :  Decretimi  de  nuniismate  pio  peregrinis  Palaestinensibus. 


VARIETÀ 


La  medaglia  d'oro  al  senatore  Giuseppe  Colombo 
nel  50.»  anno  del  suo  insegnamento.  —  Le  pubblicazioni 
per  le  onoranze  a  Solone  Ainbrosoli  in  occasione  del  Primo 
Centenario  del  R.  Gabinetto  Numismatico  di  Brera  impedi- 
rono alla  Rivista  di  illustrare  prima  d'ora  una  bellissima 
medaglia  che,  per  la  persona  onorata,  la  quale  occupa  uno  dei 
posti  pili  elevati  nelle  scienze  positive,  per  gli  artisti  che 
concorsero  ad  onorarla,  non  poteva  assolutamente  passare 
sotto  silenzio  ai  cultori  della  medaglistica  odierna. 

Compiendosi  con  l'inizio  dell'annata  scolastica  1906-1907 
il  cinquantesimo  anno  d'insegnamento  del  sen.  ing.  Giuseppe 
Colombo,  direttore  del  Politecnico  milanese,  un  Comitato 
del  Corpo  insegnante,  degli  ex  allievi  e  degli  allievi  dell'Isti- 
tuto, costituitosi  per  iniziativa  del  vicedirettore  prof.  Sayno, 
propose  di  "  offrire  al  sen.  Colombo,  che  al  culto  della 
scienza  accoppia  fine  gusto  artistico,  un  bassorilievo  in  bronzo 
rappresentante  il  gruppo  di  Archiiìicdc  nell'atto  di  svolgere 
una  dimostrazione  geometrica  ad  alcuni  allievi,  gruppo  che 
si  ammira  in  Vaticano  nella  composizione  di  Raffaello  La 
Scuola  d'Atene,  e  del  quale  il  cartone  è  prezioso  cimelio 
delia  nostra  Pmacoleca  Ambrosiana  „  ('-l 

Intatti,  essendo  affluite  larghe  e  premurose  le  adesioni 
improntate  a  vivi  sensi  di  gratitudine  e  di  reverenza  sotto  la 
direzione  del  geniale  e  infaticabile  architetto  sen.  Luca  Bel- 
trami,  si  potè  il  9  dicembre  1906,  con  imponente  concorso 
di  autorità  e  di  pubblico,  offrire  a    Giuseppe    Colombo   due 


II)  Ved.  Onoranze  al  Senatore  G:nse/'/>e  Cotoniln/,  direltove  del  R.  hli- 
liito  Tecnico  Superiore  ili  Milano,  nel  jo."  anno  il'insegnameitto.  Milano, 
Allegretti,   1907,  pag.  8  e  39. 


492 


doni  opportuni  e  riusciti,  la  medaglia  d'oro  commemorativa 
e  la  targa  in  argento  allegorica  alla  sua  carriera  di  inse- 
gnante. In  quell'occasione  il  sen.  Colombo  tenne  quell'ap- 
plauditissimo  discorso,  che  lasciò  profonda  impressione  in 
quanti  ebbero  la  fortuna  di  udirlo  ('). 

Noi  oggi,  però,  parleremo  brevemente  soltanto  della 
medaglia  d'oro. 

Essa  ha  il  diametro  di  mill.  óó'/»  equi  viene  riprodotta 
in  grandezza  naturale.  Presenta  sul  diritto  il  ritratto  di  Giu- 
seppe Colombo,  sul  rovescio  il  gruppo  di  Archimede  già 
citato  : 


.py  ~  iS»  Ad  arco,  in  giro,  lungo  l'orlo  del  diritto  :  A  GIV- 
SEPPE  COLOMBO  NEL  CINQVANTESIMO  ANNO  DI 
INSEGNAMENTO  COLLEGHI    E    DISCEPOLI  MCMVI 

Ritratto  di  profilo  a  sin.  Sotto  il  busto,  sulla 
costa  'L{uigi)  Secchi  —  uoD{enò).  A{nge/o)  C{afipuccio) 
lin  nesso!  mc{tse). 


Il  medaglione,  dal  quale  il    cav.  Cappuccio    con    la  sua 
consueta  fedeltà  e  correttezza  di  incisione  trasse    il    ritratto 


(I)  Op.  cit.,  pag.  29-38, 


VARIETÀ 


493 


della  medaglia,  fu  modellato  dall'illustre  nostro  scultore, 
cav.  Luigi  Secchi,  in  proporzioni  molto  maggiori,  e  in  tali 
proporzioni  fu  scolpito  in  marmo  dallo  stesso.  Secchi  pel 
Politecnico. 

Così  il  medaglione  da  lui  modellato  per  la  coniazione 
della  medaglia  spicca  in  un  bel  bassorilievo  in  marmo  entro 
la  cornice  di  legno,  scolpito  dall'intagliatore  Domenico  Fio- 
rani,  con  la  riproduzione  in  argento  dell'epigrafe  di  dedica 
che  si  legge  scolpita  in  rilievo  su  lastra  d'oro,  nella  targa, 
mediante  punzone  espressamente  lavorato  dallo  Stabilimento 
Johnson. 


Iji  —  Nel  campo,  la  riproduzione  ridotta  del  gruppo  d'Ar- 
chimede coi  suoi  discepoli,  nella  Scuola  d'Atene 
di  Raffaello.  In  basso,  nella  targa  dell'esergo 
•  ADHVC  ■  DOCET  •  Nel  vano,  a  sinistra  della  targa: 
A.  Cai'I'Uccuj  mod.  e  inc.  Nel  varco,  a  destra  della 
targa  :  S.  Johnson. 

Come  già  è  reso  noto  nell'opuscolo  citato  del  Comitato, 
questo,  per  porre  in  speciale  rilievo  l'opera  del  sen.  Colombo 
come  insegnante,  scelse  pel  rovescio  della  medaglia  una 
composizione  che  rendesse  evidente  la    benemerenza    carat- 


494 


VARIETÀ 


teristica  del  sen.  Colombo.  L'aggruppamento  di  Archimede 
nella  grandiosa  composizione  raffaellesca  della  Stanza  della 
Segnatura  in  Vaticano  parve  il  più  adatto,  poiché  Archimede, 
con  i  lineamenti  dell'amico  e  protettore  di  Raffaello,  Bramante 
da  Urbino,  è  rappresentato  nell'atto  di  svolgere  un  problema 
di  geometria,  e  gli  allievi  fanno  a  lui  corona  attentissimi. 
L'epigrafe  adhiic  docet,  dettata  dall'illustre  Rettore  dell'Am- 
brosiana Achille  Ratti,  nella  sua  tacitiana  brevità,  riferisce 
chiaramente  al  sen.  Colombo  ciò  che  Raffaello  riferiva  ad 
Archimede.  Così  lo  stesso  comm.  Ratti  espresse  più  estesa- 
mente nell'epigrafe  sottostante  al  bassorilievo  d'argento,  mo- 
dellato per  il  rovescio  della  medaglia  dal  Secchi,  e  fuso  nello 
Stabilimento  Johnson  per  essere  racchiuso  nell'apposita  cor- 
nice in  bronzo  ed  argento  del  cav.  Giovanni  Lomazzi:   •  ar- 

CniMEDEM  •  SANCTIO  •  COLVMBVM  •  NOBIS  •  REFERT  ■  DOCENTIS  • 
FIGURA    •    BRAMANTIS    • 

Archimede  praticò  il  suo  insegnamento  sino  agli  ultimi 
istanti  di  sua  vita,  la  presente  onoranza  a  Giuseppe  Colombo 
mette  in  luce  una  benemerenza  che  cinquant'anni  di  aposto- 
lato nun  hanno  ancora  attenuato;  egli  adhtic  docet  dalla  cat- 
tedra e  fuori   nella  vita  scientifica  e  industriale  della  nazione. 


Era  naturale  che  il  motivo  artistico  fosse  scelto  da  un 
capolavoro  del  quale  Milano,  per  munificenza  del  cardinal  Fe- 
derico Borromeo,  può  da  tre  secoli  gloriarsi  di  possedere  il 
cartone  originale  (i),  disegnato  dallo  stesso  Raffaello  per  l'ese- 
cuzione dell'affresco  vaticano.  Così  era  tolto,  direi  quasi,  dal 
ciclo  artistico  milanese,  se  non  d'origine,  però  d'adozione, 
l'allusione  d'onore  allo  scienziato,  la  cui  attività  si  è  spiegata 
soprattutto  nella  metropoli  lombarda,  meno  il  breve  periodo 
nel  quale  il  sen.  Colombo  fu  ministro. 

Sotto  il  punto  di  vista  della  riproduzione  artistica,  la  me- 


(i)  Lo  stesso  card.  Federico  Borromeo  ne!  suo  Musetim,  stampato 
nell'anno  1625,  rileva  l'importanza  del  cartone,  allora  diviso  in  due:  "  quos 
studiosi  artis  tanto  cariores  habere  debent,  quanto  niiniis  de  auctore 
dubitatur  „.  Vcd.  Guida  sommaria  per  il  visitatore  della  Biblioteca  Ambro- 
siana e  delle  Collezioni  annesse.  Milano,  Allegretti,  1907,  pp.  61-64. 


VARIETÀ  495 

daglia  si  può  dire  una  piccola  opera  d'arte.  Per  il  ritratto  del 
senatore,  il  cav.  Cappuccio  dovette  riprodurre  il  modello  ori- 
ginale dello  scultore  Secchi,  e  quindi  il  profilo,  per  quanto 
ben  condotto,  risente  nell'espressione  di  una  certa  durezza, 
che  non  riproduce  la  dolcezza  serena  e  affabile,  abituale  a  chi 
conosce  l'illustre  uomo.  Invece  nel  rovescio,  pel  quale  il  di- 
segno originale,  esposto  nella  Sala  della  Biblioteca  Ambro- 
siana, ha  potuto  agevolare  il  compito  di  tradurre  in  bassori- 
lievo l'aggruppamento  pittorico,  il  cav.  Cappuccio  fu  felicis- 
simo, riuscendo  a  conservare,  anche  nella  forte  riduzione  delle 
proporzioni,  la  grazia  e  la  morbidezza  che  animano  d'un  fa- 
scino insuperabile  la  creazione  di  Raffaello. 

Riesce  veramente  gradito  che  il  gruppo  pittorico  scelto  ad 
onorare  il  nostro  matematico  meccanico  e  architetto  insigne 
contenga  tanta  parte  di  vita  del  famoso  architetto  (i>,  che,  fa- 
vorendo amichevolmente  l'opera  del  genio  d'Urbino,  preparò 
all'amico  lo  sfondo  meraviglioso  architettonico  della  Scuola 
d'Atene,  sfondo  che,  pur  troppo,  nel  cartone  ambrosiano  non 
si  può  ammirare  (2). 

E  così  anche  al  rovescio  della  nostra  medaglia  manca 
l'aria  e  la  luce  che  ravviva  il  gruppo  nell'  invenzione  origi- 
nale, ma  ognuno  che  ve  lo  guardi  così  diligentemente  cesel- 
lato, con  lungo  studio  e  grande  amore,  tosto  rievoca  e  rigodé 
l'entusiasmo  provato  la  prima  volta  dinanzi  al  capolavoro 
vaticano,  mentre  ogni  allievo  del  Colombo  moderno  rievo- 
cherà con  profonda  gratitudine  il  suo  maestro  e  gli  parrà  di 
riudirlo  in  quelle  lucide  sue  lezioni,  in  quelle  indimenticabili 
sue  conferenze,  nelle  quali  il  senatore  Colombo  ha  potente- 
mente contribuito  a  dar  impulso  ed  a  sorreggere  quel  movi- 
mento di  superiorità  scientifica  e  di  emancipazione  industriale 
che  da  qualche  tempo  si  è  iniziato  in  Italia. 

Serafino  Ricci. 


(r)  Di  fianco  al  cartone  della  Scuola  d'Atene,  nell'Ambrosiana,  il 
visitatore  può  scorgere  anche  lo  studio  dal  vero  della  testa  dì  Bramante 
per  la  figura  di  Archimede  (Ved.  Calalogo  cit.,  pp.  61  e  63),  miracolo- 
samente salvato,  come  quello,  pure  della  testa  di  Bramante,  per  la  Di- 
spula itil  Sacraineitlo,  che  si  ammira  nel   Museo  del  Louvre. 

(2)  Ved.  G.  Cahotti:  Le  opere  eli  Leonardo,  Bramante  e  Raffaello. 
Milano,  lloepli,  1905,  pp.  275-276. 


49^  VARIETÀ 

Centenario  del  R.  Gabinetto  Num.  di  Brera  e  Com- 
memorazione Ambrosoli  a  Milano.  —  La  cerimonia,  si 
svolse  il  giorno  io  maggio  nella  grande  saia  Maria  Teresa 
al  Palazzo  di  Brera,  con  severa  e  grandiosa  solennità  regale 
per  il  fatto  che  S.  M.  il  Re  d' Italia  era  rappresentato  uffi- 
cialmente dal  Prefetto  nella  sua  duplice  qualità  di  Sovrano 
e  di  Presidente  della  Società  Numismatica  Italiana.  Erano 
inoltre  rappresentate  tutte  le  Autorità  politiche  e  cittadine; 
il  Mmistro  del  Tesoro  dal  primo  intendente  di  finanze 
comm.  Scarabelli,  quello  della  Pubblica  Istruzione  dal  pro- 
fessor Novati,  la  R.  Commissione  monetaria  dal  comm.  Fran- 
cesco Gnecchi,  il  Sindaco  di  Milano  dall'assessore  Gabba, 
l'Accademia  di  Brera  dal  comm.  Colombo,  la  Braidense 
dal  prof.  Fumagalli  che  faceva  gli  onori  di  casa,  il  R.  Isti- 
tuto Lombardo  dal  prof  Zuccante,  l'Accademia  Scientifico- 
Letteraria  dal  prof.  Francesco  Novati,  la  Società  Storica 
Lombarda  dallo  stesso  prof.  Novati,  dall' ing.  E.  Motta  e  dal 
cav.  Seletti,  la  Società  Numismatica  e  il  Circolo  Numisma- 
tico dalle  rispettive  Presidenze,  la  città  di  Como,  patria  del- 
l'Ambrosoli,  dal  Sindaco  avv.  Pagani  e  dal  prof  E.  Baragiola. 
Inoltre  erano  presenti  molte  altre  notabilità,  senatori,  depu- 
tati, numismatici,  ecc. 

La  maestosa  sala  era  gremita  di  signore  e  signori,  e  vi- 
cino al  tavolo  presidenziale,  adorno  di  verdi  arbusti  e  di 
lauro,  spiccava  un  bel  busto  in  bronzo  rappresentante  la 
simpatica  figura  di  Solone  Ambrosoli,  opera  dello  scultore 
prof.  Antonio  Ricci. 

Di  fronte  al  busto  si  nota  una  distinta  signora  in  lutto 
che  si  commove  profondamente  e  a  stento  trattiene  i  sin- 
ghiozzi. E  la  vedova  del  commemorato.  Vi  è  pure  presente 
il  fratello  l'on.  dott.  Francesco  Ambrosoli. 

Il  comm.  Francesco  Gnecchi,  quale  rappresentante  della 
Società  Numismatica  e  del  Comitato  promotore  della  com- 
memorazione, apre  la  seduta  ringraziando  gì'  intervenuti  ed 
esprimendo  riconoscenza  speciale  per  il  Re. 

Prende  pel  primo  la  parola  il  prof.  Novati  in  nome  del 
Ministro  della  Pubblica  Istruzione,  rilevando  l' importanza 
della  duplice  cerimonia  e  i  meriti  dell'Ambrosoli  non  solo 
come  numismatico,  ma  come  poliglotta  e  letterato.  Segue  il 


Varietà  497 


discorso  di  Francesco  Gnecchi  il  quale  tesse  la  storia  del 
Gabinetto  Numismatico  dalle  sue  origini,  ossia  dal  decreto 
di  sua  istituzione,  portante  la  data  del  7  maggio  1808,  fino 
ad  oggi.  Egli  accenna  rapidamente  alle  felici  e  alle  infelici 
vicende  dello  stesso,  al  suo  progredire  ora  spedito  ora  lento, 
alla  successione  de'  suoi  direttori,  alle  sue  peregrinazioni.  Si 
sofferma  poi  a  discorrere  dei  recenti  progetti  e  delle  attuali 
trattative  per  il  trasporto  nel  Castello  Sforzesco  onde  riunirlo 
alle  collezioni  municipali  e  chiude  il  suo  discorso  con  queste 
parole  : 

"  Il  momento  psicologico  per  tale  riunione  ora  sembra 
veramente  opportuno. 

"  Un  soffio  di  riforma  spira  attualmente  in  tutta  l'europa, 
favorevole  al  miglioramento  materiale  e  scientifico  delle 
collezioni  numismatiche.  A  Berlino  vidi  lo  scorso  anno  ap- 
pena terminato  il  nuovo  grandioso  ordinamento  delle  monete 
e  delle  medaglie  al  Museo  P'ederico  ;  a  Budapest,  sta  per 
iniziarsi  il  trasporto  di  quel  Museo  in  nuova  e  ilegna  sede; 
a  Parigi  si  stanno  apprestando  i  locali  per  il  trasloco  del  Ga- 
binetto di  Francia  in  sede  più  appropriata,  in  altra  parte 
dello  stesso  palazzo  della  Biblioteca  Nazionale.  Venendo  in 
Italia,  a  Bologna  si  sta  compiendo  la  riunione  della  colle- 
zione municipale  con  qLiella  del  R.  Museo  Archeologico  ;  a 
Venezia  si  sta  studiando  quella  del  Museo  Correr  colla 
Marciana  ;  a  Roma  la  fusione  delle  due  collezioni  del 
Capitolino  e  del  Museo  delle  Terme.  E  ben  giusto  che 
anche  a  Milano,  dove  nacque  e  ha  sede  la  Società  Numi- 
smatica Italiana  ,  dove  da  venti  anni  si  pubblica  la  sua 
Rivista,  dove  abbiamo  il  solo  Istituto  Numismatico  auto- 
nomo d'  Italia,  tra  le  diverse  riforme  economiche,  artisti- 
che, scientifiche  che  si  stanno  escogitando,  si  pensi  pure 
alla  sistemazione  definitiva  di  questo  importantissimo  ramo 
dell'archeologia  :  tanto  più  possedendo  un  materiale  così  ricco 
e  prezioso,  ammontante  complessivamente  a  circa  sessanta- 
mila pezzi. 

"  È  di  buon  augurio  il  fatto  che,  a  ricordare  il  cente- 
nario, parecchi  doni  sono  già  pervenuti  al  Gabinetto  ed  è  a 
ritenersi  per  fermo  che  la  nuova  splendida  sede  possa  eser- 
citare tal  fascino  sui  privati  da  indurli    a    offrirvi   le  proprie 

63 


498  VAIilKTÀ 


collezioni    o    quanto    meno    a    collocarvele    come    semplice 
deposito   „. 

Il  discorso  Gnecchi  riscosse  calde  approvazioni. 

Il  prof.  Serafino  Ricci,  dopo  di  aver  dato  lettura  di  un 
telegramma  dell'on.  Carcano,  il  quale,  pur  facendosi  rappre- 
sentare, volle  [)ersonalmente  plaudire  al  Comitato  promotoie 
delle  onoranze  all'illustre  suo  concittadino  e  d'avere  annun- 
ciate altre  adesioni,  tra  cui  quelle  di  Corrado  Ricci,  di  An- 
tonino Salinas,  di  don  Achilie  Ratti  e  dell'on.  Greppi,  dice 
una  bella  commemorazione  di  Solone  Ambrosoli,  enume- 
rando i  lavori  che  sono  prove  eloquenti  della  vasta  cultura 
e  dell'acuta  e  paziente  investigazione  del  rimpianto  numisma- 
tico, del  bibliofilo  e  del  bibliografo. 

Dopo  di  aver  parlato  delle  opere  principali  del  maestro, 
che  si  distinse  specialmente  nella  divulgazione  della  numi- 
smatica medioevale  e  moderna,  il  Ricci  delineò  con  finezza 
e  sentimento  la  figura  del  mite  solitario,  dell'uomo  gentile, 
fatto  solo  per  amare  e  studiare.  Amatissimo  e  stimatissimo 
da  tutti  per  la  sua  grande  bontà  e  cortesia,  confortato  da 
una  compagna  ben  degna  del  suo  cuore,  egli,  così  conclude 
il  Ricci,  fu  nel  secolo  trascorso  il  vero  pioniere  e  divulga- 
tore che  continuò  degnamente  e  ampliò  la  nostra  gloriosa 
tradizione  italiana  negli  studi  che  ci  diedero  Ennio  Quirino 
Visconti,  Bartolomeo  Borghesi,  Domenico  Promis. 

Il  prof  Ricci  si  commosse  profondamente  e  commosse 
l'uditorio  nell'evocare  l'uomo  buono,  affabile  con  tutti,  anche 
co!  più  umile  fattorino. 

Il  Prefetto  rivolse  parole  d'elogio  all'oratore,  e  quindi, 
in  nome  del  Re,  plaudì  alla  Società  Numismatica  Italiana  e 
al  Comitato  promotore  della  riuscitissima  cerimonia,  di  cui 
si  conserverà  duratura  memoria. 

Prima  di  uscire  dalla  sala,  il  Prefetto  rivolse  parole  di 
conforto  alla  vedova  del  commemorato. 

La  cerimonia  aperta  colla  marcia  reale,  eseguita  dal 
corpo  musicale  del  66."  reggimento  di  fanteria,  si  chiuse 
colle  medesime  note  di  circostanza. 

In  memoria  della  solenne  duplice  commemorazione,  la 
Società  Numismatica  Italiana,  come  del  resto  è  già  noto  ai 
nostri  lettori,  pubblicò  m  doppio  fascicolo    trentacinque    me 


VARIETÀ  499 


morie  mandate  dall'  Italia  e  dall'estero,  e  un  numero  straor- 
dinario pubblicò  pure  il  nostro  Circolo  Numismatico.  Il  Co 
mitato  poi,  oltre  il  busto,  fece  coniare  una  medaglia  a  Solone 
Ambrosoli  e  una  placchetta  per  il  Centenario  del  Gabinetto. 

Doni  pervenuti  al  R.  Gabinetto  di  Brera  in  occa- 
sione del  Primo    Centenario    del  Medagliere   braidense 

(to  maggio  1908).  —  S'affrettarono  a  inviare  doni  piìi  o 
meno  cospicui,  ma  tutti  interessanti,  molti  signori  cultori 
delle  discipline  numismatiche,  e  (quello  che  è  pii^i  confortante) 
anche  altri  che  non  mostrano  interesse  ai  nostri  sludi,  ma 
hanno  creduto  di  onorare  il  centenario  del  nostro  Museo  Nu- 
mismatico con  un  loro  omaggio,  riuscito  graditissimo  alla 
Direzione  del  Gabinetto  Numismatico  di  Brera,  che  li  rin- 
grazia pubblicamente. 

Il  comm.  Francesco  Gnecchi  donò  la  sua  intera  colle- 
zione di  800  piombi  romani,  alcuni  dei  quali  furono  descritti 
dal  Rostozsew  nella  Rivista  Italiana  di  Niiniis>ii.  del  1902. 

Il  cav.  uff.  Krcole  Gnecchi  donò  la  sua  intera  collezione 
di  circa  800  p^  si  antichi  e  moderni,  dei  quali  alcuni  interes- 
santi. 

La  Società  Numismatica  Italiana  offri  94  tra  piccoli  bronzi 
e  antoniniani  imperiali  romani  del  Basso  Impero. 

La  contessa  Giulia  Turati  offrì  15  monete  turche  ;  la 
signora  Erminia  Bonacossa  un  notevole  gruzzolo  di  monete, 
da  cui  la  Direzione  di  Brera  dovrà  scegliere  quello  che  non 
ha,  dando  il  resto  alla  Società  Numismatica  Italiana  ;  la  si- 
gnora Ida  Rolandi  Picei,  n.  33  biglietti  di  carta  monetala, 
emessa  da  municipi,  banche,  consorzi  di  commercio  della 
Lombardia  e  del  Piemonte. 

Il  signor  Carlo  Giussani  si  privò  pel  Museo  di  Brera  di 
ben  143  fra  monete,  prove  di  zecca  e  pesi  giapponesi  ;  il 
sac.  Giuseppe  del  Torchio  di  n.  25  monete  la  maggior  parte 
imperiali  romane  di  bronzo  ;  il  prof.  Silvio  Bellini  di  Aosta, 
donò  n.  142  pezzi  in  bronzo  e  in  argento  di  varie  età  e  nazioni; 
il  Comitato  per  la  Commemorazione  del  primo  Centenario 
del  R.  Gabinetto  Numismatico  di  Brera  e  per  le  onoranze  a 
Solone  Ambrosoli  diede  in  dono  un  esemplare  in  argento  e 
uno  in  bronzo  tanto  della  placchetta  pel   Centenario   quanto 


500  *  VARIETÀ 


della  medaglia  per  Solone  Ambrosoli  ;  il  cav.  dott.  Soffian- 
tini,  direttore  dell'  Istituto  Sanitario  Umberto  I,  una  medaglia 
di  Chaplain  recante  scolpito  il  ritratto  del  celebre  Hallopeau. 
specialista  per  le  malattie  della  pelle,  membro  dell'Accademia 
di  Medicina  di  Francia,  con  due  monete  di  bronzo;  il  conte 
Roberto  de  Moij  Brunetta  e  Usseaux  regalò  la  sua  medaglia 
di  nozze,  dell'incisore  Agry  di  Parigi,  in  bronzo,  presentata 
a  mezzo  del  Socio  comm.  Quinto  Cenni  ;  il  prof.  Salvatore 
Cerbara  di  Milano  portò  al  Museo,  in  onore  del  suo  parente, 
il  ritratto  del  prof.  Giuseppe  Cerbara,  insigne  incisore  ro- 
mano sotto  Pio  IX,  riproduzione  del  suo  quadro  nella  R.  Ac- 
cademia di  San  Luca,  di  G.  B.  Biscarra,  dipinto  nel  1831  ; 
il  sig.  E.  Mazzucchetti,  banchiere  di  Milano,  cedette  per  le 
nostre  collezioni  il  pezzo  da  lire  io  in  oro  di  Vittorio  Ema- 
nuele II,  per  le  Regie  Provincie  dell'Emilia  (Bologna,  1860). 
Hanno  già  promesso  altri  doni  importanti  al  Medagliere 
Braidense  il  comm.  Federico  Johnson,  il  sig.  G.  Dattari,  re- 
sidente al  Cairo  ed  altri. 

Nuovi  acquisti  pel    Museo   Numismatico   di  Brera. 

—  Col  fondo  straordinario  del  Ministero  per  l' Istruzione  e 
su  proposta  della  Direzione  del  R.  Gabinetto  Numismatico 
di  Brera,  S.  E.  il  Ministro  Rava  concesse  l'acquisto  pel  Me- 
dagliere braidense  del  raro  scudo  d'argento  di  Francesco 
d'Este  per  Massa  Lombarda  (Ravenna),  moneta  interessante 
perchè  la  zecca  per  sé  stessa  fu  di  pochissima  durata  (1562- 
1578)  e  limitata  alla  coniazione  in  quella  città  eseguita  da 
Francesco  d'Este,  che  aveva  ottenuto  dall'imperatore  Fer- 
dinando I  il  titolo  marchionale  e  il  diritto  di  zecca.  Lo  scudo 
d'argento  acquistato  per  Brera  è  una  variante  di  quello,  pure 
raro,  della  Collezione  Gnecchi  nell'asta  Hamburger  (Catal.  II, 
pag.  118,  n.  2282)  salito  a  L.  1200.  Merita  pubblica  lode  il 
consenso  ministeriale  ogni  qual  volta  occorra  arricchire  le 
nostre  importanti  collezioni  di  Brera  :  altri  acquisti  furono 
fatti  all'asta  Carlo  e  Cesare  Clerici  in  Milano  e  ne  parleremo. 
(Da!  Bollettino  Ital.  di  Niim.,  n.  6  e  7,  1908). 

La  Società  Numismatica  Italiana  al  Congresso   In- 
ternazionale per  le  scienze  storiche  a  Berlino.  —  Quan- 


VARIETÀ  501 


tunque  il  secondo  Congresso  storico,  che  fin  dal  1903  era 
stato  dichiarato  a  Berlino,  non  facesse  prevedere  una  sezione 
numismatica  speciale,  pure  era  in  animo  della  nostra  Società 
di  offrire  in  omaggio  alla  dotta  capitale  della  Germania,  alla 
Sede  di  una  delle  più  celebri  Università  del  mondo,  un  la- 
voro storico  e  numismatico  insieme,  che,  specialmente  nei 
riguardi  della  storia  della  moneta,  narrasse  dei  rapporti  tra 
la  Germania  e  l'Italia  dal  periodo  classico  dell'Impero  ro- 
mano a  quello  moderno. 

Il  vasto  tema  avrebbe  dovuto  essere  diviso  in  tre  grandi 
parti:  Roma  e  la  Germania,  il  Medio  Evo  Italiano  e  la  Ger- 
mania, l'Italia  e  la  Germania  nell'Evo  Moderno.  Alla  prima 
parte  avrebbe  provveduto  Francesco  Gnecchi,  alla  seconda 
il  fratello  Ercole  e  la  terza  avrebbe  curato  il  prof.  Serafino 
Ricci,  direttore  del  nostro  Medagliere  Braidense. 

I  lavori  per  il  Primo  Centenario  del  R.  Museo  Numi- 
smatico e  Medagliere  Nazionale  di  Brera  tolsero  il  modo  di 
condurre  a  termine  il  vasto  progetto  scientifico  ;  l'unico  più 
libero,  che  potè  compiere  la  sua  parte,  fu  il  commenda- 
tore Francesco  Gnecchi ,  che  all'  apertura  del  Congresso 
fece  pervenire  il  suo  omaggio  per  mezzo  del  prof.  Ricci, 
che,  oltre  il  Museo  di  Brera  e  il  Circolo  Numismatico  Mila- 
nese, rappresentava  al  Congresso  storico  di  Berlino  anche 
la  nostra  Società  Numismatica. 

II  Ricci  offerse  l'omaggio  del  Gnecchi  in  una  seduta  an- 
timeridiana della  Sezione  Vili  che  precisamente  trattava  delle 
scienze  ausiliari,  e  quindi  conteneva  anche  le  discussioni  nu- 
mismatiche (1),  avendo  creduto,  pur  troppo,  di  considerare  tale 
scienza,  che  abbraccia  tutti  i  tempi  e  tutti  i  luoghi,  soltanto 
quale  ausiliare  della  storia,  non  quale  scienza  autonoma, 
come  essa  è. 

La  Sezione  Vili,  presieduta  dall'illustre  prof.  Tangl  del- 


(i)  Cogliamo  l'occasione  per  rainmentare  con  parole  di  vivo  en- 
comio le  dotte  relazioni  numismaticlie  svolte  alla  sezione  Vili,  dal 
signor  F.  Friir.  von  ScHuòTriÌR  sul  tema:  Die  prenssische  Miinz-polilik 
tilt  XVIU  Jalirluinderl  e  dal  prof.  dott.  J,  Menadier  sul  tema  :  Das  Miiiiz- 
recht  der  deiilschen  Staiiiiiiesherzoge.  Quest'ultima  conferenza,  special- 
mente, deli'  illustre  direttore  del  Miinz-kabinet  di  Berlino  raccolse  vivis- 
simi applausi  per  la  profonda  conoscenza  della  materia  e  per  la  rara 
lucidità  di  esposizione. 


502  VARIETÀ 

l'Università  di  Berlino,  accolse  l'omaggio  del  Gnecchi  pre- 
sentato dal  Ricci  insieme  coi  doni  delio  stesso,  della  Società 
Numismatica  e  del  Circolo  Numismatico  Milanese. 

Il  Presidente  di  turno  permise  che  il  prof.  Ricci  tenesse 
una  breve  relazione  sull'argomento  Roma  e  la  Germania, 
illustrando  il  concetto  del  Gnecchi  e  della  Società  Num.  Ita- 
liana. Applausi  vivissimi  e  ripetuti  accolsero  il  discorso  Ricci, 
e  le  pubblicazioni  offerte  riuscirono  graditissime;  il  Presidente 
prese  la  parola  per  pronunciare  un  plauso  speciale  alla  nostra 
Società,  che  fu  poi  confermato  per  iscritto  e  che  sarà  pubbli- 
cato negli  Atti  del  Congresso  insieme  con  l'elenco  dei  doni 
offerti  al  Congresso  storico.  E  la  Società  Numismatica  Ita- 
liana sente  il  dovere  di  ringraziare  pubblicamente  la  Vili  Se- 
zione del  Congresso  e  la  Presidenza  generale  per  le  dimo- 
strazioni di  simpatia  e  per  la  nobile  ospitalità  offerta  agli 
studiosi  italiani  tanto  negli  studi,  quanto  nelle  accoglienze 
oneste  e  liete  di  Berlino  e  di  Amburgo. 

Ecco  l'elenco  degli  omaggi  presentati  al  Congresso  sto- 
rico di  Berlino  in  un  notevole  numero  di  esemplari. 

Per  incarico  della  Società  Numismatica  Italiana: 
Comm.  Fkancksco  Gnecchi,  Roma  e  la  Germania,  —  Scavi 

di  Roma    nel    1907    {Appunti  di  Numismatica  Romana). 

Milano,  Cogliati   1908. 
Fascicolo-Omaggio  alla  memoria  di  Solone  Ambrosoli  della 

Rivista  Italiana  di  Numismatica.  Milano,  Cogliati  1908. 
E.  J.  Haeberlin,  Del  più  antico  sistema  monetario   presso  i 

Romani.    Nuovo    contributo    al    Corpus  Niimorum    aeris 

aravis.  Traduzione  dal  tedesco    di    Serafino    Ricci.    Mi- 

lano,  Cogliati   1906. 

Per  incarico  del  Circolo  Numismatico  Milanese: 
Fascicolo  Omaggio  per  il  Primo  Centenario  del  R.  Gabinetto 
Numismatico  e  Medagliere  Nazionale  di    Brera  .e  per  le 
onoranze  a  Solone  Ambrosoli.  Milano,  Crespi  1908. 

Da  Serafino  Ricci: 

S.  Ricci,  Un  altro  documento  inedito  della  Zecca  di  Cor- 
reggio. Milano,  Cogliati  1907. 

S.  Ricci,  L'opera  numismatica  di  Solone  Ambrosoli.  Milano, 
Cogliati  1908. 


VARIETÀ  503 


NeirXI  Congresso  Storico  Subalpino  che  ebbe  luogo 
a  Voghera,  dal  io  al  14  del  corrente  mese,  furono  anche 
presentate  relazioni  numismatiche  importanti.  L'avv.  Orazio 
Roggero,  di  Saluzzo,  riferi  sul  tema  ;  Delle  relazioni  fra  le 
varie  zecche  del  Piemonte  iti  rapporto  specialmente  colle  fal- 
sificazioni numismatiche,  leggendo  una  vera  monografia,  che 
sarà  pubblicata  negli  Atti  del  Congresso.  Il  prof.  Scialino 
Ricci,  di  Milano,  dopo  d'aver  portato  al  Congresso  il  saluto 
e  l'augurio  della  Società  Numismatica  Italiana,  a  nome  del 
Circolo  Numismatico  iVIilanese,  svolse  il  tema:  Questioni  nn- 
mismatiche  (l' aitila l ita,  trattando  dei  cambi  delle  monete,  della 
vendita  dei  duplicati,  dei  cataloghi,  e  proponendo  il  seguente 
ordine  del  giorno,  che  fu  approvato  all'unanimità: 

"  Tenendo  conto  dello  stretto  rapporto  fra  le  discipline 
"  numismatiche  e  quelle  storiche,  la  Società  Storica  Subal- 
"  pina,  nel  suo  XI  Congresso  a  Voghera,  udita  la  relazione 
"  del  prof.  Serafino  Ricci,  a  nome  del  Circolo  Numismatico 
"  Milanese,  su  varie  questioni  numismatiche  d'attualità,  rico- 
"  noscendo  indispensabile  all'  incremento  e  al  riordinamento 
"  delle  collezioni  niunismatiche  nazionali  la  vendita  dei  du- 
'  plicati  e  la  concessione  dei  cambi  di  monete  e  medaglie 
*  fra  musei  governativi  e  municipali,  eccezionalmente  anche 
"  con  musei  esteri,  sotto  responsabilità  dei  singoli  direttori  : 
"  I.  —  Invoca  una  legge  sui  cambi  e  sulla  vendita 
"  dei  duplicali  di  monete  e  metlaglie,  con  cataloghi  stampati 
"  a  prezzi  segnati,  come  si  fa  già  all'estero  con  grande  van- 
"   taggio  delle  collezioni  e  degli  studi  ; 

"  II.  —  Raccomanda  inoltre  le  esposizioni  periodiche, 
"  a  turno,  di  collezioni  speciali,  d'interesse  anche  locale,  e 
"  la  sollecita  pubblicazione  dei  cataloghi  delle  singole  col- 
"   lezioni  numismatiche  italiane  „. 

La  relazione  del  prof.  Ricci  verrà  prossimamente  pub- 
blicata nel  Bollettino  di  Numismatica  del  Circolo  Numisma- 
tico Milanese  e  negli  Atti  del  Congresso  Subalpino. 

Congresso  di  Numismatica  e  dell'Arte  della  Meda- 
glia a  Bruxelles  nel  1910.  —  Nel  giugno  del  1910  si  terrà 
a  Bruxelles  un  Congresso  internazionale  di  Numismatica  e 
dell'Arte  della  Medaglia,  sotto  il  protettorato  di  S.  A.  R.  il 
principe  Alberto  del  Belgio. 


5Ó4  VARIETÀ 


Il    Comitato    è    così    costituito.    Presidenti:   Il    visconte 

B.  de  Jonghe  e  il  signor  A.  De  Witte  ;  Vice- Presidenti:  Il 
signor  De  Dompierre  de  Chaufepié,  il  conte  di  Limburg- 
Stirum,  il  signor  Carlo  Le  Grelle  e  il  signor  Federico  Aloin: 
Segretarii  i  signori  :  cav.  Buivert  de  Blokland,  E.  de  Breyne, 

C.  Bigwood,  V.  Tourneur;    Tesoriere  :  M.  Laloire. 

Si  stanno  formando  anche  dei  Comitati  speciali  per  ogni 
nazione,  di  cui  daremo  notizia  in  seguito. 

La  nuova  zecca  di  Roma.  —  Il  27  giugno  scorso 
S.  M.  il  Re  poneva  la  prima  pietra  del  nuovo  palazzo  per 
la  zecca  in  Roma,  e  il  Ministro  del  Tesoro  on.  Carcano 
pronunciava  il  discorso  inaugurale. 

Questa  nuova  sede  veniva  decretata  colle  leggi  appro- 
vate il  2  e  l'S  giugno  1904,  il  14  luglio  1907  e  il  21  maggio 
1908,  ed  era  ben  tempo  che  sorgesse  a  sostituire  l'edificio 
attuale, , che,  costrutto  nel  1665  per  la  zecca  pontificia,  è  ormai 
diventato  assolutamente  impari  ed  inadatto  per  le  esigenze 
del  Regno  d' Italia. 

Ci  auguriamo  che  la  zecca  della  terza  Roma  abbia  a 
dimostrarsi  non  degenere  da  quella  di  Roma  antica  e  di 
Roma  medioevale. 

Nel  masso  di  travertino  che  formava  la  prima  pietra, 
venne  immessa  con  alcune  monete  dell'anno  1908  una  per- 
gamena colla  seguente  epigrafe  :  Vittorio  Emanuele  III 
Re  d'Italia  il  XXVII  Giugno  MCMVIII  pose  la  pietra 
augurale  di  una  nuova  zecca  in  Roma,  officina  e  scuola  del- 
l'arte del  conio,  continuatrice  di  gloriose  tradizioni,  propaga- 
trice  di  nomi  e  di  fatti  memorandi  alle  genti  future. 

La  Direzione. 

Per  l'ammissione  alla  Scuola  dell'Arte  della  Me- 
daglia. —  Sono  uscite  le  norme  per  essere  inscritti  come 
alunni  a  questa  scuola  di  perfezionamento  in  Roma,  di  cui 
tenne  a  suo  tempo  parola  la  Rivista. 

Con  decreto  dei  ministri  on.  Carcano  e  on.  Rava  sono 
state  stabilite  quelle  norme  per  l'apertura  dei  Corsi,  secondo 
la  legge  14  luglio  1907.  Coloro  che  vi  aspirano  devono  pre- 
sentare come  attestato  di  studio  la  licenza  del  corso  speciale 
di  ornato,  rilasciato  da  un  R.  Istituto  di  Belle  Art'. 


VARIETÀ  505 


Gli  aspiranti  che  non  potessero  produrre  tale  attestato 
dovranno  dare  nei  giorni  dal  21  al  24  settembre  un  esame 
di  disegno  e  ornato  in  uno  degli  Istituti  di  Belle  Arti  di  Ve- 
nezia, Bologna,  Firenze,  Roma,  Napoli  e  Palermo,  o  in  una 
delle  Accademie  di  Belle  Arti  di  Torino  o  di  Milano. 

Per  l'esercizio  1908-1909  saranno  ammessi  come  allievi 
i  primi  dodici  aspiranti  per  ordine  di  merito. 

La  Cattedra  di  Numismatica  a  Parigi  conferita  a 
Ernesto  Babelon.  —  Ci  vien  riferito  da  comunicazioni  private 
che  l'assemblea  dei  professori  al  Collegio  di  Francia  designò 
al  Ministro  come  primo,  con  voto  unanime,  per  la  Cattedra 
di  Numismatica,  Ernesto  Babelon,  conservatore  del  Cabinet 
des  médailles,  presidente  dell'Academie  des  inscriptions  et 
belles  lettres  e  nostro  illustre  collaboratore.  Secondo  nella 
votazione  riusci  Fernando  Mazerolle,  archivista  della  zecca 
di  Parigi,  direttore  delia  Gazettc  Niniiismaliquc  frangaisc. 
Congratula/ioni. 

La  Medaglia  della  Società  Reale  Numismatica  di 
Londra.  —  Nell'Assemblea  Generale  della  R.  Società  Nu- 
mismatica di  Londra  tenutasi  il  18  giugno  scorso,  la  meda- 
glia annuale  pel  1907  venne  conferita  al  dott.  lùirico  Diessel, 
conservatore  del  Gabinetto  Imperiale  di  Berlino,  principal- 
mente pei  servigi  da  lui  resi  alla  Numismatica  antica  e  al- 
l'Archeologia in  genere. 

La  Società  Numismatica  Italiana  è  lieta  di  inviargli  le 
sue  congratulazioni. 

Palsificazioni  moderne.  Il  comm.    Giuseppe  Rug- 

gero pubblicava,  nel  primo  fascicolo  1895  di  questa  Rivista  *0, 
il  disegno  di  una  grossa  moneta  d'  argento  genovese  pel 
Levante  da  un  calco  in  gesso  portato  da  Pietroburgo  da 
S.  A.  R.  il  Principe  di  Napoli. 

Negli  ultimi  mesi  dell'anno  passato,  veniva  offerto  in 
Roma  agli  amatori  un  esemplare  di  detta  moneta,  fatto  in 
modo  da  ingannare  chicchessia. 


(1)  G.  Ruggero:  Aitnnlazioni  niiiiiisinaiic/ie  genoz'esi.  XXIV.  Di  una 
grossa  moneta  per  il  Levante  {Riv.  Hai.  di  Niim.,  1895,  fase.  I,  pag.  89- 
93.  fig)- 

64 


5o6  VARIETÀ 


L'unico  indizio  della  falsità  consisteva  nelle  tre  lettere 
del  ly  G-EN,  raddoppiate  per  risalto  del  conio,  come  sono 
sull'esemplare  di  Pietroburgo. 

Pareva  strano,  che  si  fosse  potuto  fare  una  moneta  per- 
fettamente eguale  ad  un  semplice  disegno.  Eppure  il  calco 
del  Ruggero  non  era  mai  uscito  dalle  sue  mani.  Si  scrisse 
dunque  al  Museo  dell'Eremitaggio  Imp.  e  si  ebbe  la  notizia, 
che  negli  ultimi  anni  del  secolo  passato  (dunque  dopo  la 
citata  pubblicazione),  un  Signore  di  Roma  avea  richiesto  un 
gesso  di  quella  moneta.  Si  vede  che  il  possessore  di  questo 
secondo  calco  non  fu  così  geloso  di  tenerlo  ben  guardato 
dai  falsari,  come  ha  scritto  di  aver  fatto  il  Ruggero. 

Le  monete  d'oro  rinvenute  nel  Polesine.  —  In  se- 
guito a  intervento  dell'On.  Direzione  Generale  a  Roma  toc- 
carono allo  Stato,  del  ripostiglio  rinvenuto  a  Riva  d'Ariano 
nel  fondo  di  proprietà  Odoardo  Pezzati,  nove  monete  d'oro 
fra  le  più  notevoli,  destinate  al  Medagliere  del  R.  Museo 
Archeologico  di  Venezia.  Tra  questo  v'è  uno  scudo  di  Ve- 
spasiano Gonzaga  della  zecca  di  Sabbioneta,  del  valore  di 
lire  settecento.  Il  Museo  Bottacin  di  Padova  potè  pure  acqui- 
stare, per  cura  del  suo  direttore  prof.  Luigi  Rizzoli,  varie 
monete  di  pregio,  tra  le  quali  uno  scudo  d'oro  di  Marghe- 
rita e  Francesco  della  zecca  di  Casale,  uno  scudo  d'oro  di 
Guglielmo  Gonzaga,"  mezzo  scudo  d'oro  di  Lodovico  III  Pico 
della  Mirandola  e  uno  scudo  d'oro  di  Ottavio  Farnese  della 
zecca  di  Piacenza.  Se  avremo  particolari  piìi  esatti  in  pro- 
posito, li  pubblicheremo. 

Premio  Duchalais.  —  Questo  premio  per  la  Numisma- 
tica venne  àAV Academie  des  inscriplions  rt  bclles  letlrcs  asse- 
gnalo per  lo  scorso  anno  alla  Revite  Niimisinatiqne  di  Parigi. 

Medaglia  Imhoof  Blumer.  —  L' illustre  numismatico 
di  Winterthur  compieva  l'ii  maggio  1908  il  suo  settante- 
simo anno.  Un  gruppo  d'amici  e  d'ammiratori  per  celebrare 
tale  anniversario  gli  offerse  una  medaglia  modellata  da  Hans 
Frei  di  Basilea.  In  capo  alla  lista  dei  Sottoscrittori  figura  il 
nome  di  S.  M.  il  Re  d'Italia. 

S.  Ricci. 


ATTI 


SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 


Seduta  dei.  Consiglio,   15  Marzo   1907. 
(Estratto  dai  Inerbali). 

La  seduta  è  aperta  alle  ore    14    nella    Sala    Sociale    al 
Castello  Sforzesco. 

I.  —  Sono  ammessi  quali  Soci  Corrispondenti  i  si- 
gnori :  Osvaldo  Boeri,  tenente  elei  RR.  Carabinieri  a  Ter- 
racina  ;  LhÌì>^ì  Cora  di  Torino  ;  Nob.  prof.  Riccardo  Adal- 
gisio Marini  di  Villafranca  di  Susa  ;  Mentore  Pozzi  di  To- 
rino presentati  da  Francesco  ed  Ercole  Gnecchi  e  il  conte 
Gian  Nicolai  Gamba  Castelli  di  Firenze  presentato  dal  pro- 
fessore L.  A.  Milani  e  da  Francesco  Gnecchi  ; 

li.  —  Si  esaminano  1  numerosi  lavori  inviati  pel  fasci- 
colo omaggio  Ambrosoli  e,  visto  il  numero  già  esuberante 
di  quelli  che  giunsero  nel  termine  prescritto,  si  decide  di 
non  accettarne  alcun  altro  fra  i  parecchi  arrivati  in  ritardo. 
Il  fascicolo  verrà  così  costituito  da  35  memorie. 
La  seduta  è  levata  alle  ore   16. 

Seduta  dei.  Consiglio   18  Aprile  1908. 
[Estratto  dai  Verbali). 

La  seduta  è  aperta  al  tocco   al    Gabinetto  Numismatico 
di  Brera. 

I.  —  V^iene  presentato  il  fascicolo  omaggio  quasi  com- 
pleto e  approvato  ; 


508  ATTI    DKLLA    SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 

li.  —  Si  prendono  le  opportune  disposizioni  circa  la  ce- 
rimonia del  Centenario  del  Gabinetto,  da  celebrarsi  il  io  pros- 
simo maggio  ; 

III.  —  Si  annuncia  un  prezioso  dono  della  signora  Er- 
minia Bonacossa  consistente  in  una  collezione  numismatica 
formata  anni  sono  dal  suo  defunto  marito  e  consistente  in 
monete  romane  (n.  300  in  argento  e  n.  300  di  Bronzo)  mo- 
nete e  medaglie  italiane  (n.  50  in  arg.  e   n.   100   in    bronzo). 

Il  Consiglio  manda  i  più  sentiti  ringraziamenti  e  alla 
prossima  Assemblea  propone  di  iscrivere  il  nome  della  si- 
gnora Erminia  Bonacossa  nell'  albo  dei  Benemeriti  della 
Società. 

La  seduta  è  levata  alle  ore  15 '/r 

SiiDUTA  DEL  Consiglio  19  Settembre  1908. 
(Estratto  dai  Verbali). 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  14  nella  Sede  Sociale  al 
Castello. 

I.  -  Su  proposta  del  prof.  S.  Ricci  e  del  comm.  Fran- 
cesco Gnecchi  viene  ammesso  come  Socio  Effettivo  il  si- 
gnor Carlo  Porta  di  Milano  ; 

II.  —  11  Segretario  sig.  Angelo  Maria  Cornelio  dà  co- 
municazione del  Bilancio  Consuntivo  1907,  che  è  approvato 
ad  unanimità; 

III.  —  Il  Vice-Presidente  comm.  Francesco  Gnecchi  dà 
lettura  della  Relazione  sull'andamento  morale  della  Società 
tlurante  il   1907,  che  è  pure  approvata; 

IV.  —  Il  Segretario  dà  lettura  dei  seguenti  doni  per- 
veiiuti  alla  Società  nell'ultimo  quadrimestre. 

BHdt  (le  Baron)  De. 

/.'(  sua  pubblicazione  : 

Les  mcdailles  roiiiaines  de  Christine  de  Suède.  Roma,  1908,  in-8, 
con  20  tav. 

Bordeaux  Paul. 

La  sua  piibblicasione  : 

Docunients  monétaires  concernaiit  les  quatre  départements  réunis 
de  la  rive  gauche  du  Rliin  de  1799  a  1813  (Extrait  de  la  Revtie  belge 
de  Nuì)iis»iatique,  1908). 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA  509 


Cunietti-Cunietti  Tin.-Colonnello  Alberto. 
Le  sue  pubblicazioni  : 

La  Zecca  di  Alessandria.  Mi/ano,  1908,  in-8,  fig.  (Estratto). 
Alcune  varianti  di  monete  di  zecche  italiane.  Mi/ano,  igo8,  in-8  (Estr.). 

Frltze  von  Hans  e  Qaebler  Ugo. 

La  loro  pubblictizioiie  : 

Noniisina.  Untersuchungen  ani'  dt.ni  Gcbiete  der  antiken  Miinz- 
kunde.  Berlin,  1908,  in-8,  con  3  tnv. 

Qnecchl  Conim.  Francesco. 
O  Archeologo  Portugiies.  .Annata   1908. 
Annales  de  la  Société  Archóologique  de  Bruxelles.  Annata  19:8. 

Gnecchi  Cav.  Uff'.  Ercole. 
N.  18  Opuscoli  di  Numismatica  e  12  Cataloghi  di  Vendite  di  Monete. 

Museo  Britannico. 

Catalogue  of  the  imperiai  byzantines  Coins  in  the    British    Museum   by 
Warwich  Wroth.  London,  1908.  Due  voi.  con  79  tavole. 

Perini  Cav.  Quintilio. 
La  sua  pubblicazione  : 

Le  monete  gettate  al  l'opolo  nella  .soUnne  mcoronazione  di  Vin- 
cenzo li  Duca  di  Manlova.  Milano,   1908,  in  8  (Estratto). 

Ricci  Prof.  Dott.  Serafino. 
Le  sue  pubblicasioni  : 

L'opera  nuinisMUitica  ili  Solune  Ambrosoli.  Milano,  Cogliat',   1908. 

Fascicolo-omaggio  per  il  primo  Centenario  del  R.  Gabinetto  Numi- 
smatico e  Medagliere  Njzionale  di  Brera.  Redatto  dal  prof.  S.  Ricci. 
Milano,  Crespi,  igo8. 

Spigolature  d'archivio.  Estratto  dal  volume  precedente. 

Medaglistica.  —  Le  onoranze  a  Solone  Ambrosoli  e  la  conmiemora- 
zionc  del  primo  Centenario  del  Medagliere  Nazionale  di  Brera.  Ras. 
segna  d'Arie,  ihaggio,   1908,  con  una  tavola. 

Sulla  circolazione  internazionale  delle  monete  antiche.  Relazione 
svo'ta  al  Congresso  Artistico  Internazionale  di  Venezia  1905,  a  nome 
del  Circolo  Numismatico  Milane-.e.   l^enecia,  l'eirari,  1908. 

Medaglistua.  —  La  medaglia  d'oro  in  onore  di  Ercole  Vidari.  —  I  let- 
terati numismatici  :  Francesco  Petrarca  e  Aunibal  Caro.  Dal  Bollettino 
italiano  di  Numismatica,  Milano,  niaizo  e  aprile   1908. 

La  medaglistica  nel  Quattrocento  e  nel  Cinquecento.  V>a\V Oreficeria 
italiana,  agosto  1908. 

Il  Vice-Presidente  comm.  F.  Gnecchi  comunica  d'essere 
stato  in  corrispondenza  col  Ministero  della  P.  I.  a  proposito 


5IO  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 

di  un  generoso  dono  del  nostro  socio  Dattari.  Questi,  per 
mezzo  della  nostra  Società,  offriva  al  detto  Ministero  50  copie 
del  suo  splendido  Catalogo  {Nìuunii  Augg  Alexamirini)  per 
essere  distribuiti  ai  Musei  e  alle  Biblioteche  del  Regno.  Quei 
volumi,  dietro  proposta  del  Consiglio  della  Soc.  Numisma- 
tica e  dal  Ministero  accettata,  saranno  distribuiti  ai  seguenti 
Istituti  :  Musei  di  Ancona,  Bologna,  Cagliari,  Acireale,  Como, 
Este,  Ferrara,  Firenze,  Livorno,  Lodi,  Mantova,  Milano  (Brera 
e  Municipale),  Modena,  Napoli,  Padova,  Palermo,  Parma, 
Pavia,  Ravenna,  Roma  (Nazionale,  Capitolino,  Vaticano),  Sas- 
sari, Siracusa,  Taranto,  Torino,  Udine,  Venezia,  Verona, 
Vicenza;  e  alle  Biblioteche  di  Bologna,  Catania,  Cremona,  Fi- 
renze, Genova,  Lucca,  Messina,  Milano  (Brera  e  Ambrosiana), 
Napoli,  Pavia,  Pisa,  Roma  (Vittorio  Emanuele,  Ministero  P.  L, 
Lincei),  Siena,  Torino,  Venezia. 

Il  Vice-Presidente  comm.  F.  Gnecchi  comunica  inoltre 
che,  delle  monete  romane  e  tolemaiche  provenienti  dal  dono 
Dattari  furono  destinati  altri  due  lotti  ai  Musei  di  Monza  e 
di   Casahìionfenatn. 

Alle  ore  14  7<'  esaurito  l'Ordine  del  Giorno,  la  seduta 
è  levata. 


ASSKMBI.KA    GeNF.RAI.F.    DKl    SoCl     I9    SETTEMBRE    T908 
(Estratto  dai  Verbali). 

L'Assemblea  è  convocata  per  le  ore  15  nella  Sede  del 
Castello.  Sono  presenti  i  due  Vice-Presidenti,  Francesco  ed 
Ercole  Gnecchi,  tre  membri  del  Consiglio  e  buon  numero 
di  Soci  ;  fra  questi,  l' egregio  signor  Paolo  Bordeaux  di 
Neuilly-s-Seine  ;  egli  porta  alla  nostra  Società  il  saluto  della 
consorella  Società  Numismatica  Francese,  saiuto  che  la  nostra 
cordialmente  ricambia. 

Approvato  il  verbale  dell'Assemblea  precedente  il  Vice 
Presidente,  Comm.  Francesco  Gnecchi,  dà  lettura  della  se- 
guente Relazione: 


ATTI    DKLI.A    SOCIKIA    NUMISMATICA     ITALIANA  51I 

COMMEMORAZIONK    AmBROSOLI 

E  Centenario  del  R.  Gabinetto  di  Brera. 

La  nostra  Relazione  annuale  leita  nel  1907  prendeva  le 
mosse  dal  mesto  accenno  alla  morte  del  rimpianto  nostro 
amico  e  collega,  il  dott.  Solone  Ambrosoli,  annunciando  che 
di  Lui  si  sarebbe  fatta  a  suo  tempo  una  degna  commemo- 
razione. 

La  promessa  fu  mantenuta,  il  io  maggio  scorso  la  so- 
lenne commemorazione  ebbe  luogo  nel  palazzo  di  Brera,  riu- 
nita all'altra  cerimonia  pure  solenne  del  Centenario  del  no- 
stro Gabinetto  numismatico.  Non  ripeteremo  qui  la  cronaca 
perchè  forse  tutti  i  Soci  qui  convenuti  vi  erano  presenti  e 
perchè  già  tutti  i  periodici  e  i  giornali  quotidiani  ne  diedero 
ampii  resoconti. 

Diremo  solo  che  grazie  all'intervento  delle  rappresen- 
tanze, prima  di  tutto  di  S.  M.,  poi  di  molte  associazioni  scien- 
tifiche e  per  la  presenza  di  moltissimo  e  scelto  pubblico,  la 
grande  cerimonia  si  svolse  in  modo  degno  e  grandioso,  da 
lasciare  in  tutti  un  indelebile  ricordo  (i). 

Soci  e  Collezioni  sociali. 

Alla  fine  del  1907  la  nostra  Società  contava  15  Soci  be- 
nemeriti, 53  effettivi  e  64  corrispondenti.  Gli  abbonali  alla 
Rivista  sommavano  a   140. 

La  nostra  Biblioteca  contiene  oggi: 

Volumi N.     675 

Opuscoli r,    1370 

Il  medagliere,  in  gran  parte  ordinato  per  opera  special- 
mente dei  Sigg.  Monti  e  Laffranchi,  che  vi  dedicarono  mollo 
tempo  e  molte  cure,  contiene: 

Oro  .         .     N.       14 

„     1 160 

"    9560 

Vetro  . 


-.      ^        )  Argento 
Monete       ,  „ 

Bronzo 


MedagUe  \  ^'^''''''       " 
*        f   Bronzo,  ecc. 

Piombi    .... 

Totale  pezz 


448 

24 

470 
161 


N.   11837 


(i)  Vedi  nella   Varietà  di  questo  stesso  fascicolo. 


5t2  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA 

L'aumento  principale  durante  l'anno  corrente  avvenne 
perii  dono  della  signora  Erminia  Noseda  vedova  Bonacossa,  la 
quale  offriva  alla  Società  la  collezione  di  monete  romane  e 
medioevali  formata  dal  defun'o  suo  marito,  un  complesso  di 
oltre  700  monete  e  medaglie  per  metà  in  argento  e  metà  in 
bronzo.  Il  vostro  Consiglio,  riconoscente  pel  cospicuo  dono, 
propone  all'Assemblea  di  iscrivere  il  nome  della  signora  Er- 
minia Bonacossa  nell'albo  dei  Soci  benemeriti. 

La  nostra  Società  non  ha  solamente  ricevuto  doni  nel 
corrente  dell'anno;  ne  ha  anche  fatti.  Coi  grosso  fondo  delie 
monete  tolemaiche  e  del  basso  impero  che  restavano  e  re- 
stano tuttavia  del  dono  Dattari,  dopo  naturalmente  d'aver 
aggiunto  alle  nostre  collezioni  quanto  vi  mancava,  abbiamo 
formato  delle  piccole  collezioni  di  circa  500  pezzi,  desti- 
nandole ai  Musei  di  Lodi,  Lecco,  Varese,  Siracusa,  Ter- 
radila,  Monza  e  Casale  Monferrato,  e  nell'occasione  del 
Centenario  del  Gabinetto  di  Brera,  anche  la  nostra  Società 
potè  iscriversi  fra  i  benemeriti  che  offrirono  un  ricordo  a 
quel  Museo.  Certo  non  si  trattava  di  monete  molto  impor- 
tanti; ma  fra  quelle  monete  pure  comuni  ve  n'era  un  certo 
numero  di  bellissima  conservazione,  che  entrando  nella  vec- 
chia collezione  di  Brera  portarono  il  loro  lieve  contributo  di 
miglioramento. 

La  Società  tiene  ancora  disponibili  due  Serie  di  queste 
monete  romane  e  tolemaiche,  e  crede  opportuno  far  nota  la 
cosa  ai  suoi  Soci,  per  il  caso  che  essi  conoscessero  qualche 
piccolo  Museo,  a  cui  quelle  monete  potessero  interessare. 

"   La  Rivista   „. 

Poco  abbiamo  a  dire  circa  la  nostra  Rivista,  non  volendo 
ripetere  quanto  dicemmo  gli  anni  scorsi.  Essa  ormai  segue 
la  sua  via  senza  intoppi  e  senza  difficoltà.  Il  materiale  affluisce 
sempre  copioso  e  la  Direzione,  approfittando  dei  mezzi  finan- 
ziarli che  la  generosità  dei  Soci  mise  l'anno  scorso  a  sua 
disposizione,  continua  con  quella  larghezza  che  ora  le  è 
consentita,  a  pubblicare  fascicoli  che  sarebbero  per  mole 
e  per  illustrazioni  superiori  a  quanto  la  Società  ha  l'obbligo 
di  dare. 


atti  della  società  numismatica  italiana  5i3 

Il  \uovo  Museo  Numismatico  di  Milano. 

Era  nostra  speranza  di  potervi  annunciare  nell'odierna 
Assemblea  che  il  voto  da  noi  emesso  lo  scorso  anno  in  questa 
medesima  sala  circa  la  riunione  delle  collezioni  numismatiche 
di  Milano  era  un  fatto  compiuto;  ma  pur  troppo  non  avevamo 
abbastanza  calcolato  sulle  lungaggini  delle  trattative  col  Go- 
verno. Il  Municipio  di  Milano  accolse  favorevolmente  la  nostra 
proposta  e  iniziò  le  trattative  col  ministro  della  P.  I.,  ma 
queste  sono  sempre  in  corso  e  le  cose  frattanto  si  trascinano 
per  le  lunghe.  Da  parte  nostra  non  abbiamo  mancato  e  non 
mancheremo  di  sollecitare  da  una  parte  e  dall'altra,  e  abbiamo 
tutta  la  fiducia  che  le  cose  riusciranno  alla  fine  con  piena 
soddisfazione,  ma  ci  siamo  armati  di  longanimità  e  di  pazienza. 

Del  resto  questo  tempo  di  forzata  attesa  non  fu  total- 
mente perduto.  Furono  intanto  ventilate  e  definite  varie 
questioni  circa  i  locali  che  dovranno  ospitare  il  Museo  Nu- 
mismatico, circa  le  modalità  del  trasporto  e  del  collocamento 
delle  varie  serie,  sul  tipo  dei  nuovi  medaglieri,  sul  modo  di 
disporre  la  biblioteca,  ecc.,  ecc.,  cosicché,  una  volta  conse- 
guite le  sospirate  approvazioni,  in  breve  tempo  si  addiverrà 
alla  esecuzione  del  progetto. 

Bilancio. 

Ed  ora,  venendo  alla  parte  finanziaria,  eccovi  il  Bilancio 
Consuntivo  del  1907: 

Rimanenze  attive  del  1906. 
Quote  da  riscuotere  da  Soci  ed  Abbonati 

pel  1906 L.     170  — 

Fondo  di  cassa   ....  "    6983  — 

L-  7153  — 
Entrate  dell'anno  1907. 
Quote  di  Soci  e  di  Abbonati  alla  Rivista      L.  4780  — 
Interessi  sui  fondo  di  cassa  in  conto  corr.      "      265  65 

L.  5045  65 

Rimanenze  passive. 
Anticipazioni  quote  di  Soci  ed  Abbonati  pel   1908.     .     L.       60  — 

L.  12258  65 

65 


514 


ATTI    DI-  I  LA    SUCIF.TA    NUMISMATICA    ITALIANA 


Da  riportarsi    L.  12258  65 


Rimanenze  passivk  dkl   1906 
Aiilicìpazioiii  quote  tli  Soci  ed  Abbonati  pel   1907.     .     L.       80  — 


Spesk  Di'i.  1907. 


Stampa  tiella  Rivista  e  accessori. 
Fotoincisioni,  eliotipie  e  disegni   . 

Spese  di  Redazione 

Mobili  e  riparazioni 

Segi'eteria 

Custode  dell'  Uflìcio 

Posta 


L    4850 

339 
200   — 

139 
100   — 

•'      100  — 
38    - 


5766 


Rimanenze  attive  al  31   Dicembre  1907. 

(Juote  tla  riscuotere  da  Soci    e    da  Abbo- 
nati pel   1907 L.      120 

Fondo  di  Cassa ..."    6292  65 


!..  6412  65 
L.  12258  65 


Dimostrazione. 


Attività  in  |)nncipio  di  esercizio   .     .     .     .     L.  7153  — 
Passività "        80  — 


L-  7073 


Attività  in  iìne  di  esercizio L.  6412  65 

Passività .     .     .     .      "        60  — 


L.  6352  65 

Diminuzione  di  patrimonio  L.     720  35 

Entrate  dell'anno  1907      ...  .     L.     5045  65 

Spese "      5766  — 

Disavanzo  L.     720  35 


//  Si' spreta  rio  Ainniiinslratore  :  Angelo  Maria  Cornelio, 


ATTI    DKLI.A    SOCIETÀ    NUMISMATICA    ITALIANA  5I5 


Il  nostro  Bilancio  1907  presenta  dunque  un  disavanzo 
di  L.  720.35,  dovuto  esclusivamente  all'aumento  di  spesa 
nella  stampa,  compilazione  e  redazione  delia  Rivista.  Ab- 
biamo però  piena  fiducia  che  i  nostri  Soci  non  vorranno 
farcene  carico  e  approveranno  il  nostro  operato.  Essi  hanno 
potuto  constatare  coi  fatti  clie  già  in  due  occasioni,  quando 
la  nostra  Società  si  è  trovata  in  momenti  un  po'  difTiciii,  un 
nostro  appello  ha  subito  richiamala  su  di  essa  l'attenzione 
di  quelli  che  si  interessano  alle  sue  sorti,  e  che  non  indu- 
giarono un  momento  a  prestarle  aiuto  ed  appoggio.  Questa 
esperienza  è  più  che  sufficiente  per  farci  contmuare  nella 
nostra  via  sicuri  e  fiduciosi  nell'avvenire. 

La  Relazione  morale  e  finanziaria  1907  è  approvata  ad 
unanimità. 

Si  passa  da  ultimo  alia  nomina  di  tre  Membri  del  Con- 
siglio, in  sostituzione  dei  signori:  comni.  Francesco  Giucchi, 
ing.  Emilio  Motta  e  marchese  Carlo  Ermes  Visconti,  sca- 
denti per  anzianità.  1  ere  Consiglieri  uscenti  riescono  eletti 
a  grande  maggioranza. 

Vengono  pure  riconfermate  per  acclamazione  le  cariche 
sociali  in  corso  per  il  1909. 

Alle  ore  16  '/,.  esaurito  l'Ordine  del  Giorno,  i  Vice- 
Presidenti  dichiarano  sciolta  l'adunanza. 


Finito  di  stampare  il  30  Settembre  1908. 
Achille  Martelli,  Gerente  responsabile. 


l«M44M***«*«*****«*«««*«*«*4<IMMt*****t***MtMt** 


FASCICOLO  IV. 


APPUNTI 

DI 

NUMISMATICA    ROMANA 


xc. 
DIVAGAZIONI 

intorno  all'organizzazione  e  al  funzionamento 

DELLA 

ZECCA  IMPERIALE  DI  ROMA 


Zecca  repubblicana  e  zecca  imperiale.  —  Il  tipo  delle  tre 
Monete  sui  medaglioni  de!  terzo  secolo.  —  Funziona- 
mento e  autorità  suprema  della  zecca  imperiale.  —  Divi- 
sione e  rapporti  delle  due  officine,  la  Senatoria  e  l'Im- 
peratoria. —  Controllo  del  Senato.  —  Il  Problema  eco- 
nomico monetario.  —  Le  vecchie  ipotesi  e  la  nuova.  — 
Riabilitazione  della  zecca  imperiale. 

Quando  in  una  scienza  restano  ancora  a  risol- 
vere molti  grossi  problemi,  non  ve  n'ha  alcuno, 
per  piccolo  che  appaia,  che  non  meriti  d'essere  stu- 
diato, perchè  la  sua  soluzione  può  talora  metterne 
in  vista  o  anche  eventualmente  risolverne  qualche 
altro  di  maggior  rilievo. 

Ciò  appunto  mi  avvenne  ultimamente.  Da  pa- 
recchio tempo  il  mio  pensiero  andava  aggirandosi 
intorno  a  un  problema  apparentemente  insignifi- 
cante ;  ma  ben  presto  mi  accorsi  che  le  riflessioni 
che  da  questo  scaturivano,  s'andavano  poco  a  poco 


520  FRANCESCO    GNECCHI 


ramificando  e  ingigantendo  e  mi  portavano  senza 
saperlo  verso  la  soluzione  di  un  altro  di  decisa 
importanza,  il  quale,  per  essere  così  profondamente 
ignorato,  trasse  anche  i  più  acuti  numismatici  a 
giudizi  assolutamenti  falsi,  che  ormai  è  tempo  di 
rettificare. 

Incomincerò  dall' esporre  la  grossa  questione, 
alla  quale  ritorneremo,  dopo  di  essere  passati  per 
la  piccola. 

• 

Il  fatto  parrà  strano  ;  ma,  mentre  ci  è  abba- 
stanza noto  anche  ne'  suoi  particolari  il  funziona- 
mento della  "zecca  romana  durante  il  periodo  repub- 
blicano, ci  è  poco  meno  che  ignoto  quello  che  seguì 
durante  il  periodo  imperiale.  Noi  sappiamo  come 
Roma  repubblicana  affidasse  l'operazione  delia  mone- 
tazione ordinariamente  a  magistrati  speciali,  i  Trium- 
viri o  Quatuorviri  monetarii,  i  quali  duravano  in  ca- 
rica due  anni  ed  erano  a  un  dipresso  quello  che 
noi  ora  chiameremmo  Appaltatori  della  zecca;  straor- 
dinariamente ad  altri  personaggi  già  fungenti  altre 
cariche,  come  Questori  o  Proquestori,  Consoli  o 
Proconsoli,  Prefetti,  Legati,  Edili  curuli  o  plebei,  ecc. 
E  per  di  più  di  tutti  questi  magistrati  ordinarli  o 
straordinarii  preposti  alla  coniazione  dell'oro,  del- 
l'argento e  del  bronzo,  le  monete  ci  conservarono 
la  serfe  completa  dei  nomi,  prenomi  e  anche  so- 
prannomi. 

Sopraggiunto  l'impero,  tutto  quanto  sappiamo 
o  crediamo  di  sapere  si  riduce  al  fatto  che  Augusto 
assegnò  al  Senato  la  coniazione  del  bronzo,  avo- 
cando a  sé  quella  dell'oro  e  dell'argento.  Del  resto  a 
noi  è  quasi  completamente  ignoto  come  il  lavoro  pro- 
cedesse, quale  fosse  l'autorità  diretta  da  cui  dipen- 
devano le  due  zecche  o  i  due'  rami  della  zecca,   né 


ZECCA    IMPERIALE    DI   ROMA  52 1 

quale  estensione  precisamente  avessero  i  diritti  del 
senato  e  quelli  dell'  imperatore.... 

Noi  non  sappiamo  quanti  o  quali  fossero  i  ma- 
gistrati preposti  alla  monetazione,  quanto  tempo  du- 
rassero in  carica,  quali  fossero  le  loro  mansioni, 
quali  limiti  avesse  il  loro  potere,  e  neppure  sap- 
piamo come  fossero  chiamati.  Ignoriamo  pure  chi 
fosse  l'ispiratore  e  l'arbitro  dei  tipi  monetari,  se 
r  imperatore  stesso  e  il  senato   oppure  i  magistrati. 

Nessuno  si  accinse  con  qualche  serietà  di  studi 
a  sollevare  il  velo  di  tante  incognite  ;  cosa  del  resto 
assai  difficile,  stante  la  mancanza  assoluta  di  docu- 
menti. Gli  storici,  che  talvolta  abbondano  in  parti- 
colari di  scarsissimo  interesse,  pare  si  siano  data  la 
parola  di  non  occuparsi  mai  di  un  argomento  così 
importante  quale  il  funzionamento  e  l'organizzazione 
di  queir  istituto  che  doveva  fornire  tutta  la  circola- 
zione monetaria  del  vastissimo  impero,  vale  a  dire 
del  mondo  ;  cosicché  in  tutto  il  complesso  della  ro- 
mana letteratura  non  troviamo  che  pochissime  frasi 
e  poche  parole  riferentisi  alle  monete,  le  quali,  colte 
al  volo,  isolatamente,  bene  spesso  sono  più  atte  a 
trarre  in  inganno  che  non  a  dare  effettivi  schiarimenti. 

In  tale  stato  di  cose,  lo  studio  non  può  essere 
rivolto  che  ai  monumenti,  i  quali,  quantunque  pur 
troppo  sotto  l'impero  ci  dicono  assai  meno  che  non 
sotto  la  repubblica,  possono  però  dire  qualche  cosa 
di  più  di  quanto  dissero  finora. 


Fatta  così  l'esposizione  della  grossa  questione 
accennerò  a  quella  piccolissima  che  fu  il  punto  di 
partenza.  Tutti  sanno  come  il  tipo  più  comune  e 
persistente  dei  medaglioni  d'argento  e  di  bronzo 
durante  il  terzo  secolo  sia  quello  delle  tre  Monete 
colla  leggenda  MONETA  AVG  (o  AVG-G)  oppure  coll'al- 


522 


FRANCESCO    GNECCHI 


tra  AEQVITAS  AVO  (o  PVBLICA).    Si    tratta   di   trovare 
il  perchè  di  questa  persistenza. 

Io  m'ero  lungamente  torturato  il  cervello,  senza 
venire  a  capo  di  nulla,  quando  finalmente  la  mia 
mente  si  incamminò  in  un  ordine  di  idee,  che,  mentre 
mi  pare  dia  una  spiegazione  soddisfacente  del  caso 
specifico,  apre  un  nuovo  orizzonte  alla  questione 
principale  più  sopra  accennata. 


È  ormai  generalmente  ammesso  che  il  meda- 
glione di  bronzo  emanava  direttamente  dall'  impera- 
tore, al  quale  specialmente  sono  riferiti  i  tipi  che 
formano  i  soggetti  dei  rovesci.  Questi  sono  svaria- 
tissimi  fino  dal  principio  sotto  Adriano  ;  la  loro  va- 
rietà va  aumentando  sotto  gli  Antonini  e  raggiunge 
il  punto  culminante  sotto  il  regno  di  Commodo  ; 
dopo  il  quale  va  gradatamente  diminuendo. 

Fra  i  numerosissimi  tipi  creati  da  quest'ultimo 
imperatore  v'ha  anche  quello  delle  tre  Monete,  che 
non  ebbe  l'onore  d'essere  continuato  dai  suoi  imme- 
diati successori  (').  Ma,  sotto  il  nome  di  Giulia  Domna 
e  dei  figli  di  Severo,  lo  vediamo  risorgere  in  argento 
ed  essere  continuato  senza  interruzione   fino   a  Vo- 


(i)  Lascio  questo  periodo  quale  lo  scrissi  in  luglio  al  Masino,  perchè 
mi  parrebbe  di  commettere  una  specie  di  falso,  innestandovi  un  fatto 
che  a  quella  data  non  era  a  mia  cognizione;  ma  da  allora  in  poi  occorre 
una  rettifica.  Passando  per  Vienna  ai  primi  di  settembre,  ebbi  il  piacere 
di  essere  presentato  dal  col.  Voetter  al  signor  Trau,  il  quale  mi  permise 
di  vedere  la  grande  collezione  romana  fatta  da  suo  padre.  Fra  le  molte 
cose  belle,  nuove  e  interessanti  vi  scopersi  un  medaglione  sconosciuto 
di  Lucio  Vero,  al  cui  rovescio  figurano  le  tre  Monete.  Non  è  dunque  a 
Commodo,  come  generalmente  si  vede,  che  va  attribuita  la  paternità  di 
questo  tipo,  bensì  a  Lucio  Vero,  il  cui  medaglione  precede  quello  di 
Commodo  di  circa  un  quarto  di  secolo.  Noto  poi,  come  particolarità  unica, 
che  il  medaglione  di  L.  Vero  colle  tre  Monete,  al  rovescio,  e  anepigrafo. 

Milano,  settembre  1908. 


ZECCA    IMPERIALE    DI   ROMA  §2^ 

lusiano.  Volusiano  e  Gallieno  ne  coniano  in  argento 
e  in  bronzo,  poi  il  tipo  passa  definitivamente  al 
bronzo  ;  ma  prende  il  sopravvento  e  con  una  efflo- 
rescenza, senza  precedenti,  diventa  il  tipo  predomi- 
nante durante  tutto  il  terzo  secolo,  mentre  gli  altri 
tipi  non  compaiono  più  che  eccezionalmente. 

Quale  scopo,  quale  interesse  poteva  avere  l'im- 
peratore nella  ripetizione  tanto  abbondante  di  questo 
tipo  ?  Ecco  il  problema. 

Col  decadere  dell'impero  gli  avvenimenti  glo- 
riosi, sia  civili  che  militari,  andavano  diminuendo, 
come  andavano  diminuendo  le  opere  pubbliche  e  i 
pubblici  monumenti  meritevoli  d'essere  ricordati,  e 
veniva  cosi  a  mancare  la  materia  pei  tipi  dei  meda- 
glioni; ma  questo  non  basta  a  dare  la  ragione  del- 
l'introduzione e  dell'insistenza  d'un  tipo,  che  nulla 
aveva  a  che  fare  colla  persona  dell'imperatore. 

Se  si  fosse  trattato  unicamente  di  trovare  un 
tipo  comune  e  banale,  quale  riempitivo  quando  non 
c'erano  fatti  speciali  da  ricordare,  non  sarebbe  stato 
difficile  ricorrere  a  una  Vittoria,  a  una  Pace,  a  una 
Felicità,  alla  semplice  figura  dell'  imperatore,  oppure 
a  qualche  allegoria  o  a  qualche  simbolo,  come  so- 
vente si  fece  anche  per  le  monete  ;  ma,  se  questo 
non  si  fece  e  si  adottò  invece  implacabilmente  il 
tipo  delle  tre  Monete,  una  ragione  ci  doveva  però 
essere  ed  ecco  con  qual  processo  di  idee  mi  par- 
rebbe di  ritrovarne  la  spiegazione. 

Il  fatto  di  un  tipo  nuovo,  o  se  non  completa- 
mente nuovo,  di  un  tipo  che  viene  messo  abbondan- 
temente in  circolazione,  mi  fa  supporre  che  una 
nuova  classe  di  persone  fosse  stata  allora  ammessa 
alla  distribuzione  di  tale  munificenza  imperiale  e 
l'essere  questo  nuovo  tipo  emesso  in  argento,  mentre 
questo  metallo  fino  a  quest'epoca  non  era  usato  che 
eccezionalmente  pei  medaglioni,  mi  fa  supporre  che 


524  FRANCESCO   ÒNECCHtl 


la  nuova  classe  fosse  diversa  da  quella  cui  erano 
destinati  i  medaglioni  di  bronzo.  Questi  ultimi,  che 
conservavano  ancora  i  tipi  antichi  e ,  per  quanto 
l'epoca  lo  consentiva,  l'arte  antica,  erano  sempre 
riservati  ai  grandi  personaggi,  cui  si  intendeva  dare 
piuttosto  un  ricordo  artistico  che  non  un  valore  in- 
trinseco. I  medaglioni  d'argento  dal  nuovo  tipo  co- 
stante, erano  invece  riservati  alla  nuova  classe, 
forse  di  magistrati  (e  ve  ne  doveva  essere  un  gran 
numero  nella  zecca  stessa),  a  cui  l'imperatore  inten- 
deva anche  largire  un  effettivo  valore. 

Bisogna  qui  ricordare  come  il  valore  dell'ar- 
gento a  questa  epoca  —  e  l'argento  dei  medaglioni  è 
assai  migliore  di  quello  delle  monete  contemporanee  — 
fosse  molto  alto,  essendo  piij  che  raddoppiato  dai 
primi  anni  dell'  impero,  come  vedremo  più  tardi. 

Con  ciò  si  sarebbe  data  una  sufficiente  spiega- 
zione dell'inizio  della  nuova  serie  in  argento,  la  quale 
poi  degenera  più  tardi  nel  bronzo  e  sarebbe  anche 
spiegata  l'abbondanza  e  la  durata  di  questa  serie. 
Resta  a  dare  una  ragione  del  tipo  prescelto. 


La  graduale  diminuzione  degli  antichi  tipi  e  la 
introduzione  del  nuovo  non  avviene  in  modo  rapido 
e  neppure  deciso  e  completo  e  il  nuovo  non  sop- 
prime completamente  l'antico.  Non  possiamo  dunque 
pensare  a  un  cambiamento  avvenuto  nell'ordinamento 
della  zecca  ed  è  assai  più  naturale  ritenere  che  le 
stesse  norme  siano  sempre  state  in  vigore;  che  cioè 
l'emissione  dei  medaglioni,  qualunque  essi  fossero, 
e  conseguentemente  anche  dell'oro  e  dell'argento, 
sia  sempre  stata  devoluta  alla  medesima  autorità. 

Ora  sta  a  vedere  quale  veramente  fosse  questa 
autorità,  se  quella  diretta  dell'imperatore,  oppure 
quella  dell'ente   quasi   autonomo   della   zecca   impe- 


ZECCA    IMPERIALE    DI    ROMA  525 

riale.  È  una  sfumatura  di  concetto  ;  ma,  se  noi  am- 
mettiamo la  seconda  ipotesi,  tutto  ci  si  spiega  assai 
meglio.  I  medaglioni  dal  tipo  delle  tre  Monete,  emessi 
dall'officina  monetaria,  e  forse  anche  da  questa  di- 
stribuiti, trovano  la  loro  spiegazione  esauriente,  por- 
tando nel  simbolo  dei  tre  metalli  monetati  l'emblema 
della  zecca  stessa.  Non  si  sarebbe  potuto  scegliere 
un  tipo  meglio  adatto;  e  così  dicasi  dei  medaglioni 
portanti  la  scritta  :  MONETA  VRBIS  VESTRAE,  non  che 
quelli  che  evidentemente  l'officina  monetaria  offre 
agli  imperatori  durante  la  tetrarchia  colla  dedica  : 
MONETA  lOVI  ET  HERCVLI  AV&&. 

Per  di  più  poi,  anche  tutti  gli  altri  tipi  di  me- 
daglioni sembrano  dal  più  al  meno  rispondere  assai 
meglio  a  questa  idea,  che  non  a  quella  di  una  ema- 
nazione diretta  dall'imperatore. 

E  basterà  citare  come  esempio  il  tipo  d'augurio 
nei  medaglioni  d'Adriano,  ove  è  rappresentata  la 
corona  civica  colla  leggenda  SPQR  AN  FF  HADRIANO 
AV&VSTO  P  P,  quello  laudatorio  d'Antonino  SPQR 
AMPLIATORI  CIVIVM  o  MVNIFICENTIA,  l'altro  augurale  di 
Commodo  con  PIO  IMPERATORI  OMNIA  FELICIA  e  i  molti 
adulatori  di  Commodo  stesso,  ove  l' imperatore  è 
raffigurato  sotto  le  spoglie  di  Ercole  HERCVLI  ROMANO 
AVG-,   HERCVLI  COMMODIANO  AV&. 

E  forse  meglio  si  spiegano  anche  i  tipi  dei 
bronzi  semplici,  privi  delle  lettere  S  C  <"  i  quali  per 
la  massima  parte  corrispondono   ai    tipi    senatoriali. 


(i)  Al  quale  proposito  cade  qui  in  acconcio  un'osservazione  su  di 
una  frase  che  trovo  nel  Moininsen,  e  che  mi  sembra  errata  nel  fatto 
come  nel  concetto  o,  per  dire  più  precisamente,  nell'interpretazione. 
Mommsen  (trad.  Blacas,  voi.  Ili,  pag.  ii)  dice:  "  Una  sola  volta,  a 
"  quanto  pare,  Nerone  si  provò  ad  usurpare  questo  diritto  (di  coniare 

*  ii  bronzo);  ma  il  suo  tentativo  non  ebbe  seguito.  Le  lettere  SC  evi- 
"  dentemente  destinate  a  constatare  il  diritto  del  Senato  e   distinguere 

*  la  moneta  di  bronzo  dell'impero  romano  da  quella  delle  provincie  e 
"  delle  città,  si  vedono  a  partire  da  quest'epoca  su  tutti  i  pezzi  coniati 

76 


526  FRANCESCO     GNECCHI 


Era  dunque  il  magistrato  preposto  alla  zecca, 
o  l'autorità  suprema  di  questa  che  sceglieva  e  deci- 
deva i  tipi  tanto  delle  monete  quanto  dei  medaglioni, 
vale  a  dire  tanto  per  l' imperatore  come  pel  senato, 
ai  quali  probabilmente  era  riservata  l'approvazione; 
e  così  la  zecca  imperiale  di  Roma,  presa  nel  suo 
complesso,  ossia  nei  due  grandi  rami,  avrebbe  avuto 
un  funzionamento  molto  analogo  a  quello  dei  tempi 
repubblicani;  anzi  ne  sarebbe  stata  la  naturale  con- 
tinuazione, però  con  due  differenze  essenziali. 


Nella  zecca  repubblicana  l'importante  mansione 
era  completamente  affidata  ai  magistrati  monetarii,  i 
quali,  sebbene  sotto  l'alta  sorveglianza  del  Senato  e 
dei  Consoli,  avevano  però  una  grande  libertà  d'azione. 
Riservato  il  dritto  delle  monete  alla  divinità  —  in- 
tendo del  danaro  d'argento,  perchè  il  bronzo  continuò 
sempre  coi  tipi  primitivi  —  il  rovescio  era  a  dispo- 
sizione del  magistrato,  che  vi  metteva  il  suo  nome, 
il  suo  monogramma  o  un  simbolo  o  una  allegoria  o 


"  a  Roma  „.  E  a  conferma  ripete  nel  quadro  cronologico  (Voi.  3.° 
pag.  482)  agli  anni  54-68  :  "  Usurpazione  passeggiera  del  diritto  sena- 
toriale di  coniare  il  bronzo  „. 

Ora  in  via  di  fatto  non  è  punto  vero  che  Nerone  sia  stato  il  solo 
imperatore  che  abbia  coniato  moneta  di  bronzo  (senza  S  C).  Di  lui  ne 
abbiamo  parecchie,  l'Adlocutio,  la  Decursio,  l'Annona,  la  Domus  aurea 
ed  altri  tipi.  Ma  Nerone  non  fu  il  solo  e  neppure  il  primo.  Anterior- 
mente abbiamo  alcuni  bronzi  di  Caligola,  d'Agrippina  madre  e  di  Claudio, 
posteriormente  poi  ne  possediamo  una  numerosissima  serie  che  da 
Galba,  Vitellio,  Vespasiano  prosegue  con  pochissime  interruzioni  fin  che 
dura  la  coniazione  del  Senato. 

Ora  si  vorrà  dire  che  tutte  queste  furono  usurpazioni  o  tentativi 
di  usurpazione  dei  diritti  del  Senato  per  parte  dell'imperatore?  Tale 
affermazione  confinerebbe  coU'assurdo  ed  è  forza  ammettere  che  Au- 
gusto, quando  nel  739  avocò  a  sé  il  diritto  di  conio  sull'oro  e  sull'ar- 
gento, si  sia  pure  riservato  quello  di  coniare  anche  del  bronzo  quando 
le  circostanze  lo  richiedessero.  Difatti,  come  si  è  accennato,  e  come  i 
monumenti  sono  là  a  provarci,  l'imperatore  si  è  quasi  sempre  valso  di 
tale  diritto,  non  solo  per  coniare  i  medaglioni,  ma  anche  per  coniare, 
in  misura  più  o  meno  sensibile,  del  bronzo  in  pezzi  comuni. 


ZECCA   IMPERIALE    DI    ROMA  527 

una  rappresentazione  qualunque  riferentesi  alle  gesta 
storiche,  allegoriche  o  leggendarie  che  illustravano 
la  sua  famiglia. 

Durante  l'impero,  invece,  il  dritto  delle  monete 
d'ogni  metallo  è  esclusivamente  riservato  all'effigie 
imperiale  e  il  rovescio  è  a  disposizione  del  magi- 
strato zecchiere,  purché  però  vi  rappresenti  un  tipo 
relativo  alla  divinità  o  ai  fasti  dell'impero. 

Il  magistrato  quindi,  che  figurava  sempre  nelle 
monete  repubblicane,  scompare  affatto  nelle  monete 
imperiali  di  Roma  '"  e  a  noi  quindi  resta  completa- 
mente ignoto. 

La  seconda  differenza  importantissima  è  che, 
mentre  la  zecca  repubblicana  era  unica  sotto  la  di- 
rezione del  Senato  che  coniava  l'argento  e  il  bronzo, 
affidando  la  coniazione  dell'oro  ai  comandanti  mili- 
tari; la  zecca  imperiale  era  divisa  in  due  officine  ben 
distinte:  officina  imperatoria,  cui  erano  addetti  gli 
OJficinatores  monetae  aurariae  et  argentariae  Caesaris 
nostri  e  officina  senatoria  pel  bronzo.  Tutta  la  mo- 
netazione poi  era  sottoposta  a  un  unico  Exactor 
auri,  argenti,  aeris,  al  quale  era  devoluto  il  controllo 
generale,  onde  evitare  ogni  possibile  abuso,  sia  da 
parte  dell'Imperatore,  sia  da  parte  del  Senato. 

Le  due  zecche,  l'imperatoria  e  la  senatoria,  pro- 
cedevano sempre  d'accordo,  come  risulta  dal  fatto 
che  la  maggior  parte  delle  emissioni  offrono  i  me- 
desimi tipi  per  tre  metalli.  Anzi  tale  evidente  e  co- 
stante armonia,  l'identità  sovente  ripetuta  dei  tipi 
sulle  monete  dei  Senato  e  su  quelle  dell'Imperatore,  la 
ripetizione  di  qualche  tipo  del  bronzo  comune  sena- 
torio sui  medaglioni  imperatorii,  e  altre  concomitanze, 
unite  al  fatto  di  un  unico  supremo  controllore,  per- 
mettono forse  di  andare  anche  più  in  là  nelle  suppo- 


(i)  Quantunque  continui  a  figurare  sulle  monete  delle  città. 


528  FRANCESCO   GNECCHI 


sizioni  sulla  sua  organizzazione,  e,  invece  delle  due 
zecche  distinte,  ci  presentano  come  possibile  l'esi- 
stenza di  una  zecca  unica,  in  una  sola  o  in  diverse 
località,  con  una  o  più  officine  poco  importa,  la  quale, 
sotto  l'unica  direzione  del  Proctirator  Monetae  Angusti, 
lavorava  contemporaneamente  per  l'Imperatore  e  pel 
Senato.  S'intende  che  essa  coniava  per  conto  del- 
l'Imperatore l'oro  e  l'argento  e  una  porzione  di 
bronzo;  mentre  per  conto  del  Senato  apprestava  la 
grande  massa  del  bronzo  per  l'ordinaria  circolazione 
ed  eventualmente,  in  date  circostanze,  anche  una 
piccola  parte  di  monete  d'oro  e  d'argento  ('). 

Le  due  produzioni,  qualunque  ne  fosse  il  metallo, 
erano  costantemente  distinte  l'una  dall'altra  dalla  pre- 
senza o  dalla  mancanza  delle  lettere  S  C  ^^\ 


Data  questa  orientazione  ed  ammessa  una  auto- 
rità tutoria  in  certo  modo  indipendente  nelle  conia- 
zioni della  zecca  imperiale,  abbiamo  anche   la   spie- 


(i)  Così  vien  data  ragione  sia  delle  monete  d'oro  coniate  dal  Senato 
al  tempo  del  triumvirato,  sia  di  quelle  in  argento  coniate  durante  l'in- 
terregno di  Galba  e  probabilmente  anche  di  quelle  che  in  epoca  poste- 
riore portano  la  sigla  S  C,  sia  in  argento  che  in  oro,  senza  ricorrere 
ad  altre  supposizioni  più  difficili  e  meno  probabili. 

(2)  Per  quanto  di  poca  importanza  fosse  l'emissione  del  bronzo  im- 
periale nei  moduli  comuni  e  quindi  propriamente  come  moneta  corrente 
e  andasse  in  seguito  diminuendo  e  quasi  cessando  nel  secondo  secolo 
per  riaversi  alquanto  sotto  Gallieno,  la  distinzione  netta  e  precisa  delle 
due  provenienze  era  opportuna,  anzi  necessaria  non  solo  al  momento 
dell'emissione,  perchè,  se  data  in  dono  al  popolo,  portasse  la  marca  del 
donatore;  ma  principalmente  al  momento  della  sua  estinzione,  quando 
cioè  un  tipo  di  moneta  o  la  moneta  di  una  data  epoca  fosse  ritirata 
dalla  circolazione,  onde  regolare  i  conti  delle  due  amministrazioni. 
Date  a  Cesare  quello  che  è  di  Cesare,  ed  al  Senato  quello  che  è  del 
Senato.  Ciò  nel  caso  generalmente  ammesso  che  veramente  vi  fossero 
due  amministrazioni  distinte  e  che  la  coniazione  dell'oro  e  dell'argento 
fosse  affare  dell'  imperatore  e  quella  del  bronzo  dello  stato.  Ma,  siccome 
di  ciò  non  abbiamo  alcuna  prova,  io  non  sarei  lontano  dall'ammettere 
che  la  divisione  non  fosse  che  morale  e  che  tutta  la  monetazione  nei 
tre  metalli  fosse  fatta  per  conto  dello  Stato. 


ZECCA    IMPERIALE   DI   ROMA  529 

gazione  della  costante  dignità  in  cui  si  mantenne  la 
monetazione  romana  nell'oro,  nell'argento  e  anche  nei 
medaglioni  fsalvo  le  poche  e  lievi  eccezioni  che  ab- 
biamo notate  nell'appunto  n.  LXXXVI)  mentre,  se  la 
imperiale  fosse  stata  alla  dipendenza  personale  del- 
l'imperatore, non  sapremmo  dire  a  quale  livello  sa- 
rebbe sceso  in  fatto  di  tipi  l'oro  e  l'argento  romano 
ai  tempi  per  esempio  di  Caligola,  di  Commodo,  di 
Caracalla  e  di  molti  altri  imperatori.  Furono  i  su- 
premi magistrati  della  zecca  imperiale  e  di  quella 
del  Senato  che,  sempre  in  buon  accordo,  facendo 
argine  all'infierire  di  tutte  le  peggiori  influenze,  sep- 
pero mantenere  costantemente  alto  ed  illibato  il  de- 
coro della  monetazione  romana. 


Ma  l'accordo  costante  delle  due  zecche,  reso  ne- 
cessario dal  controllo  generale  che  esercitava  Vexac- 
tor,  e  che  avrebbe  esercitato  anche  da  solo  il  Senato 
sulla  zecca  imperatoria,  porta  a  conseguenze  ben 
più  importanti  di  quella  ora  accennata. 

Se  vi  era  continuo,  come  lo  constatiamo  dai 
monumenti,  l'accordo  nelle  emissioni  e  nei  tipi,  a  più 
forte  ragione  è  a  ritenersi  che  si  dovesse  mantenere 
continuamente  esatto  il  rapporto  fra  il  valore  dei  di- 
versi metalli. 

È  questo  il  punto  importantissimo,  il  punto  ca- 
pitale, vale  a  dire  il  punto  econoinico,  quello  a  cui 
prima  di  tutto  deve  essere  rivolta  l'attenzione  degli 
studiosi  che  intendono  penetrare  nella  cognizione  di 
un  fatto  eminentemente  economico,  quale  è  la  storia 
di  una  monetazione. 

I  numismatici,  invece,  dopo  d'essersi  occupati 
colla  maggiore  ampiezza  della  parte  artistica,  mito- 
logica, archeologica  dell'argomento,  non  solo  non 
valutarono  il  "lato  economico  della  questione  alla  sua 


530  TRANCESCO    GNECCHI 


giusta  portata  <^');  ma  lo  trascurarono  affatto,  limitando 
per  conseguenza  i  loro  giudizii  e  i  loro  apprezza- 
menti ai  risultati  delle  apparenze  esteriori,  di  modo 
che,  applicando  loro  un  bel  verso  dell'Ariosto,  si  può 
dire  che  hanno  studiata  la  questione 

In  ogni  parte  fuor  ch'ove  bisogna. 


È  notorio  come  il  danaro  d'argento  dal  principio 
dell'impero  in  poi  vada  mano  mano  declinando.  Co- 
niato sotto  Augusto  coir  intrinseco  di  circa  98  7o' 
questo  scende  a  84  7»  sotto  Adriano,  e  74  7„  sotto 
M.  Aurelio,  a  50  "/^  sotto  i  Severi,  al  qual  punto  mi 
fermo,  bastandomi  questo  periodo  per  quanto  intendo 
dimostrare;  ma  la  stessa  dimostrazione  varrà  egual- 
mente pel  seguito,  anzi  sarà  più  interessante  spe- 
cialmente al  tempo  di  Gallieno,  la  cui  monetazione 
è  ancora  un  problema  inesplorato. 

Dal  fatto  accennato  considerato  isolatamente,  i 
numismatici  dedussero  come  conseguenza  necessaria 
che,  la  storia  della  monetazione  romana,  non  è  che 
una  sequela  di  frodi  e  di  arbitrii  da  parte  dell'impe- 
ratore, il  quale  imponeva  ai  suoi  popoli  una  moneta 
fiduciaria  a  corso  forzoso. 

Tale  leggenda,  una  volta  enunciata  venne  ac- 
cettata senza  controllo  da  tutti  quelli  che  in  seguito 
si  occuparono  o  dissero  occuparsi  dell'argomento  e, 
pappagallescamente  ripetuta  da  tutti  —  compren- 
dendo, ben  inteso,  fra  questi  anche  chi  scrive  queste 
righe  (Vedi  suo  Manuale),  —  assunse  la  forma  d'as- 
sioma e  s'impose  alla  generalità  (2). 


(i)  Anche  il  Moinmsen  non  porta  alcuna  nuova  luce  in  argomento. 
Vede  come  hanno  visto  i  suoi  predecessori  e  non  è  il  caso  di  citazioni, 
perchè  converrebbe  citare  gli  interi  capitoli  che  parlano  della  moneta 
imperiale.  Basti  dire  che  nell'argento  tende  sempre  a  vedere  una  moneta 
fiduciaria. 

(2)  E  del  resto  col  sistema  dell'arbitrio  in  seguito  a  strettezze  finan- 


ZECCA    IMPERIALE    DI   ROMA  5^1 


Ora  invece,  pure  ammettendo  che,  come  avvenne 
presso  tutte  le  nazioni,  in  momenti  eccezionali  di  di- 
sastri e  di  strettezze,  anche  l'impero  romano  possa 
aver  ricorso  a  qualche  espediente  meno  corretto,  a 
me  pare  che  quanto  siamo  andati  esponendo,  lontano 
dal  provare  una  serie  di  frodi  sistematiche,  conduca 
a  conclusioni  ben  diverse,  questione  di  tener  conto 
di  tutti  i  fatti  concomitanti  e  non  di  uno  solo. 

Riassumendoli,  i  fatti  sono  questi.  Le  due  zecche 
del  Senato  e  dell'Imperatore  lavorano  sempre  paral- 
lelamente e  armonicamente  sotto  il  regime  di  un 
unico  controllo.  Nello  stesso  tempo  ci  si  presenta  il 
fenomeno  che,  mentre  nei  due  secoli  che  corrono  da 
Caligola  a  Caracalla,  l'intrinseco  del  danaro  va  con- 
tinuamente scemando,  fino  a  raggiungere  la  metà  di 
quanto  era  da  principio,  la  moneta  di  bronzo  —  e 
questo  è  il  fatto  di  cui  non  si  tenne  conto  —  con- 
tinua ad  essere  coniata  in  peso  quasi  inalterato  <^). 

Dai  sostenitori  dell'abuso  imperiale  non  si  è  pen- 
sato che  ciò  presupponeva  l'assurdo  di  uno  stato 
cronico  di  malessere  economico  e  di  fallimento  ai  più 
bei  tempi  dell'impero.  Non  si  è  pensato  che  tale 
teoria  equivaleva  a  giudicare  i  piùi  grandi  imperatori, 
Trajano,  Adriano,  gh  Antonini,  i  Severi  alla  stregua 


ziarie  vennero  finora  spiegate  le  successive  riduzioni  dell'asse  durante 
il  periodo  repubblicano,  riduzioni,  che,  secondo  me,  non  possono  avere 
questa  spiegazione  che  in  pic<;oia  parte,  mentre  in  ben  altre  cause  è  a 
ricercarsi  quella  delle  maggiori. 

(I)  Difatti  il  sesterzio  da  una  media  reale  di  circa  25  grammi  e 
mezzo  (il  peso  legale  avrebbe  dovuto  essere  27.50)  al  principio  dell'ac- 
cennato periodo,  passando  per  oscillazioni  trascurabili,  in  più  o  in  meno, 
si  ritrova  ancora  alla  fine  con  un  peso  medio  di  poco  inferiore  a  25 
grammi.  Aggiungiamo  che  anche  la  piccola  monetazione  imperatoria  di 
bronzo  è  sempre  in  armonia  a  quella  del  Senato,  e  il  peso  dei  meda- 
glioni —  se  si  vuol  tenere  conto  anche  di  questi  —  va  piuttosto  au- 
mentando. 


532  FRANCESCO    GNECCHI 


di  principotti  medioevali  viventi  di  rapina  ed  eserci- 
tanti il  mestiere  del  falsario  e  il  popolo  romano  un 
popolo  imbelle  che  senza  reagire  tollerava  per  secoli  i 
soprusi  e  le  ladrerie  imperiali  (0.  Non  si  è  pensato  che 
VAequitas  o  la  Moneta,  tante  e  tante  volte  rappresen- 
tata non  solo  sui  medaglioni,  ma  sulle  monete  cir- 
colanti in  tutti  i  metalli,  sarebbe  stata  un'ironia  e  direi 
quasi  una  burla,  Non  si  è  pensato  infine  che,  se  è 
presto  detto  :  «  l' imperatore  emetteva  una  moneta 
calante  e  l'imponeva  »,  non  è  altrettanto  facile  pro- 
vare che  ciò  fosse  possibile  nella  pratica. 

Siamo  nel  caso,  si  parva  licct  componere  magnis, 
del  grande  cancelliere  Antonio  Ferrer,  quando  si 
trovava  a  governar  Milano  durante  la  carestia  del 
1628.  «  Costui  vide  »,  dice  Manzoni.  «  E  chi  non 
«  l'avrebbe  veduto?  che  Tessere  il  pane  a  un  prezzo 
«  giusto  è  per  se  cosa  molto  desiderabile;  e  pensò, 
«  e  qui  lo  sbaglio,  che  un  suo  ordine  potesse  bastare 
«  a  produrlo  ».  —  L'imperatore  romano,  per  grande 
che  fosse  il  suo  potere,  si  sarebbe  trovato  nella  me- 
desima condizione  del  povero  cancelliere  spagnuolo 
e,  se  avesse  tentato  di  andar  contro  l'andamento  na- 
turale delle  cose,  avrebbe  fatto,  come  lui,    un   buco 


(i)  In  appoggio  all'opinione  mia  personale  sulla  lealtà  romana,  ci- 
terò le  seguenti  frasi  di  Enrico  Cohen  nella  Introduzione  alla  sua  De- 
scrizione storica  delle  monete  imperiali  (I  ed.,  tomo  I,  pag.  XX):  "  Enfin 
"  ce  qui  ressort  le  plus  vivement  de  ces  conclusions,  c'est  que  le  peuple 
"  romain  était  aussi  admirable  par  sa  probité  que  par  sa  magnificence, 
"  son  courage  et  son  patriotisme.  Deux  deniers  de  Septime  Sevère  dif- 
"  fèrent  entre  eux  de  gr.  1.385,  ce  qui  represente  4  fr.  70  e.  Quel  est 
"  parmi  les  états  modernes,  dont  les  habitants  se  vantent  le  plus  de 
"  leur  civilisation  et  de  leur  attachement  au  bien  public,  celui  où  le 
"  denier  de  gr.  7.58  ne  serait  pas  fondu  ainsi  que  ces  pareils,  et  le 
"  denier  de  gr.  6.22  livré  Seul  à  la  circulation  ?  „ 

Difatti,  quattordici  secoli  più  tardi  non  bastavano  le  pene  severis- 
sime, compresa  quella  di  morte,  a  frenare  l'avidità  dei  tosatori  di  mo- 
nete. E  ancora  in  tempi  assai  più  recenti  e  più  civili,  tempi  che  pa- 
recchi oggi  viventi  possono  ricordare,  nelle  banche  si  pesavano  accu- 
ratamente le  monete  una  ad  una  e  tutte  quelle  che  superavano  il  minimo 
tollerato  si  mandavano  al  crogiuolo  ! 


ZECCA   IMPERIALE   DI  ROMA  533 

nell'acqua.  Il  popolo  non  avrebbe  mai  accettata  alla 
pari  una  moneta  di  valore  inferiore  ad  un'altra,  che 
pure  circolava  sul  mercato  in  grande  abbondanza  e 
che  anche  a  questi  tempi  si  poteva  impiegare  nei  paga- 
menti. Avrebbe  certamente  abbandonato  il  danaro  de- 
prezzato (•)  e  si  sarebbe  rivolto  al  bronzo.  E  il  Senato, 
il  rigido  coniatore  del  bronzo,  che  da  parte  sua  man- 
teneva scrupolosamente  gli  assunti  impegni,  avrebbe 
tollerato,  avrebbe  potuto  tollerare  simile  sopruso? 
Mai  più.  Avrebbe  reagito  con  tutta  energia,  e,  quando 
non  gli  fosse  stato  possibile  fronteggiare  la  prepotenza 
imperiale,  avrebbe  dovuto  per  necessità  ricorrere  al- 
l'estremo espediente  di  ridurre  proporzionalmente  il 
peso  delle  monete  di  bronzo.  Altrimenti  si  sarebbe 
veduto  a  poco  a  poco  elevarsi  il  valore  del  sesterzio 
di  bronzo  in  confronto  del  danaro  avvilito,  finché  al 
danaro  di  Caracalla  non  sarebbero  più  corrisposti 
quattro  sesterzi,  ma  due  solamente.  —  Ciò  non  av- 
venne punto,  come  non  si  verificò  nessuno  dei  casi 
sopra  accennati;  il  che  vuol  dire  che  le  cose  impos- 
sibili non  succedono,  che  le  leggi  economiche  note 
o  ignote  seguono  inesorabilmente  il  loro  corso  e  che 
le  induzioni  fatte  sono  prive  di  fondamento. 


Al  fenomeno  bisogna  dunque  trovare  un'  altra 
spiegazione  e  la  legge  economica  ce  la  offre  sempli- 
cissima. —  Due  merci  A  e  B  erano  originariamente 
sul  mercato  e  stavano  fra  loro  nel  rapporto  di  i  a 
4,  vale  a  dire  (perchè  qui  non  si  tratta  del  rapporto 
vero  da  metallo  a  metallo,  ma  semplicemente  di 
quello  fra  moneta  e  moneta)  un  Danaro  d'argento 
equivaleva  a  quattro  Sesterzi  di  bronzo,  A  =4  B.  Col 


(l)  La  storia  dell'Assegnato  francese  ci  insegna  quello  che  sarebbe 
avvenuto  del  denaro  romano. 


68 


534  FRANCESCO    GNECCHI 


progredire  del  tempo  le  vicende  del  mercato  univer- 
sale andarono  spostando  tale  rapporto,  finche  a  un 
certo  punto,  dato  che  non  si  fosse  preso  alcun  prov- 
vedimento, l'intrinseco  d'argento  che  era  nel  primi- 
tivo danaro  sarebbe  stato  equivalente  a  un  doppio 
peso  di  bronzo  e  si  sarebbe  avuto  A  =^  8  B.  Quindi 
i  quattro  sesterzi  che  originariamente  corrispondevano 
a  un  danaro,  non  avrebbero  più  corrisposto  che  a 
mezzo  danaro  46  =  72  A. 

Questa  esposizione  economica  ci  offre  la  chiave 
per  la  spiegazione  del  fenomeno,  la  quale  consiste 
semplicemente  nel  progressivo  aumento  dell'argento. 

Mentre  coll'ingrandirsi  dell'impero,  e  coll'esten- 
dersi  delle  relazioni  e  dei  commerci,  la  pubblica  ri- 
chiesta di  numerario  andava  enormemente  ingros- 
sando, la  produzione  dell'argento  era  rimasta  a  un 
dipresso  stazionaria  quale  era  agli  ultimi  tempi  della 
repubblica.  La  produzione  del  bronzo  invece  era  au- 
mentata sufficientemente  per  mantenere  questo  me- 
tallo al  valore  primitivo,  malgrado  la  maggiore  ri- 
chiesta. Conseguenza  naturale  di  questa  condizione 
di  cose  fu  l'accennato  progressivo  aumento  nel  valore 
dell'argento,  il  quale  andava  di  mano  in  mano  sco- 
standosi dal  suo  rapporto  primitivo  col  bronzo  ('). 

Per  riparare  a  simile  squilibrio  non  rimanevano 
che  due  vie  da  seguire,  o  diminuire  l'intrinseco  del 
denaro  o  aumentare  il  peso  delle  monete  di  bronzo. 
Questo  secondo  rimedio  non  era  adottabile  per  la 
difficoltà  che  avrebbe  incontrato  il  ritiro  e  la  riconia- 
zione dell'enorme  massa  del  bronzo  circolante;  era 
assai  pili  ovvio  attenersi  al  primo  partito,  ed  anche 
più  razionale,  perchè  l'argento  era  il  metallo  tipo 
della  monetazione  imperiale. 

(i)  Per  semplificare  non  ho  parlato  che  dell'argento;  ma  l'oro  segue 
a  un  dipresso,  quantunque  in  proporzioni  minori,  lo  stesso  andamento, 
aumentando  progressivamente  di  valore.  Difatti  il  denaro  d'oro  che  al 
tempo  di  Nerone  è  coniato  a  45  la  libbra,  lo  è  a  50  sotto  Caracalla,  a 
72  sotto  Costantino. 


ZECCA   IMPERIALE   DI    ROMA  535 

Siccome  poi  non  era  possibile,  o  per  lo  meno 
non  era  opportuno  ottenere  la  riduzione  dell'argento 
colla  diminuzione  del  volume  del  danaro  (anche  per 
conservarlo  in  corrispondenza  ai  vecchi  danari,  che, 
per  quanto  erosi,  continuavano  in  discreto  numero  a 
circolare)  si  adottò  la  lega  e  si  andò  quindi  abbas- 
sando il  titolo  del  danaro,  di  mano  in  mano  che  il 
valore  dell'argento  aumentava.  Ecco  dunque  spiegato 
come  il  fatto  incriminato  della  graduale  riduzione  del 
danaro  sia  il  prodotto  non  già  di  una  frode,  ma  della 
naturale  evoluzione  economica,  nel  modo  più  cor- 
retto e  più  sapiente  e  come  la  monetazione  romana 
sia  stata  finora  indegnamente  calunniata. 

• 

Al  momento  stesso  che  questa  soluzione  piana, 
naturale  e  decorosa  mi  apparve  alla  mente,  rivestì 
per  me  i  caratteri  dell'evidenza.  Ma,  ricordando  un 
detto  del  Richet:  «  Quando  si  crede  d'esser  giunti 
u  a  capire  qualche  cosa,  bisogna  tornare  cinque  volte 
u  indietro  »,  vi  pensai  e  ripensai  parecchi  giorni.  Mi 
sembrava  impossibile  di  non  averla  pensata  prima  e 
e  più  ancora  che  altri  non  l'avesse  pensata  prima  di  me. 

Ma  le  cose  evidenti  non  sono  sempre  le  più  fa- 
cili a  penetrarsi.  A  me  ora  appare  tale;  col  che 
però  non  escludo  che  la  persuasione  odierna  possa 
eventualmente  soffrire  modificazioni  in  seguito.  Mi 
potrebbe  essere  sfuggito  qualche  lato  del  problema; 
e  perciò  mi  sarà  caro  il  giudizio  degli  altri. 


Io  ho  così  esposto  —  forse  non  molto  ordinata- 
mente e  troppo  a  guisa  di  divagazione  —  le  diverse 
considerazioni  che  nella  solitudine  dei  monti  mi  si 
andarono  successivamente  presentando  alla  mente 
per  una  concatenazione  di  idee  originata  da  quel  tenue 


536  FRANCESCO   GNECCHI 


punto  di  partenza  sul  tipo  delle  tre  Monete  ;  ma  cer- 
tamente sono  ben  lontano  dal  credere  d'aver  dato  uno 
studio  esauriente  sull'importantissimo  argomento.  Mi 
accontento  d'averlo  accennato  e  d'avere  risollevato 
sotto  una  nuova  luce  un  problema,  sul  quale  molto 
probabilmente  ritornerò;  ma  sul  quale  sarebbe  bene 
che  venissero  a  interloquire  studiosi  competenti  in 
discipline  economiche,  ai  quali  è  riservato  il  nobile 
compito  di  riabilitare  la  zecca  romana.  Risollevata 
dall'abbiezione  in  cui  venne  finora  erroneamente  con- 
siderata, essa  rifulgerà  di  una  luce  tutta  nuova  e 
certamente  verrà  il  giorno  —  speriamolo  non  lontano 
—  in  cui  al  dispregio  subentrerà  l'ammirazione,  e  la 
zecca  imperiale  sarà  messa  a  pari  delle  altre  istitu- 
zioni romane,  le  quali,  per  quanto  antiche,  sono  però 
sempre  i  modelli  su  cui  oggi  ancora  si  informano  le 
progredite  civiltà. 

Masino- Bagni,  luglio  igo8. 

Francesco  Gnecchi. 

P.  S.  —  Non  era  passata  una  settimana  da  che 
avevo  scritto  la  presente  memoria,  quando  mi  ar- 
rivò la  Rassegna  Numismatica  con  un  articolo  del 
collega  Dattari  {La  pretesa  grande  crisi  monetaria  del 
III  secolo  di  C,  luglio  1908),  nel  quale,  partendo  da 
un  altro  punto,  l'autore  arriva  al  medesimo  risultato 
della  riabilitazione  della  zecca  Romana  e  insorge 
violentemente  e  patriotticamente  contro  le  calunnie 
che  da  tanto  tempo  si  vanno  ripetendo  a  di  lei  ca- 
rico. Sono  felicissimo  della  coincidenza  e  il  fatto  che 
da  due  punti  diversi  di  partenza,  e  da  due  individui, 
uno  posto  nella  cocente  regione  del  Sudan,  l'altro  nelle 
fresche  aure  della  Valtellina,  si  giunge  alla  medesima 
conclusione,  mi  dà  affidamento  che  questa  sia  la  vera. 

Masino-Bagni,  jo  luglio  looS. 

F.  G. 


LE  LETTERE  A  B  T  A  S 

SULLE    MONETE   DI    BRONZO 

DELLA  FLOTTA  DI  MARCO  ANTONIO 


Questa  piccola  serie  di  monete  racchiude  in  se 
un'importanza  capitale,  poiché  essa  rappresenta  il 
tratto  d'unione  tra  le  monete  dei  sistema  monetario 
di  Roma  entrato  in  vigore  con  la  legge  Plautia  Pa- 
piria  e  quelle  del  sistema  riformato  da  Augusto. 
Data  questa  eccezionale  importanza,  s'impone  la  ne- 
cessità d'assicurarci  se  e  giusta  la  metrologia  che 
le  venne  assegnata. 

La  metrologia  di  queste  monete  è  stata  stabilita 
in  base  alle  quattro  lettere-cifre  (A  B  r  A)  che  trovansi 
scritte  sopra  i  rovesci  di  esse,  per  la  soluzione  delle 
quali  esistono  due  differenti  teorie. 

La  prima  è  la  più  antica  ed  è  quella  la  quale 
ha  incontrato  il  maggior  numero  d'aderenti  (0.  Con 
essa  viene  stabilito  che  la  lettera-cifra  A  (=  4),  es- 
sendo accompagnata  dal  segno  MS  (sesterzio),  deve 
significare  che  la  moneta  rappresenta  il  sesterzio, 
e  dal  momento  che  in  detta  epoca  quel  nominale 
valeva  4  assi,  ne  fu  dedotto  che  la  lettera  A  esprime 
il  valore  di  4  assi  ;  per  conseguenza  r  =  3  assi  ; 
B  =  2  assi  ;    A  =  I  asse. 


(i)  E.  Babelon  :    Traile  des  monnaies  grecques  et  romaines.    Tome 
premier.  A  pag.  596,  si  troveranno  i  nomi  degli  aderenti. 


538 


G.    DATTARI 


In  quanto  al  segno  S,  gli  è  stato  mantenuto  il 
significato  che  ebbe  sempre  sulle  monete  di  Roma 
battute  prima  d'allora,  cioè  =  un  semis. 

Il  sig.  M.  Bahrfeldt,  specialista  delle  monete 
della  repubblica  romana,  meglio  d'ogni  altro  ha  spie- 
gato il  meccanismo  di  quella  prima  teoria  ed  è  perciò 
che  mi  valgo  dei  dati  forniti  in  quello  studio  (')  per 
l'esame  di  quella  teoria  o  soluzione. 

Questa  teoria  avendo  ammesso  che  nell'  epoca 
in  cui  vennero  battute  quelle  monete,  il  piede  del- 
l'asse era  semi-onciale  (gr.  13,64),  e  questo  peso  non 
potendosi  conciliare  con  quello  delle  monete  stesse, 
tutti  i  pesi  di  queste,  furono  divisi  in  due  gruppi  ; 
al  primo  furono  assegnate  le  monete  di  peso  forte 
e  al  secondo  tutte  quelle  di  peso  leggiero,  e  da 
questa  scissione  di  pesi  è  risultato  il  seguente  pro- 
spetto : 

PRIMO  GRUPPO  —  PESO  FORTE. 


Monete 

Peso 

medio  delle  monete 

Peso  teorico 

US     A 

r 

B 
A 

gr.  24,87 
„    21,02 
„    16,19 
,,      8,30 

gr.  27,29 
„    20,46 

«    13.64 
„      6,82 

SECONDO  GRUPPO  —  PESO  LEGGIERO. 


Monete 

Peso  teorico 

Peso   medio 

US     A 

r 

B 
A 

gr.    13.64 
.,     10.23 
„       6.82 

«       3-41 

gr.  12,88 

n          > 
.,        7,48 
n        3.94 

(1)  M.  Bahrfeldt  :  Die  Miinzen  der  Flottenprdfekten  aes  Marcus  An- 
tonius.  Mit.  2,  Tafeln  und  2  Textabbildungen.  Sonderabdruck  aus  dem 
XXXVII,  Bande  der  Wiener.  Numism.  Zeitschift,  1905. 


LE   LETTERE   A  B   T  A  S   SULLE   MONETE    DI    BRONZO  539 

Nonostante  questa  inqualificabile  divisione  dei 
pesi,  quelli  medii  delle  monete  sono  ancora  assai 
lungi  da  assomigliare  ai  pesi  teorici  i  quali  sono 
stabiliti  per  l'esclusivo  uso  e  consumo  di  questa  teoria. 

La  divisione  in  due  o  più  gruppi  sarebbe  ammis- 
sibile qualora  le  monete  di  un  gruppo  appartenes- 
sero ad  un  prefetto  e  quelle  dell'altro  ad  un'al- 
tro ;  ma  questo  non  è  il  caso  :  sarebbe  pure  am- 
missibile se  fosse  provato  che  le  monete  apparten- 
gono a  due  differenti  metalli  ;  ma  le  analisi  dimo- 
strano che  non  lo  sono  (^),  e  allora  io  mi  domando 
perchè  si  batterono  due  monete  d'egual  peso,  pre- 
tendendo che  una  fosse  spesa  al  valore  di  un  se- 
sterzio (li  gruppo,  US  A  di  gr.  13,64)  e  l'altra  al  va- 
lore di  un  dupondio  (1  gruppo  ;  B  di  gr.  13,64),  op- 
pure che  una  moneta  valesse  un  dupondio  (II  gruppo, 
B  di  gr.  6,82)  e  l'altra  un'asse  (I  gruppo,  A  di  gr.  6,82). 
E  domando  ancora  :  come  è  possibile  che  abbia  mai 
potuto  esistere  un  sistema  monetario  i  di  cui  nomi- 
nali di  bronzo  erano  di  due  differenti  pesi  e  valori, 
se  gli  uni  e  gli  altri  portavano  i  medesimi  distintivi? 

Da  una  simile  teoria  si  può  solo  dedurre  che, 
quantunque  nell'epoca  in  cui  furono  emesse  queste 
monete  il  piede  dell'asse  fosse  semi-onciale,  le  mo- 
nete non  erano  tagliate  su  quel  piede.  Nonostante 
che  fossero  stati  creati  due  nuovi  assi,  uno  sul  piede 
d'un  quarto,  l'altro  su  quello  dell'ottavo  d'oncia,  i 
pesi  delle  monete  tanto  singoli  che  medii,  non  ri- 
spondevano affatto  a  quei  nuovi  pesi.  Inoltre,  una 
moneta  del  peso  di  gr.  13,64,  perchè  era  marcata 
MS  A,  valeva  4  assi,  mentre  un'altra  dello  stesso 
metallo  e  dello  stesso  peso,  perchè  era  marcata  B, 
non  valeva  che  2  assi  ! 


(l)  Da  quanto  sembra  una  sola  moneta  con  A  è  stata  analizzata 
ed  è  risultato  che  non  conteneva  dello  zinco  (Grueber  :  Roman  brame 
coinage,  pag.  60). 


I 


540  G,    DATTARI 


Io  credo  che  tanto  basta  per  concludere  che 
questa  teoria  è  troppo  artefatta  per  ammetterla  a 
far  parte  nell'insegnamento  delle  dottrine  numisma- 
tiche. 

Passiamo  alla  seconda  soluzione  la  quale  venne 
escogitata  per  rimpiazzare  quella  che  abbiamo  esa- 
minata. 

L'autore  di  questa  è  il  sig.  M.  Soutzo  ('),  il  quale 
basandosi  sopra  una  teoria  a  lui  propria,  con  la  quale 
crede  di  poter  stabilire  che  la  libella  aveva  lo  stesso 
valore  dell'asse  (2)  (conseguenza  per  cui  il  denaro 
doveva  dividersi  in  io  assi  anzi  che  in  16  ed  il  se- 
sterzio in  2  assi  e  mezzo  anzi  che  in  4),  ne  deduce 
che  la  moneta  marcata  MS  A  doveva  essere  un  se- 
sterzio di  assi  2  Va  =  ^  gr-  34.o6  di  bronzo,  ossia 
eguale  al  valore  e  peso  d'un  tetracalco;  percui  MS  A 
=  un  tetracalco  ;  T  ^^  un  tricalco;  B  =  un  dicalco  ; 
k  =  un  calco.  In  quanto  alla  lettera  S,  deve  signifi- 
care Va  asse  ossia  un  semis  (semi-onciale). 

Da  questa  soluzione  ne  risulta  il  seguente  pro- 
spetto : 

MS  A  =  un  tetracalco  =  gr.  34,06       assi  2  '/a 

r  =  un  tricalco  --~-    „    25,54 

B  =  un  dicalco  =    „     17,03 

A  =  un  calco  =    „       8,51 

S  =  un  semis  =    „      6,81       mezzo  asse. 

Da  prima  dirò  che  male  si  regge  una  teoria  la 
quale  si  basa  sulla  dualità  dei  pesi  e  valori  per  delle 


(i)  Michel  C.  Soutzo:  Les  monnaies  de  bronse  des  préfets  de  la 
flotte  de  Marc-Antoine,  avec  marques  de  valeur  {Revue  Numismatique, 
1906,  pag.  457). 

(2)  Michel  C.  Soutzo  :  Exanten  critique  d'ime  nouvelle  theorie  de  la 
mannaie  romaine  (Revue  belge  de  numismatique,  1901). 


LE   LETTERE    A   B    P   A   S    SULLE   MONETE    DI   BRONZO  54Ì 

monete  di  una  stessa  serie  ;  d'altra  parte,  se  questa 
teoria  sembra  poter  accordare  i  pesi  teorici  con  la 
scala  progressiva  rappresentata  dalle  quattro  lettere 
(valori),  ciò  è  apparente,  poiché  quell'accordo  è  la 
conseguenza  di  voler  pretendere  che  il  denaro  si 
dividesse  in  io  assi  ;  mentre  è  accertato  che  il  de- 
naro di  quell'epoca  si  divideva  in  t6  assi  ed  il  se- 
sterzio in  4. 

Questa  teoria,  se  ha  il  vantaggio  di  conservare 
all'asse  il  peso  normale  che  aveva  in  quell'epoca, 
ha  lo  svantaggio  che  le  monete  marcate  A  B  r  non 
sono  in  relazione  con  quel  peso  (romano);  di  ma- 
niera che  con  questa  serie  di  monete  i  pagamenti 
in  assi  non  si  potevano  effettuare  che  con  le  mo- 
nete marcate  IIS  A  e  S,  e  dato  il  caso  che  uno 
avesse  dovuto  fare  un  pagamento  di  un  asse  e  non 
avesse  avuto  altre  monete  che  di  quelle  marcate 
A  B  r,  non  gli  era  possibile  ottenere  il  cambio  (gram- 
mi 25,54  —  13,64  =  gr.  11,90?:  gr.  17,03  —  13^64  = 

3.39  ?)• 

Per  ultimo  dirò  che,  quantunque  l'autore  abbia 

scelto  i  pesi  delle  monete  che  potevano  convenirgli, 
tuttavia  ne  quelli  singoli  ne  quelli  medii  si  prestano 
a  convalidare  la  sua  teoria  che  è  ancora  meno  so- 
lida dell'altra,  in  quanto  che  essa  è  stabilita  in  con- 
tradizione a  ciò  che  riferiscono  i  testi,  e  tra  questi 
il  famoso  trattato  di  V.  Maecianus  il  quale  dimostra 
che  la  libella  era  il  decimo  del  sesterzio  ed  in  quel- 
l'epoca il  sesterzio  non  valeva  io  assi;  quindi  la  li- 
bella  non  poteva  avere  lo  stesso  valore  dell'asse. 

In  complesso  queste  due  teorie,  benché  sieno 
diametralmente  opposte,  partono  da  uno  stesso  cri- 
terio, cioè,  le  cinque  lettere  devono  indicare  i  valori 
delle  rispettive  monete.  Partiti  da  questo  concetto, 
non  sorprende  il  vedere  che.  tanto  gli  uni  che  gli  altri 
per  dare  la  necessaria  validità  alle  rispettive  teorie, 

69 


54= 


G.    DATTARI 


sono  andati  almanaccando  tra  i  pesi  delle  monete 
stesse,  ma,  come  abbiamo  veduto,  senza  alcun  suc- 
cesso ;  nonostante  che  quei  pesi  stabiliti  nel  modo 
adottato  dalle  due  teorie,  si  presterebbero  a  me- 
raviglia per  tutte  le  combinazioni  ponderali  di  tutti 
i  sistemi  monetari  passati,  presenti  e  futuri. 

L'irregolarità  che  si  riscontra  nei  pesi  di  queste 
monete,  non  poco  deve  essere  attribuita  alla  loro 
cattiva  conservazione  come  all'ossidazione  di  cui  al- 
cune di  esse  sono  ancora  ricoperte;  però  malgrado 
queste  cattive  condizioni,  sono  giusti  i  pesi  i  quali 
dimostrano  che  logicamente  quelle  lettere-cifre  non 
devono  indicare  dei  valori. 

Esaminando  il  prospetto  annesso  a  questo  studio, 
risulta  che  il  presunto  sesterzio  o  tetracalco  (MS  A)  dal 
massimo  peso  di  gr.  26,72  scende  a  gr.  7,43  ;  il 
cosidetto  tressis  o  tricalco  (r),  da  gr.  31  cala  a 
gr.  12,83;  '1  diipondio  o  dicalco  (B),  da  gr.  21,50  di- 
scende a  gr.  4,12  ed  il  famoso  asse  di  differenti  tagli 
o  calco  (A),  da  gr.  11,98  scende  a  gr.  2,49. 

Per  ammettere  che  quelle  lettere  sieno  delle 
cifre-valori  come  vengono  stabiliti  nelle  due  teorie, 
bisognerebbe  ammettere  che  le  monete  di  gr.  7,43 
fossero  spese  allo  stesso  tasso  di  quelle  che  pesa- 
vano gr.  26,72,  perchè  ambedue  portano  il  mede- 
simo segno  (MS)  e  la  stessa  cifra  di  valore  (A). 

Così  pure  che  le  monete  di  gr.  4,12  dovevano 
essere  spese  allo  stesso  valore  di  quelle  di  gr.  21,50, 
perchè,  tanto  l'una  che  l'altra,  portavano  la  cifra  r! 
È  mai  possibile  che  delle  monete  di  gr.  7,42,  per 
il  fatto  che  sul  loro  rovescio  fu  posto  US  A,  do- 
vessero equivalere  a  quattro  assi  e  potessero  avere 
un  valore  maggiore  delle  monete  di  gr.  31,  per- 
chè sopra  di  queste  fu  scritta  la  lettera  r  eguale  a 
3  assi  ? 

Supponiamo  che   queste   monete   fossero   prive 


LE    LETTERE    A    H    P    :i    S    SULLE    MONETE    DI    BRONZO  543 

di  quelle  lettere,  e  allora  chi  avrebbe  mai  osato  as- 
serire che  quelle  di  gr.  21,50  (B)  dovevano  valere 
il  terzo  di  quelle  di  gr.  7,43  (MS  A)?  Sono  sicuro 
che  nessuno  avrebbe  arrischiato  tanto  ;  mentre  sono 
più  che  convinto  che,  data  la  cattiva  conservazione 
di  queste  monete,  data  la  similitudine  dei  moduli  e 
dato  il  peso  medio  che  risulta  dai  pesi  massimi  delle 
monete  marcate  B  r  e  A  cioè,  gr.  31  +  26,73  -1-  21,50  = 
gr.  79,22  :  3  =  gr.  26.64  (peso  medio),  chiunque,  e 
non  esclusi  i  partitanti  della  prima  teoria  e  l'autore 
della  seconda,  tutti  avrebbero  sostenuto  che  quelle 
tre  monete  dovevano  appartenere  allo  stesso  nomi- 
nale e  perciò  avevano  il  medesimo  valore.  La  dif- 
ferenza tra  il  peso  massimo  e  quello  minimo  delle 
monete  di  ciascun  gruppo  (A  B  r  A  S)  è  di  tanta  en- 
tità, che,  se  lo  riscontrassimo  sopra  delle  monete 
prive  di  quelle  cifre,  verrebbe  naturale  di  dividerle 
in  tante  frazioni  i  cui  pesi  medii  s'avvicinassero  a 
quelli  teorici  della  serie  alla  quale  potessero  appar- 
tenere le  monete  (greche  o  romane). 

Il  modulo  delle  monete  di  uno  stesso  metallo, 
che  in  tutti  i  tempi  servì  di  guida  per  meglio  di- 
stinguere un  nominale  dall'altro,  serve  del  pari  per 
questa  serie;  esso  varia  tra  le  monete  le  quali  por- 
tano una  medesima  cifra,  così  : 

tra  le  monete  con  A  ve  ne  sono  da  mill.  34,  29,  23. 

,  „  n         V  „  „  n        36,    30.    27. 

„  ,        B  „  „  „        31.    28,    22,    19. 

•      ,  ,  «      A        „         „  „     25,   19,  14. 

»  »  „      S        „         .,  „     20,  17,  14. 

Da  ciò  risulta  chiaro  che  i  moduli  delle  monete 
portanti  la  stessa  cifra  sono  simili  ai  moduli  dei 
differenti  nominali  di  cui  si  componevano  le  serie 
delle  monete  di  bronzo  dei  sistemi  monetari  dei  primi 


544 


G.    DATTARI 


imperatori,  non  escluso  il  più  perfetto,  cioè,  della  ri- 
forma di  Nerone,  i  di  cui  nominali  all'  incirca  mi- 
surano : 

i  cosidetti  GB .         .                         da  mill.  34  a  36 

„            MB .                  .         .          „  „      26  a  28 

„             PB  (assi)          .         .           „  „      20  a  23 

„            PB  (semis  e  quadrius)    „  „      17  a  18. 

Dunque,  tanto  per  il  peso  come  per  il  modulo, 
se  queste  monete  fossero  prive  di  quelle  lettere,  la 
loro  classificazione  ponderale  non  avrebbe  differito 
da  quella  che  viene  data  alle  monete  di  bronzo  delle 
epoche  prossime  a  quella  di  Marco  Antonio  ;  per 
conseguenza  certe  monete  di  questa  serie,  che  oggi 
vengono  assegnate  tutte  a  sesterzi,  verrebbero  in 
parte  assegnate  al  dupondio  ed  anche  all'asse  e  lo 
stesso  sarebbe  per  le  monete  assegnate  o  al  tressis 
oppure  al  dupondio  ed  anche  all'asse. 

Logicamente  abbiamo  veduto  che  non  è  possi- 
bile ammettere  che  due  monete  marcate  MS  ^,  una 
di  gr.  7,43,  l'altra  di  gr.  26,76,  potessero  essere  spese 
allo  stesso  valore  ;  oltre  di  ciò  sappiamo  che  nel 
43  a.  C,  Giulio  Cesare  e  Pompeo  fecero  una  nuova 
emissione  di  sesterzi  d' argento  i  quali  valevano 
4  assi  semi-onciali,  cioè  a  dire  che  quella  piccola 
moneta  equivaleva  a  gr.  54,56  in  valore  di  bronzo. 
Come  è  dunque  possibile  che  circa  cinque  anni  dopo 
quella  data,  il  sesterzio  fosse  talmente  avvilito  da 
equivalere  gr.  7,43  di  bronzo? 

Ciò  che  sembra  dare  una  certa  validità  all'idea 
che  quelle  cifre  esprimono  dei  valori,  è  il  segno  US 
il  quale  in  origine  venne  posto  sulle  piccole  monete 
d'argento  che  chiamarono  sesterzio.  Quel  segno  tro- 
vandosi ora  sulle  monete  marcate  con  A,  ne  è  stato 
dedotto  che  esse  debbano  rappresentare  il  sesterzio. 


LE   LETTERE    A   B    T   A   S    SULLE    MONETE   DI   BRONZO  545 

Resta  a  vedere  se  questa  deduzione  sia  giusta. 
Io  dico  che  non  lo  è  ;  essa  proviene  dal  principio 
sbagliato,  prevalente  nell'archeologia  come  nella  nu- 
mismatica, di  voler  studiare  l'antico  con  dei  concetti 
moderni. 

Nel  caso  del  segno  US,  perchè  a  noi  moderni 
ha  servito  per  riconoscere  la  moneta  che  in  antico 
chiamavano  scstertins,  si  crede  che  anche  in  antico 
dovesse  avere  quel  significato  ;  mentre  logicamente 
bisogna  ritenere  per  sicuro  che  coloro  i  quah 
facevano  uso  di  queste  monetine  non  avevano  di 
bisogno  che  i  nominali  portassero  scritto  il  nome 
con  il  quale  esse  erano  conosciuti  ;  allora  come  oggi 
l'essenziale  era  di  sapere  il  valore  dei  nominali. 

Quando  Roma  per  la  prima  volta  introdusse 
nel  suo  sistema  monetario  le  monete  d'argento,  l'unità 
del  sistema  era  ancora  l'asse  ;  per  cui  fu  necessario 
che  sopra  le  nuove  ed  inusitate  monete  vi  scrives- 
sero il  rispettivo  valore  corrispondente  al  valore 
dell'unità  su  cui  ancora  basava  il  sistema  ;  così  sul 
denaro  scrissero  X  =  io  assi;  sul  quinario  V  =  5 
assi  e  sul  sesterzio  US  =  2  assi  e  mezzo.  Dunque 
quelle  che  oggi  con  una  idea  del  tutto  moderna 
chiamiamo  segni  (X,  V,  MS),  non  erano  altro  che  dei 
numeri  romani  indicanti  il  valore  delle  diverse  mo- 
nete e  nel  cosidetto  segno  del  sesterzio  a  me  sembra 
leggervi,  1  +  1  4-  S,  cioè  i  unità  +  i  unità  -f  S  mezza 
unità  =  a  2  unità  e  '/,,  ^=  2  assi  e  mezzo. 

Che  questa  sia  l' interpretazione  che  si  deve 
dare  alle  cifre-segno  US  mi  sembra  provato  dal  fatto 
che  nell'Sg  a.  C,  allorquando  G.  Cesare  e  Pompeo 
emisero  i  nuovi  sesterzi,  questi  erano  mancanti  di 
quelle  cifre  e  ciò  per  la  buona  ragione  che  l'unità 
del  sistema  essendo  stata  ridotta  semi-onciale,  il  va- 
lore del  sesterzio  non  era  più  di  2  assi  e  mezzo, 
ma  di  4,  per  cui  le  cifre  US  non  convenivano  più 
a  quelle  nuove  monete. 


546  G.    DATTARI 


Se  quel  segno  (MS)  rimase  adottato  nell'epigrafia 
ancora  quando  il  sesterzio  non  valeva  più  2  assi  e 
mezzo,  ciò  deve  essere  attribuito  all'usanza  contrat- 
tata durante  180  anni  da  che  i  conti  erano  tenuti  in 
sesterzi,  sistema  che  fu  inaugurato  contemporanea- 
mente all'emissione  del  sesterzio  del  valore  di  2  assi 
e  mezzo,  per  cui  venne  ritenuta  quella  primitiva 
forma  d'indicare  le  somme  in  sesterzi,  tanto  più  che 
nell'epigrafia,  fino  dall'origine,  con  quelle  cifre  (MS) 
non  fu  mai  inteso  che  scrivendo  MS  1000,  s'inten- 
desse di  dire,  1000  pezzi  di  monete  d'un  sesterzio  ; 
ma  s'intendeva  annunciare  una  somma  il  cui  valore 
era  di  1000  sesterzi. 

È  un  fatto  incontestabile  che  nell'epoca  in  cui 
furono  emesse  le  monete  che  ora  ci  occupano,  il 
piede  dell'asse  era  semi-onciale.  È  pure  incontesta- 
bile che  in  quell'epoca  il  denaro  valeva  16  assi,  il 
quinario  8  ed  il  sesterzio  4,  cioè  a  dire,  quest'ultima 
moneta  di  uno  scrupolo  d'argento  (gr.  1,13)  equiva- 
leva a  gr.  54,56  di  bronzo  o  rame.  Monete  di  questo 
peso  e  valore  non  ne  conosciamo  e  siamo  sicuri  che 
non  ne  siano  esistite  per  la  buona  ragione  che  cinque 
anni  prima  dell'emissione  delle  monete  della  flotta 
erano  stati  emessi  in  vistose  quantità  i  nuovi  sesterzi 
d'argento  a  cui  ho  più  sopra  accennato;  perciò  è 
molto  probabile,  che  il  numerario  di  bronzo  di  que- 
st'epoca doveva  consistere  : 

del  dupondio  del  peso  teorico  di  gr.  27,28 

dell'asse  „        „          „  „     13,64 

del  semis  ('/...  asse)  ,        „          „  „      6,82 

della  libella  „        „          „  „       5,45 

della  simbella  „        „         „  „      2,75. 

Per  sicuro  non  è  dai  pesi  delle  180  monete  fino  ad 
oggi  conosciute  (di  questa  serie)  che  è  dato  di  poter 


LE    LETTERE   A   B   T    A    S    SULLE    MONETE    DI    BRONZO  547 

controllare  i  pesi  che  ho  stabiliti,  poiché  sopra  quel 
numero  solamente  22  pezzi  sono  bene  conservati  ; 
tutti  gli  altri  sono  in  uno  stato  così  avariato  da  ren- 
derli inadatti  per  lo  studio  metrologico  ;  nonostante 
ciò,  sia  per  pura  combinazione,  o  sia  per  altro,  le 
tre  piti  pesanti  monete,  una  marcata  B,  l'altra  r  e 
la  terza  A,  pesano  rispettivamente  gr.  21,50,  31  e 
26,72,  per  cui  una  media  di  gr.  26,64,  ossia  poco 
meno  del  peso  normale  che  ho  assegnato  al  dupondio, 
il  quale,  come  ho  detto  più  sopra,  doveva  essere  la 
moneta  più  pesante  di  questa  serie  ^')  (gr.  27,28). 

Da  quanto  ho  tentato  di  stabilire,  mi  si  faranno 
due  giuste  domande. 

j."  Qual'è  l'interpretazione  che  si  deve  dare 
alle  lettere  A  B  r  A  S? 

2.*  Se  US  non  è  il  segno  del  sesterzio  e  se 
le  monete  di  bronzo  con  la  lettera  A  non  avevano 
il  valore  di  2  assi  e  mezzo,  perchè  fu  scritto  MS  ? 

Alla  prima  domanda  rispondo,  che  la  flotta  di 
Marco  Antonio  per  le  di  cui  necessità  furono  emesse 
quelle  monete,  trovandosi  oggi  in  un  posto  e  domani 
in  un  altro,  sembra  naturale  che  quelle  monete  non 
vedessero  la  luce  tutte  nello  stesso  luogo  e  proba- 
bilmente non  dovessero  nemmeno  essere  state  emesse 
dalla  medesima  zecca  (ambulante)  e  ciò  perchè  la 
flotta  non  poteva  stare  sempre  compatta,  ma  doveva 
essere  divisa  in  squadre  destinate  in  direzioni  dif- 
ferenti. 

A  tutti  è  noto  il  controllo  e  la  rigorosa  sorve- 
glianza che  in  tutte  le  epoche  il  governo  di  Roma 
osservò  sulla  fabbricazione  del  numerario,  e  per  si- 


(1)  Tengo  a  far  constatare    che    questo  resultato  non  è  stato   otte- 
nuto dalle  due  teorie  in  questione. 


54^  ^-  dattari 


curo  le  monete  della  flotta  di  M.  Antonio  non  do- 
vettero andare  esenti  da  quel  controllo  e  perciò  fare, 
i  luoghi,  i  presidi,  oppure  le  officine  che  fossero,  do- 
vettero essere  numerate  con  A=  i,  b^=2,  r=^^3, 
A  ==  4  e  S  =  6. 

La  mancanza  dell'officina  €  ^  5,  io  l'attribuisco 
alla  supposizione  che  in  questa  quinta  officina  venis- 
sero fabbricate  le  monete  d'argento  e  forse  anche 
quelle  d'oro  che  certo  se  ne  dovettero  coniare  con- 
temporaneamente a  quelle  di  bronzo. 

Di  questa  mia  opinione  mi  sembra  di  trovare 
una  certa  prova  dalle  monete  stesse. 

Se  prendiamo  ad  esaminare  il  prospetto  qui 
annesso,  si  osserverà  che  il  quantitativo  delle  mo- 
nete si  trova  essere  come  segue  : 

con  la  lettera  A  se  ne  conoscono  77  pezzi 

V  II  B  „  „  „  5*^  i> 

t)  n  y  n  lì  n  Io  » 

»  «  **  „  „  „  lo  „ 

»  »  5  „  n  n  13  » 


Da  questo  risultato  ne  dedurrei  che  l'officina  A 
fu  aperta  la  prima  e  per  conseguenza  emise  più  mo- 
nete delle  altre  officine.  In  questa  si  emettevano  le 
monete  di  piccolo  taglio  (forse  quelle  che  più  neces- 
sitavano); venne  quindi  aperta  l'officina  B  (nulla  osta 
che  questa  officina  sia  stata  aperta  contemporanea- 
mente a  quella  A),  nella  quale  si  fabbricarono  le  mo- 
nete di  peso  più  forte,  quindi  vennero  aperte  le  of- 
ficine r  e  A  le  quali  emettevano  monete  dello  stesso 
taglio  che  s'emettevano  nell'officina  B.  Allorché  le 
emissioni  delle  monete  di  bronzo  furono  bene  avan- 
zate o  per  altre  cause  impossibili  a  controllarsi, 
venne  aperta  l'officina  €,  nella  quale,  come  ho  già 
detto,  si  dovettero  battere  le  monete  d'argento.  Per 


LE   LETTERE    A   B    P   A   S    SULLE    MONETE    DI    BRONZO  549 

ultimo  venne  aperta  l'officina  S  nella  quale  si  batte- 
rono le  monete  del  più  piccolo  taglio,  simili  a  quelle 
che  si  emettevano  nell'officina  A. 

L'andamento  delle  emissioni  delle  differenti  fra- 
zioni nella  maniera  che  propongo  è  simile  a  quello 
che  si  osserva  in  tutta  la  lunga  epoca  dell'impero,  per 
il  qual  tempo  la  zecca  o  le  sue  officine  emettevano 
certe  frazioni  in  maggior  numero  delle  altre,  ed  al- 
lorché la  quantità  dell'una  era  considerata  sufficiente, 
si  poneva  mano  all'emissione  di  altre,  ed  è  in  con- 
seguenza di  questo  sistema  che  per  certi  regni  man- 
cano le  monete  di  certe  frazioni,  mentre  di  tali  altre 
ne  abbondano. 

In  quanto  al  sistema  di  controllare  le  officine 
per  mezzo  della  loro  numerazione,  se  è  nuovo  per 
l'epoca  che  ora  ci  occupa,  è  comune  a  partire  dalla 
metà  del  III  secolo  d.  C.  ed  era  comune  nella  Grecia 
già  da  tempo  immemorabile,  allorquando  sulle  mo- 
nete si  ponevano  dei  monogrammi  o  segni  per  distin- 
guere le  monete  emesse  dalle  differenti  zecche  o  of- 
ficine appartenenti  ad  uno  stesso  regno. 

L'unico  inciampo  che  sembra  opporsi  all'  idea 
che  le  cinque  lettere  servissero  a  indicare  il  numero 
dell'officina  ove  le  monete  vennero  emesse,  sareb- 
bero le  due  monetine  con  due  globetti  (•  •).  Ma  per 
il  momento  quelle  monetine  sono  irreperibili  e  la 
descrizione  di  esse  appartiene  ad  un'  epoca  in  cui 
gli  autori  spesso  descrivevano  quello  che  non  esi- 
steva sulle  monete  ed  in  compenso  omettevano  di 
descrivere  quello  che  v'era  rappresentato,  per  cui  non 
possono  servire  di  base  per  combattere  la  mia  teoria, 
tanto  più  che  una  monetina  simile  a  quella  sembra 
che  si  trovi  a  Roma  <■).  La  sua  impronta  è  ri- 
prodotta sulla  tavola  I  dello  studio  del  sig.  Bahrfeldt 


(i)  M.  Bahrfeldt  :  Op.  cit,,  pag.  4. 

70 


550  G.  dattarì 


e  debbo  dire  che,  quantunque  io  vi  abbia  messo  tutta 
la  buona  volontà,  non  sono  riuscito  a  snidare  i  due 
globetti,  i  quali  però  si  vedono  sopra  il  facsimile 
della  stessa  moneta  che  è  disegnata  nel  testo  del 
detto  studio  (pag.  5).  In  quel  disegno  i  globetti  sono 
posti  uno  a  destra  e  l'altro  a  sinistra  del  tipo,  posi- 
zione che  toglierebbe  a  quei  globetti  (se  pure  esi- 
stono) le  qualità  possessive  che  si  vuol  loro  at- 
tribuire; poiché  se  esprimessero  dei  segni  di  valore 
non  sarebbero  separati,  ma  posti  uno  accanto  al- 
l'altro e  sarebbero  stati  posti  in  maniera  che  si  di- 
rebbero che  fanno  parte  del  tipo.  D'altra  parte,  nella 
descrizione  che  il  sig.  Bahrfeldt  fa  di  quel  rovescio, 
i  due  globetti  sono  sempre  accompagnati  da  un 
punto  interrogativo  (•  •?)  ciò  che  dà  luogo  a  du- 
bitare dell'esistenza  di  essi  (■). 

Giacche  quella  monetina  è  reperibile,  io  credo 
valga  la  pena  d'essere  riesaminata  e  qualora  fosse 
ricoperta  di  patina,  un  leggero  bagno  d'acido  zolfo- 
rico  ed  anche  muriatico  non  la  guasterebbe  affatto. 
Una  volta  liberata  dall'ossidazione  e  messo  allo  sco- 
perto il  metallo,  sarà  facile  rendersi  conto  se  i  due 
globetti  esistono  o  no.  Oltre  questa  verifica,  essendo 
la  moneta  così  ripulita,  il  suo  tipo  sarà  più  distinto 
e  chi  sa  se  invece  del  cosìdetto  Rostrum,  non  appa- 
rirà la  testa  e  il  collo  di  un  hyppocampo.  Allora 
questa  monetina  si  troverebbe  in  rapporto  con  le 
monete  ove  sono  rappresentati  gl'hyppocampi,  di 
maniera  che  le  monete  di  questa  serie  potrebbero 
dividersi  in  due  gruppi;  quelle  con  le  navi  e  la  prora 
apparterebbero  ad  uno,  quelle  con  gli  hyppocampi 
ad  un  altro  e  forse  delle  analisi  sistematiche  potreb- 
bero far  risultare  che  le  une  sono  d'drichalcum  e 
le  altre  di  rame  ? 


(i)  La  descrizione  è  L  BIBVLVS  ■  M  •  F  ■  PR  ■  DESIG  Schiffsva- 
Iute,  zu  beiden  Seiten  angeblich  je  ein  Kilgelchen  (?),  pag.  4. 


LK    LETTERE    A    H    P    i^i   S    SULLE    MONETE    DI   BRONZO  55I 

Per  rispondere  alla  seconda  domanda  che  io 
stesso  candidamente  ho  portato  in  evidenza,  devo 
dire  che  contrariamente  alle  mie  inclinazioni,  bisosna 
che  peschi  la  risposta  nel  mare  magno  delle  ipotesi! 

Non  potendo  ammettere  che  tutte  le  monete 
marcate  MS  A  appartengano  allo  stesso  nominale, 
propongo  di  dare  a  quel  segno  lo  stesso  significato 
che  aveva  nell'epigrafia  ;  ma  mentre  che  in  questa 
il  segno  annunciava  un  valore  in  sesterzi,  sulle  mo- 
nete dinotava  che  quelle  monete  erano  tante  frazioni 
del  valore  della  nuova  moneta  d'argento,  la  quale 
aveva  rimpiazzato  la  prima  moneta  il  di  cui  valore 
diede  origine  a  quella  combinazione  di  cifre.  In  tal 
maniera  le  monete  del  maggior  peso  e  modulo  erano 
la  metà  del  valore  di  quella  moneta  e  le  altre  il  7,^ 
;/,,  7.0  e  il  20- 

Forse  delle  analisi  metodiche  potranno  assicu- 
rarci se  le  monete  con  MS  A  sono  di  metallo  diffe- 
rente delle  altre  che  non  portano  il  segno  MS;  senza 
di  ciò  confesso  che  non  potrei  dare  una  ragione 
giustificata  del  perchè  quel  segno  si  trova  unicamente 
sulle  monete  battute  nella  quarta  officina  ! 

Non  ho  alcun  dubbio  che  questa  mia  nuova 
teoria  sarà  giudicata  forse  troppo  ardita  ;  ma  oso 
sperare  che  la  si  troverà  per  lo  meno  tanto  logica 
quanto  le  due  che  ho  teste  combattute. 

Cairo,  il  maggio  1908. 

G.  Dattari. 


552 


G.    DATTARI 


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Modena 

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Firenze      

Londra  BM  .... 

Parigi 

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ANNOTAZIONI 

NUMISMATICHE   ITALIANE 


XVIII. 

Monete  della  Collezione  privata  di  S.  M.  il  Re 
inedite,  poco  note  o  corrette. 

I.  —  CASA  SAVOIA 
Aimone  Conte  (1329- 1343). 


^  —  +  AIMOjCOMES  Gran  giglio  senza   cerchio.    Ester- 
namente, una  cornice  di  gigli  in  circoletti. 

9    —  +  •  •  •  LA  :  MOETA LOCO  :  PONT'  •  Y INIS  altra 

leggenda   interna  +  SAB'  CHABL  •  DVX  Croce  pa- 
tente accantonata  da  un  giglietto  nel  2.°  quarto, 
senza  cerchio. 
Argento.  Grosso,  peso  gr.  2,43.  Conservazione  buona. 

Questa  moneta  è  interessante  perchè  segna  il 
luogo  di  battitura.  Non  saprei  interpretare  la  prima 
parola  se  non  per  CLA  cioè  chiara,  insigne.  Il  rima- 
nente è  più  facile,  in  modo  che  la  leggenda  può  ri- 
comporsi cosi:  +  CLA  :  MONETA  :  D'  :  LOCO  :  PONT'  :  YAINIS 
Troviamo  infatti  negli  ordini   di    battitura,    che    dal 


562  GIUSEPPE   RUGGERO 


1340  al  1342  si  coniava  in  Ponte  d'Ain  l'obolo  bianco 
al  fior  di  giglio,  del  titolo  di  metà  fino  e  del  peso 
di  gr.  2,64  ;  ciò  che  concorda  benissimo  col  tipo, 
bene  col  peso  di  questo  esemplare  che  non  è  di 
primissima  conservazione  e  pare  anche  concorde  col 
titolo  apparente. 

RAMO  DI  ACAIA. 
Amedeo,  Principe  (1367-1402). 


;&  —  +  PRINCEPS  *  ACHAIE  *  DNS  *  MONTE  *  R' 
Scudo  sabaudo  con  banda,  in  cornice  di  6  archi 
acuti  doppi  con  trifogli  alle  unioni,  in  cerchio 
rigato. 
9  —  +  PRINCEPS  *— ACHAIE  ^Z-e-  Elmo  col  cimiero  del 
leone,  in  cornice  doppia  elittica  di  4  archi  e  4  an- 
goli, in  cerchio  rigato. 
Argento.  Grosso,  peso  gr.  3,22.  Conservazione  ottima. 

Altro  esemplare  meno  bello  e  var.  di  conio. 

Questa  moneta  interessantissima  non  è  inedita, 
ma  già  pubblicata  al  n.  2,  tav.  I  di  Acaia  nelle  Mo- 
nete dei  Reali  di  Savoia,  dal  Promis.  Ma  purtroppo 
il  disegno  del  Promis  è  sbagliato  perchè  in  luogo 
di  DNS  MONTE  R',  porta  DNS  MORIE  R'.  L'  esemplare 
studiato  dall'A.  è  questo  stesso  qui  sopra  disegnato; 
e  poiché  la  sua  conservazione  è  tale  da  non  lasciar 
dubbio  sulla  lezione,  devo  credere  che  egli  abbia 
voluto  leggere  MORIE,  supponendo  un  errore  dell'in- 
cisore. Ma  devo  pur    ritenere    che    egli    non    abbia 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE  563 

considerato,  come  la  Morea  non  fosse  Signoria  ma 
Principato.  Infatti,  quei  Principi  si  intitolavano  di 
Acaia  e  di  Morea.  Devo  pur  credere  che  non  abbia 
pensato  a  quella  R'  finale  che  rimaneva  senza  si- 
gnificato. 

Se  l'A.  avesse  letto  come  sta  scritto,  oltre  al- 
l'apporsi  al  vero,  avrebbe  trovato  in  quel  titolo 
una  prova  decisiva  per  l'assegnazione  di  questa  ano- 
nima moneta  al  Principe  Amedeo.  Infatti,  se  giusto 
è  il  criterio  che  gli  ha  servito,  cioè  quello  del  ci- 
miero col  leone  non  usato  dagli  Acaia  anteriori  ad 
Amedeo  ;  ben  più  efficace  è  questo  del  nuovo  titolo 
di  Signore  di  Monte  Regale,  cioè  Mondovì.  Questa 
città  così  chiamavasi  allora,  ed  oggi  ancora  così  si 
scrive  in  latino,  e  Monregalesi  si  dicono  i  suoi  abi- 
tanti (0. 

La  lezione  esatta  di  questa  leggenda,  avrebbe 
ricordato  all'A.  la  conquista  di  Mondovì  fatta  da 
Amedeo  sul  Marchese  di  Monferrato  nel  1396. 

Promis  ritiene  che  questo  grosso  provenga  dalla 
zecca  di  Pinerolo,  e  su  questo  non  trovo  a  ridire. 
La  data,  deve  esser  quella  del  nuovo  acquisto, 
che  il  Principe  ha  voluto  ricordare  con  questa 
moneta. 

Ed  a  proposito  della  zecca  di  Pinerolo  che  nel 
1418  venne  chiusa  per  sempre,  trovo  strano  che  al- 
cuni nummografi  e  specie  il  Perrin  vogliano  farla 
rivivere  per  quelle  monete  del  Duca  Emanuele  Fili- 
berto che  sono  distinte  da  una  P. 

Essi  non  hanno  mai  saputo  di  certo,  che  questo 
Duca  non  possedeva  questa  città,  che  era  allora  oc- 
cupata dai  francesi  ;  e  che  le  monete  colla  P  appar- 
tengano invece  alla  zecca  di  Chambery. 


(i)  Circa  a  quel  MONTE  in  luogo  di  MONTIS,  dirò  che  non  mi 
pare  un  ostacolo  serio,  perchè  a  que'  tempi  era  una  inezia. 


I 


564  GIUSEPPE   RUGGERO 


IL  —  PIEMONTE 
ASTI. 


Emanuele  Filiberto,  Principe  di  Piemonte  e  Conte  d'Asti 

(  1542- 1553)- 


^  —  +  E  '  PHILIBERTVS  •  DE  ■  SAB  P  •  PE  •  CO  •  AST 
Scudo  a  cuore  ornato  e  coronato  di  Savoia  col 
lambello  a  3  denti  in  cerchio  liscio. 

]?/    +  AD  •  DEFENSIONEM  •  MEAM  •  RESPI  •  N   Croce  ornata 
e  trilobata  con  rosone  al  centro  in  cer.  lineare. 
Oro.  Scudo,  peso  gr.  3,38.  Conservazione  buonissima. 

Il  presente  scudo  si  distingue  da  quello  del 
Promis,  Zecca  d'Asti,  n.  2,  tav.  VII,  non  solamente 
per  la  forma  dello  scudo,  ma  anche  per  le  leggende. 
In  questo,  tutti  i  titoli  sono  riuniti  al  ^,  ed  una 
nuova  leggenda  appare  sul  H;  leggenda  che  vuol 
forse  alludere  all'  infelice  condizione  dello  Stato,  per 
cui  già  potevasi  calcolare  che  la  successione  paterna 
si  sarebbe  ridotta  a  ben  poca  cosa.  Né  potevasi  fin 
d'allora  prevedere  che  la  vittoria  di  S.  Quintino  del 
1557.  avrebbe  permesso  ad  Emanuele  Filiberto  di 
ripristinare  il  dominio  avito. 

CASALE. 

Guglielmo  I  Paleologo,  Marchese  di  Monferrato  (1464-1483). 

;&  —  +  .  &— VLIERMVS  -  MARCHIO  •  MO  Scudo  intagliato 
ed  inclinato  con  elmo,  corona,  cimiero  e  svolazzi, 
ai  lati  & — V  e  cerchio  lineare. 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE  565 


P  —  SANTVS  i  THEODORVS  i  THIRO'  Il  Santo  con  aureola, 
armato,  collo  scudo  di  Monferrato  nella  sinistra, 
colpisce  di  lancia  un  mostro  a  cinque  teste,  cer- 
chio lineare.  ♦ 

Ducato  d'oro,  peso  gr.  3,47.  Cons.  buonissima. 

È  questa  la  prima  aurea  moneta  che  si  conosca 
di  questo  marchese,  e  la  sua  attribuzione  al  primo 
di  questo  nome,  è  pienamente  comprovata  sia  dalla 
forma  delle  lettere,  che  dal  modo  speciale  usato  so- 
lamente al  suo  tempo,  di  scrivere   il    nome    colla  R. 

Il  rovescio  presenta  due  nuove  particolarità,  cioè 
quella  del  mostro  a  più  teste  invece  del  solito  drago; 
e  l'altra  del  soprannome  del  Santo,  Tirone,  cioè 
soldato  novello  o  recluta  come  diciamo  noi. 

Per  chi  desideri  maggiore  chiarimento,  dirò,  che 
Teodoro  nativo  di  Siria,  oppur  d'Armenia  secondo 
altri,  venne  aggregato  all'esercito  romano  ;  e  la  sua 
legione  trovavasi  ad  Amasea  nel  Ponto  circa  al  306, 
quando  si  pubblicarono  gli  editti  di  Massimiano  Er- 
culeo contro  i  cristiani.  Egli  confessò  spontanea- 
mente la  sua  fede  dinnanzi  al  governatore  della  Pro- 
vincia ;  ed  i  giudici  impietositi  per  l'atto  del  giovane 
soldato,  volendo  salvarlo,  lo  rimandarono  ammonen- 
dolo a  riflettere  meglio  sulla  fatta  dichiarazione. 
Teodoro,  temendo  per  ciò  che  si  dubitasse  della  sua 
fede  viva  e  tenace,  volle  darne  prova  incendiando 
il  tempio  di  Cibele,  onde  venne  condannato  al  mar- 
tirio. Il  suo  corpo  venne  trasportato  a  Brindisi  nel 
XII  secolo  e  colà  si  venera  privo  della  testa  che  si 

7» 


566 


GIUSEPPE    RUGGERO 


trova  invece  a  Gaeta.  Vedi  il  Moroni  :  Dizionario 
di  erudizione  storica  ecclesiastica,  ecc.,  voi.  LXXIV, 
pag.  21. 

Non  conosco  altro  esempio  di  questa  speciale 
rappresentazione  del  Santo.  Mentre  più  tardi  dai 
successori  di  Guglielmo  viene  effigiato  nell'atto  di 
trafiggere  un  drago,  qui  invece  gli  si  fa  colpire  un 
mostro  a  cinque  teste.  Tutte  e  due  le  varianti  mal 
si  convengono  a  questo  Santo  per  l'azione  materiale, 
che  è  quella  attribuita  dalla  leggenda  a  S.  Giorgio. 
In  questo  caso  l'azione  deve  avere  un  significato 
simbolico,  diretta  cioè  contro  il  politeismo  dei  romani; 
e  per  questo,  è  forse  più  appropriata  la  variante 
del  mostro  a  più  teste. 

Guglielmo  II  P.  Marchese  (1494-1518). 


^'  —  +  M  A  AR  -  G  -  M  .  MO  »  FÉ  A  z  .  VI  *  PP  *  S  A  IMP 

Aquila  bicipite  coronata  con    scudetto    Aleramico 
in  petto,  cerchio  perline. 
I^    —  Testina    IN  *  HOC  *  SIGNO  ^  VINCES  *  Croce  fo- 
gliata in  cerchio  di  perline. 
Mistura.  Mezsa  Parpagliuola,  peso  gr.  0,81.  Cons.  buona. 


Bonifacio  II  P.  Marchese  (1518-1530). 


^'  — BONIFACIV  •  •  •  MAR Scudo  inquartato  : 

I  e  4  di  Monferrato,  2  di  Sassonia  (!'  incisore  ha 
omesso  la  corona  in  banda),  4  di  Bar.  Cer.  rigato. 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE 


567 


9/    —  Rosa  CRISTVS  IMPERAI    Croce    patente   unita   alla 
cornice  quadrilobata,  cerchio  rigato. 
Mistura.  Seeeino,  peso  gr.  0,72.  Cons.  buona. 

Variante  da  quelli   conosciuti,    per   la   leggenda 
del  rovescio. 


Gian  Giorgio  P.  Marchese  (1530  1533). 


B"  —  Rosa  IO  •  G-EORGIVS  •  M  •  MO  •  FERRATI  Scudo  di 
forma  speciale,  tra  I — G  cerchio  lineare. 

9(  —  Rosa  PRINC  •  VIGA  •  PP  •  SA IMP  :  Croce  fio- 
rata, cerchio  lineare. 

Mistura.  Soldino  7  peso  gr.  1,22.  Cons.  buona. 

Vincenzo  I  Gonzaga  Duca  (1587-1612). 


^  —  ■  VINCENTIVS  •  D  •  G  •  DVX  •  MANT  •  llll  •  Scudo  di 

Mantova    coronato,    con    scudetto   Monferrato  sul 

tutto,  cerchio  lineare. 
9;    —  +  ET  *  WONTIS  *  FERRATI   •*■  Il  •    Croce    di    forma 

speciale  con  busto  nimbato  di  S.  Evasio  nel  primo 

cantone,  cerchio  lineare. 
Oro.  Scudo,  peso  gr.  3,21.  Cons.  buona,  qualche  risalto  di  conio. 

Questo  scudo  d'oro  è  nuovo  ed  interessante  per 
il  busto  al  rovescio.  Potrebbesi  dubitare   se   meglio 


568 


GIUSEPPE   RUGGERO 


convenisse  a  Casale  oppure  a  Mantova  ;  ed  in  questo 
secondo  caso,  il  busto  sarebbe  quello  di  Virgilio 
chiuso  in  un  ovale.  Ma  la  fattura  di  questa  moneta 
è  molto  trascurata,  e  quale  non  siamo  abituati  a  ve- 
dere nelle  monete  mantovane.  Inoltre  il  cerchietto 
non  racchiude  esattamente  il  piccolo  busto,  ma  pare 
destinato  a  servire  di  aureola  alla  testa  ;  onde  è 
chiaro  che  si  tratti  di  un  Santo  e  non  di  Virgilio. 


CHIVASSO. 
Giovanni  I  Paleologo,  Marchese  di  Monferrato  (1338-1372). 


B'  —  M  +  lOHES  :  MARCHO  :  MONTISF'  +  Croce  ornata, 
con  tre  trifogli  a  ciascuna  estremità,   cer.   rigato. 

FI)  —  SANTVS — PETRV  Santo  seduto,  con  chiavi  nella 
destra,  tenendo  lo  scudo  aleramico  davanti  ai  gi- 
nocchi, cerchio  rigato. 


Argento,  Grosso,  peso  gr.  2.44. 


Cons.  buona. 


Finora  non  si  conoscevano  che  i  grossi,  raris- 
simi, con  lo  scudo  e  cimiero  al  diritto  e  S.  Pietro 
seduto  al  rovescio  con  chiave  e  pastorale,  nei  quali 
al  nome  del  Santo  è  aggiunto  DE  CLAVASIO.  Questo 
nuovo  tipo  è  totalmente  diverso,  e  non  porta  l'indica- 
zione del  luogo.  Da  tutto  l' insieme  dei  caratteri, 
sarei  disposto  a  ritenere  che  sia  stato  coniato  verso 
la  fine  del  lungo  periodo  di  questo  marchese,  a  dif- 
ferenza dei  grossi  citati,  che  devono  essere  più  an- 
tichi. 


ANNOTAZIONI   NUMISMATICHE   ITALIANE 


569 


MESSERANO. 
Ludovico  II  Fieschi  (1528- 1532). 


ÌB"  —  +  LVDOVIC  •  FLISC  •  LAVAIE  •  MESERA  •  CO  Busto  a 

destra  quasi  eguale  a  quello  del  n.  11  del  Promis, 

cerchio  lineare  e  di  perline. 
9    —  •  IHS  •  AVTEM  •  TRAN  •  P  •  MED  •  ILOR  •  IBAT  •  Aquila 

imperiale  coronata  con  scudo  Absburgo  in  petto, 

senza  cerchio. 


Argento.  Cavai/olio  ?  peso  gr.  3,60, 


Cons.  buona. 


Pare  questo  il  primo  esempio  delle  armi  impe- 
riali al  rovescio,  che  non  eravamo  abituati  a  vedere 
prima  della  fine  del  secolo,  e  sulle  monete  di  Fran- 
cesco Filiberto.  Non  ho  trovato  altrove  la  sincope 
in  LAVANIE. 


Pier  Luca  Fieschi  (1528  1548). 


&  —  Sole  :  PETRVS  :  LVCAS  :  FLIS  :  LAVAN  :  CO  :  C  :  D  : 

Aquila  bicipite  coronata    con    stemma   sul    petto, 
cerchio  lineare  e  rigato. 


570  GIUSEPPE    RUGGERO 


^   —  +  :  AVE  :  CRV  :  SANTA  :  ET  :  BENDICTA   Croce  or- 
nata e  gigliata,  cerchio  lineare  e   rigato,   qualche 
risalto  di  conio. 
Oro.  Scudo  del  sole,  peso  gr.  3,39.  Cons.  buona. 

Quantunque  questo  scudo  spetti  alla  zecca  di 
Crevacuore  della  quale  località  porta  il  nome,  tut- 
tavia secondo  l'esempio  di  Promis,  non  volli  stac- 
carla dalla  serie  comune. 

Farmi  che  questa  moneta  dimostri  un  titolo  in- 
feriore a  quello  degli  altri  scudi  d'oro  dei  Fieschi. 


B'  —  PETRVS  •  LVCAS  •  FLISCVS  •  Testa  a  sinistra  in  cer- 
chio lineare. 
91    —  Rosetta  LAVANIE  •  COMES  •  C  •  DNS  •   Arma  Fieschi 
in  cerchio  lineare. 
Mistura,  peso  gr.  1,62.  Cons.  buona. 

Anche  questo  come  lo  scudo  d'oro  non  porta 
che  i  titoli  di  conte  di  Lavagna  e  signore  di  Cre- 
vacuore. Dunque,  siccome  i  Fieschi  avevano  perduto 
il  primo  feudo  fin  dal  XII  secolo,  e  prima  che  aves- 
sero ottenuto  il  privilegio  di  zecca,  questa  deve  es- 
sere stata  coniata  a  Crevacuore,  o  a  Messerano  per 
Crevacuore.  La  testa,  pare  foggiata  ad  imitazione 
delle  monete  di  Ercole  I  d' Este.  Lo  scudo  dal  ro- 
vescio rammenta  quello  usato  in  alcune  modenesi  di 
Ercole  II  :  dunque  troppo  tardi  perchè  abbia  potuto 
servir  di  modello.  Ma  non  vedo  difficoltà  ad  ammet- 
tere che  anche  Ercole  I  abbia  usato  di  questa  foggia 
di  scudo  sulle  sue  monete  modenesi  ;  ed  in  questo 
caso  l'esperienza  insegna  che  il  non   conoscere   an- 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE 


571 


Cora  queste  monete  non  può  costituire  una  difficoltà 
per  accettare  l' ipotesi. 

Circa  la  specie  rappresentata,  direi  che  si  tratti 
del  grosso, 

Francesco  Filiberto  Ferrerò  Fieschi  (1584- 1629). 


^'  —  FR  •  FL  •  FÉ  •  FLPRI-N-C--MESSERA--  Il  Prin- 
cipe in  armatura  e  coronato  a  destra  con  scettro 
gigliato,  tra  15  —  98,  cerchio  lineare. 

9/    —  NON  NOB  1  DOMINE  il  SED      NOM  il  •  INI  •  TVO  11  DA 
GLOR  11   in  un  quadrato  ornato. 
Oro.  Ongaro,  peso  gr.  3,32.  Cons.  buona. 


^  —  FRANC  •  PRINCEPS  ■  PRIMVS  •  M  •  ET  •  M  •  Busto  a 
destra  con  spada  impugnata,  cerchio  di  perline 
tra  due  lineari. 

9  —  •  STABILITAS  •  ALTA  •  PETIT  •  F  •  VI  •  Aquila  impe- 
riale con  arma  in  petto,  cerchio  come  al  diritto. 
Argento.  Tallero,  peso  gr.  23,33.  Cons.  mediocre. 

Il  rovescio  è  eguale  al  n.  22  del  Promis.  Ma  il 
diritto  è  nuovo  per  la  spada  sguainata. 


572 


GIUSEPPE    RUGGERO 


MONTANARO. 

Sebastiano  Ferrerò  Fieschi,  vescovo  d'Ivrea 
e  abate  di  S.  Benigno  (1546-1547). 


^  —  ■  SEB  •  EPS  •  ET  •  -PRINCEPS  •  LAV  Scudo  vuoto  in- 
clinato e  intagliato  con  elmo  coronato,  cimiero  e 
svolazzi,  cerchio  lineare. 

9  —  •  S-ANCTVS  ■  MAVRVS  ■  l-R  •  Santo  a  cavallo  a  de- 
stra con  vessillo  :  sotto  un  anellino,  cer.  lineare. 
Argento.  Cornato,  peso  gr.  5,17.  Cons.  buona. 

Già  edita  ma  con  attribuzione  errata,  dal  Co- 
raggioni  {Milnzgeschichte  der  Schweiz,  etc.  Genève, 
T896),  al  n.  17  della  tav.  XLI.  Egli  credette  che 
questa,  e  due  testoni  (n.  15  e  16)  dovessero  appar- 
tenere al  vescovo  di  Losanna,  Sebastiano  di  Mont- 
faucon,  1517-1536. 

In  questo  cornabò  infatti,  egli  poteva  leggere 
LAVSANNE,  e  COSÌ  pure  nel  testone  n.  16  coll'aquila 
e  S.  Maurizio  ;  ma  in  quello  n.  15  colla  testa  ed  il 
Santo  seduto,  dove  è  scritto  LAVA,  egli  avrebbe  do- 
vuto avvedersi  dell'errore,  non  essendo  possibile  altra 
lezione  se  non  quella  di  LAVANIE.  Volli  ricercare  se 
altri  avesse  già  rilevato  l'errore  del  Coraggioni,  ma 
non  mi  fu  possibile  constatarlo  ;  non  l'escludo  tut- 
tavia, che  tutti  sanno  quanto  facilmente  ci  sfuggano 
talvolta  alcune  notizie  in  pubblicazioni  introvabili. 
In  questo  caso  non  sarà    male    che    una  ripetizione 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE   ITALIANE  5'^3 

serva  a  maggiormente  divulgare  la  dovuta  restitu- 
zione delle  monete  citate  alla  zecca  degli  Abati  di 
S.  Benigno. 

Circa  lo  scudo  vuoto,  tutti  sanno  ormai  che 
quei  pochi  intagliatori  che  giravano  per  le  zecche 
del  Piemonte,  portavano  con  se  i  conii  bell'e  fatti, 
che  servivano  per  tutti,  variando  leggenda  ed  arma; 
e  molte  volte  avveniva,  che  per  la  fretta  si  conias- 
sero le  monete  prima  di  riempir  lo  scudo.  Vedansi 
gli  esempi  numerosi  di  questo  fatto  in  Messerano, 
Desana,  Montanaro  ed  altre. 

RONZONE. 

Enrico  e  Corrado  Marchesi 
intorno  ai  primi  anni  del  XIV  secolo. 


fy  —  +  Eli  CVNRADVS  ì  Nel  mezzo,  H  •  E  •  N  •  R  •  attorno 
ad  una  rosetta  e  cerchio  rigato.  _    _ 

9  —  Rosetta  fra  due  trifogli  ||  MARC  il  HONES  ||  PVCON  || 
rosetta  come  prima  || 

Mistura.  Imperiale,  peso  gr.  0,56.  Cons.  buona. 

Si  conoscevano  finora  due  sole  monete  come 
rappresentanti  di  questa  zecca  :  il  grosso  ad  imita- 
zione dei  veneti,  pubblicato  da  Morel  Patio  nella 
Riv.  Belga  del  1865,  pag.  438-442,  ripubblicato  poi 
dall' Ambrosoli,  Riv.  /tal.  di  Num.,  1888,  pag.  18-22 
e  l'obolo  d'imperiale  edito  dal  Gnecchi  E.,  Riv.  Hai. 
di  Num.,  anno  V,  pag.  58. 

L'imperiale  presente  è  dunque  la  terza  moneta 
di  Ponzone,  ma  è  la    prima    che    porti    i    nomi  dei 

73 


574 


GIUSEPPE    RUGGERO 


marchesi.  Sono  questi,  un  Enrico  ed  un  Corrado  che 
devono  essersi  trovati  condomini  nel  marchesato 
negli  ultimi  anni  del  XIII  o  primi  del  XIV,  come 
c'indicano  chiaramente  i  caratteri  della  moneta;  in 
ogni  modo  non  dopo  il  1310,  data  della  famosa  grida 
di  Enrico  VII. 

Colla  scorta  della  serie  cronologica  come  è  ora 
stabilita,  e  che  devo  al  eh.  barone  Manno,  si  trova: 
che  Alberto  marchese,  f.  di  Ponzio,  di  Ugone,  di 
Aleramo  1,  ha  tutto  Ronzone  nel  1227.  Egli  lascia 
due  figli,  Bonifacio  e  Corrado;  il  primo  ha  un  figlio  di 
nome  Enrico  che  nel  1280  è  inviato  di  Lucca.  Non 
essendovi  altri  di  questo  nome,  noi  dobbiamo  rico- 
noscere questi  come  l'Enrico  della  moneta.  Passiamo 
all'altro  figlio  di  Alberto,  cioè  Corrado  marchese  di 
Spigno  ;  questi  ha  un  figlio,  Manfredino,  dal  quale 
nasce  un  secondo  Corrado  di  cui  si  ha  notizia  nel 
1316.  Ecco,  secondo  me,  quel  Corrado  nominato 
sull'imperiale,  per  la  semplice  ragione  che  essendo 
l'Enrico  segnato  pel  primo,  HENRICVS  ET  CVNRADVS, 
è  ragionevole  che  egli  si  trovi  in  un  grado  di  pa- 
rentela più  elevato,  ciò  che  non  avverebbe  se  il 
Corrado  fosse  il  primo  del  nome,  cioè  suo  zio. 

Questa  nuova  moneta  acquista  maggiore  impor- 
tanza, perchè  ci  serve  per  ricondurre  allovile  altre 
pecorelle  incerte  e  smarrite. 

Son  dessi  quei  grossi  con  gli  stessi  nomi  ma 
senza  l' indicazione  della  zecca,  pubblicati  dall'Am- 
brosoli  nella  memoria  sopra  citata,  e  che  egli  già 
supponeva  essere  di  Ponzone.  Ed  a  proposito  di 
questi,  egli  dubitava  che  almeno  uno  dei  due  dati  a 
Cortemiglia  dal  Promis,  M.  Ital.,  III,  tav.  IV,  n.  49 
e  tav.  V,  n.  50  e  precisamente  il  secondo  fosse  stato 
mal  letto  ed  avesse  eguale  origine.  Infatti,  le  due 
lineette  sopra  i  due  nomi,  ci  autorizzano  a  leggere 
HÉR  ET  CVR    per    HENRICVS  ET  CVNRADVS-    Resterebbe 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE    ITALIANE  575 

il  primo,  quello  al  n.  49,  tav.  IV,  che  porta  la  leg- 
genda HEN  Z  CVRT,  che  fino  a  prova  in  contrario  re- 
sterebbe a  Cortemiglia. 

Intanto,  l'attribuzione  dell'Ambrosoli  per  i  tre 
del  ripostiglio  di  Lurate  e  per  uno  di  quei  del  Promis, 
trova  la  miglior  conferma  per  mezzo  del  presente 
imperiale. 

ZECCA  INCERTA  —  Secolo  XIII. 


^  —  +  •  I^ATOR  •  Nel  mezzo  FR  in  cerchio  rigato. 
^f    —  +  •  VARCE  •  Croce  patente  in  cerchio  perline. 
Mistura,  peso  gr.  0,63.  Cons.  buona. 

Da  circa  una  ventina  d'anni  io  avevo  avuto  no- 
tizia dell'esistenza  di  questo  imperiale  piccolo,  da 
una  communicazione  del  compianto  Desimoni.  Non 
mi  fu  allora  possibile  averne  un  calco,  e  confesso 
che  se  anche  l'avessi  avuto  non  mi  sarei  forse  in- 
dotto a  darne  notizia,  senza  la  conoscenza  effettiva 
della  moneta. 

Finalmente  entrata  questa  da  poco  tempo  nella 
Reale  Raccolta,  dovetti  convincermi  che  non  si  trat- 
tasse d'una  delle  solite  falsità  ;  beninteso,  secondo 
il  mio  parere,  e  quello  di  altri  numismatici. 

La  difficoltà  di  precisare  la  zecca  dove  questa 
moneta  è  stata  battuta,  mi  pare  insormontabile.  I 
luoghi  che  potrebbero  convenire  a  quello  indicato 
nella  stessa,  sono  diversi. 

Abbiamo  Varsi  sul  Parmense:  Varzi  in  quel  di 
Bobbio  :  Varzo  di  Domodossola.    V'è   ancora  Barge 


576 


GIUSEPPE   RUGGERO 


di  Saluzzo,  che  anticamente  dovea  essere  luogo  ben 
munito  e  di  una  certa  importanza  per  commercio. 
Ma  è  evidente  che  non  esiste  alcuna  ragione  seria 
per  farci  decidere  più  per  l'uno  che  per  l'altro  di 
questi  luoghi.  Il  problema  rimarrà  dunque  insoluto, 
fino  a  che  non  vengano  fuori  nuovi  dati  per  ri- 
solverlo. 

HI.  —  LIGURIA 
GENOVA. 


.B'  —  +  DVX  «'ET  *  GVB'  ®  REIP'  ®  &ENV'^®  1567 
Castello  genovese  tra  due  stelle  ad  8  punte,  sotto 
*  4  ®  cerchio  perline  tra  due  lineari. 

9  —  +  CONRADVS  ^  Il  *  ROMANOR'  ®  REX  ®  À  ®  S 
Croce  patente  con  4  stelle  ad  8  punte,  cerchio 
come  al  diritto. 


Argento.  Scudo  da  4  lire,  peso  gr.  36,42. 


Cons.  ottima. 


Erano  conosciuti  e  non  rari  i  mezzi  scudi  da 
hre  due  dello  stesso  anno,  i  quali  hanno  sotto  il  ca- 
stello il  valore  in  cifre  romane,  il  •  Da  molti  docu- 
menti risultava  che  si  fosse  coniato  contemporanea- 
mente lo  scudo  da  lire  quattro  ;  anzi,  esiste  una  di- 
chiarazione del  Magistrato  della  zecca  del  1646, 
intorno  alla  presentazione  per  verifica  di  questa  mo- 


ANNOTAZIONI    NUMISMATICHE   ITALIANE 


577 


neta,  che  aveva  la  cifra  4  sotto  il  castello.  Al  n.  11 67 
delle  nostre  tavole  genovesi,  ho  riportata  la  descri- 
zione della  moneta  come  risulta  dalla  citata  dichia- 
razione, ma  fino  ad  oggi  si  desiderava  indarno  un 
esemplare  di  questo  pregevolissimo  pezzo.  Il  Desi- 
moni  (Vedi:  Sui  più  antichi  scudi  di  argento  genovesi 
in  Giornale  Ligustico,  1877),  ^'^^  si  dimostra  troppo 
convinto  che  la  descrizione  sia  esatta  circa  la  cifra, 
che  egli,  in  analogia  del  mezzo  scudo,  suppone  debba 
essere  scritta  alla  romana,  IV. 

Ora  l'esemplare  della  R.  Raccolta,  viene  a  con- 
fermare, meno  i  segni  d'interpunzione,  l'esattezza 
della  descrizione  nel  documento  del  1646.  Anche  il 
dubbio  del  Desimoni,  per  quanto  dovesse  sembrar 
logico,  viene  a  cadere  davanti  alla  realtà  del  fatto  : 
ne  saprei  trovar  ragione  del  diverso  modo  di  segnare 
il  valore,  su  due  monete  della  stessa  serie. 


^'  —  "  MO  '  NO  -  AR&  '  —  -  ORDIN  "  lAN  '  Mezza  figura 
di  guerriero  tenendo  davanti  a  sé  lo  scudo  del 
leone  rampante,  cerchio  lineare  e  perline  15  —  76. 

I§    —  Piccolo    castello    genovese    -  CONFIDENS  "  DNO  " 
NON  "  MOVETVR  "  Leone  rampante,  cerchio  come 
al  diritto. 
Argento.  Tallero  di  tipo  olandese,  peso  gr.  26,52.  Cons.  buona. 

Il  lettore    ricorderà    certamente    la    descrizione 
che    io    diedi    nella  Rivista  Ital.  di  Num.,  del  1898, 


578 


GIUSEPPE   RUGGERO 


pag.  112,  di  due  coni  conservati  al  Museo  Nazionale 
di  Firenze.  Il  distintivo  del  piccolo  giglio,  il  luogo 
dove  si  conservano  quei  coni,  ed  il  loro  stato  d'uso 
erano  prove  più  che  sufficienti  per  dedurre  che  in 
Firenze  si  era  contraffatto  il  tallero  del  Brabante  per 
il  commercio  coU'Oriente.  E  poiché  anche  Firenze 
aveva  creduto  di  seguir  l'esempio  di  tante  altre 
zecche,  non  era  fuor  di  luogo  di  presagire  che  un 
giorno  o  l'altro  si  sarebbe  trovato  anche  il  tallero 
del  leone  coniato  nella  Genovese  Repubblica. 

L'esemplare  venne  fuori  in  questi  anni,  non  solo 
col  distintivo  della  zecca,  ma  anche  colla  indicazione 
del  nome  della  medesima  sul  diritto.  Ma  quello  che 
riesce  strano  è  che  il  titolo  della  moneta  assaggiato 
alla  pietra,  non  si  manifestò  inferiore  al  pezzo  ori- 
ginale. Pare  dunque  che  la  coniazione  di  questa  mo- 
neta, abbia  avuto  per  fine,  quello  di  favorire  le  tran- 
sazioni commerciali  invece  del  lucro  diretto  sul  va- 
lore intrinseco.  Circa  alla  data,  che  è  quella  del 
Tallero  originale,  ritengo  che  non  rappresenti  l'anno 
vero  della  battitura,  perchè  quella  moneta  non  po- 
teva in  breve  tempo  acquistare  in  Levante  quella 
riputazione,  che  ebbe  in  seguito. 


SAVONA. 
Guido  Fregoso  Governatore  per  Genova  (1510-1514). 


B"  — 


+  :  VIRGO  :  MAR  -A  :  PROPTEGE  :  Testa  nimbata 
della  Vergine  a  destra,  all'esergo,  lo  stemma  Fre- 
goso, cerchio  perline. 


ANNOTAZIONI   NUMISMATICHE   ITALIANE 


1$   —  Piccolo  stemma  Fregoso    :  CIVITAS    rosa    SAONE  : 
1513  :  Stemma  savonese  tra  M  — S  e  cer.  perline. 
Argento.   Testone,  peso  gr.  9,55.  Cons.  buona. 

Il  Promis,  nella  sua  memoria  sulle  monete  sa- 
vonesi, riporta  due  mezzi  testoni  dei  Fregosi  che 
non  possono  con  sicurezza  attribuirsi  ad  uno  più  che 
all'altro  dei  due  Governatori  di  questo  casato;  cioè 
a  Guido,  1510-1514,  oppure  a  Simonetta,  1526-1528. 

Il  presente  testone,  che  per  primo  porta  una 
data  ci  fa  sicuri  che,  appartenga  a  Guido.  Oltre  a 
questa  novità  della  data,  presenta  pure  una  scon- 
cordanza tra  il  diritto  ed  il  rovescio,  avendo  il  CiViTAS 
al  nominativo.  Questo  potrebbe  far  credere  che  il 
rovescio   fosse   destinato   per   qualche   altro   diritto. 

Roma,  Luglio  igoS. 

G.  Ruggero. 


LE  ANTICHE  ZECCHE 


DI 


SUSA  e  d'AVlGLlANA 


I. 


SUSA  ('). 


Sotto  il  regno  di  Umberto  II  (T080-TT031  si  apre, 
in  Susa,  la  prima  e  più  antica  otììcina  monetaria 
della  Real  Casa  di  Savoia.  Ciò  possiamo,  con  orgo- 
glio degli  studi  nummari  italiani,  aftermare  con  tutta 
certezza  ;  giacche  la  rovinante  officina  di  Aquabella 
—  ove  i  vescovi  della  Moriana  ed  i  primi  conti  di 
Savoia  disputavansi  forse  il  diritto  di  zecca,  questione 
questa  tuttora  discussa  fra  i  numismatici,  —  taceva 
per  sempre  sul  finire  del  to8o.  Vollero  i  fati  che  la 
prima  impronta  di  italianità  nelle  monete  della  di- 
nastia che  ora  regge  l'Italia,  si  partisse  da  questa 
vecchia  cittcà  delle  Alpi,  e  che  il  nome  suo  Seciisia 
accompagnasse  il  nome  del  principe  che  in  Lei  aveva 


(1)  Questo  mio  studio  che  per  cortese  accondiscendenza  del  Muni- 
cipio locale  ho  potuto  compiere  anche  su  monete  del  Museo  Civico, 
vorrebbe  essere  la  prima  parte  di  un  lavoro  sistematico  sulle  zecche 
subalpine.  All'illustre  cav.  avv.  Adolfo  Mestrallet,  sindaco  di  Susa,  che 
con  sua  lettera  ufficiale  15  aprile  1908  incoraggiava  e  favoriva  il  mio 
modesto  proposito,  invio  il  più  fervido  ringraziamento  e  l'augurio  cor- 
diale che  sotto  la  sua  illuminata  guida  la  cara  Città  di  Susa  abbia  ad 
avvantaggiarsi  d'ogni  più  lodevole  iniziativa. 

R,  A.  M. 

74 


582  RICCARDO    ADALGISIO    MARINI 

scelto  dimora  e  signoria,  quasi  un  augurio  benedetto, 
quasi  profetica  voce  di  riscossa  per  ammonire  i  Sa- 
voia ch'essi  avrebbero  cinto  un  giorno,  dopo  tanti 
secoli  di  lotte  e  dolori  —  la  bella  corona  dell'Italia 
libera  ed  una. 

Susa  adunque  ha  la  sua  zecca  sotto  Umberto  II: 
in  uno  strumento  notarile  del  1098,  ricopiato  ed 
autenticato  in  documenti  del  1253-56-72  (^),  conser- 
vati in  questo  archivio  notarile,  abbiamo  che  Jacobus 
de  lagìono  vende  apnd  Bardoniscam  prò  XL  denariis 
secusiensibus  cinque  iugeri  di  terreno  a  Martino  de 
Novalicia  gastaldo  Domini  Huberti  comitis.  Questo  ri- 
trovamento ci  permette  di  stabilire  irrefutabilmente 
che  la  zecca  di  Susa  fu  aperta  fra  il  1080  e  il  1098 
e  che  contrariamente  a  quanto  scrissero  il  Vernazza 
ed  il  Promis  —  ritrovarsi  cioè  i  primi  accenni  ai 
danari  secusini  nel  1104  e  T109  —  in  Susa  e  nella 
Valle  già  contrattavasi  fra  i  privati,  con  danari  di 
Susa,  nel  1098.  La  nostra  zecca  battè  così,  per  circa 
tre  secoli,  sebbene  non  continuamente,  poiché  dal 
1225  in  poi  i  documenti  taciono,  per  quanto  i  da- 
nari debili  e  /orti  o  buoni  segusini  continuino  a  cor- 
rere ;  e  non  sono  alieno  dall'asserire  che  la  zecca 
di  Avigliana  coniasse,  alternatamente  con  quella  di 
Susa,  i  danari  sabaudi,  come  già  accennò  il  Promis; 
tanto  più  che  dal  1225,  anno  nel  quale  dalla  zecca 
di  Susa  furono  emessi  danari  secusini  nuovi,  non 
abbiamo  più  menzione  della  nostra  officina  mone- 
taria fino  al  1387,  nel  conto  del  tesoriere  generale, 
dal  quale  appare  che  in  quell'epoca  era  maestro  di 
zecca  a  Susa  Giovanni  de  Campacio  di  Chivasso.  Ora 
è  mai  possibile  che  nel  1225  siansi  emessi  tanti  da- 
nari da  bastare   alla   circolazione   ed   al    commercio 


(i)  È  sempre  Io  stesso  alto  di  vendita,  riprodotto  in  più   copie  di 
tempo  diverso.  Manca  l'originale. 


I-E    ANTICHE   ZECCHE    DI    SUSA    E    D  AVIGl.IANA 


della  Valle  per  più  di  un  secolo  e  mezzo,  senza  che 
vi  soccorresse,  di  tempo  in  tempo,  qualche  nuova 
emissione  ?  Vero  è  che  i  conti  di  Savoia,  avevano 
nel  frattempo  aperte  oltr'Alpi,  le  famose  officine  di 
Chambery,  di  San  Maurizio  d'Agauno  e  di  San  Sin- 
foriano  d'Ozon  ;  ma  in  queste  non  battevansi  danari 
secusini.  Dunque  ?  Rileviamo  che  nei  secoli  XII-XIII 
i  Savoia  ebbero  per  parecchi  anni  residenza  in  Avi- 
gliana,  e  che  anzi  ivi  nacque  il  conte  Umberto  111 
il  Santo  ed  alcuni  suoi  discendenti,  i  quali  appunto 
coniarono,  come  vedremo,  nell'avita  e  storica  terra 
di  Avigliana. 

II.  —  AVIGLIANA. 

Questa  zecca  fu  sicuramente  aperta  prima  del 
1252.  Dice  diffatti  un  documento  dell'archivio  ca- 
merale (anni  1 209-1 293)  Mazzo  VII,  Pergamene  :  //- 
bravìt  lohaniieto  de  clanisco,  iiionetario  Domini  scn- 
denti  moneiani  apìid  axiiUiaìiam  solidos  secnsienses  XXX 
prò  ejtisdem  officio ,  etc.  Regnava  in  quel  tempo 
Amedeo  IV  (f  1253)  che  fu  il  primo  conte  di  Sa- 
voia, che  sulle  monete  impresse  il  Comes  Sabandie, 
invece  di  Secusia.  Questi,  io  ritengo,  fu  il  primo  e 
vero  istitutore  della  zecca  d'Avigliana,  non  ritrovan- 
dosi altri  accenni  in  proposito  prima  del  1252;  dopo 
tal  anno,  dobbiamo  scendere  fino  al  1297,  in  cui  il 
conto  del  tesoriere  generale  ci  dice  d'aver  ricevuto 
in  pagamento  da  lacobo  de  l'arano  et  sociis  eins  scn- 
dentibiis  monetani  apnd  Auillianaìn,  una  somma  di 
danaro.  Dopo  quell'epoca  troviamo  nominati  suoi 
maestri  sul  finire  del  1298,  nel  1341,  1387,  1391  e 
1394,  cioè  durante  la  minorità  di  Amedeo  Vili.  Ed 
appunto  sotto  questo  primo  duca  di  Savoia,  eravi 
maestro  quel  Matteo  di  Bonaccorso  Borgo,  da  Fi- 
renze, che  nel  1405  venne  a  composizione  col  fisco 


584 


RICCARDO    ADALGISIO    MARINI 


per  avere  dalla  zecca  di  Avigliana  emesso  monete 
inferiori  d'assai  a  quanto  era  da  legge  prescritto.  E 
pare  che  le  peripezie  giudiziarie  di  questo  «  fioren- 
tino spirito  bizzarro  »  non  dovessero  limitarsi  al  solo 
anno  1405,  giacché  quando  era  maestro  in  Savoia 
alle  zecche  di  Chambery,  ]>ourg  e  Pont  d'Ain  la  sua 
condotta  non  fu  davvero  delle  migliori.  Pur  tuttavia 
la  precisione  e  l'irreprensibilità  del  suo  conio  erano 
tali,  da  renderlo  sempre  ricercato  dai  Savoia,  dei 
quali  fu  uno  tra  i  migliori  e  più  celebrati  maestri 
di  zecca.  Dopo  il  1405  non  s'  ha  più  notizia  alcuna 
della  zecca  d' Avigliana ,  poiché  coli'  elezione  di 
Amedeo  Vili  a  duca  (1416)  i  danari  ducali  furono 
battuti,  per  il  Piemonte  in  Torino,  e  per  la  Savoia 
a  Chambery  dove  quel  diavolo  di  Matteo  Bonaccorso 
continuava  anche  dopo  il  1416  a  trionfare  per 
l'arte  sua  ('). 

Conti  di  Savoia  cmk  batterono  nelle  due  zecche. 


Oddone.  . 
Pietro  I.  . 
Amedeo  II 
Umberto  II 
Amedeo  III 
Umberto  III 
Tommaso  . 


Amedeo  IV 


Bonifacio 


Aquabella  ? 

Susa 

Susa 

Susa 

Susa 

Chambery 

San  Maurizio  d'Agauno 

Susa 

Avigliana 

Chamber)- 

San  Maurizio  d'Agauno 

Susa 


(i)  Vedi  in  proposito  G.  Carbonelli  :  Umberto  Bonaccorsi  zecchiere 
di  Savoia  in  Riv.  Hai.  di  Numismatica,  fase.  MI,  1908,  dove  narransi 
anche  le  avventure  di  questo  maestro,  figlio  di  Matteo.  —  Consulta  pure 
L.  CiBRARio:  Econ.  Polit.,  voi.  3.°,  pag.  217.  Torino,  1842. 


LE    ANTICHE    ZECCHE    DI    SUSA    E    D  AVIGLIANA 


585 


Pietro  II     . 
Filippo  I     . 

Amedeo  V 
Edoardo 


Aimone , 


Amedeo  VI 


Amedeo  VII 


Amedeo  Vili. 


Chambery 

San  Maurizio  d'Agauno 

Susa 

Chambery 

Avig  liana 

San  Maurizio  d'Agauno 

San  Sinforiano  d'Ozon 

Avigliana 

Chambery 

San  Sinforiano  d'Ozon 

Susa 

? 

Avigliana 

Bourg  en  Eresse 

Chambery 

Donnaz 

Pont  d'Ain 

San  Genisio 

San  Sinforiano  d'Ozon 

Nel  Chiabiese 
Chambery 
Pietra  Castello 
Pinerolo 
Pont  d'Ain 
San  Genisio 

Avigliana 

Nion 

Pont  d'Ain 

Susa 

Aosta 

Avigliana 

Bourg  en  Bresse 

Chamberj' 

Ivrea 

Moncalieri 

Nion 

Pont  d'Ain 

Torino 


\ 


^86  RICCARDO    ADALGISIO    MARINI 


Risulta  COSÌ  da  questo  specchio  che  i  Savoia 
coniarono  in  Susa  ed  in  AvigHana  dal  1080  al  1416 
all'  incirca,  e  cioè  nel  primo  periodo  della  loro  af- 
fermazione storica  :  finche  furono  Conti.  Coll'eleva- 
zione  di  Amedeo  Vili  a  duca  le  nostre  due  zecche, 
se  non  cessarono  d'un  tratto,  languirono  lentamente, 
e  Torino  prese  il  sopravvento  sulle  altre  officine 
monetarie  del  Piemonte,  per  il  conio  dei  danari  du- 
cali. Riassumendo  :  nove  conti  di  Savoia  coniarono 
in  Susa,  Umberto  II,  Amedeo  III,  Umberto  III,  Tom- 
maso, Amedeo  IV,  Bonifacio,  Pietro  II,  Amedeo  V, 
Amedeo  VII;  sei  in  Avigliana:  Amedeo  IV,  Filippo  I, 
Amedeo  V,  Aimone,  Amedeo  VII,  Amedeo  VIII  ; 
sei  in  Susa  soltanto  :  Umberto  II,  Amedeo  III,  Um- 
berto III,  Tommaso,  Bonifacio,  Pietro  II;  soltanto 
in  Avigliana,  tre:  Filippo  I,  Aimone,  Amedeo  VIII; 
contemporaneamente  'in  Susa  ed  in  AvigHana,  pure 
tre:  Amedeo  IV,  Amedeo  V,  Amedeo  VII. 

Maestri  di  zecca  ^^l 

1080-1098  ....  ? 

Secolo  XII  e  quasi  tutto  XIII  ....  ? 
Susa  }    ^^97  Durando  Carrèrie  di  Avignone 

1322  Alessandro  Bardano  da  Firenze  (2) 
1384  Giacomino  de  Capitaneis  o  Cattaneo,  Pavia 
1387  Giovanni  de  Campacio  di  Chivasso 
1252  ....  ? 

1297  Giacomo  de  Varano  di  Piacenza 

1298  Benedetto  Alliaudi  di  Susa 

A   ■  ,■        ]    1^41  Ildebrando  e  Bartolomeo  Alfani  di  Firenze 
^    1343  Manfredo  Frotta  di  Firenze  (3> 
1387  Giacomino  Cattaneo  suddetto 
1391  Giovanni  di  Rezeto  di  Moncalieri 
1394  Matteo  di  Bonaccorso  Borgo  di  Firenze. 

(1)  Riporto  la  lista  del  Promis,  aggiungendovene  due. 

(2)  Archivio  municipale  di  Susa.  Carte  1320-1390.   Questo   Bardano 
fu  pure  maestro  a  Chanibery,  Bourg  e  Pont  d'Ain  nel  1338-39. 

(3)  Arch.  municip.  Susa.  Carte  1320-1390.  Frotta  fu  pure  maestro  a 
Bourg  S.  Maurice  nel   1349-50. 


LE    ANTICHE    ZECCHE    DI    SUSA    E    d'aVIGLIANA  587 


Questi  maestri  particolari  di  zecca  venivano 
scelti  ed  esaminati  da  quattro  maestri  generali,  ed 
una  volta  nominati  all'officina,  prestavano  un'appo- 
sita cauzione,  obbligandosi  a  tenere  al  loro  servizio 
un  numero  sufficiente  di  operai  e  di  impiegati.  Essi 
venivano  ottimamente  retribuiti  ;  e  pare  che  la  ca- 
rica dovesse  essere  tenuta  in  alto  pregio  perchè  vi 
ambivano  gli  stessi  nobili.  Avigliana  poi  fu  terra  di 
abili  e  fortunati  zecchieri;  citerò  per  debito  d'onore 
i  nomi  dei  due  più  illustri  e  cioè  Tommaso  Polonia 
e  Giacomo  Picoz  o  Picot,  entrambi  maestri  di  zecca 
nominati  da  Amedeo  Vili,  il  primo  a  Chambery,  il 
secondo  a  Nion,  dove  tennero  alto  il  prestigio  del- 
l'arte monetaria  cosi  fiorente  nella  Valle  di  Susa. 
Passiamo  ora  in  rassegna  i  danari  d'ogni  conte  :  alla 
descrizione  numismatica  farò  precedere  alcune  brevi 
notizie  storiche,  giacché  mi  pare  che  questo  sistema 
meglio  contribuisca  a  farci  intendere  il  senso  del- 
l'epigrafia e  dei  tipi  monetari  sabaudi. 


Umberto  II  (1080-1103). 

Nota  storica.  —  Figlio  di  Amedeo  II,  suc- 
cesse nel  1091  alla  nonna,  la  famosa  contessa  Ade- 
laide. Fu  signore  della  Moriana,  della  Tarantasia, 
dell'Alta  Savoia,  della  Valle  d'Aosta,  del  Canavese, 
del  dominio  di  Susa  con  Pinerolo.  Il  titolo  che 
ordinariamente  usava  era  quello  di  conte  della  Mo- 
riana e  di  Marchese  in  Italia.  Abbiamo  un  suo  atto 
del  1094  scoperto  nell'archivio  vescovile  d'Ivrea, 
nel  quale  facendo  egli  varie  donazioni  a  quella 
chiesa,  professa  chiaramente,  ^.v  natione  mea  lege  vi- 
vere romana,  cioè  di  seguire  in  forma  di  nazionalità 
la  legge  romana,  donde  appare  com'egli  si  conside- 
rasse propriamente  italiano.  Mori  nel  1103. 


588 


RICCARDO    ADAHaslO    MARINI 


Denaro  di  Umberto  II  —  gr.  0,95  (i). 

Già  il  Vernazza  aveva  intuito  che  i  primi  da- 
nari battuti  in  Susa  dovessero  appartenere  ad  Um- 
berto II,  ed  in  prova  allegava  un  documento  del  1109, 
inserito  nel  famoso  Chartarmm  Ulciense,  per  il  quale 
un  tale  Oberto  si  obbliga  verso  i  canonici  di  quella 
prepositura  nel  doppio  di  quanto  prometteva  et  in- 
super  poenam  librarum  decem  denan'orum  honorum  se- 
cusiensium.  Ora  se  nel  1109,  quando  Amedeo  III  era 
appena  uscito  di  tutela,  noi  vediamo  specificati  nei 
contratti  i  danari   buoni,    dobbiamo   logicamente  ar- 


Denaro  di  Umberto  II  —  gr.  1,05. 

guire  che  ne  esistevano  precedentemente  dei  non 
buoni,  ossia  dei  debili,  già  logori  e  scadenti  per  la 
circolazione  di  parecchi  anni.  Ed  a  questi  ultimi  de- 
vono certamente  alludere  i  due  documenti  di  data 
anteriore  al  1109:  uno  dell'archivio  capitolare  della 
Cattedrale  di  Torino,  già  scoperto  dal  Promis,  in 
data  18  giugno  1104,  ed  è  un'investitura  concessa 
a  Bergundo  dal  sacrestano  della  Canonica  di  S.  Sal- 
vatore per  la  somma  di  so/idos  quinquaginta  et  quinqiie 


(i)  Un  gramma  equivale  a  i8  grani,  e  ogni  5  centigramma  ad   un 
grano  all'  incirca,  95  centigr.  equivarranno  adunque  a  17  grani. 


LE  ANTICHE    ZECCHE   DI   SUSA    E    d'aVIGLIANA 


589 


secusiensium  ;  e  l'altro  è  l'atto  di  vendita  da  me  ri- 
trovato nell'archivio  notarile  di  Susa,  in  data  del 
1908,  in  cui  si  accenna  a  iugeri  di  terra  acquistati 
presso  Bardonecchia  da  un  certo  Martino  di  Nova- 
lesa  per  CCL  denariis  seciisiensibus. 

I  danari  di  Umberto  II  sono  tutti  d'argento  me- 
diocre ;  portano  sul  diritto  la  croce,  accantonata  su- 


0M. 


^ 


inyt' 


Denaro  buono  di  Umberto  II  —  gr.  1,06. 

periormente  da  due  globuletti,  con  attorno  il  nome 
+  VMBERTVS;  sul  rovescio  è  una  stella  a  sei  raggi, 
accostata  da  due  punti  obliqui,  colla  leggenda  assai 
chiara  +  SECVSIA.  In  una  emissione  speciale,  poste- 
riore di  certo  al  iioo.  poiché  più  raffinata  nell'arte 
del  primo  conio,  i  danari  portano  invece  della  stella, 
un  fiore  a  sei  petali  colla  leggenda  +  COMES,   e  sul 


Mèzzo  denaro  di  Umberto  II  —  gr.  0,56. 

diritto,  una  croce  patente  come  osserviamo  spesso 
sulle  monete  della  fine  del  secolo  XII.  Osservando 
fe  l'orò  botità'  e  peso,  i  primi  esemplari  pesano  dai 
26  ai  là  grani,  della  bontà  media  di  danari  8,t2  e 
8,4  od  almeno  6  di  argento  fino:  il  che  non  ci  deve 
stu'pire,  conoscendo  la  difficoltà  di  ben  mescolare 
Inargento  quando  contiene  molta  lega  e  la  poca  pra- 
tica di  quei  tempi  nella  chimica  metallurgica.  Altri 
esemplari  invece,  di  emissioni  posteriori  alia   prima 

75 


590  RICCARDO   ADALGISIO   MARINI 


Denaro  rarissimo  di  Umberto  II 
Stella  a  otto  raggi  —  gr.  1,15. 

sono  del  peso  di  grani  12-14  e  della  bontà  di  danari 
7-8  ('^.  Di  questi  danari  trovasi  anche  la  metà,  ossia 
l'obolo  del  peso  di  grani  13  a  18  e  di  conio  simile 
agli  interi.  Unico  fra  le  monete  del  tempo  è  il  da- 
naro secusino  per  il  suo  tipo  :  la  stella  a  sei  raggi, 
secondo  il  Ginanni  (arte  del  Blasone,  Venezia  1756, 
pag.  156),  indica  origine  italiana,  i  francesi  usandola 
di  soli  cinque,  anzi  l'unica  moneta  italiana  di  tempi 
a  questo  più  vicini  è  quella  di  Lucca  battuta  dal 
re  longobardo  Desiderio.  Le  monete  scensine  erano 
battute  a  somiglianza  di  quella  di  Aquabella  e  di 
Vienna  nel  Delfinato  ;  l' impronta  però  varia,  tro- 
vandosi nelle  segusine,  oltre  la  diversità  della  leg- 
genda, la  stella  radiata,  dove  le  altre  hanno  la  testa 
di  S.  Maurizio. 

Amedeo  III  (1103-1148). 

Nota  storica.  —  Figlio  di  Umberto  II,  al  quale 
successe,  acquistò  ai  suoi  stati  nel  1131  la  città   di 


(i)  L'oro,  l'argento,  la  lega  di  rame  e  argento,  ed  il  rame  puro 
sono  i  metalli  usati  dai  Reali  di  Savoia  nella  loro  monetazione.  Nelle 
monete  d'oro,  questo  metallo  figura  per  pili  della  metà  ;  in  quelle  di 
argento,  quello  trovasi  per  metà  almeno;  nella  lega  o  biglione  l'argento 
è  in  quantità  minima  ;  le  monete  di  rame  sono  sempre  pure.  Quanto 
al  peso,  avevamo  il  marco  suddiviso  in  8  oncie  ;  l'oncia  in  8  danari  ;  il 
danaro  in  34  grani;  il  grano  in  24  granuli;  il  granulo  in  24  granelline 
Per  indicare  il  titolo  ossia  la  bontà,  s' impiegava  per  l'oro,  il  carato,  di 
cui  24  formavano  l'oncia  d'oro  fino,  divisa  in  24  grani  e  il  grano  in  24 
granellini  ;  per  l'argento,  il  danaro,  dei  quali  12  eguagliavano  pure 
l'oncia  di  argento  fino. 


LE    ANTICHE    ZECCHE    DI    SUSA    E    d'aVIGLIANA 


591 


Torino,  per  forza  d'armi.  Scacciò  dai  suoi  domini  i 
francesi  che,  istigati  da  sua  sorella  Adele,  regina  di 
Francia,  tentavano  impadronirsi  della  Savoia  e  della 
Moriana.  Nel  1140  scoppiarono  dissensi  tra  lui  ed  il 
Delfino  di  Vienna,  per  motivi  non  ben  conosciuti  e 
furono  il  principio  di  continue  guerre  fra  le  due  fa- 
miglie rivali.  In  quell'anno  il  Delfino  fu  sconfitto 
presso  Monmeliano  e,  ferito  nella  mischia,  poco  dopo 
morì.  Nel  1146  Amedeo  giurò  la  crociata  nelle  mani 
di  papa  Eugenio  III  che  passava  per  Susa,  e  diffatti 
partì.  Ma  fallito  ogni  scopo  di  quella  memorabile 
crociata,  Amedeo  disponevasi  a  tornare  in  Susa, 
quando  morì,  reduce  dalla  Palestina,  nell'isola  di 
Cipro,  a  Nicosia  il  i  aprile  1148. 


Denari  oboli  di  Amedeo  III 
1,  gr.  1,05  —  2,  gr.  0,85. 

Per  recarsi  in  Palestina  alla  crociata  ebbe  in 
regalia  dal  monastero  di  San  Giusto  in  Susa  undici- 
mila soldi  secusini.   I  suoi   danari,   come   più   sopra 


Denaro  di  Amedeo  III  a  quattro  globuli. 


592 


RICCARDO    ADALGISIO 


^AR|1>J| 


vedesi,  portano  sul  diritto  s  AiyiEDEys,  crocp  patente 
cantonata  superiormente  da  due  e  raramente  quattro 
globuli  ;  nel  rovescio,  tre  globuli  disposti  su  linea 
orizzontale  e  la  leggenda  •  SECVSIA,  e  raramente 
anche  s  SECVEV|TAS;  la  qual  ultima  leggenda  deve 
interpretarsi  per  SECV(SIA  Ci)  VITAS.  essendo  la  E  in- 


Denaro  di  Amedeo  III  con  ^  AMEDEVS   COMES 
R  SEKVEVITAS  ririssimó, 

termedia  forse  un  errore  di  conio  da  corregersi 
in  CI  •  Suoi  sono  certamente  tutti  questi  danari  ('), 
non  avendone  battuti  di  tali  né  Amedeo  li,  né 
Amedeo  IV,  il  quale,  pur  conservando  la  zecca 
di  Susa,  non  impresse  più  il  nome  della  città,  ma 
per  il  primo  inaugurò,  come  già  dissi,  il  COMES  SA- 
BAVDIE.  I  danari  di  Amedeo  III  sono  peggiori  di 
quelli  di  Umberto  II.  Dei  globuli  o  palle  ch'essi  por- 
tano nel  rovescio,  e  della  croce  sul  diritto,  conser- 
vasi fra  i  nostri  ragazzi  la  memoria  nel  giuoco  croce 
e  pila.  I  secusini  di  questo  conte  sono  di  tre   conii. 


Mezzo  denaro  di  Amedeo  III  —  gr.  0,70. 

un  po'  variati,  compresi  gli  oboli.  La  loro  bontà  è 
di  danari  8,  7,12  e  7,18  ;  e  due  mezzi,  eguagliano 
in  bontà  danari  7  e  5.  Pesano  grani  19,  18,  16,  15; 


(i)  Alcuni  rari  denari   di   Amedeo   III   portano    anche  la  leggenda 
AVEDEVS    '^he  devesi  logicamente  interpretare  per  un  errore  di  conio, 


LE    ANTICHE   ZECCHE    DI    SUSA    E    D  AVIGIIANA  593 

e  i  mezzi,  grani  12  e  8  '  ...  Fu  sotto  il  regno  di 
Amedeo  HI  che  i  soldi  secusini  cominciarono  ad  in- 
contrare grande  favore  anche  al  di  là  dell'Alpi,  so- 
stituendo spesso  nel  commercio,  i  danari  viennesi  e 
imperiaU. 

Umberto  III  (11 36-1 189). 

Nota  storica.  —  Nacque  da  Amedeo  III  nel 
turrito  castello  di  Avigliana,  e  trascorse  la  gioventù 
fra  i  tempestosi  eventi  dell'epoca  sua.  Guerreggiò 
egli  pure  col  Delfino  di  Vienna  che  nel  1153  scon- 
figgeva nuovamente  sotto  le  mura  di  Monmeliano. 
Avversò,  colla  politica  e  coU'armi,  Federico  Barba- 
rossa,  che  per  vendetta  gli  tolse  Torino,  gli  aizzò 
contro  i  marchesi  di  Saluzzo  e  del  Monferrato  ed 
infine  gli  incendiò  e  saccheggiò  la  diletta  Susa  nel 
1174.  D'indole  piuttosto  mite  e  contemplativa,  fondò 
monasteri  e  conventi,  dotandoli  regalmente.  Morì  in 
Altacomba  nel  1189,  in  concetto  di  santità.  Aveva 
sposato  tre  mogli,  dall'ultima  delle  quali  ebbe  Tom- 
maso I,  che  gli  successe. 


Denaro  debile  di  Umberto  Ul  —  gr.  0,72. 

La  prima  moneta  che  con  sicurezza  possa  dirsi 
di  Umberto  III,  la  scoprì  il  Promis,  presso  un  an- 
tiquario di  Torino  ;  nel  diritto  ha  la  croce  fatta  pa- 
tente per  capriccio  dell'intagliatore  ed  attorno  il 
nome  VMBERTVS;  nel  rovescio  è  un  fiore  a  sei  foglie 
in  luogo  della  stella,  con  SECVSIA,  ciò  che  indica  aver 
egli  continuato  a  battere  in  busa.  Pesano,  tutti  i  suoi 


594  RICCARDO   ADALGISIO    MARINI 

danari,  grani  34-12  e  di  bontà  vanno  da  danari  8 
a  7,16.  A  questi  danari  appunto  il  Promis  crede  ri- 
ferirsi una  carta  del  1188.  quando  specifica  lire  de- 
bilium  secusinorum,  e  veramente  paragonando  questi 
con  i  primi  secusini,  trovansi  di  molto  peggiorati 
nel  peso;  però  nel  11 13  circa  dovevansene  essere  bat- 
tuti dei  migliori,  vedendosi  menzionati  in  carta  di  tal 
anno,  citata  nel  Chartarium  Ulciense  :  solidi  honorum 
denariorum  secusiniensium  fortiiim,  che  correvano  coi 
debili,  e  unitamente  ai  viennesi,  valentiniesi,  astesi 
ed  imperiali.  Le  monete  di  Umberto  III  sono  raris- 
sime, per  quanto  egli  abbia  regnato  più  di  40  anni. 


Tommaso  I  (i  189-1232). 

Nota  storica.  —  Riottenne  dall'imperatore  En- 
rico IV,  figlio  del  Barbarossa,  la  città  di  Torino  ; 
perciò  fu  sempre  principe  ligio  all'impero.  Da  Fi- 
lippo di  Svevia  ebbe  l'investitura  imperiale  degli 
Stati  che  possedeva,  e  che  gli  fu  poi  riconfermata 
dall'imperatore  Ottone  IV.  Dopo  il  1214,  chiamato  dal 
re  di  Francia,  combattè  in  Linguadoca  gli  albigesi". 
Nelle  contese  fra  papa  Onorio  III  e  Federico  II,  par- 
teggiò sempre  per  questi,  onde,  per  gratitudine,  fu 
innalzato  alla  dignità  di  vicario*  imperiale,  nel  1226, 
per  il  Piemonte  e  la  Lombardia.  Aumentò  conside- 
revolmente l'influenza  della  sua  famiglia.  Credesi  se- 
polto nella  sacra  di  San  Michele  in  Val  di  Susa. 


Denaro  buono  secusino  di  Tommaso  I  —  gr.  1,00. 


LE    ANTICHE   ZECCHE   DI    SUSA    K    D  AVIGLIANA 


595 


Rarissimi  pure  sono  i  danari  di  Tommaso  I. 
Trovandosene  memoria  in  carte  contemporanee,  come 
in  una  del  1203  (Vernazza,  Moneta  Secusina  1793)  dove 
parlasi  di  danari  secusini  vecchi,  prova  adunque  che 
in  quell'anno  ve  n'erano  già  dei  nuovi;  ma  siccome 
potremmo  ancora  dubitare  se  questi  non  siano  i  se- 
cusini buoni  di  Umberto  II  così  specificati  per  distin- 
guerli da  quelli  di  Umberto  III,  si  ha  un  altro  do- 
cumento del  1225  nel  quale  parlasi  di  danari  secusini 
nuovi,  ed  altro  del  1229  con  danari  buoni  secusini 
nuovi,  il  che  indica  che  in  quell'anno  eransi  già  bat- 
tuti danari  più  forti  degli  antecedenti.  I  danari  di 
Tommaso  portano  sul  diritto  la  croce  patente  col 
nome  +  THOMAS,  e  sul  rovescio  la  stella  a  sei  raggi 
con  +  SECVSIA.  Hanno  quasi  sempre  il  peso  di  18 
grani  e  sono  migliori  assai  dei  danari  di  Umberto  III. 

Amedeo  IV  (i 232-1 253). 

Nota  storica.  —  Nacque  nel  castello  di  Mon- 
meliano  nel  1197.  Continuò  la  politica  del  padre, 
legandosi  al  partito  ghibellino  e  all'amicizia  di  Fe- 
derico II,  ma  conservando  nel  tempo  istesso  l'ami- 
cizia con  papa  Innocenzo  IV  e  la  pace  nel  suo  regno 
durato  circa  20  anni.  Sposò  le  sue  figliuole  ai  mar- 
chesi di  Saluzzo  e  di  Monferrato,  suoi  antichi  rivali 
e  ottenne  dal  primo  la  cessione  d'ogni  diritto  sopra 
Torino,  riconducendo  questa  città,  già  ribellatasi, 
alla  sua  obbedienza  nel  1235  e  assegnandola  in  ap- 


Denaro  grande  di  Amedeo  IV  (Susa)  —  gr.  1,30. 


596 


RICCARDO    ÀDALCtàlO   MARÌIÌI 


pannaggio  a  suo  fratello  Tommaso,  ma  serbando 
per  se  le  ragioni  di  alto  dominio.  Dopo  uri  regnò 
dissennato  e  felice  morì  a  Monmeliaho  nel  t253  e  fu 
sepolto  nella  badia  di  Altacomba. 

Battè  in  Silsa  ed  apri  ìà  zecca  di  Avigliana.  I 
suoi  danari  hanno  diametro  diverso,  tutti  colla  croce 
patente  e  noh,  Con  fiore  a  sei  foglie  oblunghe  o  meglio 
stella  a  sei  raggi,  accostata  ora  da  litìò  ora  da  due 
globuli  e  colle  leggende  +  A-M'  *  éowÈS,  oppure 
4  Ai^ED  *  CdMÉS  oppure  aricora  +  •  A  o  m  *  eoMÉè 
sul  diritto,  e  +  SABA^tìrE  sul  rovesciò,  dicitura  da 
lui  sostituita  alla  ptìtrn.  SÉéVSlA,  quasi  ad  affermare 
la  propria  autorità  di  regnante  fra  gh  altri  soVra'rii 
del  tempo.  I  dariari  più  grandi  che  h'afirio  due   glò- 


Obolo  bianco  di  Amedeo  IV  (Susa)  —  gr.  0,70. 

bùli  dal  lato  della  stella,  pesano  grani  22-24,   ed  ini 
bontà  danari    8,21  ;    al^ri,    certamente    la    metà    dei 


Obolo  bianco  di  Amedeo  IV  (Susa)  —  gr.  0,80. 


primi,  ma  con  un  solo  globuletto  dal  lato  della  croce 
ed  un  altro  dal  lato  della  stella  pesano  grani  13  ed 
in  bontà  danari  9  ;  inoltre  altri  danari,  simili  a  questi 
secondi,  meno  che  la  leggenda  Amedens  Comes  è  dal 
lato  della  croce  dovè  quelh    l'hanno   dat  lato   della 


LE   ANTICHE    ZECCHE    DI    SUSA    E    DA  VIGLIA  NA  597 


Obolo  di  Amedeo  IV  (Avigliana)  —  gr.  1,05. 

stella,  pesano  egualmente  grani  13,  ma  hanno  solo 
la  bontà  di  danari  2,12.  Questi,  che  per  l'antichità 
loro  si  distinguono  facilmente  da  quelli  di  Amedeo  V 
e  non  possono  confondersi  con  quelli  del  ITI,  non 
v'ha  dubbio  che  siano  tassativamente  del  quarto 
Amedeo.  Il  peso  e  la  bontà  dei  primi  e  dei  secondi 
corrisponde  in  tutto  ai  segusini  forti,  e  gli  ultimi 
possono  essere  una  frazione,  quasi  un  quarto  dei 
primi,  oppure  la  meta  di  un'altra  moneta  posteriore 
più  debole.  Non  portano  più,  come  dissi,  il  nome 
della  città  Secusia,  ma  nelle  carte  continuano  a  chia- 
marsi danari  secusini  e  si  battevano  non  soltanto 
più  in  Susa,  ma  pure  in  Chambery  e  a  San  Maurizio 
d'Agauno,  colla  stessa  legge,  peso  e  bontà  che  bat- 
tevansi  i  danari  segusini.  Altra  ragione  questa,  per 
cui  Secusia  fu  sostituita  con  Comes  sabaudie,  indican- 
dosi così  il  contado  tutto  ove  coniavasi  la  moneta 
del  conte. 


Pietro  II  (1263-1268). 

Nota  storica.  —  Altro  figlio  di  Tommaso  I, 
successe  al  nipote  Bonifacio,  nel  trono  sabaudo  al- 
l'età di  60  anni,  dopo  aver  trascorso  quasi  tutta  la 
sua  vita  in  Inghilterra,  alla  corte  di  Enrico  III  e  di 
Riccardo  I  suoi  parenti.  Da  questi  ricevette  l'inve- 
stitura di  Aosta,  del  Chiablese  e  di  Vaud.  Nel  1266 
i  Bernesi  lo  elessero  loro  signore.  Morì  nel  1268  nel 
castello    di    Chillon   sul  lago  di  Ginevra.  Per  le  sue 

76 


598 


RICCARDO   ADALGISIO   MARINI 


gesta    gloriose    e   battagliere    fu    soprannominato  il 
Piccolo  Carlomagno. 


Denaro  forte  di  Pietro  II  (Susa)  —  gr.  i,o6. 

Battè  anche  in  Susa  ed  in  Avigliana  quei  da- 
nari forti  menzionati  in  una  carta  del  1264,  eguali 
ai  danari  viennesi,  moneta  comune  a  quei  tempi  e 
l'unica  nominata  dal  conte  Pietro  nel  suo  testamento. 
Identici  danari  aveva  già  battuto  in  Susa,  il  suo  pre- 
decessore conte  Bonifacio.  I  danari  di  Pietro  portano 
sul  diritto  la  grande  stella  a  sei  raggi  colla  leggenda 
+  o  p  o  COMMES  e  sul  rovescio  la  croce  patente  con 
+  SABAVDIE. 

Filippo  I  (1268-1285). 

Nota  storica.  —  Nato  nel  1207  in  Aquabella, 
successe,  egli  pure  in  età  di  60  anni  al  fratello  Pietro, 
dopo  aver  trascorso  la  vita  nella  carriera  ecclesia- 
stica, diventando  anche  vescovo  di  Valenza.  Regnò 
ancora  16  anni  senza  infamia  e  senza  lodo,  parteg- 
giando più  per  il  papato  che  per  l'impero.  Morì 
nel  1285. 


Denaro  forte  aviglianese  di  Filippo  I  —  gr.  1,05. 


LE    ANTICHE    ZECCHE    DI    SUSA    E    d'aVIGI.IANA 


599 


Battè  in  Avigliana  la  maggior  parte  delle  sue 
monete.  In  conto  del  Castellano  di  detta  Città,  per 
il  1272,  leggesi  :  in  stipendmm  ciimsdam  mincii  niissi 
ad  dominum  comitem  prò  moneta  nona.  Dal  che  ri- 
sulta che  in  detto  anno  si  coniarono  in  Avigliana, 
per  ordine  di  Filippo  I,  nuove  monete,  migHori  delle 
antecedenti  ;  e  pare  che  sotto  questo  conte  la  zecca 
di  Susa,  di  cui  non  troviamo  notizia,  cedesse  il  pri- 
mato a  quella  di  Avigliana  soltanto.  In  altro  conto 
della  mistrallia  di  Chambery  dal  1271  al  1272  tro- 
vansi  menzionati  danari  forti  vecchi  e  fiorini  d'oro. 
I  forti  vecchi  erano  di  Susa.  e  secondo  lo  stesso 
conto,  venticinque  lire  di  essi  corrispondevano  a 
ventitré  nuovi  di  Chambery.  I  danari  di  Filippo  co- 
niati in  Avigliana,  rarissimi,  ed  oggidì  quasi  ir- 
reperibili portano  sul  diritto  la  croce  patente  con 
+  PH  •  COMES  od  anche  +  PHILIP  ■  COMES  •  e  nel  ro- 
vescio la  stella  a  sei  raggi  con  +  SABAVDIE  • 

Amedeo  V  il  Grande  (1285-1323). 

Nota  storica.  —  Figlio  di  Tommaso  II,  nacque 
in  Bourget  nel  1249.  Ebbe  regno  lunghissimo  e  co- 
ronato di  prosperi  successi.  Guerreggiò  coi  Delfini 
di  Vienna  e  coi  conti  di  Ginevra,  per  questioni  di 
giurisdizione  coi  limitrofi,  riuscendo  ogni  volta,  colla 
sua  accortezza,  a  ricavarne  segnalati  vantaggi  per 
i  suoi  Stati.  Nel  1290,  dopo  aver  combattuto  insieme 
con  Filippo  il  Bello  contro  i  Fiamminghi,  prestò  va- 
lido soccorso  ad  Asti  contro  il  marchese  di  Mon- 
ferrato, che  in  quella  guerra  morì  prigioniero.  Nel 
1305  ottenne  il  vassallaggio  dei  marchesi  di  Saluzzo 
e  nel  1313  il  vicariato  imperiale  in  Lombardia  da 
Arrigo  VII  di  Lussemburgo,  unitamente  alla  città 
di  Ivrea  la  cui  investitura  fu  confermata  dal  libero 
volere  della   cittadinanza.   L' impresa   sua   maggiore 


6oo 


RICCARDO    ADALGISIO    MARINI 


fu  la  liberazione  di  Rodi  assediata  dai  Turchi  nel 
1316,  per  il  qual  fatto  vuoisi  attribuire  a  lui  la  pa- 
rola FERI,  introdotta  nel  suo  stemma,  e  comunemente 
spiegata  per  Fortitudo  Eius  Rhodum  tenuti.  Morì  in 
Avignone  nell'ottobre  1323. 


Grosso  di  Piemonte  di  Amedeo  V  (zecca  d'Avigliana) 
gr.  2,25. 


Contemporaneamente  che  a  San  Sinforiano  di 
Ozon,  Amedeo  V  batteva  i  famosi  grossi  di  Pie- 
monte in  Susa  e  in  Avigliana,  trovandosi  in  conto 
del  Castellano  di  Susa  dal  maggio  1297  al  maggio 
1298  che  un  Durando  de  Auenione,  lo  stesso  certa- 
mente che  lavorò  in  Torino  per  Filippo,  primo  prin- 
cipe d'Acaia,  pagò  dieci  lire  prò  sigillo  concessionis 
monete  scudende  apud  secnsiam  nello  stesso  tempo  che 
quel  d'Avigliana  ricevette  una  somma  da  Jacopo  da 
Varano  et  sociis  ejus  scudentibus  monetam  apud  Auil- 
lianam.  Inoltre  in  conto  del  tesoriere  generale  dal 
settembre  al  dicembre  1298  leggesi  :  de  IP  libris 
receptis  de  domino  Benedicto  Alliaudi  de  Secusia  de 
exitu  monete  Secusie,  indi  Hbrauit  per  mannm  Anthonii 
de  claromonte,  Rosseto  de  Sancto  Raguemberto  clerico 
prò  expensìs  suis  et  monetariorum  quos  duxit  secum 
apud  Auillianam  faciendis  per  litteras  dicti  Rosseti  de 
recepta,  qnas  ostendit  datas  die  mercurii  ante  festum 
beati  luce  attuo  nonagesimo  octauo. 

Con  ciò,  il  Vernazza  credette  che  si  lavorasse 
in  Susa,  in  attesa  che  fosse  preparato  il  locale  per 


Lli    ANTICHE    ZECCHE    DI    SUSA    K    d'aVIGLIANA  6o1 


la  zecca  di  Avigliana;  ma  i!  Proinis  avendo  trovato 
nel  conto  del  tesoriere  generale  per  il  1298  de  VI" 
LXXXVI  Itbris  viennensibus  receptis  de  benedicto  Al- 
liaudi  per  mannm  Johannis  bergoiiini  Corsini  chambe- 
riaci  videlicet  quingentas  triginta  sex  libras  de  exitibus 
monete  auilliane,  il  Promis,  dico,  è  di  opinione  che 
l'AUiaudi  rilevasse  la  zecca  di  Susa  al  Durando  Car- 
rerie  di  Avignone  che  aveva  già  da  Filippo  di  Sa- 
voia-Acaia  quella  di  Torino,  e  che  poi  ritirandosi  il 
Varano  da  Avigliana,  rilevasse  anche  questa.  Sic- 
come poi,  due  zecche  così  vicine  non  avrebbero  po- 
tuto avere  pasta  a  sufficienza  per  mantenersi  attive, 
così  sembra  probabile,  per  quanto  non  certo,  che  in 
detta  epoca,  si  chiudesse,  per  breve,  la  zecca  di  Susa, 
non  trovandosene  più  notizie  nei  documenti  del  tempo. 
Sopra  le  monete  di  Amedeo  V  —  grossi  di  Pie- 
monte e  sue  frazioni,  le  quali  portano  spesso  la 
stella  invece  dell'aquila  —  noi  troviamo  il  nome  del 
novello  possesso,  Amedeus  Pedemontensis,  alludendosi 
così  al  Piemonte,  che  gli  fu  solennemente  dato  nel 
1310  da  Arrigo  VII  di  Lussemburgo  ;  ma  non  tro- 
viamo ancora  il  titolo  di  Marchio,  messo  sulle  mo- 
nete di  Aimone,  di  Amedeo  VI  e  dei  loro  succes- 
sori. Sotto  Amedeo  V  la  monetazione  muta  in-  titolo 
e  in  peso  fra  Savoia  e  Piemonte  ;  e  però  di  molto 
migliore  alle  monetazioni  precedenti.  Sul  diritto  ab- 
biamo l'aquila  a  due  teste,  coH'ali  spiegate,  sormon- 
tata d'un  punto  secreto,  colla  leggenda  +  ■  AMED-S  '■■ 
COMES  ;  SAB'  ;  sul  rovescio  la  croce  patente  formata 


Quarto  di  grosso  di  Amedeo  V  con  stella  sui  diritto, 
gr.  0,60. 


6o2 


RICCARDO   ADALGISIO   MARINI 


da  quattro  angoli  retti,  che  taglia  la  leggenda,  can- 
tonata dalle  lettere  A,  M,  E,  D';  ^  PED  |  MON  |  TEN  SIS. 
In  un  piccolo  danaro  di  soli  12  grani  di  peso  — 
mentre  i  grossi  di  Piemonte  pesano  generalmente 
dai  40  ai  45  grani  —  abbiamo  invece  sul  diritto  la 


Quarto  di  grosso  di  Amedeo  V  con  stella  sul  rovescio. 

solita  croce  patente  cantonata  dalle  lettere  A,  M,  E,  D', 
colla  leggenda  -  AMEDEVS,  e  sul  rovescio  la  stella  a 
sei  raggi  con  un  punto  centrale  e  la  leggenda  COMES 
SABAVDIE. 


Aimone  (i  329-1 343). 

Nota  storica.  —  Nato  nel  1291,  aveva  tra- 
scorso la  sua  giovinezza  nella  carriera  ecclesia- 
stica, quando  nel  1329,  gli  Stati  generali  raccolti 
in  Chambery  lo  chiamarono  a  succedere  al  fra- 
tello Edoardo,  morto  pochi  mesi  prima.  Fu  d'animo 
mite  e  generoso.  Costretto  a  combattere,  come  i 
suoi  antenati,  contro  il  Delfino  di  Vienna.  Guido  ed 
il  figlio  suo  Umberto,  uccise    in    battaglia    Guido  e 


Seseno  bianco  grosso  di  Aimone  (zecca  d'Avigliana). 
gr.  2,13. 


LE   ANTICHE    ZECCHE    DI   SUSA   E    d'avIGLIANA  603 

ridusse  a  miglior  consiglio  il  Delfino  Umberto  che 
con  lui  si  pacificò.  Assistè  nobilmente  Giacomo,  prin- 
cipe d'Acaia,  contro  la  lega  guelfa,  di  cui  trionfò. 
Prestò  aiuto  a  re  Filippo  di  Francia  contro  Edoardo  III 
d'Inghilterra,  nell'assedio  di  Tournai,  e  riuscì  a  pa- 
cificare i  due  rivali.  Morì  nel  1343  in  Monmeliano. 
Il  conte  Aimone  concesse  le  zecche  di  Avigliana 
e  di  Donnaz  (Valle  d'Aosta)  ad  Aldebrando  Alfani 
di  Firenze  ed  a  Bartolomeo  suo  figlio,  per  tre  anni 
colla  permissione  di  battere  al  marco  di  Lione  : 
i.°  Sezeni  bianchi  grossi  ad  t\  et  scntellnm  simili  a 
quelli  di  Chambery  a  danari  4.12  d'argento  le  roy 
ed  a  soldi  7  e  da  aver  corso  per  sei  danari  forti  ; 
2.°  danari  doppi  bianchi  minuti  ad  s  et  scutelhim 
pure  simili  a  quelli  di  Chambery,  ma  a  danari  2,12 
dello  stesso  argento,  ed  a  soldi  13,  da  aver  corso 
per  due  danari  forti  bianchi;  3.°  minuti  piccoli  oboli 
bianchi  ad  crucem  et  a  a  danari  1,4  dello  stesso  ar- 
gento ed  a  soldi  32  e  da  aver  corso  ogni  due  da- 
nari per  un  forte  bianco  ;  4."  grossi  oboli  bianchi 
ad  crucem  in  latere  dextro  et  ad  florem  lilii  habentem 
parvam  crucem  prò  pede  cmn  suprascriptione  nominis 
nostri  secondo  quelli  di  Pont  d'Ain  a  danari  6  d'ar- 
gento le  roy  ed  a  soldi  8  al  marco  di  Troyes  e  cia- 
scun obolo  per  15  danari  piccoli  tornesi;  5.°  moneta 
vera  doppia,  minuta,  detta  redattese  ad  crucem  ha- 
bentem in  qttolibet  hrachio  florem  lilii  et  ab  alia  parte 
prò  pila  manu  florem  lilii  come  quella  di  Pont  d'Ain, 
a  danari  2  del  suddetto  argento  ed  a  soldi  16  e  da 
aver  corso  per  tornesi  piccoli  due  e  mezzo;  E  pur 
detto  nella  stessa  concessione  che  loro  si  permette 
di  battere  monete  grosse  e  piccole,  sempre  in  Avi- 
gliana e  Donnaz,  simili  nell'  impronta,  legge  e  peso 
a  quelle  dei  signori  di  Milano,  fuorché  invece  del 
loro  nome  sia  il  suo  et  ubi  est  a  parte  pile  umis  scutus, 
sii  unus  ntiles  tenens   in   marni   lanceam  seit  massiam 


éo4  RICCARDO   ADALGISIO    MARINI 


Piccolo  obolo  bianco  ad  crucem  di  Aimone  —  gr.  o,4a. 

loco  ferie,  come  loro  verrebbe  ordinato.  Diversi  sono 
i  diritti  e  i  rovesci  dei  danari  di  Aimone,  come  più 
sopra  accennati  ;  in  questi,  sopra  riprodotti  e  battuti 
in  Avigliana,  abbiamo  nel  primo,  ch'è  un  sezeno 
bianco  grosso,  la  lettera  A  con  quattro  stellette  a 
cinque  raggi  e  la  leggenda  +  IMO  °  COMES  °  SABAVDIE, 
e  sul  rovescio  lo  scudo  di  Savoia  colla  leggenda 
+  IN  ITALIA  o  MARCHIO  ;  e  nel  secondo  invece,  ch'è  un 
piccolo  obolo  bianco,  abbiamo  l'A  semplice  colla  leg- 
genda +  %  IMO  %  COMES,  e  sul  rovescio  la  croce  pa- 
tente, cantonata  di  un  punto  al  i.°  e  3.°  quarto,  ta- 
gliante  la  leggenda,  +  o  SA  |  BA  |  VD  |  lE. 

Amedeo  VII  il  Conte  Rosso  (i 383-1 391). 

Nota  storica.  —  Nacque  in  Avigliana  nel  1360. 
Passò  la  sua  giovinezza  fra  le  armi  ed  i  tornei,  ove 
diede  prove  superbe  del  suo  ardimento  e  della  sua 
cavalleresca  cortesia.  Guerreggiò  nelle  file  di  Carlo  VI 
re  di  Francia  e  sotto  le  mura  di  Burburg  sconfisse, 
a  singoiar  tenzone,  i  tre  campioni  inglesi,  alla  lancia, 
alla  spada  e  all'azza.  Per  cui  la  sua  gloria,  dopo  tal 
fatto,  divenne  immortale.  Assediò  e  prese  d'assalto 
la  contea  di  Sion  ai  Vallesani.  Annesse  ai  suoi  do- 
minii  la  contea  di  Nizza  nel  1388,  dando  così  alla 
sua  casa,  e  per  la  prima  volta,  stabile  dominio  sulle 
coste  del  Mediterraneo.  Ridusse  a  novella  obbedienza 
e  vassallaggio  i  marchesi  di  Saluzzo  che  gli  si  erano 
ribellati.  Per  una  ferita  riportata  alla  coscia  in   una 


LE    ANTICHE   ZECCHK    DI    SUSA    E    d'aVIGLIANA 


605 


caccia  al  cinghiale  nel  Chiablese,  si  portò  a  Ripaglia 
dove  morì  giovane  di  31  anni  nel  1391,  compianto 
ed  amatissimo  da  tutti  i  suoi  popoli. 


Fiorino'd'oro  di  Amedeo  VII 
'^  AMED  ■  COMES  •  SAB     —   R)  S  •  lOHANNES  B  • 

Il  14  giugno  1384,  Amedeo  VII  concedeva  in 
Torino  a  Giacomo  o  Giacomino  De  Capitaneis  da 
Pavia  di  poter  lavorare  al  marco  di  Troyes  per  due 
anni,  cominciando  da  quel  giorno  tam  in  Secusia 
quam  alibi  ultra  montes,  fiorini  d'oro  di  buon  peso, 
fiorini  di  piccolo  peso,  mezzi  grossi  corrispondenti 
agli  antichi  mezzi  grossi  di  Piemonte,  quarti,  bianchi, 
forti  neri  e  viennesi  neri.  Tali  lettere  noi  ritroviamo 
in  conto  del  Cattaneo,  come  maestro  in  Susa,  reso 
per  il  suo  esercizio  dal  14  giugno  1384  al  31  lu- 
glio 1385,  dopo  il  qual  tempo  deve  aver  rimesso 
l'officina  di  Susa  a  Giovanni  de  Campacio  ed  essersi 
trasferte  in  Avigliana  come  appare  da  questo   com- 


Mezzo  grosso  di  Amedeo  VII  (Avigliana)  —  gr.  2,00. 

putttm  Symonis  fìlli  et  heredis  Jacobim  de  Captanei  de 
papia  magistri  monetarum  domini  de  c.xitu  et  seignoria 

77 


6o6  RICCARDO   ADALGISIO   MARINI 

monetarum  quas  cudi  et  fabbricavi  fecit  apud  Auillia- 
nam  usque  ad  diem  decimam  quartam  mensis  maii  anno 
domini  millesimo  CCCLXXX  septimo  quibtis  die  et  anno 
facta  fiiit  ultima  expeditio  monetarum  de  quarum  sei- 
gnoria  inferius  computai.  Ed  in  prova  della  rimes- 
sione della  zecca  di  Susa  al  de  Campacio  abbiamo 
una  notizia  nel  conto  di  Amblardo  Gerbasio  teso- 
riere generale  per  il  1387,  secondo  il  quale  Hbravit 
die  XIX  lulii  magistro  Johanni  vioneti  misso  Auinio- 
nem  prò  ibidem  fieri  /adendo  exayia  de  monetis  auri 
et  argenti  fabbricatis  Secusie  per  magistrum  Johannem 
de  Campacio  de  Clattasio  magistrum  monetarum  domini, 
inclusis  quatuor  florems  datis  per  dictum  Johannem 
magistro  qui  dieta  exayia  fecit  prò  eiiis  labore  Xl/s. 
Xd.  ob.  gross. 


Viennese  nero  di  Amedeo  VII  (Susa)  —  gr.  1,03. 

Dopo  il  1387  non  troviamo  più  menzione  di 
questa  zecca.  Ma  il  23  febbraio  1391  Amedeo  con- 
cede ancora  con  sue  lettere  patenti  la  zecca  di  Avi- 
gliana  a  Giovanni  di  Rezeto  da  Moncalieri,  con  per- 
missione di  battervi  scudi,  mezzi  grossi,  quarti,  forti 
e  bianchetti,  e  grossi  collo  scudo  della  croce  sor- 
montato da  elmo  col  cimiero  di  Savoia,  cioè  d'un 
teschio  di  leone  alato,  già  adottato  da  Amedeo  VI 
col  motto  del  Conte  Rosso  EN  PREV  e  col  rovescio 
simile  ai  grossi  tornesi  dell'O  rotondo  di  Asti  e  di 
Cortemiglia.  Le  leggende,  per  i  danari  battuti  in 
Susa  ed  in  Avigliana,  sono  le  seguenti:  sui  diritti  h 
nel  mezzo  contornato  da  -1-  MED  l  COMES  *  SA8AVDIE 
od  anche  solo  -»-  M'  «  COMES  *  ;  e  sui  rovesci  *  INIT  | 
ALIA  I  MAR  I  CHIO,  oppure  soltanto  +  SABAVDIE. 


LE    ANTICHE    ZECCHE    DI   SUSA    E    u'aVK. LIANA 


607 


Amedeo  Vili 
(Conte  1391-1416,  Duca  T416-1439). 

Nota  storica.  —  Nacque  nel  1383  in  Cham- 
bery.  Nel  1401  acquistò  la  contea  di  Ginevra  e  ne 
portò  il  titolo.  Ampliò  i  suoi  dominii  dalle  foci  del 
Varo  sino  all'estremità  del  lago  Lemano.  Nel  1416 
fu  creato  duca  di  Savoia  dall'imperatore  Sigismondo 
venuto  espressamente  a  Chambery.  Morto,  senza 
prole,  il  principe  Ludovico  d'Acaia  nel  1418,  tutto  il 
Piemonte  entrò  a  far  parte  degli  Stati  di  Amedeo  Vili. 
Nel  1430  pubblicò  gli  Statiita  Sabaiidie.  Scontento 
e  nauseato  del  mondo,  si  ritirò  nel  monastero  di 
Ripaglia,  ove  con  sei  cavalieri  —  dopo  aver  abdi- 
cato in  favore  del  figliuolo  Ludovico  —  vestì  il  ru- 
vido manto  di  anacoreta,  e  portò  al  collo  una  croce 
d'oro  per  distintivo  della  passata  grandezza.  Così 
fu  istituito  l'ordine  cavalleresco  di  San  Maurizio  che 
in  seguito  molto  si  ampliò,  e  divenne  uno  degli  onori 
concessi  dalla  Casa  di  Savoia.  Fu  eletto  papa  col 
nome  di  Felice  V,  ma  dopo  otto  anni  rinunziò  in 
favore  di  Nicolò  V,  che  lo  ricolmò  di  onori  e  pri- 
vilegi. Morì  a  Ginevra  nel  1451,  dopo  12  anni  di 
vita  ecclesiastica. 


Mezzo  grosso  aviglianese  eli  Amedeo  Vili  —  gr.  2,23, 


Con  ordinanza  di  Bona  di  Savoia,  avola  e  tutrice 
di  Amedeo  Vili,  data  a  Chambery  il  23  gennaio  1392 


6o8 


RICCARDO    ADALGISIO    MARINI 


fu  concesso  a  Giovanni  di  Rezeto  di  battere  in  Avi- 
gliana  grossi  tornesi  di  Savoia,  mezzi  grossi,  quarti, 
neri  e  bianchetti,  cioè  le  stesse  monete  d'argento  che 
trovansi  nell'ultima  ordinanza  di  Amedeo  VII.  Matteo 
di  Bonaccorso  Borgo  da  Firenze,  lavorò  appunto  per 
Amedeo  Vili  nella  zecca  di  Avigliana  dal  1394  al 
1400,  e,  come  già  dissi,  essendo  egli  stato  accusato 
per  la  seconda  volta  di  falsificare  monete  da  esso 
battute  in  Avigliana,  per  salvarsi  dalla  pena  venne 
a  composizione  col  fisco  nel  1405.  I  grossi  danari 
aviglianesi,  hanno  adunque  sul  diritto  lo  scudo  di 
Savoia,  pendente,  caricato  dell'elmo,  sormontato  dal 
cimiero  di  Savoia  a  destra,  tagliante  in  alto  la  leg- 
genda, in  un  contorno  formato  da  sei  lacci  separati 
da  due  foglie  con  AMEDEVS  ^  DEI  §  GRACIA  °  COMES  ; 
e  sul  rovescio  la  croce  di  San  Maurizio  accompa- 
gnata da  quattro  margherite  a  sei  foglie,  in  un  doppio 
contorno  di  mezzi  cerchii  e  quattro  angoli  alternati- 
vamente acuti,  accompagnati  di  otto  punti  aperti  con 
+  SABAVDIE  °  IN    ITALIA  °  MARCHIO.  Sopra  i  quarti    di 


Quarto  di  grosso  aviglianese  di  Amedeo  Vili  —  gr.  1,54. 


grosso  e  sopra  alcuni  viennesi  neri  abbiamo  invece 
sul  diritto  il  motto  FERI  colla  leggenda  +  AMED  o 
COM  *  SABAVDIE  e  sul  rovescio  la  croce  semplice  con 
+  IN  ITALIA  *  MARCHIO. 


LE   ANTICHE    ZECCHE    DI   SUSA   E    d'aVIGLIANA  609 


Tutti  i  tipi  riprodotti  in  questo  modesto  lavoro 
appartengono  esclusivamente  alla  zecca  di  Susa  e 
di  Avigliana.  Quanto  poi  ai  primi  danari  battuti  in 
Susa  da  Umberto  II  e  da  Amedeo  III,  dobbiamo 
ancora  ricordare  ch'essi  sono  complessivamente  i 
Danari  Palatini  che  si  coniavano  per  ordine  del 
principe  in  palatio  principis  e  non  altrove.  Diffatti 
Carlo  Magno  con  sua  speciale  ordinanza  delibe- 
rava che  Nullo  alio  loco  moneta  sit  nisi  in  Palatio 
nostro, ....  nullo  alio  loco  moneta  parcutiatur  nisi  ad 
Curtem,  et  UH  Denari!  Palatini  mercentw  et  per  omnia 
discurrant  (Capitul.  Reg.  Frane.  I,  433,  464).  Ora 
noi  sappiamo  che  in  palatio  Secusie  risiedeva  Ade- 
laide nel  1073  coi  figli  e  nipoti,  fra  i  quali  Um- 
berto II  (Chart.  Ulc.  Eccl.)  e  che  in  Palatio  Secu- 
siensi  stava  nel  1234  Amedeo  IV  (Guichenon.  Pretives, 
66).  Tutti  i  danari  palatini  poi  s'attenevano  per  il 
tipo  a  quanto  prescrisse  Carlo  il  Calvo  nel  suo 
Edictum  Pistense  del  864,  capit.  XI  e  cioè  che  In 
Denariis  novae  nostrae  monetae   ex   una  parte  Nomen 

Nostrum  habeatur  in  gyro ex    altera   vera  parte 

Nomen  Civita tis,  et  in  medio  Crux  habeatur.  Conclu- 
dendo, le  prime  monete  secusine,  ed  in  seguito  anche 
quelle  di  Avigliana,  furono  sempre  battute  nello 
stesso  palazzo  del  loro  signore,  con  maestri  ed  operai 
quasi  sempre  forestieri,  o  se  della  valle,  estranei 
alla  sede  di  zecca. 

Susa,  Settembre  igo8. 

Dott.  Riccardo  Adalgisio  Marini. 


6lO  RICCARDO    ADALGISIO    MARINI 


BIBLIOGRAFIA    NUMISMATICA 

DI    SUSA    E    d'AvIGIJANA  (0 


PiNGON  :  Angusta  Taurinorum,  1577. 

Bailly  (Gasparo)  :  Tratte  sur  le  renfort  et  le  rabais  des  monnaies,  in-4. 

Lyon,  1668. 
Argelati  :  De  inonetis  Italiae  variorum  illustrium  virorum  dissertationes, 

cinque  volumi.  Milano,  1730.  Volume  V. 
Zanetti  :  Nuova  raccolta  delle  monete  e  zecche  d'Italia.  Bologna,  1775-89. 
Vernazza  :  Della  moneta  secusina.  Torino,  1793. 
GuicHENON  :   Histoire  généal.    de   la    royale   Maison  de  Savoie.  Preuves. 

Lyon,  1660. 
Muratori  :  Aniiquit.  ital.  medii  aevi.  Milano,  1739. 
Perrin  :  Le  monnayage  en  Savoie  sous  les  princes  de  cette  Maison.  Cham- 

bery,  1872. 

Catalogue  du  Médaillier  de  Savoie.  Chambery,   1883. 

Promis  (Domenico)  :  Monete  dei  Reali  di  Savoia.  Torino,  1841. 

Monete  del  Piemonte  inedite  o    rare.   Torino,    1852   e   Supplemento, 

Tomo  XXI,  Misceli.  Stor.  Patria.  Torino,  1866. 
Rabut  (Francois)  :  i",  2'"^  j™"^  4^   Notices   sur  quelques   monnaies  de 

Savoie  inedites.  Chambery,  1851-1860. 
Promis  (Vincenzo)  :  Tavole  sinottiche  delle  monete  italiane.  Torino,  1869. 
Bazzi  e  Santoni  :  Raccoglitore  di  monete  italiane.  Camerino,  1883, 
Blanchot  (Adrien):  Nouveau  Manuel  de  Numismatique  du  Moyen-àge  et 

moderne.  Paris,  1890.  Voi.  I, 
Engel  et  Serrure  :  Tratta,  de  Numismatique  du  Moyen-àge.  Parigi,  1891. 

Voi.  II. 

R.  A.  M. 


(i)  Accenno  in  questa  breve  bibliografia,  soltanto  alle  opere  prin- 
cipali che  interessano  la  nostra  zecca,  tralasciando  di  proposito  la  cita- 
zione di  tutte  quell'altre  che  per  il  nostro  lavoro  non  furono  di  pronto 
ed  utile  giovamento. 


MEDAGLIA 

DEL 

CARDINALE    DI    QRANVELLE 


Presentiamo  ai  lettori  la  bella  ed  artistica  medaglia  del 
Cardinale  di  Granvelle,  opera  pregevole  dell'ultimo  periodo 
della  rinascenza  italiana,  e  aggiungiamo  qualche  sommaria 
notizia  sui  personaggi  rappresentativi  e  sull'artista  che  la 
scolpi,  incoraggiati  a  far  ciò  dall'illustre  Direttore  di  questa 
Rivista. 

La  medaglia  è  stata  brevemente  notata  dall'Armand  (i): 
ma  alcuni  maggiori  schiarimenti  non  saranno  superflui. 

Il  Cardinale  Antonio  Perrenot  di  Granvelle,  figlio  di  Ni- 
colò, primo  ministro  di  Carlo  V,  fu  —  come  si  sa  —  uno 
dei  più  abili  politici  del  secolo  XVI.  Prese  parte  alle  Diete 
di  Worms,  di  Ratisbona  e  al  Concilio  di  Trento.  A  soli  23  anni 
fu  fatto  Vescovo  di  Arras,    poi    Arcivescovo    di    Melines,  e 


(l)  Médailleurs  lìaliens.  Voi.  I,  pag.  265  (Paris,  E.  Plon,  1883). 


PIETRO    BROCCOLI 


finalmente  —  nel  1561  —  sotto  il  pontificato  di  Pio  IV,  Car- 
dinale. A  32  anni  d'età  subentrò  al  padre  nella  dignità  di 
Consigliere  di  Stato,  e  fu  custode  dei  sigilli  dell'Impero.  Go- 
dette la  fiducia  di  Filippo  II,  succeduto  al  padre  Carlo  V,  e 
i  trattati  di  Passau  e  di  Castel  Cambrese  nel  1559,  sono 
opera  sua. 

Nel  1571  all'incirca,  per  le  crescenti  invasioni  del  Turco, 
e  dopo  la  presa  di  Cipro,  con  la  caduta  e  gli  eccidii  di  Ni- 
cosia  e  Famagosta,  porgendo  orecchio  alle  istanze  di  Pio  V, 
i  principi  cristiani  si  persuasero  di  dover  stringere  una  lega 
contro  il  Turco. 

Filippo  II  incaricò  il  Cardinale  di  Granvelle  per  le  trat- 
tative. Gli  dette  per  aggiunti  il  Cardinale  Pacheco  e  Gio- 
vanni Zurriga,  e  tutti  e  tre  conchiusero  felicemente  l'accordo 
(che  fu  ratificato  in  un  Concistoro  a  Roma  il  25  maggio  1571), 
con  grandissima  soddisfazione  del  Re  di  Spagna,  del  Papa 
e  della  Repubblica  Veneta  (1). 

Avendo  il  Cardinale  di  Granvelle  maggiormente  contri- 
buito a  questo  successo,  il  Re  di  Spagna  lo  ricompensò  con- 
ferendogli il  Vice-Reame  di  Napoli,  che  di  Granvelle  accettò, 
facendo  nell'aprile  del  157 1  il  solenne  ingresso  nella  capitale. 

Pio  V  —  succeduto  al  suo  omonimo  IV  —  lo  nominò 
Legato  Apostolico  di  Napoli. 

Don  Giovanni  d'Austria,  fratello  naturale  del  Re  di 
Spagna,  venne  creato  dai  Legati  generalissimo  di  tutta  l'ar- 
mata, ed  ebbe  per  consiglieri  Giannandrea  D'Oria  e  Luigi 
Requenses. 

La  flotta  della  Santa  Sede  era  capitanata  da  Marco  An- 
tonio Colonna  e  la  veneta  da  Barbarigo  (2). 

Erano  dell'armata  il  Principe  di  Parma,  Andrea  Provana, 
Sebastiano  Veniero  e  molti  altri  guerrieri  già  distintisi  in 
precedenti  e  segnalate  imprese. 

Granvelle  ricevette  solennemente  a  Napoli,  con  gli  altri 
capi  e  generali,  Don  Giovanni  d'Austria,  qui  prit  de  sa  main 


(i)  Mémoires  du  Card,  de  Granvelle,  par  un  Religieux  Bénédetin  de 
la  Congrégation  de  Saint  Vanne  —  à  Paris  —  chee  Guillaume  Dupres, 
lyS}  (Tome  II,  Chapitre  III,  pag.  106). 

(2)  Henrion  :  Storia  Universale  delta  Chiesa  (voi.  IX,  a.  1571,  pag.  29). 


MEbAGLlA    DEL  CARDINALE    DI   GRANVELLE  613 


l'étendard  de  l'Eglise  et  le  bàion    de    General  que  lui  avoit 
envoyé  le  Pape  Pie  F{i). 

E  qui  fermiamoci,  ricordando  solo  che  la  famosa  batta- 
glia di  Lepanto  —  con  la  vittoria  degli  alleati  —  segui  il 
7  ottobre  157 1. 

La  nostra  medaglia  rappresenta  precisamente  la  solenne 
consegna  dello  stendardo,  fatidico  talismano  della  gran  vit- 
toria. Essa  è  di  una  fattura  superbamente  classica,  tanto  nel 
busto  del  Cardinale,  quanto  nella  rappresentazione  della 
consegna  del  vessillo.  Tutti  i  piani  sono  veramente  studiati 
e  perfettamente  giusti.  La  prospettiva  è  curata  al  massimo 
grado,  ed  il  gruppo  è  di  una  grandiosa  impressione  e  di  un 
effetto  più  che  mai  pittorico,  rilevando  l'eccellenza  dell'artista 
che  la  modellò. 

Essa  è  di  centim.  43  di  diametro,  e  di  gr.  35,500  di  peso. 
Si  presenta  con  un  orlo  alquanto  basso  e  con  un  cerchio 
all'esterno  di  perline  tanto  al  diritto  quanto  al  rovescio. 

Al  diritto,  all'intorno,  vi  è  la  leggenda:  ANT  •  S  •  R  •  E  ■ 
PBR  •  CARD  •  GRANVELLLANVS,  cioè:  Antonius  Sanctae  Ro- 
manae  Ecclesiae  Presbyter  Cardinalis  Granvellamis.  Nell'area 
si  vede,  a  buon  rilievo,  il  busto  a  destra  del  Cardinale  An- 
tonio Perrenot  di  Granvelle,  a  testa  nuda,  con  affluente 
barba,  portante  sulle  spalle  la  mozzetta  coi  relativo  cap- 
puccio. Sotto  al  busto,  a  piccoli  caratteri,  vi  è  il  nome  del- 
l'artefice che  eseguì  il  conio,  cioè  :  10  •  v  ■  melon:  f  •  Joannes 
Vincentius  Melon  fecit. 

Il  rovescio  presenta  un  gruppo  veramente  artistico  e 
grandioso.  A  destra  vedesi,  su  due  gradini,  un  altare  di  base 
quadrata,  a  tempietto,  dalle  colonne  tortili,  dal  tetto  piano, 
sormontato  da  una  piccola  croce.  Poggia,  sulla  mensa,  il  ta- 
bernacolo, pure  a  tempietto,  di  base  quadrata,  con  cupola  e 
croce.  Il  paliotto  porta  lo  stemma  del  Cardinale,  e  sopra  lo 
stemma  è  sovrapposto  il  cappello  cardinalizio.  Sul  piano  da- 
vanti, e  sul  primo  ed  ampio  gradino,  vediamo  seduto  sul 
faldistorio  il  Cardinale  coi  paramenti  pontificali,  cioè  piviale 
e  mitria  in  capo,  che  tiene  con  la  mano  destra  il  vessillo  svo- 


(i)  Mémoires  du  Card,  de  Granvelle  (Tome  II,  Chapitre  III,  pag.  107). 


6l4  PIETRO   BROCCOLI 


lazzante,  su  cui,  nella  parte  più  larga,  è  rappresentato  Cristo 
in  croce.  L'asta  dello  stendardo  termina  con  una  crocettina. 

Il  pavimento  è  ricoperto  da  un  tappeto  sul  quale  vi  è 
un  cuscino  che  accoglie  genuflesso,  nel  superbo  ed  elegante 
costume  dell'epoca,  Don  Giovanni  d'Austria,  in  atto  di  pren- 
dere con  nobile  posa,  con  la  destra  lo  stendardo  che  il  Car- 
dinale gli  porge,  mentre  poggia  la  mano  sinistra  sull'elsa 
della  spada. 

Alle  spalle  del  glorioso  vincitore  di  Lepanto,  si  scorgono 
tre  nobili  principi,  che  probabilmente  raffigurano  i  valorosi 
capitani  Marco  Antonio  Colonna,  Barbarigo  e  D'Oria.  Dietro 
di  essi,  e  vicino  al  cerchio  di  perline  appare  la  figura  di  un 
altro  guerriero,  che  potrebbe  rappresentare  il  Veniero.  E  al 
di  là  dell'altare  fanno  capolino  un  cardinale,  un  prelato  ed 
un  nobile,  e  non  è  azzardata  1'  ipotesi  che  nelle  tre  figure 
dovessero  ravvisarsi  il  Cardinale  Pacheco,  Giovanni  Zurriga 
e  forse  il  principe  di  Parma.  I  gruppi  del  secondo  piano 
sono  contornati  da  una  fitta  selva  di  alabardieri. 

Nello  sfondo  poi  vedonsi  delle  arcate  con  pilastri,  che 
danno  l' idea  di  una  navata  di  un  tempio,  e  sopra  l'archi- 
trave, e  precisamente  nel  posto  del  fregio,  vi  sta  scritto 
—  fra  due  punti  —  il  motto  •  IN  HOC  VINCES  • 


Ed  ora  qualche  cenno  sull'eccellente  artista  che  modellò 
la  medaglia,  firmandola  •  io  •  v  •  melon  :  f  • 

Veramente  gli  storiografi  non  sono  d'accordo  riguardo 
all'epoca  in  cui  dimorò  a  Roma  l'artista,  o  se  questi  si  chia- 
masse di  cognome  precisamente  Melon,  asserendo  il  Nagler  ('), 
che  Giovanni  di  Melon  (o  di  Milan)  si  chiama  un  medaglista 
che  lavorò  in  Roma  dal  1573  al  1580  (secondo  l'Armand 
dal  157 1  al  1579)  e  aggiungendo  che  la  parola  Milan  indica 
trattarsi  di  un  milanese,  e  perciò  il  cognome  doversi  desu- 
mere dalla  V. 


(i)  Die  Monogrammaien,  fortgesetet  von  D.  A.  Andressen  et  C.  Clauss. 
Mùnchen  und  Leipzig.  G.  Hirth's  l^erlag  (s.  a.).  Voi.  IV,  pag.  79,  n.  222. 


MEDAGLIA    DEL   CARDINALE    DI    GRANVKLLE  615 


Passiamo  in  breve  rassegna,  per  una  certa  analogia, 
alcune  altre  medaglie  dello  stesso  artista. 

Il  KoHLER  (XII,  pag.  337)  descrive  una  medaglia  per 
l'ingresso  di  Don  Giovanni  d'Austria  in  Tunisi,  e  l'attribuisce 
a  /.  V.  Me  loti. 

Sopra  altra  medaglia,  col  busto  del  Cardinale  Alessandro 
Farnese,  e  con  la  facciata  della  chiesa  dei  Gesuiti  in  Roma, 
sta  scritto  Jo.   V.  Milan  f.  e  fecit  anno  doni.  ijyj. 

Una  grande  e  bella  medaglia,  che  il  Venuti  vuole  del 
1579,  e  che  reca  l'immagine  di  Gregorio  XIII,  ha  sotto  il 
braccio  del  Papa  la  firma  Jo.  V.  Milan,  e,  nel  verso,  è  rap- 
presentata la  Giustizia  sul  trono,  e  la  Pace  con  la  cornu- 
copia. 

Siamo  piuttosto  proclivi  a  convenire  con  l'Armand  nello 
stabilire  che  l'artista  lavorasse  in  Roma  dal  1571  al  1579, 
per  il  fatto  che  incise  una  serie  di  medaglie  illustranti  il  so- 
lenne avvenimento  della  consegna  dello  stendardo.  E  se  si 
considera  che  la  battaglia  di  Lepanto  avvenne  il  7  ottobre 
157 1,  e  che  la  consegna  precedette  la  battaglia,  si  vede  fa- 
cilmente come  l'opinione  nostra  possa  avere  fondamento  di 
verità. 

Non  concordiamo  col  Nagler,  e  crediamo  arbitraria  la 
sua  asserzione,  che  il  cognome  dell'artefice  sia  indicato  dalla 
lettera  V.,  perchè  il  Nagler  ha  conosciuto  ben  poche  opere 
del  nostro  medaglista,  in  confronto  dell'Armand  ;  ma  tuttavia 
abbastanza  per  poter  rilevare  le  due  forme  della  segnatura 
di  lui,  cioè  :  Melon  e  Milan. 

Crediamo  che  la  V  indichi  l' iniziale  del  nome  Vincenzo, 
comunissima  abbreviazione  di  Giovanni  Vincenzo,  in  Italia 
assai  frequente  fino  al  principio  del  secolo  XIX,  a  guisa  di 
tanti  altri  nomi  doppi  ricordanti  dei  Santi  largamente  vene- 
rati fra  il  popolo.  Quindi  ci  persuadiamo  che  l'artista  sia 
italiano,  tanto  più  che  la  maniera  dell'arte,  lo  stile  della  com- 
posizione e  la  vigorosa  e  morbida  esecuzione  della  medaglia 
hanno  tutti  i  caratteri  del  periodo  della  rinascenza. 

La  vittoria  di  Lepanto  dette  la  stura  ad  un  seguito  di 
medaglie  eseguite  dallo  stesso  artista,  e  l'Armand  ne  de- 
scrive altre,  qualcuna  delle  quali  presenta  delle  varianti  nella 
forma  della  segnatura. 


6l6  PIETRO   BROCCOLI 


Una  prima,  nel  diritto  e  nel  rovescio  è  uguale  a  quella 
descritta,  ma  di  soli  cm.  32  di  diametro. 

Una  seconda,  di  cm.  43  di  diametro  ha,  al  diritto,  la 
leggenda  ANT  •  S  •  R  E  ■  PBR  •  CARD  •  GRANVELLANVS  e  col 
busto,  a  sinistra,  del  Cardinale  di  Granvelle  con  la  mezzetta. 
Sotto  al  busto,  in  piccoli  caratteri,  melon  f  •  A  rovescio  il 
motto  •  IN  •  HOC  •  VINCES  ■  e  nel  centro  la  stessa  scena  delle 
due  precedenti  medaglie,  cioè  la  consegna  del  vessillo  a 
Don  Giovanni  d'Austria. 

E  finalmente  una  terza,  di  cm.  43  di  diametro,  avente 
il  diritto  uguale  alla  seconda,  ha  invece  nel  rovescio  il  motto 
DVRATE,  e  riproduce  la  nave  di  Enea  sbattuta  dalla  tempesta. 

Non  dobbiamo  dimenticare  —  e  il  soggetto  esige  la 
presente  conclusione  • —  che,  per  la  vittoria  di  Lepanto^  si 
fecero  ovunque  grandissime  feste  e  che  in  Venezia  furono 
battute  alcune  monete  con  la  scritta  :  Anno  magnae  navalis 
victoriae  Dei  grafia  cantra  Turchas. 

Gatieo,  agosto  j^oS. 

Pietro  Broccoli. 


RELAZIONE 

della  Commissione  nominata  dalla  Società  Nu- 
mismatica italiana  per  studiare  lo  schema 
unico  migliore  di  ordinamento  dei  Meda- 
glieri per  il  Risorgimento  nazionale. 

In  una  seduta  del  Congresso  per  la  storia  del  Risorgi- 
mento, tenutosi  l'anno  1906  a  Milano,  il  Congresso  votò 
il  seguente  ordine  del  giorno  : 

//  Congresso,  udita  la  Relazione  del  doti.  Cesare  Clerici 
sui  criteri  da  seguire  nelP ordinamento  dei  Medaglieri  del 
Risorgimento,  e  la  discussione  seguita  coi  proff.  Ricci  e  Ro- 
mano, confida  che  la  Società  Numismatica  italiana  nomini 
una  Commissione  che  studii  nella  sua  pratica  attuazione  la 
proposta,  e  presenti  uno  schema  unico  da  adottare  in  tutti  i 
Medaglieri  esistenti  presso  i  Musei  del  Risorgimento- 

La  Commissione  nelle  sue  sedute  d)  delineò  tosto  a  tratti 
grandi  e  sicuri  il  campo  a  lei  prescritto,  e  discusse  vivamente 
i  termini  e  le  divisioni  da  adottare. 


(i)  La  Commissione  si  riunì  per  le  sedute  nel  salone  della  Società 
Numismatica  italiana  alla  Rocchetta  del  Castello  Sforzesco.  Officiato 
l'ass.  comm.  avv.  Bassano  Gabba,  quale  Presidente  della  Commissione 
del  Museo  del  Risorgimento,  a  presiedere  alle  discussioni  e  ai  lavori, 
si  scusò  in  modo  gentile  di  non  poter  accettare  per  le  sue  molteplici 
occupazioni.  In  sua  vece  accettò  l' incarico,  e  intervenne  in  rappresen- 
tanza della  Presidenza  del  Museo  del  Risorgimento  il  suo  Direttore, 
cav.  dott.  Lodovico  Corio,  che  alternò  la  presidenza  col  dott.  Luigi 
Ratti,  consigliere  di  presidenza  del  Museo  precitato.  Furono  aggregati, 
e  accettarono,  il  cav.  uff.  Ercole  Gnecchi,  in  rappresentanza  della  So- 
cietà Numismatica  italiana,  e  il  signor  Carlo  Stefano  Johnson,  pel  me- 
dagliere Johnson  del  Risorgimento  italiano,  in  rappresentanza  dei  col- 
lezionisti privati  delle  medaglie  del  Risorgimento  nazionale.  Il  prof. 
dott.  Serafino  Ricci,  rappresentante  il  .Medagliere  nazionale  di  Brera  e 
il  Circolo  Numismatico  milanese,  come  autore  della  proposta  della  Com- 
missione al  Congresso  precedente  di  Milano,  nell'anno  1906,  venne  in- 
caricato della  Relazione,  che  qui  sopra  si  legge. 


6l8  SERAFINO   RICCI 


Innanzitutto  volle  distinguere  il  Medagliere  del  Risorgi- 
mento di  un  piccolo  centro  municipale,  che  corrisponde  alle 
esigenze  speciali  del  luogo,  dal  medagliere  tipico  di  una  colle- 
zione governativa  o  municipale  ampia,  grandiosa,  che  vada 
completandosi  e  possa,  in  un  certo  numero  di  anni,  raggiun- 
gere una  relativa  completezza.  La  Commissione  non  si  oc- 
cupò che  di  questa  ultima  serie.  Rilevò  la  necessità  di  divi- 
dere bene  il  periodo  dei  moti  e  delle  cospirazioni,  che  segna 
la  preparazione  diretta  alla  guerra  per  l'indipendenza,  da  quella 
precedente  preparatoria,  non  solo  dal  principio  del  secolo,  ma 
fin  dal  trattato  d'Aquisgrana.  Trovò  che  occorre  poi  ben  divi- 
dere la  parte  retrospettiva  da  quella  contemporanea,  affinchè 
non  si  confonda  nella  coscienza  del  popolo  la  commemorazione 
di  un  fatto  del  tempo  da  quella  postuma  degli  anniversari, 
dei  centenari  e  simili,  e  credette  opportuno  aggiungere,  come 
in  appendice,  una  serie  speciale  per  tutto  quel  movimento 
intellettuale  ed  economico  che  dal  1870  andò  vie  più  cre- 
scendo e  rinforzandosi,  e  che  costituisce  un  secondo  Risor- 
gimento propriamente  detto,  che  ha  le  radici  nel  passato  e 
si  ramificherà  nell'avvenire. 

Lo  schema  del  dott.  Cesare  Clerici  si  presentava  quindi 
lodevolissimo  come  primo  tentativo,  non  solo  limitato  alla 
parola,  ma  corroborato  dai  fatti,  cioè  dall'esempio,  pure  lo- 
devolissimo, della  mostra  sistematica  presentata,  in  collabora- 
zione col  padre  suo  ing.  Carlo  Clerici,  ma  non  adatto  come 
schema  unico  per  due  ragioni  sostanziali.  La  prima,  che  si 
estendeva  agli  autografi,  a  tutti  quei  documenti  grafici  e 
iconografici  che  completano  la  narrazione  dei  fatti  per  mezzo 
delle  monete  e  delle  medaglie,  e  questo  particolare  altera  le 
proporzioni  e  le  suddivisioni  dello  schema  stesso.  La  seconda 
ragione  sta  nel  fatto,  inevitabile  per  sé  stesso,  che  lo  schema 
Clerici  era  quello  della  collezione  Clerici,  ed  era  quindi  di- 
sposto con  criteri  d'opportunità,  i  quali  non  ppssono  corrispon- 
dere allo  schema  unico  di  un  grande  museo  nazionale,  che  non 
ha  serie  speciali  da  mettere  in  luce,  mentre  è  suscettibile  di 
ogni  ingrandimento  e  perfezionamento  possibile. 

La  Commissione  ha  riconosciuto  di  poter  seguire  quasi 
fedelmente  il  Clerici  nella  parte  che  si  riferisce  alle  cospi- 
razioni e  ai  moti  italiani,  perchè  s' impernia  su  un  buon  studio 


RELAZIONE    DELLA    COMMISS.    PER   l'ORDIN.    DEI    MEDAGLIERI  619 


delle  medaglie  del  Risorgimento  in  omaggio  a  quelli  prece- 
denti di  Camozzi-Vertova  e  di  Nicomede  Bianchi  ;  ma  ha 
trovato  che,  per  desiderio  di  ampliare  alcune  serie,  che 
ormai  fanno  parte  a  sé,  lo  schema  Clerici  si  presenta  al- 
quanto disgregato  e  sproporzionato,  specialmente  per  quel 
che  riguarda  le  Case  dominanti  in  Italia  e  la  serie  della  Ri- 
voluzione francese  e  napoleonica.  Perciò  ha  creduto,  invece, 
di  raggruppare  questa  serie  in  una  seconda  parte  retrospet- 
tiva, e  per  quella  sola  parte  nella  quale  le  nazioni  estere 
ebbero  rapporti  diretti  con  l' Italia. 

D'altra  parte,  siccome  lo  schema  Clerici  include  fatti  e 
persone  che  appartengono  alla  vita  moderna,  si  è  trovato 
che  questo,  se  è  utile  per  allargare  le  serie  di  medaglie,  non 
può  essere  consentito  nel  concetto  chiaro  e  preciso  del  Ri- 
sorgimento nazionale  ;  mentre  invece  è  degno  di  nota  in  un 
capitolo  a  parte,  riunendo  quelle  medaglie  che  costituiscono 
la  serie  moderna  e  possono  formare  la  parte  terza. 

La  Commissione  poi  fu  d'accordo  col  Clerici  circa  il 
termine  di  partenza,  che  non  può  più  essere  del  1815  e 
neanche  il  1789,  ma  il  1748,  cioè  l'anno  del  trattato  di 
Aquisgrana,  includendo  così  il  periodo  dei  Principi  riforma- 
tori, che  influirono  sul  Risorgimento  italiano,  come  ben  disse 
il  dott.  Clerici.  Questo  termine  più  arretrato,  ma  non  meno 
importante,  fu  rilevato  utile  anche  dal  prof  Romano,  in  se- 
duta, come  quello  che,  esteso  e  approfondito  "  potrebbe 
"  portare  un  cambiamento  assai  largo  in  tutti  i  criteri  che 
"  riguardano  i  cimeli  in  genere  del  nostro  Risorgimento 
"  nazionale  „. 

Non  è  del  resto  termine  nuovo,  poiché  già  da  una  die- 
cina d'anni  è  adottato  anche  nell'  insegnamento  della  storia 
nelle  scuole,  ma  per  noi  ha  il  merito  di  essere  adattato  per 
la  prima  volta,  dopo  la  raccolta  Camozzi,  a  una  collezione 
di  medaglie,  e  di  essere  stato  esteso  anche  agli  autografi  e 
cimeli  in  genere  nel  saggio  sistematico  esposto  a  Milano. 
Se  non  che,  non  è  possibile  pretendere  che  un  medagliere 
del  Risorgimento,  perchè  include  Casa  Savoia  o  il  Papato, 
debba  distendere,  perciò  solo,  tutta  la  serie  medaglistica  di 
Casa  Savoia  dagli  inizi,  o  tutta  la  serie  Pontificia,  come  nel 
Catalogo  Clerici,  da  Clemente  XII  (cioè  dal  1730)  in  poi.  E 


620  SERAFINO    RICCI 


come  sarebbe  più  opportuno  iniziare  Casa  Savoia  con  Ema- 
nuele Filiberto  anziché  col  1740,  e  il  Papato  anzi  con  Giulio  II 
e  Leone  X,  perchè  davvero  costoro  promossero  il  nostro 
Risorgimento  intellettuale,  che  doveva  preparare  quello  po- 
litico, così  sarebbe  inopportuno  iniziare  dal  1740  la  serie  ve- 
neta, per  es.,  che  non  può  farsi  viva  se  non  con  il  Renier 
e  col  Manin.  Si  intende  quindi  che  il  termine  1748  sia  adot- 
tato pei  Principi  riformatori,  mentre  pel  resto  sia  adottato  il 
termine  che  meglio  corrisponda  al  vero  periodo  preparatorio 
del  Risorgimento  nazionale. 

Così,  sfrondando  qua  e  là  le  serie  medaglistiche,  esclu- 
dendo quelle  che  sono  già  considerate  a  parte,  come  quella 
di  Casa  Savoia  e  quella  napoleonica,  se  ne  include  solo 
quella  parte  dell'una  e  dell'altra  ch'ebbe  rapporti  diretti  col 
nostro  Risorgimento.  Umberto  I  e  Vittorio  Emanuele  III, 
per  es.,  inclusi  nello  schema  Clerici,  appartengono  ormai 
all'Italia  libera  ed  una,  non  all'Italia  che  si  divincola  dalle 
strette  dello  straniero.  Il  capitolo  della  reazione  austro-russa 
appartiene  più  alla  storia  delia  Reazione,  che  non  a  quella 
del  Risorgimento,  le  medaglie  religiose  e  quelle  dedicate  alle 
singole  persone,  quando  queste  non  siano  strettamente  legate 
alla  storia  del  Risorgimento,  devono  essere  parimenti  escluse, 
come  dovrebbe  esserne  esclusa  la  parte  estera  complemen- 
tare, che  distrarrebbe  la  nostra  attenzione  e  sposterebbe  il 
centro  d'osservazione,  alterando  il  carattere  nazionale  del 
medagliere  tipico  del  nostro  Risorgimento. 

Anche  quella  multiforme,  vigorosa,  incalzante  operosità 
italiana,  che  mostrava  a  tutti,  e  soprattutto  allo  straniero,  che 
non  eravamo  terra  dei  morti,  come  volevano  benevolmente 
farci  credere  gli  altri,  sia  divisa  in  due  grandi  parti  e  non 
si  confonda  con  le  commemorazioni,  coi  centenari,  con  gli 
anniversari  e  con  tutte  quelle  medaglie  ricordanti  scoperte, 
istituzioni,  progetti,  benemerenze,  che  dal  1870  risposero  al 
vigoroso  slancio  dell'Italia  libera  e  indipendente,  che  guarda 
con  fidente  coraggio  in  faccia  alle  altre  nazioni. 

La  Commissione,  quindi,  della  Società  Numismatica  ita- 
liana presenta  lo  schema  che  le  pare  più  adatto  ad  essere 
tipico;  ben  lieta,  del  resto,  se  la  Società  Storica  del  Risorgi- 
mento, oggi  ormai  costituita  ne'  suoi  vitali  elementi,  troverà 


RELAZIONE    DELLA    COMMISS.  PER    l.'oRDLM.    DEI   MEDAGLIERI  62I 

di  fare  di  più  e  di  far  meglio.  Uno  schema  non  è,  né  può 
essere,  un  medagliere  completo  ;  non  può  che  accennare  a 
grandi,  sicuri  tratti  la  via  da  percorrere.  Si  dice  che  uno 
studioso  competente  (al  quale  non  mancano  né  mezzi,  né 
tempo),  stia  formando  una  collezione  completa  delle  meda- 
glie del  Risorgimento  italiano  ;  com'egli  si  varrà  certo  di 
quello  che  dal  Clerici  e  da  noi  è  stato  fatto  dopo  l'ardito 
tentativo  Camozzi,  così  noi  ci  varremo  dell'opera  sua,  se  pel 
191 1  a  Torino,  o  a  Roma  egli  ci  potrà  presentare  il  meda- 
gliere perfetto.  Quod  est  in  votis  ! 

Ora,  la  Commissione  finisce  il  suo  modesto  compito, 
raccomandando  agli  eventuali  raccoglitori,  specie  nei  musei 
pubblici,  stipi  a  vetrine  alte  e  ampie,  che  contengano  non 
solo  molte  medaglie,  ma  molte  targhette  e  abbondanti  car- 
tellini dichiarativi,  affinchè  specialmente  il  gran  pubblico  possa 
abbracciare  con  lo  sguardo  e  con  la  mente  i  vari  periodi  e 
sottoperiodi,  e  formarsi  un  concetto  chiaro  del  procedere 
degli  avvenimenti,  meglio  che  non  farebbe  leggendo  un  gran 
prospetto  storico,  o  vari  volumi  di  storia  narrata. 

E  così,  oltre  la  storia  del  Risorgimento,  potrà  abbrac- 
ciare in  un  gran  quadro  anche  la  storia  della  medaglistica 
moderna,  in  tutto  quel  periodo  di  lotta  fra  classici  e  roman- 
tici, che  caratterizza  anche  nelle  lettere  e  nelle  arti  maggiori 
tre  quarti  del  secolo  XIX. 

Lodovico  Corio  —  Luigi  Ratti  —  Ercole  Gnecchi 
Carlo   Stefano   Johnson    —   Serafino    Ricci,    relatore. 

CONCLUSIONE. 

Dalla  Relazione  della  Commissione  nominata  dalla  So- 
cietà Numismatica  italiana  risulta  che  Io  schema  tipico  del 
medagliere  del  Risorgimento,  pur  oscillando  in  alcuni  par- 
ticolari a  seconda  dei  centri  ove  è  istituito,  e  delle  acciden- 
talità dipendenti  dalle  persone  o  dai  fatti  stessi,  può  deli- 
nearsi in  questi  limiti  : 

1.°  Deve  seguire  lo  svolgersi  cronologico  dei  fatti  sto- 
rici nei  vari  periodi  delle  battaglie  dell'indipendenza  ; 

2.°  La  prima  parte  e  più    importante    del    medagliere 
dev'essere  costituita  dalle  serie    di    medaglie    che  ricordano 

79 


622  SERAFINO    RICCI 


fatti  relativi  .a  cospirazioni,  moti,  insurrezioni,  battaglie  del- 
l'indipendenza. —  Si  può  discutere  se  le  medaglie  comme- 
morative, coniate  posteriormente,  debbano  allinearsi  sùbito 
dopo  i  fatti  o  i  personaggi,  autori  dei  fatti.  La  Commissione 
è  d'avviso  che,  pei  medaglieri  popolari,  sia  molto  più  efficace 
ed  utile  questo  ordinamento,  mentre  per  un  grande  meda- 
gliere modello  (e  in  Italia  dovrebbe  esservene  uno  in  ogni 
grande  città),  per  un  medagliere  che  deve  servire  agli  stu- 
.diosi,  e  deve  quindi  avere  un  riordinamento  sistematico,  la 
Commissione  crede  sia  preferibile  la  divisione  in  una  parte 
di  medaglie  contemporanee  ai  fatti  e  in  un'altra  retrospet- 
tiva, commemorante  i  fatti. 

3.°  Deve  concedere  larga  parte  al  periodo  prepara- 
torio del  Risorgimento  nazionale,  includendo  quello  dei  Prin- 
cipi riformatori,  e  risalendo  quindi  al  1748.  In  questa  se- 
conda grande  parte  vi  devono  essere  due  suddivisioni  distinte  : 
a)  la  serie  delle  medaglie  che  riguardano  le  Case  dominanti 
in  rapporto  con  l' Italia  ;  b)  la  serie  delle  medaglie  che  ri- 
cordano congressi,  centenari,  benemerenze,  scoperte  e  mezzi 
di  comunicazione. 

4.°  La  serie  moderna  delle  medaglie,  in  quanto  può 
commemorare  i  fatti  dell'indipendenza  e  incitare  gli  animi 
all'amore  per  la  patria,  al  ricordo  delle  glorie  passate  e  alla 
riconoscenza  verso  i  fautori  della  nostra  indipendenza,  non 
deve  essere  trascurata;  né  d'altra  parte,  dev'essere  confusa 
con  quella  contemporanea  alle  persone  ed  ai  fatti,  oppure 
con  quella  retrospettiva  fino  al  1870,  ma  dev'essere  ordinata 
ed  esposta  in  appendice  a  parte  in  una  terza  serie,  quella 
del  secondo  Risorgimento  italiano,  che  dal  1870  va  fino  ad 
oggi,  e  che  non  si  chiuderà  mai,  quella  dell'ordinamento  e 
del  progresso  civile  degli  Italiani  (0. 

Serafino  Ricci. 


(i)  Alla  Relazione  dovrebbero  seguire  i  prospetti  proposti  dalla  Com- 
missione e  presentati  al  Congresso  di  Torino  per  la  storia  del  Risor- 
gimento italiano,  i  quali  saranno  inseriti  negli  Aiti  del  Congresso  stesso, 
pubblicati  nella  Rivista  della  Società  nazionale  per  la  storia  del  Risor- 
gimento italiano,  diretta  dal  prof.  Beniamino  Manzone,  edita  dai  Fra- 
telli Bocca,  col  titolo  :  Il  Risorgimento  italiano. 


VARIETÀ 


La  medaglia  d'oro  a  Luigi  Pigorini  e  le  onoranze 
al  grande    paletnologo    e    numismatico    a    Parma.   —   11 

giorno  26  ottobre  scorso  furono  tributate  a  Parma,  nell'Aula 
Magna  di  quell'Università,  onoranze  solenni  al  principe  dei 
paletnologi  italiani,  al  comm.  prof.  Luigi  Pigorini,  ordinario 
di  paletnologia  alla  R.  Università  di  Roma,  direttore  dei 
RR.  Musei  Preistorico,  Etnografico  e  Kircheriano,  e  bene- 
merito Presidente  della  Scuola  superiore  italiana  di  archeo- 
logia in  Roma. 

Essendo  stato  il  Pigorini  nel  suo  primo  decennio  di  car- 
riera dei  musei  anche  un  valente  studioso  di  monete  e  di 
sigilli,  e  il  primo  a  studiare  specialmente  le  zecche  di  Bor- 
gotaro,  di  Bardi,  di  Compiano  e  di  Soragna,  era  opportuno 
onorarlo  anche  come  numismatico.  A  portare  il  saluto  del 
Medagliere  di  Brera  e  della  Società  Numismatica  italiana  si 
recò  lo  scrivente,  che  si  onora  di  essere  stato  discepolo  del 
grande  maestro  durante  il  suo  alunnato  alla  Scuola  supe- 
riore di  archeologia  in  Roma.  Il  sen.  Giovanni  Mariotti,  Pre- 
sidente del  Comitato  ordinatore  delle  onoranze  a  Luigi  Pi- 
gorini, consegnò  con  nobilissime  e  affettuose  parole  un 
esemplare  nei  tre  metalli  della  medaglia  coniata  in  onore 
del  Pigorini,  opera  artistica  dello  Stabilimento  Johnson,  di 
cui  fu  donato  pure  un  esemplare  in  bronzo  al  Medagliere 
braidense,  come  ricordo  delle  onoranze. 

La  medaglia  reca  sul  diritto  l'effigie  del  Pigorini  in  gran 
rilievo,  tratto  dal  modello  dello  scultore  Egidio  Boninsegna, 
ed  inciso  con  molta  cura  dal  cav.  Angelo  Cappuccio  ;  sul 
rovescio  reca  un'epigrafe  dedicatoria.  Eccone  la  descrizione, 
con  la  riproduzione  del  diritto  in  grandezza  naturale: 


624 


VARIETÀ 


Diam.  mill.  64. 
B'  —  Busto  di  Luigi  Pigorini  di  tre  quarti  a  destra,  A  si- 
nistra del  busto,  in  basso,  all'orlo:  Johnsok,  e  sotto 
E  B  (in  nesso  :  Egidio  Boninsegna)  MOD{ellò).   A  C 
(in  nesso  :  Angelo  Cappuccio)  Kciise). 


I^    —  Nel  campo,  epigrafe  in  nove  righe,  come  segue 

A 

LVIGI    PIGORINI 

PRINCIPE 

DE'  PALETNOLOGI  ITALIANI 

NEL   CINQVANTESIMO    ANNIVERSARIO 

DEL  SVO  INGRESSO 

NEGLI  ISTITVTI  ARCHEOLOGICI 

DISCEPOLI  E  AMICI 


MDCCCLVIII 


MCMVIII 


La  testa  caratteristica  dello  scienziato,  somigliante  e 
resa  ancor  più  plastica  dal  tocco  dell'arte,  è  di  evidenza 
scultoria  e  fa  un'impressione  indimenticabile. 

Al  banchetto,  offerto  la  sera  alla  Croce  Bianca  al  vene- 


VARIETÀ  625 

rando  professore  dalla  Deputazione  provinciale  e  dalla  Giunta 
municipale  in  onore  di  uno  dei  figli  prediletti  di  Parma,  che 
vide  crescere  il  Pigorini  nell'amore  alla  scienza  e  laurearsi  nelle 
sue  aule  universitarie,  lo  scrivente  brindò,  ricordando,  i  meriti 
di  lui  come  uorfio  e  come  numismatico  con  queste  parole  : 

"  Non  ho  voluto  stamane  turbare  la  serie  dei  discorsi 
ufficiali  col  parlare,  e  perchè  la  prima  parola  di  plauso  do- 
veva essere  rivolta  dai  paletnologi  al  collega  illustre,  e  perchè 
delle  benemerenze  numismatiche  del  Pigorini  fece  opportuno 
cenno  il  nostro  esimio  sen.  Mariotti. 

"  Ma  mi  permetta  ora,  mio  grande  e  amato  maestro,  che 
al  plauso  generale  unisca  inter  pociila  anche  il  mio,  non  tanto 
come  rappresentante  del  Museo  Numismatico  di  Brera  e 
della  Società  Numismatica  italiana,  quanto  come  uno  dei 
suoi  antichi  alunni  della  Scuola  italiana  d'archeologia,  uno 
dei  suoi  più  sinceri  e  devoti  ammiratori  ed  amici,  e  non  du- 
bito che  anche  qui  non  le  torni  meno  gradita  dei  discorsi 
ufficiali  la  mia  parola,  meno  fervido  il  mio  augurio  di  bene. 

"  Il  sen.  Mariotti  trovò  le  lettere  di  Michele  Lopez,  il 
Suo  predecessore  nella  direzione  del  Museo  di  Parma,  e  ne 
rievocò  stamane,  con  quella  gentilezza  d'animo  che  è  tutta 
sua,  la  nobile  figura  dello  scienziato  mecenate;  ma  io  ho  tro- 
vato la  risposta  del  Pigorini,  nella  sua  prima  lettera  diretta 
al  Lopez,  precisamente  il  17  novembre  t868,  a  proposito  del 
l'illustrazione  del  sigillo  dell'arciprete  Lusardi  di  Bedonia  : 

"  La  collezione  dei  sigilli  del  patrio  Museo,  è,  può  dirsi, 
tutta  opera  Sua,  scrive  il  Pigorini,  epperò  l'illustrazione  di 
essa   deve   uscire   fregiata  del  Suo  nome. 

"  Oltre  a  ciò  mi  corre  sempre  il  rigoroso  dovere  di  at- 
testare pubblicamente,  ad  ogni  volta  che  ne  ho  l'occasione, 
quanta  gratitudine  io  Le  professi  per  l' infinito  amore  onde 
Ella  mi  fu  largo,  e  coll'educarmi  nella  prima  gioventù  agli 
studi  antiquari,  e  col  procacciarmi  dal  Governo  la  direzione 
del  Museo  Parmense  (da  lei  per  tant'anni  onorevolmente 
tenuta),  non  appena  Le  sembrò  che  fossi  in  grado  di  succe- 
derle, e  di  conservare  col  fatto  mio  la  dignità  dell'  Istituto. 
Interpreti  Ella  dunque  colla  maggior  possibile  benevolenza 
tutto  quanto    di    affettuoso    vorrebbe    l'animo  esprimerle,    e 


626  VARIETÀ 


della  povertà  dell'opera    che  Le  dedico    mi    sia    scusa  quel 
forte  buon  volere  che  Le  piacque  sempre  in  me  commendare  „. 

"  Ho  trovato  dunque  in  questa  lettera  la  pubblica  at- 
testazione del  discepolo  riconoscente  e  devoto,  che  ci  pre- 
senta il  Pigorini,  quale  è  oggi  "  umile  in  tanta  gloria  „, 
quale  era  all'adunanza  solenne  in  suo  onore,  nella  quale 
quasi  voleva  scagionarsi  dell'onore  conferitogli  e  mostrarlo 
immeritato,  perchè  nella  sua  severa,  onesta  figura  di  lavo- 
ratore e  di  galantuomo,  gli  pareva  che  l'aver  fatto  costan- 
temente il  suo  dovere  non  dovesse  meritargli  alcun  onore 
speciale.  Così  scriveva  Luigi  Pigorini  sei  anni  dopo  il  suo 
primo  lavoro  di  numismatica,  che  è  ancor  oggi  il  termine 
di  partenza  per  lo  studio  delle  zecche  dell'Emilia  (i). 

"  All'illustrazione  del  sigillo  Lusardi  il  Pigorini  allora 
fece  seguire  quella  dei  due  sigilli  della  Comunità  di  Parma 
e  del  sigillo  dei  Merciai  di  Parma  col  Ponte  della  Pietra, 
del  sigillo  Sanvitale  e  del  medaglione  di  Giulia  Barattieri- 
Bajardi  (2);  ma  la  sua  attività  numismatica  non  si  fermò 
alla  sfragistica,  poiché  abbracciò  tutto  il  campo  della  numi- 
smatica antica,  medioevale  e  moderna,  non  limitarldosi  solo 
a  illustrazioni  di  singole  zecche  o  monete,  ma  affrontando  i 
problemi  più  ardui  della,  numismatica. 

"  Così  al  primo  lavoretto  del  1863  e  all'appendice  del 
1864  (3)  fece  seguire  altri  di  maggior  mole,  e  in  quello  sulle 
baiocchelle  papali  e  loro  contraffazioni  assurse  alle  considera- 
zioni sulle  contraffazioni,  che  ancora  oggi  servono  di  discussione 
in  quell'importante  argomento;  e  nel  lavoro  sull'ars  signatum 
intuì  lo  stretto  anello  di  congiunzione  fra  la  numismatica  e 
la  paletnologia,  nell'attribuire  Vaes  signatum  al  periodo  di 
mezzo  della  civiltà  di  Marzabotto  e  di  Servirola,  non  essen- 


(i)  Ved.  Periodico  di  Numismatica  e  Sfragistica  per  la  Storia  d'Italia 
di  Carlo  Strozzi,  voi.  1,  1868,  pag.  187  e  segg. 

(2)  Ved.  Periodico  cit.,  voi.  Il  (1869)  pag.  175  e  segg.  e  pag.  300; 
III,  pag.  173  e  segg.;  IV,  pag.  15  e  segg. 

(3)  Ved.  Luigi  Pigorini  :  Memorie  storico-numismatiche  di  Borgo- 
taro,  Bardi  t  Compiano.  Parma,  1863;  Id.  :  Monete  e  medaglie  de'  Landi 
di  Valditaro  in  Rwista  della  uum.  antica  e  moderna  dell'Olivieri,  voi.  I, 
pag.  158  e  segg. 


VARIETÀ  627 


dosi  trovato    a    Villanova,    ed    essendosi  rintracciato   invece 
Vaes  grave  alla  Certosa  (O. 

"  E  se  la  famiglia  numismatica  italiana  non  può  dolersi 
che   Luigi   Pigorini   l'abbia   abbandonata   per   cogliere   allori 
in  un  altro  campo  non  meno  fecondo  di  studi  e   di    ritrova- 
menti, oggi  però  proclama  il  nome  di   Luigi  Pigorini    come 
uno  dei  più  apprezzati   e   serii   numismatici  italiani,  che,  nel 
decennio  in  cui  coltivò  le  nostre  discipline,   stampava  orma 
vasta   orma   e   lasciava    segno    imperituro    del    suo    valore 
Solo    ha    l'orgoglio    in    questo  giorno  di  dire   che    quel  de 
cennio  di  studi  numismatici  non  fu  perduto  per  Luigi  Pigo 
rini.  Pur  abbandonati  gli  studi  numismatici,  rimasero  nel  Pigo 
rini  1  caratteri  fondamentali  del  metodo  rigorosamente  scien 
tifico,  della  ricerca  delle   prove   di   fatto,   della   completezza 
ed  esattezza  della  analisi,   delia   lucidità   di   distinzione   e   di 
esposizione  nei  particolari  e  nell'assieme,   che   costituiscono 
ancora  oggi  i  pregi  più  salienti  delle  sue  pubblicazioni  e  del 
suo  insegnamento.  E  in  questo  Luigi  Pigorini  rimase    il   Pi- 
gorini numismatico,  o  signori,  e  non  prese  né   da   Gastaldi, 
né  da  Stròbel,  né  da  Clerici;  egli  è  autentico,  quello  che  era 
prima  di  dedicarsi  alla  paletnologia! 

"  E  se  mi  permettono  che  dalla  scienza  passi  all'arte, 
concluderò  col  dire  che  Luigi  Pigorini  mi  sembra  nella 
scienza  ciò  che  riuscirono  nell'  arte  quei  pittori  e  quelli 
scultori  del  Quattrocento  e  del  Cinquecento,  che  prima  furono 
orefici  e  miniatori,  come  il  Caradosso,  il  Cellini,  il  Francia, 
ed  altri  ben  noti,  i  quali  portarono  poi  nelle  loro  opere  d'arte 
quell'esattezza,  quella  minuziosità  in  tutti  i  particolari  degli 
sfondi  architettonici,  delle  vesti,  degli  ornamenti,  che  il  Pigo- 
rini numismatico  portò  nella  ricerca  e  nell'illustrazione  delle 
questioni  paletnologiche,  archeologiche  e  storiche  „. 

Serafino  Ricci. 


(i)  Per  le  baiocchelk  papali,  ved.  Periodico  di  Num.  e  Sfrag,  citato, 

V  (1873),  pag.  148  e  segg.  ;  per  Vaes  signatum  nella  provincia  di  Parma, 

VI  (1874),  pag.  219  e  segg. 


628  VARIETÀ 


La  Medaglistica  di  San  Carlo.  —  Per  iniziativa  del 
comm.  dott.  Achille  Ratti,  prefetto  dell'Ambrosiana  e  dei 
fratelli  comm,  Francesco  ed  Ercole  Gnecchi,  il  periodico 
San  Carlo  Borromeo  nel  Terzo  Centenario  della  Canoniz- 
zazione (MDCX-MCMX),  che  si  pubblica  in  Milano  e  che 
vide  la  luce,  nel  suo  bel  primo  fascicolo,  il  novembre  scorso, 
contiene  anche  la  descrizione  delle  medaglie  a  lui  dedicate. 
I  fratelli  Gnecchi  hanno  messo  a  disposizione  le  loro,  il  si- 
gnor Carlo  Stefano  Johnson  ne  raccolse  un  bel  numero  e 
le  donò  alla  Biblioteca  Ambrosiana,  affinchè  giovassero  al- 
l' illustrazione,  e  il  prof.  Serafino  Ricci,  direttore  del  Meda- 
gliere nazionale  di  Milano,  cedette  al  medesimo  fine  il  con- 
tributo delle  medaglie  di  San  Carlo  esistenti  a  Brera  e  non 
contenute  nelle  raccolte  Gnecchi  e  Johnson.  Potè  poi  pro- 
curarsi il  calco  di  una  medaglia,  forse  l'unica  incisa  durante 
la  vita  del  Santo,  di  cui  l'originale  sta  nel  Medagliere  im- 
periale di  Vienna,  opera  del  nostro  medaglista  milanese  Gio- 
vanni Antonio  Rossi,  che  sarà  prossimamente  illustrata  nel 
periodico  sopraccitato.  I  fratelli  Gnecchi  poi  cureranno  l'inser- 
zione di  tutta  l'illustrazione  medaglistica  di  San  Carlo  nella 
Rivista,  a  pubblicazione  finita  del  periodico,  cioè  in  occasione 
del  Terzo  Centenario  della  Canonizzazione  del  Santo. 

La  Numismatica  e  le  sue  raccolte  al  Congresso 
degli  Scienziati  a  Firenze.  —  Nella  sezione  Vili  di  questo 
importante  Congresso,  tenutosi  lo  scorso' ottobre  a  Firenze, 
sezione  presieduta  dall'  illustre  comm.  prof.  Luigi  Adriano 
Milani  che  trattava  archeologia  e  paletnologia,  fu  accolta  ed 
approvata  la  Relazione  del  prof.  Ricci,  che,  a  nome  del  Me- 
dagliere di  Brera  e  nell'  interesse  delle  collezioni  numisma- 
tiche italiane,  dimostrò  la  necessità  di  coordinare  le  varie 
collezioni  nei  pubblici  Medaglieri,  completandole  a  vicenda, 
agevolandone  l' incremento  coi  cambi  e  con  la  vendita  dei 
duplicati,  e  affrettando  la  pubblicazione  dei  relativi  cataloghi 
scientifici. 

Nello  svolgersi  della  discussione  apparve  chiara  la  ne- 
cessità di  qualche  direzione  numismatica  in  Italia,  che  pre- 
sieda e  coordini  tutto  il  movimento  scientifico  nelle  nostre 
discipline,  la  opportunità  di    qualche   pubblico   insegnamento 


VARIETÀ  629 


universitario  di  numismatica,  specialmente  per  preparare 
degli  ispettori  e  dei  direttori  numismatici  competenti,  e  l'ur- 
genza di  nominare  una  Commissione  superiore  centrale  di 
numismatica,  anche  nel  seno  stesso  di  quella  già  esistente 
di  archeologia  e  belle  arti,  rinvigorita  con  qualche  altro  ele- 
mento di  speciale  competenza  numismatica.  La  Sezione,  dopo 
vivace  e  interessante  trattazione  dell'argomento  sotto  tutti  gli 
aspetti ,  accolse  la  pratica  proposta  del  Vice-Presidente, 
comm.  prof.  Pigorini,  di  delegare  il  Presidente  prof.  Milani, 
che  fa  già  parte  della  Commissione  superiore  centrale  di 
archeologia,  in  Roma,  a  presentare  e  sostenere  i  voti  espressi 
dal  Ricci  e  riconosciuti  utili  dall'assemblea  al  progresso  degli 
studi  numismatici  in  Italia  e  all'incremento  delle  collezioni 
numismatiche  nei  pubblici  Medaglieri. 

La  Società  Numismatica  italiana  e  la  Rivista,  che  sem- 
pre combatterono  per  questo  nobile  fine,  si  augurano  che  i 
voti  del  Congresso  di  Firenze,  che  si  tenne  appunto  pel  pro- 
gresso della  scienza  italiana,  siano  esauditi,  e  che  finalmente 
anche  la  numismatica,  la  quale  tanta  parte  costituisce  della 
nostra  storia  e  della  nostra  arte,  e  di  cui  la  tradizione  ita- 
liana dura  ininterrotta  dal  Petrarca  al  nostro  Re  Vittorio 
Emanuele  III,  entri  e  sia  considerata  una  buona  volta  nel 
campo  scientifico,  non  già  come  sussidio  di  studiosi  o  pas- 
sione di  collezionisti  dilettanti,  ma  come  una  delle  principali 
scienze  storiche,  che  va  studiata  e  insegnata  con  metodo  da 
chi  ne  è  competente,  non  meno  dell'archeologia  e  della  storia 
dell'arte. 


Nuovi  acquisti  pel  Museo  Numismatico  di  Brera.  — 

E  lodevole  il  fatto  che  in  mancanza  di  fondi  ministeriali,  la 
Cassa  di  Risparmio,  su  proposta  del  valente  suo  direttore, 
il  dotto  avv.  Ettore  Sacchi,  abbia  provveduto  col  dono  di 
lire  mille  all'acquisto  per  le  nostre  pubbliche  collezioni  del 
rarissimo  denaro  d'argento  del  secolo  XIII,  della  zecca  di 
Alessandria,  il  terzo  esemplare  finora  conosciuto  e  non  mai 
presentato  in  vendita  all'asta. 

Alessandria,  fondata  per  impulso  dei  milanesi  nel  1168, 
e  così  chiamata  dal  papa  Alessandro  III,  ebbe  zecca  aperta 


630  VARIETÀ 


per  concessione  di  Federico  dal  1197  al  1348.  È  quindi  zecca 
già  abbastanza  rara  per  la  brevità  della  sua  durata  ;  pure 
sono  abbastanza  comuni  il  sesino  con  S.  Pietro,  e  l'ossidio- 
nale  battuta  dal  Caraglio  per  Carlo  Emanuele  III  di  Sardegna, 
durante  il  blocco  del  1746.  Riesce  quindi  veramente  impor- 
tante che  il  Medagliere  braidense,  per  l'atto  munifico  della 
Cassa  di  Risparmio,  non  si  sia  lasciato  sfuggire  il  documento 
storico  più  importante  della  vita  municipale  di  Alessandria, 
quando  era  ancora  recente  l'eco  delia  Lega  Lombarda  e  della 
battaglia  di  Legnano. 

Col  rimanente  della  somma  si  acquistò  anche  una  meda- 
glia interessantissima  degli  Sforza,  col  ritratto  di  Francesco 
Sforza  da  un  lato  e  del  figlio  Galeazzo  dall'altro.  La  meda- 
glia in  bronzo,  molto  ben  conservata,  porta  la  data  del  1459, 
ed  è  opera  del  medaglista  Gian  Francesco  Enzola,  di  Parma, 
che  fiorì  appunto  nella  seconda  metà  del  Quattrocento,  e  che 
è  conosciuto  più  comunemente  sotto  il  titolo  di  Gianfrancesco 
Parmense. 

La  doppia  di  Innocenzo  IX  al   Museo  Vaticano.  — 

Fra  i  doni  offerti  a  Pio  X  nell'anno  corrente  per  la  ricor- 
renza del  suo  giubileo  sacerdotale  va  segnalata  una  moneta 
d'oro  di  Innocenzo  IX,  per  Bologna,  la  quale  nei  trattati 
numismatici  è  registrata  tra  le  più  rare  monete  medioevali. 
Come  è  noto,  i  Sommi  Pontefici  per  la  loro  esaltazione  fa- 
cevano coniare,  in  pochissimi  esemplari,  e  talora  anche  in 
uno  solo,  una  speciale  medaglia  o  moneta  commemorativa. 
Questa  di  Innocenzo  IX  (Gian  Antonio  Facchinetti  di  Bo- 
logna), il  quale  morì  dopo  soli  due  mesi  di  pontificato, 
nel  dicembre  1591,  era  l'unica  che  mancava  in  tale  serie 
nel  Medagliere  Vaticano,  ricchissimo.  Fu  trovata  per  caso 
nel  1892  da  un  parroco  d'Acqui,  nello  scavare  il  terreno  per 
l'erezione  di  una  chiesa  nuova.  L'allora  principe  di  Napoli, 
ora  Vittorio  Emanuele  III,  la  fece  richiedere  per  la  sua  col- 
lezione ;  richiesta  pure  ne  fece  la  città  di  Bologna  ;  l'auto- 
rità giudiziaria  la  fece  sequestrare,  e  per  deliberazione  del- 
l'amministrazione parrocchiale  fu  ceduta  al  signor  Giuseppe 
Gualandi,  dal  quale  l'odierno  vescovo  di  Acqui,  mons.  Disraa 
Marchese,  la  riscattò  coU'obolo  dei  suoi  diocesani  per  offrirla 
al  S.  Padre. 


VARIETÀ 


631 


Un  esemplare  di  questa  moneta  esisteva  già  nel  Museo 
Vaticano,  e  figurava  nel  vecchio  catalogo  ;  ma  scomparve 
con  tutto  il  resto  al  tempo  dell'occupazione  francese  nel  1797, 
e  non  fece  più  ritorno.  La  lacuna  venne  così  felicemente 
colmata. 

La  descrizione  è  la  seguente  : 

Sul  diritto  lo  stemma  del  papa  coU'epigrafe:  INNOCEN- 
TIVS  IX  PONTIFEX  MAXIMVS,  ed  al  rovescio  lo  stemma  di 
Bologna  e  quello  del  cardinale  legato,  governatore  della 
città  col  solito  motto  :  BONOMIA  DOCET. 


Medaglia  Papale.  —  È  noto  che  ogni  anno  si  conia 
nel  Vaticano  in  oro,  argento  e  bronzo  una  medaglia  storica, 
detta  medaglia  del  Pontificato,  la  quale  illustra  uno  dei  più 
insigni  avvenimenti  dell'anno  precedente,  e  pel  29  giugno, 
festa  dei  SS.  Pietro  e  Paolo,  viene  consegnata  al  Sommo 
Pontefice,  il  quale  ne  fa  ampia  distribuzione  agli  alti  digni- 
tarii  della  Curia  Romana. 

Quella  di  quest'anno,  commemorativa  dell'anno  V  del 
pontificato  di  Pio  X,  lavoro  finissimo  del  cav.  Bianchi,  reca 
nel  diritto  l'effigie  del  S.  Padre,  rivestito  di  mezzetta  e  stola, 
sulla  quale  è  ricamata  l'imagine  di  S.  Giovanni  Crisostomo, 
per  ricordare  che  in  quest'anno  ricorse  il  centenario  di  questo 
Santo  Dottore,  e  gli  furono  tributate  solenni  onoranze.  L'ef- 
figie del  Papa  ha  all'ingiro  l'epigrafe:  PIVS  •  X  •  PONT  •  MAX  • 
ANNO  •  V  • 

Nel  rovescio  il  S.  Padre,  vestito  di  mozzetta  e  stola, 
in  piedi  davanti  alla  cattedra  di  S.  Pietro,  indica  colla  sini- 
stra una  pergamena  su  cui  è  scritto  :  PASCENDI,  e  tiene 
la  destra  distesa  in  alto  di  proclamare  la  condanna  del  mo- 
dernismo. Ai  suoi  piedi  1'  idra  dalle  sette  teste  tenta  di  af- 
ferrare con  le  zanne  la  pergamena,  mentre  calpesta  tre  libri, 
sui  quali  si  legge  :  Biblia,  Traditio,  Scholastica.  Dinanzi  al 
Papa  stanno:  l'Europa  genuflessa,  e  dietro  di  essa  l'Asia, 
l'America,  l'Oceania  e  l'Africa.  Al  di  sopra  l'epigrafe  :  MO- 
DERNISMI •  ERRORE  •  DAMNATO-  e  nell'esergo:  VI  •  ID  •  SEPT  • 
MCMVII,  data  dell'enciclica  :  Pasccndi,  contro  i  modernisti. 


632  VARIETÀ 


Istituzione  del  Premio  Head  per  la  Numismatica,  — 

Nel  1906  venne  aperta  una  sottoscrizione  per  un  volume 
in  onore  del  signor  Head  nell'occasione  del  suo  ritiro  dalla 
direzione  del  Museo  Britannico.  Il  volume  è  ormai  esaurito 
e  al  Comitato  istituito  all'  uopo  rimase  un  avanzo  di 
circa  L.  2,700. 

In  seguito  a  voto  unanime  del  Comitato,  e  all'approva- 
zione del  signor  Head,  questa  somma  venne  affidata  all'Uni- 
versità di  Oxford,  quale  primo  nucleo  di  un  fondo  destinato 
all'incoraggiamento  alla  numismatica,  mediante  l'istituzione 
di  un  premio,  che  porterà  il  nome  di  Head,  e  che  probabil- 
mente assumerà  la  forma  di  un  dono  in  libri.  Essendo  desi- 
derabile che  tale  premio  possa  riuscire  di  una  certa  entità, 
il  Comitato  avvisa  che  si  riceveranno  volontieri  offerte  ad 
aumento  del  fondo,  e  che  tali  offerte  dovranno  essere  in- 
viate al  seguente  indirizzo  : 

To  the  Secretary  of  the  Oxford  University  Appeal  Fund, 
Victoria  Street  ■  Londra  SW,  oppure  a  G.  E.  Hill.  Esq. 
British  Museum,  Londra. 

Il  Circolo  Numismatico  milanese  per  la  diffusione 
della  coltura  numismatica  e  storica  in  Italia.  —  Questa 
giovane  associazione  scientifica,  che  ebbe  già  gli  incoraggia- 
menti del  Ministero  dell'  Istruzione,  del  Comune,  della  So- 
cietà Numismatica  italiana,  che  donò  L.  100  (v.  Bollettino  di 
gennaio  1908)  e  della  Cassa  di  Risparmio,  che  donò  que- 
st'anno L.  300  (v.  Bollettino  di  febbraio  1908),  continua  audace 
e  costante  nella  sua  propaganda  numismatica,  per  quanto 
le  concedono  i  mezzi  finanziari  ancora  ristretti,  di  cui  dispone. 
Domandò  ed  ottenne  dall'Università  Popolare  un  corso  di 
lezioni,  che  sarà  tenuto  in  primavera  nell'Aula  Magna  del 
Liceo  Beccaria  dal  suo  Presidente,  sul  tema  :  Arte  e  storia 
nelle  monete  dell'antichità  classica  e  pelle  medaglie  del  Rina- 
scimento {con  proiezioni). 

Inoltre  il  Circolo  Numismatico,  secondo  i  voti  espressi 
ed  approvati  al  Congresso  che  si  tenne  la  primavera  scorsa 
dall'associazione  per  l' incoraggiamento  alla  coltura  classica 
Atene  e  Roma  in  Milano,  sta  preparando    piccole   collezioni 


VARIKTA 


633 


di  monete  romane  consolari  e  imperiali,  da  donare  agli  alunni 
più  distinti  dei  licei  e  degli  istituti  tecnici,  a  titolo  di  incorag- 
giamento nello  studio  della  numismatica,  e  un  atlante  con 
prospetto  delle  monete  più  interessanti  per  la  storia  e  per 
l'arte  a  sussidio  dell'insegnamento  della  storia  antica  nelle 
scuole  secondarie  e  superiori. 


Corsi  di  Numismatica  e  di  Medaglistica  approvati 
dal  Ministero  dell'Istruzione  Pubblica.  —  Sono  stati  ap- 
provati dal  Ministero  per  l'anno  scolastico  1908-9  i  seguenti 
Corsi  universitari  di  Numismatica  e  di  Medaglistica  : 

I.  —  Alla  R.  Accademia  Scientifico-Letteraria  di  Mi- 
lano pel  libero  docente  di  Antichità  ed  Epigrafie  classiche, 
dott.  Serafino  Ricci:  — Prolusione:  Storia  ed  arte  sulle  mo- 
nete antiche.  —  Lezioni:  Il  sistema  monetario  antichissimo 
presso  i  Romani.  —  Conferenze  :  Le  antichità  greche  spie- 
gate con  le  monete  ;  esercitazioni  pratiche  al  Medagliere 
nazionale  di  Brera. 

IL  —  Alla  R.  Università  di  Pavia,  pel  libero  docente 
di  Numismatica  e  Medaglistica,  prof.  Serafino  Ricci:  —  Pro- 
lusione :  Le  discipline  numismatiche  nel  secolo  scorso  e  ai 
nostri  giorni.  —  Lezioni:  La  zecca  di  Pavia  nell'antichità  e 
nel  Medio  Evo.  —  Conferenze  :  L'arte  nella  medaglia  mo- 
derna. 

III.  —  Alla  R.  Università  di  Padova  pel  libero  docente 
in  Sfragistica  e  Numismatica,  dott.  Luigi  Rizzoli,  su  pro- 
gramma che  non  ci  è  stato  ancora  comunicato. 

Falsificazioni.  —  Crediamo  utile  avvisare  i  nostri  Let- 
tori di  tre  altre  falsificazioni  di  monete  italiane,  che  ci  sono 
recentemente  capitate  sott'occhio.  Esse  sono  le  seguenti: 

Milano  —  Gio.  Gal.  Maria    Sforza,    doppio    testone    d'oro 

(Gnecchi,  n.  3)  ; 
Savoia  —  Ludovico,  scudo  d'oro  (Promis,  tav.  VII,  i). 
Cuneo  —  Prova  in  rame  del  mezzo  scudo  ossidionale  1641. 


634  VARIETÀ 

La  "  Rassegna  Numismatica  „  nel  suo  ultimo  fasci- 
colo di  novembre  (anno  V,  n.  6)  annuncia  che  col  prossimo 
anno  il  periodico  non  si  pubblicherà  più  a  Orbetelio,  ma  a 
Roma.  E  bene  che  un  periodico  di  numismatica  veda  la  luce 
nella  città  eterna,  e  noi  ben  di  cuore  gli  auguriamo  annutn 
novum  faustum  felicem. 

La  Direzione. 

Pel  Corpus  dei  Medaglioni  Romani.  —  Il  sottoscritto, 
avendo  ormai  esaurite  le  ricerche  nei  pubblici  Musei  e  nelle 
private  collezioni  che  erano  a  sua  conoscenza,  prima  di  ve- 
nire alla  distribuzione  definitiva  delle  impronte  per  le  tavole, 
fa  un  ultimo  appello  a  quei  raccoglitori  a  lui  sconosciuti,  che 
possedessero  qualche  pezzo  non  peranco  comunicato,  a  vo- 
lergliene dare  notizia,  dichiarandosi  fin  d'ora  ben  ricono- 
scente a  tutti  coloro  che  vorranno  così  contribuire  a  rendere 
più  completo  il  suo  lavoro. 

Dev. 
Francesco  Gnecchi 

Via  Filodrammatici,  10  -  Milano. 


COLLABORATORI  DELLA  RIVISTA 
NELL'ANNO    1908 


Memorie  e  Dissertazioni. 


Agostini  Agostino 
Babelon  Ernest 
Bahrfeldt  Max 
Blanchet  Adrien 
Bordeaux  Paul 
Bosco  Emilio 
Broccoli  Pietro 
Carbonelli  G. 
Castellani  Giuseppe 
Cerrato  Giacinto 
Ciani  Giorgio 
Cunietti-Cunietti  Alberto 
Dattari  Giannino 
Dessì  Vincenzo 
Eddé  J. 

Giorcelli  Giuseppe 
Gnecchi  Ercole 
Gnecchi  Francesco 
Gohl  Edmond 
Grassi-Grassi  Antonino 
Laffranchi  Lodovico 


LuscHiN  voN  Ebengreuth  a. 
Marchisio  Alfredo  Federico 
Marini  Riccardo   Adalgisio 
Martinori  Edoardo 
Milani  Luigi  Adriano 
Motta  Emilio 
Orsi  Paolo 
Pansa  Giovanni 
Papadopoli  Nicolò 
Pellati  Franz 
Ricci  Serafino 
Ruggero  Giuseppe 
Serafini  Camillo 
SiMONETTi  Alberto 
Stììckelberg  e.  a. 
SvoRONos  Jean  N. 
Valerani  Flavio 
ViTALiNi  Ortensio 
VoLONTÈ  Isaia 
Witte  (de)  Alphonse 


Cronaca. 

Gnecchi  Ercole 
Gnecchi  Francesco 
Motta  Emilio 
Ricci  Serafino 


ELENCO  DEI  MEMBRI 

DELLA 

SOCIETÀ    NUMISMATICA   ITALIANA 

E  DEGLI 

ASSOCIATI    ALLA    RIVISTA 

PER     l'anno      1908 


SOCI  EFFETTIVI  ("). 

1.  "S.  M..  IL  Re. 

2.  S.  M.  LA  Regina. 

3.  "Arcari  Dott.  Cav.  Francesco  —  Cremona. 

4.  Caruso  Lanza  Avv.  Michele  —  Girgenti. 

5.  'Castellani  Prof.  Giuseppe  —   Venezia. 

6.  Celati  Aw.  Luigi  Agenore  —  Livorno. 

7.  "Ciani  Dott.  Cav.  Giorgio  —  Trento. 

8.  Circolo  Numismatico  Milanese  —  Milano. 

9.  Cornaggia  Gian  Luigi  (dei  Marchesi)  —  Milano. 

10.  Dattari  Giovanni  —  Cairo  (Egitto). 

11.  Dessi  Cav.  Vincenzo  —  Sassari. 

12.  Dotti  Enrico  —  Milano. 

13.  Fasciotti  Barone,  Consigliere  alla  R.  Ambasciata  —  Vienna. 

14.  'Fasella  Comm.  Carlo  —  Milano. 

15.  "Fiorasi  Colonnello  Cav.  Gaetano  —  Pavia. 

16.  "Gavazzi  Cav.  Giuseppe  —  Milano. 

17.  Gavazzi  Dott.  Carlo  di  Pio  —  Milano. 

18.  'Gnecchi  Cav.  Uff.  Ercole  —  Milano. 

19.  "Gnecchi  Comm.  Francesco  —  Milano. 

20.  Grillo  Guglielmo  —  Milano. 

21.  Hirsch  Dott.  Jacopo  —  Monaco  di  Baviera. 


(")  I  nomi  segnati  con  asterisco  sono  quelli  dei  Soci  Fondatori. 

81 


638  ELENCO    DEI   MEMBRI   DELLA   SOCIETÀ,   ECC. 

22.  Jesurum  Aldo  —   Venezia. 

23.  "Johnson  Comm.  Federico  —  Milano. 

24.  Lazara  (De)  Conte  Antonio  —  Padova. 

25.  *Marazzani  Visconti  Terzi  Conte  Lodovico  —  Piacenza. 

26.  'Mariotti  Sen.  Dott.  Comm.  Giovanni  —  Parma. 

27.  Mattoi  Edoardo  —  Milano. 

28.  Menchetti  Nob.  Andrea  —   Ostro. 

29.  "Milani  Prof.  Cav.  Luigi  Adriano  —  Firenze. 

30.  "Motta  Ing.  Emilio  —  Milano. 

31.  Naville  Luciano  —  Ginevra. 

32.  ■]•  Nervegna  Cav.  Giuseppe  —  Brindisi. 

33.  Novali  Prof.  Comm.  Francesco  —  Milano. 

34.  "Papadopoli  Conte  Sen.  Comm.  Nicolò  —  Venezia. 

35.  Pisani  Dossi  Nob.  Comm.  Alberto  —  Milano. 

36.  Porta  Carlo  —  Milano. 

37.  Puschi  Prof.  Cav.  Alberto  —   Trieste. 

38.  "Ratti  Dott.  Luigi  —  Milano. 

39.  Ricci  Prof.  Serafino  —  Milano, 

40.  Rizzoli  Dott.  Luigi  —  Padova. 

41.  Rocca  Conte  Mario  Leone  —  Venezia. 

i\2..  "Ruggero  Comm.  Magg.  Gen.  Giuseppe  —  Roma. 

43.  "Salinas  Comm.  Prof.  Antonino  —  Palermo. 

44.  San  Rome  Mario  —  Milano. 

45.  Savini  Cav.  Paolo  —   Milano. 

46.  Seletti  Avv.  Cav.  Emilio  —  Milano. 

47.  "Sessa  Cav.  Rodolfo  —  Milano. 

48.  "Sormani  Andreani  Conte  Lorenzo  —  Milano. 

49.  Strada  Marco  —  Milano. 

50.  "Tatti  Ing.  Paolo  —  Milano. 

51.  Traversa  Francesco  —  Bra. 

52.  Trivulzio  Principe  Alberico  Luigi  —  Milano. 

53.  'Visconti  Ermes  March.  Cav.  Carlo  —  Milano. 


SOCI    CORRISPONDENTI. 

Balli  Emilio  —  Locamo. 

Bartolo  (Di)  Prof.  Francesco  —  Catania. 

Belimbau  Piero  —  Firenze. 

Boeri  Osvaldo  —   Terracina. 

Bordeaux  Paul  —  Neiiilly. 


ELENCO  DEI  MEMBRI  DELLA  SOCIETÀ,  ECC.  639 


6.  Bosco  Ing.  Emilio  —  Omegna. 

7.  Bruscolini  Emilio  —   Castelnuov'o   Val  di  Cecina. 

8.  Cahn  E.  Adolfo  —  Fraiicofortc  sul  Meno. 

9.  Camozzi  Dott.  Guido  —  Cefalii. 

10.  Canessa  Cesare   —  Napoli. 

11.  Castellani  Cav.  Ten.  Colonnello  Raffaele  —  Fano. 

12.  Cerrato  Giacinto   —    Torino. 

13.  Clerici  Ing.  Carlo  —  Milano. 

14.  Conconi  Cap.  Giulio  —  Busto  Arsizio. 

15.  Cora  Luigi  —   Torino. 

16.  Cuenca  di  Niceto  —  Alicante. 

17.  Cunietti-Cunietti  Ten.  Col.  Alberto  ^   Torino. 

18.  De'  Ciccio  Mario  —  Palermo. 

19.  Dell'Acqua  Dott.  Cav.  Girolamo  —  Pavia. 

20.  Egger  Arminio  L.  —   Vienna. 

21.  Fantaguzzi  Ing.  Cav.  Giuseppe  —  Asti. 

22.  Forrer  L.  —   Bromley. 

23.  Fcwler  Prof.  N.  Harold  —  Cleveland. 

24.  Galeotti  Dott.  Arrigo  —  Livorno. 

25.  Gamba  Castelli  Conte  Gian  Nicola  —  Firenze. 

26.  Garzia  Avv.  Raflfaello  —  Maglie. 

27.  Gazzoletti  Dott.  Cav.  Antonio  —  Nago. 

28.  Geigy  Dott.  Alfredo  —  Basilea. 

29.  Giorcelli  Dott.  Cav.  Giuseppe  —  Casahnonferrato. 

30.  Haeberlin  Dott.  E.  J.  —  Francoforte  s.  M. 

31.  Hess  Adolf  Nachfolger  —  Francoforte  s.  M. 

32.  Koeniger  Dott.  Carlo  —  Gardone  (Riviera). 

33.  Laffranchi  Lodovico  —  Milano. 

34.  Lambros  Giovanni  Paolo  —  Atene. 

35.  Lenzi  Furio  —   Orbetello. 

36.  f  Leone  Dott.  Comm.  Camillo  —    Vercelli. 

■yj.  Marchisio  Nob.  Avv.  Alfredo  Federigo  —   Torino. 

38.  Mariani  Prof.  Cav.  Mariano  —  Pavia. 

39.  Marini  di  Villafranca  Nob.  Prof.  Riccardo  Adalgisio  —  Susa. 

40.  Martinori  Cav.  Ing.  Edoardo  —  Marni. 

41.  Monti  Pompeo  —  Milano. 

42.  Morchie  e  Mayer   —   Venezia. 

43.  Nahmann  M.  —  Cairo  (Egitto). 

44.  Nuvolari  Francesco  —  Castel  d'Ario. 

45.  Olcott  Dott.  Giorgio  —  Nuova   York. 

46.  Pagnoni  Ernesto  —    Vaprio  d' Adda. 

47.  Paulucci  Panciatichi  Marchesa  M."  —  Firenze. 

48.  Pansa  Avv.  Giovanni  —  Sulmona. 


ÓAO  ELENCO    DEI   MEMBRI    DELLA  SOCIETÀ,    ECC. 

49.  Perini  Cav.  Quintilio  —  Rovereto. 

50.  Pinoli  Avv.  Galileo  —  Ivrea. 

51.  Pinto  Avv.  Gerardo  —  Venosa, 

52.  Podetti  Francesco  —  Trento. 

53.  Pozzi  Mentore  —  Torino. 

54.  *Romussi  Dott.  Carlo  —  Milano. 

55.  Salvaro  Vittorio  —  Verona. 

56.  Santini  Ing.  Zemiro  —  Perugia. 

57.  Savo  Doimo  —  Spalato. 

58.  Scaglione  Francesco  —  Sciacca. 

59.  Schiavuzzi  Dott,  Bernardo  —  Pola. 

60.  Simonetti  barone  Alberto  —  S.  Chirico  Rapare. 

61.  Società  Svizzera  di  Numismatica  —  Ginevra. 

62.  Spink  Samuele  —  Londra. 

63.  Stettiner  Comm.  Pietro  —  Roma. 

64.  Valerani  Dott,  Cav,  Flavio  —  Casale  Monferrato. 

65.  Vitalini  Cav.  Uff,  Ortensio  —  Roma. 

66.  Witte  (De)  Cav.  Alfonso  —  Bruxelles. 

67.  Zane  Cav.  Riccardo  —  Milano. 

68.  Zitelli  Pietro  —  Smirne. 


BENEMERITI    DELLA   SOCIETÀ, 

S,  M.  IL  Re. 
t  Ambrosoli  Dott.  Cav.  Solone. 

Cuttica  de  Cassine  Marchesa  Maura. 

Guzzi  Ing.  Arturo. 

Dattari  Giovanni, 

Gnecchi  Antonio. 

Gnecchi  Cav.  Ufif.  Ercole, 

Gnecchi  Comm,  Francesco. 
t  Gnecchi  Comm.  Ing.  Giuseppe. 

Hoepli  Comm,  Ulrico. 

Johnson  Comm.  Federico. 
f  Luppi  Prof.  Cav.  Costantino, 

Noseda  S.*  Erminia  ved.  Bonacossa. 

Osnago  Enrico, 
t  Padoa  Cav.  Vittorio. 

Papadopoli  Conte  Sen.  Comm,  Nicolò. 


ELENCO  DEI  MEMBRI  DELLA  SOCIETÀ,  ECC.  64I 


ASSOCIATI    ALLA    RIVISTA. 

American  Journal  0/  Archaeology  —  Nuova  York. 

American  Journal  of  Numismatics  —  Boston. 

Annales  de  la  Socie'té  d'Archeologie  —  Bruxelles. 

Archeologo  Portoghese  —  Lisbona. 

Archivio  della  Società  Romana  di  Storia  patria  —  Roma. 

Archivio  Storico  Italiano  —  Firenze. 

Archivio  Storico  Lombardo  —  Milano. 

Archivio  Storico  Napoletano  —  Napoli, 

Bagatti  Valsecchi  Nob.  Cav.  Fausto  —  Milano, 

Baglio  Vassallo  Cataldo  —  San  Cataldo. 

Bahrfeldt  Colonnello  Max  —  Breslavia, 

Bari  —  Museo  Provinciale. 

Bassano  —  Museo  Civico. 

Behrentz  Ermanno  —  Bonn. 

Benson  Sherman  Frank  —  Brooklyn  (S.  U.). 

Berarducci  Emiliano  —  Roma. 

Bignami  Comm.  Giulio  —  Roma. 

Bocca  Fratelli  —  Torino  (copie  a). 

Boghandel  Tillges  —  Copenaghen. 

Bollettino  di  Archeologia  e  Storia  —  Spalato. 

Bologna  —  Biblioteca  Municipale. 

Borgna  Ten.  Giuseppe  —  Roma. 

Bret  Edoardo  —  Nìmes. 

Brockhaus  F.  A.  —  Lipsia  (copie  3). 

Bullettino  dell'Imp.  Istituto  Archeologico  Germanico  —  Roma. 

Cagliari  —  Regio  Museo  di  Antichità. 

Capobianchi  Cav.  Prof.  Vincenzo  —  Roma. 

Carpinoni  Michele  —  Brescia. 

Ceppaglia  Tenente  Colonnello  Cav.  Federico  —  Padova. 

Cini  Avv.  Tito  —  Montevarchi. 

Coen  Maurizio  —  Pielungo. 

Como  —  Biblioteca  Comunale. 

n      —  Museo  Civico. 
Comparetti  T.  L.  —  Philadelphia. 
Guzzi  Ing.  Arturo    —   Trieste. 
Del  Hierro  Dott.  José  —  Madrid. 
Detken  e  RochoU  —  Napoli. 
Domodossola  —  Collegio  Rosmini. 
Dressel  Dott.  Enrico  —  Berlino. 
Duiau  e  C.  —  London. 


g.2  ELENCO   DEI   MEMBRI   DELLA   SOCIETÀ,   ECC. 


Eddé  J.  —  Alessandria  d'Egitto. 
Engel  Dott.  Arturo  —  Parigi. 
Firenze  —  Biblioteca  Marucelliana. 
Fioristella  (Barone  di)  —  Arcireale. 
Fermenti  Giuseppe  —  Milano. 
Genova  —  Biblioteca  Civica. 
Gentiloni  Silverj  Conte  Aristide  —   Tolentino. 
Grassi-Grassi  Barone  Antonino  —  Acireale. 
Guiducci  Dott.  Antonio  —  Arezzo. 
Jolms  Hopkins  —  Baltimora. 
Hiersemann  Carlo  —  Lipsia. 
Hoepli  Dott.  Comm.  Ulrico  —  Milano. 
Journal  International  d'Archeologie  numismalique  -  Atene. 
Lamertin  H,  —  Bruxelles. 
Loescher  Ermanno  e  C.  —  Roma. 
Lussemburgo  —  Istituto  Granducale. 
Magnaguti  Rondinini  Conte  Alessandro  —  Mantova. 
Magyar  Numizmatikai  Tàrsulat  —  Budapest. 
Mantova  —  Biblioteca  Comunale. 
Marsiglia  —  Biblioteca  Civica. 
Marucci  Nicola  —  Castelpizzuto. 
Milano    —  R.  Gabinetto  Numismatico  di  Brera. 
„  —  Biblioteca  Braidense. 

„  —  Biblioteca  Ambrosiana. 

Modena  —  R.  Galleria  Estense. 
Molgatini  Giacomo  —   Vanzone. 
Napoli    —  R.  Museo  di  Antichità. 
Numismatic  Chronicle  —  Londra. 
Numismatische  Zeitschrift  —  Vienna. 
Nuovo  Archivio  Veneto  —  Venezia. 
Nutt  Davide  —  Londra. 
Obermilller  G.  —  Genova 
Osnago  Enrico  —  Milano.     . 
.  t  Pancera  di  Zoppola  Conte  Nicolò  —  Brescia. 
Parma  —  R.  Museo  di  Antichità. 
Paulou  Luigi    -  Craiova  di  Rumania. 
Pavia  —  Museo  Civico  di  Storia  patria.' 
Pesaro  —  Biblioteca  Oliveriana. 
Piacenza  —  Biblioteca  Passerini-Landi. 
Polybiblion  —  Parigi. 
Ratto  Rodolfo  —  Genova. 
Renner  Prof.  (V.  von)  —  Vienna. 
Revue  frangaise  de  Numismalique  —  Parigi . 


ELENCO    DEI    MEMBRI    DELLA    SOCIETÀ,    fclCC.  643 

Riggauer  Dott.  Prof.  Hans  —  Monaco  di  Baviera. 
Rivani  Giuseppe  —  Ferrara. 
Rivista  di  Storia  Antica  —  Padova. 
Rizzini  Dott.  Cav.  Prospero  —  Brescia. 
Roma  —  R.  Accademia  dei  Lincei. 

»       —  Direzione  generale  delle  Antichità  e  delle  Belle  Arti. 

»      —  Direzione  della  R.  Zecca. 

»      —  Biblioteca  della  Camera  dei  Deputati. 

n       —  Biblioteca  del  Senato. 

n       —  Gabinetto  Numismatico  Vaticano. 
Roma  —  Museo  Nazionale  Romano. 
Rosenbey  e  Sellier  —  Torino. 
San  Marco  (Conte  di)  —  Palermo. 
Scarpa  Dott.  Ettore  —  Treviso. 
Scheyer  Joachim  —  Milano. 
Schultz  Albert  —  Paris. 
Seltman  E.  J.  —  Berkhamsted. 
Smithsonian  Institution  —   ÌVasliington. 
Società  Neerlandese  di  Numismatica  —  Amsterdam. 
Société  d'Archeologie  —  Bruxelles. 
Société  R.  de  Numismatique  —  Bruxelles. 
Strolin  Teopisto  —  Schio. 
Tinti  Cesare  —  Bologna. 
Tolstoy  Conte  Giovanni  —  Pietroburgo. 
Tonizza  P.  Giacinto  —  Beirut. 
Torino  —  R.  Biblioteca  Nazionale. 
I»      —  R.  Museo  di  Antichità. 
Torrequadra  Rogadeo  Conte  Giovanni  —  Bitotito. 
Trentini  Ing.  Adriano  —  Vienna. 
Trento  —  Biblioteca  Comunale. 
Vaccari  Emanuele  —  Ferrara. 
Varese  —  Museo  Archeologico. 
Varisco  Sac.  Achille  —  Monza. 
Vasconcellos  (de)  Prof.  Leite  —  Lisbona. 
Venezia  —  Ateneo  Veneto. 

»        —  R.  Biblioteca  Marciana. 
»        —  Museo  Civico. 
Verona   —  Biblioteca  Comunale. 

Vienna    —  Gabinetto  Num.  di  Antichità  della  Casa  Imperiale. 
Volterra  —  Museo  e  Biblioteca  Guarnacci. 
Zeitschrift  fUr  Numismatik  —  Berlino. 
Zurigo  —  Biblioteca  Civica. 


INDICE      METODICO 
D  E  L  L'  A  N  N  O    1908 


NUMISMATICA    ANTICA. 

(  M  K  M  O  R  I  F.      F       I)  [  S  S  F  R  T  A  7.  I  O  N  I  ). 


Note  sur  un  poids  byzantin  (lìg.)-  E.  Bubelon  .... 

Appunti  di  Numismatica  Romana.  F.  Gnecchi: 

LXXXVIir.  Scavi  di  Roma  nel  1907  (i  tav.)   ... 

LXXXIX.      Roma  e  la  Germania  (3  tav.)        .  . 

XC.  Divagazioni  intorno  all'organizzazione   e  al  fun- 

zionamento della  zecca  imperiale  di  Roma 

Le  cavità  centrali  sopra  le  faccie  delle  monete  Toloniaiche 
di  bronzo  (i  tav.)  G.  Dallari 

Le  monete  degli  imperatori  Valeriane)  e  Gallieno,  coniati  a 
Viminacium  e  ad  Antiochia  (i  tav.).  /..  Laffranchi  . 

Les  figures  de  face  sur  les  monnaies  atitiques.  J.  Edd>- 

Grumento,  Matera  e  S.  Chirico  Rapare.  A.  Sitiioiieìti 

Il  ripostiglio  di  Delos.  I  denari  legionarii  di  M.  Antonio. 
M.  Bahrfeldt 

Medaglioni  Capitolini  (2  tav.).  C  Strafini 

Monnaies  inédites  d'Athènes  et  de  Mytilènc  (tìg.).y.  A'.  Si'oro;io5 

Ripostiglio  di  medaglioni  di  Pirro.  P.  Orsi       .... 

Di  un  sestante  inedito  e  singolare  con  leggenda  bilingue,  bat- 
tuto nella  metropoli  etrusca  di  Tarquinia  (fig.).  G.  Pausa 

Contributions  au  Corpus  Nuniorum  Ronianorum.  (Matériaux 
du  Musée  national  hongrois  à  Budapest).  E.  Golii  . 

Tesoretto  di  monete  repubblicane  d'argento.  F.  Pillati 


Pag. 


127 

347 


159 
213 
227 

239 

24.=) 
313 
339 


.387 
441 


646  INDICI'.    METODICO    D£LI,'aNNO    I908 

Due  depositi  dell'età  del  bronzo  di  Campiglia  d'Orcia  e  della 
funzione  monetale  àeìl'aes  rude  nei  sepolcri  dell'  Etruria 
(fig.)  L.  A.  Milani Pag.  443 

Le  lettere  A  B  F  A  S  sulle  monete   di    bronzo    della  flotta  di 

Marco  Antonio.  G.  Datiari „      537 


NUMISMÀTICA  MEDIOEVALE  E  MODERNA. 

(Memorie  e   Dissertazioni). 

Scudo  d'oro  di  Federico  II  Gonzaga  e  Margherita  Paleoioga, 

coniato  nella  zecca  di  Casale  (fig.).  G.  Gioreelli  .  .  Pag.  55 
Un  nouveau  gros  au  lion  de  Jeanne  et  Wenceslas,  ducs  de 

Brabant  (fig.).  A.  De   Wille ,,71 

Giacomo  Jonghelinck  e  Leone  Leoni  in  Milano.  E.  Motta  .  „  75 
Nota  di  Numismatica  Sabauda  (fig.).  G.  Cerrato  .  .  .  „  83 
Il    sistema    monetario    degli    aurei    italiani   di    Carlomagno. 

A.  L.  V.  Ebengreuth 89 

Essai  d'interprétation  du  mot  FLAVIA  figurant  sur  les  triens 

des    Rois    Lombards,    Astaulf,    Didier    et   Charlemagne. 

P.  Bordeaux »       97 

La  zecca  di  Alessandria  (fig.).  A.  Cunietti-Cunietti  .  .  .  «  113 
Annotazioni  Numismatiche  Italiane.  G.  Ruggero  : 

XVI.  Degli  errori  di  attribuzione ,      133 

XVII.  Un  tremisse  di  Rachis  (fig.) >,      I37 

XVIII.  Monete  della  Collezione  privata   di   S.  M.  il  Re,   ine- 

dite, poco  note  o  corrette  (fig.) »  561 

Due  aurei  inediti  della  zecca  di  Bologna  (fig.).  O.  Vitalini  .  „  139 
Appunti  di  Numismatica  Italiana.  E.  Gnecchi: 

XXI.  Massa  Lombarda  (fig.) „  HS' 

Una  lettera  di  San  Carlo  Borromeo  a  proposito  della  zecca 

di  Fano  (fig.).  G.  Castellani „  M9 

Stemmi  ed  emblemi  sulle  monete  del  Monferrato.  F.  Valerani  „  167 
Monete    italiane    inedite    della    Raccolta    Papadopoli    (fig.). 

N.  Papadopoli »  179 

Note  sur  la  guivre  de  Milan  (fig.).  A.  Blanchel  .  .  .  „  191 
Zecca  di  Benevento:    Soldo   d'oro    di    Scauniperga    e   Liut- 

prando  (fig.).  E.  Martinori ,.219 

Umberto  Bonaccorsi  zecchiere  di  Savoia.  G.  Carbonelli  .  „  233 
Le  monete  del  Comune  di  Cremona   del    1155  al  1329  (fig.). 

G.  Ciani «  255 


INDICE    METODICO    DEI.I.'aNNO    T908 


647 


11  punzone   di    Papa    Felice  V    a    Basilea   (fig.)-    E.  A.  Stii- 

ckelberg Pag. 

Appendice  all'illustrazione   della   zecca    di   Castiglione  delle 

Stiviere  (fig.)-  A-  Agostini _ 

I  tremissi  longobardi  (i  tav.j.  V.  Dessi , 

Carta-moneta  italiana.  /.  Volante  ,^ 

Per  la  zecca  di  Ventimiglia.  A.  Grassi-Grassi         

Nota  di  Numismatica  Sabauda  :  Un  testone  di  Carlo  li  duca 

di  Savoia  (fig.).  R.  A.  Marini „ 

Un  quattrino  inedito  della  zecca  Aretina  sotto  il  reggimento 

dei  Fiorentini  dal  1337  al  1342  (fig.).    A.  Cunietti-Ctcnietli        „ 
Una  curiosa  monetina  di  Mantova  (fig.).  E.  Bosco  .        .        „ 

Le  antiche  zecche  di  Susa  e  d'Avigliana  (fig.).  R.  A.  Xlarini 


271 

277 

29,T 
431 

435 
440 
s8i 


(Varietà). 


Nuovi  acquisti  per  il  Museo  Numismatico  di  Brera 

Falsificazioni  moderne 

Le  monete  d'oro  rinvenute  nel  Polesine  . 
Nuovi  acquisti  per  il  Museo  Numismatico  di  Brera 
La  doppia  di  Innocenzo  IX  al  Museo  Vaticano 
Falsificazioni 


Pag.  500 

.505 
506 
629 
630 
633 


MEDAGLIE. 

(Memorie  e  Dissertazioni). 

Di  una  medaglia  patriottica  milanese  (  i  tav.).  A.  F.  Marchisio    Pag.  323 

(Variet.X). 


La  medaglia  d'oro  al  senatore  Giuseppe  Colombo  nel  50.°  anno 
del  suo  insegnamento  (fig.).  S.  Ricci  .  . 

Per  l'ammissione  alla  Scuola  dell'arte  della  medaglia 

La  Medaglia  della  Società  Reale  Numismatica  di  Londra 

Medaglia  Imhoof-Blumer 

La  medaglia  d'oro  a  Luigi  Pigorini  e  le  onoranze  al  grande 
paletnologo  e  numismatico    a    Parma  (fig).  S.  Ricci 

La  medaglistica  di  San  Carlo 

Medaglia  Papale 


Pa,i, 


491 
.504 

S06 

623 
628 
631 


648 


INDICE    METODICO    DELI.'aNNO    T908 


NECROLOGIE. 


John  Evans.  F.  Gnecchi 
Paul  Charles  Stroehlin 


Pag-  459 
•7     461 


BIBLIOGRAFIA. 


Wanvick  Wrotli.  Catalogne  of  the  imperiai  byzantine  Coins  in 

the  British  Museimi  (F.  G.) Pag.  463 

Bildt  {le  Baron  de).  Les  médailles  romaines  de  Christine  de 

Suède  (E.  G.) ..464 

Pubblicazioni  diverse „      466 


(Periodici    di  Numismatica). 

Bollettino  di  Numismatica  e  di  Arte  della  Medaglia 
Circolo  Numismatico  Milanese.  Fascicolo-omaggio    per  le 

onoranze  a  S.  Ambrosoli 
Rassegna  Numismatica  . 
Revue  numismatique  fran9aise 
Revue  belge  de  Numismatique 
Revue  suisse  de  numismatique 
Zeitschrift  fiir  Numismatik     . 
Frankfurter  Miinzzeitung 
Numismatisches  Literatur-Blatt 
Mitteilungcn  der  Oesterr.  Gesellschaft  fiir  MQnz 

daillenkunde 
Monatsblatt  der  numismatischen  Gesellschaft  in  Wien 

Numizinatikai  Kòzlony 

Zeitschrift  fiir  Munz=und  Medaillenkunde  . 

The  Numismatic  Chronicle 

Numismatic  Circular 

Journal  International  d'Archeologie  numismatique    . 
Tijdschrift  van  het  Koninklijken  Nederlandsch  Genootschap 

voor  Munt-  en  Penningkunde 
American  Journal  of  Numismatics 
Articoli  di  Numismatica  in  Periodici  diversi 


Pag.  470 

..  471 

„  ivi 

-.  472 

.  473 

..  474 

.,  475 

„  ivi 

;  477 

„  ivi 

.,  478 

Il  480 

„  481 

„  ivi 

„  482 

„  483 

.,  484 

.,  485 

„  486 


MISCELLANEA. 

(Memiirie  e  Dissertazioni). 

L'opera  numismatica  di  Snlone  Ambrosoli  ifig.).  S.  Ricci        .     Pag. 
Il  Regio  Gabinetto  Numismatico  di  Brera  (fig.).  P.  Gnecchi  .        „ 
Relazione  della  Commissione  nominata   dalla  Società   Numi- 
smatica italiana  per  studiare  lo    schema   unico    migliore 
di  ordinamento  dei  Medaglieri  per  il  Risorgimento  Nazion.        „     617 


»3 

33 


INDICK    METODICO    DEI.l'aNNO    I908  649 

(Varietà). 

Centenario  del  R.  Gabinetto  Num    di  Brera    e  Coniniemora- 

zione  Ambrosoli  a  Milaiu     .......     Pei};.  496 

Doni  pervenuti    al   R.   Gabinetto   di  Brera   in  occasione  del 

Primo  Centenario  del  Medagliere  Braidense     .         .         .         „      499 
La  Società  Numismatica  Italiana  al  Congresso  Internazionale 

per  le  scienze  storiche  a  Berlino 500 

Neil' XI  Congresso  Storico  Subalpino 503 

Congresso  di  Numismatica  e  dell'Arte  della  Medaglia  a  Bru- 
xelles nel  1910 „     'vi 

La  nuova  zecca  di  Roma 504 

La  Cattedra   di  Numismatica   a   Parigi   conferita   a  Ernesto 

Babelon „      505 

Premio  Duchalais 506 

La  Numismatica  e  le  sue  raccolte  al  Congresso  degli  Scien- 
ziati a  Firenze 628 

Istituzione  del  Premio  Head  per  la  Numismatica    .        .        .        „     632 
ir  Circolo  Numismatico  milanese  per  la  diffusione   della   col- 
tura Numismatica  e  Storica  in  Italia ,     ivi 

Corsi  di  Numismatica  e  Medaglistica  approvati  dal  Ministero 

dell'  Istruzione  Pubblica ..      633 

La  "  Rassegna  Numismatica ,     634 

Pel  Corpus  dei  Medaglioni  Romani.  F.  Gnecchi ivi 

Collaboratori  della  Rivista  per  l'anno  1908 ,     635 

Elenco  dei  Membri  della  Società  Numismatica  Italiana  e  degli 

Associati  alla  Rivista  per  l'anno  1908        .        .        .        .        „     637 

Atti  e  Memorie  della  Società  Nu.mis.matica  Italia.va. 

Seduta  del  Consiglio  15  marzo  1908 Pag.  507 

,         „  „         18  aprile  1908 ivi 

„  „  „  19  settembre  1908 508 

Assemblea  generale  dei  Soci  19  settemljrc  1908  510 


Finito  di  stampare  il  20  Dicembre  1908. 

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Achille  Martelli,  Gerente  responsabile. 


TAVOLE. 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 


Anno  1308 


Tav.    I  . 


M^miìi 


.\-^.SS^;0   C'NEUCii        o'jAVl   DJ    ROMA  1907 


m 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 


Anno  1908 


G.  DATXAHI     -  LE  CAVITA  CENTRALI  SOPRA  LE  FACCIE  DELLE  MONETE 

TOLOMAICHE  DI  BRONZO 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 


Anno  i908 


Tav.  III. 


cr7'^.\        4^ssrp>.  ry-^ 


Lodovico  L affranchi 
LE  MONETE  DI  VALERIANO  E  GALLIENO  CONIATE  A  VIMINACIUM  E  AD  ANTIOCHIA 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 


Anno  190S 


Tav.  IV. 


Camillo  Serafini  -  MEDAGLIONI  CAPITOLINI 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 


Anno  1908 


Tav.  V. 


Camillo  Serafini  -  MEDAGLIONI  CAPITOLINI 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 


Anno  1908 


# 


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II 


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II 


Vincenzo  Dessi  -  l  TREMISSI  LONGOBARDI 


RIVISTA  ITALIANA  DI  NUMISMATICA 


Anno  1908 


Tav.  vii. 


A.  F    Mah:h!ìio  -  DI   UNA  MEDAGLIA  PATRIO  ITICA  MILANESE 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno   igos. 


Tav.  Vili. 


m 


FRANCESCO  GNECCHI  -  Roma  e  la  (iormania. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 


Anno    igoS 


Tav.  IX. 


FRANCESCO  CNECCHI  -  Roma  e  la  Germania. 


RIVISTA    ITALIANA    DI    NUMISMATICA 
Anno  1908  Tav.  X. 


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FRANCESCO  GNECCHl  -  Roma  e  la  Germania. 


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CJ  Rivista  italiana  di  niomisma- 

9  tica  e  scienze  affini 

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V.21 


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